World of Nations: The Secret of Love

di Immersi nella vita
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La festa ***
Capitolo 2: *** The after party ***
Capitolo 3: *** Piani malvagi pt 1 ***
Capitolo 4: *** Piani malvagi pt 2 ***
Capitolo 5: *** La Chat ***
Capitolo 6: *** L' Appuntamento ***
Capitolo 7: *** La cena ***
Capitolo 8: *** L' invito ***
Capitolo 9: *** Una festa in maschera Pt 1 ***
Capitolo 10: *** Una festa in maschera pt2 ***
Capitolo 11: *** Tra litigi e vendette ***
Capitolo 12: *** Occhio per occhio, dente per dente ***
Capitolo 13: *** Ospiti indesiderati ***
Capitolo 14: *** Un picnic sul lago ***
Capitolo 15: *** In vino veritas ***
Capitolo 16: *** La nazione dell'amore ***
Capitolo 17: *** Parole non dette ***



Capitolo 1
*** La festa ***


World of Nations: The Secret of Love.
 
 
Prologo

Prussia ebbe la geniale idea di organizzare una festa a sorpresa per il compleanno del fratello, ma era del tutto ignaro che una semplice festicciola come quella avrebbe influenzato così tanto le sorti di molte nazioni intorno a lui. Tra nazioni solitamente non si festeggiavano quegli eventi così privati, al massimo ciò poteva accadere tra una stretta cerchia di conoscenti. Questo però non scoraggiò il prussiano, che, volendo fare le cose proprio in grande stile, esagerò invitando mezzo mondo al compleanno del suo ignaro fratellino. 

Capitolo uno: la festa
 
Il tutto iniziò la sera del 3 ottobre, quando il magnifico teutonico, dopo una seria riflessione sulla labilità del tempo a lui rimasto da dedicare al fratello e alle cose di questo mondo, si mise a telefonare a tutte le nazioni che gli vennero in mente. Così il francese, suo amico, si propose di portare del cibo per la festa insieme anche a quello che avrebbero gentilmente offerto i due italiani. All'invito risposero tutti portandosi dietro anche gli amici. 

......Il 4 ottobre. Berlino,Germania. Ore 19.00......

Ludwig, dopo una lunga e stressante giornata lavorativa, stava finalmente tornando a casa. Tutto quello che avrebbe voluto era mangiare, lavarsi e dormire. Tutto fuorché lo spettacolo che lo accolse una volta aperta la porta...

E fu così che, con immensa pazienza e una buona dose di alcol, al posto del suo sperato riposo, si dovette sorbire una festa più rumorosa e incasinata dei meeting mondiali, a volte stentava a credere che i presenti fossero nazioni, perché si comportavano più che altro come un branco di ragazzini. 

 Veneziano aveva ricevuto l'invito alla festa quello stesso giorno in mattinata e dopo aver convinto un riluttante Romano a venire con lui, avevano passato l'intero pomeriggio a cucinare. Era molto emozionato per la festa, finalmente un'occasione per passare un po' di tempo, che non fosse puramente lavorativo, insieme al tedesco. Era molto legato a quest'ultimo da una forte amicizia, ma dopo la fine della  guerra i loro rapporti si erano molto raffreddati e ogni volta che Veneziano tentava di avvicinarsi e di varcare il confine di quella loro amicizia, si trovava respinto dal teutonico. Tra tutte queste preoccupazioni il settentrionale aveva avuto anche il tempo di preparare un bel regalo per l'amico: delle mutande di Gucci rosso fiammante, sperava che gli avrebbero fatto piacere..
Sicuramente lasciarono una vivida impressione sul tedesco perché anche il suo viso assunse le stesse tonalità del regalo. Imbarazzato balbettò un "danke" e iniziò una conversazione di cortesia con l'italiano. Al duo si unì anche Giappone che regalò 2000 euro al tedesco, imbarazzandolo ancora di più Germania. 

Nel frattempo in cui il ritrovato Asse conversava, la festa stava prendendo una piega decisamente strana. Infatti mentre  Corea del sud sparava a tutto volume le sue cover dei Bts, Inghilterra, ubriaco fradicio, si faceva condurre in uno sgabuzzino dal lascivo francese.

 Intanto Romano, in pantofole e pigiama, non avendo avuto la minima voglia di darsi una sistemata per il compleanno di quel crucco bastardo, si stava già rompendo le scatole. Si chiese cosa ci facesse ancora lì a perdere tempo e trovando ormai insopportabile il clima di quella festa, decise di ritirarsi nella stanza della patata per schiacciare un pisolino. Mentre il meridionale dormiva, Spagna, approfittando della situazione, decise di sdraiarsi accanto al suo pomodorino addormentato, e mentre contemplava il volto assopito della persona a lui più cara, il sonno colse anche l'ispanico. 

Intanto le ore scorrevano, e tra i vivaci sottofondi musicali offerti da Yong sung, le Nazioni si erano ormai spazzolate quasi completamente il buffet e fiumi di alcool scorrevano ad ottenebrare la mente delle personificazioni anche di quelle più sagge. 

Tra queste quella di Cina, che, abbastanza ubriaco, alla vista di Russia abbracciato all'americano, decise di lasciare tempestivamente quella festa. In giardino fu fermato da Giappone, che gli chiese di rimanere, alché, senza ormai alcun freno inibitore, frustrato e triste, sputò addosso a Kiku tutto ciò che provava. Era stanco di vivere, 4000 anni di vita e di dolore erano troppi per chiunque, Nazione o meno, non aveva più nulla a cui attaccarsi, nessuno che poteva consolarlo o abbracciarlo la notte... . Troppo da sopportare per Yao, che si ritrovò il suo monologo interrotto da uno schiaffo di Kiku, che trattendo le lacrime e con voce strozzata gli chiese di tornate in sé, di smetterla con questo delirio, che doveva vivere perché lo doveva al suo popolo e perché non voleva che il suo "gege" lo lasciasse. Lo sconvolgeva profondamente vederlo in quello stato, specchiarsi in quegli occhi stanchi, arrossati dall'alcol e dal dolore che troppo tempo aveva trattenunto dentro di sé. Kiku si chiese perché non era riuscito a vedere questo lato di Cina, ah già era colpa sua...era lui che si era allontanato nella sua indifferenza, era sempre colpa sua se il suo fratellone soffriva in questo modo, ma era troppo difficile ammettere questa amara verità a se stesso. Ma a ferirlo più  di questa sua rivelazione, fu lo schiaffo morale che gli inferse Yao, quando ridendo in modo amaro gli rivolese queste parole: "tu, proprio tu, mi rivogi queste parole! 'Gege'!???Fratellone!? ah...da quanto non ti rivolgevi a me così? Sai quanto fa male? quanto sono solo...quanto mi hai fatto male....." e poi sussurrando in tono sprezzante proseguì con " eh eh. ...ti ricordi Nanjing, allora si che volevi bene al fratellone, perché non lo ammetti cosa hai fatto al corpo del tuo caro nisan? ". Amareggiato e non riuscendo a confrontarsi con il suo oscuro passato, Kiku volse le spalle a Yao e se ne andò.

Ma i confronti non erano finiti per Cina, infatti venne raggiunto da Russia. 
Ivan, dopo aver visto Yao allontanarsi in quel modo dalla festa, decise di inseguirlo. Dopo aver eluso le attenzioni della sua sorellina era finalmente riuscito a raggiungere Cina fuori dalla casa di Germania. Russia teneva molto alla nazione asiatica, erano stati molto amici durante la guerra, e molto di più nel periodo sovietico, ma una rottura ideologica, o meglio le discrepanze tra i loro capi, avevano fatto finire la loro favola d'amore. Quella sera l'aveva trovato bellissimo come al solito, avrebbe voluto parlargli, ma era stato trattenuto da America. Questa era la sua occasione per parlare da solo con Cina, senza capi politici o orecchie indiscrete tra i piedi. Ma quello che vide non era il solito Yao, calmo e misurato, chi aveva di fronte era invece una versione insolita di Cina, ubriaca, triste, distrutta, come un vaso andato in frantumi. Si chiese se sarebbe riuscito a raccoglierne  i cocci, se glielo avrebbe permesso, o lo avrebbe allontanato ancora una volta? Perso in queste sue elucubrazioni, Ivan rimaneva incantato di fronte a Yao senza riuscire a proferire verbo. A riscuoterlo fu un sussulto da parte del cinese che con un' occhiata sfrontata gli urlò con rabbia: " Perché mi hai seguito? Che vuoi anche tu da me? Mi lasci in pace... sono stanco... vattene Russia ... " Riscossosi il russo gli chiese: "Perché fai così? Ti ho seguito perché ti ho visto lasciare come una furia la festa....che è successo? Ti senti male?". A questo punto Cina barcollando si appoggiò a un lampione e con un'espressione amareggiata e nostalgica sussurrò: " Mi sento male, chiedi? ....sì, sto male. Molto male, Ivan. Sai cosa sono? sono stanco, stanco morto di tutto! Perché mi guardi così!?Credi sia impazzito!?? 4000 anni, cazzo. 4000, sono troppi, voglio solo... " a questo punto la voce gli si strozzò e con immensa tristezza concluse "...solo sparire...." . Ivan fissò sconcertato Cina, e dopo che la nazione asiatica ebbe concluso il suo triste monologo, fece l'unica cosa che gli venne in mente: lo abbracciò. Yao venne colto alla sprovvista da quel gesto, si sentì stingere da forti braccia e avvolgere dal profumo un tempo famigliare di vodka e neve. Ivan gli sussurrò all'orecchio parole dolci, che non avevano alcun senso ormai visti i loro rapporti attuali. '' Yao, mio dolce Yao, non dirlo mai più, ti prego di non farlo... mi spezzi il cuore in questo modo. Comprendo il tuo dolore, l'ho provato anch'io, noi nazioni siamo state create per soffrire, per portare la sofferenza dei nostri popoli, ma non dimenticare che se il peso diventa insopportabile da portare, io sono sempre qui per aiutarti" 
 "Perché?" chiese Yao, con la vista che gli si appannava.
 " Perché, nonostante tutto, ti amo ancora... " gli rispose con affetto il russo, accarezzandogli dolcemente i lunghi capelli color ebano. 

Nel frattempo all'interno dell'abitazione di Germania, Romano si svegliò dal suo lungo pisolino e trovandosi di fronte il faccione di quel bastardo ispanico, decise di fare l'unica cosa sensata che gli venne in mente, ovvero buttare giù dal letto Antonio con un "delicatissimo" calcio. Dopo aver fatto ciò ed essersi sorbito le lamentele di quel idiota, decise di andarsene dalla festa. Piano perfetto, tranne che per un piccolissimo particolare, quel bastardo mangia pomodori proprio non voleva lasciarlo stare. E fu così che decise, per il puro gusto di infastidire lo spagnolo, di farsi accompagnare a casa da Turchia. Per convincerlo devette pagarlo, ma la soddisfazione di vedere Antonio rosicare durò poco, infatti quest'ultimo montando su tutte le furie dalla gelosia, fece una scenata spingendo il turco e afferando il braccio di Romano lo trascinò a casa sua. In questo modo il meridionale si ritrovò controvoglia a pernottare tra le mure spagnole.

Ma i due non erano gli unici ad aver abbandonato la festa, infatti finito il cibo e passata la mezzanotte, molte altre nazioni avevano deciso di rincasare. Nel soggiorno mezzo distrutto, sporco di cibo e di vomito, rimaneva solo Veneziano. Quest'ultimo assomigliava agli occhi di Ludwig ad un cucciolo spaesato, si guardava intorno in cerca del fratello e avendo compreso che se ne ne era andato senza di lui, si rassegnò al fatto che sarebbe dovuto tornare a casa da solo. Germania decise che conoscendo l'italiano era meglio accompagnarlo a casa, se no vi era il rischio che combinasse qualche guaio. Decisosi, si avvicinò al settentrionale e con il tono con cui avrebbe dato un ordine, disse: " Italien, vista la tarda ora, ti accompagno a casa" . A ciò Feliciano, molto felice alla sola idea di passare un po' di tempo con lui, gli regalò un radioso sorriso  e imitando un saluto militare, con la sinistra tra l'altro, disse: " Signorsì, mio capitano! ". Il viaggio verso casa fu relativamente breve, infatti le nazioni avevano una particolare abilità che permetteva loro di viaggiare da un paese all'altro percorrendo una breve strada creata da loro. Durante il tragittò però, l'italiano che era particolarmente stanco, essendo l'una passata, si appisolò. Ludwig se ne accorse perché, mentre camminavano fianco a fianco, vide l'italiano vacillare e come d'istinto lo afferrò prima che potesse cadere al suolo. Il tedesco si ritrova sempre in qualche modo sorpreso dal comportamento di Feliciano, come poteva addormentarsi in mezzo alla strada! Mentre camminava per giunta! Decise allora che la cosa migliore da fare in questo caso, era di non svegliare l'italiano e trasportarlo sulle spalle; il che fu alquanto semplice e poco faticoso, visto che Veneziano era leggerissimo. Quando però giunse davanti alla porta di casa  dell'italiano, si vide costretto a doverlo svegliare, infatti gli servivano le chiavi dell'abitazione per entrare. Italia, molto imbarazzato per la figuraccia che aveva fatto e volendo sdebitarsi per il fatto che il tedesco lo avesse portato in casa sulle sue spalle, decise, anche contro le reticenze del teutonico, di offrirgli una bella tazza di camomilla. Si trovavano nella sua cucina a sorseggiare le loro bevande, quando all'italiano venne una brillante idea e con subitaneo entusiamo disse: " Germania, che ne dici se domani usciamo insieme!! ". Al ché Ludwig quasi non si strozzò, una volta calmatosi con la voce più imparziale che riuscì ad usare gli rispose " Scusa, Italien, ma domani non posso. "Si pentì subito di quelle parole quando vide la fitta di delusione che attraversò lo sguardo di Feliciano e che spense la luce nei suoi dolci occhi. " Però possiamo fare Sabato, sono libero per due ore" aggiunse allora, a quel punto l'italiano si illuminò di nuovo come una stella e con calore accettò la sua proposta.
 

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Capitolo 2
*** The after party ***



Capitolo 2 : The After party

La festa era finalmente finita. Fu questo ciò che pensò con sollievo il tedesco rincasando. Varcata la soglia di casa, si rese conto con rammarico che il suo bel soggiorno era completamente distrutto. Ma non ebbe molto tempo per soffermarsi su questo particolare, infatti gli si avvicinò suo fratello. Ludwig, adesso a tu per tu con il prussiano, voleva delle spiegazioni, e con tono freddo e stanco chiese semplicemente: " Perché? ", ignorando completamente la domanda l'albino gli consegnò un libro. Il tedesco allora rivolse al fratello uno sguardo interrogativo a cui rispose l'eloquente voce di Gilbert:" Oh, Bruder! non fare quella faccia! È il tuo regalo di compleanno, un magnifico regalo essendo questo prezioso oggetto nientemeno che il diario privato del magnifico me ! " A questa esclamazione seguì un pesante minuto di silenzio, che Prussia interpretò come imbarazzo da parte del fratello, infatti si affrettò ad aggiungere: " Su, non essere timido, non devi ringraziarmi, in fondo sei mio fratello! ". A questo punto Ludwig sospirò e guardando seriamente il fratello ripetè la fatidica domanda: "Perché lo hai fatto, Gilbert?". Anche il prussiano sospirò e dopo aver meditato per qualche secondo, decise di dire tutto al fratello:" Beh, come dirlo Lutz, vedi, ecco, io ormai sono vecchio e....non so quanto tempo mi rimanga. Quindi ho deciso di creare ricordi preziosi con te e con le altre nazioni. Sai ti ho cresciuto bene, non mi pento di come l'ho fatto, sei forte, coraggioso, leale, incarni i migliori ideali....ma sei solo, come me, forse mi sono dimenticato di insegnarti la cosa più importante: ...l'amore. " " No, non interrompere, e non fissarmi in quel modo! Andiamo Lud lo sai benissimo anche tu che non mi rimane molto! Quindi quel diario è molto importante, è la mia memoria, la mia storia. L'unica cosa che ti chiedo è di non dimenticarla" e poi in un sussurro aggiunse "di non dimanticarmi...". Germania non seppe cosa dire. Il mondo attorno a lui divenne sfocato, tremolate, si rese conto di star piangendo solo quando percepì le sue guancie umide e non sapendo che fare abbracciò il fratello e se lo tenne stretto. Con mani tremanti percepì quanto era diventato magro e fragile, sopprimendo un singhiozzo, tuffò il viso nell'incavo della sua spalla e con un sussurro disse:" Fratello, non dire così, io ho ancora bisogno di te. Ti prego non farmi questo...". Solitamente Ludwig non si sarebbe mai comportato in quel modo, avrebbe piuttosto confrontato l'albino in modo stoico, ma data la tarda ora, la stanchezza ed essendo anche un po' ubriaco, non riuscì a tenere il solito contegno. Di questo si accorse anche Gilbert che molto scioccato ed intenerito dalla reazione del fratellino, con parole rassicuranti e accarezzandogli le corte ciocche bionde riuscì a calmarlo. Nonostante fosse ormai più alto di lui, Ludwig, rimaneva pur sempre ai suoi occhi come il piccolo bambino che doveva proteggere da tutto e da tutti. 

A distrarre i due fratelli furono dei rumori provenienti dallo sgabuzzino. Inquietati, gli si avvicinarono e aprendo la porta videro una scena alquanto disdicevole: Francia e Inghilterra abbracciati. Il che non era poi così terribile se non fosse per il fatto che fossero nudi e che avevano probabilmente fatto delle cose indicibili. Ludwig, arrosendo di rabbia, si avvicinò minaccioso alle due nazioni, che colte sul fatto, cercavano di coprirsi come potevano. Francis, con un sorriso affascinante e con un tono di scuse disse:'' oh oh, scusa Germania, non volevamo di certo.....ecco importunarti, ma.... " concluse con una risata allusiva. Il tedesco non prese molto bene la cosa e diede un pugno al francese, a questo punto Gilbert si mise in mezzo per calmare il fratello, e approfittandone Inghilterra teletrasportò se stesso e la rana lontano da lì.

 Ludwig, interdetto e arrabbiato, senza proferire verbo si diresse in bagno per lavarsi i denti ma  trovò anche qui una spiacevole sorpresa: Lituania addormentato nella vasca da bagno e Polonia chino vicino al Wc dopo aver vomitato un po' sul pavimento, un po' nella tazza. Inutile dire che si scatenò il finimondo.  Infatti Polonia si svegliò di soprassalto cacciando un urletto straziante e confuso e spaventato andò a infilarsi nella vasca in insieme a Lituania, svegliando anche quest'ultimo. Fu poi una battutina acida del Polacco su Danzica a far vedere rosso a Gilbert, che per poco non avrebbe  ammazzato Feliks lanciandogli una sedia se non fosse che Lituania si mise in mezzo proteggendo l'amico con la sua schiena. Mal ridotti e traballanti furono in malo modo cacciati di casa da un esasperato Ludwig. 

Intanto Francia e Inghilterra scampati per miracolo, o meglio per magia, alla furia omicida tesdesca, si ritrovarono, nudi come vermi, in tangenziale. Ovviamente in una situazione tanto scomoda e ridicola cosa potevano fare i due eterni rivali se non litigare? E litigarono furiosamente, lanciando insulti e pugni. L'inglese accusava la rana di essersi approfittato di lui, mentre il francese accusava il suo "sourcille"(sopracciglione in francese) di aver goduto eccome della sua presenza! Inoltre non soltanto si sentiva avvilito da questa sua reazione, ma era anche molto incazzato per il fatto che il tedesco gli avesse distrutto il bellissimo volto (che poi pensava aveva usato i preservativi di Gilbert, mica quelli di Ludwig) e sopratutto per il fatto che si trovasse nudo in tangenziale. Decidendo di abbandonare la sua singolar tenzone utilizzò la '' via delle nazioni" per teletrasportarsi a Parigi, lasciando così quel bastardo inglese mangia scones!! 

Inghilterra tremendamente piccato dalla situazione, non potendo teletrasportarsi, essendo molto stanco per la magia appena compiuta(che tra l'altro non era andata a buon fine) decise di chiamare America; infatti fortunatamente nell'unico indumento che aveva in mano, i pantaloni, vi era il suo cellulare. 

America dopo la festa aveva deciso di passare il resto della mattinata in un bar berlinese e mentre sorseggiava il terzo boccale di birra gli arrivò una chiamata. Dopo aver lasciato suonare il telefonò per un po', visto che la rumorosa suoneria gli piaceva molto, si decise finalmente a rispondere. Ad accoglierlo fu la voce di Inghilterra che disse in tono imbarazzato:  " Ciao America, scusa la tarda ora, ma avrei bisogno di un favore.... " A questo seguì un silenzio da parte dello statunitense, non tanto perché non voleva aiutarlo, lui era l'eroe, avrebbe aiutato chiunque, ma per il fatto era che Inghilterra non gli avrebbe mai chiesto un favore, era troppo orgoglioso per questo! Si decise comunque a rispondere con un tono di voce esultante sebbene un po' distorto dall'alcool: " Ma certo Iggy che ti aiutoooo, che problema hai? " . Dopo che fu terminata la telefonata, con passi malfermi prese un taxi.

Inghilterra che nel frattempo si era messo i pantaloni, a parte per il fatto che lì, mezzo nudo, in tangeziale, alle tre del mattino di una giornata di inizio ottobre, faceva davvero una brutta figura (per non dire che sembrava l'ultima delle puttane, visto che già tre auto gli avevano suonato il clacson...), si sentiva davvero incazzato. Non solo la rana aveva dovuto scoparlo, ma ora aveva anche dovuto chiedere a quel moccioso di aiutarlo! Inghilterra sapeva che America non avrebbe più chiuso il becco su questa cosa, lo avrebbe tormentato a vita!! A interrompere le sue elucubrazioni fu l'arrivo di Alfred, che scendendo in modo maldestro e sbracciando come un cane si avvicinò a lui urlando " Iggy!!'', e il britannico pensò irato 'quante volte gli ho detto di non chiamarmi così!!'. Arrossendo di rabbia e imbarazzo sbiascicò un: " Ce ne hai messo di tempo! Guardati non ti reggi manco in piedi! ", per tutta risposta l'americano gli rise in faccia circondandogli un braccio intorno al collo e gli disse in tono scanzonato: " Oh, ma andiamo, adesso l'eroe è arrivato, perché devi sempre lamentarti, Vecchio?!. " e poi aggiunse: " A parte perché sei nudo? ". Messo alle strette Inghilterra sventolò la mano come per allontanare quella domanda da sé e togliendosi il braccio dell'americano iniziò a dirigersi verso il taxi. Venne fermato da Alfred che abbracciandolo da dietro biascicò:" Che c'è , andata male la scopata con il francese? Vi avevo visto andare nello sgabuzzino...". America non poteva vederlo, ma il volto dell'inglese assunse diverse sfumature: in principio sbiancò di sgonento e sorpresa, poi arrossì di indignazione e rabbia, prevalse quest'ultimo sentimento, infatti si liberò della presa dell'americano e voltandosi gli fece una sfuriata: " Tu brutto....lo sapevi???E non hai fatto niente mentre quella rana bastarda mi trascinava lì!! Ti diverte vero? " e concluse ansimando leggermente: " Te la ridi proprio in questo momento a vedermi ridotto così? " L' Americano esibendo sempre quel ghigno sfrontato sorpese Arthur dandogli un bacio sulle labbra che sapeva di alcool e di una colossale presa in giro. Infatti di fronte alla faccia imbarazzata dell'inglese, i cui tratti del viso si erano addolciti dal rossore, Alfred si mise a ridere come una iena, beccandosi per questo uno schiaffo. Oltre modo ferito nell'orgoglio il britannico, trattenendo a stento le lacrime, nonostante la stanchezza, fece un incatesimò, e si ritrovò in un bosco inglese, nei pressi di casa sua. Furono poi le fatine e l'unicorno a portalo in casa. E mentre raccontava loro la vicenda decise di dimenticare tutto bevendoci sopra. 

Ma il dopo festa regalò anche sorprese piacevoli alle nazioni. Tra queste Cina e Russia, che finalmente, dopo tanto tempo si erano ritrovate. Il Russo decise di accompagnare Yao a casa sua. Una volta arrivati Cina lo guardò in modo lascivo e avvicinandosi lo baciò. Ivan sorpreso staccò la nazione asiatica e con delicatezza gli prese il viso. Si chinò su di lui e ad un soffio dalle sua labbra sussurrò: " Che fai Yao? ". Cina circondandogli il collo con le braccia sottili gli disse: " Andiamo Ivan, lo sai che faccio e cosa voglio. Sono troppo vecchio per queste pantomine. Se non mi vuoi, basta dirlo". Ivan lo afferrò per la vita e gli disse all'orecchio: " Yao lo sai che ti voglio. Ti ho sempre voluto, e sempre ti vorrò. Ma non è questo il modo. Tu ora sei ubriaco, non sei lucido e non voglio che domani mattina ti penti di ciò che hai fatto.... ma sopratutto il mio cuore non riuscirebbe a sopportare il fatto di svegliarsi senza di te al mio fianco." La nazione asiatica gli regalò il sorriso della monnalisa e baciandogli la guancia gli fece capire che lo voleva davvero. 
Il russo lo attirò a sé, con la fretta di chi aveva aspettato per anni, e con mani tremanti di eccitazione iniziò a sbottonarsi la giacca, poi gli prese il viso e approfondì un bacio passionale, spingendolo contro la porta. Cina con altrettanta passione si lasciò trasportare dalla sua libido e tra baci e gemiti, sempre più vestiti caddero per terra abbandonati. I due allora decisero di dirigersi in camera, e sul letto la loro passione potè finalmente essere consumata. Ivan era un amante passionale, ma infinitamente tenero e gentile, non faceva altro che rivolgergli sguardi adoranti e traboccanti di affetto. Yao con il cuore pieno di gioia e di vita, gli diede un bacio molto dolce a cui seguì in un sussurro " wo ai ni"( 我爱你).

Anche Lovino si era fatto trascinare in una casa non sua. Stanco e sbronzo si addormentò sul letto dello spagnolo. La mattina Antonio, che si era addormentato accoccolato vicino al suo "pomodorino'', si svegliò di buon umore e si mise a fare la colazione:  due cappuccini, latte, biscotti, briosche e frutta.  A distrarlo furono le urla del meridionale, che come una furia entrò in cucina rosso come un semaforo. Romano appena vide quello stronzo gli urlò: " Cazzo ci faccio qua!? ", " Buongioro anche a te Lovino" gli rispose sorridendo lo spagnolo.
 " Buongiorno un cazzo! Allora bastardo che ci faccio qui!? Mi hai rapito vero? Merda...che hai fatto pomodoro bastardo!!?? " gli rispose, e imperterrimo continuò: " E perché mi fa male la testa e ho lo stomaco sottosopra? Mi hai drogato, vero? ". Preso alla sprovvista lo spagnolo provò a ribattere, ma fu subito interrotto sul nascere da un'altra sfilza di domande: " E perché ho il tuo odore addosso? Perchè ho la tua camicia? Che mi hai fatto maniaco di merda? " Antonio sospirò, posò i cappucini appena fatti sul tavolo e con un sorriso disse col solito tono gioviale: " Ma dai Lovinito~, cosa mi credi, un maniaco? " e dopo una breve risata gli spiegò la situazione:'' Capisco che tu sia confuso, ma vedi c'è una semplice spiegazione a tutto ciò. Ti trovi qui perché ieri eri così ubriaco da non reggerti in piedi. Quindi il fratellone Spagna ti ha portato a casa sua, inoltre stai male per i postumi della sbornia, e non perché io ti abbia drogato. Infine, hai la mia camicia perché ti eri vomitato addosso, quindi è per questo che senti la mia colonia. " . Romano continuò a guardarlo torvo, non del tutto convinto, ma vedendo la colazione sul tavolo si sedette. Bevve il cappuccino, ma schifato lo risputò nella tazzina e in malo modo disse: " Ma come lo hai fatto, coglione! " Per tutta risposta Antonio gli regalò degli occhietti da cucciolo bastonato: " Ma Lovi, guarda che ho comprato la macchina del caffé solo per te! " Abbastanza scazzato sputò anche nella tazzina dello spagnolo, 'merda imbevibile' pensò l'italiano ' così almeno non la beve nemmeno lui'. Solo che quella testa di pomodoro non condivideva il suo "mindset" perché, come se niente fosse, con la più grande tranquillità, iniziò a sorseggiare il cappucino sputato, facendo in questo modo sbiancare di orrore il meridionale.   "Ma che cazzo fai!?" sbottò irato Romano, "Bevo" gli rispose placidamente lo spagnolo. " Che schifo fai, pezzo di merda, ti sei bevuto il cervello! Ci-Ho-Sputato, non ti schifa, neanche un po'? " ribatté caparbiamente Lovino. Ma le sue parole non fecero battere nemmeno un ciglio ad Antonio che ridendo disse con non chalance: " E allora? Cosa vuoi che me ne importi? Ogni cosa toccata dalle tue labbra è preziosa" e pensò ' e poi sarebbe cone un bacio indiretto •\\\•' .  Romano si fece scuro in volto e con rabbia repressa disse: " Cosa ci trovi esattamente in me? " e con lo stesso tono: " Perché ti piaccio così tanto? Anto' so stanco de sto gioco. Finiamola. Continuo a respingerti ma tu non lo capisci. Non mi piaci, punto! Smettila di insistere! ". Calò il silenzio fra di loro, Lovino osservava Spagna dall'altra parte del tavolo, anche due occhi color smeraldo lo stavano guardando di rimando sotto una folta chioma color cioccolato. Come se le sue parole non lo avessero toccato con un sorriso sornione l'iberico gli disse semplicemente: " È per questo che mi piaci, Lovi " e guardandolo dolcemente proseguì: " Proprio perché il tuo carattere è così ''difficile", ma in realtà so che dietro quella corazza si nasconde una grande cuore. Andiamo ti ho visto crescere, ti consolvavo quando avevi gli incubi da piccolo, e ti baciavo le ginocchia quando te le sbucciavi. Non ci può essere affetto più grande che mi lega a te. Ti amo perché ti amo, non ci dev'essere una spiegazione. " " Amo ogni apetto di te, persino le parole più crudeli se proferite dalla tua bocca sono per me delizia. Ogni tuo rossore o inaspettato sorriso, che pare simile al sole che dopo la tempesta squarcia il sereno, mi fanno battere più forte il cuore. Oh Lovinito potrei scriverti un libro sul perché ti amo e su quanto il mio amore per te sia duraturo. " concluse con una faccia adorante. Romano tutto si aspettava, se non quella risposta. Alla sorpresa subentrò ben presto la rabbia. ' Quel bastardo' pensò ' perché mi guarda con quella faccia da ebete? Non lo ha capito che sono una persona di merda?! Come fa ad amarmi, come...? ' Senza pensare alle sue parole allora disse: " Beh sai non mi importa! Non mi toccano tutte queste tue belle parole perché io.... " ' io...cosa?' " Perché io mi vedo con un altro! ". Ed ecco che Lovino l'aveva detta: la balla più grossa del secolo.... Seguì un assurdo silenzio, Antonio trasecolando spalancò lentamente la bocca, e lo fissò in modo allucinato. Riprendendosi, si alzò bruscamente dal tavolo e con una breve falcata lo raggiunse e gli strinse una spalla. Se Lovino non conoscesse da una vita Antonio, a vederlo ora, metteva proprio paura, i suoi occhi si erano scuriti e mandavano lampi di gelosia e possessione? Dov'era finito il solare bastardo mangia pomodori? ' Che ho fatto?!' pensò angosciato. Lo spagnolo sempre con quell'espressione sul volto domandò in tono glaciale: " Chi? ". Lovino  non sapeva che dire, perciò reagì come suo solito, lo spintonò e guardandolo con odio disse:" Che te frega a te, bastardo! Tanto anche se te lo dico cosa vuoi fare, ammazzarlo? Far scoppiare una guerra! ?" Si pentì subito dell'ultima affermazione, perché lo sguardo di Antonio diceva proprio quello, era pronto a tutto, pur di eliminare il "rivale". " Sai cosa? Mi so' rotto il cazzo di stare qui! 'Hasta la vista!' 'Adios' pomodoro bastardo! ". Spagna non ebbe nemmeno il tempo di dire: " No, Lovi- aspet-" che il meridionale aveva lasciato la sua abitazione. 

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Capitolo 3
*** Piani malvagi pt 1 ***


Capitolo 3 : Piani malvagi pt 1
 
Antonio vide Lovino voltargli la schiena, senza che potesse far nulla per fermarlo. Fissò con occhi vaqui il tavolo apparecchiato per la colazione che con cura gli aveva preparato e con uno scatto d'ira buttò a terra le tazzine.  Con occhi sgranati  vide il cappuccino rovesciato sulle piastrelle in mezzo ai cocci delle tazze e pensò con dolore che quelli erano come i pezzi del suo cuore infranto. Afferrandosi con forza la testa emise una lugubra risata, esatto, perché poteva ingannare chiunque, ma non se stesso! Le parole di Lovino lo avevano ferito, e anche profondamente. Senza rendersene conto iniziò a piangere, già da tempo quel sorriso amaro si era capovolto in una smorfia di dolore. Non importava se Antonio conosceva profondamente Romano e sapeva benissimo com'era fatto di carattere , e che perciò razionalmente parlando, molto probabilmente, Lovino non intendeva quelle parole, e che "forse" gli aveva anche mentito; perché emotivamente faceva male lo stesso, perché in quel momento non riusciva ad essere "razionale", perché sembrava che nel suo cuore si fosse venuta a creare una voragine. E questa doveva essere colmata con qualcosa,  la vendetta. Perché cosa gli restava ormai al mondo se Lovino non lo voleva più? Dopo aver finito le lacrime  pensò 'Però... Lovi non ha detto che ama "un altro", ma che si vede con qualcuno'. Qualcuno che poteva ferirlo, che poteva usarlo, che non lo amava e conosceva come faceva lui. Il solo pensiero lo faceva impazzire. Allora la domanda era " Chi? ". Ripensò improvvisamente a tutto quello che era successo nei giorni, mesi, persino anni precedenti. Non aveva mai notato nessun cambiamento in Romano. Quando improvvisamente un pensiero lo fulminò: ecco, aveva trovato quel qualcuno. Turchia. Ecco perché aveva voluto andarsene dalla festa insieme a lui. Ora tutto aveva un senso, e sapeva come colmare il suo vuoto.

Romano tornò a casa incazzato. Non aveva proprio la testa per  gestire quel bastardo! Era così nervoso che gli tremavano le mani mentre infilava le chiavi nella serratura della porta di casa. Entrò come una furia nell'appartamento e rimase infastidito da vedere quel "minchione" di suo fratello addormentato sul divano. Per questo si decise a svegliarlo  molto diplomaticamente: si buttò sul divano con un balzo. Feliciano trasalì spaventato, percepì una dolorosa pressione alla gabbia toracica e solo dopo qualche secondo capì che si trattava del fratello. Con un sussurro riuscì a biascicare a fatica: "L-lovi....ehm...mi sta..i....schiaccian-do.. " . Lovino si alzò e lo guardò in malo modo, aveva gli occhi rossi notò Veneziano. Con un sospiro il settentrionale si alzò in piedi e sorridendo gli chiese: " Ti preparo la colazione? ". Romano al solo pensiero di un cappucino sbiancò, per poi arrossire con sdegno. " No, lascia stare...l'ho già fatta... " si decise a dirgli.  Feliciano gli sorrise e iniziò a tempestarlo di domande:" Oh ma Lovi, sei appena tornato? Dove hai passato la notte? Dove hai fatto colazione? " Romano decisamente scazzato in questo momento si decise ad ignorarlo e si stravaccò sul divano, cercando di pensare ai suoi problemi. Già, anche lui aveva dei problemi. Perché ora, per colpa della sua boccaccia larga, aveva dei problemi, aveva detto una bugia ad Antonio. Sì, poteva sempre dirgli la verità , ma non sia mai che con il suo orgoglio potesse fare una cosa simile. ' E poi' si disse tra sé e sé ' non è poi una cosa così inutile. Se mi trovo qualcuno, anche per finta, Antonio smetterà di starmi attaccato come una cozza'. Più ragionava in questo modo e più riusciva ad autoconvincersi di questo. Però rimaneva pur sempre un problemino, che tanto piccolo non era. Con chi sarebbe dovuto uscire? Sapeva che Spagna era geloso, aveva visto la sua reazione con Turchia alla festa, quindi si chiese se esisteva davvero qualcuno che potesse uscire con lui, senza rischiare di provocare una guerra. Lovino guardò fuori dalla finestra e notò un uccellino sul davanzale, fu allora che un piano malvagio iniziò a formarsi nella sua testa. Prussia. Quel mentecatto di ex-nazione con un canarino, che viveva con la patata! Quel bastardo era la vittima perfetta: era una ex - nazione, quindi non potevano scoppiate guerre nel caso lo spagnolo perdesse la testa; inoltre nel caso in cui lo avrebbe ucciso era una patata, quindi andava bene e poi, considerò anche, era il suo miglior amico perciò magari non avrebbe fatto niente, li avrebbe lasciati stare. Soddisfatto del suo piano mandò un messaggio al prussiano:

« Ciao! » 

Dopo qualche minuto Gilbert gli rispose:

«Hallo, chi sei?Non conosco il tuo numero»

«Ohi bastardo sono Romano»

« SüdItalien? kesekese, cosa vuoi dal Magnifico?»

«Non iniziare a rompere! Ecco io....»

«?»
« Vuoi uscire con me?»

Prussia, in camera sua, fissò allibito lo schermo del telefono, aveva bevuto per caso? 

«  Ma sei matto!? Anto' mi ammazza!!!!Scordatelo!!!» 

'Un buco nell'acqua' pensò con disappunto Lovino. Ma Romano non prendeva facilmente un " No " come risposta.  Quindi digitò:

« Ma dai andiamo, non fare il cagasotto, cos'è hai paura!?»

«Non è questo il punto, tu non mi piaci, perché dovrei uscire con te, cosa ci guadagno!?»

« Tu cosa vorresti in cambio?»

«Beh...se mi aiuti a mettere insieme West e Ita allora posso concederti un ora del mio tempo per un date»

«Che cazz! Scordatelo proprio! Perché quella patata bastarda dovrebbe uscire con Feli!»

«Perché si amano, ma sono troppo stupidi per confessarsi!»

« Ma che cazzo mi interessa se si amano!? Io non voglio che il tuo fratellino idiota stia con il mio di fratellino idiota»

« Ohi. guarda come parli? Il mio fratellino idiota? Stai scherzando vero? Luddy è intelligentissimo »

E poi aggiunse:

« Il tuo fratellino è così stupido, da non sapersi allacciare le scarpe da solo!»

Romano non rispose, e decidendo di interpretare la dea della discordia, fece leggere l'ultimo messaggio a Feliciano, che come un bambino scoppiò a piangere. Ovviamente fece ciò dopo aver meticolasamente cancellato alcuni messaggi compromettenti dalla chat.

Prussia, che nel mentre si stava scolando una birra lager ghiacciata, ricevette una chiamata da Veneziano. Fece scorrere il pollice sull'icona verde e mise in vivavoce e salutò vivacemente: " Ciao Ita~! ". Si aspettò il saluto solare dell'italiano, che però non arrivò mai, infatti ad accoglierlo furono solo i suoi singhiozzi. Preoccupato  chiese:" Ohi! Che c'è Veneziano? Qualcuno ti ha ferito? " .  Il settentrionale ingoiando un singulto si decise a rispondere: " Tu, tu mi hai ferito. Romano me lo ha detto! Tu, il mio fratellone, credevo mi volessi bene....invece sparli alle mie spalle....davvero sono solo questo per te? Un povero idiota inutile e fannullone? 'Che non sa neanche allacciarsi le scarpe da solo!?' " Con la voce sempre più velata dalle lacrime aggiunse: " Lo so anch'io di essere stupido e inutile....ma pensavo che gli amici non sparlassero alle spalle degli altri.... " . Gilbert tacque. Era scioccato, davvero quell'arpia di Lovino aveva fatto la spia in quel modo? Che poi il primo a da re dello scemo a suo fratello era stato proprio Romano. Inoltre si sentiva terribilmente in imbarazzo, come aveva potuto scrivere quelle cose del povero Feliciano? Si maledisse mentalmente. Si schiarì la voce, e con un tono sinceramente dispiaciuto disse: " Senti Feli, calmati. Non intendevo quello che ho scritto, l'ho fatto solo perché ero arrabbiato per quello che aveva detto Romano su Luddy. Ti voglio bene, non penso assolutamente che tu sia stupido. Ti chiedo scusa, non piangere più...ok? " A queste parole Veneziano si calmò considerevolmente e più rasserenato disse: " Oh, sono così felice che tu non pensi questo di me! Che sciocco che sono, ho frainteso" e proruppe in una risata e aggiunse : " Ma Gilbert , cosa ha detto Lovi su Luddy? Lui mi ha fatto vedere solo un messaggio....effettivamente mi stavo chiedendo perché gli avevi scritto così...dal nulla..una cosa del genere.... " e fu in questo momento che Lovino, pur di pararsi il culo, strappò il telefono dalle mani del fratello e si andò a rinchiudere in bagno. Si portò il cellulare all'orecchio e iniziò subito a sbraitare: " Allora senti un po' crucco bastardo, stai lontano da mio fratello e non rompere più, capito!?". Gilbert, inizialmente disorientato dal cambio di interlocutore, si riscosse subito, e con prontezza gli rispose a tono: " Nein, tu non ti rivolgi così al Magnifico? Chi ti credi di essere, eh?! E poi Tu non mi dici un bel niente! Io sto vicino a Feli quanto voglio? Cos'è sei geloso perché non sono voluto uscire con te? A fare i tuoi stupidi giochetti contro Anto'? " Il viso di Lovino dall'altra parte del telefono assunse le stesse sfumature di un pomodoro maturo, era livido di rabbia. Urlandogli lo rimbeccò: " Sai che me ne frega a me di uscire con te?! "  "E allora perché volevi uscire con me?" gli chiese esasperato il prussiano. Lovino si morse il labbro inferiore e trattenendo un ghigno disse: " Beh , mi sembra ovvio per dare una svegliata ad Antonio. Tu credi che lui mi ami e che io lo faccia solo per farlo ingelosire, ma è il contario. Perchè io vedi, so la verità... " Incuriosito da questa affermazione Prussia gli chiese: " Ma che stai dicendo? Quale verità? " Romano gli rispose: " La verità è che non ti ha MAI dimenticato, che ti ama ancora!!! Sta con me solo per farti ingelosire, e io proprio non la sopporto questa cosa. "  Lovino non sapeva se Gilbert avrebbe o meno abboccato alla sua bugia, ma come previsto, la patata era davvero stupida, infatti gli disse: " Cosa?... io non lo sapevo, ecco.....sei sicuro? " . Dopo che il meridionale lo ebbe rassicurato per bene, Gilbert terminò la chiamata. Le informazioni che aveva ricevuto erano davvero sconvolgenti! Antonio lo amava ancora? Si mise quasi a ridere dalla gioia. Era sempre stato solo, in fondo è il destino di una nazione, ma nel corso della Storia, era comunque riuscito a creare due amicizie stabili, quelle con Antonio e Francis. È vero, le loro nazioni avevano combattuto, era state nemiche, ma fra di loro, a livello "umano", si era creata un 'indissolubile amicizia , nella quale i confinini erano stati , delle volte, superati. Improvvisamente si ricordò di tutto quello che avevano fatto insieme, di tutte le varie avventure e dissavventure passate. E prese una decisione.

Nel frattempo Spagna, sempre più paranoico, aveva anche lui preso una risoluzione. Si trovava infatti seduto scompostamente sul suo divanetto, mentre progettava piani di guerra contro la Turchia. Doveva agire da uomo, per questo se davvero quel turco era intenzionato a conquistare il suo Lovino, allora avrebbe dovuto prima affrontarlo! Venne però distratto dal campanello. Andò ad aprire e venne sorpreso da Prussia. L'ex nazione si era tutta messa a lucido, indossava la sua ex divisa e aveva delle rose rosse in mano.  Antonio lo salutò come al solito: "Hola, Gil. Che ci fai qua? " , l'ispanico pensò che l'amico era  davvero strano quel giorno, perché stava arrossendo improvvisamente. Intanto, Gilbert, stava cercando di calmarsi, ma non sapeva proprio come fare dato che non aveva mai letto nessun manuale su come confessarsi. Sospirò e regalandogli uno dei suoi sorrisi più magnifici gli diede le rose e con tono suadente disse: " Sono per te. Vedi un uccellino mi ha detto che tu.... " " che tu ecco... " Antonio lo fissò sorpreso per qualche secondo, per poi invitarlo in casa con il solito tono gioviale. Gli disse: " Muchas Gracias! Sono bellissime. Comunque mi aiuteresti con una cosa? " Gilbert era ancora indeciso su come confessarsi quindi annuì per prendere tempo. " Be' vedi tu sei molto bravo nel creare strategie ecc. Vedi mi potresti dare supporto logistico per una guerra che voglio fare. Te lo chiedo come amico.. " gli comunicò con non chalance l'ispanico. Prussia lo fissò a bocca aperta, gli prese un braccio con forza, e gli urlò in faccia: " Ma tu sei pazzo!? Che GUERRA, scusa!? Con CHI poi!?? " per tutta risposta lo spagnolo gli rise in faccia e disse: " Giusto, ti ho sorpreso. È successo tutto molto all'improvviso, vedi dobbiamo fare una guerra contro la Turchia. No, non guardarmi così, ora ti spiego tutto. Vedi quel bastardo di un ottomano infedele vuole approfittarsi del Mio Lovino. L'amore della mia vita, per questo devo combattere! Quindi ci stai, amico ?"  A Gilbert stava per venire un mancamento, quindi amava Lovino!? Perciò quel dumnkoff lo aveva ingannato!!? Era tutta una bugia....Antonio non lo amava in quel senso.... In quel preciso istante volle sbattere la testa contro un muro e uccidere quell'italiano. Resosi conto della figura di merda appena scampata, umiliato e un po' ferito, proruppe in una fragorosa risata. Antonio fissò stupito l'amico, l'albino infatti era scoppiato in una risata isterica e si era straiato sul divano, piegato dai singulti irregolari; dopo poco si acquietò con il viso arrossato e le guancie bagnate dalle lacrime. " Scusami, scusami....è davvero troppo divertente....seriamente Antonio? " Riuscì infine a dirgli asciugandosi con il palmo della mano il viso. L'ispanicò  fissò il prussiano come se gli fosse spuntata una seconda testa, dopo un minuto di silenzio disse piccato: " Ma cosa ci trovi di tanto divertente? Pensavo fossimo amici, per questo l'ho chiesto proprio a Te questo favore, perché di te posso fidarmi ciecamente. Lo sai quanto amo Lovino e.....andiamo cosa ti costa? ". Gilbert fissò l'amico per qualche secondo e sorrise, il suo solito sorriso sfrontato, quello dietro cui nascondeva sempre ogni incertezza e dolore, e in tono deciso disse:" Ok, ci sto! ".

Lovino era uscito dal bagno e una volta restituito il telefono a un confuso Feliciano, si chiuse in camera. Ecco aveva finalmente fottuto quel bastardo, ma il suo malumore non si era dissipato e la cattiveria iniziava a scorrere come inchiostro nelle sue vene. Prese il telefono, fece delle semplici foto e , dopo aver preso una busta di patatine, le inviò all'ispanico. Pregustava già lo spettacolo che stava per compiersi. 

Dopo un'ora passata a progettare un'invasione via mare delle coste anatoliche Antonio dovette interrompere il lavoro perché gli arrivò una notifica del telefono. Gli prese un colpo, sbiancato e con mani tremanti scrisse a Lovino. 

« CHI!!!???»

Romano gli aveva infatti inviato dei selfie. Il meridionale stava guardando in modo sensuale l'obbiettivo, era senza camicia e aveva il collo e il petto tempestati di piccoli segnetti rossi, incondibili morsi d'amore lasciati dalle labbra lascive di un qualche amante. 

Lovino visualizzò il messaggio e dopo aver trangugiato un po' di patatine piccanti si mise a ridere e si decise di far aspettare Antonio, prima doveva finire il suo snak.

Antonio vide la spunta affianco al messaggio diventare azzurra, con il cuore che palpitava a mille dall'agitazione iniziò a tempestare il suo pomodorino di messaggi.

«CHI È STATO!!?»

«CHI TI FATTO QUESTO??!! 😠😤»

«MI AMOR😢»

Dieci minuti dopo arrivò la risposta.

« Scusami, non erano per te le foto....volevo mandarle al mio amante»

Antonio era senza parole parole, impossibile quantificare il suo sgomento. Un senso di orrorre iniziò a impossessarlo, Lovino stava davvero con qualcuno....iniziò a girargli la testa. Cinereo in viso e con la sensazione di avere un macigno sul petto scrisse.

« Ora ho capito...è Turchia vero? Be' sappi che non mi arrendo, prima di averti dovrà vedersela con me!»

Leggendo questo Romano quasi non si strozzò e si mise a scrivere in fretta:

« Ma che cazzo dici? Cazzo ne sai tu? Turchia??? Serio? Che ti fumi...???!! Come ti viene in mente!?»

« Se proprio vuoi saperlo....anche se non ne hai alcun diritto....il mio amante è una persona a te vicina»

E dopo qualche secondo scrisse:

« P r u s s i a »

Fatto questo  abbandonò la chat.

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Capitolo 4
*** Piani malvagi pt 2 ***


Capitolo 4: piani malvagi pt 2

Gilbert stava scarabocchiando delle coordinate su una cartina e si mise ad osservare l'amico che da ormai più di quindici minuti stava fissando lo schermo del telefono con faccia funerea. Antonio si sentì crollare il mondo addosso, quindi aveva davvero sbagliato tutto, alla fine il nemico non si trovava nel mediterraneo orientale bensì era il suo miglior amico, che proprio in quel momento stava seduto bellamente sul suo divano.

Antonio si alzò e si diresse in cucina, prese un martello per schiacciare la carne e si diresse con fare minaccioso verso l'ex Nazione. Gilbert vedendo lo sguardo omicida dell'amico e l'oggetto contundente nelle sue mani si alzò dal divano e iniziò a correre urlando: " Che cazzo fai!? Anto'??? " Antonio lo raggiunse e cerco di sferrargli una mazzata in faccia, che fortuntamente Gilbert riuscì a schivare. Capendo che le intenzioni dell'amico erano serie disse :'' Antonio che fai? Sono tuo amico no? Che ti ho fatto? ".
 Lo spagnolo, intento a schivare la sedia che Gilbert gli stava lanciando nel disperato tentativo di fermare la sua avanzata, disse con furore: " COSA non mi hai fatto!? Mi hai TRADITO!!!! " e con voce gutturale appesantita dal dolore e dalla bruciante rabbia gridò: " PERCHÈ LO HAI FATTO!!??? "  Gilbert, che in quel  momento era impegnato a trovare una via di fuga urlò all'ispanico: " Ma fatto COSA?? " . Vedendosi raggiungere dallo spagnolo Gilbert gli lanciò una lampada, che però andò a schiantarsi da tutt'altra parte, impanicando il prussiano cercò di spalancare la finestra, ma venne afferrato con forza da dietro e sbattuto sul muro. Antonio,  a un centimetro di distanza dal suo viso e con occhi che mandavano fulmini, sussurrò in modo lugubre: " Sei andato a letto con il MIO Lovino!!!! " . Gilbert spalancò gli occhi dalla sorpresa, ma non ebbe tempo per replicare visto che Antonio aveva già sollevato minacciosamente il martello, perciò terrorizzato e con l'adrenalina a mille,  Gilbert diede una gomitata all'amico e tentò di sgusciare via. Venne però nuovamente strattonato e nella colluttazione si schiantò al suolo sbattendo la testa, approfittando di ciò Antonio si scaraventò su di lui e gli colpì alla cieca un ginocchio.
Milioni di stelle esplosero di fronte alla vista dell'albino, gli aveva fottutamente rotto il ginocchio. Spagna ansimando di rabbia e di fatica  tornò a sollevare nuovamente il martello, venne però fermato da un calcio di Gilbert, dato con la gamba ancora buona, che gli colpì la virilità. Prussia si trascinò lontano da Antonio e ansimando disse: " Possiamo parlare....ti prego smettila, hai così poca fiducia in me..Io con Lovino? Ma stai scherzando!!!???Chi ti ha convinto di una simile idiozia, scheiße". Antonio ancora intontito dal dolore, fissò attentamente l'amico, una volta che la rabbia fu passata, calmatosi un po' si chiese ' non è che sono saltato a conclusioni affrettate? Ma Lovino non mentirebbe mai, giusto? E poi c'era la foto....' guardò il martello e il ginocchio sanguinante dell'albino e fece un sospiro profondo. " Senti " gli disse "  sono certo di quello che dico, ho le prove" detto ciò mostrò le suddette "prove", ovvero le foto e il messaggi su whatsup a Gilbert, pretendendo da quest'ultimo una spiegazione. Il prussiano guardò in modo torvo Antonio e disse: " Davvero? Tutto questo bordello per delle foto su whatsup, da Lovino per giunta!? E ti fidi di quel sociopatico, Anto credimi non sono stato io, e probabilmente le foto sono finte. Vedi è tutto un suo piano, ne sono convinto.....prima di venire da te lui mi aveva scritto.... " e procedette così a raccontargli di tutte le manipolazioni del meridionale, con tanto di "prove", includendo anche il fatto che , secondo Lovino, Spagna amava ancora il magnifico prussiano....così anche spiegato il mistero delle rose.
Spagna fissò dubbioso la chat che Gilbert gli aveva appena mostrato, era rimasto senza parole. Il prussiano si schiarì la voce e disse: " Ok, non mi credi? Allora andiamo da Lovino!! Su aiutami ad alzarmi, cazzo, mi hai fracassato la rotula, scemo..... " .

Lovino steso comodamente sul letto si stava godendo la siesta, quando improvvisamente entrarono  con irruenza in casa sua  non altri che il bastardo spagnolo e quel deficente di un prussiano. Romano pensò subito irato' Ma come si permettono di entrare in casa mia!?' e poi notando le condizioni di Gilbert, che stava zoppicando appoggiato alla spalla dello spagnolo, sorrise con perfidia pensando  ' te lo meriti, così impari a contrariarmi e ad intralciare i miei piani....'. Imbronciato disse: " Che cazzo ci fate qua? ". Prima che Antonio potesse aprire bocca, Gilbert stava già urlando: " Tu piccola vipera!! Cazzo ti ho fatto, eh? Hai abbindolato prioprio bene questo scemo, ma io non ci casco! Su spiegami, perché hai mentito!? Guarda non ce li hai più i succhiotti, cos'è sono già spariti" si staccò dalla spalla di Antonio e arrancando per la stanza indicò un rossetto e delle salviette struccanti, si appoggiò al muro e in tono acido disse: " Ecco spiegato il mistero! Visto Anto', era trucco... ". A questo punto anche Spagna prese la parola e disse: " È vero quello che dice Gilbert, era tutto una bugia. Dimmi la verità, Lovinito, lo hai fatto per ripicca, per farmi ingelosire? ". Romano si sentì arrossire di imbarazzo e di vergogna, neanche lui sapeva bene perché lo aveva fatto...per un capriccio? per ripicca? per vedere fino a che punto Antonio davvero teneva a lui? Non riuscendo a mantenere un contatto visivo con gli occhi supplichevoli dello spagnolo, si costrinse a fissare il muro e con tono freddo disse:" Non sono affari tuoi! L'ho fatto perché mi andava" e aggiunse " lasciami in pace, ora". Gilbert voleva urlare, davvero era quella la risposta!! 'Non sono affari miei', 'certo', pensò amaramente il prussiano, ' ma del mio ginocchio invece sì!'. Stanco e non volendo più avere niente a che fare con questa storia, costrinse Antonio ad andarsene e si fece accompagnare a casa.  Suo fratello, quando lo vide in quello stato, si preoccupò molto , e lo portò in ospedale, dove gli ingessarono la gamba. Infatti Il Grande Prussia, ormai ridotto al fantasma di se stesso, avendo perso lo status di Nazione, ed esistendo in quel mondo semplicemente per uno scherzo del Fato, non aveva più i poteri rigenerativi, bensì un corpo eternamente giovane, ma allo stesso tempo fragile e mortale. 

Romano aveva fallito, aveva fottutamente fallito e si sentiva una merda. Ma stavolta aveva un piano davvero geniale. Analizzando gli ultimi eventi era arrivato alla conclusione di aver sbagliato semplicemente perché aveva scelto la '' vittima" sbagliata. Fu per questo motivo che si ritrovò, tirato a lucido e con un mazzo di fiori in mano, di fronte alla casa di Austria. L' austriaco andò ad aprire la porta e si trovò sorpreso di trovarsi di fronte al sud Italia, di solito era il fratello che veniva a fargli visita. Lo salutò cordialmente e chiese:'' Cosa ti porta a casa mia? Sei venuto da parte da parte di tuo fratello? " Lovino sentì montare istintivamente la rabbia, perché doveva sempre centrare suo fratello!?, ma si costrinse a sorridere e disse: " Ciao, Roderich" e indicando i fiori aggiunse: " Questi sono per te". L'austriaco lo guardò in modo dubbioso, ma lo fece comunque accomodare in casa. Si sedettero in salotto e Roderich chiese a Lovino: " Ti ringrazio per i fiori, adesso però vorrei davvero sapere il motivo della tua visita". Romano gli regalò il suo miglior sorriso da latinlover, quello che usava con le belle ragazze, e disse: " Be' vedi negli ultimi tempi ho pensato molto a te. Penso che sia un peccato che ci conosciamo così poco e credo davvero che dovremmo approfondire la nostra conoscenza . " L'austriaco lo fissò smarrito e dopo poco disse in modo freddo: " Quindi in parole povere, sei venuto qua con la speranza di ' conoscermi meglio'. In tutta franchezza non capisco questo tuo comportamento, dato che non ci siamo mai frequentati più di tanto. Vedendo le rose e ascoltando tutto ciò che mi hai appena detto sembra che tu voglia 'uscire' con me, o sbaglio? " . Romano mantenne il contatto visivo con l'altra Nazione, si chiese se forse aveva sbagliato approccio, se forse il piano era già saltato. Pazienza, aveva un piano b. Il meriodiale si mise sommessamente a ridere e poi rispose: " Davvero non ricordi? Infondo me lo devi dopo quello che è successo, dopo quello che mi hai fatto. Devi prenderti le tue responsabilità e ripagarmi. No, non voglio uscire con te. I fiori? Una semplice scusa per entrare in casa....Ciò che davvero voglio? " Lovino allargò il ghigno e concluse: " Delle scuse. " Roderich non ci stava più capendo niente, lo fissò confuso e pensò ' Cosa vuole da me? Ha bevuto prima di venire? Che razza di discorso sconclusionato è mai questo....mein gott....' Sospirò, si impose di rimanere calmo, e aggiustandosi gli occhiali gli disse: " Romano, potresti gentilmente spiegarti meglio. Cosa ti avrei fatto esattamente, e perché dovrei doverti delle scuse? ".
Lovino lo fissò per qualche secondo senza dire niente, infine lo degnò di una risposta:" Vedi, Austria, tu hai la memoria molto corta, perché in quell' estate del 1861 tu ti forzasti su di me! Esatto, lurido porco! So' cosa stai pensando ' non è possibile! si sta a 'nventà tutto'. Ma ero venuto un attimo a parlare con te per quelle questioni di territori - sai l' unificazione ecc- e ci fermammo a bere, e tu da schifoso maiale mi stuprasti!! ".
Austria lo fissò sconvolto e indignato diede subito voce al suo dissenso: " Romano cosa diamine stai dicendo? Io non ho fatto nulla di questo genere". 
Il meridionale disse sprezzante: " Tutti negherebbero! Ma io ho le prove! ". Al povero austriaco stava venendo un grosso mal di testa, ma decise comunque di dare corda all' italiano, infatti disse irritato:" Sentiamo, quali sarebbero queste ' prove ' ? ".
Lovino maledisse mentalmente la sua fottuta boccaccia larga, effettivamente non aveva uno straccio di prova, infatti era tutto una grande balla, ma improvvisamente si ricordò della conversazione che aveva avuto con Gilbert. Effettivamente mentre cercava di convincerlo dell'amore di Antonio nei suoi confronti, Gilbert, particolarmente di buon umore, gli aveva rivelato il motivo per cui voleva disperatamente mettere insieme Veneziano e la Patata, e questo era semplicemente per il fatto che Ludwig in realtà era il primo amore di Feliciano ovvero Sacro Romano Impero. In tutto questo Gilbert gli aveva fatto giurare di non dirlo a nessuno e anche per il fatto che solo lui e l'austriaco ne erano a conoscenza. 
Romano lo guardò attentamente e infine gli disse:" Quella sera tu mi dicesti una cosa...  " e procedette a raccontargli di Sacro Romano Impero. L'austriaco lo guardò sbigottito, come faceva Lovino a conoscere quella cosa. Era un segreto di cui solo lui e Prussia erano a conoscenza, e Gilbert non ne avrebbe mai parlato con Lovino. Roderich decise di ignorare questo e mantenendo il poker face gli disse semplicemente: " Vattene. Immediatamente, basta con le tue bugie! ". Ma il meridionale aveva appena iniziato infatti si mise a tempestarlo di insulti. Preso da una crisi di nervi, Roderich, decise di mandare un messaggio a Ungheria:

« Ciao Elizabeth, ti prego potresti venire da me a cacciare Lovino da casa mia? Mi sta davvero infastidendo, sostiene che l' ho violentato e non se ne vuole andare » 

Non tardò ad arrivargli la risposta dell' ungherese, che molto preoccupata si premurò di assicurargli che sarebbe subito andata ad aiutarlo. 

Ungheria si chiese che diamine era preso al meridionale, perché tormentare in quel modo il suo povero ex- marito, cosa stava architettando? Elizabeth prima di andare in soccorso dell' amico messaggiò a Prussia sperando in qualche modo in suo consiglio.

« Gilbert, senti, Austria ha un problema....»

Questo messaggiò fu come una manna dal cielo per il "povero" prussiano che in quel momento si trovava , mortalmente annoiato, sul divano, con una gamba ingessata e alla terza bottiglia di birra. Gilbert pensò subito ' Umm...Austria è nei guai, oh finalmente mi diverto..' iniziò a sghignazzare e scrisse a Lizzie:

« Dimmi tutto»

Al ché Elizabeth gli mandò il messaggio di Austria. 

Gilbert allora vedendo di cosa si trattava esortò Ungheria ad andare da Austria. Appena lei lasciò la chat Gilbert scrisse ad Antonio un semplice messaggio. 

« Austria ha stuprato Lovino»

E fu così che Austria si ritrovò di fronte alla furia omicida e incattivita di uno spagnolo un po' troppo innamorato armato con un' affilatissima ascia a due lame.  

Successe tutto molto velocemente nessuno dei due riuscì a reagire in tempo, la porta venne infatti scaraventa e Antonio avvicinandosi a gran velocità all'austriaco lo colpì con l'ascia. 

Lovino rimase congelato, puro stupore era dipinto sul suo volto, che cavolo ci faceva quel demente lì? Iniziò a sudare freddo e inorridito lanciò un urlo. Lo spagnolo che nel mentre stava cercando di affettare l'astriaco si bloccò e guardò Lovino, gli disse con molta calma : " Romano, non ti devi preoccupare, ti vendico io! ". Il meridionale lo guardò trasecolato e pensò ' ma di che mi dovrei preoccupare esattamente? ha detto vendicare...ma che?' e improvvisamente realizzò con orrore a cosa si riferiva lo spagnolo ' sta parlando della mia bugia....ma non è possibile che lo sappia....?!'. Impallidì e dopo aver balbettato qualcosa gridò:" Piantala cretino! Cosa credi di fare!'' Antonio che nel mentre non aveva smesso un attimo di dare la caccia all'austriaco, troppo preso dallo schivare i colpi di ascia per unirsi alla conversazione, si bloccò e girandosi verso Lovino disse semplicemente: " Amore, sto cercando di fare esattamente quello che ti ho detto: uccidere questo hijo de puta e vendicarti" .
Romano non ebbe tempo di replicare perché in quel momento arrivò Ungheria. Elizabeth si ritrovò una scena alquanto agghiaccante: Spagna che cercava di uccidere il loro* ex marito, il tutto sotto lo sguardo attonito dell'italiano. Elizabeth si mise in mezzo ai due e riuscì a separarli, fortunatamente aveva infatti con se la sua padella. A interrompere la situazione fu però l'arrivo di Prussia, accompagnato da Germania e Veneziano. Gilbert infatti voleva vedere con i suoi occhi la "disfatta" dell'austriaco ed avendo la gamba ingessata aveva dovuto convincere il tedesco ad accompagnarlo. Quest'ultimo si era portato dietro anche Feliciano perché in quel momento stava parlando con lui al telefono e siccome l'italiano aveva sentito che suo fratello era coinvolto in qualcosa, aveva deciso di andare. 

E fu così che Romano capì la stupidità della sua bugia, come avrebbe fatto adesso a sostenere quell'assurdità di fronte ad altre cinque Nazioni !? Semplice, avrebbe dovuto solo continuare a sparere una montagna di stronzate. Tutti i presenti lo fissarono in attesa di una risposta. Infatti qualche minuto dopo l'arrivo di Prussia e degli altri due, Ungheria era riuscita convincere tutti a sedersi e a discutere l'accaduto, ora toccava a Romano il compito di spiegare. Si schiarì la voce e disse: " Smettetela di fissarmi così! Cazzo, esattamente cosa volete sapere!? Non è colpa mia se quello scellerato accoltella  Austria. E poi comunque se lo merita! Perché lo ripeto ancora una volta per tutti quelli che non erano presenti: quello che ho detto è vero! Austria mi fece del male molto tempo fa....ma non ho mai avuto la forza e il coraggio di rispondere, dovevo pensare  al Regno appena formato e....beh che dire? Ho semplicemente pensato che quell' ostrica sofisticata mi dovesse delle scuse. " Tutti si misero a fissare Austria, Ungheria gli chiese : "È vero quello che ha detto?".  Roderich si scurì in volto e disse:" No, no che non è vero! Sono tutte false illazioni. ". Lovino guardò il fratello e Germania accanto a lui e con grande non challance disse:" Ah si? ma io ho le prove! Tu quella notte prima di fare quello che hai fatto mi rivelasti un segreto...'' Austria impallidì e interruppe Romano ammonendolo: " Non ti azzardare!" Il ché provocò gli sguardi incuriositi degli astanti, a rompere il pesante silenzio che si era venuto a creare fu Feliciano che chiese innocentemente: " Quale segreto? "

Austria spalancò le palpebre e fu  colto dal panico, nessuno doveva sapere quella cosa , sopratutto non dovevano venirlo a sapere Feliciano e Ludwig. Romano aprì la bocca per rispondere ma fu interrotto da una scarpa in faccia.
Lovino capì chi era il cretino che lo aveva fatto perché sentì le urla di Austria che si era beccato un pugno in faccia da parte di Antonio.
Ben presto la loro pacifica conversazione si trasformò in una  violenta scazzottata, con lo spagnolo e l' ungherese che lottavano, quest' ultima cercava infatti di proteggere l'austriaco. In tutto questo c'era Feliciano sotto il tavolo che piangeva con una bandiera bianca in mano; Gilbert che si godeva lo show bevendo una birra, allo stesso modo in cui avrebbe guardato il calcio in tv, ovvero prodigandosi in urletti da stadio e il povero Teutonico che cercava di fermare il bagno di sangue.
Ludwig riuscì finalmente a bloccarli e chiese esausto e in tono perentorio a Lovino: " Allora adesso ci spieghi quali sarebbero queste tue ' prove' che hanno spinto Austria a tirarti una scarpa? " Romano rise e disse: " Beh, molto semplicemente l'ostrica mi ha detto qualcosa che nessuno dei qui presenti dovrebbe sapere, apparte un' altra persona. Questo segreto riguarda una nazione, in realtà non è una cosa poi così importante, non capisco perché ci tenga così  tanto. In verità non riguarda proprio una nazione, ma un' ex nazione si chiamava.....Karl** " e ridendo acidamente disse guardando Austria: " non è vero? "  Feliciano, Gilbert ,Roderich ed Elisabeth sbiancarono sentendo quel nome.
Veneziano fissò smarrito il fratello e poi Austria,' Karl' pensò ' non è possibile che stia parlando di...'. I ricordi a lungo celati nel suo cuore riaffiorarono, quel ragazzino biondo con gli occhi di un blu profondo che gli aveva promesso che sarebbe tornato da lui un giorno, i pomeriggi spensierati passati a disegnare e a cogliere fiori . Sussultò sentendo un dolore all' altezza del petto e si accorse di star piangendo solo quando Ludwig gli toccò la spalla e gli chiese in modo preoccupato se stava male. Feliciano si asciugò le lascrime e senza rispondergli, chiese con voce tremante al fratello: " Che stai...dicendo...Lovino? Karl...non può essere ti prego spiega.. " Lovino stava per rispondere quando cadde a terra tramortito da Gilbert, che aveva avuto la geniale idea di tirargli un vaso in testa.
A questo seguirono la furia di Antonio, le urla di Feliciano che cercava di medicare a testa sanguinte del fratello e tentativi di Ludwig di salvare il culo al prussiano. Germania riuscì a mandare fuori combattimento lo spagnolo con un altro vaso. 

In fine Feliciano si trascinò in casa Lovino e Antonio, Roderich ed Elisabeth rimasero in casa a medicarsi e a pulire il casino che era avvenuto in casa e Ludwig si riportò a casa il  fratello, pronto a fargli un lungo cazzettone. 

Note

* " loro marito"= infatti Austria è stato spostato sia con Spagna (1558-1700) che con Ungheria ( Impero Austro- Ungarico, 1867-1919). 

** Karl = nome di Sacro Romano Impero.  

Note dell'autrice

Salve, se siete arrivati fino a questo punto vi starete chiedendo che cavolo ho scritto ^.^. Be' diciamo che il capitolo è 'un po' ' demenziale...Infatti l' idea di questa fic è nata da un brainstorming con mia sorella, il che ha portato a creare una trama decisamente ambigua. Ci siamo scontrate su molti punti, come sulle pairing o cose del genere e alla fine è nata questa " Cosa". Chiedo scusa a tutti i lettori che amano Austria, ma è stato ' sacrificato' a fini di trama (^_ ^) /.
Per chiarire dubbi sulla storia sono sempre pronta a rispondere nelle recensioni, sono anche aperta a suggerimenti e consigli. 
Ringrazio tutti i lettori e specialmente Charlotte77 per aver recensito a questo pasticcio. 
Alla prossima💜.


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Capitolo 5
*** La Chat ***




Capitolo 5: La Chat

Russia si svegliò tardi. Quando aprì gli occhi si immaginò di trovarsi al fianco del suo amato Yao, con il quale aveva trascorso quella meravigliosa notte. Si ritrovò tuttavia deluso, non c'era. Ivan si alzò e iniziò a cercarlo, magari era andato in bagno, ma per quanto cercasse, nella sua abitazione non vi era traccia della millenaria Nazione. Un profondo senso di sconforto iniziò a pervaderlo, si sentì il cuore gelare al pensiero che Yao avesse potuto abbandonarlo. Si erano promessi che si sarebbero svegliati l'uno nelle braccia del'altro. Cina voleva forse scappare da lui? Non significava niente la notte passata insieme, era stato forse un errore? Uno sbaglio da dimenticare? Con il cuore gonfio di paure e proccupazioni si diresse a lavoro. Infatti nonostante volesse continuare a tormentarsi e andare a cercare Yao per un confronto, una rassicurazione che quello che avevano fatto aveva significato, aveva pur sempre i suoi doveri da Nazione.
 Si ritrovò a fissare distrattamente lo schermo del computer e le carte che aveva da compilare, non riusciva proprio a concentrarsi. I suoi pensieri correvano costantemente a Yao e alla loro situazione.
 Tornò da lavoro verso sera, una volta in casa si accorse con grande gioia di un bigliettino sul tavolo, era da parte di Yao. Egli lo avvertiva del fatto che se ne fosse andato da casa sua perché il suo capo lo aveva chiamato. Questo lo riempì di felicità, e in un impeto di coraggio si decise a scrivergli.

« Yao come stai?»

Non passò molto tempo prima di ricevere una risposta:

« Ciao Ivan, sto bene. Tu?»

Ivan sorrise e digitò:

« Sto bene»

E subito dopo agiunse:

« Yao io...devo chiederti una cosa?»  

« Cosa?»

« Mi ami?»

« Certo...e tu?»

« Sono così felice che anche tu mi contraccambi, certo che ti amo, l' ho sempre fatto. я тебя люблю 💓💗💕»

« 我爱你 💕»

Russia non ci poteva credere si erano davvero confessati via sms, sorrise allo schermo e lo baciò felice, lui e Yao stavano davvero insieme!

Cina guardò felice lo schermo del suo telefono quando si accorse di essere stato messo in un gruppo whatsup. Si chiamava ~World of Nations~ ed era gestito da America.  Ovviamente essendo una chat gestita dal saccente e presuntuoso statunitense il tutto risultava estremamente caotico. 

The hero scrisse « What's up, guys? Ho avuto la brillante idea di creare un gruppo!☺. Io sono l'amministratore del gruppo, perciò vi ho messo i nick name ;-).»

A questo messaggio seguirono una serie di imprecazioni da parte di tutto il mondo, e una sequela di lamentele per i vari nicknames e per il fatto che aver un gruppo whatsup era una stronzata.
In particolar modo, per quanto riguarda quest'ultimo fatto, una fra le nazioni a cui più dava fastidio l'idea di una chat room, era Romano. Lovino infatti, che era piuttosto irritato per come aveva completamente fallito nel suo piano, non aveva proprio voglia di sorbirsi le stronzate dell'americano. Però a pensarci bene quella era l'occasione per umigliare maggiormente l'austriaco. Sorrise tra sé e osservò la chat:

The hero « RAGAZZI CALM DOWN!»

eyebrows « America, abbiamo il diritto di essere arrabbiati, you jerk! Guarda che razza di nickname ci hai dato!?»

Froggie  « Oh mon cher, calmati! Andiamo... penso che l' idea di Àmerique non sia poi così male...»

pastaboy « Ciaoo~~ Come state??😘»

Lovino, vedendo che erano quelli i toni della conversazione, decise di sganciare la bomba.

grumpypizzaboy « Allora ragazzi ho un annuncio da farvi....»

The hero « ??? »

grumpypizzaboy « Austria mi ha violentato!»

Inutile dire che con ciò si scatenò il putiferio. Romano osservò il tutto sorridendo e pensò fra sè con soddisfazione ' piano sputtanamento austrico, riuscito '. Non volendo dare ulteriori spiegazioni, lasciò la chat. 
 Passò quindi la giornata ad ignorare i messaggi dei vari curiosi che volevano spiegazioni più precise, e dopo un pomeriggio passato a guardare la televisione, un' idea " brillante " lo colpì. Infatti  da quando aveva rovinato la reputazione di Austria, Antonio era diventato ancora più " appicicoso", continava a tempestarlo di messaggi e cose di questo genere...perciò il piano era sempre più o meno lo stesso, trovare un modo per toglierselo dalle scatole. Decise quindi di uscire e di trovarsi qualcuno, questa volta però seriamente.
Si vestì in modo curato ed elegante e si decise di andare per locali. Dopo aver visitato senza successo molti pub, decise di provare la fortuna in un piccolo bar di Berlino. Ovviamente lui non voleva finire lì, ma colpa dell'alcol in corpo, e non essendo molto lucido, senza rendersene conto si trovò seduto al bancone. Quanto se ne rese conto, si maledì mentalmente, infatti aveva utilizzato per sbaglio  la " via delle Nazioni"* .  Stava per andarsene quando un barista gli mise davanti agli occhi una birra. Lovino lo guardò di traveserso, mentre il tizio, che nel mentre si era presentato come Franz, ci stava palesemente provando con lui. Romano che non ne poteva più di sentirlo blaterare in quel maledetto tedesco e sbottò dicendo in italiano: " Alt, stai zitto un attimo cretino! " per poi proseguire in inglese: " Senti Franz, o come diavolo ti chiami, smettila di importunarmi! " . Il tizio lo guardò per un attimo stupito con i suoi occhi azzurri, ma si riprese subito e sorridendo in modo sfrontato disse in inglese: " Ohi, bello! Sei italiano? ".  Lovino sentì la fronte pulsare dalla rabbia, strinse i denti e in tono sprezzane gli rispose:" Certo che sono italiano! Cosa credevi, che fossi inglese! ? ". L'altro gli sorrise e gli disse in tono suadente:" Perché non bevi quella birra, te la offre la casa"  e gli fece l'occhiolino. Romano pensò ' Davvero la gente rimorchia in modo così squallido, crede realmente di conquistarmi con una misera birra?' . Si imbronciò e in tono acido disse: " Senti, 'bello' lo dici al tuo cane. E poi non bevo questo schifo di birra. Ci vediamo, 'bello'  ". 
Si alzò ed uscì dal locale. L'aria gelida di quella sera gli diede un capogiro, si accostò al muro e si rese conto di non riuscire a stare in piedi, aveva bevuto troppo. Con passo malfermo si avviò senza una meta ben precisa fra le sconoscute strade berlinesi. Si scontrò contro una persona, perse l'equilibrio e finì per terra. Soffocò tra i denti un' imprecazione e lo sconsciuto lo aiutò a rialzarsi. Iniziò subito a dire: " Guarda dove metti i piedi, pezzo di m-" ma si interruppe quando vide il volto del suo interlocutore, era Germania. Il tedesco lo fissava perplesso, stava per dire qualcosa, ma Lovino non gli diede tempo di farlo, infatti gridò: " Che ci fai qui, crucco di merda!? ". Il teutonico gli rispose:" Dovrei chiedertelo io, in realtà. Che ci fai qui a Berlino, Romano? ". Il meridionale stava per rispondergli quando un conato di vomito lo fece sbiancare. Germania disse: " Stai male, sei molto pallido... " Romano stava per  negare, ma vomitò sulle scarpe del tedesco. Dopo una serie di imprecazioni in tedesco che Lovino non comprese, si ritrovò le forti braccia del teutonico attorno al busto, che lo sorreggevano, infatti senza accorgersene le sue ginocchia avevano ceduto. 

Romano aprì gli occhi e si ritrovò su un divano. Gli faceva male la testa e si sentiva un po' disorientato. Si rese conto però di una cosa: non era in casa sua, questo NON era il suo divano!! Iniziò ad agitarsi, che era successo? Era stato rapito!? Le sue elucubrazioni vennero interrotte quando si accorse della presenza di un'altra persona nella stanza, richiuse gli occhi e finse di dormire. Lo sconoscuto gli si avvicinò, i passi si fermarono, il frusciare della stoffa, qualcosa gli afferrò una scarpa, o meglio qualcuno. Si rese conto con orrore che gli stava sfilando la scarpa! Tirò un calcio al tizio e aprì gli occhi. Germania. Improvisamente si ricordò di averlo incontrato, poi però aveva un vuoto di memoria. 

Ludwig guardò infastidito l'italiano e pensò ' prima mi vomita sulle scarpe, poi sviene e adesso mi tira anche i calci!? '. Stava per parlare, ma venne preceduto dal meridionale che disse: "  Crucco bastardo, che ci faccio a casa tua? ". Il tedesco si appellò mentalmente alla sua pazienza e dopo un sospiro procedette a raccontargli di come si erano incontrati e del fatto che era stato costretto a portarlo in casa sua visto che era svenuto fra le sue braccia.

Romano arrossì, (davvero reggeva così male l'alcool?), tossicchiò e stava per rispondere ma lo squillo del telefono lo interruppe. 

'' Pronto?"

A rispondergli fu la voce di un uomo in italiano:

 " Salve, lei abita in via **** 35 insieme al signor Feliciano Vargas? " 

Lovino corrucciò le sopracciglia e rispose in modo cauto: 

 " Sì, sono io....perché me lo chiede? "

 " Signor Vargas, sono un vigile del fuoco, ecco sono spiacente di doverle comunicare che il suo appartemento ha preso fuoco. "

Ludwig vide il volto dell'italiano sbiancare, poi diventare verde e infine arrossarsi, sembrava moto arrabbiato. 

Romano strinse con forza il cellulare e urlò:
 " COSA??? Come cazzo è successo?? "

 " Sembra che suo fratello abbia lasciato acceso il forno ma dobbiamo ancora investigare.. "

Dopo aver chiesto maggiori informazioni al vigile, chiuse la chiamata. 

Germania guardò incuriosito l'italiano e gli chiese: " Con chi parlavi? Sembravi molto nervoso.... ". Si pentì immediatamente della sua domanda, infatti Romano lo stava linciando con lo sguardo. 

Il meridionale iniziò a imprecare a denti stretti, si strinse i capelli e urlò: " Cazzo, quella merda...quello scemo. Un minuto. Un fottuto minuto fuori casa, e quell'idiota cosa fa!?? " 

Germania gli regalò uno sguardo interrogativo.

Romano sbottò: " E non guardarmi così crucco bastardo! " e dopo un minuto di silenzio: " ugh...se proprio vuoi saperlo stavo parlando con un vigile del fuoco, a quanto pare quell' IDIOTA ha bruciato casa!! " anche se aveva pronunciato queste parole con rabbia, in realtà nei suoi occhi brillava la preoccupazione. 

Germania si alzò improvvisamente in piedi e disse in tono preoccupato: " I-Italien?? Cosa gli è successo, si è fatto male!? "

Anche Romano si alzò in piedi e balbettò: "N-non so che gli è successo. E-ecco i-io ora vado da lui" e si diresse  verso la porta.
Il tedesco lo seguì e disse: " Vengo anch'io". 

Il meridionale avrebbe voluto controbattere, ma la sua mente era piena di preoccupazioni, quindi per una volta lasciò stare.

Si ritrovarono di fronte all'abitazione romana dei due fratelli. Romano rimase senza parole, l'intero edificio era a fuoco, e i bagliori sanguinei si riflettevano nei suoi occhi sgranati. Alte fiamme arancioni stavano consumando la casa, avvolgendo nel loro caldo abbraccio tutti i ricordi che essa conteneva.  Due camionette dei pompieri erano in azione e stavano cercando di domare l' incendio. La gente del vicinato era affacciata alle finestre e ai balconi e osservava la scena. Lovino si sentì disorientato dal suono delle sirene, dall'odore acre del fumo. Improvvisamente sentì il cuore pulsargli in gola, e si guardò intorno, dov'era Veneziano!? Sembra che questo pensiero avesse colpito anche un' altra persona, infatti il tedesco si guardava intorno con la stessa aria preoccupata.

Germania notò un' ambulanza vicino alla casa, e dopo aver attirato l'attenzione di Romano, si diressero verso di essa. 

Ludwig sentì il sangue gelargli nelle vene ' Feliciano...' pensò con apprensione .   Avvicinatisi videro le porte del veicolo aperte. La visione che li accolse guaradando l' interno dell' ambulanza fu questa: gli infermieri che cercavano di far sdraiare l' italiano sulla barella, mentre quest ' ultimo li rassicurava di stare bene. Era ricoperto di fuligine e sbavature nere gli macchiavano il viso e gli abiti, aveva qualche graffietto ma stava bene. Con soglievo Ludwig sentì il sangue tornargli in tutto il corpo, liberò con un sospiro tutte le paure e le preoccupazioni che prima lo avevano attanagliato e pensò con soglievo ' Sta bene, grazie a Dio sta bene'. 
Anche sul volto di Lovino si dipinse il soglievo, ma ben presto questo sentimento si tramutò in rabbia.
 " Stupido! Che ti passava per la testa!? Hai BRUCIATO casa!! " proferì irato il meridionale.
 In quel momento Veneziano si accorse della loro presenza, li guardò un attimo con aria smarrita per poi regalare a entrambi un sorriso di scuse. Biascicò in un sussurro : " Ve- scusa Lovi....non l'ho fatto apposta i-io ecco" e si interruppe pensoso. Il suo volto si rannuvolò per un attimo per poi dire con il suo solito tono spensierato: " Ve~ ecco io stavo cucinando, ma mi sono addormentato e quando mi sono svegliato ormai la cucina aveva preso fuoco! " .   Romano stava per controbattere ma quando suo fratello apriva bocca non la smetteva piú, infatti disse con la sua voce squillante: " Germania~!! Che ci fai qui? " Si alzò e andò ad abbracciarlo. Il tedesco arrossì e sussurrò: " I-italien...umh...mi stai sporcando la camicia... ", l' italiano si staccò da lui e disse" eh eh, scusa Germania~ ". Romano guardò le interazioni dei due piccioncini con disprezzo, tossì per attirare l'attenzione dei due e disse:" Feliciano, quindi mi stai dicendo che ti sei addormentato? " la sua voce era fredda, calcolata; Veneziano si inquietò, conoscendo suo fratello era probabilmente sull'orlo di esplodere. Infatti urlò: " Ma sei CRETINO! ? Che ti passava per la testa, brutto deficente!!! Io, Io non ho parole! T-tu... " e tacque. Si guardò intorno, il suo sguardo passò dalla loro casa  distrutta, il fuoco ormai del tutto spento, a suo fratello con gli abiti sporchi e bruciacchiati e ai suoi occhi, acquosi, cerchiati di scuro, leggermente arrosati, come se avesse pianto... . Sospirò e disse in un sussuro: " Stai... bene? ". Veneziano sorrise chiudendo gli occhi e disse :" Certo che sto bene, solo che adesso dove andiamo? ". 

Si ritrovarono, grazie all' immensa generosità tedesca, nella sua casa di Berlino.

Prussia che stava tranquillo sul divano fu piuttosto scioccato nel ritrovarsi quei due in salotto. Disse infatti :" Oi West, che ci fanno qui questi due!? " . Ludwig osservò l'abbigliamento trasandato del fratello: felpa nera, pantaloni del pigiama con i canarini e due calzini spaiati. Sospirò sconsolato e disse: " La loro casa ha preso fuoco, quindi li ho invitati qui". Il prussiano si alzò dal divano e osservò attentamente i suoi ospiti, Veneziano gli stava sorridendo, mentre Romano lo stava guardando male. Gilbert abbracciò il settentrionale e disse: " Ita, stai bene!? Sei tutto sporco" e così dicendo andava ad accarezzargli i capelli e le spalle. Questo gesto se provocò la risata divertita di Feliciano, scatenò invece reazioni inverse negli altri sue spettatori. Romano e Germania, infatti, osservavano la scena con le sopracciglia corrugate. Dopo che Prussia ebbe rilasciato l'italiano dal suo abbraccio soffocante, vista l'ora tarda, decisero di andare a dormire.

Veneziano si prese la stanza degli ospiti, mentre Romano il divano. 
Il meridionale si sistemò su quel piccolo divanetto rosso e chiuse gli occhi. 
 Sentì un rumore: della musica, la voce di qualcuno che parla in tedesco...aprì gli occhi: era la tv. Si accigliò e guardandosi intorno notò una figura biancastra seduta nella parte opposta del divano, cacciò un urlo. La figura, illuminata solamente dalla luce del televisore, si voltò nella sua direzione. Era Prussia. 

 " Fanculo" borbottò Lovino, che cavolo stava facendo quel cretino alle 2 del mattino!? 

 " Che c'è ? " gli chiese l'albino.

Romano sentì una vena pulsargli sulla fronte e disse: " Come ' che c'è!??'. C'è che stavo dormendo, e a te ti viene la ' geniale ' idea di guardare la televisione A QUEST'ORA sedendoti pure sui miei piedi!!" . Il prussiano lo guardò indifferente e disse: " Stai zitto,  sto cercando di ascoltare. " Lovino lo guardò allibito e sbraitò: " Ma ci sei o ci fai? !!". L'albino rispose:" Senti, davvero, puoi stare zitto, il magnifico me sta guardando un documentario su der Alte Fritz. " 
Cadde un gelido silenzio fra loro, a cui seguì la risata acida di Lovino. L' italiano lo guardò male e disse con sdegno: " Ma fammi il piacere! Adesso piantala con ste fesserie che devo dormire!! ". Il voltò del prussiano si alterò, gli occhi, prima sereni, si acceserò come carboni ardenti e digrignando i denti disse:" Senti, non osare dare ordini al sottoscritto! Ma chi ti credi di essere esattamente, eh! ? Sbaglio o ti trovi in casa MIA? " si avvicinò al volto del meridionale e sussurrò " casa mia, mie regole, capito? ". Lovino inghiottì un po' di saliva, si ritrovava improvvisamente la gola secca, adesso capiva la fama del prussiano sui campi di battaglia..., distolse lo sguardo e tossicchiò per schiarirsi la voce. " Vabbé fai come vuoi, abbassa almeno il volume" si ritrovò infine a boffonchiare. Si rintanò tra le coperte in posizione fetale e chiuse nuovamente gli occhi.

Gilbert guardò il fagotto di coperte al suo fianco e sospirò , pensò ' ma come diamine si permette di fare il bastardo a casa mia? Crede davvero di poter comandare? Dopo quello che mi ha fatto?' e guardò la sua gamba ingessata. A distrarlo fu la voce del documentario, sullo scermo comparvero immagini famigliari, il palazzo di Sanssouci, quante volte ci era stato insieme al vecchio e caro Fritz? Gli occhi  gli si inumidirono e si sentì improvvisamente molto stupido e inutile, a cosa si era ridotto ormai? Cosa era diventato? Prese il telecomando e spense la tv, forse era davvero una pessima idea guardare la televisione a quell'ora, e si diresse in bagno a fare una doccia. 

Lovino aprì gli occhi, era buio, ' che ore sono?' si chiese mezzo intontito. Si rigirò nuovamente e distese le gambe, Gilbert non c' era, la tv era spenta. Si guardò intorno e notò uno spiraglio di  luce giallognola in fondo al corridoio, era una porta socchiusa, da quella uscì una figura. Si sentì il fiato mancare, era Prussia. Quello che lo sconvolse fu la vista del suo corpo, era nudo e la pelle lattea era ricoperta di cicatrici e bruciature. La visione durò pochi secondi, il prussiano infatti richiuse la porta all e sue spalle e il suo corpo fu illuminato solo dalla debole luce lunare, per poi scomparire nell ' oscurità. Lovino si girò dall' altra parte e con fatica si riaddormentò. 

Veneziano invece non stava dormendo. Si trovava nella camera degli ospiti del tedesco e stranamente non aveva sonno. Di solito l' italiano non aveva problemi a dormire, anzi era una delle sue attività preferite. Feliciano si guardò intorno con nostalgia, molti anni prima era solito andare a far visita al tedesco, ma quando si fermava a dormire da lui , non dormiva mai in quella stanza, bensì si intrufolava nel suo letto. Si sentiva strano, di solito dormiva sempre con qualcuno, se non era suo fratello , era il suo gatto. Gli veniva difficile addormentarsi la notte da solo, avava paura a stare da solo. Si guardò le mani pulite, prima di andare a letto, infatti, Germania gli aveva prestato la sua doccia per lavarsi. In quel momento stava indossando il suo pigiama e profumava del suo bagnodoccia, la puzza di fumo era svanita e si ritrovava completamente immerso nel suo odore. Si rotolò fra quelle spesse coperte di lana e si chiese come sarebbe stato dormire fra le forti e calde braccia di Ludwig. Fissò con sguardo assente il sofitto e la memoria andò a poche ore prima.
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A quando si era ritrovato in cucina molto sovrapensiero. I ricordi continuavano ad annebbiarlo e ad assalirlo come le onde di una marea. Da quando Lovino avava nominato Sacro Romano Impero a casa di Austria non ne aveva più fatto parola, nonostante le insistenze di Feliciano, forse complice il fatto che Gilbert gli avesse sbattuto un vaso in testa,  fatto sta che il meridionale non aveva piú fatto menzione di quanto successo.  Purtroppo però Veneziano non riusciva più a non pensarci. Il fratello era davvero strano, il pomeriggio menzionava l'accaduto sul gruppo per poi sparire dalla chat e la sera invece lo lasciava a casa da solo per andare chissà dove. Ma non era tanto quello che era successo con Austria a turbarlo, infatti Veneziano si fidava di quest'ultimo e aveva intuito che tutto quello che aveva detto Romano sull'austriaco era una bugia; piuttosto, la spina che continuava a lacerargli il cuore era Sacro Romano impero. Sospirando Veneziano aveva cercato di cucinare per scacciare quei ricordi, per alleviare il suo dolore con l'amore per il cibo, ma le emozioni gli avevano giocato un brutto scherzo e aveva mandato fuoco la cucina.

Feliciano sopirò ricordando il disastro che aveva fatto, si mise una mano sul cuore e pensò ' perché fa così male dopo così tanto tempo?, perché non riesco a dimenticarti' trattenne un singhiozzo ' perché te ne sei andatoperché non sei tornato!?' una prima lacrima scivolò sul suo volto. Si premette il cuscino sul viso e pensò terrorizzato ' Perché tutte le persone che mi sono vicine scompaiono, Nonno Roma, Sacro Romano Impero, ho anche quasi perso Germania durante la guerra... " un triste gemito lasciò le sue labbra tremanti e bagnate di lacrime. I suoi perché non avevano risposta,  era senza senso chidersi il disegno del Fato e della Storia, esausto e con il volto solcato dal dolore si assopì.








NOTE:
*Via delle Nazioni: ogni volta che uso questo termine mi riferisco al fatto che le Nazioni sono in grado di teletrasportarsi da un luogo a un altro tramite una "via" creata dalla loro mente. Una Nazione quindi se ha l'intenzione di andare da qualche parte può prendere questa sorta di scorciatoia che lo porta alla sua destinazione.

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Capitolo 6
*** L' Appuntamento ***




Capitolo 6: L'appuntamento

Romano si svegliò. In realtà venne svegliato, e non in modo piacevole. Mugolò sul cuscino e cercò di riprendere sonno, ma il rumore continuava. Sospirò, si mise a sedere e improvvisamente si rese conto di cosa lo aveva destato, o meglio di chi lo aveva fatto. Iniziò a imprecare internamente, perché quelle Patate bastarde non lo lasciavano dormire!? . La sera prima l'albino lo aveva tenuto sveglio con quel fottuto televisore, e adesso l'altro crucco bastardo stava trafficando rumorosamente in cucina!! Voleva urlare, ma erano solo le cinque del mattino e gli pulsava la testa, perciò si limitò a dire con la bocca ancora impastata di sonno: " Oi bastardo, qualcuno sta cercando di dormire su questo fottutissimo divano, quindi piantala di fare rumore o giuro che ti... " si interruppe perché l'altro si era affacciato dalla porta dalla cucina  con una tazza in mano e lo guardava incuriosito.  Lovino incenerì con lo sguardo il tedesco, i suoi occhi arrossati dal sonno cercavano di creare un buco sulla sua fronte. Germania gli disse: " Scusa, per caso di ti ho svegliato? " .   Dalle labbra di Lovino uscì un verso gutturale, pieno di rabbia e frustazione. Sbatté la testa sul cuscino e biascicò: "Lasciami  dormire o giuro che ti ammazzo" ed era serio, mai disturbare l'italiano mentre dorme. Ludwig sospirò ed andò in cucina, finì di bere il caffé, lavò la tazza e si preparò per andare a lavoro. 
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Lovino aprì nuovamente gli occhi, il sole era sorto e splendeva alto nel cielo. Si tirò su a sedere a si stiracchiò i muscoli, dopo essersi messo in piedi si diresse in cucina e si rese conto di che ora fosse. Era mezzagiorno, da quanto segnava l'orologio a muro, e suo fratello era già sveglio e stava cucinando qualcosa. Il meridionale lo raggiunse e guardò con scetticismo la pentola sul fornello, Veneziano si accorse della presenza del fratello e gli disse gioioso: " Ve~ Buon giorno Lovi, hai dormito bene? ". Il volto di Romano si scurì e ringhiò: " Come vuoi che abbia dormito!? La peggiore dormita della mia vita!! " . Feliciano chiuse gli occhi e gli sorrise come a volersi scusare e disse: " Mi dispiace". Lovino stava per dirgli dove poteva ficcarsi le sue scuse e che era tutta colpa sua quando notò i segni neri sotto le palpebre del fratello, il pallore innaturale del suo volto accompagnato a quel sorriso forzato e stanco,  segnali lampanti del malessere del settentrionale; e tacque. Osservò ancora per qualche secondo il fratello, distolse lo sguardo e poi borbottò: " Cosa cucini? ". Suo fratello si illuminò e iniziò a spiegargli tutto felice che stava preparando la pasta con le patate*. A questo punto Lovino rabbrividì, seriamente voleva prepare ai crucchi un piatto della tradizione napoletana!? Voleva esprimere il suo disappunto, urlargli ma si trannenne alla vista del sorriso genuino del fratello e alle sue guancie arrossate al pensiero di cucinare qualcosa per quei bastardi, per quel bastardo in particolare. Lovino non riusciva proprio a capire cosa ci trovasse suo fratello in quello, l'unica cosa che faceva era portare guai, possibile che non avesse imparato nulla dalle guerre? I suoi pensieri vennero interrotti dalla voce gracchiante di Prussia:" Oh Ita, Guten Morgen~" . Era entrato in cucina in quel momento, aveva indosso il pigiama della sera prima e aveva i capelli disordinati come un nido per uccelli. Sbadigliò si avvicinò a Veneziano e lo abbracciò ripetendo: " Oh ita, che bello averti in casa~" d' altro canto il settentrionale stava ridacchiando perché il prussiano gli faceva il solletico. Romano sentì il fumo uscire dalle orecchie, digrignò i denti e staccò il fratello dall'abbraccio da sanguisuga dell'albino; lo guardò in modo omicidia e disse: " Non toccare mio fratello!". Il prussiano gli si avvicinò e disse: " Buon giorno anche te Romano, dormito male? " gli sorrise sprezzante e disse: " stavo solo salutando il piccolo Italien, qualcosa di male in questo? ". Il meridionale strinse i pugni, sentì una vena pulsare sulla tempia ed ebbe la tentazione di dargli un pugno sulla faccia, per togliergli quel fottutissimo gnigno , ma venne fermato nel suo intento dall'arrivo di Germania. Il volto di Veneziano rispendette di gioia e in un balzo andò ad abbracciare il tedesco, lo strinse e sé e disse: " Ciao, Germania~''. Ludwig arrossì e gli accarezzò una spalla, balbettò qualcosa di confuso e staccò con delicatezza l'italiano da sé che sembrava volerlo tenere lì inchiodato con le sue braccine da koala. Veneziano gli sorrise con dolcezza e disse che avrebbe apparrecchiato la tavola. Il tedesco lo guardò stupido e disse: " Hai cucinato tu? Grazie mille, era da molto che non mangiavo qualcosa preparato da te" e tacque raggelandosi, guardò incerto l'italiano; Veneziano incontrò il suo sguardo e gli sorrise con dolcezza e disse : " Spero ti piaccia! Ho fatto la pasta con le patate, ve~" . Gilbert si schiarì la voce e disse: " Pasta con patate? Io amo le patate.. " e si mise a raccontare di quando le patate vennero introdotte in Germania e di quanto fossero magnifiche**.

Il pranzo procedette in modo relativamente "tranquillo", pur quanto quell' aggettivo non riuscisse affatto a descrivere lo stato di vulnerabile quiete che si era creato fra i commensali. Veneziano cercava costantemente le attenzioni di Germania, ma veniva puntualmente interrotto o da Prussia o da Romano. Quest'ultimo in particolare cercava di litigare ogni due minuti con i tedeschi, per un motivo o per un altro. Dopo il caffé Lovino disse: " Ora togliamo il disturbo, dobbiamo andare a casa e sistemare le cose. " Veneziano annuì a malincuore, e dopo aver salutato i due tedeschi presero 'la Via' per l' Italia.
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I due italiani si ritrovarono nella capitale. Romano si voltò verso il fratello e gli disse: " Senti ieri siamo stati, mio malgrado,  dal tuo amichetto tedesco solo perché l'ha proposto lui e TU hai accettato per entrambi tutto entusiasta; ma ora io  vado a casa mia a Napoli e tu te ne vai in una delle tue casette al Nord, ok? Poi cercheremo di far aggiustare la casa...ora voglio solo che ti levi dalla mia vista. " Veneziano gli regalò lo suardo di un cucciolo confuso, sospirò e disse: " Va bene, Lovi. Io vado nella mia vecchia casa a Venezia, se hai bisogno di qualcosa chiamami...'' e soggiunse " E-ecco io... " 'mi dispiace di aver distrutto casa' avrebbe voluto dire, ma si trattenne, " ora vado. Ciao~".  E così i due fratelli raggiunsero le rispettive abitazioni. 
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Veneziano aprì la porta della sua piccola casa veneziana e pensò a quanto fosse strano ritornarci. Da quando l' Italia era stata riunificata, infatti, lui e il fratello avevano vissuto insieme nella capitale. Guardò con tristezza la polvere sui mobili e iniziò a pulire a fondo la casa. 
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[ Sabato 10 Ottobre*** ]

Era finalmente arrivato il giorno del loro appuntamento, pensò entusiasta Veneziano. Si sguardò incerto allo specchio, forse avrebbe dovuto indossare un' altra giacca, oppure mettere un altro paio di scarpe!? Erano ormai 45 minuti che stava cercando di trovare l' outfit perfetto, ma c' era sempre qualcosa che non lo convinceva del tutto , forse ci stava pensando troppo. Sospirò, dicendosi che alla fine non era così importante, si diede una veloce  sistemata ai capelli e andò a Berlino. 

Germania gli aveva scritto l'indirizzo di un ristorante. Era un bel ristorantino italiano nel centro della capitale, vicino ad esso c' era un continuo via vai di persone, tra queste Feliciano riconobbe prontamente la figura del tedesco. Aveva le mani nelle tasche dell giacca e si stava guardando intorno, l' italiano sentì mancarsi un battito, sorrise e gridò: "  Ciaoo!!". Il tedesco mosse la testa dalla sua direzione e  gli si avvicinò e disse " Ciao, Italien" . L' italiano gli sorrise raggiante con le guancie che si coloravano di una dolce sfumatura rosa; in risposta anche sulle labbra del tedesco nacque un delicato sorriso, un avvenimento raro ma che riempiva di pura gioia il cuore dell'italiano ogni volta che  accadeva. 

Entrarono nel ristorante e scelsero un tavolo appartato , ordinarono i primi piatti. Feliciano sentì i palmi delle mani iniziare sudare, di solito non era così nervoso nel intavolare una conversazione con qualcuno, la sua personalità alla mano e solare gli permetteva di comunicare tranquillamente con chiunque molto facilmente.  Il  problema in questa situazione era che si trattava della prima volta in anni che i due si trovavano da soli in questo modo, senza la presenza di altre nazioni e senza alcun pretesto " politico" tra i piedi. Ingoiò un sorso di saliva, e si impose di riguadagnare la calma facendo profondi respiri, era solo il nervosismo e l' imbarazzo che lo stavano pietrificando, cercò di razionalizzare  nel suo cervello alle prese con un tumulto di emozioni. Anche il tedesco sembrava imbarazzato, stava fissando la bottiglia dell'acqua e muoveva nervosamente le dita, un' atmosfera soffocante calò sul tavolo. Veneziano tossicchiò e si impose di dire qualcosa, qualsiasi cosa, pur di rompere il ghiaccio infatti aprì la bocca e disse: " Ti è piaciuto il mio regalo di compleanno? " . A questa domanda il volto del tedesco assunse una sfumatura rosso scarlatto, tossicchiò e disse piano: " Umh...sì". Anche se avava detto di sì aveva la faccia di uno che avrebbre voluto sotterrarsi, Feliciano scoppiò a ridere di fronte alla sua espressione impacciata. In qualche modo la sua risata aveva alleggerito la tensione e ben presto iniziarono a conversare di fronte al cibo appena portato dal cameriere.  Il tempo scorse e  arrivarono anche il secondo e il dolce, i due erano rimasti così immersi nella conversazione che non si erano nemmeno accorti del passare del tempo. 

Alla fine del pranzo Veneziano guardò attentamente il tedesco, Germania distolse lo sguardo e prese fra le mani il conto. Feliciano scattò improvvisamente e disse: " No, non ti preoccupare pago io! ", prese dalle mani il conto dalle mani dell' amico e sbiancò guardando le cifre sul foglio, non aveva così tanti soldi nel partafoglio! Si morse il labbro inferiore e sorrise a Germania. Il tedesco sembrò intuire la situazione, sospirò e disse:" Non ti devi preoccupare, che ne dici se dividiamo il conto? " . Veneziano tirò un sospiro di soglievo e accettò con gioia. 

Uscirono dal ristorante, secondo l' agenda del tedesco potevano ancora trascorrere un' oretta insieme. L' italiano pensò che fosse davvero una sfortuna, perché il tempo sembrava passare così velocemente insieme a Germania? Decisero di fare una passeggiata al parco del Tiergarten. Camminando fianco a fianco Feliciano sentiva crescere dentro di sé il desiderio sempre più forte di  afferrare la mano di Ludwig, di stringerla fra la sua. Deglutì a vuoto e sentì quel desiderio impellente bruciargli all'altezza del cuore, sospirò, allungò la mano  verso quella dell'altro ma  si interruppe. Qualcuno infatti l'aveva strattonato e sbilanciandosi in avanti era finito a terra, nel fango. Dalla sua bocca uscì un lamento strozzato, si mise in ginocchio e vide con orrore i suoi abiti preferiti tutti sporchi di fango, sentì gli occhi farsi caldi e pesanti e trattenne a malapena le lacrime nella gola. Germania gli fu subito a fianco e lo aiutò a rialzarsi. Lo guardò preoccupato e chiese: " Stai bene?  " Veneziano annuì. Il tedesco si girò e prese per un braccio l' uomo che lo aveva spintonato e iniziarono a parlare in tedesco, alla fine del discorso Germania si voltò verso l'italiano e disse: " Quest'uomo si scusa con te, vorrebbe pagarti la lavanderia... " Feliciano si voltò verso lo sconosciuto e gli disse in inglese che accettava le sue scuse e che non doveva preoccuparsi dei vestiti. Dopo che l'uomo si fu allontanato Germania disse: " Ti porto a casa mia, così puoi cambiarti".

 Veneziano si ritrovò così nel grande bagno di Ludwig, aveva appena finito di lavarsi e stava indossando dei vestiti di quest'ultimo, erano un po' troppo grandi ma non gli dispiaceva particolarmente. Purtroppo però Germania doveva ritornare a lavoro. Italia sentì un profondo sconforto nel constatare che il suo tanto agognato appuntamento era durato così poco, meno di due ore, e aveva anche  perso metà del tempo con l' incidente della camicia. 

Veneziano prima di andare a casa disse: " umm Germania...ecco io.. " sospirò " mi sono davvero divertito con te oggi, è stato davvero bello passare un po' di tempo insieme... " tratenne il respiro, perché era così difficile dire ' vorresti uscire di nuovo con me?'. Il volto di Germania era una maschera di granito, nessuna emozione sembrava trasparire dal suo viso. Gli disse: " Sì, Italien. Ora sei vuoi scusarmi avrei delle cose da fare.... " e Veneziano leggeva nei suoi occhi ' perché non se n'è ancora andato?'. Italia guardò il tedesco con aria mortificata, sentì bruciare nelle vene quella sensazione, quel sentimento fastidioso e doloroso che lo aveva molte volte assalito in compagnia dell'amico. Sorrise forzatamente e disse in tono falsamente allegro: " Già, hai ragione! Eh eh il tempo vola...be' allora ora tolgo il disturbo". 

Lasciò in  tutta fretta l' appartamento del tedesco e una volta varcata la soglia di casa iniziò a camminare su e giù, la testa un tumulto di emozioni e sentimenti. Quella sensazione che continuava a morderlo come un serpente, il senso di inutilità, il sentirsi costantemente un peso, un tremendo fastidio per gli altri, per lui. La vista gli si fece improvvisamente offuscata, strofinò con forza gli occhi e pensò con rabbia ' perché sono un così grande piagnucolone!?', un singhiozzo lasciò le su labbra e le lacrime iniziarono a scendere sul suo volto.

 La sua camminata si arrestò quando sentì lo squillo del telefono. Prese il cellulare dalla tasca e rispose con voce rotta alla telefonata: " P-pronto? " gli rispose la voce del francese: " Bonjour Italie~ " Feliciano tirò su col naso e si asciugò con una mano il viso, e chiese sorpreso: " F-Francia sei tu? " gli rispose la tipica risata del francese: "Oh oh Italie, certo che sono io caro, chi pensavi che fosse? Il mio capo mi ha detto di parlarti...ma comunque stai bene?" Veneziano si schiarì la voce e disse " S-sì sto bene, allora di cosa volevi parlar-" venne interrotto dalla voce del francese: " Vengo da te" e detto ciò chiuse la telefonata.  

Feliciano si ritrovò così il francese in salotto. Fransis osservò i suoi occhi arrossati, gli si avvicinò e lo guardò attentantamente, l 'italiano riusciva a sentire distintamentamente il dolce aroma di rosa che circondava sempre la Nazione dell'amore. Francia sospirò e disse in tono gentile: " Mio caro, che ti è successo? Puoi parlarne con il ' fratellone'". E così si trovò, seduto sul divano, a raccontare quello che era successo. Si rese conto che effettivamente non aveva motivo di provare così tanta angoscia, cosa gli aveva fatto di male Germania? Lo aveva semplicemente trattato come una nazione con cui si ha un pranzo formale. Pensò afflitto che probabilmente il tedesco aveva visto quel loro incontro solo come un modo per rafforzare i rapporti tra i due paesi e niente di più. Cosa si aspettava davvero, che Germania gli dicesse che voleva passare del tempo con lui solo come "Ludwig"  e non come le due nazioni che erano!?  Una sensazione sgradevole si fece largo nel suo cuore, imbarazzato evitò lo sguardo preoccupato del francese. Quest'ultimo sospirò e circondò le spalle dell' italiano con un braccio, disse in tono gentile; " Italia stai tranquillo, non hai motivo di preoccuparti! Conosco abbastanza bene Germania e sono sicuro che non intendeva respingerti. Vedi è solo il suo caratteraccio, ma tu dovresti saperlo meglio del sottoscritto!". Feliciano si sentì in parte rincuorato, effettivamente Lud aveva sempre avuto un comportamento cauto, ma Veneziano riusciva sempre a fare breccia fra le sue mura. Lo aveva conosciuto per anni e sapeva che in realtà dietro quell'apparente freddezza e compostezza si nascondevano mille emozioni, molte volte espodeva in attacchi d' ira ma erano sempre giustificati, e poi sapeva emozionarsi, arrossire, sorridere...... . L' italiano si passò una mano sul viso sospirando e pensò ' come posso essere così sensibile!?'. Sorrise a Francia e disse: " Grazie~ Sei davvero il migliore nelle questioni sentimentali, che ne dici di bere qualcosa? " Il francese sorrise, evidentemente compiaciuto ma il suo sguardo risultava distante;  il settentrionale andò a prendere una bottiglia di vino rosso, ne versò due bicchieri e ne passò uno a Fransis. Il francese guardò con scetticismo il vino, probabilmente avrebbe preferito un suo prodotto, ma dopo qualche secondo di indecisione scosse le spalle e ne bevve un sorso. L' italiano fece ondeggiare il vino nel calice e chiese gentilmente: " Che c'è Francia, mi sembri pesieroso, c'è qualcosa che non va? " Il volto  del francese si tinse di incertezza, ma svanì subito dopo rimpiazzata da un' espressione melodrammatica: " Oh Italie, mi è solo venuto in mente che io sono così bravo nelle questioni di cuore eppure... " i  suoi occhi color zaffiro risplendettero di tristezza " un certo Qualcuno sfugge al mio potere". Francia aggrottò le sopracciglia, sembrava irritato, finì in un sorso il resto del vino e disse concitatamente: " Quel bruco, prima mi da delle speranze e poi mi manda a fanculo! ". Italia sorseggiò il suo vino e ne versò dell' altro a Francia, e annuì. Tra una bottiglia e un ' altra passarono il resto del pomeriggio a discutere di questioni di cuore. 
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 [ Sabato 10 ottobre, Napoli ]

Romano si stava annoiando. Non sapendo cosa fare decise di uscire e andare a bere. Mentre beveva in un bar ricevette un messaggio, o meglio più messaggi. Era Spagna, gli chiedeva in modo insistente dov'era, cosa stava facendo ecc. Romano si scurì in volto, e pensò con rabbia ' Perché rompe sempre le palle!?',  pagò il suo drink e uscì dal locale. Mentre camminava per le vie della sua città, mille pensieri gli ronzavano in testa come uno sciame di api fastidiose. I suoi famosi " piani" erano andati in fumo, con  Prussia e Austria aveva fallito miseramente, forse doveva puntare a qualcun'altro!? Si ricordò del barista tedesco, effettivamente perché non provarci con un umano!? Antonio non avrebbe potuto scatenare nessun incidente diplomatico e certamente era in grado di conquistare un mero tedesco!! Rinvigorito da nuovo piano o per meglio dire dall' alcool si teletrasportò di fronte a quel locale.
Entrò, si sedette al bancone e ordinò un bicchiere di whiskey. Il barista si avvicinò a lui, adesso che lo osservava attentamenre non era poi così male, era alto almeno un metro e ottanta, spalle larghe, capelli dorati e gli occhi di un blu pervinca nascosti da un paio di occhiali neri. L' uomo sembrò riconoscerlo, gli portò il suo drink e disse in inglese: " Guarda, guarda chi si rivede? L' italiano di qualche sera prima... " ,  lo guardava con occhi penetranti e gli sorrideva in modo ammiccante, " Come ti chiami, bello? ". Il meridionale  guardò attentamente il suo bicchiere e pensò ' Lo faccio per davvero o....?' bevve un sorso, si passo la lingua sul palato e disse: " Mi chiamo Lovino, tu?". L' altro gli sorrise e rispose: " Muller, Franz Muller", Romano alzò gli occhi al cielo e pensò ' ma chi si crede di essere, James Bond?!', schioccò la lingua e disse: " Da quanto lavori qui, bello? ". Franz si mise a ridere e rispose:" Da circa un annetto , è un po' un lavoro di merda....ma, ehi, posso incontrare gente interessante! " e detto questo gli fece l' occhiolino. Passarono tutta la serata a chiacchierare, dusturbati solo da qualche cliente che chiedeva da bere. Romano si dovette ricredere su quel tedesco era sì irritante, ma non era completamente insopportabile.   Lasciò quel piccolo bar sorridendo sotto i baffi, sapeva che se avesse continuato a frequentare il locale avrebbe sicuramente ottenuto ciò che desiderava. 

Romano andò a scontrarsi contro qualcuno, alzò di scatto il viso e un pugno gli centro il naso. Cadde a terra e portò una mano al viso, sanguinava copiosamente, stava per rialzarsi quando lo sconosciuno gli tirò un calcio alle reni e poi uno sulla testa. Si sentiva frastornato e dolorante, utilizzò le braccia per coprirsi la testa. Il tizio ora gli stava parlando in quel suo tedesco bastardo, lo sollevo da terra per i capelli e lo mise contro un muro, Romano strinse con rabbia i denti, stava per tirargli un pugno quando sentì il freddo di una lama premuta sulla gola, proprio sotto la giugulare. Deglutì e un rivolo di sangue si aprì sulla sua pelle, lo sentì scendere dentro la maglietta. Lovino fulminò con lo sguardo quel teppista da quattro soldi, come osava mettergli le mani addosso!? Stava per sferrargli un calcio quando sentì la voce di una terza persona. Sul volto del suo agressore comparve un' espressione di sorpresa, non voleva essere scoperto. I passi dello sconosciuto si avvicinarono velocemente a i due, il delinquente imprecò tra i denti, tolse il coltello e iniziò a correre. Lovino iniziò a urlare in italiano: " Ehi!! Brutto stronzo, dove credi di andare!? Figlio di puttana torna qui!! " Stava per inseguirlo quando sentì una voce famgliare dire alle sue spalle: " Romano? Sei tu? ".
Lovino si voltò si scatto e  spalancando gli occhi disse scioccato: "Germania?!". 

NOTE: 

* pasta con le patate: sinceramente non conosco il piatto, ma avevo letto in giro che è un piatto tradizionale di Napoli. 

** Le patate furono introdotte in Germania da Federico II di Prussia, il nostro caro Alte Fritz.

*** 10 ottobre, il primo capitolo è ambientato il 4 ottobre, lì Feliciano e Ludwig si erano dati appuntamento .

NOTE DELL' AUTRICE:  
Salve, auguro a tutti i lettori un buon 2021! Spero abbiate passato un bel periodo Natalizio!! Mi scuso se ci ho messo molto a pubblicare il capitolo, ho avuto un leggero " blocco dello scrittore" eh eh, ma eccolo qui in tutto il suo orrendo spendore!   










 



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Capitolo 7
*** La cena ***




Capitolo 7: La cena

Romano guardò di traverso il tedesco e disse : " Perché devo sempre incontrarti qui!? " . Germania sospirò e disse esasperato: " Senti dovrei essere io a chiedertelo, perché ti ritrovo sempre nella mia capitale!? ". L' italiano lo guardò interdetto effettivamente era come entrare per due  volte in casa di qualcuno e chiedere al proprietario perché è in casa. Divenne rosso in viso e disse:" Be' bastardo non sono affari tuoi! Comumque vieni a darmi una mano o rimani lì impalato!? " e indicò le sue ferite. Ovviamente non aveva bisogno di alcun aiuto, ma quell' ultima frase gli era sfuggita  dalle labbra nella speranza di distrarre il tedesco dalla sua magra figura.

Si ritrovò così nel salotto di Germania, con quest' ultimo che trafficava con dei disinfettanti e delle bende. Romano  rabbrividì e pensò raccapriciato ' come sono finito in una situazione simile!? " un silenzio denso e pesante come piombo era calato fra i due. 

Romano guardò con occhi sospettosi il tedesco, si morse il labbro, cosa ci trovava suo fratello in lui?
Germania gli si avvicinò e gli passò un asciugamano bagnato sulla fronte, con mani caute e gentili gli disinfettò il taglio . Il panno scese e gli tamponò leggermente il naso, dalle labbra di Lovino uscì un gemito di dolore; la mano si fermò , Germania lo guardò preoccupato e disse: " Ti fa male?''. Il meridionale lo guardò torvo e boffonchiò infastidito : "certo che fa male, quello stronzo mi ha rotto il naso... "  la sua voce era arrochita dal dolore. Il silenzio ripiombò fra i due, solo il leggero sfregamento del panno sulla pelle  ferita a interrompere la quiete. Romano iniziò a sentirsi a disagio, prese fra le mani in polso del tedesco e disse con un filo di voce: " Basta così, I-io...."  si interruppe e concluse : "grazie".

 Arrossì di vergogna, non amava avere debiti con qualcuno, specialmente con un crucco, rabbrividì e prese una decisione. Sospirò profondamente e disse velocemente: " Senti, bastardo, non voglio che ti venga in mente che sei in debito con me! Quindi per sdebitarmi del tuo aiuto ti offro una cena. " Il tedesco lo guardò scioccato e stava per ribattere quando venne interrotto da una voce alle sue spalle. " Accettiamo con piacere, Romano! ".

 I due si voltarono verso il prussiano che li stava guardando con un ghigno stampato sul volto, aveva le guancie arrossate e gli occhi luccicanti; continuò in tono felice:" Ovviamente ci sarà anche il piccolo Italien, giusto!? " . Romano si sentì congelare sul posto, si morse il labbro e pensò con rabbia ' questo bastardo!! Adesso devo cucinare per due stronzi...però sono io che ho proposto la cosa e farei una figura di merda a rifiutarmi, inoltre sarebbe molto strano andare a cena da solo con quel mangia crauti ' chiuse gli occhi e sospirò sconfitto. Si girò di scatto dando la schiena ai due, disse: " Ci si vede a Napoli, domani ore 20! " e se ne andò.
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[ Domenica 11 Ottobre, Napoli, ore 20 ]

I due tedeschi si ritrovarono di fronte al portone di una grande villa affacciata sul golfo di Napoli. Romano gli aveva mandato un messaggio con l' indirizzo. Germania osservò ammirato la casa, era davvero bellissima. Prussia suonò insistentemente  il campanello, venne ad accoglierli Veneziano. Il prussiano lo abbracciò felice e disse: " Che bello vederti~" Feliciano rise contento e rispose: " È un piacere anche per me! " e gli diede due baci sulle guancie. L'albino arrossì e iniziò a sghignazzare con quella sua particolare e stridula risata, Germania gli diede un colpetto con il gomito e salutò a sua volta l'italiano. Il settentrionale gli regalò uno dei suoi caldi e dolci sorrisi; cercò di dare anche a lui  un bacio sulla guancia, ma era troppo basso e il tedesco non sembrava molto collaborativo, si limitò quindi ad abbracciarlo.
Li fece accomodare in sala da pranzo, la tavola era già apparecchiata e un odore invitante proveniva dalla cucina adiacente. 
Dalla porta comparve Romano aveva delle pietanze in mano, disse qualcosa in italiano al fratello e scomparvero entrambi in cucina. Ritornarono dopo qualche minuto con i piatti e iniziarono a cenare. 

Romano guardò con rabbia il suo piatto di pasta e pensò amaramente che aveva fatto molto male ad invitarli. Solamente sentire la risata fastidiosa del prussiano e il modo civettuolo con cui suo fratello cercava di attaccare bottone con il tedesco, lo mandava in bestia. Morse con rabbia un pezzo di pane e guardò malamente il fratello. Si ricordò che quando la sera prima gli aveva comunicato dell'invito, Veneziano lo aveva ringraziato tutto felice e gli aveva detto che lo avrebbe aiutato con la cena, eppure con che faccia tosta si comportava in quel modo! Lovino era furioso, come osava suo fratello provarci con quel disgustoso mangiapatate  proprio davanti ai suoi occhi, nella sua casa, alla sua tavola!! Ingoiò tutto d'un fiato il bicchiere di rosso e disse: " Vi stanno piacendo i piatti? ", gli ospiti si girarono a guardarlo. Germania disse cauto:" È tutto molto buono. Grazie. ", Prussia invece borbottò: " Molto buono, davvero. ". Lovino li incenerì con lo sguardo, sembravano davvero a disagio ricordandosi della presenza del padrone di casa; si versò dell' altro vino e decise di unirsi alla conversazione. Avvicinò il bicchiere alle labbra e disse: " Certo che è buono, ho cucinato io!'' detto questo mando giù un sorso del suo vino, fece schioccare la lingua.  L'alcol lo stava mettendo di buon umore, decise quindi di berne altro. Il fratello lo guardò preoccupato e disse in italiano: " Lovi, non stai bevendo un po' troppo?'' Romano lo guardò male e gli rispose: " Stai zitto! Bevo quanto mi pare. " e come per far capire il suo punto finì in un solo sorso il bicchiere appena rimpito. Feliciano gli regalò uno sguardo apprensivo, sospirò scuotendo la testa e  disse rivolto ai tedeschi: " Com'è il clima da voi, fa freddo? Ve' da me a Venezia fa freddino, dicono che la prossima settimana  il tempo potrebbe peggiorare, spero non ci sia l' acqua alta... " e rise cercando di intavolare un discorso con i due. 

Romano deglutì e sentì un sapore amaro in bocca, suo fratello stava risplendendo, sapeva parlare con la gente, era raggiante e attirava tutta l'attenzione su di sé. 

Veneziano era la luce e lui l'ombra, come al solito. Sentì qualcosa scattare dentro di sé e il senso di amarezza si tramutò in rabbia dolorosa, una sorta di gelosia si impossesò del suo cuore. Il sangue gli salì al cervello, per un momento vide tutto rosso, le voci gli arrivavano distorte come se avesse le orecchie tappate. Quando rinvenne si accorse che a tavola era calato un silenzio tombale, si rese conto che lo stavano fissando con occhi sbarrati, che aveva fatto!? Sentì un dolore sordo alla mano e vide che  il bicchiere che aveva tenuto in mano fino a un minuto prima era in frantumi. Guardò con occhi vuoti il tavolo e notò con calmo disinteresse che era macchiato di rosso, quello del suo sangue e del vino. Improvvisamente realizzò, aveva frantumato il bicchiere. Si alzò velocemente dal tavolo e guardò con occhi sbarrati quella macchia rossa, con orrore si rese conto di quello che avrebbe potuto fare, che avrebbe voluto fare. 

Veneziano si alzò, gli si avvicinò e disse tutto agitato:'' Ve' L-Lovi stai bene? La tua mano.... " fece un passo verso di lui e cercò di afferrargli la mano ferita. Romano indietreggiò e contorse il viso in un espressione di rabbia, sentiva il sangue pulsare nelle tempie e il fiato era corto. Il suo volto si tinse di rosso e allontanò  con uno schiaffo la mano fratello protesa ad aiutarlo. Disse irato : " Levati dalle palle non voglio più vedere te e i tuoi schifosi amici tedeschi!! Andatevene mi avete stufato! " detto questo voltò la schiena al fratello. Feliciano non demorse e afferrò la spalla del fratello, disse con tono triste: " Fratellone, che ho fatto? È successo qualcosa...? Stai male? " Romano strinse le mani a pugno, da quella ferita stillarono goccie di sangue, macchiarono le assi del pavimento. Le spalle del meridionale iniziarono a tremare, si morse a sangue la lingua, si girò di scatto, spintonò il fratello che finì con il sedere per terra. Gli altri due li stavano guardando perplessi, pietrificati dalla scena. Lovino evitò i loro sguardi interrogativi e scappò da casa sua. 
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Romano non sapeva dove  stava andando, stava solo cercando di togliersi lo sguardo lucido e sperduto del fratello dalla testa. I suoi respiri divennero sempre più accelerati, un senso di colpa e di vergogna iniziò ad appesantirgli il petto. Senza che se ne accorgesse il volto gli si inumidì di lacrime, si prese il viso tra le mani e si accasciò contro una parete. ' Che sto facendo? Dove mi trovo?' gli girava la testa, l' alcol gli aveva confuso la mente e fatto perdere il senno. Strinse i denti e si maledì per aver bevuto troppo. Una volta ritrovata la lucidità, si rese conto dell' immane figura di merda che aveva fatto, un forte senso di vergogna lo schiacciò al suolo. 
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Continuò a girare senza meta e decise che se quella era la notte delle pessime decisioni,  allora sarebbe andato fino in fondo. 

Si ritrovò a un piccolo bar tedesco, ormai familiare. Entrò e si sedette a un angolo del bancone.  Una voce nota lo accolse : " Guten Abend, Lovino~" . Romano guardò stancamente Franz, quest' ultimo aggiunse: " giornataccia?''.

L' italiano sospirò e chiese un bicchiere di vino, si disse che anche se era già mezzo ubriaco, sarebbe stato meglio esserlo del tutto, così almeno avrebbe dimenticato le sue figuracce. Tra un bicchiere e un altro la conversazione divenne sempre più concitata, l'italiano scoprì un sacco di cose interessanti su quel tedesco. Aveva una personalità alla mano, sapeva essere ironico e fare battute, aveva interrotto gli studi e si era trovato un lavoro che non lo soddifaceva, voleva fare il musicista. 

Romano disse sorpreso: " Tu!? una rock star!? Non ti ci vedo proprio!" l' altro gli mise il broncio e disse offeso: " Uomo di poca fede! Guarda che ho una voce bellissima! " e poi aggiunse: " e tu che fai di bello nella vita? Perché sei a Berlino? " . Romano bevve un sorso dal suo bicchiere e stette per un momento in silenzio, poi disse: " sono un uomo d'affari, a differenza tua, e il motivo per cui sono qui non ti riguarda! " . Franz sogghignò, si sporse dal bancone, gli prese una mano e sussurrò mellifuo : " sei qui per me, non è vero? ".

Lovino sentì il proprio battito accelerare, quel bastardo stava invadendo il suo spazio personale, l' alcol gli stava dando alla testa e quegli occhi maliziosi continuavano a tormentarlo. Si morse un labbro, mise i soldi sul tavolo e se ne andò, sapeva che se l' avesse guardato ancora una volta non si sarebbe contenuto.

Fatto sta che rimase appostato  fuori dal locale, da un lato voleva andarsene dall' altro sapeva che doveva fare i conti con quello stronzo una volta per tutte. Appena lo vide uscire dalla porta sul retro, barcollò nella sua direzione e lo inchiodò al muro. Il ragazzo era più alto di lui, lo guardò sorpreso, si mise a ridere e improvvisamente gli afferrò il capo. Lovinò aprì la bocca per parlare e venne zittito da un bacio. Le labbra del tedesco continuavano a premere sulle sue, Romano superò velocemente lo shock iniziale e aprì la bocca. Approfondì il bacio e spinse contro il muro Franz, il sangue iniziava a salirgli alla testa, il fuoco nella lussuria aveva iniziato ad ardere e Lovino non sapeva se si sarebbe fermato a qualche bacio.

 Lì in quel vicolo buio, in una città straniera, mezzo ubriaco e fra le braccia di un semi sconosciuto si chiese nel suo ultimo briciolo di lucidità, se quello che stava facendo era corretto, dall' altro canto si ritrovò a chiedersi da quanto tempo era  che non baciava qualcuno.  Vinse la lussuria. 
Franz lo staccò ansimando e disse: " Non credevo fossi così passionale... " si leccò le labbra arrossate e si mise a ridere. Passò una mano fra i capelli di Lovino, gli tirò il ciuffo e disse divertito: " Non vorrai mica farlo in un vicolo, grande uomo d'affari!? " L' ironia era palese fra le parole di quello stronzo, Romano gli avrebbe tirato un cazzotto, ma era troppo eccitato per prendersela a cuore, quindi disse con voce roca: " Allora cosa proponi, rock star? ".

Si ritrovarono a baciarsi nella tromba delle scale di un appartemento. Erano le due del mattino e Romano si era davvero fatto trascinare fino a casa del tedesco per una scopata! Entrarono velocemente nell'edificio, Franz sbatté l' italiano contro la porta e iniziò a sbottonarsi la camicia, quando improvvisamente venne accesa la luce.

  Sulla soglia della cucina c'era una persona e non sembrava affatto felice. Franz si staccò immediatamente da Lovino, come se avesse toccato un ferro rovente e si girò verso lo sconosciuto. Romano li guardò perplessi, Franz sembrava scioccato e terrorizzato, mentre l' espressione dell' altro ragazzo era quella della fidanzatina tradita. Un senso di gelo ghiacciò il sangue dell' italiano, il suo sesto senso gli diceva che ci sarebbero stati guai, imprecò fra i denti. 

Franz disse in tedesco: " Emil che ci fai qui??" 

 " Tu brutto porco bastardo e così mi tradisci!? "

 " Emil ti ho già detto che  non stiamo più insieme!! Dove hai preso le chiavi di casa!? ".

Il tono di voce di Emil era sempre più isterico, ogni sua parola era piena di rabbia e dolore. Il suo volto si conorse in una smorfia sofferente, le prime lacrime iniziarono a solcare il suo volto. 
Disse:" Non mi ami, più!?? AVEVI DETTO CHE MI AVRESTI SEMPRE AMATO!! " la scintilla della pazzia si impossessò dei suoi occhi.

Dall' altro lato Franz stava cercando invano di mantenere la calma, non ci riuscì e sbottò: " Chi ti credi di essere!? Entrare così in casa MIA! Ti ho già detto mille volte che è FINITA! Giuro che se non te ne vai chiamo la polizia!! " . 

Calò il silenzio nella stanza.

Romano disse in inglese: " La finite? Mi potreste spiegare il perché di tutto 'sto casino, non capisco il crucchese. "

Franz rispose freddo: " Lovino, stai zitto! " 

Gli occhi di Emil si spalancarono e disse: " È con LUI che mi tradisci!? È per colpa SUA che non mi ami più!? ". 

Si avvicinò come una furia al suo ex- ragazzo e lo scostò violentemente, Franz preso alla sprovvista, rovinò per terra. Emil si ritrovò faccia a faccia con il suo "nemico", colui che gli aveva portato via il "suo" Franz. Lovino lo guardò sorpreso stava per parlare quando sentì una fitta di dolore allo stomaco. Spalancò gli occhi e sentì il sapore metallico del sangue in bocca. Guardò in basso e vide che quel verme lo stava accoltellando. Emil lo guardò con occhi spiritati, disse qualcosa nella sua madre lingua e spinse la lama ancora più in profondità. Romano si riprese dallo shock iniziale, sputò un grumo di sangue e gli sferrò un cazzotto, Emil cadde per terra svenuto. 

L'italiano si accasciò per terra e si tolse il coltello, grugnì di dolore, quel bastardo gli aveva perforato lo stomaco, sbiancò dalla sofferenza e dalla fatica. Si tamponò con una mano tremante la ferita, e ricordò a se stesso che aveva avuto ferite ben più gravi. Strinse i denti e disse con un filo di voce: " Oi, F-Franz...io vado ok? Tu s-sbarazzati... di questo cretino, ci ...si becca in giro, forse. " Franz gli si avvicinò e  alla vista del sangue , sbiancò e disse inorridito: " Ti ha accoltellato!? Oh mein Gott, chiamo un'ambulanza! ". Romano fece un profondo respiro e disse:" Lascia stare, è solo un taglietto! Vado al pronto soccorso da solo" si alzò in piedi e aggiunse: " tu piuttosto sbarazzati di 'sto cretino e cambia serratura! " . Franz avrebe voluto ribattere ma Lovino lo incenerì con uno sguardo. Romano gli voltò le spalle e se ne andò.

Una volta solo, tutta la sua compostezza svanì, dalle sue labbra uscì un gemito di dolore. Una fitta lacerante lo fece piegare in due, aveva il respiro corto e la pelle era imperlata di sudore freddo. Si accosciò per terra, la perdita di sangue lo stava rendendendo debole, gli girava la testa e si sentiva svenire. Strinse la mano con la quale aveva  sferrato un pugno ad Emil, la stesa che aveva frantumato il bicchiere poche ore prima, fece qualche respiro profondo e con le ultime energie rimaste  si teletrasportò davanti a casa sua. 

Con molta fatica aprì la porta, non si aspettava di trovarci nessuno dopo il modo in cui se ne era andato. Si sorprese nel vedere la luce del salotto accesa. Dall' atrio sentì i passi di qualcuno venire dal salotto, era Feliciano, aveva deciso di aspettarlo tutta la notte, probabilmente voleva parlare dell' accaduto. Romano si diresse con passo claudicante verso il fratello, il piede cedette, le forze lo abbandonarono, il mondo si fece all' improvviso scuro e perse i sensi fra le braccia del settentrionale. 
  



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Capitolo 8
*** L' invito ***



Capitolo 8: L'invito

America guardò annoiato il telefono. Sospirò sconsolato e disse : " Ehi Tony mi annoio! ". L' alieno gli si avvicinò e disse:" vuoi giocare ai videogiochi? " . L' americano annuì, si mise davanti al televisore e passò un controller al suo amico, iniziarono una partita. Nonostante la distrazione del gioco, la sua mente era da tutt' altra parte. Era una domenica pomeriggio, e tra tutti gli impegni di una superpotenza come lui, si era ritrovato finalmente, dopo molto tempo, con del tempo libero. Lo schermo si illuminò di rosso, la scritta " Game over" troneggiava a caratteri cubitali. America imprecò, si era solo distratto un attimino e aveva già perso. Tony disse: " Ecco cosa ottieni a distrarti! Rivincita? ". Alfred aprì la bocca, la richiuse. Si alzò all' improvviso in piedi e urlò:" Eureka!", l' extra terrestre lo guardò irritato: " Che c'è America!? " . L'americano gli regalò un sorriso a trentadue denti e disse entusiasta: " Lascia perdere i videogiochi! Mi è venuta un'idea geniale!! " iniziò a camminare su e giù per il salotto e proseguì sempre più esaltato: " Stavo pensando...sai il compleanno del tedesco!? Il 3 Ottobre, ecco, lì hanno dato una festa!! È stato davvero divertente, ma mancava qualcosa! Sai cosa sarebbe ancora più divertente!? " Gli occhi color rubino dell' alieno brillarono  infastiditi, disse: " Cosa? ". America si fermò al centro della stanza, si voltò in direzione del suo amico e disse: " Dare un super mega party qui! Ci pensi, sarebbe stra cool fare una festa ad L.A.!! " aspettò impaziente il responso di Tony, ricevette come risposta un silenzio scontroso. Alfred sospirò e disse: " Andiamoo, non te la sarei mica presa per i videogiochi!? Guarda che è un' idea fighissima questa, che ne dici mi aiuti ad orgarnizzare tutto? " gli regalò gli occhi da cucciolo. L' alieno sospirò, scosse il capo e accettò a malincuore.
.
Napoli, Italia

Romano si rigirò nelle coperte, grugnì di dolore. Si toccò la pancia e imprecò. La sera prima il fratello lo aveva portato all' ospedale, dopo l'intervento aveva deciso di farsi dimettere e di passare la covalescenza a casa sua e non in quel inquietante ospedale, l' odore di disinfettante e le pareti bianche gli davano fastidio. Il fratello aveva voluto sapere cosa gli era successo, lui aveva inventato una balla: un teppista lo aveva accoltellato nel tentativo di rubargli il telefono. Sospirò, fortunatamente quel sempliciotto di  Veneziano aveva creduto a tutto e questo "spiacevole incidente" era riuscito a  distogliere l'attenzione di Feliciano da quella sciagurata cena. Aveva detto al fratello di non dire a nessuno quello che era successo, l' ultima cosa che voleva era avere lo spagnolo che gli chiocciava intorno preoccupato, già suo fratello bastava e avanzava. 

Un messaggio fece vibrare il telefono. Lovino lo prese, sbloccò lo schermo e notò che i messaggi provenivano da quell' irritante chat.  Premetté sull' icona e scorse i messaggi non letti. Storse il naso, a quanto pare era quell'idiota americano.

~ The world of Nations ~

The Hero  : « Hey Guys! Ho un' idea super cool da condividere! 😎»

The Hero  : « Ho intenzione di dare un party a casa mia!! Siete TUTTI invitati!! Più siamo meglio è!!! 😉»

Froggie : « Un party, Amerique? Perché?»

Eyebrows: « Già, come dice la rana, perché!!?»

Kimchi:« Quando fai il party??»

The hero: « Ragazzi!! Xché dovete fare tante storie >:-( ?? Siate come Kimchi man!»

The hero: « Cmq il party è domenica prossima!!👍»

Kimchi: « Io ci sto, da-ze~! » 

Sushi: « Ok »

Panda: « ... »

Tomato : « Sìì, ci sto!!😍»

German 1: « ... »

German 2: « Ci sto! Però devi cambiarmi il nome perché non rispecchia tutta la mia magnificenza prussiana >:-(!!!»

Soviet bear: « Ok :-). »

Pastaboy: « SI~ »

Molte altre Nazioni risposero affermattivanente o negativamente all' invito dell' americano.

Romano sbuffò e digitò:

Grumpypizzaboy: « ... » 

Fatto questo abbandonò la chat. Cliccò l' icona di Yout*be e cercò un video di cucina, quando venne chiamato da qualcuno.

Romano rispose infastidito: " Cosa vuoi!? " alle sue orecchie giunse la voce squillante di Spagna: " Ciao, Romanito~ Cómo estás? ", Lovino alzò gli occhi al cielo e disse a bassa voce: " Come vuoi che stia cretino... " . " Stai male? " la voce dello spagnolo si era fatta preoccupata, aggiunse: " Vuoi che venga da te? " Romano si ammutolì, deglutì a vuoto, si sentiva improvvisamente la bocca secca e il viso andò a fuoco. Balbettò : " N-no, che d-dici!! Sto benissimo, lasciami stare bastardo! " Si morse il labbro e pensò frustrato ' Perché questo bastardo deve sempre confondermi, perché è sempre così gentile con me!? " . " Roma cosa è successo? " Lovino sospirò, non era pronto per una conversazione del genere. Spense la telefonata. Sapeva che era da codardi, scappare in quel modo dai problemi, ma lui era un codardo! Nascose il viso fra le mani e si accorse con vergogna che gli occhi gli si erano inumiditi. Sentì una fitta allo stomaco e soffoccò un gemito, perché si sentiva così dannatamente in colpa?

I suoi pensieri vennero interrotti quando sentì la porta aprirsi. Boffonchiò: " Non ora Vene, non entrare. " 

 " Romanito? "

Romano sgranò gli occhi e lasciò uscire dalla bocca una serie di imprecazioni. 
Spagna si avvicinò a Lovino e gli mise una mano sui capelli, una dolce carezza gli scompigliò la capigliatura. Romano si tolse le mani dagli occhi, sottrasse la testa dal tocco dello spagnolo e lo guardò in malo modo. I brillanti occhi color verde-nocciola lo fissarono irato, le iridi fiammanti, gli occhi arrossati dal pianto e dalla vergogna. Un' ultima lacrima scese sulla guancia, la bocca si piegò all' ingiù, Antonio gli prese il volto fra le mani, si avvicinò a lui e sussurrò: " Che c'è, Lovi, perché piangi? " la sua voce era seria velata da una tangibile preoccupazione . Guardando nei profondi pozzi color smeraldo, Romano si sentì mancare il fiato, come poteva continuare a mentirgli? Continuare a mentire a se stesso!?  Disse: " L- levami le mani di dosso, b- bastardo! " ma la voce era debole, tremava. Pensò amaramente a tutto quello che avrebbe voluto dirgli, ma non aveva il coraggio di pronunciare. Che era solo uno stupido, che si pentiva per quello che aveva detto e che aveva fatto, che aveva capito di essere andato troppo oltre quando si era ritrovato la lingua di un altro in bocca. 

Si morse il labbro e diede un pugno allo stomaco di Spagna. Lo spagnolo si piegò in due sorpreso, le mani lasciarono il suo viso e si avvolsero intorno allo stomaco colpito. Romano gli regalò uno sguardo gelido, ogni segno di cedimento e di debolezza nuovamente celati profondamente nel suo cuore. Disse: " Non guardarmi così! Cosa vuoi da me? Perché sei venuto, cosa vuoi? " Gli rispose la risata forzata dello spagnolo che disse: " Lovi- volevo solo sapere come stavi, al telefono mi sembravi strano, quindi sono venuto a controllare" sollevò le mani in segno di resa " non era mia intenzione disturbarti, giuro. E poi quando sono arrivato ti ho visto così....ecco giù di morale? Quindi mi sono preoccupato" Si interruppe, si sedette sul letto accanto a Romano e gli prese la mano, concluse: " Dimmi cosa ti turba,  posso aiutarti!" gli sorrise fiducioso. 

Romano sospiro si gratto i capelli e disse: " Ieri mi sono fatto male, ecco in realtà mi hanno accoltellato, stavo piangendo dal dolore tutto qua, non farti idee strane... " Spagna si fece scuro in volto e disse: " Chi ha osato farti del male!? ". L' italiano stette in silenzio, il suo sesto senso gli diceva che non era stata affatto una buona idea confidarsi con lo spagnolo, se gli avresse detto tutta la verità, chissà cosa sarebbe successo!? Optò per la solita soluzione, mentire: " Non so chi è stato, era buio, è successo in un vicolo...volevano rapinarmi. ". Un braccio gli avvolse le spalle, una sensazione di calore gli spolverò le guance di rosso, Antonio disse: " Oh mi dispiace, querido, ma ora mi prendo cura io di te! " gli strinse dolcemente la spalla, la mano scese e gli accarezzò la schiena. Romano sentì una stretta allo stomaco, strinse una mano sopra la pancia, stava tremando, caldi brividi tempestavano la sua pelle, quel contatto fisico lo stava facendo sentire strano, le orecchie gli andavano a fuoco, calde fiamme stavano scogliendo la corazza di ghiaccio intorno al suo cuore. Per fortuna Spagna si alzò e disse: " Roma, vado a farti un gazpacho, i pomodori ti faranno tornare in forma! " detto questo scomparve dalla camera, lasciando Lovino nel suo inquieto imbarazzo. 

Romano si prese le guance roventi fra le mani e si diede uno schiaffo, pensò con rabbia ' è la febbre, devo avere per forza la febbre o se no non mi spiego proprio che cavolo abbia il mio corpo oggi!'  fece profondi respiri cercando di calmarsi, si coricò nel letto e si avvolse nelle coperte.  
Spagna tornò con un piatto e un bicchiere. Si sedette sul bordo del letto, tirò la coperta. Due occhi brillanti lo guardarono, Antonio sorrise e gli mostrò la zuppa fredda. Lovino prese il cucchiaio che Spagna gli porse e iniziò a mangiare silenziosamente. Arrossì, nonostante tutto era piacevole avere qualcuno che ci tiene e che si vuole prendere cura di te. Le sue labbra si piegarono all' insù.
.
Pechino, Cina.

Yao fissò in modo critico lo schermo del telefono, sospirò. Perché America doveva sempre avere idee strane? Si ricordava fin troppo bene l' ultima volta che aveva partecipato a una festa tra nazioni. Un sapore dolceamaro gli appesantì la bocca, si era ubriacato come una spugna e sopraffatto dalle emozioni aveva litigato con Giappone, però si era messo con Ivan. Quest' ultimo pensiero lo fece sorridere. Avevano passato così tanto tempo separati, ed era bastata una sola notte per rimetterli insieme. Era indeciso se andare o meno a quella festa, America non gli piaceva, ma il pensiero che Russia ci sarebbe andato senza di lui, gli faceva ribollire il sangue. Scrisse un messaggio a Ivan:

« 你好, come stai?»

Dopo qualche minuto gli arrivò la risposta:

«Привет, sto bene, tu?»

« Bene, volevo chiederti una cosa...»

« Dimmi pure »

« Mi stavo chiedendo se...vai davvero alla festa di America»

«Да »

« Capisco...»

« Perché?»

« Io non so se ci vado »

« Oh...»

« Non mi piace molto America, ma se vai tu, allora vengo anch'io»

« Davvero!? Che bello, ci divertiremo un sacco :-)»

« Già»

« Ora devo andare, poi ti chiamo io, ti amo tanto tesoro»

« Ti amo anch'io <3»

Si salutarono. Yao sorrise di fronte allo schermo, erano quelle piccole conversazioni e le chiamate che si scambiavano appena erano liberi a scaldargli il cuore. 
.
Parigi, Francia 

Francis guardò infastidito il telefono. Aveva mandato un messaggio a Spagna, ma non aveva visualizzato. Sospirò sconsolato, si sentiva terribilmente solo. Stappò una bottiglia del suo vino preferito, non quella robaccia italiana che aveva assaggiato qualche giorno prima, e se ne versò un bicchiere abbondante. Andò a sedersi sul davanzale, da lì poteva vedere una splendida vista della Tour Eiffel. Francia davvero non capiva, lui era spendido e perfetto, la Nazione dell' amore avrebbe potuto avere letteralmente chiunque eppure quel vecchio bacucco non cedeva. Francia rise amaramente fra sé, al cuore non si comanda e altre frasi cliché del genere non avrebbero dovuto descriverlo eppure ironicamente   si era ritrovato ad innamorarsi della sua antica nemesi, di colui che non avrebbe mai potuto avere. Certo avevano fatto l' amore, ma per il britannico era solo "sesso", un continuo tira e molla che li aveva legati nei secoli. Inghilerra era in grado di tirargli un pugno e con la stessa mano accarezzarlo dolcemente. Francis svuotò il bicchiere in un sorso. Ripensò ai messaggi di America, si accigliò. Non era contrario alla festa, tutt'altro, ma l' idea di avere Inghilterra e America insieme lo infastidiva. Sapeva che tra loro non c' era niente, eppure non poteva sopprimere la gelosia.  

Digitò il numero di Inghilterra, tirò fuori dalla tasca il suo porta sigarette, ne estrasse una, se la mise in bocca. Dopo qualche squillo gli rispose la voce scontrosa del britannico: " Cosa vuoi, frog? ". Francis alzò gli occhi al cielo e disse " Bonsoir cher, come stai? "  cercò nelle tasce nei pantaloni l' accendino, lo prese e si accese la sigaretta, la nicotina riuscì a rilassarlo. Inghilterra all' altro capo del telefono disse freddo: " Arriva al punto, non ho tempo da perdere". Le  labbra del francese si piegarono all' ingiù, si tolse la sigaretta dalle labbra, espirò lentamente, sospirò e disse in tono fintamente  melodrammatico: " Guarda che così mi ferisci!~" . Il britannico boffonchiò qualcosa a bassa voce e disse arrabbiato: " Senti, giuro che ti attacco il telefono in faccia, allora qual è il problema? " . Francis lasciò vagare lo sguardo sulla sua capitale, una vista conosciuta, famigliare, ma che ogni volta gli toglieva il fiato da quanto era bella, disse con voce profonda: " Dovresti venire a Parigi, è davvero bella in questo momento, quand' è stata l' ultima volta che sei venuto? " . Dopo qualche minuto di silenzio, Inghilterra disse: " Cosa? non chiamarmi per queste stronzate, sei ubriaco!? ". Francis rise, e disse:" E anche se fosse? " la sua voce però non rideva. Guardò con stanchezza e melanconia il bicchiere di vino mezzo vuoto e la sigaretta che si stava consumando tra le sue mani, la cenere sporcò il pavimento. Arthur sospirò e chiese cauto: " È successo per caso qualcosa? ". Francis spense la sigaretta e alzò scettico il sopracciglio e disse sorpreso: " Ti proccupi per me? Be' se lo chiedi , sì è successo qualcosa! ". L' inglese non disse niente, il suo silenzio lo esortò a continuare. " Si dà il caso che un 'cafone' mi ha spezzato il cuore. È andato a letto con me, poi mi ha orribilmente piantato in asso subito dopo! " dopo un silenzio drammatico concluse: " Secondo te di chi sto parlando? ". Inghilterra disse:" Hai davvero bevuto troppo, smettila di sparare stronzate! Io!? Ti avrei 'spezzato il cuore' ma non farmi ridere, imbecille. Sono passate due settimane e tu sei ancora qui a rimuginarci? Te l' ho già detto è stato un errore, ero ubriaco, che cosa ti credevi? " Si interruppe, riprese fiato e terminò implacabile: " Che razza di aspettative ti eri fatto? Che tornassimo insieme come una volta!? " L' ultima frase gli era sfuggita involontariamente dalle labbra, quando se ne accorse ormai era troppo tardi. 

Francis rimase paralizzato, sentì gelarsi il sangue nelle vene, strinse la presa sul telefono che gli stava scivolando dalle dita. Sapeva che Angleterre la pensava in quel modo, ma sentirselo dire da lui l' aveva comunque ferito, un antico dolore bruciò all' altezza del cuore. Stette zitto, si morse le labbra fino a sentire il retrogusto ferroso del sangue, spense il telefono con mani tremanti, non aveva il coraggio di continuare quella telefonata, non trovava le parole adatte con cui avrebbe potuto controbattere senza crollare. Rimise il cellulare nella tasca dei pantaloni e strinse con le mani la ringhiera del balcone. Non percepiva il freddo del metallo che pungeva la carne, i rumori intorno a lui cessarono  completamente di esistere, nelle sue orecchie continuavano a risuonare quelle parole taglienti. Chiuse gli occhi, sentì il peso delle lacrime accumularsi dietro le palpebre, dalle labbra martoriate scappò un primo singhiozzo, si tappò con un mano la bocca; aprì gli occhi e le lacrime iniziarono a scorrere sulle sue pallide guancie. Alzò gli occhi bagnati di dolore al cielo stellato, lo sguardo ceruleo venne attratto dalla Luna che fredda e silenziosa osservava i suoi tormenti. Sorrise malinconico a quella falce argentata, perché nonostante tutto si era reso conto con una chiarezza lucida e dolorosa che il suo amore e i suoi sentimenti per Inghilterra erano veri. Così veri e schiaccianti che sapere di non essere ricambiato lo uccideva dentro.

Note dell' Autrice:

Salve a tutti! Sì lo so il capitolo è terminato in modo un po' dramatico, ma non vi preoccupate la FrUk avrà il suo happy ending, anche se la strada sarà lunga e in salita :). Mi dispiace se il capitolo è leggermente più breve degli altri e può sembrare un po' d'intermezzo, ma fortunatamente nei prossimi ci sarà molta azione ;-)!
Ringrazio tutti i lettori che hanno letto la storia fino a questo punto, i commenti e le recensioni sono sempre ben accetti, mi renderebbe davvero felice sapere cosa ne pensate~ <3








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Capitolo 9
*** Una festa in maschera Pt 1 ***



Capitolo 9: Una festa in maschera - pt 1

Veneziano si guardò con apprensione allo specchio, un vestito verde avvolgeva le sue forme, un grembiule bianco era legato in vita e al collo vi era un fioccho rosso, i capelli ramati erano raccolti da un foulard bianco. Gli occhi ambrati vennero pervasi da un profondo senso di malinconia, nel riflesso dello specchio vide una versione più giovane di se stesso vestito con gli stessi abiti che ora aveva indosso . Sospirò e disse: " Sei sicura che sia una buona idea? " , la mano di Ungheria si poggiò sulla sua spalla : " Certo che lo è, sei magnifico! I miei vestiti ti sono sempre stati bene". Veneziano arrossì, e si chiese se era stata davvero una buona idea chiedere aiuto a Elizabeth. 
Tutto era iniziato quando America aveva specificato nel gruppo che la festa sarebbe stata in maschera, Feliciano indeciso su cosa indossare aveva chiesto consiglio all' ungherese.
 Italia si schiarì la voce, non voleva offendere Elizabeth, perciò nonostante i propri dubbi si limitò a dire: " Se dici che mi sta bene allora lo indosso con piacere. " tra sé e sé pensò ' spero solo che non mi prenderanno in giro'. Distolse gli occhi dal suo riflesso, si voltò verso l' amica e soggiunse: " Tu come ti vestirai? " Il volto di Ungheria divenne scuro e disse in modo cupo: " Oh Feli, non vado alla festa, vedi...Austria... . Dopo quello che tuo fratello ha detto su di lui non vuole farsi vedere molto in giro, se lui non va,  voglio rimanere insieme a lui, sai com' è fatto poi si deprime tutto da solo" . Feliciano strabuzzò gli occhi e sbiancò leggermente, improvvisamente si ricordò di quello che aveva detto suo fratello qualche settimana prima. Corrucciò le sopracciglia e disse in tono serio: " Ve, sai credo che Lovi abbia mentito. Non  abbiamo mai avuto modo di confrontarci su quello che è successo e non gliel' ho mai potuto chiedere, ma...mi sembra  tutto troppo strano. Non riesco a credere che Austria possa aver fatto una cosa del genere... " guardò le piastrelle del pavimento, uno strano senso di vergogna lo fece arrossire. Elizabeth gli scompigliò i capelli in modo affettuoso e disse: " Su, caro non è colpa tua. Non credo neanch' io a Romano, molti sono scettici sulle sue affermazioni, tranne Spagna,  il punto però è che vorrei davvero sapere il vero motivo per cui lo fa fatto. Perché inscenare quella commedia? ". Veneziano le regalò un tiepido sorriso e disse:" Non so perché lo abbia fatto, ma potrei chiederglielo, anche se non credo che mi dirà la verità". 
.

Los Angeles, America

Quando Veneziano arrivò alla festa rimase stupefatto, davanti ai suoi occhi si palesò il caos. Le luci erano soffuse, la musica ad alto volume assordava le orecchie, e vi era un continuo via vai di Nazioni mascherate. 

Italia si guardò intorno spaesato, voleva salutare America, ma non riusciva a trovarlo fra la folla. Dopo qualche tempo riuscì a individuare Giappone vestito da samurai e si affrettò a raggiungerlo, per poco non inciampò nella gonna. " Ciaoo! Giappone come stai? "  la Nazione del Sol Levante si girò sorpresa in direzione dell' italiano, restò ad osservarlo per qualche secondo in modo contemplativo per poi dire in maniera cordiale: " Buona sera, Italia-kun . Sto bene grazie per l' interessamento, tu come stai? " L' italiano rispose sorridendo: " Sto bene, comunque, davvero Kiku, non devi usare tutta questa formalità, siamo amici! Il tuo vestito è bellissimo, sei un samurai!? " . Sul viso di Giappone nacque un piccolo sorriso, gli spiegò le origini del suo costume. Dopo aver terminato gli chiese: " Scusa se sono inopportuno, ma tu da cosa ti sei vestito? " Veneziano sentì le guancie andare a fuoco, tossicchiò e disse: " È stata un' idea di Ungheria, dice che i suoi vestiti mi stanno bene, comunque è come ero solito vestirmi da piccolo ". Giappone lo guardò sorpreso ma non chiese ulteriori spiegazioni. 

" Italia , sei tu? " 

Veneziano si voltò verso la persona che lo aveva chiamato, era Prussia. Era vestito da cavaliere teutonico, si avvicino ai due e mise una mano sulla spalla dell' italiano. " Ciao, Prussia! " lo salutò il settentrionale, aggiunse " Come stai? " , la mano lasciò la sua spalla, Gilbert disse felice: " Magnificamente, sono bellissimo con questo vestito! " , prima che potesse continuare ad autoincensarsi, Giappone disse: " Salve, Prussia-san. " . Solo allora l'albino notò la presenza del nipponico, sorrise e disse: " Ciao, Giappone. Stai davvero bene con quel vestito, sei un ninja!? " . Giappone mantenne il suo aplomb, strinse solo leggermente i pugni e disse: " No, è un abito da samurai vedi.... " . Feliciano smise di ascoltare, concentrò la sua attenzione nella stanza e notò America vestito da cow boy che stava parlando con Inghilterra, quest' ultimo era conciato da pirata, sembravano discutere animatamente di qualcosa.
Si riscosse quando si accorse che lo avevano chiamato, si voltò verso Prussia. "Ve' ?" il tic verbale gli scappò con facilità dalle labbra; il prussiano disse: " Ti avevo chiesto perché ti sei vestito così, sei davvero carino con la gonna~" . Veneziano si sentì arrossire e pensò per l' ennesima volta che ascoltare Elizabeth fosse stata davvero una pessima idea. Spiegò velocemente il motivo, stava per aggiungere altro quando notò suo fratello. Non si aspettava che sarebbe venuto alla festa, fino all' ultimo aveva negato, effettivamente dal suo abbigliamento si capiva che non si era molto impegnato.
.

Romano guardò spaesato la folla intorno a sé, non era molto facile vedere attraverso i buchi della sua 'maschera'. Era un foglio da stampante A4 a cui aveva fatto due fori con la matita, era attaccata al viso tramite un elastico. Pensò ' Non sarà il miglior travestimento del secolo ma è pur sempre qualcosa' , non ci aveva  messo molto impegno nel costruirla, voleva solo vedere com' era la festa per poi andarsene.  Sicuro che nessuno lo avrebbe riconosciuto , iniziò ad aggirarsi per la sala.

 " Romano? "

Lovino imprecò internamente e si voltò verso il fratello, alla fine il suo era davvero un travestimento così scadente!? Dietro i fori della maschera i suoi occhi brillarono ostili e disse: " Ma come ti sei conciato? " . Suo fratello lo guardò in modo strano, disse: " È una lunga storia, tu invece perché hai un foglio di carta in faccia? ". Romano tossicchiò e disse seriamente:" Non è un foglio di carta è una maschera. " . Feliciano stava per controbattere, ma fu interrotto dall' arrivo di Spagna. Lo spagnolo abbracciò il meridionale e disse tutto felice: " Hola~ mi querido, Perché hai un foglio in faccia? " . Romano sentì il sangue nelle vene ribollire, diede uno spintone ad Antonio, staccandosi dall' abbraccio soffocante e urlò: " Non è un foglio, bastardo! È una cazzo di maschera, perché nessuno lo capisce!? " prese fiato : " Tu non... " si interruppe. Sgranò gli occhi e sentì mancarsi il fiato, Antonio era vestito da pirata, la camicia bianca aperta sul petto, la giacca appoggiata sulle spalle, una fascia a cingergli la vita, le gambe avvolte dai pantaloni di belle, il capo sormontato da un capello piumato. Romano sentì le guance diventare calde e pensò con rabbia ' Perché i suoi vestiti sono così belli? Perché deve sembrare così figo!?' . Il meridionale disse a fatica: " Lascia perdere". 

Vennero interrotti dall' arrivo di Prussia, Gilbert mise un braccio sulla spalla dello spagnolo e disse: " Ehi Anto' sei venuto anche tu~" gli occhi del prussiano si soffermarono su Romano, un ghigno gli attraversò le labbra, si staccò da Antonio e disse: " Sei tu, Süd Italien? ". Lovino non gli rispose, alché l' albino staccò la maschera da viso dell' italiano. Romano lo guardò indignato, una vena si gonfiò sulla sua fronte, e urlò: " Come osi rovinarmi la maschera!? Hai idea di quanto ci ho messa a farla!?? " più parlava e più diventava rosso in viso. Prussia alzò le mani in segno di resa, cercò di scusarsi ma fu fermato da uno schiaffo dietro la nuca. Il prussiano guardò allarmato l' amico dietro le sue spalle, Antonio aveva un' aura omicida intorno a sé. Restituì la maschera a Lovino e iniziò a correrre zoppicando, lo spagnolo alle sue calcagna; il meridionale ignorò la scena e fissò affranto la sua maschera. Disse a Veneziano: " Vado ad aggiustarla, ho lo scotch in tasca" e si allontanò verso un angolo della sala. 

Spagna raggiunse Prussia, che si era andato a nascondere dietro la spalle di Francia. Lo spagnolo si avvicinò velocemente  ai due, il francese era vestito da moschettiere, un aura elegante e cavalleresca lo circondava. " Gilbert che diavolo ti è preso prima!? " chiese arrabbiato l' iberico. L' albino si fece piccolo dietro le spalle del francese e disse in modo gracchiante: " Francis, salvami! Questo mi ammazza!! ". Francis sospirò sconsolato, si passò una mano sulla barba curata e disse alzando le mani:" Mes amis, calmatevi. Fate un respiro profondo e ditemi cosa c'è che non va". Antonio stava per raccontare il terribile misfatto dell'amico quando sentì un urlo. Si sentì raggielare il sangue. ' Lovino!?' . 

Iniziò a correre nella direzione del grido,  e si ritrovò di fronte a una strana scena. Bulgaria aveva la guancia rossa, mentre Romano si era portato una mano tremante alle labbra e lo guardava con occhi lucidi di rabbia. " Brutto bastardo perché lo hai fatto!?'' urlò irato Lovino, le sue guancie erano rosse, il viso teso. Bulgaria si passò una mano sulla guancia e disse schifato: " Potevi evitarmi lo schiaffo, se lo avessi saputo accettavo verità" . Spagna si mosse e si mise davanti a Romano, disse in tono cupo: " Che è successo? " . L' italiano strinse un braccio di Spagna e disse dietro le sue spalle: " Questo bastardo mi ha baciato! " . Il viso di Antonio si oscurò, i suoi  occhi si iniettarono di sangue. " E lui mi ha dato uno schiaffo! " disse in sua difesa il bulgaro. Spagna strinse  con forza i pugni e digrignò i denti, una densa e oscura aura omicida lo avvolse, in quel momento Bulgaria si rese conto dell' immane cazzata che avava appena fatto. Indietreggiò e alzò le mani, un brivido ghiaciato gli scese lungo la schiena, disse con voce strozzata: " Andiamo, amico, non intendevo...ecco...posso spiegare! Non è colpa mia, stavamo giocando a "obbligo e verità" e mi hanno obbligato a baciare Romano! " mentre parlava Spagna aveva sguainato la sua sciabola. 

Antonio si diresse inesorabile verso il bulgaro, alzò il braccio, i suoi occhi accecati dalla rabbia; Bulgaria urlò spaventato, la lama calò,  riuscì a spostarsi in tempo, lo aveva solo sfiorato. Si portò una mano al braccio, sanguinava. Una scossa di adrenalina attraversò il suo corpo, iniziò a correre, Spagna lo inseguiva, Bulgaria stava per essere raggiunto, si girò, afferrò una ciotola di patatine e le tirò nella sua direzione. Questo diversivo gli diede il tempo necessario per fuggire.

 Perso il suo obiettivo, tornò rammaricato al fianco di Romano. Rinfoderò la spada e chiese in tono preoccupato: " Stai bene? ". Lovino arrossì e disse:" Certo che sto bene, era solo un bacio... tu piuttosto perché ti metti a fare l' esibizionista!? Guarda come ci stanno fissando tutti... " boffonchiò: " inseguire qualcuno con una sciabola, che cretino....". Spagna lo guardò serio, gli prese la mano e disse: " Non è "solo" un bacio, Lovino. Se ti è stato dato senza il tuo consenso è un fatto molto grave. Non volevo attirare l' attenzione e farti sentire in imbarazzo, querido, solo che mi sono davvero arrabbiato..." gli strinse la mano: " ma se dici che sei apposto, allora sono felice" gli sorrise dolcemente. Lovino percepì una strana sensazione alle dita, come una scossa, e mollò la mano dello spagnolo; strise il pugno. Quella sensazione di calore era passata dalle dita e gli aveva solleticato il cuore, scombussolandogli i battiti. Fece finta di tossire e disse che voleva mangiare. 

Romano e Spagna si avvicinarono al tavolino degli snack, Lovino guardò sdegnato una chicago pizza e decise di mangiare delle chips. Il tavolo era strapieno di varie cibarie e di molto alcol, si versò  un bicchiere di vino. Iniziò a riempirsi lo stomaco, cercando di non pensare a quello che era successo prima. Si guardò in giro e notò il 'mangia-rane' che stava parlando con il 'mangia-scone' poco distanti da loro. " Antonio, che facevi prima? " chiese la voce melodiosa del francese. 

Spagna stava per rispondere quando vide come era vestito Inghilterra. Anche il britannico sembrò accorgersi della stessa cosa, erano entrambi travestiti da pirati. Si fissarono intensamente e le loro menti vennero oltrepassate dagli stessi ricordi, quelli della loro antica rivalità, che li aveva portati  a combattersi ferocemente in mare*. Il britannico sorrise sfrontato e disse: " Mi copi, eh? ". Spagna lo  guardò malamente e disse: " Forse quello che copia sei tu! ", l' inglese rise e disse:" Guarda che facevi schifo come pirata, sai alla fine come andata finire con la tua 'invincibile armata', no!? " un ghigno di sfida gli solcava il volto, gli occhi brillavano come un tempo. Lo sguardo di Spagna bruciava di rabbia, stette zitto.

 Romano disse: " Smettila bastardo, lo sai anche tu che Spagna è meglio di te! ", Lovino spalancò gli occhi, quelle parole gli erano sfuggite dalla bocca senza che volesse. Si maledisse internamente, ma ormai era troppo tardi. Lo spagnolo lo guardò stupito e sorrise orgoglioso, abbracciò Romano e disse:" Sentito!? Se il mio Romanito dice che sta meglio a me, allora vuol dire che è così! " Lovino arrossì, ma non disse nulla si limitò a bere un sorso di vino. Francia rise e disse divertito: " Allora state insieme? " Romano sputò il vino che stava bevendo in faccia a Francis, si era quasi strozzato. Il viso del francese si contorsero di rabbia e disgusto, mentre l' inglese al suo fianco se la rideva di gusto. Francia agguantò per un bavero della giacca Inghilterra e disse scazzato: " Piantala di ridere o giuro che ti faccio smettere io" l' inglese, ancora con il sorriso fra le labbra, gli afferrò la mano che lo strattonava e disse a un soffio dal suo viso: "Provaci".  A interromperli fu la voce dell'italiano: " Sbaglio o siete voi due che state insieme " . Si voltarono entrambi  verso Romano, Inghilterra tolse la mano da quella del francese, Francia mollò la presa dalla sua giacca. Si guardarono in modo intenso, il primo a interrompere il contatto visivo fu il britannico. Si schiarì la voce  e disse arrabbiato: " Non capisci proprio niente, io e quella rana non stiamo insieme" una risata gorgogliante proruppe dal suo petto, aggiunse : " ...Io e lui? Manco morto! " . Gli occhi di Francia brillarono in modo particolare, sorrise forzatamente e disse in tono piccato: " Andiamo, Angleterre, così mi offendo! Guarda che non sono così brutto! " mise il broncio. Inghilterra corrucciò le folte sopracciglie e disse rivolto all' italiano: " Comunque non hai risposto alla domanda di Francia, allora state insieme? ". Romano ingnorò lo sguardo di Antonio e bevve un altro po' di vino, iniziava a sentirsi la testa leggera, disse:" Certo che no! Ma siete proprio cretini!? " le sue mani iniziarono a sudare. Spagna non disse nulla. Francis e Antonio si guardarono con simpatia, entrambi erano bloccati in una situazione simile. 
.

Veneziano si guardò sperduto in giro, vide in un angolo della sala Cina in un bellissimo vestito tradizionale parlare con Russia, quest' ultimo indossava un costume da orso. Yao stava ridendo, Ivan era chinato su di lui e Cina giocava affettuosamente con le sue orecchie.

Feliciano si sentiva solo, voleva trovare Ludwig. Si andò a scontrare contro qualcuno, si sbilanciò all'indietro, e cadde a terra. " Italien? " il suo cuore saltò un battito. Una mano si protese ad aiutarlo, Feliciano la afferrò e si tirò in piedi. La gonna lo rendeva goffo nei movimenti. Sollevò il viso e sorrise a Germania, disse: " Ciao, che bello vederti! Ti stavo cercando tutta la sera, mi stavo chiedendo se eri venuto. ".  Il tedesco lo guardò per qualche minuto senza dire niente, si riscosse e balbettò: " S-sì , che bello vederti...c-cioé Prussia mi ha costretto a venire alla festa, quindi sono qui.. " arrossì. Italia gli sorrise felice, il suo ciuffetto si arricciò, disse: " Ti sta bene la divisa, sei bellissimo" i suoi occhi risplendevano di meraviglia. Il suo corpo era avvolto da una divisa prussiana. Le decorazione in oro risplendevano dolcemente, il capo era sormontato dal cappello che gettava ombra sugli occhi. Ludwig disse: " T-tu.. " si schiarì la voce e riconquistò la lucidità : " Perché sei vestito così? " . Veneziano disse: " È stata un' idea di Elizabeth, e tu perché hai scelto questo abito? ". Ludwig sospirò e disse sconsolato:" È stato Gilbert, ha detto che voleva vedermi con una sua vecchia divisa, ha iniziato a fare discorsi sentimentali, e ho deciso di accontentarlo" Veneziano si fece scappare una breve risata. 

 Ludwig lo guardò attentamente in silenzio per qualche attimo, improvvisamente si sentì la testa pesante, non riusciva a capire cosa lo stava turbando, ma una strana sensazione di nostalgia gli avvolse il cuore. Distolse lo sguardo dall' italiano, si sentiva mancare il fiato. 

Il momento di stordimento durò solo un attimo, poi passò. Veneziano lo guardava da sotto la frangetta con occhi curiosi, vivaci. Gli sorrise dolcemente, il sorriso che gli rivolgeva sempre, e gli chiese impulsivamente: "Vuoi ballare con me?" . Germania lo guardò sorpreso, arrossì e disse: " Italien, che vuoi dire? Perché dovrem-" si interruppe, Veneziano lo stava guardando impaziente, gli occhioni ambrati brillavano di tenera aspettativa. Lud pensò ' perché assomiglia a un cucciolo?' non ebbe il coraggio di deluderlo, in fondo erano mascherati, c' era molta gente, nessuno gli avrebbe visti. Ingoiò il suo imbarazzo, prese la mano dell' italiano e gli sussurrò all'orecchio: "Va bene". Il ciuffo di capelli sulla spalla di Feliciano si arricciò a forma di cuore, lo guardò felice e lo abbracciò. Poggiò la fronte sul suo petto e disse: " Pensavo avresti rifiutato", la voce tremava di emozione, sollevò il viso e lo guardò profondamente negli occhi, Germania fu il primo a distogliere lo sguardo, si sentì le orecchie calde.

Trovarono un posto della sala un po' più appartato, Veneziano mise le mani sulle spalle del tedesco, Germania a sua volta gli avvolse delicatamente la vita con con braccio. Ondeggiarono lentamente a ritmo di musica, in quel momento c'era una ballad lenta. Feliciano tolse una mano dalla sua spalla e gli prese la mano libera, intrecciò le dita con le sue. Ludwig era leggermente rigido e impacciato, non sapeva ballare e si sentiva in imbarazzo, ma Feliciano non  ci badò molto. Veneziano strinse la mano del tedesco e disse: " Lud rilassati, sei troppo rigido, tranquillo non mi offendo se mi pesti i piedi " per tutta risposta il tedesco gli calpestò la gonna. Feliciano si sbilanciò in avanti, Ludwig lo strinse a sé per non farlo cadere. Italia scoppiò a ridere, gli avvolse entrambe le braccia intorno al collo e lo guardò divertito, i suoi occhi brillavano come le stelle. I loro visi erano  vicini, i respiri si mescolarono fra loro. Ludwig sentiva il dolce odore  speziato dell' italiano inebriarlo, le sue labbra a pochi centrimetri da quelle dell' altro. 

Sentirono uno sparo.

Si ripresero entrambi da quel mezzo stordimento che li aveva colti, la dura realtà ruppe la bolla di calore che li aveva intrappolati. Si separarono velocemente dall' abbraccio, e notarono tutto intorno a loro un via vai continuo, del vociare sempre più intenso e delle urla. Era successo qualcosa. 
.

Note:

*La guerra anglo-spagnola (1585-1604)

Note dell' Autrice:

Salve, mi scuso per l'immenso ritardo. Questo capitolo è uscito più tardi di quanto previsto, essendo molto lungo l' ho diviso in due parti. Ringrazio col cuore tutti i cari lettori che sono arrivati fino a questo punto e che hanno deciso di dare un'occhiata. 
Non fatevi scrupoli nel commentare, attendo con ansia le vostre recensioni.
(´・ω・`~)
 

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Capitolo 10
*** Una festa in maschera pt2 ***


Capitolo 10: Una festa in maschera pt 2 

Ludwig e Feliciano si guardarono sorpresi. Il rumore dello sparo riecheggiò nella sala. Italia impallidì di colpo, si portò le mani al cuore, un dolore sordo gli oppresse il petto, non riuscì a respirare. La vista gli si fece sfocata, lampi bianchì l' attraversarono. Cadde a terra con un tonfo, le ginocchia deboli non lo ressero, dalle sue labbra uscì un gemito strozzato. Il suo viso imperlato di sudore ghiacciato si bagnò di lacrime, sussurrò: " Lov-ino.. ". Germania fu subito al suo fianco, lo strinse a sé, un' espressione di panico a deformargli i lineamenti . Veneziano si sentiva debole, non riusciva a sentire le parole del tedesco, vedeva le sue labbra muoversi ma un rumore bianco gli tappava le orecchie, schiacciandogli il cranio. Un respiro strozzato fuoriuscì dalle sue pallide labbra, " Ro...mano"  gemette, una lacrima solcò la sua guancia. 

Quel dolore incontenibile che gli aveva attraversato il petto  e lacerato l'anima, altro non era che il riflesso di quello che stava accadendo al fratello. Si portò una mano al petto e strise il pugno, gli occhi soffocati dal dolore si fecero improvvisamente lucidi. 

Lovino stava male. 
.

Svizzera controllò l' ambiente circostante. Si pose a debita distanza dal suo obiettivo, la folla a dividerli. Durante tutta la serata i suoi occhi erano rimasti fissati risolutamente su di lui. Un cieco sentimento di rabbia lo fece fremere, le mani strinsero la presa sul calcio della pistola che celava nelle tasche del grande pastrano. Lo vide interagire con suo fratello, poi con il prussiano e infine con Spagna. Si nascose dietro a una parete, restrinse appena le labbra. Pensò che non sarebbe stato facile regolare i conti con Romano, se  continuava a stare vicino allo spagnolo. Sospirò, aveva visto come Spagna aveva cercato di affettare Bulgaria per quel bacio. Doveva rimanere paziente e trovare l'occasione giusta. La pistola divenne improvvisamente rovente fra le sue mani, deglutì. 

Non poteva fare a meno di non guardare con odio colui che con le sue vili calunnie aveva rovinato la reputazione del suo amato. Si sentì il sangue ribollire. Tutto era iniziato da quel fatidico messaggio. Quella spudorata menzogna aveva macchiato l'onore e l'integrità del suo Roderich. Nonostante non stessero insieme, l' elvetico provava per quest'ultimo un profondo sentimento. Non sapeva come era successo, ma si era innamorato di lui, così tanto che quasi credeva di esserne impazzito. La passione bruciava da anni quieta nel suo animo, ormai rassegnato che la loro non sarebbe stata altro che amicizia; infatti era terribilmente consapevole del rapporto che univa l' austriaco e l'ungherese. Ciò nonostante non riusciva a non provare sdegno per il gesto meschino dell' italiano. Se per alcuni era stato semplicemente uno scherzo di pessimo gusto, lui l' aveva vissuto come un affronto terribile alla  sua persona più cara. Negli anni si era sempre mantenuto neutrale, senza mai ingaggiare in conflitti, ma questa volte non avrebbe esitato a combattere per lui.  

Il suo sguardo si concentrò nuovamente su Romano. Lo vide parlare con Spagna, si stavano dirigendo verso le vivande. Restò acquattato contro la parete, nessuno lo aveva ancora notato. L' italiano e lo spagnolo stavano discutendo con Francia e Inghilterra, Svizzera corrucciò la fronte.
.

Dopo essersi sbarazzato del francese e dell' inglese Lovino si mise a bere diversi bicchierini. Romano si sentì la testa pulsare, forse aveva bevuto troppo e il clima soffocante della sala gli stava dando la nausea. Sospirò, lo spagnolo si voltò nella sua direzione, sul volto un' espressione preoccupata. Gli disse dolcemente: " Stai bene, sei un po' pallido... " gli mise una mano sulla spalla. Lovino si scostò e boffonchiò: " Vado un attimo  fuori in giardino a prendere una boccata d' aria fresca" e aggiunse: " Tu non mi seguire, voglio stare un po' da solo. ". Spagna gli sorrise, rispose allegro:" Va bene, querido. Io vado un attimo in bagno, poi ti raggiungo " gli fece l'occhiolino.  Romano sospirò sconsolato e si diresse in giardino.

 Una volta uscito l' aria fresca della sera gli permise di rilassarsi. Era molto buio, solo la luce della luna a illuminare debolmente il paesaggio circostante. Si appoggiò alla muro esteriore della casa, chiuse gli occhi e inspirò profondamente. Un brivido gli scese lungo la schiena. ' Allora state insieme?' la voce del francese gli riecheggiò nella mente. Piegò le labbra all' ingiù, un senso di vergogna lo schiacciò alla parete. Pensò ' come se potessi stare con Antonio, siamo solo amici. E poi sono una persona così  orribile come potrebbe mai stare con me!?' . Una risata gracchiante proruppe dalle sue labbra, morì improvvisamente così come era nata, i suoi occhi si fecero lucidi. Tirò un pugno al muro, rabbia e imbarazzo si stavano accumulando nel suo petto, arrossì e si morse il labbro.

  I suoi tumultuosi pensieri vennero interrotti da un rumore improvviso.  Era quello della porta finestra che si apriva. Spagna lo aveva raggiunto, si affacciò sul giardino, la luce della sala a illuminarlo da dietro, un grande sorriso   stampato sul volto.  Lo salutò allegramente e disse: " Ehi Lovi, scusa l' attesa". Romano si riascosse e gli andò incontro. Stava per raggiungerlo quando  un dolore sordo gli eplose  nel petto. Si fermò pietrificato, non ebbe neanche il  tempo di capire che cosa gli era successo, che le ginocchia gli si fecero molli, cadde fra le braccia di Spagna. Lovino guardò il viso dello spagnolo, esso era dipinto di sgomento, il terrore e il panico deformavano i suoi lineamenti. Romano si sentì mancare il respiro, provò a dire qualcosa, ma la gola fu invasa dal sangue, un rivolo scarlatto fuoriuscì dalle sue labbra. Un sibilo strozzato passò dalle sua bocca aperta, agonizzante. Il cuore battè qualche palpito doloroso. Un dolore bruciante lo stava invadendo, lacerando, la vista gli si fece oscura. Poteva sentire le urla disperate  di Antonio. Chiamava il suo nome, gli premeva una mano sul petto, cercando di tamponare la ferita zampillante. Gli diceva di aprire gli occhi, di rimanere con lui, la sua voce tremava di una dolorosa disperazione, bagnata dalle lacrime. Sciami di vertigini lo invasero, la pelle gli si bagnò di sudore gelido, non riusciva a respirare, aprì a fatica gli occhi. Antonio gli prese con una mano il volto, il suo viso era inondato di lacrime, le sue labbra si muovevano vicino alle sue, ma Lovino non riusciva più a sentire niente. Aveva  perso la sensibilità agli arti, il mondo divenne freddo intorno a sé. Romano chiuse gli occhi, perdendo coscienza. L' erba si bagnò del suo sangue.  

Spagna strinse a sé il corpo esanime dell'italiano. Dal suo petto continuò a fuoriuscire quel liquido caldo e rosso, si espanse dopo ogni debole battito e creò una larga pozza sotto di lui. Antonio venne preso dal panico, poggio una mano sul viso del suo Lovino, respirava a malapena, gli disse con voce rotta, terrorizzata: " L-Lovi ti, ti prego apri gli occhi.. " .  Non ricevette risposta. Una serie di singhiozzi gli sfuggirono dalle labbra tremanti, sentì il suo cuore spezzarsi. Spagna strinse con forza gli occhi, le ultime lacrime fluirono sul suo viso, si costrinse a diventare nuovamente lucido; passò un braccio dietro le gambe dell'italiano, con l'altra gli strinse la schiena, e si issò in piedi. Lo tenne saldamente in braccio e si precipitò nella sala in cerca di aiuto. 
.

Svizzera rimise la pistola nella fondina nascosta sotto il cappotto. Vide con soddisfazione il suo "nemico" cadere, era molto buio ma era riuscito a prendere bene la mira e lo aveva colpito alla schiena, all' altezza del cuore. Da quella distanza non era certo  del danno che aveva inferto, ma sapeva  che era una ferita fatale. Almeno per un essere umano, ovviamente non era così ingenuo da credere che lo avrebbe ucciso, ma era consapevole che sarebbe stato molto doloroso, e che avrebbe laciato una cicatrice. Avrebbe voluto vedere l'espressione sconvolta e atterrita di Romano, ma dalle reazione di Spagna era in grado di capire che la sua vendetta si era compiuta pienamente.

 Sopirò e iniziò ad allontanarsi a passo veloce dalla scena del crimine, non aveva la minima intenzione di farsi scoprire. Prima di prendere la via delle Nazioni verso casa, si voltò indietro, al posto di Romano, rimaneva solamente una pozza del suo sangue. Si rigirò e si concesse un sorriso, i suoi occhi brillarono come quelli della volpe che aveva appena divorato la sua preda.  

Sparì nell'aria autunnale di quella sera di festa.
.

Germania era sconvolto, prima stava ballando tranquillamente con Feliciano, e un momento dopo se lo trovava steso a terra paralizzato dal dolore; gli occhi che fino a un momento prima riplendevano di gioia, ora affogavano nel panico, lucidi di lacrime. Ludwig lo strinse a sé, gli passò una carezza rassicurante dietro la schiena e gli disse: " Veneziano, calmati. Respira". Cercò di calmarlo, un senso d'ansia misto a preoccupazione si impossessò del suo animo. Tentò di essere forte e di non far trapelare il suo turbamento, lentemente i respiri di Feliciano ripresero un ritmo normale, il suo corpo smise di tremare. Una voce rotta fuoriuscì dalle sue labbra: " Lu-Ludwig, io...R-ro...romano lui" prese un respiro profondo, " sta male, lo so". Germania corrucciò le sopracciglia, stava per chiedere spiegazioni all' italiano, quando nella sala scoppiò il putiferio. Diverse urla interruppero l'atmosfera di festa, note di allarme ad accompagnarle. 

 "Cosa è successo!?"

 " Fate passare! "

 " Qualcuno chiami un'ambulanza! "

 " Chi è stato!? "

E altre voci caotiche si unirono al coro.

Germania si voltò verso Italia, il suo viso aveva assunto una sfumatura grigia,  gli occhi grandi, lucidi e vacui.

Feliciano si alzò di scatto, e iniziò a dirigersi verso il centro della stanza, dove si erano raccolte a cerchio varie Nazione.

 Il cuore gli batteva all'impazzata, sapeva con dolorosa certeza che qualcosa era successo a suo fratello. Da quando erano divenuti una sola Nazione, una sorta di legame li teneva uniti, il dolore fantasma che aveva provato poco prima, non era altro che lo specchio di quello che aveva subito Romano. Le lacrime tornano ad accumularsi tra i suoi occhi. Si fece largo fra la folla, il cerchio di persone si aprì intorno a lui. La vista del sangue lo pietrificò, sentì la forza nelle gambe venire meno e cadde in ginocchio accanto al corpo esanime di suo fratello. Vicino a Romano c'era Spagna che gli stava tamponando la ferita, a fianco a lui vi era America che stava chiamando i soccorsi. Feliciano afferrò una mano del fratello e chiese con la voce strozzata dalle lacrime: " Che gli è successo? ".
Germania si avviccinò  all'italiano e rimase sconvolto dalla scena che si palesò davanti ai suoi occhi. Si chinò a terra e   passò una carezza di conforto sulla schiena dell'italiano. Italia singhiozzò, e fissò  sperduto Spagna . Antonio era pallido in viso, gli occhi arrossati, le guancie ancora bagnate, i vestiti completamente inzuppati di sangue. Disse a voce bassa, rotta: " Non lo so, io.... eravamo in giardino, qualcuno...qualcuno ha sparato.." .
America disse: " Non so cosa sia successo, ma ho chiamato l' FbI, lo porteranno d'urgenza in un ospedale militare; spero che questo incidente non intaccherà le nostre relazioni diplomatiche. Il mio paese  darà tutta l' assistenza necessaria, troveremo il colpevole. " il suo guardo era serio. 

Lo statunitense imprecò mentalmente e pensò con rammarico 'le cose stavano andando così bene, uffa! Spero che il mio capo non mi sgriderà, devo cercare di tenermi lontano da questo pasticcio...' lo sguardo dietro le lenti divenne improvvisamente cupo. Si chiese perché ogni volta che pianificava di divertirsi andava tutto in malora. Il principio di un mal di testa iniziò a premere sulla nuca. Si riscosse quando sentì nuovamente il telefono suonare. Erano arrivati i soccorsi. 

Spagna prese in braccio Romano e lo mise sulla barella, c' era poco spazio e salirono con il ferito solo il fratello e lo spagnolo. Germania fissò a lungo nella direzione in cui  l' elicottero  era partito, si sentiva improvvisamente molto stanco, il senso di preoccupazione a pesargli sul petto. Il pensiero di restare in quel posto gli era ormai insopportabile, pensò ' vado a prendere Gilbert e ce ne andiamo' . Camminò a passi veloci, continuando a ripetersi che andare a quella festa era stata davvero una pessima idea. Si fermò improvvisamente, un' immagine comparve nell' occhio della sua mente: Feliciano che rideva dolcemente vicino al suo collo, il suo fiato caldo a solleticarlo, il suo corpo morbido premuto contro il suo, le loro mani intrecciate. Quell' istante in cui si erano fissati a lungo e nel quale aveva creduto di perdersi , il suo cuore aveva saltato un battito. Arrossì, e allontanò velocemente da sé quei pensieri, si affrettò ancor di più a trovare il fratello, doveva andaresene da quella maledetta festa.

Si rese conto che molti come lui stavano abandonando il party, un senso di inquietudine era calato sulla sala. Vi erano però molti altri che  al contrario rimanevano, ignorando la macchia di sangue sul pavimento, troppo ubriachi per dargli importanza. Inoltre America che non aveva alcuna intenzione di finire la serata avava cercato di rassicurare la gente, dicendo che era troppo "presto" per andare a casa. 

Germania sospirò e si passò una mano sul volto, vide con la coda dell' occhio Giappone; stava parlando con Prussia. Si diresse verso di loro. Stavano discutendo dell' accaduto, Gilbert stava dicendo: " Non so chi sia stato, ma Romano con quella bocca larga non sta simpatico a molti. Quello che è certo è che chiunque sia stato dovrà vedersela con Spagna "in modalità assassina"... " Giappone annuì. Prussia propuppe in quella sua strana risata: " Kesekese...sai che Spagna mi ha rotto una gamba? Zoppico ancora per colpa sua.... " il giapponese gli chiese il motivo, ma non ebbe il tempo di rispondergli perché arrivò Germania.  Ludwig gli afferrò un braccio e disse in tono sbrigativo: " Andiamocene". Gilbert si girò verso il fratello e lo guardò sorpreso, poi disse in modo dubbioso: " Ma...West, siamo appena arrivati! Andiamo... ". Vedendo l' espresione cupa del tedesco, aggiunse: " Non sarà per caso che l'incidente di Süditalien, che c'è ti ha spaventato? " e si mise a ridere. Germania gli strinse il braccio e ripeté impassibile: " Andiamocene. Non ho nessuna intenzione di rimanere qui, e tu devi venire con me visto che sono io che ti porto a casa". Gilbert sospirò, non voleve far arrabbiare Ludwig che sembrava sul punto di perdere la pazienza. Prussia si rivolse a Kiku: " Be' che dire, devo andare". Giappone che era rimasto in silenzio ad osservare la conversazione tra i due fratelli, si inchinò verso entrambi e disse educato: " Arrivederci, fate un buon viaggio". Germania salutò a sua volta il giapponese e trascinò  via suo fratello.
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Giappone li osservò allontanarsi, sospirò. Durante la festa aveva conversato con molte Nazioni, ma non era riuscito ancora a parlare con Cina. Si ricordava ancora con amarezza quello che era successo qualche settimana prima, non si era sentito in grado di scrivergli un messaggio, e voleva chiarire con lui faccia a faccia. Ormai erano rimaste poche nazioni in giro e non fu molto difficile individuare Cina. Stava conversando con Russia, sembrava molto allegro e brillo. Kiku rimase per un po' ad osservarli, improvvisamente non fu più molto convinto della sua decisione. 
.

Cina bevve un altro bicchiere, si sentiva la testa leggera, una piacevole euforia scorreva calda nelle sue vene. Ivan gli poggiò una mano sulla spalla e disse: " Yao non stai bevendo un po' troppo? " . La nazione asiatica sospirò infastidita: " Senti non volevo venire qui già in principio, ci sono venuto solo per te, bǎobèi (tesoro), quindi già che ci sono bevo per divertirmi. E poi sono vecchio sai, pensi che non possa reggere così poco alcool alla mia età!? ". La mano sulla sua spalla si mosse a prendergli il viso, lo inclinò verso l' alto; Russia disse dolcemente: " Ero solo preoccupato per te caro" . Gli accarezzò dolcemente la guancia tinta dello stesso colore delle foglie di acero. Yao sorrise e chiuse gli occhi, godendosi il calore che quel momento gli procurava.  Russia si chinò verso di lui e gli baciò la fronte. Il loro dolce momento di tenerezza venne però interrotto dall' arrivo dell' americano. 

America diede una pacca sulla spalla a Russia e disse:'' Allora, come andiamo amico? " un sorriso a trentaduedenti stampato sulle labbra. Cina aprì gli occhi, e guardò malissimo quell' importunatore. Ivan gli rivolse quel suo tipico sorriso inquietante, disse: " Salve, Amerika, cosa vuoi?" il suo sguardo lo invitava implicitamente ad andare a fanculo. America sembrò non cogliere quelle sottigliezze e continuò sorridendo: " Vi vedo tutti vicini vicini, come va tra di voi? " gli occhi brillavano di morbosa  curiosità. Yao si staccò dall'abbraccio del Russo e si girò verso l'americano, una vena pulsò in rilievo sulla sua fronte, corrucciò le sopracciglia. Disse: " Non sono affari tuoi, 美国(měi guó)! " strinse le mani a pugno. Lui e Russia avevano tenuto segreta la loro relazione, e Cina non aveva alcuna intenzione di rivelare la sua vita privata all'americano. Lo statunitense lo ignorò e si rivolse invece al russo, disse: " Russia, puoi dirlo a un amico, no? " . Cina osservò Ivan, pensò ' amici?' ; Russia sorrise ad America e disse: " Amerika non posso dirti niente, questo è un segreto tra me e Yao" il suo sguardo era infuso di simpatia. Alfred li guardò scettico, mise il broncio e bevvé d'un fiato il contenuto del bicchiere rosso che aveva in mano. Iniziava ad irritarsi, il suo sorriso più tirato, finto.

 La nazione asiatica iniziava a sentirsi a disagio, che cosa voleva esattamente da loro lo statunitense? Che rapporti aveva avuto con Russia? Si ricordò che quando lui e Ivan si erano lasciati negli anni '60, dopo la fine della guerra fredda, America si era avvinato a Russia, ma non sapeva bene cosa era successo alla fine tra i due. Un' improvvisa fiammata di gelosia gli bruciò all'altezza del cuore, abbaiò scontroso: " America, levati dalle palle e smettila di importunarci!! Tu non centri niente nelle nostre questioni! ". Alfred rispose scazzato:" Perché se no che fai? " lo guardò con aria di sfida : " mi fai  male? " un sorriso sardonico a piegargli le labbra. L' ironia nella voce dell'americano era come benzina sul fuoco della rabbia di Cina. Avvenne tutto in troppo poco tempo, Yao non si rese nemmeno conto di quello che aveva fatto, fino a che non sentì la consistenza calda e umida del sangue di America scorrere sulle sue nocche. 

Si era scaraventato con forza contro Alfred, aveva estratto il pugnale che custodiva nascosto sotto il vestito e lo aveva accoltellato all'addome. La lama era affondata fino al manico, Cina strinse l'impugnatura e girò il coltello. Notò con soddisfazione che il sorrisetto ironico di America era scomparso, rimpiazzato da una faccia attonica. Prima sorpreso, poi sofferente il suo volto sbiancò, contorcendosi dal dolore, sputò sangue dalla bocca. Cina gli sussurò sibillino all'orecchio: " Adesso non mi sfotti più, vero? ". Yao estrasse il pugnale, America cadde in ginocchio davanti a lui.  Si coprì la ferita con una mano e piegato sul pavimento tossì altro sangue. Russia si avvicinò a Cina e lo guardò preoccupato, ma non disse niente. 

Alfred prese a fare diversi respiri, si stava dissanguando, gli aveva perforato il fegato, quel bastardo. Guardò dal basso quei due, Cina con quel sorriso da vipera in viso, Russia impassibile al suo fianco che non lo degnava neanche di uno sguardo, aveva  gli occhi solo per il cinese. Strinse i denti e si tirò in piedi, gli girò la testa, le gambe traballanti lo ressero a malapena in piedi. Inghiottì altro sangue e disse irato: "Motherfucker, come ti permetti!? ", estrasse la pistola al suo fianco e sparò sue colpi in successione, uno al braccio, e l'altro al ginocchio di Yao, facendolo crollare a terra, proprio come  era succeso a lui poco prima . Un sorriso insanguinato baluginò sul volto di America, prese la mira, ma la sua pistola venne scaraventata a terra dal "tubo magico del dolore" di Russia, che si era parato protettivamente davanti alla nazione inginocchiata. Alfred fece un passo indietro, gli occhi di Ivan lo fissavano minacchiosi, simili a una tempesta invernale, i lampi improvvisi a illuminare la notte di viola. 

Nella sala calò il silenzio, la musica si fermò, tutti si girarono a guardarli  preoccupati, una pesante aura di tensione avvolse l' ambiente. 

Molti pensarono che quella notte  sarebbe stata un bagno di sangue.

Note dell' Autrice:

Salve a tutti, finalmente riesco a pubblicare la seconda parte di questa festa infernale ^^. Mi scuso ancora una volta per il ritardo, non so perché ma finisce sempre che non riesco a rispettare le scadenze che mi sono prefissata.
Ringrazio di cuore tutti i lettori che sono arrivati a leggere la storia fino a questo punto, fatemi sapere cosa ne pensate nelle recensioni~.
ヾ(❀╹◡╹)ノ~




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Capitolo 11
*** Tra litigi e vendette ***




Capitolo 11: Tra litigi e vendette

Alfred capì subito di essere fottuto, si sentì improvvisamente come un topo in trappola. Nella stanza sembrò calare la temperatura, un brivido gelato gli attraversò la schiena, gli occhi di Ivan, freddi come una notte siberiana e duri come l' acciaio, lo fissavano con rabbia, schiacciandolo contro la parete a cui si era appoggiato. Il respiro accelerò appena, ma decise di non abbandonarsi al panico che continava a crescere con insistenza nel suo petto e  di combattere. Ivan piegò il braccio all' indietro, la punta del rubinetto brillò minacciosa, e scagliò il colpo all' altezza della testa di America. Alfred riuscì a evitare il colpo per un pelo, il rubinetto aveva aperto una voragine vicino al suo cranio, cadde qualche pezzo di intonaco. America spalancò gli occhi e fissò le crepe sul muro, strinse i pugni, non sarebbe mai scappato davanti a uno scontro frontale. Lui e Russia se le erano date di santa ragione in passato, sopratutto durante la guerra fredda; ma la sensazione nel suo stomaco gli diceva che questo era qualcosa di diverso, che c'era un reale intento omicida dietro tutta quella violenza. Riuscì a schivare un altro colpo, sembravano davvero il gatto con il topo. I movimenti di Russia erano accecati dall'ira, improvvisi e brutali. Un colpo lo colse all'altezza delle  costole, America sentì distintamente il rumore sordo delle ossa che si frantumano. Si schiantò contro il tavolo delle vivande, l' aria gli lasciò i polmoni. Con la vista offuscata vide il tubo di metallo avvicinarsi rapidamente alla sua faccia, chiuse gli occhi e si preparò all' impatto. Non avvenne. 

Inghilterra si era messo in mezzo e aveva bloccato il colpo con il piatto della sua spada. Russia guardò minaccioso l' inglese, sibillò: "Stanne fuori!". Arthur si parò davanti all' americano mezzo svenuto e disse ad alta voce: " Smettila! Calmiamoci tutti un attimo. Vi state facendo trascinare un po' troppo, state solo compromettendo le vostre relazione diplomatiche, piantatela" . Yao si levò sulla gamba buona e strinse il braccio ferito, disse: " Smettila tu di impicciarti nelle relazioni degli altri, non spetta a te giudicarci! " un moto di irritazione ad alterargli i lineamenti. Canada comparve vicino al fratello, gli avvolse un braccio dietro la schiena e lo aiutò a mettersi in piedi. Inghilterra guardò malamente entrambi, si chiese tra sé e sé perché dovevano sempre fare i bambini, il suo disappunto chiaramente espresso dalle sue sopracciglia corrucciate. 

Cina respirò profondamente, utilizzò il qi* che scorreva nei suoi meridiani per fermare l' emorragia e alleviare il dolore. Decise che se doveva dare una lezione a quel maiale americano, doveva prima sbarazzarsi di quell' insetto davanti a sé. Disse: " Levati Oppio**, lasciaci sistemare le cose fra di noi". Inghilterra alzò un sopracciglio e disse ironico: " e se non lo facessi? ".
Per tutta risposta l' inglese venne colpito da una sfera di energia. Gli occhi di Cina brillavano, il palmo della mano aperto davanti a sé, le dita tese, cariche di tensione ed energia. Arthur venne scaraventato contro il muro, sbatté violentemente la testa. Sputò una boccata di sangue, lampi bianchi gli attraversarono improvvisamente la vista. Scosse la testa e disse :" Ancora con questo qi? Non cambi mai..." si staccò dalla parete e si scrocchiò le dite, sorrise sfrontato:'' Non sai con chi hai a che fare!" gli occhi verdi brillarono di cattiveria sul volto macchiato di sangue. Inghilterra impugnò la sua sciabola e pronunciò parole incomprensibili. Francia disse esasperato: " Angleterre, smettila con quelle tue stronzate sulla magia e andiamocene!!" il suo tono era sbrigativo. Inghilterra lo ignorò e si buttò nello scontro. 

Yao lottava con calci e pugni, il qi scoreva in lui infondendo forza nei suoi colpi. Inghilterra aveva il fiato corto e riusciva a malapena a tenergli testa, quel maledetto si muoveva velocissimo e schivava ogni suo affondo. Gli altri li guardavano con il fiato sospeso. Yao infuse forza nel suo palmo e creò una spada illusoria, la scagliò contrò l' inglese, che la bloccò con uno scudo magico. Le loro mosse si fecero sempre più incalzanti.  Arthur creò delle frecce infuocate e le scagliò contro Yao. Cina venne ferito di sfuggita, iniziava a stancarsi. Inghilterra sorrise crudele, colse la piccola apertura creata dal cinese e con un affondo lo colpì al fianco. Sussurrò una parola all' orecchio di Yao ed estrasse la spada. Cina spalancò gli occhi, cadde in ginocchiò, il sangue iniziò a fuoriscire a fiotti. Tossì sangue, si tappò con una mano il fianco, ma l' emorragia non si fermò. Divenne bianco come un cencio, spalancò gli occhi e realizzò con orrore. Digrignò i denti, quel maledetto lo aveva avvelenato. Russia si precipitò al fianco di Yao, lo strinse a sé preoccupato. Cina volle rassicurarlo, ma tossì altro sangue, era nero. Ivan sbiancò, guardò con occhi sbarrati Inghilterra. Ringhiò: " Cosa gli hai fatto!?? " la sua voce rimbombò in tutta la sala. Inghilerra scioccò le dita e si volatilizzò nell' aria insieme a Canada, Francia e America. Ivan iniziò a imprecare in russo, gridò furioso: " Codardo, pezzo di merda, cosa gli hai fatto!? " la sua voce assunse un tono isterico.  Cina si accasciò nella sua stessa pozza di sangue e guaì di dolore.  Russia fu subito al suo fianco, con mano tremante gli scostò i capelli dal viso,  gli fece una carezza. Si morse un labbro e cercò di trettenere le lacrime. Sentì il suo cuore spezzarsi, la sofferenza maggiore era quella di vedere la persona che amava soffrire senza poter fare nulla. Il senso di impotenza lo schiacciò a terra, impotente osservò il sangue allargarsi in una pozza sul pavimento.   
.

Le Nazioni rimaste decisero di andarsene. La festa era decisamente degenerata e nessuno aveva intenzione di stare vicino a un russo instabile. 
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Giappone aveva osservato tutta la scena pietrificato. Non pensava che si potesse arrivare fino a quei punti. Un pensiero gli balenò in mente ' È stato come un meeting mondiale, ma senza Germania-san, e con molto alcol e confusione ad amplificare il tutto'. Guardò il suo nii-san riverso sul pavimento, il sangue steso come un drappo sotto di lui. Gli girò improvvisamente la testa, la vista gli si offuscò, immagine lontane si riaffacciarono all' occhio della sua mente. Memorie di sangue, di dolore e di tradimenti. 

La terra intorno a lui bruciava, l'odore del sangue e del fumo impregnava l'aria. Davanti a Yao era steso per terra inerme, la sua schiena bianca esposta, bagnata di sangue. Strinse nel pugno l' impugnatura della katana, dalla punta della lama scese una lacrima di sangue

I ricordi lo abbandonarono così come lo avevano assalito. Un' ondata di nausea lo attraversò, si allontanò velocememte dala sala e uscì in giardino. Fece diversi respiri profondi, un senso di panico gli assaltava la bocca dello stomaco. Quei ricordi non erano suoi, non capiva che stava succedenso. Lui non aveva mai...

Vide una macchia di sangue sull' erba, gli girò la testa, sbiancò e vomitò. 


Inghilterra e le altre tre Nazioni si ritrovarono nel verde. Arthur non ebbe nemmeno il tempo di chiedersi perché cazzo si trovassero lì, che  si ritrovò il pugno di Francia stretto sotto la gola. Francia lo guardava con occhi di fuoco. Disse irato: " Che cazzo pensavi di fare poco fa!? " . Inghilterra gli regalò uno sguardo confuso. Al silenzio del britannico Francia si sentì in dovere di specificare: " Quella dannata lotta magica o quel cavolo che era, fai sul serio? Sei uscito fuori di senno!??'' strinse il pugno sul bavero della camicia. La luna baciava i capelli del francese facendoli sembrare fili d' argento, le ciocche sfuggite al nastro gli fluivano morbidante sul viso contratto da pieghe di stizza.  Inghilterra ringhiò, un famigliare senso di irritazione iniziò a fargli pulsare la tempia. Gli sbraitò a un soffio dal viso: " E cosa dovevo fare esattamente!? Lasciare che uccidessero America!? " . Gli occhi di Francia lampeggiarono e rispose alzando la voce: " Oh no, cher, non si tratta affatto di questo! Non provare a fare l' eroe davanti a me! Io parlo di Cina, tu ti sei buttato contro di lui solo per il tuo onore ! Perché non ti andava giù il modo in cui ti ha trattato!". Inghilterra lo guardò venefico, il rospo aveva ragione, ma non aveva nessun diritto a rinfacciarglielo, lo avrebbe fatto sicuramente anche lui al suo posto. Porto la mano su quella di Francia e sibillò: " Lasciami! " . La presa del francese si rinsaldò e lo sbatté violentemente contro il tronco di un albero. Brividi di rabbia gli fecero tremare le spalle, si morse un labbro e disse: " Tu...tu.. " il fiato gli venne meno. Il francese pensò amaremente ' perché devi sempre fare così, metterti in pericolo in questo modo!? Solo per quel tuo stupido onore....quel tuo maledettissimo onore' .  Staccò le mani dalla sua camicia, stava per tirargli uno schiaffo ma vennero interrotti dalla voce di Canada che pigolò: " Smettetela! ". 

Francia si girò verso Canada e si ricordò che non erano soli e che c' era anche lui. Il viso del povero Mattew era pallido dipinto di angoscia, disse:'' Potreste piantarla  di litigare per una  buona volta? Mio fratello è ferito, svenuto dissanguato e siamo da qualche parte sperduti nei boschi..." la sua voce gli si ruppe. Lo sguardo di Canada spense immediatamente tutta la rabbia che ribolliva nel  cuore di Francia, un senso di colpa e di vergogna gli raggelò lo stomaco. Anche Inghilterra si calmò.

 Francia si avvicinò ad America e sopirò, guardò l' inglese che stava controllando il polso di Alfred.  Canada guardò preoccupato il fratello, pensò amaramente che le cose andavano sempre a finire  in modo catastrofico quando lo statunitense ci si metteva. 
Francia utilizzò la via delle nazioni e insieme a Canada portò l' americano e l' inglese in ospedale. 
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Intanto a casa di America non era rimasto nessuno tranne che per Russia e Cina. Ivan era accovacciato al fianco di Yao, che respirava a fatica. Il russo disse: " Amore, andiamocene, ti porto all' ospedale ". L' asiatico si trovava con la schiena poggiata a un tavolino, era riuscito a manipolare il suo qi e a fermare l'avanzare del veleno, a casa sua aveva delle erbe che lo avrebbero guarito. Guardò con sguardo sicuro il suo amante, che fino a poco prima stava piangendo al suo fianco, un soffio di tenerezza gli accarezzò il cuore; ma prima di andarsene da quel posto infernale doveva  ancora  fare qualcosa. Yao afferrò la mano di Ivan e disse:" Prima di andarcene, dobbiamo lasciare un promemoria a  quel porco capitalista! " . Russia lo guardò scettico e disse: " Ma sei ferito, lasciamo perdere... " . Per tutta risposta si mise in piedi e gli disse: " Come vedi sto benissimo, solo un graffietto, aru" il viso era pallido come la giada, il respiro veloce. 

Russia rimase in silenzio, era evidente che Cina non stava bene  e che aveva bisogno di urgenti cure, ma quando Yao si impuntava su qualcosa era impossibile fargli cambiare idea. Si disse che se doveva portare Yao fuori da quella casa doveva prima sbrigarsi a fare quello che voleva l' asiatico. Cina si appoggiò a una sedia e lo guardò con aspettativa. Ivan sapeva anche senza che Cina glielo dicesse che cosa doveva fare. Con il suo "magico tubo del dolore" iniziò a distruggere le finestre, i mobili e le porte di quell'immensa villa. 

Si perse in quel vortice di violenza, finalmente riuscì a scaricare tutta la tensione della serata, tutta la rabbia e il dolore che si erano accumulati. Immaginò di fracassare la faccia di quel arrogante di America e di quel fetido bastardo inglese che aveva osato ferire il suo Yao. Si fermò soltanto quando una scheggia di un vetro rotto non gli volò in faccia tagliandogli la guancia. Sentì il liquido scorrere caldo, come una lacrima, si ripulì con il dorso della mano. Si girò nella direzione del suo fidanzato, quest'ultimo aveva scritto qualcosa sul muro. 

Sulla parete campeggiavano diversi ideogrammi cinesi scritti con il sangue. Si avvicinò e lo abbracciò da dietro, stando attento alla ferita sul fianco, gli sussurrò  dolcemente all' orecchio: " Che hai scritto? ". Sentì il corpo del più basso sussultare, scosso dalle risate, disse a cuor leggero:" C'è scritto ' muori maiale americano' e altri insulti" . Cina si girò, si alzò sulle punte e diede un bacio alla guancia ferita di Ivan, gli sorrise soddisfatto leccandosi via il sangue che gli aveva macchiato le labbra. Russia gli prese le spalle fra le mani, si chinò su di lui e gli diede un bacio sulla fronte, bruciava di febbre. Una mano si staccò dalla sua spalla e gli prese il viso infiammato, sentì una stretta al cuore quella scena gli ricordava terribilmente la scena  che era stata interrotta da America poche ore prima. Gli diede un bacio a stampo e gli disse a un soffio dal suo viso: " Ora ce ne andiamo", Yao gli sorrise e annuì.
.

Romano aprì gli occhi. Si trovava in un luogo luminoso, una leggera brezza gli accarezzava il viso. Si guardò in giro confuso, dove si trovava? Un momento prima stava...trasalì i ricordi lo invasero, rivide il viso addolorato di Spagna, le sue lacrime, il modo in cui cercava di fermare l' emorragia. Gli avevano sparato!?

Si toccò il petto e notò con sorpresa che non c' era nessuna ferita, non provava nessun dolore. I suoi pensieri vennero interrotti quando sentì una voce profonda dietro la sua schiena.

 "Ciao Lovino~"

Si girò di scatto e si trovò di fronte alla faccia sorridente di suo nonno. 

Sbiancò e  balbettò: " S-sono...mor-to!? "

Per tutta risposta l'ex-Impero romano gli rise in faccia, dopo essersi calmato disse scuotendo una mano: " No, no nipotino. Ho solo deciso di venirti a trovare in sogno. " il suo sguardo si fece serio e aggiunse : " Be' non sei morto, ma ci è mancato poco" . Romano si accigliò e incrociò le braccia al petto, sputò: " E perché venirmi a trovare!? ". Superato lo shock iniziale iniziò a essere pervaso dalla rabbia, a suo nonno non era mai importato nulla di lui, perché tutta questa ipocrisia!?

Il viso di suo nonno assunse una piega interrogativa, gli diede una forte pacca sulla spalla e disse in tono squillante:" Smettila di brontolare come al solito! " gli sorrise. Romano si scostò e alzò gli occhi al cielo soggiunse in tono acido: " Allora, che vuoi da me? " . Suo nonno disse semplicemente: " Parlare con il mio nipotino, pretendo troppo? " prima che Lovino potesse rispondergli aggiunse: " Ho visto che hai combinato un sacco di casini ultimamente... " . L' italiano arrossì e gridò: " Ma che ne sai tu vecchio!" . Quest' ultimo ignorò il nipote e continuò il suo discorso: " Ho visto che stai giocando con il cuore delle persone" il suo sguardo si fece terribilmente serio, gli chiese: " Perché? ".

 Lovino distolse lo sguardo, non riusciva a sostenere quel confronto, ad avere quella conversazione. Non sapeva nemmeno lui perché aveva fatto quelle cose, probabilmente all' epoca gli erano sembrate delle idee "geniali". Ma sapeva bene  dentro di sé che erano  state tutte cazzate. Aveva cercato di fare delle cose assurde perché non si accettava, non voleva accettarsi, ammettere che forse gli... . Digrignò i denti e divenne completamente rosso, si odiò profondamente in quel momento.

Si girò, diede le spalle a suo nonno e disse:" Non sono affari tuoi! "
La mano di suo nonno calò con forza sulla sua spalla, Lovino sussultò. La sua voce gli arrivava forte e chiara: " Non essere timido, puoi confidarmi tutti i tuoi problemi di cuore, io sono un esperto in queste cose! " l' entusiasmo vibrava in ogni sua parola. Romano rabbrividì e il suo viso si fece impossibilmente rosso, sputò in tutta fretta: " No, no! Ma che idee ti sei fatto!? "; si girò e gli regalò uno sguardo allarmato. Per tutta risposta il vecchio gli fece l' occhiolino e iniziò a rivelargli con orgoglio tutte le sue conquiste da latin lover. Dalle labbra di Lovino sfuggì un suono di frustrazione, perché doveva parlare con questo vecchio delirante!? 

Nonostante tutte le insistenze Romano rimase una tomba, non si confidò al Nonno. Quest' ultimo prima di sparire dal sogno gli disse solamente:" Romano, ricordati una cosa  'Si vis amari, ama' (se vuoi essere amato, ama)! " e scomparve sorridendo. 
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Romano aprì gli occhi. La luce artificiale gli diede fastidio agli occhi, sbatté più volte le palpabre. Si sentiva come se gli fosse passato addosso un Tir. Aveva la gola secca, quanto aveva dormito? E dove diamine si trovava!? Riabituatosi alla luce, diede un' occhiata in giro, si trovava nella sua stanza, era nel suo letto, lo avevano attaccato a una flebo. Ma quello che più lo stupì e che gli fece mancare un battito fu vedere una chioma di capelli castani sul bordo del suo letto. Era Spagna, si era addormentato al suo capezzale la sua mano sopra la sua. Romano vide il suo aspetto esausto probabilmente era crollato dal sonno dopo ore di veglia, il senso di colpa gli compresse il petto.
Si sentiva ancora stanco, scivolò nuovamente nel sonno dopo essersi impresso nella mente quel volto. 

Note:

*Qi: Si intende l'energia "interna" del corpo. Il termine è utilizzato nella filosofia, nelle arti marziali, nella medicina tradizionale cinese e nel Taoismo. 
I merdiani(脈)sono secondo la medicina tradizionale cinese i canali in cui scorre l'energia( il qi).

** Oppio: Il soprannome che Cina  ha affibbiato a Inghilterra a causa delle due Guerre dell'Oppio (1839–1842 e
1856–1860). 

Note dell' Autrice:

Salve a tutti! Ringrazio come al solito tutti i miei i lettori e soprattutto Charlotte77 che mi ha lasciato una graditissima recensione ^^. 
Alla prossima (´。• ᵕ •。`).  










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Capitolo 12
*** Occhio per occhio, dente per dente ***



Capitolo 12: Occhio per occhio, dente per dente.

Cina sussultò appena quando Ivan gli passò il preparato di erbe sulla ferita. Erano arrivati a casa sua da poco e Russia si era subito fatto in quattro per occuparsi delle sue ferite. Il tocco delle mani di Ivan era delicato e gentile, dopo averlo spogliato, gli aveva lavato la ferita,  vi aveva applicato le erbe e adesso si stava occupando di bendarlo. Yao chiuse gli occhi e pensò felice a quanto fosse fortunato ad averlo nella sua vita. Dopo che i bollori della rabbia e i fumi dell' alcol svanirono dal suo corpo si accorse con lampante rammarico di quanto fosse stato stupido a comportarsi in quel modo. Pensò tra sé e sé ' diamine, ma che mi è preso? Non sono più così giovane da fare delle stupidaggini del genere, spero che il  mio capo non lo venga a sapere, aru...'.
A riportarlo alla realtà fu la voce pacata di Russia: " Come stai? ", Yao si accorse solo in quel momento che la sua espressione serena si era corrucciata, aprì gli occhi e gli sorrise, disse: " Sto benissimo, tutto grazie a te" . Gli occhi violacei del russo si sciolsero di tenerezza, gli prese una mano e gliela baciò. 

Dopo che ebbe finito di curarlo, Russia disse: " Ora devo andare", Yao gli strinse la mano e sussurrò: " Rimani qui con me" i suoi occhi brillarono di desiderio. Ivan si grattò la testa nervoso e rispose: " No, vedi il mio capo...dovrei già essere a casa".  Cina mise il broncio, Russia sospirò sconfitto e disse " Va bene, rimango" gli baciò la fronte. 
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America sospirò irritato e disse: " Perché non sono ancora stato dimesso!? Era solo un graffietto" gonfiò le guancie e disse: " Almeno datemi degli hamburger, non si tratta così un eroe! " . L' infermera lo guardò perplessa, prima che potesse rispondere si sentì una voce provenire dal lettino accanto: " Stai zitto America! Sei così stupido!! " e i due iniziarono a litigare. Francia, che era in piedi vicino alla porta, si rivolse all' infermiera e le disse: " Lasci perdere quei due, mademoiselle, sono solo due buzzurri" . Inghiterra urlò: " Eh!? Come mi hai chiamato, scusa? Io sono un vero gentlemen inglese, è questo americano un "buzzurro" cretino! ". Canada, seduto su una sedia, osservò quei tre litigare, sospirò amaramente e chiuse gli occhi. 

Passarono tutta la notte in ospedale. 

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Era arrivati il mattino quando Spagna si svegliò, si passò le mani sugli occhi, stropicciandosi la faccia, trattenne a malapena uno sbadiglio. Distese le braccia, si sentiva tutto indolenzito, si era addormentato sulla sedia. Guardò Lovino che dormiva serenamente, lo avevano operato d'urgenza e poi avevano deciso di fargli passare la convalescenza a casa sua. Scostò la frangia di Lovino, gli passò un ciuffo dietro l' orecchio; aveva il viso pallido e le labbra erano secche. Spagna non se ne sarebbe andato finché Lovino non avrebbe aperto gli occhi, dopodiché avrebbe cercato vendetta. Strinse un pugno e si sentì ribollire il sangue al pensiero che qualcuno avesse osato fare questo al suo Lovino.
La mano di Romano sotto la sua iniziò a muoversi, Spagna puntò lo sguardo sul viso dell' italiano. Lovino corrucciò le sopracciglia e aprì lentamente gli occhi. 

La prima cosa che Romano disse fu:" A-acqua. ..pas-sami dell'acqua.. ". Spagna fu subito al suo servizio, gli versò prontamente un bicchiere d'acqua, dalla caraffa che si trovava sul comodino, e glielo passò. Lovino bevve lentamente a piccoli sorsi, dopo che si fu finalmente dissetato disse: " Che è successo? ". 

Lo spagnolo, che non aveva smeso di fissarlo a bocca aperta con gli occhi lucidi, lo abbracciò improvvisamente.  Lo strinse a sé e soffoccando i singhiozzi sulla spalla dell' italiano disse" Gracias a Dios stai bene!" la sua voce era appesentita dal sollievo. Le parole dello spagnolo rimbombarono vicino al suo orecchio: " Non sai quanto mi hai fatto preoccupare Lovinito, pensavo non ti svegliasassi più" la sua voce si incrinò. 

Lovino si sentiva completamente avvolto dall'odore dello spagnolo, le sue forti braccia lo stringevano e sembravano non volerlo più lasciare andare; Spagna tutto entusiasta si era messo a farfugliare frasi nella sua lingua nativa e gli stava baciando l'orecchio, la tempia, la guancia. Romano si sentì andare a fuoco e si staccò bruscamente da quel koala appiccicoso. Disse: " Ah smettila di starmi addosso bastardo! " si toccò la giancia e aggiunse velocemente" Sto bene, quindi smettila con queste smancerie!". Spagna gli sorrise radioso, gli afferrò la mano, Lovino non la scostò. Antonio disse:'' Che bello rivederti in forma~" . Romano ripeté: "Allora che mi è successo?". Lo sguardo dello spagnolo si fece serio, gli rispose: " Ti hanno sparato, non abbiamo ancora scoperto chi è stato, ma deve essere stata qualche Nazione presente alla festa ". 

La porta della sua camera si aprì, era Veneziano. Vedendo il fratello finalmente sveglio, si precipitò al suo fianco e lo abbracciò . Lovino sentì una sensazione di deja vù. Si staccò dal fratello che nel mentre si era messo a piangere. Romano non capiva, si era svegliato quindi perché si mettevano tutti a frignare!? Nascose un sorriso un po' compiaciuto, in fondo lo rendeva felice il fatto che tenessero così tanto a lui. Spagna disse: " Ragazzi vi lascio un momento da soli" e se ne andò.

Antonio uscito dalla stanza dell' italiano tirò fuori un oggetto dalla sua tasca. La luce nel corridoio illuminò quel piccolo bossolo che aveva quasi ucciso il suo Lovino. I medici avevano dovuto estrarlo, aveva trapassato i tessuti e si era conficcato in una vena cardiaca. Spagna aveva chiesto al dottore di darglierlo, lo osservò attentamente e pensò che avrebbe indagato e avrebbe scoperto chi era stato il colpevole. 
.

Al sorgere del Sole Russia si svegliò. Accanto a sé c'era Cina. Avevano passato la notte a dormire accoccolati l'uno nelle braccia dell'altro. Russia accarezzò i capelli di Yao, erano setosi e morbidi , rilucevano splendidamente baciati dalla prima luce mattutina. Cina aprì gli occhi e baciò Ivan, gli sussurrò sulle labbra, con la voce ancora impastata dal sonno: " 早上好(zǎo shàng hǎo) [buongiorno], bǎobèi ~". Ivan sorrise e rispose: " Доброе утро(dobroye utro) [buongiorno] " .
Russia si alzò dal letto doveva davvero tornare a casa, si era trannenuto per la notte solo per Yao, ma Cina non sembrava dello stesso parere. Lo afferrò per un braccio e lo schiacciò sul materasso, si mise a cavalcioni sopra di lui. Gli sorrise come una volpe a nove code e disse: " Dove credi di andare? " si chinò su di lui e gli diede un bacio sensuale. Russia inizialmente sorpreso si lasciò presto andare. Si staccò e disse ansimando: " Yao, devo andare davvero... ". Cina non gli diede tregua iniziò a baciargli il collo, gli morse l' orecchio e sussurrò:'' Ti voglio" .  Il respiro di Ivan ebbe un fremito, il tono di Yao gli aveva mandato il sangue al cervello; afferrò per i fianchi il cinese e ribaltò le loro posizioni. Ivan iniziò a baciarlo passionalmente, Yao dischiuse le labbra e lasciò fare all'altro. Non avevano bisogno di  parole in quegli attimi, Cina era completamente avvolto da Ivan, ogni sua carezza e sospiro gli trasmetteva un calore indicibile, il contatto con l'altro gli toglieva il respiro  facendolo rabbrividire di puro piacere.  Yao fece scivolare le sue mani su quelle grandi spalle, percepiva i muscoli guizzarre al di sotto dei vestiti, iniziò a sbottonargli la camicia. Ivan si era tolto il costume da orso la sera precedente e aveva indossato come pigiama una camicia di Yao molto larga che teneva dimenticata nell'armadio. Ivan si fermò improvvisamente, come tornato in sé, e disse dubbioso: " Yao...sei sicuro di voler-" fu interrotto da un bacio. Cina gli disse: " Lo voglio, ti voglio Vanya, per caso non mi desideri? " i suoi occhi lo guardavano ardenti, un senso di inspiegabile rabbia si impossessò del suo animo.
Russia rimase di stucco, Cina non utilizzava quel nomignolo da quando stavano insieme negli anni 50, un senso di nostalgia lo avvolse, si piegò su di lui e nascose il viso nell' incavo del suo collo, profumava di spezie e erbe. Gli bacio piano il collo, la sua voce arrivò come un sussurro lontano: " Ti voglio, ti ho sempre voluto. Solo che sei ferito e non voglio farti del male". 

Yao spalancò gli occhi, non ci aveva pensato, quello che lo aveva spinto a cercare le carezze di Ivan era un senso di desiderio represso; stavano infatti insieme da qualche settimana, ma da quella prima volta  non avevano più raggiunto un tale stato di intimità. La festa non aveva fatto che alimentare quel fuoco dentro di sé, lo aveva desiderato tutta la sera. Ma sentiva dentro di sé che c'era anche qualcos'altro, la gelosia. Aveva visto come Alfred aveva guardato Russia, i dubbi lo tormentano, cosa c'era stato fra di loro in passato!? Mentre baciava Ivan si era ritrovato a pensare ' Non sono troppo vecchio per lui!? Non si stancherà di me!?

Il volto di Yao si bagnò di lacrime, un singhiozzo si fece strada nel suo petto e proruppe dalle sue labbra tremanti. Ivan lo guardò allarmato, si affrettò a dire: " S-stai bene? Io...Yao.. " .  Cina lo abbracciò e seppellì il viso nel suo petto, e disse:" N-non è niente io....sono uno stupido... " la sua voce era bagnata dalle lacrime. Russia gli accarezzò la testa cercando di confortarlo, aspettò che Cina si calmasse. Yao si asciugò le lacrime e disse:'' Ah sono proprio stupido..piangere come un bambino, aru" gli sorrise e disse: " mi dispiace Ivan mi comporto sempre da sciocco e ti faccio preoccupare". Russia ascoltò in silenzio, Cina continuò cauto: " Vedi, io...pensavo che non ti sarei più piaciuto se non... " arrossì di vergogna si coprì il volto con una mano e non terminò la frase. 

La realizzazione colpì Ivan come un fulmine a ciel sereno, non si sarebbe mai immaginato che Cina potesse farsi così tanti problemi. Russia tolse delicatamente le mani dal volto di Yao, gli baciò il naso e disse:'' Non piangere, stai tranquillo. Ti amo e ti amerò sempre" . Cina sorrise rincuorato e disse: " Anch'io ti amo, Vanya" .
.

America fu dimesso dall' ospedale la mattina seguente e tornò subito a casa.  Lo spettacolo davanti a sé lo lasciò completamente spiazzato. Tutte le finestre erano rotte, i mobili rovinati, c'erano perfino dei buchi sul pavimento. Superato lo shock iniziale iniziò a  farsi strada dentro di sé la rabbia e l' indignazione. Non aveva bisogno di indagare per capire chi era stato, le scritte in cinese sul muro erano un evidente segnale. Iniziò a fotografare la casa. Aprì il telefono e si mise a scrivere sulla chat room delle Nazioni:

The hero « Hey guys guardate che cavolo hanno fatto a casa mia! »

e mandò le foto.

Kimchi « Nooo lo Hyung(fratellone) non farebbe mai una cosa del generee!!! 😫»

Eyebrows « Quel bastardo!!»

Marplesyrup « Un po' te lo sei meritato ....»

Pianoman « Che diamine è successo a quel party!?»

German 2 « Lascia stare prinzessin non puoi capire, tu non c' eri, mentre il magnifico me sì»

E la conversazione si fece estremamente caotica. Molti condivisero l'indignazione di America, mentre altri ignorarono la cosa.
L' americano continuò a fissare lo schermo del suo cellulare, pensò con rabbia che questo non avrebbe risolto la situazione. Doveva vendicarsi, perché come dice il proverbio 'occhio per occhio, dente per dente'  o qualcosa del genere.  Lui era l' eroe, gli Stati Uniti d'America, una fottuta superpotenza, e se le era prese da Cina!? Come aveva potuto!? Più il tempo passava e più sentiva i nervi a fior di pelle e il sangue ribollire di rabbia.  Stava per incamminarsi quando un pensierò improvviso lo fece immobilizzare. Pensò infatti che era ancora giorno e che doveva essere prudente, avrebbe dovuto aspettare la notte e agire quando Yao dormiva. 
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Spagna si trovava davanti alla casa di Svizzera. Non era stato semplice trovarla, era una baita tra le montagne; lontana da centri abitati. Aveva un aspetto modesto e frugale; il paesaggio era imbiancato dalla prima neve e il sole stava tramontando. Strinse nel pugno il bossolo, aveva passato tutta la giornata a fare ricerche e aveva scoperto che apparteneva a una semiautomatica svizzera la SIG P210. Sapeva benissimo che questo non voleva dire che era stato Svizzera, ma era pur sempre una pista e doveva pur provarci. Aveva dovuto chiedere a Belgio l'indirizzo dell'elvetico siccome era amica di Lichtenstein. Per precauzione si era armato, solo in caso.

Bussò con forza alla porta e urlò: " Apri la porta Svizzera!! Ti devo parlare!! " bussò altre due volte.  La porta si spalancò all'improvviso, Spagna si ritrovò a fissare la canna di una pistola. La voce di Vash arrivò dura : " Vattene subito dalla mia proprietà! " i suoi occhi verdi erano accesi di minaccia. Antonio alzò le mani in segno di resa e disse: " Hey calmo, sono venuto solo per parlarti di una cos-" non completò la frase, i suoi occhi fissi su quella pistola, era una SIG P210.
Il mondo intorno a lui iniziò a vorticare precipitosamente, non riusciva a sentire altro che il rimbombare fragoroso del suo cuore nelle orecchie. Dopo un tempo che gli parve interminabile riprese fiato e disse in modo affrettato, quasi urlando: " È la tua pistola!? ". Svizzera non aveva smesso di guardarlo male e non aveva minimamente accennato ad abbassare l'arma. Rispose freddamente:" Ja. Perché ? " assottigliò lo sguardo . Dal petto di Spagna proruppe una strana risata, i suoi occhi non ridevano, gli disse: " Tu eri alla festa ieri? " . Svizzera non rispose, il principio di un sospetto iniziò ad affacciarsi alla sua mente, strinse appena le labbra e rispose: " Non ti interessa" .  Spagna agì in fretta, senza pensare, si lanciò addosso allo svizzero, e prima che quest'ultimo potesse fare fuoco, lo spagnolo lo aveva disarmato e premuto contro il muro esterno della casa. Svizzera urlò irato, era stato colto alla sprovvista e ora si trovava con la faccia premuta contro al muro, le mani tenute ferme dietro la schiena. Spagna strinse la presa e tirò fuori la sua pistola e la premette tra il nugolo di capelli dorati dell'elvetico. Disse : " Sei stato tu, non è vero? ". Svizzera digrignò i denti e replicò: " E anche se fosse? " un sorriso gli solcò il viso. Il respiro di Antonio si fece affannoso, vedeva rosso, spinse con violenza la canna della pistola nel cranio di Svizzera, gli tremava la mano. Non rispose alla domanda retorica dello svizzero, alzò il braccio e calò l'arma sulla tempia di Svizzera, un fiotto scarlatto gli macchiò la guancia.   

La vista di Svizzera sfarfallò, un dolore lancinante gli attraversò la tempia colpita, l'istinto di sopravvivenza prese il sopravvento. Iniziò a dimenarsi, Spagna era molto più alto di lui e lo teneva saldamente fermo, Svizzera si spinse all'indietro e lo colpì con tutto il suo corpo, precipitarono entrambi a terra. Approfittando dello stordimento di Spagna, si fiondò sulla pistola caduta a terra durante la collutazione. Antonio si ritrovò nuovamente una pistola puntata contro, la sua. 

Svizzera non esitò a fare fuoco, lo sparo risuonò nel silenzio delle montagne svizzere, brevemte seguito dall'urlo di Spagna. Antonio strinse la mano sulla gamba da cui continuava a zampillare il sangue. Pregò mentalmente che non avesse colpito l'arteria. 

Vash si mise in piedi lo tenne a portata di mira, portò l'altra mano alla tempia e si asciugò il rivolo di sangue.  Si mise a ridere e disse: " E adesso che credi di fare? Scommetto che vuoi chiedermi perché l'ho fatto". Spagna tacque il suo sguardo tagliente, carico di odio, premuto su di lui. Svizzera osservò con soddisfazione la  pozza di sangue che si allargava sotto lo spagnolo, si stava dissanguando. 

Svizzera fece un altro passo, e disse: " Non provare a fare stronzate o la prossima volta ti sparo in mezzo agli occhi" Spagna non rispose, era estremamente pallido e stava cercando di fermare l'emorragia. Lo svizzero sorrise con cattiveria e iniziò il suo monologo: " Be' se sei venuto fino a qui per sfracellarmi il cranio, credo sia giusto spiegarti perché ho fatto ciò che ho fatto. Ebbene sono stato io a sparare a quel bastardo" Spagna fremette " e l'ho fatto semplicemente perché se lo meritava" .

Antonio urlò indignato: " Ma che stai dicendo!? " Svizzera gli sparò a una spalla e ribatté: " Stai zitto, te lo stavo appunto spiegando" si avvicinò a lui con un altro passo, la pistola fumante sempre puntata su di lui. Continuò il suo discorso: " Come dicevo, quel bastardo se lo meritava perché ha ferito una persona a me cara" Antonio lo sguardo incuriosito " il tuo amichetto ha osato fare delle insinuazioni molto pesanti e calunniose nei confronti di chi sai chi" . Lo spagnolo disse: " Che cosa stai dicendo? Di chi stai parlando!? " . Svizzera urlò: " lo sai benissimo di chi sto parlando! Sbaglio o solo poche settimane fa stavi per affettarlo!? " strinse più forte il calcio della pistola, iniziò ad alterarsi. Spagna fissò per alcuni secondi il vuoto, la realizzazione lo colpì violentemente e urlò: " Quel bastardo di Austria!? Ma se lui-" venne interrotto da un altro sparo, sputò sul pavimento del sangue. Svizzera disse irato: " Come l' hai chiamato!?" lo raggiunse con un altro passo e gli colpì il volto con la pistola, aggiunse: " sciacquati la bocca prima di parlare così di lui!! " 

Antonio si sentiva indebolito, sputò un' altra boccata di sangue, il proiettile si era incastrato tra le costole, un altro pulsava dolosamente nell'osso della spalla e l'ultimo era conficcato nella coscia. In tutto erano tre, quindi la sua pistola aveva ancora altri tre proiettili in canna. Doveva agire in fretta, strinse i denti macchiati di sangue e guardò con odio l'elvetico che troneggiava su di lui implacabile. 

Svizzera strinse con forza la pistola, ora gocciolante di sangue, e disse: " Mi hai fatto passare la voglia di parlare, non ti meriti nessuna spiegazione!! " prima che potesse premere il grilletto, Spagna scattò in piedi e approffitando della vicinanza di Svizzera gli tolse dalle mani l'arma e lo scaraventò a terra. Spagna si ritrovò sopra a Svizzera, gli afferrò la gola con le mani, iniziò a stringere. Sotto di sé il corpo di Vash si contorceva, dalla gola provennero rauchi rantoli. In quel momento Antonio non sentiva alcun dolore, quello che lo spingeva in quel momento era l' adrenalina, la rabbia, la sete di sangue. Strinse con ancora più forza la gola dello svizzero, voleva sfondargli la trachea. 

La vista di Svizzera si fece sfocata, non riusciva a respirare, mosse franticamente le sue braccia e colpì una zona umida sul petto del suo aggressore. In un attimo disperato ficcò le dita nella ferita di Spagna, lo spagnolo tirò un urlo lancinate e gli mollò la gola, quel tanto che bastò per permettergli di respirare. Spagna si toccò il fianco che aveva riniziato a sanguinare profusamente, il colpo lo aveva scosso come una frustata e gli aveva fatto girare la testa. Svizzera gli tirò un calcio e sguciò via. Aveva il respiro corto, si passo una mano intorno alla gola che aveva assunto una tonalita violacea. Spagna si ributtò addosso a Svizzera, non gli permise di rimettersi in piedi e iniziò a tirargli pugni. La sua furia si concentrò tutta sul volto di Svizzera, il sangue gli salì alla testa e vide rosso. Si fermò soltanto quando si accorse che Svizzera non reagiva più, il suo volto una maschera di sangue, i linamenti deformati. Aveva il respiro corto e si sentiva svenire, le sue nocche erano sbucciate, macchiate di vermiglio. 

Si alzò traballante in piedi e guardò il corpo steso davanti a lui, era vivo. Gli sputò addosso e disse: " Non voglio sentire le tue stronzate", notò che vicino al suo piede c'era la pistola di Svizzera, quella con cui aveva probabilmente ferito Lovino. La raccolse e fissò Svizzera. Quest'ultimo aveva quasi perso i sensi e lo fissava con un occhio, l'altro era chiuso troppo gonfio per essere aperto, le sue mani ebbero uno spasmo. 

L' aura intorno a Spagna si fece omicida, finalmente era giunto il  momento per la sua vendetta.

Fece fuoco, risuonarono in quella quieta aria di montagna sei spari. 

Click, Click, Click...

Spagna continuò a premere il grilletto, solo che non uscivano più proiettili, tutti i bossoli della cartuccia erano sul pavimento. La pistola gli scivolò dalla mano e cadde con un tonfo per terra.

Svizzera non si muoveva più. 

Antonio si lasciò alle spalle Svizzera, recuperò solamente la sua pistola e usò la via delle nazioni. 

Il sole era ormai tramontato. 

.

Era finalmente calata la sera, almeno doveva esserlo in Cina, e America si trovava nel giardino della proprietà del cinese. Aveva in mano un barattolo di vernice rossa e un martello. Le luci della casa erano spente, quindi l'asiatico doveva essere a dormire. Alfred usò la pila del telefono come illuminazione e procedette finalmente alla sua vendetta. 

Yao si sarebbe ritrovato sicuramente una bella sorpresa l'indomani.  

Note dell' Autrice:

Salve a tutti! Spero abbiate passato una buona Pasqua. Mi scuso per il ritardo, per rimediare il capitolo è leggermente più lungo degli altri ^^.

Mi scuso se il capitolo è sembrato troppo violento in alcuni punti, ma finalmente Svizzera e Spagna hanno regolato i conti.  
Per quanto riguarda la Rochu ho deciso di non inserire una scena smut perché mi sembrava che avrei dovuto alzare il rating della storia per inserirla. Nel caso in cui vi faccia piacere potrei scrivere un capitolo extra 12.5 in cui si vede quello che succede..... (A questo proposito, però, non ho mai scritto scene di questo genere quindi mi scuso se sono state un po' cringe) :). 

Ringrazio come sempre tutti quelli che continuano a leggere questa storia, fatemi sapere le vostre opinioni in merito alla fic~ 

P.S. Mi scuso se nello scorso capitolo c'erano dei typos, il mio beta era in vacanza, ma adesso il capitolo è stato corretto. 

Alla prossima (=・ω・=).   
 



 

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Capitolo 13
*** Ospiti indesiderati ***




Capitolo 13: Ospiti indesiderati 

Spagna si ritrovò  davanti alla casa di Lovino. Grugnì e pensò arrabbiato ' Perché sono arrivato qui? ' quando aveva utilizzato la via stava perdendo le forze e aveva semplicemente fatto fare al suo inconscio. Imprecò, non poteva farsi vedere così da Romano.
La sua gamba cedette all' improvviso e si ritrovò per terra, un gemito di dolore gli scappò dalle labbra.  Doveva solo respirare un po', recuperare le forze e andarsene. Ma chi prendeva in giro!? Non riusciva neanche a muoversi, aveva perso troppo sangue, e l' unico motivo per cui aveva continuato a muoversi era stata la rabbia e l'adrenalina. Le sue ferite pulsarono dolosamente, era come essere trafitto da freccie ardenti, era proprio un cretino. Poggiò con un tonfo la schiena contro la porta, e chiuse gli occhi. Fu facile abbandonarsi all' oblio.  
.

Romano si rigirò nel letto, aveva passato tutto il giorno a dormire. Sospirò, quello stupido spagnolo era rimasto tutta la notte a vegliarlo e poi appena si svegliava decideva di abbandonarlo!? Non che volesse passare del tempo con quel bastardo...

Si alzò dal letto, si sentiva meglio, gli antidolorifici avevano fatto effetto. Voleva mangiare qualcosa.  Incespicò appena, si sentiva ancora un po' intorpidito, raggiunse finalmente il salone e si fermò. Cercò Feliciano, ma probabilmente si trovava in bagno, sentiva in lontanaza il rumore della doccia in funzione. Lovino andò in cucina e iniziò a mettere una pentola sul fuoco. Guardò fuori dalla finestra, il sole era tramontato, avrebbe preparato della pasta all'amatriciana per sé e suo fratello come cena. Stava per iniziare a tagliare il guanciale, quando sentì un rumore sordo provenire dalla porta di ingresso. Era come se qualcosa si fosse accasciato contro il portone. 

Si avvicinò lentamente alla porta, qualcosa dentro di sé gli diceva di non ignorare quel suono e di andare a vedere, allungò la mano e la poggiò sulla maniglia. Fece un respiro profondo, non sapeva perché ma un brutto presentimento prese forma dentro di sé; chiuse gli occhi, li riaprì e spalancò la porta. La superficie fece resistenza , c'era qualcosa dall'altra parte che la bloccava. Un liquido rosso passò al di sotto la porta, Lovino si pietrificò. Allarmato si allontanò velocemente dall'ingresso e fece il giro della casa, uscì in giardino dalla porta sul retro e si incamminò verso il portone frontale. 

Si sentì mancare il respiro, davanti a casa sua giaceva  Spagna, privo di coscienza e ricoperto di sangue. Le gambe gli divennero molli come gelatine e precipitò sulle ginocchia accanto ad Antonio. Non si accorse si stare urlando e piangendo finché non si affacciò  allarmato alla porta Veneziano  ancora in accapatoio. 

Il mondo intorno a Lovino vorticò velocemente , la vista del viso pallido di Antonio e di tutto quel sangue lo fecero svenire.
.

Cina si svegliò all'alba. Il giorno prima aveva passato la mattina con Ivan, poi era andato a lavoro, e dopo una giornata stancante si era addormentato come un sasso.

Preparò il suo té mattutino e la colazione, le erbe avevano fatto effetto e la ferita non gli doleva più così tanto, anche grazie al fatto che le Nazioni tendono a guarire più in fretta degli esseri umani. 

Dopo la colazione decise che era l'ora di andare a dare da mangiare al suo panda. Il suo fido animaletto viveva in giardino. La sua casa infatti non si trovava nella capitale, ma in una zona rurale. Cina infatti amava la calma e la tranquillità che quel luogo gli trasmettevano.

Uscito in giardino, la vista che lo accolse lo fece sbiancare. Lanciò un urlo inorridito, che cosa era successo al suo bellissimo 中國園林(Zhōngguó yuánlín)* !? Yao sentì le lacrime agli occhi, era tutto distrutto. Il suo bellissimo giardino, a cui aveva dedicato così tanta energia e fatica. 

L'erba era estirpata, alcuni alberi abbattuti, lo stagnetto era tinto di rosso, la pittura si trovava anche sul suo prugno. I bambù erano stati tagliati e la gabbia di panda era aperta. Spalancò gli occhi e iniziò a cercare il suo animaletto. Più si addentrava nel giardino e più notava con orrore tutti i danni. Sembrava che fosse passato un tornado. 

Notò una figura accanto al pino, era panda. Sul tronco dell'albero c'era scritto ''commie scumbag!! ".

Gli occhi di Yao si iniettarono di sangue, strinse i pugni, aveva capito chi doveva ringraziare per questa inaspettata "sorpresina".

Afferrò irato il cellulare e cliccò sull'icona della fotocamera, iniziò a fare diverse foto di quel disastro. 

Aprì l'app di messaggistica e mandò le foto a Ivan. Dopo qualche minuto gli arrivò la risposta del compagno:

Vanya:« COSA!?»

Vanya:« Cosa è successo!??? Hanno devastato il tuo giardino!? Yao stai bene??»

Cina digitò velocemente:

« È stato quel porco capitalista, lo ammazzo!!😠😤»

Vanya: « Tesoro calmati, vuoi che venga da te?»

Vanya: « So quanto ci  tieni al tuo giardino, la prossima volta che incontro Amerika gliela faccio pagare!!»

Leggendo i messaggi di Ivan, Yao si calmò, aveva iniziato infatti a tremare involontariamente. Era molto legato al suo giardino, era la parte più importante della casa, ci aveva messo anni a curarlo, alcuni alberi erano lì da secoli e ora erano rovinati. 

Scrisse:

« Grazie Ivan, stai tranquillo non devi disturbarti a venire»

« Ti amo 💕»

Russia gli mandò il gif di un panda e un messaggio.

Vanya: « Ti amo anch'io, tesoro. 💖» 

Cina salutò Ivan e mandò le foto sul gruppo delle Nazioni. 

Quelle immagini scatenarono l'indignazione generale.
.

America si trovava a Washington D. C era in ufficio e si stava annoiando, aveva notato le notifiche del cellulare e le reazioni alla sua vendetta. Sorrise contento e sorseggiò il caffé della macchinetta, era stato occupato tutta la notte e non aveva dormito quindi la caffeina lo aiutò a tenersi sveglio. Essere una superpotenza lo teneva sempre occupato, di conseguenza non era la prima volta che faceva le ore piccole. Si tolse gli occhiali e si strofinò gli occhi arrossati, fissare lo schermo del computer per così tanto tempo iniziava a dargli fastidio. Si coprì il volto con le mani e pensò ' Anche se sono felice che quel bastardo l'abbia pagata, mi chiedo se sia stata la cosa migliore da fare... ' dentro di sé sapeva che quella faida non poteva durare in eterno e che sarebbe potuta sfociare in qualcosa di terribile. 

Ripensò al loro litigio, quella sera Yao e Ivan erano molto vicini, si scoprì il volto e il principio di un sospetto iniziò a pungerlo. Stavano insieme? Il solo pensiero lo fece raggelare.  Non aveva mai preso in considerazione questa ipotesi, ma effettivamente aveva senso. Decise che doveva fare qualcosa a proposito e gli venne l'idea di fare una cena diplomatica insieme a Russia e Cina in cui avrebbe avuto l' occasione di scoprire la vera natura della loro relazione. Il suo piano si dispiegò con lampante semplicità davanti ai suoi occhi: avrebbe contattato Cina e Russia e li avrebbe invitati a cena dicendo che era un'idea di Inghilterra per aiutarli a migliorare i loro rapporti diplomatici e dissipare i malumori, insomma porre un fine alla faida. Avrebbe invitato Arthur facendogli credere che sarebbe stata una cena solo fra loro due, perché sapeva che il vecchio era troppo orgoglioso per accettare di andare a una cena con chi aveva combattuto solo qualche giorno prima. Durante la cena ovviamente avrebbe fatto delle domande discrete e con le sue eccezionali doti di oratore avrebbe scoperto la verità, ovvero se stavano insieme o meno.

Cosa poteva andare di storto?  
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Arthur si ritrovò davanti a un ristorante cinque stelle nel centro di New York, si strinse nel suo impermeabile e aspettò di vedere  comparire quel cretino  di America. Lo aveva invitato a cena quel pomeriggio, gli aveva inviato solo l'indirizzo del locale e aveva detto che se non fosse venuto si sarebbe vendicato. Sospirò, il fiato si condensò in una nuvola davanti a lui, l'aria notturna era particolarmente fredda.  Guardò dubbioso il ristorante stellato, di solito America lo avrebbe portato in un fast food o in una trattoria, non in posto del genere. Arrossì e si chiese perplesso che cosa voleva da lui lo statunitense. I suoi pensieri vennero interrotti dall' arrivo di America, stava indossando un completo elegante, sembrava pronto per una cena formale. Inghiltera lo sguadrò dalla testa ai piedi e qualcosa dentro di sé gli disse che c'era qualcosa che non andava. Alfred gli sorrise e disse: " Hey Ciao, scusa l'attesa! " Arthur sospirò e chiese: " Cosa vuoi da me America? Perché mi hai invitato qui? " . Il sorriso dell' americano si fece più forzato e disse velocemente: " Andiamo, per una volta che ti porto a cena.. " gli afferrò una spalla e iniziò a trascinarlo all' interno dell'edificio. Continuò con fervore il suo discorso: " Scoprirai tra poco perché ti ho invitato~". Inghilterra lo guardò dubbioso, ma il suo cuore non poté fermarsi dal fremere per l' anticipazione. 

Arrivarono all'ultimo piano del grattacielo dove era alloggiato il rinomato ristorante. Giunti al loro tavolo, Arthur si sentì gelare. Guardò America e disse in tono duro: " Cosa vuol dire questo? " indicò le quattro sedie, Alfred si sedette e disse con semplicità: " Abbiamo ospiti ''.

Inghilterra strinse i pugni sui fianchi e si sentì un cretino, un senso di vergogna e rabbia gli infiammarono il collo. Si sedette al fianco di Alfred e fissando dritto davanti a sé chiese freddamente: " E chi sarebbero questi ospiti? ". 

Alfred non ebbe bisogno di rispondergli perché li raggiunsero Russia e Cina. Inghilterra sbiancò e si sentì la bile salire dallo stomaco. America si alzò dal  suo posto e disse spalancando la braccia: " Buona sera, sono felice che siete venuti! " un ampio sorriso gli solcava il volto, gli occhi erano freddi dietro le lenti. Russia e Cina li guardarono sospettosi e presero posto a tavola. Il Russo si piazzò di fronte ad America, mentre il cinese si sistemò al suo fianco, davanti a sé era seduto l'inglese. Il locale era praticamente pieno, il rumore delle conversazioni e delle vettovaglie copriva il silenzio che era calato al loro tavolo. 

Cina sospirò e disse improvvisamente: " Perché ci hai invitato qui? " si era rivolto a Inghilterra. Arthur lo fissò come stordito, aprì la bocca come per parlare, ma prima che potesse esprimersi intervenne America che disse: " Il nostro vecchio Arthur ci ha invitati tutti qui per fare pace'' strinse una mano sulla sua spalla e gli sorrise ammiccante. Arthur si sentì la gola secca, spalancò gli occhi e realizzò. Le sue guancie andarono a fuoco, la rabbia lo assalì, strinse con forza il bicchiere e disse: " Scusateci un attimo, devo scambiare due parole in privato con America" la sua voce era fredda. Alfred sudò freddo e disse: " Andiamo, sarebbe scortese allontanarci così...perché invece non iniziamo ad ordinare da mangiare? Si mangia proprio bene in questo posto" .

Le mani di Inghilterra furono attraversate da leggero tremito, le strinse con forza ficcandosi le unghie nei palmi; il suo grande senso di dignità lo tratteneva a stento dal fare una scenata in publico. Pestò con forza il piede dell'americano da sotto il tavolo e disse: " Scusate vado un attimo in bagno" si alzò velocemente e si allontanò dal tavolo. Rilasciò il respiro, che non sapeva neanche di trattenere, soltanto quando si ritrovò da solo. 

Le sue mani ripresero a tremare leggermente, si sentiva come frastornato, non sapeva se a prevalere fosse la rabbia o la delusione. Un sogghigno amaro gli attraversò per un attimo il volto, chi voleva ingannare? Si chiese per l'ennesima volta perché ogni volta che era coinvolto l' americano terminava sempre in quel modo. Cosa aveva sperato esattamente? Che lui e America avrebbero avuto un confronto?
Si accasciò lentamente a terra e si prese la testa fra le mani. I suoi rapporti con Alfred erano complicati... Lo aveva trovato che era un piccolo batuffolo nei campi  di granturco del nuovo mondo, lo aveva cresciuto, tenuto sotto la sua ala, protetto dal mondo esterno. Corrucciò le sopracciglia e pensò con rammarico che il giovane che aveva  con così tanta fatica tirato su adesso era diventato l'esatto opposto di quello che avrebbe voluto. Ma alla fine l'uccellino aveva infranto la campana di vetro e  aprendo le ali  era volato via reclamandosi la sua libertà. E il grande impero era rimasto solo, non per molto si intende, aveva avuto molte altre colonie, ma c'era sempre stato qualcosa di particolare con America. Qualcosa che non aveva più osato replicare con altri. Inghilterra aveva sperato che il piccolo non fosse mai cresciuto, rimanendo puro e innocente per sempre, che non conoscesse la guerra e quello che comportava. Ma alla fin fine era il destino di una Nazione e lui non ci poteva fare molto, così va il mondo. 

Dentro di sé sentì qualcosa di sordo, una voce gli solleticò le orecchie e gli disse che era nel torto. Lui aveva sempre amato la solitudine, era facile essere soli, vi trovava conforto e forza. Eppure....eppure sapeva che c'era sempre stato qualcuno al suo fianco, nel bene e nel male. Gli era stato accanto in molti momenti anche quelli più critici, aveva visto il suo lato peggiore e quello migliore, si erano odiati e combattuti e allo stesso tempo amati e vissuti. 

I suoi occhi azzurri gli tornarono in mente. 

Si ricordava di aver guardato il cielo dei suoi occhi per la prima volta nel alto medioevo. Sorrise appena, si ricordava che lo aveva subito odiato. Veniva sempre a importunarlo, con quei suoi capelli lunghi e le sue tuniche colorate, ma alla fine erano finiti per giocare insieme. Si ricordava che delle volte quando accendevano un falò sotto gli alberi di notte e la luce del fuoco danzava leggiadra su quel volto diafano colorandolo di tinte calde, accarezzandone le dolci gote e risaltandone il suo spendore, si ritrovava come incantato. Non riusciva a distogliere lo sguardo, come se allontando anche per un solo attimo l' attenzione quella magia si sarebbe infranta per sempre. Aveva imparato a conoscere quegli  occhi in tutti gli anni che avevano passato insieme, vi aveva visto riflesse l'orgoglio, la lussuria, il dolore, la rabbia, la gioia e mille altre emozioni.

Deglutì a vuoto e si disse' Perché sto pensando a tutte queste cose?'  tirò fuori il telefono e sbloccò lo schermo. Il suo cuore accelerò, già sapeva cosa doveva fare. Prese un respiro profondo e compose il numero, si portò il cellulare all'orecchio e aspettò.

 "Allô? [Pronto?]"

Inghilterra rispose: " Hey..."

Il silenzio calò dall'altra parte della linea. 

Francia disse incerto: "...Inghilterra, sei tu? "
Arthur fissò le piastrelle del pavimento e disse: " Umm sì, sono io...sei occupato? " la sua voce era piccola. 

Francis disse scioccato: " O mon dieu, stai bene?? Che ti è successo!? Sei malato?? " 
Una scossa di vitalità fece scintillare gli occhi di Inghilterra che si affrettò a dire con il suo solito tono: " Non sono malato, che diamine, dicevo...sei libero? Perché e-cco vorrei proporti una cosa... "

Questo catturò l'attenzione del francese.
.

Al tavolo America aveva già ordinato le sue portate e stava conversando del più e del meno con il russo e il cinese. Non smetteva di sorridere in modo cordiale, Russia sorrideva leggermente in modo enigmatico, i suoi occhi distanti e offuscati da sentimenti ignoti; mentre Cina era rismasto in silenzio tutto il tempo fissandolo con malcelata stizza.

Russia che aveva appena ordinato disse: " Inghilterra ci sta mettendo molto.. " . America fissò la sedia vuota vicino a lui e disse: " Già, magari è caduto nel buco del water" e si mise a ridere in modo sguaiato. Proprio in quel momento arrivò Arthur, non degnò di uno sguardo i commensali, si sedette al suo posto e iniziò a studiare il menù. America gli diede una gomitata e gli sussurò all'orecchio: " Ehi, non te la prendere, ok? Devi solo reggermi il gioco e poi ti spiego tutto... " Inghilterra gli rivolse solo un'occhiata fredda e poi continuò imperterrimo a fissare i prezzi delle pietanze. 

Dopo aver ordinato a sua volta guardò attentamente gli ospiti e disse in modo neutro: " Come vanno le tue ferite, Yao? ". Cina si irrigidì e il suo volto si fece leggermente cupo, replicò asciutto:'' Io sto bene, come vanno invece  le tue?''. Arthur fece un sorriso di circostanza e disse:" Che piacere sentirterlo dire, pensavo che i vecchi ci mettessero di più a guarire" sospirò e continuò " Be' se me lo chiedi io sto benissimo, mai stato meglio" . Le guancie di Yao presero fuoco, strinse con forza la forchetta e si morse le labbra. Bevve un sorso di vino e disse acido: " Io non ti capisco, Oppio, prima organizzi tutta questa commedia, e ora ti prendi gioco di me? Non volevi "fare la pace" come dice America? " il suo sguardo accusatorio lo fissava come per dire ' ti stai prendendo gioco di me, vuoi che perda le staffe e che mi renda ridicolo facendo una scenata...' .

Arthur sorseggiò lentamente il vino e disse in tono rilassato: " Oh no, io non stavo cercando di offenderti, ero genuinamente in pensiero per la tua salute''  l'ironia chiaramente presente nelle sue parole. Il tavolo piombò in un improvviso silenzio, l' atmosfera si fece soffocante. 

America guardava preoccupato ora Inghilterra ora Cina. Dentro di sé iniziava a sospettare che il suo piano fosse andato a puttane ancora prima che fosse iniziato. Intuì  che probabilmente era anche un po' colpa sua; il suo grande piano non aveva potuto prevedere il fatto che forse Inghilterra non gli avrebbe retto il gioco, ma che anzi glielo potesse intralciare. Cercò di scambiare occhiate complici con Arthur, ma l' altro era un muro di ghiacciò! Pensò improvvisamente 'Ah ecco è offeso con me perché non gli ho detto nulla! " . Stava per salvare il salvabile, quando al loro tavolo non arrivò nient'altri che Francia.

 America sgranò gli occhi, Francis sorrise a tutti e disse in modo affabile: " Bonsoir, che coincidenza! Mi trovavo un attimo a New York e ho pensato di cenare in un bel ristorantino di lusso, mai avrei pensato di trovere anche voi qua!" come se niente fosse prese posto vicino a loro spostando una sedia, proseguì: " vi ho visto tutti così vicini, quindi ho pensato di unirmi, tranquilli ho parlato con la cameriera, apparecchierà anche per me". 

Cina e Russia guardarono con sorpresa Francia, Yao sentiva che qualcosa non quadrava. Francis disse: " Allora, mes amis, di che stavate parlando, sembravate così felici? ". A intervenire fu America che rispose frettolosamente:" Stavamo parlando del più e del meno, sai questa cena è stata un' idea del vecchio Inghilterra, pensava di distendere le acque". Arthur lo guardò in modo venefico ma non replico, scambiò un'occhiata d'intesa con il francese. Francia sorrise e disse: "Magnifique! Ma che bella idea Arthur~" lo guardò come per stuzzizarlo. Inghilterra, per mantenere le apparenze, si mise la sua solita maschera infastidita e disse con tono stizzito: " Ma piantala, bastardo, tu non dovresti essere qui! Rovini solo la cena e le pietanze perdono il loro sapore" . Francia fece un sorriso fintamente infastidito, gli occhi taglienti si incrociarono con quelli dell' inglese e gli rispose per le rime: " Ma guarda che è il contrario, la mia presenza rende questa cena più piacevole, e ti ricordo che con me anche un misero pasto si trasforma nella più saporita delle pietanze" si portò i capelli dietro l'orecchio con un gesto elegante della mano. Mentre Inghilterra e Francia riproponevano una delle loro solite tirate, Arthur si sentì profondamente rincuorato. In quel momento stava dicendo i peggiori insulti, ma un senso di abitudine lo confortava; anche se Francia era " insopportabile", la sua presenza in quel momento rendeva sopportabile il tutto. I loro occhi si guardarono con apparente odio, ma entrambi sapevano che era solo una farsa, la loro commedia preferita. 

Cina guardò annoiato i due eterni nemici litigare, distolse lo sguardo e lo posò su America, era stato per tutta la sera particolarmente strano, non riusciva a capire che cosa voleva. Il suo sguardò accarezzò appena Russia che era intento a guardare quell'animato battibecco con un sorriso stampato sulle labbra. Gli mise una mano sul ginocchio da sotto il tavolo, Ivan si girò nella sua direzione e lo guardò incuriosito. Cina stava per parlargli quando America disse: " Allora volevo sapere una cosetta... " e dopo una pausa ad effetto: "state insieme? ".Tutti lo fissarono. Gli occhi di Alfred erano fissati su Ivan, Yao strinse la mano sulla sua gamba e disse: " Sì, ma non sono affari tuoi! " fu come tolgliersi un peso dal cuore, guardò con soddisfazione le loro faccie sorprese.
Forse fu solo una sua impressione ma vide come qualcosa di simile al dolore nelle iridi cerulee dell'  americano, o era amerezza? Non ne fu molto sicuro visto che quella misteriosa emozione scomparve così come era comparsa, in un battito di ciglia. 

America sorrise e poi si riempì la bocca di bistecca. Masticare lo distraeva, c'era una voce nella sua testa che  lo tormentava. Continuò a masticare e a masticare, si disse che non era una grande sorpresa, che infondo lo aveva sempre saputo a chi apparteneva il cuore del russo. 

Era soddisfatto, si sentiva un senso di vuoto nel petto, ma la missione era conclusa, aveva scoperto la verità. Stavano insieme.

Alzò con sforzo gli occhi del piatto, Russia non lo guardava, stava sorridendo a Yao che gli asciugava con un fazzolettino un angolo delle labbra in un gesto di tenera intimità. 

La cena continuò senza intoppi, America non fece altre domande, fece qualche battutina e la cosa finì lì. Anche Arthur e Francis avevano finito di stuzzicarsi e mangiavano tranquillamente. Cina e Russia scambiarono qualche parola con gli altri commensali, ma per il resto non successe nulla di clamoroso.

Finita la cena si scambiarono una stretta di mano e decisero di mettere una pietra sopra a quella faida. Cina avrebbe pagato per le ristruttarazioni della villa americana e America avrebbe risarcito i danni fatti al prezioso giardino. 

Cina e Russia si allontanarono per le strade newyorkesi mano nella mano.

Alfred si sentì il cuore sprofondare, osservò Francia e Inghilterra che stavano fumando tranquilli. America si scusò con Francia e trascinò Arthur in un angolo, doveva spiegarsi.

Una volta faccia a faccia Inghilterra gli disse sprezzante: " Allora cos'era tutta quella commedia!? " . L'americano gli strinse una mano sul braccio e disse amaramente: " Volevo solo vedere se stavano insieme e per chiederglielo avevo bisogno di una scusa, quindi ho inscenato questa cosa, scusa se non te ne ho parlato....ma non avresti mai accettato " e pensò ' e poi la tua faccia sbigottita è stata la cosa più divertente della serata'. Inghilterra lo guardò stupefatto e sbraitò: " Quindi era solo per quello!? Mi hai preso per il culo solo per il tuo fottuto interesse per il gossip!? " . America gli sorrise a mo' di scuse e disse: " Be' tu hai chiamato Francia, o sbaglio? Guarda che me ne sono accorto... ". Inghilterra divenne tutto rosso e disse:" Non dire stronzate, cretino! Come se potessi chiamare quella rana..." . 

Dietro di loro Francia li osservava divertito, guardò quei grandi grattacieli che si stagliavano in un notte fredda e senza Luna e pensò ' Non avrei mai pensato che Inghilterra avrebbe mai potuto inghiottire il suo orgoglio e chiamarmi nel momento del bisogno' sorrise soddisfatto, il ricordo della voce vulnerabile e bisognosa del suo inglese, gli scaldò il petto. 

Forse aveva delle speranze.

Note:

* 中國園林(Zhōngguó yuánlín):  è il giardino traduzionale cinese. Ha un carattere paesaggistico che si è evoluto nel corso di 3000 anni. Esso infatti ricrea un paesaggio in miniatura idealizzato e si propone di esprimere l'armonia che dovrebbe esistere fra l'uomo e la natura. È una delle parti più importanti della casa. 
Per approfondire su questo argomento: https://it.m.wikipedia.org/wiki/Giardino_cinese

Note dell' Autrice:

Salve a tutti! Sono finalmente riuscita a finire questo capitolo!! È un po' più lungo del solito spero che non sia stato troppo noiso.
In questo capitolo mi sono concentrata a far vedere il punto di vista di Inghilterra sulla sua relazione con Francia (anche gli tsundere hanno un cuore) ma la Fruk ha ancora un po' di strada da fare...

Ho anche scritto il capitolo 12.5, vorrei pubblicarlo come one shot di rating rosso, ma sono indecisa. Non ho mai scritto smut e non credo sia venuto decentemente
(╥﹏╥) . Fatemi sapere se siete interessati^^

Come sempre ringrazio tutti i lettori che continuano a leggere questo mappazzone 
(づ ̄ ³ ̄)づ) 

Fatemi sapere nelle recensioni cosa ne pensate della storia, i commenti mi rendono molto felice e mi stimolano a scrivere con passione!!^^

Alla prossimaヾ(❀╹◡╹)ノ~

 




 

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Capitolo 14
*** Un picnic sul lago ***



Capitolo 14: Un picnic sul lago

Veneziano osservò con gli occhi sgranati la scena davanti sé. Spagna era svenuto nella pozza del suo stesso sangue e Lovino era privo di sensi affianco a lui, il volto bianco come un lenzuolo. Si sentì tremare le gambe, il principio di un attacco di panico gli soffocò il petto. Un primo singhiozzo gli scappò dalle labbra, che stava succedendo? Cosa era successo a Spagna e al fratellone...? Distolse lo sguardo da quella scena e corse verso il telefono. Ormai stava piangendo a dirotto, tremiti gli attraversavano il corpo, afferrò con mani instabili il cellulare e chiamò l'unica persona su cui poteva contare.
.

Germania era finalmente tornato dal  lavoro, si sedette stancamente  sul divano e chiuse gli occhi. Non ebbe il tempo di rilassarsi che gli squilli del telefono lo riportarono alla realtà. Sospirò appena e rispose:

 " Pronto? "

Dall' altra parte della linea si sentirono singhiozzi incoerenti e una vocina disse in modo rotto:

 " L-Lud...ti pr-ego vie-nii....Spagna lui" un singhiozzo profondo interruppe la frase.
Spalancando gli occhi Germania disse preoccupato: " I-Italien? Stai bene??! Cosa è successo! "

L' italiano dopo un paio di respiri tremanti disse: " È-è successa una cosa, una cosa terribile...i-io, ti prego,  a-aiutami...non so cosa... " e riiniziò a piangere.

Germania si prese la testa fra le mani e disse in un tono autoritario ma gentile: " Italia, calmati. Prendi un respiro profondo e ritorna in te! Sarò subito da te" 

Veneziano lo implorò: " Ti prego vieni "

Germania lo rassicurò ancora una volta e si teletrasportò dall'Italiano. 
.

Ormai era buio, si ritrovò nel giardino della villa romana. Usò il telefono come torcia e notò i due corpi davanti alla porta di casa. Si pietricò. Vicino alle figure vi era Feliciano avvolto nell'appatoio che cercava di sentire il polso di Antonio. Appena vide la luce del cellulare, saltò in piedi e si gettò fra le braccia del tedesco.

Germania fu subito avvolto dall'odore di Veneziano, il suo corpicino tremava, scosso dai singhiozzi, tra le sue braccia. Ludwig gli accarezzò i capelli e cercò di calmarlo. Gli sollevò il viso e asciugò con il pollice le lacrime e gli disse: " Tranquillo, me ne occupo io" . Si tolse la giacca e gliela mise sulle spalle, poi andò ad occuparsi del ferito.

Aveva perso molto sangue, ma era vivo, solo svenuto. Aveva il polso debole e riportava delle ferite da arma da fuoco, nel cappotto vi era una pistola, era scarica. Lo prese in braccio, era pesante. Lo avrebbe portato in ospedale. Si girò verso Feliciano e disse: " Porto Spagna da un dottore, tu metti a letto tuo fratello, è solo svenuto " e aggiunse: " Appena le condizioni di Antonio si stabilizzano ti chiamo". Veneziano annuì in modo meccanico e guardò preoccupato il fratello, il suo volto era estremamente pallido.
.

Dopo che Germania se ne fu andato, Italia trasportò il fratello in salotto e lo mise sul divano. Aveva smesso di piangere e i tremori erano cessati, Ludwig era riuscito a confortarlo.  

Osservò il volto di Romano. Il suo viso addormentato si contorse improvvisamente in una smorfia di dolore e si svegliò urlando. Feliciano lo guardò spaventato, Lovino era ricoperto di sudore freddo e aveva con gli occhi ricolmi di lacrime, sussurrò: " S-spagna... " le sue labbra tremarono.  Dopo un paio di respiri affannosi, tornò in sé. Iniziò a guardarsi intorno spaesato e il suo sguardo incrociò quello sgranato del fratello. 

Si fissarono per un minuto in silenzio.
Romano disse a bassa voce: " Che è successo? "

Veneziano lo guardò preoccupato e disse incerto:'' Non so esattamente cosa è successo, ma quado sono uscito dalla doccia ho sentito delle urla e....ho trovato Spagna davanti casa. Era ferito e poi anche tu eri svenuto, e non sapevo cosa fare... " 
Il meridionale si morse un labbro e chiese con un filo di voce: " Lui dov'è ora... "

Feliciano si sedette vicino al fratello e gli prese una mano, disse: " Stai tranquillo, ho chiamato Germania e se ne è occupato lui, vedrai che andrà tutto bene".

In quel momento Lovino notò la giaccia del tedesco sopra le spalle del fratello, era ancora in accappatoio. Strinse la mano del fratellino, con il passare dei minuti era riuscito a calmarsi e a fare mente locale. Veneziano lo abbracciò e sussurro al suo orecchio: " Avevo così tanta paura, prima tu e adesso anche Spagna. Non ce la faccio a vedervi feriti... " la sua voce tremava. 

Romano strinse fra le braccia il fratellino e gli accarezzò i capelli in silenzio. Si ritrovava confortato in quell'abbraccio, non lo avrebbe mai ammesso davanti a qualcuno, ma quello che aveva appena visto lo aveva quasi fatto morire di paura. Si disse che  avrebbe dovuto sgridare lo spagnolo, come poteva fargli prendere un simile colpo?
.

Erano ormai le 22 quando ricevettero la telefonata di Germania. Li informava che Spagna si era svegliato dopo l'operazione, si trovava in un ospedale di Madrid.

Davanti alla porta della stanza in cui era ricoverato lo spagnolo trovarono Germania. Era visibilmente stanco. Romano si precipitò di fronte a lui e gli chiese a bruciapelo: "Come sta il bastardo?".
Ludwig lo fissò per alcuni istanti e disse:" I dottori hanno detto che ha riportato tre ferite da arma da fuoco e ha due costole rotte. Gli ho chiesto di spiegarsi e lui ha detto che non poteva farlo. Ha detto anche di non contattare il suo boss e Romano. " Lovino corrucciò le sopracciglia, il tedesco proseguì: " Ha detto che non vuole farti preoccupare e che non era sua intenzione piombare a casa tua, ma che è stato un errore. Allora io gli ho detto che era un po' tardi per quello e gli ho spiegato che sono stato io a portarlo all' ospedale perché Feliciano aveva un attacco di panico, mentre tu eri svenuto dallo shock".
Il volto di Lovino sbiancò, era evidente che non voleva assulatamente che questo dettaglio venisse rivelato allo spagnolo. Ludwig aggiunse: " Spagna allora si è fatto pallido e mi ha pregato di non farti entrare.... ". Romano avvampò di colpo e borbottò:" Quel bastardo... " poi a voce più alta: " Fammi entrare! ".  Germania sospirò e si fece da parte, non si sarebbe messo a litigare con il meridionale in quel momento, conosceva il suo carattere. 

Veneziano si avvicinò a Germania e gli sorrise debolmente, sussurrò:" Lasciamoli da soli, devono parlare" . Lo sguardo di Ludwig si ammorbidì e annuì. 
Romano entrò nella stanza.
.

Spagna osservò impietrito la porta che si spalancava e Lovino camminare nella sua direzione.  

Romano si sentì sprofondare, la camera gli parve improvvisamente più piccola e soffocante. Si era affacciato alla camera con sguardo sicuro e con un obiettivo in mente, ma appena vide gli occhi di Spagna e le sue ferite, si sentì vacillare.

Strinse i pugni sui fianchi e disse col tono più arrabbiato che riuscì a ricreare: " Che hai fatto, bastardo!? In che razza di casini ti sei cacciato stavolta!? " la sua voce tremava leggermente. 

Spagna richiuse le labbra che aveva aperto in consciamente, aveva continuato a fissare Romano come se si trattasse di un' apparizione. Tossicchiò e disse piano: " Scusa Lovi. Io...è stato Svizzera. È stato lui a ferirti quella sera. "  Non guardava Lovino negli occhi, stava fissando le coperte bianche. 

Romano si sentì andare a fuoco e allo stesso tempo raggelare. 

Antonio continuò il suo discorso: "Ho scoperto che il proiettile che ti ha colpito apparteneva a un'arma di manifattura svizzera. Allora sono andato da quel disgraziato per chiedergli spiegazioni " corrucciò le sopracciglia e disse con rabbia: " Quel bastardo ha detto che lo ha fatto per 'vendetta'. A quanto pare non gli è andato giù quello che hai detto su Austria." 
L'italiano strinse i pugni e chiese: " Perché sei andato da solo senza dirmi nulla dei tuoi sospetti? Tu... " il suo viso era un'insieme diverso di emozioni.  

Antonio lo guardò come trafitto, disse con franchezza: " Volevo vendicarti. Volevo vedere versato il sangue di colui che ti aveva ferito. "  

Romano iniziò a tremare e disse: " Stupido.... " si morse il labbro, : " T-tu....perché devi sempre comportarti in questo modo" la sua voce si incrinò. Pensò ' Perché devi sempre metterti in pericolo a causa mia!?'

Diede le spalle ad Antonio, i suoi occhi bruciarono, piccole lacrime iniziarono a sgorgare dalle sue ciglia.

Spagna si sentì spezzare il cuore, cosa aveva fatto? Lui voleva solo vendicare il suo querido...

Disse: " Ehi Lovi, scusa....davvero" allungò la mano e gli afferrò la camicia. Romano si girò di scatto e borbottò: " Lasciami stare bastardo" le lacrime gli solcavano il viso, aveva le guancie imporporate. 

Spagna tirò la camicia e si ritrovò ad abbracciare l'italiano. Gli accarezzò i capelli con il braccio sano e gli sussurrò all'orecchio: " Tu sei l'unica luce della mia vita, il mio dolore più grande è che ti venga fatto del male ". Romano sussurrò appena: " Stai zitto...scemo" aveva tutte le guancie rosse, chiuse gli occhi e si abbandonò fra quelle forti braccia, il cuore gli batteva all'impazzata.

Antonio gli baciò la fronte e continuò ad accarezzarlo. 

Romano passò il resto della nottata accanto a Spagna.

Antonio fu dimesso dopo due giorni dall'ospedale.
.

[Due settimane dopo]

Veneziano era disteso sul letto. Era un pomeriggio tranquillo e il Sole filtrava dalle finestre, i suoi raggi illuminarono un dipinto incompleto sul cavalletto. Feliciano osservò distratto il modo in cui la luce faceva risaltare le tonalità azzurre e blu impresse dal penello sulla tela. Abbracciò la giacca di Germania, gli aveva detto che poteva tenerla. Gli mancava terribilmente il tedesco, Ludwig era sempre occupato con il lavoro. Si alzò a sedere e fissò con più attenzione il quadro, ebbe un'idea. 

Nonostante fosse Ottobre inoltrato, quella era una settimana di particolare bel tempo. Inoltre si stava avvicinando il weekend, il che voleva dire che poteva invitare Germania a un picnic, magari potevano farlo vicino a un lago, dove il clima è più mite. Sorrise solo all'idea, prese il telefono.  Qualcosa però lo fece esitare, fissò la chat con Germania in modo pensieroso, e un possibile scenario si affacciò alla sua mente. Ludwig non voleva passare del tempo con lui e lo rifiutava. Questo pensiero lo fece quasi impazire. Si diede uno schiaffetto sulla guancia e pensò che forse se non erano solo loro due non lo avrebbe rifiutato. Gli venne in mente che avrebbe potuto invitare anche Gilbert, sicuramente il prussiano avrebbe trascinato il fratello all'appuntamento. Si disse tra sé e sé ' ma sarebbe strano in tre forse dovrei invitare anche Lovi..' . 

E così nacque il piano di quel "appuntamento" a quattro.

Chiamò il prussiano: " Ciao~" 

Prussia disse calorosamente: " Hallo, che bello sentirti Klein Italien (piccolo Italia) !! " 

Feliciano gli chiese: " Gilbert mi chiedevo che ne pensi se tu e Ludwig venite da me per un picnic questo weekend-"

Non ebbe neanche finito la frase che l'albino accettò entusiasta l'invito. 

Veneziano tirò un sospiro di sollievo, questa era stata la parte più facile...ora doveva convincere Lovino. Improvvisamente il suo piano non gli parve più così geniale, come avrebbe fatto a persuadere il fratello ad uscire con due tedeschi?

Andò in salotto e vide il fratello sonnecchiare sul divano. Decise che non era una buona idea svegliarlo e iniziò a cucinare uno dei  piatti preferiti di Lovino. 

Romano si svegliò circa un'ora dopo, trovò il fratello indaffarato in cucina. Si sedette al bancone, Veneziano gli sorrise e gli passò un cannolo. Lovino lo mangiò e pensò ' perché cucina il mio cibo? gli ho detto mille volte che ci vuole più zucchero...'.

Dopo che Romano ebbe svuotato mezza teglia, Feliciano chiese a bruciapelo: " Mi chiedevo, questo weekend perché non andiamo a fare un picnic insieme? ". Il maggiore lo guardò scettico, Veneziano disse:" Sai c'è bel tempo, volevo farlo lungo il lago...e poi...ci saranno anche Lud e Gilbert e sarebbe un po' strano in tre, quindi.... " Romano per poco non si strozzò con un cannolo. 

Strabuzzò gli occhi, e dopo aver ingoiato il resto del dolce, gridò allibito: " COSA!?'' 

Feliciano si grattò la testa e disse piano: " Ve, te lo chiedo come favore, ti prego" 

Romano disse : " Stai scherzando, vero? Io, con quei crucchi!? Mai nella vita, scordatelo! Ma ti sei bevuto il cervello...Io-" la sua indignazione scemò una volta che ebbe incontranto lo sguardo bastonato del fratello, sembrava un cane abbandonato. Veneziano gli afferrò le spalle e avvicinò il volto al suo, lo supplicò : " Ti prego Lovi, solo questo favore! Farò io il tuo lavoro per un mese, mi occuperò di tutto, tu devi solo venire".

Romano allontanò lo sguardo da quegli occhioni supplicanti, sospirò amaramente e disse: " Va bene, ma devi lavorare al mio posto pe tre mesi!". Feliciano lo abbracciò felice.
.

[Al lago]

Veneziano osservò quell'ampia distesa d'acqua dolce. Il sole pomeridiano era leggermente oscurato dalle nuvole, Feliciano le guardò scettico, il meteo aveva dato soleggiato.

Si era piazzato accanto alla riva e aveva steso un lenzuolo a quadri, stava aspettando gli ospiti. Romano era seduto  e si era messo a tirare fuori dal cestino di vimini le diverse pietanze e le vettovaglie.
 
Il settentrionale vide due figure avvicinarsi, alzò il braccio e li salutò. Avevano anche portato i loro cani. Blackie, Berlitz e Aster corsero ad accogliere Feliciano. L'italiano si inginocchiò per terra e iniziò ad accarezzare i tre cagnoloni, che avevano preso a saltargli intorno e a scondizolare festanti. Germania e Prussia li raggiunsero. Veneziano sorrise raggiante ad entrambi e li salutò. Romano che era intento ad ingozzarsi con un tramezzino sussultò quando vide l'arrivo dei tedeschi, ma sopratutto dei cani. Si irrigidì, la paura gli gelò il sangue nelle vene. Berlitz, il doberman, si avvicinò a Lovino e iniziò a sbavare davanti al tramezzino, il meridionale si tirò in piedi con uno scatto improvviso e disse: " Legate i vostri cani, mangiapatate! " . Gilbert sorrise sprezzante e rispose: " Ciao anche a te! " disse  poi a Veneziano: " Feli, dovevi proprio invitare anche lui? " Germania gli diede una gomitata. Feliciano gli sorrise e disse: " Perché non iniziamo a mangiare, ho preparato un sacco di cose~" . Ludwig disse: " Non volevamo lasciare i cani a casa da soli, quindi abbiamo deciso di portarli con noi, spero non vi dispiaccia? " . I due italiani risposero all'inisono:

 " No, non è un problema"

 " Sì, che mi da fastidio bastardo!!"

Si guardarono, Lovino aveva un cipiglio arrabbiato, tutto il suo corpo era teso; Feliciano aveva un'espressione confusa, iniziò a pentirsi di essersi portato dietro il fratello. 

Gilbert scoppiò a ridere in quella sua aspra risata e disse accarezzando Blackie, il pastore tedesco: " Ma perché dici così? I miei cagnoloni sono così adorabili, non sono mica aggressivi" la sua mano passò nel manto della sua fida compagna. Si sedettero sul lenzuolo. Aster, il golden retriever aveva poggiato il muso sulle gambe di Feliciano, mentre Berlitz stava accucciato accanto a Ludwig. Romano non rispose e iniziò a mangiare una fetta di crostata. 

Veneziano guardò attentamente Germania, si era vestito in modo sportivo, un look casual che raramente  mostrava. Feliciano sentì il suo cuore battere più forte, era così bello. 

Feliciano accarezzò la testa del golden retriver e disse a Ludwig: " Sono felice che siete venuti, è da tanto che non passiamo del tempo così, forse la prossima volta dovremmo invitare Kiku" . Il tedesco gli regalò un piccolo sorriso, gentile, e annuì. Italia si sentì arrossire, tolse la mano dal pelo fulvo del cane e la allungò lungo la tovaglia, la poggiò su quella del tedesco. Gli si avvicinò e gli chiese: " Vuoi assaggiare la mia frittata di pasta? " .

Germania fremette per qualche secondo, la mano calda di Italia era poggiata sulla sua, il suo viso così vicino era così luminoso, accesso da quel sorriso così gentile e caldo. Il calore si propagò dalle loro mani giunte e gli spolverò le guancie di rosa, annuì. Le reazioni dell' italiano non smettevano mai di stupirlo, si illuminò tutto e iniziò a tagliargli una fetta di frittata. Ludwig non avrebbe mai capito la Nazione mediterranea, era sempre così solare e gioioso, sorrideva per tutto e i suoi occhi conservavano ancora il candore e l'innocenza di un bambino, almeno così gli pareva.  Germania assaggiò la fetta era molto buona, ogni cosa che usciva da quelle mani era deliziosa. Stava per fargli i complimenti, quando il fratello accanto a lui disse: " E al magnifico me ,Feli, non la offri una fetta di frittata? " . L'italiano rispose gioioso: " Certo, Gil! Tieni~! " e gliene porse un pezzo. Prussia lo prese e gli disse: " Danke! " .

Romano era in disparte, e osservava di sottecchi il fratello che interagiva con quei crucchi. Era stata una pessima idea accettare l'invito! Lovino aveva una particolare paura dei cani di grossa taglia, e quei sacchi di pulci non facevano altro che girargli intorno, facendogli salire l'ansia a mille.  

Veneziano guardò il cielo, si stava annuvolando. Disse: " Ragazzi, volete fare un giro in barca? C'è ne è una un po' più in là... " . Prussia guardò il fratello e Lovino , disse: " West, perché non vai con Feli a farti un giro? Io e Lovi rimaniamo qua a mangiarci tutto il cibo" . Ludwig sussultò e guardò in modo interrogativo il fratello, Gilbert aggiunse in tedesco: " Così potete stare da soli [so können Sie allein sein]" . Germania distolse lo sguardo dal ghigno del fratello e guardò Feliciano che lo stava fissando con aspettativa. Arrossì leggermente e annuì.
.

Romano guardò con orrore quei due allontarsi da soli, adesso doveva subire il supplizio di stare da solo con quel bastardo megalomane. Aster e Berlitz gli si avvicinarono, Romano imprecò tra i denti. Disse: " Non puoi legarli?! ". Prussia lo guardò sorpreso e chiese:" Hai paura? " . Romano rispose velocemente: " Certo che no bastardo! " . Il prussiano assottigliò lo sguardo, ma non disse nulla. Gli si avvicinò e disse: " Come va tra te e Antonio? Ho saputo quello che è successo con Svizzera, me ne ha parlato mio fratello... ". Romano lo fissò sorpreso, pensò 'ecco cosa succede a raccontare le cose a Feliciano'. Il viso di Gilbert si fece più vicino e gli disse: "Allora? ", i suoi occhi erano due sfere incandescenti che lo trafiggevano da parte a parte. Romano si ritrovò come spoglio di fronte a quello sguardo ipnotico. Chiuse gli occhi e sputò: " Non sono affari tuoi, bastardo! ". La risata ironica dell'albino gli fece riaprire gli occhi, lo fissava con rabbia trattenuta, ringhiò:" Certo che mi riguarda! Il mio amico continua a fare il pazzo a causa tua, e tu che fai ? " . Romano sentì la vena sulla sua testa ingrossarsi e gridò: " No che non ti riguarda!! Che faccio, mi chiedi!? Io non faccio un bel niente, quel cretino fa le cose che fa da solo, io non c'entro! Cosa dovrei fare secondo te!? " aveva iniziato a gesticolare. La risposta del prussiano arrivò glaciale: " Non illuderlo, forse? "

Romano spalancò gli occhi e disse: " Eh, illuderlo!? Ma sei scemo, quando mai lo avrei fatto!? " . 

Gilbert disse: " È da quando è stato dimesso dall'ospedale, cioè due fottutissime settimane, che Spagna continua a girarti intorno! Sai, va da te, ogni singolo giorno, e poi quando torna non fa altro che parlare con me e Francis di quanto tu sia carino, e di come tu sia diventato più affettuoso ecc ecc!! Due settimane, capisci!? Se continua così impazzirò!".

L'italiano lo guardò male e rispose: " Quindi sei solo irritato perché parla solo di me? " I loro sguardi tesi si incrociarono.

La tensione si spezzò quando Aster poggiò la testa sulle gambe di Lovino, l'italiano si lasciò sfuggire un gemito di orrore, sbiancò. Sul volto  del prussiano si dipinse un sorriso malizioso, disse: " Avevi detto che non avevi paura, allora perché tremi? ". Romano era troppo occupato a non dare di matto per ascoltarlo. 

Prussia afferrò la mano di Lovino e disse:" Perché non provi ad accarezzarlo? Non ti fa male.. " . 

Romano gli diede un schiaffo e staccò la sua mano dalla sua. Il cane poggiato sulle sue gambe alzò la testa all'improvviso rumore e andò a leccare la gamba del padrone. Gilbert si portò la mano alla guancia colpita e disse: " Be' se ti comporti così... ".  Disse qualcosa in tedesco e Blackie e Berlitz si scagliarono contro Romano.
.

Veneziano e Germania camminarono verso la sponda del lago dove li aspettava una piccola imbarcazione a remi. Feliciano prese la mano di Ludwig e lo trascinò lungo la strada, camminando all' ombra degli alberi. A un certo punto si fermò, si chinò a terra e indicò dei fiori disse: " Guarda Lud, sono delle viole del pensiero" gli sorrise " sono quelle di cui parlava Shakespeare! " accerezzò dolcemente qualche petalo e si ritirò in piedi. Gli sorrise e disse: " I fiori autunnali sono così belli, anche se non fa più così caldo, loro fioriscono ancora in questo periodo portando un po' di colore e allegria" . Germania non fece altro che annuire. Feliciano era estremamemte incantevole, aveva iniziato a parlare di fiori con quella sua  voce allegra e melodica. 

Arrivarono alla barca e vi salirono, Ludwig prese entrambi i remi e iniziò a remare. Feliciano gli spiegò che quella barchetta era sua e che quel lago era uno dei suoi posti preferiti per questo la teneva lì. Li aveva portati infatti in un posto secluso, solo un piccolo villaggio si trovava alle sponde del laghetto. Veneziano prese coraggio e iniziò a parlare: " Vedi, Ludwig, vi ho invitati a questo picnic, ma in realtà volevo passare del tempo con te" le sue guancie si imporporarono: " È da un po' che non usciamo insieme, l'ultima volta il pranzo è stato breve e mi sono anche sporcato la camicia... " si fermò, ripensare al loro ultimo appuntamento lo rese triste. Germania disse: " Oh, capisco. Scusa Italien, ma sai che sono molto impegnato con il lavoro. A proposito dovevo parlarti del tuo debito-" . Feliciano gli mise un dito sulle labbra per zittirlo e disse: " Ve, non parlare di lavoro, Lud" i suoi occhi erano tristi. Germania sgranò gli occhi, si rese conto di essere stato insensibile, prese delicatamente il polso dell'italiano e lo spostò dalle sue labbra, disse piano: " Mi dispiace" . Feliciano gli prese la mano, fece scivolare le dita fra le sue, intrecciandole. Veneziano gli sorrise, un silenzio piacievole si venne a creare fra di loro, solo il suono delle onde e il frusciare del vento tra le fronde lo disturbava. Era come se fossero rimasti solo loro due al mondo. Una foglia trascinata dal vento si depositò sui capelli dell'italiano, Ludwig allungò l'altra mano e la tolse, per farlo si era avvicinato col busto, si ritrovarono a fissarsi negli occhi. 

Feliciano si sentì mancare il fiato, erano così vicini. Era come alla festa, Veneziano si sentì andare a fuoco, voleva baciare così tanto quelle labbra, che qualcosa dentro sì sé faceva male. Germania, come sotto un incantesimo, accarezzò con mano tremante la guancia dell'italiano e avvicinò ancora di più il suo viso  a quello dell'altro.
Vennero interrotti da delle urla.

Ludwig tolse velocemente la mano dal suo viso e si allontanò, piegò il capo dall'altro lato, le guancie e il collo arrossati. Feliciano si toccò il cuore, batteva così forte che credeva che l'altro se ne fosse accorto. Guardò in basso, gli occhi erano lucidi e le guancie erano in fiamme. Cosa era successo?

Non ebbe tempo di metabolizzarlo, che il tedesco li stava riportando a riva, stava dicendo qualcosa, ma le sue parole gli arrivavano distanti, come se fosse sott'acqua.
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Gilbert osservò divertito la scena davanti ai suoi occhi. L'italiano stava urlando, impanicato, e scalciava, mentre i suoi cani lo tenevano a terra. Più si agitava e più i cani abbaiavano, ben presto divennero aggrassivi e iniziarono a morderlo. Prussia non si mosse. C'era qualcosa di sadico nel suo sguardo, ma infondo era colpa di quel bastardo se manco un mese prima Antonio gli aveva ficcato del piombo nella rotula, non era ancora del tutto guarito. 

Uscì dal suo stato trasognato quando sentì le urla di suo fratello e di Feliciano. I cani si fermarono non appena Ludwig li richiamò con severità.

Romano era distrutto. Era steso terra, ansante, le lacrime rigavano il suo viso, diversi morsi gli aveveno lacerato gli abiti e dilaniato le carni. Più che il dolore, era il panico che lo schiacciava a terra, si sentiva soffocare.   

Feliciano si avvicinò al fratello, disse: " L-Lovi... " gli mise una mano sulla spalla. Gli occhi di Romano si fermarono sul viso preoccupato del fratello, si passò una mano sulla faccia e asciugò le lacrime. Si tirò lentamente in piedi, la gamba sinistra era  ferita, zoppicò in avanti, il fratello gli passò una mano dietro la schiena e lo sorresse. Romano si lasciò sfuggire un gemito di dolore. 

Germani gridò arrabbiato al fratello: " Gilbert, che cavolo facevi!? Che è successo!! " Prussia sollevvò le mani e disse: " Non ho fatto niente, i cani volevano solo giocare, Lovino si è agitato e le cose sono precipitate, lo avrei aiutato... " una goccia di sudore gli scese lungo la tempia, gli sguardi di Feliciano e di Ludwig erano come coltelli che lo inchiodavano a terra. Distolse lo sguardo e disse: " Mi dispiace, ok? " . 

Romano lo guardò malissimo e disse: " Avevi detto che non erano aggressivi! " il suo corpo tremava. 

Feliciano guardò preoccupato il fratello, e gli disse: " Dovremmo andare a casa... " 

Romano disse: " Me  ne vado da solo, ma prima... " si avvicinò a Prussia zoppicando, gli mise una mano sulla  spalla e gli tirò un calcio sul ginocchio con quanta forza aveva in corpo.  

Il prussiano sbiancò e precipitò a terra con un urlo strozzato. Si toccò la gamba ferita, la sua fronte si bagnò di sudore freddo, lo aveva colpito nel ginocchio malato. 

Germania e Veneziano guardarono allarmati la scena, Ludwig si precipitò al fianco del fratello. Lovino sputò a terra e poi si girò a incenerire con lo sguardo il fratellino, abbaiò: " Giuro che non esco mai più con te! " . Feliciano osservò sperduto il fratello, prima che potesse dirgli qualcosa era scomparso utilizzando la via. 

Germania tirò in piedi il fratello e guardò preoccupato il settentrionale. Veneziano gli sorrise e disse: " Mi dispiace per quello che è successo! Ve, possiamo considerato questo picnic come finito! " teneva gli occhi chiusi, se gli avesse aperti si sarebbe sicuramente messo a piangere. 

Prussia disse: " No, non preoccuparti, un po' me la sono cercata" Ludwig lo guardò male, avrebbe dovuto fargli un discorsetto su come non far attaccare le persone dai cani. 

Si salutarono e se ne andarono.

 Rimaso solo, Feliciano fissò tristemente la tovaglia e le pietanze sparpagliate, nella colluttazione la sua frittata di pasta era finita nell'erba. Iniziò a raccogliere gli avanzi, si sentì pizzicare gli occhi. Ripensò a tutto quello che era successo, si sentì invadere dalla tristezza. Alzò lo sguardo al cielo, una prima goccia di pioggia gli colpì il viso, anche lui voleva piangere. Un singhiozzo uscì pietosamente dalle sue labbra tremanti, si afferrò il petto, perché andava sempre a finire così? Era felice di essere amico con Ludwig, ma lo amava così tanto che a volte faceva troppo male, voleva stringerlo a sé e baciarlo, ma c'erano certi confini che non potevano essere valicati.

Si strinse nelle spalle, la schiena venne sconquassata dai singhiozzi, il cielo continuò a piangere insieme a lui.


Note dell'Autrice:

Salve a tutti! 

È stato un capitolo più lungo del solito, è diviso essenzialmente in due, la prima parte ci mostra che fine a fatto Anto', la seconda è un picnic finito male...(Mai portare Romano ad un appuntamento!!)
Fatemi sapere nei commenti cosa ne pensate~! Sono sempre felice di leggere le recensioni^^

Alla prossima ヾ(❀╹◡╹)ノ~.  


 


 



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Capitolo 15
*** In vino veritas ***



Capitolo 15: In Vino Veritas 

Romano rientrò in casa distrutto. Si buttò sul letto e lasciò uscire un sospiro tremante, si coprì il volto con le mani. Era un coglione, o meglio si era fatto prendere per i fondelli da quel maledetto prussiano. 

Si alzò stancamente in piedi e andò in bagno. Aprì il cassetto dei medicinali, e dopo essersi spogliato iniziò a medicarsi. Sperò con tutto il cuore che quei cani pulciosi non avessero la rabbia. Si ricordò che quando era piccolo e si sbucciava le ginocchia era quel bastardo mangia pomodori a medicargli le ferite. Arrossì e si arrabbiò con se stesso, perché doveva pensare sempre a lui? Eppure si ricordava anche che lo spagnolo si era molte volte fatto male nel tentativo di proteggerlo, ed era allora il suo turno di curare il bastardo sorridente. Fissò lo straccio sporco di sangue, chiuse gli occhi, non poteva dimenticare Antonio svenuto davanti alla sua porta di casa.
Sentì il campanello nella porta suonare e aprì gli occhi allarmato. Feliciano non avrebbe suonato, quindi chi era?

Si mise addosso una vestaglia e si diresse verso la porta, se erano i testimoni di geova gli avrebbe mandati a fanculo. Aprì la porta e rimase di stucco. Chi altri poteva essere se non Spagna?

Antonio gli sorrise radioso e disse:" Hola, Lovi~", le sue labbra si appiattirono quando notò  in che stato era Romano. I capelli spettinati, il viso pallido, gli occhi arrossati, erano bende quelle che spuntavano da sotto la vestaglia? Disse preoccupato: " È successo qualcosa? Come stai? ". Romano sospirò e disse seccato:" Nulla, perché sei venuto? ". Antonio gli rispose tranquillamente:" Volevo fare un salto da te, sei occupato? ". L'italiano si morse il labbro inferiore, Spagna gli stava facendo gli occhi dolci, si mandò mentalmente al diavolo e disse: " Entra! " .

Si sedettero sul divano, Lovino si pentiva già di averlo fatto entrare, Spagna gli aveva portato delle rose. Erano nove rose rosse, le guardò scettico, Antonio gli disse che erano solo un pensierino. Si alzò dal divano e gli disse: " Senti vado a preparare qualcosa da mangiare, tu resta qui". Spagna notò che nel tragitto dal salotto alla cucina Lovino zoppicava, la caviglia era fasciata. 
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Romano iniziò a trafficare in cucina, Feliciano per preparare quel dannato picnic gli aveva svaligiato il frigo. Afferrò due bottiglie di vino rosso e un paio di bicchieri, delle olive, del formaggio e del pane. Lui non aveva particolamente fame, alzò le  spalle.

Tornato in salotto, Antonio lo guardò con tanto d'occhi. Aveva qualcosa in faccia? Prima che potesse parlargli, lo spagnolo gli chiese: " Lovi, prima stavi zoppicando, è accaduto qualcosa? "  Romano arrossì e disse: " Non parliamone, perché invece non beviamo un po' di vino? ". 

Antonio stette zitto, allungò il braccio e stappò la bottiglia. Riempì due bicchieri e bevvero in silenzio. Romano si rilassò visibilmente non appena ebbe assaggiato quel nettare, il sapore del mosto gli bagnò la gola. Dopo due bicchieri si fece allegro e iniziò a raccontare allo spagnolo del picnic. 

" Sai che quel deficiente di mio fratello mi ha portato a un picnic ? Ma non è questo il brutto, il fatto è che c'erano quelle due patate marcie e i loro cagnacci" Spagna gli versò altro vino e iniziò a chiedergli i dettagli, forse poteva finalmente sapere cos'era successo. 

Come si dice 'in vino veritas' , la verità venne a galla. Spagna lo fissò interdetto, il suo viso arrossato dall 'alcol, sbiancò di sgomento per poi riaccendersì di rabbia, gridò: " COSA!? Gilbert ha..!? " non terminò la frase, strinse i denti. 

Ma le labbra di Lovino non avevano ancora terminato, mise una mano sopra il pugno contratto dello spagnolo e disse con voce strascinata: " Non tentare di fare nulla, capito? " .

Lo spagnolo lo guardò interdetto, ribatté: " M-ma Lovi, ti ha fatto attaccare dai cani...I-io" , Romano gli mise una mano sulla bocca zittendolo. 

Spagna spalancò gli occhi, Lovino lo fissò con gli occhi ardenti e disse: " Non osare più  farti del male per me, o  fare del male per il mio bene, hai capito? Non ricordi forse che anche Svizzera mi ha ferito per " vendetta "!? Il sangue chiama altro sangue, e io non posso più vederlo" i suoi occhi erano due specchi aperti sulla sua anima, sussurrò: " Non posso più vederti ferito". 
 
Spagna sentì il cuore nel suo petto fare una capriola, afferrò la mano di Romano e la staccò dalle sue labbra con facilità, gli diede un bacio sul dorso della mano. Si avvicinò all'italiano che lo fissava con occhi sgranati, rosso in viso, e lo avvolse il un forte abbraccio, si sentì riempire di un'immensa felicità, un sorriso emozionato gli incurvava le labbra. Romano ricambiò l' abbracciò, poggiò la testa nell'incavo della sua spalla e gli strinse la schiena.  

Antonio gli baciò l'orecchio e disse piano: " Lovino, sei così dolce e carino" Romano sembrò tornare in sé e si staccò dall'abbraccio, era tutto rosso. Spagna rise, gli prese le guancie e disse dolcemente: " Sembri un piccolo pomodoro~" . 

Lovino chiuse gli occhi imbarazzato e sussurrò: " Stai zitto.. " il suo cuore batteva a mille, Antonio lo guardava con uno sguardo dolce, pieno di tenerezza. 

Spagna si chinò verso di lui e gli baciò la fronte, Romano aprì piano gli occhi, si sentiva al sicuro fra le braccia di Antonio.  Non sentiva l'imbarazzo  e la ritrosia che avrebbe provato di solito in quelle situazioni, l'alcol  che scorreva piacevolmente nelle sue vene aveva sciolto quella parete di ghiaccio intorno al suo cuore. 

Guardò intensamente lo spagnolo e gli chiese: " Perché ti comporti sempre così? " il suo tono era vulnerabile quasi piagnucolante. Antonio lo guardò interrogativamente, il tono di Lovino esplose: " Perché continui ad amarmi!? Un pezzo di merda come me non ti merita...t-tu" la sua voce morì spezzata in gola.   

Spagna spalancò gli occhi e impallidì, guardò preoccupato l' italiano che teneva ostinatamente lo sguardo a terra. Gli prese il viso fra le mani e cercò i suoi occhi, disse tristemente: " Oh Lovi, come puoi chiedermelo!? Certo che ti amo, te l'ho già detto, mi corazón, e continuerò ad amarti sempre perché sei la persona più importante per me" . Romano si sentì mancare il fiato, era importante per qualcuno? Lo guardò con interesse; Antonio  continuò imperterrimo: " Come puoi parlare così male di te stesso? Sei così prezioso e bello, non riesci neanche a immaginare quanto tu spenda. In ogni momento sei la luce della mia vita e molto tempo fa mi sono promesso che se non ti potevo avere, ti avrei protetto. " . Romano aveva iniziato a piangere, Antonio gli asciugò col pollice una lacrima furtiva e sussurrò: " So che sei molto duro con te stesso, che a volte ti odi. Dentro di te si nasconde un'anima gentile e passionale, ma la nascondi agli occhi degl'altri perché hai paura di venire ferito. Ma con me non devi nasconderti come una piccola tartarughina, Lovino guardami negli occhi.. " l'italiano fissò i suoi occhi umidi in quei pozzi color smeraldo e per la prima volta nella sua vita si rese conto con lampante chiarezza di quanto fosse amato, Antonio era sincero. Il suo sguardo intenso gli fece tremare il cuore, una incontenibile sensazione di calore gli scaldò il petto. Spagna poggiò la fronte sulla sua e disse seriamente: " Ci sarò sempre per te "  il suo fiato caldo e profumato di vino gli accarezzò le labbra. 

Romano non era bravo con le parole, ma fece fare al proprio istinto, per una volta seguì il cuore. 

Passò una mano fra i capelli color nocciola dello spagnolo e congiunse le loro labbra chiudendo gli occhi. Una scossa di elettricità gli attraversò la pelle, Spagna sussultò dallo shock sotto il suo contatto, ma ben presto iniziò ad assaporare le sue labbra.  Romano si sentì andare a fuoco, quella scintilla che lo aveva fatto fremere poco prima aveva innescato un incendio che lo bruciava senza pietà, ma si sentiva bene, si sentiva vivo. Le labbra si cercavano affamate, da quanto lo aveva voluto? Da quanto si ingannava? Perché lo aveva sempre riufiutato?

Si sentì gli occhi di nuovo caldi, e lo strinse più forte a sé, aprì le labbra e accolse il calore dello spagnolo. 

Spagna avvolse un braccio intorno alle spalle di Romano e lo strinse più vicino a sé, si attaccò alle sue labbra come un assetato, il mondo aveva cessato di esistere nell'istante in cui Romano lo aveva baciato, tutto quello che esisteva erano loro due in quel momento. 

Romano separò le loro labbra per riprendere fiato, lo guardò con le guancie infuocate, le labbra lucide di saliva e gli occhi dillatati. 

Nella stanza si potevano sentire soltanto i loro respiri accelerati.  
Spagna sussurrò: " L-lovi tu... "

Romano disse in un sospiro: " Ti amo" . 

Antonio lo guardò pietrificato con espressione attonita. 

Lovino disse velocemente: " avevi ragione, ok, nascondo i miei sentinimenti...io provo questo per te da m-molto, ma.. " si confuse arrossendo e continuò smangiucchiandosi le parole: " ecco tu dici che sono così bello, prezioso, importante...eppure io ho sempre creduto di non meritarti. Tu sei sempre stato vicino a me e-e io ti ho..." la sua voce tremò " t-ti ho sempre rifiutato malamente, ma tu sei sempre rimasto al mio fianco... " strinse i pugni e disse frustrato: " e io mi chiedevo perché tu rimanevi, perché ti importava di una persona insulsa come me...e..e".

Antonio si sciolse da suo iniziale stupore, e dopo aver ascoltato allibito tutto quel discorso, abbracciò Lovino e fu lui a sorprenderlo con un bacio. 

Romano si attaccò alle sue labbra come se si trattasse di un' ancora, si sentì al sicuro e si lasciò scogliere da quel calore. Fu Antonio a interrompere il contatto per primo, gli prese il viso con una mano e scostò delicatamente con l 'altra la frangetta, ammirò teneramente il suo  dolce Lovino, si sentiva pervadere da una felicità euforica. Era ricambiato, anche il suo querido lo voleva. Gli baciò la fronte e disse: " Mi amor, te amo desde el fondo de mi corazón [amore mio, ti amo dal profondo del mio cuore] "  aggiunse " Ti amerò sempre e sarai per me sempre l'unico" suggellò quella promessa con un dolce bacio a stampo. 

Romano si sentiva il petto scoppiare, lo aveva davvero fatto, si era confessato! Tutte quelle paure e insicurezze che lo avevano frenato sparirono come neve al Sole. Poggiò la testa sul suo petto e lo abbracciò, ben presto le braccia dello spagnolo lo circondarono, si abbandonò a quella bolla di calore e sicurezza. Sussurrò sulla spalla dell' altro un muto 'anch'io'.
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Veneziano si alzò in piedi e lasciò che la pioggia lavasse via le ultime lacrime. Si sentiva come svuotato, aveva freddo. Una volta rimesso tutto nel cesto di vimini, si decise ad andare a casa. L'autunno aveva iniziato a mostrare i propri colori, una raffica di vento gelido lo colpì. Si chiese se era proprio una buona idea tornare a casa, Lovino era arrabbiato, ma era anche ferito. Decise di andare da Francia, sicuramente lo avrebbe tirato su di morale. 
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Francis era steso mollemente sul sofà e stava degustando un buon bicchiere del suo vino. Il sapore corposo del liquido rossastro gli diede immediatamente sollievo, quella settimana era stata particolarmemte stressante. Corrucciò le fini sopracciglia e pensò che era tutta colpa di quel bruco inglese. Dopo la cena a Newyork, Arthur aveva smesso nuovamente di frequentarlo, come se avesse messo su un muro. Francis era rimasto soddisfatto della serata, aveva potuto vedere una versione più sincera e vulnerabile del britannico e aveva capito che forse aveva ancora qualche carta fa giocare e che la partita non era vinta. Eppure quel bastardo prima gli dava speranze e poi faceva finta di niente e lo ignorava, prese un lungo sorso.

Pensò ' forse devo farlo ingelosire? O magari devo cercare di portarlo a un appuntamento romantico' si accarezzò con fare pensoso la barba.  

I suoi pensieri vennero interrotti dallo squillo del campanello. Poggiò sul tavolino il bicchiere e si diresse verso la porta.

Non appana la aprì il suo viso si contorse in un'espressione sbigottita. Dall'altra parte della soglia si trovava infatti Veneziano, bagnato fradicio, con gli occhi tutti arrossati e l'aria distrutta. Sembrava un piccolo pulcino bagnato.  

Riscossosi dal suo iniziale stupore disse: " Italie? Entra pure" e lo fece accomodare. L'italiano non disse nulla e abbracciò il francese. 

Francis guardò il corpo tremante stretto a sé, i singhiozzi gli piegavano la schiena e oltre all'umidità fredda dei vestiti bagnati contro il suo corpo si aggiunse la sensazione calda delle lacrime sulla sua spalla. Un soffio di compassione gli avvolse il cuore, accarezzò le sue spalle e disse: " Su, cher, che c'è? " . Lo staccò delicatamente e gli  diede il suo fazzoletto. Disse delicatamente: " Dai vieni in salotto, ti offro un bicchiere di vino e parliamo, va bene? " . L'italiano di passò il fazzoletto sugli occhi e dopo essersi soffiato rumorosamente il naso annuì. 

Si sedettero nello spazioso salotto, una bottiglia e un calice mezzo pieno di vino troneggiavano su un tavolino. Veneziano si strinse nelle spalle e disse con voce ancora impastata dalle lacrime: " G-grazie, Io...io non volevo disturbart-ti, ma... " si premette il fazzoletto sulle labbra tremanti e trattenne un singhiozzo. 

Francia guardò allarmato l'italiano, notò la pozza d'acqua che si stava allargando attorno al settentrionale, disse: " Italie sei completamente fradici! Dove sei stato? Prima di dirmelo devi cambiarti o prenderai un raffreddore! " Francis si alzò di scatto e andò in camera sua, disse a voce alta dall'altra stanza: " Ti porto degli asciugamani e dei vestiti, tu spogliati!". 

Tornato notò l'italiano che si era alzato e che guardava in modo vacuo la macchia sul divano, lo sguardo perso nel vuoto e spento così diverso dai suoi soliti occhi gioiosi ; la preoccupazione del francese non fece altro che aumentare.

 Poggiò i vestiti sul divano e prese le spalle dell'italiano, quest'utimo sobbalzò sorpreso e ritornò in sé, balbettò: " S-scusa per il divano, l'ho macchiato e..e che pioveva e.. " iniziò ad agitarsi. Francia gli strise in modo rassicurante una spalla da sopra la camicia bagnata e disse: " Tranquillo, me lo spieghi dopo, ora cambiati" senza dargli il tempo di rispondere iniziò a sbottonargli i primi bottoni della camicia. Le guancie di Feliciano si tinsero lievemente di rosa e disse a Francis che poteva farlo da solo, andò in bagno a cambiarsi. 

Nel mentre il francese andò a prendere un altro calice e a sistemare i cuscini, l'italiano aveva portato con sé un cesto di vimini e lo aveva poggiato sul pavimento. Seduto sul suo divano Francis cercò di ragionare sulla situazione. Dal suo punto di vista Veneziano era una persona che piangeva facilmente anche per motivi futili, ma quello sguardo....dentro di sé capì che si trattava di qualcosa di importante, affari di cuore?

Non ebbe tempo di soffermarsi sulle sue congettue perché ben presto venne raggiunto dall'italiano. Era molto più calmo e rilassato un tiepido sorriso gli solcava il viso. 

Si sedette vicino a lui e accettò facilmente un bicchiere di rosso, dopo un piccolo sorso disse: " Mi dispiace se ti ho fatto preoccupare, ero molto...agitato prima. Ti ringrazio per i vestiti " . Francis gli sorrise e bevve anche lui un po' di vino disse in modo gentile: " Non mi devi ringraziare! Mi sono molto preoccupato prima, se ti va puoi raccontarmi tutto". E così Veneziani gli raccontò tutto l'accaduto, l' esito disastroso del suo picnic e i suoi sentimenti contrastati per il tedesco. Francis ascoltava attentamente, una volta che la sua curiosità venne placata gli disse sorridendo: " Oh, Feli, sei venuto dalla persona giusta, non c'è nessuno meglio di me a dare consigli d'amore" il suo sorriso assunse un aspetto orgoglioso.   

Veneziano arrossì leggermente e chiese: " Pensi che abbia qualche speranza con Ludwig.....o credi sia meglio che rimaniamo migliori amici? " stava giocando con le dita con fare nervoso . Francis lo guardò come se avesse già capito tutto e sapesse perfettamente cosa fare. 

Gli prese una mano e disse: " Vedi, caro, l'amore è una questione complicata. Esistono diversi tipi di amore, ma quello fra Nazioni è particolarmente complesso. Possiamo amararci un giorno e farci la guerra il giorno dopo, ma questo non rende meno intensi i nostri sentimenti. A volte mi sono chiesto perché noi Nazioni abbiamo assunto un aspetto così umano, se siamo, in fin dei conti, solo la personificazione del nostro popolo e della nostra cultura alla mercé del volere del nostro governo e dei nostri capi. Fino a dove arriva il nostro libero arbitrio? Qual è il confine che mi separa da essere Francia la Nazione e Francis la persona? " sorrise melanconico e continuò con il suo monologo: " Credo che siamo stati creati con questa forma per ricordarci del nostro popolo, della nostra umanità e dei nostri sentimenti. Perché, ahimè, abbiamo sentimenti! Questo mio cuore si è spesso riempito d'amore e con tale esperienza ti darò un semplice consiglio. Potrà sembrarti banale ma ti dico: segui il tuo cuore! "   Feliciano spalancò gli occhi come se gli fosse stata rivelata la verità assoluta. Il francese continuò infervorato: " Sì sincero e ama, perché continuare a soffrire in questo modo è solo un delitto nei confronti dei tuoi sentimenti! Certo, non sei sicuro che Germania provi lo stesso per te e temi di poter essere rifiutato, ma sappi che a volte è meglio togliersi subito il dente che rimanere in un eterna e agonizzante attesa. Da quanto lo ami e da quanto questo confine che è l "amicizia" ti fa soffrire? Dalla tua espressione deduco "troppo". Ovviamente devi essere delicato e approcciarti nella maniera giusta, ma....da quello che ho visto in tutti questi anni, anche Germania potrebbe provare lo stesso per te! ". A quest'ultima affermazione Veneziano saltò su dal divano, le guancie arrossate e gli occhi che scintillavano. Sembrava che volesse dire qualcosa ma Francis lo zittì con gesto della mano e si avviò alla conclusione del suo discorso: " Infine ti dico che nell'amare ci vuole coraggio. Come dicevo prima siamo Nazioni, esseri strani, essenzialmente condanati alla solitudine. Ma se ci è concesso di amare, anche per un solo istante, allora dobbiamo farlo, anche se sarà solo un momento nell'eternità che continuerà a riecheggiare nella memoria. Dobbiamo farlo per noi, per il nostro cuore e perché quel momento potrebbe non ripresentarsi mai più e scomparire, negandoci il miele della vita che tanto cerchiamo. Perciò ama e si coraggioso! ".

 Queste ultime parole trafissero il cuore di Feliciano come una pugnalata. Si ricordò di Sacro Romano Impero , di come aveva passato il tempo a scappare da lui e di come aveva realizzato fin troppo tardi di amarlo, di come il loro primo bacio era stato anche l'ultimo. Si toccò il petto e pensò che per una volta doveva smettere di essere un codardo e di tirare fuori il coraggio. Doveva confessarsi e togliersi quel macigno dal petto, doveva essere onesto con Germania, anche se un suo rifiuto lo avrebbe distrutto. Non si sarebbe fatto scappare un'opportunità per una seconda volta!

Un sorriso genuino e grato gli incurvò dolcemente le labbra disse commosso:" Grazie Francis! Farò come mi hai detto, hai ragione per amare bisogna correre dei rischi, ma alla fine ne varrà la pena. " 

Francia sorrise e propose un brindisi all'Amore. I calici tintarrono nel salotto parigino, i raggi del tramonto fecero brillare il vetro dei bicchieri. 


Note dell'Autrice:

Salve a tutti !

Finalmente sono riuscita a finire il capitolo, ho avuto alcuni problemi di salute che mi hanno un po' rallentata...'^^.

È già i nostri pomodorini si sono messi insieme, proprio carucci, ma basta un po' di vino per sciogliere il cuore di uno tsundere e fargli mostrare i suoi veri colori ;-). 

Ringrazio tutti coloro che sono arrivati a questo punto! Fatemi sapere cosa ne pensate della storia nelle recensioni, mi rendono molto felice ^^

A Presto! ヾ(❀╹◡╹)ノ~ 

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Capitolo 16
*** La nazione dell'amore ***




Capitolo 16: La Nazione dell'Amore 

Francia guardò in modo contemplativo il suo bicchiere mezzo vuoto. Pensò con soddisfazione che era riuscito a far ritrovare un sorriso all'italiano, eppure una voce dentro la sua testa gli disse che "predicava bene ma razzolava male". Le labbra gli si piegarono leggermente all'ingiù, dava tanti consigli d'amore, ma alla fine lui con Inghilterra rimaneva sempre in una sorta di stallo.

Posò il bicchiere e si disse convinto che non poteva continuare a piangersi addosso ma doveva agire.  Prese il telefono e chiamò il suo inglese.

" Pronto? Chi è? "

 "Angleterre" il suo tono era serio.

Dall' altra parte della linea l'inglese disse sorpreso: " Francia? Cosa vuoi a quest'ora?" 

Il francese rispose "Voglio vederti" 

'Voglio te'

Arthur disse: " Sei ubriaco? "

Dalle labbra di Francia scappò una breve risata e replicò: " Non, non lo sono, ma anche se fosse? " 

Un lungo silenzio calò dall'altra parte. Si sentì un breve sospiro e finalmente Inghilterra disse: " Dove sei? "

Il francese non aspettava altro.  


Inghilterra si ritrovò seduto nel salotto del francese. Una bottiglia vuota era sul pavimento, mentre un'altra mezza piena si trovava sul tavolino accanto a due calici. Francis era steso tra i cuscini e lo guardava in modo strano. 

Arthur sospirò scocciato e disse: " Senti, frog, ora che sono venuto, mi dici che cos'hai? " . Il francese sembrò non prestargli la benché minima attenzione, i suoi occhi color zaffiro troppo intenti a studiarlo. Un sottile sopracciglio si alzò e Francis esordì con: " Ma che razza di cravatta è mai questa? Cher, hai bisogno di rinnovarti l'armadio, sei così fuorimoda! ". Una vena iniziò pulsare sulla tempia dell'inglese, le sue guancie si accesero di rosso e disse tra i denti: "Non incominciare cretino, io mi degno di stare dietro alle tue stronzate e tu inizi a insultarmi? " . Il francese gli rise in faccia e disse : " 'Stare dietro alle MIE stronzate?' e quando io sto dietro alle TUE!? Primo quello non era un insulto, la tua cravatta è davvero un obbrobrio, in secondo luogo ti ho chiamato perché dobbiamo parlare di noi! ".

 L'inglese sgranò gli occhi e rispose: " Cosa intendi con parlare di noi? Non abbiamo proprio niente da dirci! ". Francia lo guardò offeso e disse:" Invece sì. Certo che dobbiamo parlare" afferrò il bracciolo del divano, le sue unghie affondarono nel morbido tessuto e aggiunse: " Ma tu sei così testardo e scappi sempre! ". L'inglese sbuffò e disse con disgusto:" Sei proprio ubriaco fradicio, ma guard-" venne interrotto dal francese, si era alzato di scatto e lo aveva spinto contro la parete, gli si mozzò il fiato nel petto. 

I loro sguardi si incrociarono, Francia disse quasi senza fiato: " Stai zitto! Tu-" , avvicinò il viso a quello dell' altro , " Ti comporti sempre in questo modo! Prima mi dai speranze e poi te ne vai.. " . Arthur spalancò gli occhi e spinse via il francese, Francis inciampò e rovinò a terra. Inghilterra lo guardò dall' alto in basso e disse scuotendo il capo: " Oh, sì che sei ubriaco! Ma ti sei visto, stai praticamente blaterando a vanvara...Fammi capire di quali speranze staresti parlando? ". 

Francia era appoggiato con i gomiti a terra, il viso chino, coperto dai morbidi capelli dorati; strinse un pugno a terra, le spalle furono scosse da brividi fugaci. Una risata proruppe raucha dal suo petto, morì improvvisamente così come era nata, il francese sbatté violentemente un pugno a terra e gridò:" Merda, merda..tu-! " la voce gli si fece all'imprivviso piccola. Sollevò di scatto il viso e lo guardò attraverso il velo di lacrime che gli si era appena formato, gli occhi brillarono di rabbia e dolore. 

Arthur indietreggiò di un passo, non aveva mai visto il francese comportarsi in questo modo. Tutte le parole ironiche che voleva rivolgergli gli morirono in gola. 

Francis si alzò in piedi e gli si avvicinò con un passo lento e misurato, lo sguardo di nuovo celato. Giunto di fronte a lui, gli afferrò le spalle e disse guardandolo dritto negli occhi: " Sarò onesto con te....perché non puoi ammettere per una volta i tuoi sentimenti? " sembrava essersi calmato, i suoi occhi però parevano stanchi, demandavano risposte.  Inghilterra distolse lo sguardo e strinse i pugni sui fianchi e rispose seccato: "E cosa dovrei ammettere? ". 

Le mani sulle spalle del inglese strinsero la presa, Francis avvicinò il viso al suo e disse:" Che mi ami, che altro dovresti ammettere cher? ". 

Arthur spalancò la bocca dallo shock. Sudore freddo iniziò a scendergli dietro il collo. Richiuse le labbra e deglutì a vuoto, poi si umettò le labbra cercando di ritrovare un contegno. Il francese continuava a guardarlo con aspettativa, quasi con aria di sfida, il suo fiato caldo e profumato  di vino lo avvolgeva, il dolore alle spalle continuava a intensificarsi, spingendolo a fare qualcosa. 

Inghilterra prese le mani di Francis e provò a staccarselo di dosso, era troppo vicino per i suoi gusti. Francia oppose resistenza e nella collutazione finirono per terra. 

Arthur si ritrovò a cavalcioni sopra il francese. Quest'ultimo gli stava ancora tenendo strette le mani, disse: " Oh, Angleterre , siamo alle solite, ti chiedo solo di aprirti un po' e tu diventi manesco" c'era un che di divertito nella sua espressione.  Le guance dell'inglese andarono a fuoco, prima che potesse rispondergli per le rime, Francis invertì le loro posizioni con un colpo di reni e lo schiaccò sul pavimento. Disse vicino al suo orecchio: " Sei sempre stato così, prima maledici il mio nome e poi mi baci con quelle stesse labbre. Dici di odiarmi, ma poi mi desideri. Ti abbondoni fra le mie braccia e il giorno dopo mi respingi"  sentì il corpo sotto di sé irridirsi. 
Fu come se il francese avesse spinto il tasto di un interruttore per l'inglese, una rabbia improvvisa e violenta lo attraversò come una scarica elettrica. Arthur gli diede una ginocchiata e lo spinse lontano da sé, urlò: " Stammi lontano! ".
Francis gli saltò addosso e gli tirò un pugno sulla mascella.  L'inglese spalancò gli occhi sorpreso, il francese urlò con stizza:" Se è così che vuoi regolare le cose, alla vecchia maniera, ti accontento cher" e gli tirò un altro pugno.  La forza dell'impatto gli ribaltò la testa dall'altra parte, il labbro si era ferito e il sangue scese copiosamente sul mento. Inghilterra strinse i denti irritato e si buttò anche lui nella mischia.

 Iniziarono ad azzuffarsi come ai vecchi tempi, pugni, calci, morsi, il tutto senza  alcun remore. Man mano che il tempo passava i loro colpi divvennero più lenti e deboli, i respiri più affaticati, finché non cessarono del tutto.

Si erano ritrovati distesi in modo scomposto sul pavimento, l'uno di fianco all'altro. Nella quiete della stanza si potevano udire solo i loro repiri pesanti e affannati. 

 Francis voltò il viso nella direzione dell'inglese, osservò il suo profilo e i diversi lividi che avevano iniziato a fiorire sotto l'occhio e sullo zigomo, il labbro spaccato e il sangue che stava iniziando a seccarsi . Anche l'inglese si girò nella sua direzione, i loro sguardi si incrociarono.

Scoppiarono a ridere nello stesso istante, erano dei cretini. Una volta dissipata la tensione tramite la lotta, li colse un lampante senso si déjà vu. Da quanto facevano così? Perché era più semplice per loro esternare loro emozioni picchiandosi invece di parlarne? 

Una volta che finirono di ridere, un profondo silenzio calò fra loro. I loro sguardi si incrociarono nuovamente, scrutandosi a fondo in modo contemplativo. 

Il primo a interrompere il silezio fu Arthur, la sua voce arrochita risuonò appena più forte di un sussurro: " Ehi,...senti.... " si interruppe come se le sue stesse parole lo avessero spaventeto.  

Francia piegò il collo e avvicinò il viso a quello dell'altro, i loro nasi si toccarono, sussurrò a sua volta: " Ehi... ".
Sollevò una mano e sfiorò delicatamente con la punta delle dita le ferite che gli aveva lasciato.  Francis lo guardava con gli occhi semichiusi, un sorriso sghembro gli attraversava il volto disfatto; disse piano:" Lo sai che siamo proprio degli sciocchi? ". Inghilterra corrucciò appena le sopracciglia, ma l'ostilità di poco prima era assente nel suo sguardo.
Un rumore simile a quello delle fusa di un gatto attraversò la gola del francese: " Umm, che ne dici se ora parliamo, cher? ". Per tutta risposta l'inglese si mise a sedere e gli diede le spalle, la sua voce rauca lo raggiunse:" ...E di cosa dovremmo parlare? ". Un misero sospiro scappò dalle labbra del francese, che si tirò anche lui a sedere, con lo sguardo puntato sulla nuca del britannico disse ironico: " Lo sai benissimo caro" . Strinse appena i pugni e continuò: " Perché dobbiamo ridurci sempre così? È da anni, secoli, che ci giri in torno e credo che la mia pazienza stia per terminare. ". Con ogni battito del cuore l'impazienza, la frustazione, la rabbia e il dolore aumentavano nell'animo del francese. Prima che l'inglese potesse rispondergli Francia si rivolse nuovamente a lui: " Sai quanto è difficile continuare ad amare un bastardo come te? " l' emozione tradiva la sua voce.

A queste parole, Arthur si voltò di scatto.

Francia continuò: " Perché alla fine me lo sono sempre chiesto anch'io, ne vale la pena? Potresti dire che sono un ipocrita, in fondo sono la 'Nazione dell'amore, mi diresti ' Non prendermi in giro Francis con quanti hai dormito?'. Be' io ti dirò che è proprio questo l'assurdo. Io, che potrei avere chiunque, che ha amato così tanto e che ne  so molto in materia amorosa, mi ritrovo in questo paradosso assurdo. Tu sei stato uno dei miei primi amici, uno dei miei primi nemici, la mia nemesi per eccellenza, un mio alleato e cosa poi? Ed è... " si interruppe un attimo "... È dannatamente strano, perché più ti odiavo e più ti amavo. In tutti questi secoli ho imparato a conoscerti molto bene. Tu sei quel tipo di persona che sta bene da sola, o almeno cerca di convincersene. Isolato nel proprio mondo, pensi che gli altri siano solo tuoi rivali e nemici. Quando si tratta di sentimenti, ti chiudi a riccio e moriresti di vergogna prima di confessarti. Ma....sì, lo so, lo so....se so tutto questo perché te ne parlo? Probabilmente perché sono ubriaco e stanco... " concluse infine " E proprio per questo ti dico che sono una contraddizione, nonostante tutto non riesco ad estirparti dal mio cuore" gli sorrise triste.  Durante tutto il suo discorso, Inghilterra lo aveva guardato con gli occhi sgranati, un'espressione allibita segnava le sue forme.  Balbettò: " F-francis...tu..tu...cosa? " lo stupore gli fece luccicare gli occhi.

 Il francese aveva iniziato a piangere, piccole lacrime scesero lungo le guance. Inghilterra gli appoggiò la mano sul viso e asciugò in silenzio quella tristezza.
Le parole del francese avevano smosso qualcosa di profondo dentro di lui. Si accorse che tutto quello che aveva appena detto era vero.
Il francese spalancò gli occhi e sbatté velocemente le ciglia, era come se si fosse appena accorto di star piangendo, quel tocco lo aveva riportato alla realtà. Sussurrò: " Angleterre...".
L'inglese si chinò su di lui e lo baciò. Il francese inseguì subito il contatto, quella carezza fugace divenne presto un turbine di passione.  Si separano solo per riprendere fiato, ma ripresero ben presto la loro danza. I loro baci sapevano di alcol e sangue.

 Francis si staccò con riluttanza dalle labbra dell'inglese e gli baciò piano la mascella, sussurro  piano: " Arthur, caro, lo sai che sei uno stronzo" gli leccò il collo e aggiunse: " Hai fatto esattamante quello che ti avevo detto" gli morse leggermente la pelle ," mi picchi" , baciò delicatamente la zona arrossata, "ma poi mi baci". Sospiro e iniziò a tracciare una scia di baci incandescenti su per il collo, si fermò vicino all'orecchio: " eppure mi piaci" . 

Inghilterra sentì il battito del suo cuore accelerare, un brivido gli attraversò la schiena e le orecchie si tinsero di una sfumatura rosata. Non voleva confrontare il francese e le sue verità, in quel momento lo desiderava con ogni fibra del suo corpo. Il desiderio era tale che quasi faceva male.  Passò le mani tra quei lunghi e morbidi fili dorati, accostò i loro volti e iniziò un bacio passionale. Si ritrovarono abbracciati contro le assi del pavimento, i corpi premuti gli uni sugli altri, il calore cresceva tra loro come una fiamma. Le mani si cercarono disperate, ogni carezza sollevava una serie di brividi caldi, i sospiri riempirono la stanza. 

Inghilterra aveva sempre preferito il sesso a quello che il francese chiamava sdolcinatamente "fare l'amore". In quel momento, sotto le braccia del francese, con le guancie infuocate dal piacere, sentiva che era diverso. Solitamente si allontanava da quelle effusioni inutili che erano i preliminari, questa volta le accettò con voluttà. Le parole del francese avevano davvero scavato un'impressione profonda sulla sua anima, ma lui era un codardo, o meglio era troppo testardo, non sarebbe mai riuscito ad ammettere che anche lui lo amava. Il loro era stato un lungo gioco, erano esseri contrastanti, lottavano tra di loro, ma il solo pensiero di stare senza l'altro li uccideva. Erano due forze opposte che cercavano il conflitto, i battibecchi erano molto soliti, ma negli anni quell'odio accecante si era trasformato in un duraturo amore che covava continuamente sotto le ceneri della loro ipocrisia. 

Chiuse gli occhi lasciandosi andare a un profondo gemito, strinse la spalla del francese. 

O forse era solo lui l' ipocrita? Il francese aveva alla fine avuto il coraggio di ammettere i suoi sentimenti, di rompere quel circolo vizioso. La verità è che aveva paura. Era terrorizzato all'idea di lasciarsi andare, di abbassare completamente le proprie barriere e di dare il suo cuore nelle mani di qualcuno; perché nel caso in cui le cose sarebbero andate male, lui non si sarebbe risollevato. Era cinico e l'esperienza gli aveva insegnato che non ci  si poteva fidare degli altri, certo negli anni in cui lui e Francis si erano conosciuti c'erano state volte in cui una scopata occasionale era diventata qualcosa di più, c'erano stati momenti in cui aveva abbandonato la sua reticenza e lo aveva amato con tutto se stesso. Momenti di tranquillità in cui si sentiva in pace col mondo solo guardando il viso addormentato dell'altro accanto a sé.

 I vestiti erano ormai stati abbandonati e il contatto della pelle sulla pelle risvegliò in lui sensazioni primordiali. Gli occhi del francese erano oscurati dalla lussuria, ma allo tempo rilucevano di amore e tenerezza; si era per caso accorto che l'inglese aveva finalmente abbassato le sue mura? Il cuore del britannico pulsava veementemente, il sangue irrorava il suo corpo stringendolo nella sua bolla di calore. Si lasciò sfuggire in modo incoerente: " Sei così bello".

 Il francese che gli stava baciando sensualmente il petto si fermò e lo guardò come fulminato. Inghilterra gli regalò un piccolo sorriso, gli afferrò nuovamente la nuca e portò i loro visi vicini, sussurrò: " Oh dear, don't let me repeat it" congiunse le loro bocche, mosse il labbro inferiore contro quello dell'altro e inizio un bacio francese, era lento e passionale, cercò di comunicare con quello tutto ciò che non era in grado di esprimere a parole. 

'Ti amo'

Quando si separarono il francese sussurrò quasi senza fiato sulle labbra dell'altro: " Oh Cher... " la sua voce vibrò di bramosia e di tenerezza. I suoi occhi si erano bagnati di commozione, gli baciò piano la mandibola ferita, le guancie, il sopracciglio. Le loro mani si intrecciarono e si fissarono a lungo negli occhi. 

Improvvisante il francese si alzò e disse piano: " Caro perché non vieni in camera, si sta scomodi sul pavimento". Arthur si concesse un respiro profondo e annuì. Sapeva che il francese ci teneva a queste cose e che preferiva sempre farlo in un letto caldo, lui non era molto schizzinoso, ma Francis era sempre molto romantico e aveva le sue preferenze. Lo avrebbe accontentato, perché quella non sarebbe stata una semplice scopata. 

La porta di mogano si richiuse alle loro spalle, lasciandoli nell'intimo boudoir, tra le morbide coperte di seta e con l'intera nottata davanti a loro. 



Note dell'Autrice:

Salve a tutti!

Sono finalmente riuscita a scrivere questo nuovo capitolo! Mi dispiace immensamente del ritardo, ma questo mese ho avuto parecchi problemi di salute ed è stato difficile trovare il tempo per scrivere .╥﹏╥.....

Spero la FrUk vi sia stata di gradimento^^, è stato difficile lavorare su questa paring e probabilmente non le ho reso molta giustizia(ma essendo la mia prima fanfiction ho  ancora molto da imparare). Spero che le scene leggermente "hot" non siano risultate troppo cringe   eh eh...

Ringrazio tutti i lettori che hanno ancora la pazienza di leggere questa storiella~ 

I commenti e le recensioni sono sempre graditi e mi motivano molto, quindi non siate timidi ;-).

Alla prossima ヾ(❀╹◡╹)ノ~ 


 

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Capitolo 17
*** Parole non dette ***



Capitolo 17: Parole non dette 

Veneziano tornò a casa rincuorato. Le parole del francese lo avevano fatto riflettere molto ed era arrivato alla conclusione che doveva agire. Aprì la porta di casa e poggiò il cesto di vimini sul pavimento, il suo sguardo si soffermò per qualche istante sul portavivande, come era potuto accadere che il picnic fosse finito così male? Si allontanò velocemente da quei pensieri e si avvicinò con larghi passi verso il salotto. 

" Lovino sono tornato! Come stai? Mi dispiace per i cani-" il resto della frase gli morì in gola quando vide cosa stava facendo il fratello.

 Romano, che era seduto sul grembo dello spagnolo e aveva le mani sulle sue spalle, si staccò velocemente da quest'ultimo, come se avesse toccato il fuoco, e si tirò in piedi con un urlo soffocato. Entrambi avevano i volti arrossati, Lovino guardò con gli occhi spalancati il fratello, aveva il fiato corto e i capelli scompigliati e la camicia era sbottonata. Balbettò: " Fe-feliciano!? Che...che ci fai qui!? " deglutì e riprendendo un contegno aggiunse velocemente: " Non è come credi, noi, ecco il bastardo è venuto solo per sapere come stavo...e..."  Spagna si alzò in piedi,  appoggiò una mano sulla spalla di Lovino e sorridendo disse: " Ciao Feli, ero venuto a trovare Lovino, adesso vado, vi lascio chiacchierare!". Gli occhi di Romano cercarono quelli dello spagnolo, Lovino che pensava di trovarci delusione con sua sorpresa , invece, ci ritrovò mutuo assenso. Tirò un sospiro di sollievo e gli fece un piccolo sorriso.

 Prima che Veneziano potesse proferire un'altra parola lo spagnolo si era volatilizzato. I due fratelli si fissarono per qualche secondo senza dire nulla. Feliciano si sedette sul divano e chiuse gli occhi. Romano lo osservò attentamente, aveva i capelli umidi e indossava vestiti diversi, sembrava stanco.

Lovino non era pronto a rivelare la sua nuova relazione al fratello. Si sedette vicino a lui e proferì: " Non verrò mai più a uno dei tuoi stupidi appuntamenti, intesi? " Feliciano aprì gli occhi e lo guardò a lungo, il senso di colpa si rifletteva nelle sue iridi nocciola, annuì. Romano iniziò a lamentarsi di tutto quel dannato pomeriggio, di come non sopportasse i crucchi e i loro fottutissimi cagnacci e di come voleva riempire di pugni la faccia dell' ex-Nazione. Veneziano si strofinò la testa e guardò per terra, Romano si chiese perché puzzava di vino. Abbassò il tono della voce e chiese: " Hai bevuto?". Il fratello che era rimasto in religioso silenzio per tutto il tempo della ramanzina disse in un sussurro: " Sono andato a trovare Francia", solo in quel momento Romano notò i suoi occhi rossi. La preoccupazione gli infiammò il petto e chiese a bruciapelo: " Cosa hai fatto!? " il meridionale non aveva mai capito perché il fratellino teneva tanto a quel mangia-lumache. Veneziano rise appena, lo sguardo del fratello era davvero divertente, gli raccontò lentamente, ma in maniera coerente, che era andato dal francese per ricevere dei consigli. Che il "fratellone" lo aveva confortato, gli aveva dato abiti asciutti, essendo che i suoi si erano inzuppati per la pioggia, e che gli aveva perfino offerto del vino.  Non rivelò però  quali fossero questi consigli e a cosa gli servissero, disse solo che Francia era stato molto gentile. Poi aggiunse: " Ma anche tu e Spagna avete bevuto, no? " indicò con innocenza le bottiglie sul tavolino e i bicchieri.  Romano arrossì e mosse una mano infastidito, sbottò: " Lascia perdere! " e così finì la loro conversazione. 
.

Feliciano si alzò dal divano e andò nella propria camera. Si stese sul letto e si coprì il volto con le mani. Una parte di sé voleva confidarsi con il fratello, ma sapeva che non avrebbe preso benissimo il fatto che gli piaceva il tedesco. Eppure anche suo fratello aveva dei segreti, cosa c'era tra lui e lo spagnolo? Si scoprì il volto e fissò il soffitto, si alzò a sedere con uno scatto e cercò il cellulare. 

Scorse velocemente i contatti e scrisse a Germania.

«Ciao»

«Come stai?»

«Lud??»

Fissò i suoi messaggi. Dopo qualche minuto le due spunte divennero blu. Il suo cuore accelerò di anticipazione.

« Hallo, sto bene, cosa vuoi? »

Feliciano fissò lo schermo, qualcosa dentro il suo petto pulsò dolorosamente. Si ricordava vividamente la loro gita in barca, la quiete del lago, solo loro due, così vicini, il tocco caldo delle mani sul suo viso, i loro nasi che si sfioravano... . Chiuse gli occhi e fece un lungo sospiro. 
Scrisse:

« Ti sei divertito?»

Sì pentì subito di quello che aveva scritto, come poteva essersi divertito se il pomeriggio era finito così tragicamente?

« Italien, io...»

« es tut mir leid(mi dispiace) non dovevo portare i cani...come sta Romano? »

« Lovino sta bene... »

Feliciano iniziò a sudare, gli aveva scritto preso da un impulso, non sapeva cosa scrivergli. Decise che  era meglio sentire la sua voce, lo chiamò.

 "Luddy"

 "ja?"

 "Mi è piaciuto uscire con te"

Il tedesco non rispose.

 " E-ehi" la sua  voce tremava appena.

 " Voglio uscire con te " 

Germania guardò stupito il telefono, le sue guancie si tinsero di un tenue rosa. Disse a fatica:

 " C-cosa? "

L'italiano gli rispose velocemente, la voce sottile era attraversata dal nervosismo:

 " Ovviamente senza Romano o altri, solo noi due. "  aggiunse subito dopo, quasi in un sussurro: " Se a te va bene... "

Germania si sentì la testa esplodere. Veneziano lo aveva appena invitato a un appuntamento? Passò un tempo indeterminato in cui nessuno dei due parlò.  

Veneziano  boffonchiò: " Lascia stare, se non puoi va bene...io..." 

Germania si accorse che il suo silenzio aveva probabilmente confuso Feliciano. Si affrettò a dire:

 "No, no....va bene. Quando vuoi uscire?" si sentì andare le guance a fuoco.

Sul volto dell' italiano sbocciò un grande sorriso, si sentiva al settimo cielo. Un'euforia contagiosa gli attraversò il corpo come una scarica elettrica permeandolo di energia.

 Si accordarono per la domenica successiva. 
.

Prussia si sedette accanto al fratello e gracchiò: " Allora come va con il piccolo Feli? " un ghigno gli attraversava il viso.  Il volto di Germania si fece ancora una volta infuocato, balbettò: " C-cosa vuoi dire?". Prussia si mise a ridere e rispose: " Andiamo, West, sai benissimo di cosa sto parlando! Feliciano continuava a farti gli occhi dolci, cosa è successo quando vi siete allontanati per fare un giro in barca? " lo guardò come una comare pronta a carpire gli ultimi pettegolezzi del vicinato. Ludwig corrucciò le sopracciglia e disse irritato: " Non sono affari tuoi! ". Gilbert lo guardò in modo fintamente ferito e soggiunse:" Ma sono il tuo magnifico fratellone, certo che mi interessa! Su, non essere timido, puoi confidarmi le tue turbe amorose! " gli fece l'occhiolino.
L'imbarazzo e il fastidio colorarono le guance del tedesco, perché il fratello doveva essere così invadente!? Sospirò e disse duramente: " Non c'è assolutamente niente tra me e Italien, non capisco cosa vuoi da me... " e pensò fra sé 'e anche se avessi bisogno di consigli amorosi non andrei a chiederli a te'.

 Calò un breve silenzio. Il prussiano sospirò, si mise in piedi e disse allora in modo provocatorio: " Be', se non ti interessa il piccolo Italien vuol dire che posso corteggiarlo io, non è vero?" . Germania si fece pallido e lo guardò sconvolto. Gilbert continuò: " Che c'è perché fai quella faccia? Feliciano è così carino e si merita qualcuno che sappia apprezzarlo~! ". Il prussiano continuò a sorridere aspettando una reazione da parte del fratellino. Ludwig disse infine a fatica:" C-cosa? " sembrava non riuscire a comprendere le parole del fratello. L'albino scoppiò ridere in modo sguaiato e una volta che le risate smisero di scuotergli il petto aggiunse agitando una mano: " Tranquillo, stavo scherzando - Feli è tutto tuo~" gli fece l' occhiolino e lasciò la stanza.

 Germania si sentiva frastornato. Era confuso, lui e l'italiano erano buoni amici, allora perché le parole del fratello gli avevano fatto contorcere lo stomaco? Una voce nella sua testa gli suggerì che si trattava di gelosia, ma scacciò subito questo pensiero. Tra lui e l'italiano non ci poteva essere niente, non importava se il suo cuore accelerava ogni volta che Feliciano gli regalava un sorriso, loro erano Nazioni e come tali erano legate solo al loro popolo. Aveva fatto l'errore, anni prima, di confondere l'amicizia con l'amore, il ricordo di quel San Valentino gli risultava ancora spiacevole. Non voleva più riprovare quel senso di totale imbarazzo e ineguatezza, la sensazione di aver fatto un madornale sbaglio e di sentirsi rifiutato. 
Sospirò e si passò una mano fra i capelli, perché l'italiano era sempre così complicato da gestire?
.

Romano fissò la parete di fronte a sé in maniera assente. Non riusciva a pensare a niente, nella sua testa continuavano a riproporsi le immagini di Spagna, del suo sorriso, delle sue labbra, dei suoi baci. Si abbracciò da solo e ripensò al tocco delle sue forti braccia, al suo profumo di spezie e pomodori, quel calore a cui desiderava solo soccombere. Un gemito gli scappò dalle labbra e afferrò il cuscino stritolandoselo al petto. Non riusciva ancora a crederci, si erano messi insieme? L'euforia del vino gli aveva dato coraggio e gli aveva fatto fare cose che a mente lucida non avrebbe mai fatto. Sospirò e si toccò il petto,  quel tepore che si era sprigionato fra i due continuava a scaldargli il cuore, era così felice. Un sorriso ebete gli allungava le labbra.
  Lanciò il cuscino contro la parete. Ma che stava facendo!? Perché si stava comportando come una ragazzina innamorata!? Si rotolò sul divano e guardò corrucciato il soffitto. Pensò ' maledetto Antonio perché non mi esci dalla testa?'.  

Scrisse un breve messaggio:

« Ohi, sei già arrivato a casa?»

La risposta arrivò immediata:

« Sì, Romanito~ <3 »

Lovino alzò gli occhi al cielo sorridendo, e scrisse:

« Senti, per oggi...ecco...»

«...Sì?»

« Vedi...non ti sei offeso per prima, vero?»

« In che senso?»

Romano sbuffò e digitò velocemente:

« Nel senso, per Feli- ecco... »

Non riusciva a trovare le parole giuste per descrivere quello che voleva dire. In realtà le sapeva ma non aveva il coraggio di scriverle.

' Ti sei offeso quando non ho detto a Feliciano che stiamo insieme? Perché stiamo insieme, giusto?'

Spagna gli rispose:

« Certo che no! Va bene davvero , ci sarà l'occasione giusta per dire a tutti che stiamo assieme, mi amor💕~ »

Lovino sentì il cuore accelerare, sorrise e iniziarono a conversare delle piccole cose,  come stavano le sue tartarughe, che programmi aveva per le prossime settimane e altro ancora.


// Domenica, penultima settimana d'ottobre  //

Era  finalmente giunto il fatidico giorno dell'appuntamento.  Alla fine avevano deciso di farlo a casa di Feliciano a Venezia.
L' italiano aveva passato i giorni precedenti a cercare su internet diverse idee e consigli su come organizzare il perfetto appuntamento.  Si disse che sarebbe stata l' occasione perfetta per confessarsi. 

Si guardò allo specchio in modo apprensivo, passandosi per la millesima volta la spazzola tra i capelli.   Aveva deciso di invitarlo nella sua casa "lussuosa", un appartamento al piano nobile di un antico palazzo affacciato sul canal grande. Iniziava già  a pentirsi della scelta. Di solito lo avrebbe portato nella sua casetta appena fuori città, ma aveva seguito l' istinto e aveva deciso di portarlo lì. Posò la spazzola sul comodino e si passò le mani lungo la camicia bianca di cotone, gli calzava a pennello fatta dalle mani esperte del suo sarto di fiducia. Una preziosa cintura gli avvolgeva la vita, sostenendo gli eleganti calzoni neri. Ai piedi portava le sue scarpe più belle. Aggiustandosi i polsini si chiese se forse non aveva esagerato, se si era vestito in modo troppo elegante.

 Il suo viso assunse un'espressione pensosa, avrebbe trovato il coraggio di confessarsi? Si diede un leggero schiaffo sulla guancia e scrollò con veemenza la testa, doveva smetterla di farsi mille paranoie!

Uscendo dalla sontuosa camera da letto, si diresse verso il soggiorno. Un sospiro gli lasciò le labbra, le finestre che davano sul canal grande illuminavano lo spazio, grandi affreschi a muro a sfondo mitologico e religioso lo salutavano con i loro vivaci colori, le tinte del tramonto rendevano l'atmosfera magica. 

Rimase sulla soglia della porta ad osservare  il tutto in contemplazione, si ricordava ancora quando erano stati affrescati, alcuni erano stati realizzati dai suoi cittadini altri li aveva posati lui stesso. Non aveva mai invitato nessuno, a parte Romano, in quella casa. Era un luogo che risplendeva nel lusso, di quando Venezia era ancora la regina dell'Adriatico, stucchi, statue, dipinti, tessuti preziosi adornavano le stanze, risplendendo nel loro lusso e nel loro sfarzo. Pensò che Ludwig lo avrevve preso per un vecchietto. Poteva sempre portarlo a fare un giro nella città, andare in un ristorante, ma aveva passato giorni interi a pulire la casa poco usata e aveva già preparato la cena... . 

I suoi pensieri vennero interrotti dal suono del campanello. Era arrivato. 

Col cuore in gola andò ad aprire la porta. Germania gli sorrise leggermente, l'italiano lo accolse festoso, tutte le sue preoccupazioni svanirono come neve al sole, un grande sorriso gli solcava le labbra, gli occhi rilucevano di gioia. Il tedesco non ebbe il tempo di salutarlo che Veneziano lo abbracciò e sollevatosi sulle punte dei piedi gli diede due baci sulle guancie, esclamando: "  Ciao, ti aspettavo, entra pure, puoi appoggiare la giacca lì" indicò l'attaccapanni in ottone. Ludwig  rimasto leggermente frastornato dai saluti così calorosi dell'italiano, si riprese subito e lo salutò a sua volta. Disse: " Ciao Italien, è sempre un piacere venire qui, Venezia è sempre bellissima, anche in autunno". Feliciano gli sorrise, iniziava a sentirsi le guancie calde. Appoggiò una mano sul braccio di Ludwig e lo invitò a entrare in soggiorno. 

Germania si guardò meravigliato in giro, sembrava di camminare in un'opera d'arte, il pavimento alla veneziana, il soffitto a botte affrescato, l' imponente lampadario di cristallo e i sontuosi  mobili gli diedero l'impressione di aver fatto un viaggio nel tempo e di trovarsi di fronte a un salotto settecentesco. 

Veneziano disse: " Cosa ne pensi della casa? Troppo vecchia? " Ludwig si riprese dal suo stupore e disse: " No, no è magnifica " e aggiunse: " mi piace in particolare quell'affresco, da chi è stato fatto?" indicò la figura di una donna in un chitone che osservava abbandonata e scomposta la riva del mare lontano, uno sguardo affranto le adornava il volto. Il sentimento di dolore e abbandono erano perfettamente resi dai colori e dalle pose. Feliciano arrossì di imbarazzo e disse: " Be' questo in realtà è opera mia, rappresenta Laodàmia che aspetta Protesilào*" . Germania sorrise e disse: " Il mito raccontato da Ovidio nelle Eroidie? ". Veneziano si illuminò e disse festante: " Lo conosci anche tu? Adoro le sue storie, i poeti del nonno sono davvero bravi! Be' sì, sono proprio loro. In realtà a volte mi sono detto di riaffrescare questa parete perché non mi convince più molto. Però la loro storia mi aveva particolarmente colpito, era davvero commovente" . Si sedettero sul divano, Feliciano iniziò a divagare sui diversi miti che gli piacevano, Ludwig lo ascoltava attentamente sorridendo appena.
 Era stata una settimana stressante e anche lui aveva aspettato con impazienza questo incontro.
L'italiano gli prese la mano e disse: " Lud, ho preparato una bellissima cena, vieni andiamo nella sala da pranzo. ".

Lo condusse nella stanza adiacente attraverso il corridoio.
Italia aveva utilizzato un magnifico servizio di piatti e la sua argenteria migliore. Un vaso di fiori decorava il centro della tavola e due candele accese rischiaravano l'ambiente immerso nella penombra serale. 

Seduti da soli a quel tavolo, Feliciano iniziò ad agitarsi, doveva confessarsi prima  o dopo la cena? Passò una mano sulla tovaglia ricamata e appiattì una piega.

 Iniziò a servire le pietanze, come primo mangiarono bigoli con l'anatra** con un buon bicchiere di vino rosato. Germania gli fece i complimenti, Feliciano continuò a parlare del più e del meno durante l'intera prima portata. Per secondo l'italiano servì un altro classico della tradizione culinaria veneta, il baccalà alla vicentina*** servito insieme alla polenta. Veneziano rise quando vide l'espresione che il tedesco fece quando gli rivelò che aveva impiegato quattro ore nella preparazione del piatto. Il tempo passava e Feliciano non si decideva a fare la sua mossa.

 Sospirò e allungando la mano lungo il tavolo la appoggiò su quella del tedesco. Gli occhi zaffiro di quest'ultimo si sollevarono dal piatto e si trafissero nei suoi. Il cuore gli pulsava tra le costole, il tempo sembrò fermarsi in quell'istante. Se si fosse sporto avrebbe potuto cercare le sue labbra e cogliere la sua espressione sorpresa? Scacciò subito quel pensiero e separò le loro mani. Il tempo riprese a scorrere. 

Disse : " Scusa, Lud, vado un attimo in bagno" gli sorrise come per scusarsi e fuggì quasi dal tavolo. Il " Va bene" di Ludwig un' eco sottile alle sue orecchie. 

La porta del bagno si richiuse alle sue spalle con un tonfo sordo. Si fermò davanti allo specchio e fissò il suo riflesso, due grandi occhi dai riflessi ambrati lo guardavano affranti. Chiuse le palpebre e cercò di respirare, si sentiva a un bivio. Aveva pensato che sarebbe stato più facile, ma in quel momento tutto il coraggio che aveva provato a tirare fuori era svanito in un istante, sorclassato dall'improvvisa e sconfinata paura. Aprì e guardò dolorosamente di fronte a sé, cosa avrebbe fatto se fosse stato rifiutato, la loro amicizia sarebbe finita, o peggio si sarebbe guastata irreparabilmente mettendoli in una posizione scomoda. Si aggrappò al lavabo di marbo e cercò di contenere le lacrime, la prospettiva di poter perdere Ludwig per il suo egoismo lo distruggeva. Era questa la sua paura più grande. Sapeva cosa voleva dire perdere qualcuno a cui teneva.

 Eppure non era proprio per questo che lo stava facendo? 

La realizzazione gli fece sgranare gli occhi, calde lacrime scivolarono lungo le guancie cadendo sulla superficie di marmo. Si tappò la bocca con una mano, aveva deciso di confessarsi a Ludwig per non ripetere l'errore fatto con Sacro Romano Impero, eppure nel momento in cui si era ritrovato di fronte alla scelta si era tirato nuovamente indietro.

 Un singhiozzò gli scosse il petto, il cuore pulsò dolorosamente come attraversato da una coltellata, vecchie cicatrici e ricordi lo assalirono come antichi fantasmi. Si passò una mano tremante sugli occhi cercando di asciugare le lacrime. Aprì il getto d'acqua e si lavò il viso. Aveva le guancie e il naso leggermente arrossati, le perle d'acqua gocciolarono lentamente verso il basso. Una volta calmatosi sorrise amaramente allo specchio, la consapevolezza  della sua decisione gli gelò il cuore. 

Ritornò con un sorriso a trentadue denti dal suo ospite, si scusò per l'attesa e continuarono la loro cena. Il rumore delle vettovaglie riecheggiava nella sala. Veneziano bevve due bicchieri di fila e facendosi allegro continuò a intrattenere il suo amico con battute e racconti, il sorriso non lasciava le sue labbra.

 Conclusero con un tiramisù al caffé.

Arrivati alla porta, Veneziano disse: " Ludwig, io-". Germania si girò e lo guardò in modo interrogativo. Feliciano si sentiva girare la testa, balbettò: " Ecco è stato divertente. Vedi ti ho invitato perché mi mancavi. E penso che ogni tanto dovremmo passare del tempo insieme...siamo sempre impegnati con il lavoro e-" la voce gli morì in gola. Lo sguardo del tedesco si ammorbidì, gli accarezzò la guancia, Feliciano si sentì mancare il respiro. Il tono profondo e baritonale di Ludwig gli arrivò dritto al cuore: " Anche a me è mancato uscire con te. Grazie Feli" . Veneziano chiuse gli occhi trattenendo le lacrime e lo abbracciò. Ludwig ricambiò l'abbracciò, lo strinse a sé e gli accarezzò lentemente la schiena e i capelli. Dopo un tempo indefinito si staccarono dall'abbraccio, entrambi avevano i visi leggermente arrossati. Feliciano si alzò sulle punte e gli diede un bacio sulla guancia, gli sorrise e ritrovando la voce riusci a dire: " Fai buon viaggio". Ludwig si toccò con  le punte delle dita la guancia, gli sorrise e lo salutò. 

Feliciano fissò a lungo la porta chiusa davanti a sé. Ludwig se ne era andato, così come le sue speranze di confessarsi.
.

La notte era scesa sulla città lagunare e la pioggia aveva preso a cadere fitta.

Veneziano guardò malinconicamente le finestre, un senso di vuoto gli scavava il petto, il cielo rifletteva il suo umore. Le sue labbra che avevano continuato a sorridere per tutta la durata della cena, ora rimanevano piatte. Un senso di abbattimento gli pesava sul capo, alla fine ci aveva riprovato, ma come prima non era riuscito a pronunciare quelle fatidiche parole. Era troppo stanco per piangere, e si mise a sparecchiare la tavola, vedere tutti quei piatti gli ricordava con crudele ironia quanto cura aveva messo a preparare il tutto. 

Dopo aver sparecchiato la tavola si abbandonò sul divano del salotto, in mano aveva il resto della bottiglia di vino che non avevano finito. Il profumo floreale e il gusto fresco con quella nota acida gli allegerirono la testa. Avrebbe dovuto chiedere al tedesco di rimanere anche dopo la cena, avrebbe dovuto baciarlo. Un sospirò gli lasciò le labbra, i suoi occhi vuoti si posarono sul suo affresco. 

Gli vennero alla mente i versi di Ovidio ' Finché potei guardare mio marito, guardare mi dava sollievo, ed inseguii a lungo i tuoi occhi con i miei; quando non potevo più vederti, potevo vedere le tue vele, e le vele trattennero a lungo il mio sguardo. Ma dopo che non vidi più te, le vele che si allontanavano, e ciò che guardavo non era altro che mare, anche la luce se ne andò con te, e, fattosi buio all'improvviso, mi si dice che, pallida, caddi sulle ginocchia che si piegavano. '

 Era questo che aveva ispirato la sua mano all'epoca. La storia di un amore fedele stroncato da una guerra. Anche lui aveva aspettato fedelmente qualcuno, che purtroppo non era più tornato. 

Continuò a pensare al componimento chiuse gli occhi e disse: "Giuro sul tuo ritorno e sul tuo corpo, che sono i miei numi, e sulle fiaccole unite del cuore e del matrimonio, e sulla tua testa - che possa vederla imbiancare per la canizie, e che tu possa riportarla indietro con te! - giuro che io ti raggiungerò, come compagna, ovunque tu sia chiamato, sia che... ahimè, quel che temo - sia che tu sopravviva" era quell' ironia patetica e quel senso di nostalgia che lo avevano colpito. 

Gli déi le avevano restitituito suo marito per tre ore. Sacro Romano Impero non era più tornato. Aveva sempre trovato triste questo mito, come hanno pasato quelle tre ore? Non è troppo crudele, riportarlo indietro per poi mandarlo via?

Chiuse gli occhi pensando che avrebbe davvero dovuto riaffrescare  quella maledetta parete.


Note:

* Laodàmia e Protesilào= Laodàmia era la figlia di Acasto, re di Iolco, e fu la sposa di Protesilào, che fu il primo dei greci ad arrivare sulle sponde Troiane e il primo  a cadere in battaglia, per le mani di Ettore. Laodàmia, distrutta dal dolore implorò gli déi di poterlo rivedere una sola volta ancora, impietositi le restituiscono il marito solo per la durata di tre ore. Fece poi costruire una statua di bronzo o di cera a somiglianza del defunto marito e la mise nella camera da letto per dedicargli i riti sacri. Un giorno il servo che le portava la frutta da offrire alla statua, sbirciò dalla serratura e la vide mentre baciava e abbracciava la statua, pensando che fosse un amante andò dal padre di lei, che si precipitò nella stanza e vide la statua. Per non far più soffrire la figlia fece costruire una pira e ordinò di bruciarvi la statua, Laodàmia, non reggendo al dolore, vi si gettò sopra e fu arsa viva.

** I bigoli con l’anatra (detti anche bigoli co’ l’arna) sono un piatto tipico della tradizione veneta.
I bigoli o “bigoi” è un tipo di pasta all’uovo del diametro di 2 mm e lunga circa 20 cm. Si ottiene passando l’impasto in una trafiliera al bronzo detta bigolaro dove si ottengono spaghettoni spessi di superficie ruvida.

*** baccalà alla vicentina: È un secondo piatto di pesce tipico del Veneto. Per questa ricetta si utilizza il merluzzo essiccato e non quello conservato sotto sale, anche se il nome potrebbe trarre in inganno. Per saperne di più potete esplorare il sito della confraternita del baccalà alla vicentina.
https://baccalaallavicentina.it/la-confraternita/#:~:text=La%20Confraternita%20del%20Bacal%C3%A0%20alla%20Vicentina%20nata%20con,compito%20con%20un%E2%80%99intensa%20attivit%C3%A0%20organizzativa%2C%20filantropica%20e%20culturale.

Note dell'Autrice:

Salve a tutti! Ecco il nuovo capitolo^^, chiedo scusa per il ritardo ma sono successe un sacco di cose   eh eh 

Ebbene sì, un capitolo Gerita....questi due piccioncini sono ancora bloccati nella friendzone v.v, già....e il piccolo  Feli ha mental breakdown in bagno, confessarsi al proprio miglior amico non è mai facile. 

Devo revisionare alcuni aspetti importanti della trama originale, quindi gli aggiornamenti potrebbero essere più lenti (anche per il fatto che i miei problemini di salute mi rallentano un po') , ma cercherò comunque di mettere ogni volta un capitolo fatto al meglio delle mie possibilità.

Ringrazio tutti i lettori che ancora stanno leggendo questa storia. Fatemi sapere nelle recensioni cosa ne pensate , i commenti mi motivano molto  ^^~

A presto 💖.








 
   

 


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