The Chance - Segui il Cuore.

di LaNana
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Am I takin' Chances? ***
Capitolo 2: *** No, not Today. ***
Capitolo 3: *** Flying Away. ***
Capitolo 4: *** Faith and Copacabana. ***
Capitolo 5: *** Everything's changing, isn't it? ***
Capitolo 6: *** Half-moon. ***
Capitolo 7: *** Let's Kill Liz. ***
Capitolo 8: *** Daddy Davie. ***
Capitolo 9: *** Sweetheart. ***
Capitolo 10: *** Fire With Fire. ***
Capitolo 11: *** Phone Ringing. ***
Capitolo 12: *** Chocking. ***
Capitolo 13: *** Get up, Eat, Soccer and Again. ***
Capitolo 14: *** We’re gonna get it. ***
Capitolo 15: *** Penalty Area. ***
Capitolo 16: *** Fourtytwo. ***
Capitolo 17: *** Hard Times. ***
Capitolo 18: *** Hard Times part two. ***



Capitolo 1
*** Am I takin' Chances? ***


The Chance
Segui il cuore.


Chapter one.
Am I takin' Chances?

Che caldo infernale ragazzi, si soffoca proprio oggi. Tiro su bene il calzettone e mi rimetto a correre per il campo, tanto stiamo vincendo tre ad uno, posso prendermela comoda. Rallento, passo la palla e mi fermo, il mister mi chiama. Cosa sta gesticolando? Harriett è diffidata e sta facendo la stupida, devo andare a calmarla. Che palle.
Mi giro, vedo i suoi capelli biondo miele legati in una bella treccia lunga fino a metà schiena agitarsi mentre marca una ragazza.
- Harry!- mi guarda, le faccio segno col pollice, passandolo sulla gola. Ti sgozzo. Ride. Arriva il numero nove della squadra avversaria, le corro incontro piano, la scarto, le rubo il pallone e lo spazzo via. Che partita noiosa Santo Cielo.
- Liz!- mi giro.

Ancora il mister?

- Tra dieci minuti arrivano gli osservatori, mi raccomando tutto sotto controllo.- gli sorrido e alzo il pollice destro.
- Ragazze arrivano!- urlo alla cieca tanto so che sono tutte concentrate, stiamo tutte aspettando che arrivino.
Lasciate che vi spieghi prima di proseguire però. Mi chiamo Elizabeth Luna Amaral Hall, per gli amici Liz. Gioco a calcio in una squadra femminile nella cittadina di Portsmouth in Inghilterra, ho ventidue anni, figlia di una brasiliana e di un inglese, mi porto addosso 54 chili di salsa e football. Purtroppo per mia madre Priscila, preferisco correre dietro ad un’insulsa sfera che dimenare il fondoschiena, e sì che ce ne sarebbe da menare pensandoci: una quarta abbondante di seno e un “sedere a mandolino” per essere fini. Eppure sì, sono il terzino destro della squadra. E vi dirò di più, la società ha convocato degli osservatori visto che con questa partita ci aggiudichiamo il campionato, sapete magari ce ne andiamo dalla realtà provinciale e portuale di Portsmouth, magari ci buttano a Londra nella capitale. Magari.
- Vai Liz!- papà Davie Hall, con Matt Gabriel Amaral Hall mio fratello di quindici anni. Li saluto e Matt sbuffa, si annoia a morte lui preferisce il soccer americano. O almeno il football maschile, non noi “donnette schizzate”.
Dieci minuti dopo entra la delegazione si FIFA, e i quattro uomini si accomodano sugli spalti, carta e penna alla mano.

Ok Liz, stai tranquilla e andrà tutto benone, vedrai.

Attacchiamo, siamo quasi al settantacinquesimo, facciamo le cose molto rilassate. Durante l’azione una ragazza del Dover fa un fallaccio ad una centrocampista, Rachel. Lei si rialza e cominciano a litigare, stanno arrivando gli insulti, tra poco alle mani conoscendo Rachel.
- Oh meu Deus.- brasiliano docet. Corro verso di loro e tiro alcune compagne per le braccia, allontanandole dalla mischia – Ragazze ci sono gli osservatori, vogliamo fare bella figura por favor?- il gruppo si allarga e l’arbitro tira fuori un giallo alla ragazza del Dover e uno alla nostra centrocampista per proteste. Torno al mio posto, guardando il gruppo degli uomini della FIFA in giacca e cravatta, sotto il sole da 22,5°, non particolarmente caldo ma sicuramente scomodo.
Mi giro appena in tempo per vedermi arrivare la palla dalla regista, me la porto avanti correndo calma, c’è tempo in fondo. Mi allargo ancora un pochino al filo della linea laterale di campo, si sa mai che racimolo una rimessa. Eccomi, pronta a crossare. Faccio leva sulla sinistra, carico il destro e vengo atterrata malamente da una della difesa. L’arbitro fischia verso le mie braccia al cielo.
- Fallo arbitro!- gli urlo sbuffando e sbattendo le braccia sull’erba, contrariata. Concesso. Sorrido, suvvia è normale richiedere un fallo, anche se in modo un po’…teatrale, ecco.
- Vediamo che sai fare, figlia di un trans.

Ay, que? Figlia di un trans?

- Che?
- Le brasiliane sono tutte o troie o transessuai, uomini con le tette.- e ride, mimando con le mani due seni enormi sul suo petto piatto e se ne torna in difesa.
Guardo la porta avversaria. Sono abbastanza vicina all’area, posso provarci, alla fine non ho ancora segnato in sta partita. Appoggio il pallone e mi allontano, per poi riavvicinarmi di corsa quando il direttore di gara fischia. Tiro, sperando nell’effetto un po’ discendente del pallone…ecco che ruota…stringe verso la porta…
- Cazzo non ci credo l’incrocio dei pali!- salto felice, ridendo, esultando, gridando, facendomi travolgere dalle compagne. Luke, il coach, applaude e ride. Bel ragazzo Luke. Ventisei anni, biondo, occhi verde smeraldo, fisicato da paura, sorriso da pubblicità di un dentifricio e un posteriore…ecco, non male. Tossisco, riportandomi alla partita.
- Non male per un’immigrata, figlia illegittima di un magnaccio e una prostituta.

Eh no, ma ce l'ha con me questa! adesso basta.

Centro campo, palla a loro. Fischio, si riparte. Cercano di spingere invano, dalla difesa prendono e spazzano via. Vedo la numero ventiquattro prendere il pallone, quell’idiota di prima. Corro, accelero molto, la sto puntando, sì.
- Liz! Che fai?

Zitto Luke.

Tra un passaggio e l’altro ha di nuovo lei il pallone, arrivo da lei, metto piede a martello e le entro diretta sul parastinchi, mentre lei crolla a terra. Sì, un fallo gratuito ed intenzionale. E le ho fatto pure male di spontanea volontà. Gioco fermo, non mi volto nemmeno per vedere il cartellino rosso.
- La prossima volta sta zitta se vuoi salvarti la rotula, scema.- e mi incammino verso la panchina. Prendo la felpa ed il borsone.
- Liz ma che hai fatto? Che ti ha preso?
- Luke non rompere.
- Non rompere? Ma ci sono gli osservatori Liz, la tua vita!- guardo i suoi occhi verdi e non capisco se quei riflessi neri sono le sue pupille o le mie tanto mi è vicino. Sta sussurrando nervoso. Schiudo la bocca e mi volto verso gli uomini seduti dietro la panchina e mi slego i capelli. Quelli stanno ridendo.
- Non rompere Luke.- non gliene frega niente a quelli lì, eccola la verità. Chissà perché si sono anche disturbati a venire alla partita. Mi incammino verso gli spogliatoi scartando il mister e scendendo i gradini. Arrivata in corridoio, percorrendolo, incrocio altri due uomini FIFA e lì il mio cuore si ferma. Poi scalpita. Poi si ferma di nuovo. Poi…poi non lo so, so che sono rimasta impalata, bocca spalancata, lingua a terra e occhi fuori dalle orbite. Danilo Ricardo Dias Barros De La Silva. Meglio conosciuto come Dani Silva, portiere del Barcellona e della nazionale brasiliana. Non che il mio più grande sogno erotico, lo ammetto.
- Dani Silva.- bisbiglio più per autoconvincermi che sia lui che per altro. Mi passa a fianco e mi sorride. Sorriso bianco latte a duecentosettantasette denti. Ottantamila punti gratis per lei signor Dani Silva. Lo seguo con lo sguardo. Occhi neri e profondi, capelli corti e sempre spettinati, viso da Maschio, mascella squadrata, un metro e novantadue di muscoli e agilità, e tutto il resto che sbavo solo a pensarci. No non ce la posso fare.
- Ciao.

Mi sta salutando?

A me? Proprio io? Sudata, pezzata e maleodorante, i capelli appiccicati alla faccia? Io? Altri centomila punti, mi pare più che dovuto.
- M-mi fai un autografo Dani?- non ci sto credendo. Mi saluta, mi sorride, fa il figo e io gli chiedo un autografo.
- Sicuro.- e sorride di nuovo. Mi sta guardando negli occhi, fisso. Ok, andiamo con altri centomila punti per la pazienza.
- Non ho niente per farti scrivere, che tonta
- Di dove sei?- cos’è entusiasmo quello?
- Minha mae é de Rio de Janeiro mas eu nascì aquì na Inglaterra mas todos os anos, no verao, vou no Brasil visitar meus avòs.*
- Eu nasci no São Paulo, mas sempre vivi em Santa Fé do Sol com meu pai.**
- Sei mai stato a Rio de Janeiro?
- Mai.
- Dovresti andarci, è molto bella.- gli sorrido.
- Potresti farmi da guida allora.- sempre ridendo mi schiocchia un occhiolino.
- Perché no.- ride e lui abbassa lo sguardo a terra, riposizionandolo poi diretto nelle mie pupille.
- Hai gli occhi celesti.- sto arrossendo, aiuto, salvatemi! Rossore resta indietro per diamine!
- Sì, mio padre è di Portsmouth.
- E’ una cosa molto bella…gli occhi chiari su una brasiliana sono…incomum. Come si dice incomum in inglese?
- Inusuali.
- Inusuali, sì.- mi strappa un altro sorriso. Un altro milione di punti, anzi milioni e milioni ancora.
- Dani!- lo chiama un signore.
- Arrivo.- si volta verso di me – Un paio di consigli veloci. Primo: non fare un fallo del genere quando mancano più di dieci minuti alla fine della partita, aspetta almeno il recupero dopo il novantesimo, non si sa mai.- delle grida di esultanza arrivano dal campo. Luke compare all’ingresso del corridoio, paonazzo con un sorriso da un orecchio all’altro.
- Cinque ad unoooo!- mi urla, io rido.
- Ok, non è questo il caso ma facci attenzione, non avrai le tue compagne se cambi squadra.- annuisco. Mi da consigli, migliaia di punti, così a palate proprio.
- Sì. E poi?- sorride malizioso e abbassa gli occhi all’altezza del mio petto. No. No. No. Ti prego dimmi che non mi sta guardando le tette, ti prego…
- Dovresti prendere una taglia maggiore della divisa, è difficile guardarti negli occhi, soprattutto se ce l’hai appiccicata addosso.- ha trent’anni, una compagna e due figli. E fa il ruffiano con tutte, lo sapevo già ma non volevo crederci, ora ne ho la prova. Ci sta provando con me.
Mi sta fissando le tette con lo sguardo da porco. Sento i punti scendere esponenzialmente, avete presente quando crolla un mito? Certo è IL sogno erotico per eccellenza nella mia testa, ma è un padre di famiglia cazzo.
- Gli occhi…- gli schiocco le dita di fronte alla faccia riportando l’attenzione al mio viso -…sono più in alto.- l’uomo lo chiama di nuovo mentre Luke mi corre incontro esultando in pantaloncini. E basta.
- Siamo campioni della League!- mi abbraccia di slancio sollevandomi di peso.
- Devo andare, ci vediamo a Rio de Janeiro allora Mirela.- mi guarda negli occhi e si allontana sorridendo.
- A presto, ciao Dani!- saltellando su due piedi. Luke mi guardava perplesso – Cosa?
- Ma…
- Sìììììììì!- cinguetto felice – Era Dani Silvaa! E mi ha salutaaaatooooo!- una cantilena da bambina.
- Ma tu non ti chiami Mirela.
- Sei solo invidioso.- prendo borsone e felpa ed infilo la porta degli spogliatoi, ma una volta dentro la bolgia umana delle mie compagne mi travolge. E festeggiamo dai, saúde!

*Mia madre è di San Paolo io invece sono nata qui in Inghilterra anche se tutte le estati vado dai nonni.
**Io sono nato a Rio de Janeiro ma ho sempre vissuto a Santa Fè do Sol con mio padre.

PICCOLO SPAZIO LaNana

Dunque che dire...? E' la terza FF che scrivo e mi cimento già con un'Originale...premetto che ho un canone mentale di Dani Silva, ma non ho intenzione di svelarvi chi sia fino all'ultimo capitolo, contando che ne sto stravolgendo il personaggio pubblico, la vita, ed il carattere! Liz non nasce da un personaggio pubblico, è frutto della mia fervida immaginazione e dell'aiuto della ia collega di lavoro, la mitica Spriskji (Priscila) alla quale dedico la storia e che ringrazio per l'aiuto immenso che mi sta dando con il brasiliano!
Ricapitolando comunque: Liz è mezza inglese e mezza brasiliana, gioca a calcio e incontra Dani Silva, il suo eroe, il suo mito sportivo, l'uomo che più ammira al mondo dopo suo padre. Come andrà a finire?
Spero non sia troppo una boiata xD Fatemi sapere se vi piace!
Grazie a tutti!
LaNana

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Capitolo 2
*** No, not Today. ***


The Chance
Segui il cuore.


Chapter two.
No, not Today.

 

Apro gli occhi. Anzi, li spalanco. Non sono nel mio letto, non sono a casa mia. Dove quindi?
Sento delle mani abbracciarmi e accarezzarmi il fianco. Ora giocare con l’elastico delle mutandine. Tirarlo e lasciarlo facendolo schioccare contro la pelle.
- Ahia!- una risata cristallina mi rilassa – Harry minha querida
- Non iniziare a parlare in brasiliano vecchia ciabatta, non ti capisco, soprattutto se vengo da una cazzo di sbornia atomica come ieri sera.- si siede sul letto stropicciandosi gli occhi.
- Ma stai zitta, mi hai fatto spaventare con il tuo scherzetto delle mutande.
- Se ti fossi messa il perizoma sarebbe andata peggio, ritieniti fortunata.
- Scema.- mi giro su un fianco riconoscendo la cameretta di Harry: i muri azzurrini e i mobili in noce chiari, nonché gli ippopotami sparsi qua e la. Ebbene, Harriett Moore ha un amore spassionato per gli ippopotami, siamo essi di peluche, di legno o di qualsiasi altra cosa. È stata capace di fare sesso orale ad un appuntamento con compagno di scuola per farsi dare una statuina in bronzo vinta al luna park. Avevamo diciassette anni e ancora adesso se le si chiede la provenienza dell’oggetto risponde “Non ricordo, ne ho troppi!” per la troppa vergogna.
- Dimmelo che mi vuoi bene e che rimango la tua migliore amica.- mi copro la testa con un cuscino mentre lei mi abbraccia teneramente. Lo ammetto, Harry è la mia migliore amica, possiamo dire che è come una sorella, stiamo sempre insieme da quando eravamo piccole e abbiamo sempre condiviso tutto, anche i fidanzatini. O almeno finché non ha puntato gli occhi su Owen e messo la testa a posto.
- Sì, basta che la smetti di torturarmi brutta serpe.
- Anche io te ne voglio bella morettona che non sei altro.- si alza dal letto e si infila la vestaglia al volo – Ah. Ho mollato Owen, mi sa che mi vedrò un po’ con Mark.- ok come non detto.
- Mark?
- Sì l’ho conosciuto ieri sera alla festa, gioca nel Southampton.
- Southampton?
- Southampton.
- E Owen?
- Ma sì, fa niente.- la guardo e lei inizia a ridere.
- Guarda che io non ti sposo se rimani zitella.- scendo dal letto sorridendo mettendomi la vestaglia che mi presta ogni volta che rimango da lei. Cioè tutti i weekend.
- Ehi, ehi, vacci piano con le parole immigrata. Guarda qua.- si apre la vestaglia e fa una giravolta – Chi si farebbe scappare sto ben di Dio? E guarda che culetto!- scoppiamo a ridere, smettendo immediatamente.
- Non è una buona idea ridere dopo una sbornia.- annuisce – E’ già pronta la colazione?- annuisce – Ottimo.
Dopo una lauta colazione, una doccia rinvigorente, ci dirigiamo al campo da calcio, dove ci alleniamo ogni santissimo giorno, tranne il lunedì, e dove giochiamo la domenica se le partite sono in casa.
Ad attenderci un Luke un po’ sottotono, vittima anche lui dei bagordi della sera precedente. Ci raduniamo tutte e ci sediamo per terra, ma senza le divise da gara: è l’incontro informale dei lunedì per analizzare la partita.
- Ci siamo tutte ragazze?- cappellino calcato in testa ed occhio appannato.
- Manca Isabel. È a casa a cercare di ricordarsi il suo nome.- da un paio di occhialoni scuri arriva la voce impastatissima di Rachel.
- Nottataccia?- la stuzzico.
- Taci, ho pure ballato sul cubo ieri sera.- ridiamo tutte, la discoteca è il suo peggior incubo.
- Eri fantastica tesoro, ho quasi invidiato le tue autoreggenti.- la ragazza rivolge un insulto un po’ colorito a Harry che non sta mai zitta.
- Bene, ragazze oggi faremo alla svelta. I commissari FIFA sono ancora qui, vogliono un colloquio individuale con ognuna, fate le brave.

I commissari FIFA sono ancora qui? Anche Dani?

- Scusa Luke…- mi alzo e lo raggiungo qualche passo più un là -…per commissari FIFA intendi…
- Sì c’è anche Dani Silva, il tuo amato Dani. Ora scusami Liz ma ho un mal di testa terribile, vado in sala pesi, mi trovate lì.- si gira verso il gruppo - La partita è andata bene, ne riparleremo un'altra volta. Harriett, vai sei la prima, il signor Donovan ti aspetta all'ingresso spogliatoi .- e se ne va piantandomi immobile sull'erba del campo. Harry mi piomba addosso da dietro facendomi cadere a terra e lei, ovviamente, su di me.
- Liz vado, augurami buona fortuna.
- Che ti venga un cagotto fulminante!
- Grazie!- e mi stampa un bacio in fronte per poi correre dall’altra parte del campo dove c’era un uomo alto e brizzolato ad aspettarla. Si stringono la mano presentandosi. Vedo Harry tutta eccitata, più allegra e sorridente del solito, i capelli biondi al vento, il sorriso apertissimo mentre parla. Poi spariscono in corridoio. Vedo Rachel avvicinarsi a me e sdraiarsi a pancia in su, esattamente come sono io.
- Se non la scelgono perché è brava, la scelgono perché è una figa da paura la nostra Harry.- rido.
- Dipende se hanno degli ippopotami da offrirle in cambio.- ride insieme a me, mentre lentamente arriva Isabel.
- Zitte, non commentate. Non voglio sentire una mosca ronzare nel raggio di mille miglia.- stramazza a sedere vicino a noi e si toglie il berretto. Lunghi e vistosi capelli verdi le circondano il viso arrossato dal primo sole.
- Isa…!- si leva un leggero coro.
- Stanotte ho deciso di farmi mora con una tinta per capelli, ma ero sbronza. E ora son verde.- ridiamo tutte – Zitte cazzo, zitte.- esclama. Vediamo Harry tornare indietro di corsa sorridente. La guardiamo tutte.
- Kim tocca a te.- il numero uno della squadra si alza e va, perplessa in volto.
- Allora?- la incalzo.
- E’ andata bene.- sorride e si sdraia.
- Sì, ma bene come?- le chiede Rachel.
- Bene nel senso di bene!- le strattono un braccio.
- Spiegati Madonna mia!
- Ehi, calma! Mi han proposto una stagione all’estero, gli sono piaciuta. Germania, Italia o forse Francia.- si sdraia di nuovo stiracchiandosi, mentre noi ci fissiamo sbalordite.
- Però! Complimenti.- commenta Serena Johnson capitano della squadra.
- Ho rifiutato.
- COSA?- un urlo collettivo.
- Ragazze, - si mette a sedere – non posso mollare i miei ora come ora, poi non credo che a quarant’anni vivrò ancora di calcio, dai usate la testa. È un hobby e rimarrà tale.- sfodera un sorriso enorme – Anche se Dani Silva era una bella tentazione, non so se qualcuno riuscirà a dire di no.- e mi da una gomitata. Ridiamo tutte e ci fissiamo negli occhi.
- Sarà dura salutarci.- guardo Serena.
- Già.- conferma Rachel – Ormai lo sappiamo, qualcuna se ne andrà. Sarà brutto.- Harry l’abbraccia di slancio.
- E noi rimarremo qui a Portsmouth invidiose, mogli e madri di tre figli, a commentare la carriera delle alte per poi accoglierle con un sorriso smagliante quando torneranno.- centrocampista e difensore si sorridono. Due amiche si sorridono.
- Serena, è il tuo turno.- il capitano si alza e corre lentamente verso l’uomo alto e brizzolato, per poi sparire in corridoio.
- Non me ne vado. Mi han detto che son brava ma ho ancora della strada da fare, magari tra due anni.- un sorriso remissivo si Kim ci scioglie. È la più giovane della squadra, appena diciottenne e gioca con il cuore.
- Un abbraccio collettivo!- urla Harry e tutte e ventuno ci abbracciamo e ci stringiamo. Stiamo lì ferme, mezze sdraiate, mezze sedute, a coccolarci tutte insieme…sono momenti che vorresti non finissero mai.
- Ragazze.- ci voltiamo tutte. Luke e Serena sono in piedi vicino a noi – Fatevi coraggio, siete un gruppo, delle amiche, non delle mercenarie. Siete quasi tutte nate e cresciute qui vi conoscete da anni, state su non è la fine del mondo.- Serena ci guarda e guarda Luke.
- Lascio la squadra ragazze, me ne vado a Londra.- cala il silenzio.
- L…Londra?- balbetta Sarah, attaccante. Vent’anni, bionda, occhi verdi e una sensibilità estrema. Inizia a piangere e noi come un gregge di pecore, tutte dietro a lei. Mi tengo in disparte, disarmata ed in silenzio, senza saper che fare e come comportarmi. Ad una ad una le ragazze vanno e tornano, rimangono tutte a Portsmouth tranne Serena e Isabel che se ne vanno a Londra, ma sempre in Inghilterra. Insomma, la squadra fa a meno del difensore più forte che abbiamo, nonché nostro capitano, e del terzino sinistro.
- Vai Liz, sei l’ultima tocca a te.- Luke mi da una pacca sulla spalla facendomi uscire una lacrima ed un sospiro. È dannatamente difficile questa cosa.
- Io…- Harry mi abbraccia.
- Vai Liz, siamo tutte con te, rendici fiere.- mi spinge e mi incammino a passo svelto.
- Signorina Hall, molto piacere sono Jack Donovan delegato FIFA.
- Elizabeth Luna Amaral Hall, piacere mio.- l’uomo alto e brizzolato ride, una risata profonda da compagnone.
- Immagino il codice fiscale!
- MRLLBT…
- Stavo scherzando Liz, scherzavo!- mi riavvio i capelli lunghi e neri – Coraggio vieni, non essere tesa.- mi apre la porta del corridoio per farmi passare.
- Grazie.- sussurro.
- Dai fatti coraggio, c’è anche Dani Silva in saletta.- mi passa una scarica elettrica nel corpo, un brivido da testa a piedi al solo sentire il suo nome. Dani Silva.
Arriviamo alla saletta e mi fa entrare. È la stanza dove il presidente Cumberg ci fa firmare i contratti, alle pareti appese nostre foto di squadra, trofei, medaglie e targhe in ottone.
- Buongiorno Elizabeth.- pesante accento francese – Sono Pierre Gaillard. Delegato francese FIFA. Alla mia destra il signor Roberto Scapparati e Jack Donovan, rispettivamente delegato italiano e inglese FIFA. Alla mia sinistra come ha già avuto modo di conoscere, il signor Danilo Ricardo Dias Barros De La Silva, portiere del Barcellona, designato come osservatore temporaneo. Si sieda.- mi siedo sulla sedia di fronte all’uomo che si mette un paio di occhialetti da lettura – Come sta?
- Mi sembra di rifare la maturità, ma sto bene, grazie.- in sala si diffonde il gelo. Mi riavvio i capelli, tic di nervosismo. Secondi che sembrano minuti.
- Bene,- interviene Donovan – come dire Liz, ci hai colpito. In un modo o nell’altro ci hai veramente fucilato tesoro.- abbassa gli occhi su alcuni incartamenti – Nella tua squadra sei quella che meno perde palla e specialista dei calci piazzati. Non hai uno scatto particolare e i colpi di testa non sono proprio il tuo forte, ma quando hai la palla tra i piedi viene fuori la brasiliana che è in te piccola. Samba signori!- e ride, Jack Donovan ho capito che ride sempre.
- Devo ammettere che non c’è un mercato particolare nel quale inserirti, o meglio, tutti andrebbero bene, tutti vogliono una come te.- Scapparati mi guarda negli occhi – La Torres di Sassari cerca una come lei.
- Io trovo che debba calmarsi un po’, magari partire da serie più basse non dalla serie A in Italia, signor Scapparati. Un ottimo inizio internazionale potrebbe essere la RC St-Etienne.
- Io credo che debba solo scegliere, dovunque va bene. In serie massima, in serie minori. Dipende da lei.- si girarono tutti verso Dani Silva – Sì, insomma l’avete vista, corre, gioca, si diverte, ci mette il cuore non è solo un hobby per lei. Metterla in seconda divisione in Francia è come tagliarle le gambe Monsieur Gaillard, una come lei sarebbe fondamentale al Barcellona di quest’anno, sono arrivate quinte, non hanno più una bandiera dopo che la Rubio si è ritirata.
- Io sono d’accordo.- rincara Donovan – Ce la vedo bene in blaugrana.- gli sorrido e guardo Gaillard negli occhi.
- Io…veramente non saprei, non…non capisco quali possibilità ho.
- Barcellona.
- RC St-Etienne.
- Torres di Sassari.
- Dovunque vuoi, tesoro. In Inghilterra dove vuoi io ti ci mando.
- Io…non…
- Senta Elizabeth, i treni passano una volta sola nella vita. Due sue compagne li hanno presi al volo e ne vanno a Londra. Lei cosa vuole fare? Diventare moglie e madre senza essersi realizzata, accontentatasi di un lavoro modesto e rimanere al palo, o vuole cogliere l’occasione della sua vita, la possibilità che qualcosa si muova?- Gaillard si sporge in avanti sul tavolo – O forse non lo vuole abbastanza?
Forse più una provocazione che altro, ma ci cado con tutte le scarpe e non faccio nemmeno in tempo a fermare le parole che mi escono dalle labbra.
- Barcellona.- si tira su con stizza e riposiziona gli occhiali sul naso, scarabocchiando qualcosa.
- Barcellona sia!- gioisce Donavan.
- Barcelona Liz, devi cominciare ad imparare lo spagnolo adesso.- commenta il delegato italiano.
- Grazie. Grazie a tutti.- mi alzo in piedi e stringo le mani agli uomini uno dopo l’altro.
- Obrigado.- sussurro stringendo la mano a Dani e lui trattiene la mia tra le sue.*
- De nada. Falta gente como você.- gli sorrido poi corro fuori dalla stanzetta e dal corridoio sentendolo poi aggiungere - Particularmente com aquelos seios...**
- Porco.- scuoto la testa e sbuco in mezzo al campo e vedo le ragazze strette intorno alla Johnson e ad Isabel, le due in partenza per Londra.

E ora come faccio a dire che me ne vado in Spagna?

Rallento la corsa e mi avvicino camminando, si voltano tutti verso di me. Harry sorride, già ha capito, mentre Luke si incupisce.
- Te ne vai pure tu brutta stronza.- guardo Rachel.
- Barcellona.- Harry si alza e mi abbraccia, stringendomi forte.
- Sono fiera di te Liz, tanto.- aumenta la stretta – Mi mancherai un casino.
- Non parto mica ora.- mi sciolgo e la stringo forte a me.
- Vieni con me.- Luke mi prende per un braccio e mi allontana dal gruppo di una decina di metri.
- Cosa…?- mi tiene il viso tra le mani, fissandomi negli occhi.
- Liz ci hai pensato bene, ci hai pensato abbastanza? Hai ragionato su tutte le possibilità? Hai pensato davvero a tutto?- ha un’espressione accigliata, tesa.
- Io non…
- Quali scelte avevi?
- Barcellona…
- Sì, oltre alla Spagna.- sbuffa nervoso.
- Torres di Sassari, St-Etienne in Francia e l’Inghilterra intera.
- Dimmi perché hai scelto Barcellona, e ti prego non mi dare Danilo Silva come motivazione.- corruga le sopracciglia, gli tremano leggermente.
- La Torres è la prima del campionato non ha bisogno di rafforzarsi…la St-Etienne è in seconda divisione non crescerei…il Barcellona è in serie A ma è arrivata quinta.
- Perché non l’Inghilterra?- rimango in silenzio. Perché non l’Inghilterra?
- Non capisco Luke, dovresti essere contento.
- Sono felice se lo fai per la tua carriera, non per inseguire un idiota.
- Dani non è un idiota.- mi lascia il viso e mi fa un sorriso sconsolato.
- Mi chiedo come fai a non capire.- laconico. Si allontana piano.
- Luke!- lo chiamo.
- A casa ragazze, ci vediamo domani, domenica abbiamo l’ultima di campionato! Lo sforzo finale su!- batte le mani e si dirige verso gli spogliatoi.
Ok, non ci capisco niente.

I giorni seguenti stanno andando normali, ci alleniamo, sudiamo, ci stiamo preparando per l’ultima partita contro le ragazze della Sheffield.
Tutte le volte che ho cercato di parlare con Luke ha inventato ogni scusa plausibile per andarsene, mi evita. Harry dice che non lo si può biasimare dopo che gli ho spezzato il cuore, io invece vedo più probabile la delusione della mia partenza, penso si aspettasse che rimanessi. Harry dice che è innamorato di me, io le rispondo che rimane la fascia destra scoperta. La nostra società ha qualche problema finanziario, non so se reggeranno la campagna acquisti, ma ovviamente secondo Harriett non è questo il punto.

È domenica mattina, breve allenamento e briefing pre partita. Ora siamo tutte in riga e il presidente Aaron Cumberg passeggia avanti e indietro.
- Serena Johnson, Debra Hampton, Rachel Woods, Anne Lee Cox, Darleen Bell, Sarah Lloyd, Jane Butler, Harriett Moore, Jane Mills, Justine Matthews, Kim Walker, Laurie King, Elizabeth Luna Amaral Hall, Clara Stagni, Hilary Steel, Sarah Lewis, Tara Price, Zoe Carter, Morgan Johnson, Vivienne Lacroix, Kristin Creep, Lula María Ávila Grados, Tanya Jackson. Grazie a tutte per questa stagione, siete state fantastiche. C’è chi a settembre se ne va e chi resta, rimane comunque il fatto che siete giocatrici e donne eccezionali e avete la mia più completa stima. Ora però scendete in campo e divertitevi, dimenticate tutto, i problemi, le gioie, pensate a spassarvela e a nient’altro.- tutte battiamo le mani, qualcuna grida di esultanza.
- Dateci dentro ragazze.- lo sguardo di Luke si ferma nei miei occhi e poi scuote la testa.
- Cosa c’è?- mi avvicino abbassando il tono di voce. Mi accarezza dolcemente una guancia.
- C’è che non hai mai capito niente tu.- passa il pollice sulle mie labbra – Sei sempre stata troppo assorbita dal calcio per vedere me. Ed ora un Dani Silva qualunque ti porta via.- ok, ok, ok. Aiutatemi, cosa intende dire?
- Luke cosa…non…- mi da un bacio sulla fronte, un bacio sofferto e doloroso, per poi stringermi tra le braccia.
- Sei bella e brava Liz, il mondo è ai tuoi piedi, sappi solo che a Portsmouth c’è uno stupido ragazzo che allena una squadra femminile che ti aspetta. Non per molto ma ti aspetta.- appoggia il mento sulla mia testa – Ora và.- mi lascia e mi spinge via – Vai a giocare come sai fare.
Mi tolgo la felpa e lo seguo, appoggiandola sulla panchina, mi fermo a fianco a lui guardandolo negli occhi.
- Grazie Luke.- mi sorride.
- Vai Samba, corri ora prima che non ti lascio più andare.
Formazioni in campo, palla nostra. Cerchio centrale, io e Rachel ci sorridiamo, è l’ultima partita insieme, che groppo alla gola.
- Andiamo.- annuisco e c’è il fischio d’inizio.
Non saprei dire se è l’emozione per la doppietta, non saprei se è far parte della squadra più forte della League, non saprei se è lasciarle, ma non so distinguere quali gocce siano lacrime e quali sudore, o per lo meno non oggi.

*Grazie
**Di niente. c'è bisogno di gente come te. [...] Soprattutto con quelle tette.

PICCOLO SPAZIO LaNana

Siamo al secondo capitolo, le cose cominciano a delinearsi: abbiamo la nostra Liz in partenza, Harry sua migliore amica felice e spensierata, la squadra un po' sottotono ed un allenatore innamorato della bella Liz. E poi questo Dani Silva che fa l'eroe, un po' maniaco ma eroe, le propone infatti una grande scelta, importante per la carriera, occasione che lei coglie al volo.
Non ho ricevuto recensioni quindi non saprei dirvi se la FF va bene, vi piace o meno, ma ringrazio AlterSiby, broncino e Cristie per averla comunque messa tra le seguite!
Spero in qualche recensione e vi auguro una buona lettura!!
Grazie a tutti!
LaNana

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Capitolo 3
*** Flying Away. ***


The Chance
Segui il cuore.


Chapter three.
Flying Away.

Chiudo la rivista che ho in mano e guardo fuori dal finestrino. Potrebbe anche essere l’ultimo passaggio per l’Inghilterra per quello che ne so in questo momento, ora mi trovo a Londra. Me la sono dovuta fare in treno fino alla capitale per salire su questo dannatissimo aereo per Rio de Janeiro. Spengo il cellulare, non prima di aver guardato l’ora: le 07.03 di mattina. Sospiro, sono stanca morta e mi aspettano quasi dodici ore di volo.
Le hostess illustrano le vie di uscita, come gonfiare i salvagente, come indossare le mascherine ad ossigeno, poi finalmente il rombo dei motori ed il rullare delle ruote segnala la partenza. Vuoto d’aria e siamo in volo, dopo una manciata di minuti abbiam preso quota.
- Posso portarvi qualcosa per colazione?- mi giro verso la hostess. Mi ero quasi dimenticata che in prima classe si potesse scegliere.
- Per me un caffé ed un cornetto al cioccolato grazie.- mi rigiro verso la distesa di nuvole.
- Un the verde tiepido con una fetta di limone e un cucchiaino di fruttosio, obrigado.- mi giro e guardo la donna affianco a me – Cosa c’è Liz? Siamo in prima classe, sono stata anche gentile.- sorrido.
- Quello sì mamma, ma mi chiedo come fai a berti il the verde col limone la mattina.- ride sonoramente facendo ondeggiare i grandi orecchini di onice ed ametista ed il caschetto biondo. È bella mia madre, ha quarantadue anni ma ne dimostra almeno dieci in meno, si tiene bene e ha pochissime rughe. Anzi guardandola meglio non ne ha proprio, solo quelle d’espressione del sorriso, un grande sorriso.
- Che hai da guardarmi Liz?- rimango a contemplarla qualche istante ancora. Il paragone con lei mi è sempre pesato, lei è bionda (certo tinta, ma è bionda che sembra naturale), occhi color nocciola e da struccata sembra avere un trucco ipersofisticato in stile nature. Io ho i capelli mossi lunghi e neri, occhi celesti e la pelle olivastra, come la sua. Il problema è che non le somiglio molto, di suo ho solo il corpo, ma la delicatezza, l’eleganza , beh…c’è poca roba.
- Niente ma, un attacco di invidia.- arriva la hostess a portarci la colazione.
- E’ che non ti vedi allo specchio, tesoro. Ora fa’ colazione e dormi, sei stanca. Ti ho sentito stanotte che sei tornata alle tre pur sapendo che alle quattro dovevamo uscire!
- E’ che sapevo mi avresti lasciato dormire in aereo.- addento il cornetto e il sapore della crema al cioccolato mi si diffonde in bocca.

È che non ti vedi allo specchio, tesoro.

Oppure mi vedo, mi sforzo, ma non ci riesco. Sarò pure bella, simpatica, alla mano, ma non ho mai avuto una storia decente. Sarà che vivo per il calcio da che riesco a ricordare, sarà che non mi piace nessuno così tanto da passarci troppo tempo insieme.
Associazione di pensiero.
Luke.
Ok, Luke si è innamorato di me, si è offerto di accompagnare me e mia madre alla stazione dei treni insieme ai miei, mi ha abbracciato e salutato con un “Ti aspetto, Liz.”, è speranzoso e pure un bel ragazzo. Macho e anche un po' micio, diciamo.
- E’ un bel tipo Luke.- ok, mia madre mi legge nei pensieri, posso dire di averne paura.
- Già.- mi lecco via il cioccolato dalle dita e sorseggio dalla tazza.
- Però?- assaggia il the e lo mescola ancora un paio di volte.
- Nessun però da smuovere.
- Quindi andate a letto insieme?- se stessi ancora bevendo il caffè mi sarebbe andato di traverso.
- Mamma!
- Non urlare. Rispondi, te lo fai?- sgrano gli occhi.
- No!- sbuffa.
- Então eu não ensinei nada.*- rido.
- Mi hai insegnato ad essere una brava ragazza, non a svendermi a tutti.- mi sorride.
- Allora ok.- mi mette una mano sulla mia sinistra – Però come genero ce lo vedo bene, ricordatelo.- ridiamo insieme.
- Svegliami quando arriviamo.
- Certamente.- tiro giù lo schienale e mi accomodo, metto gli auricolari e il volume ddi Spotify al massimo.
Bittersweet symphony, the Verve.
La mente sembra non fermarsi, mi lascio andare a dei sogni ad occhi aperti prima di addormentarmi.

Guardo l’ora. Le dieci di sera e sto scendendo dalla macchina del nonno, parcheggiata di fronte alla villetta di casa Amaral Lima.
Una donna non più giovane, ma ancora energica ci aspetta sulla porta.
- Liz, minha neta! Minha querida neta!**- saluto con la mano.
- Olà meu amor!- si asciuga una lacrima con un fazzoletto di cotone.
- Olà mamãe.- mia madre sale i gradini a tre a tre, correndole incontro.
- Priscila, teosoro!- si abbracciano e ho di nuovo un moto di invidia, sono dannatamente belle, sembrano quasi sorelle. Oddio sorelle magari no, ma mia nonna cinquantanove anni non li dimostra, se li porta molto bene. Si voltano verso di me – Mi vieni a salutare o devo pregarti anche in inglese?- corro su e la stringo a me.
- Olà…- le sussurro all’orecchio.
- Bentornata, piccola.- mi fa girare su me stessa – Sei diventata ancora più bella, incredibile che sei ancora solteirona.
- Nonna della zitella dallo a qualcun'altra per favore, ne ho ancora di tempo.- varco la soglia.
- Ay Liz, alla tua età ero già incinta di tua mamma Priscila!- piagnucola a mani giunte.
- Ha appena rifiutato il suo allenatore, un gran bel ragazzo mamma, fidati. Poi innamorato perso, pensa che ci ha accompagnato in stazione alle cinque, dico mamma hai capito? Alle cinque di mattina per salutarla!
- Mamma!- le urlo dalla cucina.
- Desculpe mas você não entende nada.***- sì insomma, la solita storia. Butto giù un bicchiere di succo alla frutta e tiro fuori il cellulare e seleziono il nome dalle chiamate recenti.
- Ciao brasileira!
- Allora non è che non hai imparato niente di brasiliano.
- Qualcosa l’ho imparato ma non posso capirti, idiota.
- Scherzavo Harry. Sono arrivata.- tiro fuori un pacchetto di sigarette – Il volo tutto ok.
- E…
- Luke è stato indolore.- ne accendo una aspirando a fondo.
- Per te forse.
- Per me.- espiro una nuvoletta grigia che esce dalla finestra. Sento dall'altro capo del telefono la mamma di Harry svegliarla per uscire, diverso fuso orario, dimenticavo.
- Devo andare Liz.
- Tem que parar de fumar estúpida!****- mi giro verso la nonna.
- Pure io, ciao Harry.- chiudo la chiamata e do un altro tiro.
- Harry?
- Harriett nonna, la mia migliore amica.
- Ah, Harriett!- si avvicina – C’è qualcosa che non va?- butto la sigaretta dalla finestra sbuffando l’ultima boccata.
- Me ne vado in Spagna nonna. Vado a giocare nel Barcellona.- annuisce – Ho paura di fare una boiata, di di star sbagliando tutto e di fallire, ma sento che lo devo fare.- sorride e mi abbraccia.
- Fallo allora, fallo.

Le mie vacanze a Rio si articolano sempre in modo semplice, sveglia tardi la mattina, colazione-pranzo due in uno, uscire con la mamma o le cugine, shopping, mare, cena, qualche locale, dormire. Una vera boccata di relax ed aria diversa.
La routine intervallata dalle chiamate di Harry, papà e Matt. Luke non lo sento da settimane ormai, siamo alle prime di agosto ed è passato un mese e mezzo, quasi due. Meglio così, si sarà ripreso.
Seduta su una panchina al Praça Maracanà sto riguardandomi le foto della giornata.
- Desculpe, onde posso encontrar al Estadio Màrio Filho?
- Di fronte a lei, è l’edificio che…- mi interrompo realizzando di aver risposto in inglese – Discolpe, el Estadio è
- Liz!- guardo in faccia il mio interlocutore.
- Ay meu Deus proteja a sua filha perdida en el Éden divino...- ride.
- Ho seguito il tuo consiglio, visto? Sono qui con Carlos, mio figlio di quattro anni. Saluta pequenho!
- Olà…- un bambino uguale, spiccicato, sparato a Dani Silva, ma più piccolo mi fa ciao con la manina per poi nascondersi dietro alla gamba del padre, vergognoso. Mi passo una mano tra i capelli.
- Rio de Janeiro è grande, molto grande, gigantesca oserei dire…
- Oh sì, sto notando!
- …e voi siete qui al Maracanà.- un sorriso di quattro miglia di latte bianco si allarga su quel viso dannatamente bello ed abbronzato.
- Quando dici le coincidenze.- gli suona il cellulare – Scusa è Camila. Olà Amor…
- Sei amica del mio papà?- due occhi enormi ed innocenti si fissano nei miei. Mi rendo conto di essere immobile ed aver parlato da sola, probabilmente il bambino è sotto shock. Si è sotto shock e sta per piangere. Ecco sta frignando, io sto ancora guardandolo con gli occhi spalancati. Ehi bambino ho più diritto io di essere sotto shock di te, tuo padre tu lo vedi tutti i giorni!
- No, mi ha aiutato nel lavoro, mi ha dato una squadra dove giocare. Ma non siamo amici.- ferma le lacrime, meno impaurito di prima.
- Vieni a Barcellona con noi?- gli sorrido e lui si avvicina.
- Sì, a settembre vengo a Barcellona.
- Allora ci vediamo e ti faccio vedere le mie macchinine, ho tante Ferrari!- rido mentre il padre si gratta la nuca visibilmente stressato.
- Certamente, io allora ti porto la mia collezione di bambole.
- Che schifo le bambole! Sono da femmina!
- Scusa.- Dani prende in braccio Carlos.
- Di che. È sveglio, mi piace.
- Anche a me piace, papà, portiamola a casa!
- Non è un giocattolo, Carlos, non possiamo, il suo fidanzato la starà cercando, dobbiamo lasciarla andare.- mi guarda negli occhi sorridendo.
- Nessun fidanzato. Abito a pochi minuti da qui, mi stavo solo prendendo un po’ di sole.
- Capisco.- riposiziona il bambino sul fianco – Ora andiamo, devo portarlo all’acquario, va matto per gli squali.- Carlos risponde con uno sbadiglio, abbracciando il padre e preparandosi ad un sonnellino.
- Mi sa niente acquario.
- Mi sa anche a me.- mi guarda – Ciao Liz, è stato bello vederti, ci vediamo a settembre allora.- annuisco.
- Se puoi vai a vedere il Cristo. C’è una vista spettacolare.- mi sorride.
- Già fatto, e ti dirò di più. A godertela da solo fa riflettere, è un posto che ti fa capire molte cose. Nós vemos.
- Adeus.- si allontanano.
La barbetta di due giorni, la camicia a scacchi stropicciata e lasciata mezza sbottonata, i bermuda di jeans e delle Nike ai piedi. Che mi venga un colpo.
- Che mi venga un colpo.- ripeto ad alta voce.

Sbadiglio sono di nuovo all’aeroporto, ma stavolta agli arrivi.
- Liz!- vedo Harry correre verso di me con una valigia gigantesca.
- Non sarà piena…
- No, ho intenzione di comprare tutto qui.- mi fa un sorriso grandissimo.
- Olà estrangeira!
- Sparati!- e ci abbracciamo – Mi sei mancata Liz, da morire!
- Anche tu. Andiamo.- ci lasciamo – Ti porto a casa così dormi, è tardi.- annuisce.
- Così rivedo nonna Carmen.
- E nonno Tiago.
- E nonno Tiago.- mi guarda e toglie gli occhialini da sole – Luke non ci sta con la testa.- sbuffo.
- Luke se la deve far passare.- saliamo in macchina.
- Vuole convincere la società a non farti partire, è convinto che te ne vai per Dani Silva.
- Anche fosse non sono fatti suoi.- metto in moto e parto.
- Però sono fatti miei.- sorrido.
- Ecco il punto cruciale, sei curiosa. E Luke ti ha insinuato il dubbio.- arrossisce.
- Può darsi.
- Me ne vado perché è la squadra più bisognosa tra quelle proposte, forte, in prima divisione quinta in classifica. Punto. Dani o non Dani.- sta zitta e guarda fuori – Domani pomeriggio ti porto a vedere il Cristo.- annuisce – Che hai?
- Niente.
- Che hai Harriett?
- Mi fa incazzare che te ne vai, cioè son felice per te…ma non per me.- non rispondo e vado avanti a guidare per un po’.
- Non mi perdi.
- In quell’ambiente tutti cambiano, spero non lo farai tu.- parcheggio davanti al vialetto.
- Non rinnego la mia vita per il pallone né per i soldi.
- Luke ha paura di sì.
- Luke, Luke, Luke. Toglitelo dalla bocca. Qui troverai solo Raul, Pedro e Vítor, chiaro?- ride ed annuisce.
- Mi spiace per lui.
- Anche a me ma non posso farci molto. Andiamo.- scendiamo dalla macchina e mia madre abbraccia Harry.
- Bem-vinda Harriett, quanto tempo.- scende mia nonna.
- Salve signora!- le corre incontro.
Pochi minuti dopo siamo in camera.
- E’ il paradiso!- sorrido mentre si lancia sul letto.
- Oggi ho incontrato Dani.
- Dani chi?
- Come Dani chi? Dani Silva!- mi mordo il labbro, giusto un'ora prima le avevo detto che no, lui non era un motivo, eppure continuo a incontrarlo dappertutto.
- Hm.- mi guarda seria – Sicura che te ne vai per il Barcellona?- le sorrido.
- Sì. Credo di sì-
- Ok.- si infila sotto le coperte con uno sguardo sospetto – Domani hai detto?
- Cristo.
- E Cristo sia, notte guapa.
- Quello è spagnolo.
- Sei tu che non allarghi i tuoi orizzonti, poi devi imparare. Ergo taci. Noche guapa.

*Allora non ti ho insegnato niente!
**Liz, nipote mia, mia carissima nipote!
***Scusa, ma non capisci niente te.
****Devi smetterla di fumare, stupida!

PICCOLO SPAZIO LaNana

Terzo Capitolo...Si parte!!!!! Ci troviamo a San Paolo, città rpincipale del Brasile. Incontri e scontri, diciamo che servono a metter eun po' le basi...
Ringrazio SoleloS per la FANTASTICA recensione, la cosa che ho più apprezzato, mi ha dato la carica per questo capitolo e per avermi inserita tra le seguite, idem per VivianHope per l'incoraggiamento e i complimenti.
In più Sayuri_14
per aver inserito la FF tra le preferite e roxb, Jessyangel, Carrie_brennan, per aver inserito la FF tra le seguite!
Bacioni!

LaNana

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Capitolo 4
*** Faith and Copacabana. ***


The Chance
Segui il cuore.


Chapter four.
Faith and Copacabana.

È così carina Harry quando dorme…mette le labbra a cuoricino come le principesse della Disney e abbraccia il cuscino. Piccolo dettaglio: sono abituata ad osservarla dormire e dopo ventidue anni ormai mi fa poco effetto.
Le salto addosso appena passato l’orario di pranzo.
- Aaaaaaaaaaaaah!- urla, mentre io le rido in faccia.
- Buongiorno Harriett.
- Buongiorno Elizabeth.- le sorrido, si gira dall'altro lato del letto cercando di cacciarmi via.
- Dai alzati che ti sfamo e poi andiamo a zonzo.
- Al Cristo?- la guardo. In realtà è lei che mi sta rompendo le scatole per andarci, sa che è il mio posto preferito e lo vuole assolutamente vedere.
- Certo.- si alza flebilmente e scendiamo le scale.
- Caffè?- domanda mia madre.
- Oh sì Pri, per favore.- le allungo la tazza che mia madre mi passa e la scola molto velocemente – Dai vado a lavarmi e usciamo, sono quasi le tre.- rido mentre si allontana.
- Ci serviva la presenza di Harry in questa casa, dà brio.
- Harry riempie tutti gli spazi vuoti, per quello è la mia migliore amica.- ci guardiamo e mia madre annuisce.
- Tutto sommato qualcosa lo capisci.- e si rimette ad asciugare i piatti.

Poco dopo siamo in treno, la Statua è raggiungibile solo in questo modo.
- Ma è lontano sto Cristo!- la fulmino.
- Non parlare così, lo sai che sono credente.
- Sì, ma rimane lontano cavolo!
- Ne stravale la pena, io ci vado spesso quando sono qui. Poi ci vuole poco, una ventina di minuti.- infatti, dopo poco eccoci vicine al Corcovado, enorme.
- Ma dobbiamo farci tutti quei gradini?- rido.
- Sono duecentoventidue. E, no ci sono le scale mobili.- sospira di sollievo.
Scendiamo dal treno e ci avviamo verso il monumento, camminando con calma, sistemandoci gli zaini in spalla.
Circa un’ora dopo tra risate, scherzi e soste all’ombra, siamo in cima.
- Wow.- riesce a dire soltanto questo.
- Già. Wow credo sia la cosa più giusta da dire.- le metto un braccio attorno alle spalle.
- Non…non…
- Shh. Non dire niente, va bene così Harry.- le do una leggera pacca e mi incammino verso la scalinata – Quì in basso c’è una scaletta in pietra che da verso destra, un piccolo spiazzo d'erba con un po’ d’ombra, ti aspetto lì.- annuisce senza nemmeno voltarsi, mi fa sorridere.
Mi avvio scendendo i gradini saltellando di uno in uno, prendo la scaletta laterale in pietra grezza e stendo il telo, sdraiandomi sull’erba con un sospiro. Frugo nella tasca degli shorts e tiro fuori un pacchetto da dieci di Marlboro light, sto facendo la brava, ho comprato un pacchetto più piccolo, me la accendo.
Completamente persa nei miei pensieri non mi rendo conto di una persona che mi si avvicina e mi dice qualcosa, mi desta una risata.
- Uh?- un uomo con un berretto mi oscura il sole, rimanendo controluce – Sì? Posso ajúdalo?
- Poderia parar de fumar merda. Para você, não para mim.- mi strappa la sigaretta dalle dita e da un tiro profondo.
- Ma…- mi siedo contrariata mentre l’uomo si lascia andare per terra. Il viso è nascosto dal cappellino e da un paio di Rayban scuri, ma lo riconoscerei dovunque – Ok, va bene tutto, ma questo è un po’ esagerato. Mi sento ufficialmente pedinata.- una risata roca mi arriva come risposta.
- Credo molto nelle coincidenze, Liz. Posso chiamarti Liz vero?
- Certo.- guardo Dani. Sembra un ragazzo normale, non una superstar del pallone pagato a peso d’oro.
- E’ bello passare inosservati.- mi passa la sigaretta e la porto tra le labbra, aspirando.
- In un posto così chiunque passerebbe inosservato.- mi giro verso la statua.
- Già.- abbassa il viso verso di me – Giuro che non ti ho seguita, ti ho vista scendere le scale ma non ero certo fossi tu, ho aspettato un attimo e mi sono avvicinato.
- Allora è un segno.- mi sorride.
- Può darsi.- gli passo la sigaretta – Grazie.
- Finiscila, è rimasto un solo tiro.- aspira e la spegne per terra.
- Sei qua da sola?- mi chiede tra il fumo.
- No sono con Harry.- corruga la fronte – Harriett del Portsmouth, la biondina tutto pepe.- sorride capendo.
- Pensavo fosse un ragazzo.
- Nessun ragazzo nella mia vita, eccezion fatta per papà e fratello.
- Maggiore?- scuoto la testa.
- Un quindicenne nel pieno delle tempeste ormonali.– ridiamo.
- Io ho una sorella più piccola Neila ed un fratello più piccolo di me, ma più grande di Neila, si chiama Santiago, gioca a calcio pure lui. Sai, deve essere una roba di famiglia. Per gli uomini almeno.- mi sorride e alza la testa verso il cielo
- Potrei stare ore a fissarti…- mi tappo la bocca con entrambe le mani.

Cazzo l’ho detto seriamente!

- Come?- mi guarda ridacchiando.
- Niente, niente.
- No, ripeti, non ho capito davvero!- sto andando in panico, figura di merda, cavolo!
- Liz!- mi giro: Harry.

Salvata in corner, accidenti.

- Harry sono qui!- sventolo una mano e lei mi corre incontro. Sorride, toglie gli occhiali e spalanca la bocca.
- Ma…lui…
- Danilo, encantado.
- Harry…- le faccio segno di sedersi – Come…cosa…- si siede sul mio telo.
- Sono di passaggio, mi è piaciuto talmente tanto sto posto che ci torno ogni giorno, ho visto Liz sdraiata e mi son fermato a salutarla.- mi guarda – Ora però è meglio che vada, domattina ho l’aereo per Barcellona e tutta la famiglia che mi aspetta in hotel con le valigie.- si alza – Arrivederci ragazze, è stato un vero piacere, vi auguro tutto il bene. Adeus olhos do céu.- mi sorride e se ne và.
- Ciao…- mormoriamo in coro.
- Cosa ti ha detto?- guardo Harry.

Arrivederci occhi del cielo.

- Buona giornata e arrivederci.- no, questo devo tenerlo per me. Sospiriamo.
- Certo che cavolo, due su due Liz.- annuisco, già.
- Non farmici pensare, è bello e va bene così.- apre lo zaino e stende il suo telo, sdraiandocisi sopra.
- Che facciamo stasera?- la guardo.
- E’ mercoledì ancora niente, fino a venerdì non si anima come piacerebbe a te.- rispondo. Lei sorride infilando gli occhiali da sole.
- Mannaggia.- si gira a guardarmi – Ti voglio bene Liz. Era tanto che non passavamo del tempo insieme, nemmeno le vacanze da sole ci siamo fatte.
- E’ vero.- ammetto pensandoci su – Recupereremo qui, vedrai che ci divertiremo.- la guardo e ci prendiamo per mano ridendo.
- Certo che Dani è figo.- sento qualcosa muoversi nello stomaco.
- Troppo, direi troppo figo per stare solo a guardarlo.

Le giornate corrono veloci, leggere, tra mare, sole, escursioni e nottate passate insonni, con Harry non si dorme mai, sottolineo il MAI.
L’ho vista cambiare colore grazie al sole, da bianco perla arrivare ad un aragosta, passando poi ad un definitivo color caramello.
L’ho vista conoscere per davvero un Raul, uscirci una sera, non tornare la notte e rincasare la mattina tardi totalmente sfatta. la sua prima vera sfilata della vergogna.
- Certo che voi brasiliani siete calienti per davvero, Liz. Mai…
- Mai provata una cosa così eh?- le chiedo retorica e compiaciuta, sono giorni che parla di questo Raul.
- Mai fatta una scopata così, mai.- rido della sua sfacciataggine – Eh, cara Liz, quando ci vuole ci vuole, parliamo coi termini giusti, una sco-pa-ta!- sillaba.
- E Mark?- scoppia a ridere trascinandomi con lei.
- E fanculo a Mark, molto meglio Raul!- poi smette di ridere e mi guarda – Mi sto prendendo questo periodo di libertà, quando torno a Portsmouth c’è Owen. E sarà Owen e soltanto Owen da allora.
- Vedi che ad essere single a ste cose non ci si pensa?- sorride – Dai che Owen mica è da buttare via, anzi!- sorride.
- E’ un bel bocconcino.- alzo un sopracciglio – Ok, ok è un gran figo hai ragione.
Rimaniamo in silenzio qualche minuto. Harriett ha una paura folle della sua storia con Owen, teme di rimanere incastrata in uno dei quei matrimoni precoci che ti castrano la vita, chiusa in casa con prole a cui pensare e un lavoro da portare avanti e una casa e un marito...i classici cliché da famiglia Bradford. Che Owen non sia minimamente questo tipo di ragazzo è un altro discorso, chiaramente, ma lei lo teme in maniera irrazionale e folle.
- Ora alza il culo Harriett ce ne andiamo in spiaggia.- batto la mano sul materasso sollevandomi.
- Sono le sette ormai che sole vuoi prendere?- le sorrido maliziosa.
- Chi ti ha parlato di sole?
Arriviamo alla spiaggia di Copacabana in pochi minuti, un falò che già ci attende e gente che ride, scherza, beve, suona.
- Olà Liz!- un ragazzo mi corre incontro e da un bacio sulle labbra.
- Olà André.- gli sorrido dopo aver risposto al bacio. Harry mi guarda con gli occhi pronti a schizzare fuori dalle orbite.
- Liz, mi spieghi che stai facendo?- scoppio a ridere.
- Olà tu devi essere Harriett.- André le porge la mano con un accento ben poco inglese.
- Se.- risponde lei scocciata.
- Mi chiamo André sono il cugino di Liz, piacere di conoscerti.- le stringe la mano facendola dondolare.
- Oh…- la vedo stupita, si ammorbidisce conscia della figura di merda appena fatta – Oddio, io…- rido sguaiatamente sollevando la lunga gonna bianca prima che tocchi terra insozzandosi tutta di sabbia.
- Vado a prendere due birre, fai il bravo con Liz, almeno con lei André.- mi avvicino al piccolo frigorifero da campeggio e tiro fuori due bottiglie e torno indietro sfoggiandole come due trofei di guerra.
Tra una risata e l’altra, tra un tentativo di insegnare la lingua brasiliana a Harry che poi preferisce imparare la lingua di mio cugino, mi trovo da sola su una dunetta a scolarmi una bottiglia di birra e guardare la risacca.
Sono una ragazza tremendamente mentale e solitaria, adoro starmene da sola a riflettere, soprattutto perché le mie riflessioni riguardano problemi altrui e conseguenti note mentali sugli errori da evitare accuratamente.
Questa sera invece, non so perché, sto pensando seriamente ai Chakra, i punti di energia, presente no? Ecco. I miei Chakra sono alle stelle, mai sentita meglio di questa sera, magari anche la mano santa dell’alcool, ma sto veramente bene.
Nel mio silenzio irrompe prepotentemente la suoneria del mio cellulare. Lo tiro lentamente fuori dalla pochette, chi può essere alle due di notte?
- Pronto.- rispondo incuriosita dal numero nascosto.
- Liz ciao, sono Luke.- sono settimane che mi preparo a questo momento, arrivato logicamente nel momento meno opportuno.
- Ciao Luke.- istintivamente cerco Harry e la vedo appiovrata ad Andrè.
- Come stai?- sospiro.
- Un po’ brilla, ma non potrei stare meglio di così.
- Bene.- la telefonata piomba in un silenzio irreale – Sei ad una festa?- mi chiede dopo un paio di minuti.
- Sì, con Harry e mio cugino.
- Come sta Harry?
- Bene, si diverte.- lo sento sospirare e fare un tiro alla sigaretta – Hai ripreso a fumare?
- Non ho mai smesso in realtà.- solo ora penso che sono giorni che non tocco più una sigaretta.
- Io faccio sul serio, non ne fumo una da giorni.- una risatina roca di quello che si è sentito dire questa frase migliaia di volte.
- Brava.- di nuovo silenzio.
- Luke perché hai chiamato?- sospira di nuovo.
- Perché mi manchi Liz.
- Ah.- dovevo aspettarmela una cosa del genere.
- Perché mi sono innamorato come un cretino di te pur sapendo che hai tanto di quel talento che prima o poi te ne saresti andata. Mi sono fregato con le mie stesse mani.
- Luke io…
- Non dire niente, sono io quello che non sa tenere la lingua a bada…- gli rispondo con una risata maliziosa – Non in quel senso, dai!- poi ride anche lui – Ecco. Ora basta.
- Ok, basta.- sospira di nuovo.
- Torni in Inghilterra poi?
- Non prima di Natale.- un sospiro pesante dall'altro capo del telefono, e del mondo.
- Buonanotte Liz.- e mi attacca il telefono in faccia. Bene. Bello.
Mi rimetto a guardare verso il mare, sospirando anche io, avendo dei pensieri più importanti di prima.
Dei gemiti mi strappano dalla concentrazione, mi volto e vedo Andrè intento a possedere Harry, così, davanti agli altri. Non che gli altri stiano con le mani in mano. Sono totalmente fuori luogo. Chiudo gli occhi e mi stendo sulla sabbia, siamo a fine luglio quasi e in poche settimane sarei andata a Barcellona. Meta nuova, vita nuova.
Non faccio in tempo a mettermi a pensare che già sto dormendo.

Occhiali scuri, fazzoletti alla mano e due corpi avvinghiati, ecco cosa siamo ora io e Harry. Sto partendo per Barcellona e lei mi ha voluto accompagnare all’aeroporto.
- Mi mancherai stupida scema.- mi dice tra i singhiozzi.
- Anche tu racchia che non sei altro.- ride.
- Meno male che lo pensi solo tu se no andrei in bianco ogni volta.- mi strappa una risata.
- Allora sei una porca.- mi slaccio e vado da mamma – Ciao mamma, fai buon rientro e saluta papà e Matt.- mi abbraccia quel cinque secondi netti poi si stacca e mi tiene per le spalle.
- Sii forte e dai il meglio di te.
- I passeggeri del volo IB5904 diretto a Barcellona sono pregati di recarsi…- saluto nonno e nonna e poi corro verso il gate di imbarco per prendere l’aereo. Destinazione: perdizione.

PICCOLO SPAZIO LaNana

Sono fermamente conscia della MERDOSITA' di questo capitolo, che fa passare Harry per una puttana e Liz per una pallemosce, ma il megli odeve arrivare, diciamo che con una settimana di vacanza che mi si apre davanti spero di riuscire a staffilarvi quei due, tre capitoletti intensi e spumeggianti prima di partire! Scusate la striminzitezza di tutto ma sono stanca, il lavoro mi sta uccidendo sempre di più, vi chiedo un po' di pazienza!

SoleloS: eheheheh giuro che svelerò chi è Dani in realtà...che pi mi ispiro solo dal lato estetico non altro! Bene mi piace che ti impersoni, che ti senti parte della Storia è importante e motivante per me, molto! Grazie mille per seguirmi, come sempre!!!!!!!!

FallingInLove: grazie per l'incoraggiamento!!!!!! Anche io sono una calcio-dipendente seguo tutto di tutti!! xD Tu sei per Luke quindi....mmm...onestamente non ho ancora deciso bene alcuni dettagli della storia lascerò che le cose accadano e mi sfuggano di mano (muhauhauhauah) grazie per la recensione e a presto ;)

Vivian Hope: sì, ance questo capitolo vedrai che è molto palla di qua-palla di là, non ho molto le forze per scrivere decentemente e prossimamente passerò in rassegna i capitoli per darci un'aggiustata! Grazie per seguirmi e recensire, soprattutto per metterti d'impegno a scriverne di costruttive, cosa che apprezzo molto!

Grazie a tutti quelli che l'hanno messa tra le seguite, preferite e da ricordare, non che quelli che commentano!
Nel frattempo vi linko una FF fantastica, una delle mie preferite, sperando piaccia anche a voi! "
LEZIONI DI SEDUZIONE"
Vi auguro buona lettura di tutto, e vi ringrazio come sempre!
LaNana

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Capitolo 5
*** Everything's changing, isn't it? ***


The Chance
Segui il cuore.


Chapter five.
Everything's changing, isn't it?

Sono ferma impalata agli arrivi dell’El Prat che mi guardo intorno spaesata. L’orologio segna le dieci e diciassette di mattina, maledetto volo notturno, non ho chiuso occhio.

Possibile non ci sia nessuno venuto a prendermi?

Sbuffo decidendo di aspettare ancora qualche manciata di minuti.
Mi guardo intorno, mi aspettavo un cartello tipo film americano con scritto “Elizabeth Luna Amaral Hall”, anche un “Liz” andava benissimo, ma nessuna traccia né di uno né dell’altro. Sconsolata mi incammino verso l’esterno, agitando un braccio per attirare l’attenzione di un taxi, che si ferma all’istante.
- Buenos días señorita ¿adonde la llevo?- spagnolo di merda, non capisco una virgola.
- São de Brasil, eu não entendo…- mi guarda come fossi un’emerita deficiente – Perfetto.- mi schiarisco la voce. Idea! – F.C. Barcelona, fútbol feminino.- detto questo mi sorride.
- , chica. Sales, ¡vamonos!- e sospirando salgo in macchina dopo che l’uomo, un signore di mezza età non particolarmente alto e con una vistosa pelata, mi carica il bagaglio nel baule. Mi siedo sul sedile posteriore mentre lui risale alla guida e mette in moto, partendo.
Mezzora buona di silenzio, nella quale mi riavvio spesso i capelli. Nessun sms di nessuno, ottimo. Ripongo il cellulare nella borsa, scocciata dall’insofferenza di tutti.
- ¿Juegas a fútbol en el Barcelona, chiquita?- dunque... fútbol sì, calcio...Barcelona beh, chiaro...juegas? chiquita? Oddio santissimo! Sposto indietro un ciuffo di capelli sbuffando - ¿No entiendes el español?- Santissimo Gesù salvami, te ne prego.
- Nemmeno una parola di español.
- Se prefierisce parlo inglés.- sgrano gli occhi, anzi no mi esplodono fuori dalle cavità.
- Parla inglese?- quasi grido sporgendomi in avanti.
- Claro que sì, tesoro però non me lo hai chiesto!- mi lascio andare sui sedili incredula. Che razza di gente circola in Catalunia? – Giochi a fútbol tesoro?- oh, ora sì che si ragiona.
- Sì, inizio nel Barcellona oggi.
- Là parleranno quasi solo inglese, ma dovrai impararlo el español o no potrai comunicar con la gente.- me ne sono accorta. Annuisco e lui mi sorride – Mi chiamo Miguel.
- Liz.- ridacchia. Ha l’aria di quei signori simpatici che sorridono alla vita a discapito di tutto, e rido pure io.
- Facciamo un acuerdo Liz. Se chiami me ogni volta che hai bisogno de un taxi ti faccio lo sconto del venti perciento sulla tratta.- mi fa ridere di nuovo, ha una mimica facciale unica.
- Va bene señor Miguel.
- Ecco vedi che già impari?- mi passa un bigliettino da visita – Aquí está il numero di linea diretto. De donde sei?
- San Paolo, Brasile.- e dopo pochi minuti, tra risate e primi passi di conoscenza, arriviamo alla sede sociale del club.
- Ti aspetto qui fuori Liz.- mi fermo con la portiera aperta – Dovranno dirti dove duermi, o no?- sorrido.
- Già.- chiudo la portiera e mi avvio verso il grande atrio del grande, enorme, palazzo.
- Buenos días.- guardo la ragazza alla reception.
- Barcelona, fútbol femenino, sono Amaral Hall…
- Oh, sì la signorina Hall. Prego vada pure al quarto piano in fondo al corridoio l’ultima porta a sinistra, la riceverà direttamente il presidente Mateo Ortiz.- ringrazio e mi avvio all’ascensore salendo quando fa plin! e si apre. Schiaccio il bottone col numero quattro e parte, fermandosi ad ogni santo piano caricando orde di persone, mi distraggo osservando le persone in ascensore, giacche, cravatte, tailleur e valigette ingombranti, finchè alla fine riesco ad uscire, spinta dalla massa di gente.
Mi guardo a destra e a sinistra, corridoi deserti, ottimo. Da quale parte vado? La ragazza aveva detto in fondo al corridoio, ma qua ce ne sono due accidenti!
Ad istinto mi giro verso destra e mi incammino, uffici con porte aperte e persone frenetiche come formiche al loro interno. Studi lussuosi, uomini in giacca e cravatta, paroloni importanti, stampa, ministero, estero, riunioni. Possibile che sia nel posto giusto?
Pensierosa non mi accorgo di andare a sbattere contro un uomo. Un uomo panciuto per lo più.
- Oddio mi scusi!- quello ride in mia risposta. Un uomo panciuto che ride in modo fragoroso. Meglio così.
- Liz tranquilla!- lazo lo sguardo.
- Signor Donovan!- mi allunga la mano e gliela stringo – Che piacere!
- Ti aspettavamo più tardi, ci avevano comunicato che saresti arrivata in serata! Ero qui a farmi un giro tra gli uffici del Barcellona maschile, ma vedo che mi hai trovato ugualmente!
- Io vermente cercavo il presidente Ortiz.- Jack ride nuovamente.
- Mateo sta tre piani più sotto cara. Sei salita troppo. Vieni ti accompagno.- andiamo all’ascensore, che si apre verso uno e un solo corridoio, e poi all’ufficio del giovane presidente, dove firmo il contratto biennale, mi illustra il mio ruolo nella società, quello che si aspettano da me, mi da l’indirizzo del campo di allenamento e quello di casa, nonché le chiavi.
Non ci vuole molto e Miguel raggiunge Carretera de la Saleta, uno dei condomini dove sono dislocati gli appartamenti della società, vicino alla metropolitana, ben collegato e vicino sia agli uffici che alla palestra. Sorrido mentre lo pago e trascino il mega-trolley verso l’atrio, per scoprire di dovermi fare quattro piani a piedi e il sorriso si spegne. Arrivo su, infilo la chiave nella toppa e apro la porta. Finestre spalancate, sole che inonda il salottino ed un uomo che mi porge un bicchiere di vino bianco. Ops.
- Scusi ho sbagliato appartamento!- esclamo e chiudo la porta senza nemmeno accorgermi di aver parlato inglese in un quartiere spagnolo.
- Liz! Entra, non hai sbagliato.- riapro.
- Cristo santissimo.- porto dentro il trolley e chiudo la porta molto, molto, molto velocemente.
- Liz tua madre non ti ha insegnato a non nominare il nome del signore invano? E sì che siete molto credenti!- mi metto una mano sulla bocca, incredula.
- Non…non ci sto credendo, no è impossibile!- lo vedo ridere e mi si avvicina porgendomi il bicchiere.
- Niente è impossibile se lo vuoi davvero.
- Sì ma credo che un Dani Silva qualunque nel proprio salotto sia un po’ fuori portata anche per me.- prendo il bicchiere dalle sue mani lasciando giù la borsa.
- Evidentemente l’hai desiderato a fondo. Il vino non è molto fresco, sei arrivata in anticipo.- fa sbattere il bordo del bicchiere contro il mio e da un lungo sorso – Ho pensato che avere una persona conosciuta al tuo arrivo potesse darti conforto.
- Il vino bianco a stomaco vuoto non mi pare un’ottima idea. Poi non so nemmeno che ore siano!- ha quasi dell’incredibile la scioltezza con la quale gli parlo…Dio lui è Dani Silva! Cioè Dani Silva! Non so se mi spiego bene!
- Sono le tre e mezza e ho pensato a tutto.- indica il tavolino della cucina apparecchiato.
- Mi stai stupendo.
- Ehi, ehi Liz non mi conosci non giudicarmi.- mi indica con l’indice ridendo. Mi siedo al tavolo bevendo dal mio bicchiere senza staccare gli occhi da lui – Perché mi fissi?
- Mi sembra sempre strano essere in tua compagnia. Fino al mese scorso eri solo il mito e ora…cavolo sei qui sei reale.- si siede di fronte a me ed addenta una fetta di melone.
- Non gongolare troppo, settimana prossima parto per il ritiro, torno a metà mese quindi ci vedremo poco, gustati questi momenti.- mi fermo con la mano a mezz'aria mentre porto un grissino alla bocca.
- Quindi ci vedremo ancora?
- Faremo pesi nella stessa palestra e due giorni la settimana sarete anche voi al Camp Nou, quindi direi proprio di sì.- risponde sorridendo.
- Ah.- morsico il grissino leggermente delusa, chissà perché mi aspettavo visite straordinarie.
- Poi magari qualche giro per Barcellona te lo faccio fare.- mi sorride malizioso ma accondiscendente mentre mastica. Mi fa arrossire quando fa quella faccia.
- Va…va bene.- mi sforzo di sorridere normalmente altrimenti gli salterei con le braccia al collo e urlerei come una pazza.
- Comunque in caso di bisogno durante la settimana sono nell’appartamento 4B.- sorride ancora malizioso – E’ quello di fronte al tuo, sai magari hai bisogno del sale.- rimango basita a guardarlo, non capisco se mi prende in giro o dice sul serio. Ride – Dai Liz ti prendo in giro, anche se abito davvero alla porta di fronte.- si pulisce la bocca col tovagliolo poi si alza dalla sedia – Ora devo andare. Ci vediamo domani mattina.
- Do…do…domani mattina?- mi alzo anche io e lo seguo mentre va verso la porta.
- Sì domani mattina, ci vediamo al Camp Nou.
- Già domani?- annuisce appoggiandosi allo stipite esterno della porta. Mi sta fissando negli occhi. Mi sta fissando negli occhi con i suoi occhi neri. E adesso mi accarezza la guancia destra col dorso della mano. Ora mi sorride. Ora vado in iperventilazione ed arrossisco. Ora mi sorride di più. Ora sto avendo un collasso e muoio, scommettiamo?
- Ciao bellezza.- si avvicina e mi da un leggero bacio sulla guancia prima di andarsene, sparendo sulle rampe di scale.
Ok Liz, calmati e ragiona. Respira lentamente, così bene, bene. Mi porto la mano alla guancia e mi riaffiora immediatamente il ricordo di quel momento, mi si annoda lo stomaco. Devo assolutamente calmarmi. Devo assolutamente chiamare Harry.

Sapevo che in Spagna faceva caldo, ma certo non immaginavo così caldo! Sono in sala pesi e sono tranquilla sul tapis roulant, ma porca miseria si patiscono le pene dell’inferno qui! Ci saranno trenta gradi se non di più.
Certo poi aggiungiamoci che “quella nuova” attira sempre molte attenzioni e che “quella nuova” oggi sono io, per aggiungere anche che condividiamo la sala pesi con il Barcellona e ho una quarantina di occhi puntati contro. Rincariamo la dose con le misere tutine corte che da la squadra alle ragazze ed il quadretto è completo.
- Elizabeth buongiorno sono Pablo il preparatore atletico della squadra.- mi fermo lasciandomi portare indietro dal tappeto e gli stringo la mano – Ti vedo già molto atletica, ma dobbiamo mettere un pochino a posto la zona del trapezio qui dietro.- e posizionandosi dietro di me mi schiaccia le parti laterali alla zona dorsale – Devi saper reggere i colpi che ti daranno. Vai alla panca e comincia a farti qualche serie da cinquanta.
Qualche ora dopo sono seduta al tavolino di un bar afforchettando un’insalata carica di ogni cosa possibile.
- ¡Hola!- guardo la proprietaria della voce.
- Olà.- porto la forchetta alla bocca e inizio a masticare.
- Sono Saray, piacere.- le stringo la mano.
- Liz.- si siede ed addenta il panino.
- Andrà meglio da domani, vedrai. Poi abitiamo tutti vicini quindi ci faremo sempre compagnia, non sarai mai sola.- le sorrido.
- Sì, me lo auguro, non è facile inserirsi in un gruppo già compatto.- mi scioglie molto sapere che parlano e capiscono correttamente l’inglese, almeno la barriera della lingua è sorpassata.
- Stai tranquilla e vedrai che ti integrerai alla perfezione. ¡Crista, Marisol!- anche le due ragazze si aggregano, si presentano ed iniziamo a chiacchierare.
Il pomeriggio finalmente metto piede sul prato verde del Camp Nou. E iniziamo con del riscaldamento, guidati tutti quanti da Pep Guardiola, il grandioso allenatore del Barcellona.
Tra una corsa, un addominale e un palleggio e l’altro, finiamo a fare una partita maschi contro femmine, cosa molto prevedibile soprattutto essendo il primo allenamento della stagione e mancando totalmente la voglia di fare sul serio.
È un’esperienza divertente, improvvisata e spensierata, ma riesco pure a centrare la porta di Dani.
Il momento più bello della giornata è quando torniamo a casa, quando scopro che abito nello stesso palazzo di Saray, Crista e Marisol, con le quali mi rendo conto di aver legato subito, forse si creerà più di un semplice rapporto tra compagne di squadra. Saliamo le scale ancora ridendo, col mal di pancia, e le saluto tra il secondo e il terzo piano, proseguendo al quarto e scoppiando a ridere.
- Ecco, essere accolto così mi piace veramente molto!- sorrido e apro la porta di casa.
- Entra Dani.- appoggio il borsone a terra e apro il frigo stappando due birre.
- Ti sei divertita oggi?- mi chiede prendendo la birra che gli porgo.
- Da morire.- sbattiamo il collo delle bottiglie brindando e tiriamo un sorso.
- Ti va una pizza e quattro chiacchiere?- annuisco e chiamiamo una pizzera, il rider arriva poco dopo con due pizze extra large.
Ci sediamo sul divano e tra una fetta e un sorso di birra iniziamo a parlare, iniziamo a conoscerci e a svelare qualcosa dell’altro. Impariamo sempre di più, fino a quando arriviamo al personale e iniziamo ad intrufolarci uno nelle vite dell’altro, cercando di non toccare mattoni cedevoli, scivolando piano tra gli specchi del passato.
- Non è difficile la vita che fai?- mi guarda con un mezzo sorriso.
- A volte sì, sai quando vorrei stare solo, isolato. Lì l’unica cosa da fare è chiudersi in casa perché anche solo uscendo di casa avrei qualcuno che mi piantona le spalle, se non è un fotografo sono i fan.
- Non credo sopporterei una pressione tale, non so se ci riuscirei.
- Beh vedi Liz, dipende da come uno la vive e io lo faccio nel modo più positivo possibile…insomma faccio un lavoro che amo e che mi permette di far star più che bene la mia famiglia e la gente mi ama per questo, non vedo perché prenderla male. Come ogni lavoro ha un punto difficile, e il male nel bene è la notorietà, ma ci si passa sopra.- finisce l’ultimo sorso di birra nella bottiglia, una delle tante bevute nella nottata – E tu? Come mai hai deciso per Barcellona poi?
- In realtà i motivi sono tanti.- rispondo in un sospiro – Volevo cambiare aria, staccare dall’Inghilterra che comunque amo, essere indipendente dai miei e soprattutto allontanarmi da Porthsmouth.
- Come mai?
- E’ una cittadina non molto grande, le voci girano, tra giovani ci si conosce tutti e poi non avrei più giocato bene in quella squadra.- sorseggiai dalla bottiglia.
- Come mai?
- Il mio allenatore si è innamorato di me, per quanto assurdo possa essere.
- Assurdo? Non vedo perché, sei una gran bella ragazza, sei spigliata, allegra, brasiliana. Dai chi non si innamorerebbe di te? Se non ci fosse l’intralcio di Camila già starei facendoti le fusa io.- lo guardo con la coda dell’occhio. Ha quell’espressione che poi avrei capito essere il suo marchio di fabbrica: un sorriso aperto, allegro, ma malizioso come nient’altro al mondo.
- E’ che…
- Quando è stata la tua ultima storia seria?- mi trovo costretta a rifletterci seriamente.
- Seria ufficializzata avevo…fammici pensare…- porto una mano al mento -…sedici anni credo.
- Quindi tu…no cioè aspetta sono sei anni che non hai un rapporto..?- arrossisco violentemente per l’imbarazzo.
- No! Cioè non è stato lui quello della mia prima volta, cioè ci sono stati degli incidenti di percorso dopo di lui…cioè dei ragazzi con i quali…oddio…- mi porto le mani sul viso nascondendolo alla vista di Dani.
- Liz non ho mai visto una persona assumere quelle tonalità di rosso sai?- gli rispondo sbuffando.
- E’ da un annetto che non ho un rapporto sessuale. Mese più mese meno.- si mette a ridere.
- Sai cosa mi è piaciuto subito di te?- lo guardo facendo senso di diniego con la testa – Sai quando un paio di anni fa avete spedito le schede alla FIFA coi dati e tutte le solite paroline di rito per far venire i commissari? Beh, tu hai scritto una cosa che le tue compagne non hanno scritto. E anzi, che nessun altro ha mai scritto da che io abbia letto.- mi sorride.
- E cos’ho scritto?
- Come aspirazione tutti di solito compilano con “Vivere di calcio” “Fare del calcio la mia vita” “Vincere tutto”, tu hai scritto “Mi basterebbe vendere pigne al parco se renderebbe orgogliosi di me i miei genitori e i miei nonni”.
- E’ la realtà.- abbasso il capo ammutolendomi.
- E’ una cosa bellissima Liz, ma è la cosa più idiota ed esilarante che abbia mai letto!- lo guardo saltando in ginocchio sul divano.
- Idiota? Io voglio essere la figlia perfetta ed è una cosa idiota?- faccio per tirargli uno schiaffo prima con la destra, poi con la sinistra, ma vengono entrambe imprigionate tra le mani del ragazzo che mi sta di fronte.
- E’ la forma non il contenuto. E poi non hai recepito la cosa più importante.- mi fa ancora quel sorriso, quello sguardo – Tu mi piacevi già prima di conoscerti.
- Oh…- mi sfiora il viso con una carezza, riavviandomi i capelli.
- Adesso però si è fatto tardi, domani ho pur sempre da lavorare.- sorride strappandone uno anche a me.
- Ok.- mi volto verso l’orologio – Le quattro e mezza?- ci alziamo dal divano e mi stiracchio.
- Già.- si appoggia allo stipite della porta, come il giorno prima, e mi fissa – Buonanotte Liz.- chissà perché ma il mio nome sussurrato tra le sue labbra mi fa venire i brividi.
- Buonanotte Dani.- mi sfiora le labbra con il pollice e infila le chiavi nella toppa della porta di fronte, entrando e chiudendola con un sorriso.

PICCOLO SPAZIO LaNana

Cavolo mi stupisco di me stessa. C'HO IMPIEGATO UNA VITA!
In realtà la colpa primaria va al lavoro che mi ha più che assorbita ma trovavo ogni tanto il tempo di scarabocchiare, quindi eccoci qui col quinto capitolo. Atteso? Speriamo!
La nostra Liz ora si è trasferita è a Barcellona e sta cercando di ambientarsi, trovando una bella spalla nel nostro Dani Silva. Chissà cosa succederà!!!
Ringrazio tutti quelli che hanno inserito la FF tra le seguite e nelle preferite!
Grazie a FallingInLove, sei sempre di grande supporto e sai quanto abbia amato la tua FF (mi scuso per non aver ancora iniziato il seguito ma lo farò presto!) e prometto tornerò presente ocme prima, per quanto possibile.
Grazie a Shinigami Alchimist Killer per essere la Biss più incredibile esistente, sei mitica lo sai tesoro. (allung auna scatola di biscotti. BENE ORA SEI IN DEBITO)
Grazie a rodney per aver commentato....il brasiliano non lo so correttamente mi affido alla mia (fantastica ed adorabile) collega di lavoro che lo è e al buon vecchio traduttore di Google sperando di evitare figuracce.....Parolacce dici eh?! Potresti contattarmi tramite il sito e scrivermele? Te ne sarei grata :)

Vi saluto (anche per stavolta) e vi abbraccio tutti.
LaNana

 

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Capitolo 6
*** Half-moon. ***


The Chance
Segui il cuore.


Chapter seven.
Half-moon.

Apro gli occhi e guardo l’ora. Sette e cinque. Mi rigiro nelle lenzuola tirandomele fino al mento volendo godermi gli ultimi minuti di riposo concessi.
Sette e dieci. La sveglia suona, mi giro e la spengo con una manata e uno sbuffo. Sono due giorni che dormo poco o niente. È colpa di quel dannato bacio si capisce? Non me ne capacito, andiamo…vengo da Portsmouth, una ragazza qualunque e mi trovo a baciare un campione mondiale del calcio con compagna e figli? No, poco credibile.
Mi alzo dal letto e mi lancio direttamente in doccia, uscendone dopo poco gocciolante e profumata. Toast e caffè alla mano, borsone al volo ed esco diretta alla palestra, di corsa in metro mentre mastico, mi siedo svogliatamente sui seggiolini e butto giù l’ultimo morso con un lungo sorso di caffè.
- Pensavo non ce l’avresti fatta!- Crista mi si siede a fianco.
- Ma smettila, pure stanotte non ho chiuso occhio, figurati se perdevo la metro delle sette e venti, sveglia come sono.- le rispondo pulendomi la mano destra sui pantaloni, finalmente lunghi, della tuta.
- Anche stanotte?- bevo il rimasuglio del caffè e mugolo una risposta.
- Già.- mi stropiccio gli occhi con il polso destro e sbadiglio a bocca spalancata.
- Me lo dici perché?- sospiro, rassegnata a sentirmi fare quella domanda tutti i giorni.
- Te l’ho detto, non lo so.- Crista non risponde, forse si è arresa. O almeno è quello che spero, visto che sono due giorni che mi bracca.
- Va beh. Dai che la prossima fermata è la nostra.- si lega i capelli in una coda e si alza avvicinandosi alla porta, la seguo.
- Quando mi sento pronta ti spiego.- non mi guarda nemmeno in faccia.
- Liz e me non interessa niente dei fatti tuoi.- le porte si aprono e scende, lasciandomi interdetta e dopo qualche attimo salto giù dal treno prima che riparta e la raggiungo – Nel senso che ti devi sfogare non è per curiosità mia personale.
Camminiamo in silenzio dall’uscita della metropolitana per tutta la strada che ci separa dalla palestra. Guardo in alto, il cielo è blu, è diverso dall’Inghilterra, è come se fosse pieno, come se dovesse caderti addosso, come se lo stessi addirittura respirando, non so spiegarla bene la sensazione che da il cielo sopra Barcellona. Siamo agli inizi di ottobre, la temperatura è calata ma non è niente di improponibile.
Arriviamo in palestra e aprendo la porta ci troviamo solo il fisioterapista e il massaggiatore.
- Buenos días.- mi limito ad un sorriso e ci dirigiamo allo spogliatoio per lasciare giù i borsoni. La precedo, fermandomi nel sentire la maniglia piegarsi sotto la mi amano e la porta aprirsi rivelando Dani Silva ridere e scherzare amabilmente con Villa e Maxwell. Mi immobilizzo immediatamente, seduta stante, e lo vedo cambiare espressione nel vedermi.
- ¡Hola chicas!- ci salutano in coro, lui con un sospiro, e superandoci dopo che abbiamo lasciato loro spazio per passare. Dani si ferma ad un passo da me, con uno sguardo cupo, per poi voltarsi e andare in sala pesi.
- Ahhh, ora capisco.- Crista entra negli spogliatoi e lascia la roba sulla panca a noi riservata, parlandomi col tono di una che la sa lunga, mooolto lunga.
- Non…non è…- sto balbettando. Liz stai balbettando, ripigliati!
- No, no è. Fidati. È.- si toglie la felpa – Non è facile vedergli quell’espressione in faccia.
Sospiro e quando la mia compagna mi scansa con una spallata ed esce dalla porta mi decido ad entrare e lasciare giù borsone e felpa.

Difficile allenarsi con qualche pensiero di troppo, più che altro sensi di colpa. Voglio dire se fossi in Camila mi prenderei a calci nel culo.
Sbuffando scendo dallo step e mi avvicino al tapis roulant, iniziando a correre.
Dannazione.
Diamine.
Cazzo.
Porca puttana.
Basta ora Liz, dai.

Cioè però parliamone un secondo: cosa significa la frase di Crista? Mi immobilizzo e mi lascio trasportare indietro dalla pedana.
- Cris.- si gira verso di me smettendo di fare gli addominali quando la raggiungo – Cosa significa “non è facile vedergli quell’espressione in faccia”?- ridacchia riprendendo gli esercizi.
- Allora ci stavi pensando. Vedi che è?
- Sì ok ci stavo pens…- arrossisco. Stavo sputando il rospo! - No aspetta io pensavo a quel che mi hai detto te.- mi accuccio di fianco a lei.
- No. Tu stavi pensando alla mia frase in relazione al fatto che ti piace Dani e, dato che non è facile vedergli quella faccia da pesce lesso, hai pensato bene di far saltare fuori il grillo dalla testa. ¡Ay Diòs, esta chica me quedarà loca!- ghigna soddisfatta.
- Lascia lo spagnolo da parte, cosa intendevi?- si ferma e mi guarda in faccia.
- Che ti piace e che stai giocandoti bene le tue carte, brasileira.
- Ma…- concludo la mia opposizione con un sospiro – Vado alla panca, mi sono stancata di star da sola.
- Brava vai alla panca, c’è Dani che ti farà compagnia.- inchiodo di botto al suo avviso con uno stridio delle scarpe sul parquet e con faccia agitata corro verso la parte opposta.
- Penso proprio che farò un po’ di ciclette, eh sì.- mi allontano ridendo accompagnata dalla risata di Crista, mio malgrado coinvolgente.
È incredibile quanti complessi mi sto facendo, e per di più voglio evitare una persona inevitabile. Devo essere pazza.
Chissà come farò d’ora in poi…e stasera alla cena? Come lo guarderò in faccia senza pensare al tradimento che c’è stato? E se dovessi rivedere suo figlio Carlos? Cosa gli dire stavolta? “Ciao sono la ragazza con la quale papà tradisce la mamma?”. Tradisce la mamma? Liz, cavolo. Al massimo HA TRADITO la mamma, tradisce significa che è un fatto abituale, non…no.
Poi arriva. È lui, il pensiero che stravolge sempre i piani, avete presente? Come nei film. La protagonista si mette in testa di aver ragione su tutti i fronti, è irremovibile e testarda, MA POI arriva quel tarlo.
Il mio tarlo manco a dirlo è Harry e la sua perla di saggezza. Il problema è davvero che Dani potrebbe veramente piacermi? Tutte ste storie solo per un bacio sono perché Dani inconsciamente mi piace già così tanto? Voglio dire, ragionandoci non ho mai avuto una storia veramente seria da pensare di costruire un futuro con qualcuno, non mi sono mai sentita pronta, ma sempre immatura per poter condividere tutta me stessa, o forse ho solo paura che qualcuno distrugga il mio mondo e la mia serenità. Il mio esempio sono i miei genitori, felicemente sposati da millenni, da sempre. Io non so cos’è o cos’ho, non voglio legarmi, scappo appena sento pronunciare la parola “noi” in un contesto sentimentale, scappo appena mi vedo regalare un mazzo di fiori, scappo appena mi sento dire che si sono affezionati e me, scappo appena mi lego io. Non voglio star male, mi auto-ovatto in me stessa. Non ho mai presentato nessuno ai miei sottoforma di fidanzato, nemmeno a quattordici anni.
Forse il problema è che la scelta è sempre stata ridotta ai ragazzi di Porthsmouth, tutti bravissimi ragazzi per carità, ma li conosco tutti da quando avevo i denti da latte. Prendiamo Luke: ha tutte le carte in regola per essere il fidanzato perfetto, no?!
Ecco Luke. È da ieri sera che ci penso e quando lo faccio nessun sfarfallio, nessuna capriola allo stomaco, battito perso al cuore, respiro mancato. Eppure mi manca, mi manca da matti e penso ai suoi occhi verdi.
Ma cosa centra Luke? Sproloquiavo di me, cavolo. Non ho stimoli, eccolo il punto.
Non ho voglia, non mi va, non ho desiderio di baciare o far l’amore con qualcuno, non ho voglia di rendere conto di niente a nessuno, non mi va un uomo nella mia vita.
E allora perché tanto dannarsi per un bacio insignificante con Dani? Davvero gli faccio tutto questo effetto? Poi voglio dire, può averle tutte e probabilmente già le ha avute tutte, dunque perché la faccia da pesce lesso con me, come dice Crista?
- Liz.
E si sarà passato tutte le ragazze di Barcellona, e sono tante, e fa la faccia beota con me.
- Liz!
E poi chissà quante ne avrà avute, quante ne avrà baciate come ha baciato me, quante se ne sarà portato a letto, a quante avrà detto le stesse parole che ha detto a me…
- LIZ!- mi volto verso Crista sconcertata dalle urla – Andiamo hai fatto quasi…ottanta chilometri in un’ora e tre quarti. Andiamo che c’è la partitella fuori.
Chissà se con le altre è stato facile come con me. Chissà se anche le altre erano…
- Liz?
- …gelose come me.- la vedo inclinare la testa di lato.
- Cosa?- mi asciugo il sudore dal viso con l’asciugamano e mi alzo dal sellino.
- Andiamo a stendere quei calciatori da quattro milioni di euro dai.- scendo dalla ciclette determinata a segnare e farmi passare quel fastidio alle viscere.

Fisso Harry ridere nella webcam, ride dei miei dubbi la stronza!
- Dai, vada per jeans, tacchi e quello straccetto rosso.- rido, mi fa sempre da stylist – Però va bene già ammettere i propri limiti, voglio dire, sei gelosa di uno degli uomini più belli del mondo, su che vuoi che sia. Anche io ero gelosa di Justin Timberlake quando si era messo con Cameron Diaz.
- Un uomo con compagna e due figli che vedo di norma in divisa attillata, tutto sudato o in calzoncini a petto nudo, facile a dire “che vuoi che sia” Harry.
- Ancora con questa storia!- mi urla dallo schermo mentre mi vesto – Finché non si sposa nessun problema, e anche in quel caso ci sarebbe il divorzio, nulla è per sempre Liz.- mi metto davanti alla cam per farle vedere il risultato – Che scarpe hai messo?- alzo la gamba storcendomi tutta, decolleté in camoscio nero e plateau – Sì, può andare.
- Può andare.- la scimmio.
- Vai con le tue nuove migliori amiche?- bing!, suscettibile Harry.
- Ti riferisci a Crista e Saray?
- Sì, loro.- le sorrido.
- Sì vado con loro, andata e ritorno. Poi magari un po’ di gelato davanti alla tv e quattro chiacchiere.- storce il naso.
- Divertitevi.- lapidario è ancora poco per definire il suo tono.
- Smettila stupida scema, lo sai che sei l’unica per me. L’unica amica che valga e che sa tutto.- risponde con un mugolio – Guarda che sono seria cazzo!- sbraito alzando la voce.
- Te lo auguro.- strizza gli occhi minacciosa facendomi ridere mentre suonano alla porta.
Dlin, dlon!
- Vado Hipporry.- scoppia a ridere.
- E’ una vita che non mi chiami Hipporry.- uno dei tanti soprannomi che le ho affibbiato, lei e la sua snaturata passione per gli hippopotami. Le sorrido.
- Vado dai.- la saluto, chiudo il portatile ed esco dalla porta giacca e borsa alla mano, seguendo le due ragazze giù dalle scale.
Ridendo e scherzando arriviamo al ristorante il “Faro del Puerto” direttamente sulla spiaggia, e sono tutti là, saremo circa in una cinquantina. Un po’ della squadra, un po’ di società, un po’ di amici e gli immancabili sconosciuti. Vedo Dani chiacchierare attorniato da delle ragazze fermarsi e voltarsi verso di me. Rivolge poi un cenno a Crista e Saray che ricambiano. Uno sguardo a me e poi un sorriso smagliante alla truppa di ragazze che gli fanno un semicerchio attorno.
- Vedi? E’.- sbuffo alla litania di Crista.
- E’, Liz. È.- rincara Saray e si avviano verso altra gente tirandomi per un braccio.
- Cerca di sorridere e farti notare, farai come le api col miele.
- Momento, ma chi vi dice che io voglia conquistarlo?- mi fermo appena raggiunte le piastrelle in cemento di fronte all’entrata. Loro ridono e le sconsolata seguo mentre mi costringono a confonderci in mezzo alle persone.

Non so se sia merito della desolante conversazione che ho intrattenuto a cena, o per quell’immane porzione di paella, o se per le occhiate che mi scambiavo con Voi-sapete-chi, fatto sta che adesso mi sono auto-esclusa dalla serata e me ne sto comoda sulla spiaggia, tacchi alla mano.
E’ stato mortificante da morire sentirlo parlare di Camila e dei suoi figli, consapevole di averlo baciato, di essermi fatta baciare e pure con trasporto. E mi ha anche fatto schifo in parte, lo ammetto, non puoi parlare così bene di un rapporto se poi fai quel che fai. Però continuavo a fissarlo ad ogni sua parola, complice il destino, o il caso o il Signore che dir si voglia, eravamo capitati a pochi posti di distanza ed entrambi potevamo tranquillamente ascoltare i discorsi dell’altro. Inutile dire che i miei sono stati striminziti e limitati a “Mi passi l’acqua, per favore?”, “Buona la paella.”, “Prego.”, mentre lui sproloquiava amabilmente di ogni argomento intavolabile e faceva ridere tutte le galline accorso intorno a lui.
E nonostante tutto riesco ad essere gelosa di ognuna di quelle galline, oche, tortore, tacchine, pappagalle, canarine, cocorite starnazzanti che gli ruba uno sguardo od un sorriso. Spezziamo una lancia in favore al sorriso di Dani. Gli prende sempre le guance, scopre i denti ma mai tutti, sembra che ti prenda in giro ma che ti stia mangiando con gli occhi, che sia serio e malizioso insieme. Mi fa sragionare quella sua espressione.
- Luna calante.- mi volto verso la voce parlante.
- Mi hai trovato.- torno a guardare il mare, che poi mare, cielo, non si capisce talmente è scuro.
- E’ tardi cosa ci fai qua da sola?- Dani mi si siede a fianco e parla a sopracciglio destro alzato. Rispondo a spallucce –Mi stai evitando da giorni, o sbaglio?
- Non che tu mi faccia venir voglia di starti dietro.
- Meeeeeow!- e scoppia a ridere da solo – Non fare l’acida dai, anche a me dispiace per quel che è successo.- annuisco.
- Bene, su questo siamo d’accordo allora.
- Cioè mi spiace per il modo in cui è successo non tanto per il fatto in sé. Che poi per la cronaca si chiama bacio.- tachicardia, sudorazione incontrollata, sangue pompato al triplo della velocità – Liz, so che è una cosa che ad averla detta prima del fattaccio mi avrebbe assicurato molta più credibilità e che non è una giustificazione, ma non va affattovbene con Camila, mi sono trovato incredibilmente bene a parlare con te e vorrei poterti conoscere per come sei, ho sbagliato ad approfittare di quel momento e hai ragione, ma voglio sapere se ho la possibilità di trovare in te una spalla.
- Se è un modo carino e velato per chiedermi se verrò a breve a letto con te è un no categorico.
- Smettila di fare il ragno, sto parlando sul serio!
- Ma dai, sii onesto con te stesso non esiste amicizia dove c’è attrazione e quel…quel…- mi alzo in piedi cercando di dire quelle parole che non mi escono dalla mente –…quel…
- Bacio…- sbuffo.
- …quel bacio ne è la prova. Quindi siamo onesti non ci può essere semplice amicizia.- lo vedo annuire.
- E perché mai?- ok, mi chiedo se non sia sordo.
- Perché o si è amici o ci si piace!
- Perché sei così categorica?
- Perché è così!- è esasperante una conversazione tale, soprattutto quando non ha né capo né coda, non vedo la luce alla fine di questo tunnel di parole.
- Ma non capisco ancora la motivazione per la quale non puoi essermi…amica.
- Perché mi piaci mi pare ovvio.- no. Non posso averlo detto per davvero, non a Dani Silva. Il suo celeberrimo sorriso fa capolino e allora accetto l’amara verità: per la prima volta in vita mia ho confessato a qualcuno che mi piace.
si alza in piedi scuotendosi via la sabbia dal sedere. Quel suo perfetto, muscoloso, tondo, seducente, attizzante sedere.

LIZ!

- Dai andiamo a casa.- e si incammina tenendo le scarpe, delle costosissime Prada, in mano. Non mi ero accorta fosse scalzo.
- Chi ti dice che verrò con te a casa?- si ferma e si volta, sempre perennemente sorridendo.
- Io, dato che Crista e Saray hanno levato le tende più di tre quarti d’ora fa, mentre tu stavi ad imbambolarti con lo iodio.- dannazione, amiche indegne di essere chiamate tali, traditrici, farabutte, degeneri.
- Tornerò coi mezzi.- a mali estremi, estremi rimedi si suol dire.
- Elizabeth è l’una passata, smettila di fare la bambina dell’asilo e andiamo a casa, domani potrai continuare ad avercela con me, ma non ti lascio andare coi mezzi da sola la notte. Se ti succedesse qualcosa non vorrei avere a che fare col senso di colpa.- non sorride più, ma forse ha ragione. Mi incammino senza proferire parola e raggiungiamo la sua superaccessoriata BMW X5, un mastodontico SUV nero carbone, cerchi in lega e interni in pelle beige.
Una volta a bordo mette in moto e si immette sulla strada, abbandonando la spiaggia e il ristorante. Quelli che seguono sono minuti di puro silenzio, non ha acceso nemmeno la radio, a favore di una sigaretta.
- Comunque è luna crescente.- affermo flebilmente.
- E che differenza c’è?- lo vedo sorridere e sorrido anche io.
- Che tra qualche giorno ci sarà luna piena.
- E’ bella la luna piena.- lo vedo convinto delle sue parole.
- No è più bella la luna calante, quando rimane solo una misera falcetta e tutte le stelline attorno.
- Ma la luna piena è più grande, c’è più roba da guardare!- e accende la radio come sottofondo.
- Ma non è la quantità, è la qualità che devi guardare Dani! All’asilo ti insegnano a disegnare la luna calante, non la luna piena!
- Ma la luna piena è grande, imponente!
- Ma la luna piena non ti fa sognare come la falcetta, non sembra un sorriso, non è suggestiva come la mezzaluna.- nel fervore del momento salto sul sedile, girando tutto il corpo verso il guidatore.
- E tu sei una sognatrice?
- A chi non piace sognare Dani?- fermi al semaforo mi offre la metà della sigaretta che sta fumando. Me la porto alle labbra ed inspiro, tanto ormai pure che venga considerato un bacio indiretto, non è niente rispetto a quel che già è successo.
- Io ho sempre sognato di fare il calciatore, ma da bambino volevo fare l’attaccante. Poi ho scoperto Taffarel e tutto è cambiato.
- Io da bambina volevo essere figlia di Cafu, poi il mio mito è diventato Roberto Carlos anche se gioca sulla fascia sinistra e a me non è che riesca molto bene.- abbasso il finestrino e butto fuori il mozzicone espirando l’ultima nuvola di fumo.
- E i tuoi cosa ti dicevano del fatto che volessi auto-diseredarti?
- Mio padre era d’accordo, diceva “Basta che mi spedisci un po’ di soldi di tanto in tanto.”, mia madre sperava che invertissi la rotta per la danza.
- C’è riuscita?
- In parte.- ridacchio – So ballare solo salsa, merengue, sai la roba brasiliana, le cose nostre. Ma solo grazie a mio cugino André. E tu?
- La mia infanzia non è così carina, ho vissuto per qualche anno in una favela, mio padre aveva perso il lavoro e non poteva permettersi più l’appartamento di San Paolo dove vivevamo. Poi si è ripreso grazie a mia madre.- serra le mani intorno al volante e spegne la radio.
- Tasto dolente?- un sorriso, anzi no, un ghigno amaro.
- E’ stata l’unica volta che l’ho vista. Avevo dodici anni e prestò a mio padre i soldi che gli servivano per mettere su l’impresa che ha ora, poi mai più nemmeno una telefonata per sbaglio.- sto zitta. Gli ho sventolato per dieci minuti i miei genitori perfetti quando lui ha una storia del genere alle spalle – Però la moglie di mio padre è una donna fantastica, si sono conosciuti qualche mese dopo e da allora stanno insieme. Sono vent’anni ormai.- e riacquista il sorriso – Siamo arrivati.- spegne il motore e si slaccia la cintura, per poi voltarsi verso di me, un’espressione dolce. Mi accarezza una guancia lentamente, con la punta delle dita – Vai su, ci vediamo domani in palestra, direi che abbiamo fatto abbastanza per oggi.- annuisco e scendo dalla macchina accostando piano la portiera.
- Buonanotte.- mi risponde con un occhiolino mentre chiude la macchina con il telecomandino.
- Notte Liz.- sempre coi tacchi in mano corro su per le scale e affannata apro la porta di casa, spinta da Crista e Saray che mi aspettavano sullo zerbino.
- Raccontaci tutto, ora!- do due mandate alla serratura e ridendo inizio, saltando sul divano incrociando le gambe per fare spazio alle due ragazze che già hanno aperto un pacco di popcorn.
- Allora…

PICCOLO SPAZIO LaNana

Chiedo scusa per il ritardo, ma sono presente lo stesso, vedete no?! Liz è.....un po' incasinata, le piace Dani, ma è comunque frenata lo stesso, ma lui è così travolgente.......

Ringrazio tutti per le recensioni, per aver letto, inserito tra i preferiti o le seguite. Da oggi risponderò alle recensioni tramite apposita funzione, quindi a presto!!

LaNana

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Capitolo 7
*** Let's Kill Liz. ***


The Chance
Segui il cuore.


Chapter six.
Let's Kill Liz.

È incredibile come volino i giorni, come passino travolgenti ed estenuanti.

I ragazzi sono partiti da settimane per il ritiro, mentre noi donne ci destreggiamo tra palestre, allenamenti e serate tutte insieme.
L’atmosfera in squadra è fantastica, è diversa dalla mia vecchia Porthsmouth: non siamo tutte cresciute nella stessa città, non ci conosciamo da quando eravamo piccola, ma veniamo tutte da posti diversi e ci stiamo legando, siamo unite da uno stesso destino in un certo senso. Anche se penso che ci sia solo lo zampino del Creatore a mischiare le vite delle persone.
La mia piccola Harry è tornata in Inghilterra e ha deciso finalmente di stare tra le braccia di Owen da ora e per sempre, ma mi tengo il diritto di riserva con lei non si sa mai cosa succederà il giorno dopo.
-…e niente morale siamo andati da lui sai com’è qui quando piove, meglio stare al chiuso, no?! E invece aveva messo candele dappertutto, le lenzuola di seta cioè…non si resiste ad un uomo così.- ridiamo al telefono.
- No immagino non si possa dire di no.- mi risponde con un pigolio – Harry posso farti una domanda?
- Sicuro Liz, vai.
- Luke?- la sento sospirare.
- Sapevo me l’avresti chiesto prima o poi…ha smesso di chiedermi ossessionamene di te, si sta riprendendo ecco. È ancora un po’ sottotono.
- Capisco…- sussurro – Digli di stare su.
- Ceerto! Riportargli queste parole è come se un ladro dicesse alla sua preda di risparmiare un po’ che è un brutto periodo, dai cazzo!- ridiamo per un po’, cambiando discorso.
Mentre parlo mi preparo il pranzo, oggi è lunedì giornata libera dopo due settimane e mezzo di inferno.
- Allora quando torna Dani?- la sua domanda mi scuote dall’orda di pensieri che mi annebbia la testa, Luke in primis. Come potevo non essermene accorta prima dei suoi sentimenti?
- Mercoledì. E abbiamo una pizzata in programma con altra gente.
- Liz?- sento qualcuno mormorarle qualcosa – …niente devo andare, mi raccomando, mi fido di te. Testa sulle spalle. Ciao tesoro.- dopo qualche bacio via etere appoggio il cellulare sul tavolo e mi metto in bocca una forchettata di uova strapazzate. La colazione non si tocca, soprattutto se si tratta di uova strapazzate con bacon croccante e succo d’arancia. E non importa se sto facendo colazione alle tre di pomeriggio, avevo bisogno di dormire. Ecco.

I pomeriggi sono fondamentalmente noiosi, sempre chiuse da qualche parte a far lavorare i muscoli, due volte la settimana al Camp Nou ma mai niente di speciale. Da quando sono partiti i ragazzi si respira un’aria monotona e piatta.
Spesso mi intrattengo ben oltre l’orario medio insieme a Crista e Saray per un film sul divano accompagnate da una vaschetta di gelato.
Le giornate si stanno lentamente accorciando, siamo ormai alla metà di settembre e anche se il caldo si attenua poco alla volta, le serate si allungano. Le ragazze mi hanno accompagnato molte volte in giro per la città di notte e devo ammettere che è suggestiva da morire con tutte quelle luci, i negozi che rimangono aperti fino a tardi, la movida e gli spagnoli che sono così simpatici…

E quindi sono passate le settimane e così stasera sono di fronte al computer con una conversazione e webcam aperta con mia madre appena tornata a casa da mio padre dopo la solita estate in Brasile dai nonni.
- Come sei dimagrita, Liz!- le sorrido.
- Non è che sono dimagrita mamma, si chiama tonificare.- mi liquida con un gesto della mano, riposizionando meglio le cuffie sulla testa – Papai*?- si gira e lo chiama, così lo vedo apparire nello schermo con un sorriso smagliante farmi ciao con al mano, saluto al quale rispondo altrettanto allegramente – E Matt?
- Ti saluta, sai com’è fatto. Ti manda i saluti strafottente come sempre, però si vede che gli manchi, ogni tanto fa finta di sbagliare stanza ed apre la porta della tua camera. Oh, meu filho**…- mi fa piacere che il mio fratellino per quanto faccia il duro senta la mia mancanza.
- Digli che mi manca la sua faccia da beota.- vedo i miei genitori fare una risatina dopo la quale ci congediamo, sono due ore che parliamo ed è molto tardi. Il fuso orario è uguale, ma le giornate si svolgono in maniera opposta, mattinieri gli inglesi, tardivi gli spagnoli. E io sono in Spagna, quindi la notte è ancora giovane, ma ai miei si chiudono gli occhi.
Mi vado a sdraiare sul divano con la tv accesa e sto quasi per addormentarmi quando sento bussare alla porta.
- Chi è?- chiedo alzandomi svogliatamente.
- Eu queria ver você***.- apro la porta e mi trovo Dani davanti con ancora la valigia da disfare al seguito.
- Siete già tornati? Non dovevate tornare mercoledì?
- Sorpresa!- sorride appoggiandosi alla cornice della porta.
- Entra, farai un solco sullo stipite di questo passo. Ma non sei nemmeno passato da casa a lasciare la roba?- gli faccio spazio ed entra portando dentro tutto.
- Naaa.- apre una tasca laterale della valigia e mi allunga un pacchetto di carta bianca da imballaggio – Per te. Viene da Miami, dal ritiro.- sbatto le ciglia qualche volta, incredula.
- Per me?- annuisce ridacchiando.
- Sì, non ci credi?
- Cos’è una zolla di terra del campo allenamenti?- corrugo le sopracciglia diffidente.
- Dai apri.- strappo cautamente la carta fino a trovarmi davanti una di quelle palle che se le giri nevica…solo che questa quando la giro si muove tutta la sabbia – Se la metti sotto una lampada o al sole ti riproduce un tramonto.
- Dai non ci credo!- mi avvicino al tavolo e la metto sotto al faretto del soggiorno – Che mi venga un colpo, è vero!- Dani ride alle mie spalle.
- Sei tu che sei una miscredente.
- Che parolone forbito.- si appoggia al tavolo e mi fissa.
- Ti piace?- annuisco.
- Sì, grazie Dani.- gli rispondo sorridendo.
- Bene.- e mi fa quel sorriso. Quel suo solito, pungente, seducente sorriso da bravo ragazzo che ha delle lenzuola che possono parlare per lui. Mi incanto sulle labbra e sui denti bianchi che appaiono tra loro, sugli occhi neri e sui capelli scarmigliati – Che c’è Liz?- faccio piano di no con la testa, non riuscendo a pensare o dire qualcosa di decente. Si alza dal tavolo e si avvicina di due passi, solo pochi millimetri d’aria a dividerci – C’è qualcosa che non va?- mi toglie il souvenir dalle mani e mi cinge la vita tra le braccia – Não fale mais pequena mulher com olhos o céu****?- percorre lentamente quel poco di aria che ci separa, sfiorando il mio naso col suo. Sento il suo respiro caldo sul viso, il suo profumo avvolgermi, e quegli occhi…croce e delizia, fissi nei miei. Appoggio le mani sul suo torace e sento l’abbraccio serrarsi di più ancora.
- Não*****.- bisbiglio piano e…succede. Mi sfiora piano le labbra, che schiudo automaticamente accettando il bacio che lentamente deposita. Un lambirsi delicato di labbra e sospiri, dolce e leggero. Sono totalmente soggiogata che non mi rendo nemmeno conto che mi ha trascinata fino al divano e mi sto lasciando stringere, mi sto lasciando baciare, lo sto baciando.
Delicatamente mi assaggia, mi attira a sé, mi metto a cavalcioni su di lui e quei baci casti si fanno sempre più passionali, mi trattiene il labbro inferiore tra le sue strappandomi un gemito sommesso, per poi approfondire il bacio, rincorrere la mia lingua, accarezzarmi i capelli sulla nuca.
- Dio.- scatto in piedi dal divano portandomi entrambe le mani alla bocca.

Cosa cavolo ho fatto…

- Liz cosa…- allarga le braccia sconcertato.
- TI HO BACIATO!- inizio a camminare per il salotto in preda a tremiti di nervosismo. Come cavolo ho potuto lasciarmi andare così? Con lui poi?
- E…e quindi?- si alza e si avvicina prendendomi per i polsi.
- SEI SPOSATO!- possibile che non si ricordasse?
- Non sono sposato Liz.
Ripenso a tutte le voci che si rincorrono su Dani. Un donnaiolo, un fedifrago, un traditore recidivo peraltro, un bugiardo. E io che imbecille ci sono cascata, mi sono lasciata affascinare.
- HAI DUE FIGLI! UNA COMPAGNA! Dovresti esserle fede al posto di fartele tutte cazzo!- inizio a riavviarmi nervosamente i capelli.
- Liz è stato un bacio…- mi tiene per le spalle, premendo con le dita.
- Carlos e Irene.- si tira su sfregandosi il viso con una mano.
- E’ meglio che vada nel mio appartamento, ora non sei in grado di avere questa conversazione.- prende il trolley, apre la porta e la richiude, portandosi via anche la bolla in cui ci eravamo chiusi.
- IO NON NE SONO IN GRADO?- urlo mentre mi accascio sul divano e riprendo a respirare regolarmente, con più calma - Mi serve Harry.- corro al pc e la vedo online, perfetto.

BARCELONA ON AiR!: Harry ci sei? Ho fatto un casino, ho bisogno di te.
                                        Harry!
                                        Harry ci sei?
                                        …
                                        …?
                                        …sei ancora fuori con Owen?
                                        Harry…
 

DON’T WASTE YOUR TiME: Non si può nemmeno andare a pisciare in questo mondo! Dimmi, che hai combinato?
 

BARCELONA ON AiR!: Io e Dani ci siamo baciati. Con la lingua per precisare.
 

DON’T WASTE YOUR TiME: E quindi?
                                                Cioè....il problema?
 

BARCELONA ON AiR!: Ha due figli!
 

DON’T WASTE YOUR TiME: Ah. quello.
                                                Beh lo sapevi già prima...
                                                Ma vi siete solo baciati? Sicura?
 

BARCELONA ON AiR!: Sicura sì.

DON’T WASTE YOUR TiME: E perché tutti questi problemi per un bacio?
 

BARCELONA ON AiR!: Perché ha una compagna e due figli. Una famiglia insomma.
 

DON’T WASTE YOUR TiME: O il problema è che lui potrebbe davvero piacerti?
 

BARCELONA ON AiR!: Ti ho cercato per avere aiuto.
 

DON’T WASTE YOUR TiME: Io ti dico quello che penso non quello che vorresti sentirti dire.
                                                E Dani sono millenni che ti piace, dai Liz.
 

E in questo momento mi viene in mente Luke.
Forse è così che si è sentito lui quando gli ho detto che me ne sarei andata. Si sarà magari sentito un imbecille nell’avermi permesso di andarmene, un allenatore che non sa tenersi le ragazze in squadra.

No.

No, Luke è un grande allenatore, un bravo ragazzo e non si è sentito stupido perché io me ne sono andata. Luke sta male perché non gli ho dato nessuna possibilità di provarmi quanto fantastico sia. Ma io in realtà so com’è lui. Non gli ho dato questa possibilità perché sono andata in un altro stato a giocare, nella stessa società dove gioca Dani Silva, che lui crede essere il vero motivo della mia partenza, cosa che ho più volte prontamente negato. Motivo che però ho appena baciato.
E ora perché sto pensando agli occhi verdi di Luke? Perché questa tachicardia?
- Pronto Liz? È tutto ok?
- Ciao Luke.- Cristo l’ho chiamato per davvero.
- Ciao…posso…come mai…
- Volevo sentirti Luke, solo sentirti.
- Oh. Ehm, sì…- lo sento titubante. Certo io conscia della cotta pazzesca che ha per me lo chiamo dicendogli che voglio solo sentirlo, certo, complimenti Liz.
- Ti disturbo?
- No, no, no ma va, solo che…solo che mi fai sempre uno strano effetto Liz, dal vivo, per telefono, via mail, sarò sempre così quando avrò a che fare con te da ora. Non…non sei più una delle mie ragazze, non c’è niente che mi impedisca di innamorarmi di te sul serio.
- No, infatti.- evviva!, diamogli corda e speranze!
- E tu…perché hai chiamato?
- Mi manca averti intorno.
- Anche a me Liz, da matti.- sospiro.
- Ora vado a dormire Luke, ci sentiamo.
- Quando vuoi. E…ti voglio bene, ricordati.
- Anche io, da matti.- e chiudo la conversazione. Bene, ottimo.

*Papà?
** Oh, Figlio mio...
***Volevo vederti...
****Non parli più piccola donna dagli occhi del cielo?
*****No.

PICCOLO SPAZIO LaNana

Oh mio Dio! Non l'avrei mai detto!! Sono mesi che non ho fiato per poter scrivere e recensire decentemente, ma forse le feste, forse il nuovo lavoro sto tornando a vivere :)
In questo capitolo Liz comincia a incasinarsi, cosa che sapevo avreste previsto largamente...bacia Dani e pensa intensamente a Luke tanto da chiamarlo e forse, forse dargli false speranze, chi lo sa?
Ringrazio Chibi Bisquit per essermi sempre, SEMPRE vicina ed essere....biscottosa!
FallingInLove perchè mi segui, mi apprezzi sempre, mi sproni e diciamocelo, scrivi da dio e mi fai sognare sempre te :) Grazie!
Abbiamo poi rodney -PRO LUKE- perchè stai impazzendo quanto me *ride mostruosamente* in realtà i personaggi stanno prendendo vita, le dita scrivono da sole, sembra quasi incredibile. Guarda forse al reparto 18 ci sono i Dani Silva in offerta xD
E SoleloS -PRO DANi- malata di calcio come me che...non lo so mi sento stravicina a come mi scrivi e come la pensi, ci piace!

E voi? Pro Dani o Pro Luke? Fatemi sapere!!

A prestoooooo♥
LaNana

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Capitolo 8
*** Daddy Davie. ***


The Chance
Segui il cuore.


Chapter eight.
Daddy Davie.

Mi infilo in bocca un altro pezzo di hot-dog e mastico velocemente il mio pranzo, sono troppo presa dalla partita. E dalla tribuna, si vede da Dio!
Mugolo all’ennesimo errore di tiro di Messi, sparato alto sopra la traversa.
- Dai cazzo!- ricevo una gomitata tra le costole.
- Non essere sempre così volgare, Liz!- rido e tiro un sorso di birra. Hot-dog e birra: l’abbinamento da stadio perfetto.
- Scusa papà ma il calcio mi elettrizza sempre dovresti saperlo. E poi è colpa tua se ho iniziato a giocare e seguirlo.- morde il suo hot-dog sogghignando, mentre il pubblico sospira sollevato per una parata neanche troppo impegnata di Dani del tiro di Rossi del Villarreal.
E’ una bella partita entrambe le squadre stanno giocando bene, ma siamo ancora sullo zero a zero, dannazione! Ormai mi trovo a tifare per il Barcellona come se fosse il mio Arsenal e a me è sempre importato molto di più vincere che partecipare. Ma ormai siamo all’ottantaseiesimo, per quanto incredibili possano essere i ragazzi non hanno molto tempo per fare qualcosa.
Mascherano prende la palla, passa a Maxwell che dribbla due giocatori, mando giù l’ultimo pezzo di hot-dog ancora seduta sul seggiolino e i gomiti alle ginocchia, sbuffo quando perde palla.
Novantunesimo.
Arriva Messi, prende la palla, fa uno dei suoi giochetti, entra in area, esce, rientra, tunnel, esce, crossa e…chi è quello???
Salto in piedi gridando per il gol in extremis di Villa, un magistrale colpo di testa. Il Camp Nou in festa e mio padre che ride con me, sguaiatamente.
Al novantatreesimo, dopo due minuti di baldoria, l’arbitro decreta la fine dell’incontro, triplice fischio e tutti sotto la doccia.
- Dai papà andiamo negli spogliatoi, chi vuoi conoscere?- gli chiedo ma lo vedo titubante.
- Mmm…Maxwell. E poi Mascherano, e Messi, e Villa, e Piqué, e Valdes, e Puyol, e Ledesma, e Busquets, e Keita, e…
- Sì, sì, sì ho capito.- lo interrompo mettendogli una mano sulla bocca. Bevo il resto della birra e gli faccio strada per i corridoi, mostrando di quando in quando i pass ottenuti con un po’ di moine dal presidente Ortíz. Che poi neanche tante, mi è bastato aggiungere alla mia richiesta un per favore, più il mio papino, più voglio fargli una sorpresa, più mi studio le tattiche e il gioco è stato fatto.
Arriviamo davanti alla porta degli spogliatoi proprio quando i ragazzi arrivano baldanzosi dal campo, tutti belli sudati, appiccicosi e maleodoranti. In un tripudio di urla mi salutano, chi un bacio poco gradito sulla guancia, chi un baciamano, chi un “¡Hola, Liz!” e chi, come un povero cristiano recante il nome Messi, si ferma a conoscere mio padre.
- ¡Hola guapita!- Dani mi arriva alle spalle e mi da un bacio tra i capelli.
- Oh, ciao. Dani, posso presentarti mio padre Davie Hall?- si stringono la mano.
- Signor Hall è un vero piacere, Liz mi ha parlato un sacco di lei.
- Piacere Mio signor Silva, spero abbia ricevuto solo belle notizie.- si sorridono.
- Oh certo, non ha idea di che lingua lunga abbia sua figlia, quando inizia a parlare non c’è verso di farla star zitta.- e scoppiano a ridere nonostante le mie guance gonfie di disappunto.
- E non hai idea di come sia sua madre!- ridono ancora. Mi verrebbe da dir loro “Ehi io sono qui!” ma sono certa non mi considererebbero ugualmente.
- Ehi Dani.- lo prendo per un braccio per attirare la sua attenzione, che finalmente mi rivolge – Stasera andate a cena al solito posto no?
- Certo.- e mi scompiglia i capelli con una mano – Certo Farfallina.- e scoppia a ridere, mentre io mi volto verso mio padre. Incredibile che in pochi minuti già gli stia raccontando tutta la mia vita arrivando pure ai suoi soprannomi, Farfallina mi chiama lui quando da ero piccola, da quando gli chiesi perché io avevo la farfallina e i maschietti il pisellino. Soprannome che fino a quel momento non era mai trapelato se non con Harry, ma è anche vero che mio padre non ha mai avuto l’occasione di spifferare tutte le cose imbarazzanti della mia vita – E voi venite con noi, ho già parlato con tuo padre. Ci vediamo dopo. Ciao Davie a dopo allora!- e liquida con un buffetto sulla guancia la mia espressione più che sconcertata.
- Simpatico Dani Silva.- dice mio padre raggiungendomi, tenendo le mani sui fianchi.
- Sì ma stasera non vi farò stare vicini, siete troppo pericolosi per la mia reputazione voi due.
- C’è qualcosa che mi devi dire?- lo guardo in faccia ancora con le braccia conserte.
- E’ un gran bravo ragazzo, ma ha la lingua troppo lunga e biforcuta. Ora andiamo che mi devo cambiare.- e mi incammino verso l’uscita.
- Ma Liz, io vorrei andare direttamente coi ragazzi, Dani mi ha detto che mi porta lui.- mi volto verso di lui, sconsolata.
- E allora ci vediamo là, tanto ci andiamo ogni domenica dopo le partite.
- Ma…- mi ferma cercando di opporsi con una carezza.
- Guarda che chiamo la mamma.- ritira la mano e fa il saluto militare.
- Sissignore. A dopo Farfallina.- sorride ed entra nello spogliatoio urlando come un ventenne.

Arrivata a casa mi limito a cambiarmi la maglietta, impregnata della puzza dei ragazzi, mentre racconto a Harry la mezza giornata appena trascorsa con mio padre.
E’ arrivato sabato mattina in aereo e se ne andrà domani sera, lunedì, con il volo delle 23:00, dopo un weekend all’insegna della sua dolce bambina, che se andiamo avanti così passerà col resto della squadra.
- Dai Liz non devi prendertela sai com’è fatto tuo padre…- sospiro.
- Sì lo so…
- La partita stamattina com’è andata poi?
- Eravamo in trasferta a Tarragona, uno schifo di pareggio, non ci han dato un rigore quei bastardi.
- Quanto?
- Due a due.- mi risponde con un borbottio su questi arbitri che tifano per il Real Madrid che non danno i rigori al Barcellona, che devono smetterla ed essere più corretti – Harry devo andare, c’è Crista alla porta.
- Liz però…vai, ci sentiamo domani.- chiudo il portatile e mi sistemo il telefono meglio nell’incavo del collo.
- Harry, te lo ripeto di nuovo, non ti sto scaricando, ficcatelo in testa. Tra quindici giorni poi torno a casa per Natale e ci vediamo, stai tranquilla.
- Buona serata.- la saluto ridendo contro la sua voce da offesa. Mi giro e mi affretto a prendere la borsa abbandonata sul divano.
- Dai che ti vuole bene, per quello ti fa quelle storie.- guardo Crista sulla soglia della porta, sorridendo al suo accento spagnolo, con la H molto aspirata.
- Sì ma è gelosa da matti anche se glielo vai a dire di star tranquilla.
- A volte parli troppo veloce Liz, non ho capito una parola.- mi riprende corrucciando lo sguardo. Le sorrido.
- Niente tranquilla, andiamo.- le dico prendendola sottobraccio e mettendo le chiavi della porta di casa appena chiusa in borsa – Andiamo e teniamo fermo mio padre prima che mi distrugga la poca vita sociale che ho.

Dlin dlon alla porta. Apro un occhio cercando di trovare una qualsiasi motivazione che consenta a qualsivoglia persona di suonare il campanello della mia porta il mio giorno libero, con mio padre che dorme sul divano, e, soprattutto oserei dire, alle otto e trenta del mattino.
Mi alzo dal letto scostando malamente le coperte, le lenzuola e le ciabatte che si ribellano alla volontà di infilarsi ai miei piedi e corro alla porta, sperando che mio padre non si sia svegliato.
- Dormivi? Vi ho portato la colazione.- Dani.
- Io. Ti. Uccido. E lo faccio seduta stante.- mi risponde ridendo e mi sorpassa entrando in casa, mollando il sacchetto di Starbucks con cappuccini schiumosissimi e cornetti caldi, se ha portato la solita colazione. Ebbene…ormai è un po’ di tempo che stiamo costruendo questo rapporto e il lunedì mattina, giorno di riposo di entrambi, ci troviamo a casa mia in mattinata tardi per consumare cibarie di Starbucks che uno dei due si prodiga ad acquistare. È diventato un rituale, diciamo, prima che vada a casa da Camila e dai bambini.
- Sta ancora dormendo tuo padre? Scusami, non volevo disturbare!- lo liquido con un gesto scocciato della mano e prendo il mio cappuccino infilando tutta la faccia nel bicchierone – Bei capelli però, Farfallina.- alzo lo sguardo verso di lui.
- Ecco io e te abbiamo un conto in sospeso. Non mi devi chiamare in quel modo, quella conversazione non deve uscire dal triangolo che formiamo io te e mio padre e se lo farà saranno cazzi amari. Per me e per te principalmente- addenta un croissant alla crema e mastica lentamente, ponderando la mia poco velata minaccia.
- In realtà sono passato adesso perché non posso dopo, vado via prima che porto Carlos a fare un giretto, solo io e lui. Roba da uomini veri.- rido finendo il cappuccino.
- Divertitevi, tanto ci vediamo poi.- annuisce.
- Ci vediamo stasera, recuperiamo col gelato in anticipo.- ed ecco un altro appuntamento fisso: il mercoledì sera in seconda serata è Cine-Horror e ci guardiamo i film che trasmettono, ovviamente horror, trangugiando chili di gelato Häagen-Dazs o Menorquina, a volte accompagnati anche da Crista e Saray. Siamo un gruppo abbastanza anomalo.
- Ma stasera non ci sono horror su Estrada TV.- mi esce un tono lamentoso che nemmeno sapevo di avere, bene!
- Va beh porto io un dvd.- dice masticando e sputando pezzi di brioche che evito con mosse degne di Matrix.
- E mercoledì niente Cine-Horror?- mi sorride compiaciuto. Mi si avvicina e mi prende entrambe le guance tra le dita, stritolandole.
- Mi sembri Irene in questo momento, sei tenera uguale.- e mi da un bacio sulla fronte abbracciandomi. Fermi tutti, non è come può sembrare, cioè non c’è del tenero. Non ci sono bacetti rubati, dormire stretti, stretti, sorrisi languidi e paroline dolci. Siamo vicini di casa, amici, compagni di società, e abbiamo dei rituali…delle abitudini, niente di più. Certo si sta creando una buona e bellissima amicizia, ma nient’altro.
Mi stringo a lui appoggiando la testa al petto lasciandomi cullare. Va beh dai lo ammetto, Dani sta diventando un punto di riferimento, lo vedo quanto le ragazze a conti fatti.
- Vado Liz, ci vediamo stasera dopocena, ok?- mi allontano dal suo corpo un po’ riluttante, mi stavo addormentando di nuovo, cullata dal calore del suo corpo.
- Ok, io torno a letto che ieri sera è stata devastante.- mi appare un flash di Crista un po’ alticcia che si mette a ballare un’improbabile lambada con mio padre.
- Ciao piccola, salutami tuo padre.- lo osservo finché non sparisce dietro la porta di casa chiudendola piano. Sospiro, alla fine come situazione non mi pesa, ho scoperto un bravo ragazzo dietro alla facciata da belloccio del calcio, ho accantonato l’attrazione che sentivo…che sento, alla fine sto dando la possibilità ad un gran bel rapporto di nascere, non per forza per frequentarlo devo saltargli addosso, ripeto ha una famiglia e tutto il diritto di avere amici. No?! Sposto lo sguardo sul cappuccino iniziato di Dani. Alzo un sopracciglio e non resisto, lo finisco.
Ma bere dallo stesso bicchiere, dalla stessa parte, può essere considerato un bacio indiretto?
La scorreggia supersonica e ultrapotente di mio padre mi porta alla realtà, i rumori esageratamente molesti mancavano in casa mia in effetti.

 

 

PICCOLO SPAZIO LaNana

Beh dai questa volta non ho ritardato più di tanto!!! xD
Arriviamo ad una specie di svolta ecco, forse sto dipanando qualche dubbio, o forse no, chi lo sa?! Voglio enervi un po’ sulle spine in realtà non voglio farvi capire troppo, ma questa Liz mi piace la vedo reale come se mentre scrivessi ce l’avessi affianco che mi racconta, non come se fossi io a scrivere.
Bene, adesso è concentrata su suo padre e sulla visita che le ha fatto, che le sta facendo. Ho notato che ho accantonato un po’ –forse troppo- il punto principale della FF: il calcio. Quindi vedrò di ficcarci più roba, promesso.
Vi lascio al capitolo. Anzi no se state leggendo il capitolo l’avrete già finito………vi lascio alle recensioni che spero facciate, ma vi ringrazio ugualmente per essere arrivate fino a qui, vi risponderò sempre tramite l’applicazione.
Vi voglio bene!
LaNana

FallingInLove: grazie per l'incoraggiamento!!!!!! Anche io sono una calcio-dipendente seguo tutto di tutti!! xD Tu sei per Luke quindi....mmm...onestamente non ho ancora deciso bene alcuni dettagli della storia lascerò che le cose accadano e mi sfuggano di mano (muhauhauhauah) grazie per la recensione e a presto ;)

Vivian Hope: sì, ance questo capitolo vedrai che è molto palla di qua-palla di là, non ho molto le forze per scrivere decentemente e prossimamente passerò in rassegna i capitoli per darci un'aggiustata! Grazie per seguirmi e recensire, soprattutto per metterti d'impegno a scriverne di costruttive, cosa che apprezzo molto!

Grazie a tutti quelli che l'hanno messa tra le seguite, preferite e da ricordare, non che quelli che commentano!
Nel frattempo vi linko una FF fantastica, una delle mie preferite, sperando piaccia anche a voi! "
LEZIONI DI SEDUZIONE"
Vi auguro buona lettura di tutto, e vi ringrazio come sempre!
LaNana

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Capitolo 9
*** Sweetheart. ***


The Chance
Segui il cuore.


Chapter nine.
Sweetheart.

- Ehi dolcezza chi l’ha portata la colazione?- apro un occhio e lo dirigo prima verso la sveglia, le 13 e 46, poi a mio padre, capelli brizzolati tutti scarmigliati, occhio azzurro vispo, naso dritto, viso magro dai tratti marcati e una barbetta appena accennata, non ho lamette da barba io.
- Il tuo amicone Dani, paparino.- sogghignando malignamente torna in cucina masticando la brioche ripiena di nonmiricordochecosa.
- Alzati dai dormigliona è quasi ora di pranzo.

È lunedì, no? È il mio giorno di riposo, no? Stasera se ne va, no? Meno male.
Stasera lo accompagno in aeroporto e poi mi godo la serata.
E finalmente poi niente più paparino che fa comunella con Dani, bene.

Mi giro dall’altra parte, determinata a continuare a dormire, qualsiasi cosa accada.
O almeno questa era l’intenzione…
- Liz alzati o mi farai perdere l’aereo!- una legnata diretta sul ginocchio mi fa aprire, anzi spalancare gli occhi, fiato mozzato e urla strozzate in gola.
- Dio…ma che cazzo fai papà?
- Non ci provare neanche a bestemmiare e alzati!- mio padre è vestito di tutto punto con valigie alla mano. E urla. Ora capisco perché si è sposato con mia madre, tutti e due urlano quando qualcosa non va come dovrebbe, o come vorrebbero loro.
- Ma che…che ore sono?
- Le sette meno un quarto, hai tre quarti d’ora per portarmi all’El Prat a fare il check in.- il Signore avrà me e Miguel, il tassista, in gloria se ce la facciamo.
Ebbene, mezzora dopo mio padre ha già il biglietto in mano e, udite, udite, mi fa le raccomandazioni, mentre io già penso alla statua d’oro che ci faranno per questa corsa folle all’aeroporto che manco Ayrton Senna, porca miseria.
- Mi raccomando Liz il gas, chiudi bene le serrature quando esci e soprattutto non dar retta agli sconosciuti. Non sai quel che possono farti…chiaro?- mani sulle spalle come il miglior film drammatico/romantico di basso livello.
- Qualsiasi problema mi basta attraversare il ballatoio e rompere le scatole a Dani, papà.- toglie le mani e afferra il bagaglio a mano, pronto a passare il gate. Col cappotto beige e il cappello così sembra Humphrey Bogart in Casablanca quando saluta Ingrid Bergman.
- Ecco, così sono più tranquillo. Sapere un uomo di quel tipo accanto a te è rassicurante, se te lo sposassi starei ancora meglio, se solo non fosse già impegnato, dannazione.- nel dubbio tra ridere ed arrossire, scelgo la prima – Ciao Farfallina, fai la brava.- tiro fuori il cellulare, ore otto e trenta.
- Avremo sempre Parigi!- gli urlo dietro. Davie Hall si gira e mi sorride.
- Ti guardi troppo film, Farfallina!- e scompare dietro al gate.
- Strano tipo tuo padre.- Miguel alla fine è rimasto con noi. Annuisco e mi fa segno di tornare al Taxi, prima che ci multino, e mi tocchi pagargli anche quello aggiungo io mentalmente, e mi riporta a casa – Tutto sommato es simpatico.
- Sì mio padre è un elemento piuttosto particolare in effetti.- gli allungo una banconota da 50 euro che mette nel portafoglio, mentre penso che grazie all’accordo che abbiamo fatto sto risparmiando un sacco di soldi che andrei a spendere in noleggio macchina, benzina, tempo e pazienza. La radiolina inizia a gracchiare e Miguel risponde.
- Te abandono Liz, buenas noche.- sorrido e apro il portone del palazzo mentre risale sulla C-Max e parte sgommando.
- Buenas noche, Miguelito.- il tempo di salire le scale e la pace mi abbandona, totalmente, istantaneamente, senza indugi, senza ma e senza se.
- Quella stronza, mi ha rotto il cazzo non la sopporto.- Dani in lacrime seduto sullo zerbino di casa mia con Carlos in braccio che dorme. Mi affretto apro la porta e li faccio entrare – Fino a ieri tutto andava benissimo, ma oggi ha deciso che il calcio è una stupidata, che mi farà sostanzialmente abbandonare la mia famiglia, che distruggerà tutto quello che abbiamo costruito, che non la amo più come una volta, e avanti con le stronzate che dite voi donne in queste situazioni.- Gli faccio sdraiare Carlos sul mio letto e andiamo in cucina, sedendoci al tavolo con due bicchieri di vino in mano mentre continua a sbraitare sottovoce – E mi ha requisito le chiavi dell’appartamento! Incredibile.- tira un lungo sorso – E io allora mi sono portato Carlos con me, lei urlava, urlava e urlava, io allora le ho gridato che sarei venuto da te, che non mi avresti lasciato sullo zerbino per niente al mondo.- e mi fa un sorriso amaro.
- Non potrei mai, e non avrei resistito al faccino di Carlos nemmeno per un minuto.- scola il resto del vino e si lascia andare sullo schienale, ma ho una sensazione di disagio, alla fine sono stata messa in mezzo ad una discussione di famiglia, come se io fossi più affidabile di Camila…non mi piace la cosa.
- Io così non ce la faccio più, davvero, non so quanto riuscirò a resistere, più che altro è che ci sono di mezzo i bambini.- si passa una mano sul viso, teso. Mi incammino verso la sala, sedendomi sul divano seguita a ruota da lui che stringe tra le mani la bottiglia di vino – Che poi oggi sei tra le sue persone preferite, dice che mi tieni d’occhio dalle altre donne che mi gironzolano intorno, domani stai certa che finirai sulla lista nera anche tu, finirai tra le galline e le oche.- e giù un altro bicchiere.
- Magari tra le scrofe.- dopo un momento di imbarazzo parte una risata che stempera l’atmosfera.
- Ti vedrei meglio tra le puledre.- e il sorriso attira Liz ricompare.
- Sì e magari tu saresti lo stallone della scuderia.- la bottiglia è quasi vuota, stiamo bevendo tanto, forse troppo.
- Ovviamente, e non sai la ripassata che ti darei, saresti felice.- avvampo. L’ha detto per davvero o me lo sono sognato?
- Mi vedrei meglio con un cavallo tipo Cristiano Ronaldo, sai com’è, braccia giovani.- sì, ho decisamente bevuto un po’ troppo.
- Guarda che gallina vecchia fa buon brodo, ho molta esperienza e ne saresti felice, una bella puledrina felice. Nemmeno Varenne ti renderebbe così felice.- troppi felice in una frase, Dani sta andando del tutto. Alzo un sopracciglio accennando una risata.
- Ma non hai nemmeno idea di come sono o cosa mi piace a letto, come puoi sapere che sarei felice ed appagata?- rannicchio le gambe di lato e mi giro verso di lui, nella stessa posizione, e ci fissiamo con gli occhi appannati dall’alcool.
- Quando ti piace qualcosa, qualche…come si chiamano quelle cose che fai?...atteggiamento, ecco, quando ti piace qualche atteggiamento, fai quel sorriso compiaciuto che ti fa venire una fossetta sulla guancia destra.- dove passa delicatamente un dito – E io farei di tutto per quella fossetta…
E crolla impietosamente, faccia in avanti, contro il mio grembo. Svenuto.

Fa un effetto strano svegliarsi col suo faccione rivolto verso il tuo, attorcigliati sul divano in una posizione scomodissima e il suo respiro a sfiorarmi il mento.
E’ martedì e sono le otto, significa che in meno di un’ora devo essere in palestra. Mi sfilo delicatamente dal suo abbraccio, doccia velocissima e tuta.
Carlos ancora dorme…è così tenero, sembra un orsetto. Come suo padre del resto, addormentato sul divano sembra indifeso più di quanto in realtà non lo sia, la storia con Camila lo sta logorando.
MI giro e faccio per chiudere la porta.
- Liz…- lo sento biascicare e rimetto la testa dento l’uscio, sorridendo.
- Dani, ciao. Sono le nove meno un quarto, sto andando in palestra ti ho lasciato le chiavi di casa nella zuccheriera della vetrinetta, chiudi tu e mi dai le chiavi stasera.- chiudo la porta lasciando la serratura aperta, al massimo sono cazzi di chi entra in casa trovandosi un omaccione di un metro e novanta centimetri suonati, largo come un armadio pronto a tirargli un cazzotto. Un papà orso pronto a difendere il suo cucciolo.
Quando rincaso non c’è nessuno, solo la bottiglia di vino vuota con un Post-it nel collo, dove campeggia un GRAZIE seguito a un punto esclamativo. Sorrido leggendo la grafia disordinata del portiere.

PICCOLO SPAZIO LaNana

Eccoci di nuovo...è passato tantissimo tempo LO SO, ma ho avuto problemi di cui non vi parlo più per la noia e la lunghezza della storia che per altro. DIciamo che hanno operato mia madre e sono stata in crisi col mio ragazzo, così per semplificare le cose, quindi poca, pochissima ispirazione!
Tornando a Liz, la vediamo tranquilla, col suo papino DAvie a godersi la mattinata. Poi il ciclone DAni che sta irruendo (esiste sto verbo?) sempre di più nella sua vita, occupando tutti gli spazi vitali di Liz.....vedremo no????
Vi chiedo scusa per la CORTEZZA, ma è un capitolo di transizione, il prossimo vedrà un bel salto temporale, spero mi stiate dietro dopo questa premessa!
Ringrazio chiusnque legga e/o commetni, vi voglio bene nonostante la stanchezza e la fretta!!

LaNana

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Capitolo 10
*** Fire With Fire. ***


The Chance
Segui il cuore.


Chapter ten.
Fire With Fire.


 

Era passato diverso tempo da quella serata, diversi mesi durante i quali la vita aveva cercato di stabilizzarsi e trovare una nuova dimensione. Non tanto la mia ma quella di Dani, che aveva definitivamente rotto con Camila e stava cercando di abituarsi ad una situazione difficile quanto scomoda.
Abbiamo fotografi, giornalisti e paparazzi davanti al portone di casa tutti i giorni, sono molti più di quelli a cui eravamo normalmente abituati, veniamo inseguiti per strada, microfoni puntati al volto in attesa di una dichiarazione o anche soltanto di un accenno da parte di qualcuno, un indizio per capire cosa ci sia sotto la rottura nel rapporto tra il portiere della nazionale brasiliana e la sua compagna da più di un decennio.
L’inverno a Barcellona non è drammaticamente freddo come a Porstsmouth, le temperature scendono nel mese di dicembre, ma difficilmente sotto i 7/8°.
Sono tornata a casa per le feste, è stato bello poter riabbracciare i miei genitori, Harriett e il suo di nuovo fidanzato Owen.
Il Natale passato in famiglia e la vigilia di Capodanno con gli amici a casa della mia migliore amica, bevendo come ai vecchi tempi giù in taverna come da migliore tradizione, approfittando della pausa del campionato, sono stati un diversivo più che piacevole vista la situazione che si stava creando.
Sono rientrata a Barcellona appena prima dell’Epifania per riprendere il normale andamento della routine di una calciatrice: sveglia, colazione, evitare i giornalisti, sala pesi, allenamenti, stretching, evitare i giornalisti, cena, dormire e ricominciare.
La primavera che è seguita non è stata molto diversa, se non per il clima. Ammetto di adorare il clima mite di questa città.
Barcellona è meravigliosa, offre possibilità a chiunque, locali, movida, musei, parchi. Posso quasi affermare che sia un perfetto connubio tra Rio e Portsmouth, calda e viva al tempo stesso.

Il campionato sta per volgere al termine e i ragazzi stanno per godersi nuovamente il titolo di Campeones, mentre noi ragazze speriamo in un ultimo colpo di coda, un passo falso dell’Atletico Bilbao che ci possa permettere di portare a casa il campionato, cosa che non succede dalla stagione ‘88/’89 quando ancora il club si chiamava PeÑa Barcilona.
Siamo alla fine di maggio e i gradi fuori stanno ormai salendo quasi vertiginosamente verso i 30°, le sedute in palestra cominciano a diventare claustrofobiche e maleodoranti, le partite al Camp Nou faticose e il caldo asfissiante.
- Te lo dicevo che avresti sofferto un po’ le temperature alte di Barcellona, ma confido nel tuo impegno.- Pablo, il preparatore atletico – Il deltoide ormai lo abbiamo sciolto, direi che scarichi bene la tensione ormai, - sento i suoi pollici premere ai lati della colonna vertebrale in mezzo alle scapole, la mia pelle sudata dalla sessione pesi – quello che mi preoccupa ora è il diaframma, continui a fumare e l’ossigenazione dell’aria qui è diversa rispetto all’Inghilterra, stai perdendo fiato. Bisogna sistemare la scheda, dobbiamo introdurre più cardio per aumentare la capacità polmonare, altrimenti stramazzi al primo tempo.- lo guardo prendere appunti sulla mia tabella – Domani ti faccio avere il piano aggiornato. Ciao Liz.- lo saluto mentre mi asciugo la fronte.
Mi avvio verso gli spogliatoi per farmi una doccia e partecipare poi alla riunione di squadra per la partita che domenica ci vedrà affrontare le ragazze della Huelva e, mentre cammino, due mani raggiungono i miei fianchi solleticandoli e facendomi trasalire.
- Ma che diavolo…?- le risate di Dani mi fanno sbuffare – Non ti smentisci proprio mai.- sorride dandomi un buffetto alla guancia sinistra.
- Mai. Volevo sapere se stasera hai degli impegni oppure sei libera.
- Ho la riunione con le ragazze e Gil per domenica, ma mi dovrei liberare per le sei, sei e mezza. Perché?- un sorriso sornione appare sul suo viso.
- Ceniamo insieme?- e sua conseguente alzatina di sopracciglio.
- É mercoledì, non mi sembra nemmeno una domanda da porre. Pizza?- nella mia mente iniziano a frullare immagini di pizza, birra e cine-horror.
- No Liz, vorrei portarti fuori a cena questa volta.- incrocia le braccia al petto, sorriso sornione sempre presente.
- Dani non è necessario, lo sai che sono una ragazza che si accontenta di poco!- ridacchio per il suo pensiero gentile.
In questo periodo siamo stati piuttosto vicini. Nel nostro stabile non ci sono molti suoi compagni di squadra, la maggior parte ha preso casa in città per stare con moglie e figli e a parte alcuni dei più giovani, lui è l’unico della prima squadra ad alloggiare dove vivo io, è stato abbastanza naturale, quindi, condividere quasi tutto il tempo libero a disposizione.
- Non lo sto facendo per sdebitarmi, Liz… Sto invitandoti ad uscire a cena con me.- lo sguardo che gli rivolgo credo sia sufficientemente perplesso da fargli fare un’ulteriore precisazione – Ti sto chiedendo se vuoi uscire con me. - alzo il sopracciglio destro, incredula.
- Cioè un… un…
- Un appuntamento, sì. Con me.- rimango senza parole. Una proposta completamente inaspettata alla quale non so cosa rispondere, o meglio, una parte di me, quella ormonale, mi dice di accettare; mentre l’altra parte, quella razionale, mi dice di pensare bene alle implicazioni – Dovresti darmi una risposta, Liz. Se non vuoi sappi che non è un problema.
- No, no, no, no, va bene. Cioè, ecco… Io intendo… - e a distanza di mesi riappare quel sorriso. Malizioso e divertito.
- Okay, allora passo a prenderti per… diciamo per le 20?- annuisco – A stasera allora.- e mi da un fugace bacio sulla guancia.
- Co-come devo vestirmi?- mi volto a guardarlo mentre va verso la sala pesi.
- Strepitosa.- e se ne va ridendo da solo.
- Bel colpo, Liz!- Crista mi da una pacca sulla spalla sorpassandomi per entrare a fare una doccia, precedendomi. Annuisco con un mezzo sorriso.
In che diavolo di casino mi sono infilata?
 

DON’T WASTE YOUR TiME: Oh, suvvia Liz non venirmi a dire che non te lo aspettavi!
                                                Non dopo tutto questo tempo che siete stati così a stretto contatto!
                                                Poi vi siete anche baciati, non so se te lo sei già dimenticato, era giusto ottobre o giù di lì.

 

BARCELONA ON AiR!: Certo che me lo ricordo, altrimenti mica sarei così in paranoia.
                                        E se mi bacia?

 

DON’T WASTE YOUR TiME: A me lo chiedi? Se ti ha chiesto un appuntamento evidentemente la cosa lo interessa.
                                                Se ti baciasse cosa faresti?

 

BARCELONA ON AiR!: Non lo sooooooooo!
                                        Devo pensarci ora?

 

DON’T WASTE YOUR TiME: E quando se no? Devi capire come vuoi muoverti, ragiona sul come ti senti.

 

BARCELONA ON AiR!: Penso di voler vedere come va la serata e pormi il problema se dovesse succedere, non prima…

 

DON’T WASTE YOUR TiME: Ma se stai in paranoia da ore, finiscila di dire cagate!
                                                Sappiamo entrambe che ci starai.


Già. Siamo onesti, certo che ci starò.
Ma ho una di quelle brutte morse allo stomaco, una di quelle sensazioni da senso di colpa che ti attanagliano quando vuoi fare qualcosa che sai essere sbagliato.

 

BARCELONA ON AiR!: Sarebbe così pessimo se intraprendessi una relazione con Dani?

 

DON’T WASTE YOUR TiME: Affatto, se ne sei convinta quantomeno e non sia solo un prurito intimo.


Il cellulare vibra emettendo un bip, un SMS.
“Dieci minuti e passo a prenderti. Tutto bene?”

 

DON’T WASTE YOUR TiME: Ci sei ancora?

 

BARCELONA ON AiR!: Sì, tra dieci minuti diamo il via alle danze… sono agitata Harry…

 

DON’T WASTE YOUR TiME: Come ti sei vestita alla fine?

 

BARCELONA ON AiR!: Miniabito nero, tacchi e clutch.


Digito velocemente la risposta ad Harriett e altrettanto velocemente rispondo a Dani.
“Io sì, e tu? Sono pronta, avvisami quando devo scendere!”


DON’T WASTE YOUR TiME: Capelli?

 

BARCELONA ON AiR!: Coda di cavallo e ho fatto un bocolo al ciuffo davanti, ti mando un selfie su Whatsapp.
                                        E prima che me lo chiedi, trucco leggero e orecchini a cerchio.

 

DON’T WASTE YOUR TiME: E… sotto? 😈

 

BARCELONA ON AiR!: Maledetta
                                        ahahahahahaha
                                        Lo saiiiii
                                        La mia brasiliana di pizzo nera preferita ahahahaah

 

Sento il campanello della porta trillare.

 

BARCELONA ON AiR!: Vado Harry! Pensami e guidami mentalmente come un guru ahahah

 

Chiudo il laptop e mi do un’ultima occhiata allo specchio.

 

Sì, dovrebbe andare.

 

Prendo lo scialle e apro la porta.
Mi trovo davanti un pazzesco Danilo Ricardo Dias Barros De La Silva, fresco di rasatura, profumato di dopobarba, in pantaloni eleganti, camicia lasciata sbottonata e giacca. Con in mano un gigante mazzo di girasoli.
Rimango a bocca aperta con la porta spalancata.
Ride dolcemente.
- Era più o meno quello che mi aspettavo.- mi porge i fiori - Per te.
- Io non arrivo viva alla fine della serata… - ride ancora poggiandomi un bacio sulla guancia.
Mi volto meccanicamente e poggio i girasoli sul tavolo, ripromettendomi di trovargli un posto più degno domani mattina.
- Andiamo gatinha?- mi volto a guardarlo, mai mi sarei aspettata di sentirmi chiamare così da qualcuno, men che meno da Dani. ‘Gattina’ è un modo affettuoso che in Brasile usiamo per chiamare le fidanzate, batto le palpebre un paio di volte e sento qualcosa di bello allo stomaco – Liz? Tutto bene?
- Mio nonno Thiago chiama ancora adesso mia nonna gatinha...- e la sua bocca si allarga in un sorriso mozzafiato.
- Mi sembra che stiamo partendo col piede giusto, allora. - vado verso di lui e mi chiudo la porta di casa alle spalle, mettendo le chiavi nella borsetta – E, a proposito...- mi volto verso di lui, trovandomelo a pochi centimetri. Mi carezza la guancia sinistra con le dita – Sei bellissima.- boccheggio – Andiamo, ora!- e mi porge il braccio del quale mi affretto ad approfittare.
Usciti dal palazzo non veniamo assaltati da fotocamere e microfoni, saliamo in macchina e partiamo.
- Dove andiamo?
- Al Fire, quartiere Barceloneta, ma andiamo in macchina perché dubito tu voglia camminare a lungo con quelle scarpe.- gli sorrido, lui mette in moto la X5 e partiamo.
Dal finestrino vedo scorrere le vie della città, tanti colori e palazzi diversi.
Arrivati al ristorante Dani, da perfetto gentiluomo mi apre la porta facendosi precedere, saluta il maitře di sala che ci accompagna al tavolo.
La serata scorre leggera, parliamo di tante cose, della famiglia, delle nostre relazioni, dei suoi figli, sorseggiamo un buon vino rosso che accompagna della carne di ottima qualità.
- Spero ti stia trovando bene, Liz. È tanto tempo che conosco il proprietario del locale, ma non ci ero venuto mai prima d’ora.
- Sì, Dani. È davvero molto carino e il cibo pazzesco!- prendo il calice e sorseggio – E molto buono anche questo vino.- appoggio il bicchiere.
- Voglio ben sperare, una bottiglia di L’Ermita annata 2003 costa 650 euro.- quasi mi strozzo.
- Sei serio?- annuisce mentre posa il bicchiere – Sei pazzo per caso?
- No!- sorride divertito – È uno dei miei vini preferiti, speravo ti piacesse.
- Non era necessario, Dani.- si appoggia coi gomiti sul tavolo e si sporge vero di me.
- Lo so, ma mi andava di bere questo vino, non è una bottiglia che si può bere tutti i giorni.- lo guardo di sottecchi – Ti va il dolce?- annuisco e lui fa cenno al cameriere per avere la lista.
- Ho uno stomaco a parte per il dolce.
- Finalmente una donna che mangia.- ridacchia.
- Immagino non sia facile dividere la vita con una modella.- lo vedo alzare le sopracciglia mentre sfoglia la carta dei dolci, come ad intendere che no, proprio non lo è.
- Non parliamo di queste cose questa sera.- chiude il suo menù.
Ordiniamo una carrot cake e una cheesecake, il cameriere segna la comanda e con un cenno del capo prende le liste e si allontana.
Dopo il dessert, ci avviamo verso l’uscita salutando il maitře e quello che ho scoperto poi essere uno dei soci proprietari del locale.
- Scusa, ma non paghiamo?- chiedo una volta varcata la soglia. Dani ride chiudendo la porta del locale alle sue spalle.
- Gli uomini approfittano delle gatinhe che si rifanno il trucco, per pagare.- dovevo aspettarmelo.
- Grazie.- sorrido coprendomi le spalle con lo scialle di crochet nero.
- Hai freddo?- scuoto la testa mentre accedo una sigaretta.
- Abitudine.- avvicino l’accendino ancora acceso al suo viso, espirata la prima boccata, Dani mi prende la mano e si incammina verso la spiaggia.
Tolgo le scarpe per non affondare e, sempre mano nella mano, passeggiamo per un po’, finendo a sederci sulla sabbia.
Parliamo per ore, di qualsiasi cosa, è bello ridere con lui, è strano ridere con lui, è come se stessi avendo questo appuntamento con un mio caro amico, che però mi fa sentire le farfalle nello stomaco.
Si toglie la giacca, vittima del vino e delle temperature quasi estive.
Presto si fa la una di notte.
Poi le due.
- Poi non so se l’hai notato, ma è luna calante.- sono sdraiata appoggiata ai gomiti e alzo gli occhi al cielo. Le stelle non si vedono molto, essendo noi in una metropoli, ma è comunque uno spettacolo bellissimo. Il mare, le stelle, luna calante.
- Sì… l’ho notato.- con un sorriso mi siedo. Vedo Dani fare lo stesso e con una mano coprirmi la spalla sinistra con lo scialle, rimasto appoggiato al braccio.
Con questo gesto avvicina involontariamente il viso al mio e lì si ferma, non come i battiti del mio cuore che accelerano improvvisamente. I miei occhi si incatenano ai suoi, che passano dai miei alla mia bocca, poi di nuovo ai miei occhi.
- Se devo fermarmi è questo il momento di dirlo Liz… - riesco soltanto a fare cenno di no con la testa, completamente stordita dalla sua vicinanza.
Senza farsi attendere si schianta contro la mia bocca, trattenendomi con la mano che prima mi ha coperto la spalla. Un bacio lungo, dolce, di quelli che attendi e assapori, di quelli che ti lasciano senza respiro. Sempre lentamente mi avvolge tra le braccia e mi stringe, mi appoggio a lui, le braccia incastrate tra i nostri corpi. Fa scorrere la mano alla mia nuca, infilando le dita nei capelli raccolti, sciogliendo la coda e stringendo i capelli tra le dita premendomi più forte contro il suo viso, accendendo ancora di più il nostro bacio.
- Dani… - mi scosto leggermente, le sue labbra sono umide e arrossate dal mio gloss – Non qui.
- Tranquilla… - appoggia nuovamente le labbra alle mie – Andiamo a casa.
Mi aiuta ad alzarmi e una volta puliti dalla sabbia e grossomodo ricomposti raggiungiamo la macchina.
L’aria è elettrica, stracolma di attesa e di tensione. Entrambi sappiamo cosa succederà quando arriveremo a casa, ma nonostante questo vedo che Dani cerca di rilassarsi, di stare composto e di non far trapelare l’impazienza. Mi sorride ogni qual volta si gira a guardarmi e tiene la mano sulla mia gamba per tutto il tragitto. I vantaggi del cambio automatico.
Parcheggiata l’auto, entriamo nel palazzo e prendiamo le scale quasi di corsa. Arrivati al quarto piano tira fuori dalla tasca della giacca e chiavi e mi trascina dentro il suo appartamento. Siamo già ansimanti mentre chiude la porta con la mano destra, la sinistra impegnata a tenermi vicina, la bocca impegnata con la mia.
Lascio cadere clutch e scialle a terra, avvolgo le braccia dietro il suo collo e sfilo le scarpe restando in punta di piedi. Dani si toglie la giacca e porta una mano alla mia nuca, mentre l’altra scivola lentamente sulla mia schiena, scende verso il basso fino a raggiungere il sedere, si sofferma qualche secondo attirandomi verso di sé stringendomi una delle natiche, per poi risalire rapidamente alla zip del tubino che, una volta aperta la cerniera, finisce a terra.
Con le mani raggiungo rapidamente i bottoni, facendoli passare per le strette asole e quasi strappandogli la camicia di dosso, senza mai staccare la mia bocca dalla sua; si piega verso di me e prendendomi per le cosce mi solleva tenendomi in braccio, muovendosi agilmente per casa e lasciandomi poi cadere sul letto.
Mi soffermo a guardarlo mentre si slaccia la cintura e i pantaloni, inginocchiato sul materasso lo osservo mordendomi le labbra godendomi lo spettacolo, lui mi risponde con un sorriso malizioso per tutto il tempo, facendo scorrere gli occhi dalle mie gambe ancora aggrappate ai suoi fianchi, fino al viso.
Si lascia cadere su di me, tornando a baciarmi le labbra, il collo, i seni, esplorandomi con una lentezza che mi rende febbrile.
Anche gli ultimi indumenti raggiungono gli altri sul pavimento e dopo poco Dani si fa spazio tra le mie gambe, spingendo lentamente dentro di me. Chiudo gli occhi e cerco di rilassarmi.
- Ti faccio male?- mi sussurra all’orecchio.
- No…- un soffio. Lentamente inizia a muoversi, dandomi il tempo di abituarmi.
- Se ti faccio male dimmelo.- il suo viso è accanto al mio, ma la mia mente ormai è andata, mi sfugge un gemito.
Si impadronisce delle mie labbra e mi stringe forte.
In ginocchio sul letto, mi tiene in braccio quando finalmente raggiungo l’orgasmo e, dopo poco, anche lui raggiunge l’apice e si rilassa.
Rimaniamo così, abbracciati e sfatti, a guardarci sorridendo, a baciarci senza fretta.


PICCOLO SPAZIO LaNana

Estremamente in ritardo di tipo sette anni, aggiorno col capitolo dieci, un po' una svolta.
Se qualcuna delle mie seguaci dovesse essere ancora presente e volesse contattarmi, io ne sarei felice!

Abbraccissimi!
LaNana

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Capitolo 11
*** Phone Ringing. ***


The Chance
Segui il cuore.


Chapter eleven.
Phone ringing.


 

 

Apro gli occhi. Sono in una camera che non è la mia.
Mi siedo sul letto e il lenzuolo mi scivola via di dosso, sono nuda.
Mi ci vuole qualche secondo per smettere di panicare e ricordare la serata precedente… Dani, cena, vino, baci in spiaggia, casa, sesso. Sesso grandioso tra l’altro.
Lo vedo arrivare in camera con un piatto di uova strapazzate e un bicchiere di succo d’arancia.
Mi copro istintivamente col lenzuolo.
- Buongiorno gatinha.- mi porge il piatto e si siede col bicchiere in mano, con addosso dei pantaloni corti di una tuta e quel suo meraviglioso sorriso – Ho avvisato io in società che non saremmo andati oggi.- sgrano gli occhi e cerco un orologio, seguita dalle risate di Dani - È tardi per entrambi oggi, sono quasi le due di pomeriggio… ho detto che siamo andati a mangiare un boccone insieme e che qualcosa deve essere andato storto. Che è quasi la verità se ci pensi.- mastico le uova e prendendo dalla sua mano il bicchiere e bevo tutto d’un sorso.
- Dio grazie.- poso gli occhi su di lui, sorride. È così dannatamente bello che pensare alla serata precedente sento un formicolio famigliare al basso ventre.
Prende piatto e bicchiere e se ne va in cucina facendomi un occhiolino. Mi avvolgo nel lenzuolo e mi alzo trascinandomelo dietro, proseguo fino alla mia borsetta dalla quale estraggo una sigaretta e l’accendino, avviandomi verso il balconcino.
- Liz puoi fumare in casa, tranquilla.- goffamente raggiungo gli sgabelli che affiancano l’isola della cucina, lui si gira e si appoggia sui gomiti sporgendosi verso di me - Tutto bene?- mi limito ad annuire, rapita dal suo sguardo.
Rimaniamo così a guardarci qualche secondo, poi non resisto, mi avvicino a lui e lo bacio. Più per assicurarmi di non essermi sognata tutto, non che ce ne fosse troppo bisogno vedendo dove sono sparsi i nostri vestiti. Sento la sua mano accarezzarmi il lato del mento e le sue labbra allontanarsi di poco.
- Se vuoi farti una doccia vai pure senza problemi, ti ho lasciato in bagno dei vestiti.
Sorrido e dopo aver fumato la mia Marlboro Light, mi avvio verso il bagno, piccolo ed organizzato.
Lascio cadere il lenzuolo e lo metto sotto al lavandino aiutandomi col piede, dopodiché entro in doccia chiudendomi lo sportello alle spalle e godendomi il calore dell’acqua.
Dopo qualche minuto di rilassamento mi giro, fissando la porta e aspetto, mi aspetto di vedere Dani varcare la soglia del bagno e raggiungermi, aspetto di vederlo spogliarsi dei vestiti e condividere questo stretto spazio.
 
Aspetto.
 
Aspetto ancora.
 
Aspetto invano.
 
Mi insapono i capelli e il corpo, mi sciacquo, asciugo e mi vesto con la maglietta che mi ha lasciato in bagno. È sicuramente sua, mi arriva quasi alle ginocchia.
Lascio la stanza con un asciugamano a tenermi i capelli e lo trovo in cucina a fumare una sigaretta, sorridendomi.
- Tutto bene?- espira una lunga boccata, il fumo disegna delle nuvolette davanti alla portafinestra.
- Ehm… sì, grazie.- accenno un sorriso, lui ha stampato in faccia il suo Trade Mark.
- Ti aspettavi che ti raggiungessi eh, gatinha?- sento il sangue affluire velocemente alle guance – Volevo che ti rilassassi, senza avere il fiato sul collo. Non sono un pervertito, affamato sì, voglio dire, guardati...ma sono pur sempre rispettoso.- spegne la sigaretta nel posacenere e mi raggiunge stringendomi tra le braccia – Fosse per me nemmeno avrei lasciato ti alzassi dal letto.- si china a sfiorarmi le labbra con le sue – Non ti avrei lasciato nemmeno addormentare stanotte.- mi bacia nuovamente, sfiorandomi con la punta della lingua le labbra, che schiudo automaticamente – Fosse stato per me nemmeno sarei uscito a cena.- e flettendo le ginocchia mi prende in braccio. Serro le ginocchia intorno alla sua vita, godendomi finalmente il contatto fisico.
- Mi hai fatto aspettare un po’ troppo.- gongolo affondando il naso nell’incavo del collo, sa di bagnoschiuma e di tabacco.
- Liz,- torno a guardarlo negli occhi – è che con te non vorrei una di quelle relazioni da tanto sesso e poco altro. Vorrei potessimo proseguire con quello che siamo, le cene in giro, uscire con gli amici, il mercoledì horror, le partitelle di allenamento… e ovviamente un sacco di sesso!- ridiamo e mi rimette giù – Andata?- e mi porge la mano destra che mi appresto a stringere.
- Andata.
 
La sera, davanti a una bistecca e dell’insalata ci troviamo a parlare di come avremmo dovuto gestire le cose, alla fine parliamo del portiere della nazionale brasiliana, non esattamente uno sconosciuto, non esattamente un John Doe.
Uscire allo scoperto ci porterà a diversi ostacoli, Camila, i bambini, la sua e la mia squadra, le nostre famiglie.
- Credo di dover fare delle telefonate a proposito di famiglia.- con la forchetta faccio girare le foglie d’insalata nel piatto.
- Chi ti preoccupa di più?- ci penso un po’ – I tuoi?
- No, i miei genitori e Harriett non mi preoccupano affatto… sono indecisa tra i miei nonni e Luke.
- Luke è il tuo ex allenatore innamorato di te?- annuisco senza distogliere lo sguardo dal piatto – Capisco. Esattamente perché ti preoccupi della sua reazione?- lascio andare le posate, pronta a tirare fuori il rospo.
- Quando ho accettato questo posto, lui mi ha velatamente accusato di aver scelto Barcellona per stare vicina a te. Davvero, sinceramente non è quello che mi ha mosso.- un angolo della bocca di Dani si piega verso l’alto – Sì, ok anche questo ha sicuramente influito, ma davvero le altre opzioni erano ridicole.
- E Luke cosa centra?
- Non voglio dargli la soddisfazione di aver avuto ragione, anche se non del tutto.- lo guardo annuire mentre mastica.
- Se testarda e non sari perdere.- ridiamo, sono esattamente così - E i tuoi nonni?
- Sono estremamente conservatori, tu hai una ex compagna con la quale hai avuto due figli. E abbiamo 12 anni di differenza.- segue un silenzio piuttosto pesante – Hai già parlato con Camila?- cenno di no con la testa – Lo farai?- alza lo sguardo di scatto, sopracciglia corrugate.
- Certo che lo farò, cosa credi che voglia tenerti nascosta?- punta di risentimento – Non sei una scappatella Liz, mettitelo in testa.- annuisco, ma il mio stomaco fa le capriole.
 
Tre squilli, poi vedo l’immagine apparire sullo schermo del laptop.
- Liz! Ciao farfallina!- un sorriso mi spunta automatico.
- Liz mea filha!
- Olà mamà, olà papi!- segue una conversazione estremamente di circostanza – Scusatemi l’orario, ma volevo dirvi una cosa prima che veniate a saperla da fonti diverse.- li vedo sgranare gli occhi.
- Sei incinta?
- No, no, no mamma non sono incinta.- poggia una mano al petto sospirando.
- E allora cosa, Elizabeth?- mi soffermo sugli occhi di mio padre, preoccupato ma non troppo.
- Ecco papà… ti ricordi quando sei venuto a trovarmi qualche mese fa? Quando mi dicesti che eri tranquillo a sapere che ho come vicino di casa Dani?- lo vedo annuire – E mi dicesti che se l’avessi sposato saresti stato anche più felice?- sguardi confusi in chiamata Skype – Non ci siamo sposati, ma… ecco…
- Liz, non dirmi che- interrompo bruscamente mia madre.
- Ci siamo messi insieme.- mio padre copre la bocca con una mano, ma dagli occhi si vede che sorride, mia madre si lascia cadere contro lo schienale della sedia.
- Ma ha 34 anni, una ex e due figli, Liz, ci hai pensato? Hai tenuto in considerazione il fatto che possa soltanto volersi divertire? Approfittare?
- No, mamma, stai tranquilla non parliamo di una scappatella.
- Io son contento.- rido, commento ampiamente previsto di papà.
- DAVID! Dovresti sostenermi.- vedo mia madre girare la testa di scatto verso mio padre, il caschetto biondo sobbalza al brusco movimento.
- Priscila, andiamo… Dani è un bravissimo uomo, non farà niente di male a Liz e sono certo che saranno in grado di gestire al meglio la situazione. Quello che mi preoccupa è nostra figlia sotto ai riflettori, se sarà in grado di gestire la pressione.- ci guardiamo negli occhi e faccio spallucce.
- Mamma, papà. Immagino lo scopriremo.
 
- E così mi stai dicendo che oltre essere incredibilmente arrapante, è anche dolce, innamorato e nelle mutande ha un’arma di grosso calibro?- cerco di trattenere una risata troppo scomposta mentre cammino dal mio alloggio alla fermata della metro.
- Non esageriamo nell’usare la parola con la A, ma per il resto… porca puttana, Harry, porca puttana!- dall’altra parte del ricevitore sento la mia migliore amica sghignazzare.
- Ottimo, ottimo. Dici che posso averla una foto?
- HARRIETT.
- Lo prendo per un no.- e scoppia in una risata fragorosa.
Dopo qualche minuto raggiungo la metropolitana e chiudo la chiamata, mi sento galleggiare, le gambe camminano da sole, la testa è leggera.
Harriett ha usato il termine innamorato. Posso usarlo davvero? Beh sì, funziona così quando ti innamori no?! Quantomeno è quello che mi hanno insegnato, io non so se l’ho mai provato. Non che io ricordi, non mi pare di aver mai sentito lo stomaco frizzare e il corpo in un costante e piacevole formicolio.
Scendo le scale quasi saltellando e con lo stesso passo arrivo alla banchina, dove trovo Crista, Marisol e Saray sedute sulla panchina intente a chiacchierare tra loro. Mi avvicino sorridendo.
- ¿Y aquella tendrìa que ser la cara de una chica que teniò diarrea todo el dìa ayer?- Crista scoppia a ridere e io con lei.
- Non abbiamo nemmeno puntato la sveglia, se volete la verità.
- ¡Claro que no! Sarebbe stato crudele.- mi siedo accanto a loro morsicando il toast preparato per colazione.
- Svuota il sacco, inglesa.- sorrido a Saray, iniziando il racconto.
 
La giornata scorre veloce e leggera, intervallata da risate, pacche sulle spalle, sorrisi maliziosi dei compagni di squadra e sguardi languidi lanciati da Dani, fissandoci in palestra impazienti per l’attesa.
È tutto quasi surreale, la situazione è così ovvia e naturale che davvero, è surreale.
- Mi aspetto che non ci siano complicazioni con questa nuova storia che si è creata tra lei e il signor Silva, Elizabeth.- osservo il presidente Ortiz, sguardo serio ma morbido – Gradirei un basso profilo e non troppe attenzioni, signorina Hall, non sono abituato a questo genere di situazioni, tanto meno ad immischiarmi, mi piacerebbe non dover intervenire.
- Certamente no, signor Ortiz.- annuisce e lascia la palestra.
Il ritorno a casa è spensierato come la giornata stessa.
Salite le scale apro la porta del mio appartamento, venendo seguita e investita da Dani che mi bacia furiosamente tenendomi il viso tra le mani. I suoi baci sono divoratori, affamati. Rispondo immediatamente, lasciando cadere il borsone all’entrata e chiudendo la porta con un calcio, trovandomi poi incastrata tra la stessa e il corpo di Dani schiacciato contro il mio.
- Era tutto il giorno che aspettavo di farlo.- la sua bocca passa alla mascella e lentamente passa all’orecchio scendendo poi verso il collo. Non sono nemmeno in grado di sorridere, la mente già completamente annebbiata – Guardare mentre ti alleni, vederti coperta di sudore è una cosa che mi fa impazzire.- mi sussurra queste parole, mordendomi delicatamente il lobo.
- Dani...- un sussurro spezzato dalla sua bocca che mi mordicchia il capezzolo destro attraverso la canotta.
- Dopo.- mi mette una mano dietro la nuca e mi bacia nuovamente, non lasciandomi possibilità di replica.
 
Fuori dalla finestra le luci di Barcellona si affievoliscono lentamente, il cielo illuminato di toni rosa-arancioni e la baldoria degli studenti in vacanza popola le strade.

Apro gli occhi e mi giro tra le lenzuola annodate alle gambe, appoggiando la testa al petto di Dani che mi abbraccia di riflesso.
- Hai fame, Liz?- annuisco – Dai, doccia e poi mangiamo qualcosa.- mi stiracchio e mi alzo pigramente dal letto, quando sento la suoneria di Skype partire sul cellulare.
Mi avvicino al telefono e leggo il nome sullo schermo, con un sorriso mi metto una maglietta a caso e rispondo in videochiamata.
 
- Ciao brutto!- sorrido, estremamente felice della chiamata. La camera frontale mi riprende coi capelli scarmigliati, la maglietta evidentemente non mia e Dani in sfondo con indosso solo i boxer.
- Oh per Dio, Liz, a me non interessano queste cose!- e si mette una mano sugli occhi a ripararsi la vista – Sei mia sorella, non posso immaginarti in questo modo e nemmeno mi va!- scoppio a ridere e mi siedo su una delle sedie della cucina.
- Cosa volevi dirmi, Matt?- tira via la mano dagli occhi e abbassa lo sguardo, arrossendo. Aggrotto le sopracciglia, cosa mi sto perdendo?
- È che ho conosciuto una ragazza qualche settimana fa, giù al Frog Lake al People’s Memorial.- a Porstsmouth abbiamo un community center adiacente ad uno dei cimiteri e tre piccoli laghetti che prendono il nome dagli animali che ci trovano casa, rane al Frog Lake, anatre al Duck Lake e cigni allo Swan Lake.
- E quindi?- lo incalzo sorridendo.
- E quindi succede che ci siamo scambiati il numero, ci siamo messaggiati un po’ e sembra che ci piacciamo, quindi domani usciamo.
- Bene!
- Bene, sì...- sollevo le sopracciglia stupita dal suo poco entusiasmo.
- Che succede?- vedo mio fratello sbuffare e riavviarsi i capelli con la mano libera.
- Succede che è il mio primo appuntamento e non so cosa fare, quindi la mamma mi ha detto di chiamare te che sei più allenata.- scoppio a ridere, io vanto la lunghissima lista di due appuntamenti ufficiali, e il secondo è quello avuto con Dani. Allenata io?
- Qual è il problema, Matt? Che dubbi hai?- vedo Dani inginocchiarsi ad altezza camera, mentre rivolge la domanda a mio fratello.
- Dani! Io...I-io...beh io non so cosa devo fare, come comportarmi. La devo baciare?- l’uomo accanto a me scoppia a ridere, io mi limito ad incurvare un angolo della bocca.
- Mattew...-
- Mi chiamo solo Matt, non Mattew.- Dani mi guarda negli occhi confuso.
- Ma Matt non è un’abbreviazione di Mattew?- mi chiede.
- È anche un nome.- gli rispondo e Dani sospira.
- Ok, Matt, dovere non devi fare niente. Limitati a cose carine, offrile quello che beve o mangia, sorridi, ascoltala e non stare in silenzio.
- Non stare in silenzio? Perché?- ci chiede allarmato, Matt non è un gran comunicatore.
- Perché poi penserà che non ti importa di lei.- gli rispondo e Dani annuisce.
- Devo portarle dei fiori?- sempre più abbattuto.
- Matt, basta.- lo vedo guardarmi dallo schermo – Vai a prenderla, se ti senti di portarle un fiore fallo, ma non c’è niente di fisso, giusto o sbagliato. Passate del tempo insieme e cerca solo di non farti venire tutte queste ansie inutili, sii te stesso e basta.- annuisce.
- Via messaggio è tutto più facile però.- stupida generazione Y, tecnologica e anafettiva.
- Vai e basta. Divertitevi!- dopo saluti e convenevoli chiudiamo la telefonata.
 
Ci dirigiamo alla doccia, dove tra lo shampoo e il bagnoschiuma, giocando e ridendo finiamo per fare di nuovo l’amore.
 
La sera siamo sul divano davanti alla tv, quando mi suona di nuovo il telefono e, convinta sia ancora Matt dopo la sfilza di messaggi seguiti alla videochiamata su Skype, rispondo senza guardare il mittente.
- Dimmi, che vuoi ancora Matt?- scocciata rimango sdraiata avvinghiata a Dani.
- Ciao Liz. Non sono Matt, ma volevo sentirti.- scatto seduta sul posto, come se avessi carboni ardenti sulla pelle.
- Luke.

PICCOLO SPAZIO LaNana

E a questo giro non vi ho fatto aspettare sette anni ma sette mesi XD
Prossimo giro 7 settimane
Poi 7 giorni
Poi 7 ore...

Chissà, mi chiedo se ci sia ancora qualcuno là fuori che legge la storia strampalata di questa svitata di Liz! Se leggete lasciatemi un commento, fatemi sapere che ci siete! Ma soprattutto...: SIETE #TEAMDANI O #TEAMLUKE?
Fatemi sapere!
Baci

LaNana

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Capitolo 12
*** Chocking. ***


The Chance
Segui il cuore.


Chapter twelve.
Chocking.


 

Mi volto di scatto verso Dani, era una conversazione che sapevo avrei dovuto affrontare, ma sicuramente non me l’aspettavo ora.
- Quem está no telefone?- anche lui si solleva dal divano stropicciandosi la faccia con una mano, si era addormentato.
- Luke.- gli rispondo piano a bassa voce e vedo il suo sguardo irritarsi. È la prima volta che vedo un’espressione simile sul suo volto. Nei mesi iniziali, dove la nostra attrazione era palpabile ma non opportuna, ho letto rassegnazione, delusione, rammarico e anche tristezza nei suoi occhi, ma mai… gelosia. Gli faccio un mezzo sorriso sorpreso e gli carezzo velocemente una guancia mentre mi alzo dal divano. Mi ferma la mano e mi bacia velocemente il dorso prima di lasciarmi andare.
- Liz? Ci sei ancora?
- Sì, sì, ci sono, dammi un secondo che sto prendendo una sigaretta.- ridacchia.
- Non eri quella che stava facendo la brava e stava smettendo?- prendo l’accendino ed esco sul balconcino, accendendo la Marlboro.
- L’anno scorso magari.- aspiro una lunga boccata e lascio che la nicotina distenda i miei nervi.
Mi fa strano pensare a tutti gli avvenimenti e sapere che tutto è successo ormai un anno fa, che ero a Portsmouth, che vivevo in simbiosi con Harriett, che tutto era certo, immobile, sicuro, immutabile. Ora invece vivo a Barcellona, ho delle nuove amiche, vivo da sola e ho una relazione con un uomo di 12 anni più grande di me, che ha due figli.
- Già… beh come stai? Non ci sentiamo da tantissimo, non ti ho nemmeno fatto gli auguri al tuo compleanno un paio di mesi fa.- già il mio compleanno. Un flashback della follia della giornata mi torna in mente, dall’aperitivo via Skype con Harriett, passando alla cena con gli altri e finire in un locale ad ubriacarci in maniera pessima.
- Oh, non preoccuparti.- espiro una boccata di fumo – Ero presa, non mi sono offesa. Sto bene dai, tu? Novità?
- Solita vita, quest’anno finiremo il campionato terze, abbiamo avuto un paio di infortuni importanti, oltre al fatto che tu e Serena ve ne siate andate.
- E Isabel.- aggiungo.
- E Isabel, giusto. Beh ci sono stati cambiamenti importanti e com’era ovvio ci stiamo assestando, niente di imprevedibile. Voi come state andando?- faccio un respiro profondo.
- Noi piuttosto bene, attualmente siamo terze, ma c’è uno scarto davvero minimo con le prime due squadre e pure con la quarta… le prossime due partite decideranno il tutto, ma mi riterrei sufficientemente soddisfatta per ora.- faccio un ultimo tiro alla sigaretta, la brace sta avvicinandosi verso il filtro e sento l’aria più calda entrarmi in bocca.
- Non male direi. A quanto sei col cartellino marcatori?
- Non ho segnato tanto quest’anno, in realtà.- un battito sul vetro della finestra mi distrae e fa voltare.
- Liz, está tudo bem?- guardo Dani fare capolino, gli sorrido e faccio un piccolo cenno affermativo.
- Sì, arrivo scusami.- gli stringo la mano rapidamente e mi giro di nuovo verso le luci di Barcellona. Le macchine e i ragazzi passano per le strade, urlando e suonando i clacson. È ora di sputare il rospo.
- Liz? Ti disturbo? Scusami, magari c’è qualcuno lì con te…- sento la gentilezza e l’ingenuità della frase appena pronunciata. Mi strofino le mani sulle gambe, sono sudate per il nervosismo e l’ansia.
- Ehm… ecco… sì Luke, effettivamente non sono da sola.- spero che dall’intonazione gli sia abbastanza chiaro che mi stia riferendo ad un certo tipo di compagnia.
- Oh… ehm… non volevo disturbare, ecco… sei con delle amiche?- sento il cuore stringersi nel petto, sapendo la risposta che devo e sto per dargli, non vorrei mai fargli del male.
- Luke, no. Sono con un uomo.- secondi di silenzio assordante sono la risposta che ricevo – Luke? Ci sei ancora?
- Sì. Sì. ci sono, tutto bene.- espira nella cornetta con una risatina nervosa.
- Sono... sono con Danilo, Luke.- sento il rumore del suo respiro nervoso nella cornetta - Mi sembrava corretto che fossi io a dirtelo.- sfilo dal pacchetto un’altra sigaretta e la accendo, faccio cenno a Dani che in due minuti sarei rientrata.
- D-da… Da quanto va avanti?- deglutisce.
- Pochi giorni.- il cuore mi batte furioso nel petto e non riesco a stare ferma.
- Capisco. E…- lascia morire la frase così, ma so che non ci sono domande le cui risposte gli renderanno più digeribile la notizia.
- Cosa, Luke?
- Dio, non lo so. Chi altro lo sa? Cioè, io non…
- Soltanto Harriett e i miei, nessun altro.
- Elizabeth per Dio ti rendi conto di quel che stai facendo? Hai ventitré anni e una vita davanti, come… come ti è saltato in mente? Avete… Siete già…- lo immagino camminare nervosamente nel salotto di casa sua.
- Sì Luke, siamo già stati a letto insieme se è la domanda che mi stai per fare.- con la mano libera mi copro gli occhi per l’imbarazzo di aver risposto ad una domanda che nemmeno lui ha il coraggio di pormi.
- DIO!- urla esasperato, io espiro un’ultima boccata di fumo prima di spegnere il mozzicone – Liz, io non so davvero cosa dirti, non ho davvero una sola frase che mi giri in testa che sia degna di essere detta ad alta voce. Io non… boh, davvero.
- Se vuoi insultarmi fai pure, ho la coscienza pulita Luke, ma comprendo la tua rabbia.- mi appoggio alla ringhiera del balcone e chiudo gli occhi, pronta a sopportare la bomba che sta per deflagrarsi.
- No, cara mia. Non sono arrabbiato per non essere stato scelto, non ti sarà così facile. Sono più che arrabbiato perché vedo dove ti porterà tutta questa situazione e tu no, perché so che starai male, che soffrirai, so che rimarrai con un pugno di mosche, rimarrai delusa e magari ne risentirà anche la tua carriera. E mi sento un idiota.- la voce gli trema leggermente – Mi sento un grandissimo idiota, perché nel momento in cui succederà, perché succederà credimi non è solo un’ipotesi, io ti starò vicino e la prima cosa che farò, sarà prendere un aereo e andare a spaccargli il culo a Dani Silva.- riprende fiato e sento sbattere un bicchiere sul tavolo – Ora scusami, ti auguro davvero di essere felice e che tutto vada bene, ma io vado a vomitare.- il suono della linea interrotta è tutto quel che mi rimane.

 

PICCOLO SPAZIO LaNana

SORPRESA!
Cosa dire....questo capitolo mi è scaturito in maniera completamente naturale, le mie mani l'hanno digitato senza assoluo controllo in una sessione dilettantistica con sottofondo musicale e miagolii di gatti affamati ahahahahah
Ci aggiorniamo al prossimo capitolo con la solita ingognita.... #TEAMDANI o #TEAMLUKE?
LaNana

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Capitolo 13
*** Get up, Eat, Soccer and Again. ***


The Chance
Segui il cuore.


Chapter thirteen.
Get Up, Eat, Soccer and Again.

Mi appoggio con le mani alle ginocchia ansimando.
Stiamo giocando il derby contro l’Espanyol allo stadio Cruyff, fanno 35 gradi all’ombra e siamo al 65°, pareggio 2 – 2.
Sollevo il bordo a scacchi blu e rosso scuro della divisa e mi asciugo la faccia. È la penultima di campionato e dobbiamo vincerla, altrimenti l'Atletico Bilbao diventa campione siamo ad un passo dal farcela, ci divide un solo punto e non possiamo mollare ora. Vedo da lontano Gil battere le mani ed incoraggiarci.
Sto faticando tantissimo, siamo a fine maggio ma quest’ondata di caldo fuori stagione ci sta uccidendo, alta pressione che arriva dall’Africa, sole a picco, temperature altissime e la percentuale di umidità è schizzata al 54%.
Dalla panchina vedo Ineke alzarsi e iniziare a fare riscaldamento e camminando mi avvicino alla fascia laterale delle panchine, approfittando del fermo tecnico per una rimessa lunga per le nostre avversarie.
- Gil, non vorrai farmi uscire?- gli chiedo mettendo le braccia ai lati dei fianchi.
- Per ora no, ma sei stanca Elizabeth.- mi passa una borraccia con acqua elettrolitica che mi appresto a bere – Tra poco valutiamo, non posso permettermi che ti faccia male per la stanchezza.- gli ripasso la borraccia e torno al mio posto, fischio di rimessa.
La Gomez, portiere dell’Espanyol, calcia il pallone lungo e mi preparo a saltare per riceverlo: stop di petto perfetto e la sfera atterra in mezzo ai miei piedi.
Mi metto a correre verso la metà campo avversaria scartando con facilità le centrocampiste, con un uno-due con Crista fatto di passaggi puliti e precisi. Arrivata alla barriera della difesa, dove tutto si complica sempre, vedo Gil fare cenno ad Ineke di affrettarsi, conscio che quest’azione mi sta comportando uno sforzo non indifferente visto che la stiamo svolgendo tutta sulla mia fascia destra.
Mi fermo di fronte a Letizia De Pierno, difensore avversario e capitano della squadra. Temporeggio cercando di fare un po’ mente locale sul suo stile di gioco: la ragazza è molto forte e prestante, è più alta di me e sicuramente più muscolosa, dovrei provare a fare leva sulla mia velocità. Il pallone fermo sotto il piede destro, palleggio da uno all’altro cercando uno spiraglio nei movimenti della mia rivale senza trovare nessuna apertura, calcio la palla a Saray che prova a sfondare la difesa, trovandosi anche lei bloccata, proviamo degli scambi anche con Crista e Nena, ma il pallone torna a me, siamo in stallo.
- Mettila in fallo laterale, Liz! Faccio entrare Ineke che è fresca!- mi urla Gil. Vedo gli arbitri prepararsi al cambio, il tabellone segna il 72°.
Inspiro profondamente e porto il pallone sul lato esterno del piede, mi volto leggermente facendo scorrere la palla sotto al piede destro e poi sotto al sinistro, ruotando su me stessa e, impennando leggermente verso l’alto la traiettoria del pallone con la punta del piede sinistro, me lo riporto sul destro e cerco di schizzare avanti. Rimango tallonata dalla De Pierno, che non vuole mollare. Ci sorridiamo, quando c’è stima e passione anche la rivalità è divertente.
- Liz!- richiamo dell’allenatore – Forza!- batte le mani e si avvicina al quarto arbitro con Ineke. È ora o mai più.
Con uno scatto che mi costa un gemito dallo sforzo, scatto di lato seguita da due difensori. Quando vedo la barriera serrarmisi davanti lasciando scoperta Crista, faccio un pallonetto in avanti e schizzo in mezzo alle braccia delle mie avversarie che cercano di trattenermi per la maglia e gli avambracci, con la punta del piede destro riesco a malapena a spingere la palla a Crista che però, con un sinistro preciso, la insacca in rete. Espanyol 2 – Barcellona 3.
Mi rialzo da terra e corro ad abbracciare Crista, complice di quest’azione perfetta. Sento gli arbitri fischiare e il cronista annunciare il cambio in squadra. Batto le mani sulle spalle alle mie compagne e mi avvio verso il bordo campo, facendo entrare Ineke al mio posto e, andando in panchina, mi siedo tra Gil e Na'weh , una ragazza camerunense di 18 anni, che mi sorride e mi stringe la mano.
ORA posso uscire dal campo.
 
- Che figata, Liz!- mi accoglie esaltata – Non avevo mai visto una samba in campo!- e ride.
- Non è stato granché, sono piuttosto stanca.- abbandonata sul seggiolino lascio che Berto, il massaggiatore, mi manipoli i muscoli delle gambe, sciogliendo la tensione per evitare ulteriori crampi.
- È stata una bella azione, però stai attenta Liz, non sovraccaricarti. - mi giro verso Gil e annuisco.
- Scusami, era una questione di principio.
- ¡Terco como una mula!*- sogghigno, non parlerò bene lo spagnolo, ma anche in brasiliano la mula è l’asino.
- Commenti il mio essere ostinata?- ridacchio bevendo altra acqua elettrolitica.
- ¡Como una mula y una cabra que hacen cachorros!**- ride anche Gil, alzandosi dalla sedia e tornando a guidare le mie compagne di squadra.
 
La partita termina sul 2 – 3 e questo ci tiene in gara per lo scudetto, si deciderà tutto all’ultima partita.
Sono sotto la doccia in spogliatoio, ferma sotto il getto caldo a rilassarmi. Il profumo dello shampoo si è sparso per tutta la stanza e, uscendo dal box, inizio a frizionarmi con l’asciugamano. Vedo affacciarsi Crista alla porta delle docce e richiamare la mia attenzione agitando una mano.
- C’è Dani fuori che ti cerca.- e col pollice indica la porta degli spogliatoi.
- Dani?- le chiedo sorpresa e lei fa spallucce.
Non lo vedo dalla sera della chiamata di Luke all’inizio della settimana, saranno quattro o cinque giorni ormai.
A quella telefonata è seguita la nostra prima litigata di coppia, dopo ben due giorni di relazione, dove lui non è riuscito a controllare la sua impetuosa gelosia davanti al mio dispiacere nell’aver appena ferito un caro amico di vecchia data, una persona che conosco da anni e che mi ha aiutato a diventare la calciatrice che sono ora. Non c’è stato nemmeno dialogo a dire la verità, non mi ha lasciato spazio per spiegare il mio rammarico, ha sbottato qualcosa sul non rispetto reciproco, sul non calcolare che lui ha chiuso dieci anni di vita con la madre dei suoi figli, sul fatto di dover essere già preparata alla conversazione con Luke visto che non provo sentimenti per lui e altri bla bla bla di cui non riesco a ricordare le parole esatte. Quel che ricordo perfettamente è lui girare i tacchi, andare nel suo appartamento e riuscire a sparire, evitando di incontrarci anche per sbaglio in palestra, evitando di rispondere alle mie chiamate ed SMS. Molto maturo.
Motivo per il quale ora sono sorpresa.
Vado verso gli armadietti e dopo essermi asciugata il corpo mi metto la tuta ufficiale della società e, con i capelli ancora bagnati, esco dagli spogliatoi.
Dani è appoggiato al muro accanto alla porta, braccia incrociate al petto e una gamba piegata contro la parete, guarda verso il campo da gioco. Indossa una maglia di lino bianca e dei pantaloni corti color cammello. È bello da mozzare il fiato, ma non ho intenzione di cedere di una virgola e incrocio le braccia a mia volta, aspettando che si accorga di me.
Dopo una manciata di secondi si volta con un sospiro e si fredda di fronte a me, guardandomi dalla testa ai piedi rigida e tesa.
- Ciao Liz.- si scosta dal muro e mi si avvicina, alzando una mano per carezzarmi il viso, ma mi sconto voltandomi dalla parte opposta.
- Danilo.- lo saluto serafica.
- Sì, dovevo aspettarmelo…- chiude gli occhi e mugola leggermente abbassando la testa – Sono un coglione.- constata portando una mano al viso sfregandosi gli occhi.
- Devi fare meglio di così se vuoi il mio perdono.- mi guarda sorpreso e disorientato – Ti sarebbe bastato ascoltare cos’avevo da dire l’altra sera, al posto di saltare a conclusioni affrettate su qualcosa di cui non sai quasi nulla.
- Lo so, lo so! Ho sbagliato su tutta la linea, ero stanco e non mi aspettavo che Luke ti chiamasse, non ho giustificazioni...- fa un passo in avanti, cercando di abbracciarmi o di trattenermi verso di sé.
- No, Danilo, non te la caverai con così poco.- io al contrario faccio un passo indietro – Io non ho sentimenti equivoci nei confronti di Luke, ma con la tua supponenza hai fatto sì che non potessi spiegarti quanto il mio dispiacere fosse legato al non aver saputo gestire prima la situazione, al non potergli parlare faccia a faccia, al sapere di stare ferendo qualcuno al quale io tengo e con il quale sono cresciuta, quanto mi sentissi ingrata verso tutto quello che ha fatto per me e, inaspettatamente, trovarmi davanti ad una scenata dettata solo da una stupida gelosia senza senso.- senza rendermene conto, la mia voce sale di ottava in ottava.
- Hai ragione, avrei dovuto ascoltarti.- incrocio le braccia al petto, di nuovo, guardando altrove estremamente risentita – Posso portarti a cena stasera? Scusarmi come si deve?- e mi fissa speranzoso. Dopo qualche secondo chiudo gli occhi esausta, gli volto le spalle e rientro nello spogliatoio.
- Alle 20.
- Sei stata grandiosa oggi.- senza smettere di camminare mi volto a guardarlo, sorride.
- Lo so.- prendo il borsone e senza aggiungere altro me ne vado.
 
Fortunatamente dopo qualche giorno l’alta pressione molla il colpo e torniamo alle normali temperature tardo primaverili della Catalunia.
Sono con la mia squadra sul terreno del Camp Nou, riscaldamento in corso. Sono arrivata a metà del primo circuito, passi veloci alternati alla speed ladder, mancano i coni da aggirare alternando accelerate e decelerate, i salti monopodalici nei cerchi, lo slalom tra i birilli senza perdere possesso palla e via di corsa a calciare in rete.
Il tempo trascorre placido, siamo nella nostra routine del venerdì e ci aspetta la partita di anticipo di sabato sera e sarà quella più importante e decisiva, giocheremo contro le ragazze del Real Sociedad, città di San Sebastián, e sarà cruciale vincere per tenere alta la tensione delle ragazze dell'Atletico Bilbao.
Alterniamo corsa lenta e scatti, scambi uno-uno, palleggi sul posto e scarti.
Stiamo facendo stretching quando i ragazzi della divisione maschile entrano in campo e Dani mi schiocca un bacio da lontano.
Sono tutti rilassati e sereni, hanno matematicamente vinto il campionato con tre giornate di anticipo e si godono questi ultimi giorni impegnandosi il minimo necessario, Guardiola schiererà principalmente la seconda squadra e tutti si pregustano già il tour de force di Europei in Polonia e Olimpiadi a Londra.
Sono molto contenta, a prescindere da come andrà sabato sera, mi dedicherò qualche settimana ai miei nonni per poi rientrare a Porstsmouth, riservando le vacanze alla mia famiglia e, quando possibile, a Dani che starà nella mia madrepatria.
- Suppongo sia stato in grado di farsi perdonare...- guardo Crista che sfodera un sorrisino allusivo e mi scappa da ridere, ripensando a quanto l’ho fatto sudare. Sia per la tensione prima e dopo la cena di chiarimento, che per l’ovvia conclusione della serata.
- Sì, ma adesso concentriamoci solo su domani sera.- allungo il corpo sulle gamba sinistra stesa in avanti, andando a prendere la punta del piede con le dita della mano.
- ¡Qué aburrido!***- brontolando si mette prona e solleva le spalle spingendo sulle braccia, distendendo la schiena. La imito poco dopo.
- Forza ragazze, liberiamo il campo!- Enrique Alvarez, allenatore in seconda richiama la nostra attenzione col fischietto – Vi aspettiamo tra quindici minuti nella sala blu per la riunione tattica per domani.
Dirigendomi verso gli spogliatoi lancio un’occhiata verso Dani che mi fa l’occhiolino, gli rispondo ondeggiando velocemente la mano, la testa già alla partita col Real Sociedad.


*Testarda come un mulo!
**Come un mulo e una capra che fanno una cucciolata!
***Che noia!

PICCOLO SPAZIO LaNana

Ciao a tutt*!!
Come potete vedere le cose procedono, sia sul piano lavorativo che emotivo, per la nostra Liz
e si sta per aprire una stagione estiva piena di impegni...e di sorprese. Cosa succederà a Londra?
STAY TUNED!
Baci!
LaNana

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Capitolo 14
*** We’re gonna get it. ***


The Chance
Segui il cuore.


Chapter fourteen.
We're gonna get it.

 

27 maggio 2012.
Stadio Cruyff, Barcellona.
20 gradi, ventilato, quindi percentuale di umidità molto bassa.
Seduta sull’erba dell’area di rigore, faccio stretching.
La tensione è palpabile e temo che un coltello non sarebbe sufficiente per tagliarla, sarebbe più utile una motosega.
Tra le ragazze non vola una mosca, tutte in religioso silenzio, concentrate, tese, chi ripassa la tattica, chi ancora fa riscaldamento, chi lo termina, chi cammina in cerchio.
È da tanti anni che la società non porta a casa un primo posto in Liga e oggi sarà decisivo, quanto meno per rifarci dell’assenza della squadra ai campionati Uefa di questa stagione.
- Ehi Liz, tutto bene?- guardo Marisol, capitano della squadra, e le sorrido annuendo – Sei nervosa?- annuisco nuovamente, abbassandomi in un affondo cercando di rilassare i muscoli e riscaldare l’inguine – Ce la possiamo fare, restiamo concentrate e facciamo gioco di squadra. Come vedevamo ieri, loro usano sempre il 4 – 4 – 2 e la nostra tattica a diamante servirà ben poco, per questo dobbiamo giocare ad imbuto. È vero che non siamo abituate, ma potremo entrare dai laterali in area e canalizzare i loro attacchi al centro, così Teresa è più agevolata in porta. O almeno spero.- annuisco di nuovo, tornando in posizione eretta.
- Mi preoccupa perdere la parte centrale del campo dove Crista è più abituata. Per un centrale è difficile giocare al filo della rimessa laterale.- ammetto sinceramente.
- Ce la faremo.- mi batte una mano sul braccio e torna alle panchine, cambiando la maglia da riscaldamento con la divisa a scacchi blaugrana.
Dopo esserci tutte cambiate, aver atteso il lancio della monetina dopo il quale Marisol ha scelto palla, entriamo in campo mentre lo speaker annuncia la formazione.
Prendo posizione nella nostra metà campo, sotto la curva di casa dove veniamo acclamate da diverse migliaia di persone. Ogni volta è un’emozione travolgente, tutti pensano che il calcio sia uno sport prevalentemente maschile, ma vorrei mandare loro questa fotografia mentale.
Sugli spalti, invasi da bandiere e magliette blu e granata, un’orda di persone urla, acclama e batte le mani, e chiamano il tuo nome!
È gratificante, è stimolante, è vita. Respiro a fondo alzando le mani e salutando la curva blaugrana, lasciandomi travolgere dalla loro foga e determinazione quando presentano il mio numero, il 21. Sento un nodo formarsi in gola e le lacrime affluire agli occhi, non mi sono mai sentita così orgogliosa del mio lavoro.
Per lo stadio inizia a girare una ola, non interrompendosi mai nemmeno quando arriva alla tifoseria di San Sebastián, un nugolo di qualche centinaio di persone.
Marisol e Saray si fermano sul piccolo cerchio del centro campo, ci prepariamo tutte, guardandoci con cenni d’assenso.
Fischio dell’arbitro, calcio d’inizio.
 
È difficile descrivere le emozioni che si provano durante la partita, alterni la frustrazione di un’azione che scema nel nulla, all’adrenalina di un passaggio perfetto al millimetro, al timore di fare fallo quando entri in tackle su un’avversaria o di mancare proprio il bersaglio, l’ansia che sale quando una sequenza di passaggi ti fa sfondare l’area di gioco dell’avversario, la paura quando sei sul dischetto del rigore. Il calcio è come stare sulle montagne russe, terrore e euforia.
 
Sono passati ventisette minuti e siamo ferme ad un throw-in per il Real, il punteggio stabile sullo 0 – 0.
Mi tolgo e rimetto il cerchietto per togliermi dei ciuffi di capelli dal viso che mi si sono appiccicati alla fronte.
Fischio del giudice di gara e le giocatrici effettuano la rimessa laterale.
Il pallone arriva alla ragazza che sto marcando e, saltando per ricevere, ci scontriamo sgomitando, la palla ci supera e arriva sui piedi di una delle attaccanti biancoazzurre che corre velocemente nella nostra area di rigore. Dopo la caduta mi alzo e scatto per cercare di intercettarla, è nella mia area di copertura e, mentre le mie compagne cercano di intervenire purtroppo invano, raggiungo la mia avversaria nel momento in cui calcia in rete e mi lancio in piena traiettoria, mancando completamente il pallone e atterrando malamente.
Il pallone entra in rete.
Barcellona 0 – Real Sociedad 1.
Mi metto seduta, massaggiando la spalla sulla quale sono caduta e guardo le mie compagne. Marisol si avvicina e mi tende la mano per aiutarmi ad alzarmi, la afferro e mi rialzo. Il mio capitano mi da una pacca sulla spalla per incoraggiarmi e mi avvicino a Gil, approfittando dell’attesa che tutte le ragazze tornino al proprio posto e l’arbitro faccia ripartire il match.
- Gil, soffriamo così. Dobbiamo tornare alla nostro solito modulo con Crista centrale, non posso reggere una partita intera sulla fascia da sola, siamo deboli e l’imbuto non facilita niente.- annuisce mentre si sfrega le mani. Si avvicina al quarto uomo comunicando di essere pronti a ripartire e annuendo mi fa un gesto con la mano: è il saluto dei vulcaniani, mano aperta e una “V” a formarsi tra medio e anulare. È la nostra formazione a diamante. Rientro in campo correndo con il saluto vulcaniano al vento e tutte le mie compagne si mettono nelle nuove posizioni.
Sento la spalla destra indolenzita e pulsare, la faccio ruotare aiutandomi con la mano sinistra e riporto l’attenzione sul campo da gioco, Saray e Marisol nuovamente al dischetto di metà campo. Al fischio del direttore di gara ci mettiamo in moto per sfondare il centrocampo avversario, corro sulla fascia destra, cercando di tenermi il più smarcata possibile. Crista mi passa il pallone e continuo a correre tenendolo al filo della riga laterale.
Arriva la numero 8 del Sociedad e mi fermo tenendo il pallone sotto al piede destro, cerco di muovermi lateralmente per scartarla, ma mi ostruisce ogni volta bloccandomi. Con la coda dell’occhio vedo Marisol liberarsi e col collo esterno del piede le passo il pallone, scattando verso la zona centrale del campo andando a sostegno del gioco. La palla ritorna sui miei piedi e con brevi e veloci scambi, mi porto insieme a Marisol e Crista in area avversaria. Marisol crossa verso il centro dell’area e Crista torreggia le avversarie, con un perfetto colpo di testa insacca il pallone in rete.
Barcellona 1 – Real Sociedad 1.
La partita si riapre dopo soli 4 minuti, ecco di che pasta siamo fatte.
 
Sono seduta su una delle panchine dello spogliatoio e Berto mi sta massaggiando le gambe frizionandole intensamente per lenire la fatica del primo tempo, chiusosi sul pareggio. Bevo dalla cannuccia dell’acqua elettrolitica e appoggio testa e la schiena al muro, cercando di rilassarmi per quanto possibile, quando sentiamo un leggero bussare alla porta.
- ...dobbiamo evitare il più possibile le palle lunghe, non sono alte ma sono veloci...avanti!- invita Gil, ad entrare. Dani, Maxwell, Messi e Piqué entrano nello spogliatoio sorridendo - ¡Hola chicos! Gracias por ser aquí, las chicas necesitan vuestra ayuda.- ci guardiamo tra di noi, sollevo la testa nel sentire Gil parlare con qualcuno e Berto smettere di lavorare sulle mie gambe. Dani si accuccia davanti a me poggiando le sue gigantesche mani sulle mie ginocchia, dove deposita un bacio.
- ¡Hola chicas! Sappiamo che state facendo fatica e che le ragazze del Sociedad sono probabilmente più forti e preparate di quel che pensavate, ma possiamo farcela, siamo ad un passo.- Messi si avvicina a Gil mentre parla – State per scrivere la historia, sono più di veinte anni che la società femminile non vince nemmeno uno scudetto, nemmeno prima de ser el Barcellona come lo conoscete voi, state arrivando dove nessuno prima di voi era arrivato.- una stretta alle ginocchia mi fa voltare e incontro gli occhi di Dani.
- Ti sei fatta male alla spalla?- annuisco e bevo dell’altra acqua – Berto ti ha sistemato un po’?- altro sì con la testa – Mi rispondi a monosillabi perché sei ancora arrabbiata?- lo guardo negli occhi e muovo la testa in senso negativo.
La verità è che è stata una litigata difficile da smaltire, questa sua arroganza e supponenza sul come gestire la mia vita prima che arrivasse lui mi ha davvero fatto ribollire il cervello per settimane, ma sono arrivata ad arrendermi all’evidenza, cioè che semplicemente è un uomo geloso e che non vuole che altri uomini pestino i fiori nel suo giardino. Io sarei il giardino di Dani, nello specifico.
- Mi fa male la spalla, sto solo cercando di rimanere concentrata.- poso gli occhi sulla borraccia in mezzo alle mie gambe, gambe che traballano nervosamente, finché Dani non le stringe a sé e solleva il mio viso dal mento.
- Devi cercare di tenere la mente sgombra, pensa al pallone e nient’altro, non esisto io, non esisti tu non esiste il dolore. Solo. Il. Pallone.- lo fisso, le nostre fronti appoggiate e gli occhi riflessi in quelli dell’altro. Mi poggia un fugace bacio sulle labbra, alzandosi.
- E per diritto di cronaca l’Atletico sta perdendo contro la Huelva.- guardo Crista negli occhi, seduta accanto a me, sento le pupille dilatarsi. Mi volto verso Piqué che ha appena sganciato la bomba.
- Di quanto Gerard?- solleva lo sguardo dal cellulare da cui sta seguendo le partite.
- È sotto di due reti, Liz. Capisci Leo,? Sotto di due contro la Huelva!- mi alzo e stendo la mano a Crista, mentre i ragazzi deridono la nostra diretta avversaria.
- Ce la facciamo.- le dico e prende la mia mano per mettersi in piedi.
- Ce la facciamo.

 

PICCOLO SPAZIO LaNana

Ciao a tutt*!!
Con di mezzo il Natale, il Covid, il Natale E il Covid è stato un casino, ma eccoci qui di nuovo!
Spero che a voi sia andato tutto bene e per Natale in ritardo, vi regalo questa bella partitina di calcio.
Baci a tutt*

LaNana

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Capitolo 15
*** Penalty Area. ***


The Chance
Segui il cuore.


Chapter fifteen.
Penalty Area.

 
Torniamo in campo motivate.
Per il secondo tempo occupiamo l’altra metà campo, possiamo vedere la nostra curva davanti a noi. Così è un po’ come se ci aspettassero ogni volta che corriamo verso la porta avversaria.
Mi inginocchio a slacciare e riallacciare gli scarpini. Ognuno ha il proprio rituale scaramantico, io slaccio e allaccio gli scarpini ad ogni fischio di inizio.
Dani indossa sempre due calzini spaiati, rosso a destra e blu a sinistra per le partite in casa e viceversa per le trasferte, Marisol sempre le stesse mutandine, Crista sempre lo stesso logoro elastico per capelli, Messi prima di un calcio piazzato fa sempre lo stesso numero di passi, Cristiano Ronaldo deve essere l’ultimo ad entrare in campo della sua squadra. Insomma, ognuno ha le sue.
Incrocio lo sguardo con quello di Crista e ci sorridiamo.
Marisol e Saray ai lati del cerchio di centrocampo, Nena alla sinistra di Crista, le altre nostre compagne dietro di noi.
L’arbitro fischia l’inizio del secondo tempo e, non appena le ragazze del Real Sociedad calciano il pallone, partiamo anche noi.
 
I minuti scorrono rapidi, così come il campo sotto ai nostri piedi.
 
Ci apprestiamo al 74° minuto col risultato ancora fermo sul pareggio. Prendo la palla da terra e la faccio roteare tra le mani prima di appoggiarla nella piccola area davanti alla bandierina, mani sui fianchi guardo le mie compagne di squadra e le avversarie dirigersi in area e prendere posizione, tre ragazze con la maglia celeste si mettono a metà strada tra me e il gruppo a fare da barriera. La porta del San Sebastián alla mia destra.
Al suono del fischietto arretro e decido.
Crosso al centro dell’area verso Saray, salta ma non riesce a prendere il pallone che viene invece respinto fuori dall’area di rigore, poi carambola tra i piedi di due avversarie prima di essere stoppato da Alma, arrivata oltre la metà campo dalla sua posizione di difesa, che lo passa alla nostra numero 9. Nena mi vede, sono nella mia posizione ideale, al filo dell’area. Senza nemmeno dovercelo chiedere mi sta passando il pallone con un pallonetto e calcio al volo una fucilata di destro.
La palla fende le giocatrici, colpisce la mano di una ragazza del San Sebastián, deviazione, va in rete, ma il giudice di gara fischia.
- CAZZO!- urlo frustrata, mentre vedo Marisol col pallone in mano, avvicinarsi all’arbitro per chiedergli di non annullare il goal.
È irremovibile, ma ci assegna un rigore. Il mio capitano si avvicina.
- Liz, lo tiri tu questo rigore.- e mi lascia la palla tra le braccia. Mi incammino verso l’area di rigore e quando arrivo al dischetto, lo posiziono.
Arretro asciugandomi dalla faccia le gocce di sudore, guardo il tabellone e vedo che segna il 78°, mi volto verso la panchina dove Gil è impassibile, una maschera di cera, Naa’weh mi incoraggia a tener i nervi saldi chiudendo la mano sinistra in un pugno.
Sento il cuore galoppare nel petto e martellare nelle orecchie, la spalla ha ricominciato a pulsare, il fiato corto e una sensazione crescente di ansia.
Chiudo gli occhi e subito la mente mi riporta al viso di Dani e a quel che mi ha detto.
 
Non esiste lui, non esisto io, non esiste il dolore, non esiste niente, solo il pallone.
 
Solo il pallone.
 
Espellendo tutta l’aria nei polmoni, mi giro verso la porta. Alzo le braccia inspirando profondamente ed espiro nuovamente.
L’arbitro controlla la palla sul dischetto e annuisce col capo, segnalandomi che tutto è pronto.
Guardo l’estremo difensore del Real Sociedad.
 
Le tattiche per calciare un rigore sono tante, credo vada principalmente a preferenza. Io non disdegno né il pallonetto, che gli italiani hanno ribattezzato cucchiaio nel 2006 dopo un perfetto tiro di Francesco Totti, né la cannonata rapida, potente e spedita in rete, anche se nemmeno centrare gli angoli mi dispiace. Quel che amo di più, però, è ingannare il portiere e lanciarla dritta, in mezzo alla rete, così mentre atterra nella direzione scelta, può godersi lo spettacolo del pallone che supera la riga della porta.
Tutte le mie compagne lo sanno e per questo motivo sono tese, perché per quanto divertente sia, anche se non particolarmente spettacolare, è forse il tiro con più probabilità di essere intercettato.
 
Tolgo il cerchietto dalla testa e lo rimetto.
L’arbitro fischia.
Breve rincorsa e tiro.
Osservo il pallone, giusto per accertarmi che entri in porta e mi limito ad un piccolo pugno di esultanza quando succede.
 
Ho tirato fortissimo, veloce e dritto in rete, sono andata sul sicuro, un proiettile imprendibile.
Mi volto facendo spallucce alle mie compagne, che mi raggiungono ridendo.
 
I minuti che seguono, vedono un succedersi di scambi di palla che non portano a nulla e un paio di tentativi delle giocatrici del Real di riportarsi sul pareggio, tentativi finiti in calci di rinvio, tra i guantoni saldi di Teresa o portati via da un abile e preciso tackle delle mie compagne.
Siamo riunite in area di rigore, per un calcio d’angolo a favore del Real. Resto fuori dalla mischia insieme a Crista.
Il terzino crossa in aera e dalla mia posizione non riesco a vedere granché, solo un continuo sgambettare e la palla rimbalzare da dei piedi a degli altri, finché si impenna sopra la confusione di teste, braccia gambe e divise celesti, blu e granata, e rimbalzando rotola verso di me.
Crista scatta in avanti e mi fa un assist con un colpo di tacco.
- VAI LIZ!- e voltandosi iniziamo a correre verso la porta avversaria; il tabellone segna l’89°, le gambe sono tormentate da crampi, i quadricipiti mi bruciano, mi fa male la milza, la spalla mi va a fuoco e sono esausta, non riesco nemmeno più a tenere il ritmo della respirazione. Superiamo la linea mediana e il cerchio da 9 metri, ansimando raggiungo l’area di rigore, il portiere esce dai pali, scivola cercando di rubarmi il pallone dai piedi e con un ultimo sforzo, roteo su me stessa, scartando la giocatrice e calciando un destro a porta vuota.
Con un grido di esultanza, mi inginocchio davanti alla porta, di fronte alla nostra curva, e mi lascio andare all’indietro, riprendendo fiato.
 
Barcellona 3 – Real Sociedad 1
 
Vengo raggiunta da Crista già pronta alle lacrime, poi una dopo l’altra arrivano anche le mie compagne.
Il quarto uomo segnala 3 minuti di recupero.
Tre minuti durante i quali ci limitiamo al possesso palla, a scambi brevi senza farci intercettare e, dopo quella che sembra un’eternità, arriva il triplice fischio e insieme ad esso un boato dalla curva.
Il Barcellona femminile ha vinto lo scudetto dopo 23 anni.
 
Corro a perdifiato verso Saray e le balzo in braccio, raggiunte da altre compagne di squadra che si aggiungono a noi, saltandoci addosso, circondandoci e abbracciandoci.
Dalla tribuna scende ed entra in campo Mateo Ortiz, il presidente della società, che rilascia le dichiarazioni di rito alla stampa, mentre Gil ci raggiunge per aggregarsi all’abbraccio di squadra, Berto corre per il campo senza meta definita, sventolando una bandiera a scacchi blaugrana e inneggiando ai tifosi di urlare di più.
Lascio il gruppo e mi dirigo verso Crista che piange distesa sul prato e mi sdraio accanto a lei.
- Ce l’abbiamo fatta brasileira!- si asciuga gli occhi col dorso della mano mentre io annuisco senza riuscire a smettere di sorridere. Con un gridolino si solleva e mi abbraccia, schiacciandomi contro l’erba del campo da gioco.
- Ragazze,- ci voltiamo verso il presidente Ortiz in piedi a pochi passi da noi – complimenti.- ci porge la mano per aiutarci a rimetterci in piedi – Ci sono le foto con la stampa, venite.- ci fa strada col braccio verso un nugolo di fotografi e giornalisti.
Ci mettiamo tutte in posa per le foto ufficiali, poi Berto si allontana brevemente, per tornare con una bottiglia di spumante che agita e fa schizzare per aria, dalle casse dello stadio esce musica commerciale che gli speaker hanno messo per festeggiare.
Dal tunnel degli spogliatoi sbucano Dani e Gerard che camminano verso di noi, venendo ovviamente raggiunti e assaltati dai flash dei fotografi.
Il numero 1 del Barcellona sgomita tra i giornalisti scusandosi, liberatosi della calca si ferma a guardarmi con un ampio sorriso, una manciata di metri a dividerci.
- E così siamo entrambi campioni della Liga.- mette le mani nelle tasche dei jeans.
- Così pare.- gli sorrido passandomi la mano in faccia, cercando di togliere le gocce di vino che minacciano di entrarmi negli occhi.
- Sei stata pazzesca.- mi metto a ridere e ondeggio due dita della mano, doppietta! Gli occhi di Dani si distraggono verso la mia destra e, voltandomi, vedo Ortiz ridere e fare il pollice alto verso di lui, lui che si avvicina e si ferma a un passo da me – Mateo ci da pista libera.- con il suo sorrisino sornione mi guarda, cercando di capire se abbia capito a cosa si riferisca e sfidandomi allo stesso tempo.
- Avresti il coraggio di baciare in pubblico, davanti a tutti e davanti ai fotografi, l’autrice di una doppietta decisiva?- faccio un passo in avanti, mettendomi a giocare coi bottoni della sua camicia.
Con il sopracciglio destro alzato, sollevo il viso per incontrare il suo sguardo. Per qualche secondo ci fissiamo, con le sue braccia che mi circondano la vita stringendomi a lui, poi inclina nuovamente l’angolo della bocca verso l’alto.
- Oh, eccome se ce l’ho.- abbassa la testa e mi travolge in un bacio impetuoso.
Quando le nostre bocche si staccano, Dani scoppia a ridere.
- Puzzi da morire, ma sai di vino e sudore, che per me equivale a...- si gira verso le altre giocatrici, aprendo la camicia violentemente e facendo saltare i bottoni – FESTAAA!
Arrivano altre bottiglie di spumante che vengono stappate, agitate e spruzzate per aria, passate di mano in mano e scolate.
Ridendo passo la bottiglia a Marisol, quando sento un vuoto allo stomaco e le ginocchia cedere.
Tutto diventa nero.

PICCOLO SPAZIO LaNana

Buonasera a tutt*!
Come avete letto finalmente il Barcellona ha vinto dopo 23 anni! Piccola curiosità
: davvero il Barcellona ha vinto dopo 23 anni nel 2012, e davvero Messi e Ronaldo hanno quei piccoli rituali scaramantici!
Mi auguro che il capitolo vi sia piaciuto e vi invito a lasciarmi una recensione al vostro passaggio, datemi un parere, battete un colpo!!! XD

P.S. ne approfitto per uno spazio privato: volevo ringraziare il mio migliore amico Sam, che mi supporta e corregge le bozze e gli errori sportivi, e mandare un abbraccio alla piccola Chibi Biscuit, che alla fine della sessione di esami dovrebbe portarsi in pari e leggere quel che sto pubblicando e scrivendo. Vi si ama forte.
LaNana

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Capitolo 16
*** Fourtytwo. ***


The Chance
Segui il cuore.


Chapter Seventeen.
Fourtytwo.

 
Torno a sedermi sul mio seggiolino stringendo vittoriosa due bei bicchieri di birra ghiacciata. Sorrido alle persone che gentilmente si alzano per far passare me, il mio vestito skater a fiori e le mie Superga gialle.
- Cazzo lo Wembley è più bello ogni volta che ci metto piede dentro!- rido passando uno dei bicchieri a Harriett.
Andiamo avanti a chiacchierare e ridere in attesa che lo stadio finisca di riempirsi e inizi la finale di calcio maschile delle Olimpiadi di Londra.
Ho seguito Dani e la nazionale brasiliana ad ognuna delle partite giocate tra Cardiff, Manchester e Newcastle, sono state settimane difficili, avanti e indietro da casa agli stadi non potendo avere il benché minimo contatto con lui, Mano Menezes è particolarmente severo su certe regole soprattutto per questi grandi eventi ufficiali, niente mogli, fidanzate e affini, niente motivi di distrazione, niente alcool, niente uscite, niente stupide perdite di tempo.
Un’altra ragazza, chiedendo permesso, ci passa davanti e si siede accanto a me, non le presto particolare attenzione finché Harriett sgrana gli occhi e inizia a farmi dei cenni strani. Alza il mento indicando qualcosa alle mie spalle.
- Harry, cosa? Non ho capito!- mi prende per il mento e mi fa voltare a guardare la ragazza.
- Ora hai capito?
I miei occhi si fermano sul viso perfettamente perfetto e perfettamente truccato di Camila.
 
- Cazzo.- bisbiglio voltandomi verso la mia amica e chiudendo gli occhi respirando profondamente, cercando di calmare la tachicardia e controllare la secrezione di adrenalina che al momento è alle stelle.
- Dai cerca di calmarti, magari nemmeno ti ha notata.- mi accarezza la schiena Harriett.
- In tribuna VIP?- la guardo negli occhi sconfortata.
Lo speaker annuncia l’ingresso in campo delle squadre per il riscaldamento e vedo i giocatori delle nazionali brasiliana e messicana camminare sull’erba, sparpagliandosi e iniziare a fare degli esercizi.
Dani indossa la sua inconfondibile tuta nera e sta riscaldando i muscoli della schiena, un’espressione seria e concentrata in volto, per quanto da questa lontananza sia difficile vedere i dettagli, lo conosco molto bene e immagino nitidamente le sue sopracciglia corrucciate che creano delle linee curve sulla sua fronte, le ciglia nere chiuse sui suoi occhi scuri, le narici che si dilatano a tempo con i suoi respiri profondi, insieme alla guance che si gonfiano e sgonfiano a ritmo, la bocca serrata e la mascella contratta.
Il maxischermo offre una carrellata di immagini e nel momento in cui lo inquadrano, mi sfugge una risatina bonaria vedendolo con la barba.
- Non si rasa dall’inizio delle Olimpiadi.- dico ad Harriett.
- Sì, lui non si rade mai la barba durante le grandi competizioni.- aggiunge una voce melliflua alla mia destra.
- Sì è vero, nemmeno ai mondiali o quando gioca in Champion’s.- continuo automaticamente.
- Lo so bene, Liz, è stato il mio compagno per più di dieci anni se te lo sei scordato.
- Cazzo.- stringo gli occhi voltandomi verso la mia amica, sfoderando poi un sorriso di circostanza tornata a guardare la donna – Ciao Camila, no non volevo mancarti di rispetto, scusami, mi sono solo lasciata trasportare.
- Assolutamente.- mi osserva con uno sguardo al vetriolo con quei suoi occhi castano chiaro – Voglio dire, è già oltremodo fastidioso che il tuo compagno ti molli per una ragazzina più giovane di te di dieci anni, ci manca pure che mi venga mancato di rispetto.- stoccata secca, sento gli addominali contrarsi e la bocca seccarsi.
- Camila non è stata colpa mia, ci siamo messi insieme molto dopo la vostra separazione...- mi interrompe sollevando una mano per zittirmi.
- Lo so, Danilo è stato chiaro e mi ha raccontato tutto per filo e per segno.- annuisco ricominciando a respirare a fondo – Quello che mi consola è sapere che tu sarai transitoria, mentre io sarò nella sua vita per sempre.
- Come scusa?- raddrizzo la schiena sentendomi insultata dalla sua affermazione.
- Liz, tesoro. - mi guarda negli occhi – Davvero pensi che possa durare per sempre? Guardati. Sei bella, certo, ma che cos’hai da offrire? Una vita di momenti da incastrare tra le partite? E se doveste finire in due città diverse? E quando invecchierai? Io sono la mamma di Carlos e Irene, non potrò mai essere messa da parte.- rimango zitta a guardarla.
- Dovrebbe vergognarsi Camila.- vedo con la coda dell’occhio Harriett alzarsi stringendo i pugni ai lati del corpo – Liz è una ragazza meravigliosa, capisco che le roda di essere stata lasciata e sapere che il suo ex l’ha rimpiazzata con una ragazza più giovane e bella di lei, ma questo non le dà il diritto di prendersela con gli altri al posto di sé stessa.- prendo il braccio della mia amica e la tiro per farla risedere, ma con uno strattone si libera dalla mia presa e prosegue la sua arringa difensiva – No, Liz, queste cose mi fanno andare il sangue al cervello, è solo la pura e nuda invidia di una donna con l’ego ferito che non accetta di perdere.
- Harriett, basta.- le appoggio nuovamente una mano sull’avambraccio e, questa volta, si siede.
- Non è giusto, Liz.- annuisco dandole ragione.
- Tante cose nella vita sono ingiuste, è meglio che inizi a familiarizzare con questa sensazione.- Camila si ricompone sul seggiolino voltandosi verso il campo da gioco dove le formazioni stanno scendendo in campo, annunciate dagli altoparlanti – Poi se non me lo sarò già ripreso e tra dieci anni sarai ancora insieme a Danilo, allora forse potrò iniziare a rispettarti come donna.
I muscoli tutti tesi, la gola chiusa da un groppo, le mani sudate in preda all’ansia e all’agitazione e delle lacrime di rabbia agli angoli degli occhi.
Bevo un sorso di birra cercando di placare i nervi.
- Non finisce qui, Camila.- la vedo sorridere e annuire alla mia affermazione.
Fischio d’inizio.
Gol di Peralta dopo soltanto un minuto di gioco.
Vedo Dani lanciarsi per prendere il pallone che però gli passa ad un soffio dalle mani.
La partita ricomincia, i verdeoro ci provano, ma sono evidentemente fuori partita, lenti, pesanti.
Con estrema difficoltà arriviamo all’intervallo alla fine del primo tempo regolare, scatto in piedi e mi dirigo al bar a recuperare altra birra.
Tornando, vedo che Harriett ha preso il mio post, mettendosi in mezzo tra me e Camila. Mi sorride e la partita ricomincia.
Al 75° Peralta infila nuovamente il pallone in rete e i brasiliani perdono completamente il lume della partita, lasciando ampi spazi in difesa e centrocampo, dove i ragazzi della nazionale messicana si infilano senza problemi, arrivando spesso alla porta di Dani che para tutti i tiri con prontezza.
Al 91° Hulk riesce ad insaccare un gol per il Brasile, ma la partita ormai è terminata.
Al triplice fischio finale Camila si alza e, senza salutare, se ne va, noi rimaniamo a guardare la cerimonia di premiazione delle squadre e poi raggiungiamo la sala rinfreschi, dove dopo un’abbondante mezz’ora arrivano anche le squadre che hanno partecipato alla partita.
Dani non appena mi vede mi viene incontro, dribblando le persone che cercano di fermarlo, Camila compresa.
- Non vedevo l’ora di questo momento.- mi sussurra all’orecchio stringendomi tra le braccia e quasi sollevandomi di peso.
Saluta anche Harriett e ci intratteniamo in qualche chiacchiera, con i camerieri che girano ad offrire vino e degli stuzzichini dal rinfresco.
- La tua ex è un’arpia con gli artigli non retrattili, comunque.- do una gomitata ad Harry per la frase tremendamente sconveniente, in un momento decisamente non opportuno.
- Cosa ti ha fatto?- Dani si volta a guardarmi preoccupato, gli occhi spalancati.
- Niente, sta tranquillo.- bevo un altro sorso di vino maledicendo la mia migliore amica con lo sguardo.
- Liz.- Dani mi gira il viso e mi guarda serio.
- Niente, davvero.
- E’ stata molto maleducata e l’ha trattata malissimo mentre eravamo sugli spalti.- guardo Harriett severa – Liz non serve a niente nascondere le cose.- sento la mano di Danilo carezzarmi la nuca.
- Mi spiace, gatinha. Le parlerò.
- Ha anche detto che vuole riconquistarti, ma anche se non ci riuscisse lei è inesorabilmente legata alla tua vita con un doppio filo rosso.- gli occhi di Dani si abbassano a guardare il pavimento per poi tornare ai miei.
- Prometto che le parlerò, ma giurami che non mi nasconderai niente.- annuisco e lui mi da un bacio sulle labbra – Ora, se volete scusarmi, mi prenderei la libertà di rapire questa ragazza e riportarla a casa quando più mi gradirà.
 
Apro gli occhi e mi sollevo quando sento il letto vuoto allungano una mano.
L’ampia vetrata della camera dà direttamente sulla spiaggia di sabbia bianca e fine di una caletta sperduta da qualche parte in Messico, il cielo è di un turchese intenso, l’oceano acqua blu che sferza la rena chiara e, tra le palme, Dani che si dondola su un’amaca arancione e viola mentre legge un libro.
Lo raggiungo e lo osservo, la sua pelle è abbronzata, la barba incolta, i capelli scarmigliati e lo sguardo concentrato tra le parole.
Mi siedo sulla sabbia e rimango a guardarlo. È davvero bello.
Dopo una manciata di minuti mi nota e sorride.
- È molto che sei lì?
- Qualche minuto. Sei ancora su “Guida galattica per autostoppisti”?- annuisce facendomi vedere la copertina del libro, mentre mi fa spazio sull’amaca e mi avvolge un braccio attorno alle spalle.
- Sai Liz, pensavo ad una cosa.- sollevo la testa dalla sua spalla e lo guardo negli occhi.
- Cosa?
- Sarebbe carino tornare qui per il matrimonio, oppure per festeggiare un anniversario...il primo, il quinto, il decimo…
- Dani cosa stai dicendo?- mi risponde con un sorriso mozzafiato.
- 42.
 

PICCOLO SPAZIO LaNana

Ciao a tutt*!!
Ed eccoci qui con il primo incontro tra Liz e Camila. Spero vi piaccia il capitolo e vi vada di lasciarmi qualche recensione!

Baci!
LaNana

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Capitolo 17
*** Hard Times. ***


The Chance
Segui il cuore.

 

Chapter sixteen.
Hard Times.

 

Porto alla bocca uno spicchio d’arancia mentre, seduta su una sedia in cucina, guardo fuori dalla finestra un giornalista che piantona l’ingresso di casa dei miei nonni, è indeciso se citofonare o meno.
- O que você quer que diga a ele? *
- Que não vou responder suas perguntas, Vovô**.- sento la mano callosa di mio nonno Thiago accarezzarmi il capo e solleticarmi la nuca, come faceva sempre quando ero bambina e mia mamma mi sgridava per aver fatto qualcosa di sbagliato, così io mi sedevo su una sedia di fronte a quella finestra e guardavo fuori, offesa dall’aver fatto qualcosa di sbagliato. Nonno Thiago ha sempre tenuto a farmi presente che si sbaglia per imparare, non per essere condannati.
Lo guardo mentre solleva la cornetta del citofono ed educatamente congeda l’inviato.
- Ti vedo felice, quindi non ti sgrido piccola mia, ma tutto questo potevi prevederlo quando hai baciato Danilo in pubblico.- mi volto verso nonna Carmen che si asciuga le mani dopo aver lavato i piatti del pranzo, annuisco.
Certo che mi aspettavo le ondate di giornalisti e fotografi, soprattutto dopo lo scenografico bacio davanti alla stampa e al mio consecutivo svenimento.
- Suas fotos estavam em todos os jornais, em alguns você estava beijando Danilo, em outros você estava olhando para o chão bem de perto, em outros você estava em uma maca. Este é meu favorito embora.- mi mostra per l’ennesima volta la copia del Lance! dove hanno postato la fotosequenza del mio svenimento, mio nonno indica la foto centrale dove le ginocchia avevano già ceduto, il corpo stava mollemente cadendo a terra ma le braccia ancora erano proiettate verso l’alto, in una strana posizione - Parece uma dançarina***.- si mette a ridere e si alliscia i baffi ormai bianchi passandoci sopra la mano libera.
Rido, riportando la mente all’episodio: un misto di stanchezza, ansia, fatica e spumante ghiacciato mi han regalato una meravigliosa congestione che mi ha fatto svenire in campo. Mi han portato in infermeria dove sono stata priva di sensi per venti minuti abbondanti, mandando in paranoia decine di persone, Dani in primis. Non credo ci sia bisogno di dire che tutti pensavano fossi incinta.
Sento il suono di un SMS e la vibrazione del cellulare, lo sollevo trovando un messaggio proprio da parte di Dani.
Ciao gatinha, spero che vada tutto bene coi avós. Qui a Reading fa un freddo terribile, non sai quanto ti invidio! Non vedo l’ora di rivederti, mi manchi.” sorrido mentre leggo il messaggio e inizio a digitare una risposta.
“Ciao baby, tutto bene...mi manchi anche tu..” invio il messaggio andando avanti a digitare il seguito quando un altro suono mi avvisa di un messaggio nella chat.
“Sinto tanta falta sua, de seus sorrisos, de seus olhos, de suas mãos sob minha camisa, dos seus beijos, de você nua na cama, de seus quadris, do seu sabor, de seus gemidos, da sua risada, de cafuné...sinto tanta falta****.
Rileggo il messaggio più volte. Dani non è solito a lasciarsi andare in questo modo, esprime i suoi sentimenti raramente, preferisce dimostrarli, quindi questo messaggio mi fa volare alto, sento il cuore saltare dei battiti.
Saudade” gli rispondo, tornando a guardare fuori dalla finestra, vedendo André arrivare a prendermi per passare il pomeriggio insieme.
“Só mais uma semana.” sorrido guardando quest’ultimo messaggio, mentre prendo la borsa ed esco per raggiungere mio cugino, il tempo non è volato come pensavo inizialmente.
 
Sono al nastro bagagli di Heathrow in attesa che la mia valigia azzurra appaia.
Mi sistemo meglio sulla spalla la tracolla della borsa e vedo da lontano il trolley avvicinarsi lentamente, quando una voce attira la mia attenzione, insieme ad una piccola mano sull’avambraccio.
- Scusa signora, sei per caso Elizabeth Luna?- mi giro verso l’origine di quella domanda e i miei occhi incontrano una ragazzina di una decina di anni, capelli biondi lunghi lasciati sciolti sulle spalle, due occhi azzurri grandi che mi fissano, ansiosi della mia risposta.
- Ciao. Sì, credo di essere io la Elizabeth Luna di cui parli.- già sospetto il collegamento con Dani, non ero così tanto conosciuta prima.
- A maggio sono venuta a vederti giocare contro il Real Sociedad, mi ha accompagnato mio papà.- il mio stomaco fa una piccola capriola al realizzare quel che sta sottointendendo – Sono una tua fan, sai? Mi faresti un autografo?- e timidamente allunga le mani tra le quali tiene un taccuino e una penna blu.
- Volentieri.- prendo il taccuino e la penna – È il mio primo autografo sai?- le strizzo un occhiolino – Come ti chiami?
- Megan, Megan Truman.- finisco di scrivere e le restituisco il taccuino, lei legge e gli occhi si illuminano, poi mi butta le braccia ai fianchi e mi stringe con degli urletti di entusiasmo e ringraziamenti a profusione.
Quando mi volta le spalle tornando di corsa dal padre, che mi ringrazia con un cenno della mano, vedo la mia valigia passarmi vicino, la afferro al volo e mi incammino a passo svelto verso l’uscita dell’aeroporto.
 
Porto alle labbra una tazza di the alla vaniglia con un goccio di latte, appoggiata allo stipite della porta che accede alla sala osservo mio padre e Dani guardare alla tv un talk show in seconda serata.
- Mi fa un po’ strano tutto questo.- Matt mi raggiunge con una tazza di the e anche lui rivolge lo sguardo ai due uomini sul divano.
- Non dirlo a me.- sorseggio dalla tazza.
- Guarda che è il tuo ragazzo quello che ha undici anni in meno di papà.
- MATT. - intervento preciso e puntuale di mamma Pri, mentre tossisco cercando di tornare a respirare normalmente dopo che il the mi è andato di traverso – Ricordati che parli di tua sorella e del suo fidanzato...
- Grazie mamma.- mi asciugo la bocca e il mento con un tovagliolino di carta.
- ...non possiamo farci niente se a tua sorella piacciono anciãos!- alzo gli occhi al cielo – Ay minha querida, te l’ho insegnato io quello!
- Cosa ti ha insegnato tua mamma?- intervento di Mr Super Sorriso.
- A roteare gli occhi verso l’alto.- stringo gli occhi fissando e minacciando silenziosamente mio fratello mentre Dani esplode in una risata.
- Ora è meglio che mi avvii in hotel che domani abbiamo parecchio da fare.- Dani saluta tutti e lo accompagno alla porta dove è già arrivato il suo Uber – Fa un effetto strano lasciarti sulla soglia di casa senza portarti via.- mi dice cingendomi la vita e baciandomi sulle labbra - Questa settimana iniziano le prime partite delle Olimpiadi e devo arrivare concentrato, ma avevo bisogno di vederti almeno una volta.
- Tieni duro ancora un po’, poi avremo del tempo per noi.- incrocio le braccia dietro la sua nuca rispondendo al bacio.
- Nel frattempo tengo duro qualcos’altro...- ridendo lo spingo via e si congeda, scendendo i gradini della veranda e sparendo dietro la portiera della macchina.

*Cosa vuoi che gli dica?
**Che non risponderò alle sue domande, nonno.
***Le tue foto erano su tutti i giornali, in alcune stavi baciando Danilo, in altre stavi misurando per bene il terreno, in altre eri su una barella. Questa però è la mia preferita. - Sembri una ballerina.
****Sento tanto la tua mancanza, del tuo sorriso, dei tuoi occhi, delle tue mani sotto la mia camicia, dei tuoi baci, di te nuda nel letto, dei tuoi seni, del tuo sapore, dei tuoi gemiti, della tua risata, di quando mi passi le dita tra i capelli...mi manchi tanto.

PICCOLO SPAZIO LaNana
Quando vi dicono che il tempo NON cambia le cose: CREDETEGLI. Sono ormai 15 anni che scrivo e i capitoli di raccordo continuo ad ODIARLI.
Scusate il ritardo, rieccoci!
Abbracci a tutt*

LaNana

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Capitolo 18
*** Hard Times part two. ***


The Chance
Segui il cuore.


Chapter eighteen.
Hard Times part two.

 

Quando vi sentite dire che il tempo passa e guarisce ogni ferita non date retta alla persona che ve lo sta dicendo.
 
Mi aiuto con le mani a sedermi più dritta, ancora inchiodata a questo stramaledetto letto d’ospedale allo Stanmore di Londra.
Sbuffo.
- Buongiorno signorina Hall, come va questa mattina?- il primario di chirurgia ortopedica entra nella stanza insieme agli specializzandi e, senza molti convenevoli, si avvicina alla mia gamba sollevata e controlla che i fissatori siano al loro posto.
- Bene Dottor Evans, ma onestamente non ne posso più.
- Comprensibile Elizabeth, ma vedrai che tra poco tornerai a casa.- continua con la visita e illustra tutti i passaggi agli studenti, su come vada svolto correttamente un controllo postoperatorio, sul perché si sia utilizzato il fissatore di Ilizarov per guarire la mia gamba, su come risulti una lastra prima dell’intervento e dopo che i fissatori sono stati impiantati.
 
Guardo fuori dalla finestra e, nemmeno a dirlo, piove. Il cielo sopra Londra è talmente celebre da averne istituito anche una vasta gamma cromatica di grigi. Siamo quasi a fine aprile eppure la visuale è tutto “Fumo di Londra”, è sempre tutto grigio, quale che sia la stagione.
 
- A che ora hai l’appuntamento con la dottoressa Cane, Elizabeth?- mi volto verso l’infermiera che mi misura la febbre dall’orecchio.
- Alle 11.- mi sorride, mi carezza la fronte e, mentre avvicina il vassoio della colazione, mi avvisa che farà salire il portantino con la sedia a rotelle un quarto d’ora prima dell’appuntamento.
- Bene signorina Hall, ci vedremo domani mattina. Posso già anticiparle che se tutto prosegue in questa maniera per venerdì dovremmo essere in grado di procedere con le sue dimissioni.- il primario mi fa un cenno di assenso, un tentativo di incoraggiamento immagino.
Arrivato alla porta si ferma e si volta a guardarmi.
- Sa Elizabeth, queste brutte cose purtroppo ogni tanto succedono, sta a noi non farci abbattere dal corso degli eventi.- si avvicina al letto e si siede sulla poltroncina alla mia sinistra – Sa benissimo che il decorso sarà lungo, dovremo poi togliere i fissatori, dovrà fare molta fisioterapia, ma non è scritto da nessuna parte che non sarà più in grado di giocare a calcio.- lo guardo negli occhi, cercando di capire se stia facendomi questo discorso perché genuinamente lo pensi, o semplicemente perché a cospetto del suo piccolo manipolo di studenti.
- Suppongo lo vedremo col tempo. Giusto?- mi fa un accenno di sorriso ed esce dalla stanza seguito dagli specializzandi che gli corrono dietro a piccoli passi.
 
- Ciao Elizabeth, come ti senti oggi?- il sorriso caldo e rassicurante della dottoressa Cane mi mette sempre a mio agio.
- Fisicamente un po’ meglio, ma moralmente no, sono stanca.- la testa della donna si abbassa a prendere un breve appunto, poi torna a guardarmi. Sarà a metà strada tra i 50 e i 60, ha gli occhi grigi contornati da un’espressione materna e comprensiva.
- C’è qualcosa di particolare di cui vuoi parlare oggi?- sospiro.
- No, dottoressa. Vorrei soltanto andarmene a casa.- le riferisco le parole del dottor Evans, seppur con poco entusiasmo.
- Bene.- la penna sempre a scattare sul suo blocco – Perché non mi racconti di nuovo dell’incidente?- la fisso negli occhi, seccata dalla richiesta – Lo so che ti ho chiesto di raccontarmelo già molte volte più di quel che reputi necessario, ma ho bisogno di essere certa che la tua mente non ti nasconda niente, che ricordi tutto, così sarai in grado di lasciarti questa brutta esperienza alle spalle a tempo debito.- le sopracciglia increspate, annuisce brevemente incoraggiandomi a parlare.
 
- Era il 27 di dicembre, primo pomeriggio.
Uscivo da casa dei miei genitori a Portsmouth per raggiungere la mia amica Harriett e il resto della compagnia, dovevamo vederci da lei come facciamo tutte le volte per le festività, è una tradizione ormai.
Il tempo che fa in inverno a Portsmouth sa bene quanto me com’è: freddo, neve, ghiaccio, vento. Ovviamente non prendo la macchina perché casa di Harry è vicina, in più con le strade ghiacciate e dopo l’ennesimo pranzo in famiglia non è prudente guidare, nella nostra zona siamo tutti abituati a muoverci con gli stivali da neve per il quartiere. Conti che io abito al 31 di Ebery Grove e Harry all’8 di Marina Grove, siamo divise da nemmeno 200 metri.
Stavo attraversando la strada per fare Jenkins Grove quando ho sentito un suono strano, lì per lì non sono riuscita a capire cosa lo stesse provocando, ma poi ho visto una macchina sbandare sul ghiaccio e il conducente che non riusciva a controllarla. In quel momento ho collegato il rumore alle ruote che scivolavano sul ghiaccio.
Improvvisamente il suv, mi pare che fosse della Ford, ha sbandato nella mia direzione e nonostante abbia cercato di spostarmi dalla traiettoria mi ha comunque investita.- appoggio la testa alla mano destra e con l’altra, ancora fasciata, indico la gamba destra – Mi ha trascinata per qualche metro fino a sbattermi contro la casa dei Langdon, dove la gamba è rimasta incastrata per le tre ore consecutive, finché i paramedici e i vigili del fuoco mi hanno liberata.
Ne sono uscita con due costole incrinate, radio e ulna del braccio sinistro rotte con gesso tenuto per un paio di mesi e adesso almeno altri sei di fisioterapia ed esercizi di propriocezione, sperando che il radio non rimanga deformato chiaramente, trauma cranico, lussazione posteriore dell’anca sinistra, fortunatamente ridotta manualmente e senza altre complicanze.
La gamba destra merita un capitolo a parte.- mi sfugge una risatina.
- Sei nervosa?- guardo la dottoressa e faccio no con la testa.
- No, rassegnata, la mia gamba destra avrà un capitolo tutto suo nella mia biografia.- la dottoressa Cane mi sorride bonariamente e mi accenna a proseguire – Beh, dicevamo. Gamba Destra vanta una lussazione anteriore dell’anca, già di per se’ un caso raro, se calcoliamo che l’anca sinistra si è lussata all’indietro e la destra in avanti va da chiedersi come non si sia rotto niente nel mezzo, ma tant’è. Diafisi del femore fratturata in tre diverse parti, di cui una scomposta. Operazione con placca metallica. Ginocchio lussato, rimesso in sede chirurgicamente. E poi arriva il meglio con tibia e perone fratturati al terzo prossimale, mediano e distale, fratture scomposte e una parzialmente esposta, caviglia lussata e anche lei rimessa in sede chirurgicamente.- sospiro e mi raddrizzo prima di proseguire.
- Ne è seguito un primo ricovero al St James, dove mi hanno ridotto la lussazione dell’anca sinistra e stabilizzato, poi appena possibile mi hanno trasferito qui. Dai racconti di chi mi è stato intorno, l’operazione è durata parecchio, tipo 12 o 13 ore, hanno dovuto ridurre lussazioni, risistemare legamenti e tendini, hanno ricostruito la cartilagine del ginocchio, avvitare e placcare ossa, mettere la Ilizarov. Insomma, un bel daffare.
- Qual è la prima cosa che ti ricordi quando ti sei risvegliata in camera?- chiudo gli occhi scavando nella memoria.
 
- La prima cosa che vidi fu il volto di mia mamma, piangeva e sembrava innaturalmente magra e pallida, dietro di lei mio papà e Matt seduto dietro di loro.
Ricordo che andai nel panico, non sentivo alcun dolore per via della morfina, ma non riuscivo a muovermi, tutto il mio corpo era indolenzito e immobile. È stato davvero un momento orrendo. Poi mia mamma mi ha spiegato tutto l’accaduto e piano, piano ho cominciato a ricordare.
 
Brividi mi percorrono le braccia mentre ripenso a quei momenti.
 
I giorni seguenti sono ancora difficili da rammentare e non credo ne sarò in grado, i medici mi hanno bombardata di farmaci per non sentire dolore, ma per la maggior parte del tempo ero stordita o in dormiveglia.
Quando ero abbastanza lucida da stare sveglia per un paio d’ore era un susseguirsi di facce sorridenti e non, mamma, papà, Matt, Harry, Dani, i genitori di Harry, i nostri amici. Luke.
 
Con la dottoressa Cane in questi mesi abbiamo fatto un bel percorso, abbiamo dovuto affrontare tante cose, più di quante mi aspettassi: abbiamo parlato della mia famiglia, sia quella britannica che quella sudamericana, abbiamo affrontato le amicizie e la lontananza, il trasferimento, i cambiamenti e, ça va sans dire, l’amore.
Abbiamo parlato per un’intera settimana di Luke. L’abbiamo letteralmente dovuto fare dopo che il suo nome è venuto fuori in quasi tutti i contesti che abbiamo affrontato, perfino nelle feste in famiglia.
E lui, come evocato, dopo quella settimana è apparso in ospedale e non se n’è mai andato. Non come Tom Hanks in “The Terminal”, ma inesorabile giorno dopo giorno Luke era lì, a farmi coraggio, ad asciugare le mie lacrime, a farmi sorridere, a tenermi compagnia.
Credo sia lui la ragione che mi ha spinto a non mollare nonostante la prognosi sia, oggettivamente, sconsolante.
 
- Con Danilo come vanno le cose?- la domanda mi distoglie dai pensieri.
- Bene, compatibilmente con la situazione.- lontani, io in ospedale, lui a giocare male in campo.
- Si è scontrato nuovamente con Luke?- sorrido involontariamente.
- No, che mi abbiano raccontato no.
 
Mi viene da ridere ancora a pensare a Danilo che appena avvisato da mio fratello si imbarca sul primo volo, corre, si danna e la società gli concede un mese di stop e passa sulla poltroncina tutti i giorni e le notti a seguire. Poi, sciolta la riserva sulla prognosi, inizio a recuperare e lentamente la salute generale a ristabilizzarsi, a febbraio torna in Spagna e sui campi da gioco.
Ogni tanto riesce a ritagliarsi dei giorni e passare a trovarmi, per trovare ogni volta in stanza Luke.
L’ho visto stringere i denti e rimanere calmo volta dopo volta, ma settimana scorsa è finita a cazzotti in corridoio.
 
- Cosa ti ha detto a riguardo Luke?- la penna corre a scarabocchiare qualcosa sul suo blocco.
- Che comprende i pugni ricevuti, ma li avrebbe incassati più volentieri se almeno fosse riuscito a strapparmi un bacio.- lo sguardo della psicologa incontra il mio, un barlume di divertimento.
- Si fa interessante la questione. Convieni che sia ancora innamorato di te, quindi?- le sorrido annuendo – Bene. E tu cosa provi per lui?
- In che senso?
- Beh, avete condiviso tanto nella vostra vita, siete molto intimi. Non ci sarebbe niente di strano nel sentirsi trascinati verso di lui.- rimango in silenzio a riflettere sulle sue parole – Vuoi che ne parliamo domani con più calma?- annuisco.
 
È finalmente venerdì mattina, le lastre sono buone, il braccio sinistro promette bene, il primario mi sta dando via libera. Chiaro, a patto che faccia ginnastica riabilitativa.
Seduta sul letto con il borsone pronto faccio finalmente la chiamata che non vedevo l’ora di fare da mesi.
Gli squilli mi lasciano in trepidazione.
- Gatinha!- la voce entusiasta di Dani mi fa sorridere a prescindere.
- Mi dimettono!- lo sento riferire ai presenti la bella notizia e in sottofondo esclamazioni, auguri, incitamento – Sono già pronta, tra non molto dovrebbe arrivare il dottor Evans con le ultime raccomandazioni e finalmente il foglio di via.
- Vengono a prenderti vero?- alzo lo sguardo per incontrare gli occhi verdi sorridenti di Luke appena entrato dalla porta, che fa dondolare rumorosamente le chiavi della sua macchina.
- Sì, qualcuno immagino verrà.- osservo il dottor Evans dare a Luke il foglio delle dimissioni mentre lui prende la tracolla del borsone.

Sorrido.

PICCOLO SPAZIO LaNana

Eccoci di nuovo!
Lentamente ma inesorabilmente la nostra storia prende forma con un beh...un grande plot twist! Aspetto vostri commenti e insulti XD
A presto!
LaNana
 

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