Glowing Sunshine di AlyaVRose (/viewuser.php?uid=76301)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
PrologoPROLOGO
Il
ristorante era particolarmente vuoto quel giorno. Strano, dal momento
che era l’unico locale di Forks che servisse qualcosa di più di
coca-cola e pacchetti di patatine. C’erano solo quattro ragazze
appollaiate sul tavolo più lontano, intente in una fitta conversazione
e a bere le loro bibite, tra un battito di ciglia, un gridolino e una
risatina soffocata, dandosi di gomito e lanciando occhiate maliziose al
sottoscritto. Non che ci badassi, ci ero abituato. Quando un giovane
Quileute usciva dalla Riserva e osava metter piede in città, le
occhiate e i gridolini come quelli si sprecavano. Sorrisi, continuando
a sistemare il locale. D’altro canto, non avevo mai prestato attenzione
alle occhiate delle ragazze che si fermavano per strada per guardarmi.
Non che non ci avessi provati, i primi tempi. Era più forte di me: me
ne interessava solo una. Erano trascorsi sei anni da quando la mia
gioia, il mio sole, la mia vita, se ne era andata da Forks. I Cullen si
erano dovuti trasferire in una nuova città per non destare sospetti
sulla loro vera natura, oltre che sulla loro età; io sarei stato pronto
a mollare tutto per seguirli, per seguirla. Ma loro – beh, in realtà
uno di loro – era stato categorico: io sarei dovuto rimanere a La Push
buono buono, per permettere alla mia unica ragione di vita di abituarsi
a vivere lontano da me. Volevano insegnarle l’importanza di avere una
scelta. Lo capivo, ma era doloroso. Non la vedevo da sei anni, ormai. E
non sapevo neanche quando l’avrei rivista. Certo, ci sentivamo, ma non
era la stessa cosa. Altroché, se non lo era! Non era affatto divertente
stringere il cuscino tra le braccia, immaginando che fosse lei. E
dovevo anche fare attenzione a come le parlavo al telefono, perché
quella maledetta sanguisuga di Edward Cullen leggeva nel pensiero e
sicuramente non avrebbe apprezzato il tipo di pensieri che mi venivano
in mente mentre parlavo con lei. Non gli sarebbero piaciuti affatto. Ero
intento a sistemare il retro del bancone, chino su alcuni scatoloni,
quando sentii il fastidioso scampanellio della porta – un campanello
beffardamente attaccato a un acchiappasogni indiano – segno evidente di
qualche avventore. Notai un silenzio di tomba scendere sul locale, e
giunsi alla conclusione che probabilmente quelle quattro ochette erano
intente a squadrare un altro di noi. Ma la voce che udii era l’ultima
che mi aspettavo di sentire. Eppure, anche dopo secoli, l’avrei
riconosciuta ovunque. Anche senza l’odore pungente che mi importunava
l’olfatto sensibile. Ancora prima di pensare razionalmente, il mio
corpo aveva reagito a quella voce. «Salve… ho bisogno di un
meccanico, temo di avere un guasto all’auto. Sai suggerirmene uno
bravo?» Mi sollevai stupito, fissandola a bocca spalancata per più di
un minuto. Poi saltai il bancone con un balzo agile, e mi trovai di
fronte a lei. «Bells… la mia piccola Bells! Dio, come sei bella!»
Allargai le braccia, ancora un po’ sorpreso. Lei ci si tuffò, come se
non aspettasse altro. In barba alla temperatura e all’odore. Quando
c’era lei, non me ne fregava niente. «Jacob Black, sei sempre il
solito…. Quelle quattro poverette sospirano da almeno un’ora…»
Ridacchiai. Era sempre la stessa Bells. «Lo so. Ma nessuna regge il
confronto con te, tesoro». La allontanai quel tanto che bastava per
poterla guardare negli occhi color miele. Un brivido involontario mi
percorse, e il suo sguardo limpido si offuscò. «Jake…» «Scusami
Bells… è che non riuscirò mai ad abituarmi a non vedere più i tuoi
occhi color cioccolato, piccola». La portai ad un tavolo, dove ci
sedemmo. «Non importa, Jake. Ti capisco. Del resto, mi sono trasformata nel tuo peggior nemico…» «Piantala,
Bells.Tu sarai sempre la mia Bells, e lo sai. E’ solo che… beh, sai
quanto amavo i tuoi occhi». Mi sorrise. Il sorriso era sempre quello,
pensai. «E anche quello che c’era intorno ai miei occhi, Jake». non
mi sfuggì il suo tentativo di sviare il discorso. Non era cambiata. E
io la conoscevo bene, meglio di lui. «Bells… cosa devi dirmi di così importante da essere venuta da sola?» La guardai negli occhi, serio. Distolse lo sguardo. «Cosa
ti fa credere che io sia sola?» Nonostante il viso di marmo, qualcosa
non era cambiata. Bella non sapeva mentire. Neanche da vampira. «Bella, sono io. Il tuo amico Jacob, ricordi? Quello a cui non riesci a nascondere niente». «Neanche adesso?» «Piccola,
tu non sei mai stata in grado di mentire. Non è nel tuo DNA. Non ti
hanno fabbricata geneticamente per mentire. Neanche adesso». Le presi
la mano, mentre un angolo remoto del mio cervello registrò la
considerazione che la sua temperatura avrebbe dovuto infastidirmi. Non
era così. Giocherellai distrattamente con la sua fede nuziale per un
lungo istante, prima che trovasse la forza di parlare». «Beh, ecco…
– abbassò gli occhi; se avesse potuto arrossire lo avrebbe certamente
fatto – Edward e Renéesme arriveranno la prossima settimana, con la
fine dell’anno scolastico. Ma io avevo bisogno di parlarti.
Possibilmente senza intrusioni nella mente». «Senti, Bells… qui ho quasi finito. Che ne dici se mi aspetti, così poi ce ne andiamo. Hai già un posto dove andare?» «No. So che casa Cullen è stata venduta…» «Puoi stare da me. La camera di Rachel è a tua disposizione». «Ma…
e Bil…» Si interruppe mordendosi il labbro, rendendosi conto di quel
che aveva detto. Billy mi aveva abbandonato un anno prima. Adesso ero
solo. Si riprese. «Scusa, mi dispiace. Fa ancora male, vero?» «Sa,
Bells… certi dolori non si esauriscono con il tempo. Puoi abituartici e
imparare a conviverci, ma non puoi cancellarli». Probabilmente comprese
che non mi riferivo solo alla morte del mio vecchio, perché sussultò e
distolse lo sguardo. Ci eravamo fatti davvero molto male, e tanto
ancora ce ne saremmo fatti. Lo sapevamo entrambi. |
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Capitolo 2 *** Capitolo 1 ***
Prologo01. ACCIDENTI A ME E LA MIA CAPACITA’ DI CACCIARMI NEI GUAI
Arrivammo
a La Push che era praticamente ora di cena, quindi decisi di
organizzare qualcosa di commestibile. Compito arduo. Bella lo notò e mi
prese in giro. «Non posso crederci, Jake! in tutti questi anni non hai imparato a cucinare qualcosa di decente?» «Beh, in effetti la maggior parte delle volte mangio al ristorante». «Spostati,
faccio io». La guardai sorpreso, e lei sorrise.«Renéesme ha imparato a
mangiare cibo umano, sai? E io non ho dimenticato che cucinavo per
Charlie». Si rabbuiò, probabilmente pensando a Charlie. Decisi di
cambiare discorso. «Allora, cos’è che non vuoi che tuo marito senta, Bells?» «Beh…
prima mangiamo, ok? A pancia piena si ragiona meglio». Notai il fatto
che avesse usato il plurale. La guardai con finto sospetto. «Mangiamo?!
Dì un po’, non avrai intenzione di cenare con me, vero?» Mi portai una
mano al collo con finto disgusto, facendola trasalire. «Ma Jake! Come ti viene in mente…» Scoppiai a ridere di gusto nel vedere il suo sguardo terrorizzato, al che si rilassò. «Bells…
piccola… non ho pensato che avresti potuto mangiarmi ai tempi della tua
trasformazione, come potrei pensarlo ora?» Si rilassò visibilmente,
cominciando a parlare del più e del meno. Mi raccontò molte cose su
Renéesme, ma vedevo che era nervosa, che qualcosa la tormentava come un
fuoco. Ma sapevo che era meglio non calcare la mano, avrebbe parlato
quando se la fosse sentita. La serata trascorse piacevolmente, ma io
ero distrutto e non riuscivo più a tenere gli occhi aperti. Dopo un po’
me ne andai a letto, conscio della presenza di Bella nella stanza
accanto. Mi faceva uno strano effetto averla così vicino, eppure
intoccabile. Sorrisi tra me per l’ironia del nostro destino, che ci
aveva sempre comunque tenuti legati, nonostante tutto. Era notte
fonda, eppure nonostante la stanchezza, non riuscivo proprio a prendere
sonno. Sentii un tocco lievissimo alla porta. Bells. Mi sollevai un
poco, poggiando la testa sulla spalliera del letto, e mormorai un
“avanti”, certo che mi avrebbe sentito. «Non ti ho svegliato, vero?»
Distolse immediatamente lo sguardo, quando si accorse che ero nudo
coperto sommariamente da un lembo delle coperte. Sorrisi. «Andiamo
Bells, credevo che dopo tutto questo tempo, tutto questo fosse
superato! Quando mi trasformavo per cacciare con Nessie…» «Distoglievo
lo sguardo, Jacob». E la stessa cosa fece in quel momento, notai con un
misto di orgoglio e di fastidio. Fastidio, perché voleva dire che c’era
un muro tra di noi, un muro chiamato Edward Cullen; orgoglio perché
nonostante tutto ancora sembrava non restare indifferente. «Che succede, Bells? Perché tutto questo mistero? Cos’è che tuo marito non può sentire?» «Jake… tu vuoi bene a Renéesme, vero?» «Ma che razza di domanda è? Pensi che me sarei rimasto qui buono buono ad aspettare, altrimenti?» «Jake,
credo che mia figlia si sia cacciata nei guai. Grossi guai. Edward
continua a ripetermi che non è niente, che sono un po’ apprensiva come
tutte le mamme, ma io conosco mia figlia, e capisco che è strana». «Strana in che senso?» «Strana…
so che non è mai stata loquace, dato il suo dono, ma è sempre stata
molto socievole, allegra… adesso è una musona, risponde a monosillabi e
si rifiuta di usare il suo potere. Insomma, è più o meno come me
quando… hai capito». «Per la miseria, Bells… ancora non riesci ad
ammettere la realtà dei fatti dicendo le cose come stanno. Quando
Edward ti ha lasciata. E a proposito di tuo marito… che ne è della sua
capacità di ficcare il naso nella mente di tua figlia?» «Lo taglia fuori, Jake. Ha imparato a non lasciarlo entrare». «E io cosa c’entro?» «Vorrei che tu riuscissi ad ottenere un po’ della sua fiducia, a capire cosa la tormenta…» «Dovrei fare la spia, Bells?» «Certo
che no. Non mi importa se mi racconti tutto o meno. Vorrei solamente
che tu riuscissi a diventare per lei quello che eri per me». «Mi stai chiedendo molto». «Tu la ami, Jake?» «Bells, ma… che razza di domande fai? E’ il mio imprinting!» «E con questo?» La guardai sorpreso. «Non ti seguo». «Il
fatto che sia il tuo imprinting non significa che tu sia innamorato di
lei». Ero sbigottito. Bells – la mia Bells – stava mettendo in dubbio
il mio amore per Nessie. Non potevo crederci. «Jake… sto aspettando». «Farei qualunque cosa per lei, Bells. Anche la spia per conto tuo». «Mi
basta. Per ora. Devo chiederti un’altra cosa, adesso. Riuscirai a
tenere questa conversazione per te e non farla sapere a Edward?» «Ovvio.
Edward riesce a leggere solo quello che la persona pensa in quel
momento. Di certo non ci rimuginerò davanti a lui». La guardai negli
occhi, per tentare di capire cosa avesse in mente. «C’è altro, Bells?» «No…
no. Grazie, Jacob». Si alzò dal mio letto dove era seduta, e fece per
andarsene. La bloccai per un polso. Fu un riflesso, un impulso
incondizionato che non ebbi neanche il tempo di contrastare. La tirai
verso di me, facendola atterrare sul letto. Non tentò neanche di
opporre resistenza, col risultato che mi ritrovai il suo corpo freddo e
marmoreo addosso, il viso a pochi centimetri dal mio. Un impulso
irrefrenabile, che trovai la forza di combattere. «E’ bello
rivederti, Bells». Notai il suo sguardo confuso nel fissarmi negli
occhi, nel rendersi conto che ci stavamo sfiorando. Si ritrasse
imbarazzata, e per me fu come se mi avessero tolto una coperta di dosso
in pieno inverno. Era già sulla porta, gli occhi dorati ancora confusi. «Buona
notte, Jake. Dormi bene». Cos’è, mi prendi in giro? “Dormi bene”? Ti
pare che potrei dormire con tutto quello che è successo oggi, piccola?
Pensi che riuscirei a prendere sonno, dopo tutto quello che mi hai
raccontato? Che riuscirei a calmare questo cuore che galoppa, dopo
quello che ci siamo detti, con e senza parole, Bells? Dopo tutte quelle
rivelazioni, una domanda tornò ad affacciarsi prepotentemente alla mia
mente, domanda che aveva continuato a tormentarmi continuamente negli
ultimi sei anni. Esisteva qualcosa capace di eclissare un’anima
gemella? Nonostante tutto, la mia risposta era sempre la stessa. No.
Non esisteva. |
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Capitolo 3 *** Capitolo 2 ***
Prologo02. AVANTI JAKE, SMETTILA DI FARE IL BAMBINO E COMPORTATI DA UOMO.
Non
dormii affatto quella notte, con tutti i pensieri che mi turbinavano
ancora nella mente. Quando mi alzai, però, mi sentivo stranamente bene,
riposato. Rilassato. Come se tutte le tessere del puzzle che stavo
disperatamente tentando di mettere insieme da anni fossero finalmente
ciascuna al proprio posto. Come se in tutto questo tempo avessi
inconsciamente cercato un pezzo mancante che finalmente avevo trovato. Andai
in cucina, pronto a preparare l’ennesima colazione triste, quando mi
accorsi che Bella aveva già pensato a tutto. Mi sentì arrivare, del
resto per quanto potessi essere silenzioso lei era pur sempre un
vampiro. La salutai cingendole la vita con un braccio, mentre con
l’altra mano la giravo per guardarla negli occhi, assestandole un
sonoro bacio sui capelli. «Buongiorno piccola! Di’ un po’, vuoi
viziarmi per caso? Sai che potrei prendere in considerazione di tenerti
qui solo per prepararmi la colazione?» Alzò il viso di scatto
piantandomi negli occhi quello sguardo liquido, con finto cipiglio,
brandendo un mestolo. «Grazie tante! Dunque abbiamo finalmente
scoperto le tue vere intenzioni, signor Black. Vuoi tenermi con te per
fare di me la tua squaw. Attento, potrei picchiarti!» «Con quello?!» E indicai il mestolo con il mento, un sopracciglio sollevato. «No…
a mani nude. Sono forte abbastanza, adesso!» E così dicendo, gettò il
mestolo nel lavandino con un movimento aggraziato, mentre poggiava
l’altra mano sul mio petto e mi spingeva via, spedendomi dritto dritto
addosso al muro senza farmi male. Io la stringevo ancora, per cui lei
si ritrovò stretta a me addosso al muro della cucina. Situazione un
tantino intima. Tentai di sciogliere l’abbraccio, ma Bella non sembrò
far caso al mio imbarazzo. Mi guardava ancora con quegli occhi liquidi,
che mettevano a dura prova il mio autocontrollo. Mi tremarono le
ginocchia. Andiamo Jake! Smettila di comportarti come una verginella
impaurita e fai l’uomo, dannazione! Le passai delicatamente le dita sul
viso marmoreo seguendone il profilo. La sua reazione mi spaventò e mi
fece gioire allo stesso tempo. La vidi sussultare e rabbrividire,
mentre gli occhi dorati si facevano ancora più liquidi. Non so come,
trovai la forza di allontanarla, spostando il braccio. «Sarà meglio
che vada ad avvertire il branco. Tuo marito arriverà tra qualche
giorno, e immagino che con lui arriveranno anche tutti gli altri
Cullen. Vorrei evitare incidenti. Ti va di accompagnarmi?» «Pensi sia il caso?» «Perché
no? I nostri rapporti sono migliorati di molto, e gli altri saranno
felici di vederti. Mi vesto e andiamo». Tornai in camera con la scusa
di vestirmi, ma volevo cinque minuti per riflettere da solo. Non ero
scemo, i miei occhi non mi tradivano. E soprattutto, il mio istinto non
mi tradiva. Bella si era aspettata che la baciassi. O peggio, voleva
che la baciassi. Sogghignai. Non l’avrebbe avuta vinta tanto
facilmente, stavolta. Non ero più il ragazzino di qualche anno prima.
Le avrei dato del filo da torcere. E mi sarei preso una rivincita. Tornai
di là e notai la scintilla nel suo sguardo nel vedermi. Indubbiamente
mi considerava bello, e io avevo fatto in modo di giocarci un po’ su.
Sapevo di piacerle di più con i capelli sciolti, quindi li lasciai
così, che arrivavano alle spalle. Avevo indossato un paio di bermuda
color kaki che anche quella rompipalle di Leah aveva approvato. Bella
non mi staccava gli occhi di dosso, li sentivo costantemente appuntati
su di me. Te la sei cercata, Bells. Hai scelto il pinguino, invece di
me. Adesso goditi il gelo. «Vogliamo andare?» Parve riscuotersi. Sospirò. «Certo.
Andiamo». Prese la mano che le porgevo, e ci avviammo. Dopo cinque
minuti, eravamo davanti a casa di Emily. Speravo che fossero tutti lì,
come sempre. E infatti non sbagliai. Bella esitò un istante,
probabilmente temendo l’accoglienza poco calorosa di qualcuno, ma
quando Emily ci aprì la porta sorridendo, la sentii rilassarsi
visibilmente. «Guarda chi c’è! Bella, che bello rivederti!»
Istintivamente l’abbracciò; del resto quelle due erano diventate
amiche. Vidi Sam irrigidirsi a quella scena, e gli feci un cenno
impercettibile. Anche Bella lo aveva notato, e staccò dolcemente Emily
guardandola negli occhi. «Emily, scusa… non so se sia il caso…» «Scusa Bella… avevo dimenticato… forse hai sete?» Bella rise. La sua risata era la cosa più bella che avessi mai sentito. «Non
era per quello, Emily. Non sono assetata. E anche se lo fossi, non
riuscirei mai a mordere un umano. Non ci sono mai riuscita. E’ solo che
ho visto lo sguardo di Sam, e non vorrei che mi sbranasse!» Rise di
nuovo. Una voce proveniente dall’interno di casa di Emily ci fece alzare lo sguardo. «Hey
Bells, non si salutano più gli amici?» Solo un’altra persona oltre a me
la chiamava Bells. Vidi il sorriso di Bella allargarsi ancora. «Seth!
Vieni immediatamente a salutarmi!» Il moccioso non se lo fece ripetere
due volte, e saltò a piedi pari la ringhiera di Emily, quindi sollevò
Bella come se avesse due anni e le stampò un sonoro bacio sulla
guancia. Alla fine entrammo tutti in casa, anche se stavamo un po’
stretti. Paul e Rachel ci raggiunsero quasi subito, oramai vivevano
insieme da un pezzo. E Rachel era incinta. Bella lo notò subito,
ovviamente aveva lo sguardo acuto e l’udito sviluppato. «Rachel, congratulazioni! Sapete già se sia maschio o femmina?» «Abbiamo
fatto l’ecografia pochi giorni fa. – Era raggiante, e Paul non riusciva
a togliersi il sorriso idiota dalla faccia – sembrerebbe un maschietto». «Avete già deciso il nome?» «Beh,
se fosse una femminuccia, pensavamo Evelyn, come la mamma di Paul. Se è
un maschio… beh… – e mi guardò. Da quando mia sorella era in imbarazzo
di fronte a me? – pensavamo di chiamarlo Billy». Ok. Ero un idiota.
Rachel temeva di ferirmi, non sapendo che invece mi stava facendo il
regalo più bello del mondo. Restammo ancora un po’, dato che
dovevamo organizzarci per il ritorno dei Cullen. Ma dopo un’ora mi
alzai, dovevo andare al ristorante. Ma mi dispiaceva lasciare Bella da
sola. Sam sembrò leggermi nel pensiero. «Bella, perché non resti? Non credo che Jake abbia bisogno della scorta!» «Non vorrei dare fastidio…» «Piantala di dire stupidaggini. Giusto Emily?» «Bella,
non provarci. Hai sei anni di arretrati da raccontarmi». Perfetto.
Niente male come accoglienza. Le mandai un bacio sulla punta delle dita
e uscii. Sentii San mormorare qualcosa e seguirmi. Quando fummo soli mi
voltai. «Che succede, Sam?» «A che gioco stai giocando, fratello?» «Che vuoi dire?» «Andiamo
Jake… diciamo che mi sembra che la signora Cullen non ti sia proprio
del tutto indifferente… e tu hai avuto l’imprinting con Nessie. O no?» «Infatti
è così, Sam. Sono solo felice di vederla. Del resto sono passati sei
anni e lei è la mia migliore amica. Oltre ad essere stata il mio primo
amore». «Sicuro che il tempo verbale sia giusto? E’ davvero tutto passato, Jake?» «Fra te e Leah è tutto passato, Sam?» «E
questo… – sospirò. – Hai ragione. Il primo amore non si scorda mai. Ma
fa’ attenzione, a giocare col fuoco puoi scottarti!» Mi sorrise, e fece
per voltarsi. Lo richiamai. «Sam...» «Si?» «Semmai è lei che
gioca col fuoco, date le nostre temperature! A me un po’ di fresco può
solo far piacere». Scoppiammo a ridere di gusto, finché Sam non sparì
dentro casa. |
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Capitolo 4 *** Capitolo 3 ***
Prologo03. ADORO LE SITUAZIONI COMPLICATE, SOPRATTUTTO SE SI COMPLICANO ANCORA
Neanche
quella notte riuscii a dormire. Troppi pensieri mi turbinavano nella
mente, e mi sentivo come se stessero tessendo attorno a me una
ragnatela in cui sarei sicuramente rimasto invischiato. Gli sguardi di
Bella non potevano essere fraintesi, il messaggio era chiarissimo, ma
Nessie… Già, Nessie. Il mio piccolo mostriciattolo. Aveva bisogno del
mio aiuto, ma indubbiamente non lo avrebbe chiesto mai. Toccava a me
farle capire che poteva fidarsi. Ero assorto in queste riflessioni,
quando sentii distintamente degli strani singhiozzi soffocati provenire
dall’altra stanza. I vampiri non piangevano, lo sapevo bene, ma
potevano singhiozzare. E Bella stava indubbiamente piangendo. Dopo un
paio di minuti lo scatto della maniglia mi fece sobbalzare. Nel buio,
vidi due occhi color del miele avvicinarsi circospetti. Un sussurro,
lieve come il vento, proprio nel mio orecchio. «Jake, stai dormendo?» «No. Che succede, Bells? – mi sollevai sul gomito per guardarla negli occhi – ti ho sentita piangere. Tutto bene?» «Mi dispiace, non volevo svegliarti». «Ero già sveglio. Non riesco a dormire, ultimamente». «Da quando?» «Da quando sei qui, Bells». «Bene,
sono contenta. Sono proprio diventata un incubo, per te!» Si rabbuiò,
probabilmente dispiaciuta da quello che le avevo detto. Sospirò e
riprese, seria. «Lo so che tecnicamente io non dormo, ma mi piace
comunque restare a letto, la notte. Ma stanotte ho degli strani
presentimenti, mi sento… strana». Oddio, sembrava una bambina
spaventata. Erano anni che non la vedevo così! Non dissi niente,
scostai di poco le coperte e le feci spazio. Non c’era bisogno di
parole, in quel momento. Lei si accoccolò sul mio petto, e
istintivamente l’abbracciai. «Grazie, Jake». «Piantala di
ringraziarmi, Bells. Sei mia amica, no?» Sobbalzò a quelle parole,
forse pensando che non lo avrei notato. «Che succede?» «Niente… non mi merito la tua amicizia, Jake. Tutto il male che ti ho fatto…» Le misi un dito sulle labbra per farla tacere. «E’
acqua passata, piccola». Alzò gli occhi dorati piantandoli nei miei, e
sentii chiaramente qualcosa darmi un pugno nello stomaco. Erano tristi,
pieni di dolore. Come quando quell’idiota di Cullen l’aveva mollata.
«Bells, tuo marito non ti ha lasciata di nuovo, vero?» «No, ma che vai a pensare?» «Hai lo stesso sguardo di allora, Bells. Vuoto. Triste. E solo». «N…no… non credo… Voglio dire, non sono triste!» «Tranquilla,
piccola. Non sei obbligata. E non devi giustificarti con me, lo sai».
La guardai negli occhi per un lungo istante, accarezzandole dolcemente
il viso con la punta delle dita. «C’è dell’ironia in questa situazione…» Avevo capito benissimo a cosa alludesse. «Già. Ma allora non eri ancora legata a lui. Non in modo indissolubile, intendo». «Ed
ero umana». Tentò di distogliere lo sguardo, ma la mia mano glielo
impedì. Mi stava nascondendo qualcosa, ne ero certo. Ma non era quello
il momento di insistere. «Bella, vuoi ficcarti in quella testa che
non me ne frega un accidente se sei un vampiro? Pensi che starei qui a
tenerti stretta tra le braccia altrimenti?» Lo sguardo che mi regalò
era così dolce, tenero e pieno di richieste che mi sciolse il cuore.
Per un solo, minuscolo maledetto istante il mio autocontrollo andò a
farsi una passeggiata, e io mi ritrovai a baciare Bella. Pensavo che mi
avrebbe fermato, furiosa, invece il mio cuore mancò un battito quando
la sentii rispondere al bacio, come se fosse la cosa più normale del
mondo. Mi staccai quasi subito, scosso e preoccupato dalla sua
reazione. Fu un istante, ma il bagliore che vidi nel suo sguardo
rispondeva a tutte le domande che mi facevo da più di sei anni. «Perdonami, Bells. Non succederà più». «Non è la prima volta che mi baci, Jacob». «Ma ora sei sposata, hai una figlia. Che tra parentesi è il mio imprinting. Non avrei dovuto. Mi dispiace». «Facciamo finta che non sia successo, allora. Posso restare qui con te?» «Certo,
certo. Ma ti offendi se schiaccio un pisolino?» Non finii neanche la
frase che mi ero addormentato, seppur ben cosciente della presenza di
Bella al mio fianco. Quella notte sognai; sognai le nostre
giornate insieme quando quel manichino inamidato e surgelato di suo
marito l’aveva praticamente gettata tra le mie braccia, sognai i suoi
sguardi quando per lei ero tutto. Mi svegliai di soprassalto, zuppo di
sudore. Lei era ancora lì tra le mie braccia. Lo apprezzai. «Un brutto sogno, Jake?» «Già, già…» «Una volta ero io quella che faceva brutti sogni, se non sbaglio». «Adesso non più, Bells?» «Beh,
ormai non dormo…» Mi sorrise. Decisi che era meglio alzarmi e fare una
doccia, prima di essere attratto di nuovo sull’orlo di quell’abisso
color caramello. «Bells, dovrei alzarmi… se non vuoi che esca fuori dal letto davanti a te, sarà meglio che tu esca, piccola». «Scusa,
hai ragione… vado a preparare la colazione». Si alzò con una grazia che
mi fece male al cuore, ma resistetti all’impulso di prenderla di nuovo
per il polso per tirarla vicina. La doccia riuscì a calmarmi un
poco, ma non bastò. Mi sentivo come una bomba a orologeria, pronto a
esplodere, avevo bisogno di parlare con qualcuno di tutta questa
situazione, ma chiunque avessi scelto, il resto del branco lo avrebbe
saputo. Eppure… Doveva esserci qualcuno che avrebbe saputo cosa dirmi.
Mi venne in mente un solo nome. Mi vestii velocemente, ma con
particolare attenzione, quindi andai in cucina attirato dall’odore
fantastico della colazione. La trovai alle prese con i cereali, il
resto era già tutto pronto in tavola. Mi sorrise dolcemente, quindi
indicò con fare significativo il frigo sospirando. «Dimmi una cosa,
Jake, hai deciso di fare lo sciopero della fame o speri che il cibo si
materializzi da solo nel tuo frigo?» La guardai un po’ sorpreso, non
sapevo cosa rispondere. Lei continuò, pragmatica. «Ok, visto che
oggi è il tuo giorno libero, ti costringerò ad entrare in un
supermercato a fare la spesa. E non voglio sentire ragioni». «Veramente…
senti Bells, vai tu. Io ho bisogno di vedere il consiglio, oggi. Sai…
questioni del branco. Ma ti raggiungo appena finito». «Va bene, come
vuoi. Certo che voi maschi, quando si tratta di fare la spesa ve la
svignate sempre!» Le sorrisi con fare colpevole, meglio che lo
credesse. Avevo bisogno di stare da solo, di riflettere su tutto quel
casino di situazione. |
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Capitolo 5 *** Capitolo 4 ***
Prologo04. NON SEMPRE LE SITUAZIONI DIFFICILI SI SBROGLIANO PARLANDONE
Ero
meccanicamente arrivato giù a First Beach, quasi come se una forza
invisibile mi avesse trascinato lì. Il mio cervello lavorava
febbrilmente alla ricerca di una soluzione che purtroppo non c’era; e
la cosa comica era che mi ero cacciato io in quel casino, sette anni
prima. Avevo fatto tutto da solo, e adesso avevo solamente voglia di
prendermi a schiaffi. Mi ero trovato in una situazione in cui dovevo
per forza effettuare una scelta dolorosa, di qualsiasi natura essa
fosse. E l’unica persona che avrebbe sofferto ero io. Lo sapevo,
sapevo quando avevo preso tutte le decisioni che mi avevano portato al
punto in cui ero, sapevo quello che stavo rischiando, ma in quel
momento era la sola possibilità per salvare il salvabile, per non
mettere in pericolo le persone che amavo. Ma adesso tutto quello che
avevo creato, la fragile realtà che avevo costruito mi stava crollando
in testa come un castello di carte, e io non potevo fare altro che
vederlo crollare. Ad ogni modo, non volevo e non potevo tornare
indietro. Non potevo certo presentarmi al resto del branco e dire “ok
fratelli, è stata tutta una finta, facciamo finta che non sia
successo”. Mi avrebbero sbranato, e con ragione. E soprattutto avrei
messo in pericolo una famiglia di vampiri che, per quanto mi costasse
ammetterlo, era diventata molto importante nella mia vita. Non ero in
cerca di consigli, avevo solamente bisogno di vuotare il sacco con
qualcuno, qualcuno che potesse capire come mi sentivo, che non mi
avrebbe giudicato, a prescindere da qualsiasi cosa gli avessi detto. Ma
certo non potevo andare da Quil o Embry, anche se mi avrebbero
assolutamente sostenuto. La loro mente sarebbe stata condivisa dal
resto del branco, e quindi tutti avrebbero saputo tutto. Mentre
continuavo assorto le mie riflessioni, arrivai proprio nel posto che
cercavo, al centro della riserva. Le mie gambe mi avevano condotto in
maniera automatica nell’unico posto che probabilmente avrei scelto
razionalmente. Sapevo che quella era la sola persona che mi avrebbe
sostenuto, aiutato e appoggiato senza chiedere niente in cambio. Ero
davanti a una costruzione. Una casa, in particolare. La casa di uno dei
membri del branco. Mi augurai che la persona che cercavo ci fosse.
Bussai e senza aspettare risposta entrai. Benedissi l’abitudine dei
Quileute di non chiudere le porte a chiave. Una voce melodiosa, che
avrei riconosciuto tra mille, mi salutò. «Ciao Jake. Paul non c’è». «Lo so, Rachel. Sono venuto per vedere te, sorellina». «Jacob, ci vediamo praticamente tutti i giorni…» «Lo so, ma c’è sempre Paul. E gli altri». «Ho capito. Si tratta di qualcosa che il branco non deve sapere. Fuori il rospo». «Tu prometti di non dirlo a Paul?» «Jake…
lui è il mio uomo, ma tu sei mio fratello. Il legame di sangue non si
discute. Spara. Ti va una tazza di caffè?» Sorrisi. Era questo che
amavo in Rachel; era come Billy. Niente fronzoli, ma dritta al sodo. Mi
mise davanti una tazza di caffè bollente e ne versò una anche per sé,
per poi posare la caraffa sul tavolo in mezzo a noi. La guardai negli
occhi un lungo, lunghissimo istante, quindi cominciai. Le raccontai
tutto dall’inizio, senza fermarmi, cercando di essere il più razionale
possibile e di vedere la cosa con i suoi occhi. Non avevo paura, ma
certo rivivere quei tristi ricordi, quelle sofferenze così profonde e
quelle situazioni allucinanti mi stava mettendo a dura prova. La mia
voce tremava, non per le lacrime o per la rabbia, ma per il carico di
emozioni che mi stavo scrollando di dosso. I pugni stretti sul tavolo a
torturare la tazza del caffè ormai quasi vuota, lo sguardo perso nel
liquido scuro, nel tentativo di cancellare quei ricordi e nella
speranza che rivivendoli facessero meno male. Ma non era così, e lo
sapevo bene. Erano sei anni che rigiravo il coltello nella piaga.
Rachel non mi interruppe mai, nemmeno una volta, ma attese
pazientemente la fina della storia prima di dire qualcosa. Alla fine
prese la mia mano destra nelle sue, mi piantò gli occhi negli occhi e
sospirò. Rifletté a lungo, cercando di trovare le parole più giuste. Ma
non ce n’erano. Non ero andato lì per farmi compatire, ma solo perché
avevo bisogno di qualcuno con cui sfogarmi. Glielo dissi, e lei capì.
Come sempre. «E’ veramente un gran bel casino, fratellino. Perché lo hai fatto?» «In quel momento era la sola cosa sensata da fare. Non vedevo altra soluzione». «E
tu per tutto questo tempo ti sei portato un simile peso sulle spalle,
senza che gli altri lo capissero? Ma come ci sei riuscito, Jake?» «Sono
diventato piuttosto bravo a far tacere il mio cuore e i miei pensieri,
Rachel». Stavo per mettermi a piangere, ma non me ne importava. Sapevo
che Rachel non mi avrebbe giudicato meno uomo per quelle lacrime. E
infatti me lo disse. «Ci è voluto del coraggio, Jake. E anche una
buona dose di masochismo». Non riuscii più a dire niente perché grosse
lacrime evaporarono sul mio viso. Rachel si alzò e mi venne vicino,
stringendomi tra le braccia come faceva nostra madre da bambini per
consolarci. Mi sentii subito meglio. «Scusa, è stato un momento di debolezza». «Mi prendi per il culo, Jake? Ancora sto cercando di capire come hai fatto a resistere tutto questo tempo! E adesso che farai?» «Niente». «Che vuol dire niente?» «Vuol
dire niente, Rachel. La situazione ormai è troppo ingarbugliata, e io
non voglio mettere in pericolo la vita di nessuno. Le cose resteranno
così». «Ma tu continuerai a soffrire! E finirai per spaccarti il cuore». «Impossibile». «Perché?» «Non
ho più un cuore da spaccare». Così dicendo le sorrisi mestamente, le
deposi un bacio sui capelli e me ne andai, dopo averla salutata. Mi
sentivo svuotato, e sapevo che non era colpa di Rachel. Avevo preso una
decisione tanti anni fa, e adesso non mi restava altro da fare che
rispettarla. Tanto il mio cuore non avrebbe sofferto. Era morto. Tanto
tempo prima. |
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Capitolo 6 *** Capitolo 5 ***
Prologo05. MA IL KINDER PINGUI’ NON POTEVA RESTARSENE IN ALASKA?
Il
rumore dell’auto era riconoscibile in tutta La Push. Bella era
schizzata praticamente volando fuori di casa per riabbracciare sua
figlia e suo marito. Dietro la Volvo, un’altra auto che riconobbi
immediatamente. Una Mercedes nera, con i vetri scuri. Ma non ne scese
chi immaginavo. Jasper fu il primo a scendere e a venirmi incontro per
salutarmi; poi fu la volta di Alice, che mi strinse la mano un secondo
di più del normale. «Devo parlarti, Jacob» mormorò così piano che
gli altri non sentirono. Annuii impercettibilmente. Avevo appena finito
di salutare Edward, quando una voce melodiosa catturò la mia
attenzione, facendomi guardare alle spalle del vampiro. «Jake…
ciao…» Era intimidita. Pensava che non l’avrei riconosciuta? Che non le
volessi più bene? Che l’avrei respinta? Sciocchezze! Lei era il mio
mostriciattolo! «Mostriciattolo… vieni immediatamente qui e
abbracciami!» Spalancai le braccia proprio nel momento in cui Nessie ci
si tuffava, come quando era bambina. La strinsi forte, il suo profumo
mi colpì come sempre. Era esattamente come lo ricordavo. Favoloso. Le
baciai i capelli e la strinsi a me, finché il silenzio non divenne
imbarazzante. Fu suo padre a interromperci, con una risatina. «Ti dispiace mollarla, Jake? La consumerai!» «Eddai
amico… non la vedo da sei anni! Ho parecchio tempo da recuperare!»
Sorrisi dolcemente, la presi per mano e andai verso il gruppo che ci
stava aspettando ridacchiando e dandosi di gomito. «Finito di
divertirvi alle nostre spalle? Piuttosto, avete già trovato una
sistemazione?» Mi pentii subito di averlo chiesto, in fondo non erano
affari miei. Ma loro evidentemente non ci badarono. Fu Edward a
rispondere. «Pensavamo di andare a Port Angeles… qui a Forks non c’è niente». «Anche la vostra casa è stata venduta?» «Certo… faceva parte della proprietà». «Sentite,
ho una proposta… forse non vi piacerà, ma vi prego di pensarci. Non
sopporto di tenere Nessie ancora lontano da me. Mi darò dello scemo per
quello che sto per dirvi ma… potete stare da me. Io andrò da Rachel e
Paul». Bella intervenne. «Jake… non è giusto… ti stiamo praticamente cacciando da casa tua…» «Se
mi posso permettere, – Edward piantò gli occhi color miele nei miei –
posso sapere perché te ne vorresti andare? Se ricordo bene, casa Black
è grande abbastanza…» «No, Edward, ci sono solamente tre camere. Una per voi, una per Nessie e una per Alice e Jasper». «Jake
– Alice mi si avvicinò e mi sorrise con aria cospiratrice – io e Jasper
abbiamo visto un cottage delizioso lungo la strada. Ci stavamo
chiedendo se ci fosse modo di sapere se può essere affittato… sai, dopo
tutto questo tempo un po’ di intimità ci piacerebbe…» e mi strizzò
l’occhio. «Ho capito di quale parli, Alice. Non credo ci saranno
problemi, è di uno degli anziani della tribù». A che gioco stava
giocando la nanerottola? «Bene – intervenne di nuovo Cullen – vedo
che siamo diminuiti di numero… sei certo che non ti dia fastidio avere
delle sanguisughe in giro per casa, Jake?» Non c’era ironia nella sua
voce, ormai era successo il miracolo. Il licantropo e il vampiro non si
facevano più la guerra, erano diventati amici. Beh, io gli avrei
staccato volentieri la testa, ma i motivi erano altri. «No Edward, nessun fastidio. Per voi invece sarà un problema l’odore di cane?» «Assolutamente no. Credimi». Non so perché, ma gli credetti. Glielo dissi. «Bene,
allora è tutto sistemato – Bella sembrava felicissima della piega degli
eventi – Renéesme starà nella stanza di Rachel, se per te va bene, e
noi in quella di Billy. Che ne dici?» «Mi sembra ottimo. Se intanto
voi volete entrare, vado a risolvere anche la questione del cottage».
Feci per avviarmi, ma Alice mi bloccò chiedendomi se poteva
accompagnarmi. Avevo intuito la ragione, quindi acconsentii. Jasper
rimase lì per aiutare gli altri con i bagagli. Bene, saremmo stati da
soli. Mi sembrava un po’ strano trovarmi da solo con un vampiro che non
fosse Bella, ma effettivamente dovetti ammettere che mi fidavo di
Alice. Fu lei che ruppe il silenzio. «Pensi che ci saranno dei problemi per il cottage, Jake?» «Nah. E’ della famiglia di Seth». «Oh,
beh, allora… – E mi sorrise. – Jake… – mi bloccò mettendomi una mano
gelida sul braccio. Strano come quel contatto ormai non mi desse più
nessun fastidio. E neanche a lei, sembrava. – Ho bisogno di parlarti». «L’avevo
capito. Fuori il rospo, Alice». Mi fermai di fronte a lei, le braccia
incrociate e lo sguardo serio immerso in quel mare di caramello. Prese
un lungo respiro, quasi ne avesse bisogno, prima di parlare. «Non riesco più a vedere Bella». Lo disse d’un fiato, il tono preoccupato. «Per forza, è con me! Dai Alice, sai che non puoi vedere i licantropi…» «Magari
fosse solo questo, Jake. Sono mesi che non riesco più a vedere il suo
futuro». Mi irrigidii, cercando di far filtrare nel cervello le
implicazioni di quello che Alice mi aveva appena detto. «Che cosa stai cercando di dirmi, Alice?» «Che
da qualche mese non riesco più a vedere chiaramente il futuro di Bella.
Anzi, diciamo che non lo vedo proprio. E’ successo tutto da quando
abbiamo preso la decisione di tornare a Forks per aiutare Nessie. E
Bella… si è volatilizzata! E allo stesso tempo, tenta di evitarmi in
tutti i modi per paura che le faccia domande». «Magari è solo un
momento di smarrimento, Alice». Cercai di tranquillizzarla, era davvero
preoccupata per Bella. Ma che diavolo mi prendeva? Adesso ero anche
diventato il muro del pianto delle sanguisughe! Ma Alice mi faceva
tenerezza, col suo visino da folletto sinceramente in apprensione per
la sua amica. «Jake, non è un momento. Sai bene che significa. Le
possibilità sono solamente due. O Bella non avrà più un futuro perché
morirà, o…» «O deciderà di passare il resto della sua esistenza con
un licantropo». Le parole mi colpirono come un pugno. Dirle forte,
ammetterlo, faceva male, era come rimestare in un calderone tappato da
tempo. Non avrei voluto dar voce ai miei pensieri, ma adesso che lo
avevo fatto, la paura che mi aveva attanagliato era diventata terrore.
Non potevo permettermi una eventualità – ma era una eventualità? – del
genere. «Edward…» «Non ne sa nulla, ovviamente. Ma non so per quanto tempo ancora riuscirò a tenerlo all’oscuro. Dobbiamo fare qualcosa». «Cercherò
di parlare con Bella, e di convincerla a non fare idiozie. Ma sai che
spesso non mi ascolta. Comunque, conta su di me, Alice». «Grazie,
Jake. Ci speravo. Ma fai in fretta, prima che Edward scopra tutto e
stacchi la testa a sua moglie». Rabbrividii all’idea. «Pensi che ne sarebbe capace?» La voce mi uscì in un ringhio. «Non
credo, stai tranquillo. Sai che non le farebbe mai del male. E adesso,
andiamo a parlare con i Clearwater per il cottage». Ci
incamminammo di nuovo, ma poco dopo mi fermai improvvisamente, colto da
un’idea. «Dì un po’, avete fatto apposta a scegliere il cottage,
vero? Così tuo fratello sta a distanza di sicurezza dal tuo
cervellino». E così dicendo le toccai scherzosamente la fronte con
l’indice. Dovevo essere impazzito! Ma Alice non ci fece caso, e rise. «Proprio così, volevo solo essere sicura che fosse abbastanza lontano». Arrivammo
a casa dei Clearwater in cinque minuti, e ci mettemmo un bel po’ a
convincere Sue a cedere il suo cottage alle sanguisughe. Leah fu più
tosta di sua madre, ma per fortuna Seth si impose, e il cottage fu
nostro. Almeno una cosa eravamo riusciti a sistemarla. Tornammo a casa,
accompagnati da Seth che aveva insistito per rivedere Edward. |
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Capitolo 7 *** Capitolo 6 ***
Prologo06. A QUANTO PARE I GUAI DI NESSIE SONO PIU’ GROSSI DI QUANTO IMMAGINASSI
Sentii
un rumore provenire dalla camera di Rachel, un’imposta che si apriva
cigolando. Immaginai che Nessie stesse per uscire, dalla finestra
ovviamente. Decisi di agire, volevo proprio cercare di capire cosa
stesse combinando. Mi spogliai al volo, gettai pantaloni e maglietta
dalla finestra e saltai, atterrando su quattro zampe. Quando fui
all’aperto mi trasformai di nuovo e mi vestii velocemente, per
affrontare Nessie. «Ciao piccola… vai da qualche parte?» «Jake… non mi aspettavo… io… ecco… volevo fare quattro passi…» «Ti
va se vengo con te? Magari possiamo andare a caccia…» Vidi un bagliore
nei suoi occhi, proprio come mi ero aspettato. Avevo toccato un tasto
sensibile. Le era sempre piaciuto cacciare con me. «Beh… è tanto tempo che non vado più a caccia, Jake…» «Appunto. Immagino possa farti piacere. E volevo accompagnarti…» «So difendermi da sola». Il suo tono era giocoso, mi stava stuzzicando per vedere le mie reazioni. «Non lo metto indubbio, mostriciattolo. Ma mi sei mancata, e avevo voglia di stare con te». «E
dove vorresti portarmi, Jake?» Si era avvicinata, col risultato che
adesso i nostri corpi si sfioravano ed io ero pienamente cosciente del
calore che emanava, del suo profumo che mi faceva diventare matto.
Merda. Mi stava provocando volutamente, ed era maledettamente sensuale,
la mocciosa! Piccola sirena ammaliatrice! «Allora, vogliamo andare?»
La sua voce mi riscosse in tempo, stavo per fare una cazzata di cui
avrei pagato le conseguenze per il resto della mia esistenza. Ed ero
praticamente immortale. «Vieni». Le tesi la mano e la guidai verso
First Beach; sapevo che le sarebbe piaciuto. Ci sedemmo sulla spiaggia
e restammo lì a lungo, senza parlare. Fui io a rompere il silenzio. «Nessie, piccola, ti fidi di me?» «Certo che mi fido. Perché lo chiedi?» «Perché
mi stai nascondendo qualcosa, tesoro. Sono tre notti che te la svigni
dalla finestra di nascosto dai tuoi genitori, e quando torni ti sento
piangere e singhiozzare disperata. Senza contare che hai una faccia che
tuo padre è un fiore in confronto!» Si era alzata e si era diretta
verso la riva, dandomi le spalle, i piedi lambiti dalle onde. Mi alzai
e la feci voltare verso di me; aveva gli occhi lucidi. Si gettò tra le
mie braccia piangendo a dirotto. «Oh, Jake! Che casino! Io… io vorrei dirti tutto, ma…» «Avanti Ness, sono io, non aver paura! Sono il tuo Jake!» «Appunto!
– si tormentò automaticamente il polso sinistro dove, notai con
orgoglio, brillava il braccialetto Quileute che le avevo regalato anni
prima. – Non mi va di farti soffrire!» «Ness, tesoro… il solo modo
per farmi soffrire è continuare così. Niente mi fa stare peggio che
vedere il tuo faccino triste. Mi dici cos’hai?» «Ecco… io… mi sono
innamorata, Jake». Lo disse in un fiato, quasi temesse la mia reazione.
Io le sorrisi, incoraggiandola ad andare avanti. Non lo fece. Continuai
io. «E lui non ti guarda nemmeno, vero?» «Se fosse solo questo…
io… credevo che mi amasse… e… beh… ho… abbiamo…» Era del colore del
pomodoro maturo. In questo somigliava a Bella in modo impressionante.
Le sorrisi. «Siete stati insieme – annuì imbarazzata – non c’è niente di male, Nessie!» «Non
hai capito! Io… lui… ecco…» Si interruppe. Avevamo sentito un rumore
nel buio, e lei si avvicinò istintivamente a me. Sorrisi, orgoglioso.
Evidentemente la facevo sentire al sicuro. Le circondai le spalle con
le braccia, pronto a trasformarmi e a gettarla di lato per difenderla.
Ma la voce che sentii mi bloccò. Per fortuna. «Jake…» «Seth… per
la miseria fratello, stavo per saltarti alla gola!» Si fece avanti fino
a trovarsi ben illuminato dalla luce della luna. Sentii chiaramente
Nessie sobbalzare tra le mie braccia, e mentre fissavo negli occhi
Seth, vidi un lampo cambiare tutta la sua fisionomia. Ancora prima di
riuscire ad elaborare razionalmente il pensiero, il mio cervello stava
gridando “imprinting”! Dovevo parlargli assolutamente. Ma non adesso. «Nessie, ti ricordi di Seth?» «Direi
di si, Jake. E’ impossibile dimenticarlo» e gli scoccò uno sguardo
languido che avrebbe sciolto anche una pietra. Col risultato che il
moccioso era diventato di gelatina. Ridacchiai divertito dalla
situazione. E bravo Seth! Anche lui era bollito come un pesce.
Continuava a guardare Nessie senza spiccicare un suono. «Hey, Seth! Sei dei nostri, fratello?» «Scusatemi… io… avevo sentito dei rumori e ho preferito controllare. Me ne vado subito, Jake». Nessie mi sorprese. «Ma
no, Seth! Rimani, facci compagnia». La guardai allibito dalla sua
sfacciataggine. Poi compresi. Stava tentando di distrarmi, non voleva
riprendere il discorso, e usava ogni mezzo. Ma aveva fatto i conti
senza l’oste. Quando mi impegnavo, ero peggio di un mastino. E con gli
anni avevo anche imparato a giocare sporco. Molto sporco. La cosa
più impellente al momento era comunque l’imprinting di Seth. Non volevo
che lui soffrisse. E non volevo che fosse Nessie a fargli del male.
Dovevo assolutamente parlare con tutti e due, e dovevo farlo subito. |
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Capitolo 8 *** Capitolo 7 ***
Prologo07. OPS. E ADESSO?
SETH POV Erano
trascorsi pochi giorni da quando Edward era tornato. Ero stato
felicissimo di rivederlo, dopotutto forse ero l’unico che lo
considerava un “amico” e non semplicemente un succhiasangue. I miei
fratelli mi prendevano in giro, ma a me importava poco. Con me si era
sempre comportato in modo leale, e non me la sentivo di voltargli le
spalle. Ero di pattuglia quella sera, Jake e Sam avevano deciso di
intensificare le ronde da quando si erano rifatti vivi i Cullen. Jake
diceva che ci poteva essere qualche pericolo in più, quindi era meglio
tenere gli occhi aperti. E io non discutevo gli ordini. Mi ero fatto il
giro già tre volte, e teoricamente il turno era già finito. Sarebbe
toccato a Quil. Decisi di andare alla spiaggia, mi piaceva molto
passare del tempo lì, quando volevo restare solo. Non capivo perché, ma
quella sera ero particolarmente malinconico. Strano… Appena giunto
nei paraggi di First Beach, mi trasformai, tornando umano. Grosso
errore, perché fatti due passi sentii dei rumori sommessi e due voci
soffocate bisbigliare. Temevo fosse qualcuno venuto a spiare, quindi mi
acquattai dietro le rocce, pronto a trasformarmi e a saltare. Ma poi
decisi di annusare l’aria, e riconobbi immediatamente l’odore di Jacob.
Che diavolo ci faceva lì a quell’ora? E… che cos’era quell’altro odore?
Prima ancora di arrivare alle mie narici, era arrivato al mio cervello,
facendomi rabbrividire. Era l’odore più incredibile che avessi mai
sentito. Aveva colpito tutti i sensi, senza che io riuscissi a
impedirmelo. Mi feci avanti, per evitare che Jacob mi azzannasse
pensando fossi un qualche pericolo. «Jake…» Cazzo. Ecco di chi era quell’odore… Nessie! «Seth…
per la miseria fratello, stavo per azzannarti!» Ecco, appunto. «Ti
ricordi di Seth, Nessie?» La voce più dolce che avessi mai sentito, in
un volto perfetto, in un corpo perfetto, mi rivolse la parola. Era la
perfezione, qualcosa che niente e nessuno avrebbe mai potuto descrivere
senza sminuirla o banalizzarla. «E come potrei dimenticarlo, Jake?»
Merda. Niente male, per una ragazzina! Mica tanto ragazzina, poi… dal
corpo non si direbbe… Non mi guardare così. Ti prego, non guardarmi
proprio, è meglio. Non sorridermi, non ti girare, fingi che io sia
invisibile. Anzi meglio, fingi che io non esista proprio. E che questa
notte non ci siamo visti. Jake è mio fratello, cazzo… mi ucciderà. No,
no, no, no. Maledizione! Non posso farmi venire l’imprinting ora! Non
adesso! NON CON NESSIE, per la miseria! Cavolo… oh, cavolo! Mi sa che
Jake se n’è accorto! Meglio sparire. «Scusatemi, non volevo interrompere… me ne vado, vi lascio soli». «Seth,
no! Rimani con noi…» Ancora quella voce… ebbe il potere di
immobilizzarmi, bloccato sui miei piedi seduta stante. Com’era
possibile che una voce facesse questo effetto? Del resto, a Jake era
bastato vederla un solo istante per innamorarsene… come lo capivo!
Aveva ragione a chiamarla mostriciattolo. Era un mostro. Non era giusto
che al mondo esistesse un essere del genere. Era troppo perfetto
perfino per la schiera celeste. Jake non sembrò dar peso alla cosa,
ma io cercai in tutti i modi di trarmi da quella situazione al più
presto. Non avrei perso l’amicizia di Jake per nessun motivo. Neanche
per lei. Ma ogni parola che dicevo era una pugnalata al cuore. Adesso
capivo come si sentiva mia sorella, come si era sentito Jake. Mi
ripromisi che non li avrei mai più presi in giro. Adesso capivo quanto
faceva male. Andammo tutti insieme fino a casa di Jake, quindi mi
avviai verso casa mia. Avevo fatto si e no cinque passi, che sentii la
presenza di Jacob dietro di me. Allungai il passo, volevo evitare
quella discussione. Non mi andava di litigare in quel momento, anche se
sapevo che prima o poi avrei dovuto affrontarlo. D’un tratto sentii la
sua stretta sul mio polso, ma non era cattiva. Voleva solamente fare in
modo che mi fermassi. «Fermati Seth, voglio solo parlare». «Ma io
no, amico. Pensi che non abbia capito cosa mi è successo? Non mi va di
litigare con te!» Oddio, sembravo una vecchia comare isterica! Piantala
Seth, tanto dovrai affrontarlo prima o poi. «Seth, fratello, fermati e parliamone».
Sospirai. Detta così, non mi restava proprio altro da fare. Aveva usato
il timbro dell’Alpha. Era un ordine. Mi fermai, ma attesi che fosse lui
a parlare per primo. «E così… imprinting, eh?» «Già. Jake, io…»
Mi bloccò con una mano. Mi sorrise. Che cazzo sorridi, Jake? Ti ho
appena detto che mi sono innamorato della tua donna, e tu sorridi? «Seth, per la miseria, vuoi farmi finire di parlare una buona volta? Non c’è problema, davvero». «Ma che diavolo stai dicendo?! Io mi sono innamorato di Nessie, e tu mi vieni a dire che non c’è problema?» «Seth…
sediamoci, vuoi? – e si sedette a terra, appoggiando la schiena ad un
tronco lì vicino. Feci altrettanto, vicino a lui. – devo dirti una
cosa. Quando il branco ha saputo che Bella era incinta di quel calippo,
voleva uccidere il bambino, temendo che fosse pericoloso. Se ti
ricordi, ho fatto una fatica bestiale a convincerli ad aspettare che
fosse nato, perché stavano per ammazzare anche Bella. Dicevano che
dovevano proteggere il branco prima di tutto. Ma io volevo proteggere
Bella. Dovevo proteggerla, a qualunque costo. Mi capisci, Seth?»
Eccome, se lo capivo! Feci cenno di si, e lui continuò. «L’unica
soluzione che mi venne in mente fu… l’imprinting. L’oggetto
dell’imprinting è sacro, non può essere ucciso». Lo guardai per un
lungo istante prima di parlare. Le sue parole fecero una fatica enorme
a penetrare nel mio cervello. Non volevo credere a quello che sentivo. «Jake, stai cercando di dirmi quel che penso? Che era tutta una finta per salvare Nessie?» «Già, già». «E perché adesso me lo stai dicendo?» «Perché
dato che adesso il tuo imprinting per lei è reale, non c’è più ragione
di fingere il mio». Non faceva una piega. Silenzio. Non avevo il
coraggio di parlare, anche se avevo tante di quelle domande che mi
frullavano nel cervello da parlare per un mese. Sospirai. «Jake… Ma allora, il tuo imprinting…» «Non è lei, Seth». «Ma l’hai avuto, comunque?» «Già, già». Mi sorrise triste. Sobbalzai nel leggere in quello sguardo. «Scommettiamo che indovino chi è?» Cercai di sdrammatizzare, ma il risultato non fu dei migliori. «Hai
ancora qualche dubbio in proposito, fratello? Quale altro pazzo
masochista avrebbe fatto tutto quello che ho fatto io, Seth?» «Nessuno».
Fu la sola laconica risposta che riuscii ad articolare. Potevo solo
lontanamente immaginare la sofferenza di Jake, e non volevo certo
discutere con lui. «Come hai fatto in tutti questi anni, Jake? Non
riesco a capire. Si dice che non si possa proprio stare lontani
dall’oggetto del proprio imprinting…» «Infatti è così, Seth». «E allora?» «Allora
niente. Fingi che vada tutto bene, stringi i denti e vai avanti con
quella parvenza di vita che ti sei costruito, mentre dentro di te quel
che resta del tuo cuore muore piano piano». «Sei più forte di me, fratello. Hai le palle». «No.
Se avessi davvero avuto le palle, adesso ci sarei io con lei al posto
di quel ghiacciolo rinsecchito. Non sono neanche stato capace di dirle
di non sposarlo! Ho dato retta solo al mio orgoglio e non al mio cuore…» «Ma non è troppo tardi, Jake!» «Come
sarebbe che non è tardi, fratello? Lei è sposata, è un vampiro, e se
dicessi qualcosa finirei per scatenare una guerra che ci metterebbe
contro la famiglia delle donne che amiamo. Tu sei pronto ad uccidere
Edward, Seth? Perché è così che finirà, e lo sai meglio di me.
Riusciresti poi a guardare ancora in faccia Nessie? Beh, io no». Calò
di nuovo il silenzio. Guardai per un lungo istante il viso di Jake, e
per la prima volta mi resi pienamente conto della sua sofferenza, del
suo dolore. La sua bocca sorrideva, ma lui no. I suoi occhi non
avrebbero riso più. Sospirai. «Che situazione di merda!» Mi alzai. «Puoi dirlo forte, Seth. E adesso dove vai?» «A prendermi la mia felicità, fratello». «Beato te. Goditela, tu che puoi». Si spogliò e si trasformò in un lampo. Non sarebbe tornato a casa quella notte. |
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Capitolo 9 *** Capitolo 8 ***
Prologo08. FINALMENTE TUTTO HA UN SENSO. LEI.
Arrivai
a casa Black in un baleno, sembravo avere le ali ai piedi. Il pensiero
del suo profumo, del suo sorriso, dei suoi occhi color cioccolato, era
ancora impresso nella mia mente, indelebile, stampato a fuoco nel mio
cervello. Era stata la visione più perfetta, più bella, più incredibile
che mi fossi mai trovato davanti, eppure avevo paura, paura che non
fosse reale. Bussai alla finestra di Nessie, sperando che fosse ancora
sveglia. Dopo poco mi venne ad aprire, in pigiama. «Seth! Ma che diavolo ci fai qui?!» «Volevo vedere il sole… e ho scoperto che abita qui! Posso entrare?» «Mmmm…
forse è meglio che esca io. I miei non dormono, lo sai! Cinque minuti».
Richiuse le imposte, e dopo neanche cinque minuti uscì, dalla porta di
casa. Mi venne incontro sorridente, e vidi davvero il sole. Sembrava
giorno, eppure era notte fonda. Le presi la mano, senza dire niente, e
il contatto con la sua pelle mi provocò una scossa che partì dai
polpastrelli per arrivare fino alla colonna vertebrale. Lei mi sorrise,
e tutte le stelle del cielo si riversarono nei suoi occhi. Gli occhi di
Bella. Adesso capivo Jake. C’era da perdersi, in quel mare di
cioccolato. Andammo a First Beach, ma non mi diressi verso la solita
parte della spiaggia. C’era un angolo, dietro le rocce, dove i salici
arrivavano quasi a lambire l’acqua con le loro fronde, mentre il fiume
sfociava nel mare dall’alto, creando una cascatella. Era un posto che
conoscevamo in pochi, e io mi rifugiavo sempre lì quando volevo stare
da solo. «Seth, ma è un sogno!» «Tu sei un sogno, Nessie. Questo
posto non è niente in confronto a te». Lei mi sorrise di nuovo, e io mi
sentii le gambe di gelatina. Mi tese la mano, e io strinsi la sua
manina nelle mie e la attirai vicino. «Seth… e Jake?» «Sediamoci,
vuoi? Devo spiegarti un paio di cose…» la feci sedere su una roccia,
accanto a me. Lei si strinse ancora di più, rannicchiandosi tra le mie
braccia. «Ecco… tu sai cos’è l’imprinting?» «Si, me lo hanno spiegato tanto tempo fa. So che Jake ha avuto l’imprinting con me…» «Beh, non proprio…» «Come sarebbe non proprio? O l’ha avuto, o no!» «Vedi
Nessie, quando tua madre ti aspettava, nessuno riusciva a vederti,
perché la placenta era molto spessa. Tua madre era ancora umana quando
ti ha concepita, quindi avevamo paura che potesse morire non sapendo
che cosa aspettarci. Il branco, più degli altri, temeva che fossi una
specie pericolosa, quindi voleva eliminarti senza troppe cerimonie.
Veramente volevano eliminare anche tua madre, ma Jake li ha convinti ad
aspettare. Solo che una volta che tu sei nata, ci siamo resi conto, io
e Jake, che eri solo una bambina. Bellissima, tra l’altro. Ma il branco
era sempre dell’opinione di toglierti di mezzo. Quindi il solo modo per
proteggerti era…» «L’imprinting. Quindi Jake non è innamorato di me… si è inventato tutto per difendermi?» «Già». «Oh,
Jake… solo lui poteva fare una cosa del genere… ma dimmi una cosa,
Seth. Prima, tu…» non finì la frase. Non ce n’era bisogno. Avevamo
capito entrambi. Le sollevai il viso con un dito, piantandole gli occhi
nei suoi. «Si. Ti dispiace? Capisco che possa sembrarti assurdo…» «Seth,
io non amo Jake, e lui lo sapeva. Lo considero una sorta di fratello
maggiore. Stasera, quando ti ho visto, ho sentito una specie di scossa,
una fitta… come se avessi aperto gli occhi e avessi osservato il mondo
per la prima volta». Non potevo crederci. Mi stava descrivendo le
stesse cose che provavo io. Alla faccia del contro-imprinting… aveva
funzionato alla grande! Mi stava guardando ancora negli occhi, e mi
sentii annegare. Stavo disperatamente cercando la riva, ma sapevo che
oramai ero perso per sempre. Nel mare di quegli occhi. Non riuscii più
a controllarmi, e la baciai. Non fu un bacio timoroso come mi
aspettavo, fu una cosa travolgente, appassionata, senza freni.
Indubbiamente la ragazza aveva esperienza, e non era timida. E ci
sapeva fare, dannazione! Dovetti fare appello a tutto il mio
autocontrollo per staccarmi da quelle labbra, ma ci riuscii. «Scusa, Nessie, forse ho esagerato…». Si mise a ridere. «Seth… non sono propriamente una verginella impaurita, te ne sarai accorto!» «Si, l’ho notato…» «E… Ti dà fastidio?» «Beh,
no… ad essere sincero no. Nemmeno io sono fresco fresco di convento,
direi». Sorrise. Di nuovo. Il suo sorriso mi faceva sentire come se
stessi fluttuando a mezz’aria. «Allora, possiamo ricominciare da
dove abbiamo interrotto? Il discorso si faceva interessante!»
Ricominciai a baciarla, stavolta facendo meno attenzione
all’autocontrollo. Le sue mani sulla schiena mi fecero fremere.
Accidenti, possibile che bastasse questo? La sentii rabbrividire quando
le passai la mano sul fianco, per attirarla più vicina. Ero in
paradiso, e volevo proprio rimanerci. Ma poi successe tutto
all’improvviso. Quando le mie mani cominciarono a muoversi sul suo
corpo, la sentii irrigidirsi, ritraendosi. Cercai di fare finta di
niente, pensando di essermi sbagliato, ma non era così. Mi scostò con
dolcezza, sebbene con fermezza. «Seth… io… scusa…» «Che succede, Ness? Qualcosa non va?» «No, io… ti prego, perdonami…» Si alzò leggera, e si diresse verso la riva. «Nessie, qualunque cosa sia parlamene, ti prego». «Ho paura». «Ma paura di cosa?» «Della
tua reazione. Paura che dopo non mi vorrai più». La raggiunsi, le misi
un dito sotto il mento e la costrinsi a guardarmi negli occhi. «Amore
mio, niente che tu possa confessare potrebbe farti amare di meno».
Sospirò, gli occhi acquosi e timorosi ancora immersi nei miei. Sembrava
un cerbiatto impaurito. La strinsi forte al petto, carezzandole
dolcemente i capelli. La sentii rilassarsi visibilmente. E cominciò a
parlare. «Un anno fa, in un locale dove andavo con le amiche, ho
conosciuto Martin, un tipo un po’ più grande di me. Bello come il sole.
Ci siamo innamorati subito. O meglio, io mi sono innamorata come una
cretina. Lui no. Voleva solamente prendermi in giro. Uscimmo insieme
per un po’, finché decise che non era ora che andassi a letto con lui».
Ringhiai sommessamente. Avevo un vago sospetto di dove volesse andare a
parare, e sperai che non diventasse certezza. «Quando gli feci capire
che non ero pronta, lui… lui…» Scoppiò in singhiozzi. «Dimmi che non
è come penso, Nessie. Dimmi che quello schifoso non ha fatto quello che
temo…» un altro ringhio ancora più cupo si materializzò nel mio
stomaco, ma riuscii a trattenermi. Nessie non parlò. Avvicinò la mano
alla mia guancia e mi mostrò quello che voleva dirmi. Quel bastardo
l’aveva violentata, ripetutamente, minacciandola anche che se avesse
detto qualcosa a qualcuno sarebbe stato peggio per lei. Nessie si
staccò, non osava guardarmi in faccia. Le sollevai il mento con un dito. «Hey, piccola… va tutto bene, amore. Ci sono io, adesso. E’ tutto passato…» «Non
proprio…» Sobbalzai. Che altro c’era? Che altro poteva averle fatto
quello schifoso? Mi mise ancora la mano sulla guancia, e mi mostrò
tutto. Le percosse, le minacce di raccontare tutto, l’obbligo a
concedersi ad amici facoltosi… tutto. Era stravolta, temeva la mia
reazione più di qualsiasi altra cosa. «Nessie, perché non hai detto niente ai tuoi? Ti avrebbero aiutata, lo sai». «Non volevo metterli in pericolo… ha detto che li avrebbe fatti fuori». «E tu gli hai creduto?! Nessie, sono vampiri! Perfino tu sei più forte di un essere umano…» «Ma
lui non è un essere umano… Martin è un licantropo. E ha minacciato di
parlare con i Volturi, avrebbe fatto in modo di far uccidere tutti i
Cullen». «Stronzo. – Mi venne spontaneo. – Scusa. Vieni con me». «Non devi scusarti. E’ uno stronzo in effetti. Dove andiamo?» «Da Jake. Dobbiamo risolvere questa storia». «Seth,
non ho finito… lui sa dove sono. Viene spesso qui, la sera. Viene per
controllare che io non sparisca dalla circolazione… e… mi costringe…
a…». Ringhiai. Questa volta neanche sommessamente. Ero furibondo. La
mia piccola Nessie non si toccava. «Se quello schifoso parassita osa
metterti un’altra volta le mani addosso, ti giuro che lo riduco a
brandelli con le mie zampe, Nessie». Si strinse a me, sollevata,
rannicchiandosi sicura tra le mie braccia. La baciai dolcemente, quindi
andammo da Jake. Sapevo dove trovarlo. Dovevamo eliminare quel viscido
verme schifoso prima che fosse troppo tardi. |
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Capitolo 10 *** Capitolo 9 ***
Prologo09. PRIORITA’ ASSOLUTA: SISTEMARE IL BASTARDO CHE AVEVA FATTO DEL MALE AL MIO MOSTRICIATTOLO
POV Jake Ero
così assorto nei miei pensieri che non li sentii arrivare. Del resto,
entrambi erano così silenziosi che un essere umano non li avrebbe
sentiti. Seth aveva un viso tale che per un istante mi spaventai
seriamente, perché l’atteggiamento serio non era normale sul suo volto
solitamente sorridente. Alzai lo sguardo, incontrando prima gli occhi
furenti di Seth, e poi quelli preoccupati di Nessie. Fu lei a parlare. «Jake…
dobbiamo parlarti di una cosa importante…» venne a sedersi vicino a me,
con Seth dall’altra parte che la strinse tra le braccia con fare
protettivo. Le presi la mano per rassicurarla, e lei mi sorrise.
Incominciò a parlare, con gli occhi chiusi e il volto nascosto nel
petto di Seth. Di tanto in tanto lo osservavo di sottecchi, per
monitorare le sue reazioni. Faticava a restare calmo, e potevo capirlo;
probabilmente io avrei reagito come lui. Stava mantenendo il controllo
solo per non spaventare Nessie più di quanto lei non fosse già. Quando
arrivò al dunque, al punto in cui mi raccontò delle violenze subite e
di essere stata obbligata a fare “favori” a tutti gli amici di quel
porco, chiusi gli occhi. Li riaprii all’improvviso, sentendo uno
schiocco alle mie spalle. Seth aveva preso a pugni un albero,
spezzandolo a metà. Io istintivamente abbracciai il mio mostriciattolo,
che nel frattempo aveva cominciato a piangere, per rassicurarla. «Scusate»
mormorò Seth. Si sedette di nuovo, cingendo ancora le spalle di Nessie
che si accucciò sul suo petto caldo e enorme, fonte di sicurezza. «Tranquillo
Seth, ti capisco più di quanto tu creda. Ma cerca di mantenere la
calma, perdere le staffe ora non serve. Avremo bisogno di tutta la
rabbia che riusciamo a controllare per fare a pezzi quel verme». «Volete ucciderlo?» «Nessie, non mi dirai che ti fa pena… dopo tutto quello che ti ha fatto?» «No, non mi fa pena… solo non pensavo che voi lo avreste ucciso». «Quell’essere
non merita di vivere, tesoro». Il viso di Seth era livido. Lei gli
sfiorò il volto con la mano, mentre con l’altra stringeva la mia. «Per favore, promettetemi di stare attenti! Martin è molto forte». «Ma
noi siamo in tanti, piccola. Smettila di preoccuparti così… mi ricordi
tua madre!» Sorrisi dolcemente al pensiero di Bella che tanti anni
prima temeva che il suo lupo preferito ci rimettesse le zampe. Nessie
rispose al sorriso, ma non si calmò. «Jake, come posso non
preoccuparmi? Tu per me sei un fratello, un amico, e tutto il resto… e
Seth… beh, potrà sembrarti assurdo ma credo sia la persona che
aspettavo. Sembro scema?» «No piccola, l’imprinting funziona così». Mi alzai agile, e feci per andarmene. «Dove vai, fratello?» «Devo
parlare con Bells. Nessie, piccola, se non vuoi non dico niente a tua
madre, ma credo che i tuoi genitori siano l’unica speranza al momento.
Seth, tu avverti il branco». «Ma… Jake…. Ti metterai nei guai, fratello!» «Non
mi interessa. La sola cosa importante a questo punto è la vita di
Nessie, e non mi importa se per questo mi faranno a pezzi. Portala
dagli altri, fratello, e raccontate tutto. Più siamo e meglio sarà. Ci
vediamo domani mattina per fare il punto della situazione». Nessie non
accennava ad alzarsi, era ancora sottosopra per quello che ci aveva
dovuto confessare. La capivo, di certo non era stato facile. E poi, in
fin dei conti eravamo due uomini! «Jake… c’è una cosa che non ti ho detto… ecco… Martin non è solo». «Che
vuoi dire?» Rispondemmo in coro. Che carini… adesso magari ci mettevamo
pure a completare uno i pensieri dell’altro… come una coppietta felice! «Martin…
lui… ce ne sono altri come lui, e poi ha l’appoggio di persone potenti,
che lo proteggono di nascosto, anche se all’apparenza osteggiano e anzi
rifiutano la presenza dei licantropi. Ma lui gli ha fatto parecchi
favori, levando di mezzo personaggi scomodi che per loro risultavano
intoccabili». «Insomma, faceva il lavoro sporco». Quel tizio mi stava sempre più sulle palle. «E
non solo. Quindi per favore, fate attenzione. Se lo eliminate, sarà
pericoloso. Vi metterete contro personaggi molto potenti«. «Ti
dispiacerebbe spiegarmi che vuol dire non solo?» Seth gli avrebbe
volentieri staccato la testa dal collo, se lo avesse avuto a portata di
mano. «Vuol dire che più di una volta lui mi ha… obbligata ad essere
carina con loro. Insomma, mi ha obbligata ad andarci a letto». Un
ringhio cupo uscì dal petto di Seth. «E… possiamo sapere chi sono questi simpaticoni?» «I Volturi». «Coooosa?!» Ancora il coretto… ma che carini! «Ancora in mezzo alle palle, ‘sti Volturi… ma non c’è proprio modo di toglierli di mezzo, Jake?» «Ho
paura che ricrescano come la gramigna, fratello… e questo complica le
cose non poco. Se eliminiamo Martin, ce li ritroveremo tutti addosso in
men che non si dica. E questa volta, avranno cura di sterminarci tutti.
Nessie, scusa, ma loro ti conoscono. Possibile che non ti abbiano
riconosciuta? Che non abbiano fatto niente?». «Certo che sanno chi
sono. E no, non hanno fatto niente. Ovviamente. Se ti ricordi, volevano
togliermi di mezzo senza troppe cerimonie, dicendo che rappresentavo un
pericolo. E hanno minacciato di farlo di nuovo. A meno che io passi con
loro. Me lo ha detto Martin più di una volta». «NO!» Stavolta niente in contrario al coro. «Seth,
prendi subito Nessie e vai da Sam. Dobbiamo risolvere questa faccenda.
Ora più che mai devo parlare con le sanguisughe». E così dicendo, mi
diressi verso casa mia. |
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Capitolo 11 *** Capitolo 10 ***
Prologo10. BELLA, MA TU COSA VUOI DA ME?
Quando
arrivai, annusai istintivamente l’aria, e compresi che Bella era da
sola. Probabilmente Edward era andato a caccia con Jasper. Bussai alla
porta della camera, certo della risposta. «Entra Jake». Era alla finestra, guardava fuori. Mi avvicinai a lei, e le cinsi la vita con un braccio. «Andiamo a fare due passi, Bells. Devo parlarti». Andammo alla spiaggia, il nostro solito tronco era sempre lì ad aspettarci. «Che
cosa volevi dirmi, Jake?» Mi dava le spalle. Stava diventando un vizio
quello di non guardarmi negli occhi. E mi dava sui nervi. La presi per
un braccio delicatamente, per farla voltare. Mi piantò lo sguardo
indagatore in volto, in attesa delle mie risposte. «Bells, ho capito
qual è il problema di Nessie». E le raccontai tutto. Bella sembrò
crollare alle mie parole, si sedette sulla sabbia, accasciandosi come
se portasse il peso del mondo sulle spalle. «La mia bimba… la mia
piccola Renéesme…» uno strano singhiozzo le uscì dal petto, facendola
sembrare di nuovo fragile come quando era umana. Non riuscii a
controllare l’impulso e la abbracciai stretta, il volto sul mio petto.
«Cosa facciamo, Jake?» «Intanto ho mandato Seth con lei dal resto del branco». «Seth? E che c’entra Seth?» Passo falso, Jake. Bene, tanto valeva essere sinceri. «Si è innamorato. Ha avuto l’imprinting con Nessie». «Come sarebbe l’imprinting? Ma Jake… due lupi possono avere l’imprinting per la stessa donna?» «No». «Jake, per la miseria, mi vuoi spiegare una volta per tutte?» «Bene, te la faccio breve, non abbiamo tempo. Io non ho avuto l’imprinting con tua figlia, Bells». «Cosa? Ma che diavolo…» «Bells,
quando sei rimasta incinta il branco voleva fare a pezzi sia te che tua
figlia, perché temevano che fosse un mostro. Li ho convinti a
risparmiare te, ma non sarei riuscito a tenerli a bada anche con Ness». «E allora ti sei inventato tutto per difenderla! Oh, Jake! Fino a che punto sei disposto ad arrivare pur di aiutarmi?» «Fin dove serve, tesoro. Te l’ho promesso, ricordi?» «Jake… quindi… il tuo imprinting… era una finta?» «Già, già». «Non l’hai mai avuto, vero?» «Diciamo di no…» «Che
cosa stai cercando di dirmi?» La sentii fremere tra le mie braccia,
probabilmente aveva intuito. Fu la mia volta di alzarmi, per andare
verso la riva. «Bells, sei tu. Sei sempre stata tu…» «Ma hai sempre detto di no…» «Per
forza… tu vedevi solamente quel pezzo di marmo di tuo marito… che senso
avrebbe avuto?» Sentii un tocco lieve su una spalla, e una manina
bianca mi fece girare. «Non lo so, ma forse avrebbe cambiato le cose tra noi». «Non
credo, Bells. Non credo. Il solo modo per cambiare le cose era
eliminare il tuo caro maritino prima che ti incontrasse. Ormai è troppo
tardi». «Come fai a dirlo, Jake?» «Ti sei vista? Vorrei
ricordarti che sei una succhiasangue, appartieni alla schiera di quelle
creature che noi, che io, per nostra natura dovremmo uccidere senza
colpo ferire». Stavo cominciando ad arrabbiarmi. «Eppure, io e te siamo qui, da soli, come ai vecchi tempi… come se fosse normale». «A parte il fatto che tu sei innamorata di un altro… e io no». «Jake…»
Cerò di placarmi, col risultato di farmi arrabbiare ancora di più. Mi
voltai di scatto, piantandole gli occhi in quel suo mare di topazio.
Ero furioso. «Ma che cosa vuoi da me, Bells? Cosa vuoi che faccia?
Che ti guardi negli occhi dicendoti che ti amo più della mia vita
soltanto per vedere che domani te ne andrai con lui? Vuoi che mi getti
ai tuoi piedi solo per farmi del male un’altra volta? Che cosa ti
aspetti che faccia, a questo punto? Mi dispiace, ma non sono più
disposto a stare a sentire i tuoi vaneggiamenti senza senso sulla
nostra amicizia. Noi non siamo amici. Non siamo mai stati amici.
Ficcatelo in quella testa di marmo, Bells. E se tu sei ancora disposta
a negare che non solo sei innamorata cotta di me, ma se non fosse per
l’odore che tuo marito certamente sentirebbe, ti rotoleresti su questa
spiaggia con me per fare l’amore tutta la notte, io non lo nego più. Mi
dispiace. Fine della nostra amicizia». Non parlava, non mi guardava
nemmeno. Teneva gli occhi bassi, fissi sulla sabbia. Mi avvicinai
ancora, i nostri corpi si sfioravano. «Bells…» «Hai ragione, Jake.
Sono stata un’egoista. Sono sempre riuscita solo a farti del male. E tu
mi hai ricambiato con la tua vita!» Aveva fatto un altro passo in
avanti, col risultato che adesso eravamo praticamente appiccicati, e il
mi corpo reagiva istintivamente a quel contatto. Mi gettò le braccia al
collo, affondando il volto marmoreo nel mio petto. Io trovai la forza
di allontanarla da me. Riuscii a rimanere impassibile. «Smettila Bells, per favore». «Per favore cosa? Non è questo che vuoi, Jake?» «Certo,
certo. Tanto poi domani farai di nuovo finta di niente e te ne andrai
da tuo marito. Non funziona così, Bells. Non sono la tua giostra, che
infili il gettone e ti fai un giro… non sto ai tuoi comodi e capricci
sessuali, dolcezza. Non ci sto più». Mi arrivò un ceffone, abbastanza
forte da farmi girare la faccia, perché non me lo aspettavo. Stava per
darmene un altro, ma le bloccai il polso. Eravamo ancora vicini. Troppo
vicini, maledizione. Riuscivo a sentire il suo maledetto profumo, e mi
stava mandando fuori di testa. I suoi occhi si inondarono di lacrime.
Ma i vampiri non piangevano! «Lasciami Jake. Lasciami». «No. Se no che fai?» La stavo sfidando apertamente. Amavo il pericolo. Cos’è, mi ero rincoglionito del tutto?! «Potrei anche mordere, sai?» «Provaci! Ti ricordo che mordo anche io». «Ma tu non sei velenoso». Sorrisi, sarcastico. «Tu lo eri anche prima. E sono sopravvissuto». «Lasciami». «Ti amo». «Sei uno cretino». «E
tu una stronza. Ma ti amo lo stesso». Cercò di divincolarsi, ma ero
comunque più forte di lei. Cadde in ginocchio nella sabbia, e la seguii
per non farle troppo male. Mi ritrovai con gli occhi liquidi di Bella
nei miei, le labbra a due centimetri dalle sue. La baciai, con
violenza. Lei non si ritrasse, anzi, si avvicinò ancora di più a me. Io
la strinsi, cingendole i fianchi con la mano, mentre l’altra giocava
con i suoi capelli. Le sue mani torturavano i miei muscoli, che
rispondevano con brividi e sussulti al loro passaggio. Le sfilai i
jeans, e rimase con la maglia lunga fino a metà coscia. Quando le mie
mani giunsero sui suoi fianchi, la sentii rabbrividire di piacere,
ansimante. Stavo sospirando anch’io, del resto, perché mi aveva sfilato
i bermuda. Con un movimento fluido insinuai le mani sotto la tunica
lavorata, facendo attenzione a non strapparla, e le sfilai gli slip. A
quel punto sobbalzò, ma non si oppose. Anzi. Si strinse ancora di più,
mentre le sue mani si facevano più audaci esplorando il mio corpo palmo
a palmo, facendomi fremere. Le circondai i fianchi con le braccia e la
sollevai, e finì a cavalcioni su di me. Le nostre labbra non volevano
saperne di staccarsi, quasi che dalla loro unione dipendessero le
nostre stesse vite. Quel che successe dopo fu tutto un insieme di
sensazioni indescrivibili, e miracolose. Bella si era fatta audace, le
sue mani correvano sul mio corpo avide di esplorare ogni più piccola
parte di me, quasi volesse imprimersi bene nella mente ogni mia
fattezza. Rotolammo nella sabbia, avvinghiati. I resti dei nostri
vestiti giacevano intorno a noi come trofei di guerra, ma in quel
momento la sola cosa importante erano i nostri ansiti, i nostri corpi e
i nostri movimenti in sincronia. La sentii sussurrare al mio orecchio,
e la sua voce, resa sensuale dalla situazione, mi fece esplodere. «Jake…
Ti voglio. Adesso». Non finì la frase. Ero già su di lei, e la stavo
baciando ovunque, mentre le mie mani, guidate da una forza di
attrazione misteriosa, scendevano verso il basso. Quando raggiunsi i
suoi fianchi la sentii sospirare, e istintivamente dischiuse le gambe
per lasciarmi spazio. Anche la mia bocca scese verso il collo, poi le
spalle, il seno, la pancia, i fianchi… la baciai ovunque, sentendola
gemere al passaggio delle mie labbra roventi. Stavo prolungando quella
dolce tortura fino allo sfinimento, non mi saziavo mai della sua pelle
di marmo, del suo odore, dei suoi gesti. Mi guardò negli occhi,
implorante. Con un movimento fluido fui completamente sopra di lei, ma
subito dopo ribaltò le posizioni, facendomi gemere di piacere. Ci
girammo di nuovo, e con un’ultima spina, la sentii gridare. Mi sentii
gridare. Aprì di nuovo gli occhi e mi guardò. Trasalii. Per un solo,
interminabile istante, rimasi perso in quello sguardo. Era color
cioccolato. Erano gli occhi di Bella Swan. |
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Capitolo 12 *** Capitolo 11 ***
Prologo11. MARTIN DEVE ANDARE FUORI DALLE BALLE.
Arrivai
a casa di Emily quando tutti gli altri erano già lì: ero insieme ai
Cullen. Del resto, dovevamo studiare una strategia per togliere di
mezzo quel Martin e salvare le chiappe a un membro della loro famiglia.
Avevo già spiegato loro la situazione, così tutti sapevano tutto. O
quasi. Ovviamente, quello che era successo tra me e Bella la notte
precedente sarebbe rimasto tra noi. Quando entrammo, vidi Leah, Jared e Paul irrigidirsi quasi fossero stati frustati, ma fu Leah a dar voce ai loro pensieri. «E LORO cosa ci fanno qui?» «Piantala, Lee Lee. Stiamo parlando di Nessie. E’ figlia loro!» «Già,
giusto. A proposito di questo, Jake – Paul trovava sempre il modo
migliore per dire la cosa sbagliata al momento meno opportuno –
potresti spiegarci perché hai finto di avere il maledetto imprinting
con lei, fratello? Perché ci hai mentito?» «Paul. – Rachel, santa
donna! Dovrò ringraziarla per bene in futuro. – calmati. Se tuo figlio
fosse in pericolo tu non lo faresti?» «Ma Jake non è suo padre!» «Ma
era solo una bambina, amore. Un essere umano innocente che voi volevate
togliere di mezzo senza troppe cerimonie, solo per paura. Tu che
avresti fatto, eh Paul?» Lo guardava in un modo che avrebbe sciolto
animi più duri. Paul cedette, come sempre. Rachel aveva lo strano
potere di riuscire a fargli usare il cervello. Ci sedemmo tutti,
cercando di stare ben lontani dal resto del branco. «Bene. Seth vi ha detto tutto, credo. Abbiamo un problema da risolvere». Fu Sam a parlare. Pragmatico come sempre. «Qualche idea, Jake?» «No. Volevo parlarne con voi. Di certo non servirà a molto chiedergli di lasciare in pace Nessie». «E allora eliminiamolo. Un essere del genere è un disonore per tutta la nostra razza». «Già… Bella idea, Jared. Peccato che così ci troveremmo di nuovo addosso tutti i Volturi. No, ci serve qualche altra soluzione». «C’è
una cosa…» La vocina terrorizzata di Nessie uscì in un sussurro dal
petto di Seth. Si girò verso di noi, piantando gli occhi in quelli di
Edward, che sobbalzò. Nessie lo aveva lasciato entrare nella sua mente,
e lui stava vedendo tutto. Chiuse gli occhi, un conato di vomito gli
salì dallo stomaco. Come mai all’improvviso lo capivo così bene? «Nessie, amore… che cosa ti hanno fatto…» gli posai una mano sul braccio. «Tranquillo,
amico. Ti giuro sulla mia testa che non ci riusciranno più…» Non finii,
perché mi ritrovai Nessie, tra le braccia, singhiossante. Guardai Seth,
per chiedergli scusa, ma lui non sembrò essere infastidito. Capiva il
nostro rapporto, e ne fui felice. «Jake… non voglio che voi rischiate per me… Martin non è solo». «Me l’hai già detto, Ness. Ci sono i Volturi». «No… non è solo questo. Sono un branco. E lui è il capo». Le sollevai il mento con un dito. «Quanti sono?» «Dieci, circa». «Bene, giochiamo ad armi pari, dunque». «Ma voi non siete dieci…» si guardò intorno per contarci, quasi ad avere la certezza di essersi sbagliata. «Tesoro,
pensi che i tuoi se ne starebbero con le mani in mano mentre noi
combattiamo?» Guardai verso Edward, che annuì. A quanto pareva, avevamo
avuto la stessa idea. «Come intendi procedere, fratello?» I vampiri furono sorpresi nel vedere che Sam chiedeva a me. Poi Edward comprese. «Sei il nuovo alfa, Jake!» Sorrisi ironico. «Già.
Sam l’ha messa giù talmente dura che avrei dovuto azzannarlo per
rifiutare. E mordere il suo sedere peloso non è proprio il massimo».
Risero. Ero riuscito a risollevare un po’ il morale tetro della
giornata, e ad allentare la tensione. Proseguii. «Proporremo a quei
sacchi di pulci un accordo: se vinciamo noi, loro lasceranno in pace
Ness e se ne andranno al diavolo lontano da qui, altrimenti li
annienteremo». «E se vinceranno loro?» Nessie mi guardava terrorizzata. «Questa opzione non è contemplata, piccola». Sgranò gli occhi color cioccolato. «Vuoi batterti a morte, Jake?» «Non vedo altra soluzione. Ma non posso chiedere ai miei fratelli di fare lo stesso». «Io sono con te, lo sai». Seth mi fissò serio, lo sguardo che non lasciava trapelare nessuna emozione. «Jake…
so bene che tu non ci chiederesti mai di fare una cosa del genere. Ma –
e credo di parlare a nome di tutti – l’imprinting è sacro. E non si
tocca. E’ come toccare un fratello. E per un fratello si rischia tutto.
Siamo con te, Jacob Black. Tutti». «Grazie, Sam». «No! No, no,
no, NO!» Nessie era scattata n piedi, gli occhi scintillanti. Mi
ricordò Bella, in una situazione simile, tanti anni prima. «Ma siete
impazziti?! Come potete anche solo pensare che io possa permettere una
cosa del genere? Non voglio che vi facciate ammazzare! Jake, tu sai
quello che provo per te, il nostro rapporto è stato ed è la cosa più
importante di tutta la mia esistenza. E tu, Seth… – arrossì
violentemente – sei l’unica persona che abbia mai amato in vita mia. E
voi, vi conosco da quando sono nata,s iete come fratelli… e dovrei
lasciarvi morire? No! Non posso permetterlo! Non voglio vedervi morire!» «Infatti
non li vedrai, tesoro». La voce di Edward mi fece sobbalzare. «Tu, tua
madre e Alice ve ne andrete. Subito. E non accetto discussioni». Per
tutta risposta Nessie si girò di nuovo verso di lui, fulminandolo con
lo sguardo. «No. Papà, non lo farò. Non puoi chiedermi questo». «E
non me ne andrò nemmeno io, Edward. Levatelo dalla testa. Devo
ricordarti com’è finita l’ultima volta che hai cercato di proibirmi di
restare?» Edward fissò moglie e figlia per un lungo istante senza dire
niente. Ridacchiai divertito. «Edward, ti conviene lasciar perdere.
Tua moglie sa essere un mulo quando vuole. E scapperebbero tutte e due,
lo sai meglio di me». «Ma non voglio che si trovino in pericolo, Jake!» «Nemmeno
io. Ma sarebbe molto peggio tenerle lontane e all’oscuro delle sorti
della battaglia, non credi? E poi… se non sbaglio, Bella e Alice sanno
difendersi piuttosto bene, direi!» «Credo tu abbia ragione, Jake».
Cazzo, il ghiacciolo che mi dava ragione così? Doveva essere forse la
prima volta, o una delle poche. «Bene, tanto voi ve ne resterete fuori
dai guai, vero?» «Edward, ti ricordo che è passato del tempo da quando qualcuno mi diceva cosa fare. Neanche Jasper…» «Ok, ho capito sorellina. Inutile chiederti se riesci a prevedere le sorti della battaglia, vero?» «Infatti.
Non riesco a vedere neanche voi, Edward. E’ tutto buio, ci sto provando
e riprovando ma la sola cosa che ho ottenuto finora è un gran mal di
testa». Mi guardò in modo significativo. Avevo capito cosa volesse
dire. Decisi di stare al gioco per un po’. «Vieni qui, Alice.
Andiamo, non fare quella faccia! Lo so bene che sono la tua aspirina,
mostriciattolo. Coraggio, vieni qui che ti passa il mal di testa».
Ridemmo entrambi, gli altri che mi guardavano come se fossi impazzito.
Alice si alzò e si sedette vicino a me, la testa sulla mia spalla. «Molto
meglio» mormorò. Sentii gli occhi furenti di Bella inchiodati su di me.
Se avesse potuto mi avrebbe azzannato volentieri. Ovviamente, se non ci
fosse stato suo marito. Jasper invece non diede mostra di essere
infastidito dalla cosa. Evidentemente si fidava di Alice. «Tornando
a noi… ecco il piano. Nessie, devi fare in modo che Martin venga qui.
Devi contattarlo ed assicurarti che porti tutto il branco. Inventa quel
che vuoi, ma falli venire qui. E attirali nella radura. Lì entreremo in
scena noi». «Va bene, ma resterò con voi, sia chiaro». Io e Seth ci guardammo per un lungo istante. L’ultima parola spettava a lui. «Va
bene, piccola. Ma se vediamo le brutte, te ne vai. Punto e basta. Non
voglio che tu finisca di nuovo tra le zampacce di quel Martin». Nessie
annuì suo malgrado. Aveva accettato davvero la cosa, o era solamente un
piano per tenerci buoni? Terminammo la riunione, quindi ci avviammo verso casa. Nessie mi trattenne per un braccio. «Jake… posso parlarti un attimo?» Mi fermai. «Che succede, Ness? Ti vedo pensierosa». «Vogli che tu mi prometta una cosa. Prometti!» «Come faccio a promettere se non so cosa vuoi?» «Non puoi promettere e basta?» «No. Se non mi dici di cosa si tratta non prometto un bel niente». «E
va bene… ecco… se le cose dovessero mettersi male per noi… no, ti
prego, fammi finire. Se le cose dovessero mettersi male, e noi
dovessimo soccombere, e Seth dovesse morire…» «Sai che non succederà!» «Si. Ma nella peggiore delle ipotesi…» Dio santo, era più cocciuta di sua madre! «Ok, allora. Nella peggiore delle ipotesi, cosa vuoi che faccia?» «Voglio che tu mi uccida, Jake». «Ma sei impazzita?!» La guardai inorridito. «No.
Ci ho pensato bene. Se Seth muore, vuol dire che stiamo perdendo, e che
siamo spacciati. Il che significa che presto Martin farebbe a pezzi
anche te e i miei. E se non lo farà lui, lo faranno i Volturi. E
preferisco morire per mano tua, che finire nelle grinfie di quegli
schifosi». Mi stava chiedendo qualcosa che andava al di là di tutti i
miei principi. Il contrario esatto di quello che ero, della mia natura.
Avrei dovuto togliere la vita a un essere umano. Poi in un attimo mi
abbracciò, mostrandomi le cose dal suo punto di vista; le paure,
l’ansia, la sofferenza. Mi riversò nella mente tutto quello che aveva
subito e quello che temeva. La sentii tremare, angosciata. Interruppi
il contatto. «Basta Nessie, ho capito. Te lo prometto». Le poggiai
delicatamente le labbra sulla fronte e restammo così, sotto la pioggia
che si mescolava alle nostre lacrime. |
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Capitolo 13 *** Capitolo 12 ***
Prologo12. PARADISO
SETH POV Avevo
voglia di vedere Nessie quel pomeriggio. La sera stessa lei avrebbe
contattato Martin, e quindi significava che la battaglia era imminente.
Volevo dirle quanto era importante per me, quanto l’amassi, quanto
avevo bisogno di lei. Non sapevo neanche cosa le avrei detto, ma
sentivo che il mio corpo, le mie membra, le mie viscere cercavano lei,
cercavano la mia fonte di vita, il mio sole. Senza pensarci uscii di
casa in un lampo, non mi accorsi neanche se c’era Leah o mia madre, non
vidi niente. Davanti casa, come sempre da qualche anno a questa parte,
la moto che un tempo era appartenuta a Bella. Jake aveva insistito
perché l’avessi io. Mi era piaciuta quando l’avevo vista la prima
volta, ma mia madre non aveva voluto saperne. Era pericoloso, diceva.
Come se fosse facile per me schiantarmi contro un albero. Non che
mancassero gli alberi, da quelle parti… anzi. Era solo che io non
morivo tanto facilmente. Ma questo a una madre non glielo puoi dire.
Neanche se sei alto quasi due metri, corri veloce come il vento, hai
una temperatura di 43 gradi e ti trasformi in un lupo grosso come un
cavallo. Per lei sei sempre il suo piccolino. Sfrecciai verso casa
Black, e non dovetti neanche bussare alla porta di casa; Nessie era
sulla veranda, intenta a scrutare l’orizzonte, probabilmente persa nei
suoi pensieri. Mi sorrise, e con il suo sorriso si illuminò tutto il
suo volto, e tutto il mio mondo prese colore in quell’istante. «Ciao,
piccola. Dai vieni, andiamo a fare un giro. Ho voglia di stare un po’
con te». Non se lo fece ripetere, con un movimento agile saltò la
ringhiera per atterrare perfettamente in equilibrio davanti a me, mi
cinse il collo con le braccia morbide e mi baciò dolcemente. Rimasi
senza fiato. «Hey… piano! Che diranno i tuoi?» «Che ti amo, scemo! Dove mi porti?» «Sorpresa.
Ma… vieni così?» La osservai. Indossava un vestitino cortissimo, con le
maniche lunghe e di un verde che faceva risaltare i suoi occhi color
cioccolato. Ai piedi, anfibi, rigorosamente neri. «Sì, perché?» «Non mi sembra l’abbigliamento più indicato per la moto, tutto qui». «Seth,
chi vuoi che ci veda?» Non aspettò che le rispondessi, salì sulla moto
e mi cinse la vita con le braccia, poggiando il viso sulla mia schiena.
Quel contatto mi diede una scossa lungo tutta la colonna vertebrale.
Questa ragazza decisamente aveva il potere di farmi impazzire. Guidai
per un po’, fino ad un posto che avevo scoperto qualche giorno prima,
nei miei vagabondaggi senza meta. Era il solo punto di tutta La Push in
cui non c’era la scogliera a strapiombo, ma il pendio scendeva
dolcemente verso il mare, e la vegetazione ricca e rigogliosa arrivava
fino alla riva, creando un’insenatura naturale completamente nascosta e
appartata. Mi fermai, e rimasi per un attimo ad assaporare il silenzio
del luogo, spezzato solamente dal cinguettio di qualche uccello. D’un
tratto, sentii due braccia morbide circondarmi il collo, e Nessie
cominciare a baciarmi partendo dall’orecchio fino all’attaccatura delle
scapole. Mi tremarono le gambe. Si sollevò un poco, per baciarmi
meglio, e trattenni il fiato. Nessuna donna mi aveva mai fatto
quell’effetto. La sentii insinuare una mano sotto la mia maglietta,
all’altezza della pancia, per accarezzarmi. Brividi. Mi mancò il
respiro quando, con un movimento fluido, si sollevò ancora con
l’intento di spostarsi. Capendo cosa volesse fare, le circondai la vita
con un braccio e la sollevai, col risultato che me la ritrovai di
fronte, a cavalcioni. Si strinse a me, e mi baciò in un modo che fece
scattare tutti gli interruttori che avevo. Mi ritrovai a baciarla,
mentre le mie mani correvano sui suoi fianchi, sulla vita, sulla
schiena. Mi aveva sfilato la maglietta, col risultato che adesso mi
stava baciando il torace e stava torturando la mia schiena con le mani.
La sollevai di peso, per farla scendere dalla moto. «Cosa fai?» mormorò, sempre avvinghiata a me. «Non
penserai che ti ho portata fin qui per fare sesso su una moto, Ness?
Sarebbe da stupidi. Voglio che la nostra prima volta insieme sia
speciale». «Se sono con te ogni momento è speciale, Seth». Mi sentii sciogliere. Non potevo chiedere di più. Quando
arrivammo alla spiaggia, la deposi a terra, ma lei non si staccò
trascinandomi giù con lei. Cademmo sulla sabbia umida, ma non ce ne
accorgemmo neanche. Cominciai a baciarla con ardore, quasi con
violenza, le mie mani che correvano sulla sua schiena, e le sue che
perlustravano la mia. Scesi sul collo, e la sentii rabbrividire al
contatto delle mie labbra bollenti su di lei. Con una mossa gentile le
sfilai il vestito, lasciandola in intimo. Mi fermai un istante a
contemplare il suo corpo da dea, libero dalle costrizioni degli abiti.
Cominciai a baciarla ovunque, partendo dal collo e seguendo le linee
del suo corpo delicato, assaporando l’odore della sua pelle di
porcellana, il gusto di lei. Le tolsi il reggiseno, sfiorandole lieve
la pelle soffice con una mano, mentre l’altra era intenta cingerle la
vita per attirarla vicina, sempre più vicina. Volevo fondermi in lei,
diventare una cosa sola, quasi avessi paura che non fosse reale. Dopo
attimi che sembravano eterni, le sfilai gli slip, mentre le sue manine
si insinuarono delicate all’attaccatura dei miei jeans, e li
sbottonarono. Trattenni il fiato per un istante, la bocca sulla sua,
ansimante. Eravamo completamente nudi, i nostri corpi reagivano al
contatto della pelle dell’altro con brividi e scosse, la nostra voglia
l’uno dell’altra aumentava sempre di più. La sentii gemere, mentre
affondava la mano nei miei capelli per guidare il mio viso davanti al
suo, a pochi centimetri da lei. I nostri occhi si incontrarono. E fu un
fiume in piena. Un fiume incontenibile di tutti i nostri sentimenti,
desideri, paure, dubbi, incertezze. Tutto racchiuso in quel momento
interminabile, eppure breve come un battito di ciglia. Mi spostai per
trovarmi sopra di lei, che mi accolse cingendomi il collo con le
braccia morbide e sfiorandomi l’orecchio con le labbra ansimanti.
Impazzii letteralmente, quando la sentii sussurrarmi “ti amo”
sull’orecchio. Continuai a baciarla ovunque, finché i nostri gemiti non
divennero per entrambi una tortura quasi insopportabile, seppure dolce.
La sentii mugolare quando fummo insieme, muovendosi per accompagnare i
miei movimenti, le sue unghie sulla mia schiena che mi facevano uscire
di testa. Mi abbandonai completamente in lei, finché il ritmo dei
nostri corpi intrecciati non si fece sempre più incessante e si placò,
saziato e beato di quell’attimo di paradiso. La tenni stretta a me
cingendole la vita con un braccio, il viso sul mio petto. Era stata
senza dubbio l’esperienza migliore di tutta la mia vita. Nessuno dei
due parlava, non c’era bisogno. Dopo molto tempo, le sollevai il viso
con un dito sotto il mento, gli occhi nei suoi. L’altra mano continuava
ad accarezzarle il fianco dolcemente. «Ti amo, Nessie. Sei la cosa più importante e bella che mi sia mai capitata». «Anche io ti amo, Seth. Non credevo ci fosse qualcosa di così bello al mondo». «Nessie… mi vuoi sposare?» La sentii trattenere il fiato. «Seth…» «Che c’è? Ho esagerato? Scusa… è che ho sempre paura che tu sia un sogno, e che possa svanire». «Non
sono un sogno. Non sparirò. Sono tua oramai. Lo sarò per sempre. Si».
Non ci fu bisogno di dire altro. Ogni altra parola sarebbe stata
superflua. Le nostre anime, ancora prima dei nostri corpi, si
appartenevano, e nessuno avrebbe potuto separarci. Mai. |
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Capitolo 14 *** Capitolo 13 ***
Prologo13. FINALMENTE LEVIAMO DI MEZZO QUELL’AMMASSO DI PELO – POV JAKE
Nessie
aveva fatto come le avevo detto e aveva contattato Martin. Lui, da
bravo predatore, non aveva saputo resistere al richiamo della sua
preda. Promise di venire. Con tutto il branco. Avevamo deciso di
aspettarli nella radura, e ci eravamo dati appuntamento lì per definire
gli ultimi dettagli. «Ok ragazzi, loro sono dieci, e noi anche. Vi
nasconderete tutti tra gli alberi, i Cullen abbastanza lontani da non
far percepire il loro odore. Io e Seth resteremo umani, per il
momento». Alice mi guardò in modo strano, dubbiosa. «Come farete a chiamarci? Sai che non posso vedere niente…» «Edward, fino a che distanza riesci a percepire i miei pensieri quando sono in forma umana?» «Se
non sbaglio, l’altra volta ceravamo a una cinquantina di chilometri… ma
non c’era il legame che abbiamo ora. Credo che potrei sentirti fino in
Alaska, Jake». «Meglio. Più vi allontanate, meglio sarà. Nessie
resterà qui. Lei deve esserci, o Martin fiuterà la trappola. Sam e
Paul, voi resterete indietro e ci coprirete le spalle quando io e Seth
ci trasformeremo. Leah, tu che sei la più veloce cerca di coglierli di
sorpresa. Quil, Embry, voi due vi occuperete di distrarli. Edward e
Jasper cercheranno di farli fuori il più velocemente possibile». Paul
si ribellò, per niente soddisfatto della mia proposta. «Aspetta un momento, fratello… perché proprio io e Sam di retroguardia? Le tue chiappe pelose non mi interessano poi tanto!» «Perché
tu e Sam siete quelli più forti, dopo di me. Se mi trovo nella merda mi
piace pensare di avere voi due che mi coprite, Paul. E poi, se non ti
riporto a casa in un solo pezzo, Rachel mi sbrana. E lo stesso farà
Emily. Quindi cercate di riportare le chiappe a casa, voi due». «Jake, non avete tenuto conto di una cosa…» sentendo il tono della sua voce sussultai; la mia Bells era preoccupata! «A che cosa ti riferisci, Bells?» «Mi è venuto in mente che forse in quanto branco anche loro potranno sentire i vostri pensieri, quindi addio effetto sorpresa». «Non ci avevo pensato. Non è detto che sia così, però». «Ma
è un rischio che non possiamo correre, Jake. Se leggono quello che
avete in mente di fare, saranno sulla difensiva e tutto il piano andrà
in fumo». «Che avevi in mente, Bells?» «Fare quello che ho fatto contro i Volturi». Gli altri sembrarono non capire, allora lo spiegai. «Bella
è uno scudo. Riesce a isolare le menti dei suoi compagni da quelle
degli avversari. E’ quello che ha fatto l’ultima volta, ecco perché
Jane e Alec non hanno potuto colpirci con i loro poteri». «Bella, ma noi eravamo molto lontani». «Vedi,
Sam, in quel frangente ho scopeto una cosa interessante. Basta che uno
di voi sia sotto lo scudo, e automaticamente lo siete tutti. Sarà
interessante verificare se protegge anche quelli di voi che sono in
forma umana». «Ma tu sarai lontana, Bella. Come farai a tenerlo in piedi?» «Posso crearlo e poi andarmene, Sam. Non ci sono problemi. Tornerò appena mi chiamerete». «E come ci sentirai?» «Ululate. Riesco a riconoscere le vostre voci». Sorrisi
tra me per quello che Bella aveva detto. In effetti, non avevamo mai
avuto grossi problemi di comunicazione, neanche quando ero su quattro
zampe. Martin e il branco sarebbero arrivati a momenti, quindi ci
preparammo come accordato. Vidi il resto del branco nascondersi tra i
cespugli, mentre i Cullen salutavano Nessie con un abbraccio. Rimanemmo
solo noi tre; io, Ness e Seth, ad aspettare. Cingevo la vita di Ness
con un braccio, mentre lei e Seth si tenevano per mano teneramente. Li
sentimmo arrivare, erano in forma umana. Meglio. Martin si avvicinò
sprezzante. «Ness… dolcezza, sentivi la mia mancanza, eh?» «Certamente
Martin. Come di un mal di denti». Lo schifoso sobbalzò, probabilmente
non se l’aspettava che Nessie fosse così sfrontata. Ma si riprese
subito per avvicinarsi ancora e toccare il viso di Ness. Un ringhio
sordo annunciò il disappunto di Seth. Io bloccai la mano di Martin. «Amico,
ti do un consiglio. Non farlo, se vuoi tenerti la mano attaccata al
corpo». Tentò di fare forza, ma si rese conto che ero più forte di lui. «Bene bene bene… vedo che alla nostra piccola amica piacciono gli animali! E tu chi saresti, sentiamo?» «Suo
fratello. E quell’altro colosso che la tiene per mano è il suo ragazzo.
Quindi se ci tieni alla pelle, ti consiglio di andartene. Ci piacciono
le bistecche di lupo». Lo vidi impallidire vistosamente, probabilmente
si rese conto di essere in svantaggio. Eravamo molto più grossi di lui,
lo avremmo sopraffatto in men che non si dica. Fece un cenno
impercettibile, e dal folto della foresta sbucarono i suoi fratelli. Io
e Seth ci guardammo. A meno che non avessero qualche dote eccezionale
nascosta, non c’era storia. Eravamo molto più grossi di loro. Feci un
cenno a Sam, e il nostro branco avanzò allo scoperto. «Siamo più grossi amico, non ti conviene». «Ma
noi siamo di più». Maledizione, aveva ragione. Li contai, scoprendo che
erano quindici. La cosa non mi spaventava, eravamo abituati ad essere
in inferiorità. Ma non volevo abbandonare Nessie nelle mani di quello
schifoso. Mormorai a Sam di chiamare Edward. Subito dopo arrivò insieme
agli altri Cullen. L’altro branco non aveva sentito. Erano isolati come
speravamo. Bene, vedo che avete chiamato i rinforzi… e loro chi sono?» «La
mia famiglia, Martin. Quelli che volevi minacciare. Quelli che volevi
sterminare dandoli in pasto ai Volturi». Nessie mi lasciò per
rifugiarsi tra le braccia di Bella. Io e Seth eravamo liberi di
trasformarci. Ma prima c’era una cosa che volevo chiarire. «Ti
propongo un accordo, amico. Io e te, faccia a faccia. Se vinco io, voi
ve ne andate, la lasciate in pace e non vi fate più vedere». «Ma se vinco io, lei farà tutto quello che voglio». «Affare fatto. Ma gli altri non devono intervenire. Da nessuna delle due parti. Solo noi due. All’ultimo sangue». «NO!» L’urlo uscì da una bocca che non mi aspettavo. Bella mi guardava in un modo che non lasciava dubbi. Edward sobbalzò. «Jake, fratello lascia che sia io…» «Non
dire cazzate, Seth. Tu dovrai prenderti cura di lei e proteggerla se
perderò. Nessie – mi voltai verso di lei, le presi le mani e le misi in
quelle di Seth – sii felice. Ti voglio bene, ricordatelo». E le deposi
un bacio sulla fronte. Mi avvicinai agli altri, Sam davanti a tutti. «Se
mi succede qualcosa… Sam, tu riprenderai il tuo posto, ok? E’ sempre
stato tuo, in fondo». Sobbalzai, sentendo un tocco lieve sul braccio. «Jake…» «E’ in buone mani, Bells. Seth la ama con tutto se stesso». «Non sono preoccupata per Nessie… ma perché devi sempre farti ammazzare per la mia famiglia, Jake?» «Non
lo so. Forse perché sono masochista?» Non finii la frase, perché mi si
gettò tra le braccia come una bambina spaventata, riportandomi con la
mente ad un’altra battaglia, anni prima. Anche lei ci ripensò. «Stavolta non resterai se ti chiedo di baciarmi, vero?» Sorrise. «No Bells. Non servirebbe. Sei sposata ora». «Anche ieri lo ero» Mi guardo con gli occhi liquidi pieni di angoscia. «E’ stato uno sbaglio tremendo. Dimenticalo se puoi». «Non
posso. Ti amo, Jacob Black». La fissai. E di nuovo, per un istante,
rividi il cioccolato. Non feci neanche caso al ringhio soffocato di
Edward, le posai un bacio sui capelli, quindi volai dietro un cespuglio
e mi trasformai. Quando tornai, Martin era in forma di lupo. Lui era
decisamente più grosso dei suoi compagni. Ma era comunque più piccolo
di me. E questo lo intimorì. POV Bella Non mi ero neanche
resa conto di quello che avevo detto, fu Edward con il suo ringhio a
farmi tornare alla realtà. Gli lanciai un’occhiata di nascosto, ma il
suo volto sembrava impassibile come sempre. Solo io potevo vedere la
rabbia sorda che stava covando. Sapevo che Jake non gli aveva permesso
di frugare nella sua mente e vedere quello che era accaduto tra di noi,
ma non avevo dubbi sul fatto che avesse sentito quello che ci eravamo
detti. E le domande sarebbero arrivate. In quel momento, un grosso lupo
rossiccio sbucò dai cespugli dietro di me e si fece incontro a Martin.
Sentii Renéesme irrigidirsi tra le mie braccia, ma come me non riusciva
a distogliere lo sguardo. Era pietrificata. Io non volevo guardare e
allo stesso tempo non potevo farne a meno. Avvenne tutto molto
velocemente. Martin attaccò per primo, tentando di azzannare Jake alla
gola, ma lui scartò prontamente dando una zampata sul muso a Martin.
Questi rotolò su se stesso per atterrare comunque sulle quattro zampe.
Si riprese subito per farsi incontro a Jake, le fauci spalancate che
miravano alla gola del lupo rossiccio, a pochi centimetri di distanza. «Noooo!»
Non riuscii a controllarmi, l’urlo angosciato uscì dalla mia gola senza
che potessi controllarlo. Ma Jake si era già scansato e stava prendendo
il controllo della situazione, mirando al petto di Martin e facendolo
finire sotto di lui, a zampe all’aria. Fu in quel momento che i lupi
del branco di Martin si gettarono nella mischia, probabilmente li aveva
chiamati lui. Un grosso lupo color sabbia ci sfrecciò davanti per
gettarsi al centro della battaglia, e sentii Nessie urlare e
nascondermi il volto tra le braccia singhiozzando. Proprio in quel
momento vidi un lupo coloro piombo dirigersi verso di noi; non era dei
nostri, lo avrei riconosciuto. Mi resi conto solo in quel momento che
Jasper, Alice e Edward stavano dando una mano al branco. Eravamo
rimaste sole. Probabilmente se non ci fosse stata Renéesme avrei
tentato di affrontarlo, ma dovevo proteggerla e non sapevo che fare.
Vidi un movimento con la coda dell’occhio e notai un altro lupo nella
direzione opposta. Erano in due, e ci stavano accerchiando. Strinsi
forte Nessie per impedirle di vedere, non volevo che si spaventasse.
Erano sempre più vicini e ci avrebbero certamente fatte fuori se non
fosse stato per un lupo grigio che si avvicinò silenzioso alle loro
spalle. Di tutti, era il solo che non mi aspettavo mi salvasse. Azzannò
il più vicino dei due lupi alle zampe posteriori, facendogli perdere
l’appiglio, e con un movimento fulmineo del collo lo fece volare
lontano. Ma l’altro lupo lo azzannò al fianco, lasciandogli una ferita
profonda e facendolo uggiolare di dolore. In quel momento Jake attaccò
l’altro lupo, scansando Paul col muso. Paul si fece da parte,
accucciandosi contro un albero, ancora tramortito dal dolore.
Istintivamente ci avvicinammo, e lui protestò eloquente. «Smettila
di brontolare! Lo so che non sopporti il mio odore, ma se non
pulisco la ferita finirà per infettarsi e Rachel mi uccide. Su, fa
vedere. Se ti faccio male puoi sempre azzannarmi!» Non credetti alle
mie orecchie, al suono che uscì dalla gola del lupo; stava ridacchiando! «Renéesme,
togliti la felpa. Mi serve per pulirgli la ferita. Che ne dici di
tornare umano, Paul? Con tutto questo pelo non ci capisco niente. Su
avanti, non è il momento di vergognarsi!» Mi stava guardando in modo
strano, e compresi. Mandai Nessie nel cespuglio dove prima si era
trasformato Jake, e tornò con un paio di pantaloncini. Paul si
trasformò davanti a me e li indossò velocemente. Notai che gli andavano
a pennello. Cominciai a pulire la ferita con la felpa di Nessie, finché
non mi bloccò una mano. «Non avrei mai creduto di poterlo dire a una sanguisuga, ma… grazie, Bells» «Non mi consideri poi tanto sanguisuga, se ancora usi il nomignolo che usa Jake!» Un sorriso ironico gli attraversò il volto. «Ti dà fastidio?» «No…»
Non riuscii a finire la risposta, perché un ululato di dolore squarciò
l’aria, bloccando la mia mano a metà. Non ebbi bisogno di girarmi per
sapere a chi appartenesse. Chiusi gli occhi, la mano tremante. «Jake…» mormorai con tono angosciato. Un gemito mi uscì dal petto senza che potessi trattenerlo. «Lo ami ancora, vero?» «Io… si, credo di si». «Lo stai uccidendo, lo sai?» «E’ per questo che mi odi, Paul?» Sorrise di nuovo, ironico. «Io
non ti odio. Nessuno di noi ti odia. Solo non riusciamo a perdonarti il
fatto di aver scelto il succhiasangue al posto di Jacob. Non
sopportiamo veder soffrire un fratello, e se tu lo avessi ammazzato gli
avresti fatto certo meno male». «Mi dispiace. Io…» «Non è a me che devi chiedere scusa. Quando avrai chiarito con lui definitivamente, avrai anche la mia amicizia». Gli sorrisi. «Anche se sono una sanguisuga?» «Farò
un’eccezione. Ma non dirlo agli altri». E mi strizzò un occhio. In quel
momento notai il silenzio attorno a noi, poco prima riempito da grida e
ululati. Non volevo voltarmi, non avevo il coraggio di guardare. Vidi
Nessie accanto a me scattare in piedi e correre, e compresi che stava
andando da Seth. Mi costrinsi a voltarmi, e quello che vidi mi lasciò
pietrificata. Sam e Jared stavano portando Jake di peso, semisvenuto e
sanguinante. Prima di potermelo impedire, le mie gambe corsero verso di
lui per controllare che stesse bene. Jared e Sam lo lasciarono,
posandolo delicatamente contro un albero. Teneva gli occhi chiusi, semi
incosciente. «Sei un perfetto idiota, Jacob Black! Cosa credevi di fare?» «Levarmi
di mezzo una volta per tutte…» mormorò faticosamente. Lo presi a pugni
sul petto, sapevo che gli stavo facendo male ma non mi importava.
Sentii lo sguardo di mio marito appuntato sulla schiena, e mi decisi ad
alzarmi. I suoi occhi di topazio sembravano volermi trapassare.
Sospirai. Gi dovevo delle spiegazioni. |
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Capitolo 15 *** Capitolo 14 ***
Prologo14. LA FINE DI UN INCUBO
POV Bella Io
ed Edward rientrammo a casa Black ancora piuttosto provati dalla
battaglia, non avevamo detto una parola lungo tutto il tragitto. Nessie
non aveva voluto sentire ragioni, era rimasta con Seth. Era cocciuta
quanto me, sapevo che non l’avrei smossa. Meglio così. Avevo bisogno di
tempo per riordinare le idee. Una volta a casa, da soli, mi
preparai alla tempesta che sapevo sarebbe arrivata. E infatti arrivò,
puntuale. Edward mi guardò accigliato. «Sai Bella, credo non sia stata una grande idea tornare qui». «Dovevamo salvare Renéesme. Come vedi avevo ragione a preoccuparmi». Gli risposi a tono. «Te lo concedo, avevi ragione. Ma continuo a dire che non è stata una buona idea». «Che vuoi dire?» «Non
è bello per un marito tornare dalla battaglia e vedere sua moglie che
si getta tra le braccia di un altro, fosse anche il suo migliore amico
ferito in battaglia» «Lo avevo sentito gridare, l’ho visto ferito e
mi sono preoccupata per lui! Tu stavi benissimo». Alzai le spalle come
davanti a un fatto ovvio. «Certo, ma non mi ha fatto piacere. Sei
ancora invaghita di Jacob, Bella?» Mi piantò gli occhi liquidi in
volto. Impossibile mentire. «Edward, io…» «Bella, per una volta sii sincera e rispondimi!» «Si, credo di si». Sospirò. «Bene,
come immaginavo. E’ normale dunque che tu ti sia comportata in quel
modo. Partiremo al più presto, e questa storia finirà una volta per
tutte. Capisco che tu sia confusa tesoro – mi prese dolcemente le mani
nelle sue – rivedere Jacob ha senza dubbio avuto effetto su di te. Ma
vedrai che tornando alla nostra vita quotidiana si sistemerà tutto».
Forse aveva ragione, pensai. Forse rivederlo era stato un errore ed ora
ne avrei pagato le conseguenze. Ma non volevo andarmene. Cercai la
scusa migliore che avevo. «E con Renéesme cosa pensi di fare?» «Dubito
che riusciremo a staccarla da Seth. Credo sia meglio lasciarle libertà
di decidere, in fondo è in buone mani. Tu che ne dici?» Mi sorrise
dolcemente. «Credo sia la cosa migliore da fare. Deciderà lei». «Bene.
Possiamo partire presto, allora. Vado ad avvertire Alice e Jasper. Il
tempo di sistemare le cose e salutare Nessie… direi tre giorni al
massimo. Non ti dispiace se ti lascio sola, Bella?» Feci cenno di no
con la testa, incapace di rispondere. Il messaggio nascosto dietro
quelle parole era completamente diverso: riuscirai a non incontrare
Jacob Black mentre sono via? Chiaramente sospettava che avrei tentato
di vederlo. Ma si sbagliava. Dopo quello che mi aveva detto prima della
battaglia, non avevo più intenzione di rivederlo. Era meglio per tutti
e due. Mi sedetti al tavolo e scrissi una lettera per Jake. Avrei fatto
in modo che la trovasse, una volta tornato da casa di Emily, cove lo
avevano portato per assisterlo. POV Seth Avevamo avuto la
meglio su quello sbruffone e il suo branco, ma a quale prezzo? Eravamo
stati costretti a far fuori tre esseri umani, e avevamo riportato delle
ferite serie. Paul stava bene, ma gli ci sarebbero voluti un paio di
giorni per riprendersi del tutto. A Rachel era venuto un mezzo colpo
quando era tornato a casa con tutto quel sangue. Jake era un discorso
diverso. Aveva tre costole rotte, la gamba destra spezzata e una
frattura piuttosto seria alla colonna vertebrale. Non avrebbe dovuto
muoversi assolutamente per un paio di giorni, e soprattutto non doveva
trasformarsi. Avevamo deciso di portarlo da Sam: Emily avrebbe fatto
buona guardia. Io invece ero al settimo cielo da quando avevo visto
la mia Ness corrermi incontro scoppiando in singhiozzi di gioia. Non
ero più riuscito a liberarmi di lei. Ammesso che volessi farlo. Volevo
passare con lei ogni momento, così decisi di andare a fare una
passeggiata alla spiaggia. Era il tramonto. Uno spettacolo grandioso a
La Push. «Sai Seth, quando ti ho visto sfrecciare verso la
battaglia, non avevo il coraggio di guardare… temevo ti succedesse
qualcosa… Io… devo dirti una cosa, Seth». «Si fermò e mi piantò in viso il suo sguardo limpido. Maledettamente serio. «E’ importante?» «Adesso non più. Ma voglio comunque che tu lo sappia». «Ti ascolto, tesoro». Le accarezzai il viso con una mano. «Ho
chiesto a Jake, nel caso avessimo perso, di uccidermi. E lui aveva
promesso di farlo». La guardai un istante come se mi avesse parlato in
un’altra lingua. Poi, d’un tratto, compresi. «Ecco perché…» «Cosa, Seth?» «Ecco
perché Jake ha architettato tutto quel piano. Nessie, con tutto il bene
che ti vuole, non ha potuto negarti la promessa. Ma se fosse morto lui,
non sarebbe stato costretto a mantenerla». «Ma aveva promesso!» «Nessie,
angelo mio… Jake non avrebbe mai potuto ucciderti, neanche se glielo
avessi chiesto tu. Così ha pensato bene di buttarsi nella mischia per
proteggerti. Ti ama immensamente, non dello stesso amore che provo io,
chiaro, ma farebbe qualsiasi cosa per te. Sei una sorella per lui». «Me
ne sono accorta Seth. Darebbe la vita per me. E io la darei per te». Mi
passò la manina delicata sul viso, mostrandomi le immagini di qualche
pomeriggio prima, sorridendo maliziosa. Io sorrisi a mia volta,
stringendola tra le braccia. «Hai le idee chiare, piccola». «Che c’è di male, Seth?» «Niente.
– mi guardai intorno con aria sorniona – vieni con me». La presi
per mano e la guidai verso alcune rocce che formavano un anfratto
naturale che riparava da occhi indiscreti; una creava quasi una
caverna, isolando anche dalla furia del mare. Ness si strinse a me, le
braccia intorno al colo, gli occhi nei miei. «Dimmi una cosa, Seth
Clearwater… la proposta dell’altro giorno è ancora valida, o era solo
un maldestro tentativo per sedurmi?» La luce giocosa del suo sguardo
tradiva il tono serio delle parole. Decisi di stare al gioco. Iniziai a
farle il solletico. «Te lo faccio vedere io, quant’è seria la
proposta. E a proposito… ti avevo già sedotta, se non ricordo male! E
non mi sembrava ti fosse dispiaciuto!» Ridevamo entrambi, era tutto
maledettamente facile con lei! «Brutto screanzato!» Rise prendendomi
giocosamente a pugni, che ovviamente neanche sentii. Le bloccai i polsi
con una mano, mentre ficcai l’altra nella tasca dei jeans per tirarne
fuori un sacchettino di stoffa che tenni nella mano destra. Strinsi la
sua mano nella mia, porgendole il contenuto del sacchetto, la fissai
negli occhi per un lungo istante. «Renéesme Carlie Cullen, vorresti diventare mia moglie?» Le chiesi agganciandole il braccialetto al polso. «Assolutamente
si». E mi si gettò fra le braccia, facendomi cadere all’indietro sulla
sabbia, con lei sopra di me. Mi ritrovai le sue labbra sulle mie, in un
bacio che risvegliò i miei sensi in un secondo. Comincia a baciarla con
ardore, e lei rispose esattamente come mi aspettavo. Le sue mani
esploravano la mia schiena sotto la maglietta provocandomi brividi e
sospiri, mentre le mie seguivano avide le linee del suo viso. Sembrava
che non riuscissimo a saziarci l’uno dell’altra, tanto avidamente ci
stavamo accarezzando. Dopo poco la sua maglietta finì lontano, seguita
dalla mia. Anche i suoi jeans resistettero ben poco all’assalto delle
mie mani, così come i miei alle sue. D’un tratto mi sollevai a sedere,
prendendola per mano. Quindi mi alzai, andando verso la riva. «Ma che vuoi fare, Seth?» «Fare il bagno con te, amore!» «Ma fa freddo!» «E
da quando senti freddo, Nessie? Dai fifona, fidati!» la presi per mano
vincendo le sue sempre più deboli proteste, e corremmo ridendo verso la
riva. Finii di spogliarmi davanti a lei, quindi mi gettai in acqua.
Subito vidi una scia color rame seguirmi, e mi fermai, l’acqua mi
arrivava al torace. Ness si fermò proprio di fronte a me, le braccia
intorno al mio collo. La presi per la vita per stringerla ancora di più
a me, quindi la sollevai finché le sue gambe non cinsero i miei
fianchi. Non smettevamo di guardarci negli occhi. Se mi avesse colpito
un fulmine in quel momento, probabilmente non me ne sarei accorto. «Ti amo, Ness». «Ti amo anch’io, Seth» mi rispose, sempre con gli occhi nei miei. Adesso ero davvero felice. |
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Capitolo 16 *** Capitolo 15 ***
Prologo15. ANTICHE PROFEZIE PRENDONO VITA
POV Jake Mi
ero ripreso abbastanza bene, la vigilanza stretta di Emily mi aveva
aiutato a restare immobile e quindi la mia spina dorsale si era saldata
perfettamente, ed ora ero in grado di muovermi come prima. Dovevo
risolvere una questione, e solo una persona era in grado di sciogliere
i miei dubbi. Arrivai alla casetta del vecchio Quil Ateara senza essere
notato, e quando entrai, il saggio non sembrò sorpreso. «Vieni avanti, figliolo, ti stavo aspettando». «Ho bisogno di parlarti, saggio». «Siediti. Vuoi del thé?» accettai, ben sapendo che non avrebbe accolto un rifiuto. «Cosa angoscia il tuo cuore, giovane Black?» «Ecco… è una lunga storia… il mio problema si chiama Bella Swan». «Conosco bene la storia, Jacob Black. La mia domanda era un’altra. Cosa ti turba?» «L’altra notte è successo l’imprevisto. Noi…» «Siete stati insieme, vero?» «Già.
Ed è stato in quel frangente che ho notato un paio di fatti strani. Ha
pianto, e sappiamo bene che i freddi non piangono. E i suoi occhi sono
tornati per alcuni istanti color cioccolato. Che succede, saggio?» Lo
avevo visto sussultare mentre descrivevo i dettagli. Il vecchio non
parlò, continuando a sorseggiare lentamente il suo the, e riflettendo.
Dopo un tempo che mi sembrò un’eternità, il vecchio Quil parlò. «Si
tratta di una delle più antiche storie segrete dei Quileute, Jacob
Black. Pochi capi la conoscono, e non viene quasi mai tramandata perché
potrebbe condizionare l’intera tribù. Ma quello che mi hai raccontato è
un segno. Devi sapere, giovane Black, che tanto tempo fa, ai tempi
della prima colonizzazione di questa zona da parte dei nostri antenati,
i primi Quileute pensarono di trovarsi in un territorio disabitato. Ma
en presto scoprirono che non era così. Nei dintorni viveva un’altra
tribù completamente opposta alla nostra, con la pelle diafana e fredda
e gli occhi di uno strano colore. All’inizio gli antenati pensarono si
trattasse di spiriti, ma poi si resero conto che erano degli esseri
umani come loro. O almeno così credevano. Con gli anni le relazioni fra
le due tribù si fecero sempre più strette, tanto che un capo tribù
Quileute, innamoratosi di una donna degli altri, decise di sposarla.
Tutti al villaggio erano contrari all’unione, temendo che due specie
così differenti tra loro a livello fisico potessero andare incontro
anche ad altri tipi di problemi. I più preoccupati erano proprio i
freddi, che temevano questa unione. Un fatto del genere non era mai
successo e nessuno sapeva cosa aspettarsi. Si trovarono dunque
costretti a rivelare alla nostra tribù la loro vera natura di non
morti. Sfortunatamente i due si amavano talmente tanto che non vollero
sentire ragioni e si sposarono. E giunsero i problemi, specialmente
quando la donna era assetata e trovare fonti di sostentamento divenne
un problema. Ma la magia dei Quileute era potente, e così l’antenato
decise di rivolgersi allo sciamano, chiedendogli di invocare gli
antichi spiriti per chiedere di far tornare umana la sua compagna, in
modo da risolvere tutti i problemi di dieta della donna. Lo sciamano
gli impose di isolarsi per un intero ciclo lunare per chiedere agli
spiriti il loro aiuto. Quando il giovane tornò, la sua compagna era
morta, fatto di per sé inspiegabile. Nessuno sembrò riuscire a spiegare
le ragioni, al punto che il giovane accusò i Freddi di aver agito per
gelosia e paura. Fu così che i rapporti tra le due tribù si
deteriorarono, fino al punto di costringere i Quileute a tracciare i
confini del loro territorio e farli rispettare dai Freddi. Il giovane
Quileute però non voleva che per colpa sua le tribù interrompessero i
rapporti, e quindi tornò dallo sciamano per chiedere nuovamente l’aiuto
degli spiriti. E questa volta lo sciamano gli fece una profezia. Il
momento non era propizio, ma quando i tempi fossero stati maturi le due
tribù si sarebbero riunite, grazie a un guerriero dal sangue puro e una
donna fredda come il marmo, con la pelle di alabastro, che avrebbe
pianto lacrime di cristallo da occhi color del cioccolato. A patto che
la stirpe del giovane guerriero fosse abbastanza pura. I due si
sarebbero uniti, sancendo una volta per tutte il legame fra le due
tribù. – Fece una pausa significativa – A quanto pare, i tempi sono
maturi, giovane Black». «Che cosa stai tentando di dirmi, saggio?» «Che
siete voi due, i giovani della profezia. La tua stirpe è la più pura e
antica della tribù, e Bella è la tua anima gemella, destinata a stare
con te dall’inizio dei tempi». «E che cosa significano i suoi occhi colo cioccolato e le sue lacrime?» «Sono
semplicemente due indizi del risveglio del suo lato umano. Non tornerà
umana, il suo cuore non riprenderà a battere, se è questo che stai per
chiedermi – disse prevenendo le mie proteste – ma alcune sue
caratteristiche si stanno risvegliando. E rimanendo con te il risveglio
sarà completo». Ebbi paura di porre la domanda successiva, ma dovevo
essere sicuro. «Quali suoi lati umani si stanno risvegliando, saggio?» «Beh,
alcuni sono visibili. Lo hai detto tu che può piangere. E i suoi occhi
stanno tornando del loro colore originale. Inoltre, sta cambiando la
sua temperatura corporea, sarà più simile a quella umana. Anche se
continuerà a non avere freddo e ad essere immortale». «E la sua dieta?» «Potrà cibarsi sia di sangue che di comune cibo umano, figliolo». «Insomma, sta diventando un ibrido». «Più
o meno. Ma rimane velenosa. Jake, figliolo, c’è anche un’altra
mutazione che forse è la più importante di tutte le altre…» Chiusi gli
occhi. Sapevo dove voleva andare a parare, e temevo quello che stava
per dirmi. «Fuori il rospo, saggio». «Dimmi una cosa, giovane Black… ti sei unito a lei per caso?» Oddio, ero arrossito come uno scolaretto! «Si». «Mmm…
fate attenzione. La profezia aveva previsto che una volta riunite le
due tribù il legame sarebbe stato sigillato con un essere frutto
dell’unione delle due razze». «Può essere pericoloso per lei?» «Non
lo so. Ma considerando la vostra natura di immortali, direi di no. Ma
farei attenzione. Tu e lei potete anche essere pronti per una cosa del
genere, ma il nostro popolo ancora no, figliolo». «Ma perché adesso? Perché non prima?» «Ciascuno
di voi aveva un percorso da affrontare per giungere dove siete ora.
Delle prove che vi avrebbero condotti qui. Era scritto nelle stelle,
Jacob Black. Vi sareste incontrati di nuovo». «E suo marito?» «Certamente conosce la profezia. Ma sicuramente lotterà per tenere sua moglie legata a sé». Alzai un sopracciglio, allarmato. «Dovrei ucciderlo, saggio? Non mi sembra il modo migliore per rinsaldare i rapporti tra le due specie». «Ascolta il tuo cuore, giovane Black. Lui saprà indicarti il cammino da seguire». Annuii, restando in silenzio per un po’. «Cosa posso dire al branco?» «Quello
che credi più opportuno. Sei tu il capo, adesso. E dal momento che la
profezia sta per compiersi, non c’è ragione di tenerla segreta. Ma,
ancora una volta, sarà il tuo cuore a guidarti. Stallo ad ascoltare,
hai il cuore puro Jacob. Ora và, giovane áachít – notai che aveva usato
il termine Quileute per indicare il capo tribù – e che gli spiriti
degli antenati guidino i tuoi passi». Mi poggiò una mano sulla testa in
segno di benedizione, quindi mi alzai e uscii. Dovevo riflettere, avevo
troppe cose su cui ragionare e onestamente non sapevo da quale parte
cominciare. Decisi che la cosa migliore era prima di tutto mettere
al corrente il branco. Gli altri membri della tribù potevano anche
restare all’oscuro, ma il branco doveva conoscere una profezia del
genere. Sapevo dove trovarli, tanto ormai erano tappa fissa a casa di
Sam e Emily. Quando entrai erano tutti lì, mi stavano aspettando consci
del fatto che ero stato dal vecchio Quil Ateara. Poteva significare
solo una cosa: novità. Mi sistemai in un angolo, appoggiato allo
stipite della porta della cucina, in mano una lattina di birra. Quando
fui certo che l’attenzione di tutti fosse per me, cominciai. «Ci
sono delle novità. Trovo giusto che voi sappiate, dato che il vecchio
Quil ha lasciato a me la scelta». E riferii tutta la conversazione
avuta poco prima. Non interruppero mai, nemmeno una volta, finché non
finii. Alla fine fu Sam a parlare per tutti. «Cosa pensi di fare adesso, Jake?» «Non ne ho idea. Non so neanche se valga la pena dirle tutto». «Lei ti ama». Non era una domanda, ma una semplice affermazione. E fu Paul a dirla. «E tu che ne sai?» Alzò le spalle, come davanti all’ovvio. «Me
lo ha detto lei. Le è la tua donna, fratello. Ti era destinata sin
dall’alba dei tempi. Tira fuori le palle e riprenditela. Non puoi
permettere a un imprevisto come il succhiasangue di portartela via. Se
vuoi sono disponibile a levarlo di mezzo!» Un sorriso beffardo gli
attraversò il volto. «Paul, non posso sancire un legame tra le due
specie uccidendo proprio suo marito». Sbuffò rumorosamente di
disappunto. Sam intervenne di nuovo per placare la situazione. «Le dirai tutto, fratello?» «Credo sia la cosa migliore, Sam. E poi lascerò a lei la scelta». Un’altra voce si levò dal gruppo. «Lei non cambierà idea. La mamma non è mai stata brava a prendere decisioni, Jake». «Lo so meglio di te, Ness. La conosco da tanto ormai. Sarà quel che sarà. Lascerò a lei la scelta, piccola». «Ma così sarai sempre tu a soffrire, Jake!» «Non
posso farci niente, Ness. Ti farebbe piacere se facessi a pezzi tuo
padre?» Ammutolì, capendo qual era il problema. Anche gli altri
zittirono per un po’. Fu di nuovo Sam a rompere il silenzio. «Qualunque sia la tua scelta, fratello, noi saremo con te». «Grazie,
Sam. Vado a parlare con Bella». Posai la lattina sul tavolo e uscii,
direzione casa mia. Il tempo stringeva e dovevo spiegarmi. Non speravo
di convincerla, ma solo di farle capire. Arrivato a casa trovai una
lettera. Quando ebbi finito di leggerla, sfrecciai fuori. Era troppo
tardi. |
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Capitolo 17 *** Epilogo ***
PrologoEPILOGO
POV Bella Scrivere
quella lettera era stato ancora più difficile di quanto avessi
immaginato. Non credevo che dire addio a Jake fosse ancora così
doloroso. Avevo pianto, ed ero talmente disperata che non avevo neanche
notato il fatto che non avrei dovuto poter piangere. Edward mi
rivolgeva a stento la parola, ed Alice continuava ad affannarsi intorno
a me facendomi mille domande alle quali rispondevo a monosillabi. Dopo
un po’ vedendo le mie reazioni, ammutolì e continuò ad aiutarmi in
silenzio. Non volevo partire. Non volevo andarmene. Non volevo
abbandonare Jacob un’altra volta. Mi fece male ammetterlo, ma ero
perdutamente innamorata di lui. Ancora. Il tempo non aveva minimamente
scalfito quello che provavo per lui. Tutto quel che avevo scritto nella
lettera erano bugie, tradite dalle lacrime che avevano bagnato il
foglio. Ogni parola, ogni menzogna era una pugnalata al cuore, che per
fortuna non sanguinava. Adesso, solo adesso avevo capito che il mio
cuore aveva smesso di battere proprio in quella stanza, il giorno che
avevo detto addio a Jacob Black e chiuso a chiave il suo ricordo. Uno
strano singulto mi uscì dal petto, col risultato che attirai
l’attenzione di Alice, che si girò a guardarmi in modo strano. «Tutto bene, Bella?» «Si… si... tutto… Oh, accidenti… e invece no! – mi sedetti pesantemente sul letto – non va bene per niente!» «Ne vuoi parlare?» «C’è poco da dire. Sono una persona orribile. Ho ferito tutte le persone che mi amano!» «Bella, tesoro… non sempre cuore e mente vanno dalla stessa parte. Neanche per noi vampiri. Credimi». «Alice, cosa stai cercando di dirmi?» «Tesoro, sono mesi che non riesco più a vedere il tuo futuro. Da quando abbiamo deciso che saremmo tornati a Forks». «Edward…» Esclamai subito allarmata. «Non
ne sa niente. O meglio, io non gli ho detto niente. Ma non è stupido e
certamente avrà già capito cosa sta succedendo. Che cosa pensi di fare?» «Ho
lasciato una lettera di addio per Jacob. Preferisco non vederlo più.
Sarà più semplice». Mi guardò in modo strano, accarezzandomi dolcemente
la schiena. «Sei sicura che sia quello che vuoi veramente? Bella,
Edward è mio fratello e non vorrei mai e poi mai vederlo soffrire… ma
ricordati che la decisione che prenderai sarà per l’eternità. Quindi se
hai anche solo il minimo dubbio…» e mi guardò di nuovo. «Perché mi stai dicendo tutto questo, Alice? Credevo tu fossi felice che avessi sposato Edward…» «Sono
felice se lo sei tu. Se questa decisione deve essere una sofferenza per
te, preferisco che tu cambi idea, prima di far soffrire anche lui». La
nostra conversazione fu interrotta da un leggero bussare alla porta, ed
Edward si affacciò. «Siete pronte, voi due?» «Certo, fratellino!
Piuttosto, vado a dare una mano a Jazz con i bagagli. Pensa a quello
che ti ho detto, Bella». Annuii distrattamente, Edward mi aveva stretta
tra le braccia. «Si può sapere cosa voleva dire Alice? E di cosa stavate parlando così fitto?» «Ma
niente, Edward. Mi stava solo dicendo che le mancherà Renéesme. E mi
chiedeva se abbiamo fatto davvero bene a lasciarla con i licantropi». «Tu che ne pensi?» «Secondo me non potrebbe essere in mani migliori. Seth la ama, e poi c’è Jake, e Billy, e Charlie…» «E allora si può sapere perché sei così preoccupata, amore?» «Perché
è pur sempre mia figlia, e non posso fare a meno di preoccuparmi per
lei». E perché sto pugnalando al cuore il mio amico, il mio testimone
di nozze, il mio amante. Edward mi baciò teneramente i capelli, quindi
sciolse l’abbraccio e uscì. Mi avviai lentamente verso la porta,
guardando quella casa un’ultima volta. Addio per sempre, amore mio. Salii
sulla volvo, che mi aspettava col motore acceso. Alice mi fissò
scuotendo la testa. Avevamo fatto qualche metro, ed eravamo ancora in
territorio Quileute, quando vidi con la coda dell’occhio un’ombra che
si fermò sul ciglio della strada, quasi a salutarci. Guardai meglio:
era il branco, con Ness, Rachel e Emily. E Jake davanti a tutti, lo
sguardo di fuoco e le braccia incrociate sul petto. Edward procedeva a
passo d’uomo per non sollevare polvere. Ora o mai più. «Ferma la macchina, Edward». «Ma Bella…» «Ferma la macchina». Avevo alzato il tono della voce. «Ma perché?» «Vuoi
fermarti, maledizione?» gli misi una mano sul volto, per mostrargli
cosa era successo tra me e Jake. Inchiodò e mi piantò gli occhi in viso. «Bella…» «Mi
dispiace, Edward. Non te lo meriti. Ma non posso venire con te.
Scusami». Scesi dall’auto e rimasi lì, impalata, a guardare Jake che mi
stava fissando. POV Jake “Jake,
perdonami se ti scrivo queste poche righe, ma so bene che se tentassi
di parlarti guardandoti negli occhi, la mia volontà verrebbe meno, come
sempre in tua presenza. Hai ragione tu, l’altra notte è stata uno
sbaglio. Un tremendo errore che devi dimenticare. Che entrambi dobbiamo
dimenticare. Anche a costo di strapparci il cuore.Non
ti chiederò perdono, perché mi rendo conto che il mio comportamento è
imperdonabile. Vorrei solo che tu capissi, che riuscissi per un attimo
a comprendere ciò che mi spinge a fare queste scelte. Ma temo che sarà
impossibile.Ti
chiedo solo un ultimo favore. E so che puoi farlo. Prenditi cura della
mia Renéesme e di Charlie. So che vuoi bene ad entrambi. Per il resto,
smetterò di incasinarti la vita sparendo per sempre. Definitivamente.
Addio per sempre, Jake. Addio, amore mio. Ti amerò per sempre. Bella”.Avevo
riletto quella lettera almeno una ventina di volte perché non riuscivo
a credere che fosse vera. Avevo notato le lacrime: aveva pianto mentre
la scriveva. La mia Bells aveva sofferto. Lei non doveva soffrire. La
rilessi un’ultima volta, ma oramai la sapevo a memoria. Scattai in
piedi in un lampo e corsi fuori, verso casa di Emily. Speravo di
trovarli ancora tutti lì. Aprii la porta rumorosamente, e dieci paia
d’occhi si girarono a guardarmi. «Se n’è andata» rantolai. Rachel si avvicinò, strappandomi di mano la lettera. La lesse furiosamente, con gridolini di protesta. «Ancora no – intervenne Seth – sono da mia madre. Ripasseranno a casa per prendere i bagagli. Puoi ancora fermarla, fratello». «Jake
– Rachel stava studiando le mie reazioni, una mano sul mio braccio –
vai da lei, fermala! Per la miseria fratellino, combatti per quello che
ami!»Le sue parole furono la molla che mi fece scattare insieme agli
altri. Uscimmo di corsa, li avrei aspettati al confine. Mi seguirono
tutti, pronti ad intervenire in caso di bisogno. Eravamo lì da un
paio di minuti quando vidi passare la volvo argento che tanto odiavo.
Bella guardava avanti, un punto fisso all’orizzonte, ma ero certo che
mi avesse visto. All’improvviso, non capii il motivo, la volvo si
fermò, e Bella scese dall’auto. Subito dopo ne scese anche la
sanguisuga, ma apparentemente non fece nulla per fermarla. Bella si era
girata, mi stava guardando negli occhi, lo sguardo color cioccolato
pieno di lacrime. «Jake, io… mi dispiace!» Non riuscii a dire
niente, spalancai le braccia per accoglierla e lei ci si tuffò.
«Scusami!» Singhiozzava. «Shhhh… va tutto bene, piccola! Ora basta!» Guardai truce suo marito, che ci guardava sgomento. «Bella…
stai piangendo! – la prese delicatamente per un braccio per farla
voltare – e i tuoi occhi… “lacrime di cristallo da occhi color del
cioccolato”. E la tua stirpe è la più pura, Jake. La profezia… si sta
compiendo!» «Vedo che ne sei al corrente». «Ovviamente si. E’ così? E’ questo che vuoi davvero, Bella? Restare con lui?» «Si
Edward… se Jake mi vuole ancora». La mia Bells, abbassò gli occhi
intimidita «E… se anche gli altri mi vogliono ancora!» Rimasi di sale
per quello che udii e vidi subito dopo. «Una promessa è una
promessa». Paul si fece avanti, un sorriso stampato in faccia, le
braccia spalancate per abbracciare Bells. «Bentornata, Bells». Sorrise
ancora di più, e gli altri gli si fecero intorno per salutare e
abbracciare Bella. Edward interruppe la scena. «Bella… amore… addio.
Sii felice. E’ la sola cosa che ho sempre voluto, lo sai. Se dovessi
avere bisogno di me, sai dove trovarmi. Addio». Salì in auto, lasciando
La Push a velocità moderata. E Bella tra le mie braccia. Per sempre. |
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