Ti amo così tanto..... che ti ammazzerei!!

di Manu5
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** A colloquio con il preside ***
Capitolo 3: *** Parlando di te ***
Capitolo 4: *** L'inizio della fine ***
Capitolo 5: *** Destinazione .... presidenza!! ***
Capitolo 6: *** Una punizione.... poco ortodossa!! ***
Capitolo 7: *** A casa del nemico.... ho perso la testa! ***
Capitolo 8: *** Come se nulla fosse!! ***
Capitolo 9: *** Reazioni ***
Capitolo 10: *** Prove di corteggiamento ***
Capitolo 11: *** Tenetela lontano da me! ***
Capitolo 12: *** Una festa movimentata ***
Capitolo 13: *** I misteri si svelano ***
Capitolo 14: *** Un "incubo" ad occhi aperti ***
Capitolo 15: *** Vendette ***
Capitolo 16: *** Tregua ***
Capitolo 17: *** Andare d'accordo? No grazie! ***
Capitolo 18: *** Lui ti piace ***
Capitolo 19: *** Falso primo appuntamento ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO
 
-“Sei veramente un’idiota!!!”
- “E tu una petulante ragazzina!!!”
- “Non ti permettere sai…”
-“Altrimenti che mi fai?” “Sto’ tremando di paura guarda…” mi disse con tono spavaldo.
- “Questo!!!” E presi dal corridoio il cestino vicino ai distributori con dentro ogni sorta di schifezze tirandoglielo addosso.  Intuendo però le mie intenzioni mi bloccò a mezz’aria ed il contenuto si riversò su entrambi oltre al pavimento circostante naturalmente.
- “Ma brutta stronza!!!” disse lui prendendomi per le spalle e sbattendomi di mala grazia contro il muro.  “Non picchio le ragazze, solitamente me le scopo e basta, ma tu potresti essere l’eccezione che conferma la regola”.  E mi sfidò, con quegli occhi verde smeraldo che avevano fatto impazzire l’intero corpo femminile di tutto il complesso scolastico, professoresse comprese.
Mi stava facendo male, la sua presa era forte e sicura, ma non dovevo cedere, non potevo dargli la soddisfazione di farmi vedere debole davanti a lui quindi risposi: “Attento a te, perché in questa posizione potrei darti una ginocchiata nell’unica parte del tuo corpo che ragiona , visto che il cervello l’hai spostato lì in basso… poi come faresti ad accontentare tutte quelle troie che ti porti a letto?”
- “Ma come siamo volgari principessa…”
- “Ho imparato dal migliore!!”
- “Non è invece che vorresti essere una di loro? In fondo sotto tutti quei chili di acidità, hai un corpicino niente male, direi proprio scopabile….”
 
-“Ma cosa diavolo sta’ succedendo qui????” Ci interruppe il preside calpestando la sporcizia ancora sul corridoio. “Oh no!!! Ancora voi..non è possibile!!! Da quanto tempo non ci vediamo??? Dieci minuti cazzo. Siete usciti dal mio ufficio dieci minuti fa.”
- “Sa non dovrebbe dire le parolacce davanti ai suoi studenti signor preside” intervenne Walter prendendolo palesemente per il culo.
-“Laboni, Molinari nel mio ufficio!!! Immediatamente!!”
E così ci incamminammo nuovamente nel posto da dove eravamo appena usciti prima di metterci a litigare davanti alle macchinette.
 

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Capitolo 2
*** A colloquio con il preside ***


CAP. 1  A COLLOQUIO CON IL PRESIDE
 
Il preside – tale Roberto Molinari  - era senza ombra di dubbio un bell’uomo!! Doveva avere più o meno  cinquant’anni, ma non li dimostrava assolutamente; perfettamente inserito in una realtà giovanile come quella del suo liceo.  I suoi capelli biondo scuro con qualche filo brizzolato gli attribuivano  un’aria da uomo vissuto e un po’ tenebroso, ma il suo carattere gioviale e allegro lo rendeva una persona alla mano in grado di rapportarsi bene con chiunque si trovasse di fronte. I suoi occhi verdi  - identici a quelli che aveva ereditato suo figlio - erano incantatori, riusciva ad intrappolarti con un semplice sguardo senza darti possibilità di scampo.   Brillante e determinato, metteva il massimo impegno nel suo lavoro,  felice di poterlo condividere con giovani adolescenti, in cui riponeva la speranza per un futuro migliore.
 Seguendo il modello americano, dove aveva fatto esperienza da giovane, la scuola che gestiva era sperimentale. Raccoglieva infatti i tre indirizzi: classico, linguistico, scientifico, e proponeva diverse esperienze di socializzazione, - quasi obbligatorie per poter ottenere maggiori crediti scolastici – al pomeriggio.  
L’istituto era gestito alla perfezione, e gli studenti sapevano che lui li avrebbe ascoltati, ma erano anche consapevoli che il suo metro di giudizio era molto rigido e anticonvenzionale. Roberto infatti non faceva inutili ramanzine, ma putiva in maniera “alternativa” diciamo.  Tutti lo temevano e lo rispettavano. Tutti tranne uno. Il suo unico fallimento educativo, il ragazzo che lo faceva andare in bestia dalla mattina alla sera, ma con il quale doveva pur mantenere un minimo di contegno anche se ogni volta che se lo ritrovava davanti gli prudevano le mani….. lui….  Walter Molinari….suo figlio!!!
Lo stesso ragazzo che adesso gli stava di fronte con una maglietta tutta macchiata e un cipiglio da far invidia ad un serial killer rivolto alla ragazza che gli stava accanto naturalmente.
  • “Allora” esordì con fare quasi rassegnato agli eventi “che è successo di così tragico negli ultimi dieci minuti da farvi palesemente ignorare le belle parole che ho speso con voi circa” e guardò l’orologio con movimenti quasi plateali “ mezz’ora fa? “
I due rimasero in silenzio e abbassarono il viso verso il pavimento.
  • “Sentite” ricominciò il preside, questa volta con voce seria e perentoria “non fatemi perdere la pazienza più di quanto io non l’abbia già persa con voi due… perché sono a tanto così “ e mimò con le dita uno spazio di pochi centimetri “dalla sospensione, cosa molto frustante sia per me che per voi considerando che siamo a Settembre e le lezioni sono cominciate da poco più di 15 giorni.”
  • “Mi ha dato dell’idiota!!!” esordì allora Walter
  • “E lui della sgualdrina” ribatté acida lei.
  • “Oh andiamo …era una battuta!!! Nessuno in questa scuola metterebbe in dubbio la tua condotta scolastica e morale signorina Perfezione!!!” sputò lui velenoso.
  • “Beh… allora anche la mia lo era. Che tu sia un’idiota è un dato di fatto!!! Nessuno in questa scuola lo metterebbe in dubbio!!!” gli fece il verso lei.
  • “Senti adesso basta ragazzina…” urlò minaccioso, “ti ho già sopportata troppo oggi; il fatto che tu sia sessualmente frustrata, non significa che devi rompere in continuazione le palle al sottoscritto”
Monica non ci vide più dalla rabbia, e la sua impulsività ebbe sopravvento sulla ragione.
  • “Ma come ti permetti???” sbraitò con voce stridula. “ Solo perché non trovo appagante sbattermi un ragazzo dietro l’altro e poi non ricordarne neppure il nome come fai tu, non significa che io sia una frustrata… Tu la moralità non sai neppure dove sta’ di casa! Ti senti così realizzato ad avere un harem che si prostra a te ad ogni schiocco di dita ? Oppure cos’è che brucia, il fatto che io non mi faccia mettere i piedi in testa da te e da quel branco di cretini che chiami amici?? Capisco che per te il mondo gira intorno alla figa ma non per tutti è così bello…”
Troppo tardi Monica collegò il cervello alla bocca.
Troppo tardi Monica si rese conto del posto dove si trovava.
Troppo tardi Monica si accorse di avere sbraitato così davanti al preside.
Troppo tardi si ricordò che il preside era anche il padre di Walter.
Un silenzio imbarazzante calò su tutta la stanza.
Monica si maledì in ogni lingua conosciuta per essersi lasciata andare così tanto distruggendo probabilmente tutta la sua reputazione di studentessa modello; Roberto Molinari rimase momentaneamente sbigottito immagazzinando le parole appena sentite e poi guardò il figlio che era zitto e immobile ma visibilmente scosso da quelle sentenze sul suo conto;  Walter dal canto suo era incazzato nero. Come si permetteva quella stupida di trattarlo così? Per di più davanti al padre… era inconcepibile.
Anche se i due non andavano particolarmente d’accordo, soprattutto da quando cinque anni prima se l’era ritrovato anche come preside, Walter nel profondo stimava più di ogni altro suo padre, sapeva che era in gamba e desiderava avere il suo rispetto e la sua stima.
Il padre nel frattempo lo stava osservando attentamente,  visibilmente preoccupato. Conosceva abbastanza il figlio da sapere che una cosa del genere non l’avrebbe mai fatta cadere a vuoto . ” Adesso la picchia” pensò “ e dovrò sospenderlo anche l’anno della maturità oltre a dover giustificare ad Alberto il motivo per cui la sua adorata figlioletta è stata malmenata da mio figlio!!”
Guardò la scena al rallentatore… Walter girarsi verso di lei con gli occhi quasi spiritati, i muscoli rigidi, le braccia tese lungo i fianchi, i pugni chiusi….
“BASTA!!!” urlò alzandosi in piedi e appoggiando le mani alla scrivania spostando l’attenzione dei due ragazzi su di lui.  “Non ne posso più, di voi due e di queste sceneggiate che si ripetono ogni anno. L’anno scorso ho rischiato l’esaurimento per le vostre continue bravate… non pensate minimamente di riprendere lo stesso andazzo quest’anno!!! “
Prese poi un grosso respiro e si calmò. Rialzò lo sguardo verso i due malcapitati e con la voce più calma che riuscì a ritrovare disse: “Monica, sei una delle studentesse migliori della mia scuola, se non LA migliore… per stavolta farò finta di non aver sentito il tuo sfogo….. chiamiamolo così, ma non voglio che la cosa si ripeta mai più. “e poi guardandoli entrambi riprese “ Solitamente non minaccio i miei alunni, ma vi assicuro che se vi ripesco nel mio ufficio insieme per un’altra delle vostre litigate, la punizione che inventerò per voi vi renderà la vita impossibile. Questa è una promessa!! Ci siamo intesi?
I due ebbero per lo meno la decenza di non ribattere e annuire con la testa.
“Bene” continuò il preside e rivolgendosi a Monica aggiunse “Adesso puoi andare”
I due si voltarono e fecero per raggiungere la porta
“Ho detto puoi, non potete… tu fermati” disse Roberto rivolto al figlio. Monica se ne andò e i due rimasero soli.
“Allora cos’è questa storia?” esordì il preside.
“Quale storia?”
“Vuoi davvero che te lo ripeta…aspetta com’è che ha detto… .- sbattermi una ragazza dietro l’altra e poi non ricordarne neppure il nome come fai tu,-?
“ Quella scema non sa neanche cosa dice.. le cose non stanno così”
“E come stanno allora? Dimmelo tu.”
“Non credo siano affari tuoi.”
“Sì che le sono!!! Sono tuo padre e anche il tuo preside. Se ti sbatti una dietro l’altra le mie alunne” mimò facendo il segno delle virgolette “sono anche affari miei. Non voglio che tu giochi con i sentimenti degli altri”
“Oh andiamo… non ho mai giocato con nessuna..è solo un gioco e a volte sono addirittura loro a voler giocare..” disse Walter
“Gioco?” domandò il padre sospettoso. “Che gioco?”
“Nulla …papà nulla!! Disse ancora Walter lasciando intendere che quel discorso era concluso. Non aveva certo intenzione di parlare a suo padre della sua vita sentimentale e ancora una volta pensò ad una serie di maledizioni per Monica che aveva innescato tutto quel siparietto. “Quella ragazza aveva i giorni contati” pensò , ma poi si ricordò dell’avvertimento di suo padre.
“O.K. Allora cambiamo argomento… perché la detesti così tanto?”
“Chi?” domandò il ragazzo.
“Lo sai benissimo…ma se vuoi ti faccio un riassunto … intelligente, bionda, occhi azzurri, decisamente carina…”
“Smettila di difenderla” sbottò lui, “ma non hai sentito cosa mi ha detto prima, se si fosse trattato di chiunque altro l’avresti come minimo messo in punizione invece con lei….”
“E’ la studentessa migliore della scuola e non è nel suo carattere reagire così… lo fa solo quando ci sei tu di mezzo e conoscendoti l’avrai portata all’esasperazione per farla sbottare in quel modo”
 “E’ una vipera!!”lo interruppe il figlio
“Sarà…però è una vipera carina!”
“Non ci pensare neanche…”
“A cosa?” chiese il padre fingendo di cadere dalle nuvole.
“Ti farei troppo felice papà!” rispose Walter avvicinandosi alla porta per andarsene contento in cuor suo di essere riuscito ad avere l’ultima parola. Raramente succedeva…ed infatti…
“Dove stai andando? Non mi sembra di averti congedato!!!” Ahia, pensò Walter, ecco che era tornato ad essere il preside. Si girò a guardarlo e quando incrociò i suoi occhi non ci lesse nulla di buono.
   “Mancano cinque minuti alla fine delle lezioni, vai a casa e fatti una doccia che sei conciato da sbattere via.”
-“La farò negli spogliatoi, oggi ho gli allenamenti!!”
 “Non hai capito” riprese il preside. “Oggi salti gli allenamenti!!”
-“Ma papà…” provò lui a lamentarsi, ma venne bloccato immediatamente.
 “Vi ho visti… e soprattutto ho visto i segni rossi che aveva sulle braccia, anche se lei non se n’è minimamente lamentata..Te lo ripeto… vai a casa Walter!! Che non succeda mai più, altrimenti la tua squadra la vedrai solo in cartolina quest’anno. Ci siamo capiti Capitano?”
“Si signore. Ti prometto che non toccherò più la tua cocca.” E usci dalla porta sbuffando.
 
Il signor Molinari, una volta rimasto solo aprì il primo cassetto della sua scrivania in mogano scuro e si concesse una sigaretta. Quei due ragazzi avevano l’insolito potere di sfinirlo. Voleva bene ad entrambi in fondo.
Walter era suo figlio. 19 anni, bello come il sole, e non era una novità che le ragazze facessero la fila per accaparrarselo, ma non era mai parso interessato a qualcosa di serio e dopo le affermazioni sentite ne capiva anche il perché. Dopotutto anche Roberto era un uomo ed era stato giovane, forse ancora più scapestrato del figlio (ma questo non poteva certo dirlo, che esempio sarebbe stato altrimenti) Se uno ha la fila alla porta perché deve accontentarsi? In fondo Walter non era cattivo, sotto quella facciata da teppistello nascondeva un cuore d’oro.  Aveva i suoi stessi occhi verdi smeraldo, i capelli colore del grano perennemente spettinati, un sorriso accattivante e sexy, il suo corpo era perfetto, muscoloso ma non palestrato frutto degli allenamenti di calcio nella squadra della scuola di cui era il capitano.
Dei quasi 1.000 studenti iscritti all’istituto era senza ombra di dubbio il leader indiscusso. Lui dettava le regole, i modi e i tempi. Era come se gli ruotasse tutto intorno. Nessuno osava contraddirlo o andargli contro, le ragazze sospiravano al suo passaggio, ed era vero … avrebbe potuto benissimo schioccare le dita e qualcuna gli si sarebbe buttata tra le braccia… tranne una. Ed era questo che lo mandava in bestia, pensò Roberto divertito.
Monica Molinari era la figlia del suo migliore amico Alberto, 17 anni, aveva splendidi occhi azzurri capaci di perforarti l’anima, i capelli erano biondi a boccoli perfetti lunghi poco sotto le spalle. Era davvero bellissima, ma sembrava non rendersene minimamente conto, o almeno non lo faceva notare. Amata e invidiata, aveva un carattere solare e allegro, difficilmente la si trovava in giro senza un libro in mano o intenta a svolgere qualche progetto scolastico. Ma non era una secchiona, era semplicemente intelligente al di sopra della media senza mai ostentare questa sua dote, aveva la capacità di leggere le cose e ricordarsele immediatamente. Altruista e determinata collaborava con la redazione del giornalino scolastico. Il suo sogno era infatti di fare la giornalista. Responsabile e razionale, non perdeva mai le staffe, tranne quando si parlava di Walter. Allora era fuoco e fiamme. Buttava nel cesso tutta la sua razionalità e diventava isterica. Sotto un certo aspetto il preside l’ammirava, lei riusciva a tenergli testa, come forse neanche lui era capace.
 
Terminata la sigaretta Roberto tornò al lavoro e cominciò ad aprire la posta arrivata quella mattina.
C’era la busta, quella busta, la busta della gara dell’anno 2011. Era tradizione infatti che ogni anno le scuole superiori di Milano e limitrofi si sfidassero in gare educativo/sportive/umanitarie/ecc…. decise dalla regione di volta in volta. I premi variavano da borse di studio per gli studenti, materiale didattico per la scuola, viaggi studio, ecc… ecc…ma più di tutto era la competizione tra tutte le scuole che la faceva da padrone, quasi al pari dell’annuale torneo di calcio che per altro per due anni a fila era stato vinto dal suo istituto.
A Roberto Molinari non piaceva perdere. Mai!!!
Aprì la busta trepidante di curiosità…si trattava di una competizione divisa tra più prove, - sportive, didattiche e di bellezza. Niente di trascendentale pensò il preside”un momento, ma cosa significava di bellezza???”ma poi andando avanti nella lettura era specificato...
“ Ogni istituto dovrà presentare solo due alunni, a rappresentanza dello stesso, un maschio e una femmina che dovranno essere a tutti gli effetti una coppia!!! Questo a dimostrazione che non sempre l’amore fa perdere di vista gli obbiettivi che la scuola si propone di infondere. Maggiori dettagli verranno dati in seguito”
“Una coppia….” Pensò il preside “Due ragazzi che stanno insieme? E dove li trovo? Io non so neanche le coppie che ci sono a scuola… E poi devono essere belli, fare sport ed essere bravi nelle materie scolastiche ??? E dove la trovo una coppia così…??? Che rappresenti tutto l’istituto poi…”
Ma poi l’illuminazione !!“Non accetteranno mai” si disse.  “Ma perché dovrei chiederlo…” sorrise tra sé. Cos’è che gli aveva appena detto ….”una punizione che vi renderà la vita impossibile..Eccola !!”
Non gli rimaneva che aspettare, aspettare che nonostante tutte le sue prediche, ci ricascassero…forse un giorno,… 48 ore, al massimo una settimana, ma lui sapeva che ci sarebbero ricascati perché era nel loro DNA. Era così  e basta da tre anni a questa parte. E sorrise soddisfatto della sua idea.
No, Roberto Molinari non avrebbe perso, neanche quest’anno!!!!

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Capitolo 3
*** Parlando di te ***


CAP. 2 PARLANDO DI TE
 
        WALTER MOLINARI
 
POV MONICA
  • “Ohi …ciao!!!” mi corse incontro Valeria quella mattina appena imboccato il vialetto che portava alla nostra scuola. “Ma dove sei finita ieri?? Ti ho cercata dappertutto…”
  • “Lasciamo perdere, ti prego!!!” Valeria era la mia migliore amica anche se caratterialmente non sembravamo proprio compatibili. Eravamo nella stessa classe e da subito ci eravamo prese in simpatia, fino poi a diventare inseparabili con il passare del tempo. Lei all’apparenza molto più esuberante di me aveva sempre la battuta pronta, era allegra e solare ed anche molto bella.
  • “Aspetta!!! Fammi indovinare….Walter Molinari!!” riprese.
  • “Esatto.” Sospirai “Siamo andati nuovamente dal preside!!”
  • “Ah” rispose Valeria
  • “Come ah…?” Alzai gli occhi curiosa verso la mia amica “Niente urletti isterici su quanto sia figo…su come era vestito…sul perché io ci litighi in continuazione…o le tue infinite paternali su… ma ti rendi conto che così facendo ti metti contro il leader indiscusso della scuola… ecc ecc”
  • “No, oggi niente di tutto questo!!” rispose lei quasi risoluta.
  • “E perché?” domandai curiosa.
  • “Perché ormai ho capito che è una battaglia persa… quindi rinuncio!! Lui ti provoca e tu ci caschi…”
  • “Io non ci casco!!!” protestai indispettita.
  • “Ah no???” mi guardò sorridendo. “Ed è per questo che ieri siete finiti nuovamente in presidenza?” chiese con un tono palesemente divertito. Colpita e affondata. Probabilmente notando la mia faccia buffa e contrariata al tempo stesso Valeria scoppiò a ridere e correndo urlò “Muoviti che altrimenti facciamo tardi….poi darai a lui la colpa anche di questo!!!” E mi lasciò lì impalata come un ebete mentre allontanandosi da me faceva svolazzare i suoi splendidi boccoli neri.
Le lezioni della mattinata furono abbastanza tranquille e scorrevoli. Almeno per la sottoscritta, ma questa non era proprio una novità; difficilmente trovavo una lezione veramente impegnativa. Ero una ragazza tendenzialmente curiosa, pertanto mi piaceva molto apprendere in generale; inoltre fortunatamente avevo un’ottima memoria e questo nello studio aiutava parecchio. La campanella dell’intervallo mi colse quasi di sorpresa. Attesi alcuni istanti che le masse di studenti si riversassero sui corridoi, e poi uscii a mia volta seguita da Vale naturalmente. Silenziosamente andammo verso i distributori automatici, ma una volta arrivate guardai la mia amica che aveva assunto un’espressione alquanto strana.
  • “Beh che c’è?” le domandai.
  • “Sai… pensavo che non è molto prudente per me starti così vicina mentre superiamo il cestino dei rifiuti….”
  • “Allora tu lo sai???” e mi girai a guardarla sbalordita “ Ma che brutta stronza!!! Tutto il disinteresse di stamattina era una presa per il culo????” Valeria scoppiò a ridere come una deficiente, poi riprendendosi disse:
  • “ Monica tesoro, tu sei l’unica persona in questa scuola a pensare ancora che tutto ciò che coinvolge Molinari non sia di dominio pubblico!!! Tutti sanno dell’episodio di ieri, tutti sanno che siete finiti dal preside, ma quello che non sanno e che io vorrei sapere è in quale tipo di provocazione sei caduta questa volta….”
  • “Mi sono incazzata perché mi ha fatto degli apprezzamenti volgari sulla mia persona e poi ha terminato dicendo che sono scopabile…”
  • “E’ un complimento!!”
  • “Un complimento???” sbottai irritata “Uno ti dice che hai un corpo scopabile e tu mi dici che è un complimento… ma sei fuori di testa Vale….”
  • “Detto da lui è un complimento…ti trova bella…ma questo si era già capito.” Aggiunse compiaciuta.
  • “Senti un po’” le chiesi cercando di sorvolare il perché una ragazza sana di mente potesse trovare nell’espressione scopabile un complimento “ma tu come fai a conoscerlo così bene da interpretare le cazzate che spara…. Gli rivolgi a mala pena la parola quando sei con me …devo dedurre che quando non ci sono gli fai le fusa???” la provocai divertita. Silenzio. Perché silenzio???? Oh Cazzo perché Valeria non replicava.
  • “Vale perché non parli?” chiesi allarmata. La vidi sospirare profondamente, come se fosse tormentata per qualcosa ed iniziai a preoccuparmi seriamente anch’io. D’improvviso, parlando più a se stessa che a me sussurrò:
  • “O.k. E’ giunto il momento della verità” Poi mi guardò seria come non l’avevo mai vista “Come posso dirtelo Moni…” incominciò pensierosa “non è che gli faccio le fusa però mi ci sono fatta un giretto sopra….” Mi disse in evidente imbarazzo.
  • “Sei stata con lui???” esordii girandomi di scatto verso la mia migliore amica come se invece di lei mi trovassi davanti un fantasma.
  • “Beh…. Oddio ….” E roteò gli occhi al cielo pensando “stata… presuppone che ci sia stata insieme;  quindi direi proprio di no!!!”
  • “Ah bene!!” sospirai regolarizzando il respiro accelerato.
  • “Ci sono solo andata a letto.”proseguì molto tranquillamente.
  • “Che cosa?????????? Tu sei andata a letto con Walter Molinari?????” urlai come un’aquila nel mezzo del corridoio affollato.
  • “Shss  non urlarlo così ….” E mi mise una mano sulla bocca trascinandomi neanche so’ bene dove.
 
 Mi ritrovai in cortile, seduta su una panchina sotto le fronde di una quercia. Il vento settembrino scuoteva le sue foglie ed anche i miei capelli, probabilmente elettrici dopo quelle nuove rivelazioni. Valeria era seduta accanto a  me, in attesa che mi calmassi penso ed evitava costantemente di guardarmi. Sapevo che non era più vergine e che era più libertina della sottoscritta in fatto di ragazzi, lei era più disincantata di me da quel punto di vista, non necessariamente sosteneva che dovevi sempre sentire le farfalle nello stomaco per concederti completamente. Io non l’avevo mai giudicata per questo, la pensavamo semplicemente in modo diverso!!! Però ci eravamo sempre raccontate tutto, o meglio lei mi raccontava, io ascoltavo non avendo una reale esperienza in materia. Ero arrabbiata e delusa per quella mancata confidenza, ma la parte logica e razionale di me, continuava a ripetersi che in fondo non sempre due amiche devono raccontarsi tutte le pisciate che fanno. Ognuno di noi ha diritto di tenersi qualche segreto nel cuore se non si sente pronto a condividerlo. Oh Dio!!!!! Magari la mia migliore amica sentiva qualcosa di serio per Walter Molinari ed io non facevo altro che insultarlo da mattina a sera…..ma che amica ero a non essermi accorta di nulla…..
           
  • “Smettila di far funzionare il tuo cervelletto….si sentono le rotelle girare da qua fuori…” mi girai e la vidi guardarmi sorridendo.
  • “ Se vuoi sapere qualcosa basta chiederlo…..” aggiunse Valeria.
  • “Quando  è successo???” riuscii a sussurrarle.
  • “Quest’estate, mentre tu eri in vacanza con i tuoi…..ci siamo incontrati ad una festa, lui era appena tornato dalla Sardegna, abbronzato e bellissimo… ed è successo!!!”
  • “Perché non me l’hai detto???” chiesi con titubanza
  • “Amore, ma ti vedi…..” mi disse lei con dolcezza “ogni volta che si parla di lui scatti come una molla e diventi un’ossessa; è come se non riuscissi più a ragionare lucidamente….. “
  • “Hai ragione….” Sospirai sconfitta
  • “Non volevo che questa mia debolezza ti provocasse uno stress e poi….. “
  • “Ne sei innamorata???” domandai titubante
  • “Ah Ah Ah Ah” Valeria scoppiò a ridere a crepapelle “E’ questo che pensavi prima quando eri così assorta????... Ma no stupidina che non ne sono innamorata. Solo una pazza si innamorerebbe  di lui. Non è stato niente di serio. Il motivo per cui non te l’ho detto era che mi sentivo in imbarazzo a confidarti che anch’io avevo ceduto al suo fascino!! Tutto qui!!”
  • “ Mi dispiace veramente …io non mi accorgo di esagerare così tanto quando si parla di Molinari, è solo che non riesco a sopportare il suo modo di trattare le ragazze come fossero oggetti…mi manda letteralmente in bestia!!!”
  • “Scusa ma non hai mai provato a guardare la cosa da un’altra prospettiva?”mi domandò facendosi seria.
  • “Eh sarebbe ???” chiesi curiosa.
  • “Se fossero le ragazze a volersi fare usare da lui ????” Rimasi sbigottita dall’assurda verità di quelle parole. ”Nel mio caso per lo meno è stato così…” Sorrise un po’ imbarazzata.
  • “Perché?”
  • “Oh andiamo Monica apri gli occhi!!” si spazientì Valeria. “Quel ragazzo a scuola è quasi una leggenda, e non solo nella nostra scuola, te l’assicuro….Ha le fattezze di un angelo ma si dice che sia un diavolo, ha quel fascino da bello e dannato che ci fa cadere tutte come pere mature…. Tutte prima o poi sognano o hanno sognato di essere quella che gli farà battere il cuore…”
  • “Quello lì non ce l’ha un cuore…” sentenziai irritata. E partì un delirante monologo di Valeria sulle presunte doti di Walter Molinari che io non riuscivo a scorgere poiché troppo rigida sulle mie posizioni. Dopo poco smisi di ascoltarla e pensai che su una cosa forse Valeria aveva ragione..magari erano le ragazze a farsi usare.
  • “Eh  com’è?” esordii ad un certo punto riportando nuovamente l’attenzione sulla mia migliore amica.
  • “Com’è cosa?” mi chiese curiosa.
  • “ Com’è…lui…beh…ecco…da quel punto di vista…” dissi in evidente imbarazzo. “ Dai hai capito cosa intendo…non farmelo specificare.”
  • “Aspetta un attimo… Tu Monica Laboni mi stai chiedendo com’è Walter Molinari a letto??????????” urlò scoppiandomi a ridere in faccia “Santo cielo non ci credo….”
  • “Smettila!!!” risposi stizzita “E’ solo una curiosità. Non facciamone una questione di Stato.”
  • “Beh amica mia…che vuoi che ti dica … lui è….come posso spiegarti….è …cavoli non riesco a trovare le parole adatte…è da provare!!!”concluse maliziosa e divertita al tempo stesso dall’espressione sconcertata che aveva la mia faccia.
  • “Ma Valeria…. “ iniziai protestando, ma lei interrompendomi immediatamente aggiunse
  • “Dammi retta amica mia dovresti provarlo anche tu e ti assicuro che poi non potrai più farne a meno!!! Anche se lui di solito non concede il bis….” E poi ridendo sguaiatamente si alzò di scatto dalla panchina e corse via lasciandomi per la seconda volta nella stessa giornata impalata come una cretina con un’espressione da ebete sicuramente dipinta in volto.
 
 
NOTE  AUTORE
Ciao a tutti quelli che seguono la mia storia e grazie. Volevo specificare che nello scorso capitolo ho commesso un errore di battitura ..Monica infatti di cognome si chiama Laboni e non Molinari ( Walter) come erroneamente ho scritto. Scusatemi ancora. Un grazie particolare a coloro che hanno recensito gli scorsi capitoli. La storia la sto’ scrivendo man mano pertanto le vostre opinioni sono utili e importanti perché potrebbero farmi deviare dalla strada maestra che ho nella testa. Alla prossima Manu
 

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Capitolo 4
*** L'inizio della fine ***


CAP. 3  L’INIZIO DELLA FINE
 
Era trascorsa quasi una settimana dall’ultimo incontro/scontro con Walter Molinari, e Monica aveva optato per un vera e propria strategia per tenersi - a suo avviso - lontana dai guai o per lo meno dalla presidenza. Dopo aver preso coscienza che Valeria aveva ragione ad affermare che lei scattava ogni volta che c’era di mezzo quel ragazzo e che cadeva inesorabilmente nelle sue provocazioni, aveva deciso di evitarlo. Un piano banale e scontato, ma che avrebbe portato un ottimo risultato se affrontato nella giusta maniera. Approfittando infatti del suo ruolo alla redazione del giornale scolastico, che le permetteva l’accesso ad alcune informazioni del database degli studenti, aveva stilato in modo quasi maniacale una specie di mappa di tutti i suoi movimenti all’interno dell’edificio, orari delle lezioni, spostamenti in palestra o in vari laboratori, ubicazione della classe e di conseguenza bagni e corridoi statisticamente più frequentati, giorni e orari degli allenamenti di calcio, partite ufficiali o amichevoli in programma e pertanto accesso al campo all’aperto e agli spogliatoi, i giorni in cui usufruiva della mensa scolastica e quelli in cui andava a casa, ecc…ecc..  
Aveva inoltre scoperto, con un po’ di sconcerto, che quello che aveva detto Vale a proposito del fatto che tutto ciò che facesse Molinari fosse di dominio pubblico, non discostava poi molto dalla realtà. Era bastato infatti ascoltare “distrattamente” alcune conversazioni, o fare qualche domanda fintamente disinteressata al gruppo di ochette che facevano parte del suo detto “harem” - compito che svolgeva la sua migliore amica perché fatto da lei sarebbe stato troppo sospetto,  - per scoprire tutte le abitudini sue e della sua combriccola di amici intimi…. il muretto dove si fermavano a sparare cazzate, i posti preferiti per fumare, persino i luoghi dove erano soliti imboscarsi con la ragazza di turno…
Logicamente il piano consisteva nello stare il più alla larga possibile dai posti dove in quel momento soggiornava Molinari. Ma questo l’aveva inevitabilmente portata a pensare o parlare di lui per tutta la settimana diventando un chiodo fisso nei suoi pensieri e stressandola più del dovuto. Inoltre doveva sorbirsi le continue paternali della sua amica che ormai la considerava alla stregua di una pazza psicopatica per tutto il casino che aveva messo in piedi costringendo per altro lei ad aiutarla, come punizione per la mancata confidenza su Molinari, ecco appunto che si tornava a parlare di lui!! Era come giocare al cane che si morde la coda.
 Per questo Monica Laboni quel mercoledì mattina appena la campanella dell’intervallo suonò sgattaiolò di corsa, quasi fosse una ladra, in cortile e si rifugiò nella parte più lontana dall’edificio dove sorgeva una piccola pineta e dove soprattutto non andava mai nessuno. Aveva bisogno di stare sola e riflettere sugli ultimi avvenimenti perché forse aveva un po’ esagerato con tutta quella faccenda dandogli fin troppa importanza. Stava appunto pensando a tutte queste cose, quando sentì un vociare divertito avvicinarsi. Girandosi per vedere chi fosse quasi le venne un colpo…”Perché Molinari con la sua combriccola di scemi stava procedendo verso di lei??” pensò allarmata. Secondo le sue indagini infatti non frequentavano mai posti così lontani dallo stabile perché non permettevano al loro enorme egocentrismo di mettersi in mostra. Scattò come una molla dietro alla corteccia del grande albero sotto il quale si era sdraiata, sperando che non l’avessero vista.
-“Oh mamma…oh mamma!! Adesso che faccio?” si domandò Monica mentre le voci erano sempre più vicine. E fece la cosa più stupida che poteva fare; l’azione che poi avrebbe portato a tutta una serie di disastrose conseguenze …ma in quel momento ancora non poteva saperlo. Trovando un’agilità che neppure sapeva di possedere si arrampicò sull’albero quanto più in alto poté cercando di mimetizzarsi fra i rami e pregando che a nessuno venisse in mente di guardare in alto!!
POV  WALTER
Che palle!!! Possibile che per fumare una canna in santa pace si dovessero fare chilometri – si fa per dire - . Beh fumare era un parolone, una misera canna divisa in sette era praticamente il nulla. Però eravamo pur sempre a scuola, di conseguenza non potevamo permetterci di sballare, ci avrebbero scoperti immediatamente. Non che fumassi spesso, - le sigarette sì -  ma roba pesante raramente, a qualche festa, in discoteca… ma non ne ero assolutamente dipendente. Ma  quando Marco era arrivato offrendoci un giro ci eravamo detti perché no???
  • “Qui può andare bene!!” sentenziai fermandomi sotto il primo albero. Non avevo intenzione di muovere un altro muscolo.
  • “Forza accendi!!” proseguì Ale. Alessandro Ravelli era il mio migliore amico o forse anche di più. Era quasi un fratello per me, ci conoscevamo da sempre essendo mio vicino di casa ed avevamo fatto praticamente tutto insieme, dall’asilo, alle superiori… le prime vacanze da soli, le più assurde cazzate.  Ci passavamo senza problemi anche le ragazze, svelando all’altro segreti o debolezze per farle impazzire!
  • “E’ un po’ che non si vede la tua amica saputella?” esordì Marco accendendo la canna e passandomela per il primo tiro.
  • “Vaffanculo” fu la mia gentile risposta. “Quella sciocca non è mia amica!!”
  • “Non scaldarti. Era una battuta!! “ intervenne Yuri “Possibile che ogni volta ti salta la mosca al naso??” Yuri era l’altro amico inseparabile che avevo; diversamente da Ale l’avevo conosciuto in prima superiore ma avevamo passato quattro anni fantastici insieme. Eravamo un trio inaffondabile. Unica pecca al nostro splendido rapporto era la sua ragazza. Yuri infatti  era felicemente fidanzato con una tipa di un’altra scuola e questo, in un certo senso, lo teneva fuori dai giochi.
  • “ Che posso farci? Non riesco a sopportarla!!”
  • “Ma se vuoi vincere dovrai far capitolare anche lei…” proferì il mio migliore amico Alessandro con aria divertita.
  • “Solo se sarà necessario.”
  • “Secondo i miei calcoli ci sei molto vicino…”
  • “Falla finita Ale!!”
  • “Chissà se è ancora vergine….” Si intromise nella conversazione Christian.
  • “Speriamo, sarebbe più semplice no?”
  • “Ma figuriamoci… è impossibile” s’intromise anche Mario “Quella ragazza è bella da far paura…altro che vergine…avrà la fila alla porta”
  • “Non sembra una facile….onestamente da tutta un’altra impressione!”  proferì ancora Alessandro.
  • “Com’è che la difendi sempre?” chiese malizioso Yuri
  • “Ma che dici cretino…non è vero!! “
  • “Qui gatta ci cova!!”
Continuarono a prenderlo per il culo con battutine di dubbia interpretazione sulla Laboni e Ale stava al gioco, ma io che lo conoscevo da una vita ormai, capivo che c’era qualcosa di diverso in lui…Sembrava timoroso mentre scherzava su di lei, ed era visibilmente imbarazzato … cosa quasi impossibile per lui, visto che in alcune occasioni si era rivelato persino più bastardo di me. Fu Yuri  a dare voce anche ai miei pensieri…
  • “Se non ti conoscessi bene direi che ti sei preso una bella cotta per Monica Laboni”
Gli sguardi di tutti si puntarono su di lui che onestamente credo non sapesse che pesci pigliare. La risposta era più che evidente ai miei occhi. Si, Alessandro Ravelli si era preso una sbandata per Monica Molinari. Mi veniva quasi da ridere per l’assurdità della cosa e lo stesso dovette pensare Yuri visto il modo in cui mi guardò. Devo ammettere che vederlo così in difficoltà mi divertiva parecchio, ma era sempre il mio migliore amico quindi…
  • “Adesso basta con queste stronzate…. cotta o non cotta, vergine o no…quella ragazza ha un conto in sospeso con me e me la pagherà”
CRACK si sentì provenire dall’albero sotto il quale eravamo. Feci giusto in temo a guardare in alto che la fonte di tutte le nostre discussioni mi si catapultò addosso stendendomi letteralmente al suolo.
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Capitolo 5
*** Destinazione .... presidenza!! ***


CAP.  4  DESTINAZIONE….PRESIDENZA!!

POV MONICA

Arrivai - non so’ bene neppure io come - su quel ramo e mi sistemai cercando di rimanere il più possibile immobile, cosa non molto semplice considerando la scomoda posizione in cui mi ero ritrovata ed il bruciore persistente dei graffi che mi ero procurata a gambe e braccia arrampicandomi.  Dall’alto della mia postazione li vidi avvicinarsi e ahimè fermarsi proprio sotto il mio albero. La mia solita fortuna pensai sconvolta, se mi avessero scoperta avrei fatto una figura di merda di quelle colossali oltre al trovarmi completamente esposta al “nemico”.  Calma Monica. Calma e sangue freddo, continuavo a ripetermi come un mantra, ma non stavo ottenendo grandi risultati fino a quando ascoltando dapprima distrattamente la loro conversazione mi resi conto che quei cretini stavano parlando… “Oh Santo Cielo!! Parlavano di me!! Porca paletta!! E adesso?” Man mano che ascoltavo le loro parole la rabbia si faceva sempre più strada; ma come si permettevano quei citrulli di parlare così, considerandomi alla stregua di un oggetto. Inammissibile!!!! A destarmi dalla mia ira, fu uno strano formicolio sulla mia coscia sinistra che mi portò a voltarmi in quella direzione. Una cavalletta… una stupida schifosa cavalletta, lunga più o meno cinque centimetri, di quelle che saltano non appena ti muovi,… stava risalendo piano piano la mia gamba. Presa in contropiede tentai di scacciarla, ma ogni tentativo fu vano. D’improvviso un suo salto mi fece sbilanciare e poi la catastrofe…. Un urlo, il ramo che si spezza, io che cado inevitabilmente al suolo …
 
Odore di menta, o forse pino silvestre; comunque buonissimo e fresco…un corpo atletico e caldo che mi aveva salvata, seppur involontariamente, da una fine ben peggiore. Quando mi ridestai dallo smarrimento iniziale, mi trovai a fissare –  mai così da vicino aggiungerei – gli occhi più belli ed espressivi che avessi mai visto; anche se a dire il vero l’espressione che vi lessi non era per niente rassicurante. Ma perché proprio lui? Erano in sette lì sotto…perché proprio su di lui dovevo cadere?? “Se solo avessi avuto dei poteri magici come si vede nei cartoni animati… avrei potuto scavare una buca e uscire dall’altra parte del pianeta!” pensai esasperata.
Probabilmente mi stavano fissando tutti, ma la mia attenzione era solo per uno. Il suo sguardo era stupito, incazzato, ma anche divertito!!

  • “Allora ti levi dalle palle, - e non in senso metaforico, - o no?”
  • “Eccolo l’esordio di Mister Educazione!”risposi acida scattando comunque come una molla il più possibile lontano da lui, però per lo meno mi aveva evitato di dover essere io a rompere quel silenzio imbarazzante.
  • “Ah sarei io quello maleducato adesso!!! Eh che mi dici di te che mi sei caduta praticamente addosso con tutto il tuo dolce peso?? “ disse alzandosi anche lui da terra senza essersi fatto un solo graffio. Ma di cosa era fatto quel tipo? Di cemento. Insomma è vero che non pesavo proprio tanto, ma vista l’altezza del ramo, il trovarsi impreparato alla situazione, ecc.. ecc.. un po’ di dolore doveva sentirlo. O no?
  • “Beh…ecco..io….” farfugliai come una dislessica.
  • “Ah Laboni Laboni… cosa devo fare con te...?” sospirò “Però, devo ammettere mio malgrado, che in quanto ad originalità non ti batte nessuno; insomma in molte mi hanno teso agguati ..spogliatoi, docce, classi deserte, ma devo dire che nessuna è mai riuscita a piovermi in braccio dal cielo. Complimenti ragazzina.” Si era decisamente divertito dalla situazione!
  • “Tu brutto cafone maleducato… Non crederai veramente che io l’abbia fatto apposta… e che la massima aspirazione della mia vita sia stare tra le tue braccia” però ci stavi bene mi disse una vocina interiore. “E poi scusa, come facevo a sapere che sareste venuti qui a fumare? A quest’ora saresti dovuto essere sul corridoio del terzo piano. Quindi prima di dare fiato alle trombe ragiona pallone gonfiato!!”
  • “E tu come lo sai?”
  • “Come so’ cosa?”
  • “Che in questo momento dovrei essere sul corridoio del terzo piano?” chiese facendosi sospettoso. OPS!! Mica potevo rivelargli di avere una mappa scritta di tutti i suoi movimenti.. mi avrebbe presa per una pazza!! Oltre naturalmente a pensare che fossi innamorata follemente di lui; quindi nel tono più risoluto che riuscii a racimolare risposi:
  • “Razza di idiota, tutti sanno che a settembre, durante l’intervallo tu e la tua ridicola banda  andate sul quel corridoio a selezionare le primine da far entrare nel vostro gruppo di ochette!!”Non era vero che lo sapevo, o meglio l’avevo scoperto solo recentemente; ma dovevo pur salvarmi in qualche modo.
  • “Uaoh ! Sei una continua sorpresa, e così anche Miss Perfezione dà ascolto ai pettegolezzi della scuola!”
  • Questi non sono affari tuoi deficiente!!”
  • “Bisbetica!”
  • “Paranoico!”
  • “Perfettina!”
  • “Scimmione!”
  • “Zitella!”
  • “Pervertito!”
  • “Ragazzina…”
  • “Ti ho detto mille volte di smetterla di chiamarmi ragazzina….” Un colpo di tosse ci ricordò che non eravamo soli.
  • “Devo dire che vedere dal vivo i vostri battibecchi è davvero suggestivo.” Ci girammo entrambi lanciando uno sguardo assassino al povero malcapitato che aveva osato proferire parola, il quale si zittì all’istante guardando verso il basso.
Feci allora una panoramica generale sulle sette persone che mi circondavano, fino a quando incrociai lo sguardo di Alessandro Ravelli che non sostenne il mio, forse per quello che avevo sentito, ma onestamente non avevo proprio voglia di approfondire l’argomento. Quello che volevo era andarmene al più presto possibile da lì prima che la discussione degenerasse.
  • “Comunque, sorvolando sul fatto che a scuola non si fumano le canne….io vi saluto.” E feci per andarmene.
  • “Non così in fretta piccoletta!” mi bloccò Molinari prendendomi per il polso. Brivido!! Probabilmente era la paura no? Certo che era per quello che altro poteva essere?
  • “Che vuoi ancora spaccone?”
  • “Abbiamo un conto in sospeso io e te…”
  • “Che vuoi dire?”
  • “ Oh forse non ricordi le belle parole che hai elargito su di me con mio padre. Per colpa tua adesso mi sta’ ancora più con il fiato sul collo oltre ad avermi fatto saltare gli allenamenti e dato che sono sicuro che appena ne avrai l’occasione riferirai anche di questo spiacevole incidente …. Tanto vale vendicarsi subito!!” Onestamente il sorriso diabolico che gli si dipinse sul volto non era per niente rassicurante.
  • “Mario, Ste andate a prendere una corda.”
  • “Cosa vuoi fare?” domandammo all’unisono io, Yuri e Alessandro Ravelli.
  • “Nulla …. Voglio solo darle una piccola lezione.” Rispose serio Walter. Inutile dire che parlò esclusivamente con i suoi amici e che io non venni minimamente presa in considerazione.
  • “Tu sei pazzo..” urlai cercando di liberarmi il polso ancora stretto da lui.
  • “ Non cercare di scappare pesciolino…. Ormai sei nella mia rete!” dicendo queste parole mi strattonò verso di lui, facendo scontrare la mia schiena contro il suo torace. Un brivido, molto più intenso e caldo di quello percepito prima, mi attraversò la spina dorsale. Ma cosa cavolo mi stava succedendo?? No, io non ero come quelle sciaquette che sospiravano ad ogni suo passaggio.
Dovevo reagire ed anche subito. Tentai invano di liberarmi, …gli pestai il  piede, gli graffiai il braccio… ma niente da fare.
  • “Grazie per l’aiuto! ”proferì ironico Molinari all’indirizzo dei suoi amici, mentre io continuavo a dimenarmi senza risultato.
  • “Ci metteremo nei guai..” sospirò Paolo che fino a quel momento non aveva parlato.
  • “Allora vattene!!” ordinò Walter. “Così non verrai coinvolto.”
  • “Ma cosa vuoi farmi razza di cretino? “ riprovai a chiedere, sperando stavolta di essere ascoltata. “Non vorrai mica approfittarti ci me?”
  • “Ti piacerebbe….” Sogghignò.
  • “Vaffanculo!”
Quando i suoi amici trogloditi tornarono con la corda cominciai a temere il peggio. Molinari mi spinse contro la corteccia di un albero poco distante e mi fece rivoltare fra le sue braccia. Da lontano sentii suonare la campanella che annunciava la fine dell’intervallo.
  • “Forza ragazzi, leghiamola a questa pianta.”
  • “Tu sei completamente pazzo…. “ gridai con voce strozzata. “E’ suonata la campanella ….”
  • “Appunto.”  M’interruppe “ Quale punizione migliore per la nostra alunna modello di saltare le lezioni delle ultime ore….magari mettendo in giro la voce che hai bigiato con uno della 4E. Che ne dici?” mi domandò sghignazzando.
  • “Lasciami andare!” urlai stizzita. “Non potete farlo… tu sei un povero pazzo…questo è un sequestro di persona…io ti ammazzo…” sbraitavo mentre lui e i suoi amici pecoroni mi immobilizzavano a quello stupido albero.
  • “Ehi ragazzi, non vi sembra che questa ragazzina” - e calcò sulla parola ragazzina  - “stia urlando un po’ troppo….? Che dite? Facciamo qualcosa per farla smettere? “ e così dicendo, si sfilò dal collo una sciarpettina di seta bianca – poverino, il cucciolo aveva mal di gola  - e mi guardò sfidandomi.
  • “Non la passerai liscia.” Lo guardai livida di rabbia. “Lo dirò a tuo padre, stanne certo!”
Si avvicinò a me con sguardo malizioso passandosi la sciarpa tra le dita sinuose, mi guardava e mi stava incantando, … Cazzo quel cretino stava usando con me il suo sguardo incantatore e stava funzionando. Dannazione!! Mi sentivo scottare tutta la faccia… Me la passò prima sugli occhi con fare provocatorio e poi facendo scivolare le sue mani dietro la mia testa me la legò sulla bocca. Poi avvicinandosi sempre di più mi soffiò all’orecchio con voce graffiante:
  • “E chi se ne frega! Credi davvero di farmi paura con questa minaccia?”
E mi lasciarono lì, imbavagliata e attaccata ad un albero come un’ebete, mentre ridendo e scherzando tornarono alle proprie classi. Pazzesco, pensai, questa storia è assurda!! Quel viscido verme me l’avrebbe pagata cara. Poi però sentii di nuovo quel profumo… il suo profumo … quel maledetto odore che mi arrivava sotto il naso per colpa di quella stupida sciarpa. Quell’odore m’inebriò i sensi e per quanto ci provai, proprio non riuscii a non pensare a lui … al suo corpo morbido e forte allo stesso tempo… alle sue dita fredde quando mi aveva legata…alla sua bocca insinuante quando aveva sussurrato al mio orecchio….  Santo cielo. Probabilmente stavo diventando pazza… lui era il cretino che m’aveva incatenato ad un albero…e mi aveva piantata lì a marcire da sola… sì, stavo decisamente impazzendo!!! E poi cos’erano quei discorsi sul portarsela a letto, e quel gioco… già nell’ufficio del preside avevo sentito quella parola, … e pensando a tutto questo non mi resi conto che la mia mente era tornata con lui!
 
POV WALTER
Mi ero appena seduto al tavolo della mensa scolastica, quando mi raggiunsero i miei due inseparabili amici. Nonostante a scuola eravamo sempre al centro dell’attenzione e seguiti da un branco di ragazze starnazzanti, tutti sapevano che a pranzo dovevamo stare solo noi tre. Era lo spazio che ci eravamo ritagliati solo per noi e quindi nessuno, a meno che espressamente invitato, osava sedersi al nostro tavolo.

  • “Non ti sembra ora?” esordì Yuri accomodandosi.
  • “Ora per cosa?” risposi falsamente ingenuo. Sapevo dove volevano andare a parare.
  • “Sei proprio una testa di cazzo!” proferì quell’altro.
  • “Oh, ma allora è vero che ti piace…”
  • “Vaffanculo Walter!!”
  • “Sai così sembri proprio lei.” Cinguettai ridendo.
  • “E smettetela di fare i deficienti voi due…” sentenziò ancora Yuri. “A parte gli scherzi, sono passate più di due ore…non credi sia il caso di andare a liberarla?”   
  • “Ci vai tu?” chiesi ancora rivolto ad Ale.
  • “Stai scherzando vero? Quella mi ammazza.”
  • “Figurati se ci vado io allora?” e poi guardandoci scoppiammo a ridere come tre scemi.
  • “No dai seriamente…” riprese Yuri fra una risata e l’altra “che facciamo? Mica possiamo lasciarla là tutto il giorno.”
  • “Perché no?” domando sbuffando “Una rompipalle in meno a scuola.”
  • “Proprio non la reggi…eh.” Sorridono quei due.
  • “Non è assolutamente vero.” Rispondo fintamente indignato con fare da cucciolo bastonato. “Anzi vi dirò di più … se non ci fosse bisognerebbe inventarla... Come farei a far passare queste lunghe e lugubri giornate scolastiche senza avere la possibilità di una sana litigata ogni volta che me la trovo davanti? E’ un diversivo al sesso no?...Va beh dai non fatemi cadere nel volgare.“ e scoppiammo nuovamente a ridere.
  • “No, dai basta ridere, seriamente ne sentirei la mancanza.” continuai
  • “E non saresti l’unico.” Si lasciò scappare Ale sospirando. Io e Yuri ci capimmo al volo con lo sguardo e lasciammo da parte quell’atmosfera goliardica.
  • “Falla liberare da uno di prima.” Dissi tornando serio e decidendo di ignorare il suo commento. Ormai l’avevamo già messo sufficientemente sotto torchio e avevamo capito ciò che ci interessava sapere.
  • “Cosa?” domandò Ale girandosi
  • “Vai da un primino di cui ti fidi o uno pauroso, non so’ vedi tu… E mandalo a slegarla. Non se la prenderà con lui e verrà direttamente da me.”
  • “O.K. Ci vado subito.”
  • “Aspetta Ale, non finisci di mangiare?” disse Yuri
  • “No, oggi non ho molta fame. A dopo” e alzandosi se ne andò  di volata lasciandoci soli.
  • “Le piace davvero!!” proferì Yuri portandosi il boccone alla bocca.
  • “Già.” Sospirai
  • “Dovresti parlarci seriamente.”
  • “Per dirgli cosa?” chiesi “Poi non l’ammetterebbe mai..sai la posta in gioco.”
  • “Lo so’, ma cosa farai se dovessi arrivare davvero al punto di portatela a letto Walter?”
  • “Onestamente non lo so’.” Sbuffai “Poi non è detto che non ci arrivi prima lui…dopo tutto anche lui è ancora in gioco.”
  • “Oh non dire stronzate, almeno non con me… E’ lontano anni luce da te e lo sai benissimo, come tutti gli altri del resto. Quest’anno è l’ultimo anno e i giochi si concluderanno e sappiamo tutti che se ci sarà un vincitore sarai tu!”
  • “Che rottura che sei anche tu …E cosa dovrei fare, non è mica colpa mia, non sono stato io a scegliere lei come trofeo di guerra e non è colpa mia se ho scopato con più ragazze di lui.” Sbottai esasperato.
  • “D’accordo, ma se dovessi scegliere?”
  • “Che intendi?”
  • “Essere il migliore della scuola e andartene lasciando il segno o la sua amicizia?”
  • “Pensi che sia già così preso?” domandai perplesso.
  • “Avanti rispondi.”
  • “Sai che sei veramente un cagacazzo…   Io non lo so’. Contento? Dipende, … se lui avesse davvero qualche possibilità con lei, e intendo seriamente non lo tradirei mai. E’ come un fratello per me e viene prima di tutto, lo sai no? Però non essere geloso amore, sai che voglio molto bene anche a te.” Aggiunsi per sdrammatizzare un po’ quel discorso che si era fatto troppo serio. “Però se è solo una roba che non porta a niente, se continua a negare e non si propone tipo adesso che praticamente non si cagano di striscio allora non mi fermerei. E poi ammesso e concesso che io mi tirassi indietro sai che non siamo gli unici e lei invece rimane quella che decreterà la vittoria. Quindi se poi finisse con un altro? Metti con quell’idiota di Moreschi? Allora non sarebbe peggio per il nostro Ale?”
  • “Questo gioco è stupido.”
  • “Parli perché sei fidanzato… ma anche tu all’inizio c’eri dentro…. E sei anche stato furbo a scegliertela di un’altra scuola, altrimenti non avresti avuto pace.” Sorrisi
  • “E tu quando la metterai la testa apposto?”
  • “Quando troverò la ragazza giusta!” sorrisi ingenuamente. “Intanto le provo tutte, poi deciderò.”
  • “Sei proprio un puttaniere lo sai vero?” mi sorrise a sua volta Yuri
  • “Lo prendo come un complimento!”
All’improvviso una furia scatenata si precipitò in sala mensa inseguita da numerose persone e un Alessandro visibilmente preoccupato. Ci siamo pensai ..è ora di divertirsi un altro po’. 
  • “Tu lurido bastardo….” Urlò come una pazza facendo girare tutti quanti e a grandi passi si avvicinò  al nostro tavolo. Ammiravo il suo coraggio, anche se non l’avrei ammesso nemmeno sotto tortura. Lei non aveva paura di me, non aveva comportamenti premeditati per attirare la mia attenzione, …anzi probabilmente mi detestava proprio e la cosa mi faceva divertire un sacco.
  • “Sta’ parlando con me?” chiesi a Yuri che aveva già cominciato a ridere.
  • “Adesso sono cazzi tuoi amico…”
Quando arrivò al tavolo e mi girai a guardarla, le scoppiai a ridere in faccia senza riuscire a trattenermi. Era tremendamente buffa. Aveva gli occhi spiritati e i capelli solitamente lisci tutti arruffati con qualche foglia qua e là, le guance erano rosso fuoco probabilmente per la rabbia che la stava divorando, la maglietta strappata in alcuni punti e le gambe lasciate nude da dei pantaloncini corti tutte graffiate. Era uno spettacolo, bella e buffa in egual misura. Un momento? Bella…no no volevo dire buffa. Probabilmente non si aspettava uno scoppio di risa come reazione e mi prese con una ferocia mai vista per il colletto facendomi alzare.
  • “Tu sei un verme, un lurido strisciante verme …Come ti sei permesso di trattarmi così ? Io ti denuncerò … sei l’essere più cattivo che ci sia sulla faccia del paese. …E smettila di guardarmi con quella faccia da culo….”
Poi cominciò a picchiarmi, a darmi pugni sul petto e calci…era pazza. Quella ragazza era pazza! Mi sarebbe piaciuto che qualcuno avesse la prontezza di filmarla con il cellulare, perché era completamente partita e trattandosi di Miss Perfezione era un evento. Ed ero stato io a conciarla così… più ci pensavo più mi veniva da ridere. Abbassai la guardia per un istante e mi sbilanciai cadendo all’indietro. Mi appoggiai con la mano al tavolo ma lei mi venne ancora addosso per picchiarmi quindi caddi all’indietro portandomela appresso e rovesciando anche il tavolo e tutto quello che c’era sopra. Per la seconda volta in quella giornata me la ritrovai sdraiata addosso e per la seconda volta avvertii la piacevole sensazione del suo seno schiacciato al mio torace, anche se eravamo vestiti. Inconsapevolmente per una frazione di secondo invece di spostarla le mise le braccia alla vita e la strinsi più forte a me, per prolungare quella sensazione che già mi aveva fatto andare fuori di testa sotto quell’albero.  Nessuno se ne accorse, troppe erano le urla dei professori, gli schiamazzi dei ragazzi, il tavolo a coprirci parzialmente alla vista di tutta la scuola… ma io mi persi ancora una volta nel profumo dei suoi capelli e nella morbidezza del suo corpo.  Passarono solo pochi istanti…..
  • “Alzatevi immediatamente da lì!!” Urlò una incazzatissima professoressa Minetti , la nostra professoressa di italiano.
  • “Forza dal preside!! Tutte e due” aggiunse il prof di matematica. Ahia questa mi mancava pensai mentre ci alzavamo, va beh era scontato che finissimo lì. Poco male, dopotutto non vedevo quell’ufficio da una settimana.
  • “Non ce né bisogno… sono già qui!!” E quando mi girai e incrociai gli occhi di mio padre, capii che stavolta ero veramente nei guai fino al collo. Mio padre, tale Roberto Molinari, sorrideva, non era incazzato ma sorrideva mellifluo con un sorriso quasi diabolico che mi fece tremare. E probabilmente anche la Laboni era rimasta stupita dalla reazione del preside e tornò improvvisamente in sé. Nell’arco di un minuto la sua espressione cambiò talmente tante volte passando dallo sconcerto, alla paura, alla rabbia, alla disperazione che provai quasi pena per lei.  Quando mio padre parlò mi si ghiacciò il sangue nelle vene.
  • “Allora ragazzi, andate pure negli spogliatoi a darvi una bella ripulita, poi ci vediamo nel mio ufficio per farci quattro chiacchiere. D’accordo?” Era calmo, terribilmente calmo quasi contento della situazione. Poi rivolgendosi a tutti quelli che erano lì, praticamente l’intera scuola disse:
  • “Avanti, lo spettacolo è finito tornate pure a mangiare tranquilli. Enrico me lo fai un caffè per favore?” chiese al nostro cuoco. Ed io capì in quell’istante che ero nella merda fino al collo, perché mio padre adorava il caffè ma se lo concedeva come premio solo quando raggiungeva uno scopo o in una giornata particolarmente felice. 

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Capitolo 6
*** Una punizione.... poco ortodossa!! ***


CAP.  5  UNA PUNIZIONE….  POCO ORTODOSSA
 
Stava vagando beatamente per i corridoi della sua scuola durante l’ora di pranzo, dopo aver mangiato un panino al volo nel suo ufficio. Considerava quello, nell’arco dell’intera giornata, il momento più propizio per carpire informazioni – o meglio dire pettegolezzi – sui suoi studenti. Prima di essere preside era stato studente, e sapeva che quella era la pausa per eccellenza, molto più lunga del misero intervallo e senza la spada di Damocle che penzolava sulle teste di qualcuno di loro per interrogazioni o compiti in classe. Erano più rilassati e liberi di raccontare e raccontarsi. A lui bastava girare e osservare … dovunque vedeva capannelli di ragazzi intenti a parlare, ridere, scherzare…. Sapeva che le vicende di suo figlio e di Monica Laboni erano sulla bocca di tutti; se per lui, infatti, quei due erano fonte di esaurimento nervoso, per i ragazzi erano divertimento allo stato puro… le loro litigate si diffondevano a macchia d’olio per i corridoi, qualcuno diceva che si sarebbero distrutti a vicenda… altri sostenevano che sarebbero finiti insieme. A quel pensiero Roberto sorrise, anche se nell’ultima settimana si era arrovellato il cervello come un pazzo per questa storia. Perché tutto taceva? Possibile che avessero deciso di mettere la testa apposto proprio adesso?
Ma poi, mentre guardava distrattamente gli avvisi in bacheca un ragazzino di prima ancora troppo ingenuo per quel posto, corse tutto trafelato verso un altro ragazzo della sua stessa età urlando:

  •  “Devo liberarla Cris. Devo andare io. Ma ti rendi conto?? Le parlerò…”
  • “Non ho capito un tubo.  Chi devi liberare?”
  • “Ravelli… lei …il boschetto…”
  • “Adesso calmati, prendi fiato e abbassa la voce.” Bisbigliò il suo amico Cris avendo probabilmente visto il preside a pochi metri da loro.
Ma ormai era tardi. Roberto Molinari aveva chiaramente sentito il nome di Ravelli; e dove c’era Alessandro Ravelli c’era anche suo figlio. Inoltre il tono e l’atteggiamento di quel ragazzino facevo chiaramente intendere che quei due avevano combinato qualcosa. “Ci siamo.” Pensò il preside.  Erano le 13.15; Walter sicuramente era a pranzo… “ Speriamo sia il mio giorno fortunato.” E pensando a questo si avviò a passo spedito verso la mensa scolastica.


POV  WALTER  
Chissà perché quando c’era di mezzo quella ragazza finivo sempre a dovermi cambiare i vestiti? Per fortuna che anche quel pomeriggio avevo gli allenamenti e quindi avevo portato il borsone da calcio. Comunque mi dovetti accontentare della maglia della mia divisa con il numero 5. Mentre i jeans me li ero tenuti sporchi, poiché non avevo proprio voglia di girare per la scuola con i pantaloncini corti. La mia antagonista invece si era cambiata da capo a piedi. Indossava un paio di jeans chiari e una magliettina bianca non troppo particolare ma carina. Possibile che dovesse sempre essere così precisa in tutto? Cosa aveva il ricambio nello zaino come i bambini dell’asilo? O forse no… probabilmente quella mattina aveva avuto educazione fisica, per questo al boschetto indossava dei pantaloncini corti.
Eravamo seduti davanti a mio padre da circa dieci minuti; dopo essere stati negli spogliatoi a darci una ripulita, ma nessuno aveva ancora aperto bocca e la cosa mi preoccupava più di una sfuriata condita con urla e parolacce. Sapevo che l’essere che mi aveva generato stava macchinando qualcuna delle sue stronzate megagalattiche da rifilarci come “punizione consapevole delle nostre azioni”. Come quella volta che per farci capire l’importanza del denaro aveva costretto me e mia sorella maggiore a campare con 1,00 € al giorno. 7,00 € alla settimana a due adolescenti di rispettivamente 17 e 19 anni!! Facevamo la fame. L’alternativa era trovarsi una piccola occupazione dopo la scuola… un incubo. Comunque guardando il volto di mio padre si capiva lontano un miglio che aveva in mente qualcosa. Il mio unico problema era che non sapevo cosa. Ah no; ne avevo un altro…ero sicuro come l’oro che avrei dovuto scontare la pena con la rompi-coglioni che mi sedeva in parte…dopotutto il casino l’avevamo fatto insieme.

  • “Bene ragazzi, come state?” esordì con un sorriso. Oh merda! “Ho bisogno di un piccolo favore da parte vostra. Nulla di trascendentale… non preoccupatevi.” Aggiunse subito, evidentemente notando i nostri sguardi confusi. “Dovete semplicemente chiudere gli occhi finché non vi dirò che potete riaprirli.” Per la prima volta in vita mia guardai negli occhi Monica Laboni con uno sguardo quasi compassionevole.
  • “Forza. Avanti, non mi sembra una cosa troppo difficile”
Chiusi gli occhi come aveva ordinato e lo sentii aprire un cassetto della sua scrivania in mogano scuro, lo richiuse e si alzò poiché si udì chiaramente la sua sedia strisciare sul pavimento. Poi un piccolo click vicino al mio braccio sinistro e un altro ma più distante.
  • “Adesso potete aprirli….SORPRESA!” gridò entusiasta.
Quando riaprii gli occhi mi si gelò il sangue nelle vene. Io e quella ragazzina insolente eravamo ammanettati insieme con una catenella di circa un metro che ci separava.
  • “ Che cos’è questa roba?” gridai saltando in piedi come una molla e trascinandomi inevitabilmente dietro anche lei che non essendo preparata cadde rovinosamente a terra come un sacco di patate.
  • “Ehi!!!” le sue proteste non mi sfiorarono neppure troppo concentrato sull’uomo che mi stava di fronte.
  • “La vostra punizione. Ve lo avevo promesso no?” Rispose calmo come se fosse la cosa più normale del mondo.
  • “Tu sei completamente pazzo…”
  • “Modera il linguaggio ragazzino. Stai parlando con il tuo preside oltre che con tuo padre e sia in un caso che nell’altro non navighi in acque tranquille.” Si alterò, appena un attimino poi tornò ad essere pacato. Evidentemente quella situazione lo divertiva troppo per arrabbiarsi.
  • “E tu ragazzina petulante di almeno qualcosa! Forza tira fuori dal cilindro una delle tue frasi profonde e intelligenti che lo faranno ragionare.” Questa volta mi rivolsi a lei che stranamente non aveva ancora aperto bocca
  • “Non appena avrò riacquistato l’uso della parola giuro che lo farò” mi rispose a voce bassa con sguardo stralunato. Probabilmente ancora non si era ripresa dallo schock . La vidi prendere respiri lunghi e profondi e poi finalmente alzarsi dalla moquette dove era ancora adagiata.
  • “E precisamente in cosa consiste questa punizione?” Eccola con la domanda intelligente.
  • “Dovete semplicemente imparare a convivere nello stesso spazio….”
  • “COSA?” esordimmo entrambi.
  • “Considerando che le mie parole non hanno sortito alcun effetto su voi due, ho deciso di passare ai fatti. Dovete riuscire a collaborare.”
  • “COSA?” ancora insieme.
  • “Rimarrete così finché non andrete d’accordo.”
  • “COSA?” urlammo esasperati.
  • “Avanti ragazzi, cercate di variare un po’ il vostro vocabolario.” Ci prendeva anche in giro. Non c’era limite al peggio.
  • “Ma… ma… che cavolo significa finché non andiamo d’accordo?”
  • “Semplicemente che la durata di questa punizione la deciderete voi!”
  • “CHE COSA???” ormai ero fuori di me dalla rabbia ed avevo il cervello che non connetteva più. L’unica cosa che riuscivo a pensare era che mio padre era da rinchiudere in un manicomio.
  • “Scusi, ma non rischia una denuncia con una punizione del genere? Non so’ abuso sui minori, minacce,  ecc.. qualcosa del genere…” esordì improvvisamente la Laboni.
  • “Brava!!!” le diedi man forte “Finalmente dici qualcosa di sensato”
  • “Impiccati … non mi sembra che tu fin ora abbia detto frasi illuminanti.”
  • “Vaffanculo…”
  • “Vacci tu….deficiente!”
  • “Calmi calmi …Così non cominciate per niente bene”intervenne pacatamente lui. “Dunque non credo di rischiare denunce, lui è maggiorenne ed il fatto di esserne anche il padre aiuta parecchio; per quanto riguarda la scuola, penso che saranno tutti così divertiti di vedervi così inseparabili”mimò tra virgolette “che a nessuno verrà in mente di denunciarmi…. e tu … beh…sei minorenne ma ho il permesso dei tuoi genitori.”
  •  “COSA?????????” la vidi boccheggiare. Pensai che in quel momento, metaforicamente parlando avesse appena ricevuto una coltellata nella schiena. Poco male; allora non solo i miei genitori erano da internare. “Come sarebbe a dire che i miei ….”
  • “Ho avvertito Alberto prima di …” si passò una mano tra i capelli “ beh… prima di questo….. esponendogli la mia idea e lui ha detto ok. Inoltre da quello che mi risulta i tuoi sono partiti ieri per festeggiare l’anniversario di matrimonio e staranno via una settimana. Mi hanno chiesto di tenerti d’occhio e quale migliore soluzione di questa?” e ci guardò con un sorriso.
  • “Santo cielo!!! Ma come ci sono finita in questo pasticcio?” sospirò afflitta rimettendosi a sedere sulla poltrona. “E cosa dovremo fare esattamente per far finire questo inferno il prima possibile?” ed alzò la mano incatenata. A quel punto anch’io mi riaccomodai in poltrona aspettando di sentire l’ennesima trovata malsana di mio padre.
  • “Dunque sono circa le 14.00, penso che 5 ore possano bastare. Se fate i bravi bambini alle 19.00 di stasera sarà tutto finito” sorrise mellifluo. Lo odiavo in quel momento con tutte le mie forze.
  • “Cosa dovremmo fare per dimostrare di aver imparato la lezione?” domandò il grillo parlante al mio fianco.
  • “Semplicemente non litigare, non provocarvi a vicenda, non insultarvi con parolacce o roba simile…. Insomma NON dovete fare tutto quello che di solito fate quando vi trovate nella stessa stanza.” Una domanda s’insinuò prepotente nella mia mente. Una domanda di cui temevo seriamente la risposta.
  • “E se non dovessimo riuscirci?” infine chiesi.
  • “Andrete avanti ad oltranza… Monica stasera cenerà da noi, le 19.00 diventeranno le 24.00 e così via finché non ce la farete. E’ tutto chiaro? Parlerò immediatamente con tutti i docenti per avvertirli. Loro saranno i miei occhi e le mie orecchie. Non pensate minimamente di fregarmi. Ci siamo intesi?” e poi guardandoci furbescamente aggiunse: “Suvvia ragazzi….non guardatemi in quel modo… non è così terribile. Adesso potete andare.” E così dicendo ci fece cenno che potevamo uscire. Ma per la prima volta in vita mia avrei voluto rimanere lì dentro per tutta la giornata. Non osavo neppure immaginare gli sguardi e i commenti di tutti quanti vedendoci in giro in quelle condizioni.
Image and video hosting by TinyPic POV MONICA
Volevo morire. Non poteva essere successo davvero. Nemmeno nei miei incubi peggiori poteva accadere una cosa del genere. Incatenata alla persona che più mi irritava sulla faccia del pianeta. Ma cosa avevo fatto di così terribile per meritarmi questo? Poteva farci ripulire la mensa, darci miliardi di compiti aggiuntivi, costringerci a delle scuse reciproche calpestando il nostro orgoglio,….ma questo. No santo cielo …questo no. Io e quell’idiota non saremo mai riusciti ad andare d’accordo. Già mi vedevo ammanettata a lui per il resto della mia vita. No basta Monica frena il cervello e respira…ce la puoi fare; in fondo sono solo cinque ore. Cosa può succedere in cinque ore?
Quando varcammo la porta della presidenza ad attenderci preoccupati trovammo Valeria e i suoi due amici trogloditi Alessandro e Yuri. Ci osservarono tutti e tre in silenzio, molto silenzio….troppo silenzio! Poi scoppiarono a ridere convulsamente come tre cretini.

  • “Oh Dio! Non ci posso credere” esordì Vale
  • “Questa è una barzelletta!!”
  • “E’ uno scherzo vero?”
  • “Questa volta tuo padre si è superato.” E giù altre risate.
  • “Adesso basta.” Urlò Walter all’indirizzo dei suoi amici “Sono già abbastanza sconvolto… evitiamo almeno le prese per il culo.”
Dopo aver spiegato a grandi linee la nostra punizione, nonostante minacce più o meno esplicite scoppiò un’altra fragorosa risata… Proprio non riuscivano a stare seri…
  • “Valeria ti prego non ti ci mettere anche tu” la supplicai “E’ la cosa più brutta che potesse capitarmi…”
  • “Dipende dai punti di vista.” E quella sciocca ammiccò nella sua direzione.
  • “Esatto” intervenne Molinari “Non ti rendi neppure conto dell’onore che hai  avuto saputella…”
  • “Senti pallone gonfiato….” Un colpo di tosse alle nostre spalle ci avvertì che anche il preside era uscito dal suo ufficio e ci stava osservando con evidente disapprovazione.
  • “Se iniziate così starete insieme fino a Natale” e se ne andò lasciandoci basiti.
  • “A parte gli scherzi, ma come pensate di riuscire a svolgere questo compito? Noi fra mezz’ora abbiamo gli allenamenti di calcio.” Domandò Yuri mentre anche noi ci incamminavamo per il corridoio.
  • “Mi sembra ovvio che li salterà…” mi intromisi.
  • “Scordatelo!!” proruppe Molinari
  • “Molinari … dimostrami che dentro la tua testa c’è un cervello. Come pensi di riuscire a giocare a calcio in questo modo????”
  • “Senti brutta strega te lo dirò una sola volta. Io oggi non salterò gli allenamenti!!”
  • “Non penso proprio.” Risposi con astio.
  • “Vuoi scommettere? Ti ci porto di peso se adesso non muovi il culo e mi segui al campo…”
  • “Cominciamo bene.” Sussurrò Ravelli agli altri due.
  • “Sentite ragazzi, cerchiamo di calmare gli animi altrimenti davvero a Natale sarete ancora legati. Proporrei di andare al campo e sentire cosa dice il mister in proposito. “ propose Yuri. “Sarà sicuramente già stato informato. Non penso che il preside abbia preso una posizione del genere senza informare anticipatamente il corpo docenti delle sue intenzioni. “
  • “Non ci penso proprio!!” Sbuffai seccata, esasperata, incazzata…. E chi più ne ha più ne metta!  “ Sto’ vivendo la giornata più brutta della mia intera esistenza… sono stata legata ad un albero per due ore saltando le lezioni e adesso sono ammanettata a lui per chissà quanto… Oddio non ci voglio pensare. Inoltre non ho neanche pranzato!!! Quindi no, non concluderò il tutto venendo al campo a guardare 22 rincoglioniti che corrono dietro ad un pallone.”
  • “Ne sei sicura?” mi chiese il cretino con tono di sfida.
  • “Sicurissima” ribattei piccata
  • “Io dico che ti sbagli piccola petulante ragazzina.”
Improvvisamente sentii mancarmi la terra sotto ai piedi. Un braccio forte mi aveva sollevata prendendomi per la vita e caricandomi in spalla come se pesassi un solo kg. Ed ancora quei dannatissimi brividi. La sua schiena era ampia e tonica e i pugni che gli stavo riversando addosso non sembravano dargli alcun fastidio. Da quella seppur scomoda posizione avevo una visione privilegiata del suo lato B, decisamente da urlo fasciato nei jeans. Mi bastava allungare un pochino le mani per poterlo addirittura toccare.   Oddio ma cosa cazzo stavo pensando? No quel giorno non ero io, probabilmente ero posseduta dal demonio perché io non facevo quei pensieri cretini sui ragazzi. Per fortuna che quella situazione assurda poteva almeno giustificare il tremendo rossore che avevo sulle guance.  Così arrivammo agli spogliatoi, con me che urlavo come un pazza, lui che non ci faceva caso, i nostri amici che ci seguivano a distanza e con gli occhi praticamente di tutti puntati addosso.
  • “Cos’è questo baccano? Ah …eccovi qui. Cercavo proprio voi due.” Ci salutò il suo allenatore Renato Gavezzotti nonché mio professore di educazione fisica. Un tipo strambo, ma simpatico. “Ho saputo delle nuove disposizione ..” disse guardandoci con un sorriso. “Allora ve la faccio breve... ho avuto l’autorizzazione a slegarvi per la durata degli allenamenti, ma tu Monica dovrai stare in linea con Molinari” Ah beh.. adesso sì che avevo capito tutto!
  • “E che significa stare in linea?” domandai
  • “Starai sulla linea che delimita il campo, dove stanno i guarda linee durante le partite e dovrai seguire tutti i movimenti di Walter stando sempre in una ipotetica linea retta con lui”
  • “In poche parole dovrei correre avanti e indietro come una scema?” chiesi quasi indignata. Il mister mi sorrise benevole e rispose:
  • “In poche parole sì!  Adesso vado a recuperare le chiavi di quella trappola che vi lega.  Molinari vatti a cambiare; i tuoi compagni sono già in campo…” e se ne andò.
  • “Andiamo…” mi disse
  • “Dove?”
  • “Devo cambiarmi i pantaloni.”
  • “Non lo farai davvero…”
  • “Perché?” mi chiese con fare innocente.
  • “Senti Molinari, se tu sei abituato a farti vedere in mutande…io…”
  • “Ti girerai dall’altra parte” mi interruppe. E con forza mi strattonò per il braccio sbattendomi nello spogliatoio maschile dove per fortuna eravamo soli. Lo guardai e mi sorrise malizioso. Poi si posizionò davanti  a me con fare strafottente e come sempre faceva mi sfidò con gli occhi. Raccolsi la sfida ed incrociai il suo sguardo, subito dopo trasalii quando vidi la sua mano posarsi sul primo bottone dei suoi jeans e slacciarlo.
  • “Ma che diavolo stai facendo?”
  • “Mi sembra ovvio no?” e poi guardandomi intensamente aggiunse “Vuoi aiutarmi?” Mi girai dandogli immediatamente le spalle. Sentivo le guance andare a fuoco e il cuore che mi batteva a mille… Molinari dietro di me scoppiò in una fragorosa risate e si tolse i pantaloni. O.K. brutto stronzo. 1 a 0 per te!!
Quando il mister ci liberò da quell’aggeggio infernale mi parve di tornare a respirare davvero. Gli allenamenti cominciarono e per i primi venti minuti di riscaldamento io me ne stetti beatamente sulla mia linea laterale del campo tracciando una linea così retta con Molinari da poter fare invidia ad un righello. Il brutto arrivò quando Gavezzotti diede il via ad una partitella di allenamento. Cominciai a correre avanti e indietro tipo una pallina da biliardo, ma nonostante i miei innumerevoli sforzi non riuscivo a stargli dietro. Quel ragazzo era un fulmine, si muoveva scattante da una parte all’altra del campo senza il minimo accenno di dover riprendere fiato mentre io dopo 15 minuti sembravo un cadavere sudata lavata e con tutti i vestiti appiccicati addosso. Inoltre le risate della gente che stava sulle tribune, non aiutavano certo la mia causa.
-   “Scusi proff, ma quanto dura una partita?” domandai stremata appena lo beccai a portata di voce.
-  “90 minuti circa”
- “Oh porca troia!!”
- “LABONI!!!” si girò di scatto il mister.
- “Scusi proff , ma fra 90 minuti io sarò collassata sul prato”
- “Questo perché non hai il fisico gallina” indovinate un po’ chi aveva parlato.
- “Senti brutto idiota…”
- “STOP  Fermi  Time out” urlò il proff “ Vi rendete conto che per questo vostro scambio di battute dovrei dichiarare che non avete superato la punizione.”
- “No, lei non può farci questo “ piagnucolammo sconsolati.
-“ D’accordo” sospirò rassegnato “Per questa volta fingerò di non aver sentito nulla ma dateci un taglio. Inoltre vi ricordo che il campo è a portata d’occhio della presidenza quindi fatevi due calcoli. “ e poi rivolgendosi a tutti “Forza ragazzi riprendiamo…”
- “Un momento … “ lo fermai “E per la mia tachicardia?”
-  “Facciamo così continuerai a stare in linea con lui finché non segnerà un goal poi potrai smettere. O.K.? Forza Molinari datti da fare per salvare la tua dolce metà.” Concluse ridendo
- “Guardi mister, non le dico cosa penso perché altrimenti altro che chiudere un occhio. Starei legato a quella strega a vita.” e ripresero la partita.
E per me ricominciò l’inferno. Questa cosa era un’autentica idiozia. Non ero mai stata appassionata di pallone, ma pregai mentalmente che quel cretino si muovesse a segnare quello stupido goal. Un sacco di estenuanti minuti dopo, finalmente si fermarono a bere un po’ d’acqua. Mentre ero sdraiata con la lingua a terra per lo sforzo venni catturata da una strana conversazione sulle tribune.

  • “E’ strano non abbia ancora segnato.” Disse la prima, dall’abbigliamento e dai modi di fare sicuramente una gatta morta.
  • “Già Stefy . Hai ragione.”
  • “A quest’ ora volendo poteva già averne fatti due o tre” aggiunse un’altra.
  • “Magari Molinari oggi non ha voglia di noi”
  • “Ma no ..probabilmente è perché ha al culo la Laboni”
 
Mi voltai e vidi quelle stesse ragazze che prima ridevano di me. Facevano sicuramente parte del Molinari fans club. Tutte oche, tutte con le gambe scoperte, tutte belle, tutte che se la tiravano…uno standard insomma. Ma poi di cosa diavolo stavano parlando?
 

  • “Ogni volta che Molinari segna, sceglie una ragazza in tribuna con cui uscire.” Come se mi avesse letto nel pensiero comparve alle mie spalle la mia migliore amica. “E fatti due calcoli per scoprire come finisce l’uscita.”
  • “Che schifo!! Quel ragazzo è assurdo. “
  • “Comunque è strano che non abbia ancora segnato. Solitamente è una goleada…”
D’improvviso le parole del nostro professore risuonarono nella mia mente annebbiata dalla stanchezza di quella giornata assurda.
  • “Quel cretino lo sta’ facendo apposta!!!” urlai isterica mentre il gioco riprendeva ed io tornavo a fare la pallina da biliardo. Quando poi Molinari sbagliò un goal praticamente fatto, solo davanti al portiere, la rabbia, il risentimento, l’umiliazione, … presero il sopravento. Mi serviva qualcosa; qualsiasi cosa! Un pallone, un coltello, una scarpa… Sì, ecco una scarpa!! Velocemente sfilai la mia scarpa da ginnastica; tanto ormai peggio di così! E non appena quel cretino mi venne a tiro, gliela scaraventai dritta sul muso con tutta la mia forza. Tiro che andò comunque a vuoto poiché il signorino la schivò con una prontezza di riflessi davvero eccezionale.
  • “Ma sei scema o cosa?”
  • “Io eeeh?? Avanti troglodita.. Segna questo cazzo di goal e finiamola con questa pagliacciata”
  • “Non ne ho voglia!” rispose con una faccia da schiaffi inimmaginabile.
  • “Allora è vero che lo stai facendo apposta??” domandai indignata “Tu ti diverti a vedermi sudare come una pazza correndo avanti e indietro??” urlai isterica.
  • “Ebbene  sì.” Disse sorridendo.
  • “Sei proprio patetico…”
  • “No ragazzina; tu sei ridicola. “ mi interruppe cambiando completamente espressione “Mi hai rovinato la giornata e mi stai rovinando l’esistenza; quindi spiegami di grazia perché proprio IO dovrei fare un piacere a TE???” Ed incrociò le braccia al petto.
  • “Senti brutto deficiente….” E mi scaraventai contro di lui strattonandogli la maglietta. Ma prima che la situazione potesse degenerare nuovamente, una voce inconfondibile si udì in filo diffusione in tutti gli auto parlanti della scuola.
  • “A casa nostra si cena verso le 19.30.  Spero che il menù sia di tuo gradimento Monica!”
 
 
 
NOTE DELL’AUTORE
Finalmente ce l’ho fatta. Mi scuso con tutte voi per questa prolungata attesa, ma come ho anticipato in alcune risposte, ho fatto un piccolo incidente e mi sono beccata il colpo della strega. Questo mi ha provocato un mal di testa atroce nell’ultimo mese, per cui non riuscivo mai a scrivere il pezzo finale e a stare al PC per più di 10 minuti.
La prima parte di questo capitolo è per PRETTYVITTO che aveva espresso nella sua recensione la curiosità di sapere come faceva il preside ad essere già lì. Grazie.
Inoltre ci tengo a ringraziare tutte le persone che mi hanno messo nelle seguite,nei preferiti e nei ricordati. E un grazie speciale a tutti quelli che hanno avuto la pazienza di aspettarmi.  Io solitamente non mi dilungo nelle note,ma questa volta era quasi d’obbligo. No?
Spero che anche questo capitolo vi abbia fatto sorridere .Un Bacione e alla prossima. Manu
Ah un’ultima cosa…ma voi siete pro o contro gli spoiler?

 

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Capitolo 7
*** A casa del nemico.... ho perso la testa! ***


CAP.    7    A CASA DEL NEMICO……. HO PERSO LA TESTA



Casa Molinari vista da fuori sembrava veramente la casa delle favole. Dopo la nostra patetica scenetta al campo da calcio eravamo stati subito ri-ammanetati. Avevamo aspettato pazientemente in corridoio che il signor Molinari terminasse la sua giornata lavorativa, rigorosamente voltati di spalle l’uno all’altra e in assoluto silenzio. Eravamo poi saliti sulla sua Bmw e adesso mi trovavo sul vialetto d’entrata di una delle case più belle che avessi mai visto. Una villa tutta bianca con il tetto grigio circondata da un parco stupendo. Mio padre mi aveva raccontato che il suo amico viveva in un posto da sogno, ma non avrei mai immaginato un posto del genere. Niente di quello che stavo osservando sembrava essere fuori posto. Per un attimo pensai di trovarmi davanti ad un quadro!
  • “Chiudi la bocca. Stai sbavando!” esordì l’imbecille.
  • “Devi scusarlo” s’intromise subito il preside per bloccare sul nascere la sicura  discussione che sarebbe arrivata“ma sai mio figlio non è abituato ad una ragazza che non sbavi per lui. Il suo immenso ego in questo momento avrà subito un duro colpo.” E mi lanciò un sorriso che ricambiai.
  • “E fatela finita voi due…” e strattonandomi s’incamminò verso l’entrata.
Se dal fuori pensavo ad un quadro, all’interno mi ritrovai in una reggia. L’atrio era immenso e bianco, il pavimento era interamente ricoperto di marmo splendente, così come le due meravigliose colonne che dividevano l’ingresso dal salone dove si intravedeva una grande scalinata che portava al piano superiore. Alla nostra destra un magnifico salotto arredato con gusto.
  • “Mia moglie è un architetto; questa casa l’ha progettata tutta lei come voleva la casa dei suoi sogni” mi disse il padre rispondendo probabilmente alla mia faccia sbalordita.
Ed eccola arrivare la regina del maniero. Dallo scalone infatti stava scendendo la signora Molinari in tutta la sua bellezza, seguita a ruota da due mocciosi di più o meno dieci anni. Due gemelli molto carini un maschio e una femmina. Mi ritrovai a pensare che sembravano proprio la famiglia del Mulino Bianco. All’appello mancava la figlia maggiore. Conoscevo la famiglia Molinari perché si conoscevano i nostri genitori, ma non eravamo proprio in confidenza. Per lo più uscivano insieme i nostri vecchi..noi figli venivamo lasciati fuori, poi da quando tre anni prima avevo cominciato la scuola ed avevo sviluppato questo “amore incondizionato” nei confronti del loro secondogenito mi ero completamente disinteressata di tutta la famiglia.
  • “Ciao amore, sei arriva…” ma si bloccò non appena vide la catenella che teneva legati me e suo figlio “Non ci credo. L’hai fatto davvero! Tu sei completamente pazzo.” Finalmente qualcuno che ragiona in questa casa.
  • “Ciao Amore, tutto bene e tu?” rispose il marito sorridendole come se non avesse detto nulla di offensivo. Lei lo guardò accigliata e poi rivolgendosi a me sorrise dolcemente
  • “Ciao Monica, tutto bene?”
  • “Insomma, potrebbe andare meglio.” Risposi cercando di essere il più garbata possibile.
  • “Immagino” sorrise di rimando osservando il figlio visibilmente scocciato. “Ma non state sulla porta…entrate!”
Giunti nell’elegante salotto, o per meglio dire salone, probabilmente sbavavo davvero, tanto che inconsciamente mi portai un dito all’angolo della bocca per sicurezza. Un camino bellissimo troneggiava in un angolo e rendeva il tutto molto accogliente e caldo, dall’altra parte faceva capolino uno scintillante pianoforte a coda…e l’arredamento, le vetrate, il portico che si intravedeva sul retro della casa…
  • “Avete una piscina al coperto?” urlai. Questa volta la bava c’era davvero.
  • “Non proprio… d’inverno chiudiamo la veranda, mentre d’estate leviamo i pannelli e rimane scoperta per metà” mi sorrise la signora Molinari. Ma quanti soldi avevano in quella famiglia? E’ vero che la madre era molto conosciuta nell’ambito professionale, ma un preside quanto poteva guadagnare?
  • “Wow. Posso andare a vederla?”
  • “Ma certo.” Feci qualche passo, ma venni strattonata all’indietro.
  • “Io non credo proprio. Non sono la tua guida turistica.” Mi girai a guardare con stizza il padrone di quella voce.
  • “Sei proprio un cafone.”
  • “Concordo” mi dette man forte la gemellina.
  • “Tu sta’ zitta scimmietta!” rispose Molinari alla sorellina; ma quando la guardò aveva uno sguardo così dolce che mi lasciò completamente basita. Walter Molinari voleva molto bene alla sua sorellina. Era chiaro come il sole! Dunque anche Molinari aveva un cuore…. Fu sua madre a riscuotermi dai miei pensieri.
  • “Facciamo così, se Sua Maestà lo permette” e guardò il marito “adesso vi slegate, così potrete fare entrambi una doccia… ..ti porto dei vestiti puliti e ti mostro la camera degli ospiti, sempre che -colui che decide le vostre sorti- non voglia farvi anche dormire insieme??” ed incrociando le braccia al petto osservò nuovamente il marito con sguardo piccato. Mi si gelò il sangue nelle vene; era fuori da ogni logica farci dormire anche insieme… ma conoscendo il soggetto e pensando alla stramba giornata appena trascorsa, mi girai anch’io con apprensione verso il signor Molinari
  • “AH AH AH Molto divertente… Ma certo che NON dormiranno insieme!!” Sospirammo tutti di sollievo e lui sorrise. “D’accordo, ora vi libero, ma fra 20 minuti vi voglio nel mio studio dove vi legherò di nuovo fino a dopo cena” e prese dal suo taschino quelle maledette chiavi.
Una volta liberi Molinari junior senza dire una parola girò i tacchi e salì al piano superiore seguito a ruota dal padre.
  • “Andiamo” mi sorrise ancora la signora Molinari “ti faccio vedere la camera degli ospiti.” E ci incamminammo anche noi su per le scale seguiti a ruota dai due gemelli, in cui probabilmente destavo molta curiosità.
La camera degli ospiti era bella come il resto della casa, molto ampia e spaziosa, con un immenso letto matrimoniale al centro, la portafinestra che dava su un terrazzino coperto e un bagno personale con tanto di vasca idromassaggio incorporata. Quando la porta si richiuse alle mie spalle finalmente mi concessi il lusso di respirare tranquillamente. Sì, una doccia era proprio quello che ci voleva…magari un bel bagno in quell’enorme vasca…. Non riuscii a finire di formulare quel pensiero che bussarono alla porta.
  • “Avanti” Ed eccole ancora lì, le due piccole pesti..Stefano e Sonia mi parve di ricordare.
  • “Ciao…beh ..ecco noi…avremmo un favore da chiederti…” sembravano imbarazzati
  • “Ditemi” gli sorrisi “ se posso fare qualcosa…”
  • “Ecco vedi … la mamma non ci fa mai usare la vasca di questo bagno…così visto che stasera la stanza degli ospiti è comunque occupata…. Ci chiedevamo se …. Potevamo….”
  • “Va bene.  Ho capito!” e togliendoli dall’imbarazzo aggiunsi “state pure qui.”
  • “Davvero?” gridarono all’unisono.
  • “Ma certo. “
  • “Sul corridoio ci sono altri due bagni… quello in fondo se lo dividono Walter e Samantha, nostra sorella maggiore; anche se adesso lei frequenta l’università a Padova e torna a casa solo il sabato e la domenica.”
  • “Qui fuori a destra, invece c’è il nostro…. puoi usare quello. Nessuno ti disturberà.” Aggiunse il fratello come giustificazione.
Dopotutto quei due mocciosetti sapevano il fatto loro!! Sorrisi tra me e presi i vestiti che la signora Molinari mi aveva lasciato sul letto uscendo dalla stanza per dirigermi nel bagno indicatomi. Anch’esso molto spazioso ed elegante aveva le piastrelle bianche e verde acqua…il mio colore preferito pensai sorridendo….come i suoi occhi…. No, alt, frena, non l’avevo pensato davvero!! Appoggiai i vestiti puliti su uno sgabello e cominciai a spogliarmi optando per una doccia rinfrescante che lavò via tutta la stanchezza e la tensione accumulata. Non so’ quanto tempo passò esattamente, ma quando uscii ero rilassata e in pace con il mondo intero. Mi drappeggiai l’asciugamano – a dire il vero troppo corto – intorno al corpo e mi frizionai i capelli…
D’improvviso la porta davanti a me si spalancò lasciandomi completamente senza fiato….

  • “Ehi voi due… avete finito…
Bello; bello da essere considerato quasi illegale… sembrava un modello di quelli che si vedono sulle riviste patinate… proprio quelli di cui stacchi il poster e te lo appiccichi in camera… Walter Molinari in tutto il suo splendore se ne stava a torso nudo davanti a me, mettendo in bella mostra i suoi magnifici pettorali…con la cintura e i primi bottoni dei jeans slacciati che lasciavano intravedere chiaramente i suoi boxer…i capelli ancora umidi erano scompigliati …e mi guardava, prima con occhi sbigottiti e poi…  “Merda!!” pensai improvvisamente a corto d’aria. Quegli occhi, oddio …i suoi occhi diventarono di fuoco, liquidi e intensi come se dovesse sbranarmi da un momento all’altro. Mi sentivo una bistecca di maiale davanti ad un lupo affamato… “Aiuto” deglutii a vuoto. “Non lo guardare, non lo guardare, stacca gli occhi da lui” continuavo a ripetermi come un mantra, ma non ci riuscivo…Il suo sguardo mi ipnotizzava, mi annebbiava il cervello.
Non ho la più pallida idea di chi dei due si mosse per primo, e neppure dove avessi lasciato il cervello…so’ solo che mi ritrovai con le labbra sulle sue senza neanche rendermene conto, coinvolta nel bacio più appassionato della mia vita. Nessuno mi aveva mai  baciata così…c’era passione e desiderio, brama e lussuria, ma anche dolcezza ed attenzione. Le nostre lingue iniziarono a giocare, o probabilmente a litigare, le sue mani artigliarono i miei fianchi in una presa quasi dolce, le mie si strinsero al suo collo attirandolo di più verso di me. Dai fianchi le sue mani, si spostarono sulla mia schiena accarezzandomi prima sensualmente e poi schiacciandomi prepotentemente al suo corpo… Sobbalzai quando il mio seno si schiacciò contro il suo torace; cazzo non ero neanche vestita…
Quel movimento brusco mi fece spostare un piede sulle mattonelle fredde del bagno e quel contatto mi riportò bruscamente alla realtà… ma che cavolo stavo facendo?  La reazione fu immediata; mi scostai velocemente da lui e la mia mano partì da sola colpendo la sua guancia.

  • “Ma sei scema?” urlò incazzato nero dopo il primo momento di sbigottimento portandosi una mano sul viso.
  • “Ma cosa cazzo hai fatto?” starnazzai invece io come un’aquila appena sgozzata.
  • “IO EHH??? Perché ho fatto tutto da solo vero?” ghignò malizioso.
  • “Non crederai mica che io…. Beh….ecco…io…” Ma che cavolo stavo balbettando.
  • “Non è che credo… esamino i fatti!!” ed incrociò le braccia al petto con arroganza. “ Hai capito la nostra Laboni, in realtà sotto la santarellina si nasconde una gattina in calore…..”
  • “Tu brutto bastar..” e la mia mano come dotata di vita propria scattò nuovamente verso di lui, ma questa volta i suoi riflessi erano pronti ed il mio polso si bloccò a mezz’aria stretto in una morsa quasi dolorosa.
  • “Attenta bella… ti consiglio di non tirare troppo la corda; perché stavolta non arriverà il preside a salvarti il culo.” Soffiò incazzato sulle mie labbra. Oh mamma, quelle labbra tentatrici, stavo perdendo il senno nuovamente.
  • “Vattene” urlai indignata strattonandomi per liberarmi e spingendolo poi fuori da quel bagnetto che era diventato quasi claustrofobico. Tremendo errore toccargli il torace… peggio ancora rigirarlo per spingerlo fuori e appoggiare le mani sulla parte bassa della sua schiena praticamente perfetta. Cazzo…  cazzo cazzo…. Concentrazione … concentrazione!!
Quando la porta si richiuse alle mie spalle avevo le gambe molli; e mi accasciai sul pavimento completamente inerme con il respiro affannato… continuavo a rivivere quel momento!! Ma cosa cavolo avevo fatto? Avevo buttato la ragione nel cesso!!!
Mi rialzai in preda al panico e mi guardai allo specchio… tremavo, con i capelli arruffati e rossa come un peperone da capo a piedi… “Monica ma che cazzo hai fatto??” Chiesi al mio riflesso. “Hai appena baciato il demonio!!” mi rispose. Voltandomi nuovamente verso il box doccia, accessi il getto d’acqua fredda… attesi che diventasse gelata… e mi ci buttai sotto incurante dell’urlo che avrei lanciato da lì a poco.  Mi sorpresi invece di non sentire minimamente la temperatura dell’acqua sul mio corpo; anzi avrei scommesso che dallo stesso corpo, uscisse del fumo probabilmente perché troppo surriscaldato ed eccitato??? NO No No e ancora no!!!
 
POV WALTER
Chiusa la porta alle mie spalle e mi ci appoggiai contro con la schiena. Ma cosa mi era successo in quel dannato bagno? Avevo il fiato corto ed ero incazzato nero con me stesso per aver perso il controllo e con lei per avermelo fatto perdere. Io non perdevo mai la testa, soprattutto con le ragazze… mantenevo sempre la lucidità necessaria per non perdere la ragione, anche in situazioni molto più intime e “peccaminose”.  Come aveva fatto una ragazzina così insulsa a farmi perdere la testa? La mia nemica giurata poi? Inamissibile!!! Eppure l’avevo persa eccome quando me l’ero ritrovata davanti mezza nuda, con quel maledetto asciugamano che le arrivava a malapena sotto il sedere… modellandole il corpo in maniera assolutamente perfetta, e quando poi avevo incrociato i suoi occhi celesti prima sorpresi e imbarazzati, poi furiosi ed intensi…non ci avevo capito più nulla. Volevo solo baciarla… solo ed esclusivamente poggiare le mie labbra sulle sue; rosse e carnose che mi attiravano come una calamita!!! E poi ….beh…. ero andato completamente in tilt.

  • “Ehi fratellone ma che succede?” Mi girai verso i miei due fratelli quasi spaventato.
  • “ Sembravi così assorto…”
  • “Si può sapere dove eravate??” mi ripresi accusandoli “Mamma mi ha mandato ad assicurarsi che non allaghiate il bagno come la settimana scorsa. Ma perché non eravate in questo cazzo di bagno???”
  • “Beh… noi …ecco…” balbettarono intimoriti dal mio tono.
  • “Allora?? Non abbiamo tutta la notte.” Solitamente non me la prendevo con quelle due adorabili pesti ma in quel momento ero troppo scombussolato.
  • “Volevamo fare l’idromassaggio, così abbiamo chiesto a Monica di farci usare il bagno degli ospiti” Fu Stefano a prendere la parola.
  • “Quella ragazza è forte non è vero fratellone?” eccola la vipera. “E poi è anche molto bella” aggiunse la mia sorellina. Chissà perché le donne hanno nel DNA di dire sempre la cosa sbagliata al momento sbagliato.
  • “Adesso basta…” sospirai rassegnato. “Andiamocene da qui… forza che mamma vi aspetta.” Ci mancava solo che uscisse dal bagno e mi trovasse ancora lì fuori come un coglione.  
 
 
NOTE: Chiedo scusa per non aver ancora risposto a tutte le recensioni e messaggi. Rimedierò al più presto.

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Capitolo 8
*** Come se nulla fosse!! ***


CAP. 8   COME SE NULLA FOSSE!!

 
Roberto Molinari se ne stava placidamente nel suo studio aspettando Walter e Monica, quando una furia  - a suo parere sempre bellissima – si catapultò all’interno sbattendo la porta alle sue spalle.
  • “Adesso con calma mi spieghi cosa stai combinando con quei due ragazzi!”
  • “A cosa ti riferisci amore??” rispose il marito con fare mellifluo.
  • “Niente amore, tesoro… e altre stronzate di vario genere. Mi riferisco al fatto che mio figlio è entrato in casa legato a Monica Laboni; e che mio marito sia l’artefice di tutta questa pagliacciata!!” chiese ….. sbattendo le mani sul tavolo.
  • “Ma niente cara….Ho solamente bisogno di loro per un progetto scolastico…” tergiversò il marito
  • “E tu per un progetto scolastico hai ammanettato due tuoi studenti??? Ma sei completamente impazzito???” sbottò la moglie istericamente “Molinari ti consiglio vivamente di raccontarmi ogni cosa e non farmi perdere la pazienza. Ne va della tua salute!”
  • “D’accordo” rispose il marito rassegnato. Sapeva bene che non era il caso di fare arrabbiare la sua “dolce metà”.  E le raccontò della gara di quell’anno, che ogni scuola doveva presentare una coppia, ecc…ecc… Alla fine del racconto Sofia era un po’ sconcertata
  • “Scusa, ma comunque non riesco a capire il tuo atteggiamento! Insomma è vero che quei due ragazzi rappresentano le tue galline  dalle uova d’oro e che tu detesti perdere… ma non sei il tipo da usare questi sotterfugi. Tu sei uno che vuole vincere giocando pulito. Non puoi costringerli a fingere, né giocare con i loro sentimenti.”
  • “Già…” sospirò Roberto soprapensiero
  • “C’è dell’altro???”chiese la moglie insospettita dallo strano atteggiamento del marito, solitamente sempre così esuberante e chiacchierone.
  • “Beh…” sospirò ancora quest’ultimo.
  • “Avanti. Spara!!”
  • “Ricordi Armando Lamberti?”
  • “Certo che lo ricordo…. Era il tuo peggior nemico ai tempi della scuola e adesso è preside alla ragioneria “A. Manzoni”! Tu non lo sopporti e lui non sopporta te…ma cosa c’entra questo con Monica e Walter?” Il marito sospirò ancora e Sofia capì che aveva fatto una cazzata.
  • “Ho scommesso contro di lui su chi vincerà la sfida tra scuole di quest’anno.”
  • “E cosa avreste scommesso?” chiese la moglie visibilmente preoccupata per le strane titubanze del marito.
  • “Ricordi il terreno adiacente alla mia scuola?”
  • “Si…”
  • “Quel terreno appartiene al suocero di Lamberti e sono ormai più di tre anni che cerco di farmelo vendere; ma quello stronzo del genero continua a mettersi in mezzo!!”
  • “Quindi?” intervenne Sofia ormai impaziente.
  • “Se vince la mia scuola avrò campo libero per l’acquisto di quel pezzo di terra… Capisci potrò finalmente costruire una biblioteca, un auditorium, una piscina…” e gli si illuminarono gli occhi.
  • “E se dovessi perdere?” chiese lei riportandolo bruscamente alla realtà.
  • “Beh…se vince lui….”
  • “Molinari” si alterò la moglie “cosa cazzo hai scommesso??” Ahia.. pensò Roberto; aveva usato il cognome… proprio come quando erano all’università…proprio come quando erano fidanzati….. proprio come quando era incazzata nera…
  • “La mia cattedra!!”
  • “CHE COSA?” urlò lei alzandosi in piedi.
  • “Se vince lui lascerò la scuola e Lamberti ne diventerà il nuovo preside” sospirò Roberto
  • “Oh mio Dio!!! Ho sposato un pazzo…” proferì la moglie lasciandosi ricadere sul divanetto alle sue spalle.
  • “Dai tesoro non fare così…” cercò di sdrammatizzare Roberto.
  • “Tesoro un emerito cazzo!” sbottò lei ri-alzandosi in piedi piena di grinta repressa.
  • “Tu… tu…sei …mio Dio non so’ nemmeno come definirti… Ma cos’hai nella testa? “ cominciò a sbraitare la donna. “Tu ami il tuo lavoro e la tua scuola!! Cosa farai se dovessi perdere?”
  • “Io non perderò!” affermò sicuro il signor Molinari.
  • “E chi te la dà tutta questa sicurezza? Due ragazzini, che non solo non sono una coppia… ma che non si sopportano l’un l’altra? Li costringerai? Li ricatterai? Li terrai ammanettati fino alla fine dell’anno? E poi ammesso e concesso che il tuo fantastico piano funzioni... Walter e Monica insieme sono come due mine vaganti; se litigassero durante le prove? E se scoprissero che è tutta una farsa??? Potresti diventare lo zimbello di tutte le scuole del circondario!!!  Ma hai pensato a queste cose?”
  • “Onestamente no!!” dichiarò Roberto
  • “Ma tu ti sei bevuto il cervello per colazione?”
  • “Adesso basta!!” Sbottò lui “Stai esagerando.  Non trattarmi come se fossi un cretino che non sa quello che fa…”
  • “Ah già!! Perdonami” rispose ironica la moglie “dimenticavo che hai la situazione sotto controllo!!!”
  • “Adesso smettila Sofia!” si irritò anche Roberto “Io non ho mai messo bocca nelle tue questioni lavorative; vedi di fare lo stesso!”
  • “VAFFANCULO Molinari!!!” ed uscì irritata sbattendo la porta.
 
POV WALTER

  • “Visto Laboni, ti hanno rubato l’esclusiva.” Scherzai girandomi verso il porcospino che mi trovavo di fianco. Ci eravamo incontrati nel corridoio del piano di sopra senza proferire parola. Con gli occhi mi aveva scrutato, analizzato e probabilmente annientato. Poi aveva abbassato lo sguardo al pavimento, forse per la prima volta in vita sua e si era ricoperta di spine pronta a pungere chiunque si fosse avvicinato. A giudicare dalla sua reazione, era ancora parecchio sconvolta per il bacio di poco prima.  Dal canto mio, avevo superato la cosa convincendomi che si era trattato di una reazione puramente ormonale; ero stato legato a lei per tutta la giornata e non avevo fatto neppure il mio “giochetto del goal” con le ragazze in tribuna agli allenamenti del pomeriggio. Per colpa sempre sua, era una vita che non baciavo qualcuna…non che fossi malato; però…diciamo che mi piaceva divertirmi!! Inoltre averla trovata mezza nuda, non aveva aiutato il mio già precario autocontrollo.
  • “Vaffanculo Molinari!” ribatté aspra la mia compagna di sventura.
  • “Appunto!” sorrisi.
Mia madre - che era appena uscita dallo studio - si voltò verso di noi e rivolgendosi a Monica le disse:
  • “Gli uomini non capiscono un cazzo!!! Soprattutto quelli che di cognome fanno Molinari!!” lasciandoci entrambi basiti e poi girandosi verso di me aggiunse:
  • “Scusami figliolo… ma quando ci vuole ci vuole.” E se ne andò.
  • “Wow. E’ proprio arrabbiata.” Osservò l’arpia.
  • “Io direi incazzata nera…” scherzai ed entrammo da mio padre, anche lui visibilmente scosso da tutta quella situazione.
Ci ri-legò senza dire una parola e con un cenno del capo ci congedò. Così ci ritrovammo nuovamente nel corridoio diretti al piano di sotto per la cena persi ognuno nei propri ragionamenti. Anche se non volevo ammetterlo nemmeno a me stesso, questa situazione mi metteva a disagio e quel prolungato silenzio mi dava ai nervi. Il nostro rapporto – se di rapporto si poteva parlare - era fatto di litigate furibonde, frecciatine e provocazioni …non di silenzi imbarazzanti.
  • “Caspita, penso che i tuoi abbiano discusso di brutto!!”Fu lei a romperlo e anche se non lo avrei ammesso neanche sotto tortura, gliene fui immensamente grato.
  • “Già, ma non preoccuparti troppo; stanotte faranno pace tra le lenzuola.”
  • “Non hai proprio ritegno!” mi guardò quasi schifata.
  • “Ho detto solo la verità. E’ sempre così.” Risposi con ovvietà. “Prima si insultano come due pazzi, e poi si rotolano accaldati nel letto.”
  • “Basta Molinari! Per carità le abitudini sessuali dei tuoi non m’interessano…”
  • “Perché no?” sorrisi beffardo. Non dovevo affrontare quell’argomento soprattutto dopo quanto successo in bagno; ma istigare quella ragazza era più forte di tutti i miei buoni propositi. “Poi si sa’ che litigare rafforza la passione; guarda noi due…” ammiccai.
  • “Scusami?” chiese indignata guardandomi.
  • “Beh non si può dire che prima non ci fosse passione…eppure discutiamo sempre!” Colpita e affondata. La tonalità di rosso che prese il suo viso fu uno spettacolo impagabile.
  • “Ma sei scemo o cosa?”
  • “Cos’è? La verità fa male?”
  • “Piantala di fare lo sbruffone…se devi dire qualcosa fallo e basta!”
  • “O.k.! Visto che ti ho sentito piuttosto presa mi chiedevo se ti era piaciuto?” Camminavo su un terreno scivoloso e lo sapevo, ma istigarla mi divertiva troppo.
  • “Proprio non riesci ad avere un po’ di tatto?” sbuffò guardandomi con odio.
  • “E perché dovrei scusa?”
  • “Per non fare la tua solita figura da cafone maleducato, mi pare ovvio”
  • “E che me ne frega di essere educato con te?”
  • “Sei veramente un pallone gonfiato. Comunque perché lo vuoi sapere?” domandò riprendendo un tono.
  • “Curiosità….”
  • “Cos’è ? Walter Molinari ha bisogno di essere rassicurato sulle sue doti di seduttore?” mi chiese.
  • “Certo che no!! Mi domandavo semplicemente che effetto aveva fatto un mio bacio ad una suora di clausura …”
  • “Senti Molinari, falla finita!!” Naturalmente non l’ascoltai e continuai nel mio tentativo – per altro molto riuscito – di metterla in imbarazzo.
  • “Sai, mi chiedevo…” domandai con tono volutamente allusivo “ quello era il tuo primo bacio?”
  • “Brutto cretino, ma come ti permetti?” s’infuriò.
  • “Eh dai…stavo scherzando! Possibile che tu debba sempre essere così acida? Rilassati. Era solo un bacio, niente di trascendentale. Poi mio padre ha detto che dobbiamo andare d’accordo. Intanto che riusciamo a capire come fare potremmo intrattenerci con un gioco di lingue.”
  • “Ma tu ci credi veramente alle stronzate che dici? Non hai un minimo di ritegno?”
  • “Ti ripeto, perché dovrei?”
  • “Perché sono una ragazza… e con le donne ci vuole più rispetto!”
  • “Ma io sono quello che se le scopa tutte senza ricordarne il nome no? Non dici sempre così? Perché proprio tu dovresti fare eccezione?” le chiesi con fare strafottente, incrociando le braccia al petto e costringendo lei a muovere il polso. Stavo diventando cattivo e lo sapevo, ma toglierle quell’espressione saccente dalla faccia era diventata la mia ragione di vita. In realtà non riuscivo ad accettare che Sì lei era stata davvero un eccezione perché io in quel bagno avevo perso la testa come mai mi era capitato e  non riuscivo a capacitarmi del fatto che fosse stata proprio Monica Laboni a farmi provare tutto ciò. Quella ragazzina bisbetica e sempre così sicura di sé.  Non era umanamente possibile.  La vidi respirare a fondo prima di rispondermi.
  • “D’accordo. “sospirò rassegnata “Hai vinto tu ok.? Non riesco a capire cosa mi sia successo in quel dannato bagno… è stato un momento di smarrimento, un istinto, un attimo di debolezza… chiamalo come vuoi… ma adesso ti prego smettila di infierire e aiutami a trovare un modo per liberarci da questa trappola” e così dicendo mi mostrò le manette.
  • “E perdere l’occasione di rinfacciarti che anche tu, hai ceduto ai piaceri della carne? L’occasione di far sapere al mondo intero che proprio tu, Monica Laboni hai baciato colui che consideri Satana in persona, mettendoti sullo stesso piano di quelle che consideri oche perché se la fanno con me? Ma non ci penso minimamente. “ sorrisi compiaciuto dei lampi di rabbia che le uscivano dagli occhi.
  • “Tu brutto bastardo. Non avrai intenzione di sputtanarmi ????”
  • “Proprio così.”
  • “Non puoi farlo.” Ruggì indignata.
  • “Perché no?” ironizzai sorridendo “Anzi ti dirò…. Domani a quest’ora tutta la nostra scuola saprà dell’accaduto.” Vidi distintamente il suo braccio scattare, ma stavolta ero preparato ed afferrai il suo polso a mezz’aria. “Non ci provare, ti è andata bene una volta. Ti consiglio di non sfidare la fortuna.”
  • “Sei un verme, ma come puoi comportarti così? Non hai un briciolo di coscienza?? Ti credi così figo? Così onnipotente perché tutte ti sbavano dietro? Ma che razza di persona sei?” sbraitò inferocita. Eccola tornata la tigre  combattiva di sempre. Era bella, con gli occhi fiammeggianti, le guance arrossate. Tremendamente sexy anche con indosso una tuta di mia sorella maggiore, con la felpa larga che continuava a cadere lasciandole scoperta un  pezzo di spalla e i pantaloni attillati che ne esaltavano le forme dalla vita in giù. E adesso mi mancava solo la battuta finale per l’esplosione.
  • “Posso farti una domanda? Ma tu….sei ancora vergine?
POV MONICA
Demente, insopportabile, borioso, insolente,… e chi più ne ha più ne metta!! Ma come avevo potuto farmi trattare così da un imbecille simile che solo pronunciarne il cognome mi faceva venire l’orticaria?
A questo pensavo livida di rabbia mentre silenziosi scendevamo le scale che ci avrebbero portato in cucina per la cena. Seguivamo il signor Molinari che aveva nuovamente interrotto il nostro accesso scambio di opinioni salvandoci – se così si può dire – da un nuovo brutale corpo a corpo. Desideravo solo andare a dormire, chiudermi da sola in quella che sarebbe stata la mia camera e metabolizzare tutto quello che era successo. Invece mi aspettava una cena con l’intera famiglia perfetta  più il brutto anatroccolo.

  • “Prego Monica accomodati” mi accolse Sofia Molinari con un sorriso.
La cena fu un vero disastro. Non tanto per il cibo, poiché era tutto squisito, ma per la tensione che c’era nell’aria. Io e il mostro avevamo tacitamente deciso di ignorarci… ma la cosa non risultò affatto semplice poiché essendo legati continuavamo ad infastidirci a vicenda e anche bere un semplice bicchiere d’acqua diventò un’impresa titanica. Inoltre gli  sguardi compassionevoli e pieni d’imbarazzo della madre di Molinari non aiutavano a stemperare il clima pesante che si era creato. Roberto Molinari dal canto suo era assorto nei suoi pensieri guardando con sospetto la moglie, chiaro segno che la discussione di poco prima aveva lasciato strascichi. Gli unici che sembravano divertirsi un mondo per quella strana situazione erano i gemelli che osservavano la scena affascinati.
Furono proprio loro a darmi il colpo di grazia, quando dopo cena piagnucolarono fino alla morte per giocare a Twister tutti insieme. Ero convintissima che nessuno avrebbe assecondato questa folle iniziativa primo fra tutti il mio compare. Beh, mi sbagliavo di grosso. Io quello stupido non l’avrei mai compreso. Ma cosa voleva ancora da me? Mi aveva derisa, umiliata, trattata come una delle sue sciaquette, non poteva lasciarmi andare in camera a sfogare la mia frustrazione??
Naturalmente io e Walter ci trovammo uno di fronte all’altra. L’inizio fu passabile, limitatamente alla situazione. Ma poi con l’intricarsi delle nostre posizioni divenne sempre più imbarazzante soprattutto quando cominciammo a sfiorarci impercettibilmente. Percepivo il calore del suo corpo avvolgermi, erano movimenti casuali o avevano un fondo di malizia? Quando mi ritrovai il suo viso così vicino, da sentire il suo respiro sulla pelle, già non capivo più niente. Mi sentivo le guance rosse a livelli improponibili e gli occhi di tutti puntati addosso soprattutto dei suoi genitori, che ci guardavano preoccupati, mi stavano facendo ammattire.

  • “Perché lo stai facendo?” gli sussurrai all’orecchio .
  • “Facendo cosa?” mi sibilò suadente nell’orecchio.
  • “Giocando a mettermi in imbarazzo, persino davanti ai tuoi. Qui non ci sono i tuoi amici per farti bello. Smettila di fare il figo della situazione.”sbottai velenosa.
  • “Mi spiace Laboni non posso!!”
  • “Perché?”
  • “Perché ho scoperto il tuo punto debole.”
  •  “E sarebbe?”
  • “Ti é oscura la malizia come a me lo è il ritegno. E adesso ho in mano le carte per farti capitolare con astuzia.”
  • “Tu sei pazzo!!”
  • “Può essere… “ e sospirò malizioso sul mio collo “Ma tu sei in trappola Principessa!!”
Merda!!! Pensai lasciandomi cadere di scatto e perdendo la partita intenzionalmente non riuscendo a sopportare quella vicinanza.
 
Quando, - finalmente libera - arrivai in camera ero sopraffatta da troppe emozioni. Il mio cervello era completamente in tilt; non riuscivo più a razionalizzare gli eventi… mi sentivo male e bene come mai ero stata in vita mia e la cosa mi spaventava da morire. Ero arrabbiata perché ero in trappola, ma avevo anche la consapevolezza che la sua vicinanza mi turbava non solo l’anima ma anche il corpo ed ancora non comprendevo se tutto ciò era bene o male.
A peggiorare ulteriormente la situazione, arrivarono i sogni agitati di quella notte: io e lui in quel bagno,solo che non mi fermavo, le mie mani correvano sul suo petto scolpito, assaporandone la consistenza fino ad arrivare alla cintola dei suoi jeans e un dito birichino ci si infilava dentro sentendo qualcosa che…
Mi svegliai nel mezzo della notte sudata ed accaldata e non chiusi più occhio fino alla mattina dopo; pensando e ripesando a quel sogno. Ragion per cui quando scesi a fare colazione, ero tesa come una corda di violino; irritata ed irritabile a livelli inimmaginabili, avrei sputato veleno addosso a chiunque solo per il fatto di respirare.
A scuola poi rasentavamo il ridicolo…ci eravamo divisi le ore di lezione a seconda dell’importanza della materia - non senza infinite discussioni - ma siccome lui a fine anno doveva sostenere gli esami di maturità per la maggior parte della giornata fui “ospitata” nella classe del  mostro, osservata da tutti come fossi un cane ammaestrato in vetrina. Contrariamente a quanto pensavo Walter Molinari non era un cretino…o meglio era un cretino intelligente ed aveva una buona media scolastica. Questo mi indispettì ancora di più, perché cominciai a pensare che io lo consideravo un idiota …. Ma in realtà non lo conoscevo per niente. E quei pensieri erano un male o un bene?
Comunque, a farmi rinsavire da questi pensieri controproducenti ci pensò Molinari stesso che quel giorno aveva deciso di rendersi insopportabile – più del solito intendo. A dimostrazione che il nostro bacio non significasse proprio nulla, (non che per me fosse diverso intendiamoci) quell’imbecille passò l’intera mattinata a  ficcare la lingua in bocca a tutte le persone di sesso femminile che gli passavano sotto tiro e che sembravano apprezzare molto la cosa. Una chiara provocazione per la sottoscritta considerando che seguivo queste patetiche scenette dalla prima fila essendo costretta a stare a poco più di un metro da lui. L’unica nota positiva era che dopo quattro ore di lezione non aveva ancora urlato ai quattro venti del nostro incidente.

  • “ Hai finito?” domandai esasperata durante l’intervallo quando mi trovai ancora costretta ad assistere ad un’altra scenetta hot da una distanza troppo ravvicinata.
  • “Di fare cosa?” rispose canzonatorio.
  • “Il cretino con tutte quelle che ti passano davanti, tanto per iniziare!”
  • “Ti da fastidio?” chiese sorridendo.
  • “Ma figuriamoci!! E’ solo che non gradisco vedere spettacolini osé sui corridoi della scuola.” Sbottai.    
  • “Sei sempre esagerata; sono solo baci.”mi disse allusivo facendomi intendere un messaggio nascosto.
  • “Non direi visto dove erano posizionate le tue mani sull’ultima ochetta che ti sei sbattuto “ risposi piccata.
  • “Gelosa?”
  • “Neanche per sogno.”
  • “Senti Laboni” mi guardò serissimo mettendomi quasi a disagio. “Devi sapere che come uomo ho delle esigenze … e visto che tu non vuoi collaborare…. Mi adeguo.”
  • “Sei davvero patetico Molinari.” Ma cosa avevo fatto di male? Avevo un gran bisogno di sfogarmi con la mia migliore amica. Ma come facevo con quel cretino sempre dietro al  culo? Ero depressa e frustrata, invece lui sembrava perfettamente a suo agio, addirittura si divertiva alle mie spalle. Era naturale e disinvolto anche davanti ai suoi amici trogloditi ignorandomi palesemente o peggio intavolando discorsi prettamente “maschili” fatti al solo scopo di imbarazzarmi. Questi dal canto loro, se la ridevano alla grande. Solo Ravelli sembrava aver pietà di me cercando per lo meno di affrontare discorsi più concreti.
Dopo la pausa pranzo e l’ennesima discussione degenerata in urla e parolacce eravamo arrivati alla conclusione che quella storia doveva finire; altrimenti non ne saremmo usciti vivi. La situazione era precipitata quando una ragazza della mia età – una puttana a mio avviso – approfittando che al momento in giro non c’era nessuno, ci si parò di fronte, o meglio gli si parò di fronte; e cominciò a slacciarsi i bottoni della camicetta uno per uno in modo quasi osceno direi, lasciando intravedere il seno completamente nudo. Poi prese una sua mano e se la infilò nelle mutande lasciandomi completamente stralunata. Quando poco più tardi mi resi conto che l’idiota non solo non l’allontanava ma le sorrideva malizioso, eruttai come un vulcano. Me la presi con lei, con lui, con il padre che l’aveva generato, con la scuola e tutto il sistema scolastico, con l’intero stato italiano. La zoccola di turno se la diede a gambe levate mentre sul corridoio arrivarono molti studenti richiamati dalle mie urla isteriche. Se avessi avuto un coltello fra le mani probabilmente l’avrei ucciso senza il minimo senso di colpa. Dal canto suo Molinari mi guardava come se fossi un’invasata. Mi lasciò urlare e sfogare finché non mi fui completamente calmata, dimostrando una comprensione verso il mio stato d’animo. Attenzione che in quel momento non apprezzai, troppo presa da me stessa. Quando la smisi di starnazzare al vento e lo guardai, ciò che vidi mi spiazzò. Con uno sguardo serissimo mi mise entrambe le mani sulle spalle rilassandomi all’istante. Ma come ci riusciva?
  • “D’accordo! Questa storia deve finire!” proferì. Emi strattonò, masenza prepotenza fino all’ufficio del padre. Avrei pianto, avrei supplicato,sarei strisciata ai suoi piedi…ma una cosa era certa; dovevo uscire dalla presidenza libera!!!
 
  • “Buongiorno ragazzi!” esordì il preside facendoci accomodare “che vi porta nella tana del lupo di vostra spontanea volontà?”
  • “ Abbiamo imparato la lezione papà” sospirò Molinari “Siamo venuti a prometterti che d’ora in avanti ci comporteremo dastudenti educati e coscienziosi. Ma ti prego liberaci!”
  • “Per favore” supplicai.
  • “E così avreste imparato la lezione?” chiese guardandoci attentamente.
  • “Si.” Rispondemmo in coro
  •  “Non direi proprio considerando tutte le pagliacciate che avete fatto nelle ultime 48 ore…”
  • “La prima l’hai fatta tu legandoci insieme.” Lo interruppe scocciato Walter.
  • “Sta zitto idiota. Hai dimenticato perché siamo venuti qui?” lo rimproverai.
  • “Forza allora; tira fuori tu dal cilindro uno dei tuoi sermoni ad effetto.” Ribatté acido.
  • “Signor Molinari” esordii in tono solenne “in effetti questi due giorni non sono andati benissimo ma ci abbiamo provato. Il fatto è che qui ne va della nostra salute mentale. Siamo arrivati ad un punto di intolleranza tale da scattare anche per un bicchiere d’acqua e così conciati non riusciremo mai a trovare un punto d’incontro.”
  • “E che suggerisci per risolvere la questione?” mi chiese
  • “Non so’….potremo svolgere un progetto insieme, una ricerca, pulire la scuola, strappare le erbacce dalle aiuole,… qualcosa che ci costringa a vederci, ma non con un contatto così stretto.” Chiarii mostrando le manette che ci tenevano legati.
  • “D’accordo!!!”
  • “D’ACCORDO???” chiedemmo all’unisono quasi increduli. Ma era così facile?
  • “Cosa siete disposti a fare per tornare liberi?”domandò.
  • “Qualsiasi cosa.” Rispondemmo ancora insieme. Strano pensare a come io e lui non andassimo d’accordo su nulla ma in quella situazione sembravamo perfettamente in simbiosi.
  • “Bene. E’ proprio ciò che volevo sentire.” Sogghignò il preside. Così dicendo il padre di Molinari estrasse dal secondo cassetto della sua scrivania un fascicolo che ci porse. Ma perché in quel momento nella mia testa non suonò un campanello d’allarme??
  • “Cos’è?” domandò suo figlio.
  • “La prova delle scuole di quest’anno. Verrà esposta solo tra un mese  circa, ma a voi la mostro in anteprima.”
  • “WOW” La presi cominciando a sfogliarla “E’ fantastica. Quest’anno hanno fatto le cose in grande, le prove verranno sostenute in diverse location, i premi sono fantastici, ...cavoli una borsa di studio da 5000€…” Ormai ero partita sull’onda dell’entusiasmo.
  • “Che palle che sei Laboni.” Mi interruppe il buzzurro strappandomi quelle carte di mano. “Possibile che tu ti debba lasciar prendere da qualsiasi stupido progetto studentesco???”
  • “E possibile che a te invece non ti smuova proprio niente?” A parte un paio di belle tette avrei voluto aggiungere ma davanti al padre non mi sembrava il caso considerando ciò che era già successo precedentemente.
  • “Comunque” si intromise Molinari senior “come potete leggere ogni scuola dovrà partecipare con due soli studenti, un ragazzo e una ragazza; una coppia a tutti gli effetti per l’esattezza.”
  • “Appunto” disse Walter. “Non capisco cosa c’entri questa cosa con noi e con il poter uscire dalla nostra situazione di prigionia”
  • “Come vi dicevo poco fa, questo avviso verrà esposto tra circa un mese,non appena verranno definiti i dettagli. Poi ogni scuola avrà altri 15/20 giorni per iscrivere i suoi candidati… quindi direi che avete più o meno tre settimane di tempo.” Calcolò il preside.
  • “Per fare cosa?” domandammo ancora in coro. La luce che attraversò in quel momento gli occhi del padre del mio nemico giurato non mi piacque per niente.
  • “Per mettervi insieme!!” sorrise.
E poi il buio si impossessò di me.
 
 
 
 
NOTE DELL’AUTORE
Solo Grazie di cuore a tutti coloro che leggono e seguono la mia storia. Un grazie particolare  va a coloro che spendono del tempo prezioso per recensirmi e sono molto felice che lo scorso capitolo abbia segnato il mio record di recensioni per capitolo.  A presto.
P.S. Siccome magari non tutti lo sanno ho messo qui sotto una breve spiegazione di come si svolge il gioco citato nel capitolo.
 
 
Twister è giocato su un tappeto di plastica di grandi dimensioni. Sul tappeto sono disposte quattro file di grandi cerchi colorati, di colori differenti per ogni riga: rosso, giallo, blue verde. Una lancetta collegata a una tavoletta quadrata serve per dare ai giocatori indicazioni sulle mosse da fare. La tavoletta è divisa in quattro sezioni sulle quali è scritto: piede destro, piede sinistro, mano destra e mano sinistra. Ciascuna di queste quattro sezioni si divide a sua volta in quattro colori (rosso, giallo, blu e verde). Dopo aver fatto ruotare la lancetta, viene chiamata una combinazione di colore/arto che i giocatori devono compiere. Ad esempio: se la combinazione chiamata è "mano destra, giallo", i giocatori dovranno spostare la loro mano destra sul più vicino cerchio di colore giallo. Non essendoci sufficienti cerchi colorati i giocatori sono spesso tenuti a mantenere posizioni improbabili o precarie, arrivando al punto di perdere la posizione o cadere al suolo. Un giocatore viene eliminato quando cade.

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Capitolo 9
*** Reazioni ***


CAP. 9 REAZIONI

POV MONICA

Quando riaprii gli occhi ero sdraiata su un lettino e sentivo odore di cloro. Probabilmente mi trovavo in infermeria anche se non c’ero mai stata. D’improvviso i ricordi si fecero strada nella mia mente….Oh Dio! Ero svenuta nell’ufficio del preside dopo che lui ci aveva informati che…
Che figura di merda!!! Ero capitolata al suolo come un’idiota. ..Oh mamma!! E adesso? Come sarei riuscita a guardarli ancora in faccia senza vergognarmi come una ladra? Non riuscii a finire queste mie elucubrazioni mentali che una voce irritata ed inconfondibile raggiunse le mie orecchie.

  • “ Oh guarda… la bella addormentata si è svegliata…”
Quando mi voltai verso di lui che mi osservava ironico, avrei dato qualsiasi cosa perché un buco nero si aprisse sotto di me e mi inghiottisse completamente. Raccimolando una faccia tosta che non avevo chiesi:
  • “Che ci fai tu qui?”
  • “Si da il caso che siamo ancora ammanettati.” Rispose alzando il braccio.   
  • “Oh no!” sbuffai.
  • “Oh sì!” replicò. Lo fulminai con lo sguardo truce.
  • “O.k.! O.k.! La  smetto. Cercherò di essere serio. Ricordi cosa è successo prima della tua dipartita nel mondo dei sogni?” mi chiese.
  • “Sì” sospirai rassegnata. Almeno si fosse trattato di un incubo dal quale mi ero svegliata.
  • “E adesso che facciamo?”
  • “E lo chiedi a me?? Sei tu che ce l’hai come padre.”
  • “Beh anche tu come preside!”
  • “Già” sospirai sconfitta. “Adesso dov’è?”
  • “E’ andato a prendere le chiavi delle manette”
  • “Allora ha deciso di liberarci?” chiesi speranzosa.
  • “Non ci giurerei…Ricordi le condizioni?”
 
A quella domanda un silenzio imbarazzante scese su di noi. Io e lui insieme come coppia…mi venivano i brividi solo a pensarci. Quasi leggendomi nel pensiero Molinari sorrise dicendomi:

  • “Sai potrebbe essere divertente…”
  • “Come dici scusa?” mi riscossi dai miei pensieri osservandolo.
  • “Intendo io e te insieme.”
  • “Si, divertente come lo scoppio di una bomba atomica a pochi passi da casa mia!” risposi sarcastica. E Walter Molinari scoppiò a ridere di gusto lasciandomi sbigottita e irritata al tempo stesso perché il mio inconscio non poté non registrare quanto era bello sentirlo ridere.
  • “Wow vedo che facciamo progressi.” Lo interruppe il padre entrando nella stanza con delle piccole, scintillanti bellissime chiavette. “Come stai?” chiese poi rivolto a me.
  • “Bene. Grazie.” Risposi imbarazzata.
  • “Allora ci avete pensato?” domandò facendoci penzolare le chiavi della nostra libertà davanti agli occhi.
  • “Non se ne parla…” intervenne prontamente Walter “ è una richiesta semplicemente pazzesca.”
  • “Non è per caso che hai paura?” Perché avevo l’impressione che nessuno dei due mi calcolasse più?
  • “E di cosa dovrei avere paura sentiamo?” rispose Walter palesemente irritato.
  • “Che il gioco ti prenda la mano? Magari di immedesimarti troppo nella parte?”
  • “Ma figuriamoci …non dire stronzate papà. Stiamo parlando di questa qua, mica di una strafiga!”
  • “Ehi!! Ma come ti permetti troglodita?” intervenni piccata. Non che mi considerassi una figa da paura, ma anche sminuirmi così non era proprio il massimo.
  • “Se sei così sicuro di te stesso perché non accetti?” Proseguì Molinari Senior con una strana luce negli occhi. Inesistente, ignorata completamente, invisibile…Ma quei due si rendevano conto che c’ero anch’io in quella stanza?
  • “Cos’è? Una sfida?” chiese serio Walter
  • “Proprio così!” Deciso, risoluto, micidiale Roberto Molinari. Ma quell’idiota del figlio si rendeva conto che il padre lo stava intortando per bene?
  • “Accetto!!”
  • “Ma sei impazzito!!” urlai scandalizzata.
 Il preside dal canto suo era visibilmente soddisfatto e con dita agile e svelte fece scattare la serratura che ci teneva prigionieri.
  • “Siete liberi!” sentenziò. “Adesso per cortesia Walter puoi lasciarmi solo con la signorina? “
  • “Certo non vedo l’ora…” rispose sarcastico. “ …anche se sono curioso di sapere come te la lavorerai” ed uscì sbattendo la porta.
 
POV WALTER 

Ma cosa cazzo stavo facendo? Avevo capito il giochetto di mio padre, far leva sul mio orgoglio lanciandomi una sfida per farmi capitolare. Ma non riuscivo a capire me stesso. Perché avevo finto di cascarci con tutte le scarpe?
Ero uscito in cortile a fumarmi una sigaretta in santa pace e già mi sembrava strano non sentire la sua voce petulante che urlava che il fumo fa male alla salute. Sorrisi inconsapevolmente. Possibile che pochi giorni a stretto contatto con quella vipera mi avessero scombussolato tanto? Neanche l’avessi scopata e si fosse dimostrata una porca di prima categoria? Forse era quello che mi dava sui nervi. Il fatto che non ci fossi ancora andato a letto insieme? Ma perché? Tanto sapevo che era solo questione di tempo; presto o tardi avrei trovato anche lei a rotolarsi tra le mie lenzuola…

  •  “Brutti pensieri?” Mi voltai e trovai i miei migliori amici intenti a fissarmi.
  • “No. Perché?”
  • “Eri così assorto….”
  • “Ma non dite stronzate!”
  • “Sarà…ma stavi fissando il vuoto come un ebete.”
  • “Vi hanno liberati? Non è che già  ti manca?” domandò Yuri sornione.
  • “Chi?” chiesi fingendo indifferenza.
  • “Indovina….”
  • “Ma voi due non avete di meglio da fare che scassare le palle al sottoscritto?” domandai mentre quelli se la ridevano alla grande. “Comunque la risposta è no!! Anzi non ne potevo più… E’ una scassa coglioni peggio di voi due messi insieme!” E feci per andarmene, ma sapevo che con quelle due comari non avrei avuto vita facile. Infatti mi raggiunsero immediatamente .
  • “E dai raccontaci qualche particolare piccante della vostra convivenza?”
  • “L’hai vista nuda?”
  • “Hai scoperto almeno se è vergine?”
  • “Fatela finita….” Gridai “Non c’è niente da raccontare. E’ stato un inferno. Tutto qui!” E mi allontanai lasciandoli completamente basiti.
Ma perché non gli avevo detto del bacio? Io che volevo sputtanarla davanti a tutta la scuola, non l’avevo detto neppure ai miei migliori amici ai quali confidavo ogni cazzata??? E perché poi non avevo minimamente accennato allo stratagemma di mio padre? Come avrei spiegato il fatto che magari da lì a poco saremmo diventati una coppia? Ma no!! Lei non avrebbe mai accettato. Avrei detto loro la verità naturalmente ma non credo che mio padre l’avrebbe permesso … a pensarci bene avrei potuto convincerlo a far prendere ad Ale il mio posto…era un  bravo studente e negli sport se la cavava bene; inoltre avrebbe fatto salti di gioia al solo pensiero di passare del tempo con lei. Ma perché l’idea di quei due insieme mi infastidiva così tanto? Basta!!! Dovevo finirla con tutte queste seghe mentali. Con passo deciso e veloce mi diressi verso lo spogliatoio femminile ed attesi che uscisse la prima ochetta decente che mi fosse capitata a tiro. Neanche a farlo apposta la ragazza che mi si parò di fronte era la moretta che mi aveva infilato le mani nelle mutande facendo imbestialire la Laboni. Sorrisi compiaciuto, sarebbe stato più facile del previsto. Inoltre Rebecca – così mi sembrava di ricordare  – non rientrava nella categoria di quelle “già fatte” quindi ancora meglio, avrei segnato un punto in più nella mia classifica personale.
  • “Ehi bel giovanotto!” si avvicinò ancheggiando spudoratamente. “Che ci fai da queste parti?” Fin troppo facile, pensai.
  • “Aspetto!” sorriso accattivante, posa sexy.
  • “Cosa?” soffiò sulle mie labbra.
  • “Te!” sussurro prima di far combaciare le nostre labbra. Bingo!!
Pochi minuti dopo ci ritrovammo avvinghiati in uno sgabuzzino mezzi nudi e nascosti da occhi indiscreti. La sua maglietta insieme al reggiseno ai nostri  piedi avevano lasciato scoperto un seno prosperoso al quale mi dedicai con perizia. D’improvviso la vidi scostarsi da me e guardarmi con occhi lussuriosi e famelici. Con mani esperte slacciò la mia camicia, bottone dopo bottone lasciandomi piccoli baci lungo tutto il corpo. Arrivata alla cintura dei  miei jeans si inginocchiò ai miei piedi slacciandoli senza timore. Però la ragazza ci sapeva davvero fare!!
  • “Ahh…” Oh si!! Ci sapeva davvero fare con i giochetti di lingua. Chissà che faccia avrebbe fatto quella suora della Laboni  se avesse aperto la porta in quel momento. Ma che cavolo… No cazzo! Non potevo pensare a lei in quel momento. Con un grugnito irritato la feci rialzare, la spogliai anche troppo velocemente e mettendole le mani sotto alle natiche la presi in braccio penetrandola in un colpo solo. Non era da me tutta questa rapidità e poca attenzione nei confronti della ragazza di turno, ma il pensiero di essere sottoposto al giudizio di quella vipera mi aveva distratto e irritato a morte!!
 
POV MONICA

Chissà dove si era cacciato quel cretino dopo essersi fatto incastrare come un allocco dalla persona che adesso aveva preso il suo posto di fianco a me e che probabilmente stava meditando su come fare ad imbigolare anche la sottoscritta. Un sospiro mi distolse dai miei pensieri contorti.

  • “Senti Monica, ….”
  • “Io non cederò Sig. Molinari!” lo interruppi prima che cominciasse la sua opera di convincimento.  “Scusi se sono così franca, ma questi giorni con suo figlio sono stati i peggiori della mia vita e non intendo ripetere l’esperienza tanto presto.”
  • “Potrei costringerti! Ti ricordo che siete ancora in punizione….” Disse guardandomi con gli stessi occhi penetranti del figlio. “Ma con te voglio essere onesto. Ho bisogno del tuo aiuto per essere sicuro di vincere quella competizione perché ho fatto una scommessa stupida che potrebbe mettere a repentaglio il mio posto di lavoro.”  
Rimasi sgomenta alle sue parole soffermandomi a riflettere se mi stava dicendo la verità o era soltanto una tattica per farmi cedere le armi. Con il figlio il piano dell’orgoglio e con me quello dei sensi di colpa!!
  • “E’ per questo che io e Sonia abbiamo litigato l’altra sera….”
Proseguì raccontandomi tutta la storia e lasciandomi senza parole. Cominciavo a capire perché il figlio non fosse del tutto normale. Quando terminò il suo racconto onestamente non sapevo cosa fare; non volevo mettere in scena quel siparietto, oltretutto non credevo neppure di esserne capace ma Roberto Molinari aveva toccato le corde giuste purtroppo per me.
  • “D’accordo…. Ci proverò.” Risposi sorprendendomi delle mie stesse parole.
  • “Davvero?” anche lui sembrava non crederci.
  • “Non ho detto si!” specificai “Solo che ci proverò. Non prometto niente.”
  • “Grazie …” rispose. D’improvviso una domanda mi balenò in mente.
  • “Perché a suo figlio non ha detto la verità?”
  • “Beh…” mi rispose a disagio “io e Walter abbiamo un rapporto un po’ conflittuale, diciamo così… e non è facile dialogare…. E poi un padre tende sempre a nascondere le proprie debolezze ai figli.”
  • “Capisco.” Risposi. Anche se in realtà non è che avessi capito poi molto.
  • “Comunque” riprese il preside dandosi un certo tono “per i vincitori ci saranno dei bellissimi premi”
  • “Evviva “ sospirai senza il minimo entusiasmo tanto da farlo sorridere. Poi si alzò e mi lasciò sola.
Quando uscii dall’infermeria ero frastornata e confusa…. Solo una cosa risuonava chiara nella mia testa. Io e Molinari una coppia…mi ero proprio cacciata in un bel guaio…niente da dire!! Neanche a farlo apposta prima di svoltare per il corridoio, sentii la sua voce … Non volevo trovarmelo ancora davanti, non dopo che avevo appena accettato di diventare la sua finta ragazza…cosa gli avrei detto??? Dopo che lo avevo insultato per giorni per il suo deplorevole comportamento con le ragazze? Perché avevo detto sì? Probabilmente cadendo avevo sbattuto la testa provocandomi un trauma cranico che mi aveva fatto perdere momentaneamente il lume della ragione.
Mentre la mia mente era invasa da questi pensieri contorti percepii distrattamente un’altra voce; era quella di una ragazza! Presa da un raptus di folle curiosità mi fermai all’angolo del corridoio e mi misi in ascolto… Quello che udii non vale nemmeno la pena di essere riportato. Lasciva, volgare ed imbarazzante…. Ma come faceva una donna a cadere così in basso?? Sembrava che lo stesse supplicando per farsi dare un’altra ripassata. Davvero squallido!! Ma poi, possibile che Walter Molinari fosse tanto bravo a letto?

  • “E tu che ci fai qui?”
Volto visibilmente soddisfatto, sorriso malandrino, camicia sgualcita e bottoni allacciati storti….non ci voleva un genio per capire cosa fosse appena successo! Questa considerazione m’infastidì più del dovuto e non ne capii il motivo. Cazzo!!! Stavamo parlando del mio futuro ragazzo. Finto Monica finto!! Era tutta una farsa per vincere una stupida competizione scolastica.  Cavoli, non mi ero neanche resa conto che si erano salutati. Quel giorno ero proprio su un altro pianeta.
  • “Pronto? Ci sei?” La sua voce mi riscosse dai miei pensieri.
  • “Cosa?”
  • “Laboni, ma ti sei fumata qualcosa?” mi domandò interrogativo.
  • “Ma ti ha dato di volta il cervello Molinari?” lo accusai sentendo le mie gote accaldarsi.
  • “Si può sapere che ti succede?”  mi chiese notando probabilmente il mio colorito. E poi d’improvviso vidi la consapevolezza trapassagli gli occhi.
  • “Mi stavi spiando?” sorrise compiaciuto.
  • “Non dire scemenze…”
  • “Ah ah …” m’interruppe “ non ti hanno insegnato da bambina che non bisogna dire le bugie. Oltretutto a quanto vedo non ne sei nemmeno capace.”
  • “Ma falla finita megalomane. Cosa vuoi che m’importi di chi ti porti a letto?”
  • “Vedi che mi spiavi?” MERDA!! Colpita e affondata.
  • “Beh…ecco…io…”  balbettai.
  • “Beh…ecco tu cosa?”
  • “Ero solo di passaggio, e vi ho sentiti parlare. Tutto qui! Poi considerando la profondità dei vostri discorsi ho preferito non disturbare…” risposi cercando di sembrare il più risoluta possibile. Alzai lo sguardo e lo vidi sorridermi.
  • “Sei un’impicciona ammettilo!!!” mi disse tra il divertito e il malizioso. Era carino. Maledettamente carino! Cazzo!!! “Allora?” riprese lui togliendomi da una situazione imbarazzante per mettermi in un’altra forse peggiore.
  • “Ho davanti la mia futura ragazza?” Il fatto che lui riuscisse a ridere di tutta quella situazione mi faceva saltare i nervi; ma nonostante questo non riuscii a fare a meno di arrossire.
  • “Non ci credo!!! Tu hai accettato? Perché?” urlò veramente sorpreso.
  • “Beh allora tu? Mi sembra che sei il primo ad aver detto sì!!”
  • “Ma solo per farti incazzare….” Sbottò indignato  “Davo per scontato che tu non avresti mai detto di sì!!”
  • “A quindi sarebbe colpa mia?!?”
  • “Certo!!”
  • “Hai una gran bella faccia tosta Molinari.”
  • “Come diamine è riuscito a convincerti? Porca troia! Tu non sei quella della sincerità prima di tutto, quella che non si fa mai condizionare da nessuno?? Quella che piuttosto che mettermi con te sprofonderei negli abissi dell’inferno???”
  • “Si dia il caso che i premi siano molto allettanti.” Inventai su due piedi.  
  • “E vorresti farmi credere che ti sei fatta comprare con dei premi allettanti? Ma mi credi così scemo?”
  • “Mettiamo le cose in chiaro brutto scimmione…. Il motivo per cui ho accettato sono affari miei; da te voglio solo un’idea su una futura strategia d’azione.” Ero arrabbiata, con me stessa, con lui, con il preside, con quella puttana che se l’era portato a letto o viceversa;  insomma ce l’avevo con il mondo intero.
  • “Una strategia per metterci insieme?” sorrise.
  • “Proprio così” sbuffai
  • “Sai Laboni, sei la ragazza più strana che abbia mai conosciuto! Secondo te come fanno due persone a mettersi insieme?”
  • “Mi stai prendendo per il culo? Noi non dobbiamo metterci insieme, dobbiamo allestire una Farsa!!!” dissi rincalcando su queste ultime parole. 
  •  “E’ la stessa cosa stupidina… dobbiamo farlo credere a tutta la scuola; tanto vale essere il più veritieri possibile.” Ammiccò suadente. “Potremmo cominciare con lo sbaciucchiarci per i corridoi quando sono affollati di studenti….”
Dicendo queste parole si avvicinò lentamente e inesorabilmente a me, imprigionandomi tra il suo corpo e la parete del corridoio. Arretrando di qualche passo e trovandomi letteralmente con le spalle al muro andai in iperventilazione. Le sue mani ai lati del mio viso, una a destra e l’altra a sinistra mi imprigionavano in una sorta di gabbia umana.
Ma quando la nostra conversazione era diventata così “calda”???

  • “Se non ricordo male non ti servono ripetizioni…. Sei piuttosto brava in questo….” Soffiò sulle mie labbra.
 Stavo per perdermi nuovamente nei suoi occhi color smeraldo e più lui si avvicinava più io perdevo lucidità. Potevo percepire l’odore del suo corpo sfiorarmi le narici…ma poi lo sentii. Quello non era il suo odore. Non era il profumo fresco della sua pelle che in quel bagno mi aveva fatto perdere la testa; tornai lucida e schifata in uno schioccar di dita. Odore di vaniglia speziata, fortissimo oserei dire!! Come un fulmine mi ricordai di cosa era impegnato a fare solo cinque minuti prima in uno sgabuzzino. La mia reazione fu immediata. Con uno scatto degno di un atleta mi piegai fino a ritrovarmi inginocchiata a terra dove gattonai lontano da lui. Quando mi rialzai dal pavimento ero furiosa e con gli occhi che iniettavano sangue mi girai per fronteggiarlo.
  • “ Non provarci mai più!!!” dichiarai decisa guardandolo con odio. Lo sguardo che incrociai fu dapprima sorpreso, poi irritato ed infine tornò serio. Ma come potevano due semplici occhi essere così espressivi??
  •  “E come farai a far credere al mondo intero di essere la mia ragazza se non vuoi nemmeno baciarmi?? “ mi provocò ironicamente.
  • “Mettiamo in chiaro una cosa Molinari. Tu non mi farai passare per una delle tante troiette che ti porti a letto!! Voglio essere trattata come una ragazza e non come uno zerbino. Farai capire a tutti che sono diversa dalle altre, così tutti ci crederanno.”
  • “Non ti sembra di voler stra-vincere adesso?” mi canzonò palesemente.
  • “Niente affatto bello!!” risposi fin troppo decisa.
  • “E sentiamo Principessa, cosa dovrei fare?”
  • “Voglio essere corteggiata!!”
  • “COSA???”
E me ne andai lasciandolo solo e completamente spiazzato.
 

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Capitolo 10
*** Prove di corteggiamento ***


CAP. 10 PROVE DI CORTEGGIAMENTO

POV WALTER

Erano passati tre giorni dal nostro ultimo scontro e non ci eravamo più neanche rivolti la parola. Ci guardavamo in cagnesco sui corridoi quando per disgrazia ci incontravamo. Proprio un bel modo per far capire al mondo che saremmo diventata una coppia da lì a poco. Cominciavo a pensare di aver fatto una grossissima cazzata ad aver accettato.  Mi sarei davvero reso ridicolo davanti a tutta la scuola corteggiandola??? Ma neanche per sogno. Avevo una reputazione da difendere. Se quella piccola bisbetica voleva mettermi in ginocchio si sbagliava di grosso. Voleva essere corteggiata? Bene, la mia principessa avrebbe avuto pane per i suoi denti. Con questi pensieri sconnessi mi alzai dal mio letto dove ero stato stravaccato tutto il pomeriggio per scendere di sotto a fare un giro. Arrivato in cucina guardai cosa c’era in frigorifero per potermi preparare uno spuntino. Ero con la testa ancora infilata nel frigorifero quando una voce familiare mi giunse alle spalle facendomi sussultare:

  • “Ehi fratellino, possibile che il cibo è sempre in cima alla lista delle tue priorità? “ Mi girai trovandomi davanti quella grandissima impicciona di mia sorella maggiore.
  • “Che ci fai qui sorellona?” chiesi prendendo dal frigo una semplice bottiglietta d’acqua.
  • “Beh questa è anche casa mia se non sbaglio!”
  • “Ah ah molto divertente. ..sai cosa intendo. Oggi è solo giovedì; cosa ci fai già a casa?”
  • “Domani non avevo lezioni con obbligo di frequenza e poi alla mia coinquilina serviva la casa per stare con il suo ragazzo, così sono tornata con un giorno d’anticipo.”
  • “Sta’ ancora con quell’idiota?” chiesi sorseggiando la mia acqua. Debby, la compagna di corso di mia sorella Sam, nonché sua coinquilina era una figa da paura.
  • “Marco non è un’idiota.”
  • “Dipende dai punti di vista.”
  • “Ma smettila… tanto non hai speranze!”
  • “Tu dici? Io non ci giurerei ..”dissi dubbioso.
  • “Piantala conquistatore, anche se non fosse felicemente fidanzata sai bene che Debby non è il tipo da ragazza da una botta e via.”
  • “Ma io so’ anche essere romantico all’occorrenza.” Esclamai aggiungendo un po’ di enfasi alle mie parole.  
  • “Si certo, come no….” Ironizzò Samantha uscendo dalla cucina.
  • “Ehi aspetta un attimo… cosa vorresti insinuare?” domandai seguendola verso il salotto.  
  • “Che tu possiedi il romanticismo di uno scaricatore di porto fratellino. Sei solo fortunato perché oggettivamente hai un bel faccino, quindi non è che devi faticare poi tanto a trovarne una che ci stia.”  
  • “Potrei offendermi sai?”
  • “TU? Non penso proprio!” sorrise.
  • “Quindi secondo te io non saprei corteggiare una donna?” chiesi scettico.
  • “Esatto!!”
  • “E sentiamo guru del corteggiamento, cosa dovrebbe fare un uomo per impressionare una ragazza?”  
  • “Perché ti interessa tanto? Mi stai forse nascondendo qualcosa?” chiese sospettosa mia sorella.
  • “Ma che dici sorellona? “ Troppo tardi, il suo radar era già entrato in azione.
  • “Avanti…” mi guardò Sam con la faccia di chi la sa lunga. “Lei chi è?”
  • “Lei chi?” cercai di essere il più evasivo possibile.
  • “La tipa che non te la mette su un piatto d’argento e che devi corteggiare???”
  • “Una vipera!” sbottai “Però non è come pensi … non ci devo andare a letto insieme; anche se unire l’utile al dilettevole non mi spiacerebbe!” sorrisi compiaciuto.
  • “Questa ragazza ha tutta la mia stima. La conosco?”
  • “Per fama…direi di si.” Ghignai.
  • “Non mi dire. Monica Laboni.” Si girò a guardarmi stupita. “ L’ho sempre detto che prima o poi sareste finiti insieme!”
  • “Ma non dire stronzate,Sam! Io non mi metterò mai con quella pazza psicopatica.” Risposi stizzito.
  • “Ma allora perché la devi corteggiare scusa?” mi domandò sbigottita.
  • “Chiedilo a papà!” e la lasciai lì ancora più stupita, dirigendomi in camera mia. Prima di chiudermi la porta alle spalle la sentii chiamarmi:
  • “Walter”
  • “Che vuoi ancora?” domandai scontroso. Chissà perché anche solo parlare di quell’arpia mi faceva sempre cambiare umore?
  • “Per quello che può servirti … a noi donne piace essere stupite con gesti ad effetto, perdiamo la testa per i  ragazzi che sanno farci sentire uniche e desiderate.”
A questo punto un’idea mi balenò in mente; un’idea perfida a dire la verità. Già pregustavo la sua faccia quando l’avrei resa ridicola davanti a tutta la scuola.
  • “Sam?” la bloccai prima che potesse sfuggirmi.
  • “Dimmi”
  • “La tua cavalla, Duffy è ancora al maneggio di Via De Gasperi?”
  • “Sì perché?”
  • “Oh niente….dicevo così per dire.” E mi chiusi veloce in camera mia prima di subire l’ennesimo interrogatorio.
 
POV MONICA


Era mattina presto e stavo passeggiando lentamente lungo il viale alberato che conduceva alla nostra scuola. Avevo preso il pullman mezz’ora prima per potermene stare un po’ da sola a riflettere.
I miei genitori erano tornati dal loro viaggio e proprio la sera prima avevano assaggiato la mia ira per essere stati così sconsiderati da aver dato carta bianca a Roberto Molinari. Il mio racconto sconclusionato sugli ultimi avvenimenti accaduti si era concluso però con una sonora risata da parte delle due persone che mi avevano messa al mondo. Cominciavo a pensare che i miei genitori mi vedessero come una specie di seriosa asociale scorbutica che non sapeva divertirsi. Ero veramente una diciassettenne “vecchia”, troppo dedita allo studio, che non riusciva a trovare il lato ironico degli avvenimenti? O.k. Walter Molinari era un bel ragazzo. E allora?? Era anche uno stronzo!
Persa in queste considerazioni senza senso non mi accorsi neppure di essere entrata nel cortile della scuola se non quando un ragazzino piuttosto intimidito mi si accostò.

  • “Tu sei Monica Laboni vero?”
  • “Si, sono io. Perché?” domandai incuriosita da quello strano ragazzino che  non riuscivo a ricordare di aver mai conosciuto.
  • “Mi hanno ordinato di consegnarti questa…”
E mi porse una splendida rosa bianca dai petali immacolati. Era molto bella e straordinariamente profumata, sembrava appena colta da un roseto. La cosa mi apparve strana, abituata alle rose coltivate in massa nelle serre che con gli anni avevano perso il classico profumo delle rose in fiore. Allungai la mano per prenderla e la portai al naso così da poterla annusare da vicino.  Chiusi gli occhi e d’improvviso un ricordo si insinuò nella mia mente. Un flash di tre giorni prima.
  • “Chi te l’ha data?” chiesi curiosa.
  • “Non posso dirlo.” Mi rispose quasi mortificato.
  • “Perché?”
  • “Mi hanno fatto giurare di tenere la bocca chiusa.”
  • “Chi te l’ha fatto giurare?” incalzai, ormai sempre più curiosa.
  • “Ti ho già detto che non posso dirlo.” Sbuffò scappando via. Arrivato alla porta d’entrata, però si voltò ancora verso di me e con sguardo furbetto aggiunse: “Tanto prima o poi lo scoprirai..”
Troppo timida e riservata per far sapere al mondo di quel gesto di dolcezza e rispondere a domande curiose, riposi delicatamente la rosa nello zaino stando bene attenta a non schiacciarla; e con la testa tra le nuvole andai verso la mia classe. Arrivata in aula rimasi letteralmente sbalordita da quello che vidi posato sul mio banco.  Fasciati con del nastro argentato c’erano sette gambi pieni di spine, ma le rose erano state recise. Uno spettacolo quasi macabro, oserei dire. Ricordavano molto quei gambi rinsecchiti che metteva nei vasi Morticia Adams. Una bustina faceva bella mostra di sé in mezzo a tutti quei rovi. Mi avvicinai cauta, sotto gli occhi sconcertati dei miei compagni di classe. Valeria si avvicinò sussurrandomi :
  • “Ma cosa succede? Cos’è quella roba?”
  • “Non ne ho idea.” Risposi avendo però uno strano presentimento.  Arrivata davanti al banco presi con mani tremanti quel maledetto biglietto.       “BUONGIORNO….  PRINCIPESSA!!!”
     
  • “Vaffanculo Molinari.” Sibilai a denti stretti.
  • “Questa non mi è nuova.”
Una voce alle mie spalle mi fece voltare seguita da tutti i miei compagni.  Sulla porta della mia aula, appoggiato come un fotomodello allo stipite, con le braccia incrociate, Walter Molinari mi sorrideva ironico.
  • “Tu… brutto bastardo.” Urlai dirigendomi verso di lui. 
  • “Perché mai?” mi disse sottovoce quando gli arrivai ad un palmo dal naso.    “Ricorda che sei stata tu a chiederlo..” mi sussurrò accostandosi al mio orecchio.
  • “Sei proprio uno stronzo Molinari”
  • “Non direi… dopotutto una rosa te l’ho donata veramente…”  Sibillina e suadente la sua voce mi fece avvampare le gote. Dio ma perché mi faceva quell’effetto??
Prima ancora di riuscire a riprendermi da quel rossore involontario, mi congedò dicendomi: “ Alla prossima…..Principessa…”  E se andò per il corridoio ormai deserto con la sua solita aria spavalda e sicura di sé.   
  • “Ti ho detto mille volte di smetterla di chiamarmi così!!!” urlai indispettita cercando quantomeno di darmi un certo contegno. Poi voltandomi verso i miei compagni conclusi sempre più isterica: “E voi smettetela di fissarmi come tanti pettegoli.”
Mentre dentro tremavo, calma e risoluta tornai verso il mio banco, presi quei dannatissimi gambi e senza esitazione li gettai nel cestino.  Quando mi girai per tornare al mio posto mi stavano guardando ancora tutti, ma nessuno osò aprire bocca.
Pochi minuti dopo arrivò la professoressa di italiano tale Rosaria Di Bella e cominciammo la lezione. Quella mattina doveva interrogare, ma avendo già io un voto potevo stare tranquilla. Mi preparai pertanto a due ore di calma piatta, ma quando , aprendo lo zaino per prendere le mie cose vidi la rosa bianca, persi un battito. L’istinto mi diceva di liberami anche di quella, ma qualcosa di più forte mi bloccò; ragion per cui rimasi turbata per tutta la durata della lezione.   

POV WALTER

  • “Cosa stai combinando con Monica Laboni?” mi assalì Alessandro quando suonò la campanella della ricreazione.
  • “Io niente! Perché me lo chiedi?”
  • “Perché parlano tutti delle rose….o meglio delle spine…” aggiunse Yuri comparendo anch’egli alle mie spalle.
Sorrisi inconsapevolmente ripensando al putiferio che era scoppiato a causa di quelle finte rose, ma non riuscii a rispondere nulla ai miei due amici perché una furia scatenata mi strattonò per un braccio cogliendomi di sorpresa.
  • “Ehi ma che cavolo….”
  • “Tu brutto bastardo manipolatore. Hai idea della mattinata infernale che mi hai fatto passare per quel tuo ridicolo scherzetto?”
  • “ Buongiorno anche a te raggio di sole.” Calcai volutamente sulle ultime parole, sapendo quanto l’avrebbero mandata in bestia. “Potresti almeno essere un po’ più gentile, con…… “ e lasciai la frase in sospeso facendole sottintendere la conclusione. “Non ti pare?”
La vidi diventare verde di rabbia e strattonarmi lontano dai miei amici.
  • “Molinari cosa credi di fare?” sibilò a denti stretti quando fummo lontani da orecchie indiscrete.
  • “Non credi sia il caso di incominciare a chiamarmi per nome Monica?” domandai suadente ignorando completamente la sua domanda. La vidi arrossire e la cosa mi piacque parecchio.
  • “Sei proprio uno stronzo.”
  • “Non direi.  Oggi vieni a casa con me?” cambiai totalmente argomento.
  • “Non ci penso proprio.” Protestò decisa mettendo un broncio da far invidia ad una bambina di quattro anni che mi fece sorridere. “Non ho nessuna intenzione di salire sulla tua ridicola motocicletta, così che tu possa includermi nel gruppo delle tue “ochette starnazzanti” da sfoggiare davanti a tutti i tuoi amici, sgommando qua e la nel cortile della scuola prima di partire a tutta velocità. Se credi che io mi sottometta a questi stupidi giochetti, sei proprio un imbecille. Io non…
  • “Ma perché hai accettato?” domandai improvvisamente serio prendendola in contropiede. “Comunque a dire il vero non alludevo a quello. Ci vediamo alle due davanti al cancello.” E me ne andai, impedendole di rispondermi con una serie di epiteti poco carini nei miei confronti.
POV MONICA

Quel deficiente, borioso, egocentrico, pallone gonfiato! Ma come si permetteva di trattarmi così? Di prendermi per il culo davanti a tutta la scuola? Ma perché LUI aveva accettato? Nel mio caso ancora non capivo bene come avevo fatto ad acconsentire. Va bene il senso di colpa ma essere pubblicamente ridicolizzata da un cretino era troppo!!  
Avevo un bisogno sconfinato di sfogarmi e raccontare tutto alla mia amica Valeria, per avere un consiglio su come mi dovevo comportare ma non sapevo neanche se potevo farlo. Non c’era stato detto esplicitamente ma siccome avremmo dovuto fingere davanti a tutti, avevo dato per scontato che questo “piccolo segreto” dovesse rimanere tale.
Per uno scherzo del destino stavo rischiando di compromettere la mia intera condotta scolastica; io dovevo rimanere concentrata sui miei progetti, mantenere alta la mia media, dedicarmi ad attività  extra-scolastiche per arricchire il mio curriculum, e soprattutto stare alla larga dai tipi come Walter Molinari.
Dio mio! Ma in che guaio mi ero cacciata?

  • “Pianeta terra chiama Monica.” Sentii urlare al mio fianco. Mi voltai di scatto trovandomi davanti la faccia sorridente di Valeria che mi fissava incuriosita. “Stai bene Moni?” domandò notando probabilmente il mio sguardo smarrito.
  • “Cer… certo. “ balbettai
  • “Sei sicura? Eri così assorta. Sono almeno cinque minuti che cerco di attirare la tua attenzione!”
  • “Scusa, ero soprapensiero. “
  • “Si può sapere che succede? Da qualche tempo sei strana.” Mi disse seria. “Sembri sempre sulle nuvole, persa nei tuoi pensieri, ti sei distratta alla lezione di latino.” Sbottò scandalizzata.
  • “Tutti si distraggono all’ora di latino. “ constatai seccata.
  • “Non tu Monica!” replicò lei risoluta. Già, era vero. Non io. Caspita ero proprio nei pasticci pensai sconvolta.
  • “Allora mi dici che ti prende o devo scoprirlo da sola? Lo sai che di me ti puoi fidare vero?”  
  • “Onestamente non saprei da dove cominciare” sbuffai al limite dell’esasperazione. Non volevo darle l’impressione di non fidarmi di lei, ma dal’altro canto non sapevo come spiegarglielo.
  • “Potresti iniziare col dirmi il motivo di quel gesto da parte di Molinari no?”
  • “Dici per le rose?”
  • “Più che altro per le spine direi”
  • “E’ complicato Valy. Davvero … io non …so’ come spiegarlo. “ Santo cielo.  Non sapevo cosa fare, non sapevo cosa dire, cosa potevo o non potevo dire!! Ma lei era la mia migliore amica, quella a cui raccontavo sempre tutto, quella sicura, quella che in una situazione del genere si sarebbe destreggiata egregiamente.
  • “Mi sta’ corteggiando.” Farfugliai in un soffio appena udibile da orecchio umano.  
  • “Cos’hai detto?” mi domandò infatti Valeria.
Forza Laboni! Un bel respiro e sputa il rospo, mi ripetevo nella mente mentre proseguivamo nel corridoio verso l’uscita. Non feci in tempo a dire una parola che uscendo in cortile mi ritrovai davanti una scena a dir poco sconcertante. Davanti al cancello della nostra scuola, se ne stava bello come il sole Walter Molinari in sella ad uno splendido cavallo bianco. I suoi capelli spettinati ad arte riflettevano i raggi del sole. Sembrava un angelo.  E mentre tutta la scuola lo fissava sbalordita lui con una disinvoltura da far invidia ad un attore famoso cercava tra la folla qualcuno. Mi ci volle qualche secondo per capire le sue intenzioni.  Oddio no!! Cominciai a pregare mentalmente. Signore ti prego fa che mi sbagli, fa che sbagli. Ma quando i suoi occhi incrociarono i miei, mi venne quasi da vomitare.
  • “Beh penso che questo sia il suo modo astruso di “corteggiarmi” o per meglio dire di farmela pagare.” Sospirai sconfortata preparandomi ad una figura di merda di quelle colossali.
  • “COSA?” urlò Vale guardandomi come se fossi un marziano.
Ma non riuscii a dire una sola parola a Valeria, non feci in tempo a spiegarle nulla perché venni letteralmente sollevata da terra da due braccia forti e sicure che mi circondarono la vita portandomi in alto contro un torace caldo e duro dove inevitabilmente sbattei il muso. Accipicchia!! Se solo non fosse stato quell’imbecille!!
Alzai lo sguardo per incontrare le sue iridi chiare che mi trapassarono ironiche.

  • “Ti prego non farlo Molinari.” Supplicai.
  • “Troppo tardi piccola. Troppo tardi! Tieniti forte.” E partì al galoppo facendomi sobbalzare per lo spavento.
POV WALTER

Voleva essere corteggiata?? Ecco fatto!! Una figura di merda di tali  proporzioni le avrebbe fatto passare la voglia di interpretare l’eroina di qualche stupido romanzo  rosa che tanto piacevano alle ragazze. Proprio io poi che non avevo mai corteggiato una donna in vita mia! Semmai il contrario. Ma chi si credeva di essere questa stronza? Se dovevamo interpretare una pagliacciata del genere perché mio padre era mentalmente instabile non era mica colpa mia.
A questo pensavo mentre la stronza in questione se ne stava bellamente schiacciata contro il mio torace intanto che trottavamo a tutta velocità verso il maneggio di Via De Gasperi dove mia sorella Sam teneva in custodia la sua adorata cavalla. Anch’io da bambino avevo frequentato un corso di equitazione, ma poi avevo piantato lì considerandolo uno sport noioso.
Ce l’avevo con lei sì!! Perché era indisponente e cocciuta come poche persone al mondo. E poi sembrava non volesse mai scendere a compromessi  come se possedesse tutte le verità assolute nel taschino. E la cosa mi mandava in bestia, soprattutto perché aveva quasi sempre ragione.  E poi ce l’avevo con me stesso per come reagivo quando me la ritrovavo di fronte. Riusciva a farmi sentire vulnerabile e sempre in difetto.
Ed infine ero incazzato nero perché nonostante tutti i miei sforzi, non riuscivo a non pensare che il maneggio a cui eravamo diretti era molto vicino alla nostra scuola; per cui fra poco più di cinque minuti avrei dovuto staccarmela di dosso e rinunciare al suo profumo che mi stava stordendo i sensi per sorbirmi probabilmente una predica di quelle da manuale.

  • “Ehi bell’addormentata svegliati! Siamo arrivati” le dissi quando arrestai Duffy davanti al tizio che doveva essere l’addetto a rimettere i puledri nelle stalle. “O devo pensare che starmi spiaccicata addosso ti piaccia molto più del lecito?” le soffiai nell’orecchio prima di scendere da cavallo e porgerle la mano.
  • “Sei proprio un deficiente!” sibilò a denti stretti mentre molto goffamente cercava di scendere senza spaccarsi l’osso del collo.
  • “Dai dammi la mano che ti tiro giù.” Le dissi mosso a pietà.
  • “Ce la faccio da sola. Non mi toccare!”mi zittì di rimando.
  • “Sei veramente impossibile!” sospirai.
  • “Detto da te lo reputo un complimento.”
  • “D’accordo. Ci vediamo Principessa” E girandole le spalle mi diressi verso la mia moto parcheggiata lì vicino.
  • “Ehi aspetta un momento. Non vorrai mica lasciarmi qui?” La sentii urlarmi dietro.
  • “A dire il vero potrei darti un passaggio in moto ma mi sembra di ricordare che non hai nessuna intenzione di salire sulla mia ridicola motocicletta, così che io possa includerti nel gruppo delle mie “ochette starnazzanti”
E  con un sorriso divertito sulle labbra alzai la mano in segno di saluto. Decisamente non avevo proprio voglia di ascoltare tutta la sua paternale.
 

NOTE DELL’AUTORE
Ciao a tutti. Mi scuso con tutte le persone che mi seguono per il mio inqualificabile ritardo e ringrazio tutti quelli che mi recensiscono e mi scrivono preziosi consigli.

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Capitolo 11
*** Tenetela lontano da me! ***


CAP. 11 TENETELA LONTANO DA ME!


POV MONICA


O.k., avevo sbagliato a chiedergli di corteggiarmi ma non avrei mai lontanamente immaginato che quella faccia di tolla non sapesse il significato della parola vergogna. Con che faccia mi sarei fatta vedere ancora a scuola? E tutto per colpa di un ragazzino viziato ed egocentrico. Se pensavo agli sguardi che mi avrebbero riservato tutti quanti una volta varcato il cancello, mi veniva da sentirmi male. Io ero quella a cui piaceva stare nell’anonimato cazzo!  Girare per i corridoi senza essere notata, essere scambiata per la tappezzeria…. Sicuramente non stare al centro dell’attenzione generale, cosa impossibile se si aveva a che fare con Walter Molinari.
Eppure dovevo reagire; non potevo permettere che quel cretino mi mettesse i piedi in testa in quel modo rendendomi lo zimbello di tutti. Avevo fatto la figura dell’autentica imbranata per riuscire a scendere da quel dannato cavallo. Per fortuna che alla fine due ragazzi, probabilmente mossi a compassione mi avevano tirato giù.
“Reagire, reagire.” Ripetevo mentalmente quel lunedì mattina,  - dopo aver passato un week-end di merda -   mentre procedevo spedita verso la mia scuola cercando di non farmi soggiogare dagli eventi.
Peccato che quando mi ritrovai in mezzo al cortile con più di duecento paia di occhi a fissarmi, tutta la determinazione accumulata venne meno. Ottimo Monica! Voto di  auto-persuasione: 2-- !!
Bisbigli, risatine, sussurri, capannelli di gente che mi guardava e spettegolava, ecc.. no decisamente non potevo farcela. E questo lo confermavano le mie gambe che nonostante avessero ricevuto l’ordine dal cervello di muoversi, se ne stavano inesorabilmente piantate al terreno.
Passarono molti secondi, forse minuti prima che il mio sguardo incontrasse  nuovamente la fonte di tutto il mio malessere. Quando lo vidi con la sua solita faccia da schiaffi ed incrociai le sue iridi chiare che mi scrutavano ironiche, la rabbia prevalse qualsiasi altro sentimento. Reagire Monica, reagire!
Spedita come se avessi avuto del peperoncino nel sedere e senza darmi la possibilità di riflettere perché avrei sicuramente desistito, attraversai a passo di carica tutto il cortile piazzandomi di fronte a Walter Molinari in persona che non mi aveva ancora staccato gli occhi di dosso – come del resto tutti gli altri – assumendo un’espressione guardinga.
Un ultimo respiro e via. Un sonoro ceffone lo colpì dritto sul suo bel musetto. Le mie cinque dita stampate a fuoco sulla sua guancia destra. Davanti a tutti, alunni e professori. Davanti al mondo intero. Mai nella vita mi ero sentita così potente!!
Quando però Molinari tornò a fissarmi, il sangue mi si gelò nelle vene e cominciai a pensare che quella poteva benissimo essere aggiunta alla lista delle cazzate che avevo fatto negli ultimi giorni, forse potevo metterla addirittura in cima. Un campanello d’allarme risuonò nella mia mente, suggerendomi di darmela a gambe levate, ma non feci in tempo a muovere un solo muscolo che Walter con uno scatto fulmineo mi afferrò per il polso trascinandomi con sé.

  • “Questa volta neppure paparino ti salverà piccola stronza!” sibilò spaventandomi a morte.  “Che nessuno mi venga dietro.” Intimò rivolto poi ai  suoi amici.
  • “Walter non fare cazzate” s’intromise serio Yuri
Ma era già troppo tardi. Avevo ormai compreso che Molinari era completamente fuori di sé dalla rabbia e strattonandomi in malo modo mi portò sul retro della scuola sotto gli occhi sbalorditi di tutti.  
Quando arrivammo a destinazione notai con terrore che non c’era in giro anima viva e cominciai a tremare. O.k. che non andavamo d’accordo e gli avevo appena tirato un ceffone… ma lui non avrebbe mai picchiato una ragazza vero?

  • “Allora piccola peste dov’è finita tutta la tua sicurezza di poco fa? Cos’è adesso tremi come una foglia? Questo aspetto non ti si addice!”
  • “Vuoi picchiarmi?”
  • “Dovrei! E credimi ne ho molta voglia.”
  • “Tu sei pazzo!”
  • “No carina; tu sei una povera pazza. . Ma si può sapere una volta per tutte cosa cazzo vuoi da me?”Sputò con un astio che non gli avevo mai visto. Decisamente non me l’avrebbe fatta passare liscia. “Mi hai incastrato in una stronzata che non volevo neppure fare….”
  • “Ma sei scemo o cosa?” ritrovai un minimo di baldanza per cercare di rispondergli a tono. “Sei stato tu ad accettare per primo.”
  • “Ma perché ero sicuro che mio padre non ti avrebbe mai convinto. Era solo una provocazione.” Affermò come se fosse ovvio anche a un bambino di tre anni “ Cosa cazzo me ne frega a me delle attività extra-scolastiche? Si può sapere cosa ti ha detto per farti cedere le armi? “ mi urlò in faccia.  
  • “Aspetta un momento; tu non lo sai vero? Tuo padre non ti ha detto nulla?”
  • “Detto cosa?” sputò a denti stretti. “Che accidenti avrebbe dovuto dirmi mio padre?”
  • “Nulla. Nulla.” Cercai di arginare il danno. Possibile che quell’irresponsabile del padre non aveva avuto le palle di comunicargli che noi due dovevamo salvargli il culo perché si era giocato il posto di lavoro?
  • “Dimmelo brutta strega!”   
  • “Non credo spetti a me riferirtelo” risposi con un tono forse un po’ troppo saccente. Ci mancava solo di essere io quella che andava a spifferargli il segreto del padre. Primo: non mi avrebbe creduto. Secondo: si sarebbe arrabbiato ancora di più.
  • “Sai cosa ti dico, non me ne frega un emerito cazzo di te e di quel rincitrullito di mio padre. Basta! Ho chiuso con tutta questa stronzata.”
  • “No! Tu non puoi!” sbottai irritata.
  • “E chi me lo impedisce? Tu per caso?” rispose sempre più sarcastico. “Sai, all’inizio pensavo che sarebbe stato divertente riuscire a farti sciogliere un po’. Tu sempre così impostata, così rigida, così incapace di divertirsi….”
  • “Io non sono incapace di divertirmi.” Affermai decisa.
  • “Ma smettila di dire cretinate. Guarda che divertimento non vuol dire leggere un libro a settimana ed essere sempre la prima della classe.”
  • “Sentimi bene Molinari. Nessuno ti dà il diritto di giudicarmi ….”
  • “No, sentimi tu piccola stronza.” Mi sibilò in faccia “Sei tu quella che giudica tutto e tutti. Vai in giro sempre come se avessi una scopa piantata nel culo, appollaiata sul tuo piedistallo di prima della classe, cocchina indiscussa di tutti i professori e a quanto sento anche del preside visto che ti confida segreti che non dice neppure al figlio!! “
Era arrabbiato, molto arrabbiato; ma ancora non avevo capito se con me o con il padre. Il risultato comunque non cambiava poi tanto. Molinari mi riversò addosso un fiume incontrollabile di parole troppo cattive anche per un tipo come lui e non mi consolava sospettare che fossi solo una valvola di sfogo.
  • “E poi la signorina non può comportarsi da persona normale? No! Vuole essere corteggiata! Ma cosa ti aspettavi? Che mi prostrassi ai tuoi voleri facendo la figura del rimbambito di fronte a tutta la scuola? Per chi poi? Per te? Per mio padre? Per qualcosa di cui non sono degno di sapere neppure il motivo. “ Si stava alterando sempre di più e per la prima volta da tre anni a quella parte le sue parole, sputate come veleno, mi fecero male, molto male.  
  • “E infine guardati! Come cazzo si fa a sbavare dietro a una come te?” Proruppe Molinari con aria quasi schifata.
  • “E questo che vorrebbe dire scusa?” domandai titubante.
  • “Semplicemente che sei un essere insignificante!!”
  • “Ma come ti permetti brutto cafone?” affermai piccata.
  • “Ti vesti come una suora, scommetto che la tua biancheria intima è quanto di più squallido ci possa essere sulla faccia del pianeta. E’ come se girassi con scritto in fronte: - Uomini? No grazie! – Non hai alcuna attrattiva femminile e sei acida peggio di un limone andato a male. Non mi sorprenderebbe scoprire che sotto i vestiti indossi anche la cintura di castità. Te lo già chiesto una volta  e non mi hai risposto…. Dimmi un po’ Laboni sei vergine? O qualche povero disgraziato ha avuto il difficile compito di svezzarti?
Basta, basta, basta! Perché tutta questa cattiveria gratuita? Ma perché ce l’aveva tanto con me? Cosa gli avevo fatto? La consapevolezza che gli argini si stavano rompendo e che di lì a poco sarei scoppiata a piangere mi mandò nel panico.
Ti prego non davanti a lui. Non volevo dargli anche questa soddisfazione. Mi aveva già derisa e umiliata a sufficienza. Non volevo fare anche la figura della ragazzetta frignona.

  • “Che fai adesso, frigni pure?” Ecco appunto.
  • “Sei  proprio un figlio di puttana!” sibilai rabbiosa sorprendendomi io stessa delle mie parole.
  • “Lo dirò a mia madre. Ne sarà molto contenta.” Sorrise perfido.
Quest’ultima frase mi mandò letteralmente nel panico. Strattonandomi come un’ossessa mi liberai dalla sua stretta e scappai il più lontano possibile da lui.
Corsi a perdifiato, corsi lontano senza una meta precisa, mentre ormai lacrime amare solcavano il mio volto. Passai attraverso il cortile senza alzare minimamente lo sguardo pregando mentalmente di non sbattere contro nessuno. A niente servirono gli urli di Valeria che mi diceva di fermarmi. Volevo solo sparire dalla faccia della terra.



POV WALTER

 Avevo esagerato e ne ero consapevole ma quando quella cretina mi aveva tirato un ceffone davanti a tutti la rabbia mi aveva accecato. Solo la consapevolezza di trovarmi di fronte una ragazza mi aveva impedito di picchiarla. Nessuno aveva mai osato tanto.
Poi quando aveva lasciato intendere che il mio “fantastico” padre aveva confidato a lei qualcosa di cui io ero all’oscuro l’avrei volentieri uccisa.  
Ma quello che più di tutto mi aveva mandato in bestia e completamente in pappa il cervello era ciò che avevo provato quando l’avevo trascinata sul retro della scuola, quando l’avevo sbattuta contro le mura dell’edificio tenendola per le spalle, quando l’avevo vista così spaventata ma allo stesso tempo così fiera…. Porca troia! Volevo baciarla ancora!
Ero andato con un sacco di ragazze in quei giorni per dimenticare l’effetto che il suo bacio aveva avuto su di me; ma non era servito a nulla.  Era bastato sfiorare ancora la sua pelle per farmi desiderare qualcosa di più intimo. Lo stesso era successo il giorno prima, quando l’avevo trasportata sul cavallo di mia sorella. Sentirla così vicina, involontariamente stretta al mio corpo per non cadere, mi aveva acceso un desiderio frustrante e quasi doloroso. Forse per questo l’avevo letteralmente abbandonata al maneggio. Ero incazzato nero, perché morivo dalla voglia di saltarle addosso, neanche fossi un animale; nonostante fosse sempre la brutta stronza petulante che mi sfidava di continuo.

  • “Porca troia!” imprecai da solo tirando un pugno contro la corteccia di un albero graffiandomi le nocche.
  • “Che cazzo le hai fatto?” sentii urlare Ale. Mi girai e vidi i miei due migliori amici correre verso di me. Eccolo il problema n.2!  Ravelli e la sua cotta per la Laboni.   
  • “Allora….” Continuò spazientito quando furono più vicini.
  • “Walter” disse serio Yuri “non l’avrai mica….” Cominciò titubante notando probabilmente i graffi sulla mia mano.
  • “Non l’ho toccata la tua bella! O.k.? ” sbottai irritato a morte rivolto ad Ale “Ma tienimela lontana.” Aggiunsi subito.  
  • “Oh per quello non c’è problema vista la furia con cui è scappata da qui.”
  • “Addirittura?” chiesi sorpreso.
  • “Già. E’ passata per il cortile in lacrime senza alzare neppure la testa, andando a sbattere direttamente tra le braccia di tuo padre.”
  • “Oh merda!” imprecai.
  • “Poi si è liberata ed è fuggita fuori dal cancello lasciando tutti a dir poco sbalorditi.” Continuò il suo racconto Yuri.
  • “Oh che palle... so’ già come finirà. Lei che mi ha dato una sberla ne uscirà illesa, ed io che le ho solo urlato contro sarò castrato dal caro vecchio paparino.”
  • “A tal proposito… credo ti aspetti in presidenza.”
  • “Oh merda!” sospirai
  • “L’hai già detto.” Sorrise Ale.
  • “Ti devo rispondere?” e lo guardai con aria truce.
  • “Cambiando argomento..” s’intromise Yuri “Allora per sabato è tutto confermato?”
  • “Ah già! Villa Molinari apre i cancelli!”
  • “Alla luce dei fatti non ci giurerei. Potrebbe punirmi facendomi saltare la festa!”
  • “Ma è il tuo compleanno. Nessun padre farebbe un torto del genere al proprio figlio diciannovenne?”
  • E tu credi che un padre normale mi avrebbe ammanettato tre giorni con una vipera che sa benissimo che non sopporto, solo per punirmi?” risposi sarcastico.
  • “Beh…in effetti…”
  • “No Walter ti prego,..”piagnucolò Alessandro “ fai leva su suoi sentimenti genitoriali ma cerca di spuntarla, perché la tua festa di compleanno si preannuncia come la festa dell’anno. E’ la prima volta che ti fanno aprire casa tua; le ragazze non stanno più nella pelle dall’eccitazione. E sai questo cosa significa vero?”
  • “Inoltre è l’ultimo anno e deve essere un evento da ricordare.”
  • “E per quanto riguarda Monica…..”
  • “E tu da quando la chiami per nome?”  chiese Yuri.
  • “Non parlarmi di lei!” sbraitai contemporaneamente io.
  • “Ma perché ti fa sempre questo effetto?”
  • “Quale effetto?” ringhiai
  • “Beh guardati. Diventi isterico, nevrotico, sembri una ragazza con il ciclo.” Proferì Yuri “Si può sapere che ti ha fatto?”
  • “Vi ricordo che la ragazza in questione mi ha appena tirato un ceffone sul muso.”
  • “Ma scusa, mettiti nei suoi panni… Tu ieri l’hai ridicolizzata davanti a tutti con quella pagliacciata del cavallo.”
  • “Questo è il colmo. “ risposi esasperato. “Adesso la difendete pure? Ma da  che cazzo di parte state voi due?” Detto questo girai i tacchi e me ne andai, altrimenti incazzato com’ero rischiavo di litigare seriamente anche con i miei migliori amici.
  • “Ehi aspetta….” Mi urlarono dietro “Dove vai?”
  • “Dal preside!!” risposi. Era meglio che mio padre non ne inventasse una delle sue perché questa volta sarebbero stati fuoco e fiamme!
POV MONICA

Era successo. Era successo davvero!
 Mi sentivo uno schifo seduta su quella panchina mentre calde lacrime mi rigavano il volto e non volevano saperne di fermarsi. Era la prima volta in vita mia che saltavo la scuola senza una ragione più che valida. E per i miei canoni saltavo le lezioni quasi solo in fin di vita.
Nessuno mi aveva mai trattata così! Lo odiavo. Sì, lo odiavo con ogni cellula del mio corpo. Quel borioso piccolo arrogante viziato. Mi ero fatta abbindolare da quell’altro deficiente di suo padre, presa a compassione per l’imprudenza commessa e cosa ne avevo ricavato? Una vita distrutta. Ecco cosa!

  • “Ehi tesoro, come stai?” Una voce alle mie spalle mi fece trasalire.
  • “Valy, che ci fai qui?” domandai in imbarazzo cercando di asciugarmi le lacrime che continuavano a scendermi copiose.  
  • “E me lo domandi? Sei la mia migliore amica ed è normale che mi preoccupi per te.”
  • “Come hai fatto a trovarmi?”
  • “Quando sei giù di corda vieni sempre qui.” Rispose come se fosse una cosa ovvia. “Monica cos’ è successo? E non parlo solo di questa mattina.” Mi domandò seriamente preoccupata porgendomi un fazzoletto pulito.
  • “Che intendi dire?”domandai mentre prendevo il fazzoletto e mi asciugavo il volto.
  • “Cosa sta’ succedendo tra te e Molinari? Da quando avete fatto quella ridicola punizione, sei cambiata. Non sei più tu!”
  • “Non capisco cosa intendi.”
  • “Senti, io mi preoccupo per te. Se non vuoi dirmi niente va bene, ma almeno non prendermi per il culo!” esclamò quasi infastidita dal mio atteggiamento.
  • “L’ho baciato. O.k.?” sbottai “La sera che ho dovuto dormire da lui”
  • “E allora?” chiese serafica.
  • “Come sarebbe e allora?” domandai stralunata.
  • “Beh anche se è uno stronzo, devi ammettere che è bello da far paura, sexy da morire e molto affascinante. E’ normale che tu l’abbia baciato. Dopotutto sei un essere umano anche tu.”
  • “Grazie tante. Per fortuna ci sei tu a tirarmi su di morale! Non capisci che questa cosa va contro tutte le leggi della natura.”
  • Eddai l’hai solo baciato” scherzò Valeria “ mica ti ci devi mettere insieme.”
Eccola qui, la prova del nove sulla nostra amicizia. Lei non mi aveva detto che era  andata a letto con Walter Molinari; ma io sarei riuscita a tenerla veramente all’oscuro di tutto il casino nel quale mi ero ficcata? Senza contare che prima o poi avrei sicuramente avuto bisogno del suo sostegno fisico e morale. Non c’era nessuno che riusciva a tirarmi su come ci riusciva lei.
  • “Moni, ma che succede?” chiese tornando improvvisamente seria.
  • “Senti Valy” sospirai “ devo dirti una cosa importante, però promettimi che non ti arrabbierai ne’ tanto meno riderai a crepapelle.”
  • “Va bene, te le prometto anche se proprio non ti seguo. Comunque mano sul cuore. Spara.”
  • “Hai davanti a te la futura ragazza di Walter Molinari.”
  • “Ma dai, non scherzare. Per un bacio?... Perché stai scherzando vero?” aggiunse poi un po’ansiosa, dopo avermi scrutato in volto.
  • “Hai presente la competizione tra scuole che c’è ogni anno?”
  • “Sì”
  • “Ebbene quest’anno sarà una coppia per scuola a parteciparvi.”
  • “E allora? Che c’entrate tu e Molinari in tutto questo?” domandò incuriosita.
  • “Beh, io e Molinari siamo quella coppia!!!”
  • “COSA?” urlò senza minimamente trattenersi.
E finalmente mi liberai di un peso che portavo dentro da diversi giorni. Le confidai tutto quanto senza tralasciare nessun minimo particolare fino ad arrivare al litigio di poche ore prima nel quale Molinari mi aveva umiliata e insultata senza pietà. Ne avevo proprio un bisogno disperato. Mentre le parole uscivano come un fiume che ormai aveva rotto tutti gli argini mi sentivo sempre più leggera e mi maledissi per non aver condiviso prima con la mia amica Valeria tutta quella faccenda.
  • “  Wow!!” fu il suo solo commento quando ebbi terminato tutta la mia filippica “Sono senza parole… ”
  • “Già. Ti capisco.” Sospirai
  • “E così mi trovo davanti la futura ragazza di Walter Molinari….” Ironizzò poco dopo trattenendosi a stento  dallo scoppiarmi a ridere in faccia.
  • “Valy avevi promesso….” Mi lagnai inconsolabile.
  • “Lo so’ perdonami, ma ammetterai che la cosa ha del ridicolo.”
  • “Perché scusa?” domandai stralunata.
  • “Come perché? Tu e lui insieme siete l’antitesi per antonomasia. Il bello e dannato e la secchiona, lo stronzo e la giudiziosa…..”  
  • “Quello simpatico e la noiosa.”
  • “Tu non sei noiosa!” mi rincuorò Valeria.
  • “Ah no? Vallo a dire a Molinari.” Risposi sarcastica.
  • “E da quando ti interessa quello che pensa Molinari?”
  • “Infatti non mi interessa.”
  • “Ne sei sicura?” insinuò la mia amica con la faccia di chi la sapeva lunga.  
  • “Certamente.” affermai un po’ troppo titubante. Infatti dopo il suo sguardo inquisitore, mi arresi all’evidenza dei fatti.
  • “E va bene, ci sono rimasta male. Quel cretino mi ha umiliata. Ha detto che sono un essere insignificante e non mi guarderebbe neanche di striscio.” Sospirai sconsolata.
  • “Quel cretino sarà il tuo ragazzo fra un po’.”
  • “Valy, così non mi aiuti.”
  • “D’accordo e allora che vuoi?”
  • “Voglio fargliela pagare.” Affermai ritrovando la mia solita lucidità che con ogni probabilità quel giorno avevo mandato in vacanza.
  • “E che intendi fare?”
  • “Non ne ho idea.” Sbuffai frustrata
  • “Beh io sì!” esclamò ad un tratto Valeria come se avesse appena vinto alla lotteria di Capodanno, la qual cosa non prospettava nulla di buono.
  • “Che vuoi dire?”  chiesi preoccupata. Le idee della mia migliore amica, non erano famose per essere semplici ed indolore.
  • “Sabato sera Walter Molinari darà una party a casa sua, per festeggiare il suo compleanno. Ci sarà probabilmente tutta la scuola o per lo meno tutti quelli che contano.”
  • “E allora?” chiesi perplessa.
  • “Io sono stata invitata!” dichiarò piena di orgoglio.
  • “Sono contenta per te, anche se ancora non capisco cosa centra questo con la mia vendetta.”
  • “Sai amore mio, per essere una delle ragazze più intelligenti dell’istituto, lasci molto a desiderare in quanto a furbizia e conoscenza del mondo maschile.” Mi  prese palesemente in giro. “Mi pare ovvio: tu verrai con me a quella festa e sarai talmente bella e sensuale che Molinari dovrà chiamare una donna delle pulizie per raccogliere la bava che perderà quella sera guardandoti e desiderandoti.
  • "Cosa? Ma tu sei completamente impazzita."

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Capitolo 12
*** Una festa movimentata ***


CAP. 11  UNA FESTA MOVIMENTATA


POV MONICA
  • “Sembro una troia!”
  • “Non è vero.”
  • “Invece sì”
  • “Smettila di dire stronzate. Stai benissimo!”  
  • “Se per te stare benissimo vuol dire andare in giro praticamente nuda….”
  • “Senti non ricominciare, sei una vera bomba!”
  • “Appunto, sembro una prostituta.”
  • “Monica piantala, sono due ore che ripetiamo le stesse cose.” Rispose esasperata.
In effetti avevo cominciato a brontolare da quando ero arrivata a casa di Valeria per prepararmi a quella che a detta della mia amica era l’idea del secolo.  Adesso che eravamo sedute sul sedile posteriore della macchina di suo fratello maggiore mi trovavo nel panico più totale e ancora non riuscivo a capacitarmi di aver accettato quella cosa.
  • “Se posso esprimere la mia opinione” s’intromise Mattia, il fratello di Valeria  guardandoci dallo specchietto “stai molto bene!”
  • “Per forza, tu sei un ragazzo e per voi più una ragazza è nuda più sta’ bene.” Sbottai irritata.  
  • “Hai veramente una pessima opinione di noi uomini.”
  • “Non è un’opinione, è un dato di fatto.”
Indossavo una cosa più simile ad una sottoveste che ad un vestitino, considerando che mi copriva a malapena le natiche ed aveva una scollatura generosa sul davanti ma anche la schiena era parzialmente scoperta. Le calze color carne erano praticamente inesistenti e Valeria mi aveva fatto indossare degli stivali di vellutino nero con il tacco a spillo che mi arrivavano quasi al ginocchio, con cui non riuscivo neanche a stare in piedi, figuriamoci a camminare. L’unica cosa che mi aveva concesso era un misero copri spalle che  sicuramente mi avrebbe obbligato a  togliere una volta giunti all’interno dell’abitazione.  Il trucco era una roba esagerata, ma io non ero abituata a truccarmi molto. Per me qualsiasi cosa andasse oltre la matita per gli occhi nera ed un po’ di ombretto sulle palpebre era esagerato, quindi non avevo molta voce in capitolo.
Avevo detto ai miei che uscivo con Valeria e che poi sarei rimasta a dormire a casa sua, poiché dubitavo che se mi avessero vista conciata in quel modo  mi avrebbero detto: “Vai e divertiti amore.”  Comunque il loro entusiasmo a questa mia insolita uscita serale, mi lasciò alquanto perplessa e avvalorò la tesi che i miei genitori mi vedessero come un eremita dedita solo allo studio. Più o meno come Molinari pensai.

  • “Eccoci arrivati.” La voce profonda di Mattia mi riscosse dai miei pensieri “Vedete di non combinare guai che qui sono io il responsabile.” Sottolineò sarcastico.  I genitori di Valeria infatti erano partiti per andare a trovare i suoi nonni.
  • “A che ora vengo a recuperarvi?” chiese ancora suo fratello.
  • “Oh non ti preoccupare. Non ce ne è bisogno, troveremo di sicuro qualche nostro compagno di classe che ci darà un passaggio.” Poi rivolgendosi a me aggiunse: “Forza muoviti. Ci siamo.”
  • “Veramente io…”
  • “Monica Laboni, alza il culo da quel cazzo di sedile e vai a dimostrare a quel cretino che strafiga sei!”
Così percorsi con passi incerti e traballanti per la seconda volta in poco tempo il vialetto che conduceva all’ingresso di Villa Molinari.
Eravamo arrivate tatticamente un po’ in ritardo, perché Valy sosteneva che arrivare puntuali ad una festa era da sfigati, pertanto quando varcammo la soglia di quella casa fummo catapultate in una bolgia infernale. Niente a che vedere con l’abitazione ordinata e perfetta di qualche giorno prima. Le luci erano basse e soffuse, i vetri della veranda erano stati spalancati rendendo il soggiorno, la sala da pranzo e la zona piscina un tutt’ uno che aveva dell’incredibile. Più che una casa, sembrava un disco pub. Avevano persino allestito un bancone pieno di alcolici di dubbia provenienza su tutto un lato della parete ed al posto del lampadario tradizionale era stata montata una palla che proiettava luci psichedeliche. Il tutto era davvero strabiliante.
C’era un sacco di gente della nostra scuola che conoscevo di vista, ragazzi più grandi e persone che non avevo mai visto prima. Del festeggiato però nessuna traccia.

  • “Adesso tocca a te mia cara.” Mi sorrise maliziosa Valeria.
  • “Che intendi scusa? Pensavo che il mio unico apporto a questa pagliacciata, fosse presentarmi a questa festa conciata in modo indecente.”
  • “Devi farti notare da lui facendolo ingelosire.” Mi rispose come se fosse la cosa più normale del pianeta.
  • “Cosa? Stai scherzando?” urlai sbigottita mentre il panico s’impadroniva di ogni fibra del mio essere.
  • “Niente affatto.” Rispose risoluta.
  • “Ma tu sei completamente fuori di testa!” sbottai scandalizzata. “Mi stai chiedendo davvero di fare la cretina ad una festa vestita come una puttana??”
  • “Vieni” sorrise lei prendendomi sotto braccio e trascinandomi verso la zona adibita a bar “ Andiamo a prendere qualcosa di forte, ti aiuterà a scioglierti”
  • “Io non bevo alcolici” m’indignai.
  • “C’è una prima volta per tutto.” Sorrise sorniona.
POV WALTER


Era riuscito tutto alla perfezione. Per fortuna che il disappunto di mio padre non era durato a lungo, o per lo meno non aveva intaccato più di tanto la mia festa di compleanno. Erano mesi che la stavo progettando ed era uscita una roba spettacolare. I miei avevano accettato miracolosamente di andare fuori dai coglioni e di portarsi dietro i due mocciosi quindi io ed i miei amici avevamo potuto agire indisturbati ed organizzare il party del secolo. Birra e alcool a fiumi, bella musica e una marea di belle ragazze aperte e “disponibili” a nuove conoscenze. Un solo punto nero oscurava il mio stato d’animo quella sera, e cioè le rivelazioni fatte dal mio vecchio a seguito della discussione avuta nel suo ufficio.
  • “Ah eccoti, finalmente ti ho trovato. Che ci fai qui tutto solo sul terrazzo invece di scendere di sotto a goderti il tuo successo?” mi chiese mia sorella Sam arrivandomi alle spalle.
  • “Fumo.” sorrisi
  • “Come farai a sistemare la casa entro domani sera?”
  • “Non ne ho la più pallida idea!”
  • “Papà ti ucciderà!”
  • “Già.” Sogghignai.
  • “Non ti è ancora passata vero?” Non ottenendo alcuna risposta da parte mia sospirò ed aggiunse “Beh, io me ne vado. Ho chiuso a chiave la porta della mia camera. Sai com’è non voglio che qualche sconosciuto faccia cose sconce sul mio letto.” Disse assumendo un’aria schifata e salutandomi con un cenno rientrò in casa.
Rimasto nuovamente solo con i miei pensieri ripensai alla discussione avuta con mio padre e soprattutto alla litigata con lei. Possibile che proprio io mi sentissi in colpa?


INIZIO FLASHBACK

  • “Si può sapere cosa cavolo è successo ancora con Monica Laboni? Che diavolo le hai fatto? Era sconvolta cazzo!” mi assalì mio padre quando entrai come una furia nel suo ufficio.
  • “No, cazzo lo dico io stavolta. “ risposi pieno di una rabbia non ancora sbollita “Cosa cazzo sa’ quella strega che io ignoro? E soprattutto perché ad una secchiona perfettina con un bastone sempre ficcato nel culo accordi tutta questa fiducia? Quella che non sei nemmeno capace di dare a tuo figlio?”
  • “Quella strega come la chiami tu mi sta’ salvando il culo cercando di andare d’accordo con un imbecille come te.”  Sbottò lasciandomi di sasso.
  • “Che vuoi dire?”
  • “Che se mio figlio è un imbecille avrà preso da qualcuno no? E visto che sappiamo entrambi che questo aggettivo non può essere accostato a tua madre, fatti due calcoli.”
  • “Smettila di prendermi per il culo, e dimmi cosa cazzo è successo.” Ero proprio stanco delle sue stronzate di frasi ad effetto.
  • “E’ successo che mi sono lasciato trascinare in una stupida scommessa con quell’altro imbecille di Lamberti.
  • “E che cosa avresti scommesso di così importante da rovinare la vita al sottoscritto, sentiamo?” chiesi sarcastico fino al midollo.
  • “Il mio posto di lavoro.”sbuffò.
FINE FLASHBACK

Non ero mai andato particolarmente d’accordo con mio padre, ma non gli avevo neanche mai urlato contro in quel modo. L’idea che lui era stato più aperto e sincero con lei rispetto a quello che aveva detto a me, mi mandato letteralmente in bestia. Ma adesso, che mi aveva raccontato come stavano veramente le cose potevo benissimo ammettere a me stesso – ma solo a me stesso - che avevo esagerato trattandola in quel modo. Lei infondo non c’entrava nulla con i casini che combinava la mia famiglia di mentecatti.  
Beh, ormai non potevo più farci nulla. Andare da lei e scusarmi era fuori discussione. Sorrisi tra me; però la ragazzina aveva fegato da vendere.
Spenta la sigaretta, rientrai in casa. Basta pensare alle stronzate Walter! Era ora di scendere e godermi appieno la mia festa di compleanno.

  • “Eccoti qui. Ma dove cazzo sei finito?” mi accolse Ale sulla scala venendomi incontro mentre scendevo al piano di sotto.
  • “Da quando non sono più libero di andare a pisciare a casa mia?” risposi strafottente con un sorrisetto stampato in faccia.
Ci mancava solo che confessassi di essere stato sul terrazzo a farmi seghe mentali per Monica Laboni. E poi c’era ancora la questione in sospeso che nonostante avessi detto a mio padre che io non avrei mai retto il suo gioco perché non volevo passare neppure un attimo del mio tempo con quell’arpia ma che il mio amico Alessandro Ravelli avrebbe fatto salti di gioia a prendere il mio posto, per tutta la settimana non avevo detto niente ai miei migliori amici perché il pensiero che lei potesse baciare qualcun altro come aveva baciato me in quel dannato bagno, soprattutto il mio migliore amico mi dava enormemente fastidio.
  • “Ehi, bell’addormentato ci sei?”
  • “Davvero Walter, ma che ti prende in questi giorni? Sembri vivere su un altro pianeta”
  • “Non ho niente. Smettetela di rompermi sempre i coglioni. Di madre ne ho già una e mi basta.” Sbuffai. “Comunque “ ripresi subito per farlo smettere di indagare “ Che cavolo avevi da urlare come un matto?”
  • “Ah già… non indovinerai mai chi è appena arrivata di sotto!!”  
  • “Una figa?” chiesi.
  • “Una strafiga.” Sopraggiunse sorridendo Yuri seguito a ruota dalla sua ragazza.
  • “Patty” salutai
  • “Walter” mi rispose educata.
Non è che io e Patrizia, la ragazza di Yuri  non andassimo d’accordo, anzi a dire la verità mi stava pure simpatica, però lei era comunque quella che l’aveva allontanato da noi tirandolo fuori da tutte le nostre stronzate. Ancora non riuscivo a capacitarmi del fatto che avesse deciso di avere una ragazza seria, quando poteva divertirsi con chiunque. Nella mia mente le storie serie erano solo delle palle al piede.
  • “Dai, andiamo a vedere questa bomba.” Ripresi.
  • “Scommetto quello che vuoi che questa non riuscirai a fartela.”
  • “Cos’è una sfida?” sogghignai. Strana tutta questa audacia da parte di Yuri
  • “Puoi giurarci.” Mi rispose.
  • “Andata.” Strano anche che Yuri mi sfidasse così apertamente, e cosa ancora più strana che Ale non intervenisse nella conversazione con qualche cagata delle sue. Qui gatta ci cova!.  
 
  • “Wow.” Proferii quando arrivammo in prossimità della zona che avevamo adibito a bar “Davvero un bel bocconcino, non c’è che dire.”
La ragazza che mi dava le spalle aveva lunghe gambe scoperte, un vitino stretto e probabilmente una bella terza di seno, anche se potevo ammirarne solo il profilo. Insomma un corpicino proprio da urlo; e come me l’avevano notato tutti gli essere maschili presenti a quella festa, considerando che tutti gli occhi erano puntati su di lei. Sì, quella sfida sarebbe risultata divertente.  
Quando però la persona in questione si voltò verso di noi, fu come se una secchiata di acqua gelida mi colpisse in pieno volto. L’effetto fu devastante, molto più del ceffone che mi aveva tirato tempo addietro. Probabilmente mi ci vollero parecchi  secondi per riprendermi dallo shock.

  • “Che cazzo ci fai lei qui?” sbraitai come un ossesso.
  • “Calmati Walter o ti scoppieranno le coronarie.”
  • “E’ venuta con Valeria, la sua amica.”
  • “Perché?”
  • “E io che ne so…”
  • “Per rovinarmi la festa; ecco perché.” Sibilai
  • “Dunque è quella Monica Laboni” intervenne Patty “ Accidenti è proprio carina. Tesoro mi devo preoccupare?
Tre paia di occhi si voltarono contemporaneamente verso di lei. Quelli di Yuri probabilmente divertiti, i miei alquanto infastiditi e quelli di Ale non avrei saputo interpretarli.
  • “Ma cosa sta’ facendo?” riprese però Patty completamente incurante di noi tre osservando la figura snella della Laboni che pareva avere un’accesa discussione con il nostro barista
  • “Penso stia cercando di bere qualcosa di analcolico.”
  • “Molto bene” proferii ad un tratto ripresomi dallo stupore iniziale. “A noi due piccola stronza.” E così dicendo finalmente mi mossi nella sua direzione incurante delle voci dei miei amici.
  • “Walter ti prego non cominciamo…”
  • “Per una volta lasciala perdere”


POV MONICA
  •  “Una coca cola?”
  • “No”
  • “Una fanta?”
  • “Nooo”
  • “Allora facciamo una lemonsoda?” implorai
  • “Te lo già detto NO. Qui non si servono bibite. Solo roba alcolica.”
  •  “Ma che ti frega scusa? Hai appena servito un gin lemon. Non mettermi il gin e dammi solo il lemon. Non mi pare ci voglia una laurea” 
  • “Che succede Gio?” O no, quella voce. Iniziavano i guai. Ma cosa credevo, di imbucarmi alla sua festa senza incontrarlo? Si, onestamente ci avevo sperato.
  • “Oh nulla boss, tutto sotto controllo. A parte questa sventola che non vuole sottostare alle tue regole.”
  • “Sventola a chi brutto cafone?” scattai stizzita. Ma guarda questo stronzo; prima non mi dava da bere e adesso mi insultava.
  • “Già, è davvero un bel bocconcino….  Ma Valeria, non mi presenti la tua nuova amica?” ammiccò verso di lei che lo guardò perplessa.
  • “Mi stai prendendo per il culo brutto cretino?” intervenni.
  • “Acida e maleducata… mi ricorda qualcuna.” Disse mentre mi girava intorno come un falco con la sua preda “Ma non può essere la ragazza che intendo io, perché  lei non verrebbe mai alla mia festa di compleanno.”
  • “Smettila con questa sceneggiata. Se vuoi che me ne vada devi solo dirlo” sputai velenosa. Ma io non ero quella che doveva ingelosirlo? Ricordai in un vano lontano della mia mente.
  • “E perché mai dovrei volerlo scusa?” riprese con voce falsa e melliflua “Questa sarà la palese dimostrazione che tu perfettina del cazzo non riesci a lasciarti andare nemmeno ad una festa grandiosa!!”
  • “Vaffanculo Molinari.” Sputai a denti stretti.
  • “Sai, per essere così intelligente sei piuttosto ripetitiva Laboni.” E se ne andò lasciandomi lì come un pesce lesso.
Bene, benissimo. Quel cretino voleva la guerra; e guerra avrebbe avuto! Mi girai verso il tizio del bar con gli occhi iniettati di rabbia.
  • “Ehi tu, dammi una vodka alla pesca!”
  • “Moni, non ti sembra di esagerare?” intervenne Valeria vagamente preoccupata.
  • “Non eri tu quella che diceva che c’è una prima volta per tutto?” le dissi trangugiando il bicchiere che mi aveva dato in un sorso solo.
  • “Già, ma per una che non ha mai bevuto neppure una birra, cominciare con una vodka non mi pare il caso.” Asserì perplessa la mia amica.
  • “Sai che ti dico Valy? Hai pienamente ragione. Gio” esclamai spavalda ricordandomi come l’aveva chiamato Molinari poco prima “Fammene un’altra!”
POV WALTER

Avevo creato un mostro o una femme fatale?
Dopo il nostro piccolo scambio di opinioni, a cui proprio non ero riuscito a sottrarmi, avrei voluto ignorarla e godermi la mia festa, ma inevitabilmente lo sguardo mi ballava sempre nella sua direzione e mi odiavo per questo.
Quando poi avevo visto che aveva cominciato a bere un bicchiere di vodka dietro l’altro avevo mandato Ale – che probabilmente era molto più in ansia di me – a dire al barista che per quella svampita la vodka era finita. Non volevo certo che finisse a vomitare sul pavimento di casa mia.
Ma probabilmente il mio ordine era arrivato troppo tardi, considerando che adesso stava ballando in una maniera a dir poco sensuale e provocante su uno dei tavolini del mio soggiorno, con un bicchiere di non sapevo bene cosa in mano, attorniata da un folto gruppo di ragazzi a cui mostrava gran parte delle “sue grazie”.
L’avrei strozzata con le mie mani in quel momento, e non ne capivo il motivo. In fondo cosa me ne fregava a me che la Laboni si stesse comportando così? In qualsiasi altra circostanza mi sarei unito a quel gruppo di pervertiti facendo valere il fatto che essendo la MIA festa di compleanno avevo diritto di precedenza. Ma ormai l’avevo capito anch’io che lei non era una troietta da quattro soldi e vedere come la stavano spogliando con gli occhi mi faceva incazzare di brutto.
Nonostante ciò, io per primo non riuscivo ad allontanare lo sguardo da lei. Ero come ipnotizzato dai movimenti del suo corpo soprattutto quando ancheggiava più del dovuto e la gonna del vestitino che indossava già corta di suo, si alzava ancora di più lungo le sue gambe toniche e snelle.
Signore aiuto! Non potevo fare pensieri osceni su Monica Laboni.

  • “E’ tutta colpa tua!!” una voce alterata mi riportò alla realtà e girandomi vidi la sua amica Valeria che veniva verso di me. “Non potevi lasciarla in pace per una sera? Guarda come si è conciata cazzo!”
  • “Colpa mia? Cosa c’entro io se quella scema ha bevuto come una spugna?”
  • “Se tu non l’avessi provocata… Cazzo non ha mai bevuto un goccio di alcool in vita sua…..” si preoccupò Valeria continuando a tenerla sotto controllo.
  • “Che facciamo Walter? Interveniamo?” mi chiese Alessandro speranzoso.
  • “Perché dovremmo?” replicai ancora indeciso sul da farsi.
 Ma quando voltandomi nuovamente nella sua direzione vidi un cretino che le aveva appoggiato una mano sul ginocchio e lentamente la stava facendo risalire sulla sua coscia destra, le mie gambe si mossero da sole. La raggiunsi in meno di un secondo e strattonandola malamente per un polso la tirai giù dal quel cazzo di tavolino facendomela ricadere addosso.
  • “Adesso basta ragazzina! Lo spettacolo è finito!”
Nonostante le sue accese proteste cercai di trascinarla il più lontano possibile da quel gruppo di idioti che le si erano fatti intorno.
Quando arrivai nei pressi dello scalone che portava di sopra, dove mi attendevo gli altri, mi fermai e finalmente mi voltai a guardarla.
Non so’ effettivamente cosa lei lesse nei miei occhi, ma so’ di certo che io rimasi completamente spiazzato dalle sue labbra sulle mie e dal bacio che ne seguì.
Ero sicuramente entrato in una sorta di realtà parallela, perché solo in un mondo parallelo Monica Laboni mi poteva baciare in un posto affollato, davanti a un gran numero di ragazzi della nostra scuola, fregandosene di tutti coloro che ci guardavano, non pensando ai commenti del giorno dopo e sotterrando completamente il suo orgoglio.  
Ed io non potevo rispondere a quel bacio dopo averla disprezzata davanti a tutti, non potevo rispondere davanti ad Alessandro senza avergli ancora menzionato nulla di tutto il casino in cui mi ero ficcato insieme a quella sciroccata.  
Ma le sue labbra erano reali e mi stavano portando alla pazzia poiché bramavo di più. La mia mente cercava di negare che desiderava baciarla, ma il mio corpo ne agognava il contatto.
Con un autocontrollo che neanche sapevo di avere, la staccai da me cercando di essere il più gentile possibile sotto gli occhi sbalorditi dei miei amici, e cercai di riacquistare una parvenza di contegno senza lasciar intendere che Monica Laboni mi aveva sconvolto.

  • “Ma quanto cazzo hai bevuto?” chiesi risultando probabilmente un po’ troppo brusco.  
  • “Non lo so’ ” mi rise quasi in faccia.
  • “Andiamo bene.” Sospirò Yuri
  • “Più che quanto, COSA ha bevuto!” s’intromise nella discussione Valeria arrivando con un bicchiere in mano.  
  • “In che senso?” chiese Alessandro
  • “Annusa qui dentro….” Mi disse porgendomi il bicchiere “Credo le abbiano messo qualcosa nel bicchiere.”
  • “Oh merda!” esclamai annusando il contenuto di quel bicchiere.
  • “E adesso?” chiese spaventata Patrizia.
  • “Che cazzo facciamo?” Domandò invece il suo ragazzo.
  • “Ma chi può essere stato?”
  • “Probabilmente qualcuno che stasera voleva portarsela a letto.”
  • “Il barista?”
  • “Chi? Gio? Non credo proprio.”
  • “E allora chi?”
  • “Viscardi? E’ tutta la sera che le sbava dietro.”
Mentre ognuno faceva supposizioni più o meno concrete su chi poteva averle giocato un tiro del genere io stavo perdendo il senno, perché la ragazza in questione se ne stava ancora beatamente appoggiata al mio torace solleticandomi il collo con le sue labbra.
Il suo profumo, la consistenza del suo corpo appoggiato al mio, mi stavano mandando al manicomio. Dovevo assolutamente staccarmela di dosso altrimenti di lì a poco l’avrei sbattuta contro la parete più vicina e me ne sarei fregato di tutto e tutti.

  • “La porto in camera mia.” Affermai stringendola in un abbraccio forse  un po’ troppo protettivo.
  • “COSA????” urlarono insieme Yuri e Ale.
  • “Non possiamo certo tenerla qui in balìa di qualche depravato!” proclamai. Poi rivolgendomi alle ragazze, ordinai: “Andate in cucina e fate un caffè forte… molto forte. Non so’ se servirà a qualcosa, ma almeno ci proviamo.”
Quando Valeria e Patrizia se ne andarono mi ritrovai gli sguardi perplessi di Alessandro e Yuri puntati addosso.
  • “Poi vi spiego tutto. Lo prometto.” Dissi accennando un sorrisino.
Infine ancora sotto lo sguardo sbalordito di tutti quanti, le passai una mano sotto le gambe e l’altra sotto la schiena e la condussi in braccio su per le scale verso la porta della mia stanza.

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Capitolo 13
*** I misteri si svelano ***


CAP. 12 I MISTERI SI SVELANO

POV MONICA

Dove stavo andando? E soprattutto chi mi ci stava portando? Avevo bevuto decisamente troppo ed avevo la mente annebbiata ma ero lucida; cioè non proprio lucida nel vero senso della parola, però percepivo tutto quello che mi accadeva intorno…. Più o meno.
Perché avevo bevuto così tanto? Perché ero una stupida. Ecco perché! E perché quell’egocentrico di Molinari mi aveva provocata ed io come una perfetta idiota  c’ero caduta dentro con tutte le scarpe.
E adesso stavo vagando per quell’enorme casa tra le braccia di “non sapevo bene chi” che probabilmente mi stava portando in un luogo appartato per approfittarsene ed io non avevo la forza necessaria per reagire e tirare fuori le palle.
Ma le sensazioni che percepivo erano dolci e stavo davvero bene. Un profumo intenso di uomo mi solleticava le narici, un torace duro cullava il mio viso dal quale potevo udire un battito cardiaco accelerato e due braccia forti mi stavano sorreggendo. Finalmente avevo trovato un po’ di pace in quella folle serata. 
Cominciai a preoccuparmi sul serio però quando il sottofondo musicale diventò sempre più basso e lontano. E più ancora quando udii chiaramente una porta chiudersi alle mie spalle.

  • “Ce la fai a stare in piedi da sola?” mi chiese una voce abbastanza irritata. Oddio una voce…quella voce. No!!!  Per tutto l’oro del mondo…no!!!  
  • “Certo che la faccio brutto babbuino.” risposi scattando a terra come se  avessi preso la corrente elettrica ma traballando sui miei stessi passi.
  • “Bel modo di ringraziare chi ti ha appena salvato le chiappe!”
  • “Ma per favore; non venire qui a fare il cavaliere senza macchia e senza paura con me. Prima mi fai ubriacare, e poi fai il salvatore del mondo?”
  • “Non mi pare di averti puntato una pistola alla tempia dicendo: Bevi!”
  • “Già, ma la stupida regola di non servire bevande alcoliche è stata tua.”
  • “Scusa se alla mia festa di compleanno, per  giunta in casa mia faccio quello che voglio” sputò con tutto il veleno che aveva in corpo “ per di più non mi sembra di ricordare di averti invitata..”
Ecco qua. Colpita e affondata. Impacciata per non sapere come rispondere, mi concessi il lusso di guardarlo.
Era bello!! Accidenti se era bello quella sera. Niente di curato, niente di particolare solo un semplice paio di jeans che gli fasciavano le gambe ed una camicia bianca arrotolata sulle braccia, ma su di lui questo mix faceva un effetto devastante.  Sembrava un angelo, un diavolo mi corressi subito. Già un diavolo tentatore. Probabilmente ero ancora annebbiata dall’alcool per pensare quelle cose di Walter Molinari e credo che il modo in cui mi fermai imbambolata a fissarlo fece preoccupare anche lui.  
Ma qualcosa era cambiato in quella camera, la tensione era salita alle stelle e non ero sicura che fosse dovuta solo al nostro litigio. Volevo sentirlo ancora vicino, volevo sentire ancora il suo profumo addosso.
Cazzo, ero attratta da lui! Questa consapevolezza mi terrorizzò a morte. La scacciai immediatamente consapevole che l’alto tasso alcolico mi faceva fare pensieri contorti. Probabilmente lui o un altro in quel momento non avrebbe fatto differenza. Almeno così speravo.
Quando però finita questa radiografia accurata della sua persona incrociai il suo sguardo smeraldino ed i suoi occhi liquidi di –desiderio?- mi domandai come si potesse voler così tanto strozzare una persona e volerla baciare subito dopo.
Ma Walter, - oddio quando avevo iniziato a pensare a lui utilizzando il suo nome di battesimo? –non mi diede il tempo materiale di rispondermi perché lo ritrovai con la bocca sulla mia e mio malgrado, ricambiai quel bacio quasi con disperazione. Più ne avevo, più ne volevo.
Non mi lamentai quando molto dolcemente, mi fece indietreggiare fino a farmi scontrare le ginocchia con il bordo del suo letto, non mi lamentai quando delicatamente mi fece sedere sullo stesso e poi sdraiare sistemandosi sopra di me. Le sue mani erano attente e premurose sul mio corpo, non volgari ed impertinenti come supponevo. Cavoli era eccitante da morire. Mi rimbombarono nella testa le parole di Valeria sul conto delle doti amatorie di Molinari e mi ritrovai ad essere completamente d’accordo con lei.  

  • “Finalmente Cazzo!!” lo sentii proferire tra un bacio e l’altro. Oh sì. Finalmente cazzo. Oh no! Un momento…
  • “Cosa significa Finalmente Cazzo?” chiesi allontanandolo da me.
  • “Niente… non …farci ..caso…” rispose continuando a dedicarsi al mio corpo
Che diavolo voleva dire “ Finalmente Cazzo???” In queste occasioni non dovevano uscire frasi un po’ più romantiche? Che ne so’….. “Sei bellissima” “Mi fai impazzire”. O.k. Il ragazzo ci sapeva fare, ma era proprio un buzzurro.
Mi ritrovai comunque a pensare sbalordita a come fosse possibile che le sue carezze avessero quell’effetto sul mio corpo nonostante non mi avesse ancora toccata veramente nelle “parti sensibili”.  Ma conclusi, che con tutte le ragazze che aveva avuto, sapeva bene dove e come toccare una donna per farla sciogliere come creta nelle sue mani. E questo pensiero mi infastidì. Ecco un altro segno dell’alcool in eccesso.
Dovevo andarmene da lì, dovevo uscire da quella stanza o sarei stata perduta. Un’altra gallina nel suo immenso pollaio. No, io  non potevo e non dovevo fare quella fine.
Eppure non ci riuscivo a staccarmi da quelle labbra perché una parte di me lo voleva. Perché lui era bello, eccitante e baciava da Dio. Ed io ero inesperta e curiosa; e volevo imparare dal migliore su piazza. Ero nella tana del lupo, ma io ero davvero la pecorella smarrita?
Si, sarei andata fino in fondo, alla faccia del mio orgoglio, del fatto che lo avevo insultato praticamente ogni giorno della mia frequentazione scolastica. Perché volevo per una volta levarmi l’etichetta della ragazza perfetta, della secchiona che pensa solo ai bei voti, e perché contro ogni logica razionale lo desideravo. Oddio ma sarebbe stata la mia prima volta, con Molinari??? Per dieci minuti di follia mi sarei odiata per l’eternità. Avevo decisamente bevuto troppo.
La soluzione a tutte le mie seghe mentali, me la diede Molinari stesso staccandosi bruscamente  da me.

  • “No, invece. Cazzo no!” esordì al massimo della frustrazione, osservandomi con occhi torbidi.
  • “Ma che ti prende?” domandai ansimando.
  • “Non così, cazzo!! Non con te, non in questo modo.”  
E si alzò dal quel letto allontanandosi dal mio corpo e da me.  Prese a misurare a grandi passi il pavimento della sua camera e quando le nostre iridi si scontrarono nuovamente un profondo imbarazzo calò su di noi. Abbassai subito lo sguardo e probabilmente diventai paonazza. Non sapevo più da che parte guardare e quel silenzio mi riempiva di ansia. Avrei dato qualsiasi cosa per riuscire ad allestire uno dei nostri soliti battibecchi, ma avevo la gola secca e le parole non ne volevano sapere di uscirmi dalla gola.
Forse non più in grado di sostenere quella situazione, Molinari si diresse verso la porta.

  • “Ehi, aspetta. Dove vai?” gli urlai sgomenta.
  • “A prendere il caffè che quelle due cretine ancora non hanno portato.” Sbraitò lui di rimando.
E uscì sbattendo la porta, lasciandomi sola, umiliata, frustrata e purtroppo per me anche “bagnata”fradicia.

POV WALTER 

Oltre quella porta, fuori da quella stanza, lontano da lei finalmente ripresi a respirare regolarmente.
Vederla lì così bella, così sensuale pur nella sua innocenza, così disinibita, così arrendevole, così provocante con quel vestito mantenendo comunque una sorta di purezza, mi aveva mandato in pappa il cervello. Da quanto avevo sognato di vederla così?
Se non fossi uscito subito da quella stanza mi sarei approfittato di lei. Aveva ragione quando mi dava del maniaco che ragionava solo con le parti basse. Ripresi nuovamente fiato e mi diressi a grandi passi verso la cucina.

  • “Dove cazzo è finito questo caffè?” sbraitai entrando in cucina, dove Valeria e Patrizia lo stavano preparando.  
  • “Calma bello. Adesso arriva.” Sbottò Patty indignata.
  • “Ale e Yuri?” domandai
  • “Sono fuori in veranda. Yuri lo sta’ calmando.” Mi rispose Valeria. Merda, probabilmente l’aveva presa male.
Poi un altro pensiero mi balenò in mente.
  • “Senti Valy…” la fermai prima che uscisse dalla cucina con la tazzina di caffè “per quanto riguarda stanotte…”
  • “Io dormo con il tuo amico Ale.” Mi freddò prima che continuassi a parlare.
Già il nostro accordo. Alla fine della serata  Ale e Yuri sarebbero rimasti a dormire da me. La casa era grande e spaziosa e poteva ospitare tutti comodamente. Ognuno poteva scegliersi a proprio piacimento una gentil donzella che l’avrebbe allietato durante la notte. Era scontato che Yuri dormisse con la sua ragazza, mentre io e Ale potevamo spaziare liberamente. Entrambi aspiravamo ad un nuovo punto per il nostro gioco, ma potevamo anche ripiegare su un appagante bis.
  • “Il che significa che tu dormirai con lei.” Squittì maliziosa riportandomi alla realtà. 
  • “Cosa? Ehi no … aspetta un attimo.”Ma non riuscii a fermarla nuovamente perché era già sparita oltre la soglia.
Merda, non potevo passare la notte con lei. Ne sarei uscito a pezzi. Con questi pensieri in testa mi diressi anch’io verso la veranda sperando di trovarvi ancora i miei amici. Avevo un’altra questione da risolvere.
  • “Che cazzo credevi di fare brutto stronzo?”
Alessandro mi colse di sorpresa strattonandomi con forza per il colletto della camicia e trascinandomi in giardino dove mi lasciò andare in malo modo.
  • “Ma sei scemo o cosa? ”soffiai imbufalito.  
  • “Parla chiaro amico, cosa succede tra te Monica Laboni?
  • “Oddio, è per quella pazza che sei così  incazzato?” chiesi cercando di apparire il più rilassato possibile.
Non volevo lasciar trasparire il tumulto di sensazioni che stavo vivendo. Io ero quello spavaldo, sempre sicuro di me stesso. Lo stronzo per eccellenza. Ma il pugno che mi arrivò dritto sotto lo zigomo sinistro mi lasciò completamente interdetto. Non era umanamente possibile che Ale mi colpisse in quel modo. Forse lo pensava anche Yuri poiché rimase pietrificato forse più di me.
  • “Walter, ma tu pensi sul serio che siamo due cretini?” proseguì con foga. “Credi davvero che non ci siamo accorti di come sei cambiato negli ultimi giorni? Che non abbiamo notato come la guardi, come le sbavi addosso?”
  • “Io non le sbavo addosso!” affermai stizzito “ E poi senti da che pulpito? Proprio tu che ne sei cotto perso…”
  • “Io almeno non la insulto o la provoco tutto il tempo come un bambino deficiente che tira le treccine alla bambina che gli piace.”
  • “Ma come cazzo ti permetti brutto coglione.” Urlai restituendogli il pugno appena ricevuto.
Cominciammo così a litigare di brutto come non succedeva da che eravamo due ragazzini. Fu Yuri ad intervenire immediatamente per separarci.  
  • “Adesso basta!” gridò mettendosi in mezzo “Ma siete impazziti? Che vi prende a tutte e due ?”
  • “Andiamo Yuri… non fare il finto tonto. So’ benissimo che te ne sei accorto anche tu, ma non hai detto nulla perché temevi questo momento. Sei preoccupato da quando quella ragazza si è messa tra noi” sbraitò ancora Ale mentre Yuri cercava di trattenerlo.
Ero incazzato, sudato e trafelato ma quando incrociai gli occhi di quest’ultimo una nuova consapevolezza mi pervase. Possibile che fosse così evidente?
  • “Cosa c’è tra te e Monica Laboni?” mi incalzò ancora Alessandro.
  • “Niente”
  • “Ma Vaffanculo….forza sputa il rospo brutto bugiardo.”
  • “Senti Walter” prese parola Yuri più serio e pacato “ se non vuoi dirlo va bene perché sono cazzi tuoi, però è palese che tra voi due sta’ succedendo qualcosa di diverso dal solito. Inoltre è la prima ragazza che varca la soglia di camera tua”  
  • “L’ho baciata. O.k.?”
  • “Questo l’abbiamo visto tutti.”
  • “No, non stasera.” Sputai a denti STRETTI“ ci siamo già  baciati quando siamo stati legati.”
  • “E quindi? Che cazzo c’è tra voi due? Te la sei portata a letto? Complimenti campione. Hai vinto! Ti sei scopato la principessa. Sei il migliore. “
  • “Piantala anche tu.” Sbottò Yuri anch’egli adirato dalla situazione creatasi “Le avete fatte voi le regole di quello stupido gioco e lei non è certo la tua ragazza quindi non ha fatto nulla di male se lei c’è stata. Sapevi fin dall’inizio che prima o poi sarebbe successo. Perché adesso ti  scaldi tanto? Tu stanotte andrai a letto con la sua migliore amica.”
  • “Non me la sono scopata cazzo!” urlai esasperato “L’ho solo baciata e poi tutto è tornato come prima. Io e Monica Laboni caratterialmente non riusciamo a tollerarci. Siete soddisfatti adesso?”
  • “Ma piantala di dire stronzate! Sappiamo benissimo che sfrutterai l’occasione.”
  •  “Senti stammi bene a sentire perché adesso mi hai davvero rotto i coglioni” risposi pieno di rabbia “Non ci sono andato a letto insieme e non ci andrò nemmeno stanotte perché contrariamente a quanto pensi non sono un animale. E’ ubriaca santo cielo. Non sa’ neppure quello che fa e già mi sembra di sentirla starnazzare domattina quando e SE si renderà conto di ciò che ha fatto. Comunque anche se fosse tu non hai nessun diritto di venire qui a  farmi la morale. Non sono stato io ad averla eletta come trofeo per il vincitore. Eravamo in 15 all’epoca, e mi sembra di ricordare che tra quei 15 ci fossi anche tu. Se ti piace così tanto diglielo….dichiarati e falle mettere in fronte un bel cartello con scritto – proprietà privata - . Ma fino ad allora non farmi mai più una piazzata del genere perché giuro che non risponderò più delle mie azioni. “
Parlai tutto d’un fiato e dopo quella che mi parve un’eternità lo sentii sospirare pesantemente e calmarsi.
  • “D’accordo. Hai ragione. Scusami ho perso la testa.” affermò accennando un mezzo sorriso
  • “Di nulla fratello.” Sopirai rispondendo al suo sorriso tirato.
  • “Hai un bel gancio sai? “ sbuffò massaggiandosi la parte offesa.
  • “Anche tu.”
  • “Allora è tutto apposto… fra noi due intendo….”  Cominciò titubante lui.
  • “Certo amico…certo!” Infatti nonostante tutti i nostri scazzi, non sarei riuscito a pensare alla mia vita senza la costante presenza di Alessandro Ravelli tra i piedi.
  • “Meno male.” S’inserì anche Yuri sorridendo adesso decisamente più calmo. “Per un attimo avevo pensato che…. Beh lasciamo stare”
  • “Dai torniamo dentro. C’è una festa che deve ancora entrare nel vivo e una donzella da salvare  nel tuo letto.”
  • “Aspettate un attimo” sospirai “a tal proposito c’è un’altra cosa che dovrei dirvi…” Dovevo dirglielo se volevo evitare altri casini. Inoltre se le cose andavano secondo i piani la cosa sarebbe diventata presto di dominio pubblico.
  • “Sarebbe?”
  • “Dunque,” e presi un bel respiro preparandomi mentalmente a ricevere un altro cazzotto “è vero che tra noi due non c’è e non ci sarà mai niente, ma…
  • “Ma?” intonarono in coro visibilmente interessati. Cazzo, sembravano due comari pettegole che aspettavano i particolari sconci.
  • “Ma presto diventerà la mia ragazza.” Affermai tutto d’un fiato. Via il dente, via il dolore. Mica si dice così.
  • “Cosa? …”
  • “Come?...”
  • “Perché?...” Balbettarono sotto shock. La scena aveva del ridicolo, dovevo ammetterlo. Neanche se avessi detto che volevo buttarmi sotto un treno sarebbero stati così allucinati.
  • “Cosa…l’avete capito bene. Vi prego non fatemelo ripetere. Come….non ne ho la più pallida idea. Ci inventeremo una scusa…. E perché?? Perché mio padre è più scemo di me deduco!”E sorrisi ancora una volta delle loro facce stralunate.
  • “Ci stai prendendo per il culo per vendicarti delle accuse di poco fa?”
  • “Purtroppo no. Anche se mia piacerebbe.” Sbuffai.
E finalmente mi liberai la coscienza raccontando per filo e per segno tutto il casino che aveva combinato quel pazzo di mio padre mettendo in mezzo me e la svitata. Dal motivo di quell’assurda punizione di tenerci ammanettati per testarci, al ricatto per farci mettere insieme fino a scoprire la verità celata dietro quel gesto.
Non tralasciai neppure l’episodio del bacio poiché avevo capito che per non uscirne completamente fuori di testa o commettere un omicidio, avevo un disperato bisogno del sostegno dei miei amici.  

  • “Wow…” fu l’unico commento che udii una volta terminata la mia filippica.
Alzando lo sguardo però mi resi conto che quei due stavano cercando di trattenersi a stento dal ridere.
  • “Siete davvero due imbecilli!” sbottai. E la risata dilagò coinvolgendo anche me.
  • “Non vorrei disturbare le vostre profonde riflessioni sull’origine dell’universo” ci interruppe ad un tratto la ragazza di Yuri “ma dentro c’è una festa in corso e molti si stanno chiedendo dove cazzo sia finito il festeggiato, soprattutto dopo la bella scenetta di poco fa. Anche se lo immaginano tutti. “ sorrise maliziosa. “Quindi se vuoi smentire quanto credono, ti conviene farti vedere e sfoderare tutte le tue armi di seduzione Don Giovanni!!”
  • “Certo tesoro” ammiccai “ Adesso arrivo.”
  • “Eccola!!!” esclamò ad un tratto Yuri andandole incontro “ Amore sei un genio!”Poi voltandosi e scrutando le nostre facce perplesse aggiunse: “Non avete capito? “
  • “No”
  • “Questa è la scusa perfetta per risolvere il tuo grattacapo..”
  • “Ma di che parli?”  
  • “Torna in camera tua e restaci un po’,  farete credere a tutti che siete stati a letto insieme . Poi lunedì farai il carino con lei, o per lo meno ti comporterai nella maniera più civile che riesci, qualche mezza frase, qualche insinuazione non troppo velata e tutta la scuola crederà che vi siete messi insieme. Non è geniale?” sorrise compiaciuto.
  • “Ma sei scemo?” sbraitai allarmato.
  • “Senti bello da quanto ci hai appena raccontato hai a malapena dieci giorni per procurarti una scusa per giustificare il vostro “avvicinamento” e questa mi sembra perfetta! Il destino te l’ha servita su di un piatto d’argento”esclamò entusiasta della sua trovata. 
  • “Non pensate che dovreste chiedere anche il suo parere?” s’intromise una voce alle nostre spalle.  Voltandoci tutti scorgemmo la figura alta e slanciata di Valeria venire verso di noi.  
  • “Oh bene.” Sbuffai “Perché già che ci siamo non organizziamo un comizio pubblico sui fatti miei?”
  • “Non solo tuoi” sottolineò piccata “e comunque Moni me l’aveva già raccontato.”
  • “Come sta?” chiese Patrizia. “Quando vi ho lasciate era piuttosto conciata.”
  • “Meglio, ma era molto confusa. Vaneggia parole tipo bacio….stronzo…puttaniere…. Credo stia parlando di te.” Sogghignò osservandomi attentamente.
  • “Di bene in meglio.”
  • “Mi sono permessa di prendere degli abiti dal tuo armadio e cambiarla.”
Annuì impercettibilmente. Meglio così, rivederla in quel vestitino succinto mi avrebbe fatto passare l’intera notte sotto il getto dell’acqua gelata della doccia.
  • “Hai detto che è piuttosto confusa?” affermai improvvisamente con una certa malizia sottointesa.
  • “Sì. Perché?”
  • “Bene ragazzi, allora io vado.” Sorrisi .
  • “Dove?” chiesero incuriositi da questo improvviso cambio di atteggiamento.
  • “In camera mia. Potrei sempre unire l’utile al dilettevole. Dopotutto quella di Yuri non è una cattiva idea.” E mi incamminai verso l’interno della casa.
  • “Walter!!??” urlarono tutti per ammonirmi.
  • “Tranquilli, sto’ scherzando. Ma vi immaginate domani mattina la sua faccia quando le farò credere che siamo stati a letto insieme?”
  • “Sei proprio uno stronzo.”
  • “Già.” Ammisi. Ma nonostante i rimbrotti vidi chiaramente che su ognuno di loro aleggiava un sorriso divertito. Alessandro compreso.
 
H. 5.30 CAMERA MIA

Era andato tutto secondo i piani con la sola eccezione che dopo essere tornato in camera mia ed averla vista beatamente distesa sul mio letto con addosso i miei vestiti ero andato in bagno a farmi una sega e lì ero restato per un bel po’ evitando di tornare in quella stanza per non cedere alla tentazione di fare davvero quello per cui avevo scherzato con i miei amici.
Era stato frustrante e umiliante. Cazzo era più di un anno che non mi “arrangiavo” da solo, ma non potevo certo scendere e procurarmi qualcuna che ci stava; sarebbe saltata tutta la copertura.
Poi dopo un tempo ragionevole, ero finalmente andato di sotto e avevo fatto baldoria, avevo bevuto, ballato, fatto il cretino ma non avevo rimorchiato nessuna, lasciando intendere che già una persona speciale mi aveva rilassato a dovere e che l’avrebbe fatto per molto tempo. La notizia si era diffusa alla velocità della luce e dovunque mi girassi vedevo capannelli di ragazzi che ne parlavano.
Adesso, alle 5.30 di mattina quando quasi tutti erano andati fuori dai coglioni e la mia casa era completamente sottosopra me ne stavo lì seduto sulla sedia della mia scrivania come un coglione a contemplare Monica Laboni dormire nel mio letto.
Se solo qualche ora prima ero stato grato a Valeria di averla cambiata, ora come ora la stavo maledicendo in tutte le lingue del mondo perché vederla nel mio letto con addosso i miei vestiti era forse peggio del vederla con quell’abitino striminzito con cui si era presentata quella sera. Era tutto troppo largo e troppo in movimento. Ogni volta che si muoveva scopriva parti generose del suo corpo. Parte delle natiche perché i pantaloncini si arrotolavano sulle cosce o il profilo del seno poiché la mia canottiera da basket aveva il giromanica troppo largo per lei.
Molto probabilmente quella stronza della sua amica, aveva intenzionalmente evitato di coprirla ed io avevo fatto altrettanto perché avvicinarmi a quel letto era una continua tentazione. Anche stendermi accanto a lei era impensabile perché ero arrivato ad uno stato di eccitazione folle. Ero proprio un coglione, ma ormai negare che la desideravo era da idioti. Almeno con me stesso potevo concedermi il lusso di essere sincero, e la verità era che continuavo a fissarla come un coglione appunto.
Lei era la realizzazione del mio impero scolastico, la regina della torre, quella a cui tutti i ragazzi ambivano ma con cui nessuno ci poteva provare.
Avevamo inventato questa specie di “videogame” circa tre anni prima un pomeriggio in cui proprio non sapevamo che cazzo fare.  
Eravamo finiti in punizione in massa per aver provocato una rissa durante le gare divise per classi della giornata sportiva perché io e quel cretino di Francesco Moreschi come ogni volta che ci trovavamo a respirare la stessa aria avevamo dato vita ad un’accesa discussione finita poi nel peggiore dei modi. E come al solito, il mio stimato padre non aveva esitato un attimo ad affibbiarci uno dei suoi “rimedi punitivi esemplari”.
Ci aveva messi tutti sotto chiave nell’aula di chimica a tempo indeterminato o fino a quando non ci saremmo chiesti scusa a vicenda, con la minaccia di non rompere assolutamente nulla.
Eravamo in 15 ovvero le due fazioni più in vista della scuola. Io con i miei amici totale: 10. Lui con la sua banda, totale 5.  Per la prima mezz’ora nessuno esalò un fiato. Poi la punizione del nostro caro preside diede i suoi frutti.
Forse per orgoglio maschile, forse per sfida o probabilmente per stabilire il migliore una volta per tutte, partorimmo un vero e proprio gioco a punti su chi si scopava più ragazze.  
Quella che doveva essere una stronzata, nei giorni successivi si tramutò in un vero e proprio “videogame reale” con regole precise e stabilite .
Ogni ragazza era un punto, due se fidanzata, quelle più brutte arrivavano a tre punti, più punti aggiuntivi per ragazze più grandi o di altre scuole. Libertà di scelta o di possibilità se farsene sei carine o due cesse. E mentre mio padre pensava che avevamo appianato i nostri dissidi, noi stavamo catalogando tutte le ragazze della sua scuola.
Per avanzare nel punteggio l’avvenuta consumazione del rapporto doveva essere provata con video, fotografie, sms, parole registrate all’insaputa dell’interessata, ecc… ecc…
Infine era arrivato il turno dell’elezione della principessa. Ci serviva una ragazza decisamente bella, seria e pulita. Una NON facile.
Le avevamo passate in rassegna tutte quante fino a quando i nostri occhi si posarono su di lei. Una primina dall’aria saccente, senza troppi fronzoli per la testa ma bella da far invidia a molte e all’apparenza molto determinata a diventare il nostro futuro Presidente della Repubblica. Io sapevo già della sua esistenza essendo l’unica figlia di Alberto, grande amico di mio padre. Non che la conoscessi bene, ma l’avevo già vista.
Si era deciso all’unanimità che una primina era troppo giovane. L’avremmo tenuta d’occhio fino al suo terzo anno; l’ultimo per noi! E solo i primi tre in classifica avrebbero potuto attentare alla sua virtù e vincere, sempre che lei ci fosse stata.  
Di quei 15 eravamo rimasti in 11, poiché tre, tra cui anche Yuri, si erano fidanzati seriamente e uno aveva cambiato scuola. 
Sfortunatamente la nostra principessa si era rivelata anche una petulante, acida sputasentenze. Aveva un carattere impossibile specialmente con me, che a quanto pare non le andavo proprio a genio.
La cosa mi infastidiva e mi intrigava in egual misura, perché ero abituato a fare un effetto completamente diverso sulle donne.  Sorrisi scrutandola nuovamente mentre si agitava fra le mie lenzuola.
Pochi minuti o forse ore dopo, osservai con meticolosa attenzione le sue palpebre alzarsi ed i suoi occhi smarriti scrutare tutta la stanza fino a quando si posarono su di me.
Come un libro completamente spalancato lessi chiaramente tutto ciò che passò per quella zucca bacata, dalla confusione nel trovarsi in un posto sconosciuto, allo sgomento nel ricordarsi di essere nella mia camera da letto fino all’irritazione palpabile nel vedere il sottoscritto osservarla attentamente e per ultimo il momentaneo scompenso cardiaco che avvertì quando con il mio sorriso migliore le dissi:

  • “Ciao Amore mio. Hai dormito bene?”
 
 
NOTE DELL’AUTORE:
E’ d’obbligo a questo giro ringraziare tutti coloro che mi hanno supportata, incoraggiata e sostenuta.  Grazie anche a tutti quelli che hanno avuto la pazienza di aspettarmi e a tutte le meravigliose ragazze che hanno sprecato il loro tempo prezioso per recensirmi.
P.S.: Non uccidetemi per il finale.
Alla prossima Manu

 

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Capitolo 14
*** Un "incubo" ad occhi aperti ***


CAP. 13 UN “INCUBO” AD OCCHI APERTI

POV MONICA

Avevo un grande caldo e mi scoppiava la testa. Mi sentivo sudata e appiccicaticcia. Quando poi aprendo gli occhi mi ritrovai in una camera sconosciuta ero piuttosto confusa. Non ricordavo praticamente nulla della serata precedente, a parte degli sprazzi di un bacio meraviglioso ed una sensazione di calore provenire dal basso ventre. Avevo un bisogno disperato di farmi una doccia rigenerante e riordinare le idee per mettere insieme i pezzi del puzzle.
Capii che non si sarebbe realizzato nulla di tutto ciò quando roteando gli occhi per la stanza mi scontrai con delle iridi smeraldine dall’aria estremamente divertita. Allora iniziai a sudare freddo.

 
  • “E tu cosa diavolo ci fai qui?” domandai con una spiacevole sensazione in corpo.
  • “Questo dovrei chiedertelo io considerando che sei tu quella nel mio letto…” Malizioso, odioso e strafottente, ossia Molinari nel suo aspetto migliore.
  • “Cosa??? ” Urlai in preda al panico guardando immediatamente verso il basso.
Non ero nuda, bene. Già era un passo avanti! Il problema era che non indossavo neanche il mio vestito. Quindi qualcuno mi aveva cambiata… oddio qualcuno mi aveva spogliata. Merda non portavo neanche il reggiseno sotto quell’abito da troia. Era stato Molinari che adesso mi osservava malizioso a spogliarmi??? Oh cazzo alla seconda. Ma da quando ero diventata così volgare?
 
  • “Noi due abbiamo…..” chiesi con occhi imploranti di poter sentire una decisa negazione. Lui mi fissò e sorrise.
  • “Nooooooo…” gridai disperata ributtandomi indietro sul letto. E vaffanculo anche a quel sorriso mozzafiato.
  • “Guarda che io non ho detto sì.” I miei occhi saettarono speranzosi verso di lui   “ma neanche no!” aggiunse sogghignando.
Insomma ma come diavolo faceva ad essere così stronzo anche in una situazione del genere, mentre io ero disperata. Certo per lui era normale portarsi a letto giovani vergini. Oddio cosa avevo fatto?  Avevo davvero regalato la mia prima volta alla persona che più detestavo sul pianeta? E peggio ancora, neanche me ne ricordavo!
Presa da un raptus di pura follia, scaraventai indietro le lenzuola e scattai come una belva inferocita ad un passo da lui che se ne stava seduto impassibile sulla sedia della sua scrivania e strattonandolo per il bavero della camicia sbraitai:

 
  • “Insomma Molinari si o no?? Dimmi cosa cazzo è successo questa notte? “
  • “Direi che hai finalmente sfogato la tua acidità repressa facendo dell’ottimo sesso.”
  • “Aaaahhhhhh” sbraitai senza ritegno svegliando probabilmente tutta l’abitazione  “ non posso averlo fatto davvero con un imbecille come te.”
  • “Ehi guarda che sono davanti a te. Potrei offendermi.” Sbuffò, ma si capiva lontano un miglio che mi stava prendendo in giro.
  • “E chi se ne frega.”
  • “Sei proprio una maleducata.”
  • “Hai anche il coraggio di fare dello spirito, dopo che mi hai portata a letto senza ritegno? Ti sei  approfittato di me nel momento in cui ero più vulnerabile senza alcuno scrupolo, contro la mia volontà. “ gli sbraitai in faccia.
  • “Eri piuttosto consenziente sai?”
Accipicchia, ma perché non ricordavo nulla? Era stato bello? Era stato premuroso? Era davvero un dio a letto o la sua reputazione era solo un’esagerazione? Mi aveva fatto male? Avevo perso sangue? Oh merda, il sangue!
Per un attimo fui tentata di correre verso il letto, ribaltarlo da capo a piedi alla ricerca di quella macchiolina, ma era come servigli su un piatto d’argento la mia perduta verginità. Chissà se lui se n’era accorto? Certo che se n’era accorto, merda! Uno con la sua esperienza.

 
  • “Mi fai schifo Molinari.” A queste parole scattò in piedi come un fulmine e agguantandomi per le spalle sputò a denti stretti
  • “Attenta a come parli ragazzina” O.k. Forse avevo esagerato. “perché non mi sembrava proprio che ti facessi schifo stanotte mentre ti dimenavi sotto di me come una gattina in calore. “
No, non avevo esagerato. Walter Molinari era l’essere più insopportabile sulla faccia del pianeta. Se ne avessi avuto la forza l’avrei picchiato, ma dovevo essere superiore, ne andava della mia futura reputazione. Cosa avrei risposto quando nel mio splendido futuro ritirando il premio nobel mi avrebbero chiesto la mia prima esperienza sessuale e il motivo per cui avevo picchiato a sangue il mio partner la mattina dopo?
Quindi con le lacrime agli occhi e un orgoglio insospettabile sfidai le sue iridi scandendo ad alta voce:

 
  • “Fammi uscire da qui. Voglio farmi una doccia.” Non importava se invece sarei corsa a piangere tra le braccia della mia migliore amica che sicuramente era lì da qualche parte.
  • “Non sei mia prigioniera.” Decretò lasciandomi le spalle “Quella è la porta e il bagno sai dove si trova.”
D’improvviso immagini di me e lui che ci scambiavamo un bacio infuocato mi vorticarono nella mente. Con tutta la disinvoltura che riuscii a racimolare mi diressi lentamente verso la porta ripetendo a me stessa di non scappare a gambe levate da quel luogo di perdizione. Mentale o fisica dipendeva dai punti di vista.
Uscita da quella camera bussai istericamente a tutte le porte che si trovavano sul quel corridoio finché un’assonnatissima Valeria fece capolino da una di esse.

 
  • “Ma che succede?” sbadigliò.
  • “Oh Valy che cosa ho fatto?” E crollai a piangere tra le sue braccia.

POV WALTER
 
  • “Non credi di aver esagerato stavolta?”
Ero seduto al bancone della cucina sorseggiando un succo di frutta gelato e ripensando a quanto successo poco prima. Mi voltai al suono di quella voce trovandomi Yuri alle spalle.
 
  • “Buongiorno.” Certo che avevo esagerato ma come al solito con lei quello che doveva essere uno scherzo era diventata una discussione senza esclusione di colpi. “Come fai a dirlo? Non sai nemmeno cosa le ho detto.”
  • “Tu credi? Penso invece che tutti abbiamo sentito cosa vi siete urlati in quella camera. E posso dirti che non è il modo migliore per iniziare una relazione. Pur finta che sia, ci dovrai passare del tempo insieme.”
  • “D’accordo, hai ragione.” Sbuffai rassegnato “Ma non è colpa mia se quella ragazza tira fuori il peggio di me.”
  • “O il  meglio” sussurrò.
  • “Che vuoi dire?” chiese curioso.  
  • “Semplicemente che con lei sei diverso.”
  • “Diverso in che senso?”
  • “Non l’ho ancora capito sai, ma diverso.”
  • “Hai deciso di psico-analizzarmi dottor Freud?”
  • “Ci riuscirei?” domandò sorridendo.
  • “Ale?” chiesi cambiando totalmente argomento.
  • “Sotto la doccia.”
  • “E lei?”
  • “In camera a piangere da Valeria. Ma poco fa anche Patty si è unita a loro.” 
  • “Ah.”
  • “Sei pronto per il secondo round?” chiese poi Yuri accomodandosi accanto a me.
  • “Perché dovrei?”
  • “Credi davvero che la sua migliore amica ti reggerà il gioco e non le dirà la verità? Senza contare il fatto che c’è anche il brillante piano che abbiamo messo in atto ieri sera facendo intendere a tutti che adesso state insieme e di cui la diretta  interessata, non sa nulla.”
  • “Oh cazzo.” Dopo la notte insonne che avevo passato osservandola, avevo totalmente rimosso questo piccolo particolare.
Non riuscii a formulare nessun altro pensiero di senso compiuto poiché un urlo disumano ci raggiunse dalla rampa delle scale del soggiorno.
 
  • “Tu, lurido bastardo manipolatore.”
  • “Ecco appunto.” Sorrise Yuri alzandosi dal suo sgabello ed allontanandosi da me.  
Quando Monica Laboni entrò sbraitando in cucina seguita a ruota dalle sue  amiche, sembrava sul punto di esplodere.
Così conciata, con i capelli scombinati, ancora indosso il mio completo da basket, la faccia rossa e viola per le lacrime versate o la rabbia trattenuta era tremendamente buffa… ed eccitante da morire! Ma quella ragazza si rendeva conto dell’effetto che aveva sul genere maschile?

 
  • “Sei davvero un grandissimo stronzo. Come hai potuto farmi credere una cosa tanto schifosa?”
  • “La domanda giusta è… come tu abbia potuto crederci?”
  • “Io… beh ero confusa. L’alcool, la serata orribile… “ commentò avvicinandosi “e tu ne hai approfittato spudoratamente.”
  • “Oh andiamo Amore. Era uno scherzo.” Affermai sorridendo strafottente.
  • “Molinari non cominciamo perché non sono proprio in vena oggi.”
  • “E quando mai lo sei?”
Era ormai arrivata ad un passo da me e quando le sue pupille saettarono sul bancone della cucina verso il bricco di succo di frutta che stavo bevendo capii le sue intenzioni ancor prima che si muovesse.  Nell’attimo esatto in cui l’artigliò portandolo sopra la mia testa, l’afferrai per le natiche ed aprendo le gambe la strattonai tra le mie braccia così che il contenuto del cartone colpì entrambi.
Realizzai solo in un secondo momento dove avevo le mani e cosa stavo toccando. Cazzo, mi stavo eccitando ancora!
Nessuno però ci fece caso perché lei si mise a strillare, il succo ci imbrattò completamente e visto il giungere dell’apocalisse tutti gli altri si defilarono ai piani superiori.


POV  MONICA
 
  • Leva immediatamente le mani dal mio posteriore brutto zoticone.” Sbraitai come una gallina strozzata. Quel cretino mi stava toccando il culo. Ma come avevo fatto a cadere così in basso?
  • “Devo pur controllare la mercanzia, no?” rispose con la sua solita faccia da schiaffi senza accennare a cambiare posizione nonostante il succo appiccicaticcio che ci colava dappertutto.
  • “Molinari per cinque minuti della tua miserabile vita piantala di fare il porco pervertito e lasciami andare.” Urlai liberandomi dalla sua presa ed allontanandomi da lui.
Quella vicinanza era pericolosa perché nonostante non riuscissi a focalizzare l’intera nottata, ricordavo molto bene la sensazione del suo corpo sopra il mio, le sue mani che vagavano su di me e se avevo capito una cosa da quell’orribile nottata era che non potevo fare affidamento sul mio corpo quando si trattava di lui perché le mie carni mi tradivano, tremando al suo passaggio e agognando un dolce supplizio che per ora avevo solo letto nei romanzi rosa di cui mi imbottivo.
 
  • “Ti ci dovrai abituare ragazzina!” sentenziò alzandosi anch’egli da quella sedia “Non vorrai mica farmi passare per una specie di asessuato. Guarda che IO ho una reputazione da difendere.” Sbottò indignato.
Oh bella, adesso era lui quello offeso. Avevo ragione ad affermare che Molinari aveva solo segatura al posto del cervello. E adesso cos’era quella luce che gli illuminava gli occhi? Oh no!
 
  • “Stammi lontano Molinari.”
  • “Dovresti cominciare a chiamarmi per nome sai?” ghignò avvicinandosi.
  • “Che vuoi fare?” chiesi indietreggiando.
Quella situazione non mi piaceva per niente ed i miei sensi erano all’erta.
 
  • “Voglio baciarti!” affermò con un tono serio e disarmante pietrificandomi sul posto solo con la forza del suo sguardo ardente.
  • “Per…Perché?” Ma che cavolo stavo dicendo… dovevo essere infuriata e non rimanere lì impalata a sciogliermi sotto i suoi occhi. Diamine Monica pensa alla notte appena trascorsa e al modo in cui ti ha trattata.
  • “Perché mi va…” un passo “ perché hai addosso i miei vestiti…” un altro passo “perché ho passato una notte di merda per colpa tua…” le sue mani sulle mie spalle  “ perché so’ che lo vuoi anche tu…” le sue labbra sempre più vicino “e perché….”
Vinta, battuta, annientata da un bel paio di occhi verdi. Ormai nel mio campo visivo c’era solo il suo splendido volto, e le mie labbra attendevano quel bacio come il bisogno di respirare. Insomma un disastro su tutta la linea.
 
  • “Perché per essere una suora baci molto bene sai.” Ma perché Molinari doveva sempre dire la frase sbagliata al momento sbagliato?
Una doccia fredda che servì a farmi tornare sul pianeta terra. La reazione fu immediata e quasi senza comandarlo il mio ginocchio si alzò di scatto andando dritto a colpire i suoi gioielli di famiglia piegandolo in due.
 
  • “Ti consiglio di cominciare a correre brutta stronza.” Sputò rabbioso fra un gemito e l’altro.
Mi allontanai il più possibile mettendo un tavolo a dividerci mentre Walter si rialzava e riacquistava padronanza di sé. L’ occhiata che mi rivolse però non era per niente rassicurante.
 
  • “Sei tu lo stronzo che dice sempre la cosa sbagliata nel momento meno opportuno.”
  • “Non ti facevo una da paroline dolci amore.”
La scena aveva del ridicolo, lo dovevo ammettere pure io poiché durante questo acceso scambio di battute continuavamo a girare intorno al tavolo della sua cucina come due idioti. Io un topolino in trappola e lui un gatto in caccia. Ecco questo rendeva l’idea. 
 
  • “Ecco appunto parliamo anche di questo ….”
  • “Delle paroline melense?
  • “Del perché continui a chiamarmi amore, idiota!”
  • “Le tue loquaci amichette non ti hanno detto nulla a tal proposito?”
  • “E che avrebbero dovuto dirmi?” domandai allarmata. Oddio c’era dell’altro.  
  • “Per esempio che da ieri sera siamo ufficialmente una coppia tesoro mio.” Sentenziò calcando volutamente sulle ultime parole.
  • “Noooo. Non è possibile!” Scappai urlando in salotto frapponendo il divano fra noi zigzagando nel casino che c’era ancora per terra.
  • “Non farne una tragedia greca, e smettila di urlare che ho mal di testa.”
Mi raggiunse dirigendosi poi con una calma invidiabile verso la veranda e si spaparanzò su di un lettino a bordo piscina. Perché io ribollivo mentre lui appariva così serafico? Cosa c’era di sbagliato in me? Almeno però non sembrava più intenzionato a farmela pagare per il colpo “basso” di poco prima.
 
  • “Era quello che volevamo no? Ci serviva una scusa per metterci insieme” proseguì mentre io l’avevo raggiunto in veranda “Bene, la tua performance di ieri, ci ha risparmiato la fatica di trovarla.”
  • “Smettila di urlare…” sbraitai ancora più forte “mi hai fatto passare per una delle tue puttane da quattro soldi e mi dici di smetterla di urlare ….ma hai presente con chi stai parlando?”
  • “Con la mia dolce metà?” sorrise scherzoso guardandomi maliziosamente le gambe scoperte. Ma perché non mi ero cambiata?
  • “Riprova, sarai più fortunato.” Soffiai gonfiandomi come un palloncino ad elio.
Con uno scatto fulmineo che non avevo calcolato si alzò e mi agguantò stringendomi gli avambracci.
 
  • “Con la ragazza più rompipalle del pianeta, ecco con chi sto’ parlando.” Disse serio, ma il suo tono era quasi dolce. “E la ginocchiata che mi hai propinato in cucina, non fa altro che avvalorare la mia tesi.”
  • “Che fai?” chiesi disorientata da quel cambio di atteggiamento.
  • “Te la faccio pagare per avermi distrutto gli attributi no?” sorrise sulle mie labbra.
E così dicendo approfittando del mio momento di smarrimento si buttò in piscina senza preavviso trascinandomi ovviamente con lui.  L’acqua era gelata, e non essendo preparata ne bevvi in quantità industriale. Riemersa con la testa, incrociai il suo volto ridente e nonostante l’incazzatura non riuscì a fare altro che sorridergli di rimando e constatare che l’acqua fredda era quasi un toccasana per la costante calura del mio corpo quando lui mi toccava.
 
  • “Sei proprio un imbecille.” Riuscii a formulare dopo istanti che mi parvero infiniti.
  • “Però ti piaccio. Ammettilo…”
  • “Sì, nei tuoi sogni razza di pallone gonfiato.” Scherzai spruzzandogli dell’acqua in faccia
  • “Ah vuoi la guerra piccola sirenetta?”
Innescammo così una guerra all’ultimo spruzzo senza esclusione di colpi ridendo come bambini di quattro anni, ma d’altronde con lui era così. Riusciva a farmi sentire una bambina capricciosa o una donna attraente e sensuale con la sola potenza dello sguardo. Come del resto lui passava dal porco pervertito al bello e dannato o al ragazzino giocoso nel tempo di un battito di ciglia. E in quell’attimo il bimbo pestifero che stava giocando e ridendo con me era proprio di una bellezza senza pari.  Ma chi era veramente Walter Molinari?  
A riprova di questi miei pensieri sconclusionati, la situazione cambiò ancora.

 
  • “Basta, basta, basta. Hai vinto tu d’accordo?”  Sbiascicai cercando di ripararmi mentre cascate d’acqua mi arrivano addosso.
  • “Eh no bella. Non ho ancora finito con te…” E così dicendo mi prese per i fianchi trascinandomi sott’acqua con lui.  
Quando riemersi le sue mani erano ancora ancorate ai miei fianchi, ma il tocco era cambiato. Una scarica elettrica era partita dal punto dove erano appoggiate, propagandosi per tutto il corpo. Mi concessi il lusso di osservarlo attentamente ed andai nel pallone più totale. Ma era possibile andare in combustione immersa in una piscina d’acqua fredda?
L’acqua non era tanto alta, a lui arrivava alla vita, a me un po’ di più. I suoi jeans erano immersi fino alla cintola, la camicia bianca arrotolate sulle braccia era completamente trasparente aderendogli al torace come una seconda pelle, i capelli inzuppati gli ricadevano sulla fronte dispettosi, le goccioline gli scendevano dal collo  scivolando sui muscoli delle braccia fino alle mani che adesso mi cingevano in vita avvicinandomi e gli occhi…. Beh gli occhi erano uno spettacolo: ardenti e possessivi, infuocati di lussuria, e mi attiravano peggio di una calamita.
Era vestito ancora come la sera prima ed un flash mi colpì… per  colpa tua ho passato una notte di merda…. E poi rammentai come l’avevo trovato quella mattina aprendo gli occhi.  Avevo appurato che non eravamo andati a letto insieme; possibile che mi avesse guardato dormire tutta la notte? Mamma, questa cosa era ancora più intima di tutti i baci che ci eravamo scambiati.
Tutti i miei pensieri vennero messi a tacere dalle sue labbra che trovarono le mie in un bacio affamato, irruento e desiderato. Ed io mi lasciai risucchiare da quel vortice chiamato Walter Molinari e socchiudendo le labbra risposi con uguale intensità. Le nostre lingue si incontravano e scontravano in una lotta continua ed infinita così come il nostro rapporto, ed io cominciavo a capire perché tutte le ragazze della mia scuola fossero pazze di lui.  Era tutto sbagliato, era tutto irrazionale, ma nonostante ciò mi avvinghiai a lui come una cozza portandogli le braccia al collo e attirandolo ancor più a me.
La situazione si riscaldò ulteriormente quando le sue mani artigliarono le mie natiche sollevandomi da terra. Si mosse lento senza smettere di baciarmi, increspando lievemente l’acqua da cui eravamo circondati, fino a portarmi con le spalle al muro o meglio a bordo vasca. Allora la sua presa si fece più morbida e insinuante, i miei piedi toccarono nuovamente terra mentre le sue mani risalivano per i fianchi andando a sfiorare i lati del mio seno. Non andò oltre, ma a me bastò per perdere completamente la dimensione terrena. Quando ci staccammo più per mancanza d’aria che per altro, avevo il fiato corto e il cuore che batteva a mille.
Abbassai lo sguardo sconvolta, colta da uno strano timore. E adesso? Tutte le mie barriere gli erano crollate davanti e avevo ceduto in una maniera incondizionata. Non sarei più riuscita a incazzarmi e tirargli un ceffone per quello che aveva fatto. Perché l’avevo fatto anch’io. Non ero neanche ubriaca, quindi  non potevo dare la colpa a quello.

 
  • “O mio Dio! Monica Laboni che abbassa lo sguardo davanti al suo nemico giurato. Questo è un sogno che si avvera.” Sorrise posandomi una mano sotto al mento e ri-incatenandomi ai suoi occhi magnetici.
Chissà come dovevo apparirgli patetica… bagnata come un pulcino, con i capelli tutti appiccicati addosso, il volto in fiamme e i pomelli rosso fuoco. Incapace di articolare una qualsiasi sillaba proprio come un pesciolino rosso. Ero sicura che Molinari sarebbe uscito con qualche frase sibillina e umiliante. Io gli avevo mostrato il fianco e lui ne avrebbe sicuramente approfittato.
Invece, mi scrutò con i suoi occhi chiari fino in fondo all’anima e prendendo la mia mano destra vi depositò un bacio delicato sul palmo spiazzandomi.

 
  • “ Arrivederci Principessa.” E girando i tacchi fece per uscire dalla piscina.
  • “Comunque grazie!” mi uscì flebile. Allora ero ancora in grado di parlare?
  • “Per cosa?” chiese interessato avvicinandosi nuovamente a me.
  • “Per non avermi portata a letto stanotte.”
  • “Sai, nonostante quello che credi sono un gentiluomo.” Sorrise portandosi davanti a me “e poi….”
  • “E poi….” Non riuscii a non chiedere spinta da una malsana curiosità.
  • “E poi ragazzina quando andremo veramente a letto insieme farò in modo che tu non possa scordarlo per il resto della vita. E questa è una promessa!” Ed il bacio a fior di labbra che seguì fu dolce, casto e puro a dispetto di quello che aveva appena affermato.
E con uno scatto degno di un atleta saltò fuori dall’acqua senza più voltarsi indietro.

 
NOTE:
Ciao a tutte e ancora una volta grazie mille a tutte per l’affetto e la pazienza che mi dimostrate. Siete sempre di più e vorrei dire grazie ad ognuna di voi. Ci tengo anche in questo capitolo a fare una precisazione. Alcune potrebbero farmi notare che ho completamente saltato la parte in cui Monica parla con la sua amica Valeria. L’ho fatto intenzionalmente perché penso che siate tutte più interessate ai dialoghi Walter/Monica che magari a quelli in cui piagnucola con le sue amiche.  Potete bene o male immaginare cosa si sono dette e magari nel prossimo capitolo farò qualche flash della discussione.
Grazie ancora perché siete sempre più numerose e la cosa mi riempie di un orgoglio immenso.
 

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Capitolo 15
*** Vendette ***


CAP.  15  VENDETTE

POV MONICA

Martedì h. 15.00 circa. Erano passati ormai due giorni “dall’accaduto” e adesso me ne stavo spaparanzata sul mio letto intenta a contemplare il mio interessantissimo soffitto continuando a rimuginare a come la mia vita fosse drasticamente cambiata.
In meno di 24 ore ero diventata la ragazza di Molinari o peggio la ragazza della settimana di Molinari ovvero la puttanella che si sbatteva in quel momento. Perché Walter Molinari non aveva mai avuto a memoria d’uomo, una ragazza fissa quindi accettare che io, la sua “nemica giurata” lo fossi diventata era alquanto improbabile. Forse questo nel loro geniale piano d’azione era stato tralasciato. Così adesso ero quella che “ finalmente ha ceduto perché d’altronde con un figo così anche la perfettina Monica Laboni ha ascoltato gli ormoni” e la cosa mi mandava in bestia. Per di più lo stronzo per eccellenza, alias il mio attuale ragazzo aveva pensato bene di farsi venire la febbre e darsi malato (ma conoscendo il tipo sicuramente era una scusa) lasciandomi così completamente sola ad affrontare l’uragano Gossip che si era abbattuto sulla nostra scuola. Lo odiavo con tutte le mie forze, però lo stronzo baciava da Dio. Cazzo!!
 
  • “Ci stai ancora pensando?” Una voce improvvisa interruppe le mie riflessioni. Voltandomi verso la porta trovai Valeria che mi osservava incuriosita. Da quanto tempo era lì?
  • “Già.” Sospirai. Ormai era inutile negare con lei dopo tutti i piagnistei che le avevo riversato addosso.
  • “E…?” chiese avvicinandosi al letto.
  • “E niente!! Cosa dovrei fare? Sai meglio di me che ho le mani legate.”
  • “Se per mani legate intendi che sei la ragazza di Walter Molinari vorrei averle io.”
  • “Non sei spiritosa.”
  • “Non volevo esserlo.” Ribatté lei “Insomma che te ne frega? Sei la ragazza più invidiata della scuola, te ne rendi conto?”
  • “Ma io non voglio essere invidiata perché sto’ “falsamente” insieme a Molinari cazzo!!” sbottai alzandomi di scatto dal letto.
  • “Ma insomma che problema c’è? Prendila come un gioco e ridici sopra. Cos’è che ti brucia così tanto?” Cavoli certe volte con Valeria proprio non si riusciva a ragionare.
  • “Possibile che non capisci?” urlai “Mi brucia il fatto di essere passata per la zoccola che non sono, quella che gliel’ha data subito.” Sbraitai calcando su queste parole percorrendo a grandi passi camera mia “Mi brucia che in tutta questa storia, lui ne sia uscito vincitore e io umiliata. Mi brucia il semplice fatto che lui esista! E poi…..” esitai sospirando.
  • “E poi?” domandò Valy.
Scrutandola in volto intuii che era riuscita a portarmi proprio dove voleva. Oh, al diavolo! Era pur sempre la mia migliore amica.
 
  • “E poi soprattutto mi brucia che Molinari baci da Dio cazzo!!” sbuffai accigliata rigettandomi sul letto.
  • “Lo sapevo, lo sapevo.” Decretò eccitata battendo le mani “Te l’avevo detto che se…”
  • “Falla finita ti prego.” La interruppi immediatamente. L’ultima cosa di cui avevo bisogno era che Valeria partisse con una delle sue solite paternali su me e Molinari.
  • “D’accordo. “ sbuffò “Ma quindi che intendi fare adesso?” mi chiese tornado seria.
  • “Niente.” Sbuffai “Cosa vuoi che faccia?”
  • “Potresti sempre vendicarti ….” Mi suggerì con fare cospiratorio.
  • “E in che modo?” Chiesi curiosa.
  • “Sei o no la migliore redattrice del nostro giornalino scolastico?”
  • “E allora?” domandai incuriosita non riuscendo a capire dove volesse andare a parare.
  • “Oh tesoro mio, quanto sei ingenua. Per fortuna che ci sono io.” Sospirò “Da quanto tempo il giornalino scolastico sogna di fare uno scoop su Walter Molinari – bello e dannato -? E chi meglio della sua ragazza potrebbe raccontarne la verità? O la sua personale interpretazione di essa?”
  • “Valeria sei un genio.” Esclamai  abbracciandola di slancio. “Vado subito a telefonare a Viviana.”
POV WALTER  

La festa per il mio diciannovesimo compleanno era stata un autentico disastro. A questo pensavo mentre camminavo svogliatamente verso la mia scuola dopo aver parcheggiato la mia adorata moto. E pensare che ci avevo messo il massimo impegno per mandare fuori dai coglioni tutta la mia ingombrante famiglia. Nelle mie pianificazioni mentali avrei dovuto scoparmi Giulia, Claudia  o Sonia, due delle quali mancavano alla mia personale collezione. Invece nulla! Un coglione, ero stato un coglione! E tutto per colpa sua. Ripesandoci quando mi andava storto qualcosa c’era sempre di mezzo quella brutta stronza, quella bella stronza mi corressi, quella bellissima stronza dannazione, mi ri-corressi. O.K. era molto bella ammisi, ma aveva un carattere impossibile, almeno con me.
E adesso questa sottospecie di istrice spinoso era, agli occhi di tutti, la mia ragazza e probabilmente mi aspettava con un pugnale nella cartella pronta a conficcarmelo nella schiena poiché , sempre per colpa sua che mi aveva costretto a  passare la notte sotto il getto dell’acqua gelata mi ero buscato un’influenza con i fiocchi e avevo lasciato lei ad affrontare la fossa dei leoni da sola.
Ale e Yuri mi avevano descritto la settimana come un crescendo di pettegolezzi che degeneravano nelle situazioni più assurde. E Monica Laboni? A detta loro girava per i corridoi come un cobra velenoso che attende la sua preda, tanto che nemmeno mio padre pur rodendosi di curiosità, l’aveva avvicinata.
Se tutto questo in altre circostanze mi avrebbe fatto divertire da matti oggi ero un po’ nervoso perché ora che stavamo insieme, mica potevamo saltarci al collo come avevamo sempre fatto in un crescendo di insulti e male parole. Ma perché mi ero lasciato convincere a fare questa cazzata? E soprattutto perché i suoi baci mi sconvolgevano così tanto?
Entrando nell’edificio scolastico con la mia solita sicurezza, intuii finalmente l’esatta portata della faccenda. Ogni essere respirante aveva gli occhi puntati su di me, chi sorridente, chi malizioso, chi semplicemente curioso. Ero certo che tutti speravano di essere tra i fortunati ad assistere al nostro primo “incontro ufficiale”. E anch’io mi domandavo cosa sarebbe successo, probabilmente una carneficina che avrebbe mandato subito a puttane tutta la nostra messa in scena.
Appena svoltai sul corridoio della mia aula, Ale e Yuri mi corsero praticamente addosso placandomi ai lati nella loro migliore mossa di football americano e trascinandomi di peso nei cessi.
 
  • “Non t’incazzare.”
  • “Non t’incazzare.” Cominciarono come un mantra sotto i miei occhi sbigottiti.
  • “Respira.”
  • “Respira bene cercando di far entrare più aria possibile nei polmoni.”
  • “Si può sapere che cazzo avete? Sembrate due psicopatici.”
  • “Non t’incazzare Walter” esordì nuovamente Ale
  • “Ricordati che adesso è la tua ragazza.” Oh no, pensai intuendo il soggetto della frase.
  • “Lei non è la mia ragazza!” sottolineai minaccioso.
  • “Non mandare tutto a puttane o.k.?”
  • “Non puoi picchiarla. E’ comunque una ragazza.”
  • “Oh insomma cazzo! Mi volete dire che c’è?”
  • “Stamattina è uscito il giornalino.”
  • “E allora?”
  • “Beh ecco … parla di te.”
  • “Sai che novità. Parlano sempre di me.”
  • “Ecco appunto. Quando finisci di leggere conta almeno fino a 100 prima di uscire di qui. O.k.?” disse Yuri tirando fuori dal giubbotto il giornale incriminato.
Non appena i miei occhi si posarono sulla pagina di copertina la bile mi arrivò dritta in gola, ma non fu nulla rispetto all’articolo vero e proprio.

WALTER MOLINARI: UN DURO DAL CUORE TENERO
Siamo abituati a pensare a Walter Molinari come un cavaliere oscuro, bello e impossibile, stronzo per eccellenza. Insomma quello che più ci tratta male più ci fa battere il cuore. La storia che voglio raccontare non è niente del genere. Io desidero  raccontare la verità di come dietro quella maschera da duro ci sia un piccolo cucciolotto tanto bisognoso di coccole.
Lui è tenero, dolce, sensibile, ed io ho ceduto dopo innumerevoli mazzi di rose, cioccolatini, paroline dolci, lettere d’amore di cui nessuno doveva sapere per non rovinare il personaggio. Ma ora che lui è solo mio, che bisogno c’è di tenere segreto il vero principe nascosto in lui?
Walter è un ragazzo dal’altri tempi e timidissimo nel privato. Lui mi ha rispettata e non mi ha mai forzata a fare nulla neppure sabato scorso quando mi sono ritrovata ubriaca fra le sue braccia. Pensate che si vergogna persino di prendermi per mano soprattutto in pubblico. Ha detto che mi aspetterà anche se passeranno mesi lui ci sarà sempre.  Quando mi ha chiesto di diventare la sua ragazza si è messo in ginocchio.
Tutto ciò per farvi capire che le apparenze ingannano.
Monica Laboni ( in Molinari)

Quando terminai la lettura di questa cosa stritolai quel giornaletto con una sola mano immaginando di avere tra le mani il collo della “mia ragazza”.
 
  • “Forse è meglio fino a 300.” Osò dire Ale  preoccupato che potessi commettere un reato.
  • “Quella stronza viscida put…” sbottai colpendo con un pugno contro la porta di uno dei bagni, proprio dove un povero pirla aveva scritto: Monica Laboni sei una figa da paura. Oddio com’ero patetico,  nonostante tutto non riuscivo neppure a darle della puttana.
  • “Quello non puoi proprio dirlo.” Intervenne Ale dando voce ai miei pensieri.
  • “Ma vaffanculo.”
  •  “Walter, cerca di calmarti. Fra due minuti inizia la prima ora e non puoi venire in classe in questo stato. “
  • “Avete ragione. Facciamo così, prima vado a strozzarla poi vengo in classe.” Affermai deciso prendendo la porta.
  • “Ma sei pazzo.” Mi bloccarono mentre stavo uscendo dai bagni.
  • “Non fare cazzate Walter.”
  • “Quella scema mi ha fatto passare per un povero sfigato.”
  • “Come tu l’hai fatta passare per una puttanella da una botta e via.”
  • “Ma il piano prevedeva che poi mi sarei comportato in maniera differente per far capire a tutti che era “la mia ragazza”.” Mimai tra virgolette.
  • “Ma lei questo non poteva saperlo poiché abbiamo deciso tutto noi mentre dormiva incosciente nel tuo letto.”
  • “Ma da che cazzo di parte state voi due?” chiesi allibito.
  • “Dalla tua, ma stimiamo profondamente “la tua ragazza” E scoppiarono a ridere.
  • “Beh devi ammettere che la tipa ha le palle.” Sentenziarono ghignando.
  • “Andate a cagare, tutte e due.”
Sapevo che i miei amici si stavano divertendo un sacco vedendomi in questa situazione; d’altronde come biasimarli? Ma io li avrei presi a ceffoni entrambi. Le mie recriminazioni vennero però interrotte dal suono della campanella che segnalava l’inizio delle lezioni.  
D’accordo bella stronza, - ops volevo dire amore mio -  ci vediamo all’intervallo.  Del resto la vendetta è un piatto che va consumato freddo.

POV MONICA

La mattinata era stata piuttosto noiosa. Tutte materie di interrogazioni che io avevo già brillantemente sostenuto, per cui l’avevo passata ripassando qua e là mentre mi perdevo nei miei pensieri.
O.k. ammettiamolo, ero un po’ preoccupata per l’uscita del giornalino. Quella che doveva essere una trovata geniale dettata dall’istinto adesso che la rabbia era sbollita mi sembrava una madornale cazzata. Non avrei dovuto scrivere tutte quelle stronzate su Walter Molinari. Già lo vedevo con un  ghigno malefico mentre appiccava il rogo sul quale mi stava bruciando viva. Avevo anche provato ad espiare le mie colpe, ma quando pentita come una ladra avevo richiamato Viviana pregandola di sospendere l’uscita del mio articolo, mi aveva risposto che era già andato in stampa e non poteva fare più niente.
La mia tensione era poi salita alle stelle non appena dalla finestra della mia aula vidi arrivare bello come il sole, il diretto interessato. Dunque la febbre era passata, lo stronzo era  tornato e oggi quindi ci sarebbe stata la resa dei conti. Spesavo solo nella maniera più discreta possibile e con poco spargimento di sangue.
Quando la campanella dell’intervallo suonò mi colse completamente di sorpresa e trasalii  spaventata.
 
  • “Nervosetta eh?” sorrise Valy alzandosi dal banco.
  • “No, perché?” chiesi fingendo una sicurezza che non avevo.
  • “Moni, guarda che stai parlando con me. “ mi ammonì con lo sguardo “Hai cambiato colore non appena stamattina  l’hai visto arrivare da quella finestra.”  
  • “Hai ragione Valy, adesso che faccio?” domandai  allarmata. Ormai era inutile mentire, almeno con lei.
  • “Non lo so’”
  • “Secondo te sarà incazzato?”
  • “Da uno a dieci … fammi pensare … probabilmente cento!”
  • “Ottimo” sospirai.
  • “Magari invece l’ha presa con ironia.” Sorrise
  • “Così non mi aiuti sai. Dopotutto l’idea è stata tua!”
  • “Ma non pensavo ci andassi giù così pesante.!”
  • “Ho esagerato vero?” domandai titubante.
  • “Beh vedi un po’ tu … Hai dichiarato che il puttaniere della scuola è in realtà un povero sfigato.”
  • “Volevo solo vendicarmi un po’..”
  • “E  adesso accetta le conseguenze del tuo gesto.”
  • “Oh basta tergiversare!” sentenziai uscendo dall’aula “Lo affronterò a testa alta come ho sempre fatto. “
  • “Sicura?”
  • “Certo! Gli farò un bel discorso ne quale spiegherò con calma, possibilmente in privato,  le ragioni che mi hanno portata a compiere un gesto simile.”
  • “E pensi che a Walter gliene fregherà qualcosa?” Domandò scettica.
  • “Beh se proprio necessario gli chiederò scusa.” Sospirai sconsolata.
  • “E pensi che le accetterà?! “
  • “Non lo so’!” sbottai “ Dopotutto sei tu quella che c’è andata a letto insieme per davvero. Dovresti conoscerlo meglio di me.” Affermai non senza una punta di gelosia.
  • “Bene, allora posso darti un consiglio?”
  • “Spara.”
  • “Evita i posti isolati perché stavolta potrebbe seriamente metterti le mani addosso. E non intendo per fare sesso.”
Nel frattempo immerse in questo discorso di elevato spessore culturale ci eravamo portate sul corridoio centrale dirette alle macchinette. Se fossi stata più avvezza a gestire certe situazioni, se avessi avuto più dimestichezza a trovarmi al centro dell’attenzione avrei subito percepito che qualcosa non andava. Forse il troppo silenzio per essere la ricreazione o la troppa gente  accalcata sul nostro corridoio come se fosse l’unico spazio vitale della scuola potevano essere considerati campanelli d’allarme, ma io al momento non ci avevo badato. 
Quello che invece mi mise completamente al tappeto furono due lame verdi smeraldo che mi trafissero da parte a parte bloccandomi sul posto. Il timido cucciolone bisognoso di coccole mi stava incatenando al pavimento del corridoio con occhi di fuoco. E mentre lui avanzava verso di me con passo sicuro, io non riuscivo più neanche a respirare. Tutto si fece caldo, molto caldo! Perfino l’aria intorno a noi si era surriscaldata. Nessuno mi aveva mai guardata in quel modo. Solo nei romanzi ti  guardano così.
Mi stava squadrando dalla testa ai piedi indugiando su ogni piega del mio corpo. Con la forza del pensiero stava incendiando i miei vestiti. Faceva saltare uno dopo l’altro tutti i bottoncini della mia camicetta scoprendomi l’intimo e senza ritegno alcuno mi sbottonava i jeans. Ma era pazzo? Lì, in mezzo al corridoio della scuola. Monica cazzo. E’ solo frutto della tua immaginazione.
Ma con la testa mi aveva spogliata, ne ero certa! Come poteva uno sguardo farmi sentire così nuda? Era vicino, troppo vicino ed io ero completamente in sua balìa. Non riuscivo a muovermi, non riuscivo a parlare … che ne era stato del mio fantastico discorso?
Quando il timido principe mi appoggiò le mani sui fianchi mi sgretolai decretando la mia resa totale ed incondizionata perché sentire le sue mani sul mio corpo nonostante il sottile strato di stoffa che mi ricopriva, mi incendiò a dismisura il basso ventre. Ma non feci in tempo a soffermarmi troppo su queste sensazioni, perché le sue labbra si posarono sulle mie esigenti e folli, lussuriose ed implacabili. Mi costrinse quasi con forza  a schiudere le labbra infilandomi la lingua in bocca cominciando una danza senza fine. Per fortuna che aveva vergogna solo a prendermi per mano in pubblico.
Non ero io che lo stavo baciando in quel modo davanti a tutta quella gente senza preoccuparmi dei professori; era il mio alter ego cattivo che preso da quel vortice di emozioni si stava lasciando trasportare all’indietro passo dopo passo, finché le mie gambe toccarono quella che probabilmente era la cattedra della bidella che pregai con tutte le forze fosse andata a farsi un giro il più lontano possibile da lì.
Era un’altra Monica quella che si era lasciata adagiare seduta su quel maledetto tavolo e che adesso spinta dal suo torace si sdraiava su di esso. Era probabilmente la mia sosia sessualmente repressa quella che gli permise di sbottonarmi – stavolta per davvero – l’ultimo bottoncino della camicetta scoprendomi l’ombelico e lasciando passare le sue dita sotto la stoffa. Da parte mia arpionai il legno della cattedra per impedirmi di affondare le mani tra i suoi capelli che ripensandoci non avevo mai toccato. Sarebbe stato troppo umiliante anche se peggio di così solo Dio sapeva cosa poteva succedere.
Pochi minuti dopo si staccò da me lasciandomi senza fiato. Come se nulla fosse successo lo stronzo si rialzò rivolgendosi più agli spettatori che alla sottoscritta e  con un sorriso falso come Giuda esclamò:
 
  • “  Ciao Amore. Stamattina non ero ancora riuscito a salutarti come si deve! A dopo.”
E se ne andò come se quello spettacolino osceno fosse una cosa normale. Quando Valeria si avvicinò ero ancora sdraiata a pancia in su sulla cattedra della bidella mentre regolarizzavo il respiro e cercavo di capire come ricostruire pezzo dopo pezzo la mia dignità perduta.
 
  • “Complimenti. Ottimo discorso.” Proferì quando rialzandomi incrociai i suoi occhi ridenti.

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Capitolo 16
*** Tregua ***


~~CAP.  16 TREGUA
POV MONICA
Ribollivo ancora come una pentola a pressione stracolma di rabbia inespressa quando finalmente quella maledetta campanella decretò la fine delle lezioni. Mi alzai di scatto, quasi mi fossi ustionata il sedere sulla sedia precipitandomi nel corridoio, cosa alquanto strana considerando la mia indole pacata associata all’abitudine ormai radicata di aspettare quei due/tre minuti atti a far uscire la mandria di buoi da cui ero circondata. Ma oggi no! Oggi volevo solo andarmene a casa e mettere la parola fine alla giornata di merda che stavo vivendo. 
Neanche a dirlo non appena arrivai all’ultima rampa di scale che dava sull’ingresso scorsi nell’atrio un paio di occhi che ormai mi erano diventati famigliari, fissarmi interessati e divertiti. Quel babbuino deficiente senza cervello cosa credeva di fare? Un’altra scenetta patetica da regalare ai nostri compagni di scuola? Imbufalita come un toro che aveva visto rosso marciai a passo di carica verso di lui. Oh, ma se stavolta pensava di trattarmi ancora come un burattino si sbagliava di grosso.
Non appena gli arrivai a tiro di schiaffo fu ancora una volta più veloce cogliendomi in contropiede, o forse era semplicemente preparato ad una mia reazione violenta. Con lo scatto di un felino artigliò la mano che avevo a mezz’aria mettendola intorno alla sua vita e nel contempo facendomi passare il suo braccio sulla spalla. Poi fingendo di baciarmi la guancia sussurrò al mio orecchio:
- “ Se non vuoi mandare tutto a puttane ragazzina seguimi senza fare tante storie. Ti porto in un posto dove se vuoi potrai anche picchiarmi.”
Mi fece l’occhiolino trascinandomi con sé per il cortile verso la sua fiammante motocicletta. Ero frastornata e sconvolta ma registrai perfettamente la sua vicinanza ed il suo profumo così gradevole per le mie narici.
- “Se vuoi puoi infilarmi la tua dolce manina nella tasca posteriore dei jeans.” Sorrise malizioso osservandomi di sottocchio.
- “Ma vaffanculo pervertito.” Risposi non potendo fare a meno però di sorridere di rimando. Chissà che faccia avrebbero fatto tutti se gli avessi messo davvero la mano sul sedere mi ritrovai a pensare.
- “Perché sei arrossita?” chiese.
- “Cosa ? No … non è vero.” Cazzo ma perché Molinari notava sempre tutto?
- “Dì la verità, hai fatto un pensierino osceno su di me? “
- “Sei davvero un cretino!” sibilai agitandomi per staccarmi dal suo abbraccio.
- “Buona gattina … ancora una decina di passi e siamo arrivati.”  Disse mentre rafforzava la presa.
Quando pochi istanti dopo arrivammo in prossimità della sua moto, mi lasciò finalmente andare.
- “Sali!” ordinò.
- “Non prendo ordini da te.” Risposi piccata. Ecco alle porte l’ennesima umiliazione, dover lasciare la scuola non solo insieme a Walter Molinari, ma addirittura a cavalcioni dietro alla sua moto.
- “Preferisci che mi butti ai tuoi piedi pregando vossignoria di essere scortata da questo umile cavalier servente.”
- “L’hai letto vero?” chiesi sentendomi improvvisamente in imbarazzo.
- “Già. E ti dirò … L’ho trovato piuttosto interessante dopo che mi è passata la voglia di strozzarti con le mie mani.” Rispose mentre con calma armeggiava per levare la catena da quell’affare metallico.
- “E’ per questo che hai inscenato quello stupido spettacolino osé davanti a mezzo mondo.”
- “Può darsi.” Sorrise, alzando il sellino e porgendomi uno dei due caschi.
- “Tieni.”
- “Wow vedo che sei preparato a qualsiasi evenienza … “ sibilai ritrovando il coraggio perduto.
- “Direi di si. Non sai mai chi potrebbe aver bisogno di un passaggio ..” sorrise allusivo.
- “Io quel coso non lo metto!” affermai decisa incrociando le braccia sotto al seno.  
- “Non ti facevo così sprezzante del codice della strada” asserì sorpreso.
- “Non è per quello. E’che questo non voglio metterlo.” Dissi indicando con lo sguardo l’oggetto in questione. 
- “E di grazia posso saperne il motivo?”
- “Perché non voglio indossare un casco che avranno già messo un sacco di ragazze con cui poi sei finito a letto.” Accidenti ma perché l’avevo detto ad alta voce.
- “Non dirmi che sei gelosa? “sogghignò beffardo. 
- “Di te??? Ma non dire stronzate.”
- “Allora mettiti questo cazzo di coso.” Affermò porgendomelo nuovamente.
- “No”
- “Laboni non farmi incazzare un’altra volta …”
- “Ti ho detto di no!” 
- “Lo sai, sei proprio una rompipalle!” sentenziò sbuffando. “Tieni” aggiunse poi sfilandosi dalla testa il suo casco nero cromato e porgendomelo lasciandomi completamente basita. Molinari mi stava veramente dando il suo casco? Lo stesso che trattava come un antico cimelio di famiglia?
- “Allora?” aggiunse visto che io ancora non mi muovevo  “Credevo che volessi allontanarti in fretta da tutti questi occhi puntati su di noi.”
- “Sei … sicuro?” chiesi titubante.
- “Ho alternative?”
- “Direi di no.” Sorrisi infilandomi in testa il suo casco.  Aveva il suo profumo che mi inebriò immediatamente il cervello.
- “Allora ti muovi? ” urlò riportandomi sulla terra facendomi  intendere di accomodarmi dietro a lui che nel frattempo era salito a cavalcioni sulla moto. Oh mamma e adesso?  Montai in sella ostentando una sicurezza che non avevo e chiedendomi vagamente dove avrei potuto agganciarmi per non ritrovarmi con il muso per terra dopo dieci secondi dalla partenza.
- “Abbracciami” esclamò Molinari probabilmente mosso a compassione per quello che mi si leggeva in volto.
- “Cosa? ??? Non se parla proprio!” risposi stizzita agganciando le mani dietro al sedere nell’ultima parte del sellino.
- “Come vuoi principessa. “ sentenziò mentre faceva rombare il motore in maniera strana, troppo rumorosa diciamo. Non mi rimase neppure il tempo di formulare un pensiero di senso compiuto che mi sentii brancolare nel vuoto perché il cretino era partito a tutta velocità impennando con la ruota anteriore. Pertanto trovandomi completamente sbilanciata non mi rimase alternativa che afferrare velocemente i fianchi di Walter Molinari e stringermi a lui.
POV WALTER
Ottimo, andava di bene in meglio pensai sarcastico mentre percorrevo a gran velocità le strade della nostra città senza avere una meta precisa. Non solo la persona più scassa coglioni del pianeta era diventata “la mia ragazza” -  io che a memoria d’uomo non avevo mai avuto e voluto una storia seria – ma la suddetta era anche la prima donna che aveva dormito nel mio letto, ed ora pure l’unica ragazza a cui avevo deliberatamente ceduto il mio preziosissimo casco. Stavo proprio diventando un coglione. Sicuramente i miei amici nascosti da qualche parte ad osservarci, mi avrebbero preso per il culo a mille.
Lei era acida come un limone andato a male e indisponente da far paura. Nonostante questo mi eccitava cazzo!  Mi eccitava da morire, riusciva a farmi fare cose che non avrei mai pensato di fare, ad avere comportamenti che non erano da me. Bastava avvicinarla per farmi ribollire il sangue nelle vene, sfiorarla accidentalmente per perdere completamente l’uso della ragione. Lei riusciva a stuzzicarmi mente e corpo come nessun altra. Questo dovevo ammetterlo; almeno a me stesso.
L’essermi fermato durante l’intervallo dopo quel bacio in corridoio era stata una tortura fisica. Ero andato da lei con l’intenzione di fargliela pagare per ciò che aveva scritto, mi aveva descritto come uno sfigato che si vergognava a fare tutto … Allora perché non metterla in imbarazzo con un bacio mozzafiato pubblico per evidenziare – come se ce ne fosse bisogno vista la mia fama – le puttanate che aveva scritto? Il giochetto però mi si era rivoltato contro, perché se il bacio era premeditato, il fatto di sbatterla sulla cattedra del bidello proprio no. Dio, me la sarei scopata davanti a tutti. Monica Laboni inconsapevolmente riusciva a trasformarmi in un animale. 
Anche adesso che ce l’avevo spalmata praticamente sulla schiena mentre mi stava forzatamente abbracciando stavo perdendo totalmente il controllo delle mie facoltà mentali sentendomi una specie di pervertito. Ma cazzo le sue mani intrecciate all’altezza del mio ombelico mi stavano portando alla follia. Se solo quella dannata mano fosse scesa un po’più in basso … Indossavo jeans e boxer, eppure sentivo perfettamente il calore che quell’arto sprigionava su di me, la immaginavo, la desideravo, la agognavo, …  No basta, dovevo darmi una calmata. Non potevo essere così depravato.
Giunti in prossimità di un parco immenso parcheggiai e le ordinai di scendere quasi come se fossi stato scottato. Lei scorbutica e furibonda scese con calma dal mio gioiellino, con una grazia senza pari si levò il mio casco dalla testa facendo fluttuare nell’aria i suoi lunghi capelli e poi fissandomi negli occhi me lo scaraventò praticamente addosso. Infine girandomi le spalle come se fossi uno scarafaggio camminò risoluta senza neppure aspettarmi verso una panchina vuota.
- “Hai un bel culo sai?”
- “Fottiti”
- “Con te?”
- “Vaffanculo Molinari” rispose alzando il dito medio senza nemmeno voltarsi.
- “Come sei volgare Principessa.” Ghignai sedendomi accanto a lei.
- “Sai come si dice … chi va con lo zoppo impara a zoppicare.” Insinuò spostandosi il più lontano possibile da me.
- “Non mordo mica sai? … o meglio solo su ordinazione.” Sorrisi.
- “Con te è meglio mantenere una distanza di sicurezza. Non si sa’ mai …” Ma nonostante queste parole e la postura rigida non riuscì a nascondere il sorriso che le aleggiava sul volto. Oddio miracolo … la stronza si stava sciogliendo.
- “Ti riferisci al bacio? “
- “Molinari non cominciare o.k.?”
- “Come se non ti fosse piaciuto …”
- “Senti brutta testa di …”
- “Ma piantala di fare l’ipocrita. Lo vedo sai che non ti sono indifferente, li vedo i tuoi occhi languidi mentre mi baci, o i fremiti che sento quando ti sfioro la pelle. Vuoi forse negarlo?” la sfidai con rabbia. Eh no cazzo. Anch’io ti faccio effetto, devo farti effetto, è giusto che tu vada fuori di testa come faccio io quando mi sei troppo vicina. 
- “Insomma che vuoi da me? Perché mi hai praticamente rapita e potata qui?” Non aveva negato, aveva deliberatamente cambiato argomento, ma per fortuna non aveva negato. Il mio cuore sussultò di gioia e  sollievo.
- “Mi pare logico … per scoparti.” Affermai senza neanche pensarci mordendomi subito la lingua.  Accidenti a me, ormai mi veniva automatico provocarla in  continuazione.
Infatti la reazione non si fece attendere per più di due secondi. Scattò come una molla dalla panchina mettendo subito un’enorme distanza tra di noi, e voltandosi verso di me con occhi spiritati cominciò a sbraitare frasi senza un minimo senso logico. Com’era facile metterla in difficoltà pensai esaltato.
- “Calma .. calma … stavo scherzando.” Le dissi prima che andasse del tutto fuori di testa attirando troppe persone.
La raggiunsi con le mani alzate in segno di resa ma ottenni solo un ulteriore allontanamento.
- “Sei proprio una pazza lo sai?” sospirai scocciato  “Piantala di guardarmi come se fossi un maniaco che vuole attentare alla tua virtù. Era solo una battuta, ed il fatto che ci abbia creduto mi fa dubitare che tu sia davvero così intelligente come dicono.”
- “Insomma che cazzo vuoi da me Walter?”
Mi aveva chiamato per nome. Era la prima volta che pronunciava il mio nome di battesimo. Io ero lo stronzo, il pervertito, la testa di cazzo, … al massimo potevo aspirare ad un “Molinari” pronunciato con stizza, ma sicuramente non Walter, e mi odiai per l’effetto che mi fece sentirlo uscire dalle sue labbra. Baciarla nuovamente di sorpresa sbattendola contro un albero non mi sembrava una mossa saggia. Ma è quello che vuoi, insinuò una vocina dentro di me.
- “Dobbiamo parlare.” Esordii seriamente dopo aver dato una calmata ai miei bollenti spiriti. Adesso basta Molinari, smettila di fare il coglione. Oddio cominciavo pure a pensare come lei.

POV MONICA
Perché lui era così calmo mentre io sembravo sul punto di esplodere? E poi perché mi sembrava di aver ribaltato i ruoli? Lui quello razionale e lucido, consapevole che dovevamo confrontarci e dialogare per riuscire a trovare almeno una linea comune da seguire per non sputtanarci completamente ed io al contrario parevo proprio una ragazzina di dodici anni che si trovava davanti il lupo cattivo e continuava a pestare i piedi.
Lupo cattivo che avevo già malmenato, insultato, graffiato, … e chi più ne ha più ne metta per cui non ne avevo poi così tanta paura.  Lupo cattivo che avevo anche baciato, abbracciato, desiderato, ed era questo che mi terrorizzava. Ero ancora troppo scombussolata per il nostro bacio mozzafiato e la folle corsa in moto spalmata sulla sua schiena non aiutava certo la mia già scarsa lucidità mentale. E lui invece era tranquillissimo, anzi ci scherzava pure su. D’altronde per un puttaniere come lui doveva essere una cosa all’ordine del giorno pensai stizzita. Ma poi cosa cazzo me ne fregava di come si comportava solitamente Molinari? Basta stronzate, dovevo calmarmi.
Così cercando di racimolare quei due o tre neuroni ancora funzionanti, tornai a sedermi sulla panca preparandomi a sostenere un colloquio di lavoro e con una postura proprio da bacchettona, gambe accavallate e braccia incrociate, esordii sbuffando:
- “Hai una bruttissima influenza su di me. Da quando ti frequento sono diventata di una volgarità assurda.”
- “E da quando noi ci frequentiamo?” chiese mimando le virgolette e parandosi davanti a me.
- “Oh insomma … hai capito che voglio dire.”
- “Onestamente no, solitamente quando frequento una ragazza vuol dire che me la porto a letto, per cui non mi pare che ti stia frequentando … per lo meno non ancora.” Ghignò malizioso accomodandosi nuovamente accanto a me.
- “Piantala di fare l’idiota Molinari e dimmi quello volevi.”
- “Era meglio Walter.”
- “Cosa?” chiesi interdetta.
- “Dicevo che era meglio prima quando mi hai chiamato per nome.” Affermò impassibile mentre il mio cuore scalpitava. Cavoli, era vero. Prima l’avevo chiamato per nome, anche se ero troppo incazzata per rendermene conto.
- “Mi è scappato, ti assicuro che non ricapiterà.”
- “Invece è meglio se ti ci abitui in fretta, perché dovrà  ricapitare un sacco di volte.”
- “Non credo proprio.” Risposi d’impulso, ma una volta raggiunta la consapevolezza di ciò che intendeva dire, sospirai rassegnata perdendo ogni capacità dialettica.
- “Bene, vedo che finalmente ci sei arrivata.” Continuò poi leggendo l’espressione del mio volto. “Direi che arrivati a questo punto sia meglio accordarci su di una strategia di comportamento, non credi?” 
- “Hai ragione.” Sbuffai
- “Scusa puoi ripetere?” Troppo tardi mi resi conto delle parole che mi erano uscite.
- “Ah Ah Molto spiritoso.”
- “E’ la prima volta che mi dai ragione, potrò pur sottolinearlo.” Sorrise sfrontato tirando fuori dal giubbotto un pacchetto di sigarette e prendendone una tra le dita.
- “Non accenderla.” Intimai
- “E perché mai?”
- “Non sopporto le persone che fumano.” Osservai
- “Beh io non sopporto te, quindi siamo pari.” Rispose portandosela tra le labbra in un gesto tremendamente sensuale. 
- “Davvero simpatico.” Mormorai
- “Quindi che succede adesso?” chiese tranquillo accendendo la sua sigaretta come se non avessi mosso alcuna rimostranza in merito all’argomento. Bene Monica, hai una NON ragazzo che ti considera alla stregua di una carta da parati.
- “Intendi riguardo al nostro falso fidanzamento?”
- “Già”
- “Penso sia il caso di fare una tregua.” Sospirai rassegnata.
- “Eh brava la mia gattina” sorrise soddisfatto “Finalmente ci sei arrivata genio!”
- “Molto spiritoso … Tanto per cominciare smettila di affibbiarmi tutti questi nomignoli deficienti. Io non sono la tua gattina, principessa, micetta, ecc ..”
- “Quindi come devo chiamarti sentiamo? Amore mio?”
- “No, nella maniera più assoluta.”
- “Ma i fidanzatini si danno sempre dei nomignoli idioti.” Protestò con voce da cucciolo che nonostante tutto mi fece sorridere. 
- “Potresti chiamarmi semplicemente Monica.”
- “Ah è così che ti chiami?” scherzò
- “Quanto sei scemo.” Affermai divertita. Ma quando avevamo iniziato a scherzare? 
- “D’accordo allora Monica.” Sentirlo pronunciare il mio nome di battesimo in  maniera così dannatamente sensuale, mi scatenò un brivido lungo tutta la spina dorsale, e per un attimo mi ritrovai a pensare che lo stesso nome pronunciato da altri non avrebbe più avuto ugual significato.
- “Ehi bellezza, ci sei?” domandò ad un tratto riscuotendomi dai miei pensieri.
- “Cosa?”
- “Ti sei incantata?” 
- “Si, scusa. E’ che non sono abituata.” Una risposta davvero patetica, molto brava Monica. “O.k. Walter “ sottolineai cercando di ridarmi un tono “Questione nomi: superata. Passiamo alla fase successiva.” 
- “Come sei professionale.” Sbuffò “Poi io non voglio essere chiamato per nome.”
- “E come dovrei rivolgermi a te?”
- “Mi pare ovvio, voglio uno di quei nomignoli idioti.” Rispose mentre gettava a terra la sigaretta “Che ne dici di cucciolo, begli occhi, amore del mio cuore, …” parafrasò con voce teatrale.
- “Ma piantala buffone” gli diedi un colpetto sul braccio “E poi chi ti ha detto che hai degli occhi belli?”
- “Me lo dicono sempre tutte.” Rispose in modo piuttosto ovvio. Ed hanno ragione mi ritrovai a pensare.
- “Sai bene ce non ti chiamerò mai con questi nomignoli ridicoli.”
- “Ricordati bene queste parole?”
- “Che vuoi dire?”
- “Solo quello che ho detto, e cioè di imprimerti bene nella tua bella testolina quello che hai appena affermato.”
- “Perché?”
- “Perché quando ti innamorerai di me userai nomignoli scemi e mi vomiterai addosso paroline sdolcinate.”
- “Tipo vaffanculo”
- “Già” rispose scoppiando a ridere facendomi sentire miracolosamente serena. Era molto bello stare con lui quando non faceva lo stronzo arrogante viziato scopaiolo.
- “Io non mi innamorerò mai di te.” Tentai di riprendermi ma forse il primo gradino verso di lui l’avevo già oltrepassato.
- “Ne sei proprio sicura?” Ancora quella voce melliflua e sensuale che mi mandava in orbita. Era una domanda la sua ma suonava come una sfida.
- “Sicurissima.”
- “Mai dire mai.”
- “Come al solito sei molto sicuro di te.”
- “Capita a quasi tutte le ragazze con cui vado a letto.” Spiegò con il tono scontato di poco prima “ Prima o dopo mi confessano il loro amore e poi scappano frignando.”
- “Viva la franchezza …”
- “Perché dovrei raccontarti delle palle. Le cose stanno così e basta.”
- “Beh io non sono come le altre.” Dichiarai decisa.
- “Su questo siamo d’accordo.” Affermò improvvisamente serio penetrandomi con lo sguardo e facendomi avvampare le gote. Cos’era questo un complimento?
POV WALTER
No, Monica Laboni non era decisamente come le altre. Era insopportabile e a mio avviso non era in grado di divertirsi e lasciarsi andare, ma non era lontanamente paragonabile a nessuna ragazza che mi era passata davanti. Era piena di difetti ma stare in sua compagnia era stimolante. In sua presenza nulla era scontato perché lei era inaspettata, fresca e spontanea anche se cambiava repentinamente umore passando dal giorno alla notte in un battito di ciglia. Era come un libro impegnativo ma interessante e non palloso. Un libro che volevo leggere pagina dopo pagina.
- “Chiariamo subito un punto,non voglio passare per la cornuta di turno.” Affermò decisa ridestandomi dai miei pensieri.
- “Non sono portato per la monogamia, ma visto il tuo bel corpicino potrei provarci.” Sorrisi scrutandola dalla testa ai piedi.
- “E punto numero due, è scontato che noi due non avremo rapporti sessuali di alcun tipo.”
- “Cosa? E come credi che farò a sopravvivere? Sono un ragazzo giovane con gli ormoni in subbuglio, ho delle esigenze IO.”
- “Hai mai sentito parlare di Federica?”
- “Me la consumerò a forza di farmi seghe.”
- “Molinari” sbottò.
- “Laboni” replicai.
- “D’accordo, ogni tanto te ne andrai a fare una gita fuori porta con i tuoi amichetti del cuore, almeno a 100 km da qui, e potrai fare i tuoi porci comodi.”
- “Stai scherzando vero?”
- “La ragazza in questione non dovrà essere di Milano o provincia e non potrai lasciare numeri o contatti per farti rintracciare. Meglio se ti inventi un nome falso. Così tu manterrai l’anonimato ed io quello che resta della mia reputazione.”
- “Oppure potresti occuparti sporadicamente di me così che io non debba andare a cercarlo altrove.”
- “Toglimi una curiosità: ma ci credi davvero alle stronzate che dici?”
- “Ma dimmi un po’ non era meglio chiamarti Crudelia invece di Monica?”
- “Io non voglio far sapere a tutti che il mio ragazzo mi tradisce.”
- “E io voglio scopare quando mi va.”
- “Sei proprio una testa di cazzo Molinari.”
- “Bentornati ai vecchi tempi brutta stronza.”
Non avevo pensato a questo cazzo. Cioè ero consapevole che miss Perfezione non avrebbe mai accettato una storia di sesso con me, ma non avevo pensato che non avrei neppure potuto scopare con altre. Non avevo messo in conto che avere una ragazza anche se finta, avrebbe significato non tradirla in pubblico.
Non mi ero neppure ricordato del nostro gioco tra ragazzi e lo stare sessualmente fermo (per quanto poi? Non sapevo neanche di preciso quanto sarebbe durata questa farsa) avrebbe potuto pregiudicare la mia scalata al successo. E’ vero che la principessa in questione era la mia ragazza e quindi nessuno eccetto me l’avrebbe potuta avere, però molti in questo tempo avrebbero potuto accumulare punti per poi provarci appena terminato il nostro fidanzamento.
Inoltre lei era maledettamente bella ed io quanto avrei resistito prima di saltarle addosso come un animale? Soprattutto se in astinenza forzata? Anche adesso che me la trovavo a fianco incazzata come una biscia in un parco isolato era una lotta continua tra la testa ed i miei istinti di uomo. Cazzo! Ero veramente nella merda.
- “Senti” incominciò respirando a fondo “ che io non ti sopporti e tu non sopporti me è palese, ma per far funzionare questa …. “Cosa” è chiaro che dobbiamo organizzarci. Propongo di incontrarci domani pomeriggio in territorio neutrale e cercare almeno di conoscerci.”
- “Facciamo casa mia?”
- “Casa tua non è territorio neutrale.”
- “E’ vero, ma è molto spaziosa e nel caso mi venisse voglia di strozzarti avresti molto spazio dove poter scappare.”
- “Facciamo in biblioteca …”
- “Che schifo. Assolutamente no.”
- “Penso che un posto dove ci sia altra gente è meglio di uno dove staremo soli. E poi dovremo pur cominciare a farci vedere insieme no?”
- “E come prima uscita pubblica potremo anche finire a litigare mettendoci le mani addosso. L’unione più corta della storia. Altro che coppia consolidata da far partecipare al concorso delle scuole.”
- “Già” sospirò frustrata “Allora che facciamo genio?”
- “Che dici di andare a casa mia portandoci i nostri amici come arbitri?”
- “Che vuoi dire?”
- “Beh la tua amichetta del cuore è già a conoscenza del nostro segreto così come Ale e Yuri, quindi verranno anche loro ad aiutarci in questa insolita conoscenza e a sedare gli animi quando e se ci surriscalderemo.”
- “D’accordo. Buona idea.”
- “Grazie.” Sorrisi sinceramente. Finalmente un passo in avanti in quella districata faccenda.
- “Bene, direi che a questo punto posso pure andarmene.” Esordì alzandosi.
- “E no … aspetta” la bloccai veloce per la vita trascinandomela seduta sulle ginocchia “Prima devi darmi un bacio per sancire la tregua.”
- “Cos..”
Ma non la lascia neppure iniziare a protestare prima che le mie labbra coprirono esigenti le sue senza chiedere il permesso per entrare. Basta porca troia mi ero trattenuto fin troppo ed io non ero un santo. Volevo un bacio e l’avrei avuto punto. Probabilmente la stronza ops..Monica non la pensava così però, perché nell’arco di dieci secondi mi arrivò un ceffone ben assestato in piena faccia.
- “L’hai detto tu che qui avrei potuto anche picchiarti” asserì sgattaiolandomi lontana “Non provarci mai più” sentenziò poi scappando lontano da me.
- “Ti ci dovrai abituare bellezza.” Le urlai in modo che potesse sentirmi.
Ottimo Molinari bel lavoro. La nostra tregua già faceva acqua da tutte le parti.


NOTE DELL’AUTORE
Ci sono riuscita finalmente. Ringrazio tutte voi che avete avuto la pazienza di aspettarmi e spero che il mio capitolo non vi abbia deluso. Ci sono un sacco di cose che vorrei dirvi ma se mi dilungo poi magari pubblico fra altri giorni e sono sicura che preferite leggere di Monica e Walter che delle mie banalità. Quindi per chi vuole e a tempo ci sentiamo in privato. Bacio Manu

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Capitolo 17
*** Andare d'accordo? No grazie! ***


CAP. 17 ANDARE D’ACCORDO? NO GRAZIE!

POV WALTER

- “Bianco”
- “Nero”
- “Dolce”
- “Salato”
- “Inter”
- “Juve”
- “Destra”
- “Sinistra”
- “Lo state facendo apposta?” ci interruppe la sua amica Valeria
- “Facendo cosa?” chiedemmo all’unisono.
- “Rispondendo uno l’esatto contrario dell’altra.” Intervenne Yuri decisamente sconsolato.
- “No” affermammo ancora in coro.
- “Beh questa cosa deve finire.” Affermò Ale spazientito.
- “Quale cosa?”
- “Insomma cercate di concentrarvi un po’. Dovete riuscire a trovare almeno uno schifoso punto su cui siete d’accordo.”  Sentenziò Patrizia.
- “Siamo perfettamente d’accordo sul fatto che non andiamo d’accordo.”
- “Basta scherzare.”
Eravamo tutti seduti nell’immenso salotto di casa mia, io e lei, la cosi detta coppia d’oro, Alessandro e Valeria, che ancora non avevo capito se erano amici di letto oppure no, e poi naturalmente Yuri che si era portato la ragazza, a cui aveva prontamente raccontato ogni cosa.
- “Lo scopo di questo incontro è quello di conoscervi meglio per riuscire a pianificare almeno una base sulla quale instaurare questo vostro strampalato rapporto.”affermò proprio quest’ultima.
- “Piantala di parlare come un libro stampato Patty” sbuffai “Le somigli e mi dai ai nervi.”
- “Ehi” starnazzò offesa Monica.
- “Vado a prendere da bere.” Affermai alzandomi e osservandola con sufficienza, sapendo perfettamente di mandarla su tutte le furie e dirigendomi  verso la cucina.
- “Veniamo con te.” Gracchiarono in coro le mie due comari Ale e Yuri. Cazzo, qui parte la predica.
IN CUCINA
-  “Che diavolo ti prende?” domandò Alessandro esasperato.
- “A cosa ti riferisci?” chiesi scolandomi una bottiglietta di birra gelata, appena levata dal frigo.
- “Lo sai benissimo, smettila di fare il coglione. Di questo passo a Capodanno saremo ancora qua a giocare al gioco dei sinonimi e contrari.”
- “Ma che pallosi che siete diventati …” sbuffai seccato.
- “Ma si può sapere che problemi hai con lei?”
- “Mi da’ sui nervi va bene?”esclamai.
- “Ma te la scoperesti volentieri?” insinuò cattivo Alessandro.
- “Perché tu no?” risposi a tono.
- “Non cominciate ancora per carità.” S’intromise Yuri. “Torniamo di là dai …”
- “No. Solo Walter tornerà in salotto con Monica!” s’intromise una voce femminile che ci fece voltare verso la porta.
- “Te lo puoi scordare Patty.”
- “Invece ha ragione. Per conoscervi dovresti stare da soli. Quest’ idea di metterci in mezzo è ridicola oltre che infantile.” Intervenne subito in suo aiuto Yuri 
- “Se rimaniamo soli, potremmo scannarci l’un l’altra.”
- “Beh, correrete il rischio almeno per dieci minuti.” Sentenziò anche Valeria “Voglio una pausa da voi due, altrimenti sarò io a mettervi le mani addosso.”
- “Su vai … “ ordinò perentoria Patty
- “Potremmo lasciarla di là da sola.” Proposi consapevole di quale sarebbe stata la reazione generale.
- “WALTER !!!” infatti urlarono in coro.
- “Eh che palle … vado vado … “
Quando tornai in salotto mi soffermai sulla porta a contemplarla e la mia mente tornò al bacio del giorno prima, anche se la rapidità con cui mi aveva tirato una cinquina l’aveva fatto passare più per uno sfioramento di labbra. Avevo ceduto ancora una volta e non riuscivo a capacitarmene. Mi ero ripromesso che d’ora in poi avrei resistito e non l’avrei più nemmeno sfiorata. Non era possibile che io non ci stavo più dentro dal desiderio di toccarla e lei sembrava sempre imperturbabile. Ma chi cazzo era questa qui? Eppure lo percepivo che piaceva anche a lei, il suo corpo non riusciva più a mentirmi.
- “Che stai facendo?” chiese irritata scorgendomi sulla porta.
- “Ti osservo.” Decretai come un fatto ovvio beandomi del rossore che le apparve sulle gote quando aggiunsi: “ Sei molto bella!”
- “Soffri di sdoppiamento di personalità?” chiese interdetta “ No perché non sembri la stessa persona che se n’è andata sbuffando …”
- “Può darsi, mai sentito parlare di Dottor Jaky e Mister Hyde?” sorrisi avvicinandomi. “ Che fai?” chiesi notandola sfogliare alcune carte.
- “Studiavo le ultime novità della gara che ci ha fatto avere tuo padre.” Rispose scorbutica.
- “Sei proprio una secchiona.”
- “Affronteremo prove di cultura generale riferite alle nostre materie scolastiche, e prove sportive. Dovremo impegnarci parecchio.” Constatò come se non avessi fiatato. 
- “Beh … tu non dovresti avere problemi. Dicono tutti che sei un piccolo genio.”
- “Sono una frana negli sport” sbuffò contrariata.
- “Davvero?”chiesi sinceramente stupito.
- “Già” rispose come se avesse rivelato uno dei segreti di Fatima. “ Perché mi guardi così?” riprese.
- “ Perché finalmente ho scoperto qualcosa in cui non riesci Miss Perfettina”
- “Ah Ah Ah … scommetto ne sarai entusiasta?”
- “Non direi entusiasta … però …”
- “Però?”
- “Beh, il fatto che tu non sappia fare qualcosa ti rende come dire ... umana.”
- “E’ un complimento?” 
Non riuscii a rispondere a questa domanda perché il plotone esecutivo rientrò dalla cucina allineandosi davanti a noi con delle facce che non promettevano nulla di buono. 
- “Considerando che le domande/risposte di conoscenza non hanno sortito alcun effetto, se non quello di farvi litigare ulteriormente, abbiamo deciso di passare ai fatti.”
Esordì quella stronza della sua amica Valeria preoccupandomi più del dovuto. Che strana ragazza che era anche lei, mi ritrovai a pensare. Ricordavo perfettamente di essermela scopata l’estate prima e che ci sapesse fare parecchio, direi che sotto le lenzuola era decisamente una porca. Non potevo certo biasimare Ale che da quello che avevo capito, se l’era fatta diventare “scopa amica”. Ma era anche un tipino tosto, preferiva usare che essere usata. Come lei e la suora di clausura che avevo a fianco fossero così amiche era un mistero per me.
- “Sarebbe?” domandai
- “Dovete imparare a toccarvi!” Oh bene, finalmente le cose si facevano quanto meno divertenti pensai sogghignando.

POV MONICA

- COSA??? Ma siete impazziti tutti?” sbraitai scattando in piedi.
 Eh no, adesso basta! Passi il dover recitare questa pantomina per salvare le palle a suo padre, passi pure passare più tempo insieme per conoscerlo meglio, ma toccarci, proprio no. Pensai diventando rossa come un peperone.
- “Intendiamo prendervi per mano, abbracciarvi, cose così … “ specificò Patrizia “Per stabilire un certo “contatto” diciamo …”
- “A cosa hai pensato?” ghignò il cretino facendomi arrossire ancora di più. “Oddio la nostra Monicuccia fa pensieri sconci. Questa sì che è una novità!”
- “Piantala di fare il cretino Molinari.”
Però avevo frainteso sul serio porca miseria. Quando avevano pronunciato la parola “toccare”  il sangue aveva iniziato a pulsarmi nelle tempie  e a scorrermi davanti agli occhi immagini che di casto non avevano nulla.
Walter Molinari avvinghiato a me che mi baciava senza darmi la possibilità di respirare, Molinari sopra di me che mi toccava in ogni luogo sensibile, con lussuria, possessione, ossessione …  Dovevo essere completamente impazzita per fantasticare proprio con lui in quel modo. A pensarci bene non avevo mai pensato a nessun ragazzo in modo così carnale, neanche con Omar, il ragazzo per cui mi ero presa una sbandata colossale l’estate prima durante le vacanze al mare. Ma che Molinari fosse sexy da morire era un dato di fatto … forse quei pensieri erano scaturiti a seguito del complimento ricevuto poco prima. Quando mi aveva detto che ero bella il cuore aveva cominciato a battere furioso nella cassa toracica. Chissà se lo pensava davvero o l’aveva detto solo per innervosirmi.
- “Basta basta basta” pronunciai ad alta voce lasciando tutti basiti. Dovevo assolutamente smetterla di pensare a lui in quel modo.
- “Ma che ti prende Moni?” chiese Valeria.
- “Ehm cosa?” risposi come svegliata da un brutto sogno.
- “Stai bene?”
- “Benissimo.”
- “Allora?”
- “Allora cosa?” Ma perché mi guardavano con quelle facce stralunate, cosa mi ero persa?
- “Forza prendetevi per mano. Cominciamo da lì.” Sentenziò Alessandro svogliato.
- “E’ una cosa stupida.”
- “Ha ragione” mormorò Walter annoiato.
- “Felice di trovarvi finalmente d’accordo.” Ironizzò Yuri “Ma adesso per favore prendetevi per mano.”
Ormai chi più, chi meno eravamo tutti esasperati dalla situazione, lo si capiva dai toni, dagli atteggiamenti, dai modi di fare.
- “Dai muoviti dammi la mano e facciamola finita.” Disse Walter scocciato prendendomi poi per quell’arto.
Immediatamente una scossa elettrica si propagò lungo tutta la mia spina dorsale giungendo ad ogni punto del mio sistema nervoso. Maledizione all’effetto che mi faceva quel decerebrato.
- “No.” Gridai scattando lontano da lui. Mi stavo comportando proprio come una bambina capricciosa, ma ero nel panico più totale e non ne capivo la ragione.
- “Monica ma che cazzo ti prende oggi?” chiese Valeria allarmata probabilmente dal mio strano comportamento.
- “Niente.” Risposi sulla difensiva “E’ solo che … dai andiamo questa è una stupidata … prendersi per mano come i bambini della scuola materna …”
- “Vorresti forse qualcosa di più hard?” mi stuzzicò immediatamente Molinari.
- “No stupido zoticone. Il “contatto”,  come lo chiamate voi,” mimai tra virgolette “c’è già stato! Avete forse dimenticato la scenetta con cui abbiamo deliziato la scuola sulla cattedra della bidella.” Sputai velenosa come un boa.
- “Ma quella non c’entra. Sai con quante ragazze Walter ha fatto spettacolini del genere in pubblico?” decretò Ale come fatto ovvio.
- “Per rendere la vostra storia vagamente credibile dovete abbondare di roba romantica, tipo camminare mano nella mano …”
- “Baci a fior di labbra appena accennati …”
- “E non slinguate oscene sul corridoio.”
- “Qualche fotografia su face book è assolutamente necessaria.”
- “A proposito, avete cambiato il vostro stato di coppia?”
- “E prima ancora , vi siete scambiati l’amicizia vero?”
Sentivo solo lontanamente le domande che ci ponevano o i piani ideati per renderci una coppia più complice. Ero rimasta pietrificata dall’affermazione di quel coglione di Alessandro Radavelli e dagli occhi del mio finto fidanzato che erano scattati subito a cercare i miei che si stavano facendo umidi
Avrei voluto rispondere a tono, dandogli come sempre del puttaniere, ma le parole  mi erano morte in gola. Ma cosa pensavi Monica? Di essere una privilegiata? Che quel trattamento fosse stato riservato solo a te perché in qualche modo per lui eri diversa? E’ vero, non mi aveva baciata solo in pubblico però chissà quante ragazze aveva baciato. La verità di quelle parole mi travolse come un treno in corsa. Probabilmente tutti i suoi comportamenti nei miei confronti erano dettati da una lunga astinenza a cui io stessa l’avevo sottoposto come aveva ammesso anche lui.
Ma la questione più spinosa di tutte era a me che cazzo me ne importava A) di come Molinari si comportasse con tutte le sue troiette B) di come Walter si comportasse con me e C) del perché mi sentissi così tremendamente male al pensiero che trattasse me come quelle sciaquette da quattro soldi.
D’improvviso realizzai che avevo paura. Quando me lo trovavo davanti tutta la mia razionalità andava a farsi un giro e io non ragionavo più trasformandomi in puro istinto. E non era salutare dare tutto questo potere a Molinari lo stronzo menefreghista che anche adesso fregandosene – come me del resto – di quello che stavano dicendo gli altri continuava a sondarmi l’anima come se avesse letto parola per parola tutti i miei pensieri.
- “Voglio andare via!” affermai decisa facendo girare quattro teste nella mia direzione.
- “Cosa? E perché mai? Non siamo neanche a metà dell’opera …”
- “Noi siamo qui a scervellarci per voi e tu te ne vuoi andare?”
- “Sì! Voglio andare via.” Ridissi con voce spezzata.
Immediatamente presi la borsa lasciata sulla poltrona e senza proferire più parole mi diressi o sarebbe più giusto dire che mi diedi letteralmente alla fuga correndo verso l’ingresso di quella villa imponente. Stavo per scoppiare, e non volevo assolutamente che mi sorprendessero a piangere per una ragione che non avrei neppure saputo spiegare.
- “Aspetta!”
Una voce profonda, un ordine, un imposizione bella e buona. Avvertii la sensazione di calore prima ancora di percepire il tatto delle sue mani sul corpo che mi avevano presa per le braccia facendomi girare su me stessa per guardarlo occhi negli occhi un’altra volta. Mani che ancora non mi avevano abbandonata. Quello che proprio non mi aspettavo era che la fonte delle mie disgrazie mi corresse prontamente dietro bloccandomi alla porta.
- “Ale ha detto una stronzata. Non è vero che faccio così con tutte!”

POV WALTER

Ma che cazzo stavo facendo?? Ormai non ero più neanche padrone delle mie azioni. Ero rimasto interdetto non appena Ale aveva fatto quella stupida affermazione e le sue iride solitamente cristalline si erano rabbuiate. E non avevo ancora razionalizzato l’accaduto quando le mie gambe la seguirono e l’afferrai davanti alla porta di casa bloccandole la fuga.
Non era vero che mi comportavo così con tutte, non avevo mai baciato con così tanta passione e desiderio una ragazza sul corridoio della scuola perdendo la cognizione di dove mi trovassi, non avevo mai preso in prestito il cavallo di mia sorella solo per far colpo su una ragazza, non avevo mai fatto dormire nessun essere di genere femminile tra le lenzuola del mio letto compresa la mia sorellina Sonia che adoravo letteralmente. 
Monica Laboni non poteva saperlo, ma con lei avevo oltrepassato molti paletti che mi ero autoimposto con il tempo. Ma ora che dovevo fare? Non ero pronto, e credo non lo sarei mai stato.
Però i suoi occhi che ora mi fissavano quasi spaventati mi facevano supporre di poter fare qualsiasi cosa … Insomma, se continuava a guardarmi così e mi avesse chiesto di andare nel fuoco probabilmente mi ci sarei buttato.
- “Ehi ragazzi, tutto bene?” la voce di Yuri mi riscosse da quei pensieri molesti, scaraventandomi al presente dove eravamo circondati dai nostri amici.
- “Andate via.” Ordinai. “Avevate ragione! Questa è una faccenda tra me e lei. E dobbiamo vedercela da soli.”
Volevo farli sparire tutti con uno schioccare di dita poiché desideravo solamente rimanere solo con lei, Dio solo sapeva per fare cosa. Passarono alcuni minuti fra imbarazzo e disorientamento, minuti nei quali né le mie mani, né i miei occhi non ne vollero sapere di staccarsi dalla fonte della mia confusione. Roba da non credere, Monica Laboni – alias Miss Perfezione – mi terrorizzava, o meglio ero spaventato da tutto quello che mi faceva provare. Volevo starle il più lontano possibile perché la desideravo in una maniera malata, ma per quello stupido patto non potevo; ma onestamente non sapevo neppure se ci sarei davvero riuscito.
- “Forza andiamocene.” Esordì ad un tratto Yuri invitando le ragazze a prendere i loro effetti personali. Come ogni volta Yuri era sempre il primo che capiva le situazioni al volo ed agiva di conseguenza.
L’ordine arrivò secco e perentorio ed uno per uno, chi scocciato, chi perplesso, e chi consapevole, si defilarono con un rapido cenno di saluto lasciandoci finalmente soli. E adesso? Esordire con un ti prego andiamo a scopare sul divano del mio salotto sarebbe stato decisamente fuori luogo.
L’aria era elettrica e carica di tensione. La sua espressione ero lo specchio della mia; agitata, confusa, sbalordita … I suoi occhietti solitamente vispi e attenti, erano guardinghi – quasi spaventati – e la cosa mi faceva male. Dovevo fare qualcosa, tranquillizzarla in qualche modo.
- “Vuoi un bicchiere d’acqua?” chiesi. Idiozia allo stato puro.
- “Cosa?” rispose interdetta.
- “Ti ho chiesto se vuoi qualcosa da bere così ti calmerai, sembri un cerbiatto impaurito.”
- “Ma che diavolo dici? Stai delirando?” sbottò dimenandosi tra le mie braccia.
- “Oh, preferisci qualcosa di più forte, che so’ uno whisky?”
- “Comincia con il mollarmi deficiente.”
Molto bene, il nostro solito rito di punzecchiamenti sembrò ridestarla e riportare il nostro rapporto alla normalità.
- “Vieni” ordinai lasciandola e dandole le spalle “Dobbiamo parlare!”

POV MONICA

Walter Molinari era proprio un imbecille, un bell’imbecille ma pur sempre un emerito imbecille. Era al di fuori di ogni logica e comprensione, con lui poteva essere tutto o niente in una frazione di secondo. Che cavolo voleva da me, ancora non l’avevo capito. Era uno stronzo arrogante, ma certe volte pareva così dolce.
Lo seguii in cucina come un automa ignorando il mio progetto iniziale di darmela a gambe levate.
- “Siediti!” ordinò una volta arrivati all’imponente bancone di legno della cucina.
- “Preferisco stare in piedi.” Risposi incrociando le braccia al petto. Non è che non volessi sedermi, le gambe ancora mi tremavano, ma non digerivo il modo con cui me l’aveva ordinato.
- “Sarà sempre così?”
- “Cosi come?”
- “Che farai sempre il contrario di ciò che dico.”
- “Penso di sì.” Affermai con un alzata di spalle. “ Non sono la tua schiavetta e non accetto di ricevere ordini.”
- “In generale o solo da me?”
- “In generale … credo.”
- “Attenta, prima o poi arriverà qualcuno che riuscirà a domarti, piccola tigre.”
- “Che puoi stare tranquillo non sarai tu.” Risposi risoluta tralasciando l’espressione “piccola tigre” che ci avrebbe nuovamente fatto discutere all’infinito. 
- “Touchè” sorrise. Ed era bellissimo, mi ritrovai a pensare. Merda!
- “Insomma dimmi che vuoi e facciamola finita. Mica volevi parlarmi.”
- “E’ molto semplice, ci ho riflettuto e voglio che questa “cosa” funzioni. Desidero davvero salvare le chiappe a mio padre, perché poi sarà  così in debito con me da poter ottenere qualsiasi cosa.”
- “Wow. Che motivazione nobile.” Intervenni sarcastica.
- “Quindi mi ci voglio impegnare, però ho bisogno di te. Poi ognuno per la sua strada, io non rompo più le palle a te e tu farai lo stesso con il sottoscritto.”
- “Ci tengo a sottolineare che io non ti ho mai rotto le palle …. Per lo meno intenzionalmente.” Mi costrinsi ad aggiungere dopo aver incrociato il suo sguardo piuttosto eloquente.
- “Allora ci stai?”domandò incoraggiante allungandomi la mano.
- “Ci sto’!” risposi con riluttanza stringendogliela e assaporando la scossa elettrica che ormai la sua pelle mi procurava. 
- “Ottimo.  Passo uno: fatto.” Decretò come spuntando un’ipotetica lista. “Passiamo al passo due.” Esordì ghignando malizioso.
- “Che sarebbe?” chiesi. 
Ma un campanello d’allarme già suonava nella  mia testa. I suoi occhi erano cambiati, aveva lo sguardo intenso e liquido di una tigre. Molinari aveva gli occhi da predatore. Aggirò velocemente il bancone della cucina che ci separava e si posizionò davanti a me in attesa.
- “In un certo senso i nostri amici squilibrati avevano ragione …. “
Quello che proprio non mi aspettavo e che mandò il mio lungimirante cervello completamente in pappa era che Walter con una disinvoltura degna di uno spogliarellista navigato si togliesse la maglietta rimanendo a petto nudo davanti a me.
- “Per simulare una certa … come dire confidenza ….. devi imparare a toccarmi!”
E così dicendo mi afferrò con decisione il polso della mano destra portandomi il palmo aperto dritto all’altezza del cuore e lasciandomi completamente paralizzata quando iniziò a farla scendere sul suo torace, trascinandola sempre più …

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Capitolo 18
*** Lui ti piace ***


A TUTTI QUELLI CHE HANNO AVUTO LA PAZIENZA DI ASPETTARE …. GRAZIE!!!

CAP. 18 LUI TI PIACE


POV MONICA

Le orecchie fischiavano impazzite, la salivazione era sparita, le mani tremavano convulsamente, il colore della pelle poteva benissimo essere un miscuglio tra il rosso porpora ed il rosso carminio, non capivo più nulla, i miei ultimi neuroni rimasti sani erano andati a farsi benedire …
Ma che diavolo stava facendo Molinari? Pensavo sconvolta mentre scrutavo centimetro dopo centimetro il suo torace completamente esposto alle mie iridi, perché di guardarlo negli occhi smeraldini proprio non ne avevo il coraggio. E soprattutto cosa cazzo stavo facendo io??? Perché non mi levavo da quella situazione imbarazzante? In fin dei conti la sua presa sul mio polso non era poi così stretta, direi che lo stava pilotando in maniera quasi leggera o sarebbe meglio dire consenziente. Davvero volevo questo? Veramente desideravo toccare Walter Molinari in quel modo?
Si cazzo!!! Lui – purtroppo – era perfetto. Un diavolo tentatore intrappolato nel corpo di un angelo. Non riuscivo più a combattere, il mio corpo voleva provare quelle sensazioni così intense, perché mi facevano sentire viva come mai mi era capitato nella vita. Questo era il vero dramma.
Quando poi le mie dite sfiorarono la fibbia dei suoi jeans feci il tremendo errore di alzare il viso incrociando i suoi occhi languidi. Ed eccola, la resa totale ed incondizionata. Solo una monaca di clausura – forse -  avrebbe avuto il coraggio di dire no. A quegli occhi indagatori che sapevano leggere le mie emozioni, alle sue mani forti che irradiavano fuoco, al suo corpo tonico che urlava toccami! Io non ne sapevo molto sul sesso, anzi direi quasi nulla, ma Molinari lo gridava con ogni fibra del suo essere uomo.
Mi catapultai su di lui come posseduta da un istinto ancestrale, troppo forte per resistere ancora, troppo travolgente per non assecondarlo, e lo baciai. Con una passione che neanche sapevo di avere feci aderire le mie labbra alle sue sorprendendo me stessa in primis e lasciando probabilmente sbalordito Molinari che s’irrigidì all’istante. Smarrimento che durò la frazione di un secondo poiché si scaraventò letteralmente su di me schiudendo naturalmente le mie labbra già pronte ad accogliere la sua lingua. Il bacio diventò famelico e passionale, quasi violento. Le sue mani mi artigliarono i fianchi stringendomi al corpo, -  a tutto il suo corpo, -  incendiandomi più di quanto non bruciassi già. Le mie frenetiche ripercorsero a ritroso i suoi muscoli possenti allacciandogli le braccia dietro il collo e affondando a ventaglio nei suoi capelli,  morbidi in maniera quasi disumana.
D’improvviso mi sentii mancare la terra sotto ai piedi e mi resi conto che Molinari mi aveva sollevata depositandomi subito dopo sopra il grande bancone della cucina. Le sue mani scivolarono sotto il tessuto leggero della camicetta che indossavo sollevandola quel tanto che bastava a far scivolare sotto le dita gelide che mi fecero fremere d’aspettativa. Divaricai le ginocchia come spinta da un riflesso incondizionato attirandolo il più possibile vicino a me.
- “Cosa ….” Provai a chiedere quando le sue labbra lasciarono le mie per spostarsi sul collo concedendomi il lusso di riprendere fiato e lucidità.“ Stiamo …. Facendo?”
- “Ssshhhh. “ mi zittì all’istante “Non pensare. Spegni il cervello Monica e lasciati andare …” 
E lo feci davvero! Misi il cervello completamente in stand-bye e incrociando il suo sguardo annegai nel liquido intenso delle sue pupille. Non mi mossi quando lo vidi armeggiare con le dita sottili sui bottoncini leggeri della mia camicia tenendomi incatenata agli occhi, non scappai a gambe levate quando aprì il primo, poi il secondo ed il terzo, proseguendo in una discesa lenta e inarrestabile fino a quando tutti quei piccoli bottoncini avevano lasciato le loro asole rassicuranti.
- “Sai, l’azzurro è il mio colore preferito.” Ammiccò rimirando il mio intimo.
Solo allora mi ricordai del completino azzurro in pizzo che avevo indossato quella mattina dopo la doccia ed arrossii furiosamente coprendomi con le braccia il decolté ma lui mi bloccò velocemente spostando i miei arti delicatamente
- “No, sei bellissima …. Non nasconderti ai miei occhi.” Affermò con una dolcezza che mai avrei creduto possibile provenire da lui.
Sorrisi della dolcezza delle sue parole e docilmente lo lasciai scostarmi delicatamente le braccia dal petto.
- “Come siamo smielati Molinari.” Ammiccai suadente. “Credevo tu fossi allergico a  queste cose. Chi sei tu? E che ne hai fatto dello scorbutico stronzo?”
- “Non cominciare …” m’intimò ghignando dedicando poi tutta la sua attenzione al mio collo.
- “Ah…” ironizzai con un sorriso da ebete stampato in faccia “adesso si che ti riconosco amore mio.”

POV WALTER

Oh cazzo. Cazzo ! Solo a quello riuscivo a pensare mentre la baciavo non dandole tregua, conscio del fatto che se solo un barlume di lucidità avesse attraversato le rotelline che giravano senza sosta nel suo cervello, l’incantesimo si sarebbe spezzato e sarebbe tornata la rompicoglioni di sempre. E invece no! Non doveva tornare alla realtà, perché quello che stavo facendo – quello che stavamo facendo – mi piaceva oltre ogni misura. Che poi non è che stessimo facendo chissà cosa. Ci stavamo solo baciando. Ma allora perché lo percepivo come se fosse la scopata più bella della mia vita? E perché avevo gli ormoni a mille da dover tenere costantemente sotto controllo, per non prenderla brutalmente nella mia cucina dimostrandole che aveva ragione quando mi dava del depravato che ragionava solo con il cazzo.
Ma cazzo! (appunto). Lei non mi stava aiutando proprio per niente. Forse perché la stronza era consenziente e non ubriaca come un troll, forse perché era sensuale da morire, probabilmente perché non aveva neppure la consapevolezza di quanto potesse apparire bella in quel momento. Con i capelli scompigliati all’inverosimile, gli occhi intensi e languidi, un colorito da far invidia ad un semaforo … Dio come la volevo. Fa niente se poi avremmo litigato fino alla fine dei tempi,non importava se mi avrebbe costretto ad espatriare in America dove c’era ancora in vigore la pena di morte, o se mi avrebbe preso a calci nel culo a vita e perforato i timpani a forza di urlarmi addosso … Ma io la desideravo come un pazzo ed era ora che almeno prendessi coscienza di questo.
Toccarne la pelle bollente sotto quel sottile strato di stoffa che ancora ci divideva mi mandò in delirio. Sollevarla da terra per baciarla meglio un riflesso incondizionato. Notai con sgomento che le dita tremavano mentre scoprivo il suo torace, bottone dopo bottone e la cosa quasi mi terrorizzò perché non era mai successo. Ed infine il colpo di grazia al cavallo dei miei pantaloni, quel completino azzurro … neanche a farlo apposta il mio colore preferito, mi mise K.O.!
Mi avventai su di lei neanche fossi un vampiro che volesse succhiarle l’anima. Ma io volevo il suo corpo, il suo delizioso corpicino sotto di me, perdermi dentro i suoi occhi mentre affondavo nella sua carne cedevole, farla urlare dal piacere procurato dalle mie carezze e riempirmi delle sue grida. 
Separarmi dalle sue labbra fu un dolore quasi fisico, ma volevo baciarla dappertutto e così scesi lungo il suo collo sinuoso verso ciò che avevo solo immaginato di poter toccare da quando l’avevo vista agitarsi nel mio letto con una canotta troppo grande per nascondere le sue forme perfette.
Le mani si insinuarono nervosamente sotto la camicetta mentre le dite toccavano la sua pelle infuocata, salendo sempre più su, sempre di più … stringendola spasmodicamente al mio corpo. Una risalita infinita ma rapida in ugual misura. Quando finalmente sfiorai il pizzo del suo reggiseno con la punta delle dita credevo di venire all’istante nei miei jeans come uno sfigato qualsiasi.
La baciai, molto più intensamente, arrossandole la pelle candida della mandibola, del collo, della clavicola … ma quando stavo per raggiungere la meta tanto agognata..
- “Walter, ma che stai facendo?” urlò qualcuno alle mie spalle.
No, non poteva essere la voce di mio padre quella che avevo appena udito. Probabilmente lo stavo immaginando poiché il mio subconscio stava cercando un’alternativa plausibile al pensiero fisso di un’erezione che non riuscivo più a contenere. Ma quando Monica s’irrigidì come un palo della luce tra le mie braccia, mi decisi a voltarmi, e quello che vidi non mi piacque per niente.
- “Cazzo.”  imprecai
- “Quello è meglio che lo tieni nei pantaloni. “
- “Roberto!” s’indignò mia madre coprendo gli occhi ai gemelli.
- “Papà” sbraitò ridendo mia sorella Sam.
La scena aveva del tragi-comico. Stampati sullo stipite della porta della mia cucina, tutta la mia famiglia, nessuno escluso, stava ammirando chi con occhi languidi, chi incazzosi, chi sbigottiti la scena da film porno che gli avevamo appena propinato. Il mio bellissimo sogno ad occhi aperti si era trasformato presto in un incubo spaventoso.
- “Non sta’ succedendo davvero?” domandò Monica più a sé stessa che al sottoscritto con una nota evidente di disperazione nella voce.
Un’affermazione che mi riportò drasticamente alla realtà. Realtà che vedeva Monica Laboni avvinghiata a me mezza nuda nell’imbarazzo più totale. Sorprendendo in primis me stesso le passai un braccio attorno alle spalle e l’altro sulla schiena schiacciandomela contro il petto e coprendola alla vista di tutti, in primis dagli occhi allucinati di mio padre.
- “Temo proprio di sì dolcezza.” Le sussurrai all’orecchio sconsolato.
- “Roby vieni via.” Intervenne mia mamma.
- “Non ci penso proprio.”
- “Roberto” intimò.
- “Ma tesoro li vedi?”
- “E che cosa ti aspettavi? La paglia vicina al fuoco brucia.! E poi trattandosi di tuo figlio che pretendevi …”
- “Che vuoi dire scusa? Che sarebbe colpa mia?”
- “E di chi se no? .. Forza andiamo ”
E così dicendo si dileguò portandosi dietro i gemelli e mia sorella Sam che sogghignava divertita. Ma che bella figura di merda.
- “Non credere di passarla liscia, depravato. Congeda la tua bella – senza offesa Monica  -“ aggiunse subito “ e raggiungimi di là! Possibilmente vestito.” E girando i tacchi se ne andò lasciandoci allibiti.
Appena rimanemmo nuovamente soli la situazione divenne ulteriormente imbarazzante. Mi staccai da lei molto delicatamente quasi temessi che mi sgusciasse via come una saponetta.
- “Che figura di merda.” Imprecò staccandosi da me e scattando come una molla giù dal bancone della cucina.  
- “Già” sospirai lasciandola andare di malavoglia.
- “Devo andare!” scandì sistemandosi la camicetta.
- “Ci avrei giurato.” Sogghignai incrociando le braccia. Modalità stronzo attivata.
- “Scusa tanto se preferisco andarmene evitando di sentire la piazzata che ti sta’ per fare tuo padre, nonché il preside della scuola che frequento, per averti beccato a scoparti una sua alunna …  in casa sua per giunta!! “
- “Le tue idee sono alquanto confuse cara.  Non ti stavo affatto scopando!” mi sentii in dovere di specificare.
- “Andiamo, hai capito cosa intendevo …”
- “No, siccome sono scemo non ho capito. Cosa intendevi? Volevi  per caso andare davvero fino in fondo sul bancone della mia cucina?!!” sottolineai forse un po’ troppo cattivo. “Sei proprio una porcellina … ”
- “Vaffanculo Molinari!”
- “Oh bene, vedo che siamo tornati alle origini Laboni.”
- “Ma fottiti.”
- “Con te?”
- “Sempre le stesse battute … che palle! Cambia repertorio Walter!”
Mi aveva chiamato per nome, mi aveva chiamato per nome in maniera assolutamente naturale, assolutamente quotidiana. Come se fossimo amici, come se fossimo davvero in confidenza … E questo mi destabilizzò non poco. 
Probabilmente anche lei si rese conto della gaffe appena pronunciata poiché prendendo la sua roba si defilò di corsa verso la porta.
- “Non saluti neanche il tuo fidanzato?” Le urlai dietro .
- “Oh, hai ragione. Scusa amore” urlò anch’essa “ Vaffanculo”  E uscì sbattendo l’uscio inviperita.

POV MONICA

- “Ho fatto una cazzata Valy, un’enorme cazzata!”
Sbraitai in faccia alla mia migliore amica quando arrivò mezza sconvolta ad aprirmi la porta di casa sua. Probabilmente stava dormendo poveretta …. Ma io ero nel panico più totale e non sapevo dove sbattere la testa.
- “Cos’hai fatto di così grave?” chiese sbadigliando e lasciandomi passare.
- “Una cosa terribile Valeria, una cosa terribile.”
- “Eh che avrai mai fatto? Hai pestato un’aiuola dove c’era scritto: Vietato calpestare i fiori.?” Sorrise stravaccandosi sul suo divano.
- “Devo ridere?” chiesi sarcastica fino al midollo.
- “Perdonami, ma proprio non ti ci vedo a fare qualcosa di terribile.”
- “Mi sono fatta Walter Molinari nella cucina di casa sua.” Sputai d’un fiato.
- “COSA???” gridò Valeria scattando in piedi e strozzandosi con la sua stessa saliva. “Come?... Perché?...”
- “Vedo che ho finalmente attirato la tua attenzione.” 
- “Certo, era palese che prima o poi sarebbe successo …. Insomma vi mangiate con gli occhi …” borbottò tra sé e sé “ però … Cazzo vi avevamo lasciati a cavarvi gli occhi … Come caspita siete finiti a letto insieme?? “
- “Non siamo finiti a letto insieme!” mi sentii di puntualizzare indignata. Proprio come Molinari aveva fatto con me.
- “Ma scusa, hai detto … mi sono fatta Molinari …”
- “Intendevo che ci siamo baciati molto appassionatamente e mi ha palpeggiata, deficiente!”
- “E che sarà mai? Per Molinari poi, è ordinaria amministrazione.”
- “Grazie. Sei molto carina.” Sbottai infastidita.
- “Si può sapere qual è il problema? “
- “Il problema è che non l’ho fermato cazzo!! Anzi, in un certo senso … l’ho pure incoraggiato.”
- “Tu?” Domandò scettica.
- “Sì!!! Porca troia.” Strillai
- “Smettila di dire parolacce.” Ordinò “Mi sembra di parlare con il tuo alter ego.
- “Oh Valy, sono disperata, non so’ più cosa fare. Aiutami!” supplicai gettandomi sul divano.
- “Lui ti piace!” sentenziò
- “Assolutamente noooo.!! E’ solo un imbecille.”
- “E anche tanto. E questo ti terrorizza.” Sospirò.
- “E che dovrei fare secondo te?”
- “Marcia indietro Monica. Fattela passare.”
- “Proprio tu mi dici così? Tu che sei quella di … -  cogli l’attimo, Molinari è da provare, è un Dio,  - … ecc. .. ecc .. Non ti pare un po’ ipocrita da parte tua?”
- “Io ti conosco Moni. Ne uscirai distrutta!” 

POV WALTER

Era scappata, si era data letteralmente alla fuga. Ma del resto chi poteva darle torto? Neppure io riuscivo a ricordare una figura di merda tanto colossale. Ed io ero ancora lì, impalato come un coglione davanti alla porta di casa ignorando le urla della mia famiglia dal piano di sopra.
- “Allora ti muovi razza di coglione.” Urlò mio padre.
- “Roberto” sentii ammonirlo. Eh si, di mamma ce n’è una sola.
- “Grazie mamy” gridai di rimando mentre salivo le scale.
- “Oh non ci sperare bello …”  Ahia.
Nello studio di mio padre, nonostante la mia solita aria da “padrone del mondo” morivo di vergogna. Come avevo potuto farmi beccare così? Come avevo potuto perdere la lucidità a tal punto da non rendermi conto dell’arrivo della mia famiglia? Semplice, colpa sua. Cazzo, sempre lei! Solo lei. Mi odiavo per questo.
- “Non puoi scoparti Monica Laboni.”
- “Che?” domandai interdetto.
- “Hai capito benissimo. Non voglio che ti porti a letto Monica.”
- “E se l’avessi già fatto?”
- “Non sono in vena di scherzare Walter.”
- “E chi me lo impedisce … tu?” sorrisi sfidandolo. “ E’ grande e vaccinata. E poi … “ sottolineai cattivo “con la mia ragazza faccio quello che voglio.”
- “Non fare il coglione. Il nostro patto è basato su una finzione.”
- “Unisco l’utile al dilettevole.” Ammiccai. 
- “Senti brutto cretino, non so’ se lo fai solo per provocazione, farmela pagare per qualcosa o per puro divertimento, ma non ti permetterò di scoparti Monica Laboni solo per rompere i coglioni al sottoscritto.”
- “Sei stato tu ad innescare questa ….  Questa …. non so’ nemmeno come chiamarla.” Sbottai infuriato. Sì, era tutta colpa sua se ero invischiato in questa situazione di merda. “ E comunque, non è successo nulla, se questo ti fa stare meglio” affermai incrociando le braccia al petto con sguardo torvo.
- “Eravate mezzi nudi nella cucina di casa mia … e Dio solo sa’ come vi avremmo trovati se fossimo rientrati poco più tardi.”
- “Come sei esagerato … “ sbuffai.
- “Non me ne frega un cazzo.” Gesticolò alzandosi in piedi ed urlando come un ossesso “ Ti ordino di lasciarla in pace!”
- “Io non so’ come fare a lasciarla in pace o.k.!!” gridai frustrato di rimando. E me ne andai sbattendo la porta.

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Capitolo 19
*** Falso primo appuntamento ***



CAP. 19 FALSO PRIMO APPUNTAMENTO

POV WALTER

Ed era vero!!!  Questa era la cosa che mi terrorizzava più di tutto il resto.
Io non ero più in grado di lasciarla stare, perché in lei c’era qualcosa, qualcosa che mi spaventava e attirava in egual misura.
Quello che era successo nella cucina di casa mia, non era niente di diverso da quello a cui ero abituato ma era stato comunque eccezionale. Mi ero sentito così vivo, mi era mancata la terra sotto ai piedi ed avevo avuto una paura folle che lei mi rifiutasse. Ma non ero comunque riuscito a fermarmi prima! Io non mi ero mai sentito così con una ragazza.
Forse era per questo che una volta uscito di casa o per meglio dire fuggito incavolato fino all’inverosimile mi ero ritrovato senza neanche rendermene conto nei pressi di casa sua. Ma cosa ci facevo lì? Possibile che le ero corso dietro come un cagnolino?
Una volta parcheggiata la moto guardai l’abitazione; una villetta a schiera su due piani. Carina e tenuta molto bene, ma nulla di paragonabile a casa mia. Istintivamente lo sguardo si rivolse al secondo piano dove ipotizzai dovesse essere la sua camera ma potevo anche sbagliarmi. Comunque non c’era alcuna luce accesa né sopra né sotto e visto l’imbrunire della sera, pensai non ci fosse nessuno in casa. Ipotesi confermata quando suonai il campanello.
Ma se non era tornata a casa dove cavolo era finita quella sciroccata? Certo!!! Probabilmente da Valeria, la sua amica. Ma io non sapevo neanche dove abitasse quest’ultima, e poi un conto era suonare al suo campanello, ma dalla sua amica proprio no!! Non mi sarei umiliato fino a quel punto.
Tornai quindi sui miei passi e recuperata la moto mi avviai verso casa. Come fosse stato uno scherzo giocato dal destino, passando dal parco di Viale Carducci la vidi dondolarsi su un’altalena come le bimbette piccole. Che vergogna se qualcuno mi avesse beccato. Nonostante ciò parcheggiai e mi avvicinai di soppiatto senza farmi vedere. Ma era così assorta che probabilmente anche se avessi suonato una tromba non si sarebbe comunque girata. Quando l’altalena rallentò la sua corsa, le toccai una spalla e lei sussultò per lo spavento, io per quello che vidi nei suoi occhi turchesi.
Calde lacrime le rigavano il volto ed i suoi occhi sempre così agguerriti erano tristi e vuoti. Subito una  rabbia sconosciuta  s’impossessò di me. Chi aveva osato ridurla in quel modo? Lei sempre così agguerrita ed orgogliosa. Ma poi ragionai che probabilmente il coglione di turno ero io. Quando mi riconobbe, si asciugò immediatamente il volto e cercò di darsi un tono:
  •  “Che ci fai qui?” mi chiese.
  •  “Un giro.” Risposi.
  • “Nei pressi di casa mia? Ma credi davvero che sia una cretina?”
  •  “E va bene.” Sbuffai. “Venivo a cercarti per … “
  •  “Per …?‘”
  • “Provare a … chiarire? ...” tentai.
  •  “O finire quello che avevamo iniziato?” sputò con rabbia “Tanto è solo quello che vuoi no?”
  • “Non me la renderai semplice vero?”
  • “Non credo”
  •  “Perché?”
  • “Non ne sono capace!”
  • “Cosa? …. Che vuol dire?”  
  • “Che con TE non ci riesco ad essere normale. Mi irriti il sistema nervoso.” Sospirò rassegnata.
Scoppiai a ridere quasi sollevato. Come se mi fossi liberato di tutta la tensione accumulata nelle ultime due ore. Me l’aveva davvero detto in faccia? Almeno era tornata se stessa.
  • “Questa è una delle conversazioni più sincere che abbiamo mai fatto.” Dissi andando in piedi sull’altalena e dondolandomi un po’.
  • “Quindi dovrei saltare di gioia?” mi chiese sarcastica.   
  • “No, ma non sarebbe più facile gestire tutto se per una volta decidessimo di essere sinceri l’uno con l’altra?”
  • “Perché tu saresti in grado di essere sincero con qualcuno?”
  • “Si” ammiccai.
  • “Strano, non è così che la pensano tutte le ragazze della scuola che ti sei portato a letto!!”
  • “Ed ecco che torniamo a questo punto. Ti da così fastidio?”
  • “Cosa?”
  • “Che mi sia portato a letto tante ragazze. “
  • “Assolutamente no.” Protestò.
  • “Già. Lo immaginavo.” Sbuffai
  • “Che c’è, vorresti che fossi gelosa di te?   
  • “Si” mi ritrovai a rispondere sinceramente.
POV MONICA

Lo ero? Ero davvero gelosa di Walter Molinari? Possibile che questa vicinanza forzata mi avesse portato a provare veramente qualcosa per lui? Seppur gelosia? No, io non ero assolutamente gelosa di lui. Non potevo esserlo. Eppure cos’era quella voglia che mi prendeva da un po’ di tempo a questa parte di strozzare tutte le cretine che lo avvicinavano anche se lui era fidanzato con me, seppur per finta.
E poi perché lui adesso mi guardava con quel sorriso beffardo e quegli occhi trasparenti, perfettamente calmo dopo la bomba che aveva sganciato. Voleva davvero che fossi gelosa di lui?
  • “Perché?” chiesi curiosa.
  • “Perché sì”
  • “Che risposta del cazzo” sbottai.
  • “Non essere sboccata. Non è da te!” Oh bella; anche la morale adesso.
  • “Perché tu saresti geloso di me?”
  • “Si”
  • “Non ti credo.”
  • “Eh lo so’.” Sospirò “Ma purtroppo è vero.”  
Ed eccolo lì, il ragazzaccio, il bulletto, …. Così dolce e imprevedibile che senza dire niente o dicendo tutto mi faceva ricredere e forse pensare che si era affezionato a me in qualche astrusa maniera. Probabilmente Valeria aveva ragione al 1000 per 1000 quando diceva che ne sarei uscita distrutta, ma non riuscivo a controllare il cuore impazzito, e la ragione di cui avevo fatto il mio cavallo di battaglia, con lui non riusciva ad imporsi. Ed era tanto bello . . . ma da quando lo vedevo così affascinante e non il solito buzzurro senza cervello?
Anche adesso che era salito in piedi sull’altalena e si dondolava avanti e indietro era un vero sogno! Aveva i capelli un po’ più lunghi del solito, che gli sparavano dappertutto a causa del vento, gli occhi di un cristallino spettacolare, sembravano riuscire ad attirare la poca luce che ancora c’era. Adesso comprendevo perché era come un magnete per tutte le ragazze; poiché ci stavo cascando anch’io con tutte le scarpe.  
  • “Sei proprio bello!!!” pronunciai ad alta voce.
  • “Che?” chiese sbalordito saltando giù dall’altalena e girandosi a guardarmi “Ti sei fumata qualcosa di pesante?”         
  • “Non dovevamo essere sinceri?”
  • “Mi stai prendendo per il culo?”
  • “Purtroppo no.” Sospirai facendogli il verso che lui aveva fatto a me prima “Sei davvero molto bello e…”
  • “E…”
  • “… e questo mi terrorizza.”
  • “Perché?”
  • “Perché sono attratta da te!”
  • “E allora? Cosa c’è di male?”  
  • “Come cosa c’è di male?” scattai in piedi anch’io come una pazza.
  • “Tutte sono attratte da me!” proferì come fatto ovvio.
  • “Io non sono tutte!!!”
  • “Su questo siamo d’accordo. Ma mi pare di averlo già ammesso.” Sorrise incrociando le braccia.
  • “Ragionare con te è impossibile.” Sbuffai.
  • “Potrei dire la stessa cosa.”
  • “Senti, basta Molinari. Questa conversazione non ha né capo né coda. Facciamo finta che non ci sia mai stata e andiamo avanti ognuno per la sua strada.”
  • “E’ sensato. Peccato che non possiamo fare neanche quello! O non ricordi più una certa scommessa…”
A queste parole mi rabbuia. Era vero, non potevamo mollarci così, però adesso comprendevo molto bene che io stavo mettendo in gioco molto più di una bugia. Abbassai lo sguardo e presi il vialetto che portava fuori dal parco lasciandolo lì.  
  • “Moni aspetta!!” mi rincorse prendendomi per un braccio e facendomi voltare.  Il suo semplice tocco e il suo chiamarmi per nome mi diedero la sicurezza che ero proprio nella merda. “Ti prometto che tenterò di smetterla di fare lo scemo se questo ti da’ fastidio.”
  • “Sul serio?” chiesi scettica. 
  • “Sul serio.” Rispose. “Croce sul cuore!” Sorrise disegnandosi una croce sul petto.
  • “Sei proprio un imbecille.” Sdrammatizzai, ma involontariamente sorrisi.
  • “Però hai sorriso. E’ già un passo avanti.”
  • “Così sembra.”
Sospirai, ma non riuscii a non sorridere ancora. Probabilmente non se rendeva neppure conto e se glielo avessi fatto notare si sarebbe incazzato a morte, ma Molinari sapeva essere davvero dolce a volte. Cercai di riprendermi dalle farfalle nello stomaco e chiesi:
  • “Quindi cosa proponi genio?”
  • “Cominciamo dalle basi … telefona a casa e avverti che farai tardi.”
  • “Perché?”
  • “Ti porto a mangiare qualcosa!!”
  • “Vieni con me!” aggiunse poi vedendomi senza parole e prendendomi le mani mi trascinò sul vialetto provocandomi uno scompenso.
  • “Dove mi stai portando?”
  • “Andiamo al Mc Donald del Duomo.”
  • “Ah, e io che pensavo ad un ristorante pluri stellato. E’ un po’ misero per un primo appuntamento.”
  • “Non fare la solita bisbetica. Siamo due ragazzi, mica due vecchi, e poi è un falso primo appuntamento” puntualizzò.
  • “Giusto.” Sorrisi.
Arrivati alla sua moto parcheggiata lì vicino, mi porse il suo casco.
  • “Tieni, metti questo! Se non ricordo male non ti piace il casco di scorta.”
  • “Hai un ottima memoria.”  
  • “E non solo quella!”
  • “Molinari!!!”
  • “O.k. O.k. la smetto.” Affermò alzando le mani in un chiaro gesto di resa. “Ma sai … il lupo perde il pelo…”
  • “…ma non il vizio.” Conclusi io.
Salimmo sulla motocicletta e partimmo verso il centro.
  • “Stringiti!” mi urlò sopra il rombo.
  • “A dove?” Domandai
  • “A me!” rispose prendendomi le braccia e legandosele alla vita.
In centro c’era un sacco di gente, le luci illuminavano a giorno le strade e tutti sembravano allegri e spensierati. Famiglie con bambini, fidanzati, compagnie di amici. Tutti passeggiavano e si facevano selfie. Ero abbagliata e frastornata al tempo stesso. Per entrare al Mc Donald fummo costretti a fare addirittura la fila. Trovare un tavolino per noi due dove oltretutto eravamo stretti come sardine fu un’impresa, ma io ero ugualmente felice. Perché Walter era davvero simpatico. Ci si poteva parlare di tutto, scherzare e addirittura ragionare.
In coda eravamo davanti ad una famiglia con un bimbo di circa 7 anni con cui lui attaccò subito bottone. Non era il montato che si vedeva a scuola con quest’aria da guardatemi ma non toccatemi perché io sono superiore. Ad un certo punto Gabriele, il bambino, gli disse:
  • “Ti posso dire una cosa?”
  • “Dimmi!”
  • “Sai, la tua ragazza è davvero bella!”
  • “Lo so!” rispose mettendomi un braccio sulle spalle e avvicinandomi a sé “Ma non si tocca perché sono geloso!” proferì schiacciandogli l’occhio.
Ed io inevitabilmente sorrisi come un asino.  

AL TAVOLO
  • “So che mi pentirò a chiederti questa cosa, …” pronunciò morsicando il suo panino e distogliendomi dai miei pensieri, “ma tu ci sei mai venuta in centro?”
  • “Certo!!” risposi indignata.
  • “No perché sembri …. come dire.. spaesata.!”
  • “In effetti raramente sono venuta di sera e non mi aspettavo così tante persone. Non amo molto le folle, preferisco essere anonima.”
  • “Perché?”
  • “Non mi piace essere osservata, stare al centro dell’attenzione.”
  • “Ripensando alla festa del mio compleanno non si direbbe.”
  • “Che c’entra?” spiegai rubandogli una patatina.
  • “Ehi.” Protestò. Strano come mi venisse naturale “giocare” con lui.
  • “Lì avevo bevuto. Ero fuori di me; e soprattutto tu mi hai provocata!” sbraitai puntandogli il dito contro. “Non mi ci fare pensare … la verità è che non ci volevo neanche venire. E’ stata Valeria! Ma non doveva andare così”.
  • “A me non importa…”
  • “Cosa?” domandai.
  • “Essere osservato.”
  • “Beh certo. Tu sei nel tuo elemento; capitano della squadra di calcio, figlio del preside, oggettivamente carino, . . . “Enumerai. Non potevo ripetere bello, mi sarei vergognata troppo.
  • “Come carino!?? Al parco non hai detto carino!!” si finse indignato.
  • “Ecco appunto!! Comunque è una delle cose per cui non ti sopporto.”
  • “Perché sono carino?”
  • “Ma no cretino. Perché tutto ciò che ti gira intorno è di dominio pubblico e quindi anch’io una volta cominciata questa storia.”  
  • “Quindi tu pensi di essere popolare per colpa mia?”
  • “Certo!!” risposi. E lui scoppiò a ridere a crepapelle. “Smettila, perché ridi?”
  • “Ma davvero credi questo?” domandò incuriosito.
  • “Sì, ti ho già detto.”
Mi guardò negli occhi tornando serio e perforandomi le iridi.
  • “Oh mamma, non sai quanto ti sbagli… Tu brilli di luce propria ragazzina! Non hai certo bisogno di me.”  
Ed il mio povero cuore troppo sotto pressione quella sera mi scoppiò nel petto. Una vampata di calore si fece strada in me e sentivo le guance bollenti. Probabilmente sembravo un clown, quindi optai per la cosa che mi riusciva meglio.
  • “Scusami, devo andare un attimo in bagno.”
POV WALTER

Nella mia pur giovane vita avevo conosciuto varie categorie di ragazze. C’erano quelle spregiudicate a cui piaceva essere elogiate da mattina a sera e si davano arie da prima donna, c’erano quelle timide che avevano paura della propria ombra e non riuscivano quasi a spiccicare parole di senso compiuto e poi c’erano le false timide; quelle a cui i complimenti piacevano ma volevano dare a tutti i costi l’impressione di non darci importanza. Ecco, dovevo annotarmi mentalmente che a Monica Laboni non si potevano fare complimenti se non si voleva essere piantati in asso, perché lei si dava letteralmente alla fuga. Era scappata, un’altra volta; … al cesso, e mi aveva lasciato lì come un baccalà. Poi si era ripresentata con un Sunday al cioccolato, fra l’altro il mio preferito.
  • “Tieni. E’ per te!”
  • “Perché?”
  • “Non hai voluto che pagassi la cena, volevo offrirti almeno il dolce.” Rispose con un alzata di spalle.
  • “Grazie. E’ il mio preferito.”
  • “Lo so’” La osservai curioso e lei aggiunse: “L’hai detto prima al ragazzino in coda quando sosteneva che l’amarena è meglio del cioccolato.”
  • “Non pensavo ascoltassi quello che dico.”
  • “Sai, ogni tanto capita.” Sorrise dandomi un buffetto.   
Era proprio divertente stare in sua compagnia cavolo. Non riuscivo mai a prevedere le sue mosse, o quello che avrebbe detto. Era una sfida continua, un battibecco continuo, e questo mi teneva in allerta senza darmi alcuna possibilità di noia, cosa che ormai succedeva spesso con le ragazze perché certi cliché li conoscevo a memoria. Invece con Monica Laboni dovevo sempre essere sul pezzo. Ancora non avevo capito se lei si rendesse veramente conto del potere che aveva su di me o come riusciva a mettermi sempre a disagio semplicemente guardandomi con quegli occhioni che avrebbero annientato qualsiasi ragazzo. Perché almeno questo lo avevo capito, non mi riservava più lo sguardo d’odio degli ultimi anni. Mi sorprendevo ogni tanto a chiedermi se alla fine di tutta questa storia il nostro rapporto sarebbe cambiato o se saremmo ritornati ai litigi dei vecchi tempi e questi pensieri mi destabilizzavano un po’ per il significato nascosto che potevano avere. Io non volevo cambiare! A me piaceva la mia vita da stronzo puttaniere ma lei mi stava cambiando.
PER STRADA
 
  • “Vuoi fare un giro?” chiesi senza pensarci mentre stavamo uscendo.
  • “Che vuol dire?”
  • “Se vuoi fare un giro.”
  • “Perché?”
  • “Andrà sempre così fra noi?”
  • “Cioè?”
  • “Che mi chiederai il motivo di ogni cosa.”  
  • “Credo di sì”
  • “Perché quando siamo insieme sei sempre sulla difensiva?” domandai mentre ci incamminavamo verso il centro.
  • “Scusami, è solo che non sono abituata a vederti in questa veste.”  
  • “Intendi come un ragazzo carino ed educato?”
  • “Suppongo di sì” sorrise.
  • “Questa è la tattica che uso per far colpo sulle ragazze e portarmele a letto, poi passo alla modalità antipatico e stronzo.”
  • “Ah, quella che generalmente usi con me a prescindere.”  
  • “Beh, a te mica ti voglio portare a letto!”
  • “A no?” chiese quasi delusa. E questa domanda ebbe un effetto immediato sul cavallo dei miei pantaloni.
  • “Cara piccola dolce Monica” risposi toccandole la testa con una carezza affettuosa come fosse una bimba piccola “Non provocarmi.”  
E quando lei mi rivolse quello sguardo da – non ho capito un tubo – aggiunsi:
  • “Vuoi veramente che ti risponda quello che sto’ pensando? No, perché il nostro delicato rapporto cominciato stasera prevede che non ti faccia incazzare per cui non chiedermi veramente se io voglia o meno portarti a letto. Domandati piuttosto se tu piccola cara saresti disposta a venire a letto con me.”
  • “Touchè.” Arrossii. “Comunque la risposta è no.”
  • “Già lo credo anch’io.” Ammisi. “Anche se ho la mia personale opinione a riguardo.”
  • “E sarebbe?”
  • “Che in te è solo l’orgoglio che parla con la bocca, ma il tuo corpo dice altro.”
  • “Sei diventato psicologo in una sera Dottor Freud?”  
  • “Non sei stata tu a dichiarare prima al parco che sei attratta da me?”
  • “Possiamo per favore parlare d’altro?” mi disse abbassando lo sguardo.
  • “Scusa, non volevo metterti in imbarazzo. Volevo solo continuare il discorso fatto prima e capire perché ti metto così sulla difensiva.”
  • “Schietta e sincera?” mi chiese voltandosi verso di me.
  • “Schietta e sincera come solo tu sai fare.”
  • “Perché come ti ho già detto prima sei un imbecille!! Per carità un bel imbecille” si affrettò ad aggiungere mentre io la guardavo stralunato “ma pur sempre un imbecille. Voglio dire seriamente, guardaci!! Io e te siamo ai due poli opposti del pianeta e non voglio dire che io sia nel giusto e tu nello sbagliato o viceversa. Dico solo che siamo diversi.” Sospirò e riprese fiato. “Come io non riuscirei mai a prendere una relazione come un gioco, tu non riusciresti mai a prenderla seriamente. E non è colpa di nessuno, è il nostro essere. La verità è che ci siamo conosciuti e parlati superando la fase degli insulti solo perché tuo padre ci ha costretti. Ammetto che ho scoperto dei lati di te che ignoravo ma…”
  • “Ma …?” chiesi veramente interessato. Aveva ragione. Aveva ragione in tutto. Ma perché mi dava così fastidio il pensiero che lei non mi considerasse degno di una relazione. Ma poi da quando a me importava di una relazione seria? Solo la parola mi faceva venire i brividi su tutto il corpo.
  • “Ma io non ho la minima fiducia in te. Tu non mi conosci, non sai niente di me. Di cosa sogno, di cosa voglio fare da grande, delle mie aspirazioni.”
  • “E allora conosciamoci!”
  • “Andando a letto insieme?”
  • “Potrebbe essere un inizio” ammiccai.
  • “Sei proprio un cretino.” Osservò dandomi uno spintone, ma anche stavolta non riuscì a fare a meno di sorridere.
  • “E tu sei melodrammatica! Dai muoviti, vieni con me. Per stasera basta discorsi impegnativi.”
E la presi per mano cominciando a correre come un cretino in mezzo alla gente spaesato e bambino come non lo ero stato da tempo. Come avrebbe reagito se le avessi detto che morivo dalla voglia di baciarla; mi avrebbe preso a schiaffi o mi avrebbe lasciato fare. Glielo dovevo dire che stavo correndo verso la piazzetta dove solitamente si incontravano i ragazzi della nostra scuola cosicché davanti a tutti non avrebbe potuto fare la minima obiezione perché doveva tenere il gioco. Infondo ero comunque uno stronzo. Ed infatti appena arrivati in piazza vidi appoggiati sul muretto una compagnia formata da ragazzi di quarta.  
  • “Oh cavolo.” Esclamai fermandomi e abbracciandola di slancio. 
  • “Che fai Molinari?”
  • “Ci sono quelli di quarta B” Ammiccai verso di loro.
  • “Oddio e adesso che facciamo?”
  • “Facciamo i fidanzati come tutti si aspettano ovviamente!”
  • “Ma non abbiamo pianificato niente.” Rispose ancora trafelata per la corsa e presa un po’ di sorpresa.
  • “Non importa; improvvisiamo!!”
  • “Cioè?”
Ma non le diedi il tempo di finire la domanda che le mie labbra si posarono sulle sue nel bel mezzo di una piazza affollata, le mie braccia la avvolsero e la strinsero forte a me. Doveva essere una cosa dolce e romantica ma quando lei non si oppose approfondii il bacio e tutto divenne ovattato. La baciai con dolcezza e passione, forza, desiderio e possessione, gelosia e non sapevo bene cosa. Non sentivo più nessuno, solo lei. Solo io e lei.
  • “Wow ehi Molinari se vuoi ti presto la macchina!” D’improvviso tornai alla realtà sentendo urla fischi e schiamazzi di incoraggiamento. Mi staccai il più lentamente possibile per non farla sentire abbandonata e quando la vidi in evidente imbarazzo e porpora in viso le dissi
  • “Scusa non doveva andare così. Nel mio immaginario era meno passionale e più dolce.”
Scusa, ma vi rendete conto, le chiesi scusa. Questa ragazza mi stava proprio rincoglionendo. Quando lei mi guardò negli occhi spaesata, quel poco di lucidità mentale che mi era rimasta andò a farsi benedire. Ma glielo dovevo dire che quel bacio non mi era bastato. No, forse era meglio di no!!
 

 

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