I fiori del Male

di ellacowgirl in Madame_Butterfly
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I own you [Farah x Rosalind] ***
Capitolo 2: *** You were my hero [Saul x Andreas] ***
Capitolo 3: *** You should know [Ben x Andreas x Rosalind] ***
Capitolo 4: *** Obedient [Andreas x (Farah/Saul) x Rosalind] ***



Capitolo 1
*** I own you [Farah x Rosalind] ***


Note:
- Tutte le os della raccolta fanno riferimento agli eventi/personaggi della serie tv, o prendono spunto da essa;
What if? [Rosalind, al termine della serie, non uccide/tenta di uccidere Farah, ma la imprigiona] – femslash – angst
-
Storia partecipante alla Challenge "Things you said" indetta da Juriaka sul forum di efp col prompt "Things you said after it was over / Le cose che hai detto dopo che era finita";

- Storia partecipante alla Challenge "Solo i fiori lo sanno" indetta da Pampa313 sul forum di efp col prompt: "Mimosa: femminilità e forza";
 

1. I own you
[Farah x Rosalind]
 
 
Il freddo che giungeva sin lì era torbido, pacato, quasi delicato nel suo modo di raggiungere la pelle e penetrarvi fin quasi alle ossa. Infame pure lui.
Non era sicura di sentire più le braccia da diverse ore – o forse erano giorni? – ma poteva dire con una certa sicurezza di aver perduto la sensibilità alle mani, alla punta delle dita, da quando quei legacci magici le tenevano i polsi sigillati a penzoloni dal soffitto.
O forse era il freddo misto ad una sbiadita stanchezza ad intorpidirla totalmente, vestita con abiti ormai rovinati che non la riparavano di certo dalle temperature sempre più basse che sarebbero sopraggiunte, i capelli solitamente acconciati in maniera rigorosa ed impeccabile parzialmente sciolti sulle spalle dolenti. Alcuni fili grigi s’intersecavano tra quelli castani, eppure nemmeno quegli accenni di rughe sul volto ne sformavano l’eleganza innata, la fierezza che da lei ancora poteva trasparire.
Prigioniera, umiliata, ma non ancora sconfitta.
 
Sentì la porta aprirsi e non ebbe bisogno di prestare particolare attenzione a quei passi scanditi per intuire chi fosse giunto a farle visita: li avrebbe riconosciuti tra mille, suo malgrado, e dopotutto non v’era altro individuo che potesse scendere nei sotterranei di Alfea al di fuori di lei.
L’unico sforzo che si concesse fu di alzare le iridi castane nella direzione in cui presto l’avrebbe vista, quasi ad attenderla al varco.
« Oh suvvia, Farah, non guardarmi in quel modo » la provocò con quel tono autoritario quanto mellifluo, un paradosso che conviveva in lei in misura tale da ingannare i suoi interlocutori. Anche dopo tanti anni.
« Mi hai rinchiusa qua sotto per sedici anni, non credi che sia legittimo che io ti riservi lo stesso trattamento? » Le iridi cerulee volsero uno sguardo all’intera figura debilitata dell’ex allieva, inclinando poi il capo di lato quasi a terminare la sua valutazione. « Beh, più o meno… » ghignò, quasi a fingere di non averle appositamente riservato un trattamento ben peggiore.
La Dowling l’aveva sigillata in una trappola magica, era vero, ma Rosalind si era accuratamente premurata di incatenarla appesa al soffitto imponendole torture fisiche e mentali quotidiane.
« E poi… » S’avvicinò ulteriormente, il volto ad un soffio da quello dell’altra, una mano s’alzò a sfiorarle il volto con il dorso delle dita, per poi passare i polpastrelli sulle sue labbra rovinate. « Sei sempre stata la mia preferita. » Un sorrisetto, l’ennesimo, mentre il volto si avvicinava ancora, si piegava di lato per affondare poi tra i capelli ed il collo di Farah, provocandole un istintivo e sgradevole brivido.
« Hai lo stesso profumo… ma me ne ero accorta anche in quel grazioso boschetto dove ti sei messa a seppellire degli orridi resti di Bruciati. Nobile.  Non potevo aspettarmi nulla di diverso da te, dopotutto » quasi le soffiò all’orecchio, conscia di un potere di cui ancora cercava di disporre su di lei, ben diverso da quello magico.
Ma fu troppo.
« E tu hai ancora una mente malata che dovrebbe essere curata. » Lapidario, quel tono rotto dallo sforzo, la voce leggermente roca, lo sguardo che ora, tuttavia, non aveva il coraggio di voltarsi a lei, così dannatamente ed eccessivamente vicina.
Poté quasi percepirlo, il sorrisetto che si delineò sulle labbra di Rosalind, ancor prima che le si mostrasse nel tornare col volto davanti a lei, dinnanzi al suo.
« Sei diventata più forte di quanto non fossi mai stata, Farah. Ma ricorda… » D’improvviso una presa le strinse il collo con forza, Farah si sentì mancare il fiato e fu costretta a dischiudere le labbra con un gemito – un gemito che aveva ancora, dopo tanti anni, il sapore della paura. « Tu mi appartieni ancora. »

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Capitolo 2
*** You were my hero [Saul x Andreas] ***


Note:
- Tutte le os della raccolta fanno riferimento agli eventi/personaggi della serie tv, o prendono spunto da essa;
What if?
[Dopo gli eventi della serie, Silva è nelle prigioni di Solaria e riceve la visita di Andreas] – angst
Storia partecipante alla Challenge "Things you said" indetta da Juriaka sul forum di efp col prompt "Things you were afraid to say / Le cose che avevi paura di dire";

- Storia partecipante alla Challenge "Solo i fiori lo sanno" indetta da Pampa313 sul forum di efp col prompt: "Aquilegia: amore nascosto";

 
2. You were my hero
[Saul x Andreas] 


 
« Come hai potuto?! » sbraitò alzandosi di scatto dalla panca delle prigioni in cui era stato rinchiuso, il volto stralunato, le mani che afferrarono le sbarre come avesse dovuto realmente aggredire il suo interlocutore.
« Saul, calmati, sono–  »
« Calmarmi?! » lo interruppe bruscamente, il volto che s’arrossava. « Ti ho creduto morto per sedici anni, Andreas! Per sedici anni io ho cresciuto tuo figlio, l’ho guardato in faccia pensando al giorno in cui io ti avevo… » si zittì, le parole gli morirono in bocca e distolse lo sguardo da quello che era stato un amico e compagno per tanto tempo, ma nel quale lui continuava a vedere un fantasma, incredulo.
Dovette fare quella pausa, gli fu necessaria. Inspirò ed espirò profondamente passandosi una mano sul volto e cominciando a camminare nervosamente per la cella, almeno fin quando non tornò a volgersi a lui quasi di scatto. « Ho creduto di averti ucciso. Hai idea di cosa abbia significato per me? Per Sky?! »
« Non mettere Sky in mezzo a questa discussione, tu quel giorno hai deciso di tradirmi e di provare a uccidermi! »
« Stavi seguendo il piano di una folle! »
« Una folle che anche tu hai seguito per tutta la vita, Saul! E che voleva sterminare delle streghe di sangue, non degli innocenti! »
Silva quasi rise, di quelle risate nervose che vorrebbero solo tramutarsi in altre urla, altra disperazione, altra rabbia mai sfogata.
« Mi stai accusando di non aver saputo qualcosa che ci era stata celata? Da lei?! » Non ci vedeva più dalla rabbia, Silva, stentava a riconoscere quello che era stato il suo più caro amico – un amico che anche in quella conversazione non sembrava volerne sapere, di altre ragioni, benché al di là delle sbarre anche il suo animo fosse in tumulto.
« Rosalind ha sempre un piano. Lo ha avuto per me, lo aveva per le streghe di sangue e- »
« E allora perché celarci tutto, eh? E soprattutto, perché tu sei rimasto lontano così tanti anni da tuo figlio?! Hai una vaga idea di cosa abbia dovuto affrontare e di come si sia sentito solo quando io gli ho detto cosa credevo di averti fatto?! »
Il tempo parve fermarsi in quell’esatto attimo. Andreas rimase con le labbra dischiuse tra i baffi, incredulo, e per la prima volta dall’inizio dell’incontro Silva ebbe l’impressione di avere dinnanzi qualcuno con ancora uno straccio di sentimento.
« Glielo hai detto? » domandò Andreas, il tono che cercava di mantenersi composto, ma non vi riusciva che in parte.
« Sì. » ammise a fatica, inspirando profondamente, nell’amara ed effimera speranza che un giorno avrebbe dimenticato quello sguardo, la delusione e lo smarrimento ivi dipinte, di quel ragazzo che considerava un figlio. « Gli ho detto che ti avevo ucciso io. Il tuo migliore amico. Il tuo compagno. Ma sai qual è stata la cosa più dolorosa, Andreas? » Ricercò il suo sguardo celeste e lo trovò. Dopo così tanti anni, dopo essersi sentito sporco e marchiato a vita, in quel momento ebbe la sensazione di potersi liberare di quasi due decenni di dolori agognanti. « Dirgli perché lo avevo fatto. Dirgli, dopo anni in cui gli avevo raccontato delle nobili e coraggiose gesta di un padre glorioso ed amato, che proprio quel padre in realtà si sarebbe macchiato le mani del sangue di innocenti. » Gli tremavano le labbra ma rimase ritto lì, davanti all’altro, al compagno d’armi, come se quelle sbarre non esistessero.
« Quel giorno lui non ha perso solo un padre ed io un amico, ma entrambi abbiamo perduto il nostro eroe. E questo… questo niente potrà cambiarlo. Né la tua improvvisa riapparizione, né una qualsiasi scusa o stramaledetto piano che Rosalind possa avere. »
Gli voltò nel spalle di nuovo, incapace di continuare quella confessione covata per sedici anni.
Le mani sui fianchi, la camminata verso una direzione imprecisata, un muro contro il quale avrebbe volentieri sbattuto la testa pur di dimenticare, e l’assordante silenzio che pareva trafiggerlo come non mai.
« Anche io ho perso qualcuno, quel giorno » parlò infine, Andreas, Re di Eraklyon. « Un figlio, sì, ma anche qualcuno che mi era molto più caro di un amico. Molto più di un fratello. » Non si voltò ancora, Silva, mentre incamerava quelle informazioni come fossero un eco lontano. Sentiva solo rabbia, rabbia ed altra rabbia alimentata da quella dichiarazione di cui sì, forse era sempre stato consapevole, ma che in quel momento non aveva alcun potere.
« Cosa speri di ottenere così, Andreas? » domandò dandogli ancora le spalle, sconfortato come mai s’era sentito, eppure ancora capace di mantenere la propria integrità – un soldato, sì, ma un soldato onesto e giusto. « Cosa ti aspetti che possano cambiare, queste parole, dopo quello che hai – che abbiamo – fatto? » Ora si voltò a cercarlo, a incrociare quello sguardo sotto una luce diversa, pur con i muscoli ancora così tesi ed inabituati a percepire nell’altro una tale serietà – non era mai stato davvero serio, Andreas, nemmeno quando si era sposato e aveva messo su famiglia, quagli anni l’avevano forse davvero cambiato?
« Che torniamo in squadra assieme, Saul, come ai vecchi tempi. Che stiamo dalla stessa parte, che combattiamo insieme, che ci supportiamo, che– »
« Sei forse impazzito? Dopo tutto quello che Rosalind ha fatto e sta facendo? » Quasi scoppiò a ridere di nuovo, le mani sui fianchi e lo sguardo di chi non crede a ciò che sta udendo, il capo scosso con disapprovazione. « Non acconsentirò a questo, Andreas. E sono sicuro che nemmeno Farah lo farà. »
Fu l’altro, ora, a lasciarsi sfuggire una sorta di piccola risata, gli occhi che rotearono verso il soffitto.
« Farah… » sospirò, quasi, in un’amara rassegnazione che aveva il sapore di un passato mai realmente chiuso, che ancora sapeva infastidire ed intromettersi dove non avrebbe voluto. « Farah è morta, Saul. » volutamente brutale, volutamente senza alcun tipo di remora.
Spiazzato. Silva si sentì svuotato in un istante, gli occhi sbarrati, la bocca dischiusa.
« … cosa? » biascicò, ed in quella domanda Andreas avrebbe voluto infierire con cento e più pugnalate, ognuna più dolorosa di quella che l’amico gli aveva inferto sedici anni prima.
« Rosalind l’ha uccisa. Non sarà più un problema, per nessuno di noi. »
Cadde. Le ginocchia cedettero, arrivando al suono con un tonfo sordo, le braccia abbandonate lungo i fianchi.
Lì, inerme come pronto a un’esecuzione capitale, Silva fissò il vuoto dinnanzi a sé ed in quel vuoto annegò anche Andreas.

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Capitolo 3
*** You should know [Ben x Andreas x Rosalind] ***


Note:
- Tutte le os della raccolta fanno riferimento agli eventi/personaggi della serie tv, o prendono spunto da essa;
- What if? [Dopo gli eventi della serie, Ben si ritrova sotto ricatto da Rosalind e Andreas] – angst - sentimentale
- Storia partecipante alla Challenge "Things you said" indetta da Juriaka sul forum di efp col prompt "Things you said too quietly / Le cose che hai detto troppo a bassa voce";
- Storia partecipante alla Challenge "Solo i fiori lo sanno" indetta da Pampa313 sul forum di efp col prompt: "Giglio: purezza, nobiltà d’animo.";


 
3. You should know
[Ben x Andreas x Rosalind] 

 
Non ce la faceva più. Aveva cercato di trattenersi, cercato di razionalizzare quell’assurda situazione nella quale lui sedeva allo stesso tavolo delle due persone che più detestava in tutta la dimensione magica.
Aveva cercato, con tutto se stesso, di trattenere l’impulso di fuggire o andarsene indignato perché sapeva che così facendo non sarebbe stato d’aiuto ai suoi due veri amici, eppure v’erano limiti che anche la razionalità non poteva sopportare, non quando i sentimenti forzavano più d’ogni altra magia.
« E’ questa, la punizione che avete elaborato per me? » domandò d’improvviso così, a metà di un discorso di Rosalind che non aveva minimamente ascoltato, interrompendola senza alzare però il capo glabro. Andreas aggrottò la fronte, cercò nella sua mentore un’espressione quantomeno stizzita, ma vi trovò solo compiacimento – perché sì, era proprio  che lo stava aspettando, anche se lo lasciò continuare. « Farmi sentire quali assurde idee avete per questo posto, che io amo, per un caro amico incarcerato ed un’altra che avete sicuramente rinchiuso per torturare, sapendo che fino al limite avrei resistito per capire come aiutarli? » Ora alzò lo sguardo, ma lo fece verso Andreas, non verso Rosalind – da lei ormai si sarebbe aspettato di tutto, ma da lui… paradossalmente, da lui ancora si aspettava qualcosa di diverso.
Che ingenuo.
« Certo che no, caro. Quella che ti sto dando è una redenzione. Non vogliamo sprecare il tuo talento, dopotutto sei sempre stato anche tu nella mia élite. » Un falso candore, una falsa sincerità che ovviamente Ben era lontano dal credere reale.
« Stronzate » ribatté con una grinta che non sapeva nemmeno di possedere: se c’era una cosa che proprio non poteva sopportare era che lo prendessero per fesso. Non lo era. Non lo sarebbe mai stato ed ora sì, si volse a Rosalind, anche se di lei aveva una fottuta paura – come tutti, probabilmente. « Saul è in carcere solo perché così Andreas non dovrà più trovarselo contro, e probabilmente perdere davanti a tutti, e tu non avresti mai ucciso Farah – non con la possibilità di continuare a farle… Dio solo sa quello che le hai sempre fatto. » Gesticolò con fare inorridito, distogliendo lo sguardo da Rosalind anche solo un istante, quello necessario a non andare oltre con quella questione. Lei, invece, non faceva una piega – anzi, pareva ancora più compiaciuta.
« Io sono qui perché non avete un motivo pubblico per togliermi dai piedi. Ma lo trovereste, so che lo fareste, perché non mi piegherò e- »
« E’ qui che ti sbagli, Ben » lo interruppe lei, ora, i gomiti sulla scrivania, le mani giunte all’altezza del mento che lì andò ad appoggiarsi. « Hai qualcosa che vale molto più dei tuoi principi e di nostalgici revivals. Hai due figli. E non devo ricordarti che quei due figli, ora, sono alla nostra mercé, vero? »
Deglutì. Avrebbe dovuto aspettarselo. Avrebbe dovuto far fuggire Sam e Terra da qualche parte – qualsiasi parte – affinché non fossero lì, costantemente in pericolo, e lui costantemente sotto ricatto.
Al pensiero di perderli gli si gelò il sangue nelle vene e questo lei lo sapeva molto bene.
Abbassò di nuovo il capo, Ben, mentre le mani prendevano a sudargli eccessivamente e dentro di sé piangeva.
Quali erano i limiti dell’amore?
« Bravo. »
Esistevano, dei limiti?
« Tu dovresti saperlo. » biascicò, quasi tra sé e sé, quasi senza un interlocutore.
Poi rialzò lo sguardo e quegli occhi scuri cercarono oltre le lenti degli occhiali quelli celesti di Andreas.
« Dovresti sapere cosa significa non poter proteggere chi ami. » Una pugnalata. Una pugnalata che Ben non era sicuro arrivasse, ma che si sarebbe forse stupito di sapere fosse invece stata immediata.
Lui non aveva resistito a lungo a quelle torture – psicologiche, certo, ma non meno dure di eventuali fisiche – ma Andreas? Che aveva passato sedici anni a combatterle, per quanto avrebbe resistito?
Con quella domanda il Re di Eraklyon vacillò e, incredibilmente, Rosalind con lui.

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Capitolo 4
*** Obedient [Andreas x (Farah/Saul) x Rosalind] ***


Note:
- Tutte le os della raccolta fanno riferimento agli eventi/personaggi della serie tv, o prendono spunto da essa;
- What if? [Prima degli eventi della serie, quando Rosalind era Preside di Alfea e Andreas il suo pupillo.] – angst - sentimentale
- Storia partecipante alla Challenge "Things you said" indetta da Juriaka sul forum di efp col prompt "Things you didn't say at all / Le cose che non hai detto affatto";
- Storia partecipante alla Challenge "Solo i fiori lo sanno" indetta da Pampa313 sul forum di efp col prompt: "Alstroermeria: devozione";


 
4. Obedient
[Andreas x (Saul/Farah) x Rosalind] 
 
Le iridi cerulee scrutavano i giardini circostanti Alfea dalla finestra, le mani tenute saldamente dietro la schiena, la postura ritta, impeccabile, la muscolatura già ben definita sotto la divisa.
Era un perfetto Specialista e soldato, Andreas di Eraklyon, una perfetta macchina da guerra e lei lo sapeva.
Eccome se lo sapeva.
« Non credo tu sia venuto qui per una visita di cortesia, caro. » lo esortò la Preside, intenta a sistemare una serie di trofei e riconoscimenti in una bacheca al fianco della scrivania. Dalla parte opposta di quell’ufficio, il giovane Specialista manteneva il volto serio e la mascella indurita.
« Perché lei? » domandò apparentemente al nulla, apparentemente senza soggetto. Ma sapevano benissimo entrambi a chi si riferisse, Rosalind non tardò a manifestare uno dei suoi sorrisetti tra le rughe.
« Perché mi piace. Non ti basta, come giustificazione? » Sempre ironica, sempre al limite tra l’ambiguità e la concretezza. Criptica, nel suo modo di rispondere e non rispondere al contempo, abile a manipolare il necessario a portare il giovane ad esprimersi con molta più enfasi dell’apparente compostezza – si volse quasi di scatto verso di lei, sebbene così lontani, con l’impeto dell’irrefrenabile istinto.
« E’ compassionevole. E non è agguerrita. Se davvero vorrà allenarci contro i burned ones ci servono dei guerrieri e lei non sarà in grado di- »
« Andreas » lo fermò quasi subito, ed egli ubbidì. Si zittì, per quanta fatica gli costò, ma le prestò attenzione – ora no, non stava scherzando, benché il tono non fosse cambiato. « E’ la sua relazione con il tuo amico a preoccuparti? » Colse nel punto, lo centrò in pieno e poté quasi sentire il dolore da lui patito in quell’esatto attimo.
Li aveva osservati.
Li aveva osservati tutti.
E non le serviva essere una fata della mente per sentire la sua malcelata collera e patetica gelosia.
Sorrise, di nuovo, e come il veleno più letale andò ad avvicinarsi a lui con passo composto e per nulla affrettato.
« Non temere, ho pensato già a tutto io. Avrai il tuo compagno notte e giorno. »
« E lei? »
« Lei sarà impegnata con me, non devi preoccuparti. Ciò che mi aspetto da te, però, è disciplina. Rispetto. Esecuzione degli ordini, a prescindere dalle tue emozioni – sono stata abbastanza chiara? »
« Sì. » asserì lui ancora rabbioso, ritrovandosi tuttavia la punta di una spada sotto il mento, costretto così ad alzare nuovamente le iridi cerulee in quelle della Preside e sua mentore.
« Non ho sentito bene » un ordine, esattamente come tutti gli altri. Un’autorità a cui era impossibile opporsi, avida nell’assoggettare menti non ancora sufficientemente forti, formate, da rifiutarla.
« Sì, Signora » ribadì con maggior sicurezza. Ella sorrise, di nuovo, ma senza abbassare la spada.
« Bravo » melliflua, mentre si allontanava il necessario a dargli le spalle per approcciarsi proprio a quella teca, che andò a scostare con un cenno della mano, rivelando così una serie di scale.
« Ora vieni, è l’ora del tuo allenamento speciale. »
Andreas volse un’ultima volta lo sguardo oltre quella finestra, il necessario ad intravvedere quelle due figure che camminavano affiancate – ancora – e che sorridevano tra loro – ancora.
Poi, infine, lo sguardo duro si spostò a quelle scale e con passo militare le scese: avrebbe avuto Saul, un giorno. E quello stesso giorno Farah sarebbe perita.

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