Ramen piccante

di SilvanaFreesound
(/viewuser.php?uid=1174615)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO UNO ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO DUE ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO TRE ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO QUATTRO ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO CINQUE ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO SEI ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO UNO ***


CAPITOLO UNO

 

Era già trascorsa una settimana buona dalla vittoria del torneo di prefettura.

La prestazione sportiva di Tsukishima non passò inosservata: fu meritatamente convocato ad un ritiro di giovani promettenti matricole voluto fortemente dal coach della Shiratorizawa, impressionato dalla sua sovrastante fisicità e dalla strategica gestione del suo muro difensivo, capace di bloccare incredibilmente le azioni del suo super “cannone” Wakatoshi Ushijima.

Dopo quel lunedì al parco i due giovani non ebbero modo di vedersi. Kei aveva provato con tutte le sue forze a defilarsi da questo gravoso impegno: ben cinque giorni intensivi di allenamento lontano dalla sua amata.

Tuttavia dovette soccombere alle pressioni del coach e del capitano della sua squadra, inorgogliti dall’eccezionalità dell’evento: era da tanto che la Karasuno non si esprimeva così ad alti livelli.

Terminato il ritiro, il Middle Blocker numero undici ritornò alla sua quotidianità scolastica, felice di rivedere Lucy ed il suo migliore amico.

In classe, la fanciulla non stava più nella pelle: contava i minuti, anzi i secondi alla pausa pranzo, emozionata all’idea di poter trascorrere un pò di tempo in compagnia del suo boyfriend.

All' una e mezza la campanella suonò puntuale decretando l’interruzione delle lezioni.

La ragazza raggiunse il biondo pallavolista il quale era ancora seduto al suo posto, intento a prendere appunti sulle materie che avrebbe dovuto recuperare a causa della sua assenza giustificata.

“Allora, pranziamo insieme, io e te?” gli domandò con entusiasmo.

“Io, te e Yamaguchi! L’ ho appena mandato da Sakanoshita a prendere qualcosa da mangiare per noi tre.”

La fanciulla non riuscì a credere alle sue orecchie.

“Fammi capire, sono cinque lunghi ed interminabili giorni che non stiamo insieme per via di quel ritiro di matricole, tra poco parti per le nazionali di Tokyo e solo gli dei sanno quando ti rivedrò, e se ti rivedrò e tu vuoi pranzare con Yamaguchi? Mi devo preoccupare?” lamentò manifestando la sua profonda delusione.

Sentendosi tra l’incudine e il martello, Tsukishima sospirò profondamente senza proferir parola.
 

La ragazza ricompose il volto e tornò alla carica tentando di convincere il suo amato.

“In tua assenza, gironzolando per la scuola, ho scoperto un posto tranquillo con una bella vista dove poter pranzare stando un pò da soli, io e te. Quindi, per una volta che organizzo io, non puoi dirmi di no! O solo tu sei deputato a premeditare i picnic d’amore?” lo provocò canzonandolo.

“Ah, ah … buona questa ! E’ una tua interpretazione! Io non ho premeditato proprio nulla!”

“Ah, no? Di lunedi mattina per andare a scuola ti sei ritrovato casualmente dentro il borsone da volley un plaid, biscotti, frutta fresca e, come se non bastasse, due fette di torta di fragole. Dimmi un pò, quando ci sei passato in pasticceria, domenica mattina o domenica pomeriggio?” lo derise compiaciuta.

“Smettila!” quella cruda verità sbattuta così candidamente in faccia lo aveva spiazzato imbarazzandolo.

Rimproverò se stesso per aver forzato gli eventi con quel picnic nel parco; a mente fredda giudicò duramente quella scelta ritenendola azzardata, inappropriata ed irrazionale, ma tanto era il cocente desiderio di recuperare in fretta quel bacio mancato  la sera del concerto che in quel momento gli sembrò l’unica vincente o per lo meno attuabile.

“Piuttosto ormai è tardi per cambiare programma! Yamaguchi è via da un pò, dovrebbe essere di ritorno a momenti, ha pure offerto lui!”

“Yamaguchi,Yamaguchi!” sbottò piuttosto seccata “se non sbaglio non è anche lui tutto love love con la moretta della sezione cinque? Se non ci vedrà in classe, capirà. Dai su, andiamo!“

Detta cosi, il giovane atleta, incuriosito dal programma prospettato dalla ragazza, decise di non fare più questioni ed uscirono insieme dalla classe mano per mano.

I due corsero su per le scale in direzione del tetto. Tsukishima pensò che potesse essere una buona idea pranzare all’aperto riscaldati dal tepore del sole.

Percorrendo gran parte delle scale, il biondo si sentì strattonare con irruenza:

“Ma no, non è qui! Stai sbagliando direzione! Per di qua, seguimi!”  

“Non dobbiamo andare sul tetto?”

“No, è un altro posto, vedrai, ti piacerà!”

I due arrivarono in un corridoio secondario, stretto e buio sul quale si affacciavano otto stanze, quattro per lato.

Lucy aprì la seconda sulla sinistra trascinando Kei dentro con sé.

La stanza era buia; Tsukishima non capì cosa stesse architettando.

La fanciulla accese la luce:

“E allora? Non mi dici niente?”

L’algido studente rimase attonito: si trovava nel bel mezzo di un piccolo ripostiglio impolverato, maleodorante e privo di finestre, uno scenario totalmente diverso da quello che aveva ipotizzato.

“Ma che ci facciamo qui? E’ uno scherzo? Questo…..questo è lo stanzino delle scope!”

Lucy lo spinse, contringendolo spalle a muro.

“Che ci facciamo qui? Vuoi che ti faccia un disegnino?” rispose ridacchiando.

Kei rimase colpito dall’audacia della ragazza e, preso totalmente alla sprovvista, sul momento la lasciò fare.

La fanciulla in un lampo gli sfilò la camicia lasciandolo praticamente a torso nudo; si scaraventò su di lui; cominciò a baciarlo insistentemente sul collo mentre gli accarezzava avidamente quei suoi addominali scolpiti.

Il biondo atleta tentò per un attimo di riportarla all’ordine opponendole resistenza, anche se con non troppa convinzione.

“Ehi, ehi, vacci piano! Non così e non qui! Non lo vedi, è squallido! Ma poi non avevi promesso di portarmi in un posto con una bella vista?”

La ragazza fece in fretta a sbottonarsi la camicetta mostrandosi in tutto il suo acerbo splendore.

“Conosci una vista più bella di questa?”

Il cuore di Tsukishima cessò di battere per qualche nano secondo; di fronte alle sue grazie non poté fare altro che cedere alle sue lusinghe.

Rimasero a lungo pelle su pelle avvinghiati a spasimare di passione per ogni singolo bacio, tocco, carezza o sfioramento.

Ben presto le mani insaziabili di lei furono vinte dalla forza di gravità, avventurandosi sotto ombelico di lui alla ricerca di terreni sconosciuti da esplorare.

Gli ansimi di quel ripostiglio furono per un attimo interrotti da un suono metallico proveniente dalla fibbia della cinta di Kei che fu sfilata con maestria.

Il ragazzo trasalì non appena sentì le calde mani di lei sprofondare dentro i suoi boxer grigi.

I rantoli di lui cominciarono ad essere così forti ed insistenti al punto tale che la ragazza dovette tappargli la bocca con un bacio profondo per costringerlo al silenzio.

Giunto quasi al culmine dell’estasi, i due amanti udirono rumori e passi provenienti da non molto lontano.

“Tsukki, Tsukki, Tssssuuuukkkiiiiiii !” era Tadashi che cercava disperatamente l’amico. Non era solo, con lui c’era Kaori che lo teneva saldamente a braccetto.

“Che strano” disse Tadashi “ prima mi chiede di comprare qualcosa da mangiare, e poi in classe non si fa trovare……e manca pure Lucy!”

“Ma non lo capisci, sciocchino, staranno insieme chissà dove, lasciali in pace. Piuttosto perché non facciamo anche noi come loro?” propose con ardore la moretta.

“Ma guarda qui quanta roba ho comprato, è ancora calda, peccato che vada sprecata !” rispose il lentigginoso sconsolato.

“Dai su, cioccolatino mio, andiamo a mangiare sul tetto, magari ci raggiungono più tardi!”

Yamaguchi si fece facilmente convincere. E fu così che finalmente si dileguarono.

Ancora in quel ripostiglio, udendo tutto quel trambusto, Tsukishima sobbalzò allontanando con impeto la ragazza che gli era spalmata addosso, tentando maldestramente di rivestirsi.

“Tranquillo, ho chiuso a chiave, vedrai, non ci troveranno.. …..facciamo piano, vieni qua e rilassati!”  bisbigliò la cantante riprendendo da dove erano stati interrotti.

Si avvicinò all’orecchio di lui ed assaporandone il lobo, gli sussurrò maliziosamente:

“Così a Tokyo, tra una partita e l’altra, avrai qualcosa da ricordare!”

Sentendo scemare l’insistente richiamo dell’amico dal tempismo perfetto, Tsukishima pensò fra sé e sé:

Sarà bene che a Tokyo, in locanda, ci dispongano in camere separate, perché se no a questo lo soffoco nel sonno!”

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** CAPITOLO DUE ***


CAPITOLO DUE

 

Di ritorno dai cinque giorni di ritiro, Tsukishima arrivò in palestra con notevole ritardo rispetto al solito.

Tutto sul momento gli sembrò filare come sempre ad eccezion fatta per alcune urla femminili provenienti da bordocampo che gli sembrarono familiari.

“Cuoricino mio, riprova!”

“Cioccolatino mio, don’t mind!”

Era Kaori che incitava con grande trasporto il suo moroso.

Kei fece appena in tempo ad indossare le ginocchiere che Sugawara lo bloccò prima di entrare in campo.

“Ehi, Tsukishima, ho bisogno di parlarti! È urgente”

“Si, Sugawara-san, come dicevo al mister è andato tutto ok al ritiro, abbiamo fatto degli scontri due contro due, abbiamo giocato delle amichevoli contro la Shiratorizawa…”

“No, no, non volevo chiederti il resoconto, almeno non ora! Senti, a questa glielo dici tu, o glielo dico io?”

Tsukishima non capì di cosa stesse parlando.

“Sono cinque giorni che manchi e questa tipa è cinque giorni che assedia gli allenamenti. Yamaguchi  non riesce a trovare la giusta concentrazione. Non è più lui, non ne imbrocca nemmeno una! Poi urla come una forsennata: se a noi ci chiamano “corvi” lei allora, lasciamelo dire, è “una cornacchia”! E poi tutti quei nomignoli…solo a sentirli mi vengono i brividi!”

Tsukishima rimase di sasso.

“Ecco, guarda ora e poi mi sai dire!“

Il vice capitano indicò il povero Tadashi, il quale, posizionato all’inizio della propria metà campo, si soffermò a lungo fissando il nastro della rete; poi effettuò la sua consueta battuta flottante scaraventando la palla fuori di gran misura.

“Home run!” gridarono i suoi compagni di squadra, scompisciandosi dalle risate.

Yamaguchi divenne di tutti i colori: fece un lecco a tutti loro, poggiando la mano dietro la nuca come per scusarsi.

“Pasticcino mio” incitò la moretta “non fa niente, pensa alla prossima!”

Sugawara sospirò sconsolato e continuò la narrazione:

“Il coach Ukai è preoccupato per questo suo improvviso calo di rendimento, lo ha già sostituito con Kinoshita e, se continua così, non lo convocherà nemmeno alle nazionali.”

Il biondo si dispiacque per l’amico.

“Si, ho capito! E io che c’ entro in tutta questa storia?”

“Dovresti parlare con la diretta interessata!” esclamò il vice capitano.

Tsukishima inorridì al solo pensiero.

“Anche no!”

Per il biondo atleta la giornata era iniziata nel migliore dei modi e non aveva alcuna voglia di guastarsela con discussioni sterili.

“ Io ci ho provato” proseguì il vice capitano ” ma non appena le ho detto che non poteva più mettere piede qui in palestra, è andata su tutte le furie dicendo che fin quando Yachi (*) assisterà agli allenamenti, verrà pure lei. E’ irremovibile! E’ stato inutile spiegarle che Yachi è la nostra manager e che è tenuta a presenziare.”

Sugawara riprese il racconto.

“E poi fosse solo quello ! Tu non sai cos’altro ha combinato questa!“

“No, non lo voglio sapere!”

“E invece si! È così appiccicosa che segue Tadashi ovunque. Una volta si è pure intrufolata nello spogliatoio del club per cercarlo ed ha beccato Ennoshita con indosso i soli sospensori. Un comportamento inaccettabile.”

Tsukishima aveva le tasche piene nel sentire tutte queste storie e, consapevole di prendersi la bega più grande della sua vita, facendo un profondo respiro ed alzando gli occhi al cielo,  accettò di confrontarsi con la moretta tutto pepe.

“Ok, più tardi ci parlo io!”

Terminati gli allenamenti, il pallavolista biondo uscì anzitempo per incrociare la ragazza.

Kaori non tardò ad uscire pensando di aspettare fuori il suo boyfriend che stava ricevendo le ultime impartizioni dal coach.

“Ehi tu, Mazuka-san” disse il biondo atleta richiamando l’attenzione.

“Mazu-cosa ? Non perdiamoci in convenevoli, Tsukki caro….. ormai siamo quasi parenti !” rispose Kaori entusiasta.

Tsukishima fece un passo indietro terrorizzato.

Per un attimo si immaginò catapultato nel futuro, al matrimonio di Tadashi, in tight e cilindro con sottobraccio la sua sposa, di bianco vestita, e si rivide intento a tirare pugni di riso vicino a quel gorilla di suo cognato.

Scosse la testa di fronte a quella scena raccapricciante.

“Mio caro Tsukki… Kaori, chiamami pure Kaori!”

“E tu Tsukishima, chiamami pure Tsukishima!”

“Ok, Tsukki, sarà fatto! Tsukki, cosa dovevi dirmi?”

Sentendo tutte quelle storpiature, Tsukishima si arrese definitivamente pensando che pretendere la corretta pronuncia del suo cognome fosse partita persa.

“Senti, te la faccio breve: non puoi più venire agli allenamenti!”

“Che cosa, scordatelo! Dove va pasticcino mio, vado anch’io!”

“Ma non lo vedi che “pasticcino tuo” le sta cannando tutte? Per colpa tua il coach lo vuole buttare fuori dalla squadra!”

“No, povero zuccherino mio dolce! Devo parlargli.”

Così dicendo la ragazza si avviò con passo spedito in direzione degli spogliatoi del club.

“Ehi, ehi, tu ... alto là !” urlò il biondo pallavolista.

“Non puoi entrare lì! L’ingresso è vietato!”

“Tranquillo, per chi mi hai presa! Non mi permetterei mai! Lo aspetto fuori!”

Tsukishima sospirò e, tenendola sotto tiro, ironizzò a lungo in merito alla bizzarra parentela del povero Tadashi.

 

(*) Yachi era compagna di classe di Kaori, entrambe frequentavano la sezione cinque.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** CAPITOLO TRE ***


CAPITOLO TRE

 

Uscito dallo spogliatoio, Tadashi si incamminò mano nella mano con la sua morosa.

Da un pò di tempo a questa parte, terminati gli allenamenti, il lentigginoso aveva l’abitudine di sincerarsi che la sua bella rincasasse sana e salva.

Ogni giorno si ripeteva il solito rituale: lungo la strada, le battutine maliziose di lei venivano accolte con risolini e rossori in viso di lui.

Giunti sotto casa, con le ultime chiacchiere, i due innamorati si scambiavano qualche tenero bacetto sulla guancia per poi augurarsi la buonanotte.

Quel pomeriggio Kaori, scossa dall’incontro-scontro con Tsukishima, decise di affrontare l’argomento con il suo boyfriend.

“Sai, cuoricino mio, oggi è l’ultimo giorno che vengo agli allenamenti. A breve dovrò affrontare parecchi compiti in classe ed interrogazioni per cui, ti chiedo di comprendermi, devo rimanere a casa a studiare. Tu, nel frattempo, metticela tutta!”

Il ragazzo si meravigliò udendo questo suo repentino cambio di programma; poi annuì alla sua amata, inorgoglito dal suo accorato incoraggiamento.

La fanciulla continuò dicendogli:

“Amoruccio mio, visto che si sta facendo buio, perché non resti a cena da noi questa sera? Mamma e papà sono via per un meeting di lavoro. A casa per ora c’è mia nonna che è venuta appositamente per prendersi cura di noi. Vedrai, è molto simpatica e sa cucinare divinamente.”

Yamaguchi meditò a lungo su tale proposta: alta sarebbe stata la probabilità di incontrare per la prima volta il fratello di Kaori.

Tadashi non lo conosceva direttamente: l’ aveva intravisto sul palco la notte del concerto, ma i racconti di Tsukishima in merito al loro diverbio non lasciavano presagire nulla di buono.

Scelse la via più facile, accampando la prima scusa che gli venne in mente per sottrarsi al nefasto destino.

“Mi piacerebbe tanto fermarmi a cena da te, ma lo vedi? Non ho l’abbigliamento adatto!”

Quel giorno, non avendo in programma ulteriori visite, il pallavolista aveva portato con sé un cambio prettamente sportivo: la classica maglietta bianca a maniche corte con la scritta dell’High School Karasuno stampata sul petto ed un paio di pantaloncini blu di modello simile a quello della divisa ufficiale.

“Ma che dici? Stai benissimo così! E poi, figurati, la nonna non ci fa caso, è alla buona! Fidati, pasticcino mio, sei bellissimo! Avanti, non ti fare pregare!”

In quel preciso momento le suppliche della ragazza furono interrotte bruscamente: squillò il cellulare di lei, la quale prese prontamente la telefonata:

“Ciao, orsacchiotto mio! Dimmi pure! Ok, avviso la nonna, ciao!”

“Senti….scu…..scusa, non vorrei farmi i fatti tuoi”balbettò il ragazzo palesemente preoccupato ”ma chi sarebbe questo orsacchiotto ?”

“Come chi è? Mio fratello, no! E chi altri! Lo sai che ho occhi solo per te, cioccolatino mio! Ryò purtroppo farà tardi con la band e mi ha detto di non aspettarlo a tavola.”

Yamaguchi, udendo la lieta novella, acconsentì improvvisamente al gentile invito della bella moretta.

Durante il tragitto quel nomignolo apparentemente rassicurante, “orsacchiotto”, gli riecheggiava continuamente nella testa; Tadashi provò ad associarlo al futuro cognato, ma ogni qualvolta provava a chiudere gli occhi, l’unica immagine che gli si stagliava davanti era quella di un enorme e feroce greezly dai denti aguzzi.

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** CAPITOLO QUATTRO ***


CAPITOLO QUATTRO
 

Arrivati a destinazione, il giovane pallavolista fece subito conoscenza con la nonna di Kaori. Rimase piacevolmente sorpreso nel constatare quanto l’anziana signora somigliasse alla sua amata.

Osservandola così minutina, ancora di bella presenza e giovanile, la mente di Tadashi si proiettò nel tempo immaginandosi a fra cinquant’anni , seduto su di un divano consunto, abbracciato a lei davanti al caminetto acceso, tutti e due attorniati da una miriade di rumorosi e vivaci nipotini.

L’anziana signora si scusò con i ragazzi sul fatto che ancora non fosse pronto.

“Mi dovete scusare, figliuoli cari! Sono tornata ora dal supermercato: ho incontrato una vecchia amica e ci siamo messi a chiacchierare dei bei tempi andati. Voi, intanto, fate con comodo, al resto ci penso io!”

La nonna diede loro le spalle e, riponendo la spesa sullo spianale, cominciò a cucinare.

I ragazzi presero posto a tavola, osservandola mentre preparava amorevolmente per loro.

Attenta a non farsi scoprire, di lì a poco la moretta tutto pepe accolse il suggerimento della nonnina: iniziò a sbaciucchiare dappertutto il timido Tadashi, il quale rimase per un attimo inerme, rigido come il marmo, terrorizzato dalla possibilità che il fratello di lei rincasasse anzitempo.

“Dai, Kaori, non fare così! Non ora, più tardi magari!” la pregò imbarazzato.

La ragazza annuì e, fingendo un improbabile contegno, smise di coccolarlo.

La vecchietta, sempre di spalle, affettando la cipolla ed asciugandosi le inevitabili lacrime con il grembiule, principiò il simpatico interrogatorio.

” Da quanto tempo conosci il mio piccolo angelo? Siete nella stessa classe?”

“No signora, io sono nella sezione 4 e lei è nella sezione 5.”

“Allora siete vicini di classe.”

“Si, signora.”

Kaori tornò alla carica, sussurrandogli all’orecchio frasi che in quel momento non avrebbe voluto sentire.

“Dimmi, amore mio, ma le lentiggini ce le hai soltanto in faccia?”

Così dicendo, fece scivolare la mano sotto il tavolo andandosi a posizionare maliziosamente sul ginocchio nudo del suo moroso.

Il lentigginoso cercò di mantenere una certa compostezza, ma in volto divenne di mille colori.

Le mani di lei si soffermarono lì solo per pochi attimi, spostandosi velocemente verso l’interno delle sue cosce muscolose.

Il ragazzo sussultò piacevolmente ed in qualche modo riuscì a mantenere la calma.

“E dimmi un pò, cos’altro fai oltre che a studiare?” incalzò curiosa l’anziana intenta a cucinare.

“Io gioco a pallavolo, signora! Sono entrato a far parte della squadra del liceo.”

“Ottima cosa” affermo la nonnina mentre tagliava la carne a tocchetti.

“ Gliel’ho sempre detto a Kaori, fai uno sport, iscriviti a danza, prendi una boccata d’aria, ma lei niente, sta tutto il giorno chiusa in camera a studiare. Sempre a studiare! Quella matematica poi, è un’ossessione, che ci troverà di interessante dico io!”

Kaori accolse nuovamente il suggerimento della nonna e gli bisbigliò all’orecchio ridacchiando:

“ Quanto vorrei contare ad una ad una tutte le lentiggini che hai sul corpo!“

Udendo tale affermazione, il ragazzo digrignò i denti irrigidendosi.

La mano di Kaori improvvisamente si mosse dall’interno cosce: ella tentò di salire su il più possibile, tuttavia non riuscì nell’impresa, saldamente bloccata dal lentigginoso.

“Kaori, ti prego, basta così, fai la brava!” la implorò.

La nonna continuò con le sue divagazioni:

“Beata gioventù! Stare insieme in classi miste! Ai tempi miei si studiava a casa e non si poteva fare amicizia con i maschi.”

La fanciulla accontentò il suo amato, visibilmente agitato dai continui attacchi sferrati, lasciando in pace quelle cosce dai peli ormai intirizziti.

Tadashi provò un immediato sollievo al suo ritrarsi: quella tortura, seppur piacevole, stava diventando davvero difficile da celare.

L’idillio durò poche manciate di secondi.

La moretta decise di concentrare le sue carezze altrove: senza farsene accorgere dal diretto interessato, piano piano provò a sollevare un lembo della sua maglietta.

Così facendo, raggiunse indisturbata i suoi turgidi pettorali sfiorando insistentemente i suoi capezzoli, sporgenti e duri come chiodi.

La vecchietta, continuando a dar loro le spalle, proseguì a chiedere di loro:

“ La mia Kaori è sempre tanto triste; sono contenta che si è fatta un nuovo amico. E’ bello farsi nuovi amici!”

“Si nonna, hai ragione! “ disse la fanciulla continuando ad accarezzare avidamente Tadashi ovunque.

“E tu sei contento di essertela fatta amica?” chiese al pallavolista.

La lucidità di Yamaguchi iniziò a vacillare.

“Si signora, sono contento di essermela fatta! Ehm, cioè, di essermela fatta amica!”

La nonna continuò a raccontare le sue esperienze di vita:

“Poi un giorno mi hanno presentato un giovine proveniente da un altro villaggio ed è stato amore a prima vista. Ci siamo sposati presto con tuo nonno.”

“Si nonna, la racconti sempre questa storia!”

“Si tu la conosci, ma il tuo amico no! E abbiamo fatto tanti figli. Ecco la storia della famiglia Mazuka!”

In quell’istante la ragazza smise di sfiorare il torace di Yamaguchi e, cogliendo la palla al balzo, ritornò nuovamente con le mani sotto il tavolo.

Stuzzicata da un agevole accesso, scansò quanto basta l’elastico di quei pantaloncini e giunse rapidamente lì dove Tadashi non si aspettava che potesse arrivare.

“No, che fai….con tua nonna davanti!” il giovane tentò inutilmente di divincolarsi dalla presa.

La ragazza gli sussurrò all’orecchio:

“Dai, stai zitto e fermo! Lasciami fare, che tanto è mezza sorda!”

“No dai, non è il caso, non posso, non voglio!”

La ragazza non badò alle sue rimostranze: poté toccare con mano, in tutti i sensi, che erano delle false ritrosie quelle paventate dal lentigginoso.

Così insistendo, afferrò le redini della situazione, imbroccando il giusto ritmo.

L’anziana signora, sempre dando le spalle ai due amanti, continuò con le sue narrazioni:

“Siamo una famiglia unita come poche, noi Mazuka. A proposito questo fine settimana mio marito ha organizzato una battuta di pesca. Ci sarà il papà di Kaori ed il “piccolo” Ryotaro. Perché non ti unisci pure tu a loro? Sarà un’esperienza divertente, in tenda al contatto con la natura. Un bel modo per sentirti parte della nostra famiglia, tutti gli uomini Mazuka al completo!”

Yamaguchi non riusci a risponderle: completamente in estasi, con la testa in un altro pianeta, non stette ad ascoltare una sola parola di ciò che disse la vecchietta.

A tratti si contorceva abbandonandosi al piacere; poi, intimorito dall’ambiente cosi poco intimo, ritornava per un breve istante in sé provando, invano, a fermare la mano della ragazza che continuava imperterrita, con ritmo sempre più incalzante, diretta a concludere ciò che si era prefissata.

La nonna, sconsolata per non aver udito alcuna risposta, girando e rigirando con un mestolo la preparazione, ripropose insistentemente la domanda:

“Allora ci vieni ? Ci vieni ? “

Il ragazzo al culmine del piacere si lasciò guidare dalle parole della nonna:

“Io direi....che potrei…venire! Si vengo! Ehm, cioè, ci vengoooooooo!”

In quel preciso momento rientrò il fratello batterista, provato da un’intensa sessione di prove con la band e da una dura giornata di lavoro: da alcuni anni era il magazziniere del punto vendita di ricambi auto di proprietà della famiglia.

Tadashi, tentando in extremis di salvare le apparenze, fece appena in tempo a ricomporre il cavallo dei calzoncini.

Ryotaro salutò a modo suo il nuovo ospite:

“E tu chi diavolo saresti? Pidocchio!”

“Io sono Yamaguchi, Tadashi! Piacere di conoscerla Ryo-san, anzi no, signor Ryotaro-san, anzi che dico, signor Mazuka-san!”

“Guarda che con me tutto questo slinguazzamento non funziona, pidocchio!”

La nonna accolse affettuosamente il nipotino:

“ Ryò, piccolo mio, vai a lavarti le mani che tra poco è pronto!”

“No, nonna, grazie. Come se avessi fatto! Ho già mangiato un hamburger con i ragazzi della band. Sto a posto così. Comunque mi intratterrò ugualmente con tutti voi a tavola, per farvi compagnia, che non si dica che a casa Mazuka manchi l’ospitalità!”

“Ben detto, orsacchiotto mio, mio figlio ti ha tirato su proprio bene!” affermò la nonna soddisfatta.

Il palestrato si sedette di fronte ai due ragazzi, scrutandoli dalla testa ai piedi, pronto a cogliere ogni minimo segnale di defaillance da parte loro.

“Ecco pronto, buon appetito!”

La nonna impiattò con dovizia quanto cucinato annunciando la pietanza con grande entusiasmo:

“Dell’ottimo ramen piccante (*) …..la ricetta originale centenaria della famiglia Mazuka!”

Tadashi trasalì non appena vide quella scodella di brodaglia in cui era affogata della carne ed un paio di noodles attorcigliati.

Accettando l’invito a cena, non aveva messo in conto che gli si offrisse una pietanza così tanto nemica del suo colon; lui che non appena mangiava qualcosa di pesante o di speziato era destinato a finire ore ed ore sopra la tazza del water.

Kaori incoraggiò il ragazzo:

“Te l’avevo detto che la nonna è un’ottima cuoca e che ti avrebbe preparato qualcosa di speciale! Suvvia mangia!”

Il cognato rincarò la dose:

“ Suvvia mangia, non vorrai mica far dispiacere mia nonna!”

Yamaguchi, rassegnandosi ad una inevitabile diarrea acuta, con le bacchette prese via via i vari pezzi di carne, presumibilmente di maiale, premurandosi di portarli alla bocca solo dopo averli accuratamente scolati da tutto quel brodo untuoso. Stessa cosa poco dopo lo fece con quel poco di spaghetti che trangugiò in un sol boccone senza pensarci.

“Mio caro, ma il brodino non lo finisci?” suggerì premurosamente l’anziana signora.

“E’ lì che si concentrano tutti i nutrienti e tu devi ancora crescere!”

Kaori, intuendo che il piatto non fosse esattamente di gradimento, tentò di difendere il suo amato.

“ Nonna, ma non vedi che è già un metro e ottanta? Ed ha ancora quindici anni, dagli tregua!”

“Si, ma non lo vedi com’è gracilino? Guarda tuo fratello invece quanto è forte e bello a furia di mangiare il ramen della famiglia Mazuka!”

“Hai sentito cosa ha detto la nonna? Che ci aspetti? Mandalo giù! “ gli ordinò perentoriamente il cognato.

Lo sguardo insistente dell’energumeno divenne da severo a minaccioso.

Il povero pallavolista non riuscì a tenergli testa e distolse il suo, soffermandosi su quel drago sputafuoco che gli campeggiava fiero, tatuato sul bicipite destro, il quale gli sembrò ,per un attimo, che lo stesse guardando in cagnesco, anche lui come il suo padrone.

Quel brodo era bollente e speziatissimo, al limite dell’umana sopportazione: accettando la triste sorte, Tadashi ne buttò giù una buona parte tutto di un fiato, scatenando un “effetto lava” nel suo delicato intestino.

Ryotaro si stava abituando alla presenza in tavola del lentigginoso e, per ammazzare il tempo, prese la sua preziosa cartella portadocumenti, tirando fuori degli occhiali da lettura che inforcò.

Il quindicenne non era per nulla sereno: stava seduto con una gamba fuori dal tavolo, pronto a fuggire in caso in cui la situazione fosse precipitata.

“Ancora lì ce l’hai quel brodo, finiscilo tutto!” gli imperò il cognato.

Yamaguchi si arrese all’amaro destino: chinò la testa sconsolato sul piatto; con tutto quel grasso in sospensione a tratti riusciva a specchiarsi.

Decise di farla finita e bevve direttamente dalla scodella.

Non appena rialzò il capo una immagine lo inquietò: l’energumeno teneva per le mani con nonchalance una rivista osé e Tadashi si ritrovò improvvisamente sbattuta in faccia una pin up dalle tette enormi che addentava una mela rossa; il rossetto aveva lo stesso identico colore del frutto del peccato.

La conturbante modella era “vestita” solamente da un boa, non di piume, bensì un grosso rettile in carne ed ossa che le sbucava direttamente dalle cosce.

A quell’immagine, Yamaguchi sussultò, sputando a spruzzo ovunque, scatenando l’ira del cognato e del suo relativo drago sputafuoco.

“Tadashi, amoruccio mio!” accorse Kaori preoccupata, sincerandosi che stesse bene.

“Figliuolo caro, che è successo?” domandò la nonnina in ambasce.

Il lentigginoso finse di tossire:

“Forse mi è andata una spezia di traverso!”

La vecchietta si meravigliò, certa di aver accuratamente setacciato il brodo con un colino.

Ryotaro distolse un attimo lo sguardo dalle sue profonde letture per sentenziare senza giri di parole:

“Sfigato!”

Dopo poco richiuse con fare annoiato il giornaletto ormai logoro, lasciandolo adagiato sul tavolo in bella vista.

Tadashi ebbe come l’impressione che l’avesse già esaminato parecchie volte.

Il batterista, fingendosi improvvisamente interessato alla vita dell’amichetto di sua sorella, gli chiese:

“Di un pò, senti qua, in che ruolo giochi a pallavolo?”

“Io sono Middle Blocker: sono un attaccante. Mi occupo di murare l’avversario e di schiacciare la palla dal centro della rete. Per il momento mi sto specializzando nei servizi ad effetto: sono un pinch server !” affermò con orgoglio Yamaguchi.

Pinch server ? Pinch come il cane? Fai servizi da cani? “ alla battuta demenziale rise solamente lui.

In quel momento la nonna si allontanò per gettare l’immondizia; il clima divenne a tratti quasi irrespirabile.

La curiosità del musicista divenne più insistente:

“Ma a pallavolo si può battere con i piedi?”

“No” rispose il pallavolista “durante il gioco si può ribattere con tutte le parti del corpo purché la palla non tocchi terra, ma per quanto riguarda il servizio…..”

Ryotaro non gli fece nemmeno concludere la spiegazione:

“Secondo me dovrebbero cambiare il regolamento, almeno per te!”

Yamaguchi si alzò dalla sedia pronto a defilarsi, percependo un non so che di ostile nelle parole del cognato.

“Ti ho visto prima sai, quelle mani addosso a mia sorella, lì, sotto il tavolo, razza di lurido pervertito ! Per tutti gli dei, non mi chiamo Ryotaro se non te le stacco di netto!”

Tadashi, in preda di fortissimi crampi allo stomaco, decise di accomiatarsi dandosela a gambe levate alla velocità della luce.

Una volta a casa, al sicuro sopra il gabinetto, si domandò se la causa di tale diarrea fosse da imputare al ramen della nonna o alle minacce del cognato.

 

(*) Ramen: è un tipico piatto giapponese a base di spaghetti di frumento servite in un brodo di carne o di pesce, spesso insaporito con salsa di soia e con guarnizioni come maiale affettato, alghe marine secche, uova o mais.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** CAPITOLO CINQUE ***


CAPITOLO CINQUE

 

Il mattino dopo, il giovane Tadashi passò puntualmente, come di consueto, sotto casa di Tsukishima ed insieme si incamminarono verso scuola.

Kei trovò l’amico stranamente ammutolito; da anni ormai, durante il tragitto, il biondo aveva l’abitudine di sfilare le sue immancabili cuffie, posizionandole alla base del collo, per ascoltare i discorsi entusiastici, a volte divaganti e sconclusionati del lentigginoso.

Spesso non prestava attenzione a ciò che diceva; si lasciava trascinare da quei fiumi di parole, trovando confortevole il suono argentino della sua voce.

Per la prima volta, a sua memoria, di fronte a tale mutismo, decise di rompere il ghiaccio:

“Allora, oggi, dopo gli allenamenti, ci vai da Shimada per perfezionare il tuo servizio flottante ? Facciamo strada insieme per un pezzo, al ritorno?”

Tsukishima non riuscì a cavare molto dalla bocca del suo best friend e decise di non chiedergli nulla di più, rispettando il suo silenzio.

Giunti nei pressi del cancello del liceo, Yamaguchi, con voce bassa e tremolante tentò di spiccicare qualche parola:

“Senti Tsu…Tsukki, io …dovrei...”

Ma il ragazzo non ebbe modo di percepire le sue titubanze, avendo avvistato in lontananza la sua bella, in sella alla moto, accompagnata dal fratello.

Glielo chiederò più tardi! Non può dirmi di no!” pensò il pinch server sospirando.

Durante la ricreazione, Lucy fu intrattenuta più del dovuto dalla prof. di inglese, la quale la tempestò di domande in merito alla corretta pronuncia di alcuni termini, desiderosa di apprendere il più possibile il suo perfetto accento madrelingua.

Liberatasi, si accorse che i due pallavolisti non erano più in classe.

 

“Basta, smettila di strattonarmi, cosa vuoi?” urlò Tsukishima all’amico che lo aveva afferrato disperatamente per un polso e condotto, di corsa, tra le scale dell’ultima rampa vicina al tetto.

Yamaguchi, col cuore in gola, fece appena in tempo a rifiatare:

“Tsu….Tsu….Tsukki, io ti devo parlare!”

“Che c’è, Yamaguchi? E’ da stamattina che sei così! Sputa il rospo!” rispose seccato il biondo.

Tadashi si ricompose il volto fingendosi allegro:

“Sai Tsukki, sabato il nonno di Kaori ha organizzato una battuta di pesca al fiume. C’è un boschetto ad una cinquantina di chilometri da qui. Domenica pomeriggio rincasiamo. Che fai, ci vieni?”

“Ehm...no!” rispose ermeticamente Tsukishima tentando di stroncare la discussione sul nascere.

“Come, no?” incalzò il lentigginoso infervorato “ Pensa... Tsukki! Sarà un’avventura fantastica, un’ intera giornata con il tuo migliore amico e tanta natura da esplorare!”

“Un’avventura fantastica, un’ intera giornata con la mia ragazza, questa è l’unica natura che vorrei esplorare!” sentenziò Tsukishima senza giri di parole.

“Ti prego, Tsukki, vieni con me, fammi compagnia …ho come l’impressione, ecco, di non essere particolarmente simpatico al fratello di Kaori!” Yamaguchi si mise a giocherellare, come sua abitudine, con le dita per scaricare l’evidente nervosismo.

“Si, perché io invece ? Ti rammento che, la sera del concerto, quel King Kong di tuo cognato…. c’è mancato poco che mi cambiasse i connotati! Ma poi, fammi capire, perché diavolo non hai rifiutato quest'invito così assurdo?”

Ormai dopo tutti questi anni di consolidata amicizia, Yamaguchi avrebbe dovuto far propria la raffinata arte di Tsukishima di non compiacere nessuno per nessun motivo al mondo, lui che era grande maestro nel non fare mai ciò che non si ha voglia di fare.

Tadashi si zittì per un attimo; non ebbe il coraggio di confessare al suo migliore amico le circostanze che lo indussero ad accettare senza remore la proposta della nonna di Kaori, distratto da ciò che accadde sotto quel tavolo della cucina.

“Non ci ho riflettuto! “ disse grattandosi ripetutamente le tempie.

“Prima combini i casini e poi mi tiri in ballo! Sei sempre il solito idiota!” ribattè Kei adirato.

“E dai non dirmi così, tu lo sai che mi devi un favore !” rispose il lentigginoso stizzito. E mentre diceva così, gli occhi gli diventarono lucidi e gonfi di lacrime mentre le gote sempre più infuocate.

Tsukishima fu parecchio scosso nell'udire le ultime parole accalorate dell’amico; ammise che in tutti questi anni Yamaguchi c’era sempre stato per lui, incessantemente a suo fianco, supportandolo in tante occasioni, non per ultima quella sera al concerto di Lucy, senza mai rinfacciargli nulla.

Pensò che doveva essere parecchio frustrato per spingersi a tanto.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** CAPITOLO SEI ***


 

CAPITOLO SEI

 

Era già mezzogiorno inoltrato di quel sabato nel boschetto abbarbicato vicino Sendai.

Il sole picchiava forte nel cielo e non un alito di vento soffiava per portare frescura.

Le tende erano già state montate all’albeggiare della giornata.

Le acque erano floride e pescose: gli uomini Mazuka avevano riempito parecchie gerle e confabulavano fra di loro pregustando un pranzo luculliano.

Solo, in mezzo al fiume, con l’acqua fino alla vita, Tadashi, con indosso la salopette per l’occasione prestata dal nonno, era ancora con un nulla di fatto, impegnato a divincolarsi dal groviglio di lenze in cui si era impigliato.

Seduto sulle sponde del fiume, Tsukishima tentò di infilzare un verme schifoso il quale, per una buona mezz’ora, non gli sembrò essere particolarmente collaborativo.

Spazientito, finì per mollare la canna da pesca per poi rovistare negli zaini da camping.

L’invertebrato ne uscì vittorioso dalla lotta.

“Ehi, Yamaguchi! Ma dove diavolo hai messo la protezione solare? Ed il repellente per le zanzare?”

“Scu….scusa Tsukki! Forse saranno dentro la pochette che ho dimenticato a casa, vicino al lavandino. Mia madre mi ha chiamato ed io...”

“Taci, Yamaguchi!” tuonò imperativamente alquanto seccato.

“Basta, ne ho abbastanza di questa natura! Ora chiamo mio fratello e mi faccio venire a prendere!”

“No, Tsukki, non mi lasciare da solo con quello lì!” supplicò l’amico in preda al panico.

“Ma mi vedi? Ho la faccia come un peperone e ‘ste cazzo di zanzare mi stanno rosicando vivo!”

E così dicendo, Kei si schiaffeggiò dappertutto cercando invano di contrastare il nutrito sciame che stava allegramente banchettando con lui, quasi del tutto indisturbato.

“Ti prego Tsukki, resta! Io a domani mattina non ci arrivo!”

Tsukishima rimase immerso in un lungo silenzio di riflessione.

“Già mi immagino stanotte, sotto quella tenda: io, tu e Godzilla!”

“Grazie, Tsukki!”

Il volto del lentigginoso cambiò ad un tratto espressione: gli fece un sorriso a trentadue denti che lo ripagò ampiamente per il suo immolarsi.

L’idillio di quel momento fu subito interrotto; distratto dall’animata discussione, Yamaguchi non si accorse che la sua lenza si stava agitando già da un pò: qualcosa aveva iniziato ad abboccare.

Dopo poco si sentì strattonare violentemente:

“Aaaarrgggg, Tsukki, vieni, presto! Aiutami, non so cosa ho preso! Tira forte, aiutooooooooooooo! “

Tsukishima, senza pensarci due volte, si fiondò in acqua per soccorrere l’amico in difficoltà.

Il fiume era gelido e, benché fosse adeguatamente equipaggiato, il biondo occhialuto sentì delle ondate che gli arrivarono dritte dritte al basso ventre: fu come essere trafitto da mille spilli, un’esperienza sensoriale da non augurare al peggior nemico.

Kei rimase inorridito nell’intravedere sottacqua, ai piedi dell’amico, una creatura scura che si dimenava.

“Merda, cos’ è sto schifo? Ma cosa hai preso, Yamaguchi? Il mostro di Lockness?”

“Non lo soooooo! Aaaaarrggggg, aiutami! Prendi, prendi il retino!” urlò Tadashi come se non ci fosse un domani.

Ryotaro li vide da lontano agitarsi in mezzo a mille spruzzi: in due non riuscivano a tirar fuori la bestiola fuori dall’acqua.

Fece finta di nulla continuando a pescare, mormorando:

“Sfigati!”

Fu così che il nonno, notando i due giovani in ambasce, ordinò al nipote di intervenire in loro ausilio.

“Muoviti Ryò, vai ad aiutarli! Dai che stasera faremo una bella grigliata!”

“Si, nonno!” sbuffò il batterista contrariato.

L’energumeno in men che non si dica travolse i due ragazzi: con uno spintone scalzò Tsukishima che cadde, bagnandosi fino al midollo; afferrò con irruenza la canna di Tadashi sollevando, con un sol movimento di bicipite, il malcapitato pesce.

Il quella circostanza il drago sputafuoco fu molto orgoglioso del suo padrone.

I pallavolisti sgranarono gli occhi increduli: avevano catturato una grossa anguilla nera.

“Pappemolli!” sentenziò il palestrato tenendo il viscido capitone per le mani che ancora si contorceva ostinato.

Ryotaro pose presto fine alle sue sofferenze: con un colpo secco gli staccò di netto la testa dal corpo e, fissando con ferocia il povero Yamaguchi, lo minacciò dicendo:

“Hai visto che fine ha fatto il tuo pesce? Il tuo pesce doveva stare buono lì dov’era, a casetta sua! E’ voluto uscire…..ed ha fatto questa fine!”

Così dicendo, ripose l’animale esanime nel secchio assieme al resto del pescato.

“Ma che è sta storia? Che c’avrà mai contro ‘ste anguille?“ domandò interdetto Tsukishima il quale non afferrò l’allusione che invece fu subito ben chiara all’amico, consapevole, sin dalle primissime battute, che il cognato non si stesse riferendo alla creatura acquatica ormai passata a miglior vita.

Yamaguchi decise ancora una volta di tenere per sé quanto accadde a casa di Kaori sotto quel tavolo ed accennando una risatina nervosa rispose:

“Boh? Come dici sempre tu, Tsukki, noi, persone normali, certe cose non le possiamo comprendere!”

Giunse sera; l’allegra combriccola si sedette vicino al fuoco consumando quelle prelibatezze: il pesce arrostito appena tirato dalla brace era buonissimo e il nonno trovò particolarmente gustosa l’anguilla pescata da Tadashi.

L’anziano ad un tratto si alzò dal masso in cui era seduto ed entrò in una delle due tende; di lì a poco tornò, tenendo in mano un buffo cappello da pescatore decorato con tanto di ami, piume e finte esche.

“Bravo figliuolo, te lo sei meritato! Questo è per te, d’ora in poi fai parte a pieno titolo della famiglia Mazuka, benvenuto!”

Detto ciò, incoronò soddisfatto il giovane lentigginoso il quale provò un forte senso di orgoglio per essere stato insignito di cotanto onore.

Poi si rivolse al nipote il quale, udita tale proclamazione, non fiatò, scuotendo la testa in segno di profondo dissenso.

“Ryò, si è fatto tardi. Io e tuo padre ce ne andiamo a riposare…..se volete, potete rimanere ancora un pò a chiacchierare, chissà quante cose avete da raccontarvi!”

I due pallavolisti sospirarono all’unisono sconsolati.

Dopo essersi premuniti nello spegnere il fuoco, i tre ragazzi si diressero in tenda senza dire una parola. Fortunatamente per loro, Ryotaro dopo qualche minuto crollò come un sasso, iniziando a russare peggio di un martello pneumatico.

Trascorsa più di mezz’ora, nel calduccio del suo sacco a pelo, Tadashi non riusciva a prendere sonno: si girava e si rigirava senza trovare pace.

Tsukishima sorrise a quell’immagine paragonando il contorcersi dell’amico a quello della viscida anguilla da lui pescata poche ore fa.

“Ehi, stai dormendo?” gli chiese Kei.

“Non ci riuscirei nemmeno se lo volessi!” rispose terrorizzato Yamaguchi.

“Vieni qua e siediti vicino a me” gli propose affettuosamente il biondo.

E così dicendo, tirò fuori il suo inseparabile Ipod.

“Lucy ha registrato alcuni dei suoi nuovi pezzi, ti va di sentirli?”

Tadashi s’illuminò dalla gioia: si accomodò vicino all’amico del cuore condividendo con lui gli immancabili auricolari.

Si addormentarono così, testa contro testa, con le gambe rannicchiate al petto.

Quella notte Tsukishima sognò: sognò di quel prato nel parco, di quella torta di fragole, di quel ripostiglio delle scope, ripercorrendo pedissequamente ciò che accadde, arricchendolo via via di nuovi ed eccitanti particolari.

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3964327