For worse and for better

di B_Yul
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Thara Myong ***
Capitolo 2: *** Stay with me ***
Capitolo 3: *** La voce ***
Capitolo 4: *** La sfilata ***
Capitolo 5: *** Black ***
Capitolo 6: *** Non fare promesse ***
Capitolo 7: *** Darling, darling ***
Capitolo 8: *** Pain is beautiful, same as you ***
Capitolo 9: *** Now baby i will take you home ***
Capitolo 10: *** Stay with me ***
Capitolo 11: *** Fine primo tempo. ***



Capitolo 1
*** Thara Myong ***


 

  1. Thara Myong

Appoggiata alla fermata del Bus A72, direzione centro, occhi verdi, gambe lunghe, capelli color pesca e pelle chiara, troppo chiara, labbra rosse, troppo rosse, Thara osserva ciò che la circonda e non si capacita ancora di come sia finita li.
Seoul è una capitale in fermento, come Londra ma con le dimensioni all’ennesima potenza. Ogni palazzo è un grattacielo, ogni piazza una città e ogni sguardo celato da lunghe frange, ogni volto nascosto da mascherine bianche e ogni ragazza simile a quella incontrata pochi minuti prima  le confondono le idee: la Corea la immaginava diversa, meno metropoli e più inchini, meno corse e più sorrisi ma qui, il tempo sembra essere al futuro sempre e non c’è spazio per i ripensamenti, le opportunità non conoscono aspettative quindi eccola, pronta per una nuova sfida a colpi di tactus e rullante.
Ero sveglia dalle 5:00Am col jet lag ancora forte, dovevo arrivare a Mapo Gu alle 10:50 per essere davvero puntuale e ancora non ero riuscita a capire la differenza tra la linea viola, quella verte e l’autobus su cui sarei dovuta salire in quell’istante.
Squillò il telefono togliendomi ulteriore tempo per riflettere: “L’appuntamento è alle 11 e io sto ancora aspettando l’autobus, perdonami”.
Dall’altra parte una voce amichevole, un tono gentile come se nulla in quel muoversi frenetico di istanti possa intaccare l’unicità dell’occasione: “Thara rilassati, andrà bene. Ti mando una macchina e ti aspetto qui e se qualcuno ti parla in Coreano e non capisci, mostra il cartellino. Capiranno e ti manderanno direttamente su da me”.
Min Suk Yang, CEO della YG entertainment mi aveva pescata tra una pila di applications forms in una gelida, nevosa, snervante, sfigata giornata di Dicembre del 2012 e mi aveva candidamente chiesto di trasferire le mie energie spese in Universal a Seoul, in YG.
Non saprei descrivere esattamente il brivido di terrore che mi pervase quando vidi la durata del viaggio in aereo e non so neanche spiegarvi come il fatto di essere completamente immersa da due anni nel mondo del k pop avesse in quel momento annientato le mie capacità cognitive. Ricordo però, di quel giorno, l’espressione scioccata del manager a cui facevo da assistente da un anno, Eric, nel comunicarmi che avevo praticamente la svolta delle vita in mano. Mi guardava come se mi stesse pregando di accettare e io, dal basso dei miei 20 anni scuotevo la testa incredula sperando di potermi portare mio padre per tenere la mano a qualcuno in quelle interminabili 23 ore di aereo.
“Che vuol dire se mi parlano in Coreano? Io so dire solo buongiorno, lo sanno, vero?”
Una risata mi distese leggermente i nervi anche se trovai quanto meno curioso fosse il boss quello meno teso tra i due. In genere questi sono tutti isterici.
“Stai tranquilla! Ti mando Ji Yong alla reception!”
Sgranai gli occhi ma non mi diede tempo di rispondere, conclusi quella telefonata dicendo a me stessa: “è proprio necessario iniziare da lui?”
Mi chiesi se davvero mio nonno avesse ritenuto una buona idea mandarmi così lontano, farmi tentare quello sembrava essere l’intentabile e farmi accettare l’incarico senza se e senza ma quando io di dubbi sull’adeguatezza della mia persona a quel lavoro, ne avevo eccome. “Se va bene brindiamo a Seoul a Natale, se va male, cazzi suoi”.
Già, “cazzi suoi” era l’alternativa che avevo dato per scontato si sarebbe realizzata perché eravamo in tanti e io avevo rinunciato già a tanti sogni a quell’età: quello del principe azzurro, quello della carriera da cantante, quello di portare la 38. Quest’ultimo lo avevo perso per primo a dire il vero ma era quello che mi pesasse meno in quel momento.
Cercai di mettere due frasi di senso compiuto in fila nella mia mente in modo che non fossi rispedita a Londra in meno di due ore e, mentre facevo pace col fatto che probabilmente G Dragon si sarebbe rivelato un gran rompi palle come ogni umano di quel mondo in cui avevo riposto fiducia fino ad  allora, un’Audi grigio metallizzato si accostò al marciapiede, scese un tizio vestito di tutto punto e mi fece un inchino quanto meno imbarazzante per me che a tutte quelle cerimonie non ero proprio abituata: “Miss. Myong, il signor Yang la attende in sede, prego”.
Quello che non ho citato è che mio nonno, da parte di papà, era coreano mentre mia nonna era italiana. Io sono nata in Corea, per un contrattempo chiamato “come cazzo ho fatto a rompere le acque qui portami in Inghilterra” da padre ultra mixato e madre purosangue inglese e piuttosto disturbata dai miei tre passaporti.
Osservai il tipo ed entrai in auto sperando che nessuno facesse conto sul mio cognome per interagire dal momento che la mia conoscenza della lingua si limitava ai testi più hot del KPop e qualche frase sparsa dei BigBang nelle interviste. Ah, avevo lavorato per CL ma in America e avevamo parlato inglese. Un’altra che avrebbe visto il suo debutto quattro anni dopo con non pochi scontri con manager e discografici di ogni livello.
Comunque, torniamo a noi.
Era il 14 Dicembre, le 11 di mattina, la sede di YG ent. Era circondata da guardie e ragazzine urlanti che speravano di incontrare non si sa chi, non si sa come e poi c’ero io: Thara Myong, ventenne ambiziosa e decisa ad entrare nella lista delle donne più influenti dell’Industria discografica entro il 2017.
Oh, i sogni non si pagano.
Ero ad un passo dal realizzarne uno che faceva per tutti quelli che avevo dovuto reprimere, ero li, alla reception in attesa che qualcuno mi dicesse dove andare e sentivo tutto il peso delle aspettative di chi avesse scelto di darmi quel posto caricarmi di responsabilità e ansie e che forse nel pacchetto non erano proprio incluse.
Dalla musica nelle cuffie e quella nelle casse dello studio, dallo schermo del pc al maxi schermo degli stadi, ero arrivata con due valigie e un obiettivo da raggiungere.
Vidi Ji Yong scendere le scale, sorrideva e io non potei fare a meno di sorridere di rimando, si avvicinò con calma e fece anche lui un inchino, ricambiai stavolta recuperando quel minimo di cultura trasmessami da mio nonno e mi disse: “Benvenuta Thara, piacere di conoscerti. Ti accompagno io da Yang se permetti”. Fece segno all’autista di potersi allontanare tranquillo, eravamo dentro e nessuno lo avrebbe disturbato li. Mi presentai: “Piacere mio, grazie per essere sceso non saprei come muovermi qui”, ero nervosa e lui sembrò accorgersene. Diede uno sguardo fugace alle mie gambe: “Non sarà difficile abituarti, ma puoi contare su un bel po’ di gente, ora vedrai!” rise e io non seppi esattamente come prendere quella risata ma decisi di scrollare il nervoso ridendo anche io. Ji Yong ha uno di quei visi che non capisci subito, ha gli occhi che tagliano, sono affilati e ride come se ghignasse ma ha un’espressione così pulita e innocente che ti lascia un misto strano di sensazioni e devi decidere semplicemente come prenderlo. Sta a te, scegliere la versione di lui che pensi sia vera e lui, forse, se la farà andare bene. Capii col tempo la sua attitudine, quando si trovò a fare i conti con la mia. Ma di questo avremo tempo di parlare.
Mi guardavo ancora intorno incerta, gli occhi di Ji Yong non erano di aiuto e mi sentivo fin troppo osservata dall’alto del mio menefreghismo cronico. Allungai il passo e lui lo prese come il segno che stessi entrando nella parte, così mi rivolse un mezzo sorriso e accelerò di conseguenza, bussò ad una porta e davanti a me, si aprì uno studio di registrazione con almeno 50.000$ di impianto piazzati li, intorno ad uno Yang Suk sorridente pronto ad abbracciarmi incurante della mia fobia da contatto.
“Salve, piacere di conoscerla! Coma sta?”
Cercai di divincolarmi dalla morsa entusiasta del CEO col sottofondo di una risata diabolica di Ji Yong che osservava la scena a braccia conserte: “Ti lascio col grande capo, torno a provare! Se ti servisse aiuto però…”
Rispose Yang: “Ji Yong se servisse aiuto chiamerei Seung Hyun non te, lo vedo quello sguardo, stai alla larga che c’è molto lavoro da sbrigare! E siete in ritardo coi provini. A proposito, voglio che Taeyang mi rimandi sulla mail i pezzi nuovi. Non ho fretta, ma avete una scadenza e non voglio ci arriviate distrutti. Impegno ragazzi!”
Annuì e aggiunse solamente: “Seung Hyun è un bravo ragazzo. Quindi se vuoi divertirti cerca me”
Sorrisi e capii di essermi messa in un bel casino ma cercai di non pensarci: “Ma certamente super star, ci vediamo tra poco da quanto ho capito però!”
E avevo capito bene, Yang sorrise malizioso, quasi più di G Dragon che sparì dalla mia vista per lasciarmi li, a cercare di capire il motivo reale per cui, tra tutta quella gente, a Seoul ci fossi finita proprio io.
“Ho letto la tua scheda, interessante. Hai tanta esperienza per avere solo 20 anni, impressionante”.
Annuii sorridendo, ero fiera dei miei risultati, avevo tante idee da realizzare ma sapevo di non essere certo una qualunque in quel campo.
“La ringrazio”
Spostò il curriculum e si sedette: “Tuttavia, non è questo il motivo principale per cui sei qui Thara. Il tuo cognome, il tuo mix culturale e la tua preparazione scolastica sono stati la parte più rilevante della tua applicazione, il presidente era entusiasta di portare in YG qualcuno in grado di conoscere le esigenze del mondo e non solo della Corea”.
“Ma io non conosco le esigenze del mondo…” risi per la ridondanza dell’affermazione.
“Ti sottovaluti. Mi hai inviato un quantitativo di informazioni che per il progetto che avevo proposto ai candidati sono apparentemente superflue, se a leggerle è qualcuno al di fuori della discografia, ma per noi sono state illuminanti e, soprattutto, hai spiegato in parole semplici il mercato, cosa che neanche io so fare onestamente. Quindi beh, sei qui per questo. E poi i ragazzi hanno visto la tua foto. Sei qui anche per questo. Ma un po’ meno. Ji Yong però ti darà filo da torcere. Sii forte mia cara! Sei in balìa di 5 uomini e nessuno di loro di renderà la vita facile: fammi vedere cosa sai fare. Ah, ho sentito delle tue vecchie demo, sono ancora su youtube…”
Non volevo parlare di quel lato della mia carriera, per me rinunciare alla musica come artista era stato un duro colpo. Non volevo ricordarlo.
“Se non le dispiace su questo punto preferirei non dilungarmi. Per me è difficile ma non ho potuto farle togliere.”
“però a me interesserebbe approfondirlo invece. Perché c’è del potenziale in quello che ho ascoltato e avrei una proposta da farti. Ma di questo ne parleremo domani quando le ragazze saranno in sede”.
“Le ragazze?”
Mi guardò scettico e non capii il senso di quel discorso per un bel po’: “Dara e Bom. Dara soprattutto”.
Però decisi di affrontare un problema alla volta. Anzi 5 alla volta, come quelli che mi aspettavano al piano di sotto.
Fermò il flusso dei miei pensieri con una domanda secca: “Hai già in mente una strategia per portarli in Europa?”
Lo squadrai, tornando in me come spesso di li in avanti mi sarebbe capitato: “Vogue, Dior e GQ, devo fare delle telefonate prima ma tra un paio di giorni avrà un piano preciso su questa scrivania”
“Perfetto, vai dai ragazzi e mi raccomando, per me sono come dei figli, siamo una famiglia. Prima del resto, voglio che stiano bene. Devono lavorare senza subire troppo lo stress dei tempi stretti. Ok?”
“Ok. Com’è che devo chiamarli visto che sono più grandi? Mio nonno mi direbbe che sono irrimediabilmente occidentale”
Rise e tornò nella modalità festaiola di qualche minuto prima: “Oppa, ognuno di loro per te è Oppa se vuoi!”
“Perfetto, a stasera allora!”
Scesi e presi un respiro profondo, cosciente del fatto che un corridoio e una porta mi separavano, ancora una volta, dall’essere fan all’essere il capo, quella che fa rigare dritto quelli che ascoltava per tenersi sveglia fino a poche ore prima. C’ero, ad un passo dalla realtà ma ancora non da tutta la realtà che non pensavo di dovermi aspettare.
“Ciao ragazzi! Io sono Thara”
Ji Yong si voltò soddisfatto: “Ciao Thara, loro non ti conoscono ma io ho selezionato la tua foto, te lo ha detto Yang?”
Capii di aver avuto intuito dal principio, così, il mio alterego Miss. Myong entrò in possesso del mio corpo e la mia mente, per dare a G Dragon l’ultima risposta che in quel momento avrebbe voluto sentire, ma l’unica che potè ricevere: “Si Ji Yong, Yang mi ha detto che sei un selezionatore attento. Ma a te ha detto che stavi scegliendo la persona che per un bel po’ ti avrebbe detto cosa fare, come farlo e perché farlo senza alcuna chance di obiettare?”
No, questo, Yang, non glielo aveva detto. Gli altri si voltarono l’uno verso l’altro cogliendo la sfida personale e T.O.P reagì esattamente come mi sarei aspettata se avessi dovuto ipotizzare una situazione del genere: “Stai a vedere che a forza di selezionare hai beccato quella che ti abbassa la cresta”. Sorrise di gusto e me ne accorsi forse solo io. “Piacere di conoscerti, anche solo per aver zittito Ji Yong al primo colpo!” Aggiunse Young Bae. Non era quello il mio modo di lavorare, ma non era neanche essere tratta da bel faccino e questo, tutti e cinque, dovevano averlo chiaro. Ci sarebbe stato un tempo per mostrare Thara, quella comprensiva, quella che il bene lo da senza condizioni e che li avrebbe messi sulla bocca di tutta Europa con una telefonata. Ma quello, era il momento di Miss. Myong, quella che la sua età l’ha lasciata sul passaporto, che non si cura delle regole esistenti perché ne scrive di proprie, che se il CEO voleva giocare alla famiglia felice allora, lei, per un po’ avrebbe dovuto necessariamente interpretare la matrigna e le sarebbe riuscito bene.
“Vediamo che sapete fare”.
Feci segno loro di alzarsi e mi misi seduta al posto di Ji Yong, tirai fuori dalla borsa dei fogli con i miei appunti di coreano e i grafici dell’andamento del mercato in U.S.A. e nord Europa, mi osservarono confusi e probabilmente non capivano fino in fondo il motivo per cui Yang avesse chiamato una ragazzina dall’Inghilterra per dire loro cosa fare proprio in quel momento, a disco quasi ultimato e io, al posto loro, avrei pensato che fosse un’iniziativa del tutto superflua e un inutile rallentamento ad un lavoro che proseguiva probabilmente da mesi e in cui, io non potevo avere un ruolo determinante. Ma lo avrei avuto eccome.
“Ok, vi vedo confusi e credo che non vi abbiano spiegato i motivi reali per cui sono qui. Giusto?”
Ji Yong scosse la testa e rispose sibilino: “Quindi non è per il tuo bel visino?”
“No, decisamente. Questo è il mio curriculum”
Passai loro una copia a testa della mia scheda professionale e man mano che scorrevano i punti e i nomi li vedevo guardarsi e dirsi qualcosa che ovviamente non avrei potuto capire. Erano 5 pagine comode di cose fatte in giro per il mondo e alla fine, li vidi, come tutti quei bei maschietti inviperiti con cui mi ritrovavo a lavorare. Li vidi perdere l’attitude e raggiungere di nuovo la terra coi loro piedini miliardari. Ri diede una gomitata a Ji Yong e Dae si passò una mano sul viso: “Quindi tu… wow. Hai fatto molte cose”
Annuii: “Già, molte. Ma so che il primo impatto inganna. Comunque sono qui perché il vostro Yang vuole portarvi in Europa quindi io starò qui il tempo di farvi avere il successo che sono sicura meritiate e poi tornerò a fare la spola tra Londra e Los Angeles come se non fosse successo nulla. Contenti? Non mi vedrete più!” Risi pensando di allentare la tensione ma non mi sembrarono esattamente contenti della notizia: “Cioè sei una sorta di Mary Poppins? Vieni, sistemi le cose e te ne vai? E ti piace? Come fai ad instaurare rapporti con le persone scusa?”
Daesung aveva toccato un punto tra i più sensibili del mio lavoro.
Non fui troppo sicura che potessero realmente comprendere nonostante fossero da un bel po’ nel giro: “Io non sono un’amica a tempo determinato, mi occupo solo di business. Fino ad oggi non ho incontrato sicuramente persone che volessero intrattenere rapporti di amicizia a lungo termine né è mai stato questo il mio scopo ragazzi, è lavoro. Non si tratta di chi vuole bene a chi ma di chi può fare bene a chi. E io, secondo Yang, posso fare bene a voi. Tutto qui!”
Seung Hyun osservo gli occhi di Thara: le palpebre incerte l’avevano tradita, c’era stato forse un momento in cui il lavoro aveva lasciato spazio ad altro nella sua precoce carriera ma non voleva certo darlo a vedere a loro che, infondo, erano ancora solo 5 semplici sconosciuti. Ma in quello sguardo ci ritrovò un po’ Ji Yong qualche tempo prima e sorrise consapevole del fatto che forse Thara non sarebbe stata solo di passaggio. Perché certe luci le vedi, non ingannano, quella freddezza e quel distacco erano il chiaro segnale che se avessero saputo conquistarla, lei, avrebbe viaggiato con loro per un bel po’.
 Uscii in terrazza, presi un respiro profondo ancora incerta se stessi vivendo sul serio quella situazione o se fosse giunto il momento di darmi un pizzico e svegliarmi. Guardare Seoul dall’11° piano era ancora più allucinante che entrare in YG. Presi una sigaretta e col primo tiro distesi ancora qualche nervo, ne avevo fin troppi tesi, sarebbe stata una giornata lunga e lo sapevo. Per me le novità sono sempre stati piccoli traumi, non riuscii mai a capire fino in fondo il motivo per cui avessi scelto quel mestiere, quello stile di vita e neanche mia madre sembrava troppo convinta che fossi sana di mente ma, in compenso, mi ripeteva sempre: “Quando sei nata l’ostetrica ha cercato di tenerti ferma per tagliare il cordone e tu le hai dato un calcio. Li ho capito che sarebbe stato meglio lasciarti figlia unica”.
Risi pensandoci, erano passati decisamente meno anni di quanti ne dovrebbero passare prima che qualcuno sia in grado di fare un bilancio della propria vita ma, io, avevo anche questa di responsabilità: facevo bilanci da quando avevo 15 anni. La cosa, comunque, non mi pesava affatto.
Thara osservo la sigaretta a metà, era la prima della giornata e lo considerò un buon segnale dato che si era ripromessa di smettere. Le luci della città iniziavano a brillarle davanti agli occhi, vedeva tutto scorrere dall’alto e le sembrò strano starsene li, con quelle persone, si sentì sopravvalutata in parte e sperava fortemente che quella scelta si potesse rivelare giusta. Mentre però era li che rifletteva e non lasciava in pace il suo povero cervello ormai formicolante per il troppo elaborare…
“Dovresti smetterla di farti troppe paranoie e imparare il coreano dongsaeng”
Mi spaventai per l’arrivo inaspettato e fin troppo silenzioso ma cercai di mantenere la mia attitudine da super boss impegnato: “Come mi hai chiamato?”
“dongsaeng e se imparassi qualcosa sulla tua cultura sapresti cosa significa. Sapresti anche che io…”
“Tu sei Oppa, ma non credo che ti chiamerò così, avete delle strane abitudini e io so pagarmi da sola i pasti e proteggermi dai passanti maldestri. E soprattutto, mi trovo bene con l’inglese, ma grazie per le dritte”.
Ji Yong ammiccò punto, non aggiunse altro se non un semplice: “Come vuoi. Ti passerà”
Fece per tornare dentro ma lo fermai: “Cosa mi passerà?”
Si voltò e sorrise come se stesse per darmi la notizia più bella del mondo: “L’astio dongsaeng. Ti passerà e ti piacerà stare qui. Non perché è il tuo lavoro ma perché la vita è fatta di strade e, quando due o più strade si incontrano, siamo noi ad avere il potere di renderlo un incidente mortale o un incontro armonioso che genera qualcosa di grande. Smetti con le paranoie però, quello fallo sul serio, col tempo capirai che non siamo il peggio che ti potesse capitare!”.
Stavolta risposi secca: “Non ho mai pensato foste il peggio che mi potesse capitare. Sono vostra fan da due anni. Conosco la vostra musica, mi piacete sul serio”.
“E allora qual è il problema, Thara?”
Mi puntò gli occhi addosso e per un attimo cercai di evitare il contatto. Era decisamente troppo presto per farmi conoscere così, lo conoscevo da due ore e non avevo alcuna intenzione di accorciare i tempi da nessun punto di vista.
“è normale avere paura Ji Yong. Ieri ero a Londra, la settimana scorsa a Parigi, quella prima a Los Angeles. È un lavoro difficile dal punto di vista emotivo. Mi abituerò a voi e sarà il momento in cui dovrò andarmene. So che questo non dovrebbe fare la differenza. Ma è difficile. Comunque, torniamo dentro voglio sapere qualcosa del disco e ascoltare quello che avete fatto fino ad ora. Poi parleremo dell’Europa”.
Annuì e mi prese la sigaretta dalle mani, la spense sul muretto e  nonostante il forte istinto omicida che mi pervase in quell’istante mi limitai a sbarrare gli occhi e guardarlo come a chiedere: “Perchéééé????” ma, lui, con la sua non curanza e naturalezza mi disse: “Hai una bella pelle e sei giovane dongsaeng, ora mi odi ma mi ringrazierai”
Mi misi a ridere: “oppa te la stai rischiando!”
Ripresi il lavoro da dove lo avevo lasciato. Ascoltando traccia dopo traccia i provini di “Alive”, che sarebbe uscito di li a pochi mesi. Per quanto amassi il loro modo di rappare, cantare, l’attitude sui pezzi e i frammenti di inglese mi resi conto che, effettivamente, avrei dovuto iniziare un corso di coreano per poter gestire davvero una cosa così. Mi si chiedeva di andare in Europa e dire “Hey, insegnamo a tutti il coreano? No? Però allora guardate che bei capelli hanno!”, mi sentii idiota per quest ultimo pensiero ma non trovai nulla di facile in tutto ciò. Erano un prodotto super vendibile ma non ero sicura che alla gente li sarebbe bastata la qualità del suono e della voce. Si ok, c’erano centinaia di siti già attivi con la traduzione dal coreano all’inglese ma, le altre lingue? Non ero abbastanza informata sulla Francia e l’Italia, mentre ad esempio ero certa che in Spagna avessero già un fanbase attivo. Anche questo accumularsi di ipotesi venne bruscamente fermato, stavolta da Seung Hyun che mi implorò: “Ti hanno mai detto che sei veramente preoccupante quando rifletti?”
Mi voltai, era appena iniziata “Fantastic Baby” e alzai i bassi per ascoltarla meglio: “Si me lo ha detto il tuo amico. Taeyang, il CEO vuole ascoltare dei provini tuoi di non so che progetto. Mi sono appena ricordata di dovertelo dire”.
“Lo so, ho già tutto, passerò da lui stasera”.
“Perfetto”.
Mentre continuavo ad immaginare un modo semplice ma efficace per procurare ad almeno uno di loro una prima apparizione su qualche rivista di moda, perché il potenziale era alto e andava sfruttato, mi squillò il telefono. Era Claire.
“Sei matta? Hai idea di quanto ci costerà questo squillo?”
Rise di gusto, in modo inquietante per altro: “Siamo miliardarie, ricordi? E comunque sono a Seoul per la settimana della moda. Io e chiappe secche (aka Jeremy Scott) siamo atterrati ora e sei ufficialmente invitata alla sfilata di Moschino di domani sera. So che sei felice, ora trova un coreano da portare sul red carpet e al vestito ci penso io. Dove alloggi?”
“Ho una villa a Gangnam”
Rise di nuovo.
“No, seriamente, dove sei?”
“Attualmente alla YG con i BigBang ma stasera a casa. Sono seria, mi hanno dato una villa. Ti mando la coordinate del gps appena rientro e puoi venire quando vuoi tanto il jatleg non mi farà dormire per almeno due giorni”
“Oh mio dio… cioè mi stai dicendo che il coreano che potresti portarti è…”
“Non porterò nessuno di loro sul red carpet perché li conosco da due ore, mi stanno guardando male, hanno ragione e il vestito non troppo da squillo d’alto borto per cortesia che vorrei mantenere un profilo basso almeno quanto le mie occhiaie”
“Sei una rompi palle! Ci vediamo stasera, chiedi a G D…”
“Ciaooo non ti sento più, mannaggia, mi sa che dovrò attaccare Claire, addio”.
“Uffa. Addio, a stasera!”
Attaccai sentendomi quanto meno osservata e potei notare lo schieramento compatto dei loro volti scrutarmi in cerca di una risposta alle parole “vestito” “squillo d’alto bordo” “Non porterò G Dragon” “Mi guardano male”.
Sorrisi con non chalance e Ri mi disse malizioso: “Quindi domani sera…”
Daesung non mancò l’occasione: “Si va alla sfilata di Moschino ehhh! Lo vuoi un accompagnatore?”
“Se stai parlando di te…”
Mi interruppe: “No, secondo me o Seung Hyun o Ji Yong. Beh Tae ha begli addominali ma è troppo basso. Sta a te prendere le misure ora”
“Non ho intenzione di portare nessun accompagnatore!”
Ji Yong commentò con fare zen: “Ah quindi andrai da sola sul red carpet? Che tristezza dongsaeng, persino il portantino troverebbe un’accompagnatrice”
Decisi di stare al gioco. Ma ovviamente a modo mio. Sapevo che quelli come Ji Yong possono essere tra le persone più prevedibili al mondo, sarebbe bastato un nulla per far saltare il suo ego, da egocentrica un po’ conoscevo le armi con cui battere quelli simili a me. Già, gli artisti, ci piace leggere il nostro nome ovunque.
“Hai raggione oppa, dovrei portare qualcuno…” Sorrisi dolcemente pronta al colpo basso che lo avrebbe fatto incazzare ma che mi avrebbe fatto guadagnare 100 punti bonus.
“Oh, finalmente, beh direi che…”
Con tutta la calma e la naturalezza del mondo mi voltai verso Seung Hyun: “T.O.P mi accompagni?”
Sapevo che quel giochetto non fosse proprio opportuno se mischiato al lavoro ma sapevo anche di potermi divertire un po’. In fondo li avevo appena conosciuti, si trattava di autodifesa e affermazione dello status di femmina alpha della specie. O forse di accanimento verso l’ego di Ji Yong e un briciolo di stronzaggine che comunque era parte di me e in quel momento non riuscii a reprimere.
T.O.P rise forte e diede una pacca sulle spalle a Ji Yong che rispose velenoso: “Già, pensi di essere divertente dongsaeng? Seung Hyun non accetterà m…”
“Certo che ti accompagno”.
Gli altri rimasero in silenzio e si guardarono ansiosi di assistere alla guerra dei mondi. Ma nulla di troppo eclatante accadde. Ji Yong deglutì e accusò il colpo, non sarebbe stata la sfida di una sconosciuta a destabilizzarlo e Seung Hyun non aveva accettato altro che per educazione. Conosceva il suo amico, non c’era rischio di competere per lo stesso bottino. Per altro la sua era più una sfida verso se stesso, aveva sempre bisogno di sentirsi desiderato dalle donne, chiunque fossero a prescindere, doveva essere lui l’obiettivo principale ma c’era un motivo se Ji Yong era diventato così, se aveva bisogno di quelle conferme e i più pensavano che si divertisse a collezionare trofei ma la realtà era che il suo vero “io” era nascosto da un po’ agli occhi della gente.
Cosa sarebbe servito per far conoscere a Thara lo Ji Yong dei testi, quello delle lacrime sul palco per l’impatto della gente che canta con lui?
Cosa sarebbe servito a quei 5 poveri ragazzi per conoscere Thara? Quella dei sorrisi facili per la luna piena e dei silenzi pieni alle due di notte quando la città dormiva e, lei, buttava giù idee per ingrandire il futuro degli altri che, così, il suo, sarebbe stato migliore di ciò che potesse già prevedere.
“Sentite sarò molto onesta”
Mi guardarono incerti dell’esito dei miei ascolti. “Non ho capito un’h ma adoro tutto ciò che ho ascoltato. E quindi niente, non sono mai stata una troppo entusiasta dei libri, chi mi insegna il coreano?”
Sorrisero e annuirono, era il primo segno che fossi realmente disposta a lavorare con loro dando il 100% di me, ed era una grossa scommessa con me stessa. Mi sentii come una formica con in mano un intero scaffale di cibo, l’unico obiettivo ora era il formicaio e non potevo permettermi di titubare. Dentro o fuori, avevo scelto di starci dentro e di fidarmi di me almeno quanto Yang si era fidato di me.
Seung Hyun guardò Ji Yong e gli disse: “l’insegnate lo fai tu però perché io e la pazienza non siamo dello stesso mondo. Sei tu quello bravo coi bambini”
Lo guardai stupita: “Ma dai? Ji Yong con i bambini? Si, ti ci vedo. Comunque Seung Hyun grazie per la fiducia, lo apprezzo molto davvero. Sei speciale”
Risero delle mie insicurezze almeno quanto ridevo io interiormente dell’assurdità degli eventi e della stranezza della vita. La verità è che se chiudi gli occhi e lasci un po’ che sia, otterrai molte più risposte di quante domande tu ti sia mai posto, lo avevo provato su di me e avrei continuato a provarlo, certa che qualunque fosse il piano scritto per me, non mi sarei mai resta un personaggio ma, quanto meno, co autore.
“Mi registrate di nuovo Love Dust? Tanto per vedere come me la cavo con la regia. Sono arrugginita”
Taeyang si alzò per primo e mi mise un testo in mano: “Registriamo questa, ma prima di passare da Yang stasera vorrei incidere un provino per me. Ti dispiace? Ti va?”
Annuii felice di un altro briciolo di fiducia conquistato in quelle poche ore a disposizione quel giorno: “Ma certo che mi va. Dai proviamo così poi ci dedichiamo a questa”.
Spinsi rec, play e lasciai che le loro voci si accordassero per un po’, nessun tecnico del suono, nessun Ji Yong puntiglioso, solo loro 5 dietro quei microfoni perché quello era per me il vero inizio di qualcosa. Chiedevo sempre agli artisti con cui avrei lavorato di farmi vedere come fossero in studio. è come la prova della sfilata in intimo per le modelle di Victoria’s Secret. Si, lo so, è un paragone inquietante e starete immaginando Taeyang e T.O.P con il tanga e il push up ma non mi viene in mente altro.
Ad ogni modo ero estasiata dalla semplicità con cui riuscissero a farmi sentire dentro i loro pezzi pur non capendoli, non chiesi loro neanche la traduzione, mi bastò vederli compatti e decisi quanto me a fare un salto più in là: “Certo che per essere una band che fa concerti per 60.000 persone non siete male, magari l’anno prossimo ne facciamo 100.000 però. Chissà.”
“Sei ambiziosa dongsaeng!”
Abbassai lo sguardo sul foglio e con la mia penna nera aggiunsi un “Hello Oppa (s?)!” alla fine del testo.
“Molto Ji Yong, davvero molto”.


 


Nota: Ho postato qualche anno fa questa storia, prima di partire per Seoul lo scorso febbraio e trovarmi a contatto più stretto con un'altra label per questioni di lavoro.
Spero di aprirvi con un misto di fantasia e realtà, a qualche parte di quel mondo che ci appassiona che però fatichiamo ad accettare.  Al prossimo cap.

B_ Yul
 
 
 

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Capitolo 2
*** Stay with me ***


“A proposito di ambizione…”
Mi rivolsero sguardi interrogativi: “Il ceo dice che vuole farmi incontrare le ragazze, chi ragazze? Le 2Ne1? E perché secondo voi ha mischiato questo con le mie vecchie demo?”
Ji Yong continuava a scambiarsi strani sguardi con gli altri, Ri gli fece segno di non parlare, che non era il momento e poi si scambiarono altre due battute in coreano e sono certa fossero terminate con “경험이 최고의 스승: l’esperienza è la miglior insegnante” seguito da un’altra frase. Capii quelle parole solo perché mio nonno era solito ripetermele per telefono ogni volta che gli dicevo che avrei voluto vedere la Corea, che ero stanca di stare in casa a studiare, che sapevo cosa volevo fare.
L’ultima volta che me lo disse ero in ospedale, una mia vecchia zia mi chiese se avessi finalmente trovato “il fidanzatino” e io le risposi che ero troppo concentrata sulla carriera per impegnarmi. Così lui sorrise e disse: “Thara è giovane ambiziosa, l’esperienza è la miglior insegnante e saprà scegliere tra tutti gli sguardi che incontra quello con cui vorrà svegliarsi ogni mattina addosso”.
E mio nonno quel giorno mi stupì abbastanza, perché avevo sempre dato per scontato che mi sottovalutasse o mi valutasse meno valida delle altre due nipoti, quelle che avevano vissuto a Seoul per anni, che parlavano la sua lingua, conoscevano almeno in apparenza la sua cultura. Beh, mi sbagliavo e il fatto che mi stessi sbagliando, ahimè, me lo aveva anche quello insegnato l’esperienza quando si spense poco dopo avergli detto per la prima e ultima volta “Ti voglio bene”.
“Potreste farvi capire?”
Interruppi il loro discorso senza fine nella speranza di poter capire cosa stesse accadendo: “Dongsaeng tranquilla, non è così importante, sei appena arrivata. Ti lasciamo con Young Bae e andiamo a salutare il boss, mi raccomando fate i bravi!”
Uscirono e io rimasi sola con Taeyang che aveva tutta l’aria di voler evitare a costo della vita i miei occhi inquisitori, così mi mossi a compassione consapevole del fatto che senza l’ok di Ji Yong non avrebbe mai parlato e presi i fogli che aveva poggiato qualche minuto prima sulla scrivania: “Allora…lavoriamo a lei? Cos’è?”
“Questa in realtà è solo una bozza, ho scritto qualcosa di riempimento perché voglio far fare delle parti rappate a Ji Yong e inserirmi con ritornello e bridge. Penso sia l’unica persona in grado di far esplodere questo pezzo, io non riesco a scrivere più di due canzoni d’amore al giorno”
“Lui invece ci ha fatto una discografia. Che per altro a me piace, fammi sentire dai, poi vediamo cosa portare oggi a Yang”
“Grande. Vado subito”
Decisi però che almeno un dubbio me lo sarei fatto togliere immediatamente: “Young Bae”
“Si?”
“Perché Ji Yong si è agitato?”
Lui cercò visibilmente una scusa o un modo facile per dirmi qualcosa che forse non avrei voluto sentirmi dire poi con esitazione mi rispose: “Dongseng… Ji Yong non è facile da impressionare. Oggi, senza battere ciglio ti ha messo in mano un bel pezzo della sua e nostra carriera, se lo ha fatto non è solo perché ti trova attraente, credimi. E non ha nessuna intenzione che tutte le dinamiche che appartengono al nostro mondo possano mandarti via prima del previsto.”
“Ma perché dovrei andarmene?”
“Perché da qualche tempo anche noi abbiamo perso il controllo su tante cose, sulle ragazze non ne abbiamo mai avuto ma meglio così. Sul gruppo, Seungrì lo stiamo tenendo a freno ma ha fatto così tante cazzate negli ultimi due anni che forse ne pagheremo le conseguenze tra dieci”
“Beh a me non interessa. Il mio lavoro non è mantenere gli equilibri dell’azienda ma quelli del gruppo al massimo. Non mi interessa lavorare con CL, l’ho già fatto e anche se è una brava ragazza, ci sono troppe cose su cui non potremmo mai trovarci d’accordo. In primis, i suoi produttori americani. Ji Yong può dormire tranquillo”
Sorrise: “Magari avrai modo di dirglielo domani”.
Young Bae ispirava fiducia, aveva quello sguardo limpido dei bambini cresciuti in fretta che però non si sono fatti toccare troppo dalle esperienze difficili. Era buono, si vedeva e nonostante io fossi campionessa olimpionica di diffidenza, decisi di non fermarmi su quel discorso e schiacciai Play. Lo lasciai andare sulla sua “Stay with me” e mi morsi di nuovo la lingua per non aver mai voluto imparare il coreano perché sembrava davvero un testo potente da come lo cantava e, io , non avrei saputo dargli altro che un superficiale giudizio tecnico.
Avete presente quei primi ascolti che lasciano una sensazione strana addosso? Thara osservava Taeyang immobile all’apparenza ma con dentro i battiti a tempo. Poteva scandire la metrica solo seguendo il suo labiale, vedendolo muovere lentamente le mani in funzione di un testo che non poteva comprendere fino in fondo ma che aveva la sensazione di aver ascoltato per una vita.
Così, come quei film che li guardi e ti sembra di esserci dentro, come quelle storie che leggi e controlli se qualcuno ti ha messo le microspie in casa, come il Monologo di Molly Malone di James Joyce che ti fa arrivare alla fine senza fiato perché è un flusso di pensieri così reale che ci entri dentro e quando ne esci, si è preso un pezzo di te.
Ma Thara non aveva la minima idea del motivo per cui Taeyang, ad occhi chiusi e voce stile cassa dritta, la stesse facendo sentire così dentro quel pezzo.
Restò quindi imbambolata in cerca di una risposta, ripensando a quanto quella melodia le facesse ricordare tutte le volte che si era sentita staccata dagli affetti, dalle routine che si costruiva, dai legami che stringeva. Ogni volta che la sua vita sembrava fermarsi e assestarsi, riprendere fiato, arrivava una telefonata ed era di nuovo tempo di salire su un aereo, arrivare davanti una nuova casa, aspettare un nuovo camion pieno di scatoloni e ricostruire qualcosa che poi, ancora, sarebbe andato perso.
Amava profondamente quel lavoro, era così giovane e si sentiva così fortunata ad occupare quella posizione così prestigiosa ora. C’era ancora tanto da conquistare ma li, ora, non era più una stagista, non era più un assistente, non più una che collaborava coi manager. Thara, in quel momento, davanti a Taeyang e sulle note di quel testo incomprensibile capì di avercela fatta. Di essere arrivata dove avrebbe voluto essere, certo più lontano perché si sarebbe aspettata più una posizione a New York o a Los Angeles. Ma cos’era un mercato battuto e ribattuto rispetto alla possibilità di aprire all’Europa e gli Stati Uniti la porta sul futuro?
Pensò a sua madre, presa dal quotidiano e ogni tanto arrabbiata con lei per quella scelta che la portava da un paese all’altro perché avrebbe voluto averla li, sempre. Pensò alle amiche, quelle che l’avevano lasciata sola perché convinte che fosse cambiata, quelle che con una lettera anonima al direttore generale della Universal le avevano quasi fatto perdere il posto. Pensò a suo padre, preso dal lavoro, dalle paranoie, dallo stress e dalla malattia di nonno Jedong che lo aveva quasi portato sul letto di morte con lui e si sentì vigliacca, perché lei in quel covo di dolore e tristezza non era voluta rimanere e aveva preferito fare le valigie e andarsi a prendere la sua realtà, perché di sognare, Thara, era ormai stanca.
Presi un respiro profondo. Tae si bloccò. Mi guardò qualche secondo poi prese il testo, mi fece segno di fermare la base e uscì.
Si sedette accanto a me in silenzio, mise la mano sulla mia e disse solo: “Ora ti traduco il testo anche se credo che in qualche modo, tu abbia capito”.
“Io preferirei tu me lo scrivessi con qualche spiegazione, altrimenti non imparerò mai bene. E voglio davvero sapere cosa stessi dicendo perché è proprio bella” Mi sentivo quasi innamorata senza motivo, non di Taeyang, sia chiaro. Dell’atmosfera del brano, si.
“ Solo se posso darti un consiglio…”
“Certo che puoi, te l’ho cantata per questo”
“Bene… ecco io non la porterei al CEO stasera. Lavorateci tra voi, registratela qui poi se vi va me la fate ascoltare e vediamo. Non credo sia il caso di portargli idee, vuole cose finite”
Ci pensò su un attimo poi annuì e mi diede una pacca sulla spalla: “Sei in gamba deongsaeng e il fatto che tu capisca senza troppe spiegazioni neanche è così male. Ci vediamo domani, per oggi ti abbiamo stressato abbastanza. Bella prova però!”
Risi e mi alzai dalla poltrona, effettivamente come impatto non era stato male. Si erano saputi spiegare bene, sarebbe stato un “lavoraccio” ma ero felice.
“Domani alle 9:00 e chi arriva tardi fa mezz’ora di vocalizzi. Ciao, salutami gli altri”.
“Ti mando una reaction di Ji Yong alla notizia”
Sperai lo facesse sul serio perché quel ragazzo aveva davvero la faccia di uno che avrebbe fatto la sceneggiata greca ad una notizia del genere.
Fu quello però il momento in cui mi ricordai della sfilata: “Ah, dongsaeng, mi ha mandato un messaggio Seung Huyn”
“E…?”
“E dice se pensi che Ji Yong abbia già rimuginato abbastanza sul fatto di non essere stato scelto e vuoi portarti lui alla sfilata”
Scoppiò a ridere e io con lui, perché quella scena sarebbe stata nettamente migliore da vedere.
“Digli che dormisse bene, non voglio occhiaie nelle foto. È il leader, che lo dimostri!”
“Sarà fatto dongsaeng!”
“Buonanotte Oppa!”
Sorrise: “Vedi? Stai già entrando nel mood”.


“Hai il mio stesso viso triste
Non resteresti qui con me?”
Le tue labbra non acconsentono
ma i tuoi occhi dicono che mi vuoi
Staresti qui con me?”

Quella sera tornai a casa con la forte sensazione che la vita va un po' sempre dove sceglie perché se fossimo noi a farlo, faremmo un sacco di cazzate esattamente come Seungri. Ma tra l'oscillare cronico e il generare barriere e ostacoli al proprio divenire c'è sempre quel sapersi fermare ad ascoltare quella vocina interna che ci parla e ci mette in ascolto del vero bene, quello che poi ci fa stare un po' con l'ansia e un po' con la soddisfazione di non averne subito la sconfitta fermandoci al primo ostacolo tra noi e ciò che ci fa battere il cuore.

***

 

“Pronto?”
Avevo avuto gli incubi tutta la notte, mi roteavano in testa i volti di ogni persona che in quel momento mi stesse pensando, cercando, amando, odiando e tutto ciò che riuscii a pensare, fu che se fossi rimasta con Jordan, tutto questo non sarebbe stato che uno sbattimento evitabile. Ma non ero più certa nemmeno di sentirlo come uno sbattimento.
“Thara perdonami lo so che è l’alba”
Il presidente aveva così pensato di infilarsi senza troppa discrezione tra quei volti e svegliarmi all’alba.
“Umh… non si preoccupi. Mi dica, sono sveglia…” O avrei potuto urlargli tutto il mio dissenso ma non sarebbe stato producente.
“Senti il CEO  ti ha accennato alla riunione con Dara e Bom di oggi?”
Trasalii un istante pensando che forse qualcosa da sapere più del detto ci fosse sul serio:
“Riunione?”
E a me era stato detto che avrei incontrato tutte e quattro per altro, figurarsi cosa potesse suggerirmi di buono un incontro con la cantante principale e i Dara.
“No, sapevo che le avrei incontrate però”
“Beh si, insomma, volevo dirti che le incontrerai nella sala meetings alle 11:30.”
Pensai: “Quella al settimo piano? Ma allora esiste?”
“Certamente. E tu sei un’addetta ai lavori, puoi accedervi ogni volta che vuoi Thara.
Sarete liberi per il pranzo. E valuta bene se possa interessarti questa cosa, non sono sicuro sia il caso di prendere due incarichi”
Pensai che l’unica soluzione plausibile fosse acconsentire senza fare domande, ché tanto nessuno sembrava volersi sprecare nel darmi spiegazioni preventive e mi sentii così come quella volta che mia madre diede una festa a sorpresa per il mio compleanno invitando anche le persone che avrei evitato quanto e come la morte.
“Ah beh…d’accordo presidente. La aggiornerò in serata allora (?)”
“Molto bene cara, ti ringrazio, mi farà piacere conoscere il tuo punto di vista”.
Il mio punto di vista? Io avrei voluto solo dormire.
Un messaggio di Claire: “I vestiti arrivano alle 14:45, G Dragon non è abbastanza alto per il tacco 15 quindi ti ho mandato un 10. Lo so che stai protestando, smettila. Sarete bellissimi e lasciami sognare, hai tempo per scegliere chi farti dei 5”
Mi presi a schiaffi da sola. Lo feci sul serio perché Claire aveva un modo di pensare e agire che tra le due cose prevedeva si e no quattro secondi di tempo in cui potevi decidere se scappare o farti invorticare senza storie. Qualunque fosse la tua scelta, avrebbe vinto lei. Quindi decisi di non contraddirla e farle avere un momento di gloria, sapevo che il fatto di aver organizzato quella sfilata fosse per lei l’apice del successo per la posizione in cui si trovava in Moschino e sapevo che vestire G Dragon  l’avrebbe fatta sentire più figa di Coco Chanel e Donatella Versace messe insieme. Mi limitai, così, a un: “Rompipalle, ci vediamo stasera!” e tornai al presidente Yang.
Mentre cercavo un modo per attivare un’assicurazione sanitaria e non rischiare la vita uscendo non abbastanza coperta per il freddo abominevole fuori, avanzai tre ipotesi: 1) Ji Yong se la fa con CL ma anche con Dara e vogliono chiedermi di far uccidere CL trovando una sosia per non far insospettire i fans. 2) Bom è un uomo e ormai non può più nascondere i palloncini da cui succhia l’elio prima di cantare in più soffre di pancia gonfia perché lo fa da troppo tempo e devo sostituirla io mentre lei si va ad operare a Casablanca. 3) Dara e Bom vogliono fare un threesome con me e non sanno come dirmelo quindi hanno bisogno del supporto di un uomo di un certo livello e hanno scelto Yang perché Ji Yong si è rifiutato. E anche Tablo. E anche Ri.
E quindi, dopo queste valide, lucide e logiche ipotesi, decisi che per il mio equilibrio mentale e fisico sarebbe stato meglio mangiare 40g di avocado, bere il mio dignitoso cappuccino di soya e volare in studio. Tanto per non ritrovarmi a scrivere un libro sulle mie idee a stomaco vuoto.
Colazione, sigarette, acqua e borsa, scesi le scale con l’agilità di un bradipo e mi pentii dei aver messo i tacchi dato che avrei dovuto passarci su un’intera serata, per altro in compagnia di occhi di lince e la cosa mi fece un po’ rabbrividire perché obiettivamente passare nel giro di 48h da “ommioddio i BigBang” a “Lavoro con i BigBang” a “Stasera sfilo sul red carpet con G Dragon” fu abbastanza traumatizzante che, a pensarci, sento ancora Claire urlare
Quante possibilità ci sono che la cosa che vorreste meno accadesse accada proprio nel momento in cui vi iniziate a sentire un po’ meglio rispetto ad un periodo buio appena passato?
Sullo schermo del cellulare lampeggiò “Andrew”. Thara si fermò sulla porta. Presa da un attacco di panico si sedette per terra guardandosi intorno come fosse nuda tra 100 persone. C’era sempre e ci fu anche in quell’istante la netta sensazione che quel ragazzo fosse sempre liì ad osservarne i movimenti, gli sbalzi anche più impercettibili di umore. Come prima, come ogni volta che quel numero lampeggiava nei pressi di casa, troppo vicino a lui. Ma ora era lì, esposta, con quei flash che la avrebbero immortalata e non sarebbe stata sola. E questo, a lui, non sarebbe piaciuto. Lo sapeva. La paura bussò un po’ più forte ma, questa volta, Thara non aprì. Si guardò avanti, senza voltarsi. Si alzò, chiuse a chiave e decise che nulla, in quel momento, le avrebbe impedito di godersi quello spiraglio di luce che si era meritata.
“Pronto?”
Una voce dall’altra parte sembrò non essere sorpresa di quella chiamata: “Ho rintracciato la telefonata, stai tranquilla. È ancora in Inghilterra”.
E stop. Un’altra giornata, stava per iniziare.

 

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Capitolo 3
*** La voce ***


 
La giornata era bella che iniziata a giudicare dal traffico e dal quantitativo strabiliante di imprecazioni che riuscii a tirar fuori dal cilindro che Mago di Oz levati proprio non ce n’è per nessuno.
Ad ogni modo, decisi di rientrare nel ruolo della giovane donna di classe pronta al meeting con persone serie seppure totalmente consapevole del fatto che non avrei capito neppure una parola di quanto si stesse dicendo.
Scesi dall’auto, salutai Tuan, l’autista, e sgambettai velocemente tra due gruppi di fans riunite li fuori: “Tu sei nuova! Salutaci i Big Bang per favore!!”
“Uhm… si sono nuova. Ma qui non organizzate dei meet n greet?”
Mi guardarono come se avessi imprecato di nuovo ma forse non capivano l’inglese.
“Stai scherzando? Per incontrarli dovremo competere con chi compra 300cd a testa, non abbiamo abbastanza soldi, siamo iscritte al fansite ma è roba per ricchi anche quello. Quindi li guardiamo uscire dallo studio ogni tanto, quando non abbiamo scuola”.
Mi fermai un secondo.
“Oh… il fansite? 300 cd ? Il meet n greet ha un costo a parte di solito ma i forum dovrebbero … ahhh.
Ho capito. Ok ragazze, ignoratemi eh, sono solo stanca. Ci vediamo presto, abbraccio i ragazzi per voi. Spero possiate incontrarli presto però!”
Così, tanto perché ogni tanto avevo bisogno di non sentirmi la matrigna di Cenerentola, decisi di appuntarmi i loro nomi, mi ricambiarono con centocinquantamila inchini a cui non riuscii neanche a rispondere a tempo e , imbarazzata e incerta se fosse la cosa giusta da fare, dissi: “Annyeonghy Kaseyo!”… “arrivederci” perché io stavo andando e loro sarebbero rimaste li e le prime lezioni via messaggio di Ji Yong non erano esattamente così chiare ma apparentemente dissi la cosa giusta perché le vidi continuare ad inchinarsi e salutare.
Il mio telefono ormai più simile a un call center che ad un Samsung, lampeggiò di nuovo. Capii dal numero sul display che non sarebbe stata la giornate delle buona notizie quella.
“Hey”
“Hey. Si è mosso. Voglio dire non è in Corea ovviamente, ma non è a Londra. Si muove verso casa tua. Se vuoi faccio avvisare i tuoi…oppure…”
“No. Fermo. Non fare niente. Manda Greg e Marvin davanti casa, i miei capiranno e lasceranno liberi i pitbull in giardino. Sono addestrati non mangeranno nulla se non sarà mamma a darglielo. Stai attento e non allarmare Claire, è qui anche lei. Aggiornami”.
“Sarà fatto”.
Misi via il telefono, inspirai profondamente, di nuovo ed entrai nell’edificio.
Chi è davvero Thara?
Tutti abbiamo una macchia sulla nostra storia, come il caffè che sporca gli appunti dello studente più impeccabile, scura e non ignorabile, ferma li senza possibilità di essere rimossa perché per pulirla, sicuramente, strapperai il foglio ma non la manderai via.
Thara viene da una famiglia impegnativa. Suo padre…si. Sua madre…ok. Ma suo nonno?
Suo nonno fu uno dei primi asiatici che arrivati negli Stati Uniti si unì ad una società di investigazione privata. Era un lavoro semplice, per i privati: mogli disperate, mariti gelosi, soldi facili e poco dolore. Per lui.
Poi però, il fratello di suo nonno, Hyun Su, aveva deciso di allargare il business e aveva iniziato a collaborare con la Polizia. Ogni caso, ogni numero rintracciato, ogni indirizzo IP bloccato, contribuivano giorno dopo giorno a fare di quei due la miglior società di Investigazioni private in California. Poi New York, poi Washington. Poi, però, erano arrivati i servizi segreti.
Jedong e Hyun Su per proteggere le proprie famiglie, troppo esposte perché impreparate a quel cambiamento repentino, si trasferirono a Nottingham.
A Nottingham, George Myong, aveva conosciuto la madre di Thara: Hanna Wallace.
Wallace, casualmente, venne fuori essere la figlia di un compagno di società dei diretti concorrenti di nonno Jedong e, da li, le due famiglie decisero di unirsi in silenzio, senza dare nell’occhio, per far si che nessuna delle informazioni raccolte in quegli anni potessero volare nelle mani sbagliate.
Cosa c’entrava Thara?
Thara aveva sviluppato un intuito fin troppo impressionante agli occhi di insegnanti e compagni di scuola. Una volta, in seconda media, era riuscita a rintracciare l’indirizzo IP di un suo compagno di classe che aveva cercato di violare il PC di Claire.
Ed era riuscita a manomettere così bene il software che anche l’hardware venne intaccato costringendo il ragazzino a buttare un MAC nuovo di zecca.
Thara, aveva fatto licenziare una delle sue insegnanti inviando al Preside delle prove indiscutibili del fatto che quella, non fosse per niente laureata nella materia che fingeva di poter insegnare. Insieme all’insegnante era saltato anche il Preside che pensava di aver a che fare con un maldestro Hacker.
Nonno Jedong e il prozio Hyun Su fingevano di non sapere che Thara avesse delle capacità che andavano ben oltre il semplice intuito: un genio in matematica, aveva imparato a conoscere le rune, il geroglifico, sapeva fare la divinazione col Domino e 9 volte su 10 sapeva cosa sarebbe accaduto, a chi, perché, così senza una ragione spiegabile. Lo sapeva. Ma Thara non amava queste sue stranezze, preferiva mantenere un profilo basso. Aveva tutta via sfruttato le sue capacità per investire in alcune azioni che avevano portato al fallimento di un’altra società avversaria di suo nonno. Ma ormai gli anni erano passati, gli anziani anche, c’erano loro, la terza generazione. Il Fulcro di quelle famiglie combatteva sotto banco perché informazioni strettamente riservate sul governo Americano non andassero perse. Indovinate però chi era a detenerle? Thara. E indovinate chi era l’unica donna a battersi sul quel terreno così delicato? Thara che aveva fatto integrare in squadra Claire e Jamie, la delegata di Dallas.
Ma quelle informazioni non sarebbero mai uscite fuori perché nessun database, nessun computer, nessuna cassa forte le aveva. Era tutto li, concentrato e impacchettato nel formulario più difficile da rintracciare: la testa di Thara. Le uniche prove tangibili di un’attività che avesse erano in un Hard Disk gemello a quello di Jordan. Ma di questo, parleremo più avanti.
Frugò nella borsa in cerca del filler per le labbra, ne passò un po’ per ravvivare il rossetto e sorrise alla vetrata della YG ent. entrando come se fosse il presidente Obama.
20 anni, i suoi coetanei avevano al massimo provato il brivido di una notte in cella.
Lei, era quella che poteva farceli restare altri 30 anni.
“Buongiorno a tutti”
Jyong si voltò compiaciuto del mood della straniera, sorrise sibilino e fece segno a Seung Hyun di guardarla, aveva esattamente il tipo di sguardo che sapeva di potersi aspettare da lei. Si rallegrò del fatto che Thara non ci avesse messo poi troppo a mostrarlo.
“Bambini, mamma va in riunione poi vi porta a scuola. Contenti? Sto scherzando ragazzi mi sono svegliata più cinica del solito, qualunque cosa abbiate fatto fino ad ora preparatela perché io possa ascoltarla, tra un’ora sono da voi”
Tae rise, mi guardò scettico e io risposi con una smorfia tirando fuori la lingua, l’azione di prima mattina mi metteva sempre di buon umore in fondo.
“dongsaeng hai una luce di-vi-na stamani, lo sai?”
“Grazie oppa, verrò a splendere presto. A proposito, nessuno di voi sa cosa sia tutto questo mistero che avvolge le 2Ne1? Siete sicuri di non volermi anticipare nulla?”
Jiyong fece segno agli altri di non parlare: “Dongsaeng, stai attenta. E pensa a T.O.P vestito Moschino quando ti verrà voglia di abbandonarci prima di aver iniziato, uh?!”
Seung Hyun si era goduto qualche altra ora di JiYong in fase “ommio dio ha sostituito il re” ma a quel punto porse la mano a Thara, la fece avvicinare e le disse di spifferare la verità,aggiungendo un inchino tanto per vedere la faccia del Leader riprendere il piglio da diva usuale.
“Oppa…”
Jiyong si insospettì e guardò la mano di T.O.P stringere leggermente quella di Thara per poi lasciarla e permetterle di dargli una pacca sulla spalla: “Dimmi dongsaeng…”
“Stasera alle sei il vestito deve calzarti a pennello e le occhiaie devono essere sparite. Chiaro? Passa la limousine e la sfilata è alle sette. E smettila di odiare Seung Hyun ora!”
Sorrise soddisfatto: “Sono contento tu abbia deciso di divertirti”.
Ri e e Dae lo guardarono scuotendo la testa: no, non sarebbe cambiato mai.
E adesso toccava a me, a fine scalinata mi preparai per l’incontro con Yang, che onestamente non mi procurava troppa agitazione di per se. Erano i misteri a infastidirmi, d’altro canto, per il mio background mi sembrava normale.
Quando aprii la porta trovai un’atmosfera strana, mi sembrò più il banchetto per i 50 anni di matrimonio dei miei nonni che una riunione di affari ma feci finta di niente e mi limitai ai saluti di rito, tanti sorrisi e un : “Ditemi tutto” che fece sorridere anche gli altri interlocutori che, forse, si aspettavano un tono diverso,.
Park Bom era seduta alla destra del tavolo, accanto Dara, alla loro destra  il presidente, a sinistra Min e io di fronte a Yang. Ci guardammo due secondi, il tempo di tirar fuori le rispettive cartelline e poi Yang iniziò: “Non sono solito prendere parte a queste riunioni. Ma questa volta, volevo assicurarmi che nulla compromettesse la tua presenza in YG, Thara. Ti verrà fatta una proposta specifica. Abbiamo molte informazioni su di te ma non verranno utilizzate, mai. Sentiti libera di accettare o meno questo incarico”.
“beh… non ho idea di cosa sia ma sentiamo”
A quel punto vidi Yang fare segno a Bom di esporre il problema.
“Ciao, piacere di conoscerti intanto”
Il piacere era un po’ tutto suo ma finsi di ricambiarlo, io volevo solo sapere cosa volessero da me.
“Piacere mio. Dimmi”
“Beh, io in realtà non ho molto da dirti ma Dara si vergogna e quindi …”
Dara le diede una gomitata. Ok, il punto era su di lei.
“Ahi! Che c’è? Sto spiegando!”
Dara le fece segno di tacere: “abbiamo sentito i tuoi dischi, la tua demo insomma le cose vecchie che hai inciso e io … ecco io non so come dirtelo”
“Figuriamoci se io so come capirlo…”
“Hai ragione è che è difficile. Ecco io, non ho mai cantato davvero”
Ebbi bisogno di un minuto comodo per rendermi conto delle possibili richieste che avrei ricevuto e decisi di eliminarle tutte e ascoltare che tanto nessuna sarebbe stata quella di farmi diventare Beyoncé.
“Ho avuto una voce che cantava per me per tutti questi anni, so solo ballare e recitare. Non so cantare. Nulla. Zero. Ma la ragazza che ha lavorato per me fino ad oggi …”
Mi grattai il naso per allentare la tensione ma stavolta non funzionò: “Che ha fatto?”
“deve operarsi alle corde vocali e forse perderà la voce”:
“Quindi non solo fino ad oggi nessuno ha saputo che ne avesse una, ora l’ha persa sul serio? Bella roba. Non immaginavo foste così avanti in Corea”.
Yang percepì il mio disagio e decise ti far tacere le ragazze per prendere lui la parola. Si mise a mani giunte e scrollò leggermente la testa, come se non ci stesse credendo neanche lui: “Thara, Dara vuole che tu le presti la voce. Ecco tutto. Vuole chiederti la voce”.
Sgranai gli occhi e capii all’improvviso l’ironia di Ji Yong e le parole di Taeyang. Non erano strani, loro sapevano esattamente cosa stesse per succedere. La cosa che però mi lasciò perplessa fu il fatto che sapessero già come avrei reagito e avevano trovato il modo di non farmi reagire così.
Inquietante.
“No ragazze. Mi dispiace, non posso. Scusate ora vado a finire il lavoro coi ragazzi”.
Vidi Dara cambiare letteralmente colore e diventare bianca quanto la parete. Mi resi conto del fatto che se non avesse trovato qualcuno disposto a fare le sue parti sarebbe scomparsa nel dimenticatoio e avrebbe dovuto anche trovare una scusa per farlo in fretta.
Yang si passò un fazzoletto di stoffa sulla fronte e Min aveva gli occhi fissi sul tavolo come se stesse cercando di vederci il futuro. Bom … era Bom.
“State bene?”
Si voltarono e mi guardarono per poi annuire in silenzio. “Ok, se ci sono problemi ne riparliamo. Ora, non me la sento. Buon lavoro a tutti,  presidente …” Un inchino, e mi chiusi la porta alle spalle.
Non avevo potuto continuare con la carriera di cantante per il mio passato, per la mia famiglia, perché sarei stata troppo esposta e nessun bodyguard sarebbe stato abbastanza per tenere a bada il quantitativo di gente che avevo alle calcagna. Mi pesava e mi faceva male dover rinunciare a quello che era davvero il mio sogno ma ero li, dall’altra parte del mondo a far crescere quello di qualcun altro. Stavo già facendo abbastanza, nella mia testa, stavo già combattendo i miei fantasmi con l’arma dell’indifferenza e la rivincita ma se avessi fatto una cosa del genere … era troppo per me. Sentivo di doverci riflettere bene.
Raggiunsi lo studio, i ragazzi erano dentro ma Taeyang era rimasto fuori ad aspettarmi.
“Jiyong è preoccupato. Che dobbiamo fare?”
“Non è niente Bae. Ho detto di no per ora. Lavoriamo sull’Europa per voi, non servono distrazioni. Ok?”
La guardò dalla testa ai piedi in cerca di un segnale che gli facesse capire se stesse mentendo o se fosse davvero tutto a posto. Non c’era stato il tempo di affezionarsi in due giorni, questo è certo, ma i ragazzi avevano un senso del business piuttosto spiccato e Thara aveva fatto colpo da quel punto di vista. Nessuno negava che fosse una bella ragazza, molto bella, con un viso che difficilmente potesse passare inosservato e un fisico scolpito dagli anni di balletto e allenamenti. Ma era stata la sua testa a lasciare subito il segno.
Lei sorrise, mise una mano sulla spalla di Taeyang e gli fece segno di entrare: “Oppa niente panico!”
Lui ricambiò il sorriso, felice che le cose potessero procedere senza intoppi, almeno quanto lo furono gli altri nel vederla quasi tranquilla e comunque a suo agio con loro nonostante la stranezza della proposta che sapevano le fosse stata appena fatta.
Mi studiarono per un po’, mentre parlavo e spiegavo loro cosa e come avremmo dovuto fare per raggiungere l’obiettivo sentivo la pressione di dover spiegare cosa fosse successo ma cercai di darmi il tempo di metabolizzare la situazione.
“Ragazzi lo so che state pensando. Non sono affatto sconvolta dalle dinamiche del business se è questo a preoccuparvi e so di avere solo 20 anni e che è già abbastanza strano per voi sia io a dirvi cosa fare, ma credetemi non sono queste cose a potermi toccare. È stato strano perché ho lasciato il canto per motivi specifici di cui non vi posso parlare. Non ora. E se decidessi di dare la mia voce a Dara sarebbe per me un passo importante. Sarebbe difficile farlo però. Non ho accettato perché non me la sento adesso e perché siete voi il motivo per cui sono qui, non cantare le canzoni di CL. Procediamo col lavoro, il resto lo vedrò col tempo”.
Dae era stato zitto per tutto il tempo, per l’intera giornata precedente quasi ma in quel momento sembrò svegliarsi e disse secco: “Non è colpa di nessuno se hanno investito su qualcuno che non sa cantare. Dara ha avuto la sua spinta, i nodi però vanno al pettine. Non sentirti responsabile di cose che vanno ben oltre il senso di famiglia che può unirci. Le vogliamo bene ma non meritava quel posto dal principio. Hyuna le ha prestato la voce fino a farsela togliere. Tu, fai ciò che senti sia giusto per te. Noi non avremo nulla da dire”
Jiyong annuì, con lui Seung Hyun e Ri. Taeyang era in silenzio, osservava tutti e non si esprimeva ma implicitamente aveva fatto capire a Thara che per lui niente più del gruppo potesse contare in quel momento e, lei, era chiaramente ciò che poteva far fare al gruppo il salto di qualità che cercavano da tempo sul mercato.
“Quello che vi consiglio di fare è decidere che tipo di target volete mantenere. In base alle statistiche degli ultimi due anni avete un ottimo pubblico seppur poco sviluppato. L’Europa è bombardata dagli americani e l’Italia ha un mercato piuttosto chiuso, ma c’è una buona nicchia di pubblico di età compresa tra i 13 e i 29 anni che potrebbe darvi una mano a svoltare anche li. Per quanto mi riguarda, vi sconsiglio di ipotizzare un tour. Non siete abituati a trattare con quegli enti e non sarebbero venues abbastanza grandi per tutta l’attrezzatura che vi portate dietro. Senza menzionare il fatto che finireste nei forum quando siete ormai troppo abituati agli stadi. Quello a cui punterei al posto vostro sarebbe più una sorta di “rispetto mediatico” ovvero: esistono questi artisti, sono massivi, sono bravi davvero ma non possiamo permetterceli perché siamo disorganizzati”. Facciamogliela pesare insomma. Gli eventi a cui però mi piacerebbe portarvi sono più legati a questo concetto che vi ho spiegato che eventi musicali. Avete delle mega occasioni qui per la musica e sono risonanti in tutto il mondo quindi ho pensato più a sfilate, copertine e conseguenti lanci di linee d’alta moda e Forbes. Forbes ovviamente vi esporrà molto come artisti ma voi, siete sicuramente molto di più. Cioè ve lo immaginate un europeo vestito e pettinato come voi? Avete una credibilità sproporzionata di fronte alle risate che mi farei se mi si presentassero i One Direction così. Mi piacciono i One Direction ma è diverso, capitemi, non mi viene di ridervi in faccia e questo quando mi conoscerete meglio vi sembrerà un evento di portata spaziale. Comunque, cazzate a parte, scusa Seung Hyun per la parolaccia non guardarmi così però che mi metti ansia, direi che ora potete dirmi cosa volete voi”.
Sbatterono le palpebre perplessi e si guardarono tra loro, sperai non fosse l’inglese il problema e mi ripromisi di nuovo di studiare bene il coreano.
Ri fu il primo a parlare: “Secondo me può funzionare”.
Annuirono, poi Ji Yong dovette dare il suo contributo con marchio, se no non saremmo stati felici: “Sei intelligente. Ammirevole. E tutti questi numeri dove li hai presi?”
“Dovrò pure averlo qualcosa meglio degli altri se hanno scelto me!” gli strizzai l’occhio e lui rise e quegli occhietti di lince si stinsero ancora di più. Adorabile, lo trovavo estremamente carismatico.
“Sei stata chiara dongsaeng, brava, fai quello che credi. Ci fidiamo, grazie per non aver riso dei nostri capelli!”
“Ecco, molto bene…” Mi squillò il telefono, Claire.
“Il tuo culo viene insieme a te o separato?”
Scoppiarono giustamente a ridere e io mi maledissi per aver lasciato il vivavoce: “Sei una deficiente, sto in vivavoce. Veniamo insieme. Non ti faccio toccare GDragon se continui così sappilo.”
“Non fare la sostenuta che se non fosse stato per le mie molestie saresti venuta sola, comunque ciao Ji Yong, se mi ascolti sappi che ti far…”
“Claireeeeee ti preeegoooo!!!”
“Ah giusto, gli altri 4. Ok, c’è l’after party all’NB41 dopo la sfilata. Non fare l’asociale, porta i tuoi amici, si balla, si beve e poi tutti a nanna che lo so che sei anziana non ti voglio avere sulla coscienza. Se però torni a casa con…”
“Sto ancora in vivavoce stai zitta. Ci vediamo dopo. Ah, ma lo sportello me lo apre l’autista o vengono le tue tette?”
“Str…”
“Ciaooo” Uno a uno, palla al centro.
“Quindi after che facciamo?”
Mi voltai con lo sguardo finto malizioso: “Intendi after after JiYong?”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 4
*** La sfilata ***


 
 
Thara si guardò allo specchio, addosso un abito con scollo alla coreana e spacco vertiginoso, tacco 10 approvato per non sentire le lagne di Claire e Jeremy e make up fresco, messo a punto da una delle make up artists più pagate di Seul.
Si sentiva leggermente fuori posto, non esattamente una diva da copertina e continuava a guardare con dubbio i suoi strani lineamenti mischiati cercando di convincersi che non fosse poi così male. Ma avrebbe preferito andare alla sfilata da sola senza passare per il red carpet come le altre volte.
Non ero affatto un’amante di quelle passerelle, avevo la fobia dei flash ed ero troppo maldestra per affrontare i fotografi e il tappeto che strideva coi tacchi insieme. Avevo paura di cadere ogni volta e mi sentii ancora più fuori posto quando dallo specchio vidi Jiyong entrare nella sala. Non avevo un debole per i ragazzi con capelli e occhi scuri ma per i coreani un’eccezione l’avevo sempre fatta, hanno un fascino particolare, uno sguardo diverso, dei modi diversi. E Jyong era diverso. Se dovessi poi essere onesta ero diventata fan dei BigBang più per T.O.P che per G Dragon. Lo so, è insolito ma a me erano sempre piaciuti i ragazzi alti e quegli zigomi scolpiti, quel taglio d’occhi disegnato mi avevano fatto perdere la testa per quella musica poi. Ma a vederlo così, con lo smoking di Moschino e lo smokey eye leggermente accennato, le labbra perfette e la camminata elegante. Aveva un carisma che nessuno avrebbe potuto ignorare, una specie di aura intorno che si espandeva ogni volta che entrasse in un posto. E aveva ragione Claire, Moschino faceva proprio per lui.
“Dongsaeng ti sta bene quel vestito, smettila di snobbarti”
“Grazie. Beh… la limo dovrebbe essere qui sotto, vogliamo andare?”
“Sei nervosa?”
“Si vede? Odio queste cose”
“Odi queste cose o odi quando la tua amica ti dice con chi farle?”
Bingo.
“L’unico lato positivo di questa cosa è che non sarò sola. Perché se dovessi inciampare sarai formalmente obbligato a reggermi.”
“Tu dici? Forse dovrei portare i pop corn…”
“Non fare lo spiritoso ho dei tacchi molto più comodi e molto più alti da mettere se vuoi!”
Alzò le mani in segno di resa e rise: “Stai bene dongsaeng, davvero. Rilassati, passerà presto”
Diedi un ultimo sguardo veloce allo specchio con una smorfia tra il “forse hai ragione” e il “tanto guarderanno tutti te, sticazzi” per poi aggiungere: “Stai bene anche tu Jiyong. Aveva ragione Claire, sei un tipo da Chanel e Moschino”.
Rispose con un ghigno soddisfatto e aprì la porta. Mentre stavamo per uscire, però, fui investita da un vortice anche chiamato “Bambina” che dalle urla dell’uomo che la inseguiva doveva chiamarsi…
 
“HARU!!” L’uomo farfugliò qualcosa e solo dopo che la bimba si bloccò incantata di fronte a: “GD GD GD!!” capii che fosse la figlia di Tablo e che quello che le correva incontro fosse lui. Farfugliarono qualcosa in coreano, Jiyong sembrò volergli dire di stare tranquillo, di non sgridarla e iniziò a giocarci un po’. Haru rideva, faceva inchini e lo abbracciava stampandogli enormi baci sulla guancia, non ero un’amante dei bambini ma quella scena mi fece sorridere, era pura, era quel tipo di amore misto ad ammirazione che solo i bambini sanno mostrare. Poi si avvicinò a me e puntandomi il dito disse: “ mannaseo pangapsumnida, ne ireumeun Haru imnida”. Capii per un qualche miracolo non richiesto e feci un inchino. Jiyong mi guardo di traverso: “Beh, allora fai finta di non capire!”
“No, è che ho qualche flash ogni tanto e non so neanche come. Mannaseo gippeoyo! ne ireumeun Thara imnida!”
Per quanto mi fossi sempre rifiutata, qualcosa in testa mi era rimasto di quelle origini.
Tablo sorrise e fece un inchino: “Scusami, so che siete di corsa ma quando sente Jiyong impazzisce e…”
“Stai tranquillo, Jeremy Scott non è un uomo impaziente, non gli interessa a che ora arriviamo, gli interessa vedere GDragon nei suoi pantaloni di pelle!”
Rise e mi tese la mano, Haru saltellava e continuava ad incantarsi di tanto in tanto di fronte a Jiyong: “Così è questo l’effetto che fai ai bambini eh. Secondo me Haru ci ha visto giusto. E poi i bambini vanno oltre. Ti ci vedo bene con due o tre figli.”
Sgranò gli occhi e sorrise, non era forse il suo piano A ma a nessun uomo coreano dispiaceva l’idea della famiglia. Mio nonno me lo diceva sempre, in Corea due cose sono importanti: i cari e i ringraziamenti.
 
Salutammo, era tardi tanto per cambiare quando dovevo andare ad una sfilata ma non mi importava molto, Claire avrebbe avuto il suo momento di gloria e questa era l’unica cosa che contasse per me, non certo gli orari di Moschino. Il vestito era decisamente troppo vistoso così come la pelliccia sintetica che mi avevano dato per coprirlo prima del Red Carpet, le scarpe troppo basse per la mia abitudine e Jiyong era troppo GDragon per essere il mio accompagnatore. Decisi quindi in quel preciso istante che avremmo comunque evitato le foto di coppia perché mi sarei sentita davvero, davvero, fuori luogo. Ero abbastanza tesa per come le cose si stavano mettendo a casa, sapevo che se mia madre avesse avvisato nonno Wallace sarebbe successo un bel casino. Andrew stava giocando col fuoco, Gregg e Marvin non avrebbero perso tempo.
Quando stavamo per uscire dal portone mi squillò di nuovo il telefono. Era Marvin. Decisi di rispondere ma sperai di riuscire ad essere più vaga possibile dato che le orecchie di Jiyong sembravano già fin troppo predisposte all’ascolto.
“Pronto?”
“Thara sono a casa tua. Stai tranquilla, lo abbiamo in pugno, l’idiota ha lasciato attivo il gps. Se ci fossero complicazioni chiama al secondo fisso, porterò i tuoi giù e lascerò su i cani e tuo nonno con Gregg e Jordan.
Jamie è in centrale, hanno trovato quello che cercavi, tra due settimane tuo nonno verrà a Seul per parlarti… stai tranquilla, buon lavoro e per qualunque cosa: ci siamo noi”.
 
“Ok, sei sicuro che i dati siano reali? Del gps intendo”
“Li abbiamo fatti verificare in centrale. E a Dallas”
“A Dallas? Sei un genio. Un genio Marvin, vi hanno risposto subito vero?”
“Si, si ricordano di nonno Jedong! Ahah! Andrà tutto bene Thara. Stai tranquilla”.
“Grazie. Siete impeccabili come sempre, aggiornatemi sugli spostamenti e chiamami quando vuoi. Ciao, buon lavoro e saluta gli altri”.
Jiyong mi osservava dall’alto del suo profilo da creatura fiabesca, col naso all’insù e gli occhi inquisitori in cerca di risposte che forse non avrebbe mai ricevuto, né quel giorno, né mai. Mi passai una mano tra i capelli per essere sicura che non perdessero subito volume e dissi: “Che c’è?”
“Niente dongsaeng. È tutto a posto?”
“Si, stai tranquillo”.
“Ma io sono tranquillo, lo chiedo solo perché se sei una criminale ricercata o una potenziale tale magari dovremmo informare gli altri per evitare qualche scandalo più forte di quello della marijuana. Qui tendono alle manie di persecuzione e…”
“Jiyong. È tutto a posto”.
Accettò con un cenno poco deciso la risposta secca ma aggiunse di un fiato: “Dongsaeng, però una cosa devo dirtela”.
“Cosa?”
“Quando è tutto a posto, gli occhi non hanno quell’aspetto. Anche se li ho visti per la prima volta ieri.”
 
Jiyong mi faceva sentire osservata anche quando non c’era. Lo trovavo strano quello sguardo, come di uno che nonostante le parole, sapesse dai movimenti se qualcosa fosse fuori dal comune o perfettamente nella norma. Era acuto, doveva gestire troppe cose per non esserlo e mi prese la mano per farmi salire in auto facendomi sentire la stretta più forte quando l’autista mise in moto e si avviò verso la sfilata.
Arrivarono con un corteo di fotografi e fans ad accoglierli, G Dragon era senz’altro il personaggio più atteso dalla stampa asiatica li riunita, si vociferava non sarebbe stato solo e, si sa, in questi casi si fa prima a ricamare sulle circostanza che ad ammettere semplicemente chi fosse con lui: un’addetta ai lavori. Ricca, bella, famosa, importante, potente. Ma pur sempre un’addetta ai lavori.
Era agitato Jiyong, il leader aveva paura di sfilare in compagnia e lo si percepiva dai lineamenti tesi, dal sorriso forzato sul red carpet, dal fatto che si voltasse di tanto in tanto a guardarla forse perché lo aveva lasciato andare, non aveva ritenuto opportuno mettere su una scena inutile per far parlare i giornalisti, a Claire sarebbero bastati i due o tre scatti ufficiali a bordo passerella per ricevere l’attenzione che, infondo, Thara aveva sempre saputo meritasse.
Non ero mai stata il tipo di persona particolarmente attratta dagli orpelli, la moda era affascinante, mi piaceva stare con tutta quella gente così famosa e così poco credibile in quelle circostanze, lo trovavo un paradosso quanto meno affascinante quanto poco opportune certe “super star” conclamate potessero apparire col vestito sbagliato, magari scelto proprio da loro per osare una sera, quella sera che però diventava una pecetta di nastro nero isolante sulla loro carriera. Avevo visto giornalisti e gruppetti di pettegole ridere per anni per una svista e mi faceva pena quella gente tutta accalcata per un momento di gloria. Ma mi facevano ancora più pena quando cercavano di oscurarsi a vicenda e poi bastava lui, un qualunque G Dragon, un profilo disegnato a far scomparire decine di gambe chilometriche e spacchi vertiginosi. Sorrisi, forse con un filo d’involontaria cattiveria e mi sentii profondamente soddisfatta di quella firma messa per YG.
“Thara ,Thara! Da questa parte!!”
Mi voltai con un insolito sorriso verso la macchina fotografica e li lasciai scattare quanto volessero, scambiai un’occhiata veloce con Jiyong che si avvicinò lentamente e mi si mise accanto: “Dovremmo sfilare insieme o sbaglio, dongsaeng?”
Mi porse il braccio, ci incastrai il mio senza pensarci troppo e sentii il mio sorriso cambiare, la sua tensione ora era diventata anche la mia: “Oppa non credo che le tue fans la prenderanno bene forse sarebbe meglio…”
Mi zittì. Con mio disappunto, ma ci riuscì: “Non mi interessa adesso, pensa a Claire e cammina, hai le gambe lunghe, non andare di fretta o non verranno bene in foto”.
“Ma…”
Trattenne la risata e aggiunse: “E poi a me non dispiace. Quindi non protestare” per poi portarmi via dai fotografi e gliene fui piuttosto grata perché era già andata troppo per le lunghe la cosa, avevo urgentemente bisogno di qualcosa di alcolico per superare la vista di tutte quelle galline che gli si sarebbero appollaiate intorno. Uno spettacolo desolante: “Vado a cercare Claire”.
 
Dovevo assolutamente spiegarle situazione o non sarebbe stata preparata al suo ritorno in Inghilterra.
Dovevamo essere tutti pronti ad ogni evenienza, pace o scontro che si prefigurasse, non avrei permesso a nessuno dei miei di rischiare la vita per un nanetto spocchioso di buona famiglia.
Lo lasciò li tranquilla del fatto che anche se probabilmente l’avrebbe odiata, avrebbe trovato compagnia in breve tempo, c’erano decine di persone in cerca di un contatto con lui, di un’intervista, di una sveltina anche, ma non sembrava in vena, cercava di distribuire equamente sorrisi tra modelle e giornalisti mantenendo un profilo basso, seppur fallendo perché ad ogni passo che faceva, si trovava circondato di gente.
 
Scovai Claire nel back stage e le feci segno di uscire velocemente, che non avevo voglia di essere raggiunta da Jiyong. Non capì, ovviamente e uscì tutta impettita chiedendomi coma ci fosse di sbagliato in me, ero li con: “sembra una statua da quanto è bello, mi spieghi tu che problemi hai? Sei una figa anche tu stasera ma sei troppo tesa Thara! Che succede?”
 
Abbassai lo sguardo e da sotto lo spacco del vestito, feci spuntare il mio IPhone incastrato nel reggi calze.
Lei per un attimo rimase confusa, mi guardava smanettare col telefono in attesa di una risposta finché non aprii l’app giusta e le misi lo schermo sotto gli occhi.
Guardò finalmente consapevole di cosa stesse accadendo e del motivo per cui non fossi esattamente nel mood giusto quella sera.
“è troppo vicino Thara”
Annuii.
“Lo so, ma non sono soli. Marvin e Gregg sono li, Jordan verrà con Gregg e nonno tra due settimane e Jamie è nella centrale di Scotland Yard. Non capisco perché questo ragazzo abbia deciso di morire”.
 
Sgranò gli occhi a quell’affermazione, non aveva capito fino in fondo cosa sarebbe accaduto se Andrew, figlio di Mark Douglas, acerrimo rivale in affari dei Wallace, avesse tentato ancora una volta di prendere informazioni su Thara. O di prendere Thara, come aveva già tentato una volta rischiando di giocarsi una gamba.
 
“Mio nonno non sarà così clemente sta volta Claire, deve fermarsi o resterà seppellito nel mio giardino. E sappiamo che nessuno lo verrà a sapere. Marvin ha allertato la squadra di Dallas. Se vuoi chiamare Jordan  puoi farlo, le linee sono pulite. Ma stai attenta.”
Claire annuì, mi diede un foglietto giallo con su scritto un numero: “Questa è la talpa di Toronto. Jordan l’ha trovato analizzando i dati trasmessi dalla sede di Marvin a Washington. C’è un grosso capitale in ballo, le nostre quote sono salve ma dobbiamo evitare infiltrati. Stai attenta ai coreani, il sig. Yang sa perfettamente cosa succede nel sotto scala della Casa Bianca. Chiaro?”
Sorrisi, avevo sospettato che Yang potesse sapere chi fossi ma non poteva sapere fino in fondo. La mia politica del silenzio ora sarebbe stata ancor più efficace.
 
Marvin e Gregg: agenti speciali per la protezione dei dati riguardanti la sicurezza nazionale
Jordan: fratello di Claire, amico di Gregg e Marvin, ex di Thara ma in buoni rapporti con lei e la sua famiglia senza nessun secondo fine, da anni al servizio di Lord Wallace.
Jamie: Sorella di Marvin, agente segreto dello squadrone di Dallas, biologa specializzata dell’Area 51 e potente, potentissimo hacker in grado di infiltrarsi in ogni cervello digitale esistente.
Per allentare la tensione mi guardai intorno, mi avvicinai al suo orecchio e le dissi: “Bom si fa di coca e Dara non sa cantare ma shhh, vediamo come va a finire”.
Scoppiò a ridere, per fortuna, di li a poco la sfilata sarebbe iniziata e volevo che fosse consapevole di tutto ma felice per la grande chance che stava sfruttando, meritava di star bene, aveva sofferto tanto per la nostra situazione complicata. Avevamo quel tipo di legame basato sul farsi forza a vicenda, avevamo però generato così tanta forza in due da mettere su un impero con un capitale doppio di quello che i nostri nonni ci avevano lasciato. Ero così fiera di quella “famiglia”, nonostante l’ansia, l’anomalia, il non potersi mai sentire come gli altri coetanei. Eravamo più forti di qualunque esercito … ed eravamo praticamente nell’esercito ma questo è un dettaglio.
 
Thara uscì velocemente dal back stage per tornare verso il bordo passerella, Jiyong la aspettava seduto con una mano poggiata sul posto accanto, si guardava intorno sorridente ma incerto, non sapeva dove fosse e nonostante non fosse mai stato un tipo troppo dipendente dalla compagnia a quel tipo di eventi, stavolta era diverso, non voleva tutta quella attenzione solo per sé. Il Re voleva dividere lo scettro, evento raro, anzi: mai accaduto.
Ma le gambe di Thara non tardarono ad avvicinarsi, era li che si faceva spazio tra modelle più basse di lei e fotografi ormai impazziti dal quantitativo sorprendente di high society presente, lei sorrise ancora a qualche flash prima di scorgere Jiyong e vederlo farle un cenno con la mano. Decise di allungare il passo e uscire da quel groviglio glam per mettersi li, accanto a lui e passargli il programma della sfilata come se fosse davvero il centro del loro interesse. Claire era seduta accanto a Jeremy nella prima fila opposta alla loro, sorrideva anche lei, in modo decisamente meno forzato degli altri due e applaudiva ogni uscita come se avesse disegnato lei i modelli e partorito le modelle. Thara si sentì cinica per quel pensiero ma era davvero contenta per l’amica. Si chiese comunque quando sarebbe arrivato il momento dell’alcol visto che accanto a Claire sedeva il suo capo: un viscido umanoide di 50 anni e belle speranze che ogni tanto tornava alla carica provando a portarsi a letto tutte le sue dipendenti. A parte Claire, con lei aveva smesso quando Thara le aveva fatto portare a lavoro un oggettino di un cm produttore di ultrasuoni che applicato sul fondo della scrivania del capo gli aveva causato un’emicrania lunga una settimana. Piccolo particolare: gli ultra suoni venivano attivati da Claire ogni volta che entrasse nel suo ufficio e, questo, aveva spaventato il povero uomo ignaro della vera identità della sua prediletta.
 
“Dongsaeng ti vedrei bene con quello addosso!”
Trattenne la risata nel dirmelo ma scoppiai a ridere io, in mezzo a tutta quella gente così seria forse non eravamo proprio stati accorti ma il vestito di sintetico composto da pezzi apparentemente assemblati a caso contornati dal bomber con scritto “Barbie” non mi permise di mantenere il contegno dovuto.
“Non farlo mai più quando sono sovrappensiero, se Claire mi vede ridere mi ammazza”
“Non fa niente, non volevo continuassi ad avere l’altra espressione. Non ti dona, va meglio così”.
 
Sorrisi tenendo lo sguardo basso e provai un filo di imbarazzo perché ero abituata a persone molto più distaccate e quell’essere osservata nei minimi dettagli mi faceva strano.
“Stavo solo pensando…”
“Non stavi pensando al business, non serve che tu lo dica. C’è così tanto tempo dongsaeng, devi goderti i momenti di svago, metti la testa off ogni tanto, mh?”
 
Annuii, aveva ragione. Non capii come, ma aveva ragione. Provai di nuovo a lasciarmi alle spalle le preoccupazioni e le paranoie, era tutto sotto controllo per il momento e non volevo farmi rovinare l’umore, volevo godermi la sfilata, l’after party e il letto, cosa quest’ultima che ultimamente mi teneva con gli occhi sbarrati fino all’alba. Volevo solo un po’ di pace, un momento di silenzio in testa, che il mio cervello potesse decidere di prendere alla leggera almeno qualche ora della sua esistenza. Stavo di nuovo pensando troppo, lui sorrise e i nervi, per un attimo, si distesero.

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Capitolo 5
*** Black ***


“Heylà! Ma come siamo belli, che stile, che … “
Il capo di Claire guardò dall’alto in basso lo spacco vertiginoso da cui si intravedevano le lunghe gambe di Thara, gli altri avevano raggiunto lei e Jiyong in vista dell’after party e a nessuno di loro era passata inosservata ma si sentirono a disagio per lei di fronte a quella scena. Thara sorrise, coprì l’oggetto dell’attenzione del cinquantenne ringalluzzito e scusandosi, fece un inchino e un segno ai ragazzi per fargli capire che sarebbe stato opportuno allontanarsi.
Seungrì si voltò a guardare il tizio poco convinto di non volerlo insultare ma loro con le donne erano così, erano protettivi, non sapeva se per Thara fosse usuale quindi preferì tenersi per sé le considerazioni e si limitò a scambiare un’occhiata con Seung Hyun che, a sua volta, chinò leggermente la testa verso Jiyong.
“Ragazzi grazie per averci raggiunto e per aver evitato di rispondere a quel tipo. È così da sempre, non è colpa sua. Sono felice che Claire non abbia dovuto dargliela però per farcela, sarebbe stato imbarazzante”.
 
Mi diedi un’occhiata intorno, gli occhi mi si posarono qualche secondo su Taeyang. Per un attimo il mio cervello ebbe probabilmente un vuoto perché mi ritrovai a pensare che fosse davvero, davvero bello quella sera. Tornai comunque concentrata sulla strada, chiamai la limo e dissi ai ragazzi di prepararsi perché conoscevano il locale e sarebbe stato un delirio di loro fans in attesa di potergli anche solo toccare un dito.
Ma loro erano abituati a tutto questo, quella che doveva ancora abituarsi, ero io.
 
“Domani organizzo un meeting con la direttrice di Vogue, non Anna Wintour, quella di Vogue Corea, apparentemente gli americani sono ossessionati dal vostro stile quindi, non so, mi inventerò qualcosa per far si che anche in Europa si diffonda questa cosa. Preparatevi a posare in pelliccia però che non credo voglia mantenere un profilo basso”
 
T.O.P si passò una mano sul viso: “Non penso di voler sapere come ci conceranno prima di essere li. Comunque dongsaeng, ti spunta il telefono dalla giarrettiera”.
 
“Lo so, sto lavorando e devo sentire le notifiche. Comunque, per sicurezza, tira su gli occhi.”
Si grattò la testa ridendo, finalmente vedevo Claire sgambettare con lo champagne francese in mano e un sorriso a 32 denti, perse l’equilibrio ma per fortuna non cadde su nessuno degli invitati. Non scoppiai a ridere per evitare di attirare di nuovo l’attenzione del suo capo.
Il cellulare vibrò, sapevo che a quell’ora non potevano essere buone nuove, aspettavo notizie da Marvin, non riuscivo a scollegare il cervello da casa e mi sentivo in colpa per aver accettato quell’incarico così lontano ma…
“Dongsaeng, il telefono. Squilla.”
Jiyong era decisamente un elemento di razionalità che mancava nella mia vita da tempo.
Controllai chi fosse, era Jordan. Quindi di sicuro, non sarebbero state buone notizie.
 
“Hey”
“Hey, so che non puoi parlare ma devi solo ascoltare”.
Prese un respiro.
“Dimmi, sono alla sfilata”
Dall’altra parte il rumore di una stampante, Jordan si schiarì la voce:
“Ti terrò poco. Oggi si è avvicinato troppo a casa tua. Intendo che è quasi entrato in giardino. Marvin era li ma purtroppo non è stato il primo ad incontrarlo”
 
Capii esattamente in quell’istante cosa fosse successo. Per uno strano intuito e per colpa dei miei incubi degli ultimi giorni, sapevo che Andrew, avesse fatto l’errore di sottovalutare mio nonno.
“Chi ha incontrato Jo?”
“Tuo nonno e uno dei pitbull”
Portai una mano alla bocca, perché sapevo che non c’era alcuna chance che ne fosse uscito vivo da quella situazione e non ero particolarmente sensibile a quel tipo di eventi ma la mia carriera aveva assunto una rilevanza diversa, ero davvero qualcuno per la gente, ero su forbes, c’era il mio nome su ¾ dei dischi prodotti dalla discografia Statunitense ed europea e, ora, ero in Asia. Ed ero già su tutte quelle riviste piene di geroglifici che neanche sapevo cosa stessero dicendo di me.
“NO”
I ragazzi si voltarono di colpo verso Thara che si rese conto di aver gridato. Non riuscì però a mettere su un’espressione che potesse tranquillizzare chiunque la stesse guardando in quel momento. Cercò di abbassare lo sguardo e far segno con la mano che sarebbe tornata subito. Allungò il passo verso la parte opposta al locale e si allontanò quanto necessario per poter riprendere a respirare regolarmente e chiedere a Jordan: “Dove lo ha messo?”
Jordan conosceva Thara, aveva pensato al peggio.
“Non è morto, ha solo una gamba però adesso. Diciamo che non è proprio un campione nel mantenere una certa dignità da gambizzato ma questi dettagli macabri li terrò per me. Cerca per favore di non farti prendere dal panico Thara, ok? Siamo qui, ci pensiamo noi, non hai colpe, nessuno te ne da, siamo tutti fieri di te e di quello che stai facendo, scrollati tutta quest’ansia di dosso è la tua vita da sempre, non da ieri. Ci sono. Ci sono sempre, lo sai che nessuno toccherà i tuoi. Torna li e metti tranquille le persone con cui stai lavorando”
“Che ne sai che mi sono spostata e che mi sento in colpa? Si mi ci sento. Ok, mi calmo?”
“Il chip nel telefono. E lo so e basta. Brava smettila e chi è Jiyong a proposito? Dobbiamo mettere il suo telefono sotto controllo? Prendo i pop corn?”
“Smettila idiota! Ahah! Torno li. Grazie, ci sentiamo presto”
“Ciao Queen, falli sognare un po’ questi coreani”.
Sorrisi al telefono, perché Jordan si era dimostrato per l’ennesima volta un uomo vero e io ero fiera di averlo avuto accanto, nonostante fosse finita da tempo.
Quando tornai indietro gli altri erano già entrati. Tutti, a parte Jiyong, che aspettava accanto al buttafuori a braccia conserte e una sigaretta tra le dita, l’altra in bocca accesa: “dongsaeng, vuoi fumare?”
Sorrisi e scossi la testa: “no, la lascio per dopo. So che proverai a farmi un interrogatorio da ubriachi”
“Brava, sei intelligente. Ma questa fai bene ad evitarla, la pelle. Ricorda”.
“Oppaaa sei noioso però eh, smetto. Smetto prima possibile ma una al giorno per ora lasciamela, eh?”
Lui sorrise e circondò le spalle di lei con il braccio facendo salterellare Claire che era in pista già da un po’.
“Bene. Che sia una. Andiamo, stanno iniziando da Nicki Minaj, tra due ore saremo tutti a gattoni per l’alcol se fanno così”.
“Ma a me piace Nicki!”
“Ma io ho detto che se iniziamo da lei finiamo male non ho detto che in assoluto non mi piace. Comunque la tua amica sta per perdere il vestito, vuoi intervenire o preferisci ignorarla e fingere di non conoscerla?”
Ghignò nell’indicare il seno di Claire fare capolino dal vestito. Si, era già ubriaca marcia.
“Heeyyy perché non porti qui le tue chiappe tonde e facciamo vedere a questi coreani come si twerka babyyy”
Cercai di auto convincermi che non lo avesse detto sul serio ma Ri corse in pista e mi squadrò: “Non stai per farlo vero?”
Jiyong rise forte e gli diede una pacca sulla spalla: “Niente panico maknae, respira, dongsaeng ora tornerà in sé e verrà con noi al tavolo. Seduta, con le gambe accavallate. Tranquillo eh?”
Scoprii poi che praticamente per contratto avrei dovuto mantenere un certo contegno in pubblico e che l’unico motivo per cui Ri ebbe quell’attimo di panico fossero le telecamere in sala, se fosse arrivato un video “compromettente” a Yang avrei perso il lavoro. Non era certamente nei piani twerkare ubriaca ad una festa per Moschino ma sentii un po’ della pressione che avevano addosso venirmi incontro quella sera. Salutai Claire con un sorriso e le dissi : “Ci vediamo dopo magari, eh?”
Lei, sgambettante e piagnucolante rispose con un: “Uffa, ok!” seguito da uno sguardo malizioso rivolto a Jiyong che fece una smorfia strana onestamente, perché Claire era una bella ragazza al di la del tasso alcolico.
“Che cos’è quella faccia? Ahahah ti prego!”
“Dongsaeng, fammi un favore: dille di non essere così in Corea, potrebbe essere scambiata per qualcosa di diverso da un’organizzatrice di sfilate. Ok?”
“Sei serio?”
“Si. Non è una brutta ragazza e nessuno di noi disdegna un twerk ubriaco ma la gente con cui lo sta facendo rischia di ritrovarsela sotto casa domani in cerca di ben altro che un balletto”.
Tirai su le spalle e mi avviai verso il nostro privè, felice di non dover guardare Jeremy masticare i nachos e consapevole che Claire se la sarebbe cavata. D’altro canto non ero sua madre e col tempo avevo imparato a capirlo, metabolizzarlo, attuarlo perché il nostro rapporto, era anche fatto di consapevolezze lucide che rispettavamo senza che l’altra si sentisse ferita.
Il dj impazzito decise però di farmi comunque perdere quel grammo di credibilità che mi rendesse “umana” almeno agli occhi dei coreani e mise “UP” degli Epik High con Park Bom, così, tanto per assicurarsi che io decidessi di tirare su la gonna, alzarmi dalla sedia dopo essermi appena seduta e dire: “fermi tutti non scherziamo, uno di voi venga a ballare ORA non importa chi ma io devo ballare!”
Sentii una risata familiare arrivare da dietro e non ci misi molto a capire che…
“Non mi interessa se i coreani ti vogliono smorta hai capito? Ho richiesto io questa al DJ ora vieni con me e balli! Scusate bimbi, ve la rimando tra 5 minuti esatti!”
Risi perché sapevo che non se la sarebbe fatta fare da nessun presidente e nessun contratto, quindi le presi la mano e la trascinai in pista pronta a svuotare un po’ la mente e riempire il bicchiere di spumante, decisi che da quel momento avrei lasciato l’ansia alle spalle e sarei tornata sulla via della lucidità senza farmi prendere inutilmente dal panico, c’erano circa 100 persone pronte a proteggere me e la mia famiglia in ogni caso e non c’era bisogno che mi facessi togliere la voglia di vivere da un nano da giardino instabile.
Claire inclinò la testa da un lato e mi osservò, mi accorsi dello sguardo inquisitore stile mia nonna e sorrisi, perché sapevo cosa mi avrebbe detto, quello che mi diceva sempre: “Thara non farti paranoie”.
E io l’avrei ascoltata, ma non così tanto infondo, perché ci sono due tipi di persone al mondo: quelle a cui importa e quelle a cui non importa e, a me, della vita dei miei cari e mia, importava moltissimo. Mi importava persino degli artisti con cui lavoravo, mi incazzavo coi giornalisti anche per cose futili. Io sono sempre stata così, un po’ mamma e un po’ avversa ai bambini allo stesso tempo.
Quella sera però non me lo disse di non farmi paranoie, si limitò ad annuire e dirmi: “Sono solo due giorni che sei qui ma ti vedo già meglio, saranno gli influssi dei BigBang? Ahah, stai bene con questo vestito, sono contenta tu non ti stia facendo buttare giù”.
I capelli sul viso, i fianchi sinuosi, la pelle color latte e le labbra rosse, il sorriso che si apre e scaccia via l’ansia. Ji Yong osservò Thara in pista e si sentì strano, come se qualcosa gli facesse venir voglia di sorridere con lei, come se guardarla potesse per un po’ allontanare i pensieri bui, come se in quel mischiarsi di luci, suoni e odori, vederla felice facesse sentire meglio anche lui.
Gli altri si accorsero che la stesse guardando così, perché a Ji Yong non capitava da un po’ e Seung Hyun diede una gomitata a Ri per fargli capire che, si, erano bastate 48h per far si che Thara, lasciasse il primo segno su quella nuova storia che sarebbe stato “Alive”.
Daesung tornò al tavolo con i drinks appena stillati e chiese a Taeyang cosa fosse quel sorriso soddisfatto sul viso di T.O.P, la risposta fu: “Lo spettacolo di Ji Yong che scopre di avere ancora un cuore non vorrai perdertelo?”
Rimasero ad osservarlo tutti in silenzio finché non si accorse lui stesso che tutto ciò fosse totalmente fuori luogo. O forse no? Lo sentì come tale e si rivolse ai compagni col solito fare cinico: “Guardate dongsaeng, non è bellissima? Dovrebbe sorridere più spesso invece di fare la donna d’affari”.
Seung Hyun gli diede la rituale pacca sulla spalla: “Dai che ci crediamo che stai pensando davvero questo, però ora bevi che ci fai preoccupare”.
 Ma Ji Yong non li ascoltava più e decise in quel momento che non sarebbe stato così grave lasciarsi andare qualche minuto. Lasciò il tavolo, si avvicinò alla console e chiese al dj di far andare uno dei suoi brani preferiti, il più sincero che avesse scritto fino a quel momento e quando le note di "Black" si diffusero in sala, Claire ebbe abbastanza lucidità da tenere Thara in pista e lasciarla senza quasi se ne accorgesse, tra le braccia del leader.
 "Che succede?"
"Shh, dongseng, non fare sempre domande su tutto, vedi quanto è facile respirare?"
 Mi chiesi cosa volesse dire, no, non ce la facevo a non farmi domande ma non riuscivo proprio ad allontanarmi adesso, sentivo le mani calde con le mie e il suo sguardo addosso in un modo bello, diverso, decisi quindi che non avrei fatto la parte della guarda feste, in quell'attimo mi stavo adattando bene come un animale che cambia pelle e si scopra in grado di sopravvivere al caldo pur venendo dal gelo.
 "L'hai scritta tu?"
Lui annuì: "è bella. è strano però pensarti così"
Sorrise con uno sguardo di sfida: "Non farmici sentire allora, Thara".
 

Le favole hanno una durata standard, lo sapevate?
C’è un inizio, uno svolgimento, un inconveniente, una risoluzione e un lieto fine.
Quello che non avevo mai amato delle favole, ad ogni modo, era il loro basarsi sul bisogno d’amore, sul sogno di una felicità legata al “io e te” che per un caso della vita non avrai forse mai potuto capire.
Mi ritrovai col viso poggiato su quella spalla e aprii di colpo gli occhi, stavo facendo la cosa sbagliata.
Ma non mi interessava. E capii la differenza tra la me sotto pressione e la me che fa ciò che sente nel preciso istante in cui Ji Yong mi disse: “Sta per finire” e io risposi semplicemente: “voglio la traduzione”.
Non potevo vederlo ma fui certa stesse sorridendo.
Non mi piaceva e non mi piace mischiare il lavoro con queste situazioni ma qui, chi aveva messo il confine tra una sfilata di Moschino e un album in uscita? Quale sarebbe stato il freno? Ebbi l’impressione che non ce ne fossero in realtà e che li, davvero sarei stata libera di essere me stessa senza il timore che nessuno mi desse della poco di buono o dell’approfittatrice, erano sparite anche le telecamere nel giro di quei tre minuti e quando mi riavvicinai al tavolo, alla domanda di Taeyang: “Dongsaeng perché ti vedo più rilassata?” non seppi rispondere. Mi limitai ad ammiccare e sorseggiare con calma lo champagne, poi rivolsi uno sguardo a Claire che alzò il calice, lo alzai di rimando e scandii nel casino generale il labbiale: “Brindiamo alla Corea”, cosa che mi fece ridere ma annuire allo stesso tempo perché, si, quella sarebbe stata davvero una bella avventura e non fu quel ballo, non fu la sfilata, non fu Dara stonata a farmelo capire, fu quell’ultimo respiro che presi prima di svuotare l’ultimo bicchiere a dirmelo che, li, da tutte quelle barriere costruite in vent’anni, sarei stata libera per un po’.
“Vieni da noi dongsaeng?”
Pensai che non fosse affatto una buona idea.
Subito dopo però entrai in macchina con Seung Hyun alla guida, Ji Yong impegnato con i social, Dae e Ri che litigavano su chi dovesse uscire per primo con una tipa appena conosciuta e Tae che mi guardava dal retrovisore come se volesse chiedermi: “Sei sicura di metterti in questa situazione?”
Ma non sapeva che quella sarebbe stata la cosa meno strana che avessi mai fatto.
Sorrisi e strizzai l’occhio per tranquillizzarlo che non ero ancora abbastanza sconvolta da mollarli al secondo giorno.
Mandai un messaggio a Claire che, come mi aspettavo, rispose: “Ce li hai i preservativi?” e avvisai Jordan che avrei messo offline il dispositivo di controllo per un po’ di ore, tranquilla del fatto che avrebbero comunque monitorato e che per ogni evenienza avrebbero potuto contattarmi comunque.
Messa in silenzioso la mia vita, quella nascosta, tornai mente e occhi in quell’auto che sfrecciava per la via principale di GanGnam e quando mi ritrovai davanti casa di Ji Yong, mi resi conto che quella specie di Palazzo Reale che vedevo da casa mia era più vicino di quanto pensassi.
“Questa è casa tua?”
“Si Dongsaeng, sei contenta che siamo vicini?”
Arricciai il labbro chiedendomi per quale motivo continuassi ad essere sempre l’ultima a sapere le cose ma d’altro canto, almeno in un frangente di vita, non mi dispiaceva non sapere tutto prima di tutti.
“Contenta è un parolone, chi ti fa la guardia, i leoni?”
“Spiritosa! Sei una piccola lince delle nevi dongsaeng”
“Uh??”
“Capirai col tempo. Ora entriamo, Ri smettila di frignare o nessuno dei due uscirà con quella ragazza perché le chiederò di uscire io”
Ri si zittì, Dae si arrese direttamente conscio forse che sarebbe stato meglio evitare un ennesimo “no” da una tizia per Ji Yong e io, che forse a quel punto capii il perché fosse stata equiparata ad una lince, non riuscii a trattenere un simpaticissimo: “Quindi secondo te sono tutte pronte a caderti ai piedi solo perché sei il leader? Come sottovaluti le donne Ji Yong. Se io sono una lince tu sei una volpe”.
“Uh??”
Ricambiai la risposta di prima: “Anche tu capirai col tempo”.
 
 Era finita così quella serata, in una villa con divani bianchi e tanto da raccontarsi perché dal giorno successivo sarebbe iniziato il lavoro vero.
Poi il tempo aveva messo l’acceleratore e in un battito di ciglia erano passati una copertina di Vogue, una campagna Dior, conferenze e interviste e i primi live a cui prendere parte e tante sigarette condivise sul balcone di casa mentre “Alive” prendeva forma e le sessioni in studio si moltiplicavano lasciando a Thara ben poco tempo per riflettere su ciò che stesse accadendo a casa propria dove, Andrew nel frattempo, aveva fatto un ennesimo passo falso che avrebbe potuto esporla ulteriormente se Marvin e i suoi non fossero intervenuti, di nuovo, e non lo avessero bloccato mentre cercava di raggiungere gli Stati Uniti per fuggire da nonno Wallace che, ormai, era deciso a farlo fuori.
Yang, dal canto suo, continuava ad aspettare una risposta e Thara ne era consapevole.
Alle prese con tabacco e cartine, la tv accesa con l’usb collegata e i provini in ascolto, il caminetto acceso e l’odore del tea allo zenzero, scorreva tra gli appunti e i numeri di telefono mentre la mente slittava sui pro e i contro del prestare la propria voce a Dara e riprendersi un pezzetto di quel sogno a cui aveva rinunciato, certo avrebbe dovuto smettere definitivamente col le sigarette, certo stava fumando troppo, certo Ji Yong le faceva una testa come un pallone da ormai sei mesi e sicuramente se qualcosa di più importante fosse successo e se qualcuno avesse riconosciuto la sua voce, per lei sarebbe stata la fine e l’unica soluzione sarebbe stata andare a Dallas da Jamie per almeno un paio d’anni.
“Love Dust” usciva dalle casse con la voce di Ri incerta, con le note da sistemare e i controcanti da finire ma questo sarebbe stato compito di GD, a lei spettava solo il verdetto finale e sapeva di voler ottenere il massimo risultato perché nella vita “reale”, Simon l’aveva inviata li perché Yang potesse prendersi la tanto agognata fetta di mercato europeo che voleva.
Infilò velocemente le Loubutin rosse, sorseggiò l’ultimo goccio di tea rimasto e uscì di casa con la sua pelliccia e gli occhi fissi sull’obiettivo finale. Non importava come, avrebbe portato a termine tutti i suoi progetti prima di andar via.
 
Nel corso dei mesi avevo imparato a trovare la calma nella corsa continua, avevo ripreso a meditare, ad apprezzare le piccole cose, a non pensare sempre a ciò che avevo lasciato e avevo smesso di nutrire quel senso di colpa che, per anni, mi ero portata in ogni parte del mondo.
Quando il silenzio era l’unica cosa a farmi compagnia, la sera, avevo imparato a godermelo come fosse un dono per tutte le urla e le emergenze che avevo dovuto fronteggiare a causa della mia famiglia.
Amavo profondamente le mie radici ma li, Seoul, sembrava un paradiso per folli e un inferno per i pendolari che vedevo sfrecciare dalla finestra.
A volte capitava che mi ritrovassi sola con i miei pensieri anche in mezzo alla folla e la musica nelle cuffie mi faceva sentire come la protagonista di un quadro in movimento e mi piaceva quella lucidità, quella voglia di riscatto che tornava a visitarmi, quell’essere focalizzata.
Ora mancava un ultimo tassello, che per me era essenziale e non potevo farne a meno ancora a lungo: il rischio.
Avevo voglia di situazioni nuove, sempre, a volte non vivevo neanche quelle presenti nell’attesa delle successive e questo era forse il motivo fondamentale per cui nessun uomo poteva starmi accanto per più di un mese o due.
Il mondo è dei pazzi diceva mia madre quando in camera mettevo lo stereo al massimo e davo concerti al mio pubblico di peluches. E aveva ragione, nella mia mente instabile avevano girato le idee migliori che potessi mai pensare io stessa di produrre.
Guidai fino alla sede della YG e mi aprirono le sbarre i due addetti alla sicurezza che, come d’abitudine, fecero un inchino (ricambiato) al mio passaggio. Presi un fascicolo dalla cartellina e, senza passare in studio, chiesi di Seung Hyun alla reception: “Lo aspetto in terrazza, presto per favore che ho un appuntamento con Yang”.
Il mio coreano sembrava essere migliorato perché la tizia stavolta non fece smorfie per comprendere, sorrise e si inchinò anche lei a mani giunte assicurandomi che T.O.P mi avrebbe raggiunto in un minuto.
E così fu.
“Che succede dongsaeng?”
Guardai la sigaretta e decisi di spezzarla e buttarla in borsa. Non era il momento, era invece quello buono per smettere.
“Oppa voglio accettare la proposta di Yang”.
Mi guardò scettico, cercando forse di capire cosa esattamente mi spingesse a quel suicidio mediatico ma poi, forse conscio del fatto che in fondo fosse Dara quella a rischio e non io che avevo l’orecchio assoluto, sorrise e abbassò lo sguardo per poi rialzarlo subito dopo e avvicinarsi.
Si appoggiò al bordo della terrazza con le spalle alla città che intanto riprendeva vita e inclinò leggermente la testa.
“E mi hai fatto venire qui per questo? Non hai bisogno dell’approvazione di nessuno, Thara. Sai quello che fai. O sbaglio?”
Sbuffai perché per me un confronto con qualcuno con più esperienza era sempre stato necessario e lui era quello dei discorsi seri, che non la prendeva a ridere di fronte alle mie insicurezze e sapevo che mi avrebbe risposto in quel modo ma volevo davvero la certezza che non stessi facendo un passo falso.
“Oppa…”
“Che c’è? Se anche fosse un errore, ti rendi conto del mestiere che fai? Hai vent’anni e io non riuscirei mai neanche a capire un decimo delle cose che gestisci tu. Sii cosciente di quello che vali ma non agli occhi degli altri, allo specchio! Certe volte sembra che non ti conosci eppure ti sei costruita da sola.
Il tuo sogno era cantare o sbaglio?”
“No, non sbagli però…”
“Però il finale non è deciso finché non è scritto. Quindi datti una chance.
 E ora andiamo che Ji Yong sta dando i numeri con Daesung, stai tranquilla. Male che vada, hai cinque persone dalla tua parte”.
Sorrisi e scrollai la testa, male che vada era per la prima volta in vita mia la possibilità di finale migliore che avessi.
Mi voltai un’ultima volta verso la strada, cercai di prendere un respiro profondo e presi dalla borsa le sigarette: Una l’ho spezzata, queste le butto via”.
Lui spalancò gli occhi: “Non esagerare, queste dalle a me grazie! Dongsaeng sono fiero di te, comunque vada ti farà bene smettere!”
“Si eh? A te no invece?”
“Non è di me che si parla, susu, agevolare. Abbiamo un disco da chiudere e due persone da salvare.”
“uh?”
Tornammo così al lavoro, il povero Ri era alle prese col leader in preda ad un attacco di precisione assoluta e stava ripetendo per la millesima volta lo stesso take delle stesse tre parole: “Geuttaen naega neomu eoryeoseo
Sarangi eoryeowoseo domangchiryeogoman haetji! Su Geuttaen prendi la nota giusta o ti faccio dormire qui! Ri!”
Ri guardò Thara disperato e strofinandosi il naso cercò di non imprecare. Sperò fortemente che qualunque cosa affliggesse GDragon in quel momento potesse sistemarsi presto perché il Leader, in quelle condizioni, sarebbe stato in grado di far slittare l’uscita del disco anche di un anno per una nota un quarto di tono sbagliata.
 
“Hey leader, che succede?”
“oh giusto te cercavo. Hai un appuntamento con Yang o sbaglio?”
Non impazzivo per quel tipo di tono onestamente e non mi creai troppi problemi nel farglielo notare: “Da quando ti rivolgi a me in quel modo? Se è un lapsus che ti passi presto. Ah, lascia respirare Seungri. Comunque si. Ho un appuntamento con Yang, ho deciso di coprire Dara”.
A quel punto fece segno a Seungri di fermarsi. Spense la consolle e rivolse uno sguardo a Seung Hyun che lo guardo come a voler dire: “Pensavi la fermassi?”.
“lasciateci soli”.
Quella frase me la ricordai a lungo, perché la conversazione che iniziò da li, mi aprì gli occhi su una realtà che conoscevo ma che non avevo idea venisse percepita così dalle persone coinvolte. Perché a volte essere dalla parte di chi fa girare i soldi, ti fa dimenticare cosa voglia dire essere l’immagine, quello/a sul palco. E io me lo ero dimenticato davvero forse.
Uscirono, restammo io, lui, le sue sigarette e la sensazione che non solo non fosse d’accordo ma che se fosse andata male, non avrei avuto sicuramente cinque persone dalla mia parte.
 
“Come ti viene in mente? Tu hai una vaga idea di cosa voglia dire prestare la voce a Dara? Hyuna non potrà mai più cantare! E non sto dicendo che per te sarà lo stesso perché quella è una questione di fortuna, ma spiegami per quale motivo dovresti farlo”
 
Sapevo perfettamente che non avrebbe capito la mia posizione, perché avrei dovuto spiegargli che avevo dovuto sacrificare tutto per la mia famiglia, per quell’eredità pesante, che quel cervello che apprezzava tanto era stanco di privarsi di momenti di spensieratezza e tranquillità che alla mia età erano la norma tra le ragazze. Ma non potevo dire a GDragon “hey sto conducendo un’operazione di protezione dati dell’aerea 51 e della Casa Bianca, lasciami uno svago”. Perché avrei pagato quel flusso di informazioni riservate con la vita e, a togliermela, sarebbe stato forse proprio mio nonno se lo avessi fatto.
Ma se c’è una cosa che ancora non avevo imparato a fare, era mentire a cuor leggero e se con la voce ero in grado di dire “Non sono affari tuoi, pensa al disco”, la lacrima che in quel momento decise di rigarmi il viso seguita da altre mille della stessa portata, esponeva una parte di me che avrei faticato il doppio a nascondere, ora.
 
“Sai che c’è? Non posso spiegartelo Ji Yong. Ma se tu fossi al punto di poter realizzare anche solo in minima parte il tuo sogno più grande a cui hai dovuto rinunciare per motivi più grandi di te, che faresti?”
 
E io lo vidi dalla luce tagliente nei suoi occhi che non poteva capirlo, perché nessuno avrebbe pensato mai una cosa del genere ma incassò la risposta, scosse la testa e mi lanciò un foglio piegato in quattro.
 
“E questo cos’è?”
Alzò il mento per farmi segno di leggere.
“Adesso l’hangul non è più un problema. Mi serve un ritornello in inglese, scrivilo tu per favore. E io non so cosa ti dica il cervello ma se senti sia quello che vuoi, sappi solo che sono sei mesi che mi vedi sputare sangue su questa consolle, non ti permetterò di andartene prima dei prossimi dieci anni. Chiaro? Comunque vada, assumiti il rischio di portare avanti questa cosa”.
 
Accettai il compromesso e lessi le prime righe, era per la sua ex anche se non sapevo ne avesse avuta una così importante. Ma per forza per una ex doveva essere.
“Perché vuoi che ti scriva un ritornello per un pezzo così?”
Rientrò velocemente nel suolo di Volpe che gli avevo assegnato e sorridendo sarcastico, velenoso e con tutto l’astio incomprensibile di quel momento rispose: “Per cantarlo, e non di nascosto dongseng".

Gelo.

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Capitolo 6
*** Non fare promesse ***


Cap. 8
 
Sorrisi freddamente con una strana sensazione di ansia e voglia di ridere in modo isterico che però riuscii a scrollarmi di dosso per fortuna, non capivo Ji Yong spesso, aveva degli atteggiamenti strani e per quanto trovassi estremamente attraente quel modo di essere, quei lineamenti e quel muoversi in modo strano, sembrava un elfo, una specie di creatura mitologica così affascinante e carismatica ma così evidentemente poco affidabile allo stesso tempo.
“Oppa non fare così, non mi sto arruolando nell’esercito! Te lo scrivo il ritornello, ora vado da Yang. Ci vediamo dopo, non stressare Ri e Dae! Prometti!”
 
Annuì mordendosi il labbro e io sgattaiolai dallo studio prima che cambiasse idea e provasse a trattenermi ancora con argomenti tipo la chirurgia plastica, le diete disumane, gli allenamenti esagerati e quanto altro, cose che conoscevo ma di cui non facevo parte attivamente, perché l’industria asiatica è molto più spietata di quella occidentale ma, purtroppo, anche molto più potente.
 
Vidi Taeyang seduto sulle scale, in mano una tazza di tea e con l’altra mi fece segno di sedermi: “Dongsaeng, vieni qui. Parliamo.”
 
“Oppa no sono in ritardo per…”
 
“Yang non si offenderà. Siediti”
Sbuffai guardandomi intorno, mi sedetti accanto a lui che mi coprì le gambe con la sciarpa e puntò i suoi occhi nei miei senza girare intorno al discorso: “Sei intelligente dongsaeng, Ji Yong lo sa. Ma gli piaci. Ok? Gli piaci e non sa in che modo. Ora, l’ultima volta che gli è piaciuto qualcuno è finita così male che ha deciso di mettere fine ai sentimenti se non nei testi delle canzoni, questo significa che nella remota ipotesi in cui dovesse rendersi conto che gli piaci in quel senso, avrebbe due paure: non essere ricambiato e la certezza che tu sia di passaggio. Se a questo essere di passaggio ora tu aggiungi il rischio di uno scandalo mediatico che potrebbe rimetterti su un aereo in due mesi… capisci il perché di quella reazione. Uh?”
 
Quando Claire la sera dopo la sfilata mi disse che quel ballo con Ji Yong era stato più di un ballo, le risposi che ero ubriaca e che dopo la fine della storia con Jordan, mi era mancata la sensazione di sentirmi protetta tra le braccia di un uomo.
Così lei mi rispose che non parlava di me che “in fondo sai anche tu che sarebbe proprio il tuo tipo ma sei troppo presa dagli affari per vederlo”, parlava di lui che “sorrideva un po’ troppo mentre eri impegnata a sognare ad occhi chiusi sulla sua spalla”.
 
“Che?? Tae che film hai visto?”
Lui rise perché, probabilmente, arrossii e quel tentativo di rimanere sulla difensiva crollò immediatamente.
“Dongsaeng!! Smettila che lo so che ti piacciono le volpi!”
Mi scompigliò i capelli e mi ritrovai a ridere con lui che mi abbracciò proprio nel momento esatto in cui Ji Yong decise di aprire la porta forse incuriosito dal volume delle risate.
“Yang ti trovo ringiovanito … “
Tae scrollò la testa in vista di un possibile show del leader.
“Stavo andando ma a quanto pare a parte T.O.P volete tutti farvi una chiacchierata preliminare per essere certi che non cadrò in qualche trappola”.
 
“Taeyang di solito sa essere più convincente di me, che succede? Hai perso il tuo fascino?”
Toccai con forza a sufficienza il ginocchio di Taeyang nel rialzarmi, sperando che cogliesse il segnale di non rispondere e mi limitai a farlo io per lui: “Non sono io il tipo di persona che potrete mai convincere a fare una scelta. Sarò però sempre il tipo di persona disposta ad ascoltarvi cosciente del fatto che se mi date un consiglio, è solo per aiutarmi. Ora vado. Ci vediamo tra un po’, tornate al lavoro che a fine settimana dovete iniziare il master”
 
Ji Yong abbassò lo sguardo e passò una mano tra i capelli, avrebbe voluto forse fermare Thara ma non sapeva cosa fosse per lei quella scelta, così decise di arrendersi per una volta e lasciare al caso la decisione, sarebbe andata come qualcun altro avrebbe deciso per lui. Il compromesso tra successo e sentimenti: aveva preso ogni decisione riguardante il suo lavoro e la sua fama ma aveva subito ogni conseguenza che riguardasse i rapporti personali, di qualunque natura essi fossero.
 
“Agli ordini, stai attenta dongsaeng”.
 
Annuii e mi avviai verso lo studio di Yang, non avevo paura di espormi, avevo paura però di perdere ciò che lì avevo iniziato a creare. Avevo paura di essere all’ennesimo punto di rottura e tutti abbiamo un cuore solo. Il mio, era un pugno chiuso, lo sentivo spesso faticare tra un battito e l’altro come se mi volesse dire: “Lasciami, non farmi vivere così” e io lo obbligavo a sottostare alle mie regole, ai miei parametri, ai miei stessi obblighi come se fossimo sempre in missione segreta, come se ormai la mia vita fosse una spedizione nel deserto e le Oasi, fossero solo miraggi stanchi nella speranza di potersi dissetare prima di ripartire più decisi di prima.
 
Iniziai a pensare a ciò che mi aveva detto Taeyang. Come vedevo Ji Yong? Come lo avevo guardato fino a quel momento?
Avevo dato per scontato che fosse un’esagerazione dire “gli piaci” perché Ji Yong era freddo e sibilino e aveva sempre quella vena malinconica addosso che respingeva ogni tentativo femminile di avvicinarsi. Lo avevo visto allontanare donne bellissime, intelligenti, importanti e lo avevo visto sorridere e condividere qualche parola in più solo con le fans, quelle più silenziose, più nascoste, che chiedevano un abbraccio sussurrando.
Ma da me quella sera non era scappato.
E iniziai a pensare che quegli occhi, in effetti, erano simili ai miei.
Perché cosa c’era se non la paura di qualcosa di non specifico dietro quelle mezze frasi?
Ji Yong e io, eravamo legati da quell’ansia senza saperlo, dal principio e forse se mi fossi fermata prima a “vederlo” più che “guardarlo”, avrei saputo cosa pensare in quel momento. Ma bussai, Yang aprì subito e nel giro di pochi minuti siglai un contratto esclusivo di ghost singing e ghost writing, Dara faceva riverenza, Bom sembrava preoccupata e Chaerin, quando uscimmo e tutto sembrò ridimensionarsi senza l’atmosfera formale di quel momento, mi disse in disparte: “Arriverà un giorno in cui ti stancherai di questa cosa. Te lo dico perché Hyuna ha voluto sfidare la stanchezza. Quando sentirai di non esserci più dentro, parla chiaro con Yang, non è una cattiva persona. Sarà un problema, ma si risolverà. Dara non avrebbe comunque avuto progetti da solista. E io e Bom saremo dalla tua parte, chiaro?”
Non capii esattamente lo scopo di quella gentilezza, ammesso che ci fosse uno scopo, mi limitai a costatare l’evidente preoccupazione generale per una cosa che in realtà avrebbe avuto una soluzione più semplice del previsto. Se avessi deciso di prendere un aereo per Los Angeles, o Londra o Parigi domani, avrei avuto circa 100 uomini pronti a nascondermi in qualche sotterraneo di qualche base militare e nessuno, nemmeno i soldi di Yang, avrebbero potuto trovarmi.
L’unica cosa da cui non avrei mai potuto essere abbastanza distante? I sentimenti.
Se quello fosse diventato più di un lavoro, sarebbe stato lì il problema.
Scesi di nuovo le scale, più confusa di prima, più decisa che mai però a fare bene il mio lavoro e far uscire un album degno delle classifiche quanto meno Asiatiche. Sapevo che GDragon fosse una garanzia, ora però, toccava a me.
Entrai in studio senza bussare, sapevo di poterlo fare ormai e mi misi accanto a Jiyong che ora aveva iniziato a torturare Taeyang mentre col dito affusolato premeva senza interruzione il tasto rec alternandolo al talk back.
Seungri mi si avvicinò sussurrando: “Tutto a posto? Hai parlato con Yang?”
Annuii: “Si, iniziamo domani. Chaerin mi è sembrata strana ma non credo che sarà così male”.
Ri però non sembrò convinto: “dongsaeng sta attenta. Voglio bene a Yang e a Dara ma non sarà una passeggiata. Cerca di non farti troppo sfruttare e non dare subito il 100%. Studia prima…ok?”. Sorrisi rispondendo con un leggero inchino in segno di gratitudine, lui mi scompigliò leggermente i capelli e tornò al suo posto, col testo pronto per registrare di nuovo.
Nel frattempo Taeyang finì il suo take e uscì, mi rivolse uno sguardo di sfuggita poi prese il pacchetto delle sigarette accanto alla tastiera e un accendino dalla tasca e si rivolse a Ji Yong: “Leader, io vado. Ci vediamo stasera?”
Lui gli diede una pacca sulla spalla e si limitò a dire: “Vedremo hyung, ci sentiamo tra un paio d’ore e riposati. Salutaci la tua bella”
Su queste ultime parole si avvicinò al viso di Tae ridendo in modo malizioso, l’altro scosse la testa in segno di resa e rise di rimando: “ahhh non cambi mai! Meno male. A dopo, ciao a tutti! Buon lavoro dongsaeng, ne avrai tanto”.
Mi strizzò l’occhio e io cercai di fingere di nuovo di non aver capito dove volesse andare a parare.
“hey …”
“Che c’è? Parlo del disco … a stasera, eh!”
 
Quando Taeyang uscì calò per un attimo il silenzio, riempito solo dal rap fitto di T.O.P al microfono che faceva da sfondo allo sguardo corrucciato di Ji Yong, concentrato forse sul brano, o forse no, la mascella serrata e gli occhi che si stringevano di più ad ogni battuta di strofa finché come un tuono, spinse di colpo il tasto rec e disse tre parole:
“Scusa” Rivolto a T.O.P che lo guardò confuso e “Usciamo dongsaeng”rivolto a Thara che non ebbe troppo tempo di replicare ma restò per un attimo incollata al pavimento, colta di sorpresa per il tono usato da…: “Ma?”
 
Per quanto l’apatia nei confronti dei sentimenti fosse da tempo mia evidente compagna, in quel momento non avevo sicuramente previsto una riunione a due con Ji Yong a discutere di qualcosa di cui sicuramente avrei preferito non discutere se non con me stessa, la sera stessa, nel letto mentre mi toglievo il sonno pensando troppo e agendo troppo poco, troppo spesso.
Ma G Dragon era come un grillo parlante, seduto sul trespolo in attesa che qualcuno con qualche problema o qualche dubbio passasse di li così da poterglisi attaccare sulla schiena sussurrando: “Vuoi parlare? Dai che dopo avrai le idee ancora più confuse e sarà bellissimo vederti sguazzare tra le tue insicurezze”.
 
“Dongsaeng?”
“Si?”
“Sveglia. Andiamo! Non avrò voglia di affrontare questo discorso tra breve”.
“ Se vuoi possiamo risparmiarci le scale”.
“Ho detto andiamo!”
Inclinai la testa inarcando il sopracciglio, no, non era quello il tono.
“…per favore. Thara”.
“Si così va meglio. Cosa devono fare intanto loro?”
“Seung Huyn, controlla i take di Ri e Dae, se ce ne sono buoni salvali e poi li riascolto”
Uscirono entrambi poco convinti di quello che si sarebbero detti, perché nella frenesia del lavoro le impressioni erano passate in secondo piano e anche due sguardi che vanno oltre, nella fretta, perdono i dettagli.
Ma era questo il caso?
Thara aveva studiato Ji Yong nel suo essere distante, machiavellico, spesso fin troppo calcolatore e lo osservava fissare il vuoto nei club, cercare lo sfogo di una sera e poi scansare tutto ciò che gli passasse accanto di giorno.
Ji Yong, aveva studiato Thara nel suo essere insicura ma consapevole, attenta ai dettagli ma mai vicina a se stessa, troppo presa dal lavoro per fermarsi a riflettere su cosa le mancasse, bella ma con lo sguardo spento quando i fotografi le chiedevano di sorridere, con le guance scavate che non sorridevano mai al ritmo delle labbra, con i silenzi incomprensibili.
 
“Non ho preso le sigarette…hai le tue?”
 
Lo squadrai velocemente: “Le ho date a Seung Hyun”.
Gli si illuminarono quegli occhietti felini in un secondo: “E brava dongseng! Era ora!”
“Già… ora potresti sempre prendere esempio e smettere anche tu”
Gli lanciai uno sguardo di sfida colto immediatamente e ricambiato da un mezzo sorriso e uno scrollare la testa punto dal fatto che avessi usato la sua stessa arma.
“Touché, per ora posso farne a meno”.
Solito balcone, solita vista e la speranza che si decidesse a dirmi qualcosa, qualunque cosa fosse.
“Senti dongseng…”
“Si…?”
“Io non sono preoccupato per quello che possono farti fare, non sei stupida. Sei intelligente, sei nel business da anni, ci sei cresciuta dentro e, come me, ne conosci i lati negativi e quelli positivi”
Inclinai la testa per spingerlo a parlare ancora: “…ma?”
“Ma io… non posso dirti perché, non lo so neanche io, solo non voglio che tu te ne vada ora. Non ora, in generale. Insomma si sei sempre in giro per lavoro lo so, va bene, solo non voglio…”
 
“Che uno scandalo mediatico mi porti via da qui per sempre? Oh ma che dolce!”
 
“Smettila. Smettila di essere così cinica e di essere così come me. Fai una cosa, fingi che non ti abbia mai detto niente e torniamo a lavorare”
Si voltò e fece per tornare indietro, capii perfettamente che tenerlo alla larga sarebbe stato inutile. La chimica insegna, la chimica vince. La chimica fa le regole e decide se puoi infrangerle. E li, di chimica, ce n’era e come.
“Non ho nessuna intenzione di mettermi in ridicolo per…”
Quindi gli presi il braccio e lo fermai esattamente come un minuto prima avevo cercato di freddarlo e di non fargli varcare il mio spazio.
 
“Essere come te non è male. E soprattutto, non ho nessuna intenzione di farmi mandare via. Chiaro? Tu non puoi spiegarmi cosa senti e io non posso spiegarti perché devo fare in modo di non sentirlo Ji Yong. Ma ci sono cose che vanno troppo oltre le apparenze e se ti dico che dare la voce a Dara sarà la cosa meno rischiosa che io abbia mai fatto in vita mia, fidati di me e ti prometto che comunque vada, sarò qui”.
 
“Non fare promesse dongseng. È un peccato tu debba fare in modo di non sentire però. Puoi lasciarmi il braccio per favore? Avrò i lividi tra poco se non allenti la presa”
Sorrisi e lo lasciai andare ma, stavolta, invece di allontanarsi si avvicinò come la sera dell’afterparty di Moschino.
“Ci sono cose che vanno troppo oltre le apparenze dongseng? Davvero? E se ti dicessi che obbligarti a sentire ciò che senti sarà la cosa meno rischiosa che IO abbia mai fatto? Mi crederesti?”
E gli occhi troppo simili miei, i lineamenti troppo perfetti e l’odore di sfida troppo nell’aria se penso a quella situazione ancora oggi la definisco “Extra”, in quel momento, eravamo “extra” e io non riuscii a tirarmi indietro quando passò l’indice sulla mia bocca sbavando apposta il rossetto per poi…
 
Per poi baciarla lentamente, lasciando che tutto ciò che Thara aveva detto cadesse nel vuoto come un inutile elemento d’arredo di cui finalmente ti liberi con estrema soddisfazione. Quando Seoul tuona tra i claxon e gli annunci pubblicitari e il rossetto di Dior da 90$ viene rovinato da un semi sconosciuto che ogni minuto che passa sembra sempre più simile a te.
 
Quando si fermò, ebbi la netta sensazione che il tempo si fosse congelato e che quel gesto completamene senza senso mi avesse sorpreso, si, ma mi avesse soprattutto obbligato a non ignorare le seppur minime sensazioni che potevo avere riguardo lui.
 
“Ma…”
“Dongseng, ricordati il ritornello”
Rientrammo, ma prima che arrivassimo davanti allo studio lo affiancai: “Questa cosa resterà tra me e te. Hai il mio rossetto un po’ ovunque quindi provvedi.”
Lui rise guardando in alto colpito dalla freddezza di Thara.
“Ma certo. Figurati.”
Lei passò in bagno a sistemare il “danno” subito e chiese a se stessa il favore di rimandare ancora una volta qualunque questione il suo cuore le stesse ponendo davanti. Un pugno chiuso, una spugna disidratata, un continuo rimandare ma, ora, quanto avrebbe resistito al gioco delle auto imposizioni?

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Capitolo 7
*** Darling, darling ***


 
Cap. 9
Mi sentivo così solo
E tu sai cosa voglia dire
Ho aspettato tutto il giorno
E tu che provi a fare la dura
Fingi di respingermi ma in realtà
Sei più sensibile di chiunque altro.
Darling, Darling.
 
Il ban non era solo quello messo a me stessa. Le regole di YG erano chiare: niente storie tra dipendenti, niente storie tra trainees, niente storie tra artisti della stessa famiglia e io, che di problemi ne avevo già abbastanza, non avevo certo bisogno di rimediarmi un licenziamento in tronco per aver ceduto al fascino del leader.
Anche no, avevo troppi progetti da portare avanti ancora.
Ma lui restava immobile a braccia conserte, studiando ogni mio movimento come fosse quello decisivo, come se non trovasse un senso nel mio: “Che resti tra noi” ma io sapevo che sapeva esattamente a cosa mi riferissi. Non voleva che andassi via? Bene: baciarmi li, sul terrazzo col rischio che Yang passasse di li, era stata la cosa più vicina al perdermi e al mandare all’aria tutto il lavoro svolto fino a quel momento che potesse fare.
Gli altri sembravano telespettatori di uno di quei film dell’era Lumiere, quando ancora per capire i frames dovevi fissare il cinematografo senza distrazioni o avresti perso tutto il senso del film.
L’apparente quiete del momento era accompagnata da “Love Dust” finalmente completa in sottofondo e fu interrotta solamente da Teddy che bussò per dirmi: “Thara, scusate se vi interrompo ragazzi voglio sapere se per il tour delle 2NE1 vuoi lavorare live o preferisci incidere prima e seguire loro”, indicò gli altri cinque. Un bivio ogni cinque minuti iniziava ad essere una bella prova per una che, nel dubbio, se ne andava sempre dritta per la propria strada.
“Ted… credo che registrerò tutto in queste due settimane prima dell’uscita di ALIVE. Non me la sento di andare in tour con loro onestamente.
Taeyang tirò un sospiro di sollievo che anche un sordo avrebbe percepito probabilmente, Seung Huyn fece cadere la pallina antistress che continuava a molestare da mezz’ora, Daesung si passò una mano sul viso, Seungri sprofondò nella poltrona e Ji Yong… beh Ji Yong sorrise strizzando gli occhi come se avesse in mano un piano di conquista del mondo.  Teddy, dal canto suo, sembrò non voler fare altre domande a riguardo, si limitò ad aggiungere: “Più tardi passa da Yang con il premaster e detto tra noi, Thara, stai facendo la cosa migliore per ora”.
Ringraziai con un leggero inchino e così fecero gli altri. Quando la porta si chiuse di nuovo, girai la sedia verso di loro e presi un CD vergine dal box sulla scrivania. A quel punto Ji yong rincarò la dose: “Quindi preferisci comunque noi alle 2ne1 dongseng? Niente debutto negli stadi?”
Lo ignorai, convinta che gli sarebbe passata e che, magari, sarebbe passata anche a me. Non lo ignorò tutta via T.O.P. che gli diede uno schiaffo sul collo: “Sei un idiota Ji Yong.”
Lui abbozzò massaggiandosi e scuotendo la testa. No, non lo trovai divertente ma fui leggermente grata a Seung Hyun per l’appoggio manifestato. Scartai lentamente la confezione del CD lasciando che l’ansia se ne andasse con la plastica tra i rifiuti e pensai che quel premaster fosse davvero di gran lunga migliore di quanto mi aspettassi di poter fare in sei mesi e mezzo, con una lingua che mi apparteneva quasi solo nel DNA e con persone che avevo ascoltato solo in versione MP3 fino a poco tempo prima.
 
“Leader, mi fai il premaster? O volete rivedere qualcosa?”
Seungri mi guardò terrorizzato all’idea che Ji Yong potesse rimetterlo dietro al microfono per una nota leggermente calante e la cosa mi fece ridere fin troppo forte: “Ok ok, la faccia di Ri parla per tutti e cinque, vi lascio. Chiamatemi quando il premaster è pronto, io vado a studiare le canzoni delle 2ne1 e a prenotare lo shooting per la presentazione. Cià!”
 
Ma ancora una volta, l’ultima parola non fu quella di Thara. Ji Yong si schiari la voce e gli altri quattro guardarono il leader confusi: di solito il master non lo facevano insieme, erano G Dragon e Teddy o Kush o YG stesso ad occuparsene. Se qualcosa stava cambiando, non sarebbe stato comunque compito loro assistere Ji Yong nella sua fase più isterica.
Così il primo a parlare fu Taeyang: “Dongseng…” Seguito da Daesung: “Noi di solito…” e Thara per un attimo sperò che non stessero per dire l’ultima cosa che avrebbe voluto sentirsi dire ma, questo, fu il compito di cui si fece carico il Leader: “loro non assistono al master, se Teddy ti ha detto di portargli il premaster significa che si aspettano che tu stia con me mentre lavoro. Quindi rimanda le tue cose per favore e stai qui”.
 
Mi misi seduta pensando che fosse il male minore non ribattere, che non mi piaceva dover chiarire i ruoli troppo spesso e non mi piaceva lavorare con persone più grandi proprio perché spesso dovevo tirar fuori il peggio di me. Ma quelle persone raramente mi baciavano in terrazza con vista su Seoul. E questo, stava momentaneamente decidendo i giochi.
“Ok. Starò qui.”
Gli altri uscirono e io mi misi li accanto a lui mentre cliccava a velocità supersonica con il mouse sulle tracce e le faceva suonare, visibilmente contrariato per qualcosa che pensai non poter aver nulla a che vedere con la mia persona, dato che ne aveva richiesto la presenza ma profondamente convinta che fosse un po’ masochista. Un po’ come me.
“Mi dispiace per prima. È stato un errore, mi sono fatto prendere dal momento. Se Yang dovesse scoprirlo saresti nei guai e preferisco saperti tranquilla”.
Se Yang lo avesse scoperto avrei perso un bel po’ di soldi. Il lato positivo? Ne avevo molti più di lui. Quindi in quel momento l’unica cosa che avrei voluto fare sarebbe stato tirare un bicchiere in un occhio a GDragon per avermi dato dell’errore a cuor leggero.
“Oh…bene”.
Ma neanche quel “bene” andò effettivamente bene.
“Bene? Tutto qui?”
Roteai gli occhi al soffitto sperando che il ciclo fosse ancora solo cosa da donne perché io, con gli ormoni scombinati del leader, non volevo proprio combatterci.
“ahhhshh che vuoi sentirti dire?? Concentrati sul premaster che non voglio essere in ritardo!”
“Oh certo miss. Myong, mi perdoni. Sarò più efficiente”.
“Non serve il formale. Smettila! Se la mia presenza ti infastidisce dovresti farlo da solo!”
“Ti ho detto che Teddy…”
“Teddy non ha detto niente. Quindi ora facciamo un patto: finiamo questa cosa in silenzio, poi vado a portare il premaster a Yang, andiamo tutti a casa e domani facciamo il master perché tu, stasera, non farai fare un fiato a nessuno di quei due sul disco e domani chiuderemo tutto. Poi avremo tempo per le tue crisi isteriche. OPPA!”
 
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Continuò a lavorare concentrato solo sullo schermo, rapido e deciso come non lo avevo mai visto, impeccabile sul tempo e l’intonazione. Presi una penna dalla borsa, decisi di fruttare quel tempo li senza far niente che non fosse davvero rilevante per scrivere il ritornello che mi aveva chiesto. Pensai fosse meglio provarlo in inglese  più che in coreano, infondo mi avrebbe fatto bene sfruttare la confusione in testa per sfogarmi almeno su carta.
Misi in cuffia il provino della canzone: “Ride or Die”.
Lui mi guardò fermandosi un secondo: “Uh?”
“Non tu, sto scrivendo il ritornello. Lavora”
Rise scrollando la testa e tornò al mixaggio.
Io mi misi a scrivere, lo avrebbe cantato CL o qualche altra cantante del roster ma decisi di non pensarci.:

 
You got me losing my mind
The way you got me fired up
Never give up boy even when they try us
You and me against the world
With you I ride or die tonight
You have my heart like the beat
The way you got me turned up
Never give up boy even when they try us
You and me against the world
With you I ride or die tonigh

“Se stai scrivendo il ritornello per favore poi cantamelo”.
Tolsi le cuffie e dall’idea che mi ero fatta del beat canticchiai ciò che avevo scritto. Mi piaceva la metrica e avevo deciso di impostarlo come se lui e lei di quella storia fossero invincibili perché infondo, era quello che avrei sempre voluto per me, qualcuno che mi dicesse “ce la faremo, nonostante tutto, ne usciremo”. Ma questo non sembrava poter accadere su nessun fronte e, allora, non restava che scriverlo e immaginarlo.
 
 Dongseng…”
“Che c’è?”
Forse consapevole del fatto che tutto ciò che è proibito diventa un po’ più affascinante, forse un po’ distratto dagli occhi di Thara e forse non troppo pentito del rischio corso, fece scivolare la mano sinistra su quella della giovane manager che perse la parola e prese un respiro veloce sorpresa dalla semplicità di quel gesto. Ancora una volta, nel giro di pochi minuti, sorpresa da lui. E lo guardò incerta per poi poggiare la guancia sulla mano libera e…
 
Mi chiesi quanto potesse essere difficile capirlo, interpretarlo, con quali occhi fosse più semplice guardarlo e se quei cambiamenti repentini non mi sconvolgessero più di tanto solo perché, infondo, io ero come lui. Pensai che Jordan avrebbe trovato il frigo vuoto e la mente piena e che non avrei voluto mai che si incontrassero perché uno faceva parte di una realtà che mi pesava e di cui avrei voluto liberarmi, l’altro, faceva parte di quel sogno vero che potevo coltivare solo a metà.

 
Taeyang col ticchettio della penna sul foglio A4 scandiva il tempo silenzioso del finire dell’ennesima giornata in studio. Teddy osservava le tracce pronte e annuiva compiaciuto al diminuire lento delle ore che separavano i BigBang dall’uscita del disco. Seungri, seduto accanto al Leader osservava Thara scorrere il testo dell’ennesima canzone delle 2NE1 e la sentiva canticchiare parole che fino a qualche mese fa non sapeva quasi pronunciare. Sorrise tra sé dando un colpetto col gomito a Seung Hyun che annuì pensando che, infondo, la testardaggine di quella ventenne così apparentemente ingenua fosse affascinante e allo stesso tempo potesse mettere un po’ alla prova Ji Yong che, senza deluderli, li deliziava con uno sguardo pieno di confusione e disappunto che, di tanto in tanto, si posava sulle lunghe gambe di Thara.
“Miss. Myong!”
La voce entusiasta di Yang riempì di colpo la stanza, sobbalzai sulla sedia e per un attimo pensai che avesse scoperto del bacio e mi avrebbe licenziato ma il suo sorriso inquietantemente spontaneo e ben disposto mi distese i nervi, forse erano solo buone notizie.
“Si...?”
“Miss. Myong, Dongseng…Thara! Il ritorno di questi cinque scalmanati è quotato come il più atteso dell’anno e questo sai grazie a chi??”
“Mh…non saprei Sig. YG, me lo dica lei”
Rise, un po’ anche io, perché sapevo perfettamente e senza troppa presunzione che …
“A te. Quell’after party sei mesi fa ha portato in questo data base decine di nuovi contatti e nelle ultime settimane le nostre relazioni con la Sony sono migliorate esponenzialmente”
Scossi la testa sorridendo: “Io lavoro per Universal, la Sony ha solo paura della vostra etichetta”
Indicai sicura lui e Teddy che sapevano meglio di me quanto YG fosse una realtà preoccupante per gli occidentali e per qualunque divisione di una Label come la Sony: “il k pop è tutto ciò che manca al pop occidentale, i BigBang erano sulle nostre riviste prima che debuttassero in Europa e, soprattutto, io ho rifiutato un incarico per la Sony due anni fa ma ho accettato il suo invito. Questo, li ha fatti infuriare più che preoccupare ma ho lasciato che se ne occupasse Simon. Sono piccola io, non posso prendermi certe responsabilità”. Ammiccai e Teddy mi passò una pendrive dicendomi: “Però questa responsabilità te la sei presa, quindi ecco a te, miss. Myong: il master di Alive. Fanne buon uso, siamo fuori tra meno di un mese”.
Annuii, era il momento di andare a registrare per me … per Dara … insomma. Il lavoro ecco, mi chiamava.
“Mi porto via questa allora e vado a casa, ci vediamo stasera Ted, arriverò in anticipo … pensi ce la faremo per l’ora di cena?”
Lui annuì di risposta: “Tu sicuramente, per loro non ti preoccupare”.
A quel punto Ji Yong riemerse dallo stato comatoso che lo aveva sopraffatto fino a quel momento: “Che c’è dongseng, hai dei piani per stasera? Un appuntamento galante?”
 
In realtà Jordan sarebbe arrivato col jet di nonno Wallace alle 7 in punto e sarebbe arrivato a Busan per poi trasferirsi in un’auto di cortesia che lo avrebbe scortato fino a casa di Thara.
Non c’era nulla da nascondere a livello sentimentale, Jordan era uno di quei ricordi dell’amore adolescenziale che gli americani chiamano “Puppy love”, amore tra cuccioli, niente di traumatico, solo bei ricordi, solo quel sano crescere insieme che diventa rispetto e affetto sincero nella consapevolezza che, però, l’amore è un’altra cosa.
“Arriva un mio amico a Seoul. Non lo vedo da tempo, voglio dedicargli almeno la prima sera in tranquillità. Ora che ho svelato l’arcano posso andare?”
Acconsentì in silenzio mordendosi il labbro inferiore, non gli era piaciuta quella notizia ma io ero di buon umore e nulla lo avrebbe rovinato: “Bene, a domani allora. Ted, a dopo”.Avevo bisogno di un paio d’ore di tranquillità prima di tornare in studio, non avrei potuto reggere tutto il giorno altrimenti, il mio era un rapporto di amore e odio con le sale incisione e avevo lo stesso rapporto con gli artisti con cui di solito lavoravo. I BigBang, non facevano certo eccezione sotto quel punto di vista: non facevano nulla per essere odiate, semplicemente ero io a soffrire di claustrofobia da rapporti. Così arrivai a casa, mi guardai di nuovo intorno, come ogni giorno da quando ero arrivata in quella specie di castello e lanciai la giacca sul divano, lasciai le scarpe sul tappeto, mi avvicinai alla credenza e presi un incenso a caso che accesi e posai sul posacenere da un paio di giorni in disuso. Misi su un vecchio disco di Marvin Gaye e preparai la cena, così, perché quando i pensieri erano troppi, cucinare mi aiutava a distrarmi. Così anche Jordan avrebbe trovato meglio di un frigo vuoto, anche se non ero certa di volerlo portare li. Probabilmente avrei fatto testa o croce su uno dei tanti locali notturni della zona e mi sarei solamente fatta fare compagnia fino a casa per poi lasciarlo tornare a Busan, al suo lavoro perché io ero così, una che risente delle distanze ma soffoca nei rapporti quando si aggirano a meno di 100 metri dal mio spazio vitale.

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Capitolo 8
*** Pain is beautiful, same as you ***


Cap. 10
But pain is beautiful,
 same as you
 
Tutto ciò che volevo dalla musica era quello ora: un microfono e una sala incisione erano la chance che aspettavo da mesi per potermi liberare di qualche carico di troppo.
“Come si intitola?”                       
“Come back Home”
Ted mise su la traccia ma feci segno di stoppare, volevo imparare il testo prima: “Aspetta, le parole. Se ascolto prima il beat non riesco ad entrarci bene”.
Lui annuì soddisfatto che se non altro avevano scelto qualcuno che avrebbe preso sul serio quell’incarico. Dal canto mio, avrei messo cento firme per poter salire sul palco ma ero troppo a rischio, una posizione del genere sarebbe stata un invito ad Andrew e i suoi a colpire senza remore: un palco, uno spazio di 60m almeno senza nessuno che conoscesse la vera Thara. Cosa dargli di meglio?Meglio starsene lì e sognare ad occhi chiusi.
Un take, due takes, tre takes: “Han- dul-set…come back home. Will you come back home?... Posso solfeggiarla così Ted?”
Papà YG sorrise e solfeggiò con me l’ultimo verso prima di cliccare sul talkback: “la prima è buona, sistemiamo la pronuncia ma puoi farlo con Ted, vi lascio e vado a firmare quei 50 fogli che aspettano sulla mia scrivania da ieri”
Ted rise e scosse la testa: “Diamo la colpa ai publicisti poi Yang, mi raccomando!”
Lui non fece una piega se non un ghigno leggero: “Che c’è? Dovranno pur meritarsela la busta paga”.
Una risata corale riempì lo studio di Teddy, una cover di CD pronta e uno shooting programmato, Ji Yong camminava impaziente nel corridoio al piano di sotto che ormai quasi aveva scavato una strada nuova per arrivare allo studio 2 e Dara si chiedeva quanto ancora avrebbe potuto portare avanti quella farsa.
Chaerin sapeva, invece, che la cosa sarebbe durata ancora per un po’, ma non abbastanza da far avere alle 2NE1 più di 3 come back, così si era fatta i conti la Leader e guardava Thara con ammirazione e la certezza che quella ragazza dovesse avere davvero un buon motivo per fare tutto ciò dopo aver saputo della fine di Hyuna.
E c’era Papà YG che scandiva il tactus della demo di Taeyang, Taeyang che contava i minuti verso il verdetto, T.O.P. che girava una sigaretta e Seungrì che si girava i pollici pensando che, in fondo, tutto avrebbe prima o poi avuto un senso, che i conti sarebbero tornati, che quelle attese a cui si erano abituati ormai, erano solo un ponte da camminare alla svelta prima che le acque sotto si agitassero troppo e lo facessero crollare.
Thara riprese le sue cose: giacca, borsa e sogni e fece un inchino di congedo, per quel giorno il suo lavoro era terminato e si sentì più leggera quando si chiuse la porta alle spalle sapendo che l’avrebbe attesa un momento di pace a casa, che Jordan avrebbe saputo darle un consiglio per starci dentro senza rischiare di uscirne a pezzi e sapeva anche che, poi, sarebbe arrivato il momento di fare i conti con ciò che provasse per il Leader.
Respirò a fondo, abbandonò l’idea di una sigaretta che le aveva occupato la testa per qualche secondo e trovò Ji Yong con le braccia dietro la schiena che le rifilò uno sguardo tagliente e incerto allo stesso tempo.
Lo trovai a fare avanti e indietro come se avesse perso la strada di casa e trovai Taeyang sulle scale con le mani tra i capelli: “Hey, che succede? TaeTae stai tranquillo a papà YG la demo piace. Leader tu che hai?”
Ho un brutto difetto.
“niente dongseng, hai un appuntamento e non voglio farti arrivare tardi. Divertiti, a domani”.
Non mi piace affrontare discussioni sterili.
Un altro inchino di congedo, Thara annuì e si portò via anche i dubbi certa che tutto, nel bene e nel male, sia sempre e solo nelle mani del tempo e poi delle persone.

 
Il citofono mi svegliò di soprassalto ed erano passate diverse ore da quando Jordan era andato via con un “non smettere di amare” e un “ma se ti fa stare male posso farlo fuori senza lasciarne traccia quando vuoi” ma a quel punto avrebbe già dovuto essere da un po’ a Busan. Pensai si fosse dimenticato qualcosa e risposi con la voce rotta dal sonno: “Hey?”
“Aprimi”.
Non era Jordan.
Infilai una maglietta al volo e aprii sperando avesse portato almeno la colazione per presentarsi alle cinque del mattino senza motivo. Poi mi sentii cinica. Ma la fame tornò ad avere la meglio in un secondo.
Passi decisi mentre si avvicinava all’ingresso, Thara aprì la porta prima che bussasse e lui si bloccò un momento fissandola in un modo che le fece realizzare solo in quell’istante di aver dimenticato di indossare un paio di pantaloni. Ma ormai era andata e così gli fece segno di entrare mentre gli occhi assonnati e contornati dalla chioma color pesca si facevano spazio nel buio della casa finché, con un battito di mani, i led illuminarono il salotto a giorno.
 
“Buongiorno, che succede?”
“Sei nuda.”
“Sono a casa mia, sono le 5 del mattino e io dormo nuda. Ok?”
Arrossì e lo vidi nonostante il buio e lo trovai quanto meno curioso quanto fosse sensibile a certe cose.
“Aaahhshhh!  Il tuo amico è andato via? Peccato, avrei voluto conoscerlo”
Mi mise la giacca intorno alle gambe:
“Sei venuto per questo? E leva questa cosa, cosa sei, mio padre?”
“Devi per forza essere così acida?”
“Dipende, hai portato del cibo?”
“No, ma se ti vesti ti porto a fare colazione”.
Inclinai la testa sempre più convinta che fosse masochista in fondo ma sorrisi e mi avviai saltellando in camera.
“Ma sei normale?”
Presi un paio di jeans neri e li infilai mentre tornavo verso il salotto, tirai su i capelli e gli risposi solamente: “No, è per questo che sei qui però”.
E lui rise, mentre con eyeliner e mascara cercai di dare una dignità alla mia nottata sul divano associata ai k dramas.
Il leader la osservava compiaciuto e pensava tra se e se che chiunque fosse stato in quella casa fino a poche ore prima, non doveva aver avuto una grande importanza per Thara se a metterle buon umore era stata più la prospettiva di una colazione con lui che altro. Ma quel “Con me” pensato senza proferire parola, faceva davvero la differenza? Thara era una di quelle ragazze, donne che avrebbe potuto ottenere qualunque cosa dagli uomini, anche da quelli come lui che ormai si erano freddati e volevano avere ben poco a che fare coi sentimenti ma, allo stesso tempo, sembrava essere innamorata delle cose semplici, delle accortezze, dei dettagli, cosa che agli occhi di Ji Yong la rendeva, in quel momento, quanto di più interessante avesse incontrato negli ultimi due anni.
“Hai ragione dongseng”.
Mi voltai, presa dal trucco non aspettavo una risposta.
 
“Su cosa?”
Lui guardò il soffitto e schioccò la lingua al palato: “Se tu non fossi così, io non sarei qui”.
Ci fu un istante di vuoto, come se Thara non volesse riempire quella situazione di altro perché non sapeva scendere a compromessi con i propri sentimenti e sapeva di essere giovane, troppo giovane per arrendersi alle delusioni ma aveva paura. Si voltò e stavolta sorrise in segno di resa: era li per come lei si stava mostrando davvero, in tutti i suoi cambiamenti repentini d’umore che poco si addicevano al suo aspetto ma che, a fine giornata, la rendevano carismatica e piena di equilibrate contraddizioni.
 
“Uhm…allora sei masochista!”
Lui però restò della sua idea forse e con le braccia dietro alla schiena e lo sguardo da volpe che tornava a far visita ogni vola che sapeva di voler scrutare nella mente di qualcuno, si avvicinò e aggiunse solamente: “sei come l’amore dongseng”.
Non ero brava in quel gioco. Avrebbe vinto ancora lui.
“C…come? Sei ubriaco?”
“No. Sei come l’amore. L’amore fa male, è come una spina che punge costantemente sulla pelle ma è così affascinante che nessuno può farne a meno. E tu sei così.”
E senza darle il tempo di formulare altra risposta, Ji Yong riprese il bacio lasciato in sospeso qualche ora prima mentre le dita si intrecciavano tra i capelli folti di Thara e i loro corpi si avvicinavano sempre di più finché anche lei sentì la voglia improvvisa di distogliere i pensieri dagli obblighi e i contratti e lo strinse un po’ di più, convinta che quello fosse uno di quegli istanti che nella vita non torneranno, non si replicheranno e resteranno unici nel loro genere tra l’odore di vaniglia dell’incenso e quello di Chanel di lui, tra l’ansia che aumenta i battiti e il sorriso che si apre forte e assetato, incerto e soddisfatto e, fronte contro fronte, non restò altro da aggiungere se non un altro bacio.
E un altro.
E un altro ancora.
“Ti porto a fare colazione ma niente più ospiti di notte per favore.”
Ma quando si voltò per andare verso la porta lo bloccai per il polso: “La preparo io. Non voglio uscire ora”
Lui mi guardò come se non stesse capendo, così decisi semplicemente di seguire l’istinto e di prendermi ciò che in quel momento sentivo di volere davvero. Lo tirai di nuovo verso di me e poggiai la guancia sulla sua spalla per sentire ancora cosa si provasse ad essere vicini sul serio e non solo fisicamente. Perché, per la prima volta, quel contatto mi batteva in testa come una sbronza il sabato sera e io dovevo capire cose fosse, volevo sentirlo perché era nuovo e mi spaventava ma mi piaceva e sentii una strana sensazione di tranquillità impossessarsi dei miei muscoli quando lui tornò a stringermi accarezzandomi la testa  come se ora gli fosse più chiaro cosa volessi davvero.

Uova, toast, cereali, yogurt, caffè, succo, la dispensa intera e due sguardi incerti e indagatori. Cosa stava succedendo? Come si erano ritrovati li così? Cosa sarebbe cambiato?
 
“Perché hai cucinato per un esercito?”
“Perché non ho la minima idea di cosa mangi per colazione e non voglio sentirti frignare”
“Non hai una via di mezzo tra dieci minuti fa e questo quindi?”
“No. Dovresti saperlo”.
Sorrise annuendo, si, lo sapeva. E gli piaceva fin troppo.
“Bene. Non ce l’ho neanche io: il pane è bruciato, cosa dovrai metterci sopra? E davvero riesci a mangiare questo yogurt? Dongseng è per questo che sei single”.
“Già, un po’ come te.”
E rise forte Thara, perché invece di sentirsi punta aveva visto Ji Yong arrancare per reagire e imporsi come il dominante ma, ancora una volta, ne era uscito “sconfitto”.
“ahhshh, mi farai invecchiare prima del tempo”.
“Sei già sui trenta andante, non farti ulteriori pressioni. Comunque, il pane non è bruciato e puoi metterci tutto tranne il burro che non ho perché sono a dieta”
“Sei a dieta?”
“Si”
“… starò zitto. “
Sorrisi e sorseggiai lentamente il ceffè mentre guardando di nuovo il salotto immenso da angolo ad angolo capii finalmente cosa mi mancasse in quella casa.
“Ji Yong”
Lui smise per un attimo di masticare e mi guardò con la faccia di uno che sta per apprendere la notizia dell’inizio di una guerra nucleare sotto casa propria.
“Si?”
Tara mosse la testa da parte a parte come ogni volta che qualche pensiero strano le fluttuasse in testa.
“Voglio un gatto”.
Il povero GDragon ormai sempre più confuso su come si fosse messo in quella posizione quasi soffocò col cibo.
“Un gatto?”
“Si, un gatto. Questa casa è enorme e manca qualcosa.”
“E manca un gatto”.
“Uffa! Si! Manca un gatto, voglio un gatto!!”
“Ok ok non ti incazzare compreremo un gatto”.
“Compreremo?”
“Si beh.. errhm. Ti accompagno a comprare un gatto”
Schioccai la lingua in segno di vittoria e mi sentii un’adolescente capricciosa forse per la prima volta in vita mia: “Ahhh andiamoo??”
“Dove?”
“A prendere il gatto!!”
Lui mi rivolse uno sguardo disperato, si stava forse chiedendo cosa lo avesse spinto a venire li quella mattina, alle sei appena passate nessuno ci avrebbe potuto vendere un gatto, le fans gli sarebbero saltate addosso e io sarei stata licenziata in tronco, mio nonno avrebbe detto a Jordan di venirmi a recuperare e riportarmi a Londra e…e no, forse mio nonno sarebbe stato contento. Diceva che i Coreani gli ricordavano nonno Je Dong e gli mettevano allegria.
Comunque…
“Sto scherzando non fare quella faccia! Ahah però una domanda seria posso fartela?”
Annuì.
“Dimmi”
Non ci girai troppo intorno, ero curiosa davvero: “Che fai qui?”
Ji Yong pensò che infondo neanche lui fosse certo del motivo reale che lo aveva spinto ad uscire alle 4:50 del mattino da casa per andare da lei, cosa volesse trovare, cosa volesse sapere e cosa stesse realmente cercando lì, ora, seduto a quel tavolino mentre fissava Thara e la sua bocca arrossata ma sapeva che non avrebbe voluto essere da nessun’altra parte in quell’istante e tanto gli bastava per capire che qualunque cosa lo avesse spinto ad andarla a svegliare, fosse stata la cosa giusta da fare.
“Sai dongseng, in realtà non c’è un motivo. Mi andava di vederti. Può bastare?”
Smisi di farmi troppe domande perché, in quel momento, poteva bastare.

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Capitolo 9
*** Now baby i will take you home ***




Cap.11
 
Now, baby, i will take you home.
 
“Ma visto che è ancora buio una cosa potremmo farla”.
Lo osservai incerta, per un attimo avevo messo la testa in standby.
“Cosa vorresti fare?”
Lui per qualche motivo sentì il bisogno di avvicinarsi e sussurrare: “Sei un po’ troppo in tiro per stare in casa, andiamo a fare un giro. Non ci vedranno, conosco il modo”.
Ma io non ero tanto preoccupaa del fatto che un paparazzo potesse scattarci una foto quanto dell’idea di fare un giro con GDragon mano nella mano non sense. Poi pensai che il “Mano nella mano” lui non lo avesse mai menzionato e che forse, ormai, potevo solo vedere dove saremmo arrivati con quel gioco.
“Ma…”
“Niente ma dongseng, protesti sempre, forza, andiamo”.
Così mi limitai a tirar su le spalle in segno di resa e presi la borsa, infilai dentro un paio di scarpe di ricambio perché al lavoro senza tacchi non sarei mai andata e i miei pantaloni da ufficio.
Ji Yong si chiese se davvero Thara avesse capito che la sua intenzione sarebbe stata quella di non tornare a casa prima di andare in studio e la guardò ancora un attimo fermandosi sul profilo disegnato del suo viso. Pensò che fosse davvero una sorta di lince delle nevi, con quel candore compatto e le labbra curate, era un misto di ingenuità, potere e ….
“Che stai guardando?”
Stava fissando il vuoto da due minuti comodi.
“Eh? Io…ehrrm niente! Niente dongseng sei lenta, muoviti!”
“Guarda che mi licenzio e faccio assumere un brutto sessantenne ossidato al mio posto! Trattami bene superstar!”
Si inchiodò per un attimo sulla porta, pensai mi avesse preso sul serio così mi avvicinai al suo viso con le mani dietro la schiena e il mio fare da cartone animato che odiava tanto: “Oppaaaa…sto scherzando!”
E semplicemente aggiunse con mia grande sorpresa: “Ti troverò ovunque tu vada dongseng”.
Seguito da un bacio che gli sfuggì leggermente di mano finché non venne interrotto dallo squillo del mio telefono: “ devo rispondere”. Si appoggiò alla porta contrariato mentre leggendo “Jordan” sullo schermo ebbi la netta sensazione che qualcosa di davvero sbagliato fosse appena accaduto: “Pronto”.
La voce dall’altro lato tuonò: “KO”. Non era Jordan, ma non era neanche Ji Yong.
Riconobbi quel tono e quel piglio soddisfatto seguito dall’abbaiare dei pitbulls e un tonfo. Un urlo. E gridai senza riuscire a controllarmi anche io sperando che quel KO non stesse a significare…: “Thara!”
“Jordan!”
“KO ci metterà suo padre, stai tranquilla. Non è tutto a posto ma nessuno di noi ne è uscito male, ci sentiamo dopo! Se stai con lui riprenditi subito e inventa qualcosa di sensato. Non farti uscire cose Thara, rischiamo la vita tutti se lo fai!”
 
E quell’attimo di panico era stato decisamente il modo peggiore di interrompere un bacio come quello, dovevo sempre inventare storie, dovevo sempre proteggere le persone, dovevo però sempre perdere quelle che più avrei voluto tenermi accanto.
Ebbi paura, in quel momento di non saperla inventare una storia per Ji Yong che mi studiava i lineamenti da un metro e sembrava conoscere le mie espressioni, sembrava starmi dentro.
 
“Qualunque cosa tu stia per raccontarmi sul motivo per cui hai quella faccia ora, non ci crederò. Nascondi qualcosa e non voglio che tu ti senta costretta a mentire per continuare a nasconderla. Però una cosa posso chiedertela?”
 
Respirai a fondo per placare i nervi: “Credo di si”
Ma a volte forse la vita davvero decide di darti indietro ciò che hai perso: “Stai con me, comunque tu senta di starci. Senza progetti o etichette. Usciamo, parla, usa questo tempo per non pensare a ciò che ti fa stare male e stai con me”.
Thara scoppiò in lacrime, non trovò il modo di fermare i singhiozzi e la voglia di scomparire in quel momento perché non avrebbe saputo cosa dire, come giustificare una reazione così seguita da un pianto convulso ma, Ji Yong, si avvicinò di nuovo e le sollevò delicatamente il mento, studiò ancora un po’ quegli occhi così verdi che quasi si sentiva perso a guardarli e la baciò ancora, stringendola a sé mentre la porta era più vicina e poi chiusa alle loro spalle col resto del mondo e della logica che lo accompagna: “Perché sei così”?
Ma lui la strinse più forte: “Perché tu hai lo sguardo triste come il mio dongseng. E io non posso rischiare di perderlo”.
Annuii senza saper rispondere, di nuovo, col viso poggiato al suo petto, mentre sentivo il suo battito scandito perdere il controllo e mischiarsi al mio, nella totale incertezza e irrazionalità, nell’inconsapevolezza e nella cosa più inaspettata che avessi mai sentito addosso. E non potevo chiamarlo amore perché erano stati mesi di fuoco che non avevano lasciato spazio a troppe riflessioni ma non potevo chiamarlo lavoro perché con Jay Z, una cosa così, non mi sarebbe mai capitata.
“Usciamo?”
Lasciò il braccio stretto intorno a me quasi a rinchiudermi per mettermi al sicuro: “Certo dongseng”.
E baciò delicatamente la fronte di Thara pensando che quello che aveva tra le braccia, non era un bottino ma qualcosa da difendere, da proteggere. L’aveva vista forte e mai insicura sulle decisioni da prendere anche di fronte allo stesso Yang, che proprio per la sua determinazione l’aveva confermata in YG a fine stage e,ora, la vedeva fragile, bella e in precario equilibrio che avrebbe voluto poterla proteggere anche da ciò che di lei non poteva conoscere. Lo sentiva Ji Yong il cuore riprendere coscienza e accendersi così, senza richiesta né esigenze che andassero oltre il volerla stringere ancora un po’.
 
Mentre camminavamo lungo il marciapiede vicino casa, presi un respiro profondo e mi guardai bene intorno. Seoul silenziosa, senza troppe luci né clacson e lui con gli occhi taglienti accanto. Pensai che fosse l’immagine più bella di tutti i miei 20 anni insieme alla prima torta di compleanno con i miei super nonni. Ed era un paragone di un certo calibro per una come me.
“Sei ancora in riflessione?”
“Sto meglio. Grazie per avermi svegliato alle 4:50, Jy Yong”
Lui forse capì l’omesso “Grazie di essere con me” e sorrise, riprendendomi la mano per tirarmi di nuovo a sé e aggiungere: “Ti dona Seoul all’alba dongseng, lo sai? Verrò a svegliarti più spesso”
 
Chiusi un occhio in segno di disapprovazione ma, infondo, sperai lo facesse sul serio: “E poi?”
Lui mi guardò incerto: “E poi usciamo, io ti guardo che scrolli via i pensieri, poi ti riporto a casa e torni a dormire”.
“E il disco?” Risi immaginandomi in fase zombie di li a poche settimane.
“E il disco verrà meglio del previsto. Ora zitta, ti porto in un posto”.
Si mise a correre trascinandomi in tutta la mia pigrizia mattutina: “Nooo non correre!”
“Sbrigati che non abbiamo tanto tempo e devo farti vedere una cosa”.
 
Mentre il sole emetteva il primo sbadiglio affacciandosi timido sulla città, Ji Yong la portò di corsa davanti ad un edificio, le fece segno di non parlare e iniziò a salire una scala laterale che li portò esattamente sul tetto, le fece segno di sedersi accanto a lui e Thara, nonostante la paura dell’altezza, decise di obbedire e cercare di capire cosa ci fosse da vedere da lassù. Ma lo capì non appena furono vicini.
 
“Oh mio dio si vede tutto! È bellissimo!”
 
“Shh dongseng non urlare, se ci beccano è la fine. Ti piace?”
 
“Si!” Sussurrai stavolta.
“Sei la prima persona che porto qui … non mi piace venirci in compagnia”.
Lo osservai incerta,  con tutte le donne che aveva avuto pensai fosse piuttosto improbabile: “Si certo! Ahah, ci credo!”
 
Lui però restò serio: “Devi crederci, perché se non fosse stato vero sarei stato in silenzio”.
Sorrisi abbassando lo sguardo, imbarazzata dal momento troppo teenager che mi aveva colpito e lui ne approfittò per avvicinarsi e baciarmi vicino alle labbra. Poi puntò il dito verso un altro tetto che mi sembrò famigliare ma non avevo un gran senso dell’orientamento quindi gli chiesi confusa: “Cosa?”
“Vedi?”
“Vedo tanti tetti… e non so riconoscerli perché perdo anche la strada di casa”
“Ahhh dongseng! Quella è casa mia. Ora andiamo, che è tardi e devi dormire”
“Dove andiamo?”
“Dove ti ho indicato. Ti avevo detto che ti avrei portata a casa… non ho specificato quale”.
E lo disse con una naturalezza che fece abbassare le difese a Thara e le impedì di formulare qualunque risposta negativa. La fece ridere e si ritrovò di nuovo a correre come avesse 15 anni di nuovo, come faceva con Jordan quando rientravano tardi la sera ma con una sensazione nello stomaco che la faceva sentire nuova, che le dava voglia di vivere, quella voglia che aveva rischiato di perdere troppe volte in balìa di circostanze più grandi di lei.
 

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Capitolo 10
*** Stay with me ***


Cap.12
Stay With Me

“Mandala!”       
Taeyang scrutava il leader intento a riordinare qualche foglio, non aveva ascoltato nessuna anteprima di ciò che avesse scritto. “Stay with me” doveva far parte del suo disco da solista e le strofe di GDragon sarebbero state essenziali per la riuscita del brano. Era agitato Youngbae, per Thara che era sempre di una precisione assurda, per il CEO che doveva approvare quel premaster e per se stesso, che da solo si sentiva sempre un po’ senza punti di riferimento ma aveva bisogno di provarci e ritagliarsi un piccolo spazio per sé.
“Chiamo Thara?”
“No, non ora. Ho registrato le doppie da solo ieri, sono sulla terza traccia, accendile e manda la base. Ci metterò poco”.
“Come vuoi, uno – due – Tre!”
A-yo what’s up baby girl
You’re especially more beautiful today
How’ve you been? It’s awkward between us right now
I just wondered, everything feels so strange
I pretend to be cool and start talking to you so you won’t be uncomfortable
The atmosphere gets better at our cute jokes
Even when I get serious sometimes, you just take it lightly
It’s funny, at some point, the wine and tea are empty
But it feels really full, there’s something
Was so lonely, you know how I feel
I’ve waited all day
You pretend to be strong on purpose to push me out
But you’re softer than anyone else, my darling darling
Ji Yong fece segno a Youngbae di mandare Avanti senza interrompere, voleva liberarsi di quelle strofe alla svelta e concentrarsi poi solo sugli aspetti tecnici.
 
We’re walking on the night streets just like we did before
Close enough for anyone to think we’re lovers
Dancing up on each other at a crowded club
Hey did you maybe flirt with me a little bit
You’re drunk with alcohol, I’m drunk with your eyes, nose, lips, body
Your breath that whispers in my ear paralyzes me
Now baby I will take you home
I’ll hug you tight for one last time
It was on that balcony, early in the morning
Do you remember? We shook our hands
We were so perfect on that day
But I turn around by myself once again falling falling
Quello che aveva scritto era diverso, suonava come “Blue”, come “Somebody to Love”, come quello che scriveva da trainee e Taeyang lo sapeva bene, perché erano stati attaccati come fratelli ed erano cresciuti insieme tra le mura di quelle sale prove. Erano troppo vicini perché quel qualcosa che tornava vivo nel Leader passasse inosservato.
“Non parli sicuramente di una delle tue fiamme”
“Dici? Ahah, ahhh Youngbae. Ti piace?”
“A me piace, Yang si insospettirà ma conosco una persona a cui piacerà davvero molto…”
“Già… Yang…beh, capirà”
“Come ha capito con Seung Hyun e Bom? Nah, ma se vuoi un consiglio, se questo è quello che ti fa scrivere, non mollare.”
“Non so neanche cosa ci sia da mollare Taetae, l’importante è che il tuo disco piaccia a Yang e se tutto va bene non capirà assolutamente nulla. Non sa tutte le cose che sono successe dall’afterparty di Moschino ad oggi”.
“Effettivamente se non le avessi sapute non avrei capito neanche io. Beh, aggiungiamo il finale? Ce l’hai o ne scrivo uno?”
“Lascia il beat e vediamo se la mia idea ti piace”.
For worse and for better,
Just stay with me forever.
E lo ripeté con più enfasi, dandogli più peso, più importanza, curandolo quanto una strofa e prendendo fiato quando il ritornello partì nuovamente. YB sorrideva sornione, certo che tutto ciò avrebbe portato ad un bel polverone ma che, in fondo, Yang non fosse così cinico e distaccato come potesse sembrare. Per Bom e Seunghyun era stato diverso, non avevano mostrato impegno e non avevano interesse nel farlo, ma quei due, pensò, avevano qualcosa di diverso che aveva ridato a G Dragon, quella parte di Ji Yong persa da tempo.
“YB, stai riflettendo troppo. Allora? Che ne dici?”
“Chiudiamola. Mi piace. Certo dovrai darmi i crediti tu a fine disco per averti permesso di scriverle una dichiarazione ma…”
“Non ti allargare”
“Come non detto. È perfetta Ji Yong!” Rise
“Ora possiamo chiamare Thara?”
JiYong abbassò lo sguardo e si grattò leggermente la nuca: “Ecco, c’è un dettaglio che prima mi è sfuggito”.
Taeyang si coprì il viso lasciando scoperto un occhio: “Sarebbe?”
“Stamattina ho svegliato Thara alle cinque perché credevo ci fosse ancora il suo ex. E ora è a casa mia che dorme”.
“Dorme???”
“Dorme. Sta. Dormendo. Smettila di guardarmi così. Ora se tu fai il bravo bimbo, il tuo hyung va a casa, la sveglia e la porta qui nell’indifferenza totale, così che Teddy e Yang non si accorgano di nulla. E non fare battute quando la vedrai”.
Mise la mano sul cuore ancora incapace di trattenere le risate: “Giuro. Ma mi devi un favore con Hyorin”.
“Oh. Ma sarà un piacere yangb.” Annuì doppiamente soddisfatto il leader, fece un inchino ed uscì di soppiatto per raggiungere alla svelta Gangnam e tornare con lei senza dare nell’occhio.
Mi svegliai di soprassalto con poca cognizione di luogo, vita, tempo, esistenza e mi guardai intorno. Casa di Ji Yong era ordinatissima, di quell’ordine maniacale che avrei pagato per avere anche solo una tazzina da lavare che mi desse qualcosa a cui pensare nel totale intorpidimento mentale da cui ero sopraffatta in quel momento. Le 10:32 e un gatto sdraiato accanto a me. Cercai di non svegliarlo, non sapevo neanche ne avesse uno, doveva essere sbucato fuori dopo che mi ero addormentata, cercai di fare mente locale sul da farsi e, solo qualche secondo dopo, un lampo di “genio” mi fece quasi urlare: “Cazzo il disco!!”.
Quello sarebbe stato il giorno del primo ascolto ufficiale di Yang aka il giorno del mio licenziamento in tronco dato che avrei dovuto essere al lavoro da un’ora e mezza e invece ero li, vestita e truccata si, ma in piena crisi esistenziale.
Controllai il telefono: nessuna chiamata, solo un messaggio di Ji Yong che mi diceva di aspettare li, che sarebbe venuto a prendermi e io tirai un sospiro di sollievo, non tanto per il non dover andare a piedi quanto per le non telefonate del CEO, Teddy, Taeyang, Claire e Jordan.
Mentre continuavo ad osservare quel tripudio di bianco e rosso, sentii la chiave girare nella serratura, mi voltai lentamente e lo vidi entrare: cappello, occhiali, mascherina.
“Cos’è una rapina?”
Si scoprì la bocca ghignando: “Dongseng sei sveglia vedo, sono venuto a prenderti visto che fuori c’è il diluvio universale e farti venire a piedi non mi sembrava carino. Ma se continui a ridere ti lascio qui”.
“Daaaiii! Mi piace casa tua comunque” Il gatto mi strusciò sui pantaloni: “Anche lui”.
“JinHyung lascia in pace i pantaloni di Thara, l’ultima volta Yang ha riconosciuto i tuoi peli sulla borsa di CL e siamo quasi morti tutti”.
“CL?”
“Che c’è? Non era nemmeno qui, per una volta che lo porto ad una festa ho rischiato di essere strangolato”.
“Sarebbe così grave?”
“No, ma vuole saperlo prima dei media. E quella volta non c’è riuscito. E non era contento”.
“ohh. Beh, Jinhyung, ci vedremo un altro giorno con dei pantaloni non da ufficio”.
Miagolò poco convinto di quel compromesso. Io presi la borsa e mi feci strada verso un G Dragon incuriosito forse dalla mia non chalance, così gli presi la mano e con l’altra gli tirai su di nuovo la mascherina, sorridendo soddisfatta della dormita, lo ammisi a me stessa, e continuai molestarlo con i miei terrificanti aegyo per l’intero, seppur breve, tragitto fermandomi solo all’uscita del parcheggio dove tornammo due perfetti collaboratori professionali: “I tuoi aegyo mi imbarazzano. Non farlo mai più”
“Hai le orecchie rosse uahah oppaaa yaahhh!”
“Ho detto smettila. Sto… se incontriamo Yang e sotto la mascherina sono rosso si insospettirà.”
“Ahh sono tutte scuse per non ammettere che sono davvero adorabile e vorresti che lo facessi più spesso Ji., ammettilo dai! Daaai”
“Mi hai chiamato Ji?”
“Che c’è? Ji Yong è formale. Altrimenti continuerò a chiamarti Oppa o Ji Yong yah. Come preferisci ma sappi che mi annoio facilmente. Dovresti solo accettarmi. Pft”
“…Dongseng.”
“…si?”
Spostò la mia frangetta dietro l’orecchio e abbassò la mascherina, avvicinò le labbra alle mie e con gli occhi nei miei disse: “Basta aegyo quando siamo così vicini alla YG. Ma a casa, fanne quanti ne vuoi, chiamami come vuoi, vieni a giocare col gatto quando vuoi e…”
E stavolta lo baciai io, senza rendermene troppo conto, senza esagerare ma senza aspettare che fosse lui a farlo. Di sfuggita così che non ci vedessero e lui sorrise: “Senti…”
“…si?”
“Non so cosa siamo, ma stasera ti aspetto. Non fare tardi”
Ji Yong rise e le accarezzò la mano, annuì che, si, si sarebbero visti finito il lavoro e le fece segno di entrare dal retro.
Si divisero così momentaneamente per ingannare l’occhio attento di Yang Suk che, però, aveva la brutta abitudine di tenere le tende della studio aperte, cosa che permise a Chaerin, che era li per un consulto veloce sui brani da portare live, di vedere la scena.
CL non era tutta via una delle spasimanti di GD per quanto si potesse pensare il contrario e sperò di poter incontrare uno dei due per dire loro di stare attenti, che se i fotografi avessero saputo prima di Yang, qualcosa sarebbe andato inevitabilmente storto.
Sms-> “Ji Yong-ssi, attento con Thara, se Yang si affaccia è la fine. Per quanto riguarda me, sai che non ho visto niente :P”
Ji Yong sorrise sentendosi uno stupido per aver rischiato proprio li ma guardò Thara scomparire sul retro dell’edificio e lasciò che l’ansia sparisse con lei, cercò di dare un senso a quella voglia di vederla sempre sorridere, a quella voglia di averla vicino e si disse che no, non era bravo con le definizioni e che per una volta, questo avrebbe giocato a suo favore facendogli godere fino in fondo quelle emozioni.
Sms-> “Chaerin-ya, grazie”.
Non c’era un grande equilibrio tra gli alti e i bassi della mia vita, neanche di notte, neanche tra i sogni: erano sogni di zucchero filato o incubi senza mezza via.
Avevo intenzione di completare le registrazioni quella settimana per potermi poi dedicare completamente alla preparazione della promo di Alive e dei vari progetti solisti che sarebbero seguiti, c’erano i MAMA e tutto ciò che fa da contorno ad una qualunque uscita discografica con l’unica differenza che io, facevo parte di un clan che in quel momento aveva deciso di occuparsi del rischio di una guerra nucleare tra USA e Corea del Nord.
Già.
La vita.
“Annyonghaseyo?”
“No, sono io”
E Jordan faceva parte del clan dei puntuali invece.
“Oh, ti pensavo. Come procedono le scorribande tra la CIA e Kim?”
“Beh, diciamo che ti ho chiamato per due motivi. Ho una buona e una cattiva notizia, da dove vuoi che io parta?”
“Conoscendoti la buona notizia è peggio della cattiva, Jordan”.
“Ahhh già, esatto, quindi scelgo io: La buona notizia è che non dovrai più occuparti di Andrew. La cattiva notizia è che dovremo occuparci della sua famiglia”.
“Lo avete fatto fuori?”
“No, lo hanno arrestato ma apparentemente suo fratello non l’ha presa bene e niente, Marvin è piuttosto seccato. Dice che gli idioti lo mal dispongono e se ne va in giro col pitbull tutto il giorno.”
Marvin, era sempre nervoso quando qualcuno cercava di rallentargli i piani. Pur essendo i piani fatti per mantenere la pace tra due stati, ecco. Per altro la famiglia di Andrew non c’entrava nulla con i nostri obiettivi. Erano entrati nel gioco pensando fossimo dei massoni arricchiti in cerca di gioielli o cose simili e poi lui  si era invaghito di me, ma Jordan è alto 190cm e non era troppo entusiasta del fatto che un “Nano” stesse cercando di portargli via la ragazza e quindi …
“Thara?”
“Si?”
“Stai pensando troppo. Concentrati e ascolta: tuo nonno non verrà a Seoul, dice che deve monitorare. Non commenterò oltre su questo. Solo mi ha chiesto di farti sapere che dovrai pulire le attività degli ultimi 8 giorni presenti sulle linee del Presidente e del sottosegretario. Alle forze armate ci pensiamo io e Jamie. Fallo di giorno, a Londra sarà notte e avremo qualche ora di vantaggio su quel coglione”.
“Se per ipotesi io potessi farlo adesso andrebbe bene?”
“Che? Via android?”
“No, ho il pc. È carico, solo sto per entrare in ufficio e non voglio che si insospettiscano vedendomi distratta”.
“Allora lavora tranquilla, domani mattina verso le tue 6:00AM sarò davanti al PC anche io e potrò monitorare il tuo indirizzo IP per evitare che tu venga intercettata. Disattiva tutti i dispositivi di localizzazione, lascia acceso solo quello per me e tuo nonno e di a Ji Yong che se ti fa soffrire è morto. Ciao”
“Ahahah! Ciao! Idiota! A domani”.
Pensai che in fondo fosse meglio rimandare all’indomani mattina come aveva detto, non avrei avuto il problema di Ji Yong in giro per casa e non avrei rischiato di essere interrotta da telefonate o gente che entra all’improvviso in stanza. Presi l’ascensore che mi portò direttamente davanti alla porta di Teddy, che aprì senza bisogno che bussassi e sorrise: “Ti aspettavo, vogliamo finire?”
Annuii e mi affrettai a tirar fuori gli spartiti dei brani. Quello fu uno di quei giorni che ricordai per un bel po’, uno di quelli che partono come gli altri e che si rivelano decisivi. Non sapevo ancora che quella sera avrei preso una delle decisioni più importanti della mia vita.
“Don’t stop the music?”
Teddy spinse play e io tornai a concentrarmi, quella canzone mi piaceva davvero e provandola mi ero immaginata sul palco, consapevole del fatto che sarebbe rimasto un sogno ma in qualche modo felice di dargli voce.
Cercai di dare il massimo in quelle otto ore tonde di lavoro scandite solo da brevi pause di Yang che entrava per ascoltare e annuire compiaciuto e che ogni volta mi ripeteva: “Se fossi venuta a 15 anni ti avrei fatto debuttare al suo posto senza dubbio”.
Teddy dal canto suo aveva uno sguardo perplesso, la scelta di far debuttare Dara era forse stata frutto di più di una riflessione e io non sentivo di poterla additare, di poterla accusare, aveva tutto fuor che la voce e d’altro canto quell’industria camminava sulle ruote dell’estetica e del carisma. Di carisma, Dara, ne aveva sempre avuto da vendere e nonostante fosse considerata poco più che la “fresh face” del gruppo in Corea, io sentivo che fosse giusto aiutarla.
Netta la scansione di minuti, ottave, battiti e brani. Thara aveva fatto il suo lavoro, lo aveva fatto col minimo sforzo vocale ma il massimo impegno mentale e sulla traccia, quella dimestichezza e quella voglia di rivalsa si sentivano troppo per essere ignorate. Yang premeva play e rewind e pausa di continuo pensando che fosse uno spreco di immagine e talento. Pensò che forse per la prima volta quel business di cui tanto si intendeva lo stesse soffocando un po’, avrebbe voluto dare a quella ragazza la giusta chance, la giusta luce ma sapeva di non poterlo ancora fare.
Qualcuno però bussò alla sua porta.
“Ji Yong?”
“Si, sono io. Questa è Ride or Die, manca il ritornello perché l’ho fatto scrivere a Thara. Ecco il testo. Solo serve qualcuno che voglia inciderlo, pensavo a Chaerin o Bom o Lydia”.
Yang socchiuse gli occhi e la mente gli mise davanti un’immagine che poteva dare una risposta alle domande postesi fino a quel momento:
“Ji Yong. Perché non Thara?”
Il leader lo guardò come avesse appena imprecato e non ebbe molta altra scelta che rispondere: “Sarebbe strano leggere Thara Myong nel featuring e ascoltare la voce di Dara, non credi hyung?”
“Già… ma la voce di Thara è pitchata con quella di Hyuna. Solo non potevamo farlo con Dara dal momento che ci sarebbero voluti mesi laddove Thara ha concluso in 8 ore”
A quel punto ci fu un secondo di silenzio, una riflessione che terminò con un assenso mutuale fatto di un gesto e un “Allora è deciso. Avvisa tu Thara. Ji Yong-ya, ricordati che qualunque cosa accada voglio saperlo prima dei giornali”.
Lui fece un inchino e riprese la pen drive con la demo da completare. Non sapeva come avrebbe reagito Thara ma sperò in un si senza troppe preghiere, chè lui, non era poi così bravo a farne e l’idea che dovessero essere insieme su quella traccia gli metteva non poca agitazione.
 
Cercai una soluzione veloce ad un problema che non ero troppo sicura di poter affrontare, mancavano poche ore e mi sarei dovuta collegare con Jordan per eliminare migliaia di files, ma la cosa che mi preoccupava di più era ancora Ji Yong e il nostro strano rapporto. Non avevo mai avuto l’ansia da legame sentimentale, solo non ero neanche il tipo da piede in due scarpe e tutto quel mistero mi faceva venire il mal di testa. Perché ero già abbastanza misteriosa di mio, non avevo certo bisogno di un nuovo alone nella mia vita.
Ma la mia ulteriore riflessione fu interrotta bruscamente da qualcuno che non ebbe certo la cortesia di bussare per entrare nel proprio studio.
“Hey, sei qui?”
“Già. Come va?”
“Beh…”
Si mise seduto accanto a lei
“Sarebbe la mia sedia ma te lo concedo. Comunque andrebbe tutto bene, ora dipende da te”
Lo guardai sperando non avesse un’altra notizia inquietante da darmi.
“Che vuoi?”
“Ahh… non è una buona idea”
E anche questo non era proprio di aiuto.
“Cosa?”
Continuai a fissarlo nella speranza non mi stesse per chiedere di andare in tour con le 2Ne1 perché né i conati di vomito dai troppi voli, né mentire sulla mia TERZA vita mi sarebbe piaciuto.
“Non fissarmi”. Ji Yong si avvicinò un po’ col testo di RideOrDie e cercò il modo più delicato e diretto allo stesso tempo di dire a Thara che…
“Il CEO vuole sia tu a fare il ritornello. Gli ho detto che è una pessima idea, che mi avresti lanciato oggetti, che avresti lanciato oggetti anche a lui, no quello non l’ho detto ma ho detto che non mi sembrava il caso però lui ha insistito e io…e io…oh?”
“Eh?”
“Dongseng. Che succede?”
Alzai lo sguardo, inaspettatamente non vidi il problema della richiesta considerando il fatto che sarebbe risultato come un feat con Dara: “Oppa… sarebbe come un feat con Dara, cosa vuoi che me ne importi di prestare la voce per un’altra canzone? Lo faccio, a lei farà piacere”
Lui si grattò la testa come fosse in cerca di parole adatte ma capii solo da quell’espressione che, forse, qualcosa di quella richiesta mi stava sfuggendo.
“Mh…?”
“Errhm. Eh”
“Non mi stai dicendo che….”
Ji Yong abbassò la testa sulla scrivania e si coprì con le mani come stesse aspettando un meteorite che di li a poco lo avrebbe colpito:
“Ti prego, ti prego pensaci. Non farmi tornare su ora con un no, la prenderà male e penserà che sei un’ingrata o che vuoi più soldi e mi dirà che devo convincerti io e che lui non mi fa mai richieste quindi per una volta che me ne fa…”
“Va bene”
Ma non si fermava ormai… “E poi ci sono i MAMA e devo accoppiare Youngbae e Seungri vuole un disco da solista non pos….non…eh?”
“Credevo di doverti rinchiudere nell’armadietto. Ho detto che va bene. Se è questo che volete, lo farò”
Forse non compresi bene subito il senso del fare quel ritornello, ci vollero delle settimane e no, non me ne pentii ma mi cambiò ulteriormente la vita.
Certo, in meglio.
Ma questo, lo saprete più avanti.
“Devi volerlo tu. Non pensavo mi dicessi di si, solo non sopporto Yang Suk quando blatera all’infinito  perché qualcuno non lo accontenta. È come i bambini… Haru la prende meglio di lui se qualcuno le dice di no”.
“Non mi dispiace cantare questo ritornello … comunque. Quindi va bene. Quando pensate di farlo?”
“Beh appena avrò sistemato le strofe, credo tra domani e dopo domani. Tu … hai da fare stasera?”
Si, devo combattere il crimine con la CIA.
“Mmh … no, non direi.”
Sorrise … la CIA però era importante, non potevo esattamente permettermi di rimandare.
“Ci vediamo per le nove?”
Si, avrei fatto in tempo ad eseguire il controllo e la pulizia in quel modo:
“Oh, perfetto. Porto il sushi, uscirò più tardi di voi stasera, passerò a prenderlo e cercherò di essere puntuale”.
JYong poggiò un braccio sulla scrivania chinandosi verso Thara e cercò di incrociarne lo sguardo. Thara si sentiva studiata, non le sarebbe piaciuto se fosse stato qualcun altro a farlo ma quegli occhi taglienti le davano la giusta dose di ansia e benessere di cui aveva bisogno per sentirsi a proprio agio.
“Che c’è?”
“Chissà che mi nascondi Thara Myong. Non prendere il tonno, non mi piace. E usa questa …”
Mi passò la sua carta di credito: “è giorno di paga, non offrirai tu, non ti offenderai per questo e il pin è 1836. Chiaro?”
Sbuffai, insieme a me le mie convinzioni femministe e la mia bisnonna dall’oltretomba. Ma accettai il compromesso, non potevo sempre fare a modo mio. Per altro gli avrei comunque comprato il tonno per dispetto se avessi pagato io, usare la sua carta mi avrebbe risparmiato il suo atteggiamento impettito a tavola.
“Sei un piccolo asiatico spocchioso”
“Beh, anche tu lo sei. Quindi fai come ho detto e ci vediamo stasera”.
Mantenni un’aria snob finché non mi baciò e mi trovai costretta a rivedere la mia posizione, avevo tutte le buone intenzioni di smettere di preoccuparmi ma, la verità, è che sapevo che per quanto bello e diverso e forte fosse quello che mi cresceva dentro in quel momento, era destinato a finire e nemmeno nel migliore dei modi considerando, che di li a massimo un anno, una notte qualunque, sarei stata presa e portata in qualche isola sperduta per un periodo sufficiente a rovinare i piani di qualche testa calda del clan di Drew. Prima o poi, la situazione tra Stati Uniti e qualche altro paese sarebbe degenerata, lo sapevamo in molti e tenere d’occhio i giovani aspiranti massoni di quella famiglia era ormai praticamente un hobby ricostituente in confronto. Non ero di buon umore a quel punto ma JiYong era già uscito e mi sentii, almeno per quello, sollevata. Certi giorni mi svegliavo all’alba, fissavo il soffitto finché lo stomaco non chiedesse del cibo in preda alla disperazione e pensavo che, in fondo, avevo vissuto sempre così, una vita normale forse non sarei mai stata in grado di viverla. La cosa che però stava cambiando era che se prima non avrei avuto alcun problema a mentire sulla mia identità, adesso, sentivo un peso enorme sullo stomaco, avevo costantemente bisogno di andarmene al mare e piangere ininterrottamente per qualche ora quando avevo del tempo libero. Non volevo nessuno accanto. Eppure avevo lui. JiYong, era diverso. Era lì in silenzio, che non faceva domande, che mi guardava gestire l’agenda fitta e fare mille telefonate. Era lì che mi stringeva la mano durante i film, che mi voleva accanto durante il master e io non sapevo come spiegargli che accanto, aveva solo metà di me ma lui, mi diceva continuamente che non solo lo sapeva ma pur di non farmi scappare, avrebbe preferito aspettare il momento opportuno per trovare la mia altra metà. “Non sempre i nostri tempi sono quelli del cielo”: lo diceva mio nonno e anche lui, facendomi pensare che forse, comunque, quella mia sosta nel caos di Seoul non fosse proprio casuale.
Alle 18:58 arrivai a casa mia, Sushi in frigo pronto per uscire al momento adatto, il PC sul tavolo, l’hard disk di Washington e il telefono che squillava. Era Claire.
Aspettavo Jordan di li a due minuti quindi le risposi forse seccata: “Lasciami il cellulare libero, ti chiamo appena ho finito con Jordan. Scusami!”
Ma non ottenni la risposta che desideravo.
Anzi, ottenni l’ultima che avrei voluto ascoltare.
Avevamo un patto io e Jordan. Quando ci lasciammo, ci scambiammo la promessa che, un giorno, avremmo amato qualcuno tanto da rivelargli tutto sulla nostra identità e lo avremmo fatto distruggendo definitivamente quei Douglas che per anni avevano destabilizzato la nostra vita al solo scopo di sottrarci informazioni che sarebbero stati in grado a malapena di rivendere a qualcuno per due spicci. Fino a quel momento, saremmo stati l’uno il custode delle informazioni dell’altro.
 “Thara salta tutto stasera. Siediti se sei in piedi”
Poteva esserci una sola ragione, però, se quella sera sarebbe saltato tutto.
“Che succede?”
E fu un minuto infinito quello tra me e Claire in silenzio al telefono. Perché qualcosa, per un motivo fin troppo banale, era andato storto e, dopo quella sera, niente sarebbe più andato secondo i piani.
“Jordan, lo abbiamo portato in ospedale. I pitbull di Marvin  stavolta non sono bastati.”
“Che vuol dire? Che gli hanno fatto?”
“Lo hanno colpito alle spalle e aveva dei tagli addosso ma pensavamo fossero superficiali. Dopo un’oretta ha iniziato a lamentarsi per dolori al petto e si è accasciato in sala da pranzo. Tuo nonno ha insistito per portarlo dal suo amico al St. George, a quanto pare qualcuno dei Douglas aveva pagato quattro ragazzini muniti di un pugnale dello spessore di 2mm per colpire Jordan e Marvin esattamente all’altezza del cuore ma abbiamo scovato lo scambio di informazioni in ritardo. Hanno sfruttato il fuso orario con Jamie”.
“…Credo di essere vicina all’infarto adesso”
“No. Ascoltami bene. Stasera non posso aiutarti, ma devi accertarti che il PC non sia intercettato, non devono rilevare la tua posizione. Jamie lo sta coprendo da Dallas ma ora hai esattamente 20 minuti da quando riattaccheremo per fare una pulizia generale senza check. Non importa cosa cancelli, cancella e basta. Pulisci tutto e immergi il PC in acqua bollente per almeno 48h. Ne compreremo uno nuovo. Jamie ha detto che senza Jordan, ora, l’importante è che non ci siano tracce in giro. Marvin sta bene perché per lui i cani hanno fatto in tempo ad uscire, Jordan non sta bene Thara. Ho paura che sia davvero la fine stavolta”.
Cercai di calmarla anche se la mia voglia di urlare e imprecare, aveva ormai superato il confine dell’umano.
“Ce la farà. Smettila subito e non farti trascinare dai pensieri negativi. Stanotte sarà tutto finito e poi resterà solo lo step finale. Devi mantenere la calma per le prossime due ore però o salterà tutto. Un solo flusso di dati e la Corea Del Nord ci dirà di dimenticarci ogni tentativo di mediazione pacifica.
Per non parlare di quel coglione dell’amico di Drew che penserà di aver scoperto una stazione di alieni e si troverà davanti una pila di scartoffie bruciate. Idiota”.
E Claire capì che il mio cervello aveva raggiunto la saturazione forse: “Sei agitata per caso?”
“Assolutamente no, che motivo avrei di esserlo?”
“Beh… magari il motivo non è esattamente qualcosa di correlato alla CIA… non saprei…”
Già…
“Si ok, sono nervosa. Sono stufa di mentirgli. Dovrò sparire nel nulla da un momento all’altro e la verità è che vorrei solo una vita normale adesso”.
Claire rimase in silenzio qualche secondo. Sentii poi solamente un sospiro pesante ed un: “Lo so. Lo vorrei anche io, per tutte e due. Thara non sta scritto da nessuna parte che tu debba sparire. È una tua supposizione. Perché c’è un’alternativa e se pensi sia lui la persona con cui usarla, in qualunque momento tu voglia usarla, la useremo”.
Anche Claire aveva scelto una carriera in vista, d’altro canto pensavo spesso che avessimo scelto il nostro futuro allo scoperto sulla base di quanto sotterraneo fosse il nostro presente. Quel presente, per altro, non lo avevamo scelto. Questo pesava sulle nostre vite dia primi passi mossi negli ambienti pubblici. Dalle scuole ai ristoranti alle discoteche fino alla scalata sociale, fino agli eventi di Vogue e Universal, fino a Los Angeles, fino a Seoul. Eravamo entrambe nel vortice delle bugie da troppo tempo, strette in una morsa che eravamo sicure, prima o poi, ci avrebbe strangolato. Se solo fossi stata libera di essere, pensavo, avrei saputo apprezzare tutto quel cambiare continuo, quel crescere improvviso e ritrovarmi da un paese all’altro ma ero troppo presa dagli “affari di famiglia” in qualunque parte del mondo fossi. Se, in quel momento, nonno Wallace fosse morto, avrei avuto sulle spalle oltre 150 persone sparse per il globo da gestire. Chi ero? Chi volevo essere? Dove stavo cercando di arrivare e perché non potevo lasciare andare quella parte di me in santa pace? Perché proprio io?
“Thara!”
Un urlo secco.
“Che succede?”
“Jordan! Non respira più! Chiamate un medico adesso!!”
Claire chiamò a gran voce i medici e i paramedici, ci fu un minuto di panico e Thara vide tutto scorrerle davanti senza sosta mentre non riusciva neanche a piangere al pensiero che forse, quella sera, una parte di se, sarebbe andata via per sempre. Prese il PC, inserì le password e avvio la modalità nascosta. Jamie era visibilmente attiva con la copertura.
“Bingo” pensò.
Avviò la pulizia in un batter d’occhio. Se Jordan se ne stava andando, non c’era altro da fare adesso.
Sapeva di essere dall’altra parte del mondo, non c’era tempo per niente che non fosse la certezza di averlo protetto fino all’ultimo istante esattamente come aveva fatto lui con lei. I file, i documenti, i ricordi, nulla importava, quell’hard disk poteva sporcare per sempre la storia di Marvin e Jordan e lei, questo, non poteva permetterlo adesso né mai.
Claire lasciò parlare il vuoto di Thara, ascoltò tutti i movimenti repentini sulla tastiera e capì che la sua amica stava facendo l’impossibile per rendere onore a suo fratello e mantenerne viva solo la parte vissuta alla luce, che di ombre, ne avevano condivise fin troppe.
“Sei un angelo. Ti prometto che fosse l’ultima cosa che faccio, non dovrai rinunciare più a niente”
“Smettila. Non serve, io non lo faccio per questo e so che lo sai e voglio solo che tu stia bene adesso. E non è vero, se fossi un angelo ora lui tornerebbe a respirare”.
E sentii un altro silenzio. Claire, poi, iniziò a piangere ininterrottamente.
Cercai di chiederle cosa stesse succedendo, ebbi il terrore che il peggio non fosse mai davvero arrivato e che quello ne fosse l’inizio. Mi sentii impotente e il PC mi comunicò la fine della pulizia.
“Babe?”
Il respiro mi si fermò in gola, persi almeno 10 battiti.
“Pronto? Marvin?”
“Babe… senti. Sei stata fenomenale. Ma…”
Fu in quel momento che guardai il soffitto rassegnata. Era tutto finito. Quel data base era salvo. Jordan era pulito ma nessuno avrebbe potuto dirglielo.
Piansi. Per la seconda volta da quando ero li, da sola, piansi.
“Ma cosa?”
“Thara Jordan non ha retto all’emorragia che il pugnale aveva già scatenato sul colpo. Io… mi dispiace, mi dispiace”.
“Non è giusto, non è giusto Marvin non è giusto! Volevano colpire me e io me ne sono andata, se non foste rimasti li per proteggermi allora…”
“Thara ascoltami. Sarebbe così fiero di te che neanche puoi immaginarlo. Sappi che ci hai salvato stasera e che il mio debito con te adesso è davvero inestinguibile. Quindi non dirlo neanche per scherzo che rischiamo la vita per te. Mi dispiace sia andata così, purtroppo i cani devono aver mangiato qualcosa da loro. Non lo hanno mai fatto ma stavolta è andata così. Potevo esserci io al suo posto e Dio solo sa…”
“No. Se non devo dirlo io, allora non farlo neanche tu. Perché, di sicuro, questo Jordan non lo vorrebbe. E neanche la sua famiglia. Adesso avrai il doppio del lavoro, questo si, ma mai neanche per un minuto devi pensare che avremmo voluto vederti al suo posto. Non ci posso credere. Claire dove è andata?”
“è di la. La burocrazia è terribilmente puntuale in certi casi. Senti, se non riesci a venire non preoccuparti, non potremo fare una veglia pubblica ma cercherò di portarti Claire presto. Le dirò di richiamarti domani. Stasera, pur non volendo, ho visto che hai dei piani. Tu e Jordan avevate un patto e io non sono nessuno per fare le sue veci ma, quando lo sentirai, da ora, sei libera di trovare la persona a cui lasciare i dettagli su di te. Perché Jordan aveva te. E adesso è giusto tu sappia che niente avrebbe voluto di più che sentirti dire “lui sa chi sono”, ti avrebbe voluta felice. E tutti vogliamo che tu lo sia. Quando ti sentirai pronta per farlo, avrai il tuo hard disk, lo consegnerai a chi senti di farlo e dovrai dirgli la verità così com’è. Come hai fatto tu, lui distruggerà l’hard disk in caso di tua morte precoce perché le informazioni non vadano perse o nelle mani sbagliate. Per lui lo hai fatto tu ma tra le sue volontà che non hai avuto tempo di leggere, c’era la richiesta che per te lo facesse la persona che ami. Era il patto, giusto?”
Quelle lacrime erano sempre più salate e il dolore mi stava spaccando a metà il petto ma formulai un “Si. Era questo” pieno di dubbi e domande su quanto fossi stata egoista a non vedere tutto quell’amore prima. Era così oltre l’amore dei mortali che pensai seriamente di aver avuto accanto un angelo custode per 20 anni.
“lo farò. Non ora. Ma ora so che posso farlo”.
 
 
 
In realtà non ebbi più molti dubbi sul da farsi, presi ciò che di li a poco sarebbe stato cenere, il mio hard disk e il master di Alive, volevo andare da JiYong e non avrei avuto poco tempo per riflettere se non mi fossi cambiata o truccata di nuovo, esattamente ciò che mi serviva: una decisione a freddo, perché se ci avessi riflettuto, non sarei mai uscita.
 
Ma non ero il tipo che potesse decidere a freddo.
Passò una settimana.
Una settimana fatta di fughe, di scuse, di saluti veloci e freddi, di lacrime trattenute di ansia e disagio e un master perfetto e la messa in stampa di Alive con l’inizio della programmazione del Tour. L’uscita di “Fantastic Baby” non mi diede pace tra i come back stage e il tempo costretta in macchina coi suoi occhi puntati addosso. JiYong voleva sapere e io, non avrei avuto più modo di mentire.
Mi diedi il tempo di trovare una soluzione concreta. Una sera, trovai una discarica, guidai fino a li e pagai una buona somma per lo smaltimento veloce di tutta quella roba e rimasero solo le mie informazioni, la mia vita in 64G, pochi ma densi di pezzi di me e della mia famiglia. Un’eredità da lasciare alla soglia dei 21 anni perché, ormai, ero sicura che non mi sarei salvata. Ma una cosa dovevo ancora farla. Per una questione di principio, ormai, i fratelli e gli amici di Andrew dovevano essere beccati e qualcuno avrebbe reso giustizia a Jordan meglio di quanto io potessi, perché Jordan meritava di addormentarsi tranquillo che tutto ciò che aveva cercato di proteggere da quando era poco più che un ragazzino non fosse in pericolo per colpa di una banda di idioti.
Chiamai di nuovo Marvin.
“Thara?”
“I vestiti li ho lasciati vicino casa, li hanno accettati subito. Vado a mettermi al caldo” Parlai in codice per uno strano presentimento: “Sai, non si direbbe data la cappa di smog, ma anche qui fa parecchio freddo”.
Ma quella sera non sarebbe finita lì. Perché il mio presentimento arrivava in ritardo e ancora una volta, pregai che Marvin capisse il mio improvviso cambio di strategia: “A Seoul non avevo mai visto una macchina americana ancora… curioso eh? Beh, forse vivono nel mio stabilimento?”
“Thara…che diamine stai… non uscire dalla macchina per nessun motivo”
Ma qualcuno scese dalla Jaguar dietro di me. Misi in moto sperando di essermi sbagliata. Vidi due ombre avvicinarsi e spensi di nuovo il motore. Con l’incoscienza di chi in fondo non teme troppo il proprio apparente destino, presi il respiro e aspettai.
Bussarono al finestrino.
 
Ma il Cielo, quella sera, fu ancora più buono del solito con me:
“Signorina ma che fa qui a quest’ora?”
Sentii il sospiro pesante di Marvin dall’altra parte.
“Eh… “
Mi mostrò un distintivo: “Siamo funzionari in borghese.”
Ma quel distintivo era familiare. Troppo familiare.
Presi il mio da sotto il sedile:
“Buona sera collega”.
Quello lesse il mio nome. Arretrò. Fece un inchino e mi chiese gentilmente di andare a casa: “Non sappiamo che lei è qui signorina Myong, non ci siamo mai visti ma lei sa dove trovarci in caso di bisogno”.
Marvin a quel punto mi disse di sbrigarmi ad andar via, che era un pericolo scampato ma scampato definitivamente perché se quei funzionari erano disposti a coprire la mia presenza in una discarica subito dopo aver saputo della morte di Jordan, allora sarebbero stati disposti a coprire anche la mia doppia vita e non sarebbe servita più che una telefonata l’indomani per convincerli.
“Non dormire sola stanotte, vai da lui. Digli quello che senti e se non sei pronta, aspetta ancora un po’. Ma non stare sola stasera”.
La verità è che se non avessi avuto già un appuntamento per quella sera con JiYong, non mi sarei mai presentata a casa sua. Perché lui conosceva tante donne, aveva tante amiche e incontrava spesso gente che io non volevo trovare in casa sua a sorpresa qualora fossi stata tanto avventuriera da catapultarmi li senza preavviso. Soprattutto per come mi ero comportata negli ultimi giorni.
Rimasi al telefono in cerca di una strategia per smascherare i Douglas e convenni con Marvin che forse prima o poi si sarebbero rivelati da soli data la mancanza di neuroni attivi dell’intero clan. Bisognava saper attendere. Senza Andrew e suo padre, in realtà, ci rendemmo conto che restava di pericoloso solo la nostra ansia in proposito.
“Sono sotto casa sua. Grazie Marvin”
“Baby mi raccomando. Usa la testa. Ma usa anche il cuore stasera”
Il cancello si aprì, due guardie del corpo mi vennero in contro e lasciai la macchina ad uno dei due mentre l’altro mi accompagnava al portone.
“Signorina Myong, la cena sta per arrivare, prego”
Feci un inchino per ringraziare e, una volta entrata, vidi che di JiYong non c’era ancora traccia. Ma del gatto, di quello si. C’erano già due gomitoli di peli sui miei pantaloni da yoga.
“JinHyung! Guarda, mi hai cucito un maglione sulle gambe!”
Lo presi in braccio e mi misi sul divano ad aspettare che il leader si manifestasse in tutto il suo egocentrismo. Si presentò mezz’ora dopo. Con l’extention verde che da due settimane gli copriva l’occhio. Quello che già di natura teneva più chiuso dei due.
“Vorrei essere uno dei ragni che vivono nel cervello della tua parrucchiera”
“non è stata un’idea sua tanto per iniziare … e poi sei in ritardo”
“Lo so. Sono in ritardo. Ma sei tu che mi hai fatto aspettare … ora torniamo a quella cosa verde ramarro sulla tua faccia”
“NON è VERDE RAMARRO … è verde fluo. E mi serve per le riprese di Inkigayo”.
“Oh beh … allora scusa”
“Perché sei così in ritardo?”
Aveva un tono strano, come se temesse che stessi passando il tempo che avrei dovuto dedicare a lui con qualcun altro.
“Ero al concerto dei Super Junior ma poi niente, ho scoperto che era solo un invito di Heechul a sentirlo cantare sotto la doccia e ho preferito rispettare i nostri piani”.
Si sedette sul divano, gamba accavallata e sguardo fisso verso la TV. Neanche l’ombra di un contatto visivo. Capii che qualcosa gli stesse frullando davvero per la testa.
“Non hai risposto alle telefonate”
Avrei dovuto dirgli tutto quella sera o avrei dovuto mentire e perderlo. Perché non conoscevo tanta gente come me e JiYong, ma sapevo che se avessi inventato una storia, non l’avrebbe bevuta e stavolta, mi avrebbe detto di fingere che tra noi non ci fosse mai stato il dubbio di niente che non fosse un rapporto professionale.
“Non ti ho mai chiesto di rendermi conto della tua vita prima ma è una settimana che sparisci in continuazione, non rispondi al telefono in determinati orari, non vuoi vedermi e quando vuoi vedermi è così tardi che tutto ciò che faccio è vederti dormire sul divano. Thara … non si tratta neanche di questo è solo che … c’è qualcosa e io adesso voglio saperlo”
Mi convinsi che non fosse il momento di piangere o buttarla sul sentimentale.
Cercai un appiglio e capii che anche quello sarebbe stato inutile. Che non sapevo mentire. Capii, guardandolo e pensando che mi sarebbe piaciuto anche con quel ciuffo sintetico, che la sola scelta che avessi in quel momento fosse dire la verità. Solo la verità. Nient’altro che la verità.
“Tu vuoi sapere che succede. Io ora te lo dirò. Ma voglio che tu sappia che mai, mai, ho finto o agito per motivi che non fossero seguire il mio istinto con te. E che la musica è la mia vita davvero. Che qualunque cosa io ti stia per raccontare, non è che io faccia musica per coprirla, al contrario, sto per dirti il motivo per cui ho dovuto smettere di cantare ad un passo dal contratto con Universal. Chiaro? Te lo dirò, perché è giusto che tu lo sappia ma tu, ora, giurami che questo non cambierà il tuo modo di vedermi”.
JiYong era incerto. Il tono di Thara era diverso dal solito, cupo, serio, grave, come se ci fosse qualcosa di troppo grande da spiegare per loro due e per quello che fino a quel momento fossero riuscire a creare. Quanto quelle fondamenta fresche di cemento avrebbero retto se fosse arrivato un terremoto?
Ma a Seoul, i terremoti per fortuna sono rari. Per questo le persone si fidano anche degli edifici a vetri. Fanno luce, sono belli e non importa se un imprevisto rischia di abbatterli. È solo un imprevisto. Non si può convivere con la paura che accada.
“Parla”
Presi il distintivo, l’hard disk e come prima cosa gli dissi: “Io, sono Thara Myong. Mio nonno è Jedong Myong, vengo da due dinastie di protettori del governo. Uno, Coreano, l’altro Inglese.
L’altro mio nonno, George Wallace è uno degli agenti più anziani di Scotland IARD e io sono un agente segreto.”
Cercò di aprire bocca ma lo fermai: “Aspetta. Non lo dirò mai più se non lo faccio ora”
Annuì nonostante fosse ovviamente, visibilmente colpito. Probabilmente si aspettava più un matrimonio parallelo che una vita intera? Proseguii.
“Dall’età di 16 anni aiuto i miei nonni a proteggere i dati del governo Inglese e Americano e detengo informazioni riservate sullo scambio di Email della Casa Bianca con Kim Jong Un. Il mio compito è mediare, archiviare, distruggere le informazioni che non servono più e, quello di nonno Jedong, prima che morisse, era tradurre.
Sono qui perché dovevo imparare il coreano? No. Sono qui perché per mantenere un profilo basso sul fronte dell’esercito, mio nonno mi ha spinto a perseguire la carriera musicale, diceva che così avrei finalmente sfruttato al massimo entrambe le me che il cielo mi aveva messo a disposizione. Per lui, tutto era un dono del cielo. Così l’anno scorso, quando le cose per me si sono messe male a causa di un colpo di spionaggio, ha deciso che fosse per me il momento di partire.
Ho inviato allora la mia candidatura a YG. Mi hanno preso. Yang forse era colpito dai nomi con cui avevo collaborato o forse sa chi sono, forse no, c’è un tacito consenso per cui io dico cosa c’è da fare perché voi svoltiate in Europa e lui annuisce. Jordan era il mio ragazzo fino a due anni fa. Poi è arrivato Andrew Douglas”
“Dongseng…aspetta. Ti rendi conto di quello che stai dicendo? Perché me lo stai raccontando potrei metterti in pericolo senza volerlo…io…”
“Non potresti mai farlo. Non ho finito”
La freddezza mista a terrore negli occhi di Thara, spinse JiYong ad avvicinarsi a lei e prenderle la mano:
“Ti ascolto. Ho capito”
Presi un respiro profondo:
“Jordan e io avevamo un patto. È stato il mio primo ragazzo, quasi tutte le mie prime volte e quando ci siamo lasciati ci siamo fatti una promessa. Sapevamo che le nostre vite fossero a rischio così abbiamo scambiato gli hard disk con le informazioni sulla nostra vita e la nostra famiglia che aggiornavamo ogni mese per poi rifare lo scambio. Il patto era che qualora avessimo trovato qualcuno con cui scambiare tutte le prime volte restanti tra noi, qualcuno quindi di cui ci saremmo fidati e che avremmo amato al punto da confidargli e affidargli la nostra vera vita, avremmo dato a lei o lui l’hard disk.
Io ho ripreso il mio quando sono partita, questo perché i Douglas, avevano già attaccato i miei genitori e io volevo che almeno questo non li mettesse ulteriormente a rischio. Claire, è la sorella di Jordan e più volte hanno pensato che fosse lei ad averlo. Per questo chiunque sia molto vicino a me deve dare sempre e comunque l’impressione di non avere la più pallida idea di chi io sia davvero. Per questo, non avranno mai sospetti su di voi e ho accettato l’incarico perché la vostra posizione vi rende totalmente insospettabili anche qualora, come ora, io decidessi di scoprirmi fino al punto di mettere a rischio la mia vita.
Jordan però ha lasciato a me il suo hard disk e non ha potuto chiedermelo indietro, perché chi ha messo in pericolo me, ha ucciso lui otto giorni fa”.
Vidi il gelo percorrergli la pelle e gli occhi freddarsi di una paura pura e incontrollabile ma la cosa che mi sconvolse non fu la reazione fisica, quanto la lucidità di quella mente così strana. Scosse la testa e socchiuse gli occhi. Strinse di più la mia mano e disse solo: “Finisci per favore”
“Quando teneva sotto controllo il mio telefono, leggeva i tuoi messaggi e quando è venuto qui, ha detto che mi vedeva cambiata, come se qualcuno mi avesse riacceso … e io.”
Ma in quel momento non riuscii a non piangere, a prenderla con distacco. Mi ritrovai a combattere i singhiozzi e concludere quel discorso folle con: “Se dovessi morire nessuno potrebbe distruggere questo”
Gli porsi l’hard disk e lui indietreggiò nuovamente. Ma teneva ancora la mia mano e, con mia immensa sorpresa, con l’altra lo prese. Non riuscii più a tenermi dentro tutto quel dolore. Se potessi descrivere l’esplosione che sentii, fu come una mina antiuomo, forte che mi accasciai di lato e sentii le convulsioni assalirmi finché il suo corpo, leggero sul mio, fece da calmante e sentii solo un: “Come fa un essere così fragile e indifeso a portare sulle spalle il peso del mondo?”
Cercai di riprendermi e gli chiesi forse con tono fin troppo disperato: “Come fai a non buttarmi fuori di casa e a darmi della pazza per aver provato a metterti in un casino così?”
Ma lui, ostinato a farmi capire che al mondo non c‘è solo ciò che diamo per scontato, mi prese il viso tra le mani: “Tu, sei pazza per esserti fidata di me forse ma io, non posso non essertene grato adesso dongseng. Qualunque follia sia parte di te io la voglio come parte di me adesso. E questo…” Prese l’hard disk: “Non servirà distruggerlo perché nessuno, e dico nessuno, ti farà del male. Chiaro? Nessuno saprà niente e lo metteremo nella mia cassaforte. Basta tenerti tutto dentro però. Quando qualcosa non andrà da adesso in poi, parlane con me. Spero solo che questo non ti porti via da qui”
Thara tirò su col naso, sembrava un gattino indifeso e JiYong continuò a tenerla stretta a sé finchè non fu del tutto, o quasi, tranquilla.
“Non so quanto resterò ma so che quel tempo, voglio passarlo con te”.
Quella sera l’hard disk fu al sicuro, la prima copia di Alive era nella mani del leader e Thara… beh, anche lei era in quelle mani e mentre JiYong le percorreva il corpo col suo tocco leggero e sicuro, quella nuova e fuori programma prima volta si fece spazio lentamente tra le lenzuola di un letto non così nuovo per lei ma che prendeva adesso un nuovo significato.

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Capitolo 11
*** Fine primo tempo. ***


A new Heart Beat
Non c’è un copione quando decidi che la vita più prendere la direzione in cui l’intuito ti guida e la pelle ti spinge altrove, un passo più in là dalle convinzioni e gli schemi, i rimpianti e i dolori. Un passo più avanti rispetto alle condizioni imposte, quelle in cui ti trovi non perché tu le abbia scelte ma adesso, qui, puoi iniziare a farlo e allora: FALLO.
E Thara quella sera aveva fatto la sua prima scelta. Con le dita intrecciate e il battito accelerato, col sudore e le lacrime finalmente di gioia e il nodo in gola che spinge il sorriso così forte da sembrare ti divida il volto a metà. Con le difese abbassate e il corpo in cerca di novità, le mani un po’ più sicure di Ji Yong lungo le gambe forti e i fianchi un po’ meno ossuti di qualche mese fa, la voglia di vivere e di non darsi per spacciata, Thara aveva scelto di essere una Myong senza paura, come nonno Je Dong.
Seoul era silenziosa con la luce che sbatteva un attimo di realtà sul suo cuscino, le lenzuola ancora calde e il naso di Ji Yong contro il suo, gli occhi taglienti chiusi col sonno che di li a poco, sarebbe stato interrotto.
Squillò il telefono, erano le 6:00AM e nessun rumore avrebbe potuto interrompere peggio il mio sonno, erano solo aggiornamenti di una guerra spietata sottobanco che mi stavano lacerando la mente da quando Jordan non c’era più.
“Baby”
“Marvin”
Ji Yong si sedette accanto a me con gli occhi socchiusi, come un gatto un po’ arruffato, erano passate poche ore e aveva scoperto una vita che forse faceva per tre.
“Baby ascolta. Vorrei che fosse successo prima. Ma Jordan sarebbe così fiero di te, che sei la prima persona a cui devo dare questa notizia”


“La prima? Dove sei?”
“Sono a Edimburgo. Hanno fatto fuori Andrew e suo fratello”.
Mi presi qualche secondo per ingoiare quella notizia perché non riuscivo bene ad accettare quella profondissima sensazione di vittoria, riscatto, orgoglio, soddisfazione che la morte di due persone potesse in quel momento provocarmi ma la accettai di buon grado come premio per il dolore della perdita della persona che forse più mi aveva amato al mondo.
“Quando?”
Marvin sorrise, non potevo vederlo ma ascoltarne le lacrime scendere tra il sorriso di chi non si sente del tutto sconfitto, oh, quello potevo farlo:
“Mezz’ora fa. E io sono davanti ai loro corpi. Di cui non ti descriverò lo stato. Quello che posso dirti è che non ci sono persone a cui abbiano fatto in tempo a comunicare il loro vero lavoro e negli scontri di ieri notte sono rimasti uccisi anche i genitori, figli unici entrambi e due cugini che poveretti invece non ne sapevano niente.
Verrà tutto infangato col movente di una rapina, da Scotland IARD hanno inviato due uomini che hanno agito da rapinatori e una squadra ridotta per simulare l’arresto e una micro sparatoria. Il tuo cellulare è ovviamente di nuovo coperto dalla morte di Jordan e Claire è al sicuro con me ora. Io...di qualcosa Thara”
E io ricominciai a piangere perché Jordan, non c’era.
Non avrebbe potuto brindare mai più alla vittoria, mai più portare Marvin in missione in posti sperduti del mondo, mai più dirmi che fosse tutto a posto quando tutto crollava a pezzi ma Marvin, mi svegliò ancora da quel torpore:
“Non sei più sola Thara. Hai affidato la tua vita alla persona che probabilmente ora ti sta guardando piangere per l’ennesima volta senza fare domande. Jordan è lì anche se non lo vedi, sei nell’unico posto in cui devi essere con l’unica persona con cui sai di voler essere e non è una colpa. Smettila di sentirti come se lo avessi ucciso tu. Ti avrebbe voluto felice e realizzata. Adesso, fatti onore. Per noi, sei già l’onore più alto in linea di successione con i tuoi nonni. Forza scricciolo, sii forte ora.

Trovai allora la forza davvero di rispondere e lo feci guardando Ji Yong che nel frattempo si era vestito ed era tornato sul letto, sedeva con JinYoung sulle gambe mentre nervosamente cercava di distendere i muscoli del collo:
“Grazie Marvin. Siete immensi. Io so che Jordan sarebbe fiero di voi e so che niente è in balìa del caso. Quindi farò tutto in mio potere per non perdere di vista ciò per cui sono partita, ma soprattutto…”, il mio sguardo incrociò allora il suo:“Ciò per cui sono rimasta” e lui sorrise, capendo forse che non era solo uno scambio di pelle ossa quello che c’era stato, che sapevo esattamente i motivi per cui quell’implicito “ti amo” ancora da dirsi fosse forte nell’aria ogni volta che ci guardassimo.
Il suo labiale mosse un: “Io sono qui” che mi restituì tutta la vita persa a correre fino al giorno prima.
“Marvin cosa posso fare per voi adesso? Voglio sdebitarmi, vi prego”
“Thara: è tutto finito. Continueremo a controllare le attività di amici e parenti prossimi ma è quasi certo al 100% che nessuno dei sopravvissuti sappia cosa facessero Andrew e suo Fratello. Se vuoi sdebitarti però, una cosa ci sarebbe, Jordan me lo diceva spesso…”
“Cosa? Dimmi, lo farò oggi stesso”
Seguì un breve silenzio e un respiro profondo:
“Canta Thara. Non importa quanto ci vorrà, come lo farai, quanta gente saprà il dono che hai. Non smettere di cantare”.
Sorrisi e annuii a me stessa, sussurrai un “Sarà fatto” al telefono e ci congedammo con un po’ di solennità formale che tra noi non era certo usuale ma che mi fece sembrare quella richiesta un impegno solido da rispettare senza questioni.
Ji Yong mi osservava in silenzio, non fece domande ma mi disse:
“La colazione è pronta, dovresti mangiare, ma prima dimmi se stai bene”
Annuii: “Sto bene, mi hai fatto e mi fai stare bene superstar. E io, sono libera”
Mi lanciò uno sguardo interrogativo: “Mmh? In che senso sei libera? Non…”
“non da te idiota. Chi voleva uccidermi è morto. Con lui tutta la sua famiglia. E lo so che non è una bella notizia in generale quando qualcuno muore ma…”
“Questa lo è. Perché avrei potuto conservare fino alla mia morte il tuo hard disk ma non ho fatto che pensare ogni secondo come avrei potuto conservare viva te”
“Ji Yong.”
“mh?”
“Ti amo”.
Sospirò forte e scosse la testa: “Dongseng! Non sono mai puntuale. Ti amo anche io, se potessi giurarti di essere in grado di proteggerti da qualunque cosa lo farei”
“Non serve. Mi sta bene tu sia con me anche se ho una vita sballata.”
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Ciao lettrici, vi vedo che siete tante anche se non ci sono recensioni. Questa storia è stata un pezzetto di vita importante per me, la mia compagna di avventure a Londra e poi a Seoul, mi ha aiutato a resistere in momenti difficili, è stata il mio rifugio segreto come le altre che sono andate perse nel cambio account. 
Riprenderò a scriverla per finirla appena sarà finita la sessione invernale, per chi la legge ancora e per me che sono sempre in cerca di tutte le vite che avrai voluto vivere. Inclusa la mia.
A presto!

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