Cattegaris shots

di Danielle96
(/viewuser.php?uid=1106239)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** What if 166 ***
Capitolo 2: *** E tu? Pensi ancora al ragioniere? ***
Capitolo 3: *** pre 4x95 Attimi ***
Capitolo 4: *** Non è mai troppo tardi! ***
Capitolo 5: *** post 4x150 ***
Capitolo 6: *** San Valentino 1962 ***
Capitolo 7: *** festa del papà 1962 ***



Capitolo 1
*** What if 166 ***


Luciano entra di soppiatto nello spogliatoio, a passi lenti e pesanti. Clelia è lì, di spalle, mentre sistema le ultime cose nel suo armadietto riuscendo a stento a trattenere le lacrime. Lo sente arrivare e per un attimo si volta, per poi rigirarsi facendo finta di niente e ingoiando il suo impulso di esplodere. «Hai bisogno di qualcosa?» dice, mantenendo il dovuto distacco che si richiede in un'interazione tra semplici colleghi. «Che la smetti con questa recita». Clelia stringe i pugni sulla gruccia della divisa, la ficca nell'armadietto con uno scatto energico e chiude l'anta con forza girandosi verso di lui. «Non sto facendo nessuna recita» «sì invece» «smettila» «smettila tu» lei abbassa lo sguardo, risentita. Non per le parole di lui, ma per ciò che gli stava facendo. L: «Guardaci, sembriamo due bambini. Si può sapere che ti sta succedendo?» si avvicina a lei e prova ad accarezzarle la guancia con tutta la tenerezza con cui l'ha sempre rassicurata. Con un fremito lei scuote la testa e si allontana. «Non toccarmi. Non è necessario. Non sta succedendo nulla. Tra quindici giorni parto per Trieste e io e mio figlio potremo finalmente ricominciare una nuova vita. Con mio marito.» "Con mio marito". Queste parole risuonano con la sua voce debole, soffocata, intrisa di tutta la preoccupazione e l'ansia che porta in corpo. «Con tuo marito, certo. Perché è questo quello che vuoi, ricominciare una nuova vita con tuo marito, non è così? Dopo mesi e mesi di fuga in cui tremavi anche solo nel sentirlo nominare tu ora vuoi ricominciare una nuova vita con lui, ma per favore...» «Sì, è così. E allora? Ti sembra così difficile da credere? È pur sempre mio marito» «Clelia, ascoltami...» «No, ascoltami tu. Sei sempre stato il primo a mettere la famiglia prima di tutto. Non lasceresti mai tua moglie e i tuoi figli. Non è così? Be torna da loro. Come hai sempre fatto.» «cosa... cosa stai dicendo? Sai benissimo che non è così sai benissimo che io...» «che tu cosa? Vorresti negarlo, forse? Io e te non stiamo insieme e non lo siamo mai stati. Tu sei sempre stato sposato. Anche quando Oscar ancora non c'era. Soprattutto allora...» «Stai delirando. Sai bene tutto quello che ho fatto per te in questi mesi e quanto questo mi abbia messo in difficoltà con la mia stessa famiglia e sai bene che fino ad un mese fa ero pronto a lasciarli tutti per partire con te.» «Be ma non lo hai fatto. Sei rimasto con loro» «Ma se sei stata tu a dirmi che non dovevo lasciare la mia famiglia, che non era giusto, che dovevo rimanere al loro fianco, che dovevo pensare a Nicoletta, al bambino... tu, sei stata tu a convincermi» «Be e tu ti sei lasciato convincere. Ti sei arreso. Non ti sei arreso quando io dicevo di voler lasciare Milano, subito, prima che Oscar arrivasse dopo la spiata della signora Morin. E non ti sei arreso nemmeno quando ti ho detto che volevo portare Carlo con me in Emilia sin da subito e guarda come sono andate le cose. Ho messo a rischio la vita mia e di mio figlio per te. Adesso basta. Adesso ce ne andiamo per sempre e tu non puoi farci niente. Torna a casa, torna da tua moglie dai tuoi figli e vai a salvare quello che resta del tuo matrimonio, così come io proverò a salvare il mio» Si precipita verso la porta dello spogliatoio per uscire quanto prima possibile da quella conversazione ormai divenuta insostenibile. «No» Luciano si slancia verso la porta bloccandola con la mano. «Fammi uscire» «No» Le voci di entrambi rotte dal pianto e il volto di lei ormai bagnato da quelle lacrime che cercava di trattenere. «Lo sai che non ti lascio. Smettila, ti prego.» La sofferenza dilaga sul volto di entrambi, Clelia stringe gli occhi e si morde le labbra cercando poi di fare un respiro profondo. «È tutto deciso ormai. Lasciami andare» «No, io non ti lascio andare. Lo so benissimo che questa è tutta una recita che lo stai facendo per separarmi da te e per scoraggiarmi ad agire contro Oscar e...» «Non è vero» azzarda lei, tra lacrime di disperazione e sensi di colpa, con la consapevolezza di chi sa di non essere sufficientemente credibile. «Sì che è vero. Lo so, ti conosco. Tu non penseresti mai queste cose» «Sei libero di credere quello che vuoi» «Sono libero di credere a quello che so e io so che ti amo e che ti conosco e so che tu ami me e non mi diresti mai cose del genere. E so che se anche fosse vero tutto quello che stai dicendo, se anche Oscar fosse riuscito davvero a metterti in testa queste idee, io non ti crederei comunque e questi discorsi non riuscirebbero a ferirmi perché lo so, lo so che sarebbe colpa sua e delle sue oppressioni, delle sue minacce, colpa sua se perdi la lucidità e colpa sua sei costretta a dire simili... stupidaggini. È colpa sua. Non tua. Tu non hai nessuna colpa. Quindi smettila. Smettila, perché sai bene che non riuscirei ad odiarti comunque. E sai bene che non mi separerei mai da te. Anche a a costo di fare cose che non avrei mai pensato di poter fare. Anche a costo di fare una follia.»

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** E tu? Pensi ancora al ragioniere? ***


"E tu... pensi ancora al ragioniere?" Un sorriso appena accennato sfiora il volto di Clelia. Per qualche secondo rimane in silenzio, lasciando che l'amica scruti la sua espressione pacata e trattenuta, alla ricerca di quella risposta più che scontata. Ma quella che pareva essere una semplice domanda retorica era, più che altro, un invito a parlare e a esprimere tutto ciò che nei mesi passati non aveva potuto dire a nessuno. E così si decide a rispondere, distogliendo lo sguardo e prendendo il fiato necessario per pronunciare le fatidiche parole. "Certo che ci penso. Ci penso in ogni singolo momento, da quando apro gli occhi la mattina fino a quando li chiudo la sera. E a volte persino mentre dormo..." Fissa un punto imprecisato del tavolino, mentre con le dita percorre il bordo della tazzina per ritirare la mano e chiudersi in braccia conserte. Cerca altre parole, con difficoltà, consapevole del fatto che non ci sia molto da aggiungere e che tutto ciò che vorrebbe dire, in verità, andrebbe preferibilmente taciuto, anche dinanzi ad un'amica fidata. Roberta percepisce il suo disagio e decide di prendere parola per evitare che il silenzio prolungato di impadronisca irrimediabilmente della loro conversazione. Sceglie bene le parole. Non vuole cambiare forzatamente argomento, né metterle ulteriore pressione col discorso intrapreso. Decide di dire ciò che è più evidente, parlando del passato, per evitare di pronunciarsi su un presente che sospetta, ma non conosce. "Voi due... eravate molto legati..." Si interrompe di colpo, senza tuttavia risultare brusca, grazie al suo tono di voce naturalmente lieve. Clelia riprende a guardarla negli occhi, questa volta accennando un sorriso più pronunciato, illuminato dall'equilibrato incoraggiamento della sua interlocutrice. Era giunto il momento di esporsi e di lasciarsi un po' andare. Del resto... se non con lei, con chi? "Lo eravamo! Molto più di quanto immagini. Non mi sono mai sentita così legata -in senso buono- ad una persona come con Luciano. E in qualche modo mi sento ancora legata a lui, dopo tutti questi mesi..." "Be' è normale... un legame così forte non può spezzarsi in così poco tempo." "E invece sì. Si è spezzato. Lo abbiamo spezzato ed è stato necessario. Mi sento ancora legata a Luciano per tutto quello che ho vissuto con lui e per tutto quello che provo, ancora. Ma il nostro legame non ha futuro, non lo ha mai avuto. E spezzarlo, seppur così dolorosamente, è stato tutto ciò che potevo fare. Non potevo permettergli di compromettere ancora così tanto la sua vita per me." "Hai fatto la cosa che ritenevi giusta e sono sicura che anche lui ha capito le tue ragioni... come sono sicura che lui tenga ancora a te". Clelia si blocca. Un tremolio percorre il suo corpo e sente una strana ansia impossessarsi di lei. Guarda l'amica con aria titubante, con tutta l'insicurezza di chi ha paura di cercare risposte ai suoi interrogativi. Esplode: "Ti ha detto qualcosa?... ha fatto qualche riferimento a me oppure lo hai visto..." "No, no, no" si affretta a rispondere Roberta "nulla di tutto ciò. Scusami, non volevo illuderti. È solo che sono convinta che lui ci tenga ancora a te. Come ti ho detto, un legame così forte non può scomparire in pochi mesi, nemmeno se ci si impone con tutte le forze di spezzarlo. Al cuore non si comanda, no?" L'espressione di Clelia di addolcisce, mostrando una punta dell'orgoglio che nuttiva per lei, la sua Roberta. "Infatti... al cuore non si comanda. E mi fa strano sentirlo dire da te... la ragazza più razionale e pragmatica che conosca!" Roberta inizia a ridere teneramente, quasi arrossendo per quello che aveva tutta l'aria di essere un complimento. "Sì è vero, la razionalità è sempre stata una mia virtù ma se c'è una cosa che ho imparato negli ultimi mesi è che l'amore è più forte di tutto e per quanto vogliamo rimanere lucidi e distaccati non possiamo mai riuscirci fino in fondo!" Clelia annuisce, sottoscrivendo con la mente ogni parola ascoltata. "È stato Federico?" Chiede con tono divertito. "È stato lui a farti capire queste cose?" "Sì... a Federico devo molto. È stato grazie a lui che ho capito per la prima volta cosa vuol dire amare qualcuno e quanto l'amore possa essere potente e possa stravolgere le cose così in fretta da non lasciarti neanche il tempo di accorgertene. Succede tutto così velocemente: un attimo prima sai cosa vuoi fare, sei concentrata sui tuoi obiettivi e conosci bene le tue priorità e un attimo dopo sei lì che non capisci più nulla e tutto si stravolge. È strano... ma non avrei mai pensato che potesse esserci qualcosa di così profondamente bello in tutta questa confusione e in queste incertezze a cui porta l'essere innamorati. E in questi mesi in cui è lontano ne ho ancora di più la conferma: un amore non si dissolve per colpa di una semplice distanza. Anzi semmai la distanza può farti capire quanto l' amore sia forte. È facile amare qualcuno che fa parte della nostra vita e che vediamo ogni giorno, ma quando continuiamo ad amare qualcuno di cui non ci sembra neanche di ricordare i lineamenti del volto o il timbro della voce... ecco, quello, credo che quello sia amore vero." Clelia sorride intenerita davanti alla forza vitale con cui Roberta esprime i suoi pensieri. "È vero. Continuare ad amare qualcuno anche quando è lontano ti fa capire ancora di più quanto tu tenga a lui. A volte ti sembra di amare solo un ricordo, ma poi ti rendi conto che, tra tutti i ricordi che hai, quello è il più caro di tutti e ha ancora la capacità di sconvolgerti, come solo l'amore può fare. Peccato che il vero amore, a volte, è destinato a rimanere relegato sul fondo di un cassetto pieno di sogni." "Non dire così... sono sicura che troverai una soluzione. Tu e il ragioniere vi appartenete in qualche modo. È vero, non potete stare insieme perché lui è sposato, ma in qualche modo fate parte l' uno della vita dell'altro e sono sicura che lui ci sarà sempre per te come tu ci sarai per lui e..." Roberta blocca improvvisamente il suo flusso di parole, riprendendo il fiato e trattenendolo per qualche secondo. "Troppo ottimista, vero?" "Un po'!" Conferma clelia sorridendo. "Scusami, volevo solo essere di conforto ma mi sa che ho finito per esagerare e per distorcere le cose" Clelia sorride grata e intenerita per il goffo tentativo dell'amica. "Il fatto è che la situazione è molto più complicata di quanto possa sembrare, come ben sai" "Immagino... Lo incontrerai?" Clelia alza lo sguardo con aria perplessa, schiude le braccia e allontana il corpo dal tavolino, facendo aderire la schiena alla sedia. "Non posso" dice, con una punta di coraggio. "Non posso. Se andassi da lui non riuscire più a tornare indietro, non potrei più separarmene e ricomincerebbe tutto da capo. E non può accadere. E poi se è vero che ha trovato finalmente un po' della tranquillità che merita, non posso permettere che la mia vista lo turbi. Non deve accadere. Non devo cedere, almeno questa volta" "Io credo che sarebbe felice di vederti, di sapere che stai bene. Certo, questo potrebbe complicare le cose, ma forse lo aiuterebbe anche a stare più tranquillo... non deve essere stato facile per lui non avere più tue notizie, dopo la tua partenza" "Non lo è stato neanche per me. In qualche modo mi tranquillizzava sapere che potesse finalmente riprendere in mano la sua vita e tornare a dedicarsi alla sua famiglia, alla sua nipotina... e anche a sua moglie. Ma allo stesso tempo questo pensiero mi stringeva il cuore. Avrei voluto essere con lui in qualasiasi istante. In un altro modo, nel modo giusto. Ma per noi non esiste un modo giusto, non in questa vita". Si incupisce, e torna ad appoggiarsi sul tavolino. "Ti ammiro molto sai? Hai mostrato di avere una grande forza... e non parlo solo della tua vita e di tutto quello che ti è successo, ma anche di adesso. Non è da tutti trovare il coraggio di farsi da parte e mettere da parte i propri sentimenti per non nuocere a chi si ama" "Sì..." sussurra clelia stringendo le labbra. "Questa è la mia unica consolazione. È la cosa giusta, l'unica che io possa fare." "E ce la farai! Come ce l'hai sempre fatta. Ne sono convinta." Clelia accenna un sorriso amaro, cercando di convincersi delle parole dell'amica, che intanto tende le mani verso le sue in segno di conforto. "Vado adesso, devo tornare a lavoro. La signora Molinari non è certo clemente come lo eri tu!" Si alza. "Roberta?" "Sì?..." Clelia cerca le ultime parole da dirle e la guarda negli occhi, quasi aspettando che le venga incontro, parlando al posto suo. "Lo so, tranquilla. Non lo dirò a nessuno. I tuoi segreti sono al sicuro!" E va via, mentre Clelia resta al tavolino, cercando di raccogliere i suoi pensieri.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** pre 4x95 Attimi ***


''Almeno uno di noi due va avanti'' ''Uno di noi due?...'' domanda Clelia, quasi retoricamente. ''...Perchè, tu non ci sei riuscito? Non sei riuscito ad andare avanti... con Silvia?'' Luciano accenna un sorriso nervoso e ribatte con un tono amaro e con lo stesso sguardo incupito di prima . ''Andare avanti? Più che andare avanti ho cercato di tornare indietro, di ricostruire quel qualcosa che credevo ci fosse stato un tempo, ma che probabilmente è stata solo un'illusione. Il nostro matrimonio non ha mai avuto basi solide e ogni tentativo di ricotruirle, anzi... di costruirle, è stato e sarà totalmente vano'' Clelia scuote la testa confusa e quasi incredula. ''Eppure credevo che ci foste riusciti, questa volta. Vi ho osservato, mentre andavate al cinema o quando lei veniva al Paradiso... e quando saliva nel tuo ufficio. Vi ho visti. Ho visto anche mentre la abbracciavi e ti prendevi cura di lei in un momento di sconforto e ho visto lei trovare pace tra le tue braccia. A vedervi sembravate una vera coppia... sembravate davvero felici, questa volta.'' Clelia pronuncia queste parole a fatica, cercando di non crollare al ricordo delle scene viste nelle ultime settiamane. Scene di Luciano a stretto contatto con la moglie, nel tentativo di comportarsi come un un marito premuroso e attento capace di riservarle quelle stesse attenzioni che fino a pochi mesi prima aveva saputo riservare anche a lei, nella loro intimità clandestina, ma che ora sembravano essere quasi del tutto svanite nell'abisso provocato da quel distacco che si era imposto nella speranza di non cedere ai sentimenti che la legavano a lei. Ma quei sentimenti, ora, Clelia non sa nemmeno se lui li prova ancora. ''Felice? Come posso essere felice con una donna che non ha mai fatto altro che mentirmi, che ha costruito un matrimonio, un'intera vita, su menzogne e che non ha smesso un secondo di farmi sentire inferiore, di farmi sentire inadeguato, di farmi pesare tutto ciò che sono e tutto ciò ho provato. Sai quando sono stato felice? Con te sono stato felice. Con te, in quei pochi minuti che riuscivamo a ritagliarci per noi andando a pranzo insieme o condividendo un caffè o anche solo chiacchierando in ufficio, lontano da tutti. Ecco, quando sono stato felice. E Silvia non ha mai perso occasione di farmi pesare tutto ciò. E non importa quanto io abbia cercato di togliermi dalla mente quei momenti, di dimenticare tutto, di pensare a lei, pensando che ne valesse la pena e che lo meritasse. E' inutile, è tutto inutile. E non ha senso... tutto questo non ha senso. '' Luciano scuote la testa e si ammutolisce di colpo dopo aver buttato fuori tutto d'un fiato ciò che aveva tenuto dentro per troppo tempo e che avrebbe voluto dirle prima. Tutte le volte che era stato in procinto di pronunciare queste parole di sfogo si era frenato con sforzi immani, convincendosi che non fosse giusto. Non era giusto gettare su di lei tutto quello che provava, visto che questo non avrebbe potuto cambiare la loro situazione. Non avrebbe potuto liberarlo dalle catene di un matrimonio che si sforzava di portare avanti solo per il bene dei figli ma, soprattutto, non avrebbe mai liberato Clelia, irrimediabilmente vincolata a quell'amore che non avrebbero mai potuto vivere di liberamente. E ogni volta aveva represso quelle parole, soprattutto vedendo che lei, la possibilità di essere felice alla luce del sole, poteva averla davvero questa volta... ma non con lui. Clelia fissa Luciano sbigottita, sconvolta dallo sfogo che aveva appena avuto. Dirompente, potente, inatteso. Poche volte aveva visto Luciano reagire così, perdere il controllo e lasciarsi andare del tutto rinunciando a tenere a bada le sue emozioni, sempre forzatamente soppesate. Per qualche attimo ancora resta col fiato sospeso, cercando di metabolizzare quello che era appena successo, sforzandosi di essere lucida e di fare ordine tra tutte e parole che risuonano nella sua mente per poter rispondere in maniera adeguata. Non sa più cosa cosa pensare, come reagire. Ma una cosa la sa bene: sa bene cosa prova. 'Anche io sono stata felice in quei momenti.' dice con le lacrime agli occhi 'Sono stati la cosa più preziosa che io abbia mai avuto nella mia vita. Quando credevo che tutto fosse finito, che non ci potesse essere più per me la speranza di essere felice e di credere di nuovo in qualcosa... sei arrivato tu. E hai cambiato tutto. E mai, mai avrei pensato di poter provare delle emozioni così forti e di poter essere felice, felice davvero, felice nonostante tutto il dolore che non ho mai smesso di portare dentro, nonostante la paura. La paura di quello che ho vissuto prima e di quello che sarebbe potuto accadere dopo, la paura di perdere te, la paura di averti perso per sempre non una ma più di una volta e la consapevolezza costante di non poterti mai avere, nè dopo averti trovato e nemmeno dopo averti finalmente ritrovato. E nonostante quest'angoscia che mi accompagna perennememente io non ho mai smesso di essere felice pensando a tutto quello che abbiamo vissuto, in quei momenti, e immaginando quello che avremmo potuto vivere in un futuro lontano o in un'altra vita... E non ho mai smesso di provare neanche un attimo quello che ho provato in quei momenti. Nemmeno un attimo' Clelia prende fiato dopo aver pronunciato queste parole, con la stessa necessità con cui Luciano aveva pronunciato le sue ma con tutta la calma che, nonostante tutto, la contraddistingue anche nei momenti più tesi. Sente finalmente di essersi tolta un macigno dal cuore, avendo espresso dinanzi a lui a chiara voce tutte le sue emozioni, mettendo, ancora una volta, tutta la sua vita e suoi sentimenti nelle mani di lui. Luciano guarda Clelia, colpito dalla schiettezza con cui lei si era esposta. Entrambi si erano finalmente liberati del peso di quelle catene emotive in cui si erano intrappolati a vicenda, nel momento in cui avevano smesso di confidarsi liberamente i propri sentimenti iniziando a lasciare tutto sottinteso, a mentire all'altro dopo aver mentito a se stessi, nell'inutile tentativo di domare i propri sentimenti e impedire a questi di prendere di nuovo il sopravvento nelle loro vite rischiando di rompere gli equilibri precari che si ostinavano a convincersi di aver finalmente raggiunto. Entrambi si erano finalmemente messi a nudo, quasi del tutto, per la prima volta dopo tanto tempo. E ora sento le forze della loro razionalità abbandonare lentamente i loro corpi lasciando spazio a quelle emozioni represse da troppo tempo e certe sensazioni libere, quasi leggere, euforiche, che non si concedevano da mesi. Luciano allunga lentamente la mano verso il viso di lei, accarezzandole delicatamente le guance col dorso delle dita per poi sfiorarle le labbra con i polpastrelli. Di nuovo si allontana dalla bocca seguendo con le dita la lunghezza del suo collo e poi con uno slancio avvicina il suo corpo al suo e la stringe a sè, cingendole la vita con l'altro braccio. Appoggia il viso a suo e le accarezza la testa incastrando le dita tra i suoi capelli. Si perdono l'uno tra le braccia dell'altro. E' appena la seconda volta che accade, da quando si sono ritrovati. Eppure questa volta è diverso. Questa volta l'abbraccio è stato preceduto da quelle ondate di parole che l'altra volta non avevano avuto ancora il coraggio di dirsi. Simultaneamente scostano i loro visi per cercarsi a vicenda con gli occhi lucidi, imprimendo nelle loro pupille ogni più piccolo dettaglio dell'altro. Luciano appoggia le labbra sulla fronte di Clelia, per poi premerle con crescente intensità fino ad accennare un bacio. E sempre con le labbra inizia a percorrere delicatamente i lineamenti del viso di lei. Le palpebre socchiuse, gli zigomi, il naso... fino alle labbra. Si ferma, e la guarda negli occhi senza mai scostare il viso dal suo, mantenendo la fronte sulla sua, il naso sul suo e gli occhi persi nei suoi. Clelia sente tutto il calore del suo contatto, il respiro di lui quasi perfettamente sintonizzato col suo. Appoggia le mani sul collo di lui, accarezzandogli con i polpastrelli le gote e poi le labbra, come aveva fatto lui poco prima. Sono lì, finalmente, uno tra le braccia dell'altra, in un contatto così stretto come non lo avevano da tempo. Sono lì, ci sono quasi. Manca l'ultimo passo, l'ultimo gesto per potersi abbandonare finalmente e completamente l'uno all'altro. Socchiudono ancora una volta gli occhi e si cercano le labbra a vicenda. Le trovano. E con esse ritrovano quel brivido che pensavano di non provare mai più ma che non avevano smesso un attimo di bramare e ricordare. E in quel momento, con quel contatto, sembrava che non fosse passato neanche un minuto dall'ultima volta. In quel momento, con quel contatto, si erano finalmente, definitivamente, ritrovati del tutto.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Non è mai troppo tardi! ***


Luciano entra in cucina, mezzo addormentato e con i capelli arruffati. Guarda l'orologio. È ancora sufficientemente presto per poter fare colazione a casa, anche se è troppo pigro per prepararla. Versa un po' di caffè freddo nella tazzina e cerca degli avanzi di crostata dalla sera prima, poi si siede e prende in mano il giornale, anche quello risalente al giorno prima. Cerca una posizione comoda, da poltrona, non una di quelle posizioni imposte dal galateo... o da Silvia. Da ragazzo, suo padre lo ha sempre ammonito sulle maniere da avere a tavola, senza mai tollerare un momento di rilassatezza, considerato maleducato. E dopo il matrimonio ci aveva pensato Silvia a fare le veci del padre. Una buona famiglia si vede da come sta a tavola, anche quando non ci sono ospiti. Tutta questione di buone abitudini. Non aveva mai tollerato nemmeno quando Federico e Nicoletta, da piccoli, facevano a gara a chi riuscisse a salire per primo in braccio al padre per fare colazione sulle sue gambe. Era bello essere seduti a capo tavola, tra le braccia del papà. E a Luciano piaceva molto. Ma a Silvia non è mai andato a genio, come non le andava a genio che a colazione si stesse ancora in pigiama. 'Di certo con gilet, cravatta e pantaloni non si stava così comodi', pensa Luciano mentre sbottona il colletto del suo pigiama blu. Interrompendo con un sorriso di soddisfazione i suoi pensieri su quell'ulteriore piccola libertà conquistata riprende a sorseggiare il suo caffè e a sfogliare il giornale. Non ci vede bene senza occhiali, quindi legge solo i titoli, quelli belli grandi. Ma meglio non sforzare la vista. Posa il giornale per cercare gli occhiali, rassegnandosi all'idea di dover alzarsi e abbandonare la sua posizione comoda. Ma non c'è bisogno: gli occhiali sono lì, in fondo alla tavola... poggiati su un quaderno. Il quaderno di Carlo. Lo ha dimenticato ieri sera. Erano tutti così stanchi che non ci hanno fatto nemmeno caso. Luciano allunga il braccio per prendere il quaderno e gli occhiali e una volta inforcati inizia a sfogliare quelle pagine piene di lettere sbavate e disegni imprecisi. Sorride con tenerezza, finché giunge alla pagina con gli esercizi del giorno prima. Aveva aiutato Carlo a svolgerli, ma non li aveva corretti del tutto. Inizia a leggere con maggiore attenzione, stando attento a non sporcare il quaderno con le sue dita unte di marmellata. Il tempo di arrivare al secondo capoverso e la sua lettura è interrotta dal campanello. Posa il quaderno e toglie gli occhiali, poggiandoli accanto al piatto, poi sistema il colletto del pigiama e va aprire. Probabilmente sarà Armando, per chiedergli di andare al Paradiso insieme. Apre la porta e... "Sorpresa!" urla una voce corale, pronta subito a scindersi in due: "Luciano ma sei ancora così? È tardi" "lucinaone mi dai il mio quaderno l'ho dimenticato ieri". Luciano rimane immobile qualche secondo sorridendo, quasi stordito per la sorpresa, poi cerca di riprendersi. "Entrate, entrate, il quaderno è sul tavolo lo stavo sfogliando e... e poi non è tardi c'è ancora tempo, sono appena..." Guarda l'orologio cercando una conferma per le sue parole ma rimane sbigottito nel constatare che è molto più tardi di quanto avesse potuto immaginare. Probabilmente era stato troppo tempo a perdersi tra i suoi pensieri gloriosi e gli esercizi di Carlo. Era tardi. Aveva ragione Clelia. Come sempre! Si volta verso di lei e il suo sguardo divertito, ma rinuncia a qualsiasi ironica giustificazione per contemplare il suo sorriso compiaciuto. "E va bene avevi ragione tu... come sempre. Finisco il caffè e vado a vest..." "No, niente caffè! Il tempo della colazione è finito ragioniere, vada a prepararsi!" dice Clelia dirigendosi verso la tavola per sparecchiare e portargli via ogni tentazione, anche se ormai ci aveva pensato Carlo a spazzolare via tutte le briciole. "Carlo non toccare il caffè, e posa gli occhiali che servono a Luciano" "Ma non posso tenerli per andare a scuola? Solo per oggi, ti prego" "carlo non insistere!" Intanto Luciano torna in cucina, vestitosi quanto più in fretta possibile, con la cravatta non ancora annodata. Sorride nel vedere quella scena: Clelia e Carlo che si muovono per la sua cucina, come se fosse casa loro. In fondo un po' era anche casa loro, ormai! "Magari qualche volta ti porto i miei vecchi occhiali" "quelli che stanno dentro al cassetto magico?" "Esattamente, quelli. Ci togliamo le lenti così poi non ti fanno male gli occhi e puoi giocarci tutte le volte che vuoi!" "Ma senza le lenti poi non sono un vero ragioniere" protesta Carlo dubbioso. "Sono sicura di sì invece" afferma Clelia inserendosi nella conversazione, mentre aiuta Luciano ad annodare la cravatta "sarai un perfetto ragioniere anche senza lenti! Ora sbrigati che dobbiamo accompagnarti a scuola e poi correre al Paradiso e non possiamo fare tardi!" Carlo posa il quaderno nella cartella e restituisce gli occhiali a Luciano, che lo prende per mano e si dirige con lui verso la porta. "Ma quindi oggi andiamo a scuola con la milleccento?" "Con la milleccento cento all'ora, così riusciamo ad arrivare in tempo anche se 'è tardi' " dice Luciano guardando Clelia con sguardo velatamente ammiccante". "Si sta prendendo gioco di me, Ragioniere?" "Non sia mai!" Sorridono entrambi, mentre carlo ride divertito e tira Luciano, impaziente di correre verso l'auto. "Luciano le chiavi!" ammonisce Clelia, sventolandole. "Ah giusto, dammi solo queste, tienile tu quelle di casa. Tu chiudi la porta e noi iniziamo a prendere la macchina, così facciamo prima". Fa appena un passo, poi si ferma, trattenendo anche Carlo. Guarda Clelia, intenta a chiudere la porta della sua nuova casa. Di casa loro.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** post 4x150 ***


Luciano resta immobile, paralizzato dalle parole di Federico, da quanto è appena successo. Un nodo alla gola gli impedisce quasi di respirare. Cerca di calmarsi, di riacquisire un briciolo di lucidità per poter affrontare la situazione. Federico sa. Sa di lui e Clelia. Ma non sa di Umberto e questo è già tanto. Non tutto è perduto. ''Non tutto'', si ripete nel tentativo di convincersi. Eppure le parole di Federico continuano a risuonare nella sua mente, martellando prepotentemente contro ogni suo pensiero. ''Che schifo, che delusione che sei papà'' E' troppo. Fa male. Ha sempre fatto di tutto per essere un buon padre, per essere al suo fianco, per supportarlo. Tutti i suoi sforzi, tutti i suoi ricordi iniziano a riaffiorare delicatamente, imbalsamando la sua ferita, eppure pungendola ancora di più. Un po' come quando aveva scoperto che Federico non era suo figlio. Ogni istante di una vita insieme gli si era ripresentato in una rapida sequenza: la gioia che aveva provato alla sua nascita, le promesse che si era fatto prendendolo in braccio la prima volta, le ninna nanne e le ore passate a giocare con i trenini. E poi tutte le volte che si era liberato prima dal lavoro, scappando dall'ufficio del Commendatore, per arrivare in tempo davanti al portone di scuola e fare una sorpresa a quel bimbo dagli occhi luminosi. E le letterine per la festa del papà, i libri su cui gli aveva insegnato a leggere, tutta la sua vita spesa tra pagine e manoscritti, fino alle bozze del suo romanzo nascoste tra i libri dell'università che fingeva di studiare. L'università, quella forse era stata l'unica grande delusione. Tutte quelle menzogne, quegli inganni. Si era sentito tradito. Odiava le bugie, eppure si era trovato a sua volta irretito in una vita di menzogne e di inganni. E adesso tutto questo si è appena rovesciato su suo figlio, sulla persona che più al mondo aveva voluto proteggere. Forse avrebbe dovuto essere più prudente, non avrebbe dovuto chiedere a Clelia di restare con lui dopo il lavoro, avrebbe dovuto fare ritorno a casa subito e stare con Federico. Con Silvia, per quanto fosse difficile. Del resto era appena tornato da un viaggio. Ma non avrebbe avuto senso, non più. Ormai aveva deciro di andare via da quella casa, di liberarsi una volta per tutte da quelle ipocrisie. Avrebbe solo dovuto parlarne con Federico. Avrebbe solo dovuto trovare il coraggio di fare questo passo, di non rimandare più. Ormai Federico stava bene, era tornato in forze, si era persino riappacificato con Roberta. Avrebbe potuto dirgli tutto. Ma perché non lo aveva fatto? Probabilmente gli era davvero mancato il coraggio. Dannazione. O forse perché era mancato il tempo materiale. Sì, forse era questo il motivo.Da quando Federico era tornato dalla Svizzera e lui aveva scoperto tutto dei soldi non c'era stato il tempo di organizzarsi. C'è stata subito la partenza per Bari. Forse avrebbe dovuto parlargli la sera stessa del ritorno, certo, però quella sera aveva già dovuto portare notizie di un certo peso, non sarebbe stato il caso di rincarare la dose con le sue scelte e i suoi problemi, non ora che bisognava restare uniti per prepararsi ad un eventuale ritorno di Nicoletta. Nicoletta... Nicoletta potrebbe tornare in qualsiasi momento. Quindi in fondo aveva fatto bene a rimandare. Meglio rimandare ogni decisione, meglio rimanere. O forse no. Del resto se da un lato Federico era riuscito indenne da quel periodo così delicato, Nicoletta dal canto suo aveva trovato il coraggio di lasciare il marito, o quasi. Aveva trovato il coraggio di prendere in mano la sua vita. E' una donna, ormai, una donna forte. Ha capito prima di lui che non si può vivere nell'ipocrisia. Ha trovato il coraggio prima di lui. Ed lui è così orgoglioso di lei. Forse rimanere in casa, fingere di tenere in piedi il matrimonio con Silvia con tutti i disagi sempre più evidenti che ciò comporta non serve, non basta a proteggere i figli, non ora che entrambi hanno bisogno più che mai di sincerità e di fidarsi della propria famiglia. Sono adulti ormai, meritano di sapere, di essere trattati come tali. Le parole di Federico continuano a risuonare nella sua mente. Aveva ragione. Ormai non c'era più ragione di rimandare. Altre bugie ferirebbero ancora di più i figli. Non li proteggerebbero affatto. Quindi forse questo suo tentativo di rimandare era stato solo più nocivo. Ma ormai è inutile rimuginare. Ormai è tardi. Ormai sa tutto e lo ha scoperto nel peggiore dei modi. E non serve nemmeno giustificarsi, provare a fargli capire le sue ragioni. Federico non vuole sentire ragioni. Che poi... perchè giustificarsi? Perchè giustificarsi per aver deciso, per una volta, di pensare un po' a sè, a ciò che gli faceva bene? Dopo tutte le umiliazioni che aveva subito, dopo tutti i tradimenti... Ma Federico non sa dei tradimenti. Federico non sa tutto. Federico ha visto solo la sua parte di colpe. Se solo sapesse, probabilmente, sarebbe meno duro con lui, capirebbe le sue ragioni. Ma non deve saperlo. Non vuole essere lui il primo a parlare dei tradimenti di Silvia, non vuole essere lui a distruggere la sua immagine e oltretutto sarebbe rischioso parlarne perchè porterebbe a galla la verità che più teme. Non deve accadere. Non è pronto. Forse è vero, forse Federico merita davvero di sapere ogni cosa, forse è davvero arrivato il momento di liberarsi da ogni inganno e ricominciare. Eppure, questa verità distruggerebbe suo figlio ancora di più. Era già stato deluso dal padre, non può essere deluso anche da sua madre. E poi non si tratterebbe di un semplice delusione. Questa questione metterebbe in discussione tutto, la sua identità, la sua vita, forse persino i suoi affetti. Che accadrebbe se Federico si avvicinasse ad Umberto? No, questo non deve accadere, non lo sopporterebbe. Eppure non deve domandarsi cosa vorrebbe lui, ma cosa sarebbe meglio per Federico. Ma cosa sarebbe meglio per Federico? Una dolorosa verità o un'ennesima, forse meno aspra, bugia? ''Con me hai chiuso papà, per sempre''. Questa parole bruciano nel petto di Luciano. Se Federico era riuscito a dire ciò dopo lo scoperta della sua relazione con Clelia cosa potrebbe dire una volta scoperto che lui non è il suo vero padre? Sarebbe ancora più duro. Umberto Guarnieri. Umberto è il suo vero padre. Un uomo che non aveva mai avuto cura di nessuno al di fuori di sè stesso e che non saprebbe dare a Federico neanche un briciolo dell'amore che prova lui. Eppure Federico Umberto lo stima. Per qualche oscura ragione è attratto da lui, dai suoi modi di fare, dal suo stile di vita. Esattamente come sua madre. Magari sarebbe anche contento di scoprirsi figlio di quell'uomo. O magari resterebbe anche deluso, nel constatare che Umberto Guarnieri non vorrebbe avere a che fare con lui, che per lui Federico è solo il nome di un ricatto che aveva dovuto mettere a tacere pagando fior di quattrini. Quei quattrini che gli hanno salvato la vita. D'un tratto pensa di nuovo ai soldi, all'operazione, a ciò che sarebbe stato disposto a fare e a ciò che invece è stato fatto. Pensa a Umberto, a Silvia, a Clelia. Clelia. ''Quella donna''. Fino a poche settimane fa Federico le era così devoto, le aveva perfino chiesto scusa per tutte le ingiustizie che aveva subito nei mesi passati. E ora invece sembra aver dimenticato tutto, ora Clelia è semplicemente ''quella donna, l'amante di suo padre''. Figuriamoci cosa penserebbe se sapesse che, alla fine, non era stata neanche lei la reale benefattrice. Si rimangerebbe ogni parola, ogni sguardo di gratitudine. Non può sopportare che anche Clelia sia travolta da quell'ondata di odio e di disprezzo. Luciano continua a vagare per la galleria, a passi lenti e pensanti, appoggiandosi ora sulla ringhiera, ora contro un muro, ora su un bancone. Una turbinio di pensieri lo tormenta e tutte le possibili soluzioni si affacciano alla sua mente. Crollano le certezze, le decisioni, aumentano i dubbi. Non sa che fare. Non sa che dire, a Federico. Forse non tutto è perduto e la sua durezza era dovuta solo alla delusione. Ma quella delusione potrebbe passare, se venisse a sapere come stavano le cose. Un po' come quando la delusione per le sue bugie circa l'università erano state messe in secondo piano dall'orgoglio di vederlo realizzare il suo primo romanzo. ''Semmai dovessi riscrivere romanzo ne terrò conto'' Ancora, riaffiorano le sue parole di poco prima, e spengono quel sorriso di orgoglio che per un attimo lo aveva illuminato. Eppure quell'orgoglio non deve sparire, è orgoglioso di suo figlio. E forse, sicuramente, suo figlio aveva ragione. Era già un uomo migliore di lui. Nonostante tutti i suoi sforzi, tutto il suo amore, non è riuscito ad essere per il figlio il papà che meritava. Quella ferita resterà indelebile nel cuore di Federico, a prescindere da qualsiasi cosa possa fare. Ormai è tardi. Lo ha ferito, lo ha deluso, ha sbagliato con lui. E qualsiasi altra verità, qualsiasi giustificazione non basterà ad attenuare le sue colpe. Il danno, ormai, è stato irrimediabilmente fatto. Ormai, in fondo, non ha più nulla da perdere. A questo punto sarebbe meglio mettere tutte le carte in tavola e liberarsi, una volta per tutte, di ogni bugia, magari continuando a sperare che questo suo tentativo possa permettere a Federico di riacquistare un briciolo di fiducia nei suoi confronti. Mai dire mai. Non tutto è perduto e più nulla da perdere, due piatti della stessa bilancia. L'unica cosa che conta, a questo punto, è la verità. Se Federico la scopre da solo, ancora, è peggio e lì davvero rischerebbe di perderlo per sempre. Tocca a lui dirgli tutto. Ha già perso l'occasione di parlargli di Clelia, non può rischiare di perdere anche questa. Luciano tira un sospiro, avvertendo un'insana leggerezza. O forse, più leggerezza, una rassegnazione. La leggerezza non fa sentire pugni nello stomaco. Per la prima volta, questa sera, gli sembra di aver finalmente preso una decisione e di essere pronto ad affrontarne tutte le conseguenze. Questa volta deve farlo, una volta per tutte, senza rimuginare, senza rimandare. Si avvia in fretta verso la porta, dimenticando le chiavi, la giacca, le luci, tutto. Torna indietro, cerca ancora una volta di calmarsi e di affrontare tutto con lucidità. Come prima cosa deve andare in ufficio, recuperare le sue cose poi scendere chiudere il paradiso e correre a casa. Casa. A casa c'era Silvia. Dovrebbe parlarne con Silvia. Nonostante tutto, prima di ogni cosa deve parlare con lei. Non per chiederle consiglio, ma per metterla al corrente della sua decisione. Non vuole agire alle sue spalle, come ha sempre fatto lei. ''In questo non sei poi così diverso da mamma''. Un colpo al cuore. Forse è vero, in questo caso non è stato così diverso da Silvia, ha tentato fino in fondo di negare l'evidenza. Ma per il resto no, non è come Silvia. Non vuole esserlo. Ed è pronto a dimostrarlo a sè stesso e a Federico, e forse a Silvia perfino. Ma non al di là di ogni banale dimostrazione non bisogna perdere di vista l'obiettivo principale. Dire la verità, a tutti, una volta per tutte. Vorrebbe parlarne anche con Clelia, vorrebbe condividere con lei tutto quello che gli sta accadendo. Ma Clelia ormai è già a casa, con Carlo, felice del loro ricongiungimento e beatamente ignara di tutto. Clelia è l'unica capace di rassicurarlo, di dargli consigli. Per un attimo pensa di chiamarla, di metterla al corrente di tutto e della sua decisione. Un incoraggiamento in più gli farebbe bene. Ma queste non sono questioni di cui si può parlare a telefono e probabilmente avrà già messo Carlo a letto e non è il caso di svegliarlo e poi così avrebbe perderebbe solo tempo e di tempo non deve perderne più. Deve tornare a casa e parlare con Silvia e poi con Federico. Ma forse Federico a casa non ci è nemmeno tornato, dio solo sa cosa potrebbe fare quella sera. Il senso di ansia benefica e di presunta leggerezza dovuta alla decisione presa fanno spazio ad una nuova angoscia e preoccupazione per il figlio. Torna di nuovo in ufficio, posa la valigia sulla scrivania e afferra la cornetta. ''Silvia, sono io. Federico è in casa?'' ''No, è uscito più di un'ora fa è andato a cena con Paolo''. Luciano stringe i pugni, in fondo per nulla sopreso. Scuote la testa e riprende la valigia muovendosi in fretta ''Sto arrivando. Dobbiamo parlare''.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** San Valentino 1962 ***


Le prime luci del mattino illuminano il salone semideserto e accarezzano timidamente l’ingresso della cucina, disegnando sul pavimento un percorso preciso. Clelia arriva a passi lenti e silenziosi dal fondo del corridoio, rimanendo affascinata da quel gioco di luci e ombre che dipingono la sua nuova casa. Ancora non si è abituata a quell’ambiente nuovo, né tanto meno all’idea di avere una casa nuova, in cui abitare con la sua famiglia. Persino la parola “famiglia” le fa uno strano effetto. Non le sembra vero di poter vivere con Carlo, Luciano e la bambina in arrivo come una famiglia vera e propria. Un sogno. Un sogno talmente grande che fino a poche settimane prima non avrebbe avuto neanche il coraggio di immaginare. Entra in cucina stiracchiandosi e sistemando la sua vestaglia color pesca, stringendo appena appena la cinta in vita per poi accarezzare delicatamente il ventre nella speranza, ancora vana, di sentire qualche movimento dentro di sé. Sorride pensando a quando finalmente la meravigliosa creatura che cresce dentro di lei sarà grande a sufficienza da farle sentire fisicamente la sua presenza. Prende un pentolino per scaldare un po’ di latte e cerca il pane avanzato dalla sera prima per tostarlo. Si muove silenziosamente tra i mobili della cucina, facendo attenzione a non fare rumore e a non urtare accidentalmente a causa del buio che ancora investe parte della stanza. Non le va di accendere la luce, ha ancora gli occhi assonnati e vuole godersi l’avanzare di quei raggi di sole nella penombra, in attesa che arrivino ad illuminare tutto l’ambiente. Si siede accanto al tavolo aspettando che il pane sia pronto ed inizia a sorseggiare il latte dalla sua tazza nuova, guardandosi intorno e contemplando gli spazi di quella cucina ancora spoglia, bisognosa di essere arredata. L’intera casa è ancora abbastanza vuota. Ci sono solo pochi mobili vecchi, qualche utensile in cucina, un divano dalla fodera sdrucita e un letto non proprio comodo che le impedirebbe di riposare bene se non fosse per Luciano che, ogni sera, l’accoglie fra le sue braccia lasciando che trovi una posizione comoda e che si addormenti con la testa sul suo petto. E poi c’è un lettino più piccolo dove hanno momentaneamente sistemato la coperta preferita di Carlo, avvicinando una sedia alla testiera per utilizzarla a mo’ di comodino e poggiarci sopra il suo carillon. L’arredamento è ancora tutto da rifare ma per ora quel poco che c’è, lasciato dagli inquilini precedenti, è più che sufficiente. Del resto, è stato già un colpo di fortuna enorme essere riusciti a trovare un appartamento in così poco tempo. Poco più di una settimana prima erano ancora a Milano, nella casa nuova di Luciano per la quale Clelia aveva ancora tante idee, a partire dalle tende in soggiorno fino alle decorazioni floreali che le sarebbe piaciuto mettere sui davanzali delle finestre, per dare un tocco femminile alla casa e impedire che i proprietari scoprissero che lui abitava lì da solo, a differenza di quanto avevano fatto credere per ottenere l’appartamento. Ed ora eccoli qui, in una casa in cui non devono più fingere, da cui lei e Carlo non devono più sgattaiolare ogni sera perché non possono fermarsi a dormire. Questa casa è tutta loro e nessuno può ostacolarli. Clelia si alza di scatto per prendere il pane, che rischiava di bruciarsi mentre era assorta nei suoi pensieri. Se Luciano l’avesse vista non avrebbe esitato a fare una delle sue battutine, rivendicando il primato di solo e unico boicottatore di cene e colazioni, nemico giurato di forni e tostapane! Adagia le fette in un piattino e prende il barattolo con la confettura e un cucchiaino per poi trasferirsi in salone a fare colazione. Ormai è sveglia del tutto e vuole godersi interamente la luce che invade la casa. Arriva nei pressi del divano e, mentre sta per sedersi a fare colazione, nota qualcosa sul mobiletto accanto alla porta d’ingresso, qualcosa che fino a ieri non c’era e che non poteva di certo passare inosservato in mancanza di soprammobili. Si precipita incuriosita verso il mobiletto per capire di cosa si tratta e rimane molto colpita nel vedere cosa c’è: una scatola di cioccolatini ed una rosa, il più romantico degli abbinamenti. Le sue labbra disegnano d’un tratto un sorriso gioia su quel volto incredulo, cancellando la curiosità per lasciare spazio ad una spropositata euforia. Accarezza delicatamente il fiore con le punte delle dita, partendo dai petali per poi sfiorare lo stelo, stando attenta a non pungersi con le protuberanze lasciate dalle spine accuratamente recise. Per un attimo prende in mano la rosa, intenzionata a inebriarsi del suo profumo, così delicato da essere però sopraffatto da quello più intenso emanato dai cioccolatini. Erano giorni che aveva una voglia matta di cioccolato ma tutte le volte che lei o Luciano ne avevano comprato un po’ avevano dovuto subito fare i conti con la golosità di Carlo, sempre pronto a reclamare la sua porzione, impedendole di conseguenza di appagare del tutto il suo desiderio. Libera velocemente la scatola dall’involucro esterno e lascia che quell’aroma così intenso si sprigioni nell’aria. Dopo aver goduto per qualche secondo di quel profumo inizia a percorrere con le dita i bordi del vassoietto, meditando attentamente su quale cioccolatino scegliere, per poi tuffare l'indice e il pollice su quello che l’aveva colpita di più. ‘’Beccata!’’ La voce di Luciano la coglie di sorpresa provocandole un fremito, subito placato dall’abbraccio in cui non esita a stringerla, premendo il suo petto contro la schiena di lei. La cinge col braccio sinistro, mentre con la mano destra le accarezza il viso e il collo, per poi continuare a percorrere il suo torace fino a depositare la mano sul ventre, in modo da salutare con una carezza anche la bambina. ‘’E va bene, ammetto la mia colpa, mi hai colto con le mani nel sacco!’’ dice Clelia ridendo, per poi volgere la testa indietro verso di lui come per chiedere un bacio. ‘’Che ci fai sveglio a quest’ora? Lo sai che non voglio che ti alzi presto solo per farmi compagnia. Sto bene, davvero!’’. ‘’Non volevo lasciarti fare colazione da sola, non oggi. Più che altro non volevo perdermi la tua espressione davanti a questa sorpresa... e non volevo che finissi tutti i cioccolatini.’’. Pronuncia quest’ultima frase con fare talmente serio da risultare buffo e suscitare in Clelia una sonora risata, subito soffocata dalle dita di lui poggiate delicatamente sulle sue labbra: ‘’Shh sveglierai Carlo!’’. ‘’Scusa, hai ragione’’ dice lei, provando a trattenere la risata ‘’se dovesse svegliarsi ora... allora sì che dovrai rinunciare ai cioccolatini!’’. Luciano mima di nuovo un’espressione di broncio, ancora buffa, ma questa volta talmente tenera da indurla ad addolcirlo con un bacio. ‘’Grazie. È stato un pensiero bellissimo’’ dice Clelia commossa e ancora ingiustificabilmente sorpresa. Resta per qualche secondo con il viso premuto contro il suo, mantenendo il contatto con la sua pelle e riuscendo a percepire ogni suo minimo respiro. ‘’Clelia... credevi davvero che me ne sarei dimenticato?’’ ‘’Forse... più che altro non ci speravo. Sono state giornate molto indaffarate, è facile perdere la cognizione del tempo e non ti avrei biasimato se te ne fossi dimenticato e poi...’’ ‘’e poi basta!’’ la interrompe Luciano alzando gli occhi al cielo e stringendola ancora di più a sé. ‘’Quando la smetterai di stupirti di tutto ciò e accetterai quello che ci sta succedendo? Questa nuova vita che finalmente è arrivato il momento di vivere?’’ Clelia sorride abbassando lo sguardo e incantandosi nel guardare le mani di Luciano intrecciate sul suo ventre. ‘’Prima o poi arriverà il giorno in cui realizzerò che tutto questo sta accadendo davvero e che non è più solo un sogno’’ fa una pausa di qualche secondo per guardare il sorriso compiaciuto di lui ‘’ma fino ad allora...’’ ‘’fino ad allora continuerai a conservare questo tuo sguardo perennemente incredulo e indescrivibilmente affascinante. Giusto? ’’ ‘’Forse... mi sa che deve rassegnarsi, ragioniere!’’ ‘’Devo ammettere che non mi dispiace in fondo, amo il modo in cui ti brillano gli occhi quando non riesci a credere a quello che hai davanti... anche se si tratta solo di una scatola di cioccolatini e di una rosa!’’ Le dà un altro bacio sulla guancia e questa volta è lui a restare incollato al suo viso, con le labbra poggiate sulla sua pelle morbida. ‘’È che sta accadendo tutto così in fretta che non riesco a capacitarmi... se solo penso che due anni fa a quest’ora eravamo al Paradiso con Oscar che tentava in tutti i modi di farsi assumere dal dottor Conti... un incubo’’ dice scuotendo la testa presa dall'angoscia che accompagna quei ricordi. ‘’Un incubo che per fortuna è finito poco dopo’’. ‘’Già, per fortuna’’. ‘’Un anno fa invece c’era Ennio...’’ aggiunge poi Luciano con voce ancora piuttosto seria. ‘’Un altro incubo?’’ chiede Clelia, questa volta con tono quasi ironico e con il semplice intento di stuzzicarlo. ‘’Un incubo terribile!’’ dice Luciano, scuotendo la testa a sua volta. ‘’Certo, nulla a che vedere con quello che abbiamo vissuto due anni fa, con tutti i problemi realmente gravi abbiamo dovuto affrontare. In fondo Ennio era una brava persona e soprattutto ti trattava bene, per quel poco che vi siete frequentati. Eppure ogni volta che vi vedevo insieme morivo dentro’’. ‘’Ti capisco… capitava anche a me quando ti vedevo con Silvia, anche se si trattava pur sempre di tua moglie e sapevo di non aver il diritto di essere gelosa. E in fondo non potevo neanche biasimare la tua scelta.” La sua espressione resta cupa ancora per qualche secondo, finché quei ricordi dolorosi sono spazzati via dalle parole di Luciano: “per fortuna che poi c'è stata la scelta giusta… da cui non possiamo più tornare indietro!” Sorridono, entrambi col cuore colmo della serenità faticosamente conquista. “A proposito... com’è che era? Risotto e ossobuco? Non credere di cavartela così facilmente tirando in ballo Ennio senza menzionare i tuoi primi esperimenti culinari!’’ ‘’Beh, in effetti meritano una menzione d'onore: per essere la mia prima volta devo ammettere che fu proprio un risotto coi fiocchi... peccato che a rovinare quella cena non fu la mia cucina’’. ‘’Già... Federico’’. ‘’Sì, Federico. Menomale che anche quell’incubo è finito presto’’ ‘’E nel migliore dei modi, perché ora lui sta bene e ti ama anche più di prima! Sei riuscito a sentirlo poi ieri? Come sta?’’ ‘’Bene, l’ho chiamato dalla cabina vicino alla latteria quando sono uscito a comprare i cioccolatini. Mi ha detto che non sa se oggi potremo sentirci perché sarà fuori tutto il giorno per il matrimonio di Bergamini e della signorina Rossi’’ ‘’Gabriella... quanto mi piacerebbe farle gli auguri di persona’’ dice Clelia con un velo di nostalgia. ‘’Ah non dirlo a me, sarei proprio entusiasta di andare al matrimonio del secolo e di festeggiare al circolo, nel covo dei Guarnieri. Se solo penso che Federico sarà lì con loro io...’’ ‘’Ahhh Luciano basta, non ricominciare! Sai bene che Federico tiene solo a te e che non si farà abbindolare da Umberto’’. ‘’Lo so, però...’’ ‘’Però niente!’’. Questa volta è Clelia a zittirlo, rigirandosi fra le sue braccia per guardarlo meglio negli occhi e rassicurarlo. ‘’Non hai più ragione di crucciarti per questi motivi! Adesso sono io a dirti che devi smetterla di sorprenderti per tutto il bene che tuo figlio ti riserva e soprattutto che devi accettare che le cose finalmente stanno andando per il verso giusto!’’. ‘’Però... come sei saggia! Mi sembra di averle già sentite da qualche parte queste parole...!’’ Clelia a volge gli occhi al cielo, con sguardo spazientito e divertito al tempo stesso. ‘’E va bene, prenditi pure i tuoi meriti ma non montarti la testa!’’ ‘’Non lo farò!’’. Si perdono per qualche secondo a contemplare l’uno il sorriso dell’altro, per poi avvicinarsi lentamente e scambiarsi un bacio appassionato. ‘’Che dici? Assaggiamo questi cioccolatini?’’ ‘’Assaggiamoli. Chissà se sono speciali come quelli che aveva Salvatore in caffetteria. Te li ricordi?’’ ‘’Certo che me li ricordo... io ricordo tutto!’’ Si scambiano un ultimo sorriso prima di voltarsi entrambi verso i cioccolatini. Un dettaglio prima non notato distrae Clelia, allontanando nuovamente il momento dell’assaggio: un biglietto, posizionato per tre quarti sotto la scatola, con solo un lembo di carta appena visibile a cui precedentemente non aveva fatto caso. ‘’E questo?’’ si affretta ad aprirlo per scoprirne il contenuto. Le parole, scritte con quella grafia che conosce così bene, prendono vita attraverso la voce di Luciano, che le sussurra all’orecchio facendo da eco alla sua lettura silenziosa, dopo essersi riavvicinato per darle un altro bacio: ‘’Buon San Valentino, amore mio!’’

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** festa del papà 1962 ***


‘’papà papà auguri auguri’’ Luciano e Clelia si svegliano di colpo con queste parole, urlate da Carlo che salta euforico sul lettone. ‘’Buona Festa del Papà!’’. Ancora assonnati e un po’ spaventati da quell’improvviso trambusto aprono entrambi gli occhi e scattano mettendosi seduti sul letto, per poi tirare un sospiro di sollievo una volta accertatesi che fosse tutto nella norma... compreso l’incontenibile entusiasmo del bambino che ormai aveva preso l’abitudine di intrufolarsi nel letto dei genitori in qualsiasi momento della notte e del mattino. Durante la settimana ha la tendenza a correre da loro di notte, provando a convincerli a farli dormire con lui, anche se sa che non è una buona idea perché la mamma, nelle sue condizioni, ha bisogno di avere più spazio possibile, quindi alla fine accetta di tornare a dormire nel suo lettino, il più delle volte fingendo di essere troppo assonato per tornare da solo in camera sua, ma in realtà col solo intento di farsi portare in braccio. Non proprio in braccio, quanto piuttosto sulla schiena. Gli piace arrampicarsi sulle spalle di Luciano e farsi scortare in giro per la casa, fingendo di essere un eroe che vola dall’alto dei quasi due metri d’altezza del super ragioniere. La mattina, invece, fa di tutto per restare a letto fino all’ultimo, mentre i suoi genitori continuano a esortarlo ad alzarsi per non fare tardi a scuola. La domenica invece (e nei giorni di festa come questo) succede tutto il contrario ed è lui a correre da loro per svegliarli. La domenica sono tutti a casa, niente scuola e niente lavoro, quindi possono concedersi un po’ di coccole prima della colazione anche se, mentre i due preferirebbero restare sotto le coperte, l’uno fra le braccia degli altri, il piccolo cerca sempre di tirarli fuori dal letto il più in fretta possibile, ricordando le promesse strappate durante la settimana di farsi accompagnare alle giostre o al parco per delle nuove lezioni di bicicletta (anche se, ormai, sa pedalare benissimo e quella delle lezioni è solo una scusa per passare una mattinata intera col papà). ‘’Carlo, quante volte ti ho detto che non devi saltare sul letto, rischi di cadere’’ lo rimprovera Clelia. ‘’E soprattutto rischi di fare male alla mamma... vieni qui, stai attento alla pancia’’ aggiunge Luciano dolcemente per smorzare il tono autoritario di Clelia. ‘’Ma io non volevo saltare volevo solo fargli gli auguri, auguri papà’’ Carlo continua a ripetere queste parole come se fossero una cantilena, la sua nuova filastrocca preferita. Si siede in braccio a Luciano, che tira su le coperte per avvolgerlo. ‘’Grazie!’’ gli sussurra nell’orecchio per poi stringerlo forte a sè, dopo avergli arruffato teneramente i capelli. Carlo resta accoccolato fra le sue braccia per poi gettarsi addosso alla madre ‘’dov’è il regalo?’’ chiede sottovoce cercando di non farsi sentire da Luciano. ‘’Nel secondo cassetto del mobile in cucina, ma stai attento a non mettere tutto in disordine’’ gli dice Clelia con voce altrettanto bassa e decisamente più dolce ed entusiasta di prima. Carlo si precipita giù dal letto pronto a correre in cucina e Clelia ne approfitta per riappropriarsi del suo posto al centro del letto, più tesa verso il lato di Luciano che verso il suo. ‘’Cosa stavate farfugliando voi due?’’ chiede Luciano incuriosito ed eccitato all’idea di quello che pensava di aver intuito... ‘’lo scoprirai tra qualche minuto’’, dice con un sorriso compiaciuto, mentre poggia la testa sul petto di lui, cercando una posizione confortevole. Luciano la stringe a sè e le sfiora la fronte con le labbra, accennando un bacio, poi, percorre delicatamente il suo corpo con le dita e le poggia la mano sul ventre, per accarezzare la bambina. ‘’La senti?’’ chiede retoricamente Clelia, consapevole che è ancora troppo presto per sentire fisicamente la sua presenza, ma mai troppo presto per percepire la sua compagnia già trepidante di vita. ‘’ti sta facendo gli auguri anche lei!’. Nel sentire queste parole Luciano si emoziona, sciogliendo il suo sguardo nel più caloroso e commosso dei sorrisi. Si stringe sempre di più a Clelia (e alla bambina) e si incanta a fissare un punto nel vuoto, alzando al cielo gli occhi increduli. ‘’Ci pensi? L’anno prossimo ci sarà anche lei qui a festeggiare con noi’’. Luciano non riesce a smettere di sorridere ‘’Ho festeggiato tante volte la festa del papà e ogni volta è stata bellissima e sembra ieri che Federico e Nicoletta saltavano sul letto esattamente come fa Carlo... ma non ricordavo quanto fosse bello aspettare di poterla festeggiare, immaginare gli auguri da parte di qualcuno che c’è ma che non conosci ancora. Mi sembra passato un secolo dall’ultima volta... è passato un secolo. E non avrei mai immaginato di poter rivivere questa sensazione’’. I suoi occhi si inumidiscono di lacrime di gioia che iniziano a rigargli le palpebre inferiori. ‘’Ma che fa? Si commuove ragioniere?’’ Luciano inizia a ridere e si asciuga frettolosamente le lacrime ‘’bè anche le persone iper razionali e serie come me possono commuoversi, non lo sai?’’ dice schiarendosi la voce per ricomporsi e fingere di darsi un tono ‘’una persona sensibile e amorevole’’ aggiunge Clelia, avvicinando le sue labbra sorridenti a quelle di lui per baciarle teneramente. Restano qualche secondo persi l’uno dello sguardo dell’altro, come tutte le volte che si guardano del resto. ‘’Ma che sta combinando Carlo?’’ questo pensiero improvviso insieme a qualche rumore proveniente dalla cucina li risveglia dal loro momento idilliaco riportandoli alla realtà. ‘’Sarà meglio andare controllare, vado io’’ ‘’Aspettami, vengo con te’’. Con perfetta sintonia scostano le coperte e si alzano, incamminandosi verso la porta. Giungono in cucina più incuriositi che preoccupati e trovano il bambino tutto sporco di cioccolata, intento a mettere delle praline in fila come se stesse seguendo un disegno prestabilito. ‘’Carlo, ma cosa stai combinando, sei tutto sporco’’ ‘’Volevo scrivere auguri papà con il cioccolatini ma sono troppo pochi’’. Luciano e Clelia scoppiano a ridere inteneriti da quell’idea e dallo sguardo sconfitto del piccolo. Luciano lo prende in braccio e lo stringe forte ‘’bè sono parecchie lettere, non credo basteranno. Che ne dici se questi ce li mangiamo e basta?’’ Clelia, intanto, fa un cenno a Carlo indicando con un movimento della testa il secondo cassetto, quello contenente il regalo. ‘’Carlo allora salta sul pavimento e corre verso il mobiletto ‘’guarda papà c’è una sorpresa per te’’ ma mentre corre a prenderla viene interrotto dallo squillare del telefono. Fa una piccola deviazione e corre verso il telefono, impossessandosi della cornetta prima che qualcuno possa impedirglielo e riesce ad afferrarla agilmente sottraendola a ogni vano tentativo di sua madre di prenderla prima di lui. ‘’Pronto! Ciao Nicoletta come stai? Come sta Margherita? Quando ci mandate altre cartoline con le foto di quella torre alta alta?’’ Carlo riempie la sua interlocutrice di domande, lasciandole appena il tempo di rispondere e solo dopo aver soddisfatto tutte le curiosità si decide a mollare il telefono ‘’va bene allora ti passo papà così gli fai gli auguri pure tu, ciao’’ dice tutto d’un fiato, passando la cornetta a Luciano. ‘’Vieni, lasciamogli parlare tranquilli’’ dice Clelia, invitando il bambino a non fare rumore. ‘’Ma perchè Nicoletta non viene anche lei? Se veniva festeggiavamo tutti insieme’’ ‘’Be’, non è così facile per lei venire qui, di certo non può organizzare un viaggio ogni volta che vuole. E poi oggi è la prima festa del papà anche per Margherita e il suo papà, quindi festeggeranno anche loro’’. ‘’E Federico quando viene?’’ Clelia guarda l’orologio ansiosa ma esita a rispondere avendo notato che Luciano sta per chiudere la conversazione al telefono. ‘’ ‘’allora questa sorpresa?’’ Chiede Luciano sempre più curioso. ‘’E’ li dentro al cassetto’’ ‘’Vuoi che la prenda io?’’ chiede stranito. Carlo annuisce, nella speranza che Luciano riesca a tirare fuori il regalo senza rovinarlo, come aveva rischiato di fare lui quella mattina appena corso in cucina. Per poco non aveva rovinato tutta la carta e, cosa peggiore, aveva stropicciato tutto il bigliettino e aveva deciso per tanto di nasconderlo e di trovare una soluzione alternativa per fargli gli auguri. Voleva che tutto fosse perfetto e di certo un bigliettino stropicciato era d’intralcio ai suoi piani. Luciano tira fuori il pacchetto, sotto lo sguardo ancora un po’ dispiaciuto di Carlo e confuso di Clelia, che si chiedeva perché il bambino stesse esitando così tanto a dargli il regalo. Luciano si siede comodo si accinge finalmente a scartarlo, dopo aver lasciato che Carlo si accomodasse sulle sue gambe. ‘’ Apre il pacchetto e inizia a frugare con le mani sotto le carte che avvolgevano l’oggetto misterioso. Al tatto fatica a capire di cosa si tratti e, sempre più curioso, si libera delle carte. ‘’Che bello, è un... pupazzo?’’ chiede Luciano confuso, cercando suggerimenti nello sguardo di Clelia che lo invita con un cenno ad osservarlo meglio. ‘’Sei tu, guarda ha anche gli occhialoni, l’ho fatto io’’. Luciano realizza che quel goffo pupazzo era uno di quei buffi lavoretti che i bambini fanno a scuola in occasione delle feste. Ne aveva ricevuti molti del genere quando i suoi figli erano piccoli ma questo era il primo che riceveva da Carlo e questo rendeva quel bizzarro oggetto ancora più speciale. ‘’Ma è vero sono io, c’è anche la valigetta... ma hai fatto tutto da solo? Sei stato bravissimo’’ Luciano gli dà un bacio sulla guancia e lo stringe forte a sé ringraziandolo. ‘’Sicuro che nel pacchetto non ci fosse altro?’’ Chiede Clelia, adducendo la mancanza del biglietto ad una distrazione di Luciano. ‘’Shh’’ le intima Carlo girandosi di scatto verso di lei e portandosi il dito sulle labbra. Luciano capisce che qualcosa non va e, con la scusa di voler trovare un posto per il pupazzo nella sua camera, li lascia da soli a risolvere la questione. Strizza un occhiolino a Clelia e le dà un bacio prima di lasciare la stanza. ‘’Non posso dargli il bigliettino’’ dice Carlo sconfortato appena Luciano esce ‘si è rovinato tutto’’. ‘’Ma sei sicuro che non si possa riparare? Prendilo fammi vedere’’. Carlo corre a prendere il bigliettino che aveva avuto cura di nascondere in uno dei suoi posticini segreti in giro per la casa, mentre Clelia, guardando nuovamente l’orologio, cerca di fare un po’ di conti e capire quanto tempo le resta per sistemarsi e rendersi presentabile. Si precipita in camera da letto, dopo aver prima raggiunto Carlo per dirgli che del bigliettino di occuperanno dopo e per invitarlo farsi il bagno e vestirsi. ‘’Ma non abbiamo fatto ancora colazione’’ ‘’Tu sbrigati, la colazione la facciamo dopo!’’. Corre in camera da letto e si sfila in fretta la camicia da notte, prendendo i primi vestiti puliti che le capitano sottomano. Luciano la guarda stranito e compiaciuto al tempo stesso. Come mai tutta questa fretta di rivestirti? Non abbiamo neanche fatto colazione’’ ‘’ Ah, questa l’ho già sentita. Siete proprio due gocce d’acqua!’’ esclama Clelia, mentre Luciano ride divertito avendo capito che alludeva a Carlo e a quanto, per certe cose, siano così simili ‘E’ solo che oggi è un giorno di festa e non mi va di rimanere in vestaglia, tutto qui’’ si giustifica Clelia ‘’e non cercare di farmi cambiare idea, ridammi i vestiti!’’ ‘’Luciano le rende la camicetta, per nulla persuaso dalla sua giustificazione ‘’Non me la conti giusta! Ma se proprio ci tieni allora mi vesto anche io’’ dice rassegnato, mentre inizia a sbottonarsi la camicia del pigiama. Appena sono pronti escono dalla stanza, Clelia per andare a controllare a che punto è Carlo e Luciano per recarsi in cucina. Guarda l’orologio, preoccupato e sconfortato, chiedendosi come mai Federico non abbia ancora chiamato. Sa che ormai è grande, ha molti impegni e non vive da solo, quindi non è facile trovare il tempo per telefonare. Ma sicuramente riuscirà a chiamarlo entro l’ora di pranzo. Si ripete queste parole come un mantra, per tranquillizzarsi, anche se in cuor suo ha sempre paura che Federico possa essere davvero preso da altre cose e possa dimenticarsi di fare gli auguri al suo caro vecchio padre. Padre, mai come quest’anno Luciano si ancora stretto a questa parola. E’ la prima volta che Federico festeggerebbe la festa del papà dopo aver scoperto che suo padre non è il suo vero padre e che di padri, in qualche modo, ne ha due. Anche se, nonostante tutte le insicurezze iniziali, è riuscito a convincersi del bene che Federico prova per lui nonostante tutta questa storia, non lo biasimerebbe se decidesse di cancellare questa giornata dal suo calendario. La sicurezza dell’amore che li lega cede il passo alla tensione e a un briciolo di timore. Eppure, pensa Luciano nel tentativo di scacciare questi brutti pensieri e di concentrarsi sulle cose positive, a prescindere da qualsiasi decisione di Federico lui potrà comunque festeggiare questa ricorrenza con Carlo, Clelia e, in qualche modo, con la piccola in arrivo. Del resto, tra il regalo di Carlo e la telefonata di Nicoletta, puntuale come sempre, poteva già ritenersi abbondantemente appagato. Clelia e Carlo entrano in cucina, distogliendo Luciano dal suo flusso di pensieri. ‘’Allora? Prepariamo la colazione?’’ ‘’La prepariamo noi! Tu oggi pensa solo a farti coccolare e a giocare col tuo pupazzo nuovo’’ Clelia trascina Carlo verso i fornelli, intenzionata a intrattenerlo con la cucina per consolarlo da quella che per lui era una disgrazia irrimediabile: il biglietto rovinato. Luciano, che non riesce a stare con le mani in mano, inizia ad apparecchiare, facendo inconsciamente a gara con Clelia a chi guardasse più insistentemente l’orologio. ‘’Vedrai che arriveranno anche i suoi auguri’’ dice lei, avendo notato lo sguardo a tratti malinconico di Luciano. Le bastava una sola occhiata per capire a cosa pensava. E’ stato così sin dal primo giorno. ‘’Ma come fai?’’ chiede retoricamente lui, abbozzando un sorriso, per poi volegre lo sguardo ai maldetri tentativi di Carlo di destreggiarsi tra le tazze e il pentolino del latte. La sua goffa esibizione viene interrotta dal campanello. ‘’Chi è? Aspettiamo visite?’’ chiede Luciano confuso e poi pensa, spera, fra sè e sè che si tratti del postino. Magari Federico gli aveva spedito una lettera. No, niente postino. Avrebbe lasciato tutto nella cassetta senza bussare. ‘’Sarà la vicina’’ dice Clelia per depistarlo ‘’chissà che scusa si inventerà questa volta per curiosare. Vai tu amore, io finisco di preparare qui’’. Luciano, spazientito all’idea di trovarsi la vicina davanti, va ad aprire contro voglia. Gira il pomello della porta già ponto a scattare sulle difensive ma scopre, con grande gioia, che non c’è bisogno di alcuna difesa. ‘’Federico? Ma cosa ci fai qui? Cosa... quando sei arrivato?’’ Un abbraccio imminente e reciproco prende il posto di quel fiume di domande. Anche in questa circostanza, in fondo, ricorda un po ‘ Carlo, con lo stesso modo di travolgere con le parole. Tutto si sarebbe aspettato tranne che vedere Federico in carne ed ossa davanti a lui. ‘’Sono arrivato ieri sera, ma ho dormito fuori per non rovinarti la sorpresa’’ ‘’ma che rovinare, sarebbe stata una sorpresa bellissima lo stesso’’ ‘’Lo so ma... ieri non era la festa del papà!’’ dice sfoggiando uno dei suoi sorrisi compiaciuti ‘’auguri papà!’’ Luciano quasi trema nel sentire quelle parole pronunciate da Federico che lo guardava dritto negli occhi. Si sentiva improvvisamente alleggerito da quel peso che aveva sul cuore e la leggerezza faceva a gara con l’euforia per il pensiero di avere Federico lì con lui, a casa sua. Lo conduce in salone ansioso di fargli vedere tutta la casa e come si erano sistemati. Clelia che li raggiunge insieme a Carlo che corre subito incontro a Federico per abbracciarlo. ‘’Federico Federico sei venuto finalmente, vieni ti devo far vedere una cosa’’ urla il bambino tirando il giovane per il braccio, tanto che lui non fa neanche in tempo a salutare Clelia, fatta eccezione per uno sguardo di complicità che si scambiano i due prima che Carlo riesca a trascinarlo. ‘’tu lo sapevi?’’ ‘’sorpresa!’’ ‘’ è per questo che guardavi insistentemente l’orologio e avevi così fretta di vestirti?’’ ‘’sì ed è anche per questo che ti ho detto di non temere perchè ti avrebbe fatto gli auguri presto’’ ‘’tu sapevi tutto! E dimmi un po’... di chi è stata l’idea?’’ ‘’aahh, adesso vuole sapere troppo, Ragioniere! Le basti sapere che suo figlio è qui e che potrete festeggiare insieme!’’ ‘’tutti insieme!’’ ribadisce Luciano, che ancora stenta a crederci. Intanto Carlo ha condotto Federico in camera sua e, ancor prima di mostrargli come aveva sistemato la sua collezione di francobolli, azioneche Federico si sarebbe subito aspettato, per mostrargli il fatidico bigliettino tutto stropicciato. ‘’Guarda si è rovinato tutto non so come fare. La mamma dice che si può sistemare ma è un disastro’’. Gli racconta Carlo, in preda allo stesso sconforto di prima e con tutta la fiducia riposta nelle mani di Federico, che aveva sempre avuto la soluzione per tutto. Anche quando, di tanto in tanto la sera, gli racconta per telefono delle sue scaramucce coi compagni di gioco o delle cose che aveva imparato a scuola, Federico ha sempre saputo dargli consigli preziosi, come un vero fratello maggiore. ‘’Fa un po’ vedere’’ dice Federico analizzando attentamente il bigliettino in ogni suo dettaglio ‘’anche secondo me si può aggiustare... ma se non sei convinto allora è meglio farne uno daccapo’’ ‘’ma così ci metterò un sacco di tempo, lo sai questo quanto ci ho messo a farlo?’’ ‘’un bel po’ immagino. Ma sono sicuro che se ci lavoriamo entrambi riusciremo a fare in fretta. Che dici, ne facciamo uno insieme?’’ Carlo si illumina d’un tratto e annuisce, restando per un attimo senza parole e travolto dall’entusiasmo di lavorare insieme a Federico. Si precipita verso la sua cartella dove tiene tutte le matite colorate. Strappa un foglio dalla sua agenda e inizia a disegnare. ‘’Aspetta, io dei fogli migliori di là, nella mia borsa, quelli che mi porto dietro per scrivere. Vado a prenderli’’ Federico va a recuperare la borsa e, prima di tornare in cameretta, resta qualche secondo a guaradare divertito sua padre che finisce di apparecchiare con Clelia, aggiungendo un posto a tavola. Era da tempo che nonlo vedeva così sereno. Era da tempo che non lo vedeva, in realtà. Per non perdere altro tempo, visto che la colazione sembrava essere quasi pronta e che era già strano che suo padre non fosse corso in camera a reclamare la sua attezione, visto che era appena arrivato (ma in fondo Luciano era felice anche solo di sapere che Federico era lì,a casa, e che giocava con Carlo come due fratelli qualsiasi). Federico torna alla postazione di lavoro, uno scrittoio piccolissimo e disordinato su cui il bambino stava già disegnando. Ci lavorano per qualche minuto, finchè Luciano non arriva per chiamarli a tavola. Ma il tempo era stato più che sufficiente. Del resto, in due si fa prima! La famiglia si riunisce davanti a quella colazione rimandata così tanto che rischia di protrarsi fino a ora di pranzo ma in fondo, dinanzi a quei regali, anche la migliore delle crostat di albicocca poteva aspettare. ‘’Abbiamo una cosa per te’’ dice Carlo ‘’prima però, devo darti anche io li mio regalo!’ aggiunge Federico, che si era già concordato col bambino per evitare di indisporlo, rubandogli la scena. Federico porge a Luciano un pacchetto piuttosto ampio ma con uno spessore alquanto esile. ‘’Oh vediamo... bè, dalle dimensioni del pacchetto direi che non ci troverò un altro pupazzo!’’ esclama Luciano, nel suo vano tentativo di fare una battuta, subito ammonita dallo sguardo, di rimprovero ma in fondo concorde, di Clelia. Luciano tira fuori una cornice, la gira e scopre la foto. ‘’Ma... che bella, ma siamo tutti insieme. Questa è di Natale’’. ‘’Sì, questa è una di quelle che abbiamo scattato a Natale nella nuova casa, o forse dovrei dire nella vecchia nuova casa!’’ precisa Federico, riferendosi alla fotografia che ritraeva loro quattro durante la scorsa vigilia di Natale, la prima festa che avevano trascorso insieme... anche se Fedeerico era andato via un po’ prima per raggiungere un altro pezzo di famiglia. ‘’Dietro c’è anche una dedica, ma quella la leggerai dopo’’ aggiunge poi, giusto imn tempo prima che Carlo, conun finto colpo di tosse, richiami l’attenzione su di lui e sulla loro ultima fatica. ‘’E questo invece è da parte nostra’’. Carlo porge tutto orgoglioso il biglietto a Luciano, che rimane incantato nel vedere i pastelli disordinati di Carlo intrecciarsi alla penna sicura e spaiente di Federico. Il disegno ritrae Luciano al centro, bello grande, Federico sulla sua destra e Carlo a sinistra e poi, sempre di lato ma un po’ più piccole, Nicoletta e una bambina piccolissima, che sta a indicare la sorellina in arrivo. Luciano è profondamente commosso e si rivolge a Clelia, anche lei oltremodo intenerita, per mostrarle meglio il disegno. ‘’Giralo papà abbiamo scritto anche dietro’’ dice il bambino con crescente entusiasmo. Luciano gira il biglietto e dopo aver letto rimane, ancora una volta, senza parole. ‘’Al papà migliore del mondo. Ti vogliamo bene.’’. Parole così semplici non sono affatto scontate. Non per lui, non da parte loro. Tutto ciò che poteva desiderare era lì davanti ai suoi occhi. Raccoglie le forze per stringere i figli nello stesso abbraccio, senza però riuscire a staccare gli occhi da quel bigliettino. Fa avvicinare anche Clelia, che era rimasta in disparte per lasciare che si godesse questo moemento con loro e, solo dopo che Luciano le ha teso la mano, ha fatto un passo avanti avvicinandosi a loro e lasciandosi includere nell’abbraccio, in modo che Luciano potesse, in qualche modo, stringere anche la bambina mentre continuava, imperterrito, a fissare il biglietto e sorridere commosso guardando quel disegno che rappresentava le sue gioie più grandi: i suoi figli.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3836292