Incanto

di Greenleaf
(/viewuser.php?uid=1173303)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 27: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 
 
 
Prologo
 
 
 
 
Eldihen correva in mezzo alla foresta, il cuore nel petto le batteva come un tamburo. Il vento gelido si scontrò contro la sua pelle candida, facendo muovere i suoi capelli castani disordinatamente. Scostò con una mano il ramo di un albero, guardandosi alle spalle. Si sentì soffocare, l’ansia stava prendendo il dominio delle sue azioni, ormai troppo impaurita non avrebbe retto la tensione. Era viva per miracolo.

Un gruppo di orchi aveva teso un agguanto alla carovana diretta a Valinor di cui lei faceva parte. Ricordava vividamente le grida della sua gente e,  il sangue intorno a lei scorrere sotto i suoi piedi come un fiume in piena, i suoi vestiti ne erano intrisi, lasciandole ancora percepire il forte odore. Le immagini la tormentarono a tal punto da farla tremare.

Urlò, presa dallo sconforto, non riusciva a trovare pace. Era l’unica superstite del gruppo, o almeno credeva. Codardamente aveva abbandonato la sua gente, per nascondersi sotto le fronde degli alberi, scappando da morte certa. Era partita da Imladris, casa sua, per raggiungere le terre immortali, per scappare dalla guerra e vivere felicemente, ma non aveva messo in conto che, anche se aveva organizzato il viaggio nei minimi dettagli, il destino aveva scelto la sua strada prima ancora che lei partisse.

Stava scappando per salvarsi dalla guerra, ma la guerra l’aveva raggiunta, la morte l’aveva sfiorata.
Si guardò intorno. Era ormai distante ma percepiva ugualmente le urla degli orchi, il suono del corno elfico, i cavalieri gridare ed i cavalli nitrire.

Girò il capo da un lato all’altro della foresta. Era completamente sola in mezzo alla fitta vegetazione. Il sentiero era cosparso di pietruzze e grossi cespugli. Spaesata girovagò tra gli alberi, alzando il volto per osservare il cielo, ma non vide nulla. I rami le coprivano del tutto la visuale, creando sul suo capo una sorta di cupola. Gli uccellini svolazzavano beatamente, passando da un ramo all’altro, ignorando ciò che era accaduto.
 Avvertì in lontananza un rumore, si voltò immediatamente, temendo in cuor suo che un orco la stesse seguendo. Tirò un sospiro di sollievo quando vide saltellare una coppia di conigli.

Indietreggiò, guardando i tronchi degli alberi e le formiche muoversi, formando una fila ordinata.

Avvertì l’ansia salire sempre di più, mentre la paura di un altro possibile scontro si fece largo nei suoi pensieri, terrorizzandola completamente.

Ogni rumore per lei rappresentava una minaccia. Mosse il suo sguardo ripetutamente di ramo in ramo, camminando senza meta.

All’improvviso i suoi timori presero vita, avvertì una mano da dietro le spalle tapparle la bocca, immobilizzandola. Non respirava più. Si dimenò, cercando di  scappare da quella presa, ma non riuscì ad allontanare le braccia che la stavano bloccando dalla vita. Percepì un corpo dietro di sé, appoggiò il capo probabilmente su un’armatura di metallo. Rabbrividì a causa di quel contatto, sentendo nel petto un forte bruciore, una paura mai provata fino a quel momento. Non riuscì a muovere un dito, il corpo non rispondeva, come se si fosse di colpo pietrificata.

Non respirò più, si lasciò morire tra le mani del suo assassino. 



 
Legolas, Aragorn e Gimli erano pronti per partire, seguendo le tracce di Merry e Pipino. Si bloccarono sui loro passi quando notarono il corpo stremato di una fanciulla sdraiata a terra, sotto le fronde di un albero, incastrata tra le radici.

Legolas impietosito dalla figura della ragazza si occupò di lei, aiutato dai suoi compagni. Preoccupato fissò le sue labbra carnose, le sue palpebre chiuse ed i vestiti logori che indossava. Gimli abbassò la sua ascia, si tolse il mantello e lo poggiò sulle spalle della sconosciuta, lanciandosi un’occhiata con Aragorn.

 “Apri gli occhi, coraggio, apri gli occhi!” Eldihen sentì una voce in lontananza. Legolas le stava parlando. Percepì delle mani strette alle sue, ma non comprese di chi si trattasse, né cosa stesse accadendo. La testa le faceva male, a tal punto da avvertire un fastidioso fischio nelle orecchie.
Timidamente aprì le palpebre, richiudendole immediatamente. C’era troppa luce intorno a lei.

“Forza apri gli occhi, ascoltami!” si sentì sollevata da terra, avvertì distintamente delle mani sulla sua vita. Si trovò stretta tra le braccia del suo salvatore, completamente frastornata e priva di sensi.
 Era stordita, vittima di un massacro, viva per puro caso, anche se Eldihen non credeva alle coincidenze, sempre se fosse realmente riuscita a sopravvivere.

Avvertì nuovamente sotto di sé il terreno morbido. Era stata accuratamente sdraiata a terra.
“Apri gli occhi!” Legolas delicatamente prese tra le mani il volto della sventurata, sperando che riaprisse le palpebre. Si chiese, guardandola, quante vicissitudini avesse affrontato, com’era finita lì, mezza morta, nel bel mezzo della foresta.

“Legolas!” Gimli posò la sua mano sulle spalle dell’amico. Avrebbe voluto dirgli che forse era toppo tardi, le condizioni della ragazza non sembravano buone, probabilmente se non era morta lo sarebbe stata a breve “Forse non ce la farà!” commentò tristemente.

L’elfo guardò il viso bianco della sconosciuta, le orecchie a punta tipiche degli elfi, la pelle fine e chiara, troppo pallida per i suoi gusti. Era sporca di sangue, sul viso aveva dei graffi e delle foglie incastrate tra i capelli. Sospirò pesantemente. Non avrebbe voluto abbandonarla, si trattava di un elfo femmina, non poteva negarle il suo aiuto.

“Lasciami… lasciami” Eldihen piegò debolmente il collo. La sua voce era flebile, quasi impercettibile. Allungò il bracciò sulle foglie cadute a terra, spostandosi lentamente, completamente distante da Legolas, persa in chissà quale pensiero.

“Sembra che stia reagendo” Aragorn si piegò sulle ginocchia, raggiungendo l’amico a terra. Guardò la fanciulla, spostando la sua occhiata su Legolas.

“Avanti, svegliati!” Legolas sfiorò la sua mano, scrutando i polsi sottili. La sua pelle era troppo chiara confronto le foglie rosse sparse a terra. Sentì la mano di Eldihen stringere debolmente la sua. Posò il suo sguardo sulle palpebre chiuse della ragazza, sussultò quando la vide lentamente sollevare le lunghe ciglia scure, poi richiuderle ripetutamente, fino a riaprire gli occhi e svelare due gemme chiare, azzurre come l’acqua limpida.

“E’ viva!”Gimli sorpreso abbassò la sua ascia stringendola con vigore. In quella giornata così brutta, il risveglio di quella sconosciuta l’aveva messo di buon umore.

Aragorn sorrise debolmente, scostando una foglia secca dalla fronte di Eldihen.

Intimorita osservò i tre sconosciuti, spostando il suo sguardo su ognuno di loro: il nano aveva una folta barba rossa, un elmo in testa e due occhi piccoli ma calorosi. L’uomo alla sua destra la guardava con aria compassionevole, i suoi capelli castani gli ricadevano sul volto, incorniciando gli occhi verdi e luminosi. Passò in fine a guardare l’elfo dinanzi a sé, colpita dai suoi occhi celesti. Lo fissò senza timore. In altri casi avrebbe abbassato lo sguardo ma, senza accorgersene si trovò ammaliata dagli occhi azzurri dell’elfo. Aveva i capelli biondi, color del grano, le labbra sottili e gli zigomi poco pronunciati.

Richiuse le palpebre quando un forte dolore colpì la sua testa. In quell’istante vide tutto nero e la sua mente le ricordò l’accaduto: la fuga dagli orchi ed il massacro a cui era scampata. Vagabonda tra i boschi, dopo aver corso si era accasciata a terra, in bilico tra la vita e la morte. Era stata ferita, ricordava solo che degli orchi l’avevano strattonata e che era riuscita a scappare, mossa dal panico.

Non avrebbe immaginato mai in vita sua che la paura di morire si presentasse anche nei pochi sogni che aveva, eppure poco prima aveva sognato di essere stata uccisa. Avvertiva tutt’ora quella mano sulla sua bocca, bloccarle il respiro, fino a farla morire.

Era solo un sogno.

“Sono morti tutti. Gli orchi hanno ucciso tutti!” la sua voce era bassa e stremata. Legolas la vide riaprire gli occhi azzurri pieni di lacrime. Si muoveva a stento ancora incosciente. Completamente indolenzita cercò di farsi forza sollevandosi da terra, spostò le sue gambe per avvicinarle al busto. Il mantello di Gimli cadde al suolo, Eldihen lo fissò, catturata dalla stoffa verdognola.

Un improvviso mancamento la fece ricadere, Legolas velocemente allungò le mani e l’attirò a sé, stringendola alle sue braccia.

“Non ti muovere” le sussurrò. Con estrema delicatezza appoggiò la sua testa al suo torace, scostando i capelli castani dal suo viso.

“Sono morti tutti… sono morti… li hanno uccisi” Eldihen scrutò gli occhi di Legolas, era serio. La sua vista si appannò, le lacrime tornarono a coprirle gli occhi. Rabbrividì presa dallo spavento. Avvertì le mani dello sconosciuto dietro la sua schiena. La stava accarezzando lentamente. Inalò il profumo proveniente dalla sua tunica verde, rifugiando il suo viso nell’incavo del collo, completamente addolorata.

“E’ tutto finito” Legolas era sorpreso, la accolse tra le sue braccia, consolandola come meglio poteva.

“Mia signora, non devi piangere, qualunque cosa ti abbia ridotta in questo stato è lontana da te. Non temere” Aragorn  cercò di rassicurarla, osservando le lacrime che rigavano il viso limpido di lei.

“Sei al sicuro!” Gimli allungò il collo per guardarla meglio. Legolas la stringeva tra le braccia, chinato al suolo.

Un raggio di luce illuminò i quattro, rischiarando l’ombra e gli occhi cerulei di Eldihen.

“Qual è il tuo nome?” Legolas era delicato, gli sembrò che se l’avesse stretta di più tra le sue braccia le avrebbe fatto male. Pareva fragile, anche un soffio di vento avrebbe potuto procurarle dolore.

“Io sono Eldihen” rispose flebilmente, rimanendo appoggiata al torace dell’elfo “Eldihen di Imladris”

“Vieni da Gran burrone?” domandò curioso Aragorn.

“Si” Eldihen ripensò alla sua amatissima città. Aveva vissuto a lungo ad Imladris, la valle di sire Elrond. I ricordi più belli erano legati alla sua dimora, ai lunghi pomeriggi trascorsi a passeggiare e le notti argentate passate sotto le stelle luminose. Ripensò al giorno della sua partenza, ai bagagli sul letto, i vestiti sparsi lungo la stanza e la carovana che avrebbe dovuto accompagnarla fino ai Porti Grigi. Le tornarono in mente le grida che aveva ascoltato durante l’assedio. Era spaventata. Ancora sentiva le suppliche della sua gente nelle orecchie, poteva tutt’ora vedere i corpi dei suoi compagni stesi a terra, privi di vita e il sangue sgorgare dalle loro carni, come acqua sui sassi.

“Sono morti tutti” iniziò a piangere, un pianto liberatorio, pieno di singhiozzi e dolore. Era divenuta rossa, il suo cuore batteva all’impazzata, respirava con molta fatica, l’aria la percepì rovente, bruciava dentro le narici come lava incandescente. Le lacrime rigarono il suo viso, bagnandole i capelli e le mani che debolmente si erano posate sul torace dello sconosciuto, aggrappandosi alla sua tunica verde.

“Eldihen. Guardami!” Legolas preoccupato spostò il suo braccio trattenendola dalla vita sottile, con una mano le sollevò il  mento di poco, facendo in modo che i loro sguardi si incrociassero. Era seriamente preoccupato, doveva ammettere che per lui la situazione era nuova, non sapeva come comportarsi, ma d’istinto si sentiva in dovere di proteggere la ragazza, anche se non la conosceva “Devi calmarti, sei al sicuro, nessuno ti farà del male, non corri alcun pericolo ora che ti abbiamo trovata!” spiegò pacatamente.

Eldihen si bloccò, guardando gli occhi azzurri di Legolas, come se fossero l’unica luce presente in quel momento. Sentì la presa sulla sua vita farsi più decisa, le dita di lui la stringevano, mentre si guardavano in silenzio.

Sospirò tremando. Deglutì la sua stessa saliva, piegando leggermente il viso, incastrandosi nuovamente nell’incavo del collo dell’elfo. Era terrorizzata e in pieno stato confusionale, anche se si trovava in vita, non riusciva a smettere di piangere. Continuò silenziosamente a versare le sue lacrime nascosta tra le braccia di Legolas.

Intenerito da quella scena, l’elfo si piegò per raggiungere l’orecchio della fanciulla, sfiorò la pelle morbida con le labbra e la guardò “Basta piangere, è tutto passato” le sussurrò dolcemente, carezzandole i capelli, sperando di farla calmare. Eldihen non rispose, si limitò a ricambiare lo sguardo di Legolas, piegando il viso in sua direzione.

“Ho paura…” confessò timidamente “ho paura di morire” si sentì una codarda,  ma doveva ammettere che dopo l’attacco  la paura di morire la paralizzava . Forse si sentiva minacciata da un rischio che normalmente non avrebbe dovuto correre, infondo lei era destinata a vivere essendo un elfo femmina, ma era anche vero che si trovava viva per miracolo e ogni sua certezza  era crollata davanti ai suoi occhi, come un castello di carte.

“Ti prometto che nessuno oserà sfiorarti. Non lo permetterò, credimi” Legolas ricercò il suo sguardo. I loro occhi si trovarono di nuovo, Eldihen lesse nel viso limpido di Legolas serietà e destrezza. Sentì le braccia di lui stringerla in un abbraccio.
 



 
Note Autrice:
Questa storia la tengo nel “cassetto” da un bel po’ di tempo ormai, ed è emozionante condividerla, ricordo i pomeriggi trascorsi sulla testiera, la mia povera schiena grida ancora pietà, ma sono contenta di vederla in mezzo a tutte le altre storie del Fandom. Ho scritto per aver anch’io un mio racconto sulla Terra di Mezzo e sono arrivata a metà storia, quindi manca poco e sarà terminata e mi dispiace perché mi sono affezionata, spero che anche per voi sarà così, spero di regalarvi un’emozione e che quelle serate spese a scrivere possano donare un momento felice a qualcuno, come è stato per me!
In queste mie primissime note, sento il piacere, più che il dovere, di ringraziare  BreathE   perché oltre a farmi da Beta è riuscita a spronarmi e se ho pubblicato oggi è merito suo, quindi grazie di cuore <3. Avrei tanto voluto concludere tutta la storia prima di postarla, ma è anche vero che avvicinandomi ai capitoli conclusivi avvertivo un certo “distacco” quindi ho pensato che fosse meglio postarla per godermela al meglio.
Su Eldihen e i personaggi in generale ho da fare una premessa “capirete leggendo” spero di aver sviluppato bene tutti i punti e dopo mesi di sogni in cui vedevo la mia storia apparire, eccola qua! Ce l’ho fatta. Nel frattempo che voi leggete io la concluderò t.t.
Riguardo gli aggiornamenti: saranno settimanali, il prossimo è di sabato. Mi raccomando date un’occhiata sempre alle note perché a mano a mano vi dirò i giorni!
Grazie per aver letto, spero di sentirvi in qualche commento.
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

 


Il sole stava per tramontare. Era trascorsa mezza giornata da quando la compagnia aveva trovato Eldihen. Si erano fermati per darle soccorso, medicandola adeguatamente una volta che la ragazza si era tranquillizzata. Eldihen aveva raccontato loro dell’attacco degli orchi, della sua fuga, spiegandogli per filo e per segno ciò che ricordava, per poi addormentarsi troppo stanca e afflitta.

Gimli la guardò, appoggiandosi al tronco di un albero, esausto sbadigliò trascinandosi al suolo.
“Dorme da un bel po’!” il viso calmo di Eldihen lo rincuorò. Ricordava con dispiacere le lacrime della sconosciuta, il suo stupore e il tremore delle sue mani. Pareva che fosse stato il destino a farli incrociare, se non fosse stato per Legolas di sicuro non sarebbe sopravvissuta.

“Ha passato un brutto momento” Aragorn seduto su una serpeggiante radice allungò la sua mano per coprire le spalle della donna, avvicinando il mantello che Gimli le aveva donato.

“L’importante è che stia bene” Gimli lanciò uno sguardo all’elfo “Che dici si sveglierà presto?” chiese osservando l’amico che, immobile scrutava  l’orizzonte, studiando con lo sguardo la foresta in cui si trovavano.

“Sta bene, le sue ferite non erano gravi” rispose Legolas richiamato dalla voce del nano. Piegò il volto e preoccupato posò lo sguardo su Eldihen. Riposava tranquillamente vicino al fuoco che avevano acceso. Era riuscito a tranquillizzarla ed a curare le ferite presenti sul suo corpo “Vedrai che si sveglierà presto Gimli”

“Il problema è un altro!” Aragorn passò la sua pipa di legno tra le mani, portandosela poi sulle labbra schiuse “Noi dobbiamo proseguire in fretta. Merry e Pipino hanno bisogno del nostro aiuto ed anche se questa breve pausata non ci ha del tutto rallentati, non possiamo perdere altro tempo”
 
“Mh… I due hobbit saranno spaventati a morte” Gimli chinò il capo, pensando ai due piccoli compagni di viaggio “Hai ragione Aragorn, ma come faremo con la ragazza? non possiamo mica lasciarla in mezzo al bosco!”

“Certo che no. E’ per questo motivo che si presenta il nostro problema. Dobbiamo riflettere sul da farsi”

Legolas non aveva aperto bocca, attento ad osservare gli alberi, il terreno inclinato, le foglie, i movimenti degli animali e del sottosuolo. Grazie alla sua vista e alle sue dote elfiche, aveva scoperto senza tanti problemi gli spostamenti degli orchi che avevano catturato Merry e Pipino.

“Per il momento anche il branco di orchi si è fermato” informò i suoi amici, appoggiando la mano al suolo. Le vibrazioni che percepiva erano differenti, quasi impercettibili. Gli Uruk-hai avevano smesso di correre e si erano bloccati.

“Strano!” Aragorn si alzò da terra, oltrepassò il fuoco ed affiancò il suo amico“E’ da molto che sono fermi?”

“No. Si sono fermati poco fa, non capisco il motivo ma è un punto a nostro favore. Recupereremo presto le loro tracce!” disse serio,  lanciando uno sguardo veloce al suo amico Aragorn.

“Questa è una buona notizia” Gimli portò le mani davanti alle fiamme per riscaldarsi. La notte stava lentamente scendendo, portando con sé, una fitta nube biancastra.

Il vento spostò le foglie rosse a terra, le fiamme si agitarono e la cenere andò sulla barba di Gimli.

“Oh che seccatura!”

Eldihen si girò, allungando un braccio ancora mezza addormentata, tastò il terreno molle sotto di sè, stringendo energicamente una foglia dorata tra le dita. I cappelli erano completamente sparsi al suolo. Si voltò dall’altro lato, appoggiandosi totalmente su un fianco. Lentamente aprì gli occhi, trovandosi dinanzi, il viso curioso di Gimli.

Riconobbe il nano, l’aveva conosciuto prima, quando Legolas l’aveva aiutata a risvegliarsi, reduce del drammatico evento che l’aveva traumatizzata.

Cercò di rialzarsi, sostenendosi con le mani. Avvertì dolore in ogni punto del corpo. Era stremata. Abbandonò l’idea di mettersi in piedi e si rigettò a terra, guardandosi attorno e chiedendosi cosa le fosse accaduto.

“Mia signora” Aragorn accortosi del risveglio di Eldihen le si avvicinò, raggiungendola al suolo “Non devi muoverti, sei ferita”

“Si…” incuriosita studiò la barba poco curata di Aragorn ed i suoi occhi chiari e tremendamente espressivi, spostò lo sguardo su Gimli ed infine su Legolas ”Chi siete voi? Conosco i vostri volti, ma non vi ho domandato come vi chiamate”

“Sono Aragorn, lui è Gimli…” indicò il nano “E lui è Legolas” alzò una mano per indicare l’elfo.

Eldihen ascoltò senza commentare. Un forte dolore l’aveva colpita all’improvviso
“Mi fa male” appoggiò una mano sul suo costato, premendo con forza. Sul suo viso si dipinse un’espressione di dolore. Tirò le labbra, chiudendo vigorosamente le palpebre.

“Evita di toccare o peggiorerai la situazione”

Eldihen ascoltò il consiglio di Aragorn, spostando la sua occhiata su Gimli che la guardava con apprensione. Osservò infine Legolas, incrociando i suoi occhi blu. Il suo sguardo si era posato su di lei.
Piegò il volto quasi scottata dai suoi occhi azzurri come il cielo, ricordando il modo in cui si era comportata quando l’avevano trovata: in preda al panico si era messa a piangere, stringendo le mani di Legolas. Lui l’aveva accolta tra le sue braccia. Si sentì nuovamente stretta tra il suo torace e l’incavo del suo collo. Imbarazzata abbassò le palpebre, portandosi una mano sulla fronte.

“Adesso va meglio di prima” timidamente si voltò per vedere se l’elfo la stesse ancora guardando. Si stupì quando trovò gli occhi di lui su di sé “Grazie!” sussurrò ricambiando la sua occhiata.

“Le tue ferite non erano gravi, dovresti sentirti già meglio”un filo di vento gelido fece danzare i capelli biondi di Legolas. Superò Gimli avvicinandosi ad Eldihen.

“Si, ho solo un po’ di dolore qui” indicò il suo costato, avvicinò le ginocchia al petto e si rialzò di poco, rimanendo seduta sulle foglie “Ma il peggio è passato”

Legolas sorrise flebilmente. Vederla tranquilla e soprattutto sana e salva lo rassicurava  “Sei al sicuro” si piegò su un ginocchio e guardò attentamente il viso della fanciulla: i suoi occhi azzurri erano limpidi e spaesati, le sue guancie stavano poco a poco tingendosi di rosa, le labbra carnose e rosate erano incurvate in un mezzo sorriso.

“Si lo è, ma dobbiamo trovarle un posto in cui stare” Aragorn espresse i suoi pensieri ad alta voce. Anche se l’avevano aiutata, di certo Eldihen non poteva considerarsi salva del tutto, anzi, rischiava di essere travolta da un secondo agguato degli orchi, visto che loro li stavano cercando di proposito.

“Certo che ti sei proprio intestardito!” si alzò anche Gimli, ripulendo con le mani la polvere sulla sua barba ramata “In realtà stavo pensando che sarebbe meglio mandarla a Lothlorien”

Legolas ed Aragorn si girarono simultaneamente per guardare Gimli con espressione contrariata.
“Perché quelle facce? Infondo non siamo così lontani!”

Eldihen sbatté più volte le ciglia, strofinò la sua mano sugli occhi, respirando lentamente. Il terreno sotto di lei era decisamente umido e freddo. Scostò la polvere dal suo vestito azzurro, ascoltando il discorso senza guardare i tre “Non so nemmeno dove mi trovo!” asserì confusa.

Legolas sospirò, spostò gli occhi da Eldihen a Gimli “Non possiamo tornare indietro, perderemmo molto tempo”

“Esattamente” continuò Aragorn posando la mano sull’elsa della sua spada “Dobbiamo proseguire e in fretta” ricercò l’attenzione di Legolas. Era in pensiero per i due hobbit.

“Perché siete ansiosi di andarvene?” radunò l’energia necessaria per mettersi in piedi. Legolas l’aiutò, sostenendola dalla vita, convinto che, non sarebbe riuscita a muoversi da sola.

“Fa piano” i loro visi erano vicini. Eldihen lo guardò, allontanandosi di poco appena percepito il contatto con il corpo dell’elfo. Arrossì lievemente ripensando ai momenti in cui lei stessa si era buttata tra le sue braccia. Quanto doveva essere stata disperata? In una situazione normale non l’avrebbe mai fatto, anche se lei non si trovava in una situazione normale e prima non si era sentita affatto bene, né fisicamente, né psicologicamente. Era normale il cedimento che aveva avuto.

“Sto bene” doveva ammettere che lui era molto delicato nei suoi confronti, la stringeva senza essere per nulla invasivo “Le tue cure hanno avuto effetto!”

“Lo vedo” Legolas, muovendo i suoi occhi sul corpo esile di Eldihen, fu attirato da una delicata collana d’argento che portava al collo. Era preziosa, un gioiello regale. La studiò chiedendosi chi fosse quella misteriosa ragazza che aveva salvato, avrebbe voluto scoprire molte più cose sul suo conto.

“Siamo in cerca di due nostri amici” rispose Aragorn alla domanda di Eldihen “Per questo dobbiamo patire” non aggiunse altre spiegazioni. Non avrebbe confessato nulla sulla compagnia, né delle vicissitudini affrontate con tanto dolore.

“E dove sono i vostri amici?”

“Sono dispersi, non lo sappiamo neanche noi” replicò Gimli appoggiandosi alla sua ascia.

“Mi spiace” poteva comprendere lo stato d’animo dei tre. Si allontanò lentamente dalla presa di Legolas che ancora la stringeva dalla vita “Spero che stiano bene”

“Questa è anche la nostra speranza”

“Io sinceramente non vorrei essere d’intralcio…”Eldihen si avvicinò ad un tronco, appoggiandosi con la schiena “Se voi siete alla ricerca dei vostri amici, di sicuro non potete badare anche me. Non so, potrei andare a Lothlorien da sola se mi indicate la via. Non so nemmeno dove mi trovo, ma se è vicina la raggiungerò”

“Non se ne parla!” Legolas era serio. Eldihen rimase colpita dalla sua espressione matura e dal suo portamento “Dovresti superare il fiume Anduin e la foresta di Lothlorien. Rischieresti di essere trovata dagli orchi”

Eldihen che fin a quel momento aveva reagito prontamente, lasciandosi alle spalle la vicenda che l’aveva colpita, rimase spiazzata dalle parole di Legolas, immaginandosi sola in mezzo ad un gruppo di orchi. Le mancò d’un tratto l’aria. Rimase immobile cercando di trattenere l’ansia e il bruciore dentro il suo petto. Sospirò, chiudendo le palpebre.

“Non ti lasceremo sola stai tranquilla” Aragorn la rassicurò con uno sguardo indulgente.

“Vorrei tanto non essere di peso, ma confesso che il solo pensiero di un aggressione mi terrorizza”

“Non sarai aggredita da nessuno!” Legolas intervenne prontamente, stringendo il suo arco tra le dita. L’avrebbe protetta, se lo era promesso quando l’aveva vista piangere tra le sue braccia.

“Eldihen, non ti devi sentire in colpa, troveremo un modo per portarti a Lorien”Aragorn pensò ad un piano. In realtà aveva in mente di fare una certa cosa da un bel po’. Guardò Legolas chiedendosi se avesse condiviso la sua iniziativa, si spostò e lo raggiunse, convinto più che mai delle sue idee “Legolas  e se l’affidassimo a Nihil? Siamo nei pressi di Amon Hen. Potremmo continuare la nostra missione, lasciando Eldihen in buone mani” gli parlò in modo che solo lui potesse sentire, escludendo Eldihen e Gimli.

“In buone mani dici?” Legolas corrugò la fronte, spostando il capo in direzione di Aragorn “Non credo che Nihil sia affidabile. Tu sai cosa ha fatto tempo fa. Non so come hai preso in considerazione quest’idea”

“Legolas, metti da parte i dissapori e riflettici: Nihil abita vicino la foresta e noi non possiamo portare la ragazza a Lorien. E’ l’unica alternativa” l’uomo alzò la mano in direzione del sentiero, sperando che Legolas lo ascoltasse. Sapeva che tra lui e Nihil non scorreva buon sangue da tempo, ma doveva capire che era l’unico modo per proteggere Eldihen. Nihil era l’unico. Loro non potevano scortarla, avevano un compito da portare a termine.

“Man pedich Aragorn? (cosa hai detto Aragorn)” Legolas sorpreso curvò il viso. Aragorn conosceva la storia di Nihil, il motivo per cui loro non si parlavano più da anni. Rimase in silenzio, avvertendo su di sé, le occhiate curiose di Eldihen che gli era affianco e di Gimli.

“Legolas non abbiamo scelta. Non possiamo lasciare che Eldihen percorra il fiume da sola, ma non possiamo nemmeno abbandonare Merry e Pipino, facendo finta di niente. Proseguiamo, lasciamo Eldihen da Nihil e salviamo i nostri amici. Pensa a loro!”

“Io ci penso a loro. Ma penso anche che Nihil non sia in grado di proteggere Eldihen. Non lo ritengo adatto”

“Per quanto lui abbia sbagliato, non penso che lascerebbe la ragazza indifesa e questo lo sai anche tu!” Aragorn era divenuto serio. Si era avvicinato maggiormente a Legolas guardandolo negli occhi, sostenendo la sua espressione accigliata. Durante gli anni lui e Nihil avevano riallacciato il loro rapporto, consultandosi di tanto in tanto, Legolas non sapeva nulla, Aragorn aveva preferito non confessarglielo, aspettando il momento opportuno per parlargliene.

“Non so di chi stiate parlando ma, se c’è una persona fidata nelle vicinanze che aspettiamo? I due giovanotti hanno bisogno del nostro aiuto” Gimli ruppe la tensione che si era creata tra Legolas e Aragorn, esprimendo il suo giudizio. Il fuoco si stava  lentamente spegnendo e con esso l’ultima luce presente in quella foresta. Le ombre stavano calando, oscurando anche la foglia più colorata.

Legolas osservò gli occhi dell’amico sormontati da due folte sopracciglia. Era combattuto, consapevole che erano veramente con le spalle al muro, ma nonostante ciò, in cuor suo detestava l’idea di dover chiedere un favore a Nihil. Avrebbe preferito tornare con Eldihen da solo e l’avrebbe fatto se non fosse stato per i due hobbit.

“Mi va bene!” Eldihen scostò la sua gonna azzurra, osservando Legolas che si girò di scatto in sua direzione. Non voleva disturbarlo ulteriormente, forse se avesse accettato, lui non si sarebbe opposto “Non ti preoccupare, in fin dei conti si tratta solo di superare il fiume, poi sarò a Lorien, lì conosco molte persone, me la caverò” Spiegò pacatamente.

Aragorn sorrise alla ragazza. Legolas sospirò, schiudendo la bocca. Passò il suo sguardo su Eldihen, gurdandola negli occhi per diversi istanti. Era a disagio, come se le dispiacesse di creare disturbo.

“Cosa ne dici Legolas? Porteremo la ragazza  da Nihil?” Aragorn attendeva con ansia il consenso del compagno, sperando che lui non si impuntasse sui suoi pensieri. Lo considerava saggio tra gli elfi, un abile guerriero, un buon consigliere e un leale amico. Non avrebbe mai preso una decisione senza la sua approvazione.

“Voglio riflettere!” abbassò le palpebre, immergendosi nei suoi ricordi, ricordi di un tempo passato, ormai lontano…
 

 
Nihil, da anni a servizio di re Thranduil, era un grande combattente, il più forte del regno, capitano delle guardie  del Reame Boscoso. Era caparbio e tremendamente orgoglioso. Negli anni, a causa delle guerre combattute  era divenuto introverso, a tal punto da scegliere di vivere lontano dalla città, in mezzo alla foresta, in solitudine, sperando di guarire la sua mente e il suo cuore dalle ferite che si portava dietro da anni, causate da dolorose perdite e da sanguinarie battaglie, combattute sempre con onore. 

Gli orchi in quel periodo avevano preso di mira il Reame Boscoso,  inoltrandosi nella foresta per uccidere senza pietà gli elfi che incontravano nel loro percorso. Nihil era corso in aiuto delle poche vittime del branco di Uruk-hai senza però avvisare il re della minaccia che stava strisciando dentro il suo regno, proprio come una vipera velenosa.

Grazie alle informazioni che riceveva puntualmente dal suo falco bruno di nome Epon,  conosceva i punti in cui gli orchi si fermavano per fare scorta di legna o di acqua. Epon perlustrava ogni giorno il territorio, volando sugli alti alberi e sull’intero reame di re Thranduil, per portare al suo padrone Nihil tutte le informazioni che desiderava.

L’elfo non si era mai deciso di tornare indietro per proteggere la sua città dalla minaccia degli orchi. Si era chiuso in se stesso, e rispondeva solo ai suoi bisogni senza più badare alla salvezza del suo popolo. L’ombra da tempo aveva ottenebrato il suo cuore puro. Per ripulire la sua anima sarebbe dovuto partire presso Valinor, lì avrebbe trovato pace, sconfiggendo l’oscurità e il male che aveva visto nella Terra di Mezzo.

Legolas si era reso conto che qualcosa non stava andando bene quando non vide più rientrare le squadre addette all’esplorazione del territorio. Le persone erano terrorizzate, giravano voci strane e nessuno voleva abbandonare il regno per paura di non farvi più ritorno. Aveva discusso molto con i suoi soldati e dopo svariate suppliche era riuscito a radunare una squadra, con la promessa che lui ne avrebbe fatto parte, in veste di principe di Bosco Atro.

Erano partiti in dieci una mattina, avanzando nell’oscuro bosco. Legolas temerario guidava la squadra in groppa al suo destriero. Poteva leggere negli occhi dei suoi combattenti pura paura. Stavano andando incontro ad una minaccia oscura, senza saper bene quale fosse il loro nemico. Superarono il sentiero, muovendosi tra i tronchi scuri e le rocce appuntite.

Una nube grigiastra ricoprì il percorso. I cavalli impauriti si bloccarono nitrendo.

“Aspettate” Legolas grazie ad un gesto repentino saltò a terra, stringendo tra le mani le briglie del suo cavallo.  I soldati dietro lui lo imitarono, pronti ad un’eventuale scontro. Si guardavano, chiedendosi da dove sarebbe iniziata la battaglia, se a destra o a sinistra. Non sapevano come comportarsi ma avvertivano una presenza sinistra.

Il principe osservò la nebbia farsi sempre più fitta e coprire gli alberi, facendo apparire tutto bianco. Non sapeva se quella fosse opera del nemico, ma ugualmente avanzò, portando le mani sul suo arco.

“Voi rimanete uniti, io proseguirò per vedere fin dove si estende la nebbia. Non vi allontanate per nessun motivo!” era intenzionato a risolvere la faccenda ed in fretta. Senza preoccupazione lasciò gli elfi e si incamminò oltre la nube che aveva completamente coperto il suolo. Si bloccò appoggiando il suo piede in un sasso, per poter guardare con attenzione lo spazio intorno a sé: non fu per nulla facile, il velo di nebbia era talmente alto da coprire ogni cosa. In lontananza intravide uno strano luccichio argentato. Pareva essere un elmo, vicino ad un grosso albero senza foglie. Assottigliò le palpebre per osservare bene le incisioni sull’oggetto che aveva appena visto e quando riconobbe delle scritte in elfico, corse verso il fusto spoglio. Non sapeva a chi appartenesse quell’elmo ma era certo di ritrovare un cittadino del suo regno, fu così infatti, anche se quello che gli si presentò davanti lo paralizzò completamente.

“Non può essere!” sui rami dell’albero erano stati appesi brutalmente le membra di un elfo. Legolas riconobbe l’elmo che aveva visto, scoprendo un volto sotto di esso. Chiuse gli occhi inorridito quando notò le braccia, le gambe, i piedi, la testa sparsi su tutto l’albero, come se fossero delle foglie penzolanti. Quell’elfo era stato mutilato e appeso senza pietà, come una pezza vecchia. Il disgustoso odore di carne putrefatta gli fece trattenere il respiro, ma non si allontanò “E’ opera degli orchi!” era dispiaciuto e convinto che si trattasse di un branco di orchi, chi altro avrebbe commesso un atto così meschino?

Radunò le parti del corpo del povero sventurato, staccandole velocemente dai rami, scavò una piccola fossa sotto i piedi dell’albero e lì lo seppellì, ponendo sul piccolo tumulo di terra, l’elmo argentato che aveva colpito la sua attenzione.

“Che tu possa tornare presto. La tua anima riposerà in pace presso le aule di Mandos” si portò una mano al petto e chiudendo gli occhi pregò.

Era collerico. Sospirò cercando di ricacciare  il nervosismo che avvertiva. Passò una mano su una sua freccia, alzò il viso e studiò attentamente il cielo, per poter vedere oltre i fitti rami il sole debole del mattino.
Un veloce movimento lo attirò completamente. Sulla sua testa si muoveva ad intervalli circolari, un volatile dalle spesse ali marroni, con un becco a punta e delle zampe aperte. Guardò l’animale, ed incuriosito lo seguì, correndo sotto di lui.

“Vorrei sbagliarmi, ma penso si tratti di Epon!” avvertì un forte formicolio alle braccia, correva per non perdere di vista il falco, superando radici, cespugli e sassi. Non si bloccò nemmeno quando si trovò di fronte ad un terreno melmoso. Corse e raggiunse la meta del falco, fermandosi ai piedi di una piccola casa, posta al di sopra delle grosse fronde di un albero.

Spazientito ed incollerito si arrampicò sui rami aiutandosi con le mani, raggiunse la piccola abitazione ed entrò dalla porta, rompendola con un calcio.

Nihil aveva teso il braccio per accogliere il suo falco.  Si era girato in direzione dell’entrata, trovandosi Legolas dinanzi. La porta in legno giaceva a terra, vicino al tavolo.

“Mio principe!” stupito gli si avvicinò.

“Da quanto spii le mosse degli orchi? Da quanto tempo mandi il tuo falco a guardare la morte dei miei soldati? Trovi gusto a sapere che il tuo popolo è attaccato?” Legolas era nervoso, non era riuscito a calmarsi e, sospettando che Nihil conoscesse da tempo la situazione era corso a casa sua per richiamarlo.

“Ho cercato di difendere i tuoi soldati mio signore, ma il gruppo di orchi si muove velocemente” il falco aprì il becco emettendo un suono sgradevole.

“Difendere! E come? Guardando le mosse degli orchi senza avvertire il tuo re? Saresti dovuto venire da mio padre ed esporre l’accaduto. Invece sei stato fermo, mandando il tuo falco in esplorazione, per raccogliere le informazioni necessarie per rifugiarti. Sei un codardo!”

“Io non sono venuto dal tuo padre ma…”

“Ma cosa?” Legolas si sentì tradito. E pensare che Nihil un tempo era un ottimo combattente, che fine aveva fatto il suo valore?

“Ma non ci sono riuscito… porto ancora le ferite delle vecchie guerre, temo di entrare a palazzo, ho troppi brutti ricordi!”

Legolas sospirò pesantemente stringendo un pugno. Non poteva credere alle sue orecchie, Nihil si era rifiutato di informare suo padre per paura dei brutti ricordi “E delle persone che sono morte non ti interessa?”

“Mio principe temo di aver sbagliato. Certo che mi interessa, io stesso ho aiutato gli elfi catturati dal nemico. Non avrei mai voluto che i tuoi soldati venissero attaccati, io tengo al mio popolo, sai cos’ho fatto in passato per proteggerlo”

“Nessuno ha fatto ritorno e non vedo nessuno in casa tua. Sono tutti morti!” Legolas ringhiò a pochi passi dal viso di Nihil. Era fiero e coraggioso. Si sentì in dovere di rimproverarlo, per rispondere alle morti che avevano colpito il suo popolo, lo doveva fare, altrimenti lui stesso non si sarebbe mai e poi mai perdonato.

“Non credevo” Nihil lasciò che Epon appoggiasse le sue zampe su un pezzo di legno vicino alla finestra. Abbassò il capo amareggiato, massaggiandosi le tempie.

“Nihil, ti bandisco dal regno per alto tradimento. Lascia Bosco Atro entro il calare della notte”

“Non puoi farlo… ho sbagliato a non avvisare ma mi rifarò, io sono stato un guerriero e ho combattuto a fianco di tuo padre per lunghi anni, può uno sbaglio cancellare il mio servizio?” Nihil sgranò gli occhi, portandosi in avanti. Era sorpreso dalla decisione di Legolas.

“A causa del tuo sbaglio molte persone hanno perso la vita. Ti esilio proprio per rispetto del ruolo che hai coperto in passato. Credimi che se non fosse per il tuo vecchio servizio trascorreresti la tua esistenza nelle segrete del mio palazzo!”

Legolas passò il suo sguardo sugli occhi chiari di Nihil, guardando infine il covo tetro in cui dimorava.

“Se così hai deciso lascerò Bosco Atro mio signore. Forse un giorno potrò sdebitarmi, e riscattare le mie colpe”

 Nihil adirato accettò la decisione del principe, anche se a parer suo troppo ingiusta. Era sicuro che un giorno Legolas si sarebbe pentito. Un giorno avrebbe ricercato il suo aiuto e lui avrebbe atteso quel momento, per ripagare il suo trattamento con la stessa moneta.

 

 
“Legolas?” Aragorn richiamò l’amico. Era fermo da un bel po’, fissava il vuoto, perso in chissà quale ricordo.

L’elfo alzò lo sguardo, ritrovando gli occhi verdi del suo amico. Era divenuto serio e leggermente irritato a causa dei vecchi pensieri. Passò lo sguardo su Eldihen e tutto d’un tratto la tensione accumulata si sciolse alla vista del suo viso innocente.

“Voglio lasciarti in un posto sicuro, per proseguire il mio viaggio senza preoccupazioni”si avvicinò, sfiorando di poco il dorso della sua mano.

Eldihen sussultò, ma non lo diede a vedere. Guardò il volto dell’elfo: era serio, sembrava avesse preso a cuore la faccenda. Non avrebbe mai voluto farlo impensierire.

“Lasciami pure da questa persona, io me la caverò, l’importante è che qualcuno mi accompagni a Lorien!”

Legolas era veramente indeciso. Nihil avrebbe dovuto rispondere alle sue richieste, per compensare ai suoi sbagli. L’avrebbe fatto ma, Legolas non voleva lasciargli Eldihen. Impensierito la fissò, senza distogliere la sua attenzione dal suo viso.

“Legolas, lasciamola da Nihil!” Aragorn conosceva l’elfo, ed era sicuro che sarebbe stato premuroso con Eldihen.

L’ansia di Aragorn agitò la ragazza, si sentì di troppo e per tale ragione sperò  dentro di sé, che Legolas accettasse l’offerta, e che dalle sue labbra uscissero parole d’assenso. 

“E’ l’ultima cosa che voglio fare”

“Sinceramente a me va bene. Ti prego accetta perché se non lo farai io andrò da sola, non puoi immaginare come mi stia sentendo. Avete i vostri amici da salvare, cosa mai mi potrà fare questa persona?” Eldihen si parò davanti a Legolas, parlandogli a pochi centimetri dal suo viso. Lo guardò. Era tremendamente affascinante, i suoi capelli chiari enfatizzavano gli occhi azzurri e la pelle candida. I lineamenti del viso erano ben marcati: zigomi alti, labbra definite e un naso sottile ed elegante, il suo sguardo era luminoso e misterioso. La sua espressione saggia e risoluta lasciò Eldihen senza parole. Era semplicemente bellissimo, lo doveva ammettere.

“Non ti lascerei sola”

“Quindi è deciso!” Gimli sorridente sfregò le sue mani, contento di aver trovato una soluzione.

“Ti lascerò da Nihil” Legolas annullò la distanza. Il profumo di quercia che proveniva dal suo corpo spiazzò Eldihen, che incantata osservava le sue labbra muoversi “Lui ti porterà a Lorien e obbedirà ai miei ordini. Stai certa che se oserà lasciarti o metterti in pericolo la pagherà amaramente!” parlò lentamente, a bassa voce. Voleva che solo lei lo sentisse.

Le labbra di Legolas le erano talmente vicine che Eldihen percepì il suo calore. Arrossì, avvertendo un lieve bruciore al petto. Sbatté le ciglia inebriata dall’odore percepito.

“Hai già fatto molto per me. Non devi promettermi nulla, non voglio arrecarti preoccupazioni”

Legolas, che aveva preso la faccenda a cuore, afferrò delicatamente il braccio di Eldihen, sorridendole “Ho promesso di proteggerti e lo farò”

“Non ti devi sentire obbligato solo perché prima ho pianto… ero molto agitata!” Spostò il suo sguardo dagli occhi di lui, sentendosi in forte imbarazzo.

“Lo faccio perché lo voglio” strinse il suo braccio di più avvicinandola di poco “Appena avrò la possibilità verrò a trovarti”

“Ti aspetterò” si allontanò, non reggendo lo sguardo dell’elfo, le sue mani sul suo braccio e il profumo che emanava. Legolas la lasciò, gurdandola indietreggiare verso Aragorn.

“Mia signora, se ti senti meglio dopo aver riposato, ti pregherei di partire. Non possiamo trattenerci”

“Ma certo” Eldihen sorrise, poi scostò dalle spalle il mantello verdognolo e si avvicinò a Gimli.

“Tieni!” glielo porse, allungando una mano.      

“Non potrei mai prenderlo!” il nano agitò il capo arrossendo lievemente.

“Perché?”

“Voglio essere gentile, tienilo pure tu, me lo restituirai quando ti lasceremo”

“Come desideri!” apprezzando il gesto galante di Gimli, Eldihen si chinò e gli baciò la fronte “Grazie”
Il viso del nano divenne completamente rosso, non si aspettava di essere baciato dalla fanciulla, di percepire le sue labbra sul suo viso.

“Non c’è di che!”

“Se siete pronti partiamo immediatamente!” Aragorn si piegò afferrando due pugnali argentati a terra. Lanciò uno sguardo a Gimli e a Legolas, poi ad Eldihen.

“Sono pronta!”

“Bene!” con un cenno di capo indicò il percorso, camminando celermente sotto gli alberi, in mezzo all’erboso spiazzo.

“Eldihen non ti allontanare da noi” Legolas la prese dalla mano e serio la portò davanti a sé, lasciandola dolcemente.

“Non lo farò”  la ragazza imitò Aragorn, muovendosi però meno velocemente. Gimli la seguì insieme a Legolas, attento a guardarle le spalle.

“Stai tranquillo, non le accadrà nulla penso che quel Nihil l’aiuterà” commentò camminando insieme all’elfo.

“Stanne certo” Legolas sapeva il fatto suo. Superò insieme a Gimli il punto in cui si erano fermati.

“Sai è carina!”

L’elfo curvò leggermente gli angoli della bocca in un mezzo sorriso, guardando Eldihen muoversi insieme a loro“E che c’entra?”

“C’entra, come puoi non aiutare una bella ragazza, infondo anche tu ti sei occupato di lei!”

Eldihen era sicura di potersi fidare dei tre sconosciuti. Le avevano salvato la vita e tra loro vi era un elfo come lei, un punto in più per seguirli senza timori.
 
 
 

Note autrice:

Scusate per il ritardo, è stata una giornata piena e faticosa. Non ho avuto proprio tempo e continuo ad avere problemi col sito da un’ora t.t roba che non mi incollava il testo perché sto "ctrl+v" non mi va proprio, ho dovuto cambiare computer e sono esausta. Ma come mai?
In ogni caso ringrazio i lettori ed in particolare le persone che hanno recensito lo scorso cap. Siete stati fantastici, ho letto i vostri commenti più volte <3 grazie per il vostro sostegno e la vostra calorosa accoglienza
Riguardo gli aggiornamenti: il prossimo è di 
giovedi
Un bacione e grazie ancora, spero di sentirvi in qualche commento
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

 
 
 
“Siamo lenti” notò Eldihen stringendosi nel mantello del nano.
 
“Parla per te!”
 
“In realtà siamo lenti entrambi quindi parlo anche per te”
 
Eldihen come Gimli si trovava dietro ad Aragorn e Legolas. Non riuscivano a raggiungerli, camminavano a passo svelto lungo la superficie  ricoperta d’erba verde. La luna in parte rischiariva l’oscurità della notte. Eldihen incantata osservò le stelle, mentre Gimli si portava avanti, aiutandosi con la sua ascia.
 
“Non sono abituata a correre!”
 
“Noi nani siamo abilissimi guerrieri ma negati nella corsa”
 
“Si vede!” ironizzò la fanciulla sorridendo a Gimli.
 
“Guarda tu questa ragazza” alzò gli occhi al cielo, poi posò lo sguardo in avanti, per spiare i movimenti di Legolas ed Aragorn che senza problemi correvano, lanciando qualche occhiata indietro, per controllare i compagni.
 
Eldihen apprezzò i fiori a terra ed i fili d’erba sotto i suoi piedi. Erano lontani dalla foresta, immersi in uno spazio diverso da quello precedente. Camminava lungo la pianura, che si estendeva fin dove i suoi occhi riuscivano a vedere. La nebbia si era diradata, lasciando la visuale libera. Il suo sguardo si posò su Aragorn che si muoveva velocemente, i suoi capelli danzavano all’indietro insieme alla sua tunica grigiastra. Legolas aveva dietro le spalle la faretra ed il suo arco, era molto veloce. Si era fermato più volte per aspettare Gimli ed Eldihen, attento a non perderli di vista.
 
“Ti posso fare una domanda?” Gimli, notando che la ragazza aveva reagito bene, annullando del tutto il turbamento iniziale, pensò di chiedergli una cosa che gli ronzava in testa da un bel po’ “Sei partita sola da Gran burrone o hai perso qualche familiare durante l’attacco?”
 
“La mia famiglia si trova a Valinor. Aspettavano il mio arrivo. Io sono rimasta a Gran Burrone per sistemare alcune cose, con la speranza di rivederli!” rispose velocemente, evitando di guardare gli occhi del nano. Sicuramente i suoi genitori sarebbero stati molto preoccupati per  lei. Erano due elfi benestanti, avevano vissuto  a Gran burrone, spostandosi nei luoghi della Terra di Mezzo insieme ad Eldihen. Una famiglia semplice e umile. Era doloroso per lei parlare o addirittura pensare all’attacco subito. L’ansia la stava tormentando, ed anche se non lo dava a vedere durante lo spostamento, Eldihen in cuor suo ne soffriva, ma in silenzio.
 
Era stata fortunata ad essere stata trovata dai tre nuovi compagni, così li considerava. Doveva ammettere che gli ispiravano fiducia, si vedeva proprio che loro avevano preso a cuore la faccenda. Ringraziando i Valar era riuscita a salvarsi, anche se, non sapeva che fine avesse fatto la gente che come lei era stata aggredita. Pregava per gli altri. Si era promessa, una volta giunta a Lorien di indagare riguardo il destino dei suoi compagni.
 
 Si rattristì di colpo, abbassò le palpebre e scostò malamente un sasso dinanzi ai suoi piedi.
 
“No, non devi mica mettere il broncio. Ti voglio attiva!” Gimli strinse la sua ascia. La sua voce ruvida e pimpante stupì Eldihen. Si girò verso il nano, guardando i suoi occhi curiosi e luccicanti.
 
“Ma io sono attiva” gli sorrise, non voleva farlo preoccupare “E sono anche più veloce di te!”
 
“Non è vero!” Gimli accelerò il passo, spostandosi goffamente dal suo posto “Se ti stavo dietro era solo perché volevo guardarti le spalle!”
 
“Si certamente!”
 
“Si, sei disarmata e vulnerabile, invece io sono un ottimo combattente” fiero alzò il mento camminando di fianco a lei.
 
“Lo so, ma non cambierebbe la situazione, non so combattere bene”
 
“Mh…”la studiò attentamente, curvando le sue curiose sopracciglia ramate. Era buffo al punto da far sorridere Eldihen “Sei troppo magra per i miei gusti” aveva attentamente guardato il suo semplice vestito azzurro, le cascava addosso come un sacco largo e sporco, secondo Gimli ci sarebbe entrata un’altra persona.
 
“E che c’entra?”
 
“C’entra invece. Guarda me per esempio!”
 
Eldihen sorrise. Il nano era tremendamente divertente, con quell’aspetto goffo e paffuto. Indossava un’armatura nanica che, in parte era coperta dai lunghi capelli e dalla folta barba “Io so combattere bene perché ho carne sulle ossa. Dovresti mangiare di più, sai che le ragazze sono belle se tonde!”
 
“Quindi mi stai dicendo che sono brutta!” Eldihen continuava a camminare. Appoggiò le mani ai fianchi, sospirando. Non si sentiva nel pieno delle sue forze, ma avanzava ugualmente, per non bloccare Legolas, Aragorn e Gimli. Aveva sottratto loro già molto tempo.
 
“No, sei deliziosa, ma secca come un ramoscello!” arrossì leggermente, osservando il volto raffinato dell’elfa. Era carina, anche se ricoperta di polvere e reduce di un brutto incidente.
 
Eldihen piegò le labbra, scrutando Gimli furtivamente. Aveva ragione, era molto magra e, sarebbe stato meglio mettere su peso, ma non le interessava. Si considerò fortunata ad essere viva e incolume. Non aveva riportato nessuna grave ferita, ricordava con amarezza il suo burrascoso risveglio, quando Legolas l’aveva aiutata a riaprire gli occhi, anche se tutto era offuscato.
 
L’elfo si fermò, preoccupato per Gimli ed Eldihen che erano lontani. Li guardò camminare in mezzo al campo, lasciando Aragorn correre, in cerca di nuovi indizi che sicuramente li avrebbero condotti agli hobbit. Erano già riusciti a trovare le impronte degli orchi, scoprendo la direzione in cui erano diretti.
 
Ripercorse il sentiero al contrario, avvicinandosi ai due a passo svelto. Aveva portato il suo arco in avanti, attento a studiare l’aria circostante. Non avrebbe voluto subire un attacco, era meglio stare in allerta. Velocemente oltrepassò i massi e camminò in direzione dei due compagni, raggiungendoli.
 
“Gimli, c’è qualche problema?” si fermò davanti all’amico, guardando Eldihen con area preoccupata. Sembrava volesse studiarla, come a ricercare in lei nuovi dettagli, per non perdersi le espressioni del suo viso. La trovò imbarazzata dalla sua presenza, come se fosse turbata da chissà quale pensiero e così era infatti. Eldihen ricordava il modo in cui si era comportata, lanciandosi tra le braccia dell’elfo sconosciuto senza riflettere, si trovava a disagio, ma doveva ammettere che lui l’aveva calmata e il suo sguardo riflessivo e serio l’affascinava. Negli occhi azzurri di Legolas era racchiusa una saggezza ed una sensibilità che arrivava a chi lo guardava.
 
 “La ragazza  mi ha chiesto di non camminare troppo veloce perché non riesce a tenere il passo, così ho rallentato!” si schiarì la voce, avvicinando un pugno chiuso alle labbra.
 
“Ma non è vero, hai detto di non essere veloce a correre, ricordi?” era divertita e stupita da quell’affermazione. Gimli era bravo a giustificarsi.
 
“Ti senti bene?” Legolas si voltò verso di lei, catturandola nuovamente. Era il ritratto della perfezione,  sotto i raggi lunari i suoi occhi splendevano particolarmente. Si guardarono per diversi istanti. Eldihen era persa, imprigionata dallo sguardo serio di Legolas.
 
“Sto bene, non ti preoccupare” abbassò le palpebre, per poi rialzarle velocemente.
 
“Fai fatica a camminare?”
 
“No!” agitò il volto, respirando lentamente, per evitare di arrossire.
 
“In caso tu non ce la faccia avvisami”
 
“Ce la faccio, sul serio!” Eldihen alzò le mani di poco, spostando una ciocca di capelli dal viso. La notte regalava loro una magica atmosfera, tingendo d’argento i cespugli, le foglie, i piccoli boccioli ed i visi luminosi dei due elfi. Gimli li osservò e sorrise. Si guardavano, come se intorno a loro non esistesse niente e nessuno.
 
“Non voglio che voi stiate così lontani, avvicinatevi, è pericoloso, in caso dovesse accadere qualcosa vi voglio con me!” dicendo questo allungò una mano per portare la ragazza a sé, in modo gentile. Eldihen fu sorpresa quando Legolas la prese dal polso, avvicinandola al suo fianco. Si guardarono ancora una volta, lei sempre più affascinata dai suoi occhi azzurri, mentre lui intenerito dal suo volto. La trovava deliziosa. Si sentiva in dovere di proteggerla, non si sapeva spiegare il motivo ma, era molto apprensivo, forse perché vederla piangere tra le sue mani gli aveva fatto un certo effetto.
 
“Io sarei in grado di uccidere un esercito di orchi, principino elfico dalle orecchie a punta!” Gimli si avvicinò ai due, spostando il viso di poco. Strinse la sua ascia, conficcandola nel terreno, catturando completamente l’attenzione dell’elfo “La ragazza la proteggerei senza bisogno della tuo arco”
 
“Lo so Gimli, ma voglio che vi avviciniate lo stesso” lo guardò, portando poi la sua attenzione su Eldihen.
 
Era silenziosa, li osservava cercando di conoscere i nuovi compagni, sempre più curiosa di capire i loro modi di comunicare. Da anni immemori gli elfi nutrivano astio nei confronti del popolo nanico, ma stranamente i due compagni comunicavano senza problemi, tralasciando i dissapori delle due razze. Si incuriosì, chiedendosi come mai si erano uniti e per quale ragione avevano perso i loro amici.
 
“Vieni con me!” Legolas strinse maggiormente la mano della ragazza, era delicata e minuta rispetto alla sua. Si scambiarono un lungo sguardo e senza aggiungere altro, la portò con se, camminando adagio, in modo che lei non avesse problemi a stargli vicino. Eldihen riportò l’attenzione al presente, ricambiò la stretta di mano involontariamente, piegando le dita affusolate.  Ammirò il profilo perfetto di Legolas. Sussultò avvertendo il calore della mano stretta alla sua. Lui invece era molto concentrato, quasi come se quel contatto non gli avesse cambiato nulla, a differenza di Eldihen che si sentì un po’ emozionata. Forse perché non ci era abituata?
 
Lei era indifesa, ma se la sarebbe potuta cavare benissimo. Nonostante ciò, doveva ammettere che le attenzioni dell’elfo nei suoi confronti non le dispiacevano affatto, anzi, in cuor suo sperava di riceverne, sentendosi speciale agli occhi di lui. Non si conoscevano ma Legolas ci teneva, e si notava molto.
 
“State vicini… vi potrebbe accadere qualcosa… e guardalo!” Gimli imitò la voce di Legolas, rimanendo fermo nel punto in cui i due lo avevano lasciato. Esaminò le loro figure allontanarsi, mano nella mano. Sbuffò agitando il capo. Sistemò meglio l’elmo che portava e continuò a parlare “L’elfo non lo capisco proprio, dice di volerci vicini, poi prende la ragazza dalla mano e se la porta via” si aiutò ad avanzare con l’ascia “Mah… ho capito che ti preoccupi, ma almeno fingi di essere interessato anche a me, o non mi menzionare”
 
Legolas proseguiva senza guardare Eldihen, che a sua differenza lo stava ammirando da quando si erano allontanati. Era intimidita e confusa, mentre avanzava osservò i fili d’erba distrattamente, per non mostrarsi imbarazzata.
 
“Grazie per avermi aiutata. Ero molto agitata e tu mi hai calmata. Quando tornerò a Lorien rientrerò presto a casa mia… giuro che troverò il modo per ricompensarti, te lo meriti!” era un po’ nervosa. Si passò una mano sul volto, guardò i sassi sul terreno e le stelle luminose, sperando che gli infondessero coraggio.
 
“Non mi devi ricompensare di niente, l’importante è che tu stia bene. Mi basta questo!” si girò ed incrociò le iridi di lei. Curioso di saperne di più sul suo conto, pensò alle domandi da porgli, guardando la collana della fanciulla. Era certo  che per lei  non sarebbe stato un problema ripagarlo, anche se Legolas non avrebbe mai accettato. Sicuramente la fanciulla apparteneva ad una famiglia ricca per portare un gioiello così importante al collo “Pensi di partire per Valinor o attenderai nella Terra di Mezzo?”
 
“In verità dopo ciò che è successo penso di rimanere qui ancora per un po’. Non mi sento pronta, vorrei rasserenarmi” ammise ricordando gli eventi passati, attenta a non farsi trascinare dai brutti pensieri o l’elfo se ne sarebbe accorto “Rimarrò ad Imladris”
 
“E’ comprensibile” Legolas l’aiutò a superare un rialzamento del terreno, stringendole le mani. Era salito sul blocco per primo, offrendo il suo aiuto alla fanciulla “Hai qualcuno a casa?”
 
 Eldihen si lasciò trasportare dalle braccia dell’elfo, alzò i piedi e si slanciò in avanti, oltrepassando l’ostacolo a terra. Era ferma dinanzi a Legolas, aveva alzato il viso per vederlo meglio “In realtà sono sola, i miei genitori si trovano a Valinor!”
 
“Strano che non ti abbiano portato con loro!” commentò Legolas studiandola con attenzione. Non avrebbe voluto turbarla, ma era curioso di conoscere Eldihen ed il suo passato, in fin dei conti non sapeva nulla di lei.
 
“Non sono partita con loro perché ho ceduto il posto ad un’altra persona. Mio padre non era molto d’accordo, ma ha accettato la mia decisione, pensando che ci saremmo rivisti presto” ripensò ai genitori nostalgicamente.
 
“Come si chiama tuo padre?” chiese assottigliando lo sguardo. Era interessato a conoscerla, a scoprire cosa si celasse dietro i suoi occhi cristallini.
 
“Sono figlia di Ingin e Adien. Mio padre è un carpentiere molto conosciuto. Ha aiutato Círdan a costruire molte navi, per tale motivo io e mia madre l’ho abbiamo seguito spesso nei suoi viaggi, allontanandoci da Imladris. Ho visto molti bei luoghi della Terra di Mezzo ma, Gran Burrone è la mia terra… è tutto!” confessò trascinata dal ricordo di casa sua.
 
“Ho sentito nominare il nome di tuo padre, ma non ci siamo mai conosciuti!” confessò Legolas attirando la sua attenzione.
 
Eldihen annuì, senza aggiungere altro. In realtà anche lei avrebbe voluto conoscerlo. Era un po’ nervosa. L’attacco degli orchi l’aveva turbata parecchio e parlare del passato non l’aiutava a superare le difficoltà. Si sentiva confusa ed agitata. Era meglio cambiare argomento. Giocherellò con le maniche del vestito, per smorzare la tensione “E tu, dopo aver trovato i tuoi amici cosa farai?”chiese sperando di non risultare indiscreta.
 
”Non so darti una risposta!” ammise chinando il capo. I capelli biondi sotto la luce delle stelle sembravano argentati. Eldihen lo stimò, chiedendosi chi fosse, da dove veniva, perché si trovava in quella compagnia assurda, ma non ebbe il coraggio di  chiedere nulla, né ricollegò che i tre giovani che aveva appena conosciuto, erano partiti da Gran burrone, proprio come lei.
 
“Speriamo di rincontrarci!” quella frase le uscì dalle labbra spontaneamente senza che lei se ne accorgesse nemmeno.
 
“Sono certo che sarà così” Legolas le sorrise, Eldihen ricambiò, portando lo sguardo sulla camicetta argentata che fuorusciva dalla sua tunica verde.
 
“Legolas!” una voce dietro li richiamò .
 
Entrambi gli elfi si voltarono. Gimli aveva urlato il nome dell’elfo correndogli incontro snervato. Si trovava poco distante, con il fiatone, trascinando l’ascia con fatica. Piegò una mano sulle ginocchia, tamponò il sudore che ricopriva la sua fronte. Era sfinito a causa della corsa e respirava rumorosamente.
 
“La ragazza non regge il tuo ritmo… guardala!” alzò una mano in direzione di Eldihen che divertita già aveva intuito le intenzioni del nano “E’ affaticata…” respirò profondamente, quasi come a voler recuperare l’aria che aveva perso camminando “Ha bisogno di una pausa… è morta dalla stanchezza!”
 
“In realtà io…”
 
“Tu se stanca!” alzò un dito puntandolo nella sua direzione. Eldihen sorrise, Gimli era un furbacchione, per poter riposare l’aveva tirata in ballo, sperando che Legolas decidesse di  fermarsi. Infondo camminavano da due ore.
 
L’elfo sorrise, guardò Eldihen e poi Gimli. Il nano era veramente provato, a differenza della ragazza che era riuscita a reggere il passo, senza affaticarsi molto. In fin dei conti era un elfo femmina ed era dotata di ogni virtù che caratterizzava la sua razza.
 
“Aragorn!” l’elfo richiamò il suo amico che si trovava lontano rispetto a loro. L’uomo si girò fermandosi sui suoi passi. Si voltò col viso grondante di sudore e il fiato corto. Respirava velocemente, anche lui affaticato dalla corsa “Prendiamoci una breve pausa. Gimli deve recuperare le forze!” lanciò un grido all’amico che acconsentì alla richiesta, facendo un semplice cenno con il capo.
 
“Ma guarda tu l’elfo… io… sto…” respirava malamente, se avesse corso ancora un po’, il cuore gli sarebbe scoppiato in petto “Benissimo!” l’ascia ricadde al suolo, producendo un rumore stridulo.
 
 
 
 
Avevano acceso un fuoco, riparandosi sotto un grosso albero dalla quale spuntavano dei vigorosi rami. Si erano spostati dal sentiero e avevano lasciato le armi a terra. Erano vicini. Grazie a delle rocce avevano creato una sorta di cerchio intorno al fuoco. Un modo rapido per trattenere il calore.
 
 Eldihen appoggiò il suo mantello su una roccia rovente, in modo da trovarlo caldo quando l’avrebbe indossato nuovamente.
 
Aragorn era pensieroso. Aveva raccolto la legna insieme a Gimli, senza proferire parola. Guardava dinanzi a sé il terreno, pensando ai due hobbit e a Frodo. Aveva fatto bene a lasciarlo da solo? Non riuscì a donarsi una risposta. Accese la sua pipa ed iniziò a fumare, seduto sull’erba, trascinato dagli innumerevoli pensieri.
Legolas osservava  in piedi i compagni, le braccia conserte sotto il petto, l’arco vicino alle radici dell’arbusto. Lanciò uno sguardo ad Aragorn, il suo viso era illuminato dalle fiamme. Una piccola nuvola di fumo  si alzò dalla sua bocca, era grigia e pesante, proprio come i pensieri che gli offuscavano la mente.
 
Gimli si era accomodato su una grossa pietra, appoggiandosi con la schiena. Aveva  tolto l’elmo, asciugandosi con un pezza il sudore che gli gocciolava dalla fronte completamente sporca. Eldihen in silenzio si accucciò tra l’albero e una radice a terra, stringendo le ginocchia al petto. Era giù di morale e mentre guardava le fiamme danzare davanti ai suoi occhi, le vennero in mente i ricordi di quando era a Gran burrone, a casa sua, alle lunghe passeggiate sotto le stelle e le cavalcate in mezzo agli alberi. Poi il viaggio, seguito da un’ombra scura. Il buio totale.
 
“Aragorn…” Gimli si alzò da terra richiamando  l’interesse dei presenti. Si grattò la nuca con le dita, poi si avvicinò ad Eldihen, con un sorriso dipinto in volto.
 
La fanciulla corrugò le sopracciglia scure e ben definite. Ogni pensiero si era dissolto, la faccia buffa di Gimli era in grado di metterla di buon umore. Il nano si sedette accanto a lei, sotto gli occhi di Aragorn e Legolas.
 
“La ragazza ha molta fame!”
 
“Ma che dici?” Eldihen si girò per guardarlo.
 
“Aragorn prepara qualcosa, qualsiasi cosa, sta morendo di fame!” proferì lentamente rivolgendosi all’amico che divertito si scambiò uno sguardo complice con l’elfo.
 
“Non è vero!” Eldihen parlò a Gimli, non comprendendo il suo curioso modo di fare.
 
“Collabora ragazza! Altrimenti non mi daranno da mangiare. Se dico che tu hai fame di sicuro ti offriranno qualcosa, credimi!” spiegò a bassa voce.
 
“Sei veramente forte” agitò il capo. I capelli leggermente ondulati si posarono sul petto, incorniciandole il viso.
 
“E immagino che voglia mangiare delle costolette di maiale, vero Gimli?” ironizzò Aragorn, togliendo la pipa dalla bocca.
 
Gli occhi di Gimli si illuminarono al solo sentire quella parola “Costolette di maiale!” aveva già l’acquolina in bocca, se solo avesse potuto averle avrebbe usato il fuoco per arrostirle, in modo da farle diventare dorate e croccanti, proprio come piacevano a lui “Non sarebbe una cattiva idea!”
 
Aragorn sorrise, si alzò velocemente, sistemandosi la cintura ”Vedrò come poterti accontentare Gimli, ma non aspettarti chissà che cosa!” si girò da una parte all’altra, poi si fermò a guardare l’elfo al suo fianco.
 
“Vado a trovare qualcosa da mangiare, li affido a te!”  
 
Legolas fece un cenno con il capo. Aragorn si voltò, allontanandosi, sperando di trovare qualcosa per sfamare Gimli e gli altri, anche se non confidava molto in un buon risultato.
 
“Ma voi non avete fame?” si rivolse ai compagni, divaricando leggermente le gambe. I suoi capelli crespi si erano gonfiati ancora di più a causa dell’umidità. Eldihen pensò che se avesse messo la mano dentro la massa rossastra di cappelli, difficilmente l’avrebbe ritratta.
 
“In realtà no!” Eldihen sistemò il vestito, fissando il fuoco muoversi freneticamente, bloccato da un cerchio di sassolini. Nel suo viso si dipinsero dei giochi di luce e ombra, le fiamme erano riflesse nei suoi occhi lucidi e pensierosi.
 
“Io si. Ho combattuto con gli orchi e corso per leghe… è normale che la mia pancia brontoli!” Gimli si stiracchiò, sbadigliando.
 
“Avete combattuto con gli orchi?” Eldihen che non era a conoscenza di quel particolare, si alzò all’improvviso da terra, portando la sua attenzione alle parole di Gimli.
 
“Si. Loro hanno preso i nostri compagni” rispose senza riflettere. Legolas gli lanciò uno sguardo di rimprovero, ricercando poi il volto di Eldihen che sembrava un po’ preoccupata.
 
“Non devi temere, gli orchi sono lontani, non ti accadrà nulla” la rassicurò Legolas.
 
Il giovane elfo la raggiunse rapidamente, superando le rocce a terra. Eldihen lo guardava chiedendosi come mai non le avessero parlato dell’attacco degli orchi, eppure lei gli aveva raccontato ogni evento passato.
 
“Perché gli orchi hanno preso i vostri amici? Di solito non fanno prigionieri!” espose i suoi pensieri chinando il viso, per non osservare le labbra dell’elfo. Lui non era intimidito, anzi, sembrava tener sotto controllo la situazione.
 
“Non posso rivelarti nulla, mi dispiace Eldihen. Si tratta di un compito riservato!”
 
“Non ti fidi di me!” delusa curvò gli angoli della bocca in giù, girando i pollici nervosamente. Indietreggiò di poco, bloccandosi davanti alla corteccia dell’albero.
 
“Non è così!”
 
“Io ti ho detto tutto…” era leggermente offesa,  si percepiva dal suo tono di voce. Si era confidata con la compagnia anche se non li conosceva. Infondo le avevano salvato la vita e lei gliene era grata. Non li avrebbe mai ostacolati confidando i loro scopi a chissà chi.
 
“Eldihen ti chiedo di comprendermi, non è il momento. Un giorno verrò a trovarti e te ne parlerò, ma adesso non ritengo sia saggio discuterne!” lei non rappresentava una minaccia, ma Legolas non avrebbe mai rivelato il compito della compagnia con tanta facilità. Ci teneva alla segretezza, meno persone sapevano di loro meglio era, considerando poi che si erano divisi da poco.
 
“Non mi devi spiegare nulla. Non sono affari miei…” guardò Gimli che la osservava con aria persa, come chi dopo aver commesso un errore, rimane in silenzio, sperando di non ricevere rimproveri “Hai ragione e ti comprendo” superò Legolas che si era girato per guardarla. Eldihen si allontanò dalla luce del fuoco, camminando sul prato, separandosi dai due giovani.
 
“Eldihen, torna qua!” Legolas preoccupato si affrettò a raggiungerla.
 
“Ti chiedo di comprendermi Legolas. Non andrò lontana, mi fermerò qui. Voglio stare sola, ne ho bisogno”
 
Lo immobilizzò con quelle parole. Legolas osservò le spalle di lei, ricoperte dalla stoffa azzurra, i suoi lunghi capelli e la gonna, muoversi in direzione del vento. Rimase fermo, non avvicinandosi, ma la guardò per tutto il tempo.
 
Eldihen portò il viso all’insù,  contemplò distrattamente la luna e le stelle, il prato fiorito e la distesa di alberi in lontananza.
 
 Non comprendeva nemmeno lei il motivo per cui si fosse offesa, infondo nessuno le doveva niente e lei non richiedeva alcuna lealtà, ma doveva ammettere che dopo essersi confidata senza nemmeno riflettere, pensava che anche loro si fidassero. Eldihen li aveva ringraziati e li aveva seguiti, perché si fidava e il fatto di non essere ricambiata per chissà quale motivo la rattristì. Forse aveva dato una brutta impressione. Forse per questo motivo loro non le avevano parlato, perché lei era fuggita dagli orchi senza aiutare nessuno.
 
I suoi occhi divennero lucidi, ricacciò le lacrime con tutta la sua forza. Guardò la luna incrociando le braccia, per ripararsi dal venticello gelido.
 
Era molto confusa ed estremamente sensibile e ciò le diede fastidio. Avrebbe voluto essere più forte, lei era forte, ma in quel momento si sentì fragile. Anche il vento che si muoveva tra l’erba avrebbe potuto farle del male.
 
“Eldihen!” Legolas le si era avvicinato, con passi veloci ed impercettibili “Torna vicino al fuoco!”
 
“Sto bene” scostò il viso per non farsi vedere, sospirando.
 
Legolas si era accorto delle lacrime dentro i suoi occhi. Era dispiaciuto, non avrebbe mai e poi mai voluto farla sentire male “Andiamo, riscaldati, mangia qualcosa e riposati. Forza!” appoggiò dolcemente una mano sulle sue spalle, facendole voltare il capo in sua direzione.
 
“E’ perché sono fuggita e non ho aiutato i miei compagni come invece state facendo voi, vero? É per questo che non ti va di raccontarmi il motivo del rapimento dei vostri amici! Mi consideri una codarda…” non si spiegò se quelle parole erano rivolte a Legolas o a sé stessa. Asciugò velocemente una lacrima, impedendole di rigarle il viso. Si era promessa di non piangere più, anche se in quel momento si sentiva piccolissima come un granello di polvere.
 
“Eldihen guardami” l’elfo prese le mani di lei tra le sue, abbassando il mento per guardarla bene in volto “Quello che ti è successo è stato un episodio orribile, non devi pensare che io ti giudichi per essere scappata. Se sono qui con questi ragazzi è solo per proteggere la gente come te. Il mio popolo. Non voglio vederti piangere, soprattutto a causa mia. Io non voglio renderti infelice”
 

“Non sei la causa della mia infelicità” sollevò il viso, sorridendogli debolmente, mascherando la sua tristezza.
 
“Per favore torniamo da Gimli, non voglio lasciarti sola, anche se non sei distante” i suoi occhi erano colmi di preoccupazione, Legolas le strinse una mano, mentre con l’altra le accarezzò il viso, delicatamente.
 
“Ma non accadrà nulla” Eldihen senza volerlo si perse nei suoi occhi, godendo delle carezze dell’elfo. Avvertì un gradevole tepore all’altezza del petto. Passò la sua occhiata sulle sue labbra e gli occhi, sbattendo le ciglia, come incantata dalla sua figura.
 
“Certo, ma stammi più vicina” dicendo ciò la portò con sé, come aveva fatto prima, lasciandole poi la mano giunto davanti all’amico Gimli.
 
 
La loro pausa non durò a lungo. Aragorn tornò con degli ortaggi e un piccolo leprotto per l’amico nano. Mangiarono in fretta. Eldihen non assaggiò quasi nulla, solo un po’ di pan di via che le aveva dato Legolas. La ragazza aveva notato che, dopo quella piccola incomprensione lui le era sempre più vicino, concedendole lunghi sguardi e calorose parole. Partirono  dopo aver risposato. Aragorn spense il fuoco con dell’acqua, invitando i compagni a seguirlo
 
 
 
 
 
Il loro viaggio insieme durò tre giorni. Correvano per raggiungere Nihil, concedendosi delle piccole pause. Legolas era sempre più vicino ad Eldihen, tranquillizzandola nei momenti di sconforto, quando in cuor suo si accendevano i vecchi ricordi legati all’assalto degli orchi. L’elfo aveva preso a cuore la  questione, pensando costantemente alla fanciulla, senza mai perderla di vista. Anche Gimli ed Aragorn provavano affetto nei confronti di Eldihen, in quei giorni avevano stretto amicizia, proteggendo la ragazza dai pericoli presenti.
 
L’ultimo giorno insieme fu il più doloroso, presto si sarebbero separati, la casa di Nihil era vicina.
 
Procedevano senza fermarsi, in silenzio, lanciandosi degli sguardi complici, giusto per accertarsi di essere vicini. Eldihen mentre correva, lasciò che i suoi pensieri fluttuassero proprio come i fili dei suoi cappelli mossi dal vento. Meditò molto sul comportamento di Legolas, guardandolo correre davanti a sé. La notte poco a poco stava lasciando spazio al mattino, stava lentamente cambiando lo sfondo intorno a sé, ma l’oggetto del suo interesse era sempre uguale: Legolas.
 
I suoi capelli biondi si accesero di un rosso strano quando i primi raggi del sole colpirono la sua testa. Eldihen sospirò. Avrebbe tanto voluto parlargli, approfondire molti argomenti, ma abbandonò l’idea sul nascere, mordendosi la lingua. Non poteva assolutamente sforzarlo a parlare, infondo loro le stavano dando solo un passaggio, nulla di più. Presto si sarebbero salutati e chissà se realmente si sarebbero più rivisti.
 
-Ma lui mi tratta così bene solo perché me ne devo andare presto? … No, penso che lo faccia perché ci tiene veramente, in questi giorni mi è stato sempre vicino- pensò mentre i suoi piedi si muovevano sulla terra secca. Percepì fili d’erba solleticarle le caviglie. Guardò distrattamente il panorama, perdendosi dentro le sfumature celesti e rosate del cielo, godendo della bellezza del sole nascente che, con i suoi raggi illuminava le rocce e le colline in lontananza. Le sembrò di trovarsi in un dipinto. Le montagne parevano toccare il cielo, sfiorando le leggere nuvole bianche, che piano si muovevano.
 
Il suo sguardo si posò su Gimli che, a differenza dei giorni scorsi, correva con l’ascia sulle spalle, lo sguardo assorto e dei movimenti rapidi. Stava iniziando ad abituarsi. Eldihen sorrise, posando i suoi occhi nuovamente sulle spalle dell’elfo.
 
Rimase qualche minuto esterrefatta. I suoi occhi si posavano sempre su di lui, anche senza volerlo, come se fosse diventata un’abitudine. Legolas era agile, si muoveva fluidamente, spostandosi tra le rocce ed i rami a terra. Lo guardò talmente tanto che lui si voltò per incrociare il suo sguardo. Era serio, maturo, irraggiungibile agli occhi di Eldihen. Ogni volta che gli concedeva quelle occhiate profonde, lei si perdeva, ed il cielo azzurro scompariva, lasciando il posto agli occhi dell’elfo.
 
-Penso mi mancherà moltissimo. Anche se non lo conosco. Sono troppo stupida- lasciò correre lo sguardo sui cespugli secchi, i piccoli fiorellini bianchi, sul sole che le faceva da compagno in quelle ore così silenziose.
 
Corse velocemente. Doveva ammettere che quell’atmosfera dipinta di sfaccettanti colori le metteva addosso un’adrenalina mai provata, un senso di libertà unico. Il vento, le rocce, il cielo, il sole, sentiva l’energia di ogni elemento attraversarle il corpo, concedendole un momento di leggerezza e felicità. Il contatto intimo con la natura stava risvegliando in lei emozioni assopite da molto tempo.
 
In alto, sulla sua testa tra le nuvole bianche, vide spuntare un falco. Le sue ali si alzavano ed abbassavano velocemente. Si bloccò affascinata dalla bellezza dell’animale. Era maestoso e sembrava proprio che la stesse guardando. Eldihen aprì la bocca, alzò il collo e guardò l’uccello roteare sulla sua testa più e più volte.
 
Legolas leggermente irritato si bloccò all’improvviso, osservando l’animale.
 
“Sembra che Nihil ci stia tenendo d’occhio” parlò ad alta voce.
 
“Legolas, siamo arrivati, manca poco…” Aragorn si fermò, respirando velocemente. Guardò Legolas, sperando che lasciasse i dissapori da parte e si concentrasse sulla loro missione.
 
“Va bene” L’elfo comprese i pensieri dell’amico grazie ad una fugace occhiata.
 
“Gimli fermati” Aragorn osservò il nano, parandosi davanti quando lui gli fu vicino. Appoggiò le sue mani sulle sue spalle, cercando di attirare la sua attenzione.
 
“Che c’è?” il nano disorientato guardò Aragorn “Mi hai fermato perché ero il primo della fila?”
 
“In realtà sei il primo perché io mi sono fermato” gli sorrise, apprezzando la battuta dell’amico.
 
“Eldihen!” Aragorn esaminò il viso della giovane, il suo vestito largo e i capelli sciolti, le si avvicinò a passi felpati. Sembrava affascinata dalla bellezza di quel falco, portò i suoi occhi su Aragorn, solo quando lui posò una mano sulla sua spalla, intrappolandole una ciocca di capelli.
 
“Siamo vicini alla casa di Nihil. Ti ci porterò io, saluta gli altri” aveva pensato di andarci da solo per evitare delle discussioni, sicuro che Legolas e Nihil una volta rivisti avrebbero iniziato a lanciarsi delle frecciatine di cattivo gusto. Era da evitare. Aragorn desiderava condurre la ragazza da Nihil velocemente, ritornando alla ricerca degli hobbit.
 
“Aragorn, ti sbagli se credi che io non ti seguirò!” Legolas contrariato afferrò l’amico da un braccio, guardandolo severamente. Come poteva pensare di lasciarlo? Era già un miracolo se aveva accettato di portare la fanciulla da Nihil, di certo non gliel’avrebbe affidata con tanta facilità. Aveva in mente alcune ammonizioni e dei consigli da dargli, giusto per assicurarsi di lasciare al sicuro Eldihen. Confidava nel peso delle sue parole, anche Nihil lo temeva.
 
“Legolas, rimani con Gimli e ricerca gli hobbit, tienili sotto controllo”
 
“Aragorn!” lo immobilizzò nuovamente quando l’uomo tentò di superarlo, bloccandogli il passaggio “O mi fai venire, o Eldihen non si muoverà da qui!” sarebbe andato fino in fondo e se fosse servito al posto delle parole avrebbe esposto i fatti, strappandogli la ragazza dalle braccia. Nessuno si sarebbe mosso senza il suo consenso o la sua presenza.
 
“E agli hobbit chi ci pensa?”
 
“Ci penserà Gimli… non è un problema”
 
Eldihen era stupita di trovare Legolas così ostinato e autorevole. Lo guardò discutere con Aragorn, rimanendo dietro le spalle dell’uomo. Il suo interesse era forte e le sembrò strano che lui provasse una tale irritazione nei confronti di quel Nihil, ricordando che giorni fa Aragorn con molta difficoltà lo aveva convinto a chiedere aiuto.
 
Legolas guardò Eldihen. Era preoccupato ed anche un po’ nervoso. Lei abbassò le ciglia, poi alzò lo sguardo, incrociando i suoi occhi.
 
“Per me va bene, andate io vi aspetto qui. Ricercherò io gli hobbit, non temete!” Gimli per rompere la tensione si avvicinò ai due amici, sperando che il suo intervento servisse a qualcosa.
 
“Si andiamo… avete già perso molto tempo a causa mia” Eldihen si posizionò tra Aragorn e Legolas, guardandoli di soppiatto “Io sono pronta”
 
Legolas la scrutò intensamente, chiedendosi se fosse la scelta giusta.
 
“E va bene” l’uomo annuì, accettando di partire insieme al suo più grande amico. Non sapeva come sarebbe andata a finire, ma non si sarebbe mai potuto mettere contro Legolas.
 
Il falco iniziò ad emettere degli strani rumori, come se lui avesse compreso il discorso, suggellandolo definitivamente con i suoi incomprensibili versi.
 
Era deciso. Eldihen stava per lasciare la compagnia e Legolas non era affatto felice.
 
 
 
Note autrice:
Un saluto a tutti!
Grazie tante per aver letto e per i vostri commenti <3 siete tutti molto gentili, apprezzo molto le vostre parole, mi rendete felice;) ringrazio ovviamente anche chi segue la storia ed i lettori silenziosi. Vi mando un abbraccio virtuale.
Dunque che ne dite di questo capitolo? L’ho scritto un paio di mesi fa e devo dire che è differente dai capitoli che sto sviluppando adesso. Lo trovo decisamente più corto e ci sono meno descrizioni, andando avanti ho inserito molte più cose, ma questo perché mi sono sbloccata, invece all’inizio è stato un po’ complicato, ma spero di aver trasmesso le emozioni dei personaggi ed aver descritto bene i momenti.
Per quanto riguarda Eldihen: Nei primi capitoli sarà “vittima” di una serie di sfortunati eventi XD non so cosa dire senza spoiler altre cose, ma in realtà ci tengo a sottolineare che è un personaggio che avrà una crescita personale, pur mantenendo le stesse caratteristiche e la stessa personalità. Insomma vedrete.
Riguardo gli aggiornamenti: il prossimo è di sabato. E credo che posterò sempre durante il weekend ma vi informerò, tranquilli;)
Ah una cosa: ho rivisto l’editor degli scorsi capitoli staccando le frasi ecc. se non vi andasse a genio qualcosa, tipo parole spezzate (oddio non credo) o cose simili informatemi. Sarebbe troppo bello postare velocemente senza vedere l’html ad ogni capitolo, ma vabbè, mi ci sto abituando.
Un bacione, alla prossima :)

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3
 
 
Sorse il sole in cielo, riscaldando la fredda  terra e risvegliando con la sua luce gli animali, la natura e i fiori variopinti.  Il vento mosse delicatamente i capelli di Gimli e le sue trecce, accarezzando simultaneamente le guance di Eldihen. I due si guardarono rattristiti. Non avevano vissuto molto tempo insieme ma provavano affetto e stima reciproca.
 
“E’ giunto il momento di salutarti mastro Gimli!” esordì malinconicamente Eldihen.
 
“Stammi bene ragazza” il nano abbassò gli occhi rammentando i momenti insieme, momenti semplici ma belli. La presenza di Eldihen nella compagnia aveva portato una nota di allegria, anche se la donna era stata trovata in gravi condizioni.
 
“Namàrie! (addio)” si chinò lasciandogli un dolce bacio sulla fronte, proprio come aveva fatto quando si erano appena conosciuti.
 
Impensierita la ragazza sollevò il viso, girandosi verso Legolas. Stava già soffrendo dopo aver detto addio a Gimli, non voleva nemmeno immaginare come sarebbe stato con Legolas, non voleva  pensarci, si sentiva triste e sola. Lui l’aveva salvata, l’aveva calmata ed Eldihen piano piano si stava affezionando, affascinata dal suo viso bellissimo, dagli occhi azzurri come il cielo sopra la sua testa.
 
Si avvicinò all’elfo e ad Aragorn che la stavano aspettando, stringendo il mantello in modo che le ricadesse su tutto il corpo. Chissà cosa sarebbe successo, presto si sarebbe ritrovata in casa di un estraneo, ed anche se l’idea non la convinceva più di tanto non poteva dir nulla, consapevole che Legolas l’avrebbe trattenuta se lei si fosse rifiutata a raggiungere Nihil, creando dei dissapori con Aragorn che attendeva di ritrovare i suoi amici. Doveva tacere e augurarsi il meglio.
 
Quando il falco si allontanò dalla sua testa, provocando un rumore sgradevole, Eldihen si sentì investita da mille emozioni. Il cuore prese a battere velocemente, l’ansia la perseguitò insieme ai dubbi e alle domande. Non si seppe spiegare il motivo ma, aveva uno strano presentimento. Storse il naso, passandosi una mano sui capelli -Ma cosa mi prende? Presto andrò a Lorien e sarà tutto finito, devo stare serena, non accadrà nulla- ripeté a sé stessa, sperando che quella strana sensazione l’abbandonasse definitivamente.
 
“Eldihen andiamo” Legolas aveva notato che lei indugiava impensierita. Posò la sua mano sulla sua spalla, invitandola a seguirlo.
 
“Meglio incamminarsi. Entro pomeriggio torneremo Gimli, non starai solo a lungo” Aragorn lanciò la sua occhiata in direzione del nano, rassicurandolo “Forza!” piegò il volto verso Eldihen e le regalò un sorriso incoraggiante, facendo un cenno con il capo in direzione del piccolissimo bosco dietro le sue spalle.
 
“Si andate pure. Io attenderò il vostro ritorno” Gimli si appoggiò ad una roccia, guardando i suoi compagni allontanarsi da lui.
 
La ragazza seguì Aragorn esaminando minuziosamente i piccoli alberi e la fitta rete di rami che si poteva vedere in lontananza. Il falco si stava addentrando nel bosco, muovendosi velocemente, fino a sparire dalla sua visuale. Sospirò, leggermente preoccupata, non poteva tirarsi indietro proprio in quel momento. Doveva ammettere che se avesse visto prima quel posto, di certo a Lorien ci sarebbe andata da sola.
 
“Eldihen che c’è?” Legolas non aveva perso di vista gli occhi della ragazza, guardandola per tutto il tempo. Strinse vigorosamente la sua spalla, lasciando poi scorrere le dita tra le ciocche di capelli castano chiaro. Eldihen sembrava un po’ preoccupata, si stava mordendo il labbro, torturando il lembo del suo mantello con le dita. L’elfo le prese una mano e la girò piano verso di sé, voleva capire come stava. Lui non parlò, ma la osservò, come a volerle comunicare i suoi dubbi. Passò i suoi occhi tra i capelli arruffati, il viso leggermente sporco, il naso delicato e le labbra turgide, fermandosi infine ad ammirare i suoi occhi azzurri con delle sottili sfumature blu, incorniciati da folte ciglia scure.
 
“Nulla, andiamo!” Eldihen strinse la mano di Legolas, abbassò il volto interrompendo il loro contatto visivo. Ogni volta che lo guardava avvertiva delle sensazioni contrastanti: gratitudine, preoccupazione per il suo futuro, tristezza per la loro separazione e una strana e travolgente attrazione.
 
Aragorn aspettò con ansia che Eldihen incitasse l’amico a partire. Sistemò la sua spada bene dentro il fodero, stringendo la sua cintura, alzò poi gli occhi verdi per osservare i due.
 
“Andiamo, faccio strada” si girò e camminò lungo la via. Conosceva bene il sentiero, sapeva muoversi dentro la piccola foresta, camminava senza voltarsi, sicuro di essere seguito.
 
 Negli anni aveva più volte incontrato Nihil, parlando con lui dell’episodio che aveva portato Legolas a bandirlo da Bosco Atro. Nihil aveva raccontato ad Aragorn una versione differente da quella dell’amico, ma l’uomo non gli credeva, o meglio, sapeva che Legolas era un principe assennato e teneva al suo popolo. Nihil aveva sbagliato e Legolas si era comportato di conseguenza.
 
Eldihen imitò Aragorn, muovendosi lungo la via. Era pensierosa, aveva lasciato la mano di Legolas dirigendosi verso la foresta, l’elfo però le si avvicinò affrettando il passo, impensierito. La reazione di Eldihen non gli era piaciuta affatto, sembrava che si muovesse senza riflettere, preoccupata, con la mente da tutt’altra parte. Portò il suo arco dietro le spalle, vicino alla faretra colma di frecce. Affiancò Eldihen, guardandola, mentre avanzava a braccia conserte.
 
“Cosa ti preoccupa?” le domandò girando il suo viso. I suoi occhi si fermarono su di lei, sulle sue palpebre abbassate e le labbra serrate.
 
“Non sono preoccupata” rispose a bassa voce, rigirandosi le maniche della tunica azzurra.
 
“Eldihen ti prego parlami, ti vedo, sei pensierosa” assottigliò le palpebre, attendendo che la ragazza si confidasse.
 
“In realtà…” la fanciulla si sfregò gli occhi con una mano, inumidendosi le labbra “Mi dispiace separarmi da voi. Mi ero abituata ed è stato difficile salutare Gimli. Non so, mi sento triste, non mi va di lasciarvi!” camminava rapidamente, avevano quasi raggiunto i primi alberi. I fiori a terra sfoggiavano i loro colori accesi, Eldihen ne percepì il gradevole profumo ma non li contemplò, lasciandosi trasportare dai pensieri.
 
“Siamo costretti a lasciarti da Nihil. Io non l’avrei mai fatto Eldihen, ma non pensare che per noi sia facile. Non ti stiamo abbandonando, cerchiamo di  salvarti …” la guardò e si rattristì, vedendo Eldihen proseguire con il viso abbassato, quasi rassegnata. Lo percepiva, stava andando da Nihil proprio perché non aveva alternativa. Tirò le labbra e bloccò la ragazza dal polso, trattenendola gentilmente ”Appena terminerò la mia missione verrò a trovarti. Te lo garantisco!”

“Non mi dire cosi… te ne prego” trattenne il respiro per qualche istante. Avrebbe tanto voluto dirgli di non lasciarla, di portarla con sé, perché lei si sentiva sicura a suo fianco, nessuno  avrebbe potuto farle del male. Era riuscito a risollevarla dopo il trauma subito, ed ora che si dovevano separare, si sentiva minacciata dai dubbi e dalle emozioni negative.
 
“Io sono serio Eldihen, non lo dico tanto per dire” pochi giorni fa l’aveva stretta tra le sue braccia, aiutandola a rialzarsi dopo la brutta caduta, riuscendo a calmarla. Ricordava il suo volto bagnato, l’odore delle sue lacrime e il senso di pace che lo aveva travolto quando lei aveva riaperto gli occhi. Da quel momento il loro legame era divenuto indissolubile.
 
“Lo so Legolas, ma non dire così… stranamente mi mancherai, non ci conosciamo da molto, ma per me è come se ti conoscessi da sempre”  si girò per guardare i suoi occhi, sarebbe stata una delle ultime volte che l’avrebbe visto. Nel petto avvertì un vuoto, spaventata dall’idea di non rivederlo più, anche se Legolas le aveva promesso che sarebbe tornato.
 
“Vale lo stesso per me, mi è difficile lasciarti”
 
Complici si scambiarono un lungo sguardo, ricercandosi più volte, studiandosi e perdendosi l’uno dentro gli occhi dell’altra, in silenzio senza aggiungere parole, non vi era bisogno infondo. I loro occhi parlavano benissimo. Legolas era estremamente preoccupato, sarebbe stato ancora più difficile separarsi da lei dopo quella rivelazione. Non avrebbe voluto ferirla abbandonandola, ma aveva promesso prima di salvare Merry e Pipino dagli orchi. 
 
Per un attimo ad  Eldihen mancò l’aria. Si sentiva come quando era stata ritrovata, con la unica differenza che Legolas, senza saperlo, era riuscito a risanare le ferite della sua anima,  ma ora ogni cosa stava riemergendo. Proprio come chi dopo un sogno apre gli occhi, ritornando alla realtà.
 
“Eldihen, non puoi immaginare quanto mi stai facendo preoccupare” Legolas non aveva smesso di guardare il suo viso triste. Sembrava che lei non reggesse la situazione, tenendosi tutto dentro, ignara che i suoi occhi parlavano a posto suo. L’elfo aveva imparato in quei pochi giorni a comprenderla, a capire quando stava bene o invece si sentiva giù.
 
“Non voglio farti preoccupare, è che…” si fermò un attimo, cercando di non pensare alle seguenti giornate. Non riusciva a realizzare che presto non l’avrebbe più rivisto, era come se le stessero strappando il cuore dal petto. La sua reazione era assurda, ma Eldihen si sentì infelice. In quei giorni si era ciecamente affidata a lui, affezionandosi inconsapevolmente, ed anche se la sua mente sapeva che avrebbero dovuto lasciarsi, il suo cuore non voleva accettarlo “Non so proprio che mi prende, perdonami!” aveva gli occhi leggermente lucidi.
 
“Ne hai passate tante, è normale che tu ti senta così. Non c’è nulla da perdonare” Legolas le carezzò la guancia, infastidito alla vista delle lacrime dentro i suoi occhi. Si sentì un po’ in colpa, infondo lei stava male per la separazione avvenuta troppo velocemente “Non so cosa posso fare per aiutarti, ma se c’è qualcosa chiedi pure” con le dita percorse il suo volto, fermandosi sul labbro superiore.
 
Eldihen sapeva cosa le avrebbe fatto bene, ma si sentì imbarazzata a chiedere. Abbassò lo sguardo e appoggiò la sua mano su quella dell’elfo, accarezzandola “Vorrei che mi abbracciassi” confessò timidamente. Quello era il suo unico desiderio.
 
Legolas sorpreso schiuse le labbra, allontanò la sua mano dal viso e le si avvicinò, appoggiando le dita sulle sue spalle. La strinse a  sé, imprigionandola nel suo petto. L’abbracciò, cullandola per diversi istanti, carezzandole i capelli castani. Inebriato respirò il profumo dei suoi capelli e la baciò gentilmente sulla fronte. Il calore del corpo di Eldihen lo scaldò a punto da sentire il bisogno di stringerla più forte. Provava una gradevole sensazione ogni qual volta la teneva in quel modo, e lo stesso valeva per Eldihen. Il vuoto dentro il petto sembrava non esistere più. Chiuse gli occhi abbracciando Legolas per un instante che le sembrò eterno.
 
“Ti senti un po’ meglio?” le sussurrò  vicino all’orecchio.
 
“Si, mi sento incoraggiata” Eldihen si allontanò lasciando le sue mani sul torace di Legolas. I suoi abbracci le facevano bene.
 
“Presto tornerai a casa tua, ti sentirai meglio” le sorrise accarezzando le sue mani. Eldihen strinse le dita di Legolas, per poi distanziarsi.
 
“Quando verrai a trovarmi ti preparerò una bella tazza di te!” sorrise, cercando di allontanare i pensieri negativi. Legolas doveva avere la mente sgombra da qualsiasi preoccupazione. Non voleva angustiarlo. Se gli fosse successo qualcosa a causa sua non se lo sarebbe mai perdonato.
 
“Non vedo l’ora” l’elfo trovò conforto quando la vide sorridere “Vieni, andiamo” la invitò ad avanzare. La foresta era davanti a loro ed Aragorn la stava raggiungendo.
 
Proseguirono senza parlare. Legolas la fissava felicemente sorpreso di vedere che la sua espressione era cambiata, non più cupa come prima. Si sentì sollevato, anche se, doveva ammettere che la fanciulla gli sarebbe mancata.
 
Si addentrarono nella foresta, sotto i rami degli alberi, facendosi strada tra i sassi e le serpeggianti radici al suolo. Eldihen si bloccò, per osservare il sentiero. Lei e Legolas avevano raggiunto Aragorn, rimanendo uniti.
 
 
“L’aria è pesante e mi sembra che sia giunta già notte!” commentò Eldihen girandosi intorno. I tronchi ricoperti di muschio arrivavano ad altezze enormi, coprendo la luce del sole con i rami rivestiti di larghe foglie. Il sentiero era dissestato e sconnesso, il terreno secco pareva duro come la pietra, nemmeno l’acqua filtrava. Eldihen lanciò uno sguardo in lontananza: gli alberi erano fitti, uno appresso all’altro, creando una sorta di muraglia con le spesse cortecce. Udì il suono di qualche uccellino fuggire insieme agli scoiattoli. Non c’erano fiori, né erbetta, solo pigne e ghiande.
 
“La foresta è abbandonata da anni. Solo Nihil vi dimora” spiegò Aragorn osservando le sfumature delle foglie “La sua casa non è molto distante, non avere paura…” confortò Eldihen con il suo sguardo intenso   “Seguitemi” guardò Legolas che era rimasto fermo su una grossa radice, con il suo arco in mano, un’espressione severa e gli occhi vigili.
 
“Stammi vicina Eldihen” l’elfo affiancò Eldihen saltando dal punto in cui era.
 
Camminava guardandosi le spalle, sempre vicino alla fanciulla, attento ad aiutarla a proseguire, anche quando il sentiero risultava frantumato, ricoperto da aghi di legno e foglie essiccate.
 
Eldihen non aveva mai visto una foresta così scura, ma allo stesso tempo piena di animali. Aveva portato la sua attenzione ai movimenti sugli alberi, scorgendo sopra la sua testa, il nido di qualche uccellino. Guardò Aragorn e le sue forzute spalle muoversi. Lui l’aiutò a superare una grossa liana. Eldihen strinse la mano dell’uomo, bloccandosi quando si trovò di fronte ad una specie di dirupo, che portava al cuore della foresta.
 
“Se vuoi ti prendo in braccio!” disse Aragorn prima di saltare dal precipizio, appoggiandosi su un alberello avvizzito, proponendo ad Eldihen di superare l’ostacolo insieme.
 
“No, no…” la fanciulla allungò il collo, studiando il terreno inclinato “ mi terrò da un ramo, tu salta pure, preferisco che ci sia qualcuno a sostenermi a terra, ti sarà più facile proseguire”
 
“Come desideri mia signora” Aragorn si lanciò, atterrando al suolo, si sostenne dalle mani. La distanza non era grande. Si girò repentinamente verso Eldihen, guardando Legolas dietro le sue spalle.
 
L’elfo aiutò la ragazza a sostenersi, suggerendole dove posare i piedi “Dammi la mano Eldihen, lascia perdere il ramo, è troppo fragile per reggersi” spostò le foglie e l’affiancò, cingendole gentilmente la vita. L’oscurità lasciava poco da vedere, l’unica luce presente era quella sopra ad un albero, probabilmente lì si trovava la casa di Nihil. Eldihen non perse tempo e seguì i suggerimenti di Legolas, lanciandogli uno sguardo. La sua tunica verde camosciata sembrava molto più scura, anche i capelli e gli occhi dell’elfo sembravano essersi spenti.
 
“Tienimi stretta la mano, ho paura di cadere” Eldihen anticipò le mosse di Legolas, ricercò la sua mano e strinse le sue dita stupendolo. L’elfo col pollice le carezzò il dorso della mano, ricambiando la sua stretta.
 
“Non accadrà mai!” si avvicinò al limite del dirupo, sostenendo Eldihen. Lasciò che la ragazza raggiungesse il suolo, trascinandosi a terra con il busto e con lui presente a tenergli la mano. Aragorn le si avvicinò e l’afferrò dalla vita, prendendola in braccio. Non avrebbe mai raggiunto il suolo senza il suo aiuto.
 
“Grazie” Eldihen si aggrappò alle spalle di Aragorn, lasciando il mantello ricadere sul terreno. La sua pelle si scontrò contro la barba dell’uomo, mentre lui l’aiutava a scendere.
 
“Non c’è di che!”
 
“Manca molto?” chiese allontanandosi dal ragazzo.
 
 “No, siamo quasi arrivati. Seguitemi!”
 
 Legolas grazie ad un’abile salto raggiunse i suoi compagni, ricadendo  in piedi, con l’arco in mano. Si  fermò nonostante l’invito di Aragorn. Trattenere la sua irritazione in quel momento gli risultò impossibile. Il sangue gli stava ribollendo dentro le vene al solo pensiero di rincontrare Nihil. Eldihen lo guardò senza disturbarlo, si decise poi ad avvicinarsi  indecisa se parlargli o no.
 
“Ascoltami” era serio, lei non l’aveva mai visto così autorevole. Le sue sopracciglia erano incurvate, ed i suoi occhi si muovevano di ramo in ramo, da foglia a foglia, posandosi poi sul volto della fanciulla “Io voglio sapere ogni cosa Eldihen… non tralasciare nessun dettaglio d’ora in avanti. Se Nihil non ti tratterà come meriti me lo devi dire, sarà compito mio occuparmene”
 
“Ma cosa mai mi dovrebbe fare?” impressionata alzò un sopracciglio, chiedendosi il motivo che aveva spinto Legolas a parlarle in quel modo.
 
“Non ti farà niente, ci parlerò io. Non voglio impensierirti, tranquilla” la rassicurò posandole una mano sulla spalla “Voglio solo che tu stia bene, scusami ma sono preoccupato!”
 
“Starò benissimo… andiamo?” gli passò la mano sulla spalla, sperando di rasserenarlo con quel gesto gentile.
 
“Certo!” si incamminarono, seguendo Aragorn  verso il sentiero che conduceva ad un piccolo laghetto scuro. Eldihen lo oltrepassò speditamente, seguita da Legolas.
 
Per lei fu facile intuire quale fosse l’abitazione di Nihil superata la pozza d’acqua a terra, infatti, su una largo arbusto si innalzava una piccola dimora, dalla quale fuoriuscivano delle lanterne. Eldien ammirò i gradini posti sul tronco, sembravano essere intagliati e decorati a mano. Anche  per terra erano state poste con cura delle larghe mattonelle bianche che delineavano il percorso, terminando ai piedi dell’albero.
 
“Non sembra affatto male!” commentò ammirando le mura esterne, create con delle spesse tavole di legno. Le finestre erano ovali, Eldihen cercò di scorgere qualcosa all’interno ma non riuscì: la casa era troppo alta e lei si trovava ancora distante.
 
Ringraziò in cuor suo i Valar di ritrovarsi di fronte quell’accogliente abitazione. I suoi presagi non erano rosei considerando la foresta in cui si trovava, infatti, intorno alla piccola casetta tutto era differente dal percorso che aveva superato: gli alberi erano meno attaccati, l’aria circolava meglio e il terreno sotto i suoi piedi era spianato.
 
“Procediamo!” Aragorn li invitò a percorrere la stradina, arrivando fino alle scalinate sull’albero.
 
Il principe elfico mosse qualche passo verso la ragazza che proseguiva ignorando le mille preoccupazioni che attanagliavano la sua mente. La bloccò avvolgendole il polso, lei si girò totalmente in sua direzione, scontrandosi contro il suo petto.
 
“Sappi che ci mancherai anche tu Eldihen” le confessò prima di entrare a casa di Nihil. Aragorn era distante da loro due. Legolas approfittando del momento parlò ad Eldihen, non distogliendo i suoi occhi da quelli azzurri e sorpresi di lei. Gli sarebbe mancata, era abituato ormai ad osservarla, trascorrendo insieme a lei istanti brevi ma intensi. I suoi occhi azzurri non lo avrebbero più rasserenato, lo sapeva. L’ammirò in silenzio, sentendo  in cuor suo un lieve calore, provocato dallo sguardo ingenuo di lei.
 
 
“Legolas, non ci conosciamo da molto ma provo affetto nei tuoi confronti. Spero che non mi prenderai per una stupida ma… ti voglio bene”non riuscì a trattenersi e lo lasciò così, rivelandogli l’affetto che nutriva e che aumentava giorno dopo giorno. L’elfo l’aveva salvata, curata e rassicurata. Grazie a lui era viva ed aveva superato un momento orribile “Grazie per tutto quello che hai fatto per me”
 
Legolas sorrideva toccato da quelle parole. Si piegò leggermente e avvicinandosi, adagiò una mano sulla sua spalla, delicatamente. La sorprese, lo poteva notare dai suoi occhi sgranati. Non si distanziò da lei, rimase per svariati istanti ad accarezzarle il braccio. Un lieve calore gli stava scaldando il petto, una scintilla, accesa dallo sguardo della giovane fanciulla, dalle sue parole, dalle sue labbra.
 
 
 
 
 
 
Epon era appena tornato, poggiandosi su un ramo sopra la finestra. Nihil chiese al suo fidato compagno di confidargli cos’aveva visto, conoscendo in tal modo i dettagli della compagnia, di Eldihen e  di Legolas. Nihil lasciò che il falco avvolgesse le sue zampe sul suo braccio, ascoltando i suoi versi, come solo lui sapeva fare, apprendendo che presto il suo principe sarebbe tornato da lui.
 
Si fermò in mezzo alla casa, tra il camino acceso ed il tavolo rotondo “Dunque Legolas è qui!” esclamò guardando le fiamme divampare dentro il focolare. L’animale aprì le sue ali marroni, come a voler dare conferma alle parole del suo padrone “E alla fine è giunto da me” raggiunse frettolosamente l’armadio in legno, riponendo il suo adorato falco nella sua gabbia.
 
Camminò avanti e indietro con le giunte, ferme sulla schiena. I suoi occhi chiari percorsero tutto il perimetro della casa, fermandosi sulla porta intagliata. Da lì sarebbe entrato Legolas, stentava a crederci. Epon raramente si sbagliava. Mordicchiò nervosamente le unghie, sistemando i libri ed i fogli sparsi sulla scrivania, all’interno di un cassetto.
 
 Velocemente accese le candele, assicurandosi di nascondere accuratamente l’armatura nera e blu che aveva appoggiato sul tavolo, dentro l’armadio.
 
Era nervoso, più agitato delle fiamme che si muovevano dietro le sue spalle. Legò frettolosamente i suoi capelli castani ed indossò una lunga tunica blu con delle cuciture oro. Non riuscì a spiegarsi il motivo di quella visita. Si sedette scomposto su una sedia, chiedendosi come avrebbe reagito Legolas e come si sarebbe comportato lui. In cuor suo ancora lo disprezzava per essere stato bandito dal regno. Sospirò, tamburellando le dita sul tavolo. Il suo piede iniziò a muoversi freneticamente su e giù. Doveva controllarsi, cercare di mascherare il nervosismo per accogliere al meglio il principe, anche se  era riluttante all’idea.
 
Tre tocchi sulla porta riportarono la sua attenzione alla stanza, al caldo fuoco e alla concretizzazione dei suoi pensieri. Erano arrivati
 
Sospirò, avvicinandosi alla porta, tese la mano e piegò la maniglia, ripetendosi di rimanere forte, di non vacillare proprio ora. Non se lo poteva permettere.
 
Spalancò il portone, rimanendo inerme dinanzi al volto di Aragorn.
 
“Mae govannen mellon (Ben trovato amico)” sorrise all’uomo, sfoggiando i suoi denti dritti e bianchi. Gli posò una mano sulla spalla, invitandolo ad entrare con un gesto del capo.
 
“Non vengo da solo Nihil” Aragorn si piegò su un lato, per mostrare all’elfo dai folti capelli scuri, la figura di Legolas che altero lo fissava. Dietro le sue spalle trovò una  fanciulla, dai lunghi capelli castani e dai profondi occhi azzurri. Era molto magra, il suo viso scarnato e pallido. Indossava un vestito celeste, ricoperto da sporcizia e sangue.
 
“Non c’è bisogno che tu dica nulla, Epon gli avrà raccontato ogni cosa, vero Nihil?” chiese con tono canzonatorio Legolas, coprendo con il busto il viso di Eldihen. La sua mano si era posata sulla vita di lei, per bloccarla. Voleva studiare bene Nihil prima di presentargliela, assicurandosi di esporre attraverso la sua espressione tutta la sua autorevolezza.
 
“In effetti mi ha raccontato qualcosa. Ti prego mio principe, entra in casa, non puoi immaginare quanto io sia lieto di vederti” chinò il viso, trattenendo le sue emozioni.
 
“Si, immagino!” Legolas prese la mano di Eldihen che curiosa osservava i comportamenti di Nihil, sorpresa di sentire chiamare Legolas principe. Giorni fa anche Gimli aveva usato quell’appellativo, ma lei non l’aveva preso sul serio.
 
Eldihen osservò Nihil, ammirando i suoi occhi blu, il viso delicato e gli zigomi alti. Non le sembrò scontroso o pericoloso, ma alquanto misterioso. Si trattava di un elfo molto saggio, o meglio, pareva che avesse vissuto a lungo, lo si poteva vedere dai suoi occhi, pieni di esperienza e di dolore. Lo guardò incantata finché Nihil puntò i suoi occhi azzurri su di lei, facendole abbassare timidamente le palpebre.
 
Aragorn fu accolto dal tepore proveniente dal camino. La dimora di Nihil era piccola: un tavolo rotondo al centro, una tovaglia bianca al di sopra e delle candele sparse qua e là. Le pareti erano completamente di legno, ricoperte da vecchie mappe e appunti. Vicino al camino si trovava un grosso armadio squadrato, confinante con una porta che conduceva alla camera dal letto, anch’essa in legno.
 
Legolas imitò il suo amico, entrando dalla porta mano nella mano con Eldihen. Lei aveva mollato la sua presa, imbarazzata dalla presenza dello sconosciuto, ma Legolas la strinse a sé, impedendole di lasciarlo. Non avrebbe voluto separarsi da lei e, sembrava il modo migliore per far capire all’altro elfo l’importanza di Eldihen.
 
Assorto dai suoi pensieri Nihil osservò i tre senza dir nulla. Analizzò i movimenti dell’elfo che discuteva a voce bassa con Eldihen, notando immediatamente l’arco che portava Legolas dietro le spalle. L’arco dei Galadhrim. Non poteva essere, strabuzzò gli occhi e lo guardò, come se fosse presente solo quell’oggetto. Fu meravigliato. Quella giornata si presentava proprio strana, non credeva che oltre la sorpresa di trovare Legolas in carne ed ossa a casa sua, dovesse scorgere proprio con i suoi occhi l’arco che indossava. Chi gliel’aveva donato? Per quale ragione Legolas se ne trovava in possesso?
 
Strinse i pugni respirando profondamente. Il sangue stava ribollendo nelle sue vene. La vista dell’arco per lui fu quasi come uno schiaffo in faccia, una sorta di rimprovero che gli ammoniva che era inferiore rispetto al suo principe. Avrebbe tanto voluto strapparglielo, portarlo a sé, scacciare Legolas da casa sua proprio come lui l’aveva tolto da Bosco Atro.
 
“Nihil spero che non ti abbiamo disturbato!” il flusso dei suoi pensieri venne interrotto dalle parole di Aragorn. Nihil piegò leggermente il collo, portando la sua attenzione all’uomo dai capelli e barba scura.
 
“No di certo Aragorn. Mi chiedo il motivo di questa visita, scusatemi ma non aspettavo ospiti” sfoggiò un falso sorriso per mascherare la sua frustrazione “Ho solo un fiasco di vino a casa”
 
“Non ti disturbare, non ci tratterremo a lungo” Aragorn puntò Eldihen con i suoi occhi verdi, che in silenzio li ascoltava, stringendo la mano di Legolas.
 
Legolas era talmente serio e nervoso che Eldihen non lo riconosceva. Anche prima quando le aveva impedito di lasciargli la mano, non era da lui. La fanciulla intimorita gli si avvicinò e gli parlò, nel momento in cui Aragorn riprese a dialogare con Nihil.
 
“Tutto apposto?” chiese timorosa guardando i suoi occhi irritati.
 
“Si” Legolas non allentò la presa sulla mano di lei, né si volto per guardarla, attento a studiare Nihil.
 
“Non si direbbe, lo vedo che sei teso” per tranquillizzarlo iniziò ad accarezzargli le spalle, percorrendo con le dita la stoffa del suo mantello. Non voleva vederlo nervoso, non l’aveva mai visto in quel modo, ed era profondamente amareggiata.
 
“Va tutto bene Eldihen, non ti preoccupare per me” piacevolmente sorpreso lasciò che la fanciulla continuasse a toccarlo, accarezzandole la mano con il pollice.
 
Aragorn terminò di parlare del tempo e dello stato in cui si trovava Nihil, notando che Legolas dietro lui, con sguardo rigido li fissava senza pronunciare parola. Decise dopo un po’ di affrontare l’argomento, spiegando a Nihil il motivo della loro visita.
 
“Abbiamo portato con noi Eldihen. Questa ragazza elfo è scampata all’agguato di un gruppo di orchi” indicò la fanciulla a Nihil, che aveva posato già i suoi occhi su di lei.
 
Legolas le strinse maggiormente la mano, senza mutare espressione.
 
“Mia signora!” Nihil chinò il capo e la considerò “Il mio nome è Nihil, ti porgo il ben venuto”
 
 “Ti ringrazio” Eldihen scrutò il suo volto illuminato dalla luce fioca delle candele. L’abitazione sembrava essere più piccola, si sentì soffocare dall’imbarazzo. Alzò gli occhi per ammirare il tetto e il lampadario di ferro battuto.
 
“Siamo venuti fino a qui per chiederti un favore che riguarda Eldihen” Aragorn con voce seria continuò a parlare.
 
“Devi condurla a Lothlorien a posto nostro, proteggendola dai pericoli che si presenteranno, anche a costo della tua vita” Legolas senza scomporsi aveva preso la parola, attirando l’attenzione dei presenti su di sé.
 
Nihil scrutò il suo viso duro e inflessibile, non distogliendo lo sguardo dai suoi occhi e dalla sua mano che stringeva quella della ragazza. Era estremamente protettivo nei suoi confronti, la teneva dietro le sue spalle, lanciandogli uno sguardo profondo.
 
“Mio signore Legolas, se questa è la tua richiesta l’accetterò volentieri” rispose sdegnato Nihil, avvicinandosi.
 
“A dir il vero il mio è un ordine. Esigo massima serietà da parte tua”
 
“Che curioso caso mio principe, parli come se io facessi parte del tuo regno, forse dimentichi che mi hai cacciato” con tono irrisorio si fermò davanti ad Eldihen lanciandogli una lunga occhiata, alla quale lei rispose sostenendo lo sguardo, incuriosita dalla frase che aveva ascoltato.
 
“In passato hai commesso degli errori ed è giunto il momento di porvi rimedio!” Legolas serio si avvicinò a lui, bloccandosi davanti al suo viso “Voglio la massima precisione… ti assicuro che stavolta la pena sarà molto più amara dell’esilio se sbaglierai”
 
“Non accadrà” gli sorrise, concentrandosi in seguito su Eldihen “Avvicinati sarai stanca e affamata” gli disse gentilmente posando gli occhi sul viso delicato di lei. La trovò bella, nonostante lo sporco e la sofferenza che si celava dietro il suo sguardo.
 
“Abbiamo curato noi i suoi bisogni fino ad ora, mi aspetto da te lo stesso trattamento” tagliò corto Legolas impedendo ad Eldihen di muoversi verso Nihil. Non le aveva lasciato la mano e non intendeva farlo.
 
“Sarà fatto. Appena Eldihen intenderà partire, l’accompagnerò” Nihil si stupì dell’autocontrollo che stava mostrando, senza mai cedere alla tentazione di controbattere a Legolas.
 
“Ti ringrazio mio signore” Eldihen sorrise flebilmente a Nihil, per smorzare la pesante atmosfera che stava respirando da quand’era entrata. La tensione si poteva tagliare con la lama di un coltello.
 
“E’ un piacere”
 
Aragorn poggiò la mano sull’elsa della sua spada, guardando malinconicamente la ragazza e Legolas. L’elfo era molto preso dalla situazione, sperava che il distacco da Eldihen non lo influenzasse particolarmente. Si girò in direzione dei suoi compagni.
 
“Legolas abbiamo fatto il nostro dovere è giunto il momento di salutare Eldihen e di ringraziare Nihil” annunciò sistemando il colletto della tunica grigia.
 
L’elfo lasciò perdere Nihil e si girò con il viso verso Eldihen, sentendo la stretta della sua mano farsi sempre più forte. La ricercò con gli occhi, guardò i suoi capelli, le sue guance arrossate e gli occhi persi. Sembrava che gli stesse chiedendo di non andare. La fissò, perdendosi dentro l’azzurro chiaro delle sue iridi. Anche lui non voleva allontanarsi. Rafforzò la presa e le strinse le mani con forza, quasi a volerle dire che non avrebbe voluto separarsi da lei. In cuor suo avvertì una grande preoccupazione e tristezza.
 
“Legolas” Aragorn gli strinse la spalla, incoraggiandolo a lasciare Eldihen. L’elfo fece un cenno con il capo, girandosi completamente verso la ragazza, ignorando Nihil che lo guardava.
 
Eldihen quando lo vide davanti a sé, alzò il viso, osservandolo bene: i suoi capelli biondi erano ben legati come sempre, e il suo aspetto era perfetto. Essendo più alto di lei, dovette avvicinarsi per poterlo guardare bene. Il cuore nel suo petto batteva forte, riscaldandola completamente. Lui era bellissimo, non avrebbe voluto lasciarlo, quando si sarebbero rincontrati? Quando avrebbe potuto rivedere i suoi occhi azzurri? Era giunto il momento di dirsi addio, ma perché così presto? Perché Eldihen doveva rinunciare alla sua presenza? Schiuse di poco le labbra, rattristita a causa della loro separazione e, ammaliata dal viso serafico di Legolas. Le sembrò che le stessero prendendo il cuore con le mani, avvertendo una pungente sensazione, talmente brutta da avvertire le lacrime agli occhi. Avrebbe voluto buttarsi tra le sue braccia ma rimase composta, quando dentro di sé sentiva un fuoco ardere sempre di più. Solo in quell’istante in cui lo stava salutando riuscì a comprendere la forza dei suoi sentimenti.
 
“Eldihen…” le dita di Legolas accarezzarono la guancia di Eldihen, fermandosi ai lati della bocca.
 
“No” la ragazza scosse la testa. Quell’addio era troppo amaro, già aveva previsto la sua reazione.
 
“E’ molto difficile per me lasciarti” proseguì l’elfo accarezzandola con i polpastrelli. Non sopportava la vista delle lacrime negli occhi di Eldihen, in più si sentiva angosciato al solo pensiero di doverla affidare a Nihil. Risoluto riuscì a contenere le sue sensazioni, ammirando il viso della ragazza. Il suo cuore si scaldò quando passò per l’ennesima volta le dita sulla guancia, lasciandole delle carezze tenere “Ti verrò a trovare presto”
 
Non riuscì a vedere nulla quando le lacrime le annebbiarono la vista. Cercò di ricacciarle senza successo, era tutto sfocato: il viso di Legolas, la luce delle candele. Non vedeva più nulla, sentiva solo il suo cuore battere forte, e quel senso di vuoto aprirsi all’altezza dello stomaco.
 
“Eldihen ti prego, se fai così peggiori la situazione. Sai che mi addolora vederti piangere” le sussurrò cogliendo con le dita una lacrima. Portò i capelli di Eldihen dietro le spalle accarezzandole il viso.
 
“E’ che mi mancherai tanto, già lo so!” confessò avvicinandosi al suo petto.
 
“Mancherai anche a me, ma tornerò da te per bere il te che mi hai promesso, ricordi?” le baciò la fronte, appoggiando la testa della ragazza sul suo petto, lisciandole i capelli affettuosamente.
 
“Si, certo!” sorrise felice di avvertire le mani di lui. La stava abbracciando, accarezzandola ritmicamente, come guidato da un’antica melodia. Eldihen stretta nel suo torace ricambiò l’abbraccio. Spinta dal sentimento alzò il viso per baciargli la guancia prima di lasciarlo. Legolas chinò il mento e, come lei, si avvicinò con lo stesso intento. Per sbaglio e per fortuna le loro labbra si sfiorarono di poco. Eldihen arrossì vistosamente, Legolas sorrise e si bloccò, spostando le labbra nell’angolo della sua bocca, baciandola dolcemente sulla guancia.
“Ti saluto Eldihen, mi raccomando rimani forte” disse stringendola a sé per l’ultima volta. Si separò da lei a malincuore.
 
“Bada a te Legolas e torna presto” Eldihen aveva ancora la sua mano sul petto di Legolas, e il cuore gonfio di emozione.
 
Aragorn aveva chiacchierato un po’ con Nihil, concedendo ai due elfi un attimo per congedarsi.
 
“Eldihen, ti saluto e ti auguro il meglio” Aragorn le si avvicinò,  l’abbracciò, guardandola ed augurandole di trovare pace e serenità, infondo se lo meritava, era una brava ragazza.
 
“Buona fortuna Aragorn e grazie tante. Che i Valar ti benedicano” Eldien gli sorrise augurandosi di rivederlo.
 
Legolas non perse tempo, raggiungendo Nihil. Si guardarono senza dir nulla, con irritazione “Mi raccomando Nihil!”
 
“Tranquillo Legolas, la ragazza è in buone mani”
 
Non commentò, gli girò le spalle ritornando da Eldihen. La guardò intensamente, attento a memorizzare bene i suoi occhi azzurri, per ricordarseli quando lei non ci sarebbe più stata.
 
“Stammi bene” gli augurò Eldihen.
 
“Anche tu” Legolas le posò una mano sulla spalla, si allontanò a malincuore costringendosi a uscire dalla casa.
 
Si guardarono per tutto il tempo, fino a che l’elfo uscì dalla porta.
 


 
Note autrice:
Salve a tutti ed eccoci alla fine di questo capitolo. Siamo arrivati da Nihil, io nel frattempo sorrido, indovinate perché? E già non potete saperlo, lo scoprirete leggendo.
Vi è piaciuto? Che ne dite? Ogni volta devo stare attenta perché la scorsa volta stavo per pubblicare il dodicesimo cap, oggi il tredicesimo… ma come si fa ? xD (E’ perché ho tipo tre pagine di Word aperte e vado sempre avanti e indietro)
Io sono felicissima di essere arrivata a questo punto perché adesso la trama si fa viva e capirete un casino di cose. Fin ad ora sono stati capitoli “introduttivi” in cui ho descritto un po’ le emozioni dei personaggi e piccoli momenti trascorsi insieme, ma da adesso in poi si da il via alle danze, finalmente… poi ci sarà una parte in cui mi blocco con la trama (ma si parla del quindicesimo cap tranquilli), appunto per dare il giusto peso a cose che comprenderete strada facendo, fino a giungere alla parte finale della storia (ok io ci sono assai vicina e sono pronta a scatenarmi) Eldihen è diversa nella parte finale e tutto quello che le è successo  e le accadrà, l’aiuterà a “farsi le ossa”, ma ovviamente avrà uno sviluppo, mi pare normale anche. Parte da Imladris tutta tranquilla e poi si ritroverà…. (no spoiler!) fosse per me posterei tutti i cap e ciao xD ma ovviamente non posso, con la mia Beta abbiamo visto insieme fino al dodici. La mia Beta-salvezza, che oltre a scrivere la sua storia bada anche la mia <3  menomale che lei mi ha dato una mano con questo cap perché oggi non sarei riuscita a pubblicare, reduce di una bruttissima settimana agrr. Ci tengo a ringraziarvi perché i vostri commenti mi hanno dato la carica e mi sento pronta per passare a scrivere parti abbastanza importanti e rivivere scene vecchie (per me) come questa.
Grazie a chi legge, segue e commenta ;)
Riguardo gli aggiornamenti: il prossimo è sempre di  sabato.
Un bacione, spero di sentirvi in qualche commento.
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


  
Capitolo 4
 
 
Rimase immobile dinanzi alla porta aperta, osservando Legolas scomparire tra gli alberi. Avvertì un tumulto dentro al suo cuore quando l’elfo si girò per guardarla, rimanendo svariati attimi fermo.
 
“Mia signora…” Nihil mosse qualche passo in sua direzione, appoggiandosi alla porta in legno “Chiudo la porta? Se ne sono andati”
 
Eldihen acconsentì, non spostando però lo sguardo dall’uscita, fino a ché non si ritrovò a guardare le sfumature marroni del portone ricamato con delle incisioni in ferro battuto. Si massaggiò ritmicamente le braccia, rattristita per aver lasciato Legolas. Piegò il viso alzando le sopracciglia, quando notò di portare ancora sulle spalle il mantello del suo amico Gimli. Non glielo aveva restituito. A stento riuscì a trattenere le lacrime, stringendo la stoffa del mantello. Gli mancavano molto, ma soprattutto gli mancava Legolas.
 
“Eldihen siediti!” Nihil si avvicinò a lei con una sedia in mano.
 
“No tranquillo… dalla a me” la ragazza asciugò velocemente le lacrime e prese la sedia appoggiandola a terra “Grazie molto gentile” intimidita si accomodò, rimanendo immobile con le braccia conserte ed i pensieri che vagavano nella sua mente.
 
“Tutto bene?” Nihil la studiò per diversi istanti, aprendo un fiasco di vino che aveva preso da dentro la sua credenza.
 
“Si, si. Mi spiace disturbarti!” rigidamente si piegò in direzione dell’elfo, osservando le sue larghe spalle avvolte da una lunga tunica blu. I capelli scuri erano semiraccolti da due trecce. Eldihen lo guardò dalla testa ai piedi.
 
“Nessun disturbo, anzi, devo ammettere che la tua compagnia è gradevole!” si voltò verso Eldihen con il calice di vino tra le mani, roteando il liquido presente nel bicchiere. Lo annusò, alzando le palpebre per guardare la fanciulla“Non ti devi crucciare ragazza, fa come se fossi a casa tua” con una certa dose di nonchalance, Nihil superò il tavolo, riponendo la bottiglia di vino dentro la credenza, sotto lo sguardo attento della ragazza.
 
“Casa tua è molto bella” guardò un quadro appeso di fronte la parete in cui lei era seduta, raffigurava un paesaggio invernale, alte montagne bianche ed un cielo grigio.
 
 
“Personalmente preferisco le case lontano dalle città. La confusione non fa per me” ammise appoggiandosi al camino a braccia conserte. Eldihen incontrò il suo sguardo e rimase ipnotizzata dai suoi occhi chiari e belli. Era affascinante e misterioso, doveva proprio ammetterlo.
 
“Concordo!” si costrinse a distogliere lo sguardo dal volto serio di Nihil, anche se con difficoltà.
 
“Quindi ragazza sei stata attaccata da un gruppo di orchi?”
 
Quella domanda la spiazzò completamente. In cuor suo riaffiorarono i vecchi timori, e nella sua mente si susseguirono delle scene orribili, tanto da sentire l’ansia crescere senza controllo. Respirò profondamente ricacciando i cattivi pensieri, l’immagine degli orchi e del sangue che macchiava il terreno. Strinse con le dita lo schienale della sedia, mordendosi un labbro. Si passò nervosamente la mano tra i capelli castani, chiudendo le palpebre, ripetendo più volte in silenzio che tutto era passato e che ora lei era salva.
 
“Eldihen, per caso ti senti poco bene?” Nihil notando la reazione della ragazza le si avvicinò repentinamente, chinandosi a terra per guardarla bene in viso. Era sorpreso, non la capiva.
 
“Scusami è che…” tirò la stoffa della gonna, aprendo gli occhi “ho difficoltà a parlare o a ricordare quel brutto episodio. E’ troppo doloroso per me” spiegò pacatamente ammirando il taglio sottile e sfilato degli occhi di Nihil. Lui non poteva immaginare quanto aveva sofferto. Era stato Legolas a tranquillizzarla parlandole, annullando tutte le sue paure. Lui sapeva che era doloroso affrontare l’argomento inerente all’attacco, infatti, non aveva mai turbato Eldihen in quei giorni trascorsi insieme. Legolas non gli avrebbe mai posto quella domanda, ma lui se ne era andato.
 
“Comprensibile. Mi spiace averti turbata, non era mia intenzione”
 
“Non potevi di certo sapere nulla, tranquillo!” cercò di non pensare a Legolas, concentrandosi su Nihil.
 
“Che ne dici di pranzare insieme?” cercò di sviare il discorso, sperando di calmarla.  Si trovava di fronte a lei, piegato sulle ginocchia.
 
“Accetto il tuo invito, grazie!” sorrise flebilmente spostandosi una ciocca di capelli.
 
“Basta con i ringraziamenti Eldihen, non fare complimenti” si rialzò da terra, seguito dall’occhiata della fanciulla “Se desideri qualcosa dimmi pure!”
 
“L’unica cosa che desidero in verità è darmi una sistemata…”
 
“Lì dentro c’è una stanza, troverai una vasca, se aspetti un attimo ti riscalderò l’acqua, anzi vado subito a preparare…” gli lanciò uno sguardo indulgente, la sua voce pacata ed affascinante la sorprese”Aspetta!” alzò una mano, allontanandosi da lei.
 
 Eldihen annuì soddisfatta, era stanca della sporcizia che aveva addosso da giorni. Avrebbe tanto voluto starsene ammollo in una vasca, lavandosi dal corpo polvere e fango.
 
 Seguì i movimenti di Nihil con gli occhi: aveva aperto la porta della camera, entrando dentro. Uscì dopo qualche istante con una bacinella colma d’acqua, indifferente alla ragazza che lo scrutava. Versò il liquido incolore dentro una pentola nel fuoco, scostando con uno spiedo di ferro, la brace e la cenere dalla pietra sotto il fuoco, producendo un rumore stridulo.
 
“Grazie” Eldihen si alzò, allontanando la sedia da lei. Guardò Nihil girato di spalle, raggiungendolo lentamente, stretta nel suo mantello verde. Superò il tavolino e si fermò a suo fianco incuriosita.
 
“Non avevamo detto che non mi avresti ringraziato?” Nihil si volto e sorrise ironicamente. Si alzò costringendo Eldihen a sollevare il collo per guardarlo. Era molto alto. Fu inebriata dal suo profumo di pino, molto gradevole. Deglutì, incrociando gli occhi di Nihil che non si erano spostati da lei.
 
“Hai ragione!”
 
L’elfo con un semplice sguardo aveva già compreso il carattere di Eldihen: pacata, sensibile, introversa, anche se non più di tanto e tremendamente turbata dall’evento vissuto. La trovò in un certo senso molto ingenua. Sicuramente era giovane tra gli elfi, di certo non aveva assaporato l’amarezza della guerra, visto che era molto impaurita da un semplice attacco da parte degli orchi. Poteva credere nelle sue idee. Eldihen era piccola.
 
“Dovrei avere qualcosa per te, anche se non ne sono sicuro” la lasciò vicino al camino, per ricercare all’interno del suo armadio una delle sue vecchie tuniche. Spostò frettolosamente diversi indumenti, trovando dopo un bel po’, una lunga veste di un color rosso vinaccia, con dei lacci nella parte davanti e le maniche di un tono leggermente più chiaro.
 
“Eccola!” se la passò tra le mani, allargandola per vedere se andasse bene “Di certo è piccola. Non so se ti starà bene, ma  tranquilla, potrai indossare una cintura, adattandola al tuo corpo perfettamente” camminò in direzione della ragazza, porgendole la veste.
 
“Gra…” Eldihen prese la tunica. Stava per ringraziarlo, ma si bloccò notando che Nihil aveva alzato un sopracciglio contrariato “Andrà bene”
 
“Speriamo!” soddisfatto per aver finalmente fatto capire alla ragazza di non doverlo ringraziare ripetutamente,  si abbassò per controllare la pentola dentro il camino. Adagiò una mano su di essa, era calda “Anche l’acqua sembra andare bene. Vado a prepararti il bagno. Attendi un attimo!”
 
 
 
Era tutto pronto. Nihil aveva detto ad Eldihen di recarsi in camera, lasciandola da sola.
 
L’elfo si trovava in cucina. Quando Eldihen richiuse la porta alle sue spalle, sicuro del fatto suo, si affrettò a raggiungere Epon con un mazzo di chiavi in mano. Aprì la gabbia velocemente, allungando il braccio per permettere al falco di stringere le zampe intorno ad esso. Si spostò quando l’animale aprì le ali, iniziando a muoverle.
 
“Fermo!” lo strattonò. Non avrebbe mai voluto attirare l’attenzione di Eldihen, soprattutto ora che era riuscito a trovare un minuto di solitudine.
 
“Ascoltami bene Epon” svelto si avvicinò alla parete rischiarita dalla luce delle candele bianche, aprendo la finestra. Un vento gelido mosse le tende candide, scostando i capelli di Nihil dal viso “Segui Legolas e Aragorn senza farti notare. Vola Epon, spiali e torna da me per raccontarmi ogni cosa: voglio sapere dove stanno andando. Vai in fretta prima che la ragazza esca dalla camera”aprì il suo braccio lasciando prendere il volo al falco che, obbediente si allontanò dalla casa, volando sugli alberi scuri pronto a raggiungere la compagnia, per spiarne i movimenti. Nihil rimase qualche istante a fissare l’animale, risoluto e freddo.
 
 
“Bene!” richiuse velocemente la finestra, nascondendo il mazzo di chiavi che aveva in mano sulla mensola vicina “Chissà se ho un minuto di tempo da concedere al mio bianco amico!” sorrise divertito, camminando avanti e indietro nella stanza. Si bloccò per scrutare la sua ombra lunga e nera. Gli sembrò di avere dinanzi la sua stessa anima, piena di malinconia e risentimento. Sospirò, distogliendo lo sguardo dalla parete portandolo alla porta chiusa alla sua destra, dove si trovava Eldihen “Tornerò presto!” andò davanti all’armadio aperto, ricercando l’armatura nera e blu che aveva deposto precedentemente. Aprì un cassetto trovandola.
 
La indossò e spedito uscì di casa, richiudendo la porta silenziosamente. Doveva muoversi in fretta approfittando dell’assenza di Eldihen. Il suo amico attendeva di vederlo.
 
Coperto dall’ombra dei rami Nihil camminò spedito, superando il sentiero, le mattonelle a terra e il laghetto vicino casa sua. Ignorò il canto degli uccellini che volavano liberamente sopra la sua testa. Era agitato ed anche un po’ nervoso, procedeva frettolosamente osservando i suoi piedi muoversi tra i sassi.
 
Si fidava di Saruman, lo stregone era stato l’unico ad apprezzarlo, accogliendolo, quando Legolas l’aveva bandito dal regno. La sua decisione era stata ingiusta, e pensare che lui aveva combattuto a fianco di re Thranduil sacrificando il suo stesso padre per il suo popolo. I suoi sforzi erano stati resi vani, Legolas l’aveva bandito senza considerare i suoi sacrifici e il suo dolore.
 
Saruman approfittando del suo stato confusionale lo aveva preso sotto la sua ala, ingannandolo, attraverso oscuri incantesimi che gli avevano offuscato la mente. Era diventato un burattino.
 
Raggiunse uno spiazzo, ricoperto da rocce appuntite intorno, pochi alberi avvizziti e molta oscurità. Si spostò avanti e indietro, ricercando con gli occhi la presenza di qualcuno. Fermò la sua attenzione su un rumore in lontananza. Un fetido odore lo costrinse a stringere le palpebre. Si appoggiò con una mano alla parete fredda di una pietra, rialzò il volto scorgendo quattro sagome farsi vicine, fino ad incrociare il suo percorso.
 
“Nihil, ho visto il tuo falco muoversi pericolosamente, i miei soldati avrebbero tanto voluto papparselo” un orco, dal brutale aspetto  mosse il collo ripetutamente, guardando Nihil negli occhi.  La sua carnagione era verdognola, i suoi occhi gialli e sottili. Aveva delle zanne e alcune cicatrici sparse in viso. Nihil trattenne il respiro per evitare di sorbirsi il puzzo dell’orco vestito di stracci.
 
“Taci feccia, grazie ad Epon i vostri piani si stanno concretizzando, anche se voi siete talmente stupidi da non riuscire a completare anche le missioni più semplici, branco di idioti” si girò, per osservare in lontananza i tre orchi rimasti dietro ad una roccia. Gli lanciò uno sguardo autorevole, continuando a parlare “ Circa un paio di settimane fa, vi avevo ordinato di massacrare la carovana diretta ai Porti Grigi, senza lasciare superstiti...”
 
“E’ così abbiamo fatto, li abbiamo trinciati tutti. Il tuo falco vede molto bene, ho mandato una pattuglia, gli elfi erano numericamente inferiori e sono tutti morti, nessuno ha lasciato queste terre” ringhiò battendo ripetutamente i denti giallastri. Nihil lo allontanò con il gomito, coprendosi il naso.
 
“Evita di starmi vicino. Comunque no, non li avete uccisi tutti, una ragazza è riuscita a scappare, è sopravvissuta, ma c’era d’aspettarselo da te lurido verme!” senza scomporsi o preoccuparsi del fatto che l’orco era armato di coltelli, Nihil si appoggiò su una roccia, a braccia conserte.
 
“E’ come fai a saperlo?” l’orco incuriosito piegò il capo, i suoi capelli crespi e sciupati gli ricaddero davanti.
 
“Non ti deve interessare… cambiando discorso, io avevo espressamente detto di voler incontrare Saruman il bianco!” alzò le palpebre, lanciando uno sguardo feroce all’orco davanti.
 
“Il mio signore Saruman non può allontanarsi da Isengard, è impegnato.”
 
“Digli che la compagnia è passata da queste parti, non mi chiedere dove è diretta o cosa hanno in testa perché non so rispondere. Ma tranquillo, ho la situazione sotto controllo!” sorrise beffandosi della faccia sorpresa dell’orco, lo spostò dal suo tragitto, lasciandolo vicino alla roccia. Uno strato sottile di nebbia si alzò da terra. Nihil si spostò, sotto lo sguardo attento del suo interlocutore.
 
“Tornatevene a Isengard o dove è richiesto il vostro servizio. Io ho una cosa urgente da sbrigare” si arrestò davanti ai primi alberi “Non c’è bisogno di incontrarci, invierò Epon con un messaggio per i futuri convegni”
 
Li lasciò sparendo tra le ombre degli alberi, senza timore.
 
Tornando a casa, pensò a come approcciarsi ad Eldihen. Aveva un’idea in testa e la ragazza faceva proprio al caso suo. Stavolta si sarebbe dato da fare per realizzare i suoi scopi personali, attuando un piano all’insaputa di Saruman.
 
Era stato lui ha richiamare l’attenzione degli orchi, ordinando di uccidere gli elfi di Imladris, ed anche se Eldihen era sfuggita al massacro, Nihil non si disperò, anzi, la considerò un’ottima pedina alla portata della sua mano.
 
 
 
 
 
La giovane dagli occhi azzurri si guardò intorno e chiuse la porta a chiave dietro le sue spalle. Esaminò la camera da cima a fondo: era piccola, un letto si trovava posizionato contro la parete, di lato un comodino con sopra una candela, un largo tappeto a terra e un piccolissimo baule all’angolo. Si perse nel verde delle pareti, ricordando la tunica di Legolas. Allungò una mano e tastò il muro con nostalgia, chiedendosi dove si trovasse l’elfo, se anche lui  la stava pensando. Sospirò, rassegnata al fatto che la sua mente ricollegava ogni cosa all’arciere. Non riusciva a cacciarlo dalla sua testa.
 
“Mi manchi”ammise tristemente. Si girò, trovando la piccola vasca colma di acqua, nascosta dietro il letto. Si avvicinò, slacciando il mantello grazie ad un veloce movimento.
 
Immerse la sua mano nel liquido trasparente per costatare la temperatura. Era tiepida, e sulla superficie galleggiavano dei petali di fiori profumatissimi. Era stupita di quel particolare, Nihil aveva pensato a tutto. Non aspettò molto, si svestì velocemente, lasciando che i vestiti ricadessero a terra. Si passò una mano tra i capelli arruffati e, dopo aver preso il sapone bianco vicino alla vasca, si immerse dentro l’acqua, bagnando il suo corpo ed i suoi lunghi capelli castani.
 
Il bagno caldo la rasserenò subito. Chiuse gli occhi e trattenendo il fiato si immerse dentro l’acqua, per poi lavarsi delicatamente, passando il sapone che profumava di lavanda, su ogni centimetro del suo corpo. Le bolle bianche avevano invaso la vasca, Eldihen appoggiò un gomito sul margine della superficie e si perse nei propri ricordi. Tornando indietro nel tempo, precisamente  a Gran Burrone.
 
 

 
Il rumore incessante del martello che colpiva la trave in legno, diede sui nervi ad Eldihen che, per aiutare suo padre si era allontanata da casa, sapendo di trascorrere la mattinata nel palazzo maestoso di sire Elrond. Si guardò intorno, mentre sistemava una sedia scricchiolante per ingannare l’attesa, lanciando di tanto in tanto una fugace occhiata alle cascate che si scontravano contro le rocce, producendo un rilassante fruscio che Eldihen avrebbe volentieri ascoltato per ore. Le vetrate erano immense, ricoprivano gran parte della parete, illuminando l’ambia biblioteca che si estendeva da un lato all’altro del muro.
 
“Passami i chiodi figliola” la richiamò il padre, senza distogliere lo sguardo dal cornicione che stava sistemando. Elrond si fidava cecamente di Ingin, considerandolo abile nel suo mestiere. Il migliore della Terra di Mezzo.
 
“Ecco, anche se servivano a me per la sedia” Eldihen che era comodamente appoggiata a terra si alzò per porgere una scatolina il legno al padre. Posò le mani sulle scale in cui era aggrappato, guardando da una parte all’altra con aria sbigottita. Era da poco arrivata ad Imladris, poiché aveva trascorso parecchi anni presso la casa di Círdan il carpentiere, e non era abituata a l’andirivieni a cui aveva assistito in quei giorni. Lindon era decisamente più silenziosa.
 
“Padre, vorrei ammirare da vicino il giardino di sire Elrond. Ti dispiace se ti lascio?” chiese addolcendo lo sguardo quando Ingin si voltò a quelle parole.
 
“Vai. In fin dei conti mi hai seguito per questo, o mi sbaglio?” domandò stringendo tra i denti dei chiodini di ferro. Si girò per assicurare il cornicione al muro, immaginando il sorriso che si era allargato sul volto della figlia.
 
“Torno subito” entusiasta Eldihen camminò velocemente in direzione della porta, un po’ emozionata di trovarsi dentro quel palazzo.
 
“Mi raccomando Eldihen non disturbare nessuno e rimani in zona” alzò leggermente la voce per far giungere alle orecchie della ragazza la sua ammonizione. Aveva educato Eldihen rigidamente, non avrebbe voluto che lei infastidisse qualcuno con le sue domande. Era una ragazzina curiosa. A detta di Ingin, aveva ereditato lo stesso carattere dalla madre.
 
L’ampia sala era illuminata dalla luce del sole. Eldihen udì in silenzio i canti provenienti dall’esterno, ammirando le scalinate in marmo ed i dipinti sulle pareti. Si fermò dinanzi ad una statua e con timore la sfiorò. Aveva imparato da Círdan a riconoscere i materiali, quando il padre a Lindon era impegnato a costruire delle possenti navi “E’ di berillio” tastò la superficie verdognola, in seguito passò il suo sguardo verso una grande porta in bronzo. Era chiusa, ma Eldihen avvertì come una dolce melodia e curiosa si avvicinò alla soglia, aprendo l’entrata con timore.
 
Era un po’ impaurita consapevole che  il padre l’avrebbe sgridata, o addirittura punita, così, con il cuore in tumulto entrò a passi felpati dentro una stanza molto particolare, dalle pareti argentate.
 
Al centro troneggiava una scrivania in legno, le gambe dalle sfumature dorate parevano assomigliare a delle donne. Vi era un vaso di cristallo pieno di fiori, affianco ad una pila di libri dalle copertine in pelle, di vari colori e grandezze.
 
Eldihen si avvicinò, sentendo la musica farsi sempre più forte, anche più del canto degli uccellini fuori. Ferma come un sasso vicino alla scrittoio, spostò con le mani dei fogli, trovando un anello dorato e brillante, con una pietra blu incastonata. Non osò prenderlo tra le mani, ma sfiorò con i polpastrelli il metallo freddo, avvertendo un fremito dentro al suo cuore: fu come investita da un vento tiepido, una voce che le sussurrava parole confortanti e piene d’amore. Rimase altri minuti immobile per godere di quella sensazione bellissima, isolandosi dal mondo intero, dai canti degli uccellini e dal rumore della natura. Si sentì cullata dalla melodia, rilassandosi completamente, trasportata in un’altra dimensione in cui non vi era né guerra, né sofferenza.
 
“Che ci fai qui dentro ragazza?”
 
Una voce perplessa la costrinse a ritrarre la mano, quasi come se fosse stata scottata.
 
“Io…” boccheggiò per qualche istante prima di trovare una valida spiegazione, scrutando le due figure che erano entrate in camera “Stavo guardando” disse infine girandosi con le braccia giunte dietro la schiena.
 
“Non è permesso entrare nello studio del re. Dovresti saperlo” continuò con tono di rimprovero l’elfo che aveva parlato poco fa. Era alto, indossava un’armatura d’argento. I suoi occhi scuri erano più taglienti di una lama, tanto da far abbassare le palpebre ad Eldihen che, rimproverandosi mentalmente, desiderò svanire in quel preciso istante.
 
“Chiedo perdono” si rincuorò considerando il sorriso sul volto dell’altro elfo, notando, con un’occhiata minuziosa di trovarsi dinanzi ad Elrond in persona “Sire…” schiuse le labbra insicura “Non vi ho riconosciuto, perdonate” chinò il capo in segno di saluto.
 
Elrond sollevò due dita, invitandola a ricomporsi “Perché sei qui ragazza?” chiese scambiandosi uno sguardo con il suo servitore.
 
“Mi è parso di udire una canzone… ma, mi sbagliavo” non avrebbe voluto confessare della sensazione avvertita poco fa, per paura di essere sgridata o giudicata.
 
“Non conosco il tuo volto. Chi sei? di chi sei figlia?” tornò a parlare l’elfo dai capelli neri, corrugando le sopracciglia. Costui era Madeos, una guardia fidata che per anni aveva protetto i confini di Rivendell.
 
“Il mio nome è Eldihen. Sono figlia di Ingin il carpentiere” spiegò imbarazzata respirando profondamente. Era difficile tollerare l’occhiata di quell’elfo. Fortunatamente dopo essersi presentata entrambi i signori parvero meno tesi, e sui loro volti comparve un’espressione più rilassata.
 
“Sei qui con tuo padre?” Elrond le si avvicinò ed Eldihen rimase ammaliata dal suo portamento così elegante e fiero allo stesso tempo. Persino i suoi vestiti enfatizzavano gli occhi grigi e penetranti, specie la tunica ricamata di velluto rosso.
 
“Si” annuì seguendo i movimenti con gli occhi.
 
“Sta sistemando un ripiano della biblioteca, l’ho chiamato perché è molto bravo. Non sapevo avesse una figlia. Ingin viaggia spesso, è rimasto poco tempo ad Imladris, forse per questo è la prima che ci incontriamo”
 
“Sicuramente. Sono rimasta per molto tempo ai Porti Grigi. Siamo tornati da poco” si sforzò ad apparire tranquilla anche se a cospetto del re, le tremarono le mani.
 
“E tu sei brava come tuo padre?” chiese con voce pacata, vedendola ansiosa.
 
“A costruire ed a riparare gli oggetti? Beh si. Ho imparato qualcosa, infatti ho aggiustato alcune sedie mio signore, non è una gran cosa ma meglio di niente” divenne rossa in faccia. In realtà non sapeva cosa dire, ma era meglio parlare piuttosto che rimanere muta come un pesce.
 
Elrond annuì sorridendole. Prese l’anello dell’aria, Vilya, mostrandolo alla ragazza “Stavi guardando questo poco fa?”
 
“E’ così!” ammise sentendosi trafitta dallo sguardo di Madeos che si irrigidì pensando al peggio.
 
“Lo studio di sire Elrond è un luogo vietato. Non saresti dovuta entrare qui dentro e curiosare tra le sue cose” Madeos mosse qualche passo verso Eldihen, ma Elrond lo immobilizzò sul posto con un semplice cenno.
 
“Ciò che dice Madeos è vero, ma credo che tu non sia entrata con malizia, e su questo non nutro dubbi” sembrò in grado di interpretare il suo sguardo anche meglio di sua madre che l’aveva messa al mondo, lasciando Eldihen a bocca aperta, con gli occhi sgranati dalla sorpresa.
 
“Non sapevo che fosse il vostro studio. Io sono entrata attratta da una dolce melodia”
 
“Difficilmente mi separo da Vilya, sei stata fortunata a trovarlo, in un posto che io reputo molto sicuro. Eppure non vi era alcuna guardia fuori dalla stanza. Non penso sia stato un caso. La melodia che dici di aver sentito proveniva dall’anello?” chiese infine, curioso di conoscere la sua risposta.
 
“Si. Ho sentito un dolce suono e mi sono subito incuriosita. Non volevo guardare, lo giuro, ma era come se l’anello emanasse un’energia, infondendo nel mio cuore un senso di pace mai avvertito” confessò infine per paura di essere stata fraintesa. Di certo non voleva far credere di voler prendere l’oggetto.
 
“Curioso” Elrond guardò l’anello senza dire più nulla, lasciando la ragazza sola con i suoi pensieri. Conosceva benissimo i poteri di Vilya, l’anello che per anni aveva mantenuto pace e tranquillità a Gran Burrone “Hai una percezione alquanto particolare della magia” disse infine con aria pensierosa.
 
“Io non me ne intendo di magia”
 
“Ma hai percepito l’energia di Vilya e non è cosa da poco”indossò l’anello avvicinandosi a Madeos.
 
“Meglio che tu vada ragazza” Madeos chiuse le palpebre spazientito, scrutando il volto di Elrond. Non comprese perché non l’avesse sgridata e, pensando che fosse il caso di allontanarla, parlò ad Eldihen con massima autorità.
 
“Certo” felice di ricevere quell’ordine Eldihen camminò verso la porta aperta, con le braccia incrociate e prima di congedarsi, si voltò con occhi impauriti, rivolgendosi alla guardia “Vi prego, non dite nulla a mio padre”
 
Elrond sorrise intenerito dall’ingenuità della ragazza.
 

 
 
 
 
Rimase immersa nell’acqua per una quindicina di minuti, ferma a riflettere sugli eventi accaduti, visto che non era riuscita a trovare un minuto di pace in precedenza. Immerse il viso tra le bolle bianche e profumate, trattenendo il respiro quando l’acqua le arrivò fino alla fronte. Il suo cuore riprese a battere vigorosamente ripensando al modo in cui Legolas l’aveva abbracciata prima di lasciarla. Arrossì, rialzando la testa dall’acqua per poter districare bene col sapone i lunghi capelli inzuppati e gocciolanti.
 
“Lui mi ha baciata vicino alla bocca sorridendomi” asserì tra sé e sé strofinando la saponetta tra i capelli, cercando di rievocare il ricordo delle labbra dell’elfo. Ritornò ad immergersi per risciacquare la schiuma chiara. Giunse le mani e li riempì di acqua, poi si lavò anche il viso, stringendo un petalo di camomilla che le era rimasto attaccato ad un dito.
 
 Si alzò dall’acqua, le goccioline sul suo corpo ricaddero dentro la vasca come delle piccole catenelle. Strizzò i sui capelli facendoli scivolare  dietro la sua schiena nuda e umida. Uscì dalla tinozza e si avvicinò al letto, lasciando una scia di vapore bianco dietro di sé. Afferrò velocemente un asciugamano di seta e lo tamponò sulla pelle umida.
 
La sua pelle era finalmente profumata e pulita. Eldihen passò la mano sulle coperte e svelta indossò la tunica che le aveva donato Nihil. Era morbida. La infilò, constatando che era un po’ larga. Certo, meglio della precedente ma decisamente ampia. Strinse intorno alla vita i lacci di cuoio, e la cintura marrone, in modo da far aderire bene la stoffa del vestito al suo corpo.
 
Sistemò i suoi vestiti, agganciò la sua preziosa collana dietro al collo, lanciando uno sguardo al piccolo specchio sopra il comodino, ritrovando il suo riflesso dinanzi ai suoi occhi: i capelli umidi le scendevano fin sotto la schiena, coprendola completamente. I suoi occhi erano leggermente arrossati e stanchi. Il suo viso era pallido e privo di sporcizia. La tunica le stava bene, anche se quella non era di certo la sua misura, ma almeno le fasciava il busto, ricadendole morbidamente sui fianchi.
 
Uscì dalla stanza, spalancando la porta in legno.
 
“Nihil perdonami se sono rimast…” ricercò l’elfo dentro la cucina, ma non c’era. Camminò verso il focolare, pensando che si trovasse lì, ma nulla, si era volatilizzato. Sorpresa girò il suo viso, guardandosi intorno. C’erano solo le candele ad illuminare la stanza ed i libri sparsi a caso sulla scrivania.
 
Sospirò aprendo le mani davanti alle piccole fiamme “Ma dove sarà andato?” esausta avvicinò una sedia sedendosi. Mentre guardava il fuco, completamente sola, ripensò al volto di Gimli e alla lunga corsa sotto il cielo stellato. Sorrise involontariamente. Il nano era adorabile “Chissà se si sarà accorto del mantello che mi ha lasciato”respirò profondamente, appoggiando una mano sul viso. Prese a scostare con un bastone di ferro vicino al camino la cenere che fuorusciva, ammirando le ombre prodotte dalle fiamme.
 
Dopo circa mezz’ora, Eldihen sentì la porta di casa aprirsi. Si drizzò alzandosi dalla sedia, voltando il capo. Nihil distrattamente entrò in casa, con in mano una scorta di ortaggi e funghi. Eldihen lo fissò, dando le spalle al fuoco, rimase in silenzio quando lui gli lanciò un lungo sguardo, spalancando di poco la bocca. Era molto bella, era rimasto colpito quando l’aveva rivista, trovandosi davanti non più la ragazza sporca e indifesa che era entrata quella mattina a casa sua, ma una fanciulla splendida e luminosa
 
“Spero di non averti fatto aspettare molto, sono andato a prendere qualcosa per il pranzo” depositò il cibo che stringeva in mano sul tavolo, sorridendo alla donna dinanzi a sé.
 
“No, tranquillo!”
 
Nihil non poté far a meno di guardarla un’altra volta, mentre impacciato sistemava le cose sul tavolo, mettendole dentro una cesta intrecciata. I suoi occhi ricaddero spesso sul volto delicato di Eldihen, presentava la bellezza tipica degli elfi. Sorrise notando che il rosso le donava particolarmente, accentuando il colore azzurro dei suoi occhi sfilati.
 
“C’è qualcosa che non va?” chiese curiosa la fanciulla, notando che lo sguardo di Nihil era caduto troppe volte su di sé.
 
“In realtà  ti trovo molto bella Eldihen” le sorrise disinvolto e sicuro, curvando gli angoli della bocca.
 
Imbarazzata e sorpresa la ragazza pensò a come rispondere, alzando ed abbassando le ciglia incurvate “Sei gentile”
 
Nihil camminò verso di lei, con in viso un’espressione indecifrabile. Stringeva i funghi tra le mani, si abbassò per lanciarli dentro la pentola sul fuoco, appoggiandosi sulle ginocchia. Lanciò uno sguardo furtivo alla giovane vicino a sé, sorridendo furbamente.
 
“Legolas è molto fortunato ad averti!” asserì non perdendosi l’espressione completamente impacciata di Eldihen.
 
“Tra noi due non c’è nulla, ti sei confuso!” Eldihen alzò le mani, muovendole all’aria, per smentire l’affermazione udita. Avvertì un tale imbarazzo, da volersi dileguare in quell’istante, risucchiata dal pavimento il legno.
 
“Eppure lui sembrava molto interessato e preoccupato… magari nascerà qualcosa!” con estrema indifferenza afferrò un cucchiaio di legno mescolando i funghi dentro la casseruola, si alzò da terra e seguito dagli occhi di Eldihen prese dal tavolo un coltello,  sminuzzando perfettamente le cime di prezzemolo.
 
“Ma no… lui mi ha solo aiutata, ti stai sbagliando” Eldihen indecisa appoggiò le dita sul tavolo, guardando Nihil dedicarsi al pranzo.
 
“Sicura?” chiese posando il coltello e  girando il volto per vedere il suo viso candido, soffermandosi sulle labbra rosate.
 
“Si”
 
“Meglio, potrò corteggiarti senza pensieri se dici così” tra le sue labbra si allargò un sorriso canzonatorio ed estremamente soddisfatto. Eldihen sgranò gli occhi arrossendo senza controllo. Era stupida, non credeva a ciò che aveva sentito.
 
“Sei ancora più bella quando arrossisci, lo sai?” si avvicinò pericolosamente al suo volto, facendola indietreggiare di poco.
 
“In realtà non sono abituata a simili…” pensò come poter definire le parole di Nihil, sistemando una ciocca dietro le orecchie “Complimenti”
 
“Non ti preoccupare, non voglio metterti a disagio” riportò l’attenzione al prezzemolo, raccogliendolo nelle mani per poi gettarlo in pentola con i funghi.
 
“In ogni caso è normale che lui si trattenga”  continuava a guardarla di sottecchi, lasciandola ferma alle sue spalle, meravigliata, proprio come lui desiderava. Stava indirizzando l’argomento proprio sulla compagnia, cercando di cogliere quante più informazioni possibili da Eldihen. Sicuramente lei conosceva qualcosa a riguardo, infondo era stata accompagnata proprio da due componenti a casa sua “Ha un compito duro da portare a termine. Essere un membro della compagnia dell’anello non è facile. Non può permettersi di intraprendere delle relazioni amorose, lo conosco, penso che non si è fatto avanti per paura di farti soffrire!”
 
Eldihen sempre più sorpresa rizzò le sopracciglia, storcendo la bocca “Lui fa parte della compagnia dell’anello?” forse non aveva capito bene. Tempo fa a Gran burrone si era aperto un consiglio per decidere della sorte dell’anello del potere, proprio nel periodo in cui lei stava organizzando il viaggio verso Valinor. Non avrebbe mai immaginato che Legolas avesse partecipato, rientrando tra i membri di quella famosa compagnia di cui aveva sentito parlare.
 
“Si” Nihil si voltò, lasciando stare l’acqua che bolliva dentro la pignatta.
 
“Non mi ha detto nulla!” dichiarò sorpresa. Quindi la missione di cui non voleva parlarle giorni fa era quella della compagnia. Sopirò deglutendo la sua stessa saliva. Non comprendeva il motivo che aveva spinto Legolas a non parlargliene, visto che Nihil conosceva quasi tutto, anche se sembrava che tra loro due non scorresse buon sangue.
 
“Sono sorpreso” Nihil si alzò da terra “Pensavo che sapessi di lui e della compagnia, mi chiedo come mai sei all’oscuro di tutto”
 
“Non so nemmeno io il perché” guardò il pavimento, facendo scorrere lo sguardo sul volto dell’elfo.
 
“Beh, il principe è stato sempre molto riservato, anche con me quando vivevo nel suo palazzo”
 
“il principe?” Eldihen lasciò il punto in cui si era appoggiata, muovendosi sinuosamente davanti a Nihil.
 
“Certo, non dirmi che non sai chi è lui!”
 
“Purtroppo ignoro questo dettaglio” amareggiata curvò il collo scrutando ogni centimetro dentro la stanza, per smorzare la tensione che stava avvertendo. Non  si spiegò perché Legolas le avesse taciuto così tante cose. Aveva sentito Gimli chiamarlo principe più volte, ma non gli aveva domandato mai nulla a riguardo, forse Legolas non le aveva parlato dando per scontato che lei sapesse già chi era, anche se lo ignorava.
 
 
“Lui è Legolas figlio di Thranduil. Principe di Bosco Atro e futuro erede al trono” spiegò ammirando i suoi capelli ondulati e l’espressione persa del suo viso. Era come se avesse davanti una ragazza, con il cuore di una bambina piccola. Ciò lo affascinò molto “Mi pare strano che tu non lo sappia, visto che lui è molto conosciuto”
 
“Eppure io non sapevo che lui fosse il figlio di re Thranduil, anche se conosco la sua fama. Forse non mi ha detto nulla proprio perché credeva che io sapessi già tutto” disse come se la sua riflessione fosse ovvia.
 
“Forse” sottolineò Nihil affiancandola “ma non ci pensare lui è così: un po’ ingiusto. Non so se ti ha raccontato cosa mi ha fatto, anche se non credo visto che non ti ha rivelato  dettagli più importanti”
 
“No so nemmeno questo” stava iniziando a riflettere sul fatto di non conoscere nulla di lui, a parte la sua gentilezza. Lo ripensò un’altra volta, con lo sguardo perso e la mente piena di ricordi.
                                                                                                                                                                                                        
“Lui mi ha bandito dal regno perché non lo avevo avvisato di una minaccia… ma il dolore più grande l’ho avuto oggi rivedendolo”
 
Eldihen notò subito lo sguardo pieno d’ira di Nihil. Guardava fisso la porta, ripensando a Legolas, al suo tono sprezzante e al suo viso autoritario. Portò un pugno chiuso sulle labbra, smaltendo silenziosamente la rabbia che stava crescendo dentro di sé.
 
“Perché?” delicatamente gli posò una mano sulla spalla. Era un po’ preoccupata dall’atteggiamento di Nihil, che era fin troppo imbronciato a parer suo. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per fargli cambiare espressione.
 
 Nihil incrociò lo sguardo chiaro della fanciulla, rimanendo piacevolmente sorpreso dalla sua delicatezza. Era da tempo immemore che non riceveva simili attenzioni. Durante quegli anni aveva visto solo orchi e altre creature di sgradevole aspetto. Il male l’aveva tormentato e, messo alle strette, lui stesso aveva deciso di unirsi a Saruman. Nihil, esiliato dal regno e solo di fronte una forza così grande aveva accolto le parole dello stregone bianco, servendolo.
 
Per un attimo pensò a come rispondere e,  indeciso su come entrare nell’argomento, si girò avvicinandosi al volto di lei, per ritrovarla imbarazzata come poco fa. Doveva ammettere che gli piaceva tanto farla arrossire, ci godeva e ogni qual volta lei si allontanava lo rendeva sempre più soddisfatto e stranamente affascinato.
 
“Sai..” senza pensarci due volte  si posizionò davanti a lei, non allontanando il suo viso da Eldihen. La intrappolò velocemente con le braccia al muro, prendendola di sorpresa. Abbassò il suo viso, sfiorando le sue labbra con disinvoltura.
 
La ragazza sgranò gli occhi, era intrappolata tra il petto forzuto dell’elfo e il muro dietro le sue spalle, ignara di ciò che stava accadendo.
 
“L’arco che porta Legolas è mio” abbassò un braccio per tranquillizzarla vista la preoccupazione nei suoi occhi.
 
Eldihen sorpresa schiuse le labbra, , scosse lentamente la testa osservando gli occhi di Nihil “Che vuoi dire?”
 
“Che me l’ha rubato” mentì spudoratamente. L’arco che aveva scorto lo desiderava da tempo, la rabbia lo aveva accecato a tal punto da mentire ad Eldihen, escogitando nella sua mente un piano fantasioso, che avrebbe sicuramente portato quell’arma a sé, anche se Nihil desiderava fare un torto a Legolas per vendicarsi.
 
“Non è vero!” Eldihen scosse la testa non credendo a Nihil. Si allontanò, sgattaiolando dal punto in cui l’aveva intrappolata. Lui la lasciò andare senza fermarla. Non voleva spaventarla.
 
A differenza di Legolas, Eldihen trovò Nihil molto più rude nei suoi confronti. Il modo in cui le parlava era molto diretto, ma anche i suoi atteggiamenti erano fin troppo confidenziali. Legolas a differenza sua era gentile, l’aveva sempre protetta senza turbarla.
 
“Ti dico che è così, ma te ne parlerò mentre pranziamo” rimandò l’argomento. Aprì la credenza afferrando un vassoio. Tolse la pentola dal fuoco, appoggiandola ad un tripode di ferro. Servì i fungi sul tavolo, ignorando i pensieri che afflissero Eldihen che in silenzio lo fissava.
 
 
 
Durante il pranzo Nihil tentò in ogni modo di denigrare Legolas, senza successo. Eldihen non approvava i suoi discorsi, sostenendo che Legolas era un guerriero d’onore, gentile e fiero. Non credeva alla menzogna di Nihil, questo perché l’aveva un po’ conosciuto durante il viaggio, affezionandosi a lui senza riserva. Stimava sia Legolas che Gimli ed Aragorn. Di certo li avrebbe difesi e protetti, proprio come loro avevano fatto nei suoi confronti.
 
Nihil leggermente infastidito, versò il vino dentro il suo calice, richiudendo la bottiglia e guardando Eldihen che seduta davanti a lui lo fissava con i suoi occhi azzurri.
 
“Sei molto sicura delle tue idee!”
 
“Legolas mi ha protetta, non farebbe mai un gesto simile, ne sono certa”  terminato il pranzo, si passò tra le dita il fazzoletto di stoffa, piegandolo diverse volte su sé stesso, trovò che fosse un ottimo passatempo per scacciare l’ansia.
 
“Ed io ti dico che l’arco è mio, apparteneva alla mia famiglia…” tentò un’ultima carta Nihil, guardando le mani della giovane muoversi per creare un piccolo cigno con la stoffa. “Era di mio padre, lo regalò a me prima di morire ucciso dagli orchi. Un massacro lo strappò a me. E’ tutto ciò che resta della mia famiglia!” era sicuro che con quella storiella inventata sul momento la ragazza si sarebbe intenerita. Infondo era molto bravo a fingere e sarebbe andato oltre se ce ne fosse stato bisogno.
 
Nihil tempo fa aveva organizzato l’assedio al gruppo di cui Eldihen faceva parte, turbandola profondamente. Non poteva di certo immaginare che lei si sarebbe presentata a casa sua, ma una volta vista la fanciulla, si sentì leggermente in colpa, o meglio, si ritrovò ad apprezzare la sua compagnia. Era sorpreso, non si era mai concentrato sulle giovani fanciulle negli anni passati, eppure doveva ammettere che trovarsi a pranzare con Eldihen a tavola fu per lui gradevole.
 
 “Mi dispiace” Eldihen si sentì toccata dalle parole dell’elfo. Intristita alzò il viso e lo guardò profondamente, scossa dalla storia appena udita.
 
“Sono passati molti anni… l’unica cosa che desidero è quell’arco. E’ legato alla mia vita come potrai immaginare”
 
 Pensierosa Eldihen si passò una mano sul volto, strofinando le ampie palpebre e gli zigomi lievemente accennati.
 
“Capisco perfettamente”
 
Nihil soddisfatto assaporò il vino, bevendo dal calice di vetro. Trovò Eldihen più ingenua di quanto pensasse, perciò approfittando del suo momento di sconforto continuò con la sua falsa.
 
“Se solo qualcuno me lo potesse portare gliene sarei lieto!”
 
“Immagino, ma non so che dirti!” si alzò dal tavolo prendendo il piatto e il suo bicchiere tra le mani. L’argomento per lei era difficile da discutere. Cercò di rispondere con distacco, pulendo il tavolo con il suo fazzoletto bianco“Sparecchio la tavola o mangi ancora?” per non risultare ingrata,  tese la mano per prendere anche il piatto di Nihil. Egli si girò, fermandola dal polso.
 
“Sei mia ospite, mi occuperò io”
 
“Ma ti prego!”
 
“Dammi!” afferrò il piatto che lei stringeva in mano, alzandosi dalla sedia e superandola in altezza.
 
Sparecchiò velocemente la tavola, mettendo le stoviglie ammollo nella pentola che solitamente teneva sul fuoco. Si sentì toccato dallo sguardo di Eldihen. Si girò concedendole una lunga occhiata indagatrice. Qualsiasi elfo o uomo avrebbe potuto perdere la testa per Eldihen e per la sua bellissima espressione da bambina, espressione che personalmente gli piaceva parecchio.
 
“Quanti anni hai Eldihen?” chiese curioso.
 
“Duecentosettantre anni”
 
“Sei piccolina, una bambina. Io ne ho duemilaottantadue” rivelò ammaliato dal volto di lei “Comunque…” tornò a sistemare i piatti “partiremo quando te la senti, ma per stasera meglio di no…” pulì le posate e i bicchieri dentro l’acqua “Dormirai in camera, mentre io mi accontenterò di rimanere qui in cucina, anche se non avverto l’esigenza di riposare”
 
“E’ un gesto gentile da parte tua” Eldihen lo vide alzarsi ed asciugarsi distrattamente le mani  “Grazie”
 
Nihil percorse la distanza che lo separava da Eldihen, si fermò davanti a lei, appoggiando una mano tra i suoi capelli ondulati e profumatissimi “Grazie a te per la piacevole compagnia” le sussurrò incantato.
 
 
Note  autrice:
Salve a tutti ^^ un capitolo molto particolare, che ne pensate? Ci sono state delle “rivelazioni” e spero proprio di avervi stupito, perché ho letteralmente studiato a tavolino la parte di Nihil, quindi cosa ne dite? pensavate che ci fosse lui dietro l’attacco degli orchi? Spero proprio di no XD
Il flashback è stato aggiunto in un secondo momento e, vi consiglio di non dimenticare Madeos, e le parole di Elrond. Scoprirete strada facendo ogni cosa.
Ringrazio come sempre chi recensisce e chi segue la storia o la legge silenziosamente <3
Riguardo gli aggiornamenti: confermo sempre il sabato.
Adesso v saluto perché a furia di correggere ed andare avanti e indietro mi è venuto il mal di testa, ma non mi posso fermare proprio adesso, devo scrivere gli atri capitoli.
Un abbraccio e a sabato                                                                                                     

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5
 
 
Le bianche lenzuola di lino aiutarono Eldihen a riposare. Cadde nel classico dormiveglia degli elfi. Era parecchio stanca,  si girava da una parte all’altra del letto,  trascinando con sé le coperte. La luce delle candele si era leggermente affievolita. Eldihen estenuata si alzò con la schiena, portandosi le gambe vicino al mento. Lanciò un veloce sguardo fuori dalla finestra, notando un timido bagliore. Era difficile capire se fosse notte o giorno, visto che gli alberi fuori coprivano completamente la luce del sole.
 
Con un gesto deciso tolse le coperte dal suo corpo, sistemò in fretta il letto e si lavò il viso nella tinozza piena di acqua.
 
Da quando aveva messo piede in quella casa si sentiva triste, gli mancavano i suoi compagni, Legolas più di tutti. Le sembrava di essere indifesa senza lui che si prodigava a  difenderla, curandosi dei suoi bisogni. L’aveva fatta sentire a suo agio dal primo momento, rispettando i suoi tempi, rivolgendosi a lei con estrema gentilezza.
 
Sospirò, non avrebbe potuto rimuginare a lungo o il cervello le sarebbe esploso a furia di pensare. Ma era anche vero che per lei era difficile sopportare il carattere di Nihil. Certo, era stato gentile ad ospitarla, ma lo trovava invadente ed indiscreto. Si sentiva fuori luogo, ed infatti lo era, ma non ancora per molto. Era decisa ad andarsene da lì quel giorno stesso.
 
Seguendo il pensiero di lasciare la casa di Nihil, si vestì, riponendo la vestaglia che indossava sul letto. Strinse i lacci della tunica rossa e allacciò bene la cintura, avvicinandosi alla porta. Piegò la maniglia, trovandosi immediatamente in cucina, davanti a Nihil.
 
Una piccola nuvoletta di fumo ricopriva l’intera stanza immersa nell’ombra. Solo due candele vicino all’entrata illuminavano un po’ le pareti. Eldihen cercò con lo sguardo l’elfo ritrovandoselo seduto dinanzi al fuoco con la pipa in bocca. Era girato di spalle.
 
 Lentamente la giovane si fece coraggio e gli si avvicinò incuriosita. Nihil sembrava perso in chissà quale pensiero, nemmeno lei era riuscita a catturare la sua attenzione, eppure la porta di camera si era aperta producendo un tonfo percettibile.
 
“Sembri pensieroso” prese a sedere su una sedia vicino lui, ammirando i suoi occhi azzurri, illuminati dalla luce del camino.
 
Girò il viso, lanciandogli uno sguardo talmente penetrante che Eldihen si sentì quasi toccata.
 
“E lo sono!”
 
Il fuoco scoppiettante illuminò i capelli castani di lei, esaltando le linee del volto. Eldihen congiunse le mani, accavallando i piedi. Era sorpresa, quell’elfo non riusciva proprio a comprenderlo, doveva ammettere di non aspettarsi di trovarlo così giù di morale abbattuto e pensieroso, sembrava che gli fosse accaduto qualcosa.
 
Nervosamente giocherellò con una ciocca di capelli, attorcigliandola su sé stessa -forse sta così perché la mia presenza gli da fastidio, infondo ho limitato i suoi spazi e Legolas l’ha praticamente costretto a partire verso Lorien- risucchiò le labbra, mordicchiandole  -O forse vuole che me ne vada, magari si stava riposando e l’ho disturbato!- non riuscì proprio a capirlo, i dubbi attanagliavano la sua mente, e l’odore disgustoso di fumo non l’aiutò a risolvere l’enigma.
 
“Posso sapere cos’è successo?” stupita di quella domanda espressa ad alta voce, Eldihen piegò il viso, per scrutare bene gli occhi di Nihil.
 
“Te ne ho già parlato, è l’arco Eldihen, l’arco che Legolas mi ha rubato” allontanò la pipa dalla bocca, divaricando le gambe, girandosi con il busto verso la ragazza. Nihil si era promesso di prendere per sé l’arco dei Galadhrim; avrebbe raccontato ogni menzogna pur di ottenerlo, ormai era diventato un chiodo fisso nella sua testa.
 
“Ma posso sapere perché Legolas te l’ha rubato?” chiese sospettosa, non credendo che l’elfo avesse sottratto l’arco a Nihil. No, Legolas non l’avrebbe fatto, ma era anche vero che Nihil stava soffrendo molto. Eldihen si trovò confusa.
 
“Perché lui è ingiusto Eldihen, ecco perché! Per lo stesso motivo per cui mi ha bandito da Bosco Atro. Io ero profondamente scosso, non gli servivo, così mi ha buttato via capisci?” tutta la frustrazione trattenuta fino a quel momento evaporò dalla sua bocca attraverso parole taglienti, come una nebbia di fumo nera, uscita da un vulcano.
 
Eldihen sgranò gli occhi, incapace di ribattere ed anche un po’ impaurita. Non sapeva cosa dire, come comportarsi per farlo calmare, ma nel buio, lei scorse per un attimo la lunga tenebra che viveva dentro il cuore di Nihil. Fu come attraversata da un fulmine. Percepì qualcosa di sinistro e pericoloso.
 
“Mi dispiace vederti così”
 
Resosi conto della sua reazione fin troppo esagerata, Nihil recuperò il senno, ritornando composto. Guardò Eldihen, analizzando la sua espressione seria e dispiaciuta. Gli sembrò che lei non volesse essere lì in quell’istante, lo poteva vedere dalla sua faccia persa e dal modo in cui si stava attorcigliando freneticamente le punte dei capelli. Allungò la mano e strinse il dorso di quello di Eldihen, facendole sollevare le palpebre.
 
“Dispiace a me Eldihen, perdonami ma la faccenda mi sta particolarmente a cuore, cerca di comprendermi.” 
 
“Nihil, immagino quanto tu abbia sofferto, ma come potrebbe un arco alleviare il tuo dolore?”
 
“E’ un ricordo di tempi felici, di mio padre. E’ l’unica cosa che voglio” cercò di apparire quanto più tormentato possibile, mostrando ad Eldihen il suo volto dispiaciuto e afflitto “non me lo darà mai”
 
“Ma prova a fare qualcosa” suggerì spostando la lunga gonna sul tappeto, inumidendosi le labbra con la lingua.
 
“No, credimi lui non me lo darà mai!” si voltò verso il fuoco pensieroso.
 
“Io penso che dovresti parlare con Legolas, è inutile discuterne con me. Non conosco niente e non so nemmeno cosa dirti” confessò stringendo le spalle.
 
“Eldihen, l’unico modo per riaverlo è…” la guardò nuovamente, per poi scuotere la testa più volte, come a voler accantonare l’idea appena avuta.
 
“Parla Nihil!” curiosa Eldihen si avvicinò con la sedia, trascinandola affianco a lui.
 
“Lascia perdere!”
 
“Insisto”
 
Notando che Eldihen era incuriosita e comprensiva nei suoi confronti proprio come lui voleva, Nihil respirò, continuando a parlare “E va bene. L’unico modo sarebbe prenderglielo, ma io non posso perché si accorgerebbe, ma tu…” si girò lasciandola sorpresa “Secondo me tu potresti, non si insospettirebbe mai visto che si fida ciecamente di te. Sai, si è molto affezionato l’ho notato. Eldihen sono sicuro che tu potresti prendere l’arco di mio padre e riportarmelo”
 
Completamente meravigliata Eldihen indietreggiò, come se si fosse appena bruciata “Mai...” scosse la testa, alzandosi repentinamente dalla sedia “Non lo farei mai, ma come ti salta in mente?” Chiese alzando il tono di voce. Avevano passato pochissime ore insieme e già le aveva proposto di rubare, tralasciando i suoi atteggiamenti che lei non gradiva affatto.
 
“L’ho detto perché tu l’hai voluto, ma se l’ho fatto è perché ci tengo, cerca di capirmi” si alzò anche lui dalla sedia, seguendo la ragazza con gli occhi “Io voglio quell’arco, mi potresti aiutare…”



“Nihil, io non so se l’arco te l’abbia preso sul serio Legolas!” sottolineò irritata dalla sua presunzione.
 
“Non mi credi? Pensi che io ti abbia mentito” serio mosse dei passi verso di lei, cercando di trattenersi, anche se dai suoi occhi uscivano scintille.
 
“Non ho detto questo. Semplicemente non conosco la faccenda, capisci? Ma in ogni caso, non ruberei mai l’arco alla persona che mi ha salvato la vita” si nascose dietro la sedia, un po’ impaurita da Nihil. Sembrava fuori di sé.
 
“Ti ha salvato è vero, ma sono stati i Valar a volerti viva, non so nemmeno come tu sia riuscita a scappare dagli orchi sinceramente. Chissà come tu ci sia riuscita!”
 
“Che cosa cerchi di insinuare?”
 
Era stato Nihil a chiamare gli orchi, Eldihen se non collaborava esaudendo le sue richieste, non sarebbe servita a nulla. Fin a quel momento aveva pensato che lei fosse sopravvissuta per esaudire le sue richieste, ma la sua utilità si limitava solo al riavvicinamento di Legolas. Avrebbe voluto ottimare i suoi piani vendicandosi dell’elfo attraverso Eldihen, ma se lei si dimostrava così dura aveva solo una strada da prendere per la riuscita delle sue idee.
 
“Niente…” cercò di limitarsi, piegò il viso e strinse i pugni, tornando a guardare il fuoco a braccia conserte, lasciando Eldihen spaesata e confusa.
 
La ragazza respirava irregolarmente a causa della rabbia che nutriva. Chiuse le palpebre e si girò fulminea, correndo amareggiata verso camera sua, lasciando Nihil solo dentro la cucina.
 
Richiuse a chiave la porta, trattenendo a stento le lacrime “Per questo non volevi lasciarmi qua Legolas? Perché l’hai fatto! Ti prego vienimi a prendere. Ti prego torna da me” si appoggiò alla porta, lasciandosi trascinare a terra. Strinse i capelli, soffocando i singhiozzi con una mano. Pianse senza nemmeno volerlo, pianse dal nervoso e dalla paura.
 
Non si spiegò perché, ma l’unica persona che aveva cercato e voluto accanto era proprio lui: Legolas. Sicuramente l’elfo biondo non l’avrebbe trattata in quel modo, anzi, poteva già immaginare la sua reazione se avesse saputo del comportamento sgradevole di Nihil. Ma con quali pretese le aveva proposto una cosa simile? E poi cosa si aspettava? Che lei sarebbe andata di corsa a prendere l’arco a Legolas per compiacerlo? Si sbagliava. Eldihen scrutò imbronciata la stanza, con le mani penzolanti sulle ginocchia e la testa appoggiata sulla porta. Avrebbe tanto voluto andarsene e lo avrebbe fatto o con Nihil o da sola.
 
 
In cucina l’elfo guardava la porta chiusa di camera. Accese una candela avvicinandola al fuoco, meditando sul da frasi. Era proprio costretto a ricorrere a degli stratagemmi non proprio leali, ed anche se riluttante all’idea, si convinse che fosse l’unica soluzione visto il modo in cui Eldihen gli aveva risposto.
 
Avrebbe usato le sue arti magiche per governare il suo pensiero, riuscendo in tal modo a manipolarla, anche se non avrebbe mai immaginato che Eldihen fosse così testarda e radicata alle sue idee. Gli era sembrata ingenua, tanto da credere che usando la dialettica l’avrebbe attirata a sé.
 
Appoggiò la mano alla mensola del camino, fissando in silenzio la camera da letto. La magia era un buon mezzo per ottenere ciò che voleva, ma come avrebbe dovuto agire? Di certo non voleva palesarsi. Se Eldihen l’avesse scoperto e bloccato le sue idee sarebbero sfumate e poco avrebbe potuto fare. Pensò a lungo su come agire, finché illuminato trovò la soluzione che avrebbe risolto i suoi problemi: le avrebbe preparato una tisana, qualcosa da bere, recitando una formula magica per intrappolare la ragazza senza insospettirla. Si, era l’unico modo.
 
Si mosse in fretta, preparando un infuso, recitando a bassa voce un incantesimo in elfico. Il fuoco dentro il camino si agitò come se il vento lo avesse investito. Nihil, ignorò completamente i movimenti dentro la cucina: dal luccichio strano delle candele, agli spostamenti sinistri dei quadri appesi ai muri, continuando a recitare la formula magica, aprendo le mani davanti all’acqua nella tazza di ceramica. Quando completò il rituale, il fuoco dentro il camino si spense completamente, rilasciando del fumo dentro la cucina. La cenere scivolò sul pavimento, sporcandolo completamente.
 
Nihil aggiunse dentro l’acqua delle foglie e dei fiori, attendendo diversi minuti che la tisana fosse pronta. Svelto afferrò il manico della tazza e si avvicinò alla porta, bussando per ricercare Eldihen dentro la camera.
 
Attese qualche istante prima che la porta si aprisse. Eldihen piegò la maniglia, schiudendo di poco l’entrata. Aveva il viso leggermente bagnato, i suoi occhi erano spenti.
 
“Eldihen cara, esci dalla camera”
 
Eldihen curvò le sopracciglia, osservando Nihil e la tazza che stringeva in mano. Non lo comprese affatto, cambiava umore improvvisamente. Sospirò, decisa a lasciarsi alle spalle la discussione appena avvenuta, conscia  del fatto che si trovava a casa sua e che doveva comportarsi bene, almeno in quel breve periodo in cui Nihil la stava ospitando. Era saggio mostrarsi compassionevole, per non rischiare di farlo innervosire, conoscendo la parte irascibile del suo carattere.
 
Uscì dalla stanza guardando sospetta l’elfo. Si fermò di fronte a lui, puntando i gli occhi dentro i suoi.
 
“Senti Eldihen mi spiace per prima, ero nervoso e…” abbassò il mento porgendogli l’infuso “scusami, ti ho fatta arrabbiare. Ho preparato questa tisana pensando che ti saresti ripresa, ti prego accettala” insisté sorridendole. Eldihen guardò il suo riflesso dentro l’acqua. Prese la tisana tra le mani in silenzio.
 
“Ti ringrazio” lo lascò in piedi, avvicinandosi ad una sedia. Aveva il viso abbassato e la tazza in mano. La stanza era molto più scura di prima, ciò le mise addosso un’ansia inconcepibile. Guardò fuori dalle finestre, scorgendo una fievole luce bianca.
 
“Nihil, vorrei partire al più presto verso Lothlorien” confessò non spostando il suo sguardo, immersa nei suoi pensieri e desiderosa di tornare a casa sua.
 
“Ma aspetta, non vorrai andartene per ciò che è successo prima?” la voce di Nihil era sorpresa e vibrante. Non se l’aspettava e non avrebbe acconsentito a quella richiesta. Eldihen non sarebbe rientrata a Lothlorien mai. Lei doveva andare da Legolas prendergli l’arco dei Galadhrim e portarglielo, rimanendo insieme a lui.
 
Alzò gli occhi stupito dei suoi pensieri, la guardò, desiderando di godere della sua compagnia anche nei giorni futuri, infondo lui era stato sempre solo ed Eldihen era una presenza gradevole dentro quella casa. Sperò che Epon fosse riuscito a rintracciare la compagnia. Aspettava solo lui per capire dove si trovassero per dirigere Eldihen da Legolas.
 
“No, ma voglio tornare a casa mia, cerca di capirmi, se per te non è un problema desidererei partire oggi stesso!” confessò sospirando pesantemente, stanca di rimanere sempre in allerta.
 
“Ma Eldihen, ti prego non essere frettolosa, stasera è un po’ presto, insomma, sarebbe saggio organizzare il viaggio almeno un giorno prima, cerca di ragionare, non essere impulsiva” si inginocchio ai suoi piedi, posando le mani sul bracciolo della sedia. La guardò con un certo trasporto.
 
“Organizziamo tutto per domani allora” disse decisa ad andarsene il prima possibile da quella casa buia.
 
“Si, ma ti prego bevi la tisana è calda, non voglio che si raffreddi” posò la sua mano su quella di Eldihen, invitandola a bere con un cenno di capo.
 
La ragazza annuì. Portò le labbra sulla tazza, bevve del liquido, assaggiando l’infuso. Strinse le labbra, abbassando la tazza.
 
“Non ti piace?”
 
“E’ un po’ dolce, cos’hai messo del miele?” chiese continuando a sorseggiare ignara dell’incantesimo che le era stato lanciato, proprio dentro la bevanda calda.
 
“Forse ho esagerato un po’, ma finiscila ti farà bene” soddisfatto Nihil la scrutò mentre beveva dalla tazza.
 
“Non mi piace così dolce, la sento strana” stava per posarla sul tavolo quando Nihil la fermò, avvicinandola alla bocca.
 
“Finiscila, la prossima volta sarà meno dolce!”
 
“E va bene” terminò di bere, fino all’ultimo sorso. Non riuscì a capire cosa non gli piacesse di quello strano e zuccherato infuso, ma lo terminò per accontentare l’elfo.
 
“Sono molto, molto felice mia cara”
 
Alzandosi dalla sedia Eldihen sentì un forte dolore alla testa, si massaggiò con le mani la fronte sostenendosi al tavolo in legno. Respirò profondamente, allungando una mano verso Nihil. Sentiva dei tremori lungo la schiena, sembrava che le avessero rovesciato un secchio pieno d’acqua ghiacciata “Nihil…” lo chiamò. Stava per cadere, le gambe non reggevano il peso del suo corpo, si sentiva debole.
 
L’elfo svelto la strinse dalla vita tenendola in piedi. Portò le braccia della fanciulla dietro il suo collo, guardando le sue palpebre serrate. Il suo viso era sofferente, ma era del tutto normale, l’incantesimo stava facendo effetto. Nihil era riuscito a stregarla, lanciandole una magia senza che lei se ne accorgesse.
 
“Eldihen non aver paura” le spostò un ciuffo dal viso, si piegò e le afferrò le gambe sollevandola facilmente dal pavimento. La strinse a sé sorridendo compiaciuto “Ti porto in camera” la guardò felice di averla tra le sue braccia. Si recò in camera da letto, la distese sul materasso, appoggiano la sua testa sul cuscino di piume.
 
“Mi fa male la testa”
 
“Non ti preoccupare” accarezzò la guancia guardando il suo petto alzarsi ed abbassarsi ritmicamente “Rimanderemo la partenza Eldihen ti devi riprendere!”
 
“No”
 
“Mi spiace ma è deciso!” sfiorò le sue labbra piene, rialzandosi poi dal letto. La lasciò riposare, contento di averla completamente in pugno. Si incamminò, dirigendosi in cucina, ma prima di entrare si fermò sullo stipite della porta, guardando la ragazza in lontananza.
 
“Eldihen, ma l’arco di Legolas quando andrai a prenderlo?” chiese sorridendo, convinto delle che l’incantesimo avesse fatto effetto.
 
Eldihen mugugnò qualcosa di incomprensibile, contorcendosi dai dolori.
 
“Non ho capito bene!” attento Nihil attese la risposta, per confermare la riuscita del suo piano.
                                       
“Quando vorrai tu io andrò e ti prenderò l’arco” la sua mente era offuscata, non ricordava nulla, vi era il buio. Sapeva solo che doveva andare da Legolas e prendergli l’arco, era quello il suo compito. I suoi pensieri erano confusi. Avvertiva uno strano presentimento, come se avesse dimenticato qualcosa, ma non comprese nulla. Stordita serrò le palpebre schiudendo le labbra.
 
“Brava, mi piaci ancora di più. Riposati, più tardi parleremo!”
 
“Nihil, ma devo andare a Lothlorien!”
 
“Certo, ma riprenditi stai male”
 
 
 
 
 
Rimasero  dentro quella casa per due lunghe settimane, trascorse a parlare insieme ed a condividere sprazzi di vita quotidiana, come una coppia vera e propria. Nihil aveva completamente il controllo su Eldihen grazie agli incantesimi che le aveva lanciato. Era riuscito a convincerla a prendere l’arco a Legolas, ma nulla di più. In quei giorni aveva cercato in tutti i modi di denigrarlo, ma il cuore di Eldihen provava dei sentimenti molto forti verso Legolas, quali la riconoscenza, l’affetto e la massima e profonda ammirazione.
 
 
Un giorno particolarmente freddo, Epon ritornò da Nihil. Si appollaiò su uno spesso ramo, battendo sul vetro della finestra con il becco. L’elfo fu felice di rivederlo, accogliendo il falco in casa con emozione. Eldihen dal canto suo era sorpresa, ma Nihil le chiarì subito le idee.
 
 
“Eldihen Epon ha visto Legolas, mi dirà dove si trova” la ragazza stava preparando da mangiare. Aveva tagliato le carote e mezza cipolla. Quando udì il nome di Legolas si bloccò, avvertendo un forte calore al petto.
 
 
“Dove si trova?” chiese con entusiasmo, asciugando le mani umide con una pezza.
 
 
Nihil irritato la guardò, odiava vederla felice per Legolas, consapevole che lei era completamente infatuata e poco poteva fare per eliminarlo dai suoi pensieri.
 
“Aspetta, devo parlare con Epon” Nihil lasciò che il falco con i suoi versi gli raccontasse ciò che aveva visto. Attento ascoltò ogni cosa, camminando avanti e indietro lunga la stanza, sotto lo sguardo di Eldihen.
 
“Dunque si trovano nelle terre del Mark “ esclamò sorpreso “Bene. Epon, domani stesso condurrai la ragazza da Legolas, ha un compito molto importante da svolgere, vero Eldihen?”
 
“Partirò domani?” lasciò il cibo sul tagliere, affiancando Nihil.
 
La guardò sorridere e per un attimo si ingelosì, sapendo che lei era felice di rivedere il suo principe “Prenderai l’arco e tornerai da me, devi seguire Epon lui ti condurrà da Legolas. Passerai per sentieri sicuri, nessuno ti farà del male. Una volta che avrai completato la missione tornerai” le strinse il braccio, avvicinandosi al suo viso. Sfiorò il suo naso e respirò sulle sue guance.
 
“Certo” rispose confusa, indietreggiando di poco.
 
“Prepara le tue cose” ammaliato guardò gli occhi chiari di Eldihen, tentò di baciarla sulle labbra, ma lei repentinamente voltò il collo, sfuggendogli all’improvviso.
 
“Ma cosa gli dirò? Sarà sicuramente stupito di vedermi!” pensierosa si appoggiò alla mensola del camino fumante.
 
“Certo. Gli dirai che io mentre ti accompagnavo a Lothlorien sono stato trattenuto e che per proteggerti ti ho mandata da Legolas, perché in giro c’era una minaccia più grande che ti avrebbe colpita e tu eri più al sicuro con loro!”

“E di quale minaccia parliamo?” chiese mettendo le mani sui fianchi.
 
“Inventa che si trattava di un groppo di Goblin. Dirai che mentre combattevo ti ho mandata via con Epon, per salvarti”
 
Dubbiosa Eldihen storse le labbra, abbassando il capo“Come farò a prendergli l’arco? se ne accorgerà!”
 
“Eldihen, non deve insospettirsi, mi raccomando, altrimenti il nostro piano andrà in fumo!” Nihil girandosi dalla sua parte le prese le spalle con le mani, stringendole con apprensione. Non poteva permettersi di essere scoperto. Puntò i suoi occhi, freddi come il ghiaccio, dentro quelli della ragazza, incutendole un certo timore.
 
“E come farò?” leggermente infastidita, scrollò con un gesto le mani di Nihil, incrociando le braccia sotto il seno.
 
“Agisci  in silenzio, coglilo alla sprovvista. Sarà un attacco che non si aspetterà, questo è vero, ma devi stare attenta Legolas è molto arguto!”
 
“Lo so!” abbassò il viso, ricordando vagamente il loro ultimo momento insieme. Un brivido percorse la sua schiena, al solo pensiero delle sue mani, dei suoi occhi bellissimi e del suo irresistibile profumo.
 
“Eldihen!” la richiamò Nihil.
 
“Scusami ero sovrappensiero” accorgendosi dello sguardo curioso di Nihil, Eldihen alzò il viso, sospirando “Ho capito tutto… inizio a prepararmi, non voglio perdere tempo” dicendo questo si lanciò in una corsa frenetica, raggiungendo quella che da tempo era divenuta camera sua, la sua ampolla di vetro, che la isolava da Nihil e dalla sua fermezza.
 
Fece scorrere lo sguardo lungo la stanza, soffermandosi sul letto. Pensò a cosa portare, a come sarebbe stato per lei partire verso quel viaggio. Dopo l’attacco degli orchi si sentiva impaurita, anche se, in quel momento, pensando di rincontrare Legolas il suo cuore esultò dalla gioia, ignorando completamente ogni possibile minaccia passata o presente.
 
A causa degli incantesimi di Nihil, nella mente di Eldihen regnava l’assoluta confusione:  si sentiva combattuta, come sé, una parte dentro di lei fosse riluttante all’idea di sottrarre l’arco a Legolas, ricordando i gesti premurosi nei suoi confronti da parte sua . D’altro canto sentiva, senza darsi una spiegazione, che era quello il suo compito, lei non poteva rimanere indietro doveva farlo, ed ogni qual volta i sensi di colpa la torturavano, il pensiero di prendere l’arco per portarlo a Nihil strisciava nella sua mente, facendola sentire male.
 
“Non vedo l’ora di rivederlo”confessò buttandosi sul materasso, accucciandosi tra le morbide coperte.
 
Il giorno seguente, all’alba Eldihen uscì da camera. Nihil la stava aspettando, le aveva preparato un sacco pieno di cibo, due coltelli affilati e una borraccia d’acqua. La guardava con Epon sul suo braccio, era serio e preoccupato.
 
“Tutto apposto?”
 
“Si” Eldihen afferrò il sacco sul tavolo, girandoselo tra le mani “Che c’è qui dentro?”
 
“Pane, ortaggi, un po’ di tutto” spiegò brevemente.
 
Eldihen leggermente assopita sistemò distrattamente la cintura e il mantello di Gimli dietro le spalle, sfregandosi gli occhi con le dita ”E questi coltelli?”
 
“Ho pensato di donarteli, non correrai rischi con Epon ma ti potrebbero servire. E’ bene che tu parta armata”
 
“Epon mi guiderà, si!” guardò il falco, chiedendosi in cuor suo, come sarebbe arrivata da Legolas, immaginando la sua reazione.
 
“Va bene, prendo tutto e vado!” avvertì l’ansia dentro al suo cuore, erano passati molti giorni, ma non si sentiva pronta a rimettersi sulla strada.
 
“Eldihen!” Nihil la bloccò dal polso, obbligandola a guardarlo.
 
“Ci ho pensato stanotte, vorrei accompagnarti”
 
“Non penso che i ragazzi ti accoglierebbero visto che avevi promesso di portarmi a Lorien”
 
”E ti porterò, ma prima l’arco! In ogni caso, vorrei seguirti fino a metà tragitto, per non lasciarti sola” la presa sul polso si fece debole. Nihil contemplò il viso incuriosito di Eldihen, ed i suoi occhi pieni di domande.
 
“Meglio di no… ci andrò con Epon come stabilito” sistemò i suoi capelli frettolosamente, allontanando la mano di Nihil. Prese il sacco e lo portò sulla schiena, legando la cordicella alla vita. I pugnali li posizionò con cura sulla cintura, senza riflettere. Il potere di Nihil era grande e la fanciulla, catturata completamente dai suoi incantesimi, quella mattina, aveva come unico scopo prendere l’arco “Vado sono pronta!”


“E va bene” rispettando la sua scelta, Nihil le cinse le spalle con una mano, accompagnandola alla porta. Aprì la serratura e spalancò l’entrata. Un vento gelido entrò in casa, muovendo i lunghi capelli di Eldihen, che temeraria fissava gli alberi, e la sottile coltre di nebbia che copriva il sentiero, oscurando i cespugli e le rocce.
 
Nihil superò Eldihen, alzò il braccio lasciando volare Epon. Lo guardò, intimandogli delle parole senza che Eldihen sentisse “Seguilo, ti condurrà dalla compagnia!”
 
Eldihen guardò le ali del falco muoversi energicamente, spostando l’aria con le piume ambrate. Era meravigliata, annuì in silenzio, accettando di partire per la sua missione “Ci rivedremo presto!” uscì definitivamente dalla casa, guardando Nihil prima di allontanarsi, superando le scale.
 
Lasciò l’elfo, fermo sullo stipite della porta, mentre lei ed Epon si allontanavano per riportargli l’arco.
 
 
 
 
 
Fangorn, la foresta nera si presentava alla compagnia misteriosa e grigia, con i suoi suoni sinistri e i movimenti strani del terreno. Gli alberi stessi avevano vita propria e si muovevano, quasi come se avvertissero la presenza della compagnia.
 
Gimli preoccupato si girò intorno, con l’ascia tra le mani, scrutando il suolo nero e le foglie scure. Un lieve venticello muoveva le fronde degli alberi, portando con sé, il profumo della terra, una terra che sembrava morta da tempo.
 
“Gimli, non ti spaventare, abbassa l’ascia!” gli suggerì Legolas, osservando esterrefatto gli impetuosi arbusti. Da quando era entrato in quella foresta avvertiva dentro di sé una strana sensazione, percependo il tremolio dei rami vicino a lui. Storie antiche sussurrate da albero ad albero, da foglia a foglia, solo i più sapienti sapevano riconoscere quei rumori.
 
L’elfo camminò lentamente sul terreno molle, guardandosi smarrito dentro l’immensa boscaglia. Aragorn saltò da una sasso, intimando a Legolas di seguirlo.
 
Gandalf il bianco si era fermato. La compagnia lo aveva trovato proprio in quel posto, scoprendo la sorte di Merry e Pipino.  Teneva il suo bastone tra le mani, muovendo gli occhi avanti e indietro, come attirato da una presenza sconosciuta. Assottigliò le palpebre ed alzò il viso, spostandosi dal punto in cui si trovava “Fermi ragazzi!” alzò un braccio, la sua veste chiara oscillò per qualche istante.
 
Legolas si bloccò, guardando lo stregone. Come lui, iniziò a scrutare il sentiero immerso dalla grigia penombra. Aguzzò la vista e si lasciò alle spalle ogni pensiero, isolandosi da tutto ciò che lo circondava, per ricercare in lontananza la stessa presenza che aveva attirato l’attenzione di Gandalf: oltre gli alberi vide due ali scure, foglie mosse, una figura correre e girarsi, di nuovo foglie, dei capelli danzare freneticamente all’aria.  Era difficile concentrarsi, ma ugualmente si portò in avanti, scorgendo una veste rossa muoversi come una fiamma viva tra gli alberi, su di essa vi era un volatile che agile si spostava roteando sui tronchi spogli.
 
 “Che c’è?” il nano si avvicinò a Legolas. Lo guardò esaminare concentrato la foresta, cercò anche lui di guardare in avanti ma non vide nulla. Strinse l’ascia, spostando di poco l’elmo sulla testa, giusto per sciogliere i capelli che gli si erano attorcigliati.
 
“Gimli, lasciali guardare” Aragorn giudizioso posò una mano sulla spalla di Gimli, affidando ai due compagni il compito di perlustrare la zona. Loro avrebbero scorto ogni minaccia senza difficoltà grazie alla loro vista superiore.
 
“Si, ma che succede?”
 
“Non lo so Gimli!” Aragorn alzò i suoi occhi verdi, chiudendo le labbra, in attesa come il nano di ricevere spiegazioni.
 
Gandalf passò il suo bastone tra le mani, allungando il collo quando i passi che aveva avvertito prima si fecero attigui, sempre più forti. Anche Legolas attento, portò davanti a sé l’arco, allungando velocemente una mano per prendere una freccia dalla faretra, pronto ad affrontare qualsivoglia nemico.
 
Udirono un forte rumore, il verso acuto di un uccello che gli si stava avvicinando, sbattendo energicamente le sue ali, spostando l’aria e muovendo le foglie. Sembrava esperto, come se l’animale conoscesse la foresta.
 
Aragorn in lontananza vide il falco, sembrava un puntino in mezzo agli alberi che si faceva più grande mano a mano che si avvicinava.
 
“Non può essere” Legolas aveva incoccato la freccia, abbassando l’arco appena riconosciuto Epon. Era proprio lui, lo guardò raggiungerli e poi roteare sulle loro teste, attirando gli occhi su di sé. Era maestoso ed emetteva dei versi acuti ed incomprensibili. Gandalf meravigliato si girò, come Aragorn e Gimli, mentre Legolas avvertendo un moto di irritazione, rimase immobile, per scoprire davanti ai suoi occhi la figura di Eldihen. Non riuscì a capire se fosse solo frutto della sua immaginazione o se realmente la ragazza era davanti a lui, infondo Fangorn era una foresta oscura.
 
Eldihen aveva il fiato corto, ansimava stanca. Appoggiata ad un albero anche lei si trovò incantata a guardare Legolas.
 
L’elfo schiuse le labbra e la osservò senza proferire parola: indossava una tunica rossa, una cintura alla quale teneva ben custoditi due pugnali d’argento. I suoi capelli erano leggermente ondulati ed il suo viso affaticato e sorpreso. Non riusciva a credere ai suoi occhi, Eldihen era di fronte a lui, e lo guardava. Si trovò investito da un grande stupore e da svariate sensazioni: rabbia nei confronti di Nihil che l’aveva lasciata andare via, grande sorpresa e preoccupazione.
 
 Rimase attonito passando vari istanti a studiarla. Strinse il suo arco tra le dita, lasciò perdere il falco e le si avvicinò velocemente, salendo su un grosso masso.
 
“E tu che ci fai qui?” erano vicinissimi al punto da percepire lo stupore dei loro volti, senza perdersi le occhiate curiose e ricche di pensieri non detti.
 
Eldihen impacciata si morse un labbro, stringendo nervosamente le maniche della sua tunica. Osservò la veste di Legolas, i suoi capelli color dell’oro e le sue labbra sottili, ammaliata dalla voce cristallina di lui.
 
“Sono fuggita da  Nihil!” spiegò brevemente inumidendosi la bocca con la lingua.
 
Legolas era sempre più confuso “Perché? ti ha fatto del male?” chiese preoccupato.
 
“No!” rispose scuotendo le mani.
 
L’elfo alzò la testa cercando di placare la rabbia che stava salendo lentamente. Non avrebbe mai voluto rimproverarla, ma era difficile trattenersi. Abbassò il capo di poco e le lanciò uno sguardo preoccupato, calmandosi quando incrociò i suoi occhi chiari.
 
“Quale pazzia ti ha condotto a Fangorn? Ti credevo al sicuro a Lorien, anzi a quest’ora saresti dovuta essere a Gran Burrone!” parlò piano ma ugualmente l’attenzione di Aragorn, Gimli e Gandalf venne completamente catturata dalla presenza di Eldihen. I tre dietro Legolas rimasero in silenzio, Gimli era stato preso alla sprovvista, mentre Aragorn vedendola non cambiò espressione.
 
Eldihen ricordò i consigli di Nihil, ma trovò molta difficoltà a raccontare a Legolas quelle bugie. Non riusciva a concentrarsi, gli occhi di tutti erano puntati su di lei, ma più di ogni altro Legolas riuscì a farle un certo effetto. Sollevò il mento e quando guardò il suo viso sentì un calore strano e coinvolgente, partire dal petto ed espandersi su tutto il corpo, come se i suoi occhi l’avessero bruciata.
 
“Durante il viaggio Nihil ha dovuto affrontare dei nemici, per non essere coinvolta nello scontro ha chiesto a Epon di portarmi da te”
 
Legolas sospirò pesantemente, strinse con vigore i pugni e serrò le palpebre, agitando lievemente il viso. Era arrabbiato, si girò per lanciare uno sguardo complice ad Aragorn, quasi a volergli far capire la sua profonda irritazione. Non avrebbero dovuto lasciarla da Nihil, lo sapeva, ma non poteva minimamente immaginare del sortilegio che l’elfo aveva lanciato ad Eldihen.
 
“Io gli avevo detto di stare attento a te, ti avevo affidata a lui e ti ha fatta ritornare da noi, ma cos’è uno scherzo?” chiese sdegnato. Il suo volto saggio si incupì. Avrebbe solo voluto saperla sana e salva, non in una foresta piena di pericoli e di minacce.
 
“Non sei contento che io stia bene?” domandò cercando di calmarlo, era troppo agitato ed aveva perfettamente ragione ad esserlo “Non sei felice di rivedermi?” chiese a bassa voce sollevando il mento. I loro occhi si guardarono intensamente, senza dir nulla, accecati da una forte attrazione.
 
“Eldihen…”senza preavviso gli strinse il braccio, attirandola maggiormente a sé, le sfiorò il dorso della mano con le dita e la guardò, perdendosi nei suoi occhi da cerbiatta “Nihil deve ringraziare il cielo, perché se fossi stata ferita, anche un minimo graffio,  io l’avrei punito senza ripensamenti!”
 
“Sto bene e non puoi immaginare come io sia contenta di vederti. Mi sei mancato tantissimo Legolas” confessò disarmata sotto gli occhi dell’elfo che la stringeva. Tra loro vi era un’alchimia ancestrale, qualcosa di inspiegabile ed incomprensibile, legati dai loro sguardi e dal sentimento che cresceva nei loro cuori.
 
La rabbia di Legolas mutò in stupore. Si specchiò all’interno delle iridi azzurre della fanciulla, continuando a stringerle le braccia. Gli sembrò sollevata, come se durante la sua assenza avesse sopportato chissà che cosa. Il suo cuore si scaldò a contatto con il suo respiro caldo. I lineamenti del suo viso si addolcirono mentre la guardava.
 
 
Note autrice:
Buona sera. Spero vi sia piaciuto questo capitolo. L’ho riletto due volte, spero non ci siano errori, ma confesso che non sono nel mood adatto nemmeno per pubblicare, ma vabbè, la mia unica felicità è che Marzo se ne sta andando, diciamo che è stato veramente ”Marzo pazzerello”
Non so che altro dire, spero di riuscire a scrivere la fine spensieratamente, perché per me questa storia ha dato molta felicità e nel concluderla sarei veramente soddisfatta…. Mi sono impegnata molto e vorrei tanto ritornare ad essere come i primi capitoli. Menomale che esistono le fan fiction va XD
Ringrazio come sempre chi legge, recensisce e segue <3
Riguardo gli aggiornamenti: indovinate? Sabato. Almeno vi lascio anche gli auguri di Buona Pasqua<3
Niente adesso smetto di rompervi con il mio pessimo umore xD
Un bacio e alla prossima
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6
 
 
L’oscurità della foresta riuscì a rabbuiare completamente i pensieri della compagnia. Erano tutti molto sorpresi di vedere Eldihen: Gimli la fissava impressionato, era certo che non l’avrebbe più incontrata, ed invece era proprio lì di fronte a lui. Aragorn sospirò, sentendosi un po’ in colpa, visto che lui stesso aveva insistito per condurla da Nihil, pensando di metterla in salvo, ed invece la sua fiducia era stata mal riposta. Se Legolas lo avesse rimproverato avrebbe fatto bene.
 
Il falco si appollaiò comodamente su un albero, Gandalf gli lanciò un’occhiataccia trattenendo un commento. Avanzò senza timore con il bastone bianco in mano “Anche nei momenti più bui può spuntare una luce nell’ombra, soccombendo i pensieri negativi. Ci hai sorpreso ragazza!”
 
Eldihen puntò gli occhi oltre il torace di Legolas, per osservare il vecchio con la barba bianca. Incrociò per sbaglio lo sguardo di Gimli, gli sorrise dolcemente, felice di rivederlo.
 
“L’ombra che dobbiamo affrontare sarà in grado di spegnere ogni luce Gandalf!” Legolas espresse saggiamente il suo pensiero, voltando leggermente il suo viso in direzione del fidato amico. Non poteva accettare il comportamento di Nihil, per lui rappresentava l’ennesima mancanza. Dopo lo sbigottimento iniziale pensò approfonditamente riguardo la faccenda: era molto strano che Epon conoscesse la loro posizione, come aveva fatto a scoprire dove si trovavano portandosi Eldihen appresso?
 
“Fai bene a preoccuparti, dinanzi a noi vi è il male ed il nostro compito è proteggere le persone di questa terra!” batté il bastone al terreno, sorridendo alla ragazza. Gandalf non conosceva la storia di Eldihen, era la prima volta che vedeva il suo volto “Di certo Fangorn non è un posto sicuro per una fanciulla, ma avvicinati e dimmi il tuo nome, io sono Gandalf!”
 
“Lei a quest’ora sarebbe dovuta trovarsi al sicuro” spiegò Legolas a Gandalf, girando successivamente il collo per scrutare Eldihen “Come mai sei venuta qui, affrontando tutte queste leghe da sola?”
 
“Per salvarmi dagli orchi!” spiegò cercando di essere quanto più credibile. I suoi occhi erano pieni di timore e incertezze, Legolas se ne accorse all’istante.
 
“Sei venuta sola. Perché invece di tornare da noi, non hai pensato di continuare il tuo viaggio verso Lorien?” chiese portando l’arco in avanti. La ragazza guardò l’arma, ricordando il suo compito, il motivo che l’aveva  allontanata  da Lorien portandola a Fangorn.
 
“Ho preso alla lettera le parole di Nihil: lui mi ha detto di venire da voi ed io l’ho fatto” ed era vero ciò che diceva. Guardò Legolas in viso, era decisamente nervoso, le sue labbra erano serrate ed i suoi occhi ricercavano dentro quelli di Eldihen una risposta diversa. La guardò dubitando delle sue parole.
 
“Come ha fatto quel falco a trovarci?” indicò con un cenno di capo Epon, senza allontanarsi da Eldihen.
 
“Non me lo chiedere, non so nemmeno io come ha fatto, ha preso anche lui le parole di Nihil!”
 
Per i gusti di Legolas,  l’elfa stava coprendo fin troppo Nihil, era palese che gli stesse nascondendo qualcosa, ma non la capì. Le lanciò uno sguardo dubbioso, vedendola abbassare le palpebre.
 
“Eldihen, dimmi la verità!” le sollevò il volto con due dita, sfiorandole la pelle morbida, anche se impensierito il suo tocco era dolce e protettivo. Lei era tremendamente agitata, la scrutò, rispecchiandosi nei suoi occhi limpidi che, a differenza dell’ultima volta che l’aveva vista, avevano un qualcosa di diverso, una luce strana.
 
“Io ti dico che è questa la verità, ma se non mi vuoi credere, me ne andrò” incerta dinanzi l’occhiata indagatrice che le stava rivolgendo Legolas, Eldihen si allontanò, facendogli spostare le dita di dal suo mento. Le sembrò che l’elfo non volesse più avere a  che fare con lei, sembrava che fosse  quasi come un peso del quale avrebbero già dovuto sbarazzarsi. Fece per girarsi ma, Legolas prontamente l’afferrò dal polso, trattenendo la stoffa vellutata delle maniche. Le si avvicinò, Eldihen percepì il suo torace dietro la schiena e le sue labbra vicino alle orecchie. A stento riuscì a mascherare il suo imbarazzo, piegando leggermente il viso verso le labbra di lui.
 
“E dove vorresti andare?” gli sussurrò all’orecchio, stringendole maggiormente il polso.
 
Eldihen stava tremando, sperò che Legolas non se fosse reso conto, era imbarazzata e allo stesso tempo felice di avvertire il corpo di lui dietro di sé, il suo profumo di quercia e la morbidezza della sua pelle erano gradevoli, quanto la delicatezza che aveva nei suoi confronti.
 
“Se non mi vuoi torno da Nihil” disse con  un filo di voce, giusto per constatare la veridicità dei suoi pensieri. Un fascio di luce si rifranse al suolo, vicino all’albero in cui si trovava sul terreno, quasi raschiando la ghiaia a terra.
 
“Eldihen…” le spostò una ciocca di capelli, cercando di mostrarsi quanto più serio possibile “Adesso che Nihil ti ha lasciata venire da me, difficilmente ti ritroverà. Non tornerai da lui” era tremendamente riflessivo e seducente mentre parlava. Preoccupato guardò la ragazza, con le sue iridi color del cielo, rivelandole la profondità del suo animo gentile.
 
“Ma tu non mi vuoi Legolas” continuò lanciando lo sguardo ai tronchi robusti “Sembra così”
L’elfo era vicino a lei, lo percepì, rimanendogli distante di qualche centimetro, anche se si sentì ugualmente spiazzata dalla sua presenza.
 
“Sai che ti ho sempre protetta, desiderando che tu fossi al sicuro”
 
“Sai che mi sento al sicuro solo con te!” ammise disarmata. Non avendolo di fronte riuscì a rivelare ciò che il suo cuore avvertiva, anche se era difficile confrontarsi. Aveva desiderato a lungo rivederlo, ascoltare  la sua voce. Si sentì felice percependo il suo interesse, aveva fatto di tutto per trattenerla.
 
“Infatti con me sei al sicuro, lo sai, ma devi essere sincera: Nihil ti ha fatto qualcosa? Perché sei fuggita?”
 
“Gli orchi ci…”
 
“Non è vero!” la interruppe sapendo che lei stava mentendo. Cercò di essere quanto più delicato possibile, nonostante la confusione che gli annebbiava la mente. La conosceva abbastanza da sapere che Eldihen non avrebbe retto un attacco degli orchi, non avrebbe mai corso il pericolo di essere trovata da sola. Perché li aveva raggiunti?
 
“Nihil mi ha detto di venire da te” spiegò girandosi con il busto. Era davanti a lui, lo guardò, sfiorandogli la mano. Da quando si erano avvicinati Legolas era divenuto calmo, la guardava intensamente. Non vi era più rabbia nei suoi occhi, Eldihen era riuscita a tranquillizzarlo, attirandolo a sé.
 
“Perché?” curioso assottigliò le palpebre.
 
“Te l’ho detto!” prese a giocherellare con la camicia argentata di Legolas, sfiorandogli il collo con i polpastrelli caldi. L’elfo si bloccò, osservandola completamente catturato da suoi movimenti, dalla sua espressione ingenua, dagli occhi chiari e pensierosi. Rimase immobile, lasciandola muovere come desiderava con un’espressone seria.
“Hai rischiato la vita, non perdonerò mai Nihil per questo, gli avevo detto di badare a te” proferì con apprensione.
 
“So basare a me stessa Legolas”
 
“Questo posto non è adatto a te, non so per quale ragione sei venuta qui dentro, in questa foresta, è pericoloso!” gli occhi di Eldihen erano così limpidi che a Legolas sembrò che non esistesse più Fangorn, né l’oscurità che ricopriva gli alberi.
 
“Te l’ho detto, me ne andrò” alzò un sopracciglio roteando gli occhi, giusto per comprendere meglio la sua reazione.
 
“Si, te ne andrai, ed io verrò con te stavolta” la prese dal braccio girandosi verso i suoi compagni.
 
Gandalf era sorpreso di trovare Legolas così impensierito per quella fanciulla, aveva chiesto ad Aragorn chi fosse, senza però ricevere una risposta esauriente.
 
“Mi spiace rovinare i tuoi piani Gandalf, ma non posso lasciare Eldihen in questa foresta, adesso andate pure, io vi raggiungerò” Si avvicinò a loro, sotto lo sguardo stupito di Aragorn e Gimli. Eldihen si lasciò trasportare. Completamente meravigliata alzò la sua gonna per procedere meglio.
 
“E dove pensi di andare?” Aragorn si portò in avanti, alzando la voce contrariato, aprì le mani, inclinando il viso. Ricercò l’attenzione di Legolas mostrando tutto il suo dissenso.
 
“Non posso lasciarla sola!”
 
“Non puoi nemmeno andartene, abbiamo bisogno di te!”
 
“Lascerò Eldihen a Lothlorien e tornerò presto da voi, non vi lascerò, lo sai che puoi fidarti di me”
 
Eldihen si sentì in colpa per aver creato scompiglio ancora una volta nella compagnia. La sua gonna era nera a causa della polvere che aveva trasportato con sé, si guardò e sospirò, cercando gli occhi di Gimli. Il nano le sorrise flebilmente, mostrandosi felice di vederla, nonostante i problemi che si erano creati.
 
“Ha ragione Aragorn!” prese la parola Gandalf, scrutando la mano di Legolas stringere il braccio di Eldihen “Lorien è lontana e ora come ora nulla è più al sicuro, lascia perdere giovane principe, lascia che il mio consiglio ti guidi: non abbandonare la compagnia proprio adesso, non cavalcare l’onda di un sentimento, rimani inflessibile.”
 
“La ragazza non può stare con noi Gandalf” considerando il pericolo che correvano, Legolas pensò che fosse meglio salvare Eldihen, conducendola in un luogo sicuro. Sarebbe già dovuta essere a Lorien, ma  Nihil aveva fatto qualcosa per spingerla da loro, ancora doveva capire bene cosa.
 
“Si, e troveremo una soluzione vedrai, intanto partiamo, Rohan ci aspetta, fidati di me, ho un piano in mente”
 
“Abbiamo già visto questa scena!” commentò Gimli scrutando le fronde degli alberi ondeggiare come sottili ragnatele.
 
Eldihen ammirò le sue trecce spesse e scompigliate, l’elmo sulla testa ed i suoi calorosi occhi marroni. Era sempre un piacere vederlo “A me dispiace” si rattristì, pensando a Nihil ed alla sua missione: lei doveva prendere ad ogni costo l’arco di Legolas, non avrebbe mai voluto arrecargli un dispiacere simile ma, ogni qual volta abbandonava l’idea, un forte dolore le stringeva la testa, si sentiva male, sia fisicamente che moralmente, come se ci fosse qualcosa dentro di lei che le proibiva a cambiare intenzione. Come una voce che la invitava a compiere il furto, una voce che però non apparteneva alla sua mente.
 
I suoi occhi divennero spenti, il suo viso affranto, non riuscì a camuffare la sua espressione, troppo amareggiata e combattuta.
 
“Eldihen che c’è?” l’elfo con apprensione le sfiorò di poco la mano.
 
“Nulla caro il mio Legolas. Tu figliola vieni vicino a me, fatti guardare bene!” Gandalf posò la sua mano sulla spalla di Eldihen, le maniche bianche ricaddero dietro i lunghi capelli della ragazza. Camminò con lei accanto, aiutandosi con il  suo bastone. Le sorrise, osservando furtivamente la reazione di Legolas. Pensò che fosse meglio allontanarla da lui, l’elfo aveva bisogno di riflettere e, a parer di Gandalf Eldihen non gli era d’aiuto, era riuscita a deconcentrarlo fin troppo.
 
Epon, dopo aver assistito impassibile alla scena, spiegò le sue ali mastodontiche, schiamazzando fortemente. Si alzò dal ramo in cui era appoggiato, volando sulle teste dei cinque viandanti.
 
Gimli alzò l’ascia in direzione dell’animale, saltando dal punto in cui era “Dannato uccellaccio, mi hai fatto prendere un colpo, che tu sia maledetto!” sbraitò nervosamente. Era molto teso da quando aveva messo piede in quella foresta marcia, ed ogni singolo movimento per lui rappresentava una minaccia.
 
“Non ti preoccupare, non sarà più un nostro problema” Legolas repentinamente impugnò il suo arco, aveva già posizionato la sua freccia, puntando il colpo in direzione di Epon.
 
“No Legolas!” gridò Eldihen, trattenuta dalle mani di Gandalf.
 
 Richiamò completamente l’interesse di Legolas, permettendo ad Epon di fuggire, scomparendo tra gli alberi, lontano dalle frecce del principe elfico. Legolas abbassò il suo arco, lanciando uno sguardo inquisitorio ad Eldihen, non parlò, si limitò ad alzare le sopracciglia, mostrando una smorfia contrariata.
 
“Epon mi ha solo guidata, non merita di morire!” spiegò rivolgendogli uno sguardo compassionevole. Legolas annuì. Sempre più confuso, non riusciva a comprenderla, ma esaudì la richiesta, lasciando l’animale scappare liberamente, anche se fosse stato per lui sarebbe rimasto per sempre dentro Fangorn.
 
“Eldihen, dico bene?” lo stregone non tardò a raggiungerla, portandola davanti a sé con fare paterno “Gradirei che tu mi seguissi ragazza, mi occuperò io di te, non voglio che tu corra dei rischi” contemplò le iridi di Eldihen, brillare come zaffiri nel suo volto, spostò il suo viso solo per lanciare uno sguardo deciso alla compagnia, cercando di mostrarsi quanto più autoritario possibile “Il vostro compito è di proteggere la gente libera, questo è vero, ma non voglio che nessuno di voi si faccia carico di ulteriori mansioni. La ragazza sarà al sicuro, per cui prodi e lesti vi voglio, l’arrivo di Eldihen non dovrà turbarvi, né intaccare il vostro operato”
 
Legolas ripose il suo arco dietro le spalle, sentendosi toccato dalle parole di Gandalf più di tutti. In realtà era legato ad Eldihen, avrebbe voluto accompagnarla di persona, per essere certo di lasciarla al sicuro. Ancora ricordava il momento in cui l’aveva vista la prima volta. Non riuscì a rinnegare i suoi sentimenti, ma lasciò che Gandalf la prendesse sotto la sua ala, rimanendo in disparte.
 
“Cosa intendi fare?”Aragorn affiancò Gimli, attendendo di conoscere i piani di Gandalf, infondo la presenza di Eldihen avrebbe potuto modificare tante cose.
 
“Intendo proseguire e alla svelta!”
 
Eldihen imbambolata ascoltò la voce saggia dello stregone, ammirandolo per la sua presa di posizione e le parole influenti. Le piacque molto, lo trovò sapiente e fiero, le ispirava fiducia solo a vederlo in viso. Lasciò correre lo sguardo sui suoi amici, posando infine i suoi occhi sul mantello bianco del vecchio.
 
“Andremo a Rohan” disse ciò, guardando l’espressione contrariata dell’elfo “ma prima di ogni cosa usciamo dalla foresta, svelti!” si girò senza aggiungere altro, assicurandosi che Eldihen camminasse davanti a lui e che gli altri dietro lo seguissero.
 
Mentre si spostava lungo il sentiero ricoperto di grosse radici, Gandalf lanciò uno sguardo a Legolas, notando che i suoi occhi più volte si erano posati sulle spalle della giovane Eldihen. Aragorn rizzò le sopracciglia e si avvicinò allo stregone, anche lui pareva essersi reso conto di quel particolare, infatti, ricambiò lo sguardo facendogli un cenno con il mento.
 
Superarono gli alberi scuri, ammirando in lontananza i primi raggi del sole, filtrare dai rami, illuminando il percorso cosparso di foglie e pietre.
 
Eldihen si guardò intorno, mordendosi un labbro. La foresta era oscura e  l’aria troppo densa. Quando un raggio di sole le illuminò il torace rimase immobile qualche istante per bearsi del calore che avvertiva sulla pelle, poi seguì Gandalf, voltando il capo solo per incrociare gli occhi dell’elfo che di tanto in tanto la guardava, senza dir nulla. Avvertì la sua occhiata su di sé, ricambiò, rimanendo  colpita dai suoi occhi azzurri e profondi che le causavano un turbine di emozioni.
 
Uscirono finalmente dalla selva. Il cielo azzurro si presentò a loro, sfoggiando la propria bellezza. Il sole illuminò la distesa erbosa, gli alberi verdi, i cespugli, riscaldando i cuori della compagnia che a lungo si era trattenuta sotto gli alberi di Fangorn. Un leggero venticello mosse i capelli ondulati di Eldihen, i raggi del sole riflettevano dentro i suoi occhi limpidi, illuminandola e riscaldandola. Gimli sorrise, trovandola graziosa, posò la sua ascia e lanciò uno sguardo al suo amico elfo che, a sua differenza la esaminava  impensierito, con aria dubbiosa.
 
“Mhh che ti prende?” domandò sottovoce non distogliendo lo sguardo da Legolas.
 
“Gimli, secondo me Eldihen nasconde qualcosa” sentenziò senza spostare il suo  viso dalla ragazza.
 
Gimli non sembrò sorpreso, osservò le spalle di Eldihen avvolte dalla tunica rossa “Lo penso anch’io, ma c’è qualcos’altro che ti preoccupa”
 
“Avevo disposto un ordine ad un mio vecchio soldato e lui mi ha tradito un’altra volta” rispose leggermente irritato “Eldihen sa qualcosa, ma non vuole parlare” pensieroso drizzò la schiena, allargando le spalle avvolte dalla veste verde muschio.
 
“Vedrai che scopriremo ogni cosa!”
 
Vennero bloccati da un fischio acuto che rimbombò per tutta la pianura. Gandalf richiamò un cavallo bianco che spuntò dagli alberi, correndogli incontro. Il suo manto era candido come la neve, Eldihen spalancò gli occhi, avvicinandosi allo stregone.
 
“E’ bellissimo!”
 
“Quello è uno dei Mearas, se un incantesimo non inganna i miei occhi” Legolas colpito lasciò il suo cavallo a Gimli, ammirando come Eldihen la bellezza del destriero che si era avvicinato a loro, abbassando la sua testa candida.
 
“Ombromanto. E’ il signore di tutti i cavalli, ed è stato mio compagno in molti pericoli” Gandalf accarezzò la criniera del cavallo, sorridendogli. “Cavalcheremo verso Edoras…” si girò per osservare Aragorn, Gimli e Legolas, ognuno vicino al proprio destriero “Vieni Eldihen, monta a cavallo!” fece un cenno alla fanciulla, trovandola immobilizzata dallo stupore.
 
“Posso accarezzarlo? è bellissimo!” intenerita camminò in direzione di Gandalf, guardando gli occhi dolci di Ombromanto. Posò la sua mano sul suo muso e sorrise, accarezzandolo con le dita, piano, come se non volesse infastidirlo. Si girò, i capelli si mossero dietro le sue spalle, incrociò gli occhi di Legolas, meravigliata alzò il mento, offrendogli un flebile sorrido. L’elfo ammirò in lontananza la sua bellezza: vicino al cavallo bianco Eldihen sembrava parte di un dipinto, il paesaggio alle sue spalle rendeva tutto surrealistico,  facendola apparire tenera.
 
 Eldihen abbassò il suo sguardo, Gandalf chiuse di poco le palpebre, abbagliato dalla luce così forte del sole “Vuoi che ti aiuti?”
 
“No” Eldihen appoggiò la mano sulla schiena di Ombromanto, scostò la sua veste, stringendo meglio lo zaino dietro le spalle, ed aiutandosi con le mani montò  a cavallo, continuando a coccolarlo dolcemente. Lo stregone la seguì, salendo sul destriero, sostenendosi con il suo bastone.
 
Anche Aragorn lo imitò, seguito da Legolas e Gimli. Loro due,  con un agile balzo furono in groppa ad Arod, un cavallo mansueto e leale. L’elfo gli sussurrò delle parole in elfico, aiutando l’amico Gimli a rimanere in sella al loro destriero.
 
Gandalf si lanciò in una corsa frenetica, seguito dai compagni dietro di lui.  Attento portò la sua mano sulla vita di Eldihen che, attonita osservava gli alberi scorrere veloci davanti ai suoi occhi, il vento agitarsi sulle sue gote arrossate, percependo sotto di sé, il corpo caldo del cavallo, che correva lungo il sentiero, libero come l’aria. Galoppava fieramente con le sue zampe. Le sembrò che in groppa ad Ombromanto avrebbe potuto visitare ogni posto della Terra di Mezzo. Strinse tra le mani la sua criniera bianca, godendo pienamente del contatto intimo con l’animale. Si sentì libera mentre correva, anche se Gandalf le stava stringendo il torace, ugualmente Eldihen percepì l’adrenalina salire, le sembrò che potesse volare, alzò una mano percependo il  vento scorrerle tra le dita, come se fosse acqua, come se fosse vita pura, un energia indomita e  forte. La sua tunica rossa danzò all’aria, lasciandole scoperte le gambe. Legolas osservò da dietro la ragazza, sperando che lei rimanesse al sicuro, non si sarebbe mai opposto a Gandalf, anche se non avrebbe voluto condurla a Rohan.
 
 
 
Quando il sole tramontò dietro le montagne,  sul cielo si dipinsero delle bellissime sfumature rossastre, in netto contrasto con le nuvole bianche ed i monti verdi e marroni. Il prato si dipinse di un verde intenso, Eldihen respirò profondamente il profumo delle foglie ed ammirò, completamente rapita, le rocce che si innalzavano, spuntando da terra.
 
“Mi puoi spiegare brevemente cos’è successo ragazza? e ti prego non guardare gli altri, non vorrei che ci ascoltassero” lo stregone proseguiva adagio, non veloce come aveva fatto per tutto il pomeriggio. Eldihen presa alla sprovvista, si piegò in avanti, osservando il manto candido del cavallo.
 
“Cos’è che vuoi sapere?”
 
“Ogni cosa!” la voce dello stregone era profonda, ma amichevole. Sembrava saggio e maturo.
 
“Beh,  io devo molto ai ragazzi, mi hanno salvata: sono scappata da un massacro, Legolas mi ha trovata priva di sensi sotto un albero verde, mi ha curata ed insieme ad Aragorn mi hanno condotta a casa di Nihil, loro non potevano accompagnarmi a Lothlorien, l’unico posto che mi avrebbe accolta …”
 
“Nihil, conosco questo nome” Gandalf assottigliò le palpebre, cercando di ricordare chi fosse la persona che Eldihen aveva menzionato, sicuro di saperlo. Appoggiò la sua mano sulla sua gamba, lasciando muovere liberamente Eldihen, ormai non correva più il pericolo di cadere a terra “Oh ma certo, Nihil di Bosco Atro!” riconosciuto Nihil, Gandalf annuì, ricordando le imprese del guerriero “Non scorre buon sangue tra lui e Legolas, mi chiedo come mai ti abbiano portata da lui!”
 
“In effetti Legolas si era opposto, ma era l’unica scelta e…” Eldihen ricordò il viaggio con i suoi amici e la dura permanenza dentro la casa di Nihil, le loro discussioni ed infine il pensiero che si era fatto largo nella sua mente: prendere l’arco a Legolas. Nihil le aveva lanciato un incantesimo tanto potente, difficile da scorgere o da debellare, ed Eldihen ne sentiva il peso, ma non comprendeva cosa le stesse accadendo.
 
“Ragazza ti sto ascoltando” incuriosito Gandalf la incoraggiò a parlare, lisciandosi la barba con una mano.
 
“Poi nulla, siamo partiti per Lothlorien e sono stata costretta a raggiungervi perché Nihil è stato trattenuto”
 
“ Che storia curiosa!” commentò Gandalf guardandola perplesso. In realtà, le parole di Eldihen non furono convincenti, gli venne il dubbio che lei gli stesse mentendo, ma non  disse nulla, credendo che la fanciulla fosse scappata da quella casa per i comportamenti dell’elfo, infondo Nihil era conosciuto soprattutto per la vita solitaria che conduceva.
 
Galoppavano, uniti e vicini. Aragorn guardò il cielo, apprezzando la bellezza e le sfumature rosa, si era creata un’atmosfera magica e rilassante. Gimli era stanco, più volte si era lamentato con Legolas, osservando l’erbetta verde ed i ciuffi di felce che sbucavano dal terreno.
 
“E tu da dove vieni?” Gandalf sempre più curioso fece scivolare le sue mani lungo il bastone, osservando le spalle minute della ragazza.
 
“Da Gran burrone” sorrise, ricordando casa, bella quanto il cielo sulla sua testa.
“Oh ma allora conoscerai Aragorn, lui è stato cresciuto dagli elfi di Imladris sai?” tentò di deviare il discorso, notando che Eldihen si era rattristita, forse il ricordo di Nihil le aveva fatto venire il cattivo umore.
 
“In realtà non lo conoscevo. Ho viaggiato molto, mio padre è un nobile uomo e un esperto carpentiere. Ho passato con lui gran tempo nel Lindon, spostandomi continuamente da Gran burrone ai Porti Grigi. Per questo non conosco Aragorn” confessò respirando l’aria fresca. I grilli canterini sbucarono dalle buche del terreno, iniziando a frinire, saltellando da un punto all’altro. Il loro canto crebbe, e in poco tempo si udì una melodia rilassante per tutto l’altopiano. Gli uccelli stavano volando verso i loro nidi, Eldihen li guardò, ammirandoli come se fossero dipinti in quel bellissimo cielo pieno di colori.
 
“La tua signora Arwen gli è legata” Gandalf camminò ascoltando la leggiadra melodia degli animaletti, immerso nella natura selvaggia, tra i fili di erba verde, il terreno polveroso e le rocce intorno a loro.
 
“Arwen Undòmiel!” esclamò felice Eldihen, sbattendo le ciglia. Sorrise ricordando il volto serafico di Arwen, figlia del suo signore Elrond.
 
“So che lei ama un uomo, ma ignoravo che fosse Aragorn” si girò incrociando gli occhi furbi di Gandalf. Sorrise, curvando le labbra serenamente, era stata una piacevole scoperta, dunque era lui l’erede di Isildur.
 
“Che ne dite…” Gandalf alzò la voce, attirando su di sé gli occhi di Aragorn, Legolas e Gimli “Accendiamo un fuoco e riposiamo? sta calando la notte!”
 
“Penso che…”
 
“Si!” Eldihen non lasciò concludere la frase ad Aragorn, girandosi verso Gandalf. Avrebbe tanto voluto passeggiare su quel prato fiorito, sotto il cielo dalle venature rosa, attendendo che le stelle illuminassero il mondo.
 
Aragorn le accennò un sorriso, fermando con un colpo il suo destriero “E va bene” lanciò uno sguardo a Legolas che, comprendendo perfettamente, si bloccò dinanzi ad un tumolo di terra.
 
Gandalf osservò Eldihen scendere da cavallo ed andare di corsa verso l’elfo. Non poteva far nulla in contrario, comprendendo perfettamente il legame che la legava alla compagnia.
 
Superata la distesa erbosa, Eldihen si bloccò guardando Legolas aiutare Gimli, incrociò le braccia sotto il seno impacciata, passandosi la lingua sulle labbra. L’elfo era impegnato, sembrava pensieroso, ma Eldihen era sicura che l’avesse vista “Come state?”chiese guardandoli.
 
“Ho mal di schiena e ho fame” Gimli gettò l’ascia malamente terra, stiracchiandosi.
Eldihen sorrise, spostando il suo sguardo su Legolas “E tu?”
 
“Sto bene” la osservò, per poi guardare in lontananza lo stregone bianco. Era leggermente irritato, aveva riconsiderato per tutto il viaggio il ritorno di Eldihen, pensando a quanto fosse stata strana la sua giustificazione. Lui sapeva la paura che aveva per gli orchi, non poteva essere scappata da un altro attacco con così tanta indifferenza, rischiando di essere seguita, con Epon a guidarla poi, conducendola nel posto in cui si trovavano. Non poteva credere.
 
“Legolas andate a raccogliere della legna!” gridò Gandalf sistemando il suo mantello sulla groppa di Ombromanto.
 
L’elfo pensò subito che Gandalf lo avesse richiamato per allontanarlo dalla ragazza, ne era convinto. Fece per andarsene, lasciando Eldihen con Gimli.
 
 “Vengo con te!” vedendolo pronto ad andare Eldihen lo affiancò. Non comprendeva il suo stato d’animo, la sua improvvisa freddezza. Ci teneva a lui, l’aveva sempre pensato e desiderato, richiamandolo in ogni istante, non poteva accettare di vederlo così accondiscendente nei confronti di Gandalf.
 
“Meglio che tu stia qui” la guardò deciso, camminando in direzione dei cespugli vicino alle rocce. Eldihen pietrificata corrugò la fronte, osservando le spalle di Legolas muoversi in avanti.
 
“Ma che gli prende?” si girò velocemente verso Gimli, abbassandosi per raggiungerlo.
 
“E’ un po’ nervoso lascialo stare!” spiegò il nano accomodandosi comodamente a terra.  Era stanco, i muscoli erano irrigiditi ed i nervi tesi. Le palpebre erano troppo pesanti, se avesse chiuso gli occhi si sarebbe sicuramente addormentato su quel bel prato verde. Alzò  e abbassò il capo, l’elmo pesava troppo, quanto avrebbe voluto infilarsi dentro il suo bel letto, tra le calde coperte.
 
 Eldihen prese a sedersi vicino a lui, incrociando le gambe. Fissò inquieta Legolas, indecisa se seguirlo o stare ferma lì. Si morse un labbro, sobbalzando, piegò il volto velocemente, appoggiando la sua mano sul torace di Gimli.
 
“Che c’è? chi è stato?” il nano aprì le palpebre di scatto, drizzandosi prontamente.
 
“Non  gridare”
 
“Ragazza, ma non vedi che stavo per addormentarmi?”  spiegò grattandosi il naso fiaccamente.
 
“Gimli scusami, ma cosa gli prende a Legolas? Secondo te ce l’ha con me?” torturò le sue povere dita, come soleva fare quando era nervosa.
 
“Si preoccupa per te, sa benissimo che sei in pericolo insieme a noi e non riesce a digerire il fatto che Nihil ti abbia lasciata andare. Ma anch’io sono un po’ arrabbiato con te, ti interessa sapere il motivo?” la sua voce rude incuriosì Eldihen, catturata completamente dal volto sudato di Gimli.
 
“E perché saresti arrabbiato con me?” domandò non comprendendo le parole di Gimli, infondo non gli aveva fatto nulla.
 
“Per il pennuto!” agitò il capo, le sue trecce si posarono sulla pancia tonda.
 
“Epon?”
 
“Si Epon o come si chiama. Sai che bontà arrostito sulla brace, e invece no, l’hai lasciato andare via e stasera mangeremo lattuga ah!”
 
“Lascia perdere la lattuga, Gimli, sono un po’ preoccupata” confessò strattonando di poco il nano “Legolas ti ha detto qualcosa di me durante il viaggio?”
 
“I nani non fanno la spia!” sentenziò congiungendo le mani con aria autorevole.
 
“Quindi si”
 
“Non te lo dico”
 
“Forza!” era determinata a scoprire cosa  stesse accadendo, appoggiò le dita sul braccio di Gimli, attendendo che lui parlasse.
 
“Non ti capisco, tu sai che l’elfo odia quel Nihil e tu lo difendi?” sembrava mezzo addormentato quando parlava, muovendo le sue mani freneticamente per esporre bene il discorso.
 
“Ma io non l’ho difeso, ho detto semplicemente che…” chiuse le palpebre sospirando “Basta non ce la faccio più, vado da lui” si alzò da terra decisa  a seguire Legolas, gli avrebbe parlato senza tanti giri di parole.
 
“Ragazza!” la fermò Gimli.
 
“Che c’è?”
 
“Quel giovanotto ci tiene a te” alzò un dito, chiudendo lentamente la palpebre dalla stanchezza.
 
 
 
I rami a terra non erano tanti, ma ugualmente riuscì a radunare un bel mazzetto, mettendolo da parte.
Legolas si era avvicinato alla piccola collinetta, osservando sotto di sé lo splendido panorama: trovò pace nel contemplare le montagne ed i piccoli sentieri che si interrompevano, cercando di acquetare i suoi pensieri, che tumultuosi si ammassavano nella mente. Gli occhi inquietati si alzarono dal paesaggio campestre, posandosi dubbiosi sulle nuvole. Un luce investì il suo viso, illuminandolo. Era bello e irraggiungibile, come le stelle di Varda, i suoi occhi avrebbero potuto incantare qualunque creatura della Terra di Mezzo.
 
Afflitto da troppe preoccupazioni sospirò, lasciando che il mantello scivolasse sulle sue spalle, nascondendo i tormenti della sua anima dilaniata. Non comprese Eldihen, era deluso, e rimuginando sulle parole che si erano detti, un moto di rabbia lo travolse, ma lui abilmente nascose i suoi sentimenti, risultando riflessivo e contenuto, come era sempre stato.
 
“A cosa stai pensando? Non ti sei nemmeno accorto della mia vicinanza”  con titubanza Eldihen si bloccò dietro le sue spalle, spostando il viso per guardarlo meglio.  Il vento trascinò con sé un fresco profumo di campagna, di fiori selvatici ed erbetta.
 
“Ti avevo detto di non seguirmi” non si girò, parlandole pacatamente. Sentì i suoi occhi addosso, come se lei lo stesse in silenzio richiamando “In realtà non saresti dovuta venire proprio Eldihen” solo in quel momento si voltò, autorevole come non mai, mostrandole tutta la saggezza, la regalità del suo animo.
 
“Non mi volevi” commentò immobile, come se non avesse capacità di movimento, sconcertata dagli occhi azzurri dell’elfo.
 
“Ti volevo lontana da questi pericoli…” pescose la breve distanza che li separava, fermandosi a meno di un metro da lei.
 
“Io dovevo venire!” stregata dalle parole di Nihil, Eldihen avvertì in cuor suol’esigenza di concludere la sua missione, a qualunque costo, senza rendersi conto del male che avrebbe fatto a Legolas. La sua mente era ottenebrata da quel pensiero, che si era insidiato dentro di lei, offuscandole le idee. Soltanto i sentimenti nei confronti di Legolas non erano cambiati, Nihil non aveva potuto far nulla.
 
“Eldihen spiegami perché, ma sii onesta” sapeva di aver ascoltato un mucchio di fandonie, ed aveva anche cercato di assecondarla, per non ferirla, ma gli riuscì impossibile trattenersi ulteriormente. Perché Eldihen si nascondeva? Era stato lui a salvarla ed era difficile accettare di essere ripagato in quel modo, ricevendo un doppio tradimento, da parte di Nihil e della fanciulla che aveva aiutato.
 
“Io ti ho spiegato”
 
Le lanciò uno sguardo severo e colmo di frustrazione, annuendo, come se si aspettasse quella risposta. Era cambiata, non la riconosceva più, i suoi occhi sembravano diversi, eppure nessuno si era accorto, nessuno aveva notato il modo in cui parlava o difendeva Nihil.
 
 
“Pensavo che ci tenessi a me!” leggermente delusa per l’atteggiamento dell’arciere, strinse le sue spalle, mostrandogli il suo volto imbronciato. Legolas fu leggermente irritato, la sua reazione era inaccettabile. Aveva sempre agito per il bene di Eldihen, perché ci teneva e l’aveva presa a cuore, proteggendola anche se gli tornava difficile in un momento così delicato. I suoi sforzi contavano così poco? Le si avvicinò, prendendole gentilmente il braccio tra le mani, la guardò, lasciando che i suoi occhi potessero valutare la profondità del suo sdegno.
 
“Tu non tieni a te stessa. Un conto è essere rincorsa dagli orchi, un conto è andare a caccia di guai, nonostante io ti abbia favorita e protetta. Ricordo ancora come tremavi tra le mie braccia il giorno che ti ho trovata, eri mezza morta Eldihen, ed io mi sono impegnato aiutandoti, promettendomi che mai ti avrei rivista in quello stato, perché mi stai a cuore. Ho cercato di metterti in salvo, ma tu sei andata appresso alle parole di Nihil. Non ce l’ho con te perché sei tornata da noi, vanificando i miei sforzi, ce l’ho con te perché cerchi di nascondere il motivo che ti ha spinta a seguirci. Non pensare che io creda alle tue menzogne, non pensare che io non dubiti delle tue parole. Volevo solo metterti in salvo, ma poco posso fare se tu stessa corri verso il pericolo” proferì quel discorso senza interrompersi, senza abbassare mai lo sguardo, stringendo il braccio della ragazza con una dolcezza che si contrapponeva alla severità delle sue parole, guardandola dritto negli occhi.
 
“So quel che hai fatto per me e anche tu mi stai a cuore Legolas, ma ti ho già spiegato perché sono tornata”sentì una stretta al cuore, più guardava i lineamenti del suo viso, più si sentiva in imbarazzo. Respirò, osservando la foglia di Lorien incastrata nel mantello di Legolas. Aveva ragione ma non poteva dirgli del suo incarico.
 
Sentì la presa sul braccio farsi sempre più lenta, Legolas la lasciò, schiudendo di poco la bocca. Che cosa le era successo?
 
“Torna da Gandalf!” la ammonì pacatamente, piegando il suo arco tra le mani. Era distaccato, anche se la presenza di Eldihen non gli era indifferente, anzi. Aveva capito che non poteva far nulla, Eldihen non si sarebbe confidata. Doveva accettare quel cambiamento.
 
 
 
 
Calò la notte, ma le stelle non spuntarono in cielo come Eldihen aveva sperato. Il fuoco consumò lentamente la legna, affievolendosi sempre di più. Gandalf come un buon condottiero osservava il panorama, fumando dalla sua pipa, assorto nei suoi pensieri. Eldihen mordicchiò con i denti le sue unghie, guardandolo distrattamente, seduta a  terra, con il suo zaino come cuscino, vicino a Gimli che russava peggio di un ghiro.
 
Agitò una mano per spostare la nebbia intorno a lei, si accucciò nel mantello che le aveva donato Gimli, ormai suo da un bel po’, conficcò le dita nel terreno tastando la terra arida. Alzò il volto verso il  cielo e rimase immobile per svariati minuti. Si sdraiò a terra, ripensando in quelle ore silenziose al discorso che le aveva fatto l’elfo. Si portò una mano in faccia, girandosi da un lato all’altro, cercando di trovare pace, di trovare riposo, anche se non sentiva l’esigenza di dormire, no. Il petto le bruciava ardentemente, avvertì dei brividi lungo la schiena, si costrinse a rimanere inchiodata al terreno, a serrare le palpebre e far finta di dormire, ma non riuscì a controllare le sue emozioni, ogni qual volta chiudeva gli occhi, rivedeva davanti a sé il volto di Legolas, le sue labbra muoversi, ascoltando nella sua testa la sua voce che gli ricordava che era salva grazie a lui.
 
Spostò il mantello dal suo corpo, si alzò di scatto. Era inutile rimanere immobile a terra quando dentro il cuore avvertiva tutte quelle sensazioni. Portò la sua mano al collo e attorcigliò tra le dita la catenina che portava da tempo immemore, fermandosi a guardare la pietruzza bianca. Non si spiegò perché provasse tutta quella gran confusione, poteva comprendere lo stato d’animo dell’elfo, ma non riuscì ad accettare le sue parole, velate da rimproveri. Pensò che Legolas le avesse rinfacciato ogni cosa che aveva fatto per lei, ed anche se non era vero e sapeva che l’elfo realmente ci teneva, ascoltò la voce dentro la sua testa, pensando che Nihil infondo aveva un minimo di ragione.
 
Eldihen sospirò amareggiata, non rendendosi conto del suo stesso cambiamento.
 
Slacciò il gancio della collana dal suo collo, ammirandola rattristita. Richiuse la mano nascondendo il gioiello nel pugno.
 
Diede uno sguardo dietro lei, trovandosi davanti l’elfo alzato, il suo arco dietro la schiena, i capelli biondi semiraccolti ed il suo mantello verde. Impulsivamente si alzò dal suo posto, superando Gimli che indisturbato dormiva, continuando a russare rumorosamente.
 
Si coprì con il mantello, camminando verso Legolas, con la testa abbassata,  la mente offuscata da troppi pensieri, molti dei quali non avevano senso di esistere. Si fermò dietro di lui, schiarendosi la voce per richiamare la sua attenzione.
 
Sbigottito dalla presenza di Eldihen, Legolas spostò il collo assottigliando le palpebre, stupito di trovarsela davanti. Non le disse nulla, soffermandosi a guardare il suo volto abbassato, intravedendo un broncio nascosto dai lunghi capelli. Pensava che stesse riposando, avrebbe creduto di trovarla sveglia nel cuore della notte. Si girò completamente verso di lei, sempre più curioso.
 
”Eldihen…”                    
 
“Stavo pensando alle parole che mi hai detto” spiegò alzando di poco il viso “ ho capito perfettamente quanto sia stato difficile per te accudirmi e medicarmi quando ne ho avuto bisogno, mi spiace essere stata una delusione, me ne farò una ragione, ma di certo non posso ignorare il tuo impegno, ecco!” alzò la mano stupendolo ancora di più, schiuse il suo pugno rivelando la sua preziosa collana “E’ una gemma molto antica e pregiata, l’unica cosa di valore che posseggo al momento, tieni” afferrò la mano di Legolas, sfiorando i manicotti di ferro che indossava.
 
“Ma che vai dicendo Eldihen? io non voglio niente!” completamente stravolto ritrasse la mano, guardando gli occhi infelici di Eldihen, ma cosa le stava passando per la testa?
 
“Quando ne avrò la possibilità ti ricompenserò generosamente, come meriti, prendi questa intanto” conficcò la piccola collanina tra le dita di Legolas, le richiuse saldamente, impedendogli di rifiutare il suo dono. Ricacciò le lacrime dagli occhi, sbattendo le ciglia nervosamente. Girò le spalle, incapace di reggere l’occhiata dell’elfo, il suo volto riusciva a disorientarla, lasciandole addosso un sentimento sconosciuto.
 
“Questa è l’ultima cosa che voglio” scosse la testa, rifiutandosi di accettare il gioiello che Eldihen gli aveva donato, avrebbe perso il suo onore se avesse assecondando quell’assurda decisione. Non ci pensò due volte ad afferrarla dal braccio girandola in sua direzione, con uno sguardo tenero e delle movenze delicate. Eldihen oppose un minimo di resistenza, cedendo poi alla volontà di Legolas, si voltò con il viso abbassato, gli occhi accecati dai dubbi, ascoltando il suo cuore, che batteva per Legolas, per il suo respiro caldo, i suoi occhi sfilati, le labbra sottili. Non poteva ignorare ciò che stava provando, era da un po’ che percepiva calore al solo pensiero di averlo vicino.
 
“Indossala, non mi interessano le ricompense o i gioielli. Sicuramente avrai frainteso le mie parole”  spiegò intensificando la stretta, giusto per essere convincente. I suoi occhi erano dolci e amichevoli. Anche se impensierito lui teneva ad Eldihen. Non riuscì a mostrarsi duro, anche se non appoggiava le sue scelte, specie in quel momento di confusione. Le accarezzò il braccio con fare protettivo, vedendola sciogliersi sotto le sue dita.
 
“E allora cosa ti intessa avere?” chiese contemplando i suoi occhi azzurri, brillare anche nel buio della notte, godendo delle attenzioni dell’elfo. Si avvicinò, lasciando che lui continuasse ad accarezzarla, guardando i suoi occhi profondi, tanto che desiderò tuffarsi il quelle due pozze azzurre.
 
“Mi interessa saperti sana e salva. E’ questa l’unica cosa che voglio!” sistemò la collana sul collo di Eldihen che sentendosi toccata da Legolas rabbrividì, chinando il volto imbarazzata. Le lasciò una carezza sui capelli, pensando di volerla vedere felice, detestava scorgere il suo volto triste.
 
 


Note autrice:
Salve a tutti. Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Io nel rileggerlo mi sono incuriosita perché adesso non ricordo cosa succede XD (siamo apposto) ma col fatto che sto completando la storia, la mia mente è lontana dalla parte iniziale. In realtà ci sono dei capitoli che ho amato profondamente e non vedo l’ora di postarli. Io non so se vi piaceranno quanto sono piaciuti a me, non so se sarà vista e “vissuta” allo stesso modo, ma so di averci messo tutto il mio impegno ed essermi goduta la storia, parola per parola durante mesi, giorni ed ore di scrittura, perché dietro c’è un lungo lavoraccio e arrivati alla fine manco ci credo di esserci riuscita. Personalmente mi ritengo abbastanza soddisfatta, ma non starò a dirvi cosa ne penso io perché sono di parte, se ho deciso di condividerla è perché spero di rendere soddisfatto almeno un lettore (autostima a zero) non so se piacerà, ho sempre avuto dei dubbi perché non conosco i gusti degli altri e non so nemmeno che dire, spero vi pronuncerete voi, per uno scrittore/scrittrice il confronto è importante, ma sono cose che tutti ormai sanno no? In verità in questa settimana ero demoralizzata, pensavo che la trama non piacesse e cose varie e purtroppo mi sono lasciata influenzare, non scrivendo nemmeno una riga, cosa strana visto che io mi alzavo con il pensiero XD giusto per capire quanto ci tenga, e devo ringraziare di cuore _Son Hikaru che nonostante sia stata male mi ha ugualmente sostenuta e, ovviamente chi recensisce, legge e segue.
Riguardo gli aggiornamenti: il prossimo sarà lunedì 12.04, vi direi l’ora ma con ‘sto html è difficile farlo, perché io che sono un’incompetente ci perdo anche mezz’ora ecco XD
Auguro a tutti una felice e serena Pasqua, nonostante il lockdown. Spero tanto che anche voi siate vicino alle persone care, che possa essere una bella giornata e l’ultima festa in zona rossa perché non se ne può più.
Ci si sente. Un abbraccio

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7
 
 
Recuperò la cintura a terra, agganciandola bene in modo che i due pugnali non ricadessero. Ripose dentro il suo sacco di iuta una borraccia d’acqua ed il mantello verde. Richiuse i lacci bene prima di rialzarsi da terra, indossando lo zaino. Passò la mano tra i suoi capelli, sciogliendo dolcemente i piccolissimi nodi sulle punte, mentre osservava distrattamente l’alba: il cielo si stava tingendo d’azzurro, illuminando la pianura in cui si trovavano, gli uccellini svolazzavano, roteando allegramente in cielo, intonando una gradevole melodia.
 
Eldihen pensò a Legolas, ricercandolo con gli occhi. Non lo vedeva da ieri sera, era riuscita a riposare mezz’ora  dopo il loro incontro e, quando aveva riaperto gli occhi lui ed Aragorn non c’erano più, si era ritrovata sola in mezzo alla distesa erbosa. Gandalf dormiva, non osò disturbarlo, continuando a sistemare i lacci del suo vestito, rendendosi conto che era dimagrita ancora di più.
 
“Pss” 
 
Sobbalzò presa alla sprovvista, girandosi completamente dalla parte in cui aveva udito il suono “Gimli!” portò la mano al cuore sospirando.
 
Il nano si stava avvicinando a lei lentamente, muovendo dei piccoli passi, con in viso un’espressione buffa, la barba rossa coperta di briciole di pane e l’ascia in mano. Sprovvisto di elmo in testa, i suoi capelli sembravano una nuvola rossastra, crespi e completamente arruffati, era assonnato, gli occhi palesemente stanchi.
 
“Che c’è?” chiese Eldihen massaggiandosi ritmicamente le braccia “perché cammini così?”
 
“Shhh, ma sei pazza parla a bassa voce!” avvicinò il suo dito al naso, invitandola con un gesto di mani ad abbassarsi, per comunicare silenziosamente.
 
“Spiegami perché parli in questo modo” si inginocchio davanti a Gimli, schiacciando i fili d’erba freddi e umidi.
 
“Non voglio svegliare Gandalf, è più  burbero che mai, se scopre che ho mangiato l’ultime scorte di cibo chi lo sente!” agitò il viso, alzando le sopracciglia, le rocce argentate incorniciavano la sua figura tozza, rischiarita dalla luce del mattino.
“Ho capito, ma pulisci le briciole che si accorgerà lo stesso”  spolverò  velocemente le briciole sulla barba ruvida del suo amico, guardandolo mentre si portava la mano alla bocca “Ma dico io tutte le provviste, come fai?” sorrise divertita, i cattivi pensieri dinanzi al volto curioso di Gimli sfumavano come le onde del mare. Era veramente un sollievo averlo accanto.
 
“Senti un po’, tu non mangi, Aragorn poco o niente… Legolas campa d’aria, che facciamo? Buttiamo il cibo? Tanto vale che lo magi io” spiegò strappando da terra un’erbaccia scura. Eldihen trattenne un commento, studiando bene il suo volto, sembrava però che le volesse dire altro, lo comprese dal modo esitante in cui la guardava.
 
“Giusto, ma dimmi dove sono Aragorn e Legolas?” chiese sedendosi a terra, allungando le sue gambe snelle.
 
Dall’espressione attonita di Gimli, Eldihen capì di aver azzeccato il centro dei suoi pensieri, sicura che lui prima stesse esitando a parlare di loro “L’elfo era di guardia, ha visto degli strani movimenti in lontananza e sono andati a vedere di cosa si trattasse con Aragorn” spiegò storcendo le labbra “Ma mi sembra strano, non so!” commentò giungendo le mani sul grembo, sedendosi accanto ad Eldihen “Ah la mia povera schiena”massaggiò i fianchi serrando le palpebre.
 
“Perché ti sembra strano?” chiese pensierosa ricordando l’episodio di quella notte.
 
“Non so, se ne è andato senza dire nulla. Era serio, un po’ troppo per i miei gusti, deve essergli capitato qualcosa”
 
“Ti ha detto nulla?” domandò concedendogli una lunga occhiata inquisitoria.
 
“No, no” scosse la testa ripetutamente “Avrebbe dovuto dirmi qualcosa?”
 
“In verità…” pensò se fosse un bene rivelare a Gimli quell’aneddoto o tenerlo per sé “Beh ieri sono successe un po’ di cose: mi ha ricordato che lui mi ha salvata, dicendomi che io vado in cerca di guai” dalla sua bocca non uscirono altri particolari, ma nella sua mente riaffiorarono le scene vissute e gli occhi azzurri di Legolas, così belli e leali da spazzare via tutti gli altri pensieri.
 
“Sicuramente era nervoso ma si preoccupa per te!” tentò di giustificarlo, gustandosi l’espressione di Eldihen, che mordeva il suo labbro con i denti.
 
“Anch’io ero nervosa. Ho preso la mia collana e gli ho detto di considerarla come una ricompensa, lui si è stupito, ma non ha fatto nulla, l’ha restituita cercando di farmi capire che avevo frainteso. Ora mi sento in colpa, è stato maturo e dolce, ma penso che il mio gesto l’abbia un po’ toccato” rivelò passando le mani avanti e indietro sulle gambe. Col senno di poi, una volta calma, ripensò all’accaduto, considerando la sua una scelta affrettata e priva di logica, sicuramente Legolas quella mattina era teso a causa del suo comportamento, guardò Gimli attendendo di ascoltare la sua considerazione a riguardo.
 
“No” agitò la tesa “E’ uno scherzo!”
 
“No Gimli”
 
La bocca del nano si schiuse a causa dalla sorpresa. Non credeva alle sue orecchie “Tu hai dato a Legolas la collana per ricompensarlo?” alzò la voce incredulo, ripetendo le parole di Eldihen.
 
“Si ma non avevi detto che dovevamo parlare in silenzio?”
 
“Si ma… è impressionante, cosa ti prende Eldihen? Ti riconosco a stento, hai ferito il giovanotto nell’orgoglio, figurati se può prendere in considerazione una ricompensa, lui ti ha salvata perché ci tiene veramente, non per i gioielli!”
 
“Lo so” annuì ponderando sui suoi atteggiamenti.
 
“Per questo poco fa era agitato. E’ per questa faccenda!”
 
“Lo so”
“Hai sbagliato” dichiarò apertamente senza peli sulla lingua. Eldihen quasi persa, abbassò il volto, guardando la stoffa vellutata della gonna, perdendosi nei suoi pensieri: aveva proprio ragione Gimli, lei stava sbagliando ad andare appresso a Nihil. Era scappata stupidamente da casa sua per raggiungere la compagnia, ed anche se lei stessa considerava quella scelta poco assennata, avvertiva la necessità di obbedire a Nihil, senza nemmeno spiegarselo. Considerò l’idea i rinunciare a tutto, in quel momento di lucidità, di lasciare l’arco a Legolas, di non fargli quel torto, in cuor suo sapeva che non era giusto.
Alzò gli occhi, improvvisamente la testa le fece male, come se l’avessero strattonata da una parte all’altra. Spaesata richiuse le palpebre, portandosi una mano alla fronte, non poteva immaginare che si sentiva così a causa dell’incantesimo di Nihil. Ogni qual volta pensava diversamente, iniziava a sentirsi male e le sue idee si mescolavano, causandole un forte dolore alla testa.
 
“Che ti prende Eldihen?” chiese Gimli preoccupato alzandosi da terra.
 
“Non lo so proprio Gimli” dichiarò appoggiando la testa alla parete rocciosa. Nihil era stato abile, la teneva sotto scacco senza che lei si rendesse minimamente conto. Non era riuscito però a mutare i suoi sentimenti nei confronti di Legolas, gli intrugli non le avevano fatto dimenticare il bene ricevuto e provato, lei stessa combatteva dentro di sé una battaglia silenziosa, per ricacciare i pensieri che gli erano stati inculcati a forza.
 
Giunsero dopo un paio di minuti, Aragorn e Legolas da dietro dei grossi cespugli di more. Si avvicinarono speditamente ai ragazzi che avevano lasciato, percorrendo il sentiero inclinato cosparso di pietre e rami. Eldihen si era ripresa, grazie ad un panno umido che le aveva dato Gimli. Guardò Legolas, aprì le palpebre, sbattendo le ciglia. Si fermò per diversi attimi ad ammirare la sua pelle perfetta, la linea morbida del suo viso, le sue spalle forti, e quelle labbra che tanto amava guardare. Spostò il fazzoletto dalla fronte, nascondendolo dietro la schiena.
 
“Non dirgli che mi sono sentita male, per favore!” chiese a Gimli, non voleva farli preoccupare. Si alzò da terra, aiutandosi con le mani.
 
“Va bene, mi basta sapere che ti senti meglio” annuì, aiutandola ad sollevarsi.
 
Aragorn mostrò loro i frutti che aveva raccolto, spostando davanti a sé una pietra. Si sedette offrendo agli amici il cibo che aveva trovato lungo la via “Mangiate, non è molto, ma potrà aiutarvi a recuperare le forze”
 
Eldihen  sorrise, guardando il volto gentile di Aragorn, afferrò una piccola fragolina di bosco, girò il viso ed incrociò gli occhi di Legolas, che silenzioso si era avvicinato, rimanendo in piedi, immobile davanti a lei e Gimli. Sembrava serio, ma non incollerito come lei pensava, i suoi occhi erano sempre saggi e profondi, privi di rimproveri. Fu felice di vederlo, era la cosa più bella che aveva ammirato quella mattina. Rimase immobile davanti ai suoi occhi, senza distogliere lo sguardo dal suo viso, non riuscì ad abbassare le palpebre, nemmeno quando Gimli le tirò la gonna.
 
“La mangi?” indicò la fragolina che stringeva tra le dita. Aveva già consumato il cibo che gli aveva offerto Aragorn, senza fare tanti complimenti.
 
“Ah!” spostò il suo sguardo da Legolas a malincuore, porgendo a Gimli la fragola rossa “No tieni, non mi va” gli sorrise.
 
Aragorn sistemò le lame dei suoi coltelli, lanciando di tanto in tanto uno sguardo a Gandalf “Non si è svegliato, è molto presto ancora” commentò affilando con un sasso appuntito, la lama del suo pugnale.
 
“No” rispose Eldihen osservando lo stregone che ancora riposava “ma voi avete trovato qualcosa?” girò gli occhi verso il ramingo, curiosa di conoscere ciò che avevano visto con Legolas.
 
“No, nulla” ammise senza distogliere lo sguardo dal suo coltello. Eldihen annuì, tornando a guardare Legolas, non riusciva ad ignorarlo, la sua presenza era come il calore del sole, una carezza tiepida e discreta. Non avrebbe mai voluto allontanarsi da lui.
 
“Come stai?” gli chiese trovando il coraggio di girarsi completamente per ammirare il suo profilo, delineato dalla luce del sole nascente.
 
“Bene” ammise pacatamente senza dimostrarsi scontroso o offeso. Per Eldihen fu un sollievo, sperava di trovarlo sereno, nonostante la sera precedente. Sorrise, trattenendo le sue emozioni dietro le pupille, sentendo sulla pelle dei brividi mai avuti prima, come se la voce di Legolas avesse acceso un fuco dentro il suo petto.
 
Incuriosito dal suo cambiamento, per un attimo rivide negli occhi di Eldihen, lo stesso sguardo gentile della ragazza che aveva salvato. Rimase risoluto, senza esporsi più di tanto, chiedendosi per quale ragione la sera scorsa gli avesse offerto la sua collana,  quasi sdegnata, sminuendo la generosità delle sue azioni.
 
L’elfa lo affiancò, sfiorando con le dita il dorso della sua mano, a mo di carezza, percependo la pelle morbida e liscia dell’elfo “E’bello vederti!” gli sussurrò dolcemente, alzando le ciglia incantata. Il sole, con un raggio arcobaleno, riscaldò la schiena di Eldihen, illuminando i fili di capelli, tingendoli di un castano chiarissimo, quasi biondo.
 
“Anche per me Eldihen” rispose studiando le dita affusolate sulla sua mano. Si guardarono, senza dire nulla, i loro occhi sapevano esprimersi meglio di qualsiasi parola. Legolas sorrise, poggiando la sua mano dietro la schiena di Eldihen con premura. Era preoccupato però il suo sorriso tenero riuscì a sovrastare i cattivi pensieri. Non capì come lei riuscisse a catturarlo in quel modo.
 
“Siete tutti svegli, bene!” Gandalf sorrise, ammirando vicino ad Ombromanto i quattro ragazzi. Il vento scompigliò la sua chioma liscia, facendogli socchiudere le palpebre. Si appoggiò sul suo bastone, camminando verso loro.
 
“Aspettavamo solo te” confessò Aragorn alzandosi dalla pietra in cui era seduto. Ripose il pugnale nel fodero, scostando con un movimento veloce, i ciuffi ribelli davanti agli occhi.
 
“Bene, molto bene!” lo stregone avvolse le dita sulle spalle di Gimli che, si affrettò a mangiare la fragolina che le aveva dato Eldihen, nascondendosi la bocca per non farsi vedere.
 
“E tu figliola come stai?” chiese apprensivo, rivolgendosi alla ragazza.
 
“Bene” felice mostrò il suo viso a Gandalf, avvicinandosi.
 
“Mh…”  attento osservò l’espressione di Legolas. Come sempre trovò i suoi occhi su Eldihen, non ne fu sorpreso “Vi invito a ricomporvi velocemente, partiamo subito!” alzò un dito, trascinando il suo bastone in avanti. Eldihen ammirò i suoi occhi celesti, le sopracciglia folte e quelle piccole rughe che tanto le piacevano.
 
“Vieni con me ragazza, se sei pronta, e come vedo lo sei, andiamo alla svelta da Ombromanto”
 
“Certo” corse incontro al cavallo, accarezzandolo amorevolmente. Sorrise sentendolo nitrire, seguendo i suoi movimenti senza problemi. Salì in groppa ed una volta che Gandalf l’affiancò, strinse la criniera di Ombromanto, guardando Legolas raggiungere Adolf, montandolo con un balzo veloce.
 
“Se i miei calcoli sono giusti, dovremmo raggiungere Edoras prima di mezzodì” proferì lo stregone assicurandosi che Eldihen si tenesse bene. Appoggiò premurosamente le sue mani per sostenerla. Erano di fretta, ma per Ombromanto non era un problema, Gandalf era sicuro che avrebbero raggiunto il palazzo di Meduseld a breve.
 
“Partiamo?” chiese Aragorn indirizzando il suo cavallo verso Gandalf.
 
 
“E sia!”  si lanciarono in una corsa frenetica, ad Eldihen sembrò di correre più veloce del vento. Scesero dalla collina, il sole sul cielo pareva seguirli, ma a loro differenza era lontano. Ombromanto galoppava senza spaventarsi, nemmeno quando il sentiero si presentò diroccato, ricoperto da ciottoli ingombranti.
 
Superarono un fiumiciattolo, Eldihen strinse la criniera con vigore, quando Ombromanto saltò da un piccolo dirupo, pensando di poter toccare il cielo con un dito. Alzò la mano, avvertendo sulla fronte il calore scottante del sole.
 
Legolas dietro lei, galoppava freneticamente, anche Adolf poteva considerarsi un ottimo destriero, infatti, lui e Gimli erano riusciti a raggiungere Gandalf, superando gli alberelli sparsi nella pianura desertica. Eldihen girò il viso, i suoi capelli ondeggiavano liberamente. Trattene un risolino quando notò la faccia allibita di Gimli. Sembrava spaventato, ma sapeva reggersi bene dietro Legolas, risultando un ottimo guerriero, sempre accompagnato dalla sua fidata ascia di metallo.
 
Aragorn, a differenza degli altri era più indietro, procedeva assorto nei suoi pensieri, mantenendo un certo andamento. Si costrinse a portare la sua attenzione al cielo azzurro, pensando in cuor suo che se Eldihen si era spinta da loro, un po’ era per  colpa sua, non avrebbe dovuto fidarsi di Nihil.
 
Superata la piana di Rohan, Gandalf si bloccò alla vista della piccola cittadella, stringendo le briglie ad Ombromanto. Ammirò da lontano il palazzo di Meduseld, osservando danzare le bandiere colorate, sopra le abitazioni in legno ed in paglia. La città sorgeva su una collinetta, recintata completamente da spessi tronchi appuntiti, simili a lance.
 
Eldihen gradì il tepore del sole, osservando il cielo azzurro ed il palazzo che sorgeva in mezzo alle piccole abitazioni. Grazie alla sua vista elfica riuscì a distinguere un portone ricamato, con dei disegni oro, dalla quale spuntavano delle colonne di legno, anch’esse dipinte in oro “E dunque siamo arrivati, scorgo le porte dorate e dei soldati” si portò in avanti, respirando a pieno l’aria fresca. Socchiuse gli occhi accecata dalla luce, i fiori a terra erano di un color ametista molto particolare, li apprezzò, pensando a quanto sarebbe stato bello passeggiare serenamente.
 
“Edoras e il palazzo d’oro di Meduseld. Dimora di Thèoden, re di Rohan, la cui mente è ottenebrata. La presa di Saruman su re Thèoden ora è molto forte” fissava il palazzo senza distogliere lo sguardo, nemmeno per guardare Eldihen che, sapendo della compagnia si voltò verso Legolas, ricordandosi di come lui le aveva evitato il discorso, mostrandosi diffidente.
 
 
Nel momento in cui Legolas ricambiò lo sguardo inquisitore della ragazza, i suoi occhi luccicarono sotto la luce del sole, erano limpidi, cristallini, in grado di sbalordire chiunque, sembravano topazi azzurri, incastonati nel volto più bello del mondo.
 
Gimli dietro Legolas gustò la scena silenziosamente, osservando gli sguardi che quei due si lanciavano.
 
“Ne vedremo delle belle” disse tra sé e sé.
 
“Attenti a quello che dite, non sarete i benvenuti qui!” Gandalf sollecitò il destriero a proseguire, correndo verso il cancello della città. Eldihen osservò il portone, attendendo che si aprisse. Sospirò, scostando un lembo della sua gonna scarlatta.
 
“Sembri pensierosa!” notò saggiamente Gandalf, udendo il rumore del portone aprirsi davanti ai suoi occhi.
 
“Non so, ma mi sento strana” in effetti, non riusciva a togliersi dalla testa l’arco di Legolas. Pensava a come fare, sarebbe stato difficile derubarlo, ed anche se era combattuta, l’incantesimo di Nihil gravava su di lei. Consapevole di dover agire in fretta pensò ad un piano, mentre avanzava lungo la città, percorrendo il sentiero in salita, cosparso di pietre sconnesse e di erbaccia indurita.
 
Voleva prendere l’arco solo per cacciarsi quel chiodo fisso che aveva in testa, evitando di sentirsi male continuamente. Era esausta, non ce la faceva più. Appoggiò dopo tanto la testa sul torace dello stregone, giusto per riprendersi dallo stato confusionale.
 
Le persone che incrociarono la compagnia si fermarono, richiamando la gente dentro casa, per osservare i viandanti che erano entrati nella cittadella. Si radunò una piccola folla in poco tempo. Le persone ammutolite si nascosero dietro le finestre, nei balconi, facendo finta di sistemare casa, per guardare furtivamente Gandalf e gli altri.
 
Eldihen notò lo sguardo rattristito di una vecchietta vestita di nero. Anche lei sentendosi infelice mutò espressione, divenendo di colpo spenta. Il vento scompigliò i suoi vestiti, i capelli, portandoli davanti agli occhi, li spostò distrattamente, guardando il leggero strato di polvere che si era sollevato da terra.
 
“Trovi più allegria in un cimitero” criticò Gimli deluso dalla pessima accoglienza. Infondo avevano visto solo donne vestite in lutto e bambini spaventati, nessuno parlava, come se fossero impauriti dalla loro presenza.
 
“Infatti” concordò Eldihen guardando il nano. Ogni qual volta sentiva la sua voce le tornava il buon umore, persino in quel momento di sconforto.
 
Legolas fissò le guardie, portando l’attenzione ai loro strani movimenti. Due di loro si erano allontanati, probabilmente per avvisare il re della loro presenza. Inevitabilmente posò gli occhi su Eldihen, trovandola distante. Legolas non distolse lo sguardo, assottigliò le palpebre per poter osservare bene l’espressione sul viso stanco della giovane. Come poteva non far caso alla sua faccia? Non riusciva ad ignorare i suoi occhi preoccupati, lui era da sempre abituato a cogliere anche in un singolo sguardo, l’essenza più profonda. Non si fermava alla semplice apparenza, non poteva, era stato sempre così: determinato e giudizioso, osservava il mondo e ne coglieva i significati, anche delle piccole cose, era attento.
 
Superata la stradina tortuosa la compagnia raggiunse le larghe scalinate in pietra che portavano alle porte del palazzo. Eldihen lo osservò sorgere dinanzi ai suoi occhi, come un magnifico scrigno che incorniciava con il suo splendore tutte le piccole case di paglia, calde, umili ma accoglienti, dalle quali usciva il fumo dei camini accesi, ed un buon profumo di pane. Desiderò rimanere imprigionata in quel momento, non voleva proseguire, desiderava ancora un po’ bearsi di quella visione, guardare la gente, il passaggio sterrato, il dorso del cavallo bianco, per rimanere lontana dalla confusione che aveva in testa.
 
“Siamo arrivati, stai attenta ragazza mia, di certo accadranno molte cose, cose spiacevoli e altre gradite. Tu stammi vicina!”
 
“Va bene” attirata dalla voce di Gandalf portò la sua attenzione alle scalinate, drizzando la schiena, sperando di avere la forza necessaria per stargli dietro.
 
“Lasceremo i cavalli qui!” ordinò, fermandosi repentinamente. Scese da cavallo aiutando Eldihen. Con molta cura attorcigliò le briglie in un palo vicino alle scalinate.
 
Legolas diede una mano a Gimli, imitando Gandalf. Eldihen mosse dei passi verso di lui, con il suo sacco dietro le spalle. Fissò l’arco che tanto la tormentava, portandosi una mano in viso. Iniziava già a sentirsi male, non riuscendo a star dietro a tutti i pensieri che le passavano nella testa.
 
Gimli si avvicinò a lei, apparendo coraggioso e fiero. Non aveva paura di affrontare quella nuova minaccia, né di spaccare il muso alle guardie del re, anzi, sperava tanto di sgranchirsi un po’ le ossa. Alzò il viso chiudendo le palpebre a causa della luce del sole. Riuscì a scorgere il viso afflitto di Eldihen si teneva la fronte, l’espressione era uguale a quella di prima, quando improvvisamente si era sentita male.
 
“Ehi ragazza che ti prende?” chiese preoccupato posandole una mano sul polso.
 
Legolas che in quel momento si stava occupando di Adolf, ignorando Gimli ed Eldihen, si girò prontamente. Aveva ascoltato la domanda del compagno. Portò la sua attenzione alla ragazza, lasciando il cavallo per avvicinarsi a lei con l’arco in mano.
 
“Eldihen, ti senti poco bene?” domandò mostrandosi apprensivo. Non riusciva a rimanere in disparte, soprattutto se sapeva che lei stava male. Le posò una mano sulla spalla, guardandola con attenzione.
 
“No va bene, è lo sbalzo di temperatura” spiegò frettolosamente lasciandolo nel dubbio. Preferì allontanarsi, non riuscendo a perdonarsi per l’azione che doveva compiere.
 
“Vieni affianco a me” Aragorn le indicò il percorso, superando insieme a lei il primo gradino, sotto lo sguardo vigile di Legolas che non le aveva tolto gli occhi di dosso.
 
“Aragorn aspettateci, proseguiamo insieme” Gandalf attese Legolas, per poi procedere verso il piazzale che conduceva al palazzo del re. Superarono facilmente le scalinate in pietra. Gandalf fingendo di non camminare bene, mosse il suo bastone, appoggiandosi su di esso. Eldihen lo guardò, fino a fermarsi davanti alle fiaccole ai lati delle scale.
 
Giunsero dalle porte aperte un gruppo di soldati, armati fino ai denti, indossavano delle luccicanti armature grigie,  i loro mantelli erano spessi e verdi. Uno di loro si fermò davanti a Gandalf, guardandolo con aria di dissenso “Non potete stare davanti a re Thèoden armati così, Gandalf il grigio. Per ordine di Grima Vermilinguo” pronunciò con vergogna quel nome, meravigliandosi della presenza di Eldihen.
 
“Dai figliola” la sollecitò lo stregone.
 
Sciolse dalla cintura i due pugnali che le aveva donato Nihil, udendo il rumore metallico di sottofondo, causato dallo spostamento delle armi dei suoi compagni. Legolas consegnò il suo arco ed i suoi coltelli, Aragorn la sua spada e Gimli la sua ascia, pronti ad entrare a palazzo.
 
“Il tuo bastone” cercò l’uomo dai capelli rossastri.
 
“Oh, non vorrai separare un vecchio dal suo appoggio per camminare”
 
 Astutamente Gandalf riuscì ad entrare a palazzo, accompagnato dal suo bastone, sottobraccio a Legolas. Eldihen rimase dietro loro, lasciando che Gimli ed Aragorn la superassero.
 
I suoi occhi appena intravista la sala, guizzarono da una parte all’altra, attenti a controllare ogni dettaglio: le grandi piastrelle rivestivano l’intero pavimento, non si vedeva tanto, ma i suoi occhi notarono fin da subito le fiaccolate, le colonne e i capitelli a forma di cavallo. Era tutto così diverso da Imladris, anche quel profumo intenso la sorprese e la guidò all’interno di quel palazzo.
 
“La cortesia del tuo palazzo è alquanto diminuita ultimamente, re Thèoden”
 
“Perché dovrei darti il benvenuto Gandalf, corvo tempesta?” biascicò il re dal trono.
 
Si fece avanti un uomo dal nauseante aspetto, gridando in faccia allo stregone delle parole crudeli. Era tutto vestito di nero, Eldihen trovò che il suo viso assomigliasse ad una serpe dalla testa schiacciata.
 
“Non ho attraversato fiamme e morte per scambiare parole inconsulte con un insulso verme!” rispose a tono Gandalf sorprendendo Eldihen. Portò davanti agli occhi di quell’uomo il suo bastone bianco, sfoggiandolo come se fosse un’arma letale e indistruttibile.
 
“Il bastone! Vi avevo detto di prendere il bastone dello stregone!” indietreggiò, lasciando ai soldati il compito di allontanare Gandalf e la compagnia, senza tanto successo, visto che i tre iniziarono a sferrare calci e pugni, pronti a combattere contro gli uomini del re. Scoppio una rissa, piena di rumori, di pensieri, di grida. Legolas muovendosi fluidamente, iniziò a colpire i guerrieri, uno dopo l’altro, seguito dal caparbio Gilmi che si spostava come una furia dentro la sala, stupendo completamente Eldihen. Aragorn strinse i denti e tirò un calcio senza pietà ad un uomo.
 
Nessuno fino a quel momento le si avvicinò, era immobile, intenta a fissare la scena, completamente esterrefatta. Un uomo si accostò dietro le spalle, portando il suo braccio al collo dell’elfa, cogliendola di sorpresa. Eldihen fulminea si ribellò, cercando di sgattaiolare via dalle braccia forzute di quel soldato, gli tirò un pugno,  muovendosi freneticamente per liberarsi della sua presenza.  Riuscì ad allontanarsi quando Legolas davanti a lei si girò, nervoso come non lo aveva visto mai. Lo vide avvicinarsi, con una faccia che non prometteva nulla di buono. Sferrò un pugno sulla fronte del soldato, afferrò simultaneamente Eldihen dal polso, l’attirò a sé, facendola atterrare sul suo torace. Tirò un calcio per completare la sua opera, guardando l’uomo sanguinate a terra.
 
“Osa toccarla un’altra volta e farò di peggio” parlò minacciosamente, per poi abbassare il suo sguardo su di lei, che stupita aveva appoggiato le sue dita sul suo petto “Tutto bene?” chiese rimanendo serio, sfiorando il naso di Eldihen con la punta del suo. La ragazza, ritrovandosi dopo tanto tempo tra le sue braccia, si avvicinò maggiormente, godendo pienamente di quel contatto che da tempo desiderava avere. Respirò il suo profumo, guardò i suoi occhi, alzando ed abbassando le palpebre. Ascoltò il battito del suo cuore in delirio, seguendo i movimenti di quei occhi magnetici che tanto le piacevano.
 
“Sto bene”
 
Legolas le sistemò velocemente i capelli, per guadarla in viso, assicurandosi del suo stato.
 
“Grazie” biascicò, felice che lui non le portasse nessun rancore. Si scambiarono uno sguardo complice, l’elfa lo abbracciò, fermando le sue mani dietro la schiena Legolas, per poi allontanarsi. Si era mostrato interessato anche se notò comunque un certo distacco, che prima non aveva. Incrociò le mani sotto il seno vedendolo annuire prima di andarsene.
 
Gandalf impugnando il suo bastone come fosse una spada si avvicinò al re.   Tolse il suo mantello grigio dalle spalle, rivelando la sua tunica bianca e  luminosa.  Ricacciò da re Thèoden la presenza di Saruman, sotto gli occhi della gente che lo stava fissando. Nessuno osò ostacolare lo stregone, dietro di lui si riunirono un gruppo di persone, attendendo con ansia che il loro re tornasse tra loro. Fino a quel momento aveva affrontato lunghe tenebre, allontanandosi dal regno e dalla sua famiglia.
 
Spuntò da una colonna ricamata, una donna dai lunghi capelli biondi. Eldihen catturata dal suo viso le si avvicinò di poco, ma lei scattò come una molla per raggiungere il sovrano, impaurita. Aragorn la bloccò prontamente, lasciandola andare solo quando tutto era concluso.

 
 
 
Il pomeriggio trascorse velocemente, Eldihen si trovò trascinata dagli eventi, prendendone inevitabilmente parte. Aveva partecipato al funerale del figlio del re, rimanendo vicino a Gandalf. Eowyn, la fanciulla che aveva visto prima, le offrì una camera confortevole, mostrandosi molto gentile nei suoi riguardi.
 
Si ritrovarono insieme, sedute una di fronte all’altra, intorno ad un braciere. Eldihen notò dolore negli occhi chiari della donna, si trovò un po’ imbarazzata, la situazione non era per nulla semplice, comprendeva a pieno lo stato confusionale della ragazza. Si accomodò sulla sedia, riscaldandosi le mani davanti al piccolo fuoco.
 
“Mi spiace molto per tuo cugino” ammise osservando il suo lungo abito nero.
 
“Era giovane, se n’è andato precocemente” apprezzò la compassione della sconosciuta, cercando di mostrarsi amichevole, anche se non la conosceva. Suo zio le aveva detto di ospitarla e lei l’avrebbe fatto, infondo era tornato tutto alla normalità grazie alla compagnia che era giunta a Rohan, salvando la vita di suo zio. Lasciò che il suo sguardo corresse lungo un arazzo rosso, appeso alla parete di fronte “Spero che la stanza sia di tuo gradimento” deviò il discorso, non avrebbe voluto parlare della perdita di suo cugino, sentiva il bisogno di distrarsi.
 
“Si, grazie” Eldihen turbata osservò le fiamme vive dentro il braciere, pensando a Legolas, a come l’aveva aiutata e  a tutto ciò che gli era capitato da quando loro due si erano allontanati.
 
“Sembri pensierosa!” Eowyn non poté far a meno di notare il suo viso triste, le posò una mano sul ginocchio, sperando di farla sentire a proprio agio.
 
“E’ che… vorrei tanto raggiungere gli altri, non che la tua compagnia non mi allieti, ma…”
 
“Tranquilla, capisco, loro si trovano nella sala del re, se desideri raggiungerli vai pure, non sentirti obbligata a rimanere insieme a me”
 
“Tornerò presto” si alzò senza pensarci due volte, guardò lo zaino che aveva appoggiato ad una parete, sistemandosi velocemente i capelli.
 
“Si certo. Mi sorprende vederti con loro. Non credevo che le ragazze elfo potessero partecipare ad un’impresa come quella guidata da Gandalf!” confessò con ammirazione alzandosi dalla sua  sedia.
 
“In realtà molte donne del mio popolo  hanno appreso l’arte del combattimento, acquistando valore e stima. Ma io non rientro in questa categoria, non faccio parte della compagnia, la mia storia è un’altra. Non ho quel valore, non mi appartiene” affermò tristemente ripensando al modo in cui era fuggita dall’attacco degli orchi, senza salvare nessuno. Era molto dura con se stessa, in quel momento pensò di non meritare lo sguardo pieno di ammirazione di Eowyn.
 
“Non ti conosco, ma credo che non dovresti parlare così…” le si avvicinò, con un sorriso gentile tra le labbra “Sono sicura che troverai il tuo valore”
 
Avrebbe voluto tanto crederci, ma non riusciva a vedere davanti a sé un futuro luminoso. I suoi pensieri erano contorti e manovrati da Nihil, ed anche se nel profondo del suo animo Eldihen desiderava far del bene, non poteva, vittima di un incantesimo nascosto.
 
“Sei gentile, grazie” le sorrise amaramente, uscendo da quella stanza immersa nella grigia penombra.
 
Superò il lungo corridoio, osservando di soppiatto i quadri appesi sui muri, le porte in legno, ed i capitelli a forma di cavallo.
 
Entrò nella sala del trono, illuminata dalle vetrata colorate. Superò le donne intente a sistemare le larghe tavolate, ricercando con lo sguardo Legolas e gli altri: li trovò in parte seduti in un tavolo. Aragorn fumava, Gimli mangiava tranquillamente, Gandalf non c’era, non riuscì nemmeno a scorgere Legolas. Si nascose dietro ad una delle tante colonne che delimitavano la sala, notando con uno sguardo più attento che l’elfo era appoggiato ad un pilastro, osservò i suoi capelli, le spalle, ed i manicotti di ferro.
 
Continuò a camminare lentamente, passando da colonna a colonna, fino a raggiungere quella in cui si trovava Legolas. Si bloccò, appoggiando le spalle al legno. Chiuse gli occhi, consapevole che dietro di lei si trovava appoggiato l’elfo, nell’altra facciata del pilastro.
 
Gimli la notò subito essendogli di fronte, non disse nulla, gustandosi la scena. Continuò a mangiare indisturbato, sicuro del fatto che l’elfo si era accorto di Eldihen.
 
Legolas spostò il viso a sinistra, vedendo sbucare dal fusto del pilastro, le dita di Eldihen che velocemente portò il volto in direzione opposta alla sua, per osservarlo dietro di sé. Legolas sogghignò, leggermente divertito dal suo comportamento, non capiva cosa stesse facendo, se quello era un modo per attirare l’attenzione o per  tentare di portarlo in disparte.
 
“Hai bisogno di qualcosa?” chiese pacatamente, spostandosi in sua direzione.
 
“Si” rispose debolmente Eldihen girandosi alla sua sinistra, per incrociare gli occhi di Legolas. Posò entrambe le mani sul legno, rimanendo nascosta dietro al pilastro. Legolas alzò un sopracciglio guardando i suoi occhi azzurri, il resto del viso era nascosto. La trovò bizzarra in quel momento, sembrava una bambina nascosta dietro le sue spalle.
 
“E di cosa?” chiese cercando di capire cosa le stesse passando per la testa.
 
“Ti va se ci sediamo nel tavolo qua dietro per parlare?” indicò con un dito il tavolo in legno dietro di sé, sperando che lui non declinasse la sua offerta, ancora non aveva capito se fosse arrabbiato con lei, oppure  se era solo un suo pensiero.
 
“Perché non ti avvicini e parliamo qua?”
 
“Perché voglio parlarti in privato, per favore!”
 
Fissò per qualche istante i suoi occhi speranzosi, spostò il suo arco dalle spalle, lasciandolo appoggiato al fusto della colonna ed annuì, raggiungendola dietro al tavolo che le aveva indicato.
 
Eldihen felice gli si avvicinò. Lui indossava la sua casacca verde, che gli calzava a pennello. Lo contemplò prima di parlare, rimanendo nella posizione in cui lui l’aveva trovata.
 
“Ci sediamo?” chiese spostando la sedia per lei.
 
“Si” si accomodò guardando il braccio di Legolas, lui superò il tavolo e si sedette di fronte, guardandola in faccia, con le braccia incrociate sul torace, attendendo che lei iniziasse a parlare.
 
“Sei ancora arrabbiato con me?” chiese appoggiando le mani sul legno. Lo guardò cambiare espressione, avvicinandosi un po’ di più con la sedia al margine libero del tavolo.
 
“Io non sono arrabbiato con te!” intrecciò le dita posando i gomiti sul bancone.
 
 Eldihen era sorpresa, la vide schiudere le labbra definite. Sorrise, sul suo viso si formarono delle tenere fossette che colpirono subito l’elfo“Nemmeno per la collana?” chiese un  po’ nervosa.
 
“No” rispose lui giudizioso. Non le avrebbe mai portato rancore per l’attimo di sconforto che aveva vissuto, sapeva che lei stessa se ne era pentita “sei parecchio inesperta, ma questo sarà per via dalla tua giovane età” affermò perdendosi nei suoi occhi limpidi. Si era chiesto più volte del suo passato, pensandola durante il viaggio, certo che Eldihen fosse giovane.
 
“Ho duecentosettantatre anni” puntualizzò intuendo la domanda che si nascondeva dietro la frase di Legolas. Strinse le labbra trovandolo meravigliato, per poi ricevere un sorriso caloroso“E invece per essere ritornata da voi, sei arrabbiato?” domandò con timore, ricordando le parole che gli aveva detto sulla collina, quando si era opposto alla sua presenza, considerandola incosciente.
 
“Eldihen dove vuoi arrivare?” la sua voce curiosa e cristallina ammaliò l’elfa che, imbarazzata abbassò le palpebre storcendo gli angoli della bocca. Era da un po’ che la voce di Legolas le faceva quell’effetto, spiazzandola completamente. Riacquistò il controllo delle sue azioni, tentando di ignorare il calore dentro il suo cuore.
 
“Sei così distante, non mi parli molto e se mi guardi dissuadi subito lo sguardo, come se non ti importasse più di me” confessò con un filo di voce, ricordando il modo in cui si era allontanato quando si erano abbracciati precedentemente. Aprì le sue mani, osservando distrattamente le linee sui suoi palmi.
 
“Come puoi dire questo?…” parlò con calma, colpendola “Io mi sono sempre preoccupato per te. Quando ti ho rivista, per metterti in salvo stavo per lasciare i miei amici, sarei tornato da loro, questo è vero, ma li stavo lasciando per te, perché temevo per la tua incolumità. Ti sono stato sempre accanto, non ti ho mai abbandonata, anche se non ho condiviso la tua scelta” era sincero e la guardava con amorevolezza.
 
Eldihen portò i suoi occhi  sull’arco dei Galadhrim, come se fosse stata attirata inconsapevolmente dall’oggetto. Lo guardò, sentendosi male per il gesto che avrebbe dovuto commettere, che non voleva fare, conscia del fatto che non si poteva tirare indietro. La sua mente le suggerì di allungare la mano e prenderlo per portarlo a Nihil, ma il suo cuore la costrinse a rimanere ferma su quella sedia. Si trovò in mezzo a due fuochi, incapace di controllare il dolore causato da quelle idee contrastanti “Scusami tanto Legolas” premette una mano sul viso sconfortata.
 
“Eldihen” con le dita sfiorò la mano che lei aveva libera sul tavolo, richiamando la sua attenzione, con voce colma d’apprensione. Che le stava accadendo? “Non voglio vederti abbattuta” desiderò che l’elfa allontanasse la sua mano dalla faccia per guardare il suo viso “Eldihen mi ascolti?”
 
“Si” strinse il pollice di Legolas tra le sue dita, abbassò la mano, lasciando scoperto il suo volto impensierito.
 
“Ma che ti prende? Ti senti poco bene?”
 
“Mi sento bene”
 
“Dalla tua faccia non si direbbe, anche poco fa stavi così!” rivelò le sue preoccupazioni, stringendo le mani di Eldihen tra le sue.
 
“Il punto non è questo. E’ che mi sento confusa, sottopressione, mi manca l’aria tante volte” ammise sconfortata guardando davanti a sé le fiamme dentro le fiaccole, si agitavano proprio come i suoi pensieri dentro la testa.
 
“Ma dimmi una cosa” Legolas la fissò, concentrandosi totalmente su lei, comprendendo il suo attimo di scoraggiamento “Sei stata costretta a tornare da noi?”
 
“Si” non pensò, rispose spontaneamente, ed infatti in cuor suo si sentiva costretta a rimanere lì, per soddisfare il desiderio di Nihil. Il sortilegio perdeva la sua forza in certi momenti, dentro di sé Eldihen stava combattendo per cacciarlo, spinta dai sentimenti che provava per Legolas, sentimenti che ancora non era riuscita a comprendere.
 
Sicuro dei dubbi che aveva nutrito fin dal primo momento, Legolas si irrigidì di colpo, convinto che Nihil le avesse detto qualcosa. Forse l’aveva minacciata, non capiva. Inarcò un sopracciglio, i suoi zigomi erano ben pronunciati e le sue labbra semischiuse“Non voglio affliggerti con le mie domande, ma dimmi Eldihen, Nihil ti ha costretta a fare qualcosa contro la tua volontà?” avrebbe indagato, giungendo alla verità. Afferrò le dita di Eldihen con decisione, guardandola affettuosamente. La giovane trovò un velo di fastidio dietro i suoi occhi cerulei.
 
“No, non ha fatto nulla per costringermi a seguirvi, te l’ho detto” agitò il viso, se avesse parlato un altro po’, avrebbe mandato tutto in fumo e Nihil l’avrebbe rimproverata “Lui mi ha detto di fuggire, un gruppo di o…”
 
“Eldihen, non ci credo!” affermò Legolas austero “Dimmi la verità! forse non ti fidi di me? Pensi che non ti aiuterei?”
 
Sollevò il viso risoluta “Non è questo il punto” non avrebbe potuto dirgli che Nihil le aveva chiesto di prendergli l’arco e che lei avrebbe assecondato quella richiesta. Al solo pensiero si sentì soffocare. Avrebbe fatto di tutto pur di allontanare quel martirio dal suo cuore.
 
“Prima di lasciarci, mi avevi detto di esserti affezionata a me, di volermi bene, se  è così, perché non ti confidi?” era zelante nella sua decisione, non avrebbe mai abbandonato la compagna in difficoltà, le sarebbe rimasto fedele, proteggendola.
 
“Ma io ti voglio tanto bene” accarezzò il dorso delle sue mani, lasciando apparire sul suo volto un sorriso dolce e sincero.
 
“Anch’io te ne voglio, e se è così, parlami, cosa ti ha detto Nihil?” ricambiò le sue carezze, rimanendo inflessibile.
 
“Mi ha detto della compagnia” confessò sviando l’argomento.
 
“Non te ne ho parlato io perché la questione tempo fa era differente, avevamo perso da poco i nostri amici, non ti conoscevo nemmeno tanto bene” spiegò assecondandola.
 
“Me l’avresti detto?” chiese passando un dito sul polso di Legolas. Era bellissimo toccare la sua pelle, sentiva un fremito dentro di sé, la voglia di stargli accanto che si trasformava in supplizio ogni qual volta pensava al furto dell’arco.
 
“Si, col passare del tempo” ammise osservando le sue mani. La lasciò giocherellare con le dita, ammirandola mentre tracciava una linea immaginaria suoi manicotti. La trovò decisamente migliorata. Il suo viso era assorto, mentre andava su e giù sul suo braccio.
 
“Ho sbagliato tante volte con te, e mi hai sempre accolta con grande maturità, sei sensibile e attento io…” si bloccò tra il polso e il dorso della sua mano, pensando  ai suoi comportamenti e al gesto che lo avrebbe allontanato da sé “Io non merito le tue attenzioni!” confessò malinconicamente.
 


Note autrice:
Salve gente, grazie per aver letto:) mi spiace per il ritardo di questa sera ma sono stata molto impegnata, specie negli ultimi giorni in cui sono successe un casino di cose.
Ringrazio come sempre chi recensisce, segue e legge. Spero che la storia vi stia piacendo, questo capitolo lo definisco “la calma prima della tempesta” e sinceramente non vedo l’ora di pubblicare il prossimo. Avrei tanto voluto aggiungere un flashback ma essendo molto stanca ho accantonato l’idea, mi dispiace.
Riguardo gli aggiornamenti: il prossimo è di lunedì.
Vi auguro buona sera, aggiungerei qualcosina in più se non fossi stanca morta, devo ammettere che mi piacciono gli angoli autrice XD ma mi rifarò la prossima volta.
Un abbraccio.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8
 

La foresta era buia, priva di rumori, sembrava deserta, come se gli animaletti avessero abbandonato i loro rifugi. Non si mosse né foglia, né ramo. Il vento non superò gli alberi, lasciando Nihil solo in quell’oscura dimora. Silenziosamente l’elfo guardò fuori dalla finestra. Percepiva la presa su Eldihen farsi debole. Il suo incantesimo si sarebbe potuto spezzare. Al solo pensiero, con un gesto colmo di collera gettò un plico di libri dallo scrittoio, scaraventandoli a terra. Non poteva lasciare che la situazione degenerasse, non ora.
 
Era riuscito ad incontrare Saruman, apprendendo che Gandalf era riuscito a liberare Rohan e che Eldihen si trovava nel palazzo di Meduseld. Grima il Vermilinguo si era salvato, scappando da morte certa, svelando le mosse di re Thèoden.
 
Si appoggiò alla mensola vicino al fuoco e pensò ad un piano, per poter stringere nuovamente tra le sue mani la mente di Eldihen, catturandola per sempre. Sarebbe stata sua e gli avrebbe portato l’arco dei Galadhrim, per legittimare il proprio potere e vendicarsi del suo principe una volta per tutte.
 
Accecato dalla rabbia fissò le scintillanti candele, si abbassò a terra e ricercò tra i libri una vecchia pergamena, nella quale era scritto un oscuro incantesimo in lingua nera, una stregoneria che avrebbe accecato chiunque, persino il vecchio Gandalf. Dopo minuti di ricerca riuscì a trovare il foglio stantio, nel quale vi era scritta l’antica formula. Una luce minacciosa brillò nei suoi occhi, afferrò tra le mani il foglio, girandolo da una parte all’altra.
 
“Epon, amico mio tieniti pronto a partire” si alzò da terra, raggiungendo il tavolo. Un’idea lo illuminò di colpo, facendolo muovere velocemente nella stanza. Prese penna e calamaio dalla mensola sopra la sua scrivania, scrivendo su un piccolo foglio di carta le seguenti parole: Eldihen concludi il tuo compito e torna da me.
 
Versò sulla carta un potente elisir, dal forte profumo di rosa. Aprì la sua mano, ricoprendo il messaggio totalmente e recitò ad alta voce le parole sulla pergamena, lentamente. La casa cadde nell’oscurità. Le candele si spensero, il fuoco anche, si udirono dei tremolii provenienti dal suolo, ed il rumore di oggetti spostati bruscamente, alcuni caddero a terra, infrangendosi contro il pavimento, altri rimasero inclinati pronti a cadere.
 
Epon tremò nella sua gabbia, si accucciò nelle sue ali, stridendo per richiamare Nihil. Avvertiva la minaccia senza sapere che era il suo padrone a star provocando quel frastuono dentro la casa. La gabbia finì inevitabilmente a terra, insieme agli altri oggetti. Il falco impaurito picchio col becco per uscire.
 
Dopo aver concluso di recitare la formula Nihil ricercò uno spago, arrotolò il foglio e lo legò. Gli oggetti sulle mensole rimasero fermi, non tremavano più, la luce tornò ad illuminare le pareti. Le candele si riaccesero senza che nessuno si avvicinasse. Tornò tutto alla normalità.
 
Nihil era nervoso, il suo viso era pieno di collera e frustrazione. Aggiustò la sua tunica blu e oro, sganciando i bottoni sul collo, si sentiva troppo agitato, persino i vestiti gli davano fastidio.
 
Si voltò e raggiunse la gabbia di Epon a terra, la aprì, lasciando che il falco uscisse fuori, appoggiando le zampe sul suo braccio.
 
“Ascoltami bene!” si rialzò dal pavimento, raggiunse la finestra e la aprì, lasciando entrare l’aria pesante della foresta “Vai a Rohan, devi muoverti, lascia questo messaggio ad Eldihen e torna immediatamente da me per dirmi se l’hai trovata” dicendo questo legò saldamente la piccola pergamena alla zampa del falco, allungando il suo braccio fuori per farlo volare via. Lo vide innalzarsi velocemente, come se avesse paura a rimanere un minuto di più insieme a lui. Nihil era fiducioso, conosceva Epon, gli avrebbe obbedito soddisfando la sua volontà.
 
“Vediamo se ti muovi ragazzina!” meditò tra sé e sé.
 
 
 
 
La notte porta consiglio. Così dicevano i saggi del tempo, eppure Eldihen non riuscì a trovare pace, i suoi pensieri erano ingarbugliati come un gomitolo di lana finito a terra. Era sdraiata nel letto, non aveva chiuso occhio, non avvertiva l’esigenza di riposare almeno fisicamente, anche se in cuor suo avrebbe voluto rimanere tranquilla ricacciando  gli assurdi pensieri che le stavano martellando la testa, come un picchio sugli alberi. Ripetutamente disturbata pensò di poter trovare sollievo fuori da quella stanza, magari ammirando all’esterno del palazzo le stelle nel cielo blu.
 
Cacciò via le coperte, afferrò una vestaglia di seta azzurra coprendo la sottile sottana che le aveva donato Eowyn per la notte. Sistemò velocemente il letto senza tanta cura, ricacciando il pensiero di prendere l’arco a Legolas.  Era difficile distrarsi, ed ogni qual volta vinceva contro i suoi dubbi, avvertiva un forte mal di testa, anche se quello strano dolore stava lentamente passando. Uscì dalla camera, richiuse la porta percorrendo il lungo ed oscuro corridoio. Si sentiva già meglio, respirando la fresca aria che proveniva dalla finestra.
 
Le porte ai lati delle mura erano chiuse. Stavano tutti dormendo a palazzo, tutti tranne lei. Percorse con la mano la parete di legno, seguendo la linea dei quadri e degli arazzi, fino a raggiungere la sala del trono, anch’essa buia, illuminata esclusivamente dalla luce delle stelle che  sbucava dalle finestre in alto.
 
Superò il perimetro della stanza, guardando le colonne laterali, fino a raggiungere il portone. Lo aprì, cacciando la testa fuori, per vedere se ci fossero guardie di fronte al piazzale. Vide due soldati in fondo alle scalinate, fortunatamente era libera di uscire per rimanere un po’ da sola.
 
Ammirò il cielo illuminato dalle brillanti stelle, attirata dalla loro luce, sistemò meglio la vestaglia, camminando a piedi nudi sulle mattonelle in pietra. Si bloccò alla fine della balconata, rimanendo immobile a scrutare il panorama, godendo appieno della leggera brezza e della vista delle montagne che si estendevano impetuose da Edoras fino a Minas Tirith. Chiuse le palpebre, ascoltando i rumori della notte, in pace, una pace un po’ strana, che non sarebbe durata molto. La calma prima della tempesta che si sarebbe schiantata contro la giovane Eldihen.
                              
Chiusi gli occhi rivide Legolas, mentre combatteva contro gli uomini del re. Lo rivide mentre percorreva il sentiero con il suo cavallo, con l’espressione seria che tanto le piaceva, quello sguardo che nascondeva una saggezza profonda, ed un animo gentile che avrebbe voluto conoscere in tutte le sue sfaccettature. Sorrise, ripensando al modo in cui lui le aveva stretto le mani dopo tanto tempo, alle sue carezze. Rimase immobile un po’ di tempo, il vento soffiò sul suo viso scompigliandole i capelli e la sottana.
 
Eldihen riaprì gli occhi di scatto quando in lontananza udì un verso a lei noto. Epon.
 
Non poteva essere, aguzzò la vista e lo cercò con gli occhi, fino a vederlo volare sulla pianura, talmente velocemente da trovarselo subito sui tetti di paglia. Volava nella sua direzione. Si girò e gli si avvicinò preoccupata, avvertendo in cuor suo un’ansia mai provata fino ad ora. L’arrivo di Epon non era di certo un buon segno, quanto avrebbe voluto fuggire e l’avrebbe fatto se non fosse stato per la paura che nutriva nei confronti di Nihil, lui le avrebbe dato la caccia, fino a che non l’avesse trovata.
 
“Epon” lo vide appoggiarsi a terra, sulla pietra grigia. Eldihen a dirla tutta non provava rancore per Epon, non riusciva a vederlo allo stesso modo di Nihil, lui era una povera creatura, vittima della cattiveria assurda dell’elfo “Che ci fai qui?” chiese sedendosi a terra. Notò che gli occhi sottili dell’animaletto erano spaesati ed impauriti, gli carezzò la testa, passando la mano tra le morbide piume. Il falco alzò una zampa, mostrando alla ragazza la piccola pergamena, Eldihen incuriosita allungò la mano sciogliendo il nodo, srotolò velocemente il foglio, piegandosi sulle ginocchia.
 
Lesse sommessamente le parole incise nere su bianco “Eldihen concludi il tuo compito e torna da me” sospirò pesantemente, sentendosi come incatenata da Nihil, non importava la distanza che li separava. L’elfo aveva messo delle catene che pesavano addosso ad Eldihen. Chiuse gli occhi avvertendo per sua grande sfortuna, l’odore di rosa che proveniva da quella pagina. Incuriosita la guardò, girando il foglio da una parte all’altra. Storse le labbra, avvicinò la pergamena ed annusò l’elisir che Nihil aveva versato. Aveva un buonissimo profumo, che le entrò dentro le narici, insieme al potente incantesimo che l’elfo le aveva lanciato.
 
Eldihen  tremò, avvertì dei brividi su ogni centimetro del suo coro, le mancò l’aria, sembrò che le si fossero congelati gli arti. Scombussolata agitò le mani respirando affannosamente, senza successo però, visto che si sentiva soffocare. Chiuse le palpebre e si accasciò a terra, udendo gli schiamazzi di Epon farsi sempre più lontani, fino a chiudere gli occhi, percependo le guancie schiacciate contro la fredda pietra.
Nihil l’aveva in pugno e stavolta non sarebbe riuscita a debellare il suo oscuro incantesimo.
 
 
Gimli, Aragorn e Gandalf quella notte riposavano serenamente nei propri giacigli, avvolti tra le candide lenzuola, tutti dentro una stanza. Legolas era sveglio. Aveva tolto la casacca verde, la sua cintura di cuoio, rimanendo con la blusa argentata, che gli scendeva fino alle ginocchia.  Aveva riposto le armi su un baule infondo alla stanza. Guardò i compagni, appoggiato alla larga parete in legno. Tutto sommato il palazzo di Meduseld era un bel posto.
 
La stanza era grande, semplice, con solo quattro letti ed un baule. Delle finestre illuminavano ad intermittenza il pavimento, tracciando dei giochi di luce ed ombra sulle pareti. Legolas portò la sua attenzione ad un flebile raggio lunare, senza sentire l’esigenza di avvicinarsi per contemplare le stelle. Una strana sensazione lo aveva costretto ad allontanarsi, come una minaccia nascosta, che non riusciva a vedere, ma che percepiva da quella sera. Abbassò il capo, ascoltando distrattamente Gimli russare.
 
Non avrebbe voluto svegliare nessuno, ma se Aragorn gli fosse stato vicino, sarebbe stato felice di raccontargli tutti i dubbi che provava, confidandogli le sue impressioni. Nell’oscurità, tra i pensieri e i ricordi, gli venne in mente il volto di Eldihen, che evasiva lo scorso pomeriggio l’aveva richiamato. Sembrava un’altra persona. In certi momenti la riconosceva, ritrovando la ragazza curiosa ed ingenua che aveva incontrato sotto gli alberi, altre volte Eldihen sembrava sfuggirgli, come se si stesse nascondendo. Il loro rapporto era cambiato e non poteva far nulla, o meglio, non l’avrebbe mai pressata.
 
Era preoccupato, doveva ammettere che la decisione di Gandalf non era stata ponderata. Erano pronti a combattere una guerra, ed Eldihen non era in grado di assistere, troppo turbata dall’attacco che aveva subito. Non poteva far nulla, Gandalf l’aveva presa con sé, cercando di allontanarlo, forse perché si era mostrato apprensivo. Provava affetto per lei, sentiva un legame speciale. L’aveva riportata alla vita, soccorrendola, vedendola piangere, sentendola respirare, tornando poco a poco a sorridere. Non avrebbe voluto vederla trascinata dalla guerra e dalla morte, soprattutto dopo tutti gli sforzi che aveva fatto, sforzi che Nihil aveva distrutto, mandandola da loro con una scusa banale.
 
Si sentì impotente, non poteva avere la situazione sottocontrollo, sapeva che faceva parte della compagnia e avrebbe aiutato i suoi amici a costo della vita, gli era fedele, ma lo era anche ad Eldihen. Aveva scorto la bontà del suo cuore, per tale ragione non riusciva togliersi dalla  testa il pensiero che in un certo senso lei era una sua responsabilità, lo era divenuta nel momento in cui l’aveva salvata, non avrebbe di certo dimenticato ogni cosa, andando avanti come se nulla fosse.
 
Il flusso dei suoi pensieri venne interrotto improvvisamente quando udì tre colpi sulla porta di camera sua. Spostò lo sguardo osservando la maniglia, con curiosità, si avvicinò ed aprì, trovandosi davanti agli occhi Eldihen. La guardò stupendosi della sua presenza, la mano ancora stretta alla maniglia. Si costrinse a chiudere la bocca, abbassando il mento per vederla meglio, era più alto di lei.
 
“Eldihen, tutto apposto?” chiese gentilmente. Era strano che lei si presentasse con solo una vestaglia di seta. Era esile, molto esile, poteva notarlo in quel momento dalle forme leggere che delineavano la sua figura e dalle ossa che si intravedevano dalla sottana.
 
“Lasciami entrare” la sua voce era fredda, atona, come se le mancasse il calore del sangue.
 
Legolas sbatté le palpebre sempre più sorpreso, le si avvicinò, concentrato a studiare i suoi occhi che si erano bloccati a fissare un punto in lontananza “Ti senti poco bene?” notò che il colore delle sue iridi era totalmente diverso, grigio, quasi trasparente, non più quell’azzurro cielo di sempre.
 
“Devo entrare!” si avvicinò muovendosi rigidamente, non le interessò che Legolas le fosse davanti, lo spostò con la mano, addentrandosi in camera senza tante cerimonie.
 
Legolas completamente spiazzato si voltò, richiudendo la porta alle sue spalle. Ma cosa le prendeva? Non la comprese.
 
“Eldihen, dimmi cosa sta succedendo?” afferrò il suo polso sottile girandola verso di sé. Non incrociò il suo sguardo nonostante avesse voluto vederla negli occhi, ricevere informazioni, parlarle. Non riconobbe il suo viso, le sembrò priva di anima, come un ingranaggio di ferro che si muoveva per inerzia.
 
“Ho un compito da portare a termine!” ricacciò la mano dell’elfo, immergendosi nel buio della stanza. Ricercò l’arco con gli occhi e si avvicinò lentamente, superando il letto di Gimli. Una pallida luce proveniente dalla finestra le illuminò i lunghi capelli, e la veste azzurrina. Legolas guardò i suoi amici dormire indisturbati, percorse la distanza che lo divideva da lei e deciso la prese dal braccio, bloccandola.
 
Era confuso, non sapeva come comportarsi “Di che compito parli Eldihen?” chiese non riuscendo a comprendere a cosa si stesse riferendo. La guardò sotto la luce della luna. Notò che il suo viso era privo di espressione, sembrava priva di vita, una marionetta.
 
“Ho un compito da portare a termine, non ti intromettere” si girò di nuovo e lo lasciò nel dubbio.
 
Legolas inquieto si irritò di colpo, non la lasciò proseguire, né si mostrò indulgente, la prese con tutte le due mani e la girò per l’ennesima volta verso di sé, mostrandosi impensierito. Avvolse le sue mani intorno la stoffa satinata che copriva le braccia di Eldihen “Eldihen  sono stato veramente paziente fino ad adesso, ma tutto ciò è inaccettabile, spiegami cosa sta succedendo!” forse non voleva accettare per vera la scena che stava vedendo, pur sapendo di non trovarsi davanti a lei. Quella non era Eldihen, non erano i suoi occhi, non era la sua voce. Sperò di ricevere risposta, ma la ragazza  lo allontanò con un gesto. Lui non si oppose, non avrebbe voluto preocurarle dolore. La guardò superare il letto di Aragorn e quello di Gandalf, fermandosi vicino al baule in cui aveva lasciato i suoi indumenti e le sue armi. Si avvicinò subito, rimanendo dietro, con sguardo vigile.
 
“Non mi devi intralciare!” gettò a terra gli abiti sulla panca, i pugnali e una spada, mostrandosi indifferente ai rumori degli oggetti che avevano svegliato Aragorn.
 
L’uomo si girò nel letto, aprendo gli occhi. Delle voci lo avevano disturbando mentre dormiva, si era completamente svegliato in seguito ai rumori incessanti dentro la stanza “Ma che succede?” biascicò sedendosi sul materasso, le coperte gli ricaddero sulle gambe. Aprì definitivamente le palpebre, trovandosi davanti agli occhi Eldihen e Legolas.
 
 
“Aragorn!” l’elfo cercò il suo aiuto con uno sguardo, non sapeva cosa fare, non sapeva cosa stesse accadendo, perché Eldihen si comportava in quel modo.
 
“Questo appartiene a Nihil!” afferrò l’arco dei Galadhrim,  facendoselo scivolare tra le dita, priva di espressione. Non era in sé, completamente catturata dalle arti oscure di Nihil. Se non fosse stato per l’ultimo incantesimo ricevuto, l’elfo dei boschi non avrebbe mai governato pienamente la mente di Eldihen come in quel momento. La sua era stata una trovata geniale, ed anche se la ragazza non sarebbe riuscita nel suo intento, sarebbe stata sua per sempre, allontanandola inevitabilmente da Legolas.
 
“Ma che assurdità è mai questa?” Legolas la prese dalle spalle. Era furioso, riuscì però a non mostrarsi rude, trattenendola debolmente “Dammi il mio arco immediatamente!” ordinò con tono autoritario, non comprendendo cosa le stesse accadendo.
 
Eldihen agile come non l’aveva mai vista si lanciò in una corsa  verso la porta. Aragorn agì velocemente, saltò dal letto, la spinse da un lato, scivolando verso l’entrata che chiuse a chiave, impedendole di uscire. Ormai aveva capito che qualcosa di oscuro aveva preso possesso sulla ragazza. La guardò con l’arco in mano, a terra, con gli occhi distanti.
 
“Legolas prendile l’arco!” ordinò vedendola rialzarsi dal pavimento.
 
L’elfo fulmineo la immobilizzò, cercando di non farle del male. La guardò perplesso, avvertendo una minaccia invisibile dentro i suoi occhi. Eldihen si ribellò, fu costretto a spingerla contro il muro, bloccandola tra il letto di Gimli e quello dello stregone “Ma perché mi fai fare questo?” le alzò i polsi bloccandoli contro la parete. La schiacciò con forza contro il suo torace, in modo da non farsela scappare. Strinse i denti avvertendo un moto di rabbia salire sempre di più, smuovendo dal profondo del suo animo dei sentimenti di collera e dispiacere.
 
Gandalf aprì gli occhi spaventato dal rumore che aveva udito.
 
“Che succede?” domandò ricercando il suo bastone. Guardò il viso preoccupato di Aragorn, i suoi occhi agitati e le sue mani strette alla porta. Si voltò ritrovandosi Legolas ed Eldihen. La donna stringeva il suo arco tra le mani. Esaminò dal suo letto il suo volto indolente.
 
Legolas era furioso ed amareggiato, costretto a trattenerla in malo modo. Non avrebbe voluto farlo, ma Eldihen lo aveva costretto. Sentì il suo cuore battere, sempre più forte, talmente tanto da sentirne le pulsazioni “Gandalf, vorrei sbagliarmi, ma sento una forza oscura” disse a pochi centimetri dal volto spento di Eldihen.
 
Non dimostrò di provare dolore, nonostante la presa decisa sui polsi. Legolas non riuscì a trattenerla ulteriormente,  tutto ciò era contro la sua etica e , quando vide la pelle  della ragazza divenire violacea alleggerì la presa, lasciando che Gandalf si avvicinasse, per guardarla.
 
“Per  la mia barba!” esclamò guardandola negli occhi. Si passò il bastone velocemente da una mano all’altra, lanciando uno sguardo a Legolas. Era stato colto alla sprovvista, aveva lasciato il suo letto senza pensarci due volte “Prendile l’arco, velocemente”
 
“Non intralciate il mio compito” la voce di Eldihen era priva di calore.
 
“Non ti impressionare, so io che fare!” rassicurò Legolas con uno sguardo, vedendolo togliere l’arco ad Eldihen.
 
“No!” si ribello stringendolo. Gridò, svegliando anche Gimli dal suo sonno profondo.
 
“Ma cosa sta succedendo? E mai possibile che non si può dormire in pace?” sbraitò il nano, rimanendo a bocca aperta quando trovò i suoi amici intenti ad immobilizzare Eldihen “Ehi, ma che state facendo?”
 
“Non chiedere mastro nano, corri e bloccale le gambe!” ordinò Gandalf guardandola con attenzione “L’arco Legolas!”
 
“Se forzo la presa le farei del male!” in pieno stato confusionale, aprì le dita di Eldihen.
 
“Non ha importanza. Non lo senti? Un ombra l’ha presa, non è più lei!”
 
Questo Legolas lo sapeva, ma ugualmente si considerò tradito. Non si sarebbe mai aspettato un attacco di quel tipo da Eldihen, nemmeno gli orchi erano riusciti a sfiorare il suo arco, nessuno gli aveva mai fatto uno sgarbo simile. Con tutto il sangue freddo che aveva in corpo tirò a sé la sua arma, procurando una piccola ferita nelle mani di Eldihen. Lo scaraventò a terra, lontano da lei, con un astio ed un rabbia mai provata. Aragorn ne rimase impressionato.
 
“Vattene via, ombra oscura, lasciala stare!” proprio come aveva fatto con re Thèoden, portò il suo bastone in avanti,  immobilizzando Eldihen al muro. La ragazza urlò dal dolore, sentendo muovere qualcosa dentro di sé. Era appiccicata alla parete, trattenuta da una forza mai sentita fino a quel momento, i suoi capelli si sollevarono dalle spalle. Si contorse, stringendo le dita ed i denti.
 
“Ombra fatti da parte, io ti comando, va via!” gli occhi dello stregone erano audaci, brillavano di coraggio. Strinse con forza il suo lungo bastone. Intensificò la sua energia, recitando un incantesimo antico, per scacciare il malefico sortilegio che aveva ridotto Eldihen in quello stato.
 
Legolas rimase immobile, serio, affianco all’amico Gimli che a sua differenza era stupito e lo guardava in attesa di ricevere spiegazioni.
 
Dalla bocca di Eldihen uscì un rivolo di sangue rosso, le colò lasciandole una lunga scia, gocciolando dal mento sui suoi vestiti. Gandalf non si fermò fino a che avvertì quell’oscura presenza abbandonarla definitivamente. Si accasciò a terra insieme alla ragazza che, priva di sensi ricadde sul pavimento, sporcandolo di sangue.
 
Sospirò, alzò gli occhi per guardare Eldihen. Non avrebbe potuto fare diversamente, era stato costretto a procurarle dolore, poiché il male si era annidato dentro il suo cuore, dentro la sua mente, possedendola totalmente.
 
“Gandalf!” Gimli si portò una mano  alla bocca, corse verso lo stregone, si abbassò, prese il suo braccio e lo portò sulla sua schiena, sollevandolo da terra.
 
“Sto bene mastro nano!” confessò alzandosi.
 
”Ed Eldihen?” preoccupato portò i suoi occhi su di lei, guardando il sangue che sgorgava dalla sua bocca.
 
“Il peggio è passato, ma ancora ci devo lavorare” ammise riprendendo il suo bastone.
 
 
Legolas era fermo, con gli occhi puntati sul corpo di Eldihen. Non riuscì a spostare la sua occhiata, era attonito. Dopo un po’ si voltò serioso, muovendo qualche passo verso l’uscio.
 
Aragorn incuriosito dal suo sguardo grave lo bloccò dalla spalla, ricercando la sua attenzione “Dove vai?”
 
“Fuori”  rispose passivamente, senza mostrarsi né arrabbiato, né malinconico.
 
“E’ meglio parlare con Gandalf, prendi il tuo arco e…”
 
“Prendilo tu Aragorn. Fammi passare!” abbandonò la stanza senza dare spiegazioni all’amico. Non riuscì a capire se era più deluso o arrabbiato. Di certo non se lo sarebbe aspettato da Eldihen, ed anche se sapeva che lei era stata manovrata da Nihil, non riuscì ugualmente a perdonarla. Aveva abbassato la guardia, stava per perdere il suo arco, ma in quel momento non gliene importò. Si sentì ferito nell’orgoglio. L’aveva sempre aiutata, favorita, protetta, cercando di metterla in salvo, ma lei si era scagliata contro di lui, mordendogli il calcagno.
 
“Penso sia stato Nihil, Eldihen era strana, lo hai notato anche tu Legolas!” affermò Aragorn guardando il corpo della ragazza.
 
Legolas annuì, senza mostrare interesse. Non guardò Eldihen, avvertendo in cuor suo la rabbia accecare ogni altro sentimento e l’irritazione fermarsi sulla bocca del suo stomaco.
 
“Torna dentro!”
 
“Avo ‘osto Aragorn! (non preoccuparti Aragorn!)” con un’espressione indecifrabile, seria e giudiziosa, Legolas lasciò la stanza. Desiderava rimanere solo, lontano da Eldihen e da Aragorn. Il tradimento che aveva ricevuto quella sera era stato un colpo basso.
 
“Mi dispiace!” alzò la voce, vedendolo scomparire lungo il corridoio scuro, non riuscì a trattenerlo, lo lasciò andare “Non avrei mai dovuto lasciarla da Nihil” dichiarò a bassa voce. Rientrò in camera immediatamente, raggiungendo i suoi amici. Era sconvolto ed agitato, non avrebbe dimenticato con facilità l’episodio appena accaduto “Come sta?” chiese a Gandalf abbassandosi per raggiungerlo a terra.
 
“Mh, ha perso le forze, ma è sopravvissuta” la sollevò dalle spalle delicatamente, attento a non farle sbattere la testa contro il pavimento “Sposta  le coperte dal mio letto!” ordinò ad Aragorn sollevando di peso la fanciulla. Guardò il suo viso spento, le sue palpebre serrate, i suoi capelli penzolanti e le labbra sporche di sangue.
 
Aragorn sistemò il letto di Gandalf, spostando le lenzuola. Preoccupato osservò Eldihen scuotendo il capo “Sdraiala pure” gli indicò il materasso con una mano, si voltò lanciando uno sguardo a Gimli. Era dispiaciuto, il suo viso era addolorato “Prendi l’arco a Legolas, va  da lui Gimli!” chiese con apprensione.
 
“Certo, l’arco!” scombussolato abbassò le mani ed afferrò l’arco. Guardò la porta ed indeciso si avvicinò al capezzale di Eldihen, vedendola stesa sul letto “E la ragazza?”
 
“Baderemo noi a lei, va da Legolas”insistette, era certo che anche il suo amico avesse bisogno di stare con qualcuno, non potendo raggiungerlo, pensò che Gimli sarebbe stato in grado di tirarlo su di morale.
 
“Si, poi ritorno però!” non scostò la sua occhiata dal viso pallido di Eldihen. Gli sembrò di trovarsi indietro nel tempo, quando Legolas l’aveva ritrovata in fin di vita nel bosco. Amareggiato lasciò la stanza.
 
Gandalf asciugò il sangue vermiglio sulla bocca di Eldihen, tamponando un fazzoletto sulle sue labbra. Aragorn si alzò per umidificare dalla piccola tinozza all’angolo il panno bianco, tornando a ripulire il  viso pallido della ragazza. Le rimboccò le coperte, accertandosi che Eldihen respirasse. Era in colpa per l’accaduto, sicuramente era stato Nihil a ridurla in quello stato, chi altro le avrebbe lanciato un incantesimo così terribile?
 
“Non ti crucciare Aragorn” Gandalf scostò un ciuffo di capelli dalla fronte sudata della ragazza. Le passò una mano sulla guancia fredda, recitando sottovoce un’orazione, scacciando totalmente l’incantesimo di Nihil. Sollevò il suo braccio, lanciando uno sguardo pieno di compassione ad Eldihen “Si riprenderà, deve solo riacquistare le forze!” spiegò ad Aragorn che, con il viso chinato pensava all’accaduto, incredulo, preoccupato sia per Eldihen che per Legolas.
 
“Chi l’avrebbe mai detto”
 
“Non hai colpe” disse Gandalf posandogli affettuosamente la mano sul braccio “Non potevi sapere”
 
“Se potessi tornare indietro… ”
 
“Non ci pensare. Eldihen è viva. L’incantesimo era forte eppure nemmeno io me ne sono accorto!” riflettendo su ciò che era avvenuto, Gandalf passò nuovamente il fazzoletto umido sulla fronte di Eldihen. Le strinse la mano ed insieme ad Aragorn, per  tutta la sera l’accudirono, parlando e rassicurandosi a vicenda.
 
 
 
 
Gimli dopo svariati minuti di ricerca trovò Legolas, fuori dal palazzo, da solo sul piazzale. Era titubante,  guardò le sue spalle fasciate dalla casacca argentata, ed  suoi capelli biondi, indeciso se avvicinarsi o lasciarlo solo. Stringeva il suo arco tra le mani, toccando la superficie liscia ed omogenea.
 
“Guarda!” lo richiamò, muovendo qualche passo in sua direzione. Le fiaccole erano state accese, si trovavano rispettivamente ai lati della scalinata “Il tuo arco Legolas”
 
L’elfo non rispose, sembrava assorto, concentrato a badare a tutt’altra cosa.
 
“Legolas!” lo affiancò, alzò il viso, giungendo le mani al petto.
 
“Guarda Gimli” l’elfo stringeva tra le mani un foglio, lo stesso foglio che Epon aveva portato ad Eldihen. Lo teneva distante dal suo viso, avvertendo una minaccia celata.
 
“C’è scritto qualcosa?” incuriosito Gimli sollevò la punta dei suoi piedi.
 
“Non ti avvicinare!” serio  Legolas lo bloccò con un gesto “C’è scritto: Eldihen concludi il tuo compito e torna da me” rivelò amareggiato.
 
“Oh!” esclamò Gimli immaginando come potesse sentirsi l’amico.
 
“Sai quante volta le ho chiesto di parlarmi? Pensavo che Nihil l’avesse cacciata. Non avrei immaginato questo tradimento!” con astio lanciò la pergamena su una fiaccola accesa, guardandola bruciare nel fuoco. Un fumo nero si innalzò, svanendo nell’aria.
 
“Legolas, la ragazza è stata stregata, hai visto in che stato era?” Appoggiò l’arco a terra, gli occhi di Legolas erano indifferenti, non aveva ancora smaltito la rabbia.
 
“Non so quando ha ricevuto questo messaggio e non so nemmeno se ieri stava fingendo o meno. E’ cambiata o forse non sono stato bravo a capirla dal principio” confessò deluso guardando le stelle.
 
“Sei arrabbiato, sono sicuro che rivalutando la situazione comprenderai che…”
 
“Cosa?” si girò in direzione dell’amico, osservando il suo viso assonnato “Capirò di essere stato tradito da una persona fidata!” dichiarò mantenendo un tono calmo, nonostante la rabbia che avvertiva.
 
“No, la ragazza è stata manipolata”
 
“Ha coperto Nihil” pensò ai loro scorsi dialoghi, ai comportamenti ambigui, seguiti da momenti sereni di riavvicinamento.
 
“Ma perché nei sei tanto sicuro, sapendo che Gandalf ha dovuto spezzare il suo maleficio?”
 
Non rispose, abbassando le palpebre.
 
“Se hai così tanti dubbi chiedi a Gandalf per sapere da quanto tempo è stata ingannata, insomma, saprà qualcosa in più”
 
Annuì con un leggero movimento di testa, i capelli vennero mossi dal vento, rivelando il suo viso delicato “La stanno aiutando?” chiese non distogliendo lo sguardo dal cielo davanti a sé.
 
“Gandalf ed Aragorn la stavano curando. Ha perso i sensi”  spiegò Gimli muovendo i suoi occhi sul viso di Legolas.
 
“Appena sarà sveglia voglio parlarle” ammise riflettendo silenziosamente.
 
“Questo è lo spirito giusto! Devi capirla, infondo siete stati vicini è un pecc…”
 
“Devi rivelarmi i piani di Nihil ed il vero motivo che l’ha spinta a tornare da noi. Non voglio che la nostra missione venga compromessa” si concertò sulla compagnia, i suoi amici, per distrarsi, cercando di trovare un attimo di pace.
 
“Mh… e va bene, non c’è verso!” Gimli si sedette sulla pietra, lasciando oscillare i suoi piedi sul muro. Ormai l’elfo si era intestardito, era divenuto diffidente e serio. Poteva comprenderlo, aveva affrontato un brutto momento, ricevendo un colpo basso da una persona a lui cara. Difficilmente qualcuno era riuscito a trarlo in inganno, eppure quella notte le sue certezze erano crollate.
 
 
 
 
Riposò per due lunghe ore, agitandosi nel letto. Gandalf al suo fianco continuava a recitare orazioni, per aiutare Eldihen a riprendersi totalmente. Aragorn pensieroso posò un panno umido sulla sua fronte, fino a che, dopo ore trascorse in silenzio, con la speranza che quella notte passasse in fretta, Eldihen aprì le palpebre, rivelando l’azzurro cristallino dei suoi occhi, i suoi occhi veri, non quelli che aveva prima, completamente intrappolata da Nihil.
 
“Si è svegliata!” sorpreso e felice di rivederla, Aragorn  si inginocchiò, avvicinando la sua mano al viso chiaro dell’elfa. Era un sollievo vederla viva. Non riusciva a darsi pace, sentendosi in colpa per ciò che le era accaduto.
 
“Bene” Gandalf si rialzò dalla sedia vicino al letto in cui riposava Eldihen, le sorrise, le si sedette accanto, afferrando la sua mano con gentilezza “Che ci racconti ragazza? Ti senti meglio?” chiese inclinando il suo viso. La tendina ordinata di capelli bianchi coprì la flebile luce proveniente dalla finestra. Eldihen guardò il suo viso apprensivo, chiudendo le palpebre.
 
“Ho male di testa” biascicò massaggiandosi la fronte. Riaprì gli occhi, sbattendo più volte le ciglia. Si ritrovò in un letto, con delle coperte di lana e una sottana azzurrina, sporca di sangue. Fece per alzarsi, ma Gandalf glielo impedì, bloccandola gentilmente dalle spalle.
 
“No mia signora. Non è saggio alzarsi, sei debole!” spiegò avvicinandosi ancora di più
 
“Meglio che tu rimanga a letto per oggi” asserì Aragorn rivolgendole uno sguardo preoccupato.
 
“Aragorn” completamente confusa voltò il viso, appoggiandosi sui capelli ingarbugliati ”Cos’è successo?”
 
“Nihil ti ha lanciato un incantesimo” spiegò pacatamente nascondendogli i dettagli.
 
“Cosa? Ma che dici?” si limitò ad allungare la mano nella sua direzione, completamente confusa. Mosse le gambe, respirando lentamente per riprendersi da quel risveglio burrascoso.
 
“Non ti agitare, ho annullato il sortilegio, dovresti sentirti un po’ meglio” la tranquillizzò Gandalf, posandole le coperte sul torace.
 
“Ma perché ho delle macchie di sangue? Cosa è capitato di preciso?” le riuscì impossibile rimanere ferma, in cuor suo sentiva una grande agitazione, non era calma, ma scossa, in ansia, senza sapere nemmeno il perché.
 
“Hai tentato di rubare l’arco a Legolas. Ho capito subito che qualcosa non andava, ho sciolto la fattura, procurandoti un po’ di dolore, mi dispiace ragazza” spiegò sperando che quella minima spiegazione l’aiutasse a riflettere.
 
“No, io non lo farei mai!” incredula assottigliò le palpebre, guardando il volto maturo di Gandalf.
 
“Si tu non lo faresti mai, ma non eri in te” alzò il mento, chiudendo gli occhi. Era affaticato, aveva consumato gran parte della sua energia per annullare i sortilegi. Il più pesante era stato difficile da combattere, anche se, standole a fianco scoprì che su Eldihen gravava più di un maleficio. Le era rimasto vicino, aiutandola nei momenti critici.
 
“E’ sveglia!” dalla porta sbucò Gimli, mostrandosi estremamente sorpreso. Si teneva appoggiato agli stipiti, anche lui  stanco e provato dalla notte passata ad andare avanti ed indietro, pieno di preoccupazioni e timori. Tirò un sospiro di sollievo.
 
“Si Gimli!” Aragorn gli lanciò un’occhiata, chiedendosi dove fosse Legolas.
 
“Vado a chiamare l’elfo!” Gimli sembrò leggergli nella mente. Ricordò che Legolas voleva parlare ad Eldihen, la guardò prima di precipitarsi a chiamare il suo amico “Arrivo subito!” gridò correndo lungo il corridoio.
 
“Legolas” Eldihen sospirò, girando il capo da un lato all’altro “Come sta?” chiese abbattuta, disinteressandosi del dolore che avvertiva. Si sentì agitata, in ansia per l’elfo, chiedendosi come si era comportato, cosa pensava di lei. Gettò la testa sul cuscino, osservando le travi di legno incastrate tra loro, il lampadario in ferro battuto e le finestre quadrate in alto.
 
“Devi rimanere tranquilla!” Gandalf, le strinse la mano con vigore, notando che intorno ai polsi, dove l’aveva stretta Legolas, Eldihen aveva un giro violaceo.
 
“Ma come posso? se è vero ciò che dite lui sarà arrabbiato!” disse angustiata non spostando lo sguardo dalla luce fuori dalla finestra.
 
“Lui sa che sei stata vittima di un incantesimo. Gli parlerò io di persona, è giudizioso, capirà!” fiducioso le sorrise, appoggiandosi meglio al materasso. I vestiti bianchi ricaddero a terra. Si lanciò un’occhiata con Aragorn, vedendo l’uomo agitare la testa contrariato, come a volergli dire che non sarebbe stato poi così tanto facile riconquistare la fiducia di Legolas.
 
“Si è ripresa?”

Aragorn, Gandalf ed Eldihen si girarono simultaneamente, quando udirono la voce di Legolas, una voce calma, riflessiva. Eldihen si alzò di poco dal letto, disinteressandosi dell’occhiata  contraria di Gandalf. Le coperte ricaddero sulle sue ginocchia, appoggiò la testa alla testiera del letto, rivelando la sottana imbrattata di sangue.
 
“Legolas” lo guardò come se avesse davanti un tesoro prezioso ed inestimabile, infatti avvolto dalla tunica argento era più affascinante del solito. Notò il suo collo scoperto, la pelle liscia e chiara, concentrandosi a guardarlo negli occhi color cobalto.
 
L’elfo le lanciò uno sguardo indagatore, rimanendo spiazzato dal sangue sul suo vestito, dal viso troppo pallido e provato, ritrovando davanti a sé, gli occhi limpidi della fanciulla. Rimase serio, anche se era felice di rivederla come la ricordava, pur provando rabbia e una delusione difficile da cancellare.
 
“Legolas” Gandalf si alzò dal letto, sistemò la sua tunica lunga e bianca, camminando in sua direzione, gli strinse una spalla, guardandolo negli occhi “Non si è ripresa del tutto” spiegò a bassa voce, accostandosi maggiormente.
 
“Capisco” abbassò il volto, lanciando uno sguardo fugace ad Eldihen che lo stava osservando dal letto “Fuori ho trovato un biglietto, celava del male, l’ho bruciato” spiegò guardando gli occhi dello stregone.
 
“Hai fatto bene” annuì “Forse da lì è partito tutto!” pensò alzando le folte sopracciglia.
 
“Forse”
 
“Eldihen era manovrata da Nihil, il suo incantesimo era forte ragazzo mio!” intensificò la stretta alla sua spalla, sperando di dissolvere ogni suo dubbio.
 
“Tu pensi che lei non sia sua complice?” chiese leggermente amareggiato.
 
“Posso solo dirti che aveva più di un maleficio addosso. Non è stato facile aiutarla, le sono stato vicino a lungo. Sinceramente non credo che sia stata sua complice, perché lanciare così tanti incantesimi altrimenti? Penso piuttosto che la ragazza non abbia voluto collaborare con Nihil, così lui ha usato la magia” spiegò, convincendo l’elfo che la donna non l’aveva tradito come lui pensava.
 
 
Legolas sollevò le palpebre annuendo, lasciò Gandalf vicino alla porta, girandosi verso Eldihen, serio in viso, i suoi occhi erano velati, nessuno riuscì a comprendere cosa provasse o cosa gli passasse per la testa. La mascella rigida e le labbra tirate fecero capire ad Aragorn che Legolas era molto frustrato, anche se si mostrava contenuto, non esibendo le sue sensazioni. L’elfo camminò sotto gli occhi brillanti di Eldihen. Prese a sedersi sulla sedia vicino al suo letto, divaricando leggermente le gambe.
 
Completamente incantata la ragazza si voltò in sua direzione, speranzosa di incrociare il suo sguardo che la raggiunse, ma non era uno sguardo amichevole quello di Legolas. Lo trovò rigido, freddo, lontano da lei. Era uno sguardo deluso.
 
“Voglio sapere per quale ragione hai abbandonato la casa di Nihil” prese a parlare, mostrandosi grave e autoritario.
 
“Legolas” sospirò dispiaciuta, abbassando le palpebre.
 
 Aragorn storse le labbra, accertandosi che Eldihen reagisse bene. Aveva notato che lei era fin troppo presa dal suo amico, non avrebbe retto un suo allontanamento, anche se inevitabile.
 
Guardò perplessa il volto di Legolas, fiero, risoluto, privo di qualsiasi trasporto o compassione. Non sembrava arrabbiato ma nemmeno dispiaciuto, era lì, fermo davanti a lei. Si sentì morire a quella vista, avvertendo un forte calore al petto, le brillarono gli occhi “Io non ricordo molto! Nihil mi doveva portare a Lothlorien”
 
“Perché non ci siete andati?” chiese non mutando espressione. La sua voce era profonda, si costrinse a rimanere tranquillo, nonostante l’irritazione che si era attenuata nel momento in cui l’aveva rivista.
 
“Lui mi ci avrebbe portata, così mi aveva detto” spiegò sedendosi meglio sul letto. Gandalf si avvicinò con le mani dietro la schiena, ascoltando il loro dialogo.
 
“Voglio sapere perché sei tornata da noi!” insistette immobilizzandola con uno sguardo. Sapeva essere insistente, mostrò tutta la sua tenacia e serietà, ignorando l’espressione confusa sul suo volto.
 
“Giuro che non lo ricordo!”
 
Legolas sospirò, lanciando un’occhiata ad Aragorn. Non le credeva.
 
“Penso sia normale, la sua mente era offuscata. Non è stato facile per lei” venne in suo aiuto Gandalf. L’aveva vista negli occhi, era saggio e sapeva riconoscere la verità dalla falsità e gli occhi di Eldihen non mentivano, ed anche se inaccettabile o impossibile da pensare, era stata vittima di un incantesimo.
 
“Ho capito” annuì con la testa, spostando nuovamente il suo sguardo su Eldihen “Allora raccontami tutto quello che ricordi, ogni cosa” il suo viso dai lineamenti serafici non mutò espressione. Ad Eldihen sembrò un vero e proprio interrogatorio, l’ansia era divenuta ingestibile, e l’atmosfera che si respirava troppo pesante. Nessuno osò bloccare Legolas, lo guardavano tutti in silenzio.
 
Eldihen lo studiò, ricercando nei suoi occhi la dolcezza che ricordava, ma non ne intravide nemmeno l’ombra. Era distante da lei, ed anche se la guardava le sembrò che si stesse sforzando “Ricordo che abbiamo litigato. Aveva dei modi un po’ invadenti, era molto sfacciato e sfrontato”
 
“In che senso?” curioso di conoscere quel particolare appoggiò le mani ai braccioli della sedia, inarcando le sopracciglia. Si chiese cosa le avesse fatto, non capendo a cosa si stesse riferendo Eldihen. Pensò al peggio. Magari l’aveva costretta a fare qualcosa che lei non voleva, forse le stava dietro infastidendola. I dubbi lo torturarono finché Eldihen si girò in sua direzione, leggermente imbarazzata.
 
“Non mi va di parlarne” non riuscì a rivelargli della volta in cui lui si era avvicinato per baciarla o del resto.
 
Legolas dovette accettare quella risposta, anche se avrebbe voluto sapere di più, ma non la sforzò “E allora dimmi dell’arco, perché dovevi portarglielo?”
 
“Mi ha detto che era un cimelio della sua famiglia e che tu gliel’avevi rubato…”
 
“Io?” si mostrò per la prima volta infastidito, appoggiando i gomiti alle sue ginocchia. I capelli biondi gli ricaddero ordinatamente dietro la schiena, lasciando in vista un largo pezzo di pelle scoperta dalla camicia argentata.
 
“Non ci ho creduto e abbiamo litigato. Dopodiché gli ho detto di voler andare via, ma lui mi ha chiesto di attendere, di non avere fretta. Mi sono chiusa in camera e dopo un po’ lui mi ha raggiunta, con una tazza di te in mano. Ed è tutto!” spiegò ogni  cosa, accarezzandosi le ginocchia che aveva portato al petto.
 
“Io non ho rubato l’arco a nessuno, mi è stato dato!” puntualizzò con sdegno.
 
“Lo so” Eldihen gli lanciò uno sguardo dolce, dispiaciuto, cercando di fargli capire il suo stato d’animo. Si sentiva a pezzi.
 
I lineamenti sul volto di Legolas si ammorbidirono di poco, schiuse le labbra sottili, alzando le palpebre “E non ricordi di quando sei tornata da noi?”
 
“Legolas è stanca, Gandalf stesso è sicuro della sua innocenza, non l’affliggere, lasciala riposare!” intervenne Aragorn notandola troppo dispiaciuta, come se si sentisse in colpa per una storia in cui lei non c’entrava. Era stata marionetta.
 
“Questa è la mia ultima domanda” spiegò all’amico, tornando a guardarla, in attesa di ricevere risposte, in modo da avere le idee chiare. L’aveva vista in volto e doveva ammettere che non aveva scorto alcuna minaccia, ma non riuscì a fidarsi comunque, ancora troppo scosso dall’indimenticabile episodio.
 
“Io ricordo della partenza, di essere stata insieme a voi, di ieri, ma non ricordo nulla riguardo all’arco, e come se avessi un vuoto, lo giuro. Nihil mi aveva detto di prendere l’arco ed io ho rifiutato, so solo questo!” ammise stremata guardandolo. Sperò con tutto il cuore che lui le credesse, perché era sincera, gli stava raccontando tutta la verità, senza nascondere nulla.
 
“E’ normale che tu non ricordi nulla. Ho rimosso l’incantesimo e tutti i ricordi legati ad esso. Non ti affliggere Eldihen, sei stata ingannata, lo so!” Gandalf le credeva, più di ogni altro. Aveva trascorso parte della notte a suo fianco, pregando per lei, sapeva ciò che aveva passato per aiutarla, per riportarla alla luce.
 
Legolas dopo aver ascoltato sia Gandalf che Eldihen si alzò repentinamente dalla sedia, come aveva già annunciato, aveva ascoltato tutto ciò che voleva sapere. Credeva a Gandalf sapendo che se avesse scorto qualche minaccia, avrebbe lui stesso ripudiato Eldihen, ma evidentemente Nihil l’aveva manipolata, ed anche se lentamente stava metabolizzando la situazione, non riuscì a perdonarla completamente. Non poteva cancellare i suoi sentimenti, era profondamente deluso, forse perché non si sarebbe mai aspettato un gesto simile da lei. Doveva ammettere che si era affezionato, ma in quel momento provò solo l’amarezza dell’ insoddisfazione. Era diffidente, non si sarebbe aperto così facilmente come in precedenza, non avrebbe fatto lo stesso errore.
 
Sentì un leggero peso sulla sua mano, un calore a lui noto che lo riportò alla realtà. Abbassò gli occhi e guardò la mano di Eldihen stretta alla sua, le sue dita lo stavano accarezzando, mentre lei lo guardava con dispiacere. Ricambiò lo sguardo rimanendo immobile.
 
“Mi dispiace molto per quello che ho fatto, anche se non ricordo nulla, non volevo!” ammise sofferente, mostrando i suoi occhi amareggiati, le sue labbra tirate ed il suo viso provato.
 
La guardò per qualche istante, notando le linee violacee che le circondavano i polsi. Chiuse la bocca pensieroso. Era stato lui a provocarle quei segni, lo ricordava, nonostante tutto se ne dispiacque.
 
Allontanò la sua mano da quella di Eldihen facendola retrocedere. Non la strinse, ne le rispose, lasciandola immobile nel letto, completamente meravigliata e addolorata.
 
“E’ tutto chiaro” guardò Gandalf ed Aragorn “L’importante è che la compagnia non corra alcun rischio!” dicendo questo lasciò la stanza, Eldihen, la confusione che aveva in testa, infrangendo i sentimenti della ragazza che si era portata la mano al petto infelice. Non le aveva detto nulla, non l’aveva considerata, non le aveva risposto. Niente. Sentiva un vuoto nel suo petto, pieno di dolore e rabbia.
 


 
Note autrice:
Salve a tutti. Che ne dite? Anche per voi Legolas è stato carinissimo XD? Confesso che è stato difficile rivedere il capitolo quando intorno a me c’era una musichetta odiosa agrr, spero non ci siano errori, sono stanchissima, mi sono stressata molto ma nonostante ciò ho mantenuto la parola aggiornando, anche se confesso che il mio entusiasmo è un po’ scemato, nonostante io gradisca molto questa parte della storia. Ho notato un blocco da tre capitoli a questa parte da parte di voi lettori e confesso che ciò ha inciso, facendomi venire un sacco di dubbi, tant’è vero che ho trovato difficoltà nello scrivere, mi sono un po’ fatta influenzare. Io ringrazio come sempre chi legge e recensisce, anche se adesso siete in pochi ad esprimere il vostro parere e la cosa un po’ mi demoralizza perché, trovandomi da questa parte, inizio a comprendere quanto sia frustrante e credo che, se apprezzate e vi stia a cuore qualsiasi storia (non voglio essere egoista e parlare solo della mia) dovreste farlo presente, anche attraverso un rigo, magari se non avete tempo aggiungendola nelle caselle, è un modo per farvi sentire, perché noi autrici vediamo solo le visite, ma non sappiamo se sia realmente piaciuta, l’unico modo per comprendere come sta andando è appunto attraverso le recensioni e l’aggiunzione tra le seguite ecc... io come qualsiasi altra persona con la quale mi sono confrontata, mettiamo il cuore, passione, tempo per condividere con voi un qualcosa di nostro, che anche se è una fan fiction inventata è sempre un nostro “sogno” e sarebbe bello parlarne tranquillamente, per dare un piccolo sostegno a chi scrive, non vi si chiede di acquistare un volume in biblioteca, ma di dire due parole. Io solitamente lo faccio sempre e mi sento anche di invitarvi a curiosare tra le storie che ho messo tra i miei preferiti, sono bellissime. Non lasciate un capitolo vuoto. L’indifferenza fa male, siamo sempre persone ed un feedback è fondamentale per motivare e tendere la mano, quindi vi invito a recensire di più lettori per non far mollare mai la presa a chi vi offre un racconto. Non facciamolo morire questo Fandom. Spero che voi mi abbiate capita e non fraintesa, non voglio “forzare” nulla ma far riflettere. Questo sito è pieno di storie bellissime e molte sono abbandonate perché arrivati a un certo punto c’è chi si scoraggia. Ok, non mi dilungo oltre, altrimenti saranno più lunghe le mie note che l’intero capitolo, ma spero di avervi incoraggiati.
Riguardo gli aggiornamenti: il prossimo è di martedì.
Un bacione ragazzi, alla prossima
 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9
 
 
Eowyn si alzò presto, appena vide il sole spuntare dalla sua finestra, illuminando il buio della notte. Raccolse i suoi capelli in un’acconciatura morbida, indossò la tiara ed il suo abito nero. Il dolore per la perdita di suo cugino era profondo, ed il colore scuro rispettava il suo stato d’animo.
 
Uscì dalla sua comoda stanza per raggiungere Eldihen. Non voleva lasciarla sola, era una sua ospite, desiderava accoglierla come meglio poteva, offrendole tutto ciò di cui aveva bisogno. Superò il lungo e stretto corridoio, seguendo la luce proveniente dalla finestra infondo, ammirò le bandiere che raffiguravano i prodi destrieri di Rohan, orgogliosa più che mai di appartenere a quella terra.  Si fermò davanti alla porta di Eldihen. La sua stanza non era distante. Guardò la serratura, avvicinando il suo pugno chiuso. Pronta a bussare.
 
“Non troverai nessuno mia signora!”  la richiamò una voce a lei familiare. Eowyn si voltò con il busto, incontrando Aragorn dietro di sé. Erano solo loro due in quel corridoio, ed i quadri appesi al muro.
 
“Dama Eldihen non è qui?” chiese con voce cristallina, notando il volto spossato dell’uomo: sotto i suoi occhi c’erano due profonde occhiaie violacee, segno che non aveva riposato bene. Eowyn abbassò la mano, portandosi in avanti, curiosa di scoprire dove si trovasse la giovane dagli occhi azzurri.
 
“No” rispose evasivo.
 
“Ma come? Ieri sera l’ho lasciata in questa stanza, cos’è successo?” domandò impensierita, sperando che non ci fossero problemi, anche se dalla faccia di Aragorn non si aspettò grandi notizie.
 
“Si è sentita poco bene. Ha dormito nella nostra camera. Forse è meglio che tu la raggiunga, non si è ripresa” profondamente scosso dalla situazione, pensò che l’aiuto di Eowyn fosse fondamentale per tranquillizzare Eldihen. Da quando Legolas l’aveva lasciata, non aveva parlato, né guardato nessuno, inerme nel letto, con lo sguardo fisso alla parete e gli occhi assenti.
 
“Oh cielo, spero nulla di grave!” spostò la sua gonna muovendo dei passi verso Aragorn. In effetti lo scorso pomeriggio anche lei aveva notato del turbamento nei suoi occhi, ma non riuscì a capirci nulla, per Eowyn era tutto come una matassa di filo ingarbugliato a terra, doveva comprendere, sciogliendo lentamente i nodi per venire a galla di quella faccenda.
 
“Penso che parlando potresti darle aiuto mia signora. Si trova nella stanza infondo, l’ultima a sinistra” indicò la porta della camera, alzando il braccio. Eowyn seguì le sue indicazioni, si voltò per guardarlo, ammaliata dagli occhi verdi smeraldo e dal suo viso delicato e gentile.
 
“Vado subito da lei” lo rassicurò, piegando gli angoli della bocca in un sorriso “Ma meglio che tu vada a riposare, vedo che sei molto stanco, mi dispiace!”
 
“No mia signora, io sto bene” disse pensieroso gettando un’occhiata alla camera da cui era uscito. Non poté far a meno di sentirsi in colpa per l’intera situazione, infliggendosi delle mancanze che non gli appartenevano.
 
“Ti posso aiutare in qualche modo?”
 
“Se solo riuscissi a parlarle te ne sarei grato!” si passò una mano in viso, respirando profondamente  “Ti saluto mia signora” si allontanò, avrebbe tanto voluto confidarsi con Legolas, sperando di trovarlo calmo, infondo poco fa non si era mostrato scontroso, anzi, aveva affrontato giudiziosamente la faccenda, ma lui lo conosceva bene, sapeva che era amareggiato.
 
Lasciò che Aragorn si allontanasse, chiedendosi cosa mai avesse potuto passare Eldihen quella notte. Con aria sospetta si voltò e camminò in direzione della camera che le era stata indicata, superando il lungo tappeto rosso che percorreva l’intero perimetro del corridoio. Si bloccò pensierosa davanti alla larga vetrata, osservando le case di fronte al palazzo.
 
Deglutì, in attesa di scoprire cosa si celasse dietro la porta davanti ai suoi occhi. Si morse un labbro, guardando distrattamente le incisioni dorante sul legno, fino a che chiuse un pugno e bussò. La porta si aprì immediatamente, procurando un rumore stridulo. Era stato Gimli a presentarsi. Era vestito come sempre, anche lui sembrava stanco e provato. Eowyn chinò il capo rispettosamente, guardando i capelli scompigliati del nano e il suo viso infelice segnato da profonde rughe d’espressione.
 
“Sperò di non disturbare, sire Aragorn mi ha detto che Eldihen non si è sentita molto bene stanotte, vorrei vederla” i suoi occhi verdognoli vennero illuminati da un raggio lucente, rischiarendoli maggiormente.
 
Gimli contemplò la pelle diafana di Eowyn, rimanendo catturato dalla bellezza del suo volto ”Certo, ma quale disturbo, è un piacere!” le aprì il passaggio alzando gentilmente una mano.
 
Gandalf si alzò dalla sedia, guardando la dama  di Rohan con aria sorpresa.
 
Una volta dentro la stanza, Eowyn non poté far a meno di notare i letti scompigliati, le coperte ingarbugliate a terra, insieme ad alcuni vestiti sparsi sul pavimento in legno. Sbatte le palpebre, ricercando Eldihen con lo sguardo. La trovò distesa sul letto vicino alla parete frontale. Si stupì notando  l’espressione assente del suo volto. Preoccupata si precipitò da lei, sedendosi sul suo letto. Spostò le coperte di lana marrone, per accomodarsi a suo fianco.
 
“Ma che le è successo?” chiese smarrita guardando lo stregone.
 
“Ha passato un brutto momento” spiegò a malincuore guardando le due donne, che anche se completamente diverse, in quel momento sembravano simili, entrambe turbate, per motivi differenti.
 
“Eldihen cara!” Eowyn le strinse la mano, preoccupandosi per il suo incarnato, molto simile alle lenzuola che l’avvolgevano. Eldihen le accennò un sorriso, mostrandosi esausta.
 
“Non volevo farti preoccupare” era da un po’ che teneva le lacrime dentro gli occhi, ricacciandole ogni qual volta sentiva l’esigenza di sfogarsi, di urlare per ricacciare tutto il dolore accumulato. Quando vide Eowyn si sentì piccola, minuscola ai suoi occhi.
 
“Aragorn mi aveva detto che non ti sentivi bene, ma non immaginavo di trovarti così” confessò lanciando uno sguardo allo stregone, come a chiedergli dell’accaduto, ignara di ciò che aveva passato Eldihen.
 
“Sto abbastanza bene” la rassicurò, tornando a guardare la parete di fronte a sé. Si sentì privata del suo cuore, come se glielo avessero strappato a morsi dal petto, consapevole di aver perso una persona cara, l’elfo che l’aveva salvata dalla morte, aiutandola, mettendosi in primo piano per proteggerla, lei lo aveva perso, lo aveva ferito, distruggendo probabilmente il loro rapporto. Era difficile trattenersi quando voleva piangere, in solitudine.
 
“Ma cosa?” Eowyn scostò una coperta, intenzionata a  farla accomodare sul letto, sperando di riprenderla. Trovò la sua sottana imbrattata di sangue, ormai secco, si portò una mano alla bocca sgomentata “Che ti è capitato?” avrebbe tanto voluto sapere cosa le fosse accaduto, troppo confusa e preoccupata.
 
“Non lo so nemmeno io” una lacrima solitaria rigò il suo volto, rotta dal tremolio delle sue labbra rosate. Eowyn lanciò un altro sguardo allo stregone, per poi cingere con le mani le spalle di Eldihen.
 
“Non voglio vederti così, rimani serena!” cercò di infonderle coraggio, ma l’elfa non rispose, accucciandosi nel letto, con il volto coperto nel suo cuscino di piume.
 
“Mio signore, potreste lasciarci sole, vorrei parlarle” propose allo Stregone pensando che fosse meglio parlare in privato. Anche se di due razze diverse, loro due erano pur sempre donne, e sicuramente si sarebbero capite. Gandalf annuì, ma prima di andare considerò il corpo esile di Eldihen avvolto tra le coperte. Sperò che Eowyn riuscisse a farla aprire, per rincuorarla un minimo.
 
“Mia signora, grazie!” disse Gimli preoccupato per la sua amica.
 
Eowyn gli sorrise, vedendoli uscire e chiudere la porta fiduciosi. Eldihen stava piangendo con il viso arrossato, i capelli bagnati e gli occhi velati, nascosta tra le coperte. La donna si inginocchiò a terra, appoggiando i gomiti sul letto, dispiaciuta per la ragazza.
 
“Ehi che c’è?” le carezzò una guancia calda, asciugando le sue lacrime.
 
“Sono un disastro, un fallimento!”premette con prepotenza le mani agli occhi ricacciando le lacrime dal suo viso. Pensò a tutto quello che le era successo. Era stata sempre trascinata dagli eventi: prima dagli orchi, poi da Nihil, sempre succube di qualcuno. L’unica cosa buona di quella disavventura era l’amicizia con Legolas, amicizia distrutta a causa del suo comportamento, ed anche se sapeva che era stato Nihil a causare quella situazione, non riuscì a perdonarsi, né a giustificarsi. Non poteva trattarsi solo di sfortuna, era lei che non aveva preso mai una posizione, scappando una volta dagli orchi, una volta incontro alla compagnia. Come le aveva detto Legolas, era lei a cercarseli i guai, nessuno l’avrebbe più aiutata.
 
“Ma che dici Eldihen? Non è vero” le passò una mano tra i capelli ingarbugliati,  vedendola affondare  il volto nel cuscino.
 
“Mia signora…” si sollevò, aiutandosi a rimanere in equilibrio con i gomiti, si voltò per mostrare tutta la sua insoddisfazione “Io non troverò mai il mio valore. Mai!” disse addolorata, ormai aveva toccato il fondo, non si sarebbe sollevata facilmente.
 
“Non voglio vederti così. Non è facile vivere in questi tempi, non te ne fare una colpa, vedrai che tutto si risolverà, qualsiasi cosa sia successo”
 
“E’ successo tutto per colpa mia. Ho tradito Legolas” gli occhi si coprirono di lacrime “L’ho perso, non mi ha nemmeno guardata” afferrò le lenzuola con rabbia, stringendole con le dita. Si girò, rimanendo supina sul materasso, spostò i fili di capelli incollati alla guancia, avvertendo la vicinanza di Eowyn.
 
“Legolas è l’elfo?” chiese ricollegando il nome al ragazzo biondo che aveva visto ieri.
 
“Sì” spostò il viso, le ciglia erano bagnate ed i suoi occhi assenti, intrappolati dai mille pensieri.
 
“Ma perché? Ti va di parlarne?” era certa che  avrebbe potuto alleviare il suo dolore, ascoltando la sua esperienza, togliendole dal cuore un po’ del peso che si portava. Si alzò dal pavimento in cui si era inginocchiata e si sedette sul letto stringendole la mano con cura.
 
“Non c’è tanto da dire. La mia non è una storia gloriosa, anzi, fino ad ora ho provocato un sacco di guai alle persone che mi sono state vicine” strinse con le dita la mano di Eowyn, tastando il morbido tessuto del suo abito nero “Sono partita da Gran Burrone, per raggiungere le terre immortali, ma un gruppo di orchi ci ha attaccati. Sono fuggita, non ho aiutato nessuno, come una vigliacca!” confessò con amarezza, lasciando che le sue lacrime scorressero calde, per ricacciare la frustrazione che aveva nei suoi confronti “Legolas mi ha trovata moribonda dentro una foresta, mi ha curata, protetta, standomi vicino” si bloccò ripensando ai momenti trascorsi insieme “Mi hanno portato da un elfo che mi ha ingannata, lanciandomi un incantesimo senza che io me ne accorgessi. Stanotte ho tentato di rubare l’arco all’elfo che mi salvato, non so cos’ho fatto, ma lui non ne vuole più a sapere di me, sapessi come mi ha guardata!” asciugò i suoi occhi sospirando “E fa bene, dopo tutto quello che ha fatto per me si è trovato tradito. Non merito la sua comprensione” si alzò dal letto,  incrociando lo sguardo comprensivo di Eowyn “E la cosa più egoista è che io voglio riappacificarmi. Non voglio essergli indifferente, voglio stargli vicino come un tempo!” demoralizzata tirò su con il naso, scuotendo la testa. Non avrebbe mai accettato l’indifferenza di Legolas, il suo sguardo serio e distante, non riusciva a perdonarsi, tutto ciò le sembrò un incubo. Come poteva aver permesso a Nihil di manipolarla? Legolas era troppo orgoglioso, non l’avrebbe compresa, sapeva benissimo che lui disprezzava Nihil, e tutto ciò che aveva fatto era andare incontro al suo nemico, vanificando i suoi gesti, le sue attenzioni.
 
“Eldihen sei provata. Ti sono capitate cose molto brutte. Sei in pieno stato confusionale, cerca di non condannarti. Non puoi cambiare il passato, ma potrai sempre riparare ai tuoi errori. Guarda mio zio Thèoden, anche lui è stato vittima di un maleficio, ma adesso sta bene ed io ho perdonato la sua lunga assenza. Vedrai che Legolas comprenderà la situazione, ne sono certa!” la accarezzò premurosamente, mostrandogli un sorriso sincero. Era addolorata per la vicenda che aveva ascoltato, soprattutto per la voce terrorizzata e confusa di Eldihen, le sembrò che fosse avvolta dall’oscurità, come se non riuscisse a vedere la luce in fondo al tunnel.
 
“Ma io l’ho deluso e mi sento così male. Non voglio perderlo, il solo pensiero mi distrugge” la sua voce era scossa. Guardò la parete. Aveva avuto la forza di andare avanti grazie a Legolas, ed anche quando si erano separati, lei l’aveva sempre pensato, portandoselo dentro al cuore. Si sentì svuotata, inutile, priva di forze e di volontà. Se fosse stato per lei sarebbe rimasta dentro il letto per tutta la giornata, a fissare il vuoto. Sembrò che Eowyn avesse già capito le sue intenzioni poiché con decisione sfilò le coperte, scoprendo il corpo minuto di Eldihen.
 
“Prima di ogni cosa alzati, vedrai che si risolverà tutto, senti il mio consiglio” si piegò prendendole il mento con una mano. Sorrise, rincuorandola “Vieni con me Eldihen, andiamo, hai bisogno di darti una ripulita, di mangiare qualcosa e di respirare un po’ di aria fresca. Non risolverai niente rimanendo sdraiata a letto, su!” afferrò il suo braccio, pronta a farla alzare dal letto.
 
“Fosse per me ci rimarrei ancora!” Confessò guardando il suo braccio sollevato. Sembrava un pezzo di legno sballottato da una parte all’altra.
 
“Allora fallo per me, ti prego!” insistette Eowyn con uno sguardo determinato “Non saresti felice di rimanere un po’ insieme? Voglio mostrarti tutte le stanze  del palazzo, farti vedere i cavalli dentro la scuderia. Dai, non accetterò un no come risposta!” tirò il suo braccio debolmente, giusto quel po’ che bastava per farla sollevare dal letto. L’aiutò a rimanere in piedi, sostenendola con le mani.
 
“Io amo i cavalli” sorrise flebilmente, lasciandole uno sguardo colmo di gratitudine per le belle parole e l’interesse che aveva dimostrato, standole vicino in un momento buio come quello.
 
“Si anch’io, vedrai insieme a me starai meglio”
 
“Sto già meglio!” riconobbe alla donna stiracchiandosi, sentiva i suoi muscoli intorpiditi. Era indolenzita e molto debole, passò una mano sul viso, palpando le guance morbide e inumidite dal pianto. Sospirò affannata, ricacciando il peso che le grava sul petto.
 
“Ne sono felice, adesso che ne dici di lasciare questa stanza? Andiamo nella mia, è decisamente più ordinata” le propose avvolgendole la vita affettuosamente.
 
 
“Va bene” accettò, superando insieme ad Eowyn la porta d’entrata, lasciandosi alle spalle la camera e tutto ciò che era successo lì dentro. Si coprì quando giunse nel corridoio, conscia di essere sporca di sangue e con una leggerissima sottana addosso. La luce proveniente dalla finestra illuminò i suoi capelli castano chiaro, il corridoio composto da un parquet  di legno, e le bandiere poste ai lati. Il sole fuori brillava più degli altri giorni, pareva che fosse  primavera inoltrata.
 
Insieme a Eowyn oltrepassarono l’androne isolato, raggiungendo la camera della ragazza, che era già aperta. Eldihen si intrufolò immediatamente, contenta di non essersi imbattuta in nessuno durante il tragitto, non desiderava mostrarsi in quello stato, l’avrebbero presa per una pazza, ed era comprensibile.
 
Eowyn la seguì a ruota e comprendendo i pensieri della ragazza richiuse svelta la porta a chiave. Non richiamò la servitù, né pensò di farlo, sicuramente Eldihen si sarebbe opposta. Era stato già molto difficile convincerla ad alzarsi dal letto, non avrebbe voluto metterla a disaggio.
 
“Ed eccoci qua!” camminò lungo la sua stanza, fermandosi sul tappeto di pelliccia bianco e marrone.
 
Eldihen l’affiancò, guardandosi intorno: la camera era piccola e ordinata, il letto matrimoniale era largo con sopra una coperta intrecciata, colpita l’accarezzò. Di fronte si trovava una larga tenda in velluto, di un color cremisi molto bello. Si fermò quando notò dinanzi a sé, uno specchio ovale nel quale era riflessa la sua figura.
 
Era molto magra, con i capelli arruffati e la pelle pallidissima. Il suo viso era scavato, si potevano notare i suoi occhi azzurrissimi in contrasto con i capelli scuri e la carnagione biancastra. Colpita dalle macchie sulla sua sottana passò la mano sul suo petto, guardandosi allo specchio. Sembrava reduce di una feroce battaglia.
 
“Non ti preoccupare, ti preparo un bagno, anche se in realtà l’acqua è già abbastanza tiepida, l’ho cambiata dopo essermi sistemata” Eowyn comparse con lei dentro il riflesso dello specchio, con il suo sorriso raggiante ed un’espressione amichevole.
 
“Guarda come ho ridotto la vestaglia!” alzò il tessuto chiaro della sottana. Il sangue era duro e scuro, ma puzzava ugualmente, nonostante si fosse già essiccato.
 
“Ma non ti devi assolutamente preoccupare. Tu vai pure a farti il bagno, io ti cerco qualcosa da mettere”
Distolse lo sguardo dallo specchio incorniciato, stupita dalla bontà di quella donna. E pensare che si erano viste una sola volta ”Io non so come ringraziarti!”
 
“Non devi ringraziarmi. Guarda, se te lo stessi chiedendo la vasca è dietro quella tenda rossa, vai pure, io guardo dentro il mio baule per trovarti qualcosa da mettere”
 
Annuì, sforzandosi di sorridere. Non voleva mostrarsi insolente, aveva apprezzato molto il gesto della donna, riuscendo ad allontanarsi dalla stanza in cui aveva trascorso la notte solo grazie al suo aiuto “E va bene! Ma voglio qualcosa di  estremamente semplice, sperando di restituirti il vestito intatto”
 
“Ci penserò io”
 
 Detto ciò le due donne si separarono, Eldihen entrò nella vasca, cacciandosi di dosso la sottana sporca di sangue, ed Eowyn si  fiondò nel baule per trovare un vestito adatto alle esigenze di Eldihen, lanciando di tanto in tanto uno sguardo in direzione della tenda.
 
L’acqua tiepida sciolse la tensione accumulata. Si lavò bene, rimuovendo il sangue dalla sua pelle e dai suoi capelli. Le faceva ancor un po’ male la testa, ma a differenza di poco fa si sentiva decisamente meglio. Non rimase a lungo dentro la vasca, era talmente agitata da non trovare sollievo nemmeno con il bagno caldo che le era stato preparato. Ripose la saponetta che aveva usato dentro un contenitore di legno. Si asciugò con una tovaglia che aveva trovato vicino alla tenda, coprendosi il corpo.
 
“Ed eccomi!” sbucò dalla tenda, trovando Eowyn inginocchiata vicino al baule.
 
“Sei stata velocissima!”
 
“E già” attorcigliò i capelli con le mani, rimanendo immobile dietro la tendina.
 
“Guarda!” Eowyn le mostrò un vestito di raso verde, molto semplice.
 
 Le sembrò elegante, a guardarlo bene faceva al caso suo, era piccolo, non largo come quello che le aveva dato Nihil. Quel bugiardo di Nihil. Digrignò i denti, appoggiandosi alla parete. Se lo avesse avuto davanti, come minimo gli avrebbe tirato un pugno in faccia.
 
“Ehi non ti piace?” Eowyn la raggiunse, incuriosita dalla sua espressione distante.
 
“Eh…” si voltò vedendosela di lato “Si, va benissimo. Scusami sono un po’ sovrappensiero”
 
“Basta pensare!” si spostò dentro la tenda per prendere un olio profumato che nascondeva in una piccola mensola. Le mostrò l’ampolla porgendogliela con gentilezza “Metti un goccio sui capelli, è buonissimo!”
 
“Non serve ver…”
 
“Insisto!”
 
Accettò, facendo come Eowyn le aveva detto. Indossò velocemente il vestito verde, notando che aderiva perfettamente al suo corpo, rendendo le sue curve un po’ piene rispetto alla realtà. Eldihen legò con un nastro i capelli, trattenendoli in una coda alta e voluminosa. Le onde morbide le ricaddero davanti al viso. Rimase sorpresa dell’essenza gradevole del profumo fruttato che le aveva donato Eowyn, era dolcissimo. Guardandosi allo specchio non si riconobbe. Il bagno l’aveva trasformata, cancellando i segni sulla sua faccia, il sangue dalla sua pelle. I capelli erano perfettamente ordinati e lucidi. Sistemò velocemente il ciuffo che le ricadeva al lato della fronte, finalmente pronta a lasciare la stanza.
 
Eowyn era stata una spalla forte su cui fare affidamento. Era incredibilmente comprensiva e determinata, non si era mai tirata indietro, neppure quando le aveva raccontato la sua storia. Uscirono entrambe dalla camera, tornando a percorrere il corridoio.
 
Eldihen camminava infelice, cercò di non farlo notare, torturandosi con le dita le maniche dell’abito verde che indossava, privo di qualsiasi decorazione, con uno scollo a cuore poco profondo e le maniche molto aderenti. Semplice e lineare come aveva chiesto. Guardò i suoi piedi, avanzare lungo il tappeto rosso. Oltrepassò distrattamente le porte delle camere, raggiungendo la sala del trono, ma prima di metterci piede, si bloccò, trovandosi davanti Legolas e Gimli.
 
Alzò il viso, completamente imbambolata. Rimase ferma, come se l’avessero pietrificata. Schiuse gli angoli della bocca, respirando lentamente per calmare il cuore che batteva all’impazzata dentro al suo petto. La camicia di Legolas aderiva perfettamente al suo torace, enfatizzando i leggeri muscoli e la sua pelle perfetta, priva di imperfezioni. Gli donava molto.
 
Legolas dal canto suo sembrava rigido. Si bloccò anche lui davanti ad Eldihen, abbassando il capo per guardarla meglio. La sua reazione stupì Gimli, non si aspettava che l’elfo si fermasse, ma pareva proprio che si fosse sbagliato. Rimase immobile, guardando insieme a Eowyn, gli sguardi profondi  tra Legolas ed Eldihen, attenti a non perdersi nessun dettaglio.
 
Un brivido le percorse la schiena quando Legolas passò i suoi occhi sul suo corpo, soffermandosi infine a guardare il suo volto, con la bocca serrata ed un’espressione seria. Si sentì toccata dalla sua occhiata ascoltando per tutto il tempo i battiti del suo cuore in delirio ed un forte calore al petto, espandersi su ogni punto del suo corpo. Non disse nulla sollevò il viso contemplando il volto di lui, la sua espressione rigida, un po’ stupita a tratti. Rimasero immobili per diversi secondi.
 
L’elfo non poté fare a meno di trovarla bella e nonostante il dissapore che provava, le lanciò un altro sguardo, costringendosi infine a guardare Gimli, allontanando i suoi occhi dal corpo esile di lei, dal suo volto delicato e dagli occhi azzurri, come li ricordava, riconoscendola perfettamente.
 
La superò senza parlarle, mentre Gimli rimase a suo fianco. Sentì la sua occhiata piena di rimprovero. Il nano agitò la testa contrario dall’allontanamento di Legolas, stringendo la mano ad Eldihen.
 
“Sono felice di vederti. Ti sei ripresa” contemplò la sua immagine. Era decisamente un’altra persona, bella ed elegante, non sporca e spenta come poco fa.
 
“Scusami Gimli” si morse internamente una guancia. Non poteva ignorare il distacco di Legolas, ed anche se lui si era stranamente fermato per guardarla, rimase triste vedendolo andare come se nulla fosse. Non riuscì a mascherare le sue sensazioni “Non volevo farti preoccupare, prometto che non accadrà mai più” disse ad alta voce in modo che l’elfo sentisse. Si era fermato su una porta, per aspettare in disparte Gimli.
 
“Non pensiamoci, è acqua passata” la tranquillizzò sorridendole. Le lasciò la mano per seguire Legolas, chinando rispettosamente il capo in presenza di Eowyn, grato per l’aiuto offerto ad Eldihen.
 
La giovane, si girò per guardare un’ultima volta l’elfo. Lui dietro di lei fece lo stesso, girando di poco il viso, lanciandole un lungo sguardo, pieno di pensieri e parole non dette. Uno sguardo difficile da dimenticare. Eldihen rimase sorpresa, non distolse i suoi occhi dall’elfo, nemmeno quando lui le voltò le spalle andandosene con Gimli.
 
Eowyn, da attenta spettatrice rimase colpita da quella scena, guardando sia Legolas che Eldihen. Captando immediatamente il senso dei loro sguardi. Si avvicinò all’elfa, scuotendola dal braccio, per farla girare verso di sé “Eldihen?”
 
“Non mi ha parlato, hai visto?” dispiaciuta incrociò le braccia, accarezzandole ritmicamente.
 
“Ti ha guardata”
 
“Ma era distante!” disse preoccupata guardando il punto in cui lui era appoggiato poco fa. Alzò il viso, sbattendo le ciglia velocemente con preoccupazione. Non le avrebbe più rivolto la parola ne era sicura. Si tormentò, ricacciando dentro di sé il forte desiderio di corrergli dietro, per parlargli.
 
“Eldihen!” la richiamò Eowyn notando la sua reazione.
 
“Non so perché mi sento così, ma non voglio che lui mi eviti facendo finta di niente, mi fa troppo male” ammise sospirando.
 
“Questo è perché ci tieni particolarmente” le strinse una mano, trattenendo un commento in particolare.
 
“In che senso?”
 
“Si vede da un miglio Eldihen”
 
“Cosa?” chiese tornando a guardare il corridoio, pensando a Legolas.
 
“Che lo ami”                                                        
 
 
 
 
Prese tra le mani la sua tunica verde, indossandola sotto gli occhi attoniti di Gimli che si chiedeva come potesse continuare ad andare avanti come se nulla fosse, senza parlare o lamentarsi dell’accaduto. Guardandolo gli sembrò scosso ma contenuto, forte e impavido. Aveva alzato intorno a sé una muraglia, in modo che niente e nessuno lo potesse più colpire, anche se, in cuor suo soffriva per la ferita ricevuta. Era riuscito a giungere alla conclusione che Eldihen non c’entrava niente, ma anche se ne era consapevole, non poté far a meno di allontanarsi da lei. Aveva ancora l’amaro in bocca. Di certo poco fa non gli era stato indifferente, o almeno, vedendola non aveva provato rabbia, la stessa rabbia che sentiva quando lei non c’era, perché quando i loro occhi si incrociavano tutto crollava.
 
“Menomale che la ragazza sta bene, sai quanto ha pianto per te?” Gimli tentò di addolcirlo, facendogli presente ciò che aveva patito Eldihen quando lui se ne era andato “Eowyn è riuscita a farla alzare dal letto, ci ha sorpresi” lo guardò mentre stringeva bene la cintura chiudendola con un nodo. Guardò Gimli senza dir nulla, afferrò il suo mantello e lo legò al collo, armandosi di arco e faretra. “Legolas!” lo bloccò prima che lui si girasse, fermandosi sui suoi passi, con l’ascia in mano e un espressione grave.
 
“Che c’è Gimli?” costretto a rimanere sui suoi passi piegò il volto. Le trecce ai lati dei capelli erano perfette, il suo viso privo di stanchezza o delusione. Era bravo a trattenere le sue emozioni, celandole persino ai suoi amici più cari.
 
“Dimmi la verità: la odi a tal punto da rinnegare ogni cosa?” chiese sperando di ricevere una risposta, era stanco dei silenzi, degli sguardi indecifrabili o dei sospiri che non gli permettevano di capirci nulla.
 
“Io non la odio”chiarì abbassando le palpebre, esaudendo i desideri del nano che di fronte a lui alzò il capo, annuendo.
 
“E’ allora perché non cerchi di comprendere la situazione? Lei sta malissimo, te lo assicuro!” pensò alle lacrime versate per l’amico, agli occhi di Eldihen privi di luce e a come aveva reagito quando Legolas aveva ritratto la sua mano, lasciandola sola. Non mostrandole nessuna compassione, si era mostrato inflessibile, ponendole un sacco di domande, come se fosse una spia degli orchi.
 
“Lei sa quante volte mi sono esposto. L’ho consigliata, quando è tornata con il falco ho messo da parte la missione per portarla indietro di persona, ti rendi conto?” lo superò camminando lungo la stanza, in mezzo a quei letti sfatti, che a confronto ai suoi pensieri e alla collera che provava risultavano ordinati.
 
 
“E’ perché me ne rendo perfettamente conto! Non puoi  girarle le spalle perché quel disgraziato gli ha lanciato un incantesimo per mettertela contro, pensaci, veramente giovanotto!” alzò la voce, lasciando che la sua barba oscillasse e si muovesse insieme alla sua bocca, perché di cose da dire ce ne aveva tante.
 
“Gimli, io mi sono fidato di lei ciecamente e forse ho sbagliato. Mi sono fatto trascinare molto, non dovevo. Mi ritrovo a rimanerci deluso, ma la colpa è anche mia” si fermò in mezzo la stanza. Gimli guardò le sue spalle, ed il mantello verde.
 
“Sai cosa penso? Se posso permettermi di dire la mia” camminò, appoggiandosi alla sua ascia. Affiancò Legolas, appoggiando le mani sulla sua arma, col mento sollevato per vederlo meglio, per guardare dopo tante ore il suo viso infelice. Il guerriero letale aveva lasciato posto all’elfo sensibile, per un momento aveva abbassato la guardia, solo in quella stanza, al lato del letto che aveva accolto Eldihen durante quella buia notte.
 
“Cosa pensi?” chiese in attesa che l’amico gli donasse la sua considerazione, anche se aveva le idee abbastanza chiare.
 
“Tu ci sei rimasto così male perché le vuoi bene, molto bene. Ti sei affezionato ed è stato un duro colpo, ed anche se non lo ammetterai, perché sei orgoglioso, è così!” spiegò senza peli sulla lingua agitando il viso ed alzando le palpebre, come se la sua deduzione fosse ovvia, palese al mondo intero.
 
I rumori attorno a Legolas sembrarono svanire all’ascolto di quella frase. Era vero, ed anche se aveva ricacciato con tutto se stesso la consapevolezza di essersi affezionato, non poté far nulla per chi gli era accanto, perché si erano accorti del sentimento che provava e che dimostrava realmente.
 
“Cercherò di essere più determinato” fece per allontanarsi, ma Gimli lo trattenne dal mantello, obbligandolo a rimanere di fianco a lui.
 
“Perdonala, soffrite entrambi”
 
“Gimli non riesco a lasciarmi tutto alle spalle!” confessò sperando che il nano chiudesse il discorso e si concentrassero sulla guerra, sul re e su come avrebbero agito per affrontare quella minaccia. Aveva bisogno di staccare.
 
“Ma non è colpa di Eldihen se è stata ingannata!” insistette come se la cosa fosse logica.
 
“Lo so, ma ho ancora l’amaro in bocca” la sua voce risultò dispiaciuta, dimostrando per la prima e probabilmente ultima volta a Gimli la sua profonda frustrazione.
 
Aragorn si era fermato davanti alla porta, felice di trovare dentro la stanza completamente illuminata Gimli e  Legolas. Li stava cercando da una mattinata intera, aveva perlustrato tutto il palazzo non scorgendoli in nessun posto. Si appoggiò alla parete con le braccia conserte, stimando la luce che proveniva dalle finestre.
 
“Ma passerà” commentò facendo girare il volto ai suoi amici. Legolas rimase sorpreso, guardandolo avvicinarsi a sé. Le sue labbra erano secche, e la barba più lunga del solito. Aragorn gli diede una pacca sulla spalla, guardandolo con dispiacere.
 
“In realtà penso che abbia avuto un ruolo in questa storia: ho insistito io per portare Eldihen da Nihil, in parte è colpa mia. La ragazza ha sofferto per una scelta che non dovevo prendere. L’ho condannata senza immaginare le conseguenze. Ti chiedo scusa, non avrei mai pensato!” dichiarò mortificato, abbassando le ciglia. Il calore del sole, passò oltre al vetro delle finestre, riscaldandogli il viso e la camicia di un porpora chiaro.
 
“Non avrei voluto condurla da Nihil perché immaginavo, ma non possiamo farci nulla. Non è colpa tua Aragorn” ricambiò la stretta di Aragorn in modo amichevole.
 
“Ma non è nemmeno colpa di Eldihen, anzi, lei a meno colpa di me a dirla tutta”
 
“La questione riguarda me e lei” disse lasciandolo accanto a Gimli. Non avrebbero e voluto discuterne ulteriormente, i suoi amici dovevano accettare il suo pensiero, senza immischiarsi “Gandalf sarà dal re, raggiungiamolo!”
 
 
Nella stalla, un piccolo pony si lamentava. Il suo manto era scuro, di un marrone ramato che Eldihen apprezzò molto. Senza che nessuno le dicesse niente, accarezzò il piccolo muso dell’animale, prendendosene cura. Eowyn le era vicino, e per tutta la mattinata rimasero dentro la scuderia, a sistemare alcune cose, come portine rumorose o travi penzolanti.
 
“Sono la figlia di un carpentiere” disse Eldihen stringendo il martello. Abilmente riparò la cuccia del piccolo cavallo, in modo che non potesse più uscire.
 
“Lo vedo che sei brava” Eowyn si piegò sulle sue ginocchia, stringendo un filo di paglia tra le dita.
 
La giornata fuori era bellissima. Il sole splendeva alto nel cielo azzurro, senza nuvole, illuminando le casa di Edoras, le piccole vie e i volti dei cittadini.
 
“Eldihen, che ne dici di rientrare a palazzo? É da un po’ che siamo fuori”guardò i soldati darsi il cambio, segno che erano già le undici.
 
“Sì!” lasciò il martello dentro un secchio e si avvicinò ad Eowyn. In realtà non vedeva l’ora di entrare a palazzo, voleva parlare con Gimli e ringraziare Gandalf, sperando di incontrare Legolas. Sapeva che lui non le avrebbe rivolto la parola, ma in cuor suo le bastò sapere che era lì, a palazzo e che poteva guardarlo, dimostrandogli con i suoi occhi tutto l’affetto che provava “Andiamo”
 
Uscirono dalla scuderia, superarono il sentiero cosparso di paglia e fiori gialli, arrivando velocemente alle larghe scalinate ricurve.
 
“Eowyn , tu pensi che dovrei parlargli?” chiese indecisa superando i primi gradini. L’ombra del palazzo le aveva raggiunte, oscurando le loro chiome, rese chiare dalla luce del sole.
 
La dama di Rohan capì a chi si stesse riferendo Eldihen. Sorrise, accompagnata dal profumo di rose proveniente dal roveto affianco alle mura “Eldihen, vedrai che appena passerà il momento sarà Legolas stesso a parlarti. Solo che adesso è un po’ scosso. Anche tu stamattina non stavi molto bene, ma adesso sei bellissima. Persino lui è rimasto spiazzato quando ti ha visto” l’abbraccio dalle spalle, convinta che il suo commento sarebbe stato gradito. Vide il volto di Eldihen colorarsi di un rosa che le donava parecchio. Respirò velocemente, alzando ed abbassando il petto.
 
 
Sistemò la coda, portando le ciocche ondulate in avanti, in modo da coprire parzialmente la scollatura del vestito. Non era abituata e si sentiva un po’ a disagio, pensando anche che si era mostrata così davanti a Legolas, in quel vestito aderente che delineava le sue forme femminili “Mi ha guardata, ma solo qualche secondo!”
 
“A me pareva abbastanza colpito, non ti ha tolto gli occhi di dosso” disse superando i grandini uno dopo l’altro, ignorando lo sguardo delle due guardie che le osservavano ai lati delle colonne.
 
“No, sono sicura che tu ti stia sbagliando” strinse bene il nastro dorato che portava alla testa, trattenendo i capelli nella coda. Superarono insieme il piazzale entrando a palazzo.
 
Re Thèoden gli presentò due bambini, un maschio ed un femmina, tutte e due stanchi ed affamati. Eldihen per ripagare il favore ricevuto quella mattina aiutò Eowyn ad accudire ai piccoli, concedendogli cure ed attenzioni. Gli cantò una dolce ninna nanna in elfico, lasciandoli dormire in un comodo letto. Erano stanchissimi, soprattutto il bambino, si addormentò udendo le prime strofe della canzone. Una volta svegli insieme alla dama li portarono nella sala del trono, per dargli da mangiare.
 
Completamente spiazzata si fermò sui suoi passi appena vide Legolas fermo sulla colonna. Era fiero e bello, affascinante dentro i suoi vestiti verdi. Lo guardò finché lui gli concesse uno sguardo riflessivo, per poi spostare l’attenzione al re che stava parlando dal suo trono con Gandalf.
 
Lo stregone fu piacevolmente felice di notare che Eldihen stesse bene, avvolta in una veste elegante, di un verde scuro. La stoffa aderiva come una seconda pelle, sottolineando la sua vita da vespa ed il seno all’insù, dettagli che prima non potevano essere notati facilmente.
 
Gimli stava mangiando del formaggio, sembrava essere meno stanco. Tagliò un pezzo di pane e seduto al tavolo sorrise ad Eldihen, con la barba ricoperta di briciole.
 
Per l’elfa fu veramente difficile camminare senza guardare Legolas, seguì le spalle di Eowyn accomodandosi nel tavolo dall’altra parte della sala, l’opposto alla compagnia. Prese posto a sedersi su una panca in legno, di fronte ai bambini che si erano lanciati sul piatto. Erano affamati. Si morse un labbro, costringendosi a non girare la testa, nemmeno quando si sentì toccata dagli occhi di Legolas. Per scacciare l’imbarazzo giocherellò con una ciocca morbida e ondulata, guardando il sorriso furbo di Eowyn e la bellissima tiara dorata che le incorniciava il volto. La donna si avvicinò ad Eldihen, porgendole un piatto di minestra. La studiò a lungo, mentre l’elfa impacciata si muoveva, sistemandosi una volta il vestito, una volta i capelli. Eowyn notò lo sguardo di Legolas e dopo qualche istante vide Eldihen rispondere, come richiamata da una nenia antica, una musica silenziosa che in quel momento era udibile solo a loro due.
 
“Mi starei sbagliando dunque?” domandò a bassa voce alzando un sopracciglio in direzione di Legolas. L’elfo tornò a guardare Eldihen, con il suo viso serio, le sue labbra serrate e quell’aria misteriosa che tanto le piaceva.
 
“Che intendi dire?” portò i suoi capelli in avanti, lasciandoli roteare sinuosamente su una spalla. Il dolce profumo inebriò l’olfatto di Eowyn, che divertita la guardava, mentre Eldihen accarezzava la sua chioma lucente, con le gambe accavallate, la schiena dritta ed il volto arrossato.
 
“L’elfo ti guarda da quando sei entrata!” spiegò ammirando il taglio degli occhi sfilati della ragazza, incorniciato dalle ciglia incurvate.
 
Eldihen alzò le palpebre in direzione dei bambini, posò il gomito sul tavolo coprendo il suo viso con il manto ondulato di capelli castani, in modo che Legolas, se la stesse realmente guardando, non potesse scorgere il movimento delle sue labbra “Mi guarda anche ora?” chiese curvandosi su un fianco, lasciando che l’abito evidenziasse le curve del suo corpo sottile.
 
“Ti guarda anche ora” Eowyn si accertò, annuendo con il viso. Sorrise e sul suo volto si formarono due fossette, vicino agli angoli della bocca.
 
“Allora non me lo sono sognata!” era stranamente felice di quella conferma, sentendo per l’ennesima volta gli occhi di lui.  il suo cuore batteva a ritmo dentro il petto “Forse ho qualche speranza”
 
La bambina la guardò senza capirci niente, a differenza di Eowyn che non riuscì a trattenere una piccola risata.
 
“Immaginavo che gli elfi fossero delle creature estremamente serie, ma tu sembri come me!”
 
“Non siamo molto diverse infatti. Io sono molto giovane per essere un elfo, e da come hai potuto capire sono una maldestra!” asserì sedendosi meglio. Si costrinse a non girare il suo volto, aggiustandosi i capelli con le dita, ignorando i discorsi tra Gandalf ed Aragorn, si avvicinò dopo qualche minuto ad Eowyn, lanciandole uno sguardo obliquo “Mi potresti gentilmente dire se mi guarda ancora?” chiese massaggiandosi il braccio, reprimendo dentro di sé il desiderio di alzarsi e raggiungerlo.
 
“Adesso no, ma ho notato che ti ha guardato poco fa, prima che tu ti avvicinassi” spiegò pacata sistemando due coperte di un verde menta sul tavolo.
 
Eldihen notò che il suo viso era turbato, cercò di comprenderla attraverso un’occhiata indagatrice “C’è qualcosa che non va?”
 
“In realtà stavo ascoltando i discorsi di mio zio, parla sottovoce. Vorrei che comunicasse anche con noi. Sai anche Aragorn tenta di capirci qualcosa, ma come me si deve accontentare di origliare”
 
Trovò curioso il fatto che Eowyn notasse il comportamento di Aragorn, si chiese il perché, lasciando da parte le domande quando notò il volto preoccupato della donna, girarsi in direzione dello zio. Si trovò a fissare le coperte sul tavolo ed un’idea le balenò nella mente, accendendo il suo viso ed i suoi occhi blu ”Eowyn, ho un piano, vedrai che tuo zio ti ascolterà: prendi le coperte, alzati, avvolgi la bambina e spiega ad alta voce l’aggressione che hanno subito. Sono sicura che il re non ti ignorerà!” le strinse la mano, infondendole tutto il coraggio che possedeva. La luce delle fiaccole illuminò il suo volto deciso, sollevando Eowyn.
 
“Tentiamo!” afferrò svelta la coperta tra le mani, si avvicinò alla bambina che, senza farlo apposta le chiese di sua madre. Un ottimo incentivo per aprire il discorso. Eldihen la guardò facendogli un cenno con il capo.
 
“Shh!” posò la coperta sulle spalle della piccola che aveva richiamato l’attenzione di tutti “E’ stato all’improvviso, erano disarmati. Ora i Bradi attraversano l’Ovestfalda bruciando qualsiasi cosa: fieno, capanne ed alberi “
 
Legolas, Aragorn si lanciarono uno sguardo complice. Il re si alzò dal suo trono con uno scatto felino, scottato dalle parole dello stregone che lo pregava di montare a cavallo, per ricacciare Saruman dal suo regno.
 
Aragorn con la pipa tra i denti osò dargli un consiglio ma venne immediatamente ammutolito. Il re gli disse che era lui a decidere, ma quando lo stregone lo raggiunse per chiedergli sul da farsi, egli non rispose, dicendo di voler riflettere. Avrebbe dato i suoi ordini quello stesso giorno.
Eowyn scosse la testa, tornando ad accarezzare la spalla della piccola bambina. Pregò per il suo futuro. Lanciò impulsivamente il suo sguardo  su Aragorn, sugli occhi verdi come gli smeraldi, incantata rimase immobile a scrutarlo mentre fumava, per poi vederlo alzare e andar via insieme a Gandalf.
 
Gli occhi di Eldihen caddero invece su Legolas, ma lui non la stava guardando, anche se lei era certa che se ne fosse accorto. Gimli continuava a mangiare, mentre Aragorn e Gandalf discutevano animatamente riguardo la decisione del re. Non riuscì a rimanere seduta, non poteva, perché era attratta da lui come da una forza, come il metallo che si attacca ad una calamita senza poter fare a meno di esserne attirato.
 
“Vado da lui!” annunciò ad Eowyn senza sentire la sua opinione. Spostò una ciocca di capelli e si mosse nella sua direzione, con gli occhi puntati sul volto di Legolas, che non si era girato, né mosso dalla colonna, nemmeno quando lei gli fu vicina, a pochi centimetri dal suo corpo.
 
Gimli si alzò repentinamente, allontanandosi senza dir nulla. Non avrebbe voluto disturbarli, dovevano parlare soli, sperando che Legolas abbattesse quel muro che si era costruito intorno senza motivo. Raggiunse dama Eowyn per ringraziarla del suo prezioso aiuto, rimanendo in disparte con lei vicino al tavolo.
 
Eldihen osservò il profilo, e l’ombra tracciata dietro. Scrutò la colonna marrone e rossa, il tavolo, il pavimento, cercando di trovare le parole giuste, per parlargli senza che lui si allontanasse, non l’avrebbe permesso. La luce proveniente dalle finestre ravvivò il suo abito verde, ed i suoi occhi chiari. Incoraggiata da quel piccolo e luminoso segno, alzò il viso e lo guardò, anche se lui non si voltò.
 
“Legolas” pronunciò il suo nome dolcemente, avvicinandosi giusto quel poco che bastava per fargli sentire il profumo dolciastro dei suoi capelli.
 
L’elfo abbassò le palpebre, concedendole uno sguardo, in attesa che lei continuasse a parlare. Eldihen sembrava determinata, teneva le mani strette e le spalle aperte, offrendogli la vista del suo collo scoperto e del seno lievemente accennato dalla leggera scollatura.
 
“Io sono veramente dispiaciuta, non puoi immaginare come mi sia sentita. Scusami tanto, non ero in me, non ricordo nemmeno cos’ho fatto, non lo so, l’unica cosa di cui sono sicura è che non volevo. Ti devo molto e mi dispiace per averti ripagato rubando il tuo arco. Sono mortificata!” il suo viso si incupì, in un’espressione colma di dispiacere e vergogna.
 
Legolas guardò il modo in cui stava toccando le sue dita, passando più volte la mano sopra con nervosismo. Abbassò la testa, per guardare i suoi fianchi asciutti, risalì con lo sguardo, vedendo la vita ristretta nel bustino del vestito, ed infine si fermò a guardare i suoi occhi, gli occhi che aveva visto quando l’aveva salvata, gli occhi che ricordava, con delle sfumature di blu scuro, molto simili all’azzurro del mare. Le sue labbra erano tese e carnose, non più bianche, ma rosate, sembravano petali di un fiore. Meditò sulle sue parole, distogliendo lo sguardo da lei.
 
“Sei stata vittima di un incantesimo, me ne rendo conto…” riportò l’attenzione su Eldihen, che fiduciosa attendeva la conclusione della frase “Ma non me la sento di far finta che non sia successo niente. Questa storia mi ha lasciato scosso. Cerca di comprendermi, al momento non sono pronto a dimenticare il tuo gesto” confessò parlando giudiziosamente, rimanendo quanto più delicato possibile per non turbarla. Già si sentiva in colpa per averle procurato dei lividi suoi polsi. Sapeva che la colpa era di Nihil, ma era veramente difficile per lui perdonare totalmente Eldihen, anche se era stata manipolata.
 
“Ho capito” annuì con la testa, accettando il suo pensiero. Era dispiaciuta, ma non lo avrebbe mai forzato, infondo lei stessa faceva fatica a perdonarsi, convivendo costantemente con i sensi di colpa. Si girò per raggiungere Eowyn, nascondendo il suo volto infelice all’elfo che, guardandola mentre stava per lasciarlo, si allontanò di poco dalla colonna, allungò la sua mano e la bloccò dal polso, con estrema delicatezza. Eldihen si voltò, estremamente stupita dal suo gesto. Guardò la sua mano, il suo manicotto di ferrò, la camicia verde ed il suo viso, stranamente inquieto.
 
“Eldihen, c’è una cosa che voglio sapere…” non le si avvicinò, tenendola dal polso. Da quando avevano parlato gli ronzava in testa una domanda. Aveva cercato di darsi mille risposte, senza però essere soddisfatto. Non riuscì a trattenersi, così, approfittando del momento le parlò  “Hai detto che Nihil era molto sfrontato e invadente. Voglio sapere se ti ha fatto qualcosa!” la guardò, non sapendo cosa pensare.
 
Eldihen meravigliata posò i suoi occhi sulla mano di Legolas, notando quanto fosse minuto il suo polso in confronto. Ripensò al periodo trascorso a casa di Nihil, incupendosi di colpo, cosa che fece preoccupare l’elfo “Io poco fa ti ho compreso, chiedo la stessa cosa a te, perché non me la sento di dirti cos’è successo Legolas. Non ci pensare più” ritrasse il suo polso e se né andò, lasciandolo con quel tarlo in testa.
 
 

Note autrice:
Salve ragazzi/e ^.^ ed ecco il nuovo capitolo, che ne dite? Non ho avuto proprio tempo, per cui ho dovuto pubblicare dopo cena, spero vi piaccia, fatemi sapere. Ringrazio come sempre chi recensisce, legge segue-preferisce-ricorda la storia. Grazie a tutti di cuore <3
Legolas è parecchio orgoglioso e, anche se ha parlato ad Eldihen rimane del suo pensiero sulla questione dell’arco, beh ne vedrete delle belle, spero di non deludervi ;)
Riguardo gli aggiornamenti: il prossimo è di sabato. So che passeranno alcuni giorni e mi spiace  ma siccome ho concluso la storia, vorrei approfittare per rileggere e sistemare alcune cose e, spero entro sabato di avere tutto completo, vi farò sapere.
Adesso vi lascio, un abbraccio :)
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10
 
 
Una farfalla si posò sulla mano aperta di Gandalf, che appoggiato al davanzale della finestra osservava i cittadini di Edoras camminare per lei vie del paese. Nel chiudere e riaprire le ali, la creatura sfoggiò le variopinte sfumature azzurre e verdi, bisbigliando allo stregone parole che solo lui poteva comprendere. Si agitò nella sua mano, come vento di primavera, informandolo riguardo a cose che lui ignorava fin a quel momento.
 
“Come temevo!” scosse la testa, lisciandosi la barba bianca, per poi parlare alla farfalla  “Va, vola in alto. Passerai per sentieri oscuri! Tieniti pronta e corri in aiuto di chi ti chiamerà”  alzò il dito oltre la finestra, vedendola volare nel cielo, fino a scomparire dal suo raggio visivo “O almeno spero, mh!” cercò sostegno nel suo fidato bastone bianco, lasciandoci scivolare le sue dita distrattamente.
 
Non perse tempo. Estrasse dal baule dove teneva la propria roba, una spada lucente, d’argento. La lama appuntita scintillò come una perla sotto i raggi che penetravano dalla finestra, abbagliando Gandalf che impugnava l’elsa blu e dorata. Sfiorò con le dita la lama tagliente, percependo la freddezza del metallo sotto la pelle. Chiuse le palpebre, sussurrando parole magiche. Concentrò le sue forze, in modo da intrappolarle completamente dentro l’arma. Una forte luce lo raggiunse, anche se aveva le palpebre serrate. D’un tratto il buio si diradò, vide un’aura bianca apparire dentro la sua mente, come una stella mattutina in una notte piovosa. Schiuse le palpebre, contemplando la lucentezza dell’argento scintillante.
 
“Brilla nel cuore di chi ti impugnerà, falcia l’ombra, l’inganno, i malefici le menzogne! Dona luce e conforto a cuori piangenti!” sigillò la sua magia con quelle ultime parole, vedendo l’arma opacizzarsi sempre di più, come a voler celare al mondo la luce che aveva acquistato.
 
Sapientemente la intrappolò nella sua cintura, nascondendola grazie al suo mantello bianco, lasciò la camera per dirigersi nel corridoio, camminando svelto. Evitò le servitrici che andavano avanti e indietro, sistemando le stanze, portando tra le mani coperte e anfore piene d’acqua.
 
Il suo sguardo vagò distrattamente quando entrò nella sala del trono. Cercava Eldihen. La trovò vicino ad un tavolo, non molto distante da dove era lui. Per non dare nell’occhio si avvicinò quel poco che bastava, facendosi vedere alla ragazza che dialogava con Eowyn. La richiamò, con un cenno di capo, invitandola silenziosamente a raggiungerlo.
 
Eldihen lo guardò a lungo prima di alzarsi dalla panca in cui era seduta. Si passò una mano tra i capelli, lasciò Eowyn con una scusa e camminò con area spaesata verso lo stregone. Sembrava che volesse parlarle in privato, infatti non l’aveva nemmeno chiamata o alzato un dito per dirle di seguirlo. Semplicemente quando fu abbastanza vicina, gli suggerì con lo sguardo di andare nell’androne. Lo seguì, guardando le spalle del vecchio, coperte dal mantello bianco. Nell’arco di un minuto le passarono per la mente tante di quelle domande che non seppe neppure lei darsi delle risposte.
 
“Entra in questa stanza svelta!” si guardò, girando il collo da un lato all’altro del corridoio, per constatare che si trovassero soli, e che nessuno li avessi seguiti.
 
“Ma che succede?” chiese entrando in una camera che aveva l’aria di essere uno ripostiglio, infatti vi erano diversi scaffali polverosi, pieni di bottiglie di vino, barili e viveri di vario tipo.
 
Era un po’ in ansia, la faccia dello stregone le procurò parecchia agitazione. Strinse le braccia sotto il seno, osservandolo mentre chiudeva la porta.
 
“Eldihen ascoltami figliola!” le posò una mano sulla spalla, puntando i suoi occhi blu nel viso della ragazza che divenne maggiormente preoccupata notando quell’espressione timorosa, come se le stesse celando qualcosa di veramente brutto “Non voglio metterti paura ma devi sapere che la storia con Nihil non è di certo finita ieri sera. L’incantesimo che ti ha lanciato era in lingua nera. Temo che abbia completamente perso il senno, ma si è tradito da solo, o ha voluto farci capire che lui opera insieme al nemico”   
 
“I malefici non hanno mai niente di buono. Spiegati meglio perché non capisco, non so se preoccuparmi o meno!” scombussolata strabuzzò gli occhi, in cerca di risposte nascoste dietro le iridi azzurrissime dello stregone, camuffate dal suo sguardo indagatore e dalle sue labbra tese, che parevano voler trattenere l’intero discorso.
 
“Eldihen non è finita qui. Alza la testa dall’ombra che ti ha incatenata fino ad ora e trova il tuo coraggio, perché avrai una guerra da combattere. Nihil ha messo gli occhi su di te, ti vuole usare!” le toccò le spalle, infondendole tutto il coraggio che le serviva, per comprendere bene ogni avvenimento, ed affrontare quelli futuri prontamente.
 
“Mi vuole usare? Vuoi dire che tenterà di lanciarmi un altro incantesimo?” chiese spaesata guardando le rughe vicino al suo naso. Respirò lentamente abbassando le palpebre, ricercò dentro il viso dello stregone una risposta a tutte le domande che si ammassarono dentro la sua testa. Si sentì piccola a suo confronto, stretta tra le sue mani mature.
 
“No, ma ti attaccherà, l’arco è stato un pretesto, per fare un’onta a Legolas, lo odia e si è unito col male per vendicarsi . Eldihen lui è servo dell’oscuro signore!” sentenziò in fine a voce bassa. Persino i muri avevano orecchie, e le parole correvano, anche sotto le porte, portando guai e grattacapi da risolvere.
 
“Non può essere…”
 
“Altri elfi in passato sono stati sedotti e corrotti, ti dirò di più:  gli anelli del potere sono stati forgiati per mano di un elfo. Annatar veniva chiamato un tempo Sauron ed aveva accecato un elfo, piegandolo per esaudire la sua volontà. Anche Nihil ha perso il sentiero, come Saruman e altre creature un tempo pure” spiegò brevemente prima di prendere le mani minute tra le sue.
 
“Ieri notte ho visto dentro il tuo cuore. Sei ingenua Eldihen e facilmente malleabile, un’ottima pedina da muovere, ma hai una forza nascosta, te lo garantisco, altrimenti non staremmo qui a parlare. L’incantesimo era potente, ti avrebbe uccisa, ma tu sei viva, ce l’hai fatta!”
 
“Cosa stai cercando di dirmi Gandalf?” chiese cogliendo il senso nascosto di quella frase. Sapeva che lo stregone si sarebbe aspettato qualcosa da lei. Aprì le labbra senza dir nulla, immersa nella penombra, tra i rumori della servitù che passava per quelle vie ed i battiti del suo cuore in subbuglio.
 
“Lo capirai quando arriverà il momento. Penso che la tua presenza dentro la compagnia non sia stata un caso, no” scosse la testa, riflettendo su ciò che aveva visto la sera precedente, mentre scacciava dal corpo della fanciulla l’incantesimo nero.
 
“Non ho portato altro che guai alla compagnia!”
 
“Non tutto il male vien per nuocere. Adesso sappiamo che Nihil è dalla parte di Saruman e te lo posso garantire, si è ingannato, ti ha sottovalutata, credeva che tu  gli avresti portato l’arco o che non saresti sopravvissuta”
 
“Mi ha usata” annuì conficcando le unghie dentro i palmi delle sue mani, talmente forte da lasciarsi i segni.
 
“Capirai molto di più figliola andando avanti. Adesso ascoltami” le sorrise come se fosse in un certo senso soddisfatto della tenacia di Eldihen, anche se lei non era per nulla d’accordo.
 
 
“Io ho capito solo che sono stata una stupida!” affermò sospirando, consapevole dei suoi errori e di essere stata fin troppo ingenua nei confronti dell’elfo, anche quando lui si era palesemente dimostrato ostile.
 
“Lascia da parte la fanciulla e mostra di che pasta sei fatta, non ti spaventare, alza la testa e apri le mani” dicendo ciò schiuse i pugni di Eldihen, guardando i segni rossi sulla sua pelle. Aprì bene le mani, lasciandola di stucco. Estrasse dalla sua cintura la spada che aveva preso dal suo baule, ammirandola prima di posargliela tra le dita affusolate.
 
“Ti servirà, non dire a nessuno che sono stato io a donartela!” la lama luccicò come una stella, brillando dentro gli occhi di Eldihen che a contatto con il metallo freddo rabbrividì, sbattendo le ciglia sorpresa.
 
“Per cosa?” chiese alzando gli occhi dall’arma che stringeva tra le mani.
 
“Per combattere la tua guerra!”
 
 
I soldati procedevano lungo il palazzo del re, stupendo le servitrici intente a pulire le tavolate e il nano che li fissava da una panca. Era seduto vicino ad una fiaccola per riscaldarsi, mangiando formaggio e bevendo vino, ignaro dell’ordine che aveva appena dato re Thèoden. Un gruppo di donne si riunì dentro la sala, chiacchierando animatamente. La loro voce sovrastò quella dei soldati, e il rumore dei cavalli fuori. Gimli si alzò dalla sua sedia, camminando verso il centro della stanza. Seguì il fascio di luce proveniente dalla finestra, ammirando le pareti in legno del palazzo e le colonne imponenti, fino a che, in lontananza vide Gandalf arrivare come un fulmine, con il suo bastone in mano.
 
“Ma che diamine sta accadendo?” si chiese agitandosi per pulire le briciole sulla sua armatura.
 
Da dietro il mantello dello stregone comparì Legolas seguito da Aragorn. Anche loro procedevano velocemente, seguendo Gandalf, che gli sembrò essere parecchio nervoso.
 
Legolas diede una pacca sulla spalla dell’amico confuso. Il sole gli illuminò gli occhi, mentre si muoveva sinuosamente per raggiungere gli altri.
 
“Ma che succede?” Gimli non perse tempo e si lanciò anche lui in quella corsa senza capirci nulla. Si trovarono immediatamente investiti dalla fredda aria che scorreva lungo le vie di Edoras. Anche se la giornata sembrava serena, il freddo non mancò per ricordargli che si trovavano in pieno inverno.
 
Gandalf scese fulmineo lungo le scale, illuminato dal sole nel cielo. Fuori le persone urlavano peggio delle donne a palazzo. Delle galline superarono Gimli, dividendolo da Legolas e Aragorn che camminavano dietro allo stregone, oltrepassando la folla, le vie ricurve e le case intorno a loro.
 
“Accidenti!” lanciò un calcio ad un gallo, facendolo saltare addosso un soldato che era girato di spalle. Sgranò gli occhi e si precipitò da Legolas, correndo con il cuore in mano. Sperò con tutto se stesso che nessuno si fosse accorto di quel gesto “Sono stanco di correre, datemi un minuto” si accostò al fianco dell’elfo, camminando sulle pietruzze e la paglia vicino alla scuderia, lanciando ripetutamente degli sguardi sulle case vuote, i camini fumanti e la gente che si era ammassata nel sentiero.
 
Gandalf alzò la sua tunica sporca, superando i soldati senza turbamento, insieme ad Aragorn “Il fosso di Helm! Fuggono sulle montagne quando dovrebbero farsi avanti e combattere. Chi li difenderà se non il re?” entrò nella scuderia, lasciandosi dietro Legolas e Gimli che a differenza di Aragorn rimasero fermi nel portone d’ingresso, guardando i cavalli dentro le loro cucce.
 
“Quindi si parte verso il fosso di Helm!” esausto Gimli si appoggiò al portone lasciando che la sua ascia ricadesse a terra. Chiuse gli occhi, ascoltò passivamente il nitrire dei cavalli, il passo veloce della gente, gli uccellini e l’aria fresca che gli scompigliò i capelli.
 
“Così ha deciso il re” confermò l’elfo studiando attentamente i guerrieri di Rohan e le persone bisognose fuori dalle loro case. Notò che c’erano molti malati distesi sulle barelle, tante donne e bambini, tutti loro molto turbati da quella notizia. La gente si muoveva portando in strada del cibo o alcune cose utili al viaggio. Non avrebbero potuto affrontare l’orda nemica con tanta facilità, anche se avessero abbandonato Edoras. Era una popolazione addolorata e priva di forza.
 
“Sono deboli” commentò Gimli seguendo l’occhiata del suo amico. La folla si fermò su un lato, stavano disponendo le provviste dentro dei sacchi, riscaldati dai raggi solari.
 
Dalla piccola collinetta erbosa, in mezzo alle vecchie donne vestite di nero, sbucò Eldihen. Aveva il viso rosso e le gambe scoperte. Correva tra la folla guardandosi da una parte all’altra in cerca dello stregone. Gimli notò con sorpresa che i suoi capelli sotto la luce sfoggiavano delle ciocche dorate, in contrasto con i capelli castani che le ricadevano sul viso. Eldihen si girò sorpresa e felice di trovare il nano, si voltò in direzione delle stalle, scendendo lungo il margine della collina, sollevò la veste per camminare meglio. Vide vicino a Gimli, Legolas che come il nano la stava osservando. Alzò le sopracciglia sorridendogli nonostante lui le avesse detto di non volerla perdonare. Si fermò in mezzo alla porta tra i due ragazzi.
 
“Così dobbiamo partire!” Ansimò massaggiandosi il petto, giusto per sciogliere la tensione accumula. Le erano successe così tante cose che era difficile per lei metabolizzare la nuova situazione ed avventurarsi lungo le valli.
 
“Già!” Gimli non sembrava felice all’idea. La guardò, posando infine i suoi occhi sulla cintura dorata che le stringeva la vita, notando con sorpresa la presenza della spada che le aveva donato Gandalf. Non disse nulla, anche se Eldihen seguì la sua occhiata, capendo Gimli senza che lui muovesse lingua.
 
Legolas la considerò, rimanendo colpito ancora una volta dal profumo dei suoi capelli, talmente forte e dolce da stordirlo completamente. Non lo diede a vedere ma era turbato, la guardava chiedendosi cosa si nascondesse dietro il suo sorriso a tratti spensierato.
 
Ombromanto costrinse Eldihen a spostarsi, il cavallo stava galoppando nella sua direzione. Svelta si lanciò a destra e Legolas, per non farla cadere allungò d’istinto una mano tenendola con decisione dal braccio, in modo che potesse scivolare sul portone al suo fianco senza farsi male. Quell’improvviso contatto causò ad Eldihen una marea di sensazioni. Le sembrò che non ci fossero state quelle voci fuori, si lasciò trasportare da Legolas, guardando il suo volto serio. Sfiorò la sua mano avvertendo una fiamma ardere dentro il suo cuore.
 
“Grazie” sussurrò senza ricevere risposta, solo un cenno con il capo, uno sguardo curioso e poi la vista del suo bellissimo profilo. Rimase al suo fianco senza dire nulla, godendosi quel momento insieme a lui, consapevole che non sarebbe durato a lungo, l’elfo le aveva concesso giusto un attimo e chissà per quale oscuro motivo si era sforzato a prenderla quando Gandalf li aveva lasciati “Gandalf è andato via, noi seguiremo il re?” sapeva già la risposta, ma era solo un pretesto per parlare, scandagliando il comportamento strano che aveva nei suoi confronti.
 
 
“Abbandoneremo la città a breve” rispose secco senza nemmeno guardarla in viso.  Rimase fermo qualche secondo, in seguito la superò, allontanandosi da lei e Gimli, sotto i suoi occhi attenti che lo cercavano disperatamente.
 
“Ormai mi ci sto abituanda” ammise chinando il viso per guardare la paglia a terra. Strofinò il suo gomito, avvertendo all’improvviso la presenza di Aragorn dietro le sue spalle. Si era fermato vicino ad un cavallo scuro, guardando Eldihen con curiosità, contento di trovarla in forze rispetto a prima.
 
“Non farci caso, vedrai che gli passerà, concedigli del tempo” la rassicurò Gimli sperando che lei togliesse dalle labbra il broncio che si era formato sul suo volto.
 
“In un certo senso lo capisco, fa bene a trattarmi così. Ha fatto di tutto  per me è guarda come l’ho ripagato” si appoggiò al legno del portone, tastandolo con le mani. Non tolse gli occhi dal punto in cui Legolas era sparito, guardando il vuoto, ricordando le sue spalle forti, i capelli biondi e le sue mani che poco fa l’avevano presa. Sospirò, lasciando che il suo cuore battesse un’altra volta per lui.
 
“Non hai colpe Eldihen. Mi dispiace molto per averti lasciata da Nihil. Io mi fidavo di lui. Non avrei mai immaginato che ti trattasse così. Non te lo meritavi” Aragorn si dimostrò profondamente dispiaciuto per l’accaduto. Con affetto le strinse le mani chinando il capo. Eldihen lo trovò affascinante, i ciuffetti scuri rendevano i suoi occhi ancora più profondi, marcando i lineamenti del suo viso “Conosco Legolas e ti posso garantire che per lui è difficile metabolizzare la situazione, non se l’aspettava, e probabilmente adesso è deluso, ma non solo da te. Cerca di capire che lui e Nihil non avevano un buon rapporto, si sente tradito e amareggiato, ma devi credermi Eldihen che gli passerà. Ti vuole bene, anche adesso che si dimostra distante, non ha mai smesso di provare affetto nei tuoi confronti”
 
“Ieri mi ha detto che era difficile, lo so!” annuì lasciandosi trasportare dallo sguardo compassionevole dell’uomo, sperando che quegli occhi verdi le portassero speranza.
 
“Ti ha accolta e protetta, affezionandosi senza riserva. E’ normale in un certo senso la sua reazione, ma sono convinto che supererà questo momento e si renderà conto della tua innocenza, ma questo già lo sa, deve solo riorganizzare le idee, poi tornerà tutto come prima”
 
“Mi pare difficile Aragorn, è pur sempre una ferita la sua!” si rese conto della situazione, mettendosi nei panni di Legolas. Non avrebbe voluto perderlo a causa delle sciocchezze che aveva compiuto, senza badare alla realtà, trasportata da Nihil e dalla sua ingenuità.
 
 
“A tutto c’è riparo Eldihen” il suo sguardo sicuro e deciso era difficile da sostenere, chiunque in quella situazione si sarebbe sentito in imbarazzo, ma Eldihen sollevò il viso, dimostrando tutto l’interesse che aveva per Legolas, incoraggiata in parte dal discorso dello stregone. Doveva credere un po’ di più  in  sé stessa e nella forza dei suoi sentimenti.
 
“Giusto, ed io farò di tutto per farmi perdonare. Ad ogni costo!” ammise con decisione, pronta a combattere per Legolas, proprio come lui aveva fatto quando lei stava male, soccorrendola, proteggendola e confortandola, mostrandosi coscienzioso.
 
“Ti auguro il meglio mia signora!” chinò il viso sorridendole, felice di vederla combattiva e non più triste come quella mattina. Eldihen come le aveva detto Gandalf, era riuscita a sconfiggere Nihil, rimanendo in vita nonostante la forza oscura che aveva preso il possesso sulle sue azioni. Era riuscita a sopravvivere sia a lui che agli orchi, e adesso che si era armata di coraggio avrebbe combattuto contro le avversità, segnandosi nel cuore le parole dello stregone.
 
Guardò Aragorn allontanarsi, ed anche se Legolas l’aveva lasciata senza tante cerimonie, si sentì rincuorata dalle parole del ramingo, sentendole dentro l’animo come una fiamma di speranza dentro il suo cuore.
 
“Ragazzina!” Gimli con i suoi occhi da volpe la richiamò, fino a che Eldihen si girò per ricambiare il suo sguardo.
 
“Dimmi Gimli”portò le mani lungo ai fianchi, alzando un sopracciglio quando vide il nano scuotere il volto, come a farle capire che qualcosa non andava.
 
“Ma dove hai preso quella spada?” indicò con un dito l’arma che Eldihen portava al fianco, curioso di scoprire come l’aveva ottenuta visto che era una vera e propria novità.
 
“A palazzo c’è un’armeria. Appena ho saputo della partenza ho richiesto un’arma” aveva inventato quella storiella sul momento, rispettando la volontà di Gandalf. Non poteva dire che era stato lui a donargliela.
 
“E va bene!” chiuse le palpebre, mostrandosi soddisfatto.
 
“Ma Gimli…” Eldihen si piegò sulle ginocchia per guardare bene il nano in volto, mostrandosi un po’ imbarazzata “Legolas ti ha parlato di me?” chiese arrossendo lievemente.
 
“No, mi spiace” schioccò la lingua muovendo il collo in  moto di dissenso.
 
“Niente?”
 
“Nulla” rispose storcendo il naso.
 
Eldihen si grattò il collo confusa, sospirando un po’ scontenta “Non so proprio cosa fare per parlargli!” svelò con rammarico, guardando un punto impreciso. Le persone fuori, ignare del suo stato d’animo, camminavano continuando a pianificare il viaggio andandosene su e giù, lungo le scale del palazzo, proprio come i suoi pensieri, che in disordine si muovevano nella sua mente.
 
“Ti piace parecchio il principino!” l’affiancò, con un sorriso canzonatorio, guardando insieme a lei la gente, e quelle dannatissime galline bianche che svolazzavano lasciando le loro piume nel terreno.
 
“Si”rispose spontaneamente guardando il cielo azzurro ed i brandelli di nuvole bianche. Resasi conto della sua risposta, detta con troppo trasporto, raddrizzò le spalle, muovendo le mani in direzione di Gimli “No” negò in seguito sperando che il nano non la prendesse in giro o commentasse l’espressione da ebete che aveva in faccia.
 
“Sei troppo ingenua”
 
“Me l’hanno detto in tanti” anche Gandalf era della stessa opinione, ma era vero, non riusciva a cambiare, mostrandosi sempre vera, senza ritegno, nemmeno quando era necessario.
 
“Ma tranquilla, aggiusterò io le cose con l’elfo dalle orecchie a punta!”
 
Eldihen non riuscì a comprendere i piani di Gimli e quando lo vide correre all’improvviso, con la sua cotta d’argento, sperò con tutta sé stessa che non andasse da Legolas per riferirgli la loro conversazione.
 
 
 
La bianca dama di Rohan, aveva sfoderato dal profondo del suo animo tutto il coraggio e la tenacia che possedeva, sguainando la sua spada abilmente, muovendosi dentro la sala del trono, con i suoi lunghissimi capelli biondi, che danzavano insieme a lei fendendo l’aria e scagliando colpi bruschi contro un nemico immaginario che si era creata dentro la sua testa. Era determinata, bella, rigida come la lama che impugnava e fluida come il vento. Aveva cambiato il suo abito scuro, al momento indossava una tunica marrone, molto comoda e versatile.
 
Eldihen si nascose dietro una colonna, ammirandola, mentre roteava intorno a sé stessa, con il viso serio, la pelle tirata e gli occhi assottigliati. Le si avvicinò, rimanendo distante per non essere travolta dalla sua spada.
 
“Vederti è uno spettacolo!” confessò allibita cogliendola di sorpresa. Eowyn allontanò l’arma, lasciandola a mezz’aria. Aprì la bocca, incapace di rispondere ad Eldihen che si era fermata per ammirarla da vicino.
 
“Il vero spettacolo sarebbe vedere la rovina degli orchi e di Sauron!” confessò amareggiata, prendendo l’elsa della sua spada tra le mani.
 
“Arriverà quel giorno, io come te desidero che tutto finisca” si avvicinò a passi felpati, indugiando davanti al suo viso. Le ancelle dietro loro stavano spostando dei grossi contenitori, per portarli fuori in mezzo alle altre cose. A breve sarebbero partiti. Si sentiva una grande agitazione: persone correre, bambini piangere, gente urlare e ridere. Un baccano tremendo.
 
“Sai vorrei fare qualcosa, non mi va di stare a guardare sperando che le cose accadano da sole”abbassò il viso, lasciandosi trasportare dai brutti pensieri, dalle opinioni che aveva ascoltato. Non accettava l’idea di rimanere in un angolo a guardare la rovina del suo popolo, quando avrebbe potuto combattere, rischiare la vita per coloro che amava.
 
“Anch’io” Eldihen le sollevò il mento con un dito, sorridendole affettuosamente “Insegnami a combattere ho una spada, ma non so brandirla come sai fare tu”
 
 
 Eowyn sorrise “E’ curioso che un elfa mi chieda questo” dichiarò meravigliata, osservando il volto di Eldihen.
 
“Sarà curioso, ma la verità è che io sono stata sempre protetta, prima da mio padre, poi da altre persone, ma è giunto il momento di farsi avanti, e chi meglio di una scudiera di Rohan potrà insegnarmi?” il suo discorso era carico di stima, tanto da convincere Eowyn che orgogliosa annuì, guardando il suo corpo esile, le sue braccia sottili, ed i polsi segnati da due lividi violacei. I loro occhi brillarono insieme, dentro la sala spenta.
 
“Impugna la spada Eldihen!” le ordinò esaudendo il suo desiderio.
 
Soddisfatta la ragazza fece come le aveva chiesto Eowyn, stringendo con decisione l’elsa  della sua spada.
 
“Divarica le gambe e solleva il gomito, usa entrambe le mani” la toccò, posizionando i suoi arti in modo da farla muovere fluidamente. Era felice di trovare comprensione, finalmente qualcuno la capiva, condividendo il suo stesso desiderio.
 
Si posizionò di fronte Eldihen, alzando la sua arma. Guardò attentamente la ragazza, concentrandosi sul suo corpo, senza farsi distrarre dalla gente attorno. Esistevano solo loro due, le loro lame e la voglia di combattere, quel fuoco che ardeva dentro loro, come una fiamma di luce in mezzo alle tenebre.
 
“Eldihen sei troppo rigida: spalle dritte e piedi allineati. Mantieni l’equilibrio così potrai attaccare e difenderti senza essere colpita” posizionò la sua spada vicino al torace di Eldihen, attenta a non farle del male. Le suggerì di imitarla, mostrandogli alcune tecniche basilari, abbastanza semplici da imitare.
 
Le loro lame si incrociarono, producendo un rumore stridulo. Rotearono muovendo i piedi, attente a parare i colpi che si scagliavano, dapprima lentamente, poi, man mano che andavano avanti con l’allenamento le loro mani iniziarono a muoversi freneticamente, insieme agli occhi e alla mente. Attente entrambe a scoprire le mosse dell’altra, fendendo dei colpi leggeri, ma efficaci. Eldihen si spostava con naturalezza, allontanandosi dallo spazio di combattimento con movimenti fluidi. Rimase nascosta dietro una colonna quando notò che Eowyn le stava lanciando un colpo che non avrebbe potuto parare. Respirò velocemente, appoggiando il capo al legno, guardò Eowyn di sottecchi, sollevando la spada, fermandosi dietro le sue spalle, con aria soddisfatta “Ho vinto io!” esclamò compiaciuta vedendo la donna voltarsi dalla sua parte.
 
“E brava ti sei nascosta e mi hai colta di sorpresa, non sei proprio messa male!” constatò spostando con  un movimento veloce i capelli dal viso. A differenza di Eldihen era affaticata da quel breve allenamento, intenso ed efficace. Guardò l’elfa abbassare le palpebre ed alzare la sua spada a mezz’aria, girandosela  tra le mani.
 
“Insomma. Guardandoti ho capito come muovermi, tutto grazie a te!” mentre parlava guardò i soldati avanzare con degli spessi scudi di metallo, lance e arpioni. Trasportavano armi di ogni genere, muovendosi in fretta.
 
Le due donne si trovarono sole in meno di dieci minuti, anche le servitrici avevano abbandonato il palazzo. Eldihen si guardò intorno, contemplando le larghe tende verdi e il trono oro e marrone, corse lungo la sala, fermandosi vicino al focolare posto al centro “Bisogna partire!” intuì riponendo l’arma nella custodia della cintura.
 
“Si, siamo rimaste un po’ troppo!” sospirò Eowyn imitando la compagna. Si sedette su una panca, sistemando lacci dei suoi stivali. Desiderò riposarsi un istante prima di partire insieme agli altri. Chiuse gli occhi, respirando lentamente, per recuperare l’energie perse. Rimase in silenzio, riflettendo sul cambiamento d’umore di Eldihen, non sapeva cose le fosse accaduto, ma stava iniziando a reagire, mostrandosi decisa e volenterosa, non infelice come l’aveva vista nella stanza, un ricordo da dimenticare “Mi sorprendi sempre di più, per me sei forte anche se non ti sei resa conto. Non tutti hanno la capacità di risollevarsi come hai fatto tu, poi penso che sia un bene per te combattere. Tiene corpo e mente occupati”
 
“Si, ma io voglio combattere per le persone che amo, per fargli capire che sono disposta a tutto, anche a mettere a rischio la mia vita” confessò sedendosi davanti a lei. Appoggiò la guancia su una mano, osservando il via vai fuori dal portone spalancato “Poi non è facile come sembra” abbassò lo sguardo nostalgicamente “Lui mi manca!” ripensò agli abbracci di Legolas, al suo sorriso sincero e a quando si erano lasciati, ricordando quanto aveva sofferto e quanto era stato difficile lasciargli le mani, ma adesso era differente, lui era presente, ma non la considerava più come un tempo, non la guardava più con i suoi occhi luminosi. Aveva messo un muro tra loro che le sembrava difficile da scalare, ma voleva riaverlo vicino a sé, avvertire nel cuore il calore che si accendeva ogni qual volta si guardavano senza dir nulla. Alzò gli occhi per osservare la colonna dove di solito Legolas si appoggiava, era vuota, proprio come lei in quel momento.
 
“Eldihen!” Eowyn le afferrò la mano, piegando il volto con area compassionevole “Non devi crollare proprio ora, vedrai che passerà!”
 
“Hai ragione” non volendo arrecare ulteriori pensieri alla ragazza, Eldihen si costrinse a sorridere, guardandola con gratitudine, infondo Eowyn le era stata vicino fin a quel momento, non avrebbe voluto impensierirla, o addirittura farle dubitare del piacere che provava a rimanere insieme a lei.
 
“Forza, dobbiamo andare!” si alzò dalla panca, prendendo sul pavimento un sacco pieno di roba, probabilmente vestititi e strumenti utili al viaggio.
 
“Dovrei anch’io prendere il mio zaino” si alzò sovrappensiero, muovendosi in direzione della stanza in cui aveva lasciato il mantello e lo zaino. Non aveva nulla con sé, ma sicuramente le sarebbero stato d’aiuto, soprattutto il mantello.
 
“Aspetta!” Sfoggiò insieme al suo sorriso luminoso, lo zaino che le aveva preparato e il mantello verde legato ad uno spago “Mi sono presa il permesso di prenderli io per te, eri un po’ distratta, quindi li ho sistemati insieme alle mie cose” Eldihen allungò il braccio lanciandole uno sguardo benevolo. Si era presa la briga di sistemare la sua roba, nonostante le complicazioni legate al viaggio “Dentro troverai del cibo e un mantello più pesante, in caso sentissi freddo. Non è molto, spero abbia fatto bene”
 
Indossò il mantello verde, allacciandolo al collo. Avrebbe dovuto fare una statua d’oro a Gimli che gliel’aveva prestato. Cacciò i capelli fuori, lasciandoli scendere liberamente dietro il cappuccio e prese sulle spalle il sacco, legandolo in modo che non le cadesse “Grazie Eowyn sei stata gentile” le accarezzò la mano, sorridendole con gli occhi.  In quell’evento così sfortunato e drammatico uno spiraglio di luce aveva illuminato il suo percorso: Eowyn. Si considerò fortunata ad averla accanto. Nessuno al posto suo avrebbe avuto le stesse cure ed attenzioni, si sentì a disagio, desiderando ricambiare i favori ricevuti, consapevole che però le era impossibile al momento visto che non possedeva nulla.
 
“Andiamo!” lasciarono il palazzo, augurandosi entrambe di ritornarci al più presto da vincitrici, temendo di dover affrontare la battaglia contro Saruman.
 
Varcarono l’uscita insieme, superando le scalinate per raggiungere la processione diretta alle montagne. Eldihen cercò con lo sguardo Aragorn e gli altri, vedendoli in lontananza, in sella ai loro cavalli. Rimase in disparte, ferma vicino un canale di scolo, un punto perfetto per prendere il sole. Coprì con una mano gli occhi, per inquadrare bene la scena: le donne iniziarono a cantare, trasportando delle ceste intrecciate piene di cibo. C’erano molti malati sulle barelle, assistiti dalle loro famiglie. Persino i bambini si davano da fare, aiutando i loro genitori.  Il sole bruciò l’erba secca a terra e la pelle delle persone che, si coprirono le teste, camminando e chiacchierando riguardo alla decisione del re. Eldihen ascoltò distrattamente il discorso di tre vecchiette, intuendo i dubbi che nutrivano e le loro paure.
 
Camminò insieme ad Eowyn accompagnata dal canto delle fanciulle dietro di lei e il flusso interminabile dei suoi pensieri, rivolti a Legolas, ma anche alla famiglia che attendeva di rivederla. Lasciarono definitivamente la città, camminando per ore sotto il sole cocente che illuminava le montagne innevate ed i prati fioriti.
 
Eldihen distrattamente osservò davanti a sé un laghetto nel quale vi era il riflesso della carovana, di lei e degli alberi intorno. Avanzò lungo il sentiero pietroso, tra le foglie secche e il terreno melmoso.
 
Aragorn preoccupato si era avvicinato, con il suo cavallo scuro, guardandola mentre camminava. Eldihen gli sorrise, anche Eowyn sembrò molto felice di vederlo, sorridendo con i suoi occhi verdi. Si passò nervosamente una mano tra le onde bionde, sistemando il vestito marrone. Eldihen la guardò senza dir nulla fermandosi quando l’uomo le affiancò. La gente dietro loro le superò senza commentare. I bambini corsero allegramente lungo lo spiazzo, ignari del pericolo che si avvicinava.
 
“Tutto bene?” da quando Eldihen aveva ricevuto quel colpo basso da Nihil, Aragorn non le aveva tolto gli occhi di dosso, mostrandosi veramente dispiaciuto. Il sole stava morendo dietro le montagne, tingendo il sentiero di un arancio luminoso.
 
“Sì” rispose  ascoltando le risate dei bimbi dinanzi a loro che tenendosi per mano giravano felicemente a cerchio, intonando delle canzoni allegre.
 
“Grazie per la premura sire Aragorn!” Eowyn si portò in avanti, il vento le spettinò i capelli, trasportandoli nella sua direzione. Aragorn era decisamente più alto di lei, la fissò annuendo, lanciando uno sguardo ad Eldihen che li osservava in silenzio. A parer suo, la bianca dama di Rohan mostrava un particolare interesse per Aragorn, ed anche se era confusa e con la testa da tutt’altra parte, Eldihen non poté far a meno di confermare il suo pensiero. Dagli occhi di Eowyn trapelava uno scintillio particolare ed aveva colto subito la sua espressione, trattenendosi mentre loro parlavano.
 
 
Calò la notte. Il cielo sembrava un vestito bellissimo, decorato da gemme argentate e brillanti. Gli uccellini tornarono ai propri nidi ed i bambini si addormentarono tra le braccia delle loro madri. Gli uomini accesero dei falò, arrostendo carne e altri alimenti di fortuna, trovati durante il cammino. La gente si era fermata su una collina, per riposare durante la notte. Erano tutti molto stanchi, sarebbe stata una tortura continuare a viaggiare, soprattutto per  vecchi ammalati. I soldati anche in quel momento di pausa erano di guardia, scambiandosi i turni per poter riposare, almeno un po’ prima di partire.
 
Gimli guardò i suoi compagni.  Aveva affrontato il viaggio solo quel pomeriggio, visto che Legolas aveva deciso di lasciarlo, dicendogli che avrebbe preferito controllare le terre in lontananza. Temeva che qualcuno li stesse seguendo, anche se, il nano non accettò quella scusa, sapendo che l’amico si era allontanato per stare da solo. Era confuso ed anche se non lo dimostrava, soffriva in silenzio. Non si era confidato con Gimli nemmeno quando lui aveva insistito. Una causa persa.
 
Raccolse una pietra a terra per poi lanciarla vicino ad una pozza d’acqua, vicino ai piedi di un albero. Strofinò gli occhi con i guanti di cuoio, osservando le stelle. Bastò piegare il capo di poco, per notare che, seduta su una roccia conficcata nel terreno, Eldihen stava come lui ammirando il cielo elegante, in silenzio, sola e pensierosa.
 
“Chissà come sta?” non si avvicinò, rimanendo distante da lei. Avrebbe tanto voluto renderla felice, ma non riusciva a mettere pace tra lei e l’elfo, ed anche se avrebbe potuto prenderlo dalle sue orecchie a punta e portarlo ai piedi della giovane, preferì non muovere un dito, consapevole della sofferenza dell’amico, che mostrava solo un muro duro e impenetrabile, quando dentro di sé pativa anche lui.
 
Si sedette sul terreno morbido, strappando distrattamente i fili d’erba sotto di sé. Pensò a cosa avrebbe potuto realmente fare per quei due, ma non trovò una soluzione. Eldihen non riceveva risposta, e Legolas si era chiuso in sé stesso, anche nei suoi confronti, viaggiando in totale solitudine verso il fosso di Helm. Da non credere. Cacciò il suo elmo dalla testa grattandosi il capo. Doveva assolutamente fare qualcosa, o quella notte non avrebbe dormito, ma di certo non poteva costringerli a rimanere insieme, Legolas non l’avrebbe mai accettato, o almeno, non avrebbe accettato di sua spontanea volontà. Poco fa lo aveva raggiunto nella pianura in cui si trovava, senza però rimanerci a lungo, visto che l’elfo badava a cercare una minaccia inesistente.
 
Alzò il capo, guardando una stella scintillante “Ma cosa posso fare?” agitò la testa scartando tutte le idee che gli passarono per la mente. Si bloccò sgranando gli occhi, trovando una soluzione al suo problema, una soluzione che avrebbe decisamente migliorato la situazione. Si alzò entusiasta da terra, pulendosi la polvere sui vestiti con le mani.
 
Non perse tempo e con sguardo ottimista camminò, per raggiungere Eldihen, accompagnato dal canto delle cicale e dalle donne di Rohan.
 
L’elfa voltò il  viso, sentendo i passi di Gimli farsi sempre più vicini. Il suo volto felice la sorprese, non si spiegò il motivo della sua improvvisa allegria, ma era contenta di vederlo. Si girò nella sua direzione, alzandosi dalla roccia, per raggiungerlo  “Gimli!”
 
“Eldihen!” le accarezzò un braccio, ridendo mentre le parlava “Che belle sono le stelle stanotte!”
 
“Si, meravigliose come sempre!” rispose lanciando un fugace sguardo al cielo, per poi guardare Gimli.
 
 
“Ma ti dirò una cosa…” afferrò il suo braccio, trascinandola tra la folla, in mezzo alle persone che mangiavano disinteressati. Eldihen camminò lasciandosi trasportare, senza chiedere nulla al nano “Poco fa sono stato in un posto perfetto qui vicino per guardare le stelle!”
 
“Sul serio?” alzò un sopracciglio stupefatta, pensando all’amico mentre osservava il panorama. Una scena buffa da non perdere.
 
“Certo che sì, non puoi immaginare che pace. Seguimi perché ne vale la pena” camminava svelto, superando le persone davanti al suo cammino. Trascinò Eldihen con sé, lasciandola in un largo spiazzo deserto, un po’ lontano dalla folla. La vista era decisamente bellissima: le montagne sembravano incoronate dalla luce della luna che si infondeva lungo tutto il prato verde.
 
Respirò la fresca aria di montagna, accucciandosi nel suo mantello “E’ bellissimo qui!” esclamò avvicinandosi ad un cespuglio, sfiorando con le dita le foglioline.
 
“Che ti avevo detto” Gimli l’affiancò, posando le mani suoi fianchi “Tu aspetta qua, non ti muovere, io torno presto!” si girò allontanandosi velocemente. Sembrava un fulmine, Eldihen non lo aveva mai visto così attivo.
 
“Ma dove vai?!” chiese guardando le sue spalle.
 
“Ho fame vado a prendere qualcosa da sgranocchiare e torno, ma tu resta ferma!” non perse altro tempo, superando la  piccola pianura.
 
 Raggiunse l’altra parte del campo, muovendosi celermente tra la folla. Maledisse mentalmente un soldato per avergli bloccato il passaggio. Superò la gente, evitando di guardare il cibo dentro il fuoco, anche se non poté far a meno di percepirne il profumo. Aveva preso la questione a cuore, in altri casi si sarebbe fermato a mangiare, ma non gli interessò particolarmente. Quando raggiunse Legolas dall’altro lato del prato aveva il fiatone. Rallentò vedendo l’amico fermo sul colle. Osservava il sentiero silenziosamente, con l’arco tra le mani. Si voltò percependo dietro di sé i passi del nano. Lo guardò chiedendosi cos’avesse, mentre Gimli si avvicinava sempre di più, con in volto un’espressione accigliata.
 
“Legolas!” si fermò quando vide l’elfo girarsi  nella sua direzione. Aveva la sua totale attenzione. Si finse profondamente preoccupato, mostrandosi affaticato “E’ da un po’ che ti cerco. Dall’altra parte della collina mi pare di aver sentito uno strano rumore, vorrei sbagliarmi, ma credo si tratti di un gruppo di orchi!” mentì spudoratamente, stupendosi parecchio della sua interpretazione perfetta.
 
“Quando l’hai sentito?” chiese Legolas lasciando scorrere lo sguardo tra le montagne. Posò il piede su un ramo a terra, guardando Gimli con uno sguardo serio e profondo. Esaminava il territorio da ore, non poteva credere che un simile dettaglio gli fosse sfuggito.
 
“Seguimi, ti accompagno a metà strada, poi vado a recuperare la mia ascia!” si girò trattenendo una risata, soddisfatto per aver fatto cascare Legolas nella sua trappola.
 
Procedette lanciando uno sguardo all’amico che lo seguiva impensierito, con l’arco in mano ed il mantello legato alle spalle. Era decisamente attento mentre avanzava, tanto che Gimli sperò con tutto il suo cuore che il suo piano riuscisse al meglio. Nel peggiore dei casi si sarebbe sorbito una ramanzina, ma poco importava.
 
“E’ distante Gimli?” chiese Legolas seguendo il nano. Si erano allontanati dalla gente, immersi nella natura. Legolas guardò il sentiero, in cerca di tracce, poi sollevò il viso in direzione della collina, pronto a scagliare le sue frecce.
 
“No!” si fermò, girandosi preoccupato verso l’elfo “dopo aver superato questa salita, ti accorgerai degli strani movimenti che ho percepito. Aspettami giovanotto io vado a prendere la mia ascia!” gli diede una leggera pacca sul braccio, scappando in fretta, lasciando l’elfo.
 
Legolas assottigliò le palpebre, avanzò lungo il terreno guardandosi intorno. Non camminò molto, raggiungendo uno spiazzo deserto, trovandosi dinanzi le alte vette delle montagne bianche, una distesa illuminata dalle stelle ed al margine, ferma vicino ad un cespuglio, Eldihen.
 
Schiuse le labbra, sospirando. Adesso si spiegava tutta la fretta dell’amico. Schioccò la lingua, trattenendosi, mentre riportava l’arco dietro le spalle, pronto ad andarsene da lì, con gli occhi bassi e in testa una confusione incredibile. Era riuscito a calmarsi durante il cammino in solitudine, ma la vista di Eldihen gli metteva addosso delle strane sensazioni, che non riusciva ad ignorare neanche sforzandosi.
 
La fanciulla percepì una presenza dietro le sue spalle, voltò il capo, per accertarsene. Non aveva udito alcun rumore, le sembrò strano “Gimli?” sperò si trattasse dell’amico, non voleva trovarsi faccia a faccia con un orco o di qualche mal intenzionato. Rimase sorpresa quando girandosi stretta al suo mantello trovò Legolas dinanzi a sé, in tutta la sua bellezza, avvolto dalla sua tunica verde. Era serio, anche lui stupito di trovarsela davanti, le mani lungo ai fianchi e gli occhi azzurri puntati su Eldihen.
 
Rimase immobile qualche secondo, felice in cuor suo di rivederlo, proprio dinanzi a sé. L’aveva così tanto pensato che alla fine si erano incrociati, ed anche se le sue labbra erano chiuse ed i suoi occhi distanti, Eldihen si avvicinò di poco “Pensavo fosse Gimli. Lo stavo aspettando, mi aveva detto di non muovermi da qui” spiegò sistemando il ciuffo dietro le orecchie, attendendo la risposta di Legolas con ansia.
 
“Adesso si spiega tutto! Puoi anche andare, non verrà, ha detto lo stesso a me” rimase a guardarla. Anche se era notte notò i suoi occhi brillare.
 
“Era un pretesto” comprese al volo la situazione, camminando lentamente verso Legolas. Non se ne andò come lui le aveva suggerito, si fermò davanti al suo torace, guardando le sue spalle, il suo collo e la linea delle labbra, respirando a rilento, sperando che lui non la lasciasse “Io non ne sapevo nulla, ma sono contenta di trovarti, anche se so che tu avresti voluto rimanere da solo” confessò alzando infine il viso per guardare i suoi occhi blu, belli e profondi come il mare. Avrebbe tanto voluto sapere cosa si nascondeva dietro il suo sguardo austero, così serio ed affascinante da catturarla completamente.
 
Legolas non rispose subito, osservando gli zigomi poco pronunciati, nascosti dai ciuffi di capelli ondulati. Era imbarazzata e contenta allo stesso tempo, lo guardava fiduciosa. Lui  deluse le sue aspettative, distogliendo lo sguardo con disinvoltura. Era meglio non rimanere troppo vicini, ed anche se avrebbe dovuto immaginare che sotto l’avviso di Gimli si nascondeva Eldihen, non se ne fece una colpa “Torna indietro o rimani, io vado” annunciò pacatamente vedendola sollevare le ciglia, spiazzata dalle sue parole.
 
Eldihen si sentì congelare dall’espressione di Legolas. Le piccole speranze che erano affiorate nel suo cuore si spezzarono davanti ai suoi occhi impassibili e davanti al suo volto inespressivo. Sarebbe realmente passato quel momento? Non riusciva a vedere una via d’uscita, camminava nell’ombra, in solitudine, con l’amara consapevolezza che nulla sarebbe tornato più come un tempo, non avrebbe più rivisto i suoi occhi dolci, non avrebbe mai ricevuto le sue attenzioni, l’aveva perso per sempre. Si sentì morire a quel pensiero, ma era vero quanto gli occhi pungenti di Legolas, era vero come il dolore che le stringeva il petto e l’intera vita. Abbassò il capo, costringendosi a rimanere disinvolta, anche se le fu impossibile in quel momento di profonda amarezza trattenere le lacrime. Le ricacciò con tutta se stessa, piegando il volto e mordendosi le labbra violentemente. Più lei tentava di riavvicinarsi, con gesti o frasi, più Legolas retrocedeva, lasciandola col cuore a pezzi. Come potevano Eowyn ed Aragorn credere che tutto si sarebbe risolto? Nemmeno il tempo li avrebbe fatti riavvicinare, in realtà nessuno poteva risanare le loro ferite.
 
 
“E va bene!” strinse un pugno e serrò le palpebre, lasciando che le lacrime ricadessero sulle sue guance e le labbra che tremavano. Per coprirsi appoggiò il polso sulla fronte, non voleva farsi vedere in quello stato pietoso, ma era esausta, priva di forze, più cercava di rialzarsi, più ricadeva a terra, trovandosi con ferite vecchie e nuove. Non ce la faceva più, non era in grado di sopportare quel distacco, vedendo ogni suo sforzo scartato.
 
Legolas rimase immobile, pietrificato dalle lacrime di Eldihen. Non riuscì ad andarsene, a rimanere indifferente davanti al suo pianto, al dolore che lei provava.  Quel pomeriggio mentre camminava, aveva ripensato alla faccenda, ad Eldihen, chiedendosi il perché di tanta amarezza. Non era per l’arco che la stava evitando, non gli interessava, anche se era stato un dono prezioso. Riuscì a trovare una spiegazione a tutte le sue domande, comprendendo che la sua delusione era strettamente legata al forte legame che vi era tra lui ed Eldihen. Sapeva benissimo che era stata vittima di un incantesimo, ma non riusciva a perdonarla completamente, anche se si rendeva conto che lei non c’entrava in quella faccenda, ma non poteva far a meno di sentirsi ugualmente tradito. L’affetto che provava era stato la causa della sua stessa delusione.
 
 Ci teneva così tanto che, quando Eldihen gli aveva preso l’arco, ogni sua certezza era crollata, trovandosi disarmato, con le spalle al muro, colto completamente alla sprovvista. Non si sarebbe riaperto con tanta facilità, per timore di trovarsi un’altra volta afflitto da dubbi ed incertezze. Non poteva permetterselo, soprattutto durante la battaglia dell’anello. Doveva farsi forza ed andare avanti, ma ogni buono proposito si stava dissolvendo, dinanzi al volto sofferente di lei.
 
Non riuscì ad andarsene, voltandole le spalle. Non riuscì a rimanere impassibile, tornando alla sua postazione.
 
Guardando le lacrime sul volto arrossato dell’elfa, un fremito colpì il suo cuore, facendolo vacillare, colpendo il muro che aveva messo tra di loro “Non piangere più” annullò le distanze, abbassò il viso, per vederla meglio, anche sé Eldihen si era coperta la faccia. Tremava, aveva stretto i denti, cercando di proteggersi dalle parole di Legolas. Era assente, lontana dal corpo dell’elfo, immersa nel dolore e nella solitudine “Lo sai che non ce la faccio a vederti piangere” ammise chinandosi sul suo viso, percependo l’odore della sua pelle bagnata.
 
Eldihen non rispose, sentendo la mano di Legolas stringere il suo braccio.
 
L’elfo scrutò i lividi sul suo polso, il viso coperto di lacrime e le sue labbra traballanti, rendendosi conto che anche Eldihen soffriva a causa sua. Non era l’unico a starci male. Curvò gli angoli della bocca, passò le dita lungo il dorso della sua mano, avvertendone la morbidezza. Spostò con estrema delicatezza il braccio dal viso di Eldihen, guardandola finalmente negli occhi. Erano languidi e arrossati a causa del pianto liberatorio.
 
“Non ce la faccio più Legolas!” ammise incrociando il suo sguardo. La fiamma dentro il suo cuore si riaccese, insieme agli occhi di lui. Non riuscì a ricacciare i sentimenti che provava, l’effetto che le facevano gli occhi dell’elfo, il desiderio di averlo vicino, di sentire quel fuoco bruciarle la pelle.
 
“Basta piangere!” mostrò il suo dispiacere,  accarezzandole delicatamente il braccio, senza scomporsi. Ogni qual volta la vedeva piangere non riusciva a darsi pace, ed era così dal primo momento che l’aveva vista agonizzante nel bosco ad Amon Hen. Era difficile comprendere bene i sentimenti che provava per lei. L’affetto si mescolava all’amarezza della guerra ed antiche delusioni, accecandogli la via.
 
“Ma cosa devo fare per farmi perdonare?” chiese puntando i suoi occhi dentro le iridi dell’elfo “Io non ricordo nulla Legolas, mi vedo trattata così da te e non riesco a darmi pace, perché ti ho sempre pensato e adesso mi manchi terribilmente. Nihil ha tentato di criticarti, ma io ti ho sempre difeso, sopportando tutti i suoi comportamenti, per tornare a Lorien, con la speranza di rivederti, perché tu avevi promesso di tornare da me” alzò la mano che aveva libera per spiegarsi tramite gesti. Sospirò, trattenendo un singhiozzo, sentendo il cuore battere incessantemente dentro il suo torace. Le sarebbe esploso dall’agitazione. Le vene pulsarono tremendamente ai lati della sua fronte chiara. Era nervosa.
 
“E va bene, va bene!” Legolas afferrò con un veloce movimento anche l’altra sua mano, trattenendola a sé. Rimase in ascolto senza interromperla, anche quando sentì l’irritazione salire al solo sentire il nome di Nihil. Cercò di rimanere calmo, non voleva turbarla ulteriormente, ma non riuscì nemmeno ad ignorare ciò che aveva detto, in particolare l’ultima frase. Era da un po’ che rimuginava sulla descrizione che Eldihen aveva tracciato di Nihil, descrivendolo come sfrontato e sfacciato. Anche a palazzo le aveva chiesto maggiori informazioni senza ricevere risposte, ma adesso si aspettava delle spiegazioni. Cosa aveva passato nella casa in cui l’aveva lasciata? “Eldihen…” il suo sguardo tornò serio, la spinse verso di sé con uno slancio “Quali comportamenti di Nihil non ti sono piaciuti? Che ti ha fatto?” non poteva sfuggirgli, non l’avrebbe permesso. Strinse entrambi i polsi appoggiandoli al torace, le lanciò uno sguardo carico di curiosità, osservando le sue labbra, attendendo che lei parlasse.
 
“Lui mi ha accolta, non facendomi mancare nulla!” ammise con spigliatezza “Ma era molto sfacciato, mi trattava come se…” si bloccò, indecisa se continuare.
 
“Come se?”  la invitò a procedere, inarcando le sopracciglia. Eldihen rimase in silenzio, muovendo gli occhi sul volto di Legolas “E’ importante che tu mi dica ogni cosa, per ripristinare la fiducia Eldihen. Se tu non me ne parli è un po’ difficile per me crederti”
 
“Come se gli fosse concesso tutto!” non esitò a sfruttare l’occasione per riavvicinarsi a Legolas. Se sarebbe servita a qualcosa quella rivelazione, lei gli avrebbe raccontato tutto.
 
“In che senso?” lasciò che Eldihen appoggiasse le sue mani sul suo petto, stringendole i polsi.
 
“Non so come spiegarmi, ma mi trattava come se io fossi di sua proprietà, muovendo pretese assurde, arrabbiandosi. Non si faceva problemi, mostrandomi il suo interesse spudoratamente” non gli avrebbe potuto dire che l’aveva spiaccicata al muro, tentando di baciarla, ma gli fece intuire qualcosa, anche se con imbarazzo.
 
“E in che modo ti ha dimostrato il suo… interesse?” domandò soccombendo al fastidio che si accese a quelle parole, immaginando cose che non avrebbe mai voluto credere vere.
 
“Ha tentato di baciarmi” era difficile sostenere la sua occhiata indagatrice. Arrivò dritta al punto, parlando a bassa voce, come a fargli capire il suo profondo imbarazzo.
 
Rimase un secondo in silenzio, mostrandosi calmo e ragionevole, piegò il suo viso in direzione dei suoi occhi celesti “E ti ha baciata?” la sua voce era seria ma tranquilla.
 
“No”agitò il viso, allontanandosi di qualche centimetro. Non riusciva a reggere quel contatto, si sentiva troppo in soggezione sotto i suoi occhi luminosi.
 
Legolas la lasciò andare, liberandole le mani “Nihil pagherà quel che ti ha fatto!” le garantì, assicurandosi che  lei non piangesse più.
 
“Si, ma non voglio più sentirlo menzionare. Sono stanca” sospirò pesantemente.
 
“Certo. Adesso è meglio che torni dagli altri, io devo tenere la guardia” disse con sguardo meno severo.
 
“Legolas!” lo bloccò da un dito. Doveva schiarirsi le idee, in difesa di ciò che sentiva, del sentimento che stava iniziando a riconoscere, senza vergogna “E noi due?”
 
“Eldihen, dammi del tempo. I dubbi si stanno diradando dalla mia mente. Ho bisogno di riflettere!”
 
La voce limpida, priva di irritazione la rassicurò, rincuorandola “Ma mi detesti ancora per la questione dell’arco?”
 
“Io non ti ho mai detestata!” disse coscienzioso guardandola negli occhi.
 
 
Note autrice:
Buonasera, ed eccomi… scusate se l’altra volta non ho specificato di quale sabato si trattasse, ma ero veramente stanca, non che ora sia differente, per farvi capire, mentre rileggevo ho mangiato mezzo panino (ovvero la mia cena) mi spiace per l’ora ma oggi sono stata veramente impegnata e, anche se dico sempre “rileggo veloce” poi passa un’ora t.t
Ringrazio tutti coloro che mi sostengono con le recensioni o aggiungendo la storia nelle caselle. Grazie <3
Riguardo gli aggiornamenti: sempre sabato… o meglio sabato 15 Maggio
Ok adesso vi lascio, un abbraccio :)
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11
 
Eowyn si alzò presto, era ancora molto stanca, anche se aveva riposato tutta la notte su una coperta stesa al suolo. Si stiracchio, passandosi una mano sugli occhi. Chiuse e riaprì le palpebre, accecata dalla poca luce presente. Era l’alba, il sole stava per nascere, illuminando con i raggi pallidi il prato in cui si trovava. Osservò le persone che ancora dormivano, scostando le coperte dal suo corpo, le ricaddero sulle ginocchia. Esitò prima di rialzarsi, avrebbe tanto voluto dormire ancora un altro po’, ma rendendosi conto della situazione preferì mettersi in piedi.
 
Sbadigliò, sospirando pesantemente. Il freddo pungente la colpì all’improvviso, costringendola a riprendere tra le mani la coperta che l’aveva scaldata durante la notte, posandosela sulle spalle. Camminò, cercando di non fare rumore.
 
“Eldihen!” pronunciò il nome della compagna sottovoce, consapevole che lei avrebbe sentito. Mentre camminava delle foglie si attaccarono alla sua gonna, non badò, muovendosi attentamente in mezzo alle persone che riposavano, in cerca dell’elfa.
 
Percorse tutto il prato a piedi, ricercando con lo sguardo il corpo esile della fanciulla. Guardò in direzione del fuoco che avevano acceso la scorsa sera, sperando di trovarla lì, ma nulla.
 
“Ma dove sei?” pensò a dove potesse trovarsi. Superò a piedi la pianura, risvegliando anche una donna mentre dormiva. Si riposò un attimo su un macigno a terra, giusto il tempo per riprendere fiato, con lo sguardo perso nel vuoto. Le persone iniziarono a destarsi dal sonno, ripiegando le coperte a terra, pronti a partire. Eowyn riprese le ricerche di Eldihen, sgattaiolando da una parte all’altra, muovendo il suo viso in ogni direzione, senza successo. Eldihen non c’era.
 
Si era allontanata dal gruppo, sperando di trovarla un po’ distante, magari vicino alle betulle, ma non la vide. Ritornò indietro di corsa. Eowyn gettò la spugna, pensando che si trovasse avanti con Aragorn o magari che fosse in compagnia dell’elfo, ma le sue ipotesi vennero meno quando vide davanti a sé l’uomo e Gimli venirle incontro, anche loro stanchi. I due si guardavano intorno, pareva proprio che ricercassero qualcuno, proprio come Eowyn.
 
“Gimli!” sorrise, chinando il capo, non avrebbe voluto farlo spaventare, anche se iniziava a provare ansia per Eldihen.
 
“Buon giorno mia signora” il nano si fermò di fronte a lei, con gli occhi socchiusi e l’ascia in mano.
 
“Sire Aragorn!” salutò voltandosi di poco per guardarlo in viso, mentre dietro le sue spalle un gruppo di soldati avanzava rumorosamente lungo la via, trascinandosi un carro pieno di scorte.
 
“Salve mia signora” la sua voce era spossata, ed il suo viso gonfio di sonno, segno che si era risvegliato da poco “Eldihen non è con te?
 
La domanda la spiazzò. Abbassò il mento, incapace di rispondere. Non avrebbe voluto riferirgli che la stava cercando da quando si era alzata, spostandosi come una trottola in mezzo alla folla, senza però incontrarla. Ricercò le parole adatte prima di esporre l’argomento, sperando di non turbarli, anche se Gimli ed Aragorn si scambiarono uno sguardo inquieto, capendo che c’era qualcosa che non andava.
 
“Non l’ho ancora vista, magari dorme!” la sua voce era flebile e delicata, ma nonostante il tono usato, Gimli ed Aragorn si allarmarono, comprendendo al volo l’espressione ansiosa nel volto di Eowyn.
 
“No, sarà sveglia anche lei!” l’uomo si spostò, alzando il collo per ricercarla, ma c’era troppa gente intorno a lui “L’hai cercata?”
 
“Beh si, ma.. riesco a trovarla” confessò con apprensione. Non poteva negargli la scomparsa dell’elfa.
 
Si sfregò la fronte con una mano, scoccando un occhiata a Gimli che si era girato in sua direzione “Dove l’avete vista l’ultima volta?” chiese Aragorn osservando Eowyn .
 
“Ieri sera era seduta su quella roccia, guardava le stelle” Eowyn alzò un dito, per indicare la pietra in cui aveva visto Eldihen. Strinse la coperta intorno alle spalle, abbassando impensierita le palpebre.
 
“Si!” confermò Gimli annuendo con il capo “Poi hanno parlato con Legolas, su quell’altopiano infondo. Non so però dove sia stata” indicò un punto in lontananza, le trecce si spostarono in direzione del vento che si era appena alzato.
 
Rimasero in silenzio, ascoltando i discorsi delle persone, con gli occhi puntati sul gruppo. Erano tutti e tre in pensiero per l’elfa, e più passavano i secondi, più l’ansia accresceva nei loro cuori. La cercarono tra la folla, senza successo. Gimli angosciato lasciò la sua ascia vicino ai piedi, pronto a correre lungo il prato “Io vado a chiedere a Legolas, lui saprà qualcosa!” non trovandola, pensò che l’elfo avesse qualche informazione in più. Si allontanò di poco, ma Aragorn lo bloccò, costringendolo a tornare vicino a lui ed Eowyn.
 
“Legolas non deve sapere nulla” strinse la sua spalla, abbassandosi quel poco che bastava per guardare i suoi occhi castani “E’ già abbastanza teso, una notizia del genere peggiorerebbe la situazione!”
 
“Ma si accorgerà Aragorn” in preda al panico pensò alla reazione dell’elfo. Sapeva che teneva alla ragazza, si sarebbe preoccupato “Ma andiamo dall’elfo, forse loro due sono insieme!” sperò con tutto sé stesso che Eldihen si trovasse in compagnia dell’amico, anche se, in cuor suo sentiva che l’avevano persa.
 
“Io è da un po’ che la cerco. Fai come ha detto Gimli, magari è con il tuo compagno!” Eowyn con imbarazzo appoggiò le dita sul braccio di Aragorn, facendolo voltare in sua direzione. Il sole era già alto, ed anche se non sembrava, era passata un’ora da quando Eowyn si era messa a cercarla. Non potevano indugiare, sarebbero partiti a breve, possibilmente tranquilli, con Eldihen a loro fianco “Vai dall’elfo, chiedigli qualcosa. Non devi per forza dirgli che non c’è!” disse convinta della sua idea, strabuzzando gli occhi.
 
“Capirà!” era convinto che Legolas si sarebbe allarmato. Osservò la roccia che le aveva indicato Eowyn , pensando a dove potesse trovarsi Eldihen. Controllò l’ansia che aumentava dentro il suo petto, respirando lentamente l’aria fresca di campagna. Guardò i fiori, i bambini, le loro madri, sperando in cuor suo di scorgere il volto di Eldihen, di vedere i suoi occhi azzurri, ma deluso dovette condividere il consiglio dei due compagni “Vado da Legolas, vediamo se sa qualcosa, ma voi rimanete qui!”
 
Oltrepassò la folla, camminando sul sentiero coperto da fili d’erba verde. Guardò le  impronte che aveva lasciato, cercando Eldihen per la strada, vicino ai soldati, in mezzo alle donne, avverso all’idea di parlare a Legolas. Non gli avrebbe rilevato della sua scomparsa, in cuor suo sperava che l’elfa spuntasse alleggerendo le loro preoccupazioni, ma, dopo un giro intorno all’area, dovette abbandonare le speranze, dirigendosi di corsa verso il suo amico.
 
Lo trovò vicino al tendaggio bianco del re, fermo a guardare l’orizzonte. Legolas era stranamente sereno, con gli occhi fissi sulle montagne. Il sole gli illuminò il viso, Aragorn lo affiancò, scrutando insieme a lui la linea azzurra che definiva le vette spigolose delle montagne bianche, le nuvolette che si spostavano insieme al vento, pensando a come entrare nel discorso, senza fargli capire le sue preoccupazioni “Siamo pronti a partire, manca un giorno per arrivare a destinazione!”
 
“Anche meno” non si voltò, sostenendosi dal suo arco “Se procediamo senza fermarci, entro pomeriggio saremo arrivati” i suoi capelli danzarono col vento.
 
“Forse, ma non possiamo procedere velocemente, ci sono persone anziane e bambini. Sono stanchi!” passò la sua occhiata lungo la distesa davanti ai suoi occhi, ammirando il fiume scintillante, curvarsi fino a raggiungere  il fianco della montagna. Studiò Legolas, doveva assolutamente chiedergli di Eldihen. Non perse tempo curvando il suo collo “Ieri hai parlato con Eldihen?”
 
“Pare che tu lo sappia già” la sua espressione non mutò. Un raggio di sole colpì i suoi occhi e le labbra rosate, illuminando anche la collana sul collo di Aragorn.
 
L’uomo prese coraggio, passando le dita sul gioiello che gli aveva donato la sua amata Arwen. La stella del vespro forse gli avrebbe portato fortuna, sciogliendo la tensione che provava ma che non poteva mostrare al compagno “Gimli mi ha parlato come potrai immaginare. Siete stati a lungo insieme?” si finse interessato, sperando di storcergli qualche informazione.
 
“No, io sono tornato presto al mio posto e lei al suo” si voltò notando, nonostante gli sforzi di Aragorn, il turbamento dentro i suoi occhi. Schiuse le labbra, lanciando uno sguardo in lontananza, per poi tornare a fissare l’amico “Perché lo chiedi?” Aragorn era un uomo riservato, gli sembrò strana la sua curiosità. Sapeva che era dispiaciuto per Eldihen, ma trovò bizzarro il suo marcato interesse.
 
“Giusto per curiosità…” si voltò. I ciuffi castani si fermarono sulle sopracciglia, in contrasto agli occhi verdognoli “Quindi Eldihen è tornata con Eowyn?” chiese pacato. Cos’avrebbe fatto? Eldihen era sparita nel nulla e nessuno conosceva il punto in cui si era fermata la sera prima. Erano pronti per partire e dell’elfa non c’era traccia.
 
“Penso di si” incuriosito si girò in sua direzione, guardandolo con aria scettica “Tutto apposto Aragorn?”
 
“Si… speravo di trovarvi insieme!” disse la prima cosa che gli passò per la testa, pensando a dove potesse trovarla.
 
Legolas considerò il suo volto impensierito senza dir nulla. Con fatica Aragorn si allontanò. Lasciandogli una pacca sulla spalla, tastando la stoffa ruvida del mantello. Non diede spiegazioni, né lo salutò. Era troppo in pensiero, non ce la faceva proprio a sforzarsi.
 
Per Legolas era difficile comprendere lo strano comportamento di Aragorn, specie dopo averci parlato. Lo guardò, mentre scompariva in mezzo alla folla. Non lo seguì, riflettendo sulle sue domande. Forse era stato Gimli a mandarlo, proprio come l’aveva spinto verso Eldihen la scorsa sera. Credendo per vera quell’ipotesi si avvicinò ad Arod, tolse la faretra e l’arco dalle spalle, accudendo i bisogni del suo destriero. Ripensando allo sguardo afflitto di Aragorn, una brutta sensazione si fece largo nella sua mente. Si bloccò, meditando. Ricacciò i cattivi pensieri, lasciando correre lo sguardo sui soldati. Doveva stare sereno.  
 
Aragorn tornò da Eowyn e Gimli. Non si erano spostati dal punto in cui li aveva lasciati. Le persone camminavano insieme, riformando la processione di ieri, intenti a raggiungere il fosso di Helm. Si fermò angosciato. Strinse l’elsa della sua spada, come soleva fare quando era nervoso, lisciò i suoi capelli spostando il volto “Ditemi che l’avete trovata!”
 
 Abbassarono entrambi gli occhi sul prato ricoperto di polvere e pietre. Eowyn non parlò, Gimli a sua differenza trovò il coraggio di rivelargli ciò che aveva trovato in sua assenza “Guarda” alzò la mano, mostrando all’uomo il mantello che aveva donato ad Eldihen. “E’ il mantello che le ho dato”
 
“Dove l’hai trovato?” afferrò la stoffa tra le mani, guardando basito Gimli. Quella storia non gli piaceva affatto. Aprì il mantello attorcigliato, scorgendo delle macchie di sangue vicino alle cuciture esterne. Il suo sguardo indugiò sulle chiazze rosse. La preoccupazione lo travolse e la speranza morì nel suo petto. Allargò i lembi della stoffa mostrando ai due ciò che aveva visto.
 
“Mio signore” gli occhi di Eowyn erano velati da mille paure, si avvicinò ad Aragorn per schiudere il pugno chiuso in cui teneva la collana di Eldihen, che aveva trovato insieme a Gimli, nascosta sotto una pietra. Era addolorata, le tremò la mano quando Aragorn le lanciò uno sguardo incredulo, assaporando come lei l’amarezza di quella brutta scoperta.
 
Allungò la mano esitante, sfiorando la catenella spezzata sulla pelle bianca di Eowyn. La gemma brillante gli ricordò gli occhi vitrei della fanciulla. Rivide il suo volto sorridente, seguito da scene in cui Eldihen correva con i suoi capelli ondulati e lo guardava con ammirazione, ma quel ricordo sfumò, stroncato dall’immagine del mantello insanguinato e della collana spezzata “Non voglio crederci!” delicatamente prese il gioiello nelle sue mani, alzando il viso per incontrare i volti tristi di Gimli ed Eowyn “Non piangete, non dobbiamo pensare al peggio, non è detta l’ultima parola, anche se tutto sembra perso. Cerchiamola!” posò le mani sulle spalle dei due ragazzi, intrappolandoli in uno sguardo carico di coraggio. Non poteva accettare quella situazione, avrebbe indagato, come quando a Fangorn aveva trovato le cinture di Merry e Pipino, scoprendo che i due Hobbit erano vivi.
 
“Il mantello puzza di orco!” constatò Gimli, sospirando amaramente. Non voleva illudersi, era già doloroso accettare la scomparsa di Eldihen.
 
 
“Restate uniti, cerchiamola insieme, non può essere scomparsa nel nulla. Voglio vedere il suo corpo!” alzò la voce incollerito, non volendo darsi per vinto. Un uomo si girò osservando la scena, poi continuò a camminare insieme agli altri, ignorandoli.
 
“Come desideri” Eowyn accettò la proposta di Aragorn, ed anche se Gimli era restio, si unì alle ricerche.
 
Indugiarono a lungo, le persone passarono guardandoli mentre loro si spostavano, esaminando il terreno, in cerca dell’elfa.
 
Ascoltando i commenti della gente Eowyn si sentì sola. Pensò alla sua amica appena trovata e già sparita. Il sole rovente ed i continui spostamenti la costrinsero a sbottonare il suo mantello. Moriva di caldo.
 
Gimli superò il prato, fermandosi in un punto isolato. Scostò con l’ascia i pezzi di terra induriti, imprecando nella sua lingua. Asciugò il sudore dalla fronte, spostando i capelli dietro le spalle. Tornò da Aragorn che girava intorno al campo.
 
Erano trascorsi venti minuti, passati a vagabondare senza meta in mezzo alla gente. Eowyn, Aragorn e Gimli erano rimasti soli, lontani dal gruppo, in mezzo alla natura selvaggia: gli uccellini spiccarono il volo nel cielo azzurro. Udirono il ronzio delle api e delle zanzare, insieme ai discorsi della folla in lontananza.
 
La frustrazione era troppo grande, rimasero immobili, guardando la stoffa del mantello a terra, vicino ai ciuffetti d’erba. Sarebbero dovuti tornare dagli altri, ma era difficile continuare, lasciando definitivamente ogni speranza. Avevano cercato ovunque e si trovarono tutti e tre stanchi e privi di forza. Ma come era possibile? Aragorn lanciò un calcio ad una pietra, digrignando i denti. Non si era accorto di nulla, Eldihen era scomparsa improvvisamente. Nessuno l’aveva aiutata, nessuno era in sua compagnia.
 
Legolas era lontano dalla carovana, controllava i sentieri in silenzio, con l’arco in mano. Scrutò le persone avanzare con carri e cavalli. Il suo sguardo vigile ricercò i suoi amici, senza però avvistarli. Si insospettì, aguzzò la vista, spostandosi lungo il prato. Il vento agitò il suo mantello mentre camminava nella direzione opposta alla loro meta.
 
Preoccupato non vedendo nessuno dei suoi compagni, si allontanò, fermandosi su un blocco al suolo. Studiò attentamente il paesaggio, soffermandosi sulle ultime persone rimaste infondo alla fila, in cerca di Aragorn e gli altri, ma non li vide. Si spinse un po’ più lontano, trovandoli insieme, riuniti nel punto di partenza. Erano fermi in mezzo al prato, immobili come pietrificati dalla luce del sole.
 
Scattò come una molla, saltando dal piccolo dirupo in cui si trovava. Camminò velocemente in loro direzione, stringendo il suo arco tra le mani. Il vento gli spettinò i capelli. Era allarmato dal loro comportamento. Gli si avvicinò, guardandoli con area sospetta.
 
“Perché vi siete fermati? Raggiungete gli altri alla svelta” disse pacatamente, vedendo Aragorn girarsi nella sua direzione, con in faccia un’espressione che non prometteva nulla di buono. Gimli era affianco ad Eowyn. Anche loro due sembravano addolorati per chissà quale ragione. Si allarmò, spostando i suoi occhi velocemente sui tre, alla ricerca del volto di Eldihen che non c’era. La preoccupazione aumentò inesorabilmente. Strinse le palpebre, respirando lentamente. Guardò Aragorn a lungo, ripensando al loro dialogo. Collegò tutti i tasselli mancanti, comprendendo che era capitato qualcosa all’elfa. Era ovvio, tutto tornava: le domande ambigue dell’uomo, il loro allontanamento, l’assenza di Eldihen ed i loro volti afflitti. Trattene il fiato per istanti che gli parvero interminabili, impugnando il suo arco con timore “Dov’è Eldihen?” chiese secco lanciando uno sguardo autorevole ad Aragorn.
 
Incapace di spiegarli l’accaduto abbassò il mento, completamente stanco e scombussolato. Calò un silenzio gelido, seguito da sguardi profondi e da lacrime trattenute dentro le palpebre. Eowyn nascose il suo volto dietro una mano, afflitta per la scomparsa della ragazza. Nessuno parlò, sembravano muti, non esistevano parole in grado di spiegare ciò che stavano patendo.
 
“Aragorn” Legolas afferrò il suo braccio. Era serio, il suo viso increspato da preoccupazione “Dov’è Eldihen?” domandò scandendo bene le parole. Un fremito percorse la sua anima in attesa di conoscere una risposta che non gli sarebbe piaciuta. Voltò il collo guardando gli occhi lucidi di Gimli “Parlate” non riuscì a comprendere quel silenzio che dentro di lui scatenò un rumore incessante. I suoi pensieri si bloccarono alla vista dei loro visi inquieti, delle loro labbra serrate. Era addolorato e nervoso.
 
Aragorn gli diede una pacca sulla spalla, facendolo voltare in sua direzione “Non lo sappiamo. E’ sparita, la cerchiamo da stamattina, ma…”
 
“Perché lo vengo a sapere ora?” chiese trattenendo la sua frustrazione. Le pupille si dilatarono ed il suo viso si incupì.
 
“Non volevamo farti preoccupare, giovanotto” Gimli camminò bloccandosi davanti a lui, con aria compassionevole.
 
“Per questo mi chiedevi di lei!” non allontanò i suoi occhi da quelli di Aragorn “Da quant’è che la cercate?” chiese rimanendo sostenuto, nonostante la fitta che gli stringeva il cuore.
 
“Da stamattina!” confesso Eowyn sospirando “nessuno di noi l’ha trovata”
 
Spostò la testa in direzione del sentiero sconquassato, senza perdere il controllo. Era nervoso, teso come una corda di violino ”La cercherò io, tonate indietro” fece per allontanarsi, con lo scopo di andare a  riprendersi la ragazza e portarla via con sé, ovunque lei si trovasse, pronto a mettere da parte l’orgoglio e le loro incomprensioni. La paura in quel momento era fortissima. Promise a se stesso di non abbandonarla più, gli sarebbe stato accanto e l’avrebbe ricondotta dal gruppo.
 
“Legolas” Aragorn lo bloccò dal braccio, catturando i lembi della sua tunica “Non c’è nulla da fare!” la sua voce era spezzata dal dolore “Mi dispiace”
 
“Ma che stai dicendo?” si fermò, girandosi nuovamente. Il suo cuore iniziò a battere violentemente, mentre l’angoscia cresceva ad ogni pulsazione.
 
Il ramingo lanciò uno sguardo complice al nano che, intuendo la sua richiesta si portò in avanti. Allungò la mano dietro la sua schiena, mostrando a Legolas il mantello sporco di sangue e la catenina frantumata.
 
Rimase pietrificato, come se gli avessero sbattuto una porta in faccia. Attesero tutti che lui parlasse, ma Legolas non disse nulla, fissando i due oggetti con profondo dolore, immobile. Non poteva essere, non riuscì a credere a ciò che stava accadendo, era troppo doloroso per essere vero. La sua anima si spezzò, proprio come la collana davanti ai suoi occhi.
 
Pensò immediatamente ad Eldihen, a ieri sera, a quando lei si era messa a piangere. Delle scene si susseguirono una dietro l’altra, senza fermarsi: erano insieme abbracciati sotto gli alberi della foresta, lei si era appena ripresa, stretta tra le sue braccia, era fragile. Cambiò il panorama. La rivide in una notte stellata, mentre camminavano mano nella mano. Gli sembrò di avvertire l’odore dolciastro dei suoi capelli, la morbidezza della sua pelle. Spuntarono tra i ricordi le sue labbra, le sue guancie. Quando l’aveva lasciata da Nihil l’aveva baciata vicino alla bocca. In quel circolo di pensieri gli rivenne in mente la notte in cui lei aveva preso l’arco, il suo allontanamento e le mani di Eldihen che lo cercavano. Sentiva in testa la sua voce che gli chiedeva scusa. Non era stata colpa sua, ma lui era troppo orgoglioso e confuso. Rimase immobile di fronte ai ricordi, vedendoli andar via dalla sua mente, mentre il colore del mantello si faceva più nitido, smorzando le immagini che portava nel cuore.
 
“E’ giusto che li tenga tu!” Gimli gli consegnò tra le mani i due oggetti. Legolas deglutì respirando velocemente, strinse tra le dita il mantello, senza parlare. Erano le ultime cose che rimanevano di Eldihen.
 
 
 
Eldihen correva nella foresta. Sentì il vento scagliarsi contro la sua pelle, mentre spostava i rami degli alberi, per superare gli orchi dietro di lei. Si fermò, osservando il sentiero inclinato: le foglie rotolarono dal piccolo dirupo, ammassandosi sotto le rigogliose radici a terra.
 
 Aveva già vissuto quella situazione, sentiva nella sua mente i ricordi farsi vivi, anche intorno a lei ogni cosa la riportava ad un posto già visto, dagli alberi forzuti ai rami fitti e sinuosi sulla sua testa. Era tutto uguale a quando era stata aggredita mentre viaggiava verso i Porti Grigi. Era tutto identico alla volta in cui era scappata. Tutto tranne lei.
 
Non aveva stracci addosso. Indossava un armatura di argento, dei pantaloni in tessuto e una cintura, alla quale teneva la spada che le aveva donato Gandalf.
 
Si fermò. Invece di percorrere il sentiero, salvandosi dalla morte, tornò indietro, impugnò la spada scintillante, sfoderandola con un gesto fulmineo. I suoi occhi erano taglienti quanto la lama che stingeva ed il suo cuore duro come il metallo che la componeva. Armandosi di coraggio salì sul sentiero, superò le radici e non si fermò nemmeno quando in lontananza le grida della gente si fecero pesanti, sempre più vicine. Avvertì l’odore del sangue, scattò da dietro una grossa felce, muovendosi lungo il tragitto dissestato, pronta a riscattarsi, salvando gli elfi che erano stati aggrediti come lei. Non sarebbe più scappata, non quella volta.
 
Cercò i suoi compagni, ma non trovò nessuno. Il terreno era macchiato di sangue, si chinò intingendo i polpastrelli. Sentì la collera salire, mentre un senso di frustrazione la fece piegare a terra.
 
Urlò, ripetendosi che era colpa sua. Sganciò dei pugni a terra, le goccioline di sangue le sporcarono il viso e le mani. Guardò gli alberi davanti a sé, disposti in fila, uno appresso all’altro.
 
 In cuor suo sperò che qualcuno fosse vivo e, riprendendosi dallo sconforto si alzò dal suolo e riprese a correre lungo la strada principale. I tronchi  sembravano delle ombre mentre procedeva, muovendo i piedi sulla terra dura. Ricercò con lo sguardo i suoi compagni, fermandosi a metà percorso. Non c’era nessuno. Girovagò all’interno della foresta, immergendosi tra i cespugli. Degli uccellini presero il volo, spaventati improvvisamente da Eldihen, che spostava le larghe foglie per trovare chi oramai era morto da tempo.
 
Scagliò un pugno su una radice, sentendo un forte dolore alla mano. Le nocche erano piene di sangue. Non si fermò, continuando a sfogare la sua frustrazione. Non poteva accettare di essere sola. Aveva avuto una seconda possibilità, ma aveva fallito miseramente. L’amara delusione la travolse lasciandola senza parole.
 
Volse il suo sguardo dietro le spalle, quando improvvisamente percepì un rumore, come di un legno spezzato. Si girò spaventata, attendendo che qualcuno si presentasse. Impugnò nuovamente la sua spada, in attesa di scorgere il volto del suo nemico.
 
Il suo cuore batteva incessantemente, tremò, ascoltando i rumori attigui. Non c’era nessuno, a parte gli alberi intorno. Indietreggiò, abbassando la guardia e fu proprio in quel momento che, una mano dietro di lei la bloccò, tappandole la bocca.
 
Eldihen scostò con le dita la mano del suo nemico, dimenandosi per sfuggire alla presa. Avvertì il corpo dello sconosciuto premere contro il suo. In quel momento di totale sconforto e smarrimento, allungò il braccio e prese tra le mani la spada di Gandalf. Tagliò con un gesto le dita del suo aggressore, allontanandosi dalla sua presa. Respirò affannata, poggiando le mani sulle ginocchia.
 
Si voltò pronta a difendersi, ma non trovò un uomo, né un elfo, né un orco: vicino ad una roccia, giacevo sparsi a terra dei pezzi di vetro, erano spessi e trasparenti.
 
Eldihen sgranò gli occhi, precipitandosi al suolo per prenderne uno tra le mani. Lo portò alla luce del sole, analizzandolo attentamente.
 
Era strano. Aggrottò le sopracciglia, custodendo quell’oggetto dentro la tasca dei suoi pantaloni, pronta a ricercare gli elfi, donando soccorso a chi bisognava.

 

 
Eldihen aprì lentamente gli occhi, rabbrividendo a contatto con il freddo pavimento in pietra. Si girò di poco per udire i discorsi dei due orchi che l’avevano rapita la sera precedente. Era stato organizzato tutto alla perfezione, l’avevano imbavagliata trattenendola aggressivamente dalle braccia, ed anche se si era ribellata, scatenandosi per ostacolarsi, uno dei due, per immobilizzarla, le tagliò una coscia, lasciandola dolorante, incapace di muoversi o di chiedere aiuto.
 
Aveva i polsi e le caviglie legate ed in bocca una pezza nera. Si spostò su un fianco, guardando le sbarre nere davanti a sé. Si trovava in una cella, rinchiusa in quattro mura di cemento ed un’unica finestra, dove passava una nube di fumo grigio.
 
Mugugnò, attirando l’attenzione dei due orchi. I loro visi erano spaventosi. Si voltarono osservando il corpo di Eldihen accucciato ad un angolo. Era priva di forze, completamente sconvolta e dolorante. Sentiva il taglio alla coscia destra pulsare tremendamente.
 
“Oh ma è sveglia!” sorridendo in modo inquietante l’orco seduto vicino le sbarre si alzò da terra, mostrando le sue zanne gialle alla ragazza “Dammi la chiave!” tirò un pugno ad un’orripilante creatura dalla pelle nera e gli occhi gialli. Sembravano due demoni.
 
Eldihen strisciò dolorante a terra, quando vide il primo orco scegliere la chiave giusta dal mazzo. Osservò il sangue sul pavimento, notando che il suo vestito ne era pregno. Con stupore constatò che portava la spada che le aveva donato Gandalf, e per un istante trovò coraggio, ricordando le parole dello stregone.
 
Un dolore lancinante la costrinse a chiudere gli occhi, li riaprì ascoltando il rumore della porta della cella che era stata appena spalancata.
 
La paura la immobilizzò, ascoltò i passi della creatura farsi attigui “Alzati” la prese dalle spalle costringendola a rimanere in piedi nonostante la ferita che aveva sulla coscia. Trattenne il respiro quando percepì il fetore proveniente dalla bocca dell’orco. Aprì gli occhi guardando il viso sporco davanti al suo, allontanandosi leggermente con il collo. Era inquietante “Il nostro signore ti vuole vedere” la spinse in avanti facendola precipitare a terra. Eldihen si schiantò contro il pavimento, ricevendo un colpo in testa.
 
I due orchi risero di gusto, afferrandola dai capelli per farla rialzare. Le tagliarono la corda alle caviglie lasciandola camminare. Uscì dalla gabbia, affiancata dagli orchi che, la condussero in una sala composta da mattoni. Sul muro anteriore c’era una scala a chiocciola, composta da legno massello e metallo nero. Ai lati notò delle finestre ovali che percorrevano il muro, seguendo il movimento dei gradini. Superò la lunga scalinata, anche se non era in forza.  Strinse la stoffa tra i denti, procedendo lentamente. La spinsero con dispetto, per poi risollevarla brutalmente. Eldihen li guardò dalla finestra alla sua destra una valle nera, piena di fumo: gli orchi si muovevano avanti e indietro, trasportando dei grossi tronchi d’albero. sul terreno vi erano delle cavità, dal quale fuoriuscivano delle vampe di fuoco rosso. Non scorse altro, se non cenere e polvere. Pensò di trovarsi nell’inferno, anche se ancora non aveva visto nulla.
 
Dopo aver superato la scalinata gli orchi si bloccarono dinanzi una porta in ferro battuto. Eldihen osservò i ghirigori, attendendo che l’uscio si aprisse. Entrò spinta a forza, accecata dalla luce di un lampadario, la prima luce che aveva illuminato i suoi occhi.
 
Schiuse le palpebre affaticata, osservando la stanza in cui si trovava. Era molto grande. Le pareti erano immense, tutte nere, con delle larghe vetrate che si affacciavano sulla valle che aveva visto poco fa. C’era uno scrittoio pieno di libri chiusi e aperti, sparsi ovunque, dalle copertine sgargianti, di ogni colore e di ogni lingua presente nella Terra di Mezzo. Alzò il viso per guardare il tetto spiovente ed il lampadario che scendeva a terra, sorretto da spesse catene nere. Spostò il suo sguardo sulle incisioni dentro le finestre, sormontate da delle colonne in marmo. Si sentì persa, impaurita da qualcosa che nemmeno lei sapeva chiamare, in pensiero per i suoi amici e per la sua vita.
 
“Cosi è lei la ragazza dell’arco!” uscì da un passaggio, un vecchio vestito di bianco, con un bastone nero. Eldihen si girò di scatto con le mani legate dietro la schiena, spaventata dalla voce dello sconosciuto. Il suo sguardo passò velocemente dai candelabri sul pavimento, agli occhi neri dell’uomo che le si parò davanti, avvicinandosi al suo volto “Cacciatele la pezza dalla bocca” ordinò, sedendosi su una sedia.
 
Non riuscì a riflettere, sentì solo le mani degli orchi sulla sua pelle e finalmente l’aria le accarezzò le labbra. Respirò ansimante, guardando gli occhi color ossidiana di quel vecchio davanti a lei. Mille dubbi scatenarono un uragano dentro la sua testa. Non poteva accettare di trovarsi in quel luogo, trascinata a forza dai due orchi dietro le sue spalle.
 
“Qualcuno vi ha notati?” domandò l’uomo dai capelli bianchi.
 
“No abbiamo fatto come hai detto tu mio signore: in silenzio, di notte, quando la ragazza era sola” spiegarono respirando sul collo dell’elfa che sussultò spiazzata dalla rivelazione.
 
“Avete cancellato le tracce a terra?”
 
Una voce familiare l’attirò, facendole girare il viso in direzione del passaggio da cui era uscito il vecchio dalla barba bianca. Eldihen aprì la bocca spiazzata dalla figura di Nihil. L’elfo era bellissimo come sempre, la guardava in lontananza, con le braccia conserte ed i piedi incrociati. Gli occhi sfilati e azzurri si posarono sul corpo stremato di Eldihen. La raggiunse, mentre lei lo studiava.
 
“Nihil!” esclamò la fanciulla vedendolo davanti a sé. Era più alto di quanto ricordava, affascinate e seducente. Il suo volto sembrava uscito da un dipinto, era perfetto, nemmeno la mano di un pittore sarebbe riuscita ad imitare quei tratti marcati. Nihil sembrò l’unica luce presente in mezzo a tutte quelle tenebre.
 
“Si abbiamo cancellato le nostre impronte”
 
“Bene” portò l’attenzione alla ragazza, ammirando il suo volto, il naso sottile e la curva delle sue labbra, sfoggiando un ghigno soddisfatto “Eldihen cara, mi spiace vederti così, ma mi hai costretto a trascinarti da me con la forza. Non mi hai portato nemmeno l’arco che ti ho chiesto”
 
Le sembrò di essere presa in giro. Chiuse le palpebre per poi lanciargli uno sguardo truce “Non è bastato l’incantesimo che mi hai lanciato? vuoi proprio vedermi morta?” chiese con rabbia. Un orco allungò le mani per farla tacere, ma Nihil svelto bloccò la sua mossa, lanciandogli un’occhiata colma di rimprovero.
 
“Gandalf pensa di credersi saggio. Ti ha salvata dall’incantesimo, ma sapeva che non sarebbe finita” rispose Saruman, comodo sul suo trono nero. Era riuscito a stringere la mano sulla mente di Nihil anni fa, ed ora aveva anche Eldihen, ma non avrebbe mai potuto immaginare che Gandalf gli avrebbe presto tolto ogni cosa. Ne era lontano.
 
“Eldihen mi hai costretto, se avessi voluto collaborare con…”
 
“Ma che faccia tosta hai Nihil?” non riuscì a capire se sentiva più rabbia o paura. Il tono irrisorio dell’elfo le diede sui nervi. Osservò la veste nera e oro che indossava, soffermandosi a guardare la tiara sulla sua testa e la collana che scendeva lungo il petto forzuto.
 
“Eldihen se io voglio una cosa me la prendo” la raggiunse con uno scatto fulmineo. Afferrò il suo busto, avvicinandola a sé, con le mani che le aveva stretto intorno al torace. Annusò il profumo dei suoi capelli, vedendola indietreggiare “E presto avrò tra le mani l’arco di Legolas”
 
“Lascia perdere l’arco, quando tutto questo sarà finito prenderai il suo regno e ne diventerai il padrone. Sauron ti ripagherà vedrai” proferì lo stregone rassicurandolo. Nihil la lasciò, curvando le sue labbra carnose in un sorriso sornione.
 
“Avrò tutto ciò che è suo”strinse un pugno appagato, guardando Eldihen. Legolas avrebbe sofferto per la sua perdita, proprio come lui anni fa quando era stato cacciato da Bosco Atro..
 
“A te non interessa l’arco. Vuoi solo vendicarti di Legolas” intuì l’elfa studiando attentamente il suo viso. Le sembrò un libro aperto, dai suoi occhi uscivano informazioni senza che lui parlasse.
 
“In realtà l’arco mi interessa e come! Penso che io sia degno di possederlo a sua differenza, capisci?” le lanciò un’occhiata, giungendo le mani dietro la schiena, intrappolando i capelli lunghi e castani.
 
“Quindi mi hai fatta rapire per fargli un’onta?” domandò con voce bassa, guardandolo come se fosse solo lui presente in quella stanza.
 
“Era un capriccio che volevo togliermi” allungò le dita per toccarle il collo scoperto,  scivolò sulla pelle morbida, fino a giungere alla curva del seno, stretto dentro il tessuto del suo vestito. La esaminò dalla testa ai piedi e, come se richiamato da una starna voce, fermò lo sguardo sulla spada che Eldihen portava in cinto “E questa?” senza riflettere o immaginare ciò che portava con sé la fanciulla, afferrò istintivamente l’elsa tra le mani. Sfoderò l’arma e la guardò, mentre la lama si illuminava, intrappolando la sua vista. Accecò, perdendo per qualche istante la facoltà di ascoltare. Gli sembrò che la sua carne fosse stata trafitta da quella lama brillante. Udì in cuor suo, la magia che Gandalf aveva lanciato dentro la spada, sbattendo le ciglia. Il male che si portava dentro da anni, iniziò a muoversi, come se fosse fumo nero trascinato dal vento. La magia era potente e silenziosa. Penetrò dentro la sua pelle, scorrendo nelle sue vene. Nessuno se ne accorse, anche se a Nihil sembrò come un secchio colmo di acqua limpida, gettato sul suo cuore nero, macchiato da falsità ed inganno.
 
Nihil serrò gli occhi a causa del bruciore. Una sola lacrima nera gli rigò il viso. In essa era contenuta parte della magia di Saruman. Asciugò velocemente le guance, stringendo con riluttanza l’elsa della spada “Tieni questo dannato aggeggio” frettolosamente rinfoderò la spada, sentendosi marchiato dalla lama.
 
“Nihil!” Eldihen si portò in avanti, guardando i suoi occhi azzurri “Ma cosa stai facendo? Anche se otterrai il regno di Legolas, cosa ne farai? Diventerai il re di cosa? se Sauron dovesse vincere la guerra ti accontenterai a dividere la sua ombra e sarai suo schiavo, re delle tenebre. E questo che vuoi?” sbraitò fuori di sé, irritando Saruman.
 
Nihil si avvicinò, indispettito e scosso, chinò il viso avvertendo un dolore lancinante al petto. Era come se la sua anima si stesse dividendo a metà, in lotta con sé stesso “Conducetela nella sua prigione!” ordinò brutalmente zittendo Eldihen.
 
 
 
Era difficile distrarsi quando dentro il suo cuore avvertiva tanta sofferenza, ma Legolas era bravo a trattenere ogni emozione dentro i suoi occhi. Lo aveva imparato da anni, da una vita. Il suo dovere di principe era quello di sostenere il regno, nonostante le continue minacce, e anche il suo ruolo da figlio era il medesimo. Non aveva mai mostrato a nessuno il suo dolore, specialmente in guerra. Era letale.
 
Per Aragorn fu difficile comprenderlo, i suoi occhi erano impenetrabili, lo trovò sostenuto, nonostante il dolore che gli lacerava il cuore, come se avesse una spada infilzata nel petto. Legolas alzò il viso, apparendo nervoso e profondamente scosso, guardò attentamente i suoi compagni, cercando di razionalizzare l’accaduto, senza però osservare il mantello e la collana, sicuro che sarebbe crollato senza volerlo, ma lui non poteva vacillare “Tornate indietro, io vado a cercare Eldihen!” proferì autoritario voltandogli le spalle. L’elfa non poteva essere morta, l’avrebbe cercata da solo, ignorando i suggerimenti di Aragorn.
 
“Legolas non ha senso, lei è scomparsa” evitò di dire che secondo lui era morta, per non turbarlo. Sapeva che si sarebbe comportato in quel modo. Gli si avvicinò, ma Gimli lo trattene dal braccio, lanciandogli uno sguardo di dissenso
 
“Ennas ad estel Aragorn ( C’è ancora speranza Aragorn)” rispose girandosi di poco, per mostrargli quanto era confuso. Non poteva accettare di averla persa senza muovere un dito, infondo anche loro si erano allontanati per trovarla “Andate via”
 
“Fai come ti dice Aragorn, ha il diritto di cercarla, cerca di comprenderlo” sussurrò il nano capendo perfettamente il turbamento di Legolas ”E’ molto addolorato, torna indietro con dama Eowyn, vai io andrò con lui!” gli lasciò una pacca sul braccio, attirando la sua attenzione.
 
“E va bene” accettò guardando Gimli. Si allontanò con difficoltà in pensiero per l’amico e triste per la sparizione di Eldihen. Forse Gimli aveva ragione, Legolas avrebbe dovuto fare quello che si sentiva, non poteva vincolarlo, specie in quel momento di profondo sconforto. Sapeva quanto era importante Eldihen per lui. Lo era stata dal primo momento “Torniamo indietro Eowyn” sfiorò la spalla della donna. Lasciarono Gimli e Legolas, sparendo tutte e due. Aragorn si voltò per guardare l’elfo con apprensione, tornando al gruppo.
 
Legolas studiò l’intera zona, ma prima di spostarsi considerò Gimli dietro di lui, scoccandogli uno sguardo eloquente. Era stato chiaro, sarebbe dovuto andarsene per lasciarlo solo “Torna indietro”
 
“Non intendo lasciarti solo”
 
Legolas sollevò gli occhi, sospirando pesantemente. Era decisamente nervoso. Non era stato informato della scomparsa di Eldihen e Gimli testardamente non intendeva andarsene, cos’avrebbe dovuto fare? Era già tanto se stava mantenendo i nervi saldi, dato il profondo dolore provava “Gimli”
 
“Io so come stai, e non voglio lasciarti solo in un momento simile. Cerchiamo Eldihen insieme e sappi che non riceverò un no come risposta, ti seguirò in ogni caso. Non mi manderai indietro nemmeno con le tue frecce, è inutile, risparmia il fiato e corri giovanotto!” camminò in sua direzione, risoluto e determinato, scoccando uno sguardo al suo amico che sembrò accettare la sua decisione senza ribattere.
 
Legolas conosceva bene la fermezza dei nani, specie quella di Gimli ed era grazie a questa sua qualità se la sera precedente era stato con Eldihen. Se non fosse stato per Gimli l’avrebbe persa senza nemmeno parlarle per l’ultima volta. Strinse la stoffa del mantello che aveva in mano, non doveva abbattersi, non sarebbe stata l’ultima volta, lui ed Eldihen avrebbero parlato ancora. Spinto da quel pensiero corse in mezzo all’erba verde, seguito dall’amico. Saltò da una roccia, guardando  dietro le sue spalle, a terra, ricercando delle tracce. Non trovò nulla.
 
Ripercorsero il sentiero una decina di volte, tutte e due in silenzio, ormai lontani dal gruppo, con il cuore ovattato da mille sensazioni e sentimenti. Legolas camminò meno velocemente, fermandosi su una collina. Guardò a terra, in basso, ammirando uno scintillante fiumiciattolo. Si bloccò deluso, non aveva trovato nulla, l’unica cosa che gli rimaneva erano i due oggetti che teneva in mano e che, dopo lunghi attimi trascorsi a correre, guardò, bloccandosi. Si lasciò trasportare dai cattivi pensieri. Accarezzò la stoffa del mantello con nostalgia.
 
“Ehi giovanotto!” Gimli sembrava fiutare il suo turbamento, anche quando Legolas era girato di spalle. Lo affiancò, alzando gli occhi per osservare la sua pelle diafana, le spalle larghe, ma non troppo da sostenere la sofferenza che si trascinava.
 
“Ieri sera l’ho incontrata grazie a te” sussurrò non distogliendo lo sguardo dal mantello. Rimase immobile, con il volto serio, non lasciò trapelare alcuna emozione, anche se la voce lo tradì “Era felice di vedermi, i suoi occhi brillavano anche nel buio. Era bellissima” confessò ricordando il suo volto “Ma io ero distante e lei si è messa a piangere. Soffrivo a vederla triste, ma se fossi tornato indietro le sarei stato accanto e lei sarebbe stata con me adesso. Invece l’ho lasciata sola…”
 
“Lei ti ama molto” non riuscì a trattenere il suo commento “E nonostante il tuo orgoglio da principe e la contesa con quel Nihil, ami anche tu Eldihen e se non sei riuscito a perdonarla è perché la ami così tanto da non volerlo accettare, perché lei in qualche modo è stata in contatto con un tuo nemico. Sei innamorato Legolas, puoi negarlo quanto vuoi ma è chiaro” sentenziò vedendo i suoi occhi attenti.
 
“E’ proprio cosi” ammise lasciando che la corazza crollasse.
 
 
 
 
Si sentiva male, da quando aveva toccato l’elsa di quella maledettissima spada. Non lo diede a vedere ma dai suoi occhi sgorgavano delle lacrime nere come l’inchiostro. Si chiuse in camera, sentendosi sconfortato, diviso a metà. I sensi di colpa iniziarono a farsi vividi, come la magia che lo aveva curato dai malefici di Saruman. Gandalf era stato in grado di scorgere ciò che portava nel suo cuore. Nihil non era un santo, ma Saruman l’aveva sedotto, conquistandolo con le arti nere.
 
Si sdraiò malamente sulla sedia divaricando le gambe. Era la quinta volta che lavava il suo viso da quel lerciume nero che sgorgava dai suoi occhi. Nel silenzio della stanza gli vennero in mente le parole di Eldihen riguardo alla sua unione con Sauron. Pensò che infondo avesse ragione e, riflettendo con calma, dedusse che in quell’arma ci doveva essere qualcosa di nascosto, di potente ed impercettibile. Lo sentiva dentro.
 
 Si alzò di scatto come un leone, spalancò le porte della sua camera, raggiungendo la gabbia di Epon. Solo in quel momento notò gli occhi tristi dell’animale, la sofferenza che lo contrassegnava. Sembrava che stesse soffrendo per lui. Ma che diamine gli stava capitando? Urlò, scaraventando a terra un candelabro. La cera deturpò il pavimento in marmo. Respirò velocemente, il petto si alzò e si ribassò. Era in bilico, in piena crisi emotiva. Tirò i suoi capelli imprecando in elfico. Non poteva crollare. Era al punto di non ritorno, presto avrebbe conquistato ogni cosa, ma non aveva fatto i conti col suo destino. Non avrebbe potuto controllare la volontà di Eru.
 
Massaggiò le tempie, ripensando a ciò che gli stava accadendo: si sentiva in torto, senza nemmeno sapere come potesse essere possibile. Come poteva una spada colpirlo senza che lui se ne rendesse conto? eppure era così, aveva una ferita nell’anima, molto più profonda di quanto pensasse.
 
“Dannazione” si trascinò al suolo. Il suo mantello ricoprì una grossa piastrella a terra. In lotta con sé stesso e con le sue idee si sdraiò sul pavimento, guardando il soffitto. Non poteva credere a ciò che stava pensando. Provava dispiacere per aver voltato le spalle al suo popolo, anche se tempo fa aveva subito una perdita importante che lo aveva trascinato nel baratro della depressione. Saruman l’aveva sostenuto quando Legolas l’aveva cacciato dal regno, non comprendendo il suo profondo dolore. Sbottò, tirando pugni contro il marmo nero “Che razza di spada è?”  sbraitò alzandosi da terra. Camminò avanti e indietro lungo la camera, sotto gli occhi impauriti del suo falco. Lo guardò comprendendo il dolore dell’animale. Un’altra lacrima nera gli solcò il viso.
 
“Impazzirò!” sentenziò ascoltando i battiti del suo cuore. La sua anima era dilaniata, come se dentro di sé ci fossero due entità distinte, una bianca ed una nera, in lotta tra di loro.
 
Asciugò rapidamente il suo volto, dirigendosi verso le porte. Spalancò i cancelli, afferrò una torcia per raggiungere le segrete della torre. Doveva capire cosa gli aveva fatto Eldihen. Gli orchi che incrociò erano sbalorditi. Non li considerò, scattando dentro la torre nera. Superò la scala a chiocciola rapidamente, volando su quei gradini. Lanciò la fiaccola che aveva in mano dentro un secchio d’acqua, entrando in un corridoio buio e fetido. Si bloccò davanti alla cella di Eldihen.
 
“Sparite dalla mia vista!” ordinò ai due orchi che erano di guardia.
 
“Ma…”
 
“Muovetevi prima che vi scassi il cranio con le mie mani” urlò facendoli indietreggiare. I due orchi si guardarono impauriti, allontanandosi come Nihil aveva ordinato.
 
L’elfo sistemò i suoi capelli sottili, guardando Eldihen dalle sbarre. Afferrò il mazzo di chiavi appeso al muro, trovando subito quella che gli serviva. Aprì la porta della cella, richiudendola quando fu dentro.
 
La ragazza si alzò da terra, completamente sbigottita. Sgranò gli occhi, andando incontro a Nihil che la fissava. Cosa stava accadendo? Forse stava veramente per ucciderla visto che dai suoi occhi uscivano fulmini.
 
“Dimmi cosa mi hai fatto?” la prese da un braccio trascinandola con forza contro al muro. La guardò, studiando il suo volto, i suoi occhi smarriti. Ogni cosa.
 
“Io niente”
 
La presa sul braccio divenne forte, tanto da costringere Eldihen a sbarrare gli occhi dal dolore “Mi prendi in giro? Quella spada è maledetta. Mi sento male da questo pomeriggio, solo perché ho toccato quella dannatissima spada!” sbottò ricordando il dolore provato a contatto con l’elsa dorata.
 
“Ma che dici? L’unico ad essere maledetto sei tu e soltanto tu Nihil” lo spinse allontanandolo dal suo corpo. Guardò le pareti polverose e le sbarre di metallo. Erano immersi nella penombra, solo il fuoco proveniente dalla finestra illuminava i loro volti.
 
“Io? Ma che ne sai di me ragazzina?” sbraitò avvicinandosi pericolosamente con sguardo minaccioso.
 
“Io so che sei stato in grado di lanciarmi un incantesimo solo per far un torto a Legolas. Io so che gli hai voltato le spalle e hai tradito il nostro popolo e, che adesso sei qui a bacchettare con il nemico. Ti sei venduto per un pezzo di terra… pensando che Sauron ti darà quel che desideri. Ti accorgerai di essere stato usato solo quando ti vedrai a terra, immerso nella pozza nera in cui sguazzi da anni. Ma cosa ti è successo?” le parole le uscirono dal profondo del suo cuore. Lo guardò, era perso, attento a ciò che gli aveva detto.
 
Nihil abbassò le ciglia, sospirando davanti al corpo di Eldihen, massaggiò la fronte, lasciando che, un’altra lacrima scura gli sporcasse il volto. Eldihen spalancò la bocca sorpresa guardando quella goccia nera sulla pelle bianca di Nihil.
 
“Io anni fa ho combattuto per il nostro popolo. Ho perso la mia famiglia per combattere e nessuno si è mai curato di me. Quando re Thranduil ha perso la moglie io ho perso mio padre e gli sono stato affianco nella battaglia, difendendo la mia città nonostante il dolore che provavo. E sono rimasto a lungo a suo servizio anche se stavo male Eldihen. Questo Legolas te l’ha raccontato?” le si avvicinò raccontandole ogni cosa con rabbia, ad un centimetro dal suo viso. Eldihen guardò le sue labbra, il suo naso ed infine gli occhi azzurri. Era dispiaciuta.
 
“Saresti dovuto andare nelle terre immortali, trovando pace”
 
“E cos’avrebbero detto di me? Il re rimaneva anche se aveva perso la moglie e Nihil se ne andava per la morte del padre!” la immobilizzò con le braccia, intrappolandola al muro. Eldihen si sentì schiacciata dal suo forzuto torace, annusando l’odore dei suoi capelli. Si inumidì le labbra, sbattendo più volte le ciglia sorpresa.
 
“Non te ne sei andato per orgoglio” sussurrò appoggiando la schiena ai mattoni.
 
“Morirei per orgoglio Eldihen!” la guardò, muovendo gli occhi sul suo viso “Saruman mi ha compreso e mi ha dato modo di rialzarmi. Il mio dolore è sparito ed io mi sentivo meglio, ma stasera…” la catturò con una mano ”Tu e la tua spada mi avete scombussolato le idee” digrignò i denti incollerito. Sembrava una bomba pronta ad esplodere. Eldihen sostenne il suo sguardo, comprendendo quanto dolore portava dentro al cuore. Provò pietà per lui, per la sua storia, ricordando i  gesti nei suoi confronti, quando si erano trovati soli nella casetta nel bosco.
 
“Lui ti ha annebbiato la mente” allungò una mano e con timore la posò sulla spalla “Nihil, dentro il tuo cuore c’è del buono. Sei troppo accecato in questo momento per rendertene conto!”
 
Rimase sorpreso dalla sua reazione. Nessuno lo accarezzava da anni, né lo guardava come stava facendo Eldihen. Lei sembrava toccargli l’animo con i suoi occhi vitrei. Non rispose, lasciandola continuare ad sfiorarlo. La rabbia si affievolì sotto le dita di Eldihen. Chiuse gli occhi, bloccando repentinamente la mano della ragazza. Non poteva abbassare la guardia.
 
“Eldihen…” la guardò grave, non distogliendo gli occhi dal suo viso increspato “Non ti illudere. Sono stato io ad indicare agli orchi la posizione degli elfi diretti ai Porti Grigi. Io ho ordinato l’assalto. A causa mia la nostra gente è morta e tu Eldihen, ti sei trovata vagabonda sotto gli alberi, viva per chissà quale strano scherzo del destino. Guardami bene in faccia perché io ti stavo per uccidere”
 


Note autrice:
Salve ragazzi, ed ecco il nuovo capitolo. Ci tengo a ringraziavi molto perché nello scorso cap molti di voi hanno inserito la storia nelle seguite e tra le preferite… mi fate sciogliere, sono contentissima. Riguardo alla spada siete sorpresi? Come avete notato l’arma è particolare ed Eldihen sa come usarla, ricordate il flashback con Elrond? quando lei percepisce la magia dell’anello, beh, l’ho inserito per rafforzare questo momento. Vi aspettavate l’incontro con Nihil e Saruman?  della reazione di Legolas cosa ne pensate? Sono troppo curiosa, ditemi tutto.
Riguardo gli aggiornamenti: il prossimo è di sabato;)
Vi ringrazio e vi mando un bacione, alla prossima
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12
 
 
Non riuscì a spiegarsi come potevano delle semplici parole metterle addosso un tale sconforto. Eldihen immobile sgranò gli occhi, appigliandosi allo sguardo impenetrabile di Nihil. Non sentiva nulla dentro di sé sé, né angoscia, né avvilimento. Rimase in silenzio di fronte a quella rivelazione, ripensando alle persone che avevano perso la vita, ai sensi di colpa e a ciò che aveva patito per via di quell’attacco. Se non fosse stato per Legolas lei a quest’ora non sarebbe viva. Il dolore era troppo grande “Forse non ho capito bene” bofonchiò appoggiando la testa al muro. Il sangue le si gelò dentro le vene, i pensieri si bloccarono dentro gli occhi azzurri di Nihil che la guardava con rammarico.
 
“Invece hai sentito bene Eldihen. E’ stata opera mia!” era troppo tardi per rimangiarsi le sue stesse parole. Si drizzò curvando il volto, pronto a sfidare l’elfa, convito che da lì a breve avrebbe scatenato la sua furia contro lui. Si sentì in colpa, provando riluttanza per le sue stesse sensazioni. Non si allontanò, rimanendole accanto, immerso nelle tenebre di quella fredda e puzzolente cella.
 
“Io non ci voglio credere” profondamente sconvolta scosse il collo “Io non voglio crederti, sei troppo turbato, dici cose senza senso!” morse violentemente le labbra, guardando la sagoma di Nihil offuscata dalle lacrime. Strinse un pugno, colpì la parete causandosi un taglio alle mani, anche se il dolore dentro il suo cuore era maggiore, incurabile.
 
“Non sapevo che ci fossi anche tu!” tentò di allungare una mano, ma Eldihen agilmente lo bloccò, strisciando sulla parete. Si allontanò da lui, accovacciandosi in un angolo nero.
 
“Vuole essere una giustificazione?” la rabbia salì quando la sua mente metabolizzò ciò che aveva udito, ricollegando le scene di morte che aveva visto, al volto di Nihil. In effetti era stato strano l’attacco degli orchi quel giorno, la carovana aveva imboccato un sentiero sicuro ma si erano ritrovati circondati. Per tutto quel tempo si era incolpata, credendosi una codarda, anche se era semplicemente impaurita e lentamente era riuscita ad accettare l’evento, dando la colpa alla sorte ingrata. Non poteva ignorare il gesto di Nihil, aveva toccato il fondo. Le lacrime le coprirono il volto, bagnandole il collo ed il seno, sussultò serrando le palpebre. Si accasciò a terra, con le mani tra i capelli “Sono morti tutti quanti a causa tua!”
 
“Non c’è del buono in me!” ed era reale, lo pensava e si stava incolpando dei crimini che aveva commesso, meravigliandosi. Si inginocchiò a terra, guardando la ragazza piangere. I singhiozzi rotti lo fecero sentire ancora peggio.
 
“Sei un demone!” Si alzò da terra vedendolo vicino al suo corpo “Vattene via, non voglio vederti!”
“Non me ne andrò!” l’ombra lo avvolgeva completamente, intrappolando anche il suo cuore in pena. Dai suoi occhi fuoriuscirono calde lacrime di un nero intenso, più scuro della torre di Isengard.
 
“Spigami perché ti stai avvicinando? Non ti vergogni, ed io che pensavo che potessi essere migliore. Mi hai lanciato un maleficio, sarei potuta morire e non ti è interessato nulla. Hai sempre pensato a te stesso, ignorando il bisogno della tua gente e ti sei unito al male… hai fatto uccidere i miei compagni. Io non ti posso perdonare!” non si era mai sentita come in quel momento, sbraitò incollerita mentre piangeva, parlando con le mani tremanti. La pelle completamente bagnata le bruciò, mentre singhiozzava malinconicamente, cercando di inghiottire un boccone troppo amaro.
 
“Non chiedo il tuo perdono” si alzò dal suolo pulendo la polvere dalle sue ginocchia. La sua voce era un sussurro, fredda come una lama di spada.
 
“Ma come fai a parlare senza emozioni? Come riesci a guardarti allo specchio? Sei un assassino!” fuori controllo gli si avvicinò, con gli occhi ricolmi d’ira. Non aveva nulla da perdere, probabilmente sarebbe stata uccisa, sapeva benissimo che nessuno l’avrebbe salvata, sarebbe caduta in quella torre oscura, ma con onore. Non si sarebbe tirata indietro “Mi hai rapita solo per fare un torto a Legolas” non poté fare a meno di menzionarlo, l’amarezza più grande sarebbe stata quella di morire senza vederlo. In quel frangente rivolse il suo pensiero a lui, evocando con la mente i suoi occhi bellissimi.
 
“Come lui ha fatto a me” dichiarò drizzando le spalle, senza rinnegare la sua condotta. Sembrò che se ne volesse prendere la responsabilità, oscurando le sue intenzioni ad Eldihen. Era interamente offuscato dalla magia di Gandalf, in lotta con ciò che restava del male che gli aveva iniettato Saruman “Legolas se lo merita. Soffrirà vedendo coloro che ama morire!”
 
“Legolas è un forte guerriero, ed anche se mi hai separata da lui con i tuoi incantesimi e con la tua prepotenza, sappi che non ci sei riuscito. Io gli sono sempre vicina, il mio cuore è suo e non potrai far nulla per impedirmi di amarlo” sbottò prontamente portandosi in avanti con il busto.
 
Nihil curvò le labbra in un ghigno. Era stato colpito nel segno. Trattenne il respiro fino a che i suoi polmoni si ribellarono, richiedendogli ossigeno. Quella ragazzina non poteva prenderlo dal naso, evidenziando i suoi insuccessi. Non sbottò per quel dannatissimo e insensato senso di colpa che gli stringeva il cuore, evitando di prendersela con lei “E’ a causa di Legolas se io sono qui dentro” ringhiò convinto delle sue parole “Ho seguito Saruman solo perché lui mi ha cacciato dal regno”
 
“Non incolpare gli altri dei tuoi errori”
 
Si esonerò dal rispondere, celando la rabbia dietro il suo sguardo  “Sei tanto presa. Sciocca, lui starebbe bene solo sotto terra, altro che dentro al tuo cuore!” confessò non riuscendo a frenare il suo pensiero. La lingua si era mossa da sola, ed anche se priva di ossa, aveva causato in Eldihen un dolore forte da credere di aver ricevuto una gomitata nello stomaco.
 
“Sei tu quello a dover marcire sotto terra” perse completamente il sennò, ripudiando le parole che aveva udito. Strinse i denti furiosa, sfoderando la spada di Gandalf con un movimento fluido che causo uno stridore metallico dentro la prigione. Impugnò l’elsa della spada, puntandola al collo di Nihil che deglutì a contatto con la lama gelida.
 
Guardò gli occhi di Eldihen, erano valorosi, non più smarriti come ricordava. Si stupì, fissandola con le labbra serrate. Non negò di aver timore di quella spada che diradava le ombre con il suo scintillio, ma in quel momento affrontò i suoi timori. Si avvicinò. Toccò la lama, puntandosela di sua iniziativa al petto. Esercitò una certa pressione, rigando il vestito di velluto “Colpiscimi…” la stupì con quella rivelazione, lanciandole un’occhiata penetrante “So che puoi farlo. Avanti” alzò il capo, sentendo nel petto lo scompiglio totale. Era distrutto “Feriscimi… poi dimmi che è finita!” nello sfiorare il filo appuntito, si tagliò un polpastrello. Eldihen notò che anche la goccia di sangue era nera. La spada sembrava fargli uno strano effetto, provocandogli delle emozioni assopite da tempo, quali il pentimento.
 
Nihil chiuse gli occhi, pronto ad essere infilzato da Eldihen. Non si allontanò, preferendo soccombere prima che il rimorso lo tormentasse. Era difficile combattere contro i suoi peccati, specie in quel momento che la magia di Gandalf stava iniziando a dare i suoi effetti.
 
“Lo farò” esclamò comprendendo che, il colpo più brutale sarebbe stato far impugnare a Nihil la spada stessa. Era cambiato, rivelando con rammarico i suoi crimini, tanto valeva tentare l’ultima carta. Agì velocemente, lasciandolo con gli occhi ben serrati. Afferrò la mano di Nihil e con coraggio e determinazione gli posò l’elsa della spada in mano, digrignando i denti, con il volto corrugato in un’espressione di timore.
 
L’elfo spalancò le palpebre, bruciato dal metallo dell’arma. Si piegò a terra.
 
Ritornarono a colpirlo le sensazioni che aveva avvertito quando aveva preso la spada ad Eldihen. Si strascinò a terra, incapace di tollerare quel dolore. Sentiva un fuoco, penetrargli dalla mano e lacerargli il cuore. Levò un grido strozzato, alzando una mano verso Eldihen. Una luce lo irradiò, mentre il suo animo ascoltava le parole di Gandalf che, lo ferirono maggiormente, frantumando le catene che Saruman aveva legato al suo cuore “Allontanala da me” supplicò Eldihen incapace di muoversi, inginocchiato a terra, in mezzo alla polvere, con il viso increspato, la fronte gocciolante e le mani che gli bruciavano.
 
La ragazza lo guardò, indecisa se assecondare la richiesta o rimanere immobile, fissandolo mentre si dimenava.
 
“Io ti prego!” la supplicò palesando il suo sgomento. Calde lacrime ricoprirono il suo viso, Nihil era svuotato, incapace di arrestare quel pianto oscuro, sentendo il male lasciare il suo corpo definitivamente, goccia dopo goccia.
 
Si precipitò a terra sgomentata. Era troppo, Eldihen destabilizzata dalla scena tolse la spada dalle mani dell’elfo che rimase incenerito a quel contatto. In quel momento di estrema confusione, l’ultima lacrima nera di Nihil scivolò dai suoi occhi e, gocciolando dal mento, ricadde sulla mano sinistra di Eldihen. La ragazza avvertì uno strano bruciore, come se qualcuno le avesse lanciato un carbone ardente, ma presa dall’agitazione non badò. La lacrima nera filtrò dentro la sua pelle, arrivando alle vene, al sangue. Una piccola cicatrice ricoprì  il dorso della mano della fanciulla, ma quando quest’ultima per riflesso alzò il braccio non vide nulla, poiché la piccola ferita sfumò, celandole l’ultimo e più oscuro incantesimo che era uscito dagli occhi di Nihil e che adesso dimorava dentro lei.
 
Anche l’atro elfo non si era accorto di quella goccia che per ironia del destino lo  abbandonò depositandosi su Eldihen. Si rialzò da terra con fatica, osservandola mentre indietreggiava impaurita, con gli occhi attenti ed i pugni serrati.
 
Era sfinito, privo di forze. Non parlò, respirando affannosamente. Considerò Eldihen rivolgendogli una lunga e penetrante occhiata di rimprovero, altalenando lo sguardo da lei alla spada che era finita in un angolo della cella. Richiuse le palpebre sentendo gli occhi bruciare a causa del pianto.
 
La studiò ancora una volta con smarrimento, avvertendo nel cuore una confusione tale da incasinargli i pensieri. Le voltò le spalle, aggrappandosi ad una sbarra di metallo. Uscì dalla cella richiudendo il cancello bruscamente, lasciandola sola, inconsapevole della nuova minaccia dentro al suo corpo.
 
 
 
Legolas sospirò. Davanti alla natura che tanto apprezzava, si trovò a disagio, tra le mani teneva il mantello di Eldihen. Dal suo viso non trapelò il suo sgomento, aveva imparato  nel corso degli anni a trattenere le emozioni, nascondendole nel profondo del cuore. Era fermo, con la schiena dritta, la mascella serrata, perso tra l’azzurro del cielo e dei suoi ricordi, legati agli occhi di Eldihen che erano chiari quanto il manto che gli ricopriva la testa. Cos’avrebbe dovuto fare?  Il suo sguardo scattò sulle rondini, per poi posarsi sulla stoffa del mantello che oscillava mossa dal vento.
 
“Torna indietro Gimli” Il principe si voltò fiero, mostrando tutta la sua maestosa figura. Non sembrava scalfito dal dolore, almeno da fuori non pareva, anche se il suo cuore era sovvertito.
 
“E tu dove pensi di andare?” Gimli inarcò le sopracciglia guardando gli occhi di Legolas muoversi lungo la superficie.
 
Era composto, alla ricerca di qualche informazione. Vigile e attento come un aquila reale, fiero  e forte come i grandi guerrieri elfici del passato.
 
“Vado da Eldihen. Qualcosa mi dice che Nihil ha a che fare con questa faccenda e…” lisciò le decorazioni rialzate presenti sul suo arco, assottigliando le palpebre “Stavolta non ci saranno seconde possibilità!”
 
“Legolas, dovresti accettare la scomparsa di Eldihen, anche se è difficile da superare, e lo so, lo è anche per me, ma è così”
 
“No invece!” ribatté sicuro del fatto suo, con un espressione esperta.
 
“Come no? Abbiamo cercato dappertutto e di lei non c’è traccia. Legolas… “ si bloccò alzando le mani. Il vento passò tra le sue dita, ed anche se aveva i guanti, rabbrividì, vedendo il prato muoversi.
 
“Il suo corpo non l’ho visto” si attaccò a quell’idea, cercando di razionalizzare l’evento, esponendo la sua saggezza e profonda riflessione. Una corazza che aveva fabbricato negli anni, inviolabile, come il suo cuore nobile. Mantenne i nervi saldi, apparendo alto e forte agli occhi di Gimli che, aveva percepito il dolore che si intravedeva dalle iridi del principe.
 
“E che intendi fare adesso? Non ti permetterò di spingerti oltre. Torniamo dagli altri” bloccò i suoi passi, ponendosi tra lui ed una roccia a terra. Sostenne il suo sguardo impugnando l’ascia vicino al suo petto. Gli dedicò l’espressione più cupa che gli riuscì in quel momento di tristezza, ma ciò non riuscì a bloccare Legolas, che lo superò a gran passi, scendendo dalla collina “Spero tu abbia ragione!” esclamò in pensiero per Eldihen. Una voragine si schiuse all’altezza del petto, era un dolore insopportabile, ed ogni volta che appariva sentiva il terreno mancargli da sotto i piedi. Si rattristì, guardando le spalle forzute del suo amico che si spostava agilmente lungo il terreno. Chissà quanto soffriva Legolas. Era bravo a non dimostrare nulla, ma da come si muoveva freneticamente, Gimli comprese tutta la sua agitazione. Non voleva perderla.
 
Lo seguì, sulle colline ondulante, sotto il sole cocente che picchiava contro il suo elmo. Tornarono nel punto di partenza, dove erano rimasti la sera scorsa. Si trattenerono per diversi istanti, impegnati a seguire delle strane tracce sul terreno. Legolas aveva scorto delle striature particolari al suolo, come se qualcuno avesse cancellato le proprie impronte con le mani visto il movimento ondulato della polvere. Si chinò sfregando tra i polpastrelli i granelli di terra. Gimli lo seguì, lanciandogli uno sguardo apprensivo.
 
“Come stai? Sei tutto d’un pezzo giovanotto, ma so che ti senti male!” asserì lanciandogli una pacca affettuosa sulla spalla. Erano alti uguali ora che Legolas si era inginocchiato a terra, con le mani tra l’erba ed il terriccio.
 
Si voltò per rispondergli, ma all’improvviso udì uno strano rumore in lontananza, seguito da un movimento repentino. Si alzò voltandosi in direzione della carovana diretta alla breccia di Rohan. Posò i suoi piedi su una roccia, lasciando Gimli incuriosito dal suo comportamento.
 
“Che c’è?” chiese il nano preoccupato guardando in direzione delle montagne.
 
Legolas non rispose, aguzzò la vista, scorgendo grazie alle virtù elfiche, un mannaro che correva parallelamente al gruppo. La figura sfumò, perdendosi nelle alture. Allarmato si voltò in direzione di Gimli, per fargli capire che qualcosa non andava. Lo percepiva, sotto i suoi piedi il terreno tremava, travolto da passi svelti.
 
“Dobbiamo tornare immediatamente indietro!” dovette abbandonare le tracce a terra. Era obbligato ad aiutare la gente di Rohan, i suoi amici, dedito alla sua missione. Rimandò  le ricerche, concentrandosi su qualcosa di pericoloso che li avrebbe colpiti a breve.
 
“Ma perché? Cos’hai visto?
 
“Non ne sono sicuro” prima di lanciarsi in una corsa sfrenata, sistemò la collana di Eldihen all’interno della sua tunica, al petto, sopra il cuore che batteva, mentre il mantello lo piegò tra le mani con cura. Ricacciò con forza i sentimenti che provava, non poteva permettersi di crollare. Guardò Gimli facendogli cenno di seguirlo “Presto corriamo. Dobbiamo raggiungere immediatamente Aragorn!”
 
Lo lasciò, muovendosi velocemente sul terreno, sui sassi. Gimli lo seguì a ruota preoccupato. Doveva trattarsi di qualcosa di importante, aveva abbandonato le sue idee, tornando indietro, mettendo un attimo da parte il desiderio di cercare Eldihen. E non era cosa da poco, Gimli lo sapeva.
 
Affaticato si lamentò non riuscendo a stragli dietro. Era troppo veloce Legolas, correva spinto dalla rabbia e dal dolore, come se volesse sfogarsi tramite quella corsa. Raggiunsero dopo un po’ Aragorn. Legolas si bloccò, facendosi largo tra i passanti ed i cavalli che avanzavano.
 
“Aragorn!” lo richiamò quando lo vide affianco ad Eowyn.
 
“Legolas” l’uomo si voltò  spiazzato dallo sguardo angosciato del compagno. Eowyn guardò l’elfo, sperando di ricevere buone notizie, sapeva che lui ci teneva ad Eldihen e di sicuro era tornato per comunicare qualcosa. Aragorn superò alla svelta gli uomini accanto a lui, raggiungendo Legolas nel punto in cui si era fermato.
 
“Trovato nulla?” chiese mentre guardava i suoi occhi cupi.
 
“Aragorn sono dovuto tornare indietro perché ho notato degli strani movimenti” confessò. Non avrebbe mai lasciato Eldihen, e di fatto attendeva solo di analizzare bene il territorio circostante, per poter tornare alla ricerca della ragazza. Riportò la sua occhiata ad Aragorn, notando l’espressione sul suo volto smarrito.
 
“Che movimenti?” dicendo ciò il suo sguardo fu attirato da un Gimli spossato che si muoveva goffamente. Il nano respirò affaticato, piegandosi sulle ginocchia.
 
“Penso si tratti di un gruppo di orchi. Presta attenzione, ma non allarmare la gente. Io vado a controllare meglio”
 
 
 
 
Attirata dai rumori sinistri provenienti dalla piccola finestra, Eldien si rialzò da terra. Fortunatamente non aveva né mani, né piedi legati, anche se sentiva il dolore delle corde bruciarle sulla sua pelle. Tastò la parete rugosa, lanciando uno sguardo fuori. Non riuscì a vedere granché. La finestra era troppo alta, dovette mettersi sulla punta dei piedi, ignorando il dolore lancinante causato dal taglio alla coscia.
 
Gli orchi si spostavano freneticamente, trasportando armi e corazze dentro dei carri. Eldihen li guardò con curiosità. Agitò la mano quando il fumo grigio le arrivò in faccia, allontanandosi dalla piccola apertura sul muro. Tossì, dandosi dei colpi leggeri al petto. Era stanca, sentiva le sue palpebre farsi pesanti. Si strascinò a terra e, stringendo l’elsa della sua spada, appoggiò la testa al muro, serrando le palpebre.
 
“Oh ma che bel visino!”
 
Una voce tetra la obbligò a spalancare gli occhi. Si voltò di poco, anche se aveva la schiena a pezzi e avvertiva dolori in tutto il corpo, per non parlare del disgusto causato dal fetore di quella piccola cella. Eldihen si strinse alla parete del muro e, guardando il viso mostruoso oltre le sbarre, desiderò con tutta sé stessa di plasmarsi al cemento, scomparendo tra i mattoni, per non subire attacchi che non avrebbe potuto reggere.
 
“Quasi quasi ti raggiungo. E’ da un po’ che non mangio la carne tenera di un elfo” piegò il suo viso, leccandosi il labbro superiore in modo disgustoso “Peccato che sei magrolina” si attaccò con le mani alle sbarre, ma rimase appeso. Qualcuno dietro di lui l’aveva trafitto con una spada. Eldihen rimase perplessa, si alzò da terra ricomponendosi. Non capiva chi fosse, probabilmente si trattava di un altro orco. Si, ne era certa. Si accucciò all’angolo della stanza, impugnando l’elsa della sua spada. Era spaventata a morte, ma avrebbe combattuto. Ringraziò mentalmente Eowyn per averla addestrata, non sapeva combattere bene, o meglio, non era molto brava, ma si sarebbe difesa.
 
“Peccato, sei più squallido di quanto pensassi!” comparve da dietro quell’orripilante creatura, la sagoma asciutta di Nihil. Eldihen inarcò sorpresa le sopracciglia, guardandolo mentre si chinava a terra per perquisire il corpo dell’orco. Afferrò la chiave della cella, si rialzò svelto aprendo  l’uscio.
 
L’elfo spalancò il passaggio, entrando dentro la stanza. La guardò senza dir nulla.
 
Eldihen si voltò completamente, appoggiandosi al cancello che la intrappolava. Non riuscì a spiegarsi il motivo del suo ambiguo comportamento, ma il flusso dei suoi pensieri venne interrotto dalle due profonde occhiaie nere sotto le palpebre di Nihil.
 
La magia di Gandalf aveva estirpato tutto il maleficio di Saruman, ed anche se strano, Eldihen era riuscita a togliere su di lui la mano bianca dello stregone.
 
“Che sei venuto a fare? Fuori ci sono tanti orchi in movimento. Sembra che stiate andando in guerra!” commentò ironicamente, non distogliendo l’attenzione dal suo volto e dalla gemma chiara che portava al collo, l’unica luce presente in quella cella umida.
 
“Non sembra, è così!” allungò il suo braccio, lanciandole uno sguardo grave. La cacciò fuori dalla cella, spostando  il collo a destra e a sinistra. Sicuro di trovarsi solo, lasciò quel punto.
 
“Seguimi!” ordinò avanzando velocemente lungo il corridoio scuro e stretto, tanto piccolo da sentirsi stritolare dalle mura. Eldihen si dimenò retrocedendo, ma Nihil la trattene saldamente, trascinandola in avanti.
 
Non si fidava di lui, sicuramente le avrebbe fatto qualcosa di brutto. Raggiunsero la sala che portava alle scalinate a chiocciola. Nihil si fermò chinandosi sul pavimento, in seguito, dopo aver studiato la stanza, con un gesto deciso afferrò dalla parete una fiaccola, illuminando una larga piastrella impolverata a terra. Alzò il velo di polvere, per ricercare un piccolo foro, trovandolo vicino ai suoi piedi. Appoggiò le dita e con energia sollevò la mattonella, svelando agli occhi di Eldihen un passaggio segreto: era pieno di ragnatele e umidità. L’acqua filtrava dai muri, un’antica scala di cemento scendeva sottoterra, all’interno di una caverna ancora più antica. Eldihen si abbassò e spiazzata spalancò le labbra, inalando l’odore putrido che proveniva dal passaggio sottostante. Si coprì la bocca. L’olezzo era troppo forte.
 
“Svelta, vieni con me” Nihil velocemente superò i primi gradini, scendendo in quel cunicolo buio. Trascinò con una mano Eldihen ma si bloccò, voltandosi quando lei oppose resistenza.
 
“Ma dove mi vuoi portare?” chiese impaurita e confusa.
 
“Eldihen ti porterò via da qui” era serio, il suo sguardo sembrava sincero, tanto da stupire la ragazza.
 
Si era piegata sulle ginocchia, appoggiando le mani sul bordo della mattonella. Incredula piegò il viso, raggiungendo quello di Nihil che si era appoggiato alla parete umida per guardarla “Non ti credo”
 
“Eldihen muoviti prima che arrivi qualcuno” guardò la larga scalinata lontano da lui. Se non si fossero sbrigati sicuramente gli orchi li avrebbero raggiunti, stroncando tutti i suoi buoni propositi. Da quando aveva toccato l’elsa della spada di Eldihen dentro la cella, i suoi occhi avevano rigettato tutto il marciume che aveva dentro, prosciugandolo. Era rimasto ore a pensare a tutto ciò che aveva fatto, pentendosi delle sue azioni. Si trovò affranto e, cogliendo l’occasione aveva deciso di aiutare la ragazza “Eldihen” allungò la sua mano, avvertendo il lontananza dei passi farsi sempre più attigui.
 
“E va bene” si rialzò dal suolo, raggiunse il nascondiglio, percorrendo le scalinate inclinate insieme a Nihil. L’elfo richiuse la mattonella sulla sua testa velocemente, producendo un tonfo incredibile. Erano sottoterra, immersi dall’oscurità. Eldihen si girò, notando la presenza di alcune fiaccole in lontananza.
 
“Vieni” Nihil superò i gradini  aiutandola. I loro piedi si bagnarono a contatto con il suolo. Eldihen spalancò le palpebre, ascoltando il rumore dell’acqua a terra, che sgocciolava dalla sala sopra la sua testa.
 
“Dimmi cosa stai facendo!” lo bloccò, costringendolo a voltarsi verso di sé. Si trovavano in una camera scura, adiacente ad un lungo corridoio illuminato ad intermittenza da alcune fiaccole.
 
“Siamo sotto Isengard. E’ un passaggio segreto che userò per scortarti fuori da qui, per metterti in salvo. Ti ritroverai a Fangorn, lì potrai fuggire. Sei già stata dentro la foresta, sono sicuro che gli alberi non ti toccheranno. E’ l’unico modo per salvarti. Svelta andiamo!”
 
“E tu pensi che io ti creda? Dopo tutto quello che hai fatto non credo che mi aiuterai, anzi, probabilmente è una scusa per trarmi in trappola” disse ascoltando il rumore delle gocce che cadevano dentro l’acqua sotto i suoi piedi. Era scossa e scettica. Tentò di comprendere le intenzioni di Nihil, ma lui la sorprese, inchinandosi davanti ai suoi occhi, nell’acqua scura a terra.
 
“Eldihen. Tu hai usato una spada ma non mi hai trafitto la carne, ma il cuore, non con lama, ma attraverso una magia antica che ha scacciato da me ogni forma di male. Guarda i miei occhi, sono consumato, la vita degli Eldar mi sta lasciando. Non so se è stato per caso, ma tu oggi mi hai salvato combattendo senza versare del sangue” la sua voce vibrò e Nihil, chinato a terra sperò che Eldihen lo comprendesse, mentre sfregava sulle mani il liquido melmoso.
 
“Mi è difficile crederti” toccò l’elsa fredda “Ma credo a chi mi ha donato questa spada. Forse ciò che dici è vero, ma non hai la mia completa fiducia. Sono costretta a seguirti. In realtà non ho nulla da perdere” la sua voce era fredda. Dopo essere stata vessata più e più volte non si sentiva pronta ad aprirsi. Lo avrebbe seguito perché non aveva alternativa, sperando nel profondo del suo cuore che Nihil fosse cambiato, che il suo cuore fosse stato realmente purificato dalla spada.
 
Forse Gandalf era riuscito a fare qualcosa. Ricordò le sue parole. Le aveva detto che la spada le sarebbe servita per combattere la sua battaglia e lei, percependo l’effetto che aveva su Nihil, l’aveva usata come meglio poteva, per guarirlo dal male che aveva dentro. Aveva percepito la magia e l’aveva usata a modo suo, senza spargimento di sangue.
 
“Non cerco il tuo perdono, ma in questo momento di confusione ti ho guardata” si rialzò da terra, la sua tunica era impregnata dal liquido verdognolo “Vieni con me!”
 
Eldihen cercò di riordinare le idee, ed anche se sfiduciata lo seguì, sperando che andasse tutto bene. Insieme raggiunsero un corridoio composto da mattonelle di due colori alternanti. Il tetto era ovale e gocciolante. L’acqua bagnò il naso di Eldihen che camminando girò intorno a sé stessa per osservare quel cunicolo: le mancò l’aria. Il passaggio era stretto e basso. Delle torce illuminavano il tragitto e l’acqua a terra, proveniente probabilmente dal fiume. Sul tetto notò una fitta muffa nera, l’odore era sgradevole, insopportabile per un elfo. Si tappò il naso, camminando dietro Nihil.
 
Era stanca ed infelice, si strinse le braccia, lisciando il velluto del suo vestito verde salvia. La sua mente fu assalita da mille dubbi. Nel guardare l’acqua ripensò a Legolas e a ciò che si erano detti. Si rattristì, gli mancava parecchio. Sicuramente lui si sarebbe arrabbiato ancora di più, considerandola avventata. Sperò che i suoi amici stessero bene. Voleva rivederli e quel desiderio la spinse a credere a Nihil, illudendosi per un secondo che sarebbe finito tutto per il meglio.
 
Superarono un intricato labirinto, composto da corridoi pieni di umidità e muffa. L’acqua arrivati verso la fine del passaggio, le bagnò le cosce e le punte dei capelli. Si dovette chinare perché il tetto sopra la sua testa era basso. Nihil fece lo stesso, avanzando lungo la galleria, senza voltarsi per scrutare la donna, troppo rabbuiato, stanco per ciò che era accaduto.
 
“E tu che farai?” chiese Eldihen vedendolo girarsi. Intravide la punta del suo naso, ingiallita dalla luce del fuoco dentro le torce. Le spalle fasciate dal velluto nero erano larghe, le sembrò un vero guerriero. Rimase incantata dai suoi movimenti fluidi, attendendo risposte.
 
 
“Si prospetta una guerra anche per Isengard. Epon mi ha informato dei movimenti degli alberi. Probabilmente starò a vedere che capita” rispose mestamente muovendosi nell’acqua.
 
“Sembri rassegnato” si stavano avvicinando alla fine di quel lungo e buio tunnel. Intravedeva una fievole luce in lontananza, proveniente dall’uscita. Era contenta, a breve si sarebbe allontanata dall’acqua e da Isengard.  Mentre camminava sotto i piedi percepiva del muschio melmoso, dovette stringere i denti per evitare di vomitare, non abbassò nemmeno il viso per vedere di cosa si trattasse, era già abbastanza nauseata dalla muffa ai lati delle mura.
 
“Vivo nell’ombra da tempo, è abitudine ormai!”
 
Giunsero alla fine del cunicolo. Eldihen superò tre ripidi scalini, uscendo fuori dal passaggio. Si ritrovò all’inizio della foresta di Fangorn, immersa da tronchi secchi ed impetuosi alberi che scorrevano uno dietro l’altro, nella fitta boscaglia in cui si nascondevano diverse specie di animali. Dietro le sue spalle  il passaggio era oscurato da alcune radici che formavano l’entrata di una caverna. Respirò l’aria fresca, alzò gli occhi al cielo, ammirando il sole pomeridiano. I dolori scomparvero quando il vento le accarezzò il viso, quasi come a darle il ben venuto.
 
“Nihil!” l’elfo si era fermato, attendendo l’arrivo di Epon. Aprì il braccio per accogliere il suo falco. Eldihen guardò il volatile, alzando la gonna per raggiungerlo “Mi hai realmente condotta fuori da Isengard”
 
“Si Eldihen, ma ti consiglio di non tornare al fosso di Helm, gli orchi entro stanotte attaccheranno re Thèoden, la distanza non è molta, arriveranno in poco tempo uccidendo tutti!”
 
“Non può essere” corrugò le sopracciglia, completamente turbata da quella rivelazione “Legolas!” disse impaurita. Non l’avrebbe perso, doveva andare da lui, desiderava stargli accanto, anche se sicuramente era arrabiato “Gimli, Eowyn, Aragorn… io non posso lasciarli” sentì le lacrime salire al solo pensiero di perderli.
 
“Io ti ho avvisato, ma se intendi tornare da Legolas, ti suggerisco di passare attraverso la foresta. Gli orchi hanno imboccato la strada lunga, per timore degli alberi, ma tu potrai raggiungere la breccia di Rohan senza problemi. Epon ti…” non concluse la frase poiché dalle fronde degli alberi spuntò una farfalla azzurra, dalle bellissime ali colorate. Era la farfalla di Gandalf. Si posò sulla mano di Eldihen sussurrandole alcuni ammonimenti da parte dello stregone. Lei stessa si stupì, sollevò il dito ammirando la bellezza di quella creatura che muoveva le sue zampette sulla sua pelle.
 
 
“Penso che potrò andarci benissimo da sola. Se è possibile vorrei avere un cavallo per raggiungere in fretta i miei compagni” gli mostrò la farfalla, apprendendo che Gandalf l’aveva inviata per guidarla. Era incredibile lo stregone sembrava aver previsto ogni cosa.
 
“Non ti preoccupare, ci avevo pensato anch’io, lo troverai legato dietro a quel tronco” indicò un alberello in lontananza.
 
“Grazie. Nihil” lo guardò profondamente, immersa nella natura aperta, tra fiori schiusi e il cielo azzurro sulla sua testa “Anche una stanza buia può trovare luce. Spalanca le finestre della tua anima, lascia entrare il sole, cambia aria e ritorna alla luce. C’è speranza anche per te, non lasciare che la solitudine ti avvolga, combatti e rialza la testa!” parlò col cuore in mano, fermando i suoi occhi dentro quelli dell’elfo che immobile sosteneva il suo sguardo
 
“Eldihen” l’elfo era consumato da mille dolori, si sentiva già morto dentro di sé. Sospirò e con un gesto improvviso tolse la collana dal suo collo, per lasciargliela nelle mani della fanciulla “Tieni, prendila per l’aiuto che mi hai dato. Quando andrai da Legolas, donagliela, vedrai che ti perdonerà. E’ un dono importante che mi ha offerto Thranduil anni fa” spiegò pacatamente appoggiandosi al tronco che aveva dietro di sé.
 
Eldihen sorpresa intrappolò tra le dita la gemma chiara di Nihil. La alzò, guardandola sotto la luce fievole del sole. Era una gemma trasparente e brillante. Le sembrò di aver già vissuto quella scena. Aggrottò le sopracciglia, ricordando il sogno che aveva avuto: aveva afferrato un pezzo di vetro a terra. Era trasparente e limpido come quella pietra.
 
Sorrise a Nihil, per poi percorrere la foresta di Fangorn guidata dalla farfalla di Gandalf. Era pomeriggio e la breccia di Rohan era vicina, ma ugualmente Eldihen iniziò a correre con il suo destriero tra gli alberi. Doveva arrivarci in fretta per raggiungere Legolas.
 
 
 
 
I soldati si spostavano avanti e indietro nella fortezza, allarmati per la guerra. Aragorn dopo l’attacco dei mannari li aveva avvisati dell’arrivo degli orchi e da allora il popolo di Rohan era in fermento. Gli uomini del re avevano condotto ragazzi in grado di lottare nell’armeria. Era giunta la sera, ed ancora si trovavano disarmati, impauriti, ma non potevano bloccarsi. Isengard li avrebbe attaccati a breve.
 
Un uomo sentì bussare al portone in legno. Era appoggiato alle mura della roccaforte, guardando i suoi compagni correre. La confusione era incredibile. Continuò a rimanere immobile pensando che i rumori uditi fossero frutto della sua immaginazione ma i colpi sul legno lo richiamarono nuovamente, facendolo drizzare sorpreso. Si avvicinò al portone con due soldati a seguito.
 
“Chi è?” domandarono gli uomini del re guardando la porta.
 
“Aprite!” era la voce di una ragazza che bussava da fuori. Si lanciarono uno sguardo sorpreso. Era strano che una donna si trovasse all'esterno. Tolsero svelti le travi dalle porte tranquillizzando a parole la sconosciuta, aprirono il cancello insieme. Era troppo pesante e alto.
 
Da lì, estenuata, con il fiatone e un aspetto malconcio, spuntò Eldihen. Sbatté le ciglia, sentiva gli occhi chiudersi, si appoggiò con una mano ad una trave  che sosteneva la porta, guardando le armature metalliche dei tre uomini che le avevano aperto il passaggio. La farfalla che l’aveva condotta alla breccia di Rohan era andata via, volando nel cielo blu.
 
“Mia signora!” un soldato dalla barba rossastra la sostenne dalla schiena con un braccio, aiutandola ad entrare
 
“Sto bene!” rassicurò Eldihen sentendo le porte chiudersi dietro di lei. Si allontanò dal soldato ispezionando con ammirazione la fortezza: era immensa, con delle mura alte di roccia sporgente e delle larghe scalinate ricurve, ammassate da uomini. Al di là della recinzione in cemento sorgeva un reggia, nella quale erano collocati arcieri e altri soldati. Le persone erano silenziose, correvano armati da una parte e all’altra, imboccando le stradine spianate.
 
“Sire Aragorn?” chiese guardando i soldati alle sue spalle. Pensò che lui fosse conosciuto tra gli uomini, infatti i tre distinguendo il nome le indicarono la via, analizzando i suoi vestiti logori e la pelle sporca di polvere, ma ad Eldihen non interessò.
 
“Mia signora, percorrete questa scala e voltate a destra, lì troverete un‘altra scalinata, state attenta a non sbagliare, potreste perdervi, il trombatorrione si estende  da una parte all’altra della montagna. Sire Aragorn è lì, di fronte alla torre vedetta”
 
“Vi ringrazio” al pensiero di rincontrare i suoi compagni le tornò il buonumore. Sentì un’energia infuocarla dentro. In realtà avrebbe tanto voluto vedere Legolas, sperando che non fosse troppo arrabbiato con lei.
 
“Cercate di riguardarvi. Siete ferita!”
 
Eldihen sorrise al ragazzo. Era premuroso, ma non c’era bisogno di allarmarsi, ora che si trovava lì stava bene ”Grazie per l’interesse” corse via, superò i gradini respirando affannosamente. Gli uomini si girarono per guardarla, ma lei non dimostrò interesse, raggiungendo le scale che le avevano indicato. Guardò un gruppo di soldati scaldarsi vicino ad un fuoco quando trovò la torre della fortezza.
 
Ricercò con gli occhi Aragorn, camminando sulla balconata vicino alla reggia. La notte stava scendendo e gli uomini a causa del freddo si erano avvicinati ai fuochi vicino alle torce, creando confusione e chiasso. Si spostò, sgattaiolando in mezzo alla folla. Ricercò il ramingo scombussolata ed impaurita, trovandolo vicino allo spiazzo che dava all’entrata della torre.
 
“Aragorn” gridò con tutta la sua voce, alzò la gonna per correndogli incontro. La spada sfregò contro la pelle delle sue ginocchia, ma Eldihen disinteressata corse verso l’amico cogliendolo di sorpresa. Era emozionata, tremò, trattenendo le lacrime agli occhi. Non riuscì a focalizzare l’attenzione su un unico sentimento, era troppo provata.
 
L’uomo seduto alzò gli occhi quando udì il suo nome. Eldihen gli veniva incontro, non poteva crederci, rimase scioccato come se si trovasse davanti agli stessi Valar. Si rialzò da terra e, con uno scatto felino saltò i tre gradini che lo dividevano dall’elfa, con le labbra spalancate e gli occhi pieni di felicità. Era un sollievo vederla, gli sembrò che gli avessero tolto un macigno dal petto, credeva che lei fosse morta, non sperava di trovarla, soprattutto in quel momento tragico “Eldihen!” urlò felice accogliendola tra le braccia. La strinse tanto forte da percepire tutte le sue costole. La sollevò da terra, lisciando i suoi capelli bagnati. Era contento e curioso di sapere delle sue condizioni.
 
“Come stai? Mi hai fatto preoccupare, ma cos’è successo? Eravamo in pensiero per te” le accarezzò il volto allontanandole i capelli dietro le spalle.
 
“Bene” lo guardò, notando le ferite vicino le sue braccia “Mi hanno rapita Aragorn, mi hanno presa due orchi conducendomi ad Isengard. Nihil era lì, ma è stato lui ha farmi tornare indietro. Sono passata attraverso Fangorn, correndo per tutto il pomeriggio, non so come sono riuscita a raggiungervi ma ce l’ho fatta ed è bellissimo rivederti” parlò velocemente, la sua voce tremò alla fine e le lacrime le caddero dagli occhi. Abbracciò Aragorn stringendolo dal collo. L’uomo era sorpreso da quella rivelazione, ma comprendendo il suo turbamento ricambiò il gesto, consolandola come meglio poteva “Aragorn…” si allontanò all’improvviso scossa da chissà quale pensiero, i suoi occhi erano preoccupati e si guardava intorno con aria impaurita “Dov’è Legolas?” chiese cercando l’elfo con gli occhi. Non aveva chiesto nulla al suo amico, ignorando che anche lui aveva dovuto lottare per raggiungere il fosso di Helm, ma Aragorn comprese, sorridendole.
 
“Entra” le indicò la porta con un dito “Lui si trova dentro la sala. Sono sicuro che sarà felice di rivederti. Ti ha cercata a lungo. E’ stato costretto a tornare da noi perché siamo stati attaccati, ma  ha sofferto tanto per la tua scomparsa” confessò con gli occhi languidi.
 
“Aragorn, siete stati attaccati? Io ad Isengard ho visto degli orch…”
 
“Eldihen lo so, ma ne riparleremo meglio dopo stanotte. Dovresti raggiungere Legolas alla svelta” Conferì con un’espressione seria, come a farle capire che era necessario che lei si muovesse.
 
“Va bene” annuì, sorridendogli, lo lasciò seguendo il suo consiglio. Si avvicinò alla porta, chiedendo a due uomini di farla entrare. Voleva rivedere l’elfo, gli mancava così tanto che se fosse stato per lei, gli sarebbe corsa incontro abbracciandolo con tutto l’amore che le scaldava il petto. Le lacrime le inumidirono gli occhi al solo pensiero, sentiva un’emozione fortissima, un calore che le irradiava il petto al solo ricordo del volto del suo Legolas. Avvertì un brivido su tutta la pelle e il desiderio ardente di rivederlo la spinse ad addentrarsi all’interno di quella sala sconosciuta.
 
Si trovò in una camera enorme, illuminata ad intermittenza da lampadari e da delle fiaccole poste su massicce colonne di pietra. Le sembrò che la struttura fosse stata ricavata da una caverna e probabilmente aveva ragione. Era semplice e lineare, molto spaziosa. Non c’erano molti soldati intorno a lei, la maggior parte si trovavano fuori. Camminò guardandosi intorno, alla ricerca di Legolas. Il cuore batteva all’impazzata. Lo cercò, sembrava preoccupata mentre si muoveva, infatti a causa dell’agitazione non si accorse che l’elfo l’aveva già notata. Si voltò come richiamata da un’antica melodia, ritrovandolo davanti ai suoi occhi, in mezzo alla stanza, a pochi passi da sé.
 
Rimasero entrambi immobili. Legolas l’aveva notata e le si era avvicinato incredulo. Il suo cuore batteva dalla felicità e dai suoi occhi fuorusciva tutto il sentimento che gli scaldava l’animo. Era sorpreso di rivederla, non immaginava fosse vero, ma gli occhi di Eldihen lo intrappolarono completamente, annullando ogni sofferenza. Fece per avvicinarsi con in viso un’espressione indecifrabile, ma Eldihen emozionata quanto lui, incrociò il suo sguardo, bloccandolo con un gesto della mano.
 
Distolse gli occhi dal volto di Legolas, il cuore batteva tanto forte da avvertire le pulsazioni sulla pelle, come se avesse dentro di sé un vento tiepido che inondava il suo animo d’amore. Guardò il petto forzuto di Legolas, le sue spalle, il collo e le sue labbra, pensando che sarebbe potuta anche morire. Lo aveva visto e, il suo cuore gioioso le donò coraggio.
 
“Aspetta!” mentre lo guardava comprese appieno il significato dell’amore, di ciò che sentiva al solo averlo vicino di fronte a sé. Era innamorata, lo sapeva. Non avrebbe mai scordato il suo profumo, i suoi occhi misteriosi e dolci, il suo cuore puro. Eldihen lo amava con tutta l’anima “Sarai arrabbiato, come hai detto tempo fa, mi caccio sempre nei guai ed hai ragione, sono maldestra, ma sappi che stavolta è stato bruttissimo perché credevo di non rivederti” si trattenne dal piangere, anche se la sua voce ed i suoi occhi limpidi la tradirono, facendo preoccupare Legolas che, le si avvicinò maggiormente, guardando il suo viso stanco “Al solo pensiero mi sentivo morire perché per me sei la persona più importante che ho in questo momento” troppo emozionata si bloccò, tremando. Una lacrima solitaria le bagnò la guancia. Legolas spiazzato ascoltò il suo discorso, pendendo dalle sue labbra. Eldihen lo amava probabilmente da quando lui le aveva salvato la vita “So che hai bisogno di tempo e che non riesci a perdonarmi per ciò che è accaduto, ed anche se ne soffro, ti capisco” lo amava per il suo cuore dolce “Perché ti ho fatto soffrire” lo amava per le sue attenzioni e per la premura che aveva verso gli altri “Ma anche io ci sono stata male credimi… io ho rubato il tuo arco, ma tu…” sollevò il viso dedicandogli i suoi occhi illuminati dalla luce che solo lui poteva accendere dentro di sé  “Tu mi hai rubato il cuore…”
 
Non concluse la frase, Legolas era rimasto per troppo tempo in silenzio ascoltandola ed avvertendo nel cuore un brivido intenso, capace di imprigionarlo totalmente. Abilmente le si avvicinò, posò le mani sul suo viso, accarezzandola ed annusando l’odore della sua pelle. Posò le sue labbra sulla sua bocca, baciandola con passione. Assaporò  le labbra carnose e leggermente umide, stringendola a sé. Voleva sentirla sua. Le loro bocche si incrociarono più e più volte. Erano morbide e smaniose. Legolas non la lasciò nemmeno per farle riprendere fiato, la stritolò tra le sue braccia, sfiorando con le mani la sua vita sottile, i suoi capelli. La baciò disinteressandosi della guerra, dell’arco, di tutti gli ostacoli che li avevano separati. Non avrebbe voluto negarsi quel momento, quella notte sarebbe stata difficile, doveva baciarla, se sarebbe morto non avrebbe avuto rimpianti. Sembrò di essere solo con lei, mentre il mondo  girava intorno a loro. Il suo cuore bruciò d’amore. Non riuscì a trattenersi, a tenere sotto controllo la vampata che gli bruciava dentro al petto. La baciò stringendo il suo labbro con i denti, sfiorò il suo naso, incrociando il suo respiro. Smanioso le sfiorò le labbra con la lingua, abbracciandola con amore, con tutto l’amore che nutriva nei suoi confronti “Melin le (ti amo)” non si era ancora saziato del lungo bacio che le aveva dato. La baciò ancora, sentendola schiacciata contro il suo torace.
 
 
“Amore mio” Eldihen gli carezzò i capelli, la pelle, baciandolo con trasporto. Legolas la strinse a sé, allontanando i capelli dal suo viso. L’accarezzò cullandola tra le sue braccia. Eldihen si accucciò sul suo petto mentre lui le carezzava la schiena “Non volevo farti preoccupare ti ho pensato per tutto il tempo”
 
“Che è successo?” le sussurrò dolcemente, accarezzandola come se avesse tra le mani il gioiello più prezioso di Arda. Era molto protettivo quanto abile durante le battaglie che affrontava. Le baciò la fronte, stringendola di più a sé. Non voleva turbarla.
 
“Mi hanno rapita due orchi. Sono stata ad Isengard. Nihil mi ha fatta scappare attraverso la foresta di Fangorn. Entro un paio d’ore ho raggiunto il fosso di Helm, ma ci sono tante cose da dire” si allontanò di poco dal suo petto per guardarlo negli occhi. Legolas al solo sentire menzionare Nihil si era irrigidito, continuando ad accarezzarla distrattamente “Non voglio vederti così” Eldihen sfiorò la sua guancia timidamente, sciogliendo il suo sguardo serio.
 
“Eldihen” la baciò stupendola. Eldihen arrossì godendosi il bacio “Mi hai fatto preoccupare moltissimo!” confessò intrappolandola tra le sue braccia. Non voleva perderla, l’avrebbe protetta. Approfittò del momento per coccolarla. Erano soli e Legolas desiderava vederla felice, a suo avviso erano stati per troppo tempo scontenti.
 
“Ho avuto paura anch’io” confessò ricordando per un attimo la fredda cella che l’aveva ospitata. Schiacciò il viso nel petto dell’elfo, annusando l’odore della sua divisa. Era morbida.
 
“Nessuno oserà sfiorarti, ci sono io con te” le sue braccia forti la consolarono. Le baciò la fronte, piegando il collo per raggiungere la guancia. Eldihen spostò poco il volto, rimanendo incollata al petto di Legolas. Ascoltò in quel momento di pace il battito del suo cuore, godendo del calore del suo corpo. Le infondeva energia “Però devi promettermi che mi dirai ogni cosa, non voglio più segreti. Ti devi fidare di me”
 
Eldihen lo guardò seguendo i movimenti delle sue labbra. La sua voce era tremendamente affascinante. Appoggiò la sua mano sul suo torace, Legolas la strinse, guardando i suoi occhi pieni di desiderio “Mi fido di te” rispose timidamente “Ci sarai sempre tu”
 
“Sempre” le accarezzò la testa con il dorso delle mani. I loro sguardi si scambiarono tutto il sentimento che nutrivano l’uno per l’altra.
 
“Legolas” incrociò le braccia dietro il suo collo, piegò il viso e strinse una ciocca bionda tra le dita.
 
Legolas la guardò con curiosità, era arrossita “Dimmi” le passò una mano tra i capelli, sentendola tremare sotto le sue dita.
 
“Puoi baciarmi ancora, come prima?” chiese timidamente avvicinandosi al suo viso. Legolas curvò un sorriso soddisfatto, esaudendo la richiesta di Eldihen.
 
Abbassò il viso e la baciò “E’ un piacere” sussurrò distaccandosi di poco dalle sue labbra per poi sfiorarle, intrappolandola in un nuovo bacio pieno di passione. Il suo cuore iniziò a battere violentemente, accecato dal vortice della passione le accarezzò il viso. Quando la bocca di Eldihen si schiuse, Legolas sfiorò con la lingua la sua, baciandola con più trasporto. L’abbracciò con entrambe le braccia dalla vita. Eldihen sollevò la punta dei piedi per rispondere al suo bacio, stingendolo a sè con le braccia intorno al suo collo.
 
In quel momento in cui i due elfi si scambiavano effusioni, passò Gimli. Aragorn gli aveva detto di Eldihen. Era corso per cercarla, contento della notizia. Si bloccò dietro ad un pilastro, osservando stupito i due elfi che si stringevano, baciandosi con foga. Rimase spiazzato dalla scena, sbatté le ciglia, scuotendo la testa. Sorrise sapendo che prima o poi Eldihen e Legolas si sarebbero trovati. Li lasciò. Non avrebbe voluto rubargli un solo momento. Gli bastava sapere che Eldihen era tornata e che con Legolas era tutto apposto. Se ne andò felice, senza che loro si rendessero conto di nulla.
 
Eldihen aprì gli occhi, leggermente imbarazzata si grattò la punta del naso, distogliendo lo sguardo da Legolas. Il suo cuore le sarebbe esploso da quanto le batteva forte.
 
“Che c’è?” Legolas teneramente le toccò le labbra con le dita, accarezzandole.
 
“E’ che non mi sembra vero, dopo quello che ho passato… forse sto sognando” emozionata abbassò lo sguardo, sorridendo.
 
Legolas quasi intenerito dalla sua espressione ingenua la baciò di nuovo sulla bocca  accarezzandole la pelle sottile del collo“Miqula amin (baciami)”
 
Eldihen non perse tempo, baciandolo più e più volte. Accarezzò i suoi capelli, stringendolo a sé, come se non volesse farlo andare via. Pregò che il tempo si fermasse, che la guerra non incombesse suoi loro destini. Impaurita da ciò che sarebbe accaduto lo abbracciò con più vigore, nascondendosi nel suo torace per non rivelargli il suo volto triste. Le lacrime l’avevano raggiunta anche in quel momento di gioia. Non lo diede a vedere, anche se Legolas sollevò il suo viso con le mani, dimostrandosi dispiaciuto. Il suo sguardo le chiedeva cosa fosse accaduto. Eldihen strinse le labbra, accarezzando le braccia di Legolas.
 
“Ho paura per la guerra. Non voglio perderti, il solo pensiero mi terrorizza. Non puoi immaginare quanto tenga a te, mi manca l’aria!” confessò agitata, asciugando svelta gli occhi.
 
Legolas la osservò  con apprensione, tenendole il volto con entrambe le mani. La guardò infondendole coraggio. Non doveva sentirsi triste, lui ci sarebbe stato, combattendo il male per lei “Non accadrà nulla, anch’io tengo a te. Combatterò per rivederti, ma tu non devi rattristirti, sai che non lo sopporto” appoggiò la sua fronte a quella di Eldihen, sentendo il suo respiro sulla pelle. L’abbracciò, lasciando che lei si appoggiasse sulla spalla. Sentì la tensione del suo corpo affievolirsi ad ogni carezza. Le baciò i capelli amorevolmente, cullandola tra le braccia.
 
“Ti amo tantissimo” Eldihen si voltò osservando la pelle del collo di Legolas, lo baciò, lasciandogli un brivido.
 
“Anch’io” la guardò impaziente di assaporare di nuovo le sue labbra, non ne avrebbe mai avuto abbastanza, sfiorò la pelle del suo volto, la bocca, il collo. Chiusero gli occhi entrambi, ascoltando il rumore provocato dalle loro bocche e i battiti dei loro cuori in delirio. Si allontanò da Eldihen solo per guardarla negli occhi. Era giunto il momento di assicurarle un posto, lontano dal massacro che lo avrebbe costretto a separarsi da lei. Sapeva che gli orchi sarebbero arrivati, anche se quando stringeva Eldihen il male sembrava lontano, ma purtroppo non era così “Voglio conoscere bene ciò che ti è successo. Ogni cosa, ma stanotte ti dovrai nascondere nelle grotte con le donne e i bambini, promettendomi di stare buona!” proferì con voce un po’ più seria, accarezzandole la guancia. Avrebbe voluto conoscere ogni cosa riguardante la sua scomparsa, ma in quel momento di pace preferì baciarla, amandola come desiderava.
 
“Non voglio andarmene” incrociò le braccia dietro le spalle di Legolas, mostrandosi riluttante all’idea di lasciarlo.
 
“Eldihen devi capire che sono molto preoccupato e che ti voglio sapere al sicuro per combattere bene senza distrazioni!” le disse concedendole ogni sorta di attenzione: l’accarezzò come se avesse tra le mani un dono prezioso, di inestimabile valore. La guardò con sentimento, abbracciandola per sentirla vicina. La strinse, percependo il corpo di Eldihen schiacciato contro il suo.
 
“Va bene” accettò alla fine. Non avrebbe voluto farlo impensierire.
 
Legolas la condusse fuori, tenendola per mano. Superò le scalinate e le stradine, scortandola fino alle porte delle grotte. Prima di lasciarla si bloccò, trascinandola a sé con la mano.
 
“Ci vediamo domani” la guardò notando la sua insicurezza. Eldihen lo abbracciò, non avrebbe voluto entrare in quella grotta, era in ansia ed impensierita per Legolas.
 
“Torna da me” si baciarono prima di lasciarsi, davanti all’entrata delle grotte.


 
Note autrice:
Che capitolo xD
Ok mi ero scordata di alcune scene e devo ammettere che ho sorriso troppo in certi punti, specie ala fine… va bene il bacio ma ho speso tipo due pagine… si vede che sono una fan girl? Beh dopo questa parte penso proprio di si. Dunque, ricapitolando: Eldihen se ne andata da Isengard, ha spezzato l’incantesimo di Nihil ma una lacrima si trova dentro il suo corpo quindi… guai… ancora guai! E già, ma in compenso si sono baciati con Legolas.
Vi è piaciuto?? Ditemi di si e che non è stato troppo sdolcinato xD ditemi che anche voi siete delle fan girl come me.
Come sempre vi ringrazio per il sostegno e vi mando un grosso bacione ma prima di salutarvi vi informo sull’uscita del prossimo cap.
Riguardo gli aggiornamenti: il prossimo è sempre di sabato.
Detto ciò vi saluto alla prossima ;)

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13
 
 
Eldihen guardò Legolas allontanarsi da lei. Il suo cuore perse un battito, non riusciva  a lasciarlo, si bloccò guardandolo andare via. Entrò nella grotta, mettendo da parte i suoi sentimenti. Non avrebbe voluto farlo preoccupare, anche se le costò molto. Superò delle scalinate, giungendo all’interno della caverna sotterranea.
 
Le grotte scintillanti erano bellissime, brillanti e fredde, un vero e proprio tesoro nascosto. Le donne e i bambini piangevano per i loro cari. Eldihen li guardò, comprendendo perfettamente il loro stato d’animo. Anche lei era molto preoccupata per Legolas, specie dopo ciò che aveva visto ad Isengard.  Sfregò le mani sulle braccia ricercando con lo sguardo Eowyn. La confusione le impedì di procedere regolarmente, si dovette bloccare più volte, ammirando il lago davanti ai suoi occhi. Avanzò, raggiungendo la parete  rocciosa infondo, si appoggiò stanca, lasciando la spada a terra.
 
Dopo svariate ricerche trovò Eowyn seduta ai piedi del lago, distratta dall’acqua, lontano dalle donne. Le posò una mano sulla spalla, facendola girare. Le sorrise guardando la sua espressione stupita. Eowyn spalancò gli occhi incredula, per poi lanciarsi ad abbracciare Eldihen, tanto forte da stritolarla. Era un abbraccio caloroso  da cui Eldihen comprese tutta la sua preoccupazione mentre la stringeva.
 
“Non ci posso credere. Sei qui, ma cosa ti è successo?” si allontanò commossa, allungando la mano sulla bocca. La studiò, come se si trovasse dinanzi ad un fantasma, ma era proprio Eldihen, non stava sognando. Era felice e confusa allo stesso tempo.
 
“Sono stata rapita durante la scorsa notte. E’stato difficile ma sono tornata. Mi spiace di averti fatta preoccupare, non volevo, ma è capitato e non ho potuto chiedere aiuto”
 
“Chi ti ha rapita? Come stai? Sei malconcia. Eldihen non puoi immaginare quanto io sia felice” sbigottita l’abbracciò stretta a sé, accarezzandole i capelli arruffati. Eldihen sorpresa tornò a riabbracciarla, donandole delle pacche sulla schiena.
 
“Gli orchi mi hanno portata ad Isengard con i mannari. Comunque sia sto bene, mi spiace per il vestito che mi hai dato, l’ho rovinato, tanto per cambiare!” le sorrise, sdrammatizzando una situazione per lei dolorosa. Senza sapere perché, le tornò alla mente il momento  vissuto prima con Legolas. Pensò al loro bacio, arrossendo lievemente. Il suo cuore era pieno di emozioni contrastanti, avvertiva ognuna distintamente. Cercò di concentrarsi solo su quelle più belle, suscitatele da Legolas.
 
 
“Lascia perdere il vestito. Mi hai fatto prendere uno spavento, ma tutte a te capitano? I mannari? non ci posso credere, sono stupita!” si appoggiò alla parete della roccia, sostenendosi con le mani “In realtà anche gli altri erano agitati, specie l’elfo. Lui ha fatto di tutto per ritrovarti!” confessò guardandola sorridere. Le sue guancie divennero rosse come due mele. Eldihen impacciata abbassò lo sguardo, osservando il suolo “Che succede Eldihen?” chiese incuriosita Eowyn, cogliendo la sua espressione.
 
“L’ho incontrato prima” affermò sorridendole.
 
Eowyn incuriosita riguardo al loro incontro, lasciò da parte la preoccupazione, sperando di conoscere i dettagli, Eldihen aveva un volto sorridente come se fosse rientrata dal paradiso. Eowyn  si era tranquillizzata principalmente per il suo sorrisetto felice ed il modo disinvolto in cui parlava. Si notava che era stata maltrattata, ma le sembrò che fosse anche accaduto qualcosa di bello, in grado di spazzare via ogni dolore subito ”Eldihen continua, immagino che lui sia stato felice di rivederti forse più di me. Ti abbiamo cercato in lungo e in largo, ma Legolas più di tutti. Non si dava pace”
 
“Anch’io non mi davo pace. Mi hanno  messo dentro una gabbia e ho passato momenti in cui credevo di non tornare più, e in quei momenti Legolas mi è mancato tremendamente” rivelò sospirando. Era tutto passato, ma nel cuore portava il peso degli eventi accumulati.
 
“Eldihen dimmi che è successo quando ti ha rivista!” Eowyn  voleva conoscere tutto, stava sognando un po’ ad occhi aperti, l’espressione di Eldihen le faceva immaginare alcune cose che sperava fossero realmente accadute. Sicuramente  era successo qualcosa, ne era certa.
 
“Era molto felice, mi ha perdonata per la storia dell’arco, rivelandomi di… essere stato preoccupato per me. E’ stato un momento bellissimo anche se mi sembra assurdo parlarne visto che mi sento… non so nemmeno come mi sento, sono successe così tante cose, ma solo lui è riuscito a bloccare il flusso dei miei pensieri”  era elettrizzata e imbarazzata, non riuscì a rivelarle di quel bacio, sarebbe esplosa dall’emozione. Si sedette a terra, gesticolando con le mani. Guardò Eowyn che seguiva il suo discorso e quando lei l’affiancò, sedendosi vicino si fermò, avvertendo un leggero pizzicore sulla mano. Ma cos’aveva le faceva male, sfregò le dita sulla pelle, notando un piccolo punto nero vicino alle nocche. Non badò molto, pensando che non fosse nulla di grave, inconsapevole della lacrima dentro al suo corpo.
 
“Ma ti ha abbracciata? Ti ha detto qualcosa in particolare? Perché sei molto contenta, non sembra nemmeno vero che tu sia stata rapita dagli orchi! Dev’essere per forza successo qualcosa di… bello. Non lo negare!” le lanciò uno sguardo furbo. Sapeva che l’elfo rivedendola non si era limitato a dirgli di essere stato preoccupato, no.
 
Eldihen arrossì. Ricacciò le dita dalla mano anche se le bruciava un po’ ed imbarazzata grattò la punta del naso, massaggiandosi le gambe nervosamente. Sorrise, girandosi in direzione di Eowyn che pareva aver intuito ogni cosa “Mi ha… baciata!” non riuscì a negarglielo, non voleva nemmeno. Avrebbe preferito parlarne in un altro momento, ma il suo viso l’aveva tradita, rivelando ogni cosa prima che lei parlasse.
 
“Lo sapevo” le posò una mano sulla sua. Era felice, non aveva dubbi sui sentimenti dei due elfi,  le brillarono gli occhi. Eldihen comprese la felicità che provava per lei, le strinse la mano, guardandola con ammirazione. era felice di averla accanto “Eldihen spero presto anch’io di incontrare l’amore, Sire Aragorn mi è caro. Lui anche è stato attaccato dagli orchi sai? Ho sofferto moltissimo, ma quando l’ho rivisto il mio cuore ha ripreso a battere” Eowyn sorrise, mentre Eldihen trattene la sua preoccupazione, conoscendo il rapporto tra Aragorn e Arwen, la sua signora. Non parlò per non ferire l’amica, le sorrise, malgrado volesse consigliarla, ma non era il momento.
 
“Ciò che è destinato a te verrà presto” le accarezzò i capelli.
 
“Si…” Eowyn mutò espressione, incupendosi di colpo “Ma ho paura di non rivederlo, avrei tanto voluto stargli accanto. E stanotte noi siamo qui, mentre lui è fuori, pronto a combattere e chissà se domani lo incontrerò” i suoi occhi si oscurarono, il suo tono era leggero ma triste, tanto da  far preoccupare Eldihen che pensò subito a Legolas irrigidendosi di colpo.
 
 “Ho anch’io molta paura, ma li rivedremo.  Devi stare serena” consolò Eowyn ripetendosi che sarebbe andato tutto bene, anche se era inquietata. Si guardò intorno, trovandosi i volti disperati delle donne che piangevano i figli e i mariti. Per quanto voleva credere di rivedere Legolas, non riuscì a rimanere serena, avvertendo le lacrime agli occhi.
 
Rimasero in silenzio, il lamento delle donne e dei bambini divenne l’unico suono presente, che rimbombava da una parte all’altra della grotta. Eldihen sospirò, non ne poteva più di ascoltare tutte quelle sofferenze, di vedere le lacrime e i volti della gente che come lei temeva per il destino dei loro cari. Si alzò da terra, lasciando Eowyn seduta vicino alla sua spada. Pensò che fosse meglio camminare, piuttosto che rimanere ferma a riflettere, immaginandosi scene bruttissime nella sua mente, scene in cui lei usciva da quel posto non trovando Legolas fuori, o peggio, scene in cui lo vedeva morto. Le bruciò lo stomaco. Spalancò gli occhi agitando la mano per rinfrescarsi un po’ il viso. Ma cosa stava pensando? Doveva essere ottimista. Camminò con un peso nel petto, tanto grande da accecarla: non osservò le donne o il passaggio, si muoveva per inerzia dentro la caverna, con la mente offuscata.
 
“Non rivedrò più mio marito” una donna piangeva accasciata a terra. Eldihen si voltò per guardare il suo volto arrossato, avvertendo il suo stesso sconforto. Il petto si chiuse, come coperto da un velo nero di preoccupazione. Era difficile respirare, sentiva un groppo in gola. Rimase immobile, rivedendosi in quella sconosciuta. Incerta proseguì, raggiungendo l’entrata. Altre donne iniziarono a piangere, urlando il nome dei mariti ad alta voce. Era difficile sopportare quella situazione. In silenzio, si appoggiò ad una roccia avvertendo dentro di sé il forte desiderio di fuggire, per andare da Legolas. Rimase immobile a combattere con la sua idea, ripetendosi che non poteva lasciare quel posto, che Legolas non voleva.
 
Un soldato si era avvicinato per chiudere l’accesso della caverna. Eldihen scattò, guardando l’uscita. Una voce dentro di lei le suggerì di correre, perché sarebbe stata una notte difficile e decisiva. Doveva andare da Legolas, stringerlo ancora una volta, strappare al tempo un altro momento, prima di rinchiudersi ed affrontare la notte. Sapeva che Legolas non avrebbe voluto rivederla, era troppo preoccupato, ma non riusciva a pensare ad altro, non trovando cura migliore delle sue braccia.
 
Intanto la porta si stava chiudendo, mentre i suoi pensieri scorrevano velocemente e le donne piangevano apertamente.
 
Guardò il soldato, le donne, le rocce, sentendo il suo cuore battere e la voce dentro di sé farsi sempre più forte. Sarebbe stata forse la sua ultima opportunità di rivedere il suo amato, non aveva altre certezze dopo quella notte. Lui era fuori, ma il giorno seguente…
 
“Aspetta” corse verso il guerriero, mettendosi davanti al portone “Non chiudere aspetta, ti prego non chiudere!”
 
“Rientra dentro ragazza, gli orchi si stanno avvicinando. Dovete rimanere chiuse qui!” rispose secco spostandola.
 
“Ma tornerò, chiedo solo dieci minuti, non di più, fammi uscire!” tentò di andarsene, muovendo qualche passo fuori dall’uscio.
 
“No, rientra e non creare…”
 
“Lasciala passare!” da dietro la porta rispose il ragazzo che Eldihen aveva incontrato all’entrata del fosso. Lo guardò riconoscendolo, aveva la barba arruffata ed era armato fino ai denti “Forse lei non ha incontrato i suoi cari, concedile un momento” riconoscendola pensò che fosse giusto assecondare il desiderio di Eldihen, ignorando che la ragazza aveva già parlato con i suoi amici.
 
Il soldato acconsentì lasciandola passare “Va bene, ma non di più di dieci minuti ti aspetto qui ragazza”
 
“Certo!” ad Eldihen brillarono gli occhi, uscì, ringraziando il ragazzo che l’aveva aiutata.
 
 
 
 
All’interno della grande armeria Legolas attendeva Aragorn nervosamente. Aveva la sua spada tra le mani, avrebbe voluto riconsegnargliela per chiarirsi. Era troppo agitato a causa della battaglia che lo avrebbe coinvolto, preoccupandosi per Eldihen ed i suoi amici. Erano in pochi, soli, contro diecimila orchi.
 
 Sistemò la sua faretra, riflettendo su ciò che era successo. Era contento di aver rivisto Eldihen, ma temeva per lei,  ciò lo aveva deconcentrato, causandogli un cedimento di nervi che aveva sfogato su Aragorn. Gli aveva detto che sarebbero morti tutti, ma in realtà confidava nell’amico e avrebbe combattuto con lui, come sempre.
 
Dalle scale in pietra spuntò Eldihen, aveva il fiato corto a causa della corsa. Si bloccò sull’ultimo gradino osservando le spalle di Legolas, le sue frecce, il tavolo vicino a lui e la parete piena d’armi. Avanzò silenziosamente, guardandolo mentre sistemava l’attrezzatura. Gli posò gentilmente una mano dietro la schiena, catturando la sua attenzione. Lo vide girarsi verso di sé, sotto la luce delle candele.
 
Era serio e preoccupato. I suoi occhi erano pieni di angoscia, timore, lo guardò con tristezza, mostrandogli la sua profonda inquietudine.
 
“Eldihen” la sua voce non era sorpresa ma rassegnata, come se si fosse aspettato di rivederla, infondo lei faceva sempre il contrario di quello che gli diceva. Roteò gli occhi, smorzando la tensione che gli bloccava le braccia, fino a concedergli tutta la sua attenzione. La guardò negli occhi, non era serena.
 
Eldihen ammirò il suo viso deciso, il suo corpo da guerriero. Sorrise, pensando che era bello averlo vicino. Abbassò il volto scoraggiata, come se il loro fosse l’ultimo momento insieme, avvertendo un vuoto dentro il suo cuore capace di risucchiare tutte le sue energie, lasciandola spenta. Non disse nulla, appoggiò la sua testa nel petto di Legolas, accarezzandolo con le dita. Era tonico, strinse i lembi della tunica distrattamente aggrappandosi al suo petto come se fosse la sua unica ancora di salvezza.
 
Legolas le cinse la vita, comprendendo il suo stato d’animo, si abbassò di poco per guardarla in volto. Era leggermente scocciato dal suo atteggiamento, ma non era in grado di rimproverarla. Eldihen stava soffrendo, i suoi occhi erano spenti, come se non avesse più un futuro da vivere. Le forze l’avevano abbandonata all’improvviso, lasciandola con mille paure “Ti avevo detto di stare con le donne nella grotta” la sua voce arrivò come un soffio delicato alle orecchie della ragazza.
 
“Io ho bisogno di te” alzò un po’ il viso per guardarlo negli occhi “Prima di stanotte, ho bisogno di te, non voglio stare sola, sono stata sola per tanto tempo e adesso non ce la faccio più. La paura di perderti mi uccide” tremò distanziandosi dal suo corpo.
 
Legolas la tenne saldamente stretta a sé. La guardò comprendendo i suoi dubbi, infondendole tutta la forza che aveva in corpo, attraverso i suoi occhi che si muovevano sul suo viso “Non lo devi dire Eldihen. E’ l’ultima cosa che voglio sentire, sappi che per me è difficile combattere sapendoti in questo stato. Qualunque cosa accadrà tu dovrai  rimanere forte” disse con voce profonda, avvertendo il corpo della ragazza stretto al suo. Le passò una mano sulla spalla, apparendo inscalfibile, quando in realtà sentiva angoscia nel suo cuore.
 
“Io non voglio che accadi nulla” trattenne le lacrime mordendosi le labbra. La sua voce era flebile, un sussurro.
 
Legolas si chinò, appoggiando la fronte sulla sua,  sfiorandole il naso. Intenerito dal suo sguardo da bambina smarrita le accarezzò le guance, con gli occhi inchiodati ai suoi “Certo che non accadrà nulla. Mi avevi promesso un tè, ricordi? Dobbiamo pur berlo insieme, non pensare di rimangiarti la parola” disse scherzosamente vedendo un sorriso comparire sulle sue labbra.
 
“Te l’ho promesso quando ci siamo lasciati la prima volta” ricordò guardando la sua pelle liscia. Desiderò baciarlo. Il suo profumo la faceva impazzire, voleva sentirlo vicino, così cinse le braccia dietro al suo collo, lasciando che lui posasse le mani sul suo torace. Il calore dentro al cuore la scaldò completamente, riportandole un po’ di conforto.
 
“Non ci siamo mai lasciati Eldihen” le parlò, sempre a pochi millimetri dal suo volto, tornando un attimo serio. I suoi occhi erano profondi, pieni di sentimenti, parole nascoste. Eldihen sfiorò i suoi cappelli, l’armatura sulle spalle e la corda in cuoio che sosteneva la faretra.
 
“Mi pensavi quando ero da Nihil?” chiese avvertendo un fremito dentro al petto. Le sue labbra erano schiuse e perfette, le guardò, mentre lui l’osservava a sua volta, incantato.
 
L’ espressione innamorata di Eldihen lo appagò. Sorrise, provando a scherzare un altro po’, infondo gli piaceva vedere il suo broncio da bambina offesa “No, in realtà pensavo a Gimli!” ironizzò dolcemente.
 
“Ah si?” chiese Eldihen allontanandosi dal suo volto. Si finse indispettita incrociando le braccia con aria orgogliosa. Sorrise anche lei, mordendosi le labbra. Legolas pensando di averla catturata si arrese di fronte quel gesto, desideroso di assaporare la sua bocca ancora una volta.
 
“Non ti allontanare” la prese da un braccio, passandole le mani sulla vita, in modo che lei gli ritornasse vicino. La guardò catturato dalle sue labbra, scrutandone ogni movimento e sorriso, quasi ipnotizzato.
 
“Io anche pensavo a Gimli” lo stuzzicò stando al gioco. Sfiorò con le dita la camicetta argentata che fuoriusciva dalla divisa, la pelle sottile ed incredibilmente calda, seguendo i suoi occhi. Legolas la fissava smanioso, lasciandole sotto il seno delle lunghe carezze, in grado di destabilizzarla.
 
“Bugiarda!” sorrise ammirandola. Era riuscito distrarla. Non c’erano più lacrime dentro i suoi occhi, il suo volto era luminoso e la sua espressione era vispa. Rimase qualche altro secondo ad ammirarla. Anche lui si era decisamente tranquillizzato, dimenticandosi della questione con Aragorn. Il calore che aveva nel petto era la cosa più bella che avesse avvertito durate quel viaggio. Eldihen era la cosa più bella che aveva trovato.
 
“No, dico sul serio” sorrise scherzosamente, alzando le sopracciglia. Si morse il labbro inferiore, passandoci la lingua sopra.
 
Legolas la fissò incantato, tornando serio. Quel calore che aveva nel petto, dinanzi al gesto di Eldihen divenne un fuoco incontrollabile che gli bruciò nel cuore, espandendosi sulle braccia. La strinse con decisione, vedendola un po’ incuriosita “Non lo fare più”
 
“Cosa?” Non capiva come, ma lui la guardava con smania.
 
 “Non ti mordere le labbra in quel modo” le si avvicinò, non resistendo più a starle lontano, non avrebbe rinunciato a possedere la sua bocca, a sentire il suo respiro rovente sulla pelle e, la sua lingua intrecciata alla sua. Fremeva dalla voglia di baciarla.
 
Eldihen sorrise, comprendendo il suo desiderio. Si allontanò lentamente con il mento, per vedersi seguita da Legolas “Perché?” schiuse la bocca provocandolo ancora di più, contenta di scorgere dentro i suoi occhi una luce particolare, piena di desiderio.
 
“Perché lo voglio fare io” era serio e tremendamente provocante. Le sussurrò quella frase sfiorandole le labbra. Eldihen drizzò la schiena, bruciando dal desiderio. Lasciò che Legolas le prendesse il viso tra le mani. Prima di baciarla sfiorò la sua bocca, facendosi desiderare. Il cuore di Eldihen batteva forte, mentre lei accecata dalla passione spinse le sue labbra contro quelle di Legolas, come a dirgli di muoversi, di baciarla. Voleva sentirsi avvolta dal suo sapore.
 
“Baciami o mi farai impazzire” sussurrò impaziente, mentre lui continuava a sfiorarle la bocca con le labbra, senza però baciarla veramente.
 
 Si divertiva a vederla presa, completamente sua, era un modo per farle capire che anche lui sapeva accendere i suoi desideri assopiti. Sorrise appagato. Prima di baciarla le morse il labbro inferiore, proprio come aveva fatto lei poco prima, passando poi le dita sulla sua bocca. La baciò in prima dolcemente, poi sempre con più passione e audacia, lasciandola senza fiato, con il cuore che le batteva prepotentemente. Ogni pulsazione sembrava un tuono nel petto. Legolas le carezzò i fianchi, camminando verso il tavolino con lei tra le braccia.
 
L’appoggiò al margine del tavolo, continuando a baciarla, felice di sentire le sue labbra carnose, i battiti del suo cuore ed i brividi lungo la schiena scendergli giù, fino ad arrivare alle gambe. La schiacciò con il suo corpo facendola piegare un po’ contro il tavolo. Le lasciò una scia calda di baci sulla bocca, fino a scendere verso il suo collo. Lei riprese a respirare, accarezzando i capelli di Legolas, che raggiunse in fretta le sue labbra, catturandola in un nuovo bacio.
 
Legolas posò la fronte su quella di Eldihen guardandola negli occhi. Tutti e due avevano il fiato corto e ansimante, si guardarono senza dire una parola, accecati dalla passione. Legolas le accarezzò una guancia avvicinandosi come prima. Era incollata al suo corpo.
 
“Sì comunque”sorrise gustandosi la sua espressione confusa.
 
“Sì cosa?” chiese Eldihen piegando il viso. Il suo cuore stava iniziando a battere meno velocemente, anche se le carezze di Legolas le procuravano un calore immenso.
 
“Ti ho pensata spesso quando eri da Nihil Eldihen, ero molto preoccupato”
 
“Ti mancavo?” gli diede un tenero bacio a fior di labbra, i loro occhi si incrociarono rimanendo allacciati in uno sguardo. Due occhi che parlavano allo stesso modo.
 
Legolas alzò gli angoli della bocca in un sorrisetto divertito quanto dolce. Eldihen sbuffò appoggiando le mani ai fianchi, l’elfo la riprese dai polsi, impedendole di allontanarsi.
 
“Non mi prendere ancora in giro!” lo avvertì Eldihen inarcando le sopracciglia.
 
“Ti ho desiderata molto” sul suo volto riapparve uno sguardo  profondo, Eldihen rimase sorpresa, le sue parole la stupirono. Legolas la baciò dolcemente sulle guance, sembrò una carezza più che un bacio, di una tenerezza tale da far sciogliere il cuore all’elfa “Desidero vederti sempre sorridere come ora, non voglio vederti triste e preoccupata perché la tua felicità è la mia forza”
 
“Io temo di perderti” la sua mente la riportò alla guerra. Era evasa da quella realtà grazie ai baci e alle attenzione dell’elfo, ma presto tornò ad incupirsi. Legolas l’accarezzò sorridendole come solo lui sapeva fare.
 
“Non può essere, sono troppo forte!” disse con area scherzosa.
 
“Sono seria, domani ti voglio rivedere amore mio” lo abbracciò cogliendolo alla sprovvista: allacciò le sue braccia dietro la schiena tuffandosi nel suo petto forzuto, in grado di alleviare qualunque sofferenza lei provasse. Eldihen chiuse gli occhi, inalando il suo profumo.
 
Legolas dopo qualche secondo ricambiò il gesto, cullandola dolcemente tra le braccia “Non mi rivedrai solo domani” sollevò il suo viso, baciandola prima sulla guancia, poi sulla bocca “Mi rivedrai ogni giorno. Io combatterò per te, ma tu promettimi di rimanere forte per me”
 
“Lo farò” guardò le sue labbra, baciandolo senza esitazione per godere al massimo di quel momento.
 
 
 
 
 
Nihil ed Epon si trovavano davanti a Fangorn. Gli alberi si erano destati dal sonno, riemergendo da terra, per rispondere agli attacchi subiti da Saruman. La notte aveva avvolto il mondo e l’elfo incantato guardò le stelle velate con stupore e ammirazione. Sembrava la prima volta che le vedeva dopo anni, ed infatti era così, aveva avuto gi occhi chiusi per troppo tempo. Deglutì, camminando verso la boscaglia, in direzione degli alberi che si muovevano lentamente, ma con decisione, pronti a combattere.
 
“Stasera sguainerò la mia spada contro Isengard!” proferì sentendo Epon sbattere  le ali “E stasera ritroverò l’orgoglio perduto” avvertì i rumori del sottosuolo, i sassi tremavano ad ogni passo degli Ent. Sfoderò la sua spada, avanzando verso il sentiero tortuoso, disseminato di foglie e ghiaia. Si bloccò quando vide Barbalbero in lontananza. Sperò che gli desse ascolto, conosceva Fangorn da tempo immemore. Era passato più volte sotto la foresta, per raggiungere Saruman, per aiutarlo, vedendo gli alberi cadere, sradicati alla radice. Il male era stato estirpato dal suo cuore allo stesso modo. Nihil si sentiva ora,  vuoto e incollerito come la foresta.
 
“Porgo i miei saluti a te signore degli alberi!” iniziò a parlare. Il vento turbinò per quelle vie, spostandogli i capelli e la tunica nera. Era agitato, non sapeva come comportarsi, chiedendosi se fosse giusto ciò che stava dicendo. Barbalbero si bloccò, dalle sue cime spuntarono due creature di sconosciuta origine. Nihil portò la sua attenzione ai due giovani inarcando le sopracciglia.
 
“Nihil. Hai camminato sotto le fronde degli alberi per raggiungere Saruman. Non ostacolare gli Ent o troverai morte” rispose lentamente Barbalbero agitando la sua corteccia. Gli Hobbit curiosi guardarono Nihil da sopra le foglie. Non era la prima volta che incrociavano un elfo, eppure rimasero sbalorditi nell’osservare il volto sgomentato di Nihil.
 
“Io avanzerò con te stanotte…” osservò gli altri alberi avvicinarsi, con le loro radici che invece di essere piantate a terra si trovavano sopra le pietre “Starò con voi stanotte. Vi sarò amico, sarò vostro compagno e alleato. Vi aiuterò in questa battaglia” proferì deciso impugnando l’elsa della sua spada. Se avesse incontrato la morte, sarebbe stato lieto di abbandonare il mondo, perendo con onore.
 
“Questo non lo credevo possibile” agitò la testa l’albero, abbassando la cima. Gli Hobbit si aggrapparono ai rami, felici di trovare un compagno. Merry guardò Pipino animato dalle parole dell’elfo. Il buio scese lentamente, portando con sé una leggera nebbia biancastra.
 
“Barbalbero, accettiamo la sua spada, non farebbe male un aiuto in più” commentò entusiasta Merry sporgendosi dai rami che lo custodivano. Agli occhi di Nihil, i due Hobbit sembrarono due pulcini all’interno del loro nido. Epon si appollaiò sulle sue spalle donandogli una sorta di carezza col becco. Nihil lo guardò di sottecchi, sorridendo flebilmente. Non sarebbe bastata quell’azione per riscattare il male commesso e per trovare pace infondo al cuore, no.
 
“Cosa risponde il signore degli alberi?” gridò ad alta voce, guardando gli occhi di Barbalbero. Il gelo della notte raffreddò le guance e le sue dita. Nihil attese, sentendosi gli occhi della foresta addosso. Era piccolo in quel momento, simile ai sassolini sotto i suoi piedi. Il suo spirito era debole, anche se la sua forza eguagliava quella dei possenti guerrieri del passato. Avrebbe mostrato lealtà, rinnegando i suoi sbagli. 
 
“Andiamo in guerra elfo. Seguici!” avanzò, afferrando i sassi dal terreno. Erano pronti a sfidare Saruman e gli orchi di Isengard.
 
 
 
 
Legolas insieme a Gimli, attese l’arrivo degli orchi sotto lo stesso cielo scuro che abbracciava Nihil. Pioveva, ed il suo cuore era pieno di forza e amore. Scoccò le sue frecce, muovendosi nel campo di battaglia, uccidendo ferocemente gli orchi che si scagliavano contro lui ed i suoi amici.
 
Combatteva per Eldihen, per rivederla il giorno seguente.
 
La battaglia sembrava persa. Legolas con il suo arco eliminò gran parte degli orchi, vedendoli tremare al suo arrivo, accompagnato dal fedele amico Gimli che gli copriva le spalle gareggiando con lui. Si era messo in testa di sconfiggere il maggior numero di nemici per dimostrare all’elfo la sua bravura, che a detta sua era superiore.
 
 Fu una notte lunga e tormentosa.
 
Eldihen dentro la grotta si strinse ad Eowyn assorbendo il calore del suo cuore, l’energia della sua voce calda e di quegli occhi amichevoli che la stavano consolando, mentre lei disperata osservava la porta in lontananza, seduta su una roccia. Il suo cuore batteva per Legolas, con la speranza che quella notte passasse presto e che da quella porta spuntasse lui. Lo avrebbe abbracciato. Una lacrima rigò il suo viso, Eowyn l’asciugo.
 
“Io stanotte…” la dama di Rohan le accarezzò il viso.
 
 
“Sono con te…” Legolas parlò a bassa voce, tra sé e sé. Pensò ad Eldihen, osservando gli orchi armati avanzare dentro al fosso. Avevano aperto una breccia, assediando la fortezza. Erano in tanti. L’elfo trovò coraggio, ricordando gli occhi della giovane, i baci che si erano scambiati, sfoderando colpi violenti ai suoi nemici.
 
 
“Anche se ho sbagliato, stanotte combatterò per te!” Nihil alzò la sua spada in aria. Gli occhi di Eldihen erano impressi nella sua mente, come un faro in mezzo al mare. Corse incontro alle mura di Isengard con gli alberi, lanciando un urlo liberatorio prima dello scontro. Le rocce devastarono la recinzione, sbalordendo gli orchi che erano rimasti al servizio di Saruman. In poco tempo gli Ent riuscirono ad insediarsi nell’accampamento, eliminando i nemici, schiacciandoli sotto le loro cortecce, stritolandoli nelle proprie radici. Nihil avanzò roteando la sua spada. Uccidendo i nemici e tormentandoli con la lama appuntita che brandiva. I suoi colpi erano rapidi e mortali. Si muoveva come una macchina da guerra, attutendo i colpi dei suoi avversari con maestria.
 
 
 
“Stanotte so che mi penserai…” Eldihen guardò la caverna ascoltando i rumori provenienti dall’esterno. Le sembrò un’eternità. Comprese quanto potesse essere ingiusta la vita. Appena trovato Legolas doveva combattere con la paura di perderlo, perché la guerra li avrebbe potuti allontanare. Abbracciò amichevolmente Eowyn, inebriata dal suo dolce profumo.
 
“Giungerà l’alba e spazzerà via le tenebre” disse Eowyn in fermento.
 
Il buio strisciò via dai loro cuori. La mattina arrivò rallegrandoli. La notte era passata, ed anche se era difficile crederci, il sole illuminava di nuovo la terra, nonostante le lacrime versate e il dolore nascosto dentro al petto. Il sole spuntò nonostante tutto.
 
“Vittoria, abbiamo vinto!”
 
L’oscurità passò, lasciando spazio al giorno che era spuntato. Infondo quel buio era passeggero. Non vi era notte senz’alba. La luna era stata sempre seguita dal sole. E così fu anche in quell’occasione.
 
 
 
Eldihen attese in mezzo alle donne che le porte venissero aperte. Tremava, costringendosi a non toccarsi le dita freneticamente, come faceva quando era nervosa, per paura di far preoccupare Eowyn. Sperava di rivedere Legolas, di uscire da quella grotta fredda per lanciarsi nelle braccia dell’elfo, per rivedere i suoi occhi profondi ed ammirare il sorriso sulle sue labbra.
 
“Stai tranquilla” Eowyn catturò la sua mano, stringendola con apprensione. Le donne erano tutte molto agitate, abbracciavano i loro bambini, in attesa che le porte si aprissero, per rincontrare mariti e figli.
 
Dopo qualche istante udirono un forte rumore. Finalmente il portone si era spalancato. Esultarono tutte felici, correndo fuori dalla grotta che in quella notte era stata la culla del loro  dolore. In quelle rocce era racchiusa tutta la loro sofferenza, se solo avessero potuto parlare avrebbero raccontato di tutte le lacrime e delle paure ascoltate. Il sole bruciò le tenebre dentro la caverna. Eowyn incoraggiò Eldihen a muoversi ad uscire, vedendola esitante, come se avesse paura a tornare fuori.
 
“Andiamo!” la strinse dandole una piccola spinta dietro la spalla. I suoi occhi erano imperlati, temeva di vedere ciò che l’aspettava fuori dal portone.
 
“Andiamo” sorrise ad Eowyn. Erano le ultime del gruppo. Raccolse la sua spada a terra, superando il laghetto e la piccola stradina, raggiungendo insieme l’uscita.
 
Il sole le salutò con un raggio caldo. Eldihen spalancò gli occhi, accecata dalla luce. Camminava insieme ad Eowyn, ascoltando i pianti di coloro che avevano perso i propri cari, le urla felici delle donne che avevano trovato i propri uomini. Eldihen studiò raccapricciata i cadaveri a terra, fuori  sul piazzale sporco di sangue. Rimase impressionata dal numero di morti e dal forte odore che la costrinse a trattenere il fiato. Il rosso del sangue attirò la sua attenzione. Camminò evitando di calpestare i corpi privi di vita. Si guardò intorno, osservando i feriti, i soldati che correvano avanti e indietro, annunciando la vittoria alla donne.
 
Aragorn l’aveva raggiunta. Fu felice di vederlo, anche se Eowyn si mostrò più contenta, infatti lo abbracciò stringendolo contro il suo petto.
 
Eldihen a quella scena si portò in avanti, non riusciva a rimanere bloccata, ed anche se era contenta di rivedere il suo amico, non poté far a men di chiedersi di Legolas. Corse lungo le scale, con il cuore pieno di ansie e paure. Si guardò intorno percorrendo le stradine della fortezza. Evitò di scontrarsi contro la gente che camminava nella sua direzione, ricercando Legolas in ogni punto: esaminò tutte le strade, le scale e gli spiazzi affollati. Si trovò a trattenere le lacrime, correndo disperatamente tra i cadaveri degli orchi e gli scudi frantumati a terra, dove giacevano armi di ogni genere. Si bloccò su un passaggio, vedendo in lontananza Legolas sorridere felice a Gimli che era comodamente seduto su un orco a terra. La sua ascia conficcata nella testa di quella creatura. Si sentì travolta da mille emozioni, erano troppe per essere comprese separatamente. Sospirò alzando le spalle, i suoi occhi si illuminarono. Pianse senza volerlo. Asciugò le lacrime scuotendo il capo. Non doveva assolutamente mostrarsi emotiva. Camminò lentamente in direzione dei due compagni, stringendosi nella veste verde che indossava. Si fermò a pochi centimetri da loro. Gimli si voltò, lanciando uno sguardo complice all’amico, come ad indicargli qualcosa di importante.
 
Legolas incuriosito si voltò, abbassando l’arco. Gli occhi di Eldihen lo catturarono completamente, si voltò nella sua direzione rimanendo vicino al nano. Sorrise guardando Eldihen, come a dirle che era stato fedele alle promesse fatte la scorsa notte. L’elfa si morse le labbra, avvicinandosi timidamente. Era una gioia rivederlo.
 
Indecisa se abbracciarlo lasciò correre i suoi occhi sul  torace di Legolas col desiderio di stringerlo. Aveva pensato tutta la notte a quel momento, attendendolo con ansia, ed ora che era lì non le parve reale. Legolas mosse qualche passo verso di lei, comprendendo il suo stupore. Eldihen sorrise avvicinandosi maggiormente. Azzerò le distanze, guardandolo negli occhi. Lo ammirò come se si trovasse davanti al soldato più forte del mondo, ed era così, anche se lei non immaginava quanto era stato bravo a combattere.
 
Non disse nulla, stupì Legolas e Gimli, lanciandosi nelle sue braccia con amore. Il suo petto si scontrò contro quello dell’elfo che l’accolse tra le braccia, sollevandola di poco da terra. Legolas guardò i suoi occhi, il suo viso e  le sue labbra ben delineate sotto gli occhi di un ammutolito Gimli. Sembravano ammaliati l’uno dall’altra, si stringevano con amore, desiderosi di baciarsi. Si poteva vedere da un miglio di distanza che non attendevano altro, se non di toccarsi.
 
“Non fatevi problemi a sbaciucchiarvi. Io ieri vi ho visti, so tutto!” asserì divertito vedendo Eldihen avvampare. Fumò distogliendo lo sguardo da loro due, per osservare la gente correre lungo il ponticello. Era tutto finito, avevano vinto realmente. Fu fiero di se stesso e dei sorrisi che incrociava di tanto in tanto, da parte dei soldati che avevano combattuto insieme a lui.
 
Legolas disinteressato sorrise. Non gli importò di Gimli o della gente che li osservava di soppiatto. Baciò Eldihen sulla bocca, con dolcezza. Fu un bacio fresco e pieno di amore. Eldihen ricambiò carezzandogli la guancia, fino a coprire le loro labbra con le mani, per non mostrarsi ad altra gente, godendo di quel contatto e del forte sentimento che custodiva nel cuore “Non puoi immaginare la paura di stanotte!” la sua voce era rotta dal dolore, non riuscì a formulare una frase in grado di descrivere la sua angoscia.
 
Legolas la scrutò a lungo, per poi stringerla al suo petto, come a voler placare il suo tormento. Appoggiò la testa contro il suo torace, accarezzandole i capelli, mentre lei si accucciava a lui con gli occhi chiusi. Era una sensazione inspiegabile quella che avvertiva l’elfo, una sorta di premio ricevuto dopo la battaglia. Un premio meritato e desiderato, il più bel regalo che potesse ricevere quella mattina. Le baciò la testa sentendo il calore del suo corpo ingrandirsi, fino a raggiungere Eldihen.
 
“Sto bene” la rassicurò preoccupato. Non avrebbe voluto vederla così stremata. Poteva solo immaginare quanto era stata pesante per lei quella notte.
 
Gimli dopo essersi stancato di rimanere seduto sul corpo dell’orco, recuperò la sua ascia, lamentandosi riguardo al risultato della gara con Legolas. Farfugliò qualcosa di incomprensibile, sostenendo che l’elfo aveva barato, lanciando una freccia ad un cadavere. Si voltò verso i due ragazzi abbracciati, guardando Legolas con un espressione divertita.
 
“So che vi disturbo, ma avrete tutto il tempo del mondo per coccolarvi come vi pare” la sua voce rude lasciò Eldihen imbarazzata. Gimli la vide allontanarsi dal petto di Legolas e, sistemandosi i capelli con movimenti veloci, abbassò la testa, alzando le sopracciglia “Comunque sapevo che sarebbe andata così. L’elfo era rincitrullito da un bel po’!” affermò facendo apparire sul volto di Legolas un sorrisetto divertito “Ma adesso basta sbaciucchiarsi perché devi dirmi che diamine è successo. Dove sei sparita ragazza? Ti sembra questo il modo di comparire senza nemmeno darmi un saluto. Capisco che siete entrambi innamorati, ma non è giusto che…”
 
Eldihen lo trovò divertente e rise, sfoggiando un sorriso a trentadue denti. Si avvicinò al nano, piegandosi per raggiungere la sua statura. Lo baciò sulla guancia abbracciandolo con affetto. I suoi capelli si appiccicarono alla sua veste. Gimli rimase impagliato, guardando Legolas come a volergli dire che anche lui aveva ottenuto un premio: l’abbraccio di Eldihen. Ricambiò, dandole una leggera pacca sulla schiena.
 
“Scusami Gimli, sono felice di rivederti!” l’elfa si rialzò, percependo Legolas affiancarla.
 
“Sì… sai che stanotte il sottoscritto ha battuto l’elfo che ti è accanto!” si appoggiò all’ascia con un espressione furba, apparendo serio, anche se i suoi occhi brillanti sorridevano senza che lui curvasse la bocca.
 
“Non gli dar retta è un po’ stanco, dice cose senza senso”
 
“Cose senza senso?” socchiuse gli occhi arricciando il naso “E cos’avrebbe senso? Infilzare un orco decrepito per pavoneggiarsi uscendone con -Si contorceva-” imitò alla perfezione la voce di Legolas, mimando il modo in cui impugnava l’arco.
 
Eldihen lanciò un’occhiata a Legolas non riuscendo a comprendere l’argomento.
 
L’elfo sorrise. Adorava vedere Gimli arrabbiato, specie in quei momenti. L’espressione sulla sua faccia era impagabile. Portò il suo arco dietro la schiena, piegando il volto “Si contorceva veramente”
 
“Se stacchi il collo ad una gallina continua a camminare lo stesso, ma non significa che sia viva!” la ragione doveva essere sua ad ogni costo.
 
 Eldihen rise di gusto immaginando la suddetta gallina correre senza collo “Può finire così!” si posizionò tra lui e Legolas alzando le mani. Percepì gli occhi dell’elfo dietro la schiena mentre parlava con Gimli, non si girò, immaginando il sorrisetto che si era allargato sulle sue labbra.
 
“E va bene sì! Parliamo piuttosto della tua scomparsa ragazza. Ma quando eri piccola facevi sempre così?”
 
“Ne ho combinate tante ai miei genitori” affermò  incrociando distrattamente le braccia.
 
Legolas le sfiorò  la mano, incrociando il suo sguardo. Percorse distrattamente la lunghezza del suo braccio, pensando a cosa provasse Eldihen. Aveva vissuto un’esperienza dolorosa, non avrebbe voluto pressarla o addolorarla, specie ora che si era tranquillizzata “Te la senti di raccontarci che è successo?” domandò gentilmente, senza distogliere il suo sguardo da lei.
 
“Si” gli sorrise annullando i dubbi che erano sorti a Legolas.
 
Spiegò loro del rapimento e di quanto era stato duro per lei rimanere dentro la prigione di Isengard, anche se per poco tempo. Quando menzionò Nihil, Eldihen portò l’attenzione all’elfo che ascoltava senza commentare, cambiando espressione continuamente. Legolas era nervoso, i suoi occhi non nascosero l’irritazione provata. Eldihen per addolcirlo lo sfiorò dolcemente, ma non riuscì a deconcentrarlo, anzi, Legolas sembrava curioso di conoscere i dettagli, attendendo che lei continuasse a parlare. Con tono pacato Eldihen spiegò a Gimli ed a Legolas della spada che aveva curato il cuore di Nihil, della sua fuga e dell’aiuto ricevuto…
 
Legolas lanciò un’occhiata all’amico, cercando di contenere il suo sdegno. Incrociò le braccia, meditando su ciò che aveva ascoltato “Non c’è da fidarsi di Nihil” disse stizzito.
 
“Io non mi fido di lui, ma non posso nemmeno negare ciò che ha fatto per me” gli si avvicinò, posando la mano sul suo braccio, nel tentativo di tranquillizzarlo. Eldihen era preoccupata nel guardare i suoi occhi seri, lontani da lei.
 
“Dopo averti sbattuta dentro una cella per il suo stesso spasso” parlò con un tono abbastanza calmo, tanto da sorprendersi.
 
“Si ma adesso sono qui, non è questo l’importante?”
 
Legolas  incrociò il suo sguardo, senza risponderle. Pareva volerle trasmettere tutti i suoi pensieri, il disprezzo nei confronti di Nihil e l’irritazione che nutriva nei suoi confronti. Annuì come a darle ragione, percependo le dita di lei sulle braccia.
 
 Eldihen lo tirò verso di sé, poteva comprenderlo ma non avrebbe lasciato che lui rimanesse immobile senza dir nulla.
 
“Sì ma adesso basta sul serio con tutte queste peripezie. Cerca di rimanerci vicino ed ascoltare i nostri consigli! Non è bello quel che è successo, sia per te, che per noi che eravamo in pensiero” Gimli guardò Legolas, era serio, non si era voltato nemmeno quando lui lo aveva affiancato.
 
“Gimli ha ragione. D’ora in avanti starai vicino a noi fino a che…” non concluse la frase lasciando Eldihen nel dubbio. Non era quello il momento adatto per parlarne. Sciolse le sue braccia, dandole una pacca sulla spalla.
 
Il viso di Eldihen era meravigliato, fece un cenno con la testa a Legolas, incitandolo a continuare, ma lui non disse nulla, si limitò a stringere la presa sulla spalla, guardandola con tutta la preoccupazione che nutriva.
 
“Legolas, Gandalf ci aspetta fuori dalla fortezza con Eomer ed il re!” Gimli si intromise separandoli. Era un po’ amareggiato, non avrebbe voluto interferire in quel momento, ma lo stregone si sarebbe arrabbiato se non lo avessero raggiunto, e sarebbe stato lui a pagare il prezzo più alto, infondo lo sapeva che Gandalf era scontroso a volte.
 
“Vai avanti tu… sto per raggiungerti” Legolas gli lanciò uno sguardo, vedendolo annuire. Quando Gimli si allontanò da loro, l’elfo azzerò le distanze scrutando il volto distratto di Eldihen, che ancora pensava alla frase interrotta di Legolas. Perché si era bloccato? Non riuscì a capirlo, anche i suoi occhi sembravano strani, come se le stesse nascondendo qualcosa. I suoi pensieri vennero interrotti da un bacio sulla fronte. Le labbra di Legolas erano leggermente fredde a contatto con la sua pelle. Eldihen si trovò intrappolata tra il collo asciutto e il torace forzuto di lui. Guardò la foglia che stringeva il mantello, rialzò le ciglia perdendosi nell’intensità del suo sguardo.
 
“Starò vicino a voi fino a che Legolas? Perché non hai continuato prima?” chiese curiosa assottigliando le palpebre. Lo scongiurò a continuare con uno sguardo carico di curiosità e tensione.  
 
Legolas alzò gli occhi osservando in lontananza i soldati, giusto per riflettere senza essere condizionato da Eldihen. Non le avrebbe accennato nulla riguardo le preoccupazioni legati alla guerra e, alla sua posizione delicata “Eldihen, ne parleremo in un secondo momento, abbi pazienza” portò gli occhi sul viso della ragazza, apparendo serio e giudizioso.
 
Eldihen agitò il capo in segno di assenso. Non lo comprese, avrebbe voluto conoscere tutto, chiedergli di cosa avessero dovuto parlare, domandargli del suo sguardo altero e dei pensieri dentro la sua testa. Cosa celava il suo cuore? Si sentiva amata ogni volta che incrociava i suoi occhi color del mare, ma non riusciva a leggergli dentro come avrebbe voluto “Come desideri” le uscì dalla bocca. Il suo viso era rabbuiato dalle incertezze.
 
Legolas accortosene si piegò, accarezzandole le labbra con il pollice, gesto che fece sussultare Eldihen.
 
“Ci rivedremo ad Edoras” la sua carezza era calda e premurosa, come i suoi occhi che la studiavano leggermente incuriositi.
 
Eldihen sorrise agitando il capo ”Ma dove andrai?”
 
“Ad Isengard” asserì con un’espressione indecifrabile, un misto tra l’inquieto ed il serio “Tu segui le donne e rimani attenta. Entro stasera, massimo domani dovresti raggiungere la città. Non allontanarti dal gruppo per nessuna ragione e resta accanto ad Eowyn!” la ammonì impensierito, guardandole le lunga ciglia incurvate.
 
Eldihen sospirò appoggiando le mani ai fianchi “Hai qualche altro ordine?”
 
Legolas piegò sulle labbra un sorrisetto divertito, ammirando il viso di Eldihen, prima di avvicinarsi inesorabilmente alla sua bocca. Le posò le mani sulla vita, accarezzandole i fianchi. Lei spalancò gli occhi catturata dal suo profumo, dalla pelle perfetta e dal suo sguardo assorto “Sì… baciami!” sfiorò il labbro inferiore e chiuse le palpebre per baciarla prima che lei potesse parlare o allontanarsi. Il suo respirò gli provocò un turbinio di sensazioni intense. Assaporò la sua bocca, mentre lei si lasciava andare, rispondendo con profonda passione alle sue carezze.
 
Passò le dita sugli zigomi di Legolas, sentendosi schiacciata sotto il suo petto.
 
 
 
Note autrice:
Emh buonasera gente, avrei voluto aggiornare pomeriggio ma sono stata impegnata (tanto per cambiare) così ho rimandato la lettura dopo cena ed eccomi qua. Un altro capitolo pieno di baci xD beh si, spero vi sia piaciuto, di azione non c’è molta, ma a lungo andare verrà anche quella, ve lo garantisco, per ora godiamoci questi due piccioncini xD che ne pensate di Legolas? Ho cercato di renderlo Ic ma non so se ci sono riuscita, voi che ne dite? Ho sempre dubbi, anche se nella lettura lo vedevo bene nelle scene, in verità credo che lui in amore sia così… baciare la bacia, ma non è tipo pucci pucci (vero????xD) ditemi voi please!
Come sempre ringrazio voi che leggete e commentate, siete un tesoro <3 siete un silmaril <3 mi date un mucchio di soddisfazione. Adesso mi sono presa una bella pausa dalla scrittura (ma tranquilli la storia è conclusa non so se l’ho già detto) visto che mesi fa mi ci ero buttata pesantemente, ma col sennò di poi guardando il lavoro svolto sono contenta,  grazie anche al vostro sostegno. Condividere la storia con il pubblico è stata la scelta giusta ed anche se ho 20000 dubbi, voi mi date conferme e molta soddisfazione, grazie mille<3
Riguardo gli aggiornamenti: sempre di sabato. Dai, amici è finito, l’eurovision è passata (ahhh io felicissima per i  Maneskin, non centra nulla ma lo dovevo dire anche qui!!) quindi potete leggere senza perdervi nulla di speciale (oddio non so che altro fanno in tv, la seguo pochissimo, sorry)
Un abbraccio alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14
 
 
Legolas cavalcò verso Isengard, passando sotto gli alberi di Fangorn. Trovò la foresta meno scura di quanto ricordasse. Intravide degli animaletti spostarsi sul terreno e le gocce di rugiada scendere dalle foglie. Proseguiva affianco a Gandalf ed altri soldati, con in testa dubbi che non gli davano pace. Gimli rendendosene conto si aggrappò al suo mantello, guardandolo da dietro, mentre avanzavano in silenzio.
 
“La battaglia stanotte è stata dura ma ce l’abbiamo fatta!” asserì nel tentativo di alleggerire il peso che Legolas si portava dentro, senza rivelar niente a nessuno.
 
“Mastro nano, la battaglia è finita ma adesso inizia la guerra per la terra di mezzo. Sarà dura da vincere” Gandalf rispose senza guardare Gimli, ma il percorso davanti a sé. Stringeva le briglie del proprio destriero, impaziente di raggiungere Isengard. Mancava poco.
 
“E’ questo che mi inquieta” dichiarò Legolas guardando la criniera di Arod. I suoi pensieri vagarono. Tornò indietro nel tempo, all’inizio del suo viaggio che, da Gran burrone l’aveva condotto a Fangorn, dove si trovava insieme ai suoi compagni. In quel momento di apparente pace gli tornò in mente il volto di Eldihen, quando l’aveva trovata sotto gli alberi. Si era promesso di proteggerla senza però riuscirci.
 
“Penso che ci sarà una tregua prima della fine… non so quanto durerà, mh” sbuffò Gandalf scorgendo le mura nere di Orthanc. Il cielo era azzurro, non sembravano nemmeno in guerra, era tutto silenzioso e tranquillo, il canto degli uccellini li rincuorò decisamente, anche se Legolas rimase concentrato sui suoi pensieri.
 
“E come faremo a scoprire di più su questa guerra Gandalf?” Gimli con la sua voce pesante richiamò il bianco stregone, vedendo i suoi occhi posarsi su di sé.
 
“Troveremo risposte quest’oggi ad Isengard. So per certo che Eldihen ci ha spianato la strada!” la farfalla azzurra che aveva condotto la ragazza al fosso di Helm aveva raggiunto in seguito Gandalf,  raccontandogli di Nihil e della riuscita del suo piano. Eldihen era stata in grado di brandire la spada che gli aveva dato, senza però ferire nessuno. Ne aveva percepito il potere usandola in modo efficace.
 
“Eldihen è stata fortunata. Sarebbe potuta morire” sentenziò Legolas con una nota di preoccupazione nella voce, mentre osservava il terreno davanti a sé. Aragorn si girò per seguire la conversazione, era un po’ distante da loro, si trovava vicino a re Thèoden e suo nipote Eomer.
 
“Non la sottovalutare principe. La ragazza ha grande sensibilità nel percepire la magia! Non sarà una guerriera, ma è sopravvissuta ad un maleficio riuscendo a  guarire anche Nihil”
 
“Nihil non meritava l’aiuto di Eldihen, specie dopo quello che le ha fatto”
 
Trovò astio nella voce di Legolas. Gandalf aggrottò le sopracciglia senza commentare.
 
Quando superarono gli ultimi alberi, raggiungendo la fine della foresta, trovarono, seduti sulle mura di Isengard, Merry e Pipino, intenti a fumare e gustarsi il cibo trovato nella dispensa di Saruman. Aragorn sorrise, il cielo azzurro sembrava uno sfondo luminoso nel quale i due Hobbit si specchiavano, godendo sul campo di vittoria. Finalmente la compagnia si era riunita, anche se al gruppo mancavano Frodo e Sam.
 
Nihil era seduto su un masso a terra, con un piede penzolante ed il gomito appoggiato al ginocchio. Si rialzò dinanzi gli uomini giunti a cavallo. Riconobbe in mezzo alla folla, il suo principe Legolas, che lo guardava con aria di rimprovero in sella al cavallo, fiero e silenzioso come lo ricordava.
 
Gimli si lamentò con i due Hobbit. Avevano superato momenti difficili per trovarli a banchettare come se nulla fosse, anche se in cuor suo era contento di vederli sani e salvi, proprio come i suoi compagni.
 
“Salve signori” Nihil si sollevò, vagando con lo sguardo fino a raggiungere gli occhi di Legolas. Sostenne il suo sguardo, senza scomporsi “Salve mio principe” chinò il capo con la mano nel petto. Sperò che Legolas apprezzasse l’aiuto offerto quella notte ai suoi amici. Il suo cuore era pieno di dolore e pene, Eldihen era riuscita a ricacciare ogni male, togliendo il velo nero che ricopriva la sua anima piena di ferite, pagando però il prezzo più alto senza rendersene conto. Sentì il peso di quegli occhi sulla sua fronte, gli sembrò di esserne trafitto, intuendo la profonda rabbia che Legolas covava dentro di sé.
 
“Tuo principe!” Tornò a ripetere Legolas impassibile, con una nota incerta nella voce, provando un moto di irritazione nel vederlo indifferente, vicino ai due Hobbit e agli alberi che camminavano nel piazzale della torre. Lo guardò senza mai abbassare lo sguardo, sentendo la voce dentro la sua mente farsi sempre più forte. Nihil non meritava il suo perdono e, se quella era una sceneggiata per riottenere fiducia avrebbe fatto prima a rinchiudersi nella torre, perché là sarebbe rimasto.
 
Aragorn come gli altri cavalieri si voltarono per scorgere il volto dell’elfo, intuendo dalla voce inespressiva l’astio che nutriva Legolas e il dispiacere dentro le pupille di Nihil. Erano molto tesi nell’osservare lo sconosciuto guerriero, cogliendo gli sguardi che si scambiava con il principe di Bosco Atro. Gandalf si portò in avanti con il suo bastone, sciogliendo con la sua voce profonda l’atmosfera che si era creata, troppo pesante e assurda per i suoi gusti. Dovevano mettere da parte ogni genere di dissapore per scoprire le mosse del nemico.
 
“Nihil!” lo richiamò, portando gli occhi dell’elfo su di sé “So che eri con il nemico, ma sono stato informato della tua conversione, per cui ti chiedo di collaborare e informarci di quanto accaduto prima di discutere con Saruman!”
 
“Gandalf, non avrei mai immaginato che il tuo potere fosse così forte. Hai consegnato un’arma molto potente alla ragazza…”
 
“Nessuno ti ha chiesto della ragazza. Rispondi a ciò che ti ha  detto Gandalf” ordinò Legolas non mutando tono di voce. Gimli inarcò le sopracciglia, guardando le sue spalle larghe. Anche se si trovava dietro e non poteva guardarlo in faccia, immaginò l’espressione rigida che aveva assunto, lo conosceva abbastanza bene: Legolas era leale con i propri amici, avrebbe dato la sua stessa vita per il bene di coloro che amava.
 
“Certamente mio principe” evitò di irritarlo, comprendendo la sua diffidenza. Il suo volto era spossato, marcato da due occhiaie scure, la sua bellezza eterea era stata segnata dalla profondità del male che era uscito dal suo corpo, lasciandogli segni ben visibili “Io so poco dei progetti di Saruman, posso solo dirti che Sauron ha in mente un piano. Spazzerà via ogni forma di vita da questa terra. Ha deciso di collaborare con criminali di ogni tipo” comunicò apertamente osservandoli uno ad uno.
 
“Forse Saruman ci dirà di più” pensò Gandalf avanzando verso la torre. Prese con se Pipino, mentre Aragorn montò Merry.
 
Nihil annuì lasciandoli avanzare. Posò gli occhi su Legolas, ma il principe non ricambiò il suo sguardo, proseguendo verso la torre con il suo amico nano.
 
Speranzosi di scoprire ulteriori notizie, comunicarono con lo stregone nascosto sulla cima di Orthanc, immersi nelle acque sudice del fiume e i relitti di Isengard. Saruman non parlò, da vigliacco osò domandare a re Thèoden perdono, stretto al suo nero bastone. Aveva le spalle al muro. Il re rispose incollerito, vedendo il suo servo uccidere Saruman con delle pugnalate alla schiena. Gandalf era dispiaciuto, non avevano ottenuto nulla, anche se, il giovane Peregrino Tuc scorse in mezzo all’acqua un antica pietra veggente: si trattava di un Palantìr, un oggetto misterioso proveniente da ere passate. Gandalf lo prese con se, lanciando un occhiata di rimprovero allo Hobbit.
 
Tornarono indietro sotto lo sguardo attento di Nihil. L’elfo aveva assistito alla scena senza commentare, ignorando le occhiate da parte di Saruman che lo aveva insultato dall’alto della sua torre. Epon gli era vicino, come sempre. Accarezzò le sue morbide piume, chiudendo le palpebre per smaltire l’ansia che sentiva. Voleva parlare con Legolas, anche solo per pochi minuti, ma doveva chiarirsi, dimostragli il suo pentimento e spiegargli ciò che era accaduto. Spinto da tale desiderio avanzò sulla roccia in cui si trovava.
 
“Avete ottenuto notizie?” la sua voce risuonò, raggiungendo le orecchie dell’elfo che lo ignorò, fermandosi insieme agli altri quando Gandalf fece un cenno con la mano. Gimli osservò Nihil, era curioso di conoscere l’artefice dei loro casini, colui che aveva incantato Eldihen, causandole diversi problemi. Il nano tirò il mantello dell’amico. Legolas girò il viso, curioso di conoscere le parole di Gimli.
 
“Sembra uno stoccafisso” curvò le labbra aggrottando le sopracciglia.
 
“Non lo sottovalutare, è furbo” Legolas non si lasciò abbindolare dall’espressione di Nihil, né dal suo tono gentile. Dubitava di lui, ed anche se Eldihen aveva estirpato il maleficio dal suo corpo, non poteva fare a meno di incolparlo. Non lo stimava, ma non lo odiava neppure. Dopo averlo visto provava pena per lui.
 
“Nulla” Gandalf sospirò lisciando il bastone. Era stato un vano tentativo il suo, ed anche se avevano vinto la battaglia del Fosso di Helm non si sentiva appagato, sapendo che Sauron avrebbe annientato ogni alleanza, spezzando le linee di Gondor, Rohan e di tutte le città presenti in quella terra.
 
“Vorrei unirmi al vostro gruppo, aiutandovi” dichiarò apertamente impugnando l’elsa della sua spada. Epon piegò il becco, come se avesse compreso le sue parole. Nihil in cuor suo sperò che l’offerta venisse accettata. Voleva collaborare, combattendo come un tempo, in difesa della gente e del suo popolo, per affermarsi e rigettare nell’ombra il passato che aveva macchiato il suo onore.
 
“Nihil…” Legolas non riuscì a rimanere in silenzio di fronte a quella dichiarazione. Alzò il viso, sentendo su di sé l’occhiata di Aragorn. Il ramingo non lo bloccò, la fiducia che aveva dato all’elfo era stata tradita, ed anche se credeva alla buona fede di Nihil, non spese una parola per aiutarlo “Come tuo principe ti condanno a rimanere ad Isengard sotto la custodia di Barbalbero” sentenziò senza esitazione, con voce fiera.
 
 
 
Le donne rientrarono ad Edoras al calar del sole. Eldihen aveva ancora in mente i canti intonati durante il viaggio, che era durato un giorno intero. Avanzava con Eowyn lungo il sentiero che conduceva al palazzo d’oro, sotto la luce arancione che scaldava le abitazioni vuote.
 
Entrate a palazzo, Eldihen si stupì del silenzio che permeava, la sala del re era scura, il trono era vuoto come i tavoli intorno. Ricercò con gli occhi la colonna dove solitamente si appoggiava Legolas, si avvicinò sfiorandola con le dita. Le sembrò che l’elfo si trovasse con lei in quel momento, anche se erano distanti.
 
 Raggiunse la sua camera, dove Eowyn le aveva detto di attenderla. Era piccola ed accogliente, con una bella finestra, un armadio in legno ed un grosso tappeto di pelliccia sotto il letto. Nel frattempo l’elfa si era accomodata sul materasso, osservando incerta la lama della sua spada: non era più scintillante come ricordava, ma nera, più scura dei cancelli di Mordor e pesante quanto un macigno. Non riuscendo a sostenere il peso la posò sul letto, avvertendo dolore alla mano sinistra, senza sapere della lacrima che accidentalmente le era scivolata sulla pelle. Impensierita si gettò sul cuscino, chiudendo gli occhi per qualche istante. Era stanca e le coperte calde l’accolsero suggerendole quasi di chiudere le palpebre per riposare. La camera era silenziosa e profumata, si addormentò, con la spada ai suoi piedi e le grida della gente dentro la sua testa. Sentì i suoi nervi sciogliersi, mentre sprofondava nel classico dormiveglia elfico.
 
Durante il sonno Eldihen vide cose molto strane: Un campo di battaglia pieno di morti, scudi frantumati e guerrieri feriti. Il sole era tramontato imbrunendo i monti ed il terreno insanguinato. Vide Nihil mentre piangeva a terra, sentì la voce dell’elfo, le parole di suo padre mentre moriva, abbracciato a lui. Si girò inconsapevolmente verso l’altro lato del materasso, udendo una voce familiare: Era Legolas.  Ascoltò i rimproveri rivolti a Nihil, avvertendo in cuor suo il dolore dell’elfo. Sussultò continuando a vedere delle scene poco comprensibili. Le sembrò che tra lei e le persone dentro il sogno ci fosse un velo, ma lentamente riuscì a scorgere il volto di due orchi, la mano bianca di Saruman. Ascoltò anche lei le parole di conforto che aveva avuto per Nihil, osservandolo mentre si allontanava dallo stregone.
 
Il rumore dell’armadio appena aperto da Eowyn la costrinse a spalancare le palpebre. Si sfregò gli occhi, ascoltando una strana voce nella stanza. Si girò guardando i lunghi capelli mossi della donna che indaffarata sistemava dei vestiti dentro il guardaroba. Ricercò con lo sguardo una presenza a lei sconosciuta, per poi portare l’attenzione alla lama nera ai piedi del letto: era stata la spada a parlare. La voce si interruppe appena Eldihen portò lo sguardo sull’arma, come se fosse stata spenta dai suoi occhi.
 
“Oh, ma ti sei svegliata. Stavi dormendo, non volevo disturbarti così mi sono presa la libertà di sistemare dei vestiti per te” piegò una sottoveste bianca, posizionandola su un cassettone. Si voltò osservando il volto pallido dell’elfa che studiava silenziosamente il letto, con le mani sulle ginocchia ed un’espressione preoccupante “Eldihen?” Eowyn si accomodò sul materasso, lasciando il resto dei vestiti sul giaciglio in cui erano sedute entrambe.
 
“Hai sentito?” chiese l’elfa, lanciando uno sguardo perplesso ad Eowyn.
 
“Ma cosa?” non comprendendola schiuse le labbra, avvicinandosi maggiormente al volto turbato di Eldihen.
 
“La spada… l’ho sentita parlare, ne sono sicura. L’ho sentita Eowyn, anche nel sonno… ho sentito la voce della spada!” non sembrava molto logico il suo discorso, ma sapeva di avere ragione, ancora percepiva quella voce dentro la testa che le raccontava di Nihil. Il suo non era stato un vero  e proprio sogno, non riusciva nemmeno a spiegarsi cosa le era accaduto.
 
“La spada?” Eowyn si voltò per prendere tra le mani l’elsa blu e dorata. Alzò l’arma contemplandola, passandosela tra le mani confusa “Ma io non ho sentito nulla!” affermò abbassando il manico “Sarai un po’ stanca Eldihen ti sono successe tante di quelle cose” le spostò una ciocca di capelli dietro le orecchie a punta.
 
“No Eowyn io l’ho sentita, parlava di Nihil. Ho sentito il suo dolore nel mio cuore, poi guarda…” era turbata, alzò un dito per indicarle la spada “Guarda com’è nera!”quasi stregata osservò la lama, perdendosi a studiare il metallo opaco che un tempo brillava come una perla argentata.
 
“Nera! ma che dici? La spada è chiarissima Eldihen” Eowyn  guardò l’arma per poi lanciarla a terra, lontano dallo sguardo dell’amica che aveva gli occhi imperlati, il viso pallido e le labbra tremanti.
 
“Eowyn è durato poco quel sogno, ma sento vivido il dolore di quelle morti, il dolore di Nihil” si mise una mano tra i capelli tirando su con il naso. Spostò con il piede una coperta, facendola ricadere sulla testiera del letto.
 
“Che ne dici se adesso ti alzi e bevi qualcosa di caldo lasciando perdere il sogno? Non ti far condizionare Eldihen” Eowyn si accovacciò vicino a lei, sdraiandosi sul letto.
 
Eldihen avvertito il calore del suo corpo si voltò per guardarla. L’abbracciò senza dir nulla, appoggiandosi sul suo seno “Sei una cara amica” per un attimo il volto di Eowyn la consolò. Era così bella mentre le sorrideva, adorava le fossette che si formavano agli angoli della bocca, le infondevano amore. Rimasero in silenzio per qualche minuto ed Eldihen ritrovò la serenità, sfregandosi distrattamente la mano sinistra che le prudeva fin troppo.
 
“Mhh, ma perché non parliamo del bacio con il tuo bel Legolas?”  disse vedendola meno agitata. Felice di vederla arrossire Eowyn si portò in avanti per gustarsi la sua reazione. Al solo sentirne il nome Eldihen avvampò e i suoi occhi tornarono sereni.
 
“Era così felice di rivedermi… ed io più di lui. Pensavo che ancora portasse rancore e invece mi ha baciata. Non ci posso ancora credere” confessò vedendo gli occhi sognanti di Eowyn.
 
“Si vedeva proprio quanto eravate innamorati, specie tu Eldihen. Non ragionavi affatto quando c’era lui, eri come trasportata in un’altra dimensione” disse spostando i capelli dal viso con aria gioiosa “Spero anch’io di poter baciare colui che amo” dichiarò senza alcuna malizia, con una disinvoltura da far spalancare gli occhi ad Eldihen. Eowyn osservò la parete e la finestra a suo fianco, guardando l’orizzonte “Non vedo l’ora di rivederlo” il suo volto chiaro si illuminò.
 
Eldihen dispiaciuta, conoscendo della storia d’amore tra Aragorn e Arwen si sentì in dovere di parlarne all’amica. Non voleva spezzarle il cuore, ma Eowyn sarebbe rimasta ferita se avesse continuato ad immaginare cose impossibili. Si sedette sul materasso, appoggiando la testa sul cuscino di piume. Avvolse il braccio di Eowyn con una mano, parlandole sinceramente “Eowyn, io ti auguro tutto il bene di questo mondo. Ti voglio vedere felice ma, credo che tu debba pensare anche ad altri uomini…”
 
Eowyn si voltò, mostrandole il suo sguardo confuso “Altri uomini? Io penso solo ad Aragorn Eldihen!” ammise come se per lei fosse un qualcosa di evidente.
 
“Lo so, ma vedi, Aragorn è legato ad un’altra donna” la informò con un tono pacato, mostrandosi quanto più delicata possibile.
 
“No, ne abbiamo parlato e Aragorn mi ha detto che lei è partita verso le terre immortali. Il loro amore è destinato a finire” rispose prontamente ricordando le parole di sire Aragorn “Mi sta vicino, magari è interessato a me, tu che dici?”
 
“Non saprei, ma ci tengo a scoprirlo Eowyn!” le strinse entrambe le mani lanciandole uno sguardo rassicurante. Non avrebbe mai voluto vedere Eowyn infelice a causa di Aragorn, così le disse che lei stessa gli avrebbe chiesto delle sue intenzioni, per comprendere al meglio il loro legame.
 
“Lo faresti sul serio?” la sua voce era piena di gratitudine. Sarebbe stato bellissimo conoscere i sentimenti di Aragorn.
 
“Ma certo”
 
Qualcuno bussò alla porta. Si girarono entrambe per scorgere il volto di una servitrice che emozionata era entrata in camera senza chiedere il permesso. Era una ragazza giovane, vestita di scuro. Chinò il viso osservando le due donne mentre parlavano.
 
“Mi spiace essere entrata senza ricevere il permesso, ma la mia signora mi ha chiesto di essere avvertita del rientro del re, ebbene, il re è tornato, insieme a suo fratello Eomer ed altri cavalieri” enunciò sperando di non essere rimproverata per il suo comportamento.
 
“Sono tornati” Eowyn si rialzò dal letto, seguita da Eldihen. Si guardarono entrambe senza dir nulla. I loro amici si trovavano a palazzo e loro erano felici e trepidanti di vederli.
 
“Va pure, arriviamo!” ordinò Eowyn.
 
“Certo mia signora” la ragazza le lasciò. Eowyn trascinò Eldihen dal braccio, invitandola ad uscire dalla stanza, ma l’elfa si bloccò, facendola voltare nella sua direzione.
 
“Eowyn, prima di andare per favore porta questa spada in camera tua” si abbassò per afferrare l’arma a terra, porgendola ad Eowyn quasi spaventata.
 
“Certo” afferrò l’elsa annuendo.
 
“Intanto va dagli altri, io cambierò il mio vestito perché non sono affatto presentabile” mostrò ad Eowyn la stoffa bucherellata e il taglio sulla coscia che fortunatamente non faceva così male come prima. Aveva i capelli spettinati ed il viso pieno di polvere. Non voleva farsi rivedere in quelle condizioni.
 
“Certo. Ho messo dentro l’armadio tantissimi abiti, scegli il più bello per il tuo elfo!” le fece l’occhiolino lasciandola rossa come una mela.
 
 Eldihen si sfregò il naso, annuendo con il viso “Si, sarebbe meglio se mi vedesse meno…” si guardò non sapendo cosa dire per descriversi “Sporca”
 
“Beh, sulla tinozza ci sono alcune ampolle con dell’olio profumato”
 
“Bene” si salutarono. Eowyn se ne andò felicemente, Eldihen richiuse la porta, svestendosi per raggiungere la tinozza colma d’acqua per lavarsi, senza però rimanere a lungo. Voleva vedere Legolas, e doveva sbrigarsi. Dopo essersi ripulita, uscì dall’acqua, sistemò i capelli velocemente scegliendo dall’armadio un abito semplice di seta lucida,  aderente, di un rosa molto delicato. Lo posizionò sul suo corpo per vedere se le potesse andare bene.
 
Si vestì, ricacciando indietro i capelli che si erano bloccati dentro il vestito. Indossò una cintura dorata in vita, avvicinandosi al comodino per afferrare il pettine e sciogliere i nodi dei capelli. Riportò l’attenzione sui vestiti a terra e alla collana che gli aveva donato Nihil, ripensando al suo sogno. Doveva esser stato difficile per lui rinunciare a tutto, trovandosi solo in mezzo alla foresta. Sopirò sedendosi sul materasso. Quel pensiero la rattristì. Passò il pettine tra la chioma castana, sistemando le lunghe ciocche, una a una. Lanciò uno sguardo al piccolo specchio sulla parete. Era finalmente presentabile. Svelta raccolse gli oggetti a terra, per portarli sul letto. Si fermò con gli abiti in mano udendo dei colpi alla porta.
 
“Eowyn?” chiese aggiustando la gonna in seta, prima di avvicinarsi all’uscio.
 
“No” da dietro la porta rispose una voce a lei familiare. Sorrise riconoscendo il timbro inconfondibile di Legolas.
 
Svelta abbassò la maniglia, spalancando la porta. Rimase ferma di fronte all’elfo, incantata. Era alto, dovette alzare il mento per incrociare i suoi occhi, abbassando il viso solo per osservare il suo corpo asciutto e la veste verde che aderiva perfettamente al suo torace. Teneva le braccia conserte e gli occhi fissi su Eldihen con un accenno di sorriso sulle labbra
 
“Amore!” contenta lo abbracciò aprendo le sue mani. Legolas curvò gli angoli della bocca, sciogliendo le braccia incrociate per accoglierla. L’abbracciò cullandola ritmicamente, mentre lei gli carezzava  le spalle “Sarei venuta io da te. Mi sono dovuta cambiare perché ero un po’ in disordine” confessò allontanandosi di poco dal suo corpo. Il volto di Legolas era un po’ inquieto ma felice allo stesso tempo. Le sfiorò la guancia con il pollice, lasciandole una scia calda sulla pelle.
 
“Lle naa vanima (sei stupenda)” guardò il vestito rosa e le curve poco accentuate. Il suo volto era luminoso e la sua pelle profumata. Eldihen arrossì colpendo maggiormente Legolas che, incantato si abbassò per baciarla dolcemente sulle labbra.
 
“Grazie” rispose imbarazzata a quell’inaspettato bacio, sfiorando con la punta del naso il mento dell’elfo.
 
“Vuoi che andiamo dagli altri adesso?” prese la sua mano trascinandolo verso il corridoio. Legolas l’attirò a sé, facendola indietreggiare.
 
“In realtà vorrei parlarti un momento. Da soli” la sua voce era seria ed il suo sguardo intenso. Eldihen lo guardò. Era così piccola in confronto a lui. Legolas era un guerriero forte e abile, mentre lei si sentì sentiva fragile, ancora lontana da quella perfezione, troppo insicura.
 
“Ma perché mi guardi in quel modo? Mi fai preoccupare” confessò posando le dita sul dorso della mano di Legolas.
 
“Rimani serena non hai motivo di preoccuparti” addolcì l’espressione rigida del suo  viso, abbracciandola da sotto il mantello. Eldihen lo fissò, anche se le stava sorridendo, notò che la preoccupazione non aveva abbandonato i suoi occhi.
 
Si baciarono sulla soglia della porta prima di entrare. Eldihen rimase sorpresa, aggrappandosi al suo collo mentre lui le baciava le labbra con tenerezza. Il cuore le riprese a battere velocemente, non riuscì a seguirne il ritmo, avvertendo un forte calore al petto. Da come la stava toccando Legolas, pensò che anche lui provasse le stesse sensazioni.
 
“Entriamo in camera”si distaccò per guardarla profondamente.
 
Eldihen avvampò non comprendendo le intenzioni dell’elfo. Sospirò appoggiandosi allo stipite della porta con una faccia sbalordita. Era imbarazzata. Legolas rendendosene conto sorrise divertito dall’idea che si era fatta. Poteva immaginare ciò che stava pensando, specie dopo un bacio pieno di sentimento, l’invito ad entrare in camera poteva suonare come un qualcosa di malizioso.
 
“E’ per parlare!” la tranquillizzò con un sorriso sornione.
 
“Certo. Entriamo” si ricompose, mutando espressione, ora più calma anche se impacciata. Superarono l’uscio insieme. Eldihen socchiuse la porta, guardando il corridoio prima di puntare lo sguardo su Legolas Sicuramente si trattava della questione lasciata in sospeso al Fosso di Helm, era stata una sciocca ad allarmarsi poco fa, esibendo la sua espressione imbarazzata.
 
“Tutto bene? Ti vedo un po’ impensierito” curvò il viso, giungendo le mani al petto. Si avvicinò a lui che si era fermato al capezzale, con lo sguardo perso nella parete, in un punto impreciso.
 
“Sto bene, tu piuttosto? Sei ancora preoccupata?” la guardò dalla testa ai piedi, soffermandosi sulla curva del collo e le labbra a forma di cuore.
 
“Vederti mi rallegra, non ho motivo di preoccuparmi!” asserì muovendosi verso di lui. Sfiorò con le dita il dorso della sua mano, guardando i manicotti di ferro che indossava.
 
“Lo stesso è per me” le afferrò la mano, stringendola. Il suo sguardo era intenso, velato da inquietudine e timore. Legolas si fece coraggio, guardando il volto sereno di Eldihen, pronto a rivelargli le sue idee “Anche se vorrei saperti al sicuro” iniziò a parlare senza perdere tempo, stringendo le dita affusolate di Eldihen.
 
“Ma io sono al sicuro. Finalmente ci siamo trovati dopo un brutto periodo, rivelando i nostri reali sentimenti. Hai vinto la battaglia, siamo insieme e tutto sembra bellissimo adesso.” gli baciò la guancia, bloccandosi al lato della bocca.
 
“Sembra!” puntualizzò Legolas voltandosi. Sfiorò le sue labbra, continuando a tenerle le mani.
 
Eldihen inarcò le sopracciglia non comprendendo i suoi timori. Domandò smarrita cosa pensasse, piegando il viso in cerca di informazioni “Ma perché sei così negativo? Che ti prende, mi fai impensierire” confessò guardando il suo volto accigliato.
 
“Non è mia intenzione, ma in realtà sono pensieroso. Eldihen ascoltami, anche se ti potrà sembrare illogico” le posò le mani sulle braccia stringendola con amorevolezza, mentre i suoi occhi profondi si perdevano a guardare il suo viso meravigliato.
 
“Parla” rispose con un filo di voce.
 
“Siamo in guerra Eldihen, ciò che è successo al Fosso di Helm si ripeterà ancora. Non voglio vederti in lacrime e in continuo pericolo, sarei più sereno sapendoti al sicuro, lontano da questa lotta. Ho parlato con Gandalf e mi ha detto che abbiamo del tempo prima della grande guerra…” si bloccò, studiando bene l’espressione apprensiva di Eldihen, i suoi occhi spaesati che lo supplicavano di continuare.
 
“Legolas io capisco i tuoi timori, ma dovresti soffermarti a guardare il lato positivo di tutto ciò: noi ci amiamo” gli strinse le mani ricercando il suo sguardo. Sperava di averlo addolcito, ma la sua espressione non mutò, anzi, le parve di vedere ancora più angoscia dentro i suoi occhi.
 
“Eldihen questa è la cosa più bella e amara allo stesso tempo” si abbassò di qualche centimetro per raggiungere il suo volto “Se io non dovessi farcela…”
 
“Ma cosa stai dicendo?” sputò Eldihen sgranando gli occhi. Al solo pensiero si sentì morire, spazzata via da un vento gelido che aveva spento il calore nel suo cuore.
 
“Non lo sopporteresti” Legolas accarezzò la sua guancia “Ed anch’io non sopporterei di vederti in pericolo. Era difficile tempo fa, quando ci siamo conosciuti, ma adesso è un pensiero logorante”
 
“Infatti non so nemmeno perché tu ne stia parlando” affermò dubbiosa percependo le mani dell’elfo sul suo viso.
 
“Perché potrebbe accadere” bloccò le sue dita sul mento, guardandola per qualche istante negli occhi, prima di parlare, percependo lo sguardo di Eldihen farsi sempre più angustiato. Pareva che lei gli stesse chiedendo maggiori informazioni, anche se in cuor suo sapeva dove stava andando a parare Legolas “Porta l’amore che provi per me a Gran burrone. Sfrutterò il tempo che ho a mia disposizione per farti tornare indietro. Sarai al sicuro lì, non rischierai di imbatterti in altri nemici. Finita la guerra io tornerò a prenderti”
 
Eldihen abbassò la testa, respirando pesantemente. Si allontanò da Legolas alzando ed abbassando lo sguardo per guardare fuori dalla finestra, in cerca di risposte. Il panorama fuori dalla stanza non riuscì a tranquillizzarla, le sembrava di essere stata punta da un ago. Avvertiva un dolore acuto all’altezza del petto. Era spiazzata da quella proposta, adesso ogni cosa le tornava, specie la frase enigmatica che aveva sentito al fosso di Helm “Mi stai chiedendo di andarmene. Tu vuoi sfruttare il tempo a nostra disposizione per portarmi via” si inumidì le labbra e chiudendo le palpebre sospirò.
 
“Te l’ho detto, è per saperti al sicuro Eldihen. Siamo in guerra. Dovrò affrontare molti nemici e tu sarai inevitabilmente coinvolta ed io non voglio” proferì giudiziosamente esponendole i suoi timori. Avrebbe voluto rimanere insieme a lei per godere del loro amore, ma la minaccia che doveva affrontare era troppo grande per essere ignorata. Non era riuscito a rimanergli lontano prima di combattere la battaglia vinta, l’aveva baciata e forse aveva sbagliato, ma non poteva far a meno di provare in quel momento la stessa voglia.
 
“Quindi mi vuoi portare via così starai sereno! Ed io cosa farò a Gran Burrone? Vivrò nella paura, non sapendo nulla di te. Pensi che per me non sia difficile rimanere separata da te? Pensi che solo tu vorresti stare tranquillo? Non puoi dirmi questo, non puoi rinchiudermi in una sfera di cristallo per rimanere sereno, chiedendomi di andarmene” rispose a tono, alzando le palpebre incredula “Siamo in guerra è vero e se abbiamo del tempo a disposizione perché non lo sfruttiamo per rimanere insieme? Per amarci… perché io a questo ho pensato, così dovrebbe essere!” strinse i pugni vendendolo avvicinarsi.
 
“E’ perché ci tengo a te Eldihen che voglio saperti al sicuro. Segui il mio ragionamento”
 
“No, non esiste il ragionamento. Io non ragiono quando mi sei vicino, non riesco Legolas. L’amore non può essere pianificato attraverso calcoli o pensieri. L’amore è la voglia che ho di baciarti quando mi sei vicino, il desiderio di vederti ogni giorno!” affermò leggermente infastidita, osservando la spilla sul suo mantello. Non voleva incrociare i suoi occhi, sarebbe crollata, come sempre. Legolas aveva il potere di spazzar via dalla sua mente ogni pensiero. Non doveva accadere, specie in quel momento. Si girò portandosi una mano alla bocca, dandogli le spalle e camminando lentamente, fino a trovarsi di fronte il vetro della finestra. Osservò il suo riflesso, vedendo dietro di sé Legolas muoversi nella sua direzione.
 
“L’amore è anche protezione. Prendersi cura l’uno dell’altra…” guardò le sue esili spalle vedendola sospirare spazientita. Spostò le onde castane davanti al suo seno, lasciandole la schiena scoperta. La cinse da dietro, abbracciandola con estrema gentilezza. Osservò il loro riflesso nel vetro confondersi con le sfumature del cielo oltre la finestra. Si abbassò per sfiorare con la punta del naso i fili castani dei suoi capelli, respirando il profumo fruttato che proveniva dalla sua pelle, quell’essenza che riusciva a confonderlo “Io non ti voglio allontanare da me Eldihen” tenendola stretta tra le braccia, Legolas sentì le costole di Eldihen, la morbidezza della sua pelle, fasciata dal vestito rosa. Curvò il suo volto, raggiungendo la punta dell’orecchio della fanciulla “Desidero amarti ma corrono tempi bui. Ancora ricordo come tremavi quando ti ho trovata. Ho promesso di difenderti, ma non ci sono riuscito, perdonami. Non permetterò che ti accada più nulla” le scostò una ciocca di capelli lasciandole il collo scoperto. La baciò, facendola piegare, in modo da poterla toccare come desiderava. Assaporò la sua pelle, sentendola calda. Eldihen tremò, abbassò le mani sulle braccia di Legolas che da dietro le spalle la stringeva, intrappolandola in un abbraccio.
 
“Ancora pensi alla volta che mi hai trovata, tu mi consideri debole, per questo vuoi che io me ne vada. Sono stata sempre avventata a parer tuo” si voltò lentamente con il capo, trovando le labbra di Legolas ad un centimetro dalle sue. Rimase immobile dinanzi al respiro caldo che le solleticava la bocca.
 
“Si e molto. Sembri una bambina ingenua che combina guai senza rendersene conto. Mi hai fatto arrabbiare molto, ma poi…” si interruppe guardando le sue iridi azzurre e le parole gli morirono in bocca, disarmato di fronte ad Eldihen ed ai sentimenti che gli scaldavano il petto “ I tuoi occhi limpidi mi hanno fatto innamorare. Ogni volta che ti guardo ti leggo dentro, non so perché mi sento in questo modo, ma è da quando ti ho vista, è così da un bel pò”
 
Gli occhi di Legolas erano sinceri, Eldihen si rispecchiò al suo interno, alzando ed abbassando le ciglia. Appoggiò la sua schiena a quella dell’elfo dietro di sé “Io vorrei rimanere insieme per sempre,  guardarti negli occhi, sentire il tuo respiro caldo sulla mia guancia, baciarti mentre tu mi abbracci così, da dietro le spalle…” dichiarò a bassa voce guardando la sua bocca con desiderio. Si sentì bruciare sotto le mani di Legolas. Il suo sguardo la tradì.
 
“Anch’io desidero baciarti” l’elfo si avvicinò inesorabilmente alle sue labbra, pronto a lambirle, ma Eldihen si voltò lasciando che le labbra di lui si posassero sulla sua guancia.
 
Non doveva crollare, anche se il desiderio dentro di sé era forte. Giocherellò distratta con manicotti di ferro di Legolas, sollevandogli le dita “E allora perché vuoi mandarmi a Gran Burrone?”
 
“Eldihen lo faccio perché hai passato momenti difficili, ti ricordi ciò che ti ha fatto Nihil? Non voglio che si ripeta. Non voglio che nessuno ti maltratti o ti usi “ affermò aiutandola a girarsi con il busto. Si trovarono faccia a faccia. Eldihen roteò gli occhi, mentre Legolas pensò a quanto fosse sconsiderata a prendere la guerra con superficialità, anche se si amavano, non avrebbero potuto godersi a pieno “Sei stata catturata da due orchi, rinchiusa ad Isengard ed hai lottato per tornare da me, lo ricordi?” chiese sperando di farla riflettere.
 
“Certo che si, ho sofferto in un primo momento, vittima degli eventi, ma quando ti sei allontanato da me io ho promesso di non abbattermi più, non serve a nulla. Nihil ha sbagliato ed hai ragione, ma lui anche ha sofferto. Lui è stato male Legolas” ricordando le scene del sogno Eldihen abbassò lo sguardo, incuriosendo Legolas che la sosteneva dalla vita  “Quando mi ha liberata mi ha donato una collana” rivelò ripensando all’incontro con Nihil ad Isengard. Lasciò le mani dell’elfo, abbassandole dal suo ventre. Si avvicinò al letto a passi felpati, afferrando il gioiello che le era stato offerto, sotto lo sguardo attonito di Legolas che la seguiva mentre si muoveva “E’ stata tuo padre a donargliela” alzò la gemma trasparente, vedendo  notando il luccichio riflesso sulla parete della camera.
 
“Si” rispose impassibile. Era irritato dal discorso, come da ogni cosa che riguardava Nihil. Non si spostò dalla finestra, guardando Eldihen in lontananza “Ed è un bene che ti abbia donato quella collana. Non  era degno di averla” sentenziò stizzito.
 
“Sai che Saruman gli ha lanciato un maleficio?” ripose la catenella sul letto, insieme ai suoi vestiti. Superò la distanza che la divideva da Legolas fermandosi dinanzi a lui. Sollevò il volto sperando di incontrare uno sguardo meno duro “Perché non cerchi di riconsiderare la situazione. Anch’io non mi fido di lui ma…” si morse violentemente le labbra. La spada le aveva fatto vedere alcune scene infelici alle quale lei non era rimasta indifferente.
 
“Non voglio pensarci” serrò le palpebre come ad attutire la rabbia che nutriva nei confronti del suo soldato. Non poteva ignorare il suo comportamento, vi erano state delle mancanze gravi che non avrebbe perdonato con tanta facilità. Nihil aveva stregato Eldihen, rapendola e disinteressandosi di lei.
 
“Ma perché…”
 
“No” rispose categorico, con un tono inflessibile che spiazzò Eldihen, lasciandola con la bocca schiusa dallo stupore.
 
Rimase in silenzio, pensando a come potesse sentirsi Legolas. Lo comprendeva, ma temeva che la situazione prendesse una cattiva piega “Sembri aver già deciso, come hai fatto con me” sollevò le sopracciglia vendendolo scomporsi a quelle parole.
 
La sua espressione rigida era mutata, divenendo dolce ed apprensiva “Con te è diverso”
 
“Ma ti sei chiesto se io voglia andarmene?” domandò con disappunto.
 
Legolas non rispose, sostenendo lo sguardo dell’elfa. Trattenne il fiato osservandola con interesse. Era una decisione sofferta ma saggia la sua. Eldihen avrebbe compreso con il tempo e, quando si sarebbero ritrovati le loro sofferenze sarebbero sfumate, insieme ai ricordi amari.
 
“Ecco!” roteò gli occhi al cielo, scuotendo il collo. Appoggiò le mani ai fianchi, girandosi in direzione della porta “Se è possibile, sempre che tu non abbia altre novità, vorrei andare da Gimli ed Aragorn, perché non li vedo da un bel po’. Posso sua altezza?” domandò con ironia indietreggiando lentamente.
 
“Dovrei pensarci!” allargò un sorrisetto furbastro, godendosi l’espressione stufa di Eldihen che, lasciò la stanza sbraitando su quanto Legolas potesse risultare pesante ed insensibile, in modo del tutto scherzoso.
 
Mentre percorreva il lungo corridoio delimitato da colonne e stendardi, Eldihen abbassò le palpebre impensierita. Sapeva che Legolas aveva le sue ragioni, ed anche se era doloroso, dovette ammettere che la guerra avrebbe potuto compromettere la loro storia. Rischiava molto e ne era consapevole, ma non avrebbe lasciato Rohan per rifugiarsi ad Imladris, rinunciando all’amore di Legolas con tanta facilità. Il discorso dell’elfo non faceva una piega, ma lei intestardita ricacciò dalla sua mente le parole ascoltate. Il cuore conosceva ragioni sconosciute alla mente.
 
Si spostò dentro la sala del trono. Felice di ritrovarla come rammentava, non più spoglia e priva di suoni, ma colorata, ricca e luminosa come sempre.  Camminò sotto la luce delle finestre aperte, osservando il vento muovere le fiamme dentro il focolare nel mezzo della stanza. Eldihen ascoltò i dialoghi delle servitrici, il rumore dei loro passi, guardandole mentre sistemavano il palazzo, laboriose e collaborative.
 
 Cercò con lo sguardo i suoi compagni, trovando Eowyn vicino ad una colonna infondo. Stava parlando con Aragorn. La sua risata le scaldò il cuore. Si avvicinò a loro, superando il largo pavimento opaco e le colonne che dividevano la sala in tre navate. Eldihen si fermò a metà del suo percorso, accecata dalla nube di fumo che si espandeva in quella zona. Sventolò una mano all’aria, tappandosi il naso  “Ma cos’è un vulcano per caso?” girò il viso, trovandosi Gimli stravaccato su una panca, in compagnia di due sconosciuti ragazzi dai capelli ricci e biondi. Si fermò sorpresa. Stavano fumando, senza alcun interesse per la della gente intorno “Gimli!” lo richiamò Eldihen. Posò le mani sul tavolo, osservando il legno usurato dal tempo, ed i boccali di birra che giacevano vicino ai tre ragazzi.
 
“Oh!” il nano aprì le palpebre cacciando dalla bocca il bastoncino della pipa che stava gustando “Ma ti dispiace vedermi tranquillo?”
 
“No, ma mi stavi intossicando, scusami tanto se ho interrotto il tuo divertimento” spiegò senza disagio, incrociando le braccia ed increspando le labbra.
 
Il nano allungò un broncio, lanciando uno sguardo ai due Hobbit seduti davanti a lui “Ho corso per leghe con la mia armatura di metallo, senza riposare mai, o almeno, mi sono trovato a dormire per terra in mezzo all’erba. A Rohan ho dovuto combattere come una macchina da guerra e adesso, cara la mia signora, voglio starmene per i fatti miei a fumare e a mangiare perché me lo merito!” sentenziò corrugando il suo viso in un’espressione accigliata. Si appoggiò ad una colonna sistemandosi meglio sulla panca.
 
“Hai sempre mangiato!”
 
“Mi contavi il cibo?”
 
I suoi capelli scompigliati e gli occhi curiosi strapparono una risata sincera ad Eldihen che contagiò anche i due piccoli Hobbit di cui lei non conosceva il nome. In quel momento si scordò del dialogo con Legolas e del turbamento provato, assaporandone l’allegria grazie alla visione di un Gimli affamato e nervoso.
 
“Ridete mhh” tornò a fumare disinteressato, fiutando il dolce profumo che proveniva dalle cucine. Aveva richiesto del cibo a delle donne, ma non aveva ottenuto nulla di appetibile, solo un cesto di pane. Il resto era stato risparmiato per la festa che si sarebbe tenuta il giorno seguente.
 
“Salve signora…” si alzò Pipino dallo sgabello inchinandosi con aria buffa “Scusa se non ti abbiamo invitata, se desideri fumare abbiamo qui per te l’erba pipa di Pianilungone. E’ Pipino che te la offre!” disse facendole l’occhiolino.
 
Eldihen si voltò per ammirare il delizioso ragazzo che si era alzato, mostrando il suo viso tenero ed i vestiti molto strani e colorati. Eldihen si perse nei suoi riccioli, lanciando uno sguardo di rimando anche all’amico che non era poi così diverso dal ragazzo che le aveva parlato.
 
“Ma ti pare che la ragazza voglia fumare, che dici Pipino?” il compagno gli tirò un colpo alla pancia, costringendolo a sedersi. Con rammarico lo hobbit riportò la pipa in bocca, accomodandosi di fianco a Merry.
 
“Era per fare colpo!” sussurrò alle orecchie del compagno, nel tentativo di giustificarsi.
 
“Sei rimasto troppo tempo con Barbalbero e adesso ti ritrovi a dire queste scemenze” spiegò torcendo le labbra Merry, per poi voltarsi a guardare Eldihen che divertita li ascoltava, sfoggiando un sorriso sincero “Scusalo mia signora, il suo era un tentativo di essere gentile. Io sono Merry. Se hai bisogno di qualcosa chiedi a me, sono il più scaltro tra i due” allontanò la lunga pipa dalle labbra, dedicandole un sorriso radioso. I suoi occhi verdognoli luccicarono. La voce era limpida ed amichevole, tanto che Eldihen rimase colpita. Osservò il suo panciotto damascato, alzando poi lo sguardo per studiare il naso a patata ed i capelli color grano.
 
“Ma non è così, non cercare di vantarti!” ribatté Pipino oltraggiato. Spinse con la mano il suo compagno, costringendolo ad appoggiarsi allo schienale della sedia.  Eldihen e Gimli si lanciarono un lungo sguardo, il nano alzò gli occhi al cielo stufo. Ascoltava i due giovani Hobbit da ore, non avevano smesso di parlare un minuto, per tutto il viaggio da Isengard a Rohan, commentando ogni singola cosa.
 
Eldihen sorrise ancora una volta, girando lo sguardo in direzione di Eowyn che si era avvicinata a passo svelto a loro, lasciando Aragorn vicino al portone. Era felice, i suoi occhi brillavano, illuminati da una strana luce. Eldihen alzò le sopracciglia guardandola, come a chiederle di cosa avessero parlato con il ramingo.
 
Eowyn alzò le spalle colpita dall’occhiata indagatrice dell’amica, che curiosa la fissava con gli occhi ridotti a due fessure. Spalancò le palpebre, senza però aprire bocca, era leggermente impacciata ed emozionata. Più pensava ad Aragorn, più avvertiva nel cuore un sentimento nuovo, che cresceva sempre di più senza controllo “I miei signori saranno stanchi” commentò guardando infine i suoi due piccoli ospiti che mangiavano e bevevano tranquillamente. Non le sembrò vero che avessero affrontato una battaglia ad Isengard. Erano allegri e pimpanti, pareva invece che fossero appena tornati da una scampagnata in montagna “Ho chiesto alle mie servitrici di prepararvi due letti e una bella vasca” dichiarò amichevolmente sorridendo ai ragazzi.
 
Eldihen meditò sulla generosità di Eowyn, sempre pronta a soccorrere gli altri, priva di superbia, una donna dai grandi valori, forte e determinata. Il suo volto doveva essere troppo distratto, poiché Eowyn guardò Eldihen interrogativa avvertendo i suoi occhi su di sé.
 
“Grazie per i letti, ma la vasca non ci serve mia signora!” rispose Pipino appoggiando i gomiti sul tavolo.
 
“Come no?” Eldihen a quelle parole portò la sua attenzione a Pipino. Curiosa di conoscere le prossime frasi del ragazzo. Si avvicinò alla bianca dama, scambiandosi uno sguardo divertito.
 
“E a cosa servirebbe una vasca?” chiese Pipino agitando la testa. I suoi riccioli gli ricaddero davanti agli occhi, muovendosi disordinatamente sulla fronte.
 
“Ma per lavarsi messere!” Eldihen aprì le mani, come la sua risposta fosse scontata ed anche un po’ forzata.
 
“E chi si lava… hihi!” sghignazzò afferrando il boccale di birra schiumosa tra le dita, l’avvicinò alle labbra per berla in un solo sorso.
 
Eldihen si coprì la bocca, trattenendo una risata, a differenza di Eowyn che, non riuscendo proprio a nascondersi, rise di gusto, alzando il volto. I due Hobbit erano senza dubbio due ottimi compagni, divertenti e allegri come un vispo fuocherello. Erano riusciti a scaldare i loro cuori, alleggerendo i pensieri che le attanagliavano.
 
 
 
Aragorn, comodamente seduto su una grossa cassetta in legno, osservava le sfumature del tramonto confondersi in lontananza, con le vette bianche delle montagne. Si trovava all’esterno del palazzo di Edoras. Fumava disinvolto, lasciando in aria delle scie di fumo bianco. Osservava i soldati che si muovevano per le via della città, i tetti di paglia, decorati con degli inserti di ferro battuto che rimandavano alle teste di due cavalli. I bambini giocavano con una palla di cuoio, vicino alle scale del palazzo, nascondendosi dentro i balconi delle abitazioni.
 
Il suo sguardo vagò sui fumaioli bianchi, fino a scendere al portone della cittadella. Anche lì trovò movimento: le donne si spostavano con dei cesti sulla testa, donando ai bambini dolci e fette di pane. I cani abbaiavano seguendo i passi dei soldati. I cavalli nella stalla nitrivano, beandosi di quel clima rilassante e del  cielo rosato, con delle nuvole sparse vicino al sole che stava lentamente scomparendo dietro i monti. Chiuse gli occhi Aragorn, assaporando dopo tanto tempo, un atmosfera di pace, a lungo desiderata.
 
Il vento soffiò sui suoi capelli, come la voce di Eldihen che gentilmente lo richiamò, facendogli riaprire le palpebre “Amo questa città” era uscita dal palazzo. Appoggiata ad un pilastro fissava la curva delle scalinate in pietra, ascoltando i rumori dei bambini.
 
“Edoras è molto bella” confermò il ramingo alzandosi in piedi. Ripulì la pipa con un lembo rosso della sua tunica, lanciando un altro sguardo al cielo colorato sulla sua testa.
 
“Ti ho disturbato?” Eldihen superò le larghe mattonelle in pietra, guardando la fitta barba dell’uomo, ed il suo profilo che si confondeva con quello delle montagne dietro loro.
 
“Nessun disturbo. E’ stato un piacere rivederti, ed immagino che lo sia stato anche per Legolas” commentò, ma senza alcuna malizia. La sua voce era sincera, come gli occhi limpidi che la guardavano.
 
“Sì” abbassò il viso corrugando la fronte. Per un attimo le tornò in mente il dialogo in camera sua, il volto preoccupato di Legolas ed il suono della sua voce matura. Era così doloroso condividere la sua idea. Avvertì un vuoto al petto, comprendendo bene che la pace che permeava per le vie di Rohan non sarebbe stata duratura. Sopirò sollevando le ciglia scure per ammirare le casette affianco alla dimora di Re Thèoden “La tua compagnia è molto apprezzata da Eowyn” incrociò le braccia, lasciando che il vento trascinasse lo strascico del suo vestito in avanti. Spostò dietro le orecchie una ciocca ribelle di capelli, analizzando attentamente l’espressione di Aragorn.
 
“Hai notato” piegò il volto, sistemando la tunica dentro la cintura. Portò la pipa in bocca, appoggiando il piede ad una mattonella rialzata. I suoi capelli gli coprirono gli occhi, impedendo ad Eldihen di osservarlo come desiderava.
 
“Aragorn, non vorrei sembrarti indiscreta” era meglio rompere il ghiaccio, o non avrebbe aperto bocca. Si avvicinò con passo incerto, osservando la figura stanca di Aragorn e le bandiere al suo fianco, che danzavano, sfoggiando dei deliziosi ricami dorati.
 
L’uomo voltò il viso, comprendendo l’angoscia di Eldihen. Alzò le sopracciglia annuendo, come ad incoraggiarla a parlare.
 
“Non è mio interesse discutere della tua vita sentimentale, ma siccome Eowyn pare essersi legata a te, vorrei chiederti che intendi fare, e non lo dico per metterti pressione o per impicciarmi dei tuoi fatti personali. Lo voglio sapere per proteggere una mia amica, che di certo non merita di soffrire per un amore non corrisposto” dichiarò seria, non distogliendo lo sguardo dagli occhi di Aragorn. Sembrarono parlare con gli occhi, anche se nessuno dei due proferì parola. Entrambi infelici, ma in cerca di un chiarimento.
 
 Aragorn mosse il suo sguardo sul volto inflessibile di Eldihen, abbassandolo in seguito, con profondo rammarico.  Sospirò, tornando a fissare distrattamente i bambini che correvano sotto il palazzo del re, in cerca di una spiegazione plausibile, che non trovò “Tengo molto ad Eowyn, ma non la amo.” Ammise alzando il viso al cielo, ricordando in quell’istante, gli occhi belli di Arwen, il suo dolce sorriso. Avvertì un dolore al petto. Sapeva che l’elfa non si trovava in quelle terre, probabilmente non l’avrebbe più rivista, ed anche se cercava di ignorare il sentimento che nutriva, non riusciva a cacciarlo dal suo cuore, nemmeno quando Eowyn gli si era avvicinata.
 
“Lo so” confessò triste Eldihen, immaginando la reazione di Eowyn. Sarebbe rimasta distrutta, con il cuore a pezzi “Aragorn!” lo chiamò con tono deciso.
 
L’uomo si voltò, pronto ad affrontare l’argomento, infondo lui voleva bene ad Eowyn. Si trattava di un amore fraterno, forte quanto quello che provava per Arwen, anche se completamente diverso.
 
“Non le dare false speranze, la distruggeresti e lei non merita di soffrire. Cerca di starle alla larga, ed anche se per te sarà difficile, perché immagino che tu provi affetto per lei, fallo! Io non voglio vederla infelice” dichiarò amareggiata pensando con amore alla sua amica. Eowyn l’aveva aiutata in momenti critici, tendendole la mano, ed anche Eldihen era pronta a sostenerla, salvandola da un dolore troppo amaro per essere sopportato.

 
Note autrice:
E’ tardi, lo so, ma stasera ho cenato fuori, per cui il capitolo l’ho rivisto adesso, spero vi sia piaciuto ;) siamo ufficialmente nel terzo film e, prima di lasciarvi ai prossimi capitoli devo informarvi che, per circa cinque/quatto capitoli mi “fermerò” un pochino con la trama per regalare momenti abbastanza “tranquilli” ai pg (che poi di tranquillo non so ch c’è xD) detto ciò vi ringrazio come sempre, non vedo l’ora di leggere i vostri commenti se vi va, a me fa un immenso piacere.
Riguardo gli aggiornamenti: sabato come sempre
Un bacione, buonanotte <3

 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15
 
 
La mattina seguente Eldihen si svegliò allarmata. Sfilò via le coperte dal  suo corpo, rimanendo sdraiata sul letto a guardare il soffitto sopra di lei. I capelli le ricaddero sul cuscino, li spostò, ripensando a Legolas, alle parole che si erano detti ed anche a Nihil. Il sogno che aveva avuto lo scorso pomeriggio era stato bizzarro. Si passò distrattamente una mano sul viso, inalando il fresco profumo proveniente dalle lenzuola che la avvolgevano. Fece per alzarsi ma si bloccò notando di avere una macchiolina sul dorso della mano sinistra. Stranita si chiese come avesse fatto a procurarsi quel segno che, di tanto in tanto le faceva anche male.
 
“Ah non dovrei allarmarmi per un neo. Il taglio sulla coscia sta guarendo, che potrà mai essere questa macchia? Nulla di che” disse tra sé e sé posando i piedi sul pavimento. Fortunatamente la spada non si trovava più in camera sua. Eowyn l’aveva portata via come richiesto.
 
Si alzò dal letto, vestendosi velocemente. Indossò gli stessi abiti del giorno precedente. Era pronta ad affrontare una nuova giornata, sperando di rimanere serena, nonostante i pensieri che attanagliavano di continuo il suo cuore, anche nei momenti più tranquilli. Uscì dalla camera senza rimuginare. Si trovò nel corridoio, immersa dalla luce proveniente dall’unica finestra presente. Osservò distrattamente le domestiche che si muovevano freneticamente, entrare ed uscire dalle camere, con i volti particolarmente allegri. Era stupita di trovarle felici, solitamente le donne in quel palazzo non erano gioiose come in quel momento.
 
Incuriosita avanzò, raggiungendo un’anziana signora. La fermò prima che se ne andasse con una cesta in mano piena di coperte, ed altri indumenti probabilmente destinati al lavaggio “Ma come mai questo via vai? “ chiese sistemando la cintura dorata sulla vita.
 
Il viso della donna era particolarmente amichevole. Eldihen ammirò le rughe vicino agli occhi e la bocca, le macchioline sulla pelle, ed il suo sguardo dolce, segnato dall’esperienza “Stasera ci sarà una grande festa mia signora, è da ieri che cuciniamo ed ancora non abbiamo finito” rispose frettolosamente sorridendole, per poi scappare via da Eldihen.
 
L’elfa sorrise studiando l’anziana signora entrare in un’altra camera. Era svelta e agile per la sua età.
 
 L’idea della festa la rallegrò, spazzando le sensazioni negative assaporate al burrascoso risveglio. Guardò l’androne decorato, le possenti colonne in legno intagliate a mano e, le sfumature dorate dei capitelli, chiedendosi in quell’istante che fine avesse fatto il suo amato Legolas. Si erano lasciati male il giorno prima, ancora ricordava i suoi occhi tormentati. Gli mancò. Rivedeva il suo volto in ogni punto, persino nelle bandiere appese ai muri. Avrebbe tanto voluto incontrarlo. Spinta dal desiderio alzò la sua gonna, raggiungendo svelta la camera dove l’arciere riposava, bloccandosi dinanzi la porta dei ragazzi. Guardò la maniglia in metallo, l’entrata era semiaperta. Lanciò un’occhiata veloce e furtiva,  notando che non vi era nessuno: c’erano delle coperte e dei vestiti sparsi disordinatamente lungo il pavimento, i letti erano in disordine e le lenzuola aggrovigliate. Appoggiò la mano al legno della porta, decidendo di intrufolarsi in camera, con la speranza di trovare Legolas.
 
La stanza era molto più grande della sua. Rimase immobile di fronte al letto di Gandalf, ricordando della vicenda dell’arco e del conseguente allontanamento di Legolas. Quel giaciglio le rievocò nella mente molti ricordi, ne fu travolta. Sbatté le ciglia ripetutamente, costringendosi a rimanere serena, non avrebbe dovuto farsi trascinare dagli eventi passati.
 
Eldihen camminò sul tappeto di morbida pelliccia simile al suo, evitando di calpestare i vestiti a terra. Si guardò attorno smarrita, accorgendosi di Gimli solo in quel momento. Il nano era seduto in un angolo, assorto nei suoi pensieri. Il suo viso dai lineamenti marcati era assente, stava contemplando qualcosa in particolare, l’elfa interessata aguzzò la vista, scorgendo tre fili di capelli dorati. Spiazzata dalla scena gli si avvicinò,  lentamente, oltrepassando le coperte ed i letti disfatti, fino a raggiungere l’angolino in cui era comodamente seduto.
 
Lui non si voltò, era immobile, affascinato guardava la luce dei capelli che stringeva in mano, come se avesse una gemma antica e preziosa. Si girò quei fili tra le dita sospirando pesantemente. Eldihen si inginocchiò affiancandolo. Provò ad agitare una mano davanti ai suoi occhi, era divertita, non aveva mai visto l’amico così assorto, tanto da ignorare la sua presenza, eppure si era accomodata vicino a lui.
 
“Buongiorno mio caro amico!” proferì meravigliata scorgendo i suoi occhi sorpresi,  dopo innumerevoli richiami.
 
Gimli stupito sobbalzò, mugugnando parole incomprensibili. Guardò Eldihen spiazzato, nascondendo nella propria armatura i capelli che poco fa stringeva in mano. Arrossì leggermente. Abbassò il volto come se lo avessero scoperto a rubare “Buongiorno sì! Ma da quant’è che sei qui ragazza?” chiese leggermente irritato, degnandola finalmente di uno sguardo.
 
“Beh non da molto, sono entrata perché pensavo…”
 
“Si lo so che volevi Legolas, ma lui non è qui. E’ fuori a dare il cambio ai soldati. Ci sarà una festa stasera e sono tutti indaffarati” spiegò velocemente facendo finta di nulla, come se non fosse stato sorpreso a guardare i capelli di dama Galadriel.
 
“Va bene, tranquillo, ma dimmi un po’…” Eldihen alzò le sopracciglia esibendo un espressione curiosa quanto buffa. Fissò Gimli a lungo, senza continuare la frase, mettendolo a disagio. Era come se gli stesse chiedendo del suo comportamento, attraverso un’occhiata invadente che Gimli abilmente evitò.
 
“Che c’è?” rispose stringendo i pugni, imbarazzato dallo sguardo di Eldihen.
 
“Lo sai cosa voglio sapere! Di chi erano i capelli che stavi guardando? Non pensavo che fossi innamorato, ma a quanto pare c’è una nana ad aspettarti” asserì con voce sognante e divertita, gustandosi il volto di Gimli andare a fuoco
 
 “Nessuna nana!” asserì secco irrigidendosi.
 
“Ma di chi erano i capelli?” Eldihen piegò il viso, osservando Gimli mentre corrugava la fronte e le faceva segno di spostarsi.
 
“Di nessuno!”
 
“Se non mi dici di chi sono quei tre capelli che guardavi poco fa, giuro che vado da Legolas e spiffero tutto!” lo minacciò pungendolo nel vivo, così che Gimli sollevò il viso spalancando i suoi occhi castani.
 
“Non lo faresti”
 
“E va bene, mi sa che dovrò…” fece per alzarsi, ma Gimli l’afferrò dal polso facendola accomodare sul pavimento in cui si trovavano.
 
“E va bene ragazzina pettegola!” sospirò esitante prima di confessare il nome di colei che gli aveva rubato il cuore “Gala…driel” parlò a bassa voce. Si grattò il naso imbarazzato, affondando la testa dentro la barba ramata.
 
“Non ho capito mica”
 
 “Galadriel, Lady Galadriel” spiegò meglio, alzando la voce in modo che Eldihen comprendesse, anche se si pentì presto, scorgendo l’espressione di stupore che si stagliò sul suo volto.
 
“Ma va! Mi vuoi prendere in giro forse?” gli diede una piccola pacca sulla spalla, prendendo ciò che aveva sentito come una battuta. Si fermò considerando l’espressione seria di Gimli, i suoi occhi erano pieni di vergogna “Oh cielo, ma non scherzi!” esclamò impressionata, scostando velocemente i capelli dal volto con un gesto veloce.
 
“Un nano non scherza su certe cose” asserì leggermente oltraggiato.
 
“E perché ti ha donato i capelli?” in mezzo a tutte le domande che aveva in testa quella le uscì spontanea dalla bocca.
 
“E perché ? Chi ti ha dato i capelli? Ahhh basta ragazza stai sfidando la mia pazienza!” Gimli si coprì il volto con le mani, incapace di reggere la situazione, troppo scomoda per un nano come lui. Desiderò scomparire in quell’esatto momento, volatilizzarsi, lasciando Eldihen sola con le sue curiosità “Io non sono mai venuto a chiederti perché guardi Legolas, o perché lo hai sbaciucchiato al fosso di Helm prima della battaglia, quindi ricambia il favore. Non voglio più sentire queste domande idiote!” innervosito alzò il timbro della voce, facendo spalancare la bocca ad Eldihen che avvampò, come se avessero acceso vicino a lei un falò.
 
“Sta zitto, ma che dici?” gli tappò la bocca “Io non ho sbaciucchiato nessuno, e tu non devi gridare queste cose come se non fosse niente!” lanciò uno sguardo alla porta. Fortunatamente erano soli. Arrossì vistosamente, avvertendo un forte calore alle guancie.
 
“Si ahaha come se io non fossi stato là” confessò beccandosi un occhiata truce da parte di Eldihen.
 
“E menomale che i nani non facevano la spia!” dichiarò leggermente sdegnata da quella rivelazione. Allungò un broncio, tastando il pavimento freddo sotto di sé.
 
“Infatti io sono passato per caso” precisò Gimli, inarcando le folte sopracciglia rosse.
 
“E va bene” respirò profondamente chiudendo le palpebre. Avrebbe dovuto calmarsi per non rischiare di impazzire.
 
Gimli trattenne un risolino “Colpita ed affondata” dichiarò felice di aver messo alle strette la fanciulla “Volevi mettermi in imbarazzo ed adesso sei rossa come un peperone, ben ti sta!” liberò una fragorosa ristata prendendola in giro.
 
“Certo che sei incorreggibile” si appoggiò alla parete insieme a Gimli, portando le gambe al torace. Osservò la finestra di fronte a lei, rimanendo per qualche istante in silenzio, contemplando il cielo azzurro  che rallegrava quella giornata speciale. Sospirò, percependo su di sé gli occhi dell’amico. La sua barba le irritò la pelle, si scostò, girandosi più volte per rispondere ai suoi sguardi curiosi “Anch’io ho ricevuto un regalo da Nihil” confessò un po’ preoccupata catturando completamente l’attenzione di Gimli.
 
“Sul serio?” il nano si spostò sul pavimento, molto interessato in merito a quella confessione.
 
“Si ma…” Eldihen sembrava perplessa, si guardò in giro accertandosi che fossero soli, anche se attorno c’erano solo coperte e letti. Sospirò pronta a rivelare ogni cosa all’amico “Legolas appena l’ha saputo si è arrabbiato, quindi io sono rimasta in silenzio, anche se ho scoperto una cosa molto grave riguardo a Nihil” era un peso troppo grande da portare, magari confrontandosi con Gimli sarebbe riuscita ad abbattere le sue incertezze.
 
“E cosa?” domandò Gimli, lisciandosi la lunga barba ramata.
 
“Gimli” gli posò una mano sulla spalla, stringendola con forza. I suoi occhi erano divenuti seri, rabbuiati da mille incertezze “Legolas non deve saperne di questa storia, è già molto turbato. Prometti di non dirlo a nessuno!” risuonò come una supplica più che una richiesta.
 
“I nani non fanno la spia!” se ne uscì con un sorriso amichevole, accarezzandole la mano con uno sguardo pieno di ammirazione. Non l’avrebbe mai tradita.
 
“Ho scoperto che l’attacco degli orchi, quello che mi ha fatta scappare, è stato progettato da lui. E’ stato lui ad ordinare agli orchi di uccidere la mia gente” la sua voce era completamente mutata. Triste ed assorta. Eldihen abbassò le palpebre pensierosa “Se Legolas lo venisse a sapere…” non lo avrebbe mai perdonato, già lo detestava, ma Eldihen in cuor suo sapeva che Nihil era una vittima quanto lei. Avrebbe tanto voluto far cambiare opinione all’elfo.
 
 “Sul serio!?” Gimli spalancò la bocca, alzandosi dal pavimento “Quel disgraziato! Ha fatto bene Legolas a imprigionarlo ad Isengard. E’ un lurido fetente” arrabbiato dalla notizia appena appresa, Gimli iniziò ad insultare Nihil nella sua lingua, lasciando Eldihen confusa.
 
Si rialzò anche lei da terra, sistemandosi la gonna “Legolas lo ha imprigionato dentro Isengard?” chiese sorpresa Eldihen.
 
“Si!” confermò Gimli.
 
“Io non ne sapevo niente. Certo che è molto deciso” ripensò inevitabilmente al dialogo con Legolas, e alla richiesta di tornare a Gran Burrone. Provò paura e preoccupazione. Non avrebbe voluto andarsene, ed anche se l’argomento non era inerente con il loro dialogo ne parlò a Gimli “A me invece ha detto di volermi allontanare da Rohan, dice che vuole sfruttare il tempo a sua disposizione per farmi partire”
 
“E dove vuole mandarti?” domandò Gimli incuriosito, mettendo da parte la questione con Nihil.
 
“Ad Imladris, ma io non voglio andarmene Gimli. Non posso scappare dai problemi continuamente, voglio stargli accanto, anzi, voglio starvi accanto” sospirò pesantemente, al solo pensiero si apriva un vuoto all’altezza dello stomaco, in grado di risucchiare tutti i momenti felici vissuti insieme “Io non vi lascerò. Basta scappare” aveva gli occhi che brillavano di determinazione, provava amore per ognuno di loro, oltre che per Legolas. Era difficile abbandonare ogni cosa, non lo avrebbe mai fatto, lo aveva promesso a se stessa, non avrebbe potuto ignorare la minaccia che si avvicinava, nascondendosi. Non sarebbe mai più scappata.
 
“Lui  lo fa perché ti ama ed è preoccupato, lo posso capire” meditò Gimli muovendo gli occhi su un punto impreciso del viso di Eldihen.
 
“Ed io? Anche io lo amo e sono anch’io preoccupata, ma non per questo gli ho detto di ritrarsi dalla battaglia, di deporre le armi e starmi accanto. Pensi che per me non sia stata straziante quella notte rinchiusa in una caverna? Sono morta di paura Gimli” rivelò mostrandogli tutto il rammarico che portava dentro il cuore. I suoi occhi in quel momento erano come un libro aperto, Gimli lesse sconforto e preoccupazione.
 
“Cosa vuoi ragazza?” sapeva già che lo avrebbe trascinato in quella faccenda, tanto valeva chiederle cosa avesse in testa.
 
“Gimli cerca di convincerlo a non farmi partire”
 
“Impossibile, se non ha dato ascolto a te, immagina a me!” affermò gesticolando con le mani.
 
“Ed allora uniremo le nostre forze” era decisa, i suoi occhi brillarono come due pietre preziose.
 
“Cos’hai in mente?”
 
“Vedrai” gli fece un cenno con il mento, rimanendo molto vaga.
 
 
 
 
Legolas era di guardia, con l’arco in mano, in piedi al margine del piazzale fuori del palazzo.  I soldati erano impegnati a controllare ed aiutare le persone di Rohan. Ognuno nel suo piccolo aveva contribuito per preparare la festa.
 
Sotto il sole cocente di mezzogiorno, degli uomini si avvicinarono alle porte del reggia, trasportando ben ventisette fusti di birra. L’elfo impressionato volse lo sguardo ai barili, pensando tra sé e sé che quella notte sarebbe stata indimenticabile.
 
Dalle case usciva  il profumo del pane e di dolci. Legolas con un sorriso tra le labbra ammirò il fumo disperdersi all’aria, sopra il cielo azzurro sulla sua testa. Si riparò all’ombra della tettoia. Pensò ad Eldihen, non la vedeva dallo scorso pomeriggio, doveva ammettere che ne sentiva la mancanza. Lei probabilmente era offesa  per la richiesta che le aveva fatto. In cuor suo provò sofferenza e nostalgia a separarsi da lei, ma la paura di perderla era più grande di ogni altro sentimento. L’unica soluzione per salvarla dalla crudeltà della guerra sarebbe stata quella di inviarla ad Imladris. Si sarebbero ritrovati una volta sconfitto Sauron, sempre se sarebbero riusciti a vincere. Un altro pensiero che lo tormentò.
 
Rimase vicino ad una colonna, guardava i tetti sotto i suoi occhi, ignorando la presenza di Eldihen e di Gimli dietro di sé. La ragazza fece cenno al nano di camminare lentamente, guardando le spalle di Legolas. Il suo cuore riprese a battere, acceso dal forte amore che provava per l’elfo. Gli si avvicinò lentamente, Legolas si voltò, percependo i passi pesanti di Gimli, trovandosi dietro di sé, il volto raggiante di Eldihen. All’improvviso i pensieri scomparvero dalla sua mente. La guardò, felice di vederla.
 
“Buongiorno” sorrise Eldihen osservandolo mentre lui si girava. I loro corpi erano vicini, Eldihen indietreggiò di poco, leggermente imbarazzata. Ogni volta che stava insieme a lui si sentiva pervasa da strane sensazioni. La sua mente non era in grado di ragionare di fronte il volto serafico di Legolas.
 
“Speravo di vederti” toccò i suoi capelli allontanandoli dal suo volto.                                                                              
 “Ma davvero?” chiese Eldihen coprendosi gli occhi, accecata da un raggio di sole. Legolas le strinse con estrema dolcezza il polso, avvicinandola a sé.
 
“Rimani qui, non prende il sole” le accarezzò i morbidi capelli fermando le sue mani sul collo. Eldihen incantata gli dedicò un sorriso, guardando le sue labbra. Non avrebbe potuto ignorarlo, anche se lui le aveva detto di andare via. Lo amava troppo per rimanere impassibile di fronte ai suoi occhi.
 
Legolas provò le medesime sensazioni. Lasciandosi trasportare dai loro sguardi scese ad accarezzarle le braccia. Solo il vento passò tra i loro volti, ma nemmeno lo scrosciare delle foglie riuscì a distrarli, né i rumori della servitù. Erano attratti da un richiamo che non poteva essere udito da altri se non da loro due, che si guardavano sotto il manto celeste del cielo.
 
Gimli rimase immobile per qualche istante, fingendo un colpo di tosse per attirare l’attenzione dei ragazzi. Si sentiva di troppo in quel momento, avrebbe voluto andare via ma Eldihen aveva insistito, minacciando di sbandierare ai quattro venti la scena che aveva visto quella mattina, quando lui assorto  contemplava i capelli di Galadriel “Avete finito di fissarvi come due polli?” chiese rude, disinteressandosi dell’occhiataccia che gli lanciò Eldihen.
 
Legolas accennò un sorriso divertito, osservando Gimli ed Eldihen, notando con stupore il rossore presente sulle sue guance “Gimli sei venuto a darmi il cambio?” domandò ironicamente Legolas posando una mano sul fianco della ragazza.
 
“Si andate pure a sbaci… “ si bloccò incenerito dagli occhi di Eldihen che erano più taglienti della sua ascia “ehm volevo dire, no, eravamo di passaggio io ed Eldihen ti abbiamo visto” recitò la parte assegnategli a memoria, gustando l’espressione soddisfatta nel volto della ragazza che lo lodò con uno sguardo carico di ammirazione.
 
“E dove stavate andando?” chiese Legolas salendo con la mano sul corpo della fanciulla. Si fermò sulla vita sottile, incoraggiandola a parlare.
 
 “Ad allenarci. Sai non sono poi così tanto male a combattere, ma vieni, sediamoci sui gradini, voglio riposare un po’” afferrò con decisione la sua mano trascinandolo lungo le scalinate ”Gimli cammina!” ordinò facendo cenno di seguirli.
 
Si sedettero sul primo gradino, sotto lo sguardo curioso della gente che li fissava da sotto le scale. Eldihen era in mezzo a Legolas e Gimli. Li guardò, contemplando le loro armature. Legolas le stringeva ancora la mano sulle sue ginocchia, il nano scocciato roteò gli occhi al cielo farfugliando qualcosa di incomprensibile riguardante gli stupidi giochetti di Eldihen.
 
Eldihen aveva  pensato che se Gimli avesse detto a Legolas della sua finta bravura a combattere, forse avrebbe avuto una minima possibilità a rimanere a Rohan. Non voleva assolutamente andarsene, avrebbe fatto carte false per rimanere lì.
 
“Ed allora Gimli!” lanciò un’occhiata al nano. Immaginava già cosa gli avesse detto Eldihen, si spostò per avvicinarsi, ma la ragazza seduta a suo fianco lo immobilizzò con due dita sul torace.
 
“Perché non guardi me” percorse con le dita  la curva poco pronunciata degli addominali. Era incantata dalla bellezza di Legolas. Sfiorò la tunica verde fermandosi all’altezza del collo, lasciando una scia calda lungo il corpo dell’elfo.
 
Legolas ammaliato scrutò le sue mani. Le intrappolò, baciandole con amore. Eldihen avvertì la morbidezza delle sua pelle, desiderando di poter provare quella sensazione sulle sue labbra “Perché tu potresti ingannarmi” proferì Legolas non lasciandole le mani “Gimli” lo richiamò.
 
“Io ed Eldihen abbiamo pensato di allenarci” non era tanto convinto mentre parlava, sbadigliò studiando in lontananza le guardie che aiutavano le donne a trasportare teglie piene di gustose leccornie.
 
Eldihen notando la distrazione di Gimli gli tirò una gomitata “Gimli ha detto che non sarò coinvolta nella guerra, non c’è da preoccuparsi, posso rimanere tranquillamente con voi, vero Gimli?”
 
“Mh”  rispose con un mugugno disinteressato. La sua attenzione era rivolta ad un caciotta di formaggio nelle mani di una anziana signora.
 
“Non mi sembra tanto convinto” Legolas le fece cenno di avvicinarsi, raggiungendo il suo orecchio.
 
“Mh...” Eldihen a suo malgrado annuì, lanciando un’altra gomitata a Gimli che ormai si trovava lontano da loro “Beh starà pensando sicuramente ai cape ….”
 
“Guarda tu questa ragazzina!” si lamentò drizzando la schiena “Si comunque. Qualunque cosa ti abbia detto ha ragione lei. Sì! ” sentenziò deconcentrandosi.
 
“Non ti è poi molto d’aiuto, Gimli” constatò Legolas vedendola impacciata. Era divertito dalla scenetta che aveva architettato, ma Eldihen non demorse, gli si avvicinò fino a sfiorargli il naso. Quella era una vera e propria lotta, e lei non avrebbe perso. Accettando il fatto che Gimli era con la testa da tutt’altra parte, sfoderò le sue armi migliori, convinta di poter convincere l’elfo utilizzando alcune tecniche un po’ particolari, ma efficaci.
 
“E tu vorresti lasciarmi andare via?” sussurrò a pochi millimetri dalle labbra di Legolas. Si avvicinò talmente tanto che, un singolo movimento da parte di uno loro due avrebbe fatto incontrare inesorabilmente le loro labbra. Eldihen lo sapeva, Legolas anche, entrambi percepivano il respiro dell’altro sul proprio viso, disarmati dinanzi ai loro cuori che battevano.
 
“Lo faccio per il tuo bene” desiderò ardentemente baciarla su quelle scale, sulle labbra che tanto lo provocavano, disinteressandosi di Gimli e della gente intorno a loro.
 
“E riuscirai a starmi lontano?” convinta di averlo in pugno, Eldihen osò sfiorargli la pelle nuda del collo, facendolo avvicinare a sé come una falena attratta dalla luce di una lanterna.
 
“Sarà un sacrificio che dovrò fare!” dichiarò approssimandosi alle labbra turgide di Eldihen. Già ne avvertiva il sapore e la morbidezza, incantato dal suo inconfondibile profumo.
 
Eldihen in quel momento di pura attrazione, prese atto che niente avrebbe potuto smuovere Legolas dalle sue strane idee. Si alzò velocemente dal gradino in cui era seduta, scrollando le spalle. Era scoraggiata. Cos’avrebbe potuto fare per fargli cambiare idea? Proprio non lo sapeva.
 
Legolas, dopo che Eldihen si era allontanata, bloccò il suo bacio, trovandosi davanti la faccia rugosa di Gimli che lo guardava di sottecchi, completamente confuso e destabilizzato dalla vicinanza del suo amico. Si distanziò strisciando sulla pietra fredda, per raggiungerne il margine della scala “Ma che ti prende Legolas?” chiese preoccupato vedendolo voltare il viso.
 
“Sai che ti dico? Se è un sacrificio che dovrai fare, accontentati di baciare Gimli, infondo per te è facile rinunciare a me!” incrociò le braccia sotto il seno, arricciando un broncio delusa.
 
“Ma sei pazza? Un nano che bacia un elfo” agitò il capo posando le mani sul pavimento in pietra “Sarei lo zimbello di tutti” disse Gimli in tono conclusivo.
 
Legolas si rialzò da terra, sollevando le palpebre per osservare Eldihen che a sua volta lo guardava, ferma sul quarto gradino. I capelli le danzavano al passaggio del vento. Il giovane le si avvicinò, con un’espressione indecifrabile. Si fermò davanti al suo viso, vedendo mutare l’espressione del volto di lei. Era sorpresa, non comprendeva cosa volesse fare Legolas e, quando lui le cinse la vita con le mani stringendola contro il suo corpo, Eldihen sgranò gli occhi sorpresa, sentendosi avvampare.
 
Legolas senza preavviso la baciò come desiderava fare già pochi istanti prima, accogliendola tra le sue braccia. Le accarezzò la schiena, sentendola rabbrividire. Il suo sapore era dolce e le sue labbra soffici come velluto. Si allontanò dal viso per guardare la sua espressione stordita. Non si aspettava di essere baciata in quel modo di fronte a Gimli che come lei, avvampò.
 
 “Questo bacio era mio e me lo son preso, non mi accontento, voglio solo te” le sussurrò lasciandola di stucco “E se desideri avere lezioni di scherma o cose simili, sarò io il tuo maestro, basta chiedere” le sorrise, pensando che fosse un bene per Eldihen
 
 
 
Pipino sospirò. Si trovava seduto su una sedia, davanti ad un piatto di patate e pollo. Erano rimasti insieme a Gimli, Eldihen ed a Gandalf a gustarsi le pietanze che uscivano dalla cucina, sordi ai richiami delle domestiche che li rimproveravano, dicendogli che il cibo doveva rimanere sul tavolo intatto per la serata.
 
“Ma lascia perdere Pipino. Il cibo della contea è molto più buono!” Merry afferrò un pezzo di torta alle mele, divorandola in un solo boccone.
 
Eldihen divertita li osservò, non riuscendo a distogliere lo sguardo dai due. Gimli era annoiato invece, stanco di ascoltare le loro conversazioni.
 
Eowyn sorrise, ascoltando distrattamente i discorsi dei due piccoli Hobbit. Era passata dalla sala per contemplare le piccole lanterne poste sui capitelli, adornati da deliziosi fiori bianchi. Rimase immobile appoggiata ad un pilastro, sotto la luce bianca del sole che penetrava dalle finestre in alto.
 
“Dammi un pezzo Merry” lo richiamò Pipino tirando le maniche del cappotto che indossava l’amico.
 
“Te lo passo sotto banco, prendi” afferrò una fetta di torta porgendola furtivamente a Pipino che assai contento la gustò, leccandosi le dita.
 
“Hai ragione il cibo della contea è migliore” commentò dopo aver mangiato una patata dal piatto fumante sopra il tavolo “passami una melanzana Merry”
 
“No, ci sgrideranno se continui così!” lo riprese l’amico lanciandogli uno sguardo di rimprovero. In realtà anche lui si stava trattenendo, il profumo dei piatti lo invitava a trasgredire ai richiami ricevuti.
 
“Ma solo una!” insistette Pipino con tono supplichevole.
 
“E va bene, ma poi basta!” Merry prese una melanzana grigliata dal vassoio vicino ad Eldihen e la porse a Pipino. Era scocciato dal comportamento dell’amico, se avesse continuato a mangiare sicuramente non sarebbe rimasto niente per la festa. Eppure sul tavolo vi erano tantissime pietanze: verdure grigliate, birra, vino, pesce e torte di ogni genere. Gimli assaporò le costolette di maiale, sotto lo sguardo curioso di Eldihen che lo fissava senza dir nulla, assorbita da quella scena comica.
 
“Ma quindi stasera si balla anche?” chiese Pipino giocherellando con bretelle. Tirò l’elastico fino a farlo tornare a suo posto.
 
“Sì, e si beve anche!” Gimli lanciò uno sguardo ad Eldihen che scrutava i tavoli opposti al loro: erano tutti agghindati con delle lunghe tovaglie bianche e dei grossi barili di birra.
 
“Sapete ballare?” domandò curiosa l’elfa.
 
“Sì”
 
“No” risposero entrambi all’unisono, guardandosi negli occhi.
 
“Ma ci sono le patatine fritte?” Pipino sgranò gli occhi verdognoli, fissando Gandalf che a sua volta lo guardava annoiato.
 
“Sì Pipino” rispose lo stregone sistemandosi il mantello bianco.
 
“E i pomodori?” continuò con tono interessato. Avrebbe voluto avere l’elenco completo di tutti i piatti. Se fosse stato possibile sarebbe andato in cucina per assaggiare il cibo offerto dalla casa di Rohan.
 
“Penso di sì” sentenziò Gandalf roteando gli occhi al cielo.
 
“E la salsiccia?”
 
“Sì Pipino, ci sarà sicuramente!” lo stregone era scocciato, Eldihen trattenne una risata.
 
“E i fuochi d’artificio?” domandò alzando un dito al cielo, per simulare il movimento dei razzi.
 
“No Pipino!” Gandalf chiuse gli occhi sospirando. Era stanco di tutte le domande del ragazzo, rispondeva distrattamente, senza dargli molta importanza.
 
“C’era d’aspettarselo… Gandalf sta diventando uno spilorcio!” disse facendo ridere Eldihen. Pipino afferrò un boccale di birra, disinteressandosi dello sguardo truce che gli rivolse lo stregone.
 
“Peregrino Tuc, hai forse dimenticato che sono presente e che stavi parlando con me?” chiese lasciandolo senza parole.
 
Il piccolo Hobbit allontanò dalle labbra il boccale di birra. Quel commento gli era uscito involontariamente dalla bocca, ma ora, realmente pentito ed impaurito dallo sguardo dello stregone, appoggiò il bicchiere sul tavolo, balbettando scuse poco udibili.
 
 “E dove li prendo i fuochi d’artificio? Magari potrei trasformarti in una fontanella luminosa e farti saltare in aria, almeno saresti più utile e non domanderesti cose così sciocche!”
 
“Trasformarmi… in una fontanella?” impaurito sgranò gli occhi, pensando alle conseguenze delle sue parole.
 
Gandalf si alzò dalla sedia, avvicinandosi ai due piccoli amici. Si fermò, tirando le orecchie a Pipino. Eldihen li guardò divertita. Lo stregone si comportava proprio come un padre nei confronti di Pipino, riprendendolo senza cattiveria “Fila a pelare le patate”
 
“E va bene” accettò l’incarico corrugando il viso in un’espressione di dolore.
 
“Io andrò fuori a sgranchirmi le ossa” fece per girarsi, appoggiandosi al lungo bastone.
 
“Gandalf!” Eldihen si alzò dal tavolo, seguendo Gandalf sotto lo sguardo sorpreso di Gimli che le era accanto.
 
“Dimmi figliola” increspò la fronte, esaminando il volto impensierito di Eldihen.
 
“Vorrei seguirti, se posso”
 
“Ma certo, andiamo!” le fece strada portandola fuor dal palazzo.
 
 
 
Anche quella giornata stava per concludersi. Eldihen si accomodò su una panca fuori, seduta vicino allo stregone. Prima di parlare lisciò i capelli nervosamente, contemplando il bellissimo cielo azzurro e le case davanti ai suoi occhi.
 
“Gandalf io ho detto della spada a Legolas” confessò intimorita. Sperava di non essere rimproverata. Guardò il profilo dello stregone, le rughe sugli occhi e sulla fronte. Sembrava tranquillo.
 
“Immaginavo” incrociò il suo sguardo, notando la preoccupazione nel volto della ragazza. Era rigida, respirava velocemente, come se volesse accumulare l’aria presente nei suoi polmoni, per alleggerire il peso dei suoi pensieri.
 
“In realtà vorrei chiederti di riprendertela. Vedo cose strane e mi sento un po’ agitata” ammise stringendo con le dita la panca su cui era seduta.
 
“Cosa hai visto?” domandò Gandalf sorpreso.
 
“La lama è nera ai miei occhi. Ho sentito la voce della spada dentro la mia testa, mi raccontava di Nihil e nel mio cuore ho avvertito una sofferenza mai provata, era il suo dolore Gandalf. L’ho visto in un campo di battaglia mentre stringeva il padre morto” chiuse gli occhi per annullare i ricordi raccapriccianti ed il volto addolorato di Nihil.
 
“Capisco” agitò il capo, posandole con delicatezza una mano sulla spalla “ma non temere ragazza mia. Hai una percezione assai particolare della magia, non devi preoccupartene. Sei abile!”
 
“No Gandalf. Tu sicuramente lo sapevi che avrei incontrato Nihil di nuovo, ma io non ho usato la spada per ferirlo, io non ci sono riuscita. Ho semplicemente messo l’elsa nella sua mano. Non so perché ma ha avuto un effetto strano. E’ stato come ripulito dal male che aveva dentro il suo cuore” guardò le piastrelle polverose a terra, per poi risalire sulla gonna di seta. Sospirò infelicemente “Sono una frana. Ho fallito perché non so combattere, non so fare nulla” strinse il viso tra le mani, colpendo Gandalf che le scostò teneramente una ciocca di capelli.
 
“Eldihen secondo me hai fatto molto” lo stregone strinse la spalla della ragazza con ammirazione, infondendole tutta la forza che le serviva per risollevarsi dall’angoscia che l’aveva costretta a rimanere al buio. “Una spada non si usa per uccidere, ma per salvare una vita. E tu hai dimostrato di avere una grande sensibilità. Nessun altro a posto tuo avrebbe aiutato Nihil e, nella sua semplicità, il tuo è stato un grande gesto. Sarebbe stato molto più facile ucciderlo che aiutarlo, in molti avrebbero scelto la via più semplice” la sua voce era profonda e vibrante, quasi come un balsamo per la ferita dentro il petto di Eldihen.
 
Pensò a Legolas e ai suoi amici. Loro a differenza sua stavano combattendo per la Terra di Mezzo e se il suo amato elfo le aveva detto di andare via, era perché lei non avrebbe potuto affrontare la guerra. I suoi occhi si inumidirono, appannandole la vista “Mi sento molto… d’intralcio in questa storia, sono una semplicissima ragazza trascinata in qualcosa di veramente grande e non so che fare, sbaglio continuamente. Non so cosa tu veda in me Gandalf, ma io mi sento invisibile” abbassò la testa contro il muro alle sue spalle, respirando a rilento la fresca brezza proveniente dalla campagna. Serrò le palpebre, ricacciando le lacrime dagli occhi. Era vero il fatto di Nihil, lei l’aveva aiutato, mostrando grande pietà per lui, ma in quel momento critico non avrebbe potuto essere d’aiuto. La sua utilità era ben poca.
 
“Spesso nei piccoli gesti si nascondono grandi sentimenti. Apri gli occhi” con tono deciso Gandalf le tirò la mano, vedendola riaprire le palpebre spaesata.
 
Eldihen lo fissò, per poi seguire con lo sguardo la mano dello stregone che le stava indicando una piccola casetta sotto il palazzo, immersa nel prato verde, in mezzo ad una collinetta di paglia. C’erano dei bambini seduti a terra. Le loro madri stendevano i panni sorridendo, mentre un piccolo cagnolino bianco abbaiava dinanzi la porta di casa, graffiando il legno con le zampette
 
“Cosa vedi?” studiò il viso di Eldihen che portando più attenzione assottigliò le palpebre, per scorgere un qualcosa di particolare.
 
 “Ci sono dei bimbi e le loro madri penso” non comprese bene cosa volesse dirle lo stregone ma, trovò pace a guardare quella scena, ascoltando le risate dei ragazzini che si erano alzati per correre lungo il sentiero.
 
“E poi là cosa c’è?” Gandalf le fece un piccolo cenno con il mento indicandole il panificio di fronte.
 
 “Il fornaio che impasta il pane” osservò le mani dell’uomo ricoperte di farina. Era un ragazzo giovane. Sembrava felice mentre infornava la pasta cruda all’interno di un forno a legna. Non era molto distante da loro. Lo vide porgere un pezzo di pane ai bambini. Eldihen sorrise intenerita “Il profumo è buonissimo” commentò. Il sole  si nascose dietro i monti, lasciando la città immersa nella penombra.
 
“Loro sono persone semplici, proprio come te!” la voce di Gandalf le scaldò l’animo.
 
Una lacrima cadde involontariamente dalle sue ciglia, rigandole le guance fredde. Si sentì piccola sotto le mani del bianco stregone, udendo la sua voce calda ed amichevole. Era come trovarsi a casa, a Gran Burrone, con i suoi genitori. Un senso di pace la travolse completamente, spazzando via il profondo senso di angoscia che aveva provato.
 
“Noi lottiamo per la gente semplice, perché vedi Eldihen, la bellezza della vita sta nelle piccole cose, nella sorriso di quella madre che guarda i suoi bambini, nelle loro risate e nella bontà di quell’uomo che ogni giorno impasta il pane”
 
“E’ vero” annuì con un cenno di capo. Non distolse lo sguardo dalle figure sotto le scale, osservando l’ampia distesa di paglia, le case in legno ed il fumo che usciva dai camini.
 
“Penso che tu, con la tua semplicità abbia ottenuto una grande conquista” le fece l’occhiolino in modo scherzoso. Eldihen comprese subito a chi si stava riferendo Gandalf e sorrise, lasciando definitivamente i cattivi pensieri da parte. Legolas era il sole della sua vita. Il loro amore era nato dentro i loro cuori con spontaneità, da uno sguardo, dal tocco delle loro mani, e dalla paura di rimanere lontani. Era un fiore sbocciato tra le avversità.¹
 
“Non bisogna per forza essere grandi eroi” continuò tirando fuori dal mantello l’immancabile pipa di legno “Poi sei abbastanza perspicace. Sei sopravvissuta ad un brutto incantesimo, ed hai aiutato Nihil” la vide più rilassata, così continuò, per spiegarle il curioso aneddoto della spada “Non pensavo che tu percepissi il male accumulato dalla lama, ma non aver paura, è un semplice oggetto, che contiene tutta la magia di Saruman e parte dei ricordi di Nihil”
 
“Ma io sento quei ricordi” spiegò rattristita, pensando a quando si era alzata e dell’incontro con Legolas. Non immaginava minimamente che la lacrima dentro di sé la legava all’elfo “Io sono preoccupata Gandalf, vorrei tanto poter aiutare, ma Legolas vuole mandarmi via ed io non voglio assolutamente lasciarlo” confessò in quel momento di sfogo guardando il volto di Gandalf, i suoi occhi che si muovevano come a ricercare nello sguardo di Eldihen i timori che nascondeva.
 
“Fa quello che ti dice il cuore e non aver paura della spada. Sono convinto che ciò che hai visto ti aiuterà” rispose vago facendole intuire alcune cose che sarebbero potute accadere.
 
Eldihen arricciò le labbra in una smorfia di incomprensione, volgendo lo sguardo ai bambini che giocavano e alle donne in attesa di entrare a palazzo.
 
 
 
 
I canti risuonavano dentro la sala, seguiti dalle risate allegre degli uomini di Rohan che festeggiavano la vittoria al Fosso di Helm. Le perdite erano state molte, re Thèoden aveva dedicato la serata ai morti che avevano combattuto per proteggere la città e tutti i cavalieri brindarono in onore dei loro compagni. Merry e Pipino danzavano allegramente sui tavoli, incitati dalla gente che gioiosamente gli battevano le mani, seguendo il ritmo della briosa canzone, senza però conoscerne le parole. Non mancarono i vassoi pieni di cibo, il buon vino e i barili colmi di birra dorata.
 
Eowyn osservò divertita l’espressione di Eldihen che si voltava per guardare ogni cosa. Le donne erano riunite nei tavoli e festose sfoggiavano dei vestiti colorati e dei gioielli vistosi. Si sbalordì, pensando a quanto fosse cambiato il palazzo dal giorno in cui era arrivata. Sul fuoco scoppiettante vi era una griglia piena di carne e verdura, l’elfa si avvicinò per ammirare la crosticina che si era formata sui peperoni. Chiuse gli occhi percependo l’invitante profumo, era affamata. Prese un piatto di riso, assaggiandone distrattamente il contenuto, mentre con gli occhi cercava Legolas. Eowyn rendendosene conto la lasciò, per raggiungere Aragorn. Non avrebbe voluto trattenerla, inoltre desiderava da un po’ parlare con il ramingo.
 
Eldihen osservò l’amica, per poi notare il giovane principe parlare con tre uomini. Si appoggiò ad una colonna cercando di leggergli il labiale. Non comprese praticamente nulla, vide Legolas donare una lettera senza comprenderne il motivo. I bambini correvano avanti e indietro e più volte gli uomini le avevano coperto la visuale, fermandosi proprio davanti a lei. Sbuffò, nascondendosi dietro il pilastro. Avrebbe tanto voluto conoscere le parole che l’elfo aveva scambiato con quei tre ragazzi. Era particolarmente serio, le sembrò che l’argomento fosse importante dal modo in cui discuteva.
Desiderosa di avvicinarsi ai suoi amici che bevevano beatamente in compagnia di Eomer, fratello di Eowyn, Eldihen posò il piatto su un tavolo, lasciando delle anziane signore sorprese. Era agitata e lei non poteva immaginare quanto si notasse da fuori.
 
“Eldihen niente panico, adesso vai da lui e gli parli tranquillamente!” osservò il suo lungo vestito, leggermente imbarazzata dalla profonda scollatura che lasciava intravedere parte del seno. Aveva indossato la collana di Nihil visto che si sposava perfettamente col dorato della stoffa.
 
Camminò in mezzo alla folla, ignorando lo sguardo di alcuni uomini che parevano apprezzare il suo abito e le curve del suo corpo. Si bloccò imbarazzata raggiungendo Legolas. Si fermò osservando i vecchi signori che bevevano direttamente dal barile. Una scena disgustosa ma esilarante. Morse violentemente il labbro inferiore guardando la tunica argentata dell’elfo, ricamata sulle maniche e sulle spalle. Era bellissimo. I suoi capelli erano raccolti dalla classica treccia. Eldihen si avvicinò fino  ad annullare le distanze, finse un colpo di tosse, ma non bastò per attirare la sua attenzione. Gli uomini urlavano troppo.
 
“Legolas” lo richiamò piegando il suo braccio.
 
Quando l’arciere biondo si voltò, lasciando sul tavolo il boccale di birra che aveva in mano, spalancò la bocca dallo stupore, i suoi occhi brillarono  come se avesse davanti il sole, anche se era notte, trovandosi Eldihen come non l’aveva mai vista prima: I suoi capelli erano semiraccolti da due deliziose trecce, dal quale fuoriuscivano delle ciocche ondulate che scendevano lunghissime fino ai fianchi. Indossava un abito di raso oro, molto luminoso e aderente, con una scollatura profonda a forma di cuore che le lasciava le spalle scoperte. I suoi occhi cerulei erano accessi dalla luce della collana che indossava. Era la gemma di Nihil.
 
Rimase spiazzato, senza parole. Gimli invece, fischiò apprezzando il bell’aspetto dell’amica. Era sbronzo, seduto su una sedia con ben sedici boccali di birra sul tavolo “Ma come brilli Eldihen. Sembri una stella, ma non sarai un po’ nuda? si vede tutta la pelle qua davanti!” parlò con la classica voce di chi si era pesantemente ubriacato. Travolto da un improvviso singhiozzo si accasciò sul tavolo, stringendo tra le mani i bicchieri che si era scolato.
 
Eldihen arrossì, lanciando uno sguardo a Legolas che continuava a studiarla senza togliergli gli occhi di dosso.
 
Gli era difficile allontanarsi, per un momento gli sembrò che la confusione fosse sparita. Il volto radioso di Eldihen catturò completamente i suoi sensi, ed anche se appariva composto, in cuor suo avvertì un brivido caldo “Sei bellissima” l’apprezzò, facendole abbassare il volto dall’imbarazzo.
 
“Spero non ti dispiaccia…” indicò la collana al suo collo. Anche lei era ammaliata dal fisico atletico di Legolas che era enfatizzato dalla camicia argentata.
 
“Assolutamente” le prese la mano, avvicinandola gelosamente a sé, in modo che gli uomini che la guardavano, comprendessero attraverso quel gesto, della loro relazione “Siediti” le porse la sedia, facendola accomodare vicino a tre anziane signore. L’affiancò, ammirandola ancora una volta. Eldihen si sentì toccata dalla sua occhiata.
 
“Non pensavo di vederti con questo abito” confessò soffermandosi sulla scollatura, per poi sollevare gli occhi.
 
“Mi sta male?” domandò Eldihen avvicinandosi alla sua sedia, in modo da sentirlo più vicino.
 
“No. E’ molto… scoperto. Mi hai decisamente sorpreso” confessò senza però risultare indiscreto o sfrontato. Era gentile.
 
Eldihen gli sorrise sfiorandogli il braccio “Quindi ti piace?” domandò in trepidante attesa di conoscere il suo giudizio.
 
Legolas sogghignò, per poi girarsi. Si avvicinò pericolosamente al suo volto, in direzione delle labbra, lasciando Eldihen incantata, curvò la trattoria raggiungendo il suo orecchio, divertito dal vederla così imbarazzata “Si, anche se certe cose preferirei vederle solo io” si riferì alla scollatura, ma non si dimostrò possessivo.
 
“Eowyn ha insistito dicendomi di indossarlo. Era l’unico vestito che mi calzava bene, sono troppo magra e… non riuscivo a trovare qualcosa da mettere per la serata e….” parlava agitando le mani, stregata dal viso di Legolas, dalle sopracciglia che delineavano il taglio degli occhi. Perché si sentiva così in imbarazzo? Soprattutto dinanzi la pelle del collo scoperta di lui. Intravide gli addominali dalla leggera scollatura trattenuta da una spilla argento.
 
 Legolas le posò il bracciò sulla sedia, cingendole in tal modo le spalle.
 
 “Anche tu sei affascinante” disse disarmata Eldihen, guardando la linea del suo viso e, le labbra che si incurvarono in un sorrisetto soddisfatto “Scusa, non intendevo dire che…” i suoi occhi ricaddero nuovamente sul suo petto “Mi sento imbarazzata” confessò mostrandogli la sua espressione impacciata.
 
Decisamente divertito dalla vista delle sue guance rosse, Legolas le sfiorò il mento gentilmente, in una lieve carezza, concedendole una lunga occhiata piena di sentimento, alla quale Eldihen rispose senza parlare, o distogliere lo sguardo da lui. Erano entrambi presi a studiarsi, da ignorare completamente lo sguardo attento delle tre donne sedute vicino a loro che si gustavano la scena mangiando da una grossa ciotola in metallo dei semi di girasole.
 
“Oh ma che bella coppia innamorata” commentò una donna dai mossi capelli biondi.
 
Eldihen si girò sorridente, curiosa di conoscere il volto della sconosciuta. Era paffuta, indossava un abito ametista, ed uno scialle di lana sulle spalle.
 
“Che gentile signora” rispose avvampando. Strinse il ginocchio di Legolas, percependo il suo braccio dietro la testa.
 
“E siete sposati?” continuò spettegolando con le sue amiche. Gli uomini intorno a loro ascoltavano passivamente la conversazione, continuando a bere birra in compagnia di Eomer, che in silenzio osservava Eldihen.
 
Il calore del fuoco in mezzo alla sala li raggiunse, riscaldandoli ed illuminando il bancone ricco di pietanze.
 
“No” mosse la testa Eldihen, lanciando un’occhiata a Legolas.
 
“E quando vi siete conosciuti ragazza?”domandò una donna molto più anziana dai capelli bianchi.
 
“E’ da un mese circa”
 
“Oh che carini!” commentarono tutte in coro, facendo scuotere la testa ai loro mariti seduti al tavolo “E’ bello vedere una coppia così affiatata. Sembra che niente possa dividervi da come vi guardate”
 
“In realtà signora…” prendendo la palla al balzo, Eldihen accavallò le gambe appoggiando il capo sul braccio di Legolas che seguiva il discorso passivamente, senza pronunciare parola “Lui vorrebbe mandarmi via per paura della guerra. Non saremo così uniti infondo” punzecchiò Legolas facendolo sorridere. Quelle signore erano capitate a fagiolo. L’elfo si limitò a voltare il viso, girandosi distrattamente una ciocca di capelli della giovane tra le dita, senza mutare espressione.
 
“Oh ma come?” la donna si strinse nello scialle, aggrottando il volto in un’espressione meravigliata.
 
“Eh, non lo so nemmeno io!” Eldihen lanciò uno sguardo all’elfo vedendolo sorridere sempre di più. Ma possibile che si divertiva così tanto a vederla indignata? “Vuole sfruttare il periodo di momentanea pace per mandarmi via” comunicò senza rancore, ma con un pizzico di allegria nella voce, in modo da non offendere Legolas. Voleva solo fargli capire che non condivideva la sua idea.
 
“Ma no, due innamorati dovrebbero stare vicini!” La signora guardò le compagne portandosi sconvolta una mano al petto.
 
“Se vai via portati pure mia moglie!” urlò un uomo dall’altra parte del tavolo, riempiendo il suo boccale di spumeggiante birra di malto. Aveva i capelli grigi ed un volto allegro. Rosso in viso peggio di Gimli.
 
La donna bionda gli lanciò uno sguardo pieno di rimprovero, portando la sua attenzione ad Eldihen “Non dovrebbe lasciarti andare” continuò alzando il mento.
 
Legolas in tutta quella discussione continuava a giocare con i capelli di lei, lanciando di tanto in tanto uno sguardo al suo profilo perfetto. Seguì la linea precisa del naso, per fermarsi alle labbra serrate di Eldihen. Era contenta di aver trovato una sostenitrice.
 
“Dice giusto lei cara signora. In realtà io non voglio andarmene, infondo voi donne di Rohan rimarrete qui, perché non posso fare lo stesso io?” si girò verso Legolas che continuava a sorridere, in attesa di conoscere l’esito del discorso.
 
“In realtà dovreste sfruttare questo tempo per rimanere insieme” serrò le palpebre annuendo con la testa, come ad avvalorare il suo pensiero.
 
“E quello che penso anch’io!” Eldihen concordando alzò un dito, sorridendo con soddisfazione “Hai sentito amore mio?” si girò verso Legolas, incrociando il suo sguardo gentile.
 
“Si, sto ascoltando” rispose lisciandole i capelli, sembrava più preso dalla morbida chioma che dal loro dialogo.
 
“La guerra è pericolosa si! Ma in questo frangente dovreste rimare uniti. Fare l’amore dalla mattina alla sera, godendovi ogni momento insieme” sgranocchiò un seme di girasole offrendolo alle sue compagne, ignara del profondo imbarazzo che pervase Eldihen. Le sue guance erano rosse. Non si voltò, rimanendo spiazzata da quell’osservazione, con le mani avvinghiate saldamente ad un ginocchio. 
 
Percepì gli occhi divertiti di Legolas su di sé. Sorrideva senza contegno, felice di vederla impacciata di fronte a quella risposta. Le si avvicinò all’orecchio, sfiorando la pelle nuda con le dita “Hai sentito amore mio?” la sua voce era divertita e lo stesso tempo calda, come se volesse suggerirle di prendere in considerazione la proposta della donna “Sembra proprio che nessuno ti sia  d’aiuto oggi” disse allontanandosi dal suo collo.
 
“Ma cara signora, non esageriamo!” Eldihen deglutì avvampando con Legolas vicino. Guardò il povero Gimli che si era addormentato sul tavolo, in mezzo alle molliche di pane e ad un vassoio di formaggio.
 
“E che c’è di male figliola. Dovreste approfittarne” le altre donne concordarono, esprimendosi liberamente senza ritegno. Eldihen si grattò la testa, avvampando sempre di più, mentre Legolas divertito le accarezzava i capelli.
 
La situazione degenerò, poiché le signore iniziarono a parlare di figli e dei dolori del parto, consigliando più volte ad Eldihen di concedersi a Legolas. Era molto imbarazzata. Rimase in silenzio, non riuscendo a rispondere ai loro commenti. Era un po’ tesa, a disagio. Sospirò spostandosi i ciuffi con le mani. Se l’era proprio cercata. Pregò i Valar che quelle donne terminassero di parlare. Non riuscì a  tranquillizzarsi, a tutto ciò si aggiunse il rumore dei piatti e delle posate, seguito dalle fragorose risate delle persone. Le sarebbe esploso il cuore da un momento all’altro, ne era certa.
 
Legolas notando la sua agitazione le accarezzò i capelli con molta dolcezza, guardandola teneramente, non più divertito come poco fa. Comprese il suo stato d’animo da un solo sguardo e volendo confortarla, per farla sentire a proprio agio, la strinse maggiormente, avvicinandola al suo petto in un abbraccio caldo e protettivo “Stai tranquilla” la sua voce era gentile e dolce, come i suoi occhi ed il modo in cui la stava accarezzando.
 
“Sono un po’ pettegole” si appoggiò alla spalla dell’elfo, strusciando il volto contro la camicia di raso. Si sentì protetta da quell’abbraccio. Posò le mani sul suo petto, isolandosi dai rumori della sala.
 
“Penso che non ti sia rimasta la voglia di parlare dei nostri discorsi in giro”
 
“Non lo farò mai più!” rispose impressionata, ricordando la vergogna che aveva provato.
 
Legolas le baciò dolcemente la fronte, accarezzandola con amore.
 
“Ma posso sapere di cosa parlavi prima con quegli uomini? Ti ho visto sai, eri serio” alzò il volto per incontrare il suo sguardo. Legolas si irrigidì di colpo, distogliendo gli occhi dal viso incuriosito di Eldihen.
 
Le prese una mano e la baciò, rimanendo distante con lo sguardo “Lascia perdere… voglio rimanere con te senza pensare a nulla” rispose stringendola con desiderio. La lasciò nel dubbio, anche se le sue carezze riuscirono a strapparle un sorriso dalle labbra.
 
Legolas continuò ad accarezzarle il dorso della mano, fissando incuriosito la piccola macchia che si estendeva vicino alle nocche. Ma cos’era? Era convinto che prima non ci fosse stata. Passò le dita sulla pelle di Eldihen e, catturato dai suoi sguardi si distrasse, ignorando la minaccia che cresceva nel corpo dell’elfa.
 




 
​¹ Era un fiore sbocciato tra le avversità = citazione Mulan


Note dell’autrice:


Buonasera ragazzi! Come va? Ok oggi non sono stata così in ritardo come la scorsa volta, dai. Finalmente questi due piccioncini si godono un po’ di pace prima della guerra. Penso di conoscere il cap a memoria xD l’avrò riletto dieci volte… spero sia piaciuto, lo so che non c’è stata azione, arriverà
Come sempre voglio ringraziare tutti coloro che leggono e mi sostengono, la mia beta che corregge e, in particolare 
Elfa001 e White_wolf53 alle quali dedico il capitolo interamente <3 per ringraziarle della loro gentilezza e del sostegno, siete due tesori, vi mando un grosso bacione, le vostre recensioni sempre presenti negli ultimi cap mi hanno dato la voglia di aggiornare, grazie ;)
Riguardo gli aggiornamenti: il prossimo è di sabato
Detto ciò vi saluto, buonanotte
 
 
 
 
  

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16
 
 
Eldihen si allontanò dal tavolo in cui era seduta, lasciando Legolas in compagnia di Gimli. Inventò una scusa, dicendo di voler trascorrere del tempo con Eowyn, anche se la realtà era ben diversa. All’improvviso si sentiva angosciata, come se una voce dentro di lei l’avesse richiamata, ricordandole di Nihil e dell’attacco degli orchi, mentre il prurito alla mano aumentava sempre di più.
 
Si appoggiò ad un pilastro guardando Legolas bere. Sentì un forte calore al petto. Era innamorata di lui, il suo sentimento era sbocciato dal nulla. Possibile che fosse stato l’incontro ad Amon Hen a sconvolgerla così tanto da cambiarle la vita? Il suo cuore batteva per Legolas da molto tempo, ed anche se lei non sapeva nulla del suo passato, ogni volta che lo guardava si sentiva felice, era inspiegabile. Il rumore del passato si dissolveva, lei era riuscita a rinascere insieme a lui, percependo la dolcezza del suo cuore.
 
Sospirò chiudendo le palpebre. Le tornò nuovamente in mente il volto di Nihil, richiamata da una sensazione sconosciuta, che le strinse lo stomaco in una morsa di dolore. Si massaggiò le tempie, ricordando le parole dello stregone riguardo la spada e le scene che aveva visto. Desiderò ardentemente ricacciare  i sentimenti che provava, ma non riuscì. Rimase immobile a fissare la schiena di Legolas, ed anche se avrebbe voluto confidarsi ed averlo vicino in quel momento di sconforto, rimase ferma, a seguire con lo guardo il movimento delle sue mani. Lui era felice in compagnia di Gimli, non poteva affliggerlo con le sue convinzioni. Doveva lottare e trovare la forza per andare avanti, anche se ora più che mai sentì gravare sulle sue spalle il peso che portava dentro da tempo.
 
Si girò per osservare lo stregone. Gandalf le si avvicinò, notando il suo volto sofferente. Aveva un boccale di birra in mano. Eldihen abbassò lo sguardo osservando i piedi degli uomini che ballavano vicino a lei. L’odore del fumo si mischiò con quello del cibo. Respirò profondamente quando lo stregone le fu davanti, sforzandosi di sorridere.
 
“Che c’è ragazza mia?” chiese rivolgendole uno sguardo compassionevole.
 
“Lo so che siamo in una festa, ma non riesco a togliermi dalla testa Nihil. Dovrei essere serena, ma il mio cuore non trova pace. Non ne capisco il motivo, ma sento qualcosa dentro me e non so spiegarti però, quale sia il problema” Si guardò intorno con circospezione, massaggiandosi ritmicamente le braccia, ignara che la lacrima dentro al suo corpo la stava condizionando “Non so che mi prende ho avuto un crollo all’improvviso. Sono molto strana io“ ricacciò le lacrime dagli occhi.
 
“Dovresti rilassarti”
 
“Non posso. Non dopo aver visto quelle scene. Ho chiesto ad Eowyn di nascondere la spada, ma ora desidero vedere di più. Non posso evitare questa situazione, voglio assolutamente conoscere ogni cosa” spiegò con un tono di voce pacato e deciso.
 
Gandalf annuì, comprendendo il suo stato d’animo. Aveva gli occhi pieni di determinazione. Le posò una mano sulla spalla, stringendola “Te l’ho detto, fa quello che ti dice il tuo cuore” guardò fugacemente la macchia che Eldihen aveva in mano, percependo qualcosa di anormale, ma prima di parlarle quest’ultima lo spiazzò restituendogli uno sguardo deciso.
 
“Non posso ignorare la situazione” era forte la sensazione che provava in cuor suo, inspiegabile e irrazionale, proprio come il forte amore che provava per Legolas.
 
Chiese ad Eowyn il luogo in cui si trovava la spada, tranquillizzandola, quando lei si era rabbuiata chiedendole come si sentisse. Abbandonò la sala imbandita e allegra, percorrendo da sola il lungo corridoio buio.
 
 I canti la raggiunsero anche da lì. Eldihen si guardò intorno, vedendo le maniglie delle porte scintillare nel buio della notte. Seguì l’unica finestra presente infondo all’androne, quasi come fosse un faro. Si bloccò dinanzi alla porta a sinistra che le aveva indicato Eowyn, quella dipinta di oro e marrone. Entrò dentro, sprofondando nell’oscurità della camera.
 
Posò il suo sguardo sul letto sotto la finestra. Non perse tempo, raggiungendo l’armadio dinanzi a sé, ammirandolo con timore. Aprì un’anta, cacciando i vestiti all’interno, alla ricerca della spada di Gandalf. Sentì un richiamo particolare, lo stesso suono udito lo scorso pomeriggio. La mano le bruciò un po’, ma non ci badò,  presa dai suoi pensieri. Si abbassò trovando la spada avvolta in due coperte di lino bianco.
 
Fissò l’elsa dorata brillare sotto la luce lunare proveniente dalla finestra. Deglutì, sfoderando tutto il coraggio che aveva in corpo, sicura della sua decisione, anche se impaurita da quello che sarebbe accaduto. Afferrò la spada sguainandola in aria con timore. La lama era nera. Si rispecchiò dentro il metallo, vedendo metà del suo viso riflesso sulla superficie d’acciaio. Assottigliò le palpebre, inginocchiandosi a terra, con la spada sollevata a mezz’aria. Sentì una voce strana, un suono incomprensibile. Rabbrividì, chiudendo gli occhi.
 
“Mostrami di Nihil” disse alla spada con voce tremante.
La vista si rabbuiò. Intorno a lei calò un ombra scura. I rumori della festa scomparvero. Eldihen si sentì quasi risucchiata dal vuoto tenebroso in cui si trovava. Provò a riaprire gli occhi, ma la voce della spada entrò nella sua testa, assecondando la sua richiesta.
 
“Come desideri!”


 
C’era un bambino dai lunghi capelli castani, correva allegramente in un cortile di pietra, accanto ad un elfo seduto su una panchina bianca. Il bimbo lasciò da parte il gioco e gli si avvicinò, chinando la testa sulle sue ginocchia. Sembrava che volesse essere accarezzato, richiedeva con gli occhi le attenzioni del padre, ma l’elfo non lo toccò. Piangeva disperatamente.
 
“Papà dov’è la mamma?” chiese il piccolo sgranando i suoi occhi azzurri. L’elfo gli carezzò la fronte con amarezza.
 
“Nihil, la mamma ci ha lasciati” rivelò con voce tremante. Il bambino sembrò non comprendere. Abbracciò il padre come meglio poteva, asciugandogli le lacrime  con le manine paffute “Papà, ma dov’è andata?” chiese confuso.
 
“Tesoro mio” l’elfo lo baciò “Non ti preoccupare, la mamma tornerà!” lo rincuorò con parole d’amore.
 
“Papà, ma tu non andare via, resta con me” lo supplicò con gli occhi pieni di lacrime.                 
 
“Certo piccolino” l’elfo lo prese in braccio cullandolo con amorevolezza “Guarda Nihil…”  lo lasciò sulla panca per prendere a terra, dentro ad un nido di paglia, un piccolo uccellino marrone, dagli occhi dolcissimi.
 
“Oh ma che carino, questo non è l’uccellino della mamma?” chiese asciugando le guanciotte bagnate.
 
 
“Si chiama Epon!” precisò il padre porgendo il piccolo falco al figlio “Apri le manine” ordinò vedendolo obbedire “E’ tuo ora. Ti servirà per tutta la vita ed anche oltre figlio mio” lo baciò in fronte, mentre il bambino accarezzava le piume del piccolo falco tremante, ripetendo il suo nome con stupore.
 
Eldihen si trovava affianco a loro, era sbalordita, li sentiva vicini. Le immagini erano vivide. Provò ad allungare una mano per toccare il corpicino del piccolo Nihil, ma appena le sue dita si avvicinarono a lui, la scena sfocò e intorno a lei, divenne tutto nero. Si guardò attorno attonita, muovendo il viso da una parte all’altra.
 
Camminava smarrita nell’ombra, non c’era più Nihil. Corse fino a quando non trovò una luce. La seguì, con il cuore che le batteva dentro al petto violentemente.
 
 Eldihen udì le grida di una battaglia, ordini in elfico e il rumore di spade e lance che si infrangevano. Si ritrovò  in mezzo ad una guerra, circondata da soldati, in una valle rossa coperta di ghiaia. Il sole era scomparso dal cielo e l’aria era densa. Alzò gli occhi per vedere dinanzi a sé Nihil. Era sconvolta. Lo trovò cambiato, non era più piccolo. Divenuto adulto si distingueva dagli altri guerrieri. Era bello e alto, con i capelli scuri e gli occhi color del cielo. Eldihen rimase stregata dalla sua figura, guardandolo mentre cavalcava un destriero scuro. Guidava un esercito in compagnia del padre e del suo re. Epon volava alto nel cielo, seguendo gli ordini di Nihil alla lettera.
 
La scena divenne poco chiara. Eldihen osservò distrattamente la battaglia consumarsi, fino a vedere Nihil inginocchiato a terra, con il corpo del padre tra le braccia e gli occhi pieni di lacrime.
 
“Avevi promesso di non abbandonarmi!” il suo urlo intonò in tutto il campo, raggiungendo Eldihen. Rimase spiazzata,  anche quando l’immagine si oscurò. La pelle perfetta di Nihil divenne opaca fino a scomparire dai suoi occhi. Le scene si susseguirono caoticamente: Nihil si era chiuso in sé stesso, aveva abbandonato la sua città rifugiandosi nella foresta. In quella confusione rivide Legolas.
 
Era fiero, con gli occhi pieni di determinazione. Indossava la sua divisa verde. Si trovavano in una piccola casa, cupa, piena di ragnatele e libri sparsi ovunque. Eldihen corse verso Legolas, accecata dall’amore che nutriva nei suoi confronti. Si mise davanti a lui e gli carezzò il volto, ma l’elfo non vedendola non rispose alle sue attenzioni.
 
“Legolas” sussurrò quando l’elfo la superò per raggiungere Nihil.
 
“Da quanto spii le mosse degli orchi? Da quanto tempo mandi il tuo falco a guardare la morte dei miei soldati? Trovi gusto a sapere che il tuo popolo è attaccato?” Legolas era nervoso mentre parlava a Nihil.
 
“Ho cercato di difendere i tuoi soldati mio signore, ma il gruppo di orchi si muove velocemente” Epon aprì il becco, andando in difesa del suo padrone.
 
“Difendere! E come? Guardando le mosse degli orchi senza avvertire il tuo re? “
 
Eldihen li osservò discutere animatamente, fino a che Legolas concluse il loro dialogo, voltandogli le spalle.
 
“Nihil, ti bandisco dal regno per alto tradimento. Lascia Bosco Atro entro il calare della notte”
 
Lo vide andarsene. La fanciulla fece per rincorrerlo, richiamandolo, ma Legolas non la sentiva. Rimase sola con Nihil che, accasciato a terra osservava il pavimento con gli occhi sgranati.
 
“Io mi vendicherò Legolas, verrà un giorno in cui ti farò provare molto dolore. Ti strapperò tutto quello che ti è più caro”
 
Eldihen rimase scioccata da quella rivelazione, ma la scena mutò, le pareti della stanza si aprirono, scomparendo completamente dalla sua vista.
 
Intorno a lei vi era una luce speciale, una luce molto familiare.
 
Rimase allibita quando rivide davanti ai suoi occhi il volto raggiante di suo padre. Si trovava ad Imladris, in camera sua, vicino al suo letto, abbracciata a sua madre. Eldihen commossa si accomodò sul materasso accarezzando i capelli mossi e castani dell’elfa, con molta nostalgia.
 
“Mamma!” sussurrò vedendosi abbracciata al petto della donna.
 
“Eldihen, tieni questa” suo padre le si avvicinò, mostrandole una collana con una gemma bianca. La posò sul suo collo, accarezzandole i capelli.
 
“Papà!”
 
“Possa proteggerti. Noi adesso partiremo ma ci incontreremo a Valinor. Accetta il mio dono figliola. E’ una gemma antica, ha un valore immenso per me, apparteneva a mia madre e adesso è tua”
 
“Papà!” Eldihen si guardò mentre osservava la gemma intorno al suo collo “Ma è bellissima!”
 
“No Eldihen, sei tu ad essere bellissima. Sei tu la cosa più cara che ho”
 
Rimase inerme di fronte quell’immagine. Tremò dall’emozione, provò ad avvicinarsi per abbracciare i genitori, ma i loro volti si dissolsero come granelli di polvere. Piombò l’oscurità e si ritrovò a vagare addolorata senza meta, nel buio. Un volto apparve sconvolgendola totalmente: Era un uomo vestito di Bianco. Nihil si trovava vicino a lui. Erano ad Isengard dinanzi ad una pattuglia di orchi armati.
 
“Vi è una processione diretta ai porti grigi. Uccideteli” Parlò Nihil. Era scuro il suo volto, non più bello come l’aveva visto poco fa. Saruman sorrise donandogli una pacca sulla spalla.
 
Eldihen rimase spiazzata fino a scorgere l’ultima scena, in cui lei si trovava a casa di Nihil. Mano nella mano con Legolas.




 
Eldihen aprì gli occhi con molta difficoltà. Le sembrò che le sue ciglia si fossero appiccicate tra loro. Si sforzò fino a spalancare le palpebre, respirando pesantemente come chi, dopo aver trattenuto il fiato sott’acqua riemerge in superficie. Si accasciò a terrà, lasciando cadere rumorosamente la spada al suo fianco. I capelli le ricaddero davanti agli occhi. Era debole. Osservò il pavimento in legno e la lama vicino a sé, divenire sempre più chiara. Non era nera, il colore scuro iniziò a dissolversi fino a che Eldihen poté specchiarsi perfettamente nel metallo argentato.
 
Si sdraiò completamente a terra, in pieno stato confusionale, immobile a fissare il soffitto e le travi intrecciate, il lampadario e la luce argentata che fendeva l’oscurità. Dopo qualche istante riuscì a distinguere i canti della festa. Rimase sorpresa. Si era scordata persino dove si trovava. Nella sua mente ancora vivevano nitide le scene che aveva visto.
 
Si sollevò facendo leva con le mani. Sistemò il vestito rialzandosi da terra. Era frastornata, dovette stringersi alla testiera del letto di fronte a lei per evitare di cadere a terra. Strofinò le palpebre, respirando lentamente, fino a sentire l’aria scorrere dentro i suoi polmoni. Si guardò intorno passandosi una mano tra i capelli. Ma era vero quello che aveva visto? Il suo cuore batteva come se avesse corso per delle leghe senza sosta. Ancora ricordava il volto di sua madre, e il piccolo Nihil piangere. Rimase immobile a fissare la superficie dell’armadio, soffermandosi sui decori a forma di fiori. Si leccò le labbra, per poi afferrare i vestiti a terra. Li attorcigliò senza ripiegarli, per metterli all’interno dell’armadio, disordinatamente. Qualche coperta ricadde a terra, ma ad Eldihen non interessò, era concentrata a fissare la spada, con mille domande in testa.
 
“Ma come può essere possibile? Come può una spada racchiudere tutti questi momenti?” si affrettò a recuperare l’arma, guardandola con amarezza. Non la sentì più parlare, era meno pesante e la lama era scintillante. Le sembrò che fosse stata purificata, come se lei rivedendo quegli attimi avesse eliminato il marcio “Gandalf me l’aveva detto!” Scosse il capo drizzando la schiena “Non comprendo molto,ma ne percepisco la magia“ strinse l’elsa fino a farsi male, ritrovandosi nel palmo della mano dei segni rossi “Io non so che fare” affermò con gli occhi rossi, tormentata dai dubbi. Aveva odiato Nihil, accusandolo di ogni male, ma adesso, dopo aver guardato nel suo passato, Eldihen si sentiva spezzata in due.
 
Sospirò, riponendo la spada sotto il letto, con un gesto veloce. Voleva sbarazzarsene, agghiacciata dalle sensazioni che provava. Era agitata. Si guardò intorno per cercare di comprendere il suo stato d’animo. Ce l’aveva con se stessa, per essere stata troppo frettolosa a giudicare Nihil, nonostante ciò che aveva patito per mano sua.  Avvertì una nostalgia tanta forte da spiazzarla. Il volto dei genitori era fisso nella sua mente, ogni volta che chiudeva gli occhi li rivedeva. Riaffioravano nei suoi ricordi, nelle parete vuote di quella stanza, nel pavimento, come se il riflesso dei suoi pensieri si espandesse fino a sommergerla, stringendola in un angolo. Si sentì soffocare. Doveva uscire immediatamente da quella stanza buia. Non avrebbe più voluto toccare quella dannatissima spada o rimanere in quel palazzo.  Spalancò la porta e non si scomodò a richiuderla. Tremava, guardando i quadri appesi nel corridoio. Sentì fastidio ad ascoltare i canti e il rumore delle sedie spostate, le risate delle persone che non potevano immaginare ciò che lei aveva visto e come si sentiva mentre camminava, sperando di uscire presto fuori dalla sala principale, per rimanere sola, a respirare l’aria fresca, lontana dalla gente. Accelerò il passo, voleva andarsene via.
 
Entrò nella sala del trono, spostandosi in mezzo alla folla, tra la gente che ballava e scherzava allegramente. Degli uomini si voltarono per guardarla, era molto strana mentre camminava, sembrava cieca, il suo volto era assente, privo di ogni espressione. Eowyn la richiamò con un cenno, ma Eldihen non si voltò. Guardava il portone aperto. Affrettò il passo per raggiungerlo, passando affianco a Legolas e Gimli che avevano appena concluso una gara riguardante il bere. L’elfo non si accorse di lei, stava aiutando Gimli a rialzarsi da terra.
 
Finalmente il vento fresco le soffiò in viso, muovendole i capelli. Eldihen si avvicinò alle scale fuori dal palazzo  sospirando. Alzò la gonna per superare i gradini in pietra, ed i vecchietti seduti al margine che la fissavano.  Camminò senza meta per le vie di Rohan, in mezzo al fieno e le case spente. Il palazzo era pieno di gente, si voltò per ammirare la forte luce e le ombre delle persone che si muovevano dentro la sala. Entrò nella stalla buia. Vi era stata tempo fa con Eowyn ed in quel momento era l’unico luogo tranquillo nelle vicinanze.
 
I cavalli dormivano nelle cuccette, riscaldati dalla paglia. Eldihen avanzò, ascoltando il rumore della ghiaia schiacciata sotto i suoi piedi ed i respiri caldi degli animali. Tastò i pilastri in legno, guardandosi intorno: la stalla era buia, solo la luce delle stelle rischiarava il suo percorso e il manto lucido dei cavalli. Sorrise commossa, quando in fondo alla capanna, in una cuccetta stretta vide Ombromanto, in tutto il suo splendore. Corse incontro al cavallo, smaniosa di accarezzarlo. Aprì il cancello schiudendo la serratura. Il destriero voltò la testa nella sua direzione, spalancando i suoi occhioni.
 
“Ma quanto sei bello!” accarezzò il suo manto, passando le dita nella sua criniera perfettamente in ordine e liscia. Lo accarezzò, per poi abbracciarlo. Chiuse gli occhi per ascoltarne il respiro. Si rilassò, rimanendo in silenzio, insieme ad Ombromanto, nel buio della scuderia.
 
 
Rimase lì dentro per diversi minuti, non si rese conto del tempo che scorreva e delle persone che la cercavano, non si interessò di nulla. Era persa nei suoi pensieri, guardava le stelle da una fessura in alto, accarezzando Ombromanto ritmicamente. Si sedette a terra, su un piccolo ceppo di legno, scrutò i fili di paglia e la sua mano, fissando la macchiolina che, rispetto a quando si era alzata pareva più larga. Meditò sulle immagini che scorrevano nella sua testa, chiuse gli occhi. Si rese conto che quello era l’unico momento di meditazione dopo la guerra. Erano successe tante di quelle cose. Il suo cuore avrebbe rischiato di esploderle dentro al torace a causa delle forti emozioni vissute. Si stupì, ripensando a Nihil, al suo arrivo a Fangorn, soffermandosi in seguito su Legolas, e sulla bruciante sensazione che provava per lui. Era fortunata ad averlo vicino, lui c’era sempre stato, aveva perdonato ogni suo errore e l’aveva protetta. Ma Nihil anche era stato importante, lui l’aveva aiutata a scappare da Isengard. Eldihen gli aveva ridato il valore perduto: l’aveva aiutato ed era riuscita ed estirpare il male dentro il suo cuore, anche se ora Nihil si trovava solo, come lo era sempre stato.
 
 Dovette ammettere che era struggente la scena che aveva visto: con lui piccolo ed Epon tra le sue mani. Le si stringeva il cuore. Si piegò sulle ginocchia, appoggiando una mano al mento.
 
“Eldihen!” una voce agitata e severa le fece alzare il volto.
 
Era Legolas. Era molto serio, con uno sguardo di rimprovero davanti al cancello di legno. La fanciulla non disse nulla, si limitò a guardarlo, nella sua veste argentata. Aveva i capelli leggermente scompigliati e respirava velocemente.
 
L’elfo sollevò la levetta di metallo, entrando nella cuccetta insieme a lei. Eldihen lo vide affiancarla. Abbassò il volto, osservando distrattamente i suoi stivali e le sue gambe lunghe, senza scomporsi.
 
 “E’ tutta la sera che ti cerco!” si piegò su un ginocchio raggiungendola. Era un po’ irritato. Eldihen ascoltò la sua voce severa rimanendo impassibile. Alzò il volto per incontrare sotto la luce delle stelle, il suo sguardo chiaro e la pelle perfetta. Legolas curvò le sopracciglia notando immediatamente che c’era qualcosa che non andava, la sua assenza già lo aveva agitato parecchio. L’aveva trovata  chiedendo informazioni ai vecchietti  fuori, dopo averla cercata per tutto il palazzo “Eldihen!” la richiamò leggermente preoccupato.
 
“Ero qua!” Rispose senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi chiari.
 
Legolas le si avvicinò delicatamente, alzando il viso per guardarla meglio. Era inginocchiato vicino a lei, con un’espressione confusa. Le strinse un braccio “Perché sei venuta qui? Per caso qualcuno ti ha dato fastidio o ti ha fatto qualcosa?” chiese in attesa di risposte. Gli uomini erano ubriachi, forse qualche malintenzionato le si era avvicinato infastidendola.
 
Eldihen rimase sorpresa di fronte al suo interesse, quasi commossa dalle sue parole. Lui c’era sempre stato e c’era anche in quel momento, anche senza essere stato chiamato da Eldihen, ciò significava che lei per Legolas era speciale. Si avvicinò maggiormente a lui, con il battito accelerato “Grazie!” disse stupendolo totalmente. Legolas fece per ribattere, ma Eldihen, sotto i raggi della luna, in mezzo al silenzio della notte, posò le sue labbra su quelle di Legolas cogliendolo di sorpresa, facendolo rimanere con gli occhi sgranati. Legolas ricambiò il bacio, lambendo le sue labbra più volte. Si allontanò da Eldihen solo per parlarle.
 
“Non capisco Eldihen” le accarezzò il volto dolcemente, passando l’altra mano tra i suoi capelli.
 
“Non c’è nulla da capire. Ci sei sempre stato e ti sei sempre preoccupato per me. Grazie per tutto. Grazie per come mi fai sentire, per le volte che mi hai aiutata a rialzarmi e per le tue parole”appoggiò la sua mano su quella di Legolas “Grazie per amarmi anche se sono sbadata. Grazie per avermi cercato questa sera e per avermi salvata. Devi sapere che da quando ti ho visto la prima volta, anche se ero distrutta, sono andata avanti per te, perché io di te non ne avrò mai abbastanza ed anche se non ci conosciamo da molto tempo, ti sento dentro il mio cuore da una vita. Morirei per te!” confessò emozionata di fronte al suo volto, inspirando il profumo della sua pelle e sentendo il sapore di birra sulle labbra.
 
L’elfo rimase spiazzato e tutta l’ansia provata fin a quel momento si disgregò dinanzi a quelle parole, dette con sincerità, con un filo di voce tremante, dentro una stalla al buio. I suoi lineamenti si addolcirono, sentì il cuore gonfio d’amore, la guardò, passando le dita sulla linea del suo viso, fino a raggiungere il collo, per poi avvicinarsi alle sue labbra. La baciò languidamente, per poi intensificare i suoi movimenti, avvertendo la morbidezza della sua carne, il sapore umido della sua bocca, che gli scatenò una serie di emozioni, forti e ardenti. Strinse i fili di capelli dietro la sua testa, percorrendo con le dita la curva della sua schiena, in modo passionale, come desiderava fare da tempo, da quando erano giunti a Rohan. Morse tenuamente le sue labbra, fino ad incrociare il suo respiro rovente. Si allontanò di poco, pur rimanendo vicino al suo viso “Non devi ringraziarmi di nulla Eldihen”
 
“Invece sì, mi hai considerata pur non conoscendo nulla  di me, nella mia semplicità. E tu sei un principe e lo so che avrei dovuto apprezzarti maggiormente, ma ti ho ferito varie volte, e ne sono mortificata” confessò ripensando all’episodio dell’arco.
 
“Eldihen, io sono Legolas, non vedermi diversamente da come mi hai conosciuto” non avrebbe voluto condizionarla dalla sua figura “Ed io mi sono innamorato di te, per come ti ho conosciuta. Non parlarmi del passato, sento solo il presente. Io amo la tua semplicità ed il tuo sguardo perso, la tua purezza” la baciò con estrema delicatezza, tenendole il viso con le mani “Mi hai fatto preoccupare stasera, come al solito. Che ti è passato per la testa? Questo pomeriggio mi hai detto di baciare Gimli e poi mi hai baciato tu!” sorrise divertito, sentendo la sua risata cristallina.
 
Eldihen ritrovò la calma persa.
 
“Preferiresti Gimli?” domandò con tono beffardo.
 
Legolas prima di risponderle la baciò ancora una volta “Preferisco le tue labbra a tutto!” confessò ammaliato dalla vista delle labbra rosate di Eldihen.
 
“Anch’io, ma mi è rimasto il gusto della birra, hai bevuto?” inarcò un sopracciglio, sentendo sulla lingua un gusto alquanto particolare
 
“Dieci boccali!” il suo sorriso si allargò “Invece io non ho ben compreso il tuo sapore. Dovrei ribaciarti se non ti dispiace” risero entrambi, baciandosi e stringendosi.
 
“E allora?”
 
“E’dolce!” le accarezzò i capelli. Senza aggiungere altro, si affrettò ad avvicinare la mano alla sua tunica, per prendere la collana di Eldihen. L’aveva gelosamente custodita per tutto quel tempo, conservandola con amore.
 
Eldihen era sorpresa, contemplò il gioiello ricordando il padre e la scena ad Imladris. La collana brillò dentro la mano dell’elfo, lei sfiorò le sue dita, sotto gli occhi attenti di Legolas.
 
 “Non te l’ho restituita prima perché ho chiesto ad un fabbro di ricostruire la catenella. Era spezzata!” spiegò brevemente, osservando il suo sguardo sbalordito.
 
“La mia collana… è bellissima, credevo di averla persa!” ammirò la gemma chiara e la nuova catenella in argento, un po’ sottile rispetto all’originale.
 
“No Eldihen, sei tu ad essere bellissima. Sei la cosa più cara che ho” Legolas era serio. Il suo commento fece accapponare la pelle di Eldihen. Quelle parole erano le stesse dette da suo padre, stupita sollevò il volto, rammentando la scena con i genitori.
 
“Legolas, tienila tu” richiuse le sue dita, con un movimento delicato “Devi sapere che è molto importante per me, vorrei che la portassi, così non ti dimenticherai mai di me, neppure quando io non ci sarò”
 
Legolas riflettendo su quelle parole, pensò alla loro separazione. Sarebbe stato molto difficile abbandonarla, l’avrebbe fatto con amarezza, ma la guerra minacciava il loro amore.
 
“Vieni qua!” la prese dal polso, trascinandola contro il suo petto. Eldihen appoggiò la sua testa come se fosse un cuscino, premendo con la guancia contro il suo torace forzuto “E’ impossibile che io ti dimentichi” le baciò i capelli, passando la mano avanti ed indietro sulle sue spalle “Ma dimmi un po’…” ricercò il suo sguardo, vedendola sollevare le ciglia incurvate “stai facendo la dolce per non dirmi il motivo che ti ha spinta a chiuderti in questa stalla?” chiese alzando un sopracciglio. Provò una sensazione di pace ad averla a stretto contatto, a sentire il suo corpo su di sé, il travolgente profumo dei suoi capelli.
 
“No, io sono felice di averti accanto. In realtà ero un po’…” si strinse al petto di Legolas cercando le parole adatte “Irrequieta” ammise sospirando pesantemente stretta nel suo petto. I capelli di Legolas le sfiorarono le guancie, Eldihen li catturò nelle sue dita, attorcigliandoli.
 
“E per quale ragione?” Legolas abbassò gli occhi su di lei, circondandola con le braccia “Non sarà per i discorsi di quelle donne?” chiese confuso assottigliando le palpebre.
 
“No…” arrossì lievemente, cosa che arrecò piacere a Legolas. Era carina quando si trovava impacciata.
 
“E allora?” chiese sentendola sospirare pesantemente.
 
Si strinse a lui, avvicinò le braccia, aggrappandosi alla camicia argentata senza parlare. Era incerta. Le tremarono le mani al solo pensiero di ripercorrere gli attimi trascorsi in camera. Era fuggita per paura, sperando di annullare l’angoscia che la tormentava, di dimenticare le scene che aveva visto, almeno per quella sera.
 
 
“Che succede?” Legolas sussurrò piano, respirando vicino al suo viso accaldato. Doveva ammettere che quando lei si chiudeva in se stessa, senza degnarsi di spiegare o guardarlo, Legolas si rabbuiava, impensierendosi. Accarezzò la pelle morbida della guancia, stringendola tra le sue braccia, in modo delicato.
 
“Ad un certo punto mi sono sentita male” ammise dopo vari istanti allontanandosi dal torace di Legolas “E’ successo all’improvviso. Mi sono sentita soffocare. Sul mio cuore è scesa un’ombra… ho pensato a Nihil” alzò il volto, fissando gli occhi di Legolas, che silenzioso la guardava, ascoltando i rumori fuori dalla capanna, senza però distogliere lo sguardo da Eldihen.
 
Si irrigidì, continuando a stringerla dal busto. Annuì col capo, era divenuto assente e pensieroso, come se le parole della giovane lo avessero completamente turbato, proiettandolo in un momento lontano “Come puoi pensare a Nihil?” la sua voce era calma ma nascondeva un velo di delusione. Eldihen se ne accorse subito. Non avrebbe voluto farlo soffrire, magari non era il momento adatto per parlarne, specie dopo un’importante bacio.
 
“Io ho occhi solo per te!” sollevò il suo viso, accarezzandogli con le dita le labbra serrate. Era affascinante sotto la pallida luce della luna. Eldihen passò la sua mano sul suo collo, fino a riposarla sul petto, proprio sotto il suo cuore che batteva “Ciò che intendevo dire è che mi spiace, lui si è comportato male ma alla fine mi ha aiutata” spiegò catturando Legolas in uno sguardo. Non avrebbe voluto parlargli della spada. Era troppo turbata per affrontare l’argomento.
 
“Ma ti ha anche ingannata. Dimentichi ciò che hai dovuto patire per mano sua?” chiese non comprendendola. Il suo tono di voce era duro, non tanto per ciò che aveva detto Eldihen, ma per il pensiero di Nihil. Come poteva lei sentirsi in colpa e parlargli in quel modo? Legolas non riuscì a capire. Eldihen avrebbe dovuto godersi la serata senza pensare all’elfo, che a parer suo era un farabutto.
 
“Io non dimentico, ma non posso nemmeno ignorare le mie sensazioni” ricordava ancora il visino di Nihil e la scena in cui stringeva il padre morto. Serrò le palpebre, respirando a rilento, in modo da tranquillizzarsi. Afferrò da terra dei fili di paglia dorata, sotto lo sguardo attonito di Legolas che si chiedeva cosa le stesse passando per la testa in quel momento.
 
“E  ti sei allontanata dalla festa per questo?” esibì un’espressione indecifrabile, continuando a fissarla. Incrociò i suoi occhi azzurri per qualche istante, rimanendo in silenzio. Gli comunicò con una lunga occhiata ciò che provava. E pensare che si era agitato, cercandola dappertutto.
 
“Sì…” rispose evasiva, portando l’attenzione a terra, tra la ghiaia ed i loro corpi immobili.
 
Legolas non sembrò convinto della sua risposta, ma non le si avvicinò, anche se avrebbe voluto sollevarle il viso, per guardarla meglio. Accettò il suo momento di smarrimento senza perseverare con le domande, attento ai suoi occhi che si muovevano incerti.
 
“Penso ci sia altro…” confessò senza timore “Ma se non ne vuoi parlare non insisterò. Vorrei però che tu mi avvisassi dei tuoi spostamenti. Ero preoccupato” la conosceva abbastanza bene da sapere che dietro il suo sguardo assente si nascondeva qualcosa.
 
“E va bene!” accennò un flebile sorriso, sfiorando il dorso della sua mano.
 
Entrambi lasciarono la stalla, senza chiedersi nient’altro. Legolas era sollevato di averla ritrovata, anche se un po’ impensierito riguardo il suo comportamento. Rientrarono a palazzo insieme, partecipando alla festa, fino alla fine.
                                                                                                                                                  
 
 
Le stelle ricoprivano il cielo, splendendo oltre il prato sconfinato e la catena montuosa. La festa era terminata. Gli uomini e le donne avevano lasciato il palazzo. Era stata una serata bellissima, piena di canti e di sorrisi, ma quella era la calma che precedeva la tempesta e Legolas lo sapeva bene.
 
Si trovava fuori, al margine del piazzale esterno, solo, immerso nell’ombra della notte, a fissare il cielo. Percepiva una presenza sconosciuta, gli sembrò che persino le stelle si nascondessero per paura di affrontare il male sulla Terra di Mezzo. Alzò il cappuccio del suo mantello sulla testa, il vento agitò i suoi vestiti, spegnendo le fiaccole dietro di sé.
 
Attendeva di portare Eldihen lontano da quel massacro, per proteggerla e garantendole così, un posto sicuro. Sperando un giorno di poter tornare da lei. In ogni caso avrebbe potuto affrontare ogni minaccia senza la preoccupazione di perderla. Qualunque sarebbe successa. Abbassò lo sguardo sulle case spente e sul sentiero sferzato che si confondeva con il verde opaco della brughiera. Sospirò pesantemente, scaricando la tensione accumulata. Era da un po’ che non rimaneva solo, in totale tranquillità. Non gli sembrò reale, ed anche se in apparenza quella notte pareva tranquilla, dentro di sé, nel profondo del suo cuore avvertiva una minaccia, qualcosa di incomprensibile che lo turbò, ma non lo diede a vedere.
 
Gimli ed Aragorn stavano riposando nella camera con altri uomini. Aveva lasciato Eldihen in compagnia di Eowyn, si era allontanato da palazzo per meditare, godendo del silenzio della notte, disturbato unicamente dal canto dei grilli e dal volo di qualche gufo.
 
“Mani naa lle umien? (cosa stai facendo?)” una voce gentile e bassa gli fece girare di poco il volto. Incontrò dietro di sé Eldihen, ferma vicino ad una colonna. Stringeva in petto un cuscino bianco. Aveva lo sguardo perso, i capelli sciolti le ricadevano su una vestaglia di lana azzurra. Mosse qualche passo verso Legolas. Era spossata, si era allontanata dalla camera poiché era riuscita  a riposare. La spada aveva turbato la sua quiete, ed anche se non aveva detto nulla a Legolas, quest’ultimo si accorse che qualcosa in lei non andava da un semplice sguardo.
 
“Pensavo” rispose vago, vedendola avvicinarsi. Rimasero in silenzio a guardarsi, ascoltando il perpetuo canticchiare dei grilli. Eldihen abbracciò la federa del suo cuscino, scorgendo in Legolas uno sguardo colmo d’apprensione.
 
“Io pensavo a te” confessò inerme dinanzi al suo viso. Dovette alzare il collo per guardarlo bene, lui la sovrastava in altezza. Si allarmò scorgendo incertezza nei suoi occhi che si muovevano su di sé, lasciandole dei lunghi brividi sulla pelle.
 
“Ma non solo!” affermò guardandola con un’occhiata più attenta: gli sembrò una bambina, mentre lo guardava, sbatteva le ciglia ed abbassava il viso un po’ imbarazzata ed agitata. Aveva i piedi nudi e si stringeva a quel cuscino come se fosse la sua unica ancora di salvezza. Le sue dita erano avvinghiate alla stoffa della sottana ed i suoi occhi erano tutti per Legolas.
 
Eldihen sorrise flebilmente. Legolas aveva compreso i suoi pensieri. Stava male da un bel po’ a causa della spada. Era stato difficile chiudere gli occhi e mettersi sotto le coperte, facendo finta che non fosse accaduto nulla, il suo cuore batteva forte e l’ansia non  l’aveva abbandonata un attimo, costringendola a rimanere con gli occhi aperti. Dopo vari istanti immobile a fissare il soffitto si era decisa ad andare da Legolas. Aveva bisogno di lui in quel momento di sconforto, voleva sentirlo vicino, per non stare da sola, alleggerendo la preoccupazione che sentiva ”Ho avuto un brutto sogno” disse a bassa voce guardando i suoi piedi scalzi. Non se la sentiva di raccontargli della spada, provava timore. Avrebbe tanto voluto confidarsi con Gandalf ma non si era presentata l’occasione e, l’unica persona in grado di consolarla era appunto Legolas.
 
 
“Ti vedo sconvolta” allungò una mano, posandogliela sul braccio. Corrugò la fronte girandosi totalmente verso di lei. Cercò di accarezzarla con molta delicatezza. Era scossa da quella sera. Non osò domandarle altro, né di dirle che il suo comportamento lo aveva turbato già poco fa, dentro la stalla. Pensò che fosse meglio tacere per non impressionarla ulteriormente.
 
“Ho paura!” confessò sospirando. Inalò l’aria fresca, trattenendola dentro i polmoni per una manciata di secondi, per poi espirare profondamente.
 
 
“Per il sogno?” chiese Legolas abbassandosi quel poco che bastava per vederla meglio. Strinse la soffice lana che le fasciava il braccio, accarezzandola, sempre più curioso di scoprire cos’avesse, pronto ad aiutarla.
 
“In realtà ora che siamo tranquilli sento il peso delle cose he ho passato sulle mie spalle. Inizio a realizzare un po’ ogni cosa e…” prese un respiro profondo prima di continuare, lasciando Legolas sulle spine. Si bloccò controllando le sue sensazioni, per evitare di tremare o piangere. Non ne poteva più, aveva versato molte lacrime e non era il caso di far impensierire Legolas più di quanto non avesse già fatto.
 
“E?” la incoraggiò a continuare, cogliendo subito la sua espressione scoraggiata. Il vento sferzò sui loro volti.
 
“Inizio a pensare sempre di più alle persone che erano con me quando siamo stati aggrediti dagli orchi. Li ho sempre pensati, chiedendomi se sia stata l’unica del gruppo ad essere sopravvissuta, ma adesso è un chiodo fisso. Poi penso ai miei genitori. Mi aspettavano ed io sono qua, loro non possono sapere nulla di me. Chissà come avranno reagito sapendo dell’attacco, e non vedendomi arrivare con la nave. Saranno spaventati! Sono cose importanti, ma me ne accorgo solo adesso che tutto tace. Solo adesso che ho un attimo di pace, se pace si può chiamare”dichiarò volgendo lo sguardo ai monti in lontananza, per far sciogliere le sue paure, allontanandole dalla sua mente. Magari sarebbe riuscita a distrarsi.
 
“Sono accadute tante di quelle cose che è stato difficile anche per me pensare a mio padre ed al mio regno. E’ normale, la situazione è caotica e tu non sei abituata alla guerra. La tua mente è confusa ed il tuo cuore pieno di angosce, ma una soluzione la troveremo. Mi occuperò io di conoscere ciò che è accaduto alla gente che era con te quando sei stata attaccata dagli orchi. Riguardo i tuoi genitori, non affliggerti Eldihen. Sapranno che stai bene e i loro timori si placheranno!” cercò di consolarla come meglio poteva, parlando con tono calmo. Bloccò la sua mano sulla sua spalla, guardandola con determinazione e coraggio.
 
“Grazie” sussurrò flebilmente, appoggiato il mento al cuscino. Strinse le palpebre, per poi guardare Legolas.
 
“Ti senti un po’ meglio adesso?”
 
“Si”
 
“Che ne dici se ti accompagno in camera tua? Magari è meglio che riposi, ne hai bisogno” intrappolò una ciocca di capelli, guardandola. Era meno impaurita.
 
“Andiamo” annuì lei, avvertendo l’esigenza di dormire almeno un po’, per recuperare le forze e rilassare i suoi nervi tesi.
 
Legolas la condusse all’interno del palazzo, camminandole affianco. La guidò lungo il corridoio, soffermandosi a guardare le sue spalle strette ed il suo lento camminare. Chissà cos’aveva? Si chiese mentre superavano le camere, procedendo in silenzio. Si bloccò dinanzi la sua porta, appoggiandosi con la schiena alla parete, prima di lasciarla entrare in camera sua. Eldihen posò la mano sulla maniglia, indugiando prima di piegarla. Roteò gli occhi in direzione di Legolas, il cuscino le scivolò tra le mani, mentre lei lo guardava in silenzio, con un broncio poco pronunciato sulle labbra.
 
“Ma te ne andrai?” chiese guardando le sue spalle aperte, per spostare la sua occhiata alla labbra serrate. Al pensiero di salutarlo sentì un vuoto aprirsi all’altezza dello stomaco, lasciò il cuscino sul pavimento, dedicando la sua attenzione a Legolas. Non voleva rimanere sola.
 
“Ti lascio riposare” rispose Legolas incrociando distrattamente le braccia. Si avvicinò per baciarla, Eldihen si sentì travolta dal suo calore e da quell’inconfondibile profumo che lo caratterizzava. Lo avrebbe riconosciuto anche ad occhi chiusi. Alzò la punta dei piedi per raggiungere le sue labbra, intrecciando le braccia dietro il suo collo. Si diedero un bacio molto delicato, guardandosi in silenzio, abbracciati davanti alla porta.
 
Lo sguardo di Eldihen era indecifrabile, un po’ perso, un po’ agitato, ma sempre sincero. Traspariva dai suoi occhi il bene che voleva a Legolas.
 
“Adesso vado, Buonanotte!” le baciò la fronte ed i capelli, trascinandola a sé con una mano.
 
 Eldihen prima che lui si allontanasse, gli strinse un dito, guardandolo profondamente. Avvertiva ancora la morbidezza delle sue labbra sulla fronte, non avrebbe voluto rinunciare a lui, al suo viso bellissimo ed alle sue attenzioni “Entra in camera con me, non andare!” chiese senza alcuna malizia, vedendolo aggrottare le sopracciglia.
 
Legolas rimase colpito dalla sua  richiesta, un po’ insolita e… intima. Dal suo sguardo trasparì il suo stupore, rimase in silenzio con la bocca schiusa e gli occhi che si spostavano continuamente dalla porta al volto di Eldihen che, probabilmente aveva compreso appieno l’imbarazzo dell’elfo che si era ammutolito.
 
“Non fraintendere” divenne rossa, alzò un po’ il timbro della voce, agitando nervosamente le mani come a voler chiarirsi “Non volevo… io non volevo farti intendere che… no!” mosse un dito in senso di negazione.
 
Legolas leggermente divertito, si burlò della sua espressione di vergogna. Un sorrisetto sornione si allargò sulle sue labbra, si abbassò facendo piegare Eldihen. Respirò sulle sue guancie, abbassando il suo sguardo sulla sua sottana per poi tornare a guardare i suoi  occhi inquieti e il rossore sulle guance calde e sulla punta del naso “Non volevi farmi intendere di voler fare l’amore con me?” chiese con un filo di voce sospirando sulle sue labbra.
 
Eldihen tremò impercettibilmente, arrossendo violentemente, più di quanto già lo fosse. Sentì un forte calore sulla punta delle orecchie e nel petto. Si morse un labbro distogliendo lo sguardo dal volto sorridente dell’elfo che la guardava curioso di scoprire la sua risposta, godendosi il volto imbarazzato di lei “Non… me… la sento. Io volevo stare con te per dormire, perché non riesco a prendere sonno” portò nervosamente una ciocca scura dietro il suo orecchio, schiarendosi la voce. Sarebbe morta dall’imbarazzo ne era sicura. Sperò che Legolas la comprendesse, non avrebbe voluto turbarlo, lo desiderava, ma non era pronta. Non era il momento.
 
“Te l’ho detto che adoro vederti arrossire?” sorrise intenerito, accarezzandole con due dita il mento. La guardò facendosi più serio, sicuro che lei lo ascoltasse “Io non ti farei mai pressione su qualcosa di simile, stavo solo scherzando” spiegò vedendola meno agitata.
 
“Ciò significa che non vuoi?” domandò curiosa.
 
“Lo dobbiamo volere entrambi, ed anche se io lo voglio, rispetto la tua scelta. Non ti impensierire, perché ti desidero molto, ma voglio saperti felice” rispose sinceramente.
 
 
Eldihen gli sorrise, sentendosi rincuorata dalle sue parole. Piegò la maniglia afferrando il cuscino dal pavimento “Staresti un po’ con me? Giusto il tempo di addormentarmi, poi torni fuori!”
 
“Sarei di guardia, ma va bene” annui, entrando in camera insieme a lei. Eldihen chiuse la porta stringendosi nella sua sottana. Era contenta che Legolas avesse accettato di rimanere insieme, doveva ammettere che era stato difficile prendere sonno o rimanere sotto le coperte da sola, le si stringeva il cuore. Lanciò il cuscino tra le coperte, dirigendosi verso il letto scompigliato.
 
Si sedette sul materasso, lisciando le lenzuola bianche che profumavano di lavanda. Girò il volto verso Legolas che stava osservando la camera, rapito dal panorama fuori dalla finestra.
 
“Molto bella questa stanza” apprezzò, volgendo la sua attenzione ad Eldihen.
 
“Vieni vicino a me!” gli indicò un punto nel materasso, mettendosi sotto le coperte, insieme al suo cuscino. Guardò distrattamente la parete. Con Legolas in camera era facile rimanere coricata, non avvertiva più quel senso di soffocamento. Poggiò la testa sul cuscino, lasciando scorrere le mani sulle coperte.
 
“Era molto brutto il tuo sogno!” si sedette sul letto, affianco a lei che era distesa. Guardò il suo corpo sotto le trapunte ed i suoi occhi un po’ pensierosi.
 
“Va meglio ora” gli porse la mano e Legolas la strinse nella sua con vigore, chinandosi per baciarle la guancia, che sembrava essere di finissima porcellana. “Sdraiati insieme a me… ti faccio spazio” si spostò su un lato del materasso, lasciando del posto a Legolas. Ci sarebbero entrati entrambi.
 
Si strinse tra le coperte, guardando il suo flebile sorrisetto.
 
“Sarebbe meglio che io non mi coricassi con te Eldihen” spiegò con calma piegando il collo. Era di guardia e comunque avrebbe voluto rimanere attento, in più non era facile per lui trattenersi avendo Eldihen al suo fianco sotto le coperte.
 
 La guardò, e tutta la tensione si sciolse sotto il suo sguardo innocente, dolce, da bambina impaurita. Era un po’ amareggiata e lo attendeva accanto a sé, come se il suo corpo caldo disteso affianco al suo potesse annullare ogni emozione negativa. Come se le sue mani e le sue carezze potessero sciogliere il nodo dentro al suo petto, ed i suoi occhi medicare le ferite dentro il suo cuore.
 
“Vorrei tanto poterti abbracciare. Aspetta, esco dal letto se per te è un problema.” Ricacciò le coperte. Legolas bloccò la sua mano, lasciandola distesa sul materasso. Voleva che lei riposasse serenamente, non era il caso di farla uscire dalle lenzuola.
 
“Mi sdraio io, non alzarti” disse serio. Non avrebbe voluto disturbare il suo riposo, e se le fosse stato d’aiuto sarebbe rimasto un po’ con lei, sperando che si sarebbe addormentata, senza preoccupazioni.
 
“Gli stivali, devi toglierli ed anche… l’arco!” lanciò uno sguardo al suo corpo asciutto, alla sua schiena ed all’arco che portava fedelmente dietro le spalle. Non avrebbe voluto menzionarlo, ricordando i litigi legati ad esso “Ma puoi sempre tenerlo con te io non voglio…” abbassò lo sguardo sulla coperta di pelliccia beige.
 
“Tolgo l’arco tranquilla… e gli stivali” sorrise sfilando con un movimento veloce l’arma dalla sua custodia, insieme ai pugnali, il mantello e gli stivali. Si alzò dal letto, guardando Eldihen sotto le coperte, quella visione lo accese e lo intenerì allo steso tempo “E’ da un po’ che non riposo” ammise scostando una coperta, per poi sdraiarsi al suo fianco.
 
Eldihen sorrise sentendolo steso affianco a sé, doveva ammettere che ogni cosa provata sfumò. Sembrava che nulla fosse accaduto. Lui era vicino a lei, gli tese un braccio e la strinse contro il suo petto, in un abbraccio forte e protettivo. Eldihen lo coprì amorevolmente con le coperte che aveva su di sé, appoggiando la testa sul suo torace. Il cuscino più morbido che avesse mai provato.
 
“Grazie” sussurrò chiudendo gli occhi.
 
Legolas appoggiò la sua testa su quella della ragazza, passando distrattamente le dita sui capelli scuri di lei. Era serio, mentre guardava i loro corpi sotto le coperte. Per lui era strano mostrarsi disarmato in ogni senso dinanzi ad Eldihen, privo di qualsiasi difesa, in un letto, trattenendo nel cuore le sue emozioni. La guerra lo aveva sempre tenuto molto in guardia, ma adesso si era spogliato delle sue armi, mostrando un lato molto profondo del suo animo.
 
“Che pensi?” chiese Eldihen alzando le ciglia, per incrociare il suo sguardo serio.
 
“Niente!” rispose girandosi in sua direzione “Non mi aspettavo di rimanere dentro a questa stanza sotto le tue coperte Eldihen. Se me lo avessero detto prima di partire non ci avrei mai creduto. Ero molto agguerrito, lo sono ancora, ma con te…” la guardò, stringendole la mano lasciata libera sul suo petto “Il mio spirito guerriero si spoglia totalmente, mostrandoti la mia anima”
 
“Mi piaci sia da guerriero che privo di armi!” lo baciò dolcemente sulla bocca, assaporando la morbidezza delle sue labbra.
 
“Sei probabilmente l’unica che mi potrà vedere così…” la guardò sorridendole debolmente “Ma dimmi…” le strinse maggiormente la mano, lasciandola accomodare al meglio sotto il suo braccio “Perché i tuoi occhi sono tristi? Non sei felice che io sia qui con te?”
 
“Non ne dubitare” baciò il suo torace chiudendo gli occhi. Legolas la  guardò, rimanendo appoggiato alla testiera del letto “Quando da piccola ero impaurita mi rifugiavo nel letto grande dei miei genitori, e mio padre mi stringeva… proprio così!” gli posò la mano sul braccio che le stringeva il corpo completamente.
 
Legolas rimase sorpreso da quella rivelazione, ascoltandola ed immaginandola piccola “Avevi degli incubi anche da bambina?” chiese sfiorandole una guancia.
 
“Capitava, si! E c’era sempre papà” rispose amareggiata, toccando la tunica verde di Legolas. Il suo sguardo si spostò a terra, sugli oggetti sparsi sul pavimento “Ed adesso ci sei tu!” alzò il viso sorridendogli con ammirazione.
 
“Sempre! Voglio solo che tu sia sincera con me e  mi racconti delle tue paure, senza tralasciare nulla”
 
“Anch’io vorrei questo…” abbassò le palpebre “Vorrei saperne di più”
 
“Su cosa?” chiese curioso.
 
“Cosa facevi prima di unirti alla compagnia? Immagino che molte elfe ti contendessero”
 
“In realtà ho viaggiato molto, rimanendo un po’ di tempo con Aragorn. Non sono stato molto presente per badare a certe cose, anche se mio padre insisteva molto. Vuole vedermi sistemato” confessò senza problemi.
 
“Pensi che gli piacerò?” chiese timorosa.
 
“E perché non dovresti? In ogni caso devi piacere a me, non a mio padre” la baciò vedendola sorridere.
 
“Nihil è stato così cattivo in passato?” chiese stringendolo a sé, sperando che lui rispondesse.
 
“Ci sono state molte tensioni tra di noi” si irrigidì “Posso anche accettare il suo comportamento a Bosco Atro, anche se da principe ho dovuto punirlo. Ma questa è una storia che voglio lasciarmi alle spalle. La cosa che ha incrinato il nostro rapporto è stato il suo comportamento nei tuoi confronti” spiegò avvicinandola maggiormente.
 
“Lui non era in sé” disse passandogli una mano tra i capelli.
 
“E’ una situazione complicata Eldihen” rispose evasivo, gettando la testa indietro, sul legno della testata del letto. Trascinò Eldihen in avanti, in mondo che la sua testa potesse meglio appoggiarsi sul suo torace, vicino alla spalla. In realtà in quel momento dolce in cui la stringeva sotto le lenzuola avrebbe preferito parlare di altro, non certo di guerra e problemi.
 
“Ti chiederò un’ultima cosa e poi basta” disse ascoltando i battiti del suo cuore. Aveva l’orecchio sul suo petto, sentiva il profumo di Legolas, il suo calore e la tonicità del suo corpo da guerriero, abbracciata a lui.
 
“E sia!” acconsenti, piegando il collo per guardarla in volto.
 
“Se Nihil scendesse in guerra per te, tu lo perdoneresti?” chiese pensando che fosse un atto dignitoso. In quel modo l’elfo avrebbe riscattato le sue colpe, meritandosi il perdono di Legolas. Attese nell’ombra la risposta del suo amato, sfiorando con le gambe quelle di Legolas, che la strinse maggiormente a quel contatto piacevole.
 
“Potrei” non si sbilanciò. La sua mascella serrata divenne meno rigida. Eldihen si stupì, rimanendo avvinghiata al suo corpo. Si era abbassato, accomodandosi finalmente sul cuscino, insieme a lei. Si guardarono, a pochi centimetri di distanza. La camera era silenziosa. Dalla finestra un raggio lunare, proprio in quel momento, riuscì a schiarire i loro corpi. Eldihen presa dall’emozione allungò le sue dita sulle labbra dell’elfo, che si era totalmente rilassato, apparendo meno rigido.
 
“Ti ho visto dare una lettera ad un uomo alla festa. Perché?”chiese sottovoce per non rovinare quella calda atmosfera, interessata all’azione di Legolas. Ci aveva pensato parecchio ed in quel momento le venne in mente di domandare.
 
“Non avevamo detto solo un’ultima cosa?” precisò l’elfo alzando un sopracciglio.
 
“E va bene”Eldihen si rifugiò tra le sue braccia, scaldata dal suo corpo e dalla morbidezza delle coperte che li fasciavano. Sentì il suo cuore esplodere dall’emozione, mentre coricata insieme a lui, si accucciava dolcemente nell’incavo del suo collo.
 
“Dormi Eldihen” la cullò tra le sue braccia, felice di sentirne il corpo a stretto contatto col suo, in quella notte serena e di indimenticabile dolcezza. Le baciò la pelle, sfiorandole i fianchi delicatamente, mentre si perdeva a giocare con i suoi capelli ondulati.
 
“Non te ne andrai vero?” chiese Eldihen stringendo tra le sue mani la tunica verde, intrappolandolo a sé, mentre gli baciava lentamente il collo .
 
“No” con uno gesto fulmineo Legolas la prese a sé, in modo che il corpo di Eldihen si appoggiasse sul suo. Non avrebbe mai perso l’occasione di averla per sé, di sentire la sua pelle, il suo profumo penetrare dalle narici. Rimase a fissarla nel letto, osservando i suoi capelli ricadere sulle lenzuola e quella sottana scivolarle dalle spalle assieme ai suoi occhi erano aperti e le labbra schiuse. Le diede un bacio languido, lasciando da parte la razionalità e la freddezza usata nel campo di battaglia. Si era completamente sciolto dinanzi ai suoi occhi e alla bocca rosata.  La baciò fino a sentire le labbra consumate. Era difficile trattenersi, vista la situazione, ma si limitò a stringere il suo fianco con vigore, incrociando le sue labbra , fino a sentirla gemere, a percepire la sua lingua tutta per sé. Si distaccò solo per parlarle “Riposa, ci sono io stanotte. Nessun incubo potrà disturbarti” bisbigliò a pochi millimetri dalle sue labbra, continuando ad accarezzarla con desiderio
 
Eldihen chiuse gli occhi lentamente, fino a sprofondare nel dormiveglia, protetta dal suo elfo.
 
 
Quando riaprì gli occhi, si accorse che fuori dalla finestra le stelle brillavano sulla città. Segno che non era trascorso, poi così tanto tempo. Sfregò le palpebre e si mosse, ma rimase bloccata rendendosi conto che due braccia forzute la trattenevano dalla vita. Era assopita, ma ugualmente percepì un peso sul suo seno. Era caldo e confortevole. Abbassò il volto, vedendo che Legolas si era addormentato. La sua testa era appoggiata al suo petto e la stringeva con forza, come se volesse catturarla tra le sue braccia. Eldihen sorrise teneramente, ammirandolo nel buio della stanza. Era stupendo, un’icona ai suoi occhi. Appoggiò la sua testa al cuscino, sistemando il mantello di lui sulle sue spalle. Lo fasciò meglio con la coperta, come se fosse un bambino. Era la prima volta che lo vedeva così sereno, con gli scudi abbassati, non in allerta come era abituata ricordarlo, ma completamente indifeso, avvinghiato al suo corpo. Sorrise passando le dita sui suoi capelli. Lo baciò stringendolo con vigore al seno, facendogli da cuscino.
 
“Amore mio quanto sei bello” parlò sottovoce per paura di svegliarlo. Toccò la sua pelle morbida, gli zigomi pronunciati e le labbra che poco fa l’avevano baciata con decisione.
 
Le sembrò che la guerra non esistesse, lei in quel momento stava sfiorando il cielo con un dito. Sentì il suo cuore battere. Era il suono più bello che avesse mai udito. Gli baciò i capelli biondi, finendo per perdersi nella bellezza dei suoi lineamenti “Io per te darei la vita!” disse abbracciandolo con amore. Avrebbe tanto voluto che quel momento durasse per sempre, era così bello e perfetto che non le sembrò vero, anche sé il peso del corpo di Legolas su di sé, la fece convincere del contrario.
 
 

Note autrice:
Salve gente, ed eccoci alla fine di un altro cap, spero sia piaciuto e che non ci siano errori, confesso che ho semplicemente corretto stile macchina da guerra senza rileggere, mi spiace, sono troppo stanca e.. mi fido della mia beta ;)
E’ stata una settimana stressante, ed immagino che la prossima sarà ancora più pesante, statemi vicini ragazzi miei<3
Ringrazio tutti come sempre prima di lasciarvi :) 
Riguardo gli aggiornamenti: sabato
(lo so sono le note più schifose che abbia mai scritto, ma giuro di essere troppo stanca) un bacio alla prossima

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


Capitolo 17
 
 
“Aragorn ieri sera è stato con me. A dire il vero stamattina presto abbiamo parlato di nuovo” Eowyn seduta su una sedia si pettinava i capelli biondi dinanzi ad uno specchio adornato da una spessa cornice dorata, raccontando alla sua amica della serata passata in piacevole compagnia.
 
“Quindi siete stati insieme?” Eldihen era comodamente seduta sul letto vicino alla finestra. Mosse il suo piede avanti e indietro guardando distrattamente il tappeto di pelliccia, illuminato dalla luce del giorno.
 
Aveva riposato insieme all’elfo, per poi riaddormentarsi tra le sue braccia. Quando si era svegliata non aveva visto Legolas, lui se ne era andato, rimboccandole le coperte amorevolmente. C’ Era rimasta un po’ male. Non comprese la sua assenza, ignara dei problemi che assillavano il suo cuore e di ciò che era accaduto quella mattina presto a Gandalf ed a Pipino.
 
“Si ma…” Eowyn si voltò, facendo fluttuare i suoi capelli come onde del mare “Mi senti Eldihen, ti vedo distratta!” osservò l’abito rosso della sua amica, mentre lei persa nel vuoto pensava al suo elfo.
 
“Si scusami” sollevò il volto richiamata dall’attenzione di Eowyn. Guardò il riflesso nello specchio, contemplando i suoi lineamenti delicati ed il sorriso dolce tra le labbra.
 
“Pensavi a Legolas!”
 
“Si perdonami. Ieri anche noi siamo stati insieme, ma non ha importanza. Vorrei sapere di più di te ed Aragorn” riportò completamente l’attenzione ad Eowyn. Avrebbe desiderato conoscere ogni cosa. Aveva espressamente detto ad Aragorn di evitare la sua amica, per non lasciarla delusa. Eowyn si era totalmente innamorata ed Aragorn stava alimentando false speranze. Avrebbe finito per  spezzarle il cuore se avesse continuato a starle vicino.
 
“Lui è rimasto con me durante la festa, ma l’ho visto strano. Un po’ freddo, così gli sono stata vicina. Non lo capisco affatto”Posò il pettine sul tavolino di fronte a lei, in mezzo a dei fiorellini bianchi e delle forcine dorate.
 
“Ti ha detto qualcosa?”         
 
“No, non abbiamo parlato molto, oltre che del cibo preparato dalle cuoche. Come ti ho già detto l’ho visto distante” spiegò appoggiando il gomito allo schienale della sedia. Si era piegata per guardare la reazione di Eldihen seduta sul letto.
 
“Per me dovresti fare un po’ come lui” le consigliò appoggiando le mani al piumone di lana. Non avrebbe voluto dirle che Aragorn non era interessato, l’avrebbe ferita, ma non poteva assolutamente incoraggiarla visto che l’uomo si era confidato con lei dicendole che non amava Eowyn. La situazione era delicata, ed Eldihen avrebbe fatto di tutto per non farla soffrire.
 
“Ma come puoi dirmi questo? Tu hai sempre pensato a Legolas, anche quando lui ti ha evitata per la storia dell’arco” rispose con un tono inquisitore, guardandola con interesse “Forse sai qualcosa che io non so?” domandò confusa, credendo che Eldihen avesse le sue ragioni per parlarle in quel modo.
 
“Non so nulla, è che… non vorrei vederti soffrire per Aragorn” strinse la coperta sotto di sé. Era difficile parlare dell’argomento con Eowyn, temeva di turbarla.
 
“E va bene!” La donna tornò ad occuparsi del suo aspetto, contemplandosi nello specchio che le era di fronte . Studiò Eldihen in lontananza notandola parecchio turbata. Sistemò la collana dorata al petto, ammirando  il proprio riflesso nella specchiera “Ieri anche tu eri distante. Ti ho vista uscire da palazzo, come mai? Non mi hai nemmeno notata,  ti ho fatto un cenno con la mano” confessò legando due ciocche di capelli ai lati della fronte.
 
“E’ stata una bella serata anche se  mi sono sentita angosciata …” confessò senza timore. La luce del giorno aveva sciolto il groppo dentro al suo cuore, diradando le tenebre della notte e quelle del suo animo.
 
“Da cosa?” Eowyn distese dolcemente le labbra, aggrottando la fronte candida.
 
“Dalla spada! Ma prima di parlarne vorrei chiedere a Gandalf” stava riflettendo sul da farsi. Aveva ragione lo stregone, lei era riuscita a percepire la magia celata nell’arma, vedendo cose che probabilmente nessun altro avrebbe scorto. Sospirò guardandosi il segno nero sulla mano. La spada si trovava proprio sotto il letto, se lei avesse teso la mano, l’avrebbe nuovamente impugnata e forse avrebbe visto altro.
 
 “Ma Gandalf non c’è!” disse Eowyn come se la cosa fosse normale, non potendo immaginare la reazione di Eldihen che spalancò gli occhi, alzandosi repentinamente dal letto. Rimase in piedi, guardando se stessa riflessa nello specchio, vicino al volto di Eowyn.
“Cosa stai dicendo?” chiese con tono meravigliato, come se l’amica le avesse rivelato qualcosa di assurdo. Piegò il volto per osservare le casette che comparivano fuori dalla finestra, vagando con lo sguardo oltre la cittadella, nella radura che precedeva le montagne. Dov’era andato Gandalf? Sentì un senso di angoscia prendere il possesso delle sue azioni fino a farla ammutolire. A chi si sarebbe rivolta?
 
“Se ne andato stamani presto con….”
 
Eldihen si portò in avanti, scattando come una molla “Con chi?” Ricollegò il suo risveglio nel letto e l’assenza di Legolas. Per un attimo credette che lui se ne fosse andato. Le mancò il respiro, il suo viso si impallidì ed i suoi lineamenti si incupirono “Dov’è Legolas?” chiese agitata nella speranza di sentire la voce di Eowyn, attendendo che lei dissipasse i suoi dubbi e timori appena nati.
 
“Non volevo farti agitare. Legolas e gli altri sono qui” spiegò velocemente alzandosi dalla sedia, per rassicurare l’amica. La vide tirare un sospiro di sollievo, come se le avessero tolto dalle spalle un macigno. “Stai serena. Gandalf è andato a Gondor con Peregrino Tuc” rivelò osservandola attentamente.
 
“A Gondor?” abbassò il volto per riflettere, chiedendosi perché lo stregone si fosse spostato con l’Hobbit. Comprendeva perfettamente la preoccupazione che lo aveva spinto a lasciare Rohan. Infondo Gondor era minacciata dagli eserciti di Sauron, probabilmente la guerra sarebbe iniziata lì. Ma perché portarsi dietro Pipino? Proprio non lo comprese “Ma Legolas?” chiese titubante pensando che Eowyn avesse menzionato il suo piccolo ospite per non farla agitare. Rimase immobile esibendo un’espressione di pura angoscia.
 
“Eldihen ti ho detto che lui è qui! Non devi assolutamente preoccuparti!”
 
“Qui dove?”
 
“Non lo so ma…” non fece in tempo di concludere la frase che Eldihen si allontanò da lei, raggiungendo velocemente la porta, con mille pensieri che la tormentavano.
 
“Mi spiace rimandare la nostra conversazione ma vado da Legolas… io devo vederlo” la lasciò, non richiudendo la porta alle sue spalle. Era terrorizzata dal fatto che lui potesse essersene andato senza nemmeno salutarla. Cos’avrebbe fatto in assenza di lui? Si sentiva vuota a quel pensiero, persino quella bella giornata di sole sembrava spegnersi. No, non poteva essere, sicuramente era molto agitata e aveva frainteso la situazione. Ma il suo letto era vuoto quella mattina… non c’era più Legolas che riposava affianco a sé.
 
 
 ♥
 
Gimli ed Aragorn erano seduti nelle panche di fronte al tavolo, mentre Legolas come di consuetudine si era appoggiato alla colonna in legno, ascoltando i due compagni mentre dialogavano.
 
Il re richiamò Aragorn. I due amici rimasero soli con i loro pensieri. Il nano, mentre assaporava i frutti dentro al cesto, guardò Legolas e la sua espressione confusa. Era serio, troppo serio. Rimase a fissarlo, mentre staccava dei grappoli d’uva, chiedendosi a cosa pensasse, fermo come un sasso su quella colonna.
 
Si schiarì la voce, avvicinando il braccio alla sua bocca “Sei ancora in pensiero per Gandalf?” domandò, vedendolo rialzare il viso. Era stato un risveglio decisamente burrascoso. Lo hobbit li aveva fatti preoccupare, costringendo Gandalf a lasciare immediatamente Rohan. Non aveva assistito alla scena poiché aveva dormito come un ghiro, ma da sveglio aveva ascoltato ogni cosa, impensierendosi per i suoi compagni.
 
“Stavo pensando alla guerra…” dicendo ciò Legolas si allontanò dal pilastro, con gli occhi socchiusi. Portò la sedia in avanti per prendere posto di fronte a Gimli. Era insicuro e preoccupato, ed il suo amico lo aveva compreso da una semplice occhiata. Appoggiò i gomiti sul legno, posando il mento alle sue mani incrociate “Sarà uno scontro molto brusco. Il nemico si muove e presto ci colpirà. Non sarà facile Gimli” sentenziò divaricando le gambe. Appoggiò le mani sui braccioli della sedia, guadando distrattamente il pavimento opaco.
 
“Come mai sei così scoraggiato? L’ultima volta che ho visto quella faccia avevi litigato con Aragorn al fosso di Helm. Che ti prende ora?” lasciò cadere dalle dita un chicco d’uva, accomodandosi sulla panca. Era preoccupato per il suo amico, sicuro che nascondesse i suoi reali sentimenti dietro al suo sguardo fiero ed orgoglioso. Agli occhi degli altri sarebbe potuto anche apparire tranquillo, ma Gimli lo conosceva bene, ed era ansioso di ascoltarlo.
 
“É per la guerra!”
 
“E tu pensi che io me la beva? Ah” agitò il capo, sollevando gli occhi “No, tu non temi la guerra, sai combattere, nessuno riesce a tenerti testa e tu lo sai meglio di me. Sputa il rospo!” afferrò una tazza ricolma di latte, agitando il liquido con movimenti circolari.
 
Legolas strinse i denti prima di confidarsi, apparendo duro e pensieroso “Eldihen” pronunciò il suo nome a bassa voce, come se non volesse far ascoltare a nessun’altro la loro conversazione. Lui era un ottimo combattente, e come aveva ben detto Gimli, non temeva la guerra, né la morte, ma il suo unico punto debole era proprio la ragazza dagli occhi color cielo.
 
Aveva riposato abbracciato ad Eldihen, avvertendo il suo calore, sentendola tra le sue braccia ed ascoltandola mentre lei lo credeva addormentato. Gli aveva detto che sarebbe morta per lui, accarezzandogli i capelli. L’aveva sentita fragile tra le sue braccia, sotto le lenzuola di lino. Rimase impassibile ricordando la sua sottana e la morbidezza del suo corpo. Era per lui un ricordo dolcissimo, ma al contempo amaro. Non avrebbe retto l’idea di vederla in pericolo, ferita, o addirittura di perderla. No. Strinse i pugni, piegando i manicotti di ferro “Deve andare immediatamente a Gran Burrone. Temo che le possa accadere qualcosa!” si appoggiò allo schienale della sedia, sorprendendo Gimli.
 
Eldihen aveva raggiunto la sala, superando le donne intente a sistemare i tavoli in disordine della sera precedente. Con sua grande sorpresa vide dinanzi agli occhi, i capelli biondi di Legolas e le sue spalle fasciate dal mantello verde. Era rigido mentre parlava. Non comprese e sollevata alla vista dell’elfo gli si avvicinò fermandosi dietro la colonna in cui era appoggiato precedentemente. Il sorriso che era appena apparso sulle sue labbra si  spense sentendo la frase di Legolas. Si bloccò sui suoi passi, nascondendosi dietro la colonna, mentre guardinga osservava la sala in attesa di ascoltare il discorso tra Legolas e Gimli.
 
“Devi rimanere sereno, capisco la tua preoccupazione ma dovresti anche pensare che Eldihen è sopravvissuta ad un incantesimo ed è riuscita a fuggire da Isengard”
 
“Solo perché Nihil l’ha lasciata andare!” chiarì appoggiando un dito al mento, ignaro che Eldihen li stesse ascoltando.
 
“In ogni caso ha mostrato coraggio, affrontandolo. Non credo che le succederà nulla, potrebbe anche rimanere qui” disse Gimli con voce seria, passando la sua occhiata dal cesto di frutta al volto austero di Legolas.
 
“No Gimli. Se dovesse succedere qualcosa lei dovrà essere lontana, al sicuro. Se noi non dovessimo farcela, la voglio sapere salva. Potrebbe anche fare qualche pazzia” pensò ovviamente anche ad una fine drammatica. Lei non doveva rimanere lì, Legolas soffriva a pensarla in pericolo.
 
“Ahh ma tu sei troppo protettivo per lasciarla in pericolo. Secondo me anche in  mezzo ad un campo pieno di orchi lei non correrebbe alcun rischio al tuo fianco” affermò con tono ironico, corrugando le sopracciglia ramate. Si stiracchiò, massaggiando  il collo con le dita.
 
“Nessuno la deve toccare” rispose Legolas talmente serio e deciso da far accapponare la pelle ad Eldihen. La ragazza lo guardò, spostandosi di poco dalla colonna “Ma lei è avventata, so che farebbe di tutto adesso che stiamo insieme”
 
“Quindi la vuoi mandare via per paura che lei si metta nei guai?”
 
“Gimli anche. In ogni caso lei se ne andrà al più presto. Te lo garantisco!” dichiarò con tono conclusivo, sospirando. Gimli sembrò triste, mugugnò qualcosa tra sé e sé, percependo gli occhi attenti dell’elfo. In realtà anche Legolas non era felice all’idea di separarsi da Eldihen, ne soffriva e sapeva che la ragazza si sarebbe ribellata. Era pronto a confrontarsi, ma non le avrebbe mai permesso di rimanere in un momento critico come quello. Stava agendo per il suo bene.
 
La giovane, dopo aver ascoltato quel dialogo di nascosto, avvertì dentro di sé diverse sensazioni, intendendo da quelle parole due cose alquanto importanti, che l’avrebbero aiutata in futuro: per prima cosa aveva compreso appieno quanto Legolas ci tenesse. Dal primo momento in cui si erano visti lui aveva mostrato molto interesse, ma ora più che mai l’elfo si era dichiarato, facendo ogni cosa per proteggerla. Eldihen aveva capito inoltre, che avrebbe fatto meglio a non contraddirlo, o sarebbero finiti per litigare e lei non voleva, specie dopo la discussione riguardante l’arco. Era inutile, sarebbe stato meglio agire senza ribattere. E quest’intuizione in futuro l’avrebbe aiutata molto. Massaggiò la fronte stringendosi alle spalle, per paura di essere notata. Era difficile amarsi in tempi come quelli, poteva comprendere benissimo le paure di Legolas, ma anche lei era impaurita al pensiero di perderlo  o di separarsi e, dopo aver affrontato tante disavventure, aveva capito che era inutile scappare. Non l’avrebbe fatto. Aveva abbandonato i suoi compagni una volta, ma il discorso adesso era ben diverso. Lei era cambiata, e avrebbe sfidato la sorte, agendo nel suo piccolo per il bene dei suoi amici.
 
Intravide in lontananza Aragorn avvicinarsi con un’espressione rabbuiata. Eldihen lo esaminò: era stanco, il suo viso pensieroso ed i suoi occhi vigili ai minimi spostamenti. Fissava in particolar modo re Thèoden, rimanendo in piedi dinanzi al tavolo in cui erano seduti i suoi amici.
 
“Re Thèoden pensa che non abbiamo speranze!” rivelò angustiato facendo alzare Gimli e Legolas. I due lo raggiunsero, riunendosi vicino al braciere in mezzo alla stanza. Eldihen dalla colonna si spostò al tavolo, allungando le dita sulla sedia in cui era precedentemente seduto Legolas per sostenersi.
 
“Che ti ha detto?” la voce di Gimli fendette il silenzio. Era agitato.
 
“Sauron sta radunando un esercito che sarà in grado di spazzare ogni forma di vita su questa terra. Preparatevi perché sarà uno scontro violento!” non aggiunse altro, anche se da lontano Eldihen notò che si stava trattenendo, i suoi occhi verdi erano velati da paure e frasi non dette. Aragorn appoggiò una mano sulla spalla di Gimli, lanciando un’occhiata preoccupata a Legolas, come a volergli far comprendere la profondità della sua inquietudine.
 
Eldihen li guardò a lungo, camminando in loro direzione, con l’intento di mostrarsi. Era anche lei agitata e non intendeva starsene in disparte ad origliare, desiderava chiedere e schiarirsi le idee. Con passo incerto si fermò vicino a Gimli, ma i tre non la considerarono. Erano fin troppo rabbuiati e impensieriti.
 
Si schiarì la voce prima di salutarli, respirando profondamente “Buongiorno!”
 
Si girarono simultaneamente per guardarla, con gli occhi curiosi e un portamento fiero.
 
“Eldihen” Aragorn chinò il capo per salutarla, Gimli si allontanò da Legolas, intuendo che l’elfa volesse avvicinarsi. Le sorrise malinconico, alzando un sopracciglio, mentre l’elfo la fissò, soffermandosi sul volto spento e gli occhi pieni di domande che ricambiarono il suo sguardo.
 
“Parlate pure, non era mia intenzione interrompere” affiancò Legolas spostando il viso per guardarlo.
 
“Sut naa lle? (Come stai?)” Legolas si accorse del suo sguardo accigliato. Sembrava perplessa mentre lo guardava.
 
“Bene” gli sfiorò la mano, tornando a guardare Aragorn in faccia, come a fargli capire ciò che aveva appreso. I timori che tormentavano il suo cuore erano capiti da Eldihen, perché anche lei era rammaricata “Vi vedo molto preoccupati. E’ successo qualcosa?” chiese sperando di ricevere notizie di Gandalf.
 
“Sono accadute molte cose” Aragorn incrociò le braccia, scaldandosi grazie alla brace dietro di lui, che alimentava le fiamme all’interno del focolare.
 
 “Dov’è Gandalf?” domandò senza perdere tempo.
 
Gimli alzò le sopracciglia e strinse le sue mani. Era particolarmente giù quella mattina, il suo viso non era allegro come al solito.
 
“E’ andato a Gondor insieme ad un nostro compagno” spiegò Aragorn sollevando le palpebre. Era faticoso parlare della storia di Pipino e del Palantìr. Aveva consolato Merry spiegandogli che la loro separazione sarebbe stata temporanea, anche se lui, non ne aveva alcuna certezza. Sarebbe trascorso del tempo prima che loro si rincontrassero, ma non aveva detto nulla allo hobbit, temendo di ferirlo.
 
“Come mai?”
 
“Questioni riguardanti la guerra” rispose Aragorn chinando il volto in direzione di Legolas.
 
“Queste questioni sembrano turbarvi molto” li guardò uno ad uno. Erano tutti molto allarmati, sembrava proprio che volessero nascondere le loro sensazioni, nonostante fosse palese la loro ansia. I loro occhi erano turbati ed i loro visi spenti.
 
“Non corrono tempi felici Eldihen” Legolas con la sua voce atona la sorprese. La vide muovere lo sguardo sul suo corpo, con la bocca socchiusa ed un’espressione meravigliata. Si guardarono in silenzio. Entrambi stavano cercando negli occhi dell’altro una soluzione ai loro dubbi. Legolas si domandò cosa le stesse passando per la mente, conosceva il suo sguardo perso.
 
“Lo so… ma non temete, voi non siete obbligati a rimanere sempre in prima linea. Non potete cambiare le cose!”disse preoccupata guardandoli attentamente, ascoltando i loro respiri pesanti. Si perse negli occhi verde mare di Aragorn. L’uomo sollevo un braccio, appoggiando un dito al mento.
 
“Non possiamo cambiare il corso del destino questo è vero, ma faremo qualsiasi cosa per salvare la nostra terra” dichiarò fiero, sostenuto dallo sguardo di Legolas. 
 
Eldihen si voltò completamente verso l’elfo, osservando le sue spalle dritte e le braccia incrociate. Esitò prima di salire con lo sguardo ed incrociare i suoi occhi, timorosa di confrontarsi con lui, di conoscere le sue intenzioni “Ma se la situazione dovesse farsi critica voi cosa farete?” domandò immaginando la loro risposta. Sapeva che non si sarebbero mai tirati indietro, che avrebbero sacrificato ogni cosa pur di difendere la Terra di Mezzo. Abbassò lo sguardo sul pavimento, corrugando le sopracciglia. In realtà non era sicura di voler ascoltare la loro risposta, tremò al solo pensiero, ma Aragorn non esitò a farsi avanti, sorprendendola.
 
“Combatteremo fino alla morte”
 
Per Eldihen fu come ricevere un secchio di acqua fredda in testa. Era immobile con la bocca serrata, le mani tremolanti e lo sguardo perso.
 
Legolas la osservò, avvicinandosi maggiormente a lei, senza però sfiorarla per paura di turbarla o di infastidirla. La guardò a lungo ricercando i suoi occhi, senza però essere ricambiato di uno sguardo. Voleva toccarla, ma rimase fermo. La trovò turbata e ammutolita, come se non avesse nient’altro più da chiedere dopo aver ricevuto la risposta di Aragorn. Ormai i suoi timori avevano trovato conferma.
 
Eowyn comparve dal centro del corridoio. Aveva lasciato camera sua per raggiungere l’amica, dopo essersi sistemata per affrontare quella giornata, all’apparenza serena. Si bloccò avvertendo le sue pulsazioni aumentare alla vista di Aragorn. Il suo viso si illuminò grazie alla delicata luce dorata che filtrava dalle finestre in alto. Sbattendo le ciglia imbambolata, mosse qualche passo in direzione dell’uomo, come se ogni sua perplessità fosse scivolata via come una goccia d’olio. Guardò Eldihen affianco a Legolas. Sorrise pensando che la ragazza fosse felice di rivederlo, ignorando le preoccupazioni che si annidavano infondo al suo cuore.
 
Sistemò le maniche del suo abito verde, sperando in cuor suo di condividere qualche ora in compagnia di Aragorn. Con quel desiderio in petto gli si avvicinò, alzando di poco le mani verso il fuoco scoppiettante.
 
“Spero che la colazione sia stata di vostro gradimento!”  disse impacciata abbassando ed alzando lo sguardo. Gimli sussultò come se fosse stato risvegliato in quel momento, mentre Legolas rimase immobile a fissare il volto chinato di Eldihen. Ma perché non lo guardava? Non poteva far nient’altro, non c’erano parole per consolarla o per incoraggiarla. Non poteva ferirla, non poteva mentirgli. Lui avrebbe combattuto a costo della vita e per lei non c’era alcuna consolazione.
 
“Buonissima mia signora. Molto gentile!” apprezzò il nano sollevando il naso dalla barba increspata.
 
“Ti preoccupi molto, noi non siamo abituati a questi lussi. Ci sarebbe bastato ben poco per saziarci” Aragorn strinse le mani dietro la schiena, intravedendo sulle guance di Eowyn un leggero rossore.
 
“Tengo molto al benessere dei miei ospiti sire Aragorn” rispose con voce bassa sorprendendo Eldihen. L’elfa si girò per ascoltare le parole dell’amica. Ma possibile che non avesse preso in considerazione i suoi consigli? 
 
“Molto gentile” Aragorn la ringraziò con un cenno.
 
“Se volete oggi possiamo andare a vedere i cavalli o fare una passeggiata vicino alla recinzione. Vorrei far visita alla tomba di mio cugino”
 
La conversazione continuò ma Eldihen era bloccata alla risposta di Aragorn, come se fosse stata scottata dalle sue parole, che ancora rimbombavano nella sua mente, come il suono grave di una campana. Ed infatti lo era, si sentiva in fermento, preoccupata, con gli occhi di Legolas addosso. Ne sentì il peso ma non riuscì a guardarlo. Non voleva mostrarsi amareggiata, ma in quel momento provò nervosismo e sconforto.
 
“Possiamo andarci insieme!” rispose Gimli lanciando un’occhiata furtiva ad Eldihen.
 
“Bene, verrai con noi Eldihen?”Eowyn piegò il volto, i suoi capelli ricaddero in avanti. Guardò Eldihen e con preoccupazione corrugò le sopracciglia, vedendola distratta “Eldihen?” la richiamò con la speranza di attirare la sua attenzione.
 
Legolas rimase sorpreso dalla sua freddezza, non distogliendo lo sguardo da lei, impensierito, con il capo chino sul punto che stava fissando Eldihen, come se ci fosse chissà che cosa a terra. Sapeva che stava soffrendo e che era probabilmente arrabbiata, ma sperò ugualmente che lei sollevasse le ciglia e lo guardasse negli occhi. Voleva parlarle, toccarla.
 
 “Mh?” mugugnò l’elfa guardando Eowyn stranita. Non l’aveva neppure ascoltata, troppo agitata all’idea di perdere Legolas, Gimli o Aragorn. Non ricambiò lo sguardo dell’arciere perché troppo nervosa. Lei ovviamente doveva esaudire ogni sua richiesta, senza nemmeno essere ascoltata, come se la guerra non la toccasse anche se rinchiusa a Gran Burrone. Non riuscì a concentrarsi o a rimanere in piedi e far finta di nulla, trattenendo l’uragano dentro il suo petto.
 
“Ti va di andare?”

“No… non mi va di andare!” rispose Eldihen con un tono irritato riferendosi alla proposta di Legolas, poiché solo quella aveva in mente. Eowyn era sorpresa, quella risposta non era per lei, ma Eldihen non riuscì a frenarsi. Sospirò pesantemente, sotto il vigile sguardo di Legolas “Scusatemi tanto” alzò una mano mortificata, facendosi strada per raggiungere camera sua, con il capo abbassato, le braccia incrociate e il petto gonfio di paure.
 
“Eldihen!” La richiamò Legolas seguendola a ruota. Eowyn rimase lì, ferma con Aragorn e Gimli a chiedersi cosa fosse accaduto, senza riuscire a comprenderla.
 
Eldihen corse verso la sua stanza, cercando di mettere un po’ di strada tra lei e l’elfo, senza riuscirci. Legolas era abile e l’aveva seguita accelerando il passo, perdendosi nell’androne insieme a lei. La guardò avanzare lungo il pavimento, si muoveva come se fosse rincorsa da un branco di orchi. Le sue spalle erano tese, avanzava inflessibile senza nemmeno girarsi o fermarsi, veloce come una gazzella.
 
“Fermati un momento!” riuscì a tenere il suo passo svelto, anche se non la toccò, ne allungò un dito per bloccarla. L’affiancò con un balzo, piegando il busto in avanti, per incrociare il suo volto, ma Eldihen repentinamente curvò il collo pur di evitarlo.
 
“Va via, vorrei rimanere sola!” parlò decisa senza nemmeno girarsi. Strinse i pugni con forza, guardando in lontananza la porta della sua stanza.
 
“Non fare così” si decise a bloccarla, nonostante le parole dette dalla ragazza. Allungò la mano e la fermò tenendola dal gomito, costringendola a bloccarsi “Girati Eldihen!” la sua voce era tanto seria quanto preoccupata.
 
“Perché Legolas?” chiuse le palpebre quando la luce del sole scomparve a causa della figura di Legolas, che si mise dinanzi al percorso, a pochi millimetri dal suo volto. Avvertì il suo profumo intenso, la forza del suo corpo ed i suoi occhi sulla sua pelle, taglienti quanto la lama di un coltello.
 
“Apri gli occhi” guardò le palpebre e le ciglia incurvate. Le sue labbra erano serrate ed il respiro corto.
 
“No… perché dovrei fare come dici tu?” ribatté palesemente infastidita, per incrociare dopo una lunga mattinata  il volto ansioso di Legolas che la fissava come se ci fosse solo lei in quel palazzo.
 
“Eldihen…”
 
“Fino alla morte… combatterete fino alla morte e nessuno ti ha mai detto di non farlo, di lasciare la battaglia e startene al mio fianco. Non te l’ho mai detto Legolas anche se sono preoccupata, perché capisco perfettamente che tu non riusciresti a darti pace. Lo so credimi. Ma tu come puoi pretendere che io me ne vada? Perché tu pretendi? Perché non pensi a me? Ho dei sentimenti e non sono un gingillo da custodire dentro ad uno scrigno. Sono una persona e sto soffrendo a causa di questa guerra, sono preoccupata per te, ma evidentemente non mi è concesso rimanere qua ad aspettarti. Non posso. Ma tu non mi hai mai chiesto se io desiderassi realmente lasciarti ed andarmene. Non me l’hai mai chiesto!” si sfogò parlando velocemente, attenta all’espressione inquieta di Legolas che mutava al tono di ogni sua singola parola. Eldihen appoggiò le mani alla parete, chinando il capo, dopo aver respirato profondamente, sotto gli occhi azzurri dell’elfo che l’aveva fermata.
 
“So che non te ne andresti, ma se le cose dovessero prendere una brutta piega Eldihen tu cosa faresti? Ad Imladris è differente, saresti protetta dal nostro popolo” le afferrò una mano con un gesto fulmineo impedendole di sfuggire “Tu potresti vivere serenamente. Io comprendo i  tuoi sentimenti, ma so anche a cosa sto andando incontro, so cosa mi aspetta e voglio allontanare tutto questo da te e farò di tutto per salvarti, per darti una seconda possibilità quando per gli altri non ci sarà” appoggiò una mano al muro, proprio accanto al suo viso, parlando coscienziosamente, con il cuore in mano “Lo faccio per amore”
 
“Anch’io lo faccio per amore Legolas” rispose con una voce piena di sentimento e sincerità “Solo che tu non mi permetti di amarti” poggiò la testa contro la parete, avvertendo un lungo brivido dietro la schiena. Gli occhi di Legolas erano tremendamente espressivi.
 
“Non sono io è la guerra” teneva il braccio vicino al suo volto, respirando lentamente, per rasserenarsi. L’agitazione dentro al suo petto lo costrinse a serrare la mascella ed a stringere le dita.
 
“Ed allora è forse sbagliato amarci? Dovremo rinunciare a tutto per la guerra?” domandò allontanandosi dalla parete, per raggiungere il petto del suo amato “No Legolas è la guerra a non dover esistere. E’ la guerra ed essere sbagliata” sussurrò sulle sue labbra con gli occhi languidi e tristi.
 
“Ma esiste purtroppo ed io farò tutto ciò che posso per te. Ti proteggerò!” era fermamente convinto delle sue idee. Ad Imladris sarebbe stata protetta, lontana dalla morte e da Mordor. Se le cose non sarebbero andate bene Eldihen avrebbe potuto lasciare quelle sponde, per dirigersi verso le terre imperiture e vivere serenamente.
 
“Mandandomi via?”
 
“Io non lo voglio… ma l’amore quando c’è la guerra è amaro. Questo è il prezzo da pagare e noi Eldihen dobbiamo accettarlo. Aspettami e lasciami combattere per te”
 
“E non puoi farlo lo stesso se io rimango qua?” chiese muovendo le pupille dentro quelle di Legolas.
 
“No. Quando sei uscita dalla grotta al Fosso di Helm ero molto preoccupato Eldihen, quell’episodio mi ha un po’ fatto riflettere. Cosa faresti se mi trovassi nel campo di battaglia in pericolo? Usciresti allo scoperto come hai fatto l’altra volta?” chiese fermando il suo sguardo sulla curva del seno.
 
“Ma la battaglia al fosso non era iniziata!” precisò rifiutandosi di stare dalla parte del torto.
 
“Rispondimi Eldihen!” Legolas fece scorrere la mano ferma sul suo braccio, fino a raggiungerle il polso.
 
Eldihen rabbrividì e pensando alla scena descritta da Legolas, in un campo da battaglia e lui a rischio “Io correrei da te!” rispose onestamente sentendo un bruciore al petto.
 
“Lo so” piegò il viso e dopo vari attimi trascorsi a discutere posò le sue labbra sulla guancia calda di Eldihen. La baciò dolcemente, tranquillizzandola. La sentì tremare sotto le sue dita, spostò la mano dal muro per accarezzarle i capelli “E ciò non dovrà accadere! Non riuscirei a tener testa ai nemici, sapendoti in pericolo abbasserei la guardia. Non ho mai avuto punti deboli, ma tu al momento lo sei diventata” trattenne una ciocca scura, rivelando alla ragazza i suoi pensieri, a bassa voce, a pochi millimetri dal suo orecchio.
 
“Io vorrei essere il tuo punto di forza. In guerra i sentimenti non possono indebolire” proferì pacatamente osservando un punto impreciso della sua tunica verde, sentendosi profondamente toccata dalla frase che aveva appena udito. I sentimenti non potevano indebolire, era come dire che una rosa non sarebbe mai dovuta nascere con le spine, o che i canti degli uccelli non avevano senso di esistere solo perché il cielo era nuvoloso. No, l’amore anche se nasceva durante un periodo tragico aveva senso di esistere, per confortare, non indebolire.
 
“Ma tu mi dai la forza di andare avanti!” confessò senza alcuna riserba “E’ per me sei tanto preziosa che l’idea di saperti in pericolo mi turba profondante. Spero tu capisca, perché io perdo ore a pensarci”
 
“Immagino sia difficile per te. Sembra un brutto peso” incrociò le braccia sotto il seno rammaricata.
 
“Eldihen” toccò le sue guancie con le mani sollevandole il volto e guardandola intensamente “Tu sei la mia vita e rappresenti il mio futuro e non permetterò a nessuno di strapparti dalle mie braccia”
 
 
La camera era silenziosa. Eldihen chiuse la porta guardandosi alle spalle. Era entrata per prendere la spada sotto il letto. Non le andava di evitare il problema o di nascondersi. Con il cuore in tumulto scappò lungo il corridoio, per raggiungere il suo giaciglio e trovare un po’ di pace.
 
 Si assicurò di chiudersi nella stanza a chiave, gettando la spada a terra, vicino al suo armadio. Si sdraiò sul letto, toccando le morbide coperte. Pensò alla notte scorsa. Aveva dormito così bene abbracciata a Legolas. Chiuse le palpebre trascinata dai ricordi e cullata dal suono degli uccellini che cinguettavano fuori dalla finestra.
 
Era mezzodì e Rohan illuminata dal sole caldo taceva. Rimase immobile a fissare le travi in legno, abbassando lo sguardo sulle pareti e sul vaso di fiori vicino all’armadio. Non le sembrò vero di poter godere di quegli attimi pieni di pace, per lei fu come una boccata d’aria fresca.
 
Rimase ferma per svariati minuti. Si rialzò dalle coperte quando udì dei tocchi pesanti alla porta. Qualcuno aveva bussato. Si alzò e prima di aprire nascose la spada in modo da non essere vista. Sistemò i capelli e svelta, raggiunse l’uscita della camera.
 
“Un attimo Eowyn!” disse convinta che fosse l’amica. Ricordava la sua proposta, ed anche se poco fa aveva rifiutato di seguirla, senza però nutrire alcun risentimento, Eldihen si affrettò ad aprire l’entrata, per poter spiegare all’amica il suo attimo di confusione.
 
Piegò la maniglia e, con sua grande sorpresa aprendo l’entrata non trovò né Eowyn, né Legolas. Schiuse la bocca dallo stupore, costringendosi ad assumere un’espressione seria, per quanto le risultasse impossibile visto l’imbarazzo.
 
“Non sono Eowyn” rispose un uomo dai capelli biondi e dalla barba folta. Indossava una tunica rossastra, con dei bottoni in legno. I suoi occhi erano incuriositi dall’atteggiamento rigido di Eldihen. La fissò a lungo prima di parlare, ricercando il suo sguardo, senza scomporsi “Sono Eomer, suo fratello!” spiegò brevemente passandosi una mano sulla barba bionda.
 
“Ti conosco. Salve mio signore” rispose sistemando una ciocca di capelli dietro le orecchie. Non comprese il motivo di quella visita, e dovette ammettere di trovarsi in imbarazzo dallo sguardo di lui. Indietreggiò, alzando le palpebre per incrociare i suoi occhi scuri, pieni di curiosità e stupore.
 
Eomer sembrava un uomo saggio, di poche parole. Non si erano mai parlati, Eldihen sapeva che era il fratello di Eowyn ma nulla di più “Cercavi forse Eowyn?” domandò con voce leggera. Sicuramente era quello il motivo per cui si era presentato in camera sua. Lo trovò leggermente impacciato mentre muoveva il volto, era sicura che anche lui non fosse a proprio agio.
 
“In realtà no” agitò il capo corrugando le sopracciglia.
 
“Non capisco allora…” confessò stupita incrociando le braccia.
 
Eomer la guardò sospirando. Rimase qualche istante in silenzio, a guardare il pavimento. Prese dalla tasca dei suoi pantaloni una lettera bianca, sigillata da una cera rossa. La porse ad Eldihen guardandosi intorno con aria circospetta “Vengo per volere di Gandalf. Stamani prima di partire mi ha ordinato di lasciarti questa. Mi è stato detto di essere discreto e di consegnartela di persona. Non ne fare parola con nessuno!”
 
Eldihen guardando stranita Eomer allungò una mano per prendere la lettera, sorpresa di conoscere gli ordini dello stregone. Era felice di ricevere sue notizie. Abbassò lo sguardo esterrefatta, in seguito si concentrò su Eomer che era rimasto vicino allo stipite della porta “Ti ringrazio. Ma come facevi a sapere che io mi trovavo in camera?” non poteva averla seguita. Era strano, l’aveva raggiunta subito, nel momento in cui lei era rimasta per conto suo lontano da tutti.
 
“Mia sorella è uscita con il piccolo Hobbit e tu non c’eri. Ho notato che non ti trovavi nemmeno con l’elfo, per cui mi sono informato e ti ho raggiunta”
 
Eldihen pensierosa lanciò uno sguardo al corridoio, per fortuna era isolato. Non voleva alimentare le chiacchiere delle servitrici, conosceva la loro lingue, di sicuro avrebbero gridato ai quattro venti dell’incontro con Eomer.
 
“Tranquilla non mi ha visto nessuno!” la rassicurò percependo la sua preoccupazione.
 
“Ti ringrazio ancora”
 
Eomer la salutò con un cenno del capo, voltandosi verso le altre stanze. Eldihen lo seguì con lo sguardo e quando lui lasciò il corridoio  richiuse in fretta la porta a chiave, curiosa di leggere le parole di Gandalf. Le dita le tremavano mentre apriva la lettera, rivelando un messaggio alquanto particolare: le sembrò che fosse stato scritto di fretta visto le sbavature di inchiostro dentro al foglio. Rimase sorpresa nel notare che Gandalf aveva riempito mezza pagina.
 
Corse verso il letto, inginocchiandosi, con le braccia sul materasso e gli occhi attenti a leggere le parole del suo fidato amico “Mia cara figliola, mi spiace non essere passato da te, questioni urgenti richiedevano la mia presenza, ma non temere, sei abbastanza forte da cavartela da sola. So bene che questo è un momento difficile e che sei in ansia sia per la guerra che per la spada. Impara a vincere le tue paure ed affrontale come ieri, vedrai che ti tornerà utile. Non voglio metterti pressione addosso, ma se ti scrivo è perché sono preoccupato… cara Eldihen cerca di ascoltare i messaggi che la spada ti offre e non avere paura, ti aiuteranno, poiché aimè un’altra minaccia ti perseguita. Non te ne ho potuto parlare e non sono riuscito a trovarti questa mattina presto, ormai il mondo intero corre un grave pericolo, ma sono convinto che riuscirai a scovare questo male… attenta a quella macchia Eldihen…” Eldihen rimase incredula leggendo le parole dello stregone ad alta voce.  Ma di quale macchia stava parlando? Non pensò minimamente che quel piccolo segno sulla mano le potesse causare così tanti problemi…
 
 
Faceva freddo quella sera. Eowyn si riparò sotto i rami di un albero insieme a Merry. Il cielo si era rabbuiato e delle gocce d’acqua avevano bagnato il suolo. La donna trovò una cavità dentro il tronco, entrò con il compagno tremante, guardandosi alle spalle.
 
Aveva trascorso il pomeriggio in compagnia dello hobbit. Era triste e un po’ confusa, così trascinata dalle sue emozioni aveva proposto a Merry di oltrepassare i confini di Edoras, spingendosi sulla radura, ignara dei possibili rischi. Gimli preoccupato per l’allontanamento dei due amici li aveva seguiti a ruota in compagnia di Legolas, raggiungendoli in quello che pareva essere un piccolo boschetto.
 
“Ecco della legna” entrò all’interno dell’albero gettando a terra dei rami abbastanza spessi “Non dovevate allontanarvi così tanto. Mi avete fatto prendere uno spavento” confessò il nano agitando il capo “Corrono tempi bui. Legolas è fuori a fare di guardia, pare che ci siano dei nemici nei paraggi” sbuffò togliendosi l’elmo dalla testa.
 
“Nemici?” domandò Merry con aria preoccupata. Non si aspettava di ricevere quella notizia. Lanciò una fugace occhiata ad Eowyn, che seduta a terra osservava distrattamente i due.
 
“Siete stati incoscienti”
 
“La colpa è mia, ero sovrappensiero” ammise Eowyn non allontanando le spalle dalla spessa corteccia. Chiuse gli occhi sospirando. Si era allontanata così tanto, solo per Aragorn, lo trovava freddo. In un primo momento, aveva dato la colpa ad Eldihen, ma stava iniziando a prendere consapevolezza che l’elfa aveva parlato in suo interesse, consigliandole di tenersi alla larga da Aragorn. Probabilmente sapeva qualcosa in più.
 
“E va bene, ormai è fatta!” Gimli desiderando tirarla su di morale le si avvicinò, esibendo un sorriso sforzato. Era preoccupato per l’amica, si sedette a terra, alzando ed abbassando gli occhi per non perdersi il volto impassibile di Eowyn “Come stai ragazza?”
 
“Bene” rispose amareggiata.
 
“Mh… non mi pare” appoggiò la schiena contro la corteccia “Che è successo?”
 
“Siamo andati con Merry alla tomba di mio cugino. Gli ho proposto di fare una passeggiata; quando siamo arrivati qui il cielo era scuro, abbiamo lasciato il cavallo sul prato e dopo qualche ora siete arrivati tu e Legolas” spiegò impassibile ascoltando il rumore della pioggia che si era intensificata. Annusò l’odore della terra bagnata, osservando fuori dal tronco in cui era, i cespugli agitati dal vento e bagnati dalla pioggerellina. Si coprì maggiormente con lo scialle. Il freddo le entrò nelle ossa facendole battere i denti. Si accucciò alla corteccia dell’albero riscaldandosi con la nuvoletta di fiato che usciva bianco dalla bocca.
 
“I soldati erano allarmati. Appena ho saputo di voi due sono corso in vostro aiuto” non ricevette risposta né da Eowyn, né dal piccolo Merry che si era alzato per osservare oltre l’ingresso dell’albero, il lento scrosciare della pioggia, che si intensificava da zona in zona, spostata di qua e di là dal vento gelido che soffiava da nord.
 
“Quando torniamo Gimli?” richiese stranamente felice voltandosi per guardare l’amico.
 
“Siamo in attesa di sapere cosa dirà Legolas e poi con questa pioggia dove volete andare?” analizzò minuziosamente il terreno melmoso e la pioggia che scendeva dal cielo, pareva che la buttassero con dei secchi dalla cima degli alberi. Chiuse gli occhi, Gimli adorava ascoltare il rumore dell’acqua, ed anche se avrebbe dovuto accendere il fuoco, rimandò il compito per tranquillizzarsi un momento ”Queste ragazze mi faranno impazzire” si massaggiò la fronte per poi sollevarsi da terra. Doveva assolutamente fare qualcosa o sarebbero morti assiderati.
 
 
 
Aragorn cavalcava in compagnia di Eldihen sulla piana di Edoras. Appresa la notizia dell’allontanamento dei suoi amici si era spinto fuori da palazzo per seguirli, non li avrebbe mai lasciati soli, specialmente di sera. L’elfa pareva dello stesso avviso, infatti si era impuntata con tutte le sue forze per seguirlo, minacciando di corrergli dietro se lui l’avesse lasciata a palazzo. Per questioni logistiche avevano evitato di allarmare re Thèoden ed Eomer. Entrambi mentre proseguivano speravano di ritrovare i compagni e di tornare immediatamente indietro. I loro buoni propositi si sciolsero appena l’acqua scese dal cielo, riducendoli zuppi e stanchi.
 
“Saresti dovuta rimanere ad Edoras” Aragorn strinse le briglie a Brego. I suoi capelli erano gocciolanti, li spostò con un gesto fulmineo, girandosi verso Eldihen per incrociare i suoi occhi determinati. Si stringeva a lui con una certa forza. Non aveva parlato per tutto il tempo, osservando distrattamente il terreno e gli alberi in lontananza.
 
“Non potevo lasciarti andare solo. Anch’io ho il diritto di andare in aiuto dei miei amici!”  si aggrappò alla tunica di Aragorn, scivolando in avanti. La sella era tutta bagnata, se non fosse stata attenta sarebbe finita con la faccia a terra.
 
Aragorn ghignò, stringendo i denti divertito. Osservò le nuvole cineree sopra la sua testa, il cielo era di un blu scuro, quasi nero. Prima che avesse iniziato a piovere, era riuscito a scorgere le impronte lasciate dai cavalli di Eowyn e Legolas, ne aveva seguito le orme, anche se la pioggia aveva cancellato ogni cosa. Pensò che ora, i suoi compagni si trovassero nella piccola foresta che si affacciava davanti al prato . Sicuramente si erano nascosti lì dentro. Ciò che lo spinse ad avanzare furono le tracce che si interrompevano proprio sulla cima della collina.
 
“Perché ridi?” Eldihen era curiosa. Guardò il suo volto bagnato, ammirando il sorriso di Aragorn.
 
“Perché sei cambiata!”                         
 
“In che senso?”
 
“Non te lo dico”
 
“Ma perché?” non lo comprese affatto, allungò il collo per osservarlo meglio, ma il volto di Aragorn confessò meno della sua bocca “Non puoi lasciarmi così!”
 
“Hai preso peso” disse scherzoso avanzando velocemente sotto il temporale.
 
“Mi trovi più grassa? Fammi capire, mi stai dicendo che sono cambiata perché sono ingrassata?” i capelli erano completamente inzuppati. Eldihen sentì un peso dietro la testa, l’acqua l’aveva completamente inzuppata, trovò fastidioso aprire gli occhi, la pioggia la colpiva ripetutamente.
 
Aragorn rise superando una roccia a terra. Scosse la testa invitando Eldihen a tenersi meglio. Stavano per raggiungere gli alberi che aveva scorto poco prima, con la speranza di trovare i suoi amici e riportarli a palazzo sani e salvi, senza che nessuno si accorgesse della loro assenza, anche se visto il tempo gli sembrò difficile. Sicuramente avevano fatto caso, le guardie avrebbero parlato se loro non sarebbero tornati presto. Il tempo burrascoso di certo non li aiutò ad avanzare.
 
Aragorn sospirò, quando una raffica di vento freddo gli agitò i capelli, raggiungendo anche la sua amica che si era riparata dietro la sua schiena. Sorrise, pensando che Eldihen era stata coraggiosa a spingersi fuori dalle mura di Meduseld “Sai Eldihen…” si voltò per vederla accucciata al suo mantello “Sei cambiata perché adesso sei molto cor…”
 
A causa di un violento urto i due caddero a terra insieme al cavallo, finendo per sbattere le teste contro il terreno. Fortunatamente Eldihen era atterrata su l’erba soffice, ma ugualmente rimase attonita con il respiro tagliato. Aiutandosi con le mani si alzò da terra, lanciando immediatamente un’occhiata al suo amico che a sua differenza aveva battuto la fronte contro una roccia conficcata nel terreno. L’uomo era disteso a terra e Brego sopra di lui. I suoi occhi erano chiusi e le sue labbra aperte.
 
“Aragorn!” urlò  dallo spavento, con tutta la sua voce, sentendosi la gola gonfia ed asciutta. Strisciò per avvicinarsi, ma non le fu permesso di sfiorare il volto di Aragorn nemmeno con un dito, lo fissò con gli occhi sperando che lui si riprendesse. Due orchi l’avevano afferrata dalle spalle strattonandola malamente. Strinse i pugni contraendo il viso in un’espressione di dolore “Lasciatemi maledetti!” riuscì ad allontanarli, tirando il gomito in avanti per far cadere i due orchi a terra. Li aveva riconosciuti dal disgustoso odore. Non comprese da dove fossero spuntati, col favore delle tenebre li avevano spinti fuori dalla strada, scagliandoli al suolo.
 
Si rialzò  con fatica da terra, il suo vestito era inzuppato e ricoperto di fango. Non riusciva a muoversi come meglio desiderava, ma non si lasciò scoraggiare, guardando il suolo per ricercare la spada che aveva portato con sé, pensando che sarebbe potuta servire, senza immaginare che da lì a breve la avrebbe utilizzata. Vide la lama scintillare sotto la luce bluastra di un fulmine. Eldihen si piegò afferrando tra le mani l’elsa ed uno strato di melma.
 
“Oh ma guarda abbiamo trovato la cena” uno dei suoi nemici gli si avvicinò. Era robusto e nero come il cielo sulla sua testa. Eldihen guardò il suo viso spaventoso, deglutendo di fronte alle orripilante zanne giallastre, uno spettacolo a dir poco agghiacciante “Prendi l’uomo a terra dobbiamo raggiungere il gruppo” ordinò al suo compagno senza però puntare il dito in direzione di Aragorn, Eldihen era stata rapida a sollevare la lama puntandola alla gola del suo avversario con gli occhi ridotti a fessura, i denti stretti, assumendo un imponenza tale da sbalordirsi da sola. Sentì il sangue pomparle nelle vene, i battiti accelerati del suo cuore, sotto il tocco leggero della pioggia ed il rumore incessante dei tuoni e dei fulmini.
 
“Allontanatevi da noi!” lo minacciò con uno sguardo truce.
 
“Sei sciocca elfo femmina” commentò l’orco spalancando le sue iridi verdognole.
 
“Ti faremo a pezzi stupida” aggiunse l’orco dietro le sue spalle muovendo qualche passo nella sua direzione.
 
“Può essere…” adoperò una pressione tale da tagliare il collo del mostro che la guardava con disprezzo, un rivolo di sangue nero uscì dalla sua pelle, scivolando sotto la pioggia. L’orco gridò spaventosamente, conferendo alcune parole che Eldihen non comprese. Si sentì tirata di peso dall’altro orco, finì a terra, con la spada lontano dalla sua portata, ma non demorse, sferrò un pugno dritto in faccia alla creatura facendola cadere a suo fianco.
 
La lama della spada brillava come la punta di un diamante, ed anche se gli orchi si dimenavano, l’attenzione dell’elfa andò ad Aragorn ed all’arma che presto avrebbe impugnato. Una goccia di acqua le bagno le labbra, un’altra il viso, il collo, le mani, il corpo. Eldihen guardò i fili di pioggia scorrere sotto i suoi occhi, sui suoi vestiti, sembrò che fosse trafitta da piccole lance trasparenti, ognuna delle quali nascondeva una sofferenza sempre più grande. Rivide in quelle gocce lei mentre si nascondeva dagli Uruk-hai, seguita dalla scena in cui Nihil l’aveva accolta in casa sua, poi la lite con Legolas e la cella fredda che l’aveva accolta ad Isengard, ma stavolta era differente, ed anche se i due avverarsi urlavano per impressionarla, tirandole calci, Eldihen non si spaventò. Fu attraversata da una scossa di adrenalina, una sensazione unica nel suo genere, che bruciava sotto pelle come lava incandescente, si sentì forte ed irradiata da una luce profonda, che si trovava infondo al suo animo, in lei. Voltò il capo per guardare la lama che si era accesa di un argento scintillante. La trovò bella, più bella di ogni tesoro mai costruito in Arda .
 
“Usami!”
 
Spalancò gli occhi quando udì quelle parole, provenienti dal metallo tagliente. Fu come se il fuoco che le ardeva in petto si agitasse ancora di più, espandendosi, fino a raggiungere la spada. Una connessione si era creata. Eldihen si rialzò da terra, sotto la pioggia scrosciante e le risate degli orchi. Non si sarebbe più allontanata. Li guardò in faccia con aria di sfida. Quando l’orco più robusto le si scaglio contro, lei, raggiunse la spada a terra, impugnandola con forza.
 
“Lurida ragazza” sbraitò il mostro che era finito inevitabilmente a terra, proprio vicino ad Aragorn.
 
Eldihen gli si avvicinò collerica. La spada brillava come una stella del firmamento e, più Eldihen stringeva l’elsa, più la lama si colorava d’argento come una torcia luminosa, accesa dal battito del suo cuore e dai pensieri che scorrevano veloci sotto la pioggia. L’orco si girò per rialzarsi ma la lama lo aveva già trafitto.
 
Eldihen lo uccise senza ripensamenti, girandosi in direzione dell’altro per infliggergli lo stesso colpo. Lo vide indietreggiare impaurito, si rispecchiò nei suoi occhi color ebano, ammirando la brillantezza dalla sua spada. Non lo lasciò sfuggire e prima che lui afferrasse un pugnale per aggredirla, si ritrovò pugnalato da Eldihen.
 
L’orco si aggrappò alla sua gonna sporcandola di sangue nero, per poi trascinarsi al suolo con le fauci aperte. La guardò, incapace di muovere un dito. L’unica cosa che poteva fare al momento era fissarla, mentre l’elfa si piegava per raggiungerlo a terra.
 
“Mi avete rovinato l’esistenza luridi esseri, ma non vi permetterò mai di toccare i miei amici. Mai. A costo della mia stessa vita” urlò agitandosi avvertendo dei brividi mentre parlava con gli occhi sgranati dalla collera. La spada si illuminò maggiormente “Non oserete mai più farci del male!” la luce l’abbagliò. Chiuse gli occhi vedendo le palpebre dell’orco serrate. Era morto.
 
Si accasciò a terra infilzando la lama nel terreno. I due nemici erano morti e la lama era tornata normale, non sfavillava più come prima, era come ogni altra spada.
 
La macchia sulla sua mano si espanse dalle nocche a metà del d’orso, ma l’elfa pur avvertendo un lieve bruciore non si girò, ne osservò i cadaveri al suolo, con la spada in mano corse verso Aragorn fissando i suoi occhi socchiusi. Si inginocchiò impaurita accanto a lui, chiedendosi se stesse bene. Con estrema delicatezza lo alzò dal suolo, appoggiando il suo volto sulle sue ginocchia. Strinse le labbra, sentendo il cavallo nitrire, gli sfiorò il volto troppo stordita per realizzare ciò che era accaduto. Ancora la tensione le stringeva i muscoli ed il cuore. Sospirò incrociando gli occhi languidi di Aragorn  che debolmente si erano aperti.
 
“Non ti affaticare” gli suggerì aiutandolo a sistemarsi meglio sulla sua gonna imbrattata di sangue nero.
 
“Sei cambiata perché adesso sei molto più coraggiosa” sussurrò dedicandole un flebile sorriso.
 
 

Brilla nel cuore di chi ti impugnerà, falcia l’ombra, l’inganno, i malefici le menzogne! Dona luce e conforto a cuori piangenti
 

 
 
 
Note autrice
So benissimo che avrei dovuto aggiornare sabato, ma non ero dell’umore, avevo la testa da tutt’altra parte, mi spiace tanto, ma credetemi se non fosse qualcosa di veramente significativo non mi sarei assentata per due giorni. Ho pensato di rivedere il capitolo oggi, giusto per svagarmi un po’ e staccare, spero vi piaccia e mi auguro di tornare a pubblicare spensieratamente. Oddio non voglio farvi preoccupare, ma era per giustificare l’assenza. Ringrazio di cuore chi ha commentato, entro la settimana (si spera domani) avrete la mia risposta, voi già lo sapete che mi fa un sacco piacere, grazie e credetemi, anche se non ci conosciamo vi voglio bene… strappate sempre un  sorriso<3
Riguardo gli aggiornamenti: dai, visto che sono stata assente direi che questo sabato aggiorno, così recupero…
Un abbraccio e a presto!

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***


Capitolo 18
 
 
Tra le colline buie e le fronde degli alberi che si muovevano agitate dal vento, Legolas vide avanzare due figure. Appoggiò il suo arco a terra, aguzzando la vista per studiare meglio la sagoma sfocata che si avvicinava sempre più. I suoi capelli biondi ondeggiarono insieme al suo mantello. Non si trattava di orchi. Assunse un’espressione seria, muovendo qualche passo in direzione della pianura. Si fermò davanti ad un tronco, lasciando che la pioggia bagnasse il suo viso ed i suoi vestiti verdi.
 
“Aragorn!” esclamò sorpreso vedendo l’amico galoppare nella sua direzione. Sembrava spossato, reduce da un brutto scontro. I suoi occhi erano semiaperti e la sua testa penzolava da un lato all’altro. Si accorse presto che non era l’amico a dirigere i passi del cavallo, bensì qualcuno che lui riconobbe subito.
 
Eldihen proseguiva guardando l’erba a terra, era spaesata e teneva Aragorn dal busto, mentre con l’altra mano stringeva le briglie a Brego, chiedendosi dove sarebbe dovuta andare e come avrebbe fatto a trovare i suoi amici, temendo che altri orchi si trovassero dietro di loro. Voltò il viso angosciata. E pensare che mesi fa, lei sarebbe fuggita di fronte ad ipotetica minaccia.
 
L’uomo si appoggiò alle spalle di Eldihen osservandola mentre girava la testa da una parte all’altra, proseguiva adagio, per non affaticarlo, facendosi quasi da cuscino.
 
“Sen i vad fael (Questa è la strada giusta)” bisbigliò Aragorn leccando le goccioline che scendevano dal suo naso. Era parecchio provato, la testa gli faceva troppo male per prendere le redini del destriero e condurre Eldihen al sicuro. Aveva ricevuto un colpo alla fronte, ancora sentiva la ferita pulsare. Era indolenzito.
 
“Darthon mae? (Stai bene?)” l’elfa preoccupata lo strinse maggiormente, notando la sua espressione contratta dal dolore.
 
“Uuma dela (Non preoccuparti)” sorrise anche se con rammarico, sentendo il corpo del cavallo sotto le gambe. Anche Brego era stato ferito, ma ugualmente camminava su quei sentieri, obbedendo agli ordini di Eldihen che, comprendendo il dolore dell’animale aveva deciso di avanzare lentamente, accarezzandogli di tanto in tanto la criniera scura.
 
Un tuono echeggiò alto nel cielo. Arrivò alle orecchie di Legolas che si era incamminato in direzione dei due compagni. Eldihen lo raggiunse prima delle sue aspettative, bloccandolo di fronte alle radici di un albero.
 
 Sentiva le spalle affaticate dallo sforzo ed un peso insopportabile al petto, per non parlare del senso di smarrimento che l’aveva confusa agitandola ancora di più, senza motivo. Portò il suo sguardo in avanti, speranzosa di aver raggiunto la sua meta . Quando incrociò gli occhi di Legolas sotto la fredda pioggia, sentì chiaramente il suo cuore scaldarsi e battere ad un ritmo veloce, era proprio lì, fermo vicino ai cespugli, ricambiava il suo sguardo, assumendo una postura posata. Dimenticò la discussione avvenuta quel pomeriggio, proseguendo con contentezza. Gli occhi dell’elfo avevano spazzato dal suo cuore ogni sofferenza. Superò definitivamente la radura e raggiunto Legolas tirò le redini al cavallo. Brego si fermò, facendo spalancare gli occhi ad Aragorn che non si era reso conto di essere arrivato.
 
“Cosa ci fate qui?” chiese avvicinandosi. Strinse la criniera del cavallo, guardando Eldihen con interesse. Aragorn si sollevò dalla spalla della ragazza, drizzandosi sulla schiena, ed anche se era stanco non lo diede a vedere, concedendo un lungo sguardo al suo amico.
 
“Siete spariti, potremmo chiedere lo stesso a voi!” Esaminò il volto curioso di Legolas, le sue sopracciglia dritte, e gli occhi dubbiosi che si posarono su Eldihen per poi tornare velocemente ad Aragorn.
 
“Perché hai del sangue sul viso?” notò il piccolo taglio sulla fronte, allungando una mano nella sua direzione per aiutarlo a scendere da cavallo.
 
“Sono… caduto” appoggiò i piedi a terra piegandosi su Legolas. Preferì non rivelare lo scontro di poco prima, per paura di agitarlo e farlo innervosire. Si sostenne un altro po’ al braccio dell’elfo, in seguito si spostò, posando un braccio intorno al collo del cavallo, che aveva chinato la testa per sorreggerlo.
 
“Eldihen!” Legolas si era avvicinato alla ragazza aprendo le braccia per permetterle di stringersi a lui. Rimase sorpreso nel notare le macchie sul suo vestito.
 
 La ragazza comprese la sua preoccupazione da una semplice occhiata. Cinse le braccia dietro al suo collo, scivolando dalla sella di cuoio. Fece per appoggiare i piedi a terra ma Legolas con estrema preoccupazione la sollevò dalle ginocchia, stringendola tra le braccia. Eldihen lo guardò sorpresa. Era serio e con gli occhi pareva domandarle dell’accaduto.
 
 “Dimmi perché sei sporca di sangue” disse lasciandola dopo qualche istante.
 
Eldihen trovò sostegno nella mano aperta dell’elfo. Strinse i suoi manicotti di ferro, sfregandosi gli occhi. Era molto stanca, non riuscì a ricambiare lo sguardo di Legolas, così poggiò la fronte al suo torace, sorridendo quando lui l’accolse senza tante cerimonie, fermando il suo braccio dietro la sua schiena.
 
“Non devi preoccuparti per me. E’ Aragorn a star male!” asserì alzando il mento per guardarlo. In realtà anche lei si sentiva indolenzita, le parve che la spada avesse risucchiato parte della sua energia, ed anche se era improbabile, pensò fosse così. Affaticata tornò ad appoggiarsi al torace di Legolas che la guardava con perplessità, alzando ed abbassando gli occhi continuamente su lei ed Aragorn.
 
“Sto bene!” tranquillizzò immediatamente l’amico riuscendo a reggersi in piedi da solo. Passò le mani tra i capelli mossi, tamponando il sangue sulla fronte. Chiuse le palpebre per poi riaprirle velocemente, trovando lo sguardo insicuro di Legolas che sembrava dirgli che non era convinto di quelle parole ”Eowyn?” domandò lanciando uno sguardo ai rami intrecciati e, al bagliore che illuminava il terreno e gli alberelli. Gli sembrò un fuoco. Sì, doveva trattarsi di un fuoco, ma dov’era stato acceso? Sotto la pioggia si sarebbe spento immediatamente.
 
“Lei e gli altri hanno trovato riparo dentro un tronco. E’ proprio il secondo della fila” spiegò allungando un braccio, senza allontanare da sé Eldihen “Aragorn sei sicuro di sentirti bene?” domandò con una nota di preoccupazione guardandolo dritto negli occhi.
 
“Rimani sereno ho passato di peggio” annuì assumendo un’espressione seria “Meglio che raggiunga gli altri, parleremo lì” disse esausto, desiderò sdraiarsi a terra e riscaldarsi un po’ prima di proseguire. La pioggia era meno forte di prima, il vero problema era il vento che si spostava fischiando “Andiamo?” domandò guardando Legolas ed Eldihen.
 
La ragazza lanciò un’occhiata veloce a Legolas, accarezzandogli il petto, anche lei desiderosa di riposarsi davanti al fuoco.
 
“Va pure, noi ti raggiungeremo a breve. Vorrei parlare un momento con Eldihen” confessò stupendo la ragazza.
 
“E va bene, ma non tardate” accettò la decisione di Legolas, guardando Eldihen con determinazione prima di voltarsi e seguire la luce calda del fuoco, riflessa sul prato e sui tronchi lì vicini. Li lasciò soli, sotto le nuvole e le gocce di acqua.
 
 Eldihen attese immobile che Legolas le parlasse, bloccando le sue dita sul suo petto. Dopo qualche istante l’elfo si girò per guardarla. Sembrava parecchio agitato, anche se la sua voce era tranquilla “Lo sai che non saresti dovuta venire qui!” non risultò un rimprovero per quanto volesse esserlo.
 
“Mi sono preoccupata, non mi hai detto nulla, perché?” trovò la forza di rialzare gli occhi, incrociando quelli di Legolas che si addolcirono dinanzi al suo volto.
 
“E’ stata un’emergenza” spiegò abbassandosi quel poco che bastava per intrecciare il suo respiro e sfiorare con uno zigomo la pelle chiara.
 
Eldihen chiuse le labbra, piegando il volto. Appoggiò nuovamente la testa sul petto di Legolas, accucciandosi come se avesse trovato un riparo sicuro, dove nessuno avrebbe potuto trovarla o minacciarla. Sentì le mani dell’elfo scorrere dietro la sua schiena, su e giù, fino a cingerle energicamente il torace. Il suo profumo era paradisiaco, chiuse gli occhi lasciandosi accarezzare dall’arciere, ne aveva bisogno.
 
“Mi sembri turbata, mi dici che è successo” parlò piano, comprendendo il suo stato d’animo. L’abbracciò, sperando di infonderle energia o restituirle il calore che provava ogni qual volta le sfiorava la pelle o annusava i suoi capelli “I tuoi vestiti sono sporchi”
 
“Sono sempre sporca” si spostò di poco per guardarlo in faccia, rimanendo senza fiato dinanzi la sua bocca ed i suoi occhi azzurri. Lo accarezzò distrattamente, pensando a quanto fosse bello rimanere con lui sola in quella radura, sotto la pioggia che le bagnava il viso “Mi sei mancato” confessò sentendo l’abbracciò di lui farsi più forte.
 
“Ci siamo visti questa mattina” alzò un sopracciglio esibendo il suo sorriso.
 
Aprì la bocca per parlargli, ma rimase ammutolita dinanzi agli occhi di Legolas, avvertendo una scossa di energia sotto la pelle e dentro al cuore, un brivido di piacere che la riprese dallo scontro dagli orchi. Legolas era premuroso, anche adesso che era preoccupato e la guardava come se ci fosse solo lei, percorrendo con gli occhi la pelle del suo viso. Eldihen impazziva per il suo sguardo, si sentiva speciale. Rimase incantata seguendo attentamente i movimenti delle sue pupille.
 
“Vuoi dirmi qualcosa?” chiese Legolas sapendo che stava per parlargli, non capì perché si fosse bloccata, forse aveva paura o forse era rimasta spiazzata dalla potenza dei suoi sentimenti.
 
“Si… ti amo” gli sussurrò bruciando le distanze. Gli sfiorò le labbra lentamente, anche se Legolas si lanciò per baciarla, completamente spiazzato da quelle parole e dal forte sentimento che gli si era acceso  nel petto quando le aveva ascoltate. Le gocce d’acqua caddero sui loro volti, sui capelli e sulle loro bocche che si stavano incontrando.
 
Legolas passò la lingua dentro la sua bocca, intensificando i suoi movimenti, fino a far perdere il fiato all’elfa che contraccambiava, stringendolo dai capelli. Si allontanò di poco udendo il rumore delle loro labbra che si cercavano ed il battito accelerato del suo cuore che bruciava sotto la pioggia.
 
La baciò delicatamente infine separandosi dalle sue labbra “ É la seconda volta che me lo dici” la baciò ancora spostandole i capelli dal volto.
 
“In realtà quando mi sei vicino lo penso sempre” posò le sue labbra sulla bocca di Legolas per cancellare ogni dolore affrontato e subito.
 
“E adesso mi vuoi distrarre per evitare di ricevere domande scomode?” chiese baciandola più e più volte, percependo la morbidezza della sua pelle sulle labbra.
 
“Ci sto riuscendo?”
 
“Odio ammetterlo, ma si” le sfiorò i fianchi, per poi baciarla sulla fronte “Ma non te la caverai così. Spiegami cos’è successo” era pacato mentre parlava. Il rumore della pioggia li distrasse per un momento. Eldihen si leccò le labbra stringendo la sua mano.
 
“Aragorn è caduto ed anche il povero Brego si è fatto male” si voltò di poco verso il cavallo che si era accasciato a terra con gli occhi chiusi.
 
“Eldihen” la richiamò dolcemente Legolas, guardandola intensamente. Sapeva che c’era altro.
 
“E va bene, ma prometti di non arrabbiarti?” si sostenne dalle braccia giunte dietro al suo collo.
 
Legolas annuì apparendo sereno in modo che l’elfa si confidasse senza tralasciare nulla. Anche se lo nascondeva aveva notato che era tesa e, dal modo in cui l’aveva abbracciato appena si erano visti,  fu certo che fosse accaduto qualcosa di importante. Era stato un abbraccio significativo il loro, uno di quelli che avrebbero potuto ridare energia a chiunque si trovasse in difficoltà.
 
“Siamo stati attaccati da due orchi, Aragorn è caduto a terra insieme a Brego ed io sono riuscita ad affrontarli. Ho aiutato Aragorn riuscendo a raggiungervi. Ma non ti devi agitare, non ne hai motivo, è tutto passato e fortunatamente Aragorn si è ripreso, ha solo una botta in testa, nulla di più. Stiamo bene” quando vide gli occhi di Legolas incupirsi, Eldihen abbassò lo sguardo, passando le mani sulle braccia per scaldarsi un attimo e trovare la forza di confessare la vicenda. Seguì un silenzio glaciale. Mille furono i pensieri che l’agitarono e per paura di guardare il volto di Legolas non sollevò il viso, guardò i fili d’erba agitarsi come i suoi pensieri, percependo lo sguardo dell’elfo su di sé. Sapeva che lui era particolarmente attento a quel genere di cose, e si aspettava di essere rimproverata, di sentirsi dire che non avrebbe dovuto lasciare camera sua, ma Legolas la sorprese: passò una mano sui suoi capelli con sguardo preoccupato. Eldihen venne intrappolata dal mare nascosto dentro gli occhi dell’elfo. Era serio.
 
“Sarebbe potuta andare peggio” la sua voce era un misto tra l’inquieto e il sorpreso. Non si aspettava di vederla e tantomeno di ascoltare che erano stati aggrediti “Ma tutte a te capitano. L’importante e che stiate bene entrambi… perché tu stai bene, non è così?” domandò spostando la mano sul suo braccio. Sperò di non turbarla, ed anche se avrebbe tanto voluto riprenderla preferì rimanere in silenzio, ormai quel che era accaduto era accaduto, ma presto Eldihen sarebbe stata Gran Burrone e non avrebbe più corso rischi simili. Se ne era occupato di persona.
 
“Io sì, tranquillo, ma adesso andiamo dagli altri” gli sorrise trascinandolo dentro la boscaglia.
 
 
 
 
“Facciamo così, tu mi dai la birra a palazzo ed io ti darò metà dell’erba pipa che mi è rimasta” Gimli e Merry si trovavano vicino al fuoco, intenti a spartirsi ciò che era rimasto del bottino recuperato ad Isengard. Lo Hobbit era seduto comodamente davanti al fuoco, aveva tolto il gilet per il troppo caldo, ed anche se fuori pioveva, dentro al tronco si era creata una piacevole atmosfera.
 
“Ci sto, ma voglio anche  il maiale salato, ti vedo quando lo mangi non crederti furbo” alzò un dito dedicandogli un’allegra risata che rincuorò persino Eowyn che si trovava lontano.
 
“Ed allora tu mi devi dare il doppio delle birre”
 
“Ma guarda  tu, che pretese” si lamentò Gimli imbronciandosi di colpo.
 
“Prendere o lasciare” scrollò le spalle Merry esibendo un sorriso soddisfatto.
 
“E va bene… mh” sbuffò alzandosi da terra. Non riusciva a negarsi quel piccolo piacere, era ghiotto e già aveva l’aquilina in bocca.
 
“Sempre di cibo si parla quando ci sei tu” in quel momento entrò Eldihen insieme a Legolas, anche se quest’ultimo rimase dinanzi l’ingresso dell’albero con l’arco in mano.
 
Gimli sobbalzò a quelle parole girandosi completamente con un sorriso divertito. Era felice di vedere Eldihen, doveva ammettere che si era abituato alla sua presenza, sarebbe stato difficile separarsi da lei “E invece si parla sempre di pericolo quando arrivi tu, sei peggio dell’uragano” agitò il capo coprendosi con il mantello.
 
“Oh vedo che l’hai ripreso” Eldihen si avvicinò all’amico per sfiorare la stoffa morbida del mantello che l’aveva accompagnata per tutte le sue disavventure.
 
“Sì. Finalmente” orgoglioso si drizzò sulle spalle.
 
“Sai penso che la colpa non sia mia. Quel mantello porta sfortuna” disse con tono scherzoso.
 
“Il mantello?” gli occhi di Gimli si scaldarono sotto le fiamme del fuoco “Facile dare la colpa al mantello”
 
“Cosa stai insinuando Gimli?”
 
“Guarda da quando ce l’ho io è pulito e morbido, tocca!” le porse un lembo per assicurarsi della attendibilità delle sue parole.
 
“Ok hai ragione, va meglio rispetto a prima” sorrise divertita, incrociando per una frazione di secondi lo sguardo triste di Eowyn che appoggiata al fuoco la fissava. Abbassò il capo come scottata, stringendosi le ginocchia.
 
Eldihen appoggiò una mano sulla spalla di Gimli. Lui comprese la sua preoccupazione, vedendola avvicinarsi ad Eowyn con passi incerti.
 
Notandola inginocchiarsi proprio di fronte a lei, Eowyn si irrigidì, non rialzò gli occhi, né disse nulla, concentrandosi a guardare un punto impreciso a terra. Era leggermente infastidita dalla risposta che le aveva dato Eldihen a palazzo. Lei gli aveva proposto di andare a far visita a suo cugino ed Eldihen si era rifiutata scomparendo senza spiegazioni.
 
“Ehi” l’elfa la guardò con preoccupazione accarezzandole le mani fredde.
 
“Perché sei venuta?” chiese secca Eowyn  piegando il volto. I capelli biodi le coprirono le orecchie ricadendo come una tendina ordinata.
 
“Appena ho saputo che ti eri allontanata, sono subito corsa da te. Mi hai fatta preoccupare” ammise  stupendola. Vide Eowyn sollevare finalmente le palpebre nella sua direzione. Rimasero a fissarsi in silenzio. L’espressione di Eldihen era triste, si limitò a stringerle il braccio, in attesa di ascoltare ciò che aveva da dire.
 
“Strano. Mi è parso di capire che non avevi intenzione di venire, o almeno così hai detto a palazzo” cercò di moderarsi, nonostante fosse ferita. Guardò distrattamente Aragorn appoggiato di fronte a lei, vicino al fuoco. Legolas gli stava parlando, domandandogli della sua ferita, sembrava impensierito, lo notò dai gesti e degli sguardi profondi. Eowyn ascoltò passivamente i discorsi dei due, per poi tornare su Eldihen che era rimasta amareggiata dalla frase che aveva appena detto.
 
“Immaginavo che era per questo, ma non intendevo riferirmi a te, anche se ti potrà sembrare strano” spiegò  prendendole una mano tra le sue. I suoi occhi erano limpidi e sinceri “Legolas vuole che vada a Gran Burrone, quando mi hai proposto di uscire ero talmente agitata che ho finito per dirti quelle parole senza pensarle. Non volevo ferirti, sai che ci tengo e che ti seguirei dappertutto, credimi” abbassò gli angoli della bocca, corrugando le sopracciglia mentre le carezzava premurosamente la mano.
 
Eowyn considerò le parole di Eldihen ricordando la scena. In effetti l’elfo l’aveva seguita dentro il corridoio con aria ansiosa, sembrava toccato dal comportamento di Eldihen più di tutti i presenti. Lo doveva ammettere, le parole dell’amica parevano  avere fondamenta. Sospirò ascoltando il rumore della pioggia. Era stanca di sopportare la situazione creatasi tra lei ed Aragorn, tanto da aver pensato male della sua amica, senza nemmeno chiederle cosa fosse successo. Chiuse gli occhi “Non voglio che tu te ne vada” confessò triste pensando ai giorni senza Eldihen. Chi l’avrebbe ascoltata? A chi si sarebbe rivolta? Tremò sentendosi svuotata come se si fosse appena spenta una luce dentro al suo cuore. Non voleva lasciarla andare. Ogni altra cosa passò in secondo piano, si spogliò dei suoi pensieri aprendo gli occhi.
 
“Ed io non voglio lasciarti” comprese perfettamente le emozioni di Eowyn guardandola in viso. Anche lei si sentì infelice, ed anche se Gimli e Merry ridevano tranquillamente, non riuscì a distrarsi, pensando a tutto ciò che aveva passato insieme ad Eowyn. Lei rappresentava molto per Eldihen, era stata la sua forza in momenti difficili. Nella sua mente si susseguirono scene bellissime: dove loro due erano le protagoniste indiscusse. I suoi occhi divennero lucidi, avvertì un groppo in gola difficile da ignorare “Ti voglio bene” la vista le si appannò completamente. Le sue parole erano vere, sentite.
 
“Anch’io” una lacrima rigò la guancia fredda di Eowyn che frettolosamente si asciugò, aprendo le braccia per stringere Eldihen “Sei un’amica speciale. Scusami per aver dubitato di te” disse appoggiando il viso sulle sue spalle.
 
Eldihen l’accarezzò abbracciandola con forza “Non ti devi scusare” disse a bassa voce avvertendo il terreno freddo.
 
“Ero molto nervosa. Aragorn…” sussurrò il nome del ramingo alle orecchie di Eldihen coprendosi le labbra con una mano. Si allontanò dalla ragazza, inginocchiandosi di fronte a lei.
 
“Ti ha detto qualcosa?” chiese l’elfa roteando gli occhi per constatare che gli altri fossero distratti.
 
“No ma è un po’ distante…. Eldihen mi fa male” ammise nascondendosi nell’incavo del collo, tra i capelli e la clavicola.
 
“Immagino ma devi andare oltre Eowyn, meglio lasciarlo perdere” parlò dolcemente accarezzandole i capelli. Avrebbe tanto voluto vederla sorridere, Eowyn meritava un uomo che l’amasse e l’apprezzasse, lei era molto speciale.
 
“Lo so che dovrei” si bloccò, sapendo che Eldihen le stava donando dei consigli preziosi e lei avrebbe dovuto seguirli per evitare di rimanerci male, ma il suo cuore non voleva proprio darle ascolto “Mi sento affievolita, come un fiore calpestato” asserì tornando seria.
 
“Eowyn” la invitò a sollevare il viso, stringendola dalle spalle “Tu sei un fiore, questo è vero, ed è normale che tu ti senta così, so che significa, ma ciò non toglie nulla alla bella persona che sei. Sei perfetta, come una mattina di pallida primavera, debole e sfrontata allo stesso tempo. Solo in pochi potranno comprendere la bellezza del tuo animo, immergendosi nei tuoi occhi, e vada come vada, se sarà Aragorn o qualunque altro uomo, io ti auguro di trovare l’amore vero, colui che saprà apprezzare la tua bellezza fino in fondo, proprio come si fa quando arriva la primavera” parlò con il cuore in mano lasciando dei lunghi brividi all’amica, che mentre l’ascoltava  piangeva commossa dalla voce di Eldihen.
 
“Grazie Eldihen” le dedicò un sorriso sincero “Augurerei lo stesso a te, ma tu ce l’hai già il vero amore” indicò con un cenno del viso Legolas che si trovava dietro le sue spalle e fissava Eldihen incantato, distogliendo lo sguardo solo per osservare la pioggia che lentamente si stava attenuando.
 
Eldihen si imbarazzò sorridendo felicemente. Sapeva bene a chi si stesse riferendo Eowyn.
 
“Ti guarda come se tu fossi una stella”
 
“Mi guarda?” domandò sorpresa.
 
Ad Eowyn uscì una risatina leggera, quella domanda non le era nuova “E’ difficile trovarlo attento quando sei nelle vicinanze”
 
Sorrisero entrambe, felici di essersi chiarite. Eowyn si sentì sollevata, l’ansia che aveva precedentemente avvertito lasciò il posto alla gioia. Era piacevole trascorrere del tempo in compagnia di Eldihen, non avrebbe mai accettato l’idea di separarsi da lei, di non poterle più parlare. No, non poteva lasciarla.
 
Rimasero dentro l’albero per un’ora, il tempo necessario perché cessasse di piovere. Aragorn sembrava energico, come se non avesse subito alcun attacco. Si rialzò da terra guardando i compagni con interesse, fino a portare i suoi occhi su Eowyn ed Eldihen. Sarebbero dovuti tornare in fretta a palazzo per evitare di far preoccupare maggiormente Eomer e re Thèoden. Poteva immaginare che avessero compreso tutto, sicuramente le guardie avevano confessato ogni cosa, ma Aragorn si augurava di tornare il prima possibile, approfittando del lieve miglioramento fuori. Non pioveva più, ed anche se il cielo era cosparso di nuvole nere era meglio prendere i cavalli  e correre verso Edoras.
 
“Prendete le vostre cose e spegnete il fuoco perché è giunto il momento di partire” si affrettò a raccogliere il mantello che aveva lasciato a terra, sotto lo sguardo indagatore di Legolas che esaminava il prato fuori con l’arco in mano.
 
“Ti senti meglio Aragorn?” domandò in cerca degli occhi dell’amico.
 
“Certo” Aragorn sorrise flebilmente, muovendosi in direzione di Merry e Gimli che lentamente si stavano rivestendo sotto le fiamme del fuoco che difficilmente avrebbero spento. In realtà il nano era riluttante all’idea di mettersi in cammino, specie col freddo che veniva da fuori, fosse stato per lui sarebbe rimasto dentro il tronco, magari si sarebbe addormentato anche, rinunciando alla cena.
 
“Forza veloci, non vorrei che incominciasse a piovere di nuovo”  anche lui sarebbe voluto rimanere fermo, sentiva dei dolori in tutto il corpo, la testa gli faceva male e la piccola ferita sulla fronte gli pulsava. Calpestò  le piccole fiamme con il piede, fino a lasciare solo la brace ardente in mezzo alla cenere. Una nuvola si alzò intossicando Merry che rimasto vicino alla fonte di calore dovette chiudere gli occhi pieni di lacrime.
 
“Ehi, mi è arrivata in faccia” tossì, coprendosi la bocca con un pugno.
 
“Forza Merry” Aragorn gli diede una pacca sulle spalle allontanandolo dal punto in cui si trovava. Si voltò infine verso le ragazze, mostrando la sua espressione seria. Tamburellò le dita sulle gambe, era nervoso e più osservava il cielo farsi sempre più scuro, più sentiva la voglia di prendere i cavalli ed allontanarsi da  quella boscaglia “Signore, vi prego di fare uno sforzo ed alzarvi… a palazzo saranno sconcertati, manchiamo da un po’” piegò il volto per guardare Eowyn. La donna ricambiò il suo sguardo, era più forte di lei, Aragorn le smuoveva sensazioni bellissime, non era in grado di rimanere indifferente. Non ci sarebbe riuscita neanche sforzandosi.
 
“Andiamo Eowyn” Eldihen comprendendo appieno la preoccupazione di Aragorn, si rialzò velocemente ricomponendosi. Dovevano ritornare in modo che lui riposasse e abbassasse la guardia, aveva bisogno di tranquillità. Anche se si mostrava forte aveva avuto un brutto incidente, soltanto Eldihen sapeva ciò che aveva passato, non era stato bello vederlo steso a terra privo di sensi. A quel pensiero divenne triste. Schiuse la bocca respirando profondamente. Guardò Aragorn intimorita, chiedendosi delle sue reali condizioni. Ad ora vedeva solo una maschera di forza, ma sapeva bene che prima o poi sarebbe crollato anche lui, sapeva bene che stava soffrendo per Eowyn e che rimpiangeva i momenti persi con Arwen. Si chiese cos’avrebbe dovuto fare ed Aragorn intuendo i suoi tormenti le offrì uno sguardo carico di determinazione che riuscì a rincuorarla.
 
Ripresero i proprio oggetti. Gimli sistemò la sua armatura, tornando ad indossare il suo elmo e ad impugnare la sua ascia. Merry svelto riprese le cose sparse a terra, riponendoli nel suo zainetto, sbadigliò fino a sentire le lacrime agli occhi, era stanco ed affamato. Anche Eldihen ed Eowyn raggiunsero i loro compagni, pronti ad andarsene.
 
Il vento gelido costrinse Aragorn a coprirsi, dovette calarsi il cappuccio sulla testa prima di raggiungere l’esterno sotto gli occhi di Legolas e degli altri ragazzi che lo imitarono piombando nella buia radura, immersa dalla nebbia.
 
“Merry rimani vicino a me, cavalcheremo insieme” Eowyn trattene lo hobbit dall’avambraccio, assicurandosi che lui si voltasse per mostrargli la sua espressione affettuosa. Si stava affezionando al suo piccolo ospite, ed anche se quel pomeriggio l’aveva trascinato in quel posto, lo avrebbe portato indietro assicurandosi che tornasse a casa sano e salvo.
 
Aragorn sorrise fermandosi sulla radice di un albero lì vicino. Lanciò uno sguardo a Gimli che aveva iniziato a sbraitare  parole in Khuzdul, coprendosi col mantello come se fosse una coperta. La sua barba si gonfiò a causa dell’umidità, superò goffamente Legolas minacciandolo quando lo vide sorridere. Eldihen si trovava dietro Eowyn, appoggiata all’uscita della piccola cavità in legno. Il rumore dei ramoscelli spezzati sotto i piedi dei suoi compagni la deconcentrò dalle sue incertezze. Seguiva distrattamente il discorso di Merry, vedendolo avanzare verso il prato in compagnia della donna.
 
“Andiamo principino non hai sentito Aragorn!” spazientito il nano alzò la punta arrossata del suo naso. In realtà voleva sbrigarsi per raggiungere in fretta il suo letto caldo ed ammirare prima di dormire i capelli biondi di Galadriel. Ormai era un rito giornaliero, lo faceva sempre appena sveglio e prima di chiudere gli occhi.
 
“Gimli se per te va bene vorrei che Eldihen venisse insieme a me a cavallo” proferì serio in modo che il ramingo ascoltasse. Aragorn che fino a quel momento aveva osservato Eowyn e Merry, si voltò per annuire alla richiesta di Legolas. Non aveva nulla in contrario, poteva immaginare che l’elfo volesse stare un po’ con Eldihen, specie dopo il suo incidente.
 
“E va bene me ne farò una ragione, basta che ti muovi perché ho freddo e voglio tornare a palazzo” Tremò posando il suo piede su una grossa radice.
 
“Va con Aragorn” sorrise flebilmente vedendolo avvicinarsi al suo amico.
 
Eldihen si appoggiò totalmente al tronco per ammirare il corpo di Legolas, fino a fermarsi a guardare il suo viso. Doveva ammettere che era felice all’idea di cavalcare insieme a lui. Rimase in silenzio a fissarlo, anche dopo che i suoi amici li avevano lasciati indietro, senza preoccuparsi di raggiungerli o di avvicinarsi a Legolas, infondo le piaceva guardarlo e da quella postazione riusciva a fissarlo come preferiva.
 
“Che faccia seria” commentò Legolas incurvando gli angoli della bocca, lisciò il suo arco, muovendo dei passi verso lei. Si fermò su una spessa radice, abbassò il viso per incontrare i suoi occhi che erano tornati brillanti.
 
“Stavo pensando” ammise vedendolo sorridere incuriosito.
 
“A cosa?” curvò il viso ed i suoi capelli si posarono sul petto. Sembrava una statua, perfetta, senza difetti. L’armatura sulle spalle lo rendeva più muscoloso, suscitando un lieve formicolio al petto dell’elfa che lo contemplava, perdendosi nei dettagli che più amava di Legolas.
 
“A quanto io sia stata brava a salvare Aragorn” non volendo donargli alcuna soddisfazione Eldihen aprì fiera le spalle strizzandogli l’occhio, con un sorriso dipinto sulle labbra. Si avvicinò a lui timorosa, studiando il laccio sulla cintura di cuoio marrone.
 
“Sei stata fortunata” disse con tono irrisorio, provocando l’ira della ragazza che divenne rossa come un peperone.
 
“Brava, volevi dire brava, vero Legolas?” schioccò la lingua mutando espressione, le sue mani scesero sui fianchi, si portò in avanti con il busto, fino a sfiorare la veste dell’elfo.
 
Particolarmente divertito dal suo sguardo intimidatorio, se così si poteva definire, Legolas curvò maggiormente gli angoli della bocca, dedicandole un sorriso soddisfatto e divertito e, prima che lei potesse giudicarlo, si chinò per raggiungere con le labbra la sua fronte liscia. Adagiò la mano dietro la sua nuca, avvicinandola alla sua bocca, fino a sentire sotto le labbra la pelle calda della fanciulla. La baciò dolcemente, vendendola meno tesa, addolcita da quel gesto inaspettato.
 
Eldihen si appoggiò inevitabilmente sul torace di Legolas, chiudendo le palpebre per evitare che i capelli di lui gli entrassero negli occhi. Il profumo di quercia che lo contraddistingueva fece riaffiorare nella sua mente scene bellissime, indimenticabili. Sollevò le ciglia, contemplando ammaliata la pelle dell’elfo.
 
“Dai, continua a fare la brava e vieni con me” addentrò una mano tra i capelli sottili, spostandosi quel poco che bastava per guardarla in viso.
 
“Sono sempre brava” era felice insieme a lui, innamorata del suo carattere serio e dolce allo stesso tempo, consapevole di vivere la parte più intima di Legolas, quella che non faceva vedere ad altri. Con lei l’elfo era disarmato, non il guerriero letale che si presentava nel campo di battaglia, ma semplicemente l’elfo amichevole e saggio che si preoccupava degli altri più di se stesso. Eldihen amava la sua voce limpida, i suoi occhi. Alzò le palpebre lanciandogli uno sguardo pieno di sentimento che Legolas interpretò senza problemi,  passando la mano sulla sua spalla, per risponderle allo stesso modo.
 
Partirono sotto il cielo tempestoso. Arod era un ottimo cavallo da corsa, non che gli altri fossero da meno, ma Legolas sapeva gestirlo bene  facendolo muovere su sentieri irti e pericolosi. Aragorn e Gimli si trovavano dietro lui, mentre la dama bianca di Rohan galoppava a suo fianco, sembrava un’immagine dipinta su tela mentre stringeva il piccolo Merry, i suoi capelli ondeggiavano al vento come spighe di grano dorate. Eldihen la guardò stringendo le mani intorno al busto di Legolas per evitare di cadere a terra tra le pietre. Mentre si avvicinava a sentieri che riconobbe attigui ad Edoras, si chiese in che modo dovesse introdurre a Legolas le parole che Gandalf le aveva lasciato, di certo l’elfo non sarebbe stato felice di quella lettera, ma Eldihen lo avrebbe convito a cambiare idea sia sulla sua posizione, che sulla partenza verso Imladris. Rincuorata dai nuovi buoni propositi attese di raggiungere il palazzo, stringendosi di più a Legolas quando lui posò una mano sulle sue, assicurando meglio la sua presa sulla sua pancia.
 
 
 
 
Entrata in camera Eldihen gettò la spada sotto il letto, in modo che nessuno la notasse, si rialzò trattenendo con le dita due ciocche di capelli scuri. Si voltò per osservare la porta schiusa, intravedendo il tappeto rosso a terra. Da lì sarebbe entrato Legolas. Avevano parlato e lui le aveva detto di aspettarlo, giusto il tempo di discutere con Eomer e Aragorn e l’avrebbe raggiunta per parlare di un argomento abbastanza serio.
 
Sospirò pensando a cosa dovesse dirle,  non poteva trattarsi di Gran Burrone visto che avevano perso una mattinata a discutere. Si sedette sul letto adagiando le mani sulle coperte. Solo in quel momento si accorse del segno sulla mano e, completamente stupita si toccò, chiedendosi come mai adesso si era espanso. Strappò un lembo di lenzuolo per fasciarsi la pelle. Doveva stare attenta per non allarmare il suo elfo. Si sarebbe occupata in un secondo momento della mano. Abbassò la testa ed i capelli caddero disordinatamente sul materasso, serrò le palpebre respirando profondamente. Doveva rimanere serena ed approfittare del momento insieme. Era esausta e troppo impensierita per dar peso ad una macchia, anche se adesso iniziava a darle problemi.
 
Morse il labbro inferiore facendo pressione con i denti. Guardò nuovamente l’entrata della camera, richiamando con la mente Legolas -Muoviti a venire- ripeteva in cuor suo insistentemente, per poi gettarsi sul materasso. Finì per osservare il soffitto e perse la cognizione del tempo, con le mani sui fianchi ed i piedi dondolanti che si muovevano ritmicamente per ingannare l’attesa.
 
“Vuoi riposare?”
 
Udì la voce di Legolas, limpida in quella camera silenziosa, proveniva dal corridoio. Si rialzò velocemente dal letto rimettendosi seduta, con un espressione piacevolmente meravigliata.
 
“Magari più tardi. Entra” lo guardò mentre richiudeva la porta. Sciolse il nodo che tratteneva la faretra e l’arco dietro la schiena, appoggiò i due oggetti sull’armadio, volgendo il suo sguardo completamente ad Eldihen.
 
“Immaginerai di cosa ti voglia parlare” disse con tono pacato appoggiandosi ad un’anta dell’armadio, con le braccia incrociate e le gambe chiuse. La luce proveniente dalla finestra illuminò le sue labbra sottili e il torace rigido che sembrava essere duro come la pietra. Le tenebre della stanza calarono sulle sue iridi, senza però spegnere la luce che li caratterizzava, conferendogli un’aurea nuova, misteriosa, irresistibile per Eldihen che lo fissava, pensando a quanto fosse affascinante, tremendamente affascinante. Eldihen gli era proprio di fronte, seduta sul letto con le gambe accavallate la mano ferma su una coscia.
 
“Spero proprio di sbagliarmi, ma credo di sì”rispose con una tranquillità che non le apparteneva, intuendo che il discorso non le sarebbe piaciuto. Non si scompose, rimase sul letto a fissarlo, sostenendo il suo sguardo indagatore e il volto impassibile.
 
 “Abbiamo già parlato, ma penso sia doveroso informarti della partenza che sarà a breve Eldihen. Mi sono occupato di tutto” entrò nel cuore dell’argomento senza tanti giri di parole. Rimase inerme a fissare gli occhi sgranati di lei, captando immediatamente una nota di fastidio.
 
Le sue labbra si incresparono senza che lo volesse, come se fosse stata ferita all’improvviso da qualcosa di pungente e sconosciuto. Non riuscì a mascherare il suo fastidio e lo stupore provato. Si sforzò a rimanere seduta, frenando le parole che volevano uscire dalla sua bocca. Non poteva perdere il controllo, non era saggio “Ti sei occupato di tutto” ripeté sconcertata.
 
“Non voglio che tu corra rischi” cercò di mostrarsi autorevole, anche se la preoccupazione che nutriva era palpabile, traspariva dagli occhi aperti e dall’espressione rigida.
 
“Quindi è inutile che io parli, qualsiasi cosa abbia da dire. Ormai è deciso. Hai deciso di farmi andare via. Va bene, vuoi sentirti dire questo… spero di renderti felice mio principe, perché è solo fiato sprecato il mio” scattò in piedi come scottata. Per smorzare il nervosismo lisciò i capelli con forza, spostando i due i ciuffi dietro le orecchie. Non si mosse per raggiungerlo, anche se lui si allontanò dall’armadio con l’intento di avvicinarsi. Eldihen si voltò indignata appoggiando il ginocchio sul materasso “E credimi che io capisco le tue preoccupazioni, ma tu non immagini come mi stia sentendo. Tu non vuoi saperne delle mie paure, di cosa penso… non ti sei chiesto se io me la senta di andare o se quando ti dico che voglio rimanere è perché so di farcela. E’ perché non mi va più di scappare. Ce la faccio… arrivati ad un certo punto, dopo tutto quello che ho passato ti assicuro che non è la guerra a mettermi paura e sarei anche disposta a stare qua, non per capriccio, ma perché io voglio rimanere accanto alle persone che amo. Ecco perché voglio rimanere” si voltò quando lui sfiorò la sua spalla, facendogli ritrarre la mano. Rimase immobile davanti al suo viso serio. Sembrava che stesse meditando sulle parole di Eldihen. Si guardarono intensamente parlando con lo sguardo.
 
“Credo che tu non sopporteresti la brutalità della guerra” abbassò i suoi occhi  sull’incavo del collo, soffermandosi sulle ossa che spuntavano dalla pelle. Era rigida.
 
“Ci sono stati bambini che hanno combattuto al Fosso di Helm” alzò un dito stizzita riducendo gli occhi a fessura. Non riuscì a digerire le parole dell’elfo e quel suo sguardo austero, niente e nessuno in quel momento avrebbe potuto scalfirlo. Era zelante.
 
“Anche loro non erano pronti Eldihen. Ascoltami, lascia che io ti raggiunga, aspettami ad Imladris, ti assicuro che re Elrond ti accoglierà come una figlia, ed anche se non ci sarà la tua famiglia, godrai di ogni beneficio, fidati di me” era deciso e fiducioso. La trattenne dal polso facendole intuire tutta la sua preoccupazione. Non voleva perderla, non voleva rischiare di lasciarla ad Edoras e vivere con la paura di non rivederla. Aveva smosso cielo e terra per garantirle un posto sicuro, in cui lei potesse trascorrere giorni tranquilli, anche in guerra, lontano dalla morte e dalla sofferenza.
 
“Verrai con me?” domandò puntando gli occhi dentro quelli di Legolas. Era rigida ed incuriosita dalla sua reazione.
 
“Ti raggiungerò dopo la guerra”
 
“Ed allora io non me ne andrò. Perché dovrei lasciare tutto quando tu combatti in prima linea per la salvezza di questa terra e per me? Io non scapperò più Legolas” mosse la testa “Non stavolta”
 
“E’ diversa la situazione Eldihen, io so combattere” non voleva impuntarsi o sbatterle in faccia una realtà scomoda, ma non aveva alternativa, era difficile discuterne specie con lei, ma non avrebbe ottenuto nulla se non le avesse aperto gli occhi.
 
“Anche io me la cavo” trattenne la sua irritazione alzando le palpebre.
 
“Solo perché hai ucciso due orchi non vuol dire che tu sappia combattere” dovette mostrarsi autorevole sia con le parole che con lo sguardo.
 
“Meglio di nulla” riabbatté lei sciogliendo le braccia.
 
Legolas agitò leggermente il capo, conscio che lei non si sarebbe arresa tanto facilmente. La guardò e per un attimo, la vide esitare, ma il suo sguardo divenne subito fermo come poco prima. Sapeva che Eldihen era innamorata e si era molto affezionata a tutti, ma non l’avrebbe lasciata fare quel che voleva. Radunò la forza necessaria per spiazzarla, rialzando velocemente le palpebre, congelandola con il suo sguardo sicuro, privo di incertezza. L’amore che nutriva lo nascose nel suo cuore, per evitare di lasciarsi trascinare dal sentimento. Non poteva o lei avrebbe vinto in partenza, era necessario mantenere una certa autorità  “Colpiscimi Eldihen” disse con voce atona, alzando il mento per guardarla con sicurezza.
 
“Che stai dicendo?” La fanciulla rimase spiazzata da quella richiesta, non riusciva a seguirlo.
 
“Non importa. Ti ho detto di colpirmi” tornò più serio, osservando le sopracciglia di lei incurvate a causa dello stupore.
 
“Io non posso colpirti” tremò leggermente vedendo la sua espressione rigida e le sue spalle ben aperte. Deglutì respirando velocemente, ma cos’aveva intenzione di fare.
 
“Fallo perché io sono curioso di vedere come combatti. Considerala un’esercitazione. Se vuoi rimanere questa è la tua occasione per dimostrarmi che sbaglio, che sei in grado di difenderti” si allontanò di qualche centimetro, fermandosi sul margine del tappeto in pelliccia, con i pugni stretti ai lati dei fianchi, il torace disteso, pronto ad incassare i colpi di Eldihen “Forza!”
 
“E va bene” la ragazza esitò prima di attaccarlo. In realtà non credeva alle parole di Legolas, era palese che lui volesse intimorirla. Non demorse ed accettò la sfida anche se con molto timore. Rialzò il viso e strinse un pugno, insicura se sferrarlo o rimanere ferma. Lo guardò e sentì le dita sciogliersi, dovette chiudere le palpebre perché vederlo davanti a sé non l’aiutava, non che la situazione migliorò.
 
“Sto aspettando” la incitò lui comprendendo le sue difficoltà.
 
L’elfa alzò ed abbassò le dita freneticamente, aprendo le palpebre per guardarlo. Lo accontentò allungando una gamba per caricargli un pugno sullo sterno. Sapeva che il colpo era debole e che le tremavano le gambe, infatti senza alcuna difficoltà, Legolas si limitò a bloccarla con decisione dal polso, spingendola verso di sé.
 
“Riprova e stavolta impegnati” disse lasciandole il braccio.
 
Seguì  le parole dell’arciere, ripiegando le maniche del vestito. Mise tutta la forza necessaria stringendo un pugno, corse verso di lui con i denti stretti per poi sferrare il colpo con energia, proprio sullo stesso punto di prima. Aveva messo più forza, mostrandosi seria, ma ugualmente Legolas la bloccò dal polso, facendola girare su se stessa, fino a bloccarla con la schiena e piegarla un po’. La trattenne saldamente, senza esitazione, nemmeno quando lei piegata iniziò a respirare con fatica “Troppo lenta. Riprova ancora” la lasciò ed Eldihen prima di drizzare le spalle dovette respirare profondamente. Si voltò per colpirlo di nuovo ma venne bloccata e con la mano libera riuscì a tirargli un pugno su un braccio, anche se non era un colpo forte, anzi. Non era intenzionata a fargli del male, anche se Legolas a differenza sua pareva aver preso la cosa seriamente, infatti non aveva perso tempo a stringerle la vita, insieme al braccio sinistro. La guardò negli occhi vedendola storcere il naso mentre con fatica cercava di spingerlo con una mano “Eldihen non devi farti scrupoli, colpiscimi” alzò di poco la voce, sorprendendola.
 
“Io non voglio colpirti” il problema era proprio quello, non riusciva a fargli del male, non si stava impegnando abbastanza.
 
“Ti assicuro che non troverai alcuna pietà… dimostrami che sei in grado di affrontare un’aggressione, colpiscimi come si deve!” fece una leggera pressione con la mano che la teneva bloccata contro il suo petto, vedendola contorcere.  
 
Eldihen si dimenò aprendo un solo occhio “E va bene, lasciami ci riprovo”
 
Legolas annuì, allontanando il suo braccio. Eldihen indietreggiò sospirando, morse le labbra, risucchiandole, fino a sentire sulla lingua il sapore del sangue. Innervosita sbatté le ciglia, conficcando le unghie sul palmo della mano,tirò il bracciò per caricare il colpo, scagliandosi con forza contro Legolas.
 
L’elfo allungò un braccio, intrappolando nella mano il pugno di Eldihen che non dandosi per vinta lo colpì con l’altra mano senza successo. Legolas la fermò facendola gemere a causa della stretta, ed anche se Eldihen riuscì a sferragli un colpo con il capo, ciò non l’aiuto a migliorare la situazione. Legolas la piegò fino a farle toccare il pavimento, stringendole entrambi i polsi con una mano. Era riuscito a farle allungare le braccia, stringendole le gambe tra le sue, in modo da impedirgli qualsiasi movimento.
 
“Ti senti soddisfatto?” chiuse gli occhi sentendosi schiacciata al pavimento dal corpo di Legolas, che l’aveva completamente immobilizzata. Non riuscì a capire se era più arrabbiata o ferita, ma quando lui le dedicò una lunga occhiata inquieta Eldihen vacillò, entrando in confusione.
 
“Mi hai costretto” allentò la presa sui polsi sollevandosi dal suo corpo “voglio che tu accetti questa realtà e che capisca: sto agendo per il tuo bene” le tese la mano, ma Eldihen rifiutò il suo aiuto, sfruttando le sue stesse mani, per rimettersi in piedi.
 
“Lo so che non so combattere e che probabilmente questo pomeriggio ho avuto fortuna. Sono riuscita ad uccidere due orchi, me ne rendo conto anch’io che non è una gran cosa, ma non capisco perché mi hai chiesto di colpirti, so che sei molto più forte di me”
 
“Se io fossi un nemico, tu non saresti viva. Era per fartelo capire” sperò che lei se ne rendesse conto e che accettasse il suo limite senza intestardirsi a rimanere
 
“Io volevo stare qui per te e per i miei amici” affermò senza mostrarsi triste o in lacrime. Si alzò dal pavimento guardandolo dritto negli occhi.
 
“Lo so” le appoggiò una mano sulla spalla attento ad osservare i suoi occhi impensieriti “Presto staremo insieme. Vedrai che a Gran Burrone non ti mancherà nulla, avrai tutto quello che desideri” sarebbe voluta essere una consolazione la frase di Legolas, ma Eldihen non riuscì a rallegrarsi.
 
“Mio padre è un carpentiere, non mi ha fatto mancare nulla ma non sono stata viziata da lui. Non ho bisogno di niente Legolas” asserì pacatamente “Volevo solo te” detto ciò si allontanò da lui, da quella stanza fredda sentendo le pareti rimpicciolirsi intorno a lei. Raggiunse rapidamente la porta, pronta a lasciarlo per rimanere un attimo da sola a riflettere.
 
“Tu mi hai Eldihen”
 
Lo guardò di sottecchi per poi lasciarlo, scomparendo nel corridoio.

 

 
 
I giorni seguenti a quell’episodio Eldihen rimase con Legolas senza però mostrarsi ferita o arrabbiata. Stava escogitando un piano per non partire. Si era anche confrontata con Eowyn, senza però trovare una degna soluzione. Le sembrò inutile agire, non sapeva nemmeno cos’aveva architettato l’elfo e non aveva chiesto nulla facendo finta che l’argomento non le interessasse per non destare sospetti, o quelle poche idee che aveva avuto sarebbero crollate come un castello di sabbia.
 
Le giornate a palazzo erano tranquille per tutti anche se Aragorn era smanioso di correre in aiuto di Gondor, infatti dopo mezzodì lasciava la sala del trono come di consuetudine per fumare davanti alle stalle, lanciando occhiate colme di preoccupazione alle montagne, in attesa che si accendessero i fuochi.
 
Adesso Eldihen si trovava con Gimli, seduta su una panca armata di pettine e spazzola. Era tutta presa a sciogliere i nodi dalla massa di capelli del suo compagno nano, nascondendosi dietro ad una spessa colonna, per non farsi vedere, proprio come desiderava lui.
 
 
“Hai le mani pesanti” sentì un dolore allucinante ad ogni pettinata, anche se Eldihen lisciava i capelli con dell’olio prima di sciogliere i nodi.
 
“Menomale che ho insistito, sono tutti spettinati e aggrovigliati, sembra che tu abbia litigato con cinque gatti affamati” disse concentrata a sciogliere un piccolissimo nodo infondo alle punte.
 
“In realtà ho combattuto contro diecimila orchi arrabbiati e ripugnanti. Mh” se ne uscì sostenendosi alla fedele ascia che non aveva abbandonato neppure in quel momento “Solitamente non lascio toccare i miei capelli a nessuno, specie ad un elfo, dovresti sentirti onorata” la sua voce era roca ed i suoi occhi calorosi come sempre.
 
“Ma io sono un’elfa speciale” Eldihen sogghignò stringendo il pettine in legno con gli occhi brillanti.
 
“Sembri tu una gatta con quella faccia. Tra un po’ fai le fusa” scherzosamente Gimli allargò un sorriso che Eldihen apprezzò, soffermandosi sulle guancie piene e rosate. Afferrò il pettine e continuò a sistemare i capelli dell’amico, stando attenta a non tirare le ciocche ramate.
 
“Ahi. Cerca di essere più delicata” si lamentò.
 
“Ah maschi… si lamentano per tutto” posò il pettine per estrarre dall’ampolla sul tavolo una goccia di olio “Io sembrerò una gatta ma tu sei un  gattone, e non devo nemmeno farti le trecce”
 
“Già è tanto se ti ho lasciato pettinarli”
 
“Va bene, rimanderemo le trecce al giorno del tuo matrimonio, magari mi darai i capelli di Lady Galadriel e ti farò un’acconciatura bellissima” proferì sorridendo con le ciocche di Gimli tra le dita.
 
“Ancora con i capelli di Galadriel, ma chi me l’ha detto di raccontarti i quella storia? Sei una maldestra” si lamentò mettendo il broncio “Vai a fare le treccine al tuo principino dalle orecchie a punta, così il giorno del vostro matrimonio se li scioglierà ed avrà i capelli a boccoli. Almeno ci togliamo la soddisfazione di vederlo con i capelli acconciati”
 
Eldihen si tirò indietro, scoppiando a ridere, immaginando Legolas con i capelli mossi “In realtà lo preferisco con i capelli lisci”
 
“Non hai gusto, i miei capelli sono i migliori”
 
“Mi dispiace, ma bello come il mio Legolas non c’è nessuno” concluse scherzosamente con quella battuta, continuando a sistemare Gimli, fino ad ordinare la sua chioma, anche se era convinta che quel lavoro non sarebbe durato molto, sicuramente si sarebbero gonfiati con un po’ di umidità.
 
Il corridoio si era affollato. Le domestiche stavano spostando delle sedie, occupandosi del fuoco acceso in mezzo alla stanza. Da lì spuntò Legolas con un aria severa. Eldihen se ne rese subito conto, allungando il collo in sua direzione. Camminava svelto, ricercando qualcuno con gli occhi. I lineamenti del suo viso erano cupi, ed anche le sue movenze erano strane, tanto da far preoccupare la ragazza che, quando incrociò il suo sguardo agitò il viso, socchiudendo gli occhi confusa, come a volergli chiedere cosa stesse accadendo.
 
Anche Gimli si rese presto conto dell’agitazione di Legolas e quando lui girò intorno alla colonna per raggiungere il loro tavolo, afferrò con le mani le spazzole e le ampolle, gettandole sotto la panca. Non voleva farsi vedere o l’amico l’avrebbe deriso, ma presto si accorse che l’elfo non era di buon umore. Rimase impalato a guardarlo, mentre lui si avvicinava frettolosamente ad Eldihen.
 
“Amore, ma che succede?” Eldihen si alzò dal tavolo molto sorpresa di incontrare lo sguardo allarmato di Legolas.
 
L’arciere si fermò di fronte a lei, con la mascella serrata ed un’espressione nervosa “Eldihen” abbassò il capo lasciando la ragazza in ansia. Aveva pronunciato il suo nome con un tono così grave che l’elfa sentì i battiti del suo cuore accelerare.
 
“E’ successo qualcosa?” per tranquillizzarlo sfiorò il dorso della sua mano ricercando i suoi occhi per tornare serena, sperando di comprenderlo anche se le era difficile.
 
“Non voglio agitarti, ma ho scoperto una cosa che non ti farà piacere” non sapendo da dove iniziare le anticipò con quella frase un discorso parecchio delicato, che lo aveva toccato profondamente, facendogli perdere il controllo. Era ancora scosso. Prima di raggiungere la ragazza si era anche sfogato, rimanendo solo fuori dal palazzo. Aragorn aveva cercato di tranquillizzarlo senza successo, infatti aveva lanciato un colpo ad una porta dentro la stalla, distruggendola completamente. Soltanto gli occhi della ragazza sembravano fargli un certo effetto, ma la collera non l’abbandonò completamente.
 
“Ti prego parlami perché mi sto sentendo male” tremò ed agitata si portò una mano in fronte sentendo dietro di lei i passi di Gimli che le aveva toccato un braccio allarmato, quasi a volerla tranquillizzare a modo suo.
 
“No, devi stare serena” Legolas appena vide la paura dentro lo sguardo perplesso di Eldihen mise in secondo piano la sua frustrazione, dedicando ogni sorta di attenzione alla fanciulla: le posò una mano sulla spalla, scendendo lentamente sul braccio, fino a stringerle la mano, sempre con gli occhi vigili, non perdendosi i cambiamenti sul suo viso. Decise di parlarle una volta che lei si tranquillizzò sotto le sue carezze, anche i suoi occhi sembravano scongiurarlo di esporre l’argomento senza tanti giri di parole e forse era la cosa migliore da fare. Non avrebbe potuto addolcirla più di tanto “Ho scoperto che l’attacco degli orchi che ti ha separata dal gruppo è stata architettato da Nihil” confessò con quanta più calma possibile stringendole le dita. Osservò Eldihen, e si stupì vedendola sorpresa ma stranamente tranquilla, come se la cosa non la sfiorasse, anzi, ad uno sguardo più attento sembrava che lei avesse già sentito quella notizia ed anche se si sforzò di fingersi meravigliata, Legolas comprese subito la sua farsa. Era praticamente impossibile non notarlo, la conosceva bene ed era abile a notare determinati comportamenti.
 
“Sul serio? E chi te l’ha detto?” Eldihen lanciò uno sguardo a Gimli che in tutta risposta agitò il capo facendole intendere che non era stato lui a parlare.
 
“Voi due lo sapevate!” allontanò immediatamente la sua mano dalla ragazza, lasciandole ricadere. Sentì la collera salire, fino a percepire una morsa di irritazione sulla bocca dello stomaco. Un pensiero si fece largo nella sua mente, seguito da altri mille. Non parlò ma i suoi occhi lo fecero a posto suo, esibendo tutto il nervosismo che celava dietro le pupille misto alla delusione. Non poteva crederci, Eldihen gli aveva taciuto una simile storia ed aveva anche avuto l’ardire di difendere Nihil in quei giorni, coscia del male che aveva fatto a lei e alla sua gente.
 
“Io…” rimase senza parole, non era brava a mentire, non lo era mai stata. Spalancò la bocca riflettendo sulle parole da dire a Legolas, anche se l’elfo già irritato di suo indietreggiò, con gli occhi ridotti a fessura.
 
“Meglio che me ne vada” sentì il sangue ribollire dentro le vene, respirò velocemente, trattenendosi per non  dare di matto. Era molto teso dalla notizia ma scoprire che Eldihen conosceva ogni cosa prima di lui lo mandò in escandescenza. Perché continuava a non fidarsi?
 
“Legolas” allungò un braccio ma l’elfo si girò allontanandosi da lei, senza preoccuparsi.
 
I suoi occhi erano assenti. Ad Eldihen sembrò rivedere gli stessi occhi di quando avevano litigato per l’arco e tremò, pensando di averlo perso.
 
 
Note autrice:
Ok oggi ho aggiornato, anche se  tardi… scusate l’attesa e il ritardo… non sono riuscita a rispondere alle vostre rec -.- ma lo farò immediatamente, siete fantastiche e non finirò mai di ringraziarvi.
Riguardo gli aggiornamenti: sempre sabato. Sperando di aggiornare presto! Un bacione

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Capitolo 19 ***


Capitolo 19
 
Era difficile mantenere il passo di Legolas, Eldihen alzò la gonna per rincorrerlo, evitando lo sguardo delle guardie che la fissavano e delle domestiche pettegole che si erano riunite per criticarla. Imboccò il corridoio, sentendosi il cuore in gola, mentre davanti ai suoi occhi i quadri appesi al muro parevano delle fittizie immaginazioni, non spostò il viso per guardare le camere, né il sole che filtrava dalle finestre in alto. I suoi occhi si erano bloccati sulle spalle di Legolas e sui capelli biondi. In realtà non camminava velocemente, ma Eldihen era troppo agitata per rendersene conto.
 
“Legolas” disse vedendolo entrare nella camera che lo aveva ospitato da quando era giunto a Rohan. Entrò a ruota anche lei, richiudendosi la porta dietro le spalle. Serrò i denti ascoltando il rumore assordante del legno che graffiava contro il pavimento. Scrutò le spalle dell’elfo che si era fermato vicino ad una sedia “Fammi spiegare” disse respirando velocemente, sentiva la bocca asciutta.
 
“Siamo alle solite” Legolas si girò mostrandosi severo. I suoi occhi racchiudevano tutto il risentimento che provava. Era esausto e parecchio irritato, non avrebbe voluto litigare, ma non poteva ignorare il comportamento di Eldihen “Sapevi di Nihil e non me l’hai detto, anzi, lo difendevi… in questi giorni mi hai persino chiesto se fossi disposto a perdonarlo, sapendo  che lui è stato l’autore del massacro che ti ha allontanata da Valinor, facendoti fuggire sotto gli alberi. Saresti potuta morire, anzi ha cercato più di una volta di ucciderti, usandoti, e tu continui a difenderlo” parlò con sdegno, guardandola mentre lei negava con un cenno di capo, sussurrando parole a bassa voce. Si bloccò per fissare un punto impreciso a terra, giusto per riprendere un po’ di calma.
 
“In realtà non è come pensi. Se io l’ho difeso c’è una ragione Legolas e so che può sembrarti assurdo” osò muovere qualche passo nella sua direzione, fermandosi ad un metro da lui, sotto il suo sguardo tagliente. Si sentì nuda davanti ai suoi occhi che parevano toccarla, leggerle dentro. Non riuscì a sostenere il suo sguardo.
 
“Sono in attesa di conoscere le tue motivazioni” cercò di mantenere un tono di voce basso, ma l’aria in quella stanza era troppo pesante e ciò peggiorò la situazione.
 
“Vedi… quando mi hai trovata dentro la stalla l’altro giorno io…” alzò una mano in direzione della porta, bloccandosi prima di continuare, anche se si accorse di aver acceso la curiosità dell’elfo “Io ho avuto una sorta di visione su Nihil. Può sembrarti strano, ma la spada che mi ha dato Gandalf mi ha mostrato il suo passato e l’ho visto da piccolo quando ha appreso della morte di sua madre, poi ho visto la morte di suo padre, percependo in cuor mio il suo dolore, mi sono intenerita e…”
 
 
“E non mi hai detto nulla. Il problema è questo: Tu non parli Eldihen, ti chiudi in te stessa o eviti di raccontarmi cose importanti, non capisco. Perché lo fai? Non hai fiducia in me? Hai paura di affrontare i problemi? Questo è un tuo grosso difetto e più cerco di esserti accanto, più noto che tu mi nascondi cose del genere” bruciò la distanza parlando velocemente, con una nota di saggezza nel voce, osservandola mentre schiudeva le labbra per ribattere.
 
“Io mi fido di te, non dubitarne. Hai ragione, ho sbagliato a non parlartene” deglutì, sospirando pesatamente.
 
“Sono argomenti molto importanti quelli che hai nascosto”
 
“Lo so”
 
“In questo momento non nego di essere parecchio infastidito. Tu quando mi hai chiesto di perdonarlo sapevi che Nihil aveva ordinato agli orchi di uccidere la nostra gente?” chiese con un filo di voce, sperando con tutto se stesso di ricevere una risposta negativa.
 
“Io ho visto la sua sofferenza e mi sono lasciata trasportare” cercò di rielaborare gli eventi, sentiva l’agitazione annodarsi dentro al petto, come una serpe aggrovigliata intorno alla sua preda. Non lo guardò in faccia, era tesa, neppure ad Isengard aveva nutrito dei sentimenti così cupi come in quel momento. Le mancava l’aria ed il pensiero di perdere Legolas la lasciò senza forza.
 
“Rispondi alla mia domanda: lo sapevi?” chiese sollevandole il mento con un dito, in modo che lei non potesse evitare i suoi occhi.
 
“Lo sapevo”disse scoraggiata, consapevole che era inutile infangare la verità “Ma come ti ho detto quella visione mi ha destabilizzata io…”
 
“Da quanto tempo lo sapevi?” continuò con decisione, serio come non lo era mai stato in quell’avventura, ansioso di conoscere ogni dettaglio.
 
“Da molto tempo… da quando mi ha rapita. L’ho saputo ad Isengard” ammise vedendo gli occhi di Legolas distanti. Lo stesso sguardo che gli aveva lanciato quando lei aveva tentato di rubargli l’arco. Gli stessi occhi delusi. La stessa espressione ferita. Lo stesso distacco. Ad Eldihen si congelò il cuore in petto, sentì un brivido dentro le ossa raggelarle il sangue.
 
Legolas respirò pesantemente, annuendo con il capo, dopo aver riflettuto sulle parole della ragazza, giungendo senza tanti problemi alle sue conclusioni, anche se affrettate e dettate dall’ira, che stranamente riuscì a trattenere. Si girò, abbassando lo sguardo sul pavimento, sulle coperte a terra, raggiungendo impassibile la sedia che gli era vicino. Desiderò che quello che aveva ascoltato non fosse vero. Non poteva essere vero, si sentì deluso, ferito nell’orgoglio e disprezzato. Se Eldihen non gli aveva parlato c’era un motivo, non si fidava. Chiuse gli occhi e si sedette malamente sulla sedia, divaricando le gambe, con il gomito appoggiato al bracciolo e una mano a sorreggergli la fronte. Non la comprendeva, e più si sforzava, più sentiva una grande confusione annebbiargli la mente.
 
“Come fai Eldihen?” domandò riaprendo gli occhi per guardarla furtivamente “Sempre segreti e menzogne, quando credevo che tra di noi andasse tutto bene sento questa notizia e mi chiedo se tu sia realmente sincera con me. Sto mettendo in discussione il nostro intero rapporto, questo perché tu non mi parli. Non capisco il motivo ma preferisci costruire un muro tra di noi. Capisco che quando è stato per l’arco mentivi perché non eri in te, ma cerca di comprendere che per me è frustante cercare di capirti e scoprire questo genere di cose. Io voglio trasparenza e fiducia, semplicemente questo” spiegò con una nota di delusione, massaggiandosi le tempie con aria indignata.
 
“Come puoi dire di mettere in discussione il nostro rapporto. Sai quanto ti amo, non devi dubitare dei miei sentimenti” agitata si avvicinò a lui con voce tremante. Era scombussolata, temeva di perderlo. Non avrebbe accettato che ciò accadesse. Si inginocchiò tra le sue gambe, con le braccia sulle sue ginocchia ed il viso alzato per cercare quello di Legolas, che in silenzio seguiva i suoi movimenti, senza però guardarla “Guardami”piegò il suo viso con le dita, costringendolo ad incontrare il suo sguardo.
 
Si studiarono per qualche istante, Legolas sembrava incuriosito. Sentì le sue dita spostarsi sulla sua guancia, poi sulle labbra, con movimenti rigidi ma caldi, come gli occhi di Eldihen che erano preoccupati ma scintillanti. L’elfa sollevò il volto quel poco che bastava per far combaciare i loro visi, incrociando il suo respiro irregolare. Sfiorò la punta del suo naso guardandolo negli occhi con tutto l’amore che nutriva per lui “Mi dispiace vederti così, hai ragione ma non volevo ferirti, non ti ho parlato per paura di complicare una situazione già critica di suo. Capisci?” sussurrò sentendo la fronte calda di lui contro la sua, i loro profili erano tratteggiati dalla luce del sole, combaciavano perfettamente. Eldihen allontanò la mano che Legolas le teneva in fronte, adagiando le sue dita sugli zigomi.
 
Annuì impassibile, preso dalle sue carezze, ma ancora nervoso. Di certo non poteva cancellare ciò che stava provando “Dovevi palarmene”.
 
“Mi spiace amore, perdonami” era profondamente amareggiata e impaurita. Gli diede un bacio a fiori di labbra, ma Legolas non rispose tenendo la bocca chiusa. La lasciò fare. La situazione stava mutando.
 
“Non è il momento Eldihen” rispose mentre lei continuava  a lasciargli dei baci languidi sulla bocca.
 
 Le sue labbra erano calde e leggermente umide. Lo baciò con gli occhi chiusi, fino a che Legolas non rispose timidamente abbassandosi di poco con il viso per poterla sentire meglio, visto che la loro posizione era scomoda, ma ad Eldihen non interessò, ed inginocchiata sul pavimento tra le sue gambe, lo baciò, lambendo le sue labbra, fino a sentirle sue “Capisco come ti senti, ma  i tuoi occhi mi fanno paura, l’ultima volta che mi hai guardata così mi hai lasciata” la sua mano scivolò sul mento dell’elfo che aveva intensificato la forza del suo bacio, stringendole un labbro con i denti, per poi tornare a baciarla dolcemente.
 
“Non ti lascerò” parlò sinceramente, anche se si rese presto conto che Eldihen lo stava decisamente deconcentrando ed i sentimenti si stavano mischiando senza lasciar spazio alla ragione. Si tranquillizzò, risultando meno rigido “Però” si distanziò dalla sua bocca, appoggiandosi  allo schienale della sedia “Voglio riflettere un attimo e ti prego di farlo anche tu” era la cosa migliore, per evitare di dover affrontare altri momenti simili a quello, non poteva permettersi di abbassare gli scudi in quel modo e rimanere deluso. Stava facendo di tutto per evitare preoccupazioni, in modo da combattere la guerra senza pensieri.
 
“Capisco”
 
 
 
La sala era immersa dalla luce, Eldihen ascoltò distrattamente le chiacchiere delle donne che si erano riunite in un tavolo, erano più strane del solito, specie la signora bionda che aveva conosciuto alla festa. Distolse lo sguardo dal gruppetto per incamminarsi verso l’ultima colonna vicino al trono. Eowyn si trovava appoggiata lì, con le braccia conserte e l’area assente. Stava ascoltando i discorsi di suo zio, senza mettervi bocca.
 
“Di cosa stanno parlando?” l’affiancò, soffermandosi a guardare il volto di re Thèoden. Sembrava perplesso.
 
 
“Pare siano a corto di rifornimenti” Eowyn era preoccupata per l’espressione di suo fratello. Lo aveva sentito dire che non ce l’avrebbe fatta a sostenere Gondor perché mancava il giusto equipaggiamento. Gli eserciti di Sauron li avrebbero sconfitti, scagliandogli contro le loro peggiori armi.
 
“In che senso?” Eldihen continuò ad ascoltare il chiacchiericcio di sottofondo, senza però deconcentrarsi dal volto pallido di Eowyn.
 
“Avrebbero bisogno di una scorta sufficiente di armi per sconfiggere gli eserciti di Mordor, però Edoras ha dovuto pagare un prezzo alto dopo la vittoria al Fosso di Helm. Molte famiglie non riescono ad andare avanti e non vi è materiale a sufficienza per fabbricare nuove armi” rivelò tirando le labbra. Le parole le morirono in bocca. Si lasciò scaldare dalle fiamme dentro le fiaccole, strusciando la sua mano sulle braccia.
 
Eldihen si rattristì e non seppe commentare l’accaduto. Ancora pensava alla discussione con Legolas, il suo cervello si era bloccato alla scena in cui lui era venuto per parlarle di Nihil.
 
“E perché quella faccia?” Eowyn corrugò la fronte, guardandola meravigliata.
 
“Niente, mi dispiace molto per ciò che mi hai detto” era un po’ difficile ammettere che stava soffrendo per Legolas. Poteva nasconderlo ad Eowyn ma non a se stessa.
 
“Ti ho vista raggiungere l’elfo in camera” rivelò quel particolare fiduciosa che Eldihen le parlasse. Infondo era da un po’ che a palazzo si parlava dei loro incontri, non proprio segreti, ma Eowyn lasciò da parte i pettegolezzi, pensando che dietro il broncio di Eldihen si nascondesse qualcosa di più profondo di semplici dicerie.
 
“Abbiamo litigato” si voltò per guardare il portone in legno in fondo alla sala.
 
“Ho saputo che hai ucciso due orchi aiutando sire Aragorn, forse era per questo?” domandò la donna pensando che fosse un motivo per discutere. Legolas pareva essere estremamente protettivo nei confronti di Eldihen, forse si era arrabbiato per via di quell’aneddoto.
 
“Stranamente non mi ha detto nulla”
 
“Io sono stata felice della notizia, dicevi di non riuscire a trovare il tuo valore, ma piano stai imparando a cavartela da sola” le dedicò un sorriso sincero, ricercando la sua mano con le dita. Gliela strinse calorosamente, anche se la sua pelle era abbastanza fredda.
 
“E’ anche merito tuo” contemplò per qualche istante i suoi occhi verdi, incorniciati dai capelli lunghi e mossi, fino a che un pensiero si fece largo nella sua mente e da lì Eldihen ritrovò un briciolo di speranza, rispecchiandosi nel volto dell’amica, in quei suoi occhi limpidi che avevano sempre avuto un non so ché di incoraggiante “Potrei chiederti un favore?”
 
“Che domande! Ma certo, sempre che io possa aiutarti” inarcò un sopracciglio a quella richiesta insolita, trovando nel volto di Eldihen una luce nuova, come se si fosse accesa un’idea nella sua mente.
 
“Possiamo andare in cucina?” la sua voce era cristallina, come se stesse esponendo un’idea geniale anche se alquanto esilarante. Trovò un modo per riconquistare la fiducia di Legolas, ed anche se poteva sembrare un’idea semplice e non indicata, ad Eldihen piacque pensare che sarebbe stata gradita dal suo ragazzo, tanto valeva fare un tentativo, non avendo nulla da perdere e tanto da guadagnare.
 
“In cucina? A fare che?” chiese Eowyn incuriosita.
 
“Un tè”
 
“E perché?” le uscì una risatina divertita, proprio non capiva cosa dovesse farci con un tè, ma dal suo sguardo entusiasta pareva proprio che lei sapesse il fatto suo. Ammirò le fossette che si formarono ai lati della bocca, soffermandosi in seguito sulle curve che riempivano il vestito. Non era più magra come quando l’aveva conosciuta, stava meglio e fortunatamente non si intravedevano più le ossa sui fianchi. Doveva ammettere che da quando stava con l’elfo biondo era visibilmente migliorata, sprigionando una luce coinvolgente.
 
“Tempo fa gli avevo promesso una tazza di tè. Sono certa che ricorderà. Era felice sai? Mi aveva detto che sarebbe venuto a trovarmi a casa ed io gli ho detto…”
 
“Che gli avresti preparato una tazza di tè” concluse un Eowyn sorridente, con gli occhi addolciti da quel frammento di racconto rivelato da Eldihen.
 
“Andiamo?” la prese per mano guardandosi intorno per capire quale fosse la via che conduceva alla cucina. Infondo c’erano due corridoi, uno a destra e l’altro a sinistra, e l’elfa fino ad ora aveva conosciuto solo quello che portava alla sua stanza.
 
“Sì vieni con me” vedendola spaesata Eowyn la superò per indicarle la strada giusta. Superarono insieme la sala del trono ascoltando le parole delle servitrici seguite da delle lunghe occhiate.
 
Eldihen si accorse subito che, dopo averle superate, le donne si riunirono per parlare e fu quasi convinta che l’argomento in questione fosse proprio lei. Si fermò sui suoi passi per girarsi con il busto e fissarle, mentre chiacchieravano come se nulla fosse. Inarcò un sopracciglio, concentrandosi per comprendere i loro mormorii, non che le interessasse la questione, in realtà non aveva mai fatto caso a loro, ma doveva ammettere che quel pomeriggio erano parecchio petulanti, più del solito.
 
“Non starle a sentire!” intervenne prontamente Eowyn, incitandola a proseguire.
 
“Ma stanno parlando di me” la sua non era una domanda ma una consapevolezza.
 
“Sono solamente delle pettegole, non devi impensierirti”
 
“E cosa dicono?” chiese curiosa. Vide Eowyn  distogliere lo sguardo.
 
“Ne parleremo in un secondo momento, promesso. Adesso vieni” le prese dalle spalle trascinandola verso il corridoio a sinistra.
 
Lasciarono la sala del trono, giungendo immediatamente alla cucina in disordine. Eldihen venne investita da un forte profumo di spezie, prima ancora di mettere piede nella stanza. Osservò il tavolo pieno di pomodori tagliati, di carote, melanzane ed altra verdura freschissima. Molte delle pietanze erano coperte da dei vassoi argentati. Notò una finestra che si affacciava sull’altro lato della città. Sorrise, avvicinandosi al forno a legna, dal quale proveniva un gradevole tepore. Prepararono una teiera riempiendola con dell’acqua bollente. Eldihen lasciò in infusione le foglie di tè, fino a che il liquido incolore divenne scuro.
 
 
 
Il nano stava sudando, non tollerava l’atmosfera che si era appena creata, passò una mano sulla fronte trovandola intrisa. Legolas e Gimli erano seduti ad un tavolo, il solito che occupavano da quando erano giunti a palazzo. Sbuffò ascoltando le domande dell’amico. Ormai rispondeva seccato, con voce assente, gustandosi un boccale di birra dorata.
 
“Avresti dovuto dirmelo Gimli” Legolas lo osservava ma Gimli disinteressato si scolò il bicchiere, riempiendolo poi nuovamente dal barile.
 
“Come ti ho spiegato, Eldihen mi ha chiesto di rimanere zitto ed io, da buon nano quale sono, ho tenuto la bocca chiusa” appoggiò il boccale al tavolo, portandosi la mano alla bocca. Sentiva gli acidi dello stomaco risalirgli in gola.
 
“Per caso hai visto Aragorn?” cambiò argomento quando nella sua mente balenò un ricordo. Doveva accertarsi che l’amico lo aiutasse. Giorni fa aveva spedito una lettera ed attendeva la corrispondenza. Aragorn gli aveva detto di stare tranquillo, ma Legolas fremeva dalla voglia di conoscere le parole del suo misterioso mittente.
 
“E’ fuori, come al solito sta guardando le montagne” Gimli esitò prima di portarsi alle labbra il boccale. Sentiva la barba umida, la leccò, scrutando l’espressione pensierosa di Legolas che si era fermato in piedi. Gli stava nascondendo qualcosa “In ogni caso sono affaracci vostri. Se quando te la sposi ti rompe le frecce e ti getta l’arco dalla finestra non penso verrai da me!” disse prima di bere dal boccale. Si asciugò la barba con una mano.
 
“Avventata com’è mi farà penare. Si metterà nei guai e dopo aver combinato una serie di casini me li nasconderà” sorrise leggermente divertito immaginandola passeggiare nel suo palazzo, tra le serpeggianti radici e le cascate dentro la grotta. Fu un pensiero bellissimo che contrastò con le preoccupazioni che nutriva. Fosse dipeso da lui l’avrebbe mandata a Bosco Atro donando il compito agli elfi di badare a lei e servirla al meglio, solo che era meglio attendere che suo padre, il re, la conoscesse, inoltre  Elrond aveva accettato le sue richieste, scrivendogli una lettera piena di  notizie, tra cui quella di Nihil e dell’attacco degli orchi.
 
“I pargoletti li cresco volentieri. Li farò diventare dei nani forti e dei buon lavoratori, sperando prendano da te”
 
Legolas sogghignò divertito, ma quel futuro che stava scherzosamente descrivendo Gimli era minacciato dalla guerra e, l’unica salvezza per Eldihen era partire e mettersi in salvo. Il suo sguardo si incupì nuovamente, Gimli lo scrutò, spostando il suo sguardo dall’elfo, alla ragazza che aveva menzionato poco prima. Non consolò in alcun modo Legolas, notando che Eldihen si stava avvicinando a lui con una tazza in mano, Gimli Lasciò il bicchiere di birra sul tavolo, alzandosi repentinamente dalla sedia.
 
“Vado a fumare fuori” disse strizzando l’occhio verso Eldihen che si era fermata accanto all’elfo. Era meglio lasciarli soli, decise il nano.
 
Con la tazza fumante di tè in mano, l’elfa guardò Legolas, fingendo un colpo di tosse per attirare la sua attenzione. L’elfo si voltò inarcando le sopracciglia per lo strano comportamento di Gimli, ma quando vide Eldihen comprese appieno l’amico. La guardò, chiedendosi come mai l’avesse raggiunto, con un’espressione furba e gli occhi annebbiati dal fumo proveniente dalla tazza.
 
“E’ tè” disse sorridendogli speranzosa che lui rammentasse della sua promessa.
 
L’elfo sorrise flebilmente, rivangando il passato. Comprese perfettamente le intenzioni di Eldihen, non avrebbe mai potuto dimenticare dell’offerta fatta prima di raggiungere la casa di Nihil. Ricordò il loro abbraccio affettuoso dentro la foresta, riportando l’attenzione alla realtà, a lei che gli sorrideva porgendogli la tazza di tè con soddisfazione.
 
“Ricordi che avevo promesso di preparartelo?” disse con voce  suadente invitandolo ad assaggiare l’infuso.
 
“Si, ed io ti avevo promesso di venirti a trovare” accettò il pensiero di Eldihen, togliendole la tazza dalle mani. La posò sul tavolo per farla raffreddare, incrociando gli occhi speranzosi della ragazza che lo fissavano con audacia.
 
“Sei ancora arrabbiato?” domandò sbattendo le ciglia.
 
“Sì” rispose pacato incurvando un sopracciglio ed increspando le labbra.
 
“Molto?” giunse le mani senza distogliere lo sguardo da lui.
 
“Se tu ti confidassi con me non saremmo arrivati a questo punto” parlò con calma, incrociando le braccia al petto.  Scrutò il volto di Eldihen.
 
“Io non volevo farti agitare, ma pare che Gimli ti abbia detto tutto” abbassò la sua occhiata storcendo la bocca. Solo il nano sapeva di Nihil, chi altri se non lui aveva passato l’informazione a Legolas? Lei stessa conosceva la profondità del suo sguardo, quando l’elfo voleva conoscere qualcosa sapeva insistere. Era certa, anche se i conti non gli tornavano. Come mai si era insospettito? Infondo Legolas non conosceva nulla riguardo quella storia.
 
“Non è stato Gimli”
 
“E’ chi è stato? Solo lui sapeva di Nihil” appoggiò le mani sui fianchi, chiedendosi perché lo stesse coprendo.
 
“Eldihen” la sua voce si fece seria, sciolse le braccia lanciandole uno sguardo profondo “Ho ricevuto una lettera da Gran Burrone. Ho scritto a Re Elrond di te, chiedendogli di ospitarti a casa sua. Proprio oggi ho ricevuto la sua risposta ed ho scoperto che è stato Nihil a mandare gli orchi”
 
“Hai scritto al mio signore? Allora quando ti ho visto consegnare una lettera alla festa non mi sono sbagliata. Hai scritto ad Elrond!” ecco svelato l’arcano. Rimase allibita, non se l’era aspettato. Sbatté le palpebre dalla sorpresa, boccheggiando prima di formulare la seconda domanda “Ma non capisco come lui possa conoscere una simile informazione se sono stati tutti uccisi” si accese una speranza in cuor suo, ma non disse nulla per paura di essersi illusa, anche se Legolas confermò presto i suoi dubbi.
 
“A quanto pare non sei l’unica sopravvissuta. Un elfo ha combattuto contro gli orchi, riuscendo a salvare poche persone. Ti davano per dispersa, così non ti hanno cercata e sono partiti per Valinor, ma quell’elfo di cui ti parlavo è riuscito a strappare informazioni ad un orco, apprendendo che dietro tutto questo si nascondeva Nihil” spiegò con massima apprensione.
 
“Non ci posso credere… non sono l’unica sopravvissuta. Per tutto questo tempo ho creduto di esserlo. Non credo alle mie orecchie” si passò una mano in fronte sentendosi scombussolata, come travolta da un’onda del mare. Ma chi era quest’elfo? Come si chiamava? Si sentì confusa e felice allo stesso tempo. Si era sempre preoccupata dei suoi compagni e sapere che  alcuni di loro erano partiti per le terre imperiture la rallegrò, sciogliendo il groppo al cuore che avvertiva da quand’era scappata, dandosi della codarda “Sono felice di sapere che qualcuno se la sia cavata” disse commossa.
 
 
Legolas che fin a quel momento era rimasto composto, affrontando l’argomento con serietà, allungò la sua mano, prendendo quella di Eldihen. Sembrava dovesse riferirgli ancora una cosa, e da come la stava guardando Eldihen comprese che si trattava di una brutta notizia. Gli occhi di Legolas erano cupi. Le carezzò il dorso della mano con amorevolezza, mantenendo un’espressione seria ”Eldihen”
 
“Che succede?” chiese stringendogli le dita con preoccupazione.
 
“C’è una cosa importante che devo dirti” disse con estrema delicatezza sostenendola con uno sguardo incoraggiante.
 
“Ti ascolto”
 
L’elfo esitò prima di parlarle, puntando i suoi occhi dentro quelli della ragazza. Era giusto informarla di una questione che stava a cuore ad Eldihen, ma temeva di ferirla, e non voleva vederla infelice, proprio ora che si era ripresa.
 
“Parla Legolas” lo supplicò con voce stremata, sentendo l’ansia crescere dentro il suo petto, come una fiamma che brucia tutto, lasciando solo una nube di fumo “Legolas” lo richiamò vedendolo contrariato, come se si fosse pentito di averle accennato qualcosa.
 
“Tua madre e tuo padre ti credono morta” posò una mano sulla spalla di Eldihen vedendola sorpresa dalla brutta notizia. La tirò verso di sé ma lei si ribellò, rimanendo ferma nel punto in cui era, con gli occhi sgranati e pieni di lacrime.
 
 Il suo cuore le battè forte. Si sentì morire. Aveva pensato che i suoi genitori fossero preoccupati, non poteva immaginare che loro la pensassero morta. Un dolore lancinante colpì il suo petto espandendosi su tutto il corpo. Le sue gambe stavano cedendo, le tremavano le braccia. Respirò chiudendo gli occhi, ma quando li riaprì non vide Legolas, ma un immagine sfocata del suo volto preoccupato.
 
“Mi sento male” avvertì un brivido freddo. Serrò le palpebre sentendosi sballottata da una parte all’altra, come se la stessero strattonando.
 
 
Legolas con uno scatto fulmineo l’afferrò dal torace, impedendole di cadere a terra. La strinse a sé allontanandole i capelli dal viso. Si agitò abbracciandola con forza. Non aveva pensato che lei avrebbe potuto perdere i sensi. Non credeva che si sarebbe sentita così male. Schioccò la lingua con nervosismo, accarezzandole il viso di Eldihen con  preoccupazione, prima di passare le sue braccia sotto le ginocchia della ragazza, prendendola in collo. La sollevò da terra senza tanti problemi.
 
 
 
 

“Soffrirai”
Eldihen si voltò da una parte all’altra della foresta, muovendosi nel buio. Calò la notte, oscurando gli alberi, le pietre ed il terreno sottostante. Si spense ogni luce, le tenebre si infiltrarono anche nel suo cuore. Avanzava allungando le mani per aggrapparsi a qualcosa, qualsiasi cosa potesse aiutarla seguire la strada senza il rischio di perdersi o cadere. Stava da poco iniziando a camminare nel buio.
 
“Chi sei?” domandò ricercando la voce che le aveva parlato. Non giunse alcuna risposta “Io so chi sei” si fermò fendendo con gli occhi l’oscurità che l’avvolgeva. Era densa e piena di incubi nascosti. Mostri celati dalle tenebre che si muovevano intorno ad Eldihen, accerchiandola.
 
“Dì chi sono” la voce era stridula e bassa. Sembrò che ci fossero due persone a parlare contemporaneamente, anche se Eldihen fu certa che quella voce appartenesse ad un’unica entità.
 
“Sei la spada!” disse tremando, muovendosi nell’ombra.
 
“Sembra che tu abbia paura”
 
Era vero. Impallidì sentendo un nodo alla gola, sbatté le ciglia respirando pesantemente. Temeva che la spada potesse attaccarla e le parve che si muovesse intorno a lei, avrebbe potuto giurare di sentire la lama fendere l’aria, lasciando uno stridulo raccapricciante, che la fece indietreggiare.
 
“Non devi temere Eldihen” una luce rischiarì le tenebre, proveniva da dietro le sue spalle. Vide dei raggi posarsi sul terreno, seguì la scia luminosa, girandosi completamente, per ammirare in tutta la sua maestosa saggezza un uomo a lei noto.
 
“Gandalf” sussultò pronunciando il suo nome a bassa voce. Rimase ferma, godendo della vista dello stregone che emanava una luce bellissima, di un bianco brillante.
 
“La spada è solo un oggetto, quello che contiene in sé è pericoloso” l’immagine dello stregone si dissolse lentamente, sfocandosi, fino a scomparire, assorbita dal raggio luminoso “Devi annientare l’oscurità. Quello che vedrai potrà farti capire alcune cose”
 
Udì nuovamente la stessa voce di prima, una voce doppia. Un suono stridulo come il metallo. Si coprì le orecchie, vedendosi trascinata dalla luce che stava prendendo ogni cosa oltre Eldihen. Seguì un silenzio di tomba e poi un forte boato. Eldihen rimase allibita quando si rivide stesa per terra, nella cella di Isengard, con Nihil piegato vicino a lei. Teneva l’elsa della spada in mano e, vedendo la scena un’altra volta, con occhi esterni poté notare distintamente che una lacrima nera di Nihil era penetrata nella sua pelle, e che l’aveva  assorbita senza che lei se ne fosse resa conto.
 
“Che significa?” domandò osservando le mura di quella dannata cella. Era troppo reale per essere un sogno. Sentì sulla mano la goccia bruciarle come se fosse caduta in quel momento, solo adesso si spiegava l’accaduto, solo adesso le parole di Gandalf avevano un senso. Quel segno che aveva sulla mano era una minaccia. Si guardò la mano, notando che la macchia era divenuta ancora più grande ed evidente.
 
“Porti dentro di te il male che hai tolto dal cuore di quell’elfo. Avresti dovuto stare più attenta perché per estirparlo dovrai sacrificare qualcosa di molto prezioso”
 
Le mura intorno a lei si sciolsero, come se invece che di cemento fossero state composte da ghiaccio.  Eldihen venne trascinata dall’ombra. Si chiese dove fosse finita la luce e la desiderò, continuando ad avanzare nelle tenebre.
 
Adesso si trovava in una foresta. Finalmente rivedeva il sole illuminare gli altissimi tronchi ed una baita costruita su uno spiazzo vicino alla foresta. Era calda ed accogliente. Eldihen rimase incantata, seguendo il sentiero pietroso si chiese cosa ci facesse lì, guardandosi intorno spaesata. I suoi pensieri vennero interrotti dal rumore di una porta. Si voltò in direzione della casa rimanendo con la bocca aperta quando vide sé stessa scendere lungo le scalinate.
 
Non si stupì più di tanto per il fatto di rivedersi fuori da quella abitazione, ma la sorpresa arrivò alla vista di un particolare cambiamento del suo corpo: la sua pancia era gonfia e sporgente, tanto tonda da assomigliare ad un cocomero. Lei si accarezzava il ventre con area sognante, guardando dietro dalla finestra Legolas, che la seguiva con gli occhi.
 
Rimase sorpresa e quando vide se stessa avvicinarsi nella sua direzione, piegò le palpebre desiderando con tutto il suo cuore di appoggiare una mano sul suo grembo, ma non vi fu bisogno poiché avvertì dentro la sua pancia un movimento sconosciuto quanto gradito. Le sembrò che qualcosa si muovesse, provocandole un lieve formicolio “Un bambino!” esclamò entusiasta, sentendolo dentro di sé mentre muoveva i suoi piedini, spingendo con forza. Sussultò. Non avrebbe mai dimenticato quella bellissima sensazione, anche se la sua gioia morì sul nascere.
 
Si era addentrata nella foresta, ma era troppo pesante per muoversi come voleva e accadde che lei inciampò finendo bruscamente a terra, trovandosi immersa in una pozza di sangue che scorreva sulle sue gambe, macchiando il suolo. Era caduta su un tronco, urtando contro le pietre ed il terreno. Pianse disperatamente, quando si accorse che il bambino dentro la sua pancia non si muoveva più. Provò a toccarsi il grembo agitata, ma non percepì nulla, oltre l’odore di sangue che la stordì facendole capire che il figlio che attendeva non sarebbe mai venuto al mondo.
 
Eldihen provò a correre, ma venne bloccata da qualcuno e fu costretta a guardare la scena senza poter alzare un dito. Provò un dolore talmente forte da paralizzarla. Pianse per la perdita di suo figlio, accasciandosi a terra, con il volto pieno di lacrime, singhiozzando come una bambina “Mio figlio” urlò riportando lo sguardo al sangue che bagnava l’erba verde. Vide Legolas correre in mezzo agli alberi a petto nudo, con una vestaglia a coprirgli il torace. Era veloce, saltava evitando gli ostacoli, con gli occhi pieni di inquietudine. La stava raggiungendo, ma ad Eldihen non fu concesso vedere oltre poiché l’immagine si dissolse ed intorno a lei piombò il buio. Era tornata nella foresta in cui era stata prima.
 
“Una vita per una vita”
 
Sentì la stessa voce. Quella voce doppia e tagliente che la intrappolò.

 

 
 
Gimli si era avvicinato a Legolas, aiutandolo a soccorrere Eldihen. Lo superò facendolo entrare in camera sua. Svelto si avvicinò al letto, ripiegando le coperte su se stesse, per permettere all’amico di adagiare Eldihen sul materasso. Dopo qualche istante entrò Eowyn seguita da Aragorn.
 
La soccorsero bagnandole la fronte e rimboccandole le coperte. Legolas prese a sedersi sulla sedia vicino al suo letto, guardando gli occhi serrati della ragazza, in attesa che si riaprissero. Gimli si era accomodato sul materasso, mentre Aragorn ed Eowyn la fissavano in piedi.
 
Dopo una ventina di minuti la videro agitarsi nelle coperte. Eldihen mugugnò qualcosa, prima di portarsi disperatamente la mano sul basso ventre. I lineamenti del suo volto erano deturpati da un’espressione di dolore. La dama di Rohan che stava parlando con Aragorn si interruppe vedendola agitarsi.
 
“Non lo sento più”
 
Legolas ascoltando quell’affermazione si drizzò sullo schienale della sedia, allungandosi per guardarla mentre si girava da un lato all’altro del materasso. Era rimasto sconvolto. Si sentì in colpa, perché a causa della notizia che le aveva dato Eldihen era svenuta. Respirò rumorosamente, increspando gli angoli della bocca.
 
“Cosa c’è Eldihen? Ti fa male qui?” Gimli che era rimasto vigile per tutto il tempo si alzò dal materasso, cercando di capire cosa volesse dire la ragazza. Sollevò le coperte, cambiandole il panno che aveva in fronte.
 
“Non si muove” dopo svariati secondi trascorsi a tormentarsi per quel bambino che non sentiva più dentro la sua pancia, Eldihen aprì gli occhi, richiudendoli immediatamente, accecata dalla luce fuori dalla finestra. Avvertì sotto di sé la morbidezza del materasso.
 
“Chi Eldihen?” chiese curioso Gimli. Legolas era spiazzato e silenzioso. Osservò la scena con interesse. Lo stupore lo immobilizzò, Aragorn sembrò accorgersene, si avvicinò a lui, lasciandogli una pacca sulle spalle.
 
Quando riaprì gli occhi Eldihen si trovò a fissare il soffitto, vedendo le paure provate dissolversi alla luce del sole. Alzò il suo sguardo su Gimli che era vicino, in seguito portò la sua occhiata su Eowyn che era rimasta in piedi a guardarla stupita “Dov’è Legolas?” chiese preoccupata sforzandosi a cercarlo. Gimli le posò una mano sul braccio, facendola distendere nuovamente.
 
“Sono qui” rispose l’elfo rialzandosi dalla sedia. La voce di Eldihen lo scosse dal profondo, riportandolo alla realtà. Aragorn lo seguì con lo sguardo, vedendolo vicino alla ragazza, avvolto nel suo mantello verde.
 
“L’ho perso” disse rivelando a Legolas la sua angoscia, sentì gli occhi inumidirsi. Una smorfia contrasse le sue labbra, tanto da  far preoccupare l’arciere dai capelli biondi.
 
“Cos’hai perso Eldihen?” domandò impensierito stringendole una mano. Tutti nella stanza rimasero in attesa che Eldihen spiegasse meglio le sue parole. La guardarono in silenzio, impauriti persino di respirare più forte del dovuto, per paura di turbarla.
 
Aragorn guardandola in viso comprese che era il caso di lasciarla con Legolas. Eldihen lo guardava intensamente, e gli sembrò che le sue parole fossero legate ad una faccenda intima “Andiamo fuori” fece un cenno con il capo indicando la porta al nano che aveva incontrato il suo sguardo “Lasciamoli soli Gimli” fu il primo ad allontanarsi, fermandosi vicino ad Eowyn che era immobile dinanzi alla testiera “Mia signora” la richiamò, vedendola voltarsi nella sua direzione.
 
“ Sì ” rispose con apprensione. In realtà avrebbe voluto avvicinarsi all’amica. Era rimasta imbambolata a causa dello stupore “Arrivo. Andrò da Merry, l’ho lasciato solo” si approssimò all’uscita, ma Aragorn la bloccò con gentilezza, non immaginando il turbine di sensazioni che scatenò a causa del suo gesto “Ordina a qualcuno di prepararle un infuso. E’ troppo agitata” sapendo della notizia che aveva ricevuto Eldihen, si preoccupò a farle trovare qualcosa di caldo da bere. I tre si affrettarono ad uscire dalla stanza, lasciando Eldihen e Legolas che si guardavano in attesa di rimanere soli.
 
“Come stai?” chiese l’elfo accarezzandole i capelli sudati. La sua voce era bassa e profonda. Eldihen lo fissò a lungo prima di rispondere, godendo appieno delle sue attenzioni.
 
“Ho sognato qualcosa di orribile”rivelò tirando su col naso.
 
“Non dovresti impensierirti. Eri provata, è normale che tu abbia avuto un incubo” passò nuovamente la mano sulla fronte, in modo gentile, guardandola con attenzione. Chiuse le labbra, rimproverandosi mentalmente per avergli rivelato dei suoi genitori.
 
 
“Accadrà. E’ stata la spada a parlarmi. E se dovesse verificarsi una cosa del genere io morirei. E’ un dolore troppo grande” dalla sua voce trapelò una nota di sconforto. I suoi occhi tornarono pieni di lacrime e le sue guance si tinsero di porpora.
 
“Ci sono io, non ti agitare” le strinse una mano, continuando ad accarezzarla con l’altra, mentre lei si sforzava a allontanare le lacrime. Rimase sorpreso vedendola silenziosa, gli sembrò che si stesse trattenendo, forse per paura di farsi vedere debole “Cos’hai sognato?” chiese giudiziosamente, apparendo coscienzioso, come lo era sempre stato.
 
“La spada mi ha mostrato che, quando ero ad Isengard una lacrima nera di Nihil è entrata dentro la mia pelle, poi la scena è cambiata  ed ho visto noi. Vivevamo in una piccola casa in mezzo alla foresta. Io e te” si bloccò guardandolo nei suoi occhi azzurri come topazi “Io ero incinta”
 
Legolas non lo diede a vedere, ma in cuor suo sentì un fremito sentendola dire quella parola, anche se dai suoi occhi trasparì una nota di contentezza.
 
“Mi sono allontanata da casa nostra e sono caduta. Il nostro bambino è morto. Non si muoveva più. Lo so che è stato per la lacrima. Ho salvato la vita di Nihil ed adesso dovrò pagarne il prezzo” era difficile trattenere le lacrime ma ci riuscì, soffrendo più per quella visione che per la notizia dei suoi genitori, impaurita di correre quel rischio “Poi tu sei corso in mio aiuto. Ma era troppo tardi” disse con tono conclusivo vedendo gli occhi di Legolas spengersi. Alzò di poco la mano e, come volevasi dimostrare la macchia nera era lì a tormentarla. Rimase immobile vari istanti, facendo guardare a Legolas il segno.
 
“E’stato un sogno” agitò il capo lentamente considerando la chiazza sulla pelle. Era preoccupato ma non lo diede a vedere per paura di turbarla ulteriormente. La consolò con le sue carezze, conscio che Eldihen era destabilizzata. Si chinò per baciarla in bocca, in modo dolce. Lui poteva perfettamente comprendere le sue paure, ma non doveva temere “Non ti preoccupare perché non accadrà” posò le labbra sulla fronte, trattenendole i capelli con una mano.
 
“Ma io lo sentivo” trascinò la mano dell’elfo, posandola sul basso ventre, sotto l’ombelico “Qui” strinse le labbra al ricordo dei piedini che spingevano contro la sua pancia “Si muoveva”
 
Legolas le accarezzò la pancia con movimenti lenti e circolari, guardandola negli occhi con uno sguardo carico di decisione e serietà “Io non permetterò che accadi nulla a te, né ad un nostro futuro figlio. Mi occuperò di voi” non era molto bravo ad esprimere il suo amore, in realtà Legolas era stato sempre molto riservato, ma la sua espressione lo tradì. Il racconto chimerico che aveva udito non si sarebbe mai realizzato. No.
 
Eldihen comprese la profondità delle sue parole, permettendo a Legolas di toccarle la pancia, anche se il contatto divenne intimo. Normalmente non si sarebbe mai mostrata così indifferente, ma in quel momento apprezzò le carezze sul ventre, consolandosi per ciò che aveva visto.
 
Una domestica aprì la porta, ma non entrò in camera, vedendo i due elfi vicini. Legolas le passava la mano sul grembo, mentre Eldihen gli stringeva la mano libera.
 
“Prima ho sentito i suoi piedini” disse Eldihen rassegnata, pensando alla stupenda sensazione che aveva provato. Legolas sorrise flebilmente, nonostante il finale del racconto, immaginando un futuro figlio. Valeva la pena combattere, schierarsi contro gli eserciti di Mordor e rischiare la propria vita. Mentre le carezzava il grembo pensò a quanto sarebbe stato bello sapere che un giorno ci sarebbe stato un bambino lì dentro. Non vi fu bisogno di parlare, Eldihen si rasserenò grazie agli occhi di Legolas e le sue carezze, ed anche se quel momento era molto profondo, la domestica rimase a spiarli, senza dare nell’occhio.
 
“Allora è vero quel che dicono!” commentò tra sé  e sé. Attese prima di bussare, ricomponendosi “Perdonate il disturbo. Dama Eowyn mi ha chiesto di portarvi quest’infuso di erbe. Vi aiuterà a calmarvi” rimase dietro il margine della porta, apparendo timida, anche se non lo era affatto. Lasciò la tazza sul cassettone, congedandosi frettolosamente.
 
Legolas obbligò Eldihen a bere la tisana, poi le rimboccò le coperte, vedendola meno agitata. Dovette sedersi vicino a lei sul materasso, e stingerle la mano per tutto il pomeriggio, e ne fu felice, notando che la sua vicinanza le giovava. Eldihen si accucciò, puntando il suo sguardo su Legolas.
 
“Dormiamo insieme?” gli propose.
 
E così fu. L’elfo quella notte riposò con lei, anche se non chiuse un occhio, abbracciandola e baciandola con premura.
 
Trascorsero altre tre notti insieme. Legolas la lasciava solo per dare il cambio per fare la guardia ai soldati del re, ma Eldihen ogni volta lo seguiva e spesso lo distraeva, baciandolo a tradimento mentre lui perlustrava la zona, disinteressandosi della guerra e degli sguardi della gente.
 
Le sembrò di vivere un sogno, abbracciata dal suo elfo, ma una mattina Eowyn la informò di una cosa assai strana, che fece tornare Eldihen alla dura realtà, alla guerra che stava marciando su quelle terra e che presto l’avrebbe separata da Legolas e dai suoi amici.
 
“E’ arrivato un elfo a palazzo. Chiede di te” si bloccò su una colonna. Aveva raggiunto la stalla, sapendo di trovare Eldihen lì dentro, ed infatti non si sbagliò. L’elfa girò il viso, distogliendo lo sguardo dal piccolo pony dentro il recinto.
 
“Un elfo che chiede di me? Ma che storia è mai questa?”sciolse il nastro che aveva legato al suo polso, catturando i capelli in una coda. Camminò per raggiungere Eowyn, lanciandole uno sguardo carico di interrogativi.
 
“Andiamo” le posò la mano sulla spalla, procedendo passivamente. Raggiunsero insieme l’esterno della stalla, camminando verso il palazzo, in silenzio, curiose entrambe di conoscere il misterioso personaggio.
 
Eowyn aveva proprio ragione. Eldihen si fermò davanti il portone prima di accedere alla sala del trono. Legolas stava discutendo con un elfo sconosciuto, Aragorn si intrometteva nell’argomento, mentre Gimli li osservava con aria dubbiosa, appoggiato alla sua ascia.
 
Ma cosa stava accadendo?
 
Camminò affiancata da Eowyn. Entrambe si scambiarono uno sguardo d’intesa, prima di raggiungere i compagni vicino al focolare, avanzando con incertezza. Eldihen corrugò le sopracciglia, stringendo un pugno, tanto forte che le nocche sbiancarono. Si fermò lanciando un’occhiata allo sconosciuto: i suoi capelli neri ricadevano dietro l’armatura argentata. Sembrò che lui si fosse accorto dello sguardo curioso di Eldihen, si voltò d’istinto. I suoi occhi erano scuri ed il suo volto sfilato ed elegante, dal quale trapelava una profonda saggezza. Sorrise alla ragazza, chinando il capo in segno di rispetto “Vedui’ (salve)” la voce limpida sorprese persino Eowyn che guardò l’elfo con estrema meraviglia. Doveva ammettere che era proprio bello, accanto a Legolas che risplendeva di altrettanta bellezza, faceva un certo effetto.
 
“Amin sinta lle? (Ci conosciamo?)” piegò il volto confusa, guardando Legolas come a volergli chiedere informazioni.
 
“Si mia signora, anche se eri piccola quando mi hai visto. Con tuo padre eravamo ottimi amici. Il mio nome è Madeos, in caso tu te ne fossi dimenticata”
 
Legolas superò l’elfo affiancando Eldihen che aveva girato il collo per seguire i suoi movimenti. Si chiese cosa stesse succedendo. Non comprendeva perché quel soldato si trovasse ad Edoras e, cosa più importante cosa volesse da lei.
 
“Madeos è venuto a prenderti” il principe del reame boscoso le toccò una spalla, guardandola con saggezza “Ti porterà a Gran Burrone”
 
Eldihen sbatté le ciglia sorpresa, chiedendosi se fosse uno scherzo o se dovesse realmente prendere in parola Legolas che, sostenne il suo sguardo incerto, stringendole il braccio con determinazione.
 
 
Note autrice (ritardataria)
Si, avete ragione, sono una frana avrei dovuto aggiornare sabato ma vi ho dato buca, scusatemi tanto è che la mia testa in questo momento è come un frullatore e sinceramente ho rimandato, ma ho sbagliato, meglio concedersi momenti di svago, voi che dite ?
Prima di scrivere altro, ci tengo a sottolineare che il bambino della visione rappresenta un simbolo, ovvero la vita. Eldihen rischia la vita,  ho voluto rappresentare la scena in questo modo, usando un simbolo, spero si sia capito, per conoscere il resto basterà seguirmi, anche se  difficile ultimamente, sorry, mi dispiace.
Rigrazio i miei lettori e chi commenta, siete una gioia… prometto che presto risponderò a _Son Hikaru , grazie mille a tutti
Riguardo gli aggiornamenti: mo direte “e che lo scrivi affare se aggiorni quando ti gira a te” behhh xD avete ragione, ma penso che per venerdì 23 possa andar bene, che dite.
Ps: se vedete errori o cose scritte strane è perché come la scorsa volta ho corretto in automatico senza leggere tutto tutto u.u lo so, ultimamente sono un’autrice pessima… non c’è da fidarsi lettori xd… scherzo non abbandonatemi vi adoro troppo

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Capitolo 20 ***


Capitolo 20
 

I suoi occhi caddero sul letto e lì l’elfa trovò ogni bene possibile: due uniformi nere composte da un corpetto di pelle e dei pantaloni di camoscio scuro. Vi erano anche delle lance con incisioni elfiche, un paio di stivali con dei lacci ed una valigia. Erano doni di Legolas che aveva richiesto per lei.
 
“Non puoi andartene così. Perché lo stai facendo?” Eowyn rimase sorpresa quando Eldihen con un’espressione indecifrabile, depose gli indumenti nella valigia, spogliandosi delle sue vesti, senza curarsi dello stato d’animo dell’amica che la fissava.
 
“Se me ne devo andare me ne andrò. Basta!” era seccata. Eowyn ammirò il suo corpo, la pelle liscia velata dalla leggera sottana che le arrivava fino alle cosce.
 
Indossò la blusa  scura e sopra di essa il corpetto di pelle, insieme ai pantaloni e gli stivali.
 
“Pensavo che volessi restare. Pensavo che avresti lottato per rimanere, ed invece stai scappando. Non me l’aspettavo Eldihen” affermò con delusione, camminando per raggiungerla. Si bloccò con lo sguardo sul volto della donna, trattenendo le lacrime e l’irritazione. Era come perdere una sorella “Ti prego resta. Fai qualcosa” si buttò tra le sue braccia, stringendola come se sarebbe stata l’ultima volta. Sentì nel petto il formarsi di un buco nero, un senso di vuoto e grande nostalgia. No, non poteva finire così. Non si sarebbero potute separare senza batter ciglio. Pianse, avvertendo un groppo in gola. Eowyn era tornata sola, in quel palazzo buio e freddo.
 
“Eowyn” anche gli occhi di Eldihen erano lucidi, la prese dalle spalle allontanandola di poco per guardarla in viso “Sei più di un’amica. L’unica di cui io mi fidi cecamente. Affiderei la mia vita a te, perché conosco la bontà del tuo cuore ed il tuo valore. Sei preziosa!” le accarezzò il volto bagnato, scostando i capelli biondi.
 
“Non voglio lasciarti andare” il ricordo della prima volta che si erano viste si fece vivido, insieme alla consapevolezza di doverla lasciare, quella pungente e dura realtà che presto avrebbe affrontato. Quanti bei momenti vissuti insieme, tra una risata ed un sorriso le due donne  avevano stretto un legame profondo, un legame che sarebbe durato nel tempo, nonostante gli anni, nonostante la guerra e la distanza.
 
“Ascolta…” Eldihen asciugò in fretta le lacrime, allungando la mano per tergere quelle di Eowyn. Le raccontò ciò che avrebbe fatto con Madeos, richiedendole una mappa ed un foglio di pergamena. Eowyn soddisfò le sue richieste, rimanendo estremamente sorpresa delle parole della sua amica.
 
“Ecco” appoggiò il foglio sul cassettone di fronte al letto, guardando Eldihen mentre riponeva la spada di Gandalf nel fodero.
 
“Ti ringrazio” le sorrise, avvicinandosi al mobile per prendere in mano inchiostro e calamaio. Cosparse il foglio con l’olio profumato che usava per i capelli, facendoci cadere qualche goccia. Annusò il profumo della carta poi, con gli occhi gonfi di lacrime iniziò a scrivere una lettera, con il petto pieno d’amore, muovendosi con le mani, come se fosse il suo cuore a scrivere per lei, parole sentite, parole piene di sentimento e nostalgia, intrise di tristezza e speranza. Piegò il foglio in quattro parti, nascondendolo in una busta che collocò dentro la valigia insieme alle altre cose.
 
Si perse a guardare il cielo azzurro fuori dalla finestra, la finestra che aveva illuminato i suoi giorni e le notti passate con Legolas, a baciarsi sotto le coperte, sentendosi vicini più che mai. Le mancò un battito quando realizzò che non avrebbe più rivisto la sua piccola ed accogliente camera, che era diventata lo scrigno dei suoi segreti, delle sue emozioni e dei ricordi più belli. Pianse, trattenendo i gemiti per non far preoccupare Eowyn che seduta sul letto pensava al trascorrere dei giorni senza la sua amica. La vista si annebbiò e le lacrime bagnarono le sue guance, morendo sulle labbra.
 
“Devo ancora prendere la lettera di Gandalf” aprì l’armadio, spostando una coperta per afferrare la lettera dello stregone “Adesso penso che è tutto”
 
“Eldihen!” Eowyn si era alzata, girandola dalle spalle “Questa era mia” le mostrò una bambola di pezza con i capelli biondi, un sorriso cucito con un filo rosso e i bottoni neri come occhi. La voce della donna era rotta dalle lacrime, ed i suoi occhi troppo rossi e gonfi “Portala con te. Forse ti ricorderai di me e…” si interruppe alzando il viso con gli occhi lucidi “Non mi dimenticherai. Non mi dimenticare” l’ultima frase risuonò come una supplica. Eowyn si rattristì, tanto da provocare la stessa reazione in Eldihen che prese la bambola abbracciando la donna con forza. Si aggrappò al suo abito, affondando il viso nei suoi capelli.
 
“Mai. Ti voglio troppo bene. Sii felice, perché sei speciale. Sei la mia amica... Mia sorella” il loro abbraccio durò troppo poco. Entrambe avrebbero voluto rimanere ferme in quella stanza per molto più tempo, raccontandosi i loro segreti  e ridendo come di consuetudine. Non lo avrebbero più fatto ed entrambe piansero bramando di rivedersi, per poter strappare ancora un giorno da trascorrere insieme. Solo un giorno.
 
“Io non voglio lasciarti andare, anche dopo aver sentito quello che mi hai detto” disse a bassa voce “Devi stare attenta, se qualcuno oserà toccarti giuro che dovrà vedersela con me “ il tono della sua voce mutò, divenendo minaccioso.
 
“Non vorrei essere nei panni di quel qualcuno”
 
Si guardarono per ridere insieme con gli occhi pieni di lacrime.
 
“Accompagnami fuori” le chiese dolcemente prendendo la valigia dal letto, causando in Eowyn una sensazione di infelicità che non riuscì a mascherare.
 
Uscirono dalla porta, ritrovandosi nel corridoio. L’elfa si fermò come se fosse stata travolta da una ventata di ricordi. Aveva perso il conto di quante volte si era incamminata da lì, oltrepassando le porte delle camere abitudinariamente, ed ora che se ne stava andando, desiderò restare a palazzo per tutta la vita, insieme a Legolas ed i suoi compagni, ma la sua avventura stava terminando, il suo cuore lo sentiva e ne soffriva, ed anche Eowyn insieme a lei. Agitò il capo, allontanando i pensieri negativi, si chinò per prendere la valigia a terra e raggiungere la sala del trono, quando in lontananza comparve Legolas. Era parecchio agitato, camminava velocemente, guardando l’elfa come se solo lei fosse presente.
 
“Eldihen” la richiamò con voce decisa. Le si fermò davanti, sovrastandola in altezza. Repentinamente allungò la mano, prendendo la valigia che lei stringeva. La lasciò sul pavimento, avvicinando Eldihen al suo torace da un braccio. La guardò intensamente, con preoccupazione e amore.
 
Eldihen rimase spiazzata dal suo gesto, aveva ancora gli occhi gonfi di pianto e non era nel pieno delle sue forze, sia psicologicamente che fisicamente. Era svuotata, e Legolas se ne accorse.
 
“Cosa stai facendo?” chiese abbassandosi per raggiungere il suo viso.
 
“Sono pronta per partire” la sua voce era bassa. Legolas sospirò voltando il capo da una parte all’altra del corridoio, come a voler smorzare la sua ansia.
 
Eowyn in quel momento guardò i due e, sentendosi di troppo decise di lasciarli, dicendo all’amica che l’avrebbe trovata nella sala principale. Non avrebbe voluto immischiarsi, togliendo loro del tempo prezioso.
 
“Ma che stai dicendo? E’ troppo presto, non c’è bisogno che tu parta oggi. No Eldihen, tu non partirai oggi!” non riuscì a mascherare la sua profonda preoccupazione, mista ad una tristezza mai avvertita. La sua decisione era sofferta. In realtà non era per niente felice a lasciarla andare, si sentiva svuotato. I suoi occhi parlavano come un libro aperto, erano vibranti e ricercavano lo sguardo dell’elfa come la luce del mattino. Le loro mani si incontrarono ed entrambi desiderarono rimanere così, senza allontanarsi.
 
“Ho deciso di partire oggi. Me ne devo andare giusto? Tanto vale farlo al più presto” una nota di tristezza tradì la sua voce. Avrebbe voluto apparire decisa, ma vacillò dinanzi agli occhi di colui che amava più della sua vita, sotto il tocco delle sue mani, il suo respiro che era più rovente del sole, il suo profumo che la costrinse a chiudere gli occhi perché le bruciavano a contatto con l’aria.
 
“Se ho deciso di mandarti a Gran Burrone è solo perché voglio proteggerti da questa sanguinosa guerra. Farei di tutto per te e non immagini quanto sia forte il mio dolore in questo momento” parlò pacatamente, con il classico timbro vibrante che fece tremare la ragazza. Le sollevò il volto con entrambe le mani, accarezzandole le guance morbide come pesche, le palpebre chiuse come fiori, il naso ed infine le labbra. Esitò per una frazione di secondo, il suo cuore era in fiamme “Lo faccio perché ti amo”confessò dopo tanto tempo, facendo riaprire gli occhi all’elfa.
 
“E’ da tanto che non me lo dici” tremò come una foglia sotto le sue mani, sentendo scivolare le dita di Legolas su tutto il suo corpo. La strinse dalla vita con forza. Non riuscì a non innervosirsi, lo capiva ed anche se non avrebbe mai voluto lasciare quella che ormai per lei era divenuta casa sua, mise da parte l’orgoglio cedendo sotto i suoi occhi.
 
“Preferisco i fatti alle parole” si abbassò pericolosamente sul suo viso, guardando le labbra con desiderio. Rimase fermo qualche istante, il suo cuore batteva ed il suo respiro rovente si mescolò con quello della ragazza.  Accecato dal desiderio posò le sue labbra su quelle schiuse di Eldihen, suggellando il loro amore con un bacio, molto diverso dagli altri che si erano dati in quei giorni. Legolas non si limitò a sfiorare le sue labbra, la possedette, stringendola a sé con forza, tanto da farle perdere il fiato. Le Passò la sua lingua dentro la bocca, ricercando quella di Eldihen con smania. La sfiorò, ed intrecciò una danza veloce, allontanando la lingua solo per baciare le labbra con foga. La sentì gemere e preso dalla passione abbassò le sue mani sulle cosce, stringendole, poi le alzò posandole sulle sue gambe. La sollevò da terra, facendo scontrare i loro bacini. Era molto spinto e stavolta non si sarebbe limitato a baciarla in piedi. La schiacciò contro il muro ed il suo petto, sostenendola dalle cosce. Dovette alzare il mento per continuare a baciarla, sentendo le mani di lei sulla faccia e le labbra consumate dal bacio. Dovette fermarsi perché si trovò eccitato dalla situazione e, per non spingersi oltre la lasciò scivolare a terra, riprendendo il controllo delle sue azioni.
 
Eldihen era rimasta sorpresa dalla passione di Legolas. Solitamente non era così lascivo. Rimase avvinghiata al suo abbraccio, anche perché era praticamente intrappolata dalle sue braccia. Si scambiarono uno sguardo pieno di sentimento, cercando di calmare i loro cuori che battevano con audacia “Mi mancherai” ammise comprendendo le difficoltà che avrebbe affrontato in sua assenza.
 
 
“Verrò subito da te Eldihen. Non ne dubitare. Ho fatto tutto il possibile per rendere confortevole il tuo soggiorno a Gran Burrone, chiedendo a re Elrond di non farti mancare nulla”
 
“Mancherai tu” disse tristemente sentendosi schiacciata dai suoi muscoli. Posò le mani sulla tunica verde, rifiutandosi ad alzare gli occhi per paura di crollare. In un primo momento si era innervosita ma successivamente aveva meditato, programmando in fretta e furia le sue prossime mosse.
 
“Io sono sempre con te” la baciò sulla fronte, accarezzandole i capelli “Abbiamo ancora del tempo da trascorrere insieme prima della partenza” l’abbracciò con forza, accarezzandola, guidato dal sentimento dentro il suo petto.
 
“No Legolas” Eldihen ricambiò l’abbraccio “Io me ne vado” la voce bassa graffiò il cuore dell’elfo che rimase di stucco di fronte la sua decisione. La osservò con un’espressione seria, comprendendo in quell’istante quanto fosse difficile per lui separarsi da Eldihen. Era arrivata la fine del loro viaggio insieme, dentro le mura di Meduseld, la culla del loro amore.
 
 
 
 
Legolas aveva parlato a lungo con Eldihen cercando di dissuaderla dalla sua idea. Non voleva farla partire proprio quel giorno, ma a detta dell’elfa sarebbe stato difficile separarsi a priori, anche se fosse rimasta per una settimana intera. Rattristito e profondamente impensierito comunicò a Madeos la decisione presa, accertandosi che la stanza che aveva richiesto per lei fosse pronta, troppo ansioso di lasciarla andare, anche se era la cosa giusta da fare per salvarla dalla guerra. Gli indicò il sentiero più sicuro, senza mancare di fornirgli svariate ammonizioni.
 
 Aiutò Eldihen a sistemare il cavallo che le aveva regalato il re, caricando la valigia sul dorso dell’animale. La guardò mentre lei lisciava la criniera chiara, sfiorandole le dita per ricercare la sua attenzione. Si scambiarono uno sguardo carico di parole non dette e di preoccupazione. Sarebbe stato difficile rinunciare ai loro abbracci. Entrambi si stavano privando l’uno dell’altra, avvertendo il peso della distanza ed il vuoto incolmabile che avrebbe provocato la loro assenza. Ad Eldihen spuntarono le lacrime. Legolas camminò, bruciando le distanze, disinteressato ai movimenti degli uomini dentro la stalla ed a Madeos che si trovava vicino a loro.
 
“Vuoi realmente andartene oggi?” chiese ancora una volta.
 
“Io devo fare quel che devo fare” disse seria.
 
La frase dell’elfa lasciò Legolas spiazzato. Corrugò le sopracciglia, guardandola con intensità. Cosa voleva dire? Cosa doveva fare?
 
“Eldihe…”
 
“Ho terminato di sistemare il mio destriero, possiamo partire anche subito” Madeos sbucò dalla recezione con le briglie del suo cavallo in mano. Il cielo azzurrò dietro le sue spalle illuminò il suo volto elegante, molto diverso dagli uomini di Rohan.
 
“Sono pronta” confermò lei turbando Legolas che, rimasto in silenzio altalenò il suo sguardo da Madeos ad Eldihen. Era troppo difficile lasciarla andare.
 
“Cosa sta succedendo qui!” Gimli ruppe il ghiaccio, entrando nella scuderia con l’ascia in mano. Aveva il fiatone poiché aveva corso lungo le scale, sordo ai rimproveri di Aragorn che lo aveva seguito a ruota, appoggiato ad una trave che sosteneva il portone.
 
“Gimli” Eldihen sentì il suo cuore rompersi in tanti pezzi quando vide il volto impaurito di Gimli. Legolas le fu accanto, sostenendola dalla vita, comprendendo quanto fosse difficile per lei salutarli. Si guardarono un’altra volta e fu come essere trafitta da una lancia avvelenata “Amore” .
 
“Sei troppo turbata Eldihen io non ce la faccio a mandarti via oggi” Eldihen nascose il suo viso nel petto di Legolas, sentendo l’elfo abbracciarla con fare protettivo, come se fosse la cosa più preziosa del mondo.
 
“Ce la faccio… e solo che è difficile dire addio. E’difficile sapervi in pericolo… è difficile” si interruppe rattristita “Ce la faccio” Eldihen assorbì tutto il calore del suo corpo, per conservarlo una volta che le sue braccia non ci sarebbero più state. Si allontanò a fatica, rivolgendo la sua occhiata agli occhi tristi del suo amico “Mi mancherai amico mio… mi mancherai tanto” Legolas lasciò che lei si avvicinasse al nano.
 
Gimli era crucciato, con il viso abbassato e gli occhi leggermente umidi, si sosteneva alla sua arma, nascondendo il suo dolore  sotto il suo mantello. Eldihen si inginocchiò sulla paglia a terra e gli sollevò il mento, accarezzandogli la barba “Non ci sono parole per ringraziarti. Sei stato un compagno speciale e premuroso, un amico fidato ed un complice pazzesco. Abbi cura di te e non fumare troppo, mi raccomando. Gimli mi mancherai tanto” si bloccò per evitare di non piangere, incrociando gli occhi calorosi del suo amico “Ti voglio bene” lo abbracciò. Le braccia possenti di Gimli la strinsero con forza e la cullarono per qualche istante.
 
“Anch’io ragazza mia” rispose commosso.
 
“E a me?” Aragorn si avvicinò a loro, con un sorriso intenerito.
 
”Certo che sì… grazie di tutto” Eldihen lasciò Gimli per alzarsi ed abbracciare Aragorn, che l’accolse a braccia aperte.
 
“Mi raccomando fatti trovare in forma” le sussurrò all’orecchio, godendo del loro ultimo abbraccio.
 
“Anche tu e stai attento. Mi raccomando!” guardò fuori, sulla stradina della città. Anche Eowyn stava correndo nella sua direzione, evitando di scontrarsi contro i cittadini.
 
Legolas si era avvicinato a Madeos, lasciando che Eldihen salutasse i suoi amici. Gli lanciò uno sguardo colmo di preoccupazione e l’elfo annuì come se avesse compreso il suo ammonimento.
 
“Mi raccomando, dovrai proteggerla a costo della vita. Stai attento perché tante volte non mangia nulla e quando riposa può sentirsi male ed avere incubi. Stalle vicino e seguila ovunque, come se fosse la tua ombra. Come ho già detto a sire Elrond, qualsiasi cosa lei voglia le sarà concessa. Ogni singola sua richiesta esaudita. Non le dovrà mancare nulla. Una volta rientrato dalla guerra ricompenserò la vostra cortesia” parlò lentamente, spiegando passo per passo ciò che si aspettava, con tono pacato.
 
“La tratterò con i guanti bianchi” il suo sorriso sincero rincuorò in minima parte Legolas che annuendo si voltò in direzione di Eldihen che, aveva lasciato le braccia di Eowyn girandosi anche lei per guardarlo.
 
“Sei proprio sicura vero?” le chiese accogliendola tra le sue braccia quando lei si buttò sul suo petto con le guance rosse. La cullò dolcemente tra le braccia, sentendo il suo corpo sotto le dita.
 
“Sicura… anche se ti amo da morire” confessò a bassa voce spiazzandolo completamente.
 
“Anch’io e mi mancherai tantissimo. Non ci sarà più nessuno a correre con il cuscino in mano la sera. Sarà bruttissimo” disse un po’ ironico per farla calmare. Anche lui soffriva, ma con gli anni era riuscito a mascherare le sue emozioni, ed anche se in quel momento era praticamente impossibile, si sforzò per facilitare Eldihen, accarezzando i suoi capelli profumati.
 
Aragorn come al solito si era allontanato con gli altri per farli stare da soli prima della separazione, immaginando come si potessero sentire. Anche lui ci era passato.
 
“Ti mancheranno le nostre litigate?” chiese sollevando il collo per guardarlo. Era meno agitata, le braccia di Legolas erano in grado di calmare ogni sua preoccupazione.
 
“Si” baciò le sue labbra approfittando del momento di solitudine.
 
“E i nostri baci?” chiese ammaliata dalla morbidezza della bocca dell’elfo.
 
Non esitò a lambire la sua bocca, approfondendo il bacio, lasciando Eldihen di stucco, un po’ imbarazzata. Il sentimento era forte e puro “I baci mi mancheranno come l’aria. Ma vedrai che quando tornerò recupereremo il tempo perso” rispose vedendo la punta arrossata del suo naso, in contrasto con gli occhi azzurri.
 
“Legolas bada a te in questo frangente. Non fare cose azzardate e sta sempre molto attento, mi raccomando” disse con preoccupazione.
 
“Non dovresti preoccuparti visto che sono il miglior arciere della Terra di Mezzo” tornò a sorridere scherzosamente.
 
“E dimmi un po’. Cosa farai senza la migliore combina guai della Terra di Mezzo?” chiese ironica, guardando il volto dell’elfo tornare serio. Nascondeva  dietro la sua maschera equanime una nota di malinconia.
 
“Cormamin niuve tenna’ ta elea lle au’ (Il mio cuore dormirà fino a che non ti rivedrà ancora)”
 
La fece sgranare gli occhi dalla sorpresa, cogliendo la nota di infelicità che uscì dalla sua voce all’apparenza calma.
 
In groppa al suo destriero Eldihen lasciò la scuderia in compagnia di Madeos e Legolas, che si era offerto di scortarla per un po’, anche se si sarebbero separati a breve, affidandola completamente alle cure dell’altro elfo. Era agitato ma si fidava del soldato di sire Elrond. Non sarebbe accaduto nulla.
 
Il sole illuminò il sentiero inclinato e, mentre Eldihen discendeva lungo i ciottoli, osservò le casette di paglia, lanciando uno sguardo indietro, verso il palazzo d’oro, con molta nostalgia. Strinse le redini del suo cavallo, ricercando il coraggio necessario per concludere la sua avventura. Ne aveva passate tante, e adesso si sentiva abbastanza forte da superare ogni ostacolo, imparando dai suoi errori. Ne era uscita fortificata, dentro il suo cuore sentiva un’energia mai avuta, un desiderio ardente che mai prima d’ora aveva avvertito. Ne fu certa, sarebbe riuscita  spingersi oltre la soglia, a sconfiggere le sue paure, scontrandosi contro menzogne e falsità.
 
“Siamo arrivati” disse a bassa voce vedendo i cancelli di Rohan aprirsi. La gente li fissò, fermandosi apposta per loro. Da come li guardavano sembrò ad Eldihen che l’avessero riconosciuta, incrociò i volti dei cittadini, augurando il meglio al villaggio, ormai si sentiva un po’ loro conterranea, visto il lungo periodo trascorso insieme.
 
Legolas non aveva tolto gli occhi dalla ragazza, chiedendosi mentalmente come mai fosse così tranquilla e sicura di sé. In realtà era molto confuso dal suo atteggiamento, proprio non riusciva a capire cosa le passasse per la testa, visto che in quei giorni si era ribellata così tanto, facendo carte false per rimanere e adesso, proseguiva con decisione senza battere ciglio. Era strano. L’ansia aumentò quando gli venne in mente la loro ultima conversazione. Lei aveva detto che doveva fare quel che doveva fare, ma non era convinto che si fosse riferita alla partenza. Uno strano presentimento gli balenò in testa, mentre con gli occhi studiava le spalle della ragazza, che non si era voltata, forse per timore di crollare.
 
Respirò a pieni polmoni la fresca aria proveniente dalla campagna. I fili d’erba si spostavano seguendo la direzione del vento. Le sembrò che il prato fosse un vestito verde, adornato da piccoli fiori bianchi. Lo sguardo di Eldihen indugiò sull’ombra dei tumuli tappezzati da preziosi germogli. Voltò il capo sentendo il cavallo di Legolas nitrire, trovò l’elfo serio, intento a guardarla senza abbassare le palpebre, nemmeno quando lei arrossì a causa dell’intensità del suo sguardo che brillava anche sotto l’ombra della città. I suoi occhi esprimevano tutte ciò che avrebbe voluto comunicare e, ad Eldihen parve che Legolas la volesse ammonire per qualcosa di  importante, aprì la bocca per parlargli, ma le imprecazioni di Gimli, seguito dal passo rapido di Eowyn la bloccarono, facendole girare il collo in loro direzione. Alzò le sopracciglia notando che dietro la sua amica, vi era la donna che aveva parlato con lei alla festa, paffuta con un sorriso tra le labbra che cozzava fortemente all’espressione dipinta sul volto dei due che l’affiancavano.
 
“Eldihen… anche se te ne stai andando sappi che ad Edoras ci sarà sempre un posto per te” urlò Eowyn, con voce intrisa di tristezza, i suoi capelli ondeggiarono insieme alla gonna che si dimenò mossa dal vento.
 
Eldihen sorrise alzando una mano per salutare Gimli e l’amica, osservando lo strano sguardo della signora che si era un po’ allontanata da loro, con lo scialle dietro le spalle “Congratulazioni per il bambino!” dichiarò felicemente come se niente fosse, attirando lo sguardo persino di Madeos che per un attimo strabuzzò gli occhi volgendo un’occhiata meravigliata a Legolas e ad Eldihen che era diventata rossa come un pomodoro, allontanandosi con il cavallo con il capo chinato. Ma che storia era?
 
“Il bambino?” a Gimli gli andò di traverso un chiotto di saliva, tossì per non strozzarsi, aiutato da Eowyn che si era avvicinata a lui, massaggiandogli la schiena.
 
“Non gliene avevo parlato perché era una voce di corridoio… oh dannata donna, stanno sempre a spettegolare”
 
Ed anche dopo aver ascoltato le rassicurazione di Eowyn il nano rimase pietrificato, guardando i tre allontanarsi in groppa ai lori destrieri “Bel modo di sapere le cose!”
 
 
 
 
Entro il pomeriggio superarono l’ampia distesa, procedendo adagio, fino a raggiungere i pressi della foresta di Fangorn. Ancora dovevano superare la piana di Rohan, per deviare ad est, verso i campi di Celebriant, raggiungendo in tal modo Lorien. Madeos si sarebbe fermato per qualche giorno, per poi partire verso Rivendell con una degna scorta in grado di affrontare delle possibili minacce.
 
Eldihen in quell’istante si sentì mancare, sapendo che Legolas sarebbe dovuto tornare indietro e nell’incrociare i suoi occhi color del mare, desiderò con tutta se stessa scendere dalla sella del suo cavallo e lanciarsi tra le sue braccia, dichiarando le sue sofferenze. Ma non fece nulla di tutto ciò, limitandosi a guardarlo mentre lui si affiancava.
 
 Sapeva bene  che sarebbero passati probabilmente mesi prima di rincontrarla e questo pensiero lo sconfortò e non poco, tanto da serrare la mascella, ripetendosi che l’unica cosa importante era la salvezza di Eldihen.
 
“Proseguiremo ancora un po’ prima di fare una pausa” era stato Madeos a parlare, stringendo le briglia al cavallo per bloccarsi sulla stradina sterrata. Era pomeriggio inoltrato e non avevano fortunatamente scorto alcuna minaccia fino a quel momento.
 
L’elfo biondo notando le lacrime intrappolate dalle palpebre di Eldihen scese da cavallo con estrema risolutezza, atterrando in piedi sul terreno. Le si avvicinò con passo leggero, fermandosi al suo fianco, con un’espressione colma di tristezza e nostalgia. Allungò una mano, sfiorando il dorso di quella di Eldihen. L’elfa sussultò, girando gli occhi, fino a bloccare il suo sguardo sulle labbra di Legolas, che serrate sembravano invitarla ad abbassarsi per donargli un bacio prima di lasciarlo. Il vento soffiò , intrappolando quel momento doloroso, alzando dal suolo il polline dei fiori e le foglie cadute dai pochi alberi che avevano incontrato durante il tragitto.
 
“Io adesso devo lasciarti” disse con voce bassa, facendole contorcere le labbra in segno di diniego “Sai che non lo voglio” sentì il cuore perdere la vivacità dei suoi battiti, come se un ombra scura fosse scesa su di lui, coprendolo dalla luce del sole pomeridiano.
 
La ragazza alzò con un dito la sua mano, intersecando una stretta forte e piena di angoscia.
 
“Quanto freddo che fa” ammise percorsa da un brivido che le fece gelare il sangue dentro le vene. Una lacrima cadde dalle ciglia bagnate, finendo sui pantaloni. Guardò le macchie che si formarono sul tessuto scuro, stava piangendo senza riuscire a trattenersi e, per non mostrarsi in quello stato a Legolas, alzò una mano coprendosi il volto con vergogna.
 
“Guardami” Legolas si affrettò a prenderle il polso, allontanando le dita di Eldihen dalla faccia “Scendi un attimo” sentì una morsa stringergli il petto e per placare il suo sconforto dovette prenderla dalla vita, facendola scendere da cavallo, trascinandola verso le sue spalle.
 
Eldihen si aggrappò al suo mantello verde ed aiutata da Legolas atterrò in piedi, sentendosi abbracciare dalle mani di lui che la cercavano con smania, abbassandosi sui suoi fianchi per poi risalire con incertezza sul volto morbido. L’elfo le spostò i capelli dal viso e la baciò sulle labbra quasi con disperazione. Approfittò, perché sapeva che sarebbe stato il loro ultimo bacio, poi chissà quando avrebbero potuto toccarsi, sempre se si sarebbero rivisti davvero.
 
“Segui Madeos fino a Gran Burrone e rimani insieme a lui” le raccomandò con tono autoritario senza sciogliere le braccia dal suo corpo “Io sarò impaziente di rivederti” la sua voce si sciolse e Legolas le carezzò dolcemente il collo.
 
“Non vedo l’ora” la ragazza si strinse a lui, restia ad allontanarsi dal suo torace, sentendosi sciogliere a contatto con il suo petto che era stato il suo cuscino per diversi notti. Soffocò un nuovo pianto, le labbra di Legolas si posarono delicatamente sulla sua fronte.
 
“E’ difficile per entrambi. Edoras sarà vuota senza di te e non sono il solo a pensarlo” disse con amarezza quando Eldihen si spostò per guardarlo in viso.
 
“Mi spiace disturbare ma sarebbe opportuno proseguire prima che cali la notte” Madeos dovette richiamarli, anche se con dispiacere. Era rimasto da parte, vicino ad una roccia, osservando le terre in lontananza, mentre loro si accommiatavano.
 
“Devo andare via” disse tristemente e quando l’elfa  provò ad allontanarsi, Legolas l’avvinghiò con una presa di ferro, per rubarle un altro bacio. Quello era per davvero l’ultimo.
 
“Ti amo, qualunque cosa accada, sappi che il mio cuore è tuo, per l’eternità”
 
Eldihen gli strinse le mani con decisione, lanciandogli uno sguardo carico di nostalgia che Legolas ricambiò, accarezzando il dorso della mano con tenerezza.
 
“Vale lo stesso per me” lentamente sciolse le sue dita, con molta difficoltà, fino ad allungare le braccia lungo i fianchi. Si diedero un lungo e penetrante sguardo, uno di quelli che non si dimentica con leggerezza, che entra nell’animo, prima ancora di rendersene conto, provocando in  Legolas lo scombussolamento delle sue idee, tanto da mettere in discussione i suoi piani. Se non fosse stato per la grande minaccia che incombeva sulle loro teste, avrebbe allungato il braccio per riprendere Eldihen, ma contrariamente a quanto desiderava fare, la guardò mentre lei  si issava sul destriero, riprendendone le redini. L’amava troppo per saperla in pericolo.
 
Percorsero due strade opposte. Eldihen avanzava con Madeos, mentre Legolas dietro di lei procedeva per far ritorno ad Edoras, percorrendo in discesa il sentiero. Si erano entrambi girati per guardarsi, fino a che l’ombra della collina li divise definitivamente e Legolas rimase fermo in sella ad Arod, osservando con rinnovato rammarico il punto in cui Eldihen era scomparsa.
 
 
Prima di prendere la deviazione programmata ed evitare la foresta di Fangorn che appariva tenebrosa dinanzi ai loro occhi. Eldihen con il capo abbassato bloccò il passo del suo cavallo, facendolo nitrire per l’improvviso ordine che aveva impartito con un movimento repentino della mano.
 
Madeos la imitò di conseguenza, voltandosi nella sua direzione, con il mantello a coprire il corpo del suo prode destriero. Guardò la ragazza e prima di aprire bocca per chiederle cos’avesse, la studiò nuovamente, insicuro se parlarle o aspettare che lei spiegasse il motivo per cui si era fermata.
 
“Mia signora, posso immaginare quanto sia difficile per te proseguire, ma non possiamo fermarci. E’ necessario avanzare un altro po’” disse infine vedendo i suoi occhi azzurri. Gli sembrò determinata, sicura del fatto suo, e di tutt’altro avviso.
 
“Mesi fa sarei stata felice di seguirti, allontanandomi definitivamente dall’ombra della guerra, ma adesso non è così. Io non sono più la stessa persona e non mi va di scappare. Ho imparato che non si risolve nulla ad inghiottire le proprie lacrime e che, sarebbe meglio esporsi e dare un contributo, piuttosto che nascondersi, anche se piccolo ed insignificante è sempre buono fare qualcosa, per coloro che amiamo!” disse con voce ferma vedendo il volto dell’elfo contrarsi un un’espressione di diniego.
 
“Perdona la mia franchezza, ma non credo che potresti fare molto in aiuto di coloro che ami. E’ meglio non discutere e proseguire. Andiamo” evidentemente Madeos non la conosceva bene, poiché non la prese in parola. Fece per riprendere le briglie di cuoio, ma Eldihen lo spiazzò completamente, mostrandosi impavida come non l’aveva mai vista, infatti stentò a riconoscerla.
 
“Perdonami tu mio signore, ma dopo aver superato momenti abbastanza critici non me la sento proprio di fuggire e rimanere al sicuro sotto il tuo mantello, nè tantomeno di raggiungere la casa del mio re ed attendere con trepidante paura notizie riguardanti le persone a me care. Mettiti l’anima in pace, perché giunti qui, proprio nel punto in cui desideravo arrivare, credo che sia tempo di salutarti e di augurarti ogni bene, con la speranza che tu non comunichi nulla a Legolas, perché sarò io a farlo quando si presenterà il momento” sollevò il capo drizzando la schiena, con i lineamenti induriti e gli occhi carichi di coraggio, accumulato dalle disavventure e le cicatrici dentro al suo cuore che erano guarite grazie all’amore dei suoi amici ed in particolare del suo elfo biondo.
 
“Il principe Legolas mi aveva informato di una tua possibile fuga. In realtà ha impartito ordini ben precisi. Non mi aspettavo di affrontare questa situazione parecchio antipatica, ma se dovrò inseguirti non esiterò a spingermi ai confini di questa terra per riprenderti, anche se preferirei che tu ragionassi e continuassi a starmi dietro”
 
“Ho tutt’altra idea per la testa”sollevò il mento, tirando le briglie per far cambiare direzione al suo cavallo. Appena ricevuta la notizia della sua partenza, Eldihen piuttosto che litigare inutilmente con Legolas, aveva preferito acconsentire alla sua iniziativa, godendo del loro ultimo momento insieme per poi agire secondo la sua volontà. In fin dei conti quando si era mostrata contrariata l’elfo l’aveva sempre zittita, non volendo ascoltare il suo pensiero. Tanto valeva tacere ed esporre i fatti, senza sgolarsi inutilmente. L’unica persona a conoscenza del suo piano era appunto Eowyn che l’aveva aiutata, molto stupita della sua pensata.
 
Fece per bloccarsi, ma Madeos diede un colpo al suo cavallo raggiungendola. Il suo sguardo la intrappolò. Era turbato e confuso, non avrebbe mai voluto imporsi con la forza, ma Eldihen sembrava un osso duro, difficile da piegare.
 
“E dove hai intenzione di andare?” domandò con preoccupazione, facendo scorrere la sua occhiata sul bustino in pelle, fino a raggiungere gli occhi cristallini.
 
“Vado a trovare una persona di mia conoscenza…” esibì un sorriso che non prometteva nulla di buono “Ad Isengard”
 
 
 
 
 
Eldihen superò la foresta di Fangorn senza tanti problemi, seguendo le indicazioni della mappa che aveva studiato a palazzo. Correva con il suo destriero come se fosse rincorsa da un branco di orchi affamati, superando gli alberi avvizziti e la rete fitta di rami che la separava dalla sua meta. Madeos l’aveva seguita a ruota scongiurandola di tornare indietro, senza però essere minimamente ascoltato. Era stupito dell’azione dell’elfa, fissandola con aria stizzita mentre correva velocemente. Non avrebbe voluto usare la forza anche se fu tentato di prenderla dalle orecchie.
 
Giunsero ad Isengard a notte fonda, correndo con i loro cavalli stanchi. In realtà non riuscirono a capire se fosse mattina o sera. Eldihen ammirò la torre di Orthanc brillare come una lancia nera, incorniciata dal manto stellato sopra la sua testa. Scese dal suo destriero muovendosi fluidamente grazie ai pantaloni che indossava, molto più comodi ed adatti rispetto alle gonne che era solita portare.
 
“Sei completamente pazza… fuori di testa” sbottò Madeos imitandola. Bruciò la distanza che lo divideva dalla ragazza, furioso per aver corso per leghe prima di potersi avvicinare “Ma cosa intendi fare? E’ un posto pericoloso, se Legolas sapesse  che sei qui correrebbe da te. Non voleva saperti in pericolo, ma pare che tu non mi senta neppure” disse rincorrendola con passo veloce, riluttante all’idea di metter piede dentro la piazzola. Si fermarono entrambi vicino al muro fracassato che li divideva dalla torre, ascoltando il movimento dell’acqua  che fluiva intorno lo spiazzo isolato.
 
“Legolas non ti ha detto di seguirmi ed esaudire ogni mia richiesta?” si voltò Eldihen sospirando. Una nuvoletta bianca uscì dalla sua bocca.
 
“Penso che non intendesse questo” rispose stizzito coprendosi con il suo mantello “Inoltre mi ha incaricato di spedirgli una lettera per rassicurarlo, anche se non gli dirò nulla, come hai chiesto tu, non pensi che si preoccuperà ugualmente?” chiese prendendola dal braccio con estrema delicatezza.
 
“No, perché la lettera gli arriverà ugualmente Madeos, ci ho pensato io, non ti preoccupare, ti sollevo da questo incarico e scusami, ma adesso avrei una questione in sospeso da risolvere e se mi accompagnassi te ne sarei grata, altrimenti attendi il mio ritorno in silenzio senza batter ciglio” imboccò il percorso fatto di mattoni, scorgendo gli Ent camminare lentamente intorno alle mura di Orthanc. Trattenne il respiro quando avvertì l’olezzo proveniente dall’acqua che puzzava di marcio, infatti con un occhiata più attenta, Eldihen notò galleggiare sulla superficie dei frutti e del cibo avariato dallo sgradevole aspetto.
 
“Io sono sorpreso, forse non ti rendi conto di quello che stai facendo. Forse non sai in che guaio ti stai cacciando”
 
“Ed invece ti sbagli perché se sono corsa fino a qui una ragione ci sarà. Sono venuta per risolvere alcuni problemi riguardante la guerra e credimi che sono la persona più indicata al momento” rispose a tono, come scottata dalle parole che aveva udito. Madeos non sapeva che Nihil si trovava lì dentro, e tantomeno conosceva l’intricato piano di Eldihen. Tirò le labbra carnose in una smorfia, facendo notare all’elfa il neo vicino alla guancia. Quel particolare la distrasse, anche se si concentrò senza perder altro tempo.
 
“Mi complimento con te. Pare che tu abbia studiato tutto quanto a tavolino. Vorresti spiegarmi almeno cos’hai intenzione di fare?”
 
“Vedrai!” sguainò la spada dall’elsa blu, ascoltando il rumore che aveva rotto il silenzio della notte.
 
Si addentrarono nella torre grazie all’aiuto di Barbalbero che, ascoltando le parole di Eldihen l’aveva lasciata passare, dopo aver discusso per una decina di minuti, con intervalli di tempo assurdi per Eldihen che impaziente attendeva di entrare nella torre e raggiungere Nihil.
 
Madeos corse lungo le scale a chiocciola, guardando i piedi di Eldihen muoversi velocemente. Sbuffò riducendo gli occhi a fessura. Se non fosse stato per gli ordini impartiti da re Elrond l’avrebbe tirata a forza fuori da quella torre, ma non poteva, temeva di essere rimproverato visto che Legolas aveva esplicitamente dichiarato di trattarla bene e di certo non avrebbe agito d’impulso, per paura di incrinare i rapporti con il reame boscoso, dato che il principe teneva particolarmente alla ragazza.
 
“Ti chiedo ancora di tornare indietro. Cosa cerchi qui dentro? Ma si può essere così avventati? Forse non ti stai rendendo conto delle tue azioni e, per tua informazione quando vedrò Legolas di persona gli dirò tutto, non pensare che io tenga spalla forte a te. Se non gli scrivo è solo per non farlo preoccupare, ma sentirai cosa dirà quando verrà a sapere del tuo comportamento” disse salendo i gradini scuri, con le dita strette all’elsa della sua spada “ Sei una maldestra…. Rallenta ragazza!” allungò una mano per afferrare il suo polso, ma Eldihen pareva una gazzella. Non si fece prendere
 
“Quanto mi manchi Gimli” affermò raggiungendo il portone nero in cima. Si fermò sullo spiazzo, non attese che Madeos la raggiungesse, con un calcio spalancò la porta, producendo un tonfo che risuonò dentro le mura della torre.
 
 Non perse tempo ad annunciarsi, entrò nella sala in disordine, travolta dal vento gelido che proveniva dalle finestre spalancate.
 
“Spero di non disturbare” la sentì dire Madeos, prima di entrare anche lui nella stanza illuminata dalla fioca luce dei candelabri.
 
Nihil si trovava seduto su un trono nero, insieme ad Epon che era appollaiato sul tavolino di fronte, in mezzo a fogli e manoscritti di ogni tipo, con le ali abbassate “Salve stellina. E’ andato bene il viaggio?” alzò gli occhi dal libro che stava leggendo, senza alterarsi o alzarsi dal suo seggio, con le gambe accavallate ed in volto un’espressione furba. Gli occhi azzurri come cristalli trafissero Eldihen che impaurita abbassò lo sguardo, rammentando ciò che era accaduto in passato.
 
“Non sei molto sorpreso, mi avevi vista?” chiese decidendosi ad alzare lo sguardo. Madeos l’affiancò con la bocca spalancata dallo stupore. La sua mano rafforzò la presa sulla spada, pronto a scagliarsi contro quel furfante.
 
“Stai giocando con il fuoco ragazza. Fatti da parte e torna immediatamente fuori da questo posto. Ma cosa mi tocca fare!” digrignò i denti, lanciando un’occhiata  di sbieco all’elfo che sorrideva divertito.
 
“Tranquillo, non mordo”
 
“Hai procurato morte al nostro popolo” affermò con aria minacciosa, ma prima che sfoderasse la sua spada Eldihen lo bloccò, parandosi davanti.
 
“Lasciami parlare perché io e lui abbiamo delle cose da dirci e ti assicuro che sarei anch’io tentata di dargli una punizione, ma non bisogna essere avventati. Lasciami parlare” alzò la voce in modo che anche Nihil ascoltasse le sue parole. Voltò il viso rimanendo girata di spalle.
 
“Io sono tutte orecchie. Molto coraggioso da parte tua venire a trovarmi, Legolas non sarà così felice a saperti qua. Dimmi, come hai fatto ad allontanarti?”
 
“Epon non te l’ha detto?” alzò un sopracciglio voltandosi completamente verso di lui.
 
“Mi ha detto un paio di cose, ma attendo di conoscere cosa hai da dirmi tu. Non mi aspettavo di certo una tua visita, sei stata così gentile. Vorreste che vi prepari del tè, o preferireste bere del vino in mia compagnia?” stappò il tappo dalla bottiglia di vino trasparente sul tavolo, appoggiandosi al margine, con quel suo atteggiamento sfrontato che diede sui nervi a Madeos.
 
“Si prende gioco di noi!”
 
“Ma no… ed io che volevo essere gentile” sorrise divertito di fronte l’espressione spazientita dell’altro elfo.
 
“Nihil” Eldihen camminò in sua direzione, con la mano stretta alla sua spada, ed il cuore pieno d’ansia. Si guardarono immersi nella grigia penombra, sotto la luce delle candele che tratteggiava le ombre nei loro volti.
 
L’elfo rimase in silenzio, con il calice tra le dita ed i piedi incrociati. La guardò, cercando di leggere dentro i suoi occhi azzurri e non vi trovò indecisione o sconforto, ma determinazione. Diversa da come l’aveva conosciuta, cambiata dalle difficoltà ed anche dai suoi stessi malefici che le avevano lasciato un segno indelebile nell’animo.
 
“Ho visto di te. La spada mi ha parlato e so’ cos’hai passato: della morte di tua madre e di tuo padre, ma di certo non starò qui a commiserarti, perché ciò che mi hai fatto non giustifica le tue pessime azioni, anche se confesso di dispiacermene” parlò con un filo di voce, sostenendo con somma meraviglia gli occhi impassibili di Nihil che, sottili e tremendamente ammalianti non si erano spostati dal viso  di Eldihen.
 
Rimase sorpreso da quella rivelazione, chiedendosi come avesse fatto a vedere nel suo passato. Era strano“E’ sbagliato curiosare nella vita altrui, specie con quella maledetta spada che ti ritrovi, non si fa Eldihen. Mamma e papà non ti hanno insegnato l’educazione?” alzò un sopracciglio, una strana luce illuminò i suoi occhi. Era bello, anche se si stava lasciando andare, ma non perse il suo fascino e quell’aura scura e misteriosa che fece indietreggiare di qualche passo Eldihen.
 
“Di certo non sono mai andata in giro a sfruttare la gente, e non ho ucciso nessuno, né tantomeno tradito il mio regno”
 
“Uh ma di chi  stai parlando? Dev’essere proprio un brutto tipo” un sorriso sornione si piegò nuovamente sulle sue labbra.
 
“Da prendere a schiaffi” ironizzò. Tutta la pietà che aveva provato si stava disgregando dinanzi a Nihil. Le risultò irritabile.
 
 
“Sul serio?” non sembrò turbato, abbassò lo sguardo sul liquido rosso, assaggiandolo senza tante cerimonie “Ascoltami: Perché sei venuta ad Isengard, in piena notte, portandoti appresso questo fantoccio?”
 
“Quando ho spezzato il tuo maleficio una lacrima nera è scivolata sulla mia mano” a quelle parole seguì un silenzio di tomba. Ne Madeos, né Nihil commentarono, il primo non conosceva l’argomento, e l’altro elfo era molto sorpreso di quel particolare, nei suoi occhi si accese una luce, come se avesse colto il collegamento tra le visioni di Eldihen legate a sé.
 
“Ed eccosi spiegato l’arcano. Penso proprio che la spada ti mostrasse di me proprio per quella lacrima nera che dici di aver visto. E’ come se ci fosse una sorta di legame tra noi, visto che in quella lacrima risedeva tutto il male e l’impurità che avevo in corpo” allontanò il calice dalle labbra, scrutando il riflesso dentro il liquido rosso che deformava i lineamenti perfetti, riportandogli un immagine contorta.
 
“La spada mi mostrava di te a causa di quella lacrima? Può essere. Gandalf mi aveva detto che avrei dovuto interpretare i segnali, anche se ero all’oscuro di questo nesso tra di noi. Quindi io estraendo dal tuo corpo il maleficio, ho preso parte di esso, ed ora è dentro me!” guardò un punto impreciso del pavimento lucido, riflettendo sulle parole di Nihil.
 
“Si è così” rimase impassibile dinanzi il ragionamento di Eldihen, ma quando comprese pienamente ciò che avrebbe comportato, sulle sue labbra comparve un sorrisetto. Ciò significava che loro due erano uniti, ed anche se Legolas l’aveva imprigionato in quella torre, adesso lui avrebbe potuto ribellarsi, riottenendo la libertà.
 
“Nihil, non è una cosa buona, non capisco proprio perché sorridi!”
 
“Eldihen ci saranno delle conseguenze se non rigetti quella lacrima e me ne dispiaccio” era sincero. Il maleficio dentro il suo corpo avrebbe potuto ucciderla, ma non l’avrebbe permesso. Sapeva già cosa fare, anche se non disse nulla.  
 
“So bene quale sarà il prezzo da pagare, e pare che anche tu. Non mi spiego la tua calma” dalla sua voce traspariva la collera che stava salendo.
 
“Eldihen, rimani tranquilla, questo è un mio fardello, non accadrà nulla. Confesso però che questa situazione mi è d’aiuto, poiché potrò uscire da Orthanc con la benevolenza del principe Legolas. Altrimenti tu non ce la farai. Una vita sarà sacrificata per la salvezza della mia. Il maleficio avrebbe potuto uccidermi ma tu mi hai salvato, ed io tornerò il favore” sorrise pensando a quanto potesse essere fortunato, voleva andarsene da Isengard.
 
“Nihil” Eldihen strinse i pugni fino a far diventare le nocche bianche “Sei un grandissimo opportunista. Ma come puoi pensare a te, quando la vita di qualcun altro è in pericolo? Ed io ti ho aiutato, potrò perdere la mia vita o….” pensò al bambino del sogno avuto. Serrò le palpebre per trattenere il nervosismo,  si sarebbe scagliata contro di Nihil volentieri stavolta. Non tollerava le sue parole, le sembrò che fosse quasi contento di ciò che era accaduto.
 
“Non ti arrabbiare. E’ normale che io pensi anche a me e come non potrei farlo? Ho chiesto a Legolas di combattere insieme a lui, ma non mi ha voluto sentire, anche se ho aiutato gli Ent a sconfiggere Saruman. Pensaci, adesso ci serviamo a vicenda e se io aiuto te, potrò uscire da questa dannatissima gabbia, senza batter ciglio o causare l’ira di Barbalbero” espose il suo ragionamento senza tener conto della reazione dell’elfa che, si sentì gelare il sangue dentro le vene, accecata da una rabbia recondita che presto avrebbe scagliato contro Nihil.
 
“Sei soltanto un farabutto. Ed io che ho avuto pietà di te. Ma come si può pensare una cosa del genere, Legolas ti avrebbe perdonato se tu ti fossi dimostrato degno del suo perdono. Sai cosa penso? Tu hai aiutato gli Ent  solo perché sapevi in qualche modo che Rohan avrebbe vinto la battaglia al Fosso di Helm. Sei stato sempre freddo e menefreghista. Agisci solo per i tuoi interessi e della sventura degli altri poco importa se ne trovi giovamento, eh?”completamente accecata dall’ira lo afferrò dal colletto della tunica nera, e lo strattonò con forza verso di sé.
 
“Nella mia vita ho sempre dovuto cavarmela da solo. Tu che ne sai? Di quanto ho sofferto e di come si sono comportati gli altri nei miei confronti, disinteressandosi. Io sto dalla mia parte e proteggo ciò che è mio. Solo tu hai rotto l’incantesimo che mi legava a Saruman ed ora mi lega a te. Il tuo Legolas non ha mai mostrato alcun interesse e credimi, lui meriterebbe di soffrire, peccato che sei coinvolta anche tu”
 
“Guarda che tu mi hai usata, non far finta di nulla perché io non ho dimenticato e Legolas è rimasto veramente turbato dal tuo comportamento. Hai tentato di prendergli tutto. Persino l’arco per capriccio, ma ti rendi conto Nihil?” parlò ad un centimetro dal suo viso, scandendo bene le ultime parole, con gli occhi spalancati e le pupille dilatate per l’agitazione.
 
Madeos confuso ascoltò senza batter ciglio avvicinandosi alla ragazza con timore ed incertezza. Non comprendeva di cosa stessero parlando.
 
 
“Io volevo solo che Legolas mi apprezzasse. Ho visto morire mio padre per proteggere il suo regno. Avrebbe dovuto trattarmi come un fratello, invece non mi ha mai pensato, mai!”
 
“Io posso capire il tuo dolore, ma non puoi servirtene per giustificare le tue azioni. Non puoi Nihil, perché sbagli e credimi ho sofferto per te, ho sentito il tuo dolore nel mio cuore e ti ho sempre pensato. Non cercare dunque di intenerirmi come quando ero a casa tua”
 
“Io non cerco di intenerirti, infatti ti ho detto che ti aiuterò, ma per farlo dovrò uscire da questa fortezza” si alterò zittendo Eldihen che, indietreggiando arrivò vicino al punto in cui si era fermato Madeos.
 
 “Certo che uscirai da questa fortezza, sono venuta qui apposta. Ascoltami bene Nihil…” si avvicinò a lui con aria saccente, provocandolo. Posò le dita sul legno del tavolo e senza far insospettire Nihil lo affiancò.
 
“Scenderai  in guerra ed andrai in aiuto di Rohan: a loro servono armi, medicine e tutto il necessario per affrontare gli eserciti di Mordor. Mi aspetto che tu giunga da loro. Ad Isengard ci sono moltissime armi, dico bene? In fin dei conti gli orchi si sono dati da fare!” alzò un sopracciglio vedendo Nihil rabbuiarsi, seccato dalle pretese di Eldihen e dalla sua voce fredda e autoritaria. Ma come osava ordinargli certe cose?
 
“Ti sei calata perfettamente nella parte Eldihen. La degna nuora di re Thranduil” ironizzò chiudendo gli occhi
 
“Vuoi che Legolas si fidi di te? Dunque soddisfa le mie richiese e aiuta la Terra di Mezzo. Conosci i piani del nemico, puoi dare il tuo contributo”
 
“Non ti basta il sacrificio che farò per aiutarti ad eliminare la lacrima dal tuo corpo?” alzò un sopracciglio, incrociando le braccia al petto.
 
“E’ una conseguenza Nihil. Mi pare normale che tu debba porre rimedio, ed inizierai aiutando Rohan”
 
“Legolas non sarà felice della tua iniziativa, come ti ho già detto gli ho proposto di scendere in guerra ma lui mi ha imprigionato ad Orthanc” spiegò impassibile, scrutando il pavimento nero dalle striature argentate.
 
“Ma sono io ad ordinartelo” sorrise quando lo vide roteare gli occhi al cielo.                  
 
“Vediamo che succede” sospirò pesantemente, girandosi verso Eldihen che dopo un quarto d’ora trascorso ad impensierirsi, finalmente sorrise.
 
“E’un sì?”
 
“Sì, mi conviene. Meglio che starmene qui dentro”
 
Soddisfatta tirò fuori dalla tasca dei pantaloni la lettera che aveva scritto per Legolas, guardandola prima di consegnarla a Nihil “Tieni, quando andrai da lui gli darai questa. E cerca di non mostrarti spocchioso” chiuse le palpebre. Nihil afferrò la lettera con irritazione.
 
“Va bene Eldihen…” strinse il foglio tra le mani, un po’ curioso di scoprire il contenuto.
 
“Mia signora” Madeos si fece avanti, dopo aver assistito alla scena in silenzio, lasciandoli discutere liberamente.  Superò la distanza che lo divideva da Eldihen, lanciando uno sguardo di sbieco a  Nihil “Non c’è da fidarsi. Chi ci assicura che Nihil esaudisca i tuoi ordini?” parlò con voce sprezzante, provocando una reazione all’elfo che ascoltava.
 
“Non sei molto simpatico, lasciatelo dire”
 
“Vorrei una garanzia!”
 
Nihil sospirò guardando Eldihen che pareva concordare tacitamente con le parole del suo nuovo compagno “Avete poca fede…” schioccò la lingua, girandosi per scostare velocemente le pergamene dallo scrittoio, catturando tra le mani Epon, il suo fidatissimo falco che si era accucciato tra le sue dita, scuotendosi dal sonno “Per avvalorare le mie parole ti darò Epon. Lui mi è caro ed è la cosa più preziosa che possa offrirti al momento. Contenta?”disse porgendole la creatura che rabbrividì a causa di una ventata fretta.
 
“Epon” Eldihen rimase stupita a quel gesto e, con gli occhi sgranati prese tra le dita il falco, accarezzando le piume marroni “Mi ritengo soddisfatta. Bravo Madeos” disse facendo l’occhiolino al guerriero che si limito ad un cenno col capo.
 
“Possiamo andare dunque?”
 
 
“Aspettate, prima di andarvene dovreste sapere una cosa molto importante” per la prima volta l’espressione di Nihil si fece seria. Eldihen rimase sbigottita, in attesa di ascoltarlo.
 
 
 
 ♥
 
 
Gandalf si trovava fuori, nel giardino di fronte al palazzo del sovrintendente. Studiava impassibile la nube nera proveniente dal monte fato, insieme al giovane Peregrino Tuc che, impaurito si era nascosto dietro lo stregone, pensando ai suoi amici.
 
“Quello non è il clima del mondo” disse Gandalf passivamente.
 
Una guardia della cittadella si avvicinò, con una lancia in mano. Aveva cercato lo stregone ovunque e, felice di averlo trovato lo salutò velocemente “Mithrandir, ci sono due elfi che chiedono di vederti. Sono arrivati stamattina presto”
 
“Conosci i loro nomi?” Gandalf aggrottò le sopracciglia, incuriosendosi.
 
“La fanciulla dice di chiamarsi Eldihen ed ha qualcosa importante da dirti”
 
 
 

Note autrice:

Io felicissima di esser riuscita ad aggiornare. Che bello! Non so per voi, ma questo capitolo per me è il mio preferito. A livello di emozioni, anche se a distanza di tempo, devo ammettere di essermi immedesimata, sono molto soddisfatta. Legolas ed Eldihen mi sono piaciuti molto. In questi mesi “forse” qualcosa di buono ho fatto xD (oddio almeno per quel che mi riguarda, poi non so se voi apprezzerete, però a me piace)
Veniamo ad una parte importante: il ritorno di Nihil. Lui è sempre spocchioso ma si nota che tiene ad Eldihen e accetta i suoi “rimproveri” infatti poverina ha ragione da  vendere e, se si spinge fino ad Isengard è solo per il bene che vuole ai suoi amici. Dopo averne passate tante trova il coraggio di lottare, di alzare la testa e fare quel poco che basta per aiutare nel suo piccolo. Questo avviene  grazie all’esperienza e alle emozioni che hanno in qualche modo fortificato il suo carattere. Spero che vi piaccia e se avete dubbi vi prego di parlarmene perché ho tipo un quaderno di appunti dedicato, per cui non esiterò a soddisfare le vostre curiosità xD scherzi a parte ci tengo a dire che mi sono impegnata :) non so se vi farà pena o come me, vedrete la parte finale prendendo in considerazione il quadro completo della storia (perché bisogna tener conto di tutto)
Detto ciò vi saluto e Riguardo gli aggiornamenti: il prossimo è di venerdì.
Un abbraccio
 

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Capitolo 21 ***


Capitolo 21
 

Gondor era magnifica. Statue dei grandi re del passato troneggiavano nel largo piazzale della cittadella, ricordando vagamente le decorazioni sull’isola di Numenor. Eldihen aveva letto della maestosità di quella terra e quando era entrata a Gondor le sembrò che le descrizioni lette sui libri, coincidessero con l’aspetto della città, dalle colonne ai palazzi. Per non parlare dell’albero bianco. L’albero che gli elfi avevano regalato ad Isildur.
 
Era stato difficile convincere Madeos, ma alla fine era riuscita a trascinarlo in quella città, sorbendosi per i giorni a seguire i suoi rimproveri.
 
Si sedettero su delle panche bianche, osservando le colonne impetuose, dove avevano legato i loro cavalli.
 
“Sei pazza. Completamente pazza” Madeos camminava nervosamente lungo il piazzale in pietra, con le braccia incrociate dietro la schiena ed un’espressione ansiosa. Eldihen, che a sua differenza si era accomodata sulla panca, scrutò distrattamente il suo mantello rosso ondeggiare avanti e indietro.
 
“In questi giorni me l’hai detto minimo ottanta volte, non pensi sia sufficiente?” chiese sospirando. Era provata dal lungo viaggio, completamente ricoperta di polvere, con i capelli arruffati e la mente occupata da mille pensieri.
 
“Sire Elrond avrà di sicuro avvisato Legolas. Saremmo già dovuti arrivare, o essere vicini a Gran Burrone. Sarai la causa dei miei guai!” si fermò vicino alle scalinate che conducevano al giardino del palazzo di Gondor, osservando le guardie immobili vicino all’albero bianco. Abbassò il suo volto delicato, storcendo le labbra carnose.
 
“Non ti preoccupare, anche Legolas sarà furioso con me, ma era una cosa che andava fatta. Non mi sarei mai nascosta, non stavolta. I miei amici hanno bisogno di aiuto e, se tutto andrà bene, metterò una buona parola con re Elrond, promesso”
 
“Sei una sconsiderata” si voltò. Era alto e muscoloso, ed i suoi occhi scuri lo facevano apparire intrigante e privo di qualsiasi difetto.
 
“Madeos…” adagiò la testa su una colonna bianca, sollevando i piedi sulla panca. Respirò profondamente, sentendo le palpebre farsi pesanti.
 
“Il ragazzo non ha tutti i torti”
 
Aprì gli occhi udendo quella voce, una voce a lei nota. Si compose subito, alzandosi per salutare i due amici “Gandalf!” rimase a fissare il mantello chiaro dello stregone che si appoggiava al bastone, con i suoi occhi azzurri dallo sguardo assente.
 
“Mithrandir!” esclamò Madeos fermandosi vicino alle scale.
 
Pipino guardò con interesse lo sconosciuto, sbattendo le palpebre più volte per capire chi fosse. Il piccolo della contea dopo un’attenta analisi si voltò verso Eldihen che stava camminando nella loro direzione “Che bello ehehe” i suoi occhi si illuminarono. Iniziò a saltellare vivacemente coni riccioli biondi che si muovevano come molle davanti agli occhi ”Non pensavo di rivederti. Finalmente non sono più solo”
 
“Peregrino Tuc” il richiamo di Gandalf stroncò la sua allegria “Eldihen, cosa ci fai qui? E’ pericoloso” si rivolse alla ragazza con tono grave, aggrottando le sopracciglia bianche.
 
“Gandalf ascoltami, non c’è tempo da perdere, specie per preoccuparsi di me” Il volto di Eldihen si rabbuiò, sembrava che fosse calata un’ombra nei suoi pensieri “Sono stata da Nihil qualche giorno fa” confessò stupendolo completamente.
 
“E come mai?” chiese Gandalf curioso di scoprire ogni cosa.
 
“Rohan aveva bisogno di armi, gli ho chiesto di scendere in guerra e soccorrere re Thèoden. Inoltre vi è anche una faccenda personale, legata alla spada, ma ne parleremo in un altro momento” parlò frettolosamente, agitando le mani sotto gli occhi attenti di Gandalf, Madeos e Pipino che colsero immediatamente la sua agitazione, tutti e tre riuniti vicino ai cavalli legati al fusto della colona “Gandalf” Eldihen con un’espressione grave afferrò il braccio dello stregone, incrociando i suoi occhi. Si scambiarono uno sguardo carico di preoccupazione e, senza che lei aggiungesse null’altro Gandalf intuì le sue prossime parole.
 
“Cosa ti ha detto Nihil?”
 
“Mordor attaccherà prestissimo. Dovete chiedere immediatamente aiuto. Nihil mi ha detto che una legione di Haradrim sta arrivando da sud… questo probabilmente lo sapevi, ma sono certa che non potrai mai immaginare contro cosa dovrete combattere. Arriveranno tutti armati, in groppa a degli orripilanti olifanti che schiacceranno tutto e tutti. Non possiamo farcela Gandalf, bisogna chiedere immediatamente aiuto e riunire un esercito in grado di  contrastare questo nemico. Nihil ha già provveduto a mandare alcune lettere da Orthanc. Non tutti sono a conoscenza della morte di Saruman e credono Nihil il loro capitano, per cui parte dell’esercito è bloccato nell’estremo sud, ma gli altri, che prendono gli ordini direttamente da Mordor non tarderanno ad attaccare” si agitò parlando velocemente. Mosse il suo sguardo sul volto di Gandalf che ad ogni parola cambiava espressione, passandosi il bastone tra le mani.
 
“Eldihen se ciò che dici è vero bisogna sbrigarsi al più presto” lanciò un’occhiata a Madeos vedendolo confermare silenziosamente le parole dell’elfa “Il sovrintendente non si cura di questa minaccia. Là, chiuso nel suo palazzo occupa un trono che non è suo di diritto, disinteressandosi dei bisogni della gente” sospirò pesantemente, chinando il capo “Ma c’è da dire che Nihil è furbo e potrebbe averti ingannata, anche se…”
 
In quel momento i presenti voltarono lo sguardo in direzione di Epon che, con le ali aperte ondeggiò sulle loro teste, posandosi infine sulla spalla di Eldihen. Gandalf scrutò le piume scure dell’animale che pareva avere una certa confidenza con la ragazza.
 
“Come mai Epon è con te?” chiese conoscendo bene l’importanza che il falco aveva per Nihil.
 
“Diciamo che è una specie di garanzia” sorrise Eldihen incrociando le braccia, soddisfatta dell’espressione di stupore dipinta sul volto dello stregone.
 
“Ragazza mia” le si avvicino sorridendole “Dovresti essere fiera di te stessa. Sei stata coraggiosa, anche se rischi molto a rimanere a Gondor”
 
“Mithrandir dice giusto. Ma sembra che Eldihen non ne voglia sapere di tornare indietro. Io avrei dovuto portarla a Gran Burrone, è stato Legolas ad ordinarmelo e sicuramente sarà furioso, sia con me che con lei. Ma questo pare non interessarle” si fece avanti Madeos, con un’espressione saccente e gli occhi rivolti a Gandalf.
 
“Io comprendo la preoccupazione di Legolas, ma lui già conosceva il mio pensiero. Non sarei mai voluta andarmene da Rohan e gliel’ho detto più volte, però un bel giorno mi sono ritrovata te a palazzo. Se lui va in guerra perché io non posso dare il mio contributo?” adagiò le mani sui fianchi facendo agitare la testa a Madeos.
 
“Per i Valar!”
 
“Sei cambiata Eldihen” Gandalf sorrise scaldando il cuore della ragazza “Prima eri più… tranquilla, e so bene che questo cambiamento è avvenuto in parte a causa mia”
 
“Tranquilla?” Madeos alzò le sopracciglia, non riuscendo ad immaginare la ragazza diversamente da come l’aveva trovata “Avrei tanto voluta conoscerla prima”
 
 
 
 
 
La stanza che le avevano offerto a palazzo era diversa da quella di Rohan. Più grande, con un armadio a quattro ante, un letto dalla testiera in ferro battuto e una vasca colma di  acqua. Eldihen si fermò gettando la valigia a terra esausta. Si sporse dal balconcino che affacciava sulla città. Rimase stupita nell’osservare le case in marmo, illuminate a festa. Così in contrasto rispetto l’oscuro monte che svettava su un ampia coltre di nube nera come il carbone. Si appoggiò al davanzale, ricoperto di gerani profumatissimi, attorcigliati in mezzo all’edera rampicante che si estendeva sui muri esterni.
 
Dovette ammettere che nel silenzio della notte, Legolas le mancò moltissimo e più osservava le stelle brillare in cielo, più pensava a lui ed ai suoi occhi che ogni sera la consolavano. Ma quella sera non ci sarebbe stato a sostenerla. Si trovava lontano, dentro la sua nuova camera. Sospirando si chiese cosa stesse facendo Legolas in quel momento, lo immaginava impensierito, fermo sullo spiazzo fuori del palazzo d’oro a guardare il cielo come lei. Le si strinse il cuore ed il suo volto si rabbuiò, nonostante l’ebbrezza che avvertita nel trovarsi nella città dei re.
 
“Ehi tu, alza le mani o ti ucciderò. Mi hai sentita? Ehi, guarda che parlò con te. Ehi, ehi!”
 
Eldihen spostò il suo sguardo dentro la stanza, trovando nell’ombra un piccolo bambino che stringeva le manine su una spada di legno e la puntava contro di lei con aria minacciosa, o meglio, l’intenzione era quella, ma Eldihen sorrise dinanzi al piccolo sconosciuto. Era troppo tenero, con una casacca azzurrina addosso, le manine piccine e gli occhioni verdi, incorniciati da dei riccioli biondi.
 
“Non mi attaccare per favore, sono dalla tua parte io!” alzò le braccia vedendo il piccolo sorridere. Le guancie paffute si tinsero di rosa e dalle sue labbra spuntarono fuori dei dentini. Quelli davanti gli mancavano, ma il ragazzino era tenero ugualmente.
 
“Io non ti conosco, chi sei?” domandò a voce bassa, con una nota di curiosità.
 
“Il mio nome è Eldihen e tu come ti chiami piccolino?” si piegò sulle ginocchia, vedendo il ragazzino abbassare la spada di legno.
 
“Mi chiamo Draghetto!”  strofinò la manina sulla fronte per allontanare una ciocca ribelle.            
 
“Mhh, sicuro di chiamarti Draghetto? Io so che i draghi sono degli animali, invece tu sei un bambino!” si abbassò, sedendosi con le gambe incrociate e le mani sugli stivali in pelle.
 
“Io non sono un bambino. Io sono un drago sputa fuoco” inspirò profondamente gonfiando il petto, la sua tunica si sollevò lasciando scoperto il pancino bianco. Draghetto trattenne il respiro ed alzò le mani, per simulare le ali di un vero drago, fino a far diventare le guanciotte rosse, poi soffio sui capelli di Eldihen, che divertita sorrise, osservando il suo visetto angelico.
 
“Oh ma che paura!” allungò le dita sulla pancia scoperta del bambino, muovendole delicatamente per fargli il solletico.
“Ahahah, così ahaha non vale ahahaha!” il piccolo agitò le manine cercando di allontanare quelle di Eldihen che divertita ascoltava la sua risata cristallina, rincuorandosi. Ogni preoccupazione era svanita, il bambino era riuscito a distrarla dai suoi pensieri. Le sembrò di trovarsi lontano dalle minacce di Mordor, anche se il monte Fato era dietro di lei.
 
“Va bene adesso basta, mi sa che ho vinto io!” lasciò che il bambino si ricomponesse, prima di porgli un’altra domanda. “Come sei arrivato in camera mia? Non ti ho sentito” confessò guardandolo negli occhi, sotto la luce della luna che rischiarava le tenebre dentro la stanza.
 
 “Ma volando, in che altro modo sarei potuto venire sennò? Io sono Draghetto, il mitico, l’indistruttibile Draghetto” alzò le braccia e corse intorno ad Eldihen muovendosi come un falco. Non contento della sua esibizione, si aggrappò al materasso e si issò in piedi sul letto, saltando allegramente. I suoi piedi scompigliarono le coperte di lana, producendo un rumore di molle ad ogni balzo”Io… sono… un Drago” rise guardando l’espressione di Eldihen che si era alzata dal pavimento, raggiungendo il capezzale per gustarsi meglio la scena.
 
“L’ho capito che sei un Drago, ma scendi dal letto o finirai per farti male, su vieni in braccio a me” aprì le sue braccia per prendere la piccola furia che, vedendola avvicinarsi emise un urletto, scivolando via con una coperta attaccata al piede.
 
“Tanto non mi prendi!” corse lungo il perimetro della stanza. Era tutto sudato e rosso come un peperone, ma nonostante ciò, continuò a roteare intorno alle mattonelle a terra, lasciando Eldihen di stucco.
 
“E va bene” lo lasciò giocare allegramente, raccogliendo la spada di legno che aveva lasciato a terra. Chissà quanto doveva essere stata distratta per non essersi accorta di quel bambino, eppure era cosi chiassoso. Si sedette sul letto, in attesa che il piccolo si decidesse a fermarsi. Non voleva fermarlo perché era troppo bello osservarlo mentre si agitava come un uragano, in più sentiva i muscoli del suo corpo indolenzirsi, alla sola idea di corrergli dietro.
 
“Ehi restituiscimi la mia spada” si avvicinò con quell’espressione minacciosa e buffa allo stesso tempo, camminando a grandi passi verso il letto, con le manine strette e i capelli intrisi di sudore. “All’attacco” si scagliò sul petto di Eldihen, facendola cadere sul materasso alle sue spalle.
 
“Che paura. Mi hai uccisa, sono morta” chiuse gli occhi leccandosi le labbra, fino a sentire il palmo della manina sulla sua guancia.
 
“Sì ho vinto io!” felice come se avesse ricevuto chissà quale premio, Draghetto salterellò sul letto, facendo finire il cuscino a terra. Eldihen si lasciò trasportare dai movimenti che provocava il bambino, fino a che anche lui si accasciò, sbadigliando debolmente.
 
“Sei stanco vedi? Forse sarà meglio tornare a casa tua dalla tua mamma, che dici, ti accompagno?” chiese piegandosi su un fianco.  I capelli ondulati le ricaddero sulle coperte, si appoggiò ad un gomito, osservando il bambino che asciugava il sudore dal visetto imperlato.
 
“Io non ho una casa e non ho una mamma” disse con una vocina dolcissima, senza alcuna nota triste, come se fosse normale per lui. Ciò procurò dei brividi sulla schiena di Eldihen che rimase colpita da quella rivelazione, rabbuiandosi di colpo.
 
 
 
 
“Oh, non pensavo fossi in compagnia!” Gandalf era entrato in camera, dopo aver discusso con Madeos riguardo la guerra. Si ritrovò ad ammirare una scena inaspettata e tenera. Eldihen abbracciava un bambino di circa sei anni che, con gli occhi chiusi dormiva tranquillamente nel suo letto, con le coperte attorcigliate attorno al piedino, un ditino dentro la bocca che succhiava nel sonno, muovendo ritmicamente le labbra sottili e rosate.
 
“Si chiama Draghetto” si rialzò dal giaciglio, attenta a non procurare rumori per paura di disturbare il piccolo. Gli posò una coperta sul corpicino tremante, accarezzandogli i capelli con una mano.
 
“Dov’è Epon?” chiese Gandalf guardando nella stanza, in mezzo agli oggetti sparsi sui pochi mobili che vi erano.
 
“Dorme su una pianta fuori dal balcone”
 
“E tu Eldihen? Come va con la spada?” chiese intuendo le sue preoccupazioni. Aveva fatto centro Gandalf, infatti sul volto di Eldihen comparve un broncio che non prometteva nulla di buono.
 
Si avvicinò a Gandalf, massaggiandosi le braccia.
 
“Pare che tu avessi ragione. La spada nei giorni a venire mi ha mostrato molte cose, tra cui un incantesimo nascosto dentro il mio corpo” si bloccò dinanzi il bastone dello stregone, sentendosi trafitta dai suoi occhi saggi.
 
 Gli raccontò di Nihil e della lacrima che era scivolata sulla sua mano, spiegandogli per filo e per segno il sogno avuto a Rohan, del bambino che era morto a causa di quel  maleficio che gravava dentro di lei, non esitando a commentare l’accaduto, attraverso riflessioni e pensieri non detti “Nihil ha detto che avrebbe sciolto il maleficio, ma non so che intenzioni abbia” rivelò prima di avvicinarsi silenziosamente alla veranda, per contemplare i tetti della città, con i gomiti appoggiati alla ringhiera.
 
“Mhh, ti ha detto che se ne sarebbe occupato? Era serio?”nella sua mente balenò un pensiero poco piacevole. Gandalf lisciò la superficie del suo bastone, passandosi una mano sulla barba raggrinzita. Se ciò che diceva Eldihen era vero, soltanto una cosa avrebbe potuto annullare il male che minacciava la sua vita, ma dubitava che Nihil l’avrebbe aiutata senza chiedere nulla in cambio.
 
“Sì era serio. In questo momento io mi sento sconvolta e preoccupata. Il sogno mi ha destabilizzata parecchio, anche se sono molto impaurita per via di Legolas. Non prenderà molto bene la mia decisione, lo so. Ma non ho intenzione di scappare ed attendere che tutto sia finito. Se posso fare qualcosa, qualsiasi cosa, sono disposta a mettermi in primo piano per aiutare i miei amici. Anche se mi rendo conto di non poter fare chissà che. I miei sono solo piccoli tentativi, che probabilmente non cambieranno nulla in questa guerra” sbuffò giocherellando con i fiori che ricadevano sul balcone, evitando di guardare la nube che si allargava su Mordor.
 
“Spesso nei piccoli gesti si nascondono grandi sentimenti!” Gandalf l’affiancò, guardandola di sottecchi “Hai aiutato molto Eldihen” ricacciò la sua pipa, riepiendola di una sostanza sconosciuta “Hai spezzato l’incantesimo di Nihil e, invece di startene al sicuro ad Imladris ti sei spinta ad Isengard per richiamarlo, strappandogli alcune informazioni indispensabili. Non so se aiuterà Rohan, ma il tuo è stato un gesto ammirabile e …” si fermò, ricercando il suo sguardo “coraggioso”
 
“Tu non pensi che io sia una sciocca? Non riesco a comprendere la spada. La temevo, anche se mi è stata sempre d’aiuto e mi ha avvertito di alcune cose importanti. Il merito non è mio Gandalf, ma tuo. Ed io non sono riuscita a comprendere la grandezza del tuo dono: la spada nasconde molte cose e brilla nell’oscurità, infondendomi forza e coraggio”
 
“La spada è solo un oggetto Eldihen. Ciò che vedi e senti è la magia che si nasconde in essa e che è in te, perché in qualche modo la percepisci e sai comprenderla. Siamo sicuri che tu sia giunta qui per la spada?” domandò muovendo il collo.
 
Eldihen non ci aveva mai riflettuto e guardando la torre vedetta dietro le spalle di Gandalf pensò a Legolas, a Gimli e Eowyn. No, non era stata la spada a farla cambiare, ma gli insegnamenti che aveva ricevuto dalle persone che amava “Se sono giunta qui, nonostante le mie paure, è per l’amore che provo per i miei compagni. Loro sono stati sempre pronti a difendermi ed io ho imparato molto. Mi sento cambiata, non penso più a me, ma guardo prima agli altri”
 
“Io ti ho semplicemente dato una spintarella. Ma ciò che risveglia la spada è già dentro di te. Preparati Eldihen e stringi i denti perché dovrai essere forte, per combattere la battaglia decisiva, e la spada sarà una compagna fidata nel tuo ultimo scontro!”
 
 
 
 
 
“Mi sono arrampicato sul muro ed ho acceso i fuochi Eldihen. I nostri amici a quest’ora avranno già ricevuto la nostra richiesta d’aiuto, ne sono sicuro. Spero tanto che Merry stia bene, noi non ci siamo mai separati, abbiamo vissuto quest’avventura insieme ed adesso… siamo divisi” Pipino era triste, seduto su una panca in marmo, muoveva i piedi distrattamente, lanciando qualche sguardo veloce alla sala del trono, tutta nera e bianca, decorata da stendardi che raffiguravano l’albero bianco del re.
 
“Ti capisco” Eldihen posò la sua mano su quella del piccolo compagno, sorridendogli. Lo aveva raggiunto con molta fatica. Il palazzo di Minas Tirith era pieno di corridoi e colonne imponenti  “Anch’io sono in pensiero per i nostri amici. Specie per Legolas. Immagino che sia lo stesso per te. Ma dobbiamo farci forza a vicenda. Ce la faremo vedrai”
 
Le colonne si susseguivano una dietro l’altra, incorniciando il luminoso corridoio bianco e le statue nascoste dentro degli archi rotondi. Draghetto si trovava steso a terra, a giocare con la sua spada di legno, in silenzio, con gli occhi fissi sui candelabri dorati. Allargò le mani prima di voltarsi verso Eldihen. L’aveva seguita aggrappandosi al suo piede. Non si sarebbe separato facilmente dalla sua nuova amica.
 
“Quali servigi può un hobbit offrire ad un così grande signore degli uomini” Pipino rimuginando sulle sue azioni chiuse gli occhi. Eldihen pensò a come poterlo consolare, ma una voce in lontananza arrivò prima che lei si pronunciasse.
 
“Un bel gesto…” un giovane ragazzo dai capelli biondi e gli occhi chiari camminava nella loro direzione, sorridendo a Pipino ed Eldihen. Draghetto sollevò il viso, facendo leva sulle manine per alzarsi da terra e correre velocemente in direzione dello sconosciuto.
 
“Faramir” esultò il bambino girandogli intorno tutto pimpante. Un sorriso si allargò sul suo visetto bianco. Faramir lo prese in braccio camminando in direzione dello hobbit, con le manine di Draghetto tra i lunghi capelli mossi.
 
“Un’azione generosa non va esaminata a freddo. Ti unirai alla guardia nella torre” sorrise accarezzando i capelli riccioli del piccolo. Pipino si alzò, completamente sorpreso ed agitato, mentre Eldihen, si limitò ad alzare il viso, incrociando lo sguardo dell’uomo che, anche se non lo conosceva, le trasmise fiducia. Poi se Draghetto sorrideva in quel modo, doveva trattarsi per forza di un bravo ragazzo.
 
“Non pensavo che avrebbero trovato una tenuta che mi andasse” disse lo hobbit per smorzare la tensione, sfregandosi i piedi.
 
“Apparteneva ad un bambino della città. Uno molto sciocco, che spendeva molte ore ad ammazzare i draghi invece di frequentare gli studi” si mostrò gentile, concedendo la sua attenzione al piccolo della contea. Comprendeva perfettamente il suo disagio.
 
“Però non hai mai pensato di ammazzare me. Perché sai che questo drago è invincibile vero Faramir?” domandò il bimbo agitandosi in braccio all’uomo che lo tratteneva con molta fatica, aumentando la sua presa per non farlo cadere.
 
“Eh già. Draghetto è l’unico drago che non ho mai cacciato. E’ molto pericoloso sapete?” per accontentare il bambino Faramir si finse impaurito, altalenando il suo sguardo da Pipino ad Eldihen che aveva sorriso a quelle parole.
 
“Loro sono i miei amici”  tirò la sua tunica indicando con il dito l’elfa “Lei è Eldihen e lui è Pipino” spiegò brevemente con la sua vocina tenera.
 
 
“Molto piacere. Io sono Faramir e sono lieto di accogliervi a palazzo” chinò il capo in segno di rispetto guardando con curiosità la spada che portava la fanciulla. Un’arma assai particolare per una ragazza come Eldihen. Rimase qualche istante a fissare la sua figura, lasciando il piccolo a terra “Spero che Draghetto non vi abbia infastiditi. Sa essere molto insistente” scompigliò i capelli del bambino che, seccato ricacciò la mano.
 
“Ehi come puoi dire questo di me” si lamentò mettendo un broncio adorabile che deturpò i suoi lineamenti delicati.
 
“No, il bambino è adorabile” chiarì Eldihen schiarendosi la voce.
 
Strinse le dita intorno la panca. Si sentiva un po’ a disagio, anche se l’espressione gentile dell’uomo riuscì a metterla di buon umore.
 
“Andiamo a tirare la cresta alle galline?” il bimbo giocherellò con le maniche della sua tunica, con gli occhioni limpidi puntati su Eldihen e Pipino, speranzoso che accettassero la sua proposta.
 
Eldihen sorrise involontariamente, passandosi una mano tra i capelli. In cuor suo provava un’angoscia inarrestabile, che saliva minuto dopo minuto. Si chiedeva di Legolas, pensandolo in ogni istante, e rivedendolo in ogni parte di quel palazzo. Lui viveva dentro i suoi ricordi ed ogni volta che evocava i suoi occhi azzurri, il cuore riprendeva a battere fortemente.
 
 
 
 
Quando Aragorn informò il re dei fuochi accesi nelle montagne, Eomer si occupò di radunare i Rohirrim, svuotando completamente Edoras. I cavalli nitrivano e gli uomini erano pronti a combattere per la Terra di Mezzo correndo in aiuto di Minas Tirith. I cittadini guardarono i soldati prepararsi alla guerra, pregando silenziosamente per i loro destini.
 
Eowyn era particolarmente triste poiché in quell’occasione le mancava Eldihen. Avrebbe voluto recarsi insieme a lei a Dunclivo, per godere dell’ultimo momento di serenità che  precedeva alla grande guerra. Sapeva di non essere la sola ad avvertire la mancanza dell’amica, Legolas come lei si era fatto silenzioso in quei giorni, incupendosi ogni qual volta la sentiva menzionare o semplicemente quando camminava lungo i corridoi che di solito percorreva insieme alla ragazza. Lo aveva visto più volte fissare la porta di camera sua con aria nostalgica, con gli occhi distanti e tra le dita la collana che Eldihen gli aveva lasciato. Di certo Rohan non era più la stessa, da che lei se ne era andata.
 
Il sole le picchiava forte sulla testa, ma nonostante ciò, la bianca dama di Rohan allontanò il suo cavallo dalla scuderia sistemandolo in fretta per seguire i soldati fino all’accampamento. Si muoveva velocemente, quasi con paura. In effetti era preoccupata per l’amica. Sapeva del suo piano e si stava chiedendo se fosse andato tutto bene, trattenendosi nel precipitarsi da Legolas per confidargli le proprie ansie. Se l’avrebbe fatto Eldihen sarebbe rimasta delusa.
 
“Cavalcherai con noi?” la voce di Aragorn le suscitò un turbine di emozioni che Eowyn difficilmente trattene. Serrò le palpebre, per poi girarsi in direzione dell’uomo che l’aveva affiancata.
 
“Solo fino all’accampamento. E’ tradizione che le donne della corte  salutino gli uomini” si girò, lasciando i capelli ondeggiare al vento, ammirando gli occhi di Aragorn. Dovette abbassare lo sguardo sentendo il cuore battere troppo velocemente. Era sempre così.
 
Il ramingo scostò con una mano la spada stretta alla sella del cavallo, che la donna aveva nascosto sotto una stola, storcendo le labbra. Eowyn velocemente coprì l’arma. Non si sarebbe tirata indietro, lei stessa aveva incitato Eldihen a combattere, a non mollare la presa, di certo anche lei avrebbe contribuito.
 
Qualche metro più avanti, vicino alle larghe scalinate si trovavano Legolas e Gimli, in groppa al loro fedelissimo cavallo bianco. Entrambi erano tesi, per motivi differenti e fissavano distrattamente gli uomini del re muoversi sulle stradine di Edoras. L’esercito era stato riunito, i soldati stavano approfittando degli ultimi minuti per salutare le proprie famiglie prima di lasciare la città.
 
“Cavalieri ah… vorrei radunare una legione di nani, completamente armati e ripugnanti”si lamentò Gimli, aggrappandosi alla tunica di Legolas, con l’ascia dietro le spalle. I suoi occhi si fermarono su una coppia in lontananza che l’amico stava guardando come lui, anche se con distacco.
 
“Forse i tuoi non dovranno andare in guerra. Temo che la guerra marci già sul loro territorio” Legolas era molto serio e la sua voce profonda. Gimli non replicò, attendendo il momento opportuno per chiedergli una certa cosa prima di partire. Si espose solo quando vide l’amico meno concentrato, usando una buona dose di tatto.
 
“So che sei in pensiero giovanotto, ma devi stare tranquillo, anche se non hai ricevuto nessuna lettera”dall’espressione grave che si dipinse sul volto di Legolas, Gimli intuì che aveva colto nel segno.
 
“In realtà sono parecchio preoccupato. L’unica cosa che mi consola è che Eldihen con Madeos è al sicuro essendo lui un’abile soldato… anche se inizio a sospettare che sia accaduto qualcosa, altrimenti avrei ricevuto notizie. Ed invece niente” abbassò le palpebre sulla criniera di Adolf sentendosi pervaso da una strana sensazione che preferì non ascoltare.
 
“La ragazza è stata sempre una testa calda, ma c’è da dire che ha un grande cuore. Non ti crucciare, vedrai che sta bene” si trovò in difficoltà vista l’espressione sul volto dell’elfo. Cos’avrebbe potuto dirgli se non di stare tranquillo? In realtà anche lui era allarmato, ma non poteva confidarsi con Legolas, temendo di accrescere i suoi dubbi.
 
Legolas non rispose, assorto dai mille pensieri che gli frullavano in testa. Aveva fatto di tutto, impegnandosi a contattare Elrond, affidandola al suo miglior soldato, eppure non riusciva a darsi pace, a tranquillizzarsi appieno. Non era sicuro che la ragazza stesse bene e il pensiero di saperla in pericolo lo agitava parecchio. Ma perché quella strana sensazione? Fortunatamente portava al petto la collana che le aveva lasciato,  ed era come se lei fosse lì con lui, a rassicurarlo.
 
 
 
 
Le ombre crescevano sotto la montagna, anche se i soldati evitavano di guardarla. I più vigili, i più prudenti ed i più anziani sentivano la paura annidarsi intorno a loro. Una paura mascherata e silenziosa. I soldati che erano giunti a Dunclivo non avevano perso tempo, preparando le tende per trascorrere la notte, in mezzo al groviglio di vegetazione scoscesa. Accesero dei fuochi, disponendo i cavalli dentro le recinzioni.  L’esercito si era disperso, prendendo posto sulla pianura, fino alla più alta sporgenza della montagna.
 
Re Thèoden guardò i suoi uomini nella penombra della sera che stava giungendo velocemente. Non avrebbero potuto sconfiggere Mordor. Sarebbe stato un suicidio e più guardava i soldati dall’altura in cui era, più l’angoscia saliva dentro il suo cuore, fino a togliergli il respiro.
 
“Sire” un soldato si accostò al re, stringendo la sua lancia con incertezza.
 
“Dimmi” re Thèoden si voltò, esitando a guardare il cunicolo della montagna. Soffermò il suo sguardo sulle tende bianche ed i cavalli rinchiusi in delle recinzioni costruite sul posto. Era difficile sostenere la presenza del monte, persino l’uomo si sentì minacciato da una presenza macabra.
 
“Poco fa è giunto un tale, trainando dei carri pieni di armi e corazze. Dice che sono doni a te. Dice di volerti sostenere. L’abbiamo accolto nella tua tenda. Vorrebbe parlarti” il cavaliere levò l’elmo di metallo dalla sua testa, chinando il capo in segno di rispetto.
 
“Ma come? Da dov’è venuto?” Senza esitazioni camminò lungo il sentiero dissodato, con le mani dietro la schiena, schivando con prontezza i soldati che incrociavano il suo percorso.
 
“Non ci ha rivelato nulla mio signore. Vuole parlare con te” l’uomo lo seguì, vedendo il volto di  Thèoden incupirsi. Superarono la schiera di soldati a sinistra, scrutando le tende che si susseguivano tra di loro, i fuochi accesi, ascoltando passivamente le lamentele degli uomini che, con difficoltà stavano traendo i cavalli al sicuro.
 
“Vai pure” si bloccò dinanzi alla tenda più sontuosa con dei ricami scuri. Scostò la stoffa intagliata, giungendo all’interno con sguardo curioso. Vicino al suo trono, illuminato dalle  luce fioca delle candele, vi era un uomo incappucciato girato di spalle. Thèoden non lo raggiunse, chiedendosi chi fosse, indugiando con lo sguardo sul mantello scuro, fino a che, non fu lo sconosciuto a voltarsi.
 
“Sire” quegli occhi azzurri e freddi incuriosirono Thèoden che, nel guardarlo bene ricordò il suo volto. Corrugò la fronte, rendendosi conto che l’uomo che gli stava parlando, altri non era che l’elfo incontrato ad Isengard. Storse le labbra, chinando di poco il capo.
 
“A cosa devo questa visita?” Parlò profondamente, avvicinandosi al tavolino a grandi passi.
 
“Ho saputo che eravate sprovvisti di armi, per questo sono giunto qui, trainando tre carri carichi di ogni bene. Spero che sarai contento del mio dono” Nihil sollevò il cappuccio dalla testa, facendosi vedere meglio dal re. Lo affiancò, rimanendo impassibile, con gli occhi distanti e le braccia lungo i fianchi.
 
“Non nego che ci siamo trovati in difficoltà. Non eravamo pronti a scontrarci contro Mordor e, giorni fa ho chiesto ad altri villaggi di donarci il loro aiuto, ricevendo armi di ogni tipo. Il tuo è stato un gesto ammirabile ed anche se ad oggi il problema non si presenta, accetto volentieri il tuo dono. Meglio avere di più che rimanere senza niente o quasi” il sovrano di Edoras rimase impressionato da quella rivelazione. In realtà era un bene ricevere aiuto in un momento così critico. L’aria fredda proveniente dalla montagna lo costrinse a sfregarsi le mani.
 
“Sono lieto mio signore. Adesso che ti ho incontrato vorrei chiederti un favore che non ti costerà nulla” camminò lentamente sul tappeto di pelliccia bianco e panna, fino a raggiungere il re. Il suo volto era austero, di  una bellezza fredda ed intramontabile, incorniciato dai capelli scuri.
 
“Dimmi”
 
“Vorrei parlare con Legolas Thranduilion, l’elfo che vi ha seguiti fin qui” disse con voce distante, guardando il cielo blu che si affacciava da dietro la tenda semiaperta.
 
“Come ti devo annunciare?” il re si voltò nella sua direzione, aggrottando le sopracciglia, in attesa che il suo interlocutore si presentasse.
 
“Nihil di Bosco Atro”
 
 
 
Gimli con la sua ascia si muoveva lungo le vie dell’accampamento, seguendo Legolas che si spostava senza preavviso, superando con sguardo indecifrabile i tendaggi e gli uomini dinanzi a sé. Era teso e camminava velocemente, con l’arco stretto tra le dita e gli occhi che correvano dappertutto, senza soffermarsi sull’esercito del re. La notte era calata, trasportando un vento gelido e freddo. Gli uomini avevano acceso dei fuochi, illuminando l’accampamento con delle torce ai lati di ogni singola tenda.
 
“Rallenta giovanotto” la voce di Gimli era rotta e stanca, si fermò qualche  istante per riprendere fiato, senza staccare gli occhi dall’elfo biondo.
 
“Nihil era obbligato a rimanere ad Isengard, perché ci ha raggiunto alla vigilia della battaglia? Con delle armi poi” Legolas deviò a destra, arrivando finalmente all’ultima tenda, la più grande e luminosa del campo “Forza Gimli” si era allontanato con il suo amico, apprendendo che anche Aragorn quella sera aveva ricevuto una visita inaspettata.
 
“Ma che diamine sta succedendo stasera?” corse dietro l’elfo biondo, annusando il profumino di carne arrostita che permeava nell’aria.
 
Legolas entrò senza preamboli, piombando nella penombra della tenda con una postura rigida, gli occhi attenti a ricercare Nihil e le labbra serrate. Rimase fermo vicino all’entrata, anche quando Gimli sbucò dietro lui, con il fiato corto e le mani appoggiate sulle ginocchia.
 
Nihil si voltò, lasciando il bicchiere di vino che gli aveva offerto il re sul tavolo. Era sollevato di rivedere Legolas, rimase serio dinanzi la sua espressione autoritaria, restando vicino al seggio del re, per guardare minuziosamente il volto del suo principe. Calò un silenzio imbarazzante, pieno di sguardi colmi di rimprovero e d’ira. Le fiamme delle candele si agitarono. Gimli scrutò i due elfi senza proferire parola, timoroso di provocare anche il più minimo rumore.
 
“Perché sei qui?” chiese Legolas, sforzandosi  di mantenere un tono di voce pacato. In realtà era piuttosto risoluto, nonostante lo stupore e l’irritazione che gli montava dentro.
 
“Perché una certa ragazza di tua conoscenza mi ha chiesto di soccorrervi e di scendere in guerra”confessò muovendo dei passi nella sua direzione. Indossava un’uniforme blu notte, con un mantello scuro. Il suo viso era tranquillo, nemmeno una nota di panico deformò le sue labbra, anzi, Nihil riuscì a sostenere lo sguardo deciso di Legolas, senza mai abbassare le palpebre “In realtà ho detto ad Eldihen che avrei voluto combattere. L’avrei fatto se non fossi stato rinchiuso ad Orthanc, fortunatamente,  con la sua benedizione sono riuscito a raggiungerti mio principe” si sforzò a sorridere, senza però sentirsi in vena di scherzare o infastidire l’elfo che lo stava esaminando con aria attenta.
 
Quando udì il nome di Eldihen, Legolas si sentì colto dalla sorpresa e non avendo il tempo necessario per elaborare ciò che aveva appena detto Nihil si limitò a lanciare uno sguardo veloce a Gimli che, aveva sgranato gli occhi, intuendo per primo le parole dell’altro elfo “Eldihen?” la sua voce era bassa e dai suoi occhi trapelava molto stupore.
 
“Ti vedo turbato” Nihil si fermò a metà percorso tra lui ed il nano, vedendo gli occhi di Legolas divenire spenti e delusi.
 
“Non dargli retta” Gimli con sguardo minaccioso esaminò Nihil, avvicinandosi maggiormente all’amico che silenzioso stava riflettendo sull’accaduto, senza badare ai due che lo fissavano. In realtà in cuor suo sapeva che Nihil stava dicendo il vero, altrimenti non sarebbe mai andato via da Isengard. Quella strana sensazione che avvertiva da giorni pareva concretizzarsi e le sue profonde paure stavano prendendo forma. Respirò pesantemente, alzando ed abbassando lo sguardo, senza pronunciarsi. Ora si spiegava perché non aveva ricevuto nessuna lettera.
 
“E quando sarebbe venuta da te?” si voltò di spalle, camminando lentamente fino a raggiungere uno dei bastoni che sosteneva il tendaggio, girandosi angosciato verso Nihil.
 
“Giorni fa insieme ad un soldato”
 
“Perché?” chiese con voce sommessa, non riusciva a capacitarsi del gesto di Eldihen. Si sentì frastornato, l’arrivo di Nihil passò in secondo piano. Come poteva esser andata da lui? Perché Eldihen aveva lasciato la strada della salvezza, per dirigersi da Nihil?
 
“Era molto preoccupata … a quanto pare, parte del mio vecchio incantesimo è dentro il suo corpo. L’ho vista molto turbata ma ti assicuro che non accadrà nulla” Nihil lo vide alterarsi, come se gli avesse detto di aver visto Eldihen in fin di vita.
 
“La lacrima” sussurrò attirando l’attenzione di Gimli. Ancora ricordava del sogno che gli aveva raccontato “L’hai fatto apposta” la sua non era una domanda, ma una sottile accusa.
 
“No. Stavolta no” smentì prontamente, muovendo qualche passo nella sua direzione.
 
“E tu pensi che io ti creda?” anche Legolas si avvicinò, con gli occhi minacciosi. Era agitato per via di Nihil e della notizia ricevuta, specie dopo aver fatto di tutto per mettere al sicuro Eldihen. Sentiva il nervoso aggrovigliargli le budella, diverse situazioni stavano iniziando a pesargli troppo. La guerra di per sé non lo faceva stare tranquillo, in aggiunta  la nuova preoccupazione non gli facilitava le cose.
 
“E’ la verità!” alzò il timbro della voce, sostenendo lo sguardo indagatore di Legolas a pochi centimetri dal suo volto impassibile e rigido. Si studiarono per diversi attimi, trattenendosi dall’urlare, guardandosi negli occhi fino a che Gimli si frappose fra di loro, allontanando l’amico con una mano.
 
“Lascialo stare” lo spostò dal busto, lanciando uno sguardo all’altro elfo, senza però ricevere l’attenzione di Legolas, che era tutta per Nihil. Lo rimproverò con gli occhi senza aprire bocca, fino a che lo vide abbassare lo sguardo ripreso dal suo amico nano.
 
“Pretendi che lui ti creda dopo il pasticcio che hai combinato?” la voce di Gimli era roca, puntò i suoi occhi su Nihil, vedendolo irrigidirsi ancora di più.
 
“Credete a ciò che vi pare” guardò Gimli e la sua barba ramata, in seguito mosse la sua occhiata su Legolas, trovando i suoi occhi su di sé. In realtà non aveva mai smesso di osservarlo “Ma io non ho fatto nulla ad Eldihen, ma questo è un altro discorso. Se sono qui è perché voglio combattere, dare il mio contributo”
 
“Nessuno l’ha chiesto” la freddezza di Legolas era insolita, Gimli alzò un sopracciglio, rimanendo in mezzo a loro due.
 
“Eldihen l’ha chiesto. E se sono qua è per lei” precisò sorbendosi le occhiate dei due.
 
Storcendo le labbra Legolas gli voltò le spalle, fissando la tenda bianca per distrarsi un attimo ed assopire l’agitazione che stava aumentando. Si sentì trafitto dalle occhiate di Nihil, ma non parlò, riflettendo in silenzio prima di giungere alle sue conclusioni. Era difficile ragionare a sangue freddo, pensare alla guerra ed a Nihil, inoltre stava iniziando a metabolizzare il comportamento di Eldihen, cosa che non era riuscito a fare lucidamente poco fa. Respirò, percorrendo con le dita la curva dell’arco, fino a sentirsi in balia di un’altra sgradevole sensazione. Dov’era Eldihen in quel momento? Si voltò lentamente e, quando Nihil allacciò uno sguardo con lui, sembrò leggergli dentro “Ti ha detto di scendere in guerra e poi se n’è andata?” chiese mutando tono di voce, fino a rabbuiarsi completamente.
 
“Sì” Nihil avvertendo l’ansia nello sguardo di Legolas addolcì i suoi lineamenti, sperando di tranquillizzarlo.
 
“Dove?”
 
“Non saprei. Era con un soldato, ha lasciato Orthanc quella stessa sera” abbassò le palpebre, puntando lo sguardo sul pavimento.
 
“Dove Nihil?” insisté avanzando sotto lo sguardo di Gimli. Era duro ed estremamente serio, con i muscoli rigidi e la vena del collo che pulsava sotto la pelle sottile. Attese diversi secondi, studiando il volto di Nihil, tentato a riprenderlo nuovamente per estrapolare le informazioni che desiderava conoscere.
 
“A Gondor”
 
Gli sembrò di venir trafitto da una lama nel petto. Con le labbra aperte e gli occhi che si muovevano lentamente sulle spalle di Nihil, l’elfo abbassò il capo attonito, fino a sentire i commenti di Gimli che tentò di smentire le parole dello sconosciuto per risollevare il suo amico, senza successo. Legolas era rimasto spiazzato, svuotato nel profondo. Tutte le sue certezze si frantumarono come un vaso di vetro e nuove paure si insediarono lentamente nel suo cuore, paure che trasparirono dal suo sguardo “Tu menti” la una voce tagliente spezzò il silenzio pesante che si era creato.
 
“Perché dovrei?” rimase spiazzato dall’espressione inasprita di Legolas, fissando la mascella serrata e gli occhi di un azzurro freddo “Io ho parlato ad Eldihen e per rassicurarla le ho dato persino Epon, non mi merito il tuo sguardo di rimprovero. Ho fatto il possibile per lei e sarò pronto a soccorrerla anche per la lacrima c…”
 
“Non ti crede nessuno, uccellaccio del malaugurio. Tu hai sempre procurato guai ad Eldihen e hai sempre fatto di tutto per allontanarla da Legolas. Non capisci quanto sia grave il fatto che lei si trovi a Gondor, vieni a prenderci in giro? Come se io non l’avessi vista soffrire a causa delle tue stregonerie. Sei irrispettoso” Gimli  imbronciato fulminò l’elfo con uno sguardo truce, sostenendosi alla sua fedele ascia. Aveva spiazzato Legolas togliendogli le parole di bocca.
 
“Che audacia Naugrim”usò un tono astioso nel pronunciare l’ultima parola, offendendo Gimli senza però scalfirlo, poiché il nano lo guardò con maggiore profondità, per fargli capire, che non si sentiva minacciato né tantomeno ferito.
 
“Non osare  parlare in questo modo” Legolas che aveva assorbito fin troppo, si sentì scoppiare dal nervoso. Afferrò Nihil dal colletto della tunica, strattonandolo bruscamente. Una sola occhiata bastò ad incenerirlo, lasciandolo sbigottito dalla veemenza con cui il suo principe gli si era scagliato contro. Si fissarono come due leoni inferociti. Gli occhi di Legolas erano infiammati dall’ira ed i suoi denti stretti “Non venire a dirmi di essere preoccupato per Eldihen. Io non  ti ho punito adeguatamente per ciò che le hai fatto, ma sappi che stavolta non la passerai liscia. Non saresti mai dovuto venire qua Nihil” suonò come una minaccia, ma l’elfo che era irritato quanto Legolas con un veloce movimento delle mani allontanò le dita del principe dal suo collo, facendolo indietreggiare.
 
“Non hai mai apprezzato nulla, per questo ho lanciato un maleficio ad Eldihen. Tutto a causa tua e della tua ostilità. Volevo farti soffrire, come io ho sofferto a causa tua. Mi hai cacciato dal regno ingiustamente, senza alcuna riconoscenza, né alcuna pietà” si guardarono respirando profondamente. Legolas con gli occhi sgranati e Nihil con i denti serrati. Gimli indietreggiò, avvertendo tutto il risentimento dentro le parole di Nihil e l’espressione contrariata di Legolas che, nonostante la rabbia stava apparendo serio e composto, come un vero principe “Sai che ti dico?” continuò Nihil accecato completamente dall’ira recondita che covava da anni dentro il suo cuore addolorato “Eldihen a tua differenza è stata caritatevole, comprendendo le mie pene, ma nonostante ciò, credo che se le succedesse qualcosa sarebbe un dolore che tu meriteresti Legolas, e lo penso veramente” il quel momento il suo cuore bruciava, tanto quanto le parole che aveva osato  dire apertamente, lasciando meravigliato Gimli.
 
Legolas chiuse gli occhi sdegnato. Era tremendamente difficile placare il fremito che gli infiammava il petto. Sgranò gli occhi e, senza dare il tempo a Gimli di fermarlo, si scagliò con forza contro Nihil, stringendo un pugno, scaraventandolo sulla sua guancia, con tutta la forza e la rabbia che aveva in corpo. Digrignò i denti completamente accecato dalle sue emozioni. Non gli importava di discutere con lui di questioni passate, ma non avrebbe mai dovuto menzionare Eldihen augurandole del male “Bada a come parli. Tu Eldihen non la devi mai più nominare. Lei non c’entra nulla, sei hai dei problemi con me risolviamoli, ma non osare mai più, dire una cosa del genere, o ti farò pentire di essere arrivato fino a qui” lo afferrò dal mantello parlando a pochi centimetri dal suo volto, con il respiro tagliato e gli occhi vibranti. Lo vide storcere le labbra e riprendersi dal trauma.
 
Nihil, Sentì un dolore alla guancia che gli provocò un improvviso mal di testa. Ma riprendendosi dallo stato confusionale, con ancora un fischio tremendo alle orecchie, raccolse le forze che aveva in corpo per ripagare Legolas con la stessa moneta, conficcando le unghie nel palmo della mano, l’elfo scagliò un pugno sul mento del principe, ma prima che lui lo raggiungesse, Legolas abilmente parò il colpo, anche se con difficoltà. Si guardarono, entrambi infastiditi “Io mi sto rivolgendo a te…” il suo braccio tremò, come la sua voce “Ho aiutato Eldihen stavolta, ma ancora non comprendi. Non hai mai compreso Legolas”
 
“Cosa dovrei comprendere? Hai usato una ragazza per vendicarti di me, manipolandola. Sei venuto qua e hai iniziato ad offendere un mio compagno, augurando del male alla stessa persona che ti ha salvato e che sta patendo a causa di un altro tuo incantesimo” parlò a bassa voce, risultando pungente, anche se tremendamente risoluto, con le labbra tirate in una smorfia e gli occhi limpidi.
 
“Io non volevo questo” puntualizzò vedendo il suo pugno stretto nelle dita di Legolas.
 
“E cos’avresti desiderato?” assottigliò le palpebre, incurvando le sopracciglia.
 
“Comprensione. Quando sono stato male Legolas” ringhiò mostrandosi profondamente ferito e disarmato, con gli occhi leggermente imperlati, dettaglio che Legolas colse immediatamente. Dallo stupore diminuì la presa sulla sua mano “Quando ho perso mio padre avrei voluto che tu mi accogliessi, come tuo suddito… come un tuo fratello” confessò incupendosi “Perché io sono stato logorato ed ho sofferto molto” disse con una sincerità tale da toccare il cuore del principe che, ascoltando le parole pregne di tristezza sciolse completamente la presa alla sua mano, abbassando il braccio sui fianchi, con uno sguardo serio.
 
Rimase in silenzio, toccato da quelle parole così sentite. Guardò i suoi occhi che per un momento avevano perso la loro malevolenza, mostrandosi fragili e profondamente addolorati.
 
“Resta il fatto che la ragazza si trova in gran pericolo. Mettete da parte i dissapori e cercate di aiutarla” Gimli che era rimasto muto fino a quel momento ruppe il silenzio, facendo voltare la faccia a Legolas.
 
“Ha sbagliato ad andare a Gondor. La guerra partirà proprio da lì e lei non sa cosa  la aspetta” annunciò Nihil facendo incupire i due amici che, dopo essersi scambiati un lungo sguardo abbassarono il capo. Legolas girò le spalle, camminò lentamente bloccandosi dinanzi l’uscita.
 
“Beh con la ragazza c’è l’elfo e penso che se la caverà. Lei non voleva lasciare Edoras, c’era d’aspettarselo”
 
“Rischia molto” riprese Nihil.
 
“Non dire così” Gimli preoccupato guardò il mantello di Legolas, fino a che si voltò, con un’espressione rigida e irritata.
 
“Ha ragione Nihil” ammise infastidito Legolas stupendoli completamente “Eldihen ha sbagliato”
 
“Legolas” Nihil avanzò estraendo dalla tunica la lettera che gli aveva dato Eldihen. Allungò un braccio, porgendola all’elfo che guardò il foglio senza muovere un dito “Lei mi ha detto di consegnartela”
 
Si soffermò a fissare la cera rossa, sentendo il profumo che proveniva dalla busta. Il profumo di Eldihen.
 
Serrò le palpebre e guardò la mano di Nihil, ma invece di prendere la lettera si girò di scatto,  uscendo fuori dalla tenda, sotto lo sguardo meravigliato di Nihil e di Gimli.
 
 
 
“Fermati giovanotto” Gimli aveva preso la lettera al posto di Legolas per poi precipitarsi da lui. Correva per le vie dell’accampamento, tra l’erbetta profumata ed il fumo dei fuochi accesi. Lo seguiva da un paio di minuti senza ricevere risposta, nemmeno uno sguardo “Prendi questa lettera”.
 
“Non ne voglio sapere nulla” rispose stizzito bloccandosi dinanzi ad un capanno, vicino ai piedi della montagna. I cavalli dentro la recinzione nitrirono e delle nuvolette bianche uscirono dalle loro narici. Legolas li guardò, per poi girarsi in direzione dell’amico.
 
“Ma che ti prende?”
 
“Ho fatto di tutto per lei. Ho inviato messaggeri e chiesto l’aiuto di un soldato per proteggerla, ma i miei sforzi sono stati inutili. Eldihen agisce sempre di testa sua ed io non posso fare nulla stavolta. Non so che le è saltato in testa, ma stavolta ha fatto il passo più lungo della gamba. Lei non resisterà … non comprendo il suo comportamento … e pensare che mi sono prodigato. La lascio fare di testa sua. Sono esausto” confessò con voce bassa, colma di delusione. Si guardò intorno, con i capelli arruffati che fuoriuscivano dalle trecce raccolte dietro la testa. Imboccò una stradina sconnessa, dirigendosi alla tenda che gli era stata assegnata.
 
“Aspetta. Legolas” Gimli lo rincorse con la lettera in mano “Apri la busta, dai” lo supplicò con voce affaticata. Non ne poteva più di corrergli dietro, anche se lo capiva perfettamente. In realtà era stato già tanto ricevere una spiegazione da parte sua, solitamente Legolas non parlava molto, era più propenso a chiudersi in sé stesso, ed anche se era agitato, Gimli comprendeva appieno il suo stato d’animo, era ovvio che fosse molto preoccupato “Se vuoi te la leggo io… solo che non ci vedo tanto bene” si affrettò ad entrare nella loro tenda, la prima a destra.
 
“No” Legolas si fermò. Non aveva proprio voglia di leggere la lettera di Eldihen, né di pianificare il suo salvataggio. Ma come le era saltato in mente di andarsene? Forse si era dimenticata dell’attacco? Della sua paura. Possibile che non comprendeva la gravità della situazione? Lei fino a quel momento aveva ucciso solo due orchi, nulla di più. Come avrebbe affrontato una guerra?
 
Mille domande afflissero la sua mente, dentro la fredda tenda, illuminata dalla debole luce proveniente dal falò che gli uomini avevano acceso fuori.
 
“La lascio su questa sedia” Gimli superò le coperte rosse a terra, poggiando la busta su uno sgabello. Vide Legolas annuire e lo considerò un buon segno. Si avvicinò, ma prima che aprisse bocca, entrambi furono sorpresi da un veloce movimento proveniente dall’entrata.
 
Aragorn era giunto con una camicia rossa, completamente sudato e con il fiatone. Respirava velocemente, alzando ed abbassando il petto con forza “Vi ho cercato dappertutto. Ho saputo di Nihil” disse senza tanti giri di parole guardando Legolas “Elrond è qui. Vuole parlarti, urgentemente”
 
L’elfo guardò il ramingo chiedendosi che cosa fosse accaduto, mentre Gimli si asciugava il sudore dalla fronte. Stavolta non avrebbe corso dietro a nessuno.
 
 
Note autrice:
Lo so. Sempre in ritardo, scusatemi è che ho avuto una settimana piena e solo adesso sono riuscita a pubblicare. Spero che l’attesa sia stata ripagata e che il capitolo vi sia piaciuto. Che ne dite di Draghetto?<3 io lo adoro, e più avanti andiamo più sarà adorabile promesso. Fatevi sentire perché ci sono molte novità nel capitolo ed io voglio sentirvi.
Grazie come sempre a coloro che commentano e mi seguono <3 siete speciali<3 e avete tanta pazienza con me
Riguardo gli aggiornamenti: farò il possibile per venerdì. Un bacione, alla prossima

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Capitolo 22 ***


Capitolo 22
 
 
“Giuro di essere fedele e prestare i miei servigi a Gondor, in pace e in guerra”
 
Faramir mentre Pipino giurava fedeltà a suo padre, dovette abbassare il capo e trattenere il suo sorriso poiché, sotto il tavolo imbandito di ogni bene, vi era nascosto il bambino dai boccoli castani che con la sua manina ricercava dei pezzi di pane, masticando una mela che aveva preso in precedenza, inginocchiato a terra, con il visino sporco e la camicetta sbottonata. L’uomo si avvicinò e prese per Draghetto una coscia di pollo, porgendogliela con gentilezza. Il piccolo sorrise prima di addentare il cibo, infondendo coraggio nel cuore del giovane che, presto venne ripreso dal padre.
 
Denethor si alzò dal trono che non gli apparteneva, lanciando un’occhiata piena di astio al figlio, sotto gli occhi attoniti di Pipino che, non comprese quel comportamento assurdo. Il piccolo della contea gettò uno sguardo al nobile cavaliere, accorgendosi solo in quel momento, delle manine di Draghetto sul tavolo che si spostavano freneticamente fino ad afferrare con le dita paffute un pezzetto di focaccia.
 
“… Non dovremmo con tanta leggerezza abbandonare le difese esterne, difese che tuo fratello a lungo ha tenuto intatte” Denethor senza degnare di uno sguardo il povero Faramir prese da un vassoio in argento della frutta, parlando pacatamente.
 
“Cosa vuoi che faccia?” chiese il ragazzo sentendosi in difetto. Nel cuore di Draghetto si accese una forte paura. Il bambino si strinse al piede del tavolo, con le gambe divaricate e gli occhioni fissi su Faramir.
 
“Io non cederei il fiume del Pelennor senza combattere. Osgiliath va riconquistata”
 
Draghetto ricercò l’attenzione di Faramir, strisciando con le ginocchia verso di lui. Si fermò, senza uscire dal tavolo, attento a seguire la conversazione con il sovrintendente. Nel ricercare nuovamente gli occhi azzurri del giovane di Gondor, Draghetto incrociò per sbaglio quelli di Pipino che gli sorrise, notando il turbamento nel suo sguardo.
 
Faramir discusse con il padre e, profondamente ferito nell’orgoglio, con le lacrime agli occhi strinse l’elsa della sua spada, ammirando per diversi istanti il trono di Gondor, rivestito di marmo nero e bianco. Provava molto amore per la sua città, per quel palazzo che era casa sua ed anche per quel padre che poco lo considerava “Sei stato derubato di Boromir. Farò quello che posso in vece sua” si inchinò per nascondere il dolore che trapelava da ogni angolo del suo viso, girando le spalle.
 
“Ehi No…” il piccolo Draghetto afferrò la fedelissima spada di legno e senza nemmeno sistemare la tunica che gli lasciava scoperto il pancino, sgattaiolò da sotto il tavolo, con le labbra sporche di olio ed i capelli sudati “Non andare via Faramir. Non puoi andare via” corse sotto lo sguardo di Denethor che indignato strinse il calice in argento tra le mani.
 
“Cosa ci fa questo orfano nel mio palazzo?” chiese con arroganza il sovrintendente rivolgendosi alle guardie vicino al portone.
 
Faramir si voltò con sguardo sorpreso, aprendo le braccia per bloccare il piccolo dagli occhi verdi “Non dovresti farti vedere. Ne abbiamo parlato tante volte”
 
“Non mi interessa. Dove vuoi andare? Osgiliath è pericolosa, l’altra volta non mi ci hai voluto portare apposta. Devi rimanere qui con me” la supplicò con la vocina rotta dalla preoccupazione.
 
“Tornerò presto, adesso vai con Pipino e non far arrabbiare il sovrintendente” lo abbracciò con una tristezza tale da sentire una lacrima sulla guancia. Sapeva che non sarebbe tornato e che avrebbe stretto il bambino per l’ultima volta. Faramir addolorato approfittò di quel momento.
 
“Non voglio” si ribellò alzando il tono di voce, con gli occhioni sgranati e le labbra chiuse.
 
“Prendete quel bambino e portatelo via. Per troppo tempo ha distratto Faramir”
 
Prima che le guardie si avvicinassero al piccolo, Pipino si slanciò in avanti, completamente sbigottito “Lascia che me ne occupi io mio signore!” disse con voce preoccupata, scambiandosi uno sguardo d’intesa con Faramir che lo ringraziò mentalmente.
 
Draghetto anche se piccino era molto perspicace, si girò per contemplare l’ampia sala che luccicava come una collana di perle, sotto i raggi del sole che filtravano dalle finestre. Storse le labbra e strinse i pugni, non voltandosi nemmeno quando Faramir gli baciò i capelli. Era nervoso e presto avrebbe combinato una delle sue birbanterie.
 
Pipino si abbassò e lo afferrò dalle ascelle, ma il bambino incrociò le braccia ribellandosi “Vai via” sussurrò indispettito.
 
“Se dovessi tornare, considerami di più, padre” dicendo ciò Faramir lasciò a malincuore la sala, con gli occhi inumiditi ed il cuore che batteva velocemente.
 
“Faramir” il bambino, deluso si voltò vedendo il suo amico scomparire nel giardino, dietro l’albero bianco e il monte nero che si innalzava sulle nuvole in cielo.
 
“Questo dipenderà dal modo in cui tornerai”
 
Le guanciotte paffute di Draghetto divennero tante rosse da far preoccupare Pipino che, lanciando uno sguardo a Denethor lo trascinò dal polso “Vieni, andiamo da Eldihen. In fretta” disse guardando gli occhietti spuntare da dietro i ricciolini sulla fronte.
 
“Sei solo un cattivone” urlò ricevendo uno sguardo di sbieco da parte di Denethor che, seduto sulla sua sedia avvicinò il calice alle labbra.
 
“Andiamocene Draghetto” prima che il piccolo continuasse a parlare Pipino lo prese in braccio, ed anche se più o meno erano alti uguali, riuscì a bloccare i suoi movimenti, stringendogli le mani, ma non poté far nulla per farlo tacere “La tua faccia assomiglia al sederino di un gatto. Sei brutto ed invidioso, ecco perché sgridi sempre Faramir. Hai gli occhi storti e puzzi di cacca. Sai, nemmeno Boromir ti sopportava, e tutti ti evitano perché sei un deficiente!” il piccolo con la sua audacia fece sgranare gli occhi alla servitù e allo hobbit che, riuscì a tappargli la bocca prima ancora che Denethor lo punisse per le sue maldicenze. Svignarono fuori dal portone spalancato, sentendosi trafitti dalle iridi di Denethor che guardava Draghetto con astio.
 
“E hai il sedere grosso apposta metti sempre il mantello” gridò giunto fuori dal palazzo con Pipino che lo pregava di tacere.
 
 ♥ 
 
Epon volò sul cielo azzurro, roteando in aria liberamente, con le ali spalancate e gli occhi aguzzi. Superò la pianura, dirigendosi ad Osgiliath, proprio come gli aveva chiesto Eldihen e, dopo aver visto il battaglione proveniente dal grande fiume, l’animale si slanciò in aria e svelto tornò dalla ragazza.
 
Gandalf e Madeos osservavano le spalle dell’elfa che si era appoggiata ad un balcone di bianco marmo. Era intenta a scrutare Osgiliath, il fumo che saliva dalle case e la pianura che si estendeva per leghe. Si trovavano nel bastione affianco alla torre vedetta, vicino allo sperone roccioso a forma di chiglia di nave che si innalzava dal piazzale più basso di Minas Tirith, elevandosi fino al maestoso palazzo del re.
 
“Gli orchi hanno preso la città, ormai ci siamo” tremò e provò paura nell’osservare le legione di orchi. Anche se la città dei re era bellissima, con le sue costruzioni antiche ricoperte da materiali pregiati e  statue da togliere il fiato, Eldihen avvertì dentro di sé un terrore nascosto ed il sapore di vecchi traumi che riemersero alla vista degli orchi, facendola impallidire. Ricordò dell’attacco alla carovana, la sua corsa disperata e le bruttissime sensazioni che aveva assaporato e che tutt’ora stava sopportando. Tastò l’elsa blu e dorata, sperando che la spada potesse incoraggiarla, ma niente riuscì a placare l’ansia che saliva.
 
“La guerra è alle porte. Non temete ed armatevi di coraggio!” la voce decisa e impavida di Gandalf fece storcere il naso a Madeos che, pensando alla minaccia che si avvicinava trovò difficile rimanere sereno.
 
Eldihen quando vide Epon ritornare da loro, si voltò per incrociare lo sguardo dell’elfo che impassibile ricambiò. I capelli lunghissimi di lui venero mossi dal vento ed il suo volto dalla bellezza elfica si contorse in una smorfia di preoccupazione “Eldihen sei stata tu a voler venire a Gondor!” comprese benissimo l’agitazione celata dai suoi occhi azzurri e il pallore della sua pelle che sembrava esser evidenziato dai vestiti neri.
 
“Si lo so” abbassò il viso sentendo il vento fischiare come un grido disperato d’aiuto. Dunque era giunta la fine “Adesso vado da Legolas, voi badate ad Epon” si allontanò dalla staccionata sotto lo sguardo attonito di Gandalf che appoggiato al muro la guardò con stupore, fino a che la vide bloccarsi sui suoi passi, con la bocca schiusa e le mani tremanti “Quasi dimenticavo” disse Eldihen sentendosi pervasa dallo sgradevole odore di fumo proveniente da Osgiliath “Legolas non c’è” la tristezza della sua voce fece preoccupare Gandalf che vedendola divenire cupa l’affiancò.
 
“Legolas è lontano da te, ma c’è. Non devi farti pervadere dalla nostalgia” non riuscì a confortarla ulteriormente, la nube che si estendeva ad est era troppo grande e pericolosa, persino Gandalf si sentì minacciato, ma non demorse, voltandosi per accogliere Epon.
 
Lui sapeva interpretare benissimo i versi degli animali e quando il falco gli strinse il polso aprendo il suo becco, lo stregone si stupì, girandosi in direzione di Madeos che stava stringendo una spalla ad Eldihen.
 
“Rifugiatevi in fretta nella cittadella” disse serioso afferrando il suo bastone bianco.
 
“Che ti ha detto Epon?” chiese Eldihen spaventata dalla sua reazione. Lasciò l’elfo per prendere nelle mani il falco dalle zampe appuntite, lo accarezzò, guardando sotto il balcone i soldati avanzare lungo la stradina rialzata. Per una frazione di secondo i suoi occhi si posarono sulla macchia scura che si estendeva sulla mano. Eldihen angosciata sospirò, ricordando della lacrima all’interno del suo corpo, pareva fosse uno scherzo del destino. Lei a Gondor in balia di una guerra, minacciata ancora una volta da un incantesimo. Bizzarro.
 
Gandalf fece per avvicinarsi ma venne interrotto da un Pipino completamente agitato. Il piccolo hobbit aveva scostato Madeos sbattendolo letteralmente contro la roccia. Era tutto un fremito, con Draghetto che si stringeva alla sua uniforme con gli occhi arrossati. Il bambino piangeva disperatamente, singhiozzando, rosso in viso, con le gengive in bella vista e le manine sugli occhi gonfi.
 
“Peregrino Tuc”
 
“Gandalf” Pipino tremava dall’agitazione, senza dar peso allo sguardo curioso di Eldihen che aveva posato i suoi occhi sui nuovi arrivati “Faramir sta andando ad Osgiliath” quella semplice frase procurò uno stupore generale, facendo pietrificare Gandalf, Eldihen e Madeos che era appoggiato alla fredda roccia. Rimasero in silenzio a scambiarsi sguardi accigliati.
 
“Per tutti i diavoli!” esclamò Gandalf girandosi in direzione della città in fiamme.
 
“Non può essere. Draghetto non devi piangere” Eldihen come Gandalf lanciò uno sguardo alle rovine dinanzi a Minas Tirith rabbrividendo dinanzi ai fuochi accesi e ai rumori assordanti.
 
“Fai qualcosa nonnino” lo supplicò Draghetto, scivolando dalle braccia di Pipino. Strinse le gambe di Gandalf, aggrappandosi con le manine alla tunica bianca sporca sull’orlo.
 
“Prendete il bambino… io mi occuperò di questa faccenda… Eldihen” lanciò uno sguardo alla ragazza raccomandandole di prendere Draghetto e di tranquillizzarlo “Andate con Pipino a palazzo. Tu Madeos dirigiti al Gran cancello. Devo fermare Faramir” e detto ciò lo stregone si affrettò a lasciarli, scomparendo dietro l’architrave in pietra grigia.
 
 
 
 
 
Eldihen aveva un dolore insopportabile alla mano quando arrivò ai livelli inferiori di Minas Tirith, per rifugiarsi  con Draghetto vicino al fianco della montagna, in un posto isolato, composto da poche case immerse nella vegetazione. Era la lacrima a causarle quel maledetto bruciore, ma nonostante ciò si rimboccò le maniche, armandosi di secchiello e pala. Mescolò ghiaia, metallo, sabbia ed altre polveri insieme a dell’acqua fino ad ottenere una pasta grigia. Si arrampicò ad una casetta di pietra e intonacò completamente il muro, rimanendo aggrappata a delle scale in legno. Ogni crepa o fessura venne sistemata dalle sue abili mani e saltando dalla scaletta, senza badare al bambino, si chinò per prendere a terra delle pesanti travi in legno, adagiandole sulla superficie asciutta della parete.
 
Era affaticata, dovette rimanere un’ora in quel posto isolato, fino a creare dinanzi l’entrata dell’edificio che aveva trovato, una spessa recinzione, intrecciata da pesanti catene arrugginite. Guardò la sua opera sperando che il calcestruzzo asciugasse in fretta, visto che il sole non colpiva quel punto.
 
“Ma perché fai così?” Draghetto che stava tirando dalla coda i gatti le si avvicinò, incuriosito dalla costruzione che aveva creato Eldihen.
 
“Draghetto, faresti una cosa per me?” si chinò sul pavimento dal quale spuntavano dei ciuffetti di erba verde, posò la mano sulla spalla di Draghetto sorridendogli.
 
“Si!” rispose con entusiasmo con quel sorriso adorabile.
 
“Devi andare a chiamare tutte le donne ed i bambini piccoli. Falli venire qua che giochiamo ad un gioco bellissimo” disse carezzandogli le guanciotte.
 
 
“Si che bello. Ma Eldihen, questo posto è lontanissimo dalla città. Perché non andiamo a giocare vicino alla piazza?”
 
“Perché qua è meglio” sperò di convincerlo anche se lui non sembrò felice all’idea di rimanere distante dalla piazzaforte.
 
“E va bene… e mi dai un bacino?” chiese indicando la fronte.
 
“Vieni qua” lo abbracciò, lasciandogli dei grossi bacioni sulle guance lisce e calde.
 
“Così mi mangi però” iniziò a ridere. Sorrise e tirando un gatto dalla coda, superò i tre scalini per raggiungere lo spiazzo superiore e correre a richiamare tutte le donne e i bambini di Minas Tirith, sotto lo sguardo di Eldihen che divenne cupo all’improvviso.
 
Non si diede per vinta e, gettando la spada e la cintura a terra, cosparse la piazzola di cemento, fino a stenderlo completamente sulle travi in legno, creando in meno di un’ora un piccolo rifugio. Esaminò l’interno di quella casa abbandonata. Era abbastanza grande, faceva proprio al caso suo. Perse diverso tempo per fortificare il tetto e murare completamente le finestre, uscendo fuori con un secchiello pieno di chiodi appuntiti. Li cosparse sul cemento a terra come se fossero semi, lasciando scoperto un piccolo percorso. Stremata asciugò il sudore dalla sua fronte, ripulendosi le mani sui pantaloni. Solo allora, quando le ombre coprirono completamente l’aria, si accorse che la spada brillava come un gioiello antico. Si avvicinò a passi felpati ma prima di abbassarsi sotto l’alta siepe, la sua attenzione venne richiamata.
 
“Che stai facendo figliola?” era stato Gandalf a parlare. Eldihen si girò di scatto, i capelli imbrattati di calcestruzzo le ricaddero sul petto.
 
“Al Fosso di Helm le donne hanno trovato riparo dentro a delle grotte. Re Thèoden ha protetto il suo popolo, ma Denethor è diverso, ha mandato il suo stesso figlio alla morte” prese una pausa intuendo dagli occhi spenti di Gandalf che non era riuscito a fermarlo “Ho fortificato al meglio questa costruzione per accogliere tutte le donne di Minas Tirith. Il posto è perfetto, isolato dalla città. Troveranno riparo all’interno. Non credo che i nemici arriveranno qui, ma per prevenzione ho cosparso il pavimento di chiodi, lasciando un piccolo percorso per far passare la gente” disse prendendo dal secchio i chiodi per gettarli a terra, in modo da ferire eventuali nemici.
“Ed hai costruito tutto questo in così poco tempo?” Gandalf rimase fermo sull’ultimo gradino per esaminare il muro ricoperto di calcestruzzo e quella  specie di portone costruito con delle spesse tavole. A dir poco sbalorditivo.
 
“Ricordi che sono la figlia di un carpentiere?” Eldihen sorrise, nonostante il profondo vuoto che provava. Si sentì incompleta, svuotata. Legolas gli mancava come l’aria, ogni qual volta lo pensava sentiva lo stomaco contorcersi e la preoccupazione colpirla, fino a paralizzarla. Temeva per lui, ed anche se aveva paura della guerra, sarebbe rimasta lì a donare il suo aiuto, con la speranza di rivedere il suo grande amore, di poterlo abbracciare, di sentirlo stretto al suo petto.
 
“Io mi complimento con te ragazza. Sei determinata ed anche se Madeos è  contrario a ciò che stai facendo, sappi che io sono felice di averti qua, come aiuto” sorrise con un volto talmente raggiante da far commuovere Eldihen “Oh” notò a terra delle pesanti catene di metallo “E queste?” chiese stranito.
 
“Ho pensato di fortificare anche i cancelli. Sai, gli uomini sono molto indaffarati ed io potrei fare qualcosa a posto loro” spiegò avvicinandosi, attenta a non calpestare il composto appiccicoso a terra. Era pallida, con gli occhi gonfi e il viso scarnato. Gandalf la studiò, ma prima  di chiederle del suo stato, Eldihen lo anticipò “Faramir?”
 
“E’ andato a riprendersi Osgiliath” disse con rammarico. Non aveva potuto far nulla per  impedirlo. Eldihen si addolorò, pensando alla reazione del bambino.
 
“ Inizia la grande guerra”con capo chino meditò sulle conseguenze delle sue azioni, augurandosi di farcela.
 
 
 
 
 
“Sire Elrond” Legolas con cortesia chinò il capo dinanzi al signore di Imladris, gestendo le  innumerevoli preoccupazioni che lo tormentavano. Si era recato nel posto che gli aveva indicato Aragorn, immobile, con la luce forte delle candele negli occhi. A differenza della sua tenda, quella in cui si trovava era spaziosa, quasi come se fosse una  vera e propria camera, con tanto di letto e seggio.
 
“Legolas Thranduilion” Elrond sospirò e dopo un lungo silenzio prese la parola, avanzando lentamente sotto gli occhi dell’altro elfo “Mi hai chiesto di occuparmi di una ragazza” si bloccò corrugando la fronte. Comprese lo sguardo di Legolas e senza che lui si pronunciasse, continuò a spiegarsi “Immagino tu sappia che né lei, né il mio soldato sono giunti a Gran Burrone” ciò lo dedusse dal volto impassibile di Legolas che, sentendo quelle parole abbassò le palpebre pensieroso.
 
“Chiedo scusa, non pensavo accadesse questo” rispose brevemente perdendosi negli occhi grigi di Elrond.
 
“Ho chiesto a Madeos di vigilare su Eldihen, qualunque cosa accada, non temere, non l’abbandonerà” lo rincuorò. Le sue labbra erano dritte ed i suoi occhi profondi, risplendeva di una bellezza atemporale. Non pareva né vecchio, né giovane, il suo volto era limpido e segnato da esperienza, come un grande signore del passato.
 
“Spero lei stia bene” lasciò il nervosismo da parte, pensando ad Eldihen con massima preoccupazione. Aveva sbagliato a dirigersi a Gondor, più pensava, più temeva, celando le sue preoccupazioni nel cuore, dove nessuno avrebbe potuto vedere, anche se Elrond sembrò leggergli nel profondo.
 
“Ho guardato nel vostro futuro e vedo alcune cose pericolose. Lei rischia molto Legolas, e non mi riferisco alla guerra. Dentro  di lei vi è una presenza che minaccia la sua vita. Si sta spegnendo” usò un tono calmo, vedendo Legolas rabbuiarsi.
 
“Mi ha confessato di un sogno molto particolare in cui lei perdeva un nostro figlio. Da allora abbiamo scoperto della presenza di un incantesimo nel suo corpo. Una lacrima nera” disse a bassa voce, aggrottando le sopracciglia più scure rispetto ai capelli chiarissimi. L’agitazione trapelò dai suoi occhi azzurri, raggiungendo il signore di Imladris.
 
“Questa lacrima di cui parli  le sta risucchiando le forze. E’ un sacrificio da pagare e se non risolverà presto la vicenda, penso che non perderà nessun bambino, ma perderà la vita. Deve piangere la lacrima dagli occhi, questa è l’unica soluzione per annullare l’incantesimo” spiegò accigliato, scrutando il terreno e poi Legolas che attento seguiva il suo discorso “Ma è strano che se ne sia accorta, come ha fatto?” chiese stupendosi. Per Elrond era stato facile comprendere ogni cosa, avendo il dono della preveggenza. Sapeva molto più di Legolas, ma preferì non approfondire l’argomento, era meglio tenere l’elfo tranquillo, già la guerra sarebbe stata pesante da affrontare, non avrebbe di certo aggravato la situazione.
 
“Possiede una spada. Lei crede che sia per via di questo oggetto, ha sempre sostenuto di vedere alcune cose assai particolari”
 
“Di oggetti magici ce ne sono molti nella Terra di Mezzo, ma è difficile comprenderli e dal quel che sento, lei ha interpretato bene le visioni avute”
 
Legolas rimase in silenzio. Aveva lottato per vederla in salvo, ma a quanto pare il destino remava contro loro, minacciandoli. Non immaginò la morte di Eldihen, era talmente teso che la sua mente si rifiutò di accettare quel pensiero e, con uno sforzo immane, riuscì a rimanere composto dinanzi a re Elrond, anche se in realtà stava soffrendo. Ogni sua azione era stata vana e Legolas prendendone atto si sentì mortificato.
 
“Non temere perché c’è ancora speranza” lo incoraggiò Elrond, camminando lentamente lungo il perimetro della tenda, con il mantello nero che trascinava ad ogni spostamento “Una cosa si deve verificare. Il futuro è incerto” meditò tra sé e sé, rivolgendo un’occhiata a Legolas che pensieroso aveva stretto le spalle ed abbassato gli occhi su un punto a terra “Legolas c’è altro…” tornò ad avvicinarsi quando finalmente gli occhi dell’elfo lo guardarono “Re Thranduil è venuto a conoscenza di questa ragazza e ha chiesto molte informazioni su di lei. Io conosco i genitori e, ti garantisco che proviene da una famiglia rispettabile” era molto attento al suo popolo, ed anche se Eldihen era stata poco tempo a Gran  Burrone, il re la considerava sua cittadina e come tale l’avrebbe difesa “Tuo padre non sembra felice all’idea di accogliere la figlia di un carpentiere. Desidererebbe una principessa per te, ma arrivati a questo punto non credo ci sia molto da fare” era intuibile l’amore che Legolas nutriva per la ragazza, nemmeno il sovrano di Bosco Atro avrebbe potuto cambiare i suoi sentimenti “Non si aspettava nemmeno che ti unissi alla compagnia. Ha chiesto molto di te, ed io da padre quale sono, l’ho compreso, informandolo di ogni cosa”
 
“Sire Elrond io capisco perfettamente, ma è anche vero che mio padre non può gestire la mia vita. Non lo permetterei, e per quanto io lo ami e lo rispetti, dovrebbe capire che il mio cuore non può esaudire la sua volontà e nemmeno la mia.  I sentimenti non si possono gestire con razionalità” concluse mostrandosi per una frazione di secondo senza barriere, con gli occhi profondi. Non il guerriero letale, ma l’elfo saggio e profondamente innamorato. E i suoi occhi in quel momento sembrarono parlare, esprimersi liberamente senza freni dinanzi a Elrond.
 
Il re rimase in silenzio, stupendosi dinanzi alla sua determinazione. La sua confessione non lo aveva affatto destabilizzato. Legolas sapeva cosa voleva e non si sarebbe fermato al primo ostacolo, anche se Elrond comprese che la volontà di Thranduil non rappresentava una minaccia per lui. Lo ritenne saggio e responsabile “Ciò che hai detto è vero. Tutti sanno dell’amore che nutre mia figlia per Aragorn. Loro due non sono stati i primi ad innamorarsi pur appartenendo a due razze diverse. Confesso che avrei voluto che Arwen partisse per le Terre Immortali ma…” si fermò trattenendo il respiro sotto gli occhi increduli dell’elfo “Desidero felicità per lei e, l’unica cosa che posso augurarmi è che Sauron venga distrutto e che i vostri sogni si concretizzano. Poco importa del rango o della razza dei vostri compagni, l’importante è che vi amiate, in pace, come i vostri cuori desiderano” l’augurio di sire Elrond fu bellissimo ed incoraggiante, tanto da far cambiare espressione a Legolas che annuendo curvò leggermente gli angoli della bocca in un debole sorriso.
 
Dal tono che aveva usato, Legolas dedusse che Elrond avesse finito il suo discorso, ma si sbagliò. Il sovrano arricciò le labbra, apparendo serio, al punto da far corrugare le sopracciglia all’elfo che si chiese cos’altro volesse dirgli, fino a che ascoltò la sua voce profonda.
 
“Eldihen è sola. I suoi genitori non ci sono e a parte te non ha nessun altro in queste terre”
 
“Eldihen ha me” disse senza titubanze, drizzando la schiena, con la mano appoggiata all’arco e il mantello che lo copriva dal freddo della notte.
 
“E me” puntualizzò piegando il viso “Non abbandonerei mai un’abitante del mio regno, tengo molto al mio popolo e conoscendo Ingin, non riuscirei mai ignorare i bisogni di sua figlia”
 
“Con me Eldihen godrà di ogni bene, ed anche se è avventata come hai potuto notare mio signore e molte volte mi fa innervosire, io tengo molto a lei. Mi è cara”
 
“Lo so” Elrond sembrò comprenderlo a pieno e nel guardarlo si tranquillizzò “Aa’ menle nauva calen ar’ ta hwesta e’ ale’quenle Possano le tue strade essere verdi e possa il vento accompagnarti”
 
Si salutarono entrambi, con la mano sul petto e il capo chino, sperando di rivedersi, non in un accampamento, ma alla fine della guerra.
 
Fuori nel campo aperto, sotto il cielo stellato ed il perpetuo canto dei grilli canterini, gli uomini erano riuniti vicino ai fuochi accesi. Molti si spostavano indaffarati, per sistemare le armi e le tende con chiodi al terreno, intonando alcune canzoni antiche, che narravano storie di guerre sanguinarie, di nemici oscuri e di giorni felici. Legolas che era rimasto seduto dentro la sua tenda, ascoltava i movimenti dei cavalieri e l’incedere dei cavalli, immerso nel buio della notte, con un Gimli stanco fuori dalla soglia, seduto su un ceppo, con l’ascia vicino ai piedi.
 
Tra le risate udite, l’elfo rievocò quella di Eldihen e, guardando il sentiero illuminato dalla luce dei falò, pensò a quanto sarebbe stato  bello poterla vedere spuntare da lì, con il suo sorrisetto furbo e gli occhi allegri, ma i suoi sogni svanirono alla vista di un uomo che si avvicinava trainando un carretto. Si sentiva nervoso sapendo Eldihen a Gondor, ed anche arrabbiato, ma quelle sensazioni passarono in secondo piano  dinanzi al forte sentimento che bruciava in cuor suo “Si sente la tua mancanza” allungò le dita per afferrare la lettera che aveva adagiato su una sedia lì vicino, con gli occhi sul foglio bianco. Annusò in silenzio il profumo fruttato che emanava la busta, girandosela tra le mani. Si fermò e prima di aprirla chiuse gli occhi, per rilassarsi profondamente. Eldihen. Quella lettera sapeva di lei.
 
“Mi fai sempre arrabbiare…” aprì la lettera, pronto a leggerla senza più sentire la collera che inizialmente gli aveva  annebbiato la mente. Aprì il foglio  ed i suoi occhi si persero in quelle righe nere, scorrendo velocemente con lo sguardo avanti e indietro. Con le dita che tastavano la carta ruvida, seduto con le gambe divaricate e la tunica slacciata al collo.


“Lo so amore. Posso immaginare quanto tu sia nervoso. Mi hai sempre protetta, da ogni cosa, come se io fossi un piccolo pulcino incapace di volare. Mi hai guidata, amata, consolata con tutto il tuo amore, dal primo giorno in cui ci siamo visti. Ho sempre pensato che nella sventura sono stata fortunata ad incontrarti, perché sei semplicemente perfetto. Leale come pochi, affettuoso e sensibile. I tuoi occhi mi fanno sempre venire i brividi e guardandoti ed ammirandoti mi sono sentita sempre piccola a tuo confronto, e ho sempre pensato che io non ti meritassi, perché finivo sempre per farti soffrire, anche contro la mia volontà. Ci ho sofferto anch’io, ed anche se sono stata custodita sotto la tua ala protettrice, in cuor mio ripetevo di continuo che anch’io un domani per te avrei fatto lo stesso, anch’io ti avrei dimostrato il mio amore, per sostenerti, per farti comprendere la profondità del mio sentimento, che coinvolgente e profondo è riuscito a cambiare la mia vita in meglio. Per cui amore mio, adesso lasciami stare a tuo fianco in questa guerra. Non sarei mai potuta scappare, perché è giunto il momento di spiegare le ali e camminare da sola, iniziare a fare qualcosa per te e per tutte le persone che mi vogliono bene. Lasciami volare. Non mi vedere più come un pulcino, accetta il mio cambiamento ed abbi la forza di perdonarmi per la preoccupazione che stai sentendo. Comprendimi. L’amore vero è senza limiti, ma sa limitarsi, per andare incontro all’altro, per rispettare la libertà dell’altro¹. Accetta questo mio gesto, perché io per te darei la vita… senza di te nulla avrebbe alcun senso. Non ci sarebbe stata nessuna consolazione per me ad Imladris. Casa mia è dove sei tu. Quindi se questa guerra dovrà dividerci, io un domani potrò dire di esserci stata, per te, perché ti amo e non rimpiangerò nulla.
Per sempre tua. Eldihen”

 

Rimase fermo sullo sgabello, con gli occhi inchiodati alla lettera, le mani sul foglio, il respiro corto, le labbra incurvate in una leggera smorfia. Si sentì pervaso da una tristezza infinita, una nostalgia che prendeva vita ogni qual volta il suo sguardo ricadeva su quelle righe e, nel buio della notte  anche il suo cuore sembrò inquietarsi. Le emozioni si mischiarono fino a fargli alzare gli occhi, sconcertandolo. Si chiese cos’avrebbe dovuto fare vista la situazione. Era preoccupato e allo stesso tempo ansioso di rivedere Eldihen. La voleva rimproverare ed abbracciare. Vederla arrossire quando lui si avvicinava un po’ di più e sentirla vicina. I ciondoli di stoffa che scendevano dalla tenda, schermavano la luce dei fuochi, creando un’atmosfera intima, nella quale Legolas si rifugiò. Il profilo oscurato dal buio e la luce dei suoi occhi ad illuminargli il volto.
 
“L’hai letta infine” Gimli che era rimasto fuori per tutto il tempo, scostò con la sua ascia la tenda, fissando l’elfo con una curiosità che gli brillava negli occhi nocciola.
 
“Si” rispose evasivo senza sbilanciarsi più di tanto.
 
“Sei teso” lo dedusse dal modo in cui era seduto: le braccia stese sui braccioli della sedia e la mano a sostenergli il viso. La tunica verde era leggermente aperta e la cintura di cuoio allentata. L’arco lontano dalla sua portata, gettato sul tappeto intrecciato. Gimli osservò il taglio sfilato degli occhi e le trecce bionde che si univano dietro la nuca.
 
“Io non so più che fare con lei” confessò con voce sincera stringendo i denti “Praticamente si trova nella tana del lupo. Gondor” Fissò la stoffa della tenda, che rifletteva le ombre dei cavalieri fuori, immaginando i pericoli che la ragazza avrebbe potuto correre, le ombre che strisciavano verso lei “Che devo fare per sistemare questo disastro?” si chiese allentando la presa sul foglio. Sospirò, fissando gli stivali sporchi di fango.
 
“Calmarti ed ascoltami giovanotto”
 
Legolas si voltò, chiedendosi cosa intendesse il suo amico, fino ad esaminare la sua barba increspata, l’armatura un po’ stretta e gli occhi luccicanti sotto l’elmo intagliato.
 
“Lei ti ha sempre detto di non volersi allontanare da te. Avete spesso litigato e tu ti sei mostrato categorico. Non si poteva ragionare”
 
“Io ho agito per il suo bene. Se la situazione non fosse così grave l’avrei fatta rimanere, ma siccome la guerra è imminente ed Eldihen non è in grado di affrontarla le ho detto di andare a Imladris”
 
“Più che dirglielo glielo hai imposto!” precisò Gimli afferrando tra le mani le corde che ostruivano il passaggio “Non l’hai mai ascoltata. Ciò che sto dicendo non è per giustificarla, non fraintendermi. Credo però che se aveste parlato accentando i vostri punti di vista differenti, entrambi avreste sicuramente trovato un punto di incontro e lei a quest’ora sarebbe qua con te o a Rohan, non a Gondor. Non so che le sia saltato in mente onestamente” concluse muovendo qualche passo in sua direzione.
 
Legolas ammutolito alzò gli occhi per guardare Gimli, poi li abbassò sulla lettera. Era vero che loro due non avevano chiarito tranquillamente la vicenda trovando un compromesso, ma lui non poteva avere dei rimorsi, no “Gimli è andata a Gondor…” forse l’amico non aveva ben chiara la situazione.
 
“So quel che vuoi dire tu, e non posso di certo dirti di non preoccuparti. Pensa che c’è Gandalf con lei” disse per riprenderlo dallo sconforto.
 
“C’è anche Mordor”
 
“Ma presto noi saremo a Minas Tirith ed ogni dubbio svanirà, quindi esci da lì e vieni con me perché c’è un altro zuccone che mi sta facendo preoccupare stasera” sospirò lasciando oscillare i ciondoli avanti e indietro, fino ad ottenere la completa attenzione dell’elfo che, spiazzato da quell’ultima frase, riagganciò la foglia di Lorien al mantello, alzandosi in piedi, con i capelli sparsi sulla veste e l’espressione sbigottita.
 
“A cosa ti riferisci?”
 
“Aragorn, se ne sta andando. Abbiamo del tempo, lascia da parte questa faccenda, anche se so che resterai inchiodato con la mente lì, ma bisogna sbrigarsi” si fece serio, poggiando l’ascia alla sua spalla, con i baffi dritti e gli occhi vigili.
 
 
 
 
 
“Perché fai questo la guerra è a est. Non puoi andare via la vigilia di una battaglia. Non puoi abbandonare i tuoi uomini” Eowyn girò intorno ad un albero di ulivo, calpestando il fango a terra, incurante degli uomini che la guardavano con curiosità, dell’indifferenza di Aragorn che sistemava il suo cavallo, con il capo chino, senza considerarla, quasi si vergognasse ad incrociare il suo sguardo.
 
“Eowyn “ mormorò evitandola. I capelli gli ricaddero sul viso, come una tenda che celava alla donna la sua espressione dispiaciuta. Sistemo Brego, fino a stringere le briglie, pronto a recarsi dentro alla montagna che tanto temeva.
 
“Ci occorri qui” trattenne a stento le lacrime. In realtà occorreva a lei lì, non accettò la separazione imminente e, pur intuendo che Aragorn non ricambiasse i suoi sentimenti, perseverò, sperando fino all’ultimo di essere amata come lei desiderava. Ma quegli occhi verdi stavolta la guardarono con pietà. Stavolta le parlarono sinceramente. La speranza morì. Tremò, mentre i brividi percorrevano la sua pelle candida ed Eowyn dentro di sé ascoltò la voce della sua coscienza rimproverarla. Era arrivata all’estremo, per un uomo che non l’amava.
 
“Perché sei venuta Eowyn?”
 
“Non lo sai” sentì la bocca asciutta e lei parlò senza nemmeno riflettere, con il cuore in mano, sperando come una sciocca, anche quando non vi era più nulla da sperare.
 
“E’ solo di un’ombra e di un pensiero che sei innamorata. Non posso darti quello che cerchi”
 
Si sentì cadere a terra, come se l’avessero spinta contro una parete con cento chiodi a trafiggerle la schiena. Indietreggiò, quasi impaurita dall’uomo che aveva amato con tanto ardore, quell’uomo che aveva infranto i suoi sogni e che con quelle parole l’aveva affondata. I sogni si infransero, ed ad Eowyn rivennero in mente le parole di Eldihen, i suoi avvertimenti, i suoi consigli. Aveva ragione la sua amica, era stata lei una sciocca ad illudersi, divenendo sorda e cieca. Ed adesso era ferma, in balia dei suoi sentimenti e del vento gelido che le sfiorò le guancie come una dolce carezza.
 
“Eldihen mi aveva detto di non pensarti. Eldihen lo sapeva ed ha cercato di proteggermi, ed io non volevo ascoltarla. Ho ignorato i suoi consigli. Ed ecco il prezzo da pagare, mi tocca assaporarne l’amarezza e l’infelicità. Avrei dovuto ascoltarla, per evitare di soffrire” mormorò abbassando lo sguardo tra i cespugli a terra che tanto gli ricordavano il verde degli occhi di Aragorn.
 
“Ti ho augurato gioia sin da quando ti ho vista” con una carezza gentile la salutò, immaginando quanto potesse soffrire a causa sua. Aragorn si sentì infelice, ma prima o poi sarebbe arrivato quel giorno. Voltò le spalle, prendendo il cavallo dalle redini, scomparendo dalla vista di Eowyn che si strinse le braccia, quasi a simulare l’abbraccio mancato dell’amica.
 
Mentre avanzava verso la sua meta, con il capo abbassato e gli occhi che fissavano una volta gli uomini, una volta le fiaccole, Aragorn si bloccò, incontrando nel crocevia Nihil, che come lui avanzava dubbioso, con un’espressione cupa. L’elfo lo guardò con imbarazzo. Teneva le mani dietro le spalle, il viso abbassato, aspettando che fosse il ramingo a parlare, lui non sarebbe riuscito a dire una parola dopo ciò che era accaduto.
 
“Non pensavo di vederti!” ammise sorpreso l’uomo.
 
“Non lo pensavo nemmeno io. Aragorn perdonami ti ho deluso” serrò le palpebre per evitare di guardare gli occhi verdi del suo unico amico, di colui che l’aveva soccorso in quegli anni bui, nonostante i dissapori con Legolas.
 
“Non è a me che devi chiedere scusa. Anche se il tuo comportamento mi ha parecchio sorpreso. Mi fidavo Nihil” sottolineò velando un rimprovero sotto il tono pacato.
 
“Lo so. Sono venuto qui portando alcune armi. Eldihen mi ha chiesto di aiutare e…” si fermò, scorgendo gli occhi incuriositi di Aragorn che sentendo nominare la ragazza si irrigidì, quasi come se avesse scoperto dell’esistenza di chissà quale creatura sovrannaturale.
 
“Eldihen”
 
“Già. Ma Legolas ti spiegherà meglio, ti posso dire solo che lei si trova a Gondor e che non vi ha voluto lasciare” confessò con il mantello che gli faceva da scudo contro le occhiate dei cavalieri che si sporgevano dalle tende per curiosare.
 
“Cosa?” rimase impressionato e, sotto l’ombra della montagna meditò. Brego si voltò con la testa, come se avesse percepito la sua preoccupazione, in realtà Aragorn era teso, sia per ciò che avrebbe dovuto fare, sia per Eldihen. Non ci voleva.
 
“Aragorn” Nihil strinse il suo braccio, allacciando un altro sguardo con Aragorn, intenso, pieno di determinazione, quanto la stretta delle sue dita fredde che scivolarono fino al polso del ramingo. I suoi occhi azzurri pallidi si accesero, catturando l’interesse del suo interlocutore “Io voglio combattere. Io voglio riacquistare il mio valore. Concedimi di seguirti in battaglia” la voce dura e decisa fece stendere le labbra all’uomo.
 
“Non è in mio potere. Il tuo principe cosa dice?”
 
“Ed in che modo vorresti riacquistare il tuo valore?” Legolas camminando sul sentiero stretto si fermò, con la corda dell’arco tra le dita. Una nuvoletta bianca uscì dalla sua bocca. Le spalle aperte, sotto l’armatura in cuoio che gli copriva le clavicole, il petto in avanti, i capelli biondo-chiaro ad incorniciargli il volto fiero, impreziosito da due iridi azzurre, più profonde del mare e della volta celeste.
 
Nihil curvò il volto sostenendo lo sguardo attento del suo principe, senza smuoversi dal punto in cui era, immerso nel prato insieme ad Aragorn. Fu quasi intimorito alla vista del suo signore. Non voleva discutere, ma confrontarsi, chiarirsi. Abbandonare l’ascia di guerra e mettere pace tra loro “Combattendo. Come in passato. A costo della mia vita” voltò le spalle ed il suo mantello nero ondeggiò, lasciando scoperta la tunica blu “Non ti ho forse servito in passato?”
 
“Non lo nego” la sua voce era priva di astio. Decisa ed autorevole. Trapelò una nota più dolce rispetto al solito e Nihil se ne accorse, rallegrandosi intimamente.
 
“Te la senti di concedergli un’ultima possibilità?” Aragorn alzò l’indice, muovendo un passo in direzione dell’amico, con gli occhi accesi da una luce alquanto particolare, che Legolas colse inaspettatamente.
 
Corrugò le sopracciglia come a chiedergli che intendesse. Rispose l’arma dietro la schiena, insieme alla faretra, incrociando meccanicamente le braccia “Che hai in mente?” sospettava qualcosa e si fidava di Aragorn, specie quando i suoi occhi risplendevano come in quel momento. In cuor suo temeva che Nihil potesse combinare qualche malefatta, ma era anche vero che non aveva molte alternative visto la presa di posizione durante la battaglia con gli Ent. Sauron era sicuramente venuto a conoscenza del suo gesto.
 
“Stasera ho appreso una notizia” guardò Legolas e quando l’amico lo incitò  a continuare con un cenno lui proseguì “Nihil potrebbe fare proprio a caso nostro” Aragorn gli poggiò la mano sulla spalla, dopo avergli lanciato uno sguardo carico di determinazione “Ascoltami tu dovrai….”
 
 
 
 
 
Sotto il cielo cinereo e le urla della gente impaurita Eldihen si issò sull’alto cancello e con la cintura stretta alla vita si arrampicò su una scala in legno, con Pipino che la sorreggeva, mentre lei munita di chiodi e martello attaccava al portone di metallo delle spesse catene, inchiodandoli su una sbarra formata per metà di metallo, per metà di legno di ilice. Aveva utilizzato i materiali più resistenti per irrobustire i cancelli, i ponti e costruire quel piccolo rifugio vicino al monte, con la speranza che Draghetto avesse richiamato le donne ed i bambini. Teneva stretto nel dente un chiodo arrugginito e, sentendo tremare il terreno sotto i piedi si bloccò, con la mazza a mezz’aria.
 
“Pipino che succede?” chiese con voce preoccupata reggendosi da una piccola fessura.
 
“La gente sta fuggendo. Gli orchi sono vicini Eldihen. Una grande milizia sta giungendo a Minas Tirith” dal timbro di voce del piccolo Hobbit la ragazza intuì che anche lui era agitato quanto lei e, con l’unico pensiero di fortificare al meglio il portone, passò dalle sbarre di ferro delle catene spesse, facendole arrivare sul pavimento in pietra. Si strascinò contro il telaio per fissare al meglio la piastra di rinforzo e, nell’inchiodare l’angolo, si ferì alla mano in cui era caduta la lacrima, notando che la macchia nera si era estesa fino al polso. Gemette sostenendosi dalla scala, per evitare di cadere a terra.
 
“Eldihen scendi. Hai rinforzato il cancello,  scappiamo a palazzo. Gli orchi sono già qua!” Pipino urlò voltandosi sulla piazzola affollata, verso la gente che correva lungo la salita in pietra, oltre l’arco che si affacciava alla grande fontana.  Il panico regnava sovrano per quelle vie. Le nuvole grigie non presagivano nulla di buono.
 
“Adesso scendo. Devo passare l’ultima catena. Solo questa” afferrò con un tintinnio assordante la catena di ferro, attaccandola al gancio sulla porta, in seguito, appoggiando i piedi sui gradini scricchiolanti della scala raggiunse Pipino.
 
“Sei ferita”notò la macchia nera ma prima di commentare, Eldihen si coprì con l’altra mano, stringendo bene i lacci del bustino.
 
“Non è nulla, non sono riuscita a reggermi bene e mi sono fatta un po’ male, nulla di che” non riuscì a guardare gli occhi dello hobbit, poiché gli spostamenti della gente la distrassero. Correvano come se intorno a loro avanzassero fiamme, in balia del terrore, tra i pianti e le urla disperate.
 
“Aprite il cancello” si levò una voce dal ponte superiore. Era un soldato con una spessa armatura argentata “Presto! Presto! In fretta”
 
Eldihen si spostò, intimando allo hobbit di fare lo stesso e, quando le porte si schiusero, lasciandole intravedere l’esercito che marciava contro loro la ragazza rimase pietrificata, come se un fulmine l’avesse trafitta, ma la scena che le provocò maggiore scalpore fu quella successiva, quando Faramir, trafitto da due frecce, con gli occhi chiusi e il viso completamente insanguinato entrò dentro la magnifica piazzola, trainato da un piede dal suo cavallo scuro.
 
“Faramir” Pipino si gettò a terra, ignorando gli ordini dei cavalieri che l’avevano allontanato per chiudere le porte.
 
L’elfa guardò il viso deformato di un orco pallido provando ribrezzo e rabbia, fino a che i cancelli si chiusero di nuovo e lei dovette rimanere immobile, osservando l’uomo in fin di vita a terra “La pagheranno. Per tutto!” ripensò a ciò che le era successo, a tutte le persone che avevano sofferto per via di quelle bestie, lisciando con una mano il volto di Faramir che respirava flebilmente. La pelle era bianchiccia e le labbra di un color violaceo tendenti al blu. Trattenne le lacrime, affiancando l’amico a terra. I suoi occhi si inumidirono. Strinse i pugni, ascoltando i passi dei soldati, i pianti incensanti dei bambini e di Pipino. Il suo pensiero si era come congelato e, in cuor suo, nonostante la profonda paura si accese una luce. Una luce nell’ombra e lei quando riaprì gli occhi, vide di nuovo la lama della sua spada illuminarsi, come a dargli coraggio. Rimase allibita. Era come se ci fosse una connessione tra i suoi pensieri e la spada. La toccò, stringendo la mano dell’uomo a terra.
 
“Portatelo a palazzo” ordinò un uomo dai capelli lunghi e biondi, lanciando uno sguardo di commiserazione a lei e allo Hobbit.
 
 
Camminavano tutti in fila dietro Faramir che era steso inerme su una barella. Lo sguardo di Eldihen cadde sull’albero bianco risecchito, con i rami spioventi da un tono tendente al grigio, quasi come il cielo che ricopriva le loro teste. Pipino non era con lei. Da guardia della cittadella aveva raggiunto sire Denethor ancor prima che Faramir entrasse nel giardino. Eldihen era sola, con i capelli malamente legati all’indietro, la mano nera ed il fiatone. Quei gradini erano veramente ripidi, per non parlare della terribile salita e di tutte le persone che l’avevano strattonata come un sacco di patate. Strappò velocemente un  drappo della sua camicia e fasciò la mano con altrettanta velocità.
 
“Faramir” Le porte del palazzo si aprirono e da lì uscì Denethor agitato come non si era mai visto, seguito da una schiera di soldati e di uomini. Eldihen individuò senza molta difficoltà Pipino e il piccolo Draghetto che si agitava tra le braccia di Madeos.
 
“Fratellone” gridò il bimbo disperatamente con la voce rotta dal pianto.
 
“Non ditemi che è morto” i capelli brizzolati ondeggiarono, le mani tremarono dinanzi il figlio. Denethor si sentì morire e disperato si inginocchio, per toccare il volto di Faramir con una smorfia di tristezza che impressionò Pipino.
 
“Erano inferiori di numero, nessun sopravvissuto”
 
“Lasciami… lasciami o ti tiro i capelli” Draghetto non voleva saperne di starsene buono. Diede un calcio all’elfo, allungando le manine sulla chioma corvina.
 
“Rimani tranquillo” Madeos lo appoggiò a terra e il bambino corse incontro a Faramir, trascinandosi con le ginocchia sulla barella, con gli occhi pieni di lacrime e il naso gocciolante.
 
“Sveglia. Sveglia. Sveglia. Non puoi dormire” adagiò le manine sulla fredda armatura, poi sulle guancie pallide, lisciando la barba biondiccia.
 
“I miei figli si sono spenti. La mia stirpe è finita” il sovrintendente indietreggiò con gli occhi inchiodati al figlio morente ed alle mani di quel piccolo bambino che inginocchiato a terra lo accarezzava, come se avesse perso un padre.
 
Pipino affiancò Draghetto, sotto l’ombra dell’albero bianco e gli occhi curiosi dei presenti. Toccò la fronte di Faramir e speranzoso ricercò il suo battito nel collo, con il cuore pieno di ansia e la mente rabbuiata. Delle flebili pulsazioni lo rincuorarono, facendogli mutare espressione “E’ vivo”
 
Draghetto singhiozzò e, felice della lieta notizia imitò Pipino, spostandogli le mani  “Anch’io voglio sentire” appoggiò le orecchie sull’armatura per percepire il battito del suo cuore “Non si sente però” alzò la testa piangendo, con il viso contorto da una smorfia.
 
“Non ti preoccupare. Va curato signore!”
 
Eldihen era immobile dinanzi alla balaustra, con gli occhi spalancati ed il cuore in subbuglio. Era una scena raccapricciante e orribile: l’esercito avanzava e si spiegava su tutta l’ampia pianura. Erano moltissimi, tutti suddivisi in grandi unità, in groppa a dei mannari. I troll spingevano delle torri corazzate e gli orchi lanciavano frecce contro gli uomini sui pontili, senza alcuna pietà. Sentì quell’odore di sangue, la paura e le urla dentro la sua testa.
 
Denethor accusò Thèoden per ciò che stava accadendo, suggerendo ai soldati di abbandonare le loro posizioni, ma Gandalf intervenne lanciandogli un colpo in testa con il suo bastone. Era giunto il momento di combattere ed Eldihen terrorizzata comprese solo in quell’istante la ragione per cui Legolas l’aveva spedita  ad Imladris.
 
“Eldihen” Madeos si avvicinò con Epon sulle spalle. Ormai il falco si era abituato a loro e seguiva i comandi alla lettera. La girò da un braccio, guardando il suo viso  pallido “Hai paura” il suo risultò un rimprovero più che una costatazione “Vedi? Saresti dovuta partire. Lo capisci adesso?”  preso dalla collera le afferrò il polso, contorcendo le labbra e quel neo che tanto gli donava.
 
“Perché tu non hai paura?” chiese distogliendo lo sguardo dall’esercito sotto le mura. Pipino era corso contro di loro, assistendo in silenzio alla scena.
 
“Io sono un guerriero e so come comportarmi. Dimmi tu cosa faresti adesso? Che utilità hai qui?” chiese con un tono di rimprovero, velato da un arroganza che Eldihen colse subito. Si guardarono negli occhi, entrambi innervositi per motivi differenti. Lei indignata da quelle parole e lui certo delle sue idee.
 
 Pipino abbassò il volto sentendosi in parte toccato da quella domanda. In verità Madeos non aveva tutti i torti. Lui ed Eldihen che utilità avrebbero avuto in quella guerra? Anche se di due razze diverse condividevano lo stesso destino e le stesse virtù. Due persone semplici che stonavano in un contesto come quello.
 
“Io non sono una guerriera. Non sono brava a combattere ed in questo momento ho paura, molta paura. Ma se io sono qui è perché voglio dare il mio contributo, perché questo esercito si sta per scagliare contro la città, contro le persone che amo ed io non posso starmene ferma ad assistere, non posso starmene in un angolo al sicuro, quando gli altri invece rischiano la vita per me. Non so che utilità avrò Madeos, ma sta certo che io aiuterò queste persone come posso. Tutti possiamo dare una mano. Anche la persona più semplice ha la sua utilità, ricordatelo sempre. Ed io farò di tutto, anche se non sono in grado di combattere, ma ci sarò, a spostare le pietre della strada se questo potrà avvantaggiare queste persone, anche ad aiutare i bambini e gli ammalati. Sono disposta a dare anima e corpo perché ho imparato molte cose sia dai miei amici…” fino a quel momento aveva retto lo sguardo di Madeos che attonito l’ascoltava, ma quando gli rivenne in mente il volto di Legolas, Gimli, Eowyn ed Aragorn la sua voce tremò “Mi sono sentita protetta da colui che io amo. E giunto il momento che faccia qualcosa in cambio. Come sarei potuta andare ad Imladris quando le persone della mia vita sono minacciate da queste bestie?” indicò l’armata nemica con un cenno di capo “Sai cosa farei Madeos? Ogni cosa per loro” la sua voce era sincera e piena di emozione, tanto da rianimare il piccolo hobbit che trovò coraggio ed annuì ad ogni parola.
 
“Eldihen ha ragione” confermò Pipino.
 





L’amore vero è senza limiti, ma sa limitarsi, per andare incontro all’altro, per rispettare la libertà dell’altro¹(Citazione Papa Francesco)


Note autrice:
Ce l’ho fatta, menomale…. È tardissimo, ma nonostante la stanchezza ho deciso di aggiornare, per evitare ritardi. Vi è piaciuto? Che ne dite? Mi scuso per gli eventuali errori ho rivisto velocemente il capitolo. Confesso che sono un po’ di fretta.
Riguardo gli aggiornamenti: confermo il venerdì
Ps: lo sapete che mi fa un sacco piacere ricevere i vostri commenti… grazie di cuore <3
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Capitolo 23 ***


Capitolo 23
 
 
La città era sull’orlo della rovina. Le case erano state distrutte e le macerie giacevano sulle vie, ostruendo il passaggio alle donne che correvano in direzione opposta ad Eldihen, con i figli stretti tra le braccia, minacciate dall’esercito nemico e dalle urla che altro non facevano che alimentare l’agitazione che permeava e si spandeva in tutta la città. Gondor era in ginocchio.
 
“Non andate al livello inferiore. Nel fianco della montagna c’è un rifugio che vi accoglierà tutte, fidatevi di me!” continuava ad urlare Eldihen, con la spada argentata in mano, gli occhi pieni di decisione e la mano  che gli bruciava. Era ridotta male, si sentiva impotente dinanzi alla minaccia che si stava scagliando contro Minas Tirith, ma nel suo piccolo avrebbe aiutato, insieme all’impavido Pipino che affianco a lei indicava la via sicura alle donne sgomentate.
 
“Vicino al pozzo” Draghetto spiegò ad un’anziana signora il punto esatto in cui si trovava il rifugio. Con molta difficoltà erano riusciti a strapparlo dalle braccia di Faramir, accentando di portarselo dietro, con la promessa che sarebbe tornato con le donne per rimanere al sicuro. Nel frattempo il bimbo aveva preso con sé tutti i gattini della città tirandoli dalla coda. Aveva tre cuccioli dentro la camicetta e stringeva altri due nelle manine.
 
“Pipino andate con Draghetto al rifugio vicino alla montagna. E’ un punto lontano e fortificato. I colpi degli orchi non dovrebbero raggiungervi. Fa come ti dico!” la ragazza afferrò lo hobbit dalle spalle, lanciandogli un’occhiata fiduciosa, piena di determinazione e… paura. La lama della sua spada si illuminò, ma solo Eldihen se ne rese conto, avvertendone le vibrazioni, come se la luce si spostasse sullo stesso metallo“Andate”
 
“E va bene, ma raggiungici” la pregò Pipino prima di prendere in braccio Draghetto e salire sulle scalinate in pietra, in mezzo alle rovine ed ai cespugli selvatici. Si scambiarono uno sguardo penetrante poi si separarono. Pipino aiutò i bambini e le donne, mentre Eldihen, con la spada in mano correva in direzione opposta alla folla, con i capelli grondanti di sudore, la faccia sporca e piena di polvere, i pantaloni larghi ed il corpetto slacciato. Avanzò insieme ad Epon che volava sulla sua testa, fino a raggiungere l’esterno della balaustra, nel punto in cui i soldati si erano allineati per respingere le armate di Mordor. Rimase con la bocca aperta quando vide le corazze luccicare e, gli orchi  scagliare con le loro immense catapulte dei massi giganteschi che, si scontrarono contro alcuni edifici disabitati, frantumandoli. Tremò, aveva timore, ma si portava avanti con la speranza di rivedere il suo amato, perché giunti a quel punto solo l’amore la stava salvando dalla brutalità della guerra, sotto la coltre di nubi scure e di pensieri che si rabbuiavano come il cielo.
 
La spada brillò ancora una volta ed Eldihen si appoggiò al muro in pietra, con Epon sulle spalle. Sgattaiolò sulle scale, timorosa di giungere a capolino “Gandalf” lo richiamò, scorgendo il bianco destriero del fidatissimo compagno che si girò sgomentato, trafiggendola con i suoi occhi azzurri.
 
“Sei una sciocca. Corri al riparo” armeggiò con il bastone fino a poggiarlo a terra. Anche Madeos che era insieme agli altri guerrieri la rimproverò, roteando gli occhi al cielo. Le bandiere bianche appese sui muri fluttuavano, accendendo una flebile speranza nel cuore dei soldati che stavano assistendo ad uno spettacolo difficile da dimenticare.
 
“Ascoltami, le catapulte. Prendetele e scagliate contro gli orchi le macerie dei palazzi. Ho visto che dei soldati poco fa trascinare una in questa direzione” gridò e la sua voce riecheggiò su tutta la fortezza, facendo voltare i guerrieri che perplessi si scambiavano sguardi contrariati, come a ripudiare la sua idea. Una donna non avrebbe dovuto dir loro cosa avrebbero dovuto fare. Un uomo con un elmo appuntito si allontanò dal ponte, giusto quel poco che bastava per incrociare lo sguardo dell’elfa ferma sulle scale.
 
“I nostri uomini stanno sistemando le catapulte. Ti consiglio vivamente di scappare ragazza” disse preoccupato con la lancia in mano, altalenando il suo sguardo da Eldihen alla pattuglia di orchi che viaggiava in loro direzione.
 
“Vai via!” gridò Madeos sperando nell’aiuto di Gandalf. La ignorarono, troppo attenti agli spostamenti degli orchi, al rullo incessante di tamburi e alle frecce che stavano parando senza molto successo vista la loro posizione.
 
Eldihen armandosi di tutto il coraggio che aveva in corpo, contro le aspettative di tutti, corse via, veloce come il vento. I capelli come fruste si scontrarono contro le sue guance pallide. Superò le alte mura, senza ascoltare i consigli degli uomini. Epon emetteva versi strani mentre volava ad una velocità pari alla sua, ed Eldihen già esausta si piegò, scivolando nel piccolo piazzale nel quale si trovavano i soldati che erano impegnati a riparare le catapulte nascoste in un passaggio in pietra.
 
“Andate a combattere. Riparerò io i danni alle catapulte” non considerò gli sguardi dei quattro uomini che si rialzarono da terra con tanto di martello e tenaglia in ferro tra le mani. Si scambiarono degli sguardi confusi e, quando fecero per rispondere videro la donna inginocchiarsi dinanzi l’arma in legno, trascinandola all’esterno dalla catena in ferro, con molta difficoltà.
 
Eldihen strinse i denti, ricacciando i capelli dinanzi agli occhi “Andatevene via ed aiutate gli uomini a combattere. Sono la figlia di un carpentiere so quel che faccio. In questo momento posso aiutarvi, ma voi non servite qui. Dovete combattere” urlò con tutto il fiato che aveva in corpo pur sentendo la mano bruciarle come mai prima d’ora.
 
“Vattene è molto pericoloso” un vecchietto si avvicinò a lei, incerto dell’ attendibilità delle sue parole. La vide allentare un bullone arrugginito vicino ad un gancio di ferro. Il legno frontale dell’arma ricadde in avanti ed Eldihen sorridendo soddisfatta saltò sulla piattaforma, allentando con la tenaglia ogni singolo bullone. Il ferro arrugginito del gancio cigolò e lei portandosi in avanti richiese una bottiglia di olio, per inumidire le giunture. Sarebbe stata pronta se una parte di metallo non si fosse distaccata ricadendo a terra.
 
“No!” urlò stendendo il braccio per riprenderla. Afferrò la lamina, ma non riuscì ad attaccarla come credeva e, quando si girò verso la spada, vedendola brillare come una fiamma d’argento, sorrise, un’idea le era venuta in mente, così estrasse la spada dal fodero, sotto lo sguardo allibito dei soldati “Una spada può avere altri utilizzi” incastrò la lama dentro un foro, attaccando in tal modo la parte mancante alla catapulta.  Era pronta per l’uso “Mi credete adesso?” si voltò completamente verso gli uomini che erano stupiti dinanzi le abilità che aveva  esibito Eldihen.
 
“Prendete le macerie” ordinò il vecchio ai suoi uomini senza distogliere lo sguardo dalla donna vestita di nero “Uccidete quelle bestie” urlò agguerrito. I soldati incoraggiandosi l’un l’altro corsero sulla pedina ??? pedina? Cosa intendevi ?, facendo scivolare a terra un grosso masso.
 
“Lanciate!” gridò intimando ad Eldihen di allontanarsi. La pietra prese il volo, ricadendo sulle teste dei nemici oltre le mura di Minas Tirith.
 
“Epon, vola e fammi sapere se gli orchi nascondono altre armi” prese il falco dalle zampe e pregò i Valar di comprendere i suoi versi, per poi afferrare la spada e correre sola in mezzo alle rovine, verso un’altra catapulta, mentre Epon, eseguendo si allontano.
 
 Sistemò l’arma, come la precedente, fino a vedere i massi scagliarsi contro le armate di Mordor, con il cuore pieno di paura, le lacrime agli occhi e nella mente e nel petto un solo nome: Legolas. Sentì il suo animo urlare il suo nome, invocare il suo volto, più di quanto  gridassero gli orchi e le donne. Correva da stradina a stradina, superando gli ostacoli e passando per sentieri stretti. Aggiustò tutte le catapulte, senza badare ai commenti degli uomini che scettici la respingevano.
 
Quando giunse spossata al piano superiore, vide un gruppo di soldati infervorati. Si fermò sotto l’ombra di un arco, immobile, con la testa che gli scoppiava e le gambe indolenzite. Guardò la sua mano prima di appoggiare la schiena contro il muro. Era nera ed anche le dita stavano assumendo lo stesso colore della macchia “Lasciatemi sistemare le catapulte, voi cercate dei massi da scagliare contro l’esercito” fece per avvicinarsi, ma un soldato la strattonò, facendole sgranare gli occhi dalla sorpresa.
 
“Corri al riparo ragazzina. Non è un gioco” urlò  collerico sbarrandole il percorso. Eldihen non demorse, stringendo i denti avanzò sullo spiazzo e, pronta a difendersi ricercò a terra gli strumenti che le avrebbero permesso di sistemare le catapulte arrugginite da tempo, ma qualcuno le venne in soccorso, facilitandole il lavoro.


“Procurate materiale e lasciate questa ragazza lavorare” era una voce decisa. Eldihen si voltò incrociando gli occhi del vecchio che aveva incontrato poco prima. Sorrise flebilmente, nonostante la paura che avvertiva ad ogni urlo disperato. In quel momento una grossa pietra si schiantò rumorosamente contro un edificio adiacente. Eldihen si coprì le orecchie buttandosi a terra. L’arco in pietra era crollato, senza però causare danni alle persone che si trovavano lì. Si rialzò frettolosamente da terra prendendo gli utensili adatti ad aggiustare le catapulte.
 
Superò tutte le mura, sistemando ogni singola arma, fortificando ogni singola cancellata, fino a sentire le dita bruciare ed il respiro corto. Non si curò delle sue condizioni nemmeno quando la mano le bruciò a tal  punto da costringerla a fermarsi per strappare un altro pezzo di stoffa dalla camicia che fuoriusciva dal corpetto scuro, per stringerla alla parte dolorante. Era disorientata, impaurita, sola, in quella città distrutta, con tutta quella gente che correva disperata e supplicava Eru piangendo sconsolatamente. Un lamento che entrò in testa ad Eldihen, facendole percorrere scombussolata il tragitto al contrario, mentre sopra di sé, massi enormi venivano scagliati da ambo i lati delle mura. Correva e tremava, incrociando i volti di gente sconosciuta, con la spada tra le mani e il cuore che pulsava violentemente, tanto da avvertire i battiti sulla pelle.
 
Si bloccò su un vecchio edificio vicino all’ingresso principale, quando dall’alto del cielo ombroso spuntarono i nazgul, cavalcati dagli oscuri re del passato, gli spettri né vivi né morti che fluttuavano sulla città, scaraventandosi contro i pinnacoli sporgenti e i soldati sulle strade. Al sentire il suono stridulo emesso da quelle bestie, Eldihen si accasciò a terra, coprendosi le orecchie con forza. Corrugò la fronte urlando per contrastare in qualche modo il rumore che le stava lacerando i timpani, insopportabile, come una lama conficcata in pieno petto. Riprese coraggio e dopo essersi aggrappata ad una finestra lì vicino incrociò in lontananza l’amico Pipino che stava correndo in direzione del ponte principale, quello che si affacciava sul campo.
 
“Pipino!” urlò strattonata da un mucchio di gente “Pipino!” la sua voce non raggiunse lo hobbit. Le urla si confondevano tra loro ed era difficile distinguerne i suoni, specie dopo l’attacco dei nazgul “Pipino!” continuò disperatamente con le lacrime agli occhi, riuscendo a raggiungere l’esterno, dopo aver superato la folla che si accalcava sulle strade.
 
“Peregrino Tuc torna alla cittadella” Gandalf che era vicino al ragazzo lo riprese con sguardo di rimprovero.
 
Gli orchi che avevano raggiunto Minas Tirith grazie alle torri, trovarono un appiglio nel muro di difesa che aveva permesso loro di aggrapparsi al parapetto e di scavalcarlo. Nonostante il fuoco serrato dei difensori, riuscirono a penetrare all’interno della fortificazione. Gli uomini si voltarono per combattere sul ponte che era ghermito dagli orchi.
 
“Ci hanno chiamato per combattere” Pipino era sconvolto quanto Eldihen che, saltando dalla stradella dissestata lo affiancò, incrociando lo sguardo preoccupato dello stregone che impugnava la sua spada “Eldihen, tornate alla cittadella insieme. Avete fatto abbastanza”
 
Mentre parlava un orco si scagliò contro Pipino ma Gandalf  lo uccise muovendosi agilmente, con il suo bastone come arma. Eldihen istintivamente ricaccio la sua spada pronta a difendersi, anche se quelle scene le evocarono un sacco di momenti traumatici, momenti che credeva di aver superato, ed invece no.
 
“Questo non è il posto per voi due”
 
Pipino vedendo un altro nemico dinanzi a sé corse svelto ed affondò la sua lama contro il suo petto uccidendolo, senza accorgersi che un orco dietro le sue spalle lo stava per uccidere, ma Eldihen svelta si scagliò, scaraventando un colpo contro la sua testa, proprio come le aveva insegnato Eowyn tempo addietro, ed anche se non era stato un colpo preciso la ragazza riuscì a salvare Pipino, sotto gli occhi attenti di Gandalf che compiaciuto, sorrideva.
 
“Due vere guardie della cittadella! Ora tornate sulla collina, Presto, presto!” non perse tempo e riprese lo scontro contro i nemici che erano giunti dalle mura. Pipino fece come gli era stato detto, mentre Eldihen, aguzzò la vista e l’udito, riuscendo a scorgere sotto le mura bianche, un orco dall’aspetto orripilante che parlava insieme ad un suo soldato. Attirata dal discorso si spinse fino alla balconata, dove il numero di orchi era minore e sporgendosi alla balaustra osservò meglio la scena.
 
“Il cancello non cede è troppo robusto” i troll spinsero contro la porta con un grosso tronco, senza però scalfire il portone che Eldihen abilmente aveva fortificato.
 
“Tornate lì e buttatelo giù”
 
“Niente può farlo cedere”
 
“Grond lo farà cedere. Prendete la testa di lupo”
 
Rimase inerme, evitando di scontrarsi contro gli orchi, aiutata da Madeos che avendola vista era corso per difenderla. L’elfo con la spada mozzò la testa a due orchi, scivolando con la schiena sul pavimento e tagliando con la lama le gambe dei suoi avversari, per poi rialzarsi.
 
“Vattene” gli urlò prendendola dal braccio.
 
“Madeos!” Eldihen lo guardò preoccupata “Non riescono a far cedere il cancello, ho sentito parlare due orchi e…” in quell’esatto momento Epon tornò dal suo volo di perlustrazione, con le zampe contratte, le ali spianate ed il becco aperto, come se avesse qualcosa di importante da riferire. Madeos afferrò l’animale facendolo appoggiare sulla cotta di ferro che indossava al braccio, ascoltando quei versi strani che Eldihen non riuscì affatto a comprendere, ma non demorse, con la spada stretta, pronta a scagliarsi contro qualsivoglia nemico, per concedere all’elfo il tempo necessario per comunicare con il Falco.
 
“Eldihen” Madeos l’afferrò facendola voltare di scatto. Guardò il suo viso pallido e le macchie nere sul suo volto “Il cancello non reggerà. Stanno per scaraventare un arma molto potente”
 
“No” La lama brillò e l’accecò, tanto che dovette chiudere gli occhi, anche se non fu lo stesso per Madeos che non si spiegava la sua reazione “Io non permetterò mai che prendano la città. Farò  qualcosa” era disperata ed il suo viso parlò al posto suo.
 
 
 
Draghetto da bravo bambino quale era, aveva condotto le donne, gli anziani e tutti coloro che non potevano combattere nel rifugio che aveva costruito Eldihen, però, una volta che Pipino lo aveva lasciato, ne aveva approfittato per raggiungere il palazzo del re, con nel cuore la speranza di vedere Faramir. Rimase tutta la giornata a guardare lo scontro che si stava consumando nel livello inferiore, rifugiandosi sotto un balcone. Ma Draghetto era coraggioso e temerario e per tutto il tempo con la spada di legno tra le mani aveva fissato il portone del palazzo. Sapendo di non poterci entrare, attese il momento opportuno per rivedere il giovane amico.
 
Calò la notte, ma le grida non diminuirono e dei fuochi si accesero su ogni punto di Minas Tirith che era stata colpita dagli orchi. Le bellissime ville e le statue non esistevano più, per le vie della città correvano i soldati con le loro torce, impauriti, impreparati, ma pronti a difendersi. Il livello inferiore era in fiamme ma, nonostante la voglia di correre per vedere cosa stesse accadendo, il bambino rimase immobile, sfregandosi le mani per creare un po’ di calore.
 
L’aria era gelida in quel magnifico giardino e, nel buio della sera, l’albero bianco sembrò ancora più appassito, come se la battaglia lo avesse danneggiato ulteriormente. Quasi tremò dinanzi ai rami che si intrecciavano. Mosse qualche passo verso la fontanella al centro, quando le porte che aveva tanto atteso di rivedere aperte, improvvisamente si spalancarono e da lì uscì Denethor  con una schiera di servitori che sorreggevano una barella in cui era sdraiato Faramir.
 
Pipino, che si trovava vicino a Draghetto corse  nella sua direzione, vedendolo agguerrito nei confronti del sovrintendente, infatti se non fosse stato per lo hobbit, il bambino gli avrebbe tirato in faccia il suo giocattolo di legno. “Fermo. Fermo” lo afferrò dalle manine e con difficoltà lo trascinò vicino al balcone, tappandogli la boccuccia con una mano, facendo attenzione a non fargli male “Fai il bravo. So che vuoi molto bene a Faramir, ma se getti la spada in testa a Denethor lui ti punirà. Adesso vieni con me, andiamo a vedere che succede” era pericoloso trascinarlo appresso, ma con la città in fiamme e gli orchi alle calcagna Draghetto sarebbe stato in pericolo ugualmente. Pipino lo prese in braccio e quando il piccolino si aggrappò alla sua uniforme corse dietro ai soldati, stando attento a mantenere una certa distanza per non essere visti, coperti dal buio della notte e dai rumori della battaglia.
 
Giunsero dinanzi ad un imponente palazzo in pietra, dalla struttura massiccia e compatta, pareti dritte ed alte, delimitate da una strada liscia e da due pesanti pietre che sovrastavano  l’entrata.
 
“Nessuna tomba per Denethor e Faramir. Nessun lungo, lento sonno di morte imbalsamato. Bruceremo come i re barbari del passato. Portate legna e olio” il sovrintendente superò le catacombe fino a giungere dinanzi un pulpito a forma di croce, con voce atona, la luce della fiaccola che illuminava il suo volto serio e privo d’espressione. Era al limite dell’esasperazione. Dopo la morte della moglie Findulias l’oscurità aveva avvinghiato il suo cuore, ed adesso che anche l’ultimo germoglio del suo albero era caduto, Denethor era in ginocchio.
 
“Lasciami andare da Faramir” Draghetto che per tutto il tempo aveva assecondato l’idea di Pipino, nascondendosi dietro un grosso masso, sgattaiolò dalle sue mani senza che nemmeno lui se ne accorgesse, con il pancino bianco in bella vista, i capelli ricciolini completamente  sudati e quei suoi occhioni verdi impauriti.
 
 
 
 
Eldihen fissava il portone oscillare,  a causa dei colpi violenti lanciati dagli orchi fuori che  stavano tentando di farsi strada nella città. Era in disparte, con la sua fidatissima arma che era diventata quasi come un’amica in quelle ore di puro terrore, appoggiata ad una colonna, con gli occhi chiusi, la mano dolorante e nelle orecchie il suono delle catene che cigolavano. Disgustata dal puzzo di sangue che si mescolava al fumo, si tappò la bocca per evitare di vomitare, incapace di muoversi. Riaprì le palpebre ritrovandosi dinanzi alla schiera di soldati capitanata da Gandalf. Tutti loro erano impauriti quanto lei, ma non cedevano, tentando di contrastare i nemici oltre le mura.
 
“Eldihen” era stato Madeos a parlare, affiancandola. Provato dallo scontro, la guardava con gli occhi bassi, il suo solito sguardo fiero e deciso che scintillò anche in quell’occasione, nell’oscurità totale “Hai fatto ciò che era in tuo potere, adesso aiuta le donne e i bambini come mi hai detto a palazzo. Svelta” tremò leggermente, e senza esitazione l’afferrò dal braccio per spostarla dal pilastro. Notò che lei si era incupita ma ciò che la stava torturando non era la guerra, sembrava impensierita ed in quel momento di panico non comprese, fino a che Eldihen con gli occhi lucidi svelò le sue paure, mettendosi a nudo.
 
“Lo rivedrò?” chiese stremata osservando le sagome degli uomini dinanzi a sé “Io sono rimasta qui per Legolas. Lo rivedrò?” chiese impaurita con un tono disperato che fece spalancare gli occhi a Madeos.
 
“Spero di sì” rispose angosciosamente, con esitazione, facendo trapelare tutta la preoccupazione che avvertiva.
 
“Io ho fatto tutto per lui. Perché non mi andava di lasciarlo in questa guerra da solo. Ho sconfitto la mia paura per lui e adesso…” ascoltò le urla degli orchi che incitavano i loro compagni a distruggere le porte e sentì il suo cuore pulsare con violenza, facendole perdere il filo del discorso.
 
“So che non saresti riuscita a stargli lontana in un momento difficile ed è…” si fermò prima di concludere la frase, guardando il loro riflesso nelle pozzanghere sparse qua e là nella strada “ammirabile in un certo senso, ma dovresti andare. Aiuta gli altri, corri a riparo. Ascoltami. Non farlo perché te lo chiedo io, fallo per Legolas!” sperò di incoraggiarla e trascinarla lontano dal massacro che si sarebbe consumato da lì a poco. Già sapeva cosa lo stava attendendo, ed era meglio che Eldihen si allontanasse. Non avrebbe retto l’irruenza dello scontro, la violenza degli orchi.
 
“Per Legolas” ripeté scossa, abbassando il capo con aria stralunata ”Per Legolas” annuì con maggiore convinzione, cercando di riprendere il controllo di sé stessa e contrastare il terrore che cresceva ad ogni grido o colpo “Mae marth (Buona fortuna)” lanciò un’occhiata dubbiosa a Madeos. Sperò di rivederlo, incolpandosi per averlo trascinato in quel posto, senza nemmeno pensare alle conseguenze, infondo lei non sapeva nulla della guerra, non poteva immaginare quanto fosse crudele. Si spostò dalla piazzola, voltandosi più volte per constatare la situazione. I colpi al cancello erano talmente violenti che la fortificazione che aveva costruito inevitabilmente si frantumò e Gandalf, armandosi di coraggio riprese i soldati, sotto gli occhi attenti di Eldihen che correva senza però allontanare lo sguardo dal piazzale e dalla testa di lupo infuocata che era spuntata all’improvviso, aprendo l’accesso agli orchi.
 
“Seguitemi” gridò correndo verso il rifugio. Guardò distrattamente le donne e gli anziani che non sapendo dove andare si erano nascosti in una loggia. Lì non era sicuro. Saltò agilmente, quando una grossa palla infuocata rotolò con velocità verso di lei “ C’è un rifugio vicino alla montagna, in una vecchia casa disabitata” corse incontro alla gente e afferrò dal gomito una donna anziana trascinandola con sé per la strada, mentre dietro le sue spalle, precisamente nel primo livello, gli orchi con irruenza avevano iniziato ad uccidere i soldati, scagliando frecce infuocate contro Minas Tirith. Il rumore delle lame la fece barcollare ed allarmata si spinse fino all’ultimo livello, correndo per paura che quelle bestie la raggiungessero. Si fermò davanti allo spiazzo, dicendo alle donne di entrare e di non preoccuparsi. Vide la gente strattonarsi per raggiungere l’entrata, tanto che persino Eldihen rimase incollata alla parete, a causa della folla che si era ammassata. Le grida disperate per poco non la fecero piangere dallo sconforto e, quando il buio nel cielo sfumò, ed i primi pallidi raggi del sole iniziarono ad illuminare quella giornata, l’elfa costatò con i suoi occhi che la distesa fuori dai cancelli era piena zeppa di orchi. Non ce l’avrebbero fatta.
 
Si girò sospirando verso l’entrata, ricercando Draghetto con preoccupazione. Gridò il suo nome, sentendo la sua voce rimbombare fra le pareti e mescolarsi con le altre voci fino a disperdersi, e le occhiate delle persone su di sé. Era senza fiato, con un dolore lancinante alla mano, la gola secca che le bruciava come se avesse inghiottito lava incandescente “Dove sei?” urlò disperatamente girandosi intorno. Non c’era traccia del bambino. Si spinse nuovamente fuori dall’edificio.
 
Quando vide gli orchi attraversare il ponte sottostante, percepì una profonda paura che la pietrificò sul posto, come se fosse stata trafitta da un fulmine. D’istinto si girò e trovò su un muretto il secchiello con cui aveva  sistemato il rifugio. Era ancora pieno di calcestruzzo. Lo prese e lo scagliò contro i nemici, facendoli scivolare sul liquido grigiastro. Fortunatamente aveva ricoperto l’entrata di chiodi, se qualcuno si fosse avvicinato avrebbe incontrato delle difficoltà, anche se era consapevole che non sarebbe stato quello a fermare gli Uruk-hai  e gli uomini di Sauron.
 
“Draghetto!” corse controcorrente, vedendo le mura della città sfuggire sotto il suo sguardo, insieme agli alberelli verdi e alla gente che correva nella direzione del punto di salvezza da lei costruito. La macchia sulla mano era nera come la pece, la guardò furtivamente, stringendosi il dorso con un’espressione addolorata. Urtò contro un gruppo di persone, ricadendo a terra a gambe all’aria.
 
Si massaggiò la testa ed indolenzita si rialzò senza arrendersi. Recuperò la spada che brillava come sempre e quasi provò paura a stringerla in mano, pensando che sarebbe esplosa come un fulmine dal modo in cui luccicava. Rimase abbaiata ma ugualmente la impugnò, tornando alla ricerca del bambino
 
“Dove sei Draghetto?” gridò esasperata venendo investita da un altro gruppo di persone. Una roccia si schiantò precisamente sulla casa che stava raggiungendo. Eldihen per parare il colpo si coprì con le braccia, per poi saltare sui massi evitando così di cadere. Del bambino non c’era traccia. Stava inutilmente rischiando di essere trovata dagli orchi. Si guardò intorno, ricercandolo in mezzo alla folla e, mentre osservava agitata l’esercito muoversi contro la città, percepì distintamente la spada vibrare sotto il tocco delle sue mani. Si costrinse ad abbassare lo sguardo dalle nubi che ostruivano il sole e portalo alla lama luminescente.
 
“Vai  vicino alla torre. Muoviti!” udì una voce doppia e tagliente provenire dall’arma, la stessa che aveva udito tempo fa in sogno. Lì per lì non riuscì a comprendere se era reale o se ciò che aveva sentito fosse frutto della sua immaginazione ma, senza nemmeno rifletterci approfonditamente eseguì l’ordine, sentendo la magia della spada scorrerle sotto pelle, mentre si trascinava verso la torre, nella parte orientale di Minas Tirith, correndo contro il tempo.
 
 Si fermò solo per aiutare un gruppo di persone dirette al rifugio, poi continuò a correre, con il cuore in gola, i capelli pieni zeppi di polvere, l’ansia che stava salendo sempre di più mentre i suoi piedi si muovevano freneticamente e le urla della gente si facevano sempre più forti. Quando giunse dinanzi alla torre si fermò sull’alto balcone rimanendo allibita dinanzi lo spettacolo che si presentò: vide in tutta la sua mostruosità un nazgul , con le ali spianate come vele nere, la testa abbassata, le fauci spalancate. In sella all’orripilante creatura vi era una figura nera, dall’elmo appuntito che ricopriva tutta la sua testa e le mani celate sotto dei guanti di metallo. Si voltò e  notò che Gandalf e Pipino si trovavano di fronte, con gli occhi spalancati e la paura nei tratti del viso. Persino Ombromanto era pietrificato.
 
“Gandalf” mormorò Eldihen tremando ad ogni movimento dell’animale.
 
“Non sai riconoscere la morte quando la vedi, vecchio? Questa è la mia ora!” sfoderò la sua spada che  svettò alta nel bagliore del cielo, sotto la luce delle nuvole grigie, infuocata e minacciosa.
 
Lo stregone per difendersi avanzò con il suo bastone ma la potenza del cavaliere era tale da farlo ricadere a terra e, dopo un forte boato che fracassò le mura e parte della torre, Gandalf, Pipino e persino Eldihen ricaddero violentemente a terra.
 
“Ecco di cosa volevi avvertirmi” boccheggiò immobile, contro il freddo pavimento, con gli occhi sulla spada che splendeva di una luce bianca. Si rialzò e mise da parte la paura nel vedere il suo amico sdraiato al suolo, indifeso, con il bastone spezzato e gli occhi pieni di terrore. Un vento gelido si scontrò contro le guancie pallide dell’elfa, un vento freddo come la morte. Eldihen si rimise in piedi ed aggrappandosi alla ringhiera, radunò la forza necessaria per slanciarsi e saltare al piano inferiore, proprio sul punto in cui era fermo Gandalf, davanti la bocca di quel verme con le ali, con la spada abbassata ed i capelli che si agitavano. Traballò non riuscendo a mantenere l’equilibrio, sotto gli occhi stupiti del vecchio vestito di bianco.
 
“Che fai sciocca?” la riproverò rialzandosi da terra. Eldihen tremò dinanzi l’imponenza del re stregone, sentendo tutta la sua malvagità, come se fosse un’aura nera che si espandeva a macchia d’olio.
 
“Tieni Gandalf” aveva cercato un volto dietro l’elmo di metallo, ma trovò solo il buio e l’oscurità che contraddistingueva i guerrieri di Mordor. Le mancò la voce e le mani le tremarono mentre porgeva allo stregone l’elsa blu “Ho sentito la spada parlare e sono corsa da te” si abbassò e con premura prese Gandalf da un braccio, caricandoselo dietro al collo. Lo rialzò da terra e venne ripagata da uno sguardo gentile.
 
“Ci ho visto lungo. Senti la magia e sai come muoverti” prese lui la spada lasciando la ragazza dietro con Pipino. Il suo era stato un gesto coraggioso, era corsa in suo aiuto anche se sapeva di rischiare la vita, non esitando a lanciarsi dal balcone quando aveva visto Gandalf disarmato. Il coraggio brillava in Eldihen molto più di quanto lei pensasse, come se l’arma l’avesse aiutata a smuoversi, ad uscire dalle tenebre di Nihil.
 
“Hai fallito, il mondo degli uomini cadrà” la voce del cavaliere era intrisa di malvagità.
 
 Il suono di un corno proveniente dalla collina, sembrò smentire prontamente l’affermazione del re stregone che, lanciando un altro sguardo ai tre, li lasciò, per controllare ciò che stava accadendo fuori della città e indirizzare l’esercito verso il battaglione che era giunto in soccorso di Gondor.
 
“Gandalf” l’elfa lo abbracciò vedendolo in piedi, mentre Pipino le si avvicinava, incapace di comprenderla. Era spaventata e turbata, non tanto per la brutalità della bestia che li aveva minacciati, ma per il terrore di perdere il suo unico punto di riferimento.
 
“Tieni la tua spada, servirà a te. Siamo stati fortunati” guardarono il nazgul roteare velocemente tra le nuvole, non sapendo che presto una giovane dama avrebbe sconfitto quel nemico che a detta di tutti nessun uomo sarebbe stato in grado di uccidere, una donna che era cara ad Eldihen e che, proprio in quel momento si trovava tra le fila dell’esercito che era spuntato dall’altopiano, in compagnia di Merry, un hobbit coraggioso quanto Pipino.
 
“Dov’è Draghetto?” chiese con preoccupazione la ragazza stringendo l’elsa della spada. Il volto di Pipino si incupì ed anche lo sguardo di Gandalf si fece preoccupato.
 
“Montate a cavallo” si avvicinò ad Ombromanto. Eldihen mosse qualche passo verso lui chiedendosi cosa stesse accadendo. Lanciò un lungo sguardo agli eserciti poi seguì i suoi amici.
 
 
 
“Date fuoco alla nostra carne!” Denethor osservò il volto del figlio e versò sulla sua testa un boccale pieno di olio, mentre i suoi servi ricoprivano il piedistallo di rami.
 
“Lascia stare Faramir ah!” Draghetto era rimasto dentro quella catacomba e, dopo aver morso il sedere di tre dei soldati del sovrintendente era stato legato ad una colonna, costretto a guardare la scena senza poter far nulla, mentre si contorceva, sentendo i lacci stretti attorno alle sue mani.
 
“Che cessi questa follia” era entrato Gandalf in groppa al suo cavallo, irradiato dalla luce fuori dal portone, una luce tenue ma presente. Eldihen appena visto il bambino si rasserenò e saltò giù dal destriero, mentre Gandalf prese la rincorsa e dopo essersi scambiato alcune frasi con il sovrintendente ordinò a Pipino di saltare sul rogo che avevano creato, per salvare Faramir, mentre Eldihen si era precipitata a terra, per slegare la corda che teneva inchiodato Draghetto alla colonna.
 
“Vieni qua” lo strinse contro il seno, con le gambe al suolo.
 
“No! Non mi porterai via mio figlio! ah” si girò e vide Denethor sul rogo in fiamme, con gli occhi spalancati dallo stupore. Sembrava stranamente felice “Faramir”
 
L’uomo a terra riaprì gli occhi e Draghetto pur ricambiando l’abbraccio di Eldihen si separò da lei e si precipitò verso l’amico, accucciandosi contro il suo petto, come un piccolo pulcino.
 
I vestiti di Denethor a causa dell’olio presero immediatamente fuoco e, trafitto dal dolore si alzò e corse fuori gridando.
 
“Così trapassa Denethor, figlio di Ecthelion” commentò Gandalf.
 
“Si, perché si è dato fuoco come un’imbecille” Draghetto fece sorridere Pipino mentre Eldihen seguendo le sue sensazioni e il bagliore della spada che si  illuminava ad intermittenza, seguì il sovrintendente nella sua folle corsa, come se fosse stata richiamata fuori da qualcosa. Magari era stata la spada stessa o lei si sbagliava, ma sentì qualcosa di strano, una sensazione inspiegabile che la fece correre fino a superare il ponte ed il largo giardino. Quando Denethor si lanciò dalla roccia, Eldihen si aggrappò dopo mezzo minuto alla balaustra, scorgendo perfettamente, grazie alla sua vista elfica, la sagoma degli olifanti che stavano marciando verso gli eserciti, in direzione di Minas Tirith. Erano in svantaggio, la banda degli Haradrim suonò in quel momento il loro corno, una musica che risaliva alle guerre antiche  e che annunciava la morte senza pietà.  Rimase pietrificata quando da quell’altezza sorse in lontananza un volto a lei familiare, diverso da coloro che galoppavano gli olifanti, un volto a lei noto.
 
“Nihil” urlò sdegnata corrugando la fronte e battendo i pugni sul balcone in pietra, ripetendo il gesto più volte, fino a sbucciarsi le nocche. Cosa significava? Perché l’elfo si trovava con i nemici? Perché stava galoppando verso Minas Tirith?
 
 
 
Approfittando del momento confusionale che si era creato dopo la morte di Saruman, Nihil aveva scritto alcuni messaggi agli emissari del popolo del sud, spacciandosi ancora per un suddito dell’oscuro signore. Era in tal modo riuscito a bloccare legioni di Haradrim, anche se non tutti avevano ascoltato le sue parole e, sotto mentite spoglie l’elfo aveva superato L’Ithilien per raggiungere le truppe degli Haradrim. Si era unito a loro per un solo ed unico scopo: distruggerli dall’interno.
 
Nihil era in sella ad un olifante, serio in volto come non era stato mai, pronto alla guerra, al sangue che avrebbe rivisto e, agli orrori che avrebbero nuovamente dilaniato la sua anima, le grida disperate e le suppliche urgenti che ancora rimbombavano nella sua testa, conscio che a breve si sarebbero aggiunti altri ricordi di quel genere. Avrebbe mostrato tutta la sua abilità, le sue capacità che lo avevano reso noto. I cavalieri di Rohan lanciarono tantissime frecce sulle gambe degli animali, senza scalfirli affatto. Sembravano formiche agli occhi dell’elfo che si spostava senza scompigliarsi, tenendo le redini di un olifante. Era riuscito ad entrare in un gruppo di mercenari con discorsi pomposi e ricchi di promesse. Era stato sempre abile in questo.
 
Senza preavviso afferrò le corde che stringevano l’olifante alle zanne, stringendosi bene al sedile rosso in camoscio in cui era seduto, con la sua armatura argentata di indissolubile metallo che esaltava la bellezza del suo volto serafico. All’improvviso, stupendo gli uomini dietro di sé dentro la recinzione in legno, Nihil con un colpo deciso tirò l’animale in direzione dell’altro affianco, facendoli scontrare violentemente in un colpo che causò la perdita di molti soldati e la caduta rumorosa di ben quattro olifanti lì vicino, cosa che sbalordì sia l’armata nemica, che i Rohirrim che retrocedettero velocemente per non essere schiacciati dagli animali.
 
Nihil saltò sulla lunga proboscide dell’olifante, e muovendosi con maestria uccise gli uomini in sella agli altri animali, schivando le loro frecce nere, lanciandone a sua volta, senza mancare il suo bersaglio fino a che trucidò tutti gli uomini e il terreno venne macchiato con il loro sangue. Nella confusione totale, riuscì a inquadrare l’esercito degli orchi, spingendosi verso di loro, armato di spada, con i denti stretti e un’espressione di sdegno a deturpare la sua pelle perfetta. Si scontrò contro gli Uruk-hai, volteggiando con la sua spada già sporca di sangue nero. La polvere si alzò dal terreno annebbiando le sagome di uomini e di cavalli. Sentì delle urla, minacce che correvano da una parte all’altra del campo di battaglia, il rumore incessante delle spade che trafiggevano carne, senza alcuna pietà, con ferocia selvaggia. Nihil scivolò sul terreno e uccise un numero indefinito di orchi, scagliando la lama metallica  in aria, fino a fendere anche lo strato di nebbia giallognola che si era creato.
 
Aveva eseguito alla lettera gli ordini di Aragorn e Legolas, senza disubbidire. Il ramingo aveva visto giusto e, inviando Nihil in guerra il vantaggio di Gondor era aumentato poiché, gli olifanti, i nemici più temibili di dimensioni titaniche, giacevano morti a terra, insieme ai numenoreani neri, gli Haradrim e gli esterling i cui volti erano coperti da maschere in tessuto. Le sue abilità nell’uccidere era impressionante, tanto che i Rohirrim rimasero terrorizzati ogni qual volta Nihil si muoveva con la sua spada, come un signore della guerra, mentre le sue vittime lo fissavano con timore, supplicandolo senza successo. Spezzò il corpo di un orco ed il sangue viscido e nero schizzò sul suo viso, gocciolando dalla sua spada. Approfittando del momento di totale svantaggio, i Rohirrim fecero voltare i cavalli verso il centro del campo per frantumare le fila. Corsero ed urlarono con le lance puntate, pronti ad uccidere. Infilzarono gli orchi e a loro volta morirono. Fecero una strage ed anche se la marcia su Minas Tirith si era arrestata, le difese  ormai cedevano da ogni lato. In quella guerra partecipò sia Merry che Eowyn, senza però essere notati da nessuno, assistendo alla brutalità del massacro, proprio come Nihil che, ad un tratto si fermò, per guardare la fortezza bianca, ingrigita di colpo dal fumo dei fuochi. Si chiese dove fosse Eldihen, se stesse bene, se Epon avesse obbedito ai suoi ordini standole affianco. Non sapendo che la ragazza avendolo visto in groppa ad un olifante aveva frainteso ogni cosa, credendolo un traditore.
 
 
 
Eldihen si era spinta oltre i cancelli in cui si erano chiuse le donne e, dopo aver lasciato Draghetto in custodia a tre Massaie, sbarrando l’accesso al rifugio con tre travi di legno e due ti metallo, scappò, veloce come il vento, scontrandosi contro gli orchi, pur non possedendo le abilità che la guerra richiedeva. Ugualmente raggiunse il piazzale in cui si trovavano Pipino e Gandalf, accecata dalla collera, il cuore che le batteva in gola dallo spavento e le lacrime pronte a solcare il suo viso pieno di sangue e sporcizia di ogni genere. Scivolò sulla pendenza piena di cadaveri, con la spada scintillante stretta in mano. Doveva assolutamente raggiungere l’esterno per parlare con Nihil, anche a costo di scontrarsi contro tutto l’esercito di Mordor. Perché era con i nemici? Aveva promesso di aiutare Rohan, e gli aveva dato pure Epon come pegno. No, non poteva essere, no.  Tirò un calcio al portone che la separava da Gandalf, sfogando tutta la rabbia repressa. Pianse pensando a tutti i sacrifici che aveva fatto per i suoi amici, credendo che Nihil fosse realmente cambiato.
 
“Eldihen torna immediatamente al rifugio” Gandalf che era seduto a terra, nascosto dietro ad una balconata con Pipino, in mezzo a casse di ortaggi si rialzò, attirando l’attenzione dei soldati alle prese con il portone che li separava dai troll.
 
“Gandalf. Lasciami stare. Anche Pipino è con te, perché non mi permetti di fare qualcosa per voi?” disse piangendo trascinandosi indolenzita alla ringhiera in pietra. Era vero, sarebbe stata molto più utile lontana da loro, ma non riusciva a mettersi al sicuro sapendo che i suoi amici stavano rischiando la vita e, travolta dallo sconforto e dall’irritazione le rivennero in mente i baci di Legolas, il profumo della sua tunica e la gentilezza delle sue carezze “Alla fine di ogni cosa, voglio anch’io partecipare per l’amore che sento nel cuore” si accasciò a terra, appoggiando la testa sulle colonnine che sostenevano il balcone.
 
“Hai rafforzato i cancelli. Aggiustato le catapulte, costruito un rifugio per le donne e ti sei spinta fino a Gondor per aiutare tutti coloro che ami. Puoi ritenerti soddisfatta Eldihen e basta con le lacrime, perché anche tu hai dimostrato grande coraggio” passò la sua mano sulla pelle di Eldihen in una carezza confortevole che la ragazza apprezzò e, pur costringendosi a cessare il suo pianto, sentì una lacrima uscire dai suoi occhi e scendere sulle dita dello stregone.
 
“Vi voglio tanto bene” ammise quando la vista si appannò e nella sua testa comparvero i volti di color che amava: Legolas che era un pezzo del suo cuore, Gimli, Aragorn e della sua adorata  Eowyn. Avrebbe dato oro per riabbracciarli e saperli al sicuro.
 
Pipino sembrò comprenderla e in quello scenario di morte, le urla degli orchi quasi scomparvero, come se la forza dell’amore che ognuno provava per i propri cari, avesse attutito ogni altra sgradevole sensazione o presenza, in quella che era una fine vicina ed avversa.
 
“Non credevo sarebbe finita così” ammise sconsolato guardando la ragazza aggrappata alla sua arma. Vagando con il pensiero, ricordò Frodo e Sam, Merry, la contea ed i fiumiciattoli che la delimitavano. Quanta nostalgia.
 
“Finita? No il viaggio non finisce qui. La morte è soltanto un’altra via. Dovremo prenderla tutti” guardò Pipino ed in seguito si concentrò su Eldihen, senza distogliere lo sguardo da lei, fino a che la vide sollevare le palpebre ed i loro occhi si scambiarono un lungo e pesante sguardo tra lacrime fresche e nuove “La grande cortina di questo mondo si apre…” si fermò rivolgendosi più ad Eldihen che a Pipino. Adesso aveva abbassato i suoi occhi sulla spada che le aveva donato, quella spada che aveva aiutato Eldihen e che lei aveva apprezzato e compreso. Era stata abile ad usarla, nessuno avrebbe colto la magia che vi si celava, ma un cuore bianco come il suo era stato in grado di sfruttare quell’arma per fare sempre del bene “ E tutto si trasforma in vetro argentato”
 
L’elfa tremò e la spada vibrò allo stesso momento, ancora una volta, come se lo stregone avesse anticipato qualcosa che presto sarebbe accaduto. Ma che voleva dire Gandalf?
 
 
 
I cadaveri giacevano a terra, calpestati dai pochi olifanti che circolavano nel campo. Intorno a Nihil c’era soltanto la morte e la disperazione. Alzò la spada per difendersi dagli attacchi dei nemici e, quando vide i Rohirrim in posizione di vantaggio si lasciò andare, nella più totale ed inconsolabile afflizione. Era stanco di vivere quelle scene e di conseguenza smaltire tutto il dolore, dimenticare le urla della gente, la vista del sangue di rimanere solo con l’odio che gli aveva lasciato lo scontro. Ancora una volta. Valeva proprio la pena continuare a lottare? Nella sua vita altro non aveva fatto e al termine di quell’avventura si sentì schiacciato dal passato, da tutte le battaglie che gli avevano portato via le persone che più amava, trasformandolo. La sua anima era divenuta nera, come un pozzo senza fondo, lui era appassito ed era esausto, al limite.
 
 
“L’odio uccide, forse è vero come dicono
Ma so che da un veleno nasce un antidoto
Vieni con me, la strada giusta la troviamo
Solo quando ci perdiamo  e restiamo da soli
Perché è dagli incubi che nascono i sogni migliori”
 
Epon sembrò fiutare le paure del suo padrone e spiegando le ali lo raggiunse dal cielo, in mezzo alle nuvole grigie, a tutti gli orchi che si spostavano da una parte all’altra, come a volerlo consolare, come aveva fatto sempre in tutti quegli anni, standogli accanto e condividendo l’ombra della sua solitudine. Nihil si voltò per accogliere l’animale con un lieve sorriso sulle labbra, trovandosi senza saperlo, a pochi passi dalla donna che aveva patito più di ogni altro per mano sua e che tutt’ora stava soffrendo: Eldihen.
 
Rimase sorpreso  nel vederla correre sotto Epon, con la spada nera e buia, i capelli pieni di calce, il viso spossato e le labbra schiuse, era affaticata. L’elfa appena gli orchi avevano aperto una breccia nel cancello aveva approfittato della loro distrazione per giungere fuori dalle mura di Minas Tirith. Aveva trovato Nihil grazie alle indicazioni della spada e al falco che l’aveva guidata fuori.
 
Si fermò vicino a lui guardandosi alle spalle per paura di essere attaccata.
 
“Tu…” Nihil a sua volta le corse incontro azzerando le distanze.
 
“Ti avevo detto di andare in aiuto a Rohan ed invece…”
 
“L’ho fatto” spiegò Nihil impugnando nuovamente la sua spada per sconfiggere un nemico che stava correndo  nella loro direzione. Si abbassò ed allungò una mano per trascinare Eldihen dietro di sé “Aragorn mi ha chiesto di colpire il nemico dall’interno e come vedi i cavalieri di Rohan adesso sono avvantaggiati”
 
Eldihen disorientata osservò lo scontro violento che si stava consumando lontano da loro. Fissò le spade e le lance che si innalzavano, la città infuocata, piena  di orchi dentro e fuori, i cavalli che si spostavano freneticamente e la morte degli uomini di Sauron. Non era facile credere a Nihil, ma ciò che aveva detto sembrava avere delle fondamenta. Gli olifanti erano stati quasi tutti annientati, tranne alcuni che si stavano lentamente avvicinando  in lontananza dal monte Fato.
 
 
“Adesso si spiega” dunque lui apposta era in groppa all’olifante “ hai visto Legolas?” chiese stralunata attenta a non essere vista dagli orchi, ma per fortuna i guerrieri di Thèoden li stavano tenendo lontani. La pelle  le bruciava e la mano era divenuta scura, era inutile coprire o fasciare quella macchia.
 
“L’ho visto” spalla contro spalla colpirono alcuni avversari, aiutandosi a vicenda. Si lanciarono uno sguardo lungo prima di voltarsi completamente, l’uno di fronte all’altra. Eldihen era in difficoltà, ma Nihil l’aiutò a resistere “Era molto preoccupato per te. Il tuo è stato un gesto folle. Non pensavo che ti saresti spinta a tanto per lui. Stai rischiando la vita e…” la spinse con forza a terra, facendola cadere tra l’erba secca ed i rovi. Uccise un orco armato di pugnale, per evitare che quest’ultimo accoltellasse Eldihen alle spalle “non sei molto brava a combattere” le porse la mano, con i capelli grondanti di sudore ed il fiato corto.
 
“Non l’ho fatto solo per Legolas, ma per tutti i miei amici. Per me. Non sarei mai riuscita a scappare, anche se non sono brava a combattere” si bloccò passandosi tra le mani l’elsa. Era troppo pesante “E l’ho fatto anche per te Nihil… ricorda che io conosco il tuo dolore. Ma il futuro sarà bello… arriverà l’amore in questo mondo” ed era con questa prospettiva che si era spinta in quella battaglia, come lo avevano fatto i piccoli hobbit, nonostante le loro incapacità. Si era messa in gioco, aiutando gli altri come meglio poteva, nel suo piccolo.
 
“Saltiamo insieme, vieni con me
Anche se ci hanno spezzato le ali
Cammineremo sopra queste nuvole
Passeranno questi temporali
Anche se sarà difficile
Sarà un giorno migliore domani”
 
Nihil si irrigidì, come se lei avesse passato la mano dentro una ferita fresca e viva. In risposta a ciò che aveva affermato Eldihen, corse incontro ad un gruppetto di orchi, ricacciandoli con un solo e preciso fendente, con i denti digrignati e il cuore che batteva troppo forte, come se volesse esplodere dentro le costole, uscirgli dal petto “Non sai nulla di me Eldihen” si voltò respirando pesantemente, con Epon che ogni tanto si innalzava per controllare il territorio “so solo io ciò che ho passato…” non sembrava aggressivo, ma rassegnato.
 
 
“Odio queste cicatrici perché mi fanno sentire diverso
Posso nasconderle da tutti, ma non da me stesso
È un armatura cresciuta col tempo
Ogni ferita è un passaggio che porta al lato migliore di noi
Perché attraverso loro puoi guardarmi dentro
Sentire cosa provo, capire cosa sento”
 
L’elfa sgranò gli occhi e si spinse verso di lui strascicando la spada sul terreno, lasciando una scia dietro il suo percorso. Lo afferrò dal braccio per guardare i suoi occhi azzurri, spenti, sotto quel cielo grigio in cui anche il sole pareva non esistere più “Io ti capisco Nihil. Secondo me ci sarà un’altra possibilità anche per te. Non ti devi abbattere” sembrò una forma di consolazione ma non comprese nemmeno lei perché lo stesse facendo, sapeva solo che avvertita tutta la sua afflizione e da un semplice sguardo aveva compreso il suo stato d’animo.
 
Nihil abbassò le palpebre ed alzò gli angoli della bocca, guardando la  mano di Eldihen macchiata di scuro a causa della lacrima che si stava espandendo lungo la sua pelle e, quella spada buia, nera come l’ossidiana. A differenza di Eldihen, lui la lama la vedeva nera, come se vi fosse nascosto all’interno una tempesta “Ho sempre temuto quella spada” confessò ad un certo punto lanciando sempre uno sguardo agli orchi che fortunatamente si erano allontanati da loro “La lama è nera e vibrante, sembra quasi che io ci veda tutte le mie paure, le mie sofferenze… è spaventoso!” ammise leggermente turbato e ciò sorprese Eldihen.
 
 Ma cosa andava dicendo Nihil? L’elfa abbassò lo sguardo ed alzò di poco la spada vedendola perfettamente bianca e luccicante come sempre. Solo una volta l’aveva vista nera e, da come la stava fissando Nihil le sembrò che anche lui stesse provando le sofferenze che lei aveva vissuto in passato. Rimasero in silenzio e Nihil pregò che lei parlasse, che continuasse a guardarlo, per non rimanere solo con il suo dolore.
 
“Non conta la destinazione, ma il tragitto
Il peggiore dei finali non cancella mai un inizio.
Fa più rumore il tuo silenzio che le urla della gente
Un albero che cade, che una foresta intera che cresce
Tengo i miei sogni nascosti dietro alle palpebre
Siamo fiori cresciuti dalle lacrime”
 
“Ma Nihil. La lama è bianca e scintillante” disse impensierita prima  che Nihil strattonasse un uomo con un fendente che tagliò il petto dell’avversario come se fosse fatto di carta pesta.
 
“Perché il tuo cuore è bianco e riesci a vedere la luce, ma io no… per me non c’è nulla, solo buio”
 
“Nihil…”
 
“Siamo uguali se vai vedendo stellina. Ci completiamo a vicenda: tu vedi le mie ombre ed io vedo la tua luce. Che buffa cosa” sorrise tristemente, con gli occhi limpidi e gli scudi completamente abbassati. Era rimasto per troppo tempo in allerta a progettare la sua vita con estrema razionalità non accorgendosi di tutto il rancore che lentamente lo aveva ucciso. Era rimasto con i pugni chiusi, senza nulla, nascondendo le sue debolezze, le sue sofferenze, senza ottenere nulla.
 
“Lascia perdere adesso. Guarda, io sono sicura che Legolas ti perdonerà e che ogni cosa si risolverà. Fidati, non nascondere più le tue paure” Eldihen gli strinse la mano e lui sembrò ricambiare, anche se i suoi occhi erano troppo assenti, troppo distanti da quella battaglia.
 
“Se questa notte piove dietro le tue palpebre
Sarò al tuo fianco quando è l'ora di combattere
Portami con te
Ti porterò con me
Tu mi hai insegnato che se cado è per rinascere
Che un uomo è forte quando impara ad esser fragile
Portami con te
Ti porterò con me”
 
“Se riuscirai a perdonami un giorno fallo Eldihen” i suoi occhi si spensero completamente. Non lasciò il tempo alla ragazza di rispondere, il suo mantello rosso oscillò sospeso in aria, mentre Nihil lanciò i suoi colpi contro un orco che proveniva dal centro della battaglia, scaraventando la sua carcassa al suolo. Fortunatamente si trovavano in uno spiazzo in lontananza.
 
“Io ti ho già perdonato” Eldihen gli corse incontro e guardando le truppe nemiche fuggire nella nebbia del mattino si rassicurò un attimo. La cavalleria di Rohan li annientò a colpi di spade e lance, spingendoli verso il fiume. Erano in molti e tutti correvano scontrandosi, ma la forza degli uomini non stava vacillando e approfittandone Eldihen parlò nuovamente a Nihil “Sta per finire tutto…”
 
L’elfo si girò sconcertato, con uno sguardo indecifrabile, l’armatura che brillava e gli occhi abbassati sulla mano nera di Eldihen “No Eldihen, c’è ancora una cosa da fare” prese l’arma dalle mani della ragazza senza preavviso e, guardando il suo volto pieno di stupore, la conficcò nel suo ventre, in un colpo  violento che lo fece sanguinare. Si inginocchiò a terra e la spada dentro al suo torace ferito sembrò sgretolarsi in tantissimi pezzettini di vetro argentato.
 
“No… Nihil!” urlò addolorata e, la lacrima nera ricoprì il suo occhio sinistro ricadendo a terra e bruciandosi a contatto con il suolo, con Nihil accasciato in mezzo a tutti quei pezzetti di vetro. Lo raggiunse, e lo accarezzò “ Che hai fatto?” urlò vedendo le sue labbra imbrattate di sangue “Che hai fatto? Perché? Io credevo di poterti salvare” urlò tirandosi i capelli dalla disperazione “No! No! No!” scagliò i pugni contro il suolo e si accasciò a terra piangendo sconsolatamente. Aveva conosciuto il passato di Nihil, grazie alla spada e aveva sperato che il futuro per lui potesse riservargli qualcosa di bello.
 
“Ti avevo promesso che avrei rotto l’incantesimo…” disse con un filo di voce guardandola. Aveva la pelle pallidissima e con estremo dolore era riuscito a spostare la sua mano in direzione di Eldihen, per accarezzarle i capelli “Ma ti chiedo una cosa in cambio”
 
Eldihen rialzò il volto e strinse la sua mano, mentre singhiozzando lo guardava in attesa che lui concludesse.
 
“Prega i Valar da oggi in poi, in modo che io possa ritornare…” spostò la testa verso il cielo scuro e vide chiaramente il suo amatissimo falco volare nella sua direzione con gli occhi spalancati, emettendo dei versi sconsolati. Epon si accucciò sul petto di Nihil,  tremando, ed Eldihen pianse ancora di più “…perché possa vivere in pace” chiuse gli occhi, ed anche Epon lo imitò, rimanendo immobile sotto il corpo del suo padrone.
 
“No!” gridò con tutta la forza che aveva in corpo, strattonando Epon e Nihil nella speranza che potessero risvegliarsi, ma loro erano morti, l’avevano lasciata, senza godere dei loro meriti, nemmeno un giorno di tranquillità, nemmeno un giorno di luce. Se ne erano andati insieme, abbracciati,  e lei mentre piangeva li richiamava, facendo pressione sulla ferita di Nihil, mentre il sangue scorreva dal suo ventre e le mani di Eldihen si tingevano di rosso. Alla fine si rassegnò e in un gesto di pietà li abbracciò.
 
Pregherò e sarà un giorno migliore domani… anche per te


Testo della canzone: Fiori di Chernobyl di Mr. Rain
 
 
Note autrice:
Che capitolo ricco di cose, vi è piaciuto,? spero di si… sinceramente per Nihil mi è dispiaciuto e rileggendo mi sono anche commossa, ma io sono di parte ovviamente xD, mentre voi che mi dite? Spero vi sia piaciuto e non vedo l’ora di leggere i vostri commenti. Vi ringrazio tantissimo.
Riguardo gli aggiornamenti: venerdì
Un abbraccio

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Capitolo 24 ***


Capitolo 24
 
 
Non riuscì a mascherare la preoccupazione che trapelava dai suoi lineamenti, tamburellando le dita nervosamente sull’arco. Da come lo guardava Gimli era certo che anche lui se ne fosse accorto, ma non alzò lo sguardo per evitare di impensierirlo ulteriormente. Legolas attese di giungere a riva, per poter scendere dalla barca e dar libero sfogo ai suoi nervi che erano tesi come le corde di un violino. Eldihen era stata una sciocca, ma stavolta stava rischiando grosso. Più si concertava a pensar ad altro, più l’ansia saliva ed i problemi riaffioravano e ad essi si susseguivano pensieri macabri.
 
 Perché Eldihen non gli aveva dato ascolto? Come stava? Si trovava con Madeos e Gandalf? Ma anche se fosse, nessuno avrebbe potuto salvarla da un massacro del genere, solo l’esercito sotto la montagna avrebbe presto cambiato le sorti di quella battaglia. Doveva assolutamente rasserenarsi. L’unico e solo pensiero che lo consolò fu pensare che l’elfa si trovasse insieme alle altre donne, al sicuro, all’interno di una fortezza segreta o qualcosa di simile, come quando si era nascosta nelle caverne scintillanti durante la battaglia a Rohan. Avvinghiò il suo arco, ripetendosi che probabilmente Gandalf e Madeos l’avevano protetta come meglio potevano.
 
il nano era leggermente nauseato a causa dei movimenti strani della barca. Era solito viaggiare per terra e seguire il corso del fiume per lui fu una tortura, specie accanto a Legolas silenzioso più del solito e di cattivo umore “Giovanotto” si girò per fissarlo, ma non ricevette l’attenzione desiderata “Legolas” lo richiamò con voce più decisa.
 
“Il viaggio in barca ti sta dando fastidio Gimli?” non si voltò subito, solo quando lo sentì sbuffare decise di guardarlo, con il mantello avvolto sulle ginocchia. Preferì deviare il discorso anche se non era affatto incominciato, intuendo che l’amico presto avrebbe menzionato Eldihen e tutta la faccenda che lo stava facendo angosciare fin troppo.
 
“Non esattamente. Mi dai più fastidio tu che cerchi di evitarmi!” confessò beccandosi un’occhiata da parte di Aragorn che era seduto vicino loro.
 
“Gimli” Legolas sembrò svigorito.
 
“Adesso mi senti: anche noi siamo in pensiero per tutti i nostri compagni, specie per Eldihen che non sa combattere e si trova in un campo di battaglia pieno di orchi. Probabilmente è impaurita, visto il trauma che ha subito, ma c’è d’apprezzarla, sta rischiando la vita per non separarsi da noi ed anche se sarà feri…”
 
 
“Non penso tu stia migliorando la situazione” intervenne prontamente Aragorn frenando Gimli di colpo. Guardò gli occhi di Legolas. Era serio, pronto ad esplodere da un momento all’altro, con il suo classico sguardo maturo, perso nei suoi pensieri, ma attento a ciò che lo circondava “Io so che sei legato alla ragazza” gli posò una mano sulla spalla infondendogli tutto il calore del suo corpo. Incrociò finalmente i suoi occhi “Posso comprendere le tue preoccupazioni, specie in un momento simile in cui dovresti rimanere concentrato ma non puoi, perché c’è lei ne tuoi pensieri, lo so” si scambiarono un occhiata profonda, in cui entrambi sfogarono le proprie ansie, lasciando trasparire i propri sentimenti, quelli reali, senza filtri o inibizioni. Anche Aragorn era turbato per la faccenda di Eowyn e, dopo aver appreso delle condizioni di Arwen non riuscì a darsi pace, i suoi occhi ricadevano sempre sulla stella del vespro.
 
Legolas non rispose, non era necessario, sapeva che Aragorn aveva compreso il suo stato d’animo perfettamente e, per ringraziarlo della sua premura, ricambiò la pacca sulla schiena, dedicandogli dopo diverso tempo, un flebile sorriso, non forzato, ma sincero.
 
“Pensa che tra poco dovremo scontrarci contro un esercito di orchi e che potrai dar libero sfogo a tutta la tua rabbia. Anche se ovviamente ne ucciderò molti di più io” asserì Gimli strisciando le dita sulla lama già sporca.
 
“Ne sei sicuro?” l’espressione dura di Legolas si sciolse improvvisamente. Si girò per rispondere agli sguardi di sfida di Gimli. Forse il nano si comportava in quel modo per distrarlo o per riprendersi la rivincita della battaglia al fosso di Helm, o probabilmente per entrambe le cose.
 
“Certo principino elfico dalle orecchie a punta!”rispose tutto sicuro di sé, con il naso immerso nella folta barba “poi potremmo gareggiare, ma non come è stato l’altra volta quando hai palesemente barato” precisò allontanando le dita dalla parte affilata dell’ascia d’acciaio.
 
“Ce n’è per tutti, vi consiglierei di tenervi pronti perché siamo arrivati a destinazione” Aragorn lanciò uno sguardo veloce all’attracco, impugnando la spada del suo antenato, con un peso insopportabile che gli gravava in petto.
 
Fu in quel momento che Legolas vedendolo comprese perfettamente le profonde paure che si erano destate dal profondo di Aragorn, standogli accanto, senza dir nulla.
 
La barca si fermò sul piazzale, ed i tre si armarono silenziosamente, rimanendo abbassati, con gli occhi ben attenti all’equipe di orchi che  si stava avvicinando, in attesa di  scagliarsi contro di loro. Attendevano il momento opportuno.
 
“In ritardo come al solito feccia dei pirati! Ci aspetta un lavoro di coltello! Forza, topi di fogna! Scendete dalle navi!”sbraitò un orco superando gli altri suoi compagni. Già da lontano si poteva benissimo vedere il feroce scontro che stava distruggendo Minas Tirith. La città che sorgeva infuoca, e la nebbia si confondeva con la fitta rete di nuvole in cielo.
 
 Aragorn accecato dalla rabbia fece un cenno agli amici ed insieme saltarono dall’imbarcazione, atterrando perfettamente a terra, con i volti segnati da determinazioni, gli occhi che si spostavano da una parte all’altra per avere un’inquadratura generale dello scenario, senza però perdere di vista gli orchi  dinanzi a loro.
 
“Ce n’è in abbondanza per tutti e due. Che vinca il nano migliore!” Gimli non perse tempo e si lanciò in una corsa sfrenata con l’ascia in mano, seguito da Legolas che incoccando una freccia lo seguì velocemente. Aragorn sollevò la lama ed urlò prima di partire alla carica. L’esercito di morti sembrò alzarsi dalle acque e, stupendo i nemici si scagliò con veemenza contro loro, massacrandoli senza pietà. Erano dei fantasmi, ma forti come in vita, sembrarono quasi come un soffio di vento dal color verde, un vento purificante che raggiunse il campo di battaglia.
 
“Quindici! Sedici!” Legolas aveva lanciato le sue frecce con una rapidità fuori dal normale, vedendo gli orchi cadere uno a uno, mentre la sua mano era pronta ad incoccare la prossima freccia. Il suo cuore batteva e, nella confusione generale gli occhi ricaddero sulla città di Minas Tirith e un alone di velata preoccupazione tornò a tormentarlo, mentre i suoi colpi si facevano sempre più letali e precisi. Avrebbe ucciso un olifante da solo per smaltire in qualche modo la rabbia cocente che gli ribolliva dentro le vene. Dov’era Eldihen? Perché non riusciva a scansare i suoi pensieri, a domarli come spesso si era trovato a fare. Per ritrovarla avrebbe distrutto l’esercito da solo, anche se l’impresa risultò impossibile anche per lui.
 
“Diciassette!” la voce di Gimli si fece riconoscere anche in quel baccano e tra i movimenti rapidi ed incessanti degli orchi e dei cavalieri, Aragorn scorse arrivare dalle montagne un olifante.
 
“Legolas!” gridò con forza Aragorn dopo aver affondato la spada nel ventre di un nemico, facendo voltare l’elfo.
 
L’aveva pensato pochi secondi fa, ed adesso Legolas si trovava dinanzi a quella creatura. Si aggrappò saldamente dal corno dell’animale, lasciandosi trasportare dai suoi spostamenti, poi quando ebbe la massima sicurezza si lanciò, raggiungendo la zampa e in seguito l’altra, arrampicandosi alle  gambe dell’olifante, fino a raggiungere il suo dorso ed incontrare gli altri avversari nascosti un una specie di capanna. Sconfisse tutti i nemici e tagliò le corde per far precipitare a terra l’impalcatura, guardando dall’alto della nuova postazione, l’esercito dei morti che distintamente si stava scontrando contro quello avversario. Si sentì libero ed anche se era brutto da ammettere, ogni qual volta eliminava un nemico, i pensieri si alleggerivano e quel grido disperato nel petto trovava consolazione. Con due frecce mirate alla testa dell’olifante Legolas completò la sua opera, scivolando con fluidità sulla sua gigantesca coda.
 
Era soddisfatto, ma la stessa cosa non poté dirla Gimli che, rimasto con l’ascia in mano si lamentò “Comunque conta per uno”
 
 
 
 
Rimasta sola Eldihen si ritrovò a piangere la perdita di Nihil e di Epon, rannicchiata a terra, con il volto arrossato e gli occhi gonfi di lacrime. Il maleficio era stato definitivamente spezzato, la lacrima nera era uscita dai suoi occhi e la sua vita non era minacciata da nulla, la spada stessa come aveva probabilmente predetto poco prima Gandalf si era frantumata, divenendo vetro. E allora perché si sentiva svuotata, come se le avessero tolto un pezzo di anima? Nihil era stato sempre il suo peggior incubo fino a che non aveva conosciuto la sua storia, il suo dolore.
 
“Certo che pregherò i Valar” Parlò al suo cadavere mentre il sangue stava asciugando sulle sue mani, in quel campo tinto di rosso “Non doveva finire così. Anche tu meritavi un po’ di felicità” non era quello il momento di piangere i defunti. Eldihen accarezzò le piume di Epon, vedendo il suo becco aperto e le ali stese sul petto di Nihil in uno sconsolato abbraccio.
 
Trovandosi investita improvvisamente dalla ferocia di un orco pallido, Eldihen dovette spostarsi da terra e ricercare velocemente un arma per difendersi, visto che la spada non esisteva più. Afferrò senza pensarci quella di Nihil, ma la paura, l’emozione e la tristezza erano ancora fin troppo fresche, le annebbiarono la mente. Vide l’arma del nemico puntata verso di sé, fino ad avvicinarsi al suo fianco. Eldihen urlò e scivolando scampò dalla morte, anche se ancora era in pericolo. Strisciò sul suo ventre, sentendo i dolori farsi vivi. Si rialzò velocemente barcollante e voltandosi si scagliò contro l’orco, anche se era incapace di contrastarlo, per puro istinto di sopravvivenza. Le lame si incrociarono producendo un rumore stridulo e, sotto il colpo dell’avversario Eldihen si piegò con i denti stretti, fino a trovarsi quasi a terra.
 
 
L’orco però non la uccise, né si scagliò contro lei, perché una lama si era conficcata nel suo ventre. Eldihen sorpresa si ritrasse, ricadendo a terra insieme al cadavere dell’orco. Chiuse gli occhi per poi riaprirli velocemente e, tra la confusione e gli uomini che correvano da ogni parte lo vide. Era stato Madeos a salvarla. La stava fissando con gli occhi pieni di rimprovero, le sembrò pronto a dirle qualcosa ma le parole gli morirono in  bocca e lei non si spiegò il perché.
 
“Non dovevi spingerti fino a qui” le porse la mano e, stringendo velocemente il bracciò dell’elfa la sollevò dal suolo.
 
“Dovevo invece” gli lanciò un lungo e penetrante sguardo, con gli occhi imperlati, il fiato corto e nella mente impressa la scena di Nihil. Abbassò le palpebre solo per guardare Epon ed il suo padrone, vedendo scintillare tra i tanti vetri sparsi tra i fili d’erba, due di colori diversi ma complementari. Si chinò per prendere velocemente i pezzetti di vetro bianco e nero, mentre Madeos la guardava allarmato.
 
“Dobbiamo tornare alla città, presto, qui sei in grave pericolo” l’elfo allarmato si guardò alle spalle, i suoi occhi neri sembravano spingersi oltre, in cerca di qualcosa. Pensava costantemente a ciò che sarebbe potuto accadere, ai rischi che stavano entrambi correndo. Ad un tratto, vide chiaramente l’esercito dei morti in mezzo alla pianura, con le spade alzate. Si stavano scontrando insieme agli altri contro Mordor e, pur rimanendo meravigliato, il suo cuore trovò conforto. Non erano soli.
 
“Andiamocene Madeos” aveva paura e sapendo riconoscere la sua posizione, decise di seguire il consiglio del compagno. Non avrebbe mai compromesso la vita dell’elfo. Vedendolo distratto si voltò in direzione del punto che stava fissando “Madeos” lo richiamò pur capendo la sua meraviglia. In realtà era talmente sconvolta e piena di paura che sentì l’urgente bisogno di andare.
 
“Si…”distolse l’attenzione dal gruppo di soldati, dalle morti dolorose e da quelle spade che si scagliavano con irruenza “Andiamo, seguimi” prese Eldihen dal braccio e facendosi strada nel mucchio riuscì a trovare una via piuttosto isolata, se così si poteva definire, piena di cadaveri ed armi di ogni genere.
 
 Eldihen lo seguì, guardando Madeos scagliare la spada contro i nemici che di tanto in tanto correvano in loro direzione, quasi fosse il suo, un gesto abituale. Tremò distaccandosi dalla mano dell’elfo, camminava distrattamente, portandosi avanti con la sola ed unica forza di volontà, gli occhi velati da lacrime, stanca di vedere solo morti ed orchi, scossa da singhiozzi che con fatica riuscì a trattenere, paure che iniziarono a tormentarla, speranze che poco a poco stavano iniziando a sfiorire e, nella testa un unico e solo pensiero. Legolas.
 
 
“Attenta Eldihen!” gridò Madeos portandosi in avanti, con il mantello che volteggiava all’aria. Tre nemici stavano correndo in loro direzione, Madeos impugnò l’elsa della sua spada, lottando con forza e rapidità. Roteò l’arma con movimenti fluidi, fendendo l’aria e la carne dei suoi avversari, ma essendo in minoranza e già provato dalla battaglia che si era consumata di notte, uno di loro riuscì a colpirlo alla spalla destra, nella parte più debole della sua armatura in acciaio. Il dolore fu talmente forte da togliergli il respiro, facendolo cadere in ginocchio a terra, con gli occhi spalancanti dalla sorpresa e le labbra increspate in un espressione di sgomento.
 
“No Madeos” urlò Eldihen dietro, correndo verso di lui, con la spada sguainata e una tremenda preoccupazione al cuore. No, non poteva perdere anche il compagno, non si sarebbe mai data pace. Provò paura ma ugualmente per avvantaggiarlo si parò davanti agli orchi e li allontanò con la sua lama “Lasciateci in pace” strillò prima di scagliare un colpo ad uno orco che si era avvicinato pericolosamente, con gli occhi sgranati e le fauci aperte. Venne circondata in meno di un minuto dai tre. Non sapeva a chi tener testa, ed essendo lei debole ed inesperta, sentì la presa sulla spada farsi meno salda. Le tremarono le mani, il respiro stroncato di fronte a quella minaccia.
 
Madeos si aggrappò alla sua gamba, respirando malamente, con gli occhi rivolti agli avversari. Era stordito, fece per rimettersi in piedi ma cadde di nuovo a terra “Scappa… ragazza” le ammonì flebilmente.
 
“Non accadrà nulla” disse per dargli conforto, anche se lei sapeva che non sarebbe finita bene, ed infatti le sue idee presero presto forma: gli orchi le diedero un colpo preciso al petto, tracciandole una linea che si stendeva sopra del seno, vicino al collo, senza che Eldihen se ne rendesse minimamente conto. Quando l’avevano ferita? Quando si erano avvicinati? Perché lei non li aveva visti? Non riuscì a riflettere ulteriormente poiché la vista le si annebbiò e tutto intorno a lei divenne scuro, i rumori della battaglia erano lontani e, per ultima cosa vide gli occhi del’orco che l’aveva ferita crudelmente. La testa le faceva troppo male, si sentì bloccata, come se qualcuno la stesse trattenendo. Cadde a terra sfinita schiantandosi contro il terreno.
 
“Legolas” sussurrò prima di chiudere gli occhi.
 
                                                                                                                              
 
La pianura era divenuta un cimitero che si estendeva dal fiume alle mura di Minas Tirith. Il fumo si alzò da terra e l’aria si riempì di grida sconsolate che si alternavano a silenzi troppo  lunghi ed insopportabili. Le lance erano incastrate al terreno e Legolas camminando pregò per i morti, specie per i ragazzi giovani che avevano dato la propria vita in difesa di quelle terre. Il suo sguardo vagò lungo l’intero campo, sugli araldi bruciati, gli olifanti uccisi e le persone che vagavano come anime in pena lungo il perimetro, alla ricerca di superstiti o dei corpi dei propri cari.
 
Una squadra di supporto era giunta in loro aiuto per portare i feriti in un posto sicuro, accudendoli. Ai pianti si unirono delle voci distanti, provenienti da dentro la cittadella. Gimli affiancò l’amico e, dopo esser rimasto a lungo a camminare su quel prato bruciato e rosso di sangue, decise di fermarsi. Era troppo doloroso osservare in silenzio i cadaveri, immersi nella nebbia, come fantasmi. Un pezzo di ognuno dei soldati che avevano combattuto era morto insieme ai compagni, un dolore che difficilmente avrebbero smaltito. Si sentirono consumati, svuotati, incapaci persino di esprimersi, per paura di sbagliare. In fin dei conti non vi erano parole degne per descrivere la paura provata e il supplizio che ognuno nascondeva nel proprio cuore. Anche se tutto era finito Legolas giurò di sentire distintamente le urla della guerra, dei nemici e di coloro che erano morti ancora vivi nella sua testa.
 
“C’è Gandalf” disse Gimli vedendolo giungere dal grande cancello della cittadella, inconfondibile con il suo mantello bianco e le iridi celesti, ma non vivaci come lo erano sempre state. Era triste e sconsolato, come tutti coloro che si trovarono vivi dopo la battaglia.
 
“ Gandalf” Legolas afferrò saldamente il suo arco e lasciando Gimli indietro, si avvicinò allo stregone, con uno sguardo serio. Si fermò e non gli parlò subito, osservando le rughe nel volto del compagno, le palpebre calate e le labbra stese. Fortunatamente stava bene, ma era provato, come tutti d’altronde. Non perse ulteriore tempo e, anche se non si pronunciò subito il vecchio intuì le sue domande “Eldihen dov’è? So che è venuta a Minas Tirith” lanciò uno sguardo alle costruzioni diroccate, ricordando la bellezza originaria della città. Probabilmente la ragazza si trovava dentro una di quelle casa, per tutto il tempo aveva creduto che fosse così ma, vedendo il volto corrucciato di Gandalf, le sue mere speranze crollarono come un castello di sabbia e il dubbio lo strinse in una morsa di preoccupazione “Gandalf” con lo sguardo lo supplicò a rispondere, voleva sapere di lei, anzi, doveva sapere di lei.
 
“Dispersa” riuscì a confessare lo stregone dopo una breve riflessione, sperando che Legolas reagisse bene, per quanto quella notizia potesse essere brusca e sconvolgente.
 
“Dispersa?” Gimli era giunto in ritardo da loro e, appena udita la voce, lanciò uno sguardo a Legolas che in silenzio stava esaminando accuratamente il territorio, senza farsi guardare in faccia.
 
“Cosa vuol dire?” girò infine il volto in direzione di Gandalf, con gli occhi allarmati e i denti stretti “Non era con te?”
 
“Siamo stati insieme in questi giorni ma durante la battaglia l’ho persa di vista. Eldihen non si è ritirata ed ha contribuito nel suo piccolo, donando aiuto alle donne della città” disse nel vano tentativo di sciogliere la morsa che stringeva il cuore di Legolas, ma comprese dagli occhi del principe che avrebbe voluto conoscere il corso degli eventi piuttosto che ascoltare lodi rivolte alla ragazza “Ha costruito un rifugio sicuro ed ha fortificato il cancello”
 
“Ed allora perché non è rimasta con le donne  nel rifugio?” si chiese trattenendo un sospirò. Era teso, molto teso. La preoccupazione si annidò pericolosamente tra i suoi pensieri e dovette trattenersi a forza per rimanere a parlare con Gandalf, senza cedere all’impulso di correre nella città e ricercare Eldihen.
 
“Per Nihil. L’ha visto arrivare ed è andata…” si fermò quando vide Legolas irrigidirsi al punto da diventare cupo in volto “fuori” concluse abbassando le palpebre.
 
“Intendi nel campo da battaglia?” la sua voce era stranamente allarmata e bassa, in contrapposizione al vortice di emozioni nere che si era aperto in petto.
 
“Si. Madeos l’ha seguita ma non ho più notizie, mi spiace” ammise donandogli una leggera pacca sulla spalla, senza però ricevere lo sguardo di Legolas.
 
Sentì come se il cielo all’improvviso lo stesse schiacciando, incapace di immagazzinare le informazioni ricevute. Non poteva essere vero. Guardò la distesa piena di cadaveri e lì, le speranze si cozzarono con la tangibile e cruda realtà. Una vocina dentro di lui gli intimava di cercare Eldihen e di non pensare al peggio. Ma come poteva illudersi di ritrovarla se lei era corsa nel mezzo della battaglia?
 
“Legolas” Gimli tirò un drappo della sua tunica verde. L’aveva osservato per tutto il tempo, mentre Aragorn si era avvicinato all’esercito dei morti per donargli l’ultimo saluto, liberandoli dall’incantesimo.
 
“Io provo a cercarla. Tu rimani con Aragorn” fiero e risoluto come sempre non demorse e non si fece trascinare dalle sensazioni negative, vagando con lo sguardo, con l’arco stretto in un pugno, gli occhi ridotti a due fessure e una determinazione che fece corrugare le sopracciglia al nano.
 
“Vengo anch’io”
 
 
“Stai vicino ad Aragorn” Ordinò senza ammettere repliche. Camminò in direzione del fiume, senza voltarsi, né per guardare Gimli, né l’esercito dei morti che li stava lasciando. Ispezionò la zona, e scrutando i visi dei soldati morti provò ancora più timore, mentre si ripeteva che non doveva abbandonare le speranze, camminando adagio, per timore di perdersi qualsiasi dettaglio. La collana che gli aveva donato Eldihen la teneva gelosamente al collo, celata sotto la camicia, l’unica cosa che aveva di lei. La prese tra le dita e nella mente gli riaffiorò subito il momento in cui l’elfa gliel’aveva regalata dentro la scuderia, un momento bellissimo, ma adesso, contaminato dalle sue preoccupazioni crescenti. Ripose il gioiello al petto e riprese le ricerche da solo, incrociando di tanto in tanto i cavalieri che come lui vagavano nella speranza di reperire i superstiti.
 
Attraversò l’intera pianura, ritrovandosi nel punto in cui era morto Nihil. Quando aveva visto il soldato non si rese conto di chi fosse, ma il falco gli confermò che il cadavere a terra era proprio quello di Nihil. Si abbassò per sfiorare la ferita sul suo ventre, attento ai cocci di vetro sparsi sull’erba.
 
“Cosa sarà successo?” esaminò il terreno sporco di sangue, il volto pallido di Nihil e l’animale accucciato al suo petto. Provò dispiacere e pietà. Posò la sua mano su quella dell’elfo e gli dedicò alcune parole, raccomandandolo ai Valar. Era estremamente meravigliato e, dopo essersi ripreso dallo shock iniziale si rialzò da terra, chiedendosi nuovamente dove fosse Eldihen. Se lei era uscita dalla città per Nihil e lui era morto forse anche lei allora…
 
“Eldihen” gridò il suo nome lasciando il soldato al suolo. Camminò a grandi passi in direzione del centro del campo. La cercò disperatamente in ogni punto, scorgendo in lontananza il compagno Pipino che camminava scoraggiato vicino ad un grosso olifante. Lo guardò con dispiacere ma non gli corse incontro, troppo affaccendato, con la mente rabbuiata e gli occhi che correvano da una parte all’altra della pianura, mentre i pensieri si facevano sempre più cupi.
 
Giunse sera e Legolas era ancora fuori a vagare, anche quando l’oscurità coprì ogni cosa, insieme alla sua determinazione. Camminava senza meta, con le sue domande, gli occhi assenti. Il vento si era alzato e l’odore del sangue sembrò farsi più forte. Forse non l’avrebbe più rivista. Si fermò suoi passi. Perché aveva avuto quel pensiero? Ma perché pensava a certe cose? E perché dopo un’estenuante battaglia non riusciva a trovare pace e conforto? Avrebbe tanto voluto che lei fosse a Gran Burrone, che le cose fossero andate per il verso giusto, di poterla rivedere e di riabbracciarla.
 
“Legolas”
 
Si sentì richiamato da dietro e perdendo il filo dei suoi pensieri si girò quasi spaesato. La ricerca l’aveva isolato completamente da ciò che stava accadendo. Gimli era immobile con il volto illuminato da una strana luce “L’abbiamo trovata!”
 
                      
 
“E allora?”
 
“E’ una ferita molto brutta e profonda”
 
“Lo so. Lo vedo. Vorrei qualcosa per coprirmi”              
 
“Meglio di no”
 
“Devo coprirmi!”
 
“E va bene” la guaritrice porse all’elfa uno scialle nero, guardandola mentre si rivestiva davanti allo specchio, con gli occhi che vagavano sul corpo pieno di ferite e lividi. Eldihen esaminò il taglio sulle labbra, ed altri sparsi sul collo, esitando a soffermarsi sull’orripilante ferita che aveva in petto, un segno marchiato a fuoco sulla pelle, che pulsava e bruciava, come a ricordarle che, per quanto l’avesse nascosto era presente. Lo coprì con la stoffa e si sentì meglio. Il suo corpo non era mai stato così maltrattato e la sua pelle così… brutta, sfregiata, rossa e dolorante. Anche vicino alla fronte aveva un segno, per non parlare delle mani, piene di graffi, in alcuni punti ancora sanguinanti.
 
“Non voglio parlare  di questa ferita” si voltò verso la ragazza che accudiva Madeos disteso su una barella, privo di sensi, a petto nudo e con la spalla fasciata.
 
“Non ne farò parola” la donna di nome Aimi impregnò un panno umido all’interno di una tinozza, posandolo sulla fronte dell’elfo. Era una ragazza  formosa, dai capelli scuri e gli occhi nocciola, un viso molto delicato, femminile, con i ciuffetti che le ricadevano davanti alle guance. Si presentò a Eldihen come guaritrice e l’aiuto a riprendersi, dedicandosi poi all’elfo ferito.
 
“Madeos come sta?”chiese lanciando uno sguardo al ragazzo.
 
“Male” confessò impensierita la ragazza, sedendosi a terra, mentre le altre donne dentro l’ala camminavano per portare medicine ai malati.
 
Aragorn era stato il primo ad incontrarla standole vicino, aiutando sia lei che Eowyn. Senza dire nulla ad Eldihen aveva richiamato Legolas, mentre lei piangendo e tremando si era fatta medicare, senza smettere di disperarsi, scossa dalla guerra e dalle conseguenze di quel massacro.
 
Eldihen guardò un timido raggio che penetrava dalla finestra in alto, osservando la sala in cui erano stati accolti dopo lo scontro: Il pavimento era pieno di barelle e di bottiglie in vetro, con delle fasciature bianche sparse qua e là. Le pareti erano in pietra e sotto delle finestre vi erano delle colonne bianche. Si spostò dal punto in cui si trovava per raggiungere il centro della stanza. Era da un po’ che guardava una barella in particolare.
 
 Lanciò uno sguardo verso Eowyn, ed i suoi occhi si inumidirono nuovamente. Aveva pianto insieme a suo fratello quando l’aveva vista priva di sensi ed in quelle ore, aveva girovagato da una parte all’altra della stanza, per accertarsi delle condizioni dell’amica e di Madeos, disinteressandosi di sé stessa.
 
“Ti senti bene?” domandò l’uomo dagli occhi azzurri stringendo tra le braccia Draghetto, che dormiva ciucciandosi il pollice, ignaro del dolore di Eldihen e delle altre persone chiuse dentro la stanza.
 
“Sto bene, tu Faramir?” chiese la ragazza sedendosi a terra.
 
“Io sto bene, ma credo che tu abbia bisogno di una pausa, perché non ti stendi un attimo sulla barella e cerchi di riposare!” si erano incontrati dentro la casa di guarigione ed Eldihen, appena rivisti gli occhioni di Draghetto, si era sentita pervasa da una gioia infinita, anche se il suo cuore piangeva per Legolas.
 
 “Bisogna più a te che a me…”              
                                                                         
 
“Eldihen” una voce squillante, proveniente dall’accesso, fece voltare Eldihen di scatto. Si era lentamente alzata da terra, con gli occhi umidi di emozione e la pelle percossa da forti brividi. Non poteva crederci, si portò le mani allo scialle, stringendolo bene dietro il collo, mentre Faramir si gustava la scena sdraiato sulla lettiga con il bambino in braccio.
 
“Legolas” sussurrò incapace di muoversi, come se la vista dell’elfo fosse un qualcosa di surreale, un miraggio o un pensiero che da tempo aveva sognato di rivedere. I suoi occhi chiari la spiazzarono completamente e, mentre Legolas si muoveva sui gradini dinanzi la porta, Eldihen sentì il suo cuore scaldarsi ed il gelo della guerra sciogliersi completamente.
 
Era giunto in quella sala grazie all’aiuto di Gimli, spostandosi lungo i corridoi del palazzo. Legolas guardò i feriti e le persone che donavano il loro aiuto, individuando Eldihen subito. Superò le scalinate in pietra, con l’arco dietro le spalle, la cintura della tunica leggermente sciolta ed i capelli biondi sparsi dietro la schiena. Rimase stupito a ritrovarla troppo magra, con i vestiti logori, i capelli macchiati di polvere bianca ed il volto scarnato. Era malconcia ed anche se Eldihen si sforzò a non farsi vedere afflitta, Legolas la vide tremare, come se fosse stata scossa da un vento inaspettato. Immobile. Gli occhi pieni di lacrime, emozionata ed impaurita allo stesso tempo.
 
Eldihen respirò velocemente vedendo le spalle dell’elfo muoversi, prive del suo mantello, fasciate da due spalliere in cuoio. Il suo volto era sporco ma non provato come quello di Eldihen. le sembrò che la guerra non l’avesse affatto scalfito a sua differenza, ma lo trovò rigido, impensierito, a tratti arrabbiato, ma specialmente sollevato.
 
 
“Legolas” ripeté quando lui annullò le distanze, percependone l’odore della pelle. Dovette rialzare il mento per guardarlo bene, ad un millimetro di distanza, con gli occhi inchiodati al suo viso, avvertendo il suo caldo e inconfondibile respiro sulle labbra. Pianse in silenzio e l’elfo nel guardarla si sciolse completamente, tutte le paure provate fin a quel momento, lasciarono spazio alla tenerezza e al sentimento che gli bruciava in petto.
 
“Vieni qua” la prese dal braccio e l’attirò con urgente bisogno al petto, sentendola piangere e tremare sotto il tocco delle sue mani, talmente fragile che avrebbe potuto farle del male, come quando l’aveva vista la prima volta sotto gli alberi ad Amon Hen ”Ti ho cercata dappertutto” confessò perdendosi nei fili di capelli, mentre lei gli sussurrava parole incomprensibili, disegnando linee sul suo petto.
 
Eldihen si sciolse sotto le carezze di Legolas. Dopo una lunga battaglia i suoi muscoli si distesero, le attenzioni dell’elfo erano come un balsamo lenitivo per la fanciulla. Scorse nel viso di lui un rimprovero celato dietro il suo sguardo limpido e fin troppo sincero “Scusami per averti fatto preoccupare. Un’altra volta” disse vedendolo chiudere le labbra, astenendosi dal commentare.
 
“E’ un miracolo che tu sia viva, come stai?” le baciò la fronte, accarezzandole le spalle, respirando sulle sue guancie, stringendola a sé. sentendola vicina i suoi tormenti trovavano pace e, tutta l’angoscia avvertita soccombette, insieme ai dubbi e l’incertezza. Eldihen era viva. Le baciò di nuovo la fronte, sentendo il suo sudore sulle labbra.
 
“Bene” armeggiò con la stoffa che aveva al collo. I due si separarono per scambiarsi un lungo sguardo, felici di rivedersi e mai sazi degli abbracci che si stavano donando. Legolas all’improvviso la prese dal polso ed i suoi occhi mutarono, divenendo seri.
 
“Vieni fuori con me"
 
 Si sistemò velocemente, vedendosi trascinata dalla mano di Legolas che, speditamente raggiunse le scalinate, girandosi solo per vedere Eldihen che lo seguiva.
 
Si ritrovarono fuori dalla sala, in un giardino immerso tra il cemento del castello, al di sotto di alcune balconate che richiudevano l’aria in un quadrato. Probabilmente le scale poste ai lati conducevano a delle camere. Eldihen osservò la gente correre, i malati trasportati nelle lettighe, sotto la fioca luce delle stelle sopra la sua testa. Alzò il volto trovandosi il cielo blu, oltre l’ultima balausta. Abbassò lo sguardo di nuovo su Legolas che aveva sciolto la mano dalla sua, ponendosi davanti a lei, con gli occhi preoccupati, una postura rigida e i linimenti tracciati dalle ombre della notte.
 
 I furbi occhi di Gimli ebbero il potere di distogliere lo sguardo di Eldihen da Legolas. Il nano si era nascosto dietro ad una colonna, con gli occhi buffi li fissava, smanioso di parlare ad Eldihen prima ancora dell’amico. L’elfa nell’osservarlo mentre parlava, riuscì a comprendere solo due parole: è arrabbiato con te. Annuì. Si. sembrava proprio dir quello.
 
“Mi hai sconvolto” ammise dopo averla stretta in precedenza in un abbraccio sconsolato “Ti ho cercata lungo il campo di battaglia, tutta la sera. Ti avevo detto di tornare a Gran Burrone ma non l’hai fatto, spingendoti da Nihil fino a venire a Gondor. Pensi che io meritassi queste preoccupazioni?” domandò leggermente infastidito, mantenendo un tono pacato, spiazzandola completamente quando mosse qualche lento passo in sua direzione. Era scosso da quanto avvenuto, fortunatamente Gimli gli aveva detto di averla rivista, altrimenti sarebbe impazzito a correre dietro i pensieri. Guardò le labbra di lei schiudersi, e il suo viso divenire rosso, era in difficoltà, con gli occhi strabuzzati e le dita attorcigliate.
 
“Mi spiace tanto, ma non avrei mai potuto allontanarmi da te, da voi tutti” passò nervosamente una mano tra i capelli, giusto per sciogliere la tensione, beccandosi le occhiate della gente che camminava lungo il piccolo giardino chiuso dalle mura in pietra bianca “Adesso capisco perfettamente. Ho visto cose che difficilmente dimenticherò!” ripensò alla morte di Nihil e a quella dei soldati, rattristandosi, ritornando a fissare gli occhi di Legolas, l’unica luce che aveva illuminato la sera della fanciulla.
 
“Ci ritroviamo sempre a discutere per questo motivo” si arresto dinanzi a lei, superandola in altezza, con il volto chinato per guardarla bene, in silenzio, dinanzi le sue labbra serrate. Legolas ricevette la  completa attenzione dell’elfa, incrociando i suoi occhi azzurri. Gli sembrò fin troppo scossa, lo leggeva bene nei suoi occhi. Stava soffrendo.
 
“Non mi hai lasciato altra scelta eri molto… insistente” rivelò quando lo vide rabbuiarsi, desiderosa di mettere da parte la discussione e lanciarsi tra le sue braccia ora che gli era davanti. Se avesse allungato una mano avrebbe sicuramente ascoltato il battito del suo cuore e, desiderosa di porre fine a quel dialogo, radunò quel poco coraggio che le era rimasto in corpo, anche se si sentiva svuotata. L’unica cosa che avvertiva oltre il dolore, era il battito del suo cuore che si scaldava ad ogni sguardo o respiro incrociato. Era Legolas la cura che serviva alle sue ferite. Le sue labbra dal gusto fresco, i suoi occhi azzurri, la bellezza del suo volto ed il tocco liscio delle sue dita. Ne aveva estremamente bisogno, la faceva stare bene.
 
“Non c’era alternativa avresti dovuto ascoltarmi” la sua voce era vibrante e marcata, ma Legolas si controllò, vedendola fin troppo  sconvolta, con lo sguardo assente, privo di vitalità, afflitta da un pensiero a lui sconosciuto. Una leggera brezza li colpì ed Eldihen velocemente si coprì per paura che lo scialle le ricadesse e Legolas vedesse quella terribile ferita.
 
 Non era il momento per parlargliene.
 
“Ma perché mi tratti così?” non pianse ma i suoi occhi erano umidi e questo non poté nasconderlo “Mi rimproveri subito… non sei contento di rivedermi? Perché io si, amore mio” ammise spiazzandolo, con una voce talmente profonda e sincera da lasciargli un brivido dentro al petto. Una lacrima solitaria solcò il suo volto, le labbra tremarono, finendo per incresparsi in una smorfia di dispiacere. Stava pensando che l’elfo non la volesse, non si spiegò il motivo, ma era in un momento di totale confusione e, lo sguardo che lui le stava rivolgendo la sconsolò.
 
“Ma certo che sono felice di rivederti” le difese dentro di lui crollarono completamente, non perse tempo. Ma perché gli chiedeva cose simili? Era ovvio che gli mancava da morire e che era seriamente preoccupato per lei. La rigidità del suo volto lasciò spazio ad una espressione carica di sentimento che Eldihen fu felice di rivedere. L’abbracciò disarmandola con il calore del suo corpo, con le mani dietro la schiena, e tra le dita le onde morbide “Non ne dubitare” disse prima di baciarla con dolcezza, incrociando il suo respiro caldo ed irregolare e, premendo sulle sue labbra morbide e tremanti, in un bacio ricco di rivelazioni e conferme. L’amava moltissimo. La sentì piangere e se ne dispiacque, consolandola con le sue carezze, fino ad avvinghiare il suo viso con entrambe le mani, asciugando le lacrime calde che bagnavano la sua pelle. La coccolò, stringendola a sé, come se fosse un tesoro di inestimabile valore, accarezzandola ad ogni brivido, baciandola con dolcezza, lentamente, mentre le sue dita correvano sul suo volto “Ce l’hai sempre vinta tu Eldihen” sorrise, desiderando ardentemente di vederla rallegrarsi, non più afflitta come lo era ora.
 
Eldihen stritolata dalle braccia muscolose dell’elfo sentì ogni ferita farsi viva e dolorante, specie quella al petto. Dovette stringere gli occhi per evitare di gridare e farsi scoprire, ma un gemito strozzato fuoruscì dalle sue labbra e lei fu costretta ad allontanarsi, vedendo sulla tunica di Legolas delle leggere macchie rosse che sicuramente erano filtrate dalla stola nera che la copriva.
 
“Perché quello sguardo?” chiese l’elfo inquietandosi di colpo. La prese dalle braccia e la guardò intensamente, rispecchiandosi nelle sue iridi azzurre, piene di dolore “Mi stai facendo preoccupare” ammise dopo un lungo silenzio vedendola seria “Eldihen” la richiamò stringendo la stoffa della sua blusa scura. Si scambiarono un altro lungo sguardo e Legolas si sentì in bilico. Schiuse le labbra, muovendo i suoi occhi sul viso della ragazza che adesso si era disteso in un’espressione più rilassata “Amore mio” le accarezzò la guancia vedendola scrollarsi dai suoi pensieri. Eldihen gli sorrise, ma Legolas comprese al volo che era per mascherare la sua reazione improvvisa.
 
“La battaglia mi ha destabilizzata… perdonami”  si avvicinò alle sue labbra guardando le piccole chiazze rosse sulla tunica. Lo baciò pur sentendo la ferita pulsare.
 
“Dimmi che hai!” la prese dal polso con estrema preoccupazione, sentendo una forte agitazione dentro al petto. Si guardarono un’altra volta e Legolas con gli occhi la supplicò di parlare, ricevendo un altro sorriso forzato che altro non fece che aumentare le sue angosce.
 
“Sono un po’ indolenzita, nulla di cui preoccuparsi” gli diede un bacio sulle labbra, fino a sentirlo ricambiare.
 
“So bene quando menti Eldihen. Si vede” non le permise di andarsene, intrappolandola nuovamente tra le sue braccia “E’ per la lacrima di Nihil?” chiese non coprendola. Elrond gli aveva parlato di una minaccia nascosta e nella sua mente riaffiorarono nuove preoccupazioni.
 
“No Nihil ha eliminato l’ultimo incantesimo dal mio corpo… non temere. Si è sacrificato, ricacciando la lacrima nera dai miei occhi” lo rassicurò incapace di spiegargli ciò che era successo.
 
Legolas annuì rilassandosi, in effetti lo aveva visto morto nel campo, probabilmente era accaduto qualcosa e se ne dispiacque, ma troppo preoccupato per la ragazza tornò a considerarla “E allora che hai?”
 
Eldihen si morse un labbro trattenendo nuovamente una smorfia di dolore, ma perché il suo Legolas era così perspicace?
 
“Giuro che ne parleremo, ma non è questo il momento. Tranquillo non è nulla di che” sperò di tranquillizzarlo comprendendo tutta l’ansia che lui avvertiva. Lo baciò ancora una volta sulle labbra, vedendolo annuire non molto convinto, dubbioso. Legolas si chinò per assaporare nuovamente le sue labbra, fino a passare la lingua sulla bocca, spostandosi solo per baciarle le guance con amore.
 
“Perché non ne parliamo ora?”
 
“Perché devo fare una cosa!”
 
 
 
Eowyn ancora priva di sensi riposava sulla barella, vicino ad un Eomer preoccupato, con le mani strette alle ginocchia come un bambino triste e sconsolato. Eldihen era seduta di fronte alla donna con in braccio il dolcissimo Draghetto che appena l’aveva vista era corso in suo direzione, saltellando come un coniglietto con i suoi riccioli biondi. Allungò una mano per accarezzare il volto della fanciulla, con amorevolezza, desiderando ardentemente che lei riaprisse gli occhi verdognoli e le sorridesse. Ormai Eowyn era come una sorella, Eldihen sapendola ferita era rimasta a suo fianco in quella sala, passandole un panno umido sulla fronte, fino a che Aragorn si era avvicinato per aiutarla, prendendo il suo posto.
 
Lanciò uno sguardo a Madeos che riposava, mentre Aimi gli sfiorava i capelli con uno sguardo attento. Eldihen corrugò le sopracciglia facendo vagare il suo sguardo nella sala, fino ad incrociare per un fugace momento gli occhi azzurri di Faramir. L’uomo le sorrise in piedi, in mezzo alle altre persone, con la sua tunica chiara e la fasciatura che fuoriusciva dal braccio, lo vide guardare Eowyn, incantato, tanto da stupire Eldihen.
 
“Lei è molto bella” commentò Draghetto appoggiandosi al petto della ragazza, con la spada in legno appoggiata al pavimento.
 
“Tesoro appoggiati meglio alla spalla”
Eldihen pur avvertendo un dolore lancinante non allontanò il bambino, posandogli la testolina sulle braccia. “Hai visto quanto è bella?” sorrise trattenendosi dal piangere quando Eomer le lanciò uno sguardo carico di preoccupazione, accovacciato vicino ad un pilastro.
 
“Si, anche Faramir l’ha detto poco fa” confessò il bambino senza considerare l’effetto che suscitarono quelle semplicissime parole. D’altronde la verità si sapeva dai bambini e dagli ubriachi. Eldihen sorrise, vedendo Aragorn storcere le labbra e cambiare il panno sulla fronte di Eowyn.
 
La bianca dama di Rohan agitò il capo e, lentamente riaprì le palpebre, guardandosi intorno spaesata, come a chiedersi dove si trovasse. Aragorn si fermò ed Eldihen si alzò da terra insieme al bambino. Finalmente i loro sguardi si incrociarono ed anche se Eowyn spalancò le palpebre confusa, Eldihen si inginocchiò vicino a lei, passandole una mano sulla guancia.
 
“Che bello rivederti amica mia!” disse lisciandole in capelli con emozione, felice di rivederla, ricordando i bellissimi momenti passati insieme. Anche se avrebbe tantissimo voluto sfruttare ogni secondo per rimanere in compagnia di Legolas, non riuscì, perché per lei Eowyn era importantissima e l’elfo comprendendola la lasciò, in attesa di rivederla.
 
“Eldihen” boccheggiò meravigliata, per poi spostare gli occhi sul ramingo, ed infine, sul viso di suo fratello che commosso ed agitato pianse in silenzio.
 
“Carissima amica mia” Eldihen le diede un bacio sulla guancia e con delicatezza si chinò per abbracciarla, senza però stringerla, per paura di procurarle dolore.
 
“Si che bello la bimba si è svegliata” saltellò Draghetto ridendo allegramente, tanto forte da beccarsi l’occhiataccia da parte di una donna che lo aveva ripreso, ricordandogli che lì dentro era pieno di malati.
 
                                                                               


 
I corridoi e le scale erano buie. Eldihen ricercò la camera di Legolas e Gimli, perdendosi due volte, poiché a parer suo le porte erano identiche e, dopo esser giunta al terzo piano, lanciando un’occhiata al giardino sottostante, finalmente vide uscire dalla soglia Legolas. Lo prese dal braccio e senza aggiungere spiegazioni lo trascinò lungo il corridoio, raggiungendo la stanza che il sovrintendente le aveva donato. Era felice di non sentirlo lamentare, anzi, le sembrò che Legolas non vedesse l’ora di rincontrarla.
 
“Chiudi la porta” disse quando entrò nella sua stanza, guardando il suo letto e la testiera bianca,  illuminata dalla luce della luna fuori dal suo davanzale.
 
Legolas fece come gli era stato detto, richiudendosi la porta alle spalle, per poi incrociare le braccia come era solito fare, mentre la osservava: tremendamente impacciata e nervosa camminava avanti e indietro lungo il pavimento, con le dita incrociate.
 
“A chiave” aggiunse sentendosi avvampare. L’elfo le lanciò uno sguardo indagatore e, quando Eldihen sospirò pesantemente, in attesa che lui facesse come gli aveva detto, si voltò e girò la chiave dorata. Si scambiarono un lungo sguardo sotto la luce fredda delle stelle, con le tende bianche che si muovevano leggermente, creando un’atmosfera bellissima, che avrebbe segnato per sempre quella notte. Eldihen fece qualche passo in sua direzione e Legolas lo stesso, fermandosi vicino al cassettone. I loro occhi si ricercarono e si scambiarono sguardi carichi di preoccupazione, amore, dispiacere, comunicandosi in silenzio, la voglia di ritrovarsi, finalmente dopo tanto tempo.
 
“Come stai?” la ragazza passò una mano sul suo petto. Legolas l’afferrò dolcemente e, prima di lasciarla la baciò, prendendole l’altra.
 
“Sono sempre preoccupato” ammise sentendo le dita di Eldihen suo torace. Era una sensazione appagante che lo accese dopo un lungo periodo.
 
“Per cosa?” fece finta di non afferrare la frase, anche se già immaginava cosa lo stesse inquietando.
 
“Perché poco fa mentre ti abbracciavo ti sei allontanata con quell’espressione?” domando rabbuiandosi, con le labbra serrate, gli zigomi marcati.
 
“Non voglio che tu ti arrabbi ma è successa una cosa… ed è giusto ch tu lo sappia” deglutì ed i suoi occhi divennero nuovamente pieni di lacrime, cosa che fece alterare Legolas, e non di poco.
 
“Non mi voglio arrabbiare, voglio solamente saperti al sicuro e soprattutto in salute!” le baciò la fronte, concedendole tutte le attenzioni possibili una volta soli, lontano da sguardi indiscreti. Era stato difficile trascorrere un’ora distante da lei. Si era fatto mille pensieri, senza parlare, pensando a quanto l’amasse, a quanto era stato difficile trascorrere il pomeriggio a cercarla, con la costante paura di non rivederla più.
 
“Legolas” il suo tono di voce era basso e tremendamente preoccupante. Si voltò e fece per allontanarsi, ma l’elfo la trattene e, quando la vide piangere abbassò di poco il viso per chiederle cosa avesse, ma quando lei prese le distanze rimase immobile e, un rinnovato dolore colpì il suo cuore “E’ giusto che tu sappia una cosa”
 
“Ti prego parla” non riuscì a starle lontano e con la voce rotta dalla preoccupazione la raggiunse, ma Eldihen alzò una mano per bloccarlo nuovamente.
 
Legolas rimase fermo con il cuore in subbuglio.
 
“E’ più facile mostrarti…” le mani le tremarono e dalle ciglia le caddero delle lacrime di sconforto. Legolas nel guardarla, si sentì affogare dentro il suo pianto e si trattenne dall’abbracciarla. La vide sciogliere il nodo allo scialle che indossava e le copriva le spalle. Lo lanciò a terra e con imbarazzo sciolse i lacci del suo corpetto, lanciandolo a terra, sotto gli occhi dell’elfo che ammutolito fissava le sue dita che adesso indugiavano sui bottoncini della blusa nera. Eldihen rimase con il torace svestito, con solo una fascia a coprirle il seno e, le ferite, i lividi ed i graffi allo scoperto. Nuda sotto gli occhi di Legolas. Si coprì la ferita che l’aveva sconcertata, poi sciolse le mani al petto e si voltò in sua direzione, ma non riuscì a vederlo, perché le lacrime lo impedirono. Aveva riflettuto a lungo e le sembrò giusto affrontare l’argomento.
 
“Eldihen” Legolas rabbrividì alla vista della ferita che si estendeva lungo il petto dell’elfa. Era profonda, lunga  e sanguinante. La pelle era lacerata, come se gliel’avessero strappata a morsi, ed anche se non era l’unico segno evidente, Legolas venne colpito dal rosso vivo della sua carne. Rimase scombussolato, non riuscì a capire se fosse più preoccupato o arrabbiato con colui che gli aveva procurato il taglio e, quando si decise a chiederle come fosse accaduto, la vide rialzare il viso.
 
 
“Io non so se mi vorrai ancora… ma è giusto che tu veda, perché questo segno rimarrà sulla mia pelle e” le parole le morirono in bocca. Prese fiato ricomponendosi, guardando il volto seriamente tormentato di Legolas “non so se ti piacerò più adesso. Adesso che sono sfregiata” una lacrima colò dalle palpebre, a quella se ne aggiunsero altre, e poi dei singhiozzi e dei lamenti che a stento riuscì a trattenere. Dalla vergogna si coprì il volto con entrambe le mani. Era difficile accettarsi e vedersi con quella cicatrice incisa sulla pelle, come se fosse un amaro ed indelebile ricordo della guerra e della sua totale incapacità. Non avrebbe mai accettato la sua nuova immagine, quella cicatrice che sarebbe rimasta lì a sfigurarla. Non poteva negarlo, era a pezzi.
 
Non riuscendo a sostenere quella scena, Legolas le si avvicino, seriamente in pensiero. Era rimasto zitto per tutto il tempo, guardandola, mentre sentiva mille paure affiorare dentro di sé e la sua anima spezzata dal pianto sconsolato dell’elfa “Eldihen” le prese dolcemente le mani e le allontanò dal suo volto. La ragazza oppose resistenza, ma lui non la lasciò a piangere disperatamente e, con maggiore decisione strinse le sue dita, guardandola finalmente in viso. La fece sedere sul letto, aiutandola. Si inginocchiò a terra e le prese il volto tra le mani assicurandosi che lei lo guardasse “Ma secondo te una ferita potrà cancellare tutto l’amore che provo per te? Realmente lo pensi?” le chiese dispiaciuto di vederla piangere come una bambina, con il viso arrossato, senza difese, nuda e tremante dinanzi ai suoi occhi. Una scena che gli spezzò il cuore.
 
Era troppo per Eldihen, tanto che per soffocare le sue emozioni, premette nuovamente le mani in faccia sentendo le dita di Legolas allontanare nuovamente le sue “Non voglio vederti piangere, sai che è una cosa che mi fa soffrire moltissimo” si alzò e con delicatezza l’abbracciò, attento a non procurarle dolore, fino a farla scivolare tra le sue braccia, con le gambe accavallate dietro il suo busto. Iniziò ad accarezzarla lentamente ed a baciarle i capelli, fino a raggiungere i suoi zigomi bagnati. Passò a baciarle il collo, spingendosi giù, sul margine di quella ferita, baciandola con dolcezza, fino a risalire sul mento, lasciandole una scia bollenti di baci, raggiungendo infine le sue labbra. Le morse e le baciò con passione, facendole comprendere quanto era profondo il suo amore e l’ardente desiderio che si accendeva ogni qual volta erano vicini “Io ti voglio Eldihen”disse prendendola dai fianchi, fino a spingersi con la lingua alla ricerca della sua, intensificando il bacio, sentendo le labbra consumate dalla foga e il calore accendere il suo corpo che, a contatto con la ragazza venne scosso da una carica di adrenalina “Per me sei bellissima” si separò per guardare il suo viso bagnato e quel sorriso flebile che desiderò baciare al più presto “Nessuna ferita potrà farmi pensare il contrario” ammise sinceramente placando in fretta il forte bisogno di possedere la sua bocca in un altro urgente bacio, facendola distendere sul pavimento, con le coperte che erano scivolate dal letto e lui sopra di lei.
 
“Ma io non sono perfetta” sapeva che non sarebbe stata la stessa cosa e che Legolas a suo fianco avrebbe probabilmente desiderato una donna aggraziata, bella ed eterea quanto lui. Eldihen era deturpata, anche per lei sarebbe stato difficile convivere con il nuovo segno. Il flusso dei suoi pensieri venne scombussolato da una carezza sul ventre da parte di Legolas che, guardandola languidamente le aveva sfiorato la pancia, con le dita che smaniose si muovevano sui suoi fianchi, lasciando al passaggio dei brividi di piacere.
 
“Dici questo perché non ti vedi con i miei occhi” si sollevò, senza mai urtare contro le ferite e, sotto i raggi argentati della luna piena, contemplò il corpo della fanciulla, i capelli sparsi disordinatamente sul pavimento, gli occhi socchiusi e brillanti, le orecchie appuntite, la pelle ricoperta da segni e rossori e la curva del suo seno, indugiando sulla fascia che lo copriva. Era un incanto “Mi stai facendo impazzire amore mio” la sua voce era seria e fu  difficile per lui trattenersi, tanto che si abbassò nuovamente per baciarle il petto ed il collo, sentendola gemere, intrappolando il suo respiro tra le labbra. La baciò spostandole le braccia di Eldihen dietro la sua testa, sentendola stringere i suoi capelli biondi, fino a percepire le sue labbra inumidite, quasi sciolte dai suoi baci.
 
Eldihen smaniosa si spinse al suo corpo e desiderosa di sentirlo vicino lo avvinghiò, facendogli premere il torace contro il suo, anche se Legolas era attento a non schiacciarla con il suo peso per non procurarle dolore visto le ferite.
 
Lo comprese in quel momento mentre si baciavano. Lei aveva un bisogno disperato di Legolas.
 
 Guardandolo le rivenne in mente una scena già vissuta, precisamente quando lui a Rohan le aveva chiesto di fare l’amore, dicendole che avrebbe aspettato che lei lo desiderasse, ma in quel momento i tempi non erano abbastanza maturi, non come quella sera. Sentiva la sua pelle strusciarsi contro la propria, i loro cuori battere all’unisono, come se si stessero consolando a vicenda dopo la guerra che li aveva minacciati. Lo desiderò ardentemente e, da come lui la baciava e l’accarezzava, passandole la mani tra i capelli con forza, fu certa che non fosse la sola “Lo desidero” ammise nel vortice della passione, ascoltando il fruscio della tenda che si muoveva, stesa sul pavimento, sotto l’avvolgente luce lunare.
 
“Cosa?” Legolas si allontanò, corrugando le sopracciglia.
 
“Desidero fare l’amore con te” confessò con gli occhi languidi, tanto caldi da far bruciare il petto di Legolas che era rimasto con la bocca schiusa da quella rivelazione. Condividendo quel forte desiderio, si abbassò sul suo seno e con le dita fece scivolare la fascia bianca, spogliandola completamente. Prima di fare qualsiasi cosa la guardò e pur sentendosi infuocato si limitò a baciarle la guancia, avvicinandosi all’orecchio “Ne sei sicura?” chiese con una dolcezza disarmante.
 
“Si”
 
Quella notte travolti dalla passione si amarono, stesi a terra, spogliandosi degli indumenti, delle paure, della loro difese ed armi, sotto le stelle, abbagliati dal forte sentimento che faceva battere all’impazzata i loro cuori, divenendo una cosa sola, un cuore solo. L’aria si saturò di respiri e il pavimento divenne l’alcova in cui consumarono il proprio amore, fino al tramonto, quando sorse il sole e loro inebriati dall’emozione si abbracciarono stretti e sudati l’una contro l’altro, tra le coperte a terra, guardando il cielo oltre il balcone.
 
Legolas teneva Eldihen sotto il braccio, non distaccandosi da lei, nemmeno quando la vide sorridere. La fissò, non voleva dimenticare il suo volto quella mattina, il taglio dei suoi occhi sfilati e le labbra turgide, baciandola mentre le accarezzava le braccia e le copriva i fianchi con un lenzuolo, scostando la tunica verde che era finita vicino ai suoi capelli. Eldihen ricambiò, baciandogli un pettorale, sentendo il soffio della sua bocca sui capelli, mentre la stanza si illuminava di mattino. Si alzò di poco sotto gli occhi attenti di Legolas, per afferrare la collana sul suo collo. Si voltò per vedere l’espressione sorridente dipinta sulla sua faccia e posando la mano sulla pelle del + torace lo baciò, sentendo le dita del suo amato correrle lungo la schiena.
 
“La mia collana” si accucciò al suo petto, godendo dei suoi baci e delle innumerevoli carezze che le dedicò senza mai allontanarsi da lei. Eldihen giocherellò distrattamente con la catenina e Legolas le prese le mani “Non te ne sei separato”
 
“No” le spostò un ciuffo ribelle baciandola sulle labbra.
 
Travolti dalla luce del mattino si guardarono con amore ed i capelli di Legolas parvero biondissimi. Lui a petto nudo, con gli addominali scolpiti, lo sguardo distratto, intento ad accarezzare la vita ad Eldihen era uno spettacolo senza precedenti. Il più bel buongiorno che avesse mai ricevuto e l’elfa, con gli occhi finalmente gioiosi ed il sorriso sulle labbra, era più splendente delle stelle che avevano illuminato quell’indimenticabile notte. La loro notte.
 
“Ti amo immensamente” disse Eldihen passando le dita sulle treccine disordinate, scivolando sulle orecchie e sugli zigomi pronunciati, fino a fermarsi sulle labbra, rimarcando i contorni in cui la pelle chiarissima si scontrava contro il rosato della sua bocca.
 
“Ed anch’io ti amo” ammise con la sua voce seria. La spinse contro la sua bocca, erano troppo distanti a parer suo e, solo quando la sentì di nuovo stretta contro di sé, si sentì realmente completo “Anche se mi farai dannare per l’eternità” sorrise beccandosi una gomitata da parte della sua elfa che finalmente, dopo  una giornata trascorsa a piangere, stava sorridendo, nel bianco baglior della mattina nascente, stesa sul pavimento chiaro, tra le sue braccia. Legolas non essendosi saziato a sufficienza posò le sue labbra su quelle di Eldihen.
 
Mentre si baciavano Legolas la sentì ridacchiare, non comprendendo l’abbracciò, sostenendola dai fianchi “Che ti prende?” chiese con un’espressione curiosa e spensierata.
 
 Non sembrava nemmeno vero ciò che aveva vissuto il giorno precedente, nessun altra cosa avrebbe potuto occupare la mente di Legolas, oltre Eldihen. Vedeva solo lei ed avrebbe voluto rimanere a terra insieme all’elfa per sempre, ma non poteva essere così. Mordor ancora non era stata annientata e solo quel pensiero lo rattristò, ma non lo diede a vedere. Quel momento era troppo magico per essere rovinato.
 
“Chissà povero Gimli cosa starà dicendo a quest’ora”
 
“Starà maledicendomi per averlo lasciato solo visto che ero molto agitato” le accarezzò i capelli, spostandoli dietro le spalle, per guardarla in viso, fino a spingerla sulla sue labbra ed avvertirne il sapore, sempre più dolce ad ogni bacio.
 
“Sai” Eldihen stanca posò la testa sul suo petto, guardando oltre la ringhiera ricoperta di fiori di mille colori, ed il cielo azzurro saturo di canti degli uccellini, il monte Fato che svettava nero, in contrapposizione alla luce del sole, sfidando i sentimenti della fanciulla, fino a farla incupire improvvisamente, cosa che Legolas notò subito “Quelle nuvole nere lì mi mettono un sacco di paura” confessò baciandogli il collo.
 
“Non devi averne” lanciò uno sguardo alla montagna senza però soffermarsi a lungo “Non voglio vederti triste” le spostò il mento con due dita, fissandola negli occhi, preoccupato di trovarla angosciata. Le sue guance erano leggermente rosate, come le sue labbra, e gli occhi azzurri parevano gemme incastonate dentro il suo volto.
 
“Ma io temo di perderti” la voce tremò e Legolas si fece serio di colpo, comprendendo perfettamente i suoi timori.
 
Rimase a guardarla senza mai abbassare le palpebre. Nella mente gli passarono mille pensieri, tra cui il discorso di Elrond a Dunclivo. In quel momento di tranquillità gli vennero in mente le informazioni ricevute. Non sapeva come aveva fatto, ma suo padre sapeva di Eldihen e, a quanto diceva Elrond non pareva molto convinto della loro storia, a Legolas questo non interessava ma era anche vero che non avrebbe voluto discutere con il proprio re e padre riguardo i suoi sentimenti, rischiando di essere diviso dalla fanciulla a causa di un pregiudizio infondato. Rovesciò la testa sul pavimento, ritrovandosi a guardare il soffitto nel tentativo di risolvere un problema che molto probabilmente si sarebbe presentato. Di certo non l’avrebbe permesso, specie dopo aver affrontato la guerra, con la speranza di rimanere insieme ad Eldihen alla fine di ogni cosa. Lo desiderava di cuore.
 
“Legolas” lo richiamò l’elfa vedendolo perso nei suoi pensieri. Ovviamente non lo comprese, ma ugualmente si preoccupò, posandogli la mano sul viso, fino a che lui la strinse nuovamente e si voltò per guardarla.
 
“Sposami” disse improvvisamente serio, spiazzandola totalmente.
 
“Sposarti?” chiese corrugando la fronte “Si, quando finirà la guerra ti sposerò” sorrise interpretando quella richiesta a modo suo. Un sorriso le illuminò il volto ma Legolas la spiazzò, alzandosi a metà busto da terra.
 
“Io intendo al più presto Eldihen” disse senza titubanza mentre lei lo imitava guardandolo negli occhi con un sorriso meravigliato tra le labbra.
 
“Al più presto?” le uscì un risolino divertito ma Legolas si fece più serio e, nel passarle le dita tra i capelli lei comprese che non era una battuta la sua.
 
“Si, sposiamoci”           
 
 
 
Note autrice:
Ma dico la sentite la marcia nuziale??? Ahahahaha io non ricordavo che fosse questo il capitolo. E’ lunghissimo ed ho trovato tanti errori, spero che voi non vi siate persi, anche se mi rendo conto che è un bel minestrone di cose. Adesso siamo quasi alla fine ed io sono tristissima, mi mancheranno questi due e mi mancherete voi. Per favore non sparite, scrivetemi per mp!
Che ne dite del capitolo? Ci sono un sacco di cose che vorrei sapere da voi? Non siate timidi, commentate.
Ringrazio sempre chi si è fatto sentire e chi mi segue<3 grazie <3
Riguardo gli aggiornamenti: facciamo di sabato, come all’inizio.
Un abbraccio, alla prossima!
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Capitolo 25 ***


Capitolo 25
 
 
Nonostante lo scontro brutale contro le armate di Mordor, la città di Minas Tirith si stava riprendendo lentamente. Erano trascorsi due giorni dalla terribile guerra che si era consumata fuori dalle mura e vi erano dei segni di ripresa, piccoli, ma importanti. Eowyn era tornata a camminare, trascorrendo i pomeriggi in compagnia di Eldihen, felice di averla ritrovata, ma per lo più emozionata dal corteggiamento galante che stava ricevendo da parte di Faramir. L’uomo le spediva dei messaggi con Draghetto, attendendo che lei si affacciasse dal suo balcone. Eldihen sosteneva che loro formassero una splendida coppia. Era proprio contenta di rivedere l’amica radiosa, specie dopo aver ascoltato del rifiuto di Aragorn e di tutte le peripezie affrontate in guerra.
 
Anche se la ferita al petto era visibilmente migliorata, Eldihen ogni mattina si recava nella sala degli ammalati per far visita a Madeos che, dopo una notte passata agonizzante aveva riaperto gli occhi e dal quel momento la guaritrice Aimi non l’aveva mai lasciato. Eldihen era certa che la giovane donna in cuor suo iniziasse a provare qualcosa per il soldato e, i suoi dubbi vennero confermati una sera, quando la vide baciarlo sulle labbra mentre lui dormiva. Era felice per il giovane, anche perché il suo cuore in quelle ore gioiva grazie alle attenzioni di Legolas, che le era stato sempre vicino, sostenendola.
 
Quando il terzo giorno si rialzò dal letto, immersa nella luce soffusa che filtrava dalle finestre, percepì che dietro di sé non vi era nessuno, vide le lenzuola vuote, ed Eldihen si allarmò. Alzando la testa dal cuscino tastò le coperte in disordine, chiedendosi dove fosse andato Legolas. Guardò la stanza con sospetto, cercando i vestiti sparsi a terra, prima di alzarsi, coprendo il corpo nudo con un lenzuolo, per poi afferrare gli indumenti, indossandoli frettolosamente. Diede uno sguardo fugace alla stanza: i vestiti di Legolas non erano più sul pavimento, eppure ricordava benissimo che lui li aveva lanciati insieme ai suoi. Lo specchio le tornò il suo riflesso, ed Eldihen guardò il suo volto meravigliato per qualche istante. Doveva andare a cercare le’elfo.
 
Non perse tempo uscendo dalla loro camera da letto, allacciandosi il corpetto alla vita mentre camminava. Si inoltrò nell’androne silenzioso, fino a raggiungere, dopo aver superato l’ampio piazzale, l’interno del palazzo, recandosi di gran fretta con le braccia conserte nella sala del trono, convinta che l’elfo fosse lì.
 
Una luce bianca la travolse completamente ed Eldihen prima di oltrepassare  il piccolo arco venne accolta dalla voce di Aragorn, Gimli e Legolas prima ancora di vederli. Si fece coraggio e camminò osservando le colonne imponenti, sistemandosi la gonna mentre procedeva con titubanza, muovendo gli occhi alla ricerca dei compagni. Era un po’ ansiosa ed impreparata. La guerra l’aveva traumatizzata al punto da farla impensierire per motivi futili. Quella mattina l’assenza di Legolas l’aveva destabilizzata.
 
 L’elfo dal canto suo aveva a malincuore lasciato la stanza, ed adesso si trovava fermo a discutere con Aragorn del piano che avrebbe aiutato Frodo. Mentre parlavano la vide spuntare da dietro un pilastro in marmo e, incrociando la sua espressione meravigliata si voltò nella sua direzione, imitato dall’amico Gimli. La sala era piena di uomini e Gandalf insieme ad Eomer si trovavano vicino alle porte, parlando animatamente riguardo alcune disposizioni che Eldihen preferì evitare di ascoltare. La ragazza camminò verso Legolas, spostando gli occhi azzurri da lui, per fissare il volto deciso di Aragorn che silenziosamente la guardava con una nota di dispiacere che Eldihen colse all’istante. Per tale ragione, strinse le maniche bianche del vestito, mordendosi un labbro. Era nervosa.
 
“Buongiorno” salutò fermandosi di fianco ai compagni. Legolas ed Eldihen si scambiarono un lungo sguardo, e fu come leggersi dentro. L’elfo mosse un passo nella sua direzione, sfiorandole con le dita la lunghezza del braccio.
 
“Sarei venuto io da te” confessò con un tono di voce deciso, ma al contempo preoccupato. Guardò i suoi occhi limpidi, le labbra rosse, desiderando imprimere nella mente l’immagine del suo volto. Non doveva dimenticarla.
 
“Che succede?” chiese Eldihen avvertendo un strano presentimento. Fissò gli occhi di Legolas, per poi voltarsi verso Gimli che silenzioso si appoggiava all’ascia, per poi fermarsi a scrutare il volto serio di Aragorn che sembrava il più deciso di tutti loro “Il palazzo è silenzioso. Perché vi siete riuniti qui dentro?” osservò l’arco da cui era venuta, coperto da due colonne dalle venature grigie.
 
“Dobbiamo discutere di alcune cose. Pianificare” Aragorn la guardò, passandosi il pollice sulla barba spinosa. Spostò il suo sguardo su Legolas, come a fargli capire che fosse necessario chiarire ciò che sarebbe accaduto ad Eldihen. Non avrebbe aperto bocca, toccava all’amico darle delle esaurienti spiegazioni.
 
“Pianificare?” ad Eldihen non piacquero quelle parole. Un raggio di luce colpì il petto coperto dalla stoffa drappeggiata del vestito, riscaldandola, anche se nemmeno il calore del sole riuscì a tranquillizzarla, infatti, completamente confusa si voltò verso Legolas, con gli occhi pieni di domande. I capelli ondulati che le ricadevano sui fianchi ed i pugni delle mani schiusi.
 
“Non voglio vederti preoccupata” ammise Legolas posando una mano sul suo volto. L’accarezzò lievemente, provocandole un brivido lungo la schiena, consapevole che nulla l’avrebbe potuta consolare, che sarebbe stato difficile separarsi da lei un’altra volta, dirle che avrebbero dovuto rinunciare ai loro sogni, ma che sarebbe rimasta nel suo cuore per sempre.
 
 Anche se non parlò, Eldihen sembrò comprendere e, con uno sguardo carico di ansia lo supplicò di spiegarsi. Non riusciva a tollerare il silenzio che si era creato “Ne avrei motivo ad esserlo?” chiese a bassa voce, vedendo le labbra di Legolas incurvarsi.
 
“Devi rimanere serena e al sicuro” l’afferrò dalla mano e dopo essersi scambiato una fugace occhiata con i suoi amici, Legolas trascinò la ragazza in disparte, vicino alla prima colonna accanto il trono del re. Dovevano parlare, bisognava che lui le fornisse ogni spiegazione, anche se avrebbe preferito che quel momento non arrivasse, pur sapendo dal principio ciò a cui andava incontro.
 
Draghetto sbucò da dietro l’arco, con un mantello verde, dei pantaloni di lino che gli lasciavano scoperte le caviglie, la spada di legno stretta tra le dita e gli occhioni dolci spalancati. Era felice di aver trovato Eldihen, ma quando la vide parlare con Legolas si nascose, sedendosi a terra, attento ad osservare i due.
 
“Dimmi che sta accadendo? Perché stamattina mi hai lasciata sola?” chiese allarmata agitando il capo da un lato all’altro, per non perdersi i volti sconcertati di Gimli ed Aragorn, che nei loro cuori pregavano che Eldihen prendesse bene la notizia.
 
“Mi spiace essermene andato, avresti dovuto riposare, sarei venuto da te” le accarezzò le spalle, intrappolando una ciocca di capelli tra le dita. I loro occhi si incontrarono ed in quel momento la determinazione di Legolas crollò “Un altro scontro ci attende” confessò dopo svariati momenti trascorsi a guardarla in silenzio.
 
Eldihen fu come colpita da un fulmine. Rimase immobile, con gli occhi velati da domande, pensieri, preoccupazioni e paura. Ma cosa significava? Non riuscì a muovere un dito, nemmeno quando Legolas le toccò le labbra con i polpastrelli caldi, alzandole il mento per inchiodare il loro sguardo “Ma cosa stai dicendo? Di quale scontro stai parlando?” gli chiese con voce rotta, sperando di aver frainteso. Non poteva essere serio. Vide Gimli ed Aragorn avvicinarsi con discrezione, comprendendo il suo stato d’animo. Volevano esserle vicini.
 
“Marceremo verso i neri cancelli”         
 
“No” agitò la testa sconvolta, sbattendo le ciglia. Un’altra ferita colpì il suo cuore e nemmeno le carezze di Legolas riuscirono a rassicurarla. Non poteva essere “Ma che storia è mai questa?” alzò la voce, digrignando i denti, con le lacrime a velarle le iridi chiare “E’ una follia. No, non è vero” si allontanò da lui, come se fosse stata colpita da una sua freccia, ma Legolas svelto la seguì, fino a vederla appoggiarsi al pilastro.
 
“Lo dobbiamo fare Eldihen” tentò di prenderla dal polso per poterla stringere tra le sue braccia, ma non ci riuscì poiché lei si dimenò, ostacolandolo. Legolas la guardò e provò tristezza nel vederla impaurita ed arrabbiata nei suoi confronti, si voltò solo per ricercare gli occhi del ramingo che era dietro di lui.
 
“E’ l’unico modo che abbiamo per aiutare Frodo” spiegò Aragorn decidendosi ad affiancarla, insieme a Gimli che, anche se in difficoltà di fronte alla reazione di Eldihen, le accarezzò il dorso della mano amichevolmente.
 
“Devi farti forza Eldihen” le disse Gimli alzando il volto per guardare quello dell’amica. I loro occhi si incrociarono, ma Eldihen non sorrise, né guardò Aragorn. Chiuse le palpebre, la luce che filtrava dalle finestre era fastidiosa, avrebbe preferito vagare nell’ombra dei suoi pensieri. Era stata una sciocca a credere che fosse tutto finito.
 
“Perché fate questo? Rischiare la propria vita è da pazzi, andate incontro alla morte” li rimproverò, guardandoli negli occhi pieni di timore, sentendoli sbuffare, scambiarsi sguardi silenziosi, senza parlarle, come se lei non comprendesse a pieno le loro bizzarre motivazioni “Non andate. Restate qua” risuonò come una supplica sconsolata. La voce rotta da un eminente pianto, gli occhi languidi ed il cuore in subbuglio.
 
“Mi spiace Eldihen, ma è il nostro compito” rispose Aragorn con amarezza. Gimli chinò il capo, incapace di aiutarla a superare il brutto momento, poteva comprenderla.
 
Legolas la fissò, sperando che lei comprendesse, smanioso di prenderla a sé, abbracciarla, consolarla come desiderava, tra le sue braccia. La vide annuire distaccatamente, con una rabbia nascosta e, dopo aver morso violentemente il labbro inferiore, aprì le braccia per spostare l’elfo dal suo percorso, con la testa abbassata, le labbra tirate, gli occhi umidi, allontanandosi sotto lo sguardo sorpreso di tutti e tre, in direzione del passaggio aperto che portava alle stanze del palazzo.
 
Eldihen si mosse in direzione dell’arco da cui era venuta, asciugando velocemente le lacrime che solcavano il suo volto, scomparendo dalla sala del trono, seguita da Legolas che guardando i suoi capelli ondeggiare, sperò di parlarle tranquillamente.
 
“Eldihen!” la  richiamò con preoccupazione, passando l’arco nella mano sinistra, Era talmente preso da lei che non si accorse nemmeno del bambino che si era nascosto dietro un vaso e che li stava seguendo, gattonando a terra per non farsi scoprire “Eldihen fermati” affrettò il passo, determinato a raggiungerla. Aveva immaginato la sua reazione, ma un conto era vivere quel momento, vederla camminare lungo il corridoio di marmo, a testa bassa, con le braccia conserte e l’abito chiaro che si confondeva con il pavimento lucido.
 
Quando Legolas finalmente riuscì a prenderla dalle spalle e girarla verso di sé, fu trafitto da una raffica di pugni sul petto e, senza capirne il motivo, lasciò che Eldihen sfogasse la sua rabbia, vedendo le sue guance rosse, la punta del naso ricoperta da gocce di lacrime “Se tu mi volessi bene non mi faresti questo” i colpi si fecero deboli, ma il petto di Legolas sembrò sopportare il peso di un macigno. Eldihen allontanò i pugni, era estremamente nervosa, non riusciva a parlare, in quel momento aveva così tanti pensieri che le risultò difficile spiegarsi. Legolas prima che lei si voltasse, o si allontanasse da lui, la bloccò dai polsi, abbassando  il viso per guardarla bene, mostrandosi realmente dispiaciuto.
 
“Tiro na nin Guardami” la sua voce era vibrante, tanto che Eldihen si ritrovò imprigionata dai suoi occhi azzurri “Sai che tengo a te più della mia vita. Quando sono partito per questa missione ho prestato giuramenti e, quando ho deciso di aprirti il mio cuore mi sono promesso di proteggerti da ogni cosa”
 
“Giuramenti? Ma non capisci che stai andando incontro alla morte? Non posso sopportarlo, specie dopo ciò che è successo in questi giorni, per te non ha avuto valore? Sai del dolore che mi stai donando con questa decisione assurda? Mi hai chiesto di sposarti, mi stavi forse prendendo in giro? ” chiese gesticolando freneticamente con le dita, con la voce spezzata e alta, quasi urlandogli in faccia, ascoltando il cuore che batteva così tanto da sentirsi stremata. Dovette interrompersi per riprendere fiato, senza staccare gli occhi dal volto pallido dell’elfo.
 
“Non devi dirlo” serrò le labbra corrugando le sopracciglia. Aveva deposto l’arco dietro la faretra, e la fissava in silenzio, senza contraddirla, per lasciarla parlare a ruota libera, allarmandosi solo quando udì la sua voce strozzata, vedendo sulle guance delle chiazze rosse ”Io non ti ho mai presa in giro, ho sempre seguito il mio cuore, pur sapendo che sarebbe stato difficile rimanerti accanto in un momento simile, e se ti ho chiesto di sposarti l’ho fatto perché lo desidero. Ma nulla ancora era stato deciso” parlò pacatamente, mostrando per l’ennesima volta la sua profonda saggezza. Teneva braccia conserte, leggermente indignato dall’ultima frase che aveva ascoltato. Come poteva pensare ad una cosa del genere? Era stato sempre onesto nei suoi confronti e verso lei, amandola senza riserve.
 
“E allora non andare” si lasciò guidare dallo sconforto, spostandogli le braccia dal petto per afferrarlo dal colletto argentato che spuntava dietro la tunica verde. Lo strinse,  tastando ruvida la stoffa e costringendolo ad abbassare il volto, per guardarlo con intensità “Stai con me, convinci gli altri a rinunciare a questa follia. Non mi lasciare” lo scongiurò, passando un dito sul suo mento. Non sembrò molto convinto e, nel muovere le pupille dentro gli occhi  di Eldihen si lasciò sfuggire una smorfia di dispiacere. Voleva rimanere con lei, ma aveva promesso lealtà a Frodo ed avrebbe mantenuto la parola, ne andava del suo onore, della fedeltà verso i suoi amici.
 
“Rimarrò con te dopo la fine di questa battaglia” si fece serio, posando con delicatezza la mano sul braccio di Eldihen “Comprendimi come io ho fatto con te in ogni occasione. Non posso abbandonare un compagno nel momento del bisogno. Per la sua salvezza e per la salvezza della Terra di Mezzo” le accarezzò un fianco, rispecchiandosi negli occhi lucidi di Eldihen che annuì, assimilando con contrarietà quella brutta decisione.
 
“Ehi, vai via” dopo aver assistito al dialogo dei due dentro il lungo corridoio, il piccolo Draghetto si rialzò da terra e, con uno scatto fulmineo scivolò sotto le gambe divaricate di Legolas, alzandosi in piedi,  con le manine che si aggrappavano alla gonna di Eldihen “Questa bimba è mia. Non devi sgridarla” aiutato dall’elfa il bambino si alzò completamente da terra, guardando Legolas con degli occhi che volevano apparire minacciosi, ma che strapparono un mezzo sorriso al principe.  
 
“E tu chi saresti?” dopo essersi scambiato uno sguardo con la ragazza vedendola sorridere per mezzo secondo, si chinò per raggiungere Draghetto, passandogli una mano sui riccioli biondi, intenerito dal faccino paffuto e dalla dolcezza che trapelava dai suoi occhi socchiusi.
 
“Io sono Draghetto” si presentò strappando un altro sorriso a Legolas “Ma non ha importanza. Non devi far piangere Eldihen” strinse le labbra, guardando Legolas sogghignare.
 
“Non farei mai piangere Eldihen” gli assicurò alzando gli occhi sulla ragazza che teneva le spalle al bambino “Dovrò mancare per un po’, ti prenderai tu cura di lei?” chiese vedendo i suoi occhi illuminarsi.
 
“Si promesso” alzò il mignolino, saltellando soddisfatto quando Legolas lo strinse al suo.
 
Eldihen vide Legolas rialzarsi, si costrinse a mordersi un labbro per evitare di impensierirlo come poco fa. Sapeva che lui sarebbe stato vicino ai compagni e si sentì per un attimo egoista a volerlo trattenere, ma non ce la faceva proprio a rimanere in silenzio.
 
Si guardarono, fino a che lui le prese il volto con entrambe le mani “Spero tu non ce l’abbia con me” il loro respiro si mischiò e Legolas la baciò sulle labbra.
 
“No. Torna presto però” si separò da lui solo per parlare, lasciandogli un altro bacio sulle labbra, sentendosi abbracciata dalle sue braccia. Si accucciò al suo petto sconsolatamente, sapendo benissimo il rischio che correva.  Si aggrappò al tessuto della veste con forza, non volendolo affatto lasciare “Ti aspetterò”
 
Tornarono in sala insieme a Draghetto. Eldihen godendo delle ultime attenzioni dell’elfo, si lasciò guardare e baciare, fino a vedere le porte del palazzo spalancate e le nubi di Mordor farsi vicine, dietro l’albero bianco del re. Gli uomini fuori si stavano organizzando, prendendo gli ordini di Gandalf ed Aragorn. Le armi erano pronte, ma il coraggio dei soldati era appeso ad un filo. Gondor non era pronta ad un altro scontro e, in quel momento, dal largo giardino, spuntò Eowyn che, raggiunse suo fratello Eomer per abbracciarlo, con la stessa disperazione di Eldihen. Le due donne quasi avvertirono l’una la presenza dell’altra ed Eldihen alla soglia della sala, guardò Eowyn , ricevendo da parte dell’amica uno sguardo dolce.
 
Dovette accomiatarsi e salutare con rincrescimento il nano, che aveva superato i gradini per abbracciarla. Si chinò e gli lasciò un bacio in fronte augurandogli il meglio. Eldihen giurò di averlo visto in lacrime ma Gimli, per depistare i suoi sospetti si girò, lasciando il posto ad Aragorn.
 
“Se mai dovessi tornare, ti concedo di prendermi a schiaffi per averti fatta preoccupare” disse accarezzandole la testa. L’abbracciò, massaggiandole la schiena. Non avrebbe voluto vederla triste come in quel momento di sconforto. La sentì piangere e trattenere i gemiti, le baciò la fronte poi, con un lieve cenno di capo la lasciò al suo Legolas.
 
Gli occhi di Eldihen finirono sull’elfo. Il suo sguardo celava molte più parole di quelle dette e Legolas  sembrò coglierle, rispondendo a quell’occhiata muta, penetrante, intima. Arricciò le labbra, corrugando le sopracciglia e si servì del solo linguaggio del corpo per consolarla. Non c’erano parole adatte per dirle che forse non ci sarebbero più stati momenti per loro due “Non voglio tu faccia cose azzardate, te ne prego, non stavolta” azzerò completamente le distanze, disinteressandosi dei soldati fuori nel piazzale. Rimasero fermi davanti la soglia, illuminati dalla sola luce del mattino, minacciati dalla vista del monte Fato e dalle ombre che parevano raggiungerli. Legolas posò le dita sul suo volto liscio sentendola gemere guardando gli occhi sgranati e le labbra tremanti “Fallo per me, saperti in pericolo mi  distruggerebbe, pensa che devo affrontare una battaglia e che una distrazione di questo tipo potrebbe costarmi la vita” confessò spiazzandola totalmente. Non le aveva mai detto qualcosa di simile, non volendola impensierire ma, dopo aver passato dei momenti di forte preoccupazione durante il precedente conflitto, preferì esporsi, sperando che Eldihen se ne stesse buona e non lo seguisse o facesse altre pazzie.
 
“Io non voglio questo” tremò sentendosi in colpa. Non aveva mai considerato quell’ipostesi ed in quel momento si sentì piccola, piccola, rabbrividendo davanti a lui. Ma come l’aveva fatto sentire per strappargli quelle parole dalla bocca? “Devi rimanere concentrato, non pensare a me, non voglio che ti capiti nulla” disse con un filo di voce, con un tono troppo sincero e commovente, tanto dolce da far sciogliere Legolas.
 
“Rimani serena, mi basta sapere che tu stia bene” non riuscendo a starle lontano, la trascinò contro il suo petto, intrappolandola in un abbraccio pieno di sentimento da cui non si sarebbe distaccato con tanta facilità, anche se Eldihen non era affatto intenzionata a rinunciare a Legolas, posando la testa sui suoi muscoli, percependo l’odore della sua tunica. Con gli occhi chiusi lo accarezzò ascoltandolo mentre le dedicava parole incoraggianti, attorcigliando con fare rassicurante i suoi capelli tra le dita “E’ un’altra sfida e per quanto sia dura è l’ultima, non disperare” le baciò la fronte con amorevolezza, incrociando finalmente i suoi occhi.
 
“L’ultima?” era difficile credere che sarebbe tutto finito, la loro serenità era costantemente minacciata.
 
“Certo, rimani forte tesoro” la baciò sentendo lei stringerlo da dietro il collo, sollevandosi da terra con la punta dei piedi.
 
“Poi non mi lascerai mai più”                                
 
“Mai” la strinse a sé, avvertendo il copro dell’elfa avvinghiato al suo, poteva percepire i suoi battiti ed il respiro pesante, con nel cuore l’amara consapevolezza che forse non sarebbe tornato vivo. Eldihen come avrebbe reagito? Serrò le palpebre per stringerla ancora di più. Non voleva farla soffrire, non voleva separarsi da lei. Rimasero fermi ad abbracciarsi per qualche minuto e, dopo essersi dati un lungo bacio, nascondendosi dalla vista dei soldati, Legolas venne richiamato da Aragorn.
 
“Legolas. Dobbiamo andare” il ramingo era triste. Si limitò ad avvicinarsi, con la nuova armatura argentata ed i capelli semiraccolti dietro la nuca. Sembrava un antico sovrano di Numenor, l’isola da cui discendeva la sua stirpe.
 
All’improvviso le dita di Eldihen saldarono la presa sulla schiena di Legolas e, per non farsi vedere l’elfa nascose il volto nel petto del suo amato, venendo assalita da un improvviso attacco di panico. Giurò di sentire un blocco alla gola, perse il respiro, tornando a espirare dopo svariati secondi, ricercando l’aria con avidità “Non sta accadendo per davvero” disse tra sé e sé sentendo le carezze sul viso da parte di Legolas.
 
Il principe la ricercò e, dopo aver incontrato il suo sguardo le lancio un’occhiata preoccupata, anche lui infelice di lasciarla. Non avrebbe voluto andarsene e nel guardare le sue labbra, riaffiorò il sapore dei loro baci, dei momenti bellissimi vissuti insieme. Eldihen per Legolas era il suo angolo di paradiso ” Tollen i lû nîn si boe bedin (È giunto il mio momento devo andare adesso)” si abbassò sul suo volto per assaporare le sue labbra, ma Eldihen non riuscendo più a trattenersi venne travolta dalle lacrime, vedendo l’immagine di Legolas sfigurarsi.
 
“dartho na nin… (Resta con me…)” insistette per l’ultima volta, stringendo i drappi del suo mantello con afflizione.
 
 “Devi rimanere forte” posò le labbra sulle sue, lasciandole un bacio, con nel cuore le stesse preoccupazioni di Eldihen, lo stesso dolore che gli bruciava come lava e, la voglia cocente di starle accanto “Vedrai che tornerò presto” approfittarono entrambi per baciarsi urgentemente davanti alle porte del palazzo, con le mani sui loro visi, i respiri caldi ed irregolari e le labbra che nel baciarsi si mordevano, soddisfando l’immediato bisogno che avevano l’uno per l’altra, come se quel bacio potesse nutrirli, lasciarli sazi prima di affrontare una lunga carestia. Si distaccarono solo per riprendere fiato, scambiandosi dei baci meno intensi, ma ricchi di sentimento.
 
“Se allora devi andare e lasciarmi, io pregherò i Valar, attendendo con ansia il tuo ritorno. Sii forte come sempre” lo accarezzò ricevendo uno sguardo toccato. La sua voce era rotta ed i suoi pensieri nel vedere le nubi di Mordor divennero cupi. Non voleva lasciarlo, ma dovette costringersi ad allontanare le mani dal suo petto, non trovando il coraggio di parlare.
 
Stava soffocando le lacrime, si sforzò a sorridere per dar forza all’arciere, ma Legolas lesse nei suoi occhi la paura. La baciò dolcemente, un bacio che aveva il sapore della tristezza, suggellato da una lacrima solitaria che scese dagli occhi di Eldihen e morì sulle loro labbra.
 
Legolas si voltò e la lasciò sulla soglia della porta con le sue paure.
 
 
 
La foschia del primo pomeriggio ricoprì l’intera pianura. Una lieve pioggerellina bagnò il terreno, le case vuote ed i piccoli fiorellini fuori dal balcone di Eowyn, producendo un rumore che Eldihen gradì, nonostante la tristezza che celava nel cuore. Aveva pianto disperatamente, comprendendo col senno di poi che Legolas, Gandalf, Gimli, Aragorn e gli altri non sarebbero potuti sopravvivere agli eserciti di Mordor. Quale consolazione avrebbe avuto? Oltre il conforto di Eowyn che, condividendo le sue stesse paure l’aveva accolta in camera sua, nella casa di guarigione.
 
“E’ passato un intero pomeriggio. Fuori piove e la città sembra morta. Nessuno sa nulla, nessuno ha notizie, siamo qua ferme come delle anime in pena. Io sono distrutta Eowyn” si toccò la cicatrice al petto, sentendola pulsare. Con l’umidità le ferite facevano veramente male, ma il boccone più amaro da inghiottire per Eldihen era la separazione da Legolas e la morte di Nihil. Aveva pensato all’elfo spesso in quei giorni. Sapeva che Nihil si era sacrificato, stanco della vita, e lei lo comprendeva appieno. Avrebbe fatto di più per la salvezza dei suoi cari se non fosse stato per la frase di Legolas che le rimbombava in testa - saperti in pericolo mi  distruggerebbe, pensa che devo affrontare una battaglia e che una distrazione di questo tipo potrebbe costarmi la vita- Rabbrividì quando la voce dell’elfo risuonò nel profondo. Serrò le palpebre e tirò nervosamente i capelli all’insù, sdraiandosi completamente sul letto dell’amica, con il piede che penzolava avanti e indietro.
 
“Rilassati, non puoi torturarti in questo modo, impazzirai. Pensa che stai facendo preoccupare me in questo momento. Forse non sono importante quanto Legolas?” le chiese con tono scherzoso Eowyn sedendosi sul materasso, attenta a controllare Draghetto che buono giocava con dei cavalli di legno a terra. La stanza era fredda ed illuminata dalla sola luce delle candele sui due comodini affianco al letto. Le tende si muovevano ritmicamente, spostate dal vento, un atmosfera che in altre circostanze Eldihen avrebbe gradito.
 
“Sono felice di averti ritrovata, credimi” era bello guardare gli occhi verdi di Eowyn e quel suo bel sorriso. Le prese una mano accarezzandola “Ma sto male Eowyn, vorrei fare di più, non starmene in questa stanza a girarmi i pollici e credimi, non è per te, sai quanto ti voglia bene, ma Legolas…" si rialzò a metà busto facendo drizzare la schiena ad Eowyn. Nulla da fare, non riusciva a toglierselo dalla testa “Io lo amo troppo e quando se ne è andato non gliel’ho detto” i suoi occhi divennero lucidi e sentì di aver mancato per non averglielo ricordato.
 
“Lui lo sa. A volte non c’è bisogno di dire nulla, gli occhi parlano al posto nostro, e nei tuoi occhi Eldihen, io ho sempre visto amore” le accarezzò il braccio lentamente, fino a quando non si voltò a guardarla. I capelli dell’elfa erano appiccicati alle guance a causa del pianto, la punta del naso e delle orecchie erano arrossate, gli occhi che solitamente brillavano parevano spenti, umidi e stanchi “Poi cosa dovresti fare? Non devi affliggerti: hai aiutato Rohan inviando l’elfo a Dunclivo con delle scorte, invece di andartene a Gran Burrone,  sei venuta in soccorso di Gondor ed hai fatto di tutto per questa gente. Hai creato un rifugio, fortificato le mura e sistemato tutte le catapulte, uccidendo gli orchi e rimanendo a combattere fino alla fine. Dovresti essere soddisfatta. Legolas lo è!”  Eowyn era determinata parlò senza titubanza.
 
“Sono felice di aver contribuito, in cuor mio sento di aver riacquistato il mio valore. Non mi sono fermata davanti le mie paure ma le ho affrontate. Ma adesso Eowyn non ce la faccio. Rivoglio Legolas. Deve tornare, siamo stati per troppo tempo divisi”
 
“Tornerà” con fare protettivo la trascinò a sé, posandole la testa sulla spalla. L’abbracciò con dolcezza, accarezzandole le braccia. Lo sconcertamento di Eowyn non colpì Eldihen e solo quando la sentì tremare si voltò per guardarla “Io ti capisco, l’amore può ucciderti e salvarti allo stesso tempo, io stessa ne sono l’esempio” ripensò ad Aragorn, alla follia che l’aveva spinta a scendere in guerra e, alla gioia che aveva ritrovato da poco: Faramir. “L’amore è tutto” guardò la porta schiusa, immaginando il cavaliere entrare con il suo bellissimo sorriso e, anche se soffriva per Eomer, il suo cuore non cessava di ricordarle di Faramir “Eldihen penso di essermi innamorata!” dichiarò spiazzandola completamente, senza che la sua affermazione c’entrasse qualcosa nel discorso. Era stato confidato tutto con spontaneità.
 
“Eowyn…”  Si distaccò dalla spalla della donna per guardarla con sospetto, non comprendendola.
 
“Amo Faramir” si voltò completamente imbarazzata, con i cappelli biondi ad incorniciarle il viso e gli occhi brillanti, come quando a Rohan le aveva parlato per la prima volta di Aragorn. Eldihen sorrise intenerita. In quei giorni aveva sospettato qualcosa, ma per i suoi gusti era un po’ presto per giungere a conclusioni, non sapendo che il cuore di Eowyn era già tutto per Faramir. Una notizia che brillò nel buio.
 
“E lui?” chiese incuriosita concentrandosi su ciò che aveva appena ascoltato. Le prese le mani sul letto “Lui ti ama? Io penso sia un bravo uomo e vederti felice mi fa stare bene”
 
“Si che è bello il mio fratellone! Sarà felicissimo di saperlo!” il bambino, che era rimasto in silenzio per tutto il tempo, si rialzò dal tappeto blu, saltellando come un grillo, con gli occhioni felici e un sorriso che lasciava intravedere le gengive. La sua risata dolce e contagiosa fece sorridere le due donne.
 
“Draghetto” Eowyn lo prese dal braccino, sollevandolo da terra per farlo accomodare sulle sue gambe. Gli accarezzò i capelli, rispondendo al suo sorriso. La donna si scambiò uno sguardo complice con Eldihen che desiderosa di accarezzare la chioma ricciuta bel bimbo, passò una mano sui suoi capelli “Faramir ti ha detto qualcosa?” chiese Eowyn interessata.
 
“Mi ha detto di lasciarti dei messaggi, ripagandomi con delle fette di torta. Poi vediamo un po’…” posò un ditino sulle labbra pensieroso, unendosi ai discorsetti delle due ragazze che desiderose di ascoltare di più lo guardarono fino che Draghetto non continuò “Poi ti guarda sempre, è un po’ distratto, l’altro giorno è inciampato sulla mia spada per raggiungerti in giardino” dettaglio che fece ridacchiare Eowyn. Il bimbo si girò con le manine giunte ed un musetto adorabile “Ti prego dimmi che è vero che vuoi bene al fratellone, lui è tanto buono, si è preso cura di me e mi da sempre i bacini e i biscottini la notte, sono sicura che farà lo stesso con te”
 
“Faramir è tuo fratello?” chiese Eowyn            
 
“Non proprio, mi ha cresciuto quando la mia mamma mi ha lasciato. Lui è buono, non avevo nemmeno un nome ed è stato lui  e Boromir a donarmelo”
 
“Come ti chiami?”                            
 
“Draghetto”                                        
 
“Vogliamo conoscere  il tuo vero nome” Eldihen gli pizzicò con dolcezza la punta del nasino, facendogli arricciare le labbra.
 
“E va bene” sospirò sfregandosi le manine con nervosismo “Mi chiamo Elboron”
 
 
 
Improvvisamente un tuono vibrò impetuoso dal cielo squarciando il silenzio che permeava, seguito da una forte scossa che, fece tremare il palazzo di Gondor, agitando la poca gente rimasta all’interno. In molti sostenevano che la fine era vicina, che Mordor a breve  avrebbe ripreso il dominio e che non vi era alcuna speranza. Ma alcuni credevano che il nemico fosse stato definitivamente sconfitto, poiché il monte Fato  non si affacciava più come un tempo, la nube nera annebbiava la valle del Gorgoroth.
 
Una folla si era riunita fuori dalle mura. La città era in subbuglio. I cavalieri che erano rimasti in difesa rimasero fermi sulla balconata che precedeva il giardino, alla ricerca di risposte ad est, commentando l’accaduto in silenzio, con preoccupazione crescente. Correvano voci strane, alcune infondate e, in quel momento di confusione, Eldihen non comprese che fare, né come gestire la situazione. Sentiva solo il bisogno di correre fuori dalla città in groppa ad un destriero, per superare le pianure e raggiungere i suoi amici. Strinse le braccia, lasciando che il vento agitasse i suoi capelli ed il velo di serenità che avvolgeva il suo cuore. Scappò. Corse via dalla balconata, corse via dai dubbi, sperando di sottrarsi alla voce che le rimbombava in testa. Sembrò pazza agli occhi delle servitrici ma non se ne curò, era tremendamente disperata, impotente dinanzi a quell’evento, piena di paure e nessuno con cui poterne parlare. Si nascose dentro la camera che aveva accolto lei e Legolas per alcune notti e, lì dentro, si lasciò andare. Completamente agitata urlò spalancando la bocca. Non ce la faceva più ad attendere, a soffocare le sue emozioni, di far finta che andasse tutto bene. Se Legolas non sarebbe ritornato lei non ce l’avrebbe fatta. Rovesciò un vassoio a terra, accucciandosi sul pavimento, rossa in viso, con le mani tra i capelli, seduta scomposta e dondolante a guardare il suo riflesso nelle piastrelle bianche.
 
Trascorse una serata. Il sole morì dietro i monti, la gente esultò, ma Eldihen non si spostò da quell’angolo vicino al letto, e perdendosi nei suoi pensieri, non si rese conto che le stelle brillavano su di lei quella notte. Tre colpi alla porta la destarono, facendola sussultare. Chi era stato? Cos’era successo? Aveva troppo male alla testa e al cuore per concentrarsi sul mondo circostante. Ne era sicura, sarebbe impazzita a furia di rimuginare e piangere senza motivo. Non ne poteva più. Si alzò ed asciugando in fretta le lacrime dagli occhi troppo rossi, aprì la porta, incontrando il volto radioso di Eowyn.
 
“Perché quel sorriso?” chiese imbronciata con mortificazione.
 
“Non c’è tempo. Corri” spalancò la porta in legno ed afferrò il suo polso, facendole vedere la luce proveniente dalle finestre: vi erano degli uomini sulla stradina adiacente al palazzo. Stringevano delle fiaccole. Le loro armature risplendevano sotto i raggi lunari, quanto i loro sorrisi. Eldihen li considerò, sperò che fosse tutto terminato, ogni cosa le faceva intendere che probabilmente Gondor aveva vinto, ma il suo cuore era troppo addolorato per accettare per vera quell’ipotesi.
 
“Corriamo. Vieni con me, non startene lì impalata” Eowyn senza tante cerimonie la spinse verso di sé e, dopo averle lanciato uno sguardo incoraggiante, corse in direzione delle scale, mano nella mano con Eldihen che, completamente confusa osservava i suoi capelli muoversi freneticamente, le loro dita incrociate e le pareti bianche che scorrevano intorno a lei, come uno sfondo astratto.
 
“Ma dove mi stai portando?” Eldihen alzò la gonna panna prima di scendere dai gradini, raggiungendo l’altro piano insieme all’amica che non l’aveva mai lasciata.
 
“Sono tornati” le spiegò brevemente accendendo una flebile speranza nel cuore di Eldihen. Corsero con trepidazione, schiantandosi contro alcuni uomini in mezzo al percorso, con i cuori che battevano velocemente, i respiri affannati, l’adrenalina che accelerava ad ogni passo, immersi nell’ombra dei corridoi che avevano superato, ascoltando il solo rumore dei piedi che battevano velocemente sul pavimento. Raggiunsero la sala principale, incrociando gli sguardi dei guerrieri che esultanti si abbracciavano.
 
“Sono qui!” Eowyn si bloccò, in seguito la invitò ad entrare insieme a lei, raggiungendo il portone, nella speranza di incontrare i loro amici.
 
Trascorsero trenta minuti a guardare gente sconosciuta entrare a palazzo, attente entrambe a ricercare Legolas e gli altri, senza però inquadrarli, nemmeno da lontano, nella piccola processione che si era bloccata nel giardino adiacente. Eldihen esausta si appoggiò alle porte, con gli occhi serrati e le braccia conserte. Era stanca di alimentare false speranze, soffriva, per lei era una tortura guardare gli uomini, illudendosi che il prossimo ad avvicinarsi fosse il suo elfo o Gimli. Già lo immaginava sorridere con i suoi occhi calorosi e le sue braccia aperte. Aragorn sicuramente le avrebbe sorriso, i due hobbit si sarebbero scambiati battutine curiose. Gandalf con il suo vestito bianco l’avrebbe abbracciata, sussurrandole parole di conforto, con gli occhi dolci. Li immaginava in mezzo a tutta…. Aprì le palpebre quando udì dei passi, spalancò gli occhi, intravedendo in lontananza una chioma bionda. Sorrise allontanandosi di poco dalla porta ma, quando quella persona si girò, non incrociò gli occhi azzurri di Legolas e in quell’istante le sue speranze si spensero definitivamente. Ma cosa stava pensando? Perché continuava a farsi del male da sola? Perché sperava in qualcosa di impossibile?
 
“Io non ce la faccio più Eowyn. Basta illudersi. Basta sperare. E’ da ore che attendiamo il ritorno dei nostri cari, ma non ci sono” si agitò palesemente, incapace di trattenersi. La sua voce era colma di delusione.  Voltò le spalle, guardando oltre la folla che si era creata il passaggio che conduceva alle stanze “Non c’è nulla da sperare. L’ho perso” le figure si sbiadirono quando le lacrime le annebbiarono la vista “Io non ce la faccio più” le tremarono le mani. Mosse qualche passo incerto dentro la sala, sotto gli occhi di Eowyn.
 
“Legolas arriverà a breve!” la rassicurò l’amica poggiandole una mano sulla spalla.
 
“Guardiamo in faccia la realtà” spalancò scoraggiata le mani, con una vocina fragile “E’ da ore che aspettiamo, ma sono tornati in pochi dalla battaglia, probabilmente loro non ce l’hanno fatta” si bloccò, era difficile ammettere ad alta voce le sue paure “Lui mi ha lasciata”
 
“Non dovresti mai perdere la speranza ragazza mia. Siamo solo un po’ in ritardo!”
 
Si girò di scatto sorpresa. Aveva le allucinazioni? Aveva veramente ascoltando la voce di Gandalf?
 
 Lo stregone nel vedere i suoi occhi pieni di lacrime le si avvicinò commosso “Abbiamo vinto la battaglia. E’ tutto finito, non disperare più Eldihen. Sono fiero di te” le posò le mani sul viso e l’abbracciò ridacchiando felice. Gandalf voltò gli occhi in direzione degli amici e, quando vide Legolas, si spostò per lasciarli un po’ soli, rimanendo affianco ad Eowyn.
 
Il volto dell’elfo era leggermente sporco ed i suoi capelli in disordine. Nel guardare Eldihen i suoi occhi si illuminarono, le sue labbra si tesero in un sorriso limpido. Si sentì vivo, carico di energia e perdutamente innamorato di quell’elfa. La fatica dello scontro scomparve dai suoi lineamenti e, per lui tutto ebbe un senso. Ogni sofferenza, preoccupazione scomparve “Spero di non averti fatto attendere molto” parlò bonariamente per sciogliere la tensione sul viso di Eldihen. Percorse la breve distanza che li divideva, era contento, ma allo stesso tempo ansioso di parlarle. Si guardarono in silenzio. Eldihen schiuse la bocca alzando il volto per guardare l’elfo.
 
 “Sei tu. Sei qui” era talmente scombussolata che non riuscì a credere ai suoi occhi. Le tremò la voce, immobile dinanzi alle labbra, agli occhi cerulei che tanto amava. Con timidezza alzò una mano e tastò la pelle, tracciando una linea sullo zigomo, fino a scendere sulle labbra serrate di Legolas. Gli accarezzò la guancia e il sorrisetto “Legolas sei vivo!” esultò dopo averlo toccato, con emozione e lacrime calde.
 
La gioia per essersi ritrovati li fece sorridere spensieratamente, isolandoli dalla confusione dentro la sala del trono. Legolas desideroso di placare la cocente voglia di riabbracciarla, l’afferrò saldamente dalla vita e, senza che lei se lo aspettasse minimamente, la issò da terra, facendola gemere dalla sorpresa, fino a cingerle il busto con le mani, sollevando il mento per baciarla dinanzi a tutti sulle labbra. Un bacio lungo e caldo che i presenti osservarono senza commentare. Legolas la fece roteare su se stessa, stringendole le braccia intorno al suo torace, baciandola con contentezza. Aveva desiderato di ritrovarla dopo quella battaglia violenta, non vi era emozione più bella in quel momento. Sauron era stato sconfitto e lui si trovava insieme alla ragazza di cui era innamorato.
 
Gimli come sempre sorrideva nel guardarli felici. Eldihen era radiosa tra le braccia del principe ed il nano emozionato quanto loro rise festoso, battendo le mani allegramente, tanto contento di vederli insieme da accendere con la sua allegria l’intera sala. Alcune persone si voltarono per assistere a quel bacio, applaudendo e fischiettando dinanzi la scenetta romantica. Eowyn si unì al gruppo e sorridendo applaudì insieme a Gandalf e Gimli. Aragorn che era entrato da poco a palazzo, si fermò sulla soglia gioendo per i due. Era uno spettacolo ai suoi occhi, una luce che brillava di puro amore.
 
“Meritate tutta la felicità di questo modo” disse commossa la donna quando Legolas posò Eldihen a terra. Era realmente tutto finito e ogni cosa si era sistemata per il meglio.
 
Stringendo Legolas, Eldihen si sentì a casa, come se avesse ritrovato un pezzo di cuore e, appoggiandosi al suo petto sospirò, abbracciandolo con preoccupazione. Non avrebbe mai voluto lasciarlo, lo avrebbe custodito e amato per sempre.
 
“C’è ancora una cosa che intendo fare” si chinò per incrociare lo sguardo di sorpresa che si era acceso sul volto di Eldihen.
 
 
 
 
 
Non avevano avuto molto tempo per organizzarsi. Aragorn appena appresa la decisione di Legolas, nonostante la stanchezza, aveva preparato come meglio poteva il gioioso evento, in modo semplice ed intimo, proprio come desiderava l’amico. Aveva riposato qualche ora, accertandosi delle condizioni di Frodo che dormiva in una camera del palazzo. Eowyn aveva trascorso poco tempo con Eomer, concedendo le sue attenzioni all’amica che in quella notte tremava dall’emozione, raccontando alla donna ogni suo dubbio e sentimento. Era meraviglioso condividere con Eowyn quel momento.
 
La mattina del giorno seguente era tutto pronto: il giardino interno del palazzo risplendeva, immerso da petali bianchi e dalla luce di qualche candela che designava un percorso in mezzo all’erbetta verde. Legolas si trovava vicino a Gandalf, in un altare bianco, adornato da una tovaglia con motivi floreali. Gimli gli era affianco insieme ad Aragorn.
 
“Ma chi l’avrebbe detto, pensavo di morire fianco a fianco ad un elfo ed invece sono qua a vederlo sposare” disse il nano che si era agghindato per l’evento. Indossava una camicia rossa e dei calzoni scuri. Legolas aveva insistito, sostenendo che la sua armatura non fosse adeguata ad un matrimonio.
 
“Discrezione Gimli” serio Legolas gli rivolse uno sguardo. Splendeva come il sole del mattino, nella sua tunica argentata, i capelli raccolti nel loro classico modo e gli occhi che spesso ricadevano in fondo alle scale, nella speranza che Eldihen lo raggiungesse in quell’angolo di paradiso.
 
“Tuo padre lo verrà a sapere” Aragorn in tutta la sua eleganza gli si avvicinò, contemplando il giardino fiorito e le colonne che delimitavano le mura della sala. Uno spazio verde  immerso nel palazzo, lontano da occhi indiscreti. La luce rischiarì la distesa erbosa ed i cuori dei quattro uomini, accendendo quello di Legolas.
 
“Eldihen entro oggi diventerà mia moglie e nemmeno mio padre si potrà opporre” rispose giudiziosamente. Avrebbe voluto regalare alla ragazza un matrimonio degno di nota a Bosco Atro, presentandola a tutti come sua sposa ma, apprendendo da Elrond della posizione contraria di suo padre preferì agire in fretta, evitando dibattiti. Desiderava solo tranquillità dopo aver affrontato giorni di afflizione.
 
“Sempre molto astuto!” Aragorn chinò il capo sorridendo, con le mani conserte. Ammirava l’amico per la presa di posizione, poteva comprenderlo benissimo, specie dopo aver vissuto insieme a lui una serie di disavventure. Era normale che volesse viversi Eldihen senza interferenze. Thranduil non avrebbe potuto far nulla a piatto servito.
 
Gli uccellini si posarono sulla tettoia spiovente, intonando dei canti leggiadri che risuonarono dentro il giardino, destando le persone dal sonno. Eldihen era un po’ agitata e felice di incontrare Legolas all’altare. Eowyn le aveva acconciato i capelli in uno chignon morbido adornato da dei boccioli bianchi, con dei ciuffi ondulati che le ricadevano dolcemente sul viso, esaltandone i lineamenti delicati. Alzò il mento guardando il suo riflesso allo specchio: indossava un abito lungo, di raso bianco che scendeva lungo il corpo in maniera morbida, avvolgendo la silhouette come una seconda pelle, evidenziandole la vita ed il seno. Era accollato e ricamato con del pizzo trasparente sulle maniche. La cicatrice non si vedeva per fortuna ed Eldihen, dopo diverso tempo, si considerò bella.
 
“Sei radiosa” Eowyn le sistemò i lacci dietro alla schiena, per poi prendere la collana che le aveva donato Nihil. Eldihen si chinò e tastò la gemma, pregando i Valar per l’elfo dei boschi. Ormai non provava più rancore o risentimento, in quel giorno splendente ogni paura sembrò vacillare.
 
“Grazie di tutto” si voltò ed abbracciò l’amica, spiazzandola. Erano sole dentro la camera, avvolte dai raggi di luce. Entrambi eleganti e felici. Avevano condiviso gioie e dolori insieme, instaurando un legame forte e bello quanto un diamante.
 
Qualcuno bussò alla porta costringendole a separarsi “Si può?”
 
“Avanti!”
 
Sbucò dall’uscio Faramir, in tutta la sua bellezza, con un sorriso gentile ed un abito argentato che colpì Eowyn.  La donna arrossì, dedicandogli un sorriso sotto l’attento sguardo del piccolo Draghetto che, sorrideva contento insieme ad Eldihen.
 
“Ci sarebbe un signore che attende di vederti. Non pensi di star tardando troppo?” domandò Faramir con tono scherzoso.
 
“Andiamo sono pronta”
 
Il suono di una risata fece voltare Legolas dal tavolino nel quale era appoggiato Gandalf. Si voltò e quando vide l’elfa avanzare nel suo splendido abito bianco, schiuse la bocca meravigliato. Non vi era stella più brillante di lei in quel momento, delicata ed elegante come una rosa schiusa. Faramir la teneva sottobraccio, aiutandola a camminare lungo il percorso. Eldihen non era sola, Eowyn e Draghetto l’accompagnavano, insieme a Pipino, Merry e Sam che si era fatto trascinare dai suoi compagni. Il bimbo teneva nelle manine lo strascico di Eldihen in modo che non si sporcasse, proprio come le aveva chiesto Eowyn. Anche se il suo era un compito banale fu felice di eseguirlo, sentendosi speciale agli occhi del nuovo re di Gondor che lo guardava con ammirazione.
 
Eldihen protese il volto in avanti, fissando quei profondi occhi cobalto, con uno sguardo ricco di desiderio e serenità. Lo stesso fece Legolas, alzando il mento orgoglioso, pronto a ricevere tra le braccia la sua sposa. La sua vita. Il tesoro dei suoi giorni e l’alba delle sue speranze. Eldihen.
 
Faramir superò il giardino insieme all’elfa, fermandosi quando Legolas si sporse, con gli occhi rivolti a lei. Sembravano soli, chiusi in una bolla. Si guardarono, ammirandosi a vicenda, con la voglia di viversi e di trascorrere insieme giorni d’amore.
 
“Ti dono la mano di colei che ami. Possiate vivere felici” Faramir dopo aver portato Eldihen all’altare la lasciò al suo futuro sposo, unendosi alla sua dama che si era accomodata su una panca.
 
“Cormamin lindua ele lle (Il mio cuore canta al vederti)” prese la mano nella sua e la baciò con amorevolezza, senza distogliere lo sguardo da Eldihen che sorrideva. Dopo essersi mangiati con gli occhi, si voltarono verso Gandalf, percependo gli sguardi allegri di Aragorn e Gimli.
 
“Sono lieto di unirvi in matrimonio con la benevolenza di Eru e di tutti i Valar” prese a parlare Gandalf facendo scorrere il suo sguardo sui due giovani che dinanzi all’altare si osservavano gioiosamente, fino a raggiungere i tre Hobbit che entusiasti giocherellavano con Draghetto a terra, raccogliendo tutti i petali per gettarli addosso alla novella coppia, come prevedeva la tradizione.
 
Gandalf tornò a parlare, concedendo le sue attenzioni a Legolas e ad Eldihen che, dopo aver superato molti ostacoli si erano trovati, ed erano lì ad incoronare i loro sogni “Che Manwe soffi il suo vento su di voi e Varda illumini il vostro cammino. Alla presenza di Eru e della gente qua riunita vi chiedo di darvi la mano destra, poiché il vostro amore ricevi il sigillo di consacrazione”
 
Gimli afferrò il cuscinetto con gli anelli e li porse a Gandalf sorridendo dietro la sua folta barba. Legolas prese il gioiello e, accarezzando il dorso della mano di Eldihen, lo infilò giurandole fedeltà ed amore eterno “Io Legolas Thranduilion ti accolgo come mia sposa e futura regina, promettendoti di amarti ed onorarti” la guardò intensamente, vedendola emozionarsi ad ogni parola, con gli occhi sognanti ed azzurri come il cielo “per l’eternità”
 
Eldihen anche se entusiasmata, avvertendo su di sé lo sguardo dei presenti, si voltò per prendere l’anello tra le dita e metterlo a Legolas, rassicurata dalla sua espressione serena “Io Eldihen figlia Inginiel ti accolgo come mio sposo e futuro re, promettendoti di amarti ed onorarti” non riuscì a credere che fosse tutto reale, si bloccò per incastrare la fedina nell’anulare dell’elfo, alzando il viso per incrociare gli occhi celesti di Legolas “per l’eternità”
 
Gandalf sorrise insieme agli altri che si erano alzati per avvicinarsi maggiormente, pronti a congratularsi con gli sposini. Draghetto strinse al petto un pugno di petali bianchi, guardando di sottecchi gli hobbit, con il timore che lo precedessero e li lanciassero prima di lui. Era ufficialmente una gara e il piccolo non poteva perdere.
 
“Eru confermi il consenso che avete manifestato davanti ai presenti e vi ricolmi di benedizione. Nessun uomo, elfo o nano, osi separare ciò che Eru ha unito quest’oggi” Lo stregone applaudì prima degli altri, sorridendo felice, insieme ad Aragorn e Gimli “Lo sposo può baciare la sposa”
 
Legolas la prese dalla vita e con dolcezza e profondo amore suggellò quel giuramento con un bacio sulle labbra.  Caddero petali bianchi sulle loro teste. Gimli aveva preso in braccio il bambino, facendogli gettare i fiori addosso alla coppietta felice, mentre i due hobbit si erano approssimati ridendo con entusiasmo, invitando Sam a sciogliersi. Forse il prossimo sarebbe stato proprio lui. Eldihen si aggrappò al collo del suo sposo quando l’elfo si piegò su di lei, sorridendo. Non vi erano parole per descrivere l’immensa gioia che l’aveva travolta e, nel baciare Legolas, sotto la pioggia di petali, rivisse  il momento del loro primo incontro, del loro primo bacio e della notte trascorsa a fare l’amore sotto le stelle, sentendosi avvolta a lui, in anima e corpo. Non vi era più dolore. Una luce li illuminò, sgretolando le ombre che in passato li avevano minacciati. I loro cuori battevano all’unisono, si abbracciarono, ascoltando gli applausi dei loro amici ed il profumo dei loro respiri roventi.
 
“Evviva gli sposi” urlò Draghetto guardando Eowyn e Faramir, con la speranza che presto anche loro si sarebbero uniti in matrimonio.
 
“I miei più sinceri auguri amici miei” Aragorn dopo aver concesso loro un momento, si avvicinò con le braccia aperte, pronto a congratularsi con i suoi amici. Eldihen venne travolta dal suo caloroso abbraccio e tra i sorrisi e i balletti improvvisati degli hobbit, strinse la mano a Legolas che  si girò per afferrarla dalla vita ed abbracciarla da dietro.
 
“Adesso non potrai più sfuggirmi. Sei mia” le sussurrò all’orecchio con voce suadente.
 
Risuonò come una provocazione, non potendo resistere si voltò con la testa, quel poco che bastava per lasciargli un dolce bacio sulle labbra “Spero non ti sia già pentito, ma ormai non c’è più nulla da fare, sei mio”
 
Gimli gli si era avvicinato tutto pimpante a loro, con uno sguardo enigmatico, imbarazzato “E il bambino?” chiese, credendo ancora alle dicerie delle donne di Rohan. Legolas gli rivolse un’occhiata in tralice. Gli aveva spiegato per tutta la notte che il loro non era un matrimonio riparatore, ma che si erano sposati per stare insieme, senza allungare di troppo la corda. Eldihen non era incinta, o almeno mesi fa, ma adesso non poteva esserne tanto sicuro.
 
“Non c’è nessun bambino Gimli, ma abbassa la voce, ti sembra una cosa da dire?” Eldihen lo invitò a tacere, ma era troppo tardi perché Draghetto comprendendo tutto il discorso le si avvicinò tirandole la gonna.
 
“Se non avete nessun bambino, potrei io essere vostro figlio per qualche tempo?” domandò con gli occhietti brillanti facendoli sorridere.
 
“Un ottima idea piccolo” Eldihen gli scompigliò  i boccoli dorati.              
 
“Ehi, mi lasci senza nemmeno chiedermi nulla?” Faramir ed Eowyn si complimentarono con i due elfi. La dama bianca di Rohan rubò Eldihen dalle braccia del suo sposo e, la cullò per qualche istante, veramente contenta di aver assistito alle loro nozze.
 
“Ti voglio bene”
 
“Anch’io” Eldihen per poco non pianse chiudendo gli occhi per prendere forza dal loro abbraccio. Avrebbe sofferto a separarsi da Eowyn.
 
Trascorsero qualche momento a festeggiare e, dopo circa mezzora si allontanarono insieme per raggiungere Frodo.
 
 
 
Gondor li accolse in quelle notti d’amore, che precedettero all’incoronazione di Aragorn. Legolas era affianco a Gimli ed alla sua sposa, passando lunghi pomeriggi con la compagnia dell’anello, prima della partenza che lo avrebbe allontanato per un po’ dalla gioia che lo aveva pervaso in quella settimana.
 
Una mattina aveva comunicato ad Eldihen del suo viaggio e, quando lei si era ribellata, chiedendogli di portarla con sé, Legolas le aveva promesso che sarebbe tornato a riprendersela con il suo popolo, raccomandandole di tenersi pronta a partire. Sapeva che suo padre teneva a certe usanze, ed anche se si era sposato senza la sua benevolenza, non voleva deluderlo ulteriormente, da principe avrebbe adempito al suo dovere, senza però rinunciare al piacere di avere la sua sposa con sé.
 
Arrivarono dei vestiti bellissimi ed altri doni provenienti dal reame boscoso. Il letto matrimoniale era pieno di rose rosse e gioielli che Eldihen ammirò, impaurita perfino ad indossarli di quanto erano preziosi ed eleganti. Legolas le mancava molto ed anche se Eowyn, Gimli e tutti i suoi amici le erano vicini, nessuno riuscì a colmare il vuoto che suo marito aveva lasciato.
 
Nel  giorno dell’incoronazione di Aragorn il palazzo era in subbuglio. La gente correva da una parte all’altra ed Eldihen, pronta a sostenere il re di Gondor, indossò un abito bianco di pizzo, portando tra i capelli una tiara di cristallo. Indossò una collana argentata che si abbinava perfettamente agli inserti del suo abito, ed anche se era un po’ impacciata, uscì da palazzo insieme ai compagni.
 
Il piazzale era pieno di gente e l’albero bianco rispendeva, come se avvertisse la venuta del nuovo sovrano, rallegrandosi insieme al popolo. In lontananza il cielo ero chiaro, e non si vedeva più la nube oscura che spuntava dal Monte Fato, solo le nuvole si estendevano all’orizzonte occupandone il posto. Ad Eldihen sembrò di trovarsi all’interno di un dipinto. Osservò le guardie schierate, ed il percorso che divideva la folla in due. Ricercò lo sguardo di Eowyn per farsi coraggio, in seguito si unì a Gimli, posandogli una mano sulla spalla.
 
“Forse non te l’ho mai detto ragazza, ma sappi che mi sono affezionato a te” confessò Gimli in quell’istante in cui tutto giungeva a termine.
 
“Lo sai che vale lo stesso per me” piegò le labbra carnose in un sorriso.
 
“L’elfo è fortunato ad averti” abbassò il viso sul cuscino che stringeva, vedendo Gandalf con solennità prendere tra le mani la corona alata.
 
“Adesso arrivano i giorni del re” gridò alla gente con fierezza dietro l’arco di fiori. Eldihen applaudì e rivolse uno sguardo di orgoglio al suo amico, girandosi da una parte all’altra per scrutare i volti della gente, i sorrisi dei bambini, specie quello dipinto sul volto di Draghetto che era affianco ad Eowyn e Faramir. La felicità e i canti esultarono al cielo, ma all’improvviso Aragorn che da poco era stato incoronato re,  innalzò una melodia antica, dietro le porte del palazzo. Eldihen chinò il capo rispettosamente, riconoscendo il giuramento di Elendil. Petali bianchi ricaddero dal cielo adagiandosi al suolo. Rimasero tutti in silenzio e, dopo essere stata richiamata, Eldihen insieme a Gandalf e Gimli oltrepassò con il re il sentiero azzurro, incrociando i volti dei suoi amici che in senso di rispetto si inchinavano al passaggio di Aragorn. Avanzando insieme a Gimli, l’elfa incrociò il volto sereno di Madeos, che in mezzo alla folla stringeva la mano di Aimi, la fanciulla che lo aveva curato. Sorpresa gli sorrise vedendolo fare lo stesso.
 
Quando rialzò la testa, vide giungere da lontano una processione di elfi, guidata da Legolas. Il suo cuore perse un battito, Eldihen esultò silenziosamente, schiudendo le labbra. Non lo aveva mai visto così bello e splendente, nella sua lunga tunica argentata, in veste ufficiale di principe del reame Boscoso. Il suo sguardo era serio e solenne. Aragorn felice di incontrarlo gli andò incontro, ammirando gli stendardi elfici.
 
“Hanon le” Legolas accennò un sorriso e con un cenno indicò una persona dietro di sé. Aragorn intuendo schiuse sbalordito la bocca, ansioso di incontrare la sua amata. Si ricompose solo per indicare all’amico allo stesso modo, la presenza di Eldihen.
 
Aragorn avanzò in direzione degli elfi, mentre Legolas lo oltrepassò, camminando nel lato opposto, ricercando con gli occhi il volto aggraziato della fanciulla che amava, fino a che, si bloccò, vedendola ferma accanto a Gimli. Si guardarono entrambi con sorpresa e, rimanendo in silenzio, desiderarono stringersi per non lasciarsi mai più. Legolas le sorrise e l’elfa si sentì morire, travolta dalla sua aura argentata. I petali continuarono a scendere dal cielo, proprio come nel giorno del loro matrimonio.
 
”Mela en’ coiamin (Amore della mia vita)“ sussurrò Legolas azzerando le distanze fino a giungere dinanzi a lei. La contemplò. Era un incanto in quell’abito di pizzo bianco, molto romantico, che esaltava il suo fisico a clessidra ed impreziosiva la bellezza dei suoi occhi chiari.
 
“Mi sei mancato molto” gli sorrise imbarazzata. Gli elfi li stavano fissando ed anche se era lontana, Eldihen giurò di vedere alcune ragazze imbronciate. Solo il tocco di Legolas la distolse dalla gente e, intrappolata dal suo sguardo stupendo, Eldihen strinse i pugni, costringendosi a non emozionarsi, non poteva piangere, specie in un momento magico come quello. Le dita di Legolas le sfiorarono le guance, le palpebre e si fermarono sulla mascella. Si chinò e, nello stesso momento in cui Aragorn baciò Arwen, l’elfo posò le labbra su quelle di Eldihen, abbracciandola con amore. Le persone applaudirono, ma loro erano troppo distanti per ascoltarli, troppo impegnati a toccarsi, assaporare le labbra con nostalgia e felicità. Eldihen sfiorò la sua pelle diafana con una mano, scendendo sul collo, mentre Legolas dopo averle lasciato una scia di baci, la strinse a sè come se non se ne volesse più separare, con le mani tra la coltre di capelli mossi.
 
 “Sono stati giorni vuoti senza di te, non puoi immaginare quanto ti abbia desiderata” la baciò ricercando la sua lingua, sfiorandola quando la ebbe trovata.
 
“Sei la mia vita” Eldihen si aggrappò al suo collo, accarezzandogli i capelli con trasporto. I loro profumi si mischiarono e travolti dal sentimento si accarezzarono, sentendo i battiti roventi dei loro cuori.
 
“Si, fate come se non ci fossi, mh” Gimli era rosso dalla vergogna, con le palpebre abbassate e le mani giunte.
 
“Mi sei mancato anche tu amico mio” sorrise Legolas allontanandosi di poco da Eldihen. Le cinse la vita e guardando insieme a lei la moltitudine di persone che era presente  quel giorno, ringraziò i Valar per aver superato tutte le avversità, considerando la moglie come un dono.
 
Si inchinarono prontamente ai piedi degli Hobbit quando Aragorn li ringraziò, vedendoli sorpresi e felici. Eldihen sostenuta da Legolas posò la testa sulla sua spalla e quando si rialzò da terra, dedicando ai piccoli della contea un sorriso sincero, si sentì presa dalla mano.
 
“Vieni con me!” Legolas la guardò giudiziosamente, ma Eldihen non capendo corrugò le sopracciglia, ricevendo un bacio in fronte “Seguimi Gimli”
 
Mano nella mano superarono il percorso, giungendo al cospetto di sire Elrond. Il sovrano di Imladris guardò Eldihen con ammirazione e, notandola imbarazzata si portò in avanti per parlarle.
 
“Ho sentito di ciò che hai fatto cara Eldihen e ne vado fiero. Hai aiutato Gondor ed anche se attendevo il tuo arrivo a Gran Burrone, confesso di esser stato orgoglioso delle tue azioni. Penso che tuo padre da buon carpentiere quale è sarebbe onorato quanto me quest’oggi” confessò con la sua voce vibrante.
 
Eldihen appena sentì nominare il genitore si commosse ed involontariamente le lacrime le coprirono gli occhi. Le mancava molto la sua famiglia. Chinò il capo, lasciando i capelli castani scendere lungo i fianchi, fino a che Elrond con due dita le sollevò il volto, facendole spalancare gli occhi.
 
“Se mai dovessi aver bisogno di qualcosa, sarò lieto di starti accanto ed anche se non sono tuo padre ne farò le veci” le garantì sorridendole. Era pur sempre una cittadina di Rivendell, non l’avrebbe mai abbandonata.
 
“Non so come ringraziarti mio signore” rispose entusiasta. Da dietro le spalle di Elrond spuntò un elfo alto e saggio che, guardando le mani intrecciate di Legolas ed Eldihen, si sentì in dovere di esporsi, muovendo il suo sguardo di cristallo, sul volto delicato della fanciulla.
 
“E dunque tu saresti Eldihen!”  disse con tono altezzoso incontrando gli occhi azzurri dell’elfa, che sorpresa alzò il volto. Scambiò uno sguardo interrogativo con Legolas, attendendo delle spiegazioni.
 
“Mio padre Eldihen” L’elfo le accarezzò il manto di capelli con un’espressione indecifrabile.
 
Gimli arricciò le labbra scrutando il sovrano dalla sua altezza. Ricevette un occhiata da parte di re Thranduil, che incuriosito sollevò le sopracciglia, ritrovandosi alla fine della guerra dell’anello con un nano ed una nuora.
 



Note autrice:
E’ ufficiale sono triste t.t non vorrei finisse, ma alla fine siamo giunti al penultimo capitolo, e non potete immaginare quanti bei ricordi mi avete lasciato, è stato un viaggio molto bello insieme a quelle persone che mi hanno seguita e mi hanno lasciato i commenti <3 grazie infinite <3
Alla fine la nostra coppia felice si è sposata e finalmente siamo giunti al momento dell’incoronazione (confesso che mentre scrivevo non ci credevo di arrivarci, per me era un traguardo lontano, lontano. Invece ce l’ho fatta<3 sono felice  perché ci ho messo molto impegno) io spero vi sia piaciuta, di avervi fatto ridere e commuovere, di avervi fatto innamorare di questi due… io spero di esservi arrivata perché credetemi che ci ho messo anima e cuore e sono un po’ una cretina a scrivere ciò con le lacrime agli occhi, ma è bello poter finire qualcosa e pensare a quanto sia stato bello e (oddio non voglio che finiscat.t) lasciare qualcosa di mio alla Terra di Mezzo….<3
Fatevi sentire perché sono curiosa, io risponderò appena possibile, ma sappiate he mi  rende molto felice il vostro supporto, grazie
Riguardo l’ultimo aggiornamento: sarà di sabato. Il primo capitolo è uscito di sabato ed anche per l’epilogo sarà così… se volete un consiglio da parte mia (se siete affezionati quanto me) preparate i fazzoletti perché Eldihen e Legolas vi saluteranno t.t ma ad asciugare le vostre lacrime ci sarò io con un annuncio (e non dico altro, promesso, non vi voglio rovinare la sorpresa)
Un abbraccio a tutti, a sabato<3
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Epilogo ***


Epilogo



Depose sulla mensola della nuova camera la bambolina di pezza che le aveva regalato Eowyn a Rohan, insieme alla collana di Nihil ed una spilla che gli aveva regalato Gandalf prima di partire. Frettolosamente Eldihen ricacciò dalla valigia i suoi vestiti, prendendo tra le mani i frammenti che erano rimasti della spada. Seduta sul pavimento in legno osservò distrattamente il letto a baldacchino, ricoperto da un piumoncino di velluto rosso. I due vetri trasparenti luccicarono tra i vestiti, la pietra nera sembrò perdere l’intensità del suo colore. Eldihen l’ammirò portandola in alto, verso la luce delle candele. Era grigia, non più scura come un tempo. Non si impensierì e l’adagio sul ripiano insieme a tutti gli oggetti che si era portata appresso.
 
Si bloccò nel mezzo della stanza, seguendo con lo sguardo l’intricata decorazione al muro, composta da rami intrecciati ed ornamenti elfici che si estendevano lungo l’intero perimetro della parete. Le lanterne illuminarono la sua figura e, la fanciulla nel guardarsi intorno si sentì tremendamente sola. Legolas l’aveva condotta a Bosco Atro ed in quei giorni Eldihen aveva vissuto una vita serena, viziata dalle attenzioni della servitù, ma non felice come lo era a Rohan. Sospirò sbattendo le ciglia. Già, Rohan. I pensieri la riportarono alle chiacchierate con Eowyn ed ai momenti trascorsi insieme a Gimli ed Aragorn. La stanza era muta ma l’elfa vedeva i volti dei suoi cari amici dappertutto, sentiva le loro risate ed il timbro delle loro voci anche se loro non erano presenti. Quanto avrebbe voluto rivederli, la nostalgia la travolse come un onda del mare, ed Eldihen naufragando tra i pensieri canticchiò una melodia, per ricacciare le lacrime.
 
Legolas dormiva in una stanza separata perché Thranduil, scoprendo del loro matrimonio, li aveva divisi con la pretesa che loro due ufficializzassero le nozze a Bosco Atro. Thranduil era altezzoso, saggio e temibile, Eldihen comprese di non essere apprezzata molto per via della sua umile discendenza. La sua famiglia era benestante ma non prestigiosa quanto quella di Legolas e Thranduil che puntualmente glielo ricordava, attraverso frecciatine che la fanciulla doveva digerire, costringendosi a star zitta per amore di Legolas.
 
Ripiegò tutti i vestiti e prima di uscire dalla camera, si prese cura dei suoi capelli e del suo abbigliamento. Gli occhi degli elfi silvani erano attenti a certe cose, specie all’abbigliamento ed alla sua condotta, esaminandola come se fosse un forestiera venuta dal mare, non una cittadina della terra di mezzo come loro.  Indossò un abito argentato, stretto al torace con la gonna un po’ svasata. Uscì dalla camera frettolosamente e superando i serpeggianti corridoi del regno di re Thranduil, camminò spedita verso la biblioteca reale, ascoltando il fruscio della cascata che scorreva lungo la parete rocciosa. Attirò l’attenzione delle guardie, ma non le interessò, e con le braccia conserte superò il largo ponte in legno, giungendo in uno spiazzo illuminato da delle lanterne argentate, imboccando una scalinata. Dopo aver stretto i denti, si ritrovò nell’ampia libreria al piano di sotto, accolta dal gradevole odore dei libri.
 
Legolas era in piedi, vicino ad uno scaffale pieno di tomi, a studiare una mappa antica, illuminato dalla luce delle fiaccole sui muri. Indossava una camicia chiara, azzurrina, con dei ricami sulle spalle. I capelli erano lisci e biondi, diversi da come li portava solitamente, semiraccolti, ma senza le classiche trecce che Eldihen adorava.
 
“Avevi promesso di raggiungermi, ma mi hai fatta annoiare” sbuffò con espressione divertita, incrociando gli occhi azzurri dell’arciere. Legolas accennò un sorrisetto e, senza curarsi dell’avvicinamento di Eldihen, ripiegò la mappa che stava esaminando, facendola insospettire.
 
“Che guardavi?”  chiese la donna parandosi davanti, con le mani sui fianchi e gli occhi socchiusi.
 
“Nulla di importante” le dedicò uno sguardo, travolgendola con il suo fascino. Eldihen arrossì, non riuscendo a rimanere impassibile dinanzi al suo volto chiaro, alle labbra delineate ed alla curva del collo scoperto. Era bellissimo.
 
“Fammi vedere” allungò una mano per afferrare la mappa dalle dita di Legolas, ma quest’ultimo portò il foglio dietro la schiena indietreggiando con espressione divertita.
 
“Sei troppo curiosa” affermò, seguendo i movimenti del suo corpo, perdendosi a fissare i capelli che sinuosi si spostavano mentre Eldihen si muoveva con un sorrisetto furbo.
 
“E’ da tempo che trascorri i pomeriggi in questa libreria e non ti curi di me, vorrei sapere cosa occupa i tuoi pensieri” si fermò quando Legolas appoggiò le spalle al muro. Non era turbato, chinò il capo mostrando un sorrisetto sottile che ad Eldihen non piacque affatto “E’ palese che tu mi stia nascondendo qualcosa”
 
“Ah si?” la canzonò bonariamente Legolas inclinando il mento. Alzò le sopracciglia, sempre più felice di osservare l’espressione confusa della fanciulla.
 
“Stai programmando la partenza per Valinor?” se ne uscì incrociando le braccia sotto il seno.
 
“No”
 
“Andremo a trovare Gimli nelle caverne scintillanti?” non demorse e sicura distese le labbra, convinta di aver compreso i piani di Legolas.
 
“Sbagliato”
 
“Ed allora cosa? Forse è una scusa per starmi lontano?” chiese fingendosi offesa, con la speranza che l’elfo si intenerisse e le svelasse il mistero, ma così non fu.
 
Legolas sogghignò, dedicandole uno sguardo furbo. La luce delle fiamme accentuò i suoi lineamenti, tratteggiando delle ombre sul suo viso.
 
“Va bene ho capito” Eldihen sbuffò, sistemando la stoffa della sua gonna, poi si voltò senza però allontanarsi “evidentemente stai cercando di evitarmi. Non mi interessa. Fa ciò che vuoi, se preferisci stare da solo piuttosto che trascorrere del tempo con tua moglie, non verrò più a trovarti “ dopo avergli lanciato uno sguardo crucciato fece per girarsi. Legolas prontamente allungò le mani sulla vita di lei, abbracciandola da dietro. I loro corpi si scontrarono ed in quel momento Eldihen si sentì bruciare. Il petto di Legolas era muscoloso e caldo, quanto i baci che lui presto le lasciò sulle orecchie.
 
“Stanotte…” sussurrò sensualmente accendendo un fuoco all’altezza del petto di Eldihen che inebriata dal suo profumo protese il collo, lasciando che l’elfo posasse le sue labbra sulla sua pelle “Lascia la finestra di camera tua aperta…” disse sfiorandole la punta dell’orecchio, facendole avvertire il suo alito caldo ed il desiderio che trapelava dalla sua voce “Desidero fare l’amore con mia moglie tutta la sera, perché mi manchi da morire”
 
“Veramente? Ma se l’abbiamo fatto ieri sera” Eldihen si voltò, incrociando i suoi occhi languidi, godendo del suo respiro rovente e delle carezze che gli stava concedendo. Si avvicinò pericolosamente alla sue labbra e, quando Legolas smanioso le sfiorò, lei retrocedette, vedendolo impazzire di fronte quel gesto.
 
“Lascia che ti baci” disse con voce bassa, saldando la presa alla vita di Eldihen.
 
“Perché dovrei? Parlami di quella misteriosa mappa”
 
“Lo farò, ma non è giunto il momento” senza permetterle di controbattere, l’elfo la strinse  con foga  al suo petto, posando le labbra su quelle di Eldihen. La baciò passionalmente, facendo scorrere le dita sul corpetto, desiderando che quel momento non finisse mai ma, all’improvviso si allontanò a malincuore dalla giovane, ricomponendosi, senza però spostare le braccia dal corpo di Eldihen.
 
“Adar! (Padre!)” salutò il sovrano con un cenno del capo. Si chiese da quanto tempo fosse lì, non si era accorto di nulla.
 
Eldihen completamente imbarazzata si voltò verso Thranduil, vedendolo fermo in mezzo alla stanza, con le braccia incrociate dietro la schiena, i capelli argentati che gli ricadevano sul torace, avvolto nel suo mantello rosso, con gli occhi azzurro chiaro fermi su di loro. Abbassò le mani dal petto di Legolas e fece per allontanarsi, ma l’elfo glielo impedì, stringendola a sé come poco prima, senza timore o imbarazzo. Morse un labbro nervosamente, osservando il volto serio di Legolas. Sapeva che lui era contrario alle decisioni del padre, infatti tutte le notti la raggiungeva passando dalla finestra.
 
“Eldihen, il maestro di musica ti aspetta, hai forse dimenticato della lezione?” chiese il re con voce sommessa “Inoltre…” camminò lentamente verso loro, oltrepassando il lungo scaffale, con la testa alta e  delle movenze eleganti “Desidererei che voi rimaneste lontani fino al giorno del matrimonio, non manca molto…” si fermò, allargando un sorrisetto sarcastico che Legolas non sembrò gradire molto “Le voci corrono e non vorrei che si alimentassero pettegolezzi sul vostro conto”
 
“In realtà siamo già sposati padre” puntualizzò Legolas con un tono di voce pacato ma deciso.
 
“Legolas…” Eldihen lo riprese. In realtà era stata lei a dimostrarsi accondiscendente nei confronti del suocero, comprendendo l’importanza delle nozze pubbliche, desiderando appianare la situazione, senza alimentare discussioni. Legolas era un principe deciso ed orgoglioso, ed anche se saggio a volte si lasciava prendere dalla collera, specie quando si trovava di fronte a delle ingiustizie. Ormai lo conosceva benissimo.
 
“Mia moglie è in mia compagnia e non intendo separarmene” dichiarò accarezzandole dolcemente il braccio della ragazza quando incrociò il suo sguardo preoccupato.
 
“Capisco, ma ci sono i preparativi del matrimonio ed Eldihen non può stare sempre accanto a te. Vi ricordo che le nozze si celebreranno settimana prossima. Elrond raggiungerà entrò domani il nostro regno, è inaccettabile che gli altri si preoccupino più di voi stessi”
 
“Io ed Eldihen siamo pronti” confermò Legolas guardando il padre negli occhi.
 
“Riguardo a te non nutro dubbi, ma Eldihen dovrebbe migliorarsi. Non appartenendo ad una famiglia reale a volte manca di tatto. Nulla di irrisolvibile ovviamente, non me ne sorprendo, infondo è pur sempre la figlia di un carpentiere” sottolineò come soleva fare in quei giorni, sfidando la pazienza di Legolas “Molto scaltra d’altronde, un matrimonio tra un principe ed una semplice ragazza non è un evento che si verifica tutti i giorni”
 
“Eldihen è una nobile elfa padre, per tale ragione ho deciso di prenderla in moglie…”
 
“Mio padre è un elfo rispettabile e degno di nota, non mi vergogno di essere sua figlia. Io e Legolas ci amiamo per ciò ci siamo sposati. Non importa che lui sia un principe o un semplice soldato, ciò non avrebbe fatto differenza” rispose a tono senza risultare sgarbata o ostile, riuscendo a strappare un sorrisetto soddisfatto a Legolas.
 
Thranduil annuì “Per giunta sposando mio figlio sei diventata principessa. Se mi intrometto è per il vostro bene. Desidero che sia celebrato un matrimonio di grande magnificenza, tutti dovranno rimanere sbalorditi, celebrando la bellezza del mio regno e della sposa di mio figlio”
 
“Immagino mio signore. Saremo felici di accontentarvi” sentì Legolas sospirare. Thranduil dopo essersi scambiato un lungo sguardo con il figlio lasciò la libreria, imboccando le scalinate. Eldihen si voltò per incrociare il volto dell’elfo e notandolo turbato posò con gentilezza una mano sulla sua guancia.
 
“Perdonami, non vorrei stancarti così tanto, siamo già sposati e mio padre dovrebbe accettarlo definitivamente” asserì serio con tono attenuato, serrando le labbra.
 
“Io lo capisco. In realtà tuo padre ha ragione, sei il suo  unico figlio ed erede, è normale che voglia celebrare le nozze ufficialmente. Noi due ci siamo sposati per conto nostro, senza ascoltare nessuno e comprendo benissimo la tua scelta ora più che mai. So che probabilmente lui non mi avrebbe mai accettata se non fosse stato per la promessa che ci siamo scambiati a Gondor in nome di Eru, e so che tu hai fatto ciò che sentivi” scivolò dolcemente le mani sul suo petto, fermandosi su un punto in cui percepiva il battito del cuore di Legolas “Il tuo gesto d’amore mi ha resa felice, ma dovremmo condividere la nostra gioia con le persone che ci vogliono bene. Tuo padre ti ama Legolas e desidera il meglio per te”
 
“Sei tu il meglio per me” dopo averla ascoltata chinò il capo per guardarla, rispecchiandosi nelle sue iridi cerulee.
 
 
 
 
Una leggiadra ed antica melodia risuonò nelle sale agghindate del palazzo. Le lanterne scintillavano in ogni angolo del ponte, incorniciate da fiocchi bianchi e rose dal fresco profumo. Thranduil era stato esigenze, organizzando una festa di grande sontuosità, sotto il chiaro di luna.
 
“Gli invitati ti attendono mia signora. Sire Elrond desidera vederti” Eldihen non mosse il suo sguardo, bloccando con un dito la tenda della finestra di camera sua, che si affacciava  sul piazzale in cui si sarebbero celebrate le seconde nozze. C’era così tanta gente nei corridoi che rabbrividì al pensiero che presto tutti quegli occhi sarebbero stati puntati su di lei.
 
“Fatelo entrare” annuì facendo scorrere lo sguardo sull’ampio vestito che le era stato preparato dalle sarte del regno. Sfiorò i cristallini sul corpetto, scostando la gonna finemente ricamata con decorazioni sinuose dal gusto regale. Era decisamente un abito da principessa, diverso da quello che aveva indossato a Gondor, più importante. Fortunatamente il petto era stato coperto da alcuni inserti di pizzo, facendola sentire a suo agio. Posò la mano sulla cicatrice e guardandosi allo specchio si rallegrò notando che non vi era nemmeno l’ombra. Le elfe le posero sulla testa un lungo velo bianco, stando attente a non rovinare l’acconciatura composta da alcune trecce morbide e ciuffi di capelli ondulati.
 
La porta si aprì e senza essersi annunciato, Elrond entrò. Rimase fulminato dalla bellezza eterea che quel giorno Eldihen sfoggiava. Il viso dai lineamenti delicati era rilassato in un’espressione di felicità, le guancie e le labbra rosate e due fossette ai lati delle guance. I cristalli illuminarono il viso incorniciato da morbidi boccoli nocciola. Sul capo portava una coroncina elfica con alcune gemme incastonate.
 
“Semplicemente bellissima” chinò il capo sorridendo flebilmente. Elrond accolto da una rilassante atmosfera camminò nella stanza dalle pareti beige, dal quale filtrava la luce della finestra adiacente “Tuo padre sarebbe felice di vederti ed immagino tu ne senta la mancanza”
 
“E’ cosi, avverto la sua mancanza, specie in un momento importante come questo” disse sistemando la vite agli orecchini di cristallo. Era agitata ed Elrond accorgendosene, con un gesto gentile le tese la mano, sorridendole.
 
“Sarò onorato di portarti all’altare. Non abbandonerei mai una’abitante del mio regno, specie se quest’ultima è la figlia di Ingin” disse prendendole la mano affusolata, candidamente avvolta dal pizzo del vestito.
 
“Io…” spalancò le palpebre sorpresa, deglutendo la sua stessa saliva “Grazie” commossa percepì un brivido percorrere la sua pelle e fermarsi sulla schiena.
 
Sottobraccio ad Elrond, la fanciulla si diresse alla sala reale, con dei fiori in mano, salutando timidamente la gente che incrociava e le rivolgeva sguardi colmi di meraviglia. Fu felice di vedere in mezzo alla folla in lontananza, Aragorn in compagnia di Arwen e Gimli, li salutò con maggiore enfasi. La loro presenza lì era incoraggiante.
 
Era difficile avanzare lungo il ponte illuminato dalla luce delle lanterne, dal quale si potevano scorgere perfettamente il chiarore argentato delle stelle. Elrond grazie alla sua maestria riuscì a rasserenarla, prendendola a cuore, come se fosse una figlia.
 
 Legolas nel guardarli dall’altare gli sembrò  che fosse un’immagine dipinta su tela: Elrond indossava una preziosa tunica blu notte, ed Eldihen nel suo bellissimo abito di chiffon, pareva il diamante raro che mancava a Bosco Atro. Aggraziata, guardava Legolas con amore, mentre percorreva il ponte. Il suo profilo perfetto attirò l’attenzione degli invitati, poiché il suo volto era più bello di quanto potesse apparire il vestito ed i gioielli che indossava. Anche Thranduil dovette ammettere di trovarsi dinanzi ad uno splendore di fanciulla, soddisfatto dei commenti  e degli sguardi sbalorditi degli invitati. Era proprio ciò che voleva quel giorno.
 
La cerimonia fu lunga e piena di benedizioni. Eldihen era stanca e Legolas accorgendosene le sorrise, stringendo la sua mano ogni qual volta lei si distraeva più del dovuto e, dopo aver giurato per la seconda volta amore eterno dinanzi ad Eru, la prese da un braccio, dirigendosi insieme a lei al piano inferiore, per festeggiare adeguatamente insieme a tutti gli ospiti.
 
Fiumi di vino scorsero come acqua quella sera. Thranduil soddisfatto contemplò la grande sala piena di tavoli, petali di rose e cristalli, facendo cenno a Galion di sistemare le rose sui vasi bianchi, tutto con un semplice sguardo. Ricevette le congratulazioni per il figlio e per l’ormai ufficiale nuora. Si accorse presto però che Legolas mancava, in effetti il tavolo degli sposi era vuoto. Sapeva che non avrebbe aspettato, fin da ragazzo odiava partecipare ai ricevimenti, inoltre era da un paio di giorni che il figlio bramava di trascorrere del tempo con Eldihen, per mostrarle la sorpresa che le aveva organizzato con estrema cura.
 
 
“Tieni gli occhi chiusi” Legolas stringeva la mano tremante di Eldihen, tappandole gli occhi con l’altra. Camminò  insieme a lei lungo il corridoio, in compagnia di Gimli, Aragorn ed Arwen che ridacchiando aiutarono Eldihen a liberarsi del velo sui capelli.
 
“Ma quanto è lungo! Sembra un tappeto o una tenda” commentò il nano felice di aver lasciato il ricevimento. Odiava gli elfi spocchiosi incontrati quel giorno. Era decisamente più divertente camminare in tutta tranquillità dentro la grotta che ospitava il regno di Thranduil, sentendo l’adrenalina salire.
 
“Dove mi stai portando?” Eldihen non comprese, ascoltando il rumore delle cascate in vicinanza. Si affidò a Legolas, avanzando con curiosità.
 
Aragorn sorrise procedendo mano nella mano con Arwen che si era offerta di seguire la coppia di novelli sposi fino alle porte del regno.
 
“Devo mostrarti una cosa, apri gli occhi quando te lo dico io!” disse guardandola. Eldihen annuì non comprendendo i piani segreti dell’elfo, ansiosa di saperne di più.
 
“E va bene” sentì la mano sulle palpebre allontanarsi dal suo volto, ascoltando le risate ed i commenti dei presenti. Fu tentata di sbirciare, ma si costrinse a non farlo, attendendo il via da parte di Legolas, che non tardò.
 
“Apri gli occhi”
 
Prese alla lettera il suo ordine, ritrovandosi all’ingresso del palazzo. Le porte del regno erano spalancate e da esse entrava il gelo della notte. Si trovavano immersi in una larga sala, riempita di luce e di canti, dal quale si poteva benissimo udire le risate provenienti dal piano superiore. Eldihen corrugò le sopracciglia, notando fuori, nel piccolo pontile, due cavalli bianchi. Si voltò confusa verso Legolas, seguendolo con lo sguardo, fino a che lui non la raggiunse, con in mano una mappa. La stessa mappa che le aveva nascosto giorni addietro. Eldihen contemplò la tunica argentata ed il suo sorriso luminoso.
 
“Tieni, aprila” gliela porse sotto gli occhi contenti di Aragorn che, già conoscendo ogni cosa scambiò uno sguardo complice con Arwen, chiedendosi come avrebbe reagito Eldihen.
 
“E’ quella mappa” tastò la superficie ruvida del foglio, travolta dal calore delle mani di Legolas che si era avvicinato per stringerle la vita. Aprì smaniosa la mappa: era la cartina della Terra di Mezzo. Nell’esaminarla Eldihen vide un punto evidenziato con un cerchio nero, ma non comprese cosa significasse.
 
“Noti niente?” chiese Legolas altalenando lo sguardo da lei alla mappa.
 
“C’è un punto” indicò la pianura che si estendeva vicino a Gondor, continuando a non capire “L’Ithilien” disse infine incrociando lo sguardo soddisfatto di Legolas.
 
“Si. Io e te ne saremo i signori e vivremo là, vicino ai nostri amici, soli”
 
Quando Eldihen comprese portò una mano alla bocca. Non poteva crederci, Legolas aveva organizzato tutto per lei. Si specchiò nei suoi occhi azzurri, sentendo passivamente i commenti di Gimli ed Aragorn. Contenta della bella sorpresa distese gli angoli della bocca, senza muovere lo sguardo da Legolas ed entusiasta lo baciò sotto le stelle.
 
 
 
Con una numerosa schiera di elfi Silvani, Legolas prese possesso dell’Ithilien e, grazie anche all’aiuto di Eldihen purificò il territorio, piantando alberelli fianco a fianco alla moglie, con amore e serenità, godendo pienamente di quel ritrovato stato di pace. Edificarono case accoglienti. La fanciulla se ne occupò personalmente, rimboccandosi le maniche insieme alla truppa di elfi, fino a formare un piccolo villaggio, immerso nel verde della natura. La malvagità di Sauron era ormai un ricordo, poiché la primavera  che riscaldava il mondo illuminò ogni cuore. Dei piccoli fiorellini ripresero a crescere lungo l’ampia pianura soleggiata, ricoprendo anche le rocce che delimitavano L’Anduin.
 
Nel cuore del bosco, colpita ad ogni ora dai raggi del sole, circondata di pini e di cespugli selvatici, sorgeva una baita dalle spesse mura di legno. Era una dimora accogliente, semplice, calorosa, ricoperta di vasi ricolmi di fiorellini e di lanterne sulle finestre. Eldihen quella mattina si trovava fuori, ad ammirare la sua costruzione, con il viso pieno di polvere ed ancora il martello in mano, attendendo l’arrivo di Legolas che, tenendola d’occhio costantemente, stava sistemando il cornicione fuori dalla porta.
 
“E’ proprio come quella del mio sogno” esclamò pulendo la polvere dai pantaloni neri. Ricordava ancora dell’incubo che aveva avuto a Rohan, di lei che usciva da quella casa e della conseguenza perdita del figlio. Un sogno troppo reale.                 Riconobbe senza problemi la casetta dove adesso viveva. Si trovò a chiudere palpebre. Temeva per il futuro, poiché anche se la guerra era passata un’ombra gravava su di lei. A detta di Legolas era normale il suo stato di ansia. In quel periodo gli era stato accanto costantemente, curando il suo cuore dalle preoccupazioni che il conflitto le aveva lasciato.
 
Girò il volto in direzione della moglie e, sistemando il colletto della classica divisa verde, lasciò perdere il suo lavoro, riponendo il martello sui tre gradini e le si avvicinò, ascoltando il canto degli uccellini, in quel prato che profumava di natura “Andrà tutto bene” intuendo le sue paure le prese la mano, osservandola mentre stringeva le labbra nervosamente. Scostò dolcemente i capelli dalla fronte di Eldihen  “Ormai la guerra è passata, io e te siamo insieme e non ci sarà più nulla a minacciarti, né Nihil, né i suoi incantesimi, né Sauron” sfiorò le sue labbra con le dita, fino a sentire un sospiro sulla pelle.
 
“Ci sono però alcuni segni che non se ne andranno mai” abbassò con la mano quella di Legolas sul suo petto, nel punto in cui si estendeva la cicatrice “Ma non impensierirti, non mi fa paura questa ferita, perché mi ricorda ciò che ho superato. Non dimenticherò mai il dolore della gente, della guerra e di Nihil”
 
Perplesso dinanzi a quel gesto, Legolas le si avvicinò, studiando la stoffa della blusa nera. Con un’espressione indecifrabile si chinò e la baciò, proprio in quel punto che lei nascondeva, sentendola respirare pesantemente sul suo collo, fino a percepire le sue braccia intrecciate dietro la sua testa “Sei stata sempre una maldestra, ma ti amo ugualmente” dichiarò con area scherzosa, divaricando le gambe per incastrare quelle di Eldihen tra le sue, avvinghiandola a sé.
 
“Immagino quanto ti abbia fatto preoccupare” abbassò il capo osservando la linea che si era formata sul collo liscio di Legolas. Sciolse le braccia da dietro la schiena di lui e le posò sui suoi pettorali “Scusami se ti ho fatto del male” era seria e lo fissava con trasporto, tanto da farlo impensierire.
 
“Eldihen, sto così bene adesso che non voglio più pensarci ma…” si bloccò per toccare la sua fronte sudata, fino ad assottigliare le palpebre, sfoggiando un’espressione seria quanto affascinante. Mille pensieri passarono attraverso i suoi occhi e la sua mente, ma Eldihen non riuscì a decifrarne nemmeno uno e, quando Legolas si ricompose pensò che dovesse dirgli qualcosa di veramente importante “Sono orgoglioso di te, anche se ho avuto paura di perderti, hai fatto del tuo meglio per aiutare gli altri” concluse con il suo classico sguardo  gentile.
 
Entusiasmata sorrise accarezzandogli il collo. Si sentì soddisfatta nel sentire quel commento da parte di Legolas cosa che lui notò subito, rallegrandosi. Eldihen si alzò sulle punte dei piedi per raggiungere le sue labbra e lo baciò sentendolo ridacchiare.
 
 “Quanto siamo contenti!” esclamò lasciandole un dolce bacio sulla bocca, massaggiandole la schiena con una mano “Però sia chiaro: non ti venga in mente di lasciarmi di notte per andare chissà dove ora che ti ho detto questo” le ordinò, ammirandola dietro lo sfondo di alberi. Calpestò gli aghetti secchi a terra, sentendoli scricchiolare sotto i piedi.
 
“Sarei pazza a lasciare il mio letto, sai trascorro notti bellissime in compagnia di elfo niente male, dagli occhi azzurri e i capelli biondi. Per non parlare del suo fisico statuario. Non potrei mai rinunciare a lui!” disse scherzosa prendendogli entrambe le mani con aria divertita.
 
“Sembra che tu sia felice accanto a lui, lo conosco?”             
 
“Sicuramente” rise invogliata a ribaciarlo sotto la fronda dell’albero. Adesso l’odore della campagna si faceva sentire e travolti dalla passione si strinsero baciandosi fino a scontrarsi contro un tronco “Dovrei fare un bel bagno” disse Eldihen dopo aver notato di aver imbrattato la tunica di Legolas.
 
“Vuoi che ti faccia compagnia?” l’invito di Legolas era allentante, tanto da far sorridere Eldihen che, prendendolo  per la mano lo trascinò verso casa, camminando lungo il sentiero sterrato. Prima di entrare dalla porta i due elfi si accorsero di una presenza a loro nota, seduta sugli scalini della casa. Era Gimli che beatamente fumava la pipa, stringendo tra le mani una grossa valigia di cuoio marrone. I suoi occhi caldi sembravano cupi e la nuvola crespa di capelli si tinse di un rosso fuoco sotto i raggi del sole morente.
 
“Gimli!” lo  salutò Eldihen fermandosi sul primo gradino di legno. Posò la mano sulla ringhiera, scambiandosi uno sguardo complice con Legolas, come a domandargli da quanto tempo fosse là.
 
“Siete così sorpresi eh?” sbuffò rigettando dalla bocca una nuvoletta di fumo. Indossava la classica armatura nanica, senza elmo, con le gambe distese sulle scalinate “Questo è perché non mi considerate più, ecco perché non vi siete accorti. Vi possono anche rubare tutto dentro la casa quando vi sbaciucchiate, tanto a voi non vi importa!” sbraitò rimproverandoli, ma Legolas non sembrò offeso, sogghignando strinse la moglie dalla vita.
 
“Non mi venire più a dire che i nani non fanno la spia” Eldihen tutta pimpante incrociò le braccia sotto il seno, schiacciando la ghiaia che delimitava l’intero perimetro della casa. Sentirono un lupo ululare e gli uccellini tornare ai loro nidi. Alcune casette vicino alla loro si illuminarono e, in quel boschetto di foglie e di alberi, si creò un’atmosfera magica.
 
 
“Io non stavo facendo la spia, non mi andava di disturbarvi mentre…” si fermò vedendoli perplessi “Ahh io odio parlare di certe cose… piuttosto…” puntò lo sguardo velato di rimprovero verso Legolas “Ti sei dato da fare?”
 
“Sei appena arrivato, non ti aspettavamo, dobbiamo ancora preparare la cena”corrugò le sopracciglia. Conoscendo l’amico aveva creduto che fosse affamato ma, quando Gimli negò con il capo, Legolas guardò Eldihen confuso.
 
“No… intendo dire… mh” spostò la pipa dalle labbra, corrugando le folte sopracciglia ramate, con gli occhi alzati sui due elfi “C’è qualcosa che devo sapere” sperò che Legolas comprendesse, ma nemmeno stavolta ricevette una risposta esauriente “Per la mia barba” sbuffò ricacciando lo strato di sudore dalla fronte “Sei incinta Eldihen?  Ho portato dei pupazzi dalle caverne scintillanti, sperando di cullare presto il tuo bel fagottino” alzò la voce spazientito, mostrandogli la valigia al suo fianco.
 
“No, ti assicuro  di no” ne era certa e completamente spiazzata dalla domanda,  alzò le mani negando con un gesto veloce, sotto lo sguardo di Legolas “Se lo fossi lo direi senza problemi” lo rassicurò avvedendosi della sua espressione dubbiosa.
 
“E va bene. Niente pupazzi per ora. In ogni caso resto per qualche settimana, spero non sia un problema per voi” si alzò da terra, riempiendo l’aria con la sua tipica e fragorosa risata, nella sua figura buffa e, infondo anche tenera.
 
“Sappi che Eowyn mi ha regalato una bellissima bambolina, ed anche se apprezzo il tuo pensiero, donerò per prima quella al mio bambino” disse con tono divertito sentendolo imprecare qualcosa che riguardasse la sua figura come zio ufficiale dei suoi figli.
 
“Per quanto resti?” Legolas godendo di quel momento di pace, in cui il vento soffiava leggero sulle fronde, trasportando un dolce profumo, prese Eldihen da dietro e l’abbracciò, sfiorandole il petto. Era la vita che sognava e che adesso avrebbe protetto, godendosela giorno dopo giorno.
 
“Qualche settimana…. Dieci settimane, nulla di che” precisò grattandosi la nuca come se non fosse un lungo periodo. Eldihen era felice ed anche un po’ sorpresa.
 
“Due mesi in pratica” disse Eldihen accarezzando distrattamente le braccia di Legolas, sentendo il peso della sua testa sulle spalle. Passò a accarezzare il suo volto e, senza tanta vergogna lo baciò sulla guancia, non riuscendo a trattenersi.
 
“Si ma tranquilli non sarò di peso. Giuro che non noterete affatto la mia presenza. Passerò i pomeriggi a cacciare” prese la valigia tutto allegro, voltandosi con fretta verso la porta “Così vi lascerò tutto il tempo per… mettere al mondo il bambino” continuò a farneticare fino a giungere all’interno del piccolo salottino, sedendosi comodamente sul divano vicino al camino, comportandosi come un vero e proprio padrone di casa.
 
Eldihen e Legolas si baciarono, avvinghiati in un abbraccio, sotto il cielo dalle sfaccettanti sfumature azzurre, per poi entrare dentro la loro dimora, felici di trascorrere del tempo in compagnia del loro vecchio amico.
 
 
 
 
Trascorsero cinque anni in quella casa, amandosi notte e giorno, condividendo momenti di dolore e gioia, sempre insieme. Ormai erano un cuore ed un anima. Legolas viveva per Eldihen e  riceveva da lei grandi cure ed attenzioni. Non si separarono mai, viaggiando sempre insieme. Si erano allontanati dall’Ithilien solo per far visita a re Thranduil ed ai suoi amici a Gondor, seguiti sempre da Gimli che era diventato un membro ufficiale della loro famiglia. Ormai Eldihen era abituata alla sua presenza.
 
Una mattina d’estate, Eldihen si trovò a ridacchiare dentro una camera a Gondor. Era giunta lì in visita con un cesto colmo di fragole rosse e una felicità contagiosa.
 
“Lo senti, si muove… mi ha tirato un calcio” risuonò una risata cristallina, proveniente da una voce amica.
 
“Ma che forte questo piccolino” Eldihen appoggiata sul pancione di Eowyn accarezzò amorevolmente l’amica, chiudendo gli occhi per percepire i movimenti del bimbo che si agitava ad ogni parola.
 
“Non vedo l’ora di stringerlo tra le braccia” la dama comodamente sdraiata sul lettino, allungò una mano per afferrare le fragole nel cesto, osservando la camera che era stata accuratamente ordinata dall’elfa.
 
“Sono così felice Eowyn… non puoi avere idea” l’abbracciò con gioia, chiudendo gli occhi quando percepì il gradevole profumo che proveniva dai suoi capelli biondissimi. Da quando aveva saputo della gravidanza della sua migliora amica, si era recata costantemente a Gondor per farle visita, trascorrendo le notti al palazzo di Aragorn “Ti ho portato dei vestitini ed una copertina che ho commissionato alle sarte del reame boscoso. Vuoi che te li mostri?” disse entusiasta sedendosi sul materasso.
 
“Tu e Faramir mi viziate troppo” sorrise Eowyn accarezzandosi il pancione avvolto da una stoffa azzurrina “Le vedremo dopo” prese la mano che Eldihen aveva appoggiato sulle coperte, guardandola con curiosità “Piuttosto tu hai belle notizie?” chiese sperando che anche lei fosse incinta, infondo avrebbe tanto voluto che i loro figli crescessero insieme e si volessero bene come due amici.
 
Eldihen sorrise mordendosi un labbro e fantasticando alzò gli occhi al quadro appeso al muro. Era distratta ed Eowyn, fissando i lunghi capelli castani e il suo corpo minuto, si chiese se avesse indovinato.
 
“Eldihen ma aspetti un bambino?” elettrizzata dalla possibile rivelazione si sedette comodamente sul giaciglio, stringendo la manica del vestito blu che indossava l’elfa.
 
“Magari!” rispose sorridendo e, con un cenno di capo negò la gravidanza, rimanendo però spensierata “Ti confesso che però lo desidero anch’io. Nei primi anni insieme nemmeno ci pensavo sai, per noi elfi è un po’ diverso, ma io voglio un bambino. Tutte le notti guardo le stelle e chiedo ai Valar due cose, sperando che i miei sogni si realizzano” rispose facendo commuovere Eowyn che, fissò immobile il profilo della sua amica, seguendo il movimento rapido dalle ciglia che si abbassavano e si sollevavano ad ogni parola.
 
“Spero tanto di ricevere presto la notizia della tua gravidanza, sai che ti voglio molto bene. Secondo me dovresti tornare a casa tua e rimanere tranquilla, non ti vorrei affaticare, stai passando molto tempo con me, persino Faramir ne è rimasto sorpreso e ti ringrazia. Draghetto sta crescendo, è ingestibile, mio marito corre sempre dietro lui e spesso mi lascia sola, ma è felice di saperti sempre con me”
 
“Io non me ne andrò finche non nascerà il bambino o la bambina, manca poco ormai. Come ha preso la notizia Draghetto?” chiese sviando l’argomento. Si beccò un’occhiata da parte di Eowyn che agitando il capo strinse maggiormente la sua mano.
 
“Ha detto che se sarà un maschietto lo dovremmo chiamare come lui. E’ molto vivace pensa che l’altro giorno ha preso un cavallo per seguire mio fratello Eomer a Edoras. Sapessi lo spavento” disse girandosi, distratta dal chiasso proveniente fuori dalla finestra “Ma non far finta di non aver capito. Il riposo è importante Eldihen, specie se sei in cerca di gravidanza. Non devi stressarti ed andare avanti e indietro, io sono sicura che Legolas sia d’accordo con me”
 
“Sinceramente non gli ho detto che desidero rimanere incinta” confessò, giocherellando distrattamente con le frange di un cuscino damascato “Secondo me lui pensa che sia presto, ma sono certa che sarebbe felice di diventare padre, solo che adesso è molto impegnato con Aragorn a sistemare una parte del ponte a sud. Non mi va di impensierirlo, perché io ogni mese ci spero, ma quando vedo che non c’è niente ci rimango molto male e, faccio di tutto per non dimostrarlo, anche se lui è molto attento a me, appena mi vede triste fa di tutto per riprendermi. Sono fortunata ad averlo, lo amo tantissimo. Durante la guerra, l’ho fatto preoccupare abbastanza, adesso vorrei vederlo sereno”
 
“Capisco. Pregherò anch’io i Valar per te” le passò una mano tra i capelli, facendola voltare “E qual’era l’altro desiderio Eldihen?” chiese increspando le sopracciglia interessata.
 
“Quale?”
 
“Ha detto di chiedere due cose ai Valar, ovvero il bambino e poi?” domandò sistemandosi velocemente i capelli. Faceva così caldo che dalle finestre non passava nemmeno un alito di vento.
 
“L’altro” alzò il viso impensierita e, dopo aver riflettuto per una frazione di secondo, chiarì le idee ad Eowyn “Prego sempre per Nihil, per la sua anima che indugia nelle Aule di Mandos” disse sentendo gli occhi sbalorditi di Eowyn su di sé.
 
“Nihil! Quel Nihil?” domandò con tono alterato.
 
“Quel Nihil” confermò Eldihen spiazzandola.
 
“Ma come riesci? Dopo che ti ha vessata e stregata? Non penso meriti questa preghiera” rivelò tornando ad accarezzare il pancione.
 
“Ti sembrerà strano, ma io con gli anni l’ho perdonato totalmente. Legolas invece sembra indifferente, anche se sa del suo sacrificio, sostiene che lui abbia risolto i danni che ha creato e che era doveroso, prova compassione, credo che sia dispiaciuto. Ma io so che i Valar mi ascolteranno, perché quando prego sento l’energia dei frammenti della spada che mi ha donato Gandalf e raramente ho delle visioni su Nihil, ma è tutto molto strano, non so spiegarti”
 
“Hai ancora delle visioni?” chiese Eowyn un po’ sorpresa “Credevo che dopo la distruzione della spada le visioni si fossero fermate”
 
“In realtà no. Sono meno frequenti e poco profonde, ma la mia percezione della magia non è cambiata” disse sorridendole “Tornando al piccolino, sono curiosa di vedere a chi assomiglierà”
 
Tornarono a scherzare serenamente. Eldihen trascorse a Gondor parecchio tempo insieme a Legolas, fino alla nascita del figlio di Faramir ed Eowyn, standole sempre a fianco.
 
Quando l’inverno ricoprì tutto con il suo gelo e la neve cadde sulle montagne, i due sposi tornarono nell’Ithilien, invitando i loro amici a trascorrere una settimana nel piccolo villaggio nel bosco.
 
Una sera in particolare, in cui il vento soffiava dalle alture, Eldihen ed Aragorn si recarono in un piccolo ripostiglio dietro la baita, per non essere visti da Legolas e sotto sola luce di una fiaccola, completarono la loro piccola opera.
 
“Dici che gli piacerà?” tutta soddisfatta la ragazza scostò con il piede la neve che le arrivava fino alle caviglie, ammirando l’arco che aveva costruito per il marito. Aragorn sapeva della sorpresa che stava organizzando e, donandole aiuto contribuì alla realizzazione l’arma, distraendo Legolas per non svelargli il segreto.
 
“E’ molto bello. Visto, abbiamo fatto bene ad intrecciare più corde, guarda com’è flessibile” disse l’uomo tirando la corda dell’arco. Si scambiò uno sguardo con Eldihen, carico di soddisfazione e tenerezza, sfregando le mani sul mantello che lo copriva dal freddo pungente.
 
“Non vedo l’ora di mostrarglielo, ero indecisa su cosa regalargli, poi ho scelto l’ arco. Ricordi quando ho tentato di rubarglielo? E’ passato così tanto tempo che non mi pare vero. Speriamo lo gradisca, lui è sempre molto carino con me. Pensa l’altro giorno ha ricoperto casa nostra di ros…” si voltò, posando l’arco sul tavolino, in quel piccolo stanzino vicino alla parete della casa. Sgranò gli occhi impaurita quando vide Aragorn appoggiato dolorante allo stipite della porta, con un espressione sofferente a deturpargli il volto, i capelli un po’ bianchi e le spalle leggermente piegate “Aragorn” con uno scatto felino lo sorresse, posando le mani sul suo torace. I suoi capelli scivolarono davanti al viso, ricadendo sul suo vestito di camoscio rosso. Era allarmata e nell’incrociare lo sguardo del re di Gondor provò un’agitazione indescrivibile.
 
“Tranquilla Eldihen” la rassicurò con un lieve cenno di sorriso, accarezzandole la guancia.
 
“Ma che ti prende?” chiese preoccupata, facendo uscire dalla bocca una nuvoletta di vapore bianco.
 
“Questo freddo mi fa male. Avevo un po’ di febbre stamattina, avrei dovuto ascoltare Arwen e starmene a letto. Mi gira la testa, ma passerà!” chiuse gli occhi esausto. Eldihen lo aiutò ad appoggiarsi alla parete, con movimenti delicati.
 
“Vedrai che passerà, non ti impensierire ci sono io con te” gli strinse le mani, lanciando uno sguardo alla distesa bianca che ricopriva l’intera pianura. I pini erano rivestiti di neve, in lontananza si scorgevano le luci delle altre case, ed Eldihen nel guardarle trovò incoraggiamento “Ti porto dentro casa vieni” lo caricò sulle spalle.
 
“La sorpresa per Legolas” disse Aragorn guardando il volto dell’amica. Sapeva che lavorava da giorni, non avrebbe voluto rovinarle i piani.
 
“Può attendere. L’importante e che tu stia meglio”
 
“Tra un paio di giorni sicuramente”
 
“Ma che dici Aragorn. Hai sconfitto gli eserciti di Mordor figurati se un po’ di febbre potrà farti qualcosa” per incoraggiarlo sorrise, trascinandolo fuori, in mezzo alla neve, desiderosa di portarlo dentro casa, dove i loro amici li attendevano al calduccio.
 
Aragorn si fermò e con un’espressione triste la fissò, vedendo il suo sorriso scomparire “Eldihen, io sono mortale” disse come se fosse un discorso normale il suo.
 
Il suo volto si distese in un’espressione profonda che toccò l’animo della ragazza. Quella verità la fece tremare, ma non per il freddo, per l’amara consapevolezza che un giorno lui non ci sarebbe più stato e tutte le belle cose vissute insieme sarebbero state un ricordo e nient’altro “Che centra adesso…” disse un po’ infastidita, non volendo digerire la frase appena ascoltata. Sentì un groppo alla gola, i suoi occhi divennero lucidi, ma per non farlo notare piegò il capo, saldando maggiormente la presa sul braccio che aveva posato sul suo collo.
 
“Non volevo rattristarti, però non vorrei illuderti nemmeno, so che ti sei affezionata molto a noi e, quando sarà ora di salutarci per sempre dovrai essere pronta Eldihen” parlò saggiamente, guardando le stelle alte nel cielo e, quando si voltò, incrociando le iridi umide di Eldihen e le lacrime che gocciolavano dalle sue labbra tremanti, la rassicurò con un sorriso “tranquilla Eldihen, non ascoltarmi, sto diventando un vecchio ciarlatano, sarai contenta a sbarazzarti di me” disse sperando di aiutarla a riprendersi con quella battuta.
 
“Non mi va di separarmi da te” confessò sentendo il cuore stringersi in una morsa, sotto gli alti alberi, in mezzo alla natura. Era come se avesse un vuoto incolmabile al cuore che aumentò a dismisura quando incrociò gli occhi verde speranza dell’amico.
 
“Ma io non ti lascerò mai, nemmeno quando non ci sarò più” gli diede un bacio sulla fronte, irritandole la pelle con la barba e, dopo averle sorriso, asciugò con le dita le sue lacrime “non voglio vederti piangere. Legolas penserà che ti ho trattata male e non mi va”
 
Rientrarono dentro la casa, dopo aver fatto il giro della baita e superato gli scalini, richiudendosi la porta dietro le spalle.
 
Cenarono nel salotto illuminato, in compagnia di Eowyn, Faramir, Gimli, Draghetto, il piccolo ed Arwen, trascorrendo la serata serenamente, anche se, Eldihen pensando alle parole di Aragorn si distanziò dalla felice atmosfera, sforzandosi a sorridere. Legolas conoscendola bene aveva compreso che c’era qualcosa che non andava e, nel porgere agli amici boccali di birra e altre pietanze, le dedicò carezze inaspettate, rassicurandola con sguardi carichi di sentimento.
 
La casa era piena di piatti e posate da sistemare, il fuoco dentro il camino riscaldò l’ambiente, creando una leggera ombra sui mobili. Dopo aver salutato gli amici, chiedendo agli elfi di condurli nelle proprie case, Eldihen uscì fuori per prendere l’arco che aveva costruito all’amato Legolas e, quando quest’ultimo chiuse la porta di casa, gurdandola con area preoccupata, lei da dietro il divano avanzò, con il regalo nascosto dietro la schiena.
 
“Non hai mangiato nulla stasera” disse preoccupato superando il pavimento in legno, fino a raggiungerla, pronto ad abbracciarla.
 
“Ero un po’ impegnata” sorrise impacciata, gettando uno sguardo alle finestre nascoste dalle tendine bianche.
 
“A fare cosa?” chiese Legolas corrugando le sopracciglia.                
 
“Questo… sorpresa” spostò l’arco da dietro la schiena, presentandolo al marito con area soddisfatta. Lo vide schiudere la bocca e, nel fissare la curva del legno alzò le sopracciglia meravigliato, per poi guardarla con amore “Ti piace? Non sapevo cosa regalarti, poi un pomeriggio parlando con Gimli di quella volta che ti ho rubato l’arco, ho pensato di costruirtene uno nuovo. Spero che sia un modo per farti dimenticare quella faccenda per sempre”
 
Annuì con il capo sospirando. Posò l’arco sul divano di fronte al camino, dedicandole uno sguardo carico di sentimento, languido, con i suoi occhi azzurri che brillavano come diamanti sotto la luce del fuoco. La prese a sé con impazienza e la baciò intrappolando il suo respiro, con le mani sulle guance, ascoltando il rumore delle loro labbra che si scontravano ripetutamente “Non c’è nulla da perdonare amore mio, non devi sentirti in colpa, in passato ho sbagliato io a prendermela con te. Sei tu il mio regalo più grande” la vide commuoversi. Passò la mano trai fili mossi di capelli baciandola nuovamente con dolcezza.
 
“Hai visto le incisioni sul legno?” indicò i tre cuoricini, facendogli notare che nei primi due vi erano incise le iniziali dei loro nomi, mentre quello nel mezzo era vuoto.
 
Legolas posò la testa di Eldihen al suo petto, sentendola accucciarsi come faceva sempre. Lisciò la superficie dell’arco, scambiandosi uno sguardo interrogativo con la moglie. Rimase in silenzio, perdendosi nel blu dei suoi occhi, pensando già ad un cosa che lo rese felice, ancor prima di appurare per vera la notizia.
 
“Desidero un bimbo. Ho inciso il terzo cuore con la speranza di rimanere presto incinta… lo voglio troppo Legolas” confessò dopo molto tempo e, travolta da mille pensieri ed emozioni, dopo tanti anni, mostrò i suoi occhi lucidi al marito che, allarmandosi la prese dal volto con le mani.
 
“Io pensavo che tu già lo fossi, specie vedendoti in lacrime dopo tanto tempo. Avevo dimenticato quanto mi addolorasse trovarti così” asciugò in fretta il suo volto bagnato, baciandola “Non vedo l’ora Eldihen, sarebbe bellissimo, ma non piangere il nostro bambino arriverà e saremo felici” disse pensando che si sentisse giù di morale per gli incubi che l’avevano tormentata in passato.
 
“Piango perché Aragorn prima mi ha detto che un giorno non ci sarebbe più stato. Io vorrei che il nostro bambino vedesse i nostri amici, ma loro sono mortali, mentre noi siamo qua ad assistere al loro invecchiamento. Io ho paura di perderli!” rivelò sfogandosi liberamente, colpendolo, con gli occhi troppo sinceri e pieni di preoccupazioni.
 
“Non voglio vederti triste” anche lui sapeva che prima o poi la vita li avrebbe divisi, ma temeva per Eldihen. Conoscendo l’estrema tenerezza del suo cuore, non ce l’avrebbe fatta, ed anche se quella notte l’amò come desiderava, sperando di consolarla, non poté proteggerla dall’inevitabile.
 
 
 
Il mondo cambiò e gli anni si susseguirono, senza nemmeno che Eldihen se ne accorgesse, travolta dagli eventi e dalle gioie e i dolori che la vita le riserbò, sempre accanto al suo Legolas. Fronteggiarono insieme ogni tipo di situazione, anche quelle più brutte ed impensabili. Passarono con precisione ventisette anni e una sera in particolare, al tramonto, sotto il cielo che si tingeva di rosso, un giovane ragazzo dai capelli dorati e dallo sguardo color del mare superò di gran corsa con il suo cavallo gli alberi che accerchiavano la casa di Legolas e la sua sposa.
 
Gimli era impaurito e stringendosi alla casacca del ragazzo, sperò di arrivare intero dal suo amico elfo, guardando i tronchi scorrergli davanti agli occhi, ad una velocità assurda. Si fermarono con un salto dinanzi ad Eldihen che agitata gli era corsa incontro, sotto lo sguardo apprensivo di Legolas.
 
“Draghetto” salutò il ragazzo che con un balzo l’affiancò, aiutando Gimli a scendere dal destriero.                   
 
“Sono un uomo ormai, è possibile che usi ancora quel nomignolo Eldihen?” la voce cristallina risuonò nella foresta, in un tono rassicurante. Il giovane che indossava una divisa in pelle, si chinò per scompigliare i capelli all’elfa. A differenza degli altri Eldihen non era affatto cambiata. Elboron ormai abituato alla bellezza elfica lanciò uno sguardo al suo viso preoccupando intuendo che qualcosa non andava “Sta peggiorando” giunse alle sue conclusioni, lanciando uno sguardo a Legolas che con le braccia incrociate sotto lo stipite della porta li fissava.
 
“Non so perché le cure del mio popolo non funzionano. Sto facendo di tutto, ma Eowyn è sempre più debole” i suoi occhi si inumidirono e Gimli, rispettando il dolore di Eldihen piegò il capo. Per quanto avesse cercato di rinnegarlo a sé stessa, la fanciulla dovette col tempo assaporare l’amarezza della perdita, senza far nulla, impotente dinanzi il destino degli uomini, comprendendo dopo molti anni le parole che tempo addietro aveva detto Aragorn.
 
“Eldihen…” Elboron non seppe che dire. Era molto affezionato a lei, in quei mesi avevano parlato a lungo, ed anche se pensava di averla preparata al triste evento, si trovò immobile dinanzi alle sue lacrime e agli occhi da cui trapelava un amore profondo, occhi pieni di tristezza e sconforto.
 
“Mia signora” un elfo uscì dalla porta, con un unguento in mano. Il suo volto era serio, tanto da far scattare Eldihen che, sollevando le balze della gonna, corse dentro casa,non ascoltando né Elboron, né Legolas che impensierito tentò di prenderla da un braccio.
 
Gimli comprendendo a pieno lo stato d’animo dell’amica camminò velocemente, per bloccare Legolas. Sapeva delle sue paure, ma era saggio attendere, per permettere ad Eldihen di trascorrere del tempo con Eowyn o se ne sarebbe pentita per il resto dell’eternità, convivendo con un dolore troppo grande”Lasciala stare. Lasciala andare da Eowyn, so che vuoi stargli vicino, ma la ragazza è molto affezionata, questo non è il nostro momento amico mio” proferì ascoltando il canto dei grilli.
 
“Devo stargli accanto. Non posso lasciarla sola” si costrinse a rimanere immobile davanti alla porta, avvertendo un dolore insopportabile al petto. Perché Eldihen doveva combattere con quel dolore? Perché non era riuscito a sollevarla?
 
“Non puoi farci nulla. E’ la vita Legolas”
 
Con le mani tremanti  e gli occhi  pieni di lacrime per vederci bene, Eldihen corse per raggiungere la stanza  di Eowyn, inginocchiandosi al suo capezzale. Incrociò lo sguardo spossato  di Eowyn, non più vitale come un tempo, ma sempre sincero, anche se il suo volto era segnato da rughe ed i suoi capelli biondi erano col tempo divenuti bianchi, ed adesso ricoprivano il cuscino.
 
“Non piangere” l’anziana Eowyn anche se era priva di forza allungò una mano, per asciugare le lacrime dal volto dell’amica, sentendola singhiozzare. Avvertiva il suo dolore, era da mesi che si occupava di lei, trascurando suo marito e l’intero villaggio. La loro amicizia era pura, Eldihen non poteva accettare che a breve Eowyn se ne sarebbe andata, non voleva nemmeno pensarci, anche se dovette combattere contro i suoi stessi sentimenti.
 
“E’ venuto Draghetto, tuo figlio arriverà domani. Eowyn tu sei forte, aspetta ancora un po’ con me” si sedette sul materasso, seguendo gli occhi della donna. Le carezzò amorevolmente la fronte, vedendola rassegnata al suo destino.
 
“Eldihen il mio tempo è finito, ma non piangere per me, sei stata un’amica così sincera e dolce da aver reso la mia vita un incanto, perché sei triste? Io sono così felice che sento di potermene andare con serenità” la sua voce era matura, non più energica come un tempo, sembrava spegnersi, come il cielo fuori dalla finestra, facendo piombare il cuore di Eldihen in un buio mai avvertito.
 
“Io ti salverò, vedrai” pianse  singhiozzando, non riuscendo ad esprimere a parole tutto l’amore che nutriva e che le esplodeva in petto in un tremore che la spiazzò.
 
Eowyn con le ultime forze che aveva in corpo girò il collo, accarezzandola “Hai ancora la bambola che ti ho regalato a Rohan?”
 
Quella domanda riuscì a far riaffiorare all’elfa i momenti trascorsi spensieratamente al palazzo di Meduseld, e lì la nostalgia l’afferrò ed il dolore calò su di lei prendendola totalmente “Certo che si” annuì con voce rotta.
 
“Quando non ci sarò più guardarla e pensa a me. Io ti porterò sempre con me sorella mia, ti chiedo, anche se sei immortale di non dimenticarti mai di me, di raccontare ai tuoi figli della nostra amicizia, di dirgli che io ti ho amata” quelle parole pesanti come un macigno fecero tremare Eldihen e, quando vide le palpebre di Eowyn sempre più basse, si dimenò per riprenderla a sé, cercando di combattere una battaglia contro un nemico che non avrebbe potuto sconfiggere. Arrivò la morte spegnendo ogni cosa, anche gli occhi verdi di Eowyn.
 
“Noooo. No. No. No. Eowyn no”  si gettò urlando sul petto della sua amica piangendo disperatamente, con il cuore che batteva come un tamburo. Si strascinò a terra, priva di forze, con la bocca aperta, e un’espressione di suppliziò a deformare i suoi lineamenti “Perché te ne sei andata?” singhiozzò, incapace di rialzarsi dal pavimento. Non vedeva oltre il dolore che provava, era come un pugnale conficcato in pieno petto che la travolgeva, strappandogli le forze. Faticò a respirare, travolta dalle sue stesse lacrime, che scendevano impedendole di riprendersi.
 
Legolas che aveva ascoltato la voce straziante di sua moglie si liberò dalla presa di Gimli e corse dentro la camera in cui si trovava, inginocchiandosi per recuperarla a terra “Eldihen” disse agitato, sollevandola di peso. La cullò tra le sue braccia, guardando con preoccupazione il suo volto. La posò sul divano, asciugandole le lacrime. Si inginocchiò ai suoi piedi tenendogli le mani.
“Mi ha lasciata… ed io non ho potuto fare nulla” disse con un filo di voce, lasciandosi andare sui cuscini, priva di forze.
 
“E’ la vita Eldihen, so che fa male ma devi riprenderti” strinse le sue mani con decisione guardandola negli occhi, con uno sguardo pieno di forza e preoccupazione. L’accarezzò, ricacciando una ciocca dal suo viso “Eowyn non avrebbe mai voluto vederti così e nemmeno io. Non mi ami forse più? Ci sono io con te per sempre. Io ci sono per sempre” strinse le sue guance bagnate, alzandosi di poco per baciarla con emozione.
 
“Ti amo, ma non sono come te, tu sei tanto forte Legolas, non hai paura di nulla. Io invece mi sento morire dal dolore. E’ troppo grande, come un fiume in piena mi sta prendendo, travolgendomi” confessò affaticata, con il volto ricoperto di chiazze rosse e gli occhi spenti.
 
“Io sto avendo paura Eldihen. Ho paura di perderti. Non posso vederti trascinata dal dolore. Sarò un’egoista, ma ti voglio tutta per me, voglio avere totalmente il tuo cuore e farti godere del mio amore, per sempre” posò la mano della moglie sul suo petto, facendole percepire come batteva forte il suo cuore, segno che Legolas era veramente troppo agitato e ciò trapelava dai suoi occhi azzurri “Vivi per me. Anche se sarà difficile superare la perdita di Eowyn”
 
Per la prima volta in vita sua Eldihen vide gli occhi di Legolas lucidi. Le sue labbra erano serrate e il suo volto troppo impaurito. Si sciolse e travolta da un nuovo pianto Eldihen si trascinò a terra insieme a lui, lasciandosi abbracciare ed accarezzare “Certo che  sì… sei tu la mia vita. Io ti amo immensamente. Sono tua e solo tua, per sempre. Per l’eternità!” si accucciò nell’incavo del petto del marito, ricordando tutti i momenti vissuti insieme. Era stato sempre così, Legolas ci era  sempre stato per lei,  amandola, vivendo assieme a lei gioie e dolori.
                         


 
 
 
 
Dopo il drammatico evento, anche Aragorn seguì Eowyn e, quando il dolore per Eldihen divenne tanto forte da avvertire la necessita di salpare per le terre imperiture, Legolas, condividendo il lutto con la moglie ed avvertendo in cuor suo la necessità di spingersi oltre mare, costruì con lei e con Gimli una nave imponente che li avrebbe portati via per sempre.
 
Ormai il loro tempo era finito. Li attendeva una nuova vita a Valinor, in cui sarebbero stati eternamente felici.
 
A consolare il cuore di Eldihen furono i Valar, che ascoltando le sue preghiere, l’esaudirono e regalarono ai due elfi un prezioso dono, un dono che avevano desiderato per anni e anni e che era arrivato alla fine di ogni cosa, rallegrandoli. Il dolore scomparve quando l’elfa si accorse di una presenza dentro di sé. C’era la vita nel suo grembo.
 
Legolas l’aveva accudita come una bambina, impedendole di affaticarsi, dedicandole ogni sorta di attenzione, viziandola come non aveva mai fatto. Passò le notte ad ascoltare i movimenti del piccolo dentro pancia, nel letto con Eldihen, fantasticando sul suo aspetto che, a detta di Gimli sarebbe stato uguale a quello di Legolas. Era molto elettrizzato dall’arrivo del suo bambino, tanto che, quando lei partorì, non se ne andò dalla stanza, affiancandola.
 
Si ritrovarono a fissare abbracciati il volto paffuto del loro pargoletto, scambiandosi baci e sguardi carichi di soddisfazione. Eldihen stringeva il bimbo seduta sulle gambe di Legolas. Era nato in una notte piena di stelle, in mezzo al mare, per la gioia di mamma e papà che, vedendolo agitarsi dentro la copertina, sentirono un fremito nei loro cuori ed una pace profonda che cancellò ogni tristezza.
 
“Assomiglia veramente a te. Proprio come ha detto Gimli” disse la ragazza appoggiandosi al petto di Legolas. Lo sentì sorridere mentre accarezzava le guance rosse del piccolino, percependo la manina stringere il suo dito. Era così piccolo e dolce, con i suoi occhietti azzurri e i suoi sorrisetti teneri. Eldihen lo avrebbe sbaciucchiato tutto quanto, adorava le gengive e la lingua rosata, specie quando piangeva di notte “Di tutte le cose che ho realizzato tu sei la più bella amore della mamma, piccolo Nayru“
 
“Dovremmo scrivere il suo nome nell’arco che mi hai regalato” baciò Eldihen, prendendogli il bimbo dalle braccia. Chiuse gli occhi quando il figlio gli graffiò il naso involontariamente.
 
“Tutto a suo padre” Gimli era entrato dalla porta, con nella mano la bambola di Eowyn “Ma io lo sapevo” sorridendo superò il letto, prendendo tra le braccia forzute il bimbo. Non poteva far a meno di guardare il suo viso candido, i suoi capelli radi e biondi e quelle guanciotte rosse e piene come mele “Sì, hai gli occhi del papà, la boccuccia del papà. Tutto al papà sei” canticchiò allegramente dentro la cabina matrimoniale dei due elfi, cullando il piccolo “La mamma ti ha portato in pancia, ma tu assomigli al tuo papà elfico, persino le orecchie le hai uguali a lui” lo sentirono vagire. Per calmarlo Gimli gli mise il ditino in bocca, sistemando il vestitino bianco che lo proteggeva dal freddo.
 
“No, non mettergli le manine in bocca” lo riprese Eldihen  alzando una mano
 
“Attento a come lo tieni” continuò Legolas guardando Gimli fermo nel mezzo della stanza a cullare il pargoletto
 
“La testa Gimli… attenzione è fragile”
 
“Coprilo meglio perché è abituato a stare al caldo nelle braccia di Eldihen”
 
“Ma state buoni e lasciatemi fare lo zio! So come tenere un bambino, dovreste rilassarvi un attimo. E’ da giorni che state chiusi in questa camera a sbaciucchiarvi con il piccolino. Posso prenderlo un minuto tra le braccia? “ chiese esausto guardandoli negli occhi.
 
“Hai ragione, ma siamo così contenti” sorrise Eldihen sentendosi accarezzare da Legolas.
 
“Lo so, ma meglio che staccate un po’ e andate fuori, magari l’aria del mare vi tranquillizzerà!”
 
Prendendo in considerazione la proposta di Gimli, Legolas ed Eldihen superarono le scale, per raggiungere il ponte fuori dalla nave. Ammirarono in silenzio le stelle nel cielo, travolti dal vento che soffiava sul filo dell’acqua. Era una serata tranquilla, illuminata dalla luna. L’elfa passò la mano sulla ringhiera lanciando uno sguardo all’acqua limpida, vedendo dietro di sé il riflesso del volto di Legolas, i suoi capelli biondi e gli occhi che si confondevano con l’azzurro delle acque. Tirò distrattamente dalle tasche del suo vestito i frammenti della spada, senza badare all’espressione interrogativa di Legolas.
 
“I miei desideri si sono realizzati” guardando le pietre, Eldihen si meravigliò nel notare che entrambe erano bianche, pure.
 
“Cosa sono?” chiese Legolas incuriosito.
 
“Ciò che è rimasto della spada dopo che Nihil si è tolto la vita a Gondor” ammise guardando la sua pelle diafana.
 
La mascella dell’elfo si irrigidì e riflettendo su ciò che aveva ascoltato, si perse nei suoi pensieri, avvolto da una strana aura. Sostenne Eldihen dalla vita e, dopo un lungo istante trascorso in silenzio, rispose all’espressione interrogativa della moglie “L’ho perdonato anch’io sai” rivelò sospirando “Ha sbagliato, ma anch’io sono stato inflessibile, spero che i Valar apprezzino il suo gesto. Ha sacrificato la sua vita per salvarti, ed io oggi ho te e il nostro bambino” con un filo di voce espresse i suoi pensieri, passando le dita sul ventre di Eldihen.
 
L’elfa rabbrividì e mentre si avvicinò per baciare il marito, avvertì le pietre vibrare tra le sue mani, abbagliata da una forte luce chiara, che splendeva quanto le stelle. Si voltò di scatto, sentendo all’improvviso la voce di Gandalf provenire dai frammenti “Tu hai sempre avvertito la magia, usandola con coscienza. Sai cosa fare adesso, è giunto il momento” spalancò gli occhi provando un brivido di nostalgia. Sapeva cosa doveva fare, ed anche se Legolas incuriosito la fissò, all’improvviso lei richiuse tra le mani le pietre bianche e, armandosi di coraggio li gettò nel mare, vedendo i cerchi che si erano creati sull’acqua.
 
Legolas la guardò non capendo e lei, nel voltarsi verso di lui lo spiazzò un’altra volta, prendendogli il viso tra le mani, e seguendo i battiti del suo cuore, unì le loro labbra in un bacio pieno di amore, immersi nelle onde del mare ed accarezzati dai raggi chiari della luna “Tu sei il mio… incanto”
 
Legolas la prese in braccio e la fece girare nel ponte di passaggio, ascoltando il suono delle sue risate. Rimasero lì a fissare all’orizzonte le bianche sponde di Valinor, pronti ad incoronare i loro sogni, in quella terra in cui tutto sarebbe regnato per l’eternità.
 
 
 
Sotto le fronde degli alberi di Amon Hen, giaceva il corpo di un giovane elfo dai lunghi capelli castani, immerso  tra le foglie e le radici degli alberi.
 
Epon, una giovane ragazza dai calorosi occhi  nocciola passava per quelle vie, trascinandosi appresso un barile di benzina. Era a secco, rimasta ferma nel bel mezzo della foresta, si trovò ad imprecare, camminando avanti e indietro per chiedere aiuto a qualcuno, quando all’improvviso si ritrovò davanti agli occhi il volto di un giovane ragazzo. Rimase immobile, spiazzata completamente dalla presenza dello sconosciuto. Non l’aveva mai visto, eppure quei lineamenti le ricordavano terribilmente qualcuno. Ma chi?
 
“Ehi”allarmata si buttò a terra e, dopo aver tirato dei colpi leggeri sul viso dell’elfo, lo vide riaprire gli occhi ed in quel momento avvertì un ricordo distante, di un qualcosa di veramente importante ma che aveva dimenticato.
 
I suoi occhi azzurri si posarono con sollievo sul viso di quella ragazza e Nihil non capendo cosa fosse accaduto, rimase immobile a fissare la donna, la tuta nera e tanto bizzarra che indossava, ascoltando il canto degli uccellini.
 
“La guerra… sono sopravvissuto alla guerra dei campi del Pelennor?” chiese tra sé a sé, con un flebile sussurrò. Si rialzò di poco dalla radice sotto la sua schiena, avvertendo un incredibile dolore alla testa. Ricordava solo di aver combattuto molte battaglie e di essersi comportato veramente male, nient’altro che questo, a parte gli occhi sinceri del suo falco, che assomigliavano dannatamente a quelli della donna che si era inginocchiata per sorreggerlo.
 
“Amico, avrai preso una brutta botta in testa. La guerra dei campi del Pelennor è roba vecchia, mi sono rotta a studiarla a scuola. La terza era è così pesante, immagino che mentre leggevi i libri di storia l’hai anche sognata” disse porgendogli la mano “Siamo ormai alla nona era della Terra di Mezzo per fortuna, non immaginavo di imbattermi in un elfo, vi pensavo tutti a Valinor, invece eccoti. Spero tu stia bene” sorrise sotto le cime degli alberelli e Nihil, nel guardarla si sentì travolto da un legame indissolubile. Non poteva crederci. No, non era possibile che lei fosse… eppure i suoi occhi, le sue labbra.
 
“Come ti chiami?” chiese spiazzandola.
 
“Epon” rispose lei corrugando le sopracciglia scure.
 
In quel momento Nihil comprese e, ricordando la preghiera che aveva rivolto ad Eldihen, abbassò il capo meravigliato.
 
Dunque era tutto finito. I Valar lo avevano perdonato e gli avevano dato una seconda possibilità. C’era ancora speranza, ed in quel giorno il sole nel cielo risplendette anche per lui “Non posso credere che sia veramente finito tutto…” alzò il capo per incrociare quei calorosi occhi nocciola e, prendendo dalla mano la ragazza si rialzò a terra, con il cuore gonfio di allegria “Come d’incanto”


 
Fine



Note autrice:
E siamo giunti alla fine. Non so voi come state in questo momento, ma io sono un po’ triste visto che vivo questa storia da più di otto mesi, tra stesura e revisione… non riesco a credere che sia finita e devo ammettere di aver pianto un bel po’ per questo epilogo, per tale ragione oggi mi sono rifiutata di rileggerlo ed ho corretto gli errori segnalati, fatemi sapere voi che ne pensate. In questa storia ho voluto far esaltare l’amore puro tra Eldihen e Legolas che è durato nel tempo, ma anche gli altri rapporti, tipo l’amicizia tra Eowyn ed Eldihen… se ripenso a queste due ad Edoras adesso piango ancora. Sono state insieme fino alla morte, a sostenersi sempre <3 però poi la vita le ha divise t.t ma Eldihen tiene sempre la bambolina di Eowyn, e spero che anch’io abbia regalato qualcosa a voi in questi mesi. Infine Nihil: seguendo la teoria di Tolkien e della “reincarnazione” l’elfo torna in vita durante la nona era della terra di mezzo, la cosa mi ha sempre affascinato per questo l’ho scritta, presentandovi un finale che immagino non aspettavate (vero?) un epilogo molto lungo nel quale ogni ciclo narrativo giunge a termine. Ho cercato di essere completa al massimo e ammetto di voler ancora riavere la passione di mesi fa, perché di passione si parla.
Prima di lasciarvi e ringraziarvi vorrei dirvi due parole: se qualcuno ha una storia in mente o sta provando a scrivere ma non ci riesce lo invito a continuare, a persistere, a pensare, perché io ho avuto molti problemi prima di questa storia, scrivevo ma non sono mai riuscita a concludere nulla, ma un giorno ho preso un bel quaderno e ci ho scritto un sacco di appunti e le dee piano piano nascevano una dopo l’altra fino a che ho finito le pagine. Non so quale potrebbe essere la mia utilità ma se qualcuno ha bisogno del mio aiuto io ci sarò. Per me è stato determinante il sostegno di  
BreathE  che ringrazio infinitamente. Era una giornata d’inverno e  le ho parato della mia storia, con molta insicurezza, e lei mi ha aiutata <3 quindi se posso fare lo stesso ed aiutare qualcuno ne sarei felice.
Sento anche il dovere ed il piacere di ringraziare di cuore coloro che hanno recensito, preferito, ricordato e seguito la mia storia<3 grazie a tutti, ma in particolare ringrazio 
Elfa001, White_wolf53 e _Son Hikaru  senza voi non so se sarebbe conclusa, ci siete state sempre ogni settimana, senza mai assentarvi, facendomi sentire tutto il vostro affetto spero tanto vi sia piaciuta. Grazie infinite per aver reso questa storia un incanto <3
Solitamente seguivano gli aggiornamenti t.t ma non siate tristi, come già accennato ho qualcosa da dirvi ugualmente. Riguardo i miei futuri  progetti: ho un annuncio da farvi, ancora sono a niente, ma ho qualcosa di scritto su un’altra storia (con protagonista sempre Legolas), diversa da Incanto, ma che a mio avviso merita molto. Non so quando pubblicherò visto che ancora sono all’inizio, ma non mi andava di lasciarvi senza dirvi nulla. Aspettatevi l’uscita in questi mesi, non so quando di preciso, se vi farà piacere vi informerò tramite messaggio privato… al momento ci sto lavorando anche se è un po’ difficile. Dopo mesi ho perso un po’ la mano e a causa degli impegni mi sono bloccata, ma già oggi vorrei scrivere, vediamo che riesco a combinare. Vi do solo un indizio su ciò che tratterà: OVEST. A buon intenditore poche parole!
Mi raccomando fatevi sentire. Mi piacerebbe molto ricevere un vostro commento ed ovviamente scrivetemi pure per messaggio privato, vi voglio troppo bene, veramente, ormai è da mesi (quasi un anno) che ci sentiamo, non mi troncate xD
Ed è con la promessa di una nuova storia che io vi saluto cari lettori, vi mando un abbraccio fortissimo, per sempre vostra<3
 
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3964068