Casa Barnes

di kiku_san
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** E' una messa alla prova? ***
Capitolo 2: *** Intuito femminile. ***
Capitolo 3: *** Ringraziami sorella. ***
Capitolo 4: *** Marvel Comics. ***
Capitolo 5: *** Io odio i ragni. ***
Capitolo 6: *** 10 Marzo. ***



Capitolo 1
*** E' una messa alla prova? ***


Note: La raccolta è ambientata nell' MCU con l’unica ma cruciale differenza rispetto al canon ufficiale, che Natasha Romanoff non è morta a Vormir.
E’ passato circa un anno dagli avvenimenti di Avengers Endagame e Bucky e Natasha vivono insieme in un appartamento a Brooklyn. Natasha continua a far parte degli Avengers che si stanno ricostituendo, pur orfani di Iron-man e Captain America. Bucky è stato riabilitato dal suo passato di killer dell’Hydra e sta testando una sua possibile collaborazione con Falcon. Gli episodi raccontano momenti di vita della coppia incentrati sui loro battibecchi e le loro imprese, in bilico tra catastrofe e commedia, all'insegna di equivoci e malintesi.
“Casa Barnes” nasce dopo la raccolta ”WinterWidow_Incontri” e prende l’avvio dall’ultima one-shot di quest’ultima: “#8. New York”, anche se è un progetto che vive di vita propria e può essere letto senza nessun riferimento. Per chi volesse avere un quadro più completo consiglio però di partire leggendo il capitolo citato.


CASA BARNES



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1. E' una messa alla prova?


La telefonata coglie Bucky mentre sta scegliendo con cura delle arance, è Natasha e la cosa gli produce uno spasmo alla bocca dello stomaco, perché lei non lo chiama mai quando è fuori per lavoro.
“Ehi Nat tutto bene?”
“Tutto bene tesoro, sei a casa?”
“No sto facendo la spesa, perché?”
“Niente… Ti ho chiamato per avvisarti che stasera non torno.”
Silenzio.
“Ehi James ci sei ancora?”
“Sì, che è successo?”
“Imprevisti, niente d’importante.”
“Se ci fosse qualcosa d’importante me lo diresti?”
“Certo che sì, senti è solo un intoppo sulla tempistica, tutto qui.”
“D’accordo.”
“Non so se riuscirò a chiamarti di nuovo, in ogni caso non preoccuparti ci vediamo domani.”
“D’accordo.”
Bucky si rende conto di essere ripetitivo, ma non riesce a trovare parole diverse per mantenere una parvenza di calma e tenere sotto controllo l’ansia che minaccia di travolgerlo. Vorrebbe chiederle dove si trova, che cosa sta succedendo veramente, se è in pericolo e cosa può fare lui per darle una mano.
Vorrebbe uscire di corsa e raggiungerla dovunque sia per esserle vicino, per proteggerla, ma sa che non può permettersi di esternare la sua preoccupazione, se vuole che il suo rapporto con Natasha non si incagli di nuovo nelle solite liti, in cui lui l’accusa di gettersi in missioni troppo pericolose e lei di rimando di volerla cambiare, facendola diventare la persona che non è mai stata.
“Ci vediamo domani allora” riesce a mettere insieme, sforzandosi di mantenere un tono di voce il più indifferente possibile.
“Dormi bene tesoro, a domani.”
Bucky stringe i denti, poi si impone di fare un respiro profondo, cercando di recuperare, con mediocri risultati, quella freddezza che caratterizzava il Soldato e che è ancora infiltrata in qualche sinapsi del suo cervello.
Si ficca il cellulare nella tasca dei pantaloni e cerca di ritornare a concentrarsi sulla scelta delle arance, poi passa al reparto cibi pronti che è quello che conosce più a fondo, vista l’incapacità sua e di Natasha di cucinare qualcosa di decente.

Liho, spaparanzato come al solito sulla spalliera del divano, al rumore della porta che si apre vi si precipita con un balzo, impaziente di farsi coccolare da Natasha, ma quando si accorge che l’unico ad entrare è quell’intruso che la sua Padrona si ostina a tenersi vicino, se ne va con tutta l’altezzosità e la freddezza di cui è capace un gatto siberiano, con il pelo nero e setoso che oscilla come il manto d’uno zar, dopo aver lanciato un’occhiata di compatimento all’uomo che sta arrancando con le borse della spesa.
Bucky cerca di reagire al silenzio e al buio che lo accolgono appena mette piede in casa, ma l’appartamento di Brooklyn senza la presenza di lei, gli sembra un luogo come un altro, privo di qualsiasi calore.
Verso sera scalda una porzione di “mac&cheese” nel microonde e si porta il piatto ed una birra davanti alla TV, cercando di distrarsi facendo zapping, mentre Liho si staziona sul davanzale della finestra, miagolando a intervalli regolari la sua delusione e insoddisfazione per come sta andando la serata.
Lo smartphone appoggiato sul divano è un oggetto d’attrazione a cui Bucky non riesce a resistere, ma le occhiate che gli continua a gettare sono assolutamente inutili, visto che l’oggetto rimane inerte e muto.
Alla fine lo prende in mano e cerca nella rubrica un nome che mai avrebbe pensato di chiamare.
“Barnes?” la voce che risponde ha un tono leggermente ironico che gli crea prurito alle mani.
“Ciao Wilson.”
“C’è qualche problema?”
“Non avrei voluto chiamarti, ma ho bisogno di un’informazione.”
“Di che genere?”
“La missione di Nat… Dove è localizzata?”
“Mi dispiace ma l’informazione è top secret.”
“Top secret??”
“Sì, top secret… Strettamente riservata.”
“Fanculo Wilson, so cosa vuol dire.”
“Mi dispiace Barnes ma non posso diffondere informazioni sulle missioni degli Avengers al primo che me le chiede al telefono, capisci vero?”
“Ma che stai dicendo, non sono il primo venuto e neanche uno dei cattivi… Non più perlomeno! Ti ricordi di me? Ho combattuto con voi contro Thanos.”
“Certo, ma questo è il passato.”
“Io e te abbiamo parlato del possibile supporto che potrei darti meno di un mese fa.”
“Ricordo anche questo e tu mi hai risposto che ci avresti pensato e poi sei sparito.”
“Infatti… Ci sto pensando.”
“Bravo, allora chiamami quando ci hai pensato, buonaserata Barnes.”
“Ehi aspetta Wilson… Natalia mi ha chiamato dicendo che la missione ha avuto un intoppo, tu ne sai qualcosa?” non vorrebbe dire quello che sta dicendo proprio a Sam, ma decide di giocarsi il tutto per tutto, “Sono preoccupato.”
“Non c’è ragione, c’è stato solo un ritardo sulla tempistica, niente di grave, dormi tranquillo questa notte perché domani quando ritornerà, Natasha ti strapperà le palle.”
“Che?”
“Parole sue Barnes, mi ha detto di dirti così se tu avessi chiamato per avere da me notizie sulla sua missione” la voce di Sam è seria, ma Bucky immagina chiaramente lo sforzo di Wilson per trattenere una risata.
“Era una messa alla prova?”
“Già.”
“Senti Wilson, è proprio necessario che Nat venga a conoscenza di questa telefonata?” borbotta Bucky sforzandosi di mettere a tacere il suo orgoglio e profondamente consapevole della figura da pusillanime che sta facendo.
“Mi dispiace Barnes ma non tradirei mai la fiducia di Natasha, buona notte.”
La chiamata si chiude bruscamente e Bucky rimane a fissare l’apparecchio sentendosi un perfetto idiota.

E’ pomeriggio quando Natasha rientra a casa scrollandosi di dosso il giaccone bagnato da una pioggerellina fine fine, che da un paio d’ore sta lucidando le strade di New York.
L’unico però che le viene incontro è Liho che l’accoglie con un concerto di fusa morbide.
“Dove è andato il tuo padrone?” chiede la donna facendo rizzare le orecchie al gatto in uno scatto di chiaro sconcerto -Padrone? Di quale padrone stai parlando?-
Quasi contemporaneamente la chiave gira nella toppa dell’ingresso e Bucky entra zuppo di pioggia e quando vede Natasha con il gatto in braccio rimane fermo sulla porta, con l’acqua che gocciola sul pavimento.
“Sei già arrivata?” chiede, preso in contropiede.
“Sì e tu dove sei andato per conciarti così?”
“Ho fatto un giro in moto.”
“Con questo tempo?”
“Quando sono uscito non pioveva.”
“Tutto bene tesoro?”
“Perché?”
“Mi sembri un po’ teso.”
“Io? No, assolutamente no, non ti aspettavo così presto ecco tutto.”
Natasha non riesce a trattenere un sorriso: “Sono stanca e infreddolita, ho decisamente bisogno di una lunga doccia calda, vieni anche tu?” e la voce si arrochisce in un sussurro sensuale, mentre allunga una mano verso l’uomo che ha un’aria palesemente confusa.
-In bagno non ho vie di fuga, potrà uccidermi con più facilità- pensa Bucky seguendola rassegnato, ma quando, sotto il getto caldo che scioglie il freddo e l’umidità, la donna l’abbraccia chiaramente desiderosa di fare di tutto fuorchè ucciderlo, si chiede quale tortura lei stia escogitando per punirlo.
“Sono fiera di te tesoro” gli soffia nell’orecchio Nat.
“Per cosa?” chiede lui diffidente.
“Per non aver interferito nel mio lavoro.”
“Ahh…”
“Avevo chiesto a Sam di avvertirmi se ti fosse passato per la testa di chiedere mie notizie, ma mi ha detto che non ti ha sentito.”
“Non avrei mai chiesto tue notizie a Sam, come ti è venuto in mente?”
“Scusami, devo imparare a fidarmi di più.”
“Già proprio così ed ora vieni qui, mi sei mancata tanto.”
“Anche tu tesoro.”

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Capitolo 2
*** Intuito femminile. ***





CASA BARNES


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2. Intuito femminile.


Sta albeggiando quando Bucky esce, fuori accostato al marciapiede c’è un furgone blindato che lo aspetta con il motore acceso.
“Sei in ritardo” lo apostrofa Sam, quando entra.
“Non è vero, sei tu in anticipo” risponde, buttando il borsone con le armi sul sedile posteriore.
Sam lascia andare un respiro profondo: “Senti Barnes abbiamo una missione da portare a termine, che ne dici se ci concediamo una tregua e mettiamo da parte i nostri dissapori per il momento?”
“Di quali dissapori stai parlando, sei tu che ce l’hai con me.”
“Io?? Questa è buona!”
Sam decide di chiudere la conversazione e si concentra sulla guida, le strade sono quasi deserte e l’auto si allontana dalla città seguendo una rotta che li porterà sul luogo della missione.
“A proposito… Ti devo un favore” borbotta dopo un po’ Bucky con voce ruvida.
Sam gli concede uno sguardo interrogativo.
“Per non aver detto a Nat della mia telefonata” specifica Bucky, sforzandosi di sputare fuori le parole il più gentilmente possibile.
“Non so di che telefonata stai parlando” replica Sam senza togliere gli occhi dalla strada, ma con un mezzo sorriso che non riesce a trattenere.
Bucky lo guarda incerto, poi scuote la testa: “Scusa ma il mio cervello a volte mi gioca brutti scherzi, hai ragione tu, non c’è mai stata nessuna telefonata tra noi” e un sorrisino impercettibile gli alza gli angoli delle labbra.
Cala di nuovo il silenzio e Sam decide che è meglio così; in tutta onestà non ha nulla contro il Sergente James Buchanan Barnes eroe della seconda guerra mondiale ed amico d’infanzia del Capitano, ma non riesce ancora a dissociarlo del tutto dal Soldato d’inverno, il killer dell’Hydra, la pietra dello scandalo che ha portato il Capitano a diventare un ricercato. Per questo pensa che la cosa migliore da fare sia quella di mantenere un rapporto professionale e civile, evitando il più possibile interferenze emotive sgradevoli, ma soprattutto inutili e controproducenti per il buon esito delle missioni; anche se deve ammettere suo malgrado, che più conosce Bucky e più capisce perché il Capitano fosse disposto a tutto pur di non lasciarlo indietro.
Dopo circa un paio d’ore arrivati al punto prestabilito lasciano l’auto su una strada sterrata e si incamminano tra gli alberi, per raggiungere una miniera d’argento apparentemente in disuso.
Macchinari di scavo e di trasporto sono parcheggiati ad arrugginire e le baracche dei minatori stanno degradandosi aggredite dalla vegetazione tropicale, ma le informazioni che hanno ricevuto lo indicano come il posto dove Zemo, fuggito dal carcere di massima sicurezza in cui era rinchiuso, incontrerà alcuni esponenti del Cartello del Golfo: nuovi finanziatori per un piano che dovrebbe sovvertire una qualche fragile democrazia, forse il primo passo per qualcosa di più eclatante, conoscendo la sua follia e la sua voglia di vendetta.
Appostati fuori dall’unico gruppo di fabbricati dall’aria solida, ci sono alcuni uomini di guardia con i mitra imbracciati e le facce da duri, apparentemente niente di più che manovalanza criminale.
“Tu occupati dell’esterno io faccio irruzione, lasciami avvicinare e poi inizia a creare un diversivo” bisbiglia Bucky e si allontana furtivo.
Tutto però succede molto rapidamente e non secondo i piani: gli uomini non sembrano sorpresi quando Falcon entra in azione e ci sono postazioni, prima nascoste, dalle quali tiratori scelti lo prendono di mira. Non si tratta di una banda di criminali, ma di un gruppo paramilitare ben addestrato e con in dotazione armi sofisticate ed estremamente efficaci e Sam lo capisce un attimo troppo tardi.
“Barnes è una trappola, ci stavano aspettando, esci subito da lì, ci ritiriamo.”
Ma la comunicazione con Bucky risulta interrotta e Falcon non può far altro che cercare di fare il maggior danno possibile, sperando di vedere da un momento all’altro il Sergente uscire dall’edificio da dove è sparito.
Dopo aver distrutto diverse postazioni, senza però essere riuscito ad apririsi un varco verso le costruzioni principali, la sua attenzione viene attirata dal rumore delle pale di un elicottero che si alza in cielo.
“Dove pensi di andare?” borbotta cercando di mirare al rotore, ma il fuoco di una mitragliera con proiettili ad alto esplosivo perforante lo costringe a zigzagare per cercare di mettersi al riparo, finchè un proiettile colpisce un’ala del jet pack mandandola fuori uso.
Falcon atterra poco lontano, giusto in tempo per vedere l’elicottero cominciare a perdere quota fino a schiantarsi tra gli alberi della foresta e dopo un attimo impattare al suolo con una detonazione.
Stranamente dopo la caduta dell’elicottero sembra che nessuno badi più a lui, gli spari sono cessati e nessuno sembra essere sulle sue tracce e Sam riesce a raggiungere il furgone dove può mettersi in contatto con la base.
“Sono Natasha.”
Sam stringe i denti, tra tutte le persone che avrebbero potuto rispondere, Natasha è quella che non avrebbe proprio voluto sentire.
“Nat la missione è fallita, ci aspettavano, era una trappola.”
“Come state?”
“Io ho il jet pack fuori uso, mi sono allontanato dal punto d’attacco, Bucky…”
“Cosa?”
“Lui ha fatto irruzione all’interno, non l’ho più visto, non riesco a contattarlo. E’ decollato un elicottero, non so se lui fosse a bordo ma non è andato lontano, c’è stato uno schianto.”
“Arriviamo, allontanati da lì, ti do le coordinate di dove atterreremo.”
“Nat mi dispiace…”
La comuncazione è già spenta, Sam sa che la donna tra poche ore arriverà, ma sa anche che con tutta la sua efficienza, la sua organizzazione e la sua capacità di uscire fuori dalle situazioni più complicate, quando arriverà non potrà far altro che constatare il disastro.

Natasha ha compartimentato il suo cervello, ha spostato la notizia che Bucky non è con Sam, con tutto ciò che questo può implicare: prigioniero, ferito, morto, in una parte che non intralcia la sua capacità decisonale, la velocità nei preparativi e il piano d’intervento. E’ così che lei funziona, è così che le hanno insegnato fin da bambina: le emozioni, il dolore, la paura sono solo intralci ingombranti che rendono meno efficienti ed efficaci; se indulgesse a pensare a quello che potrebbe essere successo a Bucky il suo rendimento non arriverebbe al 100% e questo non sarebbe d’aiuto a nessuno.
Raggiunge di corsa Bruce, nella sua versione permanente di Professor Hulk, rintanato nel suo laboratorio e lo ingaggia per la missione senza neppure spiegargli di che si tratta e dopo neppure un quarto d’ora già stanno lasciando New York per il Messico a bordo del quinjet.
Dopo aver impostato il pilota automatico, Nat si allontana e controlla un localizzatore di posizione che porta al polso con aria attenta, c’è un bip verde che non si muove, che non si è mai mosso da quando Sam l’ha chiamata e lei ha azionato il dispositivo.
“Bucky è in gamba, non ti preoccupare, lo troveremo, a costo di disboscare tutta la foresta” la mano verde ed enorme di Bruce le sfiora la spalla con estrema delicatezza e Natasha non può far altro che annuire.
Quando il quinjet atterra, dopo aver recuperato Sam e aver rilevato con il termoscanner figure armate che stanno setacciando la foresta, il piano d’intervento è presto deciso.
“Bruce tu e Sam occupatevi di loro, io vado a recupare James” Natasha ha la voce decisa e ferma di chi non intende perdere un minuto di più in chiacchere.
“Senti Nat se Bucky era su quell’elicottero non so se…” Sam non vuole completare la frase, sa che non ce n’è bisogno, non è facile sopravvivere ad un incidente del genere.
“Non è morto, lo stanno cercando, non hanno trovato il suo corpo e io so dov’è, devo solo andare a recuperarlo.”
“Sai dov’è?”
“Sì. Teniamoci in contatto, avrò bisogno di voi, penso che abbia qualche problema a muoversi.”
Sam la guarda sbalordito ma decide di non ribattere, ma solo di eseguire quanto gli è stato ordinato.
Natasha si lancia nella foresta che ben presto diventa intricata e impraticabile rendendo difficile l’avanzata, sente alcuni colpi d’arma da fuoco echeggiare e pensa che Falcon sta liberando il cammino, sente alcuni alberi schiantarsi e sa che Bruce-Hulk si sta facendo largo a modo suo, ma tutto questo le arriva come un rumore di sottofondo che non intacca il suo pensiero principale: -Lui non si muove, è fermo da troppo tempo, perché non si muove?-
Trova sulla sua strada un paio di uomini che elimina senza neppure guardarli in faccia, senza quasi fermarsi, finchè arriva al punto e lo vede: è seduto con la schiena appoggiata ad un albero, una pistola mitragliatrice in mano, una gamba distesa legata all’altezza della coscia e una pozza di sangue che arrossa la vegetazione intorno, tiene gli occhi chiusi ma li apre appena sente il rumore dei suoi passi che si avvicinano.
“Sono io James, abbassa l’arma, sono venuta a prenderti.”
“Natalia?”
“In carne ed ossa. Fammi dare un’occhiata alla gamba.”
Si china e toglie dallo zaino un kit di pronto soccorso con cui medica la ferita.
“Hai perso parecchio sangue, ora chiamo i ragazzi.”
“Come hai fatto a trovarmi?” mormora Bucky cercando di tenere gli occhi aperti.
“Intuito femminile.”

Quando Bucky apre faticosamente gli occhi quello che vede sono cavi ed elettrodi attaccati al petto e aghi nel braccio e l’istinto è quello di cercare di strapparseli, ma una mano lo blocca.
“Tesoro è tutto a posto, sei al sicuro.”
Natasha è lì accanto e lo guarda con un sorriso che è difficile vederle sul volo, perché è tenerezza allo stato puro, senza il solito cinismo ad offuscarla.
“Sei nel reparto medico dell’Academy, hai perso molto sangue ma per il resto sei a posto, fra un paio di giorni ti porto a casa.”
“Era una trappola Natalia, hanno organizzato tutto per catturarmi: mi hanno sparato con proiettili sedativi e c’era già un elicottero pronto al decollo per portarmi via, il loro unico errore è stato quello di usare solo un paio di dosi di sedativo, mi hanno intontito solo per un po’, poi quando ho cominciato a rinsavire li ho sentiti parlare tra loro, dicevano che Zemo li aspettava, che era riuscito a recuperare dei vecchi progetti di Zola per ricostruire la macchina, che mi avrebbe fatto tornare ad essere il Soldato d’inverno. Ho agito d’istinto, ho eliminato gli uomini sull’elicottero ma nella collutazione uno dei proiettili rimbalzando ha colpito il quadro comandi, siamo precipitati, sono riuscito a saltare giù prima dello schianto ma una scheggia mi ha colpito.”
Nat ha un tremito di rabbia che non riesce a bloccare del tutto: “Ora riposa, troveremo Zemo e questa volta ti prometto che non finirà in una prigione, ma lo ucciderò personalmente”, poi esce e inciampa in Sam che aspetta fuori con l’aria preoccupata.
“Come sta?”
“Non male, ora sta riposando.”
“Ho bisogno di parlarti Nat.”
“D’accordo andiamo di sopra, ho anch’io delle informazioni da darti.”
Dopo aver riferito a Sam i piani di Zemo e aver bevuto un paio di vodke per farsi sbollire la furia omicida contro quel folle che pensa di poter manipolare di nuovo Bucky per i suoi progetti criminali, Natasha sembra riprendere il suo self-control.
“Di cosa volevi parlarmi?” chiede.
“Mi sento in colpa, avrei dovuto essere più prudente, l’ho mandato allo sbaraglio prima di aver verificato accuratamente la situazione.”
“Immagino che lui non te ne abbia dato il tempo” sbuffa Natasha, “lo conosco.”
“Beh… Comunque sono contento che tu lo abbia recuperato, ma quello che non riesco a spiegarmi è come facevi a sapere la sua posizione in modo così preciso.”
Nat mette il broncio di quando è fortemente contrariata: “Sono una spia Wilson, ho i miei segreti.”
“E’ vero, ma per me prima prima di tutto sei un Avengers, non dovrebbero esserci segreti tra noi, se ci sono segreti non c’è fiducia e se non c’è fiducia come possiamo lavorare insieme?”
Nat sospira: “Dio, mi sembra di sentire Steve, quanto mi manca... D’accordo Wilson, ma mi devi dare la tua parola che non ne parlerai mai con nessuno.”
“Hai la mia parola.”
“Dopo la battaglia finale contro Thanos io e James siamo andati in Wakanda, era necessaria una revisione al braccio e in quell’occasione ho chiesto un favore a Shuri.”
“Cioè?”
“Inserirgli un geo-localizzatore miniaturizzato nel braccio.”
“Mi stai dicendo che tu puoi controllare dove si trova Barnes?”
“E’ così, in qualche modo mi devo tutelare, visto che lui è un incosciente irresponsabile che non sa valutare il pericolo.”
“Stai parlando di quel Soldato d’Inverno che per settant’anni è stato il killer più spietato in circolazione? E’ lui che non saprebbe valutare il pericolo?”
“Il Soldato d’inverno è stato molto sopravalutato, in realtà per quasi tutti quei settant’anni ha dormito e poi non mi piace quel tono ironico che stai assumendo e comunque non ho mai usato il localizzatore fino a ieri.”
“Natasha, tu sei quella che ti incazzi come una iena se Bucky ti fa una telefonata per chiedere dove sei, perché non tolleri che qualcuno ti controlli e gli hai messo un localizzatore a sua insaputa nel braccio?”
“Usando il tuo linguaggio brutale possiamo anche dire così.”
“Tu sei… Non so cosa sei… Pensavo fosse Barnes la persona potenzialmente pericolosa tra noi, ma mi devo ricredere… Un po’ mi fa pena.”
“Oddio, risparmiami la solita solidarietà tra maschietti Wilson” Nat sbuffa, poi all’improvviso i suoi occhi verdi diventano freddi e taglienti, “E non una parola con nessuno o sei morto!”

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Capitolo 3
*** Ringraziami sorella. ***





CASA BARNES


Black-Widow-Scarlett-Johansson-Florence-Pugh



3. Ringraziami sorella.


Bucky esce gocciolante dalla doccia dopo essersi allenato duramente nella palestra dell’Academy, è nudo se non per un asciugamano stretto alla vita, mentre si strofina i capelli si avvia verso la panca dove ha lasciato i vestiti.
“Tu devi essere James, vero?”
“Ma che caz…” ringhia preso alla sprovvista, cosa cui decisamente non è abituato.
C’è una ragazza in piedi accanto agli armadietti: giovane, bionda, bella, occhi azzurri e portamento da ballerina: eretto ed elastico nello stesso tempo, che gli ricorda in qualche modo Natasha.
“Chi diavolo sei?”
“Ho chiesto prima io.”
“Non sei spiritosa, vattene fuori, questo è lo spogliatoio maschile.”
“Per me non è un problema.”
Bucky non parla ma lo sguardo che le lancia forse fa sorgere un piccolo ripensamento nella donna, che alza le spalle e bofonchia: “Va bene, rispetto il tuo senso del pudore anche se mi sembra un po’ retrò, ma trattandosi di te tutto torna, no? Ti aspetto fuori.”
Bucky socchiude gli occhi cogliendo nell’inglese apparentemente perfetto della ragazza un imprecettibile accento che lo trascina nella tundra gelata, si asciuga rapidamente con un brivido, si infila pantaloni e t-shirt ed esce fuori a piedi nudi.
“Chi sei?” le chiede, “Sei russa?”
“Notevole! Sono Yelena Belova e sono in visita parenti.”
“Che parenti?”
“Sto cercando mia sorella.”
“Che sorella?”
“Natalia Alianovna Romanova.”
“Sei la sorella di Nat? Non mi ha mai parlato di te, che vuoi da lei?”
“Quello che vorrebbe qualsiasi sorella dopo lunghi anni di separazione: riabbracciarla.”
Una voce fa girare entrambi di scatto.
“Yelena, non ti aspettavo così presto, pensavo fossi ancora a Berlino.”
“Cambio di programma, i documenti sono arrivati prima del previsto ed eccomi qui.”
“Hai già conosciuto James?”
“Sì nello spogliatoio maschile, un incontro ravvicinato.”
Natasha lancia un’occhiata interrogativa a Bucky, che si sente in dovere di chiarire i possibili malintesi: “Se fosse stato un incontro ravvicinato non saresti qui a raccontarlo ragazzina… Che storia è questa Nat?”
“Scusa James, adesso devo sistemare questa faccenda, poi a casa ti spiego con calma.”
“Con calma… James” sussurra con aria gelida Yelena accodandosi alla sorella.

Quando Natasha torna a casa non è sola, Yelena Belova la segue, entra e le basta un’occhiata per catalogare ogni particolare della stanza: vie di fuga e possibili armi proprie ed improprie, poi l’attenzione le cade su Liho che a sua volta la sta trapassando con occhi ambrati.
“Che gatto meraviglioso” esclama avvicinandosi e allungando la mano.
“Fai atten…”
“Zitta Nat, lascia che Yelena faccia amicizia con Liho” esclama Bucky con sguardo da mascalzone.
La ragazza si avvicina al felino e in punta di dita gli gratta il sottocollo morbido e Liho comincia a ronfare felice; Yelena con delicatezza lo solleva e lo prende in braccio, mentre gli sussurra paroline dolci in russo.
“Ti odio” sibila Bucky quando il gatto gli passa vicino.
“Yelena è stata allevata nella Red Room come me, ci siamo conosciute quando era piccola, io le ho fatto da sorella maggiore per quanto mi fosse permesso farlo, poi dopo che io me ne sono andata ha preso il mio posto, è diventata la Vedova Nera… E’ rimasta in Russia fino alla Decimazione di Thanos, poi approffitando dell’evento è fuggita rimanendo latitante fino a qualche mese fa, quando mi ha contattata. Ha deciso di passare dalla nostra parte come ho fatto io anni fa” lo informa Natasha laconicamente, “Si fermerà da noi un paio di giorni, ci sono alcune pratiche burocratiche da definire prima che possa sistemarsi all’Avengers Academy.”
Bucky non riesce a nascondere un’espressione infastidita che non sfugge alla ragazza.
“Non sembri molto felice di avermi tra i piedi, io invece ne sono entusiasta, finalmente posso conoscere da vicino il Soldato d’inverno, sei una leggenda!”
“Io non sono il Soldato d’inverno.”
“Però lo sei stato e per lungo tempo.”
“Ma non lo sono più.”
“Ti sbagli! Io, Natalia e anche tu saremo sempre quello per cui siamo stati modellati, la Russia è come la Regina delle Nevi: un pezzo di ghiaccio ci rimarrà sempre conficcato nel cuore, che lo vogliamo o no.”
Bucky si alza di scatto, sparisce un attimo e torna con addosso il giaccone.
“Dove vai?” chiede Natasha sorpresa.
“A portare fuori il cane” risponde a denti stretti Bucky.
Nat è una spia e conosce a menadito il linguaggio del corpo, soprattutto quello di Bucky e sa che quando la ruga che ha tra le sopraccigia si approfondisce, gli occhi gli diventano quasi scuri e le labbra si tendono assottigliandosi è altamente consigliato non aggiungere una parola, quindi lascia che Bucky si chiuda bruscamente la porta alle spalle, senza fiatare.
“Avete un cane?” domanda Yelena con voce tranquilla.
“No!” Natasha fa un respiro profondo e fissa negli occhi la ragazza seduta accanto a lei, “Ti rendi conto che quello che hai fatto è un discorso sgradito?”
“Non ne capisco il motivo, dovrebbe essere fiero di quello che è stato: il killer migliore di tutta la storia, un mito!”
“Era una macchina, come potrebbe esserne fiero. Non parlarne più.”
“La storia di voi due era leggenda alla Red Room, tutte noi sognavamo una storia così!”
“E’ stata una storia piena di paura e dolore.”
“Ma anche di passione.”
Natasha non può trattenersi dal sorridere suo malgrado: “Già… Di grande passione.”
“Ed ora tu e lui state insieme come una qualsiasi coppia di mezz’età.”
“Di mezz’età? Ci vedi così?”
“Più o meno… Però nello spogliatoio gli ho buttato un’occhiata e devo dire che ho trovato molto eccitante quel braccio di metallo, chissà a letto com’è, quali sensazioni può dare…”
“Fai questo discorso quando c’è lui e potrai provare tu stessa quali sensazioni può dare, ma non ti garantisco che siano piacevoli, sentirlo mentre stringe il tuo collo e le tue vertebre cervicali schricchiolano non è granchè divertente.”
Yelena la osserva con un misto di ammirazione e invidia: “Non sarà divertente ma sicuramente molto eccitante! E comunque anche senza il braccio artificiale, James nonostante l’età è ancora molto figo.”
“Vorrei non lo chiamassi così.”
"Figo?"
"No, James."
“Ohh, hai l’esclusiva sul marchio, ho capito!”

La mattina dopo Bucky entrando ancora assonnato in bagno, trova Yelena in slip, reggiseno e lunghi capelli biondi sciolti sulle spalle che sta trafficando davanti al lavabo.
“Ehi non si usa bussare?” lo redarguisce la ragazza con aria di riprovazione, chiudendogli la porta in faccia.
“Che c’è?” sbadiglia Natasha da sotto al piumone, quando Bucky ritorna in camera brontolando.
“Non so se tua sorella riuscirà a trasferirisi all’Academy, forse morirà prima.”
“Dai non fare il guastafeste, rimarrà per poco, al massimo fino alla fine della settimana.”
“Non dovevano essere due giorni?”
“Qualcuno di più probabilmente.”
Dopo poco un profumino invitante invade tutta la casa attirandoli in cucina dove Yelena è intenta a spadellare, coperta solo da una canottiera che le copre a malapena lo slip.
“Cucini sempre vestita così?” non riesce a trattenersi dal punzecchiarla Bucky, che però fatica a distogliere lo sguardo dalla ragazza.
“Qualcosa da obiettare?”
“Forse un filo esibizionista no?”
“Non che la cosa ti dispiaccia visto che non riesci a staccarmi gli occhi di dosso, dico bene Sergente?”
“Sergente? Da dove ti è uscita questa, chiamami Bucky come fanno tutti.”
“Niente da fare, voglio anch’io un nome in esclusiva come Natalia, comunque passando alle cose serie il vostro frigo è una desolazione, ho fatto del mio meglio con quello che ho trovato” e depone davanti a ciascuno un piatto con uova morbide al punto giusto, bacon croccante, tost fragranti e una tazza di caffè bollente ed aromatico.
“Mio Dio non ci posso credere, mi sembra di essere tornato ragazzo” esclama Bucky con gli occhi lucidi, mentre Natasha lo guarda tra il divertito e l’irritato.
“Se mi porti a fare la spesa, posso cucinarti qualcosa anche domani, magari dei pancakes se ti piacciono.”
“Se mi piacciono? Li adoro! Da ragazzo mia madre me li preparava sempre la domenica.”
“Come vedi basta poco per farlo felice” sospira Nat, poi segue lo sguardo di Bucky che si è spostato dal piatto al fondoschiena di Yelena che, davanti al suo naso, si è appena piegata per recuperare il latte dal frigo.
“Sorella che ne dici di vestirti, qui penso io a riordinare, è già tardi e abbiamo un mucchio di cose da fare all’Academy, James tu che fai?”
“Vengo più tardi, ho promesso a Parker di allenarci un po’ insieme.”
E’ quasi sera quando Bucky entra nella sala riunioni dove Natasha, Sam, Bruce e Yelena sono impegnati a visionare files e documenti.
“Io me ne vado a casa” comunica.
“Ehi Sergente aspetta” Yelena si alza e cerca lo sguardo della sorella, “Sono molto stanca Natalia, che ne dici se torno con lui?”
Non è una domanda in realtà, perché la ragazza è già in piedi e pronta ad uscire.
Nel garage Bucky le porge il casco e dà un’occhiata di disapprovazione al suo abbigliamento: “Avrai freddo in moto vestita così” ma una risata di scherno lo blocca facendolo sentire uno stupido e quando, sfrecciando per le strade di New York, sente le braccia della ragazza seduta dietro di lui stringerlo e il corpo appiccicarsi alla sua schiena, sa perfettamente che non si tratta di una manovra per scaldarsi, ma di qualcos’altro che le sta passando per la testa.
Il suo alito tiepido gli solletica il collo e un bisbiglio soffice gli arriva dall’interfono: “Non sarebbe meraviglioso se stessimo partendo io e te per una missione insieme?”
“L’unica cosa che possiamo fare insieme stasera è fermarci a fare la spesa, domani mi aspetto i pancakes” risponde lui ruvido.
Quando Natasha rientra trova la tavola apparecchiata e Bucky che sorseggia un bicchiere di vino.
“Sorella muoviti che si sta freddando tutto.”
Nat si siede trovandosi in mano un calice di Chianti e davanti un piatto con pollo fritto, verdure miste e una patata al forno con crema di formaggio che trasuda dal suo interno.
“Il Sergente, in cambio di questa cena, mi ha promesso che domani mi porta a fare un giro turistico per New York” annuncia Yelena e Natasha non può far altro che annuire.
La mattina dopo osservando sua sorella servire una montagna di pancakes ricoperti di succo d’acero a Bucky e il sorriso stranamente affettuoso che lui le concede, sente suonare un campanellino d’allarme.
“Divertitivi oggi” dice con voce fintamente allegra.
“Perché non vieni anche tu” replica Yelena con aria altrettanto fintamente ingenua.
“Non posso, devo essere a Washington per una riunione, tornerò stasera tardi.”
Bucky la bacia prima che se ne vada e apparentemente sembra che tutto sia come prima, ma il campanellino continua a suonare e Nat ha il presentimento che qualcosa di pericoloso stia gettando la sua ombra su ciò che le è più caro.
Sono le dieci di sera quando si prende una pausa dalla riunione per una videochiamata.
“Mi dispiace James ma non riesco a tornare, la riunione andrà ancora per le lunghe, mi fermerò qui per la notte.”
“Qualche problema?”
“Niente, l’unico rischio che corro è morire di noia. A voi come è andata la giornata?”
“Ohh bene direi, ti passo Yelena così te lo conferma.”
Natasha coglie un brusio di voci smorzate, luci soffuse e calde e un ambiente che non riesce a identificare.
“E’stata una giornata bellissima sorella, James mi ha portato in giro tutto il giorno e poi mi ha offerto la cena e adesso siamo in un locale veramente carino e ci stiamo sbronzando con una bottiglia di vodka come dei veri russi quali siamo.”
“Parla per te” ridacchia Bucky poi riprende lo smartphone, “Non è vero Nat, solo lei ha bevuto troppo, io non ho nessun problema, sono perfettamente sobrio” e la connessione sparisce prima che lei possa rispondere, lasciandola inquieta per un motivo che conosce bene, anche se fatica ad ammetterlo anche con se stessa.

Natasha apre piano la porta di casa, entra silenziosa come un’ombra e come un’ombra Liho le si avvicina strusciandosi contro le sue gambe senza miagolare.
Non accende la luce, ha una piccola torcia in mano con la quale illumina il divano letto dove dorme Yelena che è vuoto, con le coperte sbattute da parte come di chi si è alzato in fretta. Tutto è buio e silenzioso. Si dirige verso il bagno anch’esso vuoto e si sofferma con l’orecchio accanto alla porta chiusa della camera da letto, con il timore di sentire quello che non vorrebbe mai, ma anche lì tutto tace.
Apre la porta bruscamente e accende la luce.
Bucky è già seduto prima che lei possa entrare e ha in mano la pistola che tiene sempre sotto al cuscino.
Natasha alza le mani: “Sono io, va tutto bene.”
Bucky la guarda stranito: “Nat che ci fai qui, che ore sono?” poi getta uno sguardo alla sveglia, “Le due? Ma che diavolo succede?”
Natasha non lo ascolta ma gira lo sguardo intorno: il cuscino accanto a Bucky è intonso, le coperte ben tirate. Evita di guardare sotto al letto e dentro all’armadio per non dare troppo nell’occhio.
“Dov’è Yelena?”
“Yelena? Sta dormendo credo, non lo so!”
“Di là non c’è!”
Si sente un rumore di chiavi, Natasha schizza in soggiorno giusto il tempo per vedere sua sorella entrare in casa.
“Dove sei stata?”
“Sei tornata prima del previsto, qualcosa da controllare?” le sorride Yelena beffarda, “Comunque sono uscita a comprare le sigarette, se non fumo non riesco a dormire.”
Natasha le lancia un’occhiata indecifrabile, poi torna in camera.
“Mi vuoi spiegare cosa sta succedendo? Perché sei tornata in anticipo?” sbadiglia Bucky.
“Mi mancavi tesoro” dice Nat mentre rapidamente si spoglia e nuda si ficca sotto le coperte, “Vieni qui, abbracciami.”
Quando Bucky si sveglia trova il letto vuoto. In soggiorno Natasha, seduta sul divano con solo una sua t-shirt addosso e le gambe nude appoggiate al tavolino, è occupata a telefonare, mentre Yelena sta riempiendo il suo borsone.
“Mi dispiace Sergente oggi niente colazione anche se ne avresti bisogno, visto il notevole dispendio di energie di stanotte.”
“Ti sei divertita ad ascoltarci?”
“Avrei fatto volentieri a meno, ma siete fastidiosamente rumorosi.”
“Dove stai andando?” decide di cambiare discorso Bucky.
“Mia sorella ha sfoderato tutta la sua efficienza e capacità di persuasione e ieri sera ha fatto firmare i documenti che mi assegnano alla tutela degli Avengers in tempo record.”
Natasha chiude la comunicazione e le rivolge uno smagliante sorriso: “L’agente Carter sta arrivando, ti porterà lei all’Academy, Wanda ti ha gia sistemato una stanza accanto alla sua, ti troverai bene: camera tutta per te, palestra, piscina, poligono di tiro, compagnia piacevole e varia, non dovresti annoiarti.”
“Perché viene Sharon? Potevamo portarcela noi all’Academy” interviene Bucky.
“Noi abbiamo un aereo che ci aspetta fra meno di due ore, ci conviene sbrigarci.”
“Per andare dove?”
“Tulum, Messico, tre notti prenotate in un bungalow sul mare.”
“Stai scherzando?”
“Neanche un po’, ho pensato che io e te non siamo mai stati in vacanza, una vera vacanza voglio dire, che ne dici?”
“Dico che è un’idea magnifica, ma che devo ancora capire cosa ci sta sotto.”
“Stai diventando paranoico? Ho solo voglia di passare qualche giorno io e te da soli tutto qui ed ora vai a farti la valigia, io la mia l’ho già pronta.”
“Ok, allora ci si vede Yelena, qualche sera sei invitata a cena a patto che cucini tu.”
Yelena gli concede un sorrisino come congedo, poi si mette il borsone a tracolla ed esce accompagnata da Natasha.
“Ringraziami sorella per quello che ho fatto perché l’ho fatto per te” mormora, “anche se confesso che è stato piuttosto piacevole.”
“Di che parli?”
“Troppa sicurezza fa male all’amore, qualche dubbio ogni tanto aiuta a ravvivare la passione, non trovi? Fai buone vacanze sorella.”

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Capitolo 4
*** Marvel Comics. ***





CASA BARNES


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4. Marvel Comics.


Il suono del campanello fa alzare Natasha dalla poltrona dove è sprofondata nella lettura, recupera la sua pistola preferita dal cassetto e si avvicina scalza e silenziosa all’ingresso, con Liho che la segue con la coda che si muove nervosamente e le orecchie abbassate ai lati.
Guarda dallo spioncino e vede Bucky con in mano uno scatolone.
“Perché hai suonato?” chiede aprendo la porta.
“Non trovo le chiavi, devo averle ficcate in qualche tasca chissà dove.”
Bucky entra e posa lo scatolone sul tavolo.
“Che cos’è?” chiede Nat curiosa.
“Fumetti.”
“Fumetti?”
“Me li ha dati Peter.”
“Per quale ragione?”
“Oggi l’ho accompagnato a casa e mi sono fermato a dargli una mano a sistemare la sua stanza.”
“Scusa?”
“La zia di Peter, che tra l’altro sembra tutto fuorchè una zia, gli ha dato un ultimatum tipo –o fai pulizia nella tua stanza o butto tutto giù dalla finestra- hai presente no?”
“No, alla Red Room buttavano te dalla finestra, se nella tua camera c’era qualcosa che non andava.”
“Ok certo… Comunque mi ha fatto pena, mi ha ricordato me alla sua età alle prese con le sgridate di mia madre… Beh abbiamo portato parecchi scatoloni di marchingegni nel garage del suo amico Ned, poi quando ha saputo che non ho mai letto dei fumetti ha insistito perché mi portassi a casa questi.”
“Che gentile, proprio un bel pensiero! Mettili da qualche parte in modo che non li abbia tra i piedi, per favore.”
“Parecchi fumetti parlano di supereroi.”
“Lo so, ma è un genere di lettura che non mi interessa e poi con i supereroi già mi basta averci a che fare tutto il giorno.”
“Li metto a fianco del divano così quando mi sveglio e non riesco più a riaddormentarmi so come passare il tempo.”
“Sempre meglio che smontare e rimontare l’arsenale che tieni sotto al letto.”
“Mi rilassa… Ehi guarda, ci sono fumetti che parlano degli Avengers, sapevi anche questo?”
“Me l’hanno detto.”
“Iron-man! Questi Peter mi ha chiesto di riportarglieli, penso fosse molto affezionato a Stark.”
“Sì, la cosa era reciproca, Tony aveva un rapporto quasi paterno con Peter, anche se non lo avrebbe mai ammesso.”
“Ehi c’è anche Captain America.”
E Bucky si incanta a sfogliare le pagine che raccontano le avventure del suo amico d’infanzia.
“Steve lo sapeva che pubblicavano fumetti su di lui?”
“Sì e ne era molto imbarazzato” sorride Nat ricordando l’espressione di Steve e sentendo un vuoto per la perdita dell’amico, anche se in realtà ricordare Steve non è così doloroso come ricordare Tony, perché in fondo lui ha solo deciso di trasferirsi nel posto dove era sempre rimasto il suo cuore.
“Ma queste storie da dove le hanno prese?”
“Per la maggior parte sono invenzioni degli autori, anche se penso che un fondo di verità sia sempre necessario per imbastire una buona storia.”
Bucky raccoglie con cura tutti i fumetti di Captain America: “Questi li tengo da parte, non me la sento di leggerli ora, preferisco partire con qualcosa che non mi tocca da vicino.”
“Ok adesso però mettili via, ti ricordi vero che hai promesso di portarmi al cinema?”
Bucky rimpiange l’inespressività del Soldato come risposta a qualunque cosa accaddesse, visto che non riesce a trattenere una smorfia di disappunto.
“Non te lo ricordavi!”
“Certo che sì” bluffa, “Mi do una sistemata e andiamo… Cosa vediamo?”
“L’ultimo film di James Bond.”
“Bond… Che sarebbe?”
“Oh mio Dio James sei sfiancante, te l’ho già spiegato: è la migliore spia dei servizi segreti inglesi.”
“Il SIS? Hanno buoni agenti in effetti, ma perché dobbiamo andare a vedere questo Bond quando lo sanno tutti che la miglior spia al mondo sei tu?”
“Ti ringrazio, ma io adoro James Bond e lo adorerari anche tu vedrai.”
“Non ne sarei così sicuro, comunque almeno mi metterò un po’ alla pari, visto che mi sono perso un sacco di cose in questi settant’anni.”
“Non ti preoccupare, sui fondamentali non vai troppo male; dai muoviti dobbiamo passare a prendere Wanda e Yelena, dopo il cinema avevamo intenzione di andare a bere qualcosa, che ne dici?”
“D’accordo, però la prossima volta che usciamo perché non andiamo a ballare?”
“Mmm… Forse perché è difficile trovare dei locali dove si balla lo swing anni 40?”
“Sono un bravissimo ballerino, posso adattarmi anche a qualcosa di diverso.”
“Vedremo… Domani ho detto a Sam che mi prendo un giorno di vacanza così posso fare un po’ di shopping con calma, ho assolutamente bisogno di un vestito da sera per la settimana prossima, tu hai qualche impegno?”
“Ho la seduta dalla strizzacervelli.”
“Quando hai finito ti va di raggiungermi in centro così pranziamo fuori?”
“Perfetto… Ma un vestito da sera per fare cosa?”
“Per la prima del New York City Ballet naturalmente, abbiamo comprato i biglietti mesi fa.”
“Abbiamo? Vuol dire che devo venire anch’io?”
Nat non lo considera neppure, ma va in camera a prepararsi per uscire.

Natasha è felice, si è svegliata presto e dopo aver dato una sistemata veloce ad un mucchio di fumetti che Bucky ha lasciato sparpagliati in giro, segno tangibile della notte trascorsa insonne, è uscita lasciandolo ancora addormentato. Arrivata a Manhattan, dopo aver fatto una ricca colazione, ha girato per negozi in Fifth Avenue, finchè approdata da Saks si è divertita a provare una serie di outfit praticamente di tutte le griffes, optando alla fine per un abito dorato di Oscar della Renta e dei sandali Louboutin e ora, mentre aspetta Bucky per mangiare al ristorante dell’ottavo piano, le borse appoggiate al suo fianco la fanno sentire appagata.
A volte una spesa pazza è quello che le ci vuole per sentirsi solo una donna, per dimenticare il suo lavoro e far finta di essere una principessa per la quale le uniche cose importanti siano un vestito da favola e sandali tacco quindici.
L’arrivo di Bucky la distoglie dai suoi pensieri.
“Sto morendo di fame, ordiniamo?” lo anticipa.
Bucky annuisce ma sembra preoccupato, ha l’espressione tesa che a Nat ricorda quella del Soldato: dura e contratta.
“E’ uscito qualcosa di brutto in seduta?” chiede con l’ansia tenuta a fatica sotto controllo, perché ricorda ancora molto bene come tornava Bucky le prime volte: chiuso in un mutismo che anche lei non riusciva a scalfire e con incubi che lo svegliavano tutte le notti.
Lui scuote la testa: “Esce sempre qualcosa di brutto, ma la seduta non c’entra.”
“E allora che ti succede?”
“Non a me, piuttosto che è successo tra te e Clint?”
“Clint? Che avrebbe dovuto succedere?”
“Pensavo che foste solo colleghi ed amici ma non è così vero? C’è stata una storia tra voi.”
“Che stai dicendo?”
“E un’altra cosa: chi è Daredevil?” *
“Chi?”
“Non fingere con me, non sono il solito idiota da prendere per il culo, chi cazzo è questo tipo, questo come si chiama… Murdock… Avvocato Matt Murdock?”
“Ti senti bene James?”
Bucky estrae dallo zaino dei fumetti.
“Ecco qui… Stanotte non sono riuscito a dormire granchè e ho letto parecchi fumetti, ce ne sono molti che ti riguardano lo sapevi?”
“E allora?”
“C’è addirittura una serie su di te e questo tipo, fate coppia fissa e siete amanti, si può sapere chi è?”
“Bucky ma sono fumetti, questo tipo non esiste.”
“Così come Hawkeye, anche lui non esiste?”
“Ma tu sei impazzito! Mi stai facendo una scenata di gelosia basandoti sulle storie che hai letto nei fumetti. Ma ti senti?”
“Lo hai detto tu che c’è sempre un fondo di verità in queste storie.”
“Il fondo di verità è che io e Clint ci conosciamo da molti anni e ci lega un grande affetto, lui mi ha salvata, se sono qui lo devo a lui. Lui, Laura e i ragazzi sono la mia famiglia, non c’è mai stato niente tra noi, forse all’inizio un’attrazione fisica non lo nego, ma non è mai sfociata in nulla d’importante.”
“Che concretamente significa?”
“Che concretamente non abbiamo mai scopato, contento?”
“E Daredevil, già solo il nome fa ridere.”
“Piantala James, se vuoi sapere la lista dei miei amanti mi dispiace ma non l’avrai da me; prima di rincontrare te ho avuto diverse storie più o meno serie e allora? Tu eri il Soldato d’Inverno, pensavo che non ci potesse mai più essere nulla tra noi. Non ho vissuto come una suora, non penso che tu sia sorpreso nel sentirmelo dire.”
“Voglio solo sapere se quello che c’è scritto su te e questo Murdock è vero.”
“Anche se lo fosse tra noi è finita da un pezzo e sai perché?”
Bucky scuote la testa.
“Perché tenevo di più alla mia indipendenza che a lui, non volevo vivere con qualcuno che avesse bisogno di farsi carico della mia sicurezza, per dimostarmi che mi amava.”
Bucky si morde il labbro e abbassa gli occhi, un modo di fare che gli è rimasto da quando era ragazzo e che è riemerso dopo che il Soldato si è ritirato, Nat lo guarda e non può fare a meno di notare le ciglia lunghe che gli ombreggiano gli occhi e quell’aria da ragazzino che spunta fuori quando meno lei se l’aspetta e che la persuade sempre a perdonarlo.
Questa volta però è intenzionata a non cedere; pensa a San Francisco e a quel periodo in cui lei e Matt erano una coppia, una breve parentesi nella sua vita costellata da avventure più o meno pericolose, rischiose e potenzialmente letali.
Il cameriere che è stato per tutto il tempo a debita distanza intimorito dal tono minaccioso dei due, decide cautamente di avvicinarsi.
“I signori vogliono ordinare?”
Nat e Bucky ordinano le prime cose che leggono sul menù, poi Nat prende il telefono e comincia a scorrerlo ostentando attenzione, mentre Bucky si immerge nella contemplazione del panorama che si vede dalle vetrate.
Il cameriere che va avanti e indietro è un diversivo, così come mangiare senza staccare gli occhi dal piatto.
“Vedi anche me come un ostacolo alla tua indipendenza?” alla fine chiede Bucky alzando gli occhi chiari su di lei, con l’aria arrendevole di chi accetterà la riposta qualunque sia.
“Tu sai perché non posso più accettare che qualcuno si occupi della mia vita pur con tutte le migliori intenzioni del mondo, lo sai meglio di chiunque altro; so che anche se a volte sono insopportabile tu mi capisci, perchè il passato ci rende simili: quello che ci hanno fatto, quello che ci hanno tolto, quello a cui ci hanno costretto… Tu sei l’unico che può capirmi James.”
Bucky annuisce piano, riprende lentamente i fumetti lasciati sul tavolo e li ripone nello zaino, poi si alza.
“Vado a pagare.”
“Lascia faccio io…Ops… Scusa” Natasha sa che è inutile discutere con le teorie anni 40 di Bucky, sul fatto che è inaccettabile per un uomo lasciare che una donna paghi al ristorante o da qualsiasi altra parte.
“Ci vediamo più tardi a casa Nat, io riporto a Peter i suoi fumetti.”


* Nel ComicVerse Natasha Romanoff ha diverse relazioni sentimentali oltre a quella con il Soldato d’Inverno, tra cui con Clint Barton/Hawkeye ma soprattutto con Matt Murdock/Daredevil con il quale ha formato una coppia sia nella lotta al crimine che nella vita reale, trasferendosi per un periodo a San Francisco con lui.

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Capitolo 5
*** Io odio i ragni. ***





CASA BARNES


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5. Io odio i ragni.


Bucky e Natasha sono appostati davanti all’entrata sotteranea di una delle basi segrete dell’Hydra nuovamente risorta, in cui si è rifugiata l’agente Elsie Carson dopo essersi impossessata, per scopi criminali, del progetto del Dottor Sampson sull’utilizzo dei raggi gamma. La missione è catturare la Carson e recuperare i progetti che in mano al gruppo di terroristi potrebbero diventare un’arma di massa.
“Siamo pronti?” dice Bucky aprendo il collegamento con gli auricolari di Nat e Peter.
Natasha fa un cenno di assenso e controlla l’arma nelle sue mani.
“Quindi io devo proprio rimanere qui?” la voce di Parker giunge alle orecchie dei due con un leggero fischio.
Bucky sbuffa: “Peter ne abbiamo già parlato, in questa missione tu fai da riserva, sei in panchina hai capito? Entri in campo solo nel caso che uno di noi due si faccia male, non sono accettati colpi di testa personali, è chiaro?”
“Chiarissimo Signor Barnes.”
Bucky guarda sconsolato Nat che scuote la testa.
“E poi vi preoccupate che io possa avere problemi d’identità! E’ il minimo che mi possa capitare se ognuno continua a chiamarmi in modo diverso. Peter ti ho detto un milione di volte di chiamarmi Bucky, non è difficile cazzo!”
“Mi scusi, non si arrabbi, ma mi sembra una mancanza di rispetto nei suoi confronti, lei in fondo è il mio mentore come lo è stato il signor Stark e ha come lui una certa età.”
Bucky si passa una mano sugli occhi: “Punto primo io non sono il tuo mentore, punto secondo io sono molto più giovane del Signor Stark, quindi se mi chiami un’altra volta Signor Barnes giuro che non ti rispondo” e l'audio passa da fischiante a definitivamente spento.
L’avvicinamento avviene rapido e silenzioso senza trovare la minima resistenza, intorno alla base non ci sono guardie armate ne apparenti sistemi di sorveglianza. L’edificio in cui entrano sembra un’innocuo silos in disuso. Dentro però una botola di metallo rivela la vera natura del luogo. Bucky estrae alcuni ordigni esplosivi e li posiziona rapidamente facendola saltare.
La botola divelta nasconde una scala che scende in profondità. Nat e Bucky la percorrono ad armi spianate e si trovano in un corridoio lungo e stretto, illuminato da cellule fotoelettriche che si accendono al loro passaggio.
“Questo posto non mi piace, ha tutta l’idea di una trappola” mormora freddamente Bucky.
Ma non ha tempo di aggiungere altro, che un fuoco di sbarramento blocca loro il cammino.
“Ed ora?” bofonchia Nat.
“Tu ti occupi di quelli a destra, io di quelli a sinistra?”
L’intervallo di qualche secondo tra una sventagliata di mitra e l’altra segna l’inzio della controffensiva da parte dei due che dopo qualche minuto, eliminati gli uomini che ostacolavano il passo, entrano in un locale che non sembra contenere nientaltro che scaffali vuoti.
“A quanto pare ci stavano aspettando e hanno fatto piazza pulita di tutto il materiale compromettente.”
“Non perdiamo tempo, sarebbe seccante se quella ci scappasse proprio sotto il naso” sbuffa Natasha che va di fretta.
Passano attraverso stanze vuote come la prima, finchè a pochi passi da un’uscita sul retro, un’altra concentrazione di fuoco li costringe a cercare riparo dietro ad un muro.
“Perché hai detto a Peter di restare nelle retrovie? Ci avrebbe fatto comodo adesso” Natasha morde il freno, non riesce a sopportare che mentre loro sono bloccati, Elsie Carson stia fuggendo in tutta calma.
“Non lo voglio esporre troppo, non finchè non sia realmente necessario, ho promesso a sua zia di dargli un’occhio.”
“Lo hai promesso a quella zia che che sembra tutto fuorchè una zia? Parole tue ricordi? Non te l’ho mai chiesto prima, ma che volevi dire?”
Bucky si fa trovare impreparato: “Che non è la classica zia che uno si immagina, solo questo” borbotta la prima cosa che gli viene in mente.
“Perché, come ci si immagina una classica zia?”
“Come la mia quando ero ragazzo, una brava madre di famiglia di una certa età.”
“Mentre la zia di Peter…”
“Lei è molto…”
“Molto?”
Bucky si dà dell’idiota -Quando imparerò a tenere la bocca chiusa?- “Carina?” butta lì, sperando che qualcuno si avvicini sparando loro addosso seriamente.
“Carina? Chi vuoi prendere in giro!”
“Sexy, la zia di Peter è molto sexy ok? Ora possiamo chiudere qui questo discorso senza senso e concentraci sulla missione?”
Detto fatto Natasha rotola per terra sparando un fuoco di copertura, permettendo così a Bucky di appostarsi in una posizione più favorevole.
“Merda! La stanno portando via” impreca Nat raggiungendolo, quando scorge un paio di uomini staccarsi dal gruppetto proteggendo una donna.
Bucky toglie dalla cintura una flashbang, s’infila un visore porgendone un altro a Natasha, poi fa rotolare la granata proprio nel punto in cui gli uomini si sono posizionati.
“Facciamo un po’ di luce.”
Quando il lampo luminoso comincia a decrescere in intensità, Bucky sta già neutralizzato gli uomini, lasciando a Nat il compito di inseguire i fuggitivi.
Appena esce di corsa all’esterno lo spettacolo che vede però lo blocca di colpo: uno dei due uomini e la donna sono impacchettati in una ragnatela, mentre il secondo uomo è a terra tramortito dal “morso della vedova”, la scossa emessa da uno dei bracciali di Nat, che se ne sta a braccia conserte accanto a Spider-man.
“Sei lento tesoro, i ragni hanno già colpito” sospira Natasha.
Bucky socchiude gli occhi in uno sguardo omicida: “Non te l’ho mai detto Natalia ma io odio i ragni, ma soprattutto che ne è della disciplina in questa epoca?”


“Non ti preoccupare Peter per noi non è assolutamente un problema accompagnarti a casa, vero James?”
“Se se ne andava volando da un grattacielo all’altro sulle sue ragnatele, ci avrebbe messo un quarto del tempo che ci metteremo noi in auto.”
“Anche meno a dire la verità. Miss Romanoff lei è troppo gentile, ma il Signor Barnes… Cioè volevo dire Bucky ha ragione, perderete un sacco di tempo con questo traffico e forse siete stanchi dopo la missione.”
“Niente affatto, James tu sei stanco?”
Bucky non risponde e continua a guidare nel traffico del Queens con la faccia scura.
Natasha fa spallucce imperturbabile: “Non è stanco Peter, è solo preoccupato.”
“Per cosa?”
“Niente che ti riguardi, comunque questa è una buona occasione per poter vedere dove vivi e conoscere la tua famosa zia.”
“Mia zia non è famosa Miss Romanoff, forse si sbaglia con qualcun’ altro.”
“Io non mi sbaglio mai ricordatelo, ho sentito parlare molto di lei.”
“Ah si? Da chi?”
“Da Tony per esempio e da James, vero tesoro?”
Bucky continua a non rispondere.
“Sono sicuro che anche la zia sarà felice di conoscerla.”
“Vedremo” commenta sibillina Nat.
Quando Peter entra, zia May lo abbraccia tirando un sospiro di sollievo.
“Peter sei tutto intero? Sicuro?”
“Sto bene zia, tutto a posto, Miss Romanoff ha insistito per riaccompagnarmi a casa.”
“Ho sentito tanto parlare tanto di lei, io sono May ” e la donna allunga la mano sorridendo verso Nat, raccogliendo solo uno sguardo tagliente.
“Anch’io ho sentito parlare di lei, James è rimasto molto colpito.”
Bucky sorride stentatamente.
May Parker comincia a sentirsi leggermente in imbarazzo: l’intuito femminile le sta bisbigliando che Natasha Romanoff non è venuta lì con intenzioni molto amichevoli, ma non riesce a capirne il motivo.
“Chi è James?”
“E’ il Signor Barnes zia, cioè Bucky” specifica Peter.
“Ahhh, certo! Bucky è stato molto gentile, sono molto più tranquilla da quando mi hai promesso di tenere d’occhio Peter.”
Natasha ha un sorriso che non promette nulla di buono e sta per ribattere qualcosa, quando viene interrotta dal campanello della porta.
Zia May si allontana e rientra subito dopo accompagnata da Happy Hogan.
“Happy?” esclama Nat presa in contropiede per una volta nella vita.
“Natasha, Bucky! Che ci fate qui, è successo qualcosa?”
“Siamo reduci da una missione e Miss Romanoff ha insistito per accompagnarmi a casa” interviene Peter.
“Natasha c’è qualcosa che dovremmo sapere? Sai io e May ci stiamo frequentando da qualche mese e se c’è qualche minaccia o cose simili ti prego di dirmi la verità, sono in grado di affrontare ogni evenienza”, Happy sta cominciando a sudare freddo e ad immaginare scenari da incubo in cui May potrebbe esser coinvolta.
“Nessuna minaccia Happy davvero, stai tranquillo! Eravamo solo di strada e Natalia era curiosa di conoscere la zia di Peter, sai lui ne parla spesso all’Academy” interviene Bucky.
“Peter ma che vai dicendo su di me?”
“Zia io non ho mai parlato di te, lo giuro.”
“Peter lasciamo perdere ok? Si è fatto molto tardi e noi dobbiamo proprio andare, vero Natalia?”
E senza aspettare risposta Bucky prende Nat per il gomito, spingendola verso la porta d’ingresso.
In auto, imbottigliato in un ingorgo, Bucky impreca sottovoce.
“Chissà a che ora arriveremo a casa con questo casino e tutto perché qualcuno ha voluto verificare di persona quanto sia sexy la zia di Peter da uno a dieci.”
“Abbiamo fatto la nostra buona azione da boy scout: riconsegnare il bimbo-ragno alla zia sano e salvo e… comunque per me sette... Meno, meno e perché sono un tipo generoso, in realtà potrebbe essere un sei e mezzo.”
Bucky sembra aver perso l’udito.
“E secondo te invece?”
“Non meriti una risposta e non l’avrai.”
Natasha azzera le distanza, mette una mano intorno alla nuca di Bucky e sfoggia il suo sorriso, quello che le fa sbocciare una fossetta al lato del labbro e che Bucky, lo sa per certo, trova irresistibile.
“Non provarci Natalia, oggi non attacca.”
“Ma ti rendi conto di quanto puoi essere odioso a volte? Lo sai che è tutta colpa tua! Sei tu che te ne sei uscito con la storia di quanto la zia di Peter sia sexy! Mi hai costretto a fare quella figuraccia con Happy e con quella povera donna e adesso fai pure l’offeso, questo è il col…”
“Zitta Natalia!!”

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Capitolo 6
*** 10 Marzo. ***





CASA BARNES


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6. 10 Marzo.


Bucky è quasi commosso mentre guarda fuori dal finestrino, seduto accanto a Nat che guida.
“Non me l’aspettavo” mormora.
“Cosa?”
“La sopresa che mi avete fatto: la torta, i regali, gli auguri e tutto il resto, sei stata tu ad organizzare tutto?”
“No, cioè io ho comprato la torta e ho detto in giro che oggi era il tuo compleanno, ma poi ognuno ci ha messo del suo ed è venuto fuori qualcosa di più divertente di quello che avevo previsto.”
“Comunque grazie, ho trovato molto delicata l’idea di mettere solo una candelina.”
“Già, centosette non ci sarebbero state sulla torta e poi non ci sembrava il caso di sottolineare la tua veneranda età.”
Bucky ridacchia.
“Sai ero in dubbio se ti avesse fatto piacere” continua Natasha, “Ma poi ho pensato che è bello festeggiare con gli amici ed ora loro lo sono anche per te o mi sbaglio?”
“Diciamo che dopo una iniziale diffidenza ora mi sembra che tutti, chi più chi meno, mi sopportano.”
“Non è vero che ti sopportano, piaci alla maggior parte di loro.”
“Con qualche eccezione…”
“Dai ai diffidenti un po’ di tempo e presto ti adoreranno.”
“Non pretendo tanto.”
“Come vuoi chiamare l’atteggiamento del parterre femminile nei tuoi confronti?”
“Adorazione?”
“Qualcosa di simile e solo perché apri le porte alle signore, ti alzi quando entrano e aggiusti la sedia sotto il loro culetto, aspetti che siano loro a servirsi per prime quando arriva il caffè, anzi porgi loro tazza e zucchero e poi che altro…”
“Mi viene spontaneo, non lo faccio per ingraziarmi il loro favore se è questo che intendi.”
“Ci credo, ma è qualcosa che noi donne non ci aspettiamo più da un uomo e che non ci manca, finchè qualcuno non lo fa con la tua assoluta spontaneità.”
“E’ solo per questo che mi adorano? Solo per le mie buone maniere?”
“Perché sei un gentiluomo d’altri tempi, un po’ come Steve, ma lui non aveva il tuo sorriso da mascalzone e quindi provocava batticuori più casti nelle donne.”
Bucky ride sinceramente divertito e anche un po’ lusingato.
“Comunque il giorno del tuo compleanno non è finito e quindi preparati ad un’altra sopresa.”
“Che genere di sopresa?”
“Aspetta di essere a casa, abbiamo giusto il tempo di farci belli e poi ti porto in un posto speciale.”
Quando entrano in casa, Natasha si china a raccogliere con delicatezza Liho, che aspetta fremente le sue dosi di coccole.
“Mi dispiace piccolo, ma i tuoi padroni stasera devono uscire e lasciarti solo.”
Liho la guarda leggermente indispettito -Mi lasci solo per uscire con quello? Stai scherzando?-
“Comincia tu a farti la doccia James, così poi mi lasci libero il bagno.”
“Che ne dici se ce la facciamo insieme così risparmiamo tempo?”
“Niente da fare, sarebbe il modo migliore per mandare all’aria il mio programma.”
“Come vuoi tu, però il compleanno sarebbe il mio… Come mi devo vestire?”
“Camicia, giacca, elegante senza esagerare.”

Bucky è già pronto da un pezzo ed è già alla seconda sigaretta.
“Natalia guarda che il taxi sarà giù che aspetta.”
“Eccomi sono pronta” e la donna esce dalla camera mentre sta finendo di infilarsi una scarpa, “Allora come sto?”
Bucky rimane con la sigaretta infilata tra le labbra senza spiccicare parola.
“Sei splendida!” si riprende poi.
“Anche tu non sei male, dai diamoci una mossa.”
Il taxi percorre le strade affollate di New York, finchè si ferma davanti ad una insegna luminosa.
“Siamo arrivati.”
“Swing 46?”
“Non eri tu che volevi andare a ballare? Bene ora ti ho accontentato, ho prenotato un tavolo vicino all’orchestra per cenare e poi potrai dimostrarmi la tua bravura come ballerino.”
Dentro Bucky si trova immerso in un atmosfera che lo catapulta a Londra negli anni della guerra, quando nei momenti di tregua tra una missione e l’altra, la musica, l’alcool e le ragazze offrivano un diversivo alla morte.
Dopo aver cenato si alza: “Permette questo ballo signorina” chiede impertinente.
“E’ così che adescavi le ragazze indifese?”
“Non le adescavo, le invitavo semplicemente e neppure allora erano indifese, te lo garantisco.”
“Nessuna ti ha mai detto di no? Funzionava sempre?”
“La maggior parte delle volte” sorride sornione.
Natasha indossa un vestito rosso con un corpetto che le lascia scoperte le spalle, una cintura che sottolinea la vita stretta e una gonna che si allarga fino alle ginocchia, ha i capelli raccolti e un rossetto rosso fuoco a disegnarle le labbra piene e quando lui comincia a farla volteggiare, lei asseconda il suo ritmo con naturalezza.
Bucky ricorda che prima e durante la guerra ballare con una ragazza era il modo più veloce per capire se tra lui e lei esisteva una sintonia tale, da fargli sperare che la serata potesse continuare dopo il ballo e il metodo non aveva mai fallito; se non scattava niente dopo un ballo o due era inutile insistere, tutto si sarebbe fermato lì, ma se invece si accendeva la scintilla, quello era solo un piacevole preliminare che avrebbe portato ad una notte felice.
L’orchestra suona e Bucky perde il conto del tempo, poi lo spazio intorno per un momento diventa sfocato e sfuma pigramente.
Bucky sbatte le palpebre, poi si guarda in giro: le luci sono calde e soffuse, il fumo delle sigarette ondeggia nell’aria, l’orchestra sta suonando Glenn Miller, la gente ai tavoli sta chiaccherando, alcune coppie ballano sulla pista accanto a loro, in un tavolo a lato della pista gli Howlings stanno bevendo e ridendo tra loro: c’è Dugan la cui bombetta svetta su gli altri, c’è Dernier con il suo basco calcato di sbieco sulla testa… Bucky gira lo sguardo mentre balla e tra la gente ferma al bancone vede Steve che sta ordinando da bere per tutti e Peggy Carter, in un abbagliante vestito rosso, gli sta sorridendo con i suoi occhi di velluto e le sue labbra da baciare.
Abbassa lo sguardo sulla ragazza che tiene tra le braccia, è la ragazza più bella con la quale abbia mai ballato ed è la ballerina migliore, loro due stanno facendo scintille e Bucky è sicuro che la serata sarà molto lunga.
Guarda ancora verso il bancone, Steve gli fa un cenno e lui incrocia lo sguardo con l’amico cercando di capire cosa voglia dirgli.
“Steve” mormora.
“Ehi tesoro cosa succede? Stai bene?” ma la voce gli arriva ovattata, poi sente che la ragazza gli prende la mano e lo fa sedere ad un tavolo.
“James torna qui, torna da me.”
“Natalia” mormora, sbattendo ripetutamente le palpebre e facendo un respiro profondo quando la vista ritorna a fuoco, “Ci sono.”
“Mi dispiace James, non avrei dovuto portarti in questo posto, era tanto che non avevi più allucinazioni.”
“Non ti preoccupare, è stato diverso dalle altre volte, è stato piuttosto come rivedere dei vecchi amici… Ero in un pub di Londra dove andavamo spesso alla fine delle missioni per ubriacarci e ballare, questo locale me lo ricorda molto, è per questo che ho avuto l’allucinazione, le stesse luci, la stessa musica… Che stupido avrei dovuto capirlo subito che non era vero: l’aria era piena del fumo delle sigarette.”
“Chi c’era?”
“Gli Howlings che si stavano ubriacando e Steve che stava tentando di imbastire un discorso con Peggy.”
“E io chi ero?”
“Tu eri tu, la ragazza più bella con cui sia mai uscito e la migliore ballerina, ti guardavo e mi chiedevo -Ma questa bellezza come ha fatto ad accettare l’invito da uno come me?-
“Uno come?”
“Un semplice sergente.”
“Mai scelto un uomo per i suoi gradi.”
“Ho anche pensato che noi due stavamo ballando da Dio e che forse la serata non si sarebbe conclusa qui.”
“Ci stai provando?”
“Direi di sì.”
“Non è necessario” e Natasha si sporge e lo bacia, un bacio lungo e pieno di desiderio.
“Che ne dici Sergente se ce ne andiamo a casa?”
“Ai tuoi ordini.”
Fuori l’aria è ancora fresca, Natasha si stringe a Bucky.
“Mi raccomando di non fare lo stupido in taxi.”
“Quando mai ho fatto lo stupido?”
“L’ultima volta che abbiamo preso un taxi.”
“Vedrò di fare il bravo, ma tu non stuzzicare.”
“Quando mai ho stuzzicato?”
“L’ultima volta che abbiamo preso un taxi.”
Natasha mette il broncio per trattenere un sorriso: “Non te lo prometto, buon compleanno tesoro!”

FINE.


E con questa mia ultima fatica si chiude la parentesi, aperta con WinterWidow_Incontri, su i miei due personaggi Marvel preferiti, che adoro ancora di più in coppia. Spero che chi ha letto si sia divertito come mi sono divertita io a scrivere di loro, in modo particolare "Casa Barnes" che è puro cazzeggio, ma che mi ha regalato dei momenti sereni in un periodo complesso.

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