La Notte Del Giudizio

di Lady R Of Rage
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Episodio del Mare Orientale ***
Capitolo 2: *** Episodio della Baroque Works ***
Capitolo 3: *** Episodio di Perona e del fu Gecko Moria ***



Capitolo 1
*** Episodio del Mare Orientale ***


La Notte Del Giudizio 
 
Episodio del Mare Orientale

Rating: giallo
POV: Makino
Altri personaggi: Nojiko, Kaya, Koushiro, Dadan la Riccia, Pirati Cuochi 
Pairing: Shanks/Mihawk, Shanks/Makino (accennate)
TW: guerra, sangue, mild gore, child death
Altri avvertimenti: questa fanfiction sostiene la teoria per cui Shanks è cattivo, anche se in maniera diversa 


L’uomo aggrappato alle spalle di Dadan, gli occhi socchiusi in un’espressione che tracima dolore, soffoca nella mano di Makino l’ennesimo urlo. Kaya si ritrae, come se il rumore l’avesse assordata, ma drizza la schiena un attimo dopo e serra gli occhi nello sguardo indagatore che hanno i medici.
-Mettetelo qui.- Si lava in fretta le mani con una lozione disinfettante e tira fuori dalla sacca una sega poco più lunga della sua mano. -Bisogna tenerlo fermo. Ragazze, se non ce la fate…-
-Io rimango. Non ho paura.- Nojiko sistema sulla testa la fascia per capelli. Makino serra le labbra. Ciascuno deve fare la sua parte, l’ha detto lei stessa, e Dadan ha già combattuto tutto il giorno e la notte prima.
-Anch’io,- tossisce fuori. Kaya la guarda di sfuggita, presa com’è a tagliare la stoffa del kimono dell’uomo. Il sangue ha già formato una pozza sul pavimento, e l’altro braccio dell’uomo giace inerte contro la spalla della bandita di montagna.
-Grazie, Dadan,- dice Kaya. -Grazie a tutti voi. Qui ci penso io, voi tornate in ricognizione.-
Dadan si appende al fianco la mazza chiodata. Sorride storta, adesso, con la cicatrice sulla guancia ancora fresca, ma i suoi denti brillano ancora. -Qui sta a te, Makino. Fatti valere.-
Makino tira le labbra in un sorriso e le rivolge un gesto di saluto. Chissà se i suoi compagni si battaglia sanno che nelle loro file milita una bandita di montagna, anche con una taglia così bassa. Ma anche la balia di un Imperatore, molto più affidabile di quello che conosceva lei stessa da vicino. Ha smesso di chiederle delle sue lettere da una settimana, ma ancora vi spera, ancora si aggrappa a quel ricordo che non c’è. Neanche lei, l’unica persona in tutto il Mare Orientale che conosce il tipo di birra preferita di Shanks il Rosso con tanto di gradazione e colore, saprebbe capire perché si è tirato indietro.
-Guardate me, signore,- dice Kaya. -Va tutto bene, possiamo aiutarla. Sa dirmi il suo nome?-
-Koushirou,- mugugna. Le lacrime che stillano dai suoi occhi si confondono col sudore sul viso congestionato. Nojiko lega i capelli corvini dell’uomo in una coda bassa e gli regge la testa per farlo sdraiare. La pelle del volto – la carnagione color sabbia del paese di Wa, e lo stemma sulla sua veste uguale a quello di un samurai da leggenda – luccica di sudore fin quasi ad abbagliare.
-Tagliate, tagliate,- piange Koushirou. -Uno spadaccino non è il suo braccio. Devo combattere ancora. Non ho paura del dolore.-
È molto più magro di Shanks. Makino cerca le venature metalliche dell’Haki mentre serra il laccio emostatico contro la spalla dell’uomo: nessuna, eppure è rimasto. Un Imperatore non dovrebbe avere paura di soffrire, nessuno diventa potente senza il travaglio. Eppure Shanks sorrideva sempre, come se quella parola non sapesse cosa significa.
In fondo era ovvio. Stava fin troppo bene al mondo. C’è voluto il sangue di Koushirou per accorgersene, e le mani insanguinate di Kaya sui malati. O anche solo le lacrime di lei, di Makino, sulla pagina del giornale, sulla foto di Mihawk e della sua dichiarazione di parte.
“Dite al governo che sto arrivando. A Shanks non dite niente, invece: chi rimane a guardare non merita nemmeno più i miei pensieri.”
Koushirou geme, singhiozza contro la mano di Nojiko. -Kuina, Kuina!- Makino scuote la testa: Shanks non sa nemmeno che esista, gente come quella. Che viva sereno sul ponte lucido della sua Red Force, a fermare guerre già finite prima che sconvolgano troppo la bilancia del mondo. Loro quella bilancia dovranno abbatterla, un pezzo alla volta. Poi chissà dove finirà Shanks e chi la pensa come lui.
-Garze,- dice la dottoressa, e incastra in una forcina una ciocca fuggitiva di capelli biondi. Makino fruga nella sacca e tira fuori un involto soffice e bianco.
-Respirate, signore. È finita.-
L’uomo a terra stringe la mano di Nojiko, ma non la guarda. Sorride nel pianto.
-L’ho vista. Kuina, la mia bambina. Era proprio là, di fronte a me.-
-I bambini sono al sicuro,- sussurra Makino. Koushirou sbatte le palpebre, lacrimando. -Kuina, Kuina. Mi dispiace tanto.-
Kaya scuote la testa – l’uomo non deve averla vista, perché non smette di sorridere. Makino prende un panno e gli asciuga lacrime e sudore.

-Il rancio è pronto! Venite qui, che se si fredda diventa uno schifo!-
Patty sbatte il mestolo contro la pentola, Carne distribuisce ciotole e cucchiai di plastica. Il capocuoco Zeff non è ancora uscito dalla sua tenda; nulla di nuovo, e a Makino non dispiace come idea. Dei Pirati Cuochi leggeva sui giornali dei suoi quando era bambina, e meno vede quell’uomo meglio è. E poi, da come Nojiko descrive il suo pupillo Gamba Nera, la mela non cade mai lontano dall’albero.
La parte dei loro nomi dedicata all’arte culinaria, per lo meno, non tradisce. Makino immerge una galletta nella zuppa e la porta alla bocca, masticando. Una miscela poco densa, ma con un sapore di sale che racconta di pace e di casa.
Anche se persino quella parola ha un sapore acido solo a pensarla. Anch’io devo fare la mia parte per la nostra casa, Woop Slap. Non devi preoccuparti per me, avrò con me Dadan e tutta la banda. Solo perché Shanks si è tirato indietro non significa che io debba fare lo stesso, anche se non sono un’imperatrice. Quella sera, nel giornale portato da Nojiko, aveva scoperto che il Governo Mondiale aveva fatto impiccare pubblicamente settanta rivoluzionari.
Uno, settanta, cento, mille – Shanks rimarrebbe a guardare, perché settanta rivoluzionari sono poca cosa quando hai il mondo in mano. Le si è chiuso lo stomaco, ma deve continuare a mangiare: un’assistente infermiera deve avere i sensi vigili, non può permettersi di avere sulle mani sangue amico. Si forza in bocca tre gallette, oltre non si va.
Kaya siede china sulla sua borsa di infermiera, rassettando i sacchetti e i rotoli delle garze. Nojiko si avvicina alle loro spalle, in braccio tre bottiglie di plastica. Accenna un sorriso.
-Prendete. Ci vuole qualcosa di dolce, in giornate come queste.-
Kaya annuisce con un cenno del capo, stringendo la bottiglia come qualcosa di caro.
-Succo di mandarino.- Makino strizza gli occhi. Nojiko si siede, stappando la sua bottiglia, e ne prende un sorso vigoroso. -È la produzione della nostra famiglia.-
-Da dove proviene?- domanda Makino.
-Da un villaggio di nome Cocoyashi,- dice Nojiko, -proprio come me. Coltivavo mandarini prima di venire qui. Adesso il campo lo tengono i miei concittadini, i vecchi e i bambini. Le spremute le fanno loro, io le distribuisco soltanto. Non è molto, ma è quello che posso fare. Non sono un medico come te, Kaya.-
La dottoressa le stringe il polso. -Ciascuno fa quello che può con quello che ha. Avevo tre amichetti, a casa, dei ragazzini di dieci anni e poco più. I conoscenti di un ragazzo che…- Arrossisce, e Makino sospira di velata invidia. Può solo sperare che almeno quel ragazzo non sia compiacente.
-Volevano venire anche loro a combattere, immaginate che carini. Li ho lasciati a proteggere il mio maggiordomo. Era per finta, nessuno disturberebbe mai un villaggio così piccolo. Ma erano così felici che neanche se ne accorgevano. Era quello che potevano fare, e lo facevano volentieri.-
-Come sta il ferito?- domanda Makino. Vuole cambiare argomento, il prima possibile: nulla contro i piccoli amici di Kaya, ma di gente che obbedisce ce n’è già a sufficienza intorno.
-L’ho sedato, sta riposando,- risponde Kaya. -Era un maestro di scherma in un dojo di Shimoshiki. Kuina era sua figlia, l’ha persa quando era bambina.-
Restano in silenzio, scambiandosi sguardi costernati. I bambini erano un’altra cosa che Makino aveva seppellito nel profondo della sua mente, come tutte le cose legate a Shanks e a un futuro con lui. Mai potrebbe immaginare di crescere dei bambini e raccontare loro di avere un padre compiacente.
Dadan se la prese con Garp, quando seppe di Ace e della sua fine. Non potrebbe affrontare un Imperatore, ma sarebbe stato un colpevole più giusto. Beve un sorso svogliato di succo di mandarino, che si appiccica sulla sua bocca fin dentro le crepe. Dolce, denso, dal sapore naturale.
-Avevo un bar, nel mio villaggio natale.- Solo per far conversazione, su qualcosa che non sappia di tradimento. -Quando torneremo a casa potresti vendermene un po’. I clienti vorranno bere qualcosa di diverso dal saké.-
Si passa una mano nei capelli, sotto la bandana a pallini. Nojiko prende un altro sorso. -Sarebbe una bellissima idea. Il nostro villaggio è molto semplice, qualche soldo potrebbe servirci.-
-Cocoyashi, mi dice qualcosa…- sussurra Kaya, la bocca arancione per il succo. -C’entravano degli Uomini Pesce, se posso chiedere?-
Nojiko si stringe nelle spalle e distoglie lo sguardo. Makino intravede la sua fronte, da sotto i ciuffi che scappano dalla fascia per capelli, così aggrottata da deformarle il volto – non abbastanza per nasconderle gli occhi, però, e il bagliore di rabbia che vi brucia dentro.
-È acqua passata. A volte chiamo mia sorella e mi racconta quello che fa: è stata all’Isola degli Uomini Pesce e ha incontrato quello che restava di loro. Ormai il nemico sono solo i Draghi Celesti. Se non fossero esistiti loro, noi non saremmo qui a combattere.-
-È davvero strano,- sospira Kaya. Chiude la sacca da infermiera e la ripone dietro la schiena, sedendovisi contro. Si asciuga la fronte sudata.
-Cos’è strano,- chiede Makino. Ha solo diciannove anni, si trova a pensare. Non ha nemmeno finito di studiare l’arte della medicina, e già il mondo che Shanks tanto ignora la getta nel campo di battaglia. Come barista ha imparato a fasciare e disinfettare, ma quella ragazzina capisce il corpo della gente molto meglio di lei. Deve aver imparato a non stare a guardare molto tempo prima.
-Ci stiamo raccontando dettagli personali e compromettenti, sul campo di battaglia. Non è sbagliato?-
Rimane in silenzio a guardarla, stringendosi nelle spalle. Ci sono segreti ben più promettenti dietro le sue spalle, segreti che non ha problemi a tenere per sé. Quello che conta è che il succo di mandarino sia buono, e che ci sia qualcosa e qualcuno di cui occuparsi anche lontano da casa. Kaya e Nojiko, ma anche Dadan, persino il ferito di quella mattina e i cuochi che a malapena conosce, sono vicini: Shanks sembra abitare in una terra lontana, più alta di Mariejoa e delle nuvole stesse, dove le persone sono così piccole da non vedersi nemmeno.
Chissà a cosa pensa, Shanks, quando combatte. Makino non ha mai avuto interesse per le armi,, è una cosa da Dadan: ma se le capitasse di brandirne una vorrebbe pensare proprio come lei. Ha ucciso il suo primo agente la settimana prima, un disgraziato del CP3 che si era avvicinato troppo alla trincea.
-Pensava di scapparmi, quel sacco di merda, ma da queste parti bisogna essere robusti, non veloci.-
Era una notte di stelle chiara come quella, così piccole da confonderle tra di loro.
-Non avevo mai ammazzato un governativo.- Dadan aveva preso una boccata dalla sigaretta, lo sguardo smarrito verso le stelle. -Ma non hanno nulla di speciale rispetto agli altri. Tutti cani, dal primo all’ultimo. Ma quando li colpisco…-
Sospira, voltandosi. -Mi sembra di vedermi davanti Ace. Piccolo piccolo, come lo ricordavo io. E mi sorride. Come se a far questo gli rendessi la vita migliore dovunque sia finito.-
Makino contrae le labbra. Ha un nodo in gola, la voce si incastra né dentro né fuori. La cosa migliore sarebbe se si dimenticasse che Shanks è mai esistito, continuasse la sua vita in un’altra direzione e lo lasciasse scivolare via. Eppure, allo stesso tempo, non fa che sperare che ci sia un posto per lui nel nuovo mondo che i rivoluzionari costruiranno.
-Makino?- è la voce di Nojiko, che la riporta sulla terra. Il mondo della gente che Shanks non vede finché non va abbastanza rumore.
-Ho pensato a un brindisi. Per un’altra giornata al mondo. E un’associazione in arrivo, chissà.-
Come se fosse già finita: non è un brutto pensiero, per quelle giornate così pesanti. Sicuramente nel nuovo mondo di Dragon c’è spazio per il suo bar, e ancora più spazio all’interno per occuparsene insieme. Sorride alla ragazza più giovane, sistemandosi tra i capelli la bandana a pallini.
-Se finirà questa guerra, Nojiko, dovremmo metterci in affari.-
-Ci sto. Dovremo tutti ricominciare da qualche parte. Sono felice di conoscervi, anche se siamo qui.-
Kaya annuisce soltanto: una mano stretta al bicchiere, l’altra a un ciondolo al suo collo. La lente di un occhialino, di quelli che usano i cecchini. Non sta a lei sapere cosa c’è dietro. Rimarrà nell’ombra assieme a Shanks, mentre l’alba di un nuovo mondo si avvicina.
Le bottiglie battono l’una sull’altra, un rintocco sordo di plastica, e fanno beccheggiare la superficie del succo di mandarino.

A.A.
L'idea di questa storia era di pubblicare un capitolo al giorno nella settimana d'uscita del capitolo 1000 di One Piece.
Tale idea è naufragata come la Merry, perché non ho fatto in tempo a finirli tutti. Almeno il primo voglio pubblicarlo bene. 
Avevo molte altre idee per vari capitoli, incluso uno su Nefertari Vivi, uno sul Dio Enel, uno su Smoker e Tashigi e altri potenziali disertori della Marina, ma alla fine ho limitato il tutto a sette per la ragione di cui sopra, della settimana. Questo è stato uno di quelli che mai avrei tagliato, perché a Makino e alle sue nuove amiche voglio un bene der core ed è uno dei più vicini a come immagino le cose vadano davvero anziché speculazione pura. 
Makino, Nojiko e Kaya sono tra i miei personaggi di sfondo preferiti perché riescono ad essere coraggiose, diversificate e interessanti nonostante il loro spazio limitato sulla scena e la capacità di combattimento vicina allo zero assoluto. Soprattutto il fatto che Kaya abbia deciso di diventare medico, a mio parere, avrà una rilevanza nella battaglia finale e la rivedremo in trincea a curare malati. 
Ho cercato di inserire il più possibile camei senza però esagerare. Zeff e i suoi sottoposti, naturalmente, sono i cuochi dell'armata, e Dadan combatte in prima linea. Koushirou è invece il padre di Kuina, il proprietario del dojo, e col fatto che non voleva una femmina a ereditario mi sta sullescatole, quindi soffre mentre una DONNA lo salva dalla morte combattendo, un'altra DONNA lo cura e altre due DONNE la assistono. 
La teoria su come Shanks sia in realtà una figura negativa e svolgerà il ruolo di antagonista finale è abbastanza diffusa in One Piece, e io non la sostengo del tutto, ma mi piace immaginare Shanks come un neutrale puro. Così neutrale da sfociare nell'indifferenza e nel conservativismo, in una "pace negativa" per citare Martin Luther King Jr. Una condizione in cui si preferisce mantenere un ordine sbagliato piuttosto che affrontare il conflitto necessario per sistemare le cose. Così a Makino cade un mito, e forse qualcosa di più, e Mihawk è così disgustato da una tal condotta da mettere la sua spada a disposizione di una causa buona. Almeno la dolce barista si è procurata delle amiche. 
Ci vediamo la prossima volta. Aggiornerò a cadenza irregolare essendo sotto esame, ma spero che il risultato vi piaccia. 
Lady R 

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Capitolo 2
*** Episodio della Baroque Works ***


Episodio della Baroque Works

Rating: verde
POV: Sir Crocodile
Altri personaggi: Daz Bones, Zala, Marianne, Babe, Drophy, Mikita, Gem, Mr.7, Miss Monday, Miss Father's Day, Mr. 9
Pairing: // 
TW: menzione di guerra, ma praticamente nulla, questa è soft
Altri avvertimenti: i nomi della Baroque Works sono canonici, eccetto i membri minori 

Una bettola nel deserto, abbandonata nel nulla, senza nemmeno un cartello che ne annunci il titolo. Per raggiungerla si cammina sulla sabbia, nessun sentiero né vialetto d’ingresso. Chissà quante volte i disgraziati che si perdono nel deserto l’hanno presa per un miraggio. Il cartello appeso alla finestra, all’interno, recita la parola chiuso.
-Potremmo fermarci per un drink.- La voce di Mr 1. – di Daz Bones, ormai le identità segrete non servono a niente, e un nome e un cognome fanno molta più paura al governo di uno pseudonimo senza sfumature – risuona alle sue spalle con la consueta placidia. -Eravamo disabituati al deserto. Mariejoa non scappa. Ritengo che farebbe bene a entrambi.-
-Si vedrà. Ora apri questa porta prima che Mariejoa scappi per davvero.-
Il braccio muscoloso del suo primo uomo cinge la maniglia e spinge la porta verso l’interno in un sol colpo. Schiocca contro il muro, un chiodo tintinna sul pavimento. La voce di Gem, sì, Gem, i nomi li sa e non può più fingere altrimenti, lo rimprovera da dietro il bancone.
-Il cartello dice che è chiu…-

E si alzano tutti, come un solo uomo. Babe lascia andare lo spazzolone, Zala depone lo straccio accanto alla finestra, Kimberly stringe il pupo al petto mentre si alza in piedi.
Marianne siede alla tela, nell’angolo più lontano dalla porta. Non batte ciglio quando lo vede entrare, Daz Bones che incede a un passo dalla sua spalla. Avvolge i pennelli nella stoffa con la sua consueta flemma e si porta sull’attenti tra Drophy e Zala come se nulla fosse cambiato.
Forse non conta, non per loro.
-Ciao, Zala,- pronuncia. Dovrà chiamarli per nome, ora che non sono più agenti ma nakama. Una parola ancora amara, in una notte così campale. Solamente una minuzia, in un mondo enorme, di cui lui non è che un puntolino invisibile e fugace.
-Mr 0,- dice la barista. Lo guarda negli occhi, sfacciata e impavida, uno sguardo che punge come gli spilloni che sapeva diventare. Veste di bianco, adesso: un top di pelle da cui sporgono le curve dei seni. È come guardarla da dietro un vetro distorto, con colori e forme che non le appartengono per davvero. Ma sono solo i ricordi: basta che dietro quelle vesti ci sia la stessa Zala, e che dietro quella Zala si nasconda la Miss Doublefinger che lo serviva.
Avanza di fianco al bancone e verso il centro della stanza. Marianne si porta di fianco a lei, brandendo i pennelli al petto come due spade da Nitoryu. Drophy trascina Babe al suo fianco tirandolo per la sciarpa; poi Mikita e Gem, Jean e Lina spalla contro spalla, Kimberly e Finkl con il neonato tra le braccia.
Che strano quadretto. Non assomigliano alle rivoluzioni che leggeva nei libri: quelli erano uomini e donne belli, dipinti ad arte per ispirare sentimenti di rivalsa ai poveri popolani che leggevano. È ormai chiaro a chiunque possegga un cervello pensante che le rivolte nei libri sono molto più graziose di quelle nella realtà, e fanno venire voglia di salire sulle barricate e cantare a squarciagola. Ci si rivolta perché si vuole, non perché si deve.                            
Daz Bones si porta di fianco alla sua vecchia compagna: -Bentrovata, Zala.-
-Daz. La prigione non ti ha cambiato.-
In un altro tempo li avrebbe rimproverati per quella chiacchierata, come se lui non esistesse, come se non sapessero di cos’è capace. Come se non fosse il capo – ma lo è, è lui che guardano mentre si porta davanti alla ex Miss Doublefinger e la guarda tendersi sull’attenti. Se fosse infantile come Doflamingo potrebbe divertirsi ad alzare ed abbassare il braccio per vedere se le loro pupille lo seguono.
Zala è la sua preferita, forse persino più di Nico Robin. Non ha la sua bellezza soave, né la sua sottigliezza di assassina: è dura, colpisce alla faccia come una tempesta di sabbia. Sarà da esempio per tutti quando torneranno in azione. E se la seconda in comando della Baroque Works è stata capace di mettere a soqquadro Enies Lobby con la sua sola esistenza, il mondo non sarà troppo per il comandante in capo.
Zala drizza nuovamente la schiena, serrando le mani coperte dai guanti bianchi da motociclista. Sono cosparsi di borchie, dalle nocche al polso.
-Bentornato, Mr.0. Noi siamo pronti. Comandate. Dove andiamo?-
In fondo era già bardata per combattere, e tutti gli altri con lei. Sir Crocodile procede verso il bancone, sedendosi su uno sgabello, e depone il sigaro nel posacenere più vicino.
-A creare uno stato ideale, come abbiamo fatto da sempre. Prima, però, gradirei un whisky ghiacciato: questa temperatura torrida mi intorpidisce.-
Non sono baristi, non più da quando è entrato in quella stanza, ma il drink arriva nel tempo necessario di togliersi il cappotto e darlo ad appendere a Mikita. Non conta neanche il mestiere, in tempo di rivoluzione. Non i soldi, anche se la mazzetta da darle ce l’ha pronta, né il tempo che passa lento e abulico in attesa che qualcuno faccia qualcosa.

Quello che conta è che, qualche ora dopo, Banchi la tartaruga trotta per il deserto illuminato dal tramonto come se il carico doppio che deve portare sulla schiena fosse leggero come una piuma. Il bebè di Kimberly e Finkl si è addormentato nel port-enfant, Lassoo si è acciambellato sopra i piedi del suo padrone, Gem e Lina sbirciano gli schizzi di Marianne da sopra la sua spalla, e Mikita porge a Daz Bones delle barrette di cioccolata. Il suo secondo gliene porge una prima di portare alla bocca la propria: Sir Crocodile fa cenno di no. Si scioglierà, gli macchierà i guanti, e sporcherà i suoi denti di robaccia marrone. Può vedere le foto su tutti i giornali, e la stampa prezzolata del Governo che deride un rivoluzionario sciatto e sgradevole, non degno della loro causa. Hanno tutto il materiale che gli serve per giocare con la sua immagine: dovranno restare a mani vuote, perché quel secondo colpo di stato riesca. La propaganda non è tutto, ma non è neanche niente.
I sottoposti, invece, si divertano pure. Sono pur sempre strumenti
-Abbiamo sentito molto la vostra mancanza,- dice dolcemente Zala. -Ci siamo divertiti, a gestire quel bar, ma mancava qualcosa. Realizzare i propri sogni è più noioso di quanto pensassi.-
-Non ci sono sogni in un mondo come questo.- mugugna Daz Bones.
Zala si stringe nelle spalle. -Allora lo ribalteremo. Ho sviluppato una nuova tecnica, spine che spuntano da altre spine. Vi piacerà.-
È uno splendido crepuscolo del deserto, che incendia la sabbia come oro. Lo spettacolo ideale per un uomo che di sabbia ha il corpo: l’oro scende nelle vene, pulsa nel cuore e scalda la pelle sotto i suoi bei vestiti nuovi. E quella sabbia continuerà a scaldarlo. quando raggiungeranno la Città degli Dei e prosciugherà il sangue di quei cosiddetti dei.
-Mr. 3, nell’equipaggio di Buggy il Pagliaccio?- La risata argentina di Kimberley gli fa prudere le orecchie. -Dimmi di più, Daz.-
Un altro che starà a guardare: meglio, sarebbe più d’intralcio che d’aiuto. Si preoccuperà dei propri interessi, perché non sa che in un mondo come quello bisogna imparare ad adattarsi. Il coccodrillo è per natura un animale sociale, vive in branchi nelle silenziose paludi condividendo il cibo e gli spazi, e nell’ecosistema della giungla ogni animale dipende dall’altro perché ciascuno sopravviva.
Sono i parassiti a non servire a un cazzo.
Sir Crocodile Mariejoa non l’ha mai vista, ma non ci sarà molto da vedere quando ci saranno passati. Utopia, luogo che non esiste: il suo progetto ribelle si chiamava così, e quel nome si adatterebbe alla Città degli Dei come un guanto, se solo ci fosse giustizia.
Se mai c’è stata, neanche quella conta più.


A.A.
Non ho molto da dire sulle avventure di Sir Croc, eccetto che mi immagino esattamente una scena così nel manga.
In verità io non scrivo nulla che non faccia parte della mia visione futura di One Piece, anche se a volte è un po' più crudo. Questo capitolo voleva essere una disamina dei pensieri di un personaggio che non ho mai usato e che non mi sento affatto sicura a utilizzare. 
Credo che Crocodile non si unisca alla causa perché è giusto, ma perché bisogna. In fondo è una parte della vita, e sicuramente farà bene a tutti levare di mezzo i Tenryuubito. Per lui significa tornare a capo della sua Baroque Works e riprendere autorità. E poi amo quella manica di infami, non potevo non dedicare qualcosa a loro. Quello che mi piace di One Piece è il suo parlare anche di gente comune, di piccoli elementi e tasselli che nella loro semplice esistenza compongono il mondo e i suoi rivolgimenti. E anche i piccoli membri della Baroque Works acquisiscono significato. 
I nomi nuovi sono: Kimberly/Miss Monday è ispirato dalla rapper Lil Kim, Finkl/Mr.9 è abbastanza a caso, Jean/Mr.7 è un nome francese a caso (perché ha la parrucca del Re Sole) e Lina/Miss Father's Day deriva da Thumbelina, Pollicina, perché da bambina amavo il cartone di Don Bluth, ove le rane hanno un ruolo principale. 
Sulla prossima storia, che per la cronaca è finita... ho molto più da dire. 
Lady R 

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Capitolo 3
*** Episodio di Perona e del fu Gecko Moria ***


Episodio di Perona e del fu Gecko Moria

Rating: rosso
POV: Perona
Altri personaggi: Gecko Moria
Pairing: // 
TW: gore, crocifissione, sangue, menzione di tortura, menzione di violenza sessuale 
Altri avvertimenti: Perona è sempre Perona, ma... non è esattamente la dolce ragazzina fantasma che abbiamo conosciuto a Thriller Bark. Ha imparato qualcosa.


Non è giusto.
L’ombra del crocifisso, l’ultima che getterà, svetta su lei come una mano pronta a ghermirla. Il sangue gli scorre dalla bocca lungo il viso rovesciato, accanto al naso rotto, l’occhio chiuso da un livido nero e viola e blu o quello aperto, lucido, profondo di dolore e paura; la fronte corrugata e sudata, i capelli sozzi e spettinati, e gocciola lento dalle punte della sua acconciatura, fino alle crepe della terra ancora fumante.
Perona rinfodera il coltellino, carezzando appena l’impugnatura a teschio di coniglio. A Moria piacerebbe di certo, se potesse vederla. Gliela mostrerebbe battendo le mani, sventolandola davanti agli occhi socchiusi di sonno. Ho trovato un’arma graziosa come me, hai visto? L’ho fatta io. Si toglierà i guanti, per mostrargli le cicatrici sulle dita. E poi torneranno a Thriller Bark, nelle loro vecchie stanze. A Gecko Moria piace tanto dormire.
-Moria, signore-
-Mi hai trovato…- Quando Moria respira, il Jolly Roger inciso sul petto a rovescia si colora di un rosso agghiacciante. Non c’entra niente con i suoi colori, con il suo mondo, con quello che fu Thriller Bark. E quando ride, Kishishi-coff-shi, diventa quasi nero, una tinta marcia e sporca. Persino la risata suona spenta, rauca – morente.
-Come si è permesso?- Quelle tre teste inconfondibili la fissano dalla carne del suo capitano come per prenderla in giro. Prega che Teach o chi per lui l’abbia scavato in fretta, quello schifo. La voce di Moria che urla non suona per niente graziosa.
-Il tuo potere…- e nemmeno la sua è graziosa, così rauca e bagnata. -Perché non l’hai usato?-
-Non ce l’ho più. Teach conosce certi trucchi…-
Perona solleva la mano: lei non è mai nemmeno andata a Marineford, ma Dracule Mihawk sapeva raccontare molto con poche parole. L’ex capitano contrae il viso, ansima, si rattrappisce sulla pelle pallida. Il sangue schizza dalle corde che lo legano alla croce.
-E non solo quelli. Ho male, molto male.-
Ansima di nuovo, gonfiando la pancia sotto i pantaloni stracciati. Perona pesta di nuovo per terra.
-No. Non può aver…- le gira la testa. -Non può essersi spinto così in basso.-
-Lui, e anche loro…-
Perona soffoca un urlo nella mano. La violenza di carne, l’ultima delle bassezze: i mali di Marshall D. Teach non conoscono limite. Le lacrime scendono lungo il suo mento e si mischiano alla pozza di sangue. Gecko Moria contorce il volto, come se anche respirare gli causasse un male senza fine.
-È c-così che combattono i pirati, Perona. Portano via tutto, tutto, tutto…-
E lasciano uno scheletro che non basta nemmeno per farci uno zombie. Così il suo capitano è diventato, e non basta la pelle che ha ancora addosso, né il sangue che ancora gli gocciola dalla bocca e dagli altri spazi, a ricordarle che è umano.
-Ma non è giusto!- le si spezza la voce, stridula e bagnata. -Non è giusto! Non posso nemmeno tirarti giù da lì.-
Si sente minuscola, mentre grida, frigna quelle parole. Una ragazzina che vuole fare la dura, con i suoi codini buffi e una mazza chiodata rosa che gocciola sangue di chissà chi. Teach non ha sterminato tutti, in quell’isola sfortunata. Forse sperava che la vista dei sopravvissuti spaventasse i curiosi, svergognando Moria per l’ennesima volta con la tristezza di una tomba solitaria.
E hai fallito: vaffanculo, non ti darò l’ultima parola.
-Comunque non mi va di muovermi,- sussurra Moria. -Ormai non ho più niente da fare. Sei stata molto cara a venire qui per me, dopo tutto questo.-
Perona pesta i piedi nel sangue, schizzandoselo fino alle caviglie.
-Ucciderò Teach, Moria, signore. Lo giuro. Porterò la sua testa…- Tossisce, e si asciuga le lacrime con i guanti di pizzo. -La porterò qui. Vedrai, signore…-
Come se avesse già accettato che Moria non si schioderà da lì, e che il suo sogno regale è scomparso prima ancora di nascere. Gli carezza la guancia, e gli occhi lucidi dell’ex capitano si voltano assieme verso di lei.
-Lascia stare Teach. Kuma. Cerca Kuma.-
Ancora Kuma, sempre tra i piedi quell’orso. Perona deglutisce. -E dove lo trovo?-
-Dove…-
Si irrigidisce di nuovo contro il legno della croce, tossendo e lacrimando. Perona abbraccia forte il vuoto Kumacy. Forse Moria scivolerà via prima che possa fargli vedere che l’ha ritrovato, e che con un paio di cinghie anche uno zombie purificato può rendersi utile. Si è portata da mangiare, dentro lo zainetto che era il suo orsacchiotto, e nonostante non possa dargli il suo adorato caviale, forse un bocconcino di panino potrà recargli conforto nei suoi ultimi momenti.
Quel pensiero la fa tremare.
-Aspetta, no!-
-Dove qualcuno ha bisogno di essere liberato.- La voce dell'uomo crocifisso scorre fuori come un rigagnolo, zoppicante e ineguale. Perona espira, abbracciando lo zainetto Kumacy come una bambina piccola. Moria piange lacrime nuove, muovendo il collo avanti e indietro contro il legno della croce. La collana a forma di pipistrello scivola lungo il suo collo e atterra nel sangue con un rumore viscoso.
-Prendila,- sussurra Moria. -Su.-
Mordendosi le labbra, Perona si china sulla pozza rossa e raccoglie il ciondolo macchiato fino alla catena. Se lo infila attorno alla spalla, come una borsa a tracolla. Non riuscirà mai a portarsi appresso in battaglia un affare grosso quanto lei, ma starà bene sull'albero della sua barchetta. Come un Log Pose da seguire per sempre, in ricordo dell’uomo che l’ha resa lei.
-Moria, signore?-
-Shhh. Sto cercando di dormire…-
Perona mormora un va bene che sicuramente Moria non ha nemmeno sentito. Depone lo zainetto Kumacy contro al legno della croce, la mazza insanguinata lì accanto. I coltelli rimarranno alla cintura, e con essi le pistole. Nessuno verrà a disturbare i suoi ultimi momenti.
-Non dormo bene, così ribaltato. Perché non mi…- ansima, la lingua penzoloni. La morte per asfissia, la crocifissione, l’ultima delle sevizie di Teach, e Perona deve stringere forte i suoi pantaloncini per non urlare. -…non mi racconti cos’hai fatto i-in questi due lunghi anni? Sono… sono davvero curioso.-
Perona mormora un sì nell’orecchio del suo povero capitano, e annuisce anche, come se potesse vederla. Gli carezza i capelli, la mano che sprofonda fino al gomito nelle ciocche rosse e appiccicose. Forse c’è un sorriso, sulla sua bocca zannuta, quando menziona la parola Mihawk – o è un’illusione che si è inventata per stare meglio, perché in fondo è una bambina e le piace che le cose vadano a modo suo. E a Moria, dannazione, vuole bene.
Quando arriva alle Isole Sabaody, sotto un glaciale cielo blu cobalto, si accorge che Moria guarda fisso dinnanzi a sé, e che il suo petto scarnificato non si muove più.

Qui giace Gecko Moria: esala il suo ultimo respiro su un’isola nel mezzo del nulla, straziato nel corpo e nella mente, ad opera di un cane senza onore. Le piaceva leggere gli epitaffi, nel cimitero di Thriller Barks. Le tombe parlavano persino meglio di Kumacy. Racconti di abbandoni, di amanti, di ricordi, di gente straordinaria come il capitano John. Ma nessun signor Moria, neanche lontanamente: nulla più che sottoposti di un uomo più grande, o almeno così sembrava.
-Svegliati…- mormora Perona come una stupida. È tornata a Thriller Barks, per un attimo. Svegliati, Moria, signore, abbiamo tante cose da fare. Ci aspettano tutti i nostri amici, un cimitero tutto per noi. Kumacy ha preparato il tè, nelle tazzine rosa che mi hai regalato tu. Andrò a prendere Cindry e lo berremo insieme, perché tra migliori amiche si fa così. Hogback si arrabbierà, perché lei appartiene a lui, ma a me non frega niente e lo sanno tutti. E Absalom riderà di lui, perché sono scesi allo stesso livello.
Ma a Gecko Moria piace dormire, gli piace da che lo conosce. Forse Marshall D. Teach gli ha fatto un favore, e si roderà nel saperlo. Deve essere così, ma non placa le lacrime sul viso di Perona.
Muore a testa in giù, insepolto, finché di lui non rimarrà che uno scheletro dalle braccia divaricate che non butta ombra.
Svegliati, Moria, signore. Non uno, ma due imperatori di cui vendicarsi. La fortuna non ha incrociato la strada di Gecko Moria, e qualunque possibilità di cambiare la sorte è scivolata via assieme al suo Frutto del Diavolo. Lo chiamavano pigro, eppure non ha mai smesso di lottare, di provare, piegando a piacimento la morte, tessendo le ombre e giocando con i cadaveri senza vergogna.
Ma la morte si è presa l’ultima parola. E forse ride, a guardarla: che urla, strilla, pesta i piedi e piange come se a Kuraigana non fosse ancora andata.
Svegliati, Moria, signore: ti sto infradiciando la faccia, non ti da nemmeno un po’ fastidio?

L’alba le porta un Moria freddo come il mare al contatto della sua mano priva del guanto di pizzo nero. Labbra dischiuse in un’espressione addolorata, volto bianco come la luna, due occhi fissi nel vuoto e ormai opachi. Gli occhi di Perona, invece, bruciano come se il bastardo barbuto le avesse conficcato là dentro un tizzone ardente.
-Svegliati, Moria, signore…- un ultimo tentativo, ormai rauco, che ricade su orecchie più sorde che mai. Qui giace Gecko Moria: due volte capitano, due volte sconfitto, mai dimenticato da chi lo amava davvero. Mihwak rimarrà a Kuraigana e non saprà mai cos’è accaduto, che cos’è diventato il suo vecchio compagno della Flotta dei Sette. Hogback è scomparso, Absalom giace sotto terra da prima che Moria si facesse rivedere. Spazzati via, tutti quanti, come gli zombie quando sorge l’alba. E Perona, che veste carne viva e non pelle riempita d’ombre, rimane sola.
Gecko Moria luccica come la luna al bagliore dell’alba, come uno dei quadri macabri di cui aveva adornato la Thriller Bark. Forse sarebbe fiero di morire con quelle sembianze, una morte gotica in linea con l’estetica che tanto amava. Allunga la mano per chiudergli gli occhi, ma quando ha finito non osa allontanarsi. Moria c’era sempre stato, sempre, e se Teach osasse tornare non basterebbe la sua mazza ad allontanarlo, né i coltelli che Mihawk le ha mostrato come lanciare.
Kuma, trova Kuma. La voce stridula del suo capitano morente risuona nella sua testa, e le lacrime ricominciano a scendere, nere di trucco.
-Sì, va bene.- La mano che giaceva sui suoi occhi scende lungo il volto di Moria, lungo il naso spaccato, la bocca, i menti ripiegati l’uno sull’altro, in un’unica carezza lenta, fredda e infelice.
-Dormi bene, padre. Ricordo che ti piaceva. Addio.-
Il sangue di Moria, una pozza vermiglia e viscida grande abbastanza da potervisi sdraiare, schiocca e gorgoglia contro i suoi anfibi nuovi. La macchia rimarrà per sempre, rossa e densa e viscosa, e in fondo va bene così. Che chiunque la vedrà passare sappia che c’è stato un Gecko Moria. Che la sua ombra, anche rivoltata, anche mutilata, viva con lei in ogni suo passo. Nel rintocco della sua nuova mazza chiodata – rosa, naturalmente, con buona pace di Mihawk e dei pirati che con essa ha ammazzato – e negli occhi vuoti del suo Kumacy, bagnati delle sue lacrime come se anche lui piangesse la fine di colui che un tempo gli diede la vita.
Che Marshall D. Teach la incontri, e scopra che il Cacciatore di Pirati non è il solo ad essersi allenato per due anni sotto Occhi di Falco.
Intanto troverà Kuma, lassù nella Città degli Dei, e rimetterà a posto almeno un errore. Si infila in spalla le cinghie che ha legato alle zampe di Kumacy, raccoglie la mazza, e volta le spalle allo sfacelo del suo capitano. Moria dorme, e non ama essere svegliato. È giunta l’ora di andare.
Uno scarafaggio striscia sulla punta dello stivale e pasticcia la macchia di sangue. Perona solleva il piede e lo schiaccia finché non smette di muoversi.

A.A.:
Di tutti i racconti di La Notte del Giudizio, questo è forse quello a cui sono più affezionata.
Di recente, complice la riscoperta del loro ritorno sulle scene post-Reverie, mi sono molto avvicinata ai villain principali di Thriller Bark. Dico principali perché Hogback mi va bene in piccole dosi (molto lo fanno i suoi tacchi, lo ammetto), mentre Absalom... diciamo che sta bene dove sta, nella tomba e il più lontano possibile da qualunque individuo di sesso femminile del mondo di One Piece. 
Moria ha un po' una tendenza alla sfiga, quindi non è del tutto improbabile che finisca così male. Avevo in futuro intenzione di tornare sul personaggio con una long, incentrata su Perona e sulla sua crescita, quindi non escludete un piccolo lieto fine per il signore di Thriller Bark o presunto tale.
Dal racconto di Moria dovrebbe estrapolarsi che, tra quello che ha passato, figura anche la violenza sessuale: ho mantenuto tutto sul vago, ma spero comunque di non mancare di rispetto alla questione e alle sue vittime. Nella vita reale i pirati tendevano ad avere un codice molto rigido che vietava le violenze sessuali e le puniva con la morte. Questo "errore" storico è quindi un bashing a Teach che alla sua cattiveria. 
Il nucleo della faccenda vorrebbe comunque vertere su Perona, che sarà anche la protagonista della mia long in arrivo. L'interpretazione comune del suo rapporto con Dracule Mihawk tende a vertere in due differenti direzioni: padre/figlia e coppia romantica. Io scelgo il terzo partito: maestro/allieva. Trovo risibile l'idea che dopo due anni con il più grande spadaccino di tutte le terre Perona non si sia mai allenata e non abbia imparato nulla. 
Sono talmente affezionata a questa storia da aver commissionato un disegno a tema: potete trovarlo qui al blog @nicorobean. Ve lo raccomando caldamente, poiché fa un sacco di ottime commissioni. 
Sia l'outfit che le armi di Perona sono ispirate a Pinterest. Non voglio anticipare molto, ma nella long di Perona lei darà un nome a ciascuno dei suoi coltelli.
Vi saluto e vi auguro miglior fortuna di Moria, poverino. 
Lady R

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