Stagione ad Hatfield House

di Atlanteidos
(/viewuser.php?uid=1174275)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Di nuovo a Londra ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Leslie si innamora ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Mr. Hatrow ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Mr. Bow ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - Il matrimonio di Miss Cruise ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - Gli chaperons ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 - Un invito ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 - Gita ad Oxford ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 - Leslie va a Bath ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 - Silenzio a teatro ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 - Le pene di Mr. Hatrow ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 - Una festa di fidanzamento ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 - Ruderi ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 - Questioni da uomini ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 - Ginevra si sposa ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Di nuovo a Londra ***



Capitolo 1
Di nuovo a Londra

 
Arrivare ad Hatfield House, nei sobborghi brulicanti di vita londinesi, era sempre un’esperienza stupefacente, almeno agli occhi di Miss Rose Griffiths.
L’antica palazzina apparteneva alla famiglia Duvette da meno di due generazioni e doveva il suo nome non ai suoi attuali proprietari, com’era evidente, ma al suo primo costruttore.
Nonostante questo, per la ragazza quella sarebbe per sempre stata la casa dei suoi nonni, Mr. e Mrs. Duvette, il luogo in cui lei e le sue cugine avevano trascorso i loro primi natali e ora, a distanza di anni, tornavano ad abitare.

Era stato un insieme curioso di circostanze a portarle lì, alla vigilia del settantesimo compleanno di loro nonno, tutte sotto lo stesso tetto.
Mr. e Mrs. Griffiths erano in Bretagna, dove avevano passato gli ultimi anni a causa degli affari di suo padre e, quando suo fratello aveva mostrato interesse ad arruolarsi per rendere servizio alla Madrepatria, avevano pensato che i due avrebbe potuto affrontare la traversata insieme, poiché Rose era ben in età da marito e prima che fosse qualche gentiluomo francese a notarla.
Poco importava che Rose dubitasse fortemente che qualsiasi uomo, a prescindere dalla nazionalità, potesse far caso a lei, il suo compito durante quella stagione a Londra era ben preciso.
Le ragioni che portavano a Londra le sue cugine, Miss Ginevra e Miss Leslie Duvette, non erano poi molto diverse: dal momento in cui sua zia si era ammalata, era stato ritenuto necessario un trasferimento permanente dei loro genitori a Bath, dove la donna potesse avere accesso alle migliori cure.
Allo stesso tempo Leslie debuttava quell’anno, e avevano reputato non vi fosse un luogo migliore per farlo che la capitale, in cui i loro nonni avevano molti contatti: così era stato segnato anche il loro destino.
Che questi avvenimenti fossero accorsi durante lo stesso anno, era solo una fortunata coincidenza.
Mrs. Duvette, da parte sua, non sarebbe potuta essere più entusiasta: anziana, ma non ancora stanca della vita, non poteva credere alla sua fortuna, nell’avere tre giovani donne in età da marito sotto la sua ala per tutta la stagione.
La donna le avrebbe volute con sé già nel periodo natalizio, ma tra le insistenze dei suoi genitori e le cattive condizioni del mare nello stretto, non le avevano permesso di partire per Londra fino a quel momento, ben due settimane dopo le sue cugine.
Rose aveva perduto il conto di quante lettere entusiaste sua nonna le aveva inviato durante l’autunno, ordinando rinnovamenti di guardaroba per tutte e tre e tenendole sempre aggiornate su tutto quello che accadeva, in modo tale che avessero piena conoscenza sugli avvenimenti della società prima ancora di entrare per la prima volta in una qualsiasi sala da ballo.
Mrs. Duvette apparteneva ad una generazione che trovava i matrimoni d’amore, più che quelli d’interesse, scandalosi ed aveva scientificamente selezionato, nella sua testa, già tutti i candidati su cui le sue nipoti avrebbero dovuto porre le loro mire.
Non aveva ancora messo a fuoco che, soprattutto gentiluomini abbienti, sempre più spesso, non avendo la necessità di contrarre matrimonio per denaro, preferivano scegliere una moglie con cui avessero piacere di accompagnarsi e farsi vedere insieme.
E Rose era abbastanza sicura di non rientrare nella categoria.
Sin dall’infanzia e poi per tutto il suo percorso scolastico, si era sempre sentita fuori misura, aliena alle sue cugine prima, alle sue compagne poi.
E di certo la sua imbranataggine non l’aveva favorita.
Non erano mancate, nel corso degli anni, le prese in giro da parte delle altre bambine che frequentavano il collegio con lei, che la chiamavano gigantessa e orca, commenti che poi si erano trasformati nelle più sottili allusioni delle amiche di sua madre e delle sarte.
È meglio che tua figlia non indossi colori sgargianti, Anne, per carità, non vorrai mica sia ancora più evidente fra la folla!
 Miss Griffiths, non penso quegli stivali con il tacco sia adatti a lei, non vorrà mica sembrare un gentiluomo! 
 
Così, nel corso del tempo e favorita da un carattere naturalmente poco effervescente, si era abituata a rimanere sul bordo, senza ingombrare troppo.
La questione non le portava sofferenza, solo talvolta un po’ di solitudine: ma era fortunata abbastanza da non avere una spada di Damocle sulla testa come le sue cugine, e quindi aveva accettato di buon grado la sua situazione.
Vi erano di certo non migliaia, ma quantomeno centinaia, di cose che una donna, anche se non sposata, poteva fare, soprattutto se come lei aveva la prospettiva di una qualche tranquillità economica.
Se solo sua nonna e sua madre si fossero potute convincere allo stesso modo!
Ed era così che in quel momento Rose arrivava a Londra, avvolta in una pesante mantella di lana e con il cappellino ben calato sulle orecchie, stanca e infreddolita dal viaggio.
Non soffriva particolarmente il mare, ma il freddo, durante la traversata e poi in treno, l’aveva provata.
Lei e suo fratello si erano separati il mattino dopo essere sbarcati: lui per prendere la via del campo di addestramento, lei la diligenza.
Due giorni prima aveva inviato una lettera dal porto, quando erano sbarcati, augurandosi che arrivasse a destinazione prima di lei, annunciando la data del suo arrivo.
La lettera doveva essere arrivata, perché poteva vedere Leslie e Ginevra con i nasi attaccati alle finestre del primo piano, evidentemente allertate dalle ruote della carrozza sulla strada lastricata, altrimenti silenziosa.
La carrozza aveva fatto appena in tempo a fermarsi davanti alle scale della palazzina, che Mrs. Duvette e le sue due nipoti erano già alla porta, tre identici sorrisi trepidanti sulle labbra.
Sua nonna era vagamente invecchiata, i capelli un tempo biondi ormai imbiancati, e anche Leslie, che l’ultima volta che aveva visto era poco più di una bambina, magra e dinoccolata, sembrava star diventando una donna.
Solo Ginevra, che aveva la sua stessa età, le sembrava sempre uguale, con lo sguardo di chi è appena riuscito a mettere le mani nel barattolo della marmellata.
Rose sorrise a sua volta: era proprio arrivata a casa.

I suoi bauli erano arrivati dalla Francia prima di lei, grazie a certi amici di suo padre, e sua nonna li aveva già fatti sistemare nella sua camera.
Mrs. Duvette le aveva riservato una delle stanze ad est al secondo piano, vicino a quelle delle sue cugine, ma la sua era l’unica con le grandi finestre che davano sulla strada, ben consapevole quanto sua nipote amasse il rumore della vita appena al di là dei vetri.
Cresciuta in città, a differenza di Leslie e Ginevra, non era abituata al silenzio, e senza un brusio di sottofondo non riusciva a prendere sonno.
Rose era arrivata ed era stata travolta dall’entusiasmo di sua nonna e delle sue cugine, che non le avevano fatto neanche togliere la mantella prima di farla sedere nel salottino degli ospiti e riempirla di tè e domande sulla Francia.
Se i suoi nonni erano venuti da loro in visita per il Natale di un paio d’anni prima, con le sue cugine, seppure avessero mantenuto una fitta corrispondenza, si era incontrata l’ultima volta l’estate di cinque anni prima, quando avevano festeggiato l’anniversario di nozze dei suoi zii nella tenuta di famiglia nello …Shire.
Solo quando si erano potute ritenere soddisfatte, sua nonna l’aveva spedita a fare un bagno prima di cena con fare autoritario.
L’acqua della vasca, che le cameriere avevano portato ancora bollente, l’aveva riscaldata fin dentro le ossa, eliminando la stanchezza e il freddo che ancora le aleggiavano sotto pelle. 
Nonostante gli anni passati, Mrs. Duvette continuava ad acquistare sempre gli stessi saponi, che sapevano di infanzia e tempi più semplici, e Rose si era crogiolata nella vasca finché non era apparsa Ginevra a chiamarla per cena, sedendosi sul bordo della vasca.
- Sono contenta che tu sia arrivata, la nonna iniziava a dare segni d’impazienza -
Rose sorrise, strizzandosi i capelli e iniziando a tamponarli con il telo che aveva a portata di mano.
- Immagino. Sono contenta di essere qui, è passato molto tempo dall’ultima volta che abbiamo potuto vederci -
Ginevra si portò una mano al petto, fintamente indignata.
- Mi stai dicendo che mi trovi invecchiata? -

Prima di cena doveva essere rientrato anche suo nonno, che quando la vide scendere le scale le andò incontro per darle un abbracciò che rischiò davvero di incrinarle le costole.
Mr. Duvette era un uomo grasso e vitale, sempre impegnato in qualche cosa e molto amante della compagnia, tanto da organizzare, quando i suoi figli erano piccoli e loro più giovani, le feste più chiacchierate di tutta Londra.
Era forse l’unico a poter competere per contentezza con sua moglie, nell’avere le sue nipoti a casa per i successivi mesi.
Rose si era così ritrovata sul soffice tappeto di uno dei salotti di Hatfield House, seduta davanti al fuoco in attesa che le si asciugassero i capelli, mentre Ginevra la pettinava e suo nonno le ripeteva le stesse domande che sua nonna le aveva posto al suo arrivo.
Leslie era in un angolo, a suonare un po’ incerta il pianoforte, mentre Mrs. Duvette li ascoltava interessata.
- Quindi Augustus ha proprio deciso di arruolarsi? - si stava lamentando  la signora in quel momento, mentre Mr. Duvette la guardava vagamente corrucciato – Proprio come mio fratello. Non è una carriera che augurerei a nessuno, seppure il salario sia dignitoso -
Rose scosse le spalle, sobbalzando appena quando Ginevra incontrò un nodo più intricato degli altri. La ragazza le strinse appena la spalla, a mo’ di scusa, prima di continuare a trattare con più delicatezza i capelli della cugina.
- Eravamo perplessi anche noi, in realtà. Conosci mio padre, è difficile pensare a suo figlio come ad un militare -
Suo nonno emise uno sbuffo che somigliava appena ad una risata, mentre si versava due dita di digestivo in uno spesso bicchiere di cristallo.
- Conosciamo tuo padre, sì -
Rose arricciò il naso a quella affermazione: suo padre e suo nonno non erano mai andati particolarmente d’accordo, soprattutto viste le idee fondamentalmente reazionarie di quest’ultimo e, anche al loro matrimonio, suo nonno non aveva perso occasione di ribadire a sua figlia quanto quell’uomo, che insieme a molte altre cose apparteneva anche ad una classe sociale infinitamente inferiore alla loro, gli sembrasse inadatto a lei.
Se solo sua madre non fosse stata anche lei totalmente avversa alle idee di suo nonno, forse il suo discorso avrebbe funzionato.
Sua nonna stava per aggiungere qualcosa, ma Ginevra la precedette, posando la spazzola per terra e incominciando ad intrecciarle i capelli scuri per la notte – Parliamo d’altro, vi và? Nonna mi diceva proprio stamattina che Miss Cruise si sposerà in primavera, sai Rosie? -
Mentre Mrs. Duvette si lanciò nel racconto delle fortune amorose della figlia di Mrs. Cruise, sua cara amica, e Leslie riusciva a terminare senza errori almeno due righe di pentagramma, Rose si riuscì appena a girare per rivolgere a sua cugina un sorriso riconoscente.
- Rebecca? Ricordo durante qualche cena ci faceva giocare con lei. Con chi si sposa? -

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Leslie si innamora ***


Capitolo 2
Leslie si innamora

 
Il primo ballo della loro stagione, o almeno così lo chiamava Mrs. Duvette, che apparentemente non considerava tali le decine di soirée a cui aveva preso parte fino a quel momento con le sue nipoti, non si fece troppo attendere.
I vestiti furono tirati fuori, le acconciature discusse e provate, così come i nervi del povero Mr. Duvette, non più abituato ad una così forte presenza femminile in casa sua.
Al centro del ciclone, Leslie, che più di Ginevra e Rose, non chiudeva occhio all’idea di poter finalmente prendere appieno parte alla vita di società.
Fu così chiamato il sarto, mentre Mrs. Duvette trascorreva pomeriggi interi provando ogni vestito negli armadi con le sue nipoti, cercando quello più adatto ad ognuna.
Una missione complessa e a tratti impossibile, viste le diverse opinioni in ballo, ma infine fu scelto uno splendido abito in velluto azzurro per Ginevra, che la faceva somigliare ad una principessa delle favole, uno bordò per Rose, che sua nonna sosteneva complimentasse meravigliosamente il colore della sua pelle, e il rosa cipria per Leslie, che le donava molto, nonostante Ginevra spergiurasse di detestarlo.
Nonostante di tanto in tanto sentisse la mancanza di sua madre, con la quale aveva sempre condiviso quei momenti, Rose non pensava di aver mai riso tanto discutendo di abiti con nessuno, prima di quel momento: Ginevra aveva difatti la capacità di rendere incredibilmente divertente anche la più ordinaria delle attività.
Ad un certo punto, mentre Leslie provava l’ennesimo abito prima di trovare quello giusto, addirittura si disegnò due baffetti a spazzola sul labbro superiore e si finse un gentiluomo già perdutamente innamorato della sorella.
Persino sua nonna, sempre composta, in quell’occasione si lasciò sfuggire un risolino.

La grande serata arrivò con estenuante lentezza, o almeno così sembrò dalle lamentale di Leslie, per la quale ogni ora passava al ritmo di un giorno intero.
La villa appena fuori Londra in cui risiedeva la famiglia Andrews era meravigliosa, con un salone con al suo interno tutto quello che ci si sarebbe aspettato dal primo ballo della stagione.
Entrando, a Rose parve di entrare in un mondo incantato, un qualche palazzo principesco, molto lontano da quello dei balli di campagna a cui ormai si era abituata.
Quando la carrozza dei Duvette arrivò all’ingresso, l’orchestra già suonava allegra e i primi coraggiosi ballerini avevano rotto il ghiaccio e l’imbarazzo.
Un’ora dopo Rose non poteva che dirsi impressionata dall’abilità di sua nonna in quell’ambiente sociale.
L’orchestra non aveva ancora fatto la prima pausa che già Mrs. Duvette e le sue nipoti avevano fatto il giro della sala, presentandosi ad amici di famiglia vecchi e nuovi, e Leslie aveva già il suo carnet pieno a metà, con appena qualche cavaliere in più di sua sorella.
Da quel punto di vista Rose si trovava in netto svantaggio, ma questo per lei non rappresentava alcuna sorpresa, e solo vago dispiacere, abbondantemente compensato dal fatto che anche un solo ballo l’avrebbe messa in profondo imbarazzo.
Se entro la fine della serata fosse riuscita a danzare solo con il Capitano Verger, il fidanzato di una sua cara amica e incontrato lì per caso, sarebbe stata più che felice.
Non sarebbe stato infondo per lei inusuale, rimanere per tutta la serata seduta, al fianco di sua nonna, tenendo la borsa alle sue cugine: solitamente i gentiluomini che le domandavano di ballare potevano contarsi sulle dita di una mano, e anche quei coraggiosi che magari gliel’avevano già domandato, talvolta si tiravano indietro dopo averla vista danzare per la prima volta.
Quella sera il problema non sorse neppure, grazie alla luce abbagliante delle sue cugine, che rendeva difficile scorgerla.
Fu così che si era ritrovata, dopo una imbarazzantissima quadriglia, in cui temeva di aver martoriato i piedi del povero Capitano, a parlare con lui a bordo pista, ricordando i tempi in cui lei e Louise andavano in collegio insieme.
Ginevra li raggiunse, vagamente accaldata e con un giovanotto dalle belle speranze attaccato alle gonne.
- Rosie, per favore, accompagnami al buffet – disse, rivolgendo appena mezza riverenza al Capitano e ignorando completamente il suo giovane spasimante.
Rose sorrise al suo compagno, scusandosi per l’interruzione, prima di seguire la cugina fra la folla fitta, in direzione del tutto opposta al buffet.
- Che succede? -
Ginevra si buttò i capelli dietro le spalle, visibilmente infastidita, prima di infilarsi nella sala per signore, dove potersi rinfrescare.
- Perdonami, davvero, ma quel Mr. Collins era davvero detestabile! Cercar moglie in modo tanto disperato rasenta la maleducazione – disse, buttandosi drammaticamente su un divanetto libero.
Rose si accomodò accanto a lei, facendosi aria con il ventaglio.
Dalla porta aperta poteva vedere la fila di sedie su cui si era accomodata Mrs. Duvette insieme alle altre matrone e dove sembrava si stesse tenendo una concitata discussione.
- Non mi sembra molto, chiedere un gentiluomo che sappia cosa sia la discrezione e che non rischi di annoiarmi a morte con i suoi discorsi allo stesso tempo. Ci deve essere pure una via di mezzo fra la noia più terribile e più totale mancanza di modi – stava intanto continuando a sbuffare Ginevra, risistemandosi le forcine in testa con fare violento, tanto che Rose reputò di intervenire, allontanandole le mani dai capelli e iniziando a risistemarle le trecce con più delicatezza.
- Sono sicura serva solo un po’ di pazienza, Gin. In ogni caso, almeno tu sei divertente per due, non penso si possa passare un solo giorno noioso in tua compagnia -
Ginevra scosse la testa appena, attenta a non intralciare il suo lavoro.
- Tu mi vuoi troppo bene per fornirmi una risposta veritiera - 
Le due cugine rimasero in silenzio per qualche istante, entrambe guardando in direzione della sala da ballo, parzialmente visibile.
Fu un attimo, l’attacco di un noto valzer e il balneare delle gonne color cipria che entrambe sapevano appartenere a Leslie.
- Con chi sta ballando un valzer mia sorella? –

Per avere una risposta al loro interrogativo alle due cugine sarebbe bastato, come fecero a valzer non ancora terminato, domandare a Mrs. Duvette, che sembrava conoscere tutti coloro che quella sera avevano preso parte alla serata, ma anche se così non fosse stato, il loro viaggio in carrozza verso casa con Leslie sarebbe stato più che sufficiente.
Al loro arrivo ad Hatfield House sapevano che l’uomo con cui Leslie aveva ballato ben tre volte, e non di più solo perché sarebbe risultato sconveniente, era Mr. Mulligan.
Mr. Mulligan era di bell’aspetto, più giovane di molti altri scapoli, e con una discreta fortuna dovuta alla sua famiglia.
Aveva solo una sorella maggiore che era riuscita a contrarre un buon matrimonio con un’altra ottima famiglia e, unico erede maschio della fortuna paterna, era stato particolarmente corteggiato da tutte le più giovani in sala.
Nonostante questo non aveva ballato con nessuna tante volte come con Leslie e, senza ombra di dubbio, non aveva parlato con nessun’altra così a lungo.
Nei giorni successivi Rose spesso pensò che a sua nonna, per la soddisfazione, mancasse poco a camminare letteralmente a pochi centimetri da terra.
Se sua nipote, debuttante e alla prima uscita, avesse attirato tanto l’attenzione del giovane da farsi corteggiare, e forse un giorno addirittura convolare a nozze, avrebbe rappresentato motivo di orgoglio e vanto per lei fino al giorno della sua morte. 
Nonostante Mr. Duvette insistesse quasi ad ogni occasione sul dover essere cauti, poiché i cuori giovani mutano idea più spesso di quelli anziani, la notizia del successo di Leslie arrivò fino a Bath, dove sua zia spergiurò che per la gioia per un attimo aveva dimenticato tutte le sue afflizioni e si era sentita quasi guarita.

Rose e Ginevra, fra una passeggiata al parco e una partita a scacchi, nell’estenuante attesa fra un evento sociale e l’altro, quasi si auguravano che l’entusiasmo morisse da solo, smorzato dalla vita quotidiana, pur di poter vivere un giorno senza sentir nominare il signore Mulligan.
Tanto che, quando il giovanotto si presentò alla loro porta un giovedì pomeriggio, in tempo per il tè, entrambe sperarono quasi fosse già una proposta di matrimonio, in modo tale da poter chiudere lì la faccenda.
Il resto della casa, ovviamente, entrò in fibrillazione.
Il poverino era ancora nel foyer, accolto da Mr. Duvette, che Leslie aveva già cambiato tre volte l’abito e provato due acconciature diverse, entrambe troppo complesse per essere considerate casalinghe.
Rose era convinta di non aver mai, in tutta la sua vita, intrecciato capelli così velocemente.
Una decina di minuti dopo erano in salotto, con una raggiante Leslie che fingeva disinvoltura di fronte al giovane venuto.
Guardando Mr. Mulligan, Rose non poté fare a meno di considerare che fosse sì affascinante, ma anche davvero giovane.
Più giovane di lei, forse, forse coetaneo di suo fratello Augustus o di Leslie stessa.
Una rarità, in un mondo in cui i gentiluomini spesso prendevano come moglie ragazze con almeno la metà dei loro anni: non era un mistero come il giovanotto fosse diventato preda di tutte le debuttanti di quell’anno, un marito così giovane sarebbe stato un caso raro, se non unico.
Inoltre, Mr. Mulligan era di bella presenza, non odioso alla vista, con il volto tutto fossette e i capelli color paglia pettinati all’indietro.
Al contrario di quanto avrebbe pensato, però, Leslie sembrava più composta del giovane, nelle sue dimostrazioni di interesse.
Se Mr. Mulligan sembrava pendere dalle labbra della sua cugina più piccola, lei era disinvolta, scambiando opinioni con Mr. e Mrs. Duvette, mentre lei e Ginevra, dopo essersi presentate con una rapida riverenza, si erano accomodate sulle loro solite poltrone.
Suo nonno non impiegò molto a sparire nel suo studio, non appena Mr. Lewis, il suo assistente, un giovane dai capelli sempre scompigliati e le guance scavate, non apparve nell’ingresso con, a sua detta, importanti missive.
Rose non trovò necessario dir nulla, almeno fino al momento in cui sia sua nonna sia Leslie non si allontanarono per servire il tè, nonostante la numerosa servitù di cui i Duvette disponevano.
- Mr. Mulligan, vi siete divertito al ballo degli Andrews, l’altra sera? -
Il ragazzo la guardò, visibilmente sollevato dal suo tentativo di conversazione, e prima di risponderle lanciò un’ultima occhiata ansiosa in direzione della porta da cui Leslie era sparita alcuni momenti prima.
- Molto, l’ho trovata una festa deliziosa. Mrs. Andrews è stata una ottima padrona di casa -
Ginevra sorrise appena, annuendo con la testa, apparentemente innocua.
Sua cugina, però, la conosceva a sufficienza da intuire che dietro la delicata rosa si stesse preparando la vipera, pronta a tutto per difendere il cuore e l’onore della sua adorata sorellina.
- Di certo. Non ha trovato anche tutte le ospiti deliziose? Non penso di aver mai visto così tante belle fanciulle alla stessa festa in tutta la mia vita -
Se fosse stato un tavolo a dividerle, invece che il caminetto, Rose non avrebbe esitato a tirare un pestone a sua cugina.
Si dovette così limitare a fulminarla da un lato all’altro del tavolo, mentre il povero Mr. Mulligan cercava una risposta diplomatica abbastanza da non offendere nessuno.
- Certo, tutti i presenti mi sono sembrati assolutamente a modo. Per quanto riguarda le signorine, ho avuto il piacere di ballare con alcune di loro, ma Miss Duvette, cioè Miss Leslie Duvette, non lei Miss, con lei non ho avuto il piacere di danzare purtroppo … - iniziò a dire, facendosi sempre più rosso in viso – Insomma, sua sorella è stata di certo la compagna di danze più piacevole di tutte –
Ginevra lo scrutò per un attimo, dubbiosa, prima di annuire, apparentemente soddisfatta da quella risposta.
Da parte sua Rose gli rivolse un sorriso decisamente più incoraggiante, sorpresa che il ragazzo se la fosse barcamenata in modo così abile di fronte a quella domanda insidiosa.
- E voi, avete trovato la serata piacevole? Non credo di avere avuto modo di vedervi ballare e io non ho fatto molto altro per tutta la sera – aggiunse poi, cercando di non lasciar morire la conversazione.
Né Rose né Ginevra ebbero però modo di rispondergli, visto che con un gran tintinnare di piatti Leslie
rientrò in sala, mentre Mrs. Duvette la seguiva con la teiera fumante.
- Oh, loro due non hanno danzato, Mr. Mulligan. Rosie non ne è una grande amante e mia sorella sembra non riuscire a trovare mai un partner adeguato – disse, posando il tutto sul basso tavolino di fronte al divano e allungando loro due tazzine.
- Mi sembra un vero peccato, Miss Duvette, mi dispiace -
Ginevra rispose con un po’ di imbarazzo all’osservazione educata del ragazzo di fronte a lei, mentre sua sorella metteva su un ghigno malefico.
A nulla servì l’occhiata allarmata che Rose lanciò a sua nonna, cercando di evitare la tragedia, la donna era improvvisamente concentrata sulla giusta collocazione di un piattino di biscotti al burro.
- Mr. Mulligan, perché non trova lei un giusto cavaliere per il prossimo ballo per la mia cara sorella? Sono sicura un gentiluomo come lei non possa avere amici di molto inferiori! -
Il ragazzo arrossì fino al colletto della camicia, ma non di meno perse un colpo, tra un sorso di tè e l’altro.
- Pochi miei amici sono già attiva parte della società, ma penso che il mio fratellastro, dovreste conoscerlo Mrs. Duvette, è Mr. Hatrow, conosca molti gentiluomini degni di nota. Sarebbe per me un immenso piacere aiutare Miss Duvette a trovare un cavaliere alla sua altezza -
- Possibilmente che non frequentino ancora la scuola – mormorò Rose sottovoce, in modo tale che solo sua cugina potesse sentirla, nascondendosi dietro la sua tazzina.
Ginevra quasi si mandò il tè di traverso, nel trattenere una risata, e i suoi colpi di tosse concitati riportarono l’attenzione di sua nonna su di loro.
Nel momento in cui si fu del tutto ristabilita, fortunatamente, l’argomento era stato cambiato, e nessuno più menzionò balli e cavalieri per il resto del pomeriggio, o almeno finché Mr. Mulligan non si fu chiuso il portone di casa alle spalle.

- Ti uccido! -
Rose cercò di frapporsi fra le sue cugine, che si stavano rincorrendo intorno ai divani del salotto, cercando inutilmente di riportare la pace.
- Ragazze, vi prego -
- Oh andiamo, ti volevo solo aiutare! Non è proprio il caso che io trovi marito prima di te! – stava strillando Leslie, cercando di evitare le mani di sua sorella, che in quel momento avevano perso tutta la grazia che si addiceva ad una giovane Miss, per assumere le sembianze di artigli d’arpia.
- Leslie, puoi per favore evitare di peggiorare la tua situazione? – sbuffò, afferrando Ginevra per le braccia per evitare che davvero agguantasse la sorella più piccola per l’orlo del vestito, che immediatamente iniziò a divincolarsi – E tu, cerca di star calma! -
- Sei stata totalmente inappropriata! Non sono ancora così disperata! –
Le due non si quietarono neanche quando Mrs. Duvette, con tutta la sua compostezza, rientrò in salotto, seguita dal marito, per annunciare la cena.
- Ginevra, per cortesia, calmati. Tua sorella vuole solo aiutarti – fece, richiamandole all’ordine con un solo, imperioso, gesto della mano – infondo, nel conoscere qualche gentiluomo, che male mai ci potrà essere? –

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 - Mr. Hatrow ***


Capitolo 3
Mr. Hatrow

 
Il teatro, fra tutte le attività della stagione, era senza dubbio quella che Rose preferiva.
Non solo perché le sue abilità danzanti non erano messe alla prova, ma anche perché i teatri a Londra offrivano sempre spettacoli che, a casa sua in Bretagna, non avrebbe neanche potuto immaginare.
Quella sera in programma vi era il Figarò, al quale lei aveva già avuto occasione di assistere a Parigi l’anno prima, con i suoi genitori, ma non di meno era entusiasta alla prospettiva di poter confrontare le due versioni nella sua testa.
Leslie e Ginevra, che condividevano il suo amore per quelle occasioni, preferendo situazioni sociali più coinvolgenti, erano meno entusiaste, e in casa vi era stata solo una tiepida trepidazione, rispetto al primo ballo a casa degli Andrews.
Nonostante questo, quando entrarono nel foyer, scintillante e pieno di tutta la Londra più elegante, anche loro rimasero senza fiato.
Tutto il foyer era delimitato da colonne, il marmo liscio e ben levigato, su cui era appoggiato il cornicione stuccato.
Appena oltre il soffitto decorato in stile classico, con quelle che da una breve occhiata potevano sembrare vicende mitologiche, uomini e donne vestite con lunghi vestiti panneggiati bianchi e paesaggi campestri.
Ma Rose non ebbe molto tempo per studiarle, trascinata dalle cugine oltre le pesanti porte orlate d’oro che portavano al corpo centrale del teatro.
Mr. Duvette, con la moglie al braccio, le condusse, seppure fermandosi ogni dieci passi per salutare qualche vecchia conoscenza, ai loro posti, in un palco al primo ordine, laterale ma non tanto da minare la visuale del palco.
Rose, sfruttando la distrazione delle sue cugine, riuscì a guadagnarsi la prima fila di sedie del palco, sporgendosi dalla balaustra in una maniera che fece inorridire sua nonna, che la riportò all’ordine con un sibilo terrificante, che avrebbe avuto il potere di mettere in fuga anche il più valoroso dei loro soldati.
Il teatro era meraviglioso, con la cupola ricca di stucchi bianchi e dorati, e il rosso cupo delle tende. Agli ordini superiori le persone si muovevano nei loro palchi, una marea di vestiti colorati e scintillanti, e la gente che si stava in quel momento affollando nel loggione dalla loro prospettiva sembravano tante piccole formiche.
- Le tende si muovono, guarda! – fece Ginevra, apparsa al suo fianco alla balaustra, indicandole il palco, dove, dietro le tende, era possibile spiare i movimenti degli addetti ai lavori.
- Probabilmente stanno finendo di sistemare la scena -
Quando aveva visto il Figarò a Parigi, l’anno prima, la scena non era mai stata cambiata, ma attraverso una meravigliosa opera d’ingegno, montata su una pedana rotante, che, muovendosi, mostrava diversi ambienti.
Un trucco meraviglioso che suo padre sosteneva fosse tutto italiano, e che i francesi avessero solo preso in prestito: Rose non sapeva se crederci o meno, vista l’indiscussa parzialità di suo padre nei confronti dell’Italia, paese che amava molto e in cui era stato innumerevoli volte.
- Non è un po’ tardi? Lo spettacolo dovrebbe iniziare fra meno di un quarto d’ora -
Rose scrollò le spalle, il suo sguardo catturato da un nuovo movimento in platea, fra una signora ingioiellata e l’altra.
- L’arte non è una scienza precisa. Quello non è Mr. Mulligan? -
Nonostante lei avesse evitato di puntare il dito in quella direzione, per discrezione, Ginevra non fu dello stesso avviso, sporgendosi ancora di più dalla balaustra e indicandolo con una certa veemenza.
- Sì, è lui, Mr. Mulligan! -
Leslie, inevitabilmente, captato il nome del suo spasimante, si unì a loro e, con più eleganza della sorella, iniziò a seguirlo con lo sguardo.
Dovevano essere un bello spettacolo, tutte e tre affacciate al loro palco come tre pescivendole, gli occhi puntati sul giovanotto.
Rose era abbastanza sicura che gli occhi che avvertiva sulla nuca fossero quelli, probabilmente infuriati, di sua nonna, imbarazzata dalla loro apparente mancanza di discrezione.
- Quello accanto a lui dev’essere Mr. Hatrow – mormorò Leslie, coprendosi la bocca con il ventaglio, ma senza distogliere lo sguardo dalla sua preda.
Mr. Hatrow, se era lui il compagno con cui Mr. Mulligan stava attraversando la platea in quel momento, era un uomo alto, che superava di quasi due spanne Mr. Mulligan, in completo scuro e con una massa di capelli ricci in testa.
- Che uomo lugubre -
Rose si lasciò sfuggire un sorriso a mezza bocca alle parole della cugina più grande, prima di tornare a guardare i due uomini.
- Magari compenserà con un carattere brillante. Se giudichi gli uomini dalla copertina non troverai mai un degno partito, cuginetta – la canzonò allora, imitando il tono di voce di sua zia, e scoppiando a ridere quando Ginevra si esibì in una smorfia contrariata.
- Oh, non potrei sopportare di vivere con una persona funerea, quando io sono un tale fuoco d’artificio! - disse, sistemandosi un ciuffo di capelli dietro le orecchie e alzando gli occhi al cielo.
La loro situazione non migliorò molto nel momento in cui Mr. Mulligan, probabilmente sentendosi osservato, si voltò verso di loro.
Rose e Ginevra stavano ancora ridendo, quando Leslie si voltò con velocemente, sibilando di guardare da qualche altra parte, per l’amore del cielo.
Evidentemente il suo escamotage non riuscì e Mr. Mulligan doveva averle colte a fissarlo, perché le salutò con la mano, seppure con fare entusiasta, facendo diventare Leslie di tutti i colori, prima di ricambiare con un dignitoso cenno della testa.
- Vi detesto – mormorò, sempre nascosta dietro il ventaglio, prima di sedersi al suo posto, una fila dietro di loro.
Ginevra le rivolse una smorfia dispettosa, prima di prendere anche lei posto.
- Almeno ci ha visto. Ringraziaci fra all’intervallo, quando verrà a porgerti i suoi più cari saluti –

La previsione di Ginevra si rivelò straordinariamente accurata.
Mr. Mulligan, infatti, non si presentò da loro fra un atto e l’altro, né lo videro allontanarsi dal suo palco, fortunatamente posto in obliquo rispetto al loro, in modo tale che Leslie potesse fissarlo senza che se ne accorgesse.
Pochi minuti dopo che fu però suonata la campanella dell’intervallo e che Mr. e Mrs. Duvette furono spariti in direzione dei rinfreschi, un lieve bussare fece drizzare la schiena e tutte le rimanenti occupanti del palco.
Pochi secondi dopo fu proprio Mr. Mulligan a fare capolino, scortato da uno degli inservienti del teatro, che uscendo lasciò sensibilmente aperta la porta.
- Buonasera, signorine. Spero di non disturbarvi, ma vi ho visto dalla platea, prima, e non ho potuto fare a meno di venirvi a salutare -
Leslie si sventagliò, rivolgendogli un sorriso ammiccante, ma senza rispondergli.
Rose pensò che la sua cugina più giovane doveva aver preso delle lezioni su come trattare gli uomini da qualche parte, visto il suo incredibile contegno.
- Non si preoccupi Mr. Siamo felici di vederla. Come sta? – gli rispose lei allora, visto che Ginevra sembrava essere rientrata, inutilmente, visto l’atteggiamento consapevole di Leslie, nel suo ruolo di protettiva sorella maggiore.
- Meravigliosamente. Non trovate questa serata magnifica? -
Rose annuì appena, invitandolo con un gesto ad accomodarsi su uno degli sgabelli.
- Uno spettacolo degno di nota, senza dubbio -
Mr. Mulligan quasi non la fece finire, evidentemente poco interessato a cosa lei pensasse della messa in scena, perché non perse tempo a voltarsi verso Leslie, che continuava a fingersi elegantemente disinteressata, e Ginevra.
- Ho parlato con Mr. Hatrow a proposito del compito che mi avete assegnato Miss – fece, con aria cospiratoria e Leslie, per la prima volta, sembrò interessata al giovane.
Rose trattenne appena una risata alla vista del volto improvvisamente paonazzo della cugina, che imbarazzatissima, non riusciva a trovare quasi cosa dire.
- Oh Mr. Mulligan, ma non doveva disturbarsi – iniziò a dire Ginevra, solo per essere interrotta dalla sorella, che ignorò i dardi che la sorella maggiore le stava scoccando con gli occhi per andare dritta al punto.
- Ebbene? –
- Il mio fratellastro, con un certo tempismo, conosce proprio un giovane con il desiderio di trovare una compagna, questa stagione. Ha più o meno l’età di Mr. Hatrow, ma è un davvero un ottimo partito -
Leslie sorrise, sorniona, voltandosi a guardare la sorella.
- Oh, non penso che qualche anno di differenza rappresenti un problema, per mia sorella, ma lei è molto caro, Mr. Mulligan. E come si chiama, questo gentiluomo? -
Il ragazzo si raddrizzò appena, lusingato dall’apprezzamento di Leslie, e le rivolse un sorriso luminoso.
- Mr. Charles Bow. È da poco a Londra, essendo originario del …Shire, dove ha alcune proprietà. È un signore davvero a modo – disse, prima di essere interrotto dalla campanella che annunciava l’imminente fine dell’intervallo – è meglio che inizi ad andare. È stato un piacere signorine. E Miss Duvette, sarò felice di presentarle Mr. Bow al prossimo ballo – aggiunse poi, alzandosi e dirigendosi verso la porta.
Ginevra non fece neanche in tempo a ribattere, che Leslie di nuovo la interruppe, con voce squillante.
- Sarebbe meraviglioso! Grazie molte Mr. Mulligan, è stato un piacere vederla! -
Non appena la porta si fu richiusa alle sue spalle, Ginevra non perse tempo e colpì con il ventaglio che aveva in mano la sorella sul braccio.
- Puoi pensare alla tua vita sentimentale, per cortesia? Sei la peggiore -
La loro discussione fu stroncata sul nascere dal rientro dei loro nonni.
Mr. Duvette sembrava ignorare del tutto quello che stava succedendo, ma sua moglie rivolse loro un’occhiata dubbiosa, prima di sedersi.
Rose si rese conto che sua nonna doveva aver quantomeno incrociato Mr. Mulligan, mentre il ragazzo rientrava al suo palco, e aver tratto le sue conclusioni, quando video il mezzo sorriso compiaciuto della donna non appena pensò di non essere osservata.
Il talento naturale di Leslie per la vita di società doveva essere una qualche caratteristica ereditaria.

Lo spettacolo finì in uno scrosciare di applausi, a cui Rose prese parte con entusiasmo.
L’allestimento era stato diverso da quello francese e gli attori avevano regalato diverse sfumature ai loro personaggi, tanto che la ragazza avrebbe trovato difficile indicare quale spettacolo avesse trovato più bello.
I suoi nonni decisero di aspettare qualche minuto prima di uscire, rimanendo nel palco, per permettere alla platea di svuotarsi.
Erano fuori dal foyer e Rose si stava appena stringendo nel cappotto contro il freddo di marzo, quando Mr. Mulligan magicamente riapparse, il ragazzo doveva aver un uno speciale sesto senso per riuscire a trovare Leslie anche in mezzo a tutta quella gente, e insistette per presentare Mrs. Duvette e, specialmente, Leslie a sua sorella, che le stava studiando appena qualche metro più in là.
- Sembra che tu non sia l’unica protettiva sorella maggiore – bisbigliò allora a Ginevra, accanto a lei, mentre il trio si allontanava, rivolgendo appena un cenno a Mr. Duvette che stava discutendo con Mr. Cruise, appena incontrato.
- Sono giovani, e in mancanza dei miei genitori… Non puoi mica darmi torto – le rispose sua cugina, impegnata a studiare la scena che si stava consumando a qualche metro da loro.
- No, per nulla, fai bene. Io purtroppo non ho una sorella minore a cui fare da cane da guardia, ma sono più che felice nel preoccuparmi per te, cuginetta -
Ginevra si voltò a guardarla, scettica. Entrambe ancora bisbigliavano, per non farsi sentire dal nonno e dal suo amico.
- Ma se sono più grande di te! Dovrei essere io a preoccuparmene… -
- Sei più grande di appena un mese, e forse ti considererò più anziana il giorno in cui mi arriverai almeno alle orecchie, tappetta -
- Oh, irriverente, dovresti imparare a rispettare le persone più grandi di te! -
Ginevra le aveva appena dato una pacca giocosa sul braccio, che la voce di suo nonno le fece voltare, appena in tempo per non essere sorprese a chiacchierare fra loro come due collegiali.
Rose però di certo non si aspettava, voltandosi, di trovarsi di fronte il celebre Mr. Hatrow, che dall’espressione divertita, doveva aver seguito la loro ridicola conversazione, nonostante i bisbigli.
- William, è per me un piacere presentarvi Miss Ginevra Duvette e Miss Rose Griffiths, le nipoti più grandi di Mr. Duvette, signorine, vi presento Mr. William Hatrow, io e suo padre eravamo cari amici – stava dicendo Mr. Cruise e le due ragazze fecero, quando nominate, entrambe una veloce reverenza.
- Io e mia moglie abbiamo quest’anno il piacere di averle con noi per tutta la stagione – aggiunse poi loro nonno, un sorriso compiaciuto in volto.
Tutto si sarebbe potuto dire dell’anziano gentiluomo, ma non che non andasse orgoglioso dei suoi nipoti.
- è un piacere signore. Immagino che voi già abbiate fatto la conoscenza del mio fratellastro, Mr. Mulligan? –
L’uomo aveva un tono di voce profondo, più basso anche di quelli dei due uomini accanto a lui.
- Sì, abbiamo avuto il piacere di averlo da noi per il tè, qualche settimana fa – rispose Rose, cercando di sorridergli educatamente, visto che accanto a lei Ginevra sembrava essersi completamente disinteressata alla conversazione, ed era tornata a guardare cosa stesse combinando sua sorella.
L’uomo era meno bello di quanto fosse sembrato da lontano, con dei tratti poco regolari e un grande naso aquilino, ma questo non lo rendeva comunque sgradevole alla vista, quanto più di carattere, per così dire.
- Sì, me lo ha raccontato -
- Dovrebbe venire anche lei a trovarci Mr. Hatrow, insieme a suo fratello. Sa, the more the merrier – si intromise suo nonno, che evidentemente era stato aggiornato da sua nonna sui più recenti avvenimenti.
- Non mancherò – sorrise allora l’uomo, sfoggiando una fila di denti straordinariamente sani rispetto alla media, e guardò Rose per un secondo di troppo, prima di fare un cenno con il capo e congedarsi.
- Che giovane educato – disse, non appena fu fuori portata d’orecchio, Mr. Cruise e, mentre loro nonno annuiva, Ginevra le diede una leggera gomitata.
“Ti stava guardando” le disse, con uno sguardo estremamente eloquente, ma senza proferire una parola.
“Finiscila con queste sciocchezze” Rose alzò gli occhi al cielo, al bisbiglio della cugina.
- No, sapientona, ti stava proprio guardando – ripeté allora Ginevra, questa volta ad alta voce, guardandola vagamente esasperata.
Rose cercò di non arrossire e, soprattutto, di non farsi mettere nessuna deludente idea in testa.
- Non dire sciocchezze. Solo perché non piace a te, non vuol dire debba per forza toccare a me. E poi, per cortesia, figurati se mi poteva star guardando -
Ginevra non le rispose, ma la guardò scettica per un momento, prima di voltarsi e tornare a seguire come un falco qualsiasi movimento di sua sorella.

- Avete avuto occasione di conoscere Mr. Hatrow? Mi dispiace non avervelo potuto presentare io, ma sono stata così occupata con Mr. Mulligan che mi è proprio sfuggito! Sua sorella è davvero una donna deliziosa -
Ginevra e Rose si scambiarono uno sguardo esasperato sopra le delicate tazzine di tè del servizio di Mrs. Duvette.
In un angolo della sala, evidentemente occupati da alcuni libri contabili e ignorando la loro conversazione, vi erano Mr. Duvette e Mr. Lewis.
Leslie non aveva perso, in quei giorni, occasione per ricordare loro per tutto il giorno non solo quanto velocemente era riuscita a riempire il suo carnet la sera del suo debutto, ma anche quanto Mr. Mulligan, lo scapolo più desiderato dalle giovani debuttanti di quella stagione, non avesse avuto che occhi per lei la sera precedente a teatro.
- Sì, ce lo ha presentato il marito di Mrs. Cruise. Un gentiluomo a modo, anche se un po’ schivo. Non è vero Rose? -
Rose scosse la testa, allungandosi per recuperare un biscotto dal piattino davanti a lei e ignorando l’occhiata ammiccante che le stava rivolgendo sua cugina.
- Non più di altri -
- L’altra sera dagli Andrews non ha partecipato neanche ad una danza! Neanche ad una! Persino tu hai ballato una quadriglia, Rosie, e tutti sappiamo che hai due piedi sinistri – alle parole di sua cugina più piccola Rose quasi mandò il tè di traverso, cercando di non scoppiare a ridere a quella osservazione così poco cortese – Non ti offendere, ti prego. Comunque è proprio un mistero come l’uomo sia sposato. Io non vorrei mai sposare un uomo che non sappia ballare! -
Ginevra fulminò sua sorella dal suo lato del tavolo, mentre Rose posava la tazzina, cercando di sopravvivere al suo tè.
- Nessuna offesa, Leslie. È una realtà universalmente riconosciuta, che io abbia due piedi sinistri. Me ne faccio grande vanto. -
Ginevra rise, prima di prendere un sorso d’acqua dal bicchiere che aveva vicino.
- Più che altro, in tutta onestà, non lo trovo molto affascinante, tutt’altro. Ha un che di funereo, e dei tratti curiosi del viso -
Leslie pensò un attimo, prima di scuotere la testa.
- Io invece penso abbia un che di interessante, con il suo atteggiamento mi ricorda gli eroi di Lord Byron! – disse, cercando con lo sguardo quello di Rose per avere supporto.
- Sì, posso vederlo -
- Hai forse detto che è sposato? – domandò Ginevra, cambiando argomento mentre la cameriera entrava con altri biscotti appena sfornati, evidentemente sorpresa.
Sua cugina doveva proprio essersi convinta che Mr. Hatrow l’avesse osservata più a fondo di quanto fosse normale, per essere così interessata alla novità.
Rose pensò che Mr. Byron non le sembrava essere persona troppo focalizzata sull’aspetto fisico, nonostante fosse davvero, come detto da Leslie, un ottimo esempio di eroe Byronico, tra il suo aspetto e il suo atteggiamento riservato.
Sua moglie doveva essere anche lei una donna estremamente interessante, per avere un tale compagno.
- La sorella di Mr. Mulligan. È per questo che lo segue ovunque: hanno paura che possa fare qualche sciocchezza, essendo così giovane e benestante. Ma vi dirò, durante uno dei nostri balli… - ricominciò Leslie, mentre sua sorella alzava gli occhi al cielo, già pentita di aver posto la domanda.
Rose afferrò un altro biscotto, senza rivolgere più neanche un pensiero al gentiluomo. Si preannunciava un lungo pomeriggio, e loro nonna non era ancora scesa per il tè.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 - Mr. Bow ***


Capitolo 4
Mr. Bow

 
- Domani potremmo andare in Oxford Street, che ne pensi? Pranzare da Mrs. Phillis magari -
Rose stava leggendo il giornale, rigorosamente rubato dalle mani di suo nonno dopo la lettura mattutina, quando sua cugina si rivolse a lei, dall’altra parte del tavolo, imburrando una fetta di pane tostata per accompagnare il suo tè.
- Sì, così posso anche passare in libreria, i libri che ho ordinato il mese scorso dovrebbero essere arrivati. Leslie, tu vieni? – disse, senza alzare gli occhi dal giornale, impegnata a leggere dell’ennesimo incidente sullo stretto.
Quell’anno il tempo si stava dimostrando particolarmente inclemente.
Leslie, che stava giocherellando al pianoforte, alzò la testa di colpo, come risvegliata all’improvviso.
- Non stavo ascoltando. Dove? -
- Domani, Oxford Street. Pensavamo di pranzare fuori – ripeté Ginevra, prima di addentare con un tripudio di briciole la fetta di pane.
Leslie scosse la testa, prima di tornare a suonare distrattamente qualche nota stonata.
- No, preferisco rimanere qui. Faccio compagnia alla nonna -
Sia sua sorella che Rose alzarono allora lo sguardo, guardandola interrogative.
- Ti senti bene? -
- Che hai? -
Rose si alzò dalla sua sedia, per andarsi a sedere sul panchetto del pianoforte con la più piccola, mentre Ginevra le guardava apprensiva.
Le toccò la fronte con il dorso della mano e non trovandola accaldata, tirò un sospiro di sollievo.
- Vuoi parlarci di qualcosa? -
Leslie sospirò, appoggiandosi alla spalla della cugina più grande e guardando sua sorella, che si era alzata e si era seduta davanti a loro sul tappeto del salotto.
- Nulla, sono solo un po’ pensierosa. Non vi preoccupate -
Ginevra le strinse appena la mano, con la fronte aggrottata.
- Sicura? -
Leslie annuì – So di non avere nulla per cui essere angosciata: la mamma sta meglio ed ho uno spasimante da tener interessato. Mi passerà -
Rose le diede un buffetto giocoso, portandole i capelli, stranamente sciolti sulle spalle, dietro la schiena.
- Non star troppo in pensiero per Mr. Mulligan. Andrà come andrà, e anche se perdeste interesse non sarebbe la fine del mondo, sai? Siete così giovani! – le disse e Ginevra annuì con vigore.
Leslie fece un mezzo sorriso.
- Lo so. Grazie, Rosie - 
Il giorno dopo Ginevra e Rose uscirono di casa di buon mattino, senza Leslie.
Nonostante avessero fino all’ultimo insistito, la più piccola era stata irremovibile.
- Sono un po’ preoccupata – stava giusto dicendo Gin mentre salivano in carrozza – Forse è un male che Mr. Mulligan si sia interessato da subito a lei. È troppa pressione, non ha ancora compiuto diciotto anni! -
Rose scrollò le spalle, guardando fuori dal finestrino mentre la carrozza partiva, in direzione di Oxford Street.
- Forse sì. Ma non possiamo decidere noi per lei, bisogna che la questione faccia il suo corso. Non è detto che convoleranno a nozze, nonostante sia quello a cui nonna e zia ambiscono. Per ora sta’ tranquilla: affronteremo i problemi man mano che si presenteranno -
Ginevra non disse altro, per tutta la durata del loro viaggio in carrozza, ma dalla ruga che le divideva la fronte in due, Rose notò che la sua mente non si era ancora distolta dall’argomento.
Cosa più che ragionevole: non era per nulla da Leslie rifiutare una giornata in giro per la città e, tantomeno, essere così giù di tono.
Se Ginevra era, come la ragazza si diceva anche da sola, un fuoco d’artificio, Leslie era una stella filante: meno rumorosa ed esplosiva, ma ugualmente brillante e gioiosa.
La responsabilità che però gravava sulle spalle delle sue cugine era comunque grande: se, avendo un fratello maschio a cui sarebbero andata la tenuta paterna, lei poteva permettersi un certo poco riguardo nei confronti dei piani matrimoniali, le sue cugine, entrambe femmine, non potevano concedersi lo stesso lusso.
Per entrambe, sposarsi ed assicurarsi quindi una certa rendita era fondamentale, non solo per personale soddisfazione sentimentale, ma soprattutto per una questione di sopravvivenza.
Suo fratello e loro cugino, che in quel momento aveva meno di cinque anni, ma che comunque aveva già più diritti di tutte loro, erano i diretti eredi di loro zio e, seppure nessuno di loro due avrebbe mai rifiutato alle due ragazze ospitalità, sarebbe stato trattato come motivo di imbarazzo che le due donne vivessero ancora in tarda età alle spese dei propri familiari.
Rose rese allora la sua missione del giorno distrarre la cugina, con le uniche armi che possedeva: ai Grandi Magazzini si persero fra le stoffe e i profumi, con loro grande divertimento, e provarono alcuni cappelli così buffi che a Ginevra scesero lacrime dal gran ridere.
- Cosa ne dici di questa? Mi sembra graziosa – le disse ad un certo punto Ginevra, indicandole una mussola color crema alla sua destra.
Rose si sporse per prenderla, tastandone la qualità fra le dita.
- Sì, sembra robusta -
Ginevra alzò gli occhi al cielo.
- è graziosa! Puoi acquistare qualcosa anche solo per il suo valore estetico, sai? -
- Non vedo il motivo per cui acquistare qualcosa che rischia di essere irrimediabilmente usurata già alla prossima stagione, tutto qua – ribattè Rose, riponendo la mussola al suo posto – e poi non penso sarei in grado di valorizzarla a pieno. Mi sembra più adatta a Leslie, sono sicura che su di lei starebbe d’incanto -
- Finiscila – Ginevra la fulminò con lo sguardo – anche tu staresti molto bene. Devi credere più in te stessa. Come farai altrimenti a trovare marito? – la canzonò poi, imitando la voce della nonna.
Rose sorrise appena – Oh, per quello non ho in tutta onestà molte speranze -
Ginevra stava per risponderle, probabilmente arrabbiata per la sua carenza di motivazione, ma una commessa le interruppe, auspicando in una commissione, e la conversazione fu apparentemente abbandonata.

Solo apparentemente, perché non appena furono sedute ad uno dei tavolini del ristoro per signorine di Mrs. Phillis, deliziosamente decorato dai primi fiori primaverili, ed ebbero ordinato il loro pranzo frugale, Ginevra riprese il discorso, con fare serio.
- Non capisco perché tu debba essere così negativa rispetto alle tue possibilità matrimoniali. Capisco tu non abbia la stessa urgenza mia e di mia sorella … - e qui si interruppe, per un attimo distogliendo lo sguardo dal suo, un po’ imbarazzata – ma non sei disinteressata, sei disillusa. Non siamo ancora così vecchie, Rosie, non è giusto tu abbia così poca considerazione di te stessa -
Rose arrossì, scuotendo la testa.
- Gin, grazie per le tue parole, ma è inutile che io mi faccia strane illusioni. Se quello che tu e Leslie mancate in dote, compensate in carattere e naturali inclinazioni, è evidente che io non possa dire lo stesso. La mia unica buona dote è quella di aver ricevuto una buona educazione, ma le mie capacità sociali lasciano molto a desiderare, per non parlare della questione estetica. Per questo dovrei reputarmi fortunata se, per caso, riuscirò a trovare un compagno quanto meno tollerabile, ed è totalmente inutile sperare che mio marito potrà essere un uomo innamorato di me. Ma non è il caso di farne una gran tragedia, è solo il modo in cui sono le cose -
La cameriera, una giovane dai capelli rossicci, servì loro il pranzo, insieme ad una brocca d’acqua dall’aria fresca, che Rose versò prima a sua cugina e poi a lei.
- Odio quando parli così. Il nostro mondo non è particolarmente gentile con il nostro genere, ma questo non vuol dire che tu sia destinata all’infelicità! E se i gentiluomini non vedono quanto tu sia molto più di una giovane educata, perdonami la veemenza, sono solo un branco di stupidi! – disse Ginevra, con un tono di voce basso appena a sufficienza per non far voltare tutto il locale, e alla sua ultima frase Rose non poté fare a meno di ridere.
- Grazie, Gin. Ma, come mi hai detto tu una volta, tu mi vuoi troppo bene per fornirmi una risposta veritiera –
Ginevra alzò gli occhi al cielo, all’uscita della cugina.
- Il tempo mi darà ragione – borbottò, prima di tuffarsi nel suo stufato.
Erano appena uscite dalla vecchia libreria, gestita da una vecchia conoscenza di Mr. Duvette, con le braccia piene di libri e dirette verso il punto in cui il loro vetturino le attendeva per riportarle a casa, quando all’improvviso, poco davanti a loro un gentiluomo si fermò, chiamato a gran voce da qualcuno dall’altro lato della strada.
- Mr. Bow! Mr. Bow! -
Le ragazze si immobilizzarono nello stesso momento, guardandosi sbalordite.
- Pensi che…? -
- Quanti Mr. Bow ci possono essere a Londra, in questo momento? -
Il gentiluomo intanto aveva attraversato la trafficata strada, offrendo loro una vista molto migliore.
Se quello era il Mr. Bow conosciuto dal giovane Mulligan, Rose doveva ammettere che il ragazzo avesse un certo occhio: anche se non di suo gusto, l’uomo le sembrava un gentiluomo avvenente.
Il gentiluomo non era troppo alto, ma ben proporzionato, con le spalle larghe e i capelli castani tagliati corti sotto la bombetta.
Aveva un viso armonico, con due baffi curiosamente appena incurvati all’insù, e gli occhi svegli e sorridenti.
Le due ragazze trovarono riparo dietro una carrozza, dove, nascoste dietro la seduta del vetturino, potevano osservare l’uomo senza essere scoperte.
L’ipotetico Mr. Bow si era fermato a chiacchierare allegramente con un signore dell’età dei loro genitori, quello che lo aveva chiamato a gran voce.
Stavano ridendo, e soprattutto il gentiluomo più giovane sorrideva molto, con tutti i denti, e in generale tutto il viso increspato da un’espressione divertita.
- Beh, direi che se quello è un tuo possibile spasimante, cugina, poteva andarti molto peggio -
Ginevra le diede una gomitata, facendo traballare pericolosamente i libri che aveva in braccio.
Rose le rivolse un’occhiataccia: quella mattina aveva piovuto, e le strade erano ancora piene di fango: avrebbe volentieri evitato che tutti i suoi libri cascassero rovinosamente a terra.
- Non ti piace? -
- Sshh, cugina. Non facciamoci sentire – bisbigliò Ginevra, senza staccare gli occhi dall’uomo, sempre impegnato nella sua conversazione.
- Lo immaginavo più anziano. Ha il suo fascino, credo, anche se non è il mio tipo -
- Sì, ha il suo fascino. E un volto simpatico, mi piacerebbe parlarci – ammise allora la ragazza, mentre il gentiluomo cambiava mano al bastone da passeggio e si sfilava il cappello, mostrando una massa consistente di capelli.
- Non è pelato -
- No, infatti. Penso che mia sorella possa, per una volta, aver avuto una buona idea -
- Pensi? -
- Aspettiamo che io ci parli. Magari è borioso come quel tale di cui parla sempre tua madre -
Rose aggrottò le sopracciglia, cercando di ricordare a chi si riferisse sua cugina.
- Il tale di Manchester? -
Ginevra scrollò le spalle.
- Sì, credo, quello che una volta ha fatto, con le sue chiacchiere, soccombere al sonno mio padre -
A Rose si illuminò lo sguardo, già quasi ridendo nel ricordare l’aneddoto.
- Ah, intendi il venditore di tabacco di Leicester -
Ginevra stava per ribattere, quando la loro conversazione, benché non troppo profonda, fu interrotta all’improvviso dal vetturino della carrozza dietro la quale si erano nascoste, fermo dietro di loro.
- Se non vi disturbo, signorine, avrei del lavoro da svolgere – disse, a voce estremamente alta, tanto che dall’altra parte della strada persino Mr. Bow e il suo compagno iniziarono a girarsi, richiamati dal rumore.
Rose riuscì appena ad abbozzare una scusa a mezza voce, prima che Ginevra, di tutta fretta, non si desse alla fuga nella via opposta a quella da cui erano venute, trascinandola per il polso.
- Che povera figura! Pensi ci abbia visto in volto? – disse, senza rallentare, prima di voltare un angolo, più interessata a distanziare il più possibile Mr. Bow che ad arrivare tutte intere alla loro carrozza.
- No, non … - stava iniziando a risponderle Rose, tentando di tenere il passo, prima di andarsi a schiantare su qualcosa proprio oltre l’angolo che stavano per svoltare, facendo capitolare per terra lei e i suoi libri.
Ginevra, intanto, si era spalmata con poca grazia su una vetrina.
Stava iniziando a scusarsi, per l’ennesima volta quel giorno, con la persona con cui si era scontrata, quando alzando gli occhi, non incrociò proprio lo sguardo di Mr. Hatrow.
Che giornata fortunata.
- Miss Griffiths – fece l’uomo, iniziando a piegarsi per aiutarla a rialzarsi – Miss Duvette. Che … piacere, incontrarvi. State bene? – aggiunse poi, quando Rose fu di nuovo in piedi, mentre l’uomo più anziano che lo accompagnava raccoglieva i libri caduti per terra, che sembravano aver miracolosamente evitato la pozza di fango a pochi metri da loro.
Mr. Hatrow la squadrò dalla testa ai piedi, con la fronte appena aggrottata, e se l’avesse conosciuto meglio Rose avrebbe pensato che si stesse assicurando che fosse tutta intera, ma un dispiacere per le loro condizioni, poco adatte ad una signorina da bene, era più probabile.
Poi si voltò a guardare Ginevra, che si era raddrizzata, e si stava guardando con una certa impazienza alle spalle.
Rose lo guardò ad occhi spalancati, augurandosi che il marciapiede potesse spalancarsi ed inghiottirla nelle viscere della terra, tant’era il suo imbarazzo.
- Mr. Hatrow. Certo, tutto perfetto. Grazie – fece, raccogliendo i libri dal gentiluomo che glieli stava porgendo – Grazie -
Mr. Hatrow stava per dire qualcos’altro, ma Ginevra lo interruppe, spingendo Rose in avanti con fare poco elegante – Ci scusi, Mr. Hatrow. Ma siamo di fretta. Grazie per l’aiuto. È stato un piacere! – strillò, e Rose non fece in tempo a voltarsi un’altra volta, che lei e sua cugina erano già lontane.
Solo più tardi, nella carrozza, con il cuore che le galoppava ancora in gola per la gran corsa, Rose sentì Ginevra ridere, da sola, come una folle.
- Cosa c’è di divertente? -
Gin la guardò per un secondo, prima di continuare a ridere ancora più forte.
- Hai del fango sul naso. E una foglia fra i capelli – le disse, ancora più divertita dalla faccia paonazza della cugina.
Rose si mise una mano tra i capelli, effettivamente raccogliendo una foglia gialla e terribilmente umida che si era incastrata in uno dei suoi ferretti.
- E me lo dici solo ora? Oh, come ti odio! -

- Da dietro una carrozza? – esclamò più tardi Leslie, improvvisamente ilare, quando, rientrate a casa, le raccontarono degli avvenimenti del pomeriggio – Non ci credo. E poi sarei io quella che vi mette in imbarazzo! -
Rose alzò gli occhi al cielo, togliendosi le forcine dai capelli davanti allo specchio, attenta ad eventuali residui di flora londinese, mentre sua cugina si pettinava seduta sul suo letto.
- Non ci siamo messe in imbarazzo. Non in quel momento almeno – fece, mentre Ginevra scoppiava a ridere, probabilmente ricordando lo sguardo sorpreso di Mr. Hatrow vedendosele precipitare fra i piedi in un angolo di strada qualunque.
- Non credo di volerlo sapere, – Leslie si buttò sulla sedia accanto a lei drammaticamente, portandosi una mano alla fronte - ditemi soltanto che non avete combinato nulla che mi renda meno amabile agli occhi del mio bel Mr. Mulligan -
- Il suo Mr. Mulligan – la scimmiottò la sorella, con una vocetta acuta che le fece guadagnare una linguaccia dalla più piccola.
Rose sorrise appena ai loro giochi, toccandosi intanto ancora una volta i capelli per assicurarsi che nessuna forcina, o foglia, le fosse rimasta in testa prima di andare a letto.
- Sta’ tranquilla, penso sia difficile fare qualcosa che possa distogliere da te il giovanotto -
Leslie sospirò ancora, prima di tornare a sfoggiare il suo sorriso furbo.
Rose tirò un sospiro di sollievo, a vederla nuovamente se stessa, sorridente e giocosa.
- Allora, questo Mr. Bow? Quanto è affascinante? Voglio sapere tutto -

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 - Il matrimonio di Miss Cruise ***


Capitolo 5
Il matrimonio di Miss Cruise

 
Il matrimonio di Miss Cruise, da quel giorno Mrs. Hill, si tenne a metà marzo, in condizioni climatiche così lontane dalla primavera che gli ospiti si domandarono di certo il perché non aspettare per davvero la bella stagione.
Le malelingue mormorarono, dal momento in cui gli inviti furono inviati per posta, che di certo vi doveva essere un qualche motivo, per quella scelta di data sfortunata.
Ma, come più di una volta Mrs. Duvette ricordò alle nipoti, quando si perdevano in inutili speculazioni sulla figlia dei loro vicini, non per altro che per passare il tempo, era più probabile che la ragazza, che ormai aveva quasi venticinque anni, avesse ansia di uscire dal nucleo familiare e iniziare una sua famiglia, che una gravidanza indesiderata.
Dopo tutto i Cruise erano brava gente.
Mrs. Duvette, poi, con una certa finta noncuranza, era riuscita ad ottenere dalla madre della sposa la lista degli invitati, assicurando alla festa la presenza sia di Mr. Mulligan sia di Mr. Bow, che Mr. Cruise doveva conoscere grazie a certi affari nella sua contea d’origine.
Un notevole colpo di fortuna, per le sorelle Duvette: quale occasione meglio di un matrimonio per potere rafforzare i propri legami sociali?
Quella volta, però, al centro dell’attenzione non c’era Leslie, che sembrava essersi ormai assicurata l’interesse del suo giovane spasimante, ma Ginevra.
Una buona prima impressione era la migliore delle impressioni, usava ripetere Mr. Duvette, riferendosi al mondo degli affari, e sua moglie in affari includeva, senza dubbio, anche quelli di cuore.

Il giorno del matrimonio, Ginevra era bella da lasciare il fiato.
Irriconoscibile, l’aveva definita Leslie, guadagnandosi un appellativo poco cortese da sua sorella, in netto contrasto con l’eleganza con cui era abbigliata.
La cerimonia fu breve, aperta da un adorabile corteo nuziale formato dai nipotini di Miss Cruise, nonostante il più piccolo, che non doveva avere più di tre o quattro anni, fosse scoppiato a piangere nel bel mezzo della navata.
I Duvette, in quanto vecchi amici di famiglia, occupavano i primi banchi, e le ragazze non riuscirono a intravedere Mr. Bow e Mr. Mulligan fino a che la cerimonia non fu terminata.
Mr. Mulligan, fedele alla sua promessa, non perse tempo, e già fuori dalla chiesa si avvicinò baldanzoso a loro con Mr. Bow, lasciando Mr. Hatrow, sua moglie e lo stesso signore che si stava accompagnato all’uomo durante il loro ultimo sfortunato incontro, che rivolsero loro solo un cenno con la testa.
Doveva anche lui far parte della famiglia, visto che erano arrivati tutti insieme alla cerimonia.
- Buongiorno! – esclamò, con il solito entusiasmo, avvicinandosi loro – che splendida giornata! -
Rose gli sorrise, facendo appena una reverenza, evitando di rispondergli che anche a Londra quella non si sarebbe potuta considerare una splendida giornata, con la nebbia fitta che persino a quell’ora non riusciva a far vedere nulla aldilà della siepe che chiudeva il piazzale davanti la cappella e l’umidità che penetrava nelle ossa dei poveri invitati.
Lasciò che a parlare fosse suo nonno, e accennò un cenno con il capo, quando il suo nome fu, fra gli altri, fatto a Mr. Bow.
Fortunatamente l’uomo non ci fece troppo caso, troppo preso a guardare con un certo interesse Ginevra, istigato dal comune sforzo di Mr. Mulligan, Leslie e Mrs. Duvette.
- Oggi lei è particolarmente elegante, Miss. Non trova Mr. Bow? – stava giusto dicendo Mr. Mulligan, rivolto all’amico, con poca discrezione, e Ginevra arrossì, lasciandosi sfuggire appena un risolino imbarazzato.
Anche Mr. Bow non mancò di sembrare un po’ a disagio, ma non perse occasione di rispondere, piegando appena il capo sotto il cappello.
- Non posso purtroppo fare confronti, ma lei è sicuramente incantevole, Miss -
Rose nascose dietro lo scialle il sorriso che le sfuggì nel vedere sua cugina avvicinarsi precitevolmente alla combustione.
Mr. Mulligan stava forse per aggiungere qualcosa, con alta probabilità ugualmente imbarazzante per la sua povera cugina e il gentiluomo, quando Mr. Hatrow lo chiamò dal cancello della canonica.
- È ora di andare. A dopo, signorine, Miss Duvette, la prego, mi conservi qualche ballo – disse allora, ammiccante, e Leslie annuì appena, con il solito contegno che mostrava davanti al gentiluomo.
Mr. Bow, più discreto, fece un inchino sobrio in direzione dei loro nonni, prima di puntare inequivocabilmente gli occhi su Ginevra.
- Spero di rivedervi presto alla cerimonia, Miss. Arrivederci – disse, con tono compito, prima di seguire Mr. Mulligan per il sentiero sterrato.
Mentre i Mr. e Mrs. Duvette gongolavano con una certa grazia, probabilmente già pregustando le buone notizie che avrebbero potuto fornire ai genitori delle due ragazze, Leslie e Rose non poterono fare a meno di prendere in giro la più grande, ancora visibilmente accaldata.
- Incantevole -
- Spero di rivedervi presto, Miss -

Bisbigliarono le due, imitando malamente la voce del gentiluomo e guadagnandosi un colpo di ventaglio a testa da Ginevra, proprio quando Mrs. Duvette aveva smesso di guardarle.
- Oh per cortesia –

Il pranzo nella tenuta fuori città dei Cruise fu abbastanza tranquillo: Rose era stata sistemata lontana dalle sue cugine, a pochi posti di distanza da suo nonno, fra le gemelle Wilson, due ragazze giovanissime e con un brio tale da far invidia persino a Ginevra.
- Deve venirci a trovare, Miss Griffiths, prima di tornare in Francia! -
- E ci parli ancora della Francia, vi prego! -
Rose, annuì, cercando di dire qualcosa prima che le due ragazze riprendessero di nuovo.
Era dall’inizio del pranzo che avevano appena toccato cibo, troppo impegnate nel parlare di qualsiasi cosa passasse loro per la mente.
Alcuni dei loro argomenti erano addirittura sagaci, nonostante la loro giovane età, ma a causa del loro eccesso di entusiasmo risultavano un po’ troppo per le povere orecchie della ragazza, seduta fra loro.
- Certo, sarebbe… -
- Le nostre scuderie, come dice sempre papà, sono le migliori nei dintorni di Londra! -
- Va’ spesso a Parigi? Oh, ci parli di Parigi! -
Alla fine del pasto, Rose aveva ricordato ogni gita, anche breve, che aveva fatto a Parigi, dall’inizio del suo soggiorno in Francia, e aveva sviluppato una profonda conoscenza dei cavalli nelle scuderie della famiglia Wilson.
Solo allora si era potuta ricongiungere alle sue cugine, poco prima che le danze iniziassero, che erano in un angolo, scortate dai loro cavalieri.
Per un attimo Rose provò quasi invidia nei loro confronti, avendo davanti un lampo del futuro che la aspettava, da numero dispari in gruppi pari, ma cercò subito di non avere pensieri del genere in mente.
Le sue cugine non meritavano altro da lei che felicità per la loro buona stella.
Ginevra, grazie ad un colpo di fortuna (o forse alla longa manus di Mrs. Duvette, il giudizio era ancora incerto), aveva trovato posto vicino a Mr. Bow durante il pranzo, e i due dovevano aver conversato piacevolmente, perché entrambi sembravano aver perso l’iniziale imbarazzo.
Leslie non era stata così fortunata, e aveva passato il pranzo accanto a Mrs. Duvette e alcune sue amiche, le stesse che in quel momento stavano prendendo posto dall’altro lato della sala, sempre nel loro gruppo serrato.
Anche Mr. Hatrow era fra loro, visibilmente meno entusiasta degli altri.
Un sentimento che Rose poteva ben condividere, visto che l’orchestra si stava preparando ad attaccare con il primo brano.
- Miss Griffiths, lei non danza? – le chiese, per educazione, vedendola avvicinarsi, Mr. Mulligan, che aveva già Leslie al braccio, pronto all’ormai prossimo attacco dell’orchestra.
Rose scosse la testa.
- Non credo -
Mr. Mulligan sorrise appena, dimostrando pienamente tutti i suoi pochi anni – Ah, giusto. Non ne siete una grande amante, se non ricordo male -
Rose ricambiò il sorriso, divertita – Esatto -
Leslie alzò gli occhi al cielo, stringendo il braccio del suo compagno – Abbiamo ormai perso le speranze di farle cambiare idea -
- Oh Leslie, hai sempre saputo quanto fosse una battaglia persa. Due piedi sinistri, ricordi? -
Ginevra la guardò con disapprovazione, mentre Mr. Bow, al suo fianco, cercava di nascondere senza risultato un sorriso divertito.
- Non ascoltatela, non è affatto così – cercò di difenderla, ma Rose rise e scosse la testa.
- Sei troppo buona con me, Ginevra – fece, sentendo una nota aleggiare nell’aria e decidendo di darsi alla fuga, o almeno alla ricerca di un qualche luogo più riparato – Ora perdonatemi, vi lascio alle danze. Vado a cercare qualcosa da bere -
Mentre le sue cugine volteggiavano leggere per la sala da ballo, Rose si era nascosta in un angolo, appena fuori dalla portata delle matrone, sperando che l’influenza delle anziane signore bastasse a tenerla lontana dalla pista da ballo.
Il suo piano doveva però avere una falla, perché un ragazzo, forse addirittura più giovane di Leslie, che sua nonna doveva averle già presentato a qualche altra serata, le si stava avvicinando rapidamente, quasi portato per orecchio dalla madre, che ebbe giusto la discrezione di lasciarlo a qualche metro di distanza, per farlo proseguire da solo.
Se Rose non fosse stata vittima delle mire della donna, avrebbe quasi trovato la scena divertente.
- Miss Griffiths, vorreste farmi l’immenso piacere … – aveva appena iniziato il ragazzo, con voce vagamente tremolante, ma una voce più adulta, appena dietro di lei, lo interruppe.
- Mi perdoni, Mr., ma ho bisogno urgente di discutere con Miss Griffiths –
Il ragazzo sembrò più che felice di potersela dare a gambe, mentre, voltandosi, Rose poté appena trattenere la sorpresa a trovarsi davanti, ancora una volta, Mr. Hatrow.
- Signore, abbiamo questioni urgenti di cui discutere? – domandò, vagamente preoccupata, guardandosi intorno per assicurarsi che le sue cugine fossero ancora sulla pista da ballo, in piena salute, dove le aveva lasciate.
Mr. Hatrow le sorrise, sembrando improvvisamente più giovane di quanto non fosse, e abbandonò il tono di voce autorevole che aveva utilizzato di fronte al giovane.
- No Miss, ma ho pensato che potesse farle piacere evitare un indesiderato giro di valzer – le disse, con aria sorniona, e Rose non poté fare a meno di scoppiare a ridere.
- Un cavaliere nella sua scintillante armatura, senza dubbio! Grazie Mr. Hatrow, le sono davvero grata – gli rispose Rose, appoggiandosi al muro dietro di lei.
Mr. Hatrow la imitò, sempre con il sorriso sulle labbra.
Rimasero per qualche secondo in amichevole silenzio, a meno di un metro l’uno dall’altro, guardando i ballerini.
La sala dove si stavano svolgendo i festeggiamenti nella tenuta dei Cruise era ampia, illuminata da centinaia di candele e con grandi finestroni che davano sul giardino posteriore.
Rose davvero non capiva come si potesse avere una residenza così bella e vicina alla città e decidere comunque di vivere in un palazzotto, simile a quello dei Duvette, nei sobborghi londinesi.
- Lei non balla, Mr.? -
Rose si voltò a guardarlo con discrezione, studiandone il profilo irregolare, giusto in tempo per vederlo scuotere la testa.
Alla luce tenue delle candele intorno a loro, Rose ebbe occasione di studiarlo meglio che durante i loro precedenti brevi incontri, e pensò che, quando aveva un viso più rilassato, l’uomo risultava più affascinante, se non di una bellezza classica.
- Neanche io sono un grande amante del ballo, Miss. Mi trovo perfettamente a mio agio dove sono in questo momento – le rispose intanto l’uomo, distogliendola dai suoi pensieri, decisamente poco adatti ad un uomo sposato.
Rose annuì, senza aver nulla da rispondergli, e tornò a guardare i ballerini.
Rimasero così per un po’, in pacifico silenzio, osservando la sala davanti a loro.
- Come stanno i suoi libri? – disse lui dopo un poco, voltandosi nuovamente a guardarla – Spero che la sua disavventura dell’altro giorno non li abbia troppo strapazzati -
Rose arrossì, non aspettandosi che il gentiluomo volesse ricordare il loro imbarazzante incontro.
Alla fine scrollò le spalle, fingendo una nonchalance che non le apparteneva.
- Pensavo tutti, in realtà, sono stata così fortunata che non siano finiti tutti nel fango. Tornata a casa però mi sono resa conto che l’edizione del Beowulf che avevo acquistato ha alcune pagine irrimediabilmente strappate. Ma meglio di nulla, suppongo -
- Oh, mi dispiace, Miss… - le rispose, e sembrava volesse aggiungere altro, quando, a poca distanza da loro, il gentiluomo con cui l’aveva visto prima gli fece segno di avvicinarsi, la sorella di Mr. Mulligan, al seguito – Mi perdoni, temo di essere richiesto altrove. Arrivederci, Miss – aggiunse poi, congedandosi con un cenno della testa, per dirigersi verso il suo amico e sua moglie.
Rose lo guardò andar via, una figura alta e scura stagliata contro quelle più piccole dei ballerini, pensando che Mr. Hatrow doveva essere molto di più di quello che sembrava.

Quella sera, nel salotto di casa, una volta che i vestiti furono stati riposti negli armadi e i capelli sciolti, Rose si trovò accerchiata improvvisamente dalle sue cugine.
- Ti prego, Rosie, accompagnami tu! -
- Se vai con lei, Rosie, pretendo che tu venga anche con me. Sarebbe molto ingiusto, altrimenti -
Le sue cugine da quando erano tornate l’avevano pressata, in momenti diversi, perché facesse loro da chaperon, insieme a qualcuno scelto da Mr. Mulligan e Mr. Bow, in possibili future uscite.
A quanto pareva, infatti, Mr. Bow non aveva perso tempo ad invitare Ginevra a passeggiare con lui in Hyde Park, la settimana ventura, e Mr. Mulligan non si era voluto dimostrare da meno.
- Nonna, sai bene che forse io non sono la figura più adatta… -
Mrs. Duvette alzò gli occhi dal suo lavoro di cucito, scuotendo la testa decisa.
- Io e vostro nonno siamo ormai troppo anziani per star dietro a giovani ardori – disse, con un tono poco credibile davvero – e inoltre uscire un po’ non ti farà male Rosie, non si sa mai chi potresti incontrare – aggiunse poi, decisamente più sorniona.
Rose comprese che, nella stanza, non vi era nessun suo alleato nella sua battaglia, visto che sua nonna non sembrava intenzionata a lasciarle sfuggire alcuna occasione per incontrare un gentiluomo.
- Allora è deciso Rosie! Sarai la nostra chaperon – disse Ginevra, battendo le mani con vigore.
- Grazie Rosie! -
Rose la guardò seccata, prima di indicare i biscotti che avevano accompagnato il tè sul tavolino accanto a loro, con fare imperioso.
- Bene. Passatemi un biscotto, ora –

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6 - Gli chaperons ***


Capitolo 6
Gli chaperons

 
Il primo a presentarsi all’uscio di Hatfield House, meno di un paio di giorni dopo il matrimonio degli Hill, fu Mr. Mulligan.
Il giorno prima aveva inviato una lettera, annunciando le sue attenzioni, e Rose dubitava fortemente che il giovane avesse aspettato più di un’ora dal momento in cui gli doveva essere stata recapitata la lettera di Leslie.
Rose era impegnata a decifrare una lettera che le aveva inviato suo padre, nella sua terribile scrittura: non era di certo un mistero del perché preferisse le lettere scritte da sua madre, con la sua grafia tondeggiante e comprensibile.
Suo fratello era tornato qualche giorno a casa, la salutava con affetto, ma non era sembrato ai suoi genitori particolarmente entusiasta della vita nell’esercito.
Fortunatamente aveva ancora tempo per cambiare idea prima che fosse troppo tardi.
Le due ragazze ebbero appena il tempo ad infilarsi guanti e cappelli, nel momento in cui il ragazzo fu annunciato nel loro ingresso, per il loro giro in carrozza.
Rose scelse il più insignificante dei suoi copricapi, sperando vivamente di riuscire a ben mimetizzarsi con la tappezzeria della carrozza, desiderosa di non intromettersi troppo fra i suoi due compagni.
Fu con sua grande sorpresa che, scese nell’ingresso aspettandosi di trovare solo Mr. Mulligan, in compagnia di Mr. Duvette, che vide Mr. Hatrow, nei suoi soliti abiti scuri, con loro.
- Signorine – fece Mr. Mulligan non appena le vide, esibendosi in un inchino più profondo del solito, rivolto prevalentemente in direzione di Leslie.
- Misses – gli fece eco Mr. Hatrow, dall’uscio.
Mr. Duvette le guardò divertito, prima di far loro cenno di andare.
- Vi lascio in buone mani, spero. Non lasciate che un vecchio come me vi trattenga -
Rose, fece per poggiargli una mano sulla giacca.
- Oh nonno, non dire così… - aveva appena iniziato a dire, vagamente divertita, prima che Leslie la tirasse per un braccio, verso la porta.
- A dopo, nonno! –

La giornata era mite a sufficienza perché Mr. Mulligan facesse uscire dalle stalle la carrozza scoperta, e così Rose si era trovata accanto a Mr. Hatrow, mentre di fronte a loro i due ragazzi più giovani parlavano, Mr. Mulligan concitato, Leslie più composta, con lo sguardo volto verso la casa, come per accertarsi che i loro nonni e Ginevra non fossero alla finestra, a spiarli.
Entrambi sembravano in confidenza abbastanza con i loro accompagnatori da non ritenere di includerli nella loro conversazione.
Rose così decise di adeguarsi al silenzio del suo vicino di seduta, e iniziò a guardare le strade che stavano percorrendo, giocando distratta con i suoi guanti, che le andavano un po’ stretti.
Doveva aver preso quelli di Ginevra per errore, e facevano avanzare un po’ di stoffa fra le dita.
Le sue cugine, come d’altronde la maggior parte delle signorine della loro età, erano più minute di lei, che soffriva dell’eredità di suo padre, che riusciva a non sembrare minuto neanche con gli uomini scandinavi con cui faceva affari.
La differenza di misura, accompagnata da una certa corpulenza, nonostante le avesse causato più di qualche problema, dal trovare scarpette adeguate al fatto che una buona parte dei gentiluomini erano di solito appena più bassi di lei, le aveva anche regalato la possibilità di non dover mai sistemare gli orli delle sue gonne.
- Siamo vicini a quel momento dell’anno in cui Londra diventa particolarmente bella, non trova Miss? -
Rose si voltò con grazia in direzione del suo interlocutore, all’improvviso apparentemente volenteroso di fare conversazione.
- Non saprei, sono sempre stata a Londra soltanto durante il periodo natalizio, o per brevi soggiorni estivi -
- Oh, pensavo foste vissuta a Londra, con i signori Duvette –
Rose scosse la testa, sentendo distintamente un ciuffo di capelli scivolarle sul collo a quel movimento.
Doveva aver mancato di fissare per bene con le forcine la sua acconciatura, nella fretta di uscire di casa.
- No, ho soltanto fatto visita ai miei nonni di tanto in tanto, più spesso nello …Shire che qui. Per il resto sono nata a Leeds, ma sono cresciuta ad Edimburgo e negli ultimi anni, con i miei genitori, ci siamo trasferiti a Saint Malò – disse, scuotendo una mano come fosse poca cosa.
In realtà sapeva di essere fortunata, ad aver vissuto in così tanti luoghi diversi, durante la sua vita.
Avrebbe sempre ricordato gli anni in collegio ad Edimburgo con particolare affetto, visto che le sue compagne erano fra i pochi legami che, nella sua vita nomade, era riuscita a stabilire.
- Vive in Francia? -
Rose annuì, rendendosi conto di star solo rispondendo alle domande dell’uomo, come in un interrogatorio.
- Sì, ormai da quasi quattro anni. Lei è cresciuto a Londra? -
- Sì, sin dall’infanzia, se non conta l’università ad Oxford – le rispose, mentre la carrozza dava loro appena uno scossone oltrepassando i cancelli del parco – Ho avuto la fortuna di visitare Parigi in più occasioni, ma temo la mia conoscenza della Francia si limiti alla sua capitale -
- Dove le piacerebbe viaggiare in questo momento, Mr. Hatrow? -
L’uomo scrollò le spalle, guardando il giardino intorno a loro, prima di sorridere.
- Ho sempre avuto molto cara l’Italia, anche se non vi sono mai stato – rispose, gli occhi quasi sognanti.
- Oh l’Italia! La capisco perfettamente. Anche io ho sempre desiderato andarci -
Mr. Hatrow si voltò nuovamente nella sua direzione, con aria complice.
- Napoli! -
Rose ricambiò il sorriso, non perdendo un attimo.
- Venezia! Roma e Firenze! -
- Capri, Pisa e Ferrara! -
- E come dimenticare la Sicilia intera, isola meravigliosa! -
Mr. Hatrow la osservò per un lungo momento, prima di sorridere soddisfatto, gli occhi brillanti.
- Miss Griffiths, credo che la nostra conoscenza ci riserverà, senza dubbio, conversazioni affascinanti -

- Quante probabilità ci sono che sia Mr. Bow sia Mr. Mulligan volessero come accompagnatore Mr. Hatrow? La nostra è di certo una situazione bizzarra – stava dicendo Ginevra, che aveva deciso di occupare senza alcuna grazia il letto di Rose, mentre la cugina finiva di sistemare i capelli per la notte.
Per Rose intrecciarsi i capelli, sin da quando erano bambine, era sempre stato un gesto tranquillizzante, che Ginevra non riusciva a comprendere.
Per lei i suoi capelli avevano sempre rappresentato, nel migliore dei casi, una grande scocciatura.
- Peculiare, senza dubbio – le rispose Rose, prendendo una boccetta d’olio alla sua sinistra e versandosene un po’ sulle punte delle dita, prima di iniziare a passarsele fra i capelli.
- Mi pare andiate d’accordo però, di che parlavate? -
Rose alzò gli occhi al cielo, prima di scuotere le mani, ancora lucide d’olio, come a dire che l’argomento non rappresentava nulla di particolarmente rilevante.
Mr. Hatrow si era ricordato di un titolo di cui avevano brevemente parlato al precedente incontro tra Leslie e Mr. Mulligan, che ormai si vedevano con frequenza sempre più alta, che dava a ben pensare che un fidanzamento fosse nell’aria, o quanto meno molto vicino, e le aveva riportato le sue impressioni, dopo averlo letto, con un certo entusiasmo.
Sicuramente la conversazione con lui si stava rivelando più interessante di quanto Rose non si sarebbe aspettata.
Come doveva essere fortunata Mrs. Hatrow ad avere una compagnia così stimolante ogni quando la desiderasse!
- Ha finito di leggere un libro di cui avevamo avuto modo di parlare in precedenza – fece, passando le dita su una salvietta – Ben più importante, Mr. Bow? Mi è sembrato parecchio preso -
- Abbiamo discusso di una sua proprietà nello …Shire, dove ha riservato un’ala intera alla scuola per i bambini della contea! Non lo trovi meraviglioso? Era molto appassionato, penso che se il suo destino fosse stato diverso sarebbe stato un professore -
Rose si voltò a guardare sua cugina con un sorriso compiaciuto, felice che le stelle si fossero allineate in maniera così apparentemente sorprendente.
- Oh, e tu non ne sei per niente impressionata, vero? Infondo non sei una grande amante dei bambini -
Ginevra arrossì fino al collo, ma non distolse lo sguardo dal suo, in un moto di orgoglio.
- Anche io, se la mia vita fosse andata diversamente, avrei fatto l’istitutrice, Rosie, certo. Lo sai che i bambini riescono sempre a regalarmi grande gioia -
- Non userei il condizionale, fossi in te, cuginetta. L’istitutrice è senza dubbio un mestiere adatto ad una zitella -
Il cuscino le volò in viso prima ancora che potesse accorgersi che Ginevra l’avesse lanciato.
- Non dire così! Zitella ci finirai tu, disgraziata! -
Rose trattenne appena una risata, scuotendo le spalle – Può essere – disse, questa volta schivando in tempo il nuovo proiettile della cugina – Hai forse intenzione di abbattermi a cuscinate, questa sera? -
Ginevra non le rispose, ma in compenso si lasciò cadere sul suo letto, facendole spazio quando le si avvicinò, i due cuscini recuperati dal pavimento e nuovamente al loro posto.
- Dormo qui – fece poi, guardandola in tralice mentre Rose si infilava nelle coperte accanto a lei.
- Se inizi a russare, su quanto è sacro, ti soffoco -
Ginevra sbuffò.
- Come sei drammatica -

- Non li trova una coppia ben appaiata, Mr. Hatrow? – disse, facendo cenno alla coppia che camminava a braccetto appena davanti a loro.
Mr. Bow dava il braccio a Ginevra e le parlava con il volto vicino al suo, facendola ridere.
Quel pomeriggio, in programma, vi era una passeggiata ad Hyde Park, questa volta con la coppia che entrambi avevano imparato a preferire: Mr. Bow e Ginevra non erano una piacevole compagnia, ma avevano anche bisogno di notevole meno supervisione rispetto all’altra giovane coppia.
Se all’inizio, quando per la prima volta si era trovata a fare la chaperon con lui, oltre che alla più piccola delle sue cugine, anche a Ginevra e Mr. Bow, Rose era rimasta un attimo turbata dalla prospettiva di passare così tanto tempo in compagnia dell’uomo, i suoi dubbi, con il tempo, si erano rivelati senza ragione di esistere.
La compagnia di Mr. Hatrow, la cui timidezza, una volta sparita, aveva lasciato il posto ad una educata riservatezza, era piacevole: la conversazione fra loro era diventata fluida e, alla luce dei molti interessi in comune che avevano scoperto di possedere, Rose ormai quasi guardava con trepidazione alle uscite delle sue cugine.
Mai avrebbe pensato, neanche arrivando a Londra pochi mesi prima, di trovare un amico, in tali circostanze.
Mr. Hatrow la guardò da sotto la tuba, da cui si ostinavano ad uscire, ribelli, riccioli scuri che gli si riversavano sulla fronte, facendolo sembrare vagamente più giovane di quanto non fosse.
- Sì, una bella coppia di certo. E meno sprovveduti degli altri nostri giovani amici, di certo, Miss – le rispose, distogliendo poi lo sguardo per fissarlo sul duo in questione, prima di aggiungere – Posso farle una domanda? Non voglio essere impertinente -
Rose sollevò appena le sopracciglia, sorpresa.
- Non siate impertinente allora, ditemi -
- Vostra nonna non è preoccupata dal fatto che gli chaperons possano a loro volta aver bisogno di degli accompagnatori? Non essendo nessuno di noi sposato mi sembra che … -
La ragazza si volse a guardarlo con la fronte aggrottata, senza neanche aspettare che terminasse il suo discorso, un comportamento che sicuramente le avrebbe fatto guadagnare almeno un’occhiataccia da sua nonna – Voi non siete sposato, Sir? La sorella di Mr. Mulligan non è forse vostra moglie? Leslie ci aveva detto… -
Mr. Hatrow si fermò un attimo, facendo guadagnare alla coppia davanti a loro qualche altro metro di distanza, visibilmente confuso.
- No Miss, mio fratello è il marito della sorella di Mr. Mulligan. Miss Duvette deve aver fatto confusione, temo -
Rose rimase in silenzio, assorbendo un attimo la nuova informazione ricevuta e giocando con il ventaglio chiuso che aveva in mano per ingannare il tempo.
- Spero che questo non sia un problema in tal caso possiamo subito richiamare Miss Duvette, sono sicura che capirà il vostro disagio -  aggiunse allora Mr. Hatrow, una nota apprensiva nella voce che Rose non aveva mai avvertito nel suo tono.
Solo allora Rose si rese conto che l’uomo poteva aver mal inteso il suo silenzio e si premurò di interromperlo per una seconda volta.
 – No, Mr. Hatrow. Non penso sia un problema e, soprattutto, non mi perdonerei mai se dovessimo interrompere il lieto pomeriggio di mia cugina e del suo amico per una questione così triviale. Non vi è stato scandalo fino ad ora, dubito sorgerà in seguito – disse, e alle sue parole il suo improbabile compagno si rilassò notevolmente.
- E poi – aggiunse, questa volta con tono più leggero – dubito fortemente che lei abbia in piano di attentare in qualsiasi modo alla mia virtù, non è vero Sir? -
Mr. Hatrow rise, visibilmente divertito dalla sola idea di un corteggiamento fra loro.
- Assolutamente Miss –
 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 7 - Un invito ***


Capitolo 7
Un invito

 
- Nonna, non voglio parlare di matrimonio! –
Rose stava leggendo rannicchiata vicino uno dei finestroni della biblioteca, non c’era molto altro da fare in una giornata di pioggia come quella,  ma alzò lo sguardo dal libro che aveva in mano, richiamata dalle urla di Leslie che arrivavano dal salotto fino a lei, nonostante le pesanti tende e i tappeti sistemati proprio per attutire i suoni esterni.
Erano giorni che Leslie era nervosa come una vipera che fosse stata svegliata da un contadino irrispettoso, e tormentava tutta la casa e i suoi abitanti sbattendo porte e urlando contro chiunque osasse chiederle di avere un po’ più di grazia con gli infissi.
Suo nonno, che in quel periodo era particolarmente occupato a lavoro, Mr. Lewis in continuazione alla porta, ogni volta con carte, documenti da firmare a notizie non ancora di dominio pubbliche, era riuscito a scapparle, per la maggior parte del tempo, lasciando alle tre donne l’oneroso compito di trattare la nipote più piccola.
Talvolta Rose non poteva far altro che ammirare l’etica lavorativa del ragazzo.
Neanche Ginevra era riuscita a cavarle nulla di bocca, e l’unico a cui fossero risparmiati i suoi scoppi di rabbia era Mr. Mulligan, che però in compenso veniva trattato con un silenzio quasi risentito.
- Leslie, il tuo comportamento è a dir poco inaccettabile! -
Forse Rose non aveva mai sentito sua nonna alzare la voce a quel modo: aveva sicuramente altri efficaci modi per intimidire le sue nipoti, ma Leslie doveva averla proprio portata al limite.
Chiuse il libro, sistemando il segnalibro fra le pagine, e lo posò sulla scrivania lì accanto, pronta a riprenderlo appena possibile, prima di alzarsi per andare a vedere cosa diavolo stesse accadendo.
Scese le scale, vide Ginevra già sull’uscio del salotto e poteva solo immaginare la ruga di preoccupazione che doveva solcarle la fronte in quel momento, uguale a quella del nonno.
Leslie e Mrs. Duvette erano nella stanza, l’una di fronte all’altra, la nonna seduta in poltrona, il suo lavoro di cucito dimenticato in grembo.
- Se solo ci volessi raccontare cosa ti sta accadendo, invece di mancarci di rispetto ad ogni occasione! – stava dicendo sua nonna, mentre la ragazza davanti a lei si guardava con insistenza i piedi, il viso aggrottato in una smorfia rabbiosa.
- Non voglio parlare di matrimonio, non voglio parlare di Mr. Mulligan, è forse troppo da chiedere? -
Mrs. Duvette sbuffò, posando ciò che aveva in grembo, con una mal grazia che non le apparteneva, sul tavolo vicino a lei.
- No, signorina, soprattutto vista la frequenza con cui questo giovanotto è alla porta. Quali sono le tue intenzioni con lui? -
Leslie rivolse alla donna più anziana uno sguardo avvelenato.
- Le mie intenzioni! Come se importassero! Sappiamo già che lo dovrò sposare, come desiderano i miei genitori. Cosa c’è da discutere? -
Ginevra, che aveva sapientemente scelto di non intervenire, si voltò a guardare la cugina, con sguardo consapevole: ecco finalmente il nervo scoperto.
- La mia domanda è molto chiara, ragazza. Nessuno qui ha intenzione di costringerti a fare ciò che non vuoi. Quali sono le tue intenzioni con Mr. Mulligan? – disse Mrs. Duvette, alzandosi e avvicinandosi alla nipote.
Sembrava improbabile, vista la statura ridotta della donna, ma in quel momento l’anziana signora sembrava più alta di Leslie di svariati centimetri.
Le due donne si guardarono per alcuni secondi, e Leslie sembrava ogni istante più vicina alle lacrime.
- Non lo so, non ne voglio parlare! – strillò alla fine, a pieni polmoni, prima di andar via, sbattendo la porta dietro di lei.
Le tre donne rimaste si guardarono, evidentemente perplesse da quello scontro, ma sentendosi tutte un passo più vicine alla ragione che scuoteva tanto l’animo di Leslie in quei giorni.

La mattina dopo Leslie si mise a letto, annunciando di avere un forte mal di testa, e senza voler vedere nessuno: persino Ginevra fu bandita dalle sue stanze.
Finalmente, sua nonna si decise a scrivere alla nuora, senza sapere più che fare con la sua nipote più giovane.
Intanto, se le visite di Mr. Mulligan, a seguito del cambiamento d’umore di Leslie, si erano ridotte, seppure dal momento in cui ebbe notizia del suo stato il giovane non mancò di inviare ogni giorno un piccolo dono diverso per l’inferma, Mr. Bow continuava, con più discrezione e cortesia, ad essere ospite frequente a casa loro.
Talvolta veniva solo, fermandosi a parlare anche con Mr. Duvette, quando l’uomo non era impegnato, talvolta accompagnato da Mr. Hatrow, come quel pomeriggio.
Mrs. Duvette l’avrebbe volentieri negato, ma da quando Rose le aveva comunicato che il gentiluomo non era sposato, come avevano pensato all’inizio, aveva spesso sfruttato la scusa del tempo insolitamente rigido per quel periodo, per tenerli in casa il più possibile, sotto la sua più rigorosa sorveglianza.
Rose sapeva bene che non era per una mancanza di fiducia nel suo senso di responsabilità o di stima nei confronti di Mr. Hatrow, ma perché la donna mai avrebbe lasciato che anche una sola male lingua si avvicinasse alle sue nipoti, soprattutto sotto la sua supervisione.
Suo malgrado, da quando aveva scoperto che l’uomo non era impegnato come credevano, Rose aveva notato dal canto suo l’insorgere di un certo affetto, una preferenza che di certo sarebbe stato inappropriato chiamare amore, nei confronti del gentiluomo, ma aveva buone ragione per essere convinta che sua nonna non ne avesse cognizione.
Soprattutto, non era in alcun modo intenzionata a perseguire o incoraggiare quei sentimenti, non per altro che perché sarebbe stata una totale assurdità persuadersi che Mr. Hatrow potesse anche lontanamente ponderare un qualsiasi altro rapporto al di fuori di una cortese amicizia, con lei.
Come sempre, Mrs. Duvette aveva fatto accomodare i due gentiluomini nel salotto buono, e ora aspettavano che venisse servito il tè.
Rose era vicino al caminetto, sulla sua solita poltroncina, e Mr. Hatrow aveva occupato il posto che solitamente apparteneva a Ginevra.
La ragazza, dal canto suo, ormai preferiva il divanetto, che poteva spartire con Mr. Bow, seppure ad una riguardosa distanza.
Mr. Bow, quel pomeriggio, sembrava incredibilmente nervoso, tanto che per un attimo Rose non si chiese se avesse intenzione di mettersi in ginocchio proprio quel giorno, per chiedere la mano di Ginevra.
Sarebbe senza dubbio stato affrettato, ma non immotivato o totalmente inusuale.
- Quest’oggi siamo qui, in realtà, perché desidererei parlarvi di qualcosa – stava giusto dicendo il giovane, e Rose avrebbe potuto giurare che il battito del cuore di sua cugina, improvvisamente accelerato, fosse percepibile anche da dove si era accomodata lei. 
Mrs. Duvette mostrò una certa compostezza, facendogli un cenno quasi disinteressato della mano, per continuare.
- Fra tre settimane dovrò passare brevemente da Oxford, per alcuni affari, e vi dovrò rimanere alcuni giorni – sul volto di Ginevra, seppure impercettibilmente, il sorriso si gelò, senza dubbio già vagamente triste per la breve separazione prospettata – e, poiché ho molto parlato con Miss Duvette della bellezza della cittadina, volevo domandarvi se foste disposte ad una breve gita in città. Mr. Hatrow è stato così gentile da promettermi la sua compagnia, e nulla mi farebbe più lieto di avere con noi Miss Duvette, e ovviamente anche lei e Miss Griffiths -
Così come Ginevra si era rattristata, allo stesso modo il suo viso si illuminò a quella proposta, scambiandosi un sorriso radioso con Mr. Bow.
- Oh nonna, sarebbe meraviglioso! -
Rose guardò soddisfatta la coppia sul divanetto: quella non era una proposta di matrimonio, ma di sicuro ben rivelava le intenzioni del giovane nei confronti di sua cugina.
Da parte sua, cercò di contenere un sorriso o di fare qualcosa di stupido come voltarsi verso Mr. Hatrow: quello non era di certo un viaggio per il suo divertimento, quanto per quello di Ginevra, ma in ogni caso la prospettiva di partire qualche giorno, con una compagnia così interessante e sua cugina, la rendeva, seppure non ai livelli di Ginevra, entusiasta dell’idea.
Mrs. Duvette tacque un attimo, probabilmente ponderando bene la sua risposta, prima di annuire anche lei.
Se le sue nipoti non l’avessero conosciuta tanto bene, si sarebbero probabilmente perse il sorriso compiaciuto che nascose versandosi altro tè, tenendo sulle uova il povero Mr. Bow.
- Immagino possa giovarci qualche giorno lontani dalla città… - iniziò a dire, ma Ginevra non le diede neanche il tempo di finire, alzandosi e prendendole le mani, con una gioia tale da far rimanere l’anziana signora spiazzata.
- Nonna, sei così cara! -
Mrs. Duvette quasi arrossì, prima di schiarirsi la voce e continuare.
- … Possiamo organizzare, di certo. Mr. Bow, lei è molto gentile. Sarebbe meglio forse ne parlasse con mio marito, non appena Mr. Lewis sarà andato via, sicuramente fra voi potrete definire meglio i dettagli -
Mr. Bow annuì, anche lui visibilmente accaldato, e Rose sarebbe stata pronta a scommettere il suo scrigno di gioie che nessuno, nella storia di Hatfield House, aveva mai salito le scale che conducevano allo studio di suo nonno come il gentiluomo, non appena Mr. Lewis fece capolino dalle scale.

Nella mezz’ora seguente, mentre Mr. Bow e suo nonno erano impegnati al piano di sopra, Ginevra e sua nonna si sedettero vicine, improvvisamente dimentiche dei loro doveri di ospitalità, a discutere del viaggio, lasciando l’onere a Rose, che fino a quel momento aveva parlato giusto il necessario.
- Non dovrebbe essere anche lei con Mr. Bow? Visto che prenderà anche lei parte a questo viaggio, se non ha capito male? - disse, cercando di sembrare il meno speranzosa possibile, mentre lo affiancava accanto al pianoforte, dove Leslie aveva lasciato, l’ultima volta che lo aveva aperto, un plico di spartiti in bella mostra.
L’uomo scrollò le spalle, sorridendole appena prima di tornare a rivolgere la sua attenzione agli spartiti.
- Non penso sia necessario, Mr. Bow è abbastanza entusiasta di organizzare il tutto da valere per due e più -
Rose annuì, vagamente preoccupata per l’umore curioso dell’uomo.
Dopo qualche secondo di raccoglimento, indecisa sul da farsi, alla fine cedette e, seppure forse risultando un po’ indiscreta, non si trattenne dall’aprir bocca.
- Mi perdoni se le risulto invadente, ma sta bene? La vedo insolitamente silenzioso e cupo, quest’oggi -
L’uomo le sorrise, seppure un po’ tirato, e scosse la testa.
– No, non si preoccupi Miss. In realtà, è da un po’ che mi stava chiedendo … - disse poi l’uomo, prima di interrompersi dubbioso, e abbassando lo sguardo per fissarlo su di lei.
- Si stava chiedendo? – lo incalzò lei, improvvisamente curiosa.
Non era proprio del suo improbabile amico l’essere incerto.
- Mi stavo chiedendo se  le farebbe piacere chiamarmi per nome. Se lo ritiene adeguato, certo. Fare la sua conoscenza e avere la sua amicizia mi ha fatto enormemente piacere, e spero nel non sbagliarmi nel pensare che il nostro rapporto sia ora più intimo di quello fra due conoscenze appena accennate -
Se Rose pensava di avere ordinariamente un buon autocontrollo, doveva averlo improvvisamente perduto.
Le guance in quel momento dovevano starle andando a fuoco.
Che Mr. Hatrow la considerasse un’amica le riempiva il cuore di gioia, e fosse stata un’altra, meno consapevole delle sue condizioni, probabilmente avrebbe sperato la sua fosse una richiesta che celava una qualche tenerezza, ma nel suo caso nulla la rendeva meno felice della semplice realtà.
- Mi farebbe molto piacere, William – rispose, esitando appena prima di pronunciare il suo nome, che sulla lingua le sembrava quasi curioso ed estraneo – anch’io la considero un amico, e mi renderebbe felice mi ricambiasse la cortesia – aggiunse poi, prima che le mancasse il coraggio.
Se non fosse stata così presa a guardarsi i piedi, improvvisamente in preda dell’imbarazzo, probabilmente la ragazza non si sarebbe persa il sorriso luminoso dell’uomo alle sue parole.
Nonostante questo, bastò anche solo la sua risposta a farle battere più velocemente il cuore.
- Certamente, mia cara Rose –

I preparativi per la gita, nei giorni successivi, si susseguirono velocemente, con un fitto carteggio fra Mr. Bow e Mr. Duvette.
Leslie venne a sapere della loro partenza, ma sembrò, contrariamente a quello che avrebbero pensato fino a qualche settimana prima, quasi sollevata dall’esserne esclusa, mentre Mr. Mulligan continuava a mandarle piccoli cadeaux, ognuno più bello del precedente.
Ginevra e Rose riuscirono a pranzare con lei qualche mattino, in cui sembrò quasi tornare alla normalità, ma comunque continuava a rifiutare di uscire, o di considerarsi ristabilita abbastanza da riprendere la vita di società.
L’arrivo di sua madre fu per tutti loro di gran sollievo.
La donna, seppure non del tutto ristabilita, alla notizia delle condizioni della figlia aveva deciso di essere abbastanza in forze da affrontare il viaggio in carrozza.
Mrs. Sylvie Duvette non era molto alta, ma era sempre stata una bellezza, una a cui neanche le sue figlie poteva ambire ad arrivare: Rose fu più che felice di vederla, soprattutto per il peso che veniva sollevato dalle spalle di Ginevra, che accolse la mano con gli occhi lucidi.
La prima cosa che fece la nuova arrivata, scesa dalla carrozza e preso possesso delle sue stanze, fu una discussione a porte chiuse con Mrs. Duvette, su entrambe le sue figlie, prima di chiudersi per un lungo pomeriggio nelle stanze della sua figlia più piccola.
Alla sera, Leslie cenò con loro in sala: non del tutto sé stessa di nuovo, ma brillante come non la vedevano da tempo.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 8 - Gita ad Oxford ***


Capitolo 8
Gita ad Oxford

 
Il viaggio in carrozza da Londra ad Oxford impiegava a coloro che lo intraprendevano poco più di mezza giornata: sei ore di strada, escluse le pause per far rifocillare i cavalli e i viaggiatori.
Durante il loro viaggio, vi era stato uno straordinario bel tempo, per essere marzo, e nonostante sua nonna sostenesse fosse quella la principale ragione per cui il tragitto si fosse dimostrato così piacevole, Rose sospettava fortemente fosse più una questione legata alla compagnia con cui viaggiavano.
Sia Mr. Bow sia Ginevra, infatti, seppure alternando momenti di quiete e sussurri complici fra loro, che Mrs. Duvette aveva deciso di ignorare apertamente, li avevano l’uno intrattenuti con aneddoti interessanti sui luoghi che stavano oltrepassando, l’altra rallegrati con giochi e sfide che un tempo i loro genitori avevano usato con loro durante i lunghi viaggi.
Quando la nonna si era poi addormentata, dopo il frugale pranzo che avevano consumato in una locanda di passaggio, polverosa e mal tenuta, che aveva fatto sentire un po’ Rose come un’eroina in fuga di un romanzo gotico, i due innamorati non avevano perso tempo a sedersi l’uno accanto all’altro in un angolo della carrozza, sussurrandosi un qualche nonsense che la ragazza preferiva davvero rimanesse ad un volume così basso da non raggiungerla.
Mr. Hatrow doveva essere dello stesso avviso, perché non aveva perso tempo ad ingaggiarla in una conversazione su tutte le sue librerie preferite ad Oxford, in cui gli sarebbe piaciuto lo accompagnasse, pur di non correre il rischio ci fosse tanto silenzio da poter cogliere le parole di Ginevra e del suo amico.

Arrivati in città, la situazione non era molto cambiata: sin dal momento in cui erano arrivati nella deliziosa pensione in cui avrebbero alloggiato, Mrs. Duvette rese chiaro, almeno alle nipoti, che la sua presenza lì non rappresentava altro che un modo per salvaguardare le apparenze, ma che non desiderava di certo vagare tutto il giorno per una città che aveva visto numerose volte con un gruppo di giovani innamorati.
Nonostante la cosa in qualche modo la lasciasse perplessa, Rose era quasi ammirata dalla modernità di sua nonna, tanto quanto dalla sua pigrizia, anche se del tutto giustificabile alla sua età.
Già quella sera, dopo che si furono rinfrescati e rifocillati, Mrs. Duvette non era scesa nella grande sala della pensione per cena, preferendo mangiare in camera e andare a riposare presto.
La cosa, nonostante senza sua nonna probabilmente non sarebbero potute partire, non era infondo così bizzarra: non sarebbe stata di certo la prima volta che lei e Mr. Hatrow si trovavano a fare da chaperons alla giovane coppia.
Rose non poté, quando dopo cena si infilò nel letto gemello a quello di sua cugina, appena a qualche passo da lei, che dirsi stranamente emozionata all’idea.
La mattina seguente si trovarono tutti di buon’ora nella sala da pranzo, per un’abbondante colazione e partire alla volta del castello della città, che Mr. Bow prometteva essere poco più che un rudere, ma non per questo meno affascinante.
Una volta giunti sul posto, Rose si trovò in disaccordo con l’uomo: il castello si sarebbe potuto senza dubbio un tempo definire affascinante, ma nelle condizioni in cui si trovava, persino rudere sembrava un aggettivo fin troppo gentile.
Nonostante questo, il loro giro non fu meno piacevole: davanti a lei camminavano Ginevra, Mrs. Duvette e Mr. Bow, che teneva sotto braccio la vecchia signora e sembrava quasi intento a corteggiare la nonna quanto la nipote, viste le sue maniere cortesi, e accanto a lei, pronto ad aiutarla nei tratti più ostici, Mr. Hatrow.
Anche lui, in effetti, le sembrava particolarmente sollecito, e, se un’altra signorina lo avrebbe associato ad un comportamento galante con un doppio fine, Rose pensò semplicemente che l’aria di Oxford doveva aver sortito un qualche effetto particolare sui loro compagni di viaggio.
Stavano giusto passeggiando, prendendo bonariamente in giro il povero Mr. Bow e il luogo in cui si trovavano, quando Mr. Hatrow le offrì il braccio, trovandosi davanti una sezione di sentiero particolarmente accidentato.
Rose esitò per un attimo: avevano spesso camminato l’uno accanto all’altro, durante la loro conoscenza, e, a parte quand’era necessario prenderle le mani guantate per aiutarla, com’era accaduto anche quella mattina, era del tutto insolito che loro due si toccassero in alcun modo.
Alla fine però, guardando la strada da percorrere davanti a sé, infilò con più grazia possibile la mano guantata sotto il braccio del suo compagno di viaggio, decisa ad evitare una qualche rovinosa caduta.
- Grazie Mr. Hatrow. Ancora una volta, lei mi salva dall’imbarazzo – fece, sorridendogli sotto la para del cappello.
L’uomo scollò il capo, facendo ondeggiare i suoi soliti ricci disordinati al vento, nonostante il suo cappello.
- Fosse anche il mio unico scopo nella vita, non mi potrei mostrare dispiaciuto -
Rose cercò di dissimulare il rossore che le stava sorgendo sulle guance con una risata, stringendo appena il braccio dell’uomo.
Che splendida giornata si prospettava davanti a loro!

Pranzarono in un cafè delizioso vicino alla loro locanda, gestito da una giovane coppia con cui Ginevra non si poté trattenere dall’ingaggiare conversazione, prima che, con un’espressione afflitta, Mr. Bow li lasciasse per raggiungere il suo contatto in città.
Erano sulla strada per la locanda, quando Mr. Hatrow, William, propose loro di allungare il loro giro per raggiungere una libreria lì vicino, una di quelle di cui le aveva parlato il giorno prima.
A Rose si illuminarono gli occhi, la prospettiva di una libreria sconosciuta e qualche risparmio in tasca più emozionante di un pomeriggio passato in silenzio per permettere a sua nonna di riposare.
Mrs. Duvette era molte cose, ma sicuramente non una donna abituata a dormire con qualcosa di meno dell’assoluto silenzio.
- Oh, io preferisco tornare nella mia camera, mi sento incredibilmente stanca – rispose però sua nonna, mentre Ginevra, che aveva passato la notte precedente a rigirarsi senza pace nel letto, annuiva e le rivolgeva un’occhiata di gratitudine, evidentemente sollevata dall’idea di poter recuperare qualche ora di sonno prima di cena.
Mr. Hatrow annuì, senza nessuna intenzione di contraddire l’anziana gentildonna, ma Mrs. Duvette doveva aver visto il lampo di delusione che aveva attraversato il volto della nipote, perché poi si affrettò ad aggiungere – Ma se Rose ne ha piacere, io e Ginevra possiamo senz’altro trovare la strada da sole! -
Mr. Hatrow, Ginevra e Rose la guardarono come se improvvisamente le fosse cresciuta un’altra testa sul collo.
- Nonna, sei sicura sarebbe proprio? – domandò Rose, evidentemente dubbiosa.
Era già una forzatura abbastanza che sia lei sia William, nessuno di loro sposato o anziano a sufficienza da potersi dire fuori dalle ottiche matrimoniali, avessero servito da chaperons per la loro giovane coppia di amici.
E se la logica fino a quel momento era stata che per la società Ginevra e Mr. Bow controllavano lei e Mr. Hatrow e viceversa, non era decisamente applicabile alla situazione in cui si trovavano.
Mrs. Duvette però si limitò a scrollare le spalle, l’espressione di chi aveva già ben ponderato tutto ed era soddisfatta delle sue conclusioni.
- Non penso vi sia nulla di male, infondo cosa mai potrà succedere in una libreria di Oxford! –

Quella che doveva essere una libreria, divennero ben quattro, in uno dei pomeriggi che Rose avrebbe tranquillamente definito fra i più divertenti della sua vita, insieme a quello in cui suo padre aveva portato lei e suo fratello al maneggio per la prima volta e un cavallo aveva mangiato i guanti nuovi di Augustus.
William era un ottimo cicerone, indicandole tutti gli edifici più rilevanti nella cittadina tra una tappa e l’altra, e sembrava essere assolutamente familiare alla maggior parte dei librai, che non mancavano mai di accoglierlo con grandi sorrisi e l’offerta di una tazza di tè.
Rose pensava di non essere mai stata così idratata come quel pomeriggio.
Ma non era solo il tè, o le architetture o l’uno o l’altro libraio cortese a rendere quel pomeriggio così spensierato e memorabile, per i momenti in cui sarebbe tornata a casa e quei momenti sarebbero stati solo un ricordo, quanto Mr. Hatrow stesso.
L’uomo, infatti, si era dimostrato attento e quasi premuroso, per tutto il pomeriggio, non mancando mai di soffermarsi sui titoli a cui lei si mostrava interessata, anche solo per un momento, e Rose non sentì neanche una volta di starlo annoiando con quella o quell’altra sua opinione, che fosse su un libro, un avvenimento, uno scrittore, ma anzi che la stesse attivamente ascoltando.
Estremamente raro, soprattutto per un gentiluomo come lui: Rose avrebbe potuto contare sulle dita di una mano le volte in cui era riuscita a conversare piacevolmente con un qualsiasi uomo durante un ballo senza venire continuamente interrotta.
Man mano che il loro pomeriggio andava avanti, si convinceva sempre di più che se doveva proprio infatuarsi di un qualsiasi gentiluomo inglese, Mr. Hatrow era senz’altro una buona scelta.
Qualora glielo avessero domandato, se aveva lo stomaco in subbuglio ogni qual volta che il suo sguardo incrociava quello dell’uomo, era stato il pranzo inusualmente pesante.
Aveva addirittura comprato una piccola e graziosissima edizione Orgoglio e Pregiudizio, uno dei romanzi di Jane Austen, solo per poi pentirsene quando, nella libreria in cui si trovavano in quel momento, aveva scovato su uno scaffale l’esatta copia di Beowulf che le era finita nel fango mesi prima.
Si era ripromessa di tornare nei giorni successivi, dopo aver recuperato dal suo baule il resto dei risparmi che aveva portato con se, senza rovinarsi inutilmente quel momento.
William conosceva la maggior parte dei nuovi titoli in circolazione in Inghilterra, e Rose padroneggiava perfettamente il francese, e negli ultimi anni aveva acquisito una vasta conoscenza della letteratura oltremanica.
Non avrebbe mai pensato, in realtà, di trovare tanti titoli in una lingua che non fosse quella nazionale in una libreria cittadina, ma Oxford era pur sempre una città universitaria, e ascoltare William cercare di leggere i titoli, in una lingua di cui lui non conosceva neanche le basi, era estremamente divertente.
- Si pronuncia b-o-d-l-e-r, non budlhair! –
William levò gli occhi al cielo, fingendosi annoiato, ma non risultando per nulla credibile visto il sorriso a mala pena trattenuto sulle labbra.
- Mi sembra lei si stia divertendo un po’ troppo, in questo momento, abbia pietà – le rispose, calandosi nuovamente il cappello sulla fronte, pronto ad uscire, e facendola scoppiare a ridere.
- Vogliamo andare? È quasi ora di cena – gli disse, guardando fuori dalla vetrina che il sole era già a lungo tramontato, probabilmente Mr. Bow doveva essere rientrato e sua nonna e sua cugina si dovevano star preparando per la cena.
William la guardò per un istante, prima di scrollare le spalle e accennando con la testa al bancone, dove il libraio sembrava star consultando un qualche tipo di spesso catalogo.
- Devo parlare un attimo con Mr. Clunay. Prometto di non impiegarci che un momento -
Rose annuì, stringendosi il cartoccio con il suo libro al petto, prima di girarsi verso la porta.
- La aspetto fuori, la serata è magnifica –

Quella sera, durante la cena, vi furono ben meno occhiate divertine e battute rispetto alla loro uscita pomeridiana da parte di sua cugina di quanto si sarebbe aspettata, ma Rose non era abbastanza sprovveduta da pensare che Ginevra non fosse solo troppo discreta per farlo in pubblico.
La mattina dopo Mr. Bow aveva un altro impegno di lavoro, e Mr. Hatrow ne approfittò per visitare una tenuta di famiglia poche miglia fuori da Oxford, lasciandole trascorrere la giornata in tutta tranquillità nella locanda, dopo il trambusto degli ultimi giorni.
Mrs. Duvette le lasciò dormire fino a tardi, ordinando la colazione per un orario che fossero state ad Hatfield House avrebbe reputato quasi indecente.
Rose stava bevendo il primo sorso del suo tè che Ginevra, senza aspettare neanche si fossero vestite per la giornata, partì all’attacco, nonostante avesse ricevuto un più che sufficiente riassunto degli eventi la sera precedente.
- Allora pensi che vi sposerete? -
Il tè le andò di traverso,  e le ci vollero alcuni istanti per riprendersi.
- Gin, non penso mi consideri altri che un’amica! Come ti viene in mente di…-
Ginevra la interruppe con un cenno della mano.
- Oh andiamo, l’uomo è cotto di te, Rosie. Dovevi vedere come si è tutto illuminato quando ha capito che avrebbe potuto passare il pomeriggio con te solo! –
- Penso tu ti stia confondendo con il tuo spasimante -
Ginevra alzò gli occhi al cielo, prima di lanciarle un cuscino che fece traballare pericolosamente il tè che sua cugina aveva in mano.
- Puoi credermi? Solo questa volta? -
Rose sospirò, rivolgendole un sorriso sornione.
- Solo per questa volta. Ora dimmi tu po’ di Mr. Bow, a te posso chiedere quando pensi vi sposerete? –

Mr. Bow rientrò nel pomeriggio, trascinandole in una piacevole passeggiata nelle vie vicino la locanda, che Rose passò nelle retrovie, chiacchierando con sua nonna, mentre il gentiluomo e Gin camminavano davanti, più vicini ogni volta che uscivano.
All’ora di cena era rientrato anche Mr. Hatrow, che trovarono già seduto nella sala da pranzo, i capelli ancora vagamenti umidi dal bagno e le guance rosse.
- Come avete trascorso la giornata? – domandò, aiutando Mrs. Duvette a sedersi e rivolgendo a Rose un sorriso luminoso nel mentre.
Tra gli eventi del pomeriggio precedente e le parole di sua cugina quella mattina, Rose stava iniziando a nutrire una piccola speranza che, dopotutto, la sua infatuazione, che sentiva divenire più forte ogni giorno, avrebbe potuto avere un lieto fine, invece che la lenta morte che si era aspettata.
Nonostante questo, la ragazza passò tutta la cena a cercare di non guardare l’uomo, temendo che in quel modo i suoi sentimenti sarebbero stati troppo semplici da leggerle in volto.
Solo più tardi, quando sua nonna fu andata a dormire e lei e Ginevra rimasero a passeggiare con i due gentiluomini sul portico della locanda, affiancò William.
- Posso rivelarle un segreto? – le disse l’uomo, rivolgendole un’occhiata complice da sotto il cappello.
- E’ sicuro di potersi fidare di me a sufficienza? – gli rispose Rose,  con lo stesso tono giocoso e un’espressione fintamente innocente sul volto.
- Oh, questo non è mai stato messo in discussione -
- Beh allora? Non mi tenga così sul filo -
Mr. Hatrow le strinse la mano, avvicinandola ancora più a se’, con la stessa nonchalance di chi lo fa da sempre.
- Mr. Bow mi ha chiesto di accompagnarlo a cercare un anello -
Rose lo guardò ad occhi spalancati, e non poté evitare che un sorriso spuntasse sulle labbra.
- Un anello -
William annuì nuovamente, quasi sollevato dalla sua reazione contenuta e facendole l’occhiolino.
- Già. Non potevo non dirglielo, ora che fra lei e me c’è una certa confidenza -
Rose arrossì, senza smettere di sorridere, entusiasta come non mai per la lieta notizia che attendeva sua cugina, prima di stringere il braccio del suo accompagnatore e di nuovo sospirare.
- Un anello –

La mattina seguente Ginevra le lanciò contro il suo cappello, il lancio degli oggetti era un vizio che le stava sfuggendo un filo di mano, mentre si sistemava i capelli prima di uscire, perché la cugina sembrava non essere capace di smettere di ridere ogni qual volta che la guardava in faccia, rifiutandosi di dirle cosa avesse sul viso da renderla tanto ridicola.
Rose decise allora di ignorarla, scendendo prima di lei per colazione, prima che iniziasse a insistere: non avrebbe mai potuto non solo tradire la fiducia di Mr. Hatrow, ma soprattutto rovinarle così la sorpresa. 
Nei piani della giornata, l’ultima passata ad Oxford prima del loro rientro in città, vi era la visita all’università, che Mr. Bow aveva organizzato con precisione ed un certo orgoglio nel descrivere la sua idea a Mr. Duvette, quand’erano ancora a Londra.
Mrs. Duvette sostenne di essere ancora spossata dal viaggio e di desiderare poter fare le valigie con calma, ma Rose era piuttosto convinta avesse solo intenzione di unirsi al gruppo di anziane avventrici della locanda che giocavano a bridge nella sala da pranzo dopo che i pasti venivano serviti.
L’aveva vista occhieggiarle dal primo giorno, ed era abbastanza sicura avesse passato con il gruppo la mattinata precedente.
Così, una volta che i gentiluomini arrivarono dalle loro stanze ed anche Gin si decise a scendere, dopo aver probabilmente stabilito che il cappello le stava meglio in testa che sul pavimento, il gruppo partì alla volta dell’università.
Il giro, come preannunciato da Mr. Bow, si rivelò meraviglioso.
Non solo per la compagnia, alla quale Rose temeva ormai di essersi assuefatta, quanto per la splendida aria che si respirava all’interno di quegli edifici.
In un’altra vita, se fosse nata uomo, le sarebbe piaciuto frequentare quei corridoi non solo come visitatrice della domenica, ma anche come studente.
Mr. Hatrow fu ben felice di mostrarle ogni angolo caratteristico del campus, mentre Ginevra e Mr. Bow erano sempre più presi l’uno dall’altro dal rendersi a mala pena conto di dove si trovavano.
Si fossero trovati nella zona industriale di Manchester, non avrebbe poi fatto molta differenza.
Avevano addirittura nicchiato sull’entrare nella biblioteca principale dell’università, un luogo assolutamente meraviglioso nel quale Rose sarebbe andata più che volentieri ad abitare per il resto della sua vita, per rimanere su una panchina all’esterno, un po’ defilata rispetto all’ingresso e sul momento le era parso piuttosto bizzarro.
Lei e William rimasero dentro per quelli che a lei parsero appena una decina di minuti, ma che poi guardando il grande orologio a pendolo nella sala studio si rivelarono essere più di quarantacinque.
Quando uscirono, non senza un certo imbarazzo e una discreta dose di divertimento, trovarono la coppia esattamente dove l’avevano lasciata, ma avvinghiata in quello che i romanzi rosa che non aveva vergogna a dire aveva divorato durante l’adolescenza, un abbraccio appassionato.
- Vogliamo lasciarli soli per un altro momento? – mormorò in direzione di Mr. Hatrow, senza avvicinarsi ulteriormente alla coppia e trovandosi improvvisamente estremamente interessata al fogliame sopra le loro teste.
William, al contrario, aveva sul volto un’espressione divertita e non sembrava per nulla a disagio.
- Non rischieremmo di venir meno ai nostri doveri da chaperons? Non vorrei deludere Mrs. Duvette -
Rose arrischiò un’altra occhiata alla coppia, osservando come non si fossero per nulla accorti della loro presenza, prima di tornare al fogliame.
- Oh, non credo ci sia da preoccuparsi, i matrimoni riparatori vanno di gran moda nella mia famiglia – sbuffò, scrollando poi le spalle all’occhiata perplessa dell’uomo.
- I miei nonni, i genitori di Ginevra, i miei. Non vi è una sposa che non fosse incinta al suo matrimonio -
Mr. Hatrow scoppiò a ridere.
- Che gente moderna -
- Beh, allora ha o no intenzione di andare ad interrompere… - cambiò argomento allora Rose, gesticolando in direzione della coppia davanti a loro.
- Non vuole lei l’onore? -
Quando la ragazza si voltò a guardarlo quasi scandalizzata, William stava ridendo.
- Può cercare di prendere la nostra situazione un po’ più seriamente? -
L’uomo scrollò la testa.
- Ah, solo perché me lo chiede lei, Rose – mormorò, avvicinandosi appena, prima di raddrizzarsi e alzare la voce, in modo tale da richiamare l’attenzione dei due innamorati – Charles! Vi abbiamo fatto aspettare molto? Spero l’attesa non sia stata troppo tediosa, amico mio –

La sera successiva erano nuovamente a Londra, con grande tristezza di tutte le parti, tranne forse sua nonna.
Mrs. Duvette, questa volta davvero stremata dal viaggio, appena rientrata si era ritirata nelle sue stanza, e visto l’orario tardo Mr. Duvette e Leslie dovevano già essere a letto.
Lei e Ginevra, che aveva salutato per un buon quarto d’ora Mr. Bow quando le avevano accompagnate fino all’uscio di casa, avevano mangiato qualcosa in piedi, in cucina, non trovando necessario svegliare apposta la cuoca, prima di mettersi a letto.
Dopo il bagno, Rose stava giusto svuotando la sacca che teneva sempre a portata di mano durante i lunghi viaggi in carrozza, prima di coricarsi, quando si imbatté in un pacchetto che era sicura non avesse inserito lei.
Come intuibile dalla forma, si trattava di un libro che, una volta aperto, si rivelò essere proprio la copia di Beowulf che aveva rovinato e in cui si era poi imbattuta durante il loro tour di librerie, e che poi aveva totalmente dimenticato di tornare a prendere.
Nella quarta di copertina, in una grafia che aveva visto su qualche biglietto sparso, una scritta “Alla mia più cara, Rose. Nella speranza che questa copia possa portare memorie ancora più felici di quella perduta. Con affetto, suo, William”.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 9 - Leslie va a Bath ***


Capitolo 9
Leslie va’ a Bath

 
Il mattino dopo, mentre si preparava per scendere per fare colazione, a Rose sembrava di camminare su una nuvola.
Ancora incredula per il gesto di William: aveva impiegato più tempo del solito, quella sera, per addormentarsi, il cuore che le batteva a rullo di tamburo nel petto.
Gli avrebbe dovuto scrivere un biglietto da far recapitare, per ringraziarlo.
Era tutta presa dal pensiero del suo biglietto e stava per imboccare le scale verso la sala da pranzo, quando delle urla proveniente dal corridoio vicino la fecero deviare, nonostante lo stomaco che brontolava.
- Non capisco cosa tu stia facendo. Amanda, per cortesia, smetti di piegare i cappotti! – stava dicendo sua nonna, il tono alto in maniera allarmante.
La sua voce proveniva dalla camera di Leslie, oltre quella in cui era alloggiata Ginevra, che doveva essere già scesa per colazione, se non era lì con loro.
- Amanda, continua a fare i bagagli per favore! Nonna, io e mamma non abbiamo reputato di scriverti, e avrei voluto dirtelo in una maniera migliore…-
- Tua madre che è andata via non appena noi siamo ripartite, senza neanche salutarci! – le rispose sua nonna, evidentemente indignata.
Anche Rose aggrottò le sopracciglia.
Non era per nulla cortese, o un comportamento usuale di sua zia, andar via senza avvisare nessuno, tanto più lasciando Leslie da sola in quella grande casa con solo Mr. Duvette.
Quando giunse alla camera, le cui porte erano completamente spalancate, la scena che le si presentò davanti le sembrò quasi surreale.
Sua nonna era poco oltre l’uscio, la vestaglia da notte ancora avvolta intorno al corpo e i capelli raccolti nella retina, Amanda, una delle cameriere, che continuava a riempire guardinga uno dei bauli di Leslie, in evidente imbarazzo, e Leslie, già vestita di tutto punto, nel mezzo, che impediva a Mrs. Duvette di fermare la cameriera.
Intorno a loro, nella camera sembrava fosse avvenuta una vera e propria esplosione: i vestiti e gli accessori di Leslie erano sparsi per tutta la stanza, anche sul letto ancora sfatto, e le toiletterie in un angolo, in attesa del loro turno per essere rimpacchettate.
- Nonna, non fare così ti prego. Mamma non poteva perdere troppi giorni di trattamenti. Te ne avrei parlato durante questa mattina! – stava dicendo Leslie, cercando di calmare la nonna.
Forse, pensò Rose, non aveva mai visto la donna così agitata.
Nonostante questo, il fatto che Leslie stesse facendo le valigie senza aver avvisato nessuno, era oggettivamente più che preoccupante.
- Oh bene, non sai che sollievo mi dà – il sarcasmo nella voce di sua nonna aveva appena una punta di veleno, mentre scuoteva la testa – ora siamo qui, è mattina, perché non mi dici cosa accade? O devo essere sempre l’ultima in questa casa a conoscere le cose? -
Leslie sbiancò improvvisamente, distogliendo gli occhi da sua nonna per rivolgerli al pavimento.
- Vedo che hai parlato con il nonno. Io allora devo solo dirti che domattina parto per Bath, per raggiungere mamma e papà. Mr. Lewis è stato così gentile da offrirsi come accompagnatore e nonno ha acconsentito – bisbigliò, in maniera appena udibile.
- Molto bene. Posso permettermi almeno di chiederti il perché di questa partenza così affrettata? Non sarai mica la prima o l’ultima a… -
Sua nonna stava per iniziare un’invettiva, senza alcun dubbio, esattamente con lo stesso tono che usava con la servitù quando combinava qualche pasticcio, ma Leslie la interruppe.
Con molto coraggio, pensò Rose, che forse non sarebbe riuscita a fronteggiare la rabbia di sua nonna con la calma e la dignità che stava mostrando Leslie in quel momento.
- Perché qui non sento di essere più felice, nonna -
Quelle parole furono come una secchiata d’acqua gelata, per Mrs. Duvette, che si immobilizzò, la bocca ancora socchiusa, come se fosse sul punto di dire qualcosa.
Il silenzio si protrasse per alcuni secondi, abbastanza perché i passi di Ginevra, che doveva essersi resa conta che qualcosa stesse accadendo al piano superiore, si facessero rumorosamente sempre più vicini.
La ragazza apparve accanto a Rose di lì a qualche attimo, il viso rosso per la corsa e i capelli vagamente arruffati, ma per il resto in ordine.
- Che succede? – esclamò, nella direzione della cugina più che della nonna e della sorella, che non si erano voltate a guardarla e continuavano a squadrarsi in cagnesco.
Fu a quel punto che Mrs. Duvette si voltò e, con volto impassibile, si rassettò la vestaglia e fece per andarsene, non prima di aver sibilato, fra i denti – Tua sorella è così stanca della nostra compagnia che non può aspettare un giorno in più. Parte domattina –

Leslie dopo gli avvenimenti di quella mattina non volle parlare né con Rose né con sua sorella, continuando caparbiamente a fare i bagagli, così che per svolgere un lavoro che altrimenti avrebbe impiegato tre persone e almeno due giorni, gliene servì solo uno.
Durante i pasti Mrs. Duvette ostentò una normalità inquietante, a ripensare al duro scontro avvenuto solo poco ore prima, e sia suo marito che la sua nipote più giovane, andarono avanti tutto il giorno senza proferire parola.
Rose scrisse il suo biglietto di ringraziamento a Mr. Hatrow non con meno attenzione, ma con spirito sicuramente diverso rispetto a quello che aveva avuto al mattino.
Fu solo alla sera, quando Ginevra era nella sua camera per cercare di capire cosa fosse successo quella mattina, da quel poco che Rose aveva avuto modo di ascoltare prima che arrivasse anche lei, che Leslie fece capolino, in vestaglia e pantofole, gli occhi rossi e le occhiaie marcate.
Sua cugina era sempre stata, anche se non ai livelli di Ginevra, una stella vibrante di energia, e, a vederla così conciata, a Rose si spezzò un po’ il cuore.
- Possiamo dormire tutte insieme stanotte? – disse, con una vocina quasi spezzata, e nonostante fossero passati anni, e la pubertà, dall’ultima volta che avevano condiviso tutte e tre lo stesso letto, né Rose né Ginevra avrebbero mai avuto il cuore di rifiutarle nulla, in quel momento.
Fu solo quando furono tutte e tre sotto le coperte, la candela sul comodino spenta, che Leslie si sciolse in lacrime, dopo gli eventi degli ultimi giorni.
A quanto pareva, quando sua madre era arrivata, la ragazza aveva, dopo averlo tenuto a lungo celato, rivelato alla donna che non era innamorata di Mr. Mulligan, che dopo aver frequentato un poco l’uomo si era resa conto che non lo avrebbe mai potuto amare, neanche per tutti i soldi del mondo.
E, come se questo non bastasse, era innamorata di un altro giovanotto, che forse in altre circostanze non avrebbe mai conosciuto, ma che sembrava capirla come nessun altro prima e la guardava come lei fosse la cosa più preziosa del mondo.
Tante cose Rose si sarebbe aspettata dalla vita, tranne l’imparentarsi in quel modo con Mr. Lewis, o Jack, come lo chiamava Leslie.
Nonostante i timori della figlia, sua madre non si era adirata.
Probabilmente la malattia doveva averla ammorbidita, in qualche modo, o forse perché neanche Mr. Lewis si sarebbe potuto mai definire il peggiore dei partiti.
Oltre ad essere una persona di fiducia e molto vicina alla loro famiglia.
Avevano quindi deciso che lei rimanesse a Londra fino alla bella stagione, comunicando con delicatezza il suo disinteresse a Mr. Mulligan quando il tempo fosse stato opportuno, e intanto Mr. Lewis si sarebbe recato a Bath, dopo aver parlato con Mr. Duvette, per chiedere il consenso del padre di Ginevra e Leslie al loro matrimonio.
Mentre la più piccola raccontava, né Ginevra né Rose osarono anche solo tirare un fiato, timorose di interrompere quel flusso di coscienza degno del migliore dei romanzi.
Finché, a quel punto, Leslie non si interruppe.
- E poi? Non capisco, se le cose stanno così, perché tanta fretta di ripartire. Sono sicura che papà approverà Mr. Lewis e… - stava dicendo Ginevra, prima che, con nuove lacrime, Leslie la interrompesse.
Rose si sporse verso il comodino per un fazzoletto, e la cugina si soffiò rumorosamente il naso, prima di continuare il suo racconto.
- Oh, ma le cose non sarebbero mai potute andare così bene! Il giorno dopo che mamma è ripartita, Mr. Mulligan si è presentato qui, chiedendo al nonno la sua benedizione! Il nonno mi ha mandata a chiamare, e così ho dovuto spiegare prima a lui, e poi a Mr. Mulligan stesso, che il mio cuore è di un altro uomo, e che sposando lui gli avrei solo reso una grande ingiustizia.
Mr. Mulligan è stato estremamente comprensivo, anche se non potrò mai perdonarmi di averlo ferito in questo modo. Ma poi il nonno ha voluto sapere chi fosse questo giovanotto, e io non ho potuto mentirgli, e ha convocato anche Jack.
Nonno ha reputato, prima che il mio rifiuto diventasse troppo chiacchierato in società, che io e Jack andassimo subito a Bath, per parlare con papà e ottenere la sua benedizione. Non ci sposeremo subito, ma sapere che sono fidanzata potrebbe quantomeno alleviare un po’ l’imbarazzo nostro e di Mr. Mulligan.
E io sono felice, credetemi, potrei vivere altri cinquanta anni e non desidererei sposare nessun altro che non sia Jack, ma aver ferito Mr. Mulligan e aver fatto tanto irare la nonna… non me lo potrò mai perdonare. Anche voi siete arrabbiate con me? Non vi ho deluso, vero? – nel pronunciare le domande finali, quasi singhiozzando, affondò il viso nel collo della sorella, che la abbracciò, mentre Rose le sfregava la schiena.
- Non potremmo mai, Leslie. Soprattutto se tu sei felice – fece Ginevra, lasciandole un bacio sui capelli, mentre i singhiozzi della più piccola diminuivano.
- E poi – aggiunse Rose, a voce bassa – deluderci per così poco. Mr. Lewis mi sembra un brav’uomo, e se ti ama, è senz’altro anche molto intelligente -
Leslie rise appena, rialzando il viso e abbozzando un sorriso per la prima volta da giorni.
- Davvero? -
Rose rise, annuendo, mentre Ginevra le lanciava un’occhiata furba.
- Certo! E poi se non fosse stato per questo tuo piccolo decorso con Mr. Mulligan, io non avrei mai conosciuto Mr. Bow. Non tutti i mali vengono per nuocere -
- Già, se anche tu ti sposerai, sarà comunque merito mio e del mio sacrificio – le rispose la sorella, guadagnandosi una gomitata dalla maggiore e una risata da Rose.
- Oh, una vera e propria martire, senz’altro – le fece eco la cugina, mentre Ginevra si fingeva indignata.
Rimasero in silenzio per qualche altro secondo, ognuna assorbendo le nuove informazioni ricevute.
Finalmente Leslie si raddrizzò, gli occhi asciutti.
- Beh, raccontatemi del vostro viaggio ora, prima che io vada via. Raccontatemi cose allegre che io possa portare a casa con me – esclamò, improvvisamente tornata quasi sé stessa.
- Cose allegre? Non ti basta il tuo bel Mr. Lewis? -
La ragazza alzò gli occhi al cielo alle parole di Rose, arrossendo fino alla radice dei capelli, ma evidentemente sollevata che il suo segreto fosse infine allo scoperto, e la sua gioia non più segreta, ma sotto gli occhi di tutti.
Si addormentarono così, le teste vicine, mentre Ginevra raccontava alla sorella di Oxford, di Mr. Bow e di come Mr. Hatrow guardava Rose, che prima o poi se ne sarebbe accorta.
Leslie non dormiva così bene da mesi.

Al mattino furono svegliate da una delle cameriere, che aiutò Leslie a prepararsi per prendere la carrozza.
La salutarono dalla porta, con la nuova promessa che sarebbe tornata presto.
Persino sua nonna era alla porta, ancora silenziosa ma più serena del giorno prima, tanto da lasciare alla nipote un bacio sulla guancia prima di lasciarla andar via.
Mr. Lewis era lì, che le guardava un po’ in imbarazzo, ma per la prima volta Rose si trovò ad osservarlo bene, non come il giovanotto che faceva commissioni e lavorava sotto l’ala di suo nonno, ma come un prossimo membro della famiglia.
Soprattutto, le fece estremamente piacere, notare con che occhi guardasse sua cugina, e la delicatezza con cui le prese la mano per aiutarla a salire nella carrozza che li avrebbe portati in stazione.
La giornata era straordinariamente mite, e gli abitanti di casa Hatfield rientrarono solo quando la carrozza girò l’angolo e non fu più visibile.
Mrs. Duvette sparì immediatamente verso lo studio di loro nonno, mentre Ginevra saliva in camera sua per prepararsi alla visita di Mr. Bow, più tardi nella mattinata.
L’uomo aveva infatti quel mattino presto fatto recapitare una lettera, domandando di vederla quanto prima.
Mr. Hatrow, invece, non doveva aver ancora ricevuto il suo biglietto, poiché non le aveva risposto in alcun modo, ma, nonostante i tempestosi avvenimenti che avevano affrontato, non era passato ancora neanche un giorno.
Rose, già vestita di tutto punto, attese nel salotto, finché il giovanotto non arrivò e sua cugina, elegante e bella come sempre, non li raggiunse, dopo alcuni momenti di chiacchiere senza alcuna importanza o spessore.
Ginevra offrì di prendere il tè nel piccolo giardino sul retro della casa, vista la giornata, e Rose pensò bene di fingere una lieve allergia, per lasciarli soli: con un anello in arrivo e dopo quello che avevano visto fuori dalla biblioteca, ad Oxford, non sentì neanche di star violando la fiducia di sua nonna.
Rimase così nel salotto, sulla sua poltrona, un libro in grembo e la testa persa per aria.
Di quante cose non s’erano resi conto, in quei mesi.
Leslie aveva loro confidato che Mr. Lewis le aveva confessato i suoi sentimenti poco dopo il matrimonio di Miss Cruise, ma che era da quando era arrivata ad Hatfield House che passavano lungo tempo nel giardino sul retro, parlando di questo o quello, e che certi giorni, quando uscivano in carrozza con Mr. Mulligan, la sua preoccupazione maggiore era quella che Mr. Lewis non fosse lì a guardarla, con lo sguardo da cane bastonato, aggrappato alla promessa che la ragazza avrebbe presto confessato all’uomo e ai suoi genitori che era innamorata di un’altra persona.
Se un amore così grande era stato ignorato, ad Hatfield House, era possibile che lei fosse stata cieca anche ad altro affetto?
Persa nei suoi pensieri, quasi non sentì Mr. Bow andar via, e Ginevra entrare nel salotto di gran fretta, le guance rosse e il cappotto ancora indosso.
- Tutto bene, Gin? – chiese Rose, stupita dalla sua agitazione.
Sua nonna, per qualche giorno non avrebbe di certo potuto sopportare brutte notizie e spaventi. Ginevra annuì lentamente, prima di allungare nella loro direzione, un po’ tremolante ed evidentemente ancora sconvolta, la mano sinistra, sul cui anulare troneggiava uno zaffiro incastonato nell’argento che non c’era quando era uscita, quel pomeriggio.
- Rose…Charles … Mr. Bow mi ha chiesto di sposarlo! –

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 10 - Silenzio a teatro ***


Capitolo 10
Silenzio a teatro

 
La notizia del fidanzamento di Ginevra con Mr. Bow fece presto non solo il giro della città, con lettere di congratulazioni che giungevano da questa o quell’altra amica di loro nonna, ma giunsero anche in Francia, dalla quale i genitori inviarono un’intera scatola di maçarons, per festeggiare, oltre che a Bath, naturalmente.
Che tempismo aveva avuto Mr. Bow!
Con un solo giorno di anticipo Leslie non sarebbe dovuta partire, per nulla, visto che Rose non aveva dubbi i suoi zii sarebbero arrivati quanto prima da Bath, ricevuta la buona notizia.
Che gioia doveva star provando sua zia, a sapere entrambe le sue figlie fidanzate dopo una sola, gloriosa, stagione!
Presa prima dalla preoccupazione per Leslie, e poi dalla gioia per Ginevra, Rose aveva avuto poco tempo per preoccuparsi della sua personale situazione, nonostante ogni qual volta le venisse in mente trovava sempre più strano come Mr. Hatrow non avesse mai risposto al biglietto che gli aveva inviato, né era più venuto in visita ad Hatfield House, né solo, né con Mr. Bow, ormai ospite quotidiano della casa dei suoi nonni.
Persino Ginevra, che senza consultarla aveva domandato al suo fidanzato il perché della prolungata assenza del suo amico, aveva scoperto che anche Mr. Bow non vedeva William dal loro ritorno da Oxford.
Anche Mrs. Duvette, quando non parlava dell’imminente fidanzamento,  le aveva domandato che fine avesse fatto il suo, di possibile spasimante, come anche quella fosse ormai cosa fatta, e aveva aggrottato le sopracciglia quando le era stato raccontato del libro e del biglietto.
Non per la prima volta, da quand’era arrivata a Londra, Rose si trovò nella posizione di sentire acutamente la mancanza di sua madre, che le avrebbe saputo, con alta probabilità, saper dare il giusto consiglio in quel momento.
In tutta onestà, Rose era stata, per un attimo, del tutto intenzionata a scrivergli, preoccupata che qualcosa potesse essergli accaduto, ma sua nonna gliel’aveva proibito: non era degno di una signorina come lei, il mostrarsi così disperata.

Erano passati così dieci giorni dal giorno della proposta e dalla partenza di Leslie: la data della festa di fidanzamento era stata fissata, così come quella dell’arrivo del resto della famiglia Duvette da Bath.
Nessun’altra festa era stata intanto organizzata, e Rosa sapeva quanto sua cugina scalpitasse per uscire finalmente in società con il suo fidanzato, in modo tale da farlo ufficialmente annoverare fra le linee dei non-più-scapoli, e quindi lontani dalle mire delle altre giovani.
Lo spirito guerrigliero di Ginevra, come Mr. Bow fosse improvvisamente divenuto un tesoro da difendere, più che durante il corteggiamento, non mancava di risollevare a Rose lo spirito, mentre intanto metabolizzava che Mr. Hatrow doveva aver perduto interesse nei suoi confronti al termine del suo compito da chaperon, supponendo ne avesse mai avuto.
E nonostante questo, Rose non poteva che continuare a credere che fosse un atteggiamento bizzarro per l’uomo, l’essere sparito così nel nulla, e che qualcos’altro dovesse essergli capitato.
Quando Mr. Duvette aveva, allora, annunciato di aver comprato i biglietti per il balletto, da lì a qualche giorno, la gioia in casa, seppur per ragioni diverse, fu totalmente inaspettata: quella che per Rose era una gradita distrazione, per Ginevra diventava l’occasione di mostrare alle società il suo nuovo status (ma soprattutto di Mr. Bow) di fidanzata.
Anche se senza Leslie mancò una buona dose di esuberanza, la preparazione per la serata a teatro non fu molto diversa dalle precedenti.
Seppure con meno sfarzo, Ginevra si preparò con la stessa accuratezza e determinazione che aveva avuto nel marzo precedente per il matrimonio dell’allora Miss Cruise, e, effettivamente, il risultato non fu da meno.
Anche Mr. Bow, quando li venne a prendere in carrozza, con una certa soddisfazione di Mr. Duvette, che detestava l’idea di lasciare il suo vetturino all’esterno e al freddo tutta la sera, si mostrò folgorato dalla bellezza della fidanzata, complimentandosi con lei e arrossendo fino all’attaccatura dei capelli allo stesso tempo.

La coppia, pensò Rose, mentre più tardi li seguiva nel foyer del teatro, un luogo che non smetteva mai di meravigliarla, era davvero ben assortita, anche dal punto di vista estetico.
Anche se non sapeva se lo zampino fosse di sua nonna, sua cugina, o improbabilmente del caso, entrambi indossava la stessa identica sfumatura di blu, profonda e luminosa, che ad entrambi donava parecchio.
Quando si accomodarono nel loro palco, più centrale di quello in cui erano stati sistemati durante le Nozze di Figaro, Rose si affrettò ad accaparrarsi il posto più vicino al davanzale, in dove avrebbe seduto in compagnia dei suoi nonni, mentre i due fidanzati si sistemavano sugli sgabelli alti dietro di loro, in piena vista.
Come ogni qual volta che aveva l’occasione di andare a teatro, la prima cosa che fece fu spiare i piedi che si muovevano al di là del sipario, ancora chiuso, scoprendo con un certo disappunto che non riusciva a vederne nessuno, probabilmente a causa della luce.
Questa volta, inoltre, si trattava di un balletto, Romeo e Giulietta, per il quale non aveva alcun termine di paragone o conoscenza.
Se questo da un lato aumentava la sua curiosità, la lasciava anche senza alcun modo di speculare sulle scenografie o i costumi dei protagonisti come aveva potuto per le Nozze di Figaro, e dubitava che qualcuno nel suo palco le avrebbe potuto fornire alcuna indicazione utile: Mr. Bow e Ginevra erano del tutto presi l’uno dall’altra, e i suoi nonni erano ancora impegnati in corridoio a chiacchierare con questo o quel conoscente.
Non le rimase altro, allora, che volgere lo sguardo verso gli altri palchi e la platea sotto di loro: un’occupazione che con le sue cugine si era rivelata divertente, ma che perdeva molto della sua attrattiva se svolta in solitudine.
In platea vi era molta gente, vestita nei modi più svariati e curiosi, ma senza che nessuno attraesse davvero la sua attenzione a sufficienza.
Sui palchi, che si stavano lentamente riempiendo, appena qualche viso conosciuto, come quello delle gemelle Wilson, che la salutarono con vigore, e a tratti quasi rischiando di cadere dalla ringhiera, dal palco che occupavano con i loro genitori, strappandole un sorriso.
La seconda campanella era suonata, e in qualche momento le luci si sarebbero iniziate ad abbassare, quando, in un palco non molto distante dal loro, lo sguardo di Rose non ne intercettò uno molto familiare.
Mr. Hatrow doveva essere appena entrato nel palco, che era già occupato da sua fratello e la sorella di Mr. Mulligan, e si stava sedendo, quando gli occhi vaganti di Rose incrociarono i suoi.
Dopo l’istantaneo sollievo nel vederlo in salute, Rose non poté fare a meno di notare fosse alquanto scompigliato, più di quanto non l’avesse mai visto, e avesse lo sguardo cupo, che, vedendola, si aprì un attimo solo, probabilmente per la sorpresa, prima di aggrottarsi ancora di più, prima che il suo proprietario si voltasse verso la cognata, senza rivolgerle neanche un cenno.
Rose non aveva fatto in tempo neanche a levare una mano, ma comprese immediatamente, non senza una certa rabbia, di essere stata ignorata, e che l’uomo non aveva alcuna intenzione di salutarla.
Proprio in quel momento le luci si abbassarono definitivamente, mentre il sipario si apriva, e Rose si rese conto di star stringendo forse con troppo vigore il braccio della sua sedia solo quando sua nonna, accomodandosi, glielo fece notare.

Il balletto si dimostrò emozionante, i costumi sopraffini, i ballerini leggeri quanto meravigliosi, ed in un’altra occasione Rose si sarebbe domandata come un essere umano potesse esprimere così tanto, pur non proferendo parola, ma nulla di tutto questo quella sera sembrava riuscire a toglierle l’amaro di bocca.
Persino il momento dell’intervallo non portò a Rose alcun ristoro: i suoi nonni non persero un attimo ad uscire dal palco, ed una volta che li ebbero lasciati soli, la ragazza si premurò di eclissarsi alla volta della toilette, per rinfrescarsi, ma soprattutto lasciare qualche istante di intimità ai due fidanzati, che la guardarono con gratitudine, mentre usciva, premurandosi di chiudere per bene la porta dietro di sé.
Una volta giunta in toilette, dopo una sorprendentemente breve fila, si passò acqua fredda sui polsi, non potendo bagnarsi il volto, e le sembrò di sentirsi un po’ meglio.
Evitò accuratamente lo specchio: era uno di quei momenti in cui non sentiva che il suo riflesso le potesse essere in alcun modo amico.
Soltanto una volta uscita, vedendo i corridoi quasi vuoti, si rese conto che doveva essersi trattenuta più del dovuto, e lo spettacolo doveva star per riprendere.
Si stava giusto affrettando verso il loro palco, quando incrociò, che veniva dalla parte opposta, Mr. Hatrow.
Non avendo alcun modo di evitarlo, Rose si rassegnò all’idea di rivolgergli un cenno che non sarebbe stato probabilmente neanche ricambiato, ma, quando i loro sguardi si incrociarono e si trovò davanti un disprezzo che mai pensava avrebbe letto negli occhi dell’uomo che conosceva, non poté trattenersi.
- Buonasera, Mr. Hatrow – fece, fermandosi, nonostante la sua precedente fretta.
Il corridoio non era ancora del tutto vuoto, e William non avrebbe potuto ignorarla, o tirare dritto senza fermarsi, senza dar a qualcuno da parlare.
Qualcosa che, da quel poco che aveva avuto occasione di conoscerlo, avrebbe sicuramente desiderato evitare.
- Buonasera Miss Griffiths – le rispose infatti, fermandosi, ma a qualche metro da lei, come non vedesse già l’ora di andar via.
Rose, se non fosse stato per la rabbia che montava, avrebbe trovato quasi divertente come quella montagna d’uomo che aveva davanti sembrasse quasi spaventato dall’idea di parlare con lei, visto il suo tono secco e lo sguardo sfuggente.
- Come sta? È da molto che non abbiamo il piacere di riceverla ad Hatfield House -
Se anche Mr. Hatrow fosse andato via senza rivolgerle un’altra singola parola, l’espressione sorpresa che aveva sul volto in quel momento le sarebbe bastata.
L’uomo scosse la testa.
- Sono stato molto occupato – agitò un mano per aria in un manierismo che non gli apparteneva, prima di proseguire, guardandola come non fosse una persona, ma un fastidio momentaneo – non ho avuto tempo per  alcuna perdita di tempo -
A quelle parole, come un palloncino che viene bucato, Rose perse tutt’un tratto la sfrontataggine che sembrava averla posseduta fino a quel momento, sotto quello sguardo terrificante dell’uomo.
Impallidì, o almeno sentì di essere impallidita, augurandosi il contrario.
- Volevo solo ringraziarla … - stava iniziando a dire, ma solo in quel momento si rese conto che il loro scambio, o forse le loro impressioni stavano attirando attenzione su di loro, tanto che Mr. Hatrow si affacciò nel palco più vicino, vuoto, vista la sua vicinanza con le toilette, e la spinse dentro, senza guardarsi alle spalle, e accostò la porta.
- Stava dicendo? -
Rose non sapeva se essere più sconvolta di fronte a tanta sfrontataggine o mettersi a ridere.
Discutere in un corridoio avrebbe di certo sollevato meno commenti che l’essersi chiusi insieme in un palco altrimenti vuoto!
- Ma le pare? -
Mr. Hatrow la interruppe nuovamente, lo sguardo vuoto e più insistenza nella voce.
- Stava dicendo? -
Rose alzò gli occhi al cielo, decisa a farla finita il prima possibile e già pentita di averlo fermato.
- Volevo solo ringraziarla per il libro. Visto che evidentemente non ha ricevuto il mio biglietto -
L’uomo spalancò gli occhi, come sbalordito, per qualche secondo, prima di rispondere.
- Ho ricevuto il suo biglietto. Semplicemente ho supposto non aveste più alcun interesse nei confronti della mia famiglia, dopo il riprovevole comportamento di vostra cugina nei confronti del povero Mr. Mulligan -
Rose lo guardò come se le avesse tirato uno schiaffo.
- Riprovevole? Mia cugina non ha fatto altro che rifiutare una proposta di matrimonio, come è del tutto suo diritto! – rispose, improvvisamente felice non fossero più in corridoio, davanti a tutti.
- Dopo avergli dato per mesi false speranze rispetto ai suoi sentimenti! -
- Oh, mia cugina prima della proposta si rifiutava da settimane di uscire con Mr. Mulligan! Non sarebbe dovuto bastare questo a scoraggiarlo? -
In sottofondo, squillò anche la terza campana.
- E nonostante il rapporto che avevamo sviluppato, Miss Griffiths, non ha reputato fosse doveroso avvertirmi, visto che lei ha sempre saputo come la situazione di Mr. Mulligan mi stesse a cuore? -
Rose si sentì quasi offesa dall’insinuazione che gli avesse tenuto nascosto qualcosa , ma poi pensò che mai, anche qualora le fosse stato rivelato qualcosa, neanche per Mr. Hatrow, avrebbe infranto la fiducia di Leslie a quel punto.
- Neanche noi ne eravamo a conoscenza. E anche se fosse stato, era responsabilità di mia cugina discuterne con Mr. Mulligan! Sarebbe stato indelicato… -
- Non vi credo! Sono stato allora indelicato, immagino, a rivelarvi dell’anello! – sbottò l’uomo.
Intorno a loro era intanto calato il buio, e istintivamente Rose abbassò la voce, per non disturbare lo spettacolo.
- Quella era una questione del tutto diversa! -
Mr. Hatrow la guardò per un lungo attimo, quasi disgustato.
- Credo che lei si sia rivelata una persona del tutto diversa da quella che immaginavo, Miss – disse poi, mentre la musica alle loro spalle riprendeva.
Una colonna sonora decisamente poco adatta alla conversazione che stavano avendo in quel momento.
- Mi spiace molto, signore, ma temo di non essere stata io quella, fra noi, a nascondere il suo vero animo. Non avrei mai immaginato che l’uomo attento e sollecito per il quale credevo di provare affetto in realtà non esisteva! -
Mr. Hatrow rimase a bocca spalancata, come i pesci dell’acquario che da bambina i suoi genitori l’avevano portata a visitare.
- Affetto? -
Rose sbuffò, appena sopra il volume della musica.
- Mi vuole forse mortificare? Affetto, Mr. Hatrow, che credevo ricambiato da lei. Ora che gliel’ho detto può ridere pure, ma non vi è bisogno mi rifiuti: il suo comportamento è stato più che sufficiente -
- Miss Griffiths, io… - stava iniziando a dire, ma Rose sentì la musica cambiare ancora e decise che non valeva la pena rimanere ancora lì, sull’orlo delle lacrime, a rendersi ridicola.
- Non importa. Arrivederci, Mr. Hatrow – lo interruppe, prima di uscire di corsa dal palco e rifugiarsi in bagno, lasciandolo lì, ancora vagamente sotto shock.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 11 - Le pene di Mr. Hatrow ***


Capitolo 11
Le pene di Mr. Hatrow

 
Mr. Hatrow fu del tutto incapace di darsi pace, quella sera e i giorni seguente.
Non riusciva ancora a capacitarsi della conversazione che aveva avuto con Rose.
Non si sarebbe aspettato, nella sua rabbia per l’orgoglio ferito del giovane Mr. Mulligan, che lui aveva conosciuto poco più che bambino e che aveva promesso a sua cognata di difendere dalle insidie della società, una sua provocazione così sfrontata.
Eppure non aveva potuto che esserne sorpreso, e allo stesso tempo affascinato.
Anche se per le ragioni sbagliate, non aveva potuto che apprezzare la fierezza, uguale e contraria alla sua, con la quale aveva a spada tratta difeso sua cugina.
E poi, con la nonchalance che aveva imparato le fosse propria, era riuscita a gelarlo così su due piedi.
Certo, durante tutta la loro conoscenza, lo aveva sperato, più e più volte, ma finché non erano partiti alla volta di Oxford non ne era potuto esserne sicuro: che Miss Griffiths, con la sua intelligenza e lo spirito acuto potesse provare affetto nei suoi confronti!
Durante tutti i suoi anni in società non aveva mai trovato alcuno, uomo o donna che fosse, che intrattenesse una conversazione interessante quanto la sua, e, seppure i loro interessi fossero talvolta diversi e complementari, avrebbe passato ore a discutere con lei del mondo e delle sue meraviglie.
E lui, come un ragazzino inesperto, era rimasto lì a boccheggiare dopo la sua dichiarazione, troppo sconvolto per risponderle nulla, facendole credere che il suo fosse un rifiuto.
Lungi era, in cuor suo, dal volerla mai rifiutare!
Anche se questo non toglieva che, seppure con un colpo di scena che neanche il migliore dei drammaturgi si sarebbe potuto aspettare, lei e la sua famiglia avevano mal trattato il giovane Michael.
Mai, infatti, il giovane avrebbe potuto l’essere rifiutato, non di meno per un uomo di una caratura di gran lunga inferiore alla sua!
Era per la vergogna, o almeno così immaginava, che il giovane aveva lasciato Londra alla volta di una delle tante proprietà di famiglia, per nascondersi e leccarsi le ferite.
E poi sua madre tacciava lui di essere drammatico.

Tanto era perso nelle sue speculazioni e nel suo tormento, che sentì appena il maggiordomo annunciare suo fratello e sua cognata nella stanza, seppure non aspettasse alcuna visita.
Mr. Hatrow, l’unico vero erede del titolo, dopo che suo padre era venuto a mancare, e Mrs. Elizabeth Hatrow, di fronte a lui, gli sembravano alti e imponenti come un tempo gli erano parsi i suoi genitori.
Suo fratello, seppure più basso e corpulento di lui, era di più di qualche anno più anziano, e ciò gli conferiva una certa area di autorità.
Sua moglie, che al contrario aveva pressappoco la sua età, non era mai stata quella che si sarebbe definita tradizionalmente una bellezza, niente a che vedere con suo fratello minore, ma era tanto assertiva, e con gli occhi verdi tanto acuti da riuscire anche lei, nonostante il loro rapporto totalmente paritario, un certo timore nel suo interlocutore.
Entrambi guardavano con un certo sconcerto il suo volto.
Doveva avergli fatti preoccupare, non rientrando, come aveva fatto, al palco dopo la pausa, e non facendo sentire per nulla nei giorni successivi.
Ma il marasma che aveva in testa non gli permetteva neanche di pensarvi.
Elizabeth non perse tempo a dar indicazioni perché il tè fosse servito, mentre suo fratello lo guardava perplesso.
- William, per l’amor di Dio, cosa ti è successo? Non penso di averti mai visto così turbato! -
William scosse la testa, prima di prendersela fra le mani.
- Temo che la famiglia Duvette continui a darmi grattacapi, Edmund… -
- Miss Griffiths, vorrai dire – lo interruppe Elizabeth, un sorriso sornione sulle labbra – Mrs. Keller, quando le ho domandato se ti avesse visto, mi ha detto che Mrs. Tomlinson ti ha visto entrare in un palco con lei – aggiunse poi, allo sguardo interrogativo di suo marito.
- Talvolta sono genuinamente sorpreso dalla tua capacità investigativa, cara -
- Noi signore non possiamo mica giocare al duello come voi uomini, caro, abbiamo bisogno di armi ben più raffinate! – rispose lei, mentre il tè veniva servito sul tavolino davanti a loro.
Marito e moglie si scambiarono una sguardo divertito, prima di tornare a concentrarsi su William.
In un altro momento, con animo più sereno, forse l’uomo avrebbe anche avuto tempo per provare invidia verso la complicità evidente della coppia davanti a lui, come era suo solito.
- Sono felice troviate la situazione divertente – sbuffò invece, mentre Edmund gli allungava la sua tazza di tè, già zuccherato.
- Oh, per nulla, caro William! – esclamò Elizabeth, mentre anche suo fratello si affrettava ad intervenire.
- Siamo venuti qui apposta perché tu ci racconti cos’è accaduto. Ti garantiamo la massima serietà. Ora parla –

Se il racconto dei fatti avvenuti durante il balletto usualmente non avrebbe impiegato che meno di quarto d’ora, con le continue interruzioni di Elizabeth, sempre più divertita, e alla quale questa Miss Griffiths sembrava piacere di più ad ogni risposta brusca fornitegli, vi impiegò quasi un’ora.
Al termine di questa, suo fratello, che diversamente dalla moglie fino a quel momento era rimasto in perfetto silenzio, finalmente parlò, prima di scoppiare inelegantemente a ridere.
- Fratello mio, sei una causa persa -
William lo guardò ad occhi spalancati, quasi offeso.
- Prima di tutto, non è certo una sorpresa che la ragazza provasse per te almeno tanto affetto quanto tu ne provi per lei. O almeno, non lo è per tutti, tranne che per te – aggiunse poi Edmund, prendendo un sorso del tè ormai freddo.
- E poi – aggiunse Elizabeth, già facendo cenno ad una delle cameriere di portare una nuova teiera – mi fa piacere tu sia tanto affezionato a Michael da dolerti per il suo cuore. Anche noi lo abbiamo fatto, almeno fino all’altro giorno. Mio fratello, grazie alla spensieratezza dei suoi anni, è già innamorato di un’altra giovane che ha conosciuto nello …Shire, e ringrazia il cielo che Miss Duvette l’abbia rifiutato, perché con lei mai sarebbe potuto essere felice, dice ora -
In quel momento, William avrebbe volentieri sbattuto la testa contro il muro.
- Innamorato di un’altra giovane, dici. Nessun cuore infranto -
Elizabeth annuì, sporgendosi per prendere dal piattino che suo marito le stava passando un biscotto al burro.
- William, non possiamo prendercela con i due ragazzi. L’amore giovane è volatile, e non è detto che questo sia una cattiva cosa. Non ho dubbi che un matrimonio contratto a poco più che diciott’anni fra caratteri non ancora del tutto formati non sia una scelta delle più saggie. E se non possiamo nutrire risentimento verso i due ragazzi, perché mai tu dovresti provarne nei confronti di Miss Griffiths? -
William annuì alle parole del fratello, prendendo a sua volta un biscotto.
Quel ragionamento proveniente da una bocca esterna suonava di certo più ragionevole di tutti quelli che aveva potuto elaborare lui nel suo cervello in quei giorni.
E poi se non soffriva dei recenti avvenimenti o non se n’era risentito Michael, perché mai avrebbe dovuto farlo lui?
- Forse hai ragione. Sono una causa persa – disse alla fine, mentre Elizabeth gli posava delicatamente una mano sulla spalla.
- Lo sappiamo. Ma hai solo bisogno di due buoni avvocati, qualche volta -
William stava per sorriderle, prima che suo fratello parlasse.
- Cioè noi, Will, siamo i tuoi avvocati delle cause perse, o meglio della causa persa -
Elizabeth sbuffò, fulminandolo con lo sguardo.
- Penso l’avesse capito! – fece, mentre Edmund faceva spallucce.
- Abbiamo appena dimostrato che il ragazzo è un po’ lento, mi sembrava necessario specificare -
Elizabeth cercò di non scoppiare a ridere, con scarsi risulti.
William scosse la testa, fingendosi disperato, ma in realtà anche lui trattenendo un sorriso.
- Vi detesto, entrambi, con veemenza –

Ad Hatfield House, intanto, tutta la casa fremeva per i preparativi per la festa di fidanzamento, di lì ad appena qualche giorno.
Era arrivata quella mattina una lettera nella quale i coniugi Duvette annunciavano il fidanzamento di Leslie con Mr. Lewis: un’altra fonte di gioia, per la famiglia, anche se avevano nutrito sin dall’inizio ben pochi rispetto al fatto che suo zio potesse rifiutare di dare la sua benedizione.
Nonostante questo, tutta la famiglia aveva deciso di tenere quel fidanzamento non segreto, ma più in ombra rispetto a quello di Ginevra, sia perché i due non si sarebbe sposati almeno in un prossimo futuro, sia per non rubare alla maggiore delle due sorelle il suo meritato palcoscenico.
In tutto quel via vai di camerieri, sarte e missive da parte di sua zia, che si era trovata a dover gestire da un giorno all’altro non uno, ma ben due fidanzamenti allo stesso tempo, Rose aveva deciso che lei e il suo dispiacere potevano ben rimanere nell’angolo per qualche giorno, almeno finché lo spettacolo non fosse terminato, e aveva deciso di non raccontare, per il momento, nulla a nessuno.
Non voleva di certo rovinare anche un solo minuto di felicità a Ginevra, che se li meritava tutti.
Continuarono così i preparativi, e se Rose fu più silenziosa del solito, quasi nessuno ci fece caso.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 12 - Una festa di fidanzamento ***


Capitolo 12
Una festa di fidanzamento

 
Mr. Hatrow, quella sera, giunse alla festa di fidanzamento del suo amico e della sua giovane promessa, ad Hatfield House, con la speranza di trovare un momento per poter chiedere perdono a Rose, Miss Griffiths, del suo disdicevole comportamento durante il balletto.
Hatfield House era addobbata a festa, come non mai, ma nonostante lo sfarzo delle decorazioni l’essere in un ambiente che, nei mesi precedenti gli era ormai divenuto familiare, lo rassicurò rispetto a quello che stava per fare.
Mentre lasciava il cappotto e il cappello all’uomo all’ingresso, non poté fare a meno di pensare ad un’altra festa di fidanzamento, forse meno lontana di quanto avrebbe mai pensato nel futuro, forse proprio in quello stesso luogo.
Suo fratello erano mesi che aveva preso a guardarlo in tralice, ogni qual volta Elizabeth iniziasse a proporgli giovani signorine che, a suo parere, avrebbero rappresentato un ottimo partito.
Una pratica che non era nuova a casa Hatrow, nonché fortemente incoraggiata da sua madre, che nonostante la vecchiaia avrebbe continuato a vivere per sempre pur di vedere sposati entrambi i suoi figli, ma che da ultimo l’aveva toccato più che in altri tempi.
Un tempo si era reputato troppo giovane per fare certi pensieri, e se non molto recentemente non aveva mai trovato alcuno con cui potesse prefigurarsi passare i prossimi dieci, venti o cinquanta anni della sua vita.

Ad accoglierlo, nel salotto riservato ad occasioni come quelle, più grande e lussuoso di quello in cui i Duvette solevano riceverlo, Charles e Miss Duvette, l’uno più raggiante dell’altro.
Se Charles era sempre stato un uomo affascinante, sin da quando non erano poco più che ragazzi, Mr. Hatrow non poteva che riconoscere come Miss Duvette, anche se non come la minore delle due sorelle, era di una bellezza particolare, più popolare che raffinata, con il volto e gli occhi tondi, i capelli scuri e un sorriso largo e genuino.
Non avrebbe potuto davvero desiderare per il suo amico una compagna migliore, allegra e onesta, senza un grammo d’interesse nelle ossa, nonostante il cospicuo patrimonio in possesso del suo futuro marito.
Una volta Miss Griffiths gli aveva detto, durante uno dei loro pomeriggi passati a seguire la coppia con lo sguardo per Hyde Park, che sua cugina aveva le stesse possibilità di sposare un gentiluomo che quelle di convolare a nozze con un panettiere, per la disperazione dei suoi genitori.
Lei, al contrario della giovane coppia di futuri sposi, sembrava non essere da nessuna parte, e Mr. Hatrow dovette reprimere la preoccupazione che sentì al pensiero che non fosse lì.
Ma come avrebbe potuto, dal momento in cui quella era casa sua, e l’occasione celebrata era il fidanzamento della sua cugina preferita?
- William, sei arrivato! Come va? -
Gli disse, facendoglisi incontro, Charles, Miss Duvette alle calcagna.
La ragazza gli rivolse un sorriso cortese, che però non le arrivò agli occhi.
Non che la cosa lo stupisse, viste le modalità con cui si era separato da sua cugina durante il loro ultimo incontro: per il suo comportamento, senza dubbio riprovevole, e finché non si fosse scusato, meritava ben più che una fredda accoglienza.
- Charles! – esclamò, stringendo la mano all’amico, prima di piegare appena la testa in direzione della sua fidanzata – Miss Duvette, vedervi in una così lieta occasione mi rende molto felice. Posso affermare con una certa sicurezza che difficilmente ho avuto occasione di fare da chaperon ad una coppia così ben assortita – aggiunse poi, non perdendosi lo sguardo compiaciuto del suo amico alle sue parole e Miss Duvette arrossire appena.
- Non posso che definirmi un uomo fortunato – gli rispose Charles, voltandosi a guardare la sua fidanzata, il cui viso si aprì finalmente in un sorriso genuino.
- Concordo pienamente – fece infatti, prima di voltarsi verso la sala da pranzo, da cui proveniva la voce di Mrs. Duvette, appena più che alta che qualche secondo prima – Penso sia meglio che vada a controllare quello che sta accadendo, a dopo Mr. Hatrow -
Mr. Hatrow non fece in tempo a risponderle, che la giovane era lontana, mentre il suo fidanzato la seguiva con lo sguardo, prima di voltarsi di nuovo verso di lui.
- Meglio che vada anch’io, a dopo Will! –

Dopo essere stato così congedato dai due futuri sposi, e con Miss Griffiths ancora assente dalla sala, Mr. Hatrow fu abbordato dal vecchio socio d’affari di suo fratello, Mr. Cruise.
Suo padre era stato fra i primi a prendere l’uomo sul serio quando non era che un giovane imprenditore, e suo fratello, quando aveva preso in mano l’azienda di famiglia, non aveva fatto altro che rafforzare i loro legami d’amicizia e commerciali con la famiglia Cruise.
L’uomo, ai suoi occhi, era negli anni divenuto più conservatore e timoroso di quanto anche suo fratello avrebbe gradito, ma la sua esperienza negli affari e la fiducia che inspirava ancora nei clienti, soprattutto dopo che loro padre era venuto a mancare, aveva fatto in modo che la loro collaborazione rimanesse costante nel tempo.
C’era stato un tempo in cui le loro famiglie avevano addirittura pensato ad un matrimonio fra lui e la giovane figlia di Cruise, quella che si era da poco sposata, ma la sua resistenza quanto quella della ragazza, che come gli aveva rivelato tempo dopo sua cognata “non lo reputava proprio per niente attraente”, era stata sufficiente a sventare quello che senza dubbio non sarebbe stata una coppia felice.
Mr. Cruise gli stava raccontando, un bicchiere di vino in mano, come sua figlia si fosse ben sistemata ormai nello …Shire con il suo nuovo marito, Mr. Jeremy Hill, un giovanotto che gli era sempre sembrato più amabile che sveglio, soprattutto nel campo degli affari, ma che per sua fortuna viveva di una rendita tutta legata alla terra.
L’uomo era proprio nel mezzo della descrizione della vastità delle proprietà del genero, quando un movimento sul fondo della sala attrasse l’attenzione di Mr. Hatrow.
Miss Griffiths, Rose, era appena entrata nel salotto, ridendo per qualcosa che stava dicendo l’uomo che teneva a braccetto.
Improvvisamente la voce di Mr. Cruise non divenne che un rumore di sottofondo, mentre il suo unico focus diveniva la coppia a poca distanza da loro.
Miss Griffiths era come sempre elegante e sobria, con la nonchalance di chi non sa di esserlo, i capelli in una acconciatura elaborata ma comunque non del tutto domanti, gli occhi luminosi ed espressivi e, com’era inevitabile, vista la sua naturale attitudine, con un’espressione intelligente sul volto.
Nella sua vita aveva incontrato centinaia di donne, e alcune probabilmente le si sarebbe potute definire anche più belle di Miss Griffiths, ma nessuna mai, a suo parere, aveva la sua stessa capacità di rimanere impressa nella mente, come uno splendido paesaggio, e di attrarre la curiosità e attenzione altrui come lei.
L’uomo con cui si accompagnava, invece, non neanche lontanamente definibile alla sua altezza.
Se avesse dovuto trovare un aggettivo per definirlo, non gli sarebbe venuto altro in mente che insignificante: portava i capelli chiari tirati all’indietro, legati in un codino di scarso gusto, e aveva gli occhi azzurri, le gote e le labbra rosse come un cherubino, che gli conferivano un che di infantile.
Era alto appena quanto la sua compagna di quel momento, ed era costruito più come un ragazzino esile che non come un uomo.
Un contrasto a tratti ridicolo con Miss Griffiths, la cui stazza fisica, oltre che morale ed intellettuale, sarebbe riuscita ad affascinare anche il più noioso degli uomini.
Mr. Cruise doveva aver intercettato il suo sguardo, perché anche lui si voltò verso i nuovi venuti, scrollando le spalle.
- Mr. Lewis, eh? Deve aver saputo anche lei, visto che ormai è abbastanza vicino alla famiglia Duvette– esclamò, fraintendendo del tutto l’oggetto delle sue attenzioni.
Mr. Hatrow scrollò le spalle, fingendo disinteresse.
- Suppongo di sì. Mr. Lewis? Il nome mi è familiare -
- Non mi sorprenderebbe. È stato a lungo il segretario di Augustus, Mr. Duvette, ma nessuno avrebbe mai immaginato… -
Mr. Cruise si interruppe nuovamente, per riempirsi nuovamente il bicchiere.
Mr. Hatrow intanto si voltò nuovamente a guardare Miss Griffiths, che sembrava invece non averlo notato e continuava a parlare animatamente con il suo nuovo compagno, che al contrario rimaneva in silenzio, con sul viso solo un mezzo sorriso, ebete, non poté fare a meno di pensare l’uomo, non senza un pizzico di cattiveria.
- Nessuno avrebbe mai immaginato cosa? – disse, per incalzare l’uomo più vecchio prima che perdesse il filo del discorso.
- Ma che finisse proprio con sua nipote! Insomma, un bel salto di condizione, per il giovanotto – gli rispose Mr. Cruise, guardando appena Mr. Lewis, prima di rigirarsi nella sua direzione e scuotere le spalle – ma sa, William, i giovani e i loro amori. Chi può mai prevederli, non crede? – continuò poi, con fare noncurante, ignorando l’improvviso pallore che aveva tutt’un tratto preso il suo interlocutore.
Mr. Hatrow dovette fare un respiro profondo e distogliere lo sguardo dalla giovane coppia, prima di recuperare abbastanza la voce da essere capace di rispondergli.
- Già. Non vi si può fare di certo affidamento -

Rose era stata impegnata tutta la sera, almeno fino al momento di sedersi in tavola, ad accogliere gli ospiti ed aiutare sua nonna, le cui manie di perfezionismo stavano avendo effetti disastrosi sui poveri nervi, a finire di sistemare la sala.
Aveva appena avuto il tempo di scambiare qualche parola con i suoi zii, appena arrivati da Bath, e Mr. Lewis, ormai una figura familiare non solo nell’ingresso e nello studio di suo nonno, ma anche nei loro momenti più intimi, dopo la notizia, in quel momento non ancora resa pubblica, del fidanzamento fra lui e Leslie.
Si era appena seduta, in un posto centrale del tavolo, non molto lontana dai suoi familiari, quando alla sua sinistra notò la figura scura e familiare di Mr. Hatrow, che doveva essere arrivato mentre lei era sul retro della casa e non aveva ancora visto.
Anche l’uomo sembrò prendere nota di lei, non irrigidendosi però nella sua stessa misura, e le riservò appena un cenno, prima di tornare a concentrarsi sul suo bicchiere, che stava giusto venendo riempito da uno dei camerieri che sua nonna aveva assunto specificatamente per quell’occasione.
Nessuno di loro due, molto diversamente da come avrebbero fatto anche solo qualche settimana prima, proferì parola, e Rose, in mancanza di vicini più ciarlieri anche dal lato destro, si limitò a seguire, per quanto possibile a quella distanza, la conversazione che stava andando avanti fra suo zio e Mr. Lewis, che con molta gioia di Leslie sembravano andare straordinariamente d’accordo.
- Mi fa piacere vederla d’umore così lieto, Miss. Immagino un altro evento non dissimile da questo non sia molto lontano – disse all’improvviso l’uomo, dopo averla osservata a lungo da sopra il suo calice di vino, le dita lunghe così strette intorno al sottile stelo di vetro che la ragazza si stupì non avesse ancora ceduto.
Ancora una volta Rose non poté fare a meno di maledire la scelta sfortunata di posti attuata da sua nonna, nonostante la donna non avesse che le migliori intenzioni.
- Certo, non posso che augurarmelo -
Mr. Hatrow annuì, bevendo un sorso di vino, le labbra strette.
- Sono sicuro porterebbe grande gioia nella vostra famiglia, un così lieto evento vicino al matrimonio di Miss Duvette -
Rose lanciò appena un’occhiata a Mr. Lewis e Leslie, seduti qualche posto alla loro sinistra, dal lato opposto del tavolo, e suo malgrado sorrise.
- Non si sbaglia. Mi porterebbe infinita gioia, un lieto fine del genere dopo tante tribolazioni – rispose, a voce più bassa del solito in modo tale da non farsi udire dagli altri commensali e voltandosi a guardare il suo vicino di tavola per trovarlo ad occhi spalancati, e decisamente pallido.
Nonostante le loro precedenti poco piacevoli, per utilizzare un eufemismo, discussioni, Rose non poté fare a meno di preoccuparsi.
- Si sente bene, Mr. Hatrow? -
L’uomo scosse la testa, riacquistando un colorito meno spettrale e sorridendo amaro, volgendosi di nuovo in direzione del suo piatto.
- Sì Miss, solo sorpreso da come le giovani d’oggi cambino direzioni del cuore come si cambia di cavallo durante lunghi viaggi. Talvolta penso solo di essere uno stolto, a credere ancora che i sentimenti possano avere una vita più lunga di quella di una pioggia passeggera -
Rose si dovette trattenere dall’alzare gli occhi al cielo: come si poteva voler trattare con così tanta serietà quello che era stato appena un innamoramento passeggerò fra due giovani?
Persino Mr. Mulligan sembrava aver ormai sportivamente accettato la scelta di Leslie, e aveva diretto la sua attenzione ad una delle tante giovani che, al contrario di sua cugina, erano ora ben più che felici di riceverla.
- Oh, sono sicura nessuno la consideri uno stolto, vista la sua rigidità e severità in tutte le questioni della vita – disse alla fine, bevendo un sorso del vino che ancora le rimaneva nel calice e cercando con lo sguardo la più vicina brocca d’acqua.
Mr. Hatrow le rivolse un’occhiata fra lo sconvolto e l’indignato che lei finse di non cogliere.
- Mi perdoni se reputo l’incostanza uno spregevole attributo per un carattere, soprattutto in questioni di cuore -
- Le rivelerò che, come più volte ho dovuto constatare nel corso della mia vita, spesso, in mancanza di promesse e fatti, non si può reputare incostante colui che, in maniera oggettiva, non ha mai preso un impegno. Non trova? –
- Trovo che lei sia molto diversa dalla persona che mi ero prefigurato, Miss –
Per Rose fu come se le avessero rovesciato addosso un secchio d’acqua ghiacciata, e stava per ribattere piccata, se non che durante la loro discussione dovevano aver alzato la voce oltre quello che sarebbe stato adeguato tenere, e alcuni commensali avevano iniziato a volgersi nella loro direzione.
Entrambi tornare a rivolgere la loro attenzione al cibo davanti a loro e, con in egual misura sollievo e dispiacere, Rose non si vide più rivolta la parola dal signor Hatrow per il resto della serata.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo 13 - Ruderi ***


Capitolo 13
Ruderi

 
Dopo la loro disastrosa discussione alla festa di fidanzamento di Ginevra, Rose si era augurata di non incontrare più Mr. Hatrow prima del suo ritorno in Francia, o, frequentando purtroppo le stesse amicizie nella city, quanto meno di non essere più costretta a rivolgergli la parola.
È però noto, purtroppo, che la fortuna aiuti gli audaci, non coloro con il cuore spezzato.
La ragazza infatti non voleva credere alla sua malasorte quando, durante quello che sarebbe di norma dovuto essere un ballo così affollato da rendere pericoloso persino il perdere la propria compagnia per un solo secondo, onde evitare di passare il resto della serata a cercarla, si era trovata proprio i ballerini con Mr. Hatrow, l’uno accanto all’altro, appena oltre l’invisibile linea della pista da ballo.
Una situazione familiare, che in tante altre occasioni avevano addirittura ricercato, ora solamente terribilmente imbarazzante.
Rose aveva cercato di ignorare il vago senso di tristezza che la colse, ripensando a quando avrebbe potuto prendere l’uomo sotto il braccio e ridere sottovoce nel giudicare gli abiti di questo o quel giovanotto.
Erano rimasti a lungo in silenzio, dopo il breve cenno che si erano rivolti quando i loro sguardi si erano, suo malgrado, incrociati.
Alla fine era stato Mr. Hatrow a parlare per primo, girandosi a guardarla mentre lei continuava ostinatamente a seguire con lo sguardo i ballerini davanti a loro.
- Questo sarà l’ultimo ballo della stagione, per me -
Rose aveva cercato di rimanere quanto più impassibile, nascondendo il dispiacere che provò il suo cuore, che forse non aveva ancora elaborato quello che la sua testa aveva ben capito una settimana prima, al pensiero di lasciarsi per davvero in questi cattivi rapporti.
- Capisco -
- Devo tornare nello …shire, per preparare i bagagli. Penso tornerò a Londra solo per il matrimonio – aveva continuato poi.
Non serviva specificare di quale matrimonio si stesse parlando, entrambi avevano ancora ben vivido in mente l’ultimo fidanzamento a cui avevano partecipato.
- Parte? – gli aveva risposto Rose, continuando ad essere quanto più breve possibile, ma incapace di tagliare del tutto la conversazione.
- Vado in Italia -
Rose rimase diritta, ma ormai il suo fuoco non era sui ballerini, che pure aveva davanti agli occhi.
- Va in Italia -
- Sì, vado in Italia. Non so ancora per quanto -
La ragazza non poté fare a meno di voltarsi, le guance infuocate, trovandosi davanti un ugualmente turbato Mr. Hatrow.
- Bene, le auguro un buon viaggio allora –
- Bene. -
- Bene! – era sbottata Rose alla fine, prima di voltarsi e andarsene, lasciando il gentiluomo da solo, senza più guardarsi indietro e vederne lo sguardo sconsolato.
Aveva poi pensato, tornata ad Hatfield House e messasi a letto quella sera, che forse avrebbe preferito sapere della sua partenza da qualcun altro, senza dover assumersi l’oneroso compito di guardare l’uomo negli occhi un’ultima volta.
O forse no, sarebbe stato solo peggio.
Il giorno dopo non aveva potuto fare a meno di discuterne con Ginevra, a portata dell’orecchio attento di sua nonna, che, non conoscendo neanche ciò che era avvenuto durante la festa di fidanzamento della più grande delle sue nipoti, ne risultò particolarmente sconvolta.
- Poi vorrei proprio capire, cosa ci sarà di tanto meraviglioso in Italia, da dover partire così di fretta? Che uomo impossibile! – stava dicendo la donna, camminando avanti e dietro per il salotto, il suo lavoro di cucito a lungo dimenticato in poltrona.
Rose, compostamente seduta al suo posto vicino al fuoco, scosse la testa, in un improvviso moto di dispiacere nei confronti di Mr. Hatrow, che avrebbe preferito non avere.
- Diverse cose in realtà, nonna. Dicono che per un amante dell’arte e della storia non vi sia nulla di meglio che una permanenza in Italia – disse, scambiandosi un’occhiata con Ginevra, di fronte a lei sulla poltrona gemella.
Mrs. Duvette le rivolse un’occhiataccia, evidentemente sconcertata da tanta magnanimità da parte sua, stringendosi la vestaglia al corpo con fare offeso.
- Oh cara, quei ruderi sono lì da centinaia di anni, potevano di certo aspettare ancora qualche tempo! -

Nei giorni successivi, Rose non poté fare a meno di notare che Ginevra aveva preso a trattarla come una malata: se non era in giro con sua nonna o con Mr. Bow, era al suo fianco, sempre pronta ad assecondarla, o a rifornirla di qualsiasi cibo avessero a disposizione.
Rose si sentiva sempre più egoista, ogni giorno che passava: era inutile che cercasse di mascherare la sua tristezza, la sua mente non era nel posto giusto, e Ginevra la conosceva troppo bene per non rendersene conto, nonostante tutto quello che stava accadendo nella sua vita in quel momento.
- Mi sembra assurdo che si sia potuto comportare a quel modo! – le stava dicendo in quel momento, mentre entrambe prendevano il tè in salotto – Non me lo spiego, Rosie. Dopo il libro, e il modo in cui ti parlava, e il modo in cui parlava di te quando non c’eri! Non può essere che qualcosa sia accaduto, o che non vi siate compresi? -
Rose si portò il tè bollente alle labbra, quasi non sentendone il sapore.
- Posso parlare con Mr. Bow, anche lui è perplesso, se solo potessi raccontargli… -
- Per favore, Ginevra, smettila – la interruppe alla fine, temendo di non potercela più fare - Non a tutti è concessa l’opportunità di una vita felice nella stessa maniera in cui sta venendo offerta a te. Per favore, non farmi illudere che Mr. Hatrow possa amarmi, o anche solo gioire della mia compagnia: non è vero, ed è stato estremamente chiaro nel farmelo intendere –
Rose si fermò un attimo a prendere fiato, gli occhi fissi sulle sue mani invece che su Ginevra, sulla poltrona davanti a lei, se non avesse tenuto la tazzina di tè, in quel momento, probabilmente non si sarebbe neanche accorta di come le tremassero.
Erano giorni che combatteva con diversi sentimenti, non opposti fra loro, ma sicuramente contraddittori.
Se da un lato, infatti, non poteva fare a meno di essere addolorata per come si erano concluse le cose con Mr. Hatrow, un uomo di cui aveva nutrito la più profonda stima e con il quale aveva davvero, forse per la prima volta, sentito di poter figurare un futuro, dall’altro quasi provava vergogna nel mostrarsi così triste.
Non solo perché avrebbe dovuto essere al settimo cielo per il fidanzamento delle sue cugine, entrambe felici con uomini che sembravano complimentarle alla perfezione, ma anche perché non sentiva di aver un totale diritto alla sua tristezza: Mr. Hatrow non aveva rotto alcun fidanzamento, o infranto alcuna promessa.
Ad essere del tutto candidi, se non in maniera implicita, non aveva mai neanche espresso alcuna preferenza esplicita nei suoi confronti.
Non sarebbe stata di certo la prima volta che si illudeva di un qualche interesse romantico rivolto nei suoi confronti per poi rimanere amaramente delusa, anche se mai con tanta intensità.
Era abituata a vivere nel suo mondo di fantasie e giochi di luci ed ombre, forse sarebbe stato meglio vi rimanesse e non lo confondesse con quella che era la realtà: Mr. Hatrow altro non era che un gentiluomo disposto a molto per la felicità dei suoi amici, come Mr. Bow.
Anche a tenerle compagnia e mostrarle cordialità mentre l’altro uomo corteggiava sua cugina.
Era stato più che evidente dallo sconcerto nei suoi occhi quando gli aveva rivelato i suoi sentimenti a teatro, durante il balletto, settimane addietro.
- Mi sento stupida, ad essermi potuta illudere che ci fosse qualcuno che potesse amarmi, o anche solo notarmi. Sono stata solo una ragazzina ingenua e troppo sensibile, non è necessario che affligga tutti voi con i miei lamenti per qualcosa di cui sono l’unica colpevole -
Terminò alla fine, posando la tazzina sul tavolino.
Ginevra la guardò, gli occhi evidentemente velati di tristezza.
- Non è giusto che tu dica questo, non è vero che non sei amabile, o degna di nota. Stupidi sono gli altri, se… -
Rose scosse la testa, non volendo con tutto il cuore in alcun modo offuscare la nuova felicità di sua cugina con la sua tristezza, e allo stesso tempo non desiderando essere compatita, quando era per lei più che evidente non lo meritasse.
- Ginny, ti prego, non essere in pensiero per me. Lasciami solo dignitosamente crogiolare, per oggi. Da domani starò meglio, te lo prometto, e potremo andare a guardare quelle belle stoffe in Oxford Street che so ti piacciono tanto – disse, cercando di sorriderle.
Ginevra la fissò per un lungo attimo, gli occhi ancora tristi, prima di annuire, non desiderosa di estorcerle altro, ma evidentemente non soddisfatta.

- Charles, caro, ma dobbiamo fare qualcosa! Non è giusto che una coppia così ben appaiata… - mormorò quel pomeriggio Ginevra all’orecchio del suo fidanzato, mentre insieme passeggiavano nel parco alle spalle di Hatfield House.
- Lo so, tesoro, e visto che la cosa ti arreca così tanto turbamento ho cercato di parlargli, ma si è ormai convinto a partire e non ha alcuna intenzione di darmi ascolto. È convinto io sia ormai troppo addentro la vostra famiglia per portegli dare consiglio –
Mr. Bow guardò la sua Miss Duvette sconsolato, affranto all’idea di non poterle essere d’aiuto.
Miss Griffiths e Mr. Hatrow si stavano dimostrando egualmente ostinati nel non voler chiarirsi, nonostante entrambi si aggirassero per le rispettive abitazioni con l’aria di un cagnetto appena preso a calci dal padrone.
Erano senza dubbio degni l’uno dell’altro.
- Penso che persino Mr. Mulligan sia stato meno scosso dalle azioni di mia sorella di quei due testardi! – stava giusto continuando a dire la sua fidanzata, mentre passavano un gruppo di scolarette che li guardarono ridacchiando, quando all’uomo soggiunse l’illuminazione.
- Cara Ginevra, potresti aver appena avuto un’ottima idea -
Ginevra lo guardò perplessa – Perdonami? -
- Mr. Mulligan potrebbe dimostrarsi non solo colui che ci ha causato tanti guai quanta felicità, ma anche la soluzione al nostro problema! –

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo 14 - Questioni da uomini ***


Capitolo 14
Questioni da uomini

 
A casa Hatfield l’arrivo della bella stagione altro che non significava il trasferimento dalla città alla villa di famiglia nello …Shire, dove li avrebbe straordinariamente raggiunti anche i coniugi Griffiths e suo fratello, in vista delle nozze di Ginevra, che sarebbero avvenute a poco più di un mese da quel momento.
Nonostante la prospettiva di riabbracciare i suoi genitori le portasse molta gioia, Rose non poteva che rattristarsi all’idea di lasciare la città e separarsi dalle sue cugine: era molto improbabile che in futuro si sarebbero ritrovate a vivere sotto lo stesso tetto come avevano fatto quella stagione, e questo rendeva l’idea distacco più tragico di quanto non sarebbe stata altrimenti.
Ginevra e Leslie se ne sarebbero andate con i loro genitori la mattina seguente, e a lei non restava che preparare le valigie.
Tutti i suoi averi non entravano più nei bauli che aveva portato con se dalla Francia, tanto che sua nonna ne aveva dovuto far portare uno giù dalla cantina, per permetterle di disporre le sue cose con maggiore agio.
Stava svuotando la discreta biblioteca che era riuscita, seppure in così poco tempo, ad apprestare al lato del suo letto, quando, fra i libri vecchi e nuovi in suo possesso, fra le mani le finì la bella copia rilegata del Beowulf che Mr. Hatrow le aveva regalato mentre erano ad Oxford.
Sentendosi in imbarazzo, seppure fosse sola nella stanza, Rose passò appena le dita sulla copertina, che aveva ricamata su la figura scura dell’eroe le cui vicende erano narrate nel tomo, sapeva che, se lo avesse aperto, vi avrebbe trovato le foglie e i fiori che aveva raccolto in giro per la cittadina, ognuno un ricordo diverso con in comune solo la presenza di una persona.
Per un attimo, pensò di lasciarlo ad Hatfield House, dove probabilmente la domestica, sistemando le stanze dopo la loro partenza, l’avrebbe sistemato nella biblioteca di suo nonno, al primo piano, e lì sarebbe rimasto, a lungo dimenticato, senza che lei lo vedesse mai più.
Non ne ebbe però il coraggio: Beowulf non era di per se un libro difficile da reperire, ma difficilmente in un’edizione così bella.
Sarebbe stato davvero uno spreco abbandonarlo lì: non era di certo colpa del tomo, se i ricordi che scatenava non erano unicamente legami alla storia raccontata al suo interno.
Rose sospirò, infilandolo nel baule riservato ai libri, insieme agli altri: portare un libro con se’ aveva il significato che lei decideva di conferirgli.
Forse un giorno sarebbe riuscita a non dargliene alcuno.

In una villa dello …Shire, nello stesso momento, un esasperato Edmund Hatrow stava invano cercando di far ragionare suo fratello minore.
William, sin da bambini, era sempre stato propenso al dramma, ma la cosa stava rapidamente sfuggendo di mano da quando Miss Griffiths era entrata nella sua vita.
Persino la sua Elizabeth, che poteva annoverarsi benissimo fra le persone più caparbie che avesse mai conosciuto,  sembrava ormai aver gettato la spugna ed aveva deciso di rimanere a Londra.
- Ma William, partire per l’Italia in questo modo, converrai, è una follia – stava cercando di dirgli, mentre l’altro sembrava tutto preso a consultare uno degli infiniti manuali sulla penisola che si era fatto portare dalla biblioteca, ignorandolo.
- William! – quasi urlò alla fine, facendo sobbalzare il fratello, che solo allora alzò la testa per guardarlo.
- Perdonami, non stavo ascoltando. Dicevi? -
William quasi restò interdetto a vedere suo fratello maggiore uscire di gran carriera dal salotto, fumante di rabbia, senza un’altra parola.

Edmund era stato sul punto di perdere le speranze, lasciare suo fratello andare in Italia, lui e la sua testaccia dura, e lavarsene le mani.
Infondo William era più che adulto, l’unico problema sarebbe stato lo scontento di loro madre, Mrs. Hatrow, ma anche lei alla fine se ne sarebbe fatta una ragione.
E poi era arrivata la lettera di Mr. Bow, gemella a quella che Michael gli mostrò, pochi giorni dopo l’ebbe ricevuta, e prima ancora mandasse lui stesso a chiamare suo cognato.
Non era neanche sicuro, in effetti, fino a che punto fosse opera di Mr. Bow e quanto della sua avvenente fidanzata, la cugina di Miss Griffiths, ma poco importava.
I tre uomini, come fossero cospiratori, si incontrarono da loro, sotto lo sguardo divertito di Elizabeth.
Entrambi i due uomini più giovani possedevano una certa baldanza: del tutto giustificabile per Mr. Bow, da poco fidanzato e decisamente al settimo cielo, meno per Michael, che invece di star piangendo la sua ultima pena amorosa, già parlava estasiato della sua nuova conquista.
La questione era semplice, come fu spiegata in poche parole a Michael, che non era a conoscenza degli avvenimenti più recenti: William non era intenzionato né ad ascoltare lui, suo fratello, né Mr. Bow, che ormai considerava troppo plagiato dai Duvette perché gli parlasse con franchezza.
Doveva quindi essere lui, Michael, a parlargli e convincerlo a non partire, qualunque cosa fosse successa la sera della festa di fidanzamento ad Hatfield House.
William, infatti, non aveva voluto rivelare a nessuno quale fosse stato l’argomento della conversazione, animata, a quanto aveva raccontato Mr. Bow, fra lui e Miss Griffiths durante la cena, quella sera, o se altro fosse accaduto nel mentre, ma subito dopo aveva deciso di partire, o per meglio dire fuggire, rendendo quantomeno le sue tempistiche sufficientemente chiare.
Michael, con tutta l’irruenza dei suoi diciotto anni, accettò immediatamente l’incarico, come fosse un cavaliere che va ad uccidere il drago e facendo dubitare a suo cognato che si stessero affidando al paladino giusto per quella battaglia.
Mr. Mulligan era alla porta di Mr. Hatrow sei giorni dopo.
William ancora si rifiutava di rientrare a Londra, almeno fino al matrimonio dell’amico, al quale ormai non mancavano che una manciata di settimane, e così era stato il giovane a doverlo raggiungere, passando intanto dalla sua tenuta di famiglia, per salutare almeno una volta la sua Miss Bell prima di ripartire, nell’evenienza che anche lei si innamorasse di un altro e lo dimenticasse.
Quando entrò nello studio, dopo che il maggiordomo l’ebbe annunciato, Michael notò come William si fosse incupito ancora di più dall’ultima volta che l’aveva visto, dopo il suo ritorno da Oxford.
Certo, allora forse era stato più irato che cupo, cosa che da amico non aveva potuto fare a meno che apprezzare, soprattutto in quel momento.
Non che in generale poi William fosse mai stato particolarmente allegro, bastava pensare al suo netto rifiuto di danzare in una qualunque occasione sociale, ma di solito aveva addosso più un velo di sarcasmo che di cupezza.
- Michael, che piacere, non ti aspettavo. Cosa ti porta qui? -
Michael prese posto davanti all’altro uomo, un sorriso sgargiante sulle labbra.
- Ho deciso di venire solo all’ultimo. Felice di vederti, è passato un bel po’ di tempo – rispose, fingendo nonchalance e iniziando a giocare con una delle matite ben appuntite che William aveva sulla scrivania.
- Sì, da quando sei partito per lo …Shire. Come stai, a proposito? Elizabeth ed Edmund mi hanno parlato di una nuova spasimante -
Michael scosse la testa, cercando di non arrossire e rimanere focalizzato sul suo compito, nonostante il pensiero di Susan Bell gli fornisse spesso e volentieri una più che degna distrazione, con i suoi occhi azzurri e le fossette.
- Bene, spero di poterti presentare Miss Bell quanto prima, sono certo la reputeresti una giovane di grande sensibilità. Tu, come stai? Ti dirò, pensavo di trovare anche te fidanzato, al mio rientro a Londra. È accaduto qualcosa con Miss Griffiths? Non hai mai esplicitato nulla, però mi sembrava più che evidente … - stava dicendo, prima che William lo interrompesse con un cenno della mano.
- Ti mandano mio fratello e tua sorella, vero? -
Michael sbiancò, agitando le mani in aria con fare scomposto.
- No, ma figurati, mia sorella! -
William lo guardò incredulo, un sopracciglio alzato.
- Hai molti pregi, ma non sei molto sottile, sai? – gli rispose, e Michael non poté che sospirare e passarsi una mano fra i capelli, rassegnato.
- Sono tutti molto preoccupati per te. Nessuno capisce cosa sia accaduto -
William rimase in silenzio per un lungo attimo, riordinando i documenti davanti a lui, già perfettamente paralleli fra loro.
- Miss Griffiths, dopo aver professato il suo affetto nei miei confronti, deve aver cambiato idea a seguito del mio deplorevole comportamento a teatro, perché si è fidanzata -
Michael fu improvvisamente grato che non fosse stato servito il tè, perché era sicuro che gli sarebbe andato di traverso.
Miss Griffiths fidanzata? Non gli sembrava possibile: la ragazza non era decisamente una bellezza, specie al confronto con le sue cugine, e trovare un altro corteggiatore così presto dopo William, era nel suo caso quantomeno improbabile.
- Con chi? – non poté trattenersi dal chiedere, evidentemente perplesso.
William abbassò lo sguardo, sconfitto, e a Michael si strinse il cuore a vederlo così triste.
- Mr. Lewis -
Michael scosse la testa, convinto di non aver sentito bene.
- Mr. Lewis? -
- Mr. Jack Lewis. Il collaboratore di suo nonno – ripeté, e poi, vedendo la sua faccia sconcertata, aggiunse – anche Mr. Cruise, che me lo ha comunicato, lo ha reputato bizzarro, ma vero -
Michael scoppiò a ridere, non potendosi in alcun modo trattenere, prima di incrociare lo sguardo pieno di irritazione dell’altro uomo, che pensava forse stesse ridendo al suo triste destino.
- Scusami William, ma non credo sia proprio possibile -
William lo guardò perplesso, prima che continuasse.
- William, temo che Mr. Cruise non sia stata una fonte d’informazione attendibile.  Mr. Lewis l’uomo che Leslie ha preferito a me, e con il quale si è fidanzata non molto dopo, non il fidanzato di Miss Griffiths –

Quando Edmund Hatrow lo mandò a chiamare, Mr. Bow stava prendendo il tè con Ginevra e Rose, nella sua residenza appena fuori Londra.
Non un evento infrequente, ormai, dal momento in cui la ragazza era diventata l’ultimo baluardo della decenza, per quanto fasullo, fra i due fidanzati.
La sua presenza non solo dava pace a Mrs. Duvette e a Mrs. Bow, ma permetteva alla giovane coppia di fare come se in realtà fossero soli, dal momento che, preso il tè e discusse due sciocchezze riguardanti il matrimonio, Rose tendeva ad eclissarsi nella biblioteca della villa, appena qualche stanza più in là, per riapparire solo a pomeriggio terminato.
Spesso Mr. Bow valutava l’idea di ergerle una statua ad eterna memoria della sua discrezione.
Quando il maggiordomo annunciò il biglietto da Mr. Hatrow, sia l’uomo sia Ginevra non poterono fare a meno di notare l’improvviso irrigidimento di Rose.
Si trattenne quindi dall’aprirlo, almeno finché la ragazza non fu sparita oltre le porte francesi che portavano al suo luogo preferito della casa.
Ginevra non perse un momento, leggendo insieme a lui il biglietto da sopra la sua spalla e squittendo di gioia una volta terminato.
- Oh, che meraviglia! Charles, caro, non posso credere che ce la abbiamo fatta! –
Il giorno dopo Charles era a casa Hatrow, come da indicazioni fornitegli.
Mr. Bow trovò i tre uomini, e Mrs. Hatrow ovviamente, nello studio di Edmund, in quattro stati d’animo del tutto differenti l’uno dall’altro.
Mr. Mulligan, le gambe accavallate e un drink in mano, era seduto vicino alla finestra, apparentemente in splendida forma.
Assomigliava in tutto e per tutto al gatto che è, finalmente, riuscito ad acciuffare il canarino, ed ora si gode la gloria delle sue imprese.
Mrs. Hatrow, in poltrona fra il fratello ed il marito, aveva invece l’aria di una donna profondamente divertito dalle circostanze in cui si trovava, con lo sguardo, seppure nascosto dal bicchiere che aveva in mano,  rivolto verso il suo giovane cognato.
Mr. Edmund Hatrow invece, seduto diritto dietro la sua scrivania, aveva anche lui un’espressione divertita, specchio di quella della moglie, ma velato di tenerezza, o forse pietà, nei confronti del fratello minore.
Mr. William Hatrow, al contrario degli altri, sembrava invece trovarsi in uno stato di profonda frustrazione, lo sguardo perso nel vuoto e un bicchiere in mano che non sembrava intenzionato a portarsi alle labbra.
Per un attimo, nonostante il tono ottimista che il fratello aveva avuto nella sua comunicazione e la generale aria della stanza, Mr. Bow temette la questione non si fosse davvero risolta.
La sua accoglienza non fu meno gioiosa, nonostante William continuasse a fissare il muro, rivolgendogli appena un cenno.
- Charles! Che piacere! -
- Mr. Bow, aspettavamo proprio lei -
- Vuole da bere, Mr. Bow? -
Charles scosse la testa, rifiutando il drink e prendendo posto a non molta distanza da Mrs. Hatrow, in poltrona.
- No grazie. William! Mi hanno detto che non parti più. Cos’è accaduto? – disse, e l’amico si voltò a guardarlo, quasi sorriso sarcastico sul viso.
- Oh nulla, Charles. Questi giovani uomini qui, con i quali sospetto fortemente tu abbia collaborato, mi hanno solo mostrato che totale idiota io sia in realtà. Ma sul mio viaggio non è ancora detta l’ultima parola, dipende tutto da come si porranno le cose -
Mr. Bow improvvisamente capì il divertimento di Mrs. Hatrow, e anche lui si aprì in un sorriso.
- Davvero? Hai qualcosa in mente, allora? -
William scrollò le spalle, posando il bicchiere sulla scrivania del fratello e facendo per alzarsi.
- Certo. Lo potresti chiamare un piano, addirittura – rispose, andando verso la porta e, appena un attimo prima di uscire, voltandosi per continuare – Qualunque cosa sia, però, auguratemi buona fortuna - 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo 15 - Ginevra si sposa ***


Capitolo 15
Ginevra si sposa


 
In generale, ma particolarmente durante i suoi soggiorni nello …Shire, Rose non era abituata a ricevere posta: i suoi unici interlocutori erano i suoi genitori, i suoi nonni o le sue cugine, ed entrambi si trovavano di solito nella sua stessa abitazione, quand’erano nella casa di famiglia.
Così, quando iniziarono ad arrivarle pacchi e pacchetti, a giorni alterni, diretti proprio a lei, la sua sorpresa fu enorme.
Il primo giorno, come tutti gli altri prima di quello, quando la governante, Mrs. Lync, aveva annunciato la posta, neanche si era mossa dal divano: i suoi genitori erano in viaggio dal giorno precedente e non avrebbe avuto alcun senso scriverle.
In sottofondo aveva solo distrattamente ascoltato la governante consegnare una lettera a sua zia, da parte di una delle deliziose signore che avevano conosciuto durante il loro soggiorno a Bath, ed a Ginevra, Mr. Bow senza dubbio, prima di inviare il restante carteggio nello studio al piano superiore, dove avevano preso a lavorare suo zio e suo nonno.
E poi le aveva porto un pacco.
Il pacchetto non era molto grande, poco più piccolo di un libro, né molto pesante.
Rose lo scartò perplessa, sotto gli occhi curiosi di sua zia e sua nonna, mentre Ginevra si apriva in un sorriso.
All’interno, ben avvolta in diversi strati di carta, una specie di tegola di vetro, iridescente e bellissima.
Al di sopra, vergato in una scrittura a lei ormai ben famigliare, la scritta “Vetro di Murano, Venezia”: null’altro: né una firma, né una lettera, nè un biglietto.
- Cos’è? – domandò Mrs. Duvette, dall’altro lato della stanza.
Rose scosse la testa, girandosi fra le mani il quadrato di vetro.
- Non ne sono sicura –

Nei giorni seguenti, mentre il matrimonio si avvicinava precipitosamente e le giornate sembravano diventare sempre più corte, la posta del mattino era divenuta il momento preferito d’intrattenimento di tutta la famiglia.
Una volta le arrivò una marionetta in armatura e pennacchio, un’altra un cornetto rosso sgargiante grande come un pollice, un’altra ancora un plico di carta raffinatissima.
Ogni dono era accompagnato da un biglietto, che ne spiegava il contenuto “pupo siciliano”,corno napoletano”,carta di Amalfi, Napoli”, ma null’altro.
Se da un lato anche lei al mattino oramai si svegliava curiosa di scoprire cosa l’avrebbe aspettata, felice tra sé e sé che anche se distante William continuasse a pensarla, dall’altro le sembrava non facessero altro che ricordarle quanto lontano doveva essere.
Le aveva detto, l’ultima volta che avevano discusso, che sarebbe partito solo dopo il matrimonio di Ginevra, e lei aveva preso quell’occasione come una per prendere definitivamente commianto dal gentiluomo.
In compenso, l’arrivo dei suoi genitori fece molto per distoglierle la mente dall’uomo e dai suoi regali: sua madre l’aveva travolta, con la sua energia, e aveva insistito perché le raccontasse, fino all’ultimo dettaglio, gli avvenimenti degli ultimi mesi.
Inutile dire, Rose si era trovata ad omettere diversi dettagli, non desiderando, seppur stupidamente, che sua madre, si facesse una cattiva opinione di Mr. Hatrow.
Suo padre, com’era suo solito, era stato più discreto, continuando strenuamente a lavorare, anche se da lontano, e passando la maggior parte del suo tempo libero nelle stalle, dove, come amava dire suo nonno, sembrava andare perfettamente d’accordo con gli stallieri.
Non aveva del tutto torto, soprattutto perché suo padre sembrava saper parlare la loro stessa lingua, mentre Mr. Duvette non avrebbe saputo neanche distinguere una giumenta da uno stallone.
I preparativi per il matrimonio, intanto, proseguivano a ritmo battuto: il vestito da sposa di Ginevra, un abito meraviglioso in tulle e seta, era pronto, così come quello di tutto il suo corteo nuziale.
Se Leslie sembrava trovare immensamente divertente provare abiti su abiti ogni volta, nelle mani delle sarte, Rose pensava che l’essere punta, palpata e strattonata, il tutto mentre in equilibrio su uno sgabello, fosse decisamente troppo per lei.
Nonostante questo, il suo vestito le sembrava bello: era di un tenue rosa, che non stonava come avrebbe temuto con il suo incarnato, e delle maniche un po’ scampanate che le coprivano anche il dorso delle mani.
Ad un paio di giorni dal grande evento, tutta la famiglia rientrò a Londra, dove, nella grande proprietà di Mr. Bow, si sarebbe tenuta la festa.
Quando arrivò la sera prima del matrimonio, lei, Leslie e Ginevra dormirono tutte nello stesso letto, come da bambine, dando modo alla futura sposa di salutare la sua nuova vita con una tradizione di quella vecchia.

Il giorno del matrimonio fu caotico: Rose, anche sforzandosi, non sarebbe riuscita a ricordarne neanche una parte.
La mattinata era volata, casa Hatfield forse non era mai stata tanto affollata, ed in men che non si dica si era trovata in chiesa, il suo piccolo bouquet in mano, incastrata fra i suoi nonni e Leslie e Mr. Lewis, mentre sua cugina smetteva di essere Miss Ginevra Duvette, e diveniva Mrs. Ginevra Bow.
Mr. Bow, accanto a lei, era tanto emozionato da essere stato prossimo alle lacrime, quando aveva visto la sposa entrare, al braccio di suo zio.
Era stata così presa dal guardare gli sposi, che non si era resa conto dell’arrivo di Mr. Hatrow, che aveva preso posto in fondo.
A dire il vero, non aveva neanche notato l’uomo all’uscita, ritrovandosi così con il cuore in gola quando se l’era trovato davanti, mentre prendevano posto per il pranzo.
Fortunatamente, questa volta nessuno aveva avuto la malaugurata idea di metterli l’uno accanto all’altro, evitandole quest’imbarazzo.
Aveva così proseguito a sfuggirgli ed ignorarlo per tutto il resto della festa, in tremendo dubbio se parlargli o meno: doveva forse ringraziarlo per i suoi regali?
O forse, vista la mancanza di firma o biglietto, desiderava rimanere anonimo?
Voleva solo farsi perdonare per il suo precedente comportamento o forse rappresentavano una vera e propria offerta di pace?
Prendere una decisione sarebbe stato senz’altro più semplice se non fosse stato per lo sguardo dell’uomo, che sentiva sulla schiena ogni qual volta che si muoveva, e che sembrava non volerla lasciare un attimo.
Alla fine, furono proprio le danze, tanto a lei sgradite, a tradirla.

Si era infatti riparata, dopo aver assistito ad un primo ballo fra marito e moglie, su una panchina dietro una delle fontane della villa, mentre tutti gli altri ospiti scendevano, felici, sulla pista da ballo.
Anche da lontano, era impossibile non vedere l’abito bianco di Ginevra quasi fluttuare fra quelli colorati degli ospiti, festeggiando l’inizio di una nuova vita.
Tanto era presa dalla sua osservazione, che sobbalzò quando Mr. Hatrow, apparentemente dal nulla, le si sedette accanto.
- Neanche il matrimonio di vostra cugina riesce a farvi danzare, Miss Griffiths? –
- Neanche il matrimonio del vostro caro amico riesce a farvi danzare, Mr. Hatrow? – ribattè lei, vagamente piccata dal tono noncurante di lui.
Come se nulla fosse mai accaduto.
- Touché – Mr. Hatrow quasi sorrise, scuotendo la testa, prima di continuare – Possiamo affermare entrambi di essere testardamente coerenti, allora, non importa la circostanza -
Rose sbuffò, ma non si voltò a guardarlo, sempre più sbalordita da quel chiacchierare inutile.
- Oh, un’affermazione in evidente contrasto con alcune delle ultime parole che mi ha rivolto, sull’incostanza, credo -
Accanto a lei, Rose sentì chiaramente l’uomo raggelarsi, con sua soddisfazione.
- Ha qualcosa di cui parlarmi? Perché altrimenti desidero ringraziarla per i suoi regali, ma se alcuni regali sono le uniche scuse che intende farmi per il suo comportamento, la devo avvertire che non importa quali e quanti beni materiali … - continuò poi, prima di essere interrotta dal balbettare dell’uomo.
- No, assolutamente, era proprio di quello che volevo parlarle, io … – l’uomo sembrò prendere fiato, prima di voltarsi del tutto nella sua direzione e riprendere, con poca più convinzione – desidero chiederle perdono per il mio comportamento. E capisco benissimo se lei me lo vorrà rifiutare, e con le mie spiegazioni non voglio in ogni caso giustificare il mio comportamento, ma quantomeno motivarlo, in modo tale che non mi reputi un pazzo -
L’uomo si fermò, in evidente attesa della sua approvazione, e Rose gli fece segno di continuare, senza voltarsi nella sua direzione, spaventata dalla sua stessa espressione.
- Bene, io … quella sera a teatro, nel momento del nostro incontro, ero terribilmente scosso da ciò che Michael, Mr. Mulligan, mi aveva raccontato, quand’ancora sembrava fosse convinto non potesse trovare altro amore all’infuori di sua cugina. Lei sa quanto io tenga al ragazzo, e non ho saputo in quell’occasione per nulla affrontare la situazione con il distacco dovuto, come poi ho fatto, grazie a persone più saggie di me: per questo le devo chiedere perdono una prima volta. E poi, nel momento in cui mi ha dichiarato il suo affetto… non avrei mai potuto rifiutarla, Miss. Sono rimasto sconvolto: mi ero sempre solo permesso di sperare, e, anche se dopo Oxford le mie speranze sembravano aver fondamento, le sue parole mi hanno lasciato così profondamente meravigliato che non ho potuto reagire come avrei dovuto, e voluto. Io… avere la possibilità di dirle e dimostrarle che ricambio profondamente il suo affetto, mi renderebbe l’uomo più felice del mondo -
Rose, a quelle parole, non poté più trattenersi, e si voltò con il cuore in gola a guardare l’uomo seduto accanto a lei, come quella sera non era ancora riuscita a fare.
Mr. Hatrow doveva essersi tolto il cappello ad un certo punto durante il suo discorso, perché ora lo stringeva fra le mani con veemenza.
I capelli, i ricci che tante volte gli aveva visto cercare di domare, ora erano scompigliati, ogni boccolo in una direzione diversa, aveva le guance scavate, più scavate dell’ultima volta che si erano incontrati, ma gli occhi brillanti, pieni di vigore e, forse, speranza.
Mr. Hatrow fece come per avvicinarsi e prenderle le mani, ma poi, considerando come potesse risultarle un gesto sgradito, si tirò nuovamente indietro, timoroso.
- Non capisco, allora, Mr. Hatrow, perché rivolgermi parole dure come ha fatto durante la festa di fidanzamento? – ribattè, ancora perplessa.
Mr. Hatrow abbassò la testa, in imbarazzo.
- Perché temo di non essere l’uomo che lei credeva, o meglio: perché sono un idiota. Quella sera mi sono recato alla festa con l’intenzione ben precisa di scusarmi con lei, ma a causa della mia scempiaggine e di alcune parole poco chiare di Mr. Cruise, ho pensato lei si fosse fidanzata con Mr. Lewis: il mio orgoglio ed il mio ego hanno prevalso e, con mio immenso imbarazzo, mi hanno portato a fare quella penosa figura. Anche per questo Miss, le devo chiedere perdono. Le mie parole sono state inconsiderate ed immeritate -
Tra le molte reazioni che l’uomo si era prospettato, una sonora risata non era decisamente fra queste: eppure Rose era davanti a lui, con la testa piegata all’indietro e quasi gli occhi lucidi dal divertimento.
- Mr. Lewis? Davvero? – disse, e il cenno positivo di Mr. Hatrow la fece nuovamente ridacchiare – Lei su una cosa non sbaglia, è davvero un idiota -
A quelle parole, anche Mr. Hatrow si aprì appena in un sorriso, prima di riabbassare la testa nel momento in cui Rose non aggiunse nulla.
- Allora, questo è tutto. Non desidero rubarle altro tempo, e le rinnovo ancora le mie profonde scuse… - fece allora, facendo per alzarsi.
Rose, che fino a quel momento si era limitata a guardarlo, cercando di assorbire le sue parole, comprese improvvisamente che non desiderava se ne andasse.
In quel momento e, con molta probabilità, in generale.
- No! – disse, prima di rendersi conto di essere forse stata troppo irruenta – Io… mi ha dato molto a cui pensare, negli ultimi tempi, William. Ma apprezzo le sue scuse e, se in futuro mi promette di venire a parlarmi civilmente, prima di fare assunzioni… irrealistiche, posso anche accettarle -
William si illuminò tutto, risiedendosi e questa volta facendo cadere il cappello per terra, prendendole le mani e stringendole fra le sue.
- Oh Rose, certo, qualsiasi cosa desideri. Farei qualunque cosa per riavere non il suo affetto, che mi rendo conto aver perduto per sempre, ma almeno la sua amicizia -
Rose, a quella frase, arrossì fino alla punta dei capelli e abbassò lo sguardo.
- Ne sono felice. Ma mi spieghi, allora, il perché dei suoi regali. Sono molto belli, non mi fraintenda, ma senza alcun biglietto, o spiegazione… ho creduto lei fosse in Italia –
Mr. Hatrow scosse la testa, passandosi una mano sul viso, lasciando la presa su una delle sue.
- E’ molto stupido, anche quello. Nonostante il mio comportamento… ho pensato, ho sperato… lei potesse perdonarmi e venire in Italia con me. Ora vedo come sia una pretesa impossibile ma… i miei regali erano finalizzati a questo – disse, anche lui con le guance rosse dall’imbarazzo.
Rose lo osservò per un minuto, godendosi il breve lusso di poter guardare senza essere guardata.
Era stata, ed era ancora, innamorata di quell’uomo.
E nonostante tutto, in cuor suo, sentiva di averlo già perdonato.
Era questo sufficiente a riaprirgli il suo cuore? Non lo sapeva, e non poteva saperlo.
Di certo le dava molto ben sperare come avesse riconosciuto e ammesso le sue colpe, nel chiederle, senza pretenderlo, perdono.
E forse stava sbagliando, ma non poteva forzarsi in alcun modo a fare ciò che il suo cuore in quel momento le comandava.
- E se non fosse una pretesa impossibile? – disse soltanto, ma l’uomo davanti a lei rialzò immediatamente la testa, gli occhi di nuovo brillanti di speranza.
- Come? -
Rose si dovette trattenere dal ridacchiare, prima di ripetere piano.
- E se non fosse una pretesa impossibile, William? -
- Allora glielo domanderei immediatamente, senza perdere un attimo -
I due si scambiarono un sorriso complice, mentre a poca distanza da loro le danze continuavano, imperturbate da loro.
- Ma, William, temo la sua proposta non sarebbe comunque dignitosa: di certo una signorina nubile come me non potrebbe mai andare in giro per l’Europa con un uomo non sposato come lei! – fece allora Rose, ridacchiando e fingendosi scandalizzata, ma senza alcun fine.
Eppure improvvisamente William iniziò a guardarsi intorno, come nervoso.
Prima ancora che potesse domandargli cosa stesse accadendo, l’uomo riprese a parlare.
- Io, non potevo neanche sperare di arrivare a questo punto, non ho con me l’anello … ma Rose … -
Resasi conto che le sue parole erano state mal interpretate, Rose si affrettò a correggersi.
- William, non era mia intenzione … -
- No, no! Rose, ho comprato un anello per te prima ancora di Oxford, sperando che prima o poi sarei riuscito a cogliere un qualche tuo gesto di affetto palese… ma ora, non avrei mai immaginato … - stava dicendo, ma il sorriso divertito di Rose lo fermò.
E, finalmente, gli fu chiaro che poco importavano i regali, poco importava un anello, e sorrise anche lui.
Rose lo guardò sorridente, quasi compiaciuta, mentre si inginocchiava nel terreno vicino la fontana, sporcandosi le ginocchia, e le stringeva le mani, gli occhi quasi lucidi.
- Mia cara Rose, mi vuoi sposare? –

Rose e William riuscirono a contenere la loro comune gioia, almeno fino alla fine della giornata: un desiderio comune, per non distogliere l’attenzione dai due sposi.
Solo più tardi, quella sera, quando le famiglie degli sposi si furono ritirate in uno dei salotti di villa Bow e tutti gli altri invitati furono andati via, che diedero la lieta nuova.
E se fosse potuto esserci un finale più felice, a quella giornata, nessuno ne sentì la mancanza.  









A tutti coloro che hanno dedicato un po' del loro tempo a leggere questa storia. 
Grazie. 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3959041