Deep Alley: Il destino di Elena di Clara_Oswin (/viewuser.php?uid=520667)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Come tutto ebbe inizio ***
Capitolo 2: *** The shoes, the girl and the mermaid ***
Capitolo 3: *** Promesse ***
Capitolo 4: *** La tempesta ***
Capitolo 5: *** Break point ***
Capitolo 6: *** Vuoto e Rabbia ***
Capitolo 7: *** La Botola ***
Capitolo 8: *** Verità Svelate ***
Capitolo 9: *** Incidente ***
Capitolo 10: *** Scintilla ***
Capitolo 11: *** Stardust ***
Capitolo 12: *** La congrega dei Cacciatori ***
Capitolo 13: *** Il filtro ***
Capitolo 14: *** Il fidanzato segreto ***
Capitolo 15: *** Nelle segrete di Atlantica ***
Capitolo 16: *** Confessione ***
Capitolo 17: *** La corte reale ***
Capitolo 18: *** La versione della strega ***
Capitolo 19: *** La proposta ***
Capitolo 20: *** Il prezzo della libertà ***
Capitolo 21: *** Ritorno sulla terra ***
Capitolo 22: *** Il Campeggio ***
Capitolo 23: *** Lago cremisi ***
Capitolo 24: *** Caduta Libera ***
Capitolo 25: *** Fuga ***
Capitolo 26: *** Finalmente a casa ***
Capitolo 27: *** Spiegazioni – Parte Prima ***
Capitolo 28: *** Gli anelli di Alimede - parte seconda ***
Capitolo 29: *** Sotto Scacco ***
Capitolo 30: *** Faccia a faccia ***
Capitolo 31: *** Mezzacoda ***
Capitolo 32: *** In trappola ***
Capitolo 33: *** L'esca ***
Capitolo 34: *** L'ascesa del Re ***
Capitolo 35: *** Sangue Sporco ***
Capitolo 36: *** Salvataggio ***
Capitolo 37: *** Per Sempre ***
Capitolo 38: *** Nel covo ***
Capitolo 39: *** Riunione di famiglia ***
Capitolo 40: *** Essere un buon re ***
Capitolo 41: *** Conseguenze ***
Capitolo 42: *** Ciò di cui abbiamo bisogno ***
Capitolo 43: *** Quello che accadde dopo ***
Capitolo 1 *** Come tutto ebbe inizio ***
Deep alley
1.
Come tutto ebbe inizio
Era un
pomeriggio di una soleggiata giornata di
primavera, il mare spumeggiava quieto, il sole iniziava a colorare il
cielo
delle tonalità aranciate e rosate tipiche del tramonto;
costruita in cima ad
una scogliera, dove una volta sorgeva un antico castello medievale,
sorgeva una
splendida casa dalle rifiniture moderne, grandi finestre a vetri,
cancello in
pietra con telecamere di sicurezza, insomma, una vera e propria villa
lussuosa.
Incredibile dire che Elèna aveva ereditato quella
magnificenza da suo padre
che, a causa di misteriosi eventi, aveva perso la vita in un tragico
incidente.
Sua madre, Rachel, aveva divorziato da suo padre Eric, quando lei era
ancora in
fasce; di lui non ricordava molto e sua madre solitamente non faceva
mai cenno
né al loro rapporto, né alle cause del loro
divorzio. Essendo suo padre molto
ricco e avendo Elena come unica figlia, alla sua morte nel testamento
aveva
lasciato tutto in eredità a lei, forse per lavare la
coscienza dal rimorso di
non essersi mai interessato a quella figlia.
E così a malincuore, durante il corso dell’anno
scolastico, Elena e sua madre
si trovarono a traslocare dall’arido e asciutto West Richland
al borgo sul mare
di Deep Alley.
-“vedrai,
farai subito tante nuove amicizie!”- la
madre, Rachel era emozionata per l’inizio di quella nuova
avventura, lo stesso
però non si poteva dire della figlia.
–“non voglio nuovi amici, andavano bene
quelli vecchi! Mi hai rovinato la vita!!”- Eh si, quando si
hanno 17 anni e si
è improvvisamente portati via da quella realtà
ormai consolidata di amici,
scuola, ricominciare quasi alla fine dell’anno scolastico
può essere dura e per
Elena che aveva perso da poco suo padre cui nonostante il rancore
voleva bene,
era più che difficile.
Rachel aveva
trovato
facilmente lavoro presso un ristorante dove faceva la cuoca, non
passava giorno
in cui non ribadisse alla figlia l’importanza di frequentare
e finire il
college e quanto ciò avrebbe contribuito a trovare un buon
lavoro e costruirsi
un futuro felice.
In quel assolato
pomeriggio, la tutt’altro allegra famigliola
arrivò alle porte del cancello in ferro
bianco battuto che stabiliva l’ingresso in quella
meravigliosa dimora. Il muro
in pietra grigia calcarea era alto qualche metro e riparava la villa
dalla
salsedine estremamente corrosiva che spumeggiava dal mare. La casa era
bianca e
grigia, con ampie finestre che davano sul giardino ben potato; la
macchina
della famiglia Greene (questo era il loro cognome) percorse il sentiero
lastricato di pietre fino a fermarsi nell’area per
parcheggiare.
“non
posso credere che da
oggi tutto questo sarà nostro!”- Disse Rachel
prendendo le valigie.
Elèna
era visivamente di
cattivo umore, prese la sua valigia senza dire una parola e attese
direttive.
“Bene,
dove ho messo le
chiavi… vediamo…”- continuò
a rovistare nelle tasche. –“ah eccole qui, queste
birichine!”-
“Ripetimi
ancora una
volta mamma, perché papà si è tenuto
la villa al mare e noi abbiamo vissuto per
sedici anni in quel minuscolo appartamento in Bridge Square nel West
Richland
dalla parte opposta??”
“Lo
sai tesoro che non
amo il mare… a lui ho lasciato la villa delle vacanze ed io
ho tenuto
l’appartamento in città, che poi ho venduto per
comprare quel grazioso appartamento
in paese”
“Beh,
quando stavi con
papà avevi un mucchio di foto fatte al
mare…” borbottò lei reputando la
discussione ancora aperta.
Rachel strinse
strette le
chiavi nel palmo della mano, come fosse sul punto di dare in
escandescenze,
capitava spesso quando si parlava di Eric. “beh, ho cambiato
gusti! Odio il
mare e tutto ciò che ne deriva!!”-
esclamò sbattendo la porta verso l’interno.
Elena
capì che era il
momento di tacere.
Entrò
in casa studiando
tutto con occhi nuovi.
L’interno
appariva sobrio
come l’esterno, i pavimenti erano bianchi e seppur fossero
velati da uno strato
di polvere si poteva percepire la loro natura riflettente, le pareti
erano del
medesimo colore e così quasi tutto l’arredamento;
-“Papà
aveva una leggera
ossessione per il bianco!”- ironizzò la ragazza
avvicinandosi al divano del
medesimo colore.
-“aveva
un ottimo gusto
in fatto di arredamento,” – asserì
Rachel prendendo in mano un orologio da
tavolo incastonato nel corallo rosso.
Quasi tutti i
dipinti
della casa, come poi noterà Elena in seguito, avevano il
tema marino.
-“questo
quadro
è…bellissimo” – aveva
ritrovato la parola rimasta inerme davanti un enorme
dipinto posto proprio di fronte al divano.
Sarebbe stato
logico
trovare in quel posto un televisore, come in tutte le case normali del
XXI
secolo, invece vi era un quadro enorme, quasi un metro per un metro,
raffigurante sul fondo un mare in tempesta e una creatura
metà donna e metà
pesce in primo piano su una conformazione rocciosa, con i capelli rossi
scompigliati
dal vento, i suoi occhi azzurri parevano fissare
l’osservatore e scavare nel
suo Io più profondo, un
dipinto
malinconico ma anche passionale che pareva gridare, “torna da
me”;
-“Eric
era un pittore
eccezionale ed un grande amante del mare”- disse sua madre
prendendo una sedia
dal soggiorno. “qui, sarà meglio mettervi un
televisore…” disse appoggiando il
quadro con la tela rivolta verso il muro. “su adesso, raggio
di sole, cerca la
tua stanza e inizia a disfare i bagagli, domani sarà giorno
di scuola!” parve
ritrovare il buon umore subito dopo. La ragazza sapeva che sarebbe
stata dura
per sua madre, doveva darle del tempo ed accettare tutte le sue
bizzarrie,
dopotutto suo padre era stato importante per lei, lo poteva capire
dalla fede
che dopo tanti anni teneva ancora conservata nel suo portagioie.
“raggio
di sole”-
borbottò in risposta percorrendo il corridoio cercando
l’accesso al piano
superiore. “non ho più 8
anni…”- proseguì sino a trovare una
scala dai gradini
insoliti dal colore rosso.
Dopo aver
esaminato
attentamente tutte le camere da letto ne scelse una non troppo grande
ma che
aveva un balconcino privato a ovest che le regalava una magnifica vista
sulla
scogliera e su una piccola striscia di sabbia bagnata dal mare; proprio
in quel
momento il sole stava tramontando sull’acqua, era uno
spettacolo mozzafiato a
cui la ragazza non aveva mai assistito, dal piano di sotto
sentì sua madre
attaccare la fidata aspirapolvere, approfittò di
quell’improvvisa ondata di
buon umore e scese giù in giardino in esplorazione.
Con il suo Ipod
in tasca
e le cuffiette nelle orecchie cercò un sentiero per poter
scendere su quella
spiaggetta che aveva intravisto dal balcone; si accorse che
raggiungerla non
era così facile come sembrava, vi era un fitto cespuglio di
bossi che
nascondeva una sorta di stradina ripida che costeggiava tutta la parete
rocciosa. Armata di ottime scarpe da tennis e jeans praticamente
indistruttibili iniziò la lenta discesa verso quel posto che
già aveva promosso
a nascondiglio di fiducia, in caso volesse isolarsi o stare in un luogo
tranquillo per qualche ora.
I suoi capelli
biondi
lunghi fino alla schiena con quella luce intensa divenivano davvero
raggi di
sole, sembravano essere fatti da singoli fili d’oro che
rilucevano tra di loro
riflettendo la luce dorata,
-“avrei
dovuto portare
gli occhiali da sole”- mormorò tra se sedendosi
sulla spiaggia coprendo con la
mano la fronte da quella luce intensa.
Quella striscia
di terra
infatti non era più larga di una decina di metri, era
circondata ai lati da
scogli scuri bagnati ritmicamente dal dolce muoversi delle onde; il
mare era
calmo e la luce riflessa sull’acqua abbagliante. Elena era
sempre stata
contraddistinta da una particolarità, sin da
quand’era piccola possedeva degli
occhi cangianti, alla luce del giorno i suoi occhi sembravano di un
dolce color
nocciola, bastava però che appena un raggio di sole la
colpisse e come per
magia la sua iride rilasciava cristalli verde bosco, mutando
così il colore.
Proprio mentre
si stava
alzando per continuare l’esplorazione, il suo ipod si mise a
lampeggiare.
-“ohh
stupido coso! Non
mi puoi abbandonare così!”- guardò il
display rosso –“niente da fare…
è
morto!”- sbuffò riponendolo assieme alle cuffie
nella tasca dei Jeans.
-“scommetto
che a
quest’ora l’acqua sarà
caldissima… che darei per fare un bagno!”- si
tolse le
scarpe e i calzini abbandonandoli abbastanza lontano
affinché il ritorno
dell’onda non li bagnasse poi, immerse i piedi
nell’acqua calda.
-“non
posso… no… proprio
non posso…”- disse facendo qualche passo avanti
sollevando i pantaloni fino
alle ginocchia. Arretrò velocemente.
–“ohh non m’importa! Tanto non mi
vedrà
nessuno… solo un minutino…”-
iniziò a togliersi i pantaloni ed in seguito anche
la felpa e la canotta, rimanendo così solo in biancheria.
C’erano
delle volte in
cui Elena preferiva entrare in acqua con un tuffo bagnandosi tutta in
una
volta, alle volte invece entrava più lentamente ed era
questo il caso. Avanzò
lentamente, i piedi muovevano i primi passi in quel fondale sconosciuto
in cui
la sabbia bianchissima era fine come polvere, a quel punto
s’immerse
completamente dandosi una spinta vigorosa verso il largo; le piaceva
andare a
nuotare dove non toccava, lo trovava eccitante, talvolta le piaceva
gareggiare
con se stessa nel vedere quanto velocemente riusciva ad andare e venire
toccando il fondale. Lo fece anche questa volta.
Dopo aver preso
un bel
respiro scese giù.
Inizialmente
scese senza
aprire gli occhi, dopotutto si era allontanata qualche metro dalla
riva, quanto
poteva essere profondo il fondale? Con il passare dei secondi,
più spingeva
verso giù con le braccia ben protese, più la sua
voglia di aprire gli occhi
cresceva; eppure Elena aveva paura dei fondali bui, di giorno con la
luce tutto
è meno spaventoso, ma quando la luce cala, il terrore di
trovare qualcosa di
brutto sul fondo l’attanagliava lo stomaco. Aprì
gli occhi d’istinto. Era
davvero buio li giù, percepiva appena i pesci a qualche
metro da lei; ostinata
nel voler arrivare a tutti i costi sul fondo dopo esser arrivata sin
lì, spinse
ancora più forte, sentiva che le iniziava a mancare il fiato
ma il pensiero di
arrivare sul fondo e darsi la spinta con i piedi per risalire le
forniva la
voglia necessaria per continuare a scendere. Un forte dolore prese a
martellarle alla testa, tipico di quando si scende a forte
profondità e la
pressione inizia a giocarti brutti scherzi.
Ad un tratto si
fermò
terrorizzata.
Le era appena
sembrato di
vedere una cosa…una coda di pesce enorme.
Calcò
le mani sulla bocca
per non fare uscire l’ossigeno.
Poi li vide.
Un paio di occhi
chiari
la fissavano dall’oscurità.
Elena non ci
pensò due
volte ed iniziò a nuotare come una forsennata per risalire
in superficie e
uscire dall’acqua. Ebbe la sensazione di essere inseguita ed
allora prese a
nuotare ancora più velocemente.
Respirò
a pieni polmoni
non appena arrivò sulla spiaggia, all’asciutto,
lontano dall’acqua.
Era rannicchiata
con le
ginocchia al petto, tremante di paura e di freddo; il sole era ormai
calato del
tutto e senza il suo calore spirava un vento decisamente gelido.
Continuava a
fissare l’acqua, nel punto in cui presumibilmente era scesa.
Le parole cadavere e mostro
marino le presero a vorticare per la mente fino a quasi
stordirla. Strizzò i capelli sgocciolando l’acqua
ormai gelida, raccolse i suoi
vestiti ancora tutta tremante ed iniziò a salire la
scogliera per ritornare a
casa.
Una bella doccia
calda e
un lauto pasto erano quello che ci voleva per schiarirle le idee e se
ancora
non fosse bastato avrebbe fatto un bel sonno ristoratore, dopotutto
domani
c’era qualcosa di ben peggiore di un cadavere in fondo al
mare…: la scuola.
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Capitolo 2 *** The shoes, the girl and the mermaid ***
Deep alley
2. The shoes, the girl and the mermaid
Elena
non aveva chiuso occhio quella notte, aveva
sognato di terribili mostri marini che dimoravano in fondo
all’oceano in attesa
di mangiarsi i malcapitati che si spingevano sino a quelle
profondità. Iniziava
ad avere qualche dubbio su quello che aveva visto li giù;
probabilmente la
carenza di ossigeno le aveva giocato brutti scherzi e probabilmente la
forte
impressione che aveva avuto riguardo quel quadro appeso nel soggiorno
l’aveva
spinta a vedere degli occhi molto simili in fondo al mare.
La
sveglia segnava le 7:00 in punto, non aveva più
voglia di restare a letto, il “primo” giorno di
scuola l’attendeva, prima
sarebbe andata prima si sarebbe tolta il pensiero.
Spazzolò i capelli biondi, infilò un maglione
verde smeraldo e un jeans, un
velo di trucco per coprire le occhiaie e 20 minuti dopo era
già di sotto a fare
colazione.
Prese
al volo due toast –“già pronta? Ti posso
accompagnare io con la macchina stamattina.” Le diede il buon
giorno sua madre
con un energico sorriso stampato in faccia.
-“no
grazie, almeno il primo giorno vorrei provare ad
arrivare puntuale, per oggi andrò a piedi”,
salutò sua madre ancora in pigiama
e con lo zaino in spalla s’incamminò verso la
scuola.
****
La campanella era appena suonata, Elena si era trovata un bel posticino
in
quarta fila accanto alla finestra, le classi non avevano i banchi in
coppia,
ogni studente aveva il proprio banchetto singolo così da
evitare le scocciature
del compagno di banco e, per i professori, scoraggiare eventuali
passaggi di
copie durante i compiti in classe. Poco a poco i ragazzi iniziarono ad
entrare
in classe, guardavano la nuova arrivata incuriositi e poi iniziavano a
parlottare tra di loro.
-“scusami”-
le si avvicinò una ragazza dai capelli
ramati –“questo sarebbe il mio posto”
– disse indicando con lo sguardo il
banco.
-“oh”
– disse solo lei in risposta alzandosi, man mano
che arrivavano gli altri ragazzi ognuno prendeva il proprio posto; era
chiaro
che i bidelli non avevano aggiunto un banco in più.
-“scusa”-
rispose, prese il suo zaino e uscì dall’aula
sotto gli occhi di tutti.
In
classe c’era un gran vociare che non si spense neppure
con l’arrivo della prof.
La
porta dell’aula si riaprì facendo comparire Elena
la quale portava una sedia e il bidello con un banco.
-“buongiorno”
esordì Elena avvicinandosi alla prof
mentre il bidello andava in fondo per sistemare il banco.
–“Sono Elena Greene,
la nuova studentessa” – esordì
presentandosi alla classe.
Il
bidello posò il banco in quinta fila accanto alla
finestra, la bionda prese la sedia e si andò a sedere. Era
di cattivo umore,
nella sua vecchia classe aveva lasciato i suoi migliori amici, qui era
la
ragazza nuova, non conosceva nessuno e francamente non aveva molta
voglia di
stringere amicizie, era alla fine del quarto anno di liceo, avrebbe
dovuto
trascorrere ancora un anno in quel carcere chiamato scuola e poi
finalmente
sarebbe stata libera. La scuola non le piaceva ( ma a chi piace?) non
che non
fosse brava, le piaceva molto il disegno e la matematica, ma non
disdegnava
neanche la letteratura.
La
mattinata trascorse in maniera abbastanza monotona,
durante la ricreazione passò quasi tutto il tempo a
disegnare sul retro del
quaderno, tentava di rappresentare quello sguardo che l’aveva
colpita in fondo
al mare, che le si era impresso indelebilmente nella sua mente.
-“e
così sei un’artista”- esordì
una voce da sopra il
suo banco.
-“non
è nulla…”- si affrettò a
chiudere il quaderno.
-“io
sono Nick, sono seduto proprio nel banco di
fianco a te.”- le indicò il moro.
In
realtà lei non ci aveva proprio fatto caso.
Sorrise, non aveva niente di meglio da dire.
-“ehi
Nick! Fai amicizia con “la nuova”?”
– si
avvicinò una morettina a loro due.
-“mi
chiamo Elena” – ricordò lei.
-“Elly!
Perfetto! Ce ne mancava una in classe!”- le
strinse la mano –“ io sono Sara, e questo
simpaticone qui è Nick, è innocuo sta
tranquilla!” – rise lei.
Elly
rise di rimando.
Il
resto della mattinata trascorse in quel modo,
lezioni e bigliettini dai due nuovi “amici” appena
conosciuti.
Il
fatidico –“sei fidanzata?”-
arrivò con sorpresa
prima del previsto, alla sua risposta negativa le ragazze la presero a
guardare
con compassione “oh
poverina”, mentre
i ragazzi iniziarono a sorteggiare chi di loro doveva provarci prima.
Lei non
aveva nulla contro l’amore, non aveva gusti semplici e ancora
non si era mai
innamorata seriamente di nessuno; non voleva mettersi con qualcuno solo
per
divertimento o altro, se si fosse fatta fidanzata sarebbe stato per
amore, su
questo era irremovibile. Quando finalmente le lezioni finirono e fu
l’ora di
rientrare a casa Elena tirò un sospiro di sollievo, aveva
già progettato un bel
pomeriggio all’insegna del relax post-trasloco.
Le
giornate che seguirono furono piuttosto tranquille,
la bionda stette alla larga da quella spiaggetta privata, non aveva
avuto né il
tempo né la voglia di riscendere sin laggiù; per
quanto riguardava invece
quell’episodio in fondo al mare si convinse di esserselo solo
immaginato e non
vi prestò più molta importanza.
-“non
ci posso credere! Tu stai davvero lì??”- Nick,
il suo vicino di banco quasi cadde alla sedia quando, durante la
ricreazione si
fermarono a chiacchierare venendo così a sapere
dell’ubicazione della casa di
Elly.
-“si,
era la casa dove viveva mio padre… prima di... si
insomma, morire.”- rispose senza troppa attenzione lei
sbocconcellando il
pranzo.
-“c’è
davvero il suo fantasma che vaga per le
scogliere??” – chiedeva sempre più
eccitato il ragazzo.
-“no”-
rise lei –“nessun fantasma giuro!”-
continuò scherzosamente.
-“sai…”
– inziò in tono confidenziale.
–“si diceva che
tuo padre, senza offesa, avesse qualche rotella fuori posto”-
fece un cenno con
la mano accanto alla nuca ruotando l’indice.
Elena
si irrigidì –“forse era un po’
eccentrico per la
calma di questa città”- lo giustificò.
-“beh…”-
il suo tono di voce si abbassò ancora, quasi
in un sussurro, come se stesse dicendo qualcosa di segreto e proibito.
-“diceva
di vedere le sirene…”-
-“S…sirene?”-
la sua voce si alzò di un ottava, sbigottita
si portò una mano alla testa, e se ciò che aveva
visto non fosse stato solo il
frutto della sua immaginazione? E se fosse diventata matta anche lei
come suo
padre? Forse nella loro famiglia vi era qualche tara genetica
difettosa…
-“Cosa
sai di
tutta questa faccenda?”- il suo tono si fece sospettoso,
intuiva che Nick
sapesse più di quel che desse a vedere, ma improvvisamente
al ragazzo non
interessò più quel discorso.
Il
ragazzo dai capelli castani scosse la testa come
per scacciare brutti pensieri. –“niente di
più di quello che raccontavano un
po’ tutti qui in giro” – si
voltò puntando i suoi occhi castani sul proprio
pranzo, reputando probabilmente chiusa la discussione.
-“che
strano…”- Elena però non la
reputò tale.
–“qualche giorno fa mi era sembrato di vedere
qualcosa muoversi nell’acqua… mi
chiedo se…”-
Nick
abboccò a quella provocazione girandosi come una
furia, inchiodandola con lo sguardo non più dolce e
tranquillo ma carico di
preoccupazione. –“Sta’ lontana dalla
spiaggia, Elly”- la
fissò ancora per qualche secondo –“ non
è
posto per te”-
“Se
sai qualcosa dovresti dirmelo…”
l’esortò lei.
Il
ragazzo scrollò le spalle poi le disse “non
è affar
mio, e di certo non sto dicendo di crederci, ma le sirene sono delle
creature
carnivore…si nutrono di carne umana, dopo il tramonto
stà lontana dall’acqua…”
Elena
rimase in silenzio metabolizzando la preziosa
informazione che le aveva dato il suo nuovo amico, se vi era davvero
qualcosa
di pericoloso in quella spiaggia avrebbe fatto di tutto per scoprirlo,
lo
voleva sapere, e determinata com’era avrebbe di certo
scoperto qualcosa, quel
pomeriggio la sua tappa prima di ritornare a casa fu
l’inesauribile fonte di
sapere alternativa ad internet e di gran lunga più
suggestiva; la biblioteca.
****
La
porta dell’edificio si aprì con un rumore
sinistro,
era da tempo che nessuno oliava quei cardini e adesso scricchiolavano
ad ogni
minimo movimento; senza timore, con il suo zaino in spalla Elena
occupò un
tavolino preparando block notes e matita per prendere eventuali appunti.
Non sapeva bene da dove iniziare a cercare, in realtà non
sapeva bene nemmeno
cosa stesse cercando, ma una cosa era certa, non sarebbe tornata a casa
senza
prima aver trovato qualcosa di concreto sulle sirene.
“mi
scusi” si avvicinò alla donna dietro il bancone
all’ingresso. Aveva i capelli castani avvolti in uno chignon
dietro la testa e
lo sguardo vigile da cui controllava la sala da dietro il computer
dinnanzi a
sé.
Squadrò
con sguardo annoiato la ragazza dai capelli
dorati “cosa ti serve” le rispose in tono apatico.
“sto
cercando dei libri sulle… emh… sirene”
la donna
le lanciò uno sguardo tagliente carico di sospetto
-“è per un progetto
scolastico”- la motivazione parve convincerla un
po’ di più.
Le
dita lunghe e affilate presero a battere lentamente
sulla tastiera, dopo qualche minuto la stampante di fianco alla donna
prese a
fare rumore e sbuffare fumo; dopo pochi istanti ne uscì un
foglio di carta un
po’ stropicciato completamente sbiadito. “questo
stupido affare!” prese a
dargli un pugno la signora.
“forse
potrei aiutarla…sono brava in questo genere di
cose”.
La
bibliotecaria le fece cennò di entrare, Elena
aprì
la porticina che la separava dal bancone e si posizionò di
fronte la stampante.
Prese ad aprirla e toccare qualche parte al suo interno.
“la
testina si era spostata, per questo non stampava
bene” la signora ovviamente non capì nulla di
quello che la ragazza avesse
detto. “a casa mi occupo io queste
cose…” sorrise la bionda che non si era
affatto fatta scoraggiare dal lato ombroso della bibliotecaria.
Dalla
stampante uscì un foglio perfettamente liscio e
ben inchiostrato con su una lista di libri, tre o quattro, recanti o
inerenti
l’argomento “sirene”.
“Se
hai bisogno di altro chiedi pure” la donna parve
addolcirsi lievemente, Elena rispose con un cenno e andò
silenziosamente alla
ricerca dei suddetti.
****
Dopo
aver rintracciato tutti e quattro i libri, si
sedette al suo posto iniziando a sfogliarli in cerca di qualche
riferimento al
mondo di quelle creature mitologiche.
Fu
così che si imbattè nella prima informazione
interessante, seppur presa da un libro Fantasy:
“sia vero o
meno, giuro sulla mia gamba buona che bacerò una
sirena!” il marinaio esultò
felice “perché rischiare la tua vita
così? Legati assieme a noi alla nave, non
sopravvivrai al loro canto!” esclamò un compagno
legato già al pennone della
King Revenge II, il quale aveva già protetto le sue orecchie
con uno strato
spesso di stoffa. Ma il marinaio non sentiva storie, stava per
controbattere
quando delle note dalla melodia indescrivibile gli attraversarono le
orecchie
incrostate di salsedine. Dinnanzi a lui comparve una delle
più belle creature
che avesse mai visto, capelli color rugiada e occhioni verde oceano.
“Annegamento” caduto quasi in trans rispose al
compagno “se una sirena ti bacia
ti salva dall’annegamento” il marinaio perse
completamente la testa e si tuffò
in mare per raggiungere la sirena la cui voce continuava a cantare note
melodiose. I compagni assistettero all’orribile scena, la
creatura non ebbe
nemmeno la pietà di ucciderlo prima trascinandolo con se
negli abissi, che
dalla sua bocca uscirono zanne affilate, e le sue mani si tramutarono
in
artigli, e con ferocia iniziò a dilaniare la carne
dell’uomo che tinse le loro
acque di sangue. Le sue grida squarciarono il nero della notte mentre
pezzi di
arti fatti a brandelli iniziarono a spargersi nelle acque, sotto
quell’ennesima
luna piena un delitto si era appena compiuto; la notte era ancora lunga
ed ogni
uomo su quella nave pregò passasse il più in
fretta possibile”.
Elena
era disgustata da ciò che aveva appena letto,
era un resoconto dettagliato di come le sirene mietevano le proprie
vittime;
chiuse quel libro ormai privo di informazioni utili e iniziò
a cercare in quello
seguente.
“le
sirene escono solitamente in branco, queste creature
dall’aspetto angelico
amano cibarsi della carne fresca degli umani, se hanno preso di mira
una preda
ben precisa difficilmente desisteranno dall’averla, e per
farlo potrebbero
spingersi persino vicino alla riva.”
La
sua ricerca su questo secondo libro fu poco
fruttuosa, e dopo aver concluso la sua attenta ricerca passò
al successivo.
Impaurita e titubante chiuse anche il terzo libro, non aveva trovato
nulla di
interessante o differente rispetto gli altri due, ognuno descriveva le
sirene
come creature pericolose e prive di sentimenti umani. Se quello che
aveva letto
fosse stato vero, quel pomeriggio sulla spiaggia aveva corso un gran
ben
rischio…
Il
suo sguardo fu attirato dal capitolo conclusivo
dell’ultimo libro.
“quelle
creature non provano sentimenti… loro non possono amare. Sai
Bengt perché sono
solo donne?” il ragazzo con la benda sulla testa scosse il
volto completamente
rapito dalle parole del vecchio. “Raramente loro danno alla
luce dei tritoni,
perlopiù solo donne perché possono catturare
meglio le loro vittime dell’altro
sesso… e quando arriva il periodo
dell’accoppiamento, dopo essere state
“fecondate” per così dire ed essere
sicure di contribuire al branco con una
nuova nascita, mangiano la carne del compagno. “ma
così facendo,” il ragazzo
deglutì a fatica “se mangiano tutti i loro
“maschi” come fanno a
riprodursi…cioè… non si estingueranno
prima o poi?”
“femmine d’astuzia sono…” il
vecchio prese un respiro dalla sua pipa “se non
hanno a disposizione i tritoni, prendono forma umana e selezionano
degli
“uomini” prescelti, che siano forti e belli per
poter continuare la stirpe, e
la storia si ripete, dopo aver fatto i loro comodi li trascinano
sott’acqua e
li divorano…”
Elena
andò avanti ma non vi erano più riferimenti
riguardanti l’argomento… ancora sconvolta e con un
senso di vomito che le aveva
preso a torturare lo stomaco, tornò sui suoi passi e
ricopiò tutta la
discussione nel suo block notes, che fosse vero oppure no, tutti i
libri
dicevano la stessa cosa, le sirene erano creature estremamente
pericolose che
amavano cibarsi della carne umana. Improvvisamente il ricordo di quegli
occhi
nel buio le fece accapponare la pelle, che rischio che aveva corso quel
pomeriggio, quando stupidamente si era avventurata in acque a lei
sconosciute.
Aveva
raccolto abbastanza informazioni su
quell’argomento, dopo aver rimesso a posto tutti i libri si
diresse verso casa
accorgendosi che si era già fatta l’ora di cena.
Dopo
tutto quello che aveva letto era spaventata e
confusa, ma erano pur sempre storie scritte sui libri, quanto di quello
che
aveva letto era vero? Nonostante tutto sentiva che almeno un ultima
volta
doveva recarsi su quella spiaggia, fargli una foto ricordo magari e poi
non
riscendere mai più… forse quegli occhi
l’avevano già stregata e lei non ne era
cosciente ma, a nonostante avesse appreso quelle nuove rivelazioni,
decise che
il giorno seguente vi sarebbe ritornata.
****
Erano
circa le sei di pomeriggio, il sole stava per
iniziare a tramontare, dopo aver finito di studiare Elena decise di
mantenere i
buoni propositi che si era fatta il giorno precedente. Prese le sue
poche cose
scese in spiaggia, e dopo aver sistemato l’asciugamano prese
a passeggiare
sulla spiaggia con le mani sprofondate nelle tasche.
Come
poteva un posto così bello essere allo stesso
tempo così pericoloso? Sovrappensiero si
arrampicò su una serie di scogli che
rimanevano per la parte superiore fuori dall’acqua, mentre il
resto aveva ormai
perso le sembianze di roccia in favore di anghe e licheni che vi
avevano fatto
la loro dimora. La marea era bassa, non vi era alcun pericolo che in
qualche
modo accidentale venisse a contatto con l’acqua, stando bene
attenta quindi si
sedette all’asciutto fissando incantata le sfumature
aranciate che si
riflettevano sull’acqua.
-“eh
no… col cavolo che tocco l’acqua oggi”
– si era
detta lasciandosi persino le scarpe allacciate tanto era attenta a non
bagnarsi.
Si
rannicchiò con le ginocchia al petto ed iniziò a
tracciare cerchi immaginari sulla superficie dell’acqua e
d’un tratto prese a
pensare alla sua vecchia vita, ai suoi vecchi amici, a quanto le cose fossero
diverse; anche
se potevano continuare a sentirsi tramite messaggi o addirittura
videochiamarsi
ormai era fuori da quel mondo di cui per 4 anni aveva fatto parte.
Ancora una
volta si ritorvava da sola a dover ricominciare una nuova vita.
-“non
sarei mai voluta venire qui!”- gridò a voce
alta. –“stupido padre!! Non saresti dovuto
morire!!”- iniziò a sbattere i pugni
sull’acqua con rancore, bagnandosi tutta. Un’onda
più grande delle altre
l’investì bagnandola tutta e, come succede quando
un’onda ti coglie alla
sprovvista, la trascinò in acqua portandola verso il largo.
Seppur
presa alla sprovvista Elena non si fece
prendere dal panico ed iniziò a nuotare verso la riva
quando, un crampo alla
caviglia le impedì di proseguire, a causa delle scarpe non
poteva continuare la
traversata agilmente quindi decise di toglierle, lasciando ai piedi
solo i calzini
zuppi.
-“accidenti!!”
– una scarpa le scivolò di mano ed
iniziò ad andare giù verso il fondo. In altri
tempi si sarebbe immersa subito a
riprenderla ma dopo gli ultimi eventi esitò; fu
quell’esitazione che diede il
tempo alla scarpa di scendere sempre più giù.
–“ora o mai più” –
s’immerse,
questa volta da subito con gli occhi aperti, la scarpa era proprio
lì davanti a
lei, fluttuava placidamente nell’oscurità.
La
sua mano si chiuse attorno alla punta dello
sneakers verde.
Una
mano si chiuse attorno al suo polso.
I
peggiori incubi di qualunque persona con un po’ di
sale in zucca si avverarono. Elena aprì la bocca per gridare
terrorizzata e
così tutta la sua aria uscì.
Dall’oscurità dell’abisso
uscì poco alla volta un
braccio, poi quegli occhi azzurri che già una volta aveva
visto, dopodiché si
delineò il volto di un ragazzo, i suoi capelli castano
rossicci ondeggiavano
nell’acqua mentre portava la mano libera verso la bocca
facendole segno di
tacere. Elly portò la mano sinistra alla bocca tappandosela
ma ormai era uscita
quasi tutta la sua riserva d’aria.
La
mano di quell’essere
era ancora stretta saldamente attorno al suo polso, se avesse
voluto
l’avrebbe potuta portare giù e farla morire
annegata o peggio; divorarla seduta
stante.
Ma
non fu ciò che successe.
Il
ragazzo guardò su verso il confine che li divideva
dal mondo di sopra.
Elena
ritirò la mano. Lui la lasciò andare.
Dimenandosi
come una forsennata arrivò a riva. Aveva
gli occhi sgranati dal terrore, tossì varie volte per
eliminare l’acqua che
aveva bevuto. Lanciò le scarpe sulla sabbia, tremava
visibilmente e continuava
a guardare di fronte a sè in attesa di vedere qualcosa sul
pelo dell’acqua.
“Non
è possibile…allora esistono davvero…
adesso verrà
a prendermi per divorarmi?” – pensò lei.
Di una cosa era certa, erano gli stessi occhi che aveva visto il giorno
prima,
non avrebbe potuto confonderli con quelli di nessun altro.
Con
il passare dei minuti e non vedendo nessun mostro
all’orizzonte con fare minaccioso, il suo respiro si fece
più regolare, il
cuore iniziò a rasserenarsi, quella brutta disavventura
forse era davvero finita.
Elena
volse un rapido sguardo allo scoglio dove poco
prima era seduta e scoprì che si sbagliava; quel ragazzo era
lì e la stava
osservando. Si alzò di scatto in piedi prendendo la scarpa
tra le mani. Il
ragazzo si nascose leggermente dietro lo scoglio.
-“ehi!!”
– gli gridò lei tremante.
–“non ho intenzione
di farmi mangiare senza combattere, stanne certo!”
–
La
creatura uscì la testa da dietro lo scoglio. Ora
che lo guardava meglio aveva proprio le fattezze di un ragazzo normale,
sul
collo leggermente dietro le orecchie notò dei tagli,
assomigliavano a branchie.
I capelli erano castani rossastri alla luce del tramonto prendevano
delle
sfumature dorate, i suoi occhi invece erano di un azzurro caldo, colore
del
mare in una limpida giornata estiva.
-“mi
spiace, non era mia intenzione spaventarti”- il
ragazzo parlò, Elena si stupì di quanto la sua
voce risultasse calda e
avvolgente. Allentò la presa sulla scarpa, non era sicura di
voler ancora
abbassare la guardia, forse era proprio sua intenzione metterla a
proprio agio
e poi saltarle addosso con i suoi denti lunghi e affilati.
-“non
sono spaventata,”- iniziò poco convinta lei.
-“beh
quella cosa
che tieni in mano sembra un arma…”-
Elly
guardò la scarpa zuppa che teneva in mano come
fosse una racchetta, pronta a lanciargliela contro; quanto doveva
sembrare
stupida in quel momento! Abbassò la scarpa sino a farla
ricadere sul suolo, di
certo non sarebbe stata una scarpa a fermarlo...
-“è
solo una scarpa”- asserì –“non
è un’arma”- tentò
di difendersi.
Il
ragazzo guardò la
scarpa ricadere sulla spiaggia.
-“credo
che faccia male comunque” – protestò lui
avvicinandosi cauto.
Elena
arretrò spaventata e lui si bloccò
all’istante.
-“beh…”-balbettò
–“se non vuoi provare ti conviene non
fare niente di sospetto…”-
Il
ragazzo non era proprio a riva ma Elena potè
scorgere una lunga coda verde che si muoveva lentamente al di sotto
della
superficie dell’acqua.
-“sei
un … tritone?”-
-“si”-
asserì lui mostrando il suo sorriso formato da
normalissimi denti bianchi, per niente aguzzi e affilati come li aveva
immaginati lei in seguito a quelle letture.
La
bionda evitò di dire cose scontate come “ma le
sirene non esistono” o “questo cose succedono solo
nei libri e nei telefilm
australiani!” quindi intervenì facendo una domanda
pertinente:
-“perché
mi stavi spiando?”-.
-“non
ti stavo spiando”- abbassò lo sguardò
lui –“controllavo
che stessi bene… hai bevuto parecchia acqua”-
-“ma
che tritone premuroso! Prima attenta alla mia
vita sbucando dal buio all’improvviso, e poi si accerta se
non sono morta
d’infarto!”- ironizzò lei. Il suo cuore
aveva ricominciato a battere forte.
Il
ragazzo la fissò intensamente, poi fece per
rimmergersi.
-“aspetta!”
– alzò la mano per fargli un cenno. Il
tritone aveva l’acqua già all’altezza
del collo quando si fermò per ascoltarla.
-“ci
rivedremo?”- quelle parole le uscirono ancora
prima che potesse formulare un pensiero logico. Poteva essere un
assassino, era
già fortunata ad essere sopravvissuta! Avrebbe dovuto girare
i tacchi e
cogliere quel colpo di fortuna.
-“può
darsi”- le rispose lui, lei parve notare un
sorriso appena accennato schiudersi dalle sue labbra, ma non ebbe
abbastanza
tempo che il ragazzo era già scomparso, lasciando la bionda
basita a formulare
mille e più domande su ciò che era appena
successo.
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Capitolo 3 *** Promesse ***
Deep alley
3.
Promesse
“non
avrei dovuto…” continuò a pensare Elena
risalendo
la scogliera, era stato un incontro pericoloso, avrebbe potuto
rischiare la
vita dopotutto le sirene erano creature pericolose, mangiatrici di
uomini.
Eppure quegli occhi non potevano appartenere ad una creatura
così malvagia e
perfida, quando quel ragazzo l’aveva afferrata infondo al
mare si era
spaventata moltissimo che avesse potuto trascinarla giù e
divorarla, ma non fu
ciò che fece; l’aveva aiutata ed era risalito in
superficie per accertarsi che
stesse bene; quelle cose che aveva letto, le creature incapaci di
provare
sentimenti, mosse solo dalla loro ingordigia di carne fresca era
sicura, non
valessero per quel tritone.
Ancora
pensierosa quasi non si accorse che sul portico,
sua madre la quale era appena rientrata, la squadrava con aria truce.
–“El! Hai
fatto di nuovo il bagno a mare?? Non ti pare esagerato! Non
è ancora il tempo
giusto” –
-“l’acqua
è davvero molto calda da queste parti…”
– si
giustificò lei.
-“beh,
se proprio vuoi farti il bagno almeno evita di
tuffarti tutta vestita!” – Elena entrò
in casa seguendola a testa bassa.
-“ti
vedo di buon umore… c’entra forse la
scuola…??
Conosciuto qualcuno di carino?”- le rivolse uno sguardo
complice lei.
La ragazza si
strinse nelle spalle –“non
proprio…”-
fece la misteriosa lasciando il discorso a metà.
-“devo
procurarmi una bici” – cambiò
repentinamente
argomento lei, -“puoi
vedere se c’è né
qualcuna nel capanno in giardino”- detto questo
staccò la chiave dal mazzo. –“oggi
il ferramenta era chiuso ma domani ti farò il tuo mazzo di
chiavi personale”-
Elena
annuì e dopo aver fatto una bella doccia calda scese
in giardino per cercare di recuperare una bici.
Il capanno era
piccolo, buio e polveroso, vi era al
centro un tavolo con sopra diversi tipi di colori ad olio, acquerelli e
acrilici, un cavalletto buttato in un angolo e una decina di tele
iniziate e
mai finite. Tutte avevano lo stesso soggetto, la sirena dai capelli
rossi “Papà
aveva un’ossessione per questa donna… mi chiedo se
fosse davvero solo il frutto
della sua fantasia…” – tastò
con le dita il rilievo creato dagli strati di
pittura ripensando al suo incontro con quel ragazzo “non so
neanche il suo nome
”-. Finalmente la trovò, una vecchia bici color
rosso spento, molto impolverata
e con le gomme a terra; “ci vorrà un bel restauro
ma andrà bene”.
Compiuta la sua
missione si trascinò svogliatamente a
farsi i compiti, di certo l’incontro con una sirena, o meglio
tritone, non era
una scusa plausibile per non farli…
La settimana
trascorse più lentamente del previsto,
lentamente lei e sua madre si stavano abituando alla nuova vita e poco
alla
volta stavano prendendo confidenza con le strade ei luoghi di quella
città.
Quella prima
settimana stava quindi volgendo al
termine senza nessun altro avvenimento particolare; ogni giorno Elena
scendeva
in spiaggia, si sedeva in riva al mare e lo aspettava. Lui non era
stato
preciso su quando si sarebbero rivisti, ma l’unica maniera
per rincontrarsi era
proprio rimanere lì in attesa. Ma di lui non c’era
traccia. Elena stava bene
attenta nel studiare le leggere increspature dell’acqua con
la speranza di
vedere quel tritone dagli occhi magnetici emergere dalle
profondità del mare,
solo per rivederla.
Ma con il passare dei giorni la ragazza perse la speranza, continuava a
scendere sulla spiaggia ma iniziava a pensare che forse quella forte
attrazione
che nutriva per quel ragazzo incontrato solo una volta era dettata
dalle
leggende che li rendevano irresistibili agli occhi degli esseri umani;
probabilmente per lui lei era una ragazza fra tante, incontrata in un
giorno
qualunque e con cui non aveva voluto cibarsi.
Eppure sentiva
che almeno un’altra volta nella sua
vita lo avrebbe dovuto rivedere.
Quel sabato
pomeriggio, finite le lezioni, non avendo
organizzato nessun uscita di classe si sentì in dovere di
scendere nuovamente
sulla spiaggia per fare qualche piccola investigazione.
Inutile dire che alcuni dei suoi libri preferiti erano proprio di
Gialli e
misteri da risolvere, quindi senza troppa fatica organizzò
le sue cose pronta
per riscendere sulla spiaggia.
Nonostante tutti
gli altri giorni fosse scesa in quel
posto sempre dopo l’orario più forte in cui il
sole illuminava violento il mare
e la sabbia, quel sabato decise di scendere proprio mentre
c’era più luce, così
da poter vedere meglio sott’acqua anche senza
l’ausilio di una torcia subacquea
che, guarda caso, non possedeva.
Entrò
lentamente in acqua stringendo tra le mani la
sua maschera, l’aria non era proprio calda, e di certo non
era la tipica
giornata in cui sarebbe stato il caso di farsi un bagnetto a mare, ma
la curiosità
era più forte, nonostante la pelle d’oca e
l’acqua ghiacciata che le lambiva
ormai i fianchi, con un gesto estremamente coraggioso ma anche deciso,
si
tuffò, spingendosi con le gambe, in profondità.
L’acqua
era fredda e pungente, essere completamente
immersa tra le sue spire era piacevole, sembrava quasi di fluttuare se
l’aria trattenuta
non avesse continuato a spingerla verso l’alto.
Ci volle un
po’ per abituare gli occhi alla vista di
quel mare scuro, il sole non aiutava, probabilmente avrebbe dovuto
comprare una
torcia…
Nuotava
già da un po’, la paura di esplorare quel
nuovo oceano pian piano la stava abbandonando, ma c’era anche
qualcos’altro, delusione.
Era come se si
aspettasse di vederlo lì da un minuto
all’altro, inutile negare a se stessa che
l’interesse verso quel ragazzo la
spingeva a ritornare in quel luogo ogni giorno, nella speranza di
poterlo
rivedere. Che pensiero stupido, se fosse stata più
ragionevole avrebbe fatto di
tutto per stargli alla larga, avrebbe ignorato
quell’incontro, avrebbe
dimenticato quei begli occhi… in fondo, poteva essere
pericoloso.
Nuotò
ancora un altro paio di minuti, il sole stava
iniziando a tramontare, era inutile restare lì a
cercare…cosa poi?
Delusa e
malinconica uscì dall’acqua e prese ad
asciugarsi con il telo rimasto sulla spiaggia a riscaldarsi sotto il
tiepido
sole. Sentì un rumore, un lieve movimento
dell’acqua, forse qualche pesce
salterino;
Si
voltò appena, incuriosita, rimase in silenzio a
guardare.
Quel ragazzo, il
tritone,
era di nuovo lì.
Il suo cuore
prese a battere furiosamente per
l’agitazione.
Lui la stava
osservando, in silenzio, studiava tutti i
suoi movimenti.
Strinse
l’asciugamano sulle spalle, per settimane
aveva atteso quel momento e adesso che era arrivato non sapeva come
comportarsi
rimanendo immobile a guardarlo a metà tra il curioso e la
paura di vederlo
andar via da un momento all’altro. Lentamente si
girò per poterlo guardare di
fronte.
-“ciao”-
esitò a mezza voce rompendo quel silenzio
denso di significati.
Il ragazzo
risalì con lo sguardo sino al suo viso,
inchiodò i suoi occhi azzurrissimi in quelli più
scuri di lei. Dopo averli
rivisti così da vicino sarebbe stata davvero
un’impresa anche solo provare a
dimenticarli.
-“credevo
che non ti avrei più rivisto”- la sua
felicità era troppa e non riuscì a contenere le
sue emozioni, quelle parole le
uscirono di bocca prima ancora di rendersene conto.
-“anche
io”- il ragazzo sussurrò appena, come se non
stesse parlando con lei, come se avesse dato voce solo ai suoi pensieri.
Imbarazzata
continuò a fissarlo, incapace di
continuare il discorso; d’un tratto tutte le domande che
l’avevano assillata
per quelle settimane le sembrarono così… inutili.
Lui era di nuovo lì, davanti
a lei, questo le era sufficiente.
-“Non
dovrei
essere qui”- asserì lui interrompendo il filo dei
suoi pensieri.
-“nemmeno
io” – Elena lentamente si sedette sul
bagnasciuga a qualche metro da lui, in un gesto che per lei era consono
iniziò
a strizzare i capelli bagnati lasciando che l’acqua in
eccesso gocciolasse
sulla sua pelle procurandole piccoli brividi di freddo.
-“si,
decisamente tu
non dovresti essere qui”- fissò la
ragazza notando che tremava dal freddo.
–“non fa troppo freddo per fare una
nuotata?”- il tritone si fece sfuggire un
sorrisetto divertito.
Elly
sbuffò –“senti chi parla… mi
sembra che anche tu
stia nuotando!”-
Il ragazzo
scattò in una risata spontanea, poi le
rivolse uno sguardo carico di compassione.
-“è
un po’ diverso per noi,
ti facevo più arguta!”-
La ragazza lo
fissò dritto negli occhi, non sapeva
cosa dire né come comportarsi, quel ragazzo la fissava
intensamente negli
occhi, e lei non poteva fare a meno di contraccambiare quello sguardo,
incantata e senza fiato.
-“Perché
sei qui?”- Ad interrompere quell’imbarazzante
silenzio fu di nuovo lui.
La bionda si
riscosse leggermente abbassando lo
sguardo. –“Potrei farti la stessa
domanda”- disse seria.
Ignorò
la sua affermazione continuando imperterrito -“avrai
sicuramente di meglio da fare che passare tutti i tuoi pomeriggi in
riva al
mare, da sola, senza far nulla in particolare…”-
-“e se
non avessi niente di meglio da fare? Stare qui,
mi rilassa.”- Elena fece mente locale sull’ultima
frase proferita dal ragazzo,
-“ehi! Aspetta un momento! Come fai a sapere che sono venuta
qui così
spesso??”- scattò in piedi
–“come fai a sapere che non faccio nulla di
particolare?”
-“e
allora cosa fai? Illuminami, perché non ci vedo
nulla di speciale nell’osservare il mare per ore e
ore” le rispose lui a tono
pentendosi subito dopo di quel che le aveva detto.
Lui era sempre
stato lì. Elena non l’aveva mai visto
ma a quanto diceva lui l’aveva sempre osservata di nascosto.
Strinse forte
l’asciugamano tra le mani, -“tu sei
sempre stato qui.” Quell’affermazione la fece
arrossire, ma al contempo
arrabbiare; perché non si era fatto vedere prima?
Perché la spiava?
Il tritone
abbassò lo sguardo, fissava perso nei suoi
pensieri l’acqua sempre più scura, improvvisamente
taciturno.
-“non
ti sei più fatto vedere dopo quel pomeriggio.
Perché oggi?”-
-“è
meglio che domani tu non esca di casa. Non venire
qui.” riprese la parola, agitò la coda verde
smeraldo e si allontanò dalla
riva.
-“Aspetta!”
– abbandonò l’asciugamano zuppo e
impregnato di sabbia sulla battigia; valutò
l’ipotesi di avvicinarsi ancora ma
aveva paura di farlo fuggire ancora più rapidamente.
-“Non-uscire-di-casa”
– scandì lui.
-“Perché
non dovrei?? Perché non ti sei fatto più
vedere? Non rispondi alle mie domande,” – Elena
strinse i pugni nel tentativo
di controllarsi ma ormai il fiume di parole che sentiva dentro non
poteva più
essere arrestato.
-“Poi
compari dal nulla, dispensi qualche frase
sconnessa senza senso e ti aspetti pure che io ubbidisca ad uno
sconosciuto” –
si fermò e prese un respiro, il ragazzo era di spalle in
allerta. –“che non si
degna nemmeno di guardarmi in faccia mentre gli parlo.”-
concluse con tono decrescente,
ferita da quelle ultime osservazioni.
Il tritone si
voltò, le gocce d’acqua tra i capelli
riflettevano come perle in controluce, Elena pensò fosse
così bello da
abbagliare persino più del sole; forse era una
caratteristica di tutte le
sirene (e tritoni) essere così belli per ammaliare gli
umani, ma lui per lei
era qualcosa di più della semplice bellezza.
-“Ti
sbagli”- prese una pausa –“io non mi
aspetto che
tu obbedisca”-
Capì
che ancora una volta lui stesse per dileguarsi
sotto i suoi occhi, fece qualche passo sulla riva verso di lui, facendo
salire
il livello dell’acqua sino alle ginocchia e facendo diminuire
la distanza tra
di loro ancora di più. Non voleva lasciarlo andare via, non
ancora.
-“non
voglio spaventarti”- si avvicinò lentamente,
adesso l’acqua le lambiva dolcemente la vita
–“vorrei solo sapere” – le sue
parole rimasero sospese a mezz’aria.
-“devo
proprio andare”- Il tritone era esitante, combattuto
se restare o fuggire nuovamente via.
Elly lo
guardò fisso negli occhi muovendo ancora
qualche passo sul fondo sabbioso –“non…
non so nemmeno il tuo nome”- gli
sussurrò avvicinandosi pericolosamente di più.
Un barlume di
paura si accese negli occhi del ragazzo,
sembrava più preoccupato da quello che avesse appena detto
lei che dalla distanza
di pochi centimetri che ormai li separava
–“è meglio che tu non lo
sappia” –
disse quindi in
tono misterioso
–“Perché
no? Non sarai mica un assassino o roba simile?!”-
Il tritone
sgranò gli occhi –“ma no!! Cosa vai a
pensare!?”
– alzò la voce improvvisamente agitato.
-“non
dovremmo…affezionarci
troppo” – Elena comprese al volo cosa
volesse dire con quella frase, il suo
cuore fece una capriola; forse non era l’unica a sentire un
qualcosa di
speciale per quello che stava accadendo, forse dato che anche lui ogni
giorno
era venuto alla spiaggia senza mai farsi vedere, sentiva ciò
che sentiva lei.
Prese un respiro profondo poi disse quello che nessuno dei due aveva il
coraggio di ammettere.
-“credo
sia tardi ormai, anche volendo io non potrei
dimenticare di averti
conosciuto”-
-“no
invece!” – protestò lui veementemente.
–“dopo
oggi non ci rivedremo mai più! Promettimi solo che domani
resterai al sicuro!”-
la guardava con sguardo quasi supplichevole.
Elly sorrise
amaramente. – “io non smetterò di venire
qui e so che nemmeno tu lo farai;” boltò le spalle
per indicare la spiaggia
–“sai benissimo cosa facevo qui ogni pomeriggio, da
sola.”
“Non
chiedermi il perché, non lo so nemmeno io” scosse
la testa come per scacciare qualche brutto pensiero, poi
proferì le sue ultime
parole prima di retrocedere verso la spiaggia e arrendersi
all’evidenza. Lui
sarebbe scappato via qualunque cosa lei avesse detto; non avrebbe
potuto fermarlo.
“Ti
aspettavo.”
Abbassò
lo sguardo improvvisamente triste, gli occhi
lucidi, il passo incespicante tra la sabbia morbida mentre usciva
dall’acqua. Si
sentiva ridicola a dire una cosa del genere ad alta voce ad un ragazzo
che
nemmeno conosceva; eppure dal primo momento in cui l’aveva
visto aveva capito
che le cose non sarebbero più state le stesse.
Una mano calda
le afferrò il polso destro, proprio
come quella volta.
Rabbrividì
a quel contatto improvviso, i suoi occhi
erano in procinto di scoppiare in lacrime, si sentiva una sciocca che
non
riusciva a controllare le sue emozioni; non sapeva nemmeno il
perché di
quell’improvvisa crisi.
-“Aris”
– disse lui con tono dolce sussurrandole
all’orecchio –“mi chiamo Aris”
–
La ragazza dai
capelli dorati non potè fare a meno di
voltarsi specchiandosi nei suoi grandi occhi azzurri, Aris,
finalmente quel bellissimo volto aveva un nome.
Lui ricambiava
il suo sguardo preoccupato senza
accennare a lasciarla andare.
Battè
le ciglia per ricacciare indietro le lacrime.
-“Elena”
– sussurrò, lui sorrise.
-“è
un bellissimo nome”- esordì facendola arrossire.
-“…posso contare su una tua promessa riguardo
domani?”- allentò la presa dal
suo polso ma lei non si sentiva ancora pronta a lasciarlo allontanare
di nuovo,
non adesso che aveva ottenuto già così tanto,
girò la mano per trattenere la
sua; il tritone non sembrò turbato da quel gesto. Il cuore
le batteva a mille,
quella situazione era del tutto irreale eppure la stava vivendo proprio
in quel
momento. –“solo se mi prometti che ci
rivedremo”- ribattè lei.
-“ti
ho detto il mio nome, credevo bastasse come
garanzia”- sfoderò un sorriso sghembo che avrebbe
fatto tremare le ginocchia a
qualunque ragazza, fortuna che le sue erano sommerse
dall’acqua scura e quindi
invisibili ai suoi occhi.
-“te
lo prometto” – si arrese lei. Era inutile
insistere, se avesse voluto sarebbe venuto… inutile sperarci
troppo.
-“te
lo prometto anch’io” – le disse serio,
strinse la
sua mano per rassicurarla. Nelle sue fantasie le sirene o i tritoni
dovevano
avere le mani viscide e palmate, magari con qualche licheno sparso qua
e là,
invece si dovette ricredere, le sue mani erano solide, calde e per
nulla
viscide;
Il tritone si
avvicinò al suo viso non interrompendo
mai il loro contatto visivo; era avvero vicinissimo, tanto che Elena
pensò la
volesse baciare ed il panico la assalì
–“ci vediamo non appena sarà passata la
tempesta.”- le disse allentando la presa dalla sua mano,
lasciando quelle
parole sospese a mezz’aria.
Lei non
parlò, aveva paura di spezzare
quell’equilibrio che si era appena creato, annuì
lievemente, lui si allontanò,
aveva un’espressione frustata, forse aveva visto la sua
espressione sconcertata
e non l’aveva baciata per questo, perché le loro
labbra erano talmente vicine
che solo a ripensarci quasi cadeva mentre usciva dall’acqua
infreddolita; prese
le sue cose e fece per andarsene. Si girò a guardare
immaginando di trovarsi
già sola ed invece lui era ancora lì,
l’aveva osservata ancora per tutto quel
tempo.
-“ciao”-
lo salutò con un cenno della mano,
imbarazzata.
Lui le sorrise,
dopodiché svanì inghiottito nel mare
nero.
Elena
sospirò con la gioia nel cuore, qualunque cosa
fosse successa quel pomeriggio adesso il suo cuore sapeva che si
sarebbero
rivisti.
|
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Capitolo 4 *** La tempesta ***
Capitolo 4. La
tempesta
Quella mattina
il cielo di Deep Alley era terso e
nuvoloso, dal suo balcone che si affacciava sul mare Elena
potè vedere il cielo
diventare sempre più nero e ciò poteva
significare solo una cosa: l’arrivo di
un imminente tempesta.
Guardando il
cielo persa nei ricordi del pomeriggio
precedente, la ragazza non capì come Aris, il tritone
incontrato sulla spiaggia
che costeggiava un angolo riservato della dimora del suo defunto padre,
potesse
aver previsto quella tempesta e avvisarla per tempo. Non aveva
dimenticato la
promessa fatta, era domenica e la scuola non sarebbe stata un problema,
aveva
già programmato una bella giornata di lavoretti domestici
senza mettere il naso
fuori dalla porta di casa, e con quel brutto tempo sempre
più vicino la sua
voglia di uscire era pari a zero.
Scavalcati gli
ultimi pacchi superstiti del trasloco
scese giù in cucina per la prima colazione.
Sul bancone
dell’isola accanto a due belle fette
biscottate già pronte vi era una latta di vernice.
“e
questa?”
Sua madre da
dietro i fornelli si sporse “ti ho
comprato la vernice per la bici! Rosso ciliegia, così potrai
resuscitare quel
ferro vecchio” le fece un sorriso entusiasta prendendo la sua
tazza di caffè e
andandosi a sedere accanto a lei. “ti ho già
sistemato le gomme e oliato la
catena, quello che manca è un’abbondante
riverniciata e vedrai che sarà come
nuova!”-
“Grazie
Mà, oggi allora mi metto al lavoro” fece il cenno
di arrotolarsi le maniche. “ma scusa il pennello?”
-“penso
non avrai difficoltà a trovarne qualcuno in
giro, prendine in prestito qualcuno da tuo padre, dopotutto era un
pittore un
pennello lo troverai sicuramente… hai provato a vedere nel
capanno fuori?”-
“Mamma,
quelli sono pennelli da pittura a olio, non
sono adatti a riverniciare una bici…” –
l’accentò con tono saccente la figlia.
Come sua madre si fosse sposata con un pittore e non conoscesse la
differenza
tra colori a olio e acquerelli per lei era sempre stato un mistero!
-“prova
in cantina allora, sono sicura che ci sarà
qualcosa di più grezzo
là sotto, così
non dovrai “sciupare” i pennelli da
“pittura a olio”- rise sarcasticamente
mettendo sul tavolo un mazzo di chiavi.
-“questa
è quella per la cantina”- disse indicandone
una dal gruppo. –“adesso vado che si sta facendo
tardi.” – scoccò un bacio
sulla guancia della figlia prima ancora che potesse protestare.
Sua madre
lavorava sodo per tutte e due, non aveva mai
finito il college non rivelandole mai il motivo del suo abbandono; dopo
la
rinuncia agli studi aveva trovato subito impiego presso un ristorante e
da
allora bazzicava da fast-food a ristoranti d’alta classe per
mantenerle
entrambe.
Da suo padre, Rachel non aveva mai voluto un soldo, desiderava solo
cancellarlo
dalla sua vita e non avere più contatti con lui, Eric
d’altro canto non
insistette troppo e oltre a sparire dalla vita di sua madre era
scomparso anche
dalla sua. Elena non aveva una foto che la ritraesse con suo padre,
né un
bigliettino d’auguri mandato per natale e compleanni. Nulla.
Lui per lei non
era che un fantasma. Un padre assente di cui non avrebbe più
voluto sapere
niente, se non fosse che sei mesi dopo la sua morte arrivò
per posta una copia
del testamento che la nominava erede di tutti i suoi beni.
-“ciao”
– rispose lei assorta nei suoi pensieri, ma
sua madre era già uscita di casa. Posò lo sguardo
sulla latta di fronte a lei “
a noi due, latta di vernice!”.
Non appena ebbe
finito di fare colazione e rassettare
la cucina prese il mazzo di chiavi e scese in cantina.
L’interno
era sporco e polveroso, di certo trovare una
cantina perfettamente pulita non sarebbe stata una cosa
“normale”. Accese le
luci, almeno quelle funzionavano, iniziando a rovistare in giro.
La stanza era
abbastanza grande, ai lati vi erano
scaffalature in metallo che arrivavano fino al tetto, ricolme di ogni
genere di
diavoleria, perlopiù attrezzi da lavoro e scatole polverose.
Su uno degli
scaffali più alti vi era una latta di
metallo con dentro una serie di pennelli dalle setole grosse, Elly
decise che
si sarebbe fatta andar bene quelli, prese una sedia e
l’accostò agli scaffali
ma sfortunatamente i pennelli erano così in alto che dovette
alzarsi sulle
punte per raggiungerli e così facendo, urtò lo
scaffale su cui erano ordinate
una serie di bottiglie dal contenuto insolito.
“ti
prego, ti prego, non cadere!”
CRAAAASHH
“perfetto…
adesso mi tocca pulire questo schifo….”
Sul pavimento
sotto di lei si erano disseminati un
centinaio di frammenti di vetro che avevano lasciato fuoriuscire il
contenuto
di due bottiglie: sabbia.
La sabbia poteva essere usata per dipingere se mischiata con altri
solventi o
colori; ripensandoci, per essere in una casa di un artista non era per
nulla
insolito.
Iniziò di buona lena armata di scopa e paletta a ripulire il
pavimento di legno
scuro, quando avvennero due cose insolite.
Mentre raccoglieva le schegge, dalla sabbia emerse un’oggetto
piuttosto piccolo
e luccicante; era una chiave non più grande di 6-7 cm, fatta
di metallo ma
ormai consunta da tempo. Era indubbiamente una chiave, ma cosa ci
faceva dentro
una bottiglia di sabbia? E cosa ancor più
importante… cosa poteva aprire??
Elena la
rigirò più volte fra le dita, cercava di
capire cosa potesse aprire, spingendo la sua fantasia verso paesi
lontani.
Ripose momentaneamente la chiave nella tasca proseguendo
l’opera di pulizia;
nuovamente si ritrovò davanti qualcosa che non poteva
spiegare; vi era inciso
sul pavimento un foro, abbastanza largo da far passare la sabbia sotto
di sé,
spinta sempre più dalla curiosità si
acquattò a quattro piedi per guardarvi
attraverso ma purtroppo era troppo buio perché potesse veder
qualcosa. Bussò
sull’asse di legno la quale rispose con un eco vuoto.
“non
è possibile!” percorse con le mani quello che
sembrava il contorno di un quadrato largo circa un metro
“è una botola!” ancora
sconcertata da quella nuova scoperta spostò la sabbia
freneticamente alla
ricerca di un buco, finalmente lo trovò, piccolo e poco
profondo; d’istinto
uscì la chiave trovata poco prima provando a farla girare
nella serratura, ma
quella non scattò.
<sembrava
troppo bello per essere vero > pensò
sconsolata alzandosi in piedi.
Sulla mensola
lì vicino c’era ancora appoggiato il
mazzo di chiavi che le aveva dato sua madre quella mattina, armata di
pazienza
si sedette di fianco alla serratura e provò ogni chiave che
aveva a
disposizione.
Sfortunatamente
nessuna di quelle sembrava andar bene
per quella serratura ed Elena dovette rinunciare momentaneamente alla
sua
caccia al tesoro; rimise tutto in ordine e risalì in camera;
di verniciare
quella vecchia bici adesso non ne aveva più voglia.
Sdraiata sul
letto con la tv accesa rigirava tra le
dita la nuova arrivata nell’archivio delle stranezze e per
non perderla decise
di farvi passare in mezzo un laccio così da poterla legare
al collo e portarla
sempre con sè.
<<
si raccomanda ai cittadini di non uscire per
nessuna ragione, solo se strettamente necessario >> ad un
trattò udì le
parole del presentatore meteo e si tirò su a sedere per
prestarvi maggiore attenzione.
<<
il codice di allerta meteo è rosso, si
aspetta nel pomeriggio un violento tifone proveniente dal mare;
invitiamo la
cittadinanza a fare provviste e rimanere in casa; non sappiamo ancora
quanto
durerà, vi aggiorneremo ancora in serata>>
Elena aveva
ancora il telecomando in mano mentre
un’espressione d’orrore iniziava a far posto ad una
angosciata;
<<Caccia>>
Fu questa la
parola che prese a rimbombarke in testa,
dopo quella giornata in bilbioteca aveva cercato notizie più
specfiche su
internet, ma certe cose le sembravano così assurde e irreali
che non vi prestò
molta attenzione, sbagliando di grosso.
Su di un sito aveva trovato che talvolta le Sirene per cacciare erano
in grado
di evocare con un grande preavviso di tempo, delle bufere misteriose
che
partivano dal mare; queste gli fornivano l’alibi perfetto per
poter cacciare
industurbate e far passare come dispersi o vittime della bufera, gli
esseri
umani che invece trascinavano negli abissi per divorarli.
Ad un tratto il
suo pensiero andò alla madre, lei era
al sicuro sana e salva in casa, ma Rachel era fuori, in mezzo a quella
bufera.
Aris le si era
mostrato così preoccupato ieri,
insistendo molto affinchè lei non uscisse di casa, tutto
adesso iniziava ad
avere un senso; non poteva avvertirla direttamente del pericolo che
correva,
forse non voleva spaventarla, ma voleva tenerla al sicuro ugualmente.
Ancora confusa
si alzò tremante andando verso il
telefono di casa, doveva avvisare subito sua madre, dirgli di rientrare
immediatamente.
Compose il
numero più volte ma il responso era sempre
lo stesso, il telefono risultava spento o non raggiungibile, non aveva
modo di
mettersi in contatto con lei.
Sul frigo era appuntato il numero del ristorante dove al momento sua
madre
lavorava, tentò chiamando anche lì ma nemmeno in
questo caso la fortuna fu
dalla sua parte.
< che
siano saltate le comunicazioni?? Devo andare
ad avvisarla!!>
Ma Elena aveva
fatto una promessa ad Aris, gli aveva
promesso che non sarebbe uscita di casa, e lui in cambio le aveva
promesso che
si sarebbero rivisti. Cos’era più importante? La
promessa fatta a quel ragazzo
o avvisare suo madre, la sua unica
famiglia di quel pericolo?? La tempesta era solo una
copertura, sua madre
doveva rientrare in fretta a casa; prima che quelle creature
iniziassero a cacciare.
Doveva fare una
scelta, e doveva farla al più presto.
Il cielo era
terso di nubi, da un momento all’altro
sarebbe arrivata una ferocissima bufera; Elena prese
l’impermeabile ed uscì
correndo fuori di casa.
Aris avrebbe capito. Suo madre era più importante.
*****
Arrivata dopo una mezz’oretta al ristorante, gli impiegati le
dissero che sua madre
era già andata via visto il maltempo; Elena tirò
un sospiro di sollievo, sua
madre aveva ancora del buon senso…
Con il cuore più leggero, ringraziò tutti ed
uscì dal locale, solo quando fu
fuori si rese conto che la tempesta era già iniziata; il
vento e l’acqua si abbattevano
con violenza su alberi, cose e persone; la ragazza stretta nel suo
impermeabile
si pentì amaramente di aver avuto troppa fretta e di non
aver preso nemmeno un
ombrello!
Accucciata
stretta nel suo impermeabile, con i capelli
bagnati che le frustavano il viso come liane impazzite, passo dopo
passo
procedeva lentamente nella tormenta, ad un tratto il vento
iniziò a cambiare,
diventando sempre più feroce; per le strade non vi era
più nessuno e stanca e
tremante di freddo, dopo una prova di resistenza così ardua
Elena crollò sulle
proprie gambe, convita che la fine fosse ormai vicina.
“avrei
dovuto ascoltarlo!” urlava a se stessa. La
vista le si era annebbiata, la pioggia fitta le impediva di vedere
persino dove
stesse andando.
Le sue lacrime
iniziarono a mischiarsi con le gocce
che imperterrite le cadevano sul viso, i suoi singhiozzi in mezzo
all’ululato
del vento apparivano ancora più strazianti.
“Almeno non c’è nessuno a vedermi
in queste condizioni pietose” si disse poco prima di vedere
una figura piegata
davanti a lei.
“ELENA!
COSA CI FAI FUORI CON QUESTA TEMPESTA!?!” il
ragazzo che gridava nella tempesta era Nick, le si era avvicinato e
l’aveva
coperta con il suo ombrello.
“Nick”
sussurrò lei a metà tra la sorpresa e la
felicità.
“VIENI
CON ME! TI RIPORTO A CASA” il ragazzo le porse
la mano aiutandola ad alzarsi, dopodiché l’avvolse
in un abbraccio tenendola
stretta. Passo dopo passo, ormai zuppi d’acqua, arrivarono
alla villa dei
Greene.
“Elena!!”-
sua madre gridò venendole incontro. “ma
cosa ti è saltato in testa di fare!! Uscire con questo
tempo!” sua madre
l’abbracciò preoccupata.
“ero
preoccupata per te, ero uscita per avvisarti, non
rispondevi al telefono” tentò di giustificarsi lei.
“mi si
era scaricato il telefono mentre rientravo… oh
Elly sei tutta bagnata, sali subito ad asciugarti o ti prenderai una
polmonite!!” – sua madre la trascinò
dentro all’asciutto.
Nella foga del
momento la ragazza si era dimenticata
di presentarle il suo amico nonché suo salvatore.
“mamma,
lui è Nick, un mio compagno di classe… se non
mi avesse trovata sotto la pioggia io sarei sicuramente morta”
Nick si
avvicinò goffamente ancora grondante d’acqua e
le strinse la mano impacciato.
“Nick,
grazie per avermi riportato a casa Elena, ma è
fuori discussione che tu esca con questo tempo…”.
Rachel
proseguì “abbiamo numerose camere vuote, puoi
rimanere qui fino a quando non sarà migliorato un
poco… puoi chiamare i tuoi
genitori per rassicurarli…”
Il ragazzo da
sotto quella massa di capelli bagnati
annuì ringraziandola, il pensiero di riuscire in mezzo
quella tormenta non
entusiasmava nemmeno lui.
“vieni,
ti faccio strada” Elena lo prese
distrattamente per mano conducendolo al piano superiore. Il castano
arrossì.
Rachel
guardò con aria complice i due… che fosse
proprio quel ragazzo per cui sua figlia si fosse presa una cotta?
“questi
sono gli anni più belli…” disse fra se
e sé; e
tra un sospiro e l’altro andò a prendere uno
straccio per asciugare il
pavimento.
*****
Elena camminava davanti a Nick facendogli strada verso la camera degli
ospiti.
“qui
accanto c’è la mia stanza” disse
facendogli un
cenno distrattamente. “scusa ancora per il
disordine… siamo ancora in fase di
organizzazione post trasloco” disse ridendo.
“no
figurati!” rise lui entrando nella camera degli
ospiti gocciolando sul pavimento candido. “qui
c’è il bagno, e nell’armadio ci
sono gli asciugamano puliti, fa pure come fossi a casa tua, io vado a
vedere
quello che posso recuperare tra i vestiti di mio
padre…”- un forte tuono
illuminò di bianco la stanza, rimbombando per tutta la casa;
Elly ebbe un
sussulto “Nick…” si avvicinò
a lui stringendosi nei vestiti zuppi. Il ragazzo
la fissava, aspettando dicesse qualunque cosa.
“grazie
per oggi, se non ci fossi stato tu…”
iniziò
imbarazzata lei.
“ehi…
l’avrebbe fatto chiunque…” si
scrollò di dosso
quell’imbarazzo che sentiva nascere ogni qual volta parlasse
con lei.
Elena
rabbrividì dal freddo. “su, vai a
cambiarti” le
scompigliò i capelli bagnati affettuosamente “ci
vediamo dopo”. Le fece l’occhiolino
guardandola sorridere mentre spariva dietro la porta.
Passare del
tempo da solo con lei non era del tutto
una cattiva cosa… chissà… magari
avrebbe anche trovato l’opportunità per dirle
quello che provava.
****
< cavolo, c’è un tempo orribile!> Elena percorse le stanze in
cerca di quella
del suo defunto padre,
chissà, magari
poteva rimediare qualche maglietta per il suo compagno di
classe…
Si
fermò davanti all’ultima porta del corridoio,
doveva essere per forza quella, aveva già controllato tutte
le altre stanze
senza trovarvi nulla. Provò a girare la maniglia ma la porta
era chiusa a
chiave.
<questo
sì che è strano… perché mai
la sua stanza è
chiusa a chiave?> uscì dalla tasca il mazzo di chiavi
ed armata di pazienza
le provò tutte. Nessuna di quelle chiavi era però
in grado di aprire la porta.
<
Evidentemente non voleva che nessuno a parte lui
entrasse nella sua stanza> buttò la testa indietro
sconsolata, suo padre
oltre che matto era pure paranoico, sperò con tutta se
stessa di non diventare
mai come lui.
La sua mano
scivolò sulla chiave che teneva al collo.
<possibile che…?> eh già, sarebbe
stato possibile che la chiave che aveva
rinvenuto in una bottiglia chiusa in cantina era quella che avrebbe
potuto
aprire quella stanza? C’era un solo modo per scoprirlo.
Infilò
la chiave nella serratura.
La
girò lentamente e…
La serratura
scattò. La porta si aprì.
Angolo autrice:
Salve bella
gente! Quarto capitolo della storia, che
ne pensate? La chiave ritrovata nella bottiglia in cantina era la
chiave della
stanza di Eric, cosa ci sarà mai di così prezioso
nella sua stanza? E Aris
scoprirà che Elena ha infranto la promessa? Lo scoprirete
nel prossimo
capitolo!
|
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Capitolo 5 *** Break point ***
5. Break Point
La porta si
aprì con un lento cigolio, una corrente
d’aria fredda fece venire la pelle d’oca alla
ragazza che ancora zuppa non
aveva avuto il tempo di asciugarsi. Entrò lentamente nel
buio della camera
cercando a tentoni l’interruttore della luce.
“clik”
Una pallida luce
gialla iniziò ad illuminare i
contorni bui della stanza, Elena fece qualche passo in avanti
affascinata da
ciò che l’attorniava. L’intera stanza
era stata concepita pensando di essere
immersi nell’acqua, le pareti erano blu intenso
così come la moquette che ne
rivestiva il pavimento, sul soffitto invece, la mano agile di suo padre
aveva
creato degli affreschi con una maestria ed una cura che per un momento
le mancò
l’aria. Suo padre aveva dipinto il confine che divideva
l’acqua dal cielo visibile
solo quando si va sott’acqua e si volge lo sguardo verso la
superficie; le luci
e le ombre erano talmente perfette che Elena ebbe un momento di
smarrimento,
appoggiandosi alla parete blu. Niente di più bello e
angosciante si era mai
presentato alla sua vista.
Il freddo le
fece ritornarne in mente la sua missione,
Nick aspettava i vestiti asciutti e lei non vedeva l’ora di
fare un bagno
caldo; si avvicinò all’armadio bianco aprendone
con cura le ante, prese qualche
maglietta e pantalone che potessero andargli bene e uscì,
ripromettendosi di
esplorare la stanza con più calma.
Dopo aver
lasciato i vestiti a Nick si diresse spedita
verso la sua camera, chiuse a chiave la porta e si diresse verso il
bagno, il
suo santuario segreto.
Mentre la vasca
si riempiva di acqua calda e soffice
schiuma dal profumo di rosa, la ragazza si sfilò gli abiti
zuppi, immergendo le
membra intorpidite dal freddo dentro quel bellissimo tepore,
abbandonò la testa
all’indietro lasciando che l’acqua sciogliesse lo
sporco che le si era
accumulato nei capelli, lasciandosi lambire da
quell’abbraccio piacevole al
pari di una SPA.
Aris.
Quel nome
risuonò nella sua testa talmente tanto forte
che quasi pensò di averlo pronunciato lei stessa a voce
alta, dopo tutta la
frenesia di quella giornata, la scoperta della botola, la chiave
rinvenuta che
poteva aprire la stanza di suo padre, i suoi pensieri andarono a lui.
Aveva tradito la
promessa fatta, era uscita fuori nonostante
gliel’avesse promesso e adesso aveva il terrore che quel suo
gesto l’avrebbe
allontanato di più da lei, più di quanto non
fosse già lontano. I sensi di
colpa iniziarono a venire a galla così come le bollicine del
bagnoschiuma iniziarono
ad infestare con il loro dolce profumo l’aria. Sua madre
aveva corso un grave
pericolo, mentre era rientrata a casa, la tv accesa aveva dichiarato lo
stato
totale di allerta, e la scomparsa nella bufera di tre persone; le
sirene
avevano già iniziato la caccia, ed una di quelle tre persone
poteva essere sua
madre se lei non fosse uscita ad avvisarla.
Improvvisamente
un pensiero che aveva tentato di
ricacciare in fondo alla sua coscienza risalì a galla
prepotentemente. Come
avrebbe reagito se avesse saputo che in mezzo a quella caccia
all’uomo ci fosse
stato anche quel tritone di cui lei si fidava tanto? Dopotutto le aveva
detto
di starne fuori in un certo senso, ciò non toccava la sua
situazione
minimamente, avrebbe potuto tranquillamente partecipare alla caccia
così come
il resto delle sorelle o meglio…mostri,
avrebbe
fatto. Ma ciò non toglieva comunque il fatto che lei aveva
infranto quella
promessa.
<
Magari non lo scoprirà… se ometto di dirglielo
non sarà come mentire… ma se me
lo dovesse chiedere apertamente? Avrò la faccia tosta di
dirgli una bugia?>
per un momento le vennero in mente i suoi occhi blu che la scrutavano
seri, ed
ebbe la risposta che cercava. Non avrebbe avuto la forza e la prontezza
di
spirito per mentirgli, la sua faccia era un libro aperto, avrebbe
capito subito
i suoi tentativi di ingannarlo. Probabilmente lui già sapeva
tutto,
probabilmente non si sarebbero più rivisti. Neanche
preparandosi mentalmente a
ciò che l’avrebbe aspettata riusciva a
rassicurarla sul suo destino, in cuor
suo sapeva che lui si sarebbe arrabbiato molto e che probabilmente non
avrebbe
più voluto vederla, ma sperava sempre in un lieto fine per
quella faccenda.
In preda al
nervoso sbuffò facendo volare la schiuma
per tutto il bagno.
se la prese con se stessa. < io non
gli devo nulla!>
Arrossì
violentemente, ma non si preoccupò di
nascondersi, era da sola in quella stanza e nessuno poteva vedere
l’espressione
sognante che aveva preso a illuminarle il volto dal momento in ci aveva
iniziato a pensare a lui. Forse a lei piaceva, e questo la fece
arrabbiare
ancora di più perché quella cotta non avrebbe
portato da nessuna parte, avrebbe
solo sofferto…
L’acqua
calda scioglieva il gelo che le era entrato
nelle ossa, ma non tutti i suoi dubbi, scivolando lentamente avvolta
dall’acqua
la pelle intirizzita riacquistò di nuovo un colorito roseo;
si sforzò di non
piangere; dopotutto non era ancora successo niente, ma nonostante
ciò aveva
deciso.
Avrebbe negato;
avrebbe negato tutto.
Aris non l’avrebbe mai saputo e le cose sarebbero andate
bene.
O almeno
così pensava.
****
La pioggia non
aveva dato tregua alla cittadina per
ben tre giorni, le vittime erano aumentate, 7 persone erano state
coinvolte in incidenti che il
telegiornale attribuì a
colluttazioni con alberi caduti o trombe d’aria, ma Elena
sapeva benissimo la
vera ragione dietro tutte quelle scomparse.
Nick aveva
avvisato i suoi genitori che sarebbe
rimasto a casa di Elena fino a che non sarebbe passata la bufera, la
ragazza
non aveva intenzione di lasciare correre all’amico il rischio
di trovarsi fuori
con quel pericolo a piede libero, così aveva insistito molto
affinché restasse;
di giorni già ne erano passati tre e fortunatamente il
peggio sembrava ormai
passato.
Il pomeriggio
del terzo giorno la situazione era
notevolmente migliorata, non aveva quasi più piovuto e Nick
avrebbe fatto
ritorno a casa quella sera stessa a casa. Da quando il ragazzo era
venuto a
stare da lei, non aveva potuto né andare nella stanza di suo
padre per indagare
né scendere sulla spiaggia per cercare Aris, qualcosa le
diceva che lui era lì
e l’aspettava, ma avendo Nick sempre d’appresso non
era ancora potuta andare.
In quei tre giorni però, Elena aveva avuto modo di
approfondire la sua amicizia
con lui, era diventato come un fratello per lei, il tempo trascorso
insieme passava
velocemente e tra risate e battute capì di trovarsi in
sintonia con lui. Nick
d’altra parte era dispiaciuto di non poter più
condividere con Elena così tanto
tempo senza una scusa plausibile a giustificarlo, ed in più
in quei giorni non
si era creata l’opportunità per lui di farsi
avanti e chiederle di uscire.
Avrebbe dovuto fare qualcosa o l’opportunità gli
sarebbe sfuggita di mano come
sabbia al vento.
Quella era
l‘ultima giornata che Nick avrebbe passato
a casa Greene, ed Elena aveva deciso di portarlo sulla spiaggia,
dopotutto tra
qualche ora sarebbe andato via e non ci sarebbe ritornato
più; così, nella
speranza di vedere Aris arrivare di soppiatto, lei e Nick presero a
passeggiare
sulla spiaggia lentamente.
“e
così questa è l’ultima giornata qui, da
domani
riprenderanno le lezioni e ci rivedremo solo a
scuola…” la bionda camminava
poco dietro di lui.
“beh
io spero proprio di no…” Nick era teso, non aveva
trovato un momento per parlarle e se fosse tornato a scuola senza dirle
nulla
sicuramente non avrebbe avuto più il coraggio per parlarle.
Aveva deciso, le
avrebbe detto quello che sentiva per lei in quel momento, solo quel
pomeriggio
avrebbe potuto approfittare di quell’atmosfera e di quel
tramonto romantico
senza che lei sospettasse nulla; quella era la sua occasione, adesso o
mai più.
“Elena
io volevo chiederti una cosa…” Si fermò
di
botto poco davanti a lei.
El era
così assorta nei suoi pensieri che non si era
accorta di un sasso che sporgeva leggermente, inciampandovi sopra e
cadendo tra
le braccia di Nick il quale arrossì, ma non la
lasciò andare.
“grazie…”
sussurrò lei in imbarazzo riacquistando
l’equilibrio.
“vedi…
tu…” – la prese per le spalle e la
fissò dritto
negli occhi
-“mi
piaci” – tirò mezzo sospiro di sollievo
dopo
averlo detto, aveva trattenuto il fiato sino a quel momento e adesso
finalmente
sentiva il peso che aveva sul cuore farsi sempre più
leggero.
Elena rimase
stupita, come aveva fatto ad essere così
stupida da non accorgersi di nulla? Forse lui era davvero in gamba, di
sicuro
l’aveva colta di sorpresa dopotutto si conoscevano da
pochissimo e l’amicizia
che stavano costruendo, ancor prima di consolidarsi, era già
distrutta con
quelle tre semplici paroline.
Nick era un
ragazzo molto carino, dolce, simpatico, ma
lei in quel momento aveva in testa Aris, non avrebbe potuto pensare ad
altri
ragazzi liberamente, in realtà non aveva mai pensato a lui
in quel modo, non ne aveva avuto
nemmeno il
tempo!
“non
devi rispondermi subito… sai… potremmo uscire
insieme qualche volta… vorrei che non pensassi a me solo
come un amico”.
A quelle parole
il suo cuore perse un battito, qualche
dichiarazione l’aveva ricevuta ma mai così
diretta, adesso era suo dovere dire
qualcosa, quantomeno per rassicurarlo e non dimostrarsi sotto shock.
“sì…potremmo
uscire qualche volta” abbozzò un sorriso.
Dall’alto
della scogliera si sentì suonare un clacson.
“Oh i
miei genitori, saranno venuti a prendermi con la
macchina” gli sorrise lui. Era insolitamente tranquillo,
certo lei non l’aveva
respinto ma non aveva nemmeno ricambiato i suoi sentimenti.
“Saliamo?”
le fece cennò verso l’alto.
“Si,
inizia ad andare io ti raggiungo tra un istante”.
Nick non fece troppo domande, pensò fossero cose da ragazze,
le sorrise
gentilmente e lei ricambiò sollevata, dopodiché
iniziò a risalire la montagna.
Era passato
qualche istante, giusto il tempo di cui
Nick aveva bisogno per essere abbastanza lontano, che un rumore
d’acqua attirò
la sua attenzione.
“Aris”
il suo volto si illuminò vedendolo, e come
ricordo di un sogno tutte le cose che poco prima le aveva detto Nick
erano
scomparse, adesso c’erano solo lei
e lui.
Una ragazza e un tritone.
Aris era strano,
Elena non sapeva dire cosa fosse,
l’aveva visto solo due volte ma percepì che
qualcosa non andava.
“Questa
spiaggia è diventata molto affollata
ultimamente…” sollevò il suo sguardo
verso la scogliera e Elena capì che Aris
era arrabbiato.
“di
cosa stai parlando?” fece lei
“Questo
non è un posto da far vedere a tutti!”
Alzò la
voce lui.
“ti
riferisci a Nick?” intimorita non osò avvicinarsi,
il ragazzo era arrabbiato e le faceva davvero paura. Una parte di lei
le
continuava a ripetere che non le avrebbe fatto del male, ma il suo lato
logico e
razionale continua a pensare alle 7 persone scomparse, e alla fine che
probabilmente avevano fatto.
“ma
forse per te le promesse non hanno importanza …”
alzò i suoi occhi azzurri in cui si rifletteva una tempesta
e li puntò nei suoi
verdi. Capì in quell’istante che lui sapeva tutto,
ed era arrabbiato, peggio,
furioso… “vero…?”
continuò lui.
“Nick
non è tutti… ci si può fidare di lui,
e poi non
ha visto niente! Stava andando via!” ma più lei
parlava più comprendeva che le
sue parole erano inutili.
“Aris!!
Aris Aspetta!” ma
lui era troppo infuriato e stava già nuotando via.
“perché
continui a
scappare!” gli urlò dietro lei, si era stancata di
doverlo sempre inseguire,
quindi non si mosse di un centimetro dalla battigia asciutta.
“le cose non si
risolvono scappando via” proseguì lei resistendo
all’impulso di corrergli
dietro.
“Voglio
sapere solo una
cosa…” si girò per guardarla nuovamente
negli occhi, nonostante non vi fossero
catene si sentì come intrappolata da quello sguardo, senza
via di scampo. Un’espressione
ferita prese a dipingere il volto del tritone mentre le sussurrava
quelle tre
parole di cui temeva più di tutto al mondo la risposta.
“me
l’avresti detto?”
La bionda
tacque.
“Mi
avresti mentito?”
Ancora silenzio.
Aris
continuò a nuotare allontanandosi.
Quella ragazza
era
proprio una stupida. Lui aveva cercato di proteggerla in tutti i modi
per
quanto gli fosse concesso dalle sue restrizioni fisiche, non poteva
starle
accanto e proteggerla sulla terra ferma, ma si era fidato della sua
parola e
lei l’aveva infranta come se nulla fosse. Il popolo del mare
aveva ragione,
degli umani non c’era da fidarsi, e lui l’aveva
sperimentato sulla propria
pelle. Ma non avrebbe sbagliato una seconda volta, aveva imparato,
chissà
perché poi, si era fissato con quell’umana;
nemmeno lui sapeva cosa gli fosse preso,
erano totalmente diversi, parte di due mondi opposti.
“Dovevo
avvisare mia
madre! Non potevo lasciare che gli accadesse qualcosa! Lei è
tutto ciò che mi
resta!” La ragazza cedette all’impulso e gli corse
dietro spruzzando acqua con
lo schiamazzare dei jeans, non voleva che quella fosse
l’ultima volta in cui
avrebbe visto il ragazzo. Aveva sbagliato era vero, ma non le sembrava
poi una
cosa così grave come lui la stava facendo passare…
“io ho
mantenuto la mia
promessa” le voltò le spalle per non guardarla, si
sentiva troppo ferito e
umiliato per farsi vedere in quello stato. “ti avevo promesso
che ci saremmo
rivisti, e ho mantenuto quella promessa.”
“Aris
io”
“Adesso
ti farò un'altra
promessa… ti prometto che non ci vedremo mai più.
Ti auguro di essere felice,
tu e il tuo fidanzatino umano” disse l’ultima frase
con una punta di veleno.
“Aris
aspetta!” le
lacrime scendevano a dirotto dalle sue guance, se lo sentiva che
sarebbe
successa una cosa simile, annaspò nel tentativo di
raggiungerlo ma era troppo
tardi… lui si era già immerso, e questa volta ne
era sicura. Non l’avrebbe più
rivisto.
Tornò
a riva dove, dopo
qualche istante si piegò in due piangendo con tutte le
lacrime che aveva in
corpo. Rimase lì a disperarsi per una manciata di minuti
tentando poi di riprendere
un po’ di contegno; alle sue spalle d’un tratto
arrivò Nick che le corse
incontro preoccupato.
“Elena!
Ma cos’è
successo??” l’aiutò ad alzarsi dalla
battigia che le bagnava ancora le
ginocchia.
“perché
sei tornato?”
disse tra i singhiozzi.
“non
sei più risalita, ti
volevo salutare prima di andare via e ho pensato fossi ancora
qui… ma perché
stai piangendo?!”
Elena lo
fissò negli
occhi dopodiché lo abbracciò nascondendo il volto
nel suo maglione. Nick la
cinse amorevolmente, non capiva cosa fosse successo in quei pochi
minuti ma in
quel momento non gli importava più di tanto, poterla
confortare e starle
accanto dopo averle confessato i suoi sentimenti, quello era il segno
che lei
non l’aveva del tutto respinto, aveva solo bisogno di tempo,
e lui l’avrebbe
aspettata.
<
l’ho perso… l’ho
perso ed è tutta colpa mia!> quest’unico
pensiero assillava la mente della
ragazza che inventò una scusa per non far preoccupare Nick.
“mi
sono fatta male...”
“Come
è successo?”
“ho fatto tutto da sola…”
Il ragazzo le
prese il
volto tra le mani “Stai bene adesso? Riesci a
risalire?”
Elena
annuì titubante, si
asciugò le lacrime e si fece condurre da Nick lungo il
sentiero per la villa,
lui le stringeva la mano, aveva paura potesse cadere o farsi male e
dato che la
sua vista era ancora annebbiata dal pianto, lei accettò con
gratitudine il suo
gesto. Si tenevano solo per mano, non gli stava dando false speranze.
Questo
però non fu ciò
che gli occhi di un giovane tritone videro da lontano.
I capelli ramati
gli ricaddero
sugli occhi, i pugni stretti avevano assunto un colore perlaceo tanto
avevano
bloccato la circolazione sanguigna; Aris si immerse nelle
profondità del mare,
questa volta, deciso a non risalire a riva mai più.
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Capitolo 6 *** Vuoto e Rabbia ***
6.
Vuoto e rabbia
Rabbia.
Quell’emozione
l'aveva invaso completamente. Quella
sciocca ragazza umana per cui si era preso una sbandata non aveva
capito quanto
lui avesse rischiato grosso per salvarle la vita, aveva rivelato delle
informazioni strettamente riservate ad un umana; aveva infranto una
delle tre
regole fondamentali del codice delle sirene, se l’avessero
scoperto la pena
sarebbe stata ben peggiore della morte…
l’avrebbero trasformato in alga e
costretto a dimorare per sempre nella grotta della strega del mare, la
cui fama
non era certo delle più raccomandabili.
Aris continuava
a nuotare afflitto dai suoi pensieri,
doveva sbollire parecchia rabbia, e non c’era nulla di meglio
di un energica
nuotata fino all’oceano pacifico ben distante da
lì, in cui poteva dare sfogo a
tutto ciò che provava senza destare l’attenzione
del popolo del mare.
Era rimasto
forse troppo a lungo ad osservare le
effusioni di quei due esseri umani, o forse troppo poco… se
avesse potuto
sarebbe uscito dall’acqua e li avrebbe separati
all’istante, ma le regole sono
regole, e dal mare una creatura marina non può allontanarsi.
Le aveva inoltre
promesso che non si sarebbero rivisti
mai più.
Che bugiardo che
era.
Lui
l’avrebbe rivista ancora, o almeno… se lei fosse
scesa ancora sulla spiaggia si sarebbe appostato ancora dietro il suo
scoglio
prediletto e l’avrebbe osservata trascorrere le sue ore in
attesa di vederlo.
Molti pomeriggi erano trascorsi così, lei in sua attesa e
lui che l’osservava
senza mai farsi scoprire, era bello poterla guardare indisturbato,
senza
bisogno di cercare per forza qualche scusa, qualche motivazione a
giustificare
il suo bisogno di parlarle, che come una droga lo spingeva a volerla
sempre di
più. Era un pazzo, ne era consapevole. Apparteneva alla
discendenza della
casata reale, il suo destino sarebbe stato quello di sposare una
sirenetta e
far continuare la discendenza, era l’unico nipote maschio del
re, ed i tritoni
come insegnavano le leggende erano merce rara…
Da qualche
secolo, quando le sirene si accorsero della
sempre più scarsa presenza del genere maschile, avevano
rinunciato a cibarsi
dei loro compagni per portare avanti le loro gravidanze, avevano
trovato altri
modi per procurarsi del cibo, ed i mariti erano ben contenti di
procurare alle
loro amate carne che non fosse la loro.
La sua vita in un modo o nell’altro era stata già
organizzata, e a lui non era
mai importato molto sino a quel momento. Ricordava ancora quel
pomeriggio
quando i suoi occhi incontrarono per la prima volta quelli di lei. Oziava nuotando sempre
più vicino a
riva, sapeva che era una cosa che non doveva fare, tuttavia lui era
come sua
madre e il richiamo della terra era più forte di qualunque
altra cosa, e poi li
vide, due occhi verdi o meglio castano-verde, incorniciati da un
vortice di
capelli biondi, appartenenti ad una ragazza che stava facendo il bagno
lì
vicino, ed erano mesi che lì ormai non veniva più
nessuno.
Poi prima che se
ne accorgesse prese l’abitudine, ogni
pomeriggio, di recarsi in quel luogo nella speranza di vederla, inutile
mentire
a se stesso, l’aveva incuriosito e per un tritone con poco e
nulla da fare,
quella gli sembrò un’opportunità di
svago.
Quei due occhi
si scontrarono nuovamente con i suoi e
senza aver bisogno di parole già aveva capito che era
rimasto incastrato in
qualcosa di proibito e pericoloso.
L’amava?
Forse era ancora troppo presto per poterlo
dire con precisione, ma vederla con quel ragazzo che l’aveva
avvinghiata con
due sole braccia ma che sembravano più insidiose di 8
tentacoli, questo gli
fece salire una rabbia feroce… forse era gelosia, magari era
solo disprezzo,
sì, disprezzo verso una ragazza per cui aveva rischiato la
vita e che nemmeno
si era accorta di quanto avesse fatto per lei. Certo lui non le aveva
dato modo
di capirlo… ma la colpa era comunque sua! Se si fossero
rivisti o meno,
questo era un grosso interrogativo, lui l’avrebbe continuata
a spiare
dall’ombra, avrebbe studiato la situazione e avrebbe deciso
in base a ciò che
la ragione gli diceva…
ma chi voleva prendere in giro? Quando mai la sua ragione aveva
prevalso sul
suo cuore? L’istinto avrebbe avuto la meglio anche la
prossima volta, così come
quando d’un tratto era uscito allo scoperto e si era fatto
vedere da lei,
scambiandoci pure qualche parola.
Non sapeva
ancora cosa avrebbe fatto, l’unica cosa che
voleva adesso era allontanarsi il più possibile da quel
luogo, starle lontano e
non vederla per un po’; forse gli sarebbe passata la rabbia,
forse no… solo il
tempo poteva dirlo.
Vuoto.
Questa era la
sensazione che da circa una settimana
sentiva dentro Elena; dopo la loro ultima discussione non aveva trovato
il
coraggio di riscendere in spiaggia, non avrebbe potuto sopportare la
sua
assenza, le avrebbe fatto capire che quello che era successo era stato
reale, e
lei non voleva.
Avrebbe voluto
mettere le cose apposto, avrebbe voluto
spiegargli le sue ragioni, ma quella volta lui non parve volerla
ascoltare, era
arrabbiato ma non solo perché aveva violato la sua promessa.
Aris era furioso
perché lei aveva portato in spiaggia Nick, come se quel
posto appartenesse solo
a loro due, cosa per altro non vera, lui non aveva mai alluso ad una
esclusività di quella spiaggetta… che poi faceva
parte della proprietà
lasciatale in eredità da suo padre, e quindi legalmente sua.
Quel litigio li
aveva allontanati, ne era dispiaciuta
e avrebbe fatto qualunque cosa per potersi riavvicinare, ma non aveva
avuto
l’opportunità di parlargli, di vederlo e
spiegargli le sue ragioni, quindi la
situazione non si sarebbe risolta…
A ripensare agli
ultimi avvenimenti le venivano le
lacrime agli occhi, distesa sul suo letto fissava il soffitto con
sguardo
vacuo.
“Elly,
tesoro?” sua madre bussò dalla porta “va
tutto
bene?” provò a girare la maniglia ma
fortunatamente lei l’aveva chiusa a chiave
prevedendo l’arrivo di sua madre.
Mugugnò
un sì poco convincente.
“è
successo forse qualcosa a scuola?”
“ No,
mamma vorrei solo restare un po’ sola… mi
passerà vedrai…”
“io
sto andando a lavoro ma se vuoi posso chiamare e
disdico tutto per restare con te!” ecco come sua madre la
faceva sentire subito
in colpa, non poteva nemmeno avercela con lei, era troppo buona e
presente che
non la poteva accusare di non darle abbastanza attenzioni.
“no,
sta tranquilla” si tirò a sedere, erano quasi le
19:00 “và pure… è una cosa
passeggera, un po’ di malumore ma tra poco
passerà”
la rassicurò lei; non avrebbe permesso a sua madre di
saltare il lavoro per il
suo umore altalenante.
Sentì
sua madre mormorarle qualche informazione sulla
cena già pronta nel frigo, qualche frase di incoraggiamento
e un bacio contro
la porta; i suoi passi che scendevano le scale ed infine il motore
della
macchina che usciva dalla villa attestarono che era ufficialmente
uscita.
Ancora una
volta, Elena era di nuovo sola.
Si
tirò a fatica in piedi, aprì la porta della sua
stanza ed iniziò a vagare per la villa senza una meta
precisa, aveva bisogno di
qualche distrazione, di non pensare ad Aris e concentrarsi su
qualcos’altro e le
sue gambe, quasi dotate di una volontà propria, seppero
esattamente dove condurla.
Si
ritrovò nell’arco di qualche minuto davanti alla
stanza di suo padre, quella stanza carica di segreti che aspettavano di
essere
svelati da qualcuno abbastanza in gamba come lei. Dall’ultima
volta in cui vi
era entrata non era cambiato nulla, la porta era rimasta aperta ma
nessuno
oltre lei era entrato in quella stanza, sulla moquette azzurra vi erano
ancora
le impronte lasciate quel giorno in cui gocciolante e infreddolita
aveva
attraversato quella soglia per la prima volta.
Ogni cosa era al
suo posto, e più che segreti l’unica
cosa da cercare in quella stanza erano scopa e paletta visto la
quantità di
polvere presente, che con la sua patina grigiastra ricopriva ogni cosa.
Il letto ed il comodino erano del tutto normali, dai colori vivaci ma
nel
complesso normali. Il balcone dava
su
un altro lato della casa e da lì era possibile vedere il
giardino e il cancello
che portava fino alla porta principale; probabilmente era stata troppo
presa
dalla faccenda della spiaggia che non aveva nemmeno perlustrato a fondo
il
grande giardino. Dal balcone se ne vedeva uno scorcio delizioso, una
pianta di
rose bianche rampicanti aveva ricoperto nel corso del tempo una buona
parte del
muro che circondava la villa, ciò aveva dato vita ad un
angolo molto
suggestivo, vi erano stati piantati seguendo un disegno geometrico, una
serie
di alberi differenti; su di uno in particolare, dalle fronde alte e il
tronco
robusto vi era stata legata un’altalena.
Respirò
a pieni polmoni quell’aria salmastra che si
mischiava con il profumo emanato dai fiori sottostanti,
quell’atmosfera
calmante la stava poco a poco pervadendo, riuscendo il qualche modo a
farle
scordare tutti i suoi pensieri.
Senza aspettarsi
di trovare nulla in particolare,
Elena ricominciò a girare per a stanza, mantenendo la
finestra sul balcone ben
aperta per fare cambiare quell’aria stantia che aveva preso a
impregnare la
camera; prese a frugare nell’armadio in cerca di qualche
deodorante per
ambienti, di quelli che si tengono nei cassetti, fra vestiti
ordinatamente
piegati e lenzuola trovò un insolita scatola. Più
che una scatola si trattava
di una cassetta di metallo argenteo, di quelle che si usavano per
tenere degli oggetti
preziosi, ma era opportunamente chiusa a chiave con un grosso e
rilucente
lucchetto. SI guardò un po’ in giro sino a
ritrovare la chiave dentro un
vecchio scatolo di scarpe, poi assalita dalla curiosità fece
scattare il
meccanismo.
Si sedette sul
pavimento uscendo ordinatamente il
contenuto, non vi erano oggetti particolarmente preziosi, vecchie foto
ingiallite, lettere sbiadite dal tempo, nel prese qualcuna, erano
poesie
dedicate ad una donna “e pensare che non conoscevo questo
lato poetico di papà”
pensò fra se e sé, poi si rattristò
d’improvviso, effettivamente lei non
conosceva affatto suo padre…
Spostò
quella pila di carte per scrutarle meglio in un
secondo momento, se suo padre le aveva messe in una cassetta di
sicurezza
dovevano essere importanti per lui. Qualcosa di metallico
cozzò contro l’interno
della scatola, Elena la prese in mano, era una busta bianca
rettangolare
pesante, non aveva nessuna scritta e quando l’aprì
capì che conteneva qualcosa
di insolito al suo interno, una chiave.
Subito il suo
pensiero andò alla chiave che mancava
all’appello, quella della botola, ed improvvisamente le
ritornò il buon umore;
in preda all’euforia si alzò di scatto per andare
subito a verificare la sua
teoria, quasi non fece caso alle foto che dal suo grembo presero a
volteggiare
verso il pavimento creando un gran disordine, alcune foto erano a
faccia in giù
atre invece con i soggetti bene in vista.
Rimase
pietrificata con la chiave stretta fra le dita non appena si rese conto
di
essere circondata da fotografie di Aris.
Si
chinò a raccogliere la foto che aveva catturato la
sua attenzione, una bellissima donna, la sirena dai capelli rossi
già
protagonista di molti ritratti che vi erano in casa, era seduta in una
grotta
scura rivestita di pietra grigia e con al centro una varco profondo in
cui si
potevano intravedere delle piccole increspature d’acqua che
riflettevano la
lucentezza di una coda verde smeraldo ripiegata su se stessa. Ma la
realtà
delle sirene ormai non la sconvolgeva più, l’idea
che quella sirena nei
ritratti fosse reale era divenuta una certezza quando per la prima
volta lei
aveva incontrato quel tritone; la cosa che la sconvolse tanto da farle
dimenticare persino di aver bisogno di respirare fu in un altro
dettaglio della
foto; tra le braccia la sirena stringeva una piccola creaturina, un
bambino con
i capelli ramati e una coda verde opaco.
Ancora tremante
si costrinse a girare la foto per
vederne le note anche se già sapeva a chi appartenesse quel
volto:
Aris
Greene : età 12 giorni.
****
Inutile dire che
lo shock la pervase da capo a piedi,
aveva rigirato ancora quella foto e quel bambino era innegabilmente
quel
tritone che aveva conosciuto quando era giunta in quella casa. Aris.
Perché
suo padre aveva quelle foto? E quella sirena
poi? Cosa rappresentava per lui? Ma Elena non ebbe spazio per
l’immaginazione,
quell’unica parola dietro aveva cancellato ogni dubbio;
Greene. Aris portava il
suo cognome. Eric era suo padre, e questo faceva di lei sua sorella.
Si sedette per
terra continuando a rimirare le foto
che la circondavano, Aris sorridente, la sirena dai capelli rossi, Eric
suo padre che sorrideva ridendo e
scherzando con il tritone, era un padre che non aveva mai visto, una
persona
che lei non conosceva.
Nell’arco
di una decina di minuti la sua vita era
radicalmente cambiata, provava qualcosa per lui, per quel tritone, sin
dal
primo momento aveva sentito un legame speciale, se ne era innamorata, e adesso scopriva che era suo
fratello o meglio, fratellastro. Il
legame che sentiva era
qualcosa di istintivo, era suo fratello, ecco perché
desiderava ardentemente
passare del tempo con lui, sentirlo vicino, qualcosa in lui le aveva
ricordato
suo padre, e lo stesso doveva valere per Aris. Ma Aris ne era a
conoscenza?
Sapeva di avere una sorella umana? Forse era per questo che aveva
tentato di
proteggerla, forse sapeva ciò che ancora lei nemmeno osava
immaginare… Una
lacrima le solcò il viso, si era
innamorata di lui, di suo fratello. Una cosa totalmente
inaccettabile, una
cosa proibita.
Si
asciugò in fretta le lacrime, doveva rimettere a
posto tutto quanto, sua madre non sapeva di quella faccenda…
come avrebbe
potuto anche solo credere all’esistenza delle sirene? Doveva
riporre tutto così
come l’aveva trovato e chiudere nuovamente quella stanza a
chiave, non avrebbe
permesso a sua madre di soffrire, di avere finalmente le prove di quel
tradimento. Però, forse quando aveva lasciato suo padre
aveva scoperto che lui
la tradiva, non era venuta a conoscenza delle dinamiche del tradimento,
non era
venuta a conoscenza della nascita di un
figlio…
Ad Elena
crollò il mondo addosso, se mai in una
profonda parte del suo cuore aveva potuto sperare di fare pace con il
tritone
dagli occhi cristallini adesso sapeva che per loro non ci sarebbe mai
stato un
futuro. Fratello. Quella parola le
rimbombava in testa mentre tra le mani stringeva ancora quel pezzo di
carta che
testimoniava la sua scoperta. Forse era un bene che fosse andata
così, loro due
non si sarebbero più rivisti e lei avrebbe tentato di
dimenticarlo, sarebbe
stata dura ma ci avrebbe provato. Nick adesso aveva ampie
possibilità di venire
ricambiato, dopotutto quello era suo fratello, non sarebbe mai stato
possibile
per loro stare insieme, aldilà delle loro differenti
realtà, il loro era un
legame di sangue.
Rimise in fretta
e furia tutte le foto nella cassetta,
richiuse il lucchetto e nascose la chiave dove l’aveva
trovata poi chiuse a
chiave la stanza di suo padre, aveva lasciato fuori solo una
fotografia, quella
dove Aris era in braccio a sua madre. Tornò nella sua stanza
e nascose la
chiave della botola e quella prova sotto il materasso. Il suo unico
interrogativo adesso era scoprire dove quella botola portasse, si
sarebbe
disfatta di tutto una volta svelato il mistero, avrebbe dimenticato,
fatto
finta che nulla di quello fosse mai accaduto; sarebbe andata in un
college
lontano da casa e con il tempo avrebbe creduto di essersi solo
inventata tutto
per il forte stress a cui era stata sottoposta.
Doveva solo
verificare la sua teoria, dopodiché
avrebbe lasciato perdere.
Solo quella
chiave si frapponeva tra lei e il passato
di suo padre; svelati gli ultimi misteri avrebbe ricominciato la sua
vita, come
una normale ragazza del liceo.
Ma come la vita
iniziava ad insegnare ad Elena,
Spesso le cose
non andavano come previsto…
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Capitolo 7 *** La Botola ***
Capitolo 7 La
botola
Quella notte
passò in maniera inesorabilmente lenta,
Elena aveva avuto un innumerevole serie di incubi e dopo
l’ennesimo brutto
sogno che l’aveva svegliata alle 6 del mattino aveva deciso
di alzarsi e
prepararsi per andare a scuola; dovette caricare un bel po’
di copri-occhiaie
su quei solchi violacei che le erano venuti, aveva un aspetto orribile
ma quella
non era una scusa abbastanza valida per saltare un giorno di scuola.
Come diretta al patibolo si era poi incamminata verso
l’edificio con la mente
alla chiave che aveva ritrovato nell’armadio di suo padre che
le aveva
sconvolto la vita. Aveva scelto quel giorno di indossare un ciondolino
al
collo, una medaglietta con una foto di lei sua madre e suo padre al suo
primo
compleanno; a quella stessa catenella aveva inserito poi, la chiave
scura per
tenerla sempre sott’occhio e a portata di mano.
La mezza giornata di
scuola era passata in maniera
piuttosto tranquilla, lei era persa nei suoi pensieri, aveva innalzato
una
barriera invisibile contro chiunque cercasse di parlarle, il suo volto
emanava
un’aurea del tipo “lasciami in pace, oggi non sono
dell’umore!” e a parte Nick,
il più temerario che si arrischiò a chiederle il
motivo di quel suo strano
malumore, nessun coraggioso s’avventurò ad
instaurare una discussione con lei,
le sue compagne di classe non provavano nemmeno a coinvolgerla,
l’avevano
etichettata come fuoridalgruppotrendy e
se non eri come loro eri fuori dal loro super esclusivo club. Persino i
professori quel giorno l’avevano lasciata in pace, forse il
suo umore nero era
arrivato sino a loro…
Durante la
ricreazione era rimasta seduta al suo banco
a sbocconcellare qualche crekers, non aveva voglia di mangiare, non
aveva
voglia di far niente ma doveva comunque evitare di passare per ancora
più
strana di quanto non fosse già.
“Ehi
Greene, che fai non mangi? Sei a dieta?” la prese
in giro un compagno di classe sfilandogli un creckers dal pacchetto.
“Mark,
lasciala stare!”
Non si aspettava che
qualcuno intervenisse a
difenderla, ma una ragazza dai capelli lunghi e neri e gli occhi verdi
si
avvicinò cacciando in malo modo il ragazzo. Era alta e
slanciata, il viso
spigoloso e un po’ troppo magro, ora che
l’osservava bene le sembrava davvero
troppo magra, era pelle ossa e il suo colorito che prima le sembrava
diafano
mutò in un grigio pallore.
“grazie”
si affrettò a ringraziare la compagna di cui
in quel momento le sfuggiva il nome, non era mia stata brava a
memorizzarli ed
in più era sicura di vedere quel volto per la prima volta.
“non
ringraziarmi” disse sfilando una sedia per
sedersi di fronte al suo banco. “divento una belva quando si
tratta di cibo”.
Aveva gli occhi
infossati, ma non poteva dire se ciò
derivasse dalla mancanza di sonno o da altri motivi…
“ne vuoi
uno?” le offrì il crakers
All’inizio
storse il naso ma poi quasi per forza si
costrinse a prenderne uno. “il dottore dice che devo forzarmi
a mangiare… non
importa cosa… purchè mangi.”
E da lì
Elena capì che il discorso stava prendendo una
piega insolitamente confidenziale.
“non mi
sembra di averti vista spesso in classe, io
sono nuova e non conosco ancora tutti.”
“Lara”
disse dando un morso al biscotto salato.
“Elena o
Elly se preferisci” la ragazza le sorrise di
rimando.
“sono
stata ricoverata in ospedale per un po’, anche
se non sono molto sicura di stare del tutto bene adesso.”
“oh…
mi dispiace molto”
Lara alzò
gli occhi al cielo come a dire -si, dite
tutti così –
“no,
davvero. So cosa significa stare lontano dalle
persone a cui vuoi bene” con un’occhiata si rivolse
alla classe e al gruppetto
di ragazze che spettegola vicino alla porta.
“è
una fortuna allora che io non abbia legami con
nessuno.”
Ad un
trattò passò un ragazzo e si sentì un
coro di
gridolini e risate d’eccitazione.
“ma tu non
sei come loro Elena Greene, tu sei diversa.
Tu sei come me”
Non sapeva bene cosa
intendesse con quella frase,
aveva un’accezione positiva ma anche ambigua allo stesso
tempo.
“dovresti
mangiare di più” le disse porgendole il
pacchetto.
“vorrei
avere un buon motivo per farlo”. E le sue
parole fredde e glaciali rimasero sospese nell’aria.
Aveva capito ci
fosse qualcosa di diverso in lei sin
dal primo momento in cui si era accostata al suo banco, adesso vedeva
la
situazione in maniera più distinta, era stata ricoverata
perché non mangiava,
senza più motivi per andare avanti aveva
smesso di alimentarsi lasciandosi andare, il perché le
rimaneva ignoto.
E poi, dopo
quell’illuminazione improvvisa la guardò
con occhi diversi, “si trova sempre un buon motivo”
le sorrise con più impegno
non ritraendo la mano, dopo qualche istante in cui la fissò
con insistenza la
ragazza cedette e prese un altro crekers.
“suppongo
di si”
aveva poi sussurrato mentre la campanella suonava e lei ritornava al
suo
banco.
Chissà
perché, sentiva che era nato un legame tra lei
e la ragazza dai capelli corvini, se si trattasse di amicizia era
ancora troppo
presto per dirlo, ma la barriera dell’estraneità
era rotta… incredibile che
fosse stato colpa di un crekers… Lara le aveva detto che
loro due erano in
qualche modo simili, si riferiva
probabilmente al fatto che nessuna delle due avesse molto in comune con
le loro
compagne di classe ma era come se ci fosse un messaggio velato al suo
interno.
Quegli occhi freddi come biglie l’avevano guardata per un
istante e l’avevano
letta dentro come un cartellone pubblicitario, non si erano fermati ad
un’analisi esteriore, l’avevano analizzata a fondo.
Le ore a scuola
quando si hanno altri problemi a cui
pensare volavano come foglie al vento, giusto il tempo di ritornare a
casa e
attendere pazientemente che sua madre uscisse nuovamente per il turno
serale come
aveva programmato e la ragazza si ritrovò nuovamente sola.
La porta della
cantina si aprì con il solito cigolio
sinistro, la luce si accese dopo qualche istante iniziando a generare
un rumore
simile ad un ronzio sommesso; Elena si mise davanti quella che doveva
essere
l’entrata alla botola, si piegò sulle ginocchia
scrutando ogni asse con
attenzione.
“a noi
due” pensò sfilandosi il ciondolo dalla testa.
Nessuno
l’avrebbe interrotta.
Prese un respiro
profondo, poi infilò la chiave nella
serratura.
Una piccola parte di
lei sperò che la chiave fosse
sbagliata, che aprisse qualunque altra cosa tranne quella botola, solo
per
avere la possibilità di buttare all’aria tutto con
una semplice e banale scusa,
correre via lontano e dimenticare tutta quella faccenda.
Il meccanismo prese
a rumoreggiare concludendo i suoi
giri con un rumoroso «Clak».
La chiave era
davvero quella giusta.
Era giunto il
momento per lei di affrontare le sue
paure.
Dopo una breve
esitazione tirò verso l’alto la pesante
porta di legno, adagiando il portellone sul lato opposto del pavimento;
sotto
vi era il buio più totale, un pozzo nero in cui solo un
folle si sarebbe calato
senza una luce come guida.
Elena si sporse per vedere meglio, la catenella che teneva ancora in
mano le
scivolò giù, risucchiata in quel buio; nel vano
tentativo di recuperarla, in
una frazione di secondo si sporse per afferrarla alla cieca, ma era
troppo
tardi, un tonfo sordo e poi degli spruzzi d’acqua le
assicurarono l’arrivo a
destinazione del suo prezioso ciondolo.
Indubbiamente
lì sotto vi doveva essere una fonte
d’acqua, aveva chiaramente sentito il rumore di qualcosa
caduto in acqua, come all’interno
di una pozza.
Se prima aveva avuto
qualche dubbio o incertezza,
adesso era costretta a calarsi lì giù per
recuperare il ciondolo e soprattutto
la chiave che vi era ancora legata.
Sporgendosi si era
accorta che vi era una scala in
metallo che dall’ingresso della botola scendeva verso
l’oscurità, “devo
assolutamente recuperarla…” pensò
sempre più determinata a scendere. Si alzò e
iniziò a cercare in giro per la cantina una torcia, era
sicura di averne vista
una quando era scesa qualche giorno fa; ed eccola lì,
impolverata e piuttosto
vecchia, proprio sopra una mensola della scaffalatura.
Con la torcia
stretta nella mano e la paura nel cuore,
lentamente, gradino dopo gradino, Elena iniziò a calarsi
giù nel bel mezzo
dell’oscurità; lei non sapeva ancora che quella
sera, laggiù sarebbero successe
molte cose, e tutto grazie a quello sfortunato incidente.
Dopo essere scesa
alcuni metri finalmente toccò il
fondo, non era un pavimento, sembrava più roccia o comunque
un fondo terroso,
con la torcia si mosse a tentoni facendo attenzione a dove mettesse i
piedi
aiutandosi con la mano sinistra appoggiata alla parete; sembrava essere
una
grotta sotterranea, probabilmente era collegata con il mare
perché poteva udire
il rumore d’acqua farsi sempre più forte. Mosse
qualche passo ancora in avanti,
la sua mano toccò un filo e per un momento
sussultò pensando potesse essere
qualche animale dalla coda lunga e viscida, illuminò il
punto incriminato
stringendosi nelle spalle, era effettivamente un filo, bianco e lucido
che
indicava poco più avanti la presenza di un interruttore.
L’idea che lì potesse
esserci luce le fece tirare un sospiro di sollievo, mosse le dita
abilmente su
uno strato spesso di polvere e salsedine e lo schiacciò.
Non successe nulla.
“ovvio…
figurati se qua sotto poteva esserci la luce…”
si lamentò lei.
Ad un tratto un
fortissimo rumore rimbombò per tutta
la grotta, Elena sobbalzò dallo spavento lasciando cadere la
torcia sul
pavimento che si spense all’istante. Il buio
l’avvolse repentinamente
tutt’intorno, spaventata si chinò gattonando per
cercare la torcia, quando ad
un tratto le mani non trovarono più il sostegno del rigido
suolo sprofondando
in quella che doveva essere acqua. Per il contrappeso Elena cadde
completamente
dentro quella pozza, provò a puntare i piedi per darsi la
spinta nella speranza
che l’acqua fosse abbastanza bassa da permettergli quella
manovra, ma essa si rivelò
più profonda del previsto, e dopo essere risalita a galla,
iniziò ad annaspare
con i vestiti che la trascinavano verso il fondo. Voleva tentare di
ritornare verso
il punto da cui era caduta ma con quel buio non era in grado di
orientarsi, non
riusciva a capire dove fosse la riva.
Mentre si affannava
a restare a galla, sbattè la testa
contro una roccia che sbucava fuori dall’acqua facendole
perdere i sensi.
“Aris”
fu l’ultima cosa che pensò sprofondando in
quell’abisso oscuro. Una forza misteriosa la tirava verso il
basso, sempre più
giù. Incosciente e senza più aria chiuse gli
occhi. Stava morendo affogata, non
c’era più nulla che potesse fare se non sperare in
un miracolo.
Ed eccolo
lì, il miracolo in cui tanto sperava,
qualcosa la stava riportando verso la superficie. Non aveva neppure la
forza di
aprire gli occhi per tentare di capire
nell’oscurità chi o cosa le stesse salvando
la vita. Un tocco saldo le irradiava calore attraverso i vestiti freddi
che le
avvolgevano il corpo come spira affamate.
I suoi sensi erano
ovattati, ma ebbe comunque la
sensazione di risalire verso la superficie, sospinta da qualcosa o
meglio qualcuno; il suo viso era appoggiato su
qualcosa di caldo che batteva con un ritmo irregolare, sentì
gridare più volte
il suo nome da una voce familiare.
Una leggera
pressione sulle sue labbra e poi le sembrò
di acquistare di nuovo i sensi, le tenebre di quell’incubo
andavano
dissipandosi.
La ragazza
riaprì gli occhi, la vista era confusa ma
indubbiamente era a riva; Aris la teneva stretta tra le sue braccia
mentre la
guardava preoccupato, urlava il suo nome invano, la scuoteva ma
sembrava troppo
tardi; “A…AR…I..S” la
sentì sussurrare il suo nome e il suo cuore fece una
capriola.
La gola e i polmoni
erano in fiamme, il sale le
bruciava come fuoco ad ogni respiro. Il tritone dagli occhi celesti le
stringeva la mano, era la prima volta che avevano un contatto
così diretto,
così intenso.
Nella grotta, poco
alla volta si stavano accendendo
lampadine poste ad una distanza regolare sulle pareti; quel forte
rumore che
l’aveva spaventata doveva essere il generatore elettrico che
si stava
accendendo dopo così tanto tempo.
Elena
aprì gli occhi, era stretta tra le braccia di
quel tritone, il volto adagiato sul suo petto, il cuore di lui che
batteva così
veloce… a malincuore e con grande fatica la ragazza si mise
a sedere, non aveva
capito molto bene cosa fosse successo, ma di una cosa era certa, Aris
le aveva
salvato la vita.
“stai
bene?” la sua voce ansiosa le arrivò da sopra la
sua spalla sinistra.
La bionda
tossì ancora prima di annuire incerta, si
sentiva debole e frastornata, ma il suo cuore si riempì di
gioia quando lui si
sporse per abbracciarla. Sapeva che era
sbagliato, che lei non doveva amarlo, ma si arrese al suo abbraccio che
l’avvolgeva protettivo sostenendola, abbandonandosi a quella
dolce sofferenza.
Aveva poggiato il
suo capo sul suo torace. Era la
prima volta in cui avevano un contatto così ravvicinato, la
ragazza ringraziò
mentalmente di avere il volto nascosto dai capelli bagnati che le
ricadevano sparsi
sulle guance e che coprivano i suoi occhi cerchiati di rosso dal pianto
e le
sue gote che avevano preso ad imporporarsi del medesimo colore.
Fratello o no, si
sentiva al sicuro.
“cosa
credevi di fare!” la voce di lui le arrivò
severa e arrabbiata “potevi morire! Stavi affogando Elena!
Stavi morendo!” una
volta accertatosi che lei stesse bene iniziò la sua
sfuriata, senza però
accennare a sciogliere quel contatto.
Lei non rispose
inizialmente, sentiva gli occhi
riempirsi di lacrime, lo shock di quello che le era successo le stava
piombando
addosso, e non solo quello. Non lo vedeva da quel giorno sulla spiaggia
in cui
avevano avuto quel brutto litigio e in cui lui le aveva promesso di non
rivederla mai più, com’era possibile che adesso si
trovava fra le sue braccia?
Era forse un sogno? Uno di quelli splendidi probabilmente, da cui non
ci si
vorrebbe più svegliare.
Ma da quel giorno
erano passati molti giorni e le cose
si erano complicate sempre di più.
“credevo
che non ti avrei mai più rivisto”
farfugliò
con gli occhi colmi di lacrime, e sapeva che quella era la
verità. “mi dispiace”
disse tentando di asciugarsele prima che lui potesse capire quello che
le stava
succedendo.
Il tritone la
guardava preoccupato, quando l’aveva
vista sprofondare inerme priva di sensi gli si era quasi fermato il
cuore,
l’aveva afferrata e portata più velocemente che
poteva a riva, era già scesa di
alcuni metri e non sapeva se sarebbe sopravvissuta, e per salvarle la
vita le
aveva dato un bacio, sperando che quella leggenda che si tramandava sin
dall’antichità secondo cui un bacio di una sirena
salvasse dall’annegamento non
fosse solo una storia per giovani tritoni.
“tu non
hai idea della paura che ho avuto”. Le disse a
voce più bassa. In fin dei conti doveva farle capire che era
ancora arrabbiato
con lei per quello che era successo sulla spiaggia,
Elena
tossì scostandosi un poco da lui, giusto per
fissarlo negli occhi. Quanto le era mancato quello sguardo profondo,
“credevo
non ti importasse più niente di me”.
Lui la
guardò con attenzione, aveva gli occhi
cerchiati di rosso e gonfi, doveva aver pianto molto…
chissà se quelle lacrime
erano state versate per lui…
Il ragazzo dai
capelli color rame la trafisse con lo
sguardo quando si ricordò di quell’altro ragazzo
“hai già chi si preoccupa per
te… ciò non significa che io non mi preoccupi
ugualmente se commetti delle
stupidaggini”.
Elena strinse la sua
mano cercando il suo sguardo che
era diventato sfuggente “io e quel ragazzo non stiamo
insieme” il suo tono era
sommesso, Aris non capì se fosse triste per lui, e
ricondusse l’origine delle
sue lacrime a quell’amore non corrisposto. “Sarebbe
uno stupido a non volerti”
gli sfuggì di bocca prima di poter pensare.
Lei lo
guardò con aria interrogativa “cosa vuoi
dire?”
un brivido le percorse la schiena.
“niente di
più di quello che ho detto… mi sembra
abbastanza chiaro” le sue guance si imporporarono di quello
che sembrava un
velato imbarazzo, non l’aveva mai visto reagire in quel modo,
che lui provasse
qualcosa per lei…?
Lacrime calde
iniziarono a sgorgare dai suoi occhi.
Lui sollevò lo sguardo e le sorrise impacciato, a quel punto
non avevano
importanza le parole, lui le aveva fatto capire che era ovvio, il
motivo per
cui si era arrabbiato quella volta, il motivo per cui le aveva salvato
la vita,
anche lui provava qualcosa per lei e
quella consapevolezza di essere ricambiata le spezzò il
cuore.
Aris
l’attirò nuovamente a sè affondando il
viso nei
suoi capelli biondi. “se ti avessi perso non me lo sarei mai
perdonato”.
El si
scostò un momento per guardarlo negli occhi
“tu…” il tritone l’interruppe
“non m’importa delle regole, al diavolo
tutto!”
dopodiché fece congiungere le loro labbra.
***
Ebbe un momento
d’esitazione, non si aspettava quel
gesto così all’improvviso, il suo istinto di
fuggire lontano l’aveva portata a
ritrarsi leggermente, ma ormai era troppo tardi, le loro labbra come
due
magneti si erano congiunte. Baciarlo era la cosa più bella
che avesse mai
provato, tutta quella paura dell’ignoto, del suo primo bacio,
improvvisamente
scomparvero per fare prendere il posto a quel calore che sentiva
crescere
dentro. Ma il ragazzo a cui era stretta, e che la stava baciando era
suo
fratello e non era giusto. Si destò dal torpore in cui era
piombata e per
quanto bello fosse dovette fermarsi e scostarlo da lei. Lo
allontanò da sé
mentre riprendeva fiato imbarazzata ed impaurita, sul volto di Aris
comparve
uno sguardo confuso.
“non…
non possiamo” Da quando aveva trovato quella
foto si era sempre chiesta se lui ne fosse a conoscenza, conoscesse il
grave
ostacolo alla loro relazione.
“lo
so” lui abbassò lo sguardo.
“allora lo
sai?”
“certo che
lo so… siamo un tritone ed un umana,
chiunque se ne accorgerebbe” le sorrise. “ma se tu
provi gli stessi sentimenti
che provo io non m’importa di infrangere le
regole.” Le disse determinato.
Elena scosse la
testa, per quanto belle fossero le sue
parole, per quanto lei l’amasse, toccava a lei informarlo di
quella notizia,
proprio adesso che sentiva che si sarebbero potuti riappacificare che
tra di
loro le cose sarebbero potute funzionare,
stava sorgendo un altro ostacolo, questa volta insormontabile.
“no Aris,
non è questo” le lacrime ripresero a
sgorgarle dagli occhi, lui le portò una mano sulla guancia e
asciugò con le
dita quelle che vi si posavano.
La guardò
pensieroso, impaziente di conoscere i
pensieri che tanto la turbavano.
“Noi
siamo fratelli”
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Capitolo 8 *** Verità Svelate ***
Capitolo 8
Verità svelate
Il silenzio era
calato tra di loro dopo quelle tre
fatidiche parole “noi siamo
fratelli”
Aris si bloccò con la mano a mezz’aria incapace di
capire se Elena stesse
scherzando oppure stesse parlando sul serio.
“cosa?”
gli uscì un tono incerto, non era possibile
una cosa del genere. O forse sì?
Elena si
allontanò dal suo tocco a malincuore, “noi
condividiamo lo stesso sangue” iniziò a spiegare.
“ho motivo di credere che tuo
padre sia anche il mio…”
Vide formarsi
sul volto di Aris diverse emozioni,
tutte quelle che aveva avuto lei quando, con la foto in mano, aveva
realizzato
come stessero i fatti. Lui tentò di mantenere la calma ma
gli si leggeva in
volto che quella notizia l’aveva sconvolto.
Lui era un
tritone e lei un’umana, quante probabilità
c’erano che loro fossero imparentati?
“che
prove hai?” chiese ridestandosi da quello stato
confusionale.
“non
ti sto prendendo in giro, Aris!” lei capì che
forse poteva suonare come una scusa, ma non era questo il caso, lui
doveva
capirlo che gli stava dicendo la verità.
“ieri
sera ho
trovato una tua foto di quando eri
piccolo…” continuò
“una
mia foto? Ne sei sicura?” quella rivelazione lo
sconvolgeva, non aveva mai avuto una sua foto, a corte gli era stato
fatto
qualche ritratto, ma…
Lei
annuì, “posso andare a prenderla se
vuoi… è
nascosta sotto il mio letto, con te c’è anche una
giovane sirena dai capelli
rossi… credo sia tua madre” disse in tono lieve.
Quando Aris
sentì che vi era anche sua madre impressa
sulla foto iniziò a credere davvero alla sua storia.
“ti aspetto qui” le disse
semplicemente lui.
La ragazza si
alzò lentamente reggendosi ad uno
spuntone. “non sparirai di nuovo… vero?”
Aveva paura, mai come in quel momento
che lui potesse sparire e andarsene per sempre, dopotutto una cosa del
genere
era già avvenuta, e forse per colpa del destino oggi si
erano potuti
rincontrare.
“no,
ti aspetterò” la guardò negli occhi
carico d’apprensione,
poteva leggere nei suoi occhi che lei non si fidava ancora del tutto
della sua
parola “ te lo prometto”
aggiunse
quindi dopo un istante.
Elena
s’avviò verso la scala, quando si
ricordò di
dovergli dire una cosa davvero importante, si voltò verso di
lui, le sembrava
così triste, stava soffrendo come aveva sofferto lei quella
sera, nessuno
meglio di lei poteva capire cosa stava provando, avrebbe voluto accanto
qualcuno che la potesse rincuorare, lo
avrebbe voluto accanto, ma lui non c’era e adesso
lei aveva la possibilità
di fare qualcosa per stargli vicino.
“per
quello che conta in queste circostanze…ti
amo.” Non sapeva nemmeno lei cosa le
fosse passato per la mente, quelle parole le uscirono di bocca in
maniera così
rapida che non se ne era resa nemmeno conto. Si girò ed
incominciò a correre
verso la scala, non voleva sentire una risposta, non avrebbe comunque
contato
nulla visto che le circostanze dicevano che loro erano
fratellastri… ma
averglielo detto le aveva alleggerito il cuore notevolmente. Adesso
aveva
almeno rivelato i suoi sentimenti, gli aveva rivelato che lo amava e
forse
adesso, andare avanti con una nuova vita e dimenticare quel sentimento
così sbagliato non
sarebbe stato più così
difficile.
La strada per
ritornare nella sua stanza le sembrava
infinita, prima le scale della botola poi la cantina ed infine quelle
che portavano
al secondo piano. Dopo più di quindici minuti era arrivata,
aveva preso la foto
ed era ritornata da lui.
Quando raggiunse
nuovamente la grotta ebbe il timore
che lui se ne fosse andato, girò l’angolo
delimitato da una grossa roccia che
si apriva su una piattaforma che sporgeva su quel lago scavato nella
pietra, e
lui era ancora lì, questa volta in acqua, con il busto
eretto per metà fuori. Il
suo cuore iniziò a battere violentemente in petto in preda
all’adrenalina del
momento.
Elena si sedette
sulla riva, il più possibile vicino
all’acqua e a lui. Nelle mani teneva stretta la foto, quel
misero pezzo di
carta che gli aveva rovinato ad entrambi la vita, “ecco la
foto” gliela porse a
faccia in giù con la scritta ben evidente sul retro. Aris si
sporse dall’acqua
ma non prese la foto che la bionda gli porgeva, le prese il volto e
l’attirò a
sé “per quello che conta”
iniziò a dire lui serio ma s’interruppe poco prima
per baciarla.
Le loro labbra
si congiunsero nuovamente, e nonostante
l’avesse baciato poco prima questo contatto era totalmente
diverso, era carico
di amore e dolore allo stesso tempo, era come fosse il primo vero bacio
ma
anche l’ultimo.
“ti
amo anch’io” le
sussurrò a fior di labbra ritraendosi.
Le lacrime erano in procinto di scenderle nuovamente dopo quella
dichiarazione
così imprevista, ma si controllò abbastanza da
ricacciarle indietro. Lui la
fissò intensamente negli occhi, come a volerle giustificare
il perché di quel
gesto, prima che le cose si complicassero ulteriormente tra di loro.
“dovevo
farlo almeno un ultima volta”.
Le
prese la
foto dalle mani e ne scrutò il contenuto, come se
quell’ultima frase fosse
sufficiente a calmare il turbinio di emozioni che le aveva provocato.
“questa
è mia madre…” asserì lui
accarezzando la foto
come incantato.
Lei non
proferì parola, attese pazientemente che poco
alla volta lui si aprisse.
“è
morta quando ero ancora piccolo, di lei ricordo
poco e nulla. Rivedere il suo volto in questa
foto…” s’interruppe un attimo,
sembrava commosso. Sollevò lo sguardo velato di lucido
“ti ringrazio”
Elena gli
sorrise timidamente. “puoi tenerla se vuoi”
Lui la
guardò riconoscente. “era nella stanza di mio
padre ma appartiene a te.”
Aris
voltò la foto e lesse le parole incriminate.
"Aris Greene”
“è
il mio cognome, l’ho ereditato da mio padre…Eric
Greene” annunciò lui. Elena ebbe un tuffo al
cuore, sapeva già quella verità,
ma sentirla confermare era ancora più dura di quanto potesse
immaginare.
“Eric
Greene è il nome di mio padre… è
venuto ad
abitare in questa casa dopo il divorzio con mia madre, lei sospettava
che lui
la tradisse” lasciò le parole sospese a
mezz’aria.
“Sono
cresciuto con le mie zie e mio nonno, Tritone;
nonostante lui fosse contrario le zie non mi hanno mai impedito di
passare del
tempo con mio padre, devo a lui molto… dopo la morte della
mamma mi è stato
sempre vicino; un padre presente.”
“non
si è mai fatto sentire, né un bigliettino per
natale né un semplice sms, si è completamente
disinteressato di me e di mia
madre, fino a chè con la sua morte non mi ha nominato erede
dei suoi beni
compresa questa casa.” Nel suo tono vi era una sorta di
velato risentimento,
era vero allora che non tutti i figli sono uguali, suo padre aveva
preferito
suo fratello a lei, non si era mai curato di farsi vivo in tutti quegli
anni
mentre cresceva Aris in un clima amorevole.
Ci fu una lunga pausa di silenzio, il mormorio dell’acqua
risuonava come un eco
di sinfonie nella grotta, ognuno dei due era perso nei propri pensieri.
“credi
veramente che siamo fratelli?” Il tritone
spezzò quel quieto silenzio.
“ma
certo Aris!” sbottò lei. “è
chiaro che mio padre
ha avuto una relazione con la tua, e poi sei nato tu!” forse
si era rivolta
troppo bruscamente, ma sentiva montare la rabbia dentro di
sé, anche se una
piccola parte razionale le gridava che non era colpa del ragazzo.
“Potrebbe
anche essere il contrario!” esclamò
irascibile lui sentendosi accusato di essere il figlio di una relazione
clandestina. “quanti anni hai?”
“ne
compio 18 a settembre” ammise lei. Quella risposta
parve turbare il ragazzo il quale le rispose “19 li ho fatti
ad aprile…” fece
un sospiro “sembrerebbe che io sia più grande di
te…”
Essendo Aris
più grande era stato concepito prima, il
chè faceva di lei la seconda arrivata; lei lo
guardò come se lo guardasse per
la prima volta, cercava in lui qualche segno di suo padre.
“sei mio fratello
maggiore” asserì “credo sia il sogno di
ogni ragazza avere un fratello maggiore
su cui contare…” Anche
se non avrei mai
voluto fossi tu. Ripetè mentalmente
quell’ultima frase.
Il rosso si
portò la mano ai capelli “ed io ho una
sorella minore.” La scrutò con attenzione.
“non
assomigli proprio a papà,” portò una
mano ad
accarezzarle una guancia scostandole i capelli ancora bagnati dal
volto, “tu me
lo ricordi tanto invece” sorrise timidamente di rimando
mentre lui le sistemava
la ciocca dietro le orecchie. Si guardarono per un attimo che ad
entrambi parve
interminabile poi, come fossero di comune accordo,
s’abbracciarono. Elena l’abbracciò
disperata, stringendosi forte contro il suo petto nudo, contro suo fratello, lo sentì ricambiare
e
affondare la testa nei suoi capelli biondi.
“come
facciamo adesso Aris?”
gli sussurrò ancora stretta all’orecchio. Sentiva
il suo
cuore battere forte contro il suo.
“scappiamo
via,” le disse con tale emozione che per un
momento le sembrò potesse risolversi davvero tutto
scappando, tenuta stretta
tra le sue solide braccia tutta quella situazione le sembrava surreale,
il
ragazzo che la stringeva così, quello di cui aveva sperato
ogni notte la
ricomparsa, era lì con lei, le sussurrava di fuggire con
lui, che l’amava... “fuggiamo
da tutti questi problemi, e restiamo insieme per
sempre.” La strinse più forte quasi la
volesse davvero
trascinare via con sé verso le profondità marine.
Elena scosse la
testa a malincuore. “Non si può.
Fratello e sorella non dovrebbero provare certi sentimenti
l’uno per l’altro.”
“non
voglio dirti addio” le rispose deciso.
La bionda si
scostò per guardarlo negli occhi. “Dovremmo
riprendere le nostre vite e ignorare quanto successo? Dovremmo
dimenticare
tutta questa faccenda? Di esserci conosciuti?? Io non posso farcela.
Non dopo averti
conosciuto, ho già perso mio padre, non voglio perdere anche
mio fratello. Sei
tutta la mia famiglia adesso, non voglio rinunciare a te, sia come
amico che
come fratello” disse lei sciogliendo il loro contatto.
“solo
come amico…?” le lanciò
un’occhiata che poteva
voler significare tutto o niente.
Lei
sospirò, questa situazione non le piaceva affatto
e lui non faceva altro che metterle più pressione, era come
se a lui non
importasse nulla del fatto che condividessero lo stesso sangue;
inizialmente
poteva pur essere rimasto sconvolto, ma ciò sembrava non
averlo turbato tanto
quanto lei.
“se
solo ci fosse un modo per poter confermare il
nostro legame di sangue, se avessi anche solo un dubbio
io…” Era di questo che
si trattava, trovare una prova che potesse infrangere quel muro che
adesso ostacolava
la loro relazione, provava trasporto per lui, sin da quando si erano
incontrati
la prima volta; il suo sguardo i suoi modi lenti e gentili, la sua
forte
personalità… non ci erano voluti giorni di
frequentazione per capire che se ne
era innamorata, era successo e basta, come un fulmine a ciel sereno, ma
adesso
la situazione cambiava. Anche amandolo con tutta sé stessa
non avrebbe mai
compiuto niente di così moralmente sbagliato. I suoi
sentimenti erano un conto,
il sangue che condividevano un altro.
“tu…
potresti ricambiarmi?”
La ragazza
annui, “perché tu non sembri turbato da
questa scoperta? Quando ho visto la foto ho pianto per ore”
iniziò ad
innervosirsi, perché sembrava solo lei ad avere un
po’ di buon senso in quel
momento?! Si preoccupava solo lei di una relazione incestuosa?!
Aris prese le
distanze “che tu non sapessi niente
della mia esistenza è normale,” iniziò
lui calmo “sono un tritone, papà non
avrebbe mai potuto dire a tua madre dell’esistenza della
nostra specie, ma non
c’era motivo per non dirmi dell’esistenza di una
sorella; noi parlavamo di tutto,
ma non ha mai accennato di te o di tua madre; ti dirò quello
che penso Elena”
si avvicinò nuovamente per avere l’attenzione
della ragazza. “io non penso che
tu sia mia sorella”. Lo disse in un modo talmente tanto
tranquillo, come se gli
avesse appena dato le ultime previsioni del meteo che la fece saltare
su tutte
le furie, si alzò di scatto ribadendo quanto già
gli aveva detto “la foto, i
ricordi incrociati, tutto fa pensare a questo Aris! Siamo imparentati!
Come fai
ancora ad essere scettico!”
“Non
assomigli minimamente a Eric!” sbottò lui con
forse troppa energia.
“Ho
passato con lui molto tempo, conosco il volto di
mio padre, capelli nerissimi come l’ossidiana, occhi azzurri,
pelle
abbronzata.” Il ragazzo la scrutava duramente.
“guardati Elena!” la indicò con
un gesto eloquente della mano “Sei bionda come
l’oro, hai la pelle candida e
rosea e i tuoi occhi sono di un bellissimo dorato. A meno che tua madre
non
abbia una di queste caratteristiche dubito fortemente che tu sia sua
figlia,
una foto non prova niente Elena; magari sei stata adottata!”
smosse l’acqua con
la coda turbato, forse aveva esagerato e ciò gliene diede
una conferma il volto
di lei diventato rosso d’imbarazzo. I suoi occhi erano
diventati lucidi, le
aveva detto che era stata adottata, aveva tutti i motivi in quel
momento per
avercela con lui.
“è
meglio che vada adesso” disse voltandosi senza
replicare a quella provocazione assurda.
Aris non poteva
correrle dietro, fermarla e farla
ragionare, poteva solo rimanere nell’acqua guardandola
impotente andare via. Aveva
fatto troppo, ma ormai non si tornava indietro.
“Scappare
non risolverà le cose!” le gridò
dietro. Le
sue uniche armi erano le parole, poteva contare solo su quelle per
farla
ragionare.
“è
quello che qualche minuto fa mi avevi proposto
proprio tu!” replicò lei, la sua voce era un eco
rimbalzante sulle pareti di
roccia.
“se
fossi stato quell’altro
avresti accettato subito!” il ragazzo si riferiva ovviamente
a Nick, il giovane
con cui l’aveva vista sulla spiaggia tempo fa.
La bionda
sbucò da dietro una roccia tornando indietro
come una furia, giusto per chiarire quell’ultima affermazione
prima di
lasciarlo e non volerlo più vedere per i prossimi giorni se
non mesi!
“Ancora
questa storia? Sul serio?! Nick è un bravo
ragazzo Aris, non ti permetto di parlare così di lui; e
comunque non sarei
fuggita, non è così che mi hanno insegnato a
risolvere i problemi; se Eric non fosse
stato così infedele non ci ritroveremmo in questa
situazione!” lo bionda lo
guardò severa.
“sarà
pure stato con tua madre, ma ti ricordo che se
anche per breve tempo lui poi ha sposato la mia. Una delle due
è stata
sicuramente tradita dall’uomo che ti ostini a venerare
evidentemente!”
“non
dare la colpa a lui” disse in tono più moderato
il rosso. Aveva ragione, per quanto gli costasse ammetterlo, aveva
stramaledettamene
ragione, una delle due era stata tradita da Eric.
“è
colpa sua se siamo in questa situazione!” rincarò
lei
“se
lui non avesse fatto ciò che ha fatto noi non
staremmo qui a discutere; tu probabilmente staresti con un fidanzatino
bipede
normale e non avresti di questi problemi” rispose lui con una
punta di veleno.
La ragazza
rimase turbata dal suo atteggiamento, stava
davvero pensando ad una vita alternativa senza uno di loro?
Si
piegò sulle ginocchia per essere alla stessa
altezza del suo sguardo, il suo tono si addolcì “e
tu probabilmente avresti una
tranquilla vita da tritone con uno stuolo di belle sirene a farti la
corte”.
Chissà come, la rabbia si era momentaneamente dissolta,
sarà stata
l’espressione triste che velava gli occhi di Aris nel momento
in cui aveva
desiderato non esserci o l’ormai consapevolezza che per
quanto s’arrabbiasse
non cambiava la loro condizione?
“e chi
ti dice che io non le abbia…?” le
lanciò il suo
sguardo sbieco. Elena sbuffò facendosi sfuggire un mezzo
sorriso, forse non
stava poi così male se nel bel mezzo di un acceso litigio
riusciva ancora a
fare battute sarcastiche.
“Non
sparire, basta fughe e lunghe assenze, o potrei
pure dimenticarti” gli disse risollevandosi in piedi quasi
come fosse una
minaccia.
“chissà
che le cose non si rimettano a posto da sole…”
sussurrò lui.
“Continueremo
a vederci allora?” chiese lei titubante.
“Ci
sono tante cose che voglio sapere su di te”
“ed io
su di te. Magari, poco alla volta, la nostra
sbandata si sistemerà da sola…” ma nel
momento in cui quelle parole uscirono
dalla sua bocca già conosceva la risposta, e la conosceva
anche il tritone con
gli occhi guizzanti e i capelli fulvi che la fissava dal bordo delle
rocce.
“ci
vediamo domani” le disse lui con gli occhi che
brillavano di una luce particolare. Non aveva risposto alla sua ultima
frase,
come poteva del resto? Era sicuro che per lui le cose non sarebbero mai
cambiate, ma evitò di dirlo per ferirla; aveva anche paura
che decidesse di non
rivederlo più, e d’altronde, lui era vincolato al
mare, non avrebbe potuto fare
comunque niente per impedirglielo.
“dove?”
“alla nostra
spiaggia al calar del sole”
Ci fu una lunga
pausa di silenzio, poi la ragazza
parlò “Aris, mi dispiace per l’altra
volta…per aver portato Nick”
Il Tritone
scosse la testa, incredibile come quel bel
viso gli avesse fatto passare l’arrabbiatura che per giorni
si era portato nel
cuore da quando li aveva visti sulla spiaggia. “non potevi
saperlo; ma adesso
sai quanto sia importante…”
Le loro mani si
sfiorarono per poi intrecciarsi, non
avrebbero voluto lasciarsi adesso che in qualche maniera si erano
ritrovati;
“a
domani” e con queste parole i due si salutarono,
promettendosi di rincontrarsi il giorno dopo.
Elena aveva
molto da fare prima di rivederlo; avrebbe
condotto delle indagini su suo padre, e per avere delle informazioni
dettagliate avrebbe messo alle strette una persona che lo conosceva
bene, e che
forse poteva gettare un po’ di luce su quel
mistero… sua madre.
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Capitolo 9 *** Incidente ***
Capitolo
9 Incidente
Erano
già le tre passate,
sua madre era parecchio in ritardo, il suo turno al ristorante doveva
già
essere finito per quell’ora, ma dato che solitamente Rachel
era un tipo
abbastanza imprevedibile e ritardatario solo appena furono le quattro
di
pomeriggio Elena iniziò seriamente a preoccuparsi.
Passeggiava nervosamente
avanti e indietro per il salone nella speranza di vederla rientrare di
corsa
lungo il vialetto d’ingresso della tenuta, inizialmente
voleva chiederle di suo
padre ma con il passare delle ore decise che non le importava
più, voleva
rivedere il viso energico di sua madre comparire dalla porta
principale, le
bastava questo, o almeno una telefonata per dirle che stava bene. Aveva
provato
a chiamarla innumerevoli volte ma il cellulare risultava spento,
iniziò a
pensare addirittura che le avessero rubato la borsa, che lei avesse
inseguito
il ladro, e la sua fantasia la spinse ad immaginare le cose
più orribili e quando
il telefono di casa finalmente squillò rispose come una
furia.
“pronto!
Ma ti pare
questo il modo di comportarti! Sono stata in pensiero tutto il
tempo!” sbraitò
alla cornetta.
“salve casa Greene?” una timida
voce rispose dall’altro capo del
telefono, Elena cadde quasi per terra quando capì che non si
trattava di Rachel.
“ehm
mi scusi, pensavo
fosse qualcun altro, si qui casa Greene, sono Elena”
tentò di scusarsi
imbarazzata.
“Oh
bene, non ero sicura
fosse il numero giusto, la carta era piuttosto
stropicciata…” parlò quasi fra
se e sé. “chiamo dall’ospedale, la
signora Rachel Greene è stata portata qui
circa un’ora fa, mi creda è stato difficilissimo
riuscire a identificarla visto
tutti i documenti di riconoscimento molto mal ridotti.”
Le mani le si
strinsero
sulla cornetta, costrinse le gambe a non tremare o sarebbe crollata a
terra.
“è
mia madre, ma…ma cosa
è successo?”
“è
stata portata qui in
gravissime condizioni, dei passanti ci hanno informato che un pirata
della
strada deve averla investita e poi è scappato via. Al
momento è in sala
operatoria, a breve uscirà; essendo lei l’unica
parente sarebbe richiesta la
sua presenza; ci sono diverse carte che dovrebbe firmare.”
L’infermiera
le aveva
appena chiesto di andare in ospedale per discutere della situazione di
sua
madre,
“Si,
certo” ancora
intontita da quella situazione “arrivo subito” si
era vestita e precipitata in
ospedale, sperò che tutto fosse andato bene, che sua madre
si sarebbe ripresa
subito e quella brutta disavventura sarebbe finita in un battibaleno;
eppure
quando arrivò alla porta dell’ospedale se lo
sentiva che qualcosa non sarebbe
andata come sperato.
Sperò
fosse solo una
sensazione, ma di solito il suo sesto senso non sbagliava un colpo, e
anche
questa volta fu così.
****
Il sole era
tramontato,
Aris l’aspettava già da un po’, non era
da Elena essere in ritardo, cercò di
contenere le sue preoccupazioni, mille dubbi e timori poco a poco
presero a
farsi strada nella sua mente.
Dove
sei.
Più
il tempo passava più
temeva il peggio, ad un tratto dalla collinetta cui era solito vederla
scendere
intravide una macchia di capelli biondi che stava scendendo cautamente
tra le
erbacce e le rocce, era indubbiamente lei, il suo cuore riprese a
battere ad
una velocità normale, stava bene e questo era tutto
ciò che importava.
S’avvicinò
alla riva, era
in ritardo di parecchio, una bella sgridata non l’avrebbe
certo uccisa.
La ragazza era
finalmente
giunta alla loro spiaggia privata,
ma
ad Aris bastò un solo sguardo per capire che qualcosa non
andava bene, il
sorriso solare che illuminava sempre il volto di quella ragazza si era
tragicamente dissolto, lasciandole in viso un’espressione
tragica.
Elena
fermò il suo cammino
sulla battigia proprio di fronte al tritone, le sue mani tremavano e i
suoi
occhi erano rossi e gonfi, segno che doveva aver pianto, e anche molto.
Quella povera
ragazza non
aveva avuto un solo istante di pace.
“ehi”
accennò lei un
saluto teso.
Aris
poté sentire la sua
voce come un sussurrò spinto dal vento.
“Che
è successo?” chiese
serio.
“ho
fatto tardi… mi
dispiace,”
“no,
Elena, non intendevo
quello.” Le lanciò un occhiata più che
eloquente, “lo sai che di me ti puoi
fidare, se vorrai io ci sono.” Il suo tono era tranquillo
eppure tradiva un
tono allarmato.
La bionda si
portò una
mano asciugando malamente le lacrime che ricominciarono a scendere,
“Cavolo
Aris! Avevo appena smesso” si lamentò nel
tentativo di fermare il flusso di
lacrime che avevano ripreso a scenderle sulle guance copiosamente.
Le ci erano
volute delle
ore per calmarsi, poi quando finalmente aveva deciso di scendere per
incontrarlo bastava una sua sola occhiata a farle cascare nuovamente il
mondo
addosso, non era mai stata una persona fragile o debole, ma quando
delle brutte
notizie entrano nella tua vita a gamba tesa non puoi che ricevere il
colpo e
attendere che il dolore passi.
Il tritone si
avvicinò
ancora di più, malediceva in ogni momento quella sua coda
che gli impediva di
starle accanto, quasi in automatico, istintivamente aprì le
braccia per
accoglierla; era una cosa stupida, lei non aveva nessun motivo per
entrare in
acqua, bagnarsi e cercare conforto in un inutile abbraccio, rimase
stupito
quando invece, dopo una prima esitazione la bionda entrò in
acqua e si buttò in
quell’abbraccio disperata.
Seppellì
il suo volto
nelle spalle di quel ragazzo, tritone, umano, non le importava, lui le
aveva
offerto la sua spalla su cui piangere e lei era troppo debole in quel
momento
per rifiutarla e tentare di fare la forte. Voleva solo piangere,
lontano da
tutti, lontano dall’ospedale e da quelli che erano accorsi
per darle sostegno
ma che in realtà la facevano sentire più piccola
e vulnerabile, incapace di
gestire quella situazione.
Fratello o no, sentiva che lui era l’unica persona in grado
di starle accanto
in quel momento, l’unico volto amico in una città
di sconosciuti, l’unico di
cui si fidasse veramente.
“stavo
aspettando che mia
madre rientrasse dal lavoro, volevo chiederle di papà,
volevo sapere se era
tutto vero;” prese una pausa per racimolare un po’
di coraggio, “poi hanno
chiamato dall’ospedale. Mia madre ha avuto un incidente
mentre tornava a casa,”
alzò lo sguardo annebbiato per guardarlo negli occhi. “è in
coma, Aris. I medici hanno detto che
più passano le ore meno probabilità ha di
risvegliarsi."
Quanto dolore vi
erano in
quei due meravigliosi occhi verdi che lo fissavano in attesa di una sua
parola,
si sentiva straziare dentro al solo vederla in quello stato, se solo avesse potuto l’avrebbe
protetta da tutto
quel dolore, dalle sofferenze. Tremante tra le sue braccia gli appariva
come la
cosa più fragile che avesse mai visto, era vulnerabile, sola
e spaventata, e
lui non poteva far altro che abbracciarla per farle percepire la sua
presenza.
Le
accarezzò una guancia
asciugandole ogni singola lacrima che scendeva da quei bellissimi
occhi. “andrà
tutto bene”, tre semplici parole per tentare di rassicurarla.
“ci sono io con
te. Stà tranquilla” l’avvolse nuovamente
accarezzandole lentamente i capelli, lui
sapeva bene cosa voleva dire perdere i genitori, aveva perso sua madre
molto
piccolo ma non aveva sofferto molto, un po’ come quando Elena
aveva perso suo
padre Eric, per lei non era stata una perdita importante, lui invece
aveva
sofferto moltissimo quando suo padre, il suo punto di riferimento era
passato a
miglior vita.
“ho
paura… ho paura che non ce la faccia, che
possa lasciarmi sola.” Si strinse forte a lui, il sole era
calato e la
temperatura si era leggermente abbassata, El aveva i vestiti per
metà bagnati,
così come le punte dei capelli, aveva freddo e paura, ma non
avrebbe lasciato
quel ragazzo divenuto la sua ancora nemmeno se si fosse trovata nelle
gelide
acque dell’artico.
“Elena
stai tremando” le
disse dolcemente non sciogliendo la presa.
“non
lasciarmi anche tu”
A quelle parole
non seppe
cosa risponderle, le avrebbe volentieri detto che l’avrebbe
stretta così per
sempre, ma non poteva, non ancora almeno. Doveva avere il
dubbio, anche solo un piccolo indizio che potesse
scongiurare la
loro presunta parentela.
“se
potessi ti porterei
via con me” le disse invece appoggiando la sua testa sul capo
di lei per
consolarla. Non era la prima volta che le diceva frasi del genere,
avrebbe
davvero voluto portarla via con sé, dove avrebbe potuto
proteggerla, nel suo
mondo fatto di alghe, acqua salata e magia.
Magia.
“forse
c’è qualcosa che
possiamo fare per tua mamma.” Continuò lui.
La bionda
alzò il capo,
era pur sempre meglio di niente. “cosa?”
“c’è
un posto in cui
vanno le sirene quando stanno male, sai, noi ci ammaliamo molto di rado
ma
quando succede sfioriamo quasi la morte.”
Sul volto della
giovane
comparve un’espressione preoccupata, sapere che
c’era la possibilità seppur
remota che Aris potesse morire per una malattia era un altro duro
colpo. L’idea
di poter perdere sua madre l’aveva già trascinata
verso un baratro di
disperazione, sapere adesso che c’era la
possibilità che lui si ammalasse la
spaventava nuovamente.
“Aris,
se tu stessi male
me ne parleresti …vero?” aveva le braccia
intrecciate attorno al suo collo, non
aveva intenzione di cedere abbassando lo sguardo sino a che lui non le
avesse
tolto questo dubbio dal cuore.
Esitò
un momento. “si,
suppongo di sì.”
“hai
esitato” il suo tono
era deluso e al contempo preoccupato.
“non
si tratta di me
Elena, adesso dobbiamo pensare a tua madre e a come
aiutarla.”
“si,
lo so questo, ma ho
bisogno di sapere che tu sarai sincero con me, che siano cose belle o
brutte,
voglio essere per te un sostegno così come tu lo sei adesso
per me. Quindi ti
prego, se ci fosse qualunque cosa che ti preoccupa,
parlamene.”
“vorrei
poterti dire
tutto El” le accarezzò una guancia, la ragazza
potè scorgere nei suoi occhi un
velo di malinconia “ma ci sono cose di cui non posso
parlare” lei stava per
ribattere ma il tritone le posò un polpastrello sulle labbra
per fermarla.
“persino con te.”
Inspirò
pensando a quanto
fosse inutile, Aris, sua mamma, non poteva aiutare nessuno, tutti
sembravano
volerla proteggere da qualcosa per motivi diversi. Nonostante il peso
della
situazione iniziava comunque a farsi sentire anche sulle sue spalle,
stette in
silenzio e accettò tacitamente le parole di Aris,
l’alone di mistero che vi era
da quando si erano conosciuti non l’aveva mai abbandonato e
probabilmente non
l’avrebbe mai fatto.
“Ritornando
al discorso
di prima,” riprese il filo lui
“c’è un posto molto particolare dove
andare nei
casi estremi, un’albero cresciuto in mezzo al mare.”
“un
albero?!” chiese lei
confusa.
“si,
è un albero
particolare, ogni notte di luna piena fiorisce rilasciando delle
particelle di
energia, bisogna cogliere quei fiori e preparare un infuso da bere,
dopo
qualche giorno la malattia passa del tutto. Non so se è una
cosa che funziona
solo per noi, ma potresti comunque tentare…”
Era vero, era
una flebile
speranza ma lei non aveva niente da perdere, avrebbe potuto benissimo
fare
almeno un tentativo.
“va
bene, proviamoci.”
Gli sorrise tentando di sollevarsi su di morale. “ quando
sarà la prossima luna
piena?”
Il tritone si
voltò a
guardare il cielo e la luna che iniziava a comparire poco alla volta.
“ siamo
fortunati, ci siamo quasi, fra due giorni sarà
piena”
Passò
ancora qualche
istante, poi lui l’allontanò seppur di malavoglia.
“vai a casa, mettiti
qualcosa di caldo, gelerai se resti ancora qui”
Elena
annuì, inutile
discutere, il tritone aveva ragione, sentiva già il freddo
entrarle nelle ossa,
non poteva permettersi di ammalarsi, doveva essere forte per sua madre,
doveva
essere forte e superare la bufera.
“ti
resterò accanto anche
tutta la notte se avrai bisogno di me.”
La ragazza lo
ringraziò
con un flebile sorriso, girò le spalle e fece per andarsene.
“aspetta
Elena.”
Si
voltò in attesa che il
ragazzo parlasse, armeggiò per qualche istante, poi le
lanciò qualcosa.
Tra le mani le
era
arrivata una piccola sfera argentea, la guardò curiosa e per
un momento tutti i
suoi problemi parvero dissolversi.
“cos’è?”
“è
un campanellino,” le
rispose.
Provò
a scuoterlo ma non
vi uscì nessun suono “è
rotto” protestò lei.
A ragazzo
scappò un
piccolo sorriso “no che non è rotto, va agitato
nella giusta densità… in aria
non produce nessun suono, ma in acqua sì. Suonalo se avessi
bisogno di me; ti
raggiungerò il più velocemente
possibile.”
“Una
sorta di telefono
per Sirene” rise lei.
“ahahah…finalmente
ti ho
fatta ridere”
Sbuffò
leggermente quella
di rimando, facendo per andarsene.
“un
giorno mi spiegherai
cos’è un telefono!” gli urlò
lui da dietro mentre la guardava salire.
Per qualche
istante era
riuscito a rubarle un sorriso, si ritenne più che
soddisfatto! Inoltre l’aveva
potuta avere tra le braccia, seppur per poco era comunque stato
intenso; le sue
condizioni però lo preoccupavano, doveva far qualcosa per
aiutarla, non si
sarebbe dato pace, anche perché dal risveglio della madre
sarebbe dipeso il
loro futuro.
“Aris”
si girò ad un
tratto lei come si fosse appena ricordata di dire una cosa
importantissima.
“grazie” lo ringraziò
dal profondo del cuore per il suo sostegno, si
era trovata completamente sola in un istante, lui le aveva offerto il
suo
supporto e nonostante i loro mondi diversi, nonostante il loro rapporto
ambiguo
in continuo bilico tra fratellanza e amore, lui c’era e
questo le bastava, le
sembrava giusto almeno ringraziarlo.
Il tritone
aspettò come
al suo solito che i candidi capelli biondi sparissero alla vista
inerpicandosi
per la parete rocciosa, i suoi occhi erano sempre così
sinceri, così onesti che
era difficile mentirle, la malattia che aveva contratto era una tra le
più
potenti e di cui non c’era cura…
L’amore. Non le aveva detto niente, non voleva
metterla in difficoltà data la situazione già
complicata in cui si trovavano,
eppure più il tempo passava più parevano crescere
i suoi sentimenti per lei.
Per tutta la sua vita non era mai stato legato sentimentalmente a
nessuna ma
con lei era stato un colpo di fulmine a prima vista, lui che era
scettico e
diceva di non credere a quelle assurdità era finito per
cadere come un
pesciolino nella rete del dolce gioco dell’amore, ma a quanto
pareva il destino
era stato ancor più crudele con lui regalandogli
un’amore impossibile frutto di
una promiscua parentela che li rendeva fratelli.
Ma se fossero
stati
davvero solo quelli i suoi problemi ne sarebbe stato ben felice, finita
la
serata gli toccava ritornare alla sua realtà, nel suo mondo
negli abissi,
spietato e crudo e di cui presto o tardi sarebbe diventato il re.
Allora!
Rieccomi qui, spero
di avervi nuovamente stupito con questo ennesimo colpo di
scena…
ATTENZIONE
PICCOLO SPOILER : il prossimo capitolo sarà
romanticoso… ma succederà anche
qualcosa sul finale del capitolo che porterà Aris ad
allontarsi per un po’…
FINE SPOILER
Ve
l’aspettavate l’incidente?
Beh non poteva essere tutto troppo facile, sennò che gusto
c’era ? XD bene
aspetto le vstre recesioni e… al prossimo capitolo!
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Capitolo 10 *** Scintilla ***
Capitolo 10
Scintilla
Era passato un
giorno da quando sua madre aveva
avuto quell’incidente, nonostante la batosta inziale fosse
stata forte era
riuscita a ritrovare un po’ di speranza, e per questo doveva
ringraziare sempre
lui, il suo angelo custode, il suo cavaliere dalla coda lucente, Aris.
Quella mattina
era andata scuola con un grosso
sollievo nel cuore, era l’ultimo giorno prima delle vacanze
estive, quello
sarebbe stato l’inizio della sua libertà; poter
andare al mare quando voleva,
niente più compiti e… più tempo da
passare con Aris.
Quasi
contò i minuti della sua ultima lezione, la
prof di storia stava ciarlando a proposito di quanto fosse importante
fare i
compiti delle vacanze e studiare almeno un’ora al giorno nel
tentativo di
prepararsi al meglio agli esami di stato dell’anno
successivo, ma lei era
troppo felice per prestare attenzione a lei e a Nick che continuava a
lanciarle
bigliettini nel portapenne nel tentativo di farsi notare un momento.
Non appena le
lezioni finirono senza nemmeno
fermarsi a parlare con i compagni scattò in piedi e quasi di
corsa si diresse
velocemente per l’ospedale.
“Elena!”
si voltò riconoscendo la voce del suo
compagno di classe, Nick. Sospirò profondamente, ci mancava
solo questa… non
considerava Nick una seccatura o altro, ma negli ultimi tempi era
diventato
troppo insistente, era vero che lei era stata molto vaga nel dargli una
risposta, ma se prima aveva qualche dubbio adesso capiva perfettamente
cosa
doveva fare.
“Ehi.”
Rallentò l’andatura e si fece raggiungere dal
ragazzo, non aveva tempo per parlare con lui, doveva andare in ospedale
da sua
madre. “Scusa Nick ma vado di fretta”.
“so
che per te è un periodo difficile, volevo sapere
se potevo esserti di qualche aiuto magari.” Il suo era un
pensiero molto dolce,
in fondo aveva una speranza che lei potesse ricambiarlo e dopo che
Elena aveva
saputo di avere una parentela con Aris aveva seriamente preso in
considerazione
quell’ipotesi, eppure per quanto si sforzasse di vedere Nick
come un possibile
fidanzato non c’era nulla che le facesse scattare quella
scintilla,
quell’attrazione che invece sin dal primo momento in cui
aveva visto Aris
l’aveva pervasa da capo a piedi.
Lui era
lì che le chiedeva se aveva bisogno di
qualcosa e lei stava per dargli una batosta forte rifiutandolo
definitivamente,
si sentiva quasi un mostro, ma che poteva fare? Prima o poi avrebbe
dovuto
affrontare la verità, qualunque cosa sarebbe successa non
avrebbe cambiato le
cose, non provava nulla per Nick e lasciarlo così in sospeso
con la speranza
che la situazione potesse cambiare era davvero crudele da parte sua.
“Nick,
dovrei parlarti…” disse seria lei, “so
che
non è il momento giusto ma in quest’ultimo periodo
ho pensato molto al nostro
rapporto, sono giunta alla conclusione”
Presero a
camminare verso il parco, era una valida
scorciatoia per arrivare prima ed in oltre era un posto più
riparato dagli
sguardi dei curiosi.
“c’è
un altro ... vero?” l’interruppe lui
altrettanto serio.
Lei rimase
spiazzata, non aveva parlato a nessuno di
Aris, “no… cosa te lo fa pensare?!”
entrò sulla difensiva.
“Avanti
Elena, avevo già qualche dubbio, poi
improvvisamente il tuo umore è iniziato a cambiare, sei
stata molto triste per
un certo periodo, prima ancora dell’incidente di tua madre,
poi d’un tratto sei
ritornata più felice di prima… ti ho visto
cambiare” le sorrise malinconico.
Elena rimase
scioccata, Nick pareva aver studiato
tutti i suoi stati d’animo, non pensava di essere
così tanto importante per
lui… questo però non cambiava la
realtà delle cose…
“Nick
non penso di essere la persona più adatta a
te” esordì d’un fiato prima che la
conversazione potesse superare il limite, e
fu anche molto onesta, pensava davvero di non essere adatta a lui.
Lui
rallentò il passo fino a fermarsi poco davanti a
lei, pareva riflettere su cosa risponderle.
“proprio
non ti piaccio nemmeno un po’?”
Lui era di
spalle ma potè comunque percepire la sua
tristezza, le si strinse il cuore sentirlo dire quelle cose.
Tentò di
rassicurarlo “non c’è niente che non va
in te, ti voglio bene ma solo come
amico.”
Lui si
girò a guardarla.
“non
riesco a vederti come qualcosa di più…”
sapeva
che era la verità, non poteva mica mettersi con lui solo
perché le faceva pena,
lei non avrebbe mai voluto che una persona si mettesse con lei per
questo
motivo.
Nick si
avvicinò lentamente, Elena si destò quando
sentì la sua mano accarezzarle il volto incatenando il suo
sguardo con quello
di lui.
“mi
piaci Elena, più di chiunque altro.”
avvicinò il
suo volto sempre più pericolosamente alle sue labbra.
Cosa stava
facendo?! La voleva baciare?? Cosa doveva
fare? Era pietrificata, era un gesto troppo avventato non
l’avrebbe mai fatto
capace di tanto.
Le loro labbra
era sempre più vicine, quando si
sfiorarono per qualche istante la bionda parve tornare in
sé, lo spinse via con
il volto di Aris arrabbiato come quel giorno alla spiaggia fisso
davanti agli
occhi.
“no!”
esclamò arrabbiata.
“perché?!
Non posso accettarlo!” s’arrabbiò lui
tornando alla carica. “lui chi è?” lo
conosco? È più alto, più bello,
più
simpatico di me? Voglio sapere il suo nome!”
Il ragazzo dai
capelli castani era arrabbiato,
l’aveva stretta per le braccia tentando di farla parlare. Era
un lato di lui
che lei non aveva mai visto, pensò ad Aris e fratello o no,
avrebbe voluto che
fosse lì per tirarla fuori dai guai, sarebbe arrivato di
corsa, le avrebbe
tolto di dosso quel ragazzo sbattendolo contro qualche albero,
l’avrebbe difesa
e protetta. Ma lui non c’era. Non poteva essere
lì; Elena era da sola e doveva
cavarsela senza di lui.
Nick la stava
facendo arretrare, voleva probabilmente
imprigionarla dietro qualche albero per costringerla a parlare, doveva
agire in
fretta nonostante si sentisse spaventata a morte.
“lasciami
Nick! Mi stai facendo male” si oppose.
“hai
paura che lo trovi e lo vada a cercare?”
Gli diede un
sonoro schiaffo, poi riuscì a sgusciare
dalla sua presa e iniziò a corre via,
“non
mi darò pace fino a che non saprò tutta la
situazione!” le urlò dietro arrabbiato. La bionda
l’ignorò, non era la prima
volta che rifiutava qualcuno, ma che era aggredita a quel modo
sì. Aveva il
cuore che le martellava in petto con un uccellino spaurito.
Più volte si guardò
dietro convinta di essere seguita, solo quando fu in procinto
dell’ospedale
rallentò l’andatura e si diede una calmata, doveva
sembrare tranquilla e non
sconvolta come era adesso prima di andare a vedere sua madre.
Comprò
dei fiori, margherite bianche riprendendo
fiato e una parvenza di serenità.
La reazione di
Nick l’aveva scossa profondamente ma
tentò di rimandare a dopo quei pensieri, voleva concentrarsi
solo su sua madre,
chissà che la sua presenza non l’avrebbe aiutata a
svegliarsi da quel lungo
sonno.
Aprì
la porta senza nemmeno bussare, nella stanza
non ci doveva essere nessuno, non aveva motivo di esserci nessuno dato
che
vivevano lì da pochissimo e tutti i suoi colleghi e
conoscenti erano già venuti
il giorno dell’incidente. A quanto pareva si sbagliava.
Rimase confusa dalla
scena che le si presentava davanti, sua madre era a letto, ancora con
gli occhi
chiusi e con tutti quei cavi che le uscivano dalle braccia, un uomo con
un
cappellino da baseball calcato sui capelli era seduto al suo capezzale
e le
teneva amorevolmente una mano.
“Oh
kelly” lo sentì sospirare lei.
“mi
scusi,” si avvicinò al letto di sua mamma
tenendo ben in vista i fiori freschi che aveva portato “ma
lei chi è?”
“oh,
scusami, sono un amico di tua madre.” L’uomo si
alzò dalla sedia tenendo il cappellino ancora ben calcato
sul volto.
“conosco
tutti gli amici di mamma, ma di lei non mi
ricordo” asserì convinta e sospettosa.
“ah
così tu sei la figlia… io sono un vecchio,
vecchissimo amico, non ci siamo mai conosciuti.”
S’avvicinò
al comodino posando di fianco i fiori,
l’uomo s’avvicinò alla porta come un
furetto.
“Mi
trovo qui per lavoro e saputo quello che era
successo a Kelly ho deciso di passare a vedere come stava.”
Dal suo
cappellino uscì un ciuffo di capelli ribelli
dal colore inconfondibilmente nero.
“Sicuro
che non ci siamo mai visti? Avete un aria
familiare…”
L’uomo
scrollò le spalle, aveva una gran fretta di
andare via, “sono un attore, è probabile che tu mi
abbia visto in tv o su
qualche copertina dei giornali. Ad ogni modo, è stato un
piacere conoscerti,
Elena” prese la porta di gran fretta ed andò via.
“che
buffò” pensò lei “non avevo detto il mio nome a quel
signore…”
****
Grotta
sotterranea, ore 22. Elena era seduta sul
bordo della roccia, aveva chiamato Aris con il campanellino e si erano
rincontrati; gli aveva raccontato dello strano incontro con quel
signore, gli
aveva inoltre chiesto cosa avrebbe dovuto portare con sé la
sera successiva e
lui le aveva dato tutte le indicazioni. Si sarebbero visti alla
spiaggia alle 23
in punto, l’albero avrebbe iniziato a sbocciare quando la
luna avrebbe
raggiunto il massimo punto in cielo. Di Nick però Elena non
aveva detto nulla,
era ancora agitata ma non voleva darlo a vedere, non voleva per di
più che Aris
lo venisse a sapere, non voleva farlo preoccupare inutilmente,
dopotutto era
una sciocchezza.
“Elena”
la richiamò mentre lei giocava disegnando
cerchi nell’acqua.
“Dimmi”
sorrise lei come se nulla fosse.
“c’è
qualcosa che non và.”
Lei fece la
faccia stranita ma lui continuò
imperterrito. “è da prima che ti osservo, non sei
la solita di sempre, sembra
quasi che tu sia preoccupata per qualcosa… e non mi
riferisco solo a tua madre.
Parlamene, per favore.”
Ecco. Colta
nuovamente sul fatto. A quanto pareva
era un libro aperto per tutti!
“è
una stupidaggine, davvero” minimizzò lei.
Aris si
appoggiò al bordo della piscina naturale
“parlamene ugualmente”
Prese un bel
respiro ed iniziò a raccontare
dell’incontro di Nick. Lui non aveva mai dimenticato quel
ragazzo. Gli raccontò
quello che le aveva detto, come l’aveva aggredita e le aveva
strappato un bacio
senza il suo consenso.
Credeva che Aris
si sarebbe arrabbiato con lei,
invece quello che le disse la sorprese.
“devi
stare
attenta Elena, quel ragazzo, Nick, non
mi sembra un persona così affidabile come in un primo
momento me lo avevi
descritto tu…”
Già
lei era preoccupata per quello che le era
successo, se adesso Aris le parlava in quel tono grave il suo
autocontrollo
andava a quel paese! Una dopo l’altra calde lacrime presero a
solcarle le
guance rosate, “ho avuto paura Aris… non immagini
nemmeno quanto. Mi ha rubato
un bacio ma mi stava spingendo in trappola.
Poteva…” lasciò la frase sospesa a
mezz’aria.
Aris si
tirò a sedere accanto a lei. Gli era montata
una rabbia dentro, ma non voleva darlo a vedere, voleva sembrarle calmo
nonostante dentro avesse una tempesta di emozioni in
subbuglio… Se solo avesse
avuto le gambe quel tipo si sarebbe trovato già
all’ospedale con diverse ossa
rotte.
L’abbracciò
confortandola, cosa poteva dirle? Che
l’avrebbe protetta lui? Come!? Aveva la coda e non poteva
allontanarsi dal
mare, era del tutto inutile, non poteva
proteggere le persone che amava.
“mi
dispiace” le riuscì a dire.
Elena si
scostò dalla sua spalla. “per cosa? Tu non
c’entri nulla, piuttosto sono io che dovrei chiederti scusa,
non volevo farti
preoccupare, volevo essere forte”
“invece
sono felice che tu me ne abbia parlato,” le
sistemò una ciocca bionda dietro l’orecchio
“mi
sento solo un’incapace. Avrei dovuto essere lì
con te.”
Non voleva che
il tritone si facesse prendere dai
sensi di colpa a causa sua, aveva espresso quel desiderio proibito
anche lei, ma
non era possibile.
“come
fratello maggiore non valgo nulla!” rise per
sdrammatizzare,
ahi.
Quella frase
faceva male.
La ragazza aveva
immaginato il suo intervento in
quella situazione ma di certo non nel “ruolo” di
fratello, sarebbe stato
comunque comodo ma non sarebbe stato lo stesso.
“comunque,
sta attenta a questo ragazzo… l’amore
porta a fare pazzie” lasciò quella frase sospesa a
mezz’aria, poteva voler dire
tutto o niente.
Lo
stuzzicò un po’, avergli parlato di Nick le aveva
alleggerito il cuore e sicuramente era stata la scelta migliore.
“pazzie…che
genere di pazzie?” gli sorrise
scherzosamente suadente.
“tu
non lo sai, ma
sto rischiando grosso” le sorrise più
vicino, eppure nella sua frase
sembrava esserci una sorta di significato nascosto.
Ci fu un lungo
silenzio, si guardavano negli occhi
non potendo colmare con le labbra la distanza che li separava, e fu
come se si
svolgesse una conversazione silenziosa. Poi ad un tratto lei
spezzò il silenzio
con la lieta notizia delle sue vacanze estive. “comunque non
penso sarà un
problema per ora, da oggi sono iniziate le vacanze estive!”
lei era entusiasta
ma Aris non sembrava provar lo stesso. Era pensieroso, e non era da lui.
C’era
qualcosa che le doveva dire, qualcosa di
importante ma che doveva comunque aspettare, domani sera
l’avrebbe portata in
quel posto, poi le avrebbe parlato chiaramente, era giusto che lei
sapesse
quello che stava succedendo. Pretendeva da lei sincerità e
onestà, ma se lui
per primo le mentiva non aveva il diritto di pretendere tanto da lei.
“C’è
qualcosa che non va?” chiese lei dubbiosa.
Il ragazzo
alzò lo sguardo improvvisamente serio. “dobbiamo parlare”
Quando un
ragazzo o una ragazza proferiva quelle due
semplici paroline non era mai presagio di buone notizie anzi, succedeva
tutto
l’opposto, solo sentendo quelle parole le vennero i brividi.
“Dimmi”
l’esortò
“No,
non qui, non oggi. Non appena risolveremo la
cosa di tua madre ne riparleremo con più calma.”
Le sorrise come
a voler tentare di scacciare la
preoccupazione non solo che gli si era dipinta in volto ma che adesso
vedeva
comparire riflessa negli occhi di lei.
“te ne
parlerò a tempo debito… pensiamo a tua madre
adesso, lei ha bisogno del nostro aiuto.”
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Capitolo 11 *** Stardust ***
Capitolo 11
Stardust
Le stelle
erano alte nel cielo, il vento le scompigliò alcune ciocche
di capelli
frustandole davanti alla faccia in maniera impertinente, Elena si
ritrovò a
disfare e rifare rapidamente la treccia con cui aveva legato i ciuffi
biondi
per gestirli meglio in presenza dell’acqua.
Chiuse casa e
iniziò a scendere la scogliera, indossava una canottierina e
dei pantaloncini
con sotto il costume, si sarebbe indubbiamente bagnata per arrivare nel
posto
dove dovevano andare lei ed Aris anche se lui non aveva accennato a come l’avrebbero raggiunto,
nello zainetto
che aveva sulle spalle aveva portato il necessario, era tutto pronto
ormai, la
sua avventura notturna stava per cominciare.
Ed eccola
lì
ad aspettare seduta sulla spiaggia l’arrivo del ragazzo, era
un po’ in anticipo
sul tempo, si dovevano vedere alle 23, ma erano le 22.30 e lei era
già lì…
voleva godere di quella splendida atmosfera, sapeva bene che la
riuscita di
quella missione era fondamentale per la salvezza di sua madre, ma non
poteva
fare a meno di pensare che quella sera ci fosse qualcosa di diverso
nell’aria, un
po’ di magia...
La luna si
rifletteva sulle increspature del mare di un blu intenso, il lento
sciabordio
la cullava come una melodia ipnotica, all’improvviso le onde
iniziarono ad
incresparsi concentrandosi maggiormente in un punto, la ragazza
scattò in piedi
per osservare meglio la scena. Lentamente emerse Aris, i capelli
bagnati sul
volto gli ricadevano disordinati, le gocce d’acqua rilucevano
come perle sotto
quella luce, chissà se l’aveva fatto apposta a
comparire in quel modo teatrale,
giusto giusto sotto la luna che lo rendeva più misterioso e
affascinante.
“Sei
in
anticipo” le disse.
“Senti
chi
parla!” rise di rimando la bionda.
Erano
entrambi arrivati in anticipo, ansia dall’iniziare quella
avventura o dal
rivedersi? Lui era arrivato qualche minuto dopo di lei e non appena
l’aveva
intravista, bellissima con lo sguardo perso nell’acqua in
chissà quali pensieri
aveva fatto il suo ingresso plateale.
La sua mano si
tese verso di lei. “sei pronta?”
Abbandonate
le scarpe sulla spiaggia si avvicinò lentamente
all’acqua, non aveva mai fatto
un bagno a quell’ora tardi, il buio del mare la spaventava.
Immerse i piedi
nell’acqua fredda ed un brivido la percosse da capo a piedi.
L’acqua
le
lambiva la vita ormai, abbassò lo sguardo e sotto di lei
tutto era nero, non
riusciva nemmeno a vedere le sue stesse gambe, come avrebbe potuto
stare
attenta a mostri marini e creature
pericolose come squali e orche assassine se non ci vedeva da
un palmo di
naso?
“ehi
tutto
bene?” Aris si avvicinò “credevo non
avessi paura di nuotare”
“no…
non è
questo” si affrettò a dire lei.
“è solo che… non mi piace non vedere
cosa c’è
sotto di me”
Aris rise
prendendole la mano e conducendola verso il mare aperto. “sta
tranquilla, ti
proteggerò io”. le fece l’occhiolino
guidandola.
Quanto aveva
desiderato proferire quella frase, adesso era finalmente giunto il suo momento, erano nel suo
mondo, aveva la possibilità di
dimostrarle quanto valesse e che poteva proteggerla come si doveva.
Lei
abbassò
lo sguardo mentre l’acqua la ricopriva lentamente sino a che
non si ritrovò a
nuotare senza più toccare il fondo.
“è
molto
lontano?” chiese arrancando, nuotare con un sola mano era
alquanto difficile, e
più che nuotare era come se il tritone la trascinasse visto
che andava molto più
veloce di quanto lei potesse andare.
“si
parecchio” si fermò lui. “non penserai
certo che ti lascerò nuotare sino a lì?”
“emh…
veramente
credevo di sì”
“ ma
no! Non
dire assurdità, senza offesa Elena, ma ti stancheresti
subito al contrario di
me che sono abituato ormai a venire a trovarti e a percorrere lunghe
distanze.”
S’avvicinò a lei, “Sali sulle mie spalle
e tieniti forte,”
“c…cosa?!”
Elena
arretrò in imbarazzo. “non posso mica farti
nuotare con il mio peso morto per
tutto il tragitto! Affogheremo di sicuro.”
“andrà
tutto
bene, fidati.” fece una pausa. “puoi scegliere o
sali tu di tua spontanea
volontà o ti prenderò in braccio”
Si
voltò di
spalle e lei esitante salì.
“tieniti
forte”
Iniziò
a nuotare
lentamente immergendosi sempre più. Per lui non era un
problema, ma Elena non
poteva respirare sott’acqua, e quando quel pensiero si fece
largo nella sua
mente non fu in grado di contenere il panico che la stava iniziando ad
assalire.
“Aris,
affogherò!” gli sussurrò agitata
all’orecchio sinistro.
“no,
non
puoi, non più almeno” detto questo si immersero
completamente, adesso il
tritone era ancora più veloce, Elena si dovette tenere
davvero stretta per non
rischiare di scivolare via mentre nuotava.
“come
posso respirare?
Non è possibile!”
“Ricordi
quel
giorno nella grotta quando stavi annegando?”
“si”
ricordava bene quel giorno, era il giorno in cui si erano baciati per
la prima
volta, il giorno in cui si erano avvicinati tantissimo e allontanati al
contempo
quando lei gli aveva rivelato di essere sua sorella.
“ti ho
salvato la vita quando ti ho baciata, ti ho permesso di respirare anche
sott’acqua. È un antica magia, non chiedermi come
funziona, non ne ho idea!”
rise lui.
Immersi nei
loro pensieri non parlarono più durante il viaggio, lei
dopotutto non voleva
affaticarlo o distrarlo con le sue stupide chiacchere…
“Eccoci”
Aris
aveva il fiato corto, dopotutto era più di una
mezz’ora che nuotava al massimo
delle sue forze.
Elena
scivolò
dalle sue spalle, stava per dirgli di riprendere fiato ma
restò abbagliata dalla
bellezza di quel posto.
Il cielo di
un blu zaffiro brillava di mille punti luce, lontano dalle luci della
città le
stelle apparivano più luminose di qualunque cosa, la loro
luce si rifletteva
sul mare il quale non era increspato nemmeno da un onda e creava un
magnifico
effetto ottico. La luna era bianca, piena ed enorme, sembrava molto
più grande
di quando non fosse in realtà. Sembrava di essere immersi in
un cielo stellato.
“…è…è
bellissimo”
Al centro di
questo panorama vi era uno scoglio, era nero ma pareva riflettere la
luce di
quella notte, come una magia vi sorgeva proprio al centro un albero con
i rami
flessuosi e lunghi. Non vi era una foglia, un germoglio,
l’albero sembrava
morto da tempo ma ciò non sembrava turbare Aris.
Il tritone si
avvicinò allo scoglio e vi posò delicatamente
Elena la quale iniziò ad
arrampicarsi sino ad arrivare ad una biforcazione che sembrava fatta
apposta per
ospitare due persone.
“Quest’albero
sembra morto… sei sicuro che…?”
Aris con un
balzo iniziò ad arrampicarsi con la forza delle braccia sino
a raggiungere
Elena. “Abbi fede, questo è un posto impregnato di
magia. Tra non molto, quando
la luna sarà nel suo massimo splendore vedrai con i tuoi
occhi.”
Il panorama
era così bello, che se non fosse stata lì in
allerta ad attendere il momento
adatto per andare a cogliere i fiori si sarebbe potuta persino
addormentare in
quel clima suggestivo.
Il ragazzo
era un po’ intimorito, poi alla fine si decise e le prese la
mano, arrossì un
momento quando Elena lo guardò stupita da quel gesto, poi
intrecciò la sua mano
con quella di lui e fu come sentirsi completa. Appoggiò la
sua testa sulla sua
spalla, entrambi guardavano incantati il cielo, ognuno anche se non ne
faceva
parola, si sentiva in subbuglio per quello che gli stava accadendo. Ad
un
tratto una stella cadente scivolò rapida davanti i loro
occhi.
“L’hai
vista?” lo dissero contemporaneamente volgendosi
l’uno verso l’altro trovandosi
a pochi centimetri di distanza.
“Si,
ho
espresso un desiderio” rispose lui calmo.
“Anche
io. Tu
cosa hai desiderato?”
“se te
lo
dico poi non si avvera” avvicinò ancora il suo
volto, doveva resistere, doveva
provarci. Autocontrollo, era questo
il segreto, ma per quanto si stesse sforzando di non colmare quei pochi
centimetri di distanza era davvero difficile. Rimase di stucco quando
Elena di
slancio mando in barba il suo di
autocontrollo sfiorando le sue labbra.
Chiuse gli
occhi beandosi di quel contatto, la sua mano scivolò sotto
il suo viso
prendendo il controllo di quel bacio guidando la ragazza.
Si staccarono
a malincuore, continuando a guardarsi negli occhi
“visto” le sorrise lui con
gli occhi sognanti “se te l’avessi detto non si
sarebbe avverato…”
Il volto di
Elena parve rabbuiarsi. “se si è avverato il mio
si avvererà anche il tuo
vedrai… tua madre guarirà” si
affrettò a dirle.
Alzò
nuovamente lo sguardo, i suoi occhi erano verdi con delle sfumature
argentee,
complice la luna di quella magia che si era creata tra di loro, aveva
amplificato ancora di più il loro bisogno di amarsi con quel
bellissimo
paesaggio suggestivo.
“ma
non ho
desiderato quello Aris… dovrei sentirmi in colpa se non ho
desiderato che mia
madre guarisca?” ecco il perché di quello sguardo,
si sentiva in colpa, solo
per aver espresso un altro desiderio.
Il tritone la
cinse portando il suo capo sul suo petto “no, certo che no!
Tua madre guarirà
lo stesso…”
Elena aveva
espresso un altro tipo di desiderio, aveva desiderato con tutto il
cuore che
Aris non fosse suo fratello, aveva espresso quel desiderio ancor prima
di poter
pensare a sua madre e adesso si sentiva responsabile per quel che le
sarebbe
successo.
“andrà
tutto
bene” e nel momento esatto in cui terminò la
frase, l’albero parve rianimarsi.
Una luce dorata iniziò ad illuminare ogni fibra di quel
tronco vecchio e morto,
come per magia stava ritornando alla vita, poco a poco le particelle di
luce
iniziarono a salire diramandosi per i vari rami, era uno spettacolo
surreale, i
rami storpi e grigi si ricolorarono di un bel marrone accesso, dai
tralci
iniziarono a nascere piccoli boccioli che lentamente uno dopo
l’altro
crescevano sino ad aprirsi rilasciando dell’energia che
ricadeva direttamente
in mare e sullo scoglio.
“Presto
Elena, cogli qualche fiore e conservalo nella boccia al
chiuso.” Rapida Elena
seguì quei consigli, prese la boccia dallo zaino e si
arrampicò verso i rami
più alti dove ancora i fiori erano in bocciolo, Aris le
aveva detto infatti che
i fiori in bocciolo erano i più rari e potenti proprio
perchè la loro energia
non era ancora stata sprigionata e difatti era difficile per le sirene
arrampicarsi così in alto per cogliere quei fiori non ancora
sbocciati e che
essendo più vicini alla luna crescevano più
velocemente.
Una volta
staccati i fiori smettevano all’istante di crescere, Elena
riuscì a conservarne
sei – sette.
“Pensi
bastino?” si sporse lei.
“Si,
bastano
sicuramente, di norma non ne usiamo più di quattro aperti,
questi però sono più
potenti, te ne basterà usare due o tre”
“va
bene,
arrivo”
“fai
piano”
ma un urlo lo precedette, con un sonoro splash Elena era cascata in
acqua.
Riemerse
qualche istante dopo. “è scivoloso” rise
lei riarrampicandosi per riprendere
posto accanto al castano.
“quanto
dura
la magia dell’albero?”
“tra
poco
tutti i fiori sfioriranno, all’alba la magia sarà
finita.”
“dobbiamo
tornare indietro?” chiese lei un po’ triste,
dopotutto la loro missione era
compiuta.
“se
sei
stanca possiamo ritornare subito.” Le rispose nel medesimo
stato d’animo.
“vorrei
che questo momento durasse per
sempre…” sussurrò appoggiandosi contro
il tronco.
Le loro mani
si cercarono e si ritrovarono per non lasciarsi più.
“quello che è successo qui
può rimanere qui se vuoi” si riferì la
ragazza al bacio di poco prima, era
stato più forte di lei era come se fosse sbagliato stare
così lontana da lui,
ogni momento che trascorreva senza vederlo o sentirlo le sembrava una
tortura,
era stata coinvolta in qualcosa di più grande di lei, di
incontrollabile.
“sarà
il
nostro segreto per sempre” si avvicinò e le diede
un bacio a fior di labbra
velocissimo, poi le fece un sorriso sghembo come faceva sempre lui,
quel
sorriso che l’aveva incantata sin dal loro primo incontro. Si
sistemarono
meglio nella biforcazione dei rami e passarono la notte a guardare le
stelle,
era troppo bello per rinunciare a quello spettacolo, non avrebbero mai
più
avuto la possibilità di cogliere quel momento.
Guardando le
stelle poco a poco i due ragazzi si addormentarono sotto
quell’atmosfera di
magia, le prime luci dell’alba furono la loro sveglia, i
primi raggi del sole
iniziarono a riflettersi sull’acqua, l’albero ormai
aveva perso la sua magia ma
l’alchimia che c’era tra di loro non era finita; un
spruzzo di sole colpì le
ciocche bionde di Elena facendole sembrare fatte di fili
d’oro. Aris si era
appena svegliato eppure non aveva fiatato, stava lì in
silenzio a guardarla
incantato dormire.
Era quella la
sua piccola magia, poterla tenere fra le braccia; il suo desiderio?
Poterlo
fare per sempre.
Ma quella
magia era destinata ad interrompersi, le doveva parlare di una faccenda
importante ma non prima di averla riportata a casa.
“Elly…”
le
sussurrò scuotendola delicatamente
“mhmhhh”
mugolò lei. Si stropicciò gli occhi in maniera
bambinesca “che succede…?”
chiese con voce ancora impastata dal sonno.
“è
mattina,
ti riaccompagno a casa”
Improvvisamente
si svegliò tutta in una volta, aveva passato la notte fuori
casa e per di più
con un ragazzo!
“abbiamo
passato tutta la notte fuori…” esordì
dando voce ai suoi pensieri.
Il ragazzo
scese lentamente e dietro di lui Elena, ci voleva proprio un bel bagno
freddo a
mare per svegliarla definitivamente.
“andiamo”
le
porse la mano mentre Elena giocava con i piedi nell’acqua.
“è
freddissima” il sole era appena sorto quindi
l’acqua era fredda dalla notte.
“forza”
l’esortò prendendola in braccio, “ci
attende il viaggio di ritorno”
“non
appena arriveremo le parlerò, ormai non
posso più rimandare… rischio di metterla in
pericolo e se le succedesse
qualcosa non me lo perdonerei mai”
Continua…
*il titolo
è
ispirato alla canzone di Mika Stardust che ho ascoltato mentre scrivevo
questo
capitolo, spero vi sia paiciuto… cosa dovrà mai
dire Aris di così importante? Funzierà
la curiosa “medicina” che Elena si è
procurata? Lo scopriremo al prossimo
capitolo!
Ciauux
|
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Capitolo 12 *** La congrega dei Cacciatori ***
Capitolo 12 La
congrega dei Cacciatori
Erano quasi
giunti alla spiaggia sotto casa di
Elena, Aris l’aveva portata per tutto il tragitto stretta fra
le sue braccia,
nessuno dei due aveva parlato e lei non si era nemmeno preoccupata di
protestare. Quelli erano gli ultimi momenti che Aris poteva passare
stretto a
lei, ancora la ragazza non lo sapeva ma dovevano smettere di vedersi
per un
po’.
“Elena
c’è una cosa che devo dirti” erano quasi
arrivati quando sentirono dei tonfi lì vicino.
Pietre.
Qualcuno
stava lanciando in acqua delle pietre.
Si nascosero
dietro uno scoglio e guardarono
furtivamente. Nessuno conosceva quel posto, chi poteva mai essere?
“Ma
quello è…!”
Aris strinse i
pugni. “cosa ci fa quello qui?!”
il tritone andò su tutte
le furie.
Una pietra quasi
sfiorò la testa di Elena, lui
prontamente la prese per le spalle e l’avvicinò a
sé.
“Non
…non ne ho idea…” iniziò
spaventata. “deve
avermi cercato a casa…cavolo sono pure da sola!”
Il ragazzo
parlò sottovoce “Elena hai le chiavi
della botola?”
“vuoi
risalire dalla grotta? Si le ho portate
con me per evenienza, sono nello zaino.”
Lui
annuì facendole segno di aggrapparsi
nuovamente.
La volta prima
aveva fissato con odio quel
ragazzo stringerla lì sulla spiaggia, adesso lei era con
lui, fra le sue
braccia, lui era solo un povero idiota. Elena non l’amava e
gli aveva dato il
ben servito ma a quanto pare non si rassegnava… ma se avesse
alzato nuovamente
un dito su di lei avrebbe potuto fare un’eccezione e uscire
dall’acqua solo per
vedere il colore del suo sangue mentre gli colava su quel volto da
cretino che
si ritrovava.
Passarono
attraverso una serie di cunicoli
scavati nella roccia che andavano via via a restringersi sino a che non
si
ritrovarono su un fondale sabbioso. Una decina di metri li separavano
dalla
superficie, riemersero tutti bagnati, Elena prese una bella boccata
d’aria,
immergersi sott’acqua e non poter respirare le faceva sempre
uno strano
effetto.
Strizzo i
capelli dopodiché si alzò tremante in
piedi.
“te la
senti?” le chiese
Lei
sollevò lo sguardo frustrata, “ho forse
alternativa? Pazienza… correrò qualche
rischio” aprì lo zaino per cercare la
chiave.
“Elena…
quella cosa che ti dovevo dire… ecco
non possiamo vederci per un po’”
“Ecco!
Trovata!” disse brandendo la chiave. “oh
scusa hai detto qualcosa?”
“si…non
possiamo vederci per un po’ di tempo”
Lei rimase
spiazzata, era per quello che aveva
fatto quella notte? Non avrebbe dovuto baciarlo, adesso lui voleva
prendere le
distanze, era comprensibile erano fratelli e lei aveva agito in quel
modo
stupido! Cosa le passava per la mente!!
“se
è per quel bacio, mi dispiace Aris!”
iniziò
a scusarsi lei.
“no
Elena, non è per quello,”
s’avvicinò “e poi
non scusarti, non hai nessun motivo per farlo”
“e
allora cosa?”
“non
te ne posso parlare, rischierei di
peggiorare la situazione, fidati di me e non cercarmi per un
po’… mi farò vivo
io quando potrò.”
Era dispiaciuta
per quello che il ragazzo le
aveva appena detto, ma che poteva fare? L’unica scelta era
fare come voleva,
non poteva imporsi anche se in quel momento aveva un disperato bisogno
del suo
aiuto.
“va
bene” approvò lei seppur dispiaciuta. Erano
sempre state lei e sua madre, da sole contro il mondo, pochi amici e
nessun
parente e anche se da sola, se la sarebbe cavata… dopotutto
era una ragazza
forte.
“non
cercarmi” non avrebbe voluto lasciarla in
quel modo, un giorno forse le
avrebbe
spiegato la situazione, ma adesso non era il momento.
“Perdonami”
le disse poco prima di immergersi.
Era stato
bellissimo passare tutta la notte con
lei in quel posto magico, era come se avesse esaurito tutto il tempo a
disposizione da passare assieme in una sola sera. Era stato tutto
perfetto,
avrebbe ricordato per sempre quel giorno, ma adesso doveva recuperare
tutte le
cose che aveva lasciato in sospeso, troppe,
e chiudere quella faccenda.
Non sapeva
quando, ma sarebbe tornato.
Nuotò
verso Atlantica con un solo pensiero
fisso in testa.
“Aspettami
Elena, tornerò da te perciò non
dimenticarmi.”
****
Quello che le
aveva detto il tritone continuava
a rimbombarle in testa come un motivetto pubblicitario ma adesso doveva
essere
forte e preparare l’infuso per sua madre,
gliel’avrebbe portato il più presto
possibile.
Salì
in camera sua ad asciugarsi, nonostante
l’estate fosse iniziata non poteva rischiare di ammalarsi per
non essersi
voluta cambiare, lasciò tutto nella sua stanza
dopodiché prese il block notes
con su scritto il procedimento per realizzare quella pozione,
si legò i capelli in una coda alta pronta per
iniziare le
sue sperimentazioni, quindi scese in cucina.
La cucina era
adiacente all’ingresso perciò non
appena varcò la soglia le saltò subito agli occhi
quella busta bianca infilata sotto
la porta.
La raccolse
cauta, “per Elena” recava scritto
in bella grafia. L’aprì con calma mentre andava a
sedersi sul divano, il cuore
le batteva forte dall’agitazione… chi mai poteva
scriverle una lettera? Ma
forse la risposta infondo la sapeva già.
“Ciao…
Ti starai
chiedendo
perché abbia deciso di scriverti una lettera, beh dato che
non hai risposto
alle mie chiamate né ai miei messaggi l’unico modo
per poterti parlare è
questo. Volevo tanto rivederti dopo quel giorno al parco ma tu hai
fatto di
tutto per evitarmi in questi ultimi due giorni; spero solo che tu stia
leggendo
questa lettera e che non l’abbia buttata via…
Ti scrivo perché mi volevo scusare per come mi sono
comportato, ti ho trattata
male”
(Solo male?!)
pensò lei
“non
volevo
spaventarti in quel modo ma quando ho capito che c’era un
altro tra di noi non
ho potuto fare a meno di incazzarmi. Vi ho visti sai? Non sono stupido,
non
sono mica nato ieri, ma il fatto che tu lo negassi mi ha dato fastidio,
va bene
che non stiamo insieme ma non mi reputavi un tuo amico?
Perché mentire
spudoratamente in quel modo?!
Mi ha ferito molto il tuo modo di agire ma quello che provo per te non
è cambiato
minimamente, voglio che tu lo sappia e non te lo dimentichi mai.
E puoi dire al tuo ragazzo di stare in guardia… io non sono
uno che molla così
facilmente, ;) specialmente se lui è così lontano
da te. ( perché viene dal tuo
paese non è così? Vi ho visti fare il bagno
l’altro giorno a mare)”
“Che
guaio” pensò “Aris aveva ragione a non
volere che io portassi lì nessuno.”
Ma il problema
più grave era che li aveva
visti, aveva visto Aris da lontano ma fortunatamente non aveva visto la
sua
lunga coda verde altrimenti sarebbe stato problematico giustificare
anche
quella. No, Nick pensava fosse il suo ragazzo, uno sconosciuto che
veniva dal
suo paese, West Richland; avrebbe potuto ricamarci un po’
sopra se lui le
avesse fatto altre domande, avrebbe detto che sì, veniva dal
suo paese ma che
era solo venuto a trovarla per le vacanze, poi era dovuto rientrare a
casa.
“perciò
Elena… spero di vederti presto, e che tu mi abbia perdonato
per l’altro giorno…
Buone vacanze
estive,
Nick”
Lesse
rapidamente le ultime righe poi abbandonò
la testa sul divano fissando il soffitto persa nei suoi pensieri, le
sarebbe
piaciuto correre subito alla grotta e chiamare Aris per fargli vedere
la
lettera ma non poteva, le aveva appena detto di non cercarla e quello
inoltre
non era un motivo così tanto grave per chiamarlo.
Ripiegò
con cura la lettera e andò in cucina
per preparare il suo intruglio… lo doveva perdonare? Infondo
tutti avevano
diritto ad una seconda opportunità, anche se si era presa un
bello spavento non
pensava davvero che Nick fosse una cattiva persona, le vacanze estive
erano
lunghe e lei non era il tipo da portare rancore per così
tanto tempo, sì
probabilmente l’avrebbe perdonato, non subito
però… l’avrebbe fatto stare sulle
spine ancora per un po’…dopotutto doveva scontare
un po’ di sofferenza per
averla trattata in quel modo…
****
“Allora?
Gliel’hai consegnata la lettera?” sua
madre era sempre più insistente, dal momento in cui aveva
saputo del litigio
con Elena non l’aveva lasciato in pace un momento.
“l’ho
lasciata a casa sua, non l’ho trovata da
nessuna parte, sono persino andato in spiaggia. È normale
che sia arrabbiata
per quello che è successo.”
“Nick
hai agito in maniera troppo avventata!”
urlò suo padre. “se perderemo le loro tracce
sarà solo ed esclusivamente colpa
tua!”
La madre del
ragazzo appoggiò le mani sulle
spalle di suo marito per calmarlo, “calmati
tesoro… se quello che ci ha detto
Nick è vero lui ritornerà
e allora”
lasciò la frase in sospeso fissando con rabbia il tavolo
della sala da pranzo.
“Sei
proprio un idiota!” continuò suo padre
“dovevi fartela amica, dovevi avvicinarti il più
possibile a lei e a quella casa, e
invece cosa fai? Ci
litighi e mandi all’aria tutti i nostri piani.”
“vi ho
già detto che non c’è nulla che non
vada
in quella casa, l’ho esplorata in lungo e largo durante il
periodo dell’attacco,”
“una
prova, un chiodo fuori posto, una camera
segreta! Insomma
qualcosa ci deve pur essere!” continuò suo padre.
“non lo
capisci? Non siamo mai stati così vicini da scoprire
qualcosa in più su di
loro, solo catturandone uno potremo effettivamente venirne a
capo!”
“basta
così” intervenne sua madre, “tra poco
arriveranno gli altri, vai in
camera
tua a riposare, quello che potevi fare l’hai
fatto.” Lo congedò prima che suo
marito potesse avanzare qualche altra pretesa su loro figlio.
Non appena Nick
scomparve dalla loro vista sua
madre attaccò a parlare. “è solo un
ragazzo David! Non puoi caricargli addosso
tutte queste responsabilità”
“è
un uomo ormai, deve prendersi le sue
responsabilità! Qui non si tratta di lui o di Elena, si
tratta delle creature
cui diamo la caccia da anni, quanti figli vogliamo ancora vedere morire
durante
le tempeste misteriose eh?! Quante persone devono sopportare la
scomparsa dei
loro cari senza nemmeno avergli potuto dire addio! Senza un corpo da
seppellire, da compiangere!”
Sua moglie lo
guardava in silenzio.
“quando
siamo entrati nel consiglio sapevamo
bene a cosa andavamo incontro, siamo cacciatori
di sirene non acchiappa farfalle! E Nick è come
noi!”
“è
giovane però, non puoi pretendere che impari
tutto e subito, quando è toccato a noi eravamo molto
più consapevoli della
situazione, i nostri genitori non ci hanno mai pressato
affinché imparassimo
subito il mestiere.”
David, il marito
stava per controbattere quando
alla porta si udì un netto bussare, discreto ma autoritario.
“sono loro,
sono arrivati.” Disse lei andando ad aprirgli la
porta per riceverli in
casa.
“Benvenuti
a tutti,” David rivolse un gentile
saluto ai presenti che sempre più numerosi avevano preso ad
affollare il
soggiorno in cerca di un posto dove sistemarsi.
“che
la riunione straordinaria della congrega
dei cacciatori abbia inizio.”
****
La
ragazza fissava interdetta il liquido viola
nel pentolino, aveva seguito tutte le istruzioni e per quanto ne sapeva
era
andato tutto bene, il siero era pronto doveva solo farlo ingerire a sua
madre.
*ATTENZIONE!*
Lasciare
raffreddare sino a che il colore non sia passato da viola a trasparente
Recavano
più in basso le note sotto la ricetta,
ma il liquido era denso e viola scuro, come avrebbe potuto fare a
diventare
trasparente? Ci sarebbe voluto sicuramente del tempo, rassegnata lo
travasò in
una boccia di vetro trasparente e lo richiuse bene lasciandolo poi a
riposare.
Le
ore trascorsero lente, nonostante fosse
impaziente di correre subito all’ospedale quel pomeriggio il
liquido era
diventato leggermente più rosa mentre la sera aveva iniziato
a schiarirsi
leggermente.
Andò
a dormire, l’indomani mattina ne era
sicura, la pozione sarebbe stata pronta.
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Capitolo 13 *** Il filtro ***
Capitolo 13 Il
filtro
Un raggio di
sole impertinente continuava a infastidirla
proprio all’altezza degli occhi, la notte precedente aveva
dimenticato di
chiudere le imposte, troppi pensieri a cui dare retta. Aris
l’aveva aiutata ma
poi si era dileguato senza nemmeno delle spiegazioni, la lettera di
scuse di Nick
era così accorata da risultare quasi falsa.
Si rigirò
nel letto, ormai era sveglia e il
sonno era andato via, non le rimaneva altro che alzarsi e iniziare
quella
giornata.
Pigramente con i
capelli ancora arruffati e il pigiama
addosso scese in cucina per fare colazione, ed eccolo lì, il
barattolo che
aveva lasciato sulla fredda lastra di marmo bianco, ancora ben chiuso
ma contenente
un liquido trasparente come l’acqua.
La colazione, i
suoi problemi, tutto passò in secondo
piano, oggi avrebbe saputo se quella pozione avrebbe funzionato su sua
madre,
oggi aveva l’opportunità di risvegliarla dal coma.
Si
vestì in fretta e furia, un pantaloncino una
canottierina al volo e una spazzolata ai capelli, 10 minuti dopo era
già fuori
per le strade in sella alla sua bicicletta con il barattolo in borsa;
non
vedeva l’ora di arrivare, mai quella strada le era sembrata
così familiare…
Varcò
la soglia dell’ospedale spedita verso la stanza
di sua madre, avrebbe seguito alla lettera tutte le istruzioni di Aris,
non
aveva tempo da perdere, più perdeva tempo meno quella
medicina aveva
probabilità di funzionare, e già non è
che fossero così alte, ma le ci sperava,
pregava che funzionasse.
Sua madre era
nel letto, bella come sempre ma con quel
pallore che negli ultimi giorni non l’aveva abbandonata
un’istante,
“buongiorno
mamma” le prese la mano ma lei ovviamente
non reagì. “oggi ti ho portato una cosa che
potrebbe aiutarti a stare meglio”
abbassò la voce come se qualcuno potesse davvero sentirla.
“sai
è una pozione magica ricavata da un albero che
fiorisce in mezzo al mare… devo ringraziare un mio amico per avermici portata.”
Iniziò a rovistare nella borsa sino a
che non trovò quello che cercava. Come aveva detto Aris, il
contenuto dapprima
pieno fino all’orlo era adesso non più di due tre
dita, e proprio la sua
riduzione di volume le assicurava di aver utilizzato il giusto
procedimento.
Le dischiuse le
labbra, Rachel sembrava un cadavere
tanto era inerme e ciò la fece rabbrividire, poco alla volta
le fece scivolare piccole
gocce che le inumidirono la bocca secca. Continuò
così fino a che la boccia non
fu svuotata del tutto, si sedette lì vicino e attese che
l’intruglio facesse
effetto.
Dapprima
passarono minuti, poi ore, era quasi l’una e
la ragazza aveva ormai perso le speranze, non aveva funzionato. Era
passato
troppo tempo, ormai doveva già essersi ripresa.
“ciao
mamma… verrò a trovarti domani” le
diede un
bacio affettuoso sulla fronte, ci aveva sperato, aveva riposto tutte le
sue
speranze su una pozione segreta delle sirene e non sulla medicina che
la teneva
in vita, ma nessuna delle due cose al momento le avevano riportato sua
madre
indietro.
Era delusa,
voleva piangere per sfogare tutta la sua
delusione ma non era quello il luogo più adatto,
all’uscita della clinica
recuperò la sua bici e si avviò spingendola a
piedi verso casa. Prese la strada
più corta per arrivare prima, tagliò dal parco ma
proprio non riuscì a
trattenere le sue lacrime, fortunatamente c’erano poche
persone a quell’ora,
erano tutte a casa con le loro famiglie a pranzare e stare insieme; lei
invece
era completamente da sola, nessuno a casa che
l’aspettasse… non più sua madre
che indaffarata le chiedeva della sua giornata… non
più Aris che stava
affrontando dei problemi di cui non poteva parlarle. Accostò
la bici dietro un
albero e si nascose dietro due cespugli, voleva solo piangere lontana
da
sguardi indiscreti; si sedette agilmente per terra tra le foglie e gli
aghi di
pino con le ginocchia strette al petto, avrebbe pianto e si sarebbe
sfogata in
completa solitudine, era sempre stata una ragazza forte a cui non
piaceva fare
vedere il lato debole di sé, ma quando era da sola tutta la
sua fragilità le
crollava sulle spalle facendo vacillare il sottile filo del suo
orgoglio che in
quei momenti veniva meno per lasciare libero spazio alle emozioni.
Un po’
d’amore, era tutto quello che le serviva in
quel momento, solo qualcuno che l’abbracciasse le
accarezzasse i capelli e le
dicesse che sarebbe andato tutto bene e che doveva solo continuare a
sperare,
proprio come quando era piccola e le sembrava che il mondo stesse per
finire da
un momento all’altro per qualche piccola sciocchezza.
Quella volta che
era caduta dalla bicicletta era
tornata a casa piangendo con tutto il sangue che le scendeva dalle
ginocchia
arrossate, sua madre l’aveva presa in braccio e le aveva
accarezzato i capelli,
il dolore lo sentiva ancora ma quel semplice gesto l‘aveva
rassicurata.
“Andrà
tutto bene” quasi immaginò di sentire davvero
quelle parole, proprio come quand’era piccola.
Non aveva amici
e nemmeno la sua famiglia, la
solitudine le cadde addosso come una doccia fredda, nessuno si
preoccupava di
lei… infondo lei era quella nuova,
la
strana che viveva nella casa sulla
scogliera. Chi mai avrebbe fatto caso a lei?
Nonostante le sue amiche le avessero promesso di tenersi in
contatto con
lei nessuna dopo il suo trasferimento si era più fatta
sentire, si erano
dimenticate, l’avevano lasciata indietro e anni di
frequentazioni si erano
perse, era bastata una piccola folata di vento, e come i più
belli tra i fiori,
era rimasto glabro. La loro, non era poi amicizia così vera
se era bastato così
poco per distruggerla.
“ci
sono io con te” una mano le accarezzò i capelli.
Non se
l’era sognato allora, alzò il volto nascosto
tra le ginocchia e a distanza proteso verso di lei vide Nick.
Fece per alzarsi
di scatto spaventata. “tu… tu …
qui?!”
“ehi”
ma lui fu più veloce e si allontanò prima che
lei potesse alzarsi spaventata, alzò le mani sopra la testa
in segno di resa
“sta tranquilla, non ho intenzione di farti nulla”
Lei lo
guardò storto, dopo l’ultima volta non
è che si
fosse dimostrato esattamente una persona di parola.
Come fosse un
animale selvatico, ferito e spaventato,
non gli rivolse una parola.
Il ragazzo
mantenne le distanze ma si accucciò sulle
ginocchia portando i loro sguardi alla stessa altezza, un solo passo
falso e
lei sarebbe scappata via, proprio come un cerbiatto che sta studiando
il
cacciatore, non sa ancora se gli sparerà o gli
risparmierà la vita quindi
attende in guardia un segnale qualunque.
“vorrei
solo stare da sola e piangere in santa pace!”
si lamentò lei.
“beh
allora non dovevi venire al parco” rise lui “ci
sono… umh vediamo” si sedette lentamente guardando
verso le fronde dell’albero
“scoiattoli, passerotti, conigli, forse anche qualche
tasso”
Le
sfuggì un sorriso tra i singhiozzi. Quel ragazzo
era proprio scemo!
“io
… ,” la fissò dritto negli occhi
“nulla lascia
stare” abbassò lo sguardo e fece per alzarsi e
andare via.
“ho
letto la tua lettera” disse lei. Chissà per quale
motivo l’aveva fermato, forse non voleva poi restare
così da sola come pensava.
Il volto del
castano s’illuminò.
“è
stato molto… dolce” ma cosa le diceva il cervello?
Costa stava blaterando?!
“pensi
di potermi perdonare?”
“in
via del tutto eccezionale” disse lei “si”
si
asciugò le lacrime.
Nick mise le
mani in tasca in maniera molto naturale
“il tuo ragazzo lo sa…?”
Ahia. Aveva
giocato il tasto del ragazzo, mentire o
dire la verità? Rivelare che non era il suo ragazzo o
lasciarglielo credere? Se
l’avesse creduto si sarebbe quantomeno levata di dosso un
peso, in fondo
fratello o fidanzato era comunque una persona importante per lei, a cui
rivelava tutto.
“quello
che è successo l’altro giorno intendi?”
Lui
annuì silenzioso.
“noi
non abbiamo segreti” e quello era vero, loro non
avevano segreti “però ha detto che la prossima
volta non esiterà a romperti il
naso se riproverai a fare una cosa de genere” questa volta
l’aveva detto seria,
non era proprio vero ma spaventarlo era un ottimo avvertimento per
evitare un
secondo spiacevole episodio… e poi, quando lo aveva detto ad
Aris per un
momento l’espressione che aveva assunto le aveva fatto
credere davvero che
avrebbe voluto prenderlo a cazzotti in faccia.
Nick
sembrò turbato, e lei se ne compiacque, dopotutto
ben gli stava…
“ah…
buono a sapersi”
Gli
offrì la sua mano per aiutarla ad alzarsi, “posso
almeno accompagnati a casa? O rischio di beccarmi qualche cazzotto in
faccia?”
rise… le sirene non potevano mica uscire
dall’acqua… e quel ragazzo era uno di loro.
Elena si
alzò, l’aveva perdonato questo era vero, ma a
casa era da sola comunque e non si fidava più di lui ormai.
“no
grazie, vado da sola” recuperò la bici e
tentò di
dimostrarsi nuovamente forte. Non si doveva fidare, il suo istinto
pareva
gridarglielo ogni momento.
****
Era
già calata la sera, non aveva avuto niente di
meglio da fare, pescò qualche vecchio libro e si
dedicò un po’ alla lettura
come faceva ai vecchi tempi, le sembrò così
noioso e del tutto normale; da
quando si era trasferita era stato come essere catapultati in
un’avventura
senza fine.
Chiuse il libro
e si avviò in cucina per prepararsi
qualcosa per cena, quando ad un tratto il telefono squillò.
“pronto?”
rispose lei stavolta più cauta.
“si,
signorina Greene?”
“si,
sono io” confermò
“salve,
chiamo dall’ospedale, ci sono stati degli
sviluppi riguardo sua madre”
Intrecciò
le dita attorno al filo del telefono ansiosa
“mi dica…” sussurrò
“qualche
minuto fa si è svegliata, adesso è stata
trasferita in un'altra sala per accertamenti, ma sembra
proprio che stia meglio”
Quella era una
splendida notizia! Nonostante tutto
quel tempo la pozione che le aveva dato aveva comunque fatto effetto?
Aveva
funzionato davvero!
“può
già venire domani per portare i suoi effetti
personali, in un paio di giorni al massimo dovrebbe essere
dimessa”
Elena stava
ballando per tutta la casa saltellando di
gioia, dopo aver ringraziato la signorina non stava più
nella pelle nell’attesa
che arrivasse l’indomani per poter riabbracciare sua mamma!
Cantava a
squarciagola le sue canzoni preferite e si muoveva in balletti ridicoli
che
faceva sempre quando era bambina e le succedeva qualcosa di bello.
Era davvero
felicissima, si muoveva tra i fornelli con
euforia; la tv accesa sui canali musicali le faceva da sottofondo, in
quel
momento niente poteva andare meglio!
«
Interrompiamo adesso le trasmissioni per
aggiornamenti sul meteo » aveva smesso di ballicchiare
attendendo che la musica
ricominciasse.
«
Siamo già entrati in clima estivo con un rialzo
delle temperature, questa settimana sfioreranno i 38°,
raccomandiamo di bere
molta acqua e di evitare di uscire durante i momenti più
caldi della giornata.
Dopo ben 20 anni ritornerà un fenomeno molto particolare, il
livello del mare
salirà gradualmente sino a sommergere per metà la
zona costiera, spiaggette
private e scogliere saranno sommerse completamente sino
all’arrivo dell’inverno
dove il livello si stabilizzerà ritornando normale. Si
raccomanda ai cittadini
di fare attenzione e di ritirare barche e altre strutture dalla
spiaggia per
prevenirne lo smarrimento. E adesso vi lasciamo al programma »
La voce del
presentatore era scemata e la musica era
ritornata a riempire con le sue note allegre la cucina; per poco la
ragazza non
bruciò la sua cena, era rimasta imbambolata a pensare a
quell’ultima
comunicazione. Alle coincidenze aveva smesso di credere da un
po’, che potesse
in qualche modo avere un nesso con la faccenda
in cui si trovava coinvolto suo fratello?
L’aveva
avvisata che sarebbe stato via per un po’ e di
non cercarlo ma al contrario dell’altra volta, in cui
l’aveva avvisata di non
uscire assolutamente durante la tempesta, non aveva fatto parola a
questo
cambiamento climatico.
“che
combini Aris…” il pensiero andava sempre a lui, e
il non poterci parlare fece crescere in lei la sua apprensione, ma
doveva aver
fiducia in lui, doveva pensare solo alle cose positive, sarebbe tornato
e le
avrebbe spiegato tutto non appena avrebbe risolto, non poteva
caricargli sulle
spalle oltre il fardello che aveva deciso di portare da solo non
mettendola al
corrente di nulla, anche le sue insicurezze, lo amava, in un modo in
cui una
sorella non dovrebbe fare e si fidava di lui.
Questo era tutto.
Dopo cena
preparò con cura una borsa con gli effetti
personali di sua madre, documenti vestiti e tutto quello che poteva
servirle in
quei giorni di permanenza prima delle dimissioni.
Andò a dormire con il cuore in subbuglio…
Domani sarebbe
stata una giornata importante, domani
il corso della sua vita sarebbe cambiato dando una svolta a tutto
ciò in cui
aveva sempre creduto, nonostante lei questo ancora non lo sapesse, il
destino
aveva tessuto ormai la sua trama e benevolo le aveva sorriso avverando
i suoi
desideri.
|
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Capitolo 14 *** Il fidanzato segreto ***
Capitolo 14 Il
fidanzato segreto
Quella mattina
Elena
aveva fatto tardi, non era riuscita a prendere sonno e quando
finalmente ci era
riuscita aveva fatto degli incubi tremendi in cui sirene assassine
l’inseguivano con gli artigli intrisi di sangue…
la sveglia non aveva suonato e
così si ritrovò ad andare in ospedale alle 11
passate.
Percorse le
strade in
maniera ormai abitudinaria sino ad arrivare alla stanza in cui era
stata
spostata sua madre, fortunatamente era più vicina di quella
precedente.
“no
Ben! Non ho intenzione di perdonarti”
La
voce di sua madre proveniva dalla stanza in maniera chiara e
squillante, fu un
sollievo e fu pervasa da una sensazione di pace quando riconobbe la sua
voce,
il solo fatto che la fermò ad un passo dall’aprire
la porta e catapultarsi
dentro era la voce di quell’estraneo; c’era
qualcuno con lei, qualcuno con cui
stava discutendo in modo piuttosto agitato.
“Io
non avevo idea che tu fossi in quella situazione! Non me ne puoi fare
una colpa
se sono andato via! Sapevi che il mio grande sogno era quello della
recitazione!”
“sei
sempre stato bravissimo con le parole, ho imparato da tempo ormai a non
crederti più” lo schernì
“non
è più un tuo problema, almeno non più.
Nonostante mi sia sposata con Eric sin
da subito avevo capito di aver commesso un grosso sbaglio, era evidente
che tra
di noi non potesse funzionare, sospettavo persino che avesse
un’altra”
-
oh mamma, non hai idea di quanto tu abbia
ragione – riflettè lei, - anzi
probabilmente Ariel e papà si vedevano da prima che voi due
vi metteste insieme
vista l’età di Aris. –
continuò assorta a seguire quei discorsi.
“Voglio
recuperare Kelly, voglio recuperare tutto il tempo perduto, eravamo
ragazzini
allora, adesso siamo adulti, sono in grado di gestire questa
situazione.” Le
diceva calmo l’uomo.
Probabilmente
doveva essere una vecchia fiamma della mamma, qualcuno che doveva
averla amata
molto ma per chissà quale motivo l’aveva lasciata
e lei aveva quindi sposato suo
padre.
“dovevo
pensare a quello che sarebbe stato meglio per il mio bambino, Eric era
un padre
premuroso e gentile.”
Questa
versione Elena la conosceva anche sotto il punto di vista di Aris che
aveva
avuto modo di conoscere meglio loro padre.
“
tu non ti saresti mai comportato in quel modo se fosse successo a te,
anzi
quando te l’ho comunicato sei scappato a gambe levate! Non
hai pensato nemmeno
un momento ad assumerti le tue responsabilità!”
Rachel era proprio furiosa
“Kelly,
ti prego. Ero solo un ragazzo… Ho sbagliato e ammetto le mie
colpe, ma tutti
hanno diritto ad una seconda possibilità.” Fece
lui in tono più remissivo.
“mi
hai lasciata… da sola in quella situazione… ho
avuto paura ma per fortuna con
me c’era Eric che mi ha supportata per tutto quel
periodo…”
Elena sentì dei gemiti e capì che sua madre
doveva aver iniziato a piangere.
“io
voglio vederla, voglio dirglielo.” Ammise serio.
“NO
BEN! Non te lo permetterò!” sua madre si era
agitata, la ragazza stava per
entrare per sedare la discussione che ormai era diventata troppo accesa
quando
ciò che disse in seguito Rachel la turbò
profondamente.
“Ho
pensato al bene di mia figlia allora e penso al bene di mia figlia
adesso, hai
idea di quale shock sarebbe per lei scoprire questa
situazione!?”
“Per
l’amor del cielo Kelly, Elena è mia figlia e non
ho intenzione di continuare a
farla vivere nella menzogna, è meglio forse che creda che
suo padre sia
morto?!”
Elena
rimase ferma di botto alla porta, suo padre era ancora vivo? Ma sua
madre aveva
chiamato più volte quell’uomo con un altro nome, Ben. Sotto shock aprì con
violenza la porta, aveva bisogno di
rivederlo, di rivedere quell’uomo.
Aveva
bisogno di conoscere tutta la verità.
Il
silenzio piombò nella stanza.
L’uomo
con il cappellino sollevò lo sguardo, i suoi occhi erano
bellissimi, verdi proprio
come i suoi.
“Ciao
Elena” esordì lui togliendosi il cappellino.
I
suoi capelli erano neri sì, ma solo alle punte, tolto il
cappellino delle
radici biondissime rivelarono il vero colore di capelli di
quell’uomo.
“papà?”
Rachel
la fissava inorridita, era chiaro che doveva aver sentito tutto e ormai
non
rimaneva che raccontarle tutta la storia.
“mamma!
Che sta succedendo?!” esclamò con gli occhi che si
riempivano di lacrime.
Sua
madre le fece segno di avvicinarsi, “ vieni cara,
è meglio se ti siedi… è una
storia lunga e complicata”
****
L’avevano fatta sedere su di una sedia di lato al letto,
quell’uomo Ben, era
seduto di fronte a lei e la
guardava con occhi timidi, sua madre iniziò quindi a
parlare.
“Durante
il periodo del college uscivo con Ben”
“eravamo
fidanzati” rettificò lui severo.
“si…
si è vero eravamo fidanzati, io studiavo per fare
l’architetto mentre lui aveva
sempre avuto la passione per il teatro… sognava di fare
l’attore”
“e
alla fine ci sono riuscito” intervenne burbero.
Lei
riprese la storia ignorandolo “nonostante fossimo in due
college differenti la
nostra relazione continuava seppur con qualche problema, le nostre
strade si
stavano dividendo ma non volevamo ammetterlo e tentavamo di fare
funzionare a
tutti i costi quel rapporto…in quel periodo conobbi Eric,
era un ragazzo pieno
di vita che studiava anche lui per diventare un architetto, era un
artista e
aveva un modo tutto suo di vedere le cose, era totalmente diverso da
Ben, era
un'altra persona che poco alla volta mi stava affascinando sempre di
più
catapultandomi nel suo mondo di colori e gioia di vivere.”
“in
pratica ci andasti a letto” disse acido l’uomo.
“ci
innamorammo” rettificò seccata lei, non le piaceva
essere svergognata così
davanti a sua figlia.
“ci
innamorammo e dato che studiavamo nello stesso college potevamo stare
insieme
più spesso rispetto che con Ben.”
“ma
tu eri fidanzata con Ben!” Elena era scandalizzata, sua madre
che faceva quel
genere di cose… sua madre!!
“si,
continuavo a stare anche con lui”
“in
pratica andavi a letto con entrami” rispose stizzito.
Rachel
gli lanciò uno sguardo infuriato.
“finchè
un giorno…” iniziò ma venne di nuovo
interrotta dall’uomo.
“un
giorno andai a trovarla al college, avevo avuto una parte in uno spot
pubblicitario per cui tempo prima avevo fatto un provino e non vedevo
l’ora di
dirglielo per poter festeggiare, ero davvero su di giri dalla
contentezza… ma
quando arrivai li colsi sul fatto… insomma era proprio inequivocabile.”
Il
suo tono spavaldo vacillò. “insomma, i miei amici
continuavano a dirmelo che
secondo loro mi tradiva ma io non gli avevo mai creduto…
quando li vidi mi
sentii un idiota, ferito e umiliato, ovviamente la lasciai, non volevo
più né
sentirla né vederla.”
Ci
fu un minuto di silenzio.
Sua
madre non poteva saperlo, ma dalle sue congetture mentre Eric si
frequentava
con lei aveva già una relazione con la madre di
Aris… si portò la mano alla
testa, quella faccenda sembrava uscita da una soap-opera!
“quindi
mi misi ufficialmente con Eric”
“ma
scusa, lui non lo sapeva che tu eri fidanzata?” chiese lei
interdetta.
“si…lo
sapeva… in realtà non mi è mai
sembrato gliene importasse un granchè…”
“ed
io so anche il perché” sussurrò fra se
e se Elena.
“fatto
sta che un mese dopo scoprii di essere rimasta incinta, di te tesoro.
Non
sapevo chi dei due fosse il padre, ma di una cosa ero sicura, non avrei
mai
abortito… ho lasciato l’università e
nonostante avessi chiamato Ben lui mi
disse che non ne voleva sapere niente nè di me nè
del mio bambino visto che non
sapevo nemmeno se era figlio suo.
Eric
credeva fosse suo visto che con lui…emh…ci
vedevamo più spesso… quindi mi
propose di sposarlo e di crescere il figlio insieme. Capirai che
nonostante
avessi qualche dubbio sulla nostra relazione non potevo fare altro che
mostrarmi entusiasta, non avevo un titolo né ero benestante
e sarei rimasta una
ragazza madre e avrei destato molto scandalo, accettai il matrimonio e
questo è
quanto.”
“si
ma poi ti sei lasciata con papà?” chiese
retoricamente lei.
“si…
il nostro rapporto andò via via incrinandosi, credevo che
lui avesse
addirittura un'altra… poi mentre tu crescevi diventa
evidente che tu non eri
sua figlia, tu avevi i boccoli biondi mentre lui era scuro, gli occhi
erano
chiari ma erano verdi e ogni giorno che passava rivedevo in te Ben, nel
modo di
ridere, negli occhi… insomma eri precisa ad un altro
uomo.”
La
storia da lì la conosceva, si erano lasciati e le loro
strade si erano divise…
“quindi
tu saresti il mio vero padre”
Il
ragazzo, abbastanza giovane sulla quarantina la fissava incantato
“si piccola,
sono io.”
“e…
di preciso cosa vorresti da me?” si alzò lei di
slanciò. Si sentiva arrabbiata,
non tanto con sua madre che aveva anche lei una bella dose di colpe,
quando con
quell’uomo che si ricordava dopo 18 anni di avere una figlia.
“perché
sai, sono passati diciotto anni” scandì
bene lei, “come mai ti ricordi adesso della mia esistenza?
Quali pretese pensi
di avanzare nei miei confronti?!”
Sua
madre la guardava, era proprio quello da cui voleva proteggerla.
“pensi
di venire qui, fare due chiacchiere con mia mamma e dire “ehi
Elena! Ciao io sono tuo padre! Ma non l’uomo che ha sposato
tua
madre, ma il suo ex che non appena ha sentito che era incinta non si
è nemmeno
preoccupato di lei facendo le valigie e dileguandosi!” perché
sai, non
funziona mica così! Non puoi tornare e pretendere che io ti
consideri mio padre
sol perché condividiamo lo stesso DNA!” le lacrime
presero a scenderle
copiosamente, ma improvvisamente una verità le prese a
lampeggiare in testa
come una lampadina rotta.
Aris e io non siamo fratelli.
Lei
e Aris non erano nemmeno fratellastri! Non condividevano lo stesso
sangue,
erano due perfetti estranei! Iniziò a ridere di gioia, i due
la guardarono
preoccupati, sicuramente pensarono fosse ammattita.
Era
felice, nonostante tutta la sua infanzia tutto quello in cui aveva
sempre
creduto le venisse a crollare come la terra sotto i piedi non era
necessario
resistere a quella frana, doveva solo aspettare che la terra la facesse
precipitare
in acqua dove il suo bel tritone l’avrebbe ripresa al volo.
L’aveva
desiderato con tutta se stessa ma non ci sperava davvero, e invece ecco
che il
suo desiderio veniva esaudito, potevano amarsi, baciarsi, vivere senza
rimorsi.
Tutto quel guardarsi ma non potersi sfiorare, quel baciarsi come fosse
un
crimine e pentirsene subito dopo, tutto quello poteva essere
accantonato
finalmente.
“Mamma,
ti avevo semplicemente portato delle cose da casa”
ritornò con i piedi per
terra, sarebbe andata via da quell’ospedale, non le importava
sapere più nulla,
non poteva nemmeno aspettare che Aris andasse da lei, doveva parlargli
subito,
era troppo felice.
Le
posò il fagotto con le cose sulla sedia dove prima era
rimasta seduta.
“Elena
io” fu subito interrotta dalla figlia.
“ti
terranno ancora sotto osservazione per qualche giorno, io ho bisogno di
riflettere su quanto è appena successo, me ne vado a
casa” prese il suo zaino e
se lo buttò sulle spalle pensierosa.
“Elena
aspetta, vorrei almeno dirti che”
“la
prego… non mi parli per il momento”
tornò a dargli del lei per mettere le
distanze, aveva davvero bisogno di riflettere.
“io
devo capire se voglio davvero che nella mia vita già
abbastanza incasinata ci
entri anche un padre”
Lui
sospirò rassegnato, dopotutto lei aveva ragione, non poteva
avanzare nessuna
pretesa.
“bene…
allora… arrivederci.” Chiuse la porta alle sue
spalle, chissà forse quei due
avrebbero continuato a parlare di lei e di cosa sarebbe stato
più giusto fare,
avrebbe dovuto pensarci anche lei prima o poi però aveva un
vantaggio, aveva un
amico molto fidato che sicuramente
le
avrebbe dato il consiglio giusto.
****
Non
appena varcata la soglia di casa la bionda corse giù, scese
in cantina sino
alla scaletta che conduceva alla grotta sotterranea, accese le luci in
tutta
fretta, s’inginocchiò davanti all’acqua
e sciolto il ciondolino prese a
suonarlo energicamente in acqua. Non vedeva l’ora che Aris
arrivasse, stava
pensando nell’attesa, al miglior modo per comunicargli la
bella notizia. Quando
aveva sentito che Ben era suo padre, il suo vero padre era stata
felicissima,
non le importava della lunga storia barbosa che i due si misero a
raccontare,
di come sua madre si vedesse al college con due ragazzi
contemporaneamente, di
come poi rimasta incinta, dovette sceglierne uno per crescere il figlio
che portava
in grembo. Ma Eric poco dopo aveva lasciato Elena e sua madre senza
neppure una
spiegazione; Ben non si era mai fatto vedere, né aveva
tentato di rintracciare
l’ex fidanzata e quella che poi si era rivelata essere sua
figlia.
“forse
potrei baciarlo… magari lo capirebbe subito. Forse
è meglio di no… meglio
spiegare prima tutto a parole.” E mentre questi strani
pensieri le vorticavano
nella mente dall’acqua vi fu un brusio.
“ARIS!”
esclamò lei sporgendosi.
Un’alga
viscida e nera sbucò dall’acqua prendendole il
sonaglio e trascinandolo giù.
Due
tritoni con le armature emersero dall’acqua, dalle loro mani
saettarono delle altre
alghe verdi che circondarono i polsi della ragazza trascinandola con
forza
verso l’acqua.
“Sapevamo
avrebbe fatto un passo falso signorina Greene, era solo questione di
tempo.”
La
trascinarono in acqua dove cadde con un profondo Splash ancora tutta
vestita.
“chi siete voi!? Dov’è Aris!?”
“siamo
proprio fortunati, la potremmo definire una confessione.”
Dissero fra loro.
“Che
ne avete fatto di lui?” sempre più preoccupata
incespicava nell’acqua tentando
di mantenersi a galla.
“Vediamo
quanto grave è stato il suo crimine” si rimmersero
trascinando giù con loro
Elena.
Inizialmente
chiuse gli occhi spaventata e trattenne il fiato il più
possibile, poi non
riuscì più e lasciò andare
l’aria, Aris le aveva fatto dono di poter respirare
sott’acqua ma non pensava fosse un bene che quei due lo
sapessero. Ormai però
era evidente. Le due guardie la fissavano ancora più severe.
“
a quanto pare è più grave di quello di cui
l’accusavamo…”
“Ma
cosa sta succedendo?” incredibilmente nonostante lo shock
riuscì anche a
parlare.
“Aris
Greene è in prigione, e voi come lui, siete accusata di alto
tradimento.”
Il
suo mondo e la sua felicità, le crollarono addosso come una
doccia fredda.
Tradimento,
Prigione, quelle parole le
sembravano così irreali e lontane,
non era possibile, non adesso che tutto sembrava ritornare per il verso
giusto.
Le
guardie tirarono violentemente chi da una parte chi
dall’altra i suoi polsi,
Elena provava a nuotare ma con i suoi piedi non era in grado di
competere con
la potenza e la velocità delle code di quei due tritoni
dalla muscolatura
robusta e massiccia.
La
sua situazione le ricadde sulle spalle, si trovava in mezzo al mare,
lontana da
casa e lontana da Aris. Era successo tutto così velocemente
che non aveva avuto
nemmeno il tempo di pensare in maniera razionale.
“dove
mi state portando?”
“è
meglio per te se non rivolgi la parola a nessuno, potresti persino
morire prima
di arrivare in prigione.” Le rispose freddamente quello di
rimando.
“E
adesso taci,” aggiunse l’altro “la strada
per Atlantica è lunga, e noi non
sopportiamo le chiacchiere”
Atlantica. Nelle sue
ricerche era riuscita a scoprire qualcosa
riguardante un punto indefinito dove tutte le sirene vivevano, se tutte
quelle
storie erano vere, la caccia, la passione per la carne umana, lei stava
andando
incontro ad uno dei più grandi pericoli, nelle fauci del
lupo.
Nonostante
il suo destino non fosse dei più rosei non riusciva a non
pensare ad Aris, se
con lei erano stati così severi, pregò
affinchè il tritone fosse ancora vivo e
stesse bene.
“non
temere… se sei
fortunata tu e il tuo principino potrete
incontrarvi almeno un
ultima volta” e nonostante avessero appena detto che si
sarebbero rivisti,
Elena non lo colse proprio come una bella notizia… anzi tutt’altro…
Continua…
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Capitolo 15 *** Nelle segrete di Atlantica ***
Capitolo 15
Nelle segrete di Atlantica
Erano ore ormai
che
nuotavano nel mare freddo, l’oscurità si faceva
sempre più intensa, Elena era
una creatura della terra non marina, aveva la pelle tutta raggrinzita e
quella
permanenza forzata sott’acqua scendendo sempre più
in profondità le acuiva il
mal di testa dal cambiamento di pressione. I vestiti ghiacciati le
avvolgevano
il corpo appesantendola ed impacciandola nei movimenti, non sapeva come
si era
ritrovata in quella situazione, era andata a chiamare Aris e al suo
posto erano
arrivati due tritoni imponenti che l’avevano catturata con
alghe viscide e
costretta a seguirli sino al loro regno, Atlantica.
Inutili erano state le sue proteste così come le sue
domande, nessuno le voleva
rispondere e quando aveva chiesto più volte insistentemente
di Aris l’avevano
guardata con odio e disprezzo. Non le rimaneva che attendere ancora
sino al
momento in cui l’avrebbero portata in prigione e sperare di
ricevere lì sue
notizie.
L’acqua
iniziò a
diventare più fredda di quello che non fosse già,
si stavano avvicinando sempre
più velocemente ad una parte del mare che sembrava
offuscata, come se fosse fatta
di vetro opaco. Qualche secondo ancora ed infine
l’attraversarono, incappò in
una piccola resistenza che la spingeva verso fuori, ma le guardie la
spinsero
violentemente dentro fino a che la forza non cedette, fu come
attraversare una
fredda barriera invisibile e poi ai suoi occhi comparve quello che
prima era
nascosto, la mistica e leggendaria città delle sirene.
“è
questa
Atlantica?”
Meravigliata si
guardò alle spalle, avevano attraversato una barriera che si
ergeva come una
bolla su tutta la città, una sorta di protezione contro
coloro che non facevano
parte di quel mondo esclusivo. Una serie di piccole casette
costeggiavano i
margini della città, ma parlare di città non
esprimeva abbastanza il concetto
di magnificenza e bellezza, era più grande di una metropoli
e più bella di
qualunque cosa un essere umano potesse mai immaginare, le case andavano
ad
infittirsi, sorgevano poi palazzi alti rivestiti di un materiale
rilucente che
faceva sembrare l’intera metropoli un gioiello scintillante.
Teatri, bar,
locali non si facevano mancare nulla ma indubbiamente la cosa
più bella di
tutte era il palazzo reale, sorgeva fiero su una rocca di luce in mezzo
all’agglomerato urbano ricavandosi una sua area indipendente
separata dal resto
ma che predominava con la sua altezza su tutto il resto. Era rivestito
con
madreperla e tempestato di pietre rilucenti,
“si,
mocciosa, siamo
finalmente arrivati” le rispose la guardia non degnandola
nemmeno di uno
sguardo.
“cosa
ne sarà adesso
di me?”
“Attenderai
in prigione
sino a che il re non saprà che fine farti fare!”
rise quello.
“ma…io
ci voglio
parlare! Esigo un udienza!” rispose risoluta.
“esigi?!”
le diede
uno strattone mentre si addentravano a valle tra le strade meno
affollate della
città.
“tu
non esigi
proprio nulla, sporca feccia umana, dovresti sentirti onorata ed
inchinarti
davanti la bellezza a cui tu stai assistendo!”
Avrebbe
protestato
ancora se non l’avessero spinta dentro un edificio con tanta
violenza da farla
sbattere contro il muro opposto, fluttuava nell’acqua e
l’assenza di gravità
era insopportabile, ma ancora peggio, si sentiva venir meno, non sapeva
per
quanto ancora avrebbe potuto resistere…
****
Aris giaceva rinchiuso in quattro mura, sapeva che la sua permanenza
lì era
solo temporanea, prima o poi suo nonno, Re Tritone l’avrebbe
fatto uscire, era
il re e poteva fare quello che voleva, ma quando aveva scoperto dove
ogni
giorno lui in realtà si recava era saltato su tutte le furie
e senza troppe
giustificazioni l’aveva rinchiuso lì. Ma lui era Aris, figlio della principessa Ariel,
nipote del re nonché principe
ereditario… non
gli avrebbero permesso
di marcire in una pulciosa prigione, era troppo importante, era
l’unico erede
maschio al momento in grado di ereditare il governo di Atlantica;
quella di
Tritone era solo una sorta di punizione per la sua ribellione.
“ti
farò passare la
voglia di andare sulla terra a tuo piacimento Aris!” gli
aveva urlato contro il
re. “ho dei piani che non ammettono intoppi, non ti
permetterò di distruggere
tutto il mio lavoro!”.
Anche se non ne
aveva fatto cenno suo nonno non era stupido, aveva capito che nella
faccenda vi
era una questione sentimentale così
come la definiva lui, aveva scoperto quasi subito che sua madre ai
tempi, si
recava sulla terra perché innamorata di Eric, suo padre, ma
il tutto era
giustificabile dal fatto che le sirene avevano bisogno degli uomini per
mandare
avanti la specie. Per i tritoni invece non vi era questa
necessità, dovevano
solo trovare una sirenetta e riportare la popolazione maschile agli
stessi
livelli di quella femminile, rendendo la specie nuovamente pura. La
questione
era spinosa e complicata e re tritone aveva promesso di mettere al
corrente
Aris quando sarebbe stato il momento opportuno, queste informazioni
quindi
erano tutto ciò che il ragazzo era riuscito a mettere
insieme unendo stralci di
conversazioni e piccole informazioni raccolte in giro per il palazzo.
Sembrava assurdo
ma
la sua unica magra consolazione era di essere riuscito a proteggere
Elena, non
aveva mai detto il suo nome ad anima viva, nemmeno alle persone di cui
si
fidava di più. Non avrebbe permesso a nessuno di
coinvolgerla in quella
situazione, Tritone era suo nonno e non gli avrebbe torto un capello,
ma anche
lui sapeva quanto poteva essere spietato con gli esseri
umani…
Ad un tratto
drizzò
le orecchie, la porta della prigione era stata aperta e stava entrando
qualcuno.
“adesso
da brava, resta qui e non creare altri problemi!” Sentì
il familiare rumore della cella che veniva aperta e poi del
lucchetto che veniva richiuso, a quanto pare non era più il
solo inquilino di
quella prigione…
****
- Ti ho deluso
vero? – Elena non faceva che pensare a lui,
l’avevano
appena scaraventata senza troppe cerimonie all’interno di una
cella grigia e
buia in fondo al corridoio, era chiusa su tre pareti e sulla quarta vi
era una
grata con un cancello tenuto ben chiuso da un grosso lucchetto.
Si
andò a sedere sul letto, o meglio la lastra di freddo
metallo
inchiodata al muro.
Aveva combinato
un bel guaio, era stata letteralmente rapita e portata
a forza ad Atlantica per poi essere richiusa in prigione, se Aris fosse
stato
lì le avrebbe detto che era stato tremendamente stupido da
parte sua cercarlo
prima del previsto, era vero, lui le aveva detto di non vedersi per un
po’, ma
non le aveva mai detto che era finito nei guai,
perché sì, Aris era finito indubbiamente nei guai.
Se da una parte
si sentiva in colpa nel gravare su di lui era anche
arrabbiata, se c’era qualcosa che lo tormentava gliene doveva
parlare, lei aveva
riversato su di lui tutti i suoi problemi e lui si era nascosto dietro
la
maschera del vatuttobene quando in
realtà chissà da quanto si trovava in quella
incresciosa situazione.
“maledizione
Aris! È tutta colpa tua!” imprecò dando
un calcio alla
parete.
“Elena?”
chiamò una
voce familiare proveniente da una cella lì vicino
“sei tu?”
“Aris,
…?” rispose
esitante la voce di lei fugando ogni dubbio.
Aveva sperato
con
tutto se stesso di sbagliarsi, dopotutto le aveva detto di non cercarlo
per un
po’ proprio per evitare quello spiacevole evento, ma adesso
era troppo tardi, perché
lei era imprigionata lì con lui!
“No!”
gli sfuggì un
urlo di rabbia mentre colpiva con un pugno ben assestato il muro;
adesso
sarebbe stato molto più difficile far uscire da quella
situazione entrambi… “Ma
cosa diavolo ci fai qui Elena?! Ti avevo detto di non
cercarmi!” la sua voce le
arrivò abbastanza chiara, doveva essere nella cella di
fianco alla sua, le era
sembrato addirittura di percepire un urto attraverso il muro divisorio.
Aris
si avvicinò alle sbarre sporgendosi un
po’ “Sono finito nei guai…”
ammise in un sussurro,
“sai,
quando ho
visto le guardie reali qualche dubbio mi era venuto” gli
rispose ironica
avvicinandosi anche lei all’unica parete aperta che dava sul
corridoio.
“Ti
avevo detto che
mi sarei fatto vivo io, di non cercarmi per nessuna ragione! Dovevi
fidarti di
me!” La sua voce era indescrivibile, un misto di rabbia
rassegnazione e
costernazione.
“quanti
giorni
saranno passati, forse due o tre? Non potevi proprio
aspettare!?” se la stava
prendendo con lei ingiustamente, lo sapeva bene, ma adesso era
preoccupatissimo
non tanto per la sua incolumità ma per quella della ragazza,
voleva solo
proteggerla tenendola sulla terra ferma, lì sarebbe stata
completamente al
sicuro rispetto che in fondo al mare, dove quella contro gli umani era
guerra
aperta. Re tritone a quanto pareva si era ben informato
sull’umana che lui
aveva iniziato a vedere, nonostante fosse sempre stato attento era
stato
seguito e spiato ed una volta ritornato era stato punito con la
prigionia in
attesa di un ulteriore udienza con suo nonno.
Elena si
sentì presa
in giro, come se non fosse stata abbastanza forte da resistergli
qualche giorno
lontana, ma lei avrebbe potuto farlo tranquillamente, era solo ansiosa
di
comunicargli la sua nuova scoperta… Improvvisamente si
ricordò il motivo per
cui era lì.
“ti cercavo perché avevo da dirti una cosa
importante…”
Lui parve non
sentirla.
“avrei
preferito non
coinvolgerti.” Continuò a bisbigliare piano.
La sua voce
seppur
flebile proveniva dalla cella accanto, erano così vicini che
solo un muro li
separava ma al contempo così lontani, irraggiungibili.
Il silenzio
scese su
di loro, voleva tanto dirgli quello che aveva scoperto ma quello non le
sembrava il momento migliore, aveva immaginato quell’istante
in mille modi
differenti, ma in nessuno di questi era contemplata una dichiarazione
via
cella…
Inspirò
ed espirò,
poi s’accorse che i suoi polmoni non si riempivano
d’aria, riusciva comunque a
respirare ma iniziò a sentirsi poco bene, non avrebbe retto
ancora a lungo in
quella situazione in assenza d’ossigeno.
“perché
mi cercavi?”
ruppe lui il silenzio. Lui era arrabbiato, non voleva che lei fosse
lì in quel
momento ma non poteva far a meno di pensare che non l’avrebbe
mai cercato senza
un buon motivo, e se era arrivata sino a lì tanto valeva
ascoltare quello che
aveva da dirgli.
E
infondo… il
piccolo tarlo della curiosità aveva preso a tormentarlo.
Lei attese in
silenzio, se voleva scucirle qualche parola avrebbe dovuto fare meglio
di così,
e poi non era ancora sicura di come avrebbe potuto dirglielo.
“Allora?”
parlò lui
dopo un po’ vinto dalla curiosità del suo lungo
silenzio con tono un po’ meno
irritato
“se
sei di questo umore non ho intenzione di
dirti nulla!” Rispose
lei a metà tra il
risentimento e l’irritazione.
Forse aveva
fatto
male a trattarla a quel modo, dopotutto non era colpa sua se erano in
quella
situazione…
“…Elena…”
appoggiò la
fronte alla sbarre in modo che le sue parole gli arrivassero chiare,
“mi
dispiace…” sussurrò del tutto spiacente
adesso, la sua incazzatura nei suoi
confronti era durata più o meno 5 minuti, anche impegnandosi
non riusciva a
restarle ostile per più di quel tempo. Elena non
parlò, Aris ebbe la sensazione
che si fosse allontanata, non poteva vederla quindi non sapeva se lo
stesse
ascoltano o no. “non dovevo prendermela con te, sono io
quello che ti ha fatto
finire in questa situazione, sono arrabbiato con me stesso… non sono nemmeno in grado di proteggere mia
sorella…”
Alla bionda
sfuggì
un sorriso ma lui non lo potè vedere.
“chissà
se la cosa
migliorerebbe… se fossi la tua ragazza”
Il non potersi
vedere era terribile, se solo avessero potuto rivolgersi uno sguardo,
Aris
avrebbe capito tutto all’istante, ma non potevano e
così sul suo volto emozioni
come stupore meraviglia e paura presero il sopravvento confondendolo
sempre
più. Aveva paura che fosse solo una battuta, lei era sempre
stata ostica
all’argomento fidanzamento
perché
erano fratellastri e non le sembrava giusto, ma adesso sembrava avesse
cambiato
le carte in tavola. Era venuta sin lì per dirgli quello??
“Cosa
intendi dire?”
sondò la situazione cauto.
Elena si sedette
comodamente nella cella ed iniziò a parlare in maniera vaga.
“niente
di più di
quello che ho detto…”
“hai
scoperto
qualcosa… vero?” Non ci riusciva, doveva saperlo
subito, era crudele da parte
sua farlo stare così sulle spine… per un momento
dimenticò persino il perché
fossero lì, esisteva solo la sua ultima affermazione che gli
volteggiava in testa.
Farlo stare
sulle
spine o rivelargli tutto subito e perdere quel momento magico? Lei non
era il
tipo sadico a cui piaceva vedere gli altri in costante attesa di buone
notizie.
Prese la
decisione migliore.
“mia
madre si è svegliata, grazie a te adesso
sta meglio” prese un bel respiro iniziando a percepire una
pesantezza
all’altezza del petto, aveva pensato 100 diverse combinazioni
di frasi
d’effetto per dirgli quello che gli doveva dire, aveva
immaginato una scena del
tipo “Ehi non siamo fratelli!” e poi lei che gli
buttava le braccia al collo e
lo baciava a cuor leggero, ma adesso che era giunto il momento di
parlare
concretamente la voce le moriva in gola, provò ad articolare
qualche frase ma
le parole uscivano strozzate.
“non
riesco”
sussurrò, e quelle parole le uscirono a fatica.
“Elena?”
la richiamò
lui preoccupato.
La mancanza di
ossigeno le aveva completamente annebbiato la vista, se era vero che
non poteva
affogare adesso però le mancava l’ossigeno e non
riusciva più a pensare lucidamente.
Le forze le venivano meno, era sul punto di perdere i sensi.
“Elena
che succede?”
Aris la chiamò con tono sempre più allarmato, con
le mani serrate attorno alle
sbarre e i muscoli tesi, c’era qualcosa che non andava.
La sua voce le
appariva come un eco lontano mentre si lasciava trasportare
dall’acqua reclinando
il capo all’indietro e perdendo i sensi.
“Liberatela!”
sentì
gridare ma ormai le parole avevano preso a sfumare come il volume di
una radio
che poco alla volta si abbassa prima di spegnersi.
Tutto divenne
buio,
le sue palpebre si chiusero, le sue labbra proferirono un ultima parola.
Aris.
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Capitolo 16 *** Confessione ***
Capitolo 16
Confessione
“vi
prego fate
qualcosa!” Aris gridò con più veemenza
ma apparentemente sembrava che nessuno
gli prestasse attenzione.
Elena aveva
smesso
bruscamente di parlare e dentro di lui era scattato un tacito allarme
che gli
faceva presagire che le stesse succedendo qualcosa di brutto, ma era
bloccato
dietro quelle sbarre ed era incapace di fare qualunque cosa se non
urlare.
“Sono
il principe
Aris! Se lascerete che accada qualcosa a quella ragazza umana ne
pagherete
personalmente le conseguenze! Uscirò di qui e voi sarete
puniti con la morte!”
Quelle ultime
parole
suscitarono una reazione nel tritone che era di guardia. Nuotando con
la
massima calma si avvicinò alla cella del ragazzo.
“se
fossi stato così
prezioso il re non ti avrebbe messo in prigione” la
schernì quella.
Il ragazzo dai
capelli rossi lo guardò con aria di sfida, gli occhi azzurri
gli luccicavano di
rabbia.
“Sei
pronto a
scommetterci la coda?”
Il tritone
arretrò
un po’ colto alla sprovvista, si affacciò alla
cella adiacente.
“credo
che sia
svenuta” disse infine constatando che il suo corpo
galleggiava inerme
nell’acqua.
Quelle parole lo
misero ancora di più in allarme. “beh che aspetti!
Fa qualcosa!!” gli intimò.
“cosa
credi che
dovrei fare? È un umana! Non ne ho la più pallida
idea e francamente non mi
interessa che fine faccia.” Fece per andarsene.
“a me
importa
eccome!” gli gridò “devo andare da lei,
devo capire cos’ha!”
“non
crederai certo
che io sia nato ieri?!” si avvicinò al ragazzo
sporgendo il volto oltre le
sbarre. “se io ti lascio uscire di qua scapperai
via”
“no,
te lo giuro!
Io… io devo aiutarla” il suo tono di sfida si
sciolse come burro al sole per
far prendere il posto ad un’espressione che suscitava
pietà.
“amo
quella ragazza
più di qualsiasi altra cosa a mondo” e lo disse
con tale trasporto che la
guardia lo guardò incredula, sirene e umani erano
all’ordine del giorno, ma
tritoni e umane non proprio… insomma i tritoni potevano
scegliere la loro
sirena con il vantaggio di essere in pochi e di poter avanzare la
pretesa sulla
più bella, lui poi era un principe, avrebbe potuto avere
chiunque.
“legami.
Lega il mio
polso al tuo, ma ti prego lascia che l’aiuti.”
La guardia
rimase
interdetta qualche altro istante, l’aveva convinto della sua
buona fede ed era
quindi andato a prendere le chiavi della prigione.
Aprì
la porta ed
entrò, legò il suo polso con quello di Aris con
una catena sottile lunga circa
due metri ed infine uscirono andando nella stanza accanto.
Non appena Aris
vide
Elena ebbe un tuffo al cuore, il suo corpo oscillava come una bambola
di pezza
in balia dell’acqua, temette davvero che fosse troppo tardi,
che fosse morta.
Non appena aprì la porta si catapultò al suo
interno prendendola delicatamente
tra le braccia.
Le sue labbra
erano
viola, la sua pelle fredda come il ghiaccio, ipotermia? Forse, era un
umana e
non poteva stare così a lungo dentro l’acqua,
specialmente se fredda; la strinse
forte contro il suo corpo che emanava calore nel tentativo di
scaldarla,
appoggiò l’orecchio sul cuore e ne ricevette una
debole risposta, era viva, il battito era
debole ma aveva
ancora una chance.
“dobbiamo
portarla
in un luogo asciutto!” si voltò verso la guardia,
il suo tono così come la sua
espressione tradivano tutta la sua disperazione.
“io
emh... non
saprei…” farfugliò quella.
Poi gli venne in
mente di un posto, non era molto lontano da lì, una specie
di secca, dove vi
era un complesso reticolo di grotte marine, era una buona
possibilità di
trovare un posticino asciutto.
“Forse
conosco un
posto” gli disse poco prima di partire a tutta
velocità.
****
L’aria era fredda e le trafiggeva la pelle come aghi
ghiacciati, i capelli
grondavano acqua così come i suoi vestiti, il suo petto si
abbassava e
sollevava regolarmente, era in uno stato di semi incoscienza, sentiva
qualcuno
armeggiare con la cerniera del suo giubbotto.
“Ah
maledizione!”
Poi lentamente
fu
guidata nell’uscire da quel pesante indumento intriso
d’acqua che ormai le
trasmetteva solo freddo. Di sotto aveva una magliettina leggera tutta
avvinghiata alla pelle che la fece rabbrividire di più, i
pantaloni erano delle
trappole mortali, così come le scarpe e i calzini, qualcuno
la stava
spogliando, e se da una parte avrebbe voluto allontanare quelle mani
tremanti
che le toglievano strati di vestiti con un sentimento di pudica
vergogna,
dall’altro ogni indumento che andava via le faceva sentire
meno freddo. Tentò
di muoversi ma si rese conto di avere la pelle d’oca e le
mani quasi congelate
che non volevano saperne di rispondere ai suoi comandi. Una coperta
asciutta
l’avvolse e poco dopo arrivò anche il calore.
Iniziò
ad aprire gli
occhi lentamente, era infagottata dentro una coperta di lana marrone,
tenuta
stretta tra le braccia di Aris, il suo calore si irradiava in tutto il
corpo,
la sua testa era appoggiata nell’incavo della sua spalla, il
suo viso sfiorava
il suo collo mentre lui le sfregava le mani energicamente lungo le
braccia nel
tentativo di produrre calore.
Un brivido di
freddo
la percosse tutta, spingendo a rannicchiarsi di più contro
quel corpo caldo,
aprì la bocca per parlare e sentì il sale sulle
labbra congelate e violacee.
“ho…freddo…”
la sua voce uscì rauca e
tremante ma ebbe l’effetto sperato, Aris abbassò
lo sguardo e incontrò i suoi
occhi,
“grazie
al cielo ti
sei ripresa, temevo fosse troppo tardi” il suo sguardo carico
di sollievo
l’investì come un ondata calda, mentre in quel
momento un altro brivido la fece
tremare.
“non…
riesco…a…”
“shh”
le fece lui
avvolgendola ancora di più, Elena potè sentire il
suo cuore battere ad un ritmo
accelerato contro il suo petto, doveva essersi preso davvero un bello
spavento.
“hai
un inizio di
congelamento, non parlare, fatti riscaldare e basta.” Le
disse in tono dolce e
autoritario al tempo stesso.
Chiuse gli occhi
e
si abbandonò completamente a lui, non poteva muovere un
muscolo, tutto quello
che poteva fare era affidarsi ad Aris, e lei si fidava ciecamente.
Poco dopo
arrivò la
consapevolezza che indossava sotto la coperta solo l’intimo,
e che quindi era
stato Aris che le aveva tolto i vestiti bagnati per riscaldarla. Se
avesse
avuto abbastanza sangue caldo nelle vene sarebbe diventata rossa di
imbarazzo,
e probabilmente anche lui aveva avuto qualche esitazione visto che le
sue mani tremavano
mentre le aveva sfilato la maglietta e i pantaloni. Ma era questione di
vita o
di morte, e lui le aveva appena salvato la sua. Di nuovo. Ormai Elena
aveva
perso il conto di quante volte quel ragazzo l’aveva
salvata…
“noi” iniziò lei
attingendo a tutte le
sue forze. Aris non smise un momento di riscaldarla e le rivolse tutta
la sua
attenzione.
-noi non siamo
fratelli,
- era tutto quello che doveva dire, quattro parole ma le sembravano
così lunghe
e così difficili da dire. Ogni respiro, perché
fortunatamente aveva ripreso a
respirare senza neanche accorgersene, le costava fatica. Erano solo
quattro
stupidissime parole ma era importante che lei gliele dicesse prima che
le
capitasse qualche altra cosa.
Vedendo quanta
fatica le costasse parlare, il ragazzo dai capelli scarlatti
l’interruppe.
“credo di aver capito” le disse solamente.
I suoi occhi
azzurri
s’illuminarono. Aveva cercato di dirgli qualcosa nelle
segrete, qualcosa di
indubbiamente molto importante se aveva disubbidito al loro patto, e
poi
c’erano state quelle frasi, - se
fossi la
tua ragazza – e che sua madre si era risvegliata;
non sapeva come né perché,
né oltretutto se avesse interpretato bene e fosse tutto
vero, ma forse quello che le stava
cercando di
dirgli era che
“non
siamo fratelli”
completò i suoi pensieri e le sue parole.
Elena non
riusciva a
parlare, ma annuì con quanta forza le permetteva il suo
copro, ovvero poca, le
lacrime gli punsero gli occhi, non avrebbe mai immaginato che sarebbe
stato
così difficoltoso dirglielo. Eppure nel momento stesso in
cui dalle sue labbra
erano uscite quelle parole era come se un grosso macigno le si fosse
tolto dal
cuore.
Aveva immaginato
uno, due, venti scene diverse di quel momento, ma nessuna era
paragonabile a
quello, mezza congelata avvolta in una coperta di lana marrone,
all’interno di
una grotta, tra le sue braccia, con i suoi occhi che la fissavano come
fosse la
cosa più preziosa del mondo. Non riusciva a immaginare
niente di più bello.
Aris non era
convinto al 100% della sua ipotesi, ma quando la vide, piccola e
spaurita
rannicchiata contro il suo corpo infagottata nella coperta, annuire
debolmente
con un luce negli occhi carica di gratitudine,
il suo cuore prese battere più forte di gioia.
Poco gli importava che
avendola così vicina lei lo sentisse, lui riusciva a sentire
il suo battito
debole ma sempre più rapido, e lei poteva udire il suo che
adesso batteva
sempre più forte, solo per lei.
I loro cuori
battevano all’unisono.
“sei
ancora così
fredda” le sfiorò la fronte con la guancia, il
calore provocato da quel
contatto le si irradiò in tutto il viso.
“ mi
hai salvata…di
nuovo.” Riuscì a dire dopo minuti di preparazione
delle sue corde vocali.
“non
smetterò mai di
farlo” sentì il suo respiro caldo sulla sua bocca,
guardò le sue labbra così
vicine alle proprie e poi i suoi occhi che continuavano a fissarla
intensamente. Si avvicinò ancora più lentamente
facendo sfiorare i loro nasi,
era come se stesse giocando, avrebbe potuto baciarla in qualunque
momento,
pochi millimetri separavano i loro visi. Elena non staccò
gli occhi da quelli
di lui, vi si rivedeva riflessa nelle sue pupille, appariva fragile e
spaurita,
sollevò lentamente una mano appoggiando il palmo contro il
suo torace nudo
all’altezza del cuore, lo sentiva battere forte e deciso,
batteva così forte
per causa sua, lei gli suscitava quelle emozioni, proprio come lui le
provocava
quei batticuori e rossori improvvisi sul viso, era talmente tanto
chiaro che
l’intensità di quei sentimenti la fecero sentire
smarrita. Anche il suo cuore
aveva ricominciato a battere talmente tanto forte da sembrare un
tamburo. Senza
interrompere il loro contatto visivo Aris fece scendere la mano
sinistra sopra
la sua che era rimasta ferma sul cuore, le accarezzò il
dorso gelido e poi lo
richiuse nella sua mano calda, quel tepore fu piacevole, “ti
è sempre
appartenuto”. Sentì i suoi muscoli sotto la mano
tendersi al massimo, il suo
cuore lui l’aveva donato a lei già da prima, era
questo quello che le aveva
detto.
“ti
amo” forse era
quello che aspettava di sentirsi dire, perché non appena la
bionda proferì
quelle due paroline decise che il tempo del gioco era finito e allora
si chinò su
di lei per posarle quel bacio tanto agognato.
Le sue labbra
erano
molto salate e fredde, quelle di Aris calde e dolci, un contrasto che
incendiò
quel bacio come se fosse stato gettato un fiammifero acceso in una
fabbrica di
polvere da sparo.
Il calore si
irradiò
in tutto il corpo come una medicina che le riattivava tutte le
articolazioni
nervose, portò le braccia attorno al suo collo stringendosi
di più a lui,
voleva sentire il suo calore, voleva sentire il suo cuore battere
contro il
suo. Aris le cinse la vita facendola aderire al suo corpo, la coperta
le
scivolò dalle braccia lasciandole scoperte sin sopra le
spalle dove le spalline
del suo reggiseno rosa fecero la loro comparsa.
“sono
lieto di
vedere che adesso state entrambi meglio” li interruppe una
voce familiare, poi
scosse il braccio sinistro e la mano sinistra di Aris scattò
come un burattino
verso il suo interlocutore.
Elena
guardò la
figura imbarazzandosi per quanto avesse appena visto, credeva fossero
rimasti
da soli ma a quanto pareva si sbagliava, si accucciò
nuovamente contro il
ragazzo, aveva ancora freddo e sino a prova contraria Aris era il luogo
più
caldo in cui stare e il più sicuro in cui potersi rifugiare.
La guardia era
emersa dalle loro spalle, aveva al polso una manetta sottile che
collegava
grazie ad un filo di alcuni metri il suo a quello di Aris, era sottile
e
argentea, quasi invisibile, aveva l’aria di essere fragile e
di poter essere
spezzata in qualunque momento ma quando il braccio fu tirato nuovamente
dalla
guardia, Elena si rese conto che era molto più robusta di
quello che sembrasse.
Aris gli
rilanciò
uno sguardo tagliente non spostandosi minimamente dalla sua posizione.
La bionda parve
ricordarsi in quel momento che loro avrebbero dovuto essere dentro una
prigione
ed invece osservando meglio si rese conto di essere
all’interno di una grotta
sotterranea fatta di cristalli rilucenti.
“il re
ormai a
quest’ora sarà stato informato della
situazione” guardò con ribrezzo la
ragazza avvolta tra le sue braccia.
“dobbiamo
far
ritorno ad Atlantica”. Disse deciso concludendo il suo
discorso.
Aris
guardò lui poi
Elena. “non posso riportarti là sotto.”
“non
possiamo
lasciarla qui, deve venire con noi.” Obbiettò
quello.
“ma
non vede cosa è
successo?” si girò a guardarlo trafiggendolo con
gli occhi azzurri. “lei è un
essere umano, non è fatta per restare così a
lungo sott’acqua!”
“forse
potrebbe
restare qui per stanotte… potremmo chiedere di posticipare
l’udienza a domani”
continuò Aris.
“e
pensi forse che darà
ascolto al consiglio di una semplice sentinella??”
“no,
infatti. Sarò
io a dirglielo. Tornerò a palazzo subito e
parlerò con il re.” si voltò verso
Elena. “tu resterai qui all’asciutto,”
Lei lo
guardò con
un’espressione preoccupata ed incerta, non voleva lasciarlo
andar via. Le sue
mani scesero e strinsero la sua come a volerlo fermare.
“fidati
di me” le
rispose quasi come se le avesse letto nel pensiero.
“Ho
paura
Aris...paura che non ci lasceranno rivedere”
sussurrò lei con lo sguardo fisso
nei suoi occhi azzurri come cielo liquido.
“Tornerò”
le disse
sostenendo il suo sguardo serio, aveva l’assoluta convinzione
di mantenere la
sua parola.
“te lo prometto”
Elena
allentò la
presa, sapeva che non poteva impedirgli di andare. “ti prego,
torna.” il suo
sguardo adesso era supplichevole, non avrebbe potuto andare avanti
senza di
lui. Era diventato il suo punto di riferimento, la calamita che la
teneva
attaccata a questa terra e il terrore che potessero portarglielo via,
la paura
di poterlo perdere era spaventosa.
Si fissarono
l’una
negli occhi dell’altro, si stavano scambiando delle promesse
taciturne. Si
abbassò su di lei e le sfiorò le labbra con le
sue in un tocco leggero.
“mantengo sempre le promesse”.
“Ma
Aris…perchè
dovrebbe darti ascolto?” chiese lei intontita dalla
situazione stringendosi
alla coperta che adesso le sembrava così fredda senza le
braccia di lui a
cingerla.
A malincuore
Elena
dovette lasciarlo andare, nonostante ostentasse tranquillità
per rassicurarla,
i suoi muscoli ed il suo corpo tradivano la medesima ansia che provava
lei.
“Perché
sono suo nipote…sono il principe ereditario.”
Lo guardò allontanarsi verso il centro dell'acqua, in un
attimo fu inghiottito
dall’acqua lasciandola da sola.
Un’ondata
di freddo
la travolse, ma stavolta non dipese dall’aria.
|
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Capitolo 17 *** La corte reale ***
Capitolo
17 La corte reale
“sono
il principe
ereditario.”
Erano
state quelle le ultime parole che le aveva rivolto Aris prima di
scomparire davanti ai suoi occhi rimmergendosi in quella gelida acqua.
I capelli bagnati le ricadevano a ciocche sparse dentro e fuori la
coperta, si
portò le ginocchia al petto nel tentativo di recuperare un
po’ di calore ma
senza il ragazzo sentiva il gelo entrarle nell’anima.
Principe.
Aris
era un principe.
Sicuramente
era molto bello e gentile, ma già era abbastanza strano
scoprire di essersi innamorata di un tritone, figuriamoci scoprire che
oltre ad
avere una coda era in più colui che avrebbe governato sul
regno di Atlantica!
Si
sentiva parecchio scombussolata da quella notizia così
inaspettata
anche se ovviamente i suoi sentimenti per lui non erano minimamente
cambiati…
I
subbi presero ad affollarle la mente, perché lui aveva
scelto proprio
lei? Poteva avere chiunque, era un principe ma aldilà di
quello era bello,
aggraziato, gentile, intelligente, spiritoso… neanche
impegnandosi riusciva a
trovargli qualche difetto, non che non li avesse solo non riusciva a
vederli o
meglio, li ignorava deliberatamente…
Starnutì
rabbrividendo, stava congelando dal freddo quelle temperature
non facevano per lei, si distese su un fianco socchiudendo gli occhi,
aveva
sonno e immaginò di trovarsi in quel momento al calduccio
nel suo letto.
“non
avresti dovuto fare andare via il tuo principino…”
Una voce rauca
spezzò il silenzio che da qualche minuto era sceso nella
grotta.
Elena si mise in allerta. “chi sei? Chi
c’è qui?!” credeva di essere da sola ed
invece evidentemente c’era qualcuno in quel posto desolato
dove si trovava adesso,
qualcuno che aveva visto e sentito tutta la sua conversazione con Aris.
“Sono
quasi più vecchia di queste grotte, figlia di
umana.”
Impercettibilmente vide una figura in lontananza, quasi si confondeva
con le
pareti rocciose tanto era grigia e smunta. Aveva i capelli bianchi e
corti, la
pelle violacea ma molto sbiadita, il volto scavato con le ossa
sporgenti.
“sono
stata rinchiusa qui, molto, molto
tempo fa…” la figura tentò di
alzarsi da un groviglio di tentacoli inermi,
Elena si avvicinò lentamente per scrutarla meglio.
“Non
abbastanza umana per morire, non abbastanza sirena per
vivere…” le
rispose alla sua muta domanda.
Quando
la bionda si avvicinò notò che la parte inferiore
era costituita
da tentacoli viola quasi rinsecchiti. La
donna, aveva le braccia sopra la testa, con i polsi stretti tra le
morse di
manette legate al muro.
“chi
sei tu?” chiese scrutandola con attenzione.
“Ursula.
Il mio nome è Ursula ed ero
la maga di corte.”
Doveva
essere una persona pericolosa per essere stata rinchiusa lì
ed
avere inflitta una punizione come quella, eterna prigionia,
né morte né vita
vera; eppure nei suoi occhi spenti la ragazza non vi trovò
alcun segno di
malvagità, era vecchia, magra e debole, con lo sguardo perso
nella
rassegnazione.
“perché
hai detto quelle cose prima? Sul non dover fare andare via
Aris?” chiese confusa.
“perché
Aris sta andando da Re Tritone. Lui è un re senza scrupoli,
cattivo e meschino.”
Elena
trattenne il fiato, era davvero una figura così pericolosa?
Forse
quella vecchia strega le stava raccontando solo menzogne, dopotutto era
una
criminale, quanto poteva valere la sua parola?
“Aris
è suo nipote, per quanto cattivo possa essere non gli
farà del
male.” Rispose lei convinta.
“…tu
credi bambina…” prese un fiato come se stesse per
dire qualcosa di
veramente difficile “ma come può un tritone che
non ha scrupoli ad uccidere la propria figlia,
risparmiare il
proprio nipote?”
Sul
suo sguardo si dipinse un’espressione di pura
incredulità.
“Si…Elena… è
stato lui ad uccidere Ariel.”
****
“dov’è
la ragazza?”
Aris
aveva appena varcato la soglia del palazzo quando sua zia, Adella le era venuta incontro
preoccupata, a quanto pare le voci ad Atlantica giravano molto
velocemente
quando c’erano degli umani di mezzo.
“non
è qui con me” le rispose vago. Non si fidava di
nessuno e anche se
era brutto dirlo men che meno della sua famiglia.
Sua zia Adella l’aveva praticamente cresciuto, era una delle
figure più
presenti nella sua vita ma anche una delle sirene più
impiccione che lui avesse
mai conosciuto, non si fermò a parlarle e
continuò quindi a nuotare diretto
alla sala del trono; questo però non fermò sua
zia.
“il
re è molto arrabbiato… non lo vedevo
così dai tempi in cui…” la sua
voce le si spense in un sussurro, sapevano entrambi che alludeva a sua
madre.
“beh,
non m’importa troppo quello che lui
prova. Portare un essere umano qui è stato un
rapimento bello e
buono!”
“Aris!”
lo rimproverò lei. “non dovresti parlare
così, lo sai bene! Sei
favorito dalla tua posizione ma non durerà per
sempre”
Lui
la scostò seccato lasciandola lì nel corridoio,
gli lanciò una
lunga occhiata e poi varcò da solo la soglia della sala del
trono.
Al centro, seduto sul trono regale vi era tritone che con lo sguardo
pensieroso
fissava il pavimento, non appena lo vide si alzò di scatto
come punto da un
anguilla elettrica.
“Tu!
Scellerato di un nipote!” l’aggredì
verbalmente indicandolo con il
dito proteso.
“salve
nonno, è un piacere rivedervi anche per me!” gli
rispose ironico
avvicinandosi cauto.
“come
hai potuto! Fare una cosa del genere alla tua famiglia… sai
cos’hai combinato? Adesso per causa tua la situazione si
è complicata
ulteriormente… quella ragazza umana”
sbuffò quello gesticolando vistosamente.
“non
potete, nonno, trattenerla ancora qui. Il mare non è il suo
elemento, stava morendo assiderata, le ho salvato la vita appena in
tempo!”
Un
sorriso beffardo gli trafisse il viso “sei identico a tua
madre.”
Sputò quelle parole come fossero veleno. “troppo
sensibili per lasciare che un umano
muoia.” Lo schernì.
“lei
non è un umana qualunque!” forse Aris era stato
troppo lontano da
tritone negli ultimi tempi, ma lo trovava cambiato, più
cinico e aggressivo,
più agguerrito contro gli abitanti della terra ferma.
“fu
quello che disse anche lei, tante belle parole sprecate sull’amore. Amore! Come
se esistesse qualcosa del genere. Esiste solo il
bisogno di riprodurre la specie, scegliendo compagni forti e
sani… l’amore non
è un fattore importante a questi fini.” Lo
guardò serio.
“non
crederai certo che m’importi qualcosa della ragazza che tu hai coinvolto in questa
situazione…”
“perché
allora l’avete fatta portare qui!?”
sbottò lui che di stare
calmo non ne sentiva ragione.
“ma
mi sembra chiaro, no? Non ci arrivi? Perdonerò ogni tua
frivolezza,
ogni tua visita sul mondo umano,
l’ordine sarà ristabilito e questa faccenda
sarà dimenticata.”
“se…?”
Ma ad Aris non importava granché dell’essere
perdonato o meno,
non si era mai sentito veramente parte di quella famiglia, suo padre e
sua
madre erano morti, quello era tutto ciò che contava, la sua
linea di parentela
per lui finiva lì. Tritone poi, sapeva essere subdolo e
contorto, molte volte
si era soffermato a pensare su come il re trattasse certe situazioni con tale freddezza e
macchinazione da farlo rabbrividire
al solo pensiero di condividere con lui una parte del suo sangue.
“se
l’ucciderai.” Esordì quello come se
avesse enunciato l’ovvio.
“che
cosa?” il
ragazzo era
sgomento, molte volte quando assisteva alle udienze con il re, alle
sedute in
tribunale, le decisioni da lui prese erano crudeli e immotivate, ma
adesso
aveva passato davvero un limite…com’era potuta
uscire una cosa del genere dalla
bocca del tritone che aveva davanti a sé? Pensare che
avrebbe acconsentito a
quella proposta era follia pura!
“hai
sentito benissimo, uccidila e tutto tornerà come
prima.” Prese una
pausa. “Ovviamente sarà un esecuzione pubblica,
dobbiamo far vedere al popolo
che il principe ereditario sa qual è il suo posto.”
Aris
era in preda allo shock, nella sua mente turbinavano una serie di
pensieri che lo portavano tutti nella stessa direzione, prendere
Elena e andare via di lì più in fretta
possibile. Il suo
sguardo si tinse di odio puro e rabbia. “Il mio posto, nonno,
è con lei.”
Parole dure, nette e precise arrivarono alle orecchie del re come
fruste.
“come
hai detto…?”
“ho
detto NO. Non lo farò, né per compiacere il tuo popolo, né per compiacere
te.”
Inizialmente
il suo volto sbiancò sentendo pronunciare dal nipote
quelle parole, una grossa risata piuttosto inopportuna prese il posto
dell’espressione sgomenta di poco prima.
“tu…
tu credi davvero nell’amore?
Credi che questa umana farebbe lo stesso per te? rinuncerebbe a tutto?
Alla sua
stessa vita?” come una macchina ritornò
di colpo serio. “Perché è questo
che stai facendo Aris, stai voltando le spalle al tuo futuro, alla tua
gente, alla
tua stessa vita.”
“no,
io mi sto opponendo all’assassinio di un’innocente.
Della persona
che amo.”
“assassinio…
che termine brutto per una cosa coì banale.”
“la
vita non è banale, così come la tua non
è più preziosa di quella di
un essere umano.”
Tritone
tornò a sedersi sul trono calmo come se avesse la situazione
in
pugno. “ti metterò alla prova Aris… o
meglio… metterò alla prova la ragazza
umana che dici di amare.”
****
Elena non sapeva quasi nulla del passato della madre di Aris, della
sirena per
cui suo padre aveva lasciato sua
madre.
Da lui aveva colto qualche informazione su un incidente avuto qualche
tempo
dopo la sua nascita, era stato allevato dalle sue zie e da Eric sino a
che
anche quest’ultimo l’aveva lasciato da solo, solo
in un mondo troppo spietato.
“Ariel ha avuto un
incidente…” disse senza troppa convinzione lei.
“Incidente?
È questo quello che hanno raccontato a quel povero
ragazzo?” sospirò. “non si è
trattato di un incidente, io so bene come sono
avvenute le cose, visto che ho preparato io stessa il veleno che
l’ha uccisa.”
Non c’era odio o altri sentimenti nelle sue parole, era come
se stesse
esponendo semplicemente i fatti, come se stesse raccontando un fatto di
cronaca
in maniera impersonale.
“ma
io non sono tenuta a raccontarti nulla, piccola umana…
quindi
questi non sono affari tuoi” la liquidò con uno
sguardo altezzoso.
Com’era
possibile che prima le parlava in maniera molto confidenziale e
poi d’un tratto voleva tenere per sé tutte le
informazioni a quanto pareva top-secret sulla
madre di Aris? Doveva
scoprire di più… lo doveva ad Aris, per tutte le
volte che l’aveva salvata, gli
doveva almeno quel poco che poteva recuperare con le sue sole forze.
Si
sedette di fronte, sempre in biancheria intima, con i vestiti
raccolti in un mucchietto che giacevano in un angolo dove erano stati
lanciati
con foga, strinse forte a sé la coperta di lana,
probabilmente era stata presa
in qualche anfratto lì vicino, la teneva calda ma non
così calda come prima.
“beh,
se hai preparato tu il veleno per la principessa non puoi che
meritarti questa punizione… dopotutto hai ucciso una
persona…” fece scivolare
fuori quelle parole come se non gliene importasse niente, come se
fossero
secondarie al suo riscaldarsi rannicchiata all’interno di
quell’involucro.
Le
parole ebbero l’effetto sperato facendo scattare
immediatamente la
risposta della strega. “io non volevo avvelenare quella
piccina! Mi ha
incastrata tritone! Ha addossato tutta la colpa a me quando lui stesso
mi aveva
commissionato il veleno.”
Elena
la guardò in modo eloquente.
“sei
scaltra, Elena… molto scaltra.” Asserì
quella capendo ormai il suo
gioco.
“beh
tanto vale che ormai tu mi dica quello che devi…”
l’esortò.
“perché
dovrei?! La mia situazione non cambierà comunque! Sono
condannata a stare qui dimenticata dal resto del mondo.”
Sputò velenose quelle
parole con una punta di nostalgia.
“semplicemente
… come avrai notato sono molto vicina al
principe,” si
faceva ribrezzo lei stessa per il discorso che stava per fare, non era
da lei
scendere a patti e usare la diplomazia, ma lo faceva per Aris e
ricordandosi
questo trovò la forza di andare avanti. “e una
voce amica che parli in tua
difesa è sempre meglio di nessuna voce.”
La
strega parve rifletterci un momento sù, probabilmente stava
pensando
che non aveva nulla da perdere vista la sua attuale condizione.
Puntò i suoi
occhi vitrei contro quelli della giovane.
“Bene.
Allora ti dirò quello che so. Bada bene che è una
storia lunga…”
“ho
tanto tempo a disposizione.” Le sorrise di rimando tendendo
le
orecchie al massimo per non perdere nemmeno una parola della storia che
stava
per raccontarle Ursula.
“ecco
come tutto iniziò.”
|
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Capitolo 18 *** La versione della strega ***
Capitolo
18 La Versione della strega
“di
che prova stai parlando?”
Aris era di fronte al re, i suoi muscoli del torace erano tesi al
massimo pronti a guizzare al minimo segno di pericolo.
“vedi,
nipote mio… tu sei sangue del mio sangue, figlio della mia
bambina prediletta Ariel, unico erede
maschio della famiglia reale e sai bene quanto sin da piccolo sei stato
istruito per prendere un giorno il trono come mio successore.
Non
permetterò che uno sfortunato
incontro con un umana cambi i progetti fatti sin dal giorno
della tua
nascita.
Tu
governerai Atlantica alla mia morte.
Così
è deciso e così sarà.”
Il
re giocherellò con uno dei tanti anelli che portava tra le
dita,
ognuno di quelli era il simbolo di una virtù che il sovrano
doveva possedere e
che venivano tramandati di generazione in generazione al regnante,
purezza
d’animo, Coraggio, Saggezza, Forza, erano solo alcune
caratteristiche forgiate
un tempo da antichi antenati su 7 anelli, ma di cui solo 4 erano giunti
sino a
loro, o almeno sette erano quelli indossati dal re.
“non
capisco” sussurrò il ragazzo.
“porta
qui l’umana, domani mattina sarà sottoposta alla
prova”
“ma”
fece per obiettare lui.
“Silenzio!”
gridò il re. “porta qui la ragazza umana, poi
rivelerò la
prova che dovrete superare. Se la passerete ne usciremo tutti
vincitori,
nessuna sconfitta, nessuna perdita.”
“promettete
di non ucciderla”
“non
torcerò un solo capello alla giovane, nipote mio, questa
è una
promessa.”
“bene.”
Si girò e tornò da dove era venuto. “ci
vediamo domani mattina
nonno.” Lo guardò ancora arrabbiato.
“a
domani Aris” ricambiò il suo sguardo con un cenno
della testa ed un
sorriso beffardo. Dopo anni, era giunta l’ora di aggiungere
un altro anello
alla collezione reale e quella ragazza sembrava mandata apposta per
adempiere a
quella missione…
****
Elena si era seduta di fianco alla strega, le faceva molta pena ridotta
in
quello stato e non appena avesse rivisto Aris ne avrebbe subito parlato
affinché facesse qualcosa per affievolire la sua agonia,
“c’è
niente che posso fare…?” le sussurrò
con delicatezza come se
stesse parlando con una vecchietta.
La
strega le rivolse uno sguardo pietoso. “un po’
d’acqua prima di
iniziare ne vorrei bere un sorso, la mia storia è molto
lunga…”
“ed
io ho molto tempo” le rispose sorridendole “vado a
prenderle
dell’acqua”
La
bionda si alzò e riluttante si avvicinò
all’acqua fredda, s’abbasso
per prendere un po’ d’acqua tra le mani unite a
coppa quando per poco non vi cadde
dentro dallo spavento.
“Aris!
Mi hai spaventata a morte” Il tritone era spuntato
all’improvviso dall’acqua e la fece cadere indietro
presa alla sprovvista. Il
tempo di recuperare la coperta marrone che se ne era andata un
po’ per i fatti
propri e il suo sguardo verde ripiombò negli occhi azzurri
di lui, il cuore le
prese a battere più velocemente, glielo si leggeva in
faccia, c’era qualcosa che non
andava.
“ehi,
va tutto bene…?”
“in
verità no”
Elena
di certo non si aspettava una risposta così schietta
così
all’improvviso, il ragazzo si tirò a sedere vicino
a lei “devo parlarti…”
iniziò in tono serio.
“beh,
in realtà anche io ho qualcosa da
dirti…”
“il
re ti vuole vedere domani per sottoporti ad una prova”
“c’è una
persona che può avere notizie di tua madre.”
Parlarono contemporaneamente e gli
ci volle un secondo per metabolizzare le parole dell’altro.
“che
cosa?!” parlarono nuovamente in coro. Se non avessero avuto
entrambi quelle espressioni preoccupate avrebbero sicuramente riso.
“parla
prima tu” l’esortò lei dando un ordine a
quella discussione.
Aris
prese un respirò e le raccontò
dell’incontro avuto con il re,
tralasciando molto accuratamente i dettagli riguardanti la precedente
proposta
che il re che prevedeva il suo assassinio.
“cosa
pensi che vorrà il re da me?” Era preoccupata, un
incontro
nuovamente sott’acqua con un monarca che non aveva buona fama
di pacifista non
era esattamente una delle prime cose che una ragazza di 17 anni
desiderasse di
fare…
“Elena”
Aris le prese le mani e avvicinò il suo viso al suo.
Capì che
doveva aver ancor più paura di quell’incontro se
leggeva negli occhi del
ragazzo così tanta preoccupazione.
“non
ti lascerò sola un istante, non permetterò ti
facciano del male.”
Le accarezzò i capelli in un gesto che voleva apparire
rassicurante ma che
tradiva anche qualcos’altro.
Lo
guardò con gli occhioni spalancati, aveva paura e non poteva
fare
altro…
“stanotte
resti qui con me?” chiese esitante, non voleva restare sola,
non voleva che lui fosse lontano.
Il
sorriso che lui le lanciò la rassicurò
più di mille parole eppure
lui l’aggiunse ugualmente. “certo”
Un
colpo di tosse rauca ruppe l’atmosfera che si era creata
riportandole alla mente ciò che stava facendo prima del suo
arrivo; da quando
Aris era ricomparso nella grotta tutto il resto era diventato
secondario ma
adesso c’era una faccenda che non poteva più
essere rimandata.
“Adesso
tocca a me dirti qualcosa, sempre
se tu sei d’accordo…”gridò
quell’ultima frase in modo tale che Ursula
sentisse.
“Bambina
mia, venite pure qua entrambi, è giusto che lui
sappia.”
“che
io sappia cosa?” la guardò interrogativo lui.
“chi ha parlato?” le
sussurrò cercando di non farsi sentire.
Elena
lo guardò fisso negli occhi. “fidati di
me” e dicendo ciò gli
prese la mano e gli indicò dietro la parete la strega del
mare.
I
suoi occhi azzurri incontrarono quelli chiari slavati della strega, si
guardarono intensamente per qualche minuto, poi ella proferì
una frase che lo mandò
in confusione.
“sei
identico a tua madre.”
****
Attorno alla figura bistrattata di quella che una volta era una delle
persone
più importanti di Atlantica giacevano lì di
fianco i due ragazzi, Elena seduta
a gambe incrociate e Aris, il giovane tritone curioso di saperne di
più.
“conoscevate
mia madre?” ruppe lui il silenzio facendo sì che
le sue
parole rimbombassero più volte fra l’eco delle
pareti.
La
strega fece un maldestro tentativo di schiarirsi la gola, ma
l’acqua
che le aveva dato Elena non era una medicina guaritrice e tutte i
lunghi anni
di sofferenze erano percepibili dalla sua voce aspra e dura.
“Come
stavo dicendo poco prima che arrivassi alla tua curiosa fidanzata
umana, è una storia molto lunga”
I
ragazzi si scambiarono un’occhiata veloce, Elena si
domandò se anche
Aris stesse pensando alla stessa cosa sua… la strega
l’aveva chiamata fidanzata
ma di ufficiale tra loro due non vi era ancora niente.
Certo, sino a qualche ora prima credevano ancora di essere fratelli e
non vi
era stato un solo momento di pace, ma prima o poi l’argomento
sarebbe uscito a
largo e…
“suvvia,
parlerete dopo dei vostri problemi di coppia, volete o no
sentire la mia storia?”
Rossi
come due pomodori annuirono in silenzio.
La
strega iniziò a parlare.
“Dopo
la tragica morte della regina Atena tritone decise di prendere a
corte un aiuto per educare e gestire le sue irrequiete figliole, Marina
era una
tata non troppo gentile e fece poi la fine che si meritava…
ma questa comunque
non è la sua storia, bensì la storia di come
conobbi tua madre e l’allevai come
fosse figlia mia.”
Aris
l’ascoltava con attenzione.
“Il
mio nome è stato dimenticato da tempo, una volta
però ero
conosciuta da tutti come Ursula la maga di corte, mi occupavo di
pozioni e
magia bianca, non ho mai infranto la legge né il codice
delle sirene ma forse
iniziai a sconfinare dal ruolo che mi era stato assegnato quando
iniziai a
prendermi cura della piccola bambina dai capelli rossi trascurata da
tutti, la
figlia minore del re: Ariel.
Il re non era mai stato nient’altro che un monarca,
né un marito né un padre e
le sue sei figlie erano state abbandonate a loro stesse crescendo
supportandosi
l’una con l’altra; tutte e sei avevano un rapporto
molto unito ma lei, la
settima, la piccola di casa era stata totalmente esclusa da tutti.
Ariel
aveva sempre avuto un carattere estroverso ma le sue bizzarrie
non erano condivise dal resto della famiglia reale così
iniziarono ad isolarla,
non aveva nessuno su cui contare…tranne me.
Diventammo
poco a poco amiche, la piccola mi veniva a trovare spesso
nell’ala del castello riservata a me, mi confidava i suoi
segreti e le sue
paure ed io poco alla volta inizia ad affezionarmi a quella testolina
rossa che
sbucava tra le ampolle sul tavolo e ficcava il suo nasino curioso tra i
miei
libri e assunsi per lei quel ruolo materno che le mancava prendendomene
cura
come fosse figlia mia.
Adorava
cantare, aveva una splendida voce, a parer mio la più bella
tra
le sue sorelle e questo attirò su di sè ulteriore
invidia. Piano piano la vidi
crescere e a mia volta provai a educarla all’amore e ai buoni
sentimenti, tutti
valori che il re rinnegava.
Poi
un giorno venne da me con gli occhi che le brillavano di gioia, non
l’avevo mai vista così entusiasta di qualcosa. Mi
raccontò che non lontano
dalla spiaggia in cui era solita andare a passare le sue mattinate,
aveva visto
un giovane dai capelli neri come la notte e gli occhi azzurri come il
cielo che
stava dipingendo sulla riva della spiaggia, non aveva visto mai niente
di così
bello e rimase per tutto il tempo nascosta dietro uno scoglio ad
osservarlo, ne
era allo stesso tempo attratta e intimorita, era il primo essere umano
che
avesse mai visto, non poteva credere che dietro quella bellezza ci
potesse
essere una creatura rozza e sanguinaria così come le era
stato insegnato.
Potete
immaginare cosa sia successo dato che qui con me ci sei tu,
Aris.”
Alla
strega sfuggì un sorriso ripensando alla sua bambina che le
raccontava la storia del suo primo incontro con Eric.
“Si
innamorarono e nonostante le loro diversità il loro amore
era
quanto di più bello avessi mai visto, Ariel veniva sempre da
me per raccontarmi
tutto, ero la sua confidente e non tradii mai i suoi segreti.
Un
giorno però venne
da me terrorizzata, aveva scoperto di essere incinta.”
Ci fu un attimo
di silenzio,
“lei…lei
non mi voleva…?” Quelle parole uscirono a fatica
dalla sua
bocca, non c’era nulla di più brutto che non
essere voluto dai propri genitori,
essere frutto di un incidente.
“Non
è come pensi tu” iniziò subito quella
“era spaventata per quello
che tritone le avrebbe potuto fare se mai avesse scoperto che si era
innamorata
di un umano.”
Timidamente
Elena si fece avanti “ma come…? Cioè
come è possibile che
una sirena resti incinta?”
Seppur la sua
domanda le risultò ridicola alle sue stesse orecchie
Ursula non battè ciglio.
“Dimentico
sempre che tu sei un umana, ma sai, è così strano
vederti
qui e partecipare ai nostri discorsi con così tanto
interesse…
Vedi, le sirene quando escono completamente dall’acqua
assumono forma umana… le
tue conclusioni le potrai trarre da sola, quando arriva poi il momento
in cui
devono partorire si recano in grotte come questa, asciutte ma comunque
sotto il
livello del mare per dare alla luce come umane i loro figli e poi
immetterli
subito nell’acqua e fargli assumere la forma di sirena o
tritone.”
“però…”
si rivolse verso Aris che in quel momento era seduto
all’asciutto completamente fuori dall’acqua con la
sua coda verde lucente che
brillava imperlata da minuscole gocce d’acqua salata
“tu non puoi subire questa
trasformazione…perché?”
“i
tritoni possono, ma solo in primavera durante la stagione
dell’accoppiamento, le coppie si recano nelle grotte umane
e… si insomma fanno
quello che devono.”
“quindi
potrebbero anche “mettere incinte” delle
umane?”
“Certamente,
ma per loro è proibito avere relazioni con le umane. Se mai
infatti un tritone mettesse incinta un umana il piccolo che nascerebbe
sarebbe
quasi certamente umano e al fine di perpetuare la nostra specie non
è poi così
utile.
Un
tempo, molti e molti secoli fa, le sirene una volta gravide
divoravano i loro compagni… come avrai intuito non sono
proprio delle tenere
creature bensì si nutrono di carne umana. Ciò
portò ad una grave penuria di
tritoni, la razza delle sirene per evitare l’estinzione
iniziò a mischiare il
proprio sangue con gli uomini umani dando vita a creature mezzo sangue.
Creature come te Aris.”
Elena
guardò Aris quasi istintivamente. Aveva nel cuore un macigno
pesante.
“poco alla volta i tritoni fecero
la loro ricomparsa e così tritone per ripulire la razza
emanò un editto
cancellando quella barbara usanza, seppur pochi le prime coppie si
formarono e
il sangue delle sirene ricominciò a purificarsi.
Ariel
non aveva intenzione di sposare un tritone scelto da suo padre,
lei amava moltissimo tuo padre, ancor prima di scoprire di aspettare un
figlio
aveva già elaborato un piano per fuggire via”
“che
piano?”
“Adattammo
il suo piano alla sua nuova condizione, una volta partorita
la bambina, era convinta che avrebbe avuto una femmina, mi aveva
chiesto di
prepararle una pozione che rendesse lei e la piccola permanentemente
umane,
voleva andare a vivere sulla terra per abbandonare per sempre quel
mondo che le
aveva dato solo dolore, Eric era l’unica persona che
l’amasse davvero, che si
sarebbe presa cura di lei e della loro figlioletta. Aveva insistito
tanto affinché
anche io andassi sulla terra con lei, avrei fatto da nonna al bambino
ed io mi
ero quasi persuasa ad abbandonare tutto per la sua
felicità.”
“cosa
accadde? Qualcosa dev’essere andato storto per
forza.” Esclamò la
ragazza.
“quando tritone scoprì che Ariel
era incinta andò su tutte le furie, più che altro
perché non aveva scelto lui
il suo compagno e quindi sarebbe nato uno sporco mezzosangue nella
famiglia
reale.”
La
bionda vedè Aris stringere i pugni silenziosamente, doveva
essere difficile
per lui sentire tutte queste cose in una volta sola.
“… ma, era pur sempre tritone e
delle sue figlie non gliene importava nulla, erano tutte femmine e non
cantavano per lui, non aveva avuto l’erede maschio e sperava
che una delle sue
altre sei figlie avrebbe avuto un maschio purosangue…
Ma
quando Ariel ti diede alla luce, dal primo momento che ti vide
capì
che le cose non sarebbero andate come previsto, eri un maschio, il
primo erede
maschio in linea di discendenza al trono, tu eri destinato a regnare e
tritone
non le avrebbe mai permesso di portarti via.
Accantonò
l’idea di andare a vivere sulla terra solo per fare calmare
le acque, costrinse tritone a permetterle di andare più
spesso sulla terra per
farti vedere da Eric, era tuo padre dopotutto e ne aveva tutto il
diritto.
Qualche tempo dopo, quando compisti due anni, Ariel mi chiese di
preparare il
tutto per la sua trasformazione e la tua, le sirene nonostante possano
assumere
la forma umana non possono stare molto tempo lontane
dall’acqua, morirebbero;
come invece dicevo poco fa per Aris era impossibile diventare umano da
piccolo,
la sua trasformazione sarebbe avvenuta non appena compiuti i diciotto
anni così
da poter diventare adulto.
Iniziai
a preparare un filtro molto complesso che vi avrebbe resi
entrambi permanentemente umani, ma a palazzo le voci corrono un
po’ troppo e
qualche voce arrivò all’orecchio di tritone il
quale ovviamente mi chiese
personalmente spiegazioni.
Mentii
ed inventai scuse, ma ormai il dubbio si era instillato nella
mente del re, aveva già programmato tutta la tua vita,
avresti sposato una
sirena ed ereditato il trono, Ariel non poteva portarti via da lui,
avrebbe
fatto di tutto per impedirglielo… proprio di tutto.”
“stai
dicendo che lui è in qualche modo responsabile della morte
di mia
madre?” chiese scioccato.
“no,
sto dicendo che è stato lui ad ucciderla.”
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Capitolo 19 *** La proposta ***
Capitolo
La proposta
“è
stato lui ad ucciderla.”
Quelle
parole riecheggiarono tra le pareti silenziose della grotta, ci
fu un momento di silenzio o forse più di un momento.
Quella
notizia lo aveva sconvolto.
Elena
gli posò una mano sulla spalla, “Aris va tutto
bene?”
“continua”
disse lui in tono duro e aspro. “voglio sapere.”
“non
è stato così difficile sai…
L’avvelenò durante una cena versando
una gran quantità di una pozione che io avevo preparato per
lui nel suo calice;
la colpa fu riversata su di me ovviamente, ero stata accusata di averle
dato un
potente antidepressivo per aiutarla dopo il periodo del parto e tutte
le sue
sorelle confermarono la versione del re”
Si
avvicinò e lo fissò dritto negli occhi. “ma quello non era antidepressivo,
no… era una pozione di tritone,
sapevo riconoscere gli intrugli che creavo. Fui accusata di omicidio,
di aver
avvelenato la principessa con una dose letale di
antidepressivo.”
“ma
tu sapevi che tritone era il colpevole!” esclamò
Aris infervorato
“Si
certo, lo sapevo, ma non avevo prove a sufficienza, e poi se
l’avessi accusato sarei stata condannata alla forca, invece
così solo
all’esilio… sono ancora viva e cosa ancora
più importante ho avuto la
possibilità di raccontarti la mia versione, la vera versione
della tragica
morte di tua mamma.” Concluse
lei appoggiandosi nuovamente contro la fredda roccia.
“tu
eri speciale sin da piccolo e tua madre non avrebbe permesso di farti
rovinare la vita così come tritone aveva fatto con la
sua.”
La
strega finì di parlare ed il silenzio ricadde nella grotta.
Elena
cercò la mano del ragazzo e gliela strinse, non poteva
nemmeno immaginare come
lui si sentisse in quel momento, aveva scoperto che ciò in
cui aveva sempre
creduto era una bugia, una farsa organizzata dal re.
“sono
contenta di averti potuto rivedere Aris, speravo tanto un giorno
di avere quest’opportunità.”
Lo guardò lei con gli occhi che luccicavano di commozione
“Ariel
sarebbe fiera nel vedere il tritone che sei diventato, tu non
sei come tuo nonno, puoi anche avere il suo stesso sangue scorrere
nelle vene
ma hai il cuore di tua madre.”
Le
parole della strega furono le ultime quella notte, dopo aver terminato
il suo racconto Aris si era chiuso in se stesso a riflettere sul da
farsi, si
era appoggiato accanto ad Elena sulla roccia fredda e immergendosi nei
suoi
pensieri non si era nemmeno accorto che a parte lui tutti erano
sprofondati
nella quiete del sonno.
Lui
però non riusciva a dormire, sapeva di dover riposare in
previsione
della giornata seguente ma non si dava pace per la storia che gli era
stata
appena raccontata, dopo la morte di suo padre le sue zie e suo nonno
erano
tutto ciò a cui si era aggrappato, la sua unica famiglia.
Scoprire che tutto
quello che gli era stato insegnato fosse frutto di una manipolazione
era
terribile, tutto avvenuto per una stupida corona, sì
perché nonostante sin da
piccolo gli avessero inculcato l’amore per il potere della
quale un giorno non
lontano sarebbe entrato in possesso, lui aveva sempre sentito nel suo
cuore che
quello non era il suo destino. Se non era più chi credeva di
essere allora
quale era dunque la sua strada? Sempre più tormentato alla
fine fu vinto dal
sonno, al suo risveglio trovò gli occhi nocciola della
ragazza seduta al suo
fianco che lo scrutavano preoccupati.
“stai
bene?”
Si
scrollò di dosso gli ultimi torpori del sonno, non era
abituato a
dormire fuori dall’acqua e quella sensazione non gli piaceva
affatto.
“ho
solo bisogno di una nuotatina” si sgranchì la
schiena, la sua pelle
era arida e notò che la sua coda aveva perso la sua solita
brillantezza in
favore di piccole crepette che non appena venivano sfiorate dolevano da
morire.
“non
hai un bell’aspetto” la bionda
l’aiutò ad avvicinarsi alla
“pozza”.
“certo
che non ha un bell’aspetto! Sei stato un incosciente Aris!
Dormire una notte intera fuori dall’acqua… ma cosa
ti dice il cervello?” lo
sgridò la strega ben conscia dei pericoli che una notte
all’aria aperta poteva
avere sulle creature del mare.
Non
appena rientrò nell’acqua fu come se fosse
attraversato da una
scarica di adrenalina, s’immerse e scomparve alla loro vista
per una decina di
minuti.
“Stà
traquilla,” fu come se la strega le avesse letto nella mente,
“era
solo un po’ disidratato, piuttosto”
continuò “preferirei che non andaste ma non
posso certo fermarvi. Stai molto attenta, non fidarti per nessuna
ragione di
tritone, potrà sembrarti gentile, amichevole, perfino buono
ma ricordati chi è
veramente e che non ha mai nessuno scrupolo. Raggiungerà i
suoi scopi con o
senza te perciò” Aris riemerse
dall’acqua all’improvviso e la strega fu
costretta ad interrompersi, a quanto pareva si fidava molto di lei.
“Dobbiamo
andare” Aris lo disse contro la sua volontà ma
sapeva che non vi erano altre
vie di fuga, le tese la mano per aiutarla ad entrare in acqua. Elena
annuì anche
se portava nel cuore gli stessi timori che vedeva riflessi negli occhi
di lui.
“stai
sempre in
guardia.” Sillabò la strega mentre le rivolgeva
uno sguardo di saluto, poi
tutto divenne nuovamente freddo e le sue membra furono circondate dal
gelido
morso dell’acqua.
****
Non
avevano molto
tempo Aris ne era consapevole, Elena non poteva sopportare per molto la
pressione e il freddo del mare perciò nuotò il
più velocemente che poteva
tenendola stretta fra le braccia.
Quasi avesse
letto i pensieri nella sua testa Aris le
sussurrò di stare tranquilla ma seppur fossero state
sussurrate con tono dolce
quelle parole non servirono a calmarla. Come sarebbe andato
l’incontro con il
re? Avrebbe fatto una buona impressione o avrebbe tentato di ucciderla
non
appena avesse messo piede a palazzo??
Le sue
congetture dovettero terminare d’improvviso
quando le porte principali del castello si spalancarono sotto il suo
sguardo
inebetito.
“siamo
arrivati.”
****
Non
c’erano parole per descrivere la magnificenza del
palazzo, non appena entrati Aris la portò al suo fianco
tenendole solamente la
mano, se avesse dovuto incontrare il re di certo non avrebbe dovuto
avere
quell’aria spaurita, cercò quindi di darsi un
contegno, voleva apparire forte e
determinata; voleva che il re la prendesse sul serio.
“Andrà
tutto bene” furono le parole proferite da Aris
poco prima di sentirlo bussare alla grande porta decorata con
bassorilievi
mitologici che li separava dalla sala del trono.
“Avanti”
tuonò la voce del re. Ed Elena capì che
nonostante tutti i suoi sforzi era impossibile non avere paura di una
figura
del genere.
****
Seduto in cima
al trono decorato con altorilievi e
pietre preziose Re Tritone era adornato da un’aura regale.
Era grande e
possente, forse alto due metri ma con la lunga coda era impossibile
stabilirlo
con certezza, le spalle grandi erano quasi ricoperte da una folta
capigliatura
bianca che faceva risaltare la corona d’oro massiccio posata
sulla sua testa.
Sotto un’altrettanta folta barba era possibile scorgere dei
lineamenti duri
scavati nelle ossa del cranio che ne abbrutivano
l’espressione, per un attimo i
suoi occhi di freddo ghiaccio e quelli nocciola di Elena
s’incrociarono. Ella
ne vide un abisso senza fondo, collera rabbia e furia, ed erano tutti
sentimenti provocati dalla sua presenza, poi con una forte
autodisciplina tutto
quel rancore s’affievolì tentando di addolcire la
sua espressione. Ormai però
era tardi, El aveva visto tutto e non aveva bisogno di ulteriori
raccomandazioni per rendersi conto che il tritone che aveva davanti era
probabilmente la più pericolosa figura nella quale si
sarebbe mai trovata
dinnanzi.
“Ebbene,
tu sei la graziosa
umana che avrebbe stregato il cuore del mio diletto Nipote.”
La sua voce
profonda risultò melliflua e chiaramente falsa.
“Sono
Elena Greene Vostra altezza” si trovò un momento
a disagio lei, a scuola non insegnavano mica come parlare con dei
sovrani!
“Spendente e
solare*
sprizzi insana aria terrestre da
ogni tua fibra!” la schernì.
Aris si fece
avanti per difenderla ma lei lo fermò con
un braccio facendogli segno di stare calmo.
Il re nemmeno se
ne accorse ed iniziò a tamburellare
sul trono, non sembrava affatto nervoso se non fosse per quel gesto che
tradiva
una certa impazienza.
“ieri
pomeriggio ho proposto al mio caro nipote una
soluzione che avrebbe risolto tutti i problemi,”
La bionda vide i
muscoli del ragazzo irrigidirsi, la
mascella serrarsi, lui non le aveva detto nulla di quella proposta.
Re tritone
guardò subdolamente Aris come a volergli
dire “lo dico io o lo dici tu?” ma non
parlò effettivamente dei termini
della proposta.
“Lui
ha rifiutato come avrai ben capito e adesso mi
ritrovo a farti questa proposta di persona, se sarai davvero innamorata
di lui
così come Aris crede, farai la cosa migliore.”
“in
cosa consiste la proposta?” chiese scetticamente
lei
“io
non posso separarmi da mio nipote e strappare un
principe al suo regno sarebbe un gesto sin troppo ignobile persino per
un
umano…Atlantica ha bisogno di Aris così come un
re ha bisogno di un successore.
Ma lui non ha intenzione di restare qui se non ci sarai anche tu con
lui.”
Prese un pausa
premeditamene studiata.
“si
Elena, hai capito bene. Ti sto chiedendo di
diventare un creatura degli abissi come noi.”
****
Abisso, Elena non conosceva davvero il significato di quella parola ma
adesso
le veniva imposto più che offerto il privilegio di farne
parte; se avesse
rifiutato il re avrebbe trovato ugualmente il modo di fare rimanere
Aris in
fondo al Mare, le parole della strega riecheggiavano nelle sue orecchie
“con
o senza te”.
“va
bene, lo farò” passarono pochi secondi e la sua
risposta apparve quasi immediata, il re fu quasi
sorpreso. Probabilmente non la riteneva all’altezza della
situazione e cosa
peggiore, l’aveva sottovalutata.
Diventare una
creatura del mare avrebbe comportato
grandi sacrifici, grandi rinunce ma era anche l’unico modo
per provare al re
che il loro amore era un sentimento reale, che era puro e che poteva
spingere a
farti fare qualunque cosa per l’altro.
Il re sorrise
beffardamente, sapeva che la ragazza non
sarebbe mai sopravvissuta al rito di passaggio e non sarebbe mai
diventata una
sirena, aveva ottenuto lo stesso ciò che voleva ovvero la
sua morte, certo lei l’avrebbe
resa più lenta e
travagliata con quell’ultimo suo atto di coraggio volendo
dimostrare a tutti i
costi di credere nell’amore ma il suo cuore sarebbe stato
ancora più pregiato e
il gioiello che avrebbero forgiato ancora più
potente…
Aris la
guardò, era spaventato dall’idea di cosa lei
avrebbe dovuto affrontare. Ancora una volta quell’uomo gli
stava rovinando la
vita.
“non
hai esitato un momento neppure tu… direi che
sembrate piuttosto convincenti”
Ancora una volta
Aris si fece avanti per parlare ma
Elena lo fermò, sapeva che qualunque cosa avrebbe detto lo
avrebbe fatto per
proteggerla ma adesso era lei che voleva fare qualcosa per lui, gli
doveva la
sua vita e quella di sua madre, quello sembrava un sacrificio
sopportabile.
“di
cosa state parlando?” chiese confusa.
“Oh
Aris,” si finse stupito “non gliel’hai
raccontato?”
Il suo sguardo
si fece di fuoco mentre vide il tritone
comodamente seduto sul trono esporre con calma quello che lui aveva
opportunamente deciso di omettere dal suo racconto a Elena.
“sai,
i nostri problemi sarebbero finiti subito se
avesse accettato; non gli chiedevo poi un gesto così estremo
come quello che ho
proposto a te, posso asserire quindi che tu sia stata molto
più coraggiosa del
tuo innamorato. Tutto
sarebbe tornato esattamente come prima se lui ti avesse uccisa,
con un esecuzione pubblica davanti all’intero regno. Ma
a quanto pare
preferite le vie più difficili…”
La sua presa
dalla mano di Aris si fece più debole,
per quanto si sforzasse di non darlo a vedere era rimasta seriamente
scioccata
quando quelle parole erano uscite dalla sua bocca barbuta. Quel
pomeriggio
mentre lei era rimasta avvolta nella coperta di lana a rimuginare sul
loro
bacio ad Aris era stato proposto di ucciderla. Dal momento in cui era
entrata
nella sua vita aveva corso quel pericolo sempre,
non aveva mai realizzato quanto fosse pericoloso il suo
mondo, quanto
potenzialmente pericoloso fosse lui.
Aris non aveva
esitato, aveva detto No, così come lei
aveva detto Si al re.
“Elena
io” Aris avrebbe voluto spiegarle tutto ma
quello non era il momento giusto, gli era venuto in mente un piano e
seppur
avesse qualche lacuna da definire doveva almeno riuscire ad ottenere
quella
piccola concessione dal re.
“Il
processo per diventare una sirena è una pratica
molto antica e quasi del tutto sconosciuta, come hai intenzione di fare
nonno?”
Il re parve un
momento sorpreso poi si riprese “conosco
una strega, una vecchia maga molto potente e pericolosa che potrebbe
conoscere
quest’antica magia”
“chi?”
insistette lui
“una
signora dal cuore nero, dai crimini troppo
cruenti perché sia io a rivelarteli,”
“allora
non possiamo assolutamente fidarci di lei!”
Aris lo disse convinto anche se già aveva un idea del nome
che il re avrebbe
pronunziato
“Oh,
Fidati di me… dopo tanti anni di prigionia Ursula
farebbe di tutto pur di uscire da quel buco dove l’abbiamo
rinchiusa.”
Elena
guardò Aris confusa, leggeva nei suoi occhi che
aveva in mente un piano, ma di cosa si trattasse le era ignoto.
“Abbiamo
dunque la tua parola, re Tritone?”
“Certamente”
Asserì lui. “Rimangono solo da definire
alcuni dettagli…” rispose vago.
*
Il significato del nome Elena è splendente
di solito associato allo splendore del sole
|
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Capitolo 20 *** Il prezzo della libertà ***
Capitolo
20 Il
prezzo della libertà
I
dettagli di cui re
tritone voleva discutere altro non consistevano nel sapere quando e in
che modo
la cerimonia del passaggio di
Elena
sarebbe avvenuta.
Dal
momento in cui Aris aveva sentito uscire quelle parole da Elena, parole che
accettavano
la proposta di suo nonno, nemmeno lui era riuscito a capire bene cosa le
passasse per la testa. Lei non aveva idea di quello a cui aveva
accettato di
sottoporsi, era una pazzia!
Avrebbe
voluto
guardarla dritto negli occhi, scuoterla dai suoi pensieri e farla
ragionare ma
ormai lei aveva dato la sua risposta e agli occhi di tritone non poteva
far
vedere il suo disappunto; prese un appunto mentale di tutto quello che
le
avrebbe detto quando sarebbero stati di nuovo soli, adesso doveva
attendere che
quel colloquio infernale giungesse al suo termine.
“direi
che siamo
giunti ad un accordo” esclamò il re con un ghigno
soddisfatto ben in mostra.
“visto Aris, ognuno otterrà esattamente
ciò che vuole, tu la tua bella ed
io il mio erede al trono.”
“Elena
allora è
libera di ritornare a casa”
“Assolutamente
NO!”
fu categorico quello.
A
questo punto Elena
si fece un po’ da parte lasciando parlare Aris.
“Ma
non può rimanere
troppo a lungo sott’acqua! È ancora
un’umana!”
“Beh,
tra non molto
non lo sarà più…; mi
metterò in contatto al più presto con la strega
del mare,
lei deve rimanere qui. Portala dove vuoi ma che non lasci per nessuna
ragione
le profondità marine.” Il suo tono non ammetteva
repliche.
“Bene,” Aris si
voltò prendendo per mano
Elena. “Attendiamo tue notizie nonno”
“Manderò
qualcuno a
chiamarvi quando tutto sarà pronto”.
Tritone
e Aris si
guardarono negli occhi, tritone aveva un’espressione
compiaciuta come di chi ha
appena vinto una battaglia feroce, Aris di chi aveva appena perso una
battaglia
ma sapeva bene che c’era ancora una guerra aperta da
combattere.
Non
appena le porte
si richiusero alle loro spalle quella terribile mattinata
finì.
“Aris” il tritone si era messo a
nuotare
talmente velocemente che la povera ragazza più che nuotare
era letteralmente
trascinata da lui.
“non
abbiamo tempo
Elena, dobbiamo arrivare alla strega del mare prima di lui!”
Fecero
la strada in
un turbinio di bolle.
“ma
cosa sta
succedendo?!” lei era sempre più confusa e il
silenzio del ragazzo di certo non
l’aiutava!
“basta,
mi rifiuto
di seguirti se non mi dici subito cosa sta succedendo!” si
divincolò dalla sua
stretta costringendolo a voltarsi verso di lei, le lasciò il
polso per metterle
entrambe le mani sopra le spalle poi la guardò seriamente.
“non gli permetterò
di farti questo”
“cosa?
Che vuoi
dire?”
“la
trasformazione!
Elena tu non ti sottoporrai a questo.”
“è
il minino! Tu mi
hai sempre protetta, sempre salvato la vita, persino quella di mia
madre… se
non fosse per te io non sarei nemmeno qui.” Il suo tono da
concitato divenne
più calmo. “tu hai passato un sacco di guai, e
continui a rischiare per me…
avresti potuto…” sussurrò davvero a
voce bassissima volgendo lo sguardo verso
il basso “uccidermi, e
risolvere
tutti i tuoi problemi”
Aris
tolse le mani
dalle sue spalle sgomento. “è questo che pensi?
Che tu sia solo un problema per
me??”
Le
non parlò ma si
limitò a sollevare lo sguardo.
“tu
non sei un
problema. E se anche lo fossi, vorrei che mi riempissi di problemi
tutti i
giorni solo per poterti stare accanto” le sollevò
il viso con due dita. “non
posso tollerare nemmeno l’idea che qualcuno ti faccia del
male.”
“è
una mia scelta”
sussurrò sentendo che la sua determinazione era sempre
più in calo da quando
Aris aveva preso a fissarla con i suoi grandi occhi azzurri
“no Elena, non
capisci, non potresti mai sopravvivere al processo, sono più
che sicuro che sia
un modo per ucciderti”
La
ragazza rimase
momentaneamente di sasso, a quell’eventualità non
aveva ancora pensato.
Lui
percepì di
averla messa davvero in allarme adesso. Le accarezzò una
guancia “sta
tranquilla, non smetterò di proteggerti, andrà
tutto bene. Ho un piano. Fidati
di me.”
“come
sempre” gli
sorrise lei di rimando.
Le
riprese la mano,
stavolta più dolcemente e con un sorriso malinconico
l’esortò a seguirlo.
****
La
strega del mare giaceva nello stesso identico punto dal momento in
cui i ragazzi erano andati via, sapeva che quel breve momento di gioia
sarebbe
passato presto, la compagnia di quei due ragazzi era terminata e adesso
era
ritornata alla sua condizione d’attesa iniziale, in cui
sperava ogni minuto che
la morte la strappasse alla sua sofferenza.
Dei gorgoglii la strapparono ai suoi malinconici pensieri, dalla
piscina
naturale stava riemergendo qualcosa; si sporse più avanti
per cercare di capire
cosa fosse quando i due ragazzi emersero con delle facce che non
facevano presagire
niente di buono.
“Abbiamo
pochissimo tempo,” esordì il giovane tritone con
tono
allarmato. Si arrampicarono sulle rocce adiacenti sino a raggiungerla,
“ma
prima devi sapere cosa è successo.”
Aris
aveva iniziato un racconto breve e conciso in cui aveva spiegato
ad Ursula i termini del patto con il re e di come Elena si fosse
esposta così
tanto accettando subito la sua richiesta. Mentre il rosso parlava la
ragazza
seduta al suo fianco non disse una parola, guardava fisso le rocce
sottostanti
con sguardo smarrito, si distolse dai suoi pensieri solo quando Ursula
le si
rivolse con tono di rimprovero.
“è
perfettamente fuori questione che tu ti sottoponga a questo
processo, bambina mia”
Elena
non fece nulla per nascondere l’espressione addolorata che di
lì
a poco le comparve in viso.
“ci
tieni davvero così tanto a lasciare la tua famiglia, la tua
vita
sulla terra, il poter essere umana?” le chiese leggendo le
sue mute
espressioni.
“no…
non è per quello.”
Ed
Elena infatti non mentiva, non c’era nessuno al mondo a cui
volesse
più bene che a sua madre, ma dopo averlo incontrato, dopo
aver conosciuto quel
bizzarro ragazzo dai capelli arruffati e la coda di tritone aveva
provato per la
prima volta nella sua vita un altro tipo di amore, uno più
intenso e abnegante,
diverso da quello che provava per sua madre che la portava a compiere
delle
scelte irrazionali e a rischiare tutto pur di non perderlo. Le sarebbe
mancato
tutto del suo mondo ne era certa, dal correre su due gambe per le
strade
caotiche della mattina, al sorriso di sua madre che la riaccoglieva
quando
tornava da scuola.
“è
l’unico modo per poter stare con lui”
sussurrò in un soffio alla
fine.
“El”
Aris si voltò a guardarla, era per questo quindi che
insisteva
così tanto...
L’attirò
al suo fianco e l’abbracciò.
“Per
diventare una creatura del mare il processo è arduo e
doloroso,”
prese a spiegarle la strega “le tue gambe devono diventare
coda, la tua pelle
resistente all’acqua, e prima che ti crescano le branchie
passerai momenti
davvero dolorosi.”
“Le
probabilità che tu sopravviva ad un cambiamento del genere
sono
molto basse,” concluse per lei Aris, le prese ad accarezzare
la testa con
affetto “come essere umano non sopravvivresti mai ad un
trattamento del genere.
È contro natura.”
Ci
fu un attimo di silenzio, poi il ragazzo proseguì.
“per
questo sarò io a diventare umano”
****
Quelle parole le rimbombarono nelle orecchie seppur sussurrate
cautamente; dal
principio non fu in grado di articolare una risposta, poi
sollevò il suo
sguardo interrogativo per incontrare di sfuggita il suo, calmo e sicuro
di sé.
“diventerò
un umano, ho più chance di riuscirci.” Non parlava
più con
lei, stava impartendo ordini alla strega, Elena non l’aveva
mai visto così
autoritario.
“mia
madre è morta nel tentativo di vedere il suo sogno di una
vita
normale realizzato, sognava di vivere il resto della sua esistenza con
mio
padre ma le fu impedito; ha pagato con la vita il prezzo del suo
desiderio.”
Dagli occhi della strega Aris passò a guardare la ragazza
che stringeva tra le
braccia “ma adesso la storia si ripete,” i suoi
occhi azzurri si scontrarono
con quelli cangianti di lei,
“Voglio
proteggerti Elena, voglio restare con te per sempre.”
Un
guizzo di paura le lampeggiò negli occhi, nessuno le aveva
mai detto
una cosa simile, e la vastità di quel sentimento la faceva
sentire smarrita,
per sempre voleva dire molto tempo ma se volevano davvero portare
avanti la
loro relazione uno dei due avrebbe dovuto fare dei cambiamenti per
l’altro, era
inevitabile; dopotutto era quello che lei aveva fatto poco prima,
rinunciare a
tutto per lui seppur senza dirlo con parole così dirette.
“Attueremo
lo stesso piano che tanti anni fa elaborò mia madre, ma
stavolta non ci saranno errori. Per fare questo Ursula, abbiamo bisogno
del tuo
aiuto.”
“Sempre al vostro
servizio
maestà.”
“porterò
a casa Elena, coì almeno lei sarà al sicuro.
Re
tritone ti farà liberare molto presto, se
rispetterà davvero i patti
ti chiederà di preparare una pozione di trasformazione per
lei.”
Aris
alludeva alla possibilità che Tritone commissionasse la
preparazione di un potente veleno per ucciderla ancor prima di essere
sopposta
alla prova.
“tu
invece dovrai preparare due filtri per rendere la trasformazione da
umani definitiva, una volta ultimati andremo sulla terra.”
“Aris,
quando iniziai a preparare il filtro per tua madre era un
inibitore che la rendesse stabilmente un essere umano, non so bene che
effetti
potrebbe avere la stessa pozione su di te, come sai i tritoni non
possono
trasformarsi a loro piacimento in esseri umani, lo fanno solamente in
determinati periodi dell’anno. Dovrò studiare un
po’ prima di poter preparare
qualcosa.” La strega sembrava pensierosa, il piano semplice
esposto da Aris
sembrava incontrare i primi intoppi.
“quanto
tempo ci vorrà?” chiese Elena.
“proprio
non saprei, posso solo dire che non sarà una cosa da uno o
due
giorni, potrebbe volerci un po’ più di
tempo… una settimana, un mese, chi lo
sa…”
Dei
rumori d’acqua li fecero sussultare.
“sarà meglio iniziare ad
andare, la strada per il rientro è lunga e noi non dobbiamo
attirare troppo
l’attenzione. Ursula, vorrei che quando giungerà
il momento tu sia ancora al
mio fianco, vorrei venissi con me sulla terra…”
“penso
che il mio compito qui sia finito,” gli sorrise debolmente
commossa mentre una lacrima lucente le scendeva lungo lo zigomo. “sarà
per me un immensa gioia venire con te.”
“bene,
allora buona fortuna” le disse Aris prendendo
Elena con sé.
“anche
a voi”
Si scambiarono
un cenno d’intesa, poi i ragazzi
scomparvero alla sua vista, ancora una volta era rimasta da sola, solo
che
stavolta non lo sarebbe stata ancora per molto; nella sua testa
iniziarono a
frullare mille idee diverse sulle varie pozioni che avrebbe potuto
creare per
la loro trasformazione, pensiero di avere nuovamente uno scopo le
riempì il
cuore di gioia.
D’un
tratto all’interno della grotta risuonarono un
insieme di armi e trombe, poi proprio dal centro emerse in tutta la sua
magnificenza re Tritone brandendo solennemente il suo tridente.
Lui era
l’unico che aveva il potere di liberarla.
La strega fece
un ampio sorriso.
“Ursula”
tuonò la sua voce tra le pareti rocciose.
“vi
concederò un periodo di libertà in cambio dei
vostri servigi per me.” continuò lui.
“al termine della quale sarete ricondotta
qui per continuare a scontare la vostra condanna. Accettate dunque di
collaborare ?” le puntò contro il tridente con
fare minaccioso, il “no” non era
una risposta contemplata.
In altri casi la
strega gli avrebbe risposto a tono,
si sarebbe vendicata per tutto quello che le aveva fatto passare, per
aver ucciso
la sua piccina, ma adesso aveva bene in mente quale fosse divenuto il
suo nuovo
scopo.
Gli sorrise.
Con una luce
negli occhi pari a quella della giovane
strega che era stata gli rispose suadente.
“sapevo
che prima o tardi, sarebbe arrivato questo momento”
Poi un lampo
verde accecante l’illuminò, fu costretta
a chiudere gli occhi tanta era la sua intensità.
Quando li
riaprì le catene che la tenevano legata
erano infrante.
Era di nuovo
libera.
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Capitolo 21 *** Ritorno sulla terra ***
Capitolo 21
Ritorno
sulla terra
Elena era
rimasta stretta ad Aris per tutto il lungo tragitto, adesso
che avevano un po’ di tempo per stare insieme lei gli
raccontò per filo e per
segno gli avvenimenti successi appena qualche giorno prima
all’ospedale.
Quelle
conversazioni adesso le sembravano così distanti, fatte
quasi da
un'altra se stessa…
Gli
raccontò di come aveva scoperto di suo padre, di come sua
madre
avesse avuto una doppia relazione al college, e di come una volta
rimasta
incinta il suo vero padre le aveva abbandonate spingendo sua madre a
sposare
Eric.
“cosa
hai intenzione di fare adesso? Intendo con quello che dovrebbe
essere il tuo vero padre”
Aris aveva
ascoltato il lungo racconto in religioso silenzio, l’aveva
fatta sfogare, nel suo racconto c’erano molte note dolorose,
se lui aveva
scoperto che sua madre era stata uccisa da suo nonno, anche sapere di
non
essere voluti dal proprio padre non doveva essere una bella cosa, in
fondo lui
era stato sempre amato. Per una volta si mise nei panni della ragazza e
si rese
conto di quando sino a quel momento avesse dovuto soffrire la
solitudine,
nessuno meglio di lui la poteva capire.
“non
lo so… non ho avuto molto tempo per pensarci, ma credo che
le mie
priorità in questo momento siano altre.”
Aris
nuotò lungo le gallerie per riaccompagnarla direttamente
nella
grotta sotterranea, dovevano essere cauti e non farsi vedere da
nessuno.
Elena non ne
poteva proprio più di essere bagnata fradicia, si sedette
sulla roccia e iniziò a strizzarsi i capelli chiari.
Il ragazzo si
appoggiò con le braccia conserte alla roccia intento ad
osservarla in ogni suo piccolo movimento.
“quando
sarò andato via, sta lontana dall’acqua per un
po’…”
Elena lo
guardò con gli occhioni verdi ancora lucidi per il sale
“non
potresti restare qui…? È rischioso per te tornare
laggiù, se dovessero scoprire
il nostro piano?”
Il tritone la
guardò dritta negli occhi. “non ho altra
scelta.”
“magari
potresti stare qui da me, potrei riempire la vasca d’acqua
salata e potresti stare lì per un po’,”
la bionda iniziò a parlare a vanvera
proponendo le ipotesi più assurde e strampalate anche se
sapeva anche lei che
lui non avrebbe mai accettato.
Fu gentile. Non
le disse nulla.
Le fece un
sorriso triste ed in quello stavano tutte le sue
motivazioni.
“non
appena la pozione sarà pronta verrò da
te.” le chiuse una mano
sulla sua, il contrasto fra le loro temperature la fece rabbrividire.
“abbi fiducia
in me.”
Per tutta
risposta la ragazza si alzò, e scomparve dalla sua vista per
qualche minuto, si sentì un rumore di chiavistello e poi un
tonfo; dopo un po’
la ragazza tornò reggendo la chiave della botola in una
mano.
“quando
tornerai ti servirà questa” si chinò su
di lui e gli mise al
collo una catenina con la chiave della botola. Era andata ad aprire
l’apertura
prima di consegnargliela definitivamente.
“ma tu
come farai? Se la tengo io rimarrà aperta e qualcuno
potrebbe
trovarla e”
“sta
calmo, chiuderò a chiave la cantina ma lascerò al
suo interno una
copia della chiave così una volta dentro la potrai aprire tu
stesso. La metterò
sotto il tappeto, nel posto più scontato del
mondo,”
Poi una lacrima
le scese dal volto. C’erano tanti punti interrogativi
in quel piano, se la pozione non avesse funzionato Aris non sarebbe mai
potuto
andare da lei, se fossero stati scoperti prima invece la punizione
sarebbe
stata molto più severa, inoltre c’era ancora la
possibilità che il re mandasse
le sue guardie a cercarla.
Aris si sporse e
le accarezzò il volto asciugandole con un polpastrello
la sua lacrima.
“questo
non è un Addio” le disse avvicinandosi.
“andrà
tutto bene vedrai” la abbracciò, era fredda
bagnata e
frastornata, entrambi sapevano di non avere altra scelta.
“non
ci mettere troppo tempo” scherzò lei staccandosi a
malincuore da
lui.
Il silenzio
scese di nuovo nella grotta, poi Aris sollevò una mano e le
fece un saluto.
“ciao”
le disse immergendosi prima che potesse davvero cambiare idea e
decidere di restare con lei.
“ciao”
mormorò lei di rimando voltandosi per risalire in casa.
Aveva lasciato
il suo abbraccio, così caldo e accogliente, si sentiva
come svuotata tutto d’un tratto, niente aveva più
senso se loro due non erano
insieme, sapeva che avrebbe dovuto imparare a convivere con
quell’ansia di
perderlo, eppure quando salì in cantina e socchiuse la porta
della botola si
accasciò sul pavimento sbattendo i pugni contro le assi di
legno, piangendo
lacrime amare.
Ogni boccata
d’aria era una sofferenza, separarsi sembrava quanto di
più sbagliato potesse mai esserci, ma doveva essere forte,
pianse tutte le sue
lacrime e poi si ridiede un contegno, man a mano i suoi pensieri sulla
sua vita
quotidiana ricominciarono ad affiorare come se sott’acqua non
avessero avuto
abbastanza spazio per emergere.
Sua madre.
Doveva andare in
ospedale, doveva vedere come stava.
Si
alzò barcollando, sistemò il tappeto a nascondere
la botola aperta,
poi mosse qualche passo verso la porta, la richiuse a chiave, durante
quei
giorni avrebbe dovuto farne una copia.
“Elena
sei tu?” una voce familiare risuonò nel corridoio,
alla bionda
accapponò la pelle,
non sapeva
nemmeno che giorno fosse ma quella era inevitabilmente la
voce di sua madre, doveva essere stata dimessa.
“ehm,
si mamma, sono io.” corse su per le scale sperando di non
incrociarla
per il corridoio. Era vestita e completamente bagnata fradicia e per di
più era
arrivata dalla cantina, sua madre avrebbe certamente sospettato
qualcosa!
“Tesoro
ma dove sei stata? Credevo tornassi all’ospedale, capisco che
gli ultimi eventi ti hanno scossa molto ma dovremmo proprio
parlarne” la sua
voce si avvicinò ed Elena riuscì a chiudersi in
camera sua poco prima che sua
madre sbucasse dalla camera a fianco.
“Ne
possiamo parlare dopo magari?” La bionda tentò di
mantenere un tono
di voce calmo ma la sua voce la tradì, improvvisamente
ricominciò a piangere,
ma fu sollevata che sua madre non potesse vederla.
Rachel era
proprio dietro la porta di sua figlia, quando ad un tratto
la sentì singhiozzare sommessamente. “oh
tesoro” le disse in tono comprensivo.
“sto
bene mamma, davvero.” Sua madre non poteva immaginare che non
stava piangendo per ciò che pensava lei.
“va
bene, ti lascio rasserenare un po’, però dopo ne
riparliamo, ok?”
“si”
annuì nonostante lei non potesse vederla.
“vedrai,
ho delle buone notizie che sicuramente ti sapranno tirare su
di morale”
Quando
udì i suoi passi
allontanarsi da dietro la sua porta tirò un sospiro di
sollievo. Si diresse
verso la doccia dove avrebbe lavato via tutta quella disperazione che
improvvisamente
sentiva salire a galla dopo quei terribili momenti passati in fondo al
mare.
****
“quando
sono tornata questa mattina e non ti ho trovato a casa mi sono
preoccupata… non rispondevi nemmeno al cellulare,”
Elena
e sua madre erano sedute a tavola con un bel piatto fumante di
arrosto, Rachel non lo faceva quasi mai, era il suo piatto da "sensi di colpa”
Glielo
preparava
sempre quando sapeva di aver avuto torto in qualche discussione
ed evidentemente sospettava di doversi fare ancroa perdonare per la
faccenda del fidanzato del college. Non aveva
fortunatamente sospettato dell’assenza da casa di sua figlia,
reputava fosse
normale aver agito in quel modo dopo la scoperta di avere ancora un
padre...
Quel
pomeriggio Elena aveva pensato a molte
cose, innanzitutto a delle giustificazioni valide per la sua assenza e
la sua
“fuga mattutina” da casa, aveva bisogno di un
alibi? Doveva dire di essere
stata da qualche parte? Magari avrebbe anche dovuto introdurre con
calma
l’argomento Aris…
“dove
sei stata?” arrivò la fatidica domanda.
El
poggiò la forchetta sul piatto, guardandola
intensamente negli occhi, ma quando venne il momento di ripetere le
scuse che
aveva inventato poco prima le mancò la voce.
“dovevo
riflettere, e non potevo farlo qui.”
Arrangiò.
Sua
madre alzò un sopracciglio titubante, “ah,
capisco. E queste tue riflessioni comprendono
anche qualche ragazzo?”
Ah.
Colpita
e affondata.
Lo
sapeva, era meglio rimanere tutta la serata
in camera e non farsi vedere fino alla mattina dopo. Sua madre sapeva
di essere
lievemente in torto, ma era pur sempre sua madre e non era mai stata
troppo
comprensiva quando si tiravano in ballo i ragazzi, e adesso Elena ne
conosceva
anche i motivi.
“Nick,”
iniziò ad arrangiare lei. Nick era
l’unico ragazzo che sua madre avesse conosciuto e che sino a
quel momento non
gli era stato antipatico, anzi, aveva il sospetto le piacesse.
“Non
iniziare ad accampare scuse Elena, so per
certo che non eri con Nick”
Sua
madre le diede un altro colpo di grazia.
“e
come faresti a saperlo con tanta certezza?”
sbottò la figlia.
“Sono
passati tutti e tre a trovarmi in
ospedale, sono stati molto premurosi.”
“premurosi???”
ripetè incredula.
“si,
abbiamo parlato anche di voi due se t’interessa,”
Elena
l’ascoltò incredula. “Marta, e suo
marito
organizzano ogni anno un ritiro nella natura,”
“campeggio”
riassunse lei ipotizzando dove sua
madre volesse andare a parare.
“Esattamente,
per una settimana circa vivremo
immersi nella natura, mi hanno giusto proposto se volevamo partecipare
anche
noi due, abbiamo convenuto potrebbe essere una buona occasione per
trascorrere
della vacanze diverse dal solito tutti assieme, ci sarà Nick
con te potreste
familiarizzare.”
“Familiarizzare??
Immersi nella natura? Mamma
tu sai quanto io ami il mare! E poi non voglio passare un minuto di
più con
Nick!” gridò lei sentendo la rabbia assalirla come
un fiume in piena.
“Cos’è
successo? Avete litigato?” sua madre si
mostrò preoccupata e incredibilmente comprensiva,
sicuramente stava pensando
che era per questo che sua figlia aveva gli occhi incredibilmente
gonfi.
“no,
cioè si, insomma, mi ha fatto la
dichiarazione e quando l’ho rifiutato lui ha reagito un
po’ male.” Elena si
trovò in imbarazzo.
“si
è dichiarato! Ma che bravo ragazzo! Ma
Elena” sua madre realizzò in quel momento
“perché lo hai respinto? è
così assennato, il
ritratto della persona per
bene.”
-
Per
bene un corno – pensò Elena
a quando l’aveva aggredita al parco.
“lui
non è il mio tipo, è troppo invadente. Ha
reagito decisamente male quando gli ho detto che per me ci poteva
essere solo
amicizia,” disse evasiva.
“ma
sai, “ cercò di prenderla per il verso
giusto Rachel “ le persone si devono conoscere con il
tempo…”
“credevo
potessimo essere almeno buoni amici,
ma lui è stato abbastanza chiaro nel non accettare neanche
questa situazione”
Rachel
le mise una mano sulla spalla come a
consolarla, “capisco quanto possa essere difficile essere la
“ragazza” nuova e
dover ricominciare tutto da capo, cerca solo di pensare bene a quello
che fai e
a non prendere decisioni affrettate…”
“mamma
io… sono innamorata di un altro”
Biascicò
lei. Sapeva che era giusto che in qualche modo glielo dicesse ma
improvvisamente quello le sembrò il momento sbagliato.
La
donna ritirò
indietro la mano lentamente soppesando ogni suo gesto.
“tesoro,
vorrei
che quello che è successo in ospedale non deteriori il
nostro rapporto, voglio
che tu continui a fidarti di me come hai sempre fatto, e per quanto mi
costi
davvero molto dirtelo… vorrei conoscere il ragazzo che sta
uscendo con mia
figlia”
“non
ti sembra di correre un po’ troppo…?”
era fantastico il modo in
cui sua madre avesse appreso la notizia, ma non era il caso di andare
troppo
velocemente, non era sicura di volere che Aris fosse sottoposto ad un
interrogatorio (perché presentarlo a sua madre voleva dire
quello).
“io
corro troppo? Sono in ospedale da meno di una settimana e tu hai
già un fidanzato a mia insaputa!” si
alzò sparecchiando con il suo tono
fintamente accusatorio.
“non
è il mio fidanzato…” e nonostante fosse
la verità le costò una
nota di dolore ammetterlo. Non erano fratelli e tutto il resto, ma a
parte
qualche bacio non sapeva se effettivamente questo facesse di loro una
coppia,
ne avrebbero dovuto parlare in condizioni normali, ma era successo
tutto quel
trambusto con il re e non ve ne era stato momento.
“beh
magari puoi invitarlo al campeggio!”
-
Preferirei
di no – pensò ma se le avesse risposto
così sua madre non le
avrebbe lasciato più un minuto di pace
“ok,
magari potrei provare a chiederglielo, ma non sono troppo sicura
che verrà”
Sua
madre fece un sorriso soddisfatto, “ah tesoro! Sono
così felice che
alla fine hai deciso di venire! Vedrai ci divertiremo un mondo e se
dirai al
tuo non fidanzato che ci
sarà anche
il tuo migliore amico, anzi ex migliore amico Nick sono sicura che
verrà per
tenerti d’occhio!” rise di gusto come se stesse
guardando una delle sue soap.
-
Si,
ma tanto lui non verrà – pensò lei
sempre più triste.
Una
settimana lontana da Aris, con la famiglia di Nick e sua madre,
cosa poteva esserci di peggio? Ah già, sarebbero stati
immersi nella natura,
senza telefono internet e tv… le si prospettava una
settimana davvero dura da
affrontare…
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Capitolo 22 *** Il Campeggio ***
Capitolo 22 Il campeggio
La giornata era una
delle migliori, il sole era alto nel cielo azzurrissimo, il mare
spumeggiava
sotto la scogliera allegro, non era una classica giornata di caldo
anzi, per
essere una delle prime giornate d’estate c’era un
venticello fresco che
mitigava la potenza del sole che andava via via intensificandosi
avvicinandosi
alle ore più calde.
Rachel correva da
una parte all’altra della casa preparando tutta
l’attrezzatura necessaria
mentre Elly, giaceva sul copriletto ritrovandosi ancora una volta a
fissare il
soffitto, uno di quei giorni si sarebbe decisa e l’avrebbe
dipinto proprio come
aveva fatto suo padre, così sua madre non
l’avrebbe presa per una perfetta
idiota ogni qualvolta entrasse nella sua stanza e la trovasse a fissare
il
vuoto.
Per l’ennesima volta
quella mattina Rachel si affacciò nella stanza della figlia
guardandola mentre
sconsolata fissava afflitta il nulla. I suoi pensieri correvano a
qualche
giorno prima quando in ospedale la sua bambina
aveva scoperto violentemente di non essere mai stata orfana e del suo
rocambolesco passato tra un ragazzo e un altro.
Non poteva certo
biasimarla; povera cara.
Ed invece Elena a
tutto stava pensando tranne che a suo padre, si era vero, ci aveva
dedicato
qualche pensiero di sfuggita ma tutta la sua preoccupazione in quel
momento
andava ad Aris, del suo bel padre saltato fuori come un coniglio dal
cilindro,
così all’improvviso, al momento non le importava
un granchè…
La bionda alzò
leggermente la testa dal copriletto per vedere la madre che ancora
sulla soglia
l’osservava incerta se disturbarla o meno.
Doveva avere davvero
un’aria penosa perché dopo quel piccolo gesto sua
mamma le rivolse uno sguardo
compassionevole, si avvicinò cautamente per poi prendere
posto accanto a lei.
“la tua valigia
è
ancora vuota” asserì con calma mentre prendeva ad
accarezzarle teneramente i
capelli.
Lei si limitò a
sprofondare ancora di più la testa nel materasso.
“forse dovrei
chiamare...” esitò un momento
“Ben.” Proferì quelle tre lettere con la
pesantezza
nel cuore. “è pur sempre tuo padre, dovresti poter
passare del tempo con lui,
magari conoscerlo meglio…”
La bionda si fece
sfuggire un sospiro. “l’unica cosa che voglio
davvero in questo momento è stare
un po’ di tempo per conto mio.”
“hai
cambiato idea? Non vuoi venire più?”
Elena non rispose.
“Continuo a pensare
che sia una buona idea, è pur sempre un occasione per uscire
di casa, che farai
tutta sola nella tua stanza a deprimerti? Penso che invece cambiare
aria ti
farà solo bene.”
Sua madre aveva
ragione e lei lo sapeva, sarebbe rimasta lì a deprimersi e
il suo umore sarebbe
solo peggiorato.
D’un tratto un altro
pensiero passò per la mente di Rachel.
“…ha detto
che non
viene?” chiese sott’intendendo il suo umore.
Incerta se
risponderle o meno lei decise di non dire troppo.
“già…”
“su, non essere
triste, scommetto che vi vedrete presto,”
- Lo spero - pensò.
Si girò su un fianco
guardandola in faccia.
“beh almeno
passeremo un po’ di tempo insieme… è da
un po’ che non lo facciamo” le sorrise
di rimando Rachel.
A lei non potè che
sfuggire un sorriso vedendo sua madre così di buon umore,
rivedere il suo
vecchio ex doveva averla scombussolata parecchio e lei era un egoista a
pensare
che i suoi fossero gli unici problemi, doveva supportare sua madre
anche se
quel campeggio fosse stato quanto di più terribile avessero
mai fatto; l’unica
nota stonata era che con loro ci sarebbe stata la famiglia di Nick.
“Allora…
mi dai una
mano a fare la valigia?” le lanciò sorriso
arrendevole.
Rachel si alzò dal
letto mettendosi le mani sui fianchi pronta a ricominciare il suo
vortice di vestiti.
“ma certo” ed in fretta e furia tornò
alla modalità trottola buttando in
valigia canotte e pantaloncini.
Elena si alzò subito
dopo, una settimana in campeggio non avrebbe ucciso nessuno.
O forse si…
****
“vedi di non farti
perdere quest’occasione” David, il padre di Nick
stava dando le ultime
raccomandazioni al figlio. L’ultima volta gli aveva fatto
fare la figura dell’incompetente
davanti al gran consiglio.
“si lo so…
lo so…”
il ragazzo guardava fuori dal finestrino annoiato, gli avevano ripetuto
quale
erano i suoi doveri fino alla nausea quella mattina.
“Abbiamo
appuntamento davanti casa loro, non sarà il caso di andare
con un'unica
macchina? Magari i ragazzi potrebbero stare più
vicini…” propose Marta.
“ Mamma, ti prego!
Staremo già insieme per tutto il campeggio, potrai lasciarmi
un po’ di respiro
no?” Era stata proprio la madre di Nick a proporre quella
gita alla mamma di
Elena, ovviamente di innocente non vi era proprio nulla, quel viaggio
traboccava di secondi fini e lui non poteva deludere nuovamente le
aspettative
dei suoi genitori, le aspettative della sua comunità.
Non era ancora un
cacciatore, compiuti i diciotto anni, diploma o meno sarebbe stato
iniziato
dalla congregazione, ogni candidato doveva dar prova della sua
lealtà ai fratelli e alla causa superando una
sfida, questa cambiava di candidato in candidato ed era pensata
appositamente
per testare le capacità di giudizio, fisiche e logiche. Ma
le stramberie non
finivano lì… Una volta superata, pochi istanti
dopo, veniva firmato il patto di sangue; nessuno poteva rivelare
di cosa si trattasse, era una di quelle clausole supersegrete
all’interno del
contratto che erano chiamati a firmare. Nick aveva sempre saputo poco a
riguardo
ma non si era mai posto troppo il problema, dopotutto ogni cacciatore
aveva
affrontato il giuramento e la relativa prova ma tutti ne erano usciti
più forti
e consapevoli.
Mentre i suoi compagni di classe attendevano la fine del liceo per
andare al
college o spassarsela senza più compiti e insegnanti per lui
vi era un futuro
ben diverso, al termine del diploma avrebbe frequentato una speciale
“scuola”
dove ragazzi e ragazze come lui potevano allenarsi e imparare
ciò che sui libri
di scuola non era insegnato. Una parte di quella nuova vita
l’aveva sempre
affascinato ma col tempo aveva dovuto rinnegare tutte le sue passioni
per
seguire una strada già tracciata. Molte volte si era perso
immaginando una vita
diversa da quella che sapeva avrebbe condotto, frequentare il college,
trovare
un lavoro normale…
La voce di suo padre
lo riportò bruscamente indietro da un viaggio mentale che
aveva incominciato a
percorrere “per una volta sono d’accordo con lui
cara, se ci siamo anche noi
non dirà mai niente,”
Nick sbuffò tornando
a guardare fuori dall’auto.
“ci siamo,”
disse
Marta quando furono nei pressi della casa.
“il piano ha
inizio”
ripetè con tono solenne.
Scese dalla macchina ed un sorriso falso le prese a comparire dagli
angoli
della bocca, poi suonò il campanello.
****
“Quanto pensi durerà
l’effetto?” Aris si trovava nella vecchia ala del
castello
che era stata destinata tempo addietro ad Ursula.
“non lo so, potrebbe
durare poche ore così come dei giorni, non l’ho
mai testato così a lungo
termine…” la strega aveva ripreso un po’
di colorito e trafficava dietro il
bancone tra ampolle e fialette colorate.
“ci sarà
pure
qualcosa di permanente!” disse frustrato il ragazzo.
Ursula sfogliò il
suo libro delle pozioni, “Aris, tu sei davvero sicuro di
questa decisione?
Vivere fuori dal mare… noi siamo pur sempre creature marine,
dovresti cambiare
davvero parte della tua natura per diventare umano.”
Il ragazzo era
silenzioso. “che altre possibilità ho? Per quanto
mi riguarda tutta la mia
famiglia è morta. Le mie zie, persino
mio nonno, mi hanno sempre mentito, dovrei restare qui a governare un
giorno al
suo posto? Sposare la ragazza che lui sceglierà per me?
Avere dei figli con
qualcuno che non amo?” Proferì l’ultima
frase con il disgusto dipinto in volto.
Aveva valutato ogni ipotesi e per quanto si sforzasse non vedeva
soluzione
migliore che quella di andar via. Aveva bisogno di tagliare per sempre
con il
suo passato e con la sua famiglia, le
sue zie erano ancora giovani, avrebbero potuto avere altri figli e suo
nonno
avrebbe avuto un altro tritone da istruire a governare; lui aveva
chiuso con
tutto quello.
“beh non lo puoi
sapere, magari quello che provi adesso è solo un
infatuazione, potresti
innamorarti di un’altra sirena…”
Aris scosse la testa
e tornò a sorridere pensando ad Elena. “no. Questo
non potrà mai succedere.” Dal
primo momento in cui l’aveva vista aveva capito che in
qualche maniera loro
erano destinati a stare insieme, a quel tempo non sapeva nemmeno come
una cosa
de genere potesse essere possibile, sembravano passati secoli dal loro
primo
incontro ed invece non erano che pochi mesi. Il tempo era proprio
volato da
quando lei era entrata a far parte della sua vita.
La strega prese a
sfogliare il suo libro pensierosa. “esiste un filtro che
può rendere
l’inibitore permanente, ma ci sono delle
difficoltà di preparazione…”
“sono disposto a
tutto lo sai…” il suo tono era fermo e deciso.
“servono degli
ingredienti reperibili solo sulla terra, e di cui francamente non ho
mai
sentito nominare… ma serve anche
qualcos’altro, qualcosa di più come dire,
difficile
da trovare.”
“quanto
difficile?”
Il ragazzo la fissò un istante dritto negli occhi
“direi
parecchio…”
restò vaga lei.
“Sono sicuro che
Elena ci potrà aiutare a trovare tutto quello che
manca” ribattè sicuro. “fra
quanto saranno pronti gli inibitori?”
“ancora qualche
giorno e dovremmo esserci… adesso, ti spiace porgermi il tuo
braccio? Devo prelevarti
un campione di sangue e poi qualche squama…”
Aris fece come gli
era stato chiesto e mentre la strega preparava la siringa
cercò il suo sguardo.
“non sei
obbligata a venire con me se non
vuoi.” Lui sapeva che quello che stavano facendo era un passo
definitivo, non
c’era possibilità di tornare indietro, quel gesto
significava alto tradimento e
un ritorno ad Atlantica avrebbe significato morte certa. Quella in fin
dei
conti era una scelta sua, se dopo tanti anni Ursula voleva rimanere non
poteva
certo costringerla a fare una cosa del genere che tra l’altro
non era nemmeno
sicuro funzionasse.
Lei sostenne seria il
suo sguardo. “forse, anche io come te non
ho un motivo per restare…” poi prese la siringa e
la iniettò nel suo
braccio.
****
Il viaggio si era svolto in completa tranquillità, Elena e
sua madre erano
dietro la macchina dei genitori di Nick e li avevano seguiti sino ad
una radura
attrezzata per il campeggio.
Tutto quel verde che
li circondava aveva un effetto balsamico sugli sbalzi di umore di Elena
e
sembravano avessero qualche effetto anche su Rachel.
Dal momento in cui era salita in macchina Elena aveva deciso di non
pensare ad
Aris, non doveva preoccuparsi per lui altrimenti gli altri si sarebbero
accorti
della sua espressione pensierosa.
L’allegra
combriccola si era addentrata nel folto della
“foresta” alla ricerca del posto
giusto dove accamparsi, era ormai giunta la sera quando decisero di
fermarsi e
accamparsi per la notte, erano arrivati abbastanza lontano dal punto di
partenza e vicino a loro avevano individuato un ruscello per rifornirsi
d’acqua.
“Nick, puoi darmi
una mano a montare la tenda? Credo di aver sbagliato qualche
passaggio… eppure
ero sicura di aver letto bene le istruzioni…”
Rachel dopo aver
montato con qualche difficoltà e qualche aiuto da parte di
David la propria
tenda si era addentrata nel bosco per prendere la legna per accendere
il falò,
qualche minuto dopo anche i genitori di Nick con la loro tenda montata
impeccabilmente si dileguarono senza sapere cosa stessero esattamente
facendo, all’accampamento
erano rimasti quindi solo i due ragazzi.
“hai completamente
invertito questi due pezzi!” rise il castano mentre le
sistemava la struttura.
“wow sei davvero
bravo” La bionda lo guardò affascinata mentre
agilmente metteva apposto il
groviglio di aste e bastoncini che aveva tentato di montare invano.
Nick si sedette
accanto a lei sull’erba guardando l’opera finita,
“è da
quando sono
piccolo che con i miei veniamo in campeggio, ci sono cose che con il
tempo
diventano quasi parte di te…”
“come montare una
tenda…?”
“come montare una
tenda” rise lui.
Tutto attorno a loro
si poterono sentire i rumori della natura, il vento tra le foglie degli
alberi,
il lento scrosciare dell’acqua in lontananza, i primi grilli
che iniziavano il
loro canto serale…
“sai credevo che non
saresti venuta.” Mentre proferì quelle parole Nick
guardò verso un punto
indefinito della foresta buia.
“non mi credi il
tipo da natura selvaggia?” scherzò lei
atteggiandosi a provetta esploratrice.
“no… non
mi riferivo
a questo, in verità dopo le ultime volte credevo avessi
deciso di non vedermi
più per il resto della tua vita.”
Elena si alzò in
piedi spolverandosi i pantaloncini dalla polvere. “come sei
melodrammatico…”
Lui si alzò a sua
volta “ho sbagliato a pensarla a quel modo?”
cercò il suo sguardo.
“Sono innamorata di
un altro Nick, non mi estorcerai nessuna
confessione…” lo disse scherzando ma
era piuttosto seria.
Il ragazzo alzò le
mani al cielo “lo so, lo so, mi arrendo.”
“spero solo tu sappia
cosa stai facendo” sussurrò.
“che cosa?”
lei
captò qualcosa, ma non era sicura di aver capito bene,
dopotutto non aveva
senso che le dicesse quel genere di cose, cosa ne poteva sapere lui
della sua
storia complicata?
“nulla… mi
chiedevo
solo se… se fossi arrivato prima io chissà se le
cose sarebbero andate diversamente.”
Elena si avvicinò e
gli mise una mano sulla spalla, “non è questione
di chi arriva prima o dopo,
non poteva funzionare, siamo due ottimi amici ma saremmo stati pessimi
fidanzati,”
“non ci hai dato
nemmeno una possibilità.”
La bionda sbuffò e
si allontanò stizzita, se per tutto il campeggio quel
ragazzo doveva andare in
giro con l’anima in pena da cucciolo rifiutato, iniziavano
bene! E dire che era
venuta lì apposta per rilassarsi e staccare un po’
la spina dal resto dei
problemi quotidiani!
Fortunatamente il
castano captò i suoi segnali e cambiò
drasticamente il suo umore.
“scusa, hai ragione,
siamo qui da amici, in campeggio e dobbiamo solo pensare a
divertirci!” sfoggiò
un sorriso raggiante. Elena iniziò a chiedersi se era
davvero possibile
cambiare umore così velocemente…
Il ragazzo si
sedette attorno al falò ancora in assemblaggio e prese in
mano la chitarra che
si era portato da casa “allora hai già avuto la
possibilità di sentirmi suonare
la chitarra? Non per vantarmi ma sono davvero bravo”
“direi di no, ma
sono proprio curiosa”
Elena abbassò la
guardia e decise di dargli fiducia, si sedette accanto a lui ben
disposta a
godersi quello che quei giorni avevano da offrirle.
Forse era stata
troppo negativa su quella mini vacanza, le prospettive per i prossimi
giorni
non erano poi così spiacevoli come si era
aspettata…
Per la prima volta
dopo giorni terribili, si sentì davvero in pace con
sè stessa; avrebbe cercato
di farsi pervadere da quelle sensazioni il più possibile, ne
aveva bisogno
visto che ancora non sapeva quello che di lì a poco sarebbe
successo.
Continua…
|
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Capitolo 23 *** Lago cremisi ***
Salve a tutti
ragazzi! Come potete notare di solito non metto mai un
avviso prima di un capitolo, ebbene questa volta lo faccio! Questo
è un
capitolo abbastanza particolare, l’ho riscritto un mare di
volte e non ero mai
soddisfatta perciò spero ne sia uscito qualcosa di decente!
Verso la parte
finale David, il padre di Nick racconterà una storia, (non
vi farò nessuno
spoiler tranquilli XD) solo che essendo molto interessante secondo me
poteva
dare lo spunto per una versione più estesa, quindi
è come fosse una specie di
riassunto della storia originale che ho creato, lo Spin –off
l’origine del
potere, collegata alla storia. Se vi può interessare trovate
il link alla fine
del capitolo con la storia da me pubblicata nella sezione originali.
Vi lascio al capitolo adesso, fatemi sapere cosa ne pensate !!
Saluti
Capitolo 23 Lago
cremisi
Erano trascorsi
già
alcuni giorni da quando la brigata era partita per il campeggio, le
giornate
trascorrevano abbastanza allegre tra scampagnate nei boschi, caccia ai
frutti
di bosco e attività all’aria aperta. Stava per
arrivare il fatidico giorno in
cui sarebbero dovuti rientrare a casa, anche se nessuno sembrava averne
davvero
voglia.
Avevano
già
posticipato il rientro di un giorno, ma la mattina del giorno in cui
avrebbero
dovuto fare i bagagli e rientrare a casa inaspettatamente la madre di
Nick,
Marta, esordì a colazione con una proposta allettante.
“Ci
siamo trovati
abbastanza bene in questi giorni, che ne direste di trattenerci qualche
giorno
in più…?”
Elena e Rachel
si
scambiarono un’occhiata rapida.
“Dopotutto
abbiamo
ancora provviste in quantità e visto il buon tempo che
abbiamo trovato sarebbe
uno spreco ritornare di già a casa.”
Terminò il discorso il marito. “Che ne
direste di fermarci ancora un po’ tutti assieme?”
Quella che
sembrava
una proposta ingenua in realtà era il risultato di un
attenta pianificazione,
Nick non era riuscito a toccare più l’argomento
sirene, tra lui ed Elena si era
arrivati ad una fase di stallo, determinati argomenti erano ancora
intoccabili,
la ragazza era sospettosa e non aveva intenzione di dirgli nulla. Sia
Marta che
Nick non accettavano quel fallimento, un’occasione come
quella difficilmente si
sarebbe potuta ripetere, Nick doveva passare al piano B, estorcerle
quelle
informazioni con altri mezzi. Era quindi di vitale importanza che tutti
si
fermassero ancora un altro po’ nel bosco, nessuno poteva
scappare ed Elena e
Rachel erano in svantaggio numerico in confronto a loro ed in
più non
conoscevano quei boschi come loro.
L’unica
cosa che
serviva era convincere entrambe a fermarsi ancora qualche
giorno…
“Tu
che ne pensi Elly?” La madre di Elena
aveva visto la figlia rilassarsi completamente, dopo tutto lo stress
del cambio
della scuola, città e la scoperta del padre. Aveva avuto
seriamente paura che gli
ultimi avvenimenti potessero averla turbata troppo ma invece si
sbagliava,
ancora una volta sua figlia le dava prova di quanto potesse essere
forte.
“Beh,
a me non
dispiacerebbe restare ancora un po’…”
disse dopo alcuni minuti di silenzio. Era
ovvio che sia sua madre che gli altri avrebbero voluto restare ancora,
lei
sapeva di dover rientrare a casa, di dover aspettare Aris, ma erano
già passati
alcuni giorni e non era successo un bel niente, inoltre non voleva
essere lei
la causa del rientro a casa anticipato.
“Perfetto!!”
sorrise
entusiasta Marta, “allora è deciso! Ci fermeremo
ancora per qualche altro
giorno!”
“Magnifico,
magnifico, allora abbiamo tutto il tempo per andare al lago
cremisi!” esclamò
David alzandosi in piedi.
“Lago
cremisi? Che roba
è?” Un lago con un nome del genere doveva
assolutamente essere qualcosa di
interessante!
David
rovistò nella
sua tenda e ne uscì dopo qualche istante con la cartina dei
boschi. Si avvicinò
ad Elena per farle vedere ciò di cui parlava.
“Vedi
questa linea
blu?” indicò la linea del torrente che avevano
utilizzato per rifornirsi di
acqua dolce “Seguendola si incontrano una serie di pozze,
all’incirca qui”
indicò un punto dove non era segnato nulla “vi
è un lago naturale collegato
tramite tunnel sotterranei al mare, si è formato nel corso
dei secoli e vi è
una cascata che crea un’atmosfera davvero magnifica, vale
davvero la pena
vederlo!”
“Come
mai non
compare sulla cartina?” chiese lecitamente lei.
David rise
“queste
cartine sono vecchie e non sono state ancora aggiornate, noi ci siamo
stati e
sappiamo orientarci anche senza” disse mettendo apposto la
mappa.
Per un istante
le
parve di leggere la data dell’anno corrente ma forse si era
solo sbagliata.
“Davvero
possiamo
andarci? Sarebbe un idea fantastica… potremmo anche fare
qualche bagno nel lago”
propose guardando sua madre per vedere la sua reazione.
“Beh
potremmo
spostare la “seconda parte” del campeggio nei
pressi della cascata, che ne
pensate?” propose quindi Rachel.
Elena la
guardò con
occhi adoranti, era stata proprio una giusta decisione quella di andare
in
campeggio!
Marta e David si
scambiarono un’occhiata furtiva che durò qualche
secondo appena.
“Certo,”
dissero
all’unisono “è una splendida idea, ma
dovremo fare i bagagli alla svelta se
vogliamo arrivare prima che tramonti il sole.”
I 5 avventurieri
iniziarono a smontare quelle che per giorni erano state le loro risorse
più
preziose, l’accampamento per il fuoco, le tende, la zona
provviste,
ricompattando con qualche difficolta tutta l’attrezzatura.
Verso mezzogiorno finalmente
tutto era pronto, ognuno con il proprio zaino pesante ed ingombrante si
era
incamminato per il sentiero.
I tre adulti
guidavano la fila mentre i due ragazzi li seguivano indietro.
“Come
mai si chiama
lago cremisi?” gli chiese curiosa Elena che non aveva
dimenticato quel nome.
“Oh
è una lunga storia,
è legata ad una vecchia leggenda e scommetto che
papà non appena saremo
arrivati vorrà assolutamente raccontarla ancora una volta.
In pratica ogni anno
che veniamo qui non fa altro che ripetere la stessa storia aggiungendo
particolari secondo me inventati, e ti giuro che dopo i primi anni
diventa una
noi assoluta!”
“Quindi
tu ci sei
già stato in questo posto?”
“Beh
qualche volta
papà mi ci porta, è un luogo davvero suggestivo,
il lago la cascata, davvero
splendido”
“Non
vedo l’ora di
arrivare!” si fece prendere dall’entusiasmo
“Speriamo
di
arrivare presto altrimenti saremo costretti a fermarci per la
notte”
Lei parve
impensierirsi
un po’. Si guardò dietro e si accorse che avevano
lasciato il sentiero
principale per addentrarsi nel folto del bosco, sarebbe stato difficile
ritornare
indietro, lei perlomeno non si sarebbe ricordata la strada. Un
campanello
d’allarme le iniziò a suonare in testa.
“Ti
è caduto
qualcosa?” Nick la stava fissando.
“Forse,
non ne sono
sicura” mentì. “Ci stiamo allontanando
un po’ dal sentiero principale.” Un
guizzò di allarme attraversò gli occhi del
castano ma fu solo per un istante,
poi lui lo caccio con un sorriso e una battuta ma era troppo tardi,
Elena se ne
era già accorta.
Voleva ignorare quella sensazione di allarme che sentiva crescere
dentro,
dopotutto era stata lei a chiedere di andare in quel posto no? Non
c’era nulla
di strano nell’addentrarsi un po’ di più
per andare a vedere qualcosa di
particolare non segnato sulle cartine. Perché poi non era
segnato? Era convinta
di aver chiaramente visto la data aggiornata della cartina,
perché allora non
c’era segnato nulla?
“Ehi,
ti sei
ammutolita all’improvviso…paura del
buio?” le diede una leggera spintarella il
ragazzo.
Elena quasi
cadde in
una pozza rotonda vicino a loro, il ragazzo
l’afferrò per il braccio e la tirò
via.
“Non
l’avevo proprio
vista… grazie” il sole era ormai tramontato e lei
francamente aveva la testa
altrove.
Per poco non
rischiava di farsi davvero male se non fosse stato per i riflessi
pronti di
Nick, e a giudicare dalla profondità non sarebbe emersa
tanto facilmente.
“Cosa
sono?” chiese
vedendo questa serie di pozze di diversa grandezza ricolme
d’acqua.
“Sono
delle pozze
d’acqua.”
“Evviva…
l’avevo
capito anche io … volevo sapere
qualcos’altro…”
“Beh,
sono un buon
segno, vuol dire che non dovrebbe mancare molto, in realtà
queste pozze
dovrebbero essere collegate al lago attraverso dei condotti
sotterranei, ma di
più non so proprio dirti.”
Elena le
esaminò in
silenzio, c’era qualcosa di strano in quelle pozze, qualcosa
che le faceva
accapponare la pelle ma non sapeva bene cosa fosse, forse erano quelle
stupide
suggestioni che non l’abbandonavano.
“Nick!
Elena!” la
voce di David poco più avanti li richiamò.
“Per questa sera ci fermiamo qui,
accampiamoci e accendiamo un bel fuoco, non vorrei si avvicinasse
qualche
animale selvatico.”
Il sole era
quasi
tramontato ormai e quella strana sensazione non l’aveva
abbandonata un solo
istante.
“Ma
non avevi detto
che eravamo quasi arrivati?” Elena si rivolse sottovoce a
Nick.
“Mi
sarò sbagliato
evidentemente… vieni raggiungiamo gli altri.”
****
Una lenta
arrampicata lo separava dalla libertà, aveva visto tante
volte risalire Elena
con agilità quelle scalette verticali, ma non aveva mai
pensato che un giorno
sarebbe toccato a lui.
Arrivato alla
porta
della botola Aris inserì la chiave che aveva conservato al
collo e fece
scattare la serratura, come previsto.
Sollevò
piano la
pesante porta ed entrò nella stanza.
Tutto era
tranquillo, non sentiva nessun rumore nelle vicinanze così
uscì allo scoperto. Trovò
con facilità la chiave, era nel posto dove aveva detto
Elena, sotto il tappetto
polveroso, nel posto più scontato del mondo.
Si
avvicinò alla
porta e prima di aprirla cercò di udire qualche rumore o
qualche segnale di
allarme.
Silenzio.
Buon segno.
Girò
la chiave
nell’ennesima serratura e risalì le scale
lentamente, tutto quel silenzio era
davvero surreale, forse gli era sfuggito qualche dettaglio, magari era
notte
fonda e stavano dormendo tutti.
Si
aggirò
furtivamente per tutto il pian terreno, fuori era buio ma non sapeva
dire con
certezza che ore fossero. Non appena constatò di essere
davvero da solo si
arrischiò a salire le scale del primo piano. Era una sera
come le altre però
stranamente in casa non c’era nessuno. Approfittò
di quel tempo per scrutare
con attenzione l’appartamento, in quella casa per
più di dieci anni ci aveva
vissuto suo padre, voleva cercare tra quelle pareti qualche traccia di
lui.
Aprì
a caso le prime
porte che si affacciavano sul corridoio scartandone una dietro
l’altra, non
sapeva esattamente cosa stesse cercando ma lo capì nel
momento in cui arrivo
alla stanza di lei.
Bussò piano alla
porta semichiusa, sulla porta c’era un disegno con il nome
Elena scritto in
bella calligrafia circondato da decorazioni floreali; con un passo
felpato
s’addentrò rimanendo deluso nel trovare il suo
letto vuoto e perfettamente
rifatto.
Sembrava che
nessuno
dormisse in quel letto da giorni, cosa che lo mise in guardia.
Si
guardò attorno,
poi si sedette sconsolato. La sua attenzione fu catturata da un pezzo
di carta
poggiato sul comodino.
Era scritto in
fretta e furia ma era inevitabilmente per lui.
Per Aris,
Se stai leggendo
questo biglietto probabilmente non sarò ancora
tornata, sono andata in campeggio con la famiglia di Nick. Ti prego non
ti
arrabbiare, mi ha costretto mia mamma. Starò via qualche
giorno, non stare in
pensiero, torno presto.
P.S. in frigo
c’è del cibo, serviti pure.
Era ovvio chi
gli
avesse lasciato quel biglietto e non potè che sfuggirgli un
sorriso quando
lesse l’ultima riga. Piegò con cura il biglietto e
scese in cucina per fare uno
spuntino.
Accanto al frigo
moderno vi era un calendario, vi buttò un occhio giusto per
curiosare sugli
impegni della famiglia. In rosso erano segnati i 5 giorni del
campeggio, dal 5
al 10 giugno.
5-10.
10 giugno.
Erano passati
due
giorni dalla data che era stata segnata per il rientro. Una strana
sensazione
gli prese ad accapponare la pelle. Sentiva che c’era qualcosa
che non andava…
Il campeggio
doveva
già esser finito da due giorni… e allora,
Dov’era
finita Elena?
****
Il tratto di
bosco
in cui si erano ritrovati aveva un che di lugubre, ormai sia Elena che
Rachel
erano diventate delle provette esploratrici e non gli ci era voluto
molto per
ricreare l’atmosfera da accampamento, un fuoco scoppiettante
rischiarava il
buio che andava via via infittendosi, nella radura in cui erano stati
prima per
tutta la durata del campeggio vi era molta più luce, i raggi
della luna erano
filtrati dagli alberi ma rischiaravano il paesaggio attorno a loro,
lì invece
il fitto fogliame faceva sì che vi fosse solo buio a
circondarli
Nell’aria
c’era
qualcosa di strano, persino Marta e David sembravano diversi.
“Quando
ero piccolo
mio padre mi portava sempre in questi boschi durante
l’estate” iniziò David, da
lontano Nick le lanciò uno sguardo eloquente, stava per
raccontare qualche storia
sulla sua infanzia, poteva sembrare molto noioso ma in mancanza di
tecnologia
era meglio di una tv ed inoltre lui era talmente bravo a raccontare che
era un
piacere stare lì ad ascoltarlo.
“Oh
ancora quella
vecchia storia!” si lamentò Marta capendo al volo
dove il marito voleva andare
a parare.
“Che
storia?”
s’incuriosì Elena ignorando Nick che sbuffava
“Sì
papà, non vorrai
mica farci avere gli incubi stanotte?” rise forzatamente il
ragazzo.
“Io
invece sarei
curiosa di sentirla” protestò la bionda.
“Visto?
Io non
c’entro nulla! se anche una sola persona la vuole ascoltare
chi sono io per
negarglielo?!” alzò le mani in segno di resa
l’uomo. “Bene, allora direi che
potremmo iniziare…”
Si
accomodò sul suo
ciocco di legno e sotto quella pallida luce l’uomo
iniziò il suo racconto.
“Quando
da piccolo mio
padre mi portava qui,” si guardò attorno con gli
occhi velati di nostalgia “era
solito raccontarmi una storia… più che altro
è specie di leggenda su come sia
stato scelto il nome al lago cremisi, sono certo non ci sia nulla di
vero, ma
non si sa mai…
La
nostra storia inizia molto tempo fa, prima che questo mondo
diventasse così come noi oggi lo conosciamo e gli esseri
umani non erano gli
unici ad abitarlo; vi erano infatti delle creature per metà
pesce che abitavano
i fondali marini ed erano tra le razze più pericolose con
cui l’uomo avesse mai
avuto a che fare.
Dall’aspetto di bellissime donne ammaliavano i
brav’uomini per poi trascinarli
in fondo al mare e strappargli la carne dalle ossa per cibarsene.
Ma
sicuramente vi starete chiedendo voi cosa c’entra la leggenda
delle
sirene, che voi tutti immagino conosciate, con la nostra storia.
Lasciate
che vi racconti meglio.
In
questo bosco sorgeva un villaggio ancora ai primi stadi
dell’evoluzione, con capanne di paglia e tutto il resto. Il
Capo del villaggio
aveva due figli, il primo genito un maschio che avrebbe ereditato il
ruolo di
capo tribù ed una femmina, la cui bellezza superava quella
di qualunque ragazza
mai vista. Era bella ogni oltre modo e suo padre aveva progettato di
farla
sposare con il figlio di un potente clan vicino al loro villaggio per
rafforzare ed unire le due famiglie, non era raro all’ora che
i matrimoni
fossero combinati. Era piuttosto raro invece che i promessi sposi si
amassero
come si amavano Ayla e Skan, non c’era coppia combinata
più felice della loro, ed
entrambi aspettavano ansiosi il giorno della loro unione.
Ma
quella loro felicità sarebbe terminata per un bruttissimo
scherzo
del destino.
Un
giorno Ayla che era andata a raccogliere della frutta nel bosco, si
spinse troppo oltre quelli che erano i confini del suo villaggio e fu
così che
scoprì il lago.
Nonostante
fosse ben nascosto dalla foresta fu come se una forza
misteriosa l’avesse guidata sino a lì, vista la
sua passione per il nuoto finì
per nuotare in quelle acque così invitanti e fu durante quel
bagno che incontrò
un giovane uomo. Inizialmente spaventata il suo terrore si
trasformò in
curiosità, era affascinata dai tratti di quel giovane, non
aveva mai visto
nessuno bello come lui e nonostante amasse Skan si sentì
fortemente attratta
dallo sconosciuto.
C’era qualcosa però, un terribile segreto che
quell’uomo custodiva, non era una
creatura di questo mondo.
Era
un tritone.
Nonostante
tutto Ayla iniziò a fargli visita ogni giorno e a passare
sempre più tempo con lui, fino a dimenticare
l’amore per lo sposo ed essere
completamente soggiogata da quell’essere.
Una notte scura come questa, dopo avere atteso a lungo che tutti al
villaggio
si fossero addormentati Ayla fuggì decisa a passare la sua
vita con il tritone
di cui si era invaghita. Arrivata al solito posto dove incontrava il
suo amante
ogni notte, lo vide splendido davanti a sé e subito si
buttò in acqua per
nuotargli incontro. I due cominciarono a baciarsi con trasporto fino a
che le
mani di lui non scesero lente sul suo cuore dove con grande sconcerto
di lei,
le penetrò gli artigli nel petto e tra le urla di orrore
della giovane strinse
le dita sul suo cuore ancora pulsante e glielo strappò via
dal petto.
Il
giorno seguente fu ritrovato il suo corpo privo di vita che
galleggiava sospeso nell’acqua, al posto del cuore un grande
vuoto ed il lago
che era diventato completamente rosso del suo sangue fu chiamato in sua
memoria
Lago Cremisi”
La platea si
ammutolì, Elena aveva gli occhi sgranati
dall’orrore e le mani premute sulla
bocca nel tentativo di reprimere un urlo, si era molto immedesimata
nella
storia così come spesso le capitava quando leggeva un libro
e riusciva a
provare le stesse emozioni dei personaggi di cui leggeva. Si
portò lentamente una
mano sul petto all’altezza del suo
di
cuore, le batteva così forte che ebbe davvero paura le
potesse scoppiare da un
momento all’altro.
“Sul
suo viso era
ancora impressa la sua ultima espressione, shock, orrore e tradimento,
gli
occhi vitrei avevano ancora quella muta domanda in sospeso.
Perché?
Le sirene non
hanno
un cuore, ne avevano dovuto rubare uno per poter forgiare lo strumento
del loro
potere, uno strumento fuso dal metallo delle sirene ed il cuore di un
umano,
talmente potente da reclamare il diritto su tutti i mari.”
Un lieve
venticello
fresco sferzò i capelli biondi di Elena che le finirono
contro gli occhi, si
accorse in quell’istante di avere le guance rigate di
lacrime. Si asciugò con
il palmo della mano in fretta e furia. “Che ne è
stato della famiglia della
ragazza e del suo sposo?”
“Skan
giurò di
vendicare la sua amata, era stata ipnotizzata e uccisa da quelle
creature senza
cuore, giurò su tutta la sua discendenza di sterminare le
sirene e ripulire la
terra da questi demoni
squamati.”
Quello che David
omesse di dire fu che Skan fondò la società
segreta dei cacciatori di sirene e
che per anni la sua tribù aveva dato la caccia a quelle
creature, le
catturavano le torturavano e le lasciavano bruciare alla luce del sole
senza
nessuna via di scampo, legate ad un palo dentro quelle pozze e lasciate
a
morire in quelle che diventavano le loro tombe.
“Ho
bisogno di fare
due passi” disse ad un tratto lei. Si alzò dal suo
ciocco e s’incamminò verso un
punto indefinito nel buio, voleva allontanarsi
dall’accampamento, scacciare le
immagini che le si erano presentate davanti agli occhi: la ragazza
senza il suo
cuore, le sirene impalate a morte. Come avrebbe potuto guardare quel
lago con
gli stessi occhi di prima adesso che sapeva?
La luce della
luna le
illuminava il sentiero, la foresta con tutti quei suoni non faceva che
alimentare le sue paure più profonde.
Schivò
due o tre
pozze d’acqua guardandole con impresse nella mente le parole
di David.
Tutto
lì attorno
parlava di morte.
Inciampando nei
propri piedi si fermò quando davanti a lei il paesaggio
iniziò a cambiare,
massi e un rumore d’acqua le si avvicinavano sempre di
più fino a che davanti
ai suoi occhi non comparve il lago.
Era ovale e
circondato
dalla tipica vegetazione da acqua dolce, qualche ninfea e pianta
acquatica lo
adornava, in lontananza si sentiva ancora il rumore della cascata che
poco
lontano defluiva nel lago.
Si affacciò sul lago, la sua immagine si riflesse sullo
specchio d’acqua.
Com’era
possibile
che un luogo così bello avesse in sé impresso
tanto orrore, tanto sangue?
Un rumore di
ramo
spezzato la fece distogliere dai suoi pensieri.
“Chi
c’è?” si volto
scrutando nel buio e quella che vide fu una figura familiare.
La figura fece
un passo
avanti.
“Non
dovresti
andartene da sola in giro di notte, è
pericoloso…”
Continua…
Ecco il link de:
L’Origine
del potere: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3459821
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Capitolo 24 *** Caduta Libera ***
Capitolo 24
caduta libera
“Chi
c’è?” Nel momento in cui aveva rivolto
quelle parole al buio fitto aveva sperato di trovarsi davanti una
persona
diversa da quella che invece le si presentò.
“Non
dovresti
andartene da sola, in giro, di notte, è
pericoloso…” Nick aveva le mani
sprofondate nelle tasche mentre le si avvicinava lentamente.
“Pericoloso…
che
puoi saperne tu del pericolo” Elena si rigirò
tornando a guardare davanti a sé.
“Ne so
molto invece
e so che ti stai cacciando in grossi guai…” le
sussurrò avvicinandosi alle sue
spalle.
La bionda si
voltò
come se fosse stata appena punta da una spina. Cosa intendeva dire con
quella
frase? Pareva avesse molti significati velati, così come le
ultime battute che
le faceva sottovoce ultimamente.
“beh,
andarsene in
giro da soli non mi sembra poi così pericoloso…”
“non
hai paura
nemmeno un po’ della foresta, del buio, degli animali che si
muovono di notte…
della leggenda del lago? Qualche creatura potrebbe uscire dalle acque
proprio
in questo momento e catturarti” le afferrò le
spalle come a volerla spaventare.
“no.”
gli rispose
scrollandosi via le sue mani piuttosto seccata. Nick mollò
la presa e si
sedette accanto a lei su un masso lì vicino, la scrutava con
occhi diversi,
quasi carichi di compassione, la bionda lo fissò a sua volta
cercando di
percepire dai suoi gesti il perché di quello sguardo,
sembrava quasi provasse
pena per lei e questo non le piaceva affatto.
“povera
Ayla eh?”
“già…”
sussurrò lei.
“se
solo si fosse
fidata di Skan. Se solo non avesse trovato il
lago…”
“forse
non c’entra
nulla il lago o Skan, forse doveva semplicemente succedere. E poi
comunque è
solo una storia” cercò di scrollarsi via quella
sensazione lei.
“già,
solo una
storia…” ripetè lui facendo perdere di
senso a quella frase.
“so
che questo
comunque non cambierà niente ma devo almeno
tentare” disse poi lui.
“cosa?”
era una
frase senza senso, detta poi così all’improvviso
non significava nulla, poi
d’improvviso lui le prese il viso e la baciò.
Non era un bacio
dolce, non che Elena fosse un’esperta in questo campo, aveva
baciato solo un
ragazzo nella sua vita, eppure tutto di quel contatto le sembrava
sbagliato,
Nick l’aveva avvicinata a sé con irruenza, aveva
unito la propria bocca con la
sua con presunzione, in un atto disperato. Dopo qualche istante di
shock, non
appena Nick tentò di approfondire quel bacio lei lo spinse
via facendo
risuonare nell’aria l’eco di un sonoro ceffone.
Si
alzò di scatto
prendendo quanto più possibile le distanze da lui. Negli
occhi aveva uno
sguardo carico di tradimento, le si era avvicinato con
l’inganno nel momento in
cui le sue difese erano così basse, si era approfittato
della sua vulnerabilità
e aveva fatto i suoi comodi.
Adesso la sua
frase
aveva un senso anche se non capiva il suo “almeno
devo tentare” a cosa si riferisse.
“cosa
credevi di fare?” lo guardò pungente
ormai sulla difensiva, il cuore le batteva fortissimo in petto, sentiva
l’adrenalina del momento riempirle ogni fibra del suo corpo.
Si
alzò rassegnato,
“niente di più di quello.”
“stammi
lontano
Nick,” fece un passo indietro. “non ho
più intenzione di perdonarti”
“tranquilla,
non ho
intenzione di chiedere perdono questa volta”
La sua sicurezza
la
spiazzò, dov’era quel ragazzo gentile che le
chiedeva scusa in continuazione,
sempre attento a quello che era meglio per lei, che non oltrepassava
mai (più o
meno) i confini che lei aveva imposto?
“indietro
non si
torna”
Il ragazzo dagli
occhi nocciola e i capelli scuri nella notte non era più
quello di prima, la
guardava con aria arrogante mentre sulla sua guancia iniziava a
comparire il
segno delle sue dita stampate a forza.
“stai
lontano da
me.” gli intimò lei.
Lo
guardò ancora
qualche istante, rimanere lì sola con lui non era una scelta
saggia, fece
qualche passo indietro tenendolo d’occhio,
all’improvviso si sentì davvero in
pericolo, andarsene in giro di notte da
sola, da sola con Nick,
questo sì
che era pericoloso, avrebbe potuto farle qualsiasi
cosa, nel folto della foresta nessuno l’avrebbe
sentita, non avrebbe avuto
via di scampo. Quel ragazzo era davvero pericoloso e lei per tutto il
tempo non
se ne era mai accorta, era finita in trappola.
Non poteva
credere
che per tutti quei primi giorni al campeggio lui non aveva fatto altro
che
fingere, che razza di persona poteva comportarsi così?
Il castano si
alzò
in piedi muovendo qualche passo nella sua direzione, la paura le
iniziò ad
attanagliare lo stomaco.
“voglio
la verità
Elena” la fissava intensamente con i suoi occhi nocciola in
cui divampava
rabbia.
“non
so di cosa tu
stia parlando! Sei matto!” arretrò sentendo sotto
i suoi piedi foglie e
ramoscelli che scricchiolavano, se avesse iniziato a correre in
quell’esatto
momento lui l’avrebbe raggiunta subito, doveva cercare di
prendere tempo,
doveva restare calma.
“so
cosa mi stai
nascondendo, niente giochetti. So che lo
stai coprendo”
“inizi
a spaventarmi
Nick.” Gli disse seria.
“ti
faccio paura?
Bene, se non vuoi dire niente al ragazzo gentile vediamo se riesco a
cavarti
qualche parola facendo lo stronzo.”
Elly
sgranò gli
occhi inorridita.
“sapevo
che era uno
sbaglio! Non dovevo venire a questo stupido campeggio! Non dovevo darti
una
seconda possibilità Nick! Le persone non cambiano, adesso mi
rendo conto che
per tutto questo tempo ti sei finto quello che non eri.”
Il ragazzo
continuava la lenta avanzata verso di lei, continuando il suo discorso,
ignorando le sue ultime parole.
“Non
hai nemmeno
lontanamente idea di quanto tu possa essere nei guai. So per certo che
c’è
qualcosa che non va, se non vuoi finire con il cuore strappato via dal
petto
sarà meglio che parli, ti avverto un ultima volta, dopo non ci lascerai altra scelta.”
Ancora un volta
Nick
parlava in maniera ambigua, ma non le sarebbe mai passato per
l’anticamera del
cervello l’idea di raccontargli qualcosa. Avrebbe protetto
Aris, a qualunque
costo.
“sei
completamente
uscito di testa! IO non sono AYLA!”
“non
potrò
proteggerti se continui a mentirmi” continuò.
“Proteggermi?
Se c’è
qualcuno da cui dovrei essere protetta quello sei tu!”
“e va
bene, adesso
basta giochetti.” Affrettò
il passo
cogliendola di sorpresa e le bloccò le mani spingendola
contro un tronco, in
quella posizione era completamente immobilizzata dal suo corpo.
“Lasciami
subito” sibilò lei.
“adesso
tu mi dirai
tutto quello che voglio sapere, altrimenti…nè per
te nè per tua madre ci sarà
perdono” la guardò da capo a piedi con
un’espressione che le fece accapponare
la pelle, avrebbe pianto e urlato se non fosse stata così
sotto shock da non
capire che tutto quello stava succedendo davvero.
“credimi,
non avrei
voluto finisse così ma tu non mi hai lasciato altra
scelta.”
Alle loro spalle
tutto era buio eppure Elena sentì dei passi nella loro
direzione, sperò non
fosse solo un animale o il vento ma che qualcuno, chiunque,
li avesse sentiti e stesse venendo verso di loro.
Sentì
la presa del ragazzo allentarsi lievemente colto alla sprovvista da
qualcosa
che evidentemente era comparso vicino a loro, gli scivolò
via scansandosi di
lato, nello stesso momento in cui si era divincolata vide passare una
figura
davanti a lei che sferrò un pugno dritto in direzione della
faccia del suo
aguzzino.
Non
riuscì a
trattenere un urlo di spavento mentre vedeva l’impatto e
sentiva un rumore di
ossa spezzarsi.
Era un nemico o
un
salvatore quella nuova figura?
Sarebbe toccato
anche a lei quel trattamento?
La figura le
afferrò
la mano trascinandola dietro di sé lontano da Nick.
“sai
Nick, è dalla prima volta che ti ho visto sulla spiaggia che
desideravo farlo.”
Quelle spalle
ampie,
il suo tocco leggero ma deciso, quel dolce tepore che emanava, come
aveva fatto
a non capirlo? Era alto, molto più alto di lei, non
l’aveva mai visto in quelle
sembianze, poi quel buio di certo non aiutava, ma la sua voce
l’avrebbe
riconosciuta fra mille.
“Aris…?!”
disse lei
confusa e sotto shock stringendogli la mano a sua volta.
Guardò
le sue spalle
i suoi capelli per scorgere qualcosa che le ricordasse Aris, che le
confermasse
che lui era lì.
“Ti
avevo avvisato una volta ma a quanto pare non sei così
sveglio come
mi aspettavo… questa è l’ultima volta
che metti le mani addosso alla mia
ragazza”
“Finalmente
ci
conosciamo” La voce di Nick uscì nasale
“sai, pensavo che questo momento non
sarebbe mai arrivato” lasciò la frase sospesa, “visto che in fondo, sappiamo entrambi
che non sei di queste parti... o
forse dovrei dire… di questo mondo?”
Attraverso
quell’oscurità Elena sentì Aris
trasalire, lei era in silenzio alle sue spalle
ma non poteva permettere che Nick gli parlasse a quel modo. Si protese
da
dietro le spalle del rosso senza lasciare la sua mano. “Nick
credo tu sia
completamente fuori strada, non perché tuo padre crede nelle
vecchie storie
questo vuol dire che siano vere!” gli parlò
tentando di ostentare tranquillità,
doveva convincerlo di essere pazzo e visto la sua determinazione
sarebbe stato
difficile.
“andiamo
Elena,
quanto ancora vuoi continuare con questa messinscena?” Nick
si teneva
goffamente le mani sul naso da cui fuoriusciva del liquido nero e
vischioso, sangue.
“noi
sappiamo tutto, l’abbiamo
sempre saputo sin dai tempi antichi. Quella, non
era solo una
storia.”
Mentre Elena
cercava
di assorbire le sue parole Aris lo fulminò con lo sguardo,
l’avrebbe picchiato
a sangue se solo non ci fosse stata lei ad assistere, quando lo aveva
visto
guardarla a quel modo, tenerle
serrati i polsi, minacciarla, non ci aveva visto più dalla
rabbia e gli si era
scagliato contro. Il suo piano, quello di avvicinarla non appena fosse
stata
sola era fallito, era uscito allo scoperto e di lì in poi
non poteva ipotizzare
quale sarebbero potute essere le conseguenze, in quel momento pensava
solo a
proteggerla; com’era giusto che fosse, come aveva desiderato
per tanto tempo di
poter fare.
“ed il
fatto che lui
ora è qui non può che confermare tutti i nostri
dubbi.” si mise sulla
difensiva, arretrando di qualche passo spaventato dall’aria
minacciosa del suo
rivale.
La tensione era
palpabile nell’aria.
“non
avvicinarti più
a lei o un naso rotto sarà il tuo ultimo problema”
Aris lo guardò in cagnesco.
“mi
stai
minacciando?!” lo sfidò quello quasi ridendogli in
faccia.
“si.”
Rispose
glaciale.
Elena aggrappata
alle sue spalle stava tremando.
“e
adesso vattene
prima che cambi idea e finisca quello che ho
iniziato…”
“oh,
mi spiace
dirtelo amico, ma questo è solo
l’inizio… la guerra è
cominciata.” Nonostante il
suo sguardo infuocato il castano dovette fare marcia indietro e
andarsene, li
guardava furioso ma capiva che quello non era il momento giusto per
colpire,
era in netto svantaggio e per di più il sangue continuava a
colare, forse gli aveva davvero rotto il naso.
Nick
sparì dietro le foglie e nonostante tutto, aveva un sorriso
sornione stampato
sulla faccia, nonostante tutto aveva
sempre avuto ragione, finalmente avrebbe potuto riscattarsi.
Non appena i due
ragazzi rimasero da soli Aris si girò lentamente verso la
ragazza, la sorresse
appena in tempo mentre le gambe le venivano meno. Elena combatteva
contro se
stessa, arretrò qualche passo allontanandosi dal suo
salvatore, dal suo ragazzo, la
paura, tutta quella storia
che le avevano raccontato, non era una storia, era tutto reale era
davvero
successo, sia Nick che i suoi genitori sapevano delle sirene e le
avevano
raccontato quella terribile storia per spaventarla, forse per metterla
in
guardia.
Lei si era sempre fidata di Aris così come Ayla si era
fidata del suo amato e
il suo amore le era costato la vita. Iniziavano a collegarsi nella sua
mente
tutti quei tasselli che prima le sembravano senza senso, il re che
voleva la
sua morte in realtà voleva il suo cuore, voleva forgiare un
gioiello che
avrebbe rafforzato il suo potere sugli oceani, ne era disgustata. E i
genitori
di Nick che ruolo avevano in tutta quella faccenda? La guerra era
cominciata,
non era possibile, la storia non poteva ripetersi… o forse
si?
“Ehi”
Aris si
avvicinò con le braccia aperte “sono io”
credeva che lei non lo avesse
riconosciuto.
“stai
bene?” cercò
il suo sguardo e quando l’incrociò vi lesse la
paura dentro.
“no,
per niente”
qualche lacrima per lo spavento iniziò a scendere dalle sue
guance.
Aris mosse
qualche
passo verso di lei con le braccia aperte per accoglierla. “Va
tutto bene, sei
al sicuro adesso.”
La paura, lo
shock,
quella storia, nulla di tutto quello aveva più senso. Troppe
domande le
affollavano la testa e non c’era nessuno a cui potesse
chiedere delle risposte.
Forse un'unica persona c’era ed era proprio lì
davanti a lei, se vi era anche
una piccola possibilità che tutto fosse
un’invenzione dei genitori di Nick,
doveva tentare e chiederglielo.
“non
c’è nulla di
più potente di un cuore innamorato, non è
così? Il cuore di una ragazza
innamorata ciecamente di un tritone, strappato dal petto per creare un
oggetto
che dominasse i mari. È tutto vero?”
La sua voce era
tremante, aveva bisogno che lui le dicesse di no, di sentirsi dire che
era
tutto falso.
“era
questo che
tritone voleva fare con me, voleva il mio cuore…”
disse più a se stessa che a
lui.
Aris
improvvisamente
fu come investito da una doccia gelata, per la seconda volta nel giro
di pochi
minuti lo vide trasalire.
Chissà
come Elena
era venuta a conoscenza di quella storia, non sapeva quanto sapesse dei
dettagli macabri ma sicuramente questo aveva incrinato la sua fiducia,
aveva
spezzato qualcosa nel loro legame glielo si leggeva negli occhi.
E quando le
rispose
che sì, era tutto vero, seppe per certo che era
così.
****
Elena crollò sulle ginocchia, sconcertata, impaurita.
“Non
può essere la
verità”
Aris era ancora
in
piedi, era incerto se avvicinarsi o meno, a questo punto non voleva
peggiorare
le cose standole vicino.
Lei
sollevò gli
occhi colmi di lacrime, “lei lo amava,
aveva rinunciato a tutto per stare con lui, il suo fidanzato, la sua
famiglia,
la sua terra!”
La bionda
ricordò il
colloquio con Re tritone, la proposta che aveva fatto ad Aris di
ucciderla, era
stata fatta la stessa proposta secoli fa a quel tritone che
l’aveva accettata
per ristabilire l’equilibrio delle cose, per il
potere…
Il ragazzo la
fissava impotente. Lei si asciugò le guance con il dorso
della mano, “vorrei
non averla mai sentita. Vorrei non conoscere la
verità.”
“il
popolo del mare
è una tribù meschina. Tritoni e sirene sono
senz’anima”
Elena lo
guardò
scioccata da quello che proprio lui aveva appena detto.
“non
dovresti
parlare così della tua gente.”
“vorrei
poterti dire che hai ragione ma molti di noi sono ancora agli
stadi primordiali, non tutti ovviamente ma solo una ristretta parte di
noi si salva.
Esseri senza scrupoli e bramosi di potere … questo
siamo.”
arretrò qualche passo, la ragazza ebbe la sensazione che da
un minuto
all’altro Aris potesse andare via.
“e a
quanto pare lo
sono anche io ai tuoi occhi.” Credeva che dopo tutto quello
che avevano passato
il loro legame fosse ormai consolidato, l’amava e non le
avrebbe mai fatto del
male, non le aveva detto nulla per tenerla al sicuro ma adesso capiva
che era
stato un grande sbaglio e che quell’errore gli era costato la
sua fiducia.
“discendo
da queste creature, che ti piaccia o meno nella nostra storia
ci sono stati episodi di questo genere.” Il suo tono era
amaro mentre le voltava le spalle.
“se vuoi stare con me dovrai fartene una ragione, la mia non
è la
classica famiglia felice, le mie radici sono affondate nel sangue e
prima che
tu me lo possa chiedere, sì, sangue di umani.”
Elena aveva
completamente perso l’uso della parola, in ginocchio
lì in mezzo alla radura
fissava il suo ragazzo con le spalle voltate verso un'altra parte dire
delle
cose terribili.
“Credevi
che tutte quelle storie sul nostro conto fossero storie
inventate? Le sirene non hanno sentimenti, non provano rimorso per
quello che
fanno, la nostra società è spietata, ed
è stata costruita con il sangue di voi
umani.”
Glielo aveva
detto,
sin dal loro primo incontro l’aveva messa in guardia su
quanto quel loro legame
fosse pericoloso, ma lei credeva fossero stupidaggini non ci aveva mai
creduto
realmente.
“Tu
non sei così. Io
non ho mai pensato queste cose di te” finalmente
trovò il coraggio di parlare e
di interrompere quel fiume di parole che la trascinavano sempre
più giù, come
una lenta caduta libera che non aveva una fine.
Il ragazzo dai
capelli rosso fuoco si voltò a guardarla e finalmente la
bionda potè vedere i
suoi occhi feriti “non hai più paura di
me…?” chiese retoricamente.
Era stata una
sciocca a pensare quelle cose? Eppure nel momento stesso in cui quei
pensieri
le si formavano in mente non le erano sembrati così
sbagliati, adesso vedere quanto
quelle sue domande l’avessero ferito
la
fecero sentire meschina, scorretta. E i suoi pensieri ritornarono
ancora a
quando lui le diceva quanto fosse pericoloso quel loro legame allo
stargli così
vicino, pensare che le sue dita si sarebbero potute conficcare nel suo
petto,
che le sue mani che tante volte l’avevano stretta potessero
diventare artigli
che le avrebbero potuto scavare il petto alla ricerca del cuore le
fecero
salire un brivido lungo la schiena.
La sua
esitazione fu
forse la risposta più eloquente.
“no”
tentò di dire
subito dopo
“eppure
i tuoi gesti
continuano a tradirti.” Le rivolse uno sguardo eloquente,
quella distanza che
ancora li separava, quei pochi passi sembravano ormai sormontati da un
muro.
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Capitolo 25 *** Fuga ***
Capitolo
25 Fuga
Aris
era lì, in
piedi davanti a lei, probabilmente ancora per poco, l’aveva
appena salvata da
un aggressione di Nick, rivelatosi più pericoloso di quel
che pensasse ma
adesso tra di loro si era innalzato un muro costruito con i pregiudizi
ed il
terrore per le nuove scioccanti verità di cui Elena era
venuta a conoscenza.
Aveva
sempre saputo
sin dal loro primo incontro, sin dalle sue ricerche in biblioteca che
le sirene
erano molto pericolose, adesso lei era completamente coinvolta in
quella storia
e doveva scegliere da che parte stare, non era ancora troppo tardi per
tirarsi
indietro, ed una voce che da piccola si faceva sempre più
forte nella sua testa
le diceva di scappare da tutto quello e dimenticare. Non sapeva in cosa
si era
andata a cacciare, qualcosa di molto più grande di lei e di
Aris, qualcosa che
affondava le sue radici in una vecchia faida che andava avanti da
secoli. Se
avesse scelto Aris, così come il suo cuore al contrario
della sua testa le diceva,
doveva correre il rischio che un giorno avrebbe potuto fare la fine
della
ragazza della leggenda, Ayla, il cui cuore le era stato strappato dal
petto
proprio dalla persona che amava di più al mondo.
“non
hai più paura
di me?” le ultime parole di Aris le risuonavano nella mente
mentre si chiedeva
se davvero avesse paura di lui. Non era più questione del
vederlo ferito o
meno, adesso spettava a lei capire se stessa, lui la sua scelta
l’aveva fatta e
aveva scelto lei, adesso toccava a lei scegliere se correre quel
rischio o
meno. Fidarsi di lui, delle sue parole e credere che l’amasse
davvero o fuggire
adesso che era ancora in tempo per evitare che le potesse strappare il
cuore,
per non convivere con quel tormento.
Si
alzò in piedi
inciampando nelle sue stesse gambe, lentamente mosse qualche passo
verso la sua
direzione fino a che non gli fu davanti, erano successe troppe cose
nell’arco
di quei pochi minuti, aveva bisogno di tempo per capire bene quale
scelta
l’avrebbe devastata di più.
Poi
proprio quando
stava per parlare lui l’interruppe. “credo sia
meglio che vada.” I capelli
rossi gli ricaddero sugli occhi rendendo la sua espressione
indecifrabile.
“no,
Aris, resta.
Torniamo insieme indietro.” Cercò il suo sguardo
sfuggente, voleva avvicinarsi
ma sentiva di non dover oltrepassare un determinato confine.
Il
ragazzo si portò
una mano alla testa. “ero preoccupato per te e sono venuto a
cercarti ma a
questo punto non sono più sicuro che sia stata la cosa
migliore da fare.” Mosse
qualche altro passo allontanandosi da lei, verso il sentiero da dove
era
venuto. “volevo dirti che io e Ursula stavamo bene,
l’inibitore ha funzionato
ma non sappiamo quanto tempo durerà
l’effetto.” Si voltò e
cominciò a camminare,
a quanto pareva reputava conclusa la loro discussione.
La
bionda cercò di
corrergli dietro ma lui si voltò, l’espressione
autoritaria ma ferita allo
stesso tempo.
“no, non seguirmi, ho bisogno di stare un po’ da
solo.”
E
a
quell’affermazione non potè ribattergli, si
fermò in mezzo alla foresta mentre
lo guardava scomparire tra le tenebre.
****
Ursula
lo aspettava
nel parcheggio dove vi erano le altre macchine, Aris in quei giorni non
si era
dato pace, aveva cercato delle cartine dei boschi della
città e aveva escluso
quelli troppo lontani e non attrezzati per
quell’attività chiamata campeggio,
un po’ per fortuna un po’ per caso aveva incontrato
una signora in biblioteca
che stava cercando un dépliant della zona più in
voga per l’estate, appunto
questo bosco nell’entroterra di Deep Alley.
Era
trascorso già un
po’ di tempo quando finalmente lo vide riemergere dal lato
opposto da cui era
partito. Il suo viso era scuro e la donna capì subito che
c’era qualcosa che
non andava.
Aris
entrò in
macchina e chiuse lo sportello con un sonoro rumore.
“l’hai
trovata?”
“Andiamocene”
“è
successo
qualcosa?” il suo sguardo corse alla sua mano che era sporca
di sangue “che hai
fatto alla mano?!” subito gliela prese per controllarlo
meglio, il suo istinto
materno si era fatto più forte man mano che aumentava il
tempo in compagnia di
Aris, il suo quasi nipote.
“tranquilla,
non è
mio quel sangue” la rassicurò lasciandosi sfuggire
un sospiro.
Ursula
lo lasciò
andare per poi accendere il motore della macchina, quando avrebbe
voluto
parlare lei lo avrebbe ascoltato.
“te
ne sei pentito?”
lei lo aveva messo in guardia, le cotte sono passeggere e forse lui
aveva fatto
il passo più lungo della gamba e aveva preso una decisione
affrettata.
“non
lo so. Non sono
più sicuro di niente adesso.” si portò
una mano alla fronte scostandosi il
ciuffo, poi si appoggiò al finestrino mentre guardava il
panorama attorno a sè
cambiare.
****
Lentamente
Elena
fece dietrofront e tornò sui suoi passi cercando di
orientarsi per trovare
nuovamente l’accampamento, avrebbe dovuto fare i conti con
Nick e la sua
versione dell’aggressione di Aris…
chissà cosa sarebbe successo di lì a poco.
Tra gli alberi una flebile luce prese a farsi sempre più
evidente fino a che
non arrivò all’accampamento, tutti erano seduti
attorno al fuoco proprio come
li aveva lasciati poco prima, su un tronco c’era seduto Nick
con un panno
bagnato sopra il naso intriso di sangue.
“ah
Elena eccoti
qui, per fortuna stai bene!” sua madre le venne incontro
sorridendole, sin da
subito capì che c’era qualcosa che non andava.
La
bionda rivolse
uno sguardo fugace a Marta e David.
Rachel
continuò a
parlare. “Il povero Nick ti era venuto a cercare ma ha preso
un ramo in piena
faccia! Con tutto questo buio non si vede ad un palmo di naso, menomale
che tu
stai bene”
Nick
le accennò un
sorriso fugace da sotto il panno strizzato.
Perché
l’aveva
coperta? Non aveva detto nulla dell’incontro scontro con Aris
e nemmeno che era
stato lui a picchiarlo.
“stai
bene Nick?”
superò sua madre e si avvicinò a lui per tentare
di capire cosa stesse facendo.
“si”
disse
abbassando il panno per farle vedere il segno rosso, fortunatamente non
sembrava esserselo rotto ma era comunque gonfio, gli si era spaccato
anche un
labbro per questo aveva perso così tanto sangue.
“era
un ramo
parecchio grosso” aggiunse guardandola dritto negli occhi.
“mi…mi
dispiace”
riuscì solo a dire lei, dopotutto lui l’aveva
minacciata però non poteva negare
che le dispiaceva vederlo in quello stato.
“dovresti
stare
attenta. Potrebbe colpire anche te.”
Ed
il suo messaggio
le arrivò forte e chiaro. Aris era pericoloso
così come lui le aveva fatto
intendere molte volte.
“vado
a dormire,
sono molto stanca.” Chiuse lì la discussione.
Salutò sua madre ed entrò nella
sua tenda.
Pensava
a molte
cose, sarebbe stato pericoloso rimanere ancora in compagnia della
famiglia di Nick?
Quanto effettivamente sapevano i suoi genitori di tutta quella
faccenda? Non
era un caso che David avesse tirato fuori quella storia delle sirene,
Elena
iniziò a sospettare che l’avesse fatto apposta,
anche se ancora le sfuggiva il
motivo di tutte quelle macchinazioni. Quando il ragazzo aveva parlato
al
plurale aveva fatto capire di non essere il solo ad essere interessato
alle
sirene e questo metteva sia Aris che sua madre in pericolo, avrebbero
potuto
catturare Rachel per arrivare tramite lei a lui. Forse doveva mettere
sua madre
al corrente di quella storia così da poterle dare modo di
difendersi, o forse
questo l’avrebbe messa ancora più in pericolo?
Si
rigirò nel suo
sacco a pelo fino a che non vide le luci dell’accampamento
farsi sempre più
fioche, probabilmente tutti erano già tornati nelle proprie
tende e si
preparavano a dormire.
“Elly?
Sei sveglia?”
un bisbiglio leggero le arrivò da fuori la sua tenda.
“Si,
entra.”
Elena
abbassò la
cerniera interna che chiudeva la tenda per fare entrare sua madre.
“che
succede?” le due continuavano a bisbigliare.
“non
lo so ma credo
che qualcosa non vada, che è successo davvero nella
foresta?” chiese sua madre.
“quando Nick è tornato i suoi genitori si sono
scambiati delle occhiate che non
mi sono piaciute per niente, e quando lui ha detto di aver sbattuto
contro un
ramo io non ci ho creduto nemmeno per un secondo ma visto che Marta e
David
sostenevano la sua bugia ho fatto buon viso a cattivo gioco…
suvvia non
penseranno che non abbia mai visto un pugno in piena faccia al
liceo??”
“mamma,
ci sono
delle cose di cui dobbiamo parlare… ti ho tenuto nascoste
delle cose ma adesso
tutto si sta complicando e…” qualche lacrima
riprese a scenderle dalle guance,
Rachel le accarezzò la testa.
“tesoro
mio, sai che
con me puoi parlare di tutto. Sono tua mamma e ti vorrò
sempre bene.”
“…credo
che… siamo
in pericolo.” Terminò Elena.
“ci
hanno portato
fuori dal sentiero in maniera tale da non poter tornare indietro senza
di loro,
ma ho come la sensazione che non vogliano affatto che noi
torniamo indietro.”
“ho
avuto una
sensazione simile anche io” confermò la madre.
“questa situazione non mi piace.”
“cosa
possiamo
fare?”
Le
due si guardarono
attorno, sembrava che tutti stessero ormai dormendo.
“andiamo
via.”
Sussurrò sua mamma.
“cosa??come??”
“prendi
tutto quello
che puoi portare nello zaino, cose importanti s’intende, io
farò lo stesso,
lasceremo tutte le cose più ingombranti qui come le tende e
quant’altro.”
La
bionda annuì
uscendo lentamente dal sacco a pelo, non dovevano fare troppo rumore o
la loro
fuga sarebbe stata scoperta.
“aspetta
10 minuti
dopo aver preparato tutto, poi esci dalla tenda, io andrò un
po’ prima per
sviare i rumori nel caso qualcuno si dovesse svegliare, ci vediamo alla
seconda
pozza che abbiamo visto prima di arrivare qui.”
Le
diede un bacio
sulla fronte.
“stai
tranquilla,
andrà tutto bene. Poi mi dovrai raccontare tutto
però…”
Lei
annuì di
rimando, non avevano tempo da perdere, abbracciò sua mamma e
richiuse la
cerniera una volta uscita.
Sarebbe
stato
davvero complicato ritrovare la strada per il sentiero specialmente di
notte.
****
Era
stata un’attesa
estenuante aspettare quei famigerati 10 minuti ma alla fine era uscita
dalla
tenda, era stanca e avrebbe preferito di gran lunga dormire ma visto
come si
erano messe le cose era meglio restare alzata ancora un po’ e
ritornare a casa
prima dell’alba.
Superata
la prima
pozza sapeva che tra non molto si sarebbe ricongiunta a sua mamma,
sperava solo
che tutto sarebbe andato bene… camminava silenziosamente per
il bosco cercando
di orientarsi con la luce della torcia e gli alberi che ricordava di
aver visto
durante la strada di arrivo. Poi d’un tratto vide qualcosa
adagiato ad un
albero, una sagoma scura che in un primo momento le fece pensare ad un
animale
selvatico, gli puntò la luce contro e quando lo riconobbe
quasi non riusciva a
crederci.
Cosa
ci faceva Aris
addormentato ad un tronco di un albero?
Appoggiò
la sua
torcia per terra, sedendosi accanto a lui.
“Aris”
lo scosse
delicatamente per svegliarlo, non sarebbe andata via sapendolo
addormentato
senza un motivo nel bel mezzo del bosco.
Si
scosse un po’ poi
lentamente aprì gli occhi.
“che
ci fai qui?” le
chiese con la bocca ancora impastata di sonno.
“potrei
farti la
stessa domanda” gli sussurrò preoccupata.
“perché stai dormendo qui? Non dovevi
andartene via?”
Aris
abbassò lo
sguardo imbarazzato ma non le disse nulla.
“va
bene, se hai
deciso di non parlarmi fa pure come vuoi, ma io devo andare
adesso.” gli
sussurrò alzandosi.
“dove
stai andando?”
le afferrò il polso costringendola a rimettersi a carponi.
“sto
scappando via
di qua. C’è qualcosa di strano e non intendo
rimanere per scoprire cosa sia!”
Il
rosso si alzò
prendendole la torcia dalle mani con fare sicuro.
“Andiamocene
allora,
ho sempre detestato i boschi” borbottò a bassa
voce.
Elena
sospirò ma in
fondo era davvero contenta che lui non se ne fosse davvero andato, non
aveva
avuto modo di pensare molto a quello che era successo poco prima, ma
era sicura
di poter risistemare le cose sapendolo lì con lei.
Gli
porse la mano,
come per dirgli – dai, andiamo – sperava che gliela
prendesse e dopo uno
sguardo scettico lo fece facendosi guidare verso l’uscita del
bosco.
****
“mamma?”
chiamò Elena
a bassa voce nel punto in cui avevano appuntamento.
Qualche
istante dopo
la luce di Rachel illuminò sua figlia che teneva per mano un
ragazzo.
“Elena
sei tu?”
I
tre si
avvicinarono, quando la luce della torcia di Rachel puntò
verso il ragazzo
quasi le venne un mancamento. Quel ragazzo sembrava il fantasma del suo
ex
marito.
“Eric?”
sibilò
confusa e attonita.
Aris
si sentì
stranamente in soggezione, era la prima volta che qualcuno lo
confondeva per
suo padre, di solito le sue somiglianze erano sempre riferite a tritone
o ad
Ariel.
“mamma?”
El si
frappose tra lei e il cono di luce che aveva abbagliato Aris.
“lui è…” la
ragazza si girò per guardare Aris, non sapeva cosa dire.
“oh, è una lunga
storia. Prometto che ti spiegherò, ma prima andiamo a
casa!”
Rachel
si scosse un
po’ da quel senso di shock che le aveva attanagliato lo
stomaco. “c’è un
problema Elly, sono 10 minuti che giro qui attorno e non ho idea di
come uscire
dal bosco” disse sconsolata la donna, l’ipotesi del
complotto forse non era
così folle, sembravano le avessero portate apposta in un
posto da dove non
sarebbero potute uscire.
“come?
Non ti
ricordi da dove siamo venute?”
“tutti
i sentieri
sembrano gli stessi” si giustificò Rachel.
“forse
posso darvi
una mano io, ho già fatto questa strada e ricordo come si
arriva al sentiero
principale e poi al parcheggio.”
Le
due lo guardarono
speranzose, era stata una fortuna trovare Aris lì. Ancora
con le loro mani intrecciate
il ragazzo puntò con sicurezza il fascio di luce della
torcia verso un sentiero
sulla sua destra, “sono certo sia di là,
seguitemi.”
Ed
i tre si
incamminarono nel bosco.
|
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Capitolo 26 *** Finalmente a casa ***
Cap 26
Finalmente a casa
Erano da poco
passate le due di notte, tutto taceva nel bosco tranne i passi leggeri
di tre
persone che stavano uscendo da quell’interminabile labirinto
di rami e alberi
in cerca della libertà.
Finalmente dopo minuti che parevano ore arrivarono tutti sani e salvi
al
parcheggio dove la loro disavventura aveva avuto inizio.
“oh,
cielo che
fatica!” esclamò Rachel “per fortuna che
c’eri tu Aris, credo che ci saremmo
proprio perse se non fosse stato per te”
Il ragazzo
sorrise
timidamente, era la prima volta che incontrava la madre di Elena,
l’ex moglie
di suo padre e non sapeva bene come comportarsi.
S’incamminarono
tutti e tre verso la macchina di Rachel parcheggiata lì
vicino, ma le brutte
sorprese non erano ancora finite quella notte.
“ma
che diamine…?”
Rachel si allontanò per guardare meglio la sua macchina
completamente fuori uso,
le quattro ruote giacevano completamente sprofondate a terra con
profondi
squarci che attraversavano la gomma da un lato all’altro.
“Credo
che tu abbia
ragione Elly… c’è davvero un complotto
sotto.”
“che
succede?” Aris
bisbigliò ad Elena.
“non
possiamo
andarcene con la macchina in queste condizioni! Non farà
nemmeno un metro,
siamo intrappolate qui” gli rispose lei sconsolata.
“noi
siamo venuti
qui con la macchina, magari vi possiamo dare un
passaggio…”
A quelle parole
Elena si voltò di scatto verso di lui, gli sarebbe saltata
al collo dalla
felicità se prima non fosse successo tutto quel trambusto
nel bosco.
“Mamma,
possiamo andare
via con la macchina di Aris,” Rachel si voltò per
guardare il ragazzo “si è
appena offerto di darci un passaggio.” Attese una sua
reazione.
“questa
notte sembra
non finire più…” sussurrò,
“non c’è altra scelta, domani
chiamerò un carro
attrezzi per venire a prenderla.”
Aris
indicò una
macchina parcheggiata poco lontano da lì facendo cenno di
seguirlo.
“spero
non ti
dispiaccia, ma sarebbe meglio se guidasse tua madre, sai…
non è che Ursula
abbia una vera e propria
patente…”rabbrividì pensando al modo di
guidare della
strega, era un miracolo essere arrivato vivo sino a lì.
Ad Elena gli
sfuggì
una risata, avevano litigato eppure era come se non fosse successo
niente
almeno apparentemente, questo le risollevava un po’ il
morale.
“Aris,
ne dobbiamo parlare…”
la bionda disse quella
frase più per se stessa che per lui, una sorta di promemoria
che però fece
comparire nuovamente quell’espressione imperscrutabile sul
volto del ragazzo.
“lo
so.” Ammise.
“vediamo prima di uscire da questa situazione ok?”
non lo voleva ancora ammettere
ma in cuor suo Aris sapeva che tutti quei guai erano causa sua, aveva
provocato
un certo trambusto da quando era arrivato sulla terra, e aveva messo in
pericolo Elena e adesso entrambi avevano i cacciatori
alle calcagna.
Arrivati alla
machina il ragazzo bussò sul finestrino svegliando Ursula
che stava riposando
accostata al vetro, in pochi istanti senza neppure una parola
avvenì una
discussione silenziosa, la donna si spostò sul sedile
passeggero per fare
mettere alla guida Rachel mentre i due ragazzi si accomodarono dietro,
c’era
tensione nell’aria.
Nonostante le
loro
mani rimasero intrecciate per tutta la durata del viaggio nessuno
osò fiatare.
****
L’orologio in cucina segnava le 4 e 15 minuti di notte,
Rachel aveva guidato
tutta la notte fino a casa, la stanchezza era tanta ma lei era stata in
gamba e
li aveva portati tutti sani e salvi sino alla casa sulla scogliera.
Parcheggiata la macchina nel vialetto Elena e sua madre erano scese per
aprire
casa mentre Ursula e Aris erano rimasti sulla vettura, non avevano un
posto
dove stare ed Elena sospettò che avessero passato le ultime
notti in auto.
“mamma,
dobbiamo
ospitarli per la notte.” La bionda guardò sua
madre mentre lasciava ricadere
pesantemente gli zaini sul divano d’ingresso in attesa di
essere risistemati il
mattino seguente.
Rachel si
portò una
mano alla testa con fare stanco. “è stata una
notte lunghissima e dopo gli
ultimi avvenimenti prima di fare entrare degli sconosciuti in casa mia
ci
penserò più volte…” alluse
in maniera fin troppo evidente alla fiducia che aveva
concesso a Nick e alla sua famiglia.
“loro
non sono degli
sconosciuti!” si arrabbiò lei e subito
capì che non era quello il modo di
prendere in mano la situazione. Sua madre si alzò
dirigendosi verso le scale
“sono troppo stanca per discutere Elena, và a
dormire.”
“Mamma,”
le afferrò
il polso sul corrimano delle scale e la inchiodò con lo
sguardo. “non hai idea
di quanto Aris abbia fatto per me, mi ha salvato così tante
volte la vita che non ho
abbastanza mani per
contarle tutte. Adesso lui e Ursula sono in macchina, stanchi come te,
distrutti, ma a differenza nostra non hanno un letto caldo dove andare,
semplicemente perché sono arrivati qui da poco e la prima
cosa che hanno fatto
è stata quella di venire a cercarmi. Se questa sera non ci
fosse stato con me
Aris a fronteggiare Nick, stai pur certa che io e te saremmo ancora in
quelle
tende pidocchiose in una condizione molto peggiore, l’ultima
cosa di cui ti
saresti dovuta preoccupare era di due sconosciuti che dormivano in casa
tua.”
Le parole della
figlia la lasciarono di stucco, non era mai stata così
determinata e non le
aveva mai parlato in quel modo, ma la risolutezza che leggeva nei suoi
occhi
non lasciava spazio ad ulteriori proteste, stanca e assonnata le fece
un cenno
con la testa.
“e va
bene, fai
entrare chi vuoi, ma per favore lasciami andare a dormire
adesso” le profonde
occhiaie sotto gli occhi imploravano un po’ di sonno ed Elena
fu felice di
sganciare il suo sguardo per correre fuori ed accogliere i loro ospiti.
Come aveva
immaginato Aris e Ursula si erano rimessi alla guida del veicolo ma
fortunatamente ancora non erano andati via, corse nel vialetto.
“ragazzi,
entrate. Non penserete che vi avrei fatto andare via ?” li
guardò aprendogli la
portiera, Ursula scese traballante.
Elena li
guidò in
casa e ad attenderli proprio in soggiorno c’era la bellissima
tela dipinta da
Eric che ritraeva Ariel. Aris rimase a guardarla impalato, Elena
pensò di
lasciarlo un momento solo quindi guidò Ursula verso la
stanza degli ospiti,
c’era un bagno e un letto comodo, le disse di riposarsi e che
l’indomani
avrebbero parlato di tutto.
“Ursula?”
prima di
richiudere la porta Elena le si avvicinò “ti
ringrazio per tutto quello che hai
fatto per Aris. Sono felice che possa contare su di te.”
La donna, ossuta
e
fragile dalla pelle pallida le strinse una mano con le sue dita scarne,
“non
lasciare che il luogo da cui proveniamo ti influenzi, ti vuole molto
bene, non
ferirlo.”
La bionda
annuì
assorta richiudendosi la porta alle spalle, era ovvio che Aris doveva
averle
detto qualcosa riguardo la loro discussione; quelle parole le
continuarono a
ronzare nella testa mentre scendeva in soggiorno a recuperarlo.
Era ancora in
piedi
ma stavolta più vicino al quadro, come se volesse entrarci
dentro, lo
analizzava minuziosamente. Il ticchettio dell’orologio
l’avvisava che il tempo
continuava a scorrere, si sentiva esausta.
“vieni,
puoi dormire
nella vecchia stanza di Eric… devo solo cercare la
chiave” si girò per avviarsi
nuovamente per le scale poi si accorse che lui non la stava seguendo.
“no,
preferisco
restare qui.” si girò facendo un cenno al divano,
interrompendo finalmente il
contatto visivo con il quadro.
Aris
arretrò qualche
passo e raggiunse il divano bianco.
“forse
si può
aprire, magari è un divano letto.” La bionda si
sporse per cercare il
meccanismo di apertura, voleva solo andare a dormire e sistemare Aris
al più
presto possibile. Il letto si aprì rivelando un morbido
materasso bianco
abbastanza ampio per far dormire almeno due persone, dai braccioli
laterali
comparvero due cuscini, il letto era pronto per l’uso.
Aris si sedette
constatando la morbidezza del tessuto sotto le dita, poi
fissò i suoi occhi
spaventosamente uguali a quelli del dipinto verso di lei, ponendo una
muta
domanda.
“resta
con me”
“se
mia madre scopre
che ho dormito con te mi uccide” gli rispose sussurrando ma
nonostante ciò si
sedette sul letto dall’altro lato.
“è
normale che tu
voglia stare il più lontano possibile da me adesso, visto le
ultime cose che
hai scoperto. Non si sa mai che durante il sonno ti possa strappare il
cuore.”
Ancora quel tono pungente e irriverente la colpì in piena
faccia.
“sai
che non si
tratta di questo” gli rispose lei, anche se effettivamente
non aveva pensato a
quella possibilità.
“Ah
si, davvero?” le
rispose scettico distendendosi con le braccia dietro la nuca abbastanza
spavaldo. Ma dove la trovava tutta quell’energia alle 4 e
mezza di notte?
“Aris,
avevo il
diritto di saperlo, dovevi dirmelo.”
Il suo volto che
prima
era rivolto al soffitto bianco adesso si era girato verso di lei, nella
penombra i suoi contorni apparivano misteriosi e seducenti.
“dirti
cosa? Che
nella mia famiglia i tritoni di ogni generazione hanno il compito di
strappare
il cuore di una ragazza umana per forgiare degli oggetti di
potere?”
“non
mi avevi detto
che era una tradizione di famiglia.”
Nessuno
aveva specificato che quella barbaria era una cosa legata alla famiglia
reale,
questo aumentava moltissimo le possibilità di morte, pensava
che potesse
succedere a qualunque tritone ed invece no. Ayla si era innamorata di
un
principe e lui le aveva strappato il cuore senza esitazione.
Aris si morse il
labbro,
un gesto appena percepibile ma comunque significativo, Elena nei suoi
occhi
lesse afflizione, poi lui distolse lo sguardo e tornò a
fissare il soffitto in
silenzio.
Un lieve rumore
di
molle e un peso sul materasso lo avvertirono della presenza della
ragazza che
lentamente si era distesa al suo fianco. Sentì il suo
respiro caldo sulla spalla,
si voltò a guardarla, si era distesa accanto a lui con il
viso accucciato nel
cuscino e aveva chiuso gli occhi.
“giusto
5 minuti”
gli sussurrò ad occhi chiusi iniziando già a
scivolare nelle braccia del sonno.
“ne riparliamo domani” non aveva né la
forza né la voglia di litigare ancora,
voleva solo dormire e riposare.
“volevo
solo
proteggerti.” Lo disse così piano che sembrava
più una frase rivolta a se
stesso che a lei, anche se il suo respiro regolare gli fecero pensare
che si
fosse già addormentata.
Appoggiò
la sua
fronte contro quella di lei e poi le posò sulle labbra un
bacio lieve e dolce
che sapeva di protezione ma anche tristezza.
“lo
so” bisbigliò
lei aprendo gli occhi stanchi per qualche istante. Il suo stupore nel
saperla
sveglia durò solo qualche secondo, si chinò
nuovamente su di lei e le diede un
altro bacio, più lungo e lento questa volta, poi entrambi si
addormentarono
cadendo in un sonno profondo.
*
Un raggio di luce entrava dalla finestra, la sera prima non aveva
chiuso le
tende e quella luce contro gli occhi adesso la infastidiva, si
girò dall’altro
lato del letto, l’orologio segnava le 10 passate eppure la
casa sembrava ancora
assopita. Si stropicciò gli occhi e notò che
aveva ancora i vestiti di ieri, si
era dimenticata di mettersi il pigiama, cercò di fare mente
locale su quello
che era successo, Aris che era ritornato sano e salvo da lei e la loro
rocambolesca fuga fino a casa. Già, ieri sera si era
addormentata in soggiorno
con Aris, ricordava di avergli promesso solo 5 minuti ma poi era
sprofondata
nel sonno vinta dalla stanchezza, non ricordava proprio di essersi
svegliata
per tornare in camera.
Battè
più volte le
palpebre, alzandosi fiaccamente, doveva essere stato lui a riportarla
in
camera, non voleva farle passare dei guai, nonostante la situazione
delicata
dello strappacuore il resto era tutto come al solito, oggi finalmente
avrebbero
avuto un po’ di tempo per loro, avevano tanto di cui parlare.
Fece una doccia
rapida districando i numerosi nodi che le aveva lasciato come regalo
d’addio il
campeggio e dopo una serie di amorevoli spazzolate ritornarono
finalmente lisci
e lucenti come prima. Fresca e pulita andò nella camera di
suo padre per
cercare qualche vestito pulito per Aris, sicuramente avrebbe voluto
farsi una
bella doccia. Trovò qualcosa che potesse andare, una
maglietta blu a maniche
corte e un pantalone a tre quarti, sperò potesse stargli
bene. Passò davanti
alla stanza di sua madre schiudendo la porta, come lei, dormiva
profondamente
ancora vestita, poverina era davvero esausta, decise di lasciarla
dormire
ancora un po’. Dalla camera di Ursula non provenivano rumori
ma non le sembrò
giusto entrare così tirò dritto verso il
soggiorno.
Non aveva avuto
ancora occasione di vedere Aris dormire, la sua espressione era
così angelica e
rilassata mentre dormiva sul materasso del divano, le ciglia scure
sembravano
lunghissime e tracciavano sul suo viso delle lunghe ombre che gli
sottolineavano gli zigomi alti, le labbra erano curvate in una posa
tranquilla,
non voleva svegliarlo perciò lasciò i vestiti
puliti sul materasso e proseguì
dritta verso la cucina dove aveva intenzione di preparare un ottima
colazione
per tutti.
Le frittelle
erano
pronte, la tavola apparecchiata come nei film, caffè, latte
e spremuta, la
verità era che non sapeva cosa mangiassero i tritoni
perciò aveva preparato di
tutto per non sbagliare.
“buongiorno”
Ursula
entrò in cucina con passo leggermente più deciso,
alla luce del giorno Elena la
potè scrutare meglio, rispetto la prima volta che
l’aveva vista sembrava stare
leggermente meglio, certo ci sarebbe voluto del tempo per riprendersi
del tutto
ma il suo colorito non era più grigiastro, sembrava aver
preso un po’ di colore
in più, gli occhi meno infossati, e le sue uniche due gambe
umane meno fragili
di quel che sembrassero.
“buongiorno”
la
salutò cordialmente lei. “ho preparato la
colazione, non so cosa voi mangiate
di solito…”
“oh,
sei stata sin
troppo gentile.” Si sedette al tavolo quella.
“oh no
invece. Credo
di non aver fatto abbastanza, voi siete arrivati qui ed io non
c’ero, non vi ho
aiutato quando ne avevate più bisogno ed invece siete stati
proprio voi ad
aiutare me e mia mamma in quelle brutte circostanze”
“ci
sono tante cose
di cui dobbiamo parlare…” le rispose la strega
versandosi un bicchiere di
spremuta.
“ho
promesso a mia
madre che le avrei spiegato tutto,” lo disse come se fosse un
affermazione ma
in realtà cercava la sua approvazione.
“credo
che sarà
difficile per lei capire tutto all’inizio, ma visto chi dobbiamo combattere ci
servirà tutto l’aiuto
possibile…” prese
un piattino mettendo del toast e del burro.
“mi
era sembrato di
sentire odore di caffè…” Rachel fece la
sua entrata in cucina avvolta
dall’odore del suo bagnoschiuma ribes e fragole, si era fatta
una bella doccia
anche lei per lavarsi la stanchezza di dosso, sembrava abbastanza di
buon
umore, e menomale visto le molteplici cose che avrebbe dovuto digerire
oggi, a
partire dalla presenza del suo ragazzo nonché il figlio del
suo ex marito…
“vado
a svegliare
Aris” disse mettendo l’ultima frittella nel piatto.
“ok
tesoro” Rachel
si sedette a tavola osservando meglio la strana donna che ieri era con
loro in
macchina.
Quella giornata
sarebbe stata ricca di importanti novità.
|
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Capitolo 27 *** Spiegazioni – Parte Prima ***
Cap 27
Spiegazioni – Parte Prima
Elena si
avvicinò al
letto dove Aris giaceva ancora addormentato.
“ehi,
ho preparato
la colazione” gli sussurrò a bassa voce
scuotendolo dolcemente, non lo voleva
svegliare in modo brusco.
“Aris?”
lo chiamò
ancora e il ragazzo sbadigliò aprendo lentamente gli occhi.
“buongiorno”
le
sussurrò con la voce ancora impastata di sonno.
I suoi occhi
lucidi
catturavano la luce del giorno e non appena si dischiusero fissarono
quelli di
lei per cercare di capire il suo umore.
“sei
ancora
arrabbiata…?” le chiese a quel punto.
Elena scosse la
testa facendo segno di no. “ne abbiamo passate tante,
supereremo anche questa”
gli rispose
Aris
cercò la sua
mano e poi la trovò, la strinse fra le sue e non ci furono
altre parole, ne avevano
davvero passate di tutti colori negli ultimi tempi, avrebbero
affrontato anche
questo piccolo scoglio.
Si alzarono ed
insieme si diressero verso la cucina.
“pronto
per questa
giornata impegnativa?”
“quando
vuoi” le
rispose sicuro di sé con la sua mano ancora stretta in
quella di lei.
*
“bene, adesso che siamo tutti riuniti possiamo parlare
schiettamente” Ursula
era seduta a tavola e stava imburrando un'altra fetta di pane tostato.
Rachel, la madre
di
Elena non sapeva ancora nulla di tutta quella faccenda né
che Aris fosse il
figlio di Eric, la ragazza voleva spiegarle qualcosa ma non proprio tutto, lanciò uno sguardo
disperato ad
Ursula sperando che capisse.
“si,
ci sono molte
cose da capire” aggiunse sua madre, “specialmente
perché una tranquilla gita in
campeggio si sia trasformata in un rapimento forzato.”
“vedi
mamma” Elena
interruppe Ursula prima ancora che potesse parlare. “non ti
ho detto proprio tutta
la verità riguardo al ragazzo che ho
conosciuto…” rivolse un’occhiata ad Aris
che era impegnato a mordere un biscotto con eccessiva disinvoltura.
“in realtà
lui è un parente molto stretto di Eric, il tuo ex
marito…”
La ragazza
tacque un
istante cercando di capire che effetto quella notizia avesse causato in
sua
madre.
Rachel
posò la tazza
di caffe che era rimasta sospesa a mezz’aria poi
iniziò a scrutare Aris.
“devo
dire che avevo
visto una certa somiglianza ma visto che ieri era molto buio non ci ho
fatto
troppo caso… e dimmi quanto stretto era il vostro
legame?”
I due ragazzi
rimasero in silenzio, a chi toccava dare l’infelice notizia?
“sono
suo figlio.”
Ammise infine Aris. Elena avrebbe voluto ringraziarlo a voce alta ma
quando
vide l’espressione sbigottita di sua madre capì
che forse era meglio tacere.
“suo…figlio?
Ma
come…com è possibile, quanti anni hai?”
“diciannove”
rispose
lui sicuro.
Rachel si
portò una
mano alla testa. “Eric non mi ha mai parlato di un figlio, io
non sapevo
nulla…”
“diciamo
che non
voleva che si sapesse della mia esistenza e di quella di mia
madre…”
“cosa
vuoi dire?”
Ursula Aris e
Elena
si guardarono, se Rachel era stata presa di mira dai cacciatori doveva
almeno
sapere il motivo.
“noi
siamo… diciamo
che abbiamo alcune particolarità di famiglia che ci rendono
emh… diversi dagli
altri.”
Rachel
guardò sua
figlia allarmata. “non avrai mica qualche morbo
rarissimo?”
La faccia seria
con
cui lo disse fece scattare Elena a ridere, era più forte di
lei. Si tappò la
bocca con la mano mentre Aris sorrideva a sua volta.
“beh,
non è proprio
una malattia, parliamo più di peculiarità fisiche
ecco…”
“oh
santo cielo
quanti giri di parole!” sbottò Ursula addentando
un biscotto precedentemente
inzuppato nel caffè.
“sono
sirene!” disse
nella maniera più autoritaria possibile.
Rachel
guardò tutti
e tre soffermandosi poi su sua figlia.
Un sorriso prese
a
comparire dalle sua labbra fino a che non si trasformò in
una risata; prese il
caffe che ormai si era raffreddato e ne bevve un altro sorso.
“ok,
l’ammetto,
questo è il miglior scherzo che ti sia riuscito Elena,
davvero ben congeniato,
ci avevo quasi creduto!”
Aris e Elena si
guardarono per un istante incerti se insistere con quella versione o
lasciare
credere che tutto fosse uno scherzo.
Rachel si
alzò e
mise la tazza nell’acqua del lavandino.
“bene,
se voi adesso
mi volete scusare devo fare una chiamata urgente al carro attrezzi,
qualcuno
deve andare a recuperare la mia macchina!” fece per uscire
dalla porta quando
si fermò sulla soglia per rivolgere ad Aris un ultimo
sorriso.
“è
stato un piacere
conoscerti, Aris, non appena
avrò un
po’ di tempo mi racconterai sul serio la tua storia, sono
davvero curiosa di
conoscerti.” E detto questo sparì in soggiorno.
Elena si
rilassò
sulla sedia.
“forse
è meglio
così.” Sussurrò.
“già,
non avrebbe
retto tutta la mole di informazioni che avremmo dovuto dirle, alle
volte è
meglio tenere le cose nascoste per proteggere qualcuno” disse
Ursula con tono
saggio.
Tenere le cose
nascoste per il bene di qualcuno. Ursula non
parlava solo di sua madre, anche lei doveva essere complice
di Aris e del suo silenzio.
“adesso
ragazzi,
visto che finalmente siamo soli e fuori da ogni pericolo
sarà meglio che vi
racconti quello che so… Aris credo che tu abbia avuto modo
di sentire qualcosa
riguardo i Cacciatori di Sirene.”
“si zia”
Era la prima
volta
che Aris la chiamava così.
“bene,”
La strega si
rilasso
sulla sedia e si mise a fissare il soffitto con lo sguardo assorto,
stava
cercando di riportare alla mente dei ricordi ormai sbiaditi.
“Elena,
hai avuto
modo di conoscere la storia dell’origine
dell’ostilità tra umani e sirene da
come ho capito.”
“in
realtà,”
l’interruppe subito Aris.
“vorrei
spiegarle
meglio come sono andate le cose,”
“capisco”
la strega
lo guardò intensamente poi decise di alzarsi dal tavolo.
“forse è meglio che riprendiamo
l’argomento più tardi, vi lascio parlare con
tranquillità, io andrò a riposare
in camera.” e come fece Rachel, dopo aver messo la tazza
nell’acqua uscì anche
lei dalla stanza lasciando finalmente i due ragazzi davvero da soli.
“ne
vuoi parlare
proprio adesso?” Elena si girò e lo
guardò seria.
“si.”
“va
bene, però non
qui, andiamo in un posto più sicuro” La bionda si
alzò e si diresse verso il
giardino, lì nessun’altro li avrebbe potuti
disturbare.
*
La giornata era
bella, il sole era già alto nel cielo, Elena e Aris si erano
seduti nel
giardino all’ombra di un albero per poter parlare meglio;
appesa al salice vi
era un’altalena di corda che molto tempo fa Eric aveva
costruito per lei, ma
forse in fondo si era sempre sbagliata, tutte quelle attenzioni non
erano per
lei ma per la vera famiglia che credeva un giorno l’avrebbe
raggiunto.
“non
so cosa ti è
stato raccontato, né quanto ci sia di vero nella loro storia
ma dammi la
possibilità di raccontare anche la nostra
versione.”
La ragazza
annuì
strappando dall’erba una margherita e rigirandola tra le
dita. Il ragazzo si
sedette sull’erba, incrociò le gambe ed
iniziò quindi il suo racconto.
“Aidan
fu il primo
principe ad avere dei contatti diretti con gli umani, ti
sembrerà strano ma è
tradizione che tutti i membri della famiglia reale abbiano un nome che
inizi
con la lettera A,
“ma
tritone…?”
l’interruppe subito lei
“tritone
ha sposato
Atena, lei era la principessa e quindi ha preso il trono da
lei.”
“quindi
lui non è un
membro della famiglia reale?”
“Tecnicamente
è
diventato re per matrimonio non per nascita, questo lo rende ancora
più
attaccato al potere…” Aris ripensò a
tutto quello che aveva sempre fatto e alle
sue azioni prive di scrupoli pur di raggiungere i propri scopi, le sue
mani
regnavano su Atlantica ma erano macchiate di sangue.
“Aidan
conobbe Ayla
per puro caso, il lago che hai visto è collegato dal mare
tramite un tunnel
sotterraneo o almeno lo era, non so se oggi è ancora
così”
“da
quello che ci è
stato raccontato lui la salvò dall’annegamento e
quasi subito per entrambi quel
giorno scattò un colpo di fulmine; Ayla era fidanzata con un
altro uomo ma era
sempre in viaggio e lei non sembrava amarlo, quando finalmente dopo
molto Aidan
le propose di scappare con lui e di portarla nel suo mondo per vivere
assieme,
la notte in cui loro si dovevano incontrare qualcosa andò
storto.”
“lui
ci ripensò e la
uccise” completò Elena.
“No,
non è così.
Ayla gli morì praticamente tra le braccia ma prima che
potesse esalare il suo
ultimo respiro Aidan le prese il cuore; voleva che restasse con lui per
sempre
e solo così ha potuto forgiare il primo anello dei sette
anelli, lei era pura
come nessuno e infatti Purezza d’animo fu il primo.”
Elena non
riuscì a
parlare, magari era vero che lui non l’avesse direttamente
uccisa ma comunque
strappare il cuore alla persona che ami per forgiare un
anello…
“a che
scopo fare
tutto questo?” parlò dopo qualche minuto ma nella
sua voce c’era ancora un
alone di sconcerto, la margherita che teneva tra le mani ormai era un
grumo di
foglie e petali. Si alzò per andarsi a sedere
sull’altalena.
Aris le si
avvicinò
cauto. “Il tridente del re senza quegli anelli non vale
niente, è come se fosse
un semplice bastone; è da quelli che deriva la vera origine del potere.”
“dimmi
di più,
spiegami, voglio capire.” Lo guardò dritto negli
occhi quasi implorando di
raccontargli la verità.
“Il popolo del mare in origine non aveva mai
avuto poteri sul mare, era solo un suo abitante così come
gli esseri umani
erano abitanti della terra. Le cose cambiarono quando Aidan
forgiò il primo
anello, da esso scaturiva un potere che sirene e tritoni non avevano
mai visto,
un potere che conferiva il dominio sull’acqua.”
“in
che senso
dominio? Cioè potevano comandare
l’acqua?”
“si,
indossandolo poteva ordinare all’acqua di fare qualunque cosa
volesse, le correnti potevano cambiare flusso, le maree crescevano o
diminuivano a suo piacimento, ma il suo potere per quanto strabiliante
era
limitato e vincolato al tridente, quello era l’unico oggetto
che permetteva di
incanalare i poteri dell’anello, senza di esso diveniva un
comune anello di
metallo.
I principi
successori al trono provarono di generazione in generazione
ad accrescere quel potere che gli era stato mostrato, uno alla volta
carpirono
un cuore puro e provarono a forgiare un anello, ma non tutti ci
riuscivano, i
cuori puri sono estremamente rari.”
“come
capivano se
una persona aveva un cuore puro?”
“oh
avevano delle
conoscenze tramandate da coloro che li avevano
“carpiti” ma nel caso in cui
prendessero …emh… il cuore sbagliato questi, una
volta scaldato nel fuoco
magico diventava cenere.”
Elena
abbassò il
volto coprendosi la bocca con la mano per non urlare o peggio, vomitare
dal
disgusto.
“se
gli anelli sono
solo 7 vuol dire che…non avete trovato così tanti
cuori puri, giusto?”
“sono
circa 50 anni
che non viene forgiato un nuovo anello e per quanto ne so io, arrivati
al
settimo anello nessun erede maschio è stato più
mandato alla ricerca di cuori
puri. Non so il motivo, forse negli ultimi 50 anni le discendenze sono
state
solo femminili… a pensarci bene non ne ho proprio idea del
motivo.”
“Perché
solo i
discendenti maschili possono forgiare anelli?” A quanto
pareva anche nella
storia delle sirene c’era un periodo di discriminazione
femminile.
“Beh,
il primo a cui
era stato conferito il potere era stato un tritone quindi si
è sempre pensato
che fosse un compito per i principi, a quanto pare riusciamo meglio a
conquistare la fiducia delle giovani umane”
La ragazza
abbassò
lo sguardo non per imbarazzo, non voleva far vedere ad Aris quanto le
sue
ultime parole l’avessero turbata. Il pensiero che i cuori di
centinaia di
ragazze fossero stati strappati da ragazzi altrettanto belli e
seducenti le
fece venire i brividi, come si poteva commettere un atto di tanta
crudeltà?
Rivolse lo
sguardo
verso l’orizzonte, quella linea bianca dove il cielo e il
mare si confondevano
sembrando un tutt’uno, non avrebbe mai immaginato che sotto
quell’aspetto così
calmo il mare nascondesse creature tanto crudeli.
“Tritone
li possiede
tutti?”
Aris
seguì il suo
sguardo
“Solo
4, gli altri
sono andati perduti, ti sembrerà strano ma ci sono cose che
nemmeno io so, e
l’argomento degli anelli è considerato molto
riservato.”
“però
perdere 3
anelli… se fossero stati davvero importanti il re avrebbe
fatto il diavolo a
quattro per recuperarli, o sbaglio?”
“forse
Ursula può
dirci qualcosa in più, sono sicuro che avrà
sentito qualcosa in merito”
Elena
parlò dopo
diversi minuti, si era chiusa in un silenzio tombale mentre rielaborava
la
storia che lui le aveva appena raccontato. Aris le diede una leggera
spinta per
fare oscillare l’altalena, la bionda puntò i piedi
per terra bloccando il
movimento, si sentiva rigida e tesa e... triste.
“Pensi
che l’abbia amata…?”
Aris prese fra
le
mani la corda dell’altalena pensieroso.
“credo
di sì, credo
che ne fosse davvero innamorato. Dopo quell’episodio ha
deciso che non si
sarebbe mai sposato, infatti alla sua morte il trono è
passato al fratello
minore.”
Lei
appoggiò la sua
schiena contro il suo corpo facendo un respiro profondo, aveva bisogno
di
solidità adesso, non era in grado di sentirsi
così spensierata da poter
dondolarsi nel cielo come nulla fosse.
Il suo sguardo
vagò
sulle mani di lui che tenevano la corda dell’altalena
sfiorandole le braccia, d’un
tratto sollevò una mano per incontrare la sua mentre i suoi
pensieri
continuavano a vagare immaginando le sue mani farsi artigli per scavare
nel suo
petto in cerca di un cuore.
Il ragazzo
l’aveva
lasciata fare in silenzio “non ti farei mai del male El, tu
questo lo sai
vero?” c’era disperazione nella sua voce e lei non
l’aveva mai sentito così.
Elena si
aggrappò
con entrambe le mani al suo braccio che adesso la cingeva le spalle. Vi
nascose
il suo viso contro incapace di rispondere.
Aris la cinse
anche
con l’altro braccio avvolgendola da dietro in un abbraccio
tormentato.
"ti prego, ho
bisogno di sentirtelo dire" il suo tono era supplichevole contro il suo
collo.
"Io"
iniziò lei "ho avuto davvero paura ieri, ho desiderato con
tutta me stessa
che tu fossi lì con me a proteggermi." Gli occhi le si
inumidirono, sbattè
più volte le palpebre per ricacciare indietro le lacrime.
Voltò
lo sguardo per
vedere Aris che aveva affondato il viso nei suoi capelli.
"ed io ti ho
ascoltato " le soffiò sui capelli.
"poi con tutta
questa storia degli anelli e di Ayla…” si
portò una mano sugli occhi per
cancellare le lacrime. “perdonami,” gli disse,
“ma mi ha davvero
sconvolto,"
Il ragazzo
lasciò le
sue spalle e con due rapidi passi le si mise davanti, Elena aveva
entrambe le
mani che le nascondevano il viso, voleva trattenersi ma le lacrime
continuavano
a scendere, la paura e l’orrore si erano mischiate in un
momento e il panico
aveva preso il sopravvento.
"per questo non
te ne volevo parlare " si inginocchiò davanti avvicinando
l’altalena dalle
corde, cercò il suo sguardo dal basso ma senza successo.
“volevo proteggerti da
tutto questo, ma a quanto pare sembra che io abbia fallito.”
concluse
abbassando nuovamente lo sguardo.
Dopo qualche
istante
la ragazza ritrovò un po’ di calma per poter
parlare, “non riesco a non pensare
a quanto la storia che mi hai raccontato su Ayla e Aidan somigli alla
nostra.
Sembra un incubo”
Passò
qualche
istante di silenzio, quella discussione sembrava interminabile.
“sin
dal primo
momento in cui ci siamo incontrati tu mi hai messa in guardia,
conoscerti è
stata la cosa più pericolosa della mia vita, adesso me ne
rendo conto.”
Aris che aveva
mantenuto lo sguardo verso il basso in un istante puntò i
suoi occhi azzurri
verso di lei, non capiva cosa stesse dicendo e dove volesse arrivare
davvero.
Elena posò le sue mani su quelle di lui che ancora
stringevano la corda,
“ma
per quanto pericoloso sia, non tornerei mai
indietro”
Il rosso
lasciò
andare la corda e strinse le sue mani mentre entrambi si alzavano in
piedi, tra
i due c’era un centimetro di distanza quando Elena
alzò un mano all’altezza del
suo cuore.
"…se
anche
dovessi strapparmi il cuore" iniziò lei.
Aris poggio una
mano
sulla sua guancia "questo non accadrà mai"
"avrai la
certezza che mi sono fidata di te fino al mio ultimo respiro"
sussurrò
commossa.
Il ragazzo non
aspettò più, la strinse forte a sè,
era la cosa più bella che avesse mai
sentito, con quelle parole aveva abbattuto quell’ultimo muro
di incertezza,
sapere che lei si fidava di lui lo rendeva in grado di poter affrontare
qualunque altra cosa. Si sentiva forte e pieno di energia come se
quelle parole
avessero avuto un effetto curativo sul suo spirito. Le prese il mento e
lo
avvicino alla sua bocca e le diede un bacio lungo e dolce mentre
l’aria
salmastra gli riempiva i polmoni.
"non
permetterò
più a nessuno di farti del male."
Lei
annuí.
"nemmeno io" rispose
con gli
occhi pieni di nuova vita.
“Elena,
i cacciatori
sono molto pericolosi ed è importante restare sempre in
guardia,” la sua voce
si fece seria e solenne.
“questo
lo so” gli
rispose lei sorridendogli.
“faranno
di tutto
per arrivare a te,”
“a me?
Perché? Non
gli ho fatto nulla!”
“perché
sei l’unica
che tiene in piedi tutto il gioco. Tritone farebbe di tutto per
riavermi, ed io
farei di tutto per te.
Se prendono te
hanno sotto scacco il re.”
|
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Capitolo 28 *** Gli anelli di Alimede - parte seconda ***
Cap 28 Gli
Anelli di Alimede
Quelle ultime
parole
l’avevano stupita, “Se
prendono te hanno
sotto scacco il re.” Non credeva di avere un ruolo
in tutta quella situazione,
sentiva che quelle verità che Aris le aveva rivelato non
erano ancora finite ma
facevano parte di un qualcosa di molto più grande e
c’era solo una persona che
poteva dissipare i loro dubbi e gettare un po’ di luce sulla
quella faccenda.
Ursula sedeva
comodamente
sul divano bianco in soggiorno con una tazza di fresco thè
al limone fra le
mani, le ampie vetrate le davano la possibilità di godere
della meravigliosa
vista sul giardino, un paesaggio dalle verdi sfumature brillanti per
lei
sconosciuto e che con avida curiosità adesso si ritrovava a
studiare.
Dalla
portafinestra
in vetro i due ragazzi, mano per la mano, entrarono nel fresco ambiente
interno.
“Ursula,
vorremmo
parlarti” ruppe subito il ghiaccio il ragazzo.
La strega
sorseggiò
il thè freddo, “che splendido giardino”
disse con il viso rivolto verso la luce
del sole “in fondo al mare non ci è possibile
godere di così bei colori
brillanti, guardate questi splendidi verdi accesi, questi fiori
così vivaci…”
si voltò verso i due ragazzi che adesso sedevano davanti a
lei su un divano del
medesimo colore del suo, non avevano smesso di tenersi per mano.
“scusatemi,”
disse vedendo i loro sguardi così seri
“è solo che se
ripenso ai miei lunghi anni di prigionia, a quelle pareti di roccia
grigia e ai
miei giorni che rischiavano di finire senza che io potessi godere di
queste
meraviglie quasi non mi sembra vero.” Si portò una
mano sullo zigomo per
cancellare la traccia di una lacrima che silenziosa le era scesa
giù dagli
occhi.
“beh,
siamo tutti qui per discutere di qualcosa di molto importante, se
non faremo qualcosa al più presto credo che il mondo
così come noi lo
conosciamo potrebbe cambiare…”
Un cubetto di
ghiaccio si mosse dentro al bicchiere e l’alone bianco di
freddo fu percepibile per un breve istante.
“adesso” lanciò uno sguardo ad
Elena “entrambi conoscete una parte
della
storia degli anelli, ma l’intera verità sono solo
in pochi a conoscerla, ed io,
per nostra fortuna, sono una di quelli.”
“quindi
questi anelli hanno un ruolo in tutta questa situazione?”
Elena
cercava di stare il più attenta possibile, sapeva che quello
che avrebbe
rivelato la strega sarebbe stato importante e non poteva permettersi il
lusso
della distrazione. Se davvero lei era così importante per i
cacciatori doveva
scoprirne il motivo e doveva trovare un modo per difendersi.
“sì
mia cara, come tutte le guerre anche questa sarà combattuta
per il
potere…”
“il
potere di cosa?” Intervenne Aris guardando confuso anche
Elena “ero
convinto che sotto ci fosse una faida tra popolo della terra e popolo
del
mare…”
“Mio
caro, caro Aris… sei ancora giovane ma avrai tempo per
imparare a
vedere tutto con occhi più chiari. La storia degli anelli
non si limita alla
storiella di amore che ci è stata tramandata,
c’è molto di più. Fidatevi delle
mia parole, io fui l’ultima maga di corte a conoscere la loro
storia e il loro
terribile destino e per questo devo ringraziare mia madre,
perché lei fu l’ultima
strega a forgiare l’ultimo anello di Alimede”
“quindi
questi anelli hanno finalmente un nome!” esclamò
soddisfatta
Elena, già stava pensando di andare su internet per fare
qualche ricerca.
“Lasciate
che io vi racconti quel che so.
Molto tempo fa, mia madre ed io vivevamo a corte ed io ero la sua
apprendista
maga poiché un giorno l’avrei succeduta con questo
importante compito, la magia
e l’alchimia sono cose che noi tramandavamo da generazioni,
ogni membro della
mia famiglia fu al servizio del trono e noi tutti ne siamo sempre stati
fieri.
Questo però fino al giorno in cui il primo cuore pulsante fu
portato dentro il
nostro bellissimo regno.
Il
principe Aidan era a conoscenza di alcune pratiche magiche
così
antiche che nessuno sapeva da dove davvero provenissero, ma noi maghe
di corte
sapevamo che dietro tutto quel mistero c’era un libro di
magia lasciatoci da Alimede
la prima sirena con attitudini magiche che fu la madre di tutti noi, la
capostipite del popolo del mare.
Quando
fu forgiato il primo anello si decise che il suo nome sarebbe
stato proprio quello, l’anello di Alimede, ma quello non fu
l’unico nel corso
dei secoli ad essere stato forgiato. Il libro sacro dove erano
contenuti i
procedimenti magici parlava di un rituale con sette anelli di cuor di
metallo e
quando finalmente arrivò il mio turno di custodire questi
segreti seppi
finalmente la loro origine e il loro vero potere.
Sette
dovevano essere gli anelli e forgiato l’ultimo il cerchio
sarebbe
stato chiuso, nessun tritone avrebbe più cercato di ottenere
cuori puri.”
I ragazzi
cercarono di metabolizzare la parole della strega, gli anelli
di Alimede, finalmente quegli oggetti avevano un nome e così
come Aris sapeva
ne esistevano solamente sette.
“ma
perché? Se vi erano ancora cuori puri perché non
continuare a
forgiare altri anelli?” Intervenne il rosso seguendo il
flusso dei suoi
pensieri.
“gli
anelli di Alimede come saprete, avevano il potere di dominare
l’acqua, ma il potere di ogni singolo anello aveva delle
limitazioni.”
“non
sapevo nulla di queste limitazioni” ammise Aris
“ti
farò una semplice domanda Aris,” La strega gli
sorrise dolcemente
come se stesse per spiegare ad un bambino delle elementari come fare
una
sottrazione.
“chi
è Tritone?”
“mio
nonno” ammise lui.
“e
oltre quello? Lui e quelli prima di lui?”
“erano
re, re di tutti gli oceani” ammise iniziando a capire.
“esattamente,
tutti. Gli
oceani o mari sono sette, noti qualche coincidenza?”
Il ragazzo
tacque mentre una nuova consapevolezza si faceva largo in
lui.
“sette
mari come i sette anelli” disse Elena cercando di esortare la
strega a continuare visto che lei ancora non aveva ancora capito.
“ogni
anello ha delle limitazioni in quanto non riesce a gestire il
potere su tutta l’acqua e quindi tutti i mari, il suo potere
viene legato al
posto in cui avviene il processo di estrazione.
Ogni cuore appartiene al posto in cui è stato preso ed il
suo potere si lega a
quel luogo. Ora provate ad immaginare cosa succederebbe se venissero
forgiati
sette anelli con sette cuori puri legati ai paesi vicini ai sette
oceani?”
“si
avrebbe il dominio su tutti i mari.” Dissero tutti e tre
quasi
nello stesso istante.
“bene,”
disse la strega sorseggiando dell’altro thè
“adesso vedo che
iniziate a comprendere l’importanza della
situazione.”
“ma in
tutto questo cosa vogliono da noi i cacciatori?” la bionda
guardò Aris e poi la strega non capendo ciò che
loro evidentemente avevano già
chiaro.
La strega
continuò a parlare “Se si possiedono tutti e sette
gli anelli
e s’incanala il loro potere nel tridente, il re ha il potere
di controllare
tutti i mari e può scatenare tempeste o cambiare le
correnti, prosciugare le
maree, invertire i flussi dei fiumi, persino provocare enormi
catastrofi sulla
terra. Il suo potere sarebbe enorme e nessuno potrebbe
fermarlo.”
“si,
ma il re non ha tutti gli anelli, io stesso ho visto che ne
possedeva solamente quattro,” intervenne Aris.
“prima
che venisse forgiato l’ultimo anello infatti avvenne una cosa
inaspettata, tre anelli furono rubati e anche quando l’ultimo
fu forgiato essi
non erano completi.
Qui mia cara
Elena la storia dei cacciatori di Sirene e la nostra si
intrecciano.”
“furono
i cacciatori a rubarvi gli anelli? Ma non è qualcosa di
impossibile?” Elena era seduta sul bordo del divano
completamente presa da quel
racconto. La storia che stava ascoltando era quanto di più
surreale avesse mai
letto in uno dei suoi tanti amati libri.
“I
cacciatori volevano il potere e così pensarono bene di
rubare gli
anelli che riuscirono a trovare, ma quello che non
sapevano…quello che
tutt’oggi loro non sanno è che solo un membro
della famiglia reale può usare
quel potere. Se anche un qualunque tritone o sirena prendesse in mano
il
tridente con gli anelli non avrebbe alcun effetto sull’acqua.
Gli anelli…i
cuori, dopo molti secoli riconoscono nel sangue reale qualcosa di
familiare che
ne sblocca il potere. Che riconoscano dopo tanto tempo il sangue di
colui che
hanno amato? Questo non saprei proprio dirvelo, va aldilà di
ogni mia
conoscenza e comprensione. ”
Aris
appoggiò la schiena al divano guardando per un momento verso
il
soffitto.
“c’è
sempre stata una forte ostilità tra i nostri
popoli,” continuò
Ursula vedendo Aris scosso da tutte quelle rivelazioni, poi si rivolse
ad Elena
come per giustificare quella seta di guerra che da tempo i popoli
nutrivano
l’uno verso l’altro.
“le
donne umane crescevano i nostri figli e i vostri uomini mettevano
al mondo i nostri, poi il potere ha corrotto questo mondo e
l’umano ha
inquinato la fonte della sua stessa vita, l’acqua. I
ghiacciai e le maree che cambiano,
liquami e rifiuti che vengono riversati nei nostri mari di continuo,
così
quando il primo anello fu forgiato qualcosa in tutto il popolo del mare
cambiò.
Avevamo il potere di far cambiare le cose, potevamo impedire che certe
azioni
si compiessero, sotto gli ultimi re si arrivò ad una grande
conclusione, senza
l’essere umano saremmo stati molto meglio.
Ma il nostro
popolo era ancora dimezzato visto le nostre barbare usanze
sulla riproduzione, l’idea c’era ma i tempi non
erano maturi, si doveva
aspettare ancora e cosa più importante bisognava radunare i
sette anelli per
avere un controllo totale dell’acqua.
Quando ci furono
rubati capimmo subito che qualcosa era cambiato, non
tutto il nostro popolo era unito contro gli umani, alcune fazioni erano
contrarie, loro volevano vivere con loro non senza. Gli umani
riuscirono a
mettersi in contatto con alcuni di noi, ottennero la loro fiducia come
noi per
tanti secoli avevamo fatto con loro e poi rubarono gli anelli in
possesso del
re e li fecero sparire.”
“è
terribile” sussurrò Elena. Non avrebbe mai pensato
che tanto odio
potesse portare a una cosa del genere, all’uccidersi a
vicenda, l’essere umano
aveva torto nei modi ma le ragioni che spingeva il popolo del mare a
fare
questo non erano altrettanto nobili.
“non
potevano essere forgiati degli altri? Insomma sarebbe stato
difficile trovare altri cuori puri ma comunque avrebbero potuto
no?”
Aris continuava
a pensare a tutta quella situazione, come avevano fatto
ad introdursi a palazzo e trafugare degli anelli che quasi sicuramente
erano
custoditi con la massima cura? Era questo quindi che il re tritone
aveva in
mente, recuperare gli anelli per uccidere gli umani?
“no
mia cara e questo è anche il motivo per cui forgiato il
settimo
anello nessuno fu più mandato in missione… una
volta che un cuore puro viene
forgiato e legato all’anello il suo potere è
collegato al luogo da cui
proviene, anche se venissero trovati e forgiati altri anelli il potere
del mare
rimane legato al primo anello creato, solo alla morte
dell’anello il potere
sarà libero di essere legato ad un altro.”
“i
cacciatori stanno cercando di ottenere tutti gli anelli per dominare
il mare e respingere i tritoni e le sirene, mentre il popolo del mare
vuole recuperare
quelli in possesso dei cacciatori e sterminare tutti gli esseri umani.
Mi
sembra di aver capito che nessuna delle due fazioni combatta per il
giusto…”
Elena stava rimettendo in ordine le sue idee.
“aspetta
un momento” Aris si raddrizzò sulla schiena e
guardò fisso
negli occhi la strega “hai appena detto che un anello
può morire?”
“si,
può essere distrutto ma anche se lo fosse se ne potrebbe
sempre
creare un altro… distruggerne uno non risolverebbe
nulla.”
“si
ma… se li distruggessimo tutti?” il ragazzo fu
preso da una
sferzata di energia, si alzò in piedi ed iniziò a
camminare per la stanza
sentendo che stava per arrivare un’idea geniale.
“Finchè
ci sarà il libro di Alimede e una strega con sufficienti
pratiche magiche potranno sempre essere ricreati.” Gli
rispose Ursula con
rassegnazione.
Anche Elena si
alzò in piedi, sentiva di essere vicino ad una
soluzione. “e se distruggessimo il libro?”
Ursula e Aris si
voltarono contemporaneamente a guardarla, poi il
ragazzo si avvicinò a lei e le avvolse il braccio sulla
spalla mentre lei
continuava a spiegare. “potremmo distruggere gli anelli e poi
distruggere il
libro, nessuno otterrebbe quello che vuole e eviteremmo la creazione di
altri
oggetti pericolosi come questi in futuro.”
Il ragazzo era
fiero dell’idea che Elena aveva proposto.
“è rischioso
ma è fattibile” le disse sorridendole.
Il volto serio
della strega del mare spense quasi del tutto il loro
entusiasmo. “Quegli anelli non hanno solo creato guai, delle
volte ci hanno
anche salvato in situazioni disperate… e poi distruggere un libro sacro sarebbe da folli e
irresponsabili. Quel libro ci è stato tramandato da
generazioni! Contiene magie
che noi possiamo solo immaginare”
“magie
pericolose…” aggiunse Elena.
Ursula
guardò dritto negli occhi Aris, era lui il principe spettava
a
lui avere buon senso “Aris non crederai che sia una buona
idea…? Da principe,
da futuro sovrano dovresti pensare a cosa è meglio per il
tuo popolo.”
Quelle parole
smossero qualcosa in lui, la ragazza lo sentì irrigidirsi
al suo fianco.
“La cosa che tu sai… era
custodita in quel libro, senza di quella noi…
tu…”
Il ragazzo perse
d’un tratto il colore in volto ma non disse una
parola.
“pensaci
su Aris. La decisione spetta
solo a te.”
Elena non era
d’accordo con quel che avesse appena detto la strega, non
era giusto che caricasse tutte quelle responsabilità solo su
Aris, principe o
meno tutti dovevano assumersi il peso delle proprie decisioni.
“ho
bisogno di un po’ d’aria…”
disse allontanandosi dal soggiorno,
improvvisamente quelle pareti gli sembravano troppo piccole in
confronto allo
sconfinato orizzonte sul mare.
“Aspetta
vengo con te.” Elena lo raggiunse alle spalle, si
fermò a
prendere le chiavi di casa dal cassetto nel mobile
dell’ingresso. “andiamo a
fare due passi.” Gli prese la mano e d’un tratto le
sembrò così fredda che
quasi le sembrò di toccare un cadavere.
“potremmo
andare verso il parco…” gli disse aprendo la porta
di casa.
“va
bene ovunque,” la guardò con occhi tristi e
pensierosi “purchè sia
lontano dal mare."
****
“com’è
possibile?!”
“ti
dico che l’ho visto mamma,
aveva due gambe e beh, i suoi pugni sono stati piuttosto
convincenti.”
Marta
si voltò verso David con aria sconvolta. “ma non
è possibile,
vero David? Non può! È un tritone non
può avere forma umana quando non è
stagione di accoppiamento!” il suo tono diventava di frase in
frase sempre più
isterico “non è così?!
Rispondimi!”
Ma
David era silenzioso, mentre sua moglie dava di matto girando
attorno all’accampamento come una furia lui meditava su
quanto fosse accaduto.
“tu
l’hai visto vero? Sei sicuro avesse una coda?”
Marta tornò alla
carica con suo figlio, l’unico che ancora era in grado di
parlare, era anche
stato lui quella mattina ad accorgersi che le due erano scappate
dall’accampamento.
“si
mamma, sono sicuro, l’ho visto!”
“Nick,
torna al parcheggio e vedi se la loro macchina è ancora
lì. Poi
usa il segnalatore che c’è nella nostra macchina e
chiama Lara.”
“Lara?
Ma sei sicuro sia una buona idea?”
Suo
padre alzò lo sguardo “lei è una dei
nostri. Dille di mettersi
sulle tracce di lui. Noi tre penseremo a
lei.”
Salve
ragazzi! Mi dispiace davvero tantissimo per il ritardo, ma non vi
preoccupate, questa storia avrà la sua degna conclusione!
Sono super indaffarata, ho anche iniziato un riaggiornamento delle
vecchie storie e sto cercando di destreggiarmi in troppe cose
contemporaneamente! Spero che il capitolo vi sia piaciuto e a presto :*
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Capitolo 29 *** Sotto Scacco ***
Cap 29 Sotto
Scacco
Era da poco
passato mezzogiorno nella calda cittadina di Deep Alley,
Aris e Elena avevano trovato riparo dalla calura estiva
all’interno del parco
in centro città dove avevano deciso di fermarsi per un
po’.
I due ragazzi erano seduti su una panchina in legno rigorosamente
all’ombra, faceva
molto caldo per un tritone che da poco aveva abbandonato la sua forma
per
diventare umano e le sue mani iniziavano ad apparire screpolate come se
quel
caldo lo stesse privando del resto dell’acqua presente nel
suo corpo.
Aris non aveva ancora detto nulla da quando aveva lasciato la casa di
Elena, e
lei aveva rispettato il suo silenzio non proferendo parola.
Le ultime parole
della strega gli risuonavano in mente come un disco
rotto, il fatto che lui fosse un principe e che spettasse a lui
prendere quella
decisione lo caricava di un ulteriore responsabilità, lui
avrebbe fatto a meno
di quel libro e avrebbe voluto distruggerlo così come aveva
proposto Elena, ma
quando la strega gli aveva ricordato che proprio
l’incantesimo che gli avrebbe
permesso di diventare permanentemente umano era stato scritto su quel
libro e
che lui stesso ne aveva avuto bisogno, il dubbio su quel che stesse
facendo
prese a tormentarlo.
Qual era la cosa
giusta da fare?
“Aris?”
la voce di Elena gli arrivò come un sussurro lontano.
“Aris,
ti senti bene?” la ragazza lo stava guardando con
un’espressione
preoccupata dipinta in volto, “non hai una bella
cera”
“Sto
bene tranquilla…” ma quando lui sollevò
la mano per
tranquillizzarla vide un orribile crepa nella sua pelle.
La bionda
fissò più attentamente il ragazzo, le sue labbra
stavano
diventando secche e anche la sua pelle sembrava si stesse trasformando
in
polvere.
“cosa
sta succedendo? Aris tu non stai affatto bene!”
“a
quanto pare sono queste le controindicazioni…”
sussurrò tra sè e sè
guardandosi le mani e studiando quel fenomeno. “Ursula ha
realizzato un
inibitore che ci rendesse umani, ma è un qualcosa di
temporaneo… per far sì che
diventi permanente bisogna realizzare un'altra
pozione…” il ragazzo si alzò con
fatica aiutato da lei.
“e
l’incantesimo di cui stiamo parlando era contenuto
originariamente
nel libro di Alimede, distruggendo il libro probabilmente
distruggeremmo anche
delle magie buone.”
E
così finalmente anche Elena adesso sapeva cosa tormentasse i
suoi
pensieri
“non
pensiamo al libro adesso, dobbiamo fare qualcosa per te prima che
questa situazione si aggravi” La paura iniziò ad
invaderla ma tentò di non
darlo a vedere, doveva mantenere la calma o non sarebbe stata di
nessuna
utilità.
Ma il suo
ragazzo si stava trasformando in polvere sotto i suoi occhi e
lei non aveva la più pallida idea di cosa fare!
“forse
se rientri in acqua potrebbe andar bene…”
“no,
l’acqua del mare è assolutamente vietata, se
qualcuno ci trovasse
non oso immaginare cosa potrebbe succedere.”
“c’è
una piscina pubblica non lontano da qui, potrebbe andar bene?
Certo ci sarà del cloro nell’acqua ma dovrebbe
andar bene se non respiri
sott’acqua”
Mentre lei
parlava Aris si sentiva sempre meno in forze, “va bene,
proviamo” e così con grande fatica, passo dopo
passo i due s’incamminarono
verso la piscina pubblica.
****
“Buongiorno,
mi servono due set da piscina”
Elena aveva
lasciato Aris a sedere su una poltroncina mentre si dirigeva
verso il bancone per iscriversi e comprare anche il necessario visto
che non
avevano praticamente nulla e di certo non ci si poteva fare il bagno in
biancheria.
“solo
un momento” le risposte la signorina mentre andava a prendere
tutto l’occorrente, dopo qualche istante tornò con
un borsone dove dentro vi
erano costumi, scarpe e asciugamano.
“ho
aggiunto anche dell’acqua, il tuo ragazzo non sembra stare
molto
bene…” Elena si girò e vide Aris con la
testa appoggiata al muro e gli occhi
socchiusi.
“soffre
molto il caldo, dopo una bella nuotata in piscina starà
molto
meglio” le rispose pagando il tutto.
O
almeno, spero che funzioni.
Pensò fra sé e sé.
****
Superando la
reception si accedeva ad un grande spazio aperto con al
centro una grande piscina piena di acqua cristallina ed azzurrissima,
fortunatamente
non c’erano molte persone, colpevole il mare vicino che
rubava tutti i potenziali
clienti che potevano fare il bagno nell’acqua gratis
anziché pagare per una
piscina artificiale.
“Aris,
e se entrando in contatto con l’acqua ti ritornasse la
coda?”
“ci
avevo pensato anche io, ma è un rischio che dobbiamo
correre… non
credo di poter resistere ancora per molto…”
I due ragazzi si
avvicinarono nel posto meno affollato di tutti, un
angolo semi vuoto con alcune sdraio dove poterono mettere le loro cose
e stare
in tranquillità.
“potrebbe
darti un po’ fastidio il cloro…” Elena
stava uscendo la sua
asciugamano per sistemarla sulla sdraio.
Il ragazzo
fissava l’acqua di un innaturale colore azzurro chiedendosi
quale sensazione avrebbe avuto toccandola,
“Preferisci
entrare piano o in un sol colpo?” chiese lei venendogli
vicino
Aris si
girò a guardarla. “non sono tipo da entrare piano,
adesso o mai
più.”
Dopodiché
si slanciò e fece un tuffo davvero magnifico, Elena non
rimase certo lì ferma ad aspettare, prese slancio e anche
lei si tuffò subito
dopo di lui. Fortuna che non c’era nessuno vicino
perché bagnarono mezzo lato.
Elena riemerse
quasi subito e mentre cercava di vedere dove fosse
finito Aris vide una ragazza in lontananza che la stava salutando.
Chi era? Una
compagna di classe? Eppure non le sembrava un volto
conosciuto. Si avvicinò al bordo per guardarla meglio, la
ragazza aveva un
asciugamano tra le mani e non c’era alcun dubbio sul fatto
che stesse venendo
verso di lei.
“Ciao!”
la salutò non appena fu abbastanza vicina, era alta e
slanciata, troppo magra per i gusti di Elena, anzi troppo magra per i
gusti di chiunque,
capelli lunghi e scuri e due occhi verdi che le sembravano familiari.
“ciao”
la salutò lei incerta.
“non
ti ricordi di me … vero?” la ragazza
aspettò per qualche istante,
dopo proseguì “ma certo, come potresti, ci siamo
viste solo una volta
dopotutto… sono Lara, una tua compagna di classe.”
Adesso le stava
tornando qualcosa in mente, era una ragazza che aveva
visto solo una volta, era stata gentile con lei e le aveva raccontato
di essere
sempre all’ospedale per dei controlli medici.
“scusami
Lara… sai sto ancora cercando di ambientarmi e poi ti
confesso
che non sono affatto una buona fisionomista…”
tentò di giustificarsi lei.
“io
invece riesco a ricordare subito un volto anche se lo vedo una sola
volta” le sorrise gentilmente ma Elena percepì del
risentimento nella sua voce.
Aris emerse
accanto a lei all’improvviso. “certo non
è come il mare
ma…” si interruppe bruscamente vedendo che Elena
non era più da sola, con lei
c’era una ragazza umana.
“è
un tuo amico?” chiese subito Lara.
Elena si accorse
che la sua compagna aveva preso a squadrare Aris come
se ne avesse dovuto dipingere un ritratto tanto era concentrata.
“no,
il mio ragazzo è venuto a trovarmi per le vacanze”
rispose secca.
Aris guardava
quella ragazza dai lunghi capelli neri con sguardo
vigile.
“Sei
un’amica di Elena? Anche tu qui per fare un bagno in
piscina?” la
squadrò dall’alto in basso, la sua pelle non aveva
un colorito sano come quello
di Elena, era un grigio pallido quasi malsano.
“oh no
no, io preferisco di gran lunga il mare alla piscina.”
Il ragazzo la
guardò per un lungo momento, c’era qualcosa di
strano in
quella ragazza, ma non riusciva bene a capire cosa fosse.
“adesso
sarà meglio che io vada, non voglio disturbarvi”
La ragazza
sorrise enigmaticamente ad entrambi e senza aspettare che le
rispondessero
voltò le spalle e si incamminò verso
l’uscita.
Elena
guardò Aris.
“un
tipetto strano” aggiunse lui.
La bionda
annuì, poi prese a nuotare accanto al ragazzo,
fortunatamente
sembrava stesse meglio.
“dai,
non guardarmi in quel modo, sto bene!” le disse.
“hai…hai
provato a respirare sott’acqua?” Nemmeno a lei
piaceva molto
la piscina, faceva un gran fatica a rimanere a galla e se non stava
attenta in
qualunque momento poteva inghiottire un po’ di
quell’acqua amara.
“no,
preferisco non rischiare, ma sto molto meglio adesso, te lo
giuro”
le sorrise tentando di rassicurarla.
Si avvicinarono
alla zona dove si poteva toccare il fondo con i piedi,
Aris non era abituato a nuotare senza coda e a dir la verità
lo trovava molto
più faticoso e improduttivo. Muoveva le gambe su e
giù ma riusciva a stento a
restare a galla, Elena in confronto era veramente molto brava non
avendo la
coda.
“stavo
pensando a quello che avevi detto poco prima”
iniziò lei
avvicinandosi ad una zona della piscina dove l’ombra degli
alberi creava un
angolino discreto. “magari Ursula ha ragione, distruggere un
libro come quello
può essere sbagliato, ed in più se ci sono delle
magie buone sarebbe quasi un
crimine.”
Il rosso
l’ascoltava, lui non aveva fatto altro che pensare a quello
per tutto il tempo. Fu felice di sapere che anche lei la pensava come
lui.
“però
potremmo trovare una soluzione, potremmo distruggere tutti gli
anelli così che nessuno possa usarli e poi potremmo
distruggere solamente
alcune pagine del libro dove questa magia viene spiegata. Che ne
pensi?”
Aris la
guardò, in realtà non aveva valutato
quell’ipotesi ma
probabilmente era l’idea brillante che stava cercando. La
cosa a cui non aveva
pensato era come riunire tutti gli anelli.
“si,
hai ragione potrebbe funzionare.”
Elena sorrise,
era felice che la sua idea fosse stata utile.
“però
ci sono alcune complicazioni in questo piano…”
appoggiò le
braccia contro le piastrelle che delimitavano il bordo piscina,
l’acqua
continuava a muoversi increspata dal vento simulando quasi un vero e
proprio
movimento.
“come
sai noi non abbiamo tutti gli anelli in nostro possesso e
bisognerebbe rintracciare anche quelli portati sulla terra”
La ragazza
incrociò le braccia contro il bordo, prese a fissare
l’acqua
che veniva risucchiata nella grata in cerca di un'altra buona idea, che
però
non arrivò. “è
complicato…” ammise alla fine.
“E
riguardo al libro, solo il re sa dove si trovi esattamente.”
“nemmeno
Ursula ha qualche idea?”
“che
io sappia, l’informazione viene tramandata in punto di morte
al
futuro sovrano, però potremmo sempre provare a
chiederglielo, magari ha sentito
qualche pettegolezzo o si è fatta un idea di dove possa
essere”
Un pensiero poco
felice gli attraversò la mente. “ciò significherebbe…” il
ragazzo prese una
pausa, era difficile anche solo pensarlo, figurarsi a dirlo. Sin dal
primo
momento in cui si erano incontrati lui ed Elena avevano avuto momenti
di alti e
bassi, quando credevano di poter stare finalmente insieme qualcosa
puntualmente
sconvolgeva tutti i loro piani. Persino stavolta.
Lei lo
guardò in attesa.
“significa… che dovrò
ritornare
ad Atlantica” concluse lui.
Il silenzio
calò in un istante, adesso solo il rumore
dell’acqua che
sbatteva contro le grate e il lento frusciare delle foglie faceva da
sottofondo
ai loro pensieri. Tutta la fatica che avevano fatto, tutte quelle prove
che
avevano affrontato per stare insieme, lui che era persino diventato
umano per
stare con lei. E adesso? Ora si scopriva che per adempiere a quel
compito lui
doveva tornare tritone, avrebbero dovuto separarsi ancora e
chissà per quanto
tempo.
Quegli stessi
pensieri avevano preso a turbinare nella mente di Elena come
uragani impazziti. Lei quel pensiero non l’aveva minimamente
sfiorato. Aris era
diventato umano, ormai loro due sarebbero rimasti insieme e questo era
quanto.
No invece. La storia non era ancora finita, lui avrebbe dovuto
andarsene di
nuovo, e lei che lo amava moltissimo avrebbe dovuto lasciarlo andare.
Si guardarono
per un momento ma subito scansarono lo sguardo quando
lessero negli occhi dell’altro le medesime emozioni.
“non
c’è altra scelta” disse lei quasi
rassegnata. Avrebbe voluto porre
quella frase come una domanda ma nel momento stesso in cui
l’aveva formulata si
era resa conto che sentirselo confermare da lui sarebbe stato peggio.
Aris si
avvicinò e l’abbracciò.
Il suo corpo le
sembrava così familiare, quante volte l’aveva
abbracciata, sorretta, trasportata, protetta. Troppe, ma mai abbastanza.
“non
potrai più tornare umano?” aveva paura di quella
domanda, aveva
paura di quello che lui potesse risponderle.
Il ragazzo
appoggiò la sua testa contro la sua spalla, poteva sentire
il suo profumo così vicino, la sua pelle bagnata era tutto
quello di cui aveva
bisogno in quel momento. Perché la vita li stava dividendo
di nuovo?
“Nessuno
a parte il re sa dove sia quel libro. Potrebbero volerci anni
per trovarlo. Tu capisci che prima di
allora noi…non potremo stare insieme fino a che
tutto questo non sarà
finito.”
Elena si fece
seria, l’aveva appena potuto riabbracciare, perché
dovevano dividersi ancora? Perché lei non poteva fare nulla
per quella
situazione? Si sarebbero potuti vedere, magari una volta al mese nel
loro
piccolo angolo segreto sulla spiaggia o in cantina, ma stare
così tanto
separati sarebbe stata una tortura.
La bionda
sollevò il capo, Aris vide che aveva gli occhi rossi e
sapeva
che lui ne era la causa.
“Come
faremo con Tritone? Io non voglio perderti” Una lacrima le
scese
dal viso. “ma so anche che tutto questo è
necessario…” Aris le posò una mano
sulla guancia e le asciugò le lacrime che stavano scendendo
dal suo viso.
“mi
sento così inutile” ammise lei. “ma se
c’è una cosa che posso fare
è proprio questa, darti tutto il mio appoggio
Aris.”
Lui la
guardò per un istante, silenziosamente la
ringraziò per quello
che gli aveva detto, perché stava facendo molto
più che lasciarlo libero di
andare, gli stava dando la forza per
farlo.
Nemmeno lui
sapeva a quanti pericoli sarebbe andato incontro eppure, il
solo pensiero che Elena sarebbe stata sempre lì per lui ad
aspettarlo e
supportarlo gli infondeva coraggio. Tutto era meno spaventoso con lei
al suo fianco.
Si
chinò sulle sue labbra e la baciò.
“grazie” Le disse semplicemente,
“perché se tu avessi
detto anche una sola
parola io non l’avrei mai fatto.”
Elena lo
guardò tristemente. C’erano delle cose che
andavano fatte e
non sempre la via più giusta era anche quella più
facile da seguire.
Mentre annuiva
al suo tritone di una cosa era assolutamente certa.
Lei
non gli sarebbe stata di ostacolo.
****
Il rosso
attendeva in piedi la ragazza davanti all’ingresso della
piscina dove erano appena stati, Elena stava ancora finendo di
cambiarsi dopo
la loro nuotata e gli aveva detto di iniziare ad andare avanti, non
c’era da
biasimarla se lei volesse stare da sola qualche istante per ricomporsi,
per
quanto avesse voluto sembrargli forte e decisa, nonostante le lacrime
traditrici, era ancora sconvolta dalle ultime conclusioni che avevano
raggiunto.
D’un
tratto una voce lo raggiunse alle spalle “ci
si continua a rivedere…”
Ancor prima che
lui si potesse girare qualcosa lo colpì violentemente
alla testa, poi tutto divenne buio.
|
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Capitolo 30 *** Faccia a faccia ***
Cap 30 Faccia a
faccia
“Aris?”
La voce di Elena
appariva
confusa. Era sicura di avergli detto di aspettarla davanti
all’entrata della
piscina, eppure, dov’era finito Aris?
L’aveva
chiamato più
volte ma di lui non vi era più traccia.
Puff. Sparito nel
nulla.
La bionda
iniziò ad
avvertire una familiare ansia stringergli lo stomaco ma
tentò di ricacciarla
tornando in piscina per chiedere a qualcuno sue notizie. La ragazza
alla
reception le disse che sì, si ricordava di quel ragazzo e
che l’aveva visto
uscire poco prima di lei.
La ragazza
uscì
nuovamente dalla piscina e si andò a sedere su una panchina
proprio lì vicino,
aveva una sensazione negativa di tutta quella faccenda, Aris non
sarebbe mai
sparito così nel nulla senza prima avvisarla, no,
c’era qualcosa che non
andava.
Prese il suo
telefono e digitò il numero di casa, Ursula avrebbe potuto
dirle qualcosa
magari, e nell’attesa in cui magari Aris sarebbe potuto
ricomparire, lei poteva
descrivergli il piano che avevano congeniato proprio qualche minuto
prima e che
prevedeva la distruzione di solo alcune pagine del libro di Alimede.
Il telefono
squillò
parecchie volte prima che Ursula rispondesse.
“Ma
come si fa a far
smettere questo coso di suonare… ah ecco!”
“Pronto?
Ursula!” Elena
aveva scordato che Ursula era una creatura marina e che forse,
poteva avere dei problemi ad usare la tecnologia umana.
“Avvicina
il
telefono all’orecchio!” gridò la bionda.
“Il
telefono?
Sarebbe questo aggeggio?!” si sentì un formicolio
dall’altra parte.
“Pronto!
Ursula!
Sono Elena, parla per favore!”
“Oh!
Elena sei tu?
Riesco a sentirti adesso, ma tu mi senti?”
“Sì,
ti sento
Ursula. Ho chiamato perché è successa una
cosa.”
“Cosa
è successo?”
la voce dall’altra parte si agitò.
“Aris
è scomparso,”
disse mestamente Elena.
“Non
sei riuscita a
trovarlo? Credevo foste usciti insieme prima.”
“Sì,
siamo usciti
insieme e a dir la verità si è sentito male,
credo che si fosse disidratato
così l’ho portato in piscina.”
“Disidratato
dici?
Ho avvertito qualche sintomo simile anche io.”
Rifletté la strega, lei però non
si era sentita troppo male, sarà che la lunga prigionia
l’avevano abituata al
dolore…
“Beh
se ti dovessi
sentire male riempi la vasca e fai un bagno, lui si è
sentito subito meglio.”
“Avete
fatto il
bagno?”
“Sì,
ma non ti
chiamo per dirti questo, abbiamo trovato una soluzione per quella cosa
che tu
sai…” disse lei vaga.
“Oh ma
è fantastico!
Cosa aspettiamo allora, tornate subito a casa così possiamo
elaborare un
piano!”
“Stavamo
per farlo
ma…” Elena esitò. “Ci siamo
separati solo un attimo e lui è sparito. Lo sto
ancora aspettando nello stesso posto dove ci siamo lasciati, ma non
è da lui…
sono preoccupata.”
La strega rimase
in
silenzio per alcuni istanti.
“Sei
da sola
adesso?” chiese abbassando il tono della voce.
“Sì,
sono da sola.”
Elena fece lo stesso.
“Potresti
essere in
pericolo Elena, torna a casa il più in fretta
possibile.”
La ragazza si
guardò
intorno ma non vide nessuno.
“Pensi
che sia per
causa dei cacciatori? Pensi che possano aver catturato Aris?”
“Io…”
la strega era
incerta “credo di sì Elena, ho la sensazione che
sia appena iniziato qualcosa
ma non so cosa…”
Adesso fu il
turno
di Elena restare in silenzio al telefono. Non aveva pensato a quella
possibilità, non aveva creduto possibile che in meno di
ventiquattr’ore i
cacciatori avessero potuto trovare Aris e rapirlo, così
sotto i suoi occhi.
“Elena,
ci sei
ancora?”
La ragazza
continuava a pensare. Il campeggio.
Quei giorni assieme alla famiglia di Nick erano stati strani e
sospetti, era
come se anche i suoi genitori in qualche modo sapessero qualcosa sulle
sirene,
quella gita al lago cremisi non era stata improvvisata, quella strana
storia e
tutte quelle allusioni, loro sapevano molto più di quello
che facevano credere,
forse erano loro stessi dei cacciatori! Ma se lo fossero stati davvero
perché
non approfittare della situazione di vantaggio che avevano avuto per
ben due
settimane? Lei e sua madre erano state alla loro mercé per
tutto il tempo
eppure la situazione era realmente diventata pericolosa solo quando
avevano
raggiunto quel lago. Era come se fin dall’inizio quella
storia fosse stata una
partita a scacchi, mossa dopo mossa si sentiva messa
all’angolo. Qualunque cosa
facesse ci sarebbero sempre state delle conseguenze.
“Sì,
Ursula. Forse
conosco qualcuno che può dirmi
dov’è.” Elena sapeva che dal momento i
cui
quelle parole erano uscite dalla sua bocca lei aveva già
preso la sua
decisione. Aveva un piano e ormai non aveva più nulla da
perdere se non…
“Non
fare
sciocchezze, può essere pericoloso. Torna a casa, insieme
penseremo a
qualcosa.”
Oh, era
sicuramente
pericoloso, andare nella tana del lupo a provocarlo, svelare le carte e
smetterla di fare il loro gioco; ma era anche l’unica cosa
che lei potesse fare.
“Se
non dovessi
tornare…” prese una pausa. Quella mattina poteva
essere davvero l’ultima volta
in cui aveva parlato con sua madre. “Per favore, proteggi mia
madre.”
“Elena,
ma!”
La bionda chiuse
il
telefono. Sentiva che era la cosa giusta da fare, e per salvare Aris
avrebbe
affrontato la persona da cui scappava sin dall’arrivo in quel
paesino.
Si
alzò dalla
panchina e con lo zaino in spalle iniziò a percorrere la
strada verso casa di
Nick.
****
La ragazza
suonò il campanello così forte che quasi
si meravigliò di tutto quel suo coraggio. Non aveva paura,
non aveva più
intenzione di retrocedere davanti a nessuno. Si sentiva arrabbiata
perché per
tutto quel tempo Nick le aveva chiesto di essere sincera ed invece lui
con lei
non lo era mai stato. Nascondeva qualcosa e forse, finalmente, Elena
sapeva che
cosa.
“Un
momento” disse una voce lontana da dietro la
porta.
Quando Nick le
aprì per un istante la guardò meravigliato.
L’ultima persona che si aspettasse di vedere sul suo portico
era proprio la
ragazza che gli era sfuggita la sera prima.
Eppure lei era
lì davanti a lui e la sua espressione
furiosa lo misero in allerta.
“Sorpreso
di vedermi?!” Elena aveva le braccia
conserte e lo guardava dall’alto in basso. Il ragazzo aveva
un cerotto sul naso
proprio nel punto in cui la sera precedente Aris gli aveva tirato un
più che
meritato cazzotto.
“…come
facevi a sapere dov’ero?” le chiese ancora
confuso lui. In fin dei conti lui e la sua famiglia potevano benissimo
essere
rimasti in campeggio al lago.
Elena sciolse
l’intreccio delle sue braccia lo fissò
dritto negli occhi e fece un passo davanti a lui “risparmiami
la recita Nick.
Voglio sapere dov’è!” quasi gli
gridò.
Nick fece un
passo indietro mentre la porta si
apriva sempre di più.
“Dov’è
chi?” fece il finto tonto.
“Aris!
Ecco chi!” Elena gli diede uno spintone che
lo fece barcollare pericolosamente all’indietro, non che lui
non fosse più
forte di lei, ma quel gesto l’aveva completamente preso alla
sprovvista.
“Non
capisco cosa intendi… perché io
dovrei saperlo...?” il ragazzo la
guardò confuso ed istintivamente si portò la mano
sul naso. Ricordava fin
troppo bene l’incontro ravvicinato che aveva avuto con
quel… qualunque cosa
fosse.
“Basta
Nick. Sono stanca” disse lei infuriata.
“È
inutile che continuiamo con questa farsa, dimmi
dov’è e finiamola qui.”
Il ragazzo la
guardò stranito. Non aveva idea del
perché lei pensasse che proprio lui
dovesse sapere dove fosse quel tritone.
“Non
capisco perché io dovrei sapere dove si trovi
il tuo fidanzato, non lo vedo da
ieri
sera e non ci tengo a rivederlo così tanto
presto.” Aggiunse alludendo a loro
scontro.
Elena quasi non
ci vide più dalla rabbia, lo spinse
di nuovo con più forza questa volta facendolo cadere per
terra, non aveva mai
fatto una rissa in vita sua e la sua indole era anche piuttosto quieta
ma lui
se la stava proprio cercando con quella sua espressione idiota stampata
in
faccia.
“Lo
sai il perché! Vuoi che te lo dica? Vuoi che lo
ammetta?” Elena camminò su e giù per
tutta la stanza, le parole di Ursula le
risuonavano nella testa. Stai attenta.
Lo
fissò dritto negli occhi, era
come se il fuoco le bruciasse dentro “So
tutto, cacciatore.”
Tre semplici
parole che fecero sgranare gli occhi
del castano. Elena si fermò valutando la sua reazione, era
rimasto fermo
impassibile eppure le era sembrato di vederlo per un momento allarmato.
Il ragazzo stava
per ripeterle di non sapere cosa
lei stesse dicendo ma Elena l’interruppe.
“Sai,
ci ho pensato a lungo. Tutte quelle frasi
lasciate a metà, quelle allusioni sul dire la
verità… ma è stato grazie al
campeggio che finalmente ci sono arrivata. O meglio, grazie al lago
cremisi…”
Nick la guardava
dal basso non fiatando, la tensione
era palpabile nell’aria.
“Il
cacciatore, la ragazza e il tritone… Skan, Ayla
e Aidan…”
Quando
pronunciò quell’ultimo nome la bocca del
ragazzo si spalancò contro la sua volontà, si
perché quel nome, il nome del
tritone loro non l’avevano mai saputo.
“L’eterna
lotta per impossessarvi di sette stupidi
anelli… quanti ne avete uccisi nel tentavo, eh?”
si sporse su di lui, quella
posizione di altezza fisica la faceva sentire potente.
Il castano
abbassò la testa verso il pavimento. “E
così conosci tutta la
storia… il tuo
pesce con le gambe ti avrà raccontato la sua versione dei
fatti immagino… ma
adesso non importa più…” con un rapido
movimento delle gambe la fece cadere a
terra, Elena batte la schiena contro le assi del pavimento e prima
ancora che
potesse riaprire gli occhi si ritrovò con il peso del corpo
di Nick che le
schiacciava il petto.
“Purtroppo
non sono riuscito a salvarti Elena, e per
questo ti chiedo scusa” le scostò i capelli dal
viso e le afferrò il mento
volgendolo verso di lui. “Sono arrivato tardi, il suo
incantesimo deve averti
già colpito al cuore” con un dito le
toccò il petto proprio dove c’era il suo
cuore.
“Immagina
quei suoi artigli scavarti nella carne,
fracassarti le ossa per poi strapparti il cuore ancora
pulsante.”
Un brivido
assalì Elena. “Lui non lo farebbe mai!
Non è come credi tu!” trovò la forza di
gridargli. “Tritone o umano a me non
importa nulla di cosa lui sia, perché io lo amo!”
Nick
alzò un sopracciglio scettico.
“Te lo
chiedo per favore, se hai mai provato qualcosa
per me, dimmi dov’è.”
La sua voce tremò, aveva raggiunto il suo limite massimo,
adesso doveva solo
sperare.
Il castano la
guardò diversamente, i suoi occhi di
quel bel nocciola caldo diventarono freddi e disgustati.
“Io
non ho mai provato nulla per
te.” Le strinse i polsi per tenerla più ferma
anche se
ciò non fu necessario, Elena era rimasta immobile sconvolta
da quella nuova
rivelazione.
Aveva sempre
creduto che lui fosse cotto di lei, o
almeno lui le aveva sempre mandato dei segnali di quel tipo, e adesso
scopriva
che persino su quello lui le aveva mentito. Ma che razza di persona era
Nick?
Chi era lui davvero? Perché arrivata a quel punto dubitava
di conoscere davvero
il ragazzo che con la forza la stava tenendo sul pavimento.
“E
adesso che
finalmente hai confessato il tuo crimine sono
libero dal mio compito.” Il ragazzo la scrutò
dall’alto in basso, non avrebbe
mai sperato in un colpo di fortuna migliore, Elena Greene, la seconda
ricercata
dal clan dei cacciatori aveva avuto la brillante idea di venirlo a
trovare a
casa. Questo avrebbe sicuramente riabilitato il suo nome cancellando
tutti i
suoi sbagli precedenti.
“Sei
proprio quello che mi serviva.” Bisbigliò a
bassa voce.
La ragazza non
poteva crederci. “Compito?”
“Certo,
tu eri la mia missione” alzò lo sguardo per
cercare qualcosa ciononostante continuò a parlare.
“Sì, in principio era solo
di avvicinarmi il più possibile a casa tua ma le cose sono
cambiate quando
abbiamo capito che anche tu eri coinvolta…”
“Ah,
adesso è così che chiamate le persone che non
fanno parte della vostra setta, “coinvolte”!”
Nick rise.
“Non essere stupida, è così che
chiamiamo
le persone sospettate di tradimento!”
Elena
tentò di divincolarsi ma Nick era troppo forte
per lei. “E chi avrei tradito?!” gli
urlò contro.
“La tua
specie”
Le
bloccò i polsi con una sola mano mentre con
l’altra si allungava per prendere qualcosa che lei non
riuscì a vedere.
“Continui
a dire cose senza senso, ti hanno fatto il
lavaggio del cervello! Se solo mi ascoltassi, Aris è diverso
da tutti gli
altri, noi possiamo cambiare le cose, possiamo fermare questa assurda
guerra!”
Le parole di lei
furono inutili, il ragazzo nemmeno
l’ascoltò. Armeggiò alcuni istanti e
poi afferrò del nastro nero isolante.
Per un momento
la bionda ebbe la paura che avesse
voluto metterglielo per tapparle la bocca ma tirò un respiro
di sollievo se
così si poteva chiamare, mentre lui le avvolgeva stretti i
polsi.
La
guardò un attimo in viso esitante “non
provocarmi, potrei anche ripensarci” immobilizzate le mani
passò a bloccarle
le gambe che avevano preso a menare calci all’aria.
“Hai
scelto il lato sbagliato Elena.” Le
legò strette le
gambe con il nastro nero. Ogni cacciatore che si rispettasse teneva
sempre a
portata di mano l’attrezzatura necessaria. Era uno dei primi
insegnamenti che
ricevevano.
Una volta resa
innocua scese dal suo corpo e la
sollevò per poi metterla distesa sul divano. Si sedette
accanto a lei per un
momento.
“E
adesso cosa vuoi farmi?” Aveva paura, non avrebbe
mai potuto pensare che il suo compagno di classe, quel ragazzo timido e
impacciato, divertente e solitario potesse essere un membro di una
setta così
malvagia e trattarla con tanta freddezza.
“Aspettiamo” le
disse semplicemente.
“Cosa?”
“Noi non
lavoriamo mai da soli.”
Questo stava a
significare che tra poco ne sarebbero
arrivati altri? Perché?
“Perché
state facendo tutto questo? Io ho il diritto
di saperlo!” gridò, aveva paura che da un momento
all’altro qualcuno sarebbe
entrato per trascinarla via, o peggio. Magari ucciderla seduta stante.
“Fino
a quando ci sarà anche un solo tritone o
sirena su questa terra noi
lotteremo
per ucciderli fino all’ultimo.”
La bionda
sgranò gli occhi spaventata. E se avessero
già ucciso Aris? Cosa ne sarebbe stato di lei?
Nick si
alzò dal divano, Elena era incapace di
muoversi e anche se l’avesse fatto non sarebbe arrivata
nemmeno fino alla porta
e legata com’era dubitava persino di riuscirci. Il ragazzo
andò verso la cucina
ed Elena sentì il rumore di diverse bocce che sbattevano tra
di loro, il cuore
le batteva a mille, era la fine per lei. Nick stava sicuramente
cercando un coltello
affilato per ucciderla e farla in mille pezzetti. Per quanto avesse
paura non
riusciva nemmeno a chiudere gli occhi che rimanevano spalancati verso
la
direzione in cui il suo carnefice sarebbe tra poco ritornato.
“La
guerra
non deve esserci per forza.” Gridò lei in un vano
ultimo tentativo. “Possiamo
opporci a questo massacro! Dammi la possibilità di
spiegarti, potrebbe esserci
un piano”
Nick, il quale
aveva ignorato tutte le suppliche di
Elena, tornò dalla cucina con una bottiglia di vetro marrone
e un pezzo di
stoffa in mano bagnato. Elena si rigirò sul divano e
tentò di muoversi ma era
tutto inutile.
Il ragazzo le
calcò il pezzo di stoffa sul naso,
subito un senso di vertigine le fece mancare il respiro, la vista
divenne
confusa e appannata.
“Finché
Re Tritone avrà il potere degli anelli noi lotteremo per
contrastarlo”
E quelle furono
le ultime parole che sentì, tutto
divenne buio ed Elena cadde in uno stato di sonno profondo.
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Capitolo 31 *** Mezzacoda ***
Cap 31 Mezzacoda
Dal principio
tutto era buio.
Aris si stava
appena svegliando, sentiva un tremendo
dolore alla testa e all’inizio quasi gli sembrò
normale non vedere nulla; ancora
intontito sbattè le palpebre più volte ma si rese
conto che non erano i suoi
occhi a non vedere niente, era stato rinchiuso in un luogo privo di
luce.
Poco alla volta
la sua vista si abituò a
quell’oscurità e iniziò a distinguere
delle sagome di oggetti o meglio,
scatoloni…
“Sei
più forte di quello che mi avevano detto. Ci
hai messo meno di quel che pensassi a
riprenderti…” una voce vibrò
nell’oscurità.
Il ragazzo
provò a muoversi ma scoprì di avere gambe
e braccia legate, ai polsi sentiva del metallo e quando
provò a strattonare
sentì questo riecheggiare rumorosamente contro un asta.
Un ombra si
mosse furtiva nella sua direzione.
“Chi
sei…?”
Aris parlò non ancora del tutto lucido. Poco alla volta
iniziarono ad affiorare
i primi ricordi, qualcuno lo aveva colpito alle spalle mentre aspettava
Elena
fuori dalla piscina.
Elena.
Quasi
aspettandosi di trovare la ragazza svenuta
accanto a lui iniziò a guardarsi intorno agitato.
“Cerchi
la tua ragazza?” ripeté la voce sempre
più
vicina.
Il ragazzo non
proferì parola.
“lei
non è qui,” Il ragazzo tirò un sospiro
di
sollievo. “non ancora almeno, credo che ci
raggiungerà molto presto
però…”
Una luce soffusa
prese ad illuminare fiocamente lo
spazio attorno a loro, una dopo l’altra alcune lampade ad
olio iniziarono a
rischiarare lo spazio in cui era tenuto prigioniero.
I suoi occhi
lentamente si abituarono a questa nuova
fonte di luce ed iniziarono a vagare curiosi per tutte le pareti. Era
una
specie di grotta, sembrava più una galleria sotterranea
scavata nella terra,
alle pareti erano appesi dei fili e disposte ad una certa distanza vi
erano le
lanterne accese che puzzavano d’olio bruciato. Lui si trovava
legato ad un asta
in metallo che arrivava fino al soffitto fangoso, attorno a lui vi
erano delle
casse in legno accatastate l’una sull’altra,
sembravano molto pesanti ed era
come se delimitassero una piccola nicchia dove appunto lui si trovava.
Sporgendosi fin quanto potè vide che la grotta non era
proprio una grotta, era
più un tunnel che continuava da entrambi i lati. Scappare da
lì non sarebbe
stato facile, non avrebbe saputo neppure da che parte andare.
Il caldo era
soffocante, a differenza della grotta
di Elena fatta interamente in pietra che rilasciava una certa frescura,
in
questa il calore era sprigionato dal sottosuolo e l’aria era
afosa e pesante,
quasi stantia.
I suoi occhi si
posarono sul suo carnefice, su chi
c’era dietro al suo rapimento, la riconobbe subito.
“tu
sei…!”
La ragazza dai
lunghi capelli scuri reggeva ancora
in mano la scatola di fiammiferi con cui aveva acceso le luci. Il suo
volto
pallido e la sua magrezza le conferivano un aspetto terrificante.
“a
quanto pare ti ricordi di me” Lara fece qualche
passo verso di lui, sorridendo.
“ho
capito subito che qualcosa non andava in te”
bisbigliò quello di rimando. Se in un primo momento
l’aveva guardata confuso
quella prima volta in piscina, adesso non aveva più dubbi.
La ragazza portò i capelli dietro le orecchie, non lo faceva
mai proprio per
nascondere quel segno inequivocabile.
“Io
sono una”
“Mezzacoda”
bisbigliò a denti stretti lui. Suo nonno
gli aveva insegnato sin da piccolo che non ci si doveva fidare di
quelle
creature. Le sue parole gli riecheggiarono nella mente per un istante:
“ricorda
Aris, chi è troppo debole per essere un umano o una sirena
si ritrova a non
essere nessuna delle due cose, sono creature senza origini, delle
eccezioni
alle specie. Diffida di loro, sono esseri senza patria.”
“sirena”
lo corresse lei con un sorriso amaro.
“è
così è questo che hai detto loro per farti
accettare? Che sei una sirena?” la guardò
disgustato, come aveva potuto
schiararsi dalla parte degli umani? Non umani qualunque, come Elena
come
Rachel, come suo padre.
Cacciatori.
“Io
sono una sirena.” Continuò lei convinta.
“No
che non lo sei.” Il ragazzo non capì se Lara
stesse fingendo o se non sapesse davvero cosa fosse una mezzacoda.
La ragazza parve
arrabbiarsi, tornò a coprire le
branchie che le spuntavano da dietro le orecchie fin lungo al collo,
come se
non lo volesse stare ad ascoltare.
“sei
una sirena incompleta.” Continuò il ragazzo,
“ma suppongo che questo tu non l’abbia detto ai
tuoi amici cacciatori”
Le sirene
incomplete o più comunemente chiamate Mezzecode,
ad Atlantica erano quasi
delle leggende. Si trattava infatti di casi rarissimi di sirene o
tritoni nati
con geni troppo deboli per assumere una forma completa, la loro
mutazione non
era abbastanza forte da renderli del tutto umani o sirene, in pratica
erano
entrambe le cose ma non abbastanza di nessuno dei due mondi per
sopravvivere.
Di solito era raro incontrarli perché quasi tutti morivano
in tenera età.
Avevano bisogno di alternare costantemente la loro vita tra la terra
ferma ed
il mare e persino i più forti non arrivavano ai dieci anni.
Come quella
ragazza fosse ancora in vita rimaneva un
mistero ai suoi occhi.
“no,
loro non lo sanno” asserì quella. “Ma
sanno
abbastanza sul tuo conto Aris… Principe di Atlantica. Nipote
di Re Tritone.”
*****
Il ragazzo
guardò
intensamente la bruna davanti a lui, era abbastanza informata da sapere
chi
fosse lui e questo lo poneva in svantaggio… ma quanto e cosa
sapeva lei di tutta quella faccenda?
“sei
una traditrice
del tuo sangue” le disse aspramente.
“senti
un po’ da
qualche pulpito mi sento dire queste cose… il principe che
ha tradito il suo
regno per un umana.”
Posò
i fiammiferi su
una cassa di legno poi si posizionò di fronte a lui.
“come
ci si sente ad
avere infranto le grandi tre leggi del codice delle sirene?”
lo sbeffeggiò lei.
“O forse hai bisogno che te li ripeta, visto che sembra tu
abbia d’un tratto
perso la memoria…”
Aris conosceva
bene
le tre leggi del codice, ogni sirena dall’età di
tre anni era costretta ad
impararle a memoria, il fatto che lei volesse recitargliele era uno
schiaffo
morale, lui come principe conosceva non solo quelle leggi a memoria ma
anche i
motivi che avevano spinto il primo re a crearle…
“vediamo
un po’…
com’era la prima…? Ah ecco!
1.
È
severamente vietato rivelare agli umani informazioni riguardanti il
popolo del mare, ogni scambio con loro deve avvenire per una sola
ragione. La
procreazione e la perpetuazione della nostra specie sono
l’unico motivo per cui
sono accettati degli scambi seppur brevi di parole con gli esseri
umani. I
contatti fra le due razze possono avvenire solo se allo scopo sopra
citato.
Perdona la mia
curiosità, ma Elena non aspetta un piccolo Aris…
o sbaglio?”
Il ragazzo
agitò i
pugni minacciosi. “come ti permetti di dire una cosa simile!
Con chi credi di
stare parlando?! Se fossimo ad Atlantica non esiterei un istante a
gettarti in
galera e a buttare via la chiave!” tentò di
alzarsi e nel mentre quella,
ignorando le sue parole continuò a cantilenare il codice.
“corre
voce che tu
l’abbia persino salvata dall’annegamento,
eppure… È proibito
baciare un essere umano, il bacio infatti gli donerebbe il
potere di poter respirare sott’acqua salvandolo
così dalla morte […]”
“tu
non sai niente
di noi! NIENTE!”
gridò lui in preda
alla rabbia.
“sei
una sporca
traditrice, hai venduto i tuoi simili ai cacciatori, non sei nella
posizione di
rinfacciare a me queste cose!”
Ma Lara non si
fece
spaventare e terminò il suo discorso.
“Beh,
è proprio
buffo che tu mi abbia chiamato traditrice, dopotutto non sono io che ho
scambiato la mia coda per delle gambe
umane…
[…]
Il suddetto non sarà più ammesso tra il popolo
del mare divenendo
un traditore e disertore, nel caso dovesse ritornare, la pena per
questo
affronto sarebbe la morte.
Sì,
senza dubbio è
questa la mia parte preferita.” Rise malignamente sfoggiando
dei denti
perfettamente bianchi e con delle punte aguzze, non si nutriva da molto
tempo e
i suoi canini affilati ne erano un chiaro segno.
“non
esistono solo
regole da seguire a questo mondo. La vita ti insegna che se tieni
veramente a
qualcuno non hai paura di infrangerle, io accetterò
qualunque conseguenza
perché sono state le mie azioni a provocarla. IO e solo IO
deciderò per me.”
La bruna si
accovacciò all’altezza dei suoi occhi, per quanto
il rosso si fosse sforzato
era incatenato troppo bene e non riusciva nemmeno ad alzarsi.
“parole
pericolose
dette da un principe. Credevo che sin dalla nascita Re Tritone ti
avesse
inculcato tutte le sue ideologie.”
“non
ho scelto io di
nascere principe, ma posso scegliere come voglio vivere”
prese una pausa quasi per
soppesare le sue parole. “tu ti sei venduta ai cacciatori.
Come puoi convivere
con te stessa?” le chiese retoricamente.
Lara
sbuffò nervosa,
tutte quelle frasi pungenti la stavano innervosendo. Come poteva una
ragazza normale stare con una
persona con quel
brutto caratteraccio?
“forse
mi
sbagliavo…sei davvero uguale a Tritone.” Si
alzò in piedi e fece per
allontanarsi. “Dopotutto, vi piace giudicare le persone senza
conoscere i
fatti.”
Si
avvicinò dall’altra
parte della parete e con un gesto fluido si tirò a sedere su
una cassa, le
gambe a penzoloni dondolavano giocosamente tradendo la sua ansia.
Aris ebbe la
sensazione che lei in realtà volesse raccontargli molto
più di quello, così
tentò di indurla a parlare.
“niente
di quello
che hai potuto passare potrebbe giustificare una crudeltà
simile…” buttò
l’esca.
“tu
dici?! Pensi che
io sia crudele? Beh, mai quanto a tuo nonno…” e a
quanto pare lei aveva
abboccato all’amo.
Ci fu una pausa,
Aris sapeva che se voleva farla parlare non avrebbe dovuto
interromperla,
attese in silenzio fino a che lei non si decise a parlare.
“mio
padre era un tritone,
mia madre un umana… si amavano, non si amavano? Non ne ho
idea, so solo che bè,
ad un certo punto sono arrivata io.
Mia madre morì di parto, mio padre non appena vide le mie
branchie decise di
portarmi ad Atlantica, era sicuro fossi nata sirena ma dopo poco tempo
iniziai
a stare malissimo e la mia sofferenza poteva essere alleviata solo
stando sulla
terra ferma; fu probabilmente a quel punto che si rese conto che io ero
una
Mezzacoda.”
Ci fu nuovamente
una
pausa di silenzio, Aris stava pensando alle informazioni che lei gli
aveva
gentilmente fornito quando inaspettatamente lei continuò.
“Tritone
aveva il
pieno controllo di tutte le nascite ad Atlantica e quando si accorse
che un
tritone aveva generato una figlia con un umana andò su tutte
le furie… sai, per
via della nuova legge sul sanguepuro i tritoni dovevano fare figli con
le
sirene e non con le umane… comunque sto divagando,
ordinò a mio padre di
sbarazzarsi di me e di riprovare con
una compagna giusta questa volta,
ma
mio padre non lo fece. Mi riuscì a crescere per un paio di
anni, saranno stati
3 o 4 immagino, poi fu scoperto, Tritone lo giustiziò ed io
fui abbandonata
sulla terra, per lui in un paio d’anni sarei morta comunque,
non ero una
sanguepuro, non potevo vivere ad Atlantica. E questo era
quanto.”
“è
terribile, mi
dispiace per te…” Aris in realtà non
era stupito più di tanto, se suo nonno
aveva ucciso la sua stessa figlia come poteva risparmiare la vita di un
qualsiasi altro tritone? Il re era spietato e non guardava negli occhi
nessuno
quando si trattava di potere.
“allora
adesso
capisci le mie azioni? Quando ho scoperto dei cacciatori di sirene, il
loro
piano per distruggere Tritone e tutte le creature come lui, io ho
sentito che
dopo tanti anni finalmente avrei potuto vendicare i miei genitori,
avrei potuto
vendicare me stessa per le ingiustizie subite.” Strinse le
mani in due pugni,
ricordare la storia della sua vita era sempre doloroso ma le dava la
forza per
affrontare quel genere di situazioni, aveva atteso molto per arrivare a
quel
punto, non si sarebbe tirata indietro per due parole gentili da parte
del
principino.
“capisco
che può
sembrare la cosa più giusta da fare, ma credimi quando ti
dico che la vendetta
non è mai la soluzione giusta.” Cercò
di rabbonirla.
“che
ne puoi sapere
tu?! Sei vissuto in un castello dorato, da piccolo hai sempre avuto
tutto
quello che volevi, non hai mai affrontato gli scogli della vita
vera!”
“ed
invece ti
sbagli!” alzò la voce anche lui “credi
di essere l’unica ad aver passato cose
del genere? Beh puoi avercela con tritone quanto vuoi, lui ha
assassinato tuo
padre, un perfetto sconosciuto. Ma
come
ti sentiresti se sapessi che tuo nonno ha
ucciso sua figlia, mia madre,
solo per impedirle di portarle via l’erede al
trono?”
La ragazza
ammutolì.
Nessuno aveva mai saputo quella versione della storia, nemmeno Aris che
fino a
poco tempo prima aveva creduto ad un incidente, solo
l’incontro con la strega
del mare gli aveva rivelato finalmente com’erano andate
davvero le cose.
“te lo
dico io come
ci si sente. Vorresti non essere mai nato.”
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Capitolo 32 *** In trappola ***
Cap 32 In
Trappola
La ragazza
guardò
Aris come se lo vedesse per la prima volta. “Non puoi
pensarlo sul serio” gli
disse.
“Non
immagini
nemmeno quanto.” Bisbigliò lui abbassando lo
sguardo. Non aveva mai detto
nemmeno ad Elena come si sentisse, ma da quando l’aveva
scoperto, più volte il
pensiero era ricaduto su quell’idea.
E se lui non
fosse
mai nato? E se al suo posto fosse nata una femmina? E se invece fosse
nato
umano? Di “e se fosse” la sua mente era piena,
l’unica cosa che gli impediva di
continuare a pensarci e di impazzire era il pensiero di dover
proteggere Elena,
lei era la sua luce in fondo all’oceano, lei era il motivo
per cui lui andava
avanti e non si lasciava morire nel pozzo nero dei “se
fosse”.
“Ma
non è colpa
nostra!” la ragazza quasi si pentì di quello che
aveva detto, aveva
istintivamente accomunato loro due in un'unica storia.
“Tritone è il solo
assassino! Noi non abbiamo fatto nulla di male!”
“Se
non fossimo mai
nati i tuoi genitori sarebbero ancora vivi… e probabilmente
anche i miei” le
rispose in tono mesto.
“Ma
non avremmo mai
conosciuto tante persone che adesso sono diventate importanti per noi,
io non
avrei conosciuto...” si interruppe bruscamente.
“Si, insomma tu non avresti mai
incontrato Elena, e…”
“A che
scopo?
Guardami!” le ordinò “sono legato in un
buco sottoterra e probabilmente non
vedrò l’alba di domani. Ho causato un sacco di
guai a tutti quanti, se non
avessi conosciuto Elena lei non sarebbe mai stata coinvolta in tutto
questo. Ho
messo in pericolo le persone che amo e non posso fare nulla per
salvarle!”
La ragazza si
alzò
in piedi e si avvicinò a lui, le sembrava molto meno simile
a re tritone
adesso, era molto più umano e questo era strano visto quello
che le era stato
insegnato dai cacciatori.
“Ma un
modo ci
sarebbe” sussurrò lui. Inaspettatamente il ragazzo
aveva alzato il viso, tutte
le sue parole e quello che le aveva raccontato era stato un modo per
tentare di
guadagnare la sua fiducia, per un momento era riuscito ad invertire le
parti da
vittima a carnefice.
“Aiutami
a
liberarmi” aggiunse poi “Ho un piano per eliminare
le divergenze tra umani e
tritoni. Non ci deve essere per forza l’odio tra i nostri due
popoli. Possiamo
fermare tutto questo.”
La ragazza
ritornò
sulla difensiva. “Non posso aiutarti, non chiedermi di
farlo.”
“Nonostante
le
enormi differenze che ci siano tra umani e sirene noi non possiamo fare
a meno
gli uni degli altri, noi ci innamoriamo e non ci dovrebbe essere niente
di male
in questo.”
Lei lo
guardò negli
occhi, lui sentì di aver toccato un punto a lei caro
così tento di continuare
in quel frangente.
“Tritone
questo non
l’ha mai capito.” Sospirò il rosso, poi
proseguì a raccontarle un’altra parte
della sua storia “dopo aver scoperto il mio legame con un
umana non ha esitato
un istante a rapirla, pretendendo poi, che io mettessi fine alla sua
vita per
riparare al torto che secondo lui avevo commesso.” Fece una
pausa d’effetto,
poteva leggere negli occhi di Lara la curiosità
“Ma io non l’avrei mai fatto.
Dopo averla riportata al sicuro sulla terra ho preso la mia decisione.
Ho
rinunciato a tutto, il mio trono, il mio regno, la mia coda. E
l’ho fatto
perché volevo stare con lei, l’ho fatto per
proteggerla perché io la amo più
della mia stessa vita,”
Lara pendeva
dalle
sue parole appassionate, come avrebbe voluto che qualcuno parlasse
così di lei,
negli occhi di quel ragazzo vedeva un bagliore che si accendeva ogni
volta
nominasse la sua ragazza.
Aris
pensò di
chiudere con una frase che era certo, l’avrebbe portata dalla
sua parte. “Così
come tuo padre ha amato te.”
Lara fu davvero
colpita dalle sue parole, rimase un momento interdetta. Aveva dei
piani,
progetti, che non potevano essere sconvolti da qualche frase ben
piazzata dal
principe. Per quanto fosse quasi
stata sul punto di aiutarlo pensò al motivo che la spingeva
a combattere.
“Loro
si aspettano
molto da me” riuscì a sussurrare. “Ho
scelto di stare dalla loro parte per i miei
motivi, anche io come te combatto
per qualcosa” alzò lo sguardo che fino a quel
momento era rimasto basso. “E non
ho intenzione di arrendermi.” La
sua
espressione era diventata infuocata, era molto sicura di sé
e negli occhi di
quella ragazza Aris vide il fuoco della guerra che a breve si sarebbe
scatenato, e chissà quanto altro sangue sarebbe stato
versato…
“Dimmi
almeno cosa
avete intenzione di fare!”
“E
rovinarti così la
sorpresa? Non ci penso proprio!” rise.
Quel piccolo
contatto che Aris aveva creduto di avere instaurato con lei in un
momento si
era spezzato, non vi era più alcun legame e
indipendentemente da quello che lui
le avrebbe detto, Lara non si sarebbe più fidata abbastanza.
Anche la sua
più
piccola speranza era sfumata.
****
Il tempo sembrava non passare mai.
Aris si trovava
in
una grotta scavata nei pressi del lago dove i membri del consiglio
avevano
deciso di rinchiuderlo. Solo quella mattina si godeva, dopo tanto
tempo, la
compagnia di Elena nonostante il pensiero di dover trovare una
soluzione per
gli anelli di Alimede aveva occupato gran parte del loro tempo. Loro
avevano
escogitato un piano. Un buon piano. Ma adesso tutto sembrava incerto
visto
l’andare delle cose.
Lara, la ragazza
Mezzacoda
che era stata il suo carceriere, non l’aveva perso di vista
un momento mentre
entrambi attendevano che qualcosa accadesse.
Il ragazzo aveva
tentato con tutte le sue forze di comunicare con lei, e per comunicare
intendeva fargli capire il loro piano e tentare di metterla dalla loro
parte,
ma lei non aveva voluto sentirne. Dopo aver raccontato la sua
travagliata
storia aveva deciso di chiudersi in un profondo silenzio e limitarsi ad
osservarlo dall’angolo buio in cui era andata a sedersi
parecchie ore fa.
Un rumore
gracchiante e metallico interruppe quel monotono silenzio, il rosso non
riuscì
a cogliere le parole ma sentì la ragazza rispondere di
sì a qualcosa.
Con gli occhi
ancora
puntati su di lei la vide alzarsi e venirgli incontro.
“È
tempo di andare.”
Estrasse una chiave dalla tasca e si avvicinò a lui.
“Il principe Aris è
richiesto alla corte degli anziani.”
“Che
sta
succedendo?”
La mora estrasse
un
sacchetto nero di stoffa. Un cappuccio.
“Hai
due scelte. La
prima, fare tutto quello che dico io e rimanere cosciente durante tutto
il
processo. La seconda…” lei lo guardò
con un’espressione compiaciuta dipinta in
volto “beh, diciamo solo che una volta tramortito non credo
ti risveglierai
più… il piano non specifica che tu debba essere
vivo o morto…”
“Allora
mi sembra di
non avere scelta” la guardò in cagnesco, era
obbligato a fare tutto quello che
lei gli diceva, era più forte di lei questo lo sapeva,
probabilmente avrebbe
potuto liberarsi in un istante nel momento in cui lei lo avesse
sganciato dalla
sua asta in metallo, ma rimaneva un problema, non sapeva né
dove si trovasse né
come avrebbe potuto fare a scappare.
“Io
non lo farei se
fossi in te” gli disse quasi avesse appena letto nei suoi
pensieri.
Il ragazzo
strinse i
pugni, non si era mai sentito più impotente.
“Bravo
pesciolino”
lo canzonò lei.
Lara si
chinò sulla
sua testa e gli accarezzò una guancia con il dorso della
mano. “Che peccato che
questo bel viso dovrò essere coperto, ma ehi, niente di
personale. Non faccio
io le regole qui.”
Aris
serrò le
labbra, il solo essere toccato da quella ragazza gli provocava disgusto
e
irritazione, ma entrambe le sue emozioni durarono davvero poco visto
che lei
gli infilò il cappuccio nero sulla testa interrompendo
bruscamente il loro
contatto.
Sentì
smanettare con
le chiavi di entrambe le catene e dopo qualche istante, nonostante
fosse ancora
incatenato, non fu più legato a quell’asta di
metallo.
“Adesso
da bravo,
alzati in piedi e seguimi.”
Aris non poteva
vedere nulla, le luci erano veramente fioche e con quel cappuccio anche
intravedere delle sagome era molto difficile, i suoi sensi rimanenti si
acuirono, gli sembrò di sentire dei rumori di passi sempre
più forti venire
verso di loro.
Il ragazzo si
alzò
in piedi a fatica giusto nel momento in cui un forte rumore
arrivò dalla sua
destra.
“Eccoti
qua, non
abbiamo tempo da perdere mocciosa, prendiamo noi in custodia
l’esca uno”
“Ehi
ma lui aveva
detto che ci avrei pensato io!” ribatté la voce
della ragazza.
Qualcosa
agganciò le
catene di Aris che si sentì improvvisamente trascinare,
proprio come un pesce
preso all’amo.
“Beh,
i piani sono
cambiati. Nicholas ha preso l’esca due.”
“Lui
che cosa?” la
voce di lei sembrava molto sorpresa.
“Quel
ragazzo
arriverà lontano! Comunque devi andare da lui e dargli una
mano, quella ragazza
non è molto mansueta al contrario di questo qui”
un'altra voce parlò e fu
quella che strattonò le catene ai polsi di Aris.
Ragazza?
Possibile
che stessero parlando di Elena?
“Va
bene, allora
vado… ci vediamo per l’esecuzione” e poi
dei passi di corsa fecero intuire al
ragazzo che lei se ne fosse andata.
Esecuzione?
Quella
parola non gli piaceva affatto, qualunque
cosa stesse a significare.
****
Elena non vedeva
nulla, si era svegliata con un tremendo mal di testa ed una specie di
sacco
nero su tutta la faccia, non vedeva un accidente e quando aveva provato
a
muoversi aveva scoperto di avere le mani e i piedi legati.
L’ultima cosa che si
ricordava era di essere andata a casa di Nick e che poi lui…
ah già, lui
l’aveva bloccata e le aveva fatto qualcosa per farla dormire,
cloroformio…
iniziava a ricordare meglio i dettagli della storia.
Non avrebbe mai
immaginato che Nick avrebbe potuto farle una cosa del genere.
Ovviamente i suoi
molti dubbi li aveva avuti, ma sapere fino a che livello fosse
coinvolto,
questo sì che era scioccante.
La ragazza
provò a
rigirarsi ma le veniva molto difficile mettersi anche solo seduta.
“Ti
sei svegliata
finalmente?” la voce familiare di Nick le giunse alle
orecchie. Persino con un
sacco in faccia avrebbe potuto riconoscerla.
“Dove…mi…trovo…?”
la
sua voce le uscì impastata e ancora confusa.
“Hai
dormito più del
previsto ma…meglio così infondo.”
“Toglimi
questa cosa
dalla faccia!” esclamò arrabbiata.
“Oh
no, non posso,
in effetti non potrei neanche se volessi…”
“Che
cosa vuol dire!
Smettila con questi giochetti del cavolo e dimmi cosa sta succedendo,
ne ho
tutto il diritto Nick!”
Il ragazzo
l’ignorò
e continuò con il suo discorso.
“Sai,
non credevo ti
agitassi così tanto nel sonno, hai scalciato
parecchio”
Elena
riuscì a
mettersi seduta, voleva tentare di avvicinarsi alla voce.
“Beh, spero di averi
colpito almeno!”
Dal ragazzo
uscì un
suono di voce strozzato che Elena interpretò come una
risata. Ma in quel breve
istante di silenzio udì dell’altro, un rumore d’acqua.
“Dove
siamo?” la sua
voce si fece seria. Mosse i piedi per terra ed ebbe la sensazione di
strofinare
le scarpe sulla terra, sassi erba e fango.
“Ti ho
portato in un
bel posto,” le disse enigmatico. “A una festa
ovviamente!”
I polsi di Elena
si
sfiorarono l’uno con l’altro, era legata con della
corda e non più con quello
scotch, adesso che ci pensava sentiva le braccia e le gambe bruciare,
dovevano
averglielo tolto mentre era priva di sensi. Le mani alle sue spalle
toccarono
una corda che arrivava ad un palo, forse era di legno perché
al tatto le sembrò
ruvido e fresco.
“E non
appena
inizieranno le danze tu avrai il posto che ti spetta, non sarai
l’ospite
d’onore ma spero ugualmente che
apprezzi…”
“Che
cosa avete
intenzione di fare? Perché non mi togli questo cappuccio e
mi fai vedere dove sono,
vigliacco!”
“Mi
dispiace tesoro,
proprio non posso. È una delle regole essenziali non
rivelare la nostra
identità alle nostre…esche…
fino a
che non sarà giunto il momento. Ti prometto che vedrai tutto
quello che ci sarà
da vedere quando sarà opportuno” Lui le sorrise ma
lei non lo potè vedere.
“Non
mi hai ancora
detto cosa ci faccio io qui!”
Ci fu un istante
di
silenzio, Elena sentiva che attorno a loro c’era fermento,
udì dei passi
strascicati e delle cose trainate per terra.
“Volete
prendere i
restanti anelli, non è così? Voi volete usarli
per uccidere tutto il popolo del
mare!”
“Vedo
che il tuo cervellino
non ha smesso di funzionare… bene sì,
è quello che vogliamo fare.”
“Ma
quegli anelli…”
Elena si interruppe, la strega del mare gli aveva detto che i
cacciatori non
sapevano che funzionassero solo con i membri della famiglia reale,
poteva
essere un enorme vantaggio che avevano e non voleva certo farselo
scappare.
“Quegli
anelli
cosa?” chiese Nick curioso.
Lei non
parlò.
Passò
un istante,
forse qualcosa in più, poi Nick parlò.
“Funzionano
solo con
la famiglia reale? Stavi per dire questo?”
Elena fu
sconvolta,
per fortuna che la sua faccia era coperta. Come facevano loro a
saperlo?!
“Stupita
eh…? Beh a
quanto pare ci hai sottovalutato Elena, noi sappiamo sempre tutto. E così ti sei risposta
alla tua
domanda… cosa ci fai tu qui?
Semplice, se
vogliamo che Aris faccia tutto quello che noi
vogliamo abbiamo bisogno di un piccolo incentivo per
persuaderlo…”
Ovviamente
l’incentivo era lei. L’avevano catturata per
costringere Aris a fare tutto
quello che loro volevano. Volevano che lui uccidesse il suo popolo e
per farlo
avrebbero sfruttato il loro legame. Era crudele e spregevole.
“E tu
hai scelto
proprio bene Elena. Non potevi innamorarti di un umano o un tritone
qualunque.
No, tu hai scelto un principe”
“Io
non ne sapevo
nulla” ammise sull’orlo delle lacrime.
“Io non ho scelto Aris perché fosse un
principe o altro, non ho chiesto io di innamorarmi di un
tritone!”
Aris era
semplicemente la persona che la capiva meglio di chiunque altro, anche
se non
era umano con lui Elena aveva la sensazione di sentirsi completa, come
se in
qualche modo la sua sola vicinanza la rendesse molto più di
quello che era.
Accanto a lui si sentiva speciale e importante, ma non avrebbe mai
pensato che
un ragazzo, un tritone potesse
farle provare
quel genere di emozioni.
In pratica era
tutta
colpa sua, se il popolo del mare si ritrovava in quella situazione, era
solo ed
esclusivamente colpa sua.
Se Aris era
tenuto
prigioniero, colpa sua.
Se ci sarebbe
stata
un epocale lotta tra due fazioni in guerra da secoli. Idem.
Elena pianse in
silenzio, non voleva dare a Nick la soddisfazione di sentirla
sconvolta. Almeno
quella battaglia voleva vincerla.
“Elena?”
sentì una
voce in lontananza, per un istante le sembrò Aris.
“Aris?”
gridò lei in
risposta, ma la voce fu subito acquietata, e lei sentì
qualcuno armeggiare con
il suo cappuccio.
“Eh no
Elena, non
questa volta.” Le disse Nick all’orecchio.
Un'altra voce si
unì
alla sua.
“È
tempo di andare”
parlò la voce femminile.
“Sì
lo so.” Sentì
armeggiare con la fune che la teneva legata al palo
dopodiché le mani di una
ragazza l’aiutarono ad alzarsi in piedi.
“Dove
andiamo?”
chiese lei spaventata.
“Voglio
che tu veda
la vera natura dei tritoni. Quando lui
arriverà, la battaglia avrà inizio e finalmente
dove tutto è cominciato, tutto
finirà.
A.A.
Ci
siamo ragazzi, la battaglia è sempre più vicina,
a brevissimo avverrà lo scontro tra tritoni e cacciatori,
voi per chi tifate? E secondo voi chi l'avrà vinta?
Ci rivediamo prestissimo con il capitolo 33, L'esca!
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Capitolo 33 *** L'esca ***
Cap 33
L’esca
Era calata la
notte
su tutta Deep Alley, tutto taceva e non una sola persona aveva il naso
fuori di
casa quella sera, sembrava quasi che l’intero paese avesse
avuto il
presentimento che qualcosa di terribile sarebbe presto accaduto.
Tutto stava per
finire proprio lì, dove secoli prima tutto era iniziato.
I cacciatori si
erano riuniti al Lago Cremisi ed il piano che avevano in mente era il
più
grande mai congeniato, ma anche il più terribile, questa
notte sarebbe rimasta
scolpita nella mente di tutti i presenti per molto, moltissimo tempo.
*
“Dove
mi state
trascinando?” assieme a Nick si era aggiunta un'altra
persona, una ragazza da
quello che Elena aveva capito, ma non per questo meno feroce.
Senza alcun
preavviso l’avevano slegata dal luogo in cui si trovava e
avevano preso a
trascinarla su per una ripida salita. Uno dei due teneva stretta fra le
mani la
fune che le serrava i polsi e non esitava a strattonarla con decisione
ogni
qualvolta lei inciampasse nei suoi passi, e ciò avvenne
molto spesso visto che
non era affatto semplice camminare senza vedere dove mettere i piedi.
“stiamo
andando dove
la visuale è migliore” la voce di Nick venne dalla
sua destra, quindi capì che doveva
essere la ragazza sulla sua sinistra a tenere la fune, le
arrivò infatti un
altro strattone da quel lato e subito dopo questa parlò.
“non
gliel’hai
ancora detto?” la voce le era familiare ma non avrebbe saputo
dire di chi fosse,
come un ricordo lontano che non voleva saperne di venire a galla.
“certo
che no,
perché tu l’hai fatto?!” il tono del
ragazzo tradì un certo allarmismo.
“no,
no certo che
no, sono stata ben attenta a non rivelare i dettagli del piano, ma devo
dire
che quel tritone è più furbo di quel che
sembra… ha tentato di corrompermi in
tutti i modi”
“stai
parlando di
Aris?! Lui è qui?!” intervenne Elena.
Ci fu un istante
di
silenzio imbarazzato.
“lui
sta bene?!
Rispondetemi vi prego!”
Ma ormai era
troppo
tardi, nessuno dei due ricominciò a parlare.
****
“Dove
ti sei
cacciata…” Rachel camminava avanti e indietro per
tutta la casa, erano diverse
ore che non riusciva a mettersi in contatto con la figlia, telefono
staccato,
non un biglietto o una nota lasciata sul frigo, niente di niente.
Anche degli
altri
due ospiti non c’era
più traccia,
improvvisamente era come se tutti avessero deciso di scomparire nel
nulla.
Il suono del
campanello la fece riscuotere dai suoi pensieri. “oh
signorina, sei in
punizione per il resto della tua vita!” gridò
aprendo la porta già pronta con
una marea di punizioni da darle.
“oh”
fu sorpresa di
vedere di nuovo quella signora sulla soglia di casa sua.
“ho
bisogno di un
passaggio” le disse quella senza troppe cerimonie.
“ma si
rende conto
di che ore sono? È tardissimo ed io sto aspettando mia
figlia, non so nemmeno
dove sia finita!” Rachel guardò quella donna
trasandata e si chiese se non
fosse una matta psicopatica o altro, suonare a quell’ora
della notte per di più
con quella strana borsa nera ingombrante dall’aspetto poco
rassicurante.
“Credo
di sapere
dove si trovi Elena, probabilmente è con Aris in questo
momento.” Ursula aveva
lo sguardo torvo, stava tentando di tenere a mente tutte le cose che
ancora
doveva fare.
“me lo
sentivo che
era con un ragazzo!”
“non
è quello che
crede lei” la rassicurò Ursula.
Rachel prese le
chiavi della macchina dal cestino dell’ingresso.
“Forse è proprio quello che
credo io” rimbeccò chiudendo la porta di casa.
“mi
creda, questo è molto, molto peggio.”
****
La salita si
stava
facendo sempre più ripida e ormai sempre più
spesso Elena si ritrovava a cadere
per terra senza poter far nulla per evitarlo. Era parecchio che
camminavano per
la foresta e ad ogni passo che faceva le gambe avevano preso a dolerle
irrimediabilmente, la stanchezza della salita iniziava a farsi sentire
e
inoltre tutte le cadute che aveva fatto le avevano sbucciato i palmi
delle mani
e parte delle ginocchia, anche se non poteva vederlo sentiva
chiaramente il
classico bruciore da escoriazione. Il dolore le portò alla
mente le rovinose
cadute che faceva in bicicletta, tornava a casa sempre con le ginocchia
rosse
di sangue e con le lacrime agli occhi dal dolore, sua madre le
accarezzava la
testa e le disinfettava premurosamente le ferite, ma adesso lei non era
lì.
Chissà quanto doveva essere preoccupata, a
quest’ora di notte si era sicuramente
accorta della sua scomparsa. Sperò che Ursula avesse trovato
una buona scusa
per coprirla, l’ultima cosa che voleva era coinvolgere sua
madre in tutto
quello, era già difficile stare al passo con i cacciatori e
tritoni per lei che
si reputava una ragazza dalla mente aperta e dalle larghe vedute, sua
madre tutto
il suo opposto, non avrebbe potuto reggere tutto questo.
Immersa nei suoi
pensieri cadde nuovamente per terra, le ginocchia ormai dovevano essere
sporche
di fango e sangue, la ragazza che la scortava però non si
impietosì e la
strattonò per farla rialzare. La bionda decise che non si
sarebbe più alzata,
incrociò le gambe e rimase seduta per terra.
“Alzati!”
gridò
quella protestando.
“No!
Sono stanca di
inciampare e di non vedere nulla, o mi togliete questo cappuccio o mi
dovrete
trascinare di peso fino alla vostra destinazione!”
gridò lei arrabbiata.
Passò
un istante poi
sentì dei passi venire verso di lei e le mani di Nick
armeggiare con il suo
cappuccio.
“che
stai facendo?!”
lo rimproverò la ragazza.
“Le
tolgo il
cappuccio, ci stiamo mettendo il doppio del tempo per arrivare, se vede
dove
mette i piedi eviterà di inciampare ogni tre
minuti.” Le rispose lui seccato.
“tanto
vale che la
porti in braccio allora! Lo sai che non vogliono che lei
veda la strada che stiamo facendo.”
“è
notte fonda Lara!
A malapena ci orientiamo noi!”
La ragazza lo
fulminò con lo sguardo, ma questo Elena non lo
potè vedere.
“grazie”
sussurrò a
bassa voce a Nick, sapeva che lei non doveva ringraziarlo e che lui non
doveva
toglierle il cappuccio, ma trovò che in tutta quella
situazione lui le stesse
facendo un favore nonostante si ritrovassero a far parte di due fazioni
diverse.
Finalmente il
cappuccio le fu tolto dalla faccia e l’aria fresca le
sferzò il volto, di
fianco a lei c’erano Nick e quella ragazza che per tutto il
tempo l’aveva
trattata con condiscenza, finalmente aveva un volto e adesso che lo
guardava
meglio sapeva anche a chi appartenesse.
Nick
l’aiutò a
rialzarsi mentre lei non toglieva gli occhi di dosso da Lara, la sua
compagna
di classe nonché la stessa ragazza che aveva visto in
piscina quella mattina e
che con insistenza aveva fatto domande e osservazioni su Aris.
“non
credevo che
anche tu fossi coinvolta” le parlò Elena
riprendendo a camminare in mezzo a
loro due. Adesso la fune era passata nelle mani di Nick e la ragazza
non potè
fare a meno di notare che lui le aveva lasciato abbastanza corda per
camminare
civilmente e non come un cane al guinzaglio.
“quanti
compagni di
classe ci saranno a questa festicciola eh? Se mi aveste detto che
festeggiavate
nel bosco il ballo di fine anno mi sarei vestita meglio!”
ironizzò.
“non
si diventa
cacciatori Elena, lo si è per nascita. Noi tutti
apparteniamo a quell’antico clan
formato da Skan per distruggere le sirene, siamo i discendenti dei
primi
cacciatori, abbiamo l’odio per le sirene nel
sangue.” Le rispose Nick.
“a
questo punto puoi
anche dirmi dove stiamo andando, non potrei scappare nemmeno se lo
volessi, non
ho idea di dove mi trovo.”
“Eppure
dovresti
riconoscere questo posto, ti ci ho portato qualche sera
fa…” Elena si guardò
intorno, niente le era familiare, di certo era un bosco ma non avrebbe
mai
detto di esserci già stata.
Il silenzio
riscese sullo
strano trio, poco a poco, attorno a loro la vegetazione
iniziò a mutare, sterpi
e cespugli divennero sempre più radi, le stelle in cielo
sembrarono diventare
più luminose e un flebile rumore d’acqua
andò intensificandosi.
“Ed
eccoci arrivati,
la tribuna d’onore” canzonò Nick, ma a
quel punto il rumore era abbastanza
forte da coprire parte delle sue parole.
Si trovavano
sull’orlo di un precipizio, un salto alto parecchi metri da
cui un torrente che
avevano affiancato sfociava in una cascata molto più
giù. Elena guardò quel paesaggio
per un minuto o due, da quella rupe si aveva una visuale perfetta di
tutto il
lago,
“lago
cremisi?”
chiese dubbiosa, dall’alto sembrava molto più
grande e spaventoso di quanto non
fosse dal basso.
Si sporse un
po’ e
sotto di lei, lontana alcuni metri, c’era una distesa
d’acqua di un
meraviglioso blu notte che a tratti rifletteva le stelle nel cielo. Uno
spettacolo bellissimo ma al contempo inquietante,
tutt’attorno potè notare
accampamenti e gente armata che camminava fra gli alberi.
I due ragazzi
iniziarono ad uscire da una sacca, che lei non aveva neppure notato,
una serie
di attrezzature per il camping che presero a montare con
rapidità. Elena si
voltò nuovamente a fissare il lago con una strana sensazione
nel petto, era
come se il rumore dell’acqua chiamasse il suo nome…
“cos’è
quello?” Si
sporse indicando un aggeggio che pendeva sul lago, non aveva un
binocolo ma
riusciva persino da quella distanza a capire che non era nulla di buono.
Nick
passò la fune
che le teneva i polsi a Lara dopodiché si
avvicinò a lei guardando con un
binocolo, “ah, finalmente è quasi
pronta” sussurrò tra sé e sé.
“cosa
è quasi
pronta?” si lamentò la bionda, “voglio
vedere pure io!”
Lara stava per
ribatterle che non aveva alcun diritto di pretendere di vedere ma non
fece in
tempo che Nick le aveva già dato in mano il binocolo e
adesso lei stava
osservando tutto quello che accadeva sulla riva del lago.
La costruzione
che
aveva indicato Elena altri non era che un’impalcatura di
metallo fissata alla
sponda del fiume che si sporgeva verso il centro del lago, alla sua
estremità
vi era una gabbia piramidale che letteralmente dondolava sul lago ad
un’altezza
di qualche metro.
“Quella
è la gabbia”
le spiegò Nick. Probabilmente pensava, vista la lontananza,
che lei non fosse
più un pericolo per la missione e così decise di
snocciolarle qualche
informazione. Lara non sembrava troppo felice di questa sua improvvisa
parlantina ma a quanto pareva Nick aveva un grado di importanza
più alto di lei
e non le era concesso fare obbiezioni.
“È
stata costruita
con i migliori materiali, perlopiù credo sia acciaio.
È impossibile fuggire da
lì…”
“Credo
che proprio
in questo momento dovrebbero portare Aris là
dentro…” la punzecchiò Lara.
“che
cosa?! Aris la
dentro?”
Elena
guardò con il
binocolo, su tutta la sponda del lago c’era un enorme
fermento di persone,
tutto era buio, nemmeno una torcia era accesa, come se non volessero
farsi
vedere.
“Certo,
è questo il
piano,” continuò Nick “Prima Aris
verrà imprigionato nella gabbia, grazie a te
qui ben visibile non dovrebbe fare molte storie, in seguito chiameremo
Re
tritone e lo costringeremo a darci i suoi restanti anelli usando come
arma il suo
stesso nipote. Semplice no?” concluse il castano alzando le
spalle.
Elena
abbassò il
binocolo per guardarlo negli occhi, in quel piano non c’era
proprio nulla di
semplice. “E come lo chiamereste? Avete un fischietto magico
per Re Tritone?”
improvvisamente si ricordò del campanellino che tempo prima
le aveva regalato
Aris per mettersi in contatto con lui, forse esisteva davvero qualcosa
del
genere per il re, per fortuna che lei il suo bracciale
l’aveva lasciato a casa,
non si sarebbe mai perdonata se persino quella cosa fosse arrivata
nelle loro
mani.
“una
volta che Aris
sarà entrato nella gabbia faremo in modo di calarlo
nell’acqua, Tritone lo
starà cercando in lungo e in largo e verrà subito
da noi.”
“cosa
vi fa credere
che Tritone lo stia cercando?” li sfidò lei con
aria superiore.
“se il
tuo unico
erede maschio al trono svanisse nel nulla, metterei sentinelle in ogni
angolo
dell’oceano per ritrovarlo.” Le rispose Lara
malignamente.
“sei
fin troppo ben
informata sul mondo di sotto per essere una Cacciatrice.”
L’apostrofò lei.
“questo
perché lei
ne fa parte” s’intromise Nick. “se non
fosse stato per Lara non avremmo mai
saputo molte informazioni che si sono rivelate vitali per il nostro
piano, per
arrivare a questo momento.”
“Sei
una spia,”
sussurrò Elena guardando di sottecchi la ragazza dai capelli
corvini. “e farai
la fine che ti meriti…”
La bionda
lasciò
cadere il discorso, inutile parlare, tanto tra poco tutto sarebbe
finito.
“Comunque
sia, il
vostro piano non funzionerà mai”. Parlò
tranquilla “Tritone è troppo forte per
dei comuni esseri umani, anche se vi definite cacciatori non avete
speranze di
batterlo.” La consapevolezza che i cacciatori sarebbero stati
polverizzati nel
giro di qualche minuto la fece rabbrividire, se Aris fosse stato usato
come
esca e Tritone avesse abboccato, non ci sarebbe stato più
nulla da fare. Adesso
iniziò davvero a preoccuparsi, cosa avevano intenzione di
fare quei pazzi,
combattere un potente tritone con poteri fuori dal comune?
“e tu
cosa ne sai?”
chiese Lara scettica. Dopotutto il suo atteggiamento nei suoi confronti
era
giustificabile, ai suoi occhi quella ragazza era rimasta invischiata in
quella
storia per pura coincidenza, a differenza di lei o dei cacciatori che
avevano
trascorso la vita a studiare ogni mossa di Re Tritone, a seguire un
rigido
addestramento per ottenere questa chance di batterlo.
Elena
rifletté sul
rivelare o meno quello che sapeva, ma in cuor suo quei poveri
cacciatori le
facevano compassione, si credevano i più furbi e i
più forti, ma avevano fatto
l’errore più stupido che potessero commettere,
avevano sottovalutato il potere
di Re Tritone.
Non si governa
su un
regno per così a lungo se non si è scaltri e
disposti a tutto. E Re Tritone lo
era anche troppo.
“io
l’ho incontrato”
disse dopo qualche minuto di riflessione “ed è
stato l’evento più terrificante
della mia vita. Sono riuscita a scappare solo grazie ad Aris, ma non
avremmo
mai e poi mai, potuto fronteggiarlo direttamente così come
avete intenzione di fare
voi.”
Nick fece un
passo
avanti abbastanza sicuro di sé. Elena lo guardò
come se fosse la prima volta,
davanti a lei vedeva solo un ragazzo che dietro alla spavalderia
nascondeva una
gran paura, era stato costretto a fare quelle cose e anche se ne
conosceva il
pericolo non poteva tirarsi indietro.
“Dimentichi
che noi
siamo dei cacciatori, siamo addestrati sin da piccoli a combattere ed
allenare
l’ingegno, questa battaglia sarà dura ma la
combatteremo ad armi pari.”
Elena non era
per
niente rassicurata dalle sue parole ma visto ciò che si
apprestavano ad
affrontare evitò di ribattere, se riusciva a tenere sotto
controllo la sua
paura dietro quelle assurdi frasi da condottiero lei non avrebbe fatto
nulla
per farlo scontrare con la mera realtà. Tanto fra poco ci
avrebbe pensato Re
tritone…
“Nick”
Lara richiamò
l’attenzione del ragazzo. Si lanciarono una rapida occhiata e
poi tornarono a
puntare i loro occhi verso il lago.
“ci
siamo”
****
“Sta
più attento!”
gli gridò nuovamente una voce sgarbata mentre lo tirava su
per l’ennesima
volta.
Aris non aveva
idea di
dove lo stessero portando, da quando aveva abbandonato la grotta aveva
percorso
una lunga salita inciampando quasi in continuazione, oltre a non vedere
dove
metteva i piedi, lui non ci era proprio abituato a camminare!
Dopo parecchi
minuti
si era reso conto che l’aria attorno a lui era cambiata, era
più fresca a
frizzante e per un istante in lontananza ebbe la sensazione di sentire
la voce
di Elena, l’aveva chiamata ma non aveva udito risposta che
già era stato
trascinato di peso via.
L’avevano
fatto
sedere incappucciato su una lastra di freddo metallo che aveva preso a
muoversi
e poi se ne erano andati via senza nemmeno curarsi di legargli le mani
contro
qualche asta.
“sta
fermo e non
muoverti!” sentì una voce gridargli in lontananza,
ovviamente lui decise di
ignorarla bellamente. Tentò di portare le mani che aveva
legate dietro la
schiena in avanti così da potersi togliere il sacco dalla
testa, era molto
faticoso e dopo molti tentativi, anche dolorosi, finalmente ci
riuscì.
Le voci in
lontananza iniziarono a protestare e quasi si aspettò che da
un momento
all’altro qualcuno lo raggiungesse per legarlo nuovamente, ma
invece si dovette
ricredere.
Finalmente dopo
tanto buio si tolse quell’odioso cappuccio che aveva in
faccia e capì il perché
nessuno l’aveva ancora raggiunto.
Si trovava in
una
gabbia di metallo sospesa in mezzo ad un lago.
Si
guardò intorno
cercando di capire la situazione, la gabbia era piramidale il che
voleva dire
che i quattro lati convergevano sopra la sua testa rendendo non solo lo
spazio
stretto e limitato a qualsiasi movimento ma in più non
permettendogli di
alzarsi in piedi. Era costretto a rimanere lì seduto senza
poter muovere un
dito.
Alle mani aveva
ancora le manette di metallo, non avrebbe potuto slegarsi da quegli
arnesi
nemmeno volendolo.
Ma non era
questa la
cosa che lo preoccupava di più.
La gabbia era
tenuta
sospesa da un gancio che a sua volta era collegato con una catena
metallica che
arrivava fino alla riva. Era come se quella fosse una canna da pesca e
lui
fosse l’esca all’amo.
Sulla sponda del
lago in lontananza vide una moltitudine di gruppi di persone,
sembravano tutti
armati fino ai denti e in attesa che accadesse qualcosa.
Si
rigirò su se
stesso attento a non fare dondolare troppo il trabiccolo,
chissà se vi era una
via d’uscita, una serratura segreta…
Poi, senza alcun
preavviso, la gabbia iniziò a scendere verso
l’acqua ed i suoi più grandi
timori furono confermati. Il pesce grosso che avevano intenzione di
catturare
era tritone, e non appena avesse captato una sua presenza
nell’acqua questa
volta sarebbe venuto di persona a riacciuffarlo per riportarlo ad
Atlantica.
Guardò
quei
cacciatori armati fino ai denti, quei patetici umani che credevano di
poter
combattere contro un tritone di quella potenza.
Per
un momento anche se flebile, si sentì più al
sicuro lui in quella
gabbia che là fuori assieme a tutti quei cacciatori armati
fino ai denti.
A.A.
Salve a tutti!
Ormai siamo agli sgoccioli, Re tritone farà la sua
comparsa molto presto e quando avverrà saranno cavoli amari
per tutti!
>.<
Spero che la storia vi stia piacendo, oramai sono rimasti gli ultimi
capitoli e una volta finito ho intenzione di rivedere sin dal primo
capitolo tutta la storia per un bella revisione grammaticale XD sono
sicura di essermi lasciata indietro qualche errore sparso e siccome
sono una persona superpuntigliosa ci tengo che alla fine venga un buon
lavoro complessivo. Spero di poter concludere entro il 40 capitolo,
questa è la prima volta che
scrivo così a lungo e più scrivo più
ho il timore di cadere nella banalità perciò
spero che questo non accada!
Saluti e ci
rivediamo fra due settimane il 31 agosto : ): )
Clara
|
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Capitolo 34 *** L'ascesa del Re ***
Cap 34 -
L’ascesa del Re
Il tempo
scorreva
con una lentezza inesorabile, Elena aveva assistito impotente mentre un
gruppo
di cacciatori aveva rinchiuso Aris in quella gabbia di metallo e
lentamente
l’avevano poi trascinato con una carrucola proprio al centro
del lago. Sembrava
un grande canna da pesca con all’amo Aris, e mentre lo
guardava dimenarsi nel
tentativo di slegarsi, incapace di poterlo aiutare, i cacciatori
calarono quel
maledetto aggeggio nell’acqua.
La bionda si
sporse
di più dallo strapiombo, era straziante dover assistere a
tutto quello senza
poter muovere un solo dito, avrebbe fatto qualunque cosa per liberarlo,
persino
buttarsi da quell’altezza con il rischio di spezzarsi
l’osso del collo!
Fece un passo in
avanti per saggiare l’altezza della scogliera, ne stava solo
valutando
l’altezza quando sentì le mani di Nick chiudersi
ancora sulle sue braccia.
“Se
non farai la
brava sarò costretto a legarti di nuovo”
l’ammonì lui.
“Tu
non capisci…”
sussurrò Elena con lo sguardo implorante, gli occhi gonfi di
preoccupazione e
la paura che le faceva martellare il cuore in petto.
Il ragazzo la
spinse
verso un terreno più sicuro e dopo la liberò
dalla sua presa.
“Voi
non sapete
quello che gli farà” sussurrò Elena
portandosi le mani alla testa come se fosse
sul punto di impazzire.
Aris si trovava
nel
centro della battaglia fra i cacciatori e tritone, e francamente lei
non sapeva
decidersi su quale dei due fosse peggio. Non poteva fare nulla se non
guardare
quello che quegli incoscienti stavano per fare, se tritone avesse visto
tutto
quello con i suoi occhi, se l’avesse vista viva e vegeta e
se, cosa ancora più
grave, avesse visto Aris con gambe umane sarebbe sicuramente scoppiato
il
peggio, ci sarebbe stato uno sterminio di massa. Sì,
probabilmente questa volta
sarebbe arrivato al punto di uccidere persino l’unico
discendente maschio della
famiglia reale, ai suoi occhi quelle gambe sarebbero state la conferma
del
tradimento.
Elena non poteva
pensarci; se Tritone avesse ucciso Aris? Se tritone, pazzo di follia,
avesse
ucciso tutti?
Mentre si
tormentava
con tutti questi pensieri la voce di Lara risuonò chiara
alle sue orecchie.
“Abbiamo un piano… non devi preoccuparti, e se le
trattative non dovessero
andare come previsto passeremo alle maniere forti,
l’uccideremo prima ancora
che possa dire A.”
Elena che fino a
quel momento aveva tenuto la testa bassa si riscosse immediatamente a
quelle
parole.
“Che
cosa…? Avete
intenzione di uccidere il Re di Atlantica?!” si
voltò verso Lara quasi non
credendoci.
“Se
non dovesse
collaborare, è l’unica
soluzione…”
“No
che non lo è!”
obiettò lei decisa.
Atlantica non
poteva
rimanere senza un re! Persino lei sapeva che morto un sovrano il posto
sarebbe
stato occupato subito dal suo successore, e l’unico nella
lista era Aris! Così
facendo il suo ragazzo sarebbe stato costretto ad assumere il controllo
del
regno, sarebbe stato costretto a ritornare ad Atlantica e questo lei
non lo
voleva.
Ancora tremante
a
quell’idea continuò a parlare “io e Aris
abbiamo un piano, questi anelli hanno
provocato sin troppi guai e non è giusto che gli umani o i
tritoni abbiano il
controllo sull’oceano. L’oceano non ha bisogno di
padroni, di protettori forse, ma
non di sovrani spregevoli.”
I due ragazzi
l’ascoltarono in silenzio.
“Noi
vogliamo
distruggere tutti gli anelli, vogliamo appianare queste divergenze fra
umani e
sirene, siamo entrambi abitanti di questo pianeta, coesistiamo ognuno
con le
sue diversità.”
“Belle
parole che
non significano nulla.” Disse sprezzante la bruna.
“Mio
padre, ha dato
la vita per la sirena che amava e per suo figlio, non gli è
mai importato cosa fossero
loro due, li ha amati fino alla fine, fino all’ultimo suo
respiro,
incondizionatamente.”
Sui volti dei
due
ragazzi s’accese un’espressione di sgomento.
“Stai
dicendo che…”
Nick stava parlando ma era difficile persino fare quel pensiero.
“Tuo padre ha
avuto un figlio con una sirena?” chiese confuso.
“Sì,”
confermò lei
senza vergogna. “E senza di loro non sarebbe mai nato Aris.
Ed io gli sono grata
per questo.”
Lara
sgranò gli occhi
orripilata. “Tu e Aris siete fratelli!?”
gridò “Ma lui è…?! Voi state
insieme!
È totalmente”
Elena
l’interruppe
prima che dalla sua bocca potessero uscire ulteriori frasi accusatorie.
“Credevamo
di
esserlo, e fidati, scoprire che la persona che ami sia in
realtà tuo fratello
non è per niente un’esperienza
piacevole.”
La ragazza bruna
fissò un momento Nick di sottecchi la quale non si accorse
di niente, era
troppo concentrato sulla storia di Elena per prestare attenzione a quel
gesto.
“È
stato il periodo più
brutto della mia vita fino a quando non abbiamo scoperto di non essere
veramente fratelli. Eric non era il mio vero padre, mia madre mi aveva
avuto
con un altro uomo… Tra
me e Aris non
scorre nemmeno una goccia di sangue uguale.”
Nick stava
metabolizzando tutte quelle informazioni.
“Allora
era per
questo che avevi quell’attaccamento a lui?” non
riuscì a trattenersi.
“Ho
provato da
subito qualcosa per lui ma quando abbiamo realizzato che potevamo
essere fratelli
abbiamo tentato di ignorare i nostri sentimenti…ma quello
che voglio dirvi è
che lui è diverso dagli altri tritoni.”
Elena non voleva
parlare della sua travagliata storia sentimentale, voleva solo che loro
la
lasciassero libera così da poter correre in suo aiuto, non
era poi così
difficile no?
“Lui
è sincero ed è…onesto”
pensò a quando le aveva tenuto
nascosta la storia di Ayla, loro non dovevano per forza sapere tutti i
dettagli… “io capisco che voi possiate avere dei
timori nei confronti del
passato, ma lui è diverso, lui è un principe
tritone mezzo umano, ha a cuore i
nostri mondi e se ci date una possibilità noi possiamo
provare a cambiare le
cose.”
Nick
alzò le spalle
quasi scrollandosi di dosso ogni responsabilità
“non è con noi che ne devi
parlare Elena, noi non prendiamo decisioni, solo gli anziani hanno il
potere di
farlo, sono loro che hanno in mano le redini della nostra
società segreta.”
“Ed
allora è con
loro che voglio parlare.” Guadò per un istante
tutti e due negli occhi. “Ma non
posso farcela da sola, ho bisogno del vostro aiuto.”
Alzò le mani ancora legate
con la corda implorandoli con lo sguardo.
“Vi
prego.” Ma i loro
sguardi
non erano ancora del tutto convinti.
“Dirò
che sono
riuscita a scappare, se tutto dovesse andare per il peggio non
rivelerò ciò che
avrete fatto per me” sussurrò tentando di
convincerli.
“Ma
devo fare in
fretta, devo andare da questi anziani e convincerli prima che lui arrivi o sarà troppo
tardi!”
Lara mosse un
passo
verso di lei, guardava Nick e leggeva nei suoi occhi la stessa
incertezza che
provava lei, e se Elena avesse avuto ragione su tutto? Ci si poteva
davvero
fidare di quei due? Che cosa avrebbero potuto fare per aiutarli?
Ma le sue
riflessioni furono stroncate sul nascere, non c’era
più il tempo per
contrattazioni e ipotesi; al centro del lago un gorgoglìo
sommesso aveva iniziato
a risuonare nell’aria tesa del bosco.
Tritone stava
arrivando.
****
Aris era per
metà
immerso nell’acqua fresca del mare, era rassicurante
ritornare a contatto con
dell’acqua salata, ma le circostanze non erano per nulla
piacevoli anzi, lui
era la miccia che avrebbe fatto esplodere quella guerra e per quanto
potesse
sforzarsi non poteva fare altro che attendere inerme il suo
arrivo.
Ormai lo sapeva
bene, era questione di minuti o forse ore se erano fortunati, ma Re
Tritone
sarebbe arrivato, e quando sarebbe arrivato la guerra avrebbe avuto
inizio.
Come
d’improvviso il
cielo, già scuro della notte, si coprì di grandi
nuvole grigie che in pochi
istanti oscurarono la luce della luna e delle stelle. L’aria
si fece frizzante
quasi fosse carica di elettricità, tutti i presenti
attendevano trepidanti che
avvenisse qualcosa, Aris si teneva saldamente alla gabbia mentre
guardava la
superficie del lago in cerca di un segnale, la sua vista era molto
più buona di
quella degli umani, riusciva a vedere sott’acqua in piena
notte con la stessa
facilità del giorno.
Elena Lara e Nick si erano sporti per guardare cosa stesse accadendo, i
loro
binocoli erano adatti alla visione notturna e i due ragazzi poterono
monitorare
la situazione meglio di quanto potesse fare Elena.
“Cosa
sta
succedendo?” chiese lei spaventata. Il cielo stava diventando
sempre più nero,
come se da un momento all’altro stesse per diluviare,
indubbiamente doveva
essere opera di Tritone.
Lentamente il
lago
iniziò ad incresparsi nonostante nell’aria non ci
fosse un filo di vento, le
piccole onde si andavano ad accumulare ai lati della cascata, stavano
crescendo
gonfiandosi in verticale, era un movimento naturalmente impossibile.
“Si
stanno formando
delle…mura? Mura
d’acqua?” fu la
risposta di Nick.
Quello che
successe
dopo lasciò tutti i presenti letteralmente senza parole,
l’acqua salita in alto
fin quasi alla rocca dove vi era Elena si fermò. In
lontananza si udì cadere un
tuono, poi la luce del lampo per un momento illuminò la
radura e per un istante
fu possibile vedere l’acqua delle mura che stava ascendendo al cielo.
Dalle mura
d’acqua
lentamente, uno ad uno, si fecero avanti possenti tritoni dalle lunghe
code
corazzate. Era l’esercito del re, Aris li riconobbe subito,
avevano armature
ramate con impresso sul petto lo stemma di Atlantica, lunghi arpioni
che
terminavano con uncini a tre o quattro punte, alcuni tenevano in mano
spade
d’argento affilate come rasoi, altri più letali
avevano fiocine pronte ad
essere scagliate sugli avversari.
Vederli
comparire
lì, in fila, armati fino ai denti, gli fece accapponare la
pelle.
****
“Questo
maledetto
aggeggio non può andare più veloce?!”
Ursula si lamentò con Rachel.
“Più
veloce di
così?! Siamo già al limite consentito dalla
legge!” la rimbeccò quella
spingendo ancora un pochino sull’acceleratore.
La strega seduta
dal
lato del passeggero si sporse verso il finestrino, il cielo si era
annuvolato
di colpo, era convinta che il peggio sarebbe ancora dovuto arrivare.
“Facciamo
in fretta
per piacere, o sarà troppo tardi per salvarli.”
“Ancora
con quella
storia?” alla madre di Elena scappò un sorrisetto
ironico. Quella strana
signora che aveva detto di chiamarsi Ursula, per tutto il viaggio non
aveva
fatto che blaterare delle storie assurde. Le aveva raccontato di come
sua
figlia e Aris si fossero cacciati nei guai, di come
quest’ultimo, figlio del
suo ex marito e di una principessa sirena, avesse sfidato il nonno, Re
di
Atlantica (una specie di regno degli abissi), rinunciando a tutto per
stare con
sua figlia sulla terra.
Assurdo!
E le cose erano
andate peggiorando, il viaggio era stato piuttosto lungo e
così la strega aveva
avuto modo di raccontarle di una società segreta che
uccideva ogni tritone o
sirena che mettesse piede sulla terra, e poi di alcuni strani aggeggi
che
conferivano del potere sul mare, bah!
Si era rifiutata
di
protestare come aveva fatto all’inizio e aveva deciso che la
migliore soluzione
era starsi zitta e concentrarsi sulla strada, per quanto le riguardava
Ursula
era troppo fuori di testa per darle ascolto.
“Lo so
che non lei
non mi crede, ma era un suo diritto saperlo.”
L’altra
sospirò
all’ennesima frase sconnessa della vecchia.
“Quando
si troverà
nel bel mezzo della battaglia, capirà che purtroppo
è tutto vero.”
****
Il buio si era
fatto
sempre più fitto, sembrava quasi una presenza palpabile.
I soldati
schierati
in formazione aspettavano fermi l’arrivo del loro sovrano, di
certo il Re aveva
in mente un entrata ad effetto per stupire ancora di più
quei piccoli umani.
La luna non era
che
un cerchietto pallido che combatteva contro tutte quelle nubi per
rischiarare
la notte, un gorgoglìo sommesso iniziò ad animare
il centro del lago, un
vortice d’acqua prese a crescere con velocità
sempre più crescente.
Un fulmine cadde
proprio nel centro del vortice, il boato fu tremendo e la potenza
dell’impatto
fece cadere molti cacciatori, ma il mulinello continuava a crescere
indisturbato.
L’aria
era diventata
umida e appiccicosa, tutti sapevano chi sarebbe arrivato di
lì a poco, il piano
dei cacciatori aveva davvero funzionato, ma questa non era che la prima
fase; dal
centro del lago iniziarono a venire a galla piccole bollicine che via
via si facevano
più grandi e ascendevano anche loro al cielo, un secondo
fulmine cadde proprio
al centro del lago ma con la meraviglia di tutti la sua luce
attraversò l’acqua
e lì vi rimase.
Stridii acuti
vennero
dal fondo del mulinello seguiti da frustate vigorose, dal profondo del
gorgo
due enormi cavalli acquatici galoppavano energicamente per contrastare
la
potenza del vortice, la frusta tagliava l’aria e batteva
vigorosa sulle schiene
degli animali, mentre un cocchio d’oro massiccio illuminato
dalla luce del
fulmine che aveva assorbito iniziava a venire a galla.
La corrente
prese a
sballottare la gabbia del povero Aris che continuava a dondolare
precariamente
dentro l’acqua, con un ennesimo schiocco di frusta i cavalli
riuscirono ad
emergere completamente dall’acqua, tutta la radura
ammutolì sgomenta.
Re tritone a
bordo
del suo cocchio era immenso e maestoso, un’aura di regale
potenza lo pervadeva
dalla testa fino alla coda, i lunghi capelli bianchi ricadevano
disordinati
sulle spalle, sulla testa la corona d’oro brillava di una
luce calda e dorata.
Il torace era bardato con un armatura forgiata sulle sue enormi misure,
era
alto quanto tre uomini e forte come un gigante; la lunga coda era
interamente
ricoperta da un’armatura d’oro che proteggeva
scaglia per scaglia, le braccia
erano libere di muoversi ma erano ricoperte di bracciali
d’oro e stemmi. Il re
aveva oscurato la luna argentea con il suo splendore dorato,
l’unica fonte di
luce in tutta la radura veniva dal suo corpo che emanava bagliori
caldi, era
come stare al cospetto del sole, era impossibile guardarlo
direttamente.
La mano sinistra
teneva le redini delle bestie metà cavalli metà
pesci, mentre con la destra Re
tritone sollevò il tridente verso il cielo, un ennesimo
fulmine fu scagliato
verso il lago ma il re prontamente lo assorbì con lo scettro
caricandolo al
massimo della sua potenza, il bellissimo strumento adesso era
circondato da
scariche elettriche e brillava come una stella incandescente e
pericolosa;
incastonati nella sua elsa pronti a dar battaglia, vi erano gli anelli di Alimede.
A.A.
Salve
a tutti! Ed ecco che tritone ha fatto il suo modestissimo ingresso nel
finale di storia, preparatevi per il prossimo eccitante capitolo, vi
garantisco che Tritone farà un bel pò parlare di
sè...
Ci
rivediamo il 7 Settembre, tra una settimana precisa sintonizzati su
Deep Alley!
p.s.
ho creato una copertina per la storia, probabilmente
l'inserirò nel primo capitolo una volta finita la storia, se
riesco a capire come si fa anche prima XD
A
presto!!
|
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Capitolo 35 *** Sangue Sporco ***
Cap 35 Sangue
sporco
Elena, Nick e
Lara
erano in piedi sull’orlo del precipizio mentre osservavano la
scena ammutoliti,
per due di loro era la prima volta che assistevano ad eventi del
genere, quasi
ipnotizzati non riuscivano a staccare gli occhi dal Re e il loro
silenzio era più
che altro da attribuirsi al forte stupore, Elena invece era paralizzata
dalla
paura. Il re era immenso, molto più simile ad un gigante che
ad un umano e completamente
tappezzato d’oro sembrava invulnerabile, la sicurezza con cui
brandiva il
tridente poi, le fece accapponare la pelle. Come un flash
ricordò il loro primo
incontro, allora il re era seduto sul suo trono e sembrava molto meno
grande e
minaccioso di quanto non fosse adesso.
“È
lui?” chiese Nick
a bassa voce.
“Si”
disse Elena.
Avevano provocato il Tritone sbagliato. Pensò.
Piano piano il
mulinello si acquietò, la carrozza sospinta da un velo
d’acqua rimase sospesa
sulla sua superficie come per incanto. Il re scrutò con lo
sguardo tutti i
presenti, poi dal buio della foresta un umano si fece avanti.
“Re
Tritone, la
corte dei cacciatori ti ha convocato per una trattativa.”
L’uomo parlò con voce
chiara scandendo bene, doveva essere il capo o comunque una persona
importante
se gli era stato affidato il compito di parlare con il Re.
Quest’ultimo
strinse
gli occhi come per mettere a fuoco quella figura su due gambe che si
trovava
sulla terra ferma.
Come se
l’uomo non
avesse parlato, il Re l’ignorò e si
voltò verso Aris.
“Caro
nipote…che
circostanze interessanti per un
incontro,” Re tritone parlò con una voce pesante e
possente che rimbombò in
tutto il bosco.
“E non
sei da solo a
quanto vedo” lasciò le redini per fare un gesto
teatrale con la mano, i cavalli
rimasero immobili quasi potessero percepire la paura
nell’aria.
“Re
Tritone!” gridò l’uomo
sentendosi ignorato. “Il vostro erede al trono è
nostro prigioniero,” detto
questo la catena che aveva portato Aris verso il centro del lago fu
riazionata
per riportarlo indietro.
“Consegnateci
gli
Anelli di Alimede e nessuno si farà male.”
Tritone strinse
il
tridente tanto forte da poterlo quasi spezzare, scagliò un
tuono contro la
carrucola che si incrinò e si spezzò. Il metallo
si fuse come burro al sole, la
gabbia di Aris si bloccò all’istante attaccata per
metà ancora alla struttura.
“Come osate rivolgermi la parola, feccia umana. COME OSATE DARE DEGLI
ORDINI A ME!!” Il suo gridò fu così
potente da scuotere acqua cielo e terra,
come un terremoto fece vibrare ogni cosa, il re agitò il
tridente e richiamò a
sé un'altra scarica di elettricità dal cielo, poi
la scagliò contro quel povero
umano a cui era stato affidato il compito di mediare.
In un istante il
povero malcapitato divenne un mucchietto di cenere sotto gli occhi
esterrefatti
di tutti i presenti.
Lara aveva preso
a
tremare, si era inginocchiata per terra e con le mani tenute sulla
testa
tentava di ricacciare via quei brutti ricordi che avevano preso a
riaffiorare.
Nick le aveva messo le mani sulle spalle tentando di tranquillizzarla
ma Elena
si accorse che persino lui stava tremando.
Gliel’aveva
detto,
lei li aveva avvisati. Avevano giocato con il fuoco e adesso tutti
sarebbero
rimasti bruciati.
Tritone che non
aveva staccato gli occhi dai cacciatori nella radura, trovò
un momento per
rivolgere un occhiata di sfuggita al nipote, quando vide le sue gambe
sguazzare
in quel modo innaturale nell’acqua la collera prese
nuovamente il sopravvento.
“Hai
abbandonato il
tuo regno, hai ingannato il tuo Re e cosa ancora più
grave,” indicò con il
tridente le sue gambe. “Gambe umane.”
Il
suo disgusto risuonò forte nell’aria.
“Tu
non sei mio
nipote!” gridò a tutta la radura, “avete
sentito bene? LUI NON CONTA NULLA PER
ME!”
Dalla radura
altri
due uomini si fecero avanti. “Non siete nella posizione di
negoziare nulla,
uccidetelo pure, tanto dopo toccherà a tutti voi.”
Li guardò uno ad uno. “Mi
riprenderò ciò che mi è stato
sottratto e renderò giustizia a tutti gli
oceani!” alluse ai restanti anelli.
“Non
finché ci
saremo noi!” esclamarono gli uomini puntandogli contro le
loro armi.
“Non
durerà molto,”
sorrise con un ghigno “io ripulirò il mondo dalla
feccia umana, ed incomincerò
da voi!” il re scagliò un altro fulmine ma quelli
riuscirono a scansarlo per
miracolo, l’albero che ricevette il colpo al posto loro prese
fuoco illuminando
il resto dei cacciatori rimasti nell’ombra.
Aris si
voltò verso
la foresta, gli occhi che vedeva erano preoccupati e molti sembravano
confusi
dalla reazione del Re, si erano illusi che avrebbe fatto carte false
per lui ed
invece non era stato così. Avevano un piano B?
Perché se non fosse stato così
tutti loro si potevano già considerare morti, Re Tritone
avrebbe mantenuto la
sua minaccia, avrebbe raso al suolo l’intero bosco in un solo
battito di
ciglia.
“Vi
eravate illusi
che mi avrebbe rivoluto con sé, ma Re tritone non ha un
cuore, lui non ha
bisogno di nessuno.”
Il re lo
guardò
serio, quelle gambe umane avevano sancito la rottura con il mondo degli
abissi.
“Alto tradimento Aris, da questo non si può
tornare indietro.” Alzò il braccio
verso il cielo per caricare il suo tridente.
“Uccidimi
pure, dopo
aver ucciso tua figlia Ariel, uccidere tuo nipote sarà una
passeggiata” gli
gridò contro il ragazzo. Ebbene sì, se quelli
dovevano essere gli ultimi
istanti della sua vita non avrebbe permesso a Tritone di conservare la
sua
immagine di Re senza macchia davanti ai suoi sudditi, avrebbe detto a
tutti
cosa lui avesse fatto.
“COME
OSI?!” Tritone
agitò i pugni chiusi verso il basso e subito un enorme onda
si alzò dal centro
del lago inondando tutti i presenti.
“Tutto
quello che ho
fatto l’ho fatto per il regno!”
Tutti
assistettero
pietrificati alla battaglia verbale tra il re e il principe, Elena
fissava
sempre più impaurita la scena, Aris non avrebbe dovuto
provocarlo così, non ne
sarebbe venuto niente di buono…
“Ho
ucciso tua
madre, è vero.” E quell’ammissione
lasciò i cacciatori e i soldati di Atlantica
completamente spiazzati.
“Ed
è stata la cosa
più difficile che abbia mai fatto, ma come sovrano non
potevo fare altrimenti,
lei voleva portarti via da me. Ed io non avrei mai permesso a nessuno
di farlo,
nemmeno al tuo insulso padre umano.”
Aris strinse
talmente forte le sbarre tra le mani che queste sbiancarono
d’un colpo, era
sconvolto, la conferma di un piccolissimo sospetto che aveva avuto era
arrivata
in maniera così diretta che a stento poteva crederci,
Tritone aveva davvero
sterminato tutta la sua famiglia.
Elena
guardò Nick e
Lara confusa e scossa, aveva creduto che suo padre fosse morto per un
tragico
incidente, non avrebbe mai ricollegato la faccenda al Re di Atlantica.
“Stai
dicendo di
aver ucciso anche mio padre?!” incalzò il rosso.
“Avrei
fatto di
tutto per non perderti Aris, tu eri il figlio maschio che avrei tanto
voluto
avere. Ho ucciso la mia stessa figlia e secondo te avrei dovuto
risparmiare un
umano per cui provavo ribrezzo?! Ti volevo Aris, volevo che fossi il
mio erede
più di qualunque altra cosa al mondo, ma adesso tutto
cambia.” Guardò le sue
gambe umane alzando nuovamente il tridente in aria.
“Come
è successo?!”
Gli gridò il ragazzo.
“Ha
importanza? Beh,
non per me.” Gli rispose. “Hai tradito la mia
fiducia e questo è molto più
grave” gli disse in tono solenne il re, quasi fosse ferito,
quasi fosse lui la
vittima in tutto quello.
“Assassino!”
Aris
era sconvolto “Sei solo un assassino!” lacrime
salate presero a scendergli
dagli occhi annebbiandogli la vista, suo padre, Eric, l’unica
persona che oltre
a sua madre l’aveva amato per quello che era, aveva pagato a
caro prezzo questo
sentimento per mano di suo nonno.
Il re parve fare
finta di non sentire “avevi tutto, fama, potere, persino
bellezza. Hai gettato
tutto in pasto agli squali per quella insulsa ragazza umana.”
Il tridente
emanò
scintille dorate, “e dov’è adesso questa
ragazza?” rise malignamente il re,
Aris strinse i pugni contro le sbarre della cella.
“Dov’è la ragazza che ha
causato tutto questo?” finse di guardarsi intorno e
ciò fece irritare il rosso
ancora di più.
Nick stava
tenendo
Elena saldamente. “Non fare sciocchezze Elena, se salti da
questa altezza morirai
sicuramente!” il ragazzo l’aveva afferrata nel
momento in cui Re Tritone
l’aveva chiamata in causa, la bionda aveva fatto due passi
avanti pronta a
saltare giù, il ragazzo doveva ammetterlo, in quel momento
lei aveva più
coraggio di chiunque altro in quella radura.
“Lasciami
Nick!
Lasciami andare!” gli gridò lei in risposta, era
rabbiosa, Re Tritone stava
minacciando Aris usando lei come arma, e non glielo avrebbe permesso!!
Il re
continuò a
parlare. “Potevi essere come me, ed invece sei stata la mia
più grande
delusione.”
“La
mia più grande
delusione è sapere che condivido una parte del mio sangue
con un assassino come
te!” Gridò Aris tra le lacrime.
“…avrei
dovuto capirlo
prima che eri solo sangue sporco”
sussurrò
poco prima di scagliare il suo attacco contro la gabbia.
Ma quelle sole
parole
ferirono Aris più della batosta che ricevette.
Elena
gridò dimenandosi
contro Nick che continuava a trattenerla disperato, Lara chiuse gli
occhi, non
poteva sopportare di rivivere la morte del padre, una serie di spari
squarciarono il silenzio nell’aria, un tentacolo gigante
schizzò fuori
dall’acqua spostando la gabbia prima che il colpo la
distruggesse.
“TU!?”
il re guardò
schiumante di rabbia la strega.
“Non
ti permetterò
di prenderti anche lui,” gridò Ursula emergendo
completamente dall’acqua. La
sua forma era immensa, grande quasi quanto Tritone ma molto
più terrificante.
“Dovrai
passare sul
mio cadavere prima” gli sorrise ghignando la strega del mare.
Le sue vere sembianze
avevano intimorito tutti i presenti, non solo i cacciatori ma persino
l’esercito del Re era trasalito non appena la sua figura era
emersa dal lago.
Ursula non possedeva tutti gli effetti speciali di Tritone ma la sua
figura da
sola incuteva abbastanza timore, il Re la guardò a denti
stretti dall’alto in
basso, sapeva che non sarebbe stata un problema ma di certo non aveva
previsto che
lei combattesse al fianco di Aris.
I tentacoli
viola si
mossero nell’aria e nell’acqua minacciosi, Ursula
si stava frapponendo tra il
re e Aris ancora imprigionato in quella struttura metallica adesso
tutta
deformata, il colpo improvviso aveva abbassato tutta
l’impalcatura dentro
l’acqua e adesso il ragazzo si ritrovava completamente
immerso nel lago.
Il re le sorrise
malignamente mentre la strega metteva al riparo il ragazzo.
“Ancora non hai
imparato da quale parte stare Ursula…”
“Sto
dalla parte di
Aris, e se Aris sta con gli umani io sto con lui.” Gli
rispose minacciosa
Il re aveva gli
occhi in fiamme dalla rabbia, guardò la strega ferma davanti
a lui, alle sue
spalle sulla terra ferma vi era un esercito di umani con pistole e armi
appuntite che avevano già scagliato contro di lui fallendo
miseramente; neppure
per un istante il dubbio della sconfitta sfiorò la sua
mente. Non ebbe il
minimo timore di poter perdere quella battaglia, avrebbe guidato il suo
esercito in capo agli oceani verso la vittoria su quei miseri bipedi,
la prima
di una lunga serie.
Con un solo
cenno
del tridente il suo esercito si scagliò sulla terra ferma
contro gli umani.
Il re
caricò il suo
tridente e lo puntò contro la strega, Ursula e Aris
sarebbero stati suoi.
“Tu e
gli umani
siete già morti.”
Dopodiché
l’ennesimo
lampo illuminò la radura.
****
Elena era
pietrificata dalla vista di quella serie di eventi appena successi,
“Ti
prego Nick, ti
supplico, liberami, devo salvarlo, lui lo
ucciderà!” era terrorizzata da talmente
tante cose che era difficile capire per che cosa avesse preso a
piangere.
Il ragazzo la
tirò
indietro verso l’interno della sporgenza, lasciarla andare
voleva dire
condannarla a morte, lì invece avevano ancora una parvenza
di sicurezza lontano
dalla battaglia.
“Elena
calmati, per
favore” cercò di parlare con tono rassicurante, ma
la bionda non voleva sentire
le sue parole, le uniche parole che voleva sentire erano quelle di Aris
e
nessun altro.
Lara giaceva
ancora
a terra troppo sconvolta e spaventata per poter fare qualsiasi cosa,
era
confusa e quando alzò gli occhi per un momento lesse la
stessa confusione negli
occhi di Nick, quando il re aveva calato il tridente contro Aris i
cacciatori
avevano fatto fuoco ma nessuno dei colpi sparati avevano scalfito la
sua
corazza o la sua pelle. Re Tritone era davvero invincibile come aveva
detto
Elena? Loro non l’avevano previsto, avevano pensato a tutto
nei minimi dettagli
ma non avevano calcolato un particolare del genere, che grosso errore
era
stato!
Lara si
tastò il
fianco e ne uscì un mazzo di chiavi, ne scelse una
apparentemente a caso e la
diede ad Elena.
“Non
ti sto facendo
alcun favore.” Le disse quella tagliando poi le funi che la
legavano. La bionda
guardò la ragazza bruna con riconoscenza.
Nick era
confuso,
“che stai facendo Lara? Non possiamo lasciarla
andare!” con una mano le afferrò
il polso che ancora brandiva il coltello. “Se va
là sotto, morirà!”
“Questa
notte
moriremo tutti ugualmente,” gli rispose lei, poi
guardò Elena dritto negli
occhi, “perciò tanto vale che tu gli dica
addio.”
Elena non
esitò un
istante, afferrò la chiave e di slanciò
abbracciò Lara in preda alle lacrime.
“Grazie”
bisbigliò.
Probabilmente
quella
ragazza aveva ragione, sarebbero morti tutti nel giro di un paio
d’ore, ma se
fosse dovuta morire, l’avrebbe fatto al fianco della persona
che amava. Non
perse un solo istante ed iniziò a scendere il più
possibile dalla rupe,
avvicinandosi alla parte d’acqua in cui la gabbia deformata
era stata spostata,
prima o poi avrebbe fatto il suo salto e pregò con tutte le
sue forze affinché
non si rompesse l’osso del collo.
Lara
girò le spalle
e prese la balestra che aveva portato con sé, non sarebbe
rimasta ferma lì con
le mani in mano mentre gli altri combattevano, avrebbe dato il suo
contributo e
sarebbe morta in battaglia proprio come tutti gli altri.
“Perché
l’hai fatto?
Credevo l’odiassi e alla fine l’hai lasciata
andare” Nick la guardò turbato.
“Perché
credo che
sia giusto dire addio alle persone che si amano prima di
morire.”
Era vero, Lara
aveva
odiato Elena profondamente ma solo adesso si rendeva conto di quanto
l’avesse
giudicata male, pensava fosse una nemica, ma non per i motivi che
credeva Nick.
Lara sapeva della missione del ragazzo di conquistare la fiducia della
bionda
con ogni mezzo possibile e ne era stata gelosa, per un periodo aveva
davvero
creduto che Nick se ne fosse addirittura innamorato ma senza ottenere
da lui
mai una conferma diretta. Il piccolo mostro della gelosia aveva
continuato a
tormentarla vedendo il castano comportarsi gentilmente nei confronti di
Elena,
ma quando l’aveva vista parlare di Aris e quando a sua volta
aveva visto Aris
parlare di lei a quel modo aveva capito che quei due si amavano
moltissimo e
che i suoi timori erano stati infondati.
Nick
rifletté per
qualche istante mentre Lara caricava la balestra, l’avrebbe
seguita anche lui
in battaglia, non si sarebbe arreso senza combattere.
La ragazza dai
capelli bruni prese un respiro profondo e si avvicinò al
ragazzo, tra qualche
momento nulla sarebbe più importato, sarebbero morti
entrambi prima dell’alba. Se
non l’avesse fatto se ne sarebbe pentita per il resto dei
suoi ultimi attimi di
vita.
Senza
più paura di
venire respinta prese il coraggio a due mani, si sporse e lo
baciò.
“Addio
Nick” furono
le sue ultime parole.
Poi
voltò le spalle
e camminò verso il precipizio, sapeva che era il modo
più veloce per
raggiungere la costa del lago, come Mezzacoda avrebbe avuto molte
più chance di
sopravvivere ad un salto del genere di un comune umano.
Camminò spedita senza
voltarsi, non voleva neppure vedere la sua espressione, era ferito? Era
sorpreso? Magari era solo disgustato da quel gesto.
Strinse la
balestra al
corpo e fece il suo salto nel vuoto.
A.A.
Salve!
anche questo capitolo è andato, spero vi piaccia e... ve
l'aspettavate che Lara avesse una cotta per Nick? chi l'avrebbe mai
detto! Chissà come reagirà lui...
Aggiornerò
non appena il prossimo capitolo sarà pronto, spero
giovedì 21, quindi che dire, a presto!
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Capitolo 36 *** Salvataggio ***
Cap 36
Salvataggio
Elena stava
scendendo rapidamente lungo il dirupo
cercando un buon punto da cui potersi tuffare, nella mano stringeva la
piccola
chiave che le aveva dato Lara, non sapeva nemmeno cosa aprisse ma le
era
ugualmente grata per il suo aiuto totalmente inaspettato. Durante quel
breve
colloquio con lei aveva avuto modo di capire alcune cose, ma adesso non
era il
momento giusto per rielaborare quanto aveva sentito e soprattutto visto.
La paura aveva
iniziato a prendere il sopravvento, il
sangue nelle vene aveva preso a pulsarle come impazzito quando aveva
sentito il
boato scaturito dal colpo di Tritone; per un istante aveva davvero
creduto
fosse la fine. D’improvviso Ursula era emersa dal lago e
aveva capovolto la
situazione cogliendo Tritone alla sprovvista, con un gesto repentino
aveva
salvato Aris scardinando la gabbia e allontanandola dalla furia del Re
e mentre
i due colossi si fronteggiavano uno contro l’altro,
l’esercito squamato
combatteva contro i restanti umani.
La situazione
sembrava tragica, Elena non avrebbe
saputo dire per quanto ancora Ursula sarebbe stata in grado di tenere a
bada
Tritone distogliendolo dal suo vero obiettivo, ma di certo non ancora
per
molto.
I rumori della
battaglia seppur lontana erano tremendi,
colpi fortissimi erano inferti da entrambe le parti, per un istante,
mentre la
bionda valutò la distanza dall’acqua per tuffarsi,
vide la strega attorcigliare
i suoi tentacoli attorno al Re e poi vide quello scagliarle contro
delle saette
che illuminarono la sua spina dorsale con la forza di una centrale
elettrica.
Il tempo era
poco e la strega non era abbastanza
forte da tenere ancora impegnato il re, doveva muoversi, e alla svelta.
Un ennesimo
boato colpì la gabbia di Aris, il colpo
aveva mancato il bersaglio e aveva invece preso il gancio che reggeva
tutta la
struttura, il ragazzo dondolava pericolosamente davanti al re ancora
imprigionato dentro quell’assurda gabbia, Tritone aveva gli
occhi iniettati di
sangue e non perdeva tempo a prendere bene la mira, colpiva a raffica
nel
disperato tentativo di mettere fine alle loro vite.
Elena prese un
profondo respiro, quel salto era il
più alto che avesse mai fatto, si sporse per guardare sotto,
ma quello che vide
non l’incoraggiò per niente, rocce affilate come
rasoi erano sparse qua e là
per tutta la traiettoria, avrebbe dovuto essere molto fortunata per non
beccare
nulla durante la sua caduta.
Dopo un istante
di esitazione fece qualche passo per
prendere la rincorsa
“Sto
arrivando Aris”
Poi
saltò giù.
****
Rachel nascosta
dietro alcuni alberi stava
assistendo alla battaglia, non poteva credere a quello che
nell’arco di pochi
minuti era successo. C’erano degli esseri mezzi pesce con
armature medievali
che squarciavano uomini come fossero di burro, un enorme Tritone a
bordo di una
carrozza dorata che brillava di luce propria come fosse una lampadina e
che
scagliava a destra e sinistra saette con un bastone a tre punte, per
non
parlare poi della donna che l’aveva condotta sin
lì. La vecchia e magrolina Ursula
le aveva affidato una borsa che si era portata dietro per tutto il
tragitto,
poi aveva estratto un ampollina ed una volta svuotata in bocca si era
lanciata
verso il lago dove poco dopo aveva assunto le sembianze di un enorme
polipo
viola minaccioso.
Ma che razza di
storia era mai quella?
Si
portò una mano alla testa tentando di sorreggersi
da un mancamento improvviso.
Non poteva
crederci.
Ed in effetti
non l’aveva fatto.
Quando Ursula le
aveva raccontato quella pazza
storia aveva pensato fosse la trama di qualche soap opera, ma adesso
tutto
cambiava. Ed anche il significato di quella borsa nera che continuava a
trascinarsi dietro.
“Porta
questa borsa al capo dei cacciatori, ma dì di
usarla solo in caso di estrema
necessità”
le aveva detto quella poco prima di scappare verso il lago in soccorso
di Aris.
Rachel stentava
a credere che tutto quello fosse
reale, forse era tutto un incubo, fra poco si sarebbe svegliata nella
sua
stanza nella vecchia casa a West Richland e avrebbe scoperto che niente
di
tutto quello era reale. Doveva per forza essere così.
Chiuse gli occhi
nel tentativo di convincersi che
tutto quello non fosse reale, poi uno scoppio la costrinse a riaprire
gli
occhi, il Tritone al centro del lago aveva colpito un altro angolo
della
foresta mandandola a fuoco.
La radura si
illuminò di rosso fuoco ed in un
battibaleno le fiamme cominciarono a propagarsi di ramo in ramo. Fumo
denso e
scuro iniziò ad impregnare l’aria e Rachel
iniziò a scappare verso l’entroterra,
non pensava minimamente a dove stesse andando ma in qualche maniera si
era
avvicinata ad una zona presidiata da un gruppo di accampamenti
mimetici.
Si
guardò attorno spaurita, non vi era nessuno a cui
potesse rivolgersi, poi un urlo agghiacciante le fece accapponare la
pelle, si
voltò in direzione del lago e vide un tritone infilzare una
lunga lancia con
due punte ricurve dentro il petto di un uomo. Tremante dallo shock
rimase
pietrificata quando riconobbe una macchia bionda che correva lungo il
dirupo
molti metri più in là.
Incapace di
muoversi da dov’era rimasta le scappò di
bocca un urlo che attirò lo sguardo di alcuni occhi nel
buio.
Ignorò
ciò che aveva scatenato per concentrarsi a
guardare la figlia, ma cosa stava facendo? Poi quando ella si
fermò e prese una
rincorsa verso il vuoto tutto le fu più chiaro,
si stava tuffando nel centro della battaglia.
***
Elena si
lanciò quanto più lontano possibile, la
sensazione di cadere nel vuoto e l’aria che prese a
frecciarle contro il corpo
le diedero ancora più velocità e non appena
toccò l’acqua l’impatto avvenne con
una tale violenza che le tolse il respiro.
Allungò
i piedi sul fondo nel tentativo di trovare
qualcosa con cui darsi una spinta ma fu inutile, presa dal panico
aprì gli
occhi per un breve momento e quando vide tutta l’acqua nera
che la circondava
la paura prese il sopravvento, ritrovarsi immersa nell’acqua
nera attorniata
dal nulla era da sempre stato il suo peggior incubo. Prese a sbattere
le gambe
aiutandosi con le mani per risalire a galla, doveva essere scesa molto
in
profondità perché ancora non riusciva a vedere la
superficie e l’ossigeno le
stava finendo, forse avrebbe potuto provare a respirare
sott’acqua ma in quel
momento talmente era presa dal panico che si dimenticò il dono che le aveva fatto Aris.
La testa aveva
preso a girarle e l’acqua le schiacciava
il petto soffocandola, un dolore lancinante prese a pulsarle alla gamba
sinistra ma imperterrita continuò a nuotare. Finalmente,
dopo secondi che le
parvero ore, riemerse dal centro del lago guardandosi confusa attorno.
Le
orecchie erano piene d’acqua e fischiavano tanto da averle
fatto perdere il
senso di orientamento, il dolore aveva iniziato a farsi sentire in
tutto il
corpo nonostante l’acqua fredda le avesse temporaneamente
anestetizzato tutti i
sensi. I capelli grondanti d’acqua le annebbiarono la vista;
dov’era Aris?
Dalla fronte
prese a scenderle un rivolo di sangue
che le bagnò gli occhi, si doveva essere tagliata con
qualche scheggia durante
il salto;
Un’onda
anomala la investì in pieno, era a poche
bracciate da Ursula e Tritone, colpi fortissimi venivano inferti da
entrambi,
ma mentre il re non aveva un solo graffio in corpo Ursula sembrava a
pezzi e sull’orlo
di cedere.
Proprio dietro
di lei intravide la gabbia di Aris, è
lì che doveva andare, prese una boccata d’aria ed
iniziò la sua nuotata.
****
Aris stava
tentando disperatamente di liberarsi
quando in lontananza, camuffata dal buio, vide Elena.
A niente
servirono i suoi segnali nel tentativo di
farla andare via, lei stava continuando imperterrita a nuotare verso di
lui.
Ad Elena quella
sembrò la nuotata più lunga della
sua vita; nuotò con tutte le sue forze mentre tutti erano
troppo impegnati a
combattere per prestare attenzione a lei, ogni volta che batteva la
gamba in
acqua sentiva un dolore fortissimo, ma non si lasciò
scoraggiare, con un ultimo
esitante sforzo riuscì finalmente a raggiungere la gabbia di
Aris afferrando le
sbarre di acciaio.
“Vattene
via subito!” le gridò lui tutt’altro che
contento di vederla.
“No,”
Lei prese la chiave che aveva conservato in
tasca, e gliela mostrò. “Io non ti
lascio.”
Il ragazzo la
guardò con ammirazione,
“Cosa
apre?” le chiese
“Non
lo so,” guardò le manette che il ragazzo aveva
ai polsi. “ma possiamo fare un tentativo”
Il rosso
avvicinò i polsi alle sbarre ed Elena provò
a girare la chiave. “no, non va” rispose
sconsolata. Forse non era la chiave
giusta, magari Lara si era confusa e le aveva dato una chiave inutile!
“Forse
apre la gabbia!” esclamò lui.
Animata di nuova
speranza Elena si aggrappò alle
sbarre in cerca di un altro lucchetto da aprire “Ma
dov’è la serratura?”
“Credo
sia in cima alla piramide, probabilmente
l’hanno chiusa con me dentro, altrimenti me ne sarei
accorto”
“Va
bene, reggiti, adesso mi arrampico e ti sgancio”
Elena puntò i piedi sul fondo della gabbia e quando si
issò su tenendosi alle
sbarre sentì nuovamente quel dolore alla gamba.
“Elena
stai sanguinando!” le parlò il ragazzo.
“Un
problema alla volta” lo ignorò lei.
“Pensiamo a
sganciarti prima” trovò un lucchetto in cui
confluivano le sbarre della gabbia,
provò ad infilare la chiave e quella entrò subito
senza difficoltà. Elena
tirò un sospiro di sollievo “Reggiti,
adesso provo a sganciarti”
Aris si strinse
alle sbarre mentre Elena girò la
chiave nel lucchetto, subito una delle quattro aste in metallo
scivolò via,
“Che
succede?” le chiese preoccupato
“Si
è incastrata! La barra non viene via!”
Il sistema della
gabbia era abbastanza complicato,
essendo piramidale vi era una base dove sedeva Aris e quattro lati
formati da
sbarre che confluivano in quattro aste metalliche che erano tenute
insieme da
un lucchetto, aprendo questo sarebbero dovute cadere tutte e quattro
aprendo
così la gabbia, ma ciò non era successo.
“ci
sarà qualche blocco”
“proviamo
a tirare la barra, non importa se non si
apre tutta la gabbia, ti basta un lato per uscire” mentre la
bionda diceva
questo i due ragazzi furono investiti da un onda gigantesca che li fece
sbattere violentemente contro il metallo.
“adesso!”
gli disse Elena tirando l’asta, lentamente
grazie anche ad Aris l’asta iniziò ad uscire dal
lucchetto. “Ancora un piccolo
sforzo”
Con un ultimo
sforzo l’asta uscì completamente
aprendo così un intero lato della gabbia, Elena che vi era
appoggiata sopra
cadde in acqua nello stesso istante in cui Aris riuscì a
liberarsi.
Mentre era
ancora sott’acqua il rosso le si avvicinò
e la trascinò via di lì,
“Leviamoci
di qui” le disse nuotando verso la
cascata,
La bionda
riemerse dall’acqua con il ragazzo al suo
fianco che le teneva un braccio, stava cercando un posto dove
nascondersi, poi
d’un tratto il suo volto si illuminò
“Presto
da questa parte” la trascinò per un braccio verso
la cascata che lei prima aveva costeggiato, non aveva idea di cosa lui
avesse
in mente ma non obiettò. Inaspettatamente si
ritrovò ad attraversare la cascata
d’acqua salata, quella aveva formato e protetto un insenatura
invisibile
dall’esterno e ben nascosta.
Sempre
più stupita e bagnata si fece guidare verso
un sporgenza, era stata formata nel corso dei secoli
dall’acqua che aveva
scavato la roccia ricavandone dei gradini naturali.
Elena si
ritrovò suo malgrado seduta su quei gradini
con il corpo per metà fuori dall’acqua che
già rabbrividiva di freddo. Aris a
differenza sua non sentiva il freddo, era abituato a temperature ben
più
glaciali e il suo sangue caldo gli permetteva di sopravvivere senza
problemi, la
ragazza stava invece praticamente congelando visti anche i vestiti
bagnati che
le attanagliavano il corpo come spira affamate, con un gesto fluido
Aris
sollevo le mani ancora legate con le manette e la circondò
in un abbraccio per
riscaldarla, proprio come quella volta in cui l’aveva
ritrovata ad Atlantica.
“Qui
siamo al sicuro per ora” guardò verso la
cascata tentando di scorgere qualche movimento esterno, ma a parte i
rumori
della battaglia non riuscì a captare nient’altro.
“Sei
stata un pazza! Cosa credevi di fare?” tutta la
sua paura che aveva messo temporaneamente da parte riemerse in una
bella
ramanzina “Buttarti dalla rupe a quel modo?! Lo sai che
potevi morire??” e per
un istante il ragazzo aveva davvero temuto il peggio, quando
l’aveva intravista
in cima alla scogliera e l’aveva vista buttarsi
giù aveva sentito il suo cuore fermarsi;
nessuna persona sana di mente avrebbe fatto un salto del genere, era
pericolosissimo e le possibilità di morire sul colpo molto
alte.
Ma Elena
ovviamente non era una persona qualunque.
La ragazza
ignorò i suoi rimproveri e gli si strinse
contro, il suo petto emanava un dolce calore pari ad una bella stufa in
inverno; qualunque cosa le avesse detto in quel momento lei non
l’avrebbe
ascoltata, poteva stringerlo fra le sue braccia e anche se
sapeva
che presto sarebbe arrivato il peggio voleva rimandare quei pensieri
mesti e godersi
quel momento da sola con lui.
Anche se solo
per poco avrebbe fatto tesoro di quel
breve momento passato insieme.
A.A:
Ok,
questo capitolo non ha nè grandi colpi di scena
nè un grande sviluppo per la trama, è infatti la
prima parte di un capitolo unico più lungo che ho deciso di
spezzare, non voglio farvi stare sempre con il fiato sospeso
perciò ho previsto questi due capitoli più calmi
e con una scena romaticosa fra i due protagonisti, certo,
c'è da ricordarci che siamo sempre durante una guerra
perciò non aspettatevi chissà chè.
I
colpi di scena per ora sono rimandati, e fidatevi, io so già
come andrà a finire e di certo il finale vi
lascerà senza fiato.
prossima
settima altro aggiornamento, e poi ci rivedremo ad ottobre!
A
presto!
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Capitolo 37 *** Per Sempre ***
Cap 37 Per
Sempre
La battaglia si
inaspriva sempre di più nelle acque
di Lago Cremisi, molti umani erano già caduti sotto le armi
dell’esercito di
tritone e adesso la radura che circondava quel luogo era stata
incendiata e
cosparsa di sangue, così come tutte le guerre anche quella
stava portando
orrore e devastazione. La situazione andava via via facendosi
più critica, gli
esseri umani o meglio i cacciatori, nonostante le armi e il loro
“addestramento” stavano avendo la peggio e se
qualcuno non avesse subito fatto
qualcosa l’intera umanità sarebbe stata condannata
alla morte. Il
piano di tritone non era che alla sua fase
iniziale, dopo l’uccisione di ogni cacciatore avrebbe dato la
caccia ad ogni
singolo essere umano, uomo, donna o bambino. E quel che era peggio era
il fatto
che Tritone stesse dimostrando tutta la sua forza senza neppure usare
il potere
degli anelli.
Mentre fuori
infuriava la battaglia, nascosti in una
grotta proprio dietro la cascata Elena ed Aris si erano ritrovati dopo
alcuni
istanti di puro terrore.
Ancora tra le
braccia di Aris, la bionda non aveva
accennato a lasciarlo, aveva paura che se l’avesse fatto lui
sarebbe fuggito
via per buttarsi nel centro della battaglia, sapeva che il suo era un
pensiero
egoistico, Nick, Lara, Ursula e tante altre persone di cui non
conosceva
nemmeno il nome erano lì fuori a combattere rischiando la
loro stessa vita, e
chi era lei per impedirgli di andare? Non aveva questo potere,
né avrebbe
potuto chiedergli una cosa del genere; sì, aveva paura,
aveva davvero paura che
quella notte lui sarebbe morto, ma cosa avrebbe potuto fare?
Il ragazzo le
accarezzò la fronte quasi a voler
scacciare quei brutti pensieri che l’assillavano, le
sfiorò delicatamente una
ferita ancora sporca di sangue, probabilmente doveva essersi tagliata
durante
la caduta.
La ragazza si
ritirò un momento.
“Scusa,
non volevo farti male”
“Non
è la fronte a farmi male…” si
staccò un momento,
l’acqua attorno a loro era insolitamente rosata.
“Stai
perdendo sangue” le disse lui allarmato.
“È
la gamba, devo aver sbattuto contro qualcosa
durante la caduta” la ragazza sollevò la gamba e
con sua sorpresa vide un lungo
taglio rosso fuoco che le andava dal ginocchio fin quasi al piede.
“È
proprio un brutto taglio, dovremmo fasciarlo con
qualcosa” Aris aveva ancora le manette ai polsi che gli
impedivano di muoversi
abilmente.
“Chiudi
gli occhi per un istante” le disse con tono
di urgenza
“Perché…?”
era confusa.
“Devo
togliermi queste manette e vorrei evitare che
tu vedessi come…”
le disse quasi
imbarazzato.
“Credevo
che non avessimo più segreti”
Aris
sbuffò, “non è un segreto,
ma…” era in
difficoltà.
Elena
guardò la sua gamba sanguinante, la ferita le
bruciava moltissimo.
“Va
bene, non è il momento per fare questioni
adesso,” si mise una mano sugli occhi “ho gli occhi
chiusi, fa quello che devi”
Il rosso
tirò un sospiro di sollievo e subito, quasi
a comando, i suoi denti si trasformarono in schegge aguzze come quelle
degli
squali. Si abbassò sulle manette stando attento a prendere
solo il metallo, poi
con dei colpi decisi lo deformò talmente tanto da
strapparlo, le due manette
ormai aperte erano piene di segni di denti ma finalmente Aris aveva
riacquisito
la sua libertà. Prese in mano quello strumento di tortura e
lo lanciò verso
l’acqua, Elena non doveva vedere come
aveva
fatto, avrebbe generato un sacco di domande e forse anche alcuni dubbi
visto
per cosa in realtà servivano i denti aguzzi, era meglio
affrontare il discorso
più avanti, gliel’avrebbe detto quando sarebbe
stato il giusto momento, e non
era quello il caso.
Elena
sobbalzò quando le manette colpirono l’acqua
con uno schianto, subito pensò al peggio.
“Tranquilla,
va tutto bene, puoi riaprirli.” Il
ragazzo le abbassò la mano che aveva sul volto.
Elena
riaprì gli occhi e come se nulla di tutto
quello fosse successo Aris non aveva più i denti aguzzi
né le manette, con le mani
finalmente libere stava strappando la sua maglietta per fasciarle la
gamba.
“Dobbiamo
fermare il sangue,” le disse come a
giustificarsi.
La maglietta a
contatto con la ferita iniziò subito
ad assorbire il sangue con la conseguenza di rallentarne anche
l’afflusso.
“Non
l’avrei mai detto, ma sei bravo in queste cose”
gli rispose stupita.
“Per
un po’ dovrebbe andar bene”
“Grazie….
Anche se non sembravi molto felice di
vedermi prima… e già che ci sono, un grazie per
averti salvato sarebbe stato
gradito” gli rispose.
Aris la
guardò stupito “che stai dicendo?! Lo sai
che sono felice di vederti,” le disse guardandola negli occhi
serio. “Solo che
avrei preferito tenerti fuori da tutti questi pericoli” e
rivolse un occhiata
alla sua gamba ferita come se quella fosse in sé
già una giustificazione.
“Ci
sono dentro tanto quanto te” gli rispose lei
d’improvviso seria e pensierosa. “E se non facciamo
qualcosa le cose potrebbero
complicarsi ancora di più, i
cacciatori
vogliono uccidere Tritone”
Un lampo di luce
attraversò gli occhi del ragazzo.
“Ucciderlo?!”
per quanto fosse arrabbiato con lui non aveva pensato ad un ipotesi del
genere.
“Tritone ha ucciso tutta la mia famiglia,” strinse
i pugni ripensando a quando gli
aveva confessato di avere ucciso Eric. “Se ci fosse anche
solo un modo per
farlo probabilmente lo farei io stesso!” disse in preda alla
rabbia.
Elena gli
toccò un braccio per calmarlo. “Aris tu
hai perfettamente ragione ad avercela con lui, è un essere
spregevole e adesso
è lì fuori ad uccidere un sacco di persone
innocenti… ma pensa a che cosa
accadrebbe se Tritone morisse. Persino io so che Atlantica deve avere
un
sovrano.”
Le parole della
bionda lo riportarono con i piedi
per terra.
Se
Tritone fosse morto lui avrebbe ereditato il regno, avrebbe dovuto
abbandonare
la terra per sempre, e specialmente Elena.
“Ci
deve essere un’altra soluzione” disse dopo un
po’.
“Ma
non sei preoccupato che loro riescano davvero ad
ucciderlo?”
“Questo
è praticamente impossibile, quando si
diventa Re il tridente ti garantisce la più alta protezione,
si diventa
praticamente invulnerabili.”
“Forse
allora lo si potrebbe separare dal tridente,
così dovrebbe andare bene…no?”
“No,
non funzionerebbe nemmeno in questo modo, non importa
che lui lo tenga vicino o lontano, è una sorta di dono che
si possiede nel
momento in cui si viene incoronati…”
Elena si
rabbuiò, forse era davvero impossibile
uccidere il re, e se da un lato quella era una buona notizia per Aris,
dall’altro era un problema per arginare la situazione.
“Se
solo riuscissi a parlare con Ursula… sono certo
che lei ha qualcosa in mente, ha sempre un asso nella manica!”
“Sì
ma come ti avvicini tu ad Ursula?!” disse a
malincuore Elena.
“Ci
serve un diversivo, magari se ci aiutassero i
cacciatori… ma so già che è tutto
inutile” si portò una mano ai capelli e se li
scompigliò nervosamente “ho provato a convincere
quella ragazza, quella Mezzacoda
ma non ne ha voluto sapere nulla, odia tritone forse più di
quanto lo odiano
gli umani.”
“Mezzacoda?
Stai parlando di Lara?”
Elena non sapeva
né cosa fosse un Mezzacoda né che
Lara lo fosse.
“Sì,
ma è una lunga storia, prometto che ti
spiegherò tutto, in pratica si tratta di una creatura mezza
umana e mezza
sirena.”
“È
stata lei a darmi la chiave della tua gabbia, lei
e Nick sono dalla nostra parte adesso… o almeno
credo.” Si fece pensierosa.
“C’è
anche quel Nick! Cosa c’entra lui in tutta
questa storia?!” Aris si fece aggressivo. Ogni volta che si
nominava Nick gli
saliva il sangue al cervello, proprio quel ragazzo non riusciva a
sopportarlo.
“Mi ha
catturata lui ehm…” non appena vide
l’espressione
di Aris capì che forse aveva fatto male a parlargliene
adesso.
“È
una storia lunga, prometto che poi ti spiego”
ripeté le stesse parole del ragazzo
tentando di rabbonirlo.
L’occhiata
che le lanciò Aris fu delle più
eloquenti. “Sempre sperando che ci sia un poi…”
aggiunse poco dopo lei.
“Se
solo ci fosse il modo per creare un diversivo,
qualcosa che distragga Tritone da Ursula per un po’, io
potrei avvicinarmi
abbastanza a lei”
“Pensi
davvero che lei abbia un piano? E che
funzionerà?”
“Deve
funzionare. Non abbiamo altra scelta, perdere
non è un opzione."
“Comunque
credo di poter convincere i cacciatori ad
aiutarci, ho convinto Nick e Lara a liberarmi, riuscirò a
convincere anche i
membri anziani! Fidati di me.” Lo guardò piena di
fiducia.
“No,
No, NO. Non gli
permetterò di prendere anche tè. Tu resti qui al
sicuro” le ordinò serio Aris.
“Non
se ne parla neanche!” obiettò lei decisa.
“Come
faccio ad aiutarti se vuoi che resti qui dentro?!”
“Infatti
non mi aiuterai, tu non ti muovi di qua! È
un posto sicuro, se nessuno si intrufola qui e tu non attiri troppo
l’attenzione, sei al sicuro.”
“Ma
Aris…! non posso restare qui a non fare nulla mentre
tutti lì fuori combattono!”
“Ti
prego,” le prese il volto con una mano
supplichevole. “Per una volta, solo per questa volta, non
fare di testa tua, e
ascoltami!”
Elena si
ricordò di quella volta alla spiaggia
durante la tempesta, alla promessa che aveva fatto e aveva infranto.
“Ho
già perso tutta la mia famiglia, non posso
perdere anche te. Sei tutto ciò che mi resta” i
suoi occhi erano lucidi e
davvero molto accorati, in quel momento le stava parlando con il cuore
in mano.
La bionda
soppesò le sue parole, “non posso farlo
Aris, sai che non posso.”
Il ragazzo la
guardò severo poi appoggiò la sua
fronte contro quella di lei, i loro occhi erano fissi l’uno
dentro l’altro.
“Se
muori non te lo perdonerò mai.” Le disse
rassegnato ma anche molto preoccupato.
“Bene,
vedrò di non morire allora.” Gli sorrise
dolcemente
“Perché
non fai mai quello che ti dico?”
“Perché
tu non dici mai quello che voglio fare io”
lo rimbeccò lei.
Trascorsero un
intero minuto in silenzio, solo
guardandosi, un ennesimo lampo illuminò la radura e loro si
ricordarono
dell’inferno che si stava scatenando lì fuori.
“Ti Prego,
non fare niente di pericoloso” le disse lui stringendola
nuovamente a sé.
Il viso di lei
era posato sulla sua spalla, lasciò
trascorrere qualche secondo poi parlò confessandogli i suoi
veri pensieri in
quattro semplici parole “vorrei che non andassi,”
ammise reprimendo una
lacrima, voleva essere forte, ma sentiva un peso sul cuore che le
diceva di non
lasciarlo andare.
“È
una cosa che devo fare”
Il ragazzo
guardò di sfuggita le sue gambe, qualche
scaglia stava cominciando a ricomparire, non gli rimaneva molto tempo.
Sapeva che in
uno scontro diretto contro Tritone
sarebbe quasi sicuramente morto, non aveva nessuna speranza eppure
sentiva che
era un cosa che doveva fare, lo doveva a sua Madre a suo Padre e a se
stesso.
Avrebbe ugualmente preso parte alla battaglia anche se questo
significava
perderla, non sarebbe scappato come un vigliacco, sarebbe morto da
coraggioso.
Tutti questi
pensieri ovviamente non potè dirli alla
ragazza che stringeva tra le braccia, se solo lei avesse saputo quello
che
aveva in mente non l’avrebbe lasciato andare, né
lui voleva dirle che quella
sera sarebbe quasi sicuramente morto. Non avrebbe sopportato di vederla
piangere per lui, se lei andava dai cacciatori sarebbe stata
più al sicuro di
quanto non fosse lì in acqua.
Loro avrebbero
potuto proteggerla meglio di quanto
avesse fatto lui.
Le prese il
volto fra le mani, - qualunque cosa
accada – pensò – “ti
Amerò per sempre.” Non
aspettò nemmeno una sua risposta, forse
già sapeva quello che gli avrebbe detto, o forse solamente
non voleva sentirlo,
si chinò sulle sue labbra e le assaporò per un
ultima volta,
Anche se nessuno
dei due lo disse apertamente,
Quel bacio fu
come un addio.
****
“Ehi
tu! Ferma dove sei!” le gridò una voce
più
vicino di quanto si aspettasse.
“Lascia
andare quella borsa e metti le mani sopra la
testa lentamente,” la guardia fece qualche passo in avanti
continuando a
puntarle contro una pistola ancora fumante.
Rachel
lasciò andare la borsa nera e lentamente mise
le mani sopra la testa.
Dopo aver visto
quell’orripilante scena era scappata
nel folto del bosco per seminare quelle creature squamose che avevano
preso a
trascinarsi sulla riva, fortunatamente lei aveva due gambe veloci e
loro una
coda squamosa che di certo non era l’ideale per un
inseguimento, così era riuscita
a seminarli in quattro e quattr’otto anche se adesso era
finita per cacciarsi
in un altro guaio, l’ennesimo quella sera.
“Voi
siete i cacciatori?” chiese esitante.
“Qui
siamo noi a fare le domande!” da dietro una
siepe si fece largo un altro uomo con un fucile in mano.
“Chi
sei tu? Cosa ci fai qui?”
“Sto
cercando i cacciatori, ho per loro una cosa
molto importante.”
“Cosa
sarebbe?” chiesero i due incuriositi.
“Devo
parlare con il vostro capo, è una cosa molto
importante.”
“Chi
ti manda?” chiesero minacciosi e diffidenti.
I loro capo
supremo, anche chiamato il Primo Cacciatore, era
una persona totalmente
ignota di cui non si conosceva neanche il volto, la sua
identità era criptata
proprio per l’importante ruolo che aveva nel loro sistema. Al
di sotto del
Primo Cacciatore vi era il consiglio degli anziani il cui compito era
quello di
gestire tutto quello che era troppo ordinario per arrivare fino al capo
supremo. Durante le riunioni tra lui e i saggi per aggiornamenti in
merito a
missioni o ordini strettamente confidenziali, lui si faceva vedere
sempre a
volto coperto perciò nemmeno loro ne conoscevano la sua vera
identità. Si
diceva che si nascondesse dietro al volto di un membro ordinario del
clan,
poteva essere chiunque all’interno della loro cerchia, e per
questo vi era
sempre molto rispetto gli uni per gli altri. Altre voci dicevano che il
capo
non mostrasse mai il volto perché questi era in
realtà Skan in persona che durante
tutti i secoli aveva vissuto sol per vedere la morte di tutte le
sirene.
Ovviamente
quelle erano solo leggende metropolitane…
nessuno ci credeva davvero… o forse sì…
“Vengo
per conto della…” cercò di ricordarsi
le
esatte parole di Ursula… “Strega
del
mare”
I due uomini
sussultarono solo a sentire il suo
nome.
“Portatemi
dal vostro capo adesso. È questione di
vita o di morte” abbassò le mani ormai sicura di
sé dopo aver visto quanto quei
due si fossero intimoriti nel sapere chi fosse il suo mandate.
“La
vostra, ovviamente.”
|
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Capitolo 38 *** Nel covo ***
Cap 38 Nel Covo
“Portatemi
dal vostro capo” gli aveva ordinato
Rachel con un autorità che non sapeva di possedere.
“Le
dobbiamo prima bendare gli occhi, lei non può
assolutamente sapere dove la stiamo portando.” Disse uno dei
due facendo un
passo in avanti.
“È
una questione di sicurezza” disse l’altro
dandogli manforte.
“Provate
anche solo a toccarmi e sarete voi a non
vedere più dove mettete i piedi” Rachel strinse un
pugno minacciosa.
“Oh
non è la prima volta che ci minacciano”
l’uomo
si fece avanti ugualmente estraendo una benda da una tasca, era una
dotazione
standard per tutti i cacciatori.
Detto questo si
avvicinò alla donna e fece per
bendarla quando lei gli bloccò rapida il braccio e gli diede
una ginocchiata
nello stomaco, l’uomo si piegò subito in due dal
dolore.
“Ma
è la prima volta che lo faccio io, e non vorrei
dovermi ripetere.”
Senza insistere
ancora l’uomo aspettò che il suo
collega lo raggiungesse gemendo, poi senza fiatare iniziarono a
condurre la
donna verso il loro covo.
****
Elena stava
nuotando verso la riva, Aris le aveva
detto di stare tranquilla, le avrebbe coperto le spalle fino a che non
avesse
toccato terra, da lì in poi sarebbe stata da sola.
Ancora non
sapeva come avrebbe fatto a trovare i
cacciatori anziani e a convincerli ma era consapevole che Aris contava
su di
lei e questo le dava abbastanza fiducia da poter credere di farcela.
Era quasi
arrivata a riva, ormai toccava il fondo
con i piedi, si girò per cercare Aris ma ormai anche lui era
scomparso.
- buona fortuna
– incrociò le dita sperando che
tutto andasse per il meglio.
Mosse qualche
altro passo verso la terra asciutta,
ormai era quasi fuori.
Accanto a lei
cacciatori e tritoni continuavano a
scontrarsi ferocemente, Ursula e tritone continuavano ad infliggersi
colpi
violenti provocando delle onde alte che inondavano costantemente gli
argini del
lago.
D’un
tratto fu come un déjà-vu, si sentì
afferrare
la gamba ferita e qualcosa la tirò violentemente verso il
lago, non ebbe
nemmeno il tempo di gridare, in un battito di ciglia si
ritrovò a pancia sotto
con la faccia in acqua mentre una liana verde continuava a trascinarla
verso la
zona più profonda del lago. Un soldato di tritone
l’attendeva con una spada in
mano, mentre nell’altra aveva avvolta un’alga verde
che la stava trascinando
verso di sé.
Uno schiamazzo
d’acqua accanto a lei l’avvertì che
in acqua era subito accorso qualcun altro, che
l’afferrò prontamente per le
braccia.
“Tieniti!”
le ordinò il ragazzo.
Elena
batté l’acqua via dalle palpebre e quando mise
a fuoco Nick, quasi non le sembrò reale.
“Ancora
tu?!” esclamò sorpresa.
“Beh
ti sto cercando di salvare la vita! Potresti
stare zitta e basta!” il ragazzo l’aveva presa per
le braccia e con i piedi
affondati nella fanghiglia del lago stava cercando di riportarla verso
la terra
ferma.
Il tritone prese
a tirare più forte ed Elena si
ritrovò ad urlare dal dolore, Nick la guardò
disperato.
“Non
lasciarmi andare” lo supplicò lei.
“Dammi
un istante, sto cercando di pensare a
qualcosa!” le rispose preso dal panico.
Ad un tratto
Elena gli finì addosso, l’alga che la
teneva legata era stata recisa, Nick la trascinò subito
fuori dall’acqua.
“Presto
esci!”
“Ma
cosa è successo?!” la bionda si
trascinò
all’asciutto e strappò l’alga melmosa
dalla sua gamba, la maglietta di Aris era
ancora ben stretta sulla sua ferita, ma la gamba adesso non aveva un
aspetto
migliore, si era iniziata a ricoprire di lividi ed era diventata
pallidissima.
“Quante
volte dovrò ringraziarti ancora questa
notte?” gli disse stupita mentre il ragazzo la portava fuori
dall’acqua.
“Molte
a meno che tu non mi dica che hai un piano
per uscire da questa carneficina; nemmeno i nostri superiori sanno
più che
pesci prendere ormai.”
Nick la prese
per le spalle e la trascinò contro un
albero lontano dai pericoli del lago, “santo cielo! Ma cosa
hai fatto alla
gamba!”
“Mi
sono tagliata cadendo dalla cascata,” gli
rispose lei prendendo fiato, iniziava a sentire le forze venirle meno.
“Non
hai per niente un bell’aspetto” le disse il
ragazzo chinandosi sulla sua ferita per guardarla meglio,
“Non
ho tempo adesso per questo Nick! Devo parlare
con gli anziani, Aris forse ha un piano, o meglio Ursula lo ha, ma ci
serve un
diversivo” le sue parole uscirono confuse. Fece per alzarsi
“non c’è tempo” ma
ricadde per terra non appena sentì il dolore alla gamba,
chiuse gli occhi
tentando di calmarsi, si sentiva inutile e adesso la gamba le faceva
ancora più
male, dove la liana l’aveva colpita era comparsa un
irritazione simile a quella
provocata da una medusa, le bruciava terribilmente.
“Aspetta
un momento, calmati Elena” Nick la fermò
bruscamente. “Non puoi andare da nessuna parte in questo
stato.”
“Ma io
devo farlo! Io sono la sua unica speranza!”
gridò in preda allo sconforto.
“Hai
detto che hai un piano giusto?”
Le
annuì.
“Bene”
Nick le diede le spalle e si accovacciò
accanto a lei.
“Sali,
ti porterò dal capo”
Elena lo
guardò sgranando gli occhi, le stava davvero
proponendo di portarla di peso fino al loro capo? Perché?!
Nulla aveva senso
adesso.
“Perché
faresti una cosa del genere?”
“Vuoi
salire o no? Non ho mica tutto il giorno!” le
intimò lui.
“Dimmi
perché lo fai Nick. Credevo che dopo tutto
quello che è successo noi…”
“Sali.” Le
intimò categorico.
La ragazza si
avvicinò lentamente, gli passò le mani
attorno alle spalle e con le gambe gli si strinse sulla schiena, Nick
le passo
le mani dietro per sorreggerla dopodiché si alzò
in piedi.
“Se
farai qualcosa di strano…” iniziò ad
avvertirlo
subito lei.
“Lo
so, lo so, il tuo ragazzo mi spaccherà la
faccia… ci sono già passato.” Le
sembrò di sentirlo ridere,
“Rilassati
Elena, voglio solo aiutarti, per una
volta ti puoi fidare.” Le disse serio
“Dici
sul serio? E perché dovrei farlo? Mettiti nei
miei panni, fino a stamattina mi atterri e mi leghi come un salame e
poi mi
salvi la vita due volte nel giro di un’ora.”
“Lo
so, i segnali che ti ho mandato sono un po’… confusi e hai ragione.” Le
disse addentrandosi
nel bosco.
I rumori della
battaglia piano piano si
affievolirono e adesso nel bosco vi erano solo loro due, se ci fosse
stato
abbastanza silenzio si sarebbero potuti sentire i loro respiri
frenetici.
“Confusi
dici? Beh, come direbbe la prof di
italiano, confuso è un eufemismo!” nonostante le
parole di Elena volessero
essere serie suonarono come una presa in giro e stavolta il ragazzo
castano
rise davvero.
“Puoi
anche non credere a quello che ti dirò” prese
una pausa in cerca delle parole adatte, “ma io ti voglio
realmente bene.”
Sentì
il corpo di Elena fremere a quelle sue parole,
la ragazza si sentiva nuovamente a disagio ed era stato per quelle sue
parole.
“Questa
mattina hai detto che non mi hai mai amata…
come puoi dire qualcosa del genere adesso?” era confusa, il
suo rapporto con
Nick sembrava fatto di alti e bassi, un continuo vortice di montagne
russe in
cui un momento prima si è amici e un momento dopo ci si
trova a lottare per la
propria vita.
“Sono
stato molto cattivo con te oggi, me ne rendo
conto, ma dovevo fare quello che mi era stato ordinato. Quello che
provo per te
non è amore, dopo tutto questo tempo trascorso con te,
missione a parte, ho
capito che tu eri l’unica persona che mi vedeva davvero per
quello che ero,
senza accorgermene ti avevo fatto avvicinare così tanto a me
da rivelarti il
mio vero carattere e questo mi ha spaventato.”
La bionda
ascoltava in silenzio il suo racconto, era
rapita dalle sue parole ma anche in allerta, da un momento
all’altro avrebbe
potuto benissimo dirle che si era trattato solo di uno scherzo.
“Per
me la tua amicizia conta moltissimo. Me ne sono
reso conto nel momento in cui l’ho persa. Non fraintendere,
non voglio prendere
il posto di Aris. Nel tuo cuore c’è lui e
nonostante all’inizio non riuscissi a
capire come fosse possibile che un tritone e un’umana
stessero insieme, solo
vedendovi ho potuto capire che non eri stata soggiogata così
come sostenevano tutti gli altri,
vi amate e basta. Ma
per me Elena, tu sei un amica preziosa e non voglio perderti per gli
stupidi
piani dei cacciatori. Sono stato uno stupido, ho sempre obbedito agli
ordini
senza farmi troppe domande, ma adesso sono più consapevole,
e non farò lo
stesso errore due volte.”
Elena aveva
ascoltato il suo discorso rimanendo in
silenzio, era stato strano sentirlo dire tutte quelle cose dopo tutto
quello
che era successo.
“Ho
avuto dei cattivi consigli, le persone che erano
vicine a me non mi hanno saputo dare le giuste dritte, se avessi avuto
una persona
amica accanto questo non sarebbe successo. Tu hai Aris, io non ho
nessuno.”
“Hai
Lara!” le sfuggì di bocca prima che potesse
riflettere su quanto stesse dicendo.
Il ragazzo parve
sorpreso da Elena, “perché dici
questo?”
La bionda
valutò se parlargliene o meno, beh non
doveva niente a nessuno dei due e di certo non erano fatti suoi
ma…
“Beh,
ho visto come ti guarda, e probabilmente
vorrebbe essere tua amica, e forse qualcosa
in più”.
Il ragazzo
sussultò come se qualcosa l’avesse punto
sul vivo.
“Io e
Lara siamo solo colleghi di lavoro… anche se
credo che lei si sia presa una cotta per me.”
“Allora
te ne eri accorto! Mi sembrava troppo strano
che tu non ti accorgessi di tutte quelle occhiate che ti
lanciava” sorrise lei
sotto i baffi.
“Poco
prima di lanciarsi nel fiume mi ha baciato, se
non fosse stato per quello probabilmente non l’avrei mai
scoperto”
Forse era stata
proprio lei a tagliare l’alga del
tritone, quelle sapevano essere molto resistenti e ancora Elena non
riusciva a
spiegarsi come avesse fatto a sfuggirgli.
Dal tono del
ragazzo però lei capì che Nick non era
molto contento della cosa. Le venne in mente quando Aris
l’aveva baciata per la
prima volta, non avrebbe mai potuto dimenticare quel giorno, avevano
avuto un
brutto litigio ma entrambi erano stati felici di essersi dichiarati
l’un
l’altro. Per Nick non era così.
“Lei
non ti piace?” concluse lei ad alta voce.
Il ragazzo
girò la testa in segno di negazione. “Non
nel modo che vorrebbe lei, è una brava cacciatrice ma a dir
la verità non siamo
stati nemmeno molto amici,” per non parlare poi che alcuni
dei cattivi consigli
su Elena erano stati proprio farina del suo sacco e se non fosse stato
per lei
le cose non sarebbero state così strane adesso.
“Avrete
tutto il tempo per frequentarvi come persone
normali quando tutto questo sarà finito.”
“Intendi…se
non moriamo tutti stanotte?” scavalcò
con qualche difficoltà un ramo molto grosso caduto sul
sentiero.
“Noi
non moriremo stanotte,” ripeté decisa la
bionda, era pallida in viso per il sangue perso ma la sua
determinazione non
era svanita.
“…non
riesco a vedere Lara in quel modo…”
continuò il castano. Non riusciva a pensare a Lara in
un modo diverso da una collega.
“Dalle
una chance, magari potresti scoprire che ha
delle doti nascoste che ti potrebbero piacere”
Il ragazzo
pensò non fosse il caso di contraddirla,
rimase in silenzio facendo cadere il discorso.
“Manca
ancora molto per gli anziani?” chiese dopo un
po’ lei.
“Direi
parecchio, per fortuna che noi non stiamo
andando lì.”
La bionda si
aggrappò più forte a Nick in allerta,
dove la stava portando?! Ecco che le stava ricapitando.
“Dovevi
portarmi da loro! Dove stiamo andando Nick!”
gridò agitata.
“Calmati
un po’ lisu” la rimproverò sorreggendola
più saldamente. “Ti ho detto che adesso non ho
più intenzione di seguire i loro
ordini, ho deciso che andare da loro era totalmente inutile e
così ti sto
portando dalla massima autorità, il capo di tutti noi.
Perciò non ti agitare
tanto, sto infrangendo un mare di leggi per portarti da lui. Potrei
benissimo
essere bandito qui su due piedi… o peggio… giustiziato”
La ragazza
deglutì solennemente. “Quindi è lui che
comanda?”
“Sì,
ma incontrarlo non sarà affatto facile,
speriamo di essere fortunati e che con tutta questa confusione nessuno
badi
troppo a noi…”
“Speriamo…”
sussurrò lei appoggiando la testa sulla
sua spalla.
****
“Capo,
una donna qui fuori chiede un incontro con
voi” l’uomo che aveva accompagnato Rachel
l’aveva condotta sino ad una
insenatura nel bosco, così fitta di foglie e rami che
nemmeno la luce della
luna riusciva a penetrare. Vi era una tenda mimetica non troppo grande
che
veniva interamente coperta da rami e foglie, se Rachel non fosse stata
guidata
lì appositamente da quei due individui difficilmente
l’avrebbe notata.
“Sapete
quali sono le regole” gli rispose a voce
bassa l’uomo seduto dietro un tavolo da campeggio ricoperto
di carte e mappe.
“Sì
signore,” rispose quello con il cappuccio nero
calcato sul volto
“E
allora cosa ci fai ancora qui?! Vattene” gli fece
un gesto con la mano che ovviamente il suo interlocutore non vide.
“Ma
signore…” disse timoroso “lei dice di
venire per
conto della strega del mare”
bisbigliò con il terrore che il solo pronunciare quelle
parole lo avrebbero
pietrificato all’istante.
L’uomo
si alzò di scatto dalla sedia sbattendo le
mani sulla scrivania. “Dice questo?!” quasi
gridò. “E allora che aspetti! Falla
entrare subito!”
“Signore,
si rifiuta di farsi bendare, e visto chi
la manda non vorremmo rischiare la vita nel
minacciarla…”
“Ho
capito, siete una massa di codardi… bene,” si
voltò un momento e prese da una sacca un telo nero per
coprirsi il volto, in
realtà visti i buchi per gli occhi sembrava più
un passamontagna che un sacco.
“Lasciatela entrare, prenderò io dei
provvedimenti.”
Mentre il
cacciatore usciva dalla tenda il
misterioso capo indossò il suo passamontagna nero e si
risedette alla scrivania
in attesa di incontrare questa donna così audace da venire
fin nel folto del
bosco con non meno di un nome temibile e nient’altro.
“Sta
entrando” gli gridarono delle voci da fuori.
“Avanti,
venga pure”
La donna si fece
avanti nell’ombra dell’entrata,
l’unica luce era quella di una fioca lampadina che giaceva
sulla scrivania e
che di certo non bastava a rischiarare l’interno della tenda.
“Sono
qui per consegnarvi una cosa molto importante
che mi è stata affidata da Ursula,”
“E
così siete talmente intimi da chiamarvi per nome”
quello voleva dire che anche quella donna doveva essere complice delle
sirene,
era una traditrice della sua razza e fra poco avrebbe fatto la fine che
meritava.
Dei rumori
esterni lo distolsero dai suoi pensieri.
“Non
potete entrare qua dentro!” gridarono delle
voci.
“Presto,
entra. Penso io a loro!” ci fu del
trambusto e rumori d lotta molto violenta, la porta della tenda fu
spalancata
all’improvviso ed entrò una ragazza bionda zuppa
d’acqua e con una gamba fasciata.
“Sono
venuta qui per parlare con il capo dei
cacciatori è molto importante!” gridò
nel medesimo istante.
Passò
un secondo, il tempo esatto che ci volle
perché la luce illuminasse le sagome delle due figure al suo
interno, un uomo
alto, vestito con una tenuta da militare ed un passamontagna calcato in
testa e
poi…Rachel, sua madre.
“Mamma!”
gridò Elena guardandola con orrore. Sua
madre cosa ci faceva lì? Nella foresta dove stava avvenendo
la più cruenta
battaglia e addirittura nella tenda del capo dei cacciatori?!
“Oh
Elena!” la donna lasciò cadere la borsa nera per
terra e corse ad abbracciare sua figlia. “Ti ho visto saltare
giù da quella
scogliera! Sono stata così preoccupata per te!”
sua madre la strinse forte
quasi da farle male.
Da quanto era
lì? E cosa aveva visto?
Il capo dei
cacciatori si fece avanti e richiuse la
tenda del campeggio con un gesto netto, poi si avvicinò alle
due donne e le
guardò confuso.
“Cosa
ci fate voi
qui?!”
Le due si
allontanarono un momento l’una dall’altra
e si lanciarono uno sguardo confuso. Ma quello non era tutto.
“Adesso
mi spiegherete tutto per filo e per segno”
continuò quello sollevando il passamontagna dal viso e
rivelando il suo vero
volto.
Elena si
portò una mano sulla bocca sconvolta,
Rachel lo
fissò per un momento interdetta, ne aveva
viste di cose strane quella notte, ma quella di certo le batteva tutte.
Ben, il suo ex
fidanzato e padre naturale di Elena
teneva in mano il passamontagna che si era appena tolto e le guardava
confuso nella
sua uniforme da capo dei cacciatori.
A.a.
Lo so, sono in super ritardo!
beh meglio tardi che mai :) vi auguro un buon 2018 e anche se
è già passato un Buon Natale! Ci rivediamo a
Gennaio con nuovi emozionanti capitoli e chi lo sà... magari
qualche storia nuova!
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Capitolo 39 *** Riunione di famiglia ***
Cap 39 Riunione
di famiglia
L’uomo
si sporse fuori dalla tenda quanto bastava
per impartire ordini ai cacciatori senza essere visto in volto.
“Lasciate
andare quel ragazzo, è tutto sotto controllo. Sorvegliate il
perimetro.”
Richiuse la
porta della tenda poi si voltò
nuovamente verso le due donne.
“Cosa
ci fate voi qui?” ripeté sempre più
confuso.
Elena si
guardò attorno, era una scarna tenda con
poco più di quattro cose necessarie alla sopravvivenza.
“Cosa
ci fai tu qui!?” chiese minacciosa Rachel.
Il biondo
sbuffò tornando dietro la sua scrivania,
“mi sembra logico no? Cerco di vincere una guerra!”
Riscossa dal suo
profondo choc, Elena fece due passi
in avanti per andare a sbattere i palmi delle mani contro la scrivania,
era
furiosa.
“È
tutta colpa tua!” gridò lei
Rachel le venne
vicino accarezzandole le spalle
tremanti per farla calmare, quella la scacciò via in malo
modo. “Tu hai avuto
la brillante idea di rinchiudere Aris in una gabbia per chiamare
Tritone!”
Ben fece una
faccia stupita.
“Non
ci posso credere.” Disse un momento sconvolto.
“Sei tu la ragazza del pesce.”
E
quella frase portò su di lui la consapevolezza delle sue
azioni.
Elena si
infuriò più di quanto non lo fosse
già. “Non
ti permetto di parlare di Aris a quel modo!” gli
gridò contro.
“Io
non avevo idea che fossi proprio tu.” Continuò
quello ignorandola “c’era il principe pesce e poi
c’era questa ragazza umana
che era riuscita ad agganciarlo in maniera così
casuale… e noi che per anni
avevamo provato ad avere un’occasione così
ghiotta, non potevamo certo non
coglierla al volo.” Spiegò brevemente le loro
intenzioni.
“Ma
non avevo idea che fosse proprio mia figlia la
sciocca ad essere caduta
in trappola, la povera sciagurata a cui sarebbe stato strappato il
cuore dal
petto.”
“Di
cosa sta parlando?” chiese Rachel a sua figlia.
“Ti
sbagli, non è così” Elena si
rabbuiò per un
momento. “Io non sono stata raggirata da nessuno, nemmeno dai
tuoi scagnozzi”
gli ribadì lei.
“Strappare
il cuore dal petto?! Cos’è questa storia
Ben!?” visto che sua figlia non le dava spiegazioni chiese
all’uomo che aveva
davanti visto che sembrava così esperto su tutto quello che
a lei era nuovo.
“È
una pratica molto complessa per creare gli anelli
del potere, si deve strappare dal petto di una fanciulla innamorata
dall’animo
puro il cuore pulsante e poi imprigionare la sua essenza in un anello
di
metallo che ha il potere di controllare gli oceani. Ne esistono sette
in tutto,
ma alcuni furono rubati a tritone così evidentemente il buon
vecchio re ha
mandato in missione di estrazione
il
giovane nipote.”
Rachel era
orripilata e disgustata, si portò una
mano alla bocca per reprimere il suo impulso di gridare a sua figlia.
“Non
ascoltarlo mamma, quello che dice non è la
verità.”
“Ah, e
chi te l’avrebbe detto? Il tuo bel tritone
immagino” sogghignò lui.
“Sì!
Me l’ha detto Aris. Ed io mi fido di lui più di
quanto non mi fidi di te!”
“…ed
io l’ho lasciato dormire in casa mia…”
sibilò
Rachel portandosi una mano alla testa.
“No
mamma! Non devi dargli ascolto, quello che dice
è in parte vero ma è molto più
complesso di così. Aris è buono, non mi farebbe
mai del male! Non farebbe del male a nessuno! Mi ha salvato la vita
innumerevoli volte, ed anche a te!”
La donna si
sedette su di una sedia libera, era
troppo per la sua povera testa.
“Dopo
stanotte mi serviranno due aspirine…” chiuse
gli occhi boccheggiando.
“Sì,
certo, sono tutti buoni prima di trafiggerti il
petto con i loro artigli” Inveì contro di lei suo
padre.
“Non
devi ascoltarlo mamma,” Elena le si avvicinò e
le mise le mani sopra le sue.
“Sono
venuta qui anche a nome di Aris, vogliamo
chiedere l’aiuto ai cacciatori”
“Assolutamente
negato” le rispose quello guardandola
in tono di sfida.
“Bene,
se sei così stupido da scappare di fronte
alle difficoltà due volte, non è un problema mio,
cacciatore” gli rispose la
bionda usando lo stesso tono.
“Andiamocene
mamma, qualunque cosa dovessi dire a
questo qui è tutto inutile, io e
Aris ce
la caveremo da soli, come abbiamo sempre fatto.”
Rachel si
alzò sotto gli occhi attenti di Ben.
“Ho
una cosa che mi ha affidato Ursula” le disse
ancora in preda al vortice di informazioni che cercava di riordinare.
“Ma
davvero quel tuo ragazzo, Aris, non è pericoloso?”
“Mamma
lui è il figlio di Eric, è coraggioso e
buono, io mi fido ciecamente di lui. Non ti chiedo di avere la stessa
fiducia
incondizionata in lui, ma se mi vuoi davvero bene allora fidati di
me.”
“Aspettate,
Aris il ragazzo pesce è il figlio di
Eric?!” quella notizia doveva essere nuova per lui.
“Il figlio del mio acerrimo
rivale sta uscendo con mia figlia! Ma è un
incubo!” gridò alzando le mani al
vento in tono drammatico.
Rachel non ci
prestò troppa attenzione. “Dentro
questa borsa c’è la cosa che mi ha affidato lei,
spero ti possa davvero aiutare”
“Lo
spero anche io mamma.”
“Avete
davvero qualcosa che può distruggere tritone?
Oh questa è bella non me la voglio perdere,” disse
in tono ilare.
“Se
solo non fossi così ottuso e mi ascoltassi”
tentò di nuovo Elena.
“La
vediamo in maniera troppo diversa Elena, tu vuoi
proteggere quel tritone ed io ho intenzione di ucciderli tutti fino
all’ultimo.”
“Ma le
cose possono essere diverse, se voi ci
aiutaste… Aris vuole distruggere tutti gli anelli di
Alimede, il loro potere è troppo
forte per essere controllato da umani o tritoni. Se voi ci deste i
vostri…”
L’uomo
le rise in faccia “credi davvero che noi
siamo così stupidi?! Darvi gli anelli! Certo così
poi avrebbero l’intero
dominio sul mare!”
“Potremmo
negoziare un accordo, unirli nello stesso
momento e distruggerli insieme!”
“Tu
sogni Elena, sei una sognatrice proprio come tua
madre” disse in tono velenoso.
“No
Ben, sai bene che io sono sempre stata concreta…
questa dote l’ha presa da te” lo
rimbeccò lei schiarandosi dalla parte della
figlia.
L’uomo
parve soppesare per un momento le sue parole.
“Non abbiamo alcuna certezza che il tuo ragazzo mantenga la
parola, per non
parlare poi che gli anelli al momento sono sotto il controllo di
Tritone.”
“Noi
abbiamo un piano” iniziò lei piena di fiducia.
“Se
ci aiutaste a distrarlo giusto il tempo per privarlo del suo tridente
potremmo
distruggere gli anelli incastonati nella sua elsa, lo priveremmo del
suo potere
distruttivo, non avrebbe più armi da scagliarci
contro!”
“A
parte il suo esercito di pesci vorrai dire”
“È
vero, ma non avrebbe più un aiuto magico, non
possono nemmeno uscire dall’acqua!”
tentò di essere convincente.
“Resta
sempre il problema” continuò lui “di
come
arrivarci”
Per Elena quello
fu già un successo, per una volta
da quando era arrivata suo padre non le veniva contro e aveva ammesso
la remota
possibilità di fare come lei aveva suggerito.
“È
giunta l’ora di aprire quella borsa” Ben si
avvicinò al pavimento dove era stata posata poco prima.
Fece scorrere la
lampo ed in un istante con un gesto
fluido la borsa si aprì.
Elena si sporse
per vedere cosa fosse il misterioso
contenuto ma non riuscì a scorgere nulla se non cartacce di
giornale
appallottolate.
“Cos’è
tutta questa roba?!” l’uomo di certo non si
aspettava di vedere una borsa ricolma di cartacce.
“Prova
a cercare più in fondo” gli suggerì
Rachel
“magari li ha messi per assicurarsi che il suo contenuto non
si rompesse”
Sempre
più spazientito infilò le braccia nella borsa
e iniziò a tirare fuori tutte le carte dal suo interno.
“Aspettate,
forse ho trovato qualcosa” con lo
sguardo colmo di nuova luce tirò fuori dalla borsa un grande
e pesante scrigno
in legno.
Il legno era
scuro e sembrava molto antico, piccole
incrostazioni di sale erano raggruppate nei delicati intarsi che ne
circondavano la cornice, sui bordi laterali vi erano scanalature di una
delicata fattura mentre sulla parte superiore vi erano dei disegni in
argento. Le
antiche figure somiglianti a due sirene reggevano tra le mani con
venerazione
una bacchetta, una specie d’asta, e da come la tenevano
sembra fosse qualcosa
di molto importante.
“Come
si apre?” l’uomo rigirò la scatola fra
le mani
cercando una serratura o un modo per aprirla, ma ad una rapida occhiata
sembrava un unico blocco di legno.
Elena gliela
prese dalle mani, “attento, finirai col
romperla.” Esaminò brevemente la scatola, era
proprio vero, non sembrava ci
fosse un modo per aprirla. Appoggiò lo scrigno sul tavolo
per poterlo esaminare
meglio.
“È
tutto inutile. Una scatola inutile che non si
apre! Cosa ci dovremmo fare con questa? Lanciargliela in testa a
tritone?” Ben
iniziava a dare sfogo alla sua impazienza.
“Forse
c’è qualche meccanismo nascosto per aprirla,
tu sei brava in queste cose… ” suggerì
sua madre.
La ragazza fece
un passo indietro per guardare
meglio la scatola-scrigno, ci girò attorno e per alcuni
minuti non disse
niente.
“Non
vi sembra strano? Tutti i decori sono incavati,”
passo la mano sulla superficie, “persino le sirene sono
incavate eppure…” il
suo dito si fermò sull’asta, “questo
è l’unico elemento sporgente” fece una
leggera pressione e subito quella s’incavò,
facendo scattare un tac al suo
interno.
La scatola che
prima era un unico blocco di legno si
divise in due parti, un bordo brillante la divideva in due
orizzontalmente. Con
timore ruotò lentamente il coperchio assecondandolo in senso
antiorario, subito
una luce bianca abbagliante inondò la stanza accecando i
tre.
Ben si fece
avanti coprendosi gli occhi che mano a
mano si stavano abituando allo splendore argenteo emanato dal
misterioso
contenuto.
“Cos’è?”
chiese sulle spine Rachel
Ben
tirò fuori lentamente il contenuto che prese a
illuminare come un faro tutta la tenda buia.
“Tutto
qui?” disse lei delusa. “Solo
una freccia? È questa l’arma da usare
contro quel mostro lì
fuori?”
Ma
l’uomo era troppo impegnato ad esaminarla per
risponderle. La freccia era lunga almeno quaranta centimetri ed era
fatta con
un metallo che non aveva mai visto, era verde con striature argentee
che
brillavano di luce propria, ad uno sguardo più attento gli
sembrò che quelle
striature fossero quasi vive e potessero muoversi quasi fossero
liquide. Sulla
sua superficie erano stati impressi dei simboli, probabilmente
un’antica
iscrizione in una lingua a loro sconosciuta, la sua punta presentava la
più
grande particolarità mai vista ed era la fonte
più luminosa di tutto l’insieme,
era trasparente come il vetro ma brillava di una fredda luce argentea
riflettendo la luce circostante, sembrava molto appuntita, in grado di
tagliare
qualunque cosa. Ben la soppesò in mano, era particolarmente
pesante per essere
una nomale freccia, ma qualunque cosa fosse, di certo quella non era
una normale freccia. Poteva anche
averne
l’aspetto ma quando ad una seconda occhiata egli vide le
striature muoversi e
confluire verso la punta, come vene che pompassero sangue al cuore,
seppe con
certezza che quella cosa pulsava di vita propria.
Elena si
avvicinò attirata dalla sua punta
estremamente affilata, tese il dito per sfiorarla ma Ben gliela tolse
davanti
appena in tempo.
“Non
fare stupidaggini Elena, credo sia molto
pericolosa, non sarebbe stata messa assieme a tutte queste precauzioni
altrimenti.”
La bionda si
ritrasse velocemente, Ben curioso di
testare la magia di quello strumento sfiorò con la punta la
superficie del
tavolo che aveva lì vicino, questi si ruppe in due come
fosse stato appena
segato, un taglio netto e pulito che trapassava il tavolo da una parte
all’altra.
“Avete
visto anche voi?” sussurrò la bionda.
“Grazie
a questa freccia abbiamo l’opportunità di
ucciderlo finalmente” sussultò di gioia
l’uomo.
La bionda
impallidì. “Ucciderlo? È proprio
necessario? Non si può solo minacciarlo? Privarlo del suo
potere magari…”
Ben rimise
apposto la freccia nel suo scrigno, a
quanto pare l’unica cosa che non danneggiava.
“Tritone
è lì fuori ad uccidere molti dei nostri
uomini, noi abbiamo l’occasione di vendicarli e tu vorresti
risparmiarlo?”
La ragazza
tacque incapace di rispondergli a dovere.
Come poteva spiegargli che se avessero ucciso Tritone lei non avrebbe
mai più
rivisto Aris? Che avrebbe dovuto prendere il posto di suo nonno e
governare per
tutta la sua vita su Atlantica? Come poteva spiegargli che uccidendo
Tritone
avrebbero distrutto anche il suo lieto fine?
Semplicemente
non poteva.
“Bene,
adesso è giunta l’ora di elaborare un piano.
Elena ho bisogno di saperlo, sei con noi o contro di noi?”
La ragazza
sospirò rassegnata. “Cosa devo fare?”
****
Un
fendente fortissimo colpì la mascella della
strega, i suoi tentacoli allentarono la stretta attorno a Tritone,
Ursula non
sapeva quanto ancora avrebbe resistito.
“Sei
troppo debole per me, ucciderti sarà talmente
facile che non mi divertirò.” Ghignò il
Re dimenandosi nel tentativo di
districarsi da tutti quei tentacoli.
“Era
solo una bambina…” rispose quella a denti
stretti. “E tu l’hai uccisa senza battere
ciglio!”
“Ho
fatto quello che dovevo, lei voleva portarlo via
da me!” strinse il tridente nel tentativo di caricarlo, era
una mossa
rischiosa, un movimento falso ed entrambi sarebbero morti inceneriti,
erano
troppo vicini, troppo avviluppati affinché il fulmine
colpisse solo la sua
vittima.
“E
puoi biasimarla? Tu lo avresti cresciuto a tua
immagine e somiglianza. Ne avresti fatto un mostro.” Strinse
la presa attorno
al tridente, strapparglielo era praticamente impossibile ma almeno gli
stava
impedendo di colpire qualcun altro.
“Il
mio più grande rimpianto è di non esserci
riuscito.” Caricò il tridente e scagliò
una potente saetta contro la strega,
Ursula vacillò indietreggiando nell’acqua mentre
scariche elettriche la percorsero
per tutto il corpo.
“Non
ce l’avresti mai fatta,” Disse ansimando dal
dolore. “Aris è come lei.”
Era
troppo tardi, aveva raggiunto il suo limite, non
riusciva più a combattere. Si accasciò sulla riva
ormai ridotta allo stremo, i
suoi tentacoli erano bruciati e feriti, la testa le sanguinava
copiosamente e poco
alla volta la sua figura gigantesca iniziò a ritornare alla
sua normale misura.
Tritone appariva sempre più grosso rispetto alla strega
stanca e affaticata, e
nonostante la battaglia fosse stata dura per entrambi il Re non dava
segni di
alcuna stanchezza, sembrava proprio inarrestabile.
Il
tridente emanava scintille dorate, nei suoi
freddi occhi azzurri vi era sete di sangue e di vendetta, era giunta
l’ora di
sferrare il suo colpo finale.
“Sono
qui Ursula, non ti lascerò!” Aris emerse
proprio vicino alla strega semi-incosciente, Ursula gli prese la mano e
la
strinse forte.
“Devi
andare Aris, devi salvarti” bisbigliò rauca.
“Non
ti abbandonerò, resterò con te fino alla
fine.”
Disse quello deciso contraccambiando la stretta.
“Tu
ci salverai tutti. Sei l’unica speranza per il
popolo di Atlantica e per gli umani.” Tossì
sangue, se Tritone non l’avesse
uccisa subito, sicuramente sarebbe morta poco dopo. “Trova la
freccia di Artemide,” Il
rosso sgranò gli occhi
confuso, Artemide era la dea della caccia, come avrebbe fatto ad
entrare in
possesso di questa fantomatica freccia? Ma non ebbe tempo di porsi
delle
domande che la strega continuò a parlare.
“È l’unica in grado di uccidere il
Re. L’ho affidata a Rachel, ma l’unico che
può usarla, che deve usarla,
sei tu.” Una lacrima solcò il suo viso.
“Fa la cosa
giusta Aris. Fallo per il tuo popolo.” Sapeva che stava
chiedendo molto a quel
ragazzo, i suoi sogni erano quelli di vivere sulla terra con Elena, ma
Atlantica aveva bisogno di un re che portasse luce dopo quei secoli bui
di odio
in cui era sprofondato il popolo del mare, guidato da altrettanti Re
malvagi.
Tritone
puntò il tridente al cielo, un fulmine
rischiarò il buio della battaglia, i volti di umani e
tritoni si illuminarono
per un momento, tutti erano intenti a combattere gli uni contro gli
altri, ma
per un istante si fermarono, come se il tempo avesse deciso di
concedergli un
istante di tregua, i loro sguardi furono puntati sul Re che rideva
malignamente.
“Levati
di lì Aris, questo colpo non è per te.”
Puntò
il tridente contro la strega.
“Dovrai
colpirmi invece, perché non ho intenzione di
spostarmi.”
“Non
farò gli stessi errori che ho fatto con te con
la mia futura progenie. Questo te lo garantisco Aris.”
Aris
serrò le mascelle.
“Cosa
aspetti allora? Finiscimi, vecchio. O forse
preferisci non sporcarti le mani e usare su di me il veleno come per
mia
madre?”
“No,
tu meriti di morire come tuo padre. Un colpo
solo, ma un dolore intenso. Posso prometterti che non sarà
piacevole.”
“Tritone!
Fermati!” un grido dal folto della foresta
richiamò la loro attenzione.
Una ragazza dai lunghi capelli biondi avanzava zoppicando con una gamba
fasciata grondante di acqua e sangue.
“Elena”
bisbigliò Aris a denti stretti. Ma che cosa
aveva intenzione di fare?!
“Sono
venuta qui per fermare tutto questo!” disse
continuando ad avvicinarsi alla riva. I pugni stretti lungo i fianchi e
lo
sforzo che stava facendo rendevano ogni suo passo una sofferenza per
Aris che
era costretto a guardarla. Con uno sguardo fulmineo lei gli
lanciò un’occhiata.
“Tu
fermare tutto questo? Non hai i mezzi per farlo,
stupida ragazzina” le rise quello in faccia.
Aris
guardava Elena e Tritone, era come se lei
stesse tentando di dirgli qualcosa, ma non capiva cosa.
“E
se ti dicessi che sono venuta per stipulare un
accordo?” si fermò a pochi passi dalla riva, il re
si voltò completamente verso
la ragazza.
“Vedi,
per fare un accordo dovresti avere qualcosa
che mi interessa, e per tua sfortuna, tu non hai nulla che mi
interessi”
Come
folgorato da una improvvisa consapevolezza, nel
folto della foresta poco prima di Elena, Aris vide Nick che tentava i
fargli
segno di avvicinarsi. Capì qual era il piano. Elena stava
facendo da esca,
doveva distrarre tritone, prendere tempo per permettergli di fare
qualcosa di
inaspettato.
“Ti
sbagli, io ho qualcosa che ti interessa”
Aris
lasciò Ursula sulla riva e lentamente tentò di
avvicinarsi al folto del bosco.
“E
cosa sarebbe?”
Elena
sapeva che nel momento in cui gli avesse detto
degli anelli non avrebbe esitato un momento e l’avrebbe
uccisa, lanciò un'altra
occhiata ad Aris, finalmente sembrava avere capito, si stava
avvicinando sempre
più alla foresta, lì avrebbe trovato Nick, Rachel
e Ben con la freccia. Sperava
solo che lui sapesse come farla funzionare, nel momento in cui avevano
provato
a metterla in un arco questi aveva preso fuoco e non era stato
possibile
nemmeno incoccarla.
“Ho
la tua attenzione dunque… in cambio chiedo che
questa battaglia finisca e che tu e il tuo esercito facciate ritorno ad
Atlantica per non tornare mai più.”
“Parole
un po’ troppo audaci per un umana che non ha
nulla in mano…”
“Oh…
tu credi che io sia così sprovveduta? Non sarei
mai venuta qui senza avere qualcosa da proporti in cambio.”
Aris
aveva raggiunto il folto della foresta, Elena
tremante tese il suo braccio verso il Re. Aveva paura, era spaventata,
il
destino di tutte quelle vite pesava su di lei e su Aris. –
ti prego, fa che funzioni –
Dischiuse
il pugno rivelandone il suo contenuto.
Il
re sgranò gli occhi, poi un lento ghignò comparve
sul suo viso.
Quella
sciocca ragazzina glieli aveva serviti su un
vassoio d’argento.
Dopo
molti anni finalmente, gli anelli di Alimede potevano essere riuniti.
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Capitolo 40 *** Essere un buon re ***
Cap 40 Essere un
buon re
Quando Elena era
uscita dalla tenda del capo, l’ultima
cosa che il castano si aspettava di vedere era uscire la madre di
quest’ultima,
Rachel, e subito dopo di lei un uomo vestito da soldato… il
capo in persona dei
cacciatori.
Tra quei tre vi
era un aria tesa, Elena aveva le
mani strette in due pugni, sul suo viso vi era un’espressione
turbata ed era
più tesa e spaventata di quando l’aveva vista
entrare. Non sapeva quel che
fosse successo dentro quella tenda, ma non avrebbe esitato a
chiederglielo una
volta rimasti soli.
Elena e Rachel
si misero a parlare poco distanti da
lui, il Capo dei cacciatori fece due passi nella sua direzione.
“Abbiamo
una missione importante da compiere,
ragazzo ho bisogno del tuo aiuto” Nick quasi non
potè credere alle proprie
orecchie, un’occasione del genere non capitava tutti i
giorni, incontrare il
capo ed eseguire per lui una missione speciale.
“Sono
pronto.” Disse serrando le mascelle, assumendo
un’espressione da soldato in attesa di ordini.
“ho
una missione da affidarti, la più importante di
tutte.” Gli disse quello solenne.
“è
una vita che aspetto questo momento, signore.” E
quando proferì queste parole una nota di emozione
scappò al suo controllo.
Ben, o meglio,
il Capo dei cacciatori gli mise in
mano una pistola carica. “Ti affido la cosa più
preziosa che ho.”
Il ragazzo
abbassò il suo sguardo sull’arma, nella
sua mente tentò di capire in cosa quella pistola fosse tanto
speciale, chiederlo
sarebbe stato da stupidi, e di certo il capo gli avrebbe tolto
l’incarico
seduta stante quindi fece quello che gli riusciva meglio,
guardò l’uomo dritto
negli occhi e gli rispose in modo solenne “ne avrò
la massima cura”.
Ben
annuì con il capo in un cenno di intesa.
“so’ di
chiederti molto, ma difendila a costo della vita”
Nick stava per
rispondergli quando l’uomo chiamò
Elena, la ragazza si avvicinò zoppicante ai due, la gamba le
faceva sempre più
male, ma aveva una missione da svolgere. “ti prego, proteggi
mia figlia.”
Figlia? Elena
era la figlia del capo? Cosa gli era
sfuggito? Come era possibile? Una serie di domande prese a tormentargli
la
testa.
“Elena
io e tua madre andremo avanti, cercheremo un
buon punto da dove scoccare la freccia. Voi restate dietro di
noi,” la guardò
per un lungo istante incerto sul da farsi poi quando finalmente si
sporse per
abbracciarla ella lo schivò. “Cerca di fare
attenzione” disse solo imbarazzato,
poi lui e Rachel si addentrarono nel folto della foresta con la
famigerata
borsa nera pronta a percorrere un altro viaggio.
“Nick
dovrò chiederti un altro passaggio…” la
bionda
si avvicinò al ragazzo con fare incerto.
Il castano le
diede le spalle e le fece segno di
risalire, senza di lui la ragazza sarebbe stata persa. “siamo
diretti al cuore
della battaglia, vero?” le chiese iniziando a correre per la
strada che aveva
percorso poco prima.
Elena stringeva
tra le dita gli anelli mancanti di
Alimede, sapeva che lontano dal tridente non avevano alcun potere,
eppure era
come se le ustionassero la carne, come se tentassero in tutti i modi di
scappare al fato che andava loro incontro.
“si
nick, proprio lì.”
Il piano le era
sembrato disperato e folle, ma era
l’unico che avevano. Ben aveva tirato fuori da una tasca un
sacchetto con gli
anelli, camminavano sempre con lui per qualsiasi evenienza, ma adesso
era
giunto il momento di affidarli ad Elena. Non era stato possibile
fabbricarne
dei falsi, ed in ogni caso Tritone avrebbe potuto scoprire facilmente
il
trucco. Suo padre le aveva raccomandato di prendere più
tempo possibile, magari
provare a trovare il suo ragazzo pesce, forse lui sapeva come usare
quell’arma,
e mai, in nessun caso, permettere a Tritone di impossessarsi degli
anelli.
Erano l’unica cosa che avevano dalla loro parte per tentare
di fermarlo, se
fossero caduti in mano sua, allora tutto sarebbe stato perduto.
“proverò
a prendere tempo… a parlare con Tritone”
“perché
devi andare proprio tu?” Il ragazzo tacque
qualche istante. Quello che stava per dirle non c’entrava con
quanto gli avesse
detto il padre di Elena o il suo capo. Non voleva vederla andare
incontro alla
morte certa, aveva bene limpida in mente l’immagine del
povero ambasciatore
folgorato solo per aver tentato un approccio con il Re. “Lascia
che sia io a farlo”
La ragazza
abbassò il capo sulle spalle di Nick che
si muovevano al ritmo della sua corsa. Per quanto fosse gentile,
ammirevole,
persino folle che lui si fosse proposto al suo posto, quello era un
compito che
spettava solo a lei.
“Tritone
mi conosce. Conosce il legame che c’è fra
me e Aris e spero che questo basti a frenarlo
dall’incenerirmi all’istante come
quell’altro ambasciatore…”
Il ragazzo
attese in silenzio che ella continuasse.
“Non
credo che farebbe lo stesso con te o con
chiunque altro. Devo farlo io, ma grazie lo stesso”
Il suo
ragionamento non faceva una piega, ma proprio
non riusciva a lasciarla andare. “sei ferita El, non ti reggi
nemmeno in piedi,
come farai a tenergli testa?! Sono preoccupato per te, non posso
nasconderlo.”
“troverò
la forza. In qualche modo ce la farò.”
Rispose lei in un tono che voleva essere rassicurante ma che invece
risultò
incerto.
“e i
tuoi genitori che faranno?”
“abbiamo
trovato un arma” gli spiegò brevemente lei,
“ma dobbiamo capire come usarla, sembra troppo pericolosa per
essere maneggiata
da mani inesperte. Quando mio padre ha provato ad incoccarla in un arco
questo
ha preso fuoco. Probabilmente ci vuole l’arma
giusta.”
“o
forse la persona giusta…”
A quello Elena
non aveva pensato. “credi che ci
voglia una persona giusta per usarla?”
“la
freccia ve l’ha data Ursula no? E appartiene al
popolo del mare, magari ci vuole un tritone per scoccarla, per questo
con voi
non funziona.”
“Nick,
sei un genio.” Era una cosa talmente ovvia da
essergli completamente sfuggita.
“davvero?”
le disse sorpreso.
“ma
certo! Aris deve usarla! È una freccia che può
usare solo lui!”
“come
possiamo fare?” Nick rallentò per riprendere
fiato,
“è
necessario cambiare i nostri piani… mentre io
tenterò di distrarre Tritone tu e i miei genitori proverete
a cercarlo.”
Erano quasi
giunti a destinazione. “Elena, tu non
uscirai allo scoperto fino a che non avremo visto dove si trova Aris e
non
avremo fatto in modo di avere Tritone sotto tiro, il tempismo
è essenziale.”
La ragazza scese
dalla sua schiena e si sporse oltre
il tronco che li proteggeva alla vista dei nemici, finalmente erano
arrivati.
Dov’era Aris? Il suo sguardo prese a vagare per tutto il
lago, ma purtroppo
quando lo vide il suo cuore prese a palpitare più forte in
petto dalla paura.
Tritone teneva puntato contro Ursula il tridente ancora carico,
frapposto tra
quei due si trovava lui.
“Elena
mi stai ascoltando?” ma quando Nick protese
la mano per afferrarle un braccio la ragazza era già
sgusciata in avanti
uscendo dall’ombra.
“Aspetta
El!” ma il ragazzo non la fermò in tempo.
“Tritone!
Fermati!” scandì
la bionda.
E tutta la loro
attenta pianificazione andò in fumo.
****
Aris aveva
raggiunto la radura, Nick, Rachel e un
uomo gli erano venuti incontro con una borsa nera. L’uomo, il
capo dei
cacciatori gli aveva messo fra le mani uno scrigno semi aperto,
“ti
prego, dicci che sai come funziona questa cosa”
disse Rachel sempre più spaventata per
l’incolumità di sua figlia.
“è
la freccia di Artemide!” disse il ragazzo
prendendola in mano delicatamente.
“sai
come si usa?” chiesero all’unisono i tre.
Il ragazzo la
prese in mano, era la prima volta che
vedeva un manufatto del genere in vita sua, come avrebbe dovuto fare?!
****
Elena aveva teso
la mano con gli anelli di Alimede
proprio sotto il naso del re. Quando aveva visto Aris in pericolo non
aveva
capito più nulla e si era gettata nella mischia, proprio
quello che tutti, Nick,
sua madre, Aris, persino suo padre, le avevano raccomandato di non fare.
Tritone prese a
ridere e la sua risata risuonò per
tutta la radura come un malvagio eco distorto.
“sciocca
ragazzina, perché stipulare un accordo con
te quando posso ucciderti e prendermeli ugualmente?”
Elena
ritirò la mano spaventata, era giunto il
momento cruciale, per quanto ancora sarebbe stata in grado di
trattenerlo
dall’ucciderla? – ti prego, Aris, falla funzionare.
– pensò con tutte le sue forze.
“lasciala
stare!” e la voce di Nick fu seguita da
una serie di colpi di pistola. I proiettili colpirono il Re come se
fossero
fatti di gomma. Il ragazzo le corse incontro e le si mise davanti per
proteggerla.
“Vattene
via di qui Nick!” gridò lei disperata.
“spero
che la tua fiducia in Aris sia ben riposta.”
Le disse continuando a sparare gli ultimi colpi rimasti.
****
Aris
impugnò la freccia e ne notò le antiche
iscrizioni tutt’attorno. Erano scritte in una lingua
dimenticata da tempo, ma
lui aveva avuto modo di vedere quelle rune sui libri che Tritone lo
costringeva
a studiare. Ci mise qualche istante a tradurne il significato, che
pressappoco
suonava così:
“per
vedere bisogna credere.”
Il rosso chiuse
gli occhi e stringendo forte la
freccia si lasciò pervadere dal suo potere, ma ancora non
succedeva nulla. Non
sapeva cosa stesse aspettando, magari che la freccia si scagliasse da
sola.
Rumori di spari lo avvisarono che il tempo stava per finire, - per favore, funziona –
sperò con tutte
le sue forze, Elena stava per morire, lui non poteva permetterlo. – ti prego. Ti supplico –
strinse con due mani
la freccia e poi come per
magia, la luce iniziò a prendere forma, un arco argenteo gli
si materializzo
fra le mani.
Era il segno che
aspettava.
Aris fece alcuni
passi ed uscì dall’oscurità che lo
proteggeva. Era passato del tempo ma ricordava ancora come impugnare un
arco.
Afferrò saldamente l’impugnatura, tese la corda e
sistemò la sua unica freccia.
“quella
sciocca
ragazzina è sotto la mia protezione!”
Nick ed Elena si
voltarono a guardarlo, la ragazza
aveva le lacrime agli occhi dalla paura.
Tritone
calò il tridente con il colpo mortale.
La bionda chiuse
gli occhi.
Un sibilo
sfrecciò nell’aria. Per un istante ci fu
un interminabile silenzio nell’attesa che il colpo arrivasse
a destinazione.
La freccia
argentata attraversò l’armatura di Re
Tritone come fosse di carta, fermando la sua corsa nel suo petto.
“Addio
Tritone” sussurrò Aris mentre un fiotto di
sangue blu iniziò a sgorgargli dal petto. Il tridente
scivolò dalla sua mano
cadendo nella profondità del lago, la battaglia si
fermò, tutti si fermarono a
guardare cosa stesse succedendo.
Sul volto del re
si dipinse un’espressione di
incredulità, poi quel sorriso strafottente che
l’aveva sempre accompagnato fece
nuovamente la sua comparsa, con gli occhi maligni guardò il
nipote che aveva
cresciuto, ucciderlo.
Un re doveva
essere pronto a sacrificare tutto per
la sua gente e lui non sarebbe mai stato in grado di fare
ciò che aveva fatto
lui. Come veleno sputato dalla bocca di un serpente proferì
le sue ultime
parole, rivolte verso la persona che l’aveva deluso
più di tutti.
“tu, non sarai mai, un buon re.”
Dalla sua bocca
uscì un fiotto di sangue blu
intenso, poi la sua immensa figura si crepò in mille pezzi,
come fosse stato fatto
di cristallo. Nel momento in cui i frammenti si separarono dal corpo si
tramutarono in schiuma di mare, e dove prima c’era stato un
folle tiranno adesso
non vi era altro che una schiuma azzurra che stava via via
disperdendosi
nell’acqua.
La freccia che
l’aveva trapassato cadde nel profondo
del lago andando a seguire il Tridente rimasto senza un possessore.
Re tritone era
finalmente morto.
A.A.
Lo
so, lo so, sono in super ritardo di un bel pò di giorni, ma
chiedo venia! Tutta colpa dell'uni prendetevela con lei ahahah, scherzi
a parte spero che il capitolo vi sia piaicuto, in realtà
rileggendo questo e quello precedente ci sono delle cose che non mi
convincono per come sono posizionate, ma adesso kmq non le posso
cambiare, sicuramente quando rileggerò la storia e la
sistemerò sarà scritta un pò meglio, o
almeno spero ahahah! Ci vediamo al prossimo capitolo, buona pasqua a
tutti!
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Capitolo 41 *** Conseguenze ***
Cap
41 Conseguenze
Nell’esatto
momento in cui la freccia di luce aveva
trafitto e ucciso Tritone l’arco tenuto ancora in mano da
Aris si era dissolto
nell’aria in mille particelle di luce.
In
quella radura dove fino a qualche istante fa vi
erano riecheggiate grida, urli e rumori di battaglia, adesso vi era un
completo
silenzio, qualcuno avrebbe potuto anche definirlo inquietante.
Il
re del mare era finalmente morto, si era dissolto
in spuma sotto gli occhi sgomenti di tutti i presenti. Ma cosa sarebbe
successo
ora? Volti confusi di cacciatori e tritoni si guardavano attorno in
attesa di
capire cosa fare, era come se fossero in attesa che qualcuno gli
dicesse cosa
fare e forse era proprio così.
In
quegli attimi preziosi di quiete i cacciatori
superstiti si radunarono sulla riva con le armi ancora ben strette in
mano, l’esercito
di tritoni, al contrario, era rimasto immobile come pietrificato in
attesa di
nuovi ordini; i loro volti stanchi e confusi si cercavano
l’un l’altro per tentare
di capire cosa fare. Nel momento esatto in cui Tritone era morto i loro
ordini
erano stati sospesi; per chi combattere se non c’era
più un re? Chi li avrebbe
guidati in battaglia? Per chi avrebbero dovuto combattere adesso?
In
un turbinio confuso di parole e gambe Aris
incespicando nei propri passi si mise a correre verso Elena.
Si
gettò a terra al suo fianco stringendola forte a
sé,
voleva rassicurarla, scacciare la sua paura, ma anche lui ne aveva
avuta molta
in quei lunghi istanti in cui aveva temuto di perderla per sempre.
“va
tutto bene, è finita” La ragazza tremante si fece
avvolgere dal suo abbraccio, incapace di realizzare cosa fosse appena
successo.
Il suo battito rimbombava come un tamburo nelle sue orecchie, la paura
e
l’adrenalina avevano preso il sopravvento scuotendo il suo
corpo che si
ritrovava a tremare.
E
nonostante la sua logica le ripetesse di essere
ormai al sicuro le sue emozioni avevano avuto la meglio,
iniziò a piangere
tentando invano di asciugare gli occhi che le appannavano la vista
“ho avuto
così paura” ammise lei a denti stretti.
Il
rosso le accarezzò i capelli tentando di
rassicurarla, “lui non potrà più farci
del male.”
La
ragazza si scostò da lui giusto il tempo di
prendergli la mano e consegnargli gli anelli.
“no,
tienili tu, dobbiamo ancora risolvere con i
cacciatori” il ragazzo le richiuse gli anelli nella sua mano.
“perdonate
l’intrusione” l’interruppe Nick
avvicinandosi “ma qualcosa laggiù sta diventando
instabile” con la mano indicò
ai due ragazzi il centro del lago.
Avevano
ignorato i lampi e le scintille che venivano
dal lago, il tridente dopo essere scivolato dalle mani del re, era
caduto
nell’acqua sprofondando lentamente verso il centro del lago,
adesso proprio
dalle sue profondità una luce immensa aveva preso a
illuminare tutta l’acqua, sia
i tritoni che gli umani si ritrovarono ad arretrare spaventanti da quel
nuovo
evento, nel giro di pochi istanti proprio dal fulcro della luce prese a
formarsi un mulinello sempre più grande. Sotto gli occhi
meravigliati di tutti,
il tridente iniziò ad emettere scariche elettriche.
“sta
diventando instabile” gli gridò Ursula uscendo a
fatica fuori dall’acqua. “Se non fai qualcosa
subito ucciderà tutti quelli che
sono in acqua!” gli intimò lei.
“il
potere del tridente non può rimanere incustodito,”
sussurrò Aris a bassa voce ad Elena, sapeva cosa
significasse prendere in mano
il tridente.
I
cacciatori stavano assistendo a tutta la scena senza
muovere un dito.
“cosa
aspetti Aris, prendi quel maledetto tridente e
ferma questa catastrofe!” gli gridò Nick incapace
di capire perché tanta
esitazione.
“Se
Aris impugnerà il tridente diventerà il nuovo Re
di Atlantica.” Gli rispose Elena
“e
questo vuol dire che non potrò mai più vivere
sulla
terra” concluse Aris per entrambi.
Altre
saette blu iniziarono a schizzare fuori dal lago
verso il cielo, il tridente si stava sovraccaricando, il cielo si era
oscurato
e sembrava in arrivo una tempesta di fulmini.
Elena
lo strinse in un abbraccio,
“se
tu mi dirai di non andare,” le prese il volto fra
le mani asciugandole le lacrime, poi la fissò dritto negli
occhi “io non
andrò”.
Per
quanto la ragazza avesse voluto dirgli di non
andare, di restare lì con lei e lasciare che qualcun altro
della famiglia reale
prendesse il tridente, cosa peraltro impossibile visto che
lì vi era solo Aris,
non l’avrebbe fatto. Non poteva essere così
egoista.
Si
specchiò nei suoi occhi azzurri cristallini senza
vacillare, sapeva che quel momento sarebbe potuto arrivare.
“Questo
non cambierà niente” gli bisbigliò lei
senza
mostrare la minima esitazione ma facendosi comunque sfuggire
l’ennesima
lacrima.
“Invece
cambierà tutto” le rispose lui raccogliendo
sul pollice la sua lacrima.
Una
folata di vento li travolse inaspettatamente, i
suoi capelli le sferzarono il viso come liane impazzite, ciò
fu un bene perché
la riportò alla realtà, non voleva guardarlo in
faccia, non voleva fargli
vedere quanto quelle parole che stava per dire la facessero soffrire.
“Devi
andare Aris, tutti loro contano su di te.”
“Lo
so. Ma che ne sarà di noi?”
“Troveremo
un modo Aris, ci inventeremo qualcosa...”, posò
la mano su quella di lui ancora ferma sulla sua guancia, poi gli
sorrise come
solo lei poteva fare. “…lo facciamo
sempre”
Il
rosso la guardò intensamente, le accarezzò la
guancia asciugando le ultime lacrime, poi la baciò.
“non
è un addio.” si staccò da lei a
malincuore
“lo
so” gli rispose la bionda, poi senza ulteriori
indugi si tuffò nel lago.
****
La
corrente era fortissima e lo trascinava sempre più
verso il fondo, senza la sua coda e con quelle due misere gambe aveva
difficoltà a muoversi, ma come facevano gli umani a nuotare
in quelle
condizioni!? Si lasciò guidare dal mulinello che lo
portò dritto verso il suo
cuore, il tridente.
Un’aura
brillante lo circondava e piccole scariche lo
avvolgevano come fosse immerso nella corrente elettrica, gli anelli
incastrati
nella sua elsa erano incandescenti, per un istante ebbe
un’esitazione. E se non
l’avesse afferrato? Se avesse lasciato a qualcun altro quel
compito? Nella sua
mente fece capolino l’immagine di Elena e di tutti gli esseri
umani e tritoni
che erano in superficie e che contavano su di lui. Non poteva
deluderli, anche
se questo avesse comportato la rinuncia alla sua felicità.
In
preda ad un turbinio di emozioni pensò ai suoi
genitori, Eric e Ariel.
Quasi
poteva immaginare le parole che suo padre
avrebbe potuto dirgli, che aveva fiducia in lui e a differenza di
quanto avesse
detto Tritone, lui sarebbe stato un buon re. Sua madre, che conosceva
così poco
forse gli avrebbe detto di pensarci bene, e gli avrebbe ricordato che
il
vincolo con il tridente era un contratto a vita.
Ripensò
ad Elena, che con i suoi occhi fissi nei suoi
gli aveva tramesso tutta la sua sicurezza. Loro avrebbero trovato un
modo, lo
facevano sempre.
“Io
sarò un buon Re”
E
con mano ferma afferrò il tridente.
****
Nel
momento in cui Aris aveva afferrato il tridente la
tempesta era cessata. L’acqua si stava calmando e la luce che
era rimasta sul
fondo adesso si muoveva velocemente verso la superficie.
Dalle
acque del lago cremisi emerse Aris con la sua
coda lucente e nelle mani stretto il Tridente e la freccia di Artemide.
“Io
sono Aris, Discendente di Alimede, nipote di Re
Tritone e regina Atena, figlio di Ariel. Reclamo il trono come
cinquantasettesimo
Re di Atlantica!” Scandì bene davanti a tutto il
suo vasto pubblico, nonostante
l’emozione la sua voce non vacillò nemmeno per un
momento.
L’esercito
lo guardò ammirato, poi repentinamente si
inchinò davanti al nuovo re; “lunga vita a Re
Aris, Lunga vita ad Atlantica”
gridarono quelli in coro con deferenza.
Aris
sollevò una mano richiamando a sé tutta
l’attenzione, “al mio esercito ordino la ritirata,
aiutate i feriti, recuperate
i caduti in battaglia, avranno una degna sepoltura, poi rientrate ad
Atlantica
e siate ambasciatori della mia ascesa, al mio ritorno molte cose
cambieranno. È
finito il regno del terrore di mio nonno.”
I
soldati lo guardarono stupiti, ma senz’altro
sembrarono tutti più o meno felici di poter tornare a casa
dalle loro famiglie.
Poco alla volta iniziarono ad aiutare i feriti e raccolsero i corpi dei
loro
compagni morti per riportarli ad Atlantica dove avrebbero avuto una
degna
sepoltura.
I
cacciatori guardavano tutto con estrema attenzione,
cosa significava? Avevano forse vinto? Quella era una ritirata in piena
regola,
ma allora perché il loro nuovo re non andava con i suoi
soldati?
Un
soldato con un’armatura diversa da quella degli
altri si avvicinò ad Aris, era mal ridotto e aveva ancora
tracce di sangue su
tutta l’armatura, ripose la spada nel fodero poi
parlò a bassa voce al suo
nuovo sovrano. “Vostra maestà, non è
saggio rimanere da soli con tutti questi
cacciatori ancora pronti a dare battaglia. Permettetemi di restarvi
accanto.”
“come
vi chiamate?” chiese Aris.
“Sono
il comandante delle guardie reali, Sebastian, al
vostro servizio.” Fece un inchino con il capo.
“Sebastian,
per quanto io non corra rischi grazie alla
protezione del tridente, vi concedo di restare. Quello che vedrai oggi
sarà
l’inizio di qualcosa di nuovo.” Gli rispose
enigmatico il nuovo sovrano.
Il
soldato arretrò e rimase a guardare le operazioni
di ritirata. Elena e Nick erano rimasti sulla riva, il ragazzo la stava
aiutando ad alzarsi, vista la gamba mal ridotta la sosteneva. Dal folto
del
bosco si fecero avanti Ben e Rachel, Ursula sulla battigia
cercò di riprendersi
come meglio poteva.
Non
appena Elena si ricordò delle condizioni delle
strega le corse incontro per quel che poteva “Ursula, devi
resistere, non puoi
morire adesso!” cercò di esortarla la ragazza.
“le
mie ferite…sono troppo gravi” disse quella
respirando a fatica “non c’è
più niente… che io possa
fare…”
“ma
forse posso fare qualcosa io!” si ricordò
dell’infuso preparato per salvare sua madre. “ho
ancora dell’infuso preparato
per svegliare mia madre dal coma, forse potrebbe aiutarti a
guarire.”
“l’infuso
preparato con i fiori della notte?” ecco
come si chiamavano quei fiori allora… “si, proprio
quelli! Vedrai ti
riporteremo a casa, starai di nuovo bene, ma ti prego non morire. Aris
ha
bisogno di te adesso più che mai!” Fece un cenno a
sua madre in lontananza che
iniziò ad avvicinarsi.
“dobbiamo
portarla subito a casa nostra, ho una cura
che potrebbe aiutarla.”
Mentre
le operazioni di sgombramento dei tritoni aveva
luogo Aris si avvicinò a loro.
“che
succede El?”
“dobbiamo
portare subito Ursula a casa, ho ancora della
pozione che potrebbe aiutarla.”
Il
ragazzo fece un cenno al soldato rimasto dietro di
lui. Questo sembrava proprio un lavoro per metterlo alla prova.
“Sebastian,
prendi la carrozza di tritone e trasporta Ursula dove ti
indicherò io. Hai una
persona fidata che puoi portare con te?”
Il
soldato fece un cenno ad un tritone lì vicino che
stava aiutando a trascinare via un corpo. “Si Vostra altezza,
affiderei la mia
vita a Flounder”
“Bene
allora, perché ho una missione della massima
urgenza da affidarvi.”
Mentre
Aris impartiva ordini ai due soldati, Elena si
occupò di spiegare la situazione a sua madre. Non poteva
abbandonare Aris lì, e
nonostante sua madre insistesse per portarla all’ospedale lei
rifiutò
categoricamente.
“non
appena tutto sarà finito andrò in ospedale e mi
ricovererò per un mese se sarà necessario, ma tu
vai a casa e usa quella
maledettissima pozione chiusa in cantina!” le
gridò al culmine della sua
pazienza la bionda.
E
davanti a tanta decisione neppure Rachel osò
opporsi, la donna lanciò un lungo sguardo a Ben
“se le succede qualcosa…”
bisbigliò in tono semi minaccioso.
“Lei
non corre più nessun pericolo” le rispose
l’uomo lanciando
un’occhiata alla figlia mentre parlava con il tritone che
stringeva il
tridente. “lui la proteggerà a costo della
vita” sbuffò quasi un po’ risentito
della protezione di cui lei adesso godeva. Quel tritone, il nuovo Re di
Atlantica, il ragazzo che usciva con sua
figlia e che non aveva mai sopportato, era diventato
più potente di tutti
loro messi assieme, avrebbe potuto proteggere Elena molto meglio di
come
avrebbe fatto lui, e se da una parte questo lo rassicurava
dall’altro lo
infastidiva terribilmente.
Però
lo doveva ammettere, se non fosse stato per Elena
nessuno di loro sarebbe stato lì.
****
La
velocità era essenziale, e mentre la carrozza con
un Ursula sempre più moribonda veniva inghiottita dalle
acque del lago, Rachel
nella sua macchina sfrecciava verso casa per eseguire il delicato
compito
affidatogli dalla figlia.
Non
un solo soldato di Atlantica era rimasto nel lago,
solo Aris e i cacciatori. Adesso potevano
iniziare le trattative vere e proprie.
“chiedo
che un portavoce dei cacciatori si faccia
avanti per parlare con me.” Scandì il ragazzo.
Nella
radura si diffuse un brusio generale, nessuno
aveva intenzione di proporsi, la paura era ancora una presenza
palpabile
nell’aria.
Fu
Ben quindi a fare un passo avanti verso di lui.
Nessuno
sapeva che lui era il capo supremo e che
quella era una sua responsabilità, ma tutti gli furono grati
per aver preso in
mano la situazione.
Aris
si avvicinò alla battigia, Ben si avvicinò alla
riva, Elena rimase in mezzo a loro due con gli anelli nella tasca dei
pantaloni
strappati.
“Elena,
questo non è un posto per te, va via da qui.”
la voce di suo padre per la prima volta suonò come un ordine.
“io
non me ne vado.” Rispose a tono lei. Come si
permetteva di cacciarla? Pensava davvero di poter avanzare qualche
richiesta su
di lei per il solo fatto di condividere una parte del DNA? Lei aveva
tutto il
diritto di restare!
Ben
le lanciò una lunga occhiataccia di
disapprovazione.
“lei
resta.” Disse perentorio Aris con un tono che non
ammetteva repliche.
“bene,”
sussurrò a denti stretti Ben. “ma restano
ancora da chiarire le tue intenzioni…”
“Io
voglio la Pace fra i nostri due popoli” lanciò uno
sguardo istintivo verso Elena “, questa notte molte vite sono
state rubate da
un conflitto che era evitabile.”
“la
pace non potrà mai esistere finché avrete quegli
stramaledetti
anelli.” Ribattè Ben
“anche
voi ne avete alcuni” sottolineò Aris
“sì,
ma noi a differenza tua non possiamo usarli, adesso
ne hai il controllo totale, hai tutto il potere. È bello
fare discorsi di pace
quando si sa di avere una potentissima arma dalla propria
parte.”
“calma”
tentò di stemprare Elena. “non siamo qui per
attaccare nessuno, cerchiamo di ragionare e trovare una soluzione che
vada bene
per entrambi.”
“Ma
tu da che parte stai? Ah, che domanda stupida…
dalla sua ovviamente. Non te ne importa niente della tua gente, della
tua
Razza.” La denigrò Ben.
“Non
parlarle in questo modo.” Aris strinse le dita
attorno al tridente, la situazione si faceva carica di tensione,
qualche scintilla
aveva ripreso a saettare.
“non
ti immischiare ragazzo, potrai anche essere un Re
ma questa è una questione tra me e mia
figlia.”
“lei
non è mai stata tua figlia. Elena è la mia
ragazza, ed è sotto la mia protezione, ancora
un’altra parola e io…”
“dai,
vediamo che sai fare ragazzino! Così finalmente
farai vedere la tua vera natura a questa ingenua di mia figlia! Avanti,
che
aspetti?” lo provocò con il sorriso sulle labbra.
“ehi,
ehi! Vediamo di non perdere la testa,” Nick che aveva
visto che qualcosa non andava si era subito avvicinato per rimediare.
“Senza
offesa per nessuno ma capo... è troppo coinvolto,
è meglio se lasciate parlare
me, non vorremmo ritrovarci a dover combattere una seconda battaglia
questa
notte.”
Ben
strinse i pugni, ma purtroppo quel ragazzo aveva
ragione, così non sarebbero arrivati da nessuna parte. Fece
un passo indietro
lasciando che Nick contrattasse con il pesce.
Potevano anche trovare un accordo che risolvesse la questione
fra
cacciatori e tritoni, ma lui non avrebbe mai abbassato la guardia,
dopotutto
restava il ragazzo che aveva ghermito il cuore di sua figlia, e questo
non
gliel’avrebbe perdonato mai.
“ciao
di nuovo, Nick” Aris gli fece un cenno
“ciao
Aris,” lo salutò ironico il ragazzo. “ci
rivediamo”.
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Capitolo 42 *** Ciò di cui abbiamo bisogno ***
Cap 42
Ciò di cui
abbiamo bisogno
Quella notte tre
ragazzi avrebbero deciso il futuro di
due mondi.
Nick aveva preso
il posto di Ben, il capo supremo dei
cacciatori con i nervi troppo poco saldi parlare con il nuovo Re
Tritone
fidanzato con la propria figlia. A differenza dell’uomo, lui
avrebbe saputo
gestire meglio la situazione, conosceva abbastanza bene Elena e aveva
avuto già
a che fare con il modo di agire di Aris per cui era il candidato
perfetto per
il ruolo di contrattatore.
“Quegli
anelli devono essere distrutti” disse
avvicinandosi ai due sulla riva del lago.
Distruggere gli
anelli ed eliminare qualunque forma di
magia fosse stata usata per crearli era stato il loro piano A, ma
adesso che
tutto era stato stravolto anche quell’idea era sfumata e i
piani sarebbero
dovuti cambiare ancora.
“No!
Non possiamo distruggere gli anelli!” Elena non
aveva alcun dubbio su ciò che andava fatto, distruggere gli
anelli o il libro
introvabile con tutte le formule magiche non sarebbe stata la soluzione
più
rapida per tutti i guai che erano già successi.
Nick la
guardò stupito, mentre Aris intuì dove lei
volesse
arrivare.
“Se li
distruggiamo,” iniziò calma
“l’incantesimo che
li lega al tridente sarà sciolto”
“appunto
Elena, lo scopo era proprio quello!”
“no
Nick, non capisci, se distruggiamo gli anelli, fra
cento, duecento o trecento anni a qualcun altro potrebbe venire in
mente di
riforgiarli.”
“Ha
ragione, per quanto io possa giurare di non
forgiare mai nessun nuovo anello, non posso prevedere cosa potrebbe
accadere
nel futuro.” Asserì Aris serio. Poteva giurare su
sé stesso, forse persino
sulla sua discendenza se mai ne avesse avuta una, ma garantire per
cento anni
di successori? Sarebbe bastata una sola alga marcia nel futuro per
riportare in
vita quegli oggetti maledetti, un solo anello debole che avrebbe
spezzato tutto
quello che stavano costruendo adesso. O almeno, che si augurava di
costruire…
Dovevano mettere
fine a quella situazione definitivamente
e dovevano farlo quella notte. E distruggere gli anelli non sarebbe
stata che
una soluzione rischiosa e temporanea.
“e se
si distruggesse il “sistema” con cui vengono
fatti? Il vostro ricettario di formule magiche o quella cosa
lì…”
Aris rivolse il
suo sguardo ad Elena, ricordando il
piano che avevano elaborato quel giorno in piscina, di come un loro
addio
sembrava così inevitabile e di come lo fosse anche adesso
“ci avevamo già
pensato, ma nessuno sa dove siano finiti quegli scritti antichi, ci
vorrebbero
anni per trovarli” e poi non tutto quello contenuto in quel
libro poteva per
forza essere malvagio.
“andrebbe
bene” interruppe timidamente Elena
riflettendo “se li nascondessimo qui sulla terra? Potremmo
scegliere sette
luoghi diversi e disperderli. Nessuno li potrebbe mai ritrovare e
nessuno
potrebbe crearne altri.” Quella era stata la notte
più orribile della sua vita,
ne era certa. A stento si reggeva ancora sulle gambe e ad ogni minuto
che
passava la vista pareva annebbiarsi di più e le gambe
tremare sotto il suo peso
che non riuscivano più a gestire. Doveva resistere ancora un
poco, tenere sotto
controllo il dolore e andare avanti, solo insieme avrebbero potuto
trovare una
soluzione, e conoscendo i trascorsi fra Nick e Aris non si sarebbe
sentita
sicura di lasciare la sorte dei due mondi in mano a loro due. Ma fino a
che
quegli anelli sarebbero stati ancora in circolazione nessuno era
davvero al
sicuro, persino con tritone ridotto ad un pugno di schiuma.
I ragazzi
parvero riflettere un attimo. “potrebbe
funzionare”
“È
una missione molto delicata, di chi potremmo
fidarci? Come sappiamo che voi cacciatori li nasconderete davvero e non
li
terrete per voi? Non so se avete notato, ma io ho di nuovo pinne e
coda…”
sorrise forzatamente Aris.
“dovremmo
trovare qualcuno di cui si fidano entrambe
le parti, magari formare una squadra di sirene e umani che possano
portare a
termine la missione.” Propose Elena
“persone
fidate ovviamente” rimarcò Aris.
“qualcosa
mi dice che tu farai parte della squadra”
disse Nick ad Elena quasi forzando la voce.
“Solo
se lei vorrà ovviamente” lanciò uno
sguardo
severo a Nick che non ammetteva repliche.
“Nick,
tu mi conosci, sai che non farei mai niente che
possa nuocere all’una o l’altra gente.”
“Oserei
dire che forse sei un ponte fin troppo
perfetto per non avere secondi fini” rincarò lui.
Adesso Elena si
girò totalmente verso di lui dando le
spalle ad Aris, poi bisbigliò in maniera tale che solo loro
tre potessero
sentirla. “ma io ho dei secondi fini. Voglio stare con Aris
dal primo giorno in
cui l’ho conosciuto, ma non succederà mai se fra
terra e mare ci sarà ancora
questa guerra. Non dico che dobbiamo tutti amarci e vivere felici e
contenti,
ma mantenere dei rapporti di civiltà. Non sarebbe bello se
non ci fossero più
attacchi da parte delle sirene? Niente più cacce aperte nel
mare contro di
loro? Tutto questo sarà possibile adesso che Aris
è re. Lui sarà il re di cui
abbiamo bisogno, porterà il cambiamento, ma non
può fare tutto da solo,
dobbiamo aiutarlo noi Nick. Ti prego, aiutaci.”
Le sue parole
erano molto accorate, Nick non poteva
definirsi un cuore di pietra, ma sicuramente si considerava una persona
pratica
ed effettivamente sarebbe stato bello se quel mondo ideale dipinto da
Elena, un
mondo dove umani e sirene vivevano insieme, potesse diventare
realtà.
“mettimi
in squadra,” disse serio guardando quei due.
“cosa
ti ha fatto cambiare idea?” chiese lei così
sorpresa
“beh,
forse anche io ho dei secondi fini” lanciò uno
sguardo ad Aris annuendo, Elena gli tornò vicino
suggerendogli che forse era
l’ora di annunciare la loro decisione al resto del bosco
rimasto in attesa.
Aris
cercò di sporgersi dall’acqua il più
possibile
per farsi sentire da tutte le persone presenti “voglio la
pace fra i nostri
popoli,” scandì bene il giovane re
“formeremo una squadra di cacciatori e di
sirene che saranno ambasciatori dei nostri popoli con
l’incarico di nascondere
negli angoli più remoti della terra i sette anelli,
affinché nessuno possa più
trovarli.” Proclamò con voce ferma. Si
voltò per guardare tutti bene in faccia.
Non aveva intenzione di iniziare un discorso eppure le parole non
facevano
altro che fluire dalla sua bocca prima ancora che potesse pensare.
“Non
possiamo cancellare gli errori fatti in tutti
questi anni da entrambi i nostri popoli, ma possiamo scrivere un nuovo
futuro, insieme.
Non
sarà facile, ma tutti i
cambiamenti richiedono uno sforzo, e io credo nella nostra
unione.” Lanciò
uno sguardo carico di significato alla
sua ragazza, che aveva sicuramente avuto il merito di aver innescato
tutto quello.
Lei si fidava ciecamente di lui, aveva sentito spendere parole cariche
di
speranza per quello che sarebbe stato il suo nuovo regno. Se solo lei
fosse
stata al suo fianco anche ad Atlantica…
“deponiamo
le nostre armi ed entriamo insieme in una
nuova epoca, dove il popolo del mare e quello della terra possano
vivere in
armonia. Per anni abbiamo combattuto gli uni contro gli altri, molti
dei nostri
sono caduti sotto le vostre torture, così come molti dei
vostri nelle cacce
selvagge sulla terra. Con il mio regno tutto questo
finirà.”
“belle
parole,” il padre di Elena si fece avanti in
rappresentanza di tutti i cacciatori scettici “ma chi prende
il potere non
sempre rispetta la promesse, diviene avido e crudele, come possiamo
veramente
fidarci?” a braccia spalancate fece un giro su sè
stesso in maniera plateale
raccogliendo lo sguardo e lo scetticismo di tutti i presenti.
Aris fu colto di
sorpresa e il discorso che aveva in
mente si dissolse improvvisamente lasciando al suo posto solo il vuoto.
Fu
ancora una volta Elena a salvarlo “ci vuole un atto di
fede”
“ci
vuole molto più che un atto di fede…”
la derise il
padre.
“ci
vogliono i fatti” parlò Aris lasciando tutti a
bocca aperta.
Lentamente uno
alla volta, stava rimuovendo i quattro
anelli di Alimede dalla base del tridente.
“mi
fido
ciecamente di te” poi fece scivolare nelle mani della ragazza
i restanti
quattro.
Elena
unì gli anelli che teneva in mano con quelli nella
sua tasca, un flebile luce verde fluorescente inizio a circondare i
sette
cerchietti di metallo. Un lieve tepore iniziò a propagarsi
dalle sue mani fin
tutto il corpo.
La collezione
era finalmente al completo.
Il padre di
Elena guardò scioccato la scena, quello
era ben più di un semplice atto di fede.
Si
avvicinò ai ragazzi “una squadra speciale
eh?” i
tre annuirono.
“direi
che si può arrangiare qualcosa, ne parlerò con
gli altri e sceglieremo due persone che accompagneranno Elena nei
luoghi che
riterrà più opportuni”
“mi
sono già offerto volontario, signore”
esordì Nick.
L’uomo
soppesò la sua affermazione, non era che un
ragazzo, eppure aveva gestito molto bene la situazione di
contrattazione, ed in
più avrebbe potuto sorvegliare e proteggere sua figlia.
“bene,
sembra che manchi solo un volontario allora.”
Annuì dando il suo benestare.
“per
la sicurezza della missione sarebbe bene che solo
i membri della squadra conoscessero le destinazioni” aggiunse
Aris. “non appena
tornerò ad Atlantica sceglierò anch’io
due sirene da mandare da voi sulla terra.”
Quella sera le azioni di Nick erano state eroiche, ma si sa, il pesce
perde le
squame ma non il vizio, perciò avrebbe affidato la cura di
Elena a due persone
di cui poteva fidarsi, che avrebbero potuto proteggerla al suo posto
visto che
ormai tornare sulla terra sembrava impossibile.
“non
avrei mai creduto di dirlo in vita mia, ma direi
che abbiamo un accordo…” Ben offrì una
mano al ragazzo
“Direi
proprio di sì” la prese stringendogliela di
rimando.
“è
andato tutto bene” sorrise la ragazza, giusto il
tempo di riporre in tasca gli anelli che le sue gambe vennero meno,
cadde a
terra stremata sbattendo la testa contro il terriccio, voci concitate
gridavano
sopra di lei il suo nome,
ma in un attimo
tutto divenne buio.
***
Un forte odore
di disinfettante e mela cotta le fecero
storcere il naso, voleva dormire ancora, sprofondare in quel sonno
senza sogni
e abbandonarsi a quella piacevole sensazione. Voltò la testa
e aprì gli occhi
ancora intontita, delle voci sopra di lei borbottavano qualcosa.
“ecco,
si sta svegliando”
“shh,
o ci cacceranno tutti via”
“mamma?”
biascicò con la voce impastata
dall’anestesia.
“tesoro”
sua madre le si avvicinò per bisbigliarle
dolcemente “hai avuto un’abbondante trasfusione di
sangue, non ti muovere” la
bionda provò a tirarsi su ma aveva le braccia piene di
tubicini collegati alle
flebo e ai vari macchinari e una gamba ricoperta di garza fino al
ginocchio.
“la
mia…” stava per dire gamba, quando si accorse di
avere una benda anche sulla fronte.
“in un
mese o due vedrai che tornerai come nuova,” sua
madre le sistemò i cuscini amorevolmente, mentre lei metteva
a fuoco il resto
del suo comitato di accoglienza. C’erano suo
“padre”, Nick, Ursula e anche i
genitori di Nick.
“cosa
ci fa tutta questa gente qui?”
“sono
qui per te, ovviamente, sciocchina”
I genitori di
Nick tenevano in mano un grosso ciuffo
di palloncini ad elio. “noi… siamo molto
dispiaciuti per tutto quanto Elena,
senza di te tutto questo non sarebbe stato possibile, perciò
volevamo
ringraziarti, anche a nome dei cacciatori, o meglio dei “guardiani”
come
ci facciamo chiamare adesso”
“quelli
che sono rimasti almeno” si lasciò sfuggire
Nick.
Già,
dopo la stretta di mano c’era stato il completo
black out, cosa era successo dopo? C’erano state proteste?
Avevano tutti
accettato il nuovo piano? Ma soprattutto, Aris dov’era?
“sicuramente
avrai tante domande, Nick potrà
aggiornarti su molte cose, ma non preoccuparti di nulla, hai fatto
tutto il
possibile e sappi che sei stata la vera onda del
cambiamento.” La coppia si
alzò e dopo uno scambio di sguardi uscì dalla
stanza.
“mamma,
papà, vorrei rimanere da sola con Nick e
Ursula”
“speravo
avremmo potuto parlare della nostra
situazione familiare, Elena” le rispose il padre in tono
scorbutico.
“quello
può aspettare, devo essere aggiornata su molte
cose.”
“starai
inchiodata a quel letto per un bel po', non
credo che avrai modo di evitarmi comunque” le rispose Ben
piccato.
Rachel le
sistemò come meglio poteva lo schienare per
farla stare in una posizione quantomeno semi seduta.
“ignoralo tesoro, e pensa
a non affaticati troppo, se hai bisogno questo è il tasto
per chiamare
l’infermiera, io vado a prendere un caffè qui al
bar.” Le diede un bacetto
sulla fronte, poi trascinò fuori Ben che aveva iniziato a
protestare,
“ignoralo? Sono cose da dire a nostra figlia?! Sono pur
sempre il padre io!”
“oh,
Ben, non credo tu sia fatto per la paternità” lo
stava rimbeccando sua madre mentre erano nel corridoio.
Non appena si
furono allontanati abbastanza un fiume
di domande travolse Ursula e Nick “quanto ho dormito? Cosa
è successo dopo?
Aris sta bene? Hanno accettato tutti l’accordo??”
“calma
pesciolino,” le sorrise Ursula “sono passati
solo tre giorni”
“solo
tre giorni?!” era una catastrofe, era
un’eternità di tempo da recuperare e di cose da
sapere.
“andiamo
per ordine” iniziò Ursula. “ovviamente,
come
puoi vedere, non sono morta, e quindi beh, grazie per
l’interessamento…” rise
la strega.
Se ne era
completamente dimenticata, aveva affidato
Ursula a sua madre, l’ultima vola che l’aveva vista
era in fin di vita a lago
cremisi, si sentiva in colpa per non averle chiesto come stava. Il suo
entusiasmo fu leggermente smorzato.
“suvvia
non fare quella faccetta adesso, non hai nulla
da rimproverarti, anzi, ti faccio i miei complimenti per come hai
saputo
gestire la situazione l’altra sera. Hai avuto quel che si
dice, sangue freddo,
e grazie a te è stato possibile evitare un
massacro.”
“Aris
era molto preoccupato per te.” Disse a bassa
voce la strega.
“Preoccupato?”
s’intormise Nick “beh preoccupato è un
eufemismo, il tuo fidanzato pesce stava dando di matto quando sei
svenuta come
una bambola a cui hanno tagliato i fili.”
Elena
arrossì, le dispiaceva di averli fatti
preoccupare tutti.
“a
malincuore Aris è dovuto ritornare ad Atlantica,
per ora li c’è una bella baraonda”
continuò la strega “riceviamo aggiornamenti
dal regno tramite messaggeri dalla spiaggia vicino casa tua, non appena
ti
sarai ripresa meglio ti racconteremo tutti i dettagli ma per adesso
è inutile
sovraccaricarti di inutili preoccupazioni… e parlando di
preoccupazioni,”
l’anziana tirò fuori una busta verde alga con il
suo nome scritto in dorato in
bella grafia. “questa è per te, ci ha chiesto di
consegnartela non appena ti
fossi svegliata.”
Elena prese la
lettera fra le mani, era impaziente di
leggere cosa le avesse scritto, ma avrebbe aspettato di essere da sola
prima di
aprirla.
“lì
sul comodino ti ho messo della carta e una penna
per tutte le lettere che vorrai scrivere, mi occuperò io di
fargliele avere,
fintanto che tu sarai qui in ospedale”
La carta era
dello stesso colore della lettera che
aveva appena ricevuto, e vi era appoggiato di sopra un cilindro dorato
con una
punta bianca che doveva probabilmente essere la penna.
“sono
carta e inchiostro speciali come puoi
immaginare, fabbricati ad Atlantica che non sbiadiscono o si rovinano
sott’acqua.” Le spiegò sorridendo, poi
continuò il suo racconto “a corte
c’è molto
trambusto per via della morte del Re Tritone, adesso Aris in quanto
unico erede
maschio dovrà essere incoronato come legittimo nuovo re di
Atlantica. Nel
momento in cui verrà incoronato la sua parola
sarà ufficialmente legge,”
“quando
avverrà l’evento?”
“fra
poco meno di qualche giorno, si tratta più che
altro di organizzare la grande sfarzosa festa che ci sarà
subito dopo
l’incoronazione.” Liquidò la faccenda
con una scrollata di spalle.
Elena
guardò la sua gamba fasciata, sentiva tirare i
punti attraverso le garze.
“oh
tesoro,” le fece eco lei, “mi dispiace moltissimo
che non potrai partecipare, so quanto Aris ci tenesse, e quanto tu
ovviamente
tenevi ad essere presente, ma nemmeno con il mio migliore incantesimo
posso guarire
la tua gamba così velocemente.”
“i
fiori della notte?” chiese lei in ultima speranza.
“ho
usato personalmente l’ultima scorta rimasta, e non
sarà luna piena che fra due settimane…”
le disse delusa la strega.
Non
c’era modo di andare a quell’evento. Aris sarebbe
stato incoronato e lei non sarebbe stata presente. Che ingiustizia era
mai
quella? Le salirono le lacrime agli occhi, ma doveva tenere duro e
ascoltare il
resto della storia.
“tu
potrai andare?”
“sì,
piccola mia,” le rispose con un sorriso triste la
strega “e prometto di raccontarti tutto quando
tornerò da te.”
“tornerai
da me?” già, com’era possibile? La sera
della battaglia aveva visto la strega del mare trasformarsi in un
enorme
piovra, “non credevo avresti potuto riacquisire la tua forma
umana dopo quella
trasformazione al lago…”
“non
lo credevo possibile nemmeno io, non so bene
come, ma nel momento in cui Aris si è disfatto degli anelli,
una parte dei miei
poteri che mi era stata sottratta da tritone ha ritrovato la strada per
tornare
da me.”
“significa
che puoi trasformarti a tuo piacimento?
Come le sirene?” chiedeva sempre più incredula
Elena.
“si
mia cara, e credo che le sorprese per noi esseri
acquatici siano appena iniziate, ho il sospetto che gli anelli non
controllassero solamente i mari come avevamo sempre pensato,
è come se d’un
tratto la parte più primordiale delle sirene si fosse in
qualche modo
attenuata.”
“pensi
che gli anelli controllassero le sirene?” si
intromise Nick che fino a quel momento non aveva proferito parola
“non
ne siamo ancora sicuri, ma sembra che disfarci di
quegli oggetti stia portando più benefici di quel che
pensassimo…” rispose lei.
“sarà
meglio che vi lasci soli, so che anche voi avete
le vostre questioni da discutere,” si alzò dalla
sedia con agilità, Elena la
guardò come se fosse la prima volta, non c’era
quasi più traccia della fragile
donna che aveva conosciuto in quella grotta, sembrava in forze,
determinata e
pronta alla nuova vita che sarebbe cominciata di lì in
avanti.
Ursula le si
avvicinò al letto per bisbigliarle
qualcosa di privato. “Aris mi ha chiesto di vegliare su di
te,”
“sono
chiusa in ospedale, non credo avrai molto da
“vegliare”, se c’è qualcuno
con cui dovresti stare quello è lui, non vorrei che
stesse da solo ora che ha davvero bisogno di circondarsi di persone di
cui si
fida.”
“cercherò
di dividermi come posso,” le sorrise la
strega avvicinandosi per guardarla dritta negli occhi “spero
che non rimanga
solo a lungo…” poi le indicò la lettera
che teneva ancora in grembo. A passi
lenti si allontanò verso la porta, sull’uscio si
girò “chiamami non appena
avrai risposto”, spinse la porta ed uscì,
lasciando Elena in completa balia dei
suoi pensieri.
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Capitolo 43 *** Quello che accadde dopo ***
Cap 43 Quello
che
accadde dopo
Nella stanza era
piombato un silenzio quasi surreale
interrotto solo dal rumore del gocciolio della flebo; erano rimasti
solo lei e
Nick ed era giunta l’ora di mettere da parte definitivamente
tutto quello che
era successo tra loro.
“credo
di non avere ancora avuto modo di ringraziarti
per tutto quello che hai fatto”
“rapimento
a parte?” scherzò lui
Ad Elena
scappò una risata spontanea “si, direi
rapimento a parte, hai dimostrato di esserci nel momento del bisogno, e
di
essere abbastanza coraggioso da affrontare la battaglia”
“tu lo
chiami coraggio eh? Io direi che è stata una
bella dose di incoscienza invece” si sporse sulla sedia, le
sue mani corsero
dentro un rigonfiamento nella tasca della giacca di pelle che
indossava.
“prima
che ti portassero in ospedale, sono riuscito a
recuperare questo” le avvicinò un sacchetto nero
di velluto, lei lo aprì rivelando
il suo contenuto, gli anelli di Alimede.
Sgranò
gli occhi rendendosi conto di non avere addosso
i vestiti ma una camicia da ospedale.
“hanno
dovuto letteralmente tagliarti i vestiti di
dosso, ho pensato fosse meglio tenerli al sicuro in attesa di
restituirteli.
Non perderli” le fece l’occhiolino finale.
Onestamente non si sarebbe mai
aspettata che Nick recuperasse gli anelli dal suo jeans né
che li tenesse al
sicuro per poi restituirglieli. Se fosse stato un altro avrebbe potuto
tenerli
per sé, rubarli, nessuno avrebbe più saputo che
fine avessero fatto gli anelli.
Quelle azioni avrebbero portato ovviamente alla fine della tregua fra i
due
popoli e lei ne sarebbe stata la colpevole principale visto che
custodirli era
una sua responsabilità.
Tutto
ciò era stato scongiurato dal ragazzo che con
qualche livido le sedeva di fronte, “perché quella
faccia sorpresa? Non hai
ancora capito che sto dalla parte dei buoni?” le rispose
sentendosi osservato.
“beh,
i tuoi atteggiamenti non sono stati proprio
quelli che si potrebbero definire tali…” strinse
il sacchetto fra le mani,
vicino alla lettera che ancora teneva in grembo. “ma confesso
che ti sto
rivalutando molto” gli sorrise.
“se
dobbiamo essere compagni di viaggio, dobbiamo
fidarci l’uno dell’altro e tenere gli occhi aperti,
non possiamo sapere chi ci
manderà il tuo fidanzato o l’altro membro che
verrà scelto dai cacciatori, emh
guardiani o come si chiamano loro adesso”
La bionda
annuì. “che ne è stato dei cacciatori?
Prima
hai detto che non siete rimasti in molti.”
“già,
quando è stato chiaro che non ci sarebbe più
stata una guerra, la maggior parte ha deciso di lasciare la congrega,
alcuni
hanno manifestato il proprio dissenso, non tutti credono che il popolo
del mare
manterrà le promesse, ma fortunatamente sono una piccola
minoranza. Chi è
rimasto ha deciso di intraprendere una via pacifica,
all’interno dell’ordine si
stanno ancora stabilendo nuove gerarchie e regole, basta con capi
segreti e
riunioni notturne nei boschi.”
“cosa
farà allora questo nuovo gruppo di guardiani?”
chiese incuriosita dallo sviluppo che stava prendendo la storia.
Nick si
stiracchiò pigramente, poi continuò il suo
racconto “onestamente, nessuno di noi sa molto del popolo del
mare, abbiamo
cacciato le sirene per anni, ma a parte sapere che si nutrono di carne
umana,
sappiamo ben poco delle loro tradizioni, della loro cultura, se mai ne
avessero
una; diciamo che tenteremo di studiarli, di capirli e forse
chissà riusciremo
anche a comprenderli.”
“Aris
ha promesso che non ci sarebbero più stati
attacchi e poi hai sentito anche tu Ursula, la liberazione da quegli
anelli ha
portato qualcosa di buono,”
“staremo
a vedere” rispose enigmatico lui guardando
improvvisamente fuori dalla finestra. Poco prima c’era un bel
sole caldo, adesso
nell’arco di pochi minuti tutto si era ingrigito e da un
momento all’altro
avrebbe iniziato a piovere.
Attese per un
po' in silenzio che lui ricominciasse,
ma a quanto pare i suoi pensieri erano stati distolti da qualcosa, o
forse
qualcuno.
“Notizie
di Lara?”
Elena non
l’aveva più vista da quella notte quando le
aveva miracolosamente liberata permettendogli di salvare la sua vita e
quella
di Aris. Quella ragazza era stata molte cose, compagna di classe,
confidente,
spia, nemica, liberatrice, mezza coda.
Nick scosse la
testa turbato.
“cosa
è successo quando ci siamo separati?”
“lei,
mi ha detto addio.” Disse mesto il ragazzo.
Lei
tentò di rassicurarlo. “è stata una
notte folle,
nessuno di noi sapeva se saremmo sopravvissuti o meno”
“tu
non capisci” inclinò la testa e prese a fissare il
pavimento, i gomiti sulle gambe mentre si teneva la testa come se
stesse
scoppiando.
“spiegamelo
tu allora” tentò di risultare dolce, era
evidente che c’era qualcosa che non andava. “lo sai
che ti puoi fidare”
“ecco…”
iniziò a farfugliare “lei ha preso la
balestra, mi ha dato un bacio, ma non era un bacio normale,”
alzò lo sguardo
per puntarlo in quello di lei, forse Elena era una delle poche persone
che
poteva davvero capire cosa fosse dire addio a qualcuno con un bacio
“era come
se mi stesse dicendo addio…” prese
un’altra pausa “si è tuffata da
quell’altezza assurda. Era un salto impossibile, non sono
nemmeno sicuro che
non sia morta sfracellata” i suoi occhi si arrossarono,
abbassò nuovamente il
volto stringendo le dita fra i capelli. Non voleva farsi vedere in
quelle
condizioni, aveva provato a scacciare quel pensiero in tutti quei
giorni, ma
l’immagine di lei sfracellata sugli scozzi, fatta a pezzi
dalle rocce era
insopportabile.
“non
era un salto impossibile per una sirena” tentò di
incoraggiarlo,
“tu
l’hai vista Elena, lei è debole! Non è
una sirena
completa, non può fare quello che gli altri fanno, non
l’ho più vista nemmeno
durante la battaglia. Quando anche tutti se ne sono andati
l’ho cercata per
tutto il bosco, l’ho cercata persino lì fra gli
scogli. Ma non l’ho trovata.”
Una lacrima era scesa silenziosa sul suo viso, lui prontamente
l’asciugò facendo
finta di niente. Non era un debole, non poteva piangere.
“Nick…”
lei non lo aveva mai visto così sconvolto.
Aveva visto
molti volti di Nick, da dolce ragazzo
della porta accanto a cacciatore senza scrupoli in missione speciale,
ma nelle
sue varie sfumature non l’aveva mai visto così fragile.
Non sapeva bene
che tipo di relazione ci fosse fra lui e Lara, ma era evidente che lui
ci
teneva, e anche parecchio.
Il ragazzo si
alzò dalla sedia, “è meglio che vada
adesso, devi riposare” si voltò di spalle per non
fare vedere un’ennesima
lacrima che aveva preso a scendere fuori dal suo controllo.
“Nick,
sono sicura che Lara è viva, e sta bene.” Non
è
vero, non era sicura proprio di niente, ma quel ragazzo aveva bisogno
di
sentirselo dire, il castano le fece un cennò di
ringraziamento, poi senza
ulteriori indugi aprì la porta ed uscì.
Per la prima
volta dal suo risveglio dalla mattina
finalmente Elena era rimasta sola.
****
La
pioggia aveva preso a picchiettare lentamente sulla
sua finestra, il suo cervello aveva iniziato a rielaborare la serie
infinita di
informazioni ricevute nell’arco di quella giornata. Nelle
mani aveva ancora il
sacchetto di velluto che le aveva dato Nick, non si sarebbe mai
più dovuta
separare da quegli oggetti, erano troppo importanti e il destino di
quella pace
dipendeva da lei. Prese il sacchetto e lo nascose sotto il suo cuscino
dove poteva
averlo sempre a portata di mano, sicura che nessuno avrebbe potuto
sfilarlo
senza che se ne fosse accorta.
In
grembo teneva ancora la lettera di Aris, sembrava
il momento giusto per leggerla finalmente, aveva ancora in mente le
parole
enigmatiche della strega del mare…
“spero
che non rimanga solo a lungo…”
Con
mano tremante girò la busta che recava in bella
grafia il suo nome, sul retro era presente uno di quei sigilli in
ceralacca che
si usavano perlomeno nell’ottocento, la consistenza era
diversa da quella della
cera e sicuramente il materiale era qualcosa di idroresistente, ma sul
bollo
era impresso uno stemma con un tridente sormontato da una corona
rinchiuso in
una specie di onda, non dovevano esserci dubbi che quello fosse il
simbolo
reale di Atlantica.
La
carta era spessa e pesante rispetto quella a cui
era abituata Elena, i fogli erano di un verde turchese e profumavano di
mare,
lo stesso profumo che aveva Aris. L’inchiostro era un marrone
con delle
sfumature bronzate, insolito ma di certo non c’era niente di
ordinario nel
ricevere della corrispondenza direttamente da Atlantica.
Mise
in ordine i vari fogli ed iniziò la sua
lettura.
“Non
so bene come iniziare questa lettera,
onestamente non ne ho scritte molte in vita mia, ma credo
dovrò iniziare a
prenderci confidenza visto che sarà l’unico modo
in cui potrò comunicare con te
per un po' di tempo.
Ho
mandato tutti i giorni un messaggero
fidato per avere tue notizie, Ursula mi ha scritto che ti trovi in
ospedale con
una brutta ferita alla gamba e che probabilmente dovrai restarci per
ancora un
po' di tempo. Fino a che resterai lì le ho chiesto di
portarti le mie lettere
personalmente, (a questo proposito, ti ho mandato della carta e
inchiostro
speciale da Atlantica così che tu possa rispondermi), spero
di ricevere una tua
lettera molto presto.
Se
mi fosse stato possibile sarei già lì
al tuo fianco, ma da quando sono diventato l’erede al trono
non mi è concesso
nemmeno abbandonare il palazzo, sono prigioniero in casa mia e non mi
è permesso
allontanarmi nemmeno sotto scorta.
Fra
qualche giorno si celebrerà
l’incoronazione e nonostante io stia per diventare
ufficialmente un re mi sento
totalmente impotente quando si tratta di proteggere le persone che amo.
Quella
notte ti ho visto svenire davanti ai miei occhi ed ho dovuto guardare
inerme
altre persone che ti soccorrevano. Non ho potuto fare niente e mi sono
sentito
inutile.
Non
piace sentirmi inutile, non poterti
stare accanto come vorrei, averti messo così a rischio...
So
che forse te ne dovrei parlare di
persona, ma non so ancora quanto tempo passerà prima di
poterti rivedere, non
appena la tua gamba sarà guarita dovrebbe partire anche la
squadra che stiamo formando
per portare a termine la missione degli anelli, potrebbero passare
settimane se
non mesi, ma io non ho intenzione di rinunciare a te.
Spero
che Ursula abbia avuto il tempo di
aggiornarti su quello che sta succedendo in questi giorni, nel momento
in cui
mi sono sbarazzato degli anelli Atlantica sta cambiando, le sirene e i
tritoni
stanno cambiando, come se tutta l’oscurità legata
a quegli oggetti fosse stata
finalmente estirpata. Ursula mi ha messo al corrente di essere tornata
in
possesso di arti magiche che credeva di aver perduto per sempre, forse
limitate
dalla presenza degli anelli.
Quindi
ecco la mia proposta, so di
chiederti tanto, e che probabilmente non ho il diritto di farlo, ma se
lo sto
facendo è perché ti voglio con me, qui ad
Atlantica, per sempre.
Se
Ursula riuscisse a trovare un modo
sicuro saresti disposta a diventare una sirena per vivere con me?
Posso
sopportare qualunque cosa se so che
sarai al mio fianco.
Ti
prego, non arrabbiarti, avrei voluto
chiedertelo di persona, spiegarti tutto quello che sento, ma per il
momento
sono rinchiuso a palazzo, e tu lì ospedale senza la
possibilità di venire da
me.
Dì
solo una parola, ed io capirò qualunque
sia la tua scelta. Ma se dovesse essere sì
metterò tutta Atlantica sottosopra
pur di trovare una formula, una pozione, un modo sicuro per farti
restare qui
con me. So che insieme supereremo tutto.
Spero
troverai il tempo di scrivermi,
perché se non vederti è già una
sofferenza, non avere tue notizie sarebbe una
tortura.
Aspetterò
con ansia ogni tua lettera.
Ti
amo
Aris”
Elena
stringeva in mano la lettera scioccata da tutto
ciò che aveva letto. Esisteva davvero un modo per poter
vivere con Aris?
Diventare una sirena era il sogno di tutte le bambine, no? Un sogno, un
gioco,
ma diventarlo sul serio? Abbandonare la sua vita da umana, niente
università,
niente tecnologia, niente di tutto ciò. Certo, sarebbe stata
una vita
totalmente diversa, una vita di cui onestamente non sapeva
assolutamente nulla.
Aris
però l’aveva fatto.
Aveva
rinunciato a tutto, sapendo che non sarebbe
tornato mai più ad Atlantica per vivere con lei sulla terra.
Se
fosse diventata una sirena avrebbe ancora potuto
avere la possibilità di conservare le sue gambe? Da quello
che sapeva le sirene
potevano diventare umane quando desideravano andare sulla terra a
differenza
dei tritoni. Questo forse era un dilemma che solo Ursula avrebbe potuto
chiarirle, ma prima avrebbe dovuto trovare un sistema per trasformarla
in
sirena.
E
così alla fine quel momento era arrivato davvero. Re
Tritone aveva proposto una cosa simile certo che lei non sarebbe mai
sopravvissuta a quel processo, Aris si era opposto con tutto
sè stesso e aveva
deciso di diventare lui un umano per stare con lei, ma adesso tutto
cambiava
ancora una volta. Se come diceva Aris poteva esistere un modo sicuro,
una magia
fatta da Ursula in persona che le avrebbe dato la coda senza
però mettere a
rischio la sua vita, cosa avrebbe scelto di fare lei? Come allora,
anche adesso
non nutriva alcun dubbio sul da farsi.
Aris
l’aveva fatto per lei, lei l’avrebbe fatto per loro.
Era
l’unico modo per restare insieme se volevano avere
un futuro, No, non avrebbe rinunciato a quella possibilità.
Si
stese sul letto tentando lentamente di voltarsi su
un fianco, sentiva la pelle della gamba tirarsi sotto la pressione dei
punti.
Come
sarebbe stata la sua vita sott’acqua?
Provò
ad immaginarsi una sirenetta, come quei giochi
si facevano da bambini in cui si poteva immaginare di essere qualunque
cosa,
questa volta però l’immaginazione era solo un
preludio ad una possibilità
reale. Di che colore sarebbe stata la sua coda? Avrebbe fatto molto
male la
crescita delle branchie? Però poter respirare
sott’acqua era sempre stata una
sua fantasia, poter esplorare le profondità marine con Aris,
sembrava un sogno
ad occhi aperti.
Però
Aris era un Re, avrebbe dovuto governare il suo
regno, avrebbe ancora avuto tempo per lei? E se un giorno lo avrebbe
sposato
avrebbe dovuto governare su Atlantica?! Ma che ne sapeva lei di come si
governava un regno!
Affondò
la faccia nel cuscino, aveva iniziato a
pensare troppo e le stavano già venendo mille dubbi. Ma la
domanda riguardava
il suo futuro e non era una cosa che poteva prendere alla leggera,
quella
scelta avrebbe cambiato la sua vita irrimediabilmente.
La
domanda principale che si pose fu: Amava davvero
Aris?
Certo
che lo amava.
Ma
fino a che punto sarebbe stata disposta a spingersi
per amore?
La
riposta le venne spontanea.
Allungò
il braccio verso la carta e l’inchiostro che
Ursula le aveva lasciato poco prima di uscire dalla stanza, poi si
tirò a
sedere ed iniziò a scrivere la sua risposta.
*
“sei
stata più veloce di quel che pensassi” le rispose
Ursula prelevando dalle sue mani la busta che aveva finito di siglare.
“spero
di essere portatrice di buone notizie” le sorrise gentile la
donna.
“vuoi
sapere quello che gli ho risposto, non è vero?”
Elena si distese sui cuscini esausta, aveva dormito tre giorni ma si
sentiva
come se avesse appena corso una maratona, in più gli
antidolorifici dovevano
aver smesso di fare effetto perché iniziava a sentire
parecchio dolore alla
gamba e a tutte le restanti ossa che aveva ancora intere.
La
strega si sedette sul suo letto, “solo se me lo
vuoi dire”
“Ursula,
io non so niente su come si governa un
regno…” esordì lei sbuffando.
“però voglio stare con Aris, è
sbagliato?”
“tesoro
mio,” le accarezzò una mano che teneva in
grembo “nessuno sa fare qualcosa fino a che non
l’impara.”
Elena
la guardò negli occhi con nuova speranza, “devo
andare adesso, devo consegnare questa lettera affinchè Aris
la possa leggere al
più presto possibile, aspettava con ansia tue
notizie.”
Prima
che la strega si potesse alzare, Elena la fermò
con una mano. “sto davvero facendo la scelta
giusta?” chiese retorica più a se
stessa che alla donna che aveva di fronte.
“questo
mia cara, solo il tuo cuore può saperlo.”
Con
un gesto fluido si alzò dal letto, le diede un
bacio sulla fronte e uscì dalla porta.
Elena
sospirò appoggiandosi al cuscino, aveva bisogno
di riposare, una serie di pensieri aveva preso ad affollarle la mente
violentemente, ma adesso non voleva pensare a niente di tutto
ciò. Con gli
anelli di Alimede nascosti sotto al suo cuscino, chiuse gli occhi, e si
abbandonò fra le braccia del sonno, dove sperava avrebbe
potuto svuotare la mente
da tutto.
Ma
quando la mattina seguente si sarebbe svegliata in
un bagno di sudore con gli occhi sgranati dalla paura, ebbe la
consapevolezza
che quello che stava facendo era davvero un grosso sbaglio.
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