Glowing Sunshine

di AlyaVRose
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo
PROLOGO
Il ristorante era particolarmente vuoto quel giorno. Strano, dal momento che era l’unico locale di Forks che servisse qualcosa di più di coca-cola e pacchetti di patatine. C’erano solo quattro ragazze appollaiate sul tavolo più lontano, intente in una fitta conversazione e a bere le loro bibite, tra un battito di ciglia, un gridolino e una risatina soffocata, dandosi di gomito e lanciando occhiate maliziose al sottoscritto. Non che ci badassi, ci ero abituato. Quando un giovane Quileute usciva dalla Riserva e osava metter piede in città, le occhiate e i gridolini come quelli si sprecavano. Sorrisi, continuando a sistemare il locale. D’altro canto, non avevo mai prestato attenzione alle occhiate delle ragazze che si fermavano per strada per guardarmi. Non che non ci avessi provati, i primi tempi. Era più forte di me: me ne interessava solo una.
Erano trascorsi sei anni da quando la mia gioia, il mio sole, la mia vita, se ne era andata da Forks. I Cullen si erano dovuti trasferire in una nuova città per non destare sospetti sulla loro vera natura, oltre che sulla loro età; io sarei stato pronto a mollare tutto per seguirli, per seguirla. Ma loro – beh, in realtà uno di loro – era stato categorico: io sarei dovuto rimanere a La Push buono buono, per permettere alla mia unica ragione di vita di abituarsi a vivere lontano da me. Volevano insegnarle l’importanza di avere una scelta. Lo capivo, ma era doloroso. Non la vedevo da sei anni, ormai. E non sapevo neanche quando l’avrei rivista. Certo, ci sentivamo, ma non era la stessa cosa. Altroché, se non lo era! Non era affatto divertente stringere il cuscino tra le braccia, immaginando che fosse lei. E dovevo anche fare attenzione a come le parlavo al telefono, perché quella maledetta sanguisuga di Edward Cullen leggeva nel pensiero e sicuramente non avrebbe apprezzato il tipo di pensieri che mi venivano in mente mentre parlavo con lei. Non gli sarebbero piaciuti affatto.
Ero intento a sistemare il retro del bancone, chino su alcuni scatoloni, quando sentii il fastidioso scampanellio della porta – un campanello beffardamente attaccato a un acchiappasogni indiano – segno evidente di qualche avventore. Notai un silenzio di tomba scendere sul locale, e giunsi alla conclusione che probabilmente quelle quattro ochette erano intente a squadrare un altro di noi. Ma la voce che udii era l’ultima che mi aspettavo di sentire. Eppure, anche dopo secoli, l’avrei riconosciuta ovunque. Anche senza l’odore pungente che mi importunava l’olfatto sensibile. Ancora prima di pensare razionalmente, il mio corpo aveva reagito a quella voce.
«Salve… ho bisogno di un meccanico, temo di avere un guasto all’auto. Sai suggerirmene uno bravo?» Mi sollevai stupito, fissandola a bocca spalancata per più di un minuto. Poi saltai il bancone con un balzo agile, e mi trovai di fronte a lei.
«Bells… la mia piccola Bells! Dio, come sei bella!» Allargai le braccia, ancora un po’ sorpreso. Lei ci si tuffò, come se non aspettasse altro. In barba alla temperatura e all’odore. Quando c’era lei, non me ne fregava niente.
«Jacob Black, sei sempre il solito…. Quelle quattro poverette sospirano da almeno un’ora…» Ridacchiai. Era sempre la stessa Bells.
«Lo so. Ma nessuna regge il confronto con te, tesoro». La allontanai quel tanto che bastava per poterla guardare negli occhi color miele. Un brivido involontario mi percorse, e il suo sguardo limpido si offuscò.
«Jake…»
«Scusami Bells… è che non riuscirò mai ad abituarmi a non vedere più i tuoi occhi color cioccolato, piccola». La portai ad un tavolo, dove ci sedemmo.
«Non importa, Jake. Ti capisco. Del resto, mi sono trasformata nel tuo peggior nemico…»
«Piantala, Bells.Tu sarai sempre la mia Bells, e lo sai. E’ solo che… beh, sai quanto amavo i tuoi occhi». Mi sorrise. Il sorriso era sempre quello, pensai.
«E anche quello che c’era intorno ai miei occhi, Jake». non mi sfuggì il suo tentativo di sviare il discorso. Non era cambiata. E io la conoscevo bene, meglio di lui.
«Bells… cosa devi dirmi di così importante da essere venuta da sola?» La guardai negli occhi, serio. Distolse lo sguardo.
«Cosa ti fa credere che io sia sola?» Nonostante il viso di marmo, qualcosa non era cambiata. Bella non sapeva mentire. Neanche da vampira.
«Bella, sono io. Il tuo amico Jacob, ricordi? Quello a cui non riesci a nascondere niente».
«Neanche adesso?»
«Piccola, tu non sei mai stata in grado di mentire. Non è nel tuo DNA. Non ti hanno fabbricata geneticamente per mentire. Neanche adesso». Le presi la mano, mentre un angolo remoto del mio cervello registrò la considerazione che la sua temperatura avrebbe dovuto infastidirmi. Non era così. Giocherellai distrattamente con la sua fede nuziale per un lungo istante, prima che trovasse la forza di parlare».
«Beh, ecco… – abbassò gli occhi; se avesse potuto arrossire lo avrebbe certamente fatto – Edward e Renéesme arriveranno la prossima settimana, con la fine dell’anno scolastico. Ma io avevo bisogno di parlarti. Possibilmente senza intrusioni nella mente».
«Senti, Bells… qui ho quasi finito. Che ne dici se mi aspetti, così poi ce ne andiamo. Hai già un posto dove andare?»
«No. So che casa Cullen è stata venduta…»
«Puoi stare da me. La camera di Rachel è a tua disposizione».
«Ma… e Bil…» Si interruppe mordendosi il labbro, rendendosi conto di quel che aveva detto. Billy mi aveva abbandonato un anno prima. Adesso ero solo. Si riprese. «Scusa, mi dispiace. Fa ancora male, vero?»
«Sa, Bells… certi dolori non si esauriscono con il tempo. Puoi abituartici e imparare a conviverci, ma non puoi cancellarli». Probabilmente comprese che non mi riferivo solo alla morte del mio vecchio, perché sussultò e distolse lo sguardo. Ci eravamo fatti davvero molto male, e tanto ancora ce ne saremmo fatti. Lo sapevamo entrambi.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Prologo
01. ACCIDENTI A ME E LA MIA CAPACITA’ DI CACCIARMI NEI GUAI
Arrivammo a La Push che era praticamente ora di cena, quindi decisi di organizzare qualcosa di commestibile. Compito arduo. Bella lo notò e mi prese in giro.
«Non posso crederci, Jake! in tutti questi anni non hai imparato a cucinare qualcosa di decente?»
«Beh, in effetti la maggior parte delle volte mangio al ristorante».
«Spostati, faccio io». La guardai sorpreso, e lei sorrise.«Renéesme ha imparato a mangiare cibo umano, sai? E io non ho dimenticato che cucinavo per Charlie». Si rabbuiò, probabilmente pensando a Charlie. Decisi di cambiare discorso.
«Allora, cos’è che non vuoi che tuo marito senta, Bells?»
«Beh… prima mangiamo, ok? A pancia piena si ragiona meglio». Notai il fatto che avesse usato il plurale. La guardai con finto sospetto.
«Mangiamo?! Dì un po’, non avrai intenzione di cenare con me, vero?» Mi portai una mano al collo con finto disgusto, facendola trasalire.
«Ma Jake! Come ti viene in mente…» Scoppiai a ridere di gusto nel vedere il suo sguardo terrorizzato, al che si rilassò.
«Bells… piccola… non ho pensato che avresti potuto mangiarmi ai tempi della tua trasformazione, come potrei pensarlo ora?» Si rilassò visibilmente, cominciando a parlare del più e del meno. Mi raccontò molte cose su Renéesme, ma vedevo che era nervosa, che qualcosa la tormentava come un fuoco. Ma sapevo che era meglio non calcare la mano, avrebbe parlato quando se la fosse sentita. La serata trascorse piacevolmente, ma io ero distrutto e non riuscivo più a tenere gli occhi aperti. Dopo un po’ me ne andai a letto, conscio della presenza di Bella nella stanza accanto. Mi faceva uno strano effetto averla così vicino, eppure intoccabile. Sorrisi tra me per l’ironia del nostro destino, che ci aveva sempre comunque tenuti legati, nonostante tutto.
Era notte fonda, eppure nonostante la stanchezza, non riuscivo proprio a prendere sonno. Sentii un tocco lievissimo alla porta. Bells. Mi sollevai un poco, poggiando la testa sulla spalliera del letto, e mormorai un “avanti”, certo che mi avrebbe sentito.
«Non ti ho svegliato, vero?» Distolse immediatamente lo sguardo, quando si accorse che ero nudo coperto sommariamente da un lembo delle coperte. Sorrisi.
«Andiamo Bells, credevo che dopo tutto questo tempo, tutto questo fosse superato! Quando mi trasformavo per cacciare con Nessie…»
«Distoglievo lo sguardo, Jacob». E la stessa cosa fece in quel momento, notai con un misto di orgoglio e di fastidio. Fastidio, perché voleva dire che c’era un muro tra di noi, un muro chiamato Edward Cullen; orgoglio perché nonostante tutto ancora sembrava non restare indifferente.
«Che succede, Bells? Perché tutto questo mistero? Cos’è che tuo marito non può sentire?»
«Jake… tu vuoi bene a Renéesme, vero?»
«Ma che razza di domanda è? Pensi che me sarei rimasto qui buono buono ad aspettare, altrimenti?»
«Jake, credo che mia figlia si sia cacciata nei guai. Grossi guai. Edward continua a ripetermi che non è niente, che sono un po’ apprensiva come tutte le mamme, ma io conosco mia figlia, e capisco che è strana».
«Strana in che senso?»
«Strana… so che non è mai stata loquace, dato il suo dono, ma è sempre stata molto socievole, allegra… adesso è una musona, risponde a monosillabi e si rifiuta di usare il suo potere. Insomma, è più o meno come me quando… hai capito».
«Per la miseria, Bells… ancora non riesci ad ammettere la realtà dei fatti dicendo le cose come stanno. Quando Edward ti ha lasciata. E a proposito di tuo marito… che ne è della sua capacità di ficcare il naso nella mente di tua figlia?»
«Lo taglia fuori, Jake. Ha imparato a non lasciarlo entrare».
«E io cosa c’entro?»
«Vorrei che tu riuscissi ad ottenere un po’ della sua fiducia, a capire cosa la tormenta…»
«Dovrei fare la spia, Bells?»
«Certo che no. Non mi importa se mi racconti tutto o meno. Vorrei solamente che tu riuscissi a diventare per lei quello che eri per me».
«Mi stai chiedendo molto».
«Tu la ami, Jake?»
«Bells, ma… che razza di domande fai? E’ il mio imprinting!»
«E con questo?» La guardai sorpreso.
«Non ti seguo».
«Il fatto che sia il tuo imprinting non significa che tu sia innamorato di lei». Ero sbigottito. Bells – la mia Bells – stava mettendo in dubbio il mio amore per Nessie. Non potevo crederci.
«Jake… sto aspettando».
«Farei qualunque cosa per lei, Bells. Anche la spia per conto tuo».
«Mi basta. Per ora. Devo chiederti un’altra cosa, adesso. Riuscirai a tenere questa conversazione per te e non farla sapere a Edward?»
«Ovvio. Edward riesce a leggere solo quello che la persona pensa in quel momento. Di certo non ci rimuginerò davanti a lui». La guardai negli occhi, per tentare di capire cosa avesse in mente. «C’è altro, Bells?»
«No… no. Grazie, Jacob». Si alzò dal mio letto dove era seduta, e fece per andarsene. La bloccai per un polso. Fu un riflesso, un impulso incondizionato che non ebbi neanche il tempo di contrastare. La tirai verso di me, facendola atterrare sul letto. Non tentò neanche di opporre resistenza, col risultato che mi ritrovai il suo corpo freddo e marmoreo addosso, il viso a pochi centimetri dal mio. Un impulso irrefrenabile, che trovai la forza di combattere.
«E’ bello rivederti, Bells». Notai il suo sguardo confuso nel fissarmi negli occhi, nel rendersi conto che ci stavamo sfiorando. Si ritrasse imbarazzata, e per me fu come se mi avessero tolto una coperta di dosso in pieno inverno. Era già sulla porta, gli occhi dorati ancora confusi.
«Buona notte, Jake. Dormi bene». Cos’è, mi prendi in giro? “Dormi bene”? Ti pare che potrei dormire con tutto quello che è successo oggi, piccola? Pensi che riuscirei a prendere sonno, dopo tutto quello che mi hai raccontato? Che riuscirei a calmare questo cuore che galoppa, dopo quello che ci siamo detti, con e senza parole, Bells? Dopo tutte quelle rivelazioni, una domanda tornò ad affacciarsi prepotentemente alla mia mente, domanda che aveva continuato a tormentarmi continuamente negli ultimi sei anni. Esisteva qualcosa capace di eclissare un’anima gemella? Nonostante tutto, la mia risposta era sempre la stessa. No. Non esisteva.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Prologo
02. AVANTI JAKE, SMETTILA DI FARE IL BAMBINO E COMPORTATI DA UOMO.
Non dormii affatto quella notte, con tutti i pensieri che mi turbinavano ancora nella mente. Quando mi alzai, però, mi sentivo stranamente bene, riposato. Rilassato. Come se tutte le tessere del puzzle che stavo disperatamente tentando di mettere insieme da anni fossero finalmente ciascuna al proprio posto. Come se in tutto questo tempo avessi inconsciamente cercato un pezzo mancante che finalmente avevo trovato.
Andai in cucina, pronto a preparare l’ennesima colazione triste, quando mi accorsi che Bella aveva già pensato a tutto. Mi sentì arrivare, del resto per quanto potessi essere silenzioso lei era pur sempre un vampiro. La salutai cingendole la vita con un braccio, mentre con l’altra mano la giravo per guardarla negli occhi, assestandole un sonoro bacio sui capelli.
«Buongiorno piccola! Di’ un po’, vuoi viziarmi per caso? Sai che potrei prendere in considerazione di tenerti qui solo per prepararmi la colazione?» Alzò il viso di scatto piantandomi negli occhi quello sguardo liquido, con finto cipiglio, brandendo un mestolo.
«Grazie tante! Dunque abbiamo finalmente scoperto le tue vere intenzioni, signor Black. Vuoi tenermi con te per fare di me la tua squaw. Attento, potrei picchiarti!»
«Con quello?!» E indicai il mestolo con il mento, un sopracciglio sollevato.
«No… a mani nude. Sono forte abbastanza, adesso!» E così dicendo, gettò il mestolo nel lavandino con un movimento aggraziato, mentre poggiava l’altra mano sul mio petto e mi spingeva via, spedendomi dritto dritto addosso al muro senza farmi male. Io la stringevo ancora, per cui lei si ritrovò stretta a me addosso al muro della cucina. Situazione un tantino intima. Tentai di sciogliere l’abbraccio, ma Bella non sembrò far caso al mio imbarazzo. Mi guardava ancora con quegli occhi liquidi, che mettevano a dura prova il mio autocontrollo. Mi tremarono le ginocchia. Andiamo Jake! Smettila di comportarti come una verginella impaurita e fai l’uomo, dannazione! Le passai delicatamente le dita sul viso marmoreo seguendone il profilo. La sua reazione mi spaventò e mi fece gioire allo stesso tempo. La vidi sussultare e rabbrividire, mentre gli occhi dorati si facevano ancora più liquidi. Non so come, trovai la forza di allontanarla, spostando il braccio.
«Sarà meglio che vada ad avvertire il branco. Tuo marito arriverà tra qualche giorno, e immagino che con lui arriveranno anche tutti gli altri Cullen. Vorrei evitare incidenti. Ti va di accompagnarmi?»
«Pensi sia il caso?»
«Perché no? I nostri rapporti sono migliorati di molto, e gli altri saranno felici di vederti. Mi vesto e andiamo». Tornai in camera con la scusa di vestirmi, ma volevo cinque minuti per riflettere da solo. Non ero scemo, i miei occhi non mi tradivano. E soprattutto, il mio istinto non mi tradiva. Bella si era aspettata che la baciassi. O peggio, voleva che la baciassi. Sogghignai. Non l’avrebbe avuta vinta tanto facilmente, stavolta. Non ero più il ragazzino di qualche anno prima. Le avrei dato del filo da torcere. E mi sarei preso una rivincita.
Tornai di là e notai la scintilla nel suo sguardo nel vedermi. Indubbiamente mi considerava bello, e io avevo fatto in modo di giocarci un po’ su. Sapevo di piacerle di più con i capelli sciolti, quindi li lasciai così, che arrivavano alle spalle. Avevo indossato un paio di bermuda color kaki che anche quella rompipalle di Leah aveva approvato. Bella non mi staccava gli occhi di dosso, li sentivo costantemente appuntati su di me. Te la sei cercata, Bells. Hai scelto il pinguino, invece di me. Adesso goditi il gelo.
«Vogliamo andare?» Parve riscuotersi. Sospirò.
«Certo. Andiamo». Prese la mano che le porgevo, e ci avviammo. Dopo cinque minuti, eravamo davanti a casa di Emily. Speravo che fossero tutti lì, come sempre. E infatti non sbagliai. Bella esitò un istante, probabilmente temendo l’accoglienza poco calorosa di qualcuno, ma quando Emily ci aprì la porta sorridendo, la sentii rilassarsi visibilmente.
«Guarda chi c’è! Bella, che bello rivederti!» Istintivamente l’abbracciò; del resto quelle due erano diventate amiche. Vidi Sam irrigidirsi a quella scena, e gli feci un cenno impercettibile. Anche Bella lo aveva notato, e staccò dolcemente Emily guardandola negli occhi.
«Emily, scusa… non so se sia il caso…»
«Scusa Bella… avevo dimenticato… forse hai sete?» Bella rise. La sua risata era la cosa più bella che avessi mai sentito.
«Non era per quello, Emily. Non sono assetata. E anche se lo fossi, non riuscirei mai a mordere un umano. Non ci sono mai riuscita. E’ solo che ho visto lo sguardo di Sam, e non vorrei che mi sbranasse!» Rise di nuovo.
Una voce proveniente dall’interno di casa di Emily ci fece alzare lo sguardo.
«Hey Bells, non si salutano più gli amici?» Solo un’altra persona oltre a me la chiamava Bells. Vidi il sorriso di Bella allargarsi ancora.
«Seth! Vieni immediatamente a salutarmi!» Il moccioso non se lo fece ripetere due volte, e saltò a piedi pari la ringhiera di Emily, quindi sollevò Bella come se avesse due anni e le stampò un sonoro bacio sulla guancia. Alla fine entrammo tutti in casa, anche se stavamo un po’ stretti. Paul e Rachel ci raggiunsero quasi subito, oramai vivevano insieme da un pezzo. E Rachel era incinta. Bella lo notò subito, ovviamente aveva lo sguardo acuto e l’udito sviluppato.
«Rachel, congratulazioni! Sapete già se sia maschio o femmina?»
«Abbiamo fatto l’ecografia pochi giorni fa. – Era raggiante, e Paul non riusciva a togliersi il sorriso idiota dalla faccia – sembrerebbe un maschietto».
«Avete già deciso il nome?»
«Beh, se fosse una femminuccia, pensavamo Evelyn, come la mamma di Paul. Se è un maschio… beh… – e mi guardò. Da quando mia sorella era in imbarazzo di fronte a me? – pensavamo di chiamarlo Billy». Ok. Ero un idiota. Rachel temeva di ferirmi, non sapendo che invece mi stava facendo il regalo più bello del mondo.
Restammo ancora un po’, dato che dovevamo organizzarci per il ritorno dei Cullen. Ma dopo un’ora mi alzai, dovevo andare al ristorante. Ma mi dispiaceva lasciare Bella da sola. Sam sembrò leggermi nel pensiero.
«Bella, perché non resti? Non credo che Jake abbia bisogno della scorta!»
«Non vorrei dare fastidio…»
«Piantala di dire stupidaggini. Giusto Emily?»
«Bella, non provarci. Hai sei anni di arretrati da raccontarmi». Perfetto. Niente male come accoglienza. Le mandai un bacio sulla punta delle dita e uscii. Sentii San mormorare qualcosa e seguirmi. Quando fummo soli mi voltai.
«Che succede, Sam?»
«A che gioco stai giocando, fratello?»
«Che vuoi dire?»
«Andiamo Jake… diciamo che mi sembra che la signora Cullen non ti sia proprio del tutto indifferente… e tu hai avuto l’imprinting con Nessie. O no?»
«Infatti è così, Sam. Sono solo felice di vederla. Del resto sono passati sei anni e lei è la mia migliore amica. Oltre ad essere stata il mio primo amore».
«Sicuro che il tempo verbale sia giusto? E’ davvero tutto passato, Jake?»
«Fra te e Leah è tutto passato, Sam?»
«E questo… – sospirò. – Hai ragione. Il primo amore non si scorda mai. Ma fa’ attenzione, a giocare col fuoco puoi scottarti!» Mi sorrise, e fece per voltarsi. Lo richiamai.
«Sam...»
«Si?»
«Semmai è lei che gioca col fuoco, date le nostre temperature! A me un po’ di fresco può solo far piacere». Scoppiammo a ridere di gusto, finché Sam non sparì dentro casa.


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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Prologo
03. ADORO LE SITUAZIONI COMPLICATE, SOPRATTUTTO SE SI COMPLICANO ANCORA
Neanche quella notte riuscii a dormire. Troppi pensieri mi turbinavano nella mente, e mi sentivo come se stessero tessendo attorno a me una ragnatela in cui sarei sicuramente rimasto invischiato. Gli sguardi di Bella non potevano essere fraintesi, il messaggio era chiarissimo, ma Nessie… Già, Nessie. Il mio piccolo mostriciattolo. Aveva bisogno del mio aiuto, ma indubbiamente non lo avrebbe chiesto mai. Toccava a me farle capire che poteva fidarsi. Ero assorto in queste riflessioni, quando sentii distintamente degli strani singhiozzi soffocati provenire dall’altra stanza. I vampiri non piangevano, lo sapevo bene, ma potevano singhiozzare. E Bella stava indubbiamente piangendo. Dopo un paio di minuti lo scatto della maniglia mi fece sobbalzare. Nel buio, vidi due occhi color del miele avvicinarsi circospetti. Un sussurro, lieve come il vento, proprio nel mio orecchio.
«Jake, stai dormendo?»
«No. Che succede, Bells? – mi sollevai sul gomito per guardarla negli occhi – ti ho sentita piangere. Tutto bene?»
«Mi dispiace, non volevo svegliarti».
«Ero già sveglio. Non riesco a dormire, ultimamente».
«Da quando?»
«Da quando sei qui, Bells».
«Bene, sono contenta. Sono proprio diventata un incubo, per te!» Si rabbuiò, probabilmente dispiaciuta da quello che le avevo detto. Sospirò e riprese, seria. «Lo so che tecnicamente io non dormo, ma mi piace comunque restare a letto, la notte. Ma stanotte ho degli strani presentimenti, mi sento… strana». Oddio, sembrava una bambina spaventata. Erano anni che non la vedevo così! Non dissi niente, scostai di poco le coperte e le feci spazio. Non c’era bisogno di parole, in quel momento. Lei si accoccolò sul mio petto, e istintivamente l’abbracciai.
«Grazie, Jake».
«Piantala di ringraziarmi, Bells. Sei mia amica, no?» Sobbalzò a quelle parole, forse pensando che non lo avrei notato. «Che succede?»
«Niente… non mi merito la tua amicizia, Jake. Tutto il male che ti ho fatto…» Le misi un dito sulle labbra per farla tacere.
«E’ acqua passata, piccola». Alzò gli occhi dorati piantandoli nei miei, e sentii chiaramente qualcosa darmi un pugno nello stomaco. Erano tristi, pieni di dolore. Come quando quell’idiota di Cullen l’aveva mollata. «Bells, tuo marito non ti ha lasciata di nuovo, vero?»
«No, ma che vai a pensare?»
«Hai lo stesso sguardo di allora, Bells. Vuoto. Triste. E solo».
«N…no… non credo… Voglio dire, non sono triste!»
«Tranquilla, piccola. Non sei obbligata. E non devi giustificarti con me, lo sai». La guardai negli occhi per un lungo istante, accarezzandole dolcemente il viso con la punta delle dita.
«C’è dell’ironia in questa situazione…» Avevo capito benissimo a cosa alludesse.
«Già. Ma allora non eri ancora legata a lui. Non in modo indissolubile, intendo».
«Ed ero umana». Tentò di distogliere lo sguardo, ma la mia mano glielo impedì. Mi stava nascondendo qualcosa, ne ero certo. Ma non era quello il momento di insistere.
«Bella, vuoi ficcarti in quella testa che non me ne frega un accidente se sei un vampiro? Pensi che starei qui a tenerti stretta tra le braccia altrimenti?» Lo sguardo che mi regalò era così dolce, tenero e pieno di richieste che mi sciolse il cuore. Per un solo, minuscolo maledetto istante il mio autocontrollo andò a farsi una passeggiata, e io mi ritrovai a baciare Bella. Pensavo che mi avrebbe fermato, furiosa, invece il mio cuore mancò un battito quando la sentii rispondere al bacio, come se fosse la cosa più normale del mondo. Mi staccai quasi subito, scosso e preoccupato dalla sua reazione. Fu un istante, ma il bagliore che vidi nel suo sguardo rispondeva a tutte le domande che mi facevo da più di sei anni.
«Perdonami, Bells. Non succederà più».
«Non è la prima volta che mi baci, Jacob».
«Ma ora sei sposata, hai una figlia. Che tra parentesi è il mio imprinting. Non avrei dovuto. Mi dispiace».
«Facciamo finta che non sia successo, allora. Posso restare qui con te?»
«Certo, certo. Ma ti offendi se schiaccio un pisolino?» Non finii neanche la frase che mi ero addormentato, seppur ben cosciente della presenza di Bella al mio fianco.
Quella notte sognai; sognai le nostre giornate insieme quando quel manichino inamidato e surgelato di suo marito l’aveva praticamente gettata tra le mie braccia, sognai i suoi sguardi quando per lei ero tutto. Mi svegliai di soprassalto, zuppo di sudore. Lei era ancora lì tra le mie braccia. Lo apprezzai.
«Un brutto sogno, Jake?»
«Già, già…»
«Una volta ero io quella che faceva brutti sogni, se non sbaglio».
«Adesso non più, Bells?»
«Beh, ormai non dormo…» Mi sorrise. Decisi che era meglio alzarmi e fare una doccia, prima di essere attratto di nuovo sull’orlo di quell’abisso color caramello.
«Bells, dovrei alzarmi… se non vuoi che esca fuori dal letto davanti a te, sarà meglio che tu esca, piccola».
«Scusa, hai ragione… vado a preparare la colazione». Si alzò con una grazia che mi fece male al cuore, ma resistetti all’impulso di prenderla di nuovo per il polso per tirarla vicina.
La doccia riuscì a calmarmi un poco, ma non bastò. Mi sentivo come una bomba a orologeria, pronto a esplodere, avevo bisogno di parlare con qualcuno di tutta questa situazione, ma chiunque avessi scelto, il resto del branco lo avrebbe saputo. Eppure… Doveva esserci qualcuno che avrebbe saputo cosa dirmi. Mi venne in mente un solo nome.
Mi vestii velocemente, ma con particolare attenzione, quindi andai in cucina attirato dall’odore fantastico della colazione. La trovai alle prese con i cereali, il resto era già tutto pronto in tavola. Mi sorrise dolcemente, quindi indicò con fare significativo il frigo sospirando.
«Dimmi una cosa, Jake, hai deciso di fare lo sciopero della fame o speri che il cibo si materializzi da solo nel tuo frigo?» La guardai un po’ sorpreso, non sapevo cosa rispondere. Lei continuò, pragmatica.
«Ok, visto che oggi è il tuo giorno libero, ti costringerò ad entrare in un supermercato a fare la spesa. E non voglio sentire ragioni».
«Veramente… senti Bells, vai tu. Io ho bisogno di vedere il consiglio, oggi. Sai… questioni del branco. Ma ti raggiungo appena finito».
«Va bene, come vuoi. Certo che voi maschi, quando si tratta di fare la spesa ve la svignate sempre!» Le sorrisi con fare colpevole, meglio che lo credesse. Avevo bisogno di stare da solo, di riflettere su tutto quel casino di situazione.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Prologo
04. NON SEMPRE LE SITUAZIONI DIFFICILI SI SBROGLIANO PARLANDONE
Ero meccanicamente arrivato giù a First Beach, quasi come se una forza invisibile mi avesse trascinato lì. Il mio cervello lavorava febbrilmente alla ricerca di una soluzione che purtroppo non c’era; e la cosa comica era che mi ero cacciato io in quel casino, sette anni prima. Avevo fatto tutto da solo, e adesso avevo solamente voglia di prendermi a schiaffi. Mi ero trovato in una situazione in cui dovevo per forza effettuare una scelta dolorosa, di qualsiasi natura essa fosse. E l’unica persona che avrebbe sofferto ero io.
Lo sapevo, sapevo quando avevo preso tutte le decisioni che mi avevano portato al punto in cui ero, sapevo quello che stavo rischiando, ma in quel momento era la sola possibilità per salvare il salvabile, per non mettere in pericolo le persone che amavo. Ma adesso tutto quello che avevo creato, la fragile realtà che avevo costruito mi stava crollando in testa come un castello di carte, e io non potevo fare altro che vederlo crollare. Ad ogni modo, non volevo e non potevo tornare indietro. Non potevo certo presentarmi al resto del branco e dire “ok fratelli, è stata tutta una finta, facciamo finta che non sia successo”. Mi avrebbero sbranato, e con ragione. E soprattutto avrei messo in pericolo una famiglia di vampiri che, per quanto mi costasse ammetterlo, era diventata molto importante nella mia vita. Non ero in cerca di consigli, avevo solamente bisogno di vuotare il sacco con qualcuno, qualcuno che potesse capire come mi sentivo, che non mi avrebbe giudicato, a prescindere da qualsiasi cosa gli avessi detto. Ma certo non potevo andare da Quil o Embry, anche se mi avrebbero assolutamente sostenuto. La loro mente sarebbe stata condivisa dal resto del branco, e quindi tutti avrebbero saputo tutto.
Mentre continuavo assorto le mie riflessioni, arrivai proprio nel posto che cercavo, al centro della riserva. Le mie gambe mi avevano condotto in maniera automatica nell’unico posto che probabilmente avrei scelto razionalmente. Sapevo che quella era la sola persona che mi avrebbe sostenuto, aiutato e appoggiato senza chiedere niente in cambio. Ero davanti a una costruzione. Una casa, in particolare. La casa di uno dei membri del branco. Mi augurai che la persona che cercavo ci fosse. Bussai e senza aspettare risposta entrai. Benedissi l’abitudine dei Quileute di non chiudere le porte a chiave. Una voce melodiosa, che avrei riconosciuto tra mille, mi salutò.
«Ciao Jake. Paul non c’è».
«Lo so, Rachel. Sono venuto per vedere te, sorellina».
«Jacob, ci vediamo praticamente tutti i giorni…»
«Lo so, ma c’è sempre Paul. E gli altri».
«Ho capito. Si tratta di qualcosa che il branco non deve sapere. Fuori il rospo».
«Tu prometti di non dirlo a Paul?»
«Jake… lui è il mio uomo, ma tu sei mio fratello. Il legame di sangue non si discute. Spara. Ti va una tazza di caffè?» Sorrisi. Era questo che amavo in Rachel; era come Billy. Niente fronzoli, ma dritta al sodo. Mi mise davanti una tazza di caffè bollente e ne versò una anche per sé, per poi posare la caraffa sul tavolo in mezzo a noi. La guardai negli occhi un lungo, lunghissimo istante, quindi cominciai. Le raccontai tutto dall’inizio, senza fermarmi, cercando di essere il più razionale possibile e di vedere la cosa con i suoi occhi. Non avevo paura, ma certo rivivere quei tristi ricordi, quelle sofferenze così profonde e quelle situazioni allucinanti mi stava mettendo a dura prova. La mia voce tremava, non per le lacrime o per la rabbia, ma per il carico di emozioni che mi stavo scrollando di dosso. I pugni stretti sul tavolo a torturare la tazza del caffè ormai quasi vuota, lo sguardo perso nel liquido scuro, nel tentativo di cancellare quei ricordi e nella speranza che rivivendoli facessero meno male. Ma non era così, e lo sapevo bene. Erano sei anni che rigiravo il coltello nella piaga. Rachel non mi interruppe mai, nemmeno una volta, ma attese pazientemente la fina della storia prima di dire qualcosa. Alla fine prese la mia mano destra nelle sue, mi piantò gli occhi negli occhi e sospirò. Rifletté a lungo, cercando di trovare le parole più giuste. Ma non ce n’erano. Non ero andato lì per farmi compatire, ma solo perché avevo bisogno di qualcuno con cui sfogarmi. Glielo dissi, e lei capì. Come sempre.
«E’ veramente un gran bel casino, fratellino. Perché lo hai fatto?»
«In quel momento era la sola cosa sensata da fare. Non vedevo altra soluzione».
«E tu per tutto questo tempo ti sei portato un simile peso sulle spalle, senza che gli altri lo capissero? Ma come ci sei riuscito, Jake?»
«Sono diventato piuttosto bravo a far tacere il mio cuore e i miei pensieri, Rachel». Stavo per mettermi a piangere, ma non me ne importava. Sapevo che Rachel non mi avrebbe giudicato meno uomo per quelle lacrime. E infatti me lo disse.
«Ci è voluto del coraggio, Jake. E anche una buona dose di masochismo». Non riuscii più a dire niente perché grosse lacrime evaporarono sul mio viso. Rachel si alzò e mi venne vicino, stringendomi tra le braccia come faceva nostra madre da bambini per consolarci. Mi sentii subito meglio.
«Scusa, è stato un momento di debolezza».
«Mi prendi per il culo, Jake? Ancora sto cercando di capire come hai fatto a resistere tutto questo tempo! E adesso che farai?»
«Niente».
«Che vuol dire niente?»
«Vuol dire niente, Rachel. La situazione ormai è troppo ingarbugliata, e io non voglio mettere in pericolo la vita di nessuno. Le cose resteranno così».
«Ma tu continuerai a soffrire! E finirai per spaccarti il cuore».
«Impossibile».
«Perché?»
«Non ho più un cuore da spaccare». Così dicendo le sorrisi mestamente, le deposi un bacio sui capelli e me ne andai, dopo averla salutata. Mi sentivo svuotato, e sapevo che non era colpa di Rachel. Avevo preso una decisione tanti anni fa, e adesso non mi restava altro da fare che rispettarla. Tanto il mio cuore non avrebbe sofferto. Era morto. Tanto tempo prima.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Prologo
05. MA IL KINDER PINGUI’ NON POTEVA RESTARSENE IN ALASKA?
Il rumore dell’auto era riconoscibile in tutta La Push. Bella era schizzata praticamente volando fuori di casa per riabbracciare sua figlia e suo marito. Dietro la Volvo, un’altra auto che riconobbi immediatamente. Una Mercedes nera, con i vetri scuri. Ma non ne scese chi immaginavo. Jasper fu il primo a scendere e a venirmi incontro per salutarmi; poi fu la volta di Alice, che mi strinse la mano un secondo di più del normale.
«Devo parlarti, Jacob» mormorò così piano che gli altri non sentirono. Annuii impercettibilmente. Avevo appena finito di salutare Edward, quando una voce melodiosa catturò la mia attenzione, facendomi guardare alle spalle del vampiro.
«Jake… ciao…» Era intimidita. Pensava che non l’avrei riconosciuta? Che non le volessi più bene? Che l’avrei respinta? Sciocchezze! Lei era il mio mostriciattolo!
«Mostriciattolo… vieni immediatamente qui e abbracciami!» Spalancai le braccia proprio nel momento in cui Nessie ci si tuffava, come quando era bambina. La strinsi forte, il suo profumo mi colpì come sempre. Era esattamente come lo ricordavo. Favoloso. Le baciai i capelli e la strinsi a me, finché il silenzio non divenne imbarazzante. Fu suo padre a interromperci, con una risatina.
«Ti dispiace mollarla, Jake? La consumerai!»
«Eddai amico… non la vedo da sei anni! Ho parecchio tempo da recuperare!» Sorrisi dolcemente, la presi per mano e andai verso il gruppo che ci stava aspettando ridacchiando e dandosi di gomito.
«Finito di divertirvi alle nostre spalle? Piuttosto, avete già trovato una sistemazione?» Mi pentii subito di averlo chiesto, in fondo non erano affari miei. Ma loro evidentemente non ci badarono. Fu Edward a rispondere.
«Pensavamo di andare a Port Angeles… qui a Forks non c’è niente».
«Anche la vostra casa è stata venduta?»
«Certo… faceva parte della proprietà».
«Sentite, ho una proposta… forse non vi piacerà, ma vi prego di pensarci. Non sopporto di tenere Nessie ancora lontano da me. Mi darò dello scemo per quello che sto per dirvi ma… potete stare da me. Io andrò da Rachel e Paul». Bella intervenne.
«Jake… non è giusto… ti stiamo praticamente cacciando da casa tua…»
«Se mi posso permettere, – Edward piantò gli occhi color miele nei miei – posso sapere perché te ne vorresti andare? Se ricordo bene, casa Black è grande abbastanza…»
«No, Edward, ci sono solamente tre camere. Una per voi, una per Nessie e una per Alice e Jasper».
«Jake – Alice mi si avvicinò e mi sorrise con aria cospiratrice – io e Jasper abbiamo visto un cottage delizioso lungo la strada. Ci stavamo chiedendo se ci fosse modo di sapere se può essere affittato… sai, dopo tutto questo tempo un po’ di intimità ci piacerebbe…» e mi strizzò l’occhio.
«Ho capito di quale parli, Alice. Non credo ci saranno problemi, è di uno degli anziani della tribù». A che gioco stava giocando la nanerottola?
«Bene – intervenne di nuovo Cullen – vedo che siamo diminuiti di numero… sei certo che non ti dia fastidio avere delle sanguisughe in giro per casa, Jake?» Non c’era ironia nella sua voce, ormai era successo il miracolo. Il licantropo e il vampiro non si facevano più la guerra, erano diventati amici. Beh, io gli avrei staccato volentieri la testa, ma i motivi erano altri.
«No Edward, nessun fastidio. Per voi invece sarà un problema l’odore di cane?»
«Assolutamente no. Credimi». Non so perché, ma gli credetti. Glielo dissi.
«Bene, allora è tutto sistemato – Bella sembrava felicissima della piega degli eventi – Renéesme starà nella stanza di Rachel, se per te va bene, e noi in quella di Billy. Che ne dici?»
«Mi sembra ottimo. Se intanto voi volete entrare, vado a risolvere anche la questione del cottage». Feci per avviarmi, ma Alice mi bloccò chiedendomi se poteva accompagnarmi. Avevo intuito la ragione, quindi acconsentii. Jasper rimase lì per aiutare gli altri con i bagagli. Bene, saremmo stati da soli. Mi sembrava un po’ strano trovarmi da solo con un vampiro che non fosse Bella, ma effettivamente dovetti ammettere che mi fidavo di Alice. Fu lei che ruppe il silenzio.
«Pensi che ci saranno dei problemi per il cottage, Jake?»
«Nah. E’ della famiglia di Seth».
«Oh, beh, allora… – E mi sorrise. – Jake… – mi bloccò mettendomi una mano gelida sul braccio. Strano come quel contatto ormai non mi desse più nessun fastidio. E neanche a lei, sembrava. – Ho bisogno di parlarti».
«L’avevo capito. Fuori il rospo, Alice». Mi fermai di fronte a lei, le braccia incrociate e lo sguardo serio immerso in quel mare di caramello. Prese un lungo respiro, quasi ne avesse bisogno, prima di parlare.
«Non riesco più a vedere Bella». Lo disse d’un fiato, il tono preoccupato.
«Per forza, è con me! Dai Alice, sai che non puoi vedere i licantropi…»
«Magari fosse solo questo, Jake. Sono mesi che non riesco più a vedere il suo futuro». Mi irrigidii, cercando di far filtrare nel cervello le implicazioni di quello che Alice mi aveva appena detto.
«Che cosa stai cercando di dirmi, Alice?»
«Che da qualche mese non riesco più a vedere chiaramente il futuro di Bella. Anzi, diciamo che non lo vedo proprio. E’ successo tutto da quando abbiamo preso la decisione di tornare a Forks per aiutare Nessie. E Bella… si è volatilizzata! E allo stesso tempo, tenta di evitarmi in tutti i modi per paura che le faccia domande».
«Magari è solo un momento di smarrimento, Alice». Cercai di tranquillizzarla, era davvero preoccupata per Bella. Ma che diavolo mi prendeva? Adesso ero anche diventato il muro del pianto delle sanguisughe! Ma Alice mi faceva tenerezza, col suo visino da folletto sinceramente in apprensione per la sua amica.
«Jake, non è un momento. Sai bene che significa. Le possibilità sono solamente due. O Bella non avrà più un futuro perché morirà, o…»
«O deciderà di passare il resto della sua esistenza con un licantropo». Le parole mi colpirono come un pugno. Dirle forte, ammetterlo, faceva male, era come rimestare in un calderone tappato da tempo. Non avrei voluto dar voce ai miei pensieri, ma adesso che lo avevo fatto, la paura che mi aveva attanagliato era diventata terrore. Non potevo permettermi una eventualità – ma era una eventualità? – del genere.
«Edward…»
«Non ne sa nulla, ovviamente. Ma non so per quanto tempo ancora riuscirò a tenerlo all’oscuro. Dobbiamo fare qualcosa».
«Cercherò di parlare con Bella, e di convincerla a non fare idiozie. Ma sai che spesso non mi ascolta. Comunque, conta su di me, Alice».
«Grazie, Jake. Ci speravo. Ma fai in fretta, prima che Edward scopra tutto e stacchi la testa a sua moglie». Rabbrividii all’idea.
«Pensi che ne sarebbe capace?» La voce mi uscì in un ringhio.
«Non credo, stai tranquillo. Sai che non le farebbe mai del male. E adesso, andiamo a parlare con i Clearwater per il cottage».  Ci incamminammo di nuovo, ma poco dopo mi fermai improvvisamente, colto da un’idea.
«Dì un po’, avete fatto apposta a scegliere il cottage, vero? Così tuo fratello sta a distanza di sicurezza dal tuo cervellino». E così dicendo le toccai scherzosamente la fronte con l’indice. Dovevo essere impazzito! Ma Alice non ci fece caso, e rise.
«Proprio così, volevo solo essere sicura che fosse abbastanza lontano».
Arrivammo a casa dei Clearwater in cinque minuti, e ci mettemmo un bel po’ a convincere Sue a cedere il suo cottage alle sanguisughe. Leah fu più tosta di sua madre, ma per fortuna Seth si impose, e il cottage fu nostro. Almeno una cosa eravamo riusciti a sistemarla. Tornammo a casa, accompagnati da Seth che aveva insistito per rivedere Edward.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Prologo
06. A QUANTO PARE I GUAI DI NESSIE SONO PIU’ GROSSI DI QUANTO IMMAGINASSI
Sentii un rumore provenire dalla camera di Rachel, un’imposta che si apriva cigolando. Immaginai che Nessie stesse per uscire, dalla finestra ovviamente. Decisi di agire, volevo proprio cercare di capire cosa stesse combinando. Mi spogliai al volo, gettai pantaloni e maglietta dalla finestra e saltai, atterrando su quattro zampe. Quando fui all’aperto mi trasformai di nuovo e mi vestii velocemente, per affrontare Nessie.
«Ciao piccola… vai da qualche parte?»
«Jake… non mi aspettavo… io… ecco… volevo fare quattro passi…»
«Ti va se vengo con te? Magari possiamo andare a caccia…» Vidi un bagliore nei suoi occhi, proprio come mi ero aspettato. Avevo toccato un tasto sensibile. Le era sempre piaciuto cacciare con me.
«Beh… è tanto tempo che non vado più a caccia, Jake…»
«Appunto. Immagino possa farti piacere. E volevo accompagnarti…»
«So difendermi da sola». Il suo tono era giocoso, mi stava stuzzicando per vedere le mie reazioni.
«Non lo metto indubbio, mostriciattolo. Ma mi sei mancata, e avevo voglia di stare con te».
«E dove vorresti portarmi, Jake?» Si era avvicinata, col risultato che adesso i nostri corpi si sfioravano ed io ero pienamente cosciente del calore che emanava, del suo profumo che mi faceva diventare matto. Merda. Mi stava provocando volutamente, ed era maledettamente sensuale, la mocciosa! Piccola sirena ammaliatrice!
«Allora, vogliamo andare?» La sua voce mi riscosse in tempo, stavo per fare una cazzata di cui avrei pagato le conseguenze per il resto della mia esistenza. Ed ero praticamente immortale.
«Vieni». Le tesi la mano e la guidai verso First Beach; sapevo che le sarebbe piaciuto. Ci sedemmo sulla spiaggia e restammo lì a lungo, senza parlare. Fui io a rompere il silenzio.
«Nessie, piccola, ti fidi di me?»
«Certo che mi fido. Perché lo chiedi?»
«Perché mi stai nascondendo qualcosa, tesoro. Sono tre notti che te la svigni dalla finestra di nascosto dai tuoi genitori, e quando torni ti sento piangere e singhiozzare disperata. Senza contare che hai una faccia che tuo padre è un fiore in confronto!» Si era alzata e si era diretta verso la riva, dandomi le spalle, i piedi lambiti dalle onde. Mi alzai e la feci voltare verso di me; aveva gli occhi lucidi. Si gettò tra le mie braccia piangendo a dirotto.
«Oh, Jake! Che casino! Io… io vorrei dirti tutto, ma…»
«Avanti Ness, sono io, non aver paura! Sono il tuo Jake!»
«Appunto! – si tormentò automaticamente il polso sinistro dove, notai con orgoglio, brillava il braccialetto Quileute che le avevo regalato anni prima. – Non mi va di farti soffrire!»
«Ness, tesoro… il solo modo per farmi soffrire è continuare così. Niente mi fa stare peggio che vedere il tuo faccino triste. Mi dici cos’hai?»
«Ecco… io… mi sono innamorata, Jake». Lo disse in un fiato, quasi temesse la mia reazione. Io le sorrisi, incoraggiandola ad andare avanti. Non lo fece. Continuai io.
«E lui non ti guarda nemmeno, vero?»
«Se fosse solo questo… io… credevo che mi amasse… e… beh… ho… abbiamo…» Era del colore del pomodoro maturo. In questo somigliava a Bella in modo impressionante. Le sorrisi.
«Siete stati insieme – annuì imbarazzata – non c’è niente di male, Nessie!»
«Non hai capito! Io… lui… ecco…» Si interruppe. Avevamo sentito un rumore nel buio, e lei si avvicinò istintivamente a me. Sorrisi, orgoglioso. Evidentemente la facevo sentire al sicuro. Le circondai le spalle con le braccia, pronto a trasformarmi e a gettarla di lato per difenderla. Ma la voce che sentii mi bloccò. Per fortuna.
«Jake…»
«Seth… per la miseria fratello, stavo per saltarti alla gola!» Si fece avanti fino a trovarsi ben illuminato dalla luce della luna. Sentii chiaramente Nessie sobbalzare tra le mie braccia, e mentre fissavo negli occhi Seth, vidi un lampo cambiare tutta la sua fisionomia. Ancora prima di riuscire ad elaborare razionalmente il pensiero, il mio cervello stava gridando “imprinting”! Dovevo parlargli assolutamente. Ma non adesso.
«Nessie, ti ricordi di Seth?»
«Direi di si, Jake. E’ impossibile dimenticarlo» e gli scoccò uno sguardo languido che avrebbe sciolto anche una pietra. Col risultato che il moccioso era diventato di gelatina. Ridacchiai divertito dalla situazione. E bravo Seth! Anche lui era bollito come un pesce. Continuava a guardare Nessie senza spiccicare un suono.
«Hey, Seth! Sei dei nostri, fratello?»
«Scusatemi… io… avevo sentito dei rumori e ho preferito controllare. Me ne vado subito, Jake». Nessie mi sorprese.
«Ma no, Seth! Rimani, facci compagnia». La guardai allibito dalla sua sfacciataggine. Poi compresi. Stava tentando di distrarmi, non voleva riprendere il discorso, e usava ogni mezzo. Ma aveva fatto i conti senza l’oste. Quando mi impegnavo, ero peggio di un mastino. E con gli anni avevo anche imparato a giocare sporco. Molto sporco.
La cosa più impellente al momento era comunque l’imprinting di Seth. Non volevo che lui soffrisse. E non volevo che fosse Nessie a fargli del male. Dovevo assolutamente parlare con tutti e due, e dovevo farlo subito.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Prologo
07. OPS. E ADESSO?
SETH POV
Erano trascorsi pochi giorni da quando Edward era tornato. Ero stato felicissimo di rivederlo, dopotutto forse ero l’unico che lo considerava un “amico” e non semplicemente un succhiasangue. I miei fratelli mi prendevano in giro, ma a me importava poco. Con me si era sempre comportato in modo leale, e non me la sentivo di voltargli le spalle.
Ero di pattuglia quella sera, Jake e Sam avevano deciso di intensificare le ronde da quando si erano rifatti vivi i Cullen. Jake diceva che ci poteva essere qualche pericolo in più, quindi era meglio tenere gli occhi aperti. E io non discutevo gli ordini. Mi ero fatto il giro già tre volte, e teoricamente il turno era già finito. Sarebbe toccato a Quil. Decisi di andare alla spiaggia, mi piaceva molto passare del tempo lì, quando volevo restare solo. Non capivo perché, ma quella sera ero particolarmente malinconico. Strano…
Appena giunto nei paraggi di First Beach, mi trasformai, tornando umano. Grosso errore, perché fatti due passi sentii dei rumori sommessi e due voci soffocate bisbigliare. Temevo fosse qualcuno venuto a spiare, quindi mi acquattai dietro le rocce, pronto a trasformarmi e a saltare. Ma poi decisi di annusare l’aria, e riconobbi immediatamente l’odore di Jacob. Che diavolo ci faceva lì a quell’ora? E… che cos’era quell’altro odore? Prima ancora di arrivare alle mie narici, era arrivato al mio cervello, facendomi rabbrividire. Era l’odore più incredibile che avessi mai sentito. Aveva colpito tutti i sensi, senza che io riuscissi a impedirmelo. Mi feci avanti, per evitare che Jacob mi azzannasse pensando fossi un qualche pericolo.
«Jake…» Cazzo. Ecco di chi era quell’odore… Nessie!
«Seth… per la miseria fratello, stavo per azzannarti!» Ecco, appunto. «Ti ricordi di Seth, Nessie?» La voce più dolce che avessi mai sentito, in un volto perfetto, in un corpo perfetto, mi rivolse la parola. Era la perfezione, qualcosa che niente e nessuno avrebbe mai potuto descrivere senza sminuirla o banalizzarla.
«E come potrei dimenticarlo, Jake?» Merda. Niente male, per una ragazzina! Mica tanto ragazzina, poi… dal corpo non si direbbe… Non mi guardare così. Ti prego, non guardarmi proprio, è meglio. Non sorridermi, non ti girare, fingi che io sia invisibile. Anzi meglio, fingi che io non esista proprio. E che questa notte non ci siamo visti. Jake è mio fratello, cazzo… mi ucciderà. No, no, no, no. Maledizione! Non posso farmi venire l’imprinting ora! Non adesso! NON CON NESSIE, per la miseria! Cavolo… oh, cavolo! Mi sa che Jake se n’è accorto! Meglio sparire.
«Scusatemi, non volevo interrompere… me ne vado, vi lascio soli».
«Seth, no! Rimani con noi…» Ancora quella voce… ebbe il potere di immobilizzarmi, bloccato sui miei piedi seduta stante. Com’era possibile che una voce facesse questo effetto? Del resto, a Jake era bastato vederla un solo istante per innamorarsene… come lo capivo! Aveva ragione a chiamarla mostriciattolo. Era un mostro. Non era giusto che al mondo esistesse un essere del genere. Era troppo perfetto perfino per la schiera celeste.
Jake non sembrò dar peso alla cosa, ma io cercai in tutti i modi di trarmi da quella situazione al più presto. Non avrei perso l’amicizia di Jake per nessun motivo. Neanche per lei. Ma ogni parola che dicevo era una pugnalata al cuore. Adesso capivo come si sentiva mia sorella, come si era sentito Jake. Mi ripromisi che non li avrei mai più presi in giro. Adesso capivo quanto faceva male. Andammo tutti insieme fino a casa di Jake, quindi mi avviai verso casa mia. Avevo fatto si e no cinque passi, che sentii la presenza di Jacob dietro di me. Allungai il passo, volevo evitare quella discussione. Non mi andava di litigare in quel momento, anche se sapevo che prima o poi avrei dovuto affrontarlo. D’un tratto sentii la sua stretta sul mio polso, ma non era cattiva. Voleva solamente fare in modo che mi fermassi.
«Fermati Seth, voglio solo parlare».
«Ma io no, amico. Pensi che non abbia capito cosa mi è successo? Non mi va di litigare con te!» Oddio, sembravo una vecchia comare isterica! Piantala Seth, tanto dovrai affrontarlo prima o poi.
«Seth, fratello, fermati e parliamone». Sospirai. Detta così, non mi restava proprio altro da fare. Aveva usato il timbro dell’Alpha. Era un ordine. Mi fermai, ma attesi che fosse lui a parlare per primo.
«E così… imprinting, eh?»
«Già. Jake, io…» Mi bloccò con una mano. Mi sorrise. Che cazzo sorridi, Jake? Ti ho appena detto che mi sono innamorato della tua donna, e tu sorridi?
«Seth, per la miseria, vuoi farmi finire di parlare una buona volta? Non c’è problema, davvero».
«Ma che diavolo stai dicendo?! Io mi sono innamorato di Nessie, e tu mi vieni a dire che non c’è problema?»
«Seth… sediamoci, vuoi? – e si sedette a terra, appoggiando la schiena ad un tronco lì vicino. Feci altrettanto, vicino a lui. – devo dirti una cosa. Quando il branco ha saputo che Bella era incinta di quel calippo, voleva uccidere il bambino, temendo che fosse pericoloso. Se ti ricordi, ho fatto una fatica bestiale a convincerli ad aspettare che fosse nato, perché stavano per ammazzare anche Bella. Dicevano che dovevano proteggere il branco prima di tutto. Ma io volevo proteggere Bella. Dovevo proteggerla, a qualunque costo. Mi capisci, Seth?» Eccome, se lo capivo! Feci cenno di si, e lui continuò. «L’unica soluzione che mi venne in mente fu… l’imprinting. L’oggetto dell’imprinting è sacro, non può essere ucciso». Lo guardai per un lungo istante prima di parlare. Le sue parole fecero una fatica enorme a penetrare nel mio cervello. Non volevo credere a quello che sentivo.
«Jake, stai cercando di dirmi quel che penso? Che era tutta una finta per salvare Nessie?»
«Già, già».
«E perché adesso me lo stai dicendo?»
«Perché dato che adesso il tuo imprinting per lei è reale, non c’è più ragione di fingere il mio». Non faceva una piega. Silenzio. Non avevo il coraggio di parlare, anche se avevo tante di quelle domande che mi frullavano nel cervello da parlare per un mese. Sospirai.
«Jake… Ma allora, il tuo imprinting…»
«Non è lei, Seth».
«Ma l’hai avuto, comunque?»
«Già, già». Mi sorrise triste. Sobbalzai nel leggere in quello sguardo.
«Scommettiamo che indovino chi è?» Cercai di sdrammatizzare, ma il risultato non fu dei migliori.
«Hai ancora qualche dubbio in proposito, fratello? Quale altro pazzo masochista avrebbe fatto tutto quello che ho fatto io, Seth?»
«Nessuno». Fu la sola laconica risposta che riuscii ad articolare. Potevo solo lontanamente immaginare la sofferenza di Jake, e non volevo certo discutere con lui.
«Come hai fatto in tutti questi anni, Jake? Non riesco a capire. Si dice che non si possa proprio stare lontani dall’oggetto del proprio imprinting…»
«Infatti è così, Seth».
«E allora?»
«Allora niente. Fingi che vada tutto bene, stringi i denti e vai avanti con quella parvenza di vita che ti sei costruito, mentre dentro di te quel che resta del tuo cuore muore piano piano».
«Sei più forte di me, fratello. Hai le palle».
«No. Se avessi davvero avuto le palle, adesso ci sarei io con lei al posto di quel ghiacciolo rinsecchito. Non sono neanche stato capace di dirle di non sposarlo! Ho dato retta solo al mio orgoglio e non al mio cuore…»
«Ma non è troppo tardi, Jake!»
«Come sarebbe che non è tardi, fratello? Lei è sposata, è un vampiro, e se dicessi qualcosa finirei per scatenare una guerra che ci metterebbe contro la famiglia delle donne che amiamo. Tu sei pronto ad uccidere Edward, Seth? Perché è così che finirà, e lo sai meglio di me. Riusciresti poi a guardare ancora in faccia Nessie? Beh, io no». Calò di nuovo il silenzio. Guardai per un lungo istante il viso di Jake, e per la prima volta mi resi pienamente conto della sua sofferenza, del suo dolore. La sua bocca sorrideva, ma lui no. I suoi occhi non avrebbero riso più. Sospirai.
«Che situazione di merda!» Mi alzai.
«Puoi dirlo forte, Seth. E adesso dove vai?»
«A prendermi la mia felicità, fratello».
«Beato te. Goditela, tu che puoi». Si spogliò e si trasformò in un lampo. Non sarebbe tornato a casa quella notte.

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Prologo
08. FINALMENTE TUTTO HA UN SENSO. LEI.
Arrivai a casa Black in un baleno, sembravo avere le ali ai piedi. Il pensiero del suo profumo, del suo sorriso, dei suoi occhi color cioccolato, era ancora impresso nella mia mente, indelebile, stampato a fuoco nel mio cervello. Era stata la visione più perfetta, più bella, più incredibile che mi fossi mai trovato davanti, eppure avevo paura, paura che non fosse reale. Bussai alla finestra di Nessie, sperando che fosse ancora sveglia. Dopo poco mi venne ad aprire, in pigiama.
«Seth! Ma che diavolo ci fai qui?!»
«Volevo vedere il sole… e ho scoperto che abita qui! Posso entrare?»
«Mmmm… forse è meglio che esca io. I miei non dormono, lo sai! Cinque minuti». Richiuse le imposte, e dopo neanche cinque minuti uscì, dalla porta di casa. Mi venne incontro sorridente, e vidi davvero il sole. Sembrava giorno, eppure era notte fonda. Le presi la mano, senza dire niente, e il contatto con la sua pelle mi provocò una scossa che partì dai polpastrelli per arrivare fino alla colonna vertebrale. Lei mi sorrise, e tutte le stelle del cielo si riversarono nei suoi occhi. Gli occhi di Bella. Adesso capivo Jake. C’era da perdersi, in quel mare di cioccolato.
Andammo a First Beach, ma non mi diressi verso la solita parte della spiaggia. C’era un angolo, dietro le rocce, dove i salici arrivavano quasi a lambire l’acqua con le loro fronde, mentre il fiume sfociava nel mare dall’alto, creando una cascatella. Era un posto che conoscevamo in pochi, e io mi rifugiavo sempre lì quando volevo stare da solo.
«Seth, ma è un sogno!»
«Tu sei un sogno, Nessie. Questo posto non è niente in confronto a te». Lei mi sorrise di nuovo, e io mi sentii le gambe di gelatina. Mi tese la mano, e io strinsi la sua manina nelle mie e la attirai vicino.
«Seth… e Jake?»
«Sediamoci, vuoi? Devo spiegarti un paio di cose…» la feci sedere su una roccia, accanto a me. Lei si strinse ancora di più, rannicchiandosi tra le mie braccia. «Ecco… tu sai cos’è l’imprinting?»
«Si, me lo hanno spiegato tanto tempo fa. So che Jake ha avuto l’imprinting con me…»
«Beh, non proprio…»
«Come sarebbe non proprio? O l’ha avuto, o no!»
«Vedi Nessie, quando tua madre ti aspettava, nessuno riusciva a vederti, perché la placenta era molto spessa. Tua madre era ancora umana quando ti ha concepita, quindi avevamo paura che potesse morire non sapendo che cosa aspettarci. Il branco, più degli altri, temeva che fossi una specie pericolosa, quindi voleva eliminarti senza troppe cerimonie. Veramente volevano eliminare anche tua madre, ma Jake li ha convinti ad aspettare. Solo che una volta che tu sei nata, ci siamo resi conto, io e Jake, che eri solo una bambina. Bellissima, tra l’altro. Ma il branco era sempre dell’opinione di toglierti di mezzo. Quindi il solo modo per proteggerti era…»
«L’imprinting. Quindi Jake non è innamorato di me… si è inventato tutto per difendermi?»
«Già».
«Oh, Jake… solo lui poteva fare una cosa del genere… ma dimmi una cosa, Seth. Prima, tu…» non finì la frase. Non ce n’era bisogno. Avevamo capito entrambi. Le sollevai il viso con un dito, piantandole gli occhi nei suoi.
«Si. Ti dispiace? Capisco che possa sembrarti assurdo…»
«Seth, io non amo Jake, e lui lo sapeva. Lo considero una sorta di fratello maggiore. Stasera, quando ti ho visto, ho sentito una specie di scossa, una fitta… come se avessi aperto gli occhi e avessi osservato il mondo per la prima volta». Non potevo crederci. Mi stava descrivendo le stesse cose che provavo io. Alla faccia del contro-imprinting… aveva funzionato alla grande! Mi stava guardando ancora negli occhi, e mi sentii annegare. Stavo disperatamente cercando la riva, ma sapevo che oramai ero perso per sempre. Nel mare di quegli occhi. Non riuscii più a controllarmi, e la baciai. Non fu un bacio timoroso come mi aspettavo, fu una cosa travolgente, appassionata, senza freni. Indubbiamente la ragazza aveva esperienza, e non era timida. E ci sapeva fare, dannazione! Dovetti fare appello a tutto il mio autocontrollo per staccarmi da quelle labbra, ma ci riuscii.
«Scusa, Nessie, forse ho esagerato…». Si mise a ridere.
«Seth… non sono propriamente una verginella impaurita, te ne sarai accorto!»
«Si, l’ho notato…»
«E… Ti dà fastidio?»
«Beh, no… ad essere sincero no. Nemmeno io sono fresco fresco di convento, direi». Sorrise. Di nuovo. Il suo sorriso mi faceva sentire come se stessi fluttuando a mezz’aria.
«Allora, possiamo ricominciare da dove abbiamo interrotto? Il discorso si faceva interessante!» Ricominciai a baciarla, stavolta facendo meno attenzione all’autocontrollo. Le sue mani sulla schiena mi fecero fremere. Accidenti, possibile che bastasse questo? La sentii rabbrividire quando le passai la mano sul fianco, per attirarla più vicina. Ero in paradiso, e volevo proprio rimanerci. Ma poi successe tutto all’improvviso. Quando le mie mani cominciarono a muoversi sul suo corpo, la sentii irrigidirsi, ritraendosi. Cercai di fare finta di niente, pensando di essermi sbagliato, ma non era così. Mi scostò con dolcezza, sebbene con fermezza.
«Seth… io… scusa…»
«Che succede, Ness? Qualcosa non va?»
«No, io… ti prego, perdonami…» Si alzò leggera, e si diresse verso la riva.
«Nessie, qualunque cosa sia parlamene, ti prego».
«Ho paura».
«Ma paura di cosa?»
«Della tua reazione. Paura che dopo non mi vorrai più». La raggiunsi, le misi un dito sotto il mento e la costrinsi a guardarmi negli occhi.
«Amore mio, niente che tu possa confessare potrebbe farti amare di meno». Sospirò, gli occhi acquosi e timorosi ancora immersi nei miei. Sembrava un cerbiatto impaurito. La strinsi forte al petto, carezzandole dolcemente i capelli. La sentii rilassarsi visibilmente. E cominciò a parlare.
«Un anno fa, in un locale dove andavo con le amiche, ho conosciuto Martin, un tipo un po’ più grande di me. Bello come il sole. Ci siamo innamorati subito. O meglio, io mi sono innamorata come una cretina. Lui no. Voleva solamente prendermi in giro. Uscimmo insieme per un po’, finché decise che non era ora che andassi a letto con lui». Ringhiai sommessamente. Avevo un vago sospetto di dove volesse andare a parare, e sperai che non diventasse certezza. «Quando gli feci capire che non ero pronta, lui… lui…» Scoppiò in singhiozzi.
«Dimmi che non è come penso, Nessie. Dimmi che quello schifoso non ha fatto quello che temo…» un altro ringhio ancora più cupo si materializzò nel mio stomaco, ma riuscii a trattenermi. Nessie non parlò. Avvicinò la mano alla mia guancia e mi mostrò quello che voleva dirmi. Quel bastardo l’aveva violentata, ripetutamente, minacciandola anche che se avesse detto qualcosa a qualcuno sarebbe stato peggio per lei. Nessie si staccò, non osava guardarmi in faccia. Le sollevai il mento con un dito.
«Hey, piccola… va tutto bene, amore. Ci sono io, adesso. E’ tutto passato…»
«Non proprio…» Sobbalzai. Che altro c’era? Che altro poteva averle fatto quello schifoso? Mi mise ancora la mano sulla guancia, e mi mostrò tutto. Le percosse, le minacce di raccontare tutto, l’obbligo a concedersi ad amici facoltosi… tutto. Era stravolta, temeva la mia reazione più di qualsiasi altra cosa.
«Nessie, perché non hai detto niente ai tuoi? Ti avrebbero aiutata, lo sai».
«Non volevo metterli in pericolo… ha detto che li avrebbe fatti fuori».
«E tu gli hai creduto?! Nessie, sono vampiri! Perfino tu sei più forte di un essere umano…»
«Ma lui non è un essere umano… Martin è un licantropo. E ha minacciato di parlare con i Volturi, avrebbe fatto in modo di far uccidere tutti i Cullen».
«Stronzo. – Mi venne spontaneo. – Scusa. Vieni con me».
«Non devi scusarti. E’ uno stronzo in effetti. Dove andiamo?»
«Da Jake. Dobbiamo risolvere questa storia».
«Seth, non ho finito… lui sa dove sono. Viene spesso qui, la sera. Viene per controllare che io non sparisca dalla circolazione… e… mi costringe… a…». Ringhiai. Questa volta neanche sommessamente. Ero furibondo. La mia piccola Nessie non si toccava.
«Se quello schifoso parassita osa metterti un’altra volta le mani addosso, ti giuro che lo riduco a brandelli con le mie zampe, Nessie». Si strinse a me, sollevata, rannicchiandosi sicura tra le mie braccia. La baciai dolcemente, quindi andammo da Jake. Sapevo dove trovarlo. Dovevamo eliminare quel viscido verme schifoso prima che fosse troppo tardi.

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Prologo
09. PRIORITA’ ASSOLUTA: SISTEMARE IL BASTARDO CHE AVEVA FATTO DEL MALE AL MIO MOSTRICIATTOLO
POV Jake
Ero così assorto nei miei pensieri che non li sentii arrivare. Del resto, entrambi erano così silenziosi che un essere umano non li avrebbe sentiti. Seth aveva un viso tale che per un istante mi spaventai seriamente, perché l’atteggiamento serio non era normale sul suo volto solitamente sorridente. Alzai lo sguardo, incontrando prima gli occhi furenti di Seth, e poi quelli preoccupati di Nessie. Fu lei a parlare.
«Jake… dobbiamo parlarti di una cosa importante…» venne a sedersi vicino a me, con Seth dall’altra parte che la strinse tra le braccia con fare protettivo. Le presi la mano per rassicurarla, e lei mi sorrise. Incominciò a parlare, con gli occhi chiusi e il volto nascosto nel petto di Seth. Di tanto in tanto lo osservavo di sottecchi, per monitorare le sue reazioni. Faticava a restare calmo, e potevo capirlo; probabilmente io avrei reagito come lui. Stava mantenendo il controllo solo per non spaventare Nessie più di quanto lei non fosse già. Quando arrivò al dunque, al punto in cui mi raccontò delle violenze subite e di essere stata obbligata a fare “favori” a tutti gli amici di quel porco, chiusi gli occhi. Li riaprii all’improvviso, sentendo uno schiocco alle mie spalle. Seth aveva preso a pugni un albero, spezzandolo a metà. Io istintivamente abbracciai il mio mostriciattolo, che nel frattempo aveva cominciato a piangere, per rassicurarla.
«Scusate» mormorò Seth. Si sedette di nuovo, cingendo ancora le spalle di Nessie che si accucciò sul suo petto caldo e enorme, fonte di sicurezza.
«Tranquillo Seth, ti capisco più di quanto tu creda. Ma cerca di mantenere la calma, perdere le staffe ora non serve. Avremo bisogno di tutta la rabbia che riusciamo a controllare per fare a pezzi quel verme».
«Volete ucciderlo?»
«Nessie, non mi dirai che ti fa pena… dopo tutto quello che ti ha fatto?»
«No, non mi fa pena… solo non pensavo che voi lo avreste ucciso».
«Quell’essere non merita di vivere, tesoro». Il viso di Seth era livido. Lei gli sfiorò il volto con la mano, mentre con l’altra stringeva la mia.
«Per favore, promettetemi di stare attenti! Martin è molto forte».
«Ma noi siamo in tanti, piccola. Smettila di preoccuparti così… mi ricordi tua madre!» Sorrisi dolcemente al pensiero di Bella che tanti anni prima temeva che il suo lupo preferito ci rimettesse le zampe. Nessie rispose al sorriso, ma non si calmò.
«Jake, come posso non preoccuparmi? Tu per me sei un fratello, un amico, e tutto il resto… e Seth… beh, potrà sembrarti assurdo ma credo sia la persona che aspettavo. Sembro scema?»
«No piccola, l’imprinting funziona così». Mi alzai agile, e feci per andarmene.
«Dove vai, fratello?»
«Devo parlare con Bells. Nessie, piccola, se non vuoi non dico niente a tua madre, ma credo che i tuoi genitori siano l’unica speranza al momento. Seth, tu avverti il branco».
«Ma… Jake…. Ti metterai nei guai, fratello!»
«Non mi interessa. La sola cosa importante a questo punto è la vita di Nessie, e non mi importa se per questo mi faranno a pezzi. Portala dagli altri, fratello, e raccontate tutto. Più siamo e meglio sarà. Ci vediamo domani mattina per fare il punto della situazione». Nessie non accennava ad alzarsi, era ancora sottosopra per quello che ci aveva dovuto confessare. La capivo, di certo non era stato facile. E poi, in fin dei conti eravamo due uomini!
«Jake… c’è una cosa che non ti ho detto… ecco… Martin non è solo».
«Che vuoi dire?» Rispondemmo in coro. Che carini… adesso magari ci mettevamo pure a completare uno i pensieri dell’altro… come una coppietta felice!
«Martin… lui… ce ne sono altri come lui, e poi ha l’appoggio di persone potenti, che lo proteggono di nascosto, anche se all’apparenza osteggiano e anzi rifiutano la presenza dei licantropi. Ma lui gli ha fatto parecchi favori, levando di mezzo personaggi scomodi che per loro risultavano intoccabili».
«Insomma, faceva il lavoro sporco». Quel tizio mi stava sempre più sulle palle.
«E non solo. Quindi per favore, fate attenzione. Se lo eliminate, sarà pericoloso. Vi metterete contro personaggi molto potenti«.
«Ti dispiacerebbe spiegarmi che vuol dire non solo?» Seth gli avrebbe volentieri staccato la testa dal collo, se lo avesse avuto a portata di mano.
«Vuol dire che più di una volta lui mi ha… obbligata ad essere carina con loro. Insomma, mi ha obbligata ad andarci a letto». Un ringhio cupo uscì dal petto di Seth.
«E… possiamo sapere chi sono questi simpaticoni?»
«I Volturi».
«Coooosa?!» Ancora il coretto… ma che carini!
«Ancora in mezzo alle palle, ‘sti Volturi… ma non c’è proprio modo di toglierli di mezzo, Jake?»
«Ho paura che ricrescano come la gramigna, fratello… e questo complica le cose non poco. Se eliminiamo Martin, ce li ritroveremo tutti addosso in men che non si dica. E questa volta, avranno cura di sterminarci tutti. Nessie, scusa, ma loro ti conoscono. Possibile che non ti abbiano riconosciuta? Che non abbiano fatto niente?».
«Certo che sanno chi sono. E no, non hanno fatto niente. Ovviamente. Se ti ricordi, volevano togliermi di mezzo senza troppe cerimonie, dicendo che rappresentavo un pericolo. E hanno minacciato di farlo di nuovo. A meno che io passi con loro. Me lo ha detto Martin più di una volta».
«NO!» Stavolta niente in contrario al coro.
«Seth, prendi subito Nessie e vai da Sam. Dobbiamo risolvere questa faccenda. Ora più che mai devo parlare con le sanguisughe». E così dicendo, mi diressi verso casa mia.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Prologo
10. BELLA, MA TU COSA VUOI DA ME?
Quando arrivai, annusai istintivamente l’aria, e compresi che Bella era da sola. Probabilmente Edward era andato a caccia con Jasper. Bussai alla porta della camera, certo della risposta.
«Entra Jake». Era alla finestra, guardava fuori. Mi avvicinai a lei, e le cinsi la vita con un braccio.
«Andiamo a fare due passi, Bells. Devo parlarti». Andammo alla spiaggia, il nostro solito tronco era sempre lì ad aspettarci.
«Che cosa volevi dirmi, Jake?» Mi dava le spalle. Stava diventando un vizio quello di non guardarmi negli occhi. E mi dava sui nervi. La presi per un braccio delicatamente, per farla voltare. Mi piantò lo sguardo indagatore in volto, in attesa delle mie risposte.
«Bells, ho capito qual è il problema di Nessie». E le raccontai tutto. Bella sembrò crollare alle mie parole, si sedette sulla sabbia, accasciandosi come se portasse il peso del mondo sulle spalle.
«La mia bimba… la mia piccola Renéesme…» uno strano singhiozzo le uscì dal petto, facendola sembrare di nuovo fragile come quando era umana. Non riuscii a controllare l’impulso e la abbracciai stretta, il volto sul mio petto. «Cosa facciamo, Jake?»
«Intanto ho mandato Seth con lei dal resto del branco».
«Seth? E che c’entra Seth?» Passo falso, Jake. Bene, tanto valeva essere sinceri.
«Si è innamorato. Ha avuto l’imprinting con Nessie».
«Come sarebbe l’imprinting? Ma Jake… due lupi possono avere l’imprinting per la stessa donna?»
«No».
«Jake, per la miseria, mi vuoi spiegare una volta per tutte?»
«Bene, te la faccio breve, non abbiamo tempo. Io non ho avuto l’imprinting con tua figlia, Bells».
«Cosa? Ma che diavolo…»
«Bells, quando sei rimasta incinta il branco voleva fare a pezzi sia te che tua figlia, perché temevano che fosse un mostro. Li ho convinti a risparmiare te, ma non sarei riuscito a tenerli a bada anche con Ness».
«E allora ti sei inventato tutto per difenderla! Oh, Jake! Fino a che punto sei disposto ad arrivare pur di aiutarmi?»
«Fin dove serve, tesoro. Te l’ho promesso, ricordi?»
«Jake… quindi… il tuo imprinting… era una finta?»
«Già, già».
«Non l’hai mai avuto, vero?»
«Diciamo di no…»
«Che cosa stai cercando di dirmi?» La sentii fremere tra le mie braccia, probabilmente aveva intuito. Fu la mia volta di alzarmi, per andare verso la riva.
«Bells, sei tu. Sei sempre stata tu…»
«Ma hai sempre detto di no…»
«Per forza… tu vedevi solamente quel pezzo di marmo di tuo marito… che senso avrebbe avuto?» Sentii un tocco lieve su una spalla, e una manina bianca mi fece girare.
«Non lo so, ma forse avrebbe cambiato le cose tra noi».
«Non credo, Bells. Non credo. Il solo modo per cambiare le cose era eliminare il tuo caro maritino prima che ti incontrasse. Ormai è troppo tardi».
«Come fai a dirlo, Jake?»
«Ti sei vista? Vorrei ricordarti che sei una succhiasangue, appartieni alla schiera di quelle creature che noi, che io, per nostra natura dovremmo uccidere senza colpo ferire». Stavo cominciando ad arrabbiarmi.
«Eppure, io e te siamo qui, da soli, come ai vecchi tempi… come se fosse normale».
«A parte il fatto che tu sei innamorata di un altro… e io no».
«Jake…» Cerò di placarmi, col risultato di farmi arrabbiare ancora di più. Mi voltai di scatto, piantandole gli occhi in quel suo mare di topazio. Ero furioso.
«Ma che cosa vuoi da me, Bells? Cosa vuoi che faccia? Che ti guardi negli occhi dicendoti che ti amo più della mia vita soltanto per vedere che domani te ne andrai con lui? Vuoi che mi getti ai tuoi piedi solo per farmi del male un’altra volta? Che cosa ti aspetti che faccia, a questo punto? Mi dispiace, ma non sono più disposto a stare a sentire i tuoi vaneggiamenti senza senso sulla nostra amicizia. Noi non siamo amici. Non siamo mai stati amici. Ficcatelo in quella testa di marmo, Bells. E se tu sei ancora disposta a negare che non solo sei innamorata cotta di me, ma se non fosse per l’odore che tuo marito certamente sentirebbe, ti rotoleresti su questa spiaggia con me per fare l’amore tutta la notte, io non lo nego più. Mi dispiace. Fine della nostra amicizia». Non parlava, non mi guardava nemmeno. Teneva gli occhi bassi, fissi sulla sabbia. Mi avvicinai ancora, i nostri corpi si sfioravano. «Bells…»
«Hai ragione, Jake. Sono stata un’egoista. Sono sempre riuscita solo a farti del male. E tu mi hai ricambiato con la tua vita!» Aveva fatto un altro passo in avanti, col risultato che adesso eravamo praticamente appiccicati, e il mi corpo reagiva istintivamente a quel contatto. Mi gettò le braccia al collo, affondando il volto marmoreo nel mio petto. Io trovai la forza di allontanarla da me. Riuscii a rimanere impassibile.
«Smettila Bells, per favore».
«Per favore cosa? Non è questo che vuoi, Jake?»
«Certo, certo. Tanto poi domani farai di nuovo finta di niente e te ne andrai da tuo marito. Non funziona così, Bells. Non sono la tua giostra, che infili il gettone e ti fai un giro… non sto ai tuoi comodi e capricci sessuali, dolcezza. Non ci sto più». Mi arrivò un ceffone, abbastanza forte da farmi girare la faccia, perché non me lo aspettavo. Stava per darmene un altro, ma le bloccai il polso. Eravamo ancora vicini. Troppo vicini, maledizione. Riuscivo a sentire il suo maledetto profumo, e mi stava mandando fuori di testa. I suoi occhi si inondarono di lacrime. Ma i vampiri non piangevano!
«Lasciami Jake. Lasciami».
«No. Se no che fai?» La stavo sfidando apertamente. Amavo il pericolo. Cos’è, mi ero rincoglionito del tutto?!
«Potrei anche mordere, sai?»
«Provaci! Ti ricordo che mordo anche io».
«Ma tu non sei velenoso». Sorrisi, sarcastico.
«Tu lo eri anche prima. E sono sopravvissuto».
«Lasciami».
«Ti amo».
«Sei uno cretino».
«E tu una stronza. Ma ti amo lo stesso». Cercò di divincolarsi, ma ero comunque più forte di lei. Cadde in ginocchio nella sabbia, e la seguii per non farle troppo male. Mi ritrovai con gli occhi liquidi di Bella nei miei, le labbra a due centimetri dalle sue. La baciai, con violenza. Lei non si ritrasse, anzi, si avvicinò ancora di più a me. Io la strinsi, cingendole i fianchi con la mano, mentre l’altra giocava con i suoi capelli. Le sue mani torturavano i miei muscoli, che rispondevano con brividi e sussulti al loro passaggio. Le sfilai i jeans, e rimase con la maglia lunga fino a metà coscia. Quando le mie mani giunsero sui suoi fianchi, la sentii rabbrividire di piacere, ansimante. Stavo sospirando anch’io, del resto, perché mi aveva sfilato i bermuda. Con un movimento fluido insinuai le mani sotto la tunica lavorata, facendo attenzione a non strapparla, e le sfilai gli slip. A quel punto sobbalzò, ma non si oppose. Anzi. Si strinse ancora di più, mentre le sue mani si facevano più audaci esplorando il mio corpo palmo a palmo, facendomi fremere. Le circondai i fianchi con le braccia e la sollevai, e finì a cavalcioni su di me. Le nostre labbra non volevano saperne di staccarsi, quasi che dalla loro unione dipendessero le nostre stesse vite. Quel che successe dopo fu tutto un insieme di sensazioni indescrivibili, e miracolose. Bella si era fatta audace, le sue mani correvano sul mio corpo avide di esplorare ogni più piccola parte di me, quasi volesse imprimersi bene nella mente ogni mia fattezza. Rotolammo nella sabbia, avvinghiati. I resti dei nostri vestiti giacevano intorno a noi come trofei di guerra, ma in quel momento la sola cosa importante erano i nostri ansiti, i nostri corpi e i nostri movimenti in sincronia. La sentii sussurrare al mio orecchio, e la sua voce, resa sensuale dalla situazione, mi fece esplodere.
«Jake… Ti voglio. Adesso». Non finì la frase. Ero già su di lei, e la stavo baciando ovunque, mentre le mie mani, guidate da una forza di attrazione misteriosa, scendevano verso il basso. Quando raggiunsi i suoi fianchi la sentii sospirare, e istintivamente dischiuse le gambe per lasciarmi spazio. Anche la mia bocca scese verso il collo, poi le spalle, il seno, la pancia, i fianchi… la baciai ovunque, sentendola gemere al passaggio delle mie labbra roventi. Stavo prolungando quella dolce tortura fino allo sfinimento, non mi saziavo mai della sua pelle di marmo, del suo odore, dei suoi gesti. Mi guardò negli occhi, implorante. Con un movimento fluido fui completamente sopra di lei, ma subito dopo ribaltò le posizioni, facendomi gemere di piacere. Ci girammo di nuovo, e con un’ultima spina, la sentii gridare. Mi sentii gridare. Aprì di nuovo gli occhi e mi guardò. Trasalii. Per un solo, interminabile istante, rimasi perso in quello sguardo. Era color cioccolato. Erano gli occhi di Bella Swan.

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Prologo
11. MARTIN DEVE ANDARE FUORI DALLE BALLE.
Arrivai a casa di Emily quando tutti gli altri erano già lì: ero insieme ai Cullen. Del resto, dovevamo studiare una strategia per togliere di mezzo quel Martin e salvare le chiappe a un membro della loro famiglia. Avevo già spiegato loro la situazione, così tutti sapevano tutto. O quasi. Ovviamente, quello che era successo tra me e Bella la notte precedente sarebbe rimasto tra noi.
Quando entrammo, vidi Leah, Jared e Paul irrigidirsi quasi fossero stati frustati, ma fu Leah a dar voce ai loro pensieri.
«E LORO cosa ci fanno qui?»
«Piantala, Lee Lee. Stiamo parlando di Nessie. E’ figlia loro!»
«Già, giusto. A proposito di questo, Jake – Paul trovava sempre il modo migliore per dire la cosa sbagliata al momento meno opportuno – potresti spiegarci perché hai finto di avere il maledetto imprinting con lei, fratello? Perché ci hai mentito?»
«Paul. – Rachel, santa donna! Dovrò ringraziarla per bene in futuro. – calmati. Se tuo figlio fosse in pericolo tu non lo faresti?»
«Ma Jake non è suo padre!»
«Ma era solo una bambina, amore. Un essere umano innocente che voi volevate togliere di mezzo senza troppe cerimonie, solo per paura. Tu che avresti fatto, eh Paul?» Lo guardava in un modo che avrebbe sciolto animi più duri. Paul cedette, come sempre. Rachel aveva lo strano potere di riuscire a fargli usare il cervello. Ci sedemmo tutti, cercando di stare ben lontani dal resto del branco.
«Bene. Seth vi ha detto tutto, credo. Abbiamo un problema da risolvere». Fu Sam a parlare. Pragmatico come sempre.
«Qualche idea, Jake?»
«No. Volevo parlarne con voi. Di certo non servirà a molto chiedergli di lasciare in pace Nessie».
«E allora eliminiamolo. Un essere del genere è un disonore per tutta la nostra razza».
«Già… Bella idea, Jared. Peccato che così ci troveremmo di nuovo addosso tutti i Volturi. No, ci serve qualche altra soluzione».
«C’è una cosa…» La vocina terrorizzata di Nessie uscì in un sussurro dal petto di Seth. Si girò verso di noi, piantando gli occhi in quelli di Edward, che sobbalzò. Nessie lo aveva lasciato entrare nella sua mente, e lui stava vedendo tutto. Chiuse gli occhi, un conato di vomito gli salì dallo stomaco. Come mai all’improvviso lo capivo così bene?
«Nessie, amore… che cosa ti hanno fatto…» gli posai una mano sul braccio.
«Tranquillo, amico. Ti giuro sulla mia testa che non ci riusciranno più…» Non finii, perché mi ritrovai Nessie, tra le braccia, singhiossante. Guardai Seth, per chiedergli scusa, ma lui non sembrò essere infastidito. Capiva il nostro rapporto, e ne fui felice.
«Jake… non voglio che voi rischiate per me… Martin non è solo».
«Me l’hai già detto, Ness. Ci sono i Volturi».
«No… non è solo questo. Sono un branco. E lui è il capo». Le sollevai il mento con un dito.
«Quanti sono?»
«Dieci, circa».
«Bene, giochiamo ad armi pari, dunque».
«Ma voi non siete dieci…» si guardò intorno per contarci, quasi ad avere la certezza di essersi sbagliata.
«Tesoro, pensi che i tuoi se ne starebbero con le mani in mano mentre noi combattiamo?» Guardai verso Edward, che annuì. A quanto pareva, avevamo avuto la stessa idea.
«Come intendi procedere, fratello?» I vampiri furono sorpresi nel vedere che Sam chiedeva a me. Poi Edward comprese.
«Sei il nuovo alfa, Jake!» Sorrisi ironico.
«Già. Sam l’ha messa giù talmente dura che avrei dovuto azzannarlo per rifiutare. E mordere il suo sedere peloso non è proprio il massimo». Risero. Ero riuscito a risollevare un po’ il morale tetro della giornata, e ad allentare la tensione. Proseguii. «Proporremo a quei sacchi di pulci un accordo: se vinciamo noi, loro lasceranno in pace Ness e se ne andranno al diavolo lontano da qui, altrimenti li annienteremo».
«E se vinceranno loro?» Nessie mi guardava terrorizzata.
«Questa opzione non è contemplata, piccola». Sgranò gli occhi color cioccolato.
«Vuoi batterti a morte, Jake?»
«Non vedo altra soluzione. Ma non posso chiedere ai miei fratelli di fare lo stesso».
«Io sono con te, lo sai». Seth mi fissò serio, lo sguardo che non lasciava trapelare nessuna emozione.
«Jake… so bene che tu non ci chiederesti mai di fare una cosa del genere. Ma – e credo di parlare a nome di tutti – l’imprinting è sacro. E non si tocca. E’ come toccare un fratello. E per un fratello si rischia tutto. Siamo con te, Jacob Black. Tutti».
«Grazie, Sam».
«No! No, no, no, NO!» Nessie era scattata n piedi, gli occhi scintillanti. Mi ricordò Bella, in una situazione simile, tanti anni prima. «Ma siete impazziti?! Come potete anche solo pensare che io possa permettere una cosa del genere? Non voglio che vi facciate ammazzare! Jake, tu sai quello che provo per te, il nostro rapporto è stato ed è la cosa più importante di tutta la mia esistenza. E tu, Seth… –  arrossì violentemente – sei l’unica persona che abbia mai amato in vita mia. E voi, vi conosco da quando sono nata,s iete come fratelli… e dovrei lasciarvi morire? No! Non posso permetterlo! Non voglio vedervi morire!»
«Infatti non li vedrai, tesoro». La voce di Edward mi fece sobbalzare. «Tu, tua madre e Alice ve ne andrete. Subito. E non accetto discussioni». Per tutta risposta Nessie si girò di nuovo verso di lui, fulminandolo con lo sguardo.
«No. Papà, non lo farò. Non puoi chiedermi questo».
«E non me ne andrò nemmeno io, Edward. Levatelo dalla testa. Devo ricordarti com’è finita l’ultima volta che hai cercato di proibirmi di restare?» Edward fissò moglie e figlia per un lungo istante senza dire niente. Ridacchiai divertito.
«Edward, ti conviene lasciar perdere. Tua moglie sa essere un mulo quando vuole. E scapperebbero tutte e due, lo sai meglio di me».
«Ma non voglio che si trovino in pericolo, Jake!»
«Nemmeno io. Ma sarebbe molto peggio tenerle lontane e all’oscuro delle sorti della battaglia, non credi? E poi… se non sbaglio, Bella e Alice sanno difendersi piuttosto bene, direi!»
«Credo tu abbia ragione, Jake». Cazzo, il ghiacciolo che mi dava ragione così? Doveva essere forse la prima volta, o una delle poche. «Bene, tanto voi ve ne resterete fuori dai guai, vero?»
«Edward, ti ricordo che è passato del tempo da quando qualcuno mi diceva cosa fare. Neanche Jasper…»
«Ok, ho capito sorellina. Inutile chiederti se riesci a prevedere le sorti della battaglia, vero?»
«Infatti. Non riesco a vedere neanche voi, Edward. E’ tutto buio, ci sto provando e riprovando ma la sola cosa che ho ottenuto finora è un gran mal di testa». Mi guardò in modo significativo. Avevo capito cosa volesse dire. Decisi di stare al gioco per un po’.
«Vieni qui, Alice. Andiamo, non fare quella faccia! Lo so bene che sono la tua aspirina, mostriciattolo. Coraggio, vieni qui che ti passa il mal di testa». Ridemmo entrambi, gli altri che mi guardavano come se fossi impazzito. Alice si alzò e si sedette vicino a me, la testa sulla mia spalla.
«Molto meglio» mormorò. Sentii gli occhi furenti di Bella inchiodati su di me. Se avesse potuto mi avrebbe azzannato volentieri. Ovviamente, se non ci fosse stato suo marito. Jasper invece non diede mostra di essere infastidito dalla cosa. Evidentemente si fidava di Alice.
«Tornando a noi… ecco il piano. Nessie, devi fare in modo che Martin venga qui. Devi contattarlo ed assicurarti che porti tutto il branco. Inventa quel che vuoi, ma falli venire qui. E attirali nella radura. Lì entreremo in scena noi».
«Va bene, ma resterò con voi, sia chiaro». Io e Seth ci guardammo per un lungo istante. L’ultima parola spettava a lui.
«Va bene, piccola. Ma se vediamo le brutte, te ne vai. Punto e basta. Non voglio che tu finisca di nuovo tra le zampacce di quel Martin». Nessie annuì suo malgrado. Aveva accettato davvero la cosa, o era solamente un piano per tenerci buoni?
Terminammo la riunione, quindi ci avviammo verso casa. Nessie mi trattenne per un braccio.
«Jake… posso parlarti un attimo?» Mi fermai.
«Che succede, Ness? Ti vedo pensierosa».
«Vogli che tu mi prometta una cosa. Prometti!»
«Come faccio a promettere se non so cosa vuoi?»
«Non puoi promettere e basta?»
«No. Se non mi dici di cosa si tratta non prometto un bel niente».
«E va bene… ecco… se le cose dovessero mettersi male per noi… no, ti prego, fammi finire. Se le cose dovessero mettersi male, e noi dovessimo soccombere, e Seth dovesse morire…»
«Sai che non succederà!»
«Si. Ma nella peggiore delle ipotesi…» Dio santo, era più cocciuta di sua madre!
«Ok, allora. Nella peggiore delle ipotesi, cosa vuoi che faccia?»
«Voglio che tu mi uccida, Jake».
«Ma sei impazzita?!» La guardai inorridito.
«No. Ci ho pensato bene. Se Seth muore, vuol dire che stiamo perdendo, e che siamo spacciati. Il che significa che presto Martin farebbe a pezzi anche te e i miei. E se non lo farà lui, lo faranno i Volturi. E preferisco morire per mano tua, che finire nelle grinfie di quegli schifosi». Mi stava chiedendo qualcosa che andava al di là di tutti i miei principi. Il contrario esatto di quello che ero, della mia natura. Avrei dovuto togliere la vita a un essere umano. Poi in un attimo mi abbracciò, mostrandomi le cose dal suo punto di vista; le paure, l’ansia, la sofferenza. Mi riversò nella mente tutto quello che aveva subito e quello che temeva. La sentii tremare, angosciata. Interruppi il contatto.
«Basta Nessie, ho capito. Te lo prometto». Le poggiai delicatamente le labbra sulla fronte e restammo così, sotto la pioggia che si mescolava alle nostre lacrime.

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Prologo
12. PARADISO
SETH POV
Avevo voglia di vedere Nessie quel pomeriggio. La sera stessa lei avrebbe contattato Martin, e quindi significava che la battaglia era imminente. Volevo dirle quanto era importante per me, quanto l’amassi, quanto avevo bisogno di lei. Non sapevo neanche cosa le avrei detto, ma sentivo che il mio corpo, le mie membra, le mie viscere cercavano lei, cercavano la mia fonte di vita, il mio sole.
Senza pensarci uscii di casa in un lampo, non mi accorsi neanche se c’era Leah o mia madre, non vidi niente. Davanti casa, come sempre da qualche anno a questa parte, la moto che un tempo era appartenuta a Bella. Jake aveva insistito perché l’avessi io. Mi era piaciuta quando l’avevo vista la prima volta, ma mia madre non aveva voluto saperne. Era pericoloso, diceva. Come se fosse facile per me schiantarmi contro un albero. Non che mancassero gli alberi, da quelle parti… anzi. Era solo che io non morivo tanto facilmente. Ma questo a una madre non glielo puoi dire. Neanche se sei alto quasi due metri, corri veloce come il vento, hai una temperatura di 43 gradi e ti trasformi in un lupo grosso come un cavallo. Per lei sei sempre il suo piccolino.
Sfrecciai verso casa Black, e non dovetti neanche bussare alla porta di casa; Nessie era sulla veranda, intenta a scrutare l’orizzonte, probabilmente persa nei suoi pensieri. Mi sorrise, e con il suo sorriso si illuminò tutto il suo volto, e tutto il mio mondo prese colore in quell’istante.
«Ciao, piccola. Dai vieni, andiamo a fare un giro. Ho voglia di stare un po’ con te». Non se lo fece ripetere, con un movimento agile saltò la ringhiera per atterrare perfettamente in equilibrio davanti a me, mi cinse il collo con le braccia morbide e mi baciò dolcemente. Rimasi senza fiato.
«Hey… piano! Che diranno i tuoi?»
«Che ti amo, scemo! Dove mi porti?»
«Sorpresa. Ma… vieni così?» La osservai. Indossava un vestitino cortissimo, con le maniche lunghe e di un verde che faceva risaltare i suoi occhi color cioccolato. Ai piedi, anfibi, rigorosamente neri.
«Sì, perché?»
«Non mi sembra l’abbigliamento più indicato per la moto, tutto qui».
«Seth, chi vuoi che ci veda?» Non aspettò che le rispondessi, salì sulla moto e mi cinse la vita con le braccia, poggiando il viso sulla mia schiena. Quel contatto mi diede una scossa lungo tutta la colonna vertebrale. Questa ragazza decisamente aveva il potere di farmi impazzire. Guidai per un po’, fino ad un posto che avevo scoperto qualche giorno prima, nei miei vagabondaggi senza meta. Era il solo punto di tutta La Push in cui non c’era la scogliera a strapiombo, ma il pendio scendeva dolcemente verso il mare, e la vegetazione ricca e rigogliosa arrivava fino alla riva, creando un’insenatura naturale completamente nascosta e appartata. Mi fermai, e rimasi per un attimo ad assaporare il silenzio del luogo, spezzato solamente dal cinguettio di qualche uccello. D’un tratto, sentii due braccia morbide circondarmi il collo, e Nessie cominciare a baciarmi partendo dall’orecchio fino all’attaccatura delle scapole. Mi tremarono le gambe. Si sollevò un poco, per baciarmi meglio, e trattenni il fiato. Nessuna donna mi aveva mai fatto quell’effetto. La sentii insinuare una mano sotto la mia maglietta, all’altezza della pancia, per accarezzarmi. Brividi. Mi mancò il respiro quando, con un movimento fluido, si sollevò ancora con l’intento di spostarsi. Capendo cosa volesse fare, le circondai la vita con un braccio e la sollevai, col risultato che me la ritrovai di fronte, a cavalcioni. Si strinse a me, e mi baciò in un modo che fece scattare tutti gli interruttori che avevo. Mi ritrovai a baciarla, mentre le mie mani correvano sui suoi fianchi, sulla vita, sulla schiena. Mi aveva sfilato la maglietta, col risultato che adesso mi stava baciando il torace e stava torturando la mia schiena con le mani. La sollevai di peso, per farla scendere dalla moto.
«Cosa fai?» mormorò, sempre avvinghiata a me.
«Non penserai che ti ho portata fin qui per fare sesso su una moto, Ness? Sarebbe da stupidi. Voglio che la nostra prima volta insieme sia speciale».
«Se sono con te ogni momento è speciale, Seth». Mi sentii sciogliere. Non potevo chiedere di più.
Quando arrivammo alla spiaggia, la deposi a terra, ma lei non si staccò trascinandomi giù con lei. Cademmo sulla sabbia umida, ma non ce ne accorgemmo neanche. Cominciai a baciarla con ardore, quasi con violenza, le mie mani che correvano sulla sua schiena, e le sue che perlustravano la mia. Scesi sul collo, e la sentii rabbrividire al contatto delle mie labbra bollenti su di lei. Con una mossa gentile le sfilai il vestito, lasciandola in intimo. Mi fermai un istante a contemplare il suo corpo da dea, libero dalle costrizioni degli abiti. Cominciai a baciarla ovunque, partendo dal collo e seguendo le linee del suo corpo delicato, assaporando l’odore della sua pelle di porcellana, il gusto di lei. Le tolsi il reggiseno, sfiorandole lieve la pelle soffice con una mano, mentre l’altra era intenta cingerle la vita per attirarla vicina, sempre più vicina. Volevo fondermi in lei, diventare una cosa sola, quasi avessi paura che non fosse reale.
Dopo attimi che sembravano eterni, le sfilai gli slip, mentre le sue manine si insinuarono delicate all’attaccatura dei miei jeans, e li sbottonarono. Trattenni il fiato per un istante, la bocca sulla sua, ansimante. Eravamo completamente nudi, i nostri corpi reagivano al contatto della pelle dell’altro con brividi e scosse, la nostra voglia l’uno dell’altra aumentava sempre di più. La sentii gemere, mentre affondava la mano nei miei capelli per guidare il mio viso davanti al suo, a pochi centimetri da lei. I nostri occhi si incontrarono. E fu un fiume in piena. Un fiume incontenibile di tutti i nostri sentimenti, desideri, paure, dubbi, incertezze. Tutto racchiuso in quel momento interminabile, eppure breve come un battito di ciglia. Mi spostai per trovarmi sopra di lei, che mi accolse cingendomi il collo con le braccia morbide e sfiorandomi l’orecchio con le labbra ansimanti. Impazzii letteralmente, quando la sentii sussurrarmi “ti amo” sull’orecchio. Continuai a baciarla ovunque, finché i nostri gemiti non divennero per entrambi una tortura quasi insopportabile, seppure dolce. La sentii mugolare quando fummo insieme, muovendosi per accompagnare i miei movimenti, le sue unghie sulla mia schiena che mi facevano uscire di testa. Mi abbandonai completamente in lei, finché il ritmo dei nostri corpi intrecciati non si fece sempre più incessante e si placò, saziato e beato di quell’attimo di paradiso.
La tenni stretta a me cingendole la vita con un braccio, il viso sul mio petto. Era stata senza dubbio l’esperienza migliore di tutta la mia vita. Nessuno dei due parlava, non c’era bisogno. Dopo molto tempo, le sollevai il viso con un dito sotto il mento, gli occhi nei suoi. L’altra mano continuava ad accarezzarle il fianco dolcemente.
«Ti amo, Nessie. Sei la cosa più importante e bella che mi sia mai capitata».
«Anche io ti amo, Seth. Non credevo ci fosse qualcosa di così bello al mondo».
«Nessie… mi vuoi sposare?» La sentii trattenere il fiato.
«Seth…»
«Che c’è? Ho esagerato? Scusa… è che ho sempre paura che tu sia un sogno, e che possa svanire».
«Non sono un sogno. Non sparirò. Sono tua oramai. Lo sarò per sempre. Si». Non ci fu bisogno di dire altro. Ogni altra parola sarebbe stata superflua. Le nostre anime, ancora prima dei nostri corpi, si appartenevano, e nessuno avrebbe potuto separarci. Mai.

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Prologo
13. FINALMENTE LEVIAMO DI MEZZO QUELL’AMMASSO DI PELO – POV JAKE
Nessie aveva fatto come le avevo detto e aveva contattato Martin. Lui, da bravo predatore, non aveva saputo resistere al richiamo della sua preda. Promise di venire. Con tutto il branco. Avevamo deciso di aspettarli nella radura, e ci eravamo dati appuntamento lì per definire gli ultimi dettagli.
«Ok ragazzi, loro sono dieci, e noi anche. Vi nasconderete tutti tra gli alberi, i Cullen abbastanza lontani da non far percepire il loro odore. Io e Seth resteremo umani, per il momento». Alice mi guardò in modo strano, dubbiosa.
«Come farete a chiamarci? Sai che non posso vedere niente…»
«Edward, fino a che distanza riesci a percepire i miei pensieri quando sono in forma umana?»
«Se non sbaglio, l’altra volta ceravamo a una cinquantina di chilometri… ma non c’era il legame che abbiamo ora. Credo che potrei sentirti fino in Alaska, Jake».
«Meglio. Più vi allontanate, meglio sarà. Nessie resterà qui. Lei deve esserci, o Martin fiuterà la trappola. Sam e Paul, voi resterete indietro e ci coprirete le spalle quando io e Seth ci trasformeremo. Leah, tu che sei la più veloce cerca di coglierli di sorpresa. Quil, Embry, voi due vi occuperete di distrarli. Edward e Jasper cercheranno di farli fuori il più velocemente possibile». Paul si ribellò, per niente soddisfatto della mia proposta.
«Aspetta un momento, fratello… perché proprio io e Sam di retroguardia? Le tue chiappe pelose non mi interessano poi tanto!»
«Perché tu e Sam siete quelli più forti, dopo di me. Se mi trovo nella merda mi piace pensare di avere voi due che mi coprite, Paul. E poi, se non ti riporto a casa in un solo pezzo, Rachel mi sbrana. E lo stesso farà Emily. Quindi cercate di riportare le chiappe a casa, voi due».
«Jake, non avete tenuto conto di una cosa…» sentendo il tono della sua voce sussultai; la mia Bells era preoccupata!
«A che cosa ti riferisci, Bells?»
«Mi è venuto in mente che forse in quanto branco anche loro potranno sentire i vostri pensieri, quindi addio effetto sorpresa».
«Non ci avevo pensato. Non è detto che sia così, però».
«Ma è un rischio che non possiamo correre, Jake. Se leggono quello che avete in mente di fare, saranno sulla difensiva e tutto il piano andrà in fumo».
«Che avevi in mente, Bells?»
«Fare quello che ho fatto contro i Volturi». Gli altri sembrarono non capire, allora lo spiegai.
«Bella è uno scudo. Riesce a isolare le menti dei suoi compagni da quelle degli avversari. E’ quello che ha fatto l’ultima volta, ecco perché Jane e Alec non hanno potuto colpirci con i loro poteri».
«Bella, ma noi eravamo molto lontani».
«Vedi, Sam, in quel frangente ho scopeto una cosa interessante. Basta che uno di voi sia sotto lo scudo, e automaticamente lo siete tutti. Sarà interessante verificare se protegge anche quelli di voi che sono in forma umana».
«Ma tu sarai lontana, Bella. Come farai a tenerlo in piedi?»
«Posso crearlo e poi andarmene, Sam. Non ci sono problemi. Tornerò appena mi chiamerete».
«E come ci sentirai?»
«Ululate. Riesco a riconoscere le vostre voci».
Sorrisi tra me per quello che Bella aveva detto. In effetti, non avevamo mai avuto grossi problemi di comunicazione, neanche quando ero su quattro zampe.
Martin e il branco sarebbero arrivati a momenti, quindi ci preparammo come accordato. Vidi il resto del branco nascondersi tra i cespugli, mentre i Cullen salutavano Nessie con un abbraccio. Rimanemmo solo noi tre; io, Ness e Seth, ad aspettare. Cingevo la vita di Ness con un braccio, mentre lei e Seth si tenevano per mano teneramente. Li sentimmo arrivare, erano in forma umana. Meglio. Martin si avvicinò sprezzante.
«Ness… dolcezza, sentivi la mia mancanza, eh?»
«Certamente Martin. Come di un mal di denti». Lo schifoso sobbalzò, probabilmente non se l’aspettava che Nessie fosse così sfrontata. Ma si riprese subito per avvicinarsi ancora e toccare il viso di Ness. Un ringhio sordo annunciò il disappunto di Seth. Io bloccai la mano di Martin.
«Amico, ti do un consiglio. Non farlo, se vuoi tenerti la mano attaccata al corpo». Tentò di fare forza, ma si rese conto che ero più forte di lui.
«Bene bene bene… vedo che alla nostra piccola amica piacciono gli animali! E tu chi saresti, sentiamo?»
«Suo fratello. E quell’altro colosso che la tiene per mano è il suo ragazzo. Quindi se ci tieni alla pelle, ti consiglio di andartene. Ci piacciono le bistecche di lupo». Lo vidi impallidire vistosamente, probabilmente si rese conto di essere in svantaggio. Eravamo molto più grossi di lui, lo avremmo sopraffatto in men che non si dica. Fece un cenno impercettibile, e dal folto della foresta sbucarono i suoi fratelli. Io e Seth ci guardammo. A meno che non avessero qualche dote eccezionale nascosta, non c’era storia. Eravamo molto più grossi di loro. Feci un cenno a Sam, e il nostro branco avanzò allo scoperto.
«Siamo più grossi amico, non ti conviene».
«Ma noi siamo di più». Maledizione, aveva ragione. Li contai, scoprendo che erano quindici. La cosa non mi spaventava, eravamo abituati ad essere in inferiorità. Ma non volevo abbandonare Nessie nelle mani di quello schifoso. Mormorai a Sam di chiamare Edward. Subito dopo arrivò insieme agli altri Cullen. L’altro branco non aveva sentito. Erano isolati come speravamo.
Bene, vedo che avete chiamato i rinforzi… e loro chi sono?»
«La mia famiglia, Martin. Quelli che volevi minacciare. Quelli che volevi sterminare dandoli in pasto ai Volturi». Nessie mi lasciò per rifugiarsi tra le braccia di Bella. Io e Seth eravamo liberi di trasformarci. Ma prima c’era una cosa che volevo chiarire.
«Ti propongo un accordo, amico. Io e te, faccia a faccia. Se vinco io, voi ve ne andate, la lasciate in pace e non vi fate più vedere».
«Ma se vinco io, lei farà tutto quello che voglio».
«Affare fatto. Ma gli altri non devono intervenire. Da nessuna delle due parti. Solo noi due. All’ultimo sangue».
«NO!» L’urlo uscì da una bocca che non mi aspettavo. Bella mi guardava in un modo che non lasciava dubbi. Edward sobbalzò.
«Jake, fratello lascia che sia io…»
«Non dire cazzate, Seth. Tu dovrai prenderti cura di lei e proteggerla se perderò. Nessie – mi voltai verso di lei, le presi le mani e le misi in quelle di Seth – sii felice. Ti voglio bene, ricordatelo». E le deposi un bacio sulla fronte. Mi avvicinai agli altri, Sam davanti a tutti.
«Se mi succede qualcosa… Sam, tu riprenderai il tuo posto, ok? E’ sempre stato tuo, in fondo». Sobbalzai, sentendo un tocco lieve sul braccio.
«Jake…»
«E’ in buone mani, Bells. Seth la ama con tutto se stesso».
«Non sono preoccupata per Nessie… ma perché devi sempre farti ammazzare per la mia famiglia, Jake?»
«Non lo so. Forse perché sono masochista?» Non finii la frase, perché mi si gettò tra le braccia come una bambina spaventata, riportandomi con la mente ad un’altra battaglia, anni prima. Anche lei ci ripensò.
«Stavolta non resterai se ti chiedo di baciarmi, vero?» Sorrise.
«No Bells. Non servirebbe. Sei sposata ora».
«Anche ieri lo ero» Mi guardo con gli occhi liquidi pieni di angoscia.
«E’ stato uno sbaglio tremendo. Dimenticalo se puoi».
«Non posso. Ti amo, Jacob Black». La fissai. E di nuovo, per un istante, rividi il cioccolato. Non feci neanche caso al ringhio soffocato di Edward, le posai un bacio sui capelli, quindi volai dietro un cespuglio e mi trasformai. Quando tornai, Martin era in forma di lupo. Lui era decisamente più grosso dei suoi compagni. Ma era comunque più piccolo di me. E questo lo intimorì.

POV Bella
Non mi ero neanche resa conto di quello che avevo detto, fu Edward con il suo ringhio a farmi tornare alla realtà. Gli lanciai un’occhiata di nascosto, ma il suo volto sembrava impassibile come sempre. Solo io potevo vedere la rabbia sorda che stava covando. Sapevo che Jake non gli aveva permesso di frugare nella sua mente e vedere quello che era accaduto tra di noi, ma non avevo dubbi sul fatto che avesse sentito quello che ci eravamo detti. E le domande sarebbero arrivate. In quel momento, un grosso lupo rossiccio sbucò dai cespugli dietro di me e si fece incontro a Martin. Sentii Renéesme irrigidirsi tra le mie braccia, ma come me non riusciva a distogliere lo sguardo. Era pietrificata. Io non volevo guardare e allo stesso tempo non potevo farne a meno.
Avvenne tutto molto velocemente. Martin attaccò per primo, tentando di azzannare Jake alla gola, ma lui scartò prontamente dando una zampata sul muso a Martin. Questi rotolò su se stesso per atterrare comunque sulle quattro zampe. Si riprese subito per farsi incontro a Jake, le fauci spalancate che miravano alla gola del lupo rossiccio, a pochi centimetri di distanza.
«Noooo!» Non riuscii a controllarmi, l’urlo angosciato uscì dalla mia gola senza che potessi controllarlo. Ma Jake si era già scansato e stava prendendo il controllo della situazione, mirando al petto di Martin e facendolo finire sotto di lui, a zampe all’aria. Fu in quel momento che i lupi del branco di Martin si gettarono nella mischia, probabilmente li aveva chiamati lui. Un grosso lupo color sabbia ci sfrecciò davanti per gettarsi al centro della battaglia, e sentii Nessie urlare e nascondermi il volto tra le braccia singhiozzando. Proprio in quel momento vidi un lupo coloro piombo dirigersi verso di noi; non era dei nostri, lo avrei riconosciuto. Mi resi conto solo in quel momento che Jasper, Alice e Edward stavano dando una mano al branco. Eravamo rimaste sole. Probabilmente se non ci fosse stata Renéesme avrei tentato di affrontarlo, ma dovevo proteggerla e non sapevo che fare. Vidi un movimento con la coda dell’occhio e notai un altro lupo nella direzione opposta. Erano in due, e ci stavano accerchiando. Strinsi forte Nessie per impedirle di vedere, non volevo che si spaventasse. Erano sempre più vicini e ci avrebbero certamente fatte fuori se non fosse stato per un lupo grigio che si avvicinò silenzioso alle loro spalle. Di tutti, era il solo che non mi aspettavo mi salvasse. Azzannò il più vicino dei due lupi alle zampe posteriori, facendogli perdere l’appiglio, e con un movimento fulmineo del collo lo fece volare lontano. Ma l’altro lupo lo azzannò al fianco, lasciandogli una ferita profonda e facendolo uggiolare di dolore. In quel momento Jake attaccò l’altro lupo, scansando Paul col muso. Paul si fece da parte, accucciandosi contro un albero, ancora tramortito dal dolore. Istintivamente ci avvicinammo, e lui protestò eloquente.
«Smettila di brontolare! Lo so che non sopporti il mio odore, ma se  non pulisco la ferita finirà per infettarsi e Rachel mi uccide. Su, fa vedere. Se ti faccio male puoi sempre azzannarmi!» Non credetti alle mie orecchie, al suono che uscì dalla gola del lupo; stava ridacchiando!
«Renéesme, togliti la felpa. Mi serve per pulirgli la ferita. Che ne dici di tornare umano, Paul? Con tutto questo pelo non ci capisco niente. Su avanti, non è il momento di vergognarsi!» Mi stava guardando in modo strano, e compresi. Mandai Nessie nel cespuglio dove prima si era trasformato Jake, e tornò con un paio di pantaloncini. Paul si trasformò davanti a me e li indossò velocemente. Notai che gli andavano a pennello. Cominciai a pulire la ferita con la felpa di Nessie, finché non mi bloccò una mano.
«Non avrei mai creduto di poterlo dire a una sanguisuga, ma… grazie, Bells»
«Non mi consideri poi tanto sanguisuga, se ancora usi il nomignolo che usa Jake!» Un sorriso ironico gli attraversò il volto.
«Ti dà fastidio?»
«No…» Non riuscii a finire la risposta, perché un ululato di dolore squarciò l’aria, bloccando la mia mano a metà. Non ebbi bisogno di girarmi per sapere a chi appartenesse. Chiusi gli occhi, la mano tremante.
«Jake…» mormorai con tono angosciato. Un gemito mi uscì dal petto senza che potessi trattenerlo.
«Lo ami ancora, vero?»
«Io… si, credo di si».
«Lo stai uccidendo, lo sai?»
«E’ per questo che mi odi, Paul?» Sorrise di nuovo, ironico.
«Io non ti odio. Nessuno di noi ti odia. Solo non riusciamo a perdonarti il fatto di aver scelto il succhiasangue al posto di Jacob. Non sopportiamo veder soffrire un fratello, e se tu lo avessi ammazzato gli avresti fatto certo meno male».
«Mi dispiace. Io…»
«Non è a me che devi chiedere scusa. Quando avrai chiarito con lui definitivamente, avrai anche la mia amicizia». Gli sorrisi.
«Anche se sono una sanguisuga?»
«Farò un’eccezione. Ma non dirlo agli altri». E mi strizzò un occhio. In quel momento notai il silenzio attorno a noi, poco prima riempito da grida e ululati. Non volevo voltarmi, non avevo il coraggio di guardare. Vidi Nessie accanto a me scattare in piedi e correre, e compresi che stava andando da Seth. Mi costrinsi a voltarmi, e quello che vidi mi lasciò pietrificata. Sam e Jared stavano portando Jake di peso, semisvenuto e sanguinante. Prima di potermelo impedire, le mie gambe corsero verso di lui per controllare che stesse bene. Jared e Sam lo lasciarono, posandolo delicatamente contro un albero. Teneva gli occhi chiusi, semi incosciente.
«Sei un perfetto idiota, Jacob Black! Cosa credevi di fare?»
«Levarmi di mezzo una volta per tutte…» mormorò faticosamente. Lo presi a pugni sul petto, sapevo che gli stavo facendo male ma non mi importava. Sentii lo sguardo di mio marito appuntato sulla schiena, e mi decisi ad alzarmi. I suoi occhi di topazio sembravano volermi trapassare. Sospirai. Gi dovevo delle spiegazioni.

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Prologo
14. LA FINE DI UN INCUBO
POV Bella
Io ed Edward rientrammo a casa Black ancora piuttosto provati dalla battaglia, non avevamo detto una parola lungo tutto il tragitto. Nessie non aveva voluto sentire ragioni, era rimasta con Seth. Era cocciuta quanto me, sapevo che non l’avrei smossa. Meglio così. Avevo bisogno di tempo per riordinare le idee.  Una volta a casa, da soli, mi preparai alla tempesta che sapevo sarebbe arrivata. E infatti arrivò, puntuale. Edward mi guardò accigliato.
«Sai Bella, credo non sia stata una grande idea tornare qui».
«Dovevamo salvare Renéesme. Come vedi avevo ragione a preoccuparmi». Gli risposi a tono.
«Te lo concedo, avevi ragione. Ma continuo a dire che non è stata una buona idea».
«Che vuoi dire?»
«Non è bello per un marito tornare dalla battaglia e vedere sua moglie che si getta tra le braccia di un altro, fosse anche il suo migliore amico ferito in battaglia»
«Lo avevo sentito gridare, l’ho visto ferito e mi sono preoccupata per lui! Tu stavi benissimo». Alzai le spalle come davanti a un fatto ovvio.
«Certo, ma non mi ha fatto piacere. Sei ancora invaghita di Jacob, Bella?» Mi piantò gli occhi liquidi in volto. Impossibile mentire.
«Edward, io…»
«Bella, per una volta sii sincera e rispondimi!»
«Si, credo di si». Sospirò.
«Bene, come immaginavo. E’ normale dunque che tu ti sia comportata in quel modo. Partiremo al più presto, e questa storia finirà una volta per tutte. Capisco che tu sia confusa tesoro – mi prese dolcemente le mani nelle sue – rivedere Jacob ha senza dubbio avuto effetto su di te. Ma vedrai che tornando alla nostra vita quotidiana si sistemerà tutto». Forse aveva ragione, pensai. Forse rivederlo era stato un errore ed ora ne avrei pagato le conseguenze. Ma non volevo andarmene. Cercai la scusa migliore che avevo.
«E con Renéesme cosa pensi di fare?»
«Dubito che riusciremo a staccarla da Seth. Credo sia meglio lasciarle libertà di decidere, in fondo è in buone mani. Tu che ne dici?» Mi sorrise dolcemente.
«Credo sia la cosa migliore da fare. Deciderà lei».
«Bene. Possiamo partire presto, allora. Vado ad avvertire Alice e Jasper. Il tempo di sistemare le cose e salutare Nessie… direi tre giorni al massimo. Non ti dispiace se ti lascio sola, Bella?» Feci cenno di no con la testa, incapace di rispondere. Il messaggio nascosto dietro quelle parole era completamente diverso: riuscirai a non incontrare Jacob Black mentre sono via? Chiaramente sospettava che avrei tentato di vederlo. Ma si sbagliava. Dopo quello che mi aveva detto prima della battaglia, non avevo più intenzione di rivederlo. Era meglio per tutti e due. Mi sedetti al tavolo e scrissi una lettera per Jake. Avrei fatto in modo che la trovasse, una volta tornato da casa di Emily, cove lo avevano portato per assisterlo.

POV Seth
Avevamo avuto la meglio su quello sbruffone e il suo branco, ma a quale prezzo? Eravamo stati costretti a far fuori tre esseri umani, e avevamo riportato delle ferite serie. Paul stava bene, ma gli ci sarebbero voluti un paio di giorni per riprendersi del tutto. A Rachel era venuto un mezzo colpo quando era tornato a casa con tutto quel sangue. Jake era un discorso diverso. Aveva tre costole rotte, la gamba destra spezzata e una frattura piuttosto seria alla colonna vertebrale. Non avrebbe dovuto muoversi assolutamente per un paio di giorni, e soprattutto non doveva trasformarsi. Avevamo deciso di portarlo da Sam: Emily avrebbe fatto buona guardia.
Io invece ero al settimo cielo da quando avevo visto la mia Ness corrermi incontro scoppiando in singhiozzi di gioia. Non ero più riuscito a liberarmi di lei. Ammesso che volessi farlo. Volevo passare con lei ogni momento, così decisi di andare a fare una passeggiata alla spiaggia. Era il tramonto. Uno spettacolo grandioso a La Push.
«Sai Seth, quando ti ho visto sfrecciare verso la battaglia, non avevo il coraggio di guardare… temevo ti succedesse qualcosa… Io… devo dirti una cosa, Seth».
«Si fermò e mi piantò in viso il suo sguardo limpido. Maledettamente serio.
«E’ importante?»
«Adesso non più. Ma voglio comunque che tu lo sappia».
«Ti ascolto, tesoro». Le accarezzai il viso con una mano.
«Ho chiesto a Jake, nel caso avessimo perso, di uccidermi. E lui aveva promesso di farlo». La guardai un istante come se mi avesse parlato in un’altra lingua. Poi, d’un tratto, compresi.
«Ecco perché…»
«Cosa, Seth?»
«Ecco perché Jake ha architettato tutto quel piano. Nessie, con tutto il bene che ti vuole, non ha potuto negarti la promessa. Ma se fosse morto lui, non sarebbe stato costretto a mantenerla».
«Ma aveva promesso!»
«Nessie, angelo mio… Jake non avrebbe mai potuto ucciderti, neanche se glielo avessi chiesto tu. Così ha pensato bene di buttarsi nella mischia per proteggerti. Ti ama immensamente, non dello stesso amore che provo io, chiaro, ma farebbe qualsiasi cosa per te. Sei una sorella per lui».
«Me ne sono accorta Seth. Darebbe la vita per me. E io la darei per te». Mi passò la manina delicata sul viso, mostrandomi le immagini di qualche pomeriggio prima, sorridendo maliziosa. Io sorrisi a mia volta, stringendola tra le braccia.
«Hai le idee chiare, piccola».
«Che c’è di male, Seth?»
«Niente. – mi guardai  intorno con aria sorniona – vieni con me». La presi per mano e la guidai verso alcune rocce che formavano un anfratto naturale che riparava da occhi indiscreti; una creava quasi una caverna, isolando anche dalla furia del mare. Ness si strinse a me, le braccia intorno al colo, gli occhi nei miei.
«Dimmi una cosa, Seth Clearwater… la proposta dell’altro giorno è ancora valida, o era solo un maldestro tentativo per sedurmi?» La luce giocosa del suo sguardo tradiva il tono serio delle parole. Decisi di stare al gioco. Iniziai a farle il solletico.
«Te lo faccio vedere io, quant’è seria la proposta. E a proposito… ti avevo già sedotta, se non ricordo male! E non mi sembrava ti fosse dispiaciuto!» Ridevamo entrambi, era tutto maledettamente facile con lei!
«Brutto screanzato!» Rise prendendomi giocosamente a pugni, che ovviamente neanche sentii. Le bloccai i polsi con una mano, mentre ficcai l’altra nella tasca dei jeans per tirarne fuori un sacchettino di stoffa che tenni nella mano destra. Strinsi la sua mano nella mia, porgendole il contenuto del sacchetto, la fissai negli occhi per un lungo istante.
«Renéesme Carlie Cullen, vorresti diventare mia moglie?» Le chiesi agganciandole il braccialetto al polso.
«Assolutamente si». E mi si gettò fra le braccia, facendomi cadere all’indietro sulla sabbia, con lei sopra di me. Mi ritrovai le sue labbra sulle mie, in un bacio che risvegliò i miei sensi in un secondo. Comincia a baciarla con ardore, e lei rispose esattamente come mi aspettavo. Le sue mani esploravano la mia schiena sotto la maglietta provocandomi brividi e sospiri, mentre le mie seguivano avide le linee del suo viso. Sembrava che non riuscissimo a saziarci l’uno dell’altra, tanto avidamente ci stavamo accarezzando. Dopo poco la sua maglietta finì lontano, seguita dalla mia. Anche i suoi jeans resistettero ben poco all’assalto delle mie mani, così come i miei alle sue. D’un tratto mi sollevai a sedere, prendendola per mano. Quindi mi alzai, andando verso la riva.
«Ma che vuoi fare, Seth?»
«Fare il bagno con te, amore!»
«Ma fa freddo!»
«E da quando senti freddo, Nessie? Dai fifona, fidati!» la presi per mano vincendo le sue sempre più deboli proteste, e corremmo ridendo verso la riva. Finii di spogliarmi davanti a lei, quindi mi gettai in acqua. Subito vidi una scia color rame seguirmi, e mi fermai, l’acqua mi arrivava al torace. Ness si fermò proprio di fronte a me, le braccia intorno al mio collo. La presi per la vita per stringerla ancora di più a me, quindi la sollevai finché le sue gambe non cinsero i miei fianchi. Non smettevamo di guardarci negli occhi. Se mi avesse colpito un fulmine in quel momento, probabilmente non me ne sarei accorto.
«Ti amo, Ness».
«Ti amo anch’io, Seth» mi rispose, sempre con gli occhi nei miei. Adesso ero davvero felice.

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


Prologo
15. ANTICHE PROFEZIE PRENDONO VITA
POV Jake
Mi ero ripreso abbastanza bene, la vigilanza stretta di Emily mi aveva aiutato a restare immobile e quindi la mia spina dorsale si era saldata perfettamente, ed ora ero in grado di muovermi come prima. Dovevo risolvere una questione, e solo una persona era in grado di sciogliere i miei dubbi. Arrivai alla casetta del vecchio Quil Ateara senza essere notato, e quando entrai, il saggio non sembrò sorpreso.
«Vieni avanti, figliolo, ti stavo aspettando».
«Ho bisogno di parlarti, saggio».
«Siediti. Vuoi del thé?» accettai, ben sapendo che non avrebbe accolto un rifiuto. «Cosa angoscia il tuo cuore, giovane Black?»
«Ecco… è una lunga storia… il mio problema si chiama Bella Swan».
«Conosco bene la storia, Jacob Black. La mia domanda era un’altra. Cosa ti turba?»
«L’altra notte è successo l’imprevisto. Noi…»
«Siete stati insieme, vero?»
«Già. Ed è stato in quel frangente che ho notato un paio di fatti strani. Ha pianto, e sappiamo bene che i freddi non piangono. E i suoi occhi sono tornati per alcuni istanti color cioccolato. Che succede, saggio?» Lo avevo visto sussultare mentre descrivevo i dettagli. Il vecchio non parlò, continuando a sorseggiare lentamente il suo the, e riflettendo. Dopo un tempo che mi sembrò un’eternità, il vecchio Quil parlò.
«Si tratta di una delle più antiche storie segrete dei Quileute, Jacob Black. Pochi capi la conoscono, e non viene quasi mai tramandata perché potrebbe condizionare l’intera tribù. Ma quello che mi hai raccontato è un segno. Devi sapere, giovane Black, che tanto tempo fa, ai tempi della prima colonizzazione di questa zona da parte dei nostri antenati, i primi Quileute pensarono di trovarsi in un territorio disabitato. Ma en presto scoprirono che non era così. Nei dintorni viveva un’altra tribù completamente opposta alla nostra, con la pelle diafana e fredda e gli occhi di uno strano colore. All’inizio gli antenati pensarono si trattasse di spiriti, ma poi si resero conto che erano degli esseri umani come loro. O almeno così credevano. Con gli anni le relazioni fra le due tribù si fecero sempre più strette, tanto che un capo tribù Quileute, innamoratosi di una donna degli altri, decise di sposarla. Tutti al villaggio erano contrari all’unione, temendo che due specie così differenti tra loro a livello fisico potessero andare incontro anche ad altri tipi di problemi. I più preoccupati erano proprio i freddi, che temevano questa unione. Un fatto del genere non era mai successo e nessuno sapeva cosa aspettarsi. Si trovarono dunque costretti a rivelare alla nostra tribù la loro vera natura di non morti. Sfortunatamente i due si amavano talmente tanto che non vollero sentire ragioni e si sposarono. E giunsero i problemi, specialmente quando la donna era assetata e trovare fonti di sostentamento divenne un problema. Ma la magia dei Quileute era potente, e così l’antenato decise di rivolgersi allo sciamano, chiedendogli di invocare gli antichi spiriti per chiedere di far tornare umana la sua compagna, in modo da risolvere tutti i problemi di dieta della donna. Lo sciamano gli impose di isolarsi per un intero ciclo lunare per chiedere agli spiriti il loro aiuto. Quando il giovane tornò, la sua compagna era morta, fatto di per sé inspiegabile. Nessuno sembrò riuscire a spiegare le ragioni, al punto che il giovane accusò i Freddi di aver agito per gelosia e paura. Fu così che i rapporti tra le due tribù si deteriorarono, fino al punto di costringere i Quileute a tracciare i confini del loro territorio e farli rispettare dai Freddi. Il giovane Quileute però non voleva che per colpa sua le tribù interrompessero i rapporti, e quindi tornò dallo sciamano per chiedere nuovamente l’aiuto degli spiriti. E questa volta lo sciamano gli fece una profezia. Il momento non era propizio, ma quando i tempi fossero stati maturi le due tribù si sarebbero riunite, grazie a un guerriero dal sangue puro e una donna fredda come il marmo, con la pelle di alabastro, che avrebbe pianto lacrime di cristallo da occhi color del cioccolato. A patto che la stirpe del giovane guerriero fosse abbastanza pura. I due si sarebbero uniti, sancendo una volta per tutte il legame fra le due tribù. – Fece una pausa significativa – A quanto pare, i tempi sono maturi, giovane Black».
«Che cosa stai tentando di dirmi, saggio?»
«Che siete voi due, i giovani della profezia. La tua stirpe è la più pura e antica della tribù, e Bella è la tua anima gemella, destinata a stare con te dall’inizio dei tempi».
«E che cosa significano i suoi occhi colo cioccolato e le sue lacrime?»
«Sono semplicemente due indizi del risveglio del suo lato umano. Non tornerà umana, il suo cuore non riprenderà a battere, se è questo che stai per chiedermi – disse prevenendo le mie proteste – ma alcune sue caratteristiche si stanno risvegliando. E rimanendo con te il risveglio sarà completo». Ebbi paura di porre la domanda successiva, ma dovevo essere sicuro.
«Quali suoi lati umani si stanno risvegliando, saggio?»
«Beh, alcuni sono visibili. Lo hai detto tu che può piangere. E i suoi occhi stanno tornando del loro colore originale. Inoltre, sta cambiando la sua temperatura corporea, sarà più simile a quella umana. Anche se continuerà a non avere freddo e ad essere immortale».
«E la sua dieta?»
«Potrà cibarsi sia di sangue che di comune cibo umano, figliolo».
«Insomma, sta diventando un ibrido».
«Più o meno. Ma rimane velenosa. Jake, figliolo, c’è anche un’altra mutazione che forse è la più importante di tutte le altre…» Chiusi gli occhi. Sapevo dove voleva andare a parare, e temevo quello che stava per dirmi.
«Fuori il rospo, saggio».
«Dimmi una cosa, giovane Black… ti sei unito a lei per caso?» Oddio, ero arrossito come uno scolaretto!
«Si».
«Mmm… fate attenzione. La profezia aveva previsto che una volta riunite le due tribù il legame sarebbe stato sigillato con un essere frutto dell’unione delle due razze».
«Può essere pericoloso per lei?»
«Non lo so. Ma considerando la vostra natura di immortali, direi di no. Ma farei attenzione. Tu e lei potete anche essere pronti per una cosa del genere, ma il nostro popolo ancora no, figliolo».
«Ma perché adesso? Perché non prima?»
«Ciascuno di voi aveva un percorso da affrontare per giungere dove siete ora. Delle prove che vi avrebbero condotti qui. Era scritto nelle stelle, Jacob Black. Vi sareste incontrati di nuovo».
«E suo marito?»
«Certamente conosce la profezia. Ma sicuramente lotterà per tenere sua moglie legata a sé». Alzai un sopracciglio, allarmato.
«Dovrei ucciderlo, saggio? Non mi sembra il modo migliore per rinsaldare i rapporti tra le due specie».
«Ascolta il tuo cuore, giovane Black. Lui saprà indicarti il cammino da seguire». Annuii, restando in silenzio per un po’.
«Cosa posso dire al branco?»
«Quello che credi più opportuno. Sei tu il capo, adesso. E dal momento che la profezia sta per compiersi, non c’è ragione di tenerla segreta. Ma, ancora una volta, sarà il tuo cuore a guidarti. Stallo ad ascoltare, hai il cuore puro Jacob. Ora và, giovane áachít – notai che aveva usato il termine Quileute per indicare il capo tribù – e che gli spiriti degli antenati guidino i tuoi passi». Mi poggiò una mano sulla testa in segno di benedizione, quindi mi alzai e uscii. Dovevo riflettere, avevo troppe cose su cui ragionare e onestamente non sapevo da quale parte cominciare.
Decisi che la cosa migliore era prima di tutto mettere al corrente il branco. Gli altri membri della tribù potevano anche restare all’oscuro, ma il branco doveva conoscere una profezia del genere. Sapevo dove trovarli, tanto ormai erano tappa fissa a casa di Sam e Emily. Quando entrai erano tutti lì, mi stavano aspettando consci del fatto che ero stato dal vecchio Quil Ateara. Poteva significare solo una cosa: novità.
Mi sistemai in un angolo, appoggiato allo stipite della porta della cucina, in mano una lattina di birra. Quando fui certo che l’attenzione di tutti fosse per me, cominciai.
«Ci sono delle novità. Trovo giusto che voi sappiate, dato che il vecchio Quil ha lasciato a me la scelta». E riferii tutta la conversazione avuta poco prima. Non interruppero mai, nemmeno una volta, finché non finii. Alla fine fu Sam a parlare per tutti.
«Cosa pensi di fare adesso, Jake?»
«Non ne ho idea. Non so neanche se valga la pena dirle tutto».
«Lei ti ama». Non era una domanda, ma una semplice affermazione. E fu Paul a dirla.
«E tu che ne sai?» Alzò le spalle, come davanti all’ovvio.
«Me lo ha detto lei. Le è la tua donna, fratello. Ti era destinata sin dall’alba dei tempi. Tira fuori le palle e riprenditela. Non puoi permettere a un imprevisto come il succhiasangue di portartela via. Se vuoi sono disponibile a levarlo di mezzo!» Un sorriso beffardo gli attraversò il volto.
«Paul, non posso sancire un legame tra le due specie uccidendo proprio suo marito». Sbuffò rumorosamente di disappunto. Sam intervenne di nuovo per placare la situazione.
«Le dirai tutto, fratello?»
«Credo sia la cosa migliore, Sam. E poi lascerò a lei la scelta». Un’altra voce si levò dal gruppo.
«Lei non cambierà idea. La mamma non è mai stata brava a prendere decisioni, Jake».
«Lo so meglio di te, Ness. La conosco da tanto ormai. Sarà quel che sarà. Lascerò a lei la scelta, piccola».
«Ma così sarai sempre tu a soffrire, Jake!»
«Non posso farci niente, Ness. Ti farebbe piacere se facessi a pezzi tuo padre?» Ammutolì, capendo qual era il problema. Anche gli altri zittirono per un po’. Fu di nuovo Sam a rompere il silenzio.
«Qualunque sia la tua scelta, fratello, noi saremo con te».
«Grazie, Sam. Vado a parlare con Bella». Posai la lattina sul tavolo e uscii, direzione casa mia. Il tempo stringeva e dovevo spiegarmi. Non speravo di convincerla, ma solo di farle capire. Arrivato a casa trovai una lettera. Quando ebbi finito di leggerla, sfrecciai fuori. Era troppo tardi.

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Capitolo 17
*** Epilogo ***


Prologo
EPILOGO
POV Bella
Scrivere quella lettera era stato ancora più difficile di quanto avessi immaginato. Non credevo che dire addio a Jake fosse ancora così doloroso. Avevo pianto, ed ero talmente disperata che non avevo neanche notato il fatto che non avrei dovuto poter piangere. Edward mi rivolgeva a stento la parola, ed Alice continuava ad affannarsi intorno a me facendomi mille domande alle quali rispondevo a monosillabi. Dopo un po’ vedendo le mie reazioni, ammutolì e continuò ad aiutarmi in silenzio.
Non volevo partire. Non volevo andarmene. Non volevo abbandonare Jacob un’altra volta. Mi fece male ammetterlo, ma ero perdutamente innamorata di lui. Ancora. Il tempo non aveva minimamente scalfito quello che provavo per lui. Tutto quel che avevo scritto nella lettera erano bugie, tradite dalle lacrime che avevano bagnato il foglio. Ogni parola, ogni menzogna era una pugnalata al cuore, che per fortuna non sanguinava. Adesso, solo adesso avevo capito che il mio cuore aveva smesso di battere proprio in quella stanza, il giorno che avevo detto addio a Jacob Black e chiuso a chiave il suo ricordo. Uno strano singulto mi uscì dal petto, col risultato che attirai l’attenzione di Alice, che si girò a guardarmi in modo strano.
«Tutto bene, Bella?»
«Si… si... tutto… Oh, accidenti… e invece no! – mi sedetti pesantemente sul letto – non va bene per niente!»
«Ne vuoi parlare?»
«C’è poco da dire. Sono una persona orribile. Ho ferito tutte le persone che mi amano!»
«Bella, tesoro… non sempre cuore e mente vanno dalla stessa parte. Neanche per noi vampiri. Credimi».
«Alice, cosa stai cercando di dirmi?»
«Tesoro, sono mesi che non riesco più a vedere il tuo futuro. Da quando abbiamo deciso che saremmo tornati a Forks».
«Edward…» Esclamai subito allarmata.
«Non ne sa niente. O meglio, io non gli ho detto niente. Ma non è stupido e certamente avrà già capito cosa sta succedendo. Che cosa pensi di fare?»
«Ho lasciato una lettera di addio per Jacob. Preferisco non vederlo più. Sarà più semplice». Mi guardò in modo strano, accarezzandomi dolcemente la schiena.
«Sei sicura che sia quello che vuoi veramente? Bella, Edward è mio fratello e non vorrei mai e poi mai vederlo soffrire… ma ricordati che la decisione che prenderai sarà per l’eternità. Quindi se hai anche solo il minimo dubbio…» e mi guardò di nuovo.
«Perché mi stai dicendo tutto questo, Alice? Credevo tu fossi felice che avessi sposato Edward…»
«Sono felice se lo sei tu. Se questa decisione deve essere una sofferenza per te, preferisco che tu cambi idea, prima di far soffrire anche lui». La nostra conversazione fu interrotta da un leggero bussare alla porta, ed Edward si affacciò.
«Siete pronte, voi due?»
«Certo, fratellino! Piuttosto, vado a dare una mano a Jazz con i bagagli. Pensa a quello che ti ho detto, Bella». Annuii distrattamente, Edward mi aveva stretta tra le braccia.
«Si può sapere cosa voleva dire Alice? E di cosa stavate parlando così fitto?»
«Ma niente, Edward. Mi stava solo dicendo che le mancherà Renéesme. E mi chiedeva se abbiamo fatto davvero bene a lasciarla con i licantropi».
«Tu che ne pensi?»
«Secondo me non potrebbe essere in mani migliori. Seth la ama, e poi c’è Jake, e Billy, e Charlie…»
«E allora si può sapere perché sei così preoccupata, amore?»
«Perché è pur sempre mia figlia, e non posso fare a meno di preoccuparmi per lei». E perché sto pugnalando al cuore il mio amico, il mio testimone di nozze, il mio amante. Edward mi baciò teneramente i capelli, quindi sciolse l’abbraccio e uscì. Mi avviai lentamente verso la porta, guardando quella casa un’ultima volta. Addio per sempre, amore mio.
Salii sulla volvo, che mi aspettava col motore acceso. Alice mi fissò scuotendo la testa. Avevamo fatto qualche metro, ed eravamo ancora in territorio Quileute, quando vidi con la coda dell’occhio un’ombra che si fermò sul ciglio della strada, quasi a salutarci. Guardai meglio: era il branco, con Ness, Rachel e Emily. E Jake davanti a tutti, lo sguardo di fuoco e le braccia incrociate sul petto. Edward procedeva a passo d’uomo per non sollevare polvere. Ora o mai più.
«Ferma la macchina, Edward».
«Ma Bella…»
«Ferma la macchina». Avevo alzato il tono della voce.
«Ma perché?»
«Vuoi fermarti, maledizione?» gli misi una mano sul volto, per mostrargli cosa era successo tra me e Jake. Inchiodò e mi piantò gli occhi in viso.
«Bella…»
«Mi dispiace, Edward. Non te lo meriti. Ma non posso venire con te. Scusami». Scesi dall’auto e rimasi lì, impalata, a guardare Jake che mi stava fissando.

POV Jake
“Jake, perdonami se ti scrivo queste poche righe, ma so bene che se tentassi di parlarti guardandoti negli occhi, la mia volontà verrebbe meno, come sempre in tua presenza. Hai ragione tu, l’altra notte è stata uno sbaglio. Un tremendo errore che devi dimenticare. Che entrambi dobbiamo dimenticare. Anche a costo di strapparci il cuore.
Non ti chiederò perdono, perché mi rendo conto che il mio comportamento è imperdonabile. Vorrei solo che tu capissi, che riuscissi per un attimo a comprendere ciò che mi spinge a fare queste scelte. Ma temo che sarà impossibile.
Ti chiedo solo un ultimo favore. E so che puoi farlo. Prenditi cura della mia Renéesme e di Charlie. So che vuoi bene ad entrambi. Per il resto, smetterò di incasinarti la vita sparendo per sempre. Definitivamente. Addio per sempre, Jake. Addio, amore mio. Ti amerò per sempre. Bella”.
Avevo riletto quella lettera almeno una ventina di volte perché non riuscivo a credere che fosse vera. Avevo notato le lacrime: aveva pianto mentre la scriveva. La mia Bells aveva sofferto. Lei non doveva soffrire. La rilessi un’ultima volta, ma oramai la sapevo a memoria. Scattai in piedi in un lampo e corsi fuori, verso casa di Emily. Speravo di trovarli ancora tutti lì. Aprii la porta rumorosamente, e dieci paia d’occhi si girarono a guardarmi.
«Se n’è andata» rantolai. Rachel si avvicinò, strappandomi di mano la lettera. La lesse furiosamente, con gridolini di protesta.
«Ancora no – intervenne Seth – sono da mia madre. Ripasseranno a casa per prendere i bagagli. Puoi ancora fermarla, fratello».
«Jake – Rachel stava studiando le mie reazioni, una mano sul mio braccio – vai da lei, fermala! Per la miseria fratellino, combatti per quello che ami!»Le sue parole furono la molla che mi fece scattare insieme agli altri. Uscimmo di corsa, li avrei aspettati al confine. Mi seguirono tutti, pronti ad intervenire in caso di bisogno.
Eravamo lì da un paio di minuti quando vidi passare la volvo argento che tanto odiavo. Bella guardava avanti, un punto fisso all’orizzonte, ma ero certo che mi avesse visto. All’improvviso, non capii il motivo, la volvo si fermò, e Bella scese dall’auto. Subito dopo ne scese anche la sanguisuga, ma apparentemente non fece nulla per fermarla. Bella si era girata, mi stava guardando negli occhi, lo sguardo color cioccolato pieno di lacrime.
«Jake, io… mi dispiace!» Non riuscii a dire niente, spalancai le braccia per accoglierla e lei ci si tuffò. «Scusami!» Singhiozzava.
«Shhhh… va tutto bene, piccola! Ora basta!» Guardai truce suo marito, che ci guardava sgomento.
«Bella… stai piangendo! – la prese delicatamente per un braccio per farla voltare – e i tuoi occhi… “lacrime di cristallo da occhi color del cioccolato”. E la tua stirpe è la più pura, Jake. La profezia… si sta compiendo!»
«Vedo che ne sei al corrente».
«Ovviamente si. E’ così? E’ questo che vuoi davvero, Bella? Restare con lui?»
«Si Edward… se Jake mi vuole ancora». La mia Bells, abbassò gli occhi intimidita «E… se anche gli altri mi vogliono ancora!» Rimasi di sale per quello che udii e vidi subito dopo.
«Una promessa è una promessa». Paul si fece avanti, un sorriso stampato in faccia, le braccia spalancate per abbracciare Bells. «Bentornata, Bells». Sorrise ancora di più, e gli altri gli si fecero intorno per salutare e abbracciare Bella. Edward interruppe la scena.
«Bella… amore… addio. Sii felice. E’ la sola cosa che ho sempre voluto, lo sai. Se dovessi avere bisogno di me, sai dove trovarmi. Addio». Salì in auto, lasciando La Push a velocità moderata. E Bella tra le mie braccia. Per sempre.

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