Between magic and reality »HanaNene Week 2020« di Will of the Abyss (/viewuser.php?uid=1070504)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Doughnuts ***
Capitolo 2: *** Soulmate ***
Capitolo 3: *** College ***
Capitolo 4: *** Valentine's Day ***
Capitolo 5: *** Marriage ***
Capitolo 6: *** Reverse AU ***
Capitolo 7: *** Free day! ***
Capitolo 1 *** Doughnuts ***
Doughnuts
Day 1
«Perfetto! Sono pronte!»
Un sorriso soddisfatto si dipinge sulle labbra di Yashiro, eccitata al pensiero della faccia di Hanako-kun non appena vedrà tutte quelle ciambelle.
L’ultima volta che aveva fatto quei dolci per lui avevano fatto una brutta fine, ma questa volta sarebbe stato diverso!
Oh sì, i suoi occhi avrebbero brillato dalla felicità!
“E magari la smetterà di farmi pulire il bagno…” pensa, mentre osserva il suo operato tenendo il vassoio in mano, con aria trionfante.
«Yashiro, che stai facendo?» la voce di Hanako, improvvisamente dietro di lei, la fa sobbalzare, provocando la caduta di tutte le ciambelle.
«Ehi, Yashiro! Guarda cos’hai combinato!»
“Mantieni la calma, Nene.”
«Ci rinuncio!» |
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Soulmate ***
Soulmate
Day
2
«Assolutamente
no!» sentenzia Hanako con voce allegra e un sorriso sornione
in volto.
«Ma
perché?! Si tratta di un solo pomeriggio!»
«E io dovrei
rinunciare alla mia preziosissima assistente per un pomeriggio
affinché lei possa andarsene in giro con un belloccio
qualunque e avere, poi, il cuore in frantumi? Bocciata!»
«Sei un
tiranno!» borbotta Yashiro, imbronciata e con le braccia
incrociate al petto.
“Non avrei
dovuto informarlo del fatto che avrei avuto un
appuntamento…”
Lui si porta una mano
al petto, fintamente offeso. «Come puoi dire
questo?»
Si avvicina fluttuando
come suo solito alla figura della ragazza, abbassandosi per
sussurrarle: «in fondo siamo legati da qualcosa di magico, io
e te*»
[*]: riferimento alle
scaglie di sirena che entrambi mangiano nel primo capitolo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** College ***
College
Day
3
Eccolo, il giorno dei diplomi.
Dopo tre lunghi anni, eccoti arrivata a questo traguardo che sognavi da
una vita, ma che ha un sapore diverso da come l’avevi
immaginato, più amaro, più malinconico.
Il tuo ultimo giorno all’Accademia Kamome è
arrivato, ma tu avresti voluto ritardare questo momento il
più possibile; ed invece sei qui, nel cortile della scuola
ad ascoltare il discorso del rappresentate degli studenti in piedi,
sguardo verso il basso a ripensare a tutto ciò che hai
vissuto in quella scuola il primo anno quando conoscesti Hanako e come
i giorni siano diventati tutti terribilmente vuoti da quando lui
è scomparso. Da quando Aoi è scomparsa.
Ed è così che vi sentite tutt’ora, tu
ed Akane: vuoti. Probabilmente, entrambi fermi a quello stesso punto, a
quel giorno in cui avete perso qualcosa a voi troppo caro. Ed ora siete
così, in piedi l’uno accanto all’altra;
tutti stanno applaudendo al discorso del presidente, felici ed
orgogliosi di aver finito il loro percorso delle scuole superiori e lo
saresti stata anche tu, un tempo. L’idea di andare
all’Università, conoscere nuove persone e
probabilmente innamorarti di un ragazzo… già,
questo sarebbe stato qualcosa su cui avrebbe fantasticato la Nene di un
tempo, dell’inizio delle superiori, superficiale e alla quale
bastava solo che i suoi sentimenti fossero ricambiati da chiunque,
della Nene che esisteva prima di conoscere Hanako.
E quando la cerimonia dei diplomi termina e tutti gli studenti
dell’ultimo anno hanno fatto i loro saluti e
iniziano a tornare a casa, in prossimità del cancello ti
volti ancora una volta, un’ultima volta, verso la finestra
del bagno al terzo piano, dove tutto è cominciato.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Valentine's Day ***
Valentine’s
day
Day 4
Le
lezioni erano finite e tutti gli studenti dell’Accademia
Kamome si apprestavano a lasciare la scuola: chi più felice
perché aveva ricevuto cioccolatini dalla persona amata o che
aveva trovato il coraggio per darli e chi, invece, meno gioioso
perché la giornata non era andata come magari si era
immaginato.
Ed è in questo via vai di studenti che Yashiro cercò di
raggiungere il più in fretta possibile il bagno delle
ragazze al terzo piano del vecchio edificio, tenendo stretto fra le
mani un piccolo sacchettino; il leggero fiatone che aveva per via di
quella corsa e della fretta che aveva di raggiungerlo non le impedirono
di spalancare la porta d’ingresso e chiamarlo, quasi urlando:
«Hanako-kun!»
Silenzio.
Il settimo mistero della scuola non si trovava lì come
pensava, il che era molto strano. Dov’era andato?
L’unico posto dove le venne in mente si potesse trovare era
dal professor Tsuchigomori e decise, quindi, di recarsi
nell’aula insegnanti.
Era lì, mentre parlava con gli altri suoi colleghi
normalmente, completamente ignari, loro, del fatto che
anch’egli fosse uno dei sette misteri tanto vociferati tra
gli studenti di quella scuola. Aspettò che finisse di
parlare con un’altra professoressa e si avvicinò a
lui, timidamente. La doppia natura del professore le metteva una certa
soggezione ogni volta. «Tsuchigomori-sensei, sa dove posso
trovare Hanako?» chiese, stando attenta a nascondere dietro
la schiena ciò che teneva in mano.
«Numero sette? Ah, sì. È stato qui
questa mattina, era abbastanza… giù di morale. Ma
sai com’è, non parla molto e tende a tenersi tutto
per se. Anche se… posso avere una vaga idea»
disse, lasciando volutamente sospeso quel pensiero. Nene aveva come
l’impressione che Tsuchigomori sapesse – come suo
solito –, ma che si divertisse a tenerle nascoste determinate
cose.
Con un sospiro rassegnato ringraziò il professore e fece per
uscire dall’aula, ma prima che la sua figura uscisse da
lì si sentì chiamare dal quarto mistero:
«Prova a vedere sul tetto della scuola, Yashiro.»
Effettivamente, aveva ragione.
Nene corse per le scale che portavano su al tetto della scuola il
più velocemente possibile; nemmeno lei sapeva spiegarsi il
perché di tutta quella fretta, sapeva solo che voleva dare
quel piccolo sacchettino ad Hanako, esattamente come quella mattina
aveva fatto con Kou-kun, Mitsuba-kun e, presa da un moto di coraggio
inspiegabile anche per lei, anche a Minamoto-senpai. Un piccolo gesto
di ringraziamento per tutti loro e nulla più; aveva smesso
di cercare l’amore come un’ossessa, di andare lei
dall’amore. Adesso basta, sarebbe stato l’amore ad
andare da lei e doveva ringraziare specialmente Hanako-kun per averlo
compreso.
Si ritrovò così sul tetto della scuola, il
settimo mistero seduto sulla ringhiera della balconata, le gambe
penzoloni e lo sguardo fisso nel vuoto. Da lì potevano
vedere tutti che si avviavano verso l’uscita oppure che si
accingevano a iniziare le attività dei club scolastici.
«Finalmente ti ho trovato.»
Lui si voltò, sorpreso della sua improvvisa presenza.
«Yashiro!»
«Ti ho cercato per tutta la scuola, ho avuto paura che mi
evitassi…»
Fu in quel momento che abbandonò la sua espressione seria e
pensierosa, sostituendola con una fintamente imbronciata.
«Non è giusto.»
Yashiro si mostrò visibilmente confusa. «Cosa non
è giusto?»
«Hai dato i cioccolatini di San Valentino a Mitsuba-kun. A
Kou-kun. E persino a quel demonio di suo fratello!»
«Beh, sì. Cioccolata di ringraziamento»
disse con una scrollata di spalle.
«Di ringraziamento? Anche per Minamoto-senpai?»
Annuì. «Anche per lui. E ho qualcosa anche per
te» disse, mostrando ciò che teneva fra le mani.
«Piccole ciambelle al cioccolato! Volevo ringraziare anche te
perché… beh sì, perché sei
molto speciale per me, Hanako-kun.»
Ed eccolo lì, appena accennato, un sorriso sincero, di quelli
che raramente il settimo mistero si lasciava sfuggire.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Marriage ***
Marriage
Day 5
«Un lungo
vestito bianco, con ricamati sopra dei fiori! Ovviamente, per la scelta
del vestito mi farei aiutare da Aoi-chan, sarà la mia
damigella! Poi verrà celebrato all’aperto, in un
grande giardino ricco di fiori di ogni genere ed alberi! Nel momento
dello scambio delle promesse mi guarderà negli occhi con
sguardo innamorato, mi prenderà le mani e mi
infilerà l’anello brillantissimo che ha scelto per
me!» continua a fantasticare, Yashiro, sognando ad occhi
aperti quello che per lei sarebbe stato il suo matrimonio ideale.
Perché
un giorno sarebbe successo, questa è la verità.
Lei avrebbe
finito la scuola e non avrebbe avuto più motivo di vederlo;
avrebbe conosciuto qualcuno, si sarebbe innamorata davvero e un giorno
sposata.
Con qualcuno
che non sarebbe stato lui, qualcuno vivo e in grado di renderla felice.
Chiunque, ma
non tu.
E continui
ad ascoltarla mentre ti espone il suo sogno, finita ormai in un mondo
tutto suo, ma non dici niente, perché in questo momento ti
senti come trafitto da un numero spropositato di lame, senti dolore, ti
manca aria. Provi talmente tanto dolore che ti sembra – quasi
– di essere vivo.
Completamente
inconsapevole che Yashiro, mentre descrive questo suo matrimonio
ideale, senta che, in realtà, il suo sia un sogno
irrealizzabile.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Reverse AU ***
Reverse AU
Day
6
Amane era solito passare la
pausa pranzo nel giardino sul retro del vecchio edificio scolastico, un
tempo curato dagli stessi studenti dell’Accademia Kamome che
si prendevano cura dell’orto e dei fiori.
Un tempo, appunto.
Adesso dell’orto e dei fiori dai bei colori vivaci non se ne
occupava più nessuno, eppure erano lì, tenuti
perfettamente in vita senza che nessuno sapesse bene a chi affibbiare
il merito. Proprio per questo, negli anni, gli studenti avevano
iniziato a far circolare una voce in merito a quel giardino…
“Nel
giardino sul retro del vecchio edificio puoi trovare
Yashiro-san, chiunque riesca ad evocarla avrà
diritto ad un desiderio. In cambio, però,
prenderà qualcosa a te molto caro…”
Questa non era che una
delle voce riguardanti i setti misteri di quella scuola, a cui lui
certamente non credeva. Insomma, davvero pensavano che quella scuola
ospitasse sette spiriti, ognuno legato ad un particolare luogo della
scuola?
Stupidaggini,
pensò Amane, seduto contro il tronco di un albero di quello
stesso giardino.
Certo che,
però, era molto curioso di sapere chi si prendesse
effettivamente cura di quelle piante, perché per essere
così piene di vita qualcuno doveva abitualmente venire a
curarle. E soprattutto si chiedeva perché un persona dovesse
avere tanto a cuore la vita di quelle piante. Anzi, più in
generale, come
le persone facessero ad avere a cuore una vita. Amane si
portò la mano sul braccio fasciato da delle nuove bende che
proprio quella mattina il professore Tsuchigomori gli aveva messo, poi
portò quella stessa mano sul cerotto che aveva a coprire il
taglio sulla guancia.
«Senti,
Amane… perché oggi stavi parlando con
quella?»
«Con…
con chi?»
«Lo
sai, quella ragazza ridicola che ti ha fermato mentre stavi tornando a
casa. Sai, vi ho visto all’inizio della via.»
«Lei
è la rappresentante della mia classe, mi stava solo
chiedendo una cosa da consegnare al professore e abita non molto
lontano da qui. Non-»
«Bugiardo!»
gridò lui. «Sei un bugiardo, Amane!»
ripeté ancora, sventolando tra le mani quelle forbici con
cui, in quel momento, si stava divertendo a tagliare le ali di una
farfalla – non si faceva neanche più delle domande
su come fosse in grado di catturarle – senza un apparente
motivo. E lui guardava quella farfalla, ormai senza più vita
fra le mani del fratello, che non aveva nemmeno avuto la
possibilità di poter vivere appieno quell’unico
giorno che le era stato concesso. Lui aveva a disposizione anni da
vivere, mentre quella farfalla solo un giorno, eppure in quel momento
Amane pensava che fossero incredibilmente simili…
Improvvisamente
sentì qualcosa di freddo ed appuntito poggiarsi sulla sua
guancia, il viso di suo fratello davanti al suo e i suoi occhi che non
ne volevano sapere di abbandonare il suo sguardo, nel quale non
c’era paura, non c’era odio, no…
c’era perdono.
«Tu
sei mio
fratello» iniziò Tsukasa, spingendo leggermente la
punta della forbice contro la pelle e facendo uscire una piccola goccia
di sangue, che scese fino a raggiungere il suo mento. «Sei la
mia famiglia, Amane» continuò, facendo scorrere
quelle forbici per un breve tratto sulla sua guancia, ma ormai lui non
sentiva più dolore. Rimaneva immobile, impassibile.
«Non lascerò che qualcuno porti via la mia
famiglia.»
Effettivamente, se
questo mistero che esaudiva i desideri fosse esistito davvero, gli
sarebbe piaciuto chiedere di poterne esaudire uno e non gli sarebbe
importato poi molto delle conseguenze, visto che non aveva niente da
perdere. Ma si trattava solo di stupidaggini create da qualcuno a cui
piaceva prendersi gioco degli altri, cose senza senso.
Però…
perché non
provare?
«Ma che vado
a pensare! Come se chiamando questa Yashiro si presentasse magicamente
lo spirito di una ragazza per davvero…»
borbottò, tra sé e sé.
«Mi hai
chiamata?» chiese una voce di ragazza, alle sue spalle,
piuttosto allegra.
Si girò di
scatto e trovò il viso di una ragazza, particolarmente
vicino al suo, che lo scrutava dapprima sorridente, poi confuso ed
infine un po’ deluso. Era accovacciata a terra vicino a lui,
le braccia conserte sulle ginocchia, in attesa di una risposta che
tardava ad arrivare.
Sul
serio?
È
davvero lei?
«Potresti
anche dire qualcosa, sai» gli disse imbronciata.
«Tu…
Tu sei…?» visto che le parole non si decidevano ad
uscirgli dalla bocca, allungò una mano in direzione del
braccio della ragazza, notando come questa passasse attraverso. La
ragazza osservò la scena in silenzio, non particolarmente
colpita dalla situazione e aspettando un qualche tipo di reazione da
quel ragazzo che, era evidente, non aveva ancora metabolizzato che
sì, lei era uno spirito e sì, non erano solo
dicerie quelle che giravano in quella scuola.
«Quindi…
ora che hai verificato tu stesso, credi nella mia esistenza?»
gli chiese sorridente, il mento poggiato sulle mani.
«S-Sì»
rispose Amane, ancora visibilmente sorpreso da quella scoperta.
«Quindi tu sei… Yashiro-san?»
«Esatto!
Sono proprio io! Vorrei dire in carne e ossa, ma come vedi, non
è esattamente la mia condizione. È un
po’ ingiusto, non credi? Lo trovo discriminatorio,
sì sì!»
Un fantasma particolarmente
loquace, si ritrovò a pensare Amane, guardando
l’uniforme scolastica vecchio stampo di quella ragazza.
Solo in quel momento
notò che lei avesse con se una zappa e fu invitabile per lui
arrivare alla conclusione che fosse proprio lei a curare quel giardino.
«Quindi sei
tu ad occuparti di questo giardino, l’orto e i
fiori… sei sempre stata tu, vero?»
«Esattamente,
ti piace?» gli chiese, e per un attimo gli parve di vedere
nel suo sguardo una certa nostalgia. Pensò che,
probabilmente, doveva essere qualcosa che era solita fare quando era
viva.
Effettivamente era
molto giovane, dall’aspetto. Sembrava della sua stessa
età.
«Ed
è vero che tu… realizzi un desiderio a chi riesce
ad evocarti?»
Il sorriso
sparì per un istante dal volto di quella ragazza fantasma e
i suoi occhi ametista si rabbuiarono per una frazione di secondo.
«Beh, sì. Hai un desiderio?»
Amane ci
pensò un attimo. Pensò a suo fratello, a come lui
avesse paura di perderlo e come gli fosse morbosamente attaccato, alle
ferite che gli causava ogni giorno, senza ormai più
ribellarsi…
Qual era il suo
desiderio? Di certo non voleva far del male a suo fratello,
perché… perché era pur sempre suo
fratello. Poteva tagliargli un braccio, lo avrebbe perdonato comunque.
Perché lui
era la sua unica famiglia, Tsukasa non aveva nessun altro al di fuori
di lui.
Ma c’era
anche quella parte di lui che, più volte, aveva pensato di farla finita; cosa,
di preciso, non lo sapeva neanche lui. Finire la vita di suo fratello?
La sua?
Forse un modo
affinché non dovessero più soffrire
c’era…
«Senti, come
ti chiami?» chiese ad un certo punto Yashiro. Adesso il
sorriso era completamente scomparso dal suo volto.
«Yugi…
Amane» disse, confuso del perché glie lo stesse
chiedendo.
«Amane, stai
attento a ciò che desideri. Non sempre ciò che
desideriamo ci renderà felici o liberi. Guardandoti, mi
verrebbe da pensare che il tuo desiderio sia collegato a chi ti ha
fatto quelle» disse la ragazza, indicando le bende sulle sue
braccia e le ferite che celavano. «Potrebbe essere qualcosa
di troppo pesante da portare sulle tue spalle da
solo…»
Appena finì
di pronunciare quelle parole, la campanella che decretava la fine della
pausa pranzo suonò, portando Amane a voltarsi verso
l’edificio e una volta che si rigiratosi Yashiro non
c’era più.
Era sparita.
***
Quel giorno, fino alla
fine delle lezioni, Amane non aveva fatto altro che pensare agli
avvenimenti surreali che gli erano capitati. Aveva creduto di essere
diventato pazzo, però ripensò a quegli occhi
ametista e quei lunghi capelli biondo crema che sfumavano gradualmente
in un leggero verde acqua… No, non se l’era
immaginata.
Nella sua classe era
rimasta solo lui, come al solito, aspettando che tutti i suoi compagni
di classe andassero via prima di lui. Erano le quattro del pomeriggio e
tra poco sarebbero finite anche le attività dei club. Le
tende svolazzavano, mosse da un leggero vento autunnale, e
nell’aula entrava solo la luce del sole che si apprestava a
tramontare.
Così bello,
pensò Amane, osservando il cielo e salendo, senza quasi
rendersene conto sul davanzale della finestra, in piedi. Le braccia
aperte, come ad accogliere quell’illusoria sensazione di
libertà che provava nel sentire quel vento colpirlo in pieno
volto.
Ogni tanto lo faceva,
gli dava l’idea di essere libero, di poter raggiungere
qualsiasi posto, luoghi che l’uomo non avrebbe mai potuto
raggiungere.
Gli sembrava di poter
raggiungere il cielo.
E assuefatto da questa
sensazione non si rese conto di essersi avvicinato troppo al bordo di
quel davanzale, finendo così per cadere nel vuoto.
Ecco,
pensò,
è finita.
Lascerò da solo
Tsukasa.
Poi, però,
si sentì come sospeso nel tempo e la vide, di nuovo: Yashiro
era di fronte a lui, nella sua vecchia uniforme scolastica e teneva
stretta fra le mani una lunga falce a mezzaluna.
«Vuoi che
finisca così?» gli chiese solamente.
«Perché,
puoi forse cambiare il corso degli eventi?»
«No, non
posso. Attualmente qualcuno ha bloccato il tempo per me. Io ti sto
chiedendo se tu vuoi che finisca così. Se vuoi
morire.»
«Io…
non lo so. Non so cosa significhi effettivamente
vivere…»
«Non vuoi
scoprirlo?»
Amane non seppe bene
cosa rispondere. Voleva davvero scoprirlo? Scoprire come ci si sentisse
ad essere davvero vivi?
Sì,
sì io lo vorrei, ma…
«Ti basta
pronunciare un desiderio, Amane» gli disse Yashiro, come a
volerlo incoraggiare.
«Io…
desidero vivere» disse e fu quasi un mormorio impercettibile,
ma che comunque arrivò chiaro allo spirito.
«C’è
un prezzo, lo sai vero?» gli chiese, vedendolo
l’attimo dopo annuire in risposta.
Accadde tutto in un
attimo ed Amane si ritrovò sul pavimento dell’aula
dove si trovava poco prima di cadere dalla finestra.
Si voltò
verso la finestra e Yashiro era lì in piedi, quella che
prima era una lunga falce era tornata ad essere la zappa che le aveva
visto in mano quella mattina nel giardino.
Poco prima le era
sembrata una sorta di angelo della morte, mentre adesso, se non fosse
per la sua condizione di fantasma, le sembrava una ragazza del tutto
normale.
Gli si
avvicinò, piegandosi sulle ginocchia e guardandolo
intensamente negli occhi. Quegli occhi dai quali non riusciva a
distogliere lo sguardo, così vivi che sembrava impossibile
potessero appartenere ad una ragazza morta. Portò una mano
ad accarezzargli una guancia, soffermandosi leggermente su quel punto
dove si trovava il cerotto. Vide il suo viso avvicinarsi al suo e
l’attimo dopo le labbra della ragazza si posarono proprio
lì, su quella ferita che gli era stata fatta con la lama
delle forbici appena il giorno prima.
Quando si
allontanò con il viso dal suo, era tornata la ragazza
fantasma sorridente di quella stessa mattina.
«Penserò
poi al tuo prezzo. Fino ad allora, vuoi esaudire tu un mio
desiderio?» gli chiese, prendendogli le mani e racchiudendole
nelle proprie. Fu in quel momento che Amane si rese conto che ora
poteva toccarla. Le sue mani erano piccole e… fredde.
Eppure, pensò per la seconda volta nell’arco di
quella giornata, sembrava una ragazza della sua età come
altre, lì vicino a lui e viva.
E si rese conto che in
realtà voleva sapere di più su di lei, su quei
sette misteri. Sapere se erano solo dicerie o esistessero davvero
tutti. Voleva sapere come fosse morta, da quanto fosse morta;
perché si prendeva cura con tanta dedizione a quel giardino
e anche come fosse possibile che quella che all’inizio
sembrava una semplice zappa si trasformasse, in realtà, in
una falce.
Si ritrovò
ad annuire, schiavo di quelle curiosità che sorgevano una ad
una nella sua mente ogni secondo che passava ad osservare quegli occhi
che sembrava volessero scavargli fin dentro l’anima e vedere
cosa ci si annidasse dentro.
Alla sua muta risposta
vide un guizzo, per un attimo, nei suoi occhi di pura
felicità. «Allora… aspetta, sono
passati decenni e non sono più abituata.
Potremmo… non so…» si bloccò
un attimo, chiudendo gli occhi e riprendendo fiato
«… diventare
amici?»
N.d.a.
Che dire, questa
è stata abbastanza difficile. Ammetto che parte di questa
one-shot non mi convince quasi per nulla. Prima volevo terminarla molto
prima di quanto sia arrivata a scrivere alla fine, poi mi son detta
“no, ma così è fin troppo
aperto”; successivamente avevo pensato ad un finale molto
più… drammatico, ecco.
Poi mi son detta:
“ehi, ma questo potrebbe essere un buon punto di partenza per
una mini long dove i ruoli sono invertiti” e quindi non
potevo far finire tutto in un colpo solo, non so se mi spiego.
Fatto sta che alla
fine è uscita questa one-shot il cui finale mi lascia un
po’ “meh”, ma che mi piacerebbe
riprendere in futuro per rifarne una storia con una trama molto
più approfondita e sviluppata…
Spero comunque vi sia
piaciuta!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Free day! ***
Free
day!
Day 7
La scuola
è vuota.
Del resto,
come potrebbe essere diversamente se è ormai mezzanotte? Gli
studenti sono a casa propria, chi a dormire e chi, invece, fa le ore
piccole leggendo, guardando un film o anche solo parlando con qualcuno.
Chissà se Yashiro sta
già dormendo… pensi, mentre con
sguardo assorto guardi su, nel cielo stellato.
Quanti
decenni sono che passi le notti così, da solo? Fino a poco
tempo fa neanche ci pensavi più, sembrava tutto dello stesso
colore, così grigio; poi è arrivata lei.
E ogni
giornata ha iniziato ad assumere colori diversi, più caldi,
al punto che ogni notte adesso la passi così, guardando
fuori dalla finestra di questo bagno divenuto, ormai, la tua prigione
nell’attesa che alla luna segua il sorgere del sole.
In passato
non avresti mai immaginato di finire per bramare di vedere
la sua luce abbagliante, rispetto quella più solitaria della
luna.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=3950224
|