Deep Alley: Il destino di Elena

di Clara_Oswin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Come tutto ebbe inizio ***
Capitolo 2: *** The shoes, the girl and the mermaid ***
Capitolo 3: *** Promesse ***
Capitolo 4: *** La tempesta ***
Capitolo 5: *** Break point ***
Capitolo 6: *** Vuoto e Rabbia ***
Capitolo 7: *** La Botola ***
Capitolo 8: *** Verità Svelate ***
Capitolo 9: *** Incidente ***
Capitolo 10: *** Scintilla ***
Capitolo 11: *** Stardust ***
Capitolo 12: *** La congrega dei Cacciatori ***
Capitolo 13: *** Il filtro ***
Capitolo 14: *** Il fidanzato segreto ***
Capitolo 15: *** Nelle segrete di Atlantica ***
Capitolo 16: *** Confessione ***
Capitolo 17: *** La corte reale ***
Capitolo 18: *** La versione della strega ***
Capitolo 19: *** La proposta ***
Capitolo 20: *** Il prezzo della libertà ***
Capitolo 21: *** Ritorno sulla terra ***
Capitolo 22: *** Il Campeggio ***
Capitolo 23: *** Lago cremisi ***
Capitolo 24: *** Caduta Libera ***
Capitolo 25: *** Fuga ***
Capitolo 26: *** Finalmente a casa ***
Capitolo 27: *** Spiegazioni – Parte Prima ***
Capitolo 28: *** Gli anelli di Alimede - parte seconda ***
Capitolo 29: *** Sotto Scacco ***
Capitolo 30: *** Faccia a faccia ***
Capitolo 31: *** Mezzacoda ***
Capitolo 32: *** In trappola ***
Capitolo 33: *** L'esca ***
Capitolo 34: *** L'ascesa del Re ***
Capitolo 35: *** Sangue Sporco ***
Capitolo 36: *** Salvataggio ***
Capitolo 37: *** Per Sempre ***
Capitolo 38: *** Nel covo ***
Capitolo 39: *** Riunione di famiglia ***
Capitolo 40: *** Essere un buon re ***
Capitolo 41: *** Conseguenze ***
Capitolo 42: *** Ciò di cui abbiamo bisogno ***
Capitolo 43: *** Quello che accadde dopo ***



Capitolo 1
*** Come tutto ebbe inizio ***


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Deep alley

1. Come tutto ebbe inizio

 

Era un pomeriggio di una soleggiata giornata di primavera, il mare spumeggiava quieto, il sole iniziava a colorare il cielo delle tonalità aranciate e rosate tipiche del tramonto; costruita in cima ad una scogliera, dove una volta sorgeva un antico castello medievale, sorgeva una splendida casa dalle rifiniture moderne, grandi finestre a vetri, cancello in pietra con telecamere di sicurezza, insomma, una vera e propria villa lussuosa. Incredibile dire che Elèna aveva ereditato quella magnificenza da suo padre che, a causa di misteriosi eventi, aveva perso la vita in un tragico incidente. Sua madre, Rachel, aveva divorziato da suo padre Eric, quando lei era ancora in fasce; di lui non ricordava molto e sua madre solitamente non faceva mai cenno né al loro rapporto, né alle cause del loro divorzio. Essendo suo padre molto ricco e avendo Elena come unica figlia, alla sua morte nel testamento aveva lasciato tutto in eredità a lei, forse per lavare la coscienza dal rimorso di non essersi mai interessato a quella figlia.
E così a malincuore, durante il corso dell’anno scolastico, Elena e sua madre si trovarono a traslocare dall’arido e asciutto West Richland al borgo sul mare di Deep Alley.

-“vedrai, farai subito tante nuove amicizie!”- la madre, Rachel era emozionata per l’inizio di quella nuova avventura, lo stesso però non si poteva dire della figlia. –“non voglio nuovi amici, andavano bene quelli vecchi! Mi hai rovinato la vita!!”- Eh si, quando si hanno 17 anni e si è improvvisamente portati via da quella realtà ormai consolidata di amici, scuola, ricominciare quasi alla fine dell’anno scolastico può essere dura e per Elena che aveva perso da poco suo padre cui nonostante il rancore voleva bene, era più che difficile.

Rachel aveva trovato facilmente lavoro presso un ristorante dove faceva la cuoca, non passava giorno in cui non ribadisse alla figlia l’importanza di frequentare e finire il college e quanto ciò avrebbe contribuito a trovare un buon lavoro e costruirsi un futuro felice.

In quel assolato pomeriggio, la tutt’altro allegra famigliola arrivò alle porte del cancello in ferro bianco battuto che stabiliva l’ingresso in quella meravigliosa dimora. Il muro in pietra grigia calcarea era alto qualche metro e riparava la villa dalla salsedine estremamente corrosiva che spumeggiava dal mare. La casa era bianca e grigia, con ampie finestre che davano sul giardino ben potato; la macchina della famiglia Greene (questo era il loro cognome) percorse il sentiero lastricato di pietre fino a fermarsi nell’area per parcheggiare.

“non posso credere che da oggi tutto questo sarà nostro!”- Disse Rachel prendendo le valigie.

Elèna era visivamente di cattivo umore, prese la sua valigia senza dire una parola e attese direttive.

“Bene, dove ho messo le chiavi… vediamo…”- continuò a rovistare nelle tasche. –“ah eccole qui, queste birichine!”-

“Ripetimi ancora una volta mamma, perché papà si è tenuto la villa al mare e noi abbiamo vissuto per sedici anni in quel minuscolo appartamento in Bridge Square nel West Richland dalla parte opposta??”

“Lo sai tesoro che non amo il mare… a lui ho lasciato la villa delle vacanze ed io ho tenuto l’appartamento in città, che poi ho venduto per comprare quel grazioso appartamento in paese”

“Beh, quando stavi con papà avevi un mucchio di foto fatte al mare…” borbottò lei reputando la discussione ancora aperta.

Rachel strinse strette le chiavi nel palmo della mano, come fosse sul punto di dare in escandescenze, capitava spesso quando si parlava di Eric. “beh, ho cambiato gusti! Odio il mare e tutto ciò che ne deriva!!”- esclamò sbattendo la porta verso l’interno.

Elena capì che era il momento di tacere.

Entrò in casa studiando tutto con occhi nuovi.

L’interno appariva sobrio come l’esterno, i pavimenti erano bianchi e seppur fossero velati da uno strato di polvere si poteva percepire la loro natura riflettente, le pareti erano del medesimo colore e così quasi tutto l’arredamento;

-“Papà aveva una leggera ossessione per il bianco!”- ironizzò la ragazza avvicinandosi al divano del medesimo colore.

-“aveva un ottimo gusto in fatto di arredamento,” – asserì Rachel prendendo in mano un orologio da tavolo incastonato nel corallo rosso.

Quasi tutti i dipinti della casa, come poi noterà Elena in seguito, avevano il tema marino.

-“questo quadro è…bellissimo” – aveva ritrovato la parola rimasta inerme davanti un enorme dipinto posto proprio di fronte al divano.

Sarebbe stato logico trovare in quel posto un televisore, come in tutte le case normali del XXI secolo, invece vi era un quadro enorme, quasi un metro per un metro, raffigurante sul fondo un mare in tempesta e una creatura metà donna e metà pesce in primo piano su una conformazione rocciosa, con i capelli rossi scompigliati dal vento, i suoi occhi azzurri parevano fissare l’osservatore e scavare nel suo Io più profondo, un dipinto malinconico ma anche passionale che pareva gridare, “torna da me”;

-“Eric era un pittore eccezionale ed un grande amante del mare”- disse sua madre prendendo una sedia dal soggiorno. “qui, sarà meglio mettervi un televisore…” disse appoggiando il quadro con la tela rivolta verso il muro. “su adesso, raggio di sole, cerca la tua stanza e inizia a disfare i bagagli, domani sarà giorno di scuola!” parve ritrovare il buon umore subito dopo. La ragazza sapeva che sarebbe stata dura per sua madre, doveva darle del tempo ed accettare tutte le sue bizzarrie, dopotutto suo padre era stato importante per lei, lo poteva capire dalla fede che dopo tanti anni teneva ancora conservata nel suo portagioie.

“raggio di sole”- borbottò in risposta percorrendo il corridoio cercando l’accesso al piano superiore. “non ho più 8 anni…”- proseguì sino a trovare una scala dai gradini insoliti dal colore rosso.

Dopo aver esaminato attentamente tutte le camere da letto ne scelse una non troppo grande ma che aveva un balconcino privato a ovest che le regalava una magnifica vista sulla scogliera e su una piccola striscia di sabbia bagnata dal mare; proprio in quel momento il sole stava tramontando sull’acqua, era uno spettacolo mozzafiato a cui la ragazza non aveva mai assistito, dal piano di sotto sentì sua madre attaccare la fidata aspirapolvere, approfittò di quell’improvvisa ondata di buon umore e scese giù in giardino in esplorazione.

Con il suo Ipod in tasca e le cuffiette nelle orecchie cercò un sentiero per poter scendere su quella spiaggetta che aveva intravisto dal balcone; si accorse che raggiungerla non era così facile come sembrava, vi era un fitto cespuglio di bossi che nascondeva una sorta di stradina ripida che costeggiava tutta la parete rocciosa. Armata di ottime scarpe da tennis e jeans praticamente indistruttibili iniziò la lenta discesa verso quel posto che già aveva promosso a nascondiglio di fiducia, in caso volesse isolarsi o stare in un luogo tranquillo per qualche ora.

I suoi capelli biondi lunghi fino alla schiena con quella luce intensa divenivano davvero raggi di sole, sembravano essere fatti da singoli fili d’oro che rilucevano tra di loro riflettendo la luce dorata,

-“avrei dovuto portare gli occhiali da sole”- mormorò tra se sedendosi sulla spiaggia coprendo con la mano la fronte da quella luce intensa.

Quella striscia di terra infatti non era più larga di una decina di metri, era circondata ai lati da scogli scuri bagnati ritmicamente dal dolce muoversi delle onde; il mare era calmo e la luce riflessa sull’acqua abbagliante. Elena era sempre stata contraddistinta da una particolarità, sin da quand’era piccola possedeva degli occhi cangianti, alla luce del giorno i suoi occhi sembravano di un dolce color nocciola, bastava però che appena un raggio di sole la colpisse e come per magia la sua iride rilasciava cristalli verde bosco, mutando così il colore.

Proprio mentre si stava alzando per continuare l’esplorazione, il suo ipod si mise a lampeggiare.

-“ohh stupido coso! Non mi puoi abbandonare così!”- guardò il display rosso –“niente da fare… è morto!”- sbuffò riponendolo assieme alle cuffie nella tasca dei Jeans.

-“scommetto che a quest’ora l’acqua sarà caldissima… che darei per fare un bagno!”- si tolse le scarpe e i calzini abbandonandoli abbastanza lontano affinché il ritorno dell’onda non li bagnasse poi, immerse i piedi nell’acqua calda.

-“non posso… no… proprio non posso…”- disse facendo qualche passo avanti sollevando i pantaloni fino alle ginocchia. Arretrò velocemente. –“ohh non m’importa! Tanto non mi vedrà nessuno… solo un minutino…”- iniziò a togliersi i pantaloni ed in seguito anche la felpa e la canotta, rimanendo così solo in biancheria.

C’erano delle volte in cui Elena preferiva entrare in acqua con un tuffo bagnandosi tutta in una volta, alle volte invece entrava più lentamente ed era questo il caso. Avanzò lentamente, i piedi muovevano i primi passi in quel fondale sconosciuto in cui la sabbia bianchissima era fine come polvere, a quel punto s’immerse completamente dandosi una spinta vigorosa verso il largo; le piaceva andare a nuotare dove non toccava, lo trovava eccitante, talvolta le piaceva gareggiare con se stessa nel vedere quanto velocemente riusciva ad andare e venire toccando il fondale. Lo fece anche questa volta.

Dopo aver preso un bel respiro scese giù.                     

Inizialmente scese senza aprire gli occhi, dopotutto si era allontanata qualche metro dalla riva, quanto poteva essere profondo il fondale? Con il passare dei secondi, più spingeva verso giù con le braccia ben protese, più la sua voglia di aprire gli occhi cresceva; eppure Elena aveva paura dei fondali bui, di giorno con la luce tutto è meno spaventoso, ma quando la luce cala, il terrore di trovare qualcosa di brutto sul fondo l’attanagliava lo stomaco. Aprì gli occhi d’istinto. Era davvero buio li giù, percepiva appena i pesci a qualche metro da lei; ostinata nel voler arrivare a tutti i costi sul fondo dopo esser arrivata sin lì, spinse ancora più forte, sentiva che le iniziava a mancare il fiato ma il pensiero di arrivare sul fondo e darsi la spinta con i piedi per risalire le forniva la voglia necessaria per continuare a scendere. Un forte dolore prese a martellarle alla testa, tipico di quando si scende a forte profondità e la pressione inizia a giocarti brutti scherzi.

Ad un tratto si fermò terrorizzata.

Le era appena sembrato di vedere una cosa…una coda di pesce enorme.

Calcò le mani sulla bocca per non fare uscire l’ossigeno.

Poi li vide.

Un paio di occhi chiari la fissavano dall’oscurità.

Elena non ci pensò due volte ed iniziò a nuotare come una forsennata per risalire in superficie e uscire dall’acqua. Ebbe la sensazione di essere inseguita ed allora prese a nuotare ancora più velocemente.

Respirò a pieni polmoni non appena arrivò sulla spiaggia, all’asciutto, lontano dall’acqua.

Era rannicchiata con le ginocchia al petto, tremante di paura e di freddo; il sole era ormai calato del tutto e senza il suo calore spirava un vento decisamente gelido. Continuava a fissare l’acqua, nel punto in cui presumibilmente era scesa. Le parole cadavere e mostro marino le presero a vorticare per la mente fino a quasi stordirla. Strizzò i capelli sgocciolando l’acqua ormai gelida, raccolse i suoi vestiti ancora tutta tremante ed iniziò a salire la scogliera per ritornare a casa.

Una bella doccia calda e un lauto pasto erano quello che ci voleva per schiarirle le idee e se ancora non fosse bastato avrebbe fatto un bel sonno ristoratore, dopotutto domani c’era qualcosa di ben peggiore di un cadavere in fondo al mare…: la scuola.

 

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Capitolo 2
*** The shoes, the girl and the mermaid ***


Deep alley

2. The shoes, the girl and the mermaid

 

Elena non aveva chiuso occhio quella notte, aveva sognato di terribili mostri marini che dimoravano in fondo all’oceano in attesa di mangiarsi i malcapitati che si spingevano sino a quelle profondità. Iniziava ad avere qualche dubbio su quello che aveva visto li giù; probabilmente la carenza di ossigeno le aveva giocato brutti scherzi e probabilmente la forte impressione che aveva avuto riguardo quel quadro appeso nel soggiorno l’aveva spinta a vedere degli occhi molto simili in fondo al mare.

La sveglia segnava le 7:00 in punto, non aveva più voglia di restare a letto, il “primo” giorno di scuola l’attendeva, prima sarebbe andata prima si sarebbe tolta il pensiero.
Spazzolò i capelli biondi, infilò un maglione verde smeraldo e un jeans, un velo di trucco per coprire le occhiaie e 20 minuti dopo era già di sotto a fare colazione.

Prese al volo due toast –“già pronta? Ti posso accompagnare io con la macchina stamattina.” Le diede il buon giorno sua madre con un energico sorriso stampato in faccia.

-“no grazie, almeno il primo giorno vorrei provare ad arrivare puntuale, per oggi andrò a piedi”, salutò sua madre ancora in pigiama e con lo zaino in spalla s’incamminò verso la scuola.

****
La campanella era appena suonata, Elena si era trovata un bel posticino in quarta fila accanto alla finestra, le classi non avevano i banchi in coppia, ogni studente aveva il proprio banchetto singolo così da evitare le scocciature del compagno di banco e, per i professori, scoraggiare eventuali passaggi di copie durante i compiti in classe. Poco a poco i ragazzi iniziarono ad entrare in classe, guardavano la nuova arrivata incuriositi e poi iniziavano a parlottare tra di loro.

-“scusami”- le si avvicinò una ragazza dai capelli ramati –“questo sarebbe il mio posto” – disse indicando con lo sguardo il banco.

-“oh” – disse solo lei in risposta alzandosi, man mano che arrivavano gli altri ragazzi ognuno prendeva il proprio posto; era chiaro che i bidelli non avevano aggiunto un banco in più.

-“scusa”- rispose, prese il suo zaino e uscì dall’aula sotto gli occhi di tutti.

In classe c’era un gran vociare che non si spense neppure con l’arrivo della prof.

La porta dell’aula si riaprì facendo comparire Elena la quale portava una sedia e il bidello con un banco.

-“buongiorno” esordì Elena avvicinandosi alla prof mentre il bidello andava in fondo per sistemare il banco. –“Sono Elena Greene, la nuova studentessa” – esordì presentandosi alla classe.

Il bidello posò il banco in quinta fila accanto alla finestra, la bionda prese la sedia e si andò a sedere. Era di cattivo umore, nella sua vecchia classe aveva lasciato i suoi migliori amici, qui era la ragazza nuova, non conosceva nessuno e francamente non aveva molta voglia di stringere amicizie, era alla fine del quarto anno di liceo, avrebbe dovuto trascorrere ancora un anno in quel carcere chiamato scuola e poi finalmente sarebbe stata libera. La scuola non le piaceva ( ma a chi piace?) non che non fosse brava, le piaceva molto il disegno e la matematica, ma non disdegnava neanche la letteratura.

La mattinata trascorse in maniera abbastanza monotona, durante la ricreazione passò quasi tutto il tempo a disegnare sul retro del quaderno, tentava di rappresentare quello sguardo che l’aveva colpita in fondo al mare, che le si era impresso indelebilmente nella sua mente.

-“e così sei un’artista”- esordì una voce da sopra il suo banco.

-“non è nulla…”- si affrettò a chiudere il quaderno.

-“io sono Nick, sono seduto proprio nel banco di fianco a te.”- le indicò il moro.

In realtà lei non ci aveva proprio fatto caso. Sorrise, non aveva niente di meglio da dire.

-“ehi Nick! Fai amicizia con “la nuova”?” – si avvicinò una morettina a loro due.

-“mi chiamo Elena” – ricordò lei.

-“Elly! Perfetto! Ce ne mancava una in classe!”- le strinse la mano –“ io sono Sara, e questo simpaticone qui è Nick, è innocuo sta tranquilla!” – rise lei.

Elly rise di rimando.

Il resto della mattinata trascorse in quel modo, lezioni e bigliettini dai due nuovi “amici” appena conosciuti.

Il fatidico –“sei fidanzata?”- arrivò con sorpresa prima del previsto, alla sua risposta negativa le ragazze la presero a guardare con compassione “oh poverina”, mentre i ragazzi iniziarono a sorteggiare chi di loro doveva provarci prima. Lei non aveva nulla contro l’amore, non aveva gusti semplici e ancora non si era mai innamorata seriamente di nessuno; non voleva mettersi con qualcuno solo per divertimento o altro, se si fosse fatta fidanzata sarebbe stato per amore, su questo era irremovibile. Quando finalmente le lezioni finirono e fu l’ora di rientrare a casa Elena tirò un sospiro di sollievo, aveva già progettato un bel pomeriggio all’insegna del relax post-trasloco.

Le giornate che seguirono furono piuttosto tranquille, la bionda stette alla larga da quella spiaggetta privata, non aveva avuto né il tempo né la voglia di riscendere sin laggiù; per quanto riguardava invece quell’episodio in fondo al mare si convinse di esserselo solo immaginato e non vi prestò più molta importanza.

-“non ci posso credere! Tu stai davvero lì??”- Nick, il suo vicino di banco quasi cadde alla sedia quando, durante la ricreazione si fermarono a chiacchierare venendo così a sapere dell’ubicazione della casa di Elly.

-“si, era la casa dove viveva mio padre… prima di... si insomma, morire.”- rispose senza troppa attenzione lei sbocconcellando il pranzo.

-“c’è davvero il suo fantasma che vaga per le scogliere??” – chiedeva sempre più eccitato il ragazzo.

-“no”- rise lei –“nessun fantasma giuro!”- continuò scherzosamente.

-“sai…” – inziò in tono confidenziale. –“si diceva che tuo padre, senza offesa, avesse qualche rotella fuori posto”- fece un cenno con la mano accanto alla nuca ruotando l’indice.

Elena si irrigidì –“forse era un po’ eccentrico per la calma di questa città”- lo giustificò.

-“beh…”- il suo tono di voce si abbassò ancora, quasi in un sussurro, come se stesse dicendo qualcosa di segreto e proibito.

-“diceva di vedere le sirene…”-

-“S…sirene?”- la sua voce si alzò di un ottava, sbigottita si portò una mano alla testa, e se ciò che aveva visto non fosse stato solo il frutto della sua immaginazione? E se fosse diventata matta anche lei come suo padre? Forse nella loro famiglia vi era qualche tara genetica difettosa…

 -“Cosa sai di tutta questa faccenda?”- il suo tono si fece sospettoso, intuiva che Nick sapesse più di quel che desse a vedere, ma improvvisamente al ragazzo non interessò più quel discorso.

Il ragazzo dai capelli castani scosse la testa come per scacciare brutti pensieri. –“niente di più di quello che raccontavano un po’ tutti qui in giro” – si voltò puntando i suoi occhi castani sul proprio pranzo, reputando probabilmente chiusa la discussione.

-“che strano…”- Elena però non la reputò tale. –“qualche giorno fa mi era sembrato di vedere qualcosa muoversi nell’acqua… mi chiedo se…”-

Nick abboccò a quella provocazione girandosi come una furia, inchiodandola con lo sguardo non più dolce e tranquillo ma carico di preoccupazione. –“Sta’ lontana dalla spiaggia, Elly”-  la fissò ancora per qualche secondo –“ non è posto per te”-

“Se sai qualcosa dovresti dirmelo…” l’esortò lei.

Il ragazzo scrollò le spalle poi le disse “non è affar mio, e di certo non sto dicendo di crederci, ma le sirene sono delle creature carnivore…si nutrono di carne umana, dopo il tramonto stà lontana dall’acqua…”

Elena rimase in silenzio metabolizzando la preziosa informazione che le aveva dato il suo nuovo amico, se vi era davvero qualcosa di pericoloso in quella spiaggia avrebbe fatto di tutto per scoprirlo, lo voleva sapere, e determinata com’era avrebbe di certo scoperto qualcosa, quel pomeriggio la sua tappa prima di ritornare a casa fu l’inesauribile fonte di sapere alternativa ad internet e di gran lunga più suggestiva; la biblioteca.

****

La porta dell’edificio si aprì con un rumore sinistro, era da tempo che nessuno oliava quei cardini e adesso scricchiolavano ad ogni minimo movimento; senza timore, con il suo zaino in spalla Elena occupò un tavolino preparando block notes e matita per prendere eventuali appunti.
Non sapeva bene da dove iniziare a cercare, in realtà non sapeva bene nemmeno cosa stesse cercando, ma una cosa era certa, non sarebbe tornata a casa senza prima aver trovato qualcosa di concreto sulle sirene.

“mi scusi” si avvicinò alla donna dietro il bancone all’ingresso. Aveva i capelli castani avvolti in uno chignon dietro la testa e lo sguardo vigile da cui controllava la sala da dietro il computer dinnanzi a sé.

Squadrò con sguardo annoiato la ragazza dai capelli dorati “cosa ti serve” le rispose in tono apatico.

“sto cercando dei libri sulle… emh… sirene” la donna le lanciò uno sguardo tagliente carico di sospetto -“è per un progetto scolastico”- la motivazione parve convincerla un po’ di più.

Le dita lunghe e affilate presero a battere lentamente sulla tastiera, dopo qualche minuto la stampante di fianco alla donna prese a fare rumore e sbuffare fumo; dopo pochi istanti ne uscì un foglio di carta un po’ stropicciato completamente sbiadito. “questo stupido affare!” prese a dargli un pugno la signora.

“forse potrei aiutarla…sono brava in questo genere di cose”.

La bibliotecaria le fece cennò di entrare, Elena aprì la porticina che la separava dal bancone e si posizionò di fronte la stampante. Prese ad aprirla e toccare qualche parte al suo interno.

“la testina si era spostata, per questo non stampava bene” la signora ovviamente non capì nulla di quello che la ragazza avesse detto. “a casa mi occupo io queste cose…” sorrise la bionda che non si era affatto fatta scoraggiare dal lato ombroso della bibliotecaria.

Dalla stampante uscì un foglio perfettamente liscio e ben inchiostrato con su una lista di libri, tre o quattro, recanti o inerenti l’argomento “sirene”.

“Se hai bisogno di altro chiedi pure” la donna parve addolcirsi lievemente, Elena rispose con un cenno e andò silenziosamente alla ricerca dei suddetti.

****

Dopo aver rintracciato tutti e quattro i libri, si sedette al suo posto iniziando a sfogliarli in cerca di qualche riferimento al mondo di quelle creature mitologiche.

Fu così che si imbattè nella prima informazione interessante, seppur presa da un libro Fantasy:

sia vero o meno, giuro sulla mia gamba buona che bacerò una sirena!” il marinaio esultò felice “perché rischiare la tua vita così? Legati assieme a noi alla nave, non sopravvivrai al loro canto!” esclamò un compagno legato già al pennone della King Revenge II, il quale aveva già protetto le sue orecchie con uno strato spesso di stoffa. Ma il marinaio non sentiva storie, stava per controbattere quando delle note dalla melodia indescrivibile gli attraversarono le orecchie incrostate di salsedine. Dinnanzi a lui comparve una delle più belle creature che avesse mai visto, capelli color rugiada e occhioni verde oceano. “Annegamento” caduto quasi in trans rispose al compagno “se una sirena ti bacia ti salva dall’annegamento” il marinaio perse completamente la testa e si tuffò in mare per raggiungere la sirena la cui voce continuava a cantare note melodiose. I compagni assistettero all’orribile scena, la creatura non ebbe nemmeno la pietà di ucciderlo prima trascinandolo con se negli abissi, che dalla sua bocca uscirono zanne affilate, e le sue mani si tramutarono in artigli, e con ferocia iniziò a dilaniare la carne dell’uomo che tinse le loro acque di sangue. Le sue grida squarciarono il nero della notte mentre pezzi di arti fatti a brandelli iniziarono a spargersi nelle acque, sotto quell’ennesima luna piena un delitto si era appena compiuto; la notte era ancora lunga ed ogni uomo su quella nave pregò passasse il più in fretta possibile”.

Elena era disgustata da ciò che aveva appena letto, era un resoconto dettagliato di come le sirene mietevano le proprie vittime; chiuse quel libro ormai privo di informazioni utili e iniziò a cercare in quello seguente.

“le sirene escono solitamente in branco, queste creature dall’aspetto angelico amano cibarsi della carne fresca degli umani, se hanno preso di mira una preda ben precisa difficilmente desisteranno dall’averla, e per farlo potrebbero spingersi persino vicino alla riva.”

La sua ricerca su questo secondo libro fu poco fruttuosa, e dopo aver concluso la sua attenta ricerca passò al successivo. Impaurita e titubante chiuse anche il terzo libro, non aveva trovato nulla di interessante o differente rispetto gli altri due, ognuno descriveva le sirene come creature pericolose e prive di sentimenti umani. Se quello che aveva letto fosse stato vero, quel pomeriggio sulla spiaggia aveva corso un gran ben rischio…

Il suo sguardo fu attirato dal capitolo conclusivo dell’ultimo libro.

“quelle creature non provano sentimenti… loro non possono amare. Sai Bengt perché sono solo donne?” il ragazzo con la benda sulla testa scosse il volto completamente rapito dalle parole del vecchio. “Raramente loro danno alla luce dei tritoni, perlopiù solo donne perché possono catturare meglio le loro vittime dell’altro sesso… e quando arriva il periodo dell’accoppiamento, dopo essere state “fecondate” per così dire ed essere sicure di contribuire al branco con una nuova nascita, mangiano la carne del compagno. “ma così facendo,” il ragazzo deglutì a fatica “se mangiano tutti i loro “maschi” come fanno a riprodursi…cioè… non si estingueranno prima o poi?”
“femmine d’astuzia sono…” il vecchio prese un respiro dalla sua pipa “se non hanno a disposizione i tritoni, prendono forma umana e selezionano degli “uomini” prescelti, che siano forti e belli per poter continuare la stirpe, e la storia si ripete, dopo aver fatto i loro comodi li trascinano sott’acqua e li divorano…”

Elena andò avanti ma non vi erano più riferimenti riguardanti l’argomento… ancora sconvolta e con un senso di vomito che le aveva preso a torturare lo stomaco, tornò sui suoi passi e ricopiò tutta la discussione nel suo block notes, che fosse vero oppure no, tutti i libri dicevano la stessa cosa, le sirene erano creature estremamente pericolose che amavano cibarsi della carne umana. Improvvisamente il ricordo di quegli occhi nel buio le fece accapponare la pelle, che rischio che aveva corso quel pomeriggio, quando stupidamente si era avventurata in acque a lei sconosciute.

Aveva raccolto abbastanza informazioni su quell’argomento, dopo aver rimesso a posto tutti i libri si diresse verso casa accorgendosi che si era già fatta l’ora di cena.

Dopo tutto quello che aveva letto era spaventata e confusa, ma erano pur sempre storie scritte sui libri, quanto di quello che aveva letto era vero? Nonostante tutto sentiva che almeno un ultima volta doveva recarsi su quella spiaggia, fargli una foto ricordo magari e poi non riscendere mai più… forse quegli occhi l’avevano già stregata e lei non ne era cosciente ma, a nonostante avesse appreso quelle nuove rivelazioni, decise che il giorno seguente vi sarebbe ritornata.

****

Erano circa le sei di pomeriggio, il sole stava per iniziare a tramontare, dopo aver finito di studiare Elena decise di mantenere i buoni propositi che si era fatta il giorno precedente. Prese le sue poche cose scese in spiaggia, e dopo aver sistemato l’asciugamano prese a passeggiare sulla spiaggia con le mani sprofondate nelle tasche.

Come poteva un posto così bello essere allo stesso tempo così pericoloso? Sovrappensiero si arrampicò su una serie di scogli che rimanevano per la parte superiore fuori dall’acqua, mentre il resto aveva ormai perso le sembianze di roccia in favore di anghe e licheni che vi avevano fatto la loro dimora. La marea era bassa, non vi era alcun pericolo che in qualche modo accidentale venisse a contatto con l’acqua, stando bene attenta quindi si sedette all’asciutto fissando incantata le sfumature aranciate che si riflettevano sull’acqua.

-“eh no… col cavolo che tocco l’acqua oggi” – si era detta lasciandosi persino le scarpe allacciate tanto era attenta a non bagnarsi.

Si rannicchiò con le ginocchia al petto ed iniziò a tracciare cerchi immaginari sulla superficie dell’acqua e d’un tratto prese a pensare alla sua vecchia vita, ai suoi vecchi amici, a quanto le cose fossero diverse; anche se potevano continuare a sentirsi tramite messaggi o addirittura videochiamarsi ormai era fuori da quel mondo di cui per 4 anni aveva fatto parte. Ancora una volta si ritorvava da sola a dover ricominciare una nuova vita.

-“non sarei mai voluta venire qui!”- gridò a voce alta. –“stupido padre!! Non saresti dovuto morire!!”- iniziò a sbattere i pugni sull’acqua con rancore, bagnandosi tutta. Un’onda più grande delle altre l’investì bagnandola tutta e, come succede quando un’onda ti coglie alla sprovvista, la trascinò in acqua portandola verso il largo.

Seppur presa alla sprovvista Elena non si fece prendere dal panico ed iniziò a nuotare verso la riva quando, un crampo alla caviglia le impedì di proseguire, a causa delle scarpe non poteva continuare la traversata agilmente quindi decise di toglierle, lasciando ai piedi solo i calzini zuppi.

-“accidenti!!” – una scarpa le scivolò di mano ed iniziò ad andare giù verso il fondo. In altri tempi si sarebbe immersa subito a riprenderla ma dopo gli ultimi eventi esitò; fu quell’esitazione che diede il tempo alla scarpa di scendere sempre più giù. –“ora o mai più” – s’immerse, questa volta da subito con gli occhi aperti, la scarpa era proprio lì davanti a lei, fluttuava placidamente nell’oscurità.

La sua mano si chiuse attorno alla punta dello sneakers verde.

Una mano si chiuse attorno al suo polso.

I peggiori incubi di qualunque persona con un po’ di sale in zucca si avverarono. Elena aprì la bocca per gridare terrorizzata e così tutta la sua aria uscì. Dall’oscurità dell’abisso uscì poco alla volta un braccio, poi quegli occhi azzurri che già una volta aveva visto, dopodiché si delineò il volto di un ragazzo, i suoi capelli castano rossicci ondeggiavano nell’acqua mentre portava la mano libera verso la bocca facendole segno di tacere. Elly portò la mano sinistra alla bocca tappandosela ma ormai era uscita quasi tutta la sua riserva d’aria.

La mano di quell’essere era ancora stretta saldamente attorno al suo polso, se avesse voluto l’avrebbe potuta portare giù e farla morire annegata o peggio; divorarla seduta stante.

Ma non fu ciò che successe.

Il ragazzo guardò su verso il confine che li divideva dal mondo di sopra.

Elena ritirò la mano. Lui la lasciò andare.

Dimenandosi come una forsennata arrivò a riva. Aveva gli occhi sgranati dal terrore, tossì varie volte per eliminare l’acqua che aveva bevuto. Lanciò le scarpe sulla sabbia, tremava visibilmente e continuava a guardare di fronte a sè in attesa di vedere qualcosa sul pelo dell’acqua.

“Non è possibile…allora esistono davvero… adesso verrà a prendermi per divorarmi?” – pensò lei.
Di una cosa era certa, erano gli stessi occhi che aveva visto il giorno prima, non avrebbe potuto confonderli con quelli di nessun altro.

Con il passare dei minuti e non vedendo nessun mostro all’orizzonte con fare minaccioso, il suo respiro si fece più regolare, il cuore iniziò a rasserenarsi, quella brutta disavventura forse era davvero finita.

Elena volse un rapido sguardo allo scoglio dove poco prima era seduta e scoprì che si sbagliava; quel ragazzo era lì e la stava osservando. Si alzò di scatto in piedi prendendo la scarpa tra le mani. Il ragazzo si nascose leggermente dietro lo scoglio.

-“ehi!!” – gli gridò lei tremante. –“non ho intenzione di farmi mangiare senza combattere, stanne certo!” –

La creatura uscì la testa da dietro lo scoglio. Ora che lo guardava meglio aveva proprio le fattezze di un ragazzo normale, sul collo leggermente dietro le orecchie notò dei tagli, assomigliavano a branchie. I capelli erano castani rossastri alla luce del tramonto prendevano delle sfumature dorate, i suoi occhi invece erano di un azzurro caldo, colore del mare in una limpida giornata estiva.

-“mi spiace, non era mia intenzione spaventarti”- il ragazzo parlò, Elena si stupì di quanto la sua voce risultasse calda e avvolgente. Allentò la presa sulla scarpa, non era sicura di voler ancora abbassare la guardia, forse era proprio sua intenzione metterla a proprio agio e poi saltarle addosso con i suoi denti lunghi e affilati.

-“non sono spaventata,”- iniziò poco convinta lei.

-“beh quella cosa che tieni in mano sembra un arma…”-

Elly guardò la scarpa zuppa che teneva in mano come fosse una racchetta, pronta a lanciargliela contro; quanto doveva sembrare stupida in quel momento! Abbassò la scarpa sino a farla ricadere sul suolo, di certo non sarebbe stata una scarpa a fermarlo...

-“è solo una scarpa”- asserì –“non è un’arma”- tentò di difendersi.

Il ragazzo guardò la scarpa ricadere sulla spiaggia.

-“credo che faccia male comunque” – protestò lui avvicinandosi cauto.

Elena arretrò spaventata e lui si bloccò all’istante.

-“beh…”-balbettò –“se non vuoi provare ti conviene non fare niente di sospetto…”-

Il ragazzo non era proprio a riva ma Elena potè scorgere una lunga coda verde che si muoveva lentamente al di sotto della superficie dell’acqua.

-“sei un … tritone?”-

-“si”- asserì lui mostrando il suo sorriso formato da normalissimi denti bianchi, per niente aguzzi e affilati come li aveva immaginati lei in seguito a quelle letture.

La bionda evitò di dire cose scontate come “ma le sirene non esistono” o “questo cose succedono solo nei libri e nei telefilm australiani!” quindi intervenì facendo una domanda pertinente:

-“perché mi stavi spiando?”-.

-“non ti stavo spiando”- abbassò lo sguardò lui –“controllavo che stessi bene… hai bevuto parecchia acqua”-

-“ma che tritone premuroso! Prima attenta alla mia vita sbucando dal buio all’improvviso, e poi si accerta se non sono morta d’infarto!”- ironizzò lei. Il suo cuore aveva ricominciato a battere forte.

Il ragazzo la fissò intensamente, poi fece per rimmergersi.

-“aspetta!” – alzò la mano per fargli un cenno. Il tritone aveva l’acqua già all’altezza del collo quando si fermò per ascoltarla.

-“ci rivedremo?”- quelle parole le uscirono ancora prima che potesse formulare un pensiero logico. Poteva essere un assassino, era già fortunata ad essere sopravvissuta! Avrebbe dovuto girare i tacchi e cogliere quel colpo di fortuna.

-“può darsi”- le rispose lui, lei parve notare un sorriso appena accennato schiudersi dalle sue labbra, ma non ebbe abbastanza tempo che il ragazzo era già scomparso, lasciando la bionda basita a formulare mille e più domande su ciò che era appena successo.

 

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Capitolo 3
*** Promesse ***


Deep alley

3. Promesse

 

“non avrei dovuto…” continuò a pensare Elena risalendo la scogliera, era stato un incontro pericoloso, avrebbe potuto rischiare la vita dopotutto le sirene erano creature pericolose, mangiatrici di uomini. Eppure quegli occhi non potevano appartenere ad una creatura così malvagia e perfida, quando quel ragazzo l’aveva afferrata infondo al mare si era spaventata moltissimo che avesse potuto trascinarla giù e divorarla, ma non fu ciò che fece; l’aveva aiutata ed era risalito in superficie per accertarsi che stesse bene; quelle cose che aveva letto, le creature incapaci di provare sentimenti, mosse solo dalla loro ingordigia di carne fresca era sicura, non valessero per quel tritone.

Ancora pensierosa quasi non si accorse che sul portico, sua madre la quale era appena rientrata, la squadrava con aria truce. –“El! Hai fatto di nuovo il bagno a mare?? Non ti pare esagerato! Non è ancora il tempo giusto” –

-“l’acqua è davvero molto calda da queste parti…” – si giustificò lei.

-“beh, se proprio vuoi farti il bagno almeno evita di tuffarti tutta vestita!” – Elena entrò in casa seguendola a testa bassa.

-“ti vedo di buon umore… c’entra forse la scuola…?? Conosciuto qualcuno di carino?”- le rivolse uno sguardo complice lei.

La ragazza si strinse nelle spalle –“non proprio…”- fece la misteriosa lasciando il discorso a metà.

-“devo procurarmi una bici” – cambiò repentinamente argomento lei,  -“puoi vedere se c’è né qualcuna nel capanno in giardino”- detto questo staccò la chiave dal mazzo. –“oggi il ferramenta era chiuso ma domani ti farò il tuo mazzo di chiavi personale”-

Elena annuì e dopo aver fatto una bella doccia calda scese in giardino per cercare di recuperare una bici.

Il capanno era piccolo, buio e polveroso, vi era al centro un tavolo con sopra diversi tipi di colori ad olio, acquerelli e acrilici, un cavalletto buttato in un angolo e una decina di tele iniziate e mai finite. Tutte avevano lo stesso soggetto, la sirena dai capelli rossi “Papà aveva un’ossessione per questa donna… mi chiedo se fosse davvero solo il frutto della sua fantasia…” – tastò con le dita il rilievo creato dagli strati di pittura ripensando al suo incontro con quel ragazzo “non so neanche il suo nome ”-. Finalmente la trovò, una vecchia bici color rosso spento, molto impolverata e con le gomme a terra; “ci vorrà un bel restauro ma andrà bene”.

Compiuta la sua missione si trascinò svogliatamente a farsi i compiti, di certo l’incontro con una sirena, o meglio tritone, non era una scusa plausibile per non farli…

La settimana trascorse più lentamente del previsto, lentamente lei e sua madre si stavano abituando alla nuova vita e poco alla volta stavano prendendo confidenza con le strade ei luoghi di quella città.

Quella prima settimana stava quindi volgendo al termine senza nessun altro avvenimento particolare; ogni giorno Elena scendeva in spiaggia, si sedeva in riva al mare e lo aspettava. Lui non era stato preciso su quando si sarebbero rivisti, ma l’unica maniera per rincontrarsi era proprio rimanere lì in attesa. Ma di lui non c’era traccia. Elena stava bene attenta nel studiare le leggere increspature dell’acqua con la speranza di vedere quel tritone dagli occhi magnetici emergere dalle profondità del mare, solo per rivederla.
Ma con il passare dei giorni la ragazza perse la speranza, continuava a scendere sulla spiaggia ma iniziava a pensare che forse quella forte attrazione che nutriva per quel ragazzo incontrato solo una volta era dettata dalle leggende che li rendevano irresistibili agli occhi degli esseri umani; probabilmente per lui lei era una ragazza fra tante, incontrata in un giorno qualunque e con cui non aveva voluto cibarsi.

Eppure sentiva che almeno un’altra volta nella sua vita lo avrebbe dovuto rivedere.

Quel sabato pomeriggio, finite le lezioni, non avendo organizzato nessun uscita di classe si sentì in dovere di scendere nuovamente sulla spiaggia per fare qualche piccola investigazione. Inutile dire che alcuni dei suoi libri preferiti erano proprio di Gialli e misteri da risolvere, quindi senza troppa fatica organizzò le sue cose pronta per riscendere sulla spiaggia.

Nonostante tutti gli altri giorni fosse scesa in quel posto sempre dopo l’orario più forte in cui il sole illuminava violento il mare e la sabbia, quel sabato decise di scendere proprio mentre c’era più luce, così da poter vedere meglio sott’acqua anche senza l’ausilio di una torcia subacquea che, guarda caso, non possedeva.

Entrò lentamente in acqua stringendo tra le mani la sua maschera, l’aria non era proprio calda, e di certo non era la tipica giornata in cui sarebbe stato il caso di farsi un bagnetto a mare, ma la curiosità era più forte, nonostante la pelle d’oca e l’acqua ghiacciata che le lambiva ormai i fianchi, con un gesto estremamente coraggioso ma anche deciso, si tuffò, spingendosi con le gambe, in profondità.

L’acqua era fredda e pungente, essere completamente immersa tra le sue spire era piacevole, sembrava quasi di fluttuare se l’aria trattenuta non avesse continuato a spingerla verso l’alto.

Ci volle un po’ per abituare gli occhi alla vista di quel mare scuro, il sole non aiutava, probabilmente avrebbe dovuto comprare una torcia…

Nuotava già da un po’, la paura di esplorare quel nuovo oceano pian piano la stava abbandonando, ma c’era anche qualcos’altro, delusione.

Era come se si aspettasse di vederlo lì da un minuto all’altro, inutile negare a se stessa che l’interesse verso quel ragazzo la spingeva a ritornare in quel luogo ogni giorno, nella speranza di poterlo rivedere. Che pensiero stupido, se fosse stata più ragionevole avrebbe fatto di tutto per stargli alla larga, avrebbe ignorato quell’incontro, avrebbe dimenticato quei begli occhi… in fondo, poteva essere pericoloso.

Nuotò ancora un altro paio di minuti, il sole stava iniziando a tramontare, era inutile restare lì a cercare…cosa poi?

Delusa e malinconica uscì dall’acqua e prese ad asciugarsi con il telo rimasto sulla spiaggia a riscaldarsi sotto il tiepido sole. Sentì un rumore, un lieve movimento dell’acqua, forse qualche pesce salterino;

Si voltò appena, incuriosita, rimase in silenzio a guardare.

Quel ragazzo, il tritone, era di nuovo lì.

Il suo cuore prese a battere furiosamente per l’agitazione.

Lui la stava osservando, in silenzio, studiava tutti i suoi movimenti.

Strinse l’asciugamano sulle spalle, per settimane aveva atteso quel momento e adesso che era arrivato non sapeva come comportarsi rimanendo immobile a guardarlo a metà tra il curioso e la paura di vederlo andar via da un momento all’altro. Lentamente si girò per poterlo guardare di fronte.

-“ciao”- esitò a mezza voce rompendo quel silenzio denso di significati.

Il ragazzo risalì con lo sguardo sino al suo viso, inchiodò i suoi occhi azzurrissimi in quelli più scuri di lei. Dopo averli rivisti così da vicino sarebbe stata davvero un’impresa anche solo provare a dimenticarli.

-“credevo che non ti avrei più rivisto”- la sua felicità era troppa e non riuscì a contenere le sue emozioni, quelle parole le uscirono di bocca prima ancora di rendersene conto.

-“anche io”- il ragazzo sussurrò appena, come se non stesse parlando con lei, come se avesse dato voce solo ai suoi pensieri.

Imbarazzata continuò a fissarlo, incapace di continuare il discorso; d’un tratto tutte le domande che l’avevano assillata per quelle settimane le sembrarono così… inutili. Lui era di nuovo lì, davanti a lei, questo le era sufficiente.

 -“Non dovrei essere qui”- asserì lui interrompendo il filo dei suoi pensieri.

-“nemmeno io” – Elena lentamente si sedette sul bagnasciuga a qualche metro da lui, in un gesto che per lei era consono iniziò a strizzare i capelli bagnati lasciando che l’acqua in eccesso gocciolasse sulla sua pelle procurandole piccoli brividi di freddo.

-“si, decisamente tu non dovresti essere qui”- fissò la ragazza notando che tremava dal freddo. –“non fa troppo freddo per fare una nuotata?”- il tritone si fece sfuggire un sorrisetto divertito.

Elly sbuffò –“senti chi parla… mi sembra che anche tu stia nuotando!”-

Il ragazzo scattò in una risata spontanea, poi le rivolse uno sguardo carico di compassione.

-“è un po’ diverso per noi, ti facevo più arguta!”-

La ragazza lo fissò dritto negli occhi, non sapeva cosa dire né come comportarsi, quel ragazzo la fissava intensamente negli occhi, e lei non poteva fare a meno di contraccambiare quello sguardo, incantata e senza fiato.

-“Perché sei qui?”- Ad interrompere quell’imbarazzante silenzio fu di nuovo lui.

La bionda si riscosse leggermente abbassando lo sguardo. –“Potrei farti la stessa domanda”- disse seria.

Ignorò la sua affermazione continuando imperterrito -“avrai sicuramente di meglio da fare che passare tutti i tuoi pomeriggi in riva al mare, da sola, senza far nulla in particolare…”-

-“e se non avessi niente di meglio da fare? Stare qui, mi rilassa.”- Elena fece mente locale sull’ultima frase proferita dal ragazzo, -“ehi! Aspetta un momento! Come fai a sapere che sono venuta qui così spesso??”- scattò in piedi –“come fai a sapere che non faccio nulla di particolare?”

-“e allora cosa fai? Illuminami, perché non ci vedo nulla di speciale nell’osservare il mare per ore e ore” le rispose lui a tono pentendosi subito dopo di quel che le aveva detto.

Lui era sempre stato lì. Elena non l’aveva mai visto ma a quanto diceva lui l’aveva sempre osservata di nascosto.

Strinse forte l’asciugamano tra le mani, -“tu sei sempre stato qui.” Quell’affermazione la fece arrossire, ma al contempo arrabbiare; perché non si era fatto vedere prima? Perché la spiava?

Il tritone abbassò lo sguardo, fissava perso nei suoi pensieri l’acqua sempre più scura, improvvisamente taciturno.

-“non ti sei più fatto vedere dopo quel pomeriggio. Perché oggi?”-

-“è meglio che domani tu non esca di casa. Non venire qui.” riprese la parola, agitò la coda verde smeraldo e si allontanò dalla riva.

-“Aspetta!” – abbandonò l’asciugamano zuppo e impregnato di sabbia sulla battigia; valutò l’ipotesi di avvicinarsi ancora ma aveva paura di farlo fuggire ancora più rapidamente.

-“Non-uscire-di-casa” – scandì lui.

-“Perché non dovrei?? Perché non ti sei fatto più vedere? Non rispondi alle mie domande,” – Elena strinse i pugni nel tentativo di controllarsi ma ormai il fiume di parole che sentiva dentro non poteva più essere arrestato.

-“Poi compari dal nulla, dispensi qualche frase sconnessa senza senso e ti aspetti pure che io ubbidisca ad uno sconosciuto” – si fermò e prese un respiro, il ragazzo era di spalle in allerta. –“che non si degna nemmeno di guardarmi in faccia mentre gli parlo.”- concluse con tono decrescente, ferita da quelle ultime osservazioni.

Il tritone si voltò, le gocce d’acqua tra i capelli riflettevano come perle in controluce, Elena pensò fosse così bello da abbagliare persino più del sole; forse era una caratteristica di tutte le sirene (e tritoni) essere così belli per ammaliare gli umani, ma lui per lei era qualcosa di più della semplice bellezza.

-“Ti sbagli”- prese una pausa –“io non mi aspetto che tu obbedisca”-

Capì che ancora una volta lui stesse per dileguarsi sotto i suoi occhi, fece qualche passo sulla riva verso di lui, facendo salire il livello dell’acqua sino alle ginocchia e facendo diminuire la distanza tra di loro ancora di più. Non voleva lasciarlo andare via, non ancora.

-“non voglio spaventarti”- si avvicinò lentamente, adesso l’acqua le lambiva dolcemente la vita –“vorrei solo sapere” – le sue parole rimasero sospese a mezz’aria.

-“devo proprio andare”- Il tritone era esitante, combattuto se restare o fuggire nuovamente via.

Elly lo guardò fisso negli occhi muovendo ancora qualche passo sul fondo sabbioso –“non… non so nemmeno il tuo nome”- gli sussurrò avvicinandosi pericolosamente di più.

Un barlume di paura si accese negli occhi del ragazzo, sembrava più preoccupato da quello che avesse appena detto lei che dalla distanza di pochi centimetri che ormai li separava –“è meglio che tu non lo sappia” – disse  quindi in tono misterioso

–“Perché no? Non sarai mica un assassino o roba simile?!”-

Il tritone sgranò gli occhi –“ma no!! Cosa vai a pensare!?” – alzò la voce improvvisamente agitato.

-“non dovremmo…affezionarci troppo” – Elena comprese al volo cosa volesse dire con quella frase, il suo cuore fece una capriola; forse non era l’unica a sentire un qualcosa di speciale per quello che stava accadendo, forse dato che anche lui ogni giorno era venuto alla spiaggia senza mai farsi vedere, sentiva ciò che sentiva lei. Prese un respiro profondo poi disse quello che nessuno dei due aveva il coraggio di ammettere.

-“credo sia tardi ormai, anche volendo io non potrei dimenticare di averti conosciuto”-

-“no invece!” – protestò lui veementemente. –“dopo oggi non ci rivedremo mai più! Promettimi solo che domani resterai al sicuro!”- la guardava con sguardo quasi supplichevole.

Elly sorrise amaramente. – “io non smetterò di venire qui e so che nemmeno tu lo farai;” boltò le spalle per indicare la spiaggia –“sai benissimo cosa facevo qui ogni pomeriggio, da sola.”

“Non chiedermi il perché, non lo so nemmeno io” scosse la testa come per scacciare qualche brutto pensiero, poi proferì le sue ultime parole prima di retrocedere verso la spiaggia e arrendersi all’evidenza. Lui sarebbe scappato via qualunque cosa lei avesse detto; non avrebbe potuto fermarlo.

“Ti aspettavo.”

Abbassò lo sguardo improvvisamente triste, gli occhi lucidi, il passo incespicante tra la sabbia morbida mentre usciva dall’acqua. Si sentiva ridicola a dire una cosa del genere ad alta voce ad un ragazzo che nemmeno conosceva; eppure dal primo momento in cui l’aveva visto aveva capito che le cose non sarebbero più state le stesse.

Una mano calda le afferrò il polso destro, proprio come quella volta.

Rabbrividì a quel contatto improvviso, i suoi occhi erano in procinto di scoppiare in lacrime, si sentiva una sciocca che non riusciva a controllare le sue emozioni; non sapeva nemmeno il perché di quell’improvvisa crisi.

-“Aris” – disse lui con tono dolce sussurrandole all’orecchio –“mi chiamo Aris” –

La ragazza dai capelli dorati non potè fare a meno di voltarsi specchiandosi nei suoi grandi occhi azzurri, Aris, finalmente quel bellissimo volto aveva un nome.

Lui ricambiava il suo sguardo preoccupato senza accennare a lasciarla andare.

Battè le ciglia per ricacciare indietro le lacrime.

-“Elena” – sussurrò, lui sorrise.

-“è un bellissimo nome”- esordì facendola arrossire. -“…posso contare su una tua promessa riguardo domani?”- allentò la presa dal suo polso ma lei non si sentiva ancora pronta a lasciarlo allontanare di nuovo, non adesso che aveva ottenuto già così tanto, girò la mano per trattenere la sua; il tritone non sembrò turbato da quel gesto. Il cuore le batteva a mille, quella situazione era del tutto irreale eppure la stava vivendo proprio in quel momento. –“solo se mi prometti che ci rivedremo”- ribattè lei.

-“ti ho detto il mio nome, credevo bastasse come garanzia”- sfoderò un sorriso sghembo che avrebbe fatto tremare le ginocchia a qualunque ragazza, fortuna che le sue erano sommerse dall’acqua scura e quindi invisibili ai suoi occhi.

-“te lo prometto” – si arrese lei. Era inutile insistere, se avesse voluto sarebbe venuto… inutile sperarci troppo.

-“te lo prometto anch’io” – le disse serio, strinse la sua mano per rassicurarla. Nelle sue fantasie le sirene o i tritoni dovevano avere le mani viscide e palmate, magari con qualche licheno sparso qua e là, invece si dovette ricredere, le sue mani erano solide, calde e per nulla viscide;

Il tritone si avvicinò al suo viso non interrompendo mai il loro contatto visivo; era avvero vicinissimo, tanto che Elena pensò la volesse baciare ed il panico la assalì –“ci vediamo non appena sarà passata la tempesta.”- le disse allentando la presa dalla sua mano, lasciando quelle parole sospese a mezz’aria.

Lei non parlò, aveva paura di spezzare quell’equilibrio che si era appena creato, annuì lievemente, lui si allontanò, aveva un’espressione frustata, forse aveva visto la sua espressione sconcertata e non l’aveva baciata per questo, perché le loro labbra erano talmente vicine che solo a ripensarci quasi cadeva mentre usciva dall’acqua infreddolita; prese le sue cose e fece per andarsene. Si girò a guardare immaginando di trovarsi già sola ed invece lui era ancora lì, l’aveva osservata ancora per tutto quel tempo.

-“ciao”- lo salutò con un cenno della mano, imbarazzata.

Lui le sorrise, dopodiché svanì inghiottito nel mare nero.

Elena sospirò con la gioia nel cuore, qualunque cosa fosse successa quel pomeriggio adesso il suo cuore sapeva che si sarebbero rivisti.

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Capitolo 4
*** La tempesta ***


Capitolo 4. La tempesta

 

Quella mattina il cielo di Deep Alley era terso e nuvoloso, dal suo balcone che si affacciava sul mare Elena potè vedere il cielo diventare sempre più nero e ciò poteva significare solo una cosa: l’arrivo di un imminente tempesta.

Guardando il cielo persa nei ricordi del pomeriggio precedente, la ragazza non capì come Aris, il tritone incontrato sulla spiaggia che costeggiava un angolo riservato della dimora del suo defunto padre, potesse aver previsto quella tempesta e avvisarla per tempo. Non aveva dimenticato la promessa fatta, era domenica e la scuola non sarebbe stata un problema, aveva già programmato una bella giornata di lavoretti domestici senza mettere il naso fuori dalla porta di casa, e con quel brutto tempo sempre più vicino la sua voglia di uscire era pari a zero.

Scavalcati gli ultimi pacchi superstiti del trasloco scese giù in cucina per la prima colazione.

Sul bancone dell’isola accanto a due belle fette biscottate già pronte vi era una latta di vernice.

“e questa?”

Sua madre da dietro i fornelli si sporse “ti ho comprato la vernice per la bici! Rosso ciliegia, così potrai resuscitare quel ferro vecchio” le fece un sorriso entusiasta prendendo la sua tazza di caffè e andandosi a sedere accanto a lei. “ti ho già sistemato le gomme e oliato la catena, quello che manca è un’abbondante riverniciata e vedrai che sarà come nuova!”-

“Grazie Mà, oggi allora mi metto al lavoro” fece il cenno di arrotolarsi le maniche. “ma scusa il pennello?”

-“penso non avrai difficoltà a trovarne qualcuno in giro, prendine in prestito qualcuno da tuo padre, dopotutto era un pittore un pennello lo troverai sicuramente… hai provato a vedere nel capanno fuori?”-

“Mamma, quelli sono pennelli da pittura a olio, non sono adatti a riverniciare una bici…” – l’accentò con tono saccente la figlia. Come sua madre si fosse sposata con un pittore e non conoscesse la differenza tra colori a olio e acquerelli per lei era sempre stato un mistero!

-“prova in cantina allora, sono sicura che ci sarà qualcosa di più grezzo là sotto, così non dovrai “sciupare” i pennelli da “pittura a olio”- rise sarcasticamente mettendo sul tavolo un mazzo di chiavi.

-“questa è quella per la cantina”- disse indicandone una dal gruppo. –“adesso vado che si sta facendo tardi.” – scoccò un bacio sulla guancia della figlia prima ancora che potesse protestare.

Sua madre lavorava sodo per tutte e due, non aveva mai finito il college non rivelandole mai il motivo del suo abbandono; dopo la rinuncia agli studi aveva trovato subito impiego presso un ristorante e da allora bazzicava da fast-food a ristoranti d’alta classe per mantenerle entrambe.
Da suo padre, Rachel non aveva mai voluto un soldo, desiderava solo cancellarlo dalla sua vita e non avere più contatti con lui, Eric d’altro canto non insistette troppo e oltre a sparire dalla vita di sua madre era scomparso anche dalla sua. Elena non aveva una foto che la ritraesse con suo padre, né un bigliettino d’auguri mandato per natale e compleanni. Nulla. Lui per lei non era che un fantasma. Un padre assente di cui non avrebbe più voluto sapere niente, se non fosse che sei mesi dopo la sua morte arrivò per posta una copia del testamento che la nominava erede di tutti i suoi beni.

-“ciao” – rispose lei assorta nei suoi pensieri, ma sua madre era già uscita di casa. Posò lo sguardo sulla latta di fronte a lei “ a noi due, latta di vernice!”.

Non appena ebbe finito di fare colazione e rassettare la cucina prese il mazzo di chiavi e scese in cantina.

L’interno era sporco e polveroso, di certo trovare una cantina perfettamente pulita non sarebbe stata una cosa “normale”. Accese le luci, almeno quelle funzionavano, iniziando a rovistare in giro.

La stanza era abbastanza grande, ai lati vi erano scaffalature in metallo che arrivavano fino al tetto, ricolme di ogni genere di diavoleria, perlopiù attrezzi da lavoro e scatole polverose.

Su uno degli scaffali più alti vi era una latta di metallo con dentro una serie di pennelli dalle setole grosse, Elly decise che si sarebbe fatta andar bene quelli, prese una sedia e l’accostò agli scaffali ma sfortunatamente i pennelli erano così in alto che dovette alzarsi sulle punte per raggiungerli e così facendo, urtò lo scaffale su cui erano ordinate una serie di bottiglie dal contenuto insolito.

“ti prego, ti prego, non cadere!”

CRAAAASHH

“perfetto… adesso mi tocca pulire questo schifo….”

Sul pavimento sotto di lei si erano disseminati un centinaio di frammenti di vetro che avevano lasciato fuoriuscire il contenuto di due bottiglie: sabbia.
La sabbia poteva essere usata per dipingere se mischiata con altri solventi o colori; ripensandoci, per essere in una casa di un artista non era per nulla insolito.
Iniziò di buona lena armata di scopa e paletta a ripulire il pavimento di legno scuro, quando avvennero due cose insolite.
Mentre raccoglieva le schegge, dalla sabbia emerse un’oggetto piuttosto piccolo e luccicante; era una chiave non più grande di 6-7 cm, fatta di metallo ma ormai consunta da tempo. Era indubbiamente una chiave, ma cosa ci faceva dentro una bottiglia di sabbia? E cosa ancor più importante… cosa poteva aprire??

Elena la rigirò più volte fra le dita, cercava di capire cosa potesse aprire, spingendo la sua fantasia verso paesi lontani. Ripose momentaneamente la chiave nella tasca proseguendo l’opera di pulizia; nuovamente si ritrovò davanti qualcosa che non poteva spiegare; vi era inciso sul pavimento un foro, abbastanza largo da far passare la sabbia sotto di sé, spinta sempre più dalla curiosità si acquattò a quattro piedi per guardarvi attraverso ma purtroppo era troppo buio perché potesse veder qualcosa. Bussò sull’asse di legno la quale rispose con un eco vuoto.

“non è possibile!” percorse con le mani quello che sembrava il contorno di un quadrato largo circa un metro “è una botola!” ancora sconcertata da quella nuova scoperta spostò la sabbia freneticamente alla ricerca di un buco, finalmente lo trovò, piccolo e poco profondo; d’istinto uscì la chiave trovata poco prima provando a farla girare nella serratura, ma quella non scattò.

<sembrava troppo bello per essere vero > pensò sconsolata alzandosi in piedi.

Sulla mensola lì vicino c’era ancora appoggiato il mazzo di chiavi che le aveva dato sua madre quella mattina, armata di pazienza si sedette di fianco alla serratura e provò ogni chiave che aveva a disposizione.

Sfortunatamente nessuna di quelle sembrava andar bene per quella serratura ed Elena dovette rinunciare momentaneamente alla sua caccia al tesoro; rimise tutto in ordine e risalì in camera; di verniciare quella vecchia bici adesso non ne aveva più voglia.

Sdraiata sul letto con la tv accesa rigirava tra le dita la nuova arrivata nell’archivio delle stranezze e per non perderla decise di farvi passare in mezzo un laccio così da poterla legare al collo e portarla sempre con sè.

<< si raccomanda ai cittadini di non uscire per nessuna ragione, solo se strettamente necessario >> ad un trattò udì le parole del presentatore meteo e si tirò su a sedere per prestarvi maggiore attenzione.

<< il codice di allerta meteo è rosso, si aspetta nel pomeriggio un violento tifone proveniente dal mare; invitiamo la cittadinanza a fare provviste e rimanere in casa; non sappiamo ancora quanto durerà, vi aggiorneremo ancora in serata>>

Elena aveva ancora il telecomando in mano mentre un’espressione d’orrore iniziava a far posto ad una angosciata;

<<Caccia>>

Fu questa la parola che prese a rimbombarke in testa, dopo quella giornata in bilbioteca aveva cercato notizie più specfiche su internet, ma certe cose le sembravano così assurde e irreali che non vi prestò molta attenzione, sbagliando di grosso.
Su di un sito aveva trovato che talvolta le Sirene per cacciare erano in grado di evocare con un grande preavviso di tempo, delle bufere misteriose che partivano dal mare; queste gli fornivano l’alibi perfetto per poter cacciare industurbate e far passare come dispersi o vittime della bufera, gli esseri umani che invece trascinavano negli abissi per divorarli.

Ad un tratto il suo pensiero andò alla madre, lei era al sicuro sana e salva in casa, ma Rachel era fuori, in mezzo a quella bufera.

Aris le si era mostrato così preoccupato ieri, insistendo molto affinchè lei non uscisse di casa, tutto adesso iniziava ad avere un senso; non poteva avvertirla direttamente del pericolo che correva, forse non voleva spaventarla, ma voleva tenerla al sicuro ugualmente.

Ancora confusa si alzò tremante andando verso il telefono di casa, doveva avvisare subito sua madre, dirgli di rientrare immediatamente.

Compose il numero più volte ma il responso era sempre lo stesso, il telefono risultava spento o non raggiungibile, non aveva modo di mettersi in contatto con lei.
Sul frigo era appuntato il numero del ristorante dove al momento sua madre lavorava, tentò chiamando anche lì ma nemmeno in questo caso la fortuna fu dalla sua parte.

< che siano saltate le comunicazioni?? Devo andare ad avvisarla!!>

Ma Elena aveva fatto una promessa ad Aris, gli aveva promesso che non sarebbe uscita di casa, e lui in cambio le aveva promesso che si sarebbero rivisti. Cos’era più importante? La promessa fatta a quel ragazzo o avvisare suo madre, la sua unica famiglia di quel pericolo?? La tempesta era solo una copertura, sua madre doveva rientrare in fretta a casa; prima che quelle creature iniziassero a cacciare.

Doveva fare una scelta, e doveva farla al più presto.

Il cielo era terso di nubi, da un momento all’altro sarebbe arrivata una ferocissima bufera; Elena prese l’impermeabile ed uscì correndo fuori di casa.
Aris avrebbe capito. Suo madre era più importante.

*****

Arrivata dopo una mezz’oretta al ristorante, gli impiegati le dissero che sua madre era già andata via visto il maltempo; Elena tirò un sospiro di sollievo, sua madre aveva ancora del buon senso…
Con il cuore più leggero, ringraziò tutti ed uscì dal locale, solo quando fu fuori si rese conto che la tempesta era già iniziata; il vento e l’acqua si abbattevano con violenza su alberi, cose e persone; la ragazza stretta nel suo impermeabile si pentì amaramente di aver avuto troppa fretta e di non aver preso nemmeno un ombrello!

Accucciata stretta nel suo impermeabile, con i capelli bagnati che le frustavano il viso come liane impazzite, passo dopo passo procedeva lentamente nella tormenta, ad un tratto il vento iniziò a cambiare, diventando sempre più feroce; per le strade non vi era più nessuno e stanca e tremante di freddo, dopo una prova di resistenza così ardua Elena crollò sulle proprie gambe, convita che la fine fosse ormai vicina.

“avrei dovuto ascoltarlo!” urlava a se stessa. La vista le si era annebbiata, la pioggia fitta le impediva di vedere persino dove stesse andando.

Le sue lacrime iniziarono a mischiarsi con le gocce che imperterrite le cadevano sul viso, i suoi singhiozzi in mezzo all’ululato del vento apparivano ancora più strazianti. “Almeno non c’è nessuno a vedermi in queste condizioni pietose” si disse poco prima di vedere una figura piegata davanti a lei.

“ELENA! COSA CI FAI FUORI CON QUESTA TEMPESTA!?!” il ragazzo che gridava nella tempesta era Nick, le si era avvicinato e l’aveva coperta con il suo ombrello.

“Nick” sussurrò lei a metà tra la sorpresa e la felicità.

“VIENI CON ME! TI RIPORTO A CASA” il ragazzo le porse la mano aiutandola ad alzarsi, dopodiché l’avvolse in un abbraccio tenendola stretta. Passo dopo passo, ormai zuppi d’acqua, arrivarono alla villa dei Greene.

“Elena!!”- sua madre gridò venendole incontro. “ma cosa ti è saltato in testa di fare!! Uscire con questo tempo!” sua madre l’abbracciò preoccupata.

“ero preoccupata per te, ero uscita per avvisarti, non rispondevi al telefono” tentò di giustificarsi lei.

“mi si era scaricato il telefono mentre rientravo… oh Elly sei tutta bagnata, sali subito ad asciugarti o ti prenderai una polmonite!!” – sua madre la trascinò dentro all’asciutto.

Nella foga del momento la ragazza si era dimenticata di presentarle il suo amico nonché suo salvatore.

“mamma, lui è Nick, un mio compagno di classe… se non mi avesse trovata sotto la pioggia io sarei sicuramente morta”

Nick si avvicinò goffamente ancora grondante d’acqua e le strinse la mano impacciato.

“Nick, grazie per avermi riportato a casa Elena, ma è fuori discussione che tu esca con questo tempo…”.

Rachel proseguì “abbiamo numerose camere vuote, puoi rimanere qui fino a quando non sarà migliorato un poco… puoi chiamare i tuoi genitori per rassicurarli…”

Il ragazzo da sotto quella massa di capelli bagnati annuì ringraziandola, il pensiero di riuscire in mezzo quella tormenta non entusiasmava nemmeno lui.

“vieni, ti faccio strada” Elena lo prese distrattamente per mano conducendolo al piano superiore. Il castano arrossì.

Rachel guardò con aria complice i due… che fosse proprio quel ragazzo per cui sua figlia si fosse presa una cotta?

“questi sono gli anni più belli…” disse fra se e sé; e tra un sospiro e l’altro andò a prendere uno straccio per asciugare il pavimento.

 

*****

Elena camminava davanti a Nick facendogli strada verso la camera degli ospiti.

“qui accanto c’è la mia stanza” disse facendogli un cenno distrattamente. “scusa ancora per il disordine… siamo ancora in fase di organizzazione post trasloco” disse ridendo.

“no figurati!” rise lui entrando nella camera degli ospiti gocciolando sul pavimento candido. “qui c’è il bagno, e nell’armadio ci sono gli asciugamano puliti, fa pure come fossi a casa tua, io vado a vedere quello che posso recuperare tra i vestiti di mio padre…”- un forte tuono illuminò di bianco la stanza, rimbombando per tutta la casa; Elly ebbe un sussulto “Nick…” si avvicinò a lui stringendosi nei vestiti zuppi. Il ragazzo la fissava, aspettando dicesse qualunque cosa.

“grazie per oggi, se non ci fossi stato tu…” iniziò imbarazzata lei.

“ehi… l’avrebbe fatto chiunque…” si scrollò di dosso quell’imbarazzo che sentiva nascere ogni qual volta parlasse con lei.

Elena rabbrividì dal freddo. “su, vai a cambiarti” le scompigliò i capelli bagnati affettuosamente “ci vediamo dopo”. Le fece l’occhiolino guardandola sorridere mentre spariva dietro la porta.

Passare del tempo da solo con lei non era del tutto una cattiva cosa… chissà… magari avrebbe anche trovato l’opportunità per dirle quello che provava.

 

****

< cavolo, c’è un tempo orribile!>  Elena percorse le stanze in cerca di quella del suo defunto padre, chissà, magari poteva rimediare qualche maglietta per il suo compagno di classe…

Si fermò davanti all’ultima porta del corridoio, doveva essere per forza quella, aveva già controllato tutte le altre stanze senza trovarvi nulla. Provò a girare la maniglia ma la porta era chiusa a chiave.

<questo sì che è strano… perché mai la sua stanza è chiusa a chiave?> uscì dalla tasca il mazzo di chiavi ed armata di pazienza le provò tutte. Nessuna di quelle chiavi era però in grado di aprire la porta.

< Evidentemente non voleva che nessuno a parte lui entrasse nella sua stanza> buttò la testa indietro sconsolata, suo padre oltre che matto era pure paranoico, sperò con tutta se stessa di non diventare mai come lui.

La sua mano scivolò sulla chiave che teneva al collo. <possibile che…?> eh già, sarebbe stato possibile che la chiave che aveva rinvenuto in una bottiglia chiusa in cantina era quella che avrebbe potuto aprire quella stanza? C’era un solo modo per scoprirlo.

Infilò la chiave nella serratura.

La girò lentamente e…

La serratura scattò. La porta si aprì.

 

 

 

 

Angolo autrice:

Salve bella gente! Quarto capitolo della storia, che ne pensate? La chiave ritrovata nella bottiglia in cantina era la chiave della stanza di Eric, cosa ci sarà mai di così prezioso nella sua stanza? E Aris scoprirà che Elena ha infranto la promessa? Lo scoprirete nel prossimo capitolo! 

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Capitolo 5
*** Break point ***


5. Break Point

 

La porta si aprì con un lento cigolio, una corrente d’aria fredda fece venire la pelle d’oca alla ragazza che ancora zuppa non aveva avuto il tempo di asciugarsi. Entrò lentamente nel buio della camera cercando a tentoni l’interruttore della luce.

“clik”

Una pallida luce gialla iniziò ad illuminare i contorni bui della stanza, Elena fece qualche passo in avanti affascinata da ciò che l’attorniava. L’intera stanza era stata concepita pensando di essere immersi nell’acqua, le pareti erano blu intenso così come la moquette che ne rivestiva il pavimento, sul soffitto invece, la mano agile di suo padre aveva creato degli affreschi con una maestria ed una cura che per un momento le mancò l’aria. Suo padre aveva dipinto il confine che divideva l’acqua dal cielo visibile solo quando si va sott’acqua e si volge lo sguardo verso la superficie; le luci e le ombre erano talmente perfette che Elena ebbe un momento di smarrimento, appoggiandosi alla parete blu. Niente di più bello e angosciante si era mai presentato alla sua vista.

Il freddo le fece ritornarne in mente la sua missione, Nick aspettava i vestiti asciutti e lei non vedeva l’ora di fare un bagno caldo; si avvicinò all’armadio bianco aprendone con cura le ante, prese qualche maglietta e pantalone che potessero andargli bene e uscì, ripromettendosi di esplorare la stanza con più calma.   

Dopo aver lasciato i vestiti a Nick si diresse spedita verso la sua camera, chiuse a chiave la porta e si diresse verso il bagno, il suo santuario segreto.

Mentre la vasca si riempiva di acqua calda e soffice schiuma dal profumo di rosa, la ragazza si sfilò gli abiti zuppi, immergendo le membra intorpidite dal freddo dentro quel bellissimo tepore, abbandonò la testa all’indietro lasciando che l’acqua sciogliesse lo sporco che le si era accumulato nei capelli, lasciandosi lambire da quell’abbraccio piacevole al pari di una SPA.

Aris.

Quel nome risuonò nella sua testa talmente tanto forte che quasi pensò di averlo pronunciato lei stessa a voce alta, dopo tutta la frenesia di quella giornata, la scoperta della botola, la chiave rinvenuta che poteva aprire la stanza di suo padre, i suoi pensieri andarono a lui.

Aveva tradito la promessa fatta, era uscita fuori nonostante gliel’avesse promesso e adesso aveva il terrore che quel suo gesto l’avrebbe allontanato di più da lei, più di quanto non fosse già lontano. I sensi di colpa iniziarono a venire a galla così come le bollicine del bagnoschiuma iniziarono ad infestare con il loro dolce profumo l’aria. Sua madre aveva corso un grave pericolo, mentre era rientrata a casa, la tv accesa aveva dichiarato lo stato totale di allerta, e la scomparsa nella bufera di tre persone; le sirene avevano già iniziato la caccia, ed una di quelle tre persone poteva essere sua madre se lei non fosse uscita ad avvisarla.

Improvvisamente un pensiero che aveva tentato di ricacciare in fondo alla sua coscienza risalì a galla prepotentemente. Come avrebbe reagito se avesse saputo che in mezzo a quella caccia all’uomo ci fosse stato anche quel tritone di cui lei si fidava tanto? Dopotutto le aveva detto di starne fuori in un certo senso, ciò non toccava la sua situazione minimamente, avrebbe potuto tranquillamente partecipare alla caccia così come il resto delle sorelle o meglio…mostri, avrebbe fatto. Ma ciò non toglieva comunque il fatto che lei aveva infranto quella promessa.

< Magari non lo scoprirà… se ometto di dirglielo non sarà come mentire… ma se me lo dovesse chiedere apertamente? Avrò la faccia tosta di dirgli una bugia?> per un momento le vennero in mente i suoi occhi blu che la scrutavano seri, ed ebbe la risposta che cercava. Non avrebbe avuto la forza e la prontezza di spirito per mentirgli, la sua faccia era un libro aperto, avrebbe capito subito i suoi tentativi di ingannarlo. Probabilmente lui già sapeva tutto, probabilmente non si sarebbero più rivisti. Neanche preparandosi mentalmente a ciò che l’avrebbe aspettata riusciva a rassicurarla sul suo destino, in cuor suo sapeva che lui si sarebbe arrabbiato molto e che probabilmente non avrebbe più voluto vederla, ma sperava sempre in un lieto fine per quella faccenda.

In preda al nervoso sbuffò facendo volare la schiuma per tutto il bagno.

se la prese con se stessa. < io non gli devo nulla!>

Arrossì violentemente, ma non si preoccupò di nascondersi, era da sola in quella stanza e nessuno poteva vedere l’espressione sognante che aveva preso a illuminarle il volto dal momento in ci aveva iniziato a pensare a lui. Forse a lei piaceva, e questo la fece arrabbiare ancora di più perché quella cotta non avrebbe portato da nessuna parte, avrebbe solo sofferto…

L’acqua calda scioglieva il gelo che le era entrato nelle ossa, ma non tutti i suoi dubbi, scivolando lentamente avvolta dall’acqua la pelle intirizzita riacquistò di nuovo un colorito roseo; si sforzò di non piangere; dopotutto non era ancora successo niente, ma nonostante ciò aveva deciso.

Avrebbe negato; avrebbe negato tutto.
Aris non l’avrebbe mai saputo e le cose sarebbero andate bene.

O almeno così pensava.

****

La pioggia non aveva dato tregua alla cittadina per ben tre giorni, le vittime erano aumentate, 7 persone erano state coinvolte in incidenti che il telegiornale attribuì a colluttazioni con alberi caduti o trombe d’aria, ma Elena sapeva benissimo la vera ragione dietro tutte quelle scomparse.

Nick aveva avvisato i suoi genitori che sarebbe rimasto a casa di Elena fino a che non sarebbe passata la bufera, la ragazza non aveva intenzione di lasciare correre all’amico il rischio di trovarsi fuori con quel pericolo a piede libero, così aveva insistito molto affinché restasse; di giorni già ne erano passati tre e fortunatamente il peggio sembrava ormai passato.

Il pomeriggio del terzo giorno la situazione era notevolmente migliorata, non aveva quasi più piovuto e Nick avrebbe fatto ritorno a casa quella sera stessa a casa. Da quando il ragazzo era venuto a stare da lei, non aveva potuto né andare nella stanza di suo padre per indagare né scendere sulla spiaggia per cercare Aris, qualcosa le diceva che lui era lì e l’aspettava, ma avendo Nick sempre d’appresso non era ancora potuta andare. In quei tre giorni però, Elena aveva avuto modo di approfondire la sua amicizia con lui, era diventato come un fratello per lei, il tempo trascorso insieme passava velocemente e tra risate e battute capì di trovarsi in sintonia con lui. Nick d’altra parte era dispiaciuto di non poter più condividere con Elena così tanto tempo senza una scusa plausibile a giustificarlo, ed in più in quei giorni non si era creata l’opportunità per lui di farsi avanti e chiederle di uscire. Avrebbe dovuto fare qualcosa o l’opportunità gli sarebbe sfuggita di mano come sabbia al vento.

Quella era l‘ultima giornata che Nick avrebbe passato a casa Greene, ed Elena aveva deciso di portarlo sulla spiaggia, dopotutto tra qualche ora sarebbe andato via e non ci sarebbe ritornato più; così, nella speranza di vedere Aris arrivare di soppiatto, lei e Nick presero a passeggiare sulla spiaggia lentamente.

“e così questa è l’ultima giornata qui, da domani riprenderanno le lezioni e ci rivedremo solo a scuola…” la bionda camminava poco dietro di lui.

“beh io spero proprio di no…” Nick era teso, non aveva trovato un momento per parlarle e se fosse tornato a scuola senza dirle nulla sicuramente non avrebbe avuto più il coraggio per parlarle. Aveva deciso, le avrebbe detto quello che sentiva per lei in quel momento, solo quel pomeriggio avrebbe potuto approfittare di quell’atmosfera e di quel tramonto romantico senza che lei sospettasse nulla; quella era la sua occasione, adesso o mai più.

“Elena io volevo chiederti una cosa…” Si fermò di botto poco davanti a lei.

El era così assorta nei suoi pensieri che non si era accorta di un sasso che sporgeva leggermente, inciampandovi sopra e cadendo tra le braccia di Nick il quale arrossì, ma non la lasciò andare.

“grazie…” sussurrò lei in imbarazzo riacquistando l’equilibrio.

“vedi… tu…” – la prese per le spalle e la fissò dritto negli occhi

-“mi piaci” – tirò mezzo sospiro di sollievo dopo averlo detto, aveva trattenuto il fiato sino a quel momento e adesso finalmente sentiva il peso che aveva sul cuore farsi sempre più leggero.

Elena rimase stupita, come aveva fatto ad essere così stupida da non accorgersi di nulla? Forse lui era davvero in gamba, di sicuro l’aveva colta di sorpresa dopotutto si conoscevano da pochissimo e l’amicizia che stavano costruendo, ancor prima di consolidarsi, era già distrutta con quelle tre semplici paroline.

Nick era un ragazzo molto carino, dolce, simpatico, ma lei in quel momento aveva in testa Aris, non avrebbe potuto pensare ad altri ragazzi liberamente, in realtà non aveva mai pensato a lui in quel modo, non ne aveva avuto nemmeno il tempo!

“non devi rispondermi subito… sai… potremmo uscire insieme qualche volta… vorrei che non pensassi a me solo come un amico”.

A quelle parole il suo cuore perse un battito, qualche dichiarazione l’aveva ricevuta ma mai così diretta, adesso era suo dovere dire qualcosa, quantomeno per rassicurarlo e non dimostrarsi sotto shock.

“sì…potremmo uscire qualche volta” abbozzò un sorriso.

Dall’alto della scogliera si sentì suonare un clacson.

“Oh i miei genitori, saranno venuti a prendermi con la macchina” gli sorrise lui. Era insolitamente tranquillo, certo lei non l’aveva respinto ma non aveva nemmeno ricambiato i suoi sentimenti.

“Saliamo?” le fece cennò verso l’alto.

“Si, inizia ad andare io ti raggiungo tra un istante”. Nick non fece troppo domande, pensò fossero cose da ragazze, le sorrise gentilmente e lei ricambiò sollevata, dopodiché iniziò a risalire la montagna.

Era passato qualche istante, giusto il tempo di cui Nick aveva bisogno per essere abbastanza lontano, che un rumore d’acqua attirò la sua attenzione.

“Aris” il suo volto si illuminò vedendolo, e come ricordo di un sogno tutte le cose che poco prima le aveva detto Nick erano scomparse, adesso c’erano solo lei e lui. Una ragazza e un tritone.

Aris era strano, Elena non sapeva dire cosa fosse, l’aveva visto solo due volte ma percepì che qualcosa non andava.

“Questa spiaggia è diventata molto affollata ultimamente…” sollevò il suo sguardo verso la scogliera e Elena capì che Aris era arrabbiato.

“di cosa stai parlando?” fece lei

“Questo non è un posto da far vedere a tutti!” Alzò la voce lui.

“ti riferisci a Nick?” intimorita non osò avvicinarsi, il ragazzo era arrabbiato e le faceva davvero paura. Una parte di lei le continuava a ripetere che non le avrebbe fatto del male, ma il suo lato logico e razionale continua a pensare alle 7 persone scomparse, e alla fine che probabilmente avevano fatto.

“ma forse per te le promesse non hanno importanza …” alzò i suoi occhi azzurri in cui si rifletteva una tempesta e li puntò nei suoi verdi. Capì in quell’istante che lui sapeva tutto, ed era arrabbiato, peggio, furioso… “vero…?” continuò lui.

“Nick non è tutti… ci si può fidare di lui, e poi non ha visto niente! Stava andando via!” ma più lei parlava più comprendeva che le sue parole erano inutili.

“Aris!! Aris Aspetta!” ma lui era troppo infuriato e stava già nuotando via.

“perché continui a scappare!” gli urlò dietro lei, si era stancata di doverlo sempre inseguire, quindi non si mosse di un centimetro dalla battigia asciutta. “le cose non si risolvono scappando via” proseguì lei resistendo all’impulso di corrergli dietro.

“Voglio sapere solo una cosa…” si girò per guardarla nuovamente negli occhi, nonostante non vi fossero catene si sentì come intrappolata da quello sguardo, senza via di scampo. Un’espressione ferita prese a dipingere il volto del tritone mentre le sussurrava quelle tre parole di cui temeva più di tutto al mondo la risposta.

“me l’avresti detto?”

La bionda tacque.

“Mi avresti mentito?”

Ancora silenzio. Aris continuò a nuotare allontanandosi.

Quella ragazza era proprio una stupida. Lui aveva cercato di proteggerla in tutti i modi per quanto gli fosse concesso dalle sue restrizioni fisiche, non poteva starle accanto e proteggerla sulla terra ferma, ma si era fidato della sua parola e lei l’aveva infranta come se nulla fosse. Il popolo del mare aveva ragione, degli umani non c’era da fidarsi, e lui l’aveva sperimentato sulla propria pelle. Ma non avrebbe sbagliato una seconda volta, aveva imparato, chissà perché poi, si era fissato con quell’umana; nemmeno lui sapeva cosa gli fosse preso, erano totalmente diversi, parte di due mondi opposti.

“Dovevo avvisare mia madre! Non potevo lasciare che gli accadesse qualcosa! Lei è tutto ciò che mi resta!” La ragazza cedette all’impulso e gli corse dietro spruzzando acqua con lo schiamazzare dei jeans, non voleva che quella fosse l’ultima volta in cui avrebbe visto il ragazzo. Aveva sbagliato era vero, ma non le sembrava poi una cosa così grave come lui la stava facendo passare…

“io ho mantenuto la mia promessa” le voltò le spalle per non guardarla, si sentiva troppo ferito e umiliato per farsi vedere in quello stato. “ti avevo promesso che ci saremmo rivisti, e ho mantenuto quella promessa.”

“Aris io”

“Adesso ti farò un'altra promessa… ti prometto che non ci vedremo mai più. Ti auguro di essere felice, tu e il tuo fidanzatino umano” disse l’ultima frase con una punta di veleno.

“Aris aspetta!” le lacrime scendevano a dirotto dalle sue guance, se lo sentiva che sarebbe successa una cosa simile, annaspò nel tentativo di raggiungerlo ma era troppo tardi… lui si era già immerso, e questa volta ne era sicura. Non l’avrebbe più rivisto.

Tornò a riva dove, dopo qualche istante si piegò in due piangendo con tutte le lacrime che aveva in corpo. Rimase lì a disperarsi per una manciata di minuti tentando poi di riprendere un po’ di contegno; alle sue spalle d’un tratto arrivò Nick che le corse incontro preoccupato.

“Elena! Ma cos’è successo??” l’aiutò ad alzarsi dalla battigia che le bagnava ancora le ginocchia.

“perché sei tornato?” disse tra i singhiozzi.

“non sei più risalita, ti volevo salutare prima di andare via e ho pensato fossi ancora qui… ma perché stai piangendo?!”

Elena lo fissò negli occhi dopodiché lo abbracciò nascondendo il volto nel suo maglione. Nick la cinse amorevolmente, non capiva cosa fosse successo in quei pochi minuti ma in quel momento non gli importava più di tanto, poterla confortare e starle accanto dopo averle confessato i suoi sentimenti, quello era il segno che lei non l’aveva del tutto respinto, aveva solo bisogno di tempo, e lui l’avrebbe aspettata.

< l’ho perso… l’ho perso ed è tutta colpa mia!> quest’unico pensiero assillava la mente della ragazza che inventò una scusa per non far preoccupare Nick.

“mi sono fatta male...”

“Come è successo?”

ho fatto tutto da sola…”

Il ragazzo le prese il volto tra le mani “Stai bene adesso? Riesci a risalire?”

Elena annuì titubante, si asciugò le lacrime e si fece condurre da Nick lungo il sentiero per la villa, lui le stringeva la mano, aveva paura potesse cadere o farsi male e dato che la sua vista era ancora annebbiata dal pianto, lei accettò con gratitudine il suo gesto. Si tenevano solo per mano, non gli stava dando false speranze.

Questo però non fu ciò che gli occhi di un giovane tritone videro da lontano.

I capelli ramati gli ricaddero sugli occhi, i pugni stretti avevano assunto un colore perlaceo tanto avevano bloccato la circolazione sanguigna; Aris si immerse nelle profondità del mare, questa volta, deciso a non risalire a riva mai più.

 

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Capitolo 6
*** Vuoto e Rabbia ***


6. Vuoto e rabbia

 

Rabbia.

Quell’emozione l'aveva invaso completamente. Quella sciocca ragazza umana per cui si era preso una sbandata non aveva capito quanto lui avesse rischiato grosso per salvarle la vita, aveva rivelato delle informazioni strettamente riservate ad un umana; aveva infranto una delle tre regole fondamentali del codice delle sirene, se l’avessero scoperto la pena sarebbe stata ben peggiore della morte… l’avrebbero trasformato in alga e costretto a dimorare per sempre nella grotta della strega del mare, la cui fama non era certo delle più raccomandabili.

Aris continuava a nuotare afflitto dai suoi pensieri, doveva sbollire parecchia rabbia, e non c’era nulla di meglio di un energica nuotata fino all’oceano pacifico ben distante da lì, in cui poteva dare sfogo a tutto ciò che provava senza destare l’attenzione del popolo del mare.

Era rimasto forse troppo a lungo ad osservare le effusioni di quei due esseri umani, o forse troppo poco… se avesse potuto sarebbe uscito dall’acqua e li avrebbe separati all’istante, ma le regole sono regole, e dal mare una creatura marina non può allontanarsi.

Le aveva inoltre promesso che non si sarebbero rivisti mai più.

Che bugiardo che era.

Lui l’avrebbe rivista ancora, o almeno… se lei fosse scesa ancora sulla spiaggia si sarebbe appostato ancora dietro il suo scoglio prediletto e l’avrebbe osservata trascorrere le sue ore in attesa di vederlo.
Molti pomeriggi erano trascorsi così, lei in sua attesa e lui che l’osservava senza mai farsi scoprire, era bello poterla guardare indisturbato, senza bisogno di cercare per forza qualche scusa, qualche motivazione a giustificare il suo bisogno di parlarle, che come una droga lo spingeva a volerla sempre di più. Era un pazzo, ne era consapevole. Apparteneva alla discendenza della casata reale, il suo destino sarebbe stato quello di sposare una sirenetta e far continuare la discendenza, era l’unico nipote maschio del re, ed i tritoni come insegnavano le leggende erano merce rara…

Da qualche secolo, quando le sirene si accorsero della sempre più scarsa presenza del genere maschile, avevano rinunciato a cibarsi dei loro compagni per portare avanti le loro gravidanze, avevano trovato altri modi per procurarsi del cibo, ed i mariti erano ben contenti di procurare alle loro amate carne che non fosse la loro.
La sua vita in un modo o nell’altro era stata già organizzata, e a lui non era mai importato molto sino a quel momento. Ricordava ancora quel pomeriggio quando i suoi occhi incontrarono per la prima volta quelli di lei. Oziava nuotando sempre più vicino a riva, sapeva che era una cosa che non doveva fare, tuttavia lui era come sua madre e il richiamo della terra era più forte di qualunque altra cosa, e poi li vide, due occhi verdi o meglio castano-verde, incorniciati da un vortice di capelli biondi, appartenenti ad una ragazza che stava facendo il bagno lì vicino, ed erano mesi che lì ormai non veniva più nessuno.

Poi prima che se ne accorgesse prese l’abitudine, ogni pomeriggio, di recarsi in quel luogo nella speranza di vederla, inutile mentire a se stesso, l’aveva incuriosito e per un tritone con poco e nulla da fare, quella gli sembrò un’opportunità di svago.

Quei due occhi si scontrarono nuovamente con i suoi e senza aver bisogno di parole già aveva capito che era rimasto incastrato in qualcosa di proibito e pericoloso.

L’amava? Forse era ancora troppo presto per poterlo dire con precisione, ma vederla con quel ragazzo che l’aveva avvinghiata con due sole braccia ma che sembravano più insidiose di 8 tentacoli, questo gli fece salire una rabbia feroce… forse era gelosia, magari era solo disprezzo, sì, disprezzo verso una ragazza per cui aveva rischiato la vita e che nemmeno si era accorta di quanto avesse fatto per lei. Certo lui non le aveva dato modo di capirlo… ma la colpa era comunque sua! Se si fossero rivisti o meno, questo era un grosso interrogativo, lui l’avrebbe continuata a spiare dall’ombra, avrebbe studiato la situazione e avrebbe deciso in base a ciò che la ragione gli diceva…
ma chi voleva prendere in giro? Quando mai la sua ragione aveva prevalso sul suo cuore? L’istinto avrebbe avuto la meglio anche la prossima volta, così come quando d’un tratto era uscito allo scoperto e si era fatto vedere da lei, scambiandoci pure qualche parola.

Non sapeva ancora cosa avrebbe fatto, l’unica cosa che voleva adesso era allontanarsi il più possibile da quel luogo, starle lontano e non vederla per un po’; forse gli sarebbe passata la rabbia, forse no… solo il tempo poteva dirlo.

 

 

Vuoto.

Questa era la sensazione che da circa una settimana sentiva dentro Elena; dopo la loro ultima discussione non aveva trovato il coraggio di riscendere in spiaggia, non avrebbe potuto sopportare la sua assenza, le avrebbe fatto capire che quello che era successo era stato reale, e lei non voleva.

Avrebbe voluto mettere le cose apposto, avrebbe voluto spiegargli le sue ragioni, ma quella volta lui non parve volerla ascoltare, era arrabbiato ma non solo perché aveva violato la sua promessa. Aris era furioso perché lei aveva portato in spiaggia Nick, come se quel posto appartenesse solo a loro due, cosa per altro non vera, lui non aveva mai alluso ad una esclusività di quella spiaggetta… che poi faceva parte della proprietà lasciatale in eredità da suo padre, e quindi legalmente sua.

Quel litigio li aveva allontanati, ne era dispiaciuta e avrebbe fatto qualunque cosa per potersi riavvicinare, ma non aveva avuto l’opportunità di parlargli, di vederlo e spiegargli le sue ragioni, quindi la situazione non si sarebbe risolta…

A ripensare agli ultimi avvenimenti le venivano le lacrime agli occhi, distesa sul suo letto fissava il soffitto con sguardo vacuo.

“Elly, tesoro?” sua madre bussò dalla porta “va tutto bene?” provò a girare la maniglia ma fortunatamente lei l’aveva chiusa a chiave prevedendo l’arrivo di sua madre.

Mugugnò un sì poco convincente.

“è successo forse qualcosa a scuola?”

“ No, mamma vorrei solo restare un po’ sola… mi passerà vedrai…”

“io sto andando a lavoro ma se vuoi posso chiamare e disdico tutto per restare con te!” ecco come sua madre la faceva sentire subito in colpa, non poteva nemmeno avercela con lei, era troppo buona e presente che non la poteva accusare di non darle abbastanza attenzioni.

“no, sta tranquilla” si tirò a sedere, erano quasi le 19:00 “và pure… è una cosa passeggera, un po’ di malumore ma tra poco passerà” la rassicurò lei; non avrebbe permesso a sua madre di saltare il lavoro per il suo umore altalenante.

Sentì sua madre mormorarle qualche informazione sulla cena già pronta nel frigo, qualche frase di incoraggiamento e un bacio contro la porta; i suoi passi che scendevano le scale ed infine il motore della macchina che usciva dalla villa attestarono che era ufficialmente uscita.

Ancora una volta, Elena era di nuovo sola.

Si tirò a fatica in piedi, aprì la porta della sua stanza ed iniziò a vagare per la villa senza una meta precisa, aveva bisogno di qualche distrazione, di non pensare ad Aris e concentrarsi su qualcos’altro e le sue gambe, quasi dotate di una volontà propria, seppero esattamente dove condurla.

Si ritrovò nell’arco di qualche minuto davanti alla stanza di suo padre, quella stanza carica di segreti che aspettavano di essere svelati da qualcuno abbastanza in gamba come lei. Dall’ultima volta in cui vi era entrata non era cambiato nulla, la porta era rimasta aperta ma nessuno oltre lei era entrato in quella stanza, sulla moquette azzurra vi erano ancora le impronte lasciate quel giorno in cui gocciolante e infreddolita aveva attraversato quella soglia per la prima volta.

Ogni cosa era al suo posto, e più che segreti l’unica cosa da cercare in quella stanza erano scopa e paletta visto la quantità di polvere presente, che con la sua patina grigiastra ricopriva ogni cosa.
Il letto ed il comodino erano del tutto normali, dai colori vivaci ma nel complesso normali. Il balcone dava su un altro lato della casa e da lì era possibile vedere il giardino e il cancello che portava fino alla porta principale; probabilmente era stata troppo presa dalla faccenda della spiaggia che non aveva nemmeno perlustrato a fondo il grande giardino. Dal balcone se ne vedeva uno scorcio delizioso, una pianta di rose bianche rampicanti aveva ricoperto nel corso del tempo una buona parte del muro che circondava la villa, ciò aveva dato vita ad un angolo molto suggestivo, vi erano stati piantati seguendo un disegno geometrico, una serie di alberi differenti; su di uno in particolare, dalle fronde alte e il tronco robusto vi era stata legata un’altalena.

Respirò a pieni polmoni quell’aria salmastra che si mischiava con il profumo emanato dai fiori sottostanti, quell’atmosfera calmante la stava poco a poco pervadendo, riuscendo il qualche modo a farle scordare tutti i suoi pensieri.

Senza aspettarsi di trovare nulla in particolare, Elena ricominciò a girare per a stanza, mantenendo la finestra sul balcone ben aperta per fare cambiare quell’aria stantia che aveva preso a impregnare la camera; prese a frugare nell’armadio in cerca di qualche deodorante per ambienti, di quelli che si tengono nei cassetti, fra vestiti ordinatamente piegati e lenzuola trovò un insolita scatola. Più che una scatola si trattava di una cassetta di metallo argenteo, di quelle che si usavano per tenere degli oggetti preziosi, ma era opportunamente chiusa a chiave con un grosso e rilucente lucchetto. SI guardò un po’ in giro sino a ritrovare la chiave dentro un vecchio scatolo di scarpe, poi assalita dalla curiosità fece scattare il meccanismo.

Si sedette sul pavimento uscendo ordinatamente il contenuto, non vi erano oggetti particolarmente preziosi, vecchie foto ingiallite, lettere sbiadite dal tempo, nel prese qualcuna, erano poesie dedicate ad una donna “e pensare che non conoscevo questo lato poetico di papà” pensò fra se e sé, poi si rattristò d’improvviso, effettivamente lei non conosceva affatto suo padre…

Spostò quella pila di carte per scrutarle meglio in un secondo momento, se suo padre le aveva messe in una cassetta di sicurezza dovevano essere importanti per lui. Qualcosa di metallico cozzò contro l’interno della scatola, Elena la prese in mano, era una busta bianca rettangolare pesante, non aveva nessuna scritta e quando l’aprì capì che conteneva qualcosa di insolito al suo interno, una chiave.

Subito il suo pensiero andò alla chiave che mancava all’appello, quella della botola, ed improvvisamente le ritornò il buon umore; in preda all’euforia si alzò di scatto per andare subito a verificare la sua teoria, quasi non fece caso alle foto che dal suo grembo presero a volteggiare verso il pavimento creando un gran disordine, alcune foto erano a faccia in giù atre invece con i soggetti bene in vista.

Rimase pietrificata con la chiave stretta fra le dita non appena si rese conto di essere circondata da fotografie di Aris.

Si chinò a raccogliere la foto che aveva catturato la sua attenzione, una bellissima donna, la sirena dai capelli rossi già protagonista di molti ritratti che vi erano in casa, era seduta in una grotta scura rivestita di pietra grigia e con al centro una varco profondo in cui si potevano intravedere delle piccole increspature d’acqua che riflettevano la lucentezza di una coda verde smeraldo ripiegata su se stessa. Ma la realtà delle sirene ormai non la sconvolgeva più, l’idea che quella sirena nei ritratti fosse reale era divenuta una certezza quando per la prima volta lei aveva incontrato quel tritone; la cosa che la sconvolse tanto da farle dimenticare persino di aver bisogno di respirare fu in un altro dettaglio della foto; tra le braccia la sirena stringeva una piccola creaturina, un bambino con i capelli ramati e una coda verde opaco.

Ancora tremante si costrinse a girare la foto per vederne le note anche se già sapeva a chi appartenesse quel volto:

Aris Greene : età 12 giorni.

****

Inutile dire che lo shock la pervase da capo a piedi, aveva rigirato ancora quella foto e quel bambino era innegabilmente quel tritone che aveva conosciuto quando era giunta in quella casa. Aris.

Perché suo padre aveva quelle foto? E quella sirena poi? Cosa rappresentava per lui? Ma Elena non ebbe spazio per l’immaginazione, quell’unica parola dietro aveva cancellato ogni dubbio; Greene. Aris portava il suo cognome. Eric era suo padre, e questo faceva di lei sua sorella.

Si sedette per terra continuando a rimirare le foto che la circondavano, Aris sorridente, la sirena dai capelli rossi, Eric suo padre che sorrideva ridendo e scherzando con il tritone, era un padre che non aveva mai visto, una persona che lei non conosceva.

Nell’arco di una decina di minuti la sua vita era radicalmente cambiata, provava qualcosa per lui, per quel tritone, sin dal primo momento aveva sentito un legame speciale, se ne era innamorata, e adesso scopriva che era suo fratello o meglio, fratellastro. Il legame che sentiva era qualcosa di istintivo, era suo fratello, ecco perché desiderava ardentemente passare del tempo con lui, sentirlo vicino, qualcosa in lui le aveva ricordato suo padre, e lo stesso doveva valere per Aris. Ma Aris ne era a conoscenza? Sapeva di avere una sorella umana? Forse era per questo che aveva tentato di proteggerla, forse sapeva ciò che ancora lei nemmeno osava immaginare… Una lacrima le solcò il viso, si era innamorata di lui, di suo fratello. Una cosa totalmente inaccettabile, una cosa proibita.

Si asciugò in fretta le lacrime, doveva rimettere a posto tutto quanto, sua madre non sapeva di quella faccenda… come avrebbe potuto anche solo credere all’esistenza delle sirene? Doveva riporre tutto così come l’aveva trovato e chiudere nuovamente quella stanza a chiave, non avrebbe permesso a sua madre di soffrire, di avere finalmente le prove di quel tradimento. Però, forse quando aveva lasciato suo padre aveva scoperto che lui la tradiva, non era venuta a conoscenza delle dinamiche del tradimento, non era venuta a conoscenza della nascita di un figlio

Ad Elena crollò il mondo addosso, se mai in una profonda parte del suo cuore aveva potuto sperare di fare pace con il tritone dagli occhi cristallini adesso sapeva che per loro non ci sarebbe mai stato un futuro. Fratello. Quella parola le rimbombava in testa mentre tra le mani stringeva ancora quel pezzo di carta che testimoniava la sua scoperta. Forse era un bene che fosse andata così, loro due non si sarebbero più rivisti e lei avrebbe tentato di dimenticarlo, sarebbe stata dura ma ci avrebbe provato. Nick adesso aveva ampie possibilità di venire ricambiato, dopotutto quello era suo fratello, non sarebbe mai stato possibile per loro stare insieme, aldilà delle loro differenti realtà, il loro era un legame di sangue.

Rimise in fretta e furia tutte le foto nella cassetta, richiuse il lucchetto e nascose la chiave dove l’aveva trovata poi chiuse a chiave la stanza di suo padre, aveva lasciato fuori solo una fotografia, quella dove Aris era in braccio a sua madre. Tornò nella sua stanza e nascose la chiave della botola e quella prova sotto il materasso. Il suo unico interrogativo adesso era scoprire dove quella botola portasse, si sarebbe disfatta di tutto una volta svelato il mistero, avrebbe dimenticato, fatto finta che nulla di quello fosse mai accaduto; sarebbe andata in un college lontano da casa e con il tempo avrebbe creduto di essersi solo inventata tutto per il forte stress a cui era stata sottoposta.

Doveva solo verificare la sua teoria, dopodiché avrebbe lasciato perdere.

Solo quella chiave si frapponeva tra lei e il passato di suo padre; svelati gli ultimi misteri avrebbe ricominciato la sua vita, come una normale ragazza del liceo.

Ma come la vita iniziava ad insegnare ad Elena,

Spesso le cose non andavano come previsto…

 

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Capitolo 7
*** La Botola ***


 Capitolo 7 La botola

 

Quella notte passò in maniera inesorabilmente lenta, Elena aveva avuto un innumerevole serie di incubi e dopo l’ennesimo brutto sogno che l’aveva svegliata alle 6 del mattino aveva deciso di alzarsi e prepararsi per andare a scuola; dovette caricare un bel po’ di copri-occhiaie su quei solchi violacei che le erano venuti, aveva un aspetto orribile ma quella non era una scusa abbastanza valida per saltare un giorno di scuola. 
Come diretta al patibolo si era poi incamminata verso l’edificio con la mente alla chiave che aveva ritrovato nell’armadio di suo padre che le aveva sconvolto la vita. Aveva scelto quel giorno di indossare un ciondolino al collo, una medaglietta con una foto di lei sua madre e suo padre al suo primo compleanno; a quella stessa catenella aveva inserito poi, la chiave scura per tenerla sempre sott’occhio e a portata di mano.

La mezza giornata di scuola era passata in maniera piuttosto tranquilla, lei era persa nei suoi pensieri, aveva innalzato una barriera invisibile contro chiunque cercasse di parlarle, il suo volto emanava un’aurea del tipo “lasciami in pace, oggi non sono dell’umore!” e a parte Nick, il più temerario che si arrischiò a chiederle il motivo di quel suo strano malumore, nessun coraggioso s’avventurò ad instaurare una discussione con lei, le sue compagne di classe non provavano nemmeno a coinvolgerla, l’avevano etichettata come fuoridalgruppotrendy e se non eri come loro eri fuori dal loro super esclusivo club. Persino i professori quel giorno l’avevano lasciata in pace, forse il suo umore nero era arrivato sino a loro…

Durante la ricreazione era rimasta seduta al suo banco a sbocconcellare qualche crekers, non aveva voglia di mangiare, non aveva voglia di far niente ma doveva comunque evitare di passare per ancora più strana di quanto non fosse già.

“Ehi Greene, che fai non mangi? Sei a dieta?” la prese in giro un compagno di classe sfilandogli un creckers dal pacchetto.

“Mark, lasciala stare!”

Non si aspettava che qualcuno intervenisse a difenderla, ma una ragazza dai capelli lunghi e neri e gli occhi verdi si avvicinò cacciando in malo modo il ragazzo. Era alta e slanciata, il viso spigoloso e un po’ troppo magro, ora che l’osservava bene le sembrava davvero troppo magra, era pelle ossa e il suo colorito che prima le sembrava diafano mutò in un grigio pallore.

“grazie” si affrettò a ringraziare la compagna di cui in quel momento le sfuggiva il nome, non era mia stata brava a memorizzarli ed in più era sicura di vedere quel volto per la prima volta.

“non ringraziarmi” disse sfilando una sedia per sedersi di fronte al suo banco. “divento una belva quando si tratta di cibo”.

Aveva gli occhi infossati, ma non poteva dire se ciò derivasse dalla mancanza di sonno o da altri motivi…

“ne vuoi uno?” le offrì il crakers

All’inizio storse il naso ma poi quasi per forza si costrinse a prenderne uno. “il dottore dice che devo forzarmi a mangiare… non importa cosa… purchè mangi.”

E da lì Elena capì che il discorso stava prendendo una piega insolitamente confidenziale.

“non mi sembra di averti vista spesso in classe, io sono nuova e non conosco ancora tutti.”

“Lara” disse dando un morso al biscotto salato.

“Elena o Elly se preferisci” la ragazza le sorrise di rimando.

“sono stata ricoverata in ospedale per un po’, anche se non sono molto sicura di stare del tutto bene adesso.”

“oh… mi dispiace molto”

Lara alzò gli occhi al cielo come a dire -si, dite tutti così –

“no, davvero. So cosa significa stare lontano dalle persone a cui vuoi bene” con un’occhiata si rivolse alla classe e al gruppetto di ragazze che spettegola vicino alla porta.

“è una fortuna allora che io non abbia legami con nessuno.”

Ad un trattò passò un ragazzo e si sentì un coro di gridolini e risate d’eccitazione.

“ma tu non sei come loro Elena Greene, tu sei diversa. Tu sei come me”

Non sapeva bene cosa intendesse con quella frase, aveva un’accezione positiva ma anche ambigua allo stesso tempo.

“dovresti mangiare di più” le disse porgendole il pacchetto.

“vorrei avere un buon motivo per farlo”. E le sue parole fredde e glaciali rimasero sospese nell’aria.

Aveva capito ci fosse qualcosa di diverso in lei sin dal primo momento in cui si era accostata al suo banco, adesso vedeva la situazione in maniera più distinta, era stata ricoverata perché non mangiava, senza più motivi per andare avanti aveva smesso di alimentarsi lasciandosi andare, il perché le rimaneva ignoto.

E poi, dopo quell’illuminazione improvvisa la guardò con occhi diversi, “si trova sempre un buon motivo” le sorrise con più impegno non ritraendo la mano, dopo qualche istante in cui la fissò con insistenza la ragazza cedette e prese un altro crekers.

“suppongo di si” aveva poi sussurrato mentre la campanella suonava e lei ritornava al suo banco.

Chissà perché, sentiva che era nato un legame tra lei e la ragazza dai capelli corvini, se si trattasse di amicizia era ancora troppo presto per dirlo, ma la barriera dell’estraneità era rotta… incredibile che fosse stato colpa di un crekers… Lara le aveva detto che loro due erano in qualche modo simili, si riferiva probabilmente al fatto che nessuna delle due avesse molto in comune con le loro compagne di classe ma era come se ci fosse un messaggio velato al suo interno. Quegli occhi freddi come biglie l’avevano guardata per un istante e l’avevano letta dentro come un cartellone pubblicitario, non si erano fermati ad un’analisi esteriore, l’avevano analizzata a fondo.

 

Le ore a scuola quando si hanno altri problemi a cui pensare volavano come foglie al vento, giusto il tempo di ritornare a casa e attendere pazientemente che sua madre uscisse nuovamente per il turno serale come aveva programmato e la ragazza si ritrovò nuovamente sola.

La porta della cantina si aprì con il solito cigolio sinistro, la luce si accese dopo qualche istante iniziando a generare un rumore simile ad un ronzio sommesso; Elena si mise davanti quella che doveva essere l’entrata alla botola, si piegò sulle ginocchia scrutando ogni asse con attenzione.

“a noi due” pensò sfilandosi il ciondolo dalla testa.

Nessuno l’avrebbe interrotta.

Prese un respiro profondo, poi infilò la chiave nella serratura.

Una piccola parte di lei sperò che la chiave fosse sbagliata, che aprisse qualunque altra cosa tranne quella botola, solo per avere la possibilità di buttare all’aria tutto con una semplice e banale scusa, correre via lontano e dimenticare tutta quella faccenda.

Il meccanismo prese a rumoreggiare concludendo i suoi giri con un rumoroso «Clak».

La chiave era davvero quella giusta.

Era giunto il momento per lei di affrontare le sue paure.

Dopo una breve esitazione tirò verso l’alto la pesante porta di legno, adagiando il portellone sul lato opposto del pavimento; sotto vi era il buio più totale, un pozzo nero in cui solo un folle si sarebbe calato senza una luce come guida.
Elena si sporse per vedere meglio, la catenella che teneva ancora in mano le scivolò giù, risucchiata in quel buio; nel vano tentativo di recuperarla, in una frazione di secondo si sporse per afferrarla alla cieca, ma era troppo tardi, un tonfo sordo e poi degli spruzzi d’acqua le assicurarono l’arrivo a destinazione del suo prezioso ciondolo.

Indubbiamente lì sotto vi doveva essere una fonte d’acqua, aveva chiaramente sentito il rumore di qualcosa caduto in acqua, come all’interno di una pozza.

Se prima aveva avuto qualche dubbio o incertezza, adesso era costretta a calarsi lì giù per recuperare il ciondolo e soprattutto la chiave che vi era ancora legata.

Sporgendosi si era accorta che vi era una scala in metallo che dall’ingresso della botola scendeva verso l’oscurità, “devo assolutamente recuperarla…” pensò sempre più determinata a scendere. Si alzò e iniziò a cercare in giro per la cantina una torcia, era sicura di averne vista una quando era scesa qualche giorno fa; ed eccola lì, impolverata e piuttosto vecchia, proprio sopra una mensola della scaffalatura.

Con la torcia stretta nella mano e la paura nel cuore, lentamente, gradino dopo gradino, Elena iniziò a calarsi giù nel bel mezzo dell’oscurità; lei non sapeva ancora che quella sera, laggiù sarebbero successe molte cose, e tutto grazie a quello sfortunato incidente.

 

Dopo essere scesa alcuni metri finalmente toccò il fondo, non era un pavimento, sembrava più roccia o comunque un fondo terroso, con la torcia si mosse a tentoni facendo attenzione a dove mettesse i piedi aiutandosi con la mano sinistra appoggiata alla parete; sembrava essere una grotta sotterranea, probabilmente era collegata con il mare perché poteva udire il rumore d’acqua farsi sempre più forte. Mosse qualche passo ancora in avanti, la sua mano toccò un filo e per un momento sussultò pensando potesse essere qualche animale dalla coda lunga e viscida, illuminò il punto incriminato stringendosi nelle spalle, era effettivamente un filo, bianco e lucido che indicava poco più avanti la presenza di un interruttore. L’idea che lì potesse esserci luce le fece tirare un sospiro di sollievo, mosse le dita abilmente su uno strato spesso di polvere e salsedine e lo schiacciò.

Non successe nulla.

“ovvio… figurati se qua sotto poteva esserci la luce…” si lamentò lei.

Ad un tratto un fortissimo rumore rimbombò per tutta la grotta, Elena sobbalzò dallo spavento lasciando cadere la torcia sul pavimento che si spense all’istante. Il buio l’avvolse repentinamente tutt’intorno, spaventata si chinò gattonando per cercare la torcia, quando ad un tratto le mani non trovarono più il sostegno del rigido suolo sprofondando in quella che doveva essere acqua. Per il contrappeso Elena cadde completamente dentro quella pozza, provò a puntare i piedi per darsi la spinta nella speranza che l’acqua fosse abbastanza bassa da permettergli quella manovra, ma essa si rivelò più profonda del previsto, e dopo essere risalita a galla, iniziò ad annaspare con i vestiti che la trascinavano verso il fondo. Voleva tentare di ritornare verso il punto da cui era caduta ma con quel buio non era in grado di orientarsi, non riusciva a capire dove fosse la riva.

Mentre si affannava a restare a galla, sbattè la testa contro una roccia che sbucava fuori dall’acqua facendole perdere i sensi.

“Aris” fu l’ultima cosa che pensò sprofondando in quell’abisso oscuro. Una forza misteriosa la tirava verso il basso, sempre più giù. Incosciente e senza più aria chiuse gli occhi. Stava morendo affogata, non c’era più nulla che potesse fare se non sperare in un miracolo.

Ed eccolo lì, il miracolo in cui tanto sperava, qualcosa la stava riportando verso la superficie. Non aveva neppure la forza di aprire gli occhi per tentare di capire nell’oscurità chi o cosa le stesse salvando la vita. Un tocco saldo le irradiava calore attraverso i vestiti freddi che le avvolgevano il corpo come spira affamate.

I suoi sensi erano ovattati, ma ebbe comunque la sensazione di risalire verso la superficie, sospinta da qualcosa o meglio qualcuno; il suo viso era appoggiato su qualcosa di caldo che batteva con un ritmo irregolare, sentì gridare più volte il suo nome da una voce familiare.

Una leggera pressione sulle sue labbra e poi le sembrò di acquistare di nuovo i sensi, le tenebre di quell’incubo andavano dissipandosi.

La ragazza riaprì gli occhi, la vista era confusa ma indubbiamente era a riva; Aris la teneva stretta tra le sue braccia mentre la guardava preoccupato, urlava il suo nome invano, la scuoteva ma sembrava troppo tardi; “A…AR…I..S” la sentì sussurrare il suo nome e il suo cuore fece una capriola.

La gola e i polmoni erano in fiamme, il sale le bruciava come fuoco ad ogni respiro. Il tritone dagli occhi celesti le stringeva la mano, era la prima volta che avevano un contatto così diretto, così intenso.

Nella grotta, poco alla volta si stavano accendendo lampadine poste ad una distanza regolare sulle pareti; quel forte rumore che l’aveva spaventata doveva essere il generatore elettrico che si stava accendendo dopo così tanto tempo.

Elena aprì gli occhi, era stretta tra le braccia di quel tritone, il volto adagiato sul suo petto, il cuore di lui che batteva così veloce… a malincuore e con grande fatica la ragazza si mise a sedere, non aveva capito molto bene cosa fosse successo, ma di una cosa era certa, Aris le aveva salvato la vita.

“stai bene?” la sua voce ansiosa le arrivò da sopra la sua spalla sinistra.

La bionda tossì ancora prima di annuire incerta, si sentiva debole e frastornata, ma il suo cuore si riempì di gioia quando lui si sporse per abbracciarla. Sapeva che era sbagliato, che lei non doveva amarlo, ma si arrese al suo abbraccio che l’avvolgeva protettivo sostenendola, abbandonandosi a quella dolce sofferenza.

Aveva poggiato il suo capo sul suo torace. Era la prima volta in cui avevano un contatto così ravvicinato, la ragazza ringraziò mentalmente di avere il volto nascosto dai capelli bagnati che le ricadevano sparsi sulle guance e che coprivano i suoi occhi cerchiati di rosso dal pianto e le sue gote che avevano preso ad imporporarsi del medesimo colore.

Fratello o no, si sentiva al sicuro.  

“cosa credevi di fare!” la voce di lui le arrivò severa e arrabbiata “potevi morire! Stavi affogando Elena! Stavi morendo!” una volta accertatosi che lei stesse bene iniziò la sua sfuriata, senza però accennare a sciogliere quel contatto.

Lei non rispose inizialmente, sentiva gli occhi riempirsi di lacrime, lo shock di quello che le era successo le stava piombando addosso, e non solo quello. Non lo vedeva da quel giorno sulla spiaggia in cui avevano avuto quel brutto litigio e in cui lui le aveva promesso di non rivederla mai più, com’era possibile che adesso si trovava fra le sue braccia? Era forse un sogno? Uno di quelli splendidi probabilmente, da cui non ci si vorrebbe più svegliare.

Ma da quel giorno erano passati molti giorni e le cose si erano complicate sempre di più.

“credevo che non ti avrei mai più rivisto” farfugliò con gli occhi colmi di lacrime, e sapeva che quella era la verità. “mi dispiace” disse tentando di asciugarsele prima che lui potesse capire quello che le stava succedendo.

Il tritone la guardava preoccupato, quando l’aveva vista sprofondare inerme priva di sensi gli si era quasi fermato il cuore, l’aveva afferrata e portata più velocemente che poteva a riva, era già scesa di alcuni metri e non sapeva se sarebbe sopravvissuta, e per salvarle la vita le aveva dato un bacio, sperando che quella leggenda che si tramandava sin dall’antichità secondo cui un bacio di una sirena salvasse dall’annegamento non fosse solo una storia per giovani tritoni.

“tu non hai idea della paura che ho avuto”. Le disse a voce più bassa. In fin dei conti doveva farle capire che era ancora arrabbiato con lei per quello che era successo sulla spiaggia,

Elena tossì scostandosi un poco da lui, giusto per fissarlo negli occhi. Quanto le era mancato quello sguardo profondo, “credevo non ti importasse più niente di me”.

Lui la guardò con attenzione, aveva gli occhi cerchiati di rosso e gonfi, doveva aver pianto molto… chissà se quelle lacrime erano state versate per lui…

Il ragazzo dai capelli color rame la trafisse con lo sguardo quando si ricordò di quell’altro ragazzo “hai già chi si preoccupa per te… ciò non significa che io non mi preoccupi ugualmente se commetti delle stupidaggini”.

Elena strinse la sua mano cercando il suo sguardo che era diventato sfuggente “io e quel ragazzo non stiamo insieme” il suo tono era sommesso, Aris non capì se fosse triste per lui, e ricondusse l’origine delle sue lacrime a quell’amore non corrisposto. “Sarebbe uno stupido a non volerti” gli sfuggì di bocca prima di poter pensare.

Lei lo guardò con aria interrogativa “cosa vuoi dire?” un brivido le percorse la schiena.

“niente di più di quello che ho detto… mi sembra abbastanza chiaro” le sue guance si imporporarono di quello che sembrava un velato imbarazzo, non l’aveva mai visto reagire in quel modo, che lui provasse qualcosa per lei…?

Lacrime calde iniziarono a sgorgare dai suoi occhi. Lui sollevò lo sguardo e le sorrise impacciato, a quel punto non avevano importanza le parole, lui le aveva fatto capire che era ovvio, il motivo per cui si era arrabbiato quella volta, il motivo per cui le aveva salvato la vita, anche lui provava qualcosa per lei e quella consapevolezza di essere ricambiata le spezzò il cuore.

Aris l’attirò nuovamente a sè affondando il viso nei suoi capelli biondi. “se ti avessi perso non me lo sarei mai perdonato”.

El si scostò un momento per guardarlo negli occhi “tu…” il tritone l’interruppe “non m’importa delle regole, al diavolo tutto!” dopodiché fece congiungere le loro labbra.

***

Ebbe un momento d’esitazione, non si aspettava quel gesto così all’improvviso, il suo istinto di fuggire lontano l’aveva portata a ritrarsi leggermente, ma ormai era troppo tardi, le loro labbra come due magneti si erano congiunte. Baciarlo era la cosa più bella che avesse mai provato, tutta quella paura dell’ignoto, del suo primo bacio, improvvisamente scomparvero per fare prendere il posto a quel calore che sentiva crescere dentro. Ma il ragazzo a cui era stretta, e che la stava baciando era suo fratello e non era giusto. Si destò dal torpore in cui era piombata e per quanto bello fosse dovette fermarsi e scostarlo da lei. Lo allontanò da sé mentre riprendeva fiato imbarazzata ed impaurita, sul volto di Aris comparve uno sguardo confuso.

“non… non possiamo” Da quando aveva trovato quella foto si era sempre chiesta se lui ne fosse a conoscenza, conoscesse il grave ostacolo alla loro relazione.

“lo so” lui abbassò lo sguardo.

“allora lo sai?”

“certo che lo so… siamo un tritone ed un umana, chiunque se ne accorgerebbe” le sorrise. “ma se tu provi gli stessi sentimenti che provo io non m’importa di infrangere le regole.” Le disse determinato.

Elena scosse la testa, per quanto belle fossero le sue parole, per quanto lei l’amasse, toccava a lei informarlo di quella notizia, proprio adesso che sentiva che si sarebbero potuti riappacificare che tra di loro le cose sarebbero potute funzionare, stava sorgendo un altro ostacolo, questa volta insormontabile.

“no Aris, non è questo” le lacrime ripresero a sgorgarle dagli occhi, lui le portò una mano sulla guancia e asciugò con le dita quelle che vi si posavano.

La guardò pensieroso, impaziente di conoscere i pensieri che tanto la turbavano.

“Noi siamo fratelli”

 

 

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Capitolo 8
*** Verità Svelate ***


Capitolo 8 Verità svelate

 

Il silenzio era calato tra di loro dopo quelle tre fatidiche parole “noi siamo fratelli” Aris si bloccò con la mano a mezz’aria incapace di capire se Elena stesse scherzando oppure stesse parlando sul serio.

“cosa?” gli uscì un tono incerto, non era possibile una cosa del genere. O forse sì?

Elena si allontanò dal suo tocco a malincuore, “noi condividiamo lo stesso sangue” iniziò a spiegare. “ho motivo di credere che tuo padre sia anche il mio…”

Vide formarsi sul volto di Aris diverse emozioni, tutte quelle che aveva avuto lei quando, con la foto in mano, aveva realizzato come stessero i fatti. Lui tentò di mantenere la calma ma gli si leggeva in volto che quella notizia l’aveva sconvolto.

Lui era un tritone e lei un’umana, quante probabilità c’erano che loro fossero imparentati?

“che prove hai?” chiese ridestandosi da quello stato confusionale.

“non ti sto prendendo in giro, Aris!” lei capì che forse poteva suonare come una scusa, ma non era questo il caso, lui doveva capirlo che gli stava dicendo la verità.

 “ieri sera ho trovato una tua foto di quando eri piccolo…” continuò

“una mia foto? Ne sei sicura?” quella rivelazione lo sconvolgeva, non aveva mai avuto una sua foto, a corte gli era stato fatto qualche ritratto, ma…

Lei annuì, “posso andare a prenderla se vuoi… è nascosta sotto il mio letto, con te c’è anche una giovane sirena dai capelli rossi… credo sia tua madre” disse in tono lieve.

Quando Aris sentì che vi era anche sua madre impressa sulla foto iniziò a credere davvero alla sua storia. “ti aspetto qui” le disse semplicemente lui.

La ragazza si alzò lentamente reggendosi ad uno spuntone. “non sparirai di nuovo… vero?” Aveva paura, mai come in quel momento che lui potesse sparire e andarsene per sempre, dopotutto una cosa del genere era già avvenuta, e forse per colpa del destino oggi si erano potuti rincontrare.

“no, ti aspetterò” la guardò negli occhi carico d’apprensione, poteva leggere nei suoi occhi che lei non si fidava ancora del tutto della sua parola “ te lo prometto” aggiunse quindi dopo un istante.

Elena s’avviò verso la scala, quando si ricordò di dovergli dire una cosa davvero importante, si voltò verso di lui, le sembrava così triste, stava soffrendo come aveva sofferto lei quella sera, nessuno meglio di lei poteva capire cosa stava provando, avrebbe voluto accanto qualcuno che la potesse rincuorare, lo avrebbe voluto accanto, ma lui non c’era e adesso lei aveva la possibilità di fare qualcosa per stargli vicino.

“per quello che conta in queste circostanze…ti amo.” Non sapeva nemmeno lei cosa le fosse passato per la mente, quelle parole le uscirono di bocca in maniera così rapida che non se ne era resa nemmeno conto. Si girò ed incominciò a correre verso la scala, non voleva sentire una risposta, non avrebbe comunque contato nulla visto che le circostanze dicevano che loro erano fratellastri… ma averglielo detto le aveva alleggerito il cuore notevolmente. Adesso aveva almeno rivelato i suoi sentimenti, gli aveva rivelato che lo amava e forse adesso, andare avanti con una nuova vita e dimenticare quel sentimento così sbagliato non sarebbe stato più così difficile.

La strada per ritornare nella sua stanza le sembrava infinita, prima le scale della botola poi la cantina ed infine quelle che portavano al secondo piano. Dopo più di quindici minuti era arrivata, aveva preso la foto ed era ritornata da lui.

Quando raggiunse nuovamente la grotta ebbe il timore che lui se ne fosse andato, girò l’angolo delimitato da una grossa roccia che si apriva su una piattaforma che sporgeva su quel lago scavato nella pietra, e lui era ancora lì, questa volta in acqua, con il busto eretto per metà fuori. Il suo cuore iniziò a battere violentemente in petto in preda all’adrenalina del momento.

Elena si sedette sulla riva, il più possibile vicino all’acqua e a lui. Nelle mani teneva stretta la foto, quel misero pezzo di carta che gli aveva rovinato ad entrambi la vita, “ecco la foto” gliela porse a faccia in giù con la scritta ben evidente sul retro. Aris si sporse dall’acqua ma non prese la foto che la bionda gli porgeva, le prese il volto e l’attirò a sé “per quello che conta” iniziò a dire lui serio ma s’interruppe poco prima per baciarla.

Le loro labbra si congiunsero nuovamente, e nonostante l’avesse baciato poco prima questo contatto era totalmente diverso, era carico di amore e dolore allo stesso tempo, era come fosse il primo vero bacio ma anche l’ultimo.

“ti amo anch’io” le sussurrò a fior di labbra ritraendosi. Le lacrime erano in procinto di scenderle nuovamente dopo quella dichiarazione così imprevista, ma si controllò abbastanza da ricacciarle indietro. Lui la fissò intensamente negli occhi, come a volerle giustificare il perché di quel gesto, prima che le cose si complicassero ulteriormente tra di loro.

“dovevo farlo almeno un ultima volta”.

 Le prese la foto dalle mani e ne scrutò il contenuto, come se quell’ultima frase fosse sufficiente a calmare il turbinio di emozioni che le aveva provocato.

“questa è mia madre…” asserì lui accarezzando la foto come incantato.

Lei non proferì parola, attese pazientemente che poco alla volta lui si aprisse.

“è morta quando ero ancora piccolo, di lei ricordo poco e nulla. Rivedere il suo volto in questa foto…” s’interruppe un attimo, sembrava commosso. Sollevò lo sguardo velato di lucido “ti ringrazio”

Elena gli sorrise timidamente. “puoi tenerla se vuoi”

Lui la guardò riconoscente. “era nella stanza di mio padre ma appartiene a te.”

Aris voltò la foto e lesse le parole incriminate. "Aris Greene”

“è il mio cognome, l’ho ereditato da mio padre…Eric Greene” annunciò lui. Elena ebbe un tuffo al cuore, sapeva già quella verità, ma sentirla confermare era ancora più dura di quanto potesse immaginare.

“Eric Greene è il nome di mio padre… è venuto ad abitare in questa casa dopo il divorzio con mia madre, lei sospettava che lui la tradisse” lasciò le parole sospese a mezz’aria.

“Sono cresciuto con le mie zie e mio nonno, Tritone; nonostante lui fosse contrario le zie non mi hanno mai impedito di passare del tempo con mio padre, devo a lui molto… dopo la morte della mamma mi è stato sempre vicino; un padre presente.”

“non si è mai fatto sentire, né un bigliettino per natale né un semplice sms, si è completamente disinteressato di me e di mia madre, fino a chè con la sua morte non mi ha nominato erede dei suoi beni compresa questa casa.” Nel suo tono vi era una sorta di velato risentimento, era vero allora che non tutti i figli sono uguali, suo padre aveva preferito suo fratello a lei, non si era mai curato di farsi vivo in tutti quegli anni mentre cresceva Aris in un clima amorevole.
Ci fu una lunga pausa di silenzio, il mormorio dell’acqua risuonava come un eco di sinfonie nella grotta, ognuno dei due era perso nei propri pensieri.

“credi veramente che siamo fratelli?” Il tritone spezzò quel quieto silenzio.

“ma certo Aris!” sbottò lei. “è chiaro che mio padre ha avuto una relazione con la tua, e poi sei nato tu!” forse si era rivolta troppo bruscamente, ma sentiva montare la rabbia dentro di sé, anche se una piccola parte razionale le gridava che non era colpa del ragazzo.

“Potrebbe anche essere il contrario!” esclamò irascibile lui sentendosi accusato di essere il figlio di una relazione clandestina. “quanti anni hai?”

“ne compio 18 a settembre” ammise lei. Quella risposta parve turbare il ragazzo il quale le rispose “19 li ho fatti ad aprile…” fece un sospiro “sembrerebbe che io sia più grande di te…”

Essendo Aris più grande era stato concepito prima, il chè faceva di lei la seconda arrivata; lei lo guardò come se lo guardasse per la prima volta, cercava in lui qualche segno di suo padre. “sei mio fratello maggiore” asserì “credo sia il sogno di ogni ragazza avere un fratello maggiore su cui contare…” Anche se non avrei mai voluto fossi tu. Ripetè mentalmente quell’ultima frase.

Il rosso si portò la mano ai capelli “ed io ho una sorella minore.” La scrutò con attenzione.

“non assomigli proprio a papà,” portò una mano ad accarezzarle una guancia scostandole i capelli ancora bagnati dal volto, “tu me lo ricordi tanto invece” sorrise timidamente di rimando mentre lui le sistemava la ciocca dietro le orecchie. Si guardarono per un attimo che ad entrambi parve interminabile poi, come fossero di comune accordo, s’abbracciarono. Elena l’abbracciò disperata, stringendosi forte contro il suo petto nudo, contro suo fratello, lo sentì ricambiare e affondare la testa nei suoi capelli biondi.

“come facciamo adesso Aris?” gli sussurrò ancora stretta all’orecchio. Sentiva il suo cuore battere forte contro il suo.

“scappiamo via,” le disse con tale emozione che per un momento le sembrò potesse risolversi davvero tutto scappando, tenuta stretta tra le sue solide braccia tutta quella situazione le sembrava surreale, il ragazzo che la stringeva così, quello di cui aveva sperato ogni notte la ricomparsa, era lì con lei, le sussurrava di fuggire con lui, che l’amava... “fuggiamo da tutti questi problemi, e restiamo insieme per sempre.” La strinse più forte quasi la volesse davvero trascinare via con sé verso le profondità marine.

Elena scosse la testa a malincuore. “Non si può. Fratello e sorella non dovrebbero provare certi sentimenti l’uno per l’altro.”

“non voglio dirti addio” le rispose deciso.

La bionda si scostò per guardarlo negli occhi. “Dovremmo riprendere le nostre vite e ignorare quanto successo? Dovremmo dimenticare tutta questa faccenda? Di esserci conosciuti?? Io non posso farcela. Non dopo averti conosciuto, ho già perso mio padre, non voglio perdere anche mio fratello. Sei tutta la mia famiglia adesso, non voglio rinunciare a te, sia come amico che come fratello” disse lei sciogliendo il loro contatto.

“solo come amico…?” le lanciò un’occhiata che poteva voler significare tutto o niente.

Lei sospirò, questa situazione non le piaceva affatto e lui non faceva altro che metterle più pressione, era come se a lui non importasse nulla del fatto che condividessero lo stesso sangue; inizialmente poteva pur essere rimasto sconvolto, ma ciò sembrava non averlo turbato tanto quanto lei.

“se solo ci fosse un modo per poter confermare il nostro legame di sangue, se avessi anche solo un dubbio io…” Era di questo che si trattava, trovare una prova che potesse infrangere quel muro che adesso ostacolava la loro relazione, provava trasporto per lui, sin da quando si erano incontrati la prima volta; il suo sguardo i suoi modi lenti e gentili, la sua forte personalità… non ci erano voluti giorni di frequentazione per capire che se ne era innamorata, era successo e basta, come un fulmine a ciel sereno, ma adesso la situazione cambiava. Anche amandolo con tutta sé stessa non avrebbe mai compiuto niente di così moralmente sbagliato. I suoi sentimenti erano un conto, il sangue che condividevano un altro.

“tu… potresti ricambiarmi?”

La ragazza annui, “perché tu non sembri turbato da questa scoperta? Quando ho visto la foto ho pianto per ore” iniziò ad innervosirsi, perché sembrava solo lei ad avere un po’ di buon senso in quel momento?! Si preoccupava solo lei di una relazione incestuosa?!

Aris prese le distanze “che tu non sapessi niente della mia esistenza è normale,” iniziò lui calmo “sono un tritone, papà non avrebbe mai potuto dire a tua madre dell’esistenza della nostra specie, ma non c’era motivo per non dirmi dell’esistenza di una sorella; noi parlavamo di tutto, ma non ha mai accennato di te o di tua madre; ti dirò quello che penso Elena” si avvicinò nuovamente per avere l’attenzione della ragazza. “io non penso che tu sia mia sorella”. Lo disse in un modo talmente tanto tranquillo, come se gli avesse appena dato le ultime previsioni del meteo che la fece saltare su tutte le furie, si alzò di scatto ribadendo quanto già gli aveva detto “la foto, i ricordi incrociati, tutto fa pensare a questo Aris! Siamo imparentati! Come fai ancora ad essere scettico!”

“Non assomigli minimamente a Eric!” sbottò lui con forse troppa energia.

“Ho passato con lui molto tempo, conosco il volto di mio padre, capelli nerissimi come l’ossidiana, occhi azzurri, pelle abbronzata.” Il ragazzo la scrutava duramente. “guardati Elena!” la indicò con un gesto eloquente della mano “Sei bionda come l’oro, hai la pelle candida e rosea e i tuoi occhi sono di un bellissimo dorato. A meno che tua madre non abbia una di queste caratteristiche dubito fortemente che tu sia sua figlia, una foto non prova niente Elena; magari sei stata adottata!” smosse l’acqua con la coda turbato, forse aveva esagerato e ciò gliene diede una conferma il volto di lei diventato rosso d’imbarazzo. I suoi occhi erano diventati lucidi, le aveva detto che era stata adottata, aveva tutti i motivi in quel momento per avercela con lui.

“è meglio che vada adesso” disse voltandosi senza replicare a quella provocazione assurda.

Aris non poteva correrle dietro, fermarla e farla ragionare, poteva solo rimanere nell’acqua guardandola impotente andare via. Aveva fatto troppo, ma ormai non si tornava indietro.

“Scappare non risolverà le cose!” le gridò dietro. Le sue uniche armi erano le parole, poteva contare solo su quelle per farla ragionare.

“è quello che qualche minuto fa mi avevi proposto proprio tu!” replicò lei, la sua voce era un eco rimbalzante sulle pareti di roccia.

“se fossi stato quell’altro avresti accettato subito!” il ragazzo si riferiva ovviamente a Nick, il giovane con cui l’aveva vista sulla spiaggia tempo fa.

La bionda sbucò da dietro una roccia tornando indietro come una furia, giusto per chiarire quell’ultima affermazione prima di lasciarlo e non volerlo più vedere per i prossimi giorni se non mesi!

“Ancora questa storia? Sul serio?! Nick è un bravo ragazzo Aris, non ti permetto di parlare così di lui; e comunque non sarei fuggita, non è così che mi hanno insegnato a risolvere i problemi; se Eric non fosse stato così infedele non ci ritroveremmo in questa situazione!” lo bionda lo guardò severa.

“sarà pure stato con tua madre, ma ti ricordo che se anche per breve tempo lui poi ha sposato la mia. Una delle due è stata sicuramente tradita dall’uomo che ti ostini a venerare evidentemente!”

“non dare la colpa a lui” disse in tono più moderato il rosso. Aveva ragione, per quanto gli costasse ammetterlo, aveva stramaledettamene ragione, una delle due era stata tradita da Eric.

“è colpa sua se siamo in questa situazione!” rincarò lei

“se lui non avesse fatto ciò che ha fatto noi non staremmo qui a discutere; tu probabilmente staresti con un fidanzatino bipede normale e non avresti di questi problemi” rispose lui con una punta di veleno.

La ragazza rimase turbata dal suo atteggiamento, stava davvero pensando ad una vita alternativa senza uno di loro?

Si piegò sulle ginocchia per essere alla stessa altezza del suo sguardo, il suo tono si addolcì “e tu probabilmente avresti una tranquilla vita da tritone con uno stuolo di belle sirene a farti la corte”. Chissà come, la rabbia si era momentaneamente dissolta, sarà stata l’espressione triste che velava gli occhi di Aris nel momento in cui aveva desiderato non esserci o l’ormai consapevolezza che per quanto s’arrabbiasse non cambiava la loro condizione?

“e chi ti dice che io non le abbia…?” le lanciò il suo sguardo sbieco. Elena sbuffò facendosi sfuggire un mezzo sorriso, forse non stava poi così male se nel bel mezzo di un acceso litigio riusciva ancora a fare battute sarcastiche.

“Non sparire, basta fughe e lunghe assenze, o potrei pure dimenticarti” gli disse risollevandosi in piedi quasi come fosse una minaccia.

“chissà che le cose non si rimettano a posto da sole…” sussurrò lui.

“Continueremo a vederci allora?” chiese lei titubante.

“Ci sono tante cose che voglio sapere su di te”

“ed io su di te. Magari, poco alla volta, la nostra sbandata si sistemerà da sola…” ma nel momento in cui quelle parole uscirono dalla sua bocca già conosceva la risposta, e la conosceva anche il tritone con gli occhi guizzanti e i capelli fulvi che la fissava dal bordo delle rocce.

“ci vediamo domani” le disse lui con gli occhi che brillavano di una luce particolare. Non aveva risposto alla sua ultima frase, come poteva del resto? Era sicuro che per lui le cose non sarebbero mai cambiate, ma evitò di dirlo per ferirla; aveva anche paura che decidesse di non rivederlo più, e d’altronde, lui era vincolato al mare, non avrebbe potuto fare comunque niente per impedirglielo.

“dove?”

“alla nostra spiaggia al calar del sole”

Ci fu una lunga pausa di silenzio, poi la ragazza parlò “Aris, mi dispiace per l’altra volta…per aver portato Nick”

Il Tritone scosse la testa, incredibile come quel bel viso gli avesse fatto passare l’arrabbiatura che per giorni si era portato nel cuore da quando li aveva visti sulla spiaggia. “non potevi saperlo; ma adesso sai quanto sia importante…”

Le loro mani si sfiorarono per poi intrecciarsi, non avrebbero voluto lasciarsi adesso che in qualche maniera si erano ritrovati;

“a domani” e con queste parole i due si salutarono, promettendosi di rincontrarsi il giorno dopo.

 

Elena aveva molto da fare prima di rivederlo; avrebbe condotto delle indagini su suo padre, e per avere delle informazioni dettagliate avrebbe messo alle strette una persona che lo conosceva bene, e che forse poteva gettare un po’ di luce su quel mistero… sua madre.

 

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Capitolo 9
*** Incidente ***


Capitolo 9 Incidente

 

Erano già le tre passate, sua madre era parecchio in ritardo, il suo turno al ristorante doveva già essere finito per quell’ora, ma dato che solitamente Rachel era un tipo abbastanza imprevedibile e ritardatario solo appena furono le quattro di pomeriggio Elena iniziò seriamente a preoccuparsi. Passeggiava nervosamente avanti e indietro per il salone nella speranza di vederla rientrare di corsa lungo il vialetto d’ingresso della tenuta, inizialmente voleva chiederle di suo padre ma con il passare delle ore decise che non le importava più, voleva rivedere il viso energico di sua madre comparire dalla porta principale, le bastava questo, o almeno una telefonata per dirle che stava bene. Aveva provato a chiamarla innumerevoli volte ma il cellulare risultava spento, iniziò a pensare addirittura che le avessero rubato la borsa, che lei avesse inseguito il ladro, e la sua fantasia la spinse ad immaginare le cose più orribili e quando il telefono di casa finalmente squillò rispose come una furia.

“pronto! Ma ti pare questo il modo di comportarti! Sono stata in pensiero tutto il tempo!” sbraitò alla cornetta.

salve casa Greene?” una timida voce rispose dall’altro capo del telefono, Elena cadde quasi per terra quando capì che non si trattava di Rachel.

“ehm mi scusi, pensavo fosse qualcun altro, si qui casa Greene, sono Elena” tentò di scusarsi imbarazzata.

“Oh bene, non ero sicura fosse il numero giusto, la carta era piuttosto stropicciata…” parlò quasi fra se e sé. “chiamo dall’ospedale, la signora Rachel Greene è stata portata qui circa un’ora fa, mi creda è stato difficilissimo riuscire a identificarla visto tutti i documenti di riconoscimento molto mal ridotti.”

Le mani le si strinsero sulla cornetta, costrinse le gambe a non tremare o sarebbe crollata a terra.

“è mia madre, ma…ma cosa è successo?”

“è stata portata qui in gravissime condizioni, dei passanti ci hanno informato che un pirata della strada deve averla investita e poi è scappato via. Al momento è in sala operatoria, a breve uscirà; essendo lei l’unica parente sarebbe richiesta la sua presenza; ci sono diverse carte che dovrebbe firmare.”

L’infermiera le aveva appena chiesto di andare in ospedale per discutere della situazione di sua madre,

“Si, certo” ancora intontita da quella situazione “arrivo subito” si era vestita e precipitata in ospedale, sperò che tutto fosse andato bene, che sua madre si sarebbe ripresa subito e quella brutta disavventura sarebbe finita in un battibaleno; eppure quando arrivò alla porta dell’ospedale se lo sentiva che qualcosa non sarebbe andata come sperato.

Sperò fosse solo una sensazione, ma di solito il suo sesto senso non sbagliava un colpo, e anche questa volta fu così.

****

Il sole era tramontato, Aris l’aspettava già da un po’, non era da Elena essere in ritardo, cercò di contenere le sue preoccupazioni, mille dubbi e timori poco a poco presero a farsi strada nella sua mente.

 Dove sei.  

Più il tempo passava più temeva il peggio, ad un tratto dalla collinetta cui era solito vederla scendere intravide una macchia di capelli biondi che stava scendendo cautamente tra le erbacce e le rocce, era indubbiamente lei, il suo cuore riprese a battere ad una velocità normale, stava bene e questo era tutto ciò che importava.

S’avvicinò alla riva, era in ritardo di parecchio, una bella sgridata non l’avrebbe certo uccisa.

La ragazza era finalmente giunta alla loro spiaggia privata, ma ad Aris bastò un solo sguardo per capire che qualcosa non andava bene, il sorriso solare che illuminava sempre il volto di quella ragazza si era tragicamente dissolto, lasciandole in viso un’espressione tragica.

Elena fermò il suo cammino sulla battigia proprio di fronte al tritone, le sue mani tremavano e i suoi occhi erano rossi e gonfi, segno che doveva aver pianto, e anche molto.

Quella povera ragazza non aveva avuto un solo istante di pace.

“ehi” accennò lei un saluto teso.

Aris poté sentire la sua voce come un sussurrò spinto dal vento.

“Che è successo?” chiese serio.

“ho fatto tardi… mi dispiace,”

“no, Elena, non intendevo quello.” Le lanciò un occhiata più che eloquente, “lo sai che di me ti puoi fidare, se vorrai io ci sono.” Il suo tono era tranquillo eppure tradiva un tono allarmato.

La bionda si portò una mano asciugando malamente le lacrime che ricominciarono a scendere, “Cavolo Aris! Avevo appena smesso” si lamentò nel tentativo di fermare il flusso di lacrime che avevano ripreso a scenderle sulle guance copiosamente.

Le ci erano volute delle ore per calmarsi, poi quando finalmente aveva deciso di scendere per incontrarlo bastava una sua sola occhiata a farle cascare nuovamente il mondo addosso, non era mai stata una persona fragile o debole, ma quando delle brutte notizie entrano nella tua vita a gamba tesa non puoi che ricevere il colpo e attendere che il dolore passi.

Il tritone si avvicinò ancora di più, malediceva in ogni momento quella sua coda che gli impediva di starle accanto, quasi in automatico, istintivamente aprì le braccia per accoglierla; era una cosa stupida, lei non aveva nessun motivo per entrare in acqua, bagnarsi e cercare conforto in un inutile abbraccio, rimase stupito quando invece, dopo una prima esitazione la bionda entrò in acqua e si buttò in quell’abbraccio disperata.

Seppellì il suo volto nelle spalle di quel ragazzo, tritone, umano, non le importava, lui le aveva offerto la sua spalla su cui piangere e lei era troppo debole in quel momento per rifiutarla e tentare di fare la forte. Voleva solo piangere, lontano da tutti, lontano dall’ospedale e da quelli che erano accorsi per darle sostegno ma che in realtà la facevano sentire più piccola e vulnerabile, incapace di gestire quella situazione.
Fratello o no, sentiva che lui era l’unica persona in grado di starle accanto in quel momento, l’unico volto amico in una città di sconosciuti, l’unico di cui si fidasse veramente.

“stavo aspettando che mia madre rientrasse dal lavoro, volevo chiederle di papà, volevo sapere se era tutto vero;” prese una pausa per racimolare un po’ di coraggio, “poi hanno chiamato dall’ospedale. Mia madre ha avuto un incidente mentre tornava a casa,” alzò lo sguardo annebbiato per guardarlo negli occhi.  “è in coma, Aris. I medici hanno detto che più passano le ore meno probabilità ha di risvegliarsi."

Quanto dolore vi erano in quei due meravigliosi occhi verdi che lo fissavano in attesa di una sua parola, si sentiva straziare dentro al solo vederla in quello stato, se solo avesse potuto l’avrebbe protetta da tutto quel dolore, dalle sofferenze. Tremante tra le sue braccia gli appariva come la cosa più fragile che avesse mai visto, era vulnerabile, sola e spaventata, e lui non poteva far altro che abbracciarla per farle percepire la sua presenza.

Le accarezzò una guancia asciugandole ogni singola lacrima che scendeva da quei bellissimi occhi. “andrà tutto bene”, tre semplici parole per tentare di rassicurarla. “ci sono io con te. Stà tranquilla” l’avvolse nuovamente accarezzandole lentamente i capelli, lui sapeva bene cosa voleva dire perdere i genitori, aveva perso sua madre molto piccolo ma non aveva sofferto molto, un po’ come quando Elena aveva perso suo padre Eric, per lei non era stata una perdita importante, lui invece aveva sofferto moltissimo quando suo padre, il suo punto di riferimento era passato a miglior vita.

 “ho paura… ho paura che non ce la faccia, che possa lasciarmi sola.” Si strinse forte a lui, il sole era calato e la temperatura si era leggermente abbassata, El aveva i vestiti per metà bagnati, così come le punte dei capelli, aveva freddo e paura, ma non avrebbe lasciato quel ragazzo divenuto la sua ancora nemmeno se si fosse trovata nelle gelide acque dell’artico.

“Elena stai tremando” le disse dolcemente non sciogliendo la presa.

“non lasciarmi anche tu”

A quelle parole non seppe cosa risponderle, le avrebbe volentieri detto che l’avrebbe stretta così per sempre, ma non poteva, non ancora almeno. Doveva avere il dubbio, anche solo un piccolo indizio che potesse scongiurare la loro presunta parentela.

“se potessi ti porterei via con me” le disse invece appoggiando la sua testa sul capo di lei per consolarla. Non era la prima volta che le diceva frasi del genere, avrebbe davvero voluto portarla via con sé, dove avrebbe potuto proteggerla, nel suo mondo fatto di alghe, acqua salata e magia.

Magia.

“forse c’è qualcosa che possiamo fare per tua mamma.” Continuò lui.

La bionda alzò il capo, era pur sempre meglio di niente. “cosa?”

“c’è un posto in cui vanno le sirene quando stanno male, sai, noi ci ammaliamo molto di rado ma quando succede sfioriamo quasi la morte.”

Sul volto della giovane comparve un’espressione preoccupata, sapere che c’era la possibilità seppur remota che Aris potesse morire per una malattia era un altro duro colpo. L’idea di poter perdere sua madre l’aveva già trascinata verso un baratro di disperazione, sapere adesso che c’era la possibilità che lui si ammalasse la spaventava nuovamente.

“Aris, se tu stessi male me ne parleresti …vero?” aveva le braccia intrecciate attorno al suo collo, non aveva intenzione di cedere abbassando lo sguardo sino a che lui non le avesse tolto questo dubbio dal cuore.

Esitò un momento. “si, suppongo di sì.”

“hai esitato” il suo tono era deluso e al contempo preoccupato.

“non si tratta di me Elena, adesso dobbiamo pensare a tua madre e a come aiutarla.”

“si, lo so questo, ma ho bisogno di sapere che tu sarai sincero con me, che siano cose belle o brutte, voglio essere per te un sostegno così come tu lo sei adesso per me. Quindi ti prego, se ci fosse qualunque cosa che ti preoccupa, parlamene.”

“vorrei poterti dire tutto El” le accarezzò una guancia, la ragazza potè scorgere nei suoi occhi un velo di malinconia “ma ci sono cose di cui non posso parlare” lei stava per ribattere ma il tritone le posò un polpastrello sulle labbra per fermarla. “persino con te.”

Inspirò pensando a quanto fosse inutile, Aris, sua mamma, non poteva aiutare nessuno, tutti sembravano volerla proteggere da qualcosa per motivi diversi. Nonostante il peso della situazione iniziava comunque a farsi sentire anche sulle sue spalle, stette in silenzio e accettò tacitamente le parole di Aris, l’alone di mistero che vi era da quando si erano conosciuti non l’aveva mai abbandonato e probabilmente non l’avrebbe mai fatto.

“Ritornando al discorso di prima,” riprese il filo lui “c’è un posto molto particolare dove andare nei casi estremi, un’albero cresciuto in mezzo al mare.”

“un albero?!” chiese lei confusa.

“si, è un albero particolare, ogni notte di luna piena fiorisce rilasciando delle particelle di energia, bisogna cogliere quei fiori e preparare un infuso da bere, dopo qualche giorno la malattia passa del tutto. Non so se è una cosa che funziona solo per noi, ma potresti comunque tentare…”

Era vero, era una flebile speranza ma lei non aveva niente da perdere, avrebbe potuto benissimo fare almeno un tentativo.

“va bene, proviamoci.” Gli sorrise tentando di sollevarsi su di morale. “ quando sarà la prossima luna piena?”

Il tritone si voltò a guardare il cielo e la luna che iniziava a comparire poco alla volta. “ siamo fortunati, ci siamo quasi, fra due giorni sarà piena”

Passò ancora qualche istante, poi lui l’allontanò seppur di malavoglia. “vai a casa, mettiti qualcosa di caldo, gelerai se resti ancora qui”

Elena annuì, inutile discutere, il tritone aveva ragione, sentiva già il freddo entrarle nelle ossa, non poteva permettersi di ammalarsi, doveva essere forte per sua madre, doveva essere forte e superare la bufera.

“ti resterò accanto anche tutta la notte se avrai bisogno di me.”

La ragazza lo ringraziò con un flebile sorriso, girò le spalle e fece per andarsene.

“aspetta Elena.”

Si voltò in attesa che il ragazzo parlasse, armeggiò per qualche istante, poi le lanciò qualcosa.

Tra le mani le era arrivata una piccola sfera argentea, la guardò curiosa e per un momento tutti i suoi problemi parvero dissolversi.

“cos’è?”

“è un campanellino,” le rispose.

Provò a scuoterlo ma non vi uscì nessun suono “è rotto” protestò lei.

A ragazzo scappò un piccolo sorriso “no che non è rotto, va agitato nella giusta densità… in aria non produce nessun suono, ma in acqua sì. Suonalo se avessi bisogno di me; ti raggiungerò il più velocemente possibile.”

“Una sorta di telefono per Sirene” rise lei.

“ahahah…finalmente ti ho fatta ridere”

Sbuffò leggermente quella di rimando, facendo per andarsene.

“un giorno mi spiegherai cos’è un telefono!” gli urlò lui da dietro mentre la guardava salire.

Per qualche istante era riuscito a rubarle un sorriso, si ritenne più che soddisfatto! Inoltre l’aveva potuta avere tra le braccia, seppur per poco era comunque stato intenso; le sue condizioni però lo preoccupavano, doveva far qualcosa per aiutarla, non si sarebbe dato pace, anche perché dal risveglio della madre sarebbe dipeso il loro futuro.

“Aris” si girò ad un tratto lei come si fosse appena ricordata di dire una cosa importantissima.

grazie” lo ringraziò dal profondo del cuore per il suo sostegno, si era trovata completamente sola in un istante, lui le aveva offerto il suo supporto e nonostante i loro mondi diversi, nonostante il loro rapporto ambiguo in continuo bilico tra fratellanza e amore, lui c’era e questo le bastava, le sembrava giusto almeno ringraziarlo.

Il tritone aspettò come al suo solito che i candidi capelli biondi sparissero alla vista inerpicandosi per la parete rocciosa, i suoi occhi erano sempre così sinceri, così onesti che era difficile mentirle, la malattia che aveva contratto era una tra le più potenti e di cui non c’era cura… L’amore. Non le aveva detto niente, non voleva metterla in difficoltà data la situazione già complicata in cui si trovavano, eppure più il tempo passava più parevano crescere i suoi sentimenti per lei. Per tutta la sua vita non era mai stato legato sentimentalmente a nessuna ma con lei era stato un colpo di fulmine a prima vista, lui che era scettico e diceva di non credere a quelle assurdità era finito per cadere come un pesciolino nella rete del dolce gioco dell’amore, ma a quanto pareva il destino era stato ancor più crudele con lui regalandogli un’amore impossibile frutto di una promiscua parentela che li rendeva fratelli.

Ma se fossero stati davvero solo quelli i suoi problemi ne sarebbe stato ben felice, finita la serata gli toccava ritornare alla sua realtà, nel suo mondo negli abissi, spietato e crudo e di cui presto o tardi sarebbe diventato il re.

 

 

 

 

 

 

 

Allora! Rieccomi qui, spero di avervi nuovamente stupito con questo ennesimo colpo di scena…

ATTENZIONE PICCOLO SPOILER : il prossimo capitolo sarà romanticoso… ma succederà anche qualcosa sul finale del capitolo che porterà Aris ad allontarsi per un po’… FINE SPOILER

Ve l’aspettavate l’incidente? Beh non poteva essere tutto troppo facile, sennò che gusto c’era ? XD bene aspetto le vstre recesioni e… al prossimo capitolo!

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Capitolo 10
*** Scintilla ***


Capitolo 10 Scintilla

Era passato un giorno da quando sua madre aveva avuto quell’incidente, nonostante la batosta inziale fosse stata forte era riuscita a ritrovare un po’ di speranza, e per questo doveva ringraziare sempre lui, il suo angelo custode, il suo cavaliere dalla coda lucente, Aris.

Quella mattina era andata scuola con un grosso sollievo nel cuore, era l’ultimo giorno prima delle vacanze estive, quello sarebbe stato l’inizio della sua libertà; poter andare al mare quando voleva, niente più compiti e… più tempo da passare con Aris.

Quasi contò i minuti della sua ultima lezione, la prof di storia stava ciarlando a proposito di quanto fosse importante fare i compiti delle vacanze e studiare almeno un’ora al giorno nel tentativo di prepararsi al meglio agli esami di stato dell’anno successivo, ma lei era troppo felice per prestare attenzione a lei e a Nick che continuava a lanciarle bigliettini nel portapenne nel tentativo di farsi notare un momento.

Non appena le lezioni finirono senza nemmeno fermarsi a parlare con i compagni scattò in piedi e quasi di corsa si diresse velocemente per l’ospedale.

“Elena!” si voltò riconoscendo la voce del suo compagno di classe, Nick. Sospirò profondamente, ci mancava solo questa… non considerava Nick una seccatura o altro, ma negli ultimi tempi era diventato troppo insistente, era vero che lei era stata molto vaga nel dargli una risposta, ma se prima aveva qualche dubbio adesso capiva perfettamente cosa doveva fare.

“Ehi.” Rallentò l’andatura e si fece raggiungere dal ragazzo, non aveva tempo per parlare con lui, doveva andare in ospedale da sua madre. “Scusa Nick ma vado di fretta”.

“so che per te è un periodo difficile, volevo sapere se potevo esserti di qualche aiuto magari.” Il suo era un pensiero molto dolce, in fondo aveva una speranza che lei potesse ricambiarlo e dopo che Elena aveva saputo di avere una parentela con Aris aveva seriamente preso in considerazione quell’ipotesi, eppure per quanto si sforzasse di vedere Nick come un possibile fidanzato non c’era nulla che le facesse scattare quella scintilla, quell’attrazione che invece sin dal primo momento in cui aveva visto Aris l’aveva pervasa da capo a piedi.

Lui era lì che le chiedeva se aveva bisogno di qualcosa e lei stava per dargli una batosta forte rifiutandolo definitivamente, si sentiva quasi un mostro, ma che poteva fare? Prima o poi avrebbe dovuto affrontare la verità, qualunque cosa sarebbe successa non avrebbe cambiato le cose, non provava nulla per Nick e lasciarlo così in sospeso con la speranza che la situazione potesse cambiare era davvero crudele da parte sua.

“Nick, dovrei parlarti…” disse seria lei, “so che non è il momento giusto ma in quest’ultimo periodo ho pensato molto al nostro rapporto, sono giunta alla conclusione”

Presero a camminare verso il parco, era una valida scorciatoia per arrivare prima ed in oltre era un posto più riparato dagli sguardi dei curiosi.

“c’è un altro ... vero?” l’interruppe lui altrettanto serio.

Lei rimase spiazzata, non aveva parlato a nessuno di Aris, “no… cosa te lo fa pensare?!” entrò sulla difensiva.

“Avanti Elena, avevo già qualche dubbio, poi improvvisamente il tuo umore è iniziato a cambiare, sei stata molto triste per un certo periodo, prima ancora dell’incidente di tua madre, poi d’un tratto sei ritornata più felice di prima… ti ho visto cambiare” le sorrise malinconico.

Elena rimase scioccata, Nick pareva aver studiato tutti i suoi stati d’animo, non pensava di essere così tanto importante per lui… questo però non cambiava la realtà delle cose…

“Nick non penso di essere la persona più adatta a te” esordì d’un fiato prima che la conversazione potesse superare il limite, e fu anche molto onesta, pensava davvero di non essere adatta a lui.

Lui rallentò il passo fino a fermarsi poco davanti a lei, pareva riflettere su cosa risponderle.

“proprio non ti piaccio nemmeno un po’?”

Lui era di spalle ma potè comunque percepire la sua tristezza, le si strinse il cuore sentirlo dire quelle cose. Tentò di rassicurarlo “non c’è niente che non va in te, ti voglio bene ma solo come amico.”

Lui si girò a guardarla.

“non riesco a vederti come qualcosa di più…” sapeva che era la verità, non poteva mica mettersi con lui solo perché le faceva pena, lei non avrebbe mai voluto che una persona si mettesse con lei per questo motivo.

Nick si avvicinò lentamente, Elena si destò quando sentì la sua mano accarezzarle il volto incatenando il suo sguardo con quello di lui.

“mi piaci Elena, più di chiunque altro.” avvicinò il suo volto sempre più pericolosamente alle sue labbra.

Cosa stava facendo?! La voleva baciare?? Cosa doveva fare? Era pietrificata, era un gesto troppo avventato non l’avrebbe mai fatto capace di tanto.

Le loro labbra era sempre più vicine, quando si sfiorarono per qualche istante la bionda parve tornare in sé, lo spinse via con il volto di Aris arrabbiato come quel giorno alla spiaggia fisso davanti agli occhi.

“no!” esclamò arrabbiata.

“perché?! Non posso accettarlo!” s’arrabbiò lui tornando alla carica. “lui chi è?” lo conosco? È più alto, più bello, più simpatico di me? Voglio sapere il suo nome!”

Il ragazzo dai capelli castani era arrabbiato, l’aveva stretta per le braccia tentando di farla parlare. Era un lato di lui che lei non aveva mai visto, pensò ad Aris e fratello o no, avrebbe voluto che fosse lì per tirarla fuori dai guai, sarebbe arrivato di corsa, le avrebbe tolto di dosso quel ragazzo sbattendolo contro qualche albero, l’avrebbe difesa e protetta. Ma lui non c’era. Non poteva essere lì; Elena era da sola e doveva cavarsela senza di lui.

Nick la stava facendo arretrare, voleva probabilmente imprigionarla dietro qualche albero per costringerla a parlare, doveva agire in fretta nonostante si sentisse spaventata a morte.

“lasciami Nick! Mi stai facendo male” si oppose.

“hai paura che lo trovi e lo vada a cercare?”

Gli diede un sonoro schiaffo, poi riuscì a sgusciare dalla sua presa e iniziò a corre via,

“non mi darò pace fino a che non saprò tutta la situazione!” le urlò dietro arrabbiato. La bionda l’ignorò, non era la prima volta che rifiutava qualcuno, ma che era aggredita a quel modo sì. Aveva il cuore che le martellava in petto con un uccellino spaurito. Più volte si guardò dietro convinta di essere seguita, solo quando fu in procinto dell’ospedale rallentò l’andatura e si diede una calmata, doveva sembrare tranquilla e non sconvolta come era adesso prima di andare a vedere sua madre.

Comprò dei fiori, margherite bianche riprendendo fiato e una parvenza di serenità.

La reazione di Nick l’aveva scossa profondamente ma tentò di rimandare a dopo quei pensieri, voleva concentrarsi solo su sua madre, chissà che la sua presenza non l’avrebbe aiutata a svegliarsi da quel lungo sonno.

Aprì la porta senza nemmeno bussare, nella stanza non ci doveva essere nessuno, non aveva motivo di esserci nessuno dato che vivevano lì da pochissimo e tutti i suoi colleghi e conoscenti erano già venuti il giorno dell’incidente. A quanto pareva si sbagliava. Rimase confusa dalla scena che le si presentava davanti, sua madre era a letto, ancora con gli occhi chiusi e con tutti quei cavi che le uscivano dalle braccia, un uomo con un cappellino da baseball calcato sui capelli era seduto al suo capezzale e le teneva amorevolmente una mano.

“Oh kelly” lo sentì sospirare lei.

“mi scusi,” si avvicinò al letto di sua mamma tenendo ben in vista i fiori freschi che aveva portato “ma lei chi è?”

“oh, scusami, sono un amico di tua madre.” L’uomo si alzò dalla sedia tenendo il cappellino ancora ben calcato sul volto.

“conosco tutti gli amici di mamma, ma di lei non mi ricordo” asserì convinta e sospettosa.

“ah così tu sei la figlia… io sono un vecchio, vecchissimo amico, non ci siamo mai conosciuti.”

S’avvicinò al comodino posando di fianco i fiori, l’uomo s’avvicinò alla porta come un furetto.

“Mi trovo qui per lavoro e saputo quello che era successo a Kelly ho deciso di passare a vedere come stava.”

Dal suo cappellino uscì un ciuffo di capelli ribelli dal colore inconfondibilmente nero.

“Sicuro che non ci siamo mai visti? Avete un aria familiare…”

L’uomo scrollò le spalle, aveva una gran fretta di andare via, “sono un attore, è probabile che tu mi abbia visto in tv o su qualche copertina dei giornali. Ad ogni modo, è stato un piacere conoscerti, Elena” prese la porta di gran fretta ed andò via.

“che buffò” pensò lei “non avevo detto il mio nome a quel signore…”

****

Grotta sotterranea, ore 22. Elena era seduta sul bordo della roccia, aveva chiamato Aris con il campanellino e si erano rincontrati; gli aveva raccontato dello strano incontro con quel signore, gli aveva inoltre chiesto cosa avrebbe dovuto portare con sé la sera successiva e lui le aveva dato tutte le indicazioni. Si sarebbero visti alla spiaggia alle 23 in punto, l’albero avrebbe iniziato a sbocciare quando la luna avrebbe raggiunto il massimo punto in cielo. Di Nick però Elena non aveva detto nulla, era ancora agitata ma non voleva darlo a vedere, non voleva per di più che Aris lo venisse a sapere, non voleva farlo preoccupare inutilmente, dopotutto era una sciocchezza.

“Elena” la richiamò mentre lei giocava disegnando cerchi nell’acqua.

“Dimmi” sorrise lei come se nulla fosse.

“c’è qualcosa che non và.”

Lei fece la faccia stranita ma lui continuò imperterrito. “è da prima che ti osservo, non sei la solita di sempre, sembra quasi che tu sia preoccupata per qualcosa… e non mi riferisco solo a tua madre. Parlamene, per favore.”

Ecco. Colta nuovamente sul fatto. A quanto pareva era un libro aperto per tutti!

“è una stupidaggine, davvero” minimizzò lei.

Aris si appoggiò al bordo della piscina naturale “parlamene ugualmente”

Prese un bel respiro ed iniziò a raccontare dell’incontro di Nick. Lui non aveva mai dimenticato quel ragazzo. Gli raccontò quello che le aveva detto, come l’aveva aggredita e le aveva strappato un bacio senza il suo consenso.

Credeva che Aris si sarebbe arrabbiato con lei, invece quello che le disse la sorprese.

 “devi stare attenta Elena, quel ragazzo, Nick, non mi sembra un persona così affidabile come in un primo momento me lo avevi descritto tu…”

Già lei era preoccupata per quello che le era successo, se adesso Aris le parlava in quel tono grave il suo autocontrollo andava a quel paese! Una dopo l’altra calde lacrime presero a solcarle le guance rosate, “ho avuto paura Aris… non immagini nemmeno quanto. Mi ha rubato un bacio ma mi stava spingendo in trappola. Poteva…” lasciò la frase sospesa a mezz’aria.

Aris si tirò a sedere accanto a lei. Gli era montata una rabbia dentro, ma non voleva darlo a vedere, voleva sembrarle calmo nonostante dentro avesse una tempesta di emozioni in subbuglio… Se solo avesse avuto le gambe quel tipo si sarebbe trovato già all’ospedale con diverse ossa rotte.

L’abbracciò confortandola, cosa poteva dirle? Che l’avrebbe protetta lui? Come!? Aveva la coda e non poteva allontanarsi dal mare, era del tutto inutile, non poteva proteggere le persone che amava.

“mi dispiace” le riuscì a dire.

Elena si scostò dalla sua spalla. “per cosa? Tu non c’entri nulla, piuttosto sono io che dovrei chiederti scusa, non volevo farti preoccupare, volevo essere forte”

“invece sono felice che tu me ne abbia parlato,” le sistemò una ciocca bionda dietro l’orecchio

“mi sento solo un’incapace. Avrei dovuto essere lì con te.”

Non voleva che il tritone si facesse prendere dai sensi di colpa a causa sua, aveva espresso quel desiderio proibito anche lei, ma non era possibile.

“come fratello maggiore non valgo nulla!” rise per sdrammatizzare,

ahi.

Quella frase faceva male.

La ragazza aveva immaginato il suo intervento in quella situazione ma di certo non nel “ruolo” di fratello, sarebbe stato comunque comodo ma non sarebbe stato lo stesso.

“comunque, sta attenta a questo ragazzo… l’amore porta a fare pazzie” lasciò quella frase sospesa a mezz’aria, poteva voler dire tutto o niente.

Lo stuzzicò un po’, avergli parlato di Nick le aveva alleggerito il cuore e sicuramente era stata la scelta migliore. “pazzie…che genere di pazzie?” gli sorrise  scherzosamente suadente.

“tu non lo sai, ma sto rischiando grosso” le sorrise più vicino, eppure nella sua frase sembrava esserci una sorta di significato nascosto.

Ci fu un lungo silenzio, si guardavano negli occhi non potendo colmare con le labbra la distanza che li separava, e fu come se si svolgesse una conversazione silenziosa. Poi ad un tratto lei spezzò il silenzio con la lieta notizia delle sue vacanze estive. “comunque non penso sarà un problema per ora, da oggi sono iniziate le vacanze estive!” lei era entusiasta ma Aris non sembrava provar lo stesso. Era pensieroso, e non era da lui.

C’era qualcosa che le doveva dire, qualcosa di importante ma che doveva comunque aspettare, domani sera l’avrebbe portata in quel posto, poi le avrebbe parlato chiaramente, era giusto che lei sapesse quello che stava succedendo. Pretendeva da lei sincerità e onestà, ma se lui per primo le mentiva non aveva il diritto di pretendere tanto da lei.

“C’è qualcosa che non va?” chiese lei dubbiosa.

Il ragazzo alzò lo sguardo improvvisamente serio. “dobbiamo parlare”

Quando un ragazzo o una ragazza proferiva quelle due semplici paroline non era mai presagio di buone notizie anzi, succedeva tutto l’opposto, solo sentendo quelle parole le vennero i brividi.

“Dimmi” l’esortò

“No, non qui, non oggi. Non appena risolveremo la cosa di tua madre ne riparleremo con più calma.”

Le sorrise come a voler tentare di scacciare la preoccupazione non solo che gli si era dipinta in volto ma che adesso vedeva comparire riflessa negli occhi di lei.

“te ne parlerò a tempo debito… pensiamo a tua madre adesso, lei ha bisogno del nostro aiuto.”

 

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** Stardust ***


Capitolo 11 Stardust

 

Le stelle erano alte nel cielo, il vento le scompigliò alcune ciocche di capelli frustandole davanti alla faccia in maniera impertinente, Elena si ritrovò a disfare e rifare rapidamente la treccia con cui aveva legato i ciuffi biondi per gestirli meglio in presenza dell’acqua.

Chiuse casa e iniziò a scendere la scogliera, indossava una canottierina e dei pantaloncini con sotto il costume, si sarebbe indubbiamente bagnata per arrivare nel posto dove dovevano andare lei ed Aris anche se lui non aveva accennato a come l’avrebbero raggiunto, nello zainetto che aveva sulle spalle aveva portato il necessario, era tutto pronto ormai, la sua avventura notturna stava per cominciare.

Ed eccola lì ad aspettare seduta sulla spiaggia l’arrivo del ragazzo, era un po’ in anticipo sul tempo, si dovevano vedere alle 23, ma erano le 22.30 e lei era già lì… voleva godere di quella splendida atmosfera, sapeva bene che la riuscita di quella missione era fondamentale per la salvezza di sua madre, ma non poteva fare a meno di pensare che quella sera ci fosse qualcosa di diverso nell’aria, un po’ di magia...

La luna si rifletteva sulle increspature del mare di un blu intenso, il lento sciabordio la cullava come una melodia ipnotica, all’improvviso le onde iniziarono ad incresparsi concentrandosi maggiormente in un punto, la ragazza scattò in piedi per osservare meglio la scena. Lentamente emerse Aris, i capelli bagnati sul volto gli ricadevano disordinati, le gocce d’acqua rilucevano come perle sotto quella luce, chissà se l’aveva fatto apposta a comparire in quel modo teatrale, giusto giusto sotto la luna che lo rendeva più misterioso e affascinante.

“Sei in anticipo” le disse.

“Senti chi parla!” rise di rimando la bionda.

Erano entrambi arrivati in anticipo, ansia dall’iniziare quella avventura o dal rivedersi? Lui era arrivato qualche minuto dopo di lei e non appena l’aveva intravista, bellissima con lo sguardo perso nell’acqua in chissà quali pensieri aveva fatto il suo ingresso plateale.

La sua mano si tese verso di lei. “sei pronta?”

Abbandonate le scarpe sulla spiaggia si avvicinò lentamente all’acqua, non aveva mai fatto un bagno a quell’ora tardi, il buio del mare la spaventava. Immerse i piedi nell’acqua fredda ed un brivido la percosse da capo a piedi.

L’acqua le lambiva la vita ormai, abbassò lo sguardo e sotto di lei tutto era nero, non riusciva nemmeno a vedere le sue stesse gambe, come avrebbe potuto stare attenta a mostri marini e creature pericolose come squali e orche assassine se non ci vedeva da un palmo di naso?

“ehi tutto bene?” Aris si avvicinò “credevo non avessi paura di nuotare”

“no… non è questo” si affrettò a dire lei. “è solo che… non mi piace non vedere cosa c’è sotto di me”

Aris rise prendendole la mano e conducendola verso il mare aperto. “sta tranquilla, ti proteggerò io”. le fece l’occhiolino guidandola.

Quanto aveva desiderato proferire quella frase, adesso era finalmente giunto il suo momento, erano nel suo mondo, aveva la possibilità di dimostrarle quanto valesse e che poteva proteggerla come si doveva.

Lei abbassò lo sguardo mentre l’acqua la ricopriva lentamente sino a che non si ritrovò a nuotare senza più toccare il fondo.

“è molto lontano?” chiese arrancando, nuotare con un sola mano era alquanto difficile, e più che nuotare era come se il tritone la trascinasse visto che andava molto più veloce di quanto lei potesse andare.

“si parecchio” si fermò lui. “non penserai certo che ti lascerò nuotare sino a lì?”

“emh… veramente credevo di sì”

“ ma no! Non dire assurdità, senza offesa Elena, ma ti stancheresti subito al contrario di me che sono abituato ormai a venire a trovarti e a percorrere lunghe distanze.” S’avvicinò a lei, “Sali sulle mie spalle e tieniti forte,”

“c…cosa?!” Elena arretrò in imbarazzo. “non posso mica farti nuotare con il mio peso morto per tutto il tragitto! Affogheremo di sicuro.”

“andrà tutto bene, fidati.” fece una pausa. “puoi scegliere o sali tu di tua spontanea volontà o ti prenderò in braccio”

Si voltò di spalle e lei esitante salì.

“tieniti forte”

Iniziò a nuotare lentamente immergendosi sempre più. Per lui non era un problema, ma Elena non poteva respirare sott’acqua, e quando quel pensiero si fece largo nella sua mente non fu in grado di contenere il panico che la stava iniziando ad assalire.

“Aris, affogherò!” gli sussurrò agitata all’orecchio sinistro.

“no, non puoi, non più almeno” detto questo si immersero completamente, adesso il tritone era ancora più veloce, Elena si dovette tenere davvero stretta per non rischiare di scivolare via mentre nuotava.

“come posso respirare? Non è possibile!”

“Ricordi quel giorno nella grotta quando stavi annegando?”

“si” ricordava bene quel giorno, era il giorno in cui si erano baciati per la prima volta, il giorno in cui si erano avvicinati tantissimo e allontanati al contempo quando lei gli aveva rivelato di essere sua sorella.

“ti ho salvato la vita quando ti ho baciata, ti ho permesso di respirare anche sott’acqua. È un antica magia, non chiedermi come funziona, non ne ho idea!” rise lui.

Immersi nei loro pensieri non parlarono più durante il viaggio, lei dopotutto non voleva affaticarlo o distrarlo con le sue stupide chiacchere…

“Eccoci” Aris aveva il fiato corto, dopotutto era più di una mezz’ora che nuotava al massimo delle sue forze.

Elena scivolò dalle sue spalle, stava per dirgli di riprendere fiato ma restò abbagliata dalla bellezza di quel posto.

Il cielo di un blu zaffiro brillava di mille punti luce, lontano dalle luci della città le stelle apparivano più luminose di qualunque cosa, la loro luce si rifletteva sul mare il quale non era increspato nemmeno da un onda e creava un magnifico effetto ottico. La luna era bianca, piena ed enorme, sembrava molto più grande di quando non fosse in realtà. Sembrava di essere immersi in un cielo stellato.

“…è…è bellissimo”

Al centro di questo panorama vi era uno scoglio, era nero ma pareva riflettere la luce di quella notte, come una magia vi sorgeva proprio al centro un albero con i rami flessuosi e lunghi. Non vi era una foglia, un germoglio, l’albero sembrava morto da tempo ma ciò non sembrava turbare Aris.

Il tritone si avvicinò allo scoglio e vi posò delicatamente Elena la quale iniziò ad arrampicarsi sino ad arrivare ad una biforcazione che sembrava fatta apposta per ospitare due persone.

“Quest’albero sembra morto… sei sicuro che…?”

Aris con un balzo iniziò ad arrampicarsi con la forza delle braccia sino a raggiungere Elena. “Abbi fede, questo è un posto impregnato di magia. Tra non molto, quando la luna sarà nel suo massimo splendore vedrai con i tuoi occhi.”

Il panorama era così bello, che se non fosse stata lì in allerta ad attendere il momento adatto per andare a cogliere i fiori si sarebbe potuta persino addormentare in quel clima suggestivo.

Il ragazzo era un po’ intimorito, poi alla fine si decise e le prese la mano, arrossì un momento quando Elena lo guardò stupita da quel gesto, poi intrecciò la sua mano con quella di lui e fu come sentirsi completa. Appoggiò la sua testa sulla sua spalla, entrambi guardavano incantati il cielo, ognuno anche se non ne faceva parola, si sentiva in subbuglio per quello che gli stava accadendo. Ad un tratto una stella cadente scivolò rapida davanti i loro occhi.

“L’hai vista?” lo dissero contemporaneamente volgendosi l’uno verso l’altro trovandosi a pochi centimetri di distanza.

“Si, ho espresso un desiderio” rispose lui calmo.

“Anche io. Tu cosa hai desiderato?”

“se te lo dico poi non si avvera” avvicinò ancora il suo volto, doveva resistere, doveva provarci. Autocontrollo, era questo il segreto, ma per quanto si stesse sforzando di non colmare quei pochi centimetri di distanza era davvero difficile. Rimase di stucco quando Elena di slancio mando in barba il suo di autocontrollo sfiorando le sue labbra.

Chiuse gli occhi beandosi di quel contatto, la sua mano scivolò sotto il suo viso prendendo il controllo di quel bacio guidando la ragazza.

Si staccarono a malincuore, continuando a guardarsi negli occhi “visto” le sorrise lui con gli occhi sognanti “se te l’avessi detto non si sarebbe avverato…”

Il volto di Elena parve rabbuiarsi. “se si è avverato il mio si avvererà anche il tuo vedrai… tua madre guarirà” si affrettò a dirle.

Alzò nuovamente lo sguardo, i suoi occhi erano verdi con delle sfumature argentee, complice la luna di quella magia che si era creata tra di loro, aveva amplificato ancora di più il loro bisogno di amarsi con quel bellissimo paesaggio suggestivo.

“ma non ho desiderato quello Aris… dovrei sentirmi in colpa se non ho desiderato che mia madre guarisca?” ecco il perché di quello sguardo, si sentiva in colpa, solo per aver espresso un altro desiderio.

Il tritone la cinse portando il suo capo sul suo petto “no, certo che no! Tua madre guarirà lo stesso…”

Elena aveva espresso un altro tipo di desiderio, aveva desiderato con tutto il cuore che Aris non fosse suo fratello, aveva espresso quel desiderio ancor prima di poter pensare a sua madre e adesso si sentiva responsabile per quel che le sarebbe successo.

“andrà tutto bene” e nel momento esatto in cui terminò la frase, l’albero parve rianimarsi. Una luce dorata iniziò ad illuminare ogni fibra di quel tronco vecchio e morto, come per magia stava ritornando alla vita, poco a poco le particelle di luce iniziarono a salire diramandosi per i vari rami, era uno spettacolo surreale, i rami storpi e grigi si ricolorarono di un bel marrone accesso, dai tralci iniziarono a nascere piccoli boccioli che lentamente uno dopo l’altro crescevano sino ad aprirsi rilasciando dell’energia che ricadeva direttamente in mare e sullo scoglio.

“Presto Elena, cogli qualche fiore e conservalo nella boccia al chiuso.” Rapida Elena seguì quei consigli, prese la boccia dallo zaino e si arrampicò verso i rami più alti dove ancora i fiori erano in bocciolo, Aris le aveva detto infatti che i fiori in bocciolo erano i più rari e potenti proprio perchè la loro energia non era ancora stata sprigionata e difatti era difficile per le sirene arrampicarsi così in alto per cogliere quei fiori non ancora sbocciati e che essendo più vicini alla luna crescevano più velocemente.

Una volta staccati i fiori smettevano all’istante di crescere, Elena riuscì a conservarne sei – sette.

“Pensi bastino?” si sporse lei.

“Si, bastano sicuramente, di norma non ne usiamo più di quattro aperti, questi però sono più potenti, te ne basterà usare due o tre”

“va bene, arrivo”

“fai piano” ma un urlo lo precedette, con un sonoro splash Elena era cascata in acqua.

Riemerse qualche istante dopo. “è scivoloso” rise lei riarrampicandosi per riprendere posto accanto al castano.

“quanto dura la magia dell’albero?”

“tra poco tutti i fiori sfioriranno, all’alba la magia sarà finita.”

“dobbiamo tornare indietro?” chiese lei un po’ triste, dopotutto la loro missione era compiuta.

“se sei stanca possiamo ritornare subito.” Le rispose nel medesimo stato d’animo.

 “vorrei che questo momento durasse per sempre…” sussurrò appoggiandosi contro il tronco.

Le loro mani si cercarono e si ritrovarono per non lasciarsi più. “quello che è successo qui può rimanere qui se vuoi” si riferì la ragazza al bacio di poco prima, era stato più forte di lei era come se fosse sbagliato stare così lontana da lui, ogni momento che trascorreva senza vederlo o sentirlo le sembrava una tortura, era stata coinvolta in qualcosa di più grande di lei, di incontrollabile.

“sarà il nostro segreto per sempre” si avvicinò e le diede un bacio a fior di labbra velocissimo, poi le fece un sorriso sghembo come faceva sempre lui, quel sorriso che l’aveva incantata sin dal loro primo incontro. Si sistemarono meglio nella biforcazione dei rami e passarono la notte a guardare le stelle, era troppo bello per rinunciare a quello spettacolo, non avrebbero mai più avuto la possibilità di cogliere quel momento.

Guardando le stelle poco a poco i due ragazzi si addormentarono sotto quell’atmosfera di magia, le prime luci dell’alba furono la loro sveglia, i primi raggi del sole iniziarono a riflettersi sull’acqua, l’albero ormai aveva perso la sua magia ma l’alchimia che c’era tra di loro non era finita; un spruzzo di sole colpì le ciocche bionde di Elena facendole sembrare fatte di fili d’oro. Aris si era appena svegliato eppure non aveva fiatato, stava lì in silenzio a guardarla incantato dormire.

Era quella la sua piccola magia, poterla tenere fra le braccia; il suo desiderio? Poterlo fare per sempre.

Ma quella magia era destinata ad interrompersi, le doveva parlare di una faccenda importante ma non prima di averla riportata a casa.

“Elly…” le sussurrò scuotendola delicatamente

“mhmhhh” mugolò lei. Si stropicciò gli occhi in maniera bambinesca “che succede…?” chiese con voce ancora impastata dal sonno.

“è mattina, ti riaccompagno a casa”

Improvvisamente si svegliò tutta in una volta, aveva passato la notte fuori casa e per di più con un ragazzo!

“abbiamo passato tutta la notte fuori…” esordì dando voce ai suoi pensieri.

Il ragazzo scese lentamente e dietro di lui Elena, ci voleva proprio un bel bagno freddo a mare per svegliarla definitivamente.

“andiamo” le porse la mano mentre Elena giocava con i piedi nell’acqua.

“è freddissima” il sole era appena sorto quindi l’acqua era fredda dalla notte.

“forza” l’esortò prendendola in braccio, “ci attende il viaggio di ritorno”

“non appena arriveremo le parlerò, ormai non posso più rimandare… rischio di metterla in pericolo e se le succedesse qualcosa non me lo perdonerei mai”

 

 

Continua…

 

 

*il titolo è ispirato alla canzone di Mika Stardust che ho ascoltato mentre scrivevo questo capitolo, spero vi sia paiciuto… cosa dovrà mai dire Aris di così importante? Funzierà la curiosa “medicina” che Elena si è procurata? Lo scopriremo al prossimo capitolo!

Ciauux

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Capitolo 12
*** La congrega dei Cacciatori ***


Capitolo 12 La congrega dei Cacciatori

Erano quasi giunti alla spiaggia sotto casa di Elena, Aris l’aveva portata per tutto il tragitto stretta fra le sue braccia, nessuno dei due aveva parlato e lei non si era nemmeno preoccupata di protestare. Quelli erano gli ultimi momenti che Aris poteva passare stretto a lei, ancora la ragazza non lo sapeva ma dovevano smettere di vedersi per un po’.

“Elena c’è una cosa che devo dirti” erano quasi arrivati quando sentirono dei tonfi lì vicino.

Pietre.

Qualcuno stava lanciando in acqua delle pietre.

Si nascosero dietro uno scoglio e guardarono furtivamente. Nessuno conosceva quel posto, chi poteva mai essere?

“Ma quello è…!”

Aris strinse i pugni. “cosa ci fa quello qui?!” il tritone andò su tutte le furie.

Una pietra quasi sfiorò la testa di Elena, lui prontamente la prese per le spalle e l’avvicinò a sé.

“Non …non ne ho idea…” iniziò spaventata. “deve avermi cercato a casa…cavolo sono pure da sola!”

Il ragazzo parlò sottovoce “Elena hai le chiavi della botola?”

“vuoi risalire dalla grotta? Si le ho portate con me per evenienza, sono nello zaino.”

Lui annuì facendole segno di aggrapparsi nuovamente.

La volta prima aveva fissato con odio quel ragazzo stringerla lì sulla spiaggia, adesso lei era con lui, fra le sue braccia, lui era solo un povero idiota. Elena non l’amava e gli aveva dato il ben servito ma a quanto pare non si rassegnava… ma se avesse alzato nuovamente un dito su di lei avrebbe potuto fare un’eccezione e uscire dall’acqua solo per vedere il colore del suo sangue mentre gli colava su quel volto da cretino che si ritrovava.

Passarono attraverso una serie di cunicoli scavati nella roccia che andavano via via a restringersi sino a che non si ritrovarono su un fondale sabbioso. Una decina di metri li separavano dalla superficie, riemersero tutti bagnati, Elena prese una bella boccata d’aria, immergersi sott’acqua e non poter respirare le faceva sempre uno strano effetto.

Strizzo i capelli dopodiché si alzò tremante in piedi.

“te la senti?” le chiese

Lei sollevò lo sguardo frustrata, “ho forse alternativa? Pazienza… correrò qualche rischio” aprì lo zaino per cercare la chiave.

“Elena… quella cosa che ti dovevo dire… ecco non possiamo vederci per un po’”

“Ecco! Trovata!” disse brandendo la chiave. “oh scusa hai detto qualcosa?”

“si…non possiamo vederci per un po’ di tempo”

Lei rimase spiazzata, era per quello che aveva fatto quella notte? Non avrebbe dovuto baciarlo, adesso lui voleva prendere le distanze, era comprensibile erano fratelli e lei aveva agito in quel modo stupido! Cosa le passava per la mente!!

“se è per quel bacio, mi dispiace Aris!” iniziò a scusarsi lei.

“no Elena, non è per quello,” s’avvicinò “e poi non scusarti, non hai nessun motivo per farlo”

“e allora cosa?”

“non te ne posso parlare, rischierei di peggiorare la situazione, fidati di me e non cercarmi per un po’… mi farò vivo io quando potrò.”

Era dispiaciuta per quello che il ragazzo le aveva appena detto, ma che poteva fare? L’unica scelta era fare come voleva, non poteva imporsi anche se in quel momento aveva un disperato bisogno del suo aiuto.

“va bene” approvò lei seppur dispiaciuta. Erano sempre state lei e sua madre, da sole contro il mondo, pochi amici e nessun parente e anche se da sola, se la sarebbe cavata… dopotutto era una ragazza forte.

“non cercarmi” non avrebbe voluto lasciarla in quel modo, un giorno forse le avrebbe spiegato la situazione, ma adesso non era il momento.

“Perdonami” le disse poco prima di immergersi.

Era stato bellissimo passare tutta la notte con lei in quel posto magico, era come se avesse esaurito tutto il tempo a disposizione da passare assieme in una sola sera. Era stato tutto perfetto, avrebbe ricordato per sempre quel giorno, ma adesso doveva recuperare tutte le cose che aveva lasciato in sospeso, troppe, e chiudere quella faccenda.

Non sapeva quando, ma sarebbe tornato.

Nuotò verso Atlantica con un solo pensiero fisso in testa.

“Aspettami Elena, tornerò da te perciò non dimenticarmi.”

 

****

 

Quello che le aveva detto il tritone continuava a rimbombarle in testa come un motivetto pubblicitario ma adesso doveva essere forte e preparare l’infuso per sua madre, gliel’avrebbe portato il più presto possibile.

Salì in camera sua ad asciugarsi, nonostante l’estate fosse iniziata non poteva rischiare di ammalarsi per non essersi voluta cambiare, lasciò tutto nella sua stanza dopodiché prese il block notes con su scritto il procedimento per realizzare quella pozione, si legò i capelli in una coda alta pronta per iniziare le sue sperimentazioni, quindi scese in cucina.

La cucina era adiacente all’ingresso perciò non appena varcò la soglia le saltò subito agli occhi quella busta bianca infilata sotto la porta.

La raccolse cauta, “per Elena” recava scritto in bella grafia. L’aprì con calma mentre andava a sedersi sul divano, il cuore le batteva forte dall’agitazione… chi mai poteva scriverle una lettera? Ma forse la risposta infondo la sapeva già.

“Ciao…

Ti starai chiedendo perché abbia deciso di scriverti una lettera, beh dato che non hai risposto alle mie chiamate né ai miei messaggi l’unico modo per poterti parlare è questo. Volevo tanto rivederti dopo quel giorno al parco ma tu hai fatto di tutto per evitarmi in questi ultimi due giorni; spero solo che tu stia leggendo questa lettera e che non l’abbia buttata via…
Ti scrivo perché mi volevo scusare per come mi sono comportato, ti ho trattata male”

(Solo male?!) pensò lei

“non volevo spaventarti in quel modo ma quando ho capito che c’era un altro tra di noi non ho potuto fare a meno di incazzarmi. Vi ho visti sai? Non sono stupido, non sono mica nato ieri, ma il fatto che tu lo negassi mi ha dato fastidio, va bene che non stiamo insieme ma non mi reputavi un tuo amico? Perché mentire spudoratamente in quel modo?!
Mi ha ferito molto il tuo modo di agire ma quello che provo per te non è cambiato minimamente, voglio che tu lo sappia e non te lo dimentichi mai.
E puoi dire al tuo ragazzo di stare in guardia… io non sono uno che molla così facilmente, ;) specialmente se lui è così lontano da te. ( perché viene dal tuo paese non è così? Vi ho visti fare il bagno l’altro giorno a mare)”

“Che guaio” pensò “Aris aveva ragione a non volere che io portassi lì nessuno.”

Ma il problema più grave era che li aveva visti, aveva visto Aris da lontano ma fortunatamente non aveva visto la sua lunga coda verde altrimenti sarebbe stato problematico giustificare anche quella. No, Nick pensava fosse il suo ragazzo, uno sconosciuto che veniva dal suo paese, West Richland; avrebbe potuto ricamarci un po’ sopra se lui le avesse fatto altre domande, avrebbe detto che sì, veniva dal suo paese ma che era solo venuto a trovarla per le vacanze, poi era dovuto rientrare a casa.

“perciò Elena… spero di vederti presto, e che tu mi abbia perdonato per l’altro giorno…

Buone vacanze estive,

Nick”

Lesse rapidamente le ultime righe poi abbandonò la testa sul divano fissando il soffitto persa nei suoi pensieri, le sarebbe piaciuto correre subito alla grotta e chiamare Aris per fargli vedere la lettera ma non poteva, le aveva appena detto di non cercarla e quello inoltre non era un motivo così tanto grave per chiamarlo.

Ripiegò con cura la lettera e andò in cucina per preparare il suo intruglio… lo doveva perdonare? Infondo tutti avevano diritto ad una seconda opportunità, anche se si era presa un bello spavento non pensava davvero che Nick fosse una cattiva persona, le vacanze estive erano lunghe e lei non era il tipo da portare rancore per così tanto tempo, sì probabilmente l’avrebbe perdonato, non subito però… l’avrebbe fatto stare sulle spine ancora per un po’…dopotutto doveva scontare un po’ di sofferenza per averla trattata in quel modo…

****

“Allora? Gliel’hai consegnata la lettera?” sua madre era sempre più insistente, dal momento in cui aveva saputo del litigio con Elena non l’aveva lasciato in pace un momento.

“l’ho lasciata a casa sua, non l’ho trovata da nessuna parte, sono persino andato in spiaggia. È normale che sia arrabbiata per quello che è successo.”

“Nick hai agito in maniera troppo avventata!” urlò suo padre. “se perderemo le loro tracce sarà solo ed esclusivamente colpa tua!”

La madre del ragazzo appoggiò le mani sulle spalle di suo marito per calmarlo, “calmati tesoro… se quello che ci ha detto Nick è vero lui ritornerà e allora” lasciò la frase in sospeso fissando con rabbia il tavolo della sala da pranzo.

“Sei proprio un idiota!” continuò suo padre “dovevi fartela amica, dovevi avvicinarti il più possibile a lei e a quella casa, e invece cosa fai? Ci litighi e mandi all’aria tutti i nostri piani.”

“vi ho già detto che non c’è nulla che non vada in quella casa, l’ho esplorata in lungo e largo durante il periodo dell’attacco,”

“una prova, un chiodo fuori posto, una camera segreta! Insomma qualcosa ci deve pur essere!” continuò suo padre. “non lo capisci? Non siamo mai stati così vicini da scoprire qualcosa in più su di loro, solo catturandone uno potremo effettivamente venirne a capo!”

“basta così” intervenne sua madre, “tra poco arriveranno gli altri, vai in camera tua a riposare, quello che potevi fare l’hai fatto.” Lo congedò prima che suo marito potesse avanzare qualche altra pretesa su loro figlio.

Non appena Nick scomparve dalla loro vista sua madre attaccò a parlare. “è solo un ragazzo David! Non puoi caricargli addosso tutte queste responsabilità”

“è un uomo ormai, deve prendersi le sue responsabilità! Qui non si tratta di lui o di Elena, si tratta delle creature cui diamo la caccia da anni, quanti figli vogliamo ancora vedere morire durante le tempeste misteriose eh?! Quante persone devono sopportare la scomparsa dei loro cari senza nemmeno avergli potuto dire addio! Senza un corpo da seppellire, da compiangere!”

Sua moglie lo guardava in silenzio.

“quando siamo entrati nel consiglio sapevamo bene a cosa andavamo incontro, siamo cacciatori di sirene non acchiappa farfalle! E Nick è come noi!”

“è giovane però, non puoi pretendere che impari tutto e subito, quando è toccato a noi eravamo molto più consapevoli della situazione, i nostri genitori non ci hanno mai pressato affinché imparassimo subito il mestiere.”

David, il marito stava per controbattere quando alla porta si udì un netto bussare, discreto ma autoritario.

“sono loro, sono arrivati.” Disse lei andando ad aprirgli la porta per riceverli in casa.

“Benvenuti a tutti,” David rivolse un gentile saluto ai presenti che sempre più numerosi avevano preso ad affollare il soggiorno in cerca di un posto dove sistemarsi.

“che la riunione straordinaria della congrega dei cacciatori abbia inizio.”

 

****

La ragazza fissava interdetta il liquido viola nel pentolino, aveva seguito tutte le istruzioni e per quanto ne sapeva era andato tutto bene, il siero era pronto doveva solo farlo ingerire a sua madre.

*ATTENZIONE!*

Lasciare raffreddare sino a che il colore non sia passato da viola a trasparente

Recavano più in basso le note sotto la ricetta, ma il liquido era denso e viola scuro, come avrebbe potuto fare a diventare trasparente? Ci sarebbe voluto sicuramente del tempo, rassegnata lo travasò in una boccia di vetro trasparente e lo richiuse bene lasciandolo poi a riposare.

Le ore trascorsero lente, nonostante fosse impaziente di correre subito all’ospedale quel pomeriggio il liquido era diventato leggermente più rosa mentre la sera aveva iniziato a schiarirsi leggermente.

Andò a dormire, l’indomani mattina ne era sicura, la pozione sarebbe stata pronta.

 

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Capitolo 13
*** Il filtro ***


Capitolo 13 Il filtro

Un raggio di sole impertinente continuava a infastidirla proprio all’altezza degli occhi, la notte precedente aveva dimenticato di chiudere le imposte, troppi pensieri a cui dare retta. Aris l’aveva aiutata ma poi si era dileguato senza nemmeno delle spiegazioni, la lettera di scuse di Nick era così accorata da risultare quasi falsa.  Si rigirò nel letto, ormai era sveglia e il sonno era andato via, non le rimaneva altro che alzarsi e iniziare quella giornata.

Pigramente con i capelli ancora arruffati e il pigiama addosso scese in cucina per fare colazione, ed eccolo lì, il barattolo che aveva lasciato sulla fredda lastra di marmo bianco, ancora ben chiuso ma contenente un liquido trasparente come l’acqua.

La colazione, i suoi problemi, tutto passò in secondo piano, oggi avrebbe saputo se quella pozione avrebbe funzionato su sua madre, oggi aveva l’opportunità di risvegliarla dal coma.

Si vestì in fretta e furia, un pantaloncino una canottierina al volo e una spazzolata ai capelli, 10 minuti dopo era già fuori per le strade in sella alla sua bicicletta con il barattolo in borsa; non vedeva l’ora di arrivare, mai quella strada le era sembrata così familiare…

Varcò la soglia dell’ospedale spedita verso la stanza di sua madre, avrebbe seguito alla lettera tutte le istruzioni di Aris, non aveva tempo da perdere, più perdeva tempo meno quella medicina aveva probabilità di funzionare, e già non è che fossero così alte, ma le ci sperava, pregava che funzionasse.

Sua madre era nel letto, bella come sempre ma con quel pallore che negli ultimi giorni non l’aveva abbandonata un’istante,

“buongiorno mamma” le prese la mano ma lei ovviamente non reagì. “oggi ti ho portato una cosa che potrebbe aiutarti a stare meglio” abbassò la voce come se qualcuno potesse davvero sentirla.

“sai è una pozione magica ricavata da un albero che fiorisce in mezzo al mare… devo ringraziare un mio amico per avermici portata.” Iniziò a rovistare nella borsa sino a che non trovò quello che cercava. Come aveva detto Aris, il contenuto dapprima pieno fino all’orlo era adesso non più di due tre dita, e proprio la sua riduzione di volume le assicurava di aver utilizzato il giusto procedimento.  

Le dischiuse le labbra, Rachel sembrava un cadavere tanto era inerme e ciò la fece rabbrividire, poco alla volta le fece scivolare piccole gocce che le inumidirono la bocca secca. Continuò così fino a che la boccia non fu svuotata del tutto, si sedette lì vicino e attese che l’intruglio facesse effetto.

Dapprima passarono minuti, poi ore, era quasi l’una e la ragazza aveva ormai perso le speranze, non aveva funzionato. Era passato troppo tempo, ormai doveva già essersi ripresa.

“ciao mamma… verrò a trovarti domani” le diede un bacio affettuoso sulla fronte, ci aveva sperato, aveva riposto tutte le sue speranze su una pozione segreta delle sirene e non sulla medicina che la teneva in vita, ma nessuna delle due cose al momento le avevano riportato sua madre indietro.

Era delusa, voleva piangere per sfogare tutta la sua delusione ma non era quello il luogo più adatto, all’uscita della clinica recuperò la sua bici e si avviò spingendola a piedi verso casa. Prese la strada più corta per arrivare prima, tagliò dal parco ma proprio non riuscì a trattenere le sue lacrime, fortunatamente c’erano poche persone a quell’ora, erano tutte a casa con le loro famiglie a pranzare e stare insieme; lei invece era completamente da sola, nessuno a casa che l’aspettasse… non più sua madre che indaffarata le chiedeva della sua giornata… non più Aris che stava affrontando dei problemi di cui non poteva parlarle. Accostò la bici dietro un albero e si nascose dietro due cespugli, voleva solo piangere lontana da sguardi indiscreti; si sedette agilmente per terra tra le foglie e gli aghi di pino con le ginocchia strette al petto, avrebbe pianto e si sarebbe sfogata in completa solitudine, era sempre stata una ragazza forte a cui non piaceva fare vedere il lato debole di sé, ma quando era da sola tutta la sua fragilità le crollava sulle spalle facendo vacillare il sottile filo del suo orgoglio che in quei momenti veniva meno per lasciare libero spazio alle emozioni.

Un po’ d’amore, era tutto quello che le serviva in quel momento, solo qualcuno che l’abbracciasse le accarezzasse i capelli e le dicesse che sarebbe andato tutto bene e che doveva solo continuare a sperare, proprio come quando era piccola e le sembrava che il mondo stesse per finire da un momento all’altro per qualche piccola sciocchezza.

Quella volta che era caduta dalla bicicletta era tornata a casa piangendo con tutto il sangue che le scendeva dalle ginocchia arrossate, sua madre l’aveva presa in braccio e le aveva accarezzato i capelli, il dolore lo sentiva ancora ma quel semplice gesto l‘aveva rassicurata.

“Andrà tutto bene” quasi immaginò di sentire davvero quelle parole, proprio come quand’era piccola.

Non aveva amici e nemmeno la sua famiglia, la solitudine le cadde addosso come una doccia fredda, nessuno si preoccupava di lei… infondo lei era quella nuova, la strana che viveva nella casa sulla scogliera. Chi mai avrebbe fatto caso a lei?
Nonostante le sue amiche le avessero promesso di tenersi in contatto con lei nessuna dopo il suo trasferimento si era più fatta sentire, si erano dimenticate, l’avevano lasciata indietro e anni di frequentazioni si erano perse, era bastata una piccola folata di vento, e come i più belli tra i fiori, era rimasto glabro. La loro, non era poi amicizia così vera se era bastato così poco per distruggerla.

“ci sono io con te” una mano le accarezzò i capelli.

Non se l’era sognato allora, alzò il volto nascosto tra le ginocchia e a distanza proteso verso di lei vide Nick.

Fece per alzarsi di scatto spaventata. “tu… tu … qui?!”

“ehi” ma lui fu più veloce e si allontanò prima che lei potesse alzarsi spaventata, alzò le mani sopra la testa in segno di resa “sta tranquilla, non ho intenzione di farti nulla”

Lei lo guardò storto, dopo l’ultima volta non è che si fosse dimostrato esattamente una persona di parola.

Come fosse un animale selvatico, ferito e spaventato, non gli rivolse una parola.

Il ragazzo mantenne le distanze ma si accucciò sulle ginocchia portando i loro sguardi alla stessa altezza, un solo passo falso e lei sarebbe scappata via, proprio come un cerbiatto che sta studiando il cacciatore, non sa ancora se gli sparerà o gli risparmierà la vita quindi attende in guardia un segnale qualunque.

“vorrei solo stare da sola e piangere in santa pace!” si lamentò lei.

“beh allora non dovevi venire al parco” rise lui “ci sono… umh vediamo” si sedette lentamente guardando verso le fronde dell’albero “scoiattoli, passerotti, conigli, forse anche qualche tasso”

Le sfuggì un sorriso tra i singhiozzi. Quel ragazzo era proprio scemo!

“io … ,” la fissò dritto negli occhi “nulla lascia stare” abbassò lo sguardo e fece per alzarsi e andare via.

“ho letto la tua lettera” disse lei. Chissà per quale motivo l’aveva fermato, forse non voleva poi restare così da sola come pensava.

Il volto del castano s’illuminò.

“è stato molto… dolce” ma cosa le diceva il cervello? Costa stava blaterando?!

“pensi di potermi perdonare?”

“in via del tutto eccezionale” disse lei “si” si asciugò le lacrime.

Nick mise le mani in tasca in maniera molto naturale “il tuo ragazzo lo sa…?”

Ahia. Aveva giocato il tasto del ragazzo, mentire o dire la verità? Rivelare che non era il suo ragazzo o lasciarglielo credere? Se l’avesse creduto si sarebbe quantomeno levata di dosso un peso, in fondo fratello o fidanzato era comunque una persona importante per lei, a cui rivelava tutto.

“quello che è successo l’altro giorno intendi?”

Lui annuì silenzioso.

“noi non abbiamo segreti” e quello era vero, loro non avevano segreti “però ha detto che la prossima volta non esiterà a romperti il naso se riproverai a fare una cosa de genere” questa volta l’aveva detto seria, non era proprio vero ma spaventarlo era un ottimo avvertimento per evitare un secondo spiacevole episodio… e poi, quando lo aveva detto ad Aris per un momento l’espressione che aveva assunto le aveva fatto credere davvero che avrebbe voluto prenderlo a cazzotti in faccia.

Nick sembrò turbato, e lei se ne compiacque, dopotutto ben gli stava…

“ah… buono a sapersi”

Gli offrì la sua mano per aiutarla ad alzarsi, “posso almeno accompagnati a casa? O rischio di beccarmi qualche cazzotto in faccia?” rise… le sirene non potevano mica uscire dall’acqua… e quel ragazzo era uno di loro.

Elena si alzò, l’aveva perdonato questo era vero, ma a casa era da sola comunque e non si fidava più di lui ormai.

“no grazie, vado da sola” recuperò la bici e tentò di dimostrarsi nuovamente forte. Non si doveva fidare, il suo istinto pareva gridarglielo ogni momento.

 

****

 

Era già calata la sera, non aveva avuto niente di meglio da fare, pescò qualche vecchio libro e si dedicò un po’ alla lettura come faceva ai vecchi tempi, le sembrò così noioso e del tutto normale; da quando si era trasferita era stato come essere catapultati in un’avventura senza fine.

Chiuse il libro e si avviò in cucina per prepararsi qualcosa per cena, quando ad un tratto il telefono squillò.

“pronto?” rispose lei stavolta più cauta.

“si, signorina Greene?”

“si, sono io” confermò

“salve, chiamo dall’ospedale, ci sono stati degli sviluppi riguardo sua madre”

Intrecciò le dita attorno al filo del telefono ansiosa “mi dica…” sussurrò

“qualche minuto fa si è svegliata, adesso è stata trasferita in un'altra sala per accertamenti, ma sembra proprio che stia meglio”

Quella era una splendida notizia! Nonostante tutto quel tempo la pozione che le aveva dato aveva comunque fatto effetto? Aveva funzionato davvero!

“può già venire domani per portare i suoi effetti personali, in un paio di giorni al massimo dovrebbe essere dimessa”

Elena stava ballando per tutta la casa saltellando di gioia, dopo aver ringraziato la signorina non stava più nella pelle nell’attesa che arrivasse l’indomani per poter riabbracciare sua mamma! Cantava a squarciagola le sue canzoni preferite e si muoveva in balletti ridicoli che faceva sempre quando era bambina e le succedeva qualcosa di bello.

Era davvero felicissima, si muoveva tra i fornelli con euforia; la tv accesa sui canali musicali le faceva da sottofondo, in quel momento niente poteva andare meglio!

« Interrompiamo adesso le trasmissioni per aggiornamenti sul meteo » aveva smesso di ballicchiare attendendo che la musica ricominciasse.

« Siamo già entrati in clima estivo con un rialzo delle temperature, questa settimana sfioreranno i 38°, raccomandiamo di bere molta acqua e di evitare di uscire durante i momenti più caldi della giornata. Dopo ben 20 anni ritornerà un fenomeno molto particolare, il livello del mare salirà gradualmente sino a sommergere per metà la zona costiera, spiaggette private e scogliere saranno sommerse completamente sino all’arrivo dell’inverno dove il livello si stabilizzerà ritornando normale. Si raccomanda ai cittadini di fare attenzione e di ritirare barche e altre strutture dalla spiaggia per prevenirne lo smarrimento. E adesso vi lasciamo al programma »

La voce del presentatore era scemata e la musica era ritornata a riempire con le sue note allegre la cucina; per poco la ragazza non bruciò la sua cena, era rimasta imbambolata a pensare a quell’ultima comunicazione. Alle coincidenze aveva smesso di credere da un po’, che potesse in qualche modo avere un nesso con la faccenda in cui si trovava coinvolto suo fratello?

L’aveva avvisata che sarebbe stato via per un po’ e di non cercarlo ma al contrario dell’altra volta, in cui l’aveva avvisata di non uscire assolutamente durante la tempesta, non aveva fatto parola a questo cambiamento climatico.

“che combini Aris…” il pensiero andava sempre a lui, e il non poterci parlare fece crescere in lei la sua apprensione, ma doveva aver fiducia in lui, doveva pensare solo alle cose positive, sarebbe tornato e le avrebbe spiegato tutto non appena avrebbe risolto, non poteva caricargli sulle spalle oltre il fardello che aveva deciso di portare da solo non mettendola al corrente di nulla, anche le sue insicurezze, lo amava, in un modo in cui una sorella non dovrebbe fare e si fidava di lui.
Questo era tutto.

Dopo cena preparò con cura una borsa con gli effetti personali di sua madre, documenti vestiti e tutto quello che poteva servirle in quei giorni di permanenza prima delle dimissioni.
Andò a dormire con il cuore in subbuglio…

Domani sarebbe stata una giornata importante, domani il corso della sua vita sarebbe cambiato dando una svolta a tutto ciò in cui aveva sempre creduto, nonostante lei questo ancora non lo sapesse, il destino aveva tessuto ormai la sua trama e benevolo le aveva sorriso avverando i suoi desideri.

 

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Capitolo 14
*** Il fidanzato segreto ***


Capitolo 14 Il fidanzato segreto

 

Quella mattina Elena aveva fatto tardi, non era riuscita a prendere sonno e quando finalmente ci era riuscita aveva fatto degli incubi tremendi in cui sirene assassine l’inseguivano con gli artigli intrisi di sangue… la sveglia non aveva suonato e così si ritrovò ad andare in ospedale alle 11 passate.

Percorse le strade in maniera ormai abitudinaria sino ad arrivare alla stanza in cui era stata spostata sua madre, fortunatamente era più vicina di quella precedente.

“no Ben! Non ho intenzione di perdonarti”

La voce di sua madre proveniva dalla stanza in maniera chiara e squillante, fu un sollievo e fu pervasa da una sensazione di pace quando riconobbe la sua voce, il solo fatto che la fermò ad un passo dall’aprire la porta e catapultarsi dentro era la voce di quell’estraneo; c’era qualcuno con lei, qualcuno con cui stava discutendo in modo piuttosto agitato.

“Io non avevo idea che tu fossi in quella situazione! Non me ne puoi fare una colpa se sono andato via! Sapevi che il mio grande sogno era quello della recitazione!”

“sei sempre stato bravissimo con le parole, ho imparato da tempo ormai a non crederti più” lo schernì

“non è più un tuo problema, almeno non più. Nonostante mi sia sposata con Eric sin da subito avevo capito di aver commesso un grosso sbaglio, era evidente che tra di noi non potesse funzionare, sospettavo persino che avesse un’altra”

- oh mamma, non hai idea di quanto tu abbia ragione – riflettè lei, - anzi probabilmente Ariel e papà si vedevano da prima che voi due vi metteste insieme vista l’età di Aris. – continuò assorta a seguire quei discorsi.

“Voglio recuperare Kelly, voglio recuperare tutto il tempo perduto, eravamo ragazzini allora, adesso siamo adulti, sono in grado di gestire questa situazione.” Le diceva calmo l’uomo.

Probabilmente doveva essere una vecchia fiamma della mamma, qualcuno che doveva averla amata molto ma per chissà quale motivo l’aveva lasciata e lei aveva quindi sposato suo padre.

“dovevo pensare a quello che sarebbe stato meglio per il mio bambino, Eric era un padre premuroso e gentile.”

Questa versione Elena la conosceva anche sotto il punto di vista di Aris che aveva avuto modo di conoscere meglio loro padre.

“ tu non ti saresti mai comportato in quel modo se fosse successo a te, anzi quando te l’ho comunicato sei scappato a gambe levate! Non hai pensato nemmeno un momento ad assumerti le tue responsabilità!” Rachel era proprio furiosa

“Kelly, ti prego. Ero solo un ragazzo… Ho sbagliato e ammetto le mie colpe, ma tutti hanno diritto ad una seconda possibilità.” Fece lui in tono più remissivo.

“mi hai lasciata… da sola in quella situazione… ho avuto paura ma per fortuna con me c’era Eric che mi ha supportata per tutto quel periodo…”
Elena sentì dei gemiti e capì che sua madre doveva aver iniziato a piangere.

“io voglio vederla, voglio dirglielo.” Ammise serio.

“NO BEN! Non te lo permetterò!” sua madre si era agitata, la ragazza stava per entrare per sedare la discussione che ormai era diventata troppo accesa quando ciò che disse in seguito Rachel la turbò profondamente.

“Ho pensato al bene di mia figlia allora e penso al bene di mia figlia adesso, hai idea di quale shock sarebbe per lei scoprire questa situazione!?”

“Per l’amor del cielo Kelly, Elena è mia figlia e non ho intenzione di continuare a farla vivere nella menzogna, è meglio forse che creda che suo padre sia morto?!”

Elena rimase ferma di botto alla porta, suo padre era ancora vivo? Ma sua madre aveva chiamato più volte quell’uomo con un altro nome, Ben. Sotto shock aprì con violenza la porta, aveva bisogno di rivederlo, di rivedere quell’uomo.

Aveva bisogno di conoscere tutta la verità.

Il silenzio piombò nella stanza.

L’uomo con il cappellino sollevò lo sguardo, i suoi occhi erano bellissimi, verdi proprio come i suoi.

“Ciao Elena” esordì lui togliendosi il cappellino.

I suoi capelli erano neri sì, ma solo alle punte, tolto il cappellino delle radici biondissime rivelarono il vero colore di capelli di quell’uomo.

“papà?”

Rachel la fissava inorridita, era chiaro che doveva aver sentito tutto e ormai non rimaneva che raccontarle tutta la storia.

“mamma! Che sta succedendo?!” esclamò con gli occhi che si riempivano di lacrime.

Sua madre le fece segno di avvicinarsi, “ vieni cara, è meglio se ti siedi… è una storia lunga e complicata”

****
L’avevano fatta sedere su di una sedia di lato al letto, quell’uomo Ben, era seduto di fronte a lei e la guardava con occhi timidi, sua madre iniziò quindi a parlare.

“Durante il periodo del college uscivo con Ben

“eravamo fidanzati” rettificò lui severo.

“si… si è vero eravamo fidanzati, io studiavo per fare l’architetto mentre lui aveva sempre avuto la passione per il teatro… sognava di fare l’attore”

“e alla fine ci sono riuscito” intervenne burbero.

Lei riprese la storia ignorandolo “nonostante fossimo in due college differenti la nostra relazione continuava seppur con qualche problema, le nostre strade si stavano dividendo ma non volevamo ammetterlo e tentavamo di fare funzionare a tutti i costi quel rapporto…in quel periodo conobbi Eric, era un ragazzo pieno di vita che studiava anche lui per diventare un architetto, era un artista e aveva un modo tutto suo di vedere le cose, era totalmente diverso da Ben, era un'altra persona che poco alla volta mi stava affascinando sempre di più catapultandomi nel suo mondo di colori e gioia di vivere.”

“in pratica ci andasti a letto” disse acido l’uomo.

“ci innamorammo” rettificò seccata lei, non le piaceva essere svergognata così davanti a sua figlia.

“ci innamorammo e dato che studiavamo nello stesso college potevamo stare insieme più spesso rispetto che con Ben.”

“ma tu eri fidanzata con Ben!” Elena era scandalizzata, sua madre che faceva quel genere di cose… sua madre!!

“si, continuavo a stare anche con lui”

“in pratica andavi a letto con entrami” rispose stizzito.

Rachel gli lanciò uno sguardo infuriato.

“finchè un giorno…” iniziò ma venne di nuovo interrotta dall’uomo.

“un giorno andai a trovarla al college, avevo avuto una parte in uno spot pubblicitario per cui tempo prima avevo fatto un provino e non vedevo l’ora di dirglielo per poter festeggiare, ero davvero su di giri dalla contentezza… ma quando arrivai li colsi sul fatto… insomma era proprio inequivocabile.”

Il suo tono spavaldo vacillò. “insomma, i miei amici continuavano a dirmelo che secondo loro mi tradiva ma io non gli avevo mai creduto… quando li vidi mi sentii un idiota, ferito e umiliato, ovviamente la lasciai, non volevo più né sentirla né vederla.”

Ci fu un minuto di silenzio.

Sua madre non poteva saperlo, ma dalle sue congetture mentre Eric si frequentava con lei aveva già una relazione con la madre di Aris… si portò la mano alla testa, quella faccenda sembrava uscita da una soap-opera!

“quindi mi misi ufficialmente con Eric”

“ma scusa, lui non lo sapeva che tu eri fidanzata?” chiese lei interdetta.

“si…lo sapeva… in realtà non mi è mai sembrato gliene importasse un granchè…”

“ed io so anche il perché” sussurrò fra se e se Elena.

“fatto sta che un mese dopo scoprii di essere rimasta incinta, di te tesoro. Non sapevo chi dei due fosse il padre, ma di una cosa ero sicura, non avrei mai abortito… ho lasciato l’università e nonostante avessi chiamato Ben lui mi disse che non ne voleva sapere niente nè di me nè del mio bambino visto che non sapevo nemmeno se era figlio suo.

Eric credeva fosse suo visto che con lui…emh…ci vedevamo più spesso… quindi mi propose di sposarlo e di crescere il figlio insieme. Capirai che nonostante avessi qualche dubbio sulla nostra relazione non potevo fare altro che mostrarmi entusiasta, non avevo un titolo né ero benestante e sarei rimasta una ragazza madre e avrei destato molto scandalo, accettai il matrimonio e questo è quanto.”

“si ma poi ti sei lasciata con papà?” chiese retoricamente lei.

“si… il nostro rapporto andò via via incrinandosi, credevo che lui avesse addirittura un'altra… poi mentre tu crescevi diventa evidente che tu non eri sua figlia, tu avevi i boccoli biondi mentre lui era scuro, gli occhi erano chiari ma erano verdi e ogni giorno che passava rivedevo in te Ben, nel modo di ridere, negli occhi… insomma eri precisa ad un altro uomo.”

La storia da lì la conosceva, si erano lasciati e le loro strade si erano divise…

“quindi tu saresti il mio vero padre”

Il ragazzo, abbastanza giovane sulla quarantina la fissava incantato “si piccola, sono io.”

“e… di preciso cosa vorresti da me?” si alzò lei di slanciò. Si sentiva arrabbiata, non tanto con sua madre che aveva anche lei una bella dose di colpe, quando con quell’uomo che si ricordava dopo 18 anni di avere una figlia.

“perché sai, sono passati diciotto anni” scandì bene lei, “come mai ti ricordi adesso della mia esistenza? Quali pretese pensi di avanzare nei miei confronti?!”

Sua madre la guardava, era proprio quello da cui voleva proteggerla.

“pensi di venire qui, fare due chiacchiere con mia mamma e dire “ehi Elena! Ciao io sono tuo padre! Ma non l’uomo che ha sposato tua madre, ma il suo ex che non appena ha sentito che era incinta non si è nemmeno preoccupato di lei facendo le valigie e dileguandosi!” perché sai, non funziona mica così! Non puoi tornare e pretendere che io ti consideri mio padre sol perché condividiamo lo stesso DNA!” le lacrime presero a scenderle copiosamente, ma improvvisamente una verità le prese a lampeggiare in testa come una lampadina rotta.

Aris e io non siamo fratelli.

Lei e Aris non erano nemmeno fratellastri! Non condividevano lo stesso sangue, erano due perfetti estranei! Iniziò a ridere di gioia, i due la guardarono preoccupati, sicuramente pensarono fosse ammattita.

Era felice, nonostante tutta la sua infanzia tutto quello in cui aveva sempre creduto le venisse a crollare come la terra sotto i piedi non era necessario resistere a quella frana, doveva solo aspettare che la terra la facesse precipitare in acqua dove il suo bel tritone l’avrebbe ripresa al volo.

L’aveva desiderato con tutta se stessa ma non ci sperava davvero, e invece ecco che il suo desiderio veniva esaudito, potevano amarsi, baciarsi, vivere senza rimorsi. Tutto quel guardarsi ma non potersi sfiorare, quel baciarsi come fosse un crimine e pentirsene subito dopo, tutto quello poteva essere accantonato finalmente.

“Mamma, ti avevo semplicemente portato delle cose da casa” ritornò con i piedi per terra, sarebbe andata via da quell’ospedale, non le importava sapere più nulla, non poteva nemmeno aspettare che Aris andasse da lei, doveva parlargli subito, era troppo felice.

Le posò il fagotto con le cose sulla sedia dove prima era rimasta seduta.

“Elena io” fu subito interrotta dalla figlia.

“ti terranno ancora sotto osservazione per qualche giorno, io ho bisogno di riflettere su quanto è appena successo, me ne vado a casa” prese il suo zaino e se lo buttò sulle spalle pensierosa.

 “Elena aspetta, vorrei almeno dirti che”

“la prego… non mi parli per il momento” tornò a dargli del lei per mettere le distanze, aveva davvero bisogno di riflettere.

“io devo capire se voglio davvero che nella mia vita già abbastanza incasinata ci entri anche un padre”

Lui sospirò rassegnato, dopotutto lei aveva ragione, non poteva avanzare nessuna pretesa.

“bene… allora… arrivederci.” Chiuse la porta alle sue spalle, chissà forse quei due avrebbero continuato a parlare di lei e di cosa sarebbe stato più giusto fare, avrebbe dovuto pensarci anche lei prima o poi però aveva un vantaggio, aveva un amico molto fidato che sicuramente le avrebbe dato il consiglio giusto.

****

Non appena varcata la soglia di casa la bionda corse giù, scese in cantina sino alla scaletta che conduceva alla grotta sotterranea, accese le luci in tutta fretta, s’inginocchiò davanti all’acqua e sciolto il ciondolino prese a suonarlo energicamente in acqua. Non vedeva l’ora che Aris arrivasse, stava pensando nell’attesa, al miglior modo per comunicargli la bella notizia. Quando aveva sentito che Ben era suo padre, il suo vero padre era stata felicissima, non le importava della lunga storia barbosa che i due si misero a raccontare, di come sua madre si vedesse al college con due ragazzi contemporaneamente, di come poi rimasta incinta, dovette sceglierne uno per crescere il figlio che portava in grembo. Ma Eric poco dopo aveva lasciato Elena e sua madre senza neppure una spiegazione; Ben non si era mai fatto vedere, né aveva tentato di rintracciare l’ex fidanzata e quella che poi si era rivelata essere sua figlia.

“forse potrei baciarlo… magari lo capirebbe subito. Forse è meglio di no… meglio spiegare prima tutto a parole.” E mentre questi strani pensieri le vorticavano nella mente dall’acqua vi fu un brusio.

“ARIS!” esclamò lei sporgendosi.

Un’alga viscida e nera sbucò dall’acqua prendendole il sonaglio e trascinandolo giù.

Due tritoni con le armature emersero dall’acqua, dalle loro mani saettarono delle altre alghe verdi che circondarono i polsi della ragazza trascinandola con forza verso l’acqua.

“Sapevamo avrebbe fatto un passo falso signorina Greene, era solo questione di tempo.”

La trascinarono in acqua dove cadde con un profondo Splash ancora tutta vestita. “chi siete voi!? Dov’è Aris!?”

“siamo proprio fortunati, la potremmo definire una confessione.” Dissero fra loro.

“Che ne avete fatto di lui?” sempre più preoccupata incespicava nell’acqua tentando di mantenersi a galla.

“Vediamo quanto grave è stato il suo crimine” si rimmersero trascinando giù con loro Elena.

Inizialmente chiuse gli occhi spaventata e trattenne il fiato il più possibile, poi non riuscì più e lasciò andare l’aria, Aris le aveva fatto dono di poter respirare sott’acqua ma non pensava fosse un bene che quei due lo sapessero. Ormai però era evidente. Le due guardie la fissavano ancora più severe.

“ a quanto pare è più grave di quello di cui l’accusavamo…”

“Ma cosa sta succedendo?” incredibilmente nonostante lo shock riuscì anche a parlare.

“Aris Greene è in prigione, e voi come lui, siete accusata di alto tradimento.”

Il suo mondo e la sua felicità, le crollarono addosso come una doccia fredda.

Tradimento, Prigione, quelle parole le sembravano così irreali e lontane, non era possibile, non adesso che tutto sembrava ritornare per il verso giusto.

Le guardie tirarono violentemente chi da una parte chi dall’altra i suoi polsi, Elena provava a nuotare ma con i suoi piedi non era in grado di competere con la potenza e la velocità delle code di quei due tritoni dalla muscolatura robusta e massiccia.

La sua situazione le ricadde sulle spalle, si trovava in mezzo al mare, lontana da casa e lontana da Aris. Era successo tutto così velocemente che non aveva avuto nemmeno il tempo di pensare in maniera razionale.

“dove mi state portando?”

“è meglio per te se non rivolgi la parola a nessuno, potresti persino morire prima di arrivare in prigione.” Le rispose freddamente quello di rimando.

“E adesso taci,” aggiunse l’altro “la strada per Atlantica è lunga, e noi non sopportiamo le chiacchiere”

Atlantica. Nelle sue ricerche era riuscita a scoprire qualcosa riguardante un punto indefinito dove tutte le sirene vivevano, se tutte quelle storie erano vere, la caccia, la passione per la carne umana, lei stava andando incontro ad uno dei più grandi pericoli, nelle fauci del lupo.

Nonostante il suo destino non fosse dei più rosei non riusciva a non pensare ad Aris, se con lei erano stati così severi, pregò affinchè il tritone fosse ancora vivo e stesse bene.

“non temere… se  sei fortunata tu e il tuo principino potrete incontrarvi almeno un ultima volta” e nonostante avessero appena detto che si sarebbero rivisti, Elena non lo colse proprio come una bella notizia… anzi tutt’altro…

 

 

Continua…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 15
*** Nelle segrete di Atlantica ***


Capitolo 15 Nelle segrete di Atlantica

 

Erano ore ormai che nuotavano nel mare freddo, l’oscurità si faceva sempre più intensa, Elena era una creatura della terra non marina, aveva la pelle tutta raggrinzita e quella permanenza forzata sott’acqua scendendo sempre più in profondità le acuiva il mal di testa dal cambiamento di pressione. I vestiti ghiacciati le avvolgevano il corpo appesantendola ed impacciandola nei movimenti, non sapeva come si era ritrovata in quella situazione, era andata a chiamare Aris e al suo posto erano arrivati due tritoni imponenti che l’avevano catturata con alghe viscide e costretta a seguirli sino al loro regno, Atlantica.
Inutili erano state le sue proteste così come le sue domande, nessuno le voleva rispondere e quando aveva chiesto più volte insistentemente di Aris l’avevano guardata con odio e disprezzo. Non le rimaneva che attendere ancora sino al momento in cui l’avrebbero portata in prigione e sperare di ricevere lì sue notizie.

L’acqua iniziò a diventare più fredda di quello che non fosse già, si stavano avvicinando sempre più velocemente ad una parte del mare che sembrava offuscata, come se fosse fatta di vetro opaco. Qualche secondo ancora ed infine l’attraversarono, incappò in una piccola resistenza che la spingeva verso fuori, ma le guardie la spinsero violentemente dentro fino a che la forza non cedette, fu come attraversare una fredda barriera invisibile e poi ai suoi occhi comparve quello che prima era nascosto, la mistica e leggendaria città delle sirene.

“è questa Atlantica?”

Meravigliata si guardò alle spalle, avevano attraversato una barriera che si ergeva come una bolla su tutta la città, una sorta di protezione contro coloro che non facevano parte di quel mondo esclusivo. Una serie di piccole casette costeggiavano i margini della città, ma parlare di città non esprimeva abbastanza il concetto di magnificenza e bellezza, era più grande di una metropoli e più bella di qualunque cosa un essere umano potesse mai immaginare, le case andavano ad infittirsi, sorgevano poi palazzi alti rivestiti di un materiale rilucente che faceva sembrare l’intera metropoli un gioiello scintillante. Teatri, bar, locali non si facevano mancare nulla ma indubbiamente la cosa più bella di tutte era il palazzo reale, sorgeva fiero su una rocca di luce in mezzo all’agglomerato urbano ricavandosi una sua area indipendente separata dal resto ma che predominava con la sua altezza su tutto il resto. Era rivestito con madreperla e tempestato di pietre rilucenti,

“si, mocciosa, siamo finalmente arrivati” le rispose la guardia non degnandola nemmeno di uno sguardo.

“cosa ne sarà adesso di me?”

“Attenderai in prigione sino a che il re non saprà che fine farti fare!” rise quello.

“ma…io ci voglio parlare! Esigo un udienza!” rispose risoluta.

“esigi?!” le diede uno strattone mentre si addentravano a valle tra le strade meno affollate della città.

“tu non esigi proprio nulla, sporca feccia umana, dovresti sentirti onorata ed inchinarti davanti la bellezza a cui tu stai assistendo!”

Avrebbe protestato ancora se non l’avessero spinta dentro un edificio con tanta violenza da farla sbattere contro il muro opposto, fluttuava nell’acqua e l’assenza di gravità era insopportabile, ma ancora peggio, si sentiva venir meno, non sapeva per quanto ancora avrebbe potuto resistere…

****
Aris giaceva rinchiuso in quattro mura, sapeva che la sua permanenza lì era solo temporanea, prima o poi suo nonno, Re Tritone l’avrebbe fatto uscire, era il re e poteva fare quello che voleva, ma quando aveva scoperto dove ogni giorno lui in realtà si recava era saltato su tutte le furie e senza troppe giustificazioni l’aveva rinchiuso lì. Ma lui era Aris, figlio della principessa Ariel, nipote del re nonché principe ereditario…  non gli avrebbero permesso di marcire in una pulciosa prigione, era troppo importante, era l’unico erede maschio al momento in grado di ereditare il governo di Atlantica; quella di Tritone era solo una sorta di punizione per la sua ribellione.

“ti farò passare la voglia di andare sulla terra a tuo piacimento Aris!” gli aveva urlato contro il re. “ho dei piani che non ammettono intoppi, non ti permetterò di distruggere tutto il mio lavoro!”.

Anche se non ne aveva fatto cenno suo nonno non era stupido, aveva capito che nella faccenda vi era una questione sentimentale così come la definiva lui, aveva scoperto quasi subito che sua madre ai tempi, si recava sulla terra perché innamorata di Eric, suo padre, ma il tutto era giustificabile dal fatto che le sirene avevano bisogno degli uomini per mandare avanti la specie. Per i tritoni invece non vi era questa necessità, dovevano solo trovare una sirenetta e riportare la popolazione maschile agli stessi livelli di quella femminile, rendendo la specie nuovamente pura. La questione era spinosa e complicata e re tritone aveva promesso di mettere al corrente Aris quando sarebbe stato il momento opportuno, queste informazioni quindi erano tutto ciò che il ragazzo era riuscito a mettere insieme unendo stralci di conversazioni e piccole informazioni raccolte in giro per il palazzo.

Sembrava assurdo ma la sua unica magra consolazione era di essere riuscito a proteggere Elena, non aveva mai detto il suo nome ad anima viva, nemmeno alle persone di cui si fidava di più. Non avrebbe permesso a nessuno di coinvolgerla in quella situazione, Tritone era suo nonno e non gli avrebbe torto un capello, ma anche lui sapeva quanto poteva essere spietato con gli esseri umani…

Ad un tratto drizzò le orecchie, la porta della prigione era stata aperta e stava entrando qualcuno.

“adesso da brava, resta qui e non creare altri problemi!” Sentì il familiare rumore della cella che veniva aperta e poi del lucchetto che veniva richiuso, a quanto pare non era più il solo inquilino di quella prigione…


****

- Ti ho deluso vero? – Elena non faceva che pensare a lui, l’avevano appena scaraventata senza troppe cerimonie all’interno di una cella grigia e buia in fondo al corridoio, era chiusa su tre pareti e sulla quarta vi era una grata con un cancello tenuto ben chiuso da un grosso lucchetto.

Si andò a sedere sul letto, o meglio la lastra di freddo metallo inchiodata al muro.

Aveva combinato un bel guaio, era stata letteralmente rapita e portata a forza ad Atlantica per poi essere richiusa in prigione, se Aris fosse stato lì le avrebbe detto che era stato tremendamente stupido da parte sua cercarlo prima del previsto, era vero, lui le aveva detto di non vedersi per un po’, ma non le aveva mai detto che era finito nei guai, perché sì, Aris era finito indubbiamente nei guai.

Se da una parte si sentiva in colpa nel gravare su di lui era anche arrabbiata, se c’era qualcosa che lo tormentava gliene doveva parlare, lei aveva riversato su di lui tutti i suoi problemi e lui si era nascosto dietro la maschera del vatuttobene quando in realtà chissà da quanto si trovava in quella incresciosa situazione.

“maledizione Aris! È tutta colpa tua!” imprecò dando un calcio alla parete.

“Elena?” chiamò una voce familiare proveniente da una cella lì vicino “sei tu?”

“Aris, …?” rispose esitante la voce di lei fugando ogni dubbio.

Aveva sperato con tutto se stesso di sbagliarsi, dopotutto le aveva detto di non cercarlo per un po’ proprio per evitare quello spiacevole evento, ma adesso era troppo tardi, perché lei era imprigionata lì con lui!

“No!” gli sfuggì un urlo di rabbia mentre colpiva con un pugno ben assestato il muro; adesso sarebbe stato molto più difficile far uscire da quella situazione entrambi… “Ma cosa diavolo ci fai qui Elena?! Ti avevo detto di non cercarmi!” la sua voce le arrivò abbastanza chiara, doveva essere nella cella di fianco alla sua, le era sembrato addirittura di percepire un urto attraverso il muro divisorio.

 Aris si avvicinò alle sbarre sporgendosi un po’ “Sono finito nei guai…” ammise in un sussurro,

“sai, quando ho visto le guardie reali qualche dubbio mi era venuto” gli rispose ironica avvicinandosi anche lei all’unica parete aperta che dava sul corridoio.

“Ti avevo detto che mi sarei fatto vivo io, di non cercarmi per nessuna ragione! Dovevi fidarti di me!” La sua voce era indescrivibile, un misto di rabbia rassegnazione e costernazione.

“quanti giorni saranno passati, forse due o tre? Non potevi proprio aspettare!?” se la stava prendendo con lei ingiustamente, lo sapeva bene, ma adesso era preoccupatissimo non tanto per la sua incolumità ma per quella della ragazza, voleva solo proteggerla tenendola sulla terra ferma, lì sarebbe stata completamente al sicuro rispetto che in fondo al mare, dove quella contro gli umani era guerra aperta. Re tritone a quanto pareva si era ben informato sull’umana che lui aveva iniziato a vedere, nonostante fosse sempre stato attento era stato seguito e spiato ed una volta ritornato era stato punito con la prigionia in attesa di un ulteriore udienza con suo nonno.

Elena si sentì presa in giro, come se non fosse stata abbastanza forte da resistergli qualche giorno lontana, ma lei avrebbe potuto farlo tranquillamente, era solo ansiosa di comunicargli la sua nuova scoperta… Improvvisamente si ricordò il motivo per cui era lì.
“ti cercavo perché avevo da dirti una cosa importante…”

Lui parve non sentirla.

“avrei preferito non coinvolgerti.” Continuò a bisbigliare piano.

La sua voce seppur flebile proveniva dalla cella accanto, erano così vicini che solo un muro li separava ma al contempo così lontani, irraggiungibili.

Il silenzio scese su di loro, voleva tanto dirgli quello che aveva scoperto ma quello non le sembrava il momento migliore, aveva immaginato quell’istante in mille modi differenti, ma in nessuno di questi era contemplata una dichiarazione via cella…

Inspirò ed espirò, poi s’accorse che i suoi polmoni non si riempivano d’aria, riusciva comunque a respirare ma iniziò a sentirsi poco bene, non avrebbe retto ancora a lungo in quella situazione in assenza d’ossigeno.

“perché mi cercavi?” ruppe lui il silenzio. Lui era arrabbiato, non voleva che lei fosse lì in quel momento ma non poteva far a meno di pensare che non l’avrebbe mai cercato senza un buon motivo, e se era arrivata sino a lì tanto valeva ascoltare quello che aveva da dirgli.

E infondo… il piccolo tarlo della curiosità aveva preso a tormentarlo.

Lei attese in silenzio, se voleva scucirle qualche parola avrebbe dovuto fare meglio di così, e poi non era ancora sicura di come avrebbe potuto dirglielo.

“Allora?” parlò lui dopo un po’ vinto dalla curiosità del suo lungo silenzio con tono un po’ meno irritato

 “se sei di questo umore non ho intenzione di dirti nulla!”  Rispose lei a metà tra il risentimento e l’irritazione.

Forse aveva fatto male a trattarla a quel modo, dopotutto non era colpa sua se erano in quella situazione…

“…Elena…” appoggiò la fronte alla sbarre in modo che le sue parole gli arrivassero chiare, “mi dispiace…” sussurrò del tutto spiacente adesso, la sua incazzatura nei suoi confronti era durata più o meno 5 minuti, anche impegnandosi non riusciva a restarle ostile per più di quel tempo. Elena non parlò, Aris ebbe la sensazione che si fosse allontanata, non poteva vederla quindi non sapeva se lo stesse ascoltano o no. “non dovevo prendermela con te, sono io quello che ti ha fatto finire in questa situazione, sono arrabbiato con me stesso… non sono nemmeno in grado di proteggere mia sorella…

Alla bionda sfuggì un sorriso ma lui non lo potè vedere.

“chissà se la cosa migliorerebbe… se fossi la tua ragazza”

Il non potersi vedere era terribile, se solo avessero potuto rivolgersi uno sguardo, Aris avrebbe capito tutto all’istante, ma non potevano e così sul suo volto emozioni come stupore meraviglia e paura presero il sopravvento confondendolo sempre più. Aveva paura che fosse solo una battuta, lei era sempre stata ostica all’argomento fidanzamento perché erano fratellastri e non le sembrava giusto, ma adesso sembrava avesse cambiato le carte in tavola. Era venuta sin lì per dirgli quello??

“Cosa intendi dire?” sondò la situazione cauto.

Elena si sedette comodamente nella cella ed iniziò a parlare in maniera vaga.

“niente di più di quello che ho detto…”

“hai scoperto qualcosa… vero?” Non ci riusciva, doveva saperlo subito, era crudele da parte sua farlo stare così sulle spine… per un momento dimenticò persino il perché fossero lì, esisteva solo la sua ultima affermazione che gli volteggiava in testa.

Farlo stare sulle spine o rivelargli tutto subito e perdere quel momento magico? Lei non era il tipo sadico a cui piaceva vedere gli altri in costante attesa di buone notizie.

Prese la decisione migliore.

 “mia madre si è svegliata, grazie a te adesso sta meglio” prese un bel respiro iniziando a percepire una pesantezza all’altezza del petto, aveva pensato 100 diverse combinazioni di frasi d’effetto per dirgli quello che gli doveva dire, aveva immaginato una scena del tipo “Ehi non siamo fratelli!” e poi lei che gli buttava le braccia al collo e lo baciava a cuor leggero, ma adesso che era giunto il momento di parlare concretamente la voce le moriva in gola, provò ad articolare qualche frase ma le parole uscivano strozzate.

“non riesco” sussurrò, e quelle parole le uscirono a fatica.

“Elena?” la richiamò lui preoccupato.

La mancanza di ossigeno le aveva completamente annebbiato la vista, se era vero che non poteva affogare adesso però le mancava l’ossigeno e non riusciva più a pensare lucidamente. Le forze le venivano meno, era sul punto di perdere i sensi.

“Elena che succede?” Aris la chiamò con tono sempre più allarmato, con le mani serrate attorno alle sbarre e i muscoli tesi, c’era qualcosa che non andava.

La sua voce le appariva come un eco lontano mentre si lasciava trasportare dall’acqua reclinando il capo all’indietro e perdendo i sensi.

“Liberatela!” sentì gridare ma ormai le parole avevano preso a sfumare come il volume di una radio che poco alla volta si abbassa prima di spegnersi.

Tutto divenne buio, le sue palpebre si chiusero, le sue labbra proferirono un ultima parola.

Aris.

 

 

 

 

 

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Capitolo 16
*** Confessione ***


Capitolo 16 Confessione

 

“vi prego fate qualcosa!” Aris gridò con più veemenza ma apparentemente sembrava che nessuno gli prestasse attenzione.

Elena aveva smesso bruscamente di parlare e dentro di lui era scattato un tacito allarme che gli faceva presagire che le stesse succedendo qualcosa di brutto, ma era bloccato dietro quelle sbarre ed era incapace di fare qualunque cosa se non urlare.

“Sono il principe Aris! Se lascerete che accada qualcosa a quella ragazza umana ne pagherete personalmente le conseguenze! Uscirò di qui e voi sarete puniti con la morte!”

Quelle ultime parole suscitarono una reazione nel tritone che era di guardia. Nuotando con la massima calma si avvicinò alla cella del ragazzo.

“se fossi stato così prezioso il re non ti avrebbe messo in prigione” la schernì quella.

Il ragazzo dai capelli rossi lo guardò con aria di sfida, gli occhi azzurri gli luccicavano di rabbia.

“Sei pronto a scommetterci la coda?”

Il tritone arretrò un po’ colto alla sprovvista, si affacciò alla cella adiacente.

“credo che sia svenuta” disse infine constatando che il suo corpo galleggiava inerme nell’acqua.

Quelle parole lo misero ancora di più in allarme. “beh che aspetti! Fa qualcosa!!” gli intimò.

“cosa credi che dovrei fare? È un umana! Non ne ho la più pallida idea e francamente non mi interessa che fine faccia.” Fece per andarsene.

“a me importa eccome!” gli gridò “devo andare da lei, devo capire cos’ha!”

“non crederai certo che io sia nato ieri?!” si avvicinò al ragazzo sporgendo il volto oltre le sbarre. “se io ti lascio uscire di qua scapperai via”

“no, te lo giuro! Io… io devo aiutarla” il suo tono di sfida si sciolse come burro al sole per far prendere il posto ad un’espressione che suscitava pietà.

“amo quella ragazza più di qualsiasi altra cosa a mondo” e lo disse con tale trasporto che la guardia lo guardò incredula, sirene e umani erano all’ordine del giorno, ma tritoni e umane non proprio… insomma i tritoni potevano scegliere la loro sirena con il vantaggio di essere in pochi e di poter avanzare la pretesa sulla più bella, lui poi era un principe, avrebbe potuto avere chiunque.

“legami. Lega il mio polso al tuo, ma ti prego lascia che l’aiuti.”

La guardia rimase interdetta qualche altro istante, l’aveva convinto della sua buona fede ed era quindi andato a prendere le chiavi della prigione.

Aprì la porta ed entrò, legò il suo polso con quello di Aris con una catena sottile lunga circa due metri ed infine uscirono andando nella stanza accanto.

Non appena Aris vide Elena ebbe un tuffo al cuore, il suo corpo oscillava come una bambola di pezza in balia dell’acqua, temette davvero che fosse troppo tardi, che fosse morta. Non appena aprì la porta si catapultò al suo interno prendendola delicatamente tra le braccia.

Le sue labbra erano viola, la sua pelle fredda come il ghiaccio, ipotermia? Forse, era un umana e non poteva stare così a lungo dentro l’acqua, specialmente se fredda; la strinse forte contro il suo corpo che emanava calore nel tentativo di scaldarla, appoggiò l’orecchio sul cuore e ne ricevette una debole risposta, era viva, il battito era debole ma aveva ancora una chance.

“dobbiamo portarla in un luogo asciutto!” si voltò verso la guardia, il suo tono così come la sua espressione tradivano tutta la sua disperazione.

“io emh... non saprei…” farfugliò quella.

Poi gli venne in mente di un posto, non era molto lontano da lì, una specie di secca, dove vi era un complesso reticolo di grotte marine, era una buona possibilità di trovare un posticino asciutto.

“Forse conosco un posto” gli disse poco prima di partire a tutta velocità.

****
L’aria era fredda e le trafiggeva la pelle come aghi ghiacciati, i capelli grondavano acqua così come i suoi vestiti, il suo petto si abbassava e sollevava regolarmente, era in uno stato di semi incoscienza, sentiva qualcuno armeggiare con la cerniera del suo giubbotto.

“Ah maledizione!”

Poi lentamente fu guidata nell’uscire da quel pesante indumento intriso d’acqua che ormai le trasmetteva solo freddo. Di sotto aveva una magliettina leggera tutta avvinghiata alla pelle che la fece rabbrividire di più, i pantaloni erano delle trappole mortali, così come le scarpe e i calzini, qualcuno la stava spogliando, e se da una parte avrebbe voluto allontanare quelle mani tremanti che le toglievano strati di vestiti con un sentimento di pudica vergogna, dall’altro ogni indumento che andava via le faceva sentire meno freddo. Tentò di muoversi ma si rese conto di avere la pelle d’oca e le mani quasi congelate che non volevano saperne di rispondere ai suoi comandi. Una coperta asciutta l’avvolse e poco dopo arrivò anche il calore.

Iniziò ad aprire gli occhi lentamente, era infagottata dentro una coperta di lana marrone, tenuta stretta tra le braccia di Aris, il suo calore si irradiava in tutto il corpo, la sua testa era appoggiata nell’incavo della sua spalla, il suo viso sfiorava il suo collo mentre lui le sfregava le mani energicamente lungo le braccia nel tentativo di produrre calore.

Un brivido di freddo la percosse tutta, spingendo a rannicchiarsi di più contro quel corpo caldo, aprì la bocca per parlare e sentì il sale sulle labbra congelate e violacee.

ho…freddo…” la sua voce uscì rauca e tremante ma ebbe l’effetto sperato, Aris abbassò lo sguardo e incontrò i suoi occhi,

“grazie al cielo ti sei ripresa, temevo fosse troppo tardi” il suo sguardo carico di sollievo l’investì come un ondata calda, mentre in quel momento un altro brivido la fece tremare.

“non… riesco…a…”

“shh” le fece lui avvolgendola ancora di più, Elena potè sentire il suo cuore battere ad un ritmo accelerato contro il suo petto, doveva essersi preso davvero un bello spavento.

“hai un inizio di congelamento, non parlare, fatti riscaldare e basta.” Le disse in tono dolce e autoritario al tempo stesso.

Chiuse gli occhi e si abbandonò completamente a lui, non poteva muovere un muscolo, tutto quello che poteva fare era affidarsi ad Aris, e lei si fidava ciecamente.

Poco dopo arrivò la consapevolezza che indossava sotto la coperta solo l’intimo, e che quindi era stato Aris che le aveva tolto i vestiti bagnati per riscaldarla. Se avesse avuto abbastanza sangue caldo nelle vene sarebbe diventata rossa di imbarazzo, e probabilmente anche lui aveva avuto qualche esitazione visto che le sue mani tremavano mentre le aveva sfilato la maglietta e i pantaloni. Ma era questione di vita o di morte, e lui le aveva appena salvato la sua. Di nuovo. Ormai Elena aveva perso il conto di quante volte quel ragazzo l’aveva salvata…

noi” iniziò lei attingendo a tutte le sue forze. Aris non smise un momento di riscaldarla e le rivolse tutta la sua attenzione.

-noi non siamo fratelli, - era tutto quello che doveva dire, quattro parole ma le sembravano così lunghe e così difficili da dire. Ogni respiro, perché fortunatamente aveva ripreso a respirare senza neanche accorgersene, le costava fatica. Erano solo quattro stupidissime parole ma era importante che lei gliele dicesse prima che le capitasse qualche altra cosa.

Vedendo quanta fatica le costasse parlare, il ragazzo dai capelli scarlatti l’interruppe. “credo di aver capito” le disse solamente.

I suoi occhi azzurri s’illuminarono. Aveva cercato di dirgli qualcosa nelle segrete, qualcosa di indubbiamente molto importante se aveva disubbidito al loro patto, e poi c’erano state quelle frasi, - se fossi la tua ragazza – e che sua madre si era risvegliata; non sapeva come né perché, né oltretutto se avesse interpretato bene e fosse tutto vero, ma forse quello che le stava cercando di dirgli era che

“non siamo fratelli” completò i suoi pensieri e le sue parole.

Elena non riusciva a parlare, ma annuì con quanta forza le permetteva il suo copro, ovvero poca, le lacrime gli punsero gli occhi, non avrebbe mai immaginato che sarebbe stato così difficoltoso dirglielo. Eppure nel momento stesso in cui dalle sue labbra erano uscite quelle parole era come se un grosso macigno le si fosse tolto dal cuore.

Aveva immaginato uno, due, venti scene diverse di quel momento, ma nessuna era paragonabile a quello, mezza congelata avvolta in una coperta di lana marrone, all’interno di una grotta, tra le sue braccia, con i suoi occhi che la fissavano come fosse la cosa più preziosa del mondo. Non riusciva a immaginare niente di più bello.

Aris non era convinto al 100% della sua ipotesi, ma quando la vide, piccola e spaurita rannicchiata contro il suo corpo infagottata nella coperta, annuire debolmente con un luce negli occhi carica di gratitudine, il suo cuore prese battere più forte di gioia. Poco gli importava che avendola così vicina lei lo sentisse, lui riusciva a sentire il suo battito debole ma sempre più rapido, e lei poteva udire il suo che adesso batteva sempre più forte, solo per lei.

I loro cuori battevano all’unisono.

“sei ancora così fredda” le sfiorò la fronte con la guancia, il calore provocato da quel contatto le si irradiò in tutto il viso.

“ mi hai salvata…di nuovo.” Riuscì a dire dopo minuti di preparazione delle sue corde vocali.

“non smetterò mai di farlo” sentì il suo respiro caldo sulla sua bocca, guardò le sue labbra così vicine alle proprie e poi i suoi occhi che continuavano a fissarla intensamente. Si avvicinò ancora più lentamente facendo sfiorare i loro nasi, era come se stesse giocando, avrebbe potuto baciarla in qualunque momento, pochi millimetri separavano i loro visi. Elena non staccò gli occhi da quelli di lui, vi si rivedeva riflessa nelle sue pupille, appariva fragile e spaurita, sollevò lentamente una mano appoggiando il palmo contro il suo torace nudo all’altezza del cuore, lo sentiva battere forte e deciso, batteva così forte per causa sua, lei gli suscitava quelle emozioni, proprio come lui le provocava quei batticuori e rossori improvvisi sul viso, era talmente tanto chiaro che l’intensità di quei sentimenti la fecero sentire smarrita. Anche il suo cuore aveva ricominciato a battere talmente tanto forte da sembrare un tamburo. Senza interrompere il loro contatto visivo Aris fece scendere la mano sinistra sopra la sua che era rimasta ferma sul cuore, le accarezzò il dorso gelido e poi lo richiuse nella sua mano calda, quel tepore fu piacevole, “ti è sempre appartenuto”. Sentì i suoi muscoli sotto la mano tendersi al massimo, il suo cuore lui l’aveva donato a lei già da prima, era questo quello che le aveva detto.

“ti amo” forse era quello che aspettava di sentirsi dire, perché non appena la bionda proferì quelle due paroline decise che il tempo del gioco era finito e allora si chinò su di lei per posarle quel bacio tanto agognato.

Le sue labbra erano molto salate e fredde, quelle di Aris calde e dolci, un contrasto che incendiò quel bacio come se fosse stato gettato un fiammifero acceso in una fabbrica di polvere da sparo.

Il calore si irradiò in tutto il corpo come una medicina che le riattivava tutte le articolazioni nervose, portò le braccia attorno al suo collo stringendosi di più a lui, voleva sentire il suo calore, voleva sentire il suo cuore battere contro il suo. Aris le cinse la vita facendola aderire al suo corpo, la coperta le scivolò dalle braccia lasciandole scoperte sin sopra le spalle dove le spalline del suo reggiseno rosa fecero la loro comparsa.

“sono lieto di vedere che adesso state entrambi meglio” li interruppe una voce familiare, poi scosse il braccio sinistro e la mano sinistra di Aris scattò come un burattino verso il suo interlocutore.

Elena guardò la figura imbarazzandosi per quanto avesse appena visto, credeva fossero rimasti da soli ma a quanto pareva si sbagliava, si accucciò nuovamente contro il ragazzo, aveva ancora freddo e sino a prova contraria Aris era il luogo più caldo in cui stare e il più sicuro in cui potersi rifugiare.

La guardia era emersa dalle loro spalle, aveva al polso una manetta sottile che collegava grazie ad un filo di alcuni metri il suo a quello di Aris, era sottile e argentea, quasi invisibile, aveva l’aria di essere fragile e di poter essere spezzata in qualunque momento ma quando il braccio fu tirato nuovamente dalla guardia, Elena si rese conto che era molto più robusta di quello che sembrasse.

Aris gli rilanciò uno sguardo tagliente non spostandosi minimamente dalla sua posizione.

La bionda parve ricordarsi in quel momento che loro avrebbero dovuto essere dentro una prigione ed invece osservando meglio si rese conto di essere all’interno di una grotta sotterranea fatta di cristalli rilucenti.

“il re ormai a quest’ora sarà stato informato della situazione” guardò con ribrezzo la ragazza avvolta tra le sue braccia.

“dobbiamo far ritorno ad Atlantica”. Disse deciso concludendo il suo discorso.

Aris guardò lui poi Elena. “non posso riportarti là sotto.”

“non possiamo lasciarla qui, deve venire con noi.” Obbiettò quello.

“ma non vede cosa è successo?” si girò a guardarlo trafiggendolo con gli occhi azzurri. “lei è un essere umano, non è fatta per restare così a lungo sott’acqua!”

“forse potrebbe restare qui per stanotte… potremmo chiedere di posticipare l’udienza a domani” continuò Aris.

“e pensi forse che darà ascolto al consiglio di una semplice sentinella??”

“no, infatti. Sarò io a dirglielo. Tornerò a palazzo subito e parlerò con il re.” si voltò verso Elena. “tu resterai qui all’asciutto,”

Lei lo guardò con un’espressione preoccupata ed incerta, non voleva lasciarlo andar via. Le sue mani scesero e strinsero la sua come a volerlo fermare.

“fidati di me” le rispose quasi come se le avesse letto nel pensiero.

“Ho paura Aris...paura che non ci lasceranno rivedere” sussurrò lei con lo sguardo fisso nei suoi occhi azzurri come cielo liquido.

“Tornerò” le disse sostenendo il suo sguardo serio, aveva l’assoluta convinzione di mantenere la sua parola.

te lo prometto”

Elena allentò la presa, sapeva che non poteva impedirgli di andare. “ti prego, torna.” il suo sguardo adesso era supplichevole, non avrebbe potuto andare avanti senza di lui. Era diventato il suo punto di riferimento, la calamita che la teneva attaccata a questa terra e il terrore che potessero portarglielo via, la paura di poterlo perdere era spaventosa.

Si fissarono l’una negli occhi dell’altro, si stavano scambiando delle promesse taciturne. Si abbassò su di lei e le sfiorò le labbra con le sue in un tocco leggero.

mantengo sempre le promesse”.

“Ma Aris…perchè dovrebbe darti ascolto?” chiese lei intontita dalla situazione stringendosi alla coperta che adesso le sembrava così fredda senza le braccia di lui a cingerla.

A malincuore Elena dovette lasciarlo andare, nonostante ostentasse tranquillità per rassicurarla, i suoi muscoli ed il suo corpo tradivano la medesima ansia che provava lei.

“Perché sono suo nipote…sono il principe ereditario.”


Lo guardò allontanarsi verso il centro dell'acqua, in un attimo fu inghiottito dall’acqua lasciandola da sola.

Un’ondata di freddo la travolse, ma stavolta non dipese dall’aria.

 

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Capitolo 17
*** La corte reale ***


Capitolo 17 La corte reale

“sono il principe ereditario.”

Erano state quelle le ultime parole che le aveva rivolto Aris prima di scomparire davanti ai suoi occhi rimmergendosi in quella gelida acqua.
I capelli bagnati le ricadevano a ciocche sparse dentro e fuori la coperta, si portò le ginocchia al petto nel tentativo di recuperare un po’ di calore ma senza il ragazzo sentiva il gelo entrarle nell’anima.

Principe.

Aris era un principe.

Sicuramente era molto bello e gentile, ma già era abbastanza strano scoprire di essersi innamorata di un tritone, figuriamoci scoprire che oltre ad avere una coda era in più colui che avrebbe governato sul regno di Atlantica!

Si sentiva parecchio scombussolata da quella notizia così inaspettata anche se ovviamente i suoi sentimenti per lui non erano minimamente cambiati…

I subbi presero ad affollarle la mente, perché lui aveva scelto proprio lei? Poteva avere chiunque, era un principe ma aldilà di quello era bello, aggraziato, gentile, intelligente, spiritoso… neanche impegnandosi riusciva a trovargli qualche difetto, non che non li avesse solo non riusciva a vederli o meglio, li ignorava deliberatamente…

Starnutì rabbrividendo, stava congelando dal freddo quelle temperature non facevano per lei, si distese su un fianco socchiudendo gli occhi, aveva sonno e immaginò di trovarsi in quel momento al calduccio nel suo letto.

“non avresti dovuto fare andare via il tuo principino…” Una voce rauca spezzò il silenzio che da qualche minuto era sceso nella grotta.
Elena si mise in allerta. “chi sei? Chi c’è qui?!” credeva di essere da sola ed invece evidentemente c’era qualcuno in quel posto desolato dove si trovava adesso, qualcuno che aveva visto e sentito tutta la sua conversazione con Aris.

“Sono quasi più vecchia di queste grotte, figlia di umana.” Impercettibilmente vide una figura in lontananza, quasi si confondeva con le pareti rocciose tanto era grigia e smunta. Aveva i capelli bianchi e corti, la pelle violacea ma molto sbiadita, il volto scavato con le ossa sporgenti.

“sono stata rinchiusa qui, molto, molto tempo fa…” la figura tentò di alzarsi da un groviglio di tentacoli inermi, Elena si avvicinò lentamente per scrutarla meglio.

“Non abbastanza umana per morire, non abbastanza sirena per vivere…” le rispose alla sua muta domanda.

Quando la bionda si avvicinò notò che la parte inferiore era costituita da tentacoli viola quasi rinsecchiti. La donna, aveva le braccia sopra la testa, con i polsi stretti tra le morse di manette legate al muro.

“chi sei tu?” chiese scrutandola con attenzione.

“Ursula. Il mio nome è Ursula ed ero la maga di corte.

Doveva essere una persona pericolosa per essere stata rinchiusa lì ed avere inflitta una punizione come quella, eterna prigionia, né morte né vita vera; eppure nei suoi occhi spenti la ragazza non vi trovò alcun segno di malvagità, era vecchia, magra e debole, con lo sguardo perso nella rassegnazione.

“perché hai detto quelle cose prima? Sul non dover fare andare via Aris?” chiese confusa.

“perché Aris sta andando da Re Tritone. Lui è un re senza scrupoli, cattivo e meschino.”

Elena trattenne il fiato, era davvero una figura così pericolosa? Forse quella vecchia strega le stava raccontando solo menzogne, dopotutto era una criminale, quanto poteva valere la sua parola?

“Aris è suo nipote, per quanto cattivo possa essere non gli farà del male.” Rispose lei convinta.

“…tu credi bambina…” prese un fiato come se stesse per dire qualcosa di veramente difficile “ma come può un tritone che non ha scrupoli ad uccidere la propria figlia, risparmiare il proprio nipote?”

Sul suo sguardo si dipinse un’espressione di pura incredulità.

“Si…Elena… è stato lui ad uccidere Ariel.”

 

****

“dov’è la ragazza?”

Aris aveva appena varcato la soglia del palazzo quando sua zia, Adella le era venuta incontro preoccupata, a quanto pare le voci ad Atlantica giravano molto velocemente quando c’erano degli umani di mezzo.

“non è qui con me” le rispose vago. Non si fidava di nessuno e anche se era brutto dirlo men che meno della sua famiglia.
Sua zia Adella l’aveva praticamente cresciuto, era una delle figure più presenti nella sua vita ma anche una delle sirene più impiccione che lui avesse mai conosciuto, non si fermò a parlarle e continuò quindi a nuotare diretto alla sala del trono; questo però non fermò sua zia.

“il re è molto arrabbiato… non lo vedevo così dai tempi in cui…” la sua voce le si spense in un sussurro, sapevano entrambi che alludeva a sua madre.

“beh, non m’importa troppo quello che lui prova. Portare un essere umano qui è stato un rapimento bello e buono!”

“Aris!” lo rimproverò lei. “non dovresti parlare così, lo sai bene! Sei favorito dalla tua posizione ma non durerà per sempre”

Lui la scostò seccato lasciandola lì nel corridoio, gli lanciò una lunga occhiata e poi varcò da solo la soglia della sala del trono.
Al centro, seduto sul trono regale vi era tritone che con lo sguardo pensieroso fissava il pavimento, non appena lo vide si alzò di scatto come punto da un anguilla elettrica.

“Tu! Scellerato di un nipote!” l’aggredì verbalmente indicandolo con il dito proteso.

“salve nonno, è un piacere rivedervi anche per me!” gli rispose ironico avvicinandosi cauto.

“come hai potuto! Fare una cosa del genere alla tua famiglia… sai cos’hai combinato? Adesso per causa tua la situazione si è complicata ulteriormente… quella ragazza umana” sbuffò quello gesticolando vistosamente.

“non potete, nonno, trattenerla ancora qui. Il mare non è il suo elemento, stava morendo assiderata, le ho salvato la vita appena in tempo!”

Un sorriso beffardo gli trafisse il viso “sei identico a tua madre.” Sputò quelle parole come fossero veleno. “troppo sensibili per lasciare che un umano muoia.” Lo schernì.

“lei non è un umana qualunque!” forse Aris era stato troppo lontano da tritone negli ultimi tempi, ma lo trovava cambiato, più cinico e aggressivo, più agguerrito contro gli abitanti della terra ferma.

“fu quello che disse anche lei, tante belle parole sprecate sull’amore. Amore! Come se esistesse qualcosa del genere. Esiste solo il bisogno di riprodurre la specie, scegliendo compagni forti e sani… l’amore non è un fattore importante a questi fini.” Lo guardò serio.

“non crederai certo che m’importi qualcosa della ragazza che tu hai coinvolto in questa situazione…”

“perché allora l’avete fatta portare qui!?” sbottò lui che di stare calmo non ne sentiva ragione.

“ma mi sembra chiaro, no? Non ci arrivi? Perdonerò ogni tua frivolezza, ogni tua visita sul mondo umano, l’ordine sarà ristabilito e questa faccenda sarà dimenticata.”

“se…?” Ma ad Aris non importava granché dell’essere perdonato o meno, non si era mai sentito veramente parte di quella famiglia, suo padre e sua madre erano morti, quello era tutto ciò che contava, la sua linea di parentela per lui finiva lì. Tritone poi, sapeva essere subdolo e contorto, molte volte si era soffermato a pensare su come il re trattasse certe situazioni con tale freddezza e macchinazione da farlo rabbrividire al solo pensiero di condividere con lui una parte del suo sangue.

“se l’ucciderai.” Esordì quello come se avesse enunciato l’ovvio.

“che cosa?”  il ragazzo era sgomento, molte volte quando assisteva alle udienze con il re, alle sedute in tribunale, le decisioni da lui prese erano crudeli e immotivate, ma adesso aveva passato davvero un limite…com’era potuta uscire una cosa del genere dalla bocca del tritone che aveva davanti a sé? Pensare che avrebbe acconsentito a quella proposta era follia pura!

“hai sentito benissimo, uccidila e tutto tornerà come prima.” Prese una pausa. “Ovviamente sarà un esecuzione pubblica, dobbiamo far vedere al popolo che il principe ereditario sa qual è il suo posto.”

Aris era in preda allo shock, nella sua mente turbinavano una serie di pensieri che lo portavano tutti nella stessa direzione, prendere Elena e andare via di lì più in fretta possibile. Il suo sguardo si tinse di odio puro e rabbia. “Il mio posto, nonno, è con lei.” Parole dure, nette e precise arrivarono alle orecchie del re come fruste.

“come hai detto…?”

“ho detto NO. Non lo farò, né per compiacere il tuo popolo, né per compiacere te.”

Inizialmente il suo volto sbiancò sentendo pronunciare dal nipote quelle parole, una grossa risata piuttosto inopportuna prese il posto dell’espressione sgomenta di poco prima.

“tu… tu credi davvero nell’amore? Credi che questa umana farebbe lo stesso per te? rinuncerebbe a tutto? Alla sua stessa vita?” come una macchina ritornò di colpo serio. “Perché è questo che stai facendo Aris, stai voltando le spalle al tuo futuro, alla tua gente, alla tua stessa vita.”

“no, io mi sto opponendo all’assassinio di un’innocente. Della persona che amo.”

“assassinio… che termine brutto per una cosa coì banale.”

“la vita non è banale, così come la tua non è più preziosa di quella di un essere umano.”

Tritone tornò a sedersi sul trono calmo come se avesse la situazione in pugno. “ti metterò alla prova Aris… o meglio… metterò alla prova la ragazza umana che dici di amare.”

****
Elena non sapeva quasi nulla del passato della madre di Aris, della sirena per cui suo padre aveva lasciato sua madre. Da lui aveva colto qualche informazione su un incidente avuto qualche tempo dopo la sua nascita, era stato allevato dalle sue zie e da Eric sino a che anche quest’ultimo l’aveva lasciato da solo, solo in un mondo troppo spietato.

Ariel ha avuto un incidente…” disse senza troppa convinzione lei.

“Incidente? È questo quello che hanno raccontato a quel povero ragazzo?” sospirò. “non si è trattato di un incidente, io so bene come sono avvenute le cose, visto che ho preparato io stessa il veleno che l’ha uccisa.” Non c’era odio o altri sentimenti nelle sue parole, era come se stesse esponendo semplicemente i fatti, come se stesse raccontando un fatto di cronaca in maniera impersonale.

“ma io non sono tenuta a raccontarti nulla, piccola umana… quindi questi non sono affari tuoi” la liquidò con uno sguardo altezzoso.

Com’era possibile che prima le parlava in maniera molto confidenziale e poi d’un tratto voleva tenere per sé tutte le informazioni a quanto pareva top-secret sulla madre di Aris? Doveva scoprire di più… lo doveva ad Aris, per tutte le volte che l’aveva salvata, gli doveva almeno quel poco che poteva recuperare con le sue sole forze.

Si sedette di fronte, sempre in biancheria intima, con i vestiti raccolti in un mucchietto che giacevano in un angolo dove erano stati lanciati con foga, strinse forte a sé la coperta di lana, probabilmente era stata presa in qualche anfratto lì vicino, la teneva calda ma non così calda come prima.

“beh, se hai preparato tu il veleno per la principessa non puoi che meritarti questa punizione… dopotutto hai ucciso una persona…” fece scivolare fuori quelle parole come se non gliene importasse niente, come se fossero secondarie al suo riscaldarsi rannicchiata all’interno di quell’involucro.

Le parole ebbero l’effetto sperato facendo scattare immediatamente la risposta della strega. “io non volevo avvelenare quella piccina! Mi ha incastrata tritone! Ha addossato tutta la colpa a me quando lui stesso mi aveva commissionato il veleno.”

Elena la guardò in modo eloquente.

“sei scaltra, Elena… molto scaltra.” Asserì quella capendo ormai il suo gioco.

“beh tanto vale che ormai tu mi dica quello che devi…” l’esortò.

“perché dovrei?! La mia situazione non cambierà comunque! Sono condannata a stare qui dimenticata dal resto del mondo.” Sputò velenose quelle parole con una punta di nostalgia.

“semplicemente … come avrai notato sono molto vicina al principe,” si faceva ribrezzo lei stessa per il discorso che stava per fare, non era da lei scendere a patti e usare la diplomazia, ma lo faceva per Aris e ricordandosi questo trovò la forza di andare avanti. “e una voce amica che parli in tua difesa è sempre meglio di nessuna voce.”

La strega parve rifletterci un momento sù, probabilmente stava pensando che non aveva nulla da perdere vista la sua attuale condizione. Puntò i suoi occhi vitrei contro quelli della giovane.

“Bene. Allora ti dirò quello che so. Bada bene che è una storia lunga…”

“ho tanto tempo a disposizione.” Le sorrise di rimando tendendo le orecchie al massimo per non perdere nemmeno una parola della storia che stava per raccontarle Ursula.

“ecco come tutto iniziò.”

 

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Capitolo 18
*** La versione della strega ***


Capitolo 18 La Versione della strega

 

“di che prova stai parlando?” Aris era di fronte al re, i suoi muscoli del torace erano tesi al massimo pronti a guizzare al minimo segno di pericolo.

“vedi, nipote mio… tu sei sangue del mio sangue, figlio della mia bambina prediletta Ariel, unico erede maschio della famiglia reale e sai bene quanto sin da piccolo sei stato istruito per prendere un giorno il trono come mio successore.

Non permetterò che uno sfortunato incontro con un umana cambi i progetti fatti sin dal giorno della tua nascita.

Tu governerai Atlantica alla mia morte.

Così è deciso e così sarà.”

Il re giocherellò con uno dei tanti anelli che portava tra le dita, ognuno di quelli era il simbolo di una virtù che il sovrano doveva possedere e che venivano tramandati di generazione in generazione al regnante, purezza d’animo, Coraggio, Saggezza, Forza, erano solo alcune caratteristiche forgiate un tempo da antichi antenati su 7 anelli, ma di cui solo 4 erano giunti sino a loro, o almeno sette erano quelli indossati dal re.

“non capisco” sussurrò il ragazzo.

“porta qui l’umana, domani mattina sarà sottoposta alla prova”

“ma” fece per obiettare lui.

“Silenzio!” gridò il re. “porta qui la ragazza umana, poi rivelerò la prova che dovrete superare. Se la passerete ne usciremo tutti vincitori, nessuna sconfitta, nessuna perdita.”

“promettete di non ucciderla”

“non torcerò un solo capello alla giovane, nipote mio, questa è una promessa.”

“bene.” Si girò e tornò da dove era venuto. “ci vediamo domani mattina nonno.” Lo guardò ancora arrabbiato.

“a domani Aris” ricambiò il suo sguardo con un cenno della testa ed un sorriso beffardo. Dopo anni, era giunta l’ora di aggiungere un altro anello alla collezione reale e quella ragazza sembrava mandata apposta per adempiere a quella missione…

****
Elena si era seduta di fianco alla strega, le faceva molta pena ridotta in quello stato e non appena avesse rivisto Aris ne avrebbe subito parlato affinché facesse qualcosa per affievolire la sua agonia,

“c’è niente che posso fare…?” le sussurrò con delicatezza come se stesse parlando con una vecchietta.

La strega le rivolse uno sguardo pietoso. “un po’ d’acqua prima di iniziare ne vorrei bere un sorso, la mia storia è molto lunga…”

“ed io ho molto tempo” le rispose sorridendole “vado a prenderle dell’acqua”

La bionda si alzò e riluttante si avvicinò all’acqua fredda, s’abbasso per prendere un po’ d’acqua tra le mani unite a coppa quando per poco non vi cadde dentro dallo spavento.

“Aris! Mi hai spaventata a morte” Il tritone era spuntato all’improvviso dall’acqua e la fece cadere indietro presa alla sprovvista. Il tempo di recuperare la coperta marrone che se ne era andata un po’ per i fatti propri e il suo sguardo verde ripiombò negli occhi azzurri di lui, il cuore le prese a battere più velocemente, glielo si leggeva in faccia, c’era qualcosa che non andava.

“ehi, va tutto bene…? 

“in verità no”

Elena di certo non si aspettava una risposta così schietta così all’improvviso, il ragazzo si tirò a sedere vicino a lei “devo parlarti…” iniziò in tono serio.

“beh, in realtà anche io ho qualcosa da dirti…”

“il re ti vuole vedere domani per sottoporti ad una prova” “c’è una persona che può avere notizie di tua madre.” Parlarono contemporaneamente e gli ci volle un secondo per metabolizzare le parole dell’altro.

“che cosa?!” parlarono nuovamente in coro. Se non avessero avuto entrambi quelle espressioni preoccupate avrebbero sicuramente riso.

“parla prima tu” l’esortò lei dando un ordine a quella discussione.

Aris prese un respirò e le raccontò dell’incontro avuto con il re, tralasciando molto accuratamente i dettagli riguardanti la precedente proposta che il re che prevedeva il suo assassinio.

“cosa pensi che vorrà il re da me?” Era preoccupata, un incontro nuovamente sott’acqua con un monarca che non aveva buona fama di pacifista non era esattamente una delle prime cose che una ragazza di 17 anni desiderasse di fare…

“Elena” Aris le prese le mani e avvicinò il suo viso al suo. Capì che doveva aver ancor più paura di quell’incontro se leggeva negli occhi del ragazzo così tanta preoccupazione.

“non ti lascerò sola un istante, non permetterò ti facciano del male.” Le accarezzò i capelli in un gesto che voleva apparire rassicurante ma che tradiva anche qualcos’altro.

Lo guardò con gli occhioni spalancati, aveva paura e non poteva fare altro…

“stanotte resti qui con me?” chiese esitante, non voleva restare sola, non voleva che lui fosse lontano.

Il sorriso che lui le lanciò la rassicurò più di mille parole eppure lui l’aggiunse ugualmente. “certo”

 

Un colpo di tosse rauca ruppe l’atmosfera che si era creata riportandole alla mente ciò che stava facendo prima del suo arrivo; da quando Aris era ricomparso nella grotta tutto il resto era diventato secondario ma adesso c’era una faccenda che non poteva più essere rimandata.

 

“Adesso tocca a me dirti qualcosa, sempre se tu sei d’accordo…”gridò quell’ultima frase in modo tale che Ursula sentisse.

“Bambina mia, venite pure qua entrambi, è giusto che lui sappia.”

“che io sappia cosa?” la guardò interrogativo lui. “chi ha parlato?” le sussurrò cercando di non farsi sentire.

Elena lo guardò fisso negli occhi. “fidati di me” e dicendo ciò gli prese la mano e gli indicò dietro la parete la strega del mare.

I suoi occhi azzurri incontrarono quelli chiari slavati della strega, si guardarono intensamente per qualche minuto, poi ella proferì una frase che lo mandò in confusione.

“sei identico a tua madre.”

 

****


Attorno alla figura bistrattata di quella che una volta era una delle persone più importanti di Atlantica giacevano lì di fianco i due ragazzi, Elena seduta a gambe incrociate e Aris, il giovane tritone curioso di saperne di più.

“conoscevate mia madre?” ruppe lui il silenzio facendo sì che le sue parole rimbombassero più volte fra l’eco delle pareti.

La strega fece un maldestro tentativo di schiarirsi la gola, ma l’acqua che le aveva dato Elena non era una medicina guaritrice e tutte i lunghi anni di sofferenze erano percepibili dalla sua voce aspra e dura.

“Come stavo dicendo poco prima che arrivassi alla tua curiosa fidanzata umana, è una storia molto lunga”

I ragazzi si scambiarono un’occhiata veloce, Elena si domandò se anche Aris stesse pensando alla stessa cosa sua… la strega l’aveva chiamata fidanzata ma di ufficiale tra loro due non vi era ancora niente.
Certo, sino a qualche ora prima credevano ancora di essere fratelli e non vi era stato un solo momento di pace, ma prima o poi l’argomento sarebbe uscito a largo e…

“suvvia, parlerete dopo dei vostri problemi di coppia, volete o no sentire la mia storia?”

Rossi come due pomodori annuirono in silenzio.

La strega iniziò a parlare.

“Dopo la tragica morte della regina Atena tritone decise di prendere a corte un aiuto per educare e gestire le sue irrequiete figliole, Marina era una tata non troppo gentile e fece poi la fine che si meritava… ma questa comunque non è la sua storia, bensì la storia di come conobbi tua madre e l’allevai come fosse figlia mia.”

Aris l’ascoltava con attenzione.

“Il mio nome è stato dimenticato da tempo, una volta però ero conosciuta da tutti come Ursula la maga di corte, mi occupavo di pozioni e magia bianca, non ho mai infranto la legge né il codice delle sirene ma forse iniziai a sconfinare dal ruolo che mi era stato assegnato quando iniziai a prendermi cura della piccola bambina dai capelli rossi trascurata da tutti, la figlia minore del re: Ariel.
Il re non era mai stato nient’altro che un monarca, né un marito né un padre e le sue sei figlie erano state abbandonate a loro stesse crescendo supportandosi l’una con l’altra; tutte e sei avevano un rapporto molto unito ma lei, la settima, la piccola di casa era stata totalmente esclusa da tutti.

Ariel aveva sempre avuto un carattere estroverso ma le sue bizzarrie non erano condivise dal resto della famiglia reale così iniziarono ad isolarla, non aveva nessuno su cui contare…tranne me.

Diventammo poco a poco amiche, la piccola mi veniva a trovare spesso nell’ala del castello riservata a me, mi confidava i suoi segreti e le sue paure ed io poco alla volta inizia ad affezionarmi a quella testolina rossa che sbucava tra le ampolle sul tavolo e ficcava il suo nasino curioso tra i miei libri e assunsi per lei quel ruolo materno che le mancava prendendomene cura come fosse figlia mia.

Adorava cantare, aveva una splendida voce, a parer mio la più bella tra le sue sorelle e questo attirò su di sè ulteriore invidia. Piano piano la vidi crescere e a mia volta provai a educarla all’amore e ai buoni sentimenti, tutti valori che il re rinnegava.

Poi un giorno venne da me con gli occhi che le brillavano di gioia, non l’avevo mai vista così entusiasta di qualcosa. Mi raccontò che non lontano dalla spiaggia in cui era solita andare a passare le sue mattinate, aveva visto un giovane dai capelli neri come la notte e gli occhi azzurri come il cielo che stava dipingendo sulla riva della spiaggia, non aveva visto mai niente di così bello e rimase per tutto il tempo nascosta dietro uno scoglio ad osservarlo, ne era allo stesso tempo attratta e intimorita, era il primo essere umano che avesse mai visto, non poteva credere che dietro quella bellezza ci potesse essere una creatura rozza e sanguinaria così come le era stato insegnato.

Potete immaginare cosa sia successo dato che qui con me ci sei tu, Aris.”

Alla strega sfuggì un sorriso ripensando alla sua bambina che le raccontava la storia del suo primo incontro con Eric.

“Si innamorarono e nonostante le loro diversità il loro amore era quanto di più bello avessi mai visto, Ariel veniva sempre da me per raccontarmi tutto, ero la sua confidente e non tradii mai i suoi segreti.

Un giorno però venne da me terrorizzata, aveva scoperto di essere incinta.”

Ci fu un attimo di silenzio,

“lei…lei non mi voleva…?” Quelle parole uscirono a fatica dalla sua bocca, non c’era nulla di più brutto che non essere voluto dai propri genitori, essere frutto di un incidente.

“Non è come pensi tu” iniziò subito quella “era spaventata per quello che tritone le avrebbe potuto fare se mai avesse scoperto che si era innamorata di un umano.”

Timidamente Elena si fece avanti “ma come…? Cioè come è possibile che una sirena resti incinta?”

Seppur la sua domanda le risultò ridicola alle sue stesse orecchie Ursula non battè ciglio.

“Dimentico sempre che tu sei un umana, ma sai, è così strano vederti qui e partecipare ai nostri discorsi con così tanto interesse…
Vedi, le sirene quando escono completamente dall’acqua assumono forma umana… le tue conclusioni le potrai trarre da sola, quando arriva poi il momento in cui devono partorire si recano in grotte come questa, asciutte ma comunque sotto il livello del mare per dare alla luce come umane i loro figli e poi immetterli subito nell’acqua e fargli assumere la forma di sirena o tritone.”

“però…” si rivolse verso Aris che in quel momento era seduto all’asciutto completamente fuori dall’acqua con la sua coda verde lucente che brillava imperlata da minuscole gocce d’acqua salata “tu non puoi subire questa trasformazione…perché?”

“i tritoni possono, ma solo in primavera durante la stagione dell’accoppiamento, le coppie si recano nelle grotte umane e… si insomma fanno quello che devono.”

“quindi potrebbero anche “mettere incinte” delle umane?”

“Certamente, ma per loro è proibito avere relazioni con le umane. Se mai infatti un tritone mettesse incinta un umana il piccolo che nascerebbe sarebbe quasi certamente umano e al fine di perpetuare la nostra specie non è poi così utile.

Un tempo, molti e molti secoli fa, le sirene una volta gravide divoravano i loro compagni… come avrai intuito non sono proprio delle tenere creature bensì si nutrono di carne umana. Ciò portò ad una grave penuria di tritoni, la razza delle sirene per evitare l’estinzione iniziò a mischiare il proprio sangue con gli uomini umani dando vita a creature mezzo sangue. Creature come te Aris.”

Elena guardò Aris quasi istintivamente. Aveva nel cuore un macigno pesante.

poco alla volta i tritoni fecero la loro ricomparsa e così tritone per ripulire la razza emanò un editto cancellando quella barbara usanza, seppur pochi le prime coppie si formarono e il sangue delle sirene ricominciò a purificarsi.

Ariel non aveva intenzione di sposare un tritone scelto da suo padre, lei amava moltissimo tuo padre, ancor prima di scoprire di aspettare un figlio aveva già elaborato un piano per fuggire via”

“che piano?”

 Adattammo il suo piano alla sua nuova condizione, una volta partorita la bambina, era convinta che avrebbe avuto una femmina, mi aveva chiesto di prepararle una pozione che rendesse lei e la piccola permanentemente umane, voleva andare a vivere sulla terra per abbandonare per sempre quel mondo che le aveva dato solo dolore, Eric era l’unica persona che l’amasse davvero, che si sarebbe presa cura di lei e della loro figlioletta. Aveva insistito tanto affinché anche io andassi sulla terra con lei, avrei fatto da nonna al bambino ed io mi ero quasi persuasa ad abbandonare tutto per la sua felicità.”

“cosa accadde? Qualcosa dev’essere andato storto per forza.” Esclamò la ragazza.

quando tritone scoprì che Ariel era incinta andò su tutte le furie, più che altro perché non aveva scelto lui il suo compagno e quindi sarebbe nato uno sporco mezzosangue nella famiglia reale.”

La bionda vedè Aris stringere i pugni silenziosamente, doveva essere difficile per lui sentire tutte queste cose in una volta sola.

… ma, era pur sempre tritone e delle sue figlie non gliene importava nulla, erano tutte femmine e non cantavano per lui, non aveva avuto l’erede maschio e sperava che una delle sue altre sei figlie avrebbe avuto un maschio purosangue…

Ma quando Ariel ti diede alla luce, dal primo momento che ti vide capì che le cose non sarebbero andate come previsto, eri un maschio, il primo erede maschio in linea di discendenza al trono, tu eri destinato a regnare e tritone non le avrebbe mai permesso di portarti via.

Accantonò l’idea di andare a vivere sulla terra solo per fare calmare le acque, costrinse tritone a permetterle di andare più spesso sulla terra per farti vedere da Eric, era tuo padre dopotutto e ne aveva tutto il diritto.
Qualche tempo dopo, quando compisti due anni, Ariel mi chiese di preparare il tutto per la sua trasformazione e la tua, le sirene nonostante possano assumere la forma umana non possono stare molto tempo lontane dall’acqua, morirebbero; come invece dicevo poco fa per Aris era impossibile diventare umano da piccolo, la sua trasformazione sarebbe avvenuta non appena compiuti i diciotto anni così da poter diventare adulto.

Iniziai a preparare un filtro molto complesso che vi avrebbe resi entrambi permanentemente umani, ma a palazzo le voci corrono un po’ troppo e qualche voce arrivò all’orecchio di tritone il quale ovviamente mi chiese personalmente spiegazioni.

Mentii ed inventai scuse, ma ormai il dubbio si era instillato nella mente del re, aveva già programmato tutta la tua vita, avresti sposato una sirena ed ereditato il trono, Ariel non poteva portarti via da lui, avrebbe fatto di tutto per impedirglielo… proprio di tutto.

“stai dicendo che lui è in qualche modo responsabile della morte di mia madre?” chiese scioccato.

 

“no, sto dicendo che è stato lui ad ucciderla.”

 

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Capitolo 19
*** La proposta ***


Capitolo La proposta

 

“è stato lui ad ucciderla.”

Quelle parole riecheggiarono tra le pareti silenziose della grotta, ci fu un momento di silenzio o forse più di un momento.

Quella notizia lo aveva sconvolto.

Elena gli posò una mano sulla spalla, “Aris va tutto bene?”

“continua” disse lui in tono duro e aspro. “voglio sapere.”

“non è stato così difficile sai… L’avvelenò durante una cena versando una gran quantità di una pozione che io avevo preparato per lui nel suo calice; la colpa fu riversata su di me ovviamente, ero stata accusata di averle dato un potente antidepressivo per aiutarla dopo il periodo del parto e tutte le sue sorelle confermarono la versione del re”

Si avvicinò e lo fissò dritto negli occhi. “ma quello non era antidepressivo, no… era una pozione di tritone, sapevo riconoscere gli intrugli che creavo. Fui accusata di omicidio, di aver avvelenato la principessa con una dose letale di antidepressivo.”

“ma tu sapevi che tritone era il colpevole!” esclamò Aris infervorato

“Si certo, lo sapevo, ma non avevo prove a sufficienza, e poi se l’avessi accusato sarei stata condannata alla forca, invece così solo all’esilio… sono ancora viva e cosa ancora più importante ho avuto la possibilità di raccontarti la mia versione, la vera versione della tragica morte di tua mamma.” Concluse lei appoggiandosi nuovamente contro la fredda roccia.

“tu eri speciale sin da piccolo e tua madre non avrebbe permesso di farti rovinare la vita così come tritone aveva fatto con la sua.”

La strega finì di parlare ed il silenzio ricadde nella grotta. Elena cercò la mano del ragazzo e gliela strinse, non poteva nemmeno immaginare come lui si sentisse in quel momento, aveva scoperto che ciò in cui aveva sempre creduto era una bugia, una farsa organizzata dal re.

“sono contenta di averti potuto rivedere Aris, speravo tanto un giorno di avere quest’opportunità.” Lo guardò lei con gli occhi che luccicavano di commozione

“Ariel sarebbe fiera nel vedere il tritone che sei diventato, tu non sei come tuo nonno, puoi anche avere il suo stesso sangue scorrere nelle vene ma hai il cuore di tua madre.”

Le parole della strega furono le ultime quella notte, dopo aver terminato il suo racconto Aris si era chiuso in se stesso a riflettere sul da farsi, si era appoggiato accanto ad Elena sulla roccia fredda e immergendosi nei suoi pensieri non si era nemmeno accorto che a parte lui tutti erano sprofondati nella quiete del sonno.

Lui però non riusciva a dormire, sapeva di dover riposare in previsione della giornata seguente ma non si dava pace per la storia che gli era stata appena raccontata, dopo la morte di suo padre le sue zie e suo nonno erano tutto ciò a cui si era aggrappato, la sua unica famiglia. Scoprire che tutto quello che gli era stato insegnato fosse frutto di una manipolazione era terribile, tutto avvenuto per una stupida corona, sì perché nonostante sin da piccolo gli avessero inculcato l’amore per il potere della quale un giorno non lontano sarebbe entrato in possesso, lui aveva sempre sentito nel suo cuore che quello non era il suo destino. Se non era più chi credeva di essere allora quale era dunque la sua strada? Sempre più tormentato alla fine fu vinto dal sonno, al suo risveglio trovò gli occhi nocciola della ragazza seduta al suo fianco che lo scrutavano preoccupati.

“stai bene?”

Si scrollò di dosso gli ultimi torpori del sonno, non era abituato a dormire fuori dall’acqua e quella sensazione non gli piaceva affatto.

“ho solo bisogno di una nuotatina” si sgranchì la schiena, la sua pelle era arida e notò che la sua coda aveva perso la sua solita brillantezza in favore di piccole crepette che non appena venivano sfiorate dolevano da morire.

“non hai un bell’aspetto” la bionda l’aiutò ad avvicinarsi alla “pozza”.

“certo che non ha un bell’aspetto! Sei stato un incosciente Aris! Dormire una notte intera fuori dall’acqua… ma cosa ti dice il cervello?” lo sgridò la strega ben conscia dei pericoli che una notte all’aria aperta poteva avere sulle creature del mare.

Non appena rientrò nell’acqua fu come se fosse attraversato da una scarica di adrenalina, s’immerse e scomparve alla loro vista per una decina di minuti.

“Stà traquilla,” fu come se la strega le avesse letto nella mente, “era solo un po’ disidratato, piuttosto” continuò “preferirei che non andaste ma non posso certo fermarvi. Stai molto attenta, non fidarti per nessuna ragione di tritone, potrà sembrarti gentile, amichevole, perfino buono ma ricordati chi è veramente e che non ha mai nessuno scrupolo. Raggiungerà i suoi scopi con o senza te perciò” Aris riemerse dall’acqua all’improvviso e la strega fu costretta ad interrompersi, a quanto pareva si fidava molto di lei.

 “Dobbiamo andare” Aris lo disse contro la sua volontà ma sapeva che non vi erano altre vie di fuga, le tese la mano per aiutarla ad entrare in acqua. Elena annuì anche se portava nel cuore gli stessi timori che vedeva riflessi negli occhi di lui.

“stai sempre in guardia.” Sillabò la strega mentre le rivolgeva uno sguardo di saluto, poi tutto divenne nuovamente freddo e le sue membra furono circondate dal gelido morso dell’acqua.

****

Non avevano molto tempo Aris ne era consapevole, Elena non poteva sopportare per molto la pressione e il freddo del mare perciò nuotò il più velocemente che poteva tenendola stretta fra le braccia.

Quasi avesse letto i pensieri nella sua testa Aris le sussurrò di stare tranquilla ma seppur fossero state sussurrate con tono dolce quelle parole non servirono a calmarla. Come sarebbe andato l’incontro con il re? Avrebbe fatto una buona impressione o avrebbe tentato di ucciderla non appena avesse messo piede a palazzo??

Le sue congetture dovettero terminare d’improvviso quando le porte principali del castello si spalancarono sotto il suo sguardo inebetito.

“siamo arrivati.”

****

Non c’erano parole per descrivere la magnificenza del palazzo, non appena entrati Aris la portò al suo fianco tenendole solamente la mano, se avesse dovuto incontrare il re di certo non avrebbe dovuto avere quell’aria spaurita, cercò quindi di darsi un contegno, voleva apparire forte e determinata; voleva che il re la prendesse sul serio.

“Andrà tutto bene” furono le parole proferite da Aris poco prima di sentirlo bussare alla grande porta decorata con bassorilievi mitologici che li separava dalla sala del trono.

“Avanti” tuonò la voce del re. Ed Elena capì che nonostante tutti i suoi sforzi era impossibile non avere paura di una figura del genere.

****

Seduto in cima al trono decorato con altorilievi e pietre preziose Re Tritone era adornato da un’aura regale. Era grande e possente, forse alto due metri ma con la lunga coda era impossibile stabilirlo con certezza, le spalle grandi erano quasi ricoperte da una folta capigliatura bianca che faceva risaltare la corona d’oro massiccio posata sulla sua testa. Sotto un’altrettanta folta barba era possibile scorgere dei lineamenti duri scavati nelle ossa del cranio che ne abbrutivano l’espressione, per un attimo i suoi occhi di freddo ghiaccio e quelli nocciola di Elena s’incrociarono. Ella ne vide un abisso senza fondo, collera rabbia e furia, ed erano tutti sentimenti provocati dalla sua presenza, poi con una forte autodisciplina tutto quel rancore s’affievolì tentando di addolcire la sua espressione. Ormai però era tardi, El aveva visto tutto e non aveva bisogno di ulteriori raccomandazioni per rendersi conto che il tritone che aveva davanti era probabilmente la più pericolosa figura nella quale si sarebbe mai trovata dinnanzi.

“Ebbene, tu sei la graziosa umana che avrebbe stregato il cuore del mio diletto Nipote.” La sua voce profonda risultò melliflua e chiaramente falsa.

“Sono Elena Greene Vostra altezza” si trovò un momento a disagio lei, a scuola non insegnavano mica come parlare con dei sovrani!

Spendente e solare* sprizzi insana aria terrestre da ogni tua fibra!” la schernì.

Aris si fece avanti per difenderla ma lei lo fermò con un braccio facendogli segno di stare calmo.

Il re nemmeno se ne accorse ed iniziò a tamburellare sul trono, non sembrava affatto nervoso se non fosse per quel gesto che tradiva una certa impazienza.

“ieri pomeriggio ho proposto al mio caro nipote una soluzione che avrebbe risolto tutti i problemi,”

La bionda vide i muscoli del ragazzo irrigidirsi, la mascella serrarsi, lui non le aveva detto nulla di quella proposta.

Re tritone guardò subdolamente Aris come a volergli dire “lo dico io o lo dici tu?” ma non parlò effettivamente dei termini della proposta.

“Lui ha rifiutato come avrai ben capito e adesso mi ritrovo a farti questa proposta di persona, se sarai davvero innamorata di lui così come Aris crede, farai la cosa migliore.”

“in cosa consiste la proposta?” chiese scetticamente lei

“io non posso separarmi da mio nipote e strappare un principe al suo regno sarebbe un gesto sin troppo ignobile persino per un umano…Atlantica ha bisogno di Aris così come un re ha bisogno di un successore. Ma lui non ha intenzione di restare qui se non ci sarai anche tu con lui.”

Prese un pausa premeditamene studiata.

“si Elena, hai capito bene. Ti sto chiedendo di diventare un creatura degli abissi come noi.”

****

Abisso, Elena non conosceva davvero il significato di quella parola ma adesso le veniva imposto più che offerto il privilegio di farne parte; se avesse rifiutato il re avrebbe trovato ugualmente il modo di fare rimanere Aris in fondo al Mare, le parole della strega riecheggiavano nelle sue orecchie con o senza te”.

“va bene, lo farò” passarono pochi secondi e la sua risposta apparve quasi immediata, il re fu quasi sorpreso. Probabilmente non la riteneva all’altezza della situazione e cosa peggiore, l’aveva sottovalutata.

Diventare una creatura del mare avrebbe comportato grandi sacrifici, grandi rinunce ma era anche l’unico modo per provare al re che il loro amore era un sentimento reale, che era puro e che poteva spingere a farti fare qualunque cosa per l’altro.

Il re sorrise beffardamente, sapeva che la ragazza non sarebbe mai sopravvissuta al rito di passaggio e non sarebbe mai diventata una sirena, aveva ottenuto lo stesso ciò che voleva ovvero la sua morte, certo lei l’avrebbe resa più lenta e travagliata con quell’ultimo suo atto di coraggio volendo dimostrare a tutti i costi di credere nell’amore ma il suo cuore sarebbe stato ancora più pregiato e il gioiello che avrebbero forgiato ancora più potente…

Aris la guardò, era spaventato dall’idea di cosa lei avrebbe dovuto affrontare. Ancora una volta quell’uomo gli stava rovinando la vita.

“non hai esitato un momento neppure tu… direi che sembrate piuttosto convincenti”

Ancora una volta Aris si fece avanti per parlare ma Elena lo fermò, sapeva che qualunque cosa avrebbe detto lo avrebbe fatto per proteggerla ma adesso era lei che voleva fare qualcosa per lui, gli doveva la sua vita e quella di sua madre, quello sembrava un sacrificio sopportabile.

“di cosa state parlando?” chiese confusa.

“Oh Aris,” si finse stupito “non gliel’hai raccontato?”

Il suo sguardo si fece di fuoco mentre vide il tritone comodamente seduto sul trono esporre con calma quello che lui aveva opportunamente deciso di omettere dal suo racconto a Elena.

“sai, i nostri problemi sarebbero finiti subito se avesse accettato; non gli chiedevo poi un gesto così estremo come quello che ho proposto a te, posso asserire quindi che tu sia stata molto più coraggiosa del tuo innamorato. Tutto sarebbe tornato esattamente come prima se lui ti avesse uccisa, con un esecuzione pubblica davanti all’intero regno. Ma a quanto pare preferite le vie più difficili…”

La sua presa dalla mano di Aris si fece più debole, per quanto si sforzasse di non darlo a vedere era rimasta seriamente scioccata quando quelle parole erano uscite dalla sua bocca barbuta. Quel pomeriggio mentre lei era rimasta avvolta nella coperta di lana a rimuginare sul loro bacio ad Aris era stato proposto di ucciderla. Dal momento in cui era entrata nella sua vita aveva corso quel pericolo sempre, non aveva mai realizzato quanto fosse pericoloso il suo mondo, quanto potenzialmente pericoloso fosse lui.

Aris non aveva esitato, aveva detto No, così come lei aveva detto Si al re.

“Elena io” Aris avrebbe voluto spiegarle tutto ma quello non era il momento giusto, gli era venuto in mente un piano e seppur avesse qualche lacuna da definire doveva almeno riuscire ad ottenere quella piccola concessione dal re.

“Il processo per diventare una sirena è una pratica molto antica e quasi del tutto sconosciuta, come hai intenzione di fare nonno?”

Il re parve un momento sorpreso poi si riprese “conosco una strega, una vecchia maga molto potente e pericolosa che potrebbe conoscere quest’antica magia”

“chi?” insistette lui

“una signora dal cuore nero, dai crimini troppo cruenti perché sia io a rivelarteli,”

“allora non possiamo assolutamente fidarci di lei!” Aris lo disse convinto anche se già aveva un idea del nome che il re avrebbe pronunziato

“Oh, Fidati di me… dopo tanti anni di prigionia Ursula farebbe di tutto pur di uscire da quel buco dove l’abbiamo rinchiusa.”

Elena guardò Aris confusa, leggeva nei suoi occhi che aveva in mente un piano, ma di cosa si trattasse le era ignoto.

“Abbiamo dunque la tua parola, re Tritone?”

“Certamente” Asserì lui. “Rimangono solo da definire alcuni dettagli…” rispose vago.

 

 

 

 

* Il significato del nome Elena è splendente di solito associato allo splendore del sole

 

 

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Capitolo 20
*** Il prezzo della libertà ***


Capitolo 20 Il prezzo della libertà

 

I dettagli di cui re tritone voleva discutere altro non consistevano nel sapere quando e in che modo la cerimonia del passaggio di Elena sarebbe avvenuta.

Dal momento in cui Aris aveva sentito uscire quelle parole da Elena, parole che accettavano la proposta di suo nonno, nemmeno lui era riuscito a capire bene cosa le passasse per la testa. Lei non aveva idea di quello a cui aveva accettato di sottoporsi, era una pazzia!

Avrebbe voluto guardarla dritto negli occhi, scuoterla dai suoi pensieri e farla ragionare ma ormai lei aveva dato la sua risposta e agli occhi di tritone non poteva far vedere il suo disappunto; prese un appunto mentale di tutto quello che le avrebbe detto quando sarebbero stati di nuovo soli, adesso doveva attendere che quel colloquio infernale giungesse al suo termine.

“direi che siamo giunti ad un accordo” esclamò il re con un ghigno soddisfatto ben in mostra. “visto Aris, ognuno otterrà esattamente ciò che vuole, tu la tua bella ed io il mio erede al trono.”

“Elena allora è libera di ritornare a casa”

“Assolutamente NO!” fu categorico quello.

A questo punto Elena si fece un po’ da parte lasciando parlare Aris.

“Ma non può rimanere troppo a lungo sott’acqua! È ancora un’umana!”

“Beh, tra non molto non lo sarà più…; mi metterò in contatto al più presto con la strega del mare, lei deve rimanere qui. Portala dove vuoi ma che non lasci per nessuna ragione le profondità marine.” Il suo tono non ammetteva repliche.

Bene,” Aris si voltò prendendo per mano Elena. “Attendiamo tue notizie nonno”

“Manderò qualcuno a chiamarvi quando tutto sarà pronto”.

Tritone e Aris si guardarono negli occhi, tritone aveva un’espressione compiaciuta come di chi ha appena vinto una battaglia feroce, Aris di chi aveva appena perso una battaglia ma sapeva bene che c’era ancora una guerra aperta da combattere.

Non appena le porte si richiusero alle loro spalle quella terribile mattinata finì.

Aris” il tritone si era messo a nuotare talmente velocemente che la povera ragazza più che nuotare era letteralmente trascinata da lui.

“non abbiamo tempo Elena, dobbiamo arrivare alla strega del mare prima di lui!”

Fecero la strada in un turbinio di bolle.

“ma cosa sta succedendo?!” lei era sempre più confusa e il silenzio del ragazzo di certo non l’aiutava!

“basta, mi rifiuto di seguirti se non mi dici subito cosa sta succedendo!” si divincolò dalla sua stretta costringendolo a voltarsi verso di lei, le lasciò il polso per metterle entrambe le mani sopra le spalle poi la guardò seriamente. “non gli permetterò di farti questo”

“cosa? Che vuoi dire?”

“la trasformazione! Elena tu non ti sottoporrai a questo.”

“è il minino! Tu mi hai sempre protetta, sempre salvato la vita, persino quella di mia madre… se non fosse per te io non sarei nemmeno qui.” Il suo tono da concitato divenne più calmo. “tu hai passato un sacco di guai, e continui a rischiare per me… avresti potuto…” sussurrò davvero a voce bassissima volgendo lo sguardo verso il basso “uccidermi, e risolvere tutti i tuoi problemi”

Aris tolse le mani dalle sue spalle sgomento. “è questo che pensi? Che tu sia solo un problema per me??”

Le non parlò ma si limitò a sollevare lo sguardo.

“tu non sei un problema. E se anche lo fossi, vorrei che mi riempissi di problemi tutti i giorni solo per poterti stare accanto” le sollevò il viso con due dita. “non posso tollerare nemmeno l’idea che qualcuno ti faccia del male.”

“è una mia scelta” sussurrò sentendo che la sua determinazione era sempre più in calo da quando Aris aveva preso a fissarla con i suoi grandi occhi azzurri “no Elena, non capisci, non potresti mai sopravvivere al processo, sono più che sicuro che sia un modo per ucciderti”

La ragazza rimase momentaneamente di sasso, a quell’eventualità non aveva ancora pensato.

Lui percepì di averla messa davvero in allarme adesso. Le accarezzò una guancia “sta tranquilla, non smetterò di proteggerti, andrà tutto bene. Ho un piano. Fidati di me.”

“come sempre” gli sorrise lei di rimando.

Le riprese la mano, stavolta più dolcemente e con un sorriso malinconico l’esortò a seguirlo.

 

****

La strega del mare giaceva nello stesso identico punto dal momento in cui i ragazzi erano andati via, sapeva che quel breve momento di gioia sarebbe passato presto, la compagnia di quei due ragazzi era terminata e adesso era ritornata alla sua condizione d’attesa iniziale, in cui sperava ogni minuto che la morte la strappasse alla sua sofferenza.
Dei gorgoglii la strapparono ai suoi malinconici pensieri, dalla piscina naturale stava riemergendo qualcosa; si sporse più avanti per cercare di capire cosa fosse quando i due ragazzi emersero con delle facce che non facevano presagire niente di buono.

“Abbiamo pochissimo tempo,” esordì il giovane tritone con tono allarmato. Si arrampicarono sulle rocce adiacenti sino a raggiungerla, “ma prima devi sapere cosa è successo.”

Aris aveva iniziato un racconto breve e conciso in cui aveva spiegato ad Ursula i termini del patto con il re e di come Elena si fosse esposta così tanto accettando subito la sua richiesta. Mentre il rosso parlava la ragazza seduta al suo fianco non disse una parola, guardava fisso le rocce sottostanti con sguardo smarrito, si distolse dai suoi pensieri solo quando Ursula le si rivolse con tono di rimprovero.

“è perfettamente fuori questione che tu ti sottoponga a questo processo, bambina mia”

Elena non fece nulla per nascondere l’espressione addolorata che di lì a poco le comparve in viso.

“ci tieni davvero così tanto a lasciare la tua famiglia, la tua vita sulla terra, il poter essere umana?” le chiese leggendo le sue mute espressioni.

 “no… non è per quello.”

Ed Elena infatti non mentiva, non c’era nessuno al mondo a cui volesse più bene che a sua madre, ma dopo averlo incontrato, dopo aver conosciuto quel bizzarro ragazzo dai capelli arruffati e la coda di tritone aveva provato per la prima volta nella sua vita un altro tipo di amore, uno più intenso e abnegante, diverso da quello che provava per sua madre che la portava a compiere delle scelte irrazionali e a rischiare tutto pur di non perderlo. Le sarebbe mancato tutto del suo mondo ne era certa, dal correre su due gambe per le strade caotiche della mattina, al sorriso di sua madre che la riaccoglieva quando tornava da scuola.

“è l’unico modo per poter stare con lui” sussurrò in un soffio alla fine.

“El” Aris si voltò a guardarla, era per questo quindi che insisteva così tanto...

L’attirò al suo fianco e l’abbracciò.

“Per diventare una creatura del mare il processo è arduo e doloroso,” prese a spiegarle la strega “le tue gambe devono diventare coda, la tua pelle resistente all’acqua, e prima che ti crescano le branchie passerai momenti davvero dolorosi.”

“Le probabilità che tu sopravviva ad un cambiamento del genere sono molto basse,” concluse per lei Aris, le prese ad accarezzare la testa con affetto “come essere umano non sopravvivresti mai ad un trattamento del genere. È contro natura.”

Ci fu un attimo di silenzio, poi il ragazzo proseguì.

“per questo sarò io a diventare umano”

****
Quelle parole le rimbombarono nelle orecchie seppur sussurrate cautamente; dal principio non fu in grado di articolare una risposta, poi sollevò il suo sguardo interrogativo per incontrare di sfuggita il suo, calmo e sicuro di sé.

“diventerò un umano, ho più chance di riuscirci.” Non parlava più con lei, stava impartendo ordini alla strega, Elena non l’aveva mai visto così autoritario.

“mia madre è morta nel tentativo di vedere il suo sogno di una vita normale realizzato, sognava di vivere il resto della sua esistenza con mio padre ma le fu impedito; ha pagato con la vita il prezzo del suo desiderio.” Dagli occhi della strega Aris passò a guardare la ragazza che stringeva tra le braccia “ma adesso la storia si ripete,” i suoi occhi azzurri si scontrarono con quelli cangianti di lei,

“Voglio proteggerti Elena, voglio restare con te per sempre.”

Un guizzo di paura le lampeggiò negli occhi, nessuno le aveva mai detto una cosa simile, e la vastità di quel sentimento la faceva sentire smarrita, per sempre voleva dire molto tempo ma se volevano davvero portare avanti la loro relazione uno dei due avrebbe dovuto fare dei cambiamenti per l’altro, era inevitabile; dopotutto era quello che lei aveva fatto poco prima, rinunciare a tutto per lui seppur senza dirlo con parole così dirette.

“Attueremo lo stesso piano che tanti anni fa elaborò mia madre, ma stavolta non ci saranno errori. Per fare questo Ursula, abbiamo bisogno del tuo aiuto.”

 “Sempre al vostro servizio maestà.”

“porterò a casa Elena, coì almeno lei sarà al sicuro.

Re tritone ti farà liberare molto presto, se rispetterà davvero i patti ti chiederà di preparare una pozione di trasformazione per lei.”

Aris alludeva alla possibilità che Tritone commissionasse la preparazione di un potente veleno per ucciderla ancor prima di essere sopposta alla prova.

“tu invece dovrai preparare due filtri per rendere la trasformazione da umani definitiva, una volta ultimati andremo sulla terra.”

“Aris, quando iniziai a preparare il filtro per tua madre era un inibitore che la rendesse stabilmente un essere umano, non so bene che effetti potrebbe avere la stessa pozione su di te, come sai i tritoni non possono trasformarsi a loro piacimento in esseri umani, lo fanno solamente in determinati periodi dell’anno. Dovrò studiare un po’ prima di poter preparare qualcosa.” La strega sembrava pensierosa, il piano semplice esposto da Aris sembrava incontrare i primi intoppi.

“quanto tempo ci vorrà?” chiese Elena.

“proprio non saprei, posso solo dire che non sarà una cosa da uno o due giorni, potrebbe volerci un po’ più di tempo… una settimana, un mese, chi lo sa…”

Dei rumori d’acqua li fecero sussultare. “sarà meglio iniziare ad andare, la strada per il rientro è lunga e noi non dobbiamo attirare troppo l’attenzione. Ursula, vorrei che quando giungerà il momento tu sia ancora al mio fianco, vorrei venissi con me sulla terra…”

“penso che il mio compito qui sia finito,” gli sorrise debolmente commossa mentre una lacrima lucente le scendeva lungo lo zigomo.  “sarà per me un immensa gioia venire con te.”

“bene, allora buona fortuna” le disse Aris prendendo Elena con sé.

“anche a voi”

Si scambiarono un cenno d’intesa, poi i ragazzi scomparvero alla sua vista, ancora una volta era rimasta da sola, solo che stavolta non lo sarebbe stata ancora per molto; nella sua testa iniziarono a frullare mille idee diverse sulle varie pozioni che avrebbe potuto creare per la loro trasformazione, pensiero di avere nuovamente uno scopo le riempì il cuore di gioia.

D’un tratto all’interno della grotta risuonarono un insieme di armi e trombe, poi proprio dal centro emerse in tutta la sua magnificenza re Tritone brandendo solennemente il suo tridente.

Lui era l’unico che aveva il potere di liberarla.

La strega fece un ampio sorriso.

“Ursula” tuonò la sua voce tra le pareti rocciose.

“vi concederò un periodo di libertà in cambio dei vostri servigi per me.” continuò lui. “al termine della quale sarete ricondotta qui per continuare a scontare la vostra condanna. Accettate dunque di collaborare ?” le puntò contro il tridente con fare minaccioso, il “no” non era una risposta contemplata.

In altri casi la strega gli avrebbe risposto a tono, si sarebbe vendicata per tutto quello che le aveva fatto passare, per aver ucciso la sua piccina, ma adesso aveva bene in mente quale fosse divenuto il suo nuovo scopo.

Gli sorrise.

Con una luce negli occhi pari a quella della giovane strega che era stata gli rispose suadente.

“sapevo che prima o tardi, sarebbe arrivato questo momento”

Poi un lampo verde accecante l’illuminò, fu costretta a chiudere gli occhi tanta era la sua intensità.

Quando li riaprì le catene che la tenevano legata erano infrante.

Era di nuovo libera.

 

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Capitolo 21
*** Ritorno sulla terra ***


Capitolo 21 Ritorno sulla terra

 

Elena era rimasta stretta ad Aris per tutto il lungo tragitto, adesso che avevano un po’ di tempo per stare insieme lei gli raccontò per filo e per segno gli avvenimenti successi appena qualche giorno prima all’ospedale.

Quelle conversazioni adesso le sembravano così distanti, fatte quasi da un'altra se stessa…

Gli raccontò di come aveva scoperto di suo padre, di come sua madre avesse avuto una doppia relazione al college, e di come una volta rimasta incinta il suo vero padre le aveva abbandonate spingendo sua madre a sposare Eric.

“cosa hai intenzione di fare adesso? Intendo con quello che dovrebbe essere il tuo vero padre”

Aris aveva ascoltato il lungo racconto in religioso silenzio, l’aveva fatta sfogare, nel suo racconto c’erano molte note dolorose, se lui aveva scoperto che sua madre era stata uccisa da suo nonno, anche sapere di non essere voluti dal proprio padre non doveva essere una bella cosa, in fondo lui era stato sempre amato. Per una volta si mise nei panni della ragazza e si rese conto di quando sino a quel momento avesse dovuto soffrire la solitudine, nessuno meglio di lui la poteva capire.

“non lo so… non ho avuto molto tempo per pensarci, ma credo che le mie priorità in questo momento siano altre.”

Aris nuotò lungo le gallerie per riaccompagnarla direttamente nella grotta sotterranea, dovevano essere cauti e non farsi vedere da nessuno.

Elena non ne poteva proprio più di essere bagnata fradicia, si sedette sulla roccia e iniziò a strizzarsi i capelli chiari.

Il ragazzo si appoggiò con le braccia conserte alla roccia intento ad osservarla in ogni suo piccolo movimento.

“quando sarò andato via, sta lontana dall’acqua per un po’…”

Elena lo guardò con gli occhioni verdi ancora lucidi per il sale “non potresti restare qui…? È rischioso per te tornare laggiù, se dovessero scoprire il nostro piano?”

Il tritone la guardò dritta negli occhi. “non ho altra scelta.”

“magari potresti stare qui da me, potrei riempire la vasca d’acqua salata e potresti stare lì per un po’,” la bionda iniziò a parlare a vanvera proponendo le ipotesi più assurde e strampalate anche se sapeva anche lei che lui non avrebbe mai accettato.

Fu gentile. Non le disse nulla.

Le fece un sorriso triste ed in quello stavano tutte le sue motivazioni.

“non appena la pozione sarà pronta verrò da te.” le chiuse una mano sulla sua, il contrasto fra le loro temperature la fece rabbrividire. “abbi fiducia in me.”

Per tutta risposta la ragazza si alzò, e scomparve dalla sua vista per qualche minuto, si sentì un rumore di chiavistello e poi un tonfo; dopo un po’ la ragazza tornò reggendo la chiave della botola in una mano.

“quando tornerai ti servirà questa” si chinò su di lui e gli mise al collo una catenina con la chiave della botola. Era andata ad aprire l’apertura prima di consegnargliela definitivamente.

“ma tu come farai? Se la tengo io rimarrà aperta e qualcuno potrebbe trovarla e”

“sta calmo, chiuderò a chiave la cantina ma lascerò al suo interno una copia della chiave così una volta dentro la potrai aprire tu stesso. La metterò sotto il tappeto, nel posto più scontato del mondo,”

Poi una lacrima le scese dal volto. C’erano tanti punti interrogativi in quel piano, se la pozione non avesse funzionato Aris non sarebbe mai potuto andare da lei, se fossero stati scoperti prima invece la punizione sarebbe stata molto più severa, inoltre c’era ancora la possibilità che il re mandasse le sue guardie a cercarla.

Aris si sporse e le accarezzò il volto asciugandole con un polpastrello la sua lacrima.

“questo non è un Addio” le disse avvicinandosi.

“andrà tutto bene vedrai” la abbracciò, era fredda bagnata e frastornata, entrambi sapevano di non avere altra scelta.

“non ci mettere troppo tempo” scherzò lei staccandosi a malincuore da lui.

Il silenzio scese di nuovo nella grotta, poi Aris sollevò una mano e le fece un saluto.

“ciao” le disse immergendosi prima che potesse davvero cambiare idea e decidere di restare con lei.

“ciao” mormorò lei di rimando voltandosi per risalire in casa.

Aveva lasciato il suo abbraccio, così caldo e accogliente, si sentiva come svuotata tutto d’un tratto, niente aveva più senso se loro due non erano insieme, sapeva che avrebbe dovuto imparare a convivere con quell’ansia di perderlo, eppure quando salì in cantina e socchiuse la porta della botola si accasciò sul pavimento sbattendo i pugni contro le assi di legno, piangendo lacrime amare.

Ogni boccata d’aria era una sofferenza, separarsi sembrava quanto di più sbagliato potesse mai esserci, ma doveva essere forte, pianse tutte le sue lacrime e poi si ridiede un contegno, man a mano i suoi pensieri sulla sua vita quotidiana ricominciarono ad affiorare come se sott’acqua non avessero avuto abbastanza spazio per emergere.

Sua madre.

Doveva andare in ospedale, doveva vedere come stava.

Si alzò barcollando, sistemò il tappeto a nascondere la botola aperta, poi mosse qualche passo verso la porta, la richiuse a chiave, durante quei giorni avrebbe dovuto farne una copia.

“Elena sei tu?” una voce familiare risuonò nel corridoio, alla bionda accapponò la pelle,

non sapeva nemmeno che giorno fosse ma quella era inevitabilmente la voce di sua madre, doveva essere stata dimessa.

“ehm, si mamma, sono io.” corse su per le scale sperando di non incrociarla per il corridoio. Era vestita e completamente bagnata fradicia e per di più era arrivata dalla cantina, sua madre avrebbe certamente sospettato qualcosa!

“Tesoro ma dove sei stata? Credevo tornassi all’ospedale, capisco che gli ultimi eventi ti hanno scossa molto ma dovremmo proprio parlarne” la sua voce si avvicinò ed Elena riuscì a chiudersi in camera sua poco prima che sua madre sbucasse dalla camera a fianco.

“Ne possiamo parlare dopo magari?” La bionda tentò di mantenere un tono di voce calmo ma la sua voce la tradì, improvvisamente ricominciò a piangere, ma fu sollevata che sua madre non potesse vederla.

Rachel era proprio dietro la porta di sua figlia, quando ad un tratto la sentì singhiozzare sommessamente. “oh tesoro” le disse in tono comprensivo.

“sto bene mamma, davvero.” Sua madre non poteva immaginare che non stava piangendo per ciò che pensava lei.

“va bene, ti lascio rasserenare un po’, però dopo ne riparliamo, ok?”

“si” annuì nonostante lei non potesse vederla.

“vedrai, ho delle buone notizie che sicuramente ti sapranno tirare su di morale”

 Quando udì i suoi passi allontanarsi da dietro la sua porta tirò un sospiro di sollievo. Si diresse verso la doccia dove avrebbe lavato via tutta quella disperazione che improvvisamente sentiva salire a galla dopo quei terribili momenti passati in fondo al mare.

 

****

“quando sono tornata questa mattina e non ti ho trovato a casa mi sono preoccupata… non rispondevi nemmeno al cellulare,”

Elena e sua madre erano sedute a tavola con un bel piatto fumante di arrosto, Rachel non lo faceva quasi mai, era il suo piatto da "sensi di colpaGlielo preparava sempre quando sapeva di aver avuto torto in qualche discussione ed evidentemente sospettava di doversi fare ancroa perdonare per la faccenda del fidanzato del college. Non aveva fortunatamente sospettato dell’assenza da casa di sua figlia, reputava fosse normale aver agito in quel modo dopo la scoperta di avere ancora un padre...

Quel pomeriggio Elena aveva pensato a molte cose, innanzitutto a delle giustificazioni valide per la sua assenza e la sua “fuga mattutina” da casa, aveva bisogno di un alibi? Doveva dire di essere stata da qualche parte? Magari avrebbe anche dovuto introdurre con calma l’argomento Aris…

“dove sei stata?” arrivò la fatidica domanda.

El poggiò la forchetta sul piatto, guardandola intensamente negli occhi, ma quando venne il momento di ripetere le scuse che aveva inventato poco prima le mancò la voce.

“dovevo riflettere, e non potevo farlo qui.” Arrangiò.

Sua madre alzò un sopracciglio titubante, “ah, capisco. E queste tue riflessioni comprendono anche qualche ragazzo?

Ah.

Colpita e affondata.

Lo sapeva, era meglio rimanere tutta la serata in camera e non farsi vedere fino alla mattina dopo. Sua madre sapeva di essere lievemente in torto, ma era pur sempre sua madre e non era mai stata troppo comprensiva quando si tiravano in ballo i ragazzi, e adesso Elena ne conosceva anche i motivi.

“Nick,” iniziò ad arrangiare lei. Nick era l’unico ragazzo che sua madre avesse conosciuto e che sino a quel momento non gli era stato antipatico, anzi, aveva il sospetto le piacesse.

“Non iniziare ad accampare scuse Elena, so per certo che non eri con Nick”

Sua madre le diede un altro colpo di grazia.

“e come faresti a saperlo con tanta certezza?” sbottò la figlia.

“Sono passati tutti e tre a trovarmi in ospedale, sono stati molto premurosi.”

“premurosi???” ripetè incredula.

“si, abbiamo parlato anche di voi due se t’interessa,”

Elena l’ascoltò incredula. “Marta, e suo marito organizzano ogni anno un ritiro nella natura,”

“campeggio” riassunse lei ipotizzando dove sua madre volesse andare a parare.

“Esattamente, per una settimana circa vivremo immersi nella natura, mi hanno giusto proposto se volevamo partecipare anche noi due, abbiamo convenuto potrebbe essere una buona occasione per trascorrere della vacanze diverse dal solito tutti assieme, ci sarà Nick con te potreste familiarizzare.”

“Familiarizzare?? Immersi nella natura? Mamma tu sai quanto io ami il mare! E poi non voglio passare un minuto di più con Nick!” gridò lei sentendo la rabbia assalirla come un fiume in piena.

“Cos’è successo? Avete litigato?” sua madre si mostrò preoccupata e incredibilmente comprensiva, sicuramente stava pensando che era per questo che sua figlia aveva gli occhi incredibilmente gonfi.

“no, cioè si, insomma, mi ha fatto la dichiarazione e quando l’ho rifiutato lui ha reagito un po’ male.” Elena si trovò in imbarazzo.

“si è dichiarato! Ma che bravo ragazzo! Ma Elena” sua madre realizzò in quel momento “perché lo hai respinto? è così assennato, il ritratto della persona per bene.”

-          Per bene un corno – pensò Elena a quando l’aveva aggredita al parco.

“lui non è il mio tipo, è troppo invadente. Ha reagito decisamente male quando gli ho detto che per me ci poteva essere solo amicizia,” disse evasiva.

“ma sai, “ cercò di prenderla per il verso giusto Rachel “ le persone si devono conoscere con il tempo…”

“credevo potessimo essere almeno buoni amici, ma lui è stato abbastanza chiaro nel non accettare neanche questa situazione”

Rachel le mise una mano sulla spalla come a consolarla, “capisco quanto possa essere difficile essere la “ragazza” nuova e dover ricominciare tutto da capo, cerca solo di pensare bene a quello che fai e a non prendere decisioni affrettate…”

“mamma io… sono innamorata di un altro” Biascicò lei. Sapeva che era giusto che in qualche modo glielo dicesse ma improvvisamente quello le sembrò il momento sbagliato.

La donna ritirò indietro la mano lentamente soppesando ogni suo gesto.

“tesoro, vorrei che quello che è successo in ospedale non deteriori il nostro rapporto, voglio che tu continui a fidarti di me come hai sempre fatto, e per quanto mi costi davvero molto dirtelo… vorrei conoscere il ragazzo che sta uscendo con mia figlia”

“non ti sembra di correre un po’ troppo…?” era fantastico il modo in cui sua madre avesse appreso la notizia, ma non era il caso di andare troppo velocemente, non era sicura di volere che Aris fosse sottoposto ad un interrogatorio (perché presentarlo a sua madre voleva dire quello).

“io corro troppo? Sono in ospedale da meno di una settimana e tu hai già un fidanzato a mia insaputa!” si alzò sparecchiando con il suo tono fintamente accusatorio.

“non è il mio fidanzato…” e nonostante fosse la verità le costò una nota di dolore ammetterlo. Non erano fratelli e tutto il resto, ma a parte qualche bacio non sapeva se effettivamente questo facesse di loro una coppia, ne avrebbero dovuto parlare in condizioni normali, ma era successo tutto quel trambusto con il re e non ve ne era stato momento.

“beh magari puoi invitarlo al campeggio!”

-          Preferirei di no – pensò ma se le avesse risposto così sua madre non le avrebbe lasciato più un minuto di pace

“ok, magari potrei provare a chiederglielo, ma non sono troppo sicura che verrà”

Sua madre fece un sorriso soddisfatto, “ah tesoro! Sono così felice che alla fine hai deciso di venire! Vedrai ci divertiremo un mondo e se dirai al tuo non fidanzato che ci sarà anche il tuo migliore amico, anzi ex migliore amico Nick sono sicura che verrà per tenerti d’occhio!” rise di gusto come se stesse guardando una delle sue soap.

-          Si, ma tanto lui non verrà – pensò lei sempre più triste.

Una settimana lontana da Aris, con la famiglia di Nick e sua madre, cosa poteva esserci di peggio? Ah già, sarebbero stati immersi nella natura, senza telefono internet e tv… le si prospettava una settimana davvero dura da affrontare…

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Capitolo 22
*** Il Campeggio ***


Capitolo 22 Il campeggio

 

La giornata era una delle migliori, il sole era alto nel cielo azzurrissimo, il mare spumeggiava sotto la scogliera allegro, non era una classica giornata di caldo anzi, per essere una delle prime giornate d’estate c’era un venticello fresco che mitigava la potenza del sole che andava via via intensificandosi avvicinandosi alle ore più calde.

Rachel correva da una parte all’altra della casa preparando tutta l’attrezzatura necessaria mentre Elly, giaceva sul copriletto ritrovandosi ancora una volta a fissare il soffitto, uno di quei giorni si sarebbe decisa e l’avrebbe dipinto proprio come aveva fatto suo padre, così sua madre non l’avrebbe presa per una perfetta idiota ogni qualvolta entrasse nella sua stanza e la trovasse a fissare il vuoto.

Per l’ennesima volta quella mattina Rachel si affacciò nella stanza della figlia guardandola mentre sconsolata fissava afflitta il nulla. I suoi pensieri correvano a qualche giorno prima quando in ospedale la sua bambina aveva scoperto violentemente di non essere mai stata orfana e del suo rocambolesco passato tra un ragazzo e un altro.

Non poteva certo biasimarla; povera cara.

Ed invece Elena a tutto stava pensando tranne che a suo padre, si era vero, ci aveva dedicato qualche pensiero di sfuggita ma tutta la sua preoccupazione in quel momento andava ad Aris, del suo bel padre saltato fuori come un coniglio dal cilindro, così all’improvviso, al momento non le importava un granchè…

La bionda alzò leggermente la testa dal copriletto per vedere la madre che ancora sulla soglia l’osservava incerta se disturbarla o meno.

Doveva avere davvero un’aria penosa perché dopo quel piccolo gesto sua mamma le rivolse uno sguardo compassionevole, si avvicinò cautamente per poi prendere posto accanto a lei.

“la tua valigia è ancora vuota” asserì con calma mentre prendeva ad accarezzarle teneramente i capelli.

Lei si limitò a sprofondare ancora di più la testa nel materasso.

“forse dovrei chiamare...” esitò un momento “Ben.” Proferì quelle tre lettere con la pesantezza nel cuore. “è pur sempre tuo padre, dovresti poter passare del tempo con lui, magari conoscerlo meglio…”

La bionda si fece sfuggire un sospiro. “l’unica cosa che voglio davvero in questo momento è stare un po’ di tempo per conto mio.”

 “hai cambiato idea? Non vuoi venire più?”

Elena non rispose.

“Continuo a pensare che sia una buona idea, è pur sempre un occasione per uscire di casa, che farai tutta sola nella tua stanza a deprimerti? Penso che invece cambiare aria ti farà solo bene.”

Sua madre aveva ragione e lei lo sapeva, sarebbe rimasta lì a deprimersi e il suo umore sarebbe solo peggiorato.

D’un tratto un altro pensiero passò per la mente di Rachel.

“…ha detto che non viene?” chiese sott’intendendo il suo umore.

Incerta se risponderle o meno lei decise di non dire troppo. “già…”

“su, non essere triste, scommetto che vi vedrete presto,”

- Lo spero - pensò.

Si girò su un fianco guardandola in faccia.

“beh almeno passeremo un po’ di tempo insieme… è da un po’ che non lo facciamo” le sorrise di rimando Rachel.

A lei non potè che sfuggire un sorriso vedendo sua madre così di buon umore, rivedere il suo vecchio ex doveva averla scombussolata parecchio e lei era un egoista a pensare che i suoi fossero gli unici problemi, doveva supportare sua madre anche se quel campeggio fosse stato quanto di più terribile avessero mai fatto; l’unica nota stonata era che con loro ci sarebbe stata la famiglia di Nick.

“Allora… mi dai una mano a fare la valigia?” le lanciò sorriso arrendevole.

Rachel si alzò dal letto mettendosi le mani sui fianchi pronta a ricominciare il suo vortice di vestiti. “ma certo” ed in fretta e furia tornò alla modalità trottola buttando in valigia canotte e pantaloncini.

Elena si alzò subito dopo, una settimana in campeggio non avrebbe ucciso nessuno.

O forse si…

****

“vedi di non farti perdere quest’occasione” David, il padre di Nick stava dando le ultime raccomandazioni al figlio. L’ultima volta gli aveva fatto fare la figura dell’incompetente davanti al gran consiglio.

“si lo so… lo so…” il ragazzo guardava fuori dal finestrino annoiato, gli avevano ripetuto quale erano i suoi doveri fino alla nausea quella mattina.

“Abbiamo appuntamento davanti casa loro, non sarà il caso di andare con un'unica macchina? Magari i ragazzi potrebbero stare più vicini…” propose Marta.

“ Mamma, ti prego! Staremo già insieme per tutto il campeggio, potrai lasciarmi un po’ di respiro no?” Era stata proprio la madre di Nick a proporre quella gita alla mamma di Elena, ovviamente di innocente non vi era proprio nulla, quel viaggio traboccava di secondi fini e lui non poteva deludere nuovamente le aspettative dei suoi genitori, le aspettative della sua comunità.

Non era ancora un cacciatore, compiuti i diciotto anni, diploma o meno sarebbe stato iniziato dalla congregazione, ogni candidato doveva dar prova della sua lealtà ai fratelli e alla causa superando una sfida, questa cambiava di candidato in candidato ed era pensata appositamente per testare le capacità di giudizio, fisiche e logiche. Ma le stramberie non finivano lì… Una volta superata, pochi istanti dopo, veniva firmato il patto di sangue; nessuno poteva rivelare di cosa si trattasse, era una di quelle clausole supersegrete all’interno del contratto che erano chiamati a firmare. Nick aveva sempre saputo poco a riguardo ma non si era mai posto troppo il problema, dopotutto ogni cacciatore aveva affrontato il giuramento e la relativa prova ma tutti ne erano usciti più forti e consapevoli.
Mentre i suoi compagni di classe attendevano la fine del liceo per andare al college o spassarsela senza più compiti e insegnanti per lui vi era un futuro ben diverso, al termine del diploma avrebbe frequentato una speciale “scuola” dove ragazzi e ragazze come lui potevano allenarsi e imparare ciò che sui libri di scuola non era insegnato. Una parte di quella nuova vita l’aveva sempre affascinato ma col tempo aveva dovuto rinnegare tutte le sue passioni per seguire una strada già tracciata. Molte volte si era perso immaginando una vita diversa da quella che sapeva avrebbe condotto, frequentare il college, trovare un lavoro normale…

La voce di suo padre lo riportò bruscamente indietro da un viaggio mentale che aveva incominciato a percorrere “per una volta sono d’accordo con lui cara, se ci siamo anche noi non dirà mai niente,”

Nick sbuffò tornando a guardare fuori dall’auto.

“ci siamo,” disse Marta quando furono nei pressi della casa.

“il piano ha inizio” ripetè con tono solenne.
Scese dalla macchina ed un sorriso falso le prese a comparire dagli angoli della bocca, poi suonò il campanello.

****
“Quanto pensi durerà l’effetto?” Aris si trovava nella vecchia ala del castello che era stata destinata tempo addietro ad Ursula.

“non lo so, potrebbe durare poche ore così come dei giorni, non l’ho mai testato così a lungo termine…” la strega aveva ripreso un po’ di colorito e trafficava dietro il bancone tra ampolle e fialette colorate.

“ci sarà pure qualcosa di permanente!” disse frustrato il ragazzo.

Ursula sfogliò il suo libro delle pozioni, “Aris, tu sei davvero sicuro di questa decisione? Vivere fuori dal mare… noi siamo pur sempre creature marine, dovresti cambiare davvero parte della tua natura per diventare umano.”

Il ragazzo era silenzioso. “che altre possibilità ho? Per quanto mi riguarda tutta la mia famiglia è morta. Le mie zie, persino mio nonno, mi hanno sempre mentito, dovrei restare qui a governare un giorno al suo posto? Sposare la ragazza che lui sceglierà per me? Avere dei figli con qualcuno che non amo?” Proferì l’ultima frase con il disgusto dipinto in volto. Aveva valutato ogni ipotesi e per quanto si sforzasse non vedeva soluzione migliore che quella di andar via. Aveva bisogno di tagliare per sempre con il suo passato e con la sua famiglia, le sue zie erano ancora giovani, avrebbero potuto avere altri figli e suo nonno avrebbe avuto un altro tritone da istruire a governare; lui aveva chiuso con tutto quello.

“beh non lo puoi sapere, magari quello che provi adesso è solo un infatuazione, potresti innamorarti di un’altra sirena…”

Aris scosse la testa e tornò a sorridere pensando ad Elena. “no. Questo non potrà mai succedere.” Dal primo momento in cui l’aveva vista aveva capito che in qualche maniera loro erano destinati a stare insieme, a quel tempo non sapeva nemmeno come una cosa de genere potesse essere possibile, sembravano passati secoli dal loro primo incontro ed invece non erano che pochi mesi. Il tempo era proprio volato da quando lei era entrata a far parte della sua vita.

La strega prese a sfogliare il suo libro pensierosa. “esiste un filtro che può rendere l’inibitore permanente, ma ci sono delle difficoltà di preparazione…”

“sono disposto a tutto lo sai…” il suo tono era fermo e deciso.

“servono degli ingredienti reperibili solo sulla terra, e di cui francamente non ho mai sentito nominare… ma serve anche qualcos’altro, qualcosa di più come dire, difficile da trovare.”

“quanto difficile?” Il ragazzo la fissò un istante dritto negli occhi

“direi parecchio…” restò vaga lei.

“Sono sicuro che Elena ci potrà aiutare a trovare tutto quello che manca” ribattè sicuro. “fra quanto saranno pronti gli inibitori?”

“ancora qualche giorno e dovremmo esserci… adesso, ti spiace porgermi il tuo braccio? Devo prelevarti un campione di sangue e poi qualche squama…”

Aris fece come gli era stato chiesto e mentre la strega preparava la siringa cercò il suo sguardo.

 “non sei obbligata a venire con me se non vuoi.” Lui sapeva che quello che stavano facendo era un passo definitivo, non c’era possibilità di tornare indietro, quel gesto significava alto tradimento e un ritorno ad Atlantica avrebbe significato morte certa. Quella in fin dei conti era una scelta sua, se dopo tanti anni Ursula voleva rimanere non poteva certo costringerla a fare una cosa del genere che tra l’altro non era nemmeno sicuro funzionasse.  

Lei sostenne seria il suo sguardo. “forse, anche io come te non ho un motivo per restare…” poi prese la siringa e la iniettò nel suo braccio.

****
Il viaggio si era svolto in completa tranquillità, Elena e sua madre erano dietro la macchina dei genitori di Nick e li avevano seguiti sino ad una radura attrezzata per il campeggio.

Tutto quel verde che li circondava aveva un effetto balsamico sugli sbalzi di umore di Elena e sembravano avessero qualche effetto anche su Rachel.
Dal momento in cui era salita in macchina Elena aveva deciso di non pensare ad Aris, non doveva preoccuparsi per lui altrimenti gli altri si sarebbero accorti della sua espressione pensierosa.

L’allegra combriccola si era addentrata nel folto della “foresta” alla ricerca del posto giusto dove accamparsi, era ormai giunta la sera quando decisero di fermarsi e accamparsi per la notte, erano arrivati abbastanza lontano dal punto di partenza e vicino a loro avevano individuato un ruscello per rifornirsi d’acqua.

“Nick, puoi darmi una mano a montare la tenda? Credo di aver sbagliato qualche passaggio… eppure ero sicura di aver letto bene le istruzioni…”

Rachel dopo aver montato con qualche difficoltà e qualche aiuto da parte di David la propria tenda si era addentrata nel bosco per prendere la legna per accendere il falò, qualche minuto dopo anche i genitori di Nick con la loro tenda montata impeccabilmente si dileguarono senza sapere cosa stessero esattamente facendo, all’accampamento erano rimasti quindi solo i due ragazzi.

“hai completamente invertito questi due pezzi!” rise il castano mentre le sistemava la struttura.

“wow sei davvero bravo” La bionda lo guardò affascinata mentre agilmente metteva apposto il groviglio di aste e bastoncini che aveva tentato di montare invano.

Nick si sedette accanto a lei sull’erba guardando l’opera finita,

“è da quando sono piccolo che con i miei veniamo in campeggio, ci sono cose che con il tempo diventano quasi parte di te…”

“come montare una tenda…?”

“come montare una tenda” rise lui.

Tutto attorno a loro si poterono sentire i rumori della natura, il vento tra le foglie degli alberi, il lento scrosciare dell’acqua in lontananza, i primi grilli che iniziavano il loro canto serale…

“sai credevo che non saresti venuta.” Mentre proferì quelle parole Nick guardò verso un punto indefinito della foresta buia.

“non mi credi il tipo da natura selvaggia?” scherzò lei atteggiandosi a provetta esploratrice.

“no… non mi riferivo a questo, in verità dopo le ultime volte credevo avessi deciso di non vedermi più per il resto della tua vita.”

Elena si alzò in piedi spolverandosi i pantaloncini dalla polvere. “come sei melodrammatico…”

Lui si alzò a sua volta “ho sbagliato a pensarla a quel modo?” cercò il suo sguardo.

“Sono innamorata di un altro Nick, non mi estorcerai nessuna confessione…” lo disse scherzando ma era piuttosto seria.

Il ragazzo alzò le mani al cielo “lo so, lo so, mi arrendo.”

“spero solo tu sappia cosa stai facendo” sussurrò.

“che cosa?” lei captò qualcosa, ma non era sicura di aver capito bene, dopotutto non aveva senso che le dicesse quel genere di cose, cosa ne poteva sapere lui della sua storia complicata?

“nulla… mi chiedevo solo se… se fossi arrivato prima io chissà se le cose sarebbero andate diversamente.”

Elena si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla, “non è questione di chi arriva prima o dopo, non poteva funzionare, siamo due ottimi amici ma saremmo stati pessimi fidanzati,”

“non ci hai dato nemmeno una possibilità.”

La bionda sbuffò e si allontanò stizzita, se per tutto il campeggio quel ragazzo doveva andare in giro con l’anima in pena da cucciolo rifiutato, iniziavano bene! E dire che era venuta lì apposta per rilassarsi e staccare un po’ la spina dal resto dei problemi quotidiani!

Fortunatamente il castano captò i suoi segnali e cambiò drasticamente il suo umore.

“scusa, hai ragione, siamo qui da amici, in campeggio e dobbiamo solo pensare a divertirci!” sfoggiò un sorriso raggiante. Elena iniziò a chiedersi se era davvero possibile cambiare umore così velocemente…

Il ragazzo si sedette attorno al falò ancora in assemblaggio e prese in mano la chitarra che si era portato da casa “allora hai già avuto la possibilità di sentirmi suonare la chitarra? Non per vantarmi ma sono davvero bravo”

“direi di no, ma sono proprio curiosa”

Elena abbassò la guardia e decise di dargli fiducia, si sedette accanto a lui ben disposta a godersi quello che quei giorni avevano da offrirle.

Forse era stata troppo negativa su quella mini vacanza, le prospettive per i prossimi giorni non erano poi così spiacevoli come si era aspettata…

Per la prima volta dopo giorni terribili, si sentì davvero in pace con sè stessa; avrebbe cercato di farsi pervadere da quelle sensazioni il più possibile, ne aveva bisogno visto che ancora non sapeva quello che di lì a poco sarebbe successo.

 

 

Continua…

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Capitolo 23
*** Lago cremisi ***


 

Salve a tutti ragazzi! Come potete notare di solito non metto mai un avviso prima di un capitolo, ebbene questa volta lo faccio! Questo è un capitolo abbastanza particolare, l’ho riscritto un mare di volte e non ero mai soddisfatta perciò spero ne sia uscito qualcosa di decente! Verso la parte finale David, il padre di Nick racconterà una storia, (non vi farò nessuno spoiler tranquilli XD) solo che essendo molto interessante secondo me poteva dare lo spunto per una versione più estesa, quindi è come fosse una specie di riassunto della storia originale che ho creato, lo Spin –off l’origine del potere, collegata alla storia. Se vi può interessare trovate il link alla fine del capitolo con la storia da me pubblicata nella sezione originali.
Vi lascio al capitolo adesso, fatemi sapere cosa ne pensate !!
Saluti

 

 

 

 

 

Capitolo 23 Lago cremisi

 

Erano trascorsi già alcuni giorni da quando la brigata era partita per il campeggio, le giornate trascorrevano abbastanza allegre tra scampagnate nei boschi, caccia ai frutti di bosco e attività all’aria aperta. Stava per arrivare il fatidico giorno in cui sarebbero dovuti rientrare a casa, anche se nessuno sembrava averne davvero voglia.

Avevano già posticipato il rientro di un giorno, ma la mattina del giorno in cui avrebbero dovuto fare i bagagli e rientrare a casa inaspettatamente la madre di Nick, Marta, esordì a colazione con una proposta allettante.

“Ci siamo trovati abbastanza bene in questi giorni, che ne direste di trattenerci qualche giorno in più…?”

Elena e Rachel si scambiarono un’occhiata rapida.

“Dopotutto abbiamo ancora provviste in quantità e visto il buon tempo che abbiamo trovato sarebbe uno spreco ritornare di già a casa.” Terminò il discorso il marito. “Che ne direste di fermarci ancora un po’ tutti assieme?”

Quella che sembrava una proposta ingenua in realtà era il risultato di un attenta pianificazione, Nick non era riuscito a toccare più l’argomento sirene, tra lui ed Elena si era arrivati ad una fase di stallo, determinati argomenti erano ancora intoccabili, la ragazza era sospettosa e non aveva intenzione di dirgli nulla. Sia Marta che Nick non accettavano quel fallimento, un’occasione come quella difficilmente si sarebbe potuta ripetere, Nick doveva passare al piano B, estorcerle quelle informazioni con altri mezzi. Era quindi di vitale importanza che tutti si fermassero ancora un altro po’ nel bosco, nessuno poteva scappare ed Elena e Rachel erano in svantaggio numerico in confronto a loro ed in più non conoscevano quei boschi come loro.

L’unica cosa che serviva era convincere entrambe a fermarsi ancora qualche giorno…

 “Tu che ne pensi Elly?” La madre di Elena aveva visto la figlia rilassarsi completamente, dopo tutto lo stress del cambio della scuola, città e la scoperta del padre. Aveva avuto seriamente paura che gli ultimi avvenimenti potessero averla turbata troppo ma invece si sbagliava, ancora una volta sua figlia le dava prova di quanto potesse essere forte.

“Beh, a me non dispiacerebbe restare ancora un po’…” disse dopo alcuni minuti di silenzio. Era ovvio che sia sua madre che gli altri avrebbero voluto restare ancora, lei sapeva di dover rientrare a casa, di dover aspettare Aris, ma erano già passati alcuni giorni e non era successo un bel niente, inoltre non voleva essere lei la causa del rientro a casa anticipato.

“Perfetto!!” sorrise entusiasta Marta, “allora è deciso! Ci fermeremo ancora per qualche altro giorno!”

“Magnifico, magnifico, allora abbiamo tutto il tempo per andare al lago cremisi!” esclamò David alzandosi in piedi.

“Lago cremisi? Che roba è?” Un lago con un nome del genere doveva assolutamente essere qualcosa di interessante!

David rovistò nella sua tenda e ne uscì dopo qualche istante con la cartina dei boschi. Si avvicinò ad Elena per farle vedere ciò di cui parlava.

“Vedi questa linea blu?” indicò la linea del torrente che avevano utilizzato per rifornirsi di acqua dolce “Seguendola si incontrano una serie di pozze, all’incirca qui” indicò un punto dove non era segnato nulla “vi è un lago naturale collegato tramite tunnel sotterranei al mare, si è formato nel corso dei secoli e vi è una cascata che crea un’atmosfera davvero magnifica, vale davvero la pena vederlo!”

“Come mai non compare sulla cartina?” chiese lecitamente lei.

David rise “queste cartine sono vecchie e non sono state ancora aggiornate, noi ci siamo stati e sappiamo orientarci anche senza” disse mettendo apposto la mappa.

Per un istante le parve di leggere la data dell’anno corrente ma forse si era solo sbagliata.

“Davvero possiamo andarci? Sarebbe un idea fantastica… potremmo anche fare qualche bagno nel lago” propose guardando sua madre per vedere la sua reazione.

“Beh potremmo spostare la “seconda parte” del campeggio nei pressi della cascata, che ne pensate?” propose quindi Rachel.

Elena la guardò con occhi adoranti, era stata proprio una giusta decisione quella di andare in campeggio!

Marta e David si scambiarono un’occhiata furtiva che durò qualche secondo appena.

“Certo,” dissero all’unisono “è una splendida idea, ma dovremo fare i bagagli alla svelta se vogliamo arrivare prima che tramonti il sole.”

I 5 avventurieri iniziarono a smontare quelle che per giorni erano state le loro risorse più preziose, l’accampamento per il fuoco, le tende, la zona provviste, ricompattando con qualche difficolta tutta l’attrezzatura. Verso mezzogiorno finalmente tutto era pronto, ognuno con il proprio zaino pesante ed ingombrante si era incamminato per il sentiero.

I tre adulti guidavano la fila mentre i due ragazzi li seguivano indietro.

“Come mai si chiama lago cremisi?” gli chiese curiosa Elena che non aveva dimenticato quel nome.

“Oh è una lunga storia, è legata ad una vecchia leggenda e scommetto che papà non appena saremo arrivati vorrà assolutamente raccontarla ancora una volta. In pratica ogni anno che veniamo qui non fa altro che ripetere la stessa storia aggiungendo particolari secondo me inventati, e ti giuro che dopo i primi anni diventa una noi assoluta!”

“Quindi tu ci sei già stato in questo posto?”

“Beh qualche volta papà mi ci porta, è un luogo davvero suggestivo, il lago la cascata, davvero splendido”

“Non vedo l’ora di arrivare!” si fece prendere dall’entusiasmo

“Speriamo di arrivare presto altrimenti saremo costretti a fermarci per la notte”

Lei parve impensierirsi un po’. Si guardò dietro e si accorse che avevano lasciato il sentiero principale per addentrarsi nel folto del bosco, sarebbe stato difficile ritornare indietro, lei perlomeno non si sarebbe ricordata la strada. Un campanello d’allarme le iniziò a suonare in testa.

“Ti è caduto qualcosa?” Nick la stava fissando.

“Forse, non ne sono sicura” mentì. “Ci stiamo allontanando un po’ dal sentiero principale.” Un guizzò di allarme attraversò gli occhi del castano ma fu solo per un istante, poi lui lo caccio con un sorriso e una battuta ma era troppo tardi, Elena se ne era già accorta.
Voleva ignorare quella sensazione di allarme che sentiva crescere dentro, dopotutto era stata lei a chiedere di andare in quel posto no? Non c’era nulla di strano nell’addentrarsi un po’ di più per andare a vedere qualcosa di particolare non segnato sulle cartine. Perché poi non era segnato? Era convinta di aver chiaramente visto la data aggiornata della cartina, perché allora non c’era segnato nulla?

“Ehi, ti sei ammutolita all’improvviso…paura del buio?” le diede una leggera spintarella il ragazzo.

Elena quasi cadde in una pozza rotonda vicino a loro, il ragazzo l’afferrò per il braccio e la tirò via.

“Non l’avevo proprio vista… grazie” il sole era ormai tramontato e lei francamente aveva la testa altrove.

Per poco non rischiava di farsi davvero male se non fosse stato per i riflessi pronti di Nick, e a giudicare dalla profondità non sarebbe emersa tanto facilmente.

“Cosa sono?” chiese vedendo questa serie di pozze di diversa grandezza ricolme d’acqua.

“Sono delle pozze d’acqua.”

“Evviva… l’avevo capito anche io … volevo sapere qualcos’altro…”

“Beh, sono un buon segno, vuol dire che non dovrebbe mancare molto, in realtà queste pozze dovrebbero essere collegate al lago attraverso dei condotti sotterranei, ma di più non so proprio dirti.”

Elena le esaminò in silenzio, c’era qualcosa di strano in quelle pozze, qualcosa che le faceva accapponare la pelle ma non sapeva bene cosa fosse, forse erano quelle stupide suggestioni che non l’abbandonavano.

“Nick! Elena!” la voce di David poco più avanti li richiamò. “Per questa sera ci fermiamo qui, accampiamoci e accendiamo un bel fuoco, non vorrei si avvicinasse qualche animale selvatico.”

Il sole era quasi tramontato ormai e quella strana sensazione non l’aveva abbandonata un solo istante.

“Ma non avevi detto che eravamo quasi arrivati?” Elena si rivolse sottovoce a Nick.

“Mi sarò sbagliato evidentemente… vieni raggiungiamo gli altri.”

****

Una lenta arrampicata lo separava dalla libertà, aveva visto tante volte risalire Elena con agilità quelle scalette verticali, ma non aveva mai pensato che un giorno sarebbe toccato a lui.

Arrivato alla porta della botola Aris inserì la chiave che aveva conservato al collo e fece scattare la serratura, come previsto.

Sollevò piano la pesante porta ed entrò nella stanza.

Tutto era tranquillo, non sentiva nessun rumore nelle vicinanze così uscì allo scoperto. Trovò con facilità la chiave, era nel posto dove aveva detto Elena, sotto il tappetto polveroso, nel posto più scontato del mondo.

Si avvicinò alla porta e prima di aprirla cercò di udire qualche rumore o qualche segnale di allarme.

Silenzio.

Buon segno.

Girò la chiave nell’ennesima serratura e risalì le scale lentamente, tutto quel silenzio era davvero surreale, forse gli era sfuggito qualche dettaglio, magari era notte fonda e stavano dormendo tutti.

Si aggirò furtivamente per tutto il pian terreno, fuori era buio ma non sapeva dire con certezza che ore fossero. Non appena constatò di essere davvero da solo si arrischiò a salire le scale del primo piano. Era una sera come le altre però stranamente in casa non c’era nessuno. Approfittò di quel tempo per scrutare con attenzione l’appartamento, in quella casa per più di dieci anni ci aveva vissuto suo padre, voleva cercare tra quelle pareti qualche traccia di lui.

Aprì a caso le prime porte che si affacciavano sul corridoio scartandone una dietro l’altra, non sapeva esattamente cosa stesse cercando ma lo capì nel momento in cui arrivo alla stanza di lei. Bussò piano alla porta semichiusa, sulla porta c’era un disegno con il nome Elena scritto in bella calligrafia circondato da decorazioni floreali; con un passo felpato s’addentrò rimanendo deluso nel trovare il suo letto vuoto e perfettamente rifatto.

Sembrava che nessuno dormisse in quel letto da giorni, cosa che lo mise in guardia.

Si guardò attorno, poi si sedette sconsolato. La sua attenzione fu catturata da un pezzo di carta poggiato sul comodino.

Era scritto in fretta e furia ma era inevitabilmente per lui.

Per Aris,

Se stai leggendo questo biglietto probabilmente non sarò ancora tornata, sono andata in campeggio con la famiglia di Nick. Ti prego non ti arrabbiare, mi ha costretto mia mamma. Starò via qualche giorno, non stare in pensiero, torno presto.

P.S. in frigo c’è del cibo, serviti pure.

 

Era ovvio chi gli avesse lasciato quel biglietto e non potè che sfuggirgli un sorriso quando lesse l’ultima riga. Piegò con cura il biglietto e scese in cucina per fare uno spuntino.

Accanto al frigo moderno vi era un calendario, vi buttò un occhio giusto per curiosare sugli impegni della famiglia. In rosso erano segnati i 5 giorni del campeggio, dal 5 al 10 giugno.

5-10.

10 giugno.

Erano passati due giorni dalla data che era stata segnata per il rientro. Una strana sensazione gli prese ad accapponare la pelle. Sentiva che c’era qualcosa che non andava…

Il campeggio doveva già esser finito da due giorni… e allora,

Dov’era finita Elena?

****

Il tratto di bosco in cui si erano ritrovati aveva un che di lugubre, ormai sia Elena che Rachel erano diventate delle provette esploratrici e non gli ci era voluto molto per ricreare l’atmosfera da accampamento, un fuoco scoppiettante rischiarava il buio che andava via via infittendosi, nella radura in cui erano stati prima per tutta la durata del campeggio vi era molta più luce, i raggi della luna erano filtrati dagli alberi ma rischiaravano il paesaggio attorno a loro, lì invece il fitto fogliame faceva sì che vi fosse solo buio a circondarli

Nell’aria c’era qualcosa di strano, persino Marta e David sembravano diversi.

“Quando ero piccolo mio padre mi portava sempre in questi boschi durante l’estate” iniziò David, da lontano Nick le lanciò uno sguardo eloquente, stava per raccontare qualche storia sulla sua infanzia, poteva sembrare molto noioso ma in mancanza di tecnologia era meglio di una tv ed inoltre lui era talmente bravo a raccontare che era un piacere stare lì ad ascoltarlo.

“Oh ancora quella vecchia storia!” si lamentò Marta capendo al volo dove il marito voleva andare a parare.

“Che storia?” s’incuriosì Elena ignorando Nick che sbuffava

“Sì papà, non vorrai mica farci avere gli incubi stanotte?” rise forzatamente il ragazzo.

“Io invece sarei curiosa di sentirla” protestò la bionda.

“Visto? Io non c’entro nulla! se anche una sola persona la vuole ascoltare chi sono io per negarglielo?!” alzò le mani in segno di resa l’uomo. “Bene, allora direi che potremmo iniziare…”

Si accomodò sul suo ciocco di legno e sotto quella pallida luce l’uomo iniziò il suo racconto.

“Quando da piccolo mio padre mi portava qui,” si guardò attorno con gli occhi velati di nostalgia “era solito raccontarmi una storia… più che altro è specie di leggenda su come sia stato scelto il nome al lago cremisi, sono certo non ci sia nulla di vero, ma non si sa mai…

La nostra storia inizia molto tempo fa, prima che questo mondo diventasse così come noi oggi lo conosciamo e gli esseri umani non erano gli unici ad abitarlo; vi erano infatti delle creature per metà pesce che abitavano i fondali marini ed erano tra le razze più pericolose con cui l’uomo avesse mai avuto a che fare.
Dall’aspetto di bellissime donne ammaliavano i brav’uomini per poi trascinarli in fondo al mare e strappargli la carne dalle ossa per cibarsene.

Ma sicuramente vi starete chiedendo voi cosa c’entra la leggenda delle sirene, che voi tutti immagino conosciate, con la nostra storia.

Lasciate che vi racconti meglio.

In questo bosco sorgeva un villaggio ancora ai primi stadi dell’evoluzione, con capanne di paglia e tutto il resto. Il Capo del villaggio aveva due figli, il primo genito un maschio che avrebbe ereditato il ruolo di capo tribù ed una femmina, la cui bellezza superava quella di qualunque ragazza mai vista. Era bella ogni oltre modo e suo padre aveva progettato di farla sposare con il figlio di un potente clan vicino al loro villaggio per rafforzare ed unire le due famiglie, non era raro all’ora che i matrimoni fossero combinati. Era piuttosto raro invece che i promessi sposi si amassero come si amavano Ayla e Skan, non c’era coppia combinata più felice della loro, ed entrambi aspettavano ansiosi il giorno della loro unione.

Ma quella loro felicità sarebbe terminata per un bruttissimo scherzo del destino.

Un giorno Ayla che era andata a raccogliere della frutta nel bosco, si spinse troppo oltre quelli che erano i confini del suo villaggio e fu così che scoprì il lago.

Nonostante fosse ben nascosto dalla foresta fu come se una forza misteriosa l’avesse guidata sino a lì, vista la sua passione per il nuoto finì per nuotare in quelle acque così invitanti e fu durante quel bagno che incontrò un giovane uomo. Inizialmente spaventata il suo terrore si trasformò in curiosità, era affascinata dai tratti di quel giovane, non aveva mai visto nessuno bello come lui e nonostante amasse Skan si sentì fortemente attratta dallo sconosciuto.
C’era qualcosa però, un terribile segreto che quell’uomo custodiva, non era una creatura di questo mondo.

Era un tritone.

Nonostante tutto Ayla iniziò a fargli visita ogni giorno e a passare sempre più tempo con lui, fino a dimenticare l’amore per lo sposo ed essere completamente soggiogata da quell’essere.
Una notte scura come questa, dopo avere atteso a lungo che tutti al villaggio si fossero addormentati Ayla fuggì decisa a passare la sua vita con il tritone di cui si era invaghita. Arrivata al solito posto dove incontrava il suo amante ogni notte, lo vide splendido davanti a sé e subito si buttò in acqua per nuotargli incontro. I due cominciarono a baciarsi con trasporto fino a che le mani di lui non scesero lente sul suo cuore dove con grande sconcerto di lei, le penetrò gli artigli nel petto e tra le urla di orrore della giovane strinse le dita sul suo cuore ancora pulsante e glielo strappò via dal petto.

Il giorno seguente fu ritrovato il suo corpo privo di vita che galleggiava sospeso nell’acqua, al posto del cuore un grande vuoto ed il lago che era diventato completamente rosso del suo sangue fu chiamato in sua memoria Lago Cremisi”

La platea si ammutolì, Elena aveva gli occhi sgranati dall’orrore e le mani premute sulla bocca nel tentativo di reprimere un urlo, si era molto immedesimata nella storia così come spesso le capitava quando leggeva un libro e riusciva a provare le stesse emozioni dei personaggi di cui leggeva. Si portò lentamente una mano sul petto all’altezza del suo di cuore, le batteva così forte che ebbe davvero paura le potesse scoppiare da un momento all’altro.

“Sul suo viso era ancora impressa la sua ultima espressione, shock, orrore e tradimento, gli occhi vitrei avevano ancora quella muta domanda in sospeso.

Perché?

Le sirene non hanno un cuore, ne avevano dovuto rubare uno per poter forgiare lo strumento del loro potere, uno strumento fuso dal metallo delle sirene ed il cuore di un umano, talmente potente da reclamare il diritto su tutti i mari.”

Un lieve venticello fresco sferzò i capelli biondi di Elena che le finirono contro gli occhi, si accorse in quell’istante di avere le guance rigate di lacrime. Si asciugò con il palmo della mano in fretta e furia. “Che ne è stato della famiglia della ragazza e del suo sposo?”

“Skan giurò di vendicare la sua amata, era stata ipnotizzata e uccisa da quelle creature senza cuore, giurò su tutta la sua discendenza di sterminare le sirene e ripulire la terra da questi demoni squamati.”

Quello che David omesse di dire fu che Skan fondò la società segreta dei cacciatori di sirene e che per anni la sua tribù aveva dato la caccia a quelle creature, le catturavano le torturavano e le lasciavano bruciare alla luce del sole senza nessuna via di scampo, legate ad un palo dentro quelle pozze e lasciate a morire in quelle che diventavano le loro tombe.

“Ho bisogno di fare due passi” disse ad un tratto lei. Si alzò dal suo ciocco e s’incamminò verso un punto indefinito nel buio, voleva allontanarsi dall’accampamento, scacciare le immagini che le si erano presentate davanti agli occhi: la ragazza senza il suo cuore, le sirene impalate a morte. Come avrebbe potuto guardare quel lago con gli stessi occhi di prima adesso che sapeva?

La luce della luna le illuminava il sentiero, la foresta con tutti quei suoni non faceva che alimentare le sue paure più profonde.

Schivò due o tre pozze d’acqua guardandole con impresse nella mente le parole di David.

Tutto lì attorno parlava di morte.

Inciampando nei propri piedi si fermò quando davanti a lei il paesaggio iniziò a cambiare, massi e un rumore d’acqua le si avvicinavano sempre di più fino a che davanti ai suoi occhi non comparve il lago.

Era ovale e circondato dalla tipica vegetazione da acqua dolce, qualche ninfea e pianta acquatica lo adornava, in lontananza si sentiva ancora il rumore della cascata che poco lontano defluiva nel lago.
Si affacciò sul lago, la sua immagine si riflesse sullo specchio d’acqua.

Com’era possibile che un luogo così bello avesse in sé impresso tanto orrore, tanto sangue?

Un rumore di ramo spezzato la fece distogliere dai suoi pensieri.

“Chi c’è?” si volto scrutando nel buio e quella che vide fu una figura familiare.

La figura fece un passo avanti.

“Non dovresti andartene da sola in giro di notte, è pericoloso…”

 

Continua…

 

 

 

 

 

 

 

 

Ecco il link de: L’Origine del potere: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3459821

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Capitolo 24
*** Caduta Libera ***


Capitolo 24 caduta libera

 

 “Chi c’è?” Nel momento in cui aveva rivolto quelle parole al buio fitto aveva sperato di trovarsi davanti una persona diversa da quella che invece le si presentò.

“Non dovresti andartene da sola, in giro, di notte, è pericoloso…” Nick aveva le mani sprofondate nelle tasche mentre le si avvicinava lentamente.

“Pericoloso… che puoi saperne tu del pericolo” Elena si rigirò tornando a guardare davanti a sé.

“Ne so molto invece e so che ti stai cacciando in grossi guai…” le sussurrò avvicinandosi alle sue spalle.

La bionda si voltò come se fosse stata appena punta da una spina. Cosa intendeva dire con quella frase? Pareva avesse molti significati velati, così come le ultime battute che le faceva sottovoce ultimamente.

“beh, andarsene in giro da soli non mi sembra poi così pericoloso…”

“non hai paura nemmeno un po’ della foresta, del buio, degli animali che si muovono di notte… della leggenda del lago? Qualche creatura potrebbe uscire dalle acque proprio in questo momento e catturarti” le afferrò le spalle come a volerla spaventare.

“no.” gli rispose scrollandosi via le sue mani piuttosto seccata. Nick mollò la presa e si sedette accanto a lei su un masso lì vicino, la scrutava con occhi diversi, quasi carichi di compassione, la bionda lo fissò a sua volta cercando di percepire dai suoi gesti il perché di quello sguardo, sembrava quasi provasse pena per lei e questo non le piaceva affatto.

“povera Ayla eh?”

“già…” sussurrò lei.

“se solo si fosse fidata di Skan. Se solo non avesse trovato il lago…”

“forse non c’entra nulla il lago o Skan, forse doveva semplicemente succedere. E poi comunque è solo una storia” cercò di scrollarsi via quella sensazione lei.

“già, solo una storia…” ripetè lui facendo perdere di senso a quella frase.

“so che questo comunque non cambierà niente ma devo almeno tentare” disse poi lui.

“cosa?” era una frase senza senso, detta poi così all’improvviso non significava nulla, poi d’improvviso lui le prese il viso e la baciò.

Non era un bacio dolce, non che Elena fosse un’esperta in questo campo, aveva baciato solo un ragazzo nella sua vita, eppure tutto di quel contatto le sembrava sbagliato, Nick l’aveva avvicinata a sé con irruenza, aveva unito la propria bocca con la sua con presunzione, in un atto disperato. Dopo qualche istante di shock, non appena Nick tentò di approfondire quel bacio lei lo spinse via facendo risuonare nell’aria l’eco di un sonoro ceffone.

Si alzò di scatto prendendo quanto più possibile le distanze da lui. Negli occhi aveva uno sguardo carico di tradimento, le si era avvicinato con l’inganno nel momento in cui le sue difese erano così basse, si era approfittato della sua vulnerabilità e aveva fatto i suoi comodi.

Adesso la sua frase aveva un senso anche se non capiva il suo “almeno devo tentare” a cosa si riferisse.

 “cosa credevi di fare?” lo guardò pungente ormai sulla difensiva, il cuore le batteva fortissimo in petto, sentiva l’adrenalina del momento riempirle ogni fibra del suo corpo.

Si alzò rassegnato, “niente di più di quello.”

“stammi lontano Nick,” fece un passo indietro. “non ho più intenzione di perdonarti”

“tranquilla, non ho intenzione di chiedere perdono questa volta”

La sua sicurezza la spiazzò, dov’era quel ragazzo gentile che le chiedeva scusa in continuazione, sempre attento a quello che era meglio per lei, che non oltrepassava mai (più o meno) i confini che lei aveva imposto?

“indietro non si torna”

Il ragazzo dagli occhi nocciola e i capelli scuri nella notte non era più quello di prima, la guardava con aria arrogante mentre sulla sua guancia iniziava a comparire il segno delle sue dita stampate a forza.

“stai lontano da me.” gli intimò lei.

Lo guardò ancora qualche istante, rimanere lì sola con lui non era una scelta saggia, fece qualche passo indietro tenendolo d’occhio, all’improvviso si sentì davvero in pericolo, andarsene in giro di notte da sola, da sola con Nick, questo sì che era pericoloso, avrebbe potuto farle qualsiasi cosa, nel folto della foresta nessuno l’avrebbe sentita, non avrebbe avuto via di scampo. Quel ragazzo era davvero pericoloso e lei per tutto il tempo non se ne era mai accorta, era finita in trappola.

Non poteva credere che per tutti quei primi giorni al campeggio lui non aveva fatto altro che fingere, che razza di persona poteva comportarsi così?

Il castano si alzò in piedi muovendo qualche passo nella sua direzione, la paura le iniziò ad attanagliare lo stomaco.

“voglio la verità Elena” la fissava intensamente con i suoi occhi nocciola in cui divampava rabbia.

“non so di cosa tu stia parlando! Sei matto!” arretrò sentendo sotto i suoi piedi foglie e ramoscelli che scricchiolavano, se avesse iniziato a correre in quell’esatto momento lui l’avrebbe raggiunta subito, doveva cercare di prendere tempo, doveva restare calma.

“so cosa mi stai nascondendo, niente giochetti. So che lo stai coprendo

“inizi a spaventarmi Nick.” Gli disse seria.

“ti faccio paura? Bene, se non vuoi dire niente al ragazzo gentile vediamo se riesco a cavarti qualche parola facendo lo stronzo.”

Elly sgranò gli occhi inorridita.

“sapevo che era uno sbaglio! Non dovevo venire a questo stupido campeggio! Non dovevo darti una seconda possibilità Nick! Le persone non cambiano, adesso mi rendo conto che per tutto questo tempo ti sei finto quello che non eri.”

Il ragazzo continuava la lenta avanzata verso di lei, continuando il suo discorso, ignorando le sue ultime parole.

“Non hai nemmeno lontanamente idea di quanto tu possa essere nei guai. So per certo che c’è qualcosa che non va, se non vuoi finire con il cuore strappato via dal petto sarà meglio che parli, ti avverto un ultima volta, dopo non ci lascerai altra scelta.”

Ancora un volta Nick parlava in maniera ambigua, ma non le sarebbe mai passato per l’anticamera del cervello l’idea di raccontargli qualcosa. Avrebbe protetto Aris, a qualunque costo.

“sei completamente uscito di testa! IO non sono AYLA!”

“non potrò proteggerti se continui a mentirmi” continuò.

“Proteggermi? Se c’è qualcuno da cui dovrei essere protetta quello sei tu!”  

“e va bene, adesso basta giochetti.”  Affrettò il passo cogliendola di sorpresa e le bloccò le mani spingendola contro un tronco, in quella posizione era completamente immobilizzata dal suo corpo.

 “Lasciami subito” sibilò lei.

“adesso tu mi dirai tutto quello che voglio sapere, altrimenti…nè per te nè per tua madre ci sarà perdono” la guardò da capo a piedi con un’espressione che le fece accapponare la pelle, avrebbe pianto e urlato se non fosse stata così sotto shock da non capire che tutto quello stava succedendo davvero.

“credimi, non avrei voluto finisse così ma tu non mi hai lasciato altra scelta.”

Alle loro spalle tutto era buio eppure Elena sentì dei passi nella loro direzione, sperò non fosse solo un animale o il vento ma che qualcuno, chiunque, li avesse sentiti e stesse venendo verso di loro. Sentì la presa del ragazzo allentarsi lievemente colto alla sprovvista da qualcosa che evidentemente era comparso vicino a loro, gli scivolò via scansandosi di lato, nello stesso momento in cui si era divincolata vide passare una figura davanti a lei che sferrò un pugno dritto in direzione della faccia del suo aguzzino.

Non riuscì a trattenere un urlo di spavento mentre vedeva l’impatto e sentiva un rumore di ossa spezzarsi.

Era un nemico o un salvatore quella nuova figura?

Sarebbe toccato anche a lei quel trattamento?

La figura le afferrò la mano trascinandola dietro di sé lontano da Nick.

“sai Nick, è dalla prima volta che ti ho visto sulla spiaggia che desideravo farlo.”

Quelle spalle ampie, il suo tocco leggero ma deciso, quel dolce tepore che emanava, come aveva fatto a non capirlo? Era alto, molto più alto di lei, non l’aveva mai visto in quelle sembianze, poi quel buio di certo non aiutava, ma la sua voce l’avrebbe riconosciuta fra mille.

“Aris…?!” disse lei confusa e sotto shock stringendogli la mano a sua volta.

Guardò le sue spalle i suoi capelli per scorgere qualcosa che le ricordasse Aris, che le confermasse che lui era lì.

“Ti avevo avvisato una volta ma a quanto pare non sei così sveglio come mi aspettavo… questa è l’ultima volta che metti le mani addosso alla mia ragazza”

“Finalmente ci conosciamo” La voce di Nick uscì nasale “sai, pensavo che questo momento non sarebbe mai arrivato” lasciò la frase sospesa, “visto che in fondo, sappiamo entrambi che non sei di queste parti... o forse dovrei dire… di questo mondo?”

Attraverso quell’oscurità Elena sentì Aris trasalire, lei era in silenzio alle sue spalle ma non poteva permettere che Nick gli parlasse a quel modo. Si protese da dietro le spalle del rosso senza lasciare la sua mano. “Nick credo tu sia completamente fuori strada, non perché tuo padre crede nelle vecchie storie questo vuol dire che siano vere!” gli parlò tentando di ostentare tranquillità, doveva convincerlo di essere pazzo e visto la sua determinazione sarebbe stato difficile.

“andiamo Elena, quanto ancora vuoi continuare con questa messinscena?” Nick si teneva goffamente le mani sul naso da cui fuoriusciva del liquido nero e vischioso, sangue.

“noi sappiamo tutto, l’abbiamo sempre saputo sin dai tempi antichi. Quella, non era solo una storia.”

Mentre Elena cercava di assorbire le sue parole Aris lo fulminò con lo sguardo, l’avrebbe picchiato a sangue se solo non ci fosse stata lei ad assistere, quando lo aveva visto guardarla a quel modo, tenerle serrati i polsi, minacciarla, non ci aveva visto più dalla rabbia e gli si era scagliato contro. Il suo piano, quello di avvicinarla non appena fosse stata sola era fallito, era uscito allo scoperto e di lì in poi non poteva ipotizzare quale sarebbero potute essere le conseguenze, in quel momento pensava solo a proteggerla; com’era giusto che fosse, come aveva desiderato per tanto tempo di poter fare.

“ed il fatto che lui ora è qui non può che confermare tutti i nostri dubbi.” si mise sulla difensiva, arretrando di qualche passo spaventato dall’aria minacciosa del suo rivale.

La tensione era palpabile nell’aria.

“non avvicinarti più a lei o un naso rotto sarà il tuo ultimo problema” Aris lo guardò in cagnesco.

“mi stai minacciando?!” lo sfidò quello quasi ridendogli in faccia.

“si.” Rispose glaciale.

Elena aggrappata alle sue spalle stava tremando.

“e adesso vattene prima che cambi idea e finisca quello che ho iniziato…”

“oh, mi spiace dirtelo amico, ma questo è solo l’inizio… la guerra è cominciata.” Nonostante il suo sguardo infuocato il castano dovette fare marcia indietro e andarsene, li guardava furioso ma capiva che quello non era il momento giusto per colpire, era in netto svantaggio e per di più il sangue continuava a colare, forse gli aveva davvero rotto il naso. Nick sparì dietro le foglie e nonostante tutto, aveva un sorriso sornione stampato sulla faccia, nonostante tutto aveva sempre avuto ragione, finalmente avrebbe potuto riscattarsi.

Non appena i due ragazzi rimasero da soli Aris si girò lentamente verso la ragazza, la sorresse appena in tempo mentre le gambe le venivano meno. Elena combatteva contro se stessa, arretrò qualche passo allontanandosi dal suo salvatore, dal suo ragazzo, la paura, tutta quella storia che le avevano raccontato, non era una storia, era tutto reale era davvero successo, sia Nick che i suoi genitori sapevano delle sirene e le avevano raccontato quella terribile storia per spaventarla, forse per metterla in guardia.
Lei si era sempre fidata di Aris così come Ayla si era fidata del suo amato e il suo amore le era costato la vita. Iniziavano a collegarsi nella sua mente tutti quei tasselli che prima le sembravano senza senso, il re che voleva la sua morte in realtà voleva il suo cuore, voleva forgiare un gioiello che avrebbe rafforzato il suo potere sugli oceani, ne era disgustata. E i genitori di Nick che ruolo avevano in tutta quella faccenda? La guerra era cominciata, non era possibile, la storia non poteva ripetersi… o forse si?

“Ehi” Aris si avvicinò con le braccia aperte “sono io” credeva che lei non lo avesse riconosciuto.

“stai bene?” cercò il suo sguardo e quando l’incrociò vi lesse la paura dentro.

“no, per niente” qualche lacrima per lo spavento iniziò a scendere dalle sue guance.

Aris mosse qualche passo verso di lei con le braccia aperte per accoglierla. “Va tutto bene, sei al sicuro adesso.”

La paura, lo shock, quella storia, nulla di tutto quello aveva più senso. Troppe domande le affollavano la testa e non c’era nessuno a cui potesse chiedere delle risposte.
Forse un'unica persona c’era ed era proprio lì davanti a lei, se vi era anche una piccola possibilità che tutto fosse un’invenzione dei genitori di Nick, doveva tentare e chiederglielo.

“non c’è nulla di più potente di un cuore innamorato, non è così? Il cuore di una ragazza innamorata ciecamente di un tritone, strappato dal petto per creare un oggetto che dominasse i mari. È tutto vero?”

La sua voce era tremante, aveva bisogno che lui le dicesse di no, di sentirsi dire che era tutto falso.

“era questo che tritone voleva fare con me, voleva il mio cuore…” disse più a se stessa che a lui.

Aris improvvisamente fu come investito da una doccia gelata, per la seconda volta nel giro di pochi minuti lo vide trasalire.

Chissà come Elena era venuta a conoscenza di quella storia, non sapeva quanto sapesse dei dettagli macabri ma sicuramente questo aveva incrinato la sua fiducia, aveva spezzato qualcosa nel loro legame glielo si leggeva negli occhi.

E quando le rispose che sì, era tutto vero, seppe per certo che era così.

 

****


Elena crollò sulle ginocchia, sconcertata, impaurita.

“Non può essere la verità”

Aris era ancora in piedi, era incerto se avvicinarsi o meno, a questo punto non voleva peggiorare le cose standole vicino.

Lei sollevò gli occhi colmi di lacrime, “lei lo amava, aveva rinunciato a tutto per stare con lui, il suo fidanzato, la sua famiglia, la sua terra!”

La bionda ricordò il colloquio con Re tritone, la proposta che aveva fatto ad Aris di ucciderla, era stata fatta la stessa proposta secoli fa a quel tritone che l’aveva accettata per ristabilire l’equilibrio delle cose, per il potere…

Il ragazzo la fissava impotente. Lei si asciugò le guance con il dorso della mano, “vorrei non averla mai sentita. Vorrei non conoscere la verità.”

“il popolo del mare è una tribù meschina. Tritoni e sirene sono senz’anima”

Elena lo guardò scioccata da quello che proprio lui aveva appena detto.

“non dovresti parlare così della tua gente.”

“vorrei poterti dire che hai ragione ma molti di noi sono ancora agli stadi primordiali, non tutti ovviamente ma solo una ristretta parte di noi si salva. Esseri senza scrupoli e bramosi di potere … questo siamo.” arretrò qualche passo, la ragazza ebbe la sensazione che da un minuto all’altro Aris potesse andare via.

“e a quanto pare lo sono anche io ai tuoi occhi.” Credeva che dopo tutto quello che avevano passato il loro legame fosse ormai consolidato, l’amava e non le avrebbe mai fatto del male, non le aveva detto nulla per tenerla al sicuro ma adesso capiva che era stato un grande sbaglio e che quell’errore gli era costato la sua fiducia.

“discendo da queste creature, che ti piaccia o meno nella nostra storia ci sono stati episodi di questo genere.” Il suo tono era amaro mentre le voltava le spalle. “se vuoi stare con me dovrai fartene una ragione, la mia non è la classica famiglia felice, le mie radici sono affondate nel sangue e prima che tu me lo possa chiedere, sì, sangue di umani.”

Elena aveva completamente perso l’uso della parola, in ginocchio lì in mezzo alla radura fissava il suo ragazzo con le spalle voltate verso un'altra parte dire delle cose terribili.

“Credevi che tutte quelle storie sul nostro conto fossero storie inventate? Le sirene non hanno sentimenti, non provano rimorso per quello che fanno, la nostra società è spietata, ed è stata costruita con il sangue di voi umani.”

Glielo aveva detto, sin dal loro primo incontro l’aveva messa in guardia su quanto quel loro legame fosse pericoloso, ma lei credeva fossero stupidaggini non ci aveva mai creduto realmente.

“Tu non sei così. Io non ho mai pensato queste cose di te” finalmente trovò il coraggio di parlare e di interrompere quel fiume di parole che la trascinavano sempre più giù, come una lenta caduta libera che non aveva una fine.

Il ragazzo dai capelli rosso fuoco si voltò a guardarla e finalmente la bionda potè vedere i suoi occhi feriti “non hai più paura di me…?” chiese retoricamente.

Era stata una sciocca a pensare quelle cose? Eppure nel momento stesso in cui quei pensieri le si formavano in mente non le erano sembrati così sbagliati, adesso vedere quanto quelle sue domande l’avessero ferito la fecero sentire meschina, scorretta. E i suoi pensieri ritornarono ancora a quando lui le diceva quanto fosse pericoloso quel loro legame allo stargli così vicino, pensare che le sue dita si sarebbero potute conficcare nel suo petto, che le sue mani che tante volte l’avevano stretta potessero diventare artigli che le avrebbero potuto scavare il petto alla ricerca del cuore le fecero salire un brivido lungo la schiena.

La sua esitazione fu forse la risposta più eloquente.

“no” tentò di dire subito dopo

“eppure i tuoi gesti continuano a tradirti.” Le rivolse uno sguardo eloquente, quella distanza che ancora li separava, quei pochi passi sembravano ormai sormontati da un muro.

 

 

 

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Capitolo 25
*** Fuga ***


Capitolo 25 Fuga

Aris era lì, in piedi davanti a lei, probabilmente ancora per poco, l’aveva appena salvata da un aggressione di Nick, rivelatosi più pericoloso di quel che pensasse ma adesso tra di loro si era innalzato un muro costruito con i pregiudizi ed il terrore per le nuove scioccanti verità di cui Elena era venuta a conoscenza.

Aveva sempre saputo sin dal loro primo incontro, sin dalle sue ricerche in biblioteca che le sirene erano molto pericolose, adesso lei era completamente coinvolta in quella storia e doveva scegliere da che parte stare, non era ancora troppo tardi per tirarsi indietro, ed una voce che da piccola si faceva sempre più forte nella sua testa le diceva di scappare da tutto quello e dimenticare. Non sapeva in cosa si era andata a cacciare, qualcosa di molto più grande di lei e di Aris, qualcosa che affondava le sue radici in una vecchia faida che andava avanti da secoli. Se avesse scelto Aris, così come il suo cuore al contrario della sua testa le diceva, doveva correre il rischio che un giorno avrebbe potuto fare la fine della ragazza della leggenda, Ayla, il cui cuore le era stato strappato dal petto proprio dalla persona che amava di più al mondo.

“non hai più paura di me?” le ultime parole di Aris le risuonavano nella mente mentre si chiedeva se davvero avesse paura di lui. Non era più questione del vederlo ferito o meno, adesso spettava a lei capire se stessa, lui la sua scelta l’aveva fatta e aveva scelto lei, adesso toccava a lei scegliere se correre quel rischio o meno. Fidarsi di lui, delle sue parole e credere che l’amasse davvero o fuggire adesso che era ancora in tempo per evitare che le potesse strappare il cuore, per non convivere con quel tormento.

Si alzò in piedi inciampando nelle sue stesse gambe, lentamente mosse qualche passo verso la sua direzione fino a che non gli fu davanti, erano successe troppe cose nell’arco di quei pochi minuti, aveva bisogno di tempo per capire bene quale scelta l’avrebbe devastata di più.

Poi proprio quando stava per parlare lui l’interruppe. “credo sia meglio che vada.” I capelli rossi gli ricaddero sugli occhi rendendo la sua espressione indecifrabile.

“no, Aris, resta. Torniamo insieme indietro.” Cercò il suo sguardo sfuggente, voleva avvicinarsi ma sentiva di non dover oltrepassare un determinato confine.

Il ragazzo si portò una mano alla testa. “ero preoccupato per te e sono venuto a cercarti ma a questo punto non sono più sicuro che sia stata la cosa migliore da fare.” Mosse qualche altro passo allontanandosi da lei, verso il sentiero da dove era venuto. “volevo dirti che io e Ursula stavamo bene, l’inibitore ha funzionato ma non sappiamo quanto tempo durerà l’effetto.” Si voltò e cominciò a camminare, a quanto pareva reputava conclusa la loro discussione.

La bionda cercò di corrergli dietro ma lui si voltò, l’espressione autoritaria ma ferita allo stesso tempo.
“no, non seguirmi, ho bisogno di stare un po’ da solo.”

E a quell’affermazione non potè ribattergli, si fermò in mezzo alla foresta mentre lo guardava scomparire tra le tenebre.


****

Ursula lo aspettava nel parcheggio dove vi erano le altre macchine, Aris in quei giorni non si era dato pace, aveva cercato delle cartine dei boschi della città e aveva escluso quelli troppo lontani e non attrezzati per quell’attività chiamata campeggio, un po’ per fortuna un po’ per caso aveva incontrato una signora in biblioteca che stava cercando un dépliant della zona più in voga per l’estate, appunto questo bosco nell’entroterra di Deep Alley.

Era trascorso già un po’ di tempo quando finalmente lo vide riemergere dal lato opposto da cui era partito. Il suo viso era scuro e la donna capì subito che c’era qualcosa che non andava.

Aris entrò in macchina e chiuse lo sportello con un sonoro rumore.

“l’hai trovata?”

“Andiamocene”

“è successo qualcosa?” il suo sguardo corse alla sua mano che era sporca di sangue “che hai fatto alla mano?!” subito gliela prese per controllarlo meglio, il suo istinto materno si era fatto più forte man mano che aumentava il tempo in compagnia di Aris, il suo quasi nipote.

“tranquilla, non è mio quel sangue” la rassicurò lasciandosi sfuggire un sospiro.

Ursula lo lasciò andare per poi accendere il motore della macchina, quando avrebbe voluto parlare lei lo avrebbe ascoltato.

“te ne sei pentito?” lei lo aveva messo in guardia, le cotte sono passeggere e forse lui aveva fatto il passo più lungo della gamba e aveva preso una decisione affrettata.

“non lo so. Non sono più sicuro di niente adesso.” si portò una mano alla fronte scostandosi il ciuffo, poi si appoggiò al finestrino mentre guardava il panorama attorno a sè cambiare.

****

Lentamente Elena fece dietrofront e tornò sui suoi passi cercando di orientarsi per trovare nuovamente l’accampamento, avrebbe dovuto fare i conti con Nick e la sua versione dell’aggressione di Aris… chissà cosa sarebbe successo di lì a poco. Tra gli alberi una flebile luce prese a farsi sempre più evidente fino a che non arrivò all’accampamento, tutti erano seduti attorno al fuoco proprio come li aveva lasciati poco prima, su un tronco c’era seduto Nick con un panno bagnato sopra il naso intriso di sangue.

“ah Elena eccoti qui, per fortuna stai bene!” sua madre le venne incontro sorridendole, sin da subito capì che c’era qualcosa che non andava.

La bionda rivolse uno sguardo fugace a Marta e David.

Rachel continuò a parlare. “Il povero Nick ti era venuto a cercare ma ha preso un ramo in piena faccia! Con tutto questo buio non si vede ad un palmo di naso, menomale che tu stai bene”

Nick le accennò un sorriso fugace da sotto il panno strizzato.

Perché l’aveva coperta? Non aveva detto nulla dell’incontro scontro con Aris e nemmeno che era stato lui a picchiarlo.

“stai bene Nick?” superò sua madre e si avvicinò a lui per tentare di capire cosa stesse facendo.

“si” disse abbassando il panno per farle vedere il segno rosso, fortunatamente non sembrava esserselo rotto ma era comunque gonfio, gli si era spaccato anche un labbro per questo aveva perso così tanto sangue.

“era un ramo parecchio grosso” aggiunse guardandola dritto negli occhi.

“mi…mi dispiace” riuscì solo a dire lei, dopotutto lui l’aveva minacciata però non poteva negare che le dispiaceva vederlo in quello stato.

“dovresti stare attenta. Potrebbe colpire anche te.”

Ed il suo messaggio le arrivò forte e chiaro. Aris era pericoloso così come lui le aveva fatto intendere molte volte.

“vado a dormire, sono molto stanca.” Chiuse lì la discussione. Salutò sua madre ed entrò nella sua tenda.

Pensava a molte cose, sarebbe stato pericoloso rimanere ancora in compagnia della famiglia di Nick? Quanto effettivamente sapevano i suoi genitori di tutta quella faccenda? Non era un caso che David avesse tirato fuori quella storia delle sirene, Elena iniziò a sospettare che l’avesse fatto apposta, anche se ancora le sfuggiva il motivo di tutte quelle macchinazioni. Quando il ragazzo aveva parlato al plurale aveva fatto capire di non essere il solo ad essere interessato alle sirene e questo metteva sia Aris che sua madre in pericolo, avrebbero potuto catturare Rachel per arrivare tramite lei a lui. Forse doveva mettere sua madre al corrente di quella storia così da poterle dare modo di difendersi, o forse questo l’avrebbe messa ancora più in pericolo?

Si rigirò nel suo sacco a pelo fino a che non vide le luci dell’accampamento farsi sempre più fioche, probabilmente tutti erano già tornati nelle proprie tende e si preparavano a dormire.

“Elly? Sei sveglia?” un bisbiglio leggero le arrivò da fuori la sua tenda.

“Si, entra.”

Elena abbassò la cerniera interna che chiudeva la tenda per fare entrare sua madre. “che succede?” le due continuavano a bisbigliare.

“non lo so ma credo che qualcosa non vada, che è successo davvero nella foresta?” chiese sua madre. “quando Nick è tornato i suoi genitori si sono scambiati delle occhiate che non mi sono piaciute per niente, e quando lui ha detto di aver sbattuto contro un ramo io non ci ho creduto nemmeno per un secondo ma visto che Marta e David sostenevano la sua bugia ho fatto buon viso a cattivo gioco… suvvia non penseranno che non abbia mai visto un pugno in piena faccia al liceo??”

“mamma, ci sono delle cose di cui dobbiamo parlare… ti ho tenuto nascoste delle cose ma adesso tutto si sta complicando e…” qualche lacrima riprese a scenderle dalle guance, Rachel le accarezzò la testa.

“tesoro mio, sai che con me puoi parlare di tutto. Sono tua mamma e ti vorrò sempre bene.”

“…credo che… siamo in pericolo.” Terminò Elena.

“ci hanno portato fuori dal sentiero in maniera tale da non poter tornare indietro senza di loro, ma ho come la sensazione che non vogliano affatto che noi torniamo indietro.

“ho avuto una sensazione simile anche io” confermò la madre. “questa situazione non mi piace.”

“cosa possiamo fare?”

Le due si guardarono attorno, sembrava che tutti stessero ormai dormendo.

“andiamo via.” Sussurrò sua mamma.

“cosa??come??”

“prendi tutto quello che puoi portare nello zaino, cose importanti s’intende, io farò lo stesso, lasceremo tutte le cose più ingombranti qui come le tende e quant’altro.”

La bionda annuì uscendo lentamente dal sacco a pelo, non dovevano fare troppo rumore o la loro fuga sarebbe stata scoperta.

“aspetta 10 minuti dopo aver preparato tutto, poi esci dalla tenda, io andrò un po’ prima per sviare i rumori nel caso qualcuno si dovesse svegliare, ci vediamo alla seconda pozza che abbiamo visto prima di arrivare qui.”

Le diede un bacio sulla fronte.

“stai tranquilla, andrà tutto bene. Poi mi dovrai raccontare tutto però…”

Lei annuì di rimando, non avevano tempo da perdere, abbracciò sua mamma e richiuse la cerniera una volta uscita.

Sarebbe stato davvero complicato ritrovare la strada per il sentiero specialmente di notte.

****

Era stata un’attesa estenuante aspettare quei famigerati 10 minuti ma alla fine era uscita dalla tenda, era stanca e avrebbe preferito di gran lunga dormire ma visto come si erano messe le cose era meglio restare alzata ancora un po’ e ritornare a casa prima dell’alba.

Superata la prima pozza sapeva che tra non molto si sarebbe ricongiunta a sua mamma, sperava solo che tutto sarebbe andato bene… camminava silenziosamente per il bosco cercando di orientarsi con la luce della torcia e gli alberi che ricordava di aver visto durante la strada di arrivo. Poi d’un tratto vide qualcosa adagiato ad un albero, una sagoma scura che in un primo momento le fece pensare ad un animale selvatico, gli puntò la luce contro e quando lo riconobbe quasi non riusciva a crederci.

Cosa ci faceva Aris addormentato ad un tronco di un albero?

Appoggiò la sua torcia per terra, sedendosi accanto a lui.

“Aris” lo scosse delicatamente per svegliarlo, non sarebbe andata via sapendolo addormentato senza un motivo nel bel mezzo del bosco.

Si scosse un po’ poi lentamente aprì gli occhi.

“che ci fai qui?” le chiese con la bocca ancora impastata di sonno.

“potrei farti la stessa domanda” gli sussurrò preoccupata. “perché stai dormendo qui? Non dovevi andartene via?”

Aris abbassò lo sguardo imbarazzato ma non le disse nulla.

“va bene, se hai deciso di non parlarmi fa pure come vuoi, ma io devo andare adesso.” gli sussurrò alzandosi.

“dove stai andando?” le afferrò il polso costringendola a rimettersi a carponi.

“sto scappando via di qua. C’è qualcosa di strano e non intendo rimanere per scoprire cosa sia!”

Il rosso si alzò prendendole la torcia dalle mani con fare sicuro.

“Andiamocene allora, ho sempre detestato i boschi” borbottò a bassa voce.

Elena sospirò ma in fondo era davvero contenta che lui non se ne fosse davvero andato, non aveva avuto modo di pensare molto a quello che era successo poco prima, ma era sicura di poter risistemare le cose sapendolo lì con lei.

Gli porse la mano, come per dirgli – dai, andiamo – sperava che gliela prendesse e dopo uno sguardo scettico lo fece facendosi guidare verso l’uscita del bosco.

****

“mamma?” chiamò Elena a bassa voce nel punto in cui avevano appuntamento.

Qualche istante dopo la luce di Rachel illuminò sua figlia che teneva per mano un ragazzo.

“Elena sei tu?”

I tre si avvicinarono, quando la luce della torcia di Rachel puntò verso il ragazzo quasi le venne un mancamento. Quel ragazzo sembrava il fantasma del suo ex marito.

“Eric?” sibilò confusa e attonita.

Aris si sentì stranamente in soggezione, era la prima volta che qualcuno lo confondeva per suo padre, di solito le sue somiglianze erano sempre riferite a tritone o ad Ariel.

“mamma?” El si frappose tra lei e il cono di luce che aveva abbagliato Aris. “lui è…” la ragazza si girò per guardare Aris, non sapeva cosa dire. “oh, è una lunga storia. Prometto che ti spiegherò, ma prima andiamo a casa!”

Rachel si scosse un po’ da quel senso di shock che le aveva attanagliato lo stomaco. “c’è un problema Elly, sono 10 minuti che giro qui attorno e non ho idea di come uscire dal bosco” disse sconsolata la donna, l’ipotesi del complotto forse non era così folle, sembravano le avessero portate apposta in un posto da dove non sarebbero potute uscire.

“come? Non ti ricordi da dove siamo venute?”

“tutti i sentieri sembrano gli stessi” si giustificò Rachel.

“forse posso darvi una mano io, ho già fatto questa strada e ricordo come si arriva al sentiero principale e poi al parcheggio.”

Le due lo guardarono speranzose, era stata una fortuna trovare Aris lì. Ancora con le loro mani intrecciate il ragazzo puntò con sicurezza il fascio di luce della torcia verso un sentiero sulla sua destra, “sono certo sia di là, seguitemi.”

Ed i tre si incamminarono nel bosco.

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Capitolo 26
*** Finalmente a casa ***


Cap 26 Finalmente a casa

Erano da poco passate le due di notte, tutto taceva nel bosco tranne i passi leggeri di tre persone che stavano uscendo da quell’interminabile labirinto di rami e alberi in cerca della libertà.
Finalmente dopo minuti che parevano ore arrivarono tutti sani e salvi al parcheggio dove la loro disavventura aveva avuto inizio.

“oh, cielo che fatica!” esclamò Rachel “per fortuna che c’eri tu Aris, credo che ci saremmo proprio perse se non fosse stato per te”

Il ragazzo sorrise timidamente, era la prima volta che incontrava la madre di Elena, l’ex moglie di suo padre e non sapeva bene come comportarsi.

S’incamminarono tutti e tre verso la macchina di Rachel parcheggiata lì vicino, ma le brutte sorprese non erano ancora finite quella notte.

“ma che diamine…?” Rachel si allontanò per guardare meglio la sua macchina completamente fuori uso, le quattro ruote giacevano completamente sprofondate a terra con profondi squarci che attraversavano la gomma da un lato all’altro.

“Credo che tu abbia ragione Elly… c’è davvero un complotto sotto.”

“che succede?” Aris bisbigliò ad Elena.

“non possiamo andarcene con la macchina in queste condizioni! Non farà nemmeno un metro, siamo intrappolate qui” gli rispose lei sconsolata.

“noi siamo venuti qui con la macchina, magari vi possiamo dare un passaggio…”

A quelle parole Elena si voltò di scatto verso di lui, gli sarebbe saltata al collo dalla felicità se prima non fosse successo tutto quel trambusto nel bosco.

“Mamma, possiamo andare via con la macchina di Aris,” Rachel si voltò per guardare il ragazzo “si è appena offerto di darci un passaggio.” Attese una sua reazione.

“questa notte sembra non finire più…” sussurrò, “non c’è altra scelta, domani chiamerò un carro attrezzi per venire a prenderla.”

Aris indicò una macchina parcheggiata poco lontano da lì facendo cenno di seguirlo.

“spero non ti dispiaccia, ma sarebbe meglio se guidasse tua madre, sai… non è che Ursula abbia una vera e propria patente…”rabbrividì pensando al modo di guidare della strega, era un miracolo essere arrivato vivo sino a lì.

Ad Elena gli sfuggì una risata, avevano litigato eppure era come se non fosse successo niente almeno apparentemente, questo le risollevava un po’ il morale.

“Aris, ne dobbiamo parlare…” la bionda disse quella frase più per se stessa che per lui, una sorta di promemoria che però fece comparire nuovamente quell’espressione imperscrutabile sul volto del ragazzo.

“lo so.” Ammise. “vediamo prima di uscire da questa situazione ok?” non lo voleva ancora ammettere ma in cuor suo Aris sapeva che tutti quei guai erano causa sua, aveva provocato un certo trambusto da quando era arrivato sulla terra, e aveva messo in pericolo Elena e adesso entrambi avevano i cacciatori alle calcagna.

Arrivati alla machina il ragazzo bussò sul finestrino svegliando Ursula che stava riposando accostata al vetro, in pochi istanti senza neppure una parola avvenì una discussione silenziosa, la donna si spostò sul sedile passeggero per fare mettere alla guida Rachel mentre i due ragazzi si accomodarono dietro, c’era tensione nell’aria.

Nonostante le loro mani rimasero intrecciate per tutta la durata del viaggio nessuno osò fiatare.

****
L’orologio in cucina segnava le 4 e 15 minuti di notte, Rachel aveva guidato tutta la notte fino a casa, la stanchezza era tanta ma lei era stata in gamba e li aveva portati tutti sani e salvi sino alla casa sulla scogliera. Parcheggiata la macchina nel vialetto Elena e sua madre erano scese per aprire casa mentre Ursula e Aris erano rimasti sulla vettura, non avevano un posto dove stare ed Elena sospettò che avessero passato le ultime notti in auto.

“mamma, dobbiamo ospitarli per la notte.” La bionda guardò sua madre mentre lasciava ricadere pesantemente gli zaini sul divano d’ingresso in attesa di essere risistemati il mattino seguente.

Rachel si portò una mano alla testa con fare stanco. “è stata una notte lunghissima e dopo gli ultimi avvenimenti prima di fare entrare degli sconosciuti in casa mia ci penserò più volte…” alluse in maniera fin troppo evidente alla fiducia che aveva concesso a Nick e alla sua famiglia.

“loro non sono degli sconosciuti!” si arrabbiò lei e subito capì che non era quello il modo di prendere in mano la situazione. Sua madre si alzò dirigendosi verso le scale “sono troppo stanca per discutere Elena, và a dormire.”

“Mamma,” le afferrò il polso sul corrimano delle scale e la inchiodò con lo sguardo. “non hai idea di quanto Aris abbia fatto per me, mi ha salvato così tante volte la vita che non ho abbastanza mani per contarle tutte. Adesso lui e Ursula sono in macchina, stanchi come te, distrutti, ma a differenza nostra non hanno un letto caldo dove andare, semplicemente perché sono arrivati qui da poco e la prima cosa che hanno fatto è stata quella di venire a cercarmi. Se questa sera non ci fosse stato con me Aris a fronteggiare Nick, stai pur certa che io e te saremmo ancora in quelle tende pidocchiose in una condizione molto peggiore, l’ultima cosa di cui ti saresti dovuta preoccupare era di due sconosciuti che dormivano in casa tua.”

Le parole della figlia la lasciarono di stucco, non era mai stata così determinata e non le aveva mai parlato in quel modo, ma la risolutezza che leggeva nei suoi occhi non lasciava spazio ad ulteriori proteste, stanca e assonnata le fece un cenno con la testa.

“e va bene, fai entrare chi vuoi, ma per favore lasciami andare a dormire adesso” le profonde occhiaie sotto gli occhi imploravano un po’ di sonno ed Elena fu felice di sganciare il suo sguardo per correre fuori ed accogliere i loro ospiti.

Come aveva immaginato Aris e Ursula si erano rimessi alla guida del veicolo ma fortunatamente ancora non erano andati via, corse nel vialetto. “ragazzi, entrate. Non penserete che vi avrei fatto andare via ?” li guardò aprendogli la portiera, Ursula scese traballante.

Elena li guidò in casa e ad attenderli proprio in soggiorno c’era la bellissima tela dipinta da Eric che ritraeva Ariel. Aris rimase a guardarla impalato, Elena pensò di lasciarlo un momento solo quindi guidò Ursula verso la stanza degli ospiti, c’era un bagno e un letto comodo, le disse di riposarsi e che l’indomani avrebbero parlato di tutto.

“Ursula?” prima di richiudere la porta Elena le si avvicinò “ti ringrazio per tutto quello che hai fatto per Aris. Sono felice che possa contare su di te.”

La donna, ossuta e fragile dalla pelle pallida le strinse una mano con le sue dita scarne, “non lasciare che il luogo da cui proveniamo ti influenzi, ti vuole molto bene, non ferirlo.”

La bionda annuì assorta richiudendosi la porta alle spalle, era ovvio che Aris doveva averle detto qualcosa riguardo la loro discussione; quelle parole le continuarono a ronzare nella testa mentre scendeva in soggiorno a recuperarlo.

Era ancora in piedi ma stavolta più vicino al quadro, come se volesse entrarci dentro, lo analizzava minuziosamente. Il ticchettio dell’orologio l’avvisava che il tempo continuava a scorrere, si sentiva esausta.

“vieni, puoi dormire nella vecchia stanza di Eric… devo solo cercare la chiave” si girò per avviarsi nuovamente per le scale poi si accorse che lui non la stava seguendo.

“no, preferisco restare qui.” si girò facendo un cenno al divano, interrompendo finalmente il contatto visivo con il quadro.

Aris arretrò qualche passo e raggiunse il divano bianco.

“forse si può aprire, magari è un divano letto.” La bionda si sporse per cercare il meccanismo di apertura, voleva solo andare a dormire e sistemare Aris al più presto possibile. Il letto si aprì rivelando un morbido materasso bianco abbastanza ampio per far dormire almeno due persone, dai braccioli laterali comparvero due cuscini, il letto era pronto per l’uso.

Aris si sedette constatando la morbidezza del tessuto sotto le dita, poi fissò i suoi occhi spaventosamente uguali a quelli del dipinto verso di lei, ponendo una muta domanda.

“resta con me”

“se mia madre scopre che ho dormito con te mi uccide” gli rispose sussurrando ma nonostante ciò si sedette sul letto dall’altro lato.

“è normale che tu voglia stare il più lontano possibile da me adesso, visto le ultime cose che hai scoperto. Non si sa mai che durante il sonno ti possa strappare il cuore.” Ancora quel tono pungente e irriverente la colpì in piena faccia.

“sai che non si tratta di questo” gli rispose lei, anche se effettivamente non aveva pensato a quella possibilità.

“Ah si, davvero?” le rispose scettico distendendosi con le braccia dietro la nuca abbastanza spavaldo. Ma dove la trovava tutta quell’energia alle 4 e mezza di notte?

“Aris, avevo il diritto di saperlo, dovevi dirmelo.”

Il suo volto che prima era rivolto al soffitto bianco adesso si era girato verso di lei, nella penombra i suoi contorni apparivano misteriosi e seducenti.

“dirti cosa? Che nella mia famiglia i tritoni di ogni generazione hanno il compito di strappare il cuore di una ragazza umana per forgiare degli oggetti di potere?”

“non mi avevi detto che era una tradizione di famiglia.” Nessuno aveva specificato che quella barbaria era una cosa legata alla famiglia reale, questo aumentava moltissimo le possibilità di morte, pensava che potesse succedere a qualunque tritone ed invece no. Ayla si era innamorata di un principe e lui le aveva strappato il cuore senza esitazione.

Aris si morse il labbro, un gesto appena percepibile ma comunque significativo, Elena nei suoi occhi lesse afflizione, poi lui distolse lo sguardo e tornò a fissare il soffitto in silenzio.

Un lieve rumore di molle e un peso sul materasso lo avvertirono della presenza della ragazza che lentamente si era distesa al suo fianco. Sentì il suo respiro caldo sulla spalla, si voltò a guardarla, si era distesa accanto a lui con il viso accucciato nel cuscino e aveva chiuso gli occhi.

“giusto 5 minuti” gli sussurrò ad occhi chiusi iniziando già a scivolare nelle braccia del sonno. “ne riparliamo domani” non aveva né la forza né la voglia di litigare ancora, voleva solo dormire e riposare.

“volevo solo proteggerti.” Lo disse così piano che sembrava più una frase rivolta a se stesso che a lei, anche se il suo respiro regolare gli fecero pensare che si fosse già addormentata.

Appoggiò la sua fronte contro quella di lei e poi le posò sulle labbra un bacio lieve e dolce che sapeva di protezione ma anche tristezza.

“lo so” bisbigliò lei aprendo gli occhi stanchi per qualche istante. Il suo stupore nel saperla sveglia durò solo qualche secondo, si chinò nuovamente su di lei e le diede un altro bacio, più lungo e lento questa volta, poi entrambi si addormentarono cadendo in un sonno profondo.

*
Un raggio di luce entrava dalla finestra, la sera prima non aveva chiuso le tende e quella luce contro gli occhi adesso la infastidiva, si girò dall’altro lato del letto, l’orologio segnava le 10 passate eppure la casa sembrava ancora assopita. Si stropicciò gli occhi e notò che aveva ancora i vestiti di ieri, si era dimenticata di mettersi il pigiama, cercò di fare mente locale su quello che era successo, Aris che era ritornato sano e salvo da lei e la loro rocambolesca fuga fino a casa. Già, ieri sera si era addormentata in soggiorno con Aris, ricordava di avergli promesso solo 5 minuti ma poi era sprofondata nel sonno vinta dalla stanchezza, non ricordava proprio di essersi svegliata per tornare in camera.

Battè più volte le palpebre, alzandosi fiaccamente, doveva essere stato lui a riportarla in camera, non voleva farle passare dei guai, nonostante la situazione delicata dello strappacuore il resto era tutto come al solito, oggi finalmente avrebbero avuto un po’ di tempo per loro, avevano tanto di cui parlare.

Fece una doccia rapida districando i numerosi nodi che le aveva lasciato come regalo d’addio il campeggio e dopo una serie di amorevoli spazzolate ritornarono finalmente lisci e lucenti come prima. Fresca e pulita andò nella camera di suo padre per cercare qualche vestito pulito per Aris, sicuramente avrebbe voluto farsi una bella doccia. Trovò qualcosa che potesse andare, una maglietta blu a maniche corte e un pantalone a tre quarti, sperò potesse stargli bene. Passò davanti alla stanza di sua madre schiudendo la porta, come lei, dormiva profondamente ancora vestita, poverina era davvero esausta, decise di lasciarla dormire ancora un po’. Dalla camera di Ursula non provenivano rumori ma non le sembrò giusto entrare così tirò dritto verso il soggiorno.

Non aveva avuto ancora occasione di vedere Aris dormire, la sua espressione era così angelica e rilassata mentre dormiva sul materasso del divano, le ciglia scure sembravano lunghissime e tracciavano sul suo viso delle lunghe ombre che gli sottolineavano gli zigomi alti, le labbra erano curvate in una posa tranquilla, non voleva svegliarlo perciò lasciò i vestiti puliti sul materasso e proseguì dritta verso la cucina dove aveva intenzione di preparare un ottima colazione per tutti.

Le frittelle erano pronte, la tavola apparecchiata come nei film, caffè, latte e spremuta, la verità era che non sapeva cosa mangiassero i tritoni perciò aveva preparato di tutto per non sbagliare.

“buongiorno” Ursula entrò in cucina con passo leggermente più deciso, alla luce del giorno Elena la potè scrutare meglio, rispetto la prima volta che l’aveva vista sembrava stare leggermente meglio, certo ci sarebbe voluto del tempo per riprendersi del tutto ma il suo colorito non era più grigiastro, sembrava aver preso un po’ di colore in più, gli occhi meno infossati, e le sue uniche due gambe umane meno fragili di quel che sembrassero.

“buongiorno” la salutò cordialmente lei. “ho preparato la colazione, non so cosa voi mangiate di solito…”

“oh, sei stata sin troppo gentile.” Si sedette al tavolo quella.

“oh no invece. Credo di non aver fatto abbastanza, voi siete arrivati qui ed io non c’ero, non vi ho aiutato quando ne avevate più bisogno ed invece siete stati proprio voi ad aiutare me e mia mamma in quelle brutte circostanze”

“ci sono tante cose di cui dobbiamo parlare…” le rispose la strega versandosi un bicchiere di spremuta.

“ho promesso a mia madre che le avrei spiegato tutto,” lo disse come se fosse un affermazione ma in realtà cercava la sua approvazione.

“credo che sarà difficile per lei capire tutto all’inizio, ma visto chi dobbiamo combattere ci servirà tutto l’aiuto possibile…” prese un piattino mettendo del toast e del burro.

“mi era sembrato di sentire odore di caffè…” Rachel fece la sua entrata in cucina avvolta dall’odore del suo bagnoschiuma ribes e fragole, si era fatta una bella doccia anche lei per lavarsi la stanchezza di dosso, sembrava abbastanza di buon umore, e menomale visto le molteplici cose che avrebbe dovuto digerire oggi, a partire dalla presenza del suo ragazzo nonché il figlio del suo ex marito…

“vado a svegliare Aris” disse mettendo l’ultima frittella nel piatto.

“ok tesoro” Rachel si sedette a tavola osservando meglio la strana donna che ieri era con loro in macchina.

Quella giornata sarebbe stata ricca di importanti novità.

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 27
*** Spiegazioni – Parte Prima ***


Cap 27 Spiegazioni – Parte Prima

Elena si avvicinò al letto dove Aris giaceva ancora addormentato.

“ehi, ho preparato la colazione” gli sussurrò a bassa voce scuotendolo dolcemente, non lo voleva svegliare in modo brusco.

“Aris?” lo chiamò ancora e il ragazzo sbadigliò aprendo lentamente gli occhi.

“buongiorno” le sussurrò con la voce ancora impastata di sonno.

I suoi occhi lucidi catturavano la luce del giorno e non appena si dischiusero fissarono quelli di lei per cercare di capire il suo umore.

“sei ancora arrabbiata…?” le chiese a quel punto.

Elena scosse la testa facendo segno di no. “ne abbiamo passate tante, supereremo anche questa” gli rispose

Aris cercò la sua mano e poi la trovò, la strinse fra le sue e non ci furono altre parole, ne avevano davvero passate di tutti colori negli ultimi tempi, avrebbero affrontato anche questo piccolo scoglio.

Si alzarono ed insieme si diressero verso la cucina.

“pronto per questa giornata impegnativa?”

“quando vuoi” le rispose sicuro di sé con la sua mano ancora stretta in quella di lei.

 

*


“bene, adesso che siamo tutti riuniti possiamo parlare schiettamente” Ursula era seduta a tavola e stava imburrando un'altra fetta di pane tostato.

Rachel, la madre di Elena non sapeva ancora nulla di tutta quella faccenda né che Aris fosse il figlio di Eric, la ragazza voleva spiegarle qualcosa ma non proprio tutto, lanciò uno sguardo disperato ad Ursula sperando che capisse.

“si, ci sono molte cose da capire” aggiunse sua madre, “specialmente perché una tranquilla gita in campeggio si sia trasformata in un rapimento forzato.”

“vedi mamma” Elena interruppe Ursula prima ancora che potesse parlare. “non ti ho detto proprio tutta la verità riguardo al ragazzo che ho conosciuto…” rivolse un’occhiata ad Aris che era impegnato a mordere un biscotto con eccessiva disinvoltura. “in realtà lui è un parente molto stretto di Eric, il tuo ex marito…”

La ragazza tacque un istante cercando di capire che effetto quella notizia avesse causato in sua madre.

Rachel posò la tazza di caffe che era rimasta sospesa a mezz’aria poi iniziò a scrutare Aris.

“devo dire che avevo visto una certa somiglianza ma visto che ieri era molto buio non ci ho fatto troppo caso… e dimmi quanto stretto era il vostro legame?”

I due ragazzi rimasero in silenzio, a chi toccava dare l’infelice notizia?

“sono suo figlio.” Ammise infine Aris. Elena avrebbe voluto ringraziarlo a voce alta ma quando vide l’espressione sbigottita di sua madre capì che forse era meglio tacere.

“suo…figlio? Ma come…com è possibile, quanti anni hai?”

“diciannove” rispose lui sicuro.

Rachel si portò una mano alla testa. “Eric non mi ha mai parlato di un figlio, io non sapevo nulla…”

“diciamo che non voleva che si sapesse della mia esistenza e di quella di mia madre…”

“cosa vuoi dire?”

Ursula Aris e Elena si guardarono, se Rachel era stata presa di mira dai cacciatori doveva almeno sapere il motivo.

“noi siamo… diciamo che abbiamo alcune particolarità di famiglia che ci rendono emh… diversi dagli altri.”

Rachel guardò sua figlia allarmata. “non avrai mica qualche morbo rarissimo?”

La faccia seria con cui lo disse fece scattare Elena a ridere, era più forte di lei. Si tappò la bocca con la mano mentre Aris sorrideva a sua volta.

“beh, non è proprio una malattia, parliamo più di peculiarità fisiche ecco…”

“oh santo cielo quanti giri di parole!” sbottò Ursula addentando un biscotto precedentemente inzuppato nel caffè.

“sono sirene!” disse nella maniera più autoritaria possibile.

Rachel guardò tutti e tre soffermandosi poi su sua figlia.

Un sorriso prese a comparire dalle sua labbra fino a che non si trasformò in una risata; prese il caffe che ormai si era raffreddato e ne bevve un altro sorso.

“ok, l’ammetto, questo è il miglior scherzo che ti sia riuscito Elena, davvero ben congeniato, ci avevo quasi creduto!”

Aris e Elena si guardarono per un istante incerti se insistere con quella versione o lasciare credere che tutto fosse uno scherzo.

Rachel si alzò e mise la tazza nell’acqua del lavandino.

“bene, se voi adesso mi volete scusare devo fare una chiamata urgente al carro attrezzi, qualcuno deve andare a recuperare la mia macchina!” fece per uscire dalla porta quando si fermò sulla soglia per rivolgere ad Aris un ultimo sorriso.

“è stato un piacere conoscerti, Aris, non appena avrò un po’ di tempo mi racconterai sul serio la tua storia, sono davvero curiosa di conoscerti.” E detto questo sparì in soggiorno.

Elena si rilassò sulla sedia.

“forse è meglio così.” Sussurrò.

“già, non avrebbe retto tutta la mole di informazioni che avremmo dovuto dirle, alle volte è meglio tenere le cose nascoste per proteggere qualcuno” disse Ursula con tono saggio.

Tenere le cose nascoste per il bene di qualcuno. Ursula non parlava solo di sua madre, anche lei doveva essere complice di Aris e del suo silenzio.

“adesso ragazzi, visto che finalmente siamo soli e fuori da ogni pericolo sarà meglio che vi racconti quello che so… Aris credo che tu abbia avuto modo di sentire qualcosa riguardo i Cacciatori di Sirene.”

“si zia”

Era la prima volta che Aris la chiamava così.

“bene,”

La strega si rilasso sulla sedia e si mise a fissare il soffitto con lo sguardo assorto, stava cercando di riportare alla mente dei ricordi ormai sbiaditi.

“Elena, hai avuto modo di conoscere la storia dell’origine dell’ostilità tra umani e sirene da come ho capito.”

“in realtà,” l’interruppe subito Aris.

“vorrei spiegarle meglio come sono andate le cose,”

“capisco” la strega lo guardò intensamente poi decise di alzarsi dal tavolo. “forse è meglio che riprendiamo l’argomento più tardi, vi lascio parlare con tranquillità, io andrò a riposare in camera.” e come fece Rachel, dopo aver messo la tazza nell’acqua uscì anche lei dalla stanza lasciando finalmente i due ragazzi davvero da soli.

“ne vuoi parlare proprio adesso?” Elena si girò e lo guardò seria.

“si.”

“va bene, però non qui, andiamo in un posto più sicuro” La bionda si alzò e si diresse verso il giardino, lì nessun’altro li avrebbe potuti disturbare.

 

*

La giornata era bella, il sole era già alto nel cielo, Elena e Aris si erano seduti nel giardino all’ombra di un albero per poter parlare meglio; appesa al salice vi era un’altalena di corda che molto tempo fa Eric aveva costruito per lei, ma forse in fondo si era sempre sbagliata, tutte quelle attenzioni non erano per lei ma per la vera famiglia che credeva un giorno l’avrebbe raggiunto.

“non so cosa ti è stato raccontato, né quanto ci sia di vero nella loro storia ma dammi la possibilità di raccontare anche la nostra versione.”

La ragazza annuì strappando dall’erba una margherita e rigirandola tra le dita. Il ragazzo si sedette sull’erba, incrociò le gambe ed iniziò quindi il suo racconto.

“Aidan fu il primo principe ad avere dei contatti diretti con gli umani, ti sembrerà strano ma è tradizione che tutti i membri della famiglia reale abbiano un nome che inizi con la lettera A,

“ma tritone…?” l’interruppe subito lei

“tritone ha sposato Atena, lei era la principessa e quindi ha preso il trono da lei.”

“quindi lui non è un membro della famiglia reale?”

“Tecnicamente è diventato re per matrimonio non per nascita, questo lo rende ancora più attaccato al potere…” Aris ripensò a tutto quello che aveva sempre fatto e alle sue azioni prive di scrupoli pur di raggiungere i propri scopi, le sue mani regnavano su Atlantica ma erano macchiate di sangue.

“Aidan conobbe Ayla per puro caso, il lago che hai visto è collegato dal mare tramite un tunnel sotterraneo o almeno lo era, non so se oggi è ancora così”

“da quello che ci è stato raccontato lui la salvò dall’annegamento e quasi subito per entrambi quel giorno scattò un colpo di fulmine; Ayla era fidanzata con un altro uomo ma era sempre in viaggio e lei non sembrava amarlo, quando finalmente dopo molto Aidan le propose di scappare con lui e di portarla nel suo mondo per vivere assieme, la notte in cui loro si dovevano incontrare qualcosa andò storto.”

“lui ci ripensò e la uccise” completò Elena.

“No, non è così. Ayla gli morì praticamente tra le braccia ma prima che potesse esalare il suo ultimo respiro Aidan le prese il cuore; voleva che restasse con lui per sempre e solo così ha potuto forgiare il primo anello dei sette anelli, lei era pura come nessuno e infatti Purezza d’animo fu il primo.”

Elena non riuscì a parlare, magari era vero che lui non l’avesse direttamente uccisa ma comunque strappare il cuore alla persona che ami per forgiare un anello…

“a che scopo fare tutto questo?” parlò dopo qualche minuto ma nella sua voce c’era ancora un alone di sconcerto, la margherita che teneva tra le mani ormai era un grumo di foglie e petali. Si alzò per andarsi a sedere sull’altalena.

Aris le si avvicinò cauto. “Il tridente del re senza quegli anelli non vale niente, è come se fosse un semplice bastone; è da quelli che deriva la vera origine del potere.”

“dimmi di più, spiegami, voglio capire.” Lo guardò dritto negli occhi quasi implorando di raccontargli la verità.

Il popolo del mare in origine non aveva mai avuto poteri sul mare, era solo un suo abitante così come gli esseri umani erano abitanti della terra. Le cose cambiarono quando Aidan forgiò il primo anello, da esso scaturiva un potere che sirene e tritoni non avevano mai visto, un potere che conferiva il dominio sull’acqua.”

“in che senso dominio? Cioè potevano comandare l’acqua?”

“si, indossandolo poteva ordinare all’acqua di fare qualunque cosa volesse, le correnti potevano cambiare flusso, le maree crescevano o diminuivano a suo piacimento, ma il suo potere per quanto strabiliante era limitato e vincolato al tridente, quello era l’unico oggetto che permetteva di incanalare i poteri dell’anello, senza di esso diveniva un comune anello di metallo.

I principi successori al trono provarono di generazione in generazione ad accrescere quel potere che gli era stato mostrato, uno alla volta carpirono un cuore puro e provarono a forgiare un anello, ma non tutti ci riuscivano, i cuori puri sono estremamente rari.”

“come capivano se una persona aveva un cuore puro?”

“oh avevano delle conoscenze tramandate da coloro che li avevano “carpiti” ma nel caso in cui prendessero …emh… il cuore sbagliato questi, una volta scaldato nel fuoco magico diventava cenere.”

Elena abbassò il volto coprendosi la bocca con la mano per non urlare o peggio, vomitare dal disgusto.

“se gli anelli sono solo 7 vuol dire che…non avete trovato così tanti cuori puri, giusto?”

“sono circa 50 anni che non viene forgiato un nuovo anello e per quanto ne so io, arrivati al settimo anello nessun erede maschio è stato più mandato alla ricerca di cuori puri. Non so il motivo, forse negli ultimi 50 anni le discendenze sono state solo femminili… a pensarci bene non ne ho proprio idea del motivo.”

“Perché solo i discendenti maschili possono forgiare anelli?” A quanto pareva anche nella storia delle sirene c’era un periodo di discriminazione femminile.

“Beh, il primo a cui era stato conferito il potere era stato un tritone quindi si è sempre pensato che fosse un compito per i principi, a quanto pare riusciamo meglio a conquistare la fiducia delle giovani umane”

La ragazza abbassò lo sguardo non per imbarazzo, non voleva far vedere ad Aris quanto le sue ultime parole l’avessero turbata. Il pensiero che i cuori di centinaia di ragazze fossero stati strappati da ragazzi altrettanto belli e seducenti le fece venire i brividi, come si poteva commettere un atto di tanta crudeltà?

Rivolse lo sguardo verso l’orizzonte, quella linea bianca dove il cielo e il mare si confondevano sembrando un tutt’uno, non avrebbe mai immaginato che sotto quell’aspetto così calmo il mare nascondesse creature tanto crudeli.

“Tritone li possiede tutti?”

Aris seguì il suo sguardo

“Solo 4, gli altri sono andati perduti, ti sembrerà strano ma ci sono cose che nemmeno io so, e l’argomento degli anelli è considerato molto riservato.”

“però perdere 3 anelli… se fossero stati davvero importanti il re avrebbe fatto il diavolo a quattro per recuperarli, o sbaglio?”

“forse Ursula può dirci qualcosa in più, sono sicuro che avrà sentito qualcosa in merito”

Elena parlò dopo diversi minuti, si era chiusa in un silenzio tombale mentre rielaborava la storia che lui le aveva appena raccontato. Aris le diede una leggera spinta per fare oscillare l’altalena, la bionda puntò i piedi per terra bloccando il movimento, si sentiva rigida e tesa e... triste.  

 “Pensi che l’abbia amata…?”

Aris prese fra le mani la corda dell’altalena pensieroso.

“credo di sì, credo che ne fosse davvero innamorato. Dopo quell’episodio ha deciso che non si sarebbe mai sposato, infatti alla sua morte il trono è passato al fratello minore.”

Lei appoggiò la sua schiena contro il suo corpo facendo un respiro profondo, aveva bisogno di solidità adesso, non era in grado di sentirsi così spensierata da poter dondolarsi nel cielo come nulla fosse.

Il suo sguardo vagò sulle mani di lui che tenevano la corda dell’altalena sfiorandole le braccia, d’un tratto sollevò una mano per incontrare la sua mentre i suoi pensieri continuavano a vagare immaginando le sue mani farsi artigli per scavare nel suo petto in cerca di un cuore.

Il ragazzo l’aveva lasciata fare in silenzio “non ti farei mai del male El, tu questo lo sai vero?” c’era disperazione nella sua voce e lei non l’aveva mai sentito così.

Elena si aggrappò con entrambe le mani al suo braccio che adesso la cingeva le spalle. Vi nascose il suo viso contro incapace di rispondere.

Aris la cinse anche con l’altro braccio avvolgendola da dietro in un abbraccio tormentato.

"ti prego, ho bisogno di sentirtelo dire" il suo tono era supplichevole contro il suo collo.

"Io" iniziò lei "ho avuto davvero paura ieri, ho desiderato con tutta me stessa che tu fossi lì con me a proteggermi." Gli occhi le si inumidirono, sbattè più volte le palpebre per ricacciare indietro le lacrime.

Voltò lo sguardo per vedere Aris che aveva affondato il viso nei suoi capelli.

"ed io ti ho ascoltato " le soffiò sui capelli.

"poi con tutta questa storia degli anelli e di Ayla…” si portò una mano sugli occhi per cancellare le lacrime. “perdonami,” gli disse, “ma mi ha davvero sconvolto,"

Il ragazzo lasciò le sue spalle e con due rapidi passi le si mise davanti, Elena aveva entrambe le mani che le nascondevano il viso, voleva trattenersi ma le lacrime continuavano a scendere, la paura e l’orrore si erano mischiate in un momento e il panico aveva preso il sopravvento.

"per questo non te ne volevo parlare " si inginocchiò davanti avvicinando l’altalena dalle corde, cercò il suo sguardo dal basso ma senza successo. “volevo proteggerti da tutto questo, ma a quanto pare sembra che io abbia fallito.” concluse abbassando nuovamente lo sguardo.

Dopo qualche istante la ragazza ritrovò un po’ di calma per poter parlare, “non riesco a non pensare a quanto la storia che mi hai raccontato su Ayla e Aidan somigli alla nostra. Sembra un incubo”

Passò qualche istante di silenzio, quella discussione sembrava interminabile.

“sin dal primo momento in cui ci siamo incontrati tu mi hai messa in guardia, conoscerti è stata la cosa più pericolosa della mia vita, adesso me ne rendo conto.”

Aris che aveva mantenuto lo sguardo verso il basso in un istante puntò i suoi occhi azzurri verso di lei, non capiva cosa stesse dicendo e dove volesse arrivare davvero. Elena posò le sue mani su quelle di lui che ancora stringevano la corda,

 “ma per quanto pericoloso sia, non tornerei mai indietro”

Il rosso lasciò andare la corda e strinse le sue mani mentre entrambi si alzavano in piedi, tra i due c’era un centimetro di distanza quando Elena alzò un mano all’altezza del suo cuore.

"…se anche dovessi strapparmi il cuore" iniziò lei.

Aris poggio una mano sulla sua guancia "questo non accadrà mai"

"avrai la certezza che mi sono fidata di te fino al mio ultimo respiro" sussurrò commossa.

Il ragazzo non aspettò più, la strinse forte a sè, era la cosa più bella che avesse mai sentito, con quelle parole aveva abbattuto quell’ultimo muro di incertezza, sapere che lei si fidava di lui lo rendeva in grado di poter affrontare qualunque altra cosa. Si sentiva forte e pieno di energia come se quelle parole avessero avuto un effetto curativo sul suo spirito. Le prese il mento e lo avvicino alla sua bocca e le diede un bacio lungo e dolce mentre l’aria salmastra gli riempiva i polmoni.

"non permetterò più a nessuno di farti del male."

Lei annuí. "nemmeno io"  rispose con gli occhi pieni di nuova vita.

“Elena, i cacciatori sono molto pericolosi ed è importante restare sempre in guardia,” la sua voce si fece seria e solenne.

“questo lo so” gli rispose lei sorridendogli.

“faranno di tutto per arrivare a te,”

“a me? Perché? Non gli ho fatto nulla!”

“perché sei l’unica che tiene in piedi tutto il gioco. Tritone farebbe di tutto per riavermi, ed io farei di tutto per te.

Se prendono te hanno sotto scacco il re.”

                                                                                                                         

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Capitolo 28
*** Gli anelli di Alimede - parte seconda ***


Cap 28 Gli Anelli di Alimede

 

Quelle ultime parole l’avevano stupita, “Se prendono te hanno sotto scacco il re.” Non credeva di avere un ruolo in tutta quella situazione, sentiva che quelle verità che Aris le aveva rivelato non erano ancora finite ma facevano parte di un qualcosa di molto più grande e c’era solo una persona che poteva dissipare i loro dubbi e gettare un po’ di luce sulla quella faccenda.

Ursula sedeva comodamente sul divano bianco in soggiorno con una tazza di fresco thè al limone fra le mani, le ampie vetrate le davano la possibilità di godere della meravigliosa vista sul giardino, un paesaggio dalle verdi sfumature brillanti per lei sconosciuto e che con avida curiosità adesso si ritrovava a studiare.

Dalla portafinestra in vetro i due ragazzi, mano per la mano, entrarono nel fresco ambiente interno.

“Ursula, vorremmo parlarti” ruppe subito il ghiaccio il ragazzo.

La strega sorseggiò il thè freddo, “che splendido giardino” disse con il viso rivolto verso la luce del sole “in fondo al mare non ci è possibile godere di così bei colori brillanti, guardate questi splendidi verdi accesi, questi fiori così vivaci…” si voltò verso i due ragazzi che adesso sedevano davanti a lei su un divano del medesimo colore del suo, non avevano smesso di tenersi per mano.

“scusatemi,” disse vedendo i loro sguardi così seri “è solo che se ripenso ai miei lunghi anni di prigionia, a quelle pareti di roccia grigia e ai miei giorni che rischiavano di finire senza che io potessi godere di queste meraviglie quasi non mi sembra vero.” Si portò una mano sullo zigomo per cancellare la traccia di una lacrima che silenziosa le era scesa giù dagli occhi.

“beh, siamo tutti qui per discutere di qualcosa di molto importante, se non faremo qualcosa al più presto credo che il mondo così come noi lo conosciamo potrebbe cambiare…”

Un cubetto di ghiaccio si mosse dentro al bicchiere e l’alone bianco di freddo fu percepibile per un breve istante. “adesso” lanciò uno sguardo ad Elena “entrambi conoscete una parte della storia degli anelli, ma l’intera verità sono solo in pochi a conoscerla, ed io, per nostra fortuna, sono una di quelli.”

“quindi questi anelli hanno un ruolo in tutta questa situazione?” Elena cercava di stare il più attenta possibile, sapeva che quello che avrebbe rivelato la strega sarebbe stato importante e non poteva permettersi il lusso della distrazione. Se davvero lei era così importante per i cacciatori doveva scoprirne il motivo e doveva trovare un modo per difendersi.

“sì mia cara, come tutte le guerre anche questa sarà combattuta per il potere…”

“il potere di cosa?” Intervenne Aris guardando confuso anche Elena “ero convinto che sotto ci fosse una faida tra popolo della terra e popolo del mare…”

“Mio caro, caro Aris… sei ancora giovane ma avrai tempo per imparare a vedere tutto con occhi più chiari. La storia degli anelli non si limita alla storiella di amore che ci è stata tramandata, c’è molto di più. Fidatevi delle mia parole, io fui l’ultima maga di corte a conoscere la loro storia e il loro terribile destino e per questo devo ringraziare mia madre, perché lei fu l’ultima strega a forgiare l’ultimo anello di Alimede”

“quindi questi anelli hanno finalmente un nome!” esclamò soddisfatta Elena, già stava pensando di andare su internet per fare qualche ricerca.

“Lasciate che io vi racconti quel che so.
Molto tempo fa, mia madre ed io vivevamo a corte ed io ero la sua apprendista maga poiché un giorno l’avrei succeduta con questo importante compito, la magia e l’alchimia sono cose che noi tramandavamo da generazioni, ogni membro della mia famiglia fu al servizio del trono e noi tutti ne siamo sempre stati fieri.
Questo però fino al giorno in cui il primo cuore pulsante fu portato dentro il nostro bellissimo regno.

Il principe Aidan era a conoscenza di alcune pratiche magiche così antiche che nessuno sapeva da dove davvero provenissero, ma noi maghe di corte sapevamo che dietro tutto quel mistero c’era un libro di magia lasciatoci da Alimede la prima sirena con attitudini magiche che fu la madre di tutti noi, la capostipite del popolo del mare.

Quando fu forgiato il primo anello si decise che il suo nome sarebbe stato proprio quello, l’anello di Alimede, ma quello non fu l’unico nel corso dei secoli ad essere stato forgiato. Il libro sacro dove erano contenuti i procedimenti magici parlava di un rituale con sette anelli di cuor di metallo e quando finalmente arrivò il mio turno di custodire questi segreti seppi finalmente la loro origine e il loro vero potere.

Sette dovevano essere gli anelli e forgiato l’ultimo il cerchio sarebbe stato chiuso, nessun tritone avrebbe più cercato di ottenere cuori puri.”

I ragazzi cercarono di metabolizzare la parole della strega, gli anelli di Alimede, finalmente quegli oggetti avevano un nome e così come Aris sapeva ne esistevano solamente sette.

“ma perché? Se vi erano ancora cuori puri perché non continuare a forgiare altri anelli?” Intervenne il rosso seguendo il flusso dei suoi pensieri.

“gli anelli di Alimede come saprete, avevano il potere di dominare l’acqua, ma il potere di ogni singolo anello aveva delle limitazioni.”

“non sapevo nulla di queste limitazioni” ammise Aris

“ti farò una semplice domanda Aris,” La strega gli sorrise dolcemente come se stesse per spiegare ad un bambino delle elementari come fare una sottrazione.

“chi è Tritone?”

“mio nonno” ammise lui.

“e oltre quello? Lui e quelli prima di lui?”

“erano re, re di tutti gli oceani” ammise iniziando a capire.

“esattamente, tutti. Gli oceani o mari sono sette, noti qualche coincidenza?”

Il ragazzo tacque mentre una nuova consapevolezza si faceva largo in lui.

“sette mari come i sette anelli” disse Elena cercando di esortare la strega a continuare visto che lei ancora non aveva ancora capito.

“ogni anello ha delle limitazioni in quanto non riesce a gestire il potere su tutta l’acqua e quindi tutti i mari, il suo potere viene legato al posto in cui avviene il processo di estrazione. Ogni cuore appartiene al posto in cui è stato preso ed il suo potere si lega a quel luogo. Ora provate ad immaginare cosa succederebbe se venissero forgiati sette anelli con sette cuori puri legati ai paesi vicini ai sette oceani?”

“si avrebbe il dominio su tutti i mari.” Dissero tutti e tre quasi nello stesso istante.

“bene,” disse la strega sorseggiando dell’altro thè “adesso vedo che iniziate a comprendere l’importanza della situazione.”

“ma in tutto questo cosa vogliono da noi i cacciatori?” la bionda guardò Aris e poi la strega non capendo ciò che loro evidentemente avevano già chiaro.

La strega continuò a parlare “Se si possiedono tutti e sette gli anelli e s’incanala il loro potere nel tridente, il re ha il potere di controllare tutti i mari e può scatenare tempeste o cambiare le correnti, prosciugare le maree, invertire i flussi dei fiumi, persino provocare enormi catastrofi sulla terra. Il suo potere sarebbe enorme e nessuno potrebbe fermarlo.”

“si, ma il re non ha tutti gli anelli, io stesso ho visto che ne possedeva solamente quattro,” intervenne Aris.

“prima che venisse forgiato l’ultimo anello infatti avvenne una cosa inaspettata, tre anelli furono rubati e anche quando l’ultimo fu forgiato essi non erano completi.

Qui mia cara Elena la storia dei cacciatori di Sirene e la nostra si intrecciano.”

“furono i cacciatori a rubarvi gli anelli? Ma non è qualcosa di impossibile?” Elena era seduta sul bordo del divano completamente presa da quel racconto. La storia che stava ascoltando era quanto di più surreale avesse mai letto in uno dei suoi tanti amati libri.

“I cacciatori volevano il potere e così pensarono bene di rubare gli anelli che riuscirono a trovare, ma quello che non sapevano…quello che tutt’oggi loro non sanno è che solo un membro della famiglia reale può usare quel potere. Se anche un qualunque tritone o sirena prendesse in mano il tridente con gli anelli non avrebbe alcun effetto sull’acqua. Gli anelli…i cuori, dopo molti secoli riconoscono nel sangue reale qualcosa di familiare che ne sblocca il potere. Che riconoscano dopo tanto tempo il sangue di colui che hanno amato? Questo non saprei proprio dirvelo, va aldilà di ogni mia conoscenza e comprensione. ”

Aris appoggiò la schiena al divano guardando per un momento verso il soffitto.

“c’è sempre stata una forte ostilità tra i nostri popoli,” continuò Ursula vedendo Aris scosso da tutte quelle rivelazioni, poi si rivolse ad Elena come per giustificare quella seta di guerra che da tempo i popoli nutrivano l’uno verso l’altro.

“le donne umane crescevano i nostri figli e i vostri uomini mettevano al mondo i nostri, poi il potere ha corrotto questo mondo e l’umano ha inquinato la fonte della sua stessa vita, l’acqua. I ghiacciai e le maree che cambiano, liquami e rifiuti che vengono riversati nei nostri mari di continuo, così quando il primo anello fu forgiato qualcosa in tutto il popolo del mare cambiò. Avevamo il potere di far cambiare le cose, potevamo impedire che certe azioni si compiessero, sotto gli ultimi re si arrivò ad una grande conclusione, senza l’essere umano saremmo stati molto meglio.

Ma il nostro popolo era ancora dimezzato visto le nostre barbare usanze sulla riproduzione, l’idea c’era ma i tempi non erano maturi, si doveva aspettare ancora e cosa più importante bisognava radunare i sette anelli per avere un controllo totale dell’acqua.

Quando ci furono rubati capimmo subito che qualcosa era cambiato, non tutto il nostro popolo era unito contro gli umani, alcune fazioni erano contrarie, loro volevano vivere con loro non senza. Gli umani riuscirono a mettersi in contatto con alcuni di noi, ottennero la loro fiducia come noi per tanti secoli avevamo fatto con loro e poi rubarono gli anelli in possesso del re e li fecero sparire.”

“è terribile” sussurrò Elena. Non avrebbe mai pensato che tanto odio potesse portare a una cosa del genere, all’uccidersi a vicenda, l’essere umano aveva torto nei modi ma le ragioni che spingeva il popolo del mare a fare questo non erano altrettanto nobili.

“non potevano essere forgiati degli altri? Insomma sarebbe stato difficile trovare altri cuori puri ma comunque avrebbero potuto no?”

Aris continuava a pensare a tutta quella situazione, come avevano fatto ad introdursi a palazzo e trafugare degli anelli che quasi sicuramente erano custoditi con la massima cura? Era questo quindi che il re tritone aveva in mente, recuperare gli anelli per uccidere gli umani?

“no mia cara e questo è anche il motivo per cui forgiato il settimo anello nessuno fu più mandato in missione… una volta che un cuore puro viene forgiato e legato all’anello il suo potere è collegato al luogo da cui proviene, anche se venissero trovati e forgiati altri anelli il potere del mare rimane legato al primo anello creato, solo alla morte dell’anello il potere sarà libero di essere legato ad un altro.”

“i cacciatori stanno cercando di ottenere tutti gli anelli per dominare il mare e respingere i tritoni e le sirene, mentre il popolo del mare vuole recuperare quelli in possesso dei cacciatori e sterminare tutti gli esseri umani. Mi sembra di aver capito che nessuna delle due fazioni combatta per il giusto…” Elena stava rimettendo in ordine le sue idee.

“aspetta un momento” Aris si raddrizzò sulla schiena e guardò fisso negli occhi la strega “hai appena detto che un anello può morire?”

“si, può essere distrutto ma anche se lo fosse se ne potrebbe sempre creare un altro… distruggerne uno non risolverebbe nulla.”

“si ma… se li distruggessimo tutti?” il ragazzo fu preso da una sferzata di energia, si alzò in piedi ed iniziò a camminare per la stanza sentendo che stava per arrivare un’idea geniale.

“Finchè ci sarà il libro di Alimede e una strega con sufficienti pratiche magiche potranno sempre essere ricreati.” Gli rispose Ursula con rassegnazione.

Anche Elena si alzò in piedi, sentiva di essere vicino ad una soluzione. “e se distruggessimo il libro?”

Ursula e Aris si voltarono contemporaneamente a guardarla, poi il ragazzo si avvicinò a lei e le avvolse il braccio sulla spalla mentre lei continuava a spiegare. “potremmo distruggere gli anelli e poi distruggere il libro, nessuno otterrebbe quello che vuole e eviteremmo la creazione di altri oggetti pericolosi come questi in futuro.”

Il ragazzo era fiero dell’idea che Elena aveva proposto. “è rischioso ma è fattibile” le disse sorridendole.

Il volto serio della strega del mare spense quasi del tutto il loro entusiasmo. “Quegli anelli non hanno solo creato guai, delle volte ci hanno anche salvato in situazioni disperate… e poi distruggere un libro sacro sarebbe da folli e irresponsabili. Quel libro ci è stato tramandato da generazioni! Contiene magie che noi possiamo solo immaginare”

“magie pericolose…” aggiunse Elena.

Ursula guardò dritto negli occhi Aris, era lui il principe spettava a lui avere buon senso “Aris non crederai che sia una buona idea…? Da principe, da futuro sovrano dovresti pensare a cosa è meglio per il tuo popolo.”

Quelle parole smossero qualcosa in lui, la ragazza lo sentì irrigidirsi al suo fianco.

La cosa che tu sai… era custodita in quel libro, senza di quella noi… tu…”

Il ragazzo perse d’un tratto il colore in volto ma non disse una parola.

“pensaci su Aris. La decisione spetta solo a te.”

Elena non era d’accordo con quel che avesse appena detto la strega, non era giusto che caricasse tutte quelle responsabilità solo su Aris, principe o meno tutti dovevano assumersi il peso delle proprie decisioni.

“ho bisogno di un po’ d’aria…” disse allontanandosi dal soggiorno, improvvisamente quelle pareti gli sembravano troppo piccole in confronto allo sconfinato orizzonte sul mare.

“Aspetta vengo con te.” Elena lo raggiunse alle spalle, si fermò a prendere le chiavi di casa dal cassetto nel mobile dell’ingresso. “andiamo a fare due passi.” Gli prese la mano e d’un tratto le sembrò così fredda che quasi le sembrò di toccare un cadavere.

“potremmo andare verso il parco…” gli disse aprendo la porta di casa.

“va bene ovunque,” la guardò con occhi tristi e pensierosi “purchè sia lontano dal mare."

 

****

“com’è possibile?!”

“ti dico che l’ho visto mamma, aveva due gambe e beh, i suoi pugni sono stati piuttosto convincenti.”

Marta si voltò verso David con aria sconvolta. “ma non è possibile, vero David? Non può! È un tritone non può avere forma umana quando non è stagione di accoppiamento!” il suo tono diventava di frase in frase sempre più isterico “non è così?! Rispondimi!”

Ma David era silenzioso, mentre sua moglie dava di matto girando attorno all’accampamento come una furia lui meditava su quanto fosse accaduto.

“tu l’hai visto vero? Sei sicuro avesse una coda?” Marta tornò alla carica con suo figlio, l’unico che ancora era in grado di parlare, era anche stato lui quella mattina ad accorgersi che le due erano scappate dall’accampamento.

“si mamma, sono sicuro, l’ho visto!”

“Nick, torna al parcheggio e vedi se la loro macchina è ancora lì. Poi usa il segnalatore che c’è nella nostra macchina e chiama Lara.”

“Lara? Ma sei sicuro sia una buona idea?”

Suo padre alzò lo sguardo “lei è una dei nostri. Dille di mettersi sulle tracce di lui. Noi tre penseremo a lei.”

 

 

 

 

 

 Salve ragazzi! Mi dispiace davvero tantissimo per il ritardo, ma non vi preoccupate, questa storia avrà la sua degna conclusione! Sono super indaffarata, ho anche iniziato un riaggiornamento delle vecchie storie e sto cercando di destreggiarmi in troppe cose contemporaneamente! Spero che il capitolo vi sia piaciuto e a presto :*

 

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Capitolo 29
*** Sotto Scacco ***


Cap 29 Sotto Scacco

 

Era da poco passato mezzogiorno nella calda cittadina di Deep Alley, Aris e Elena avevano trovato riparo dalla calura estiva all’interno del parco in centro città dove avevano deciso di fermarsi per un po’.
I due ragazzi erano seduti su una panchina in legno rigorosamente all’ombra, faceva molto caldo per un tritone che da poco aveva abbandonato la sua forma per diventare umano e le sue mani iniziavano ad apparire screpolate come se quel caldo lo stesse privando del resto dell’acqua presente nel suo corpo.
Aris non aveva ancora detto nulla da quando aveva lasciato la casa di Elena, e lei aveva rispettato il suo silenzio non proferendo parola.

Le ultime parole della strega gli risuonavano in mente come un disco rotto, il fatto che lui fosse un principe e che spettasse a lui prendere quella decisione lo caricava di un ulteriore responsabilità, lui avrebbe fatto a meno di quel libro e avrebbe voluto distruggerlo così come aveva proposto Elena, ma quando la strega gli aveva ricordato che proprio l’incantesimo che gli avrebbe permesso di diventare permanentemente umano era stato scritto su quel libro e che lui stesso ne aveva avuto bisogno, il dubbio su quel che stesse facendo prese a tormentarlo.

Qual era la cosa giusta da fare?

“Aris?” la voce di Elena gli arrivò come un sussurro lontano.

“Aris, ti senti bene?” la ragazza lo stava guardando con un’espressione preoccupata dipinta in volto, “non hai una bella cera”

“Sto bene tranquilla…” ma quando lui sollevò la mano per tranquillizzarla vide un orribile crepa nella sua pelle.

La bionda fissò più attentamente il ragazzo, le sue labbra stavano diventando secche e anche la sua pelle sembrava si stesse trasformando in polvere.

“cosa sta succedendo? Aris tu non stai affatto bene!”

“a quanto pare sono queste le controindicazioni…” sussurrò tra sè e sè guardandosi le mani e studiando quel fenomeno. “Ursula ha realizzato un inibitore che ci rendesse umani, ma è un qualcosa di temporaneo… per far sì che diventi permanente bisogna realizzare un'altra pozione…” il ragazzo si alzò con fatica aiutato da lei.

“e l’incantesimo di cui stiamo parlando era contenuto originariamente nel libro di Alimede, distruggendo il libro probabilmente distruggeremmo anche delle magie buone.”

E così finalmente anche Elena adesso sapeva cosa tormentasse i suoi pensieri

“non pensiamo al libro adesso, dobbiamo fare qualcosa per te prima che questa situazione si aggravi” La paura iniziò ad invaderla ma tentò di non darlo a vedere, doveva mantenere la calma o non sarebbe stata di nessuna utilità.

Ma il suo ragazzo si stava trasformando in polvere sotto i suoi occhi e lei non aveva la più pallida idea di cosa fare!

“forse se rientri in acqua potrebbe andar bene…”

“no, l’acqua del mare è assolutamente vietata, se qualcuno ci trovasse non oso immaginare cosa potrebbe succedere.”

“c’è una piscina pubblica non lontano da qui, potrebbe andar bene? Certo ci sarà del cloro nell’acqua ma dovrebbe andar bene se non respiri sott’acqua”

Mentre lei parlava Aris si sentiva sempre meno in forze, “va bene, proviamo” e così con grande fatica, passo dopo passo i due s’incamminarono verso la piscina pubblica.

 

****

 

“Buongiorno, mi servono due set da piscina”

Elena aveva lasciato Aris a sedere su una poltroncina mentre si dirigeva verso il bancone per iscriversi e comprare anche il necessario visto che non avevano praticamente nulla e di certo non ci si poteva fare il bagno in biancheria.

“solo un momento” le risposte la signorina mentre andava a prendere tutto l’occorrente, dopo qualche istante tornò con un borsone dove dentro vi erano costumi, scarpe e asciugamano.

“ho aggiunto anche dell’acqua, il tuo ragazzo non sembra stare molto bene…” Elena si girò e vide Aris con la testa appoggiata al muro e gli occhi socchiusi.

“soffre molto il caldo, dopo una bella nuotata in piscina starà molto meglio” le rispose pagando il tutto.

O almeno, spero che funzioni. Pensò fra sé e sé.

****

Superando la reception si accedeva ad un grande spazio aperto con al centro una grande piscina piena di acqua cristallina ed azzurrissima, fortunatamente non c’erano molte persone, colpevole il mare vicino che rubava tutti i potenziali clienti che potevano fare il bagno nell’acqua gratis anziché pagare per una piscina artificiale.

“Aris, e se entrando in contatto con l’acqua ti ritornasse la coda?” 

“ci avevo pensato anche io, ma è un rischio che dobbiamo correre… non credo di poter resistere ancora per molto…”

I due ragazzi si avvicinarono nel posto meno affollato di tutti, un angolo semi vuoto con alcune sdraio dove poterono mettere le loro cose e stare in tranquillità.

“potrebbe darti un po’ fastidio il cloro…” Elena stava uscendo la sua asciugamano per sistemarla sulla sdraio.

Il ragazzo fissava l’acqua di un innaturale colore azzurro chiedendosi quale sensazione avrebbe avuto toccandola,

“Preferisci entrare piano o in un sol colpo?” chiese lei venendogli vicino

Aris si girò a guardarla. “non sono tipo da entrare piano, adesso o mai più.”

Dopodiché si slanciò e fece un tuffo davvero magnifico, Elena non rimase certo lì ferma ad aspettare, prese slancio e anche lei si tuffò subito dopo di lui. Fortuna che non c’era nessuno vicino perché bagnarono mezzo lato.

Elena riemerse quasi subito e mentre cercava di vedere dove fosse finito Aris vide una ragazza in lontananza che la stava salutando.

Chi era? Una compagna di classe? Eppure non le sembrava un volto conosciuto. Si avvicinò al bordo per guardarla meglio, la ragazza aveva un asciugamano tra le mani e non c’era alcun dubbio sul fatto che stesse venendo verso di lei.

“Ciao!” la salutò non appena fu abbastanza vicina, era alta e slanciata, troppo magra per i gusti di Elena, anzi troppo magra per i gusti di chiunque, capelli lunghi e scuri e due occhi verdi che le sembravano familiari.

“ciao” la salutò lei incerta.

“non ti ricordi di me … vero?” la ragazza aspettò per qualche istante, dopo proseguì “ma certo, come potresti, ci siamo viste solo una volta dopotutto… sono Lara, una tua compagna di classe.”

Adesso le stava tornando qualcosa in mente, era una ragazza che aveva visto solo una volta, era stata gentile con lei e le aveva raccontato di essere sempre all’ospedale per dei controlli medici.

“scusami Lara… sai sto ancora cercando di ambientarmi e poi ti confesso che non sono affatto una buona fisionomista…” tentò di giustificarsi lei.

“io invece riesco a ricordare subito un volto anche se lo vedo una sola volta” le sorrise gentilmente ma Elena percepì del risentimento nella sua voce.

Aris emerse accanto a lei all’improvviso. “certo non è come il mare ma…” si interruppe bruscamente vedendo che Elena non era più da sola, con lei c’era una ragazza umana.

“è un tuo amico?” chiese subito Lara.

Elena si accorse che la sua compagna aveva preso a squadrare Aris come se ne avesse dovuto dipingere un ritratto tanto era concentrata.

“no, il mio ragazzo è venuto a trovarmi per le vacanze” rispose secca.

Aris guardava quella ragazza dai lunghi capelli neri con sguardo vigile.

“Sei un’amica di Elena? Anche tu qui per fare un bagno in piscina?” la squadrò dall’alto in basso, la sua pelle non aveva un colorito sano come quello di Elena, era un grigio pallido quasi malsano.

“oh no no, io preferisco di gran lunga il mare alla piscina.”

Il ragazzo la guardò per un lungo momento, c’era qualcosa di strano in quella ragazza, ma non riusciva bene a capire cosa fosse.

“adesso sarà meglio che io vada, non voglio disturbarvi” La ragazza sorrise enigmaticamente ad entrambi e senza aspettare che le rispondessero voltò le spalle e si incamminò verso l’uscita.

Elena guardò Aris.

“un tipetto strano” aggiunse lui.

La bionda annuì, poi prese a nuotare accanto al ragazzo, fortunatamente sembrava stesse meglio.

“dai, non guardarmi in quel modo, sto bene!” le disse.

“hai…hai provato a respirare sott’acqua?” Nemmeno a lei piaceva molto la piscina, faceva un gran fatica a rimanere a galla e se non stava attenta in qualunque momento poteva inghiottire un po’ di quell’acqua amara.

“no, preferisco non rischiare, ma sto molto meglio adesso, te lo giuro” le sorrise tentando di rassicurarla.

Si avvicinarono alla zona dove si poteva toccare il fondo con i piedi, Aris non era abituato a nuotare senza coda e a dir la verità lo trovava molto più faticoso e improduttivo. Muoveva le gambe su e giù ma riusciva a stento a restare a galla, Elena in confronto era veramente molto brava non avendo la coda.

“stavo pensando a quello che avevi detto poco prima” iniziò lei avvicinandosi ad una zona della piscina dove l’ombra degli alberi creava un angolino discreto. “magari Ursula ha ragione, distruggere un libro come quello può essere sbagliato, ed in più se ci sono delle magie buone sarebbe quasi un crimine.”

Il rosso l’ascoltava, lui non aveva fatto altro che pensare a quello per tutto il tempo. Fu felice di sapere che anche lei la pensava come lui.

“però potremmo trovare una soluzione, potremmo distruggere tutti gli anelli così che nessuno possa usarli e poi potremmo distruggere solamente alcune pagine del libro dove questa magia viene spiegata. Che ne pensi?”

Aris la guardò, in realtà non aveva valutato quell’ipotesi ma probabilmente era l’idea brillante che stava cercando. La cosa a cui non aveva pensato era come riunire tutti gli anelli.

“si, hai ragione potrebbe funzionare.”

Elena sorrise, era felice che la sua idea fosse stata utile.

“però ci sono alcune complicazioni in questo piano…” appoggiò le braccia contro le piastrelle che delimitavano il bordo piscina, l’acqua continuava a muoversi increspata dal vento simulando quasi un vero e proprio movimento.

“come sai noi non abbiamo tutti gli anelli in nostro possesso e bisognerebbe rintracciare anche quelli portati sulla terra”

La ragazza incrociò le braccia contro il bordo, prese a fissare l’acqua che veniva risucchiata nella grata in cerca di un'altra buona idea, che però non arrivò. “è complicato…” ammise alla fine.

“E riguardo al libro, solo il re sa dove si trovi esattamente.”

“nemmeno Ursula ha qualche idea?”

“che io sappia, l’informazione viene tramandata in punto di morte al futuro sovrano, però potremmo sempre provare a chiederglielo, magari ha sentito qualche pettegolezzo o si è fatta un idea di dove possa essere”

Un pensiero poco felice gli attraversò la mente. “ciò significherebbe…” il ragazzo prese una pausa, era difficile anche solo pensarlo, figurarsi a dirlo. Sin dal primo momento in cui si erano incontrati lui ed Elena avevano avuto momenti di alti e bassi, quando credevano di poter stare finalmente insieme qualcosa puntualmente sconvolgeva tutti i loro piani. Persino stavolta.

Lei lo guardò in attesa.

significa… che dovrò ritornare ad Atlantica” concluse lui.

Il silenzio calò in un istante, adesso solo il rumore dell’acqua che sbatteva contro le grate e il lento frusciare delle foglie faceva da sottofondo ai loro pensieri. Tutta la fatica che avevano fatto, tutte quelle prove che avevano affrontato per stare insieme, lui che era persino diventato umano per stare con lei. E adesso? Ora si scopriva che per adempiere a quel compito lui doveva tornare tritone, avrebbero dovuto separarsi ancora e chissà per quanto tempo.

Quegli stessi pensieri avevano preso a turbinare nella mente di Elena come uragani impazziti. Lei quel pensiero non l’aveva minimamente sfiorato. Aris era diventato umano, ormai loro due sarebbero rimasti insieme e questo era quanto. No invece. La storia non era ancora finita, lui avrebbe dovuto andarsene di nuovo, e lei che lo amava moltissimo avrebbe dovuto lasciarlo andare.

Si guardarono per un momento ma subito scansarono lo sguardo quando lessero negli occhi dell’altro le medesime emozioni.

“non c’è altra scelta” disse lei quasi rassegnata. Avrebbe voluto porre quella frase come una domanda ma nel momento stesso in cui l’aveva formulata si era resa conto che sentirselo confermare da lui sarebbe stato peggio.

Aris si avvicinò e l’abbracciò.

Il suo corpo le sembrava così familiare, quante volte l’aveva abbracciata, sorretta, trasportata, protetta. Troppe, ma mai abbastanza.

“non potrai più tornare umano?” aveva paura di quella domanda, aveva paura di quello che lui potesse risponderle.

Il ragazzo appoggiò la sua testa contro la sua spalla, poteva sentire il suo profumo così vicino, la sua pelle bagnata era tutto quello di cui aveva bisogno in quel momento. Perché la vita li stava dividendo di nuovo?

“Nessuno a parte il re sa dove sia quel libro. Potrebbero volerci anni per trovarlo. Tu capisci che prima di allora noi…non potremo stare insieme fino a che tutto questo non sarà finito.”

Elena si fece seria, l’aveva appena potuto riabbracciare, perché dovevano dividersi ancora? Perché lei non poteva fare nulla per quella situazione? Si sarebbero potuti vedere, magari una volta al mese nel loro piccolo angolo segreto sulla spiaggia o in cantina, ma stare così tanto separati sarebbe stata una tortura.

La bionda sollevò il capo, Aris vide che aveva gli occhi rossi e sapeva che lui ne era la causa.

“Come faremo con Tritone? Io non voglio perderti” Una lacrima le scese dal viso. “ma so anche che tutto questo è necessario…” Aris le posò una mano sulla guancia e le asciugò le lacrime che stavano scendendo dal suo viso.

“mi sento così inutile” ammise lei. “ma se c’è una cosa che posso fare è proprio questa, darti tutto il mio appoggio Aris.”

Lui la guardò per un istante, silenziosamente la ringraziò per quello che gli aveva detto, perché stava facendo molto più che lasciarlo libero di andare, gli stava dando la forza per farlo.

Nemmeno lui sapeva a quanti pericoli sarebbe andato incontro eppure, il solo pensiero che Elena sarebbe stata sempre lì per lui ad aspettarlo e supportarlo gli infondeva coraggio. Tutto era meno spaventoso con lei al suo fianco.

Si chinò sulle sue labbra e la baciò.

grazie” Le disse semplicemente, “perché se tu avessi detto anche una sola parola io non l’avrei mai fatto.”

Elena lo guardò tristemente. C’erano delle cose che andavano fatte e non sempre la via più giusta era anche quella più facile da seguire.

Mentre annuiva al suo tritone di una cosa era assolutamente certa.

Lei non gli sarebbe stata di ostacolo.

 

****

 

Il rosso attendeva in piedi la ragazza davanti all’ingresso della piscina dove erano appena stati, Elena stava ancora finendo di cambiarsi dopo la loro nuotata e gli aveva detto di iniziare ad andare avanti, non c’era da biasimarla se lei volesse stare da sola qualche istante per ricomporsi, per quanto avesse voluto sembrargli forte e decisa, nonostante le lacrime traditrici, era ancora sconvolta dalle ultime conclusioni che avevano raggiunto.

D’un tratto una voce lo raggiunse alle spalle “ci si continua a rivedere…”

Ancor prima che lui si potesse girare qualcosa lo colpì violentemente alla testa, poi tutto divenne buio.

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 30
*** Faccia a faccia ***


Cap 30 Faccia a faccia

 

“Aris?”

La voce di Elena appariva confusa. Era sicura di avergli detto di aspettarla davanti all’entrata della piscina, eppure, dov’era finito Aris?

L’aveva chiamato più volte ma di lui non vi era più traccia.

Puff. Sparito nel nulla.

La bionda iniziò ad avvertire una familiare ansia stringergli lo stomaco ma tentò di ricacciarla tornando in piscina per chiedere a qualcuno sue notizie. La ragazza alla reception le disse che sì, si ricordava di quel ragazzo e che l’aveva visto uscire poco prima di lei.

La ragazza uscì nuovamente dalla piscina e si andò a sedere su una panchina proprio lì vicino, aveva una sensazione negativa di tutta quella faccenda, Aris non sarebbe mai sparito così nel nulla senza prima avvisarla, no, c’era qualcosa che non andava.

Prese il suo telefono e digitò il numero di casa, Ursula avrebbe potuto dirle qualcosa magari, e nell’attesa in cui magari Aris sarebbe potuto ricomparire, lei poteva descrivergli il piano che avevano congeniato proprio qualche minuto prima e che prevedeva la distruzione di solo alcune pagine del libro di Alimede.

Il telefono squillò parecchie volte prima che Ursula rispondesse.

“Ma come si fa a far smettere questo coso di suonare… ah ecco!”

“Pronto? Ursula!” Elena aveva scordato che Ursula era una creatura marina e che forse, poteva avere dei problemi ad usare la tecnologia umana.

“Avvicina il telefono all’orecchio!” gridò la bionda.

“Il telefono? Sarebbe questo aggeggio?!” si sentì un formicolio dall’altra parte.

“Pronto! Ursula! Sono Elena, parla per favore!”

“Oh! Elena sei tu? Riesco a sentirti adesso, ma tu mi senti?”

“Sì, ti sento Ursula. Ho chiamato perché è successa una cosa.”

“Cosa è successo?” la voce dall’altra parte si agitò.

“Aris è scomparso,” disse mestamente Elena.

“Non sei riuscita a trovarlo? Credevo foste usciti insieme prima.”

“Sì, siamo usciti insieme e a dir la verità si è sentito male, credo che si fosse disidratato così l’ho portato in piscina.”

“Disidratato dici? Ho avvertito qualche sintomo simile anche io.” Rifletté la strega, lei però non si era sentita troppo male, sarà che la lunga prigionia l’avevano abituata al dolore…

“Beh se ti dovessi sentire male riempi la vasca e fai un bagno, lui si è sentito subito meglio.”

“Avete fatto il bagno?”

“Sì, ma non ti chiamo per dirti questo, abbiamo trovato una soluzione per quella cosa che tu sai…” disse lei vaga.

“Oh ma è fantastico! Cosa aspettiamo allora, tornate subito a casa così possiamo elaborare un piano!”

“Stavamo per farlo ma…” Elena esitò. “Ci siamo separati solo un attimo e lui è sparito. Lo sto ancora aspettando nello stesso posto dove ci siamo lasciati, ma non è da lui… sono preoccupata.”

La strega rimase in silenzio per alcuni istanti.

“Sei da sola adesso?” chiese abbassando il tono della voce.

“Sì, sono da sola.” Elena fece lo stesso.

“Potresti essere in pericolo Elena, torna a casa il più in fretta possibile.”

La ragazza si guardò intorno ma non vide nessuno.

“Pensi che sia per causa dei cacciatori? Pensi che possano aver catturato Aris?”

“Io…” la strega era incerta “credo di sì Elena, ho la sensazione che sia appena iniziato qualcosa ma non so cosa…”

Adesso fu il turno di Elena restare in silenzio al telefono. Non aveva pensato a quella possibilità, non aveva creduto possibile che in meno di ventiquattr’ore i cacciatori avessero potuto trovare Aris e rapirlo, così sotto i suoi occhi.

“Elena, ci sei ancora?”

La ragazza continuava a pensare. Il campeggio.
Quei giorni assieme alla famiglia di Nick erano stati strani e sospetti, era come se anche i suoi genitori in qualche modo sapessero qualcosa sulle sirene, quella gita al lago cremisi non era stata improvvisata, quella strana storia e tutte quelle allusioni, loro sapevano molto più di quello che facevano credere, forse erano loro stessi dei cacciatori! Ma se lo fossero stati davvero perché non approfittare della situazione di vantaggio che avevano avuto per ben due settimane? Lei e sua madre erano state alla loro mercé per tutto il tempo eppure la situazione era realmente diventata pericolosa solo quando avevano raggiunto quel lago. Era come se fin dall’inizio quella storia fosse stata una partita a scacchi, mossa dopo mossa si sentiva messa all’angolo. Qualunque cosa facesse ci sarebbero sempre state delle conseguenze.

“Sì, Ursula. Forse conosco qualcuno che può dirmi dov’è.” Elena sapeva che dal momento i cui quelle parole erano uscite dalla sua bocca lei aveva già preso la sua decisione. Aveva un piano e ormai non aveva più nulla da perdere se non…

“Non fare sciocchezze, può essere pericoloso. Torna a casa, insieme penseremo a qualcosa.”

Oh, era sicuramente pericoloso, andare nella tana del lupo a provocarlo, svelare le carte e smetterla di fare il loro gioco; ma era anche l’unica cosa che lei potesse fare.

“Se non dovessi tornare…” prese una pausa. Quella mattina poteva essere davvero l’ultima volta in cui aveva parlato con sua madre. “Per favore, proteggi mia madre.”

“Elena, ma!”

La bionda chiuse il telefono. Sentiva che era la cosa giusta da fare, e per salvare Aris avrebbe affrontato la persona da cui scappava sin dall’arrivo in quel paesino.

Si alzò dalla panchina e con lo zaino in spalle iniziò a percorrere la strada verso casa di Nick.

 

****

La ragazza suonò il campanello così forte che quasi si meravigliò di tutto quel suo coraggio. Non aveva paura, non aveva più intenzione di retrocedere davanti a nessuno. Si sentiva arrabbiata perché per tutto quel tempo Nick le aveva chiesto di essere sincera ed invece lui con lei non lo era mai stato. Nascondeva qualcosa e forse, finalmente, Elena sapeva che cosa.

“Un momento” disse una voce lontana da dietro la porta.

Quando Nick le aprì per un istante la guardò meravigliato. L’ultima persona che si aspettasse di vedere sul suo portico era proprio la ragazza che gli era sfuggita la sera prima.

Eppure lei era lì davanti a lui e la sua espressione furiosa lo misero in allerta.

“Sorpreso di vedermi?!” Elena aveva le braccia conserte e lo guardava dall’alto in basso. Il ragazzo aveva un cerotto sul naso proprio nel punto in cui la sera precedente Aris gli aveva tirato un più che meritato cazzotto.

“…come facevi a sapere dov’ero?” le chiese ancora confuso lui. In fin dei conti lui e la sua famiglia potevano benissimo essere rimasti in campeggio al lago.

Elena sciolse l’intreccio delle sue braccia lo fissò dritto negli occhi e fece un passo davanti a lui “risparmiami la recita Nick. Voglio sapere dov’è!” quasi gli gridò.

Nick fece un passo indietro mentre la porta si apriva sempre di più.

“Dov’è chi?” fece il finto tonto.

“Aris! Ecco chi!” Elena gli diede uno spintone che lo fece barcollare pericolosamente all’indietro, non che lui non fosse più forte di lei, ma quel gesto l’aveva completamente preso alla sprovvista.

“Non capisco cosa intendi… perché io dovrei saperlo...?” il ragazzo la guardò confuso ed istintivamente si portò la mano sul naso. Ricordava fin troppo bene l’incontro ravvicinato che aveva avuto con quel… qualunque cosa fosse.

“Basta Nick. Sono stanca” disse lei infuriata. “È inutile che continuiamo con questa farsa, dimmi dov’è e finiamola qui.”

Il ragazzo la guardò stranito. Non aveva idea del perché lei pensasse che proprio lui dovesse sapere dove fosse quel tritone.

“Non capisco perché io dovrei sapere dove si trovi il tuo fidanzato, non lo vedo da ieri sera e non ci tengo a rivederlo così tanto presto.” Aggiunse alludendo a loro scontro.

Elena quasi non ci vide più dalla rabbia, lo spinse di nuovo con più forza questa volta facendolo cadere per terra, non aveva mai fatto una rissa in vita sua e la sua indole era anche piuttosto quieta ma lui se la stava proprio cercando con quella sua espressione idiota stampata in faccia.

“Lo sai il perché! Vuoi che te lo dica? Vuoi che lo ammetta?” Elena camminò su e giù per tutta la stanza, le parole di Ursula le risuonavano nella testa. Stai attenta.

Lo fissò dritto negli occhi, era come se il fuoco le bruciasse dentro “So tutto, cacciatore.”

Tre semplici parole che fecero sgranare gli occhi del castano. Elena si fermò valutando la sua reazione, era rimasto fermo impassibile eppure le era sembrato di vederlo per un momento allarmato.

Il ragazzo stava per ripeterle di non sapere cosa lei stesse dicendo ma Elena l’interruppe.

“Sai, ci ho pensato a lungo. Tutte quelle frasi lasciate a metà, quelle allusioni sul dire la verità… ma è stato grazie al campeggio che finalmente ci sono arrivata. O meglio, grazie al lago cremisi…”

Nick la guardava dal basso non fiatando, la tensione era palpabile nell’aria.

“Il cacciatore, la ragazza e il tritone… Skan, Ayla e Aidan…

Quando pronunciò quell’ultimo nome la bocca del ragazzo si spalancò contro la sua volontà, si perché quel nome, il nome del tritone loro non l’avevano mai saputo.

“L’eterna lotta per impossessarvi di sette stupidi anelli… quanti ne avete uccisi nel tentavo, eh?” si sporse su di lui, quella posizione di altezza fisica la faceva sentire potente.

Il castano abbassò la testa verso il pavimento. “E così conosci tutta la storia… il tuo pesce con le gambe ti avrà raccontato la sua versione dei fatti immagino… ma adesso non importa più…” con un rapido movimento delle gambe la fece cadere a terra, Elena batte la schiena contro le assi del pavimento e prima ancora che potesse riaprire gli occhi si ritrovò con il peso del corpo di Nick che le schiacciava il petto.

“Purtroppo non sono riuscito a salvarti Elena, e per questo ti chiedo scusa” le scostò i capelli dal viso e le afferrò il mento volgendolo verso di lui. “Sono arrivato tardi, il suo incantesimo deve averti già colpito al cuore” con un dito le toccò il petto proprio dove c’era il suo cuore.

“Immagina quei suoi artigli scavarti nella carne, fracassarti le ossa per poi strapparti il cuore ancora pulsante.”

Un brivido assalì Elena. “Lui non lo farebbe mai! Non è come credi tu!” trovò la forza di gridargli. “Tritone o umano a me non importa nulla di cosa lui sia, perché io lo amo!”

Nick alzò un sopracciglio scettico.

“Te lo chiedo per favore, se hai mai provato qualcosa per me, dimmi dov’è.” La sua voce tremò, aveva raggiunto il suo limite massimo, adesso doveva solo sperare.

Il castano la guardò diversamente, i suoi occhi di quel bel nocciola caldo diventarono freddi e disgustati.

“Io non ho mai provato nulla per te.” Le strinse i polsi per tenerla più ferma anche se ciò non fu necessario, Elena era rimasta immobile sconvolta da quella nuova rivelazione.

Aveva sempre creduto che lui fosse cotto di lei, o almeno lui le aveva sempre mandato dei segnali di quel tipo, e adesso scopriva che persino su quello lui le aveva mentito. Ma che razza di persona era Nick? Chi era lui davvero? Perché arrivata a quel punto dubitava di conoscere davvero il ragazzo che con la forza la stava tenendo sul pavimento.

 “E adesso che finalmente hai confessato il tuo crimine sono libero dal mio compito.” Il ragazzo la scrutò dall’alto in basso, non avrebbe mai sperato in un colpo di fortuna migliore, Elena Greene, la seconda ricercata dal clan dei cacciatori aveva avuto la brillante idea di venirlo a trovare a casa. Questo avrebbe sicuramente riabilitato il suo nome cancellando tutti i suoi sbagli precedenti.

“Sei proprio quello che mi serviva.” Bisbigliò a bassa voce.

La ragazza non poteva crederci. “Compito?”

“Certo, tu eri la mia missione” alzò lo sguardo per cercare qualcosa ciononostante continuò a parlare. “Sì, in principio era solo di avvicinarmi il più possibile a casa tua ma le cose sono cambiate quando abbiamo capito che anche tu eri coinvolta…”

“Ah, adesso è così che chiamate le persone che non fanno parte della vostra setta, “coinvolte”!”

Nick rise. “Non essere stupida, è così che chiamiamo le persone sospettate di tradimento!”

Elena tentò di divincolarsi ma Nick era troppo forte per lei. “E chi avrei tradito?!” gli urlò contro.

La tua specie”

Le bloccò i polsi con una sola mano mentre con l’altra si allungava per prendere qualcosa che lei non riuscì a vedere.

“Continui a dire cose senza senso, ti hanno fatto il lavaggio del cervello! Se solo mi ascoltassi, Aris è diverso da tutti gli altri, noi possiamo cambiare le cose, possiamo fermare questa assurda guerra!”

Le parole di lei furono inutili, il ragazzo nemmeno l’ascoltò. Armeggiò alcuni istanti e poi afferrò del nastro nero isolante.

Per un momento la bionda ebbe la paura che avesse voluto metterglielo per tapparle la bocca ma tirò un respiro di sollievo se così si poteva chiamare, mentre lui le avvolgeva stretti i polsi.

La guardò un attimo in viso esitante “non provocarmi, potrei anche ripensarci” immobilizzate le mani passò a bloccarle le gambe che avevano preso a menare calci all’aria.

“Hai scelto il lato sbagliato Elena.” Le legò strette le gambe con il nastro nero. Ogni cacciatore che si rispettasse teneva sempre a portata di mano l’attrezzatura necessaria. Era uno dei primi insegnamenti che ricevevano.

Una volta resa innocua scese dal suo corpo e la sollevò per poi metterla distesa sul divano. Si sedette accanto a lei per un momento.

“E adesso cosa vuoi farmi?” Aveva paura, non avrebbe mai potuto pensare che il suo compagno di classe, quel ragazzo timido e impacciato, divertente e solitario potesse essere un membro di una setta così malvagia e trattarla con tanta freddezza.

Aspettiamo” le disse semplicemente.

“Cosa?”

Noi non lavoriamo mai da soli.

Questo stava a significare che tra poco ne sarebbero arrivati altri? Perché?

“Perché state facendo tutto questo? Io ho il diritto di saperlo!” gridò, aveva paura che da un momento all’altro qualcuno sarebbe entrato per trascinarla via, o peggio. Magari ucciderla seduta stante.

“Fino a quando ci sarà anche un solo tritone o sirena su questa terra noi lotteremo per ucciderli fino all’ultimo.”

La bionda sgranò gli occhi spaventata. E se avessero già ucciso Aris? Cosa ne sarebbe stato di lei?

Nick si alzò dal divano, Elena era incapace di muoversi e anche se l’avesse fatto non sarebbe arrivata nemmeno fino alla porta e legata com’era dubitava persino di riuscirci. Il ragazzo andò verso la cucina ed Elena sentì il rumore di diverse bocce che sbattevano tra di loro, il cuore le batteva a mille, era la fine per lei. Nick stava sicuramente cercando un coltello affilato per ucciderla e farla in mille pezzetti. Per quanto avesse paura non riusciva nemmeno a chiudere gli occhi che rimanevano spalancati verso la direzione in cui il suo carnefice sarebbe tra poco ritornato.

 “La guerra non deve esserci per forza.” Gridò lei in un vano ultimo tentativo. “Possiamo opporci a questo massacro! Dammi la possibilità di spiegarti, potrebbe esserci un piano”

Nick, il quale aveva ignorato tutte le suppliche di Elena, tornò dalla cucina con una bottiglia di vetro marrone e un pezzo di stoffa in mano bagnato. Elena si rigirò sul divano e tentò di muoversi ma era tutto inutile.

Il ragazzo le calcò il pezzo di stoffa sul naso, subito un senso di vertigine le fece mancare il respiro, la vista divenne confusa e appannata.

“Finché Re Tritone avrà il potere degli anelli noi lotteremo per contrastarlo”

E quelle furono le ultime parole che sentì, tutto divenne buio ed Elena cadde in uno stato di sonno profondo.

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Capitolo 31
*** Mezzacoda ***


Cap 31 Mezzacoda

 

Dal principio tutto era buio.

Aris si stava appena svegliando, sentiva un tremendo dolore alla testa e all’inizio quasi gli sembrò normale non vedere nulla; ancora intontito sbattè le palpebre più volte ma si rese conto che non erano i suoi occhi a non vedere niente, era stato rinchiuso in un luogo privo di luce.

Poco alla volta la sua vista si abituò a quell’oscurità e iniziò a distinguere delle sagome di oggetti o meglio, scatoloni…

“Sei più forte di quello che mi avevano detto. Ci hai messo meno di quel che pensassi a riprenderti…” una voce vibrò nell’oscurità.

Il ragazzo provò a muoversi ma scoprì di avere gambe e braccia legate, ai polsi sentiva del metallo e quando provò a strattonare sentì questo riecheggiare rumorosamente contro un asta.

Un ombra si mosse furtiva nella sua direzione.  

 “Chi sei…?” Aris parlò non ancora del tutto lucido. Poco alla volta iniziarono ad affiorare i primi ricordi, qualcuno lo aveva colpito alle spalle mentre aspettava Elena fuori dalla piscina.

Elena.

Quasi aspettandosi di trovare la ragazza svenuta accanto a lui iniziò a guardarsi intorno agitato.

“Cerchi la tua ragazza?” ripeté la voce sempre più vicina.

Il ragazzo non proferì parola.

“lei non è qui,” Il ragazzo tirò un sospiro di sollievo. “non ancora almeno, credo che ci raggiungerà molto presto però…”

Una luce soffusa prese ad illuminare fiocamente lo spazio attorno a loro, una dopo l’altra alcune lampade ad olio iniziarono a rischiarare lo spazio in cui era tenuto prigioniero.  

I suoi occhi lentamente si abituarono a questa nuova fonte di luce ed iniziarono a vagare curiosi per tutte le pareti. Era una specie di grotta, sembrava più una galleria sotterranea scavata nella terra, alle pareti erano appesi dei fili e disposte ad una certa distanza vi erano le lanterne accese che puzzavano d’olio bruciato. Lui si trovava legato ad un asta in metallo che arrivava fino al soffitto fangoso, attorno a lui vi erano delle casse in legno accatastate l’una sull’altra, sembravano molto pesanti ed era come se delimitassero una piccola nicchia dove appunto lui si trovava. Sporgendosi fin quanto potè vide che la grotta non era proprio una grotta, era più un tunnel che continuava da entrambi i lati. Scappare da lì non sarebbe stato facile, non avrebbe saputo neppure da che parte andare.

Il caldo era soffocante, a differenza della grotta di Elena fatta interamente in pietra che rilasciava una certa frescura, in questa il calore era sprigionato dal sottosuolo e l’aria era afosa e pesante, quasi stantia.

I suoi occhi si posarono sul suo carnefice, su chi c’era dietro al suo rapimento, la riconobbe subito.

“tu sei…!”

La ragazza dai lunghi capelli scuri reggeva ancora in mano la scatola di fiammiferi con cui aveva acceso le luci. Il suo volto pallido e la sua magrezza le conferivano un aspetto terrificante.

“a quanto pare ti ricordi di me” Lara fece qualche passo verso di lui, sorridendo.

“ho capito subito che qualcosa non andava in te” bisbigliò quello di rimando. Se in un primo momento l’aveva guardata confuso quella prima volta in piscina, adesso non aveva più dubbi.
La ragazza portò i capelli dietro le orecchie, non lo faceva mai proprio per nascondere quel segno inequivocabile.

“Io sono una”

“Mezzacoda” bisbigliò a denti stretti lui. Suo nonno gli aveva insegnato sin da piccolo che non ci si doveva fidare di quelle creature. Le sue parole gli riecheggiarono nella mente per un istante:

“ricorda Aris, chi è troppo debole per essere un umano o una sirena si ritrova a non essere nessuna delle due cose, sono creature senza origini, delle eccezioni alle specie. Diffida di loro, sono esseri senza patria.”

“sirena” lo corresse lei con un sorriso amaro.

“è così è questo che hai detto loro per farti accettare? Che sei una sirena?” la guardò disgustato, come aveva potuto schiararsi dalla parte degli umani? Non umani qualunque, come Elena come Rachel, come suo padre.

Cacciatori.

“Io sono una sirena.” Continuò lei convinta.

“No che non lo sei.” Il ragazzo non capì se Lara stesse fingendo o se non sapesse davvero cosa fosse una mezzacoda.

La ragazza parve arrabbiarsi, tornò a coprire le branchie che le spuntavano da dietro le orecchie fin lungo al collo, come se non lo volesse stare ad ascoltare.

“sei una sirena incompleta.” Continuò il ragazzo, “ma suppongo che questo tu non l’abbia detto ai tuoi amici cacciatori

Le sirene incomplete o più comunemente chiamate Mezzecode, ad Atlantica erano quasi delle leggende. Si trattava infatti di casi rarissimi di sirene o tritoni nati con geni troppo deboli per assumere una forma completa, la loro mutazione non era abbastanza forte da renderli del tutto umani o sirene, in pratica erano entrambe le cose ma non abbastanza di nessuno dei due mondi per sopravvivere. Di solito era raro incontrarli perché quasi tutti morivano in tenera età. Avevano bisogno di alternare costantemente la loro vita tra la terra ferma ed il mare e persino i più forti non arrivavano ai dieci anni.

Come quella ragazza fosse ancora in vita rimaneva un mistero ai suoi occhi.

“no, loro non lo sanno” asserì quella. “Ma sanno abbastanza sul tuo conto Aris… Principe di Atlantica. Nipote di Re Tritone.”

 

*****

 

Il ragazzo guardò intensamente la bruna davanti a lui, era abbastanza informata da sapere chi fosse lui e questo lo poneva in svantaggio… ma quanto e cosa sapeva lei di tutta quella faccenda?

“sei una traditrice del tuo sangue” le disse aspramente. 

“senti un po’ da qualche pulpito mi sento dire queste cose… il principe che ha tradito il suo regno per un umana.

Posò i fiammiferi su una cassa di legno poi si posizionò di fronte a lui.

“come ci si sente ad avere infranto le grandi tre leggi del codice delle sirene?” lo sbeffeggiò lei. “O forse hai bisogno che te li ripeta, visto che sembra tu abbia d’un tratto perso la memoria…”

Aris conosceva bene le tre leggi del codice, ogni sirena dall’età di tre anni era costretta ad impararle a memoria, il fatto che lei volesse recitargliele era uno schiaffo morale, lui come principe conosceva non solo quelle leggi a memoria ma anche i motivi che avevano spinto il primo re a crearle…

“vediamo un po’… com’era la prima…? Ah ecco!

1.    È severamente vietato rivelare agli umani informazioni riguardanti il popolo del mare, ogni scambio con loro deve avvenire per una sola ragione. La procreazione e la perpetuazione della nostra specie sono l’unico motivo per cui sono accettati degli scambi seppur brevi di parole con gli esseri umani. I contatti fra le due razze possono avvenire solo se allo scopo sopra citato.

Perdona la mia curiosità, ma Elena non aspetta un piccolo Aris… o sbaglio?”

Il ragazzo agitò i pugni minacciosi. “come ti permetti di dire una cosa simile! Con chi credi di stare parlando?! Se fossimo ad Atlantica non esiterei un istante a gettarti in galera e a buttare via la chiave!” tentò di alzarsi e nel mentre quella, ignorando le sue parole continuò a cantilenare il codice.

“corre voce che tu l’abbia persino salvata dall’annegamento, eppure… È proibito baciare un essere umano, il bacio infatti gli donerebbe il potere di poter respirare sott’acqua salvandolo così dalla morte […]”

“tu non sai niente di noi! NIENTE!” gridò lui in preda alla rabbia.

“sei una sporca traditrice, hai venduto i tuoi simili ai cacciatori, non sei nella posizione di rinfacciare a me queste cose!”

Ma Lara non si fece spaventare e terminò il suo discorso.

“Beh, è proprio buffo che tu mi abbia chiamato traditrice, dopotutto non sono io che ho scambiato la mia coda per delle gambe umane…

[…] Il suddetto non sarà più ammesso tra il popolo del mare divenendo un traditore e disertore, nel caso dovesse ritornare, la pena per questo affronto sarebbe la morte.

Sì, senza dubbio è questa la mia parte preferita.” Rise malignamente sfoggiando dei denti perfettamente bianchi e con delle punte aguzze, non si nutriva da molto tempo e i suoi canini affilati ne erano un chiaro segno.

“non esistono solo regole da seguire a questo mondo. La vita ti insegna che se tieni veramente a qualcuno non hai paura di infrangerle, io accetterò qualunque conseguenza perché sono state le mie azioni a provocarla. IO e solo IO deciderò per me.”

La bruna si accovacciò all’altezza dei suoi occhi, per quanto il rosso si fosse sforzato era incatenato troppo bene e non riusciva nemmeno ad alzarsi.

“parole pericolose dette da un principe. Credevo che sin dalla nascita Re Tritone ti avesse inculcato tutte le sue ideologie.”

“non ho scelto io di nascere principe, ma posso scegliere come voglio vivere” prese una pausa quasi per soppesare le sue parole. “tu ti sei venduta ai cacciatori. Come puoi convivere con te stessa?” le chiese retoricamente.

Lara sbuffò nervosa, tutte quelle frasi pungenti la stavano innervosendo. Come poteva una ragazza normale stare con una persona con quel brutto caratteraccio?

“forse mi sbagliavo…sei davvero uguale a Tritone.” Si alzò in piedi e fece per allontanarsi. “Dopotutto, vi piace giudicare le persone senza conoscere i fatti.”

Si avvicinò dall’altra parte della parete e con un gesto fluido si tirò a sedere su una cassa, le gambe a penzoloni dondolavano giocosamente tradendo la sua ansia.

Aris ebbe la sensazione che lei in realtà volesse raccontargli molto più di quello, così tentò di indurla a parlare.

“niente di quello che hai potuto passare potrebbe giustificare una crudeltà simile…” buttò l’esca.

“tu dici?! Pensi che io sia crudele? Beh, mai quanto a tuo nonno…” e a quanto pare lei aveva abboccato all’amo.

Ci fu una pausa, Aris sapeva che se voleva farla parlare non avrebbe dovuto interromperla, attese in silenzio fino a che lei non si decise a parlare.

“mio padre era un tritone, mia madre un umana… si amavano, non si amavano? Non ne ho idea, so solo che bè, ad un certo punto sono arrivata io.
Mia madre morì di parto, mio padre non appena vide le mie branchie decise di portarmi ad Atlantica, era sicuro fossi nata sirena ma dopo poco tempo iniziai a stare malissimo e la mia sofferenza poteva essere alleviata solo stando sulla terra ferma; fu probabilmente a quel punto che si rese conto che io ero una Mezzacoda.”

Ci fu nuovamente una pausa di silenzio, Aris stava pensando alle informazioni che lei gli aveva gentilmente fornito quando inaspettatamente lei continuò.

“Tritone aveva il pieno controllo di tutte le nascite ad Atlantica e quando si accorse che un tritone aveva generato una figlia con un umana andò su tutte le furie… sai, per via della nuova legge sul sanguepuro i tritoni dovevano fare figli con le sirene e non con le umane… comunque sto divagando, ordinò a mio padre di sbarazzarsi di me e di riprovare con una compagna giusta questa volta, ma mio padre non lo fece. Mi riuscì a crescere per un paio di anni, saranno stati 3 o 4 immagino, poi fu scoperto, Tritone lo giustiziò ed io fui abbandonata sulla terra, per lui in un paio d’anni sarei morta comunque, non ero una sanguepuro, non potevo vivere ad Atlantica. E questo era quanto.”

“è terribile, mi dispiace per te…” Aris in realtà non era stupito più di tanto, se suo nonno aveva ucciso la sua stessa figlia come poteva risparmiare la vita di un qualsiasi altro tritone? Il re era spietato e non guardava negli occhi nessuno quando si trattava di potere.

“allora adesso capisci le mie azioni? Quando ho scoperto dei cacciatori di sirene, il loro piano per distruggere Tritone e tutte le creature come lui, io ho sentito che dopo tanti anni finalmente avrei potuto vendicare i miei genitori, avrei potuto vendicare me stessa per le ingiustizie subite.” Strinse le mani in due pugni, ricordare la storia della sua vita era sempre doloroso ma le dava la forza per affrontare quel genere di situazioni, aveva atteso molto per arrivare a quel punto, non si sarebbe tirata indietro per due parole gentili da parte del principino.

“capisco che può sembrare la cosa più giusta da fare, ma credimi quando ti dico che la vendetta non è mai la soluzione giusta.” Cercò di rabbonirla.

“che ne puoi sapere tu?! Sei vissuto in un castello dorato, da piccolo hai sempre avuto tutto quello che volevi, non hai mai affrontato gli scogli della vita vera!”

“ed invece ti sbagli!” alzò la voce anche lui “credi di essere l’unica ad aver passato cose del genere? Beh puoi avercela con tritone quanto vuoi, lui ha assassinato tuo padre, un perfetto sconosciuto.  Ma come ti sentiresti se sapessi che tuo nonno ha ucciso sua figlia, mia madre, solo per impedirle di portarle via l’erede al trono?”

La ragazza ammutolì. Nessuno aveva mai saputo quella versione della storia, nemmeno Aris che fino a poco tempo prima aveva creduto ad un incidente, solo l’incontro con la strega del mare gli aveva rivelato finalmente com’erano andate davvero le cose.

“te lo dico io come ci si sente. Vorresti non essere mai nato.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 32
*** In trappola ***


Cap 32 In Trappola

 

La ragazza guardò Aris come se lo vedesse per la prima volta. “Non puoi pensarlo sul serio” gli disse.

“Non immagini nemmeno quanto.” Bisbigliò lui abbassando lo sguardo. Non aveva mai detto nemmeno ad Elena come si sentisse, ma da quando l’aveva scoperto, più volte il pensiero era ricaduto su quell’idea.

E se lui non fosse mai nato? E se al suo posto fosse nata una femmina? E se invece fosse nato umano? Di “e se fosse” la sua mente era piena, l’unica cosa che gli impediva di continuare a pensarci e di impazzire era il pensiero di dover proteggere Elena, lei era la sua luce in fondo all’oceano, lei era il motivo per cui lui andava avanti e non si lasciava morire nel pozzo nero dei “se fosse”.

“Ma non è colpa nostra!” la ragazza quasi si pentì di quello che aveva detto, aveva istintivamente accomunato loro due in un'unica storia. “Tritone è il solo assassino! Noi non abbiamo fatto nulla di male!”

“Se non fossimo mai nati i tuoi genitori sarebbero ancora vivi… e probabilmente anche i miei” le rispose in tono mesto.

“Ma non avremmo mai conosciuto tante persone che adesso sono diventate importanti per noi, io non avrei conosciuto...” si interruppe bruscamente. “Si, insomma tu non avresti mai incontrato Elena, e…”

“A che scopo? Guardami!” le ordinò “sono legato in un buco sottoterra e probabilmente non vedrò l’alba di domani. Ho causato un sacco di guai a tutti quanti, se non avessi conosciuto Elena lei non sarebbe mai stata coinvolta in tutto questo. Ho messo in pericolo le persone che amo e non posso fare nulla per salvarle!”

La ragazza si alzò in piedi e si avvicinò a lui, le sembrava molto meno simile a re tritone adesso, era molto più umano e questo era strano visto quello che le era stato insegnato dai cacciatori.

“Ma un modo ci sarebbe” sussurrò lui. Inaspettatamente il ragazzo aveva alzato il viso, tutte le sue parole e quello che le aveva raccontato era stato un modo per tentare di guadagnare la sua fiducia, per un momento era riuscito ad invertire le parti da vittima a carnefice.

“Aiutami a liberarmi” aggiunse poi “Ho un piano per eliminare le divergenze tra umani e tritoni. Non ci deve essere per forza l’odio tra i nostri due popoli. Possiamo fermare tutto questo.”

La ragazza ritornò sulla difensiva. “Non posso aiutarti, non chiedermi di farlo.”

“Nonostante le enormi differenze che ci siano tra umani e sirene noi non possiamo fare a meno gli uni degli altri, noi ci innamoriamo e non ci dovrebbe essere niente di male in questo.”

Lei lo guardò negli occhi, lui sentì di aver toccato un punto a lei caro così tento di continuare in quel frangente.

“Tritone questo non l’ha mai capito.” Sospirò il rosso, poi proseguì a raccontarle un’altra parte della sua storia “dopo aver scoperto il mio legame con un umana non ha esitato un istante a rapirla, pretendendo poi, che io mettessi fine alla sua vita per riparare al torto che secondo lui avevo commesso.” Fece una pausa d’effetto, poteva leggere negli occhi di Lara la curiosità “Ma io non l’avrei mai fatto. Dopo averla riportata al sicuro sulla terra ho preso la mia decisione. Ho rinunciato a tutto, il mio trono, il mio regno, la mia coda. E l’ho fatto perché volevo stare con lei, l’ho fatto per proteggerla perché io la amo più della mia stessa vita,”

Lara pendeva dalle sue parole appassionate, come avrebbe voluto che qualcuno parlasse così di lei, negli occhi di quel ragazzo vedeva un bagliore che si accendeva ogni volta nominasse la sua ragazza.

Aris pensò di chiudere con una frase che era certo, l’avrebbe portata dalla sua parte. “Così come tuo padre ha amato te.”

Lara fu davvero colpita dalle sue parole, rimase un momento interdetta. Aveva dei piani, progetti, che non potevano essere sconvolti da qualche frase ben piazzata dal principe. Per quanto fosse quasi stata sul punto di aiutarlo pensò al motivo che la spingeva a combattere.

“Loro si aspettano molto da me” riuscì a sussurrare. “Ho scelto di stare dalla loro parte per i miei motivi, anche io come te combatto per qualcosa” alzò lo sguardo che fino a quel momento era rimasto basso. “E non ho intenzione di arrendermi.” La sua espressione era diventata infuocata, era molto sicura di sé e negli occhi di quella ragazza Aris vide il fuoco della guerra che a breve si sarebbe scatenato, e chissà quanto altro sangue sarebbe stato versato…

“Dimmi almeno cosa avete intenzione di fare!”

“E rovinarti così la sorpresa? Non ci penso proprio!” rise.

Quel piccolo contatto che Aris aveva creduto di avere instaurato con lei in un momento si era spezzato, non vi era più alcun legame e indipendentemente da quello che lui le avrebbe detto, Lara non si sarebbe più fidata abbastanza.

Anche la sua più piccola speranza era sfumata.

****
Il tempo sembrava non passare mai.

Aris si trovava in una grotta scavata nei pressi del lago dove i membri del consiglio avevano deciso di rinchiuderlo. Solo quella mattina si godeva, dopo tanto tempo, la compagnia di Elena nonostante il pensiero di dover trovare una soluzione per gli anelli di Alimede aveva occupato gran parte del loro tempo. Loro avevano escogitato un piano. Un buon piano. Ma adesso tutto sembrava incerto visto l’andare delle cose.

Lara, la ragazza Mezzacoda che era stata il suo carceriere, non l’aveva perso di vista un momento mentre entrambi attendevano che qualcosa accadesse.

Il ragazzo aveva tentato con tutte le sue forze di comunicare con lei, e per comunicare intendeva fargli capire il loro piano e tentare di metterla dalla loro parte, ma lei non aveva voluto sentirne. Dopo aver raccontato la sua travagliata storia aveva deciso di chiudersi in un profondo silenzio e limitarsi ad osservarlo dall’angolo buio in cui era andata a sedersi parecchie ore fa.

Un rumore gracchiante e metallico interruppe quel monotono silenzio, il rosso non riuscì a cogliere le parole ma sentì la ragazza rispondere di sì a qualcosa.

Con gli occhi ancora puntati su di lei la vide alzarsi e venirgli incontro.

“È tempo di andare.” Estrasse una chiave dalla tasca e si avvicinò a lui. “Il principe Aris è richiesto alla corte degli anziani.”

“Che sta succedendo?”

La mora estrasse un sacchetto nero di stoffa. Un cappuccio.

“Hai due scelte. La prima, fare tutto quello che dico io e rimanere cosciente durante tutto il processo. La seconda…” lei lo guardò con un’espressione compiaciuta dipinta in volto “beh, diciamo solo che una volta tramortito non credo ti risveglierai più… il piano non specifica che tu debba essere vivo o morto…”

“Allora mi sembra di non avere scelta” la guardò in cagnesco, era obbligato a fare tutto quello che lei gli diceva, era più forte di lei questo lo sapeva, probabilmente avrebbe potuto liberarsi in un istante nel momento in cui lei lo avesse sganciato dalla sua asta in metallo, ma rimaneva un problema, non sapeva né dove si trovasse né come avrebbe potuto fare a scappare.

“Io non lo farei se fossi in te” gli disse quasi avesse appena letto nei suoi pensieri.

Il ragazzo strinse i pugni, non si era mai sentito più impotente.

“Bravo pesciolino” lo canzonò lei.

Lara si chinò sulla sua testa e gli accarezzò una guancia con il dorso della mano. “Che peccato che questo bel viso dovrò essere coperto, ma ehi, niente di personale. Non faccio io le regole qui.”

Aris serrò le labbra, il solo essere toccato da quella ragazza gli provocava disgusto e irritazione, ma entrambe le sue emozioni durarono davvero poco visto che lei gli infilò il cappuccio nero sulla testa interrompendo bruscamente il loro contatto.

Sentì smanettare con le chiavi di entrambe le catene e dopo qualche istante, nonostante fosse ancora incatenato, non fu più legato a quell’asta di metallo.

“Adesso da bravo, alzati in piedi e seguimi.”

Aris non poteva vedere nulla, le luci erano veramente fioche e con quel cappuccio anche intravedere delle sagome era molto difficile, i suoi sensi rimanenti si acuirono, gli sembrò di sentire dei rumori di passi sempre più forti venire verso di loro.

Il ragazzo si alzò in piedi a fatica giusto nel momento in cui un forte rumore arrivò dalla sua destra.

“Eccoti qua, non abbiamo tempo da perdere mocciosa, prendiamo noi in custodia l’esca uno”

“Ehi ma lui aveva detto che ci avrei pensato io!” ribatté la voce della ragazza.

Qualcosa agganciò le catene di Aris che si sentì improvvisamente trascinare, proprio come un pesce preso all’amo.

“Beh, i piani sono cambiati. Nicholas ha preso l’esca due.”

“Lui che cosa?” la voce di lei sembrava molto sorpresa.

“Quel ragazzo arriverà lontano! Comunque devi andare da lui e dargli una mano, quella ragazza non è molto mansueta al contrario di questo qui” un'altra voce parlò e fu quella che strattonò le catene ai polsi di Aris.

Ragazza? Possibile che stessero parlando di Elena?

“Va bene, allora vado… ci vediamo per l’esecuzione” e poi dei passi di corsa fecero intuire al ragazzo che lei se ne fosse andata.

Esecuzione? Quella parola non gli piaceva affatto, qualunque cosa stesse a significare.

****

Elena non vedeva nulla, si era svegliata con un tremendo mal di testa ed una specie di sacco nero su tutta la faccia, non vedeva un accidente e quando aveva provato a muoversi aveva scoperto di avere le mani e i piedi legati. L’ultima cosa che si ricordava era di essere andata a casa di Nick e che poi lui… ah già, lui l’aveva bloccata e le aveva fatto qualcosa per farla dormire, cloroformio… iniziava a ricordare meglio i dettagli della storia.

Non avrebbe mai immaginato che Nick avrebbe potuto farle una cosa del genere. Ovviamente i suoi molti dubbi li aveva avuti, ma sapere fino a che livello fosse coinvolto, questo sì che era scioccante.

La ragazza provò a rigirarsi ma le veniva molto difficile mettersi anche solo seduta.

“Ti sei svegliata finalmente?” la voce familiare di Nick le giunse alle orecchie. Persino con un sacco in faccia avrebbe potuto riconoscerla.

“Dove…mi…trovo…?” la sua voce le uscì impastata e ancora confusa.

“Hai dormito più del previsto ma…meglio così infondo.”

“Toglimi questa cosa dalla faccia!” esclamò arrabbiata.

“Oh no, non posso, in effetti non potrei neanche se volessi…”

“Che cosa vuol dire! Smettila con questi giochetti del cavolo e dimmi cosa sta succedendo, ne ho tutto il diritto Nick!”

Il ragazzo l’ignorò e continuò con il suo discorso.

“Sai, non credevo ti agitassi così tanto nel sonno, hai scalciato parecchio”

Elena riuscì a mettersi seduta, voleva tentare di avvicinarsi alla voce. “Beh, spero di averi colpito almeno!”

Dal ragazzo uscì un suono di voce strozzato che Elena interpretò come una risata. Ma in quel breve istante di silenzio udì dell’altro, un rumore d’acqua.

“Dove siamo?” la sua voce si fece seria. Mosse i piedi per terra ed ebbe la sensazione di strofinare le scarpe sulla terra, sassi erba e fango.

“Ti ho portato in un bel posto,” le disse enigmatico. “A una festa ovviamente!”

I polsi di Elena si sfiorarono l’uno con l’altro, era legata con della corda e non più con quello scotch, adesso che ci pensava sentiva le braccia e le gambe bruciare, dovevano averglielo tolto mentre era priva di sensi. Le mani alle sue spalle toccarono una corda che arrivava ad un palo, forse era di legno perché al tatto le sembrò ruvido e fresco.

“E non appena inizieranno le danze tu avrai il posto che ti spetta, non sarai l’ospite d’onore ma spero ugualmente che apprezzi…”

“Che cosa avete intenzione di fare? Perché non mi togli questo cappuccio e mi fai vedere dove sono, vigliacco!”

“Mi dispiace tesoro, proprio non posso. È una delle regole essenziali non rivelare la nostra identità alle nostre…esche… fino a che non sarà giunto il momento. Ti prometto che vedrai tutto quello che ci sarà da vedere quando sarà opportuno” Lui le sorrise ma lei non lo potè vedere.

“Non mi hai ancora detto cosa ci faccio io qui!”

Ci fu un istante di silenzio, Elena sentiva che attorno a loro c’era fermento, udì dei passi strascicati e delle cose trainate per terra.

“Volete prendere i restanti anelli, non è così? Voi volete usarli per uccidere tutto il popolo del mare!”

“Vedo che il tuo cervellino non ha smesso di funzionare… bene sì, è quello che vogliamo fare.”

“Ma quegli anelli…” Elena si interruppe, la strega del mare gli aveva detto che i cacciatori non sapevano che funzionassero solo con i membri della famiglia reale, poteva essere un enorme vantaggio che avevano e non voleva certo farselo scappare.

“Quegli anelli cosa?” chiese Nick curioso.

Lei non parlò.

Passò un istante, forse qualcosa in più, poi Nick parlò.

“Funzionano solo con la famiglia reale? Stavi per dire questo?”

Elena fu sconvolta, per fortuna che la sua faccia era coperta. Come facevano loro a saperlo?!

“Stupita eh…? Beh a quanto pare ci hai sottovalutato Elena, noi sappiamo sempre tutto. E così ti sei risposta alla tua domanda… cosa ci fai tu qui?

Semplice, se vogliamo che Aris faccia tutto quello che noi vogliamo abbiamo bisogno di un piccolo incentivo per persuaderlo…”

Ovviamente l’incentivo era lei. L’avevano catturata per costringere Aris a fare tutto quello che loro volevano. Volevano che lui uccidesse il suo popolo e per farlo avrebbero sfruttato il loro legame. Era crudele e spregevole.

“E tu hai scelto proprio bene Elena. Non potevi innamorarti di un umano o un tritone qualunque. No, tu hai scelto un principe”

“Io non ne sapevo nulla” ammise sull’orlo delle lacrime. “Io non ho scelto Aris perché fosse un principe o altro, non ho chiesto io di innamorarmi di un tritone!”

Aris era semplicemente la persona che la capiva meglio di chiunque altro, anche se non era umano con lui Elena aveva la sensazione di sentirsi completa, come se in qualche modo la sua sola vicinanza la rendesse molto più di quello che era. Accanto a lui si sentiva speciale e importante, ma non avrebbe mai pensato che un ragazzo, un tritone potesse farle provare quel genere di emozioni.

In pratica era tutta colpa sua, se il popolo del mare si ritrovava in quella situazione, era solo ed esclusivamente colpa sua.

Se Aris era tenuto prigioniero, colpa sua.

Se ci sarebbe stata un epocale lotta tra due fazioni in guerra da secoli. Idem.

Elena pianse in silenzio, non voleva dare a Nick la soddisfazione di sentirla sconvolta. Almeno quella battaglia voleva vincerla.

“Elena?” sentì una voce in lontananza, per un istante le sembrò Aris.

“Aris?” gridò lei in risposta, ma la voce fu subito acquietata, e lei sentì qualcuno armeggiare con il suo cappuccio.

“Eh no Elena, non questa volta.” Le disse Nick all’orecchio.

Un'altra voce si unì alla sua.

“È tempo di andare” parlò la voce femminile.

“Sì lo so.” Sentì armeggiare con la fune che la teneva legata al palo dopodiché le mani di una ragazza l’aiutarono ad alzarsi in piedi.

“Dove andiamo?” chiese lei spaventata.

“Voglio che tu veda la vera natura dei tritoni. Quando lui arriverà, la battaglia avrà inizio e finalmente dove tutto è cominciato, tutto finirà.

A.A.

Ci siamo ragazzi, la battaglia è sempre più vicina, a brevissimo avverrà lo scontro tra tritoni e cacciatori, voi per chi tifate? E secondo voi chi l'avrà vinta?
Ci rivediamo prestissimo con il capitolo 33, L'esca!

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Capitolo 33
*** L'esca ***


Cap 33 L’esca

 

Era calata la notte su tutta Deep Alley, tutto taceva e non una sola persona aveva il naso fuori di casa quella sera, sembrava quasi che l’intero paese avesse avuto il presentimento che qualcosa di terribile sarebbe presto accaduto.

Tutto stava per finire proprio lì, dove secoli prima tutto era iniziato.

I cacciatori si erano riuniti al Lago Cremisi ed il piano che avevano in mente era il più grande mai congeniato, ma anche il più terribile, questa notte sarebbe rimasta scolpita nella mente di tutti i presenti per molto, moltissimo tempo.

*

“Dove mi state trascinando?” assieme a Nick si era aggiunta un'altra persona, una ragazza da quello che Elena aveva capito, ma non per questo meno feroce.

Senza alcun preavviso l’avevano slegata dal luogo in cui si trovava e avevano preso a trascinarla su per una ripida salita. Uno dei due teneva stretta fra le mani la fune che le serrava i polsi e non esitava a strattonarla con decisione ogni qualvolta lei inciampasse nei suoi passi, e ciò avvenne molto spesso visto che non era affatto semplice camminare senza vedere dove mettere i piedi.  

“stiamo andando dove la visuale è migliore” la voce di Nick venne dalla sua destra, quindi capì che doveva essere la ragazza sulla sua sinistra a tenere la fune, le arrivò infatti un altro strattone da quel lato e subito dopo questa parlò.

“non gliel’hai ancora detto?” la voce le era familiare ma non avrebbe saputo dire di chi fosse, come un ricordo lontano che non voleva saperne di venire a galla.

“certo che no, perché tu l’hai fatto?!” il tono del ragazzo tradì un certo allarmismo.

“no, no certo che no, sono stata ben attenta a non rivelare i dettagli del piano, ma devo dire che quel tritone è più furbo di quel che sembra… ha tentato di corrompermi in tutti i modi”

“stai parlando di Aris?! Lui è qui?!” intervenne Elena.

Ci fu un istante di silenzio imbarazzato.

“lui sta bene?! Rispondetemi vi prego!”

Ma ormai era troppo tardi, nessuno dei due ricominciò a parlare.

 

****

“Dove ti sei cacciata…” Rachel camminava avanti e indietro per tutta la casa, erano diverse ore che non riusciva a mettersi in contatto con la figlia, telefono staccato, non un biglietto o una nota lasciata sul frigo, niente di niente.

Anche degli altri due ospiti non c’era più traccia, improvvisamente era come se tutti avessero deciso di scomparire nel nulla.

Il suono del campanello la fece riscuotere dai suoi pensieri. “oh signorina, sei in punizione per il resto della tua vita!” gridò aprendo la porta già pronta con una marea di punizioni da darle.

“oh” fu sorpresa di vedere di nuovo quella signora sulla soglia di casa sua.

“ho bisogno di un passaggio” le disse quella senza troppe cerimonie.

“ma si rende conto di che ore sono? È tardissimo ed io sto aspettando mia figlia, non so nemmeno dove sia finita!” Rachel guardò quella donna trasandata e si chiese se non fosse una matta psicopatica o altro, suonare a quell’ora della notte per di più con quella strana borsa nera ingombrante dall’aspetto poco rassicurante.

“Credo di sapere dove si trovi Elena, probabilmente è con Aris in questo momento.” Ursula aveva lo sguardo torvo, stava tentando di tenere a mente tutte le cose che ancora doveva fare.

“me lo sentivo che era con un ragazzo!”

“non è quello che crede lei” la rassicurò Ursula.

Rachel prese le chiavi della macchina dal cestino dell’ingresso. “Forse è proprio quello che credo io” rimbeccò chiudendo la porta di casa.

“mi creda, questo è molto, molto peggio.”

 

****

 

La salita si stava facendo sempre più ripida e ormai sempre più spesso Elena si ritrovava a cadere per terra senza poter far nulla per evitarlo. Era parecchio che camminavano per la foresta e ad ogni passo che faceva le gambe avevano preso a dolerle irrimediabilmente, la stanchezza della salita iniziava a farsi sentire e inoltre tutte le cadute che aveva fatto le avevano sbucciato i palmi delle mani e parte delle ginocchia, anche se non poteva vederlo sentiva chiaramente il classico bruciore da escoriazione. Il dolore le portò alla mente le rovinose cadute che faceva in bicicletta, tornava a casa sempre con le ginocchia rosse di sangue e con le lacrime agli occhi dal dolore, sua madre le accarezzava la testa e le disinfettava premurosamente le ferite, ma adesso lei non era lì. Chissà quanto doveva essere preoccupata, a quest’ora di notte si era sicuramente accorta della sua scomparsa. Sperò che Ursula avesse trovato una buona scusa per coprirla, l’ultima cosa che voleva era coinvolgere sua madre in tutto quello, era già difficile stare al passo con i cacciatori e tritoni per lei che si reputava una ragazza dalla mente aperta e dalle larghe vedute, sua madre tutto il suo opposto, non avrebbe potuto reggere tutto questo.

Immersa nei suoi pensieri cadde nuovamente per terra, le ginocchia ormai dovevano essere sporche di fango e sangue, la ragazza che la scortava però non si impietosì e la strattonò per farla rialzare. La bionda decise che non si sarebbe più alzata, incrociò le gambe e rimase seduta per terra.

“Alzati!” gridò quella protestando.

“No! Sono stanca di inciampare e di non vedere nulla, o mi togliete questo cappuccio o mi dovrete trascinare di peso fino alla vostra destinazione!” gridò lei arrabbiata.

Passò un istante poi sentì dei passi venire verso di lei e le mani di Nick armeggiare con il suo cappuccio.

“che stai facendo?!” lo rimproverò la ragazza.

“Le tolgo il cappuccio, ci stiamo mettendo il doppio del tempo per arrivare, se vede dove mette i piedi eviterà di inciampare ogni tre minuti.” Le rispose lui seccato.

“tanto vale che la porti in braccio allora! Lo sai che non vogliono che lei veda la strada che stiamo facendo.”

“è notte fonda Lara! A malapena ci orientiamo noi!”

La ragazza lo fulminò con lo sguardo, ma questo Elena non lo potè vedere.

“grazie” sussurrò a bassa voce a Nick, sapeva che lei non doveva ringraziarlo e che lui non doveva toglierle il cappuccio, ma trovò che in tutta quella situazione lui le stesse facendo un favore nonostante si ritrovassero a far parte di due fazioni diverse.

Finalmente il cappuccio le fu tolto dalla faccia e l’aria fresca le sferzò il volto, di fianco a lei c’erano Nick e quella ragazza che per tutto il tempo l’aveva trattata con condiscenza, finalmente aveva un volto e adesso che lo guardava meglio sapeva anche a chi appartenesse.

Nick l’aiutò a rialzarsi mentre lei non toglieva gli occhi di dosso da Lara, la sua compagna di classe nonché la stessa ragazza che aveva visto in piscina quella mattina e che con insistenza aveva fatto domande e osservazioni su Aris.

“non credevo che anche tu fossi coinvolta” le parlò Elena riprendendo a camminare in mezzo a loro due. Adesso la fune era passata nelle mani di Nick e la ragazza non potè fare a meno di notare che lui le aveva lasciato abbastanza corda per camminare civilmente e non come un cane al guinzaglio.

“quanti compagni di classe ci saranno a questa festicciola eh? Se mi aveste detto che festeggiavate nel bosco il ballo di fine anno mi sarei vestita meglio!” ironizzò.

“non si diventa cacciatori Elena, lo si è per nascita. Noi tutti apparteniamo a quell’antico clan formato da Skan per distruggere le sirene, siamo i discendenti dei primi cacciatori, abbiamo l’odio per le sirene nel sangue.” Le rispose Nick.

“a questo punto puoi anche dirmi dove stiamo andando, non potrei scappare nemmeno se lo volessi, non ho idea di dove mi trovo.”

“Eppure dovresti riconoscere questo posto, ti ci ho portato qualche sera fa…” Elena si guardò intorno, niente le era familiare, di certo era un bosco ma non avrebbe mai detto di esserci già stata.

Il silenzio riscese sullo strano trio, poco a poco, attorno a loro la vegetazione iniziò a mutare, sterpi e cespugli divennero sempre più radi, le stelle in cielo sembrarono diventare più luminose e un flebile rumore d’acqua andò intensificandosi.

“Ed eccoci arrivati, la tribuna d’onore” canzonò Nick, ma a quel punto il rumore era abbastanza forte da coprire parte delle sue parole.

Si trovavano sull’orlo di un precipizio, un salto alto parecchi metri da cui un torrente che avevano affiancato sfociava in una cascata molto più giù. Elena guardò quel paesaggio per un minuto o due, da quella rupe si aveva una visuale perfetta di tutto il lago,

“lago cremisi?” chiese dubbiosa, dall’alto sembrava molto più grande e spaventoso di quanto non fosse dal basso.

Si sporse un po’ e sotto di lei, lontana alcuni metri, c’era una distesa d’acqua di un meraviglioso blu notte che a tratti rifletteva le stelle nel cielo. Uno spettacolo bellissimo ma al contempo inquietante, tutt’attorno potè notare accampamenti e gente armata che camminava fra gli alberi.

I due ragazzi iniziarono ad uscire da una sacca, che lei non aveva neppure notato, una serie di attrezzature per il camping che presero a montare con rapidità. Elena si voltò nuovamente a fissare il lago con una strana sensazione nel petto, era come se il rumore dell’acqua chiamasse il suo nome…

“cos’è quello?” Si sporse indicando un aggeggio che pendeva sul lago, non aveva un binocolo ma riusciva persino da quella distanza a capire che non era nulla di buono.

Nick passò la fune che le teneva i polsi a Lara dopodiché si avvicinò a lei guardando con un binocolo, “ah, finalmente è quasi pronta” sussurrò tra sé e sé.

“cosa è quasi pronta?” si lamentò la bionda, “voglio vedere pure io!”

Lara stava per ribatterle che non aveva alcun diritto di pretendere di vedere ma non fece in tempo che Nick le aveva già dato in mano il binocolo e adesso lei stava osservando tutto quello che accadeva sulla riva del lago.

La costruzione che aveva indicato Elena altri non era che un’impalcatura di metallo fissata alla sponda del fiume che si sporgeva verso il centro del lago, alla sua estremità vi era una gabbia piramidale che letteralmente dondolava sul lago ad un’altezza di qualche metro.

“Quella è la gabbia” le spiegò Nick. Probabilmente pensava, vista la lontananza, che lei non fosse più un pericolo per la missione e così decise di snocciolarle qualche informazione. Lara non sembrava troppo felice di questa sua improvvisa parlantina ma a quanto pareva Nick aveva un grado di importanza più alto di lei e non le era concesso fare obbiezioni.

“È stata costruita con i migliori materiali, perlopiù credo sia acciaio. È impossibile fuggire da lì…”

“Credo che proprio in questo momento dovrebbero portare Aris là dentro…” la punzecchiò Lara.

“che cosa?! Aris la dentro?”

Elena guardò con il binocolo, su tutta la sponda del lago c’era un enorme fermento di persone, tutto era buio, nemmeno una torcia era accesa, come se non volessero farsi vedere.

“Certo, è questo il piano,” continuò Nick “Prima Aris verrà imprigionato nella gabbia, grazie a te qui ben visibile non dovrebbe fare molte storie, in seguito chiameremo Re tritone e lo costringeremo a darci i suoi restanti anelli usando come arma il suo stesso nipote. Semplice no?” concluse il castano alzando le spalle.

Elena abbassò il binocolo per guardarlo negli occhi, in quel piano non c’era proprio nulla di semplice. “E come lo chiamereste? Avete un fischietto magico per Re Tritone?” improvvisamente si ricordò del campanellino che tempo prima le aveva regalato Aris per mettersi in contatto con lui, forse esisteva davvero qualcosa del genere per il re, per fortuna che lei il suo bracciale l’aveva lasciato a casa, non si sarebbe mai perdonata se persino quella cosa fosse arrivata nelle loro mani.

“una volta che Aris sarà entrato nella gabbia faremo in modo di calarlo nell’acqua, Tritone lo starà cercando in lungo e in largo e verrà subito da noi.”

“cosa vi fa credere che Tritone lo stia cercando?” li sfidò lei con aria superiore.

“se il tuo unico erede maschio al trono svanisse nel nulla, metterei sentinelle in ogni angolo dell’oceano per ritrovarlo.” Le rispose Lara malignamente.

“sei fin troppo ben informata sul mondo di sotto per essere una Cacciatrice.” L’apostrofò lei.

“questo perché lei ne fa parte” s’intromise Nick. “se non fosse stato per Lara non avremmo mai saputo molte informazioni che si sono rivelate vitali per il nostro piano, per arrivare a questo momento.”

“Sei una spia,” sussurrò Elena guardando di sottecchi la ragazza dai capelli corvini. “e farai la fine che ti meriti…”

La bionda lasciò cadere il discorso, inutile parlare, tanto tra poco tutto sarebbe finito.

“Comunque sia, il vostro piano non funzionerà mai”. Parlò tranquilla “Tritone è troppo forte per dei comuni esseri umani, anche se vi definite cacciatori non avete speranze di batterlo.” La consapevolezza che i cacciatori sarebbero stati polverizzati nel giro di qualche minuto la fece rabbrividire, se Aris fosse stato usato come esca e Tritone avesse abboccato, non ci sarebbe stato più nulla da fare. Adesso iniziò davvero a preoccuparsi, cosa avevano intenzione di fare quei pazzi, combattere un potente tritone con poteri fuori dal comune?

“e tu cosa ne sai?” chiese Lara scettica. Dopotutto il suo atteggiamento nei suoi confronti era giustificabile, ai suoi occhi quella ragazza era rimasta invischiata in quella storia per pura coincidenza, a differenza di lei o dei cacciatori che avevano trascorso la vita a studiare ogni mossa di Re Tritone, a seguire un rigido addestramento per ottenere questa chance di batterlo.

Elena rifletté sul rivelare o meno quello che sapeva, ma in cuor suo quei poveri cacciatori le facevano compassione, si credevano i più furbi e i più forti, ma avevano fatto l’errore più stupido che potessero commettere, avevano sottovalutato il potere di Re Tritone.

Non si governa su un regno per così a lungo se non si è scaltri e disposti a tutto. E Re Tritone lo era anche troppo.

“io l’ho incontrato” disse dopo qualche minuto di riflessione “ed è stato l’evento più terrificante della mia vita. Sono riuscita a scappare solo grazie ad Aris, ma non avremmo mai e poi mai, potuto fronteggiarlo direttamente così come avete intenzione di fare voi.”

Nick fece un passo avanti abbastanza sicuro di sé. Elena lo guardò come se fosse la prima volta, davanti a lei vedeva solo un ragazzo che dietro alla spavalderia nascondeva una gran paura, era stato costretto a fare quelle cose e anche se ne conosceva il pericolo non poteva tirarsi indietro.

“Dimentichi che noi siamo dei cacciatori, siamo addestrati sin da piccoli a combattere ed allenare l’ingegno, questa battaglia sarà dura ma la combatteremo ad armi pari.”

Elena non era per niente rassicurata dalle sue parole ma visto ciò che si apprestavano ad affrontare evitò di ribattere, se riusciva a tenere sotto controllo la sua paura dietro quelle assurdi frasi da condottiero lei non avrebbe fatto nulla per farlo scontrare con la mera realtà. Tanto fra poco ci avrebbe pensato Re tritone…

“Nick” Lara richiamò l’attenzione del ragazzo. Si lanciarono una rapida occhiata e poi tornarono a puntare i loro occhi verso il lago.

“ci siamo”

 

****

 

“Sta più attento!” gli gridò nuovamente una voce sgarbata mentre lo tirava su per l’ennesima volta.

Aris non aveva idea di dove lo stessero portando, da quando aveva abbandonato la grotta aveva percorso una lunga salita inciampando quasi in continuazione, oltre a non vedere dove metteva i piedi, lui non ci era proprio abituato a camminare!

Dopo parecchi minuti si era reso conto che l’aria attorno a lui era cambiata, era più fresca a frizzante e per un istante in lontananza ebbe la sensazione di sentire la voce di Elena, l’aveva chiamata ma non aveva udito risposta che già era stato trascinato di peso via.

L’avevano fatto sedere incappucciato su una lastra di freddo metallo che aveva preso a muoversi e poi se ne erano andati via senza nemmeno curarsi di legargli le mani contro qualche asta.

“sta fermo e non muoverti!” sentì una voce gridargli in lontananza, ovviamente lui decise di ignorarla bellamente. Tentò di portare le mani che aveva legate dietro la schiena in avanti così da potersi togliere il sacco dalla testa, era molto faticoso e dopo molti tentativi, anche dolorosi, finalmente ci riuscì.

Le voci in lontananza iniziarono a protestare e quasi si aspettò che da un momento all’altro qualcuno lo raggiungesse per legarlo nuovamente, ma invece si dovette ricredere.

Finalmente dopo tanto buio si tolse quell’odioso cappuccio che aveva in faccia e capì il perché nessuno l’aveva ancora raggiunto.

Si trovava in una gabbia di metallo sospesa in mezzo ad un lago.

Si guardò intorno cercando di capire la situazione, la gabbia era piramidale il che voleva dire che i quattro lati convergevano sopra la sua testa rendendo non solo lo spazio stretto e limitato a qualsiasi movimento ma in più non permettendogli di alzarsi in piedi. Era costretto a rimanere lì seduto senza poter muovere un dito.

Alle mani aveva ancora le manette di metallo, non avrebbe potuto slegarsi da quegli arnesi nemmeno volendolo.

Ma non era questa la cosa che lo preoccupava di più.

La gabbia era tenuta sospesa da un gancio che a sua volta era collegato con una catena metallica che arrivava fino alla riva. Era come se quella fosse una canna da pesca e lui fosse l’esca all’amo.

Sulla sponda del lago in lontananza vide una moltitudine di gruppi di persone, sembravano tutti armati fino ai denti e in attesa che accadesse qualcosa.

Si rigirò su se stesso attento a non fare dondolare troppo il trabiccolo, chissà se vi era una via d’uscita, una serratura segreta…

Poi, senza alcun preavviso, la gabbia iniziò a scendere verso l’acqua ed i suoi più grandi timori furono confermati. Il pesce grosso che avevano intenzione di catturare era tritone, e non appena avesse captato una sua presenza nell’acqua questa volta sarebbe venuto di persona a riacciuffarlo per riportarlo ad Atlantica.

Guardò quei cacciatori armati fino ai denti, quei patetici umani che credevano di poter combattere contro un tritone di quella potenza.

Per un momento anche se flebile, si sentì più al sicuro lui in quella gabbia che là fuori assieme a tutti quei cacciatori armati fino ai denti.

 

 

A.A.

Salve a tutti! Ormai siamo agli sgoccioli, Re tritone farà la sua comparsa molto presto e quando avverrà saranno cavoli amari per tutti! >.<
Spero che la storia vi stia piacendo, oramai sono rimasti gli ultimi capitoli e una volta finito ho intenzione di rivedere sin dal primo capitolo tutta la storia per un bella revisione grammaticale XD sono sicura di essermi lasciata indietro qualche errore sparso e siccome sono una persona superpuntigliosa ci tengo che alla fine venga un buon lavoro complessivo. Spero di poter concludere entro il 40 capitolo, questa è la prima volta che scrivo così a lungo e più scrivo più ho il timore di cadere nella banalità perciò spero che questo non accada!

Saluti e ci rivediamo fra due settimane il 31 agosto : ): )

Clara

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 34
*** L'ascesa del Re ***


Cap 34 - L’ascesa del Re

Il tempo scorreva con una lentezza inesorabile, Elena aveva assistito impotente mentre un gruppo di cacciatori aveva rinchiuso Aris in quella gabbia di metallo e lentamente l’avevano poi trascinato con una carrucola proprio al centro del lago. Sembrava un grande canna da pesca con all’amo Aris, e mentre lo guardava dimenarsi nel tentativo di slegarsi, incapace di poterlo aiutare, i cacciatori calarono quel maledetto aggeggio nell’acqua.

La bionda si sporse di più dallo strapiombo, era straziante dover assistere a tutto quello senza poter muovere un solo dito, avrebbe fatto qualunque cosa per liberarlo, persino buttarsi da quell’altezza con il rischio di spezzarsi l’osso del collo!

Fece un passo in avanti per saggiare l’altezza della scogliera, ne stava solo valutando l’altezza quando sentì le mani di Nick chiudersi ancora sulle sue braccia.

“Se non farai la brava sarò costretto a legarti di nuovo” l’ammonì lui.

“Tu non capisci…” sussurrò Elena con lo sguardo implorante, gli occhi gonfi di preoccupazione e la paura che le faceva martellare il cuore in petto.

Il ragazzo la spinse verso un terreno più sicuro e dopo la liberò dalla sua presa.

“Voi non sapete quello che gli farà” sussurrò Elena portandosi le mani alla testa come se fosse sul punto di impazzire.

Aris si trovava nel centro della battaglia fra i cacciatori e tritone, e francamente lei non sapeva decidersi su quale dei due fosse peggio. Non poteva fare nulla se non guardare quello che quegli incoscienti stavano per fare, se tritone avesse visto tutto quello con i suoi occhi, se l’avesse vista viva e vegeta e se, cosa ancora più grave, avesse visto Aris con gambe umane sarebbe sicuramente scoppiato il peggio, ci sarebbe stato uno sterminio di massa. Sì, probabilmente questa volta sarebbe arrivato al punto di uccidere persino l’unico discendente maschio della famiglia reale, ai suoi occhi quelle gambe sarebbero state la conferma del tradimento.

Elena non poteva pensarci; se Tritone avesse ucciso Aris? Se tritone, pazzo di follia, avesse ucciso tutti?

Mentre si tormentava con tutti questi pensieri la voce di Lara risuonò chiara alle sue orecchie. “Abbiamo un piano… non devi preoccuparti, e se le trattative non dovessero andare come previsto passeremo alle maniere forti, l’uccideremo prima ancora che possa dire A.”

Elena che fino a quel momento aveva tenuto la testa bassa si riscosse immediatamente a quelle parole.

“Che cosa…? Avete intenzione di uccidere il Re di Atlantica?!” si voltò verso Lara quasi non credendoci.

“Se non dovesse collaborare, è l’unica soluzione…”

“No che non lo è!” obiettò lei decisa.

Atlantica non poteva rimanere senza un re! Persino lei sapeva che morto un sovrano il posto sarebbe stato occupato subito dal suo successore, e l’unico nella lista era Aris! Così facendo il suo ragazzo sarebbe stato costretto ad assumere il controllo del regno, sarebbe stato costretto a ritornare ad Atlantica e questo lei non lo voleva.

Ancora tremante a quell’idea continuò a parlare “io e Aris abbiamo un piano, questi anelli hanno provocato sin troppi guai e non è giusto che gli umani o i tritoni abbiano il controllo sull’oceano. L’oceano non ha bisogno di padroni, di protettori forse, ma non di sovrani spregevoli.”

I due ragazzi l’ascoltarono in silenzio.

“Noi vogliamo distruggere tutti gli anelli, vogliamo appianare queste divergenze fra umani e sirene, siamo entrambi abitanti di questo pianeta, coesistiamo ognuno con le sue diversità.”

“Belle parole che non significano nulla.” Disse sprezzante la bruna.

“Mio padre, ha dato la vita per la sirena che amava e per suo figlio, non gli è mai importato cosa fossero loro due, li ha amati fino alla fine, fino all’ultimo suo respiro, incondizionatamente.”

Sui volti dei due ragazzi s’accese un’espressione di sgomento.

“Stai dicendo che…” Nick stava parlando ma era difficile persino fare quel pensiero. “Tuo padre ha avuto un figlio con una sirena?” chiese confuso.

“Sì,” confermò lei senza vergogna. “E senza di loro non sarebbe mai nato Aris. Ed io gli sono grata per questo.”

Lara sgranò gli occhi orripilata. “Tu e Aris siete fratelli!?” gridò “Ma lui è…?! Voi state insieme! È totalmente”

Elena l’interruppe prima che dalla sua bocca potessero uscire ulteriori frasi accusatorie.

“Credevamo di esserlo, e fidati, scoprire che la persona che ami sia in realtà tuo fratello non è per niente un’esperienza piacevole.”

La ragazza bruna fissò un momento Nick di sottecchi la quale non si accorse di niente, era troppo concentrato sulla storia di Elena per prestare attenzione a quel gesto.

“È stato il periodo più brutto della mia vita fino a quando non abbiamo scoperto di non essere veramente fratelli. Eric non era il mio vero padre, mia madre mi aveva avuto con un altro uomo…  Tra me e Aris non scorre nemmeno una goccia di sangue uguale.”

Nick stava metabolizzando tutte quelle informazioni.

“Allora era per questo che avevi quell’attaccamento a lui?” non riuscì a trattenersi.

“Ho provato da subito qualcosa per lui ma quando abbiamo realizzato che potevamo essere fratelli abbiamo tentato di ignorare i nostri sentimenti…ma quello che voglio dirvi è che lui è diverso dagli altri tritoni.”

Elena non voleva parlare della sua travagliata storia sentimentale, voleva solo che loro la lasciassero libera così da poter correre in suo aiuto, non era poi così difficile no?

“Lui è sincero ed è…onesto” pensò a quando le aveva tenuto nascosta la storia di Ayla, loro non dovevano per forza sapere tutti i dettagli… “io capisco che voi possiate avere dei timori nei confronti del passato, ma lui è diverso, lui è un principe tritone mezzo umano, ha a cuore i nostri mondi e se ci date una possibilità noi possiamo provare a cambiare le cose.”

Nick alzò le spalle quasi scrollandosi di dosso ogni responsabilità “non è con noi che ne devi parlare Elena, noi non prendiamo decisioni, solo gli anziani hanno il potere di farlo, sono loro che hanno in mano le redini della nostra società segreta.”

“Ed allora è con loro che voglio parlare.” Guadò per un istante tutti e due negli occhi. “Ma non posso farcela da sola, ho bisogno del vostro aiuto.” Alzò le mani ancora legate con la corda implorandoli con lo sguardo.

“Vi prego.” Ma i loro sguardi non erano ancora del tutto convinti.

“Dirò che sono riuscita a scappare, se tutto dovesse andare per il peggio non rivelerò ciò che avrete fatto per me” sussurrò tentando di convincerli.

“Ma devo fare in fretta, devo andare da questi anziani e convincerli prima che lui arrivi o sarà troppo tardi!”

Lara mosse un passo verso di lei, guardava Nick e leggeva nei suoi occhi la stessa incertezza che provava lei, e se Elena avesse avuto ragione su tutto? Ci si poteva davvero fidare di quei due? Che cosa avrebbero potuto fare per aiutarli?

Ma le sue riflessioni furono stroncate sul nascere, non c’era più il tempo per contrattazioni e ipotesi; al centro del lago un gorgoglìo sommesso aveva iniziato a risuonare nell’aria tesa del bosco.

Tritone stava arrivando.

 

****

 

Aris era per metà immerso nell’acqua fresca del mare, era rassicurante ritornare a contatto con dell’acqua salata, ma le circostanze non erano per nulla piacevoli anzi, lui era la miccia che avrebbe fatto esplodere quella guerra e per quanto potesse sforzarsi non poteva fare altro che attendere inerme il suo arrivo.

Ormai lo sapeva bene, era questione di minuti o forse ore se erano fortunati, ma Re Tritone sarebbe arrivato, e quando sarebbe arrivato la guerra avrebbe avuto inizio.

Come d’improvviso il cielo, già scuro della notte, si coprì di grandi nuvole grigie che in pochi istanti oscurarono la luce della luna e delle stelle. L’aria si fece frizzante quasi fosse carica di elettricità, tutti i presenti attendevano trepidanti che avvenisse qualcosa, Aris si teneva saldamente alla gabbia mentre guardava la superficie del lago in cerca di un segnale, la sua vista era molto più buona di quella degli umani, riusciva a vedere sott’acqua in piena notte con la stessa facilità del giorno.
Elena Lara e Nick si erano sporti per guardare cosa stesse accadendo, i loro binocoli erano adatti alla visione notturna e i due ragazzi poterono monitorare la situazione meglio di quanto potesse fare Elena.

“Cosa sta succedendo?” chiese lei spaventata. Il cielo stava diventando sempre più nero, come se da un momento all’altro stesse per diluviare, indubbiamente doveva essere opera di Tritone.

Lentamente il lago iniziò ad incresparsi nonostante nell’aria non ci fosse un filo di vento, le piccole onde si andavano ad accumulare ai lati della cascata, stavano crescendo gonfiandosi in verticale, era un movimento naturalmente impossibile.

“Si stanno formando delle…mura? Mura d’acqua?” fu la risposta di Nick.

Quello che successe dopo lasciò tutti i presenti letteralmente senza parole, l’acqua salita in alto fin quasi alla rocca dove vi era Elena si fermò. In lontananza si udì cadere un tuono, poi la luce del lampo per un momento illuminò la radura e per un istante fu possibile vedere l’acqua delle mura che stava ascendendo al cielo. 

Dalle mura d’acqua lentamente, uno ad uno, si fecero avanti possenti tritoni dalle lunghe code corazzate. Era l’esercito del re, Aris li riconobbe subito, avevano armature ramate con impresso sul petto lo stemma di Atlantica, lunghi arpioni che terminavano con uncini a tre o quattro punte, alcuni tenevano in mano spade d’argento affilate come rasoi, altri più letali avevano fiocine pronte ad essere scagliate sugli avversari.

Vederli comparire lì, in fila, armati fino ai denti, gli fece accapponare la pelle.

****

“Questo maledetto aggeggio non può andare più veloce?!” Ursula si lamentò con Rachel.

“Più veloce di così?! Siamo già al limite consentito dalla legge!” la rimbeccò quella spingendo ancora un pochino sull’acceleratore.

La strega seduta dal lato del passeggero si sporse verso il finestrino, il cielo si era annuvolato di colpo, era convinta che il peggio sarebbe ancora dovuto arrivare.

“Facciamo in fretta per piacere, o sarà troppo tardi per salvarli.”

“Ancora con quella storia?” alla madre di Elena scappò un sorrisetto ironico. Quella strana signora che aveva detto di chiamarsi Ursula, per tutto il viaggio non aveva fatto che blaterare delle storie assurde. Le aveva raccontato di come sua figlia e Aris si fossero cacciati nei guai, di come quest’ultimo, figlio del suo ex marito e di una principessa sirena, avesse sfidato il nonno, Re di Atlantica (una specie di regno degli abissi), rinunciando a tutto per stare con sua figlia sulla terra.

Assurdo!

E le cose erano andate peggiorando, il viaggio era stato piuttosto lungo e così la strega aveva avuto modo di raccontarle di una società segreta che uccideva ogni tritone o sirena che mettesse piede sulla terra, e poi di alcuni strani aggeggi che conferivano del potere sul mare, bah!

Si era rifiutata di protestare come aveva fatto all’inizio e aveva deciso che la migliore soluzione era starsi zitta e concentrarsi sulla strada, per quanto le riguardava Ursula era troppo fuori di testa per darle ascolto.

“Lo so che non lei non mi crede, ma era un suo diritto saperlo.”

L’altra sospirò all’ennesima frase sconnessa della vecchia.

“Quando si troverà nel bel mezzo della battaglia, capirà che purtroppo è tutto vero.”

 

****

 

Il buio si era fatto sempre più fitto, sembrava quasi una presenza palpabile.

I soldati schierati in formazione aspettavano fermi l’arrivo del loro sovrano, di certo il Re aveva in mente un entrata ad effetto per stupire ancora di più quei piccoli umani.

La luna non era che un cerchietto pallido che combatteva contro tutte quelle nubi per rischiarare la notte, un gorgoglìo sommesso iniziò ad animare il centro del lago, un vortice d’acqua prese a crescere con velocità sempre più crescente.

Un fulmine cadde proprio nel centro del vortice, il boato fu tremendo e la potenza dell’impatto fece cadere molti cacciatori, ma il mulinello continuava a crescere indisturbato.

L’aria era diventata umida e appiccicosa, tutti sapevano chi sarebbe arrivato di lì a poco, il piano dei cacciatori aveva davvero funzionato, ma questa non era che la prima fase; dal centro del lago iniziarono a venire a galla piccole bollicine che via via si facevano più grandi e ascendevano anche loro al cielo, un secondo fulmine cadde proprio al centro del lago ma con la meraviglia di tutti la sua luce attraversò l’acqua e lì vi rimase.

Stridii acuti vennero dal fondo del mulinello seguiti da frustate vigorose, dal profondo del gorgo due enormi cavalli acquatici galoppavano energicamente per contrastare la potenza del vortice, la frusta tagliava l’aria e batteva vigorosa sulle schiene degli animali, mentre un cocchio d’oro massiccio illuminato dalla luce del fulmine che aveva assorbito iniziava a venire a galla.

La corrente prese a sballottare la gabbia del povero Aris che continuava a dondolare precariamente dentro l’acqua, con un ennesimo schiocco di frusta i cavalli riuscirono ad emergere completamente dall’acqua, tutta la radura ammutolì sgomenta.

Re tritone a bordo del suo cocchio era immenso e maestoso, un’aura di regale potenza lo pervadeva dalla testa fino alla coda, i lunghi capelli bianchi ricadevano disordinati sulle spalle, sulla testa la corona d’oro brillava di una luce calda e dorata. Il torace era bardato con un armatura forgiata sulle sue enormi misure, era alto quanto tre uomini e forte come un gigante; la lunga coda era interamente ricoperta da un’armatura d’oro che proteggeva scaglia per scaglia, le braccia erano libere di muoversi ma erano ricoperte di bracciali d’oro e stemmi. Il re aveva oscurato la luna argentea con il suo splendore dorato, l’unica fonte di luce in tutta la radura veniva dal suo corpo che emanava bagliori caldi, era come stare al cospetto del sole, era impossibile guardarlo direttamente.  

La mano sinistra teneva le redini delle bestie metà cavalli metà pesci, mentre con la destra Re tritone sollevò il tridente verso il cielo, un ennesimo fulmine fu scagliato verso il lago ma il re prontamente lo assorbì con lo scettro caricandolo al massimo della sua potenza, il bellissimo strumento adesso era circondato da scariche elettriche e brillava come una stella incandescente e pericolosa; incastonati nella sua elsa pronti a dar battaglia, vi erano gli anelli di Alimede.

 

 

 

 

 

 
A.A.

Salve a tutti! Ed ecco che tritone ha fatto il suo modestissimo ingresso nel finale di storia, preparatevi per il prossimo eccitante capitolo, vi garantisco che Tritone farà un bel pò parlare di sè... 

Ci rivediamo il 7 Settembre, tra una settimana precisa sintonizzati su Deep Alley!

p.s. ho creato una copertina per la storia, probabilmente l'inserirò nel primo capitolo una volta finita la storia, se riesco a capire come si fa anche prima XD 

A presto!!

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Capitolo 35
*** Sangue Sporco ***


Cap 35 Sangue sporco

 

Elena, Nick e Lara erano in piedi sull’orlo del precipizio mentre osservavano la scena ammutoliti, per due di loro era la prima volta che assistevano ad eventi del genere, quasi ipnotizzati non riuscivano a staccare gli occhi dal Re e il loro silenzio era più che altro da attribuirsi al forte stupore, Elena invece era paralizzata dalla paura. Il re era immenso, molto più simile ad un gigante che ad un umano e completamente tappezzato d’oro sembrava invulnerabile, la sicurezza con cui brandiva il tridente poi, le fece accapponare la pelle. Come un flash ricordò il loro primo incontro, allora il re era seduto sul suo trono e sembrava molto meno grande e minaccioso di quanto non fosse adesso.

“È lui?” chiese Nick a bassa voce.

“Si” disse Elena. Avevano provocato il Tritone sbagliato. Pensò.

Piano piano il mulinello si acquietò, la carrozza sospinta da un velo d’acqua rimase sospesa sulla sua superficie come per incanto. Il re scrutò con lo sguardo tutti i presenti, poi dal buio della foresta un umano si fece avanti.

“Re Tritone, la corte dei cacciatori ti ha convocato per una trattativa.” L’uomo parlò con voce chiara scandendo bene, doveva essere il capo o comunque una persona importante se gli era stato affidato il compito di parlare con il Re.

Quest’ultimo strinse gli occhi come per mettere a fuoco quella figura su due gambe che si trovava sulla terra ferma.

Come se l’uomo non avesse parlato, il Re l’ignorò e si voltò verso Aris.

“Caro nipote…che circostanze interessanti per un incontro,” Re tritone parlò con una voce pesante e possente che rimbombò in tutto il bosco.

“E non sei da solo a quanto vedo” lasciò le redini per fare un gesto teatrale con la mano, i cavalli rimasero immobili quasi potessero percepire la paura nell’aria.

“Re Tritone!” gridò l’uomo sentendosi ignorato. “Il vostro erede al trono è nostro prigioniero,” detto questo la catena che aveva portato Aris verso il centro del lago fu riazionata per riportarlo indietro.

“Consegnateci gli Anelli di Alimede e nessuno si farà male.”

Tritone strinse il tridente tanto forte da poterlo quasi spezzare, scagliò un tuono contro la carrucola che si incrinò e si spezzò. Il metallo si fuse come burro al sole, la gabbia di Aris si bloccò all’istante attaccata per metà ancora alla struttura.

“Come osate rivolgermi la parola, feccia umana. COME OSATE DARE DEGLI ORDINI A ME!!” Il suo gridò fu così potente da scuotere acqua cielo e terra, come un terremoto fece vibrare ogni cosa, il re agitò il tridente e richiamò a sé un'altra scarica di elettricità dal cielo, poi la scagliò contro quel povero umano a cui era stato affidato il compito di mediare.

In un istante il povero malcapitato divenne un mucchietto di cenere sotto gli occhi esterrefatti di tutti i presenti.

Lara aveva preso a tremare, si era inginocchiata per terra e con le mani tenute sulla testa tentava di ricacciare via quei brutti ricordi che avevano preso a riaffiorare. Nick le aveva messo le mani sulle spalle tentando di tranquillizzarla ma Elena si accorse che persino lui stava tremando.

Gliel’aveva detto, lei li aveva avvisati. Avevano giocato con il fuoco e adesso tutti sarebbero rimasti bruciati.

Tritone che non aveva staccato gli occhi dai cacciatori nella radura, trovò un momento per rivolgere un occhiata di sfuggita al nipote, quando vide le sue gambe sguazzare in quel modo innaturale nell’acqua la collera prese nuovamente il sopravvento.

“Hai abbandonato il tuo regno, hai ingannato il tuo Re e cosa ancora più grave,” indicò con il tridente le sue gambe. “Gambe umane.” Il suo disgusto risuonò forte nell’aria.

“Tu non sei mio nipote!” gridò a tutta la radura, “avete sentito bene? LUI NON CONTA NULLA PER ME!”

Dalla radura altri due uomini si fecero avanti. “Non siete nella posizione di negoziare nulla, uccidetelo pure, tanto dopo toccherà a tutti voi.” Li guardò uno ad uno. “Mi riprenderò ciò che mi è stato sottratto e renderò giustizia a tutti gli oceani!” alluse ai restanti anelli.

“Non finché ci saremo noi!” esclamarono gli uomini puntandogli contro le loro armi.

“Non durerà molto,” sorrise con un ghigno “io ripulirò il mondo dalla feccia umana, ed incomincerò da voi!” il re scagliò un altro fulmine ma quelli riuscirono a scansarlo per miracolo, l’albero che ricevette il colpo al posto loro prese fuoco illuminando il resto dei cacciatori rimasti nell’ombra.

Aris si voltò verso la foresta, gli occhi che vedeva erano preoccupati e molti sembravano confusi dalla reazione del Re, si erano illusi che avrebbe fatto carte false per lui ed invece non era stato così. Avevano un piano B? Perché se non fosse stato così tutti loro si potevano già considerare morti, Re Tritone avrebbe mantenuto la sua minaccia, avrebbe raso al suolo l’intero bosco in un solo battito di ciglia.

“Vi eravate illusi che mi avrebbe rivoluto con sé, ma Re tritone non ha un cuore, lui non ha bisogno di nessuno.”

Il re lo guardò serio, quelle gambe umane avevano sancito la rottura con il mondo degli abissi. “Alto tradimento Aris, da questo non si può tornare indietro.” Alzò il braccio verso il cielo per caricare il suo tridente.

“Uccidimi pure, dopo aver ucciso tua figlia Ariel, uccidere tuo nipote sarà una passeggiata” gli gridò contro il ragazzo. Ebbene sì, se quelli dovevano essere gli ultimi istanti della sua vita non avrebbe permesso a Tritone di conservare la sua immagine di Re senza macchia davanti ai suoi sudditi, avrebbe detto a tutti cosa lui avesse fatto.

“COME OSI?!” Tritone agitò i pugni chiusi verso il basso e subito un enorme onda si alzò dal centro del lago inondando tutti i presenti.

“Tutto quello che ho fatto l’ho fatto per il regno!”

Tutti assistettero pietrificati alla battaglia verbale tra il re e il principe, Elena fissava sempre più impaurita la scena, Aris non avrebbe dovuto provocarlo così, non ne sarebbe venuto niente di buono…

“Ho ucciso tua madre, è vero.” E quell’ammissione lasciò i cacciatori e i soldati di Atlantica completamente spiazzati.

“Ed è stata la cosa più difficile che abbia mai fatto, ma come sovrano non potevo fare altrimenti, lei voleva portarti via da me. Ed io non avrei mai permesso a nessuno di farlo, nemmeno al tuo insulso padre umano.”

Aris strinse talmente forte le sbarre tra le mani che queste sbiancarono d’un colpo, era sconvolto, la conferma di un piccolissimo sospetto che aveva avuto era arrivata in maniera così diretta che a stento poteva crederci, Tritone aveva davvero sterminato tutta la sua famiglia.

Elena guardò Nick e Lara confusa e scossa, aveva creduto che suo padre fosse morto per un tragico incidente, non avrebbe mai ricollegato la faccenda al Re di Atlantica.

“Stai dicendo di aver ucciso anche mio padre?!” incalzò il rosso.

“Avrei fatto di tutto per non perderti Aris, tu eri il figlio maschio che avrei tanto voluto avere. Ho ucciso la mia stessa figlia e secondo te avrei dovuto risparmiare un umano per cui provavo ribrezzo?! Ti volevo Aris, volevo che fossi il mio erede più di qualunque altra cosa al mondo, ma adesso tutto cambia.” Guardò le sue gambe umane alzando nuovamente il tridente in aria.

“Come è successo?!” Gli gridò il ragazzo.

“Ha importanza? Beh, non per me.” Gli rispose. “Hai tradito la mia fiducia e questo è molto più grave” gli disse in tono solenne il re, quasi fosse ferito, quasi fosse lui la vittima in tutto quello.

“Assassino!” Aris era sconvolto “Sei solo un assassino!” lacrime salate presero a scendergli dagli occhi annebbiandogli la vista, suo padre, Eric, l’unica persona che oltre a sua madre l’aveva amato per quello che era, aveva pagato a caro prezzo questo sentimento per mano di suo nonno.

Il re parve fare finta di non sentire “avevi tutto, fama, potere, persino bellezza. Hai gettato tutto in pasto agli squali per quella insulsa ragazza umana.”

Il tridente emanò scintille dorate, “e dov’è adesso questa ragazza?” rise malignamente il re, Aris strinse i pugni contro le sbarre della cella. “Dov’è la ragazza che ha causato tutto questo?” finse di guardarsi intorno e ciò fece irritare il rosso ancora di più.

Nick stava tenendo Elena saldamente. “Non fare sciocchezze Elena, se salti da questa altezza morirai sicuramente!” il ragazzo l’aveva afferrata nel momento in cui Re Tritone l’aveva chiamata in causa, la bionda aveva fatto due passi avanti pronta a saltare giù, il ragazzo doveva ammetterlo, in quel momento lei aveva più coraggio di chiunque altro in quella radura.

“Lasciami Nick! Lasciami andare!” gli gridò lei in risposta, era rabbiosa, Re Tritone stava minacciando Aris usando lei come arma, e non glielo avrebbe permesso!!

Il re continuò a parlare. “Potevi essere come me, ed invece sei stata la mia più grande delusione.”

“La mia più grande delusione è sapere che condivido una parte del mio sangue con un assassino come te!” Gridò Aris tra le lacrime.

“…avrei dovuto capirlo prima che eri solo sangue sporco” sussurrò poco prima di scagliare il suo attacco contro la gabbia.

Ma quelle sole parole ferirono Aris più della batosta che ricevette.

Elena gridò dimenandosi contro Nick che continuava a trattenerla disperato, Lara chiuse gli occhi, non poteva sopportare di rivivere la morte del padre, una serie di spari squarciarono il silenzio nell’aria, un tentacolo gigante schizzò fuori dall’acqua spostando la gabbia prima che il colpo la distruggesse.

“TU!?” il re guardò schiumante di rabbia la strega.

“Non ti permetterò di prenderti anche lui,” gridò Ursula emergendo completamente dall’acqua. La sua forma era immensa, grande quasi quanto Tritone ma molto più terrificante.

“Dovrai passare sul mio cadavere prima” gli sorrise ghignando la strega del mare. Le sue vere sembianze avevano intimorito tutti i presenti, non solo i cacciatori ma persino l’esercito del Re era trasalito non appena la sua figura era emersa dal lago. Ursula non possedeva tutti gli effetti speciali di Tritone ma la sua figura da sola incuteva abbastanza timore, il Re la guardò a denti stretti dall’alto in basso, sapeva che non sarebbe stata un problema ma di certo non aveva previsto che lei combattesse al fianco di Aris.

I tentacoli viola si mossero nell’aria e nell’acqua minacciosi, Ursula si stava frapponendo tra il re e Aris ancora imprigionato in quella struttura metallica adesso tutta deformata, il colpo improvviso aveva abbassato tutta l’impalcatura dentro l’acqua e adesso il ragazzo si ritrovava completamente immerso nel lago.

Il re le sorrise malignamente mentre la strega metteva al riparo il ragazzo. “Ancora non hai imparato da quale parte stare Ursula…”

“Sto dalla parte di Aris, e se Aris sta con gli umani io sto con lui.” Gli rispose minacciosa

Il re aveva gli occhi in fiamme dalla rabbia, guardò la strega ferma davanti a lui, alle sue spalle sulla terra ferma vi era un esercito di umani con pistole e armi appuntite che avevano già scagliato contro di lui fallendo miseramente; neppure per un istante il dubbio della sconfitta sfiorò la sua mente. Non ebbe il minimo timore di poter perdere quella battaglia, avrebbe guidato il suo esercito in capo agli oceani verso la vittoria su quei miseri bipedi, la prima di una lunga serie.

Con un solo cenno del tridente il suo esercito si scagliò sulla terra ferma contro gli umani.

Il re caricò il suo tridente e lo puntò contro la strega, Ursula e Aris sarebbero stati suoi.

“Tu e gli umani siete già morti.”

Dopodiché l’ennesimo lampo illuminò la radura.

 

****

 

Elena era pietrificata dalla vista di quella serie di eventi appena successi,

“Ti prego Nick, ti supplico, liberami, devo salvarlo, lui lo ucciderà!” era terrorizzata da talmente tante cose che era difficile capire per che cosa avesse preso a piangere.

Il ragazzo la tirò indietro verso l’interno della sporgenza, lasciarla andare voleva dire condannarla a morte, lì invece avevano ancora una parvenza di sicurezza lontano dalla battaglia.

“Elena calmati, per favore” cercò di parlare con tono rassicurante, ma la bionda non voleva sentire le sue parole, le uniche parole che voleva sentire erano quelle di Aris e nessun altro.

Lara giaceva ancora a terra troppo sconvolta e spaventata per poter fare qualsiasi cosa, era confusa e quando alzò gli occhi per un momento lesse la stessa confusione negli occhi di Nick, quando il re aveva calato il tridente contro Aris i cacciatori avevano fatto fuoco ma nessuno dei colpi sparati avevano scalfito la sua corazza o la sua pelle. Re Tritone era davvero invincibile come aveva detto Elena? Loro non l’avevano previsto, avevano pensato a tutto nei minimi dettagli ma non avevano calcolato un particolare del genere, che grosso errore era stato!

Lara si tastò il fianco e ne uscì un mazzo di chiavi, ne scelse una apparentemente a caso e la diede ad Elena.

“Non ti sto facendo alcun favore.” Le disse quella tagliando poi le funi che la legavano. La bionda guardò la ragazza bruna con riconoscenza.

Nick era confuso, “che stai facendo Lara? Non possiamo lasciarla andare!” con una mano le afferrò il polso che ancora brandiva il coltello. “Se va là sotto, morirà!”

“Questa notte moriremo tutti ugualmente,” gli rispose lei, poi guardò Elena dritto negli occhi, “perciò tanto vale che tu gli dica addio.”

Elena non esitò un istante, afferrò la chiave e di slanciò abbracciò Lara in preda alle lacrime. “Grazie” bisbigliò.

Probabilmente quella ragazza aveva ragione, sarebbero morti tutti nel giro di un paio d’ore, ma se fosse dovuta morire, l’avrebbe fatto al fianco della persona che amava. Non perse un solo istante ed iniziò a scendere il più possibile dalla rupe, avvicinandosi alla parte d’acqua in cui la gabbia deformata era stata spostata, prima o poi avrebbe fatto il suo salto e pregò con tutte le sue forze affinché non si rompesse l’osso del collo.

Lara girò le spalle e prese la balestra che aveva portato con sé, non sarebbe rimasta ferma lì con le mani in mano mentre gli altri combattevano, avrebbe dato il suo contributo e sarebbe morta in battaglia proprio come tutti gli altri.

“Perché l’hai fatto? Credevo l’odiassi e alla fine l’hai lasciata andare” Nick la guardò turbato.

“Perché credo che sia giusto dire addio alle persone che si amano prima di morire.”

Era vero, Lara aveva odiato Elena profondamente ma solo adesso si rendeva conto di quanto l’avesse giudicata male, pensava fosse una nemica, ma non per i motivi che credeva Nick. Lara sapeva della missione del ragazzo di conquistare la fiducia della bionda con ogni mezzo possibile e ne era stata gelosa, per un periodo aveva davvero creduto che Nick se ne fosse addirittura innamorato ma senza ottenere da lui mai una conferma diretta. Il piccolo mostro della gelosia aveva continuato a tormentarla vedendo il castano comportarsi gentilmente nei confronti di Elena, ma quando l’aveva vista parlare di Aris e quando a sua volta aveva visto Aris parlare di lei a quel modo aveva capito che quei due si amavano moltissimo e che i suoi timori erano stati infondati.

Nick rifletté per qualche istante mentre Lara caricava la balestra, l’avrebbe seguita anche lui in battaglia, non si sarebbe arreso senza combattere.

La ragazza dai capelli bruni prese un respiro profondo e si avvicinò al ragazzo, tra qualche momento nulla sarebbe più importato, sarebbero morti entrambi prima dell’alba. Se non l’avesse fatto se ne sarebbe pentita per il resto dei suoi ultimi attimi di vita.

Senza più paura di venire respinta prese il coraggio a due mani, si sporse e lo baciò.

“Addio Nick” furono le sue ultime parole.

Poi voltò le spalle e camminò verso il precipizio, sapeva che era il modo più veloce per raggiungere la costa del lago, come Mezzacoda avrebbe avuto molte più chance di sopravvivere ad un salto del genere di un comune umano. Camminò spedita senza voltarsi, non voleva neppure vedere la sua espressione, era ferito? Era sorpreso? Magari era solo disgustato da quel gesto.

Strinse la balestra al corpo e fece il suo salto nel vuoto.

 

 

 

 A.A.

Salve! anche questo capitolo è andato, spero vi piaccia e... ve l'aspettavate che Lara avesse una cotta per Nick? chi l'avrebbe mai detto! Chissà come reagirà lui... 

Aggiornerò non appena il prossimo capitolo sarà pronto, spero giovedì 21, quindi che dire, a presto!

 

 

 

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Capitolo 36
*** Salvataggio ***


 

Cap 36 Salvataggio

 

Elena stava scendendo rapidamente lungo il dirupo cercando un buon punto da cui potersi tuffare, nella mano stringeva la piccola chiave che le aveva dato Lara, non sapeva nemmeno cosa aprisse ma le era ugualmente grata per il suo aiuto totalmente inaspettato. Durante quel breve colloquio con lei aveva avuto modo di capire alcune cose, ma adesso non era il momento giusto per rielaborare quanto aveva sentito e soprattutto visto.

La paura aveva iniziato a prendere il sopravvento, il sangue nelle vene aveva preso a pulsarle come impazzito quando aveva sentito il boato scaturito dal colpo di Tritone; per un istante aveva davvero creduto fosse la fine. D’improvviso Ursula era emersa dal lago e aveva capovolto la situazione cogliendo Tritone alla sprovvista, con un gesto repentino aveva salvato Aris scardinando la gabbia e allontanandola dalla furia del Re e mentre i due colossi si fronteggiavano uno contro l’altro, l’esercito squamato combatteva contro i restanti umani.

La situazione sembrava tragica, Elena non avrebbe saputo dire per quanto ancora Ursula sarebbe stata in grado di tenere a bada Tritone distogliendolo dal suo vero obiettivo, ma di certo non ancora per molto.

I rumori della battaglia seppur lontana erano tremendi, colpi fortissimi erano inferti da entrambe le parti, per un istante, mentre la bionda valutò la distanza dall’acqua per tuffarsi, vide la strega attorcigliare i suoi tentacoli attorno al Re e poi vide quello scagliarle contro delle saette che illuminarono la sua spina dorsale con la forza di una centrale elettrica.

Il tempo era poco e la strega non era abbastanza forte da tenere ancora impegnato il re, doveva muoversi, e alla svelta.

Un ennesimo boato colpì la gabbia di Aris, il colpo aveva mancato il bersaglio e aveva invece preso il gancio che reggeva tutta la struttura, il ragazzo dondolava pericolosamente davanti al re ancora imprigionato dentro quell’assurda gabbia, Tritone aveva gli occhi iniettati di sangue e non perdeva tempo a prendere bene la mira, colpiva a raffica nel disperato tentativo di mettere fine alle loro vite.

Elena prese un profondo respiro, quel salto era il più alto che avesse mai fatto, si sporse per guardare sotto, ma quello che vide non l’incoraggiò per niente, rocce affilate come rasoi erano sparse qua e là per tutta la traiettoria, avrebbe dovuto essere molto fortunata per non beccare nulla durante la sua caduta.

Dopo un istante di esitazione fece qualche passo per prendere la rincorsa

“Sto arrivando Aris”

Poi saltò giù.

 

****

 

Rachel nascosta dietro alcuni alberi stava assistendo alla battaglia, non poteva credere a quello che nell’arco di pochi minuti era successo. C’erano degli esseri mezzi pesce con armature medievali che squarciavano uomini come fossero di burro, un enorme Tritone a bordo di una carrozza dorata che brillava di luce propria come fosse una lampadina e che scagliava a destra e sinistra saette con un bastone a tre punte, per non parlare poi della donna che l’aveva condotta sin lì. La vecchia e magrolina Ursula le aveva affidato una borsa che si era portata dietro per tutto il tragitto, poi aveva estratto un ampollina ed una volta svuotata in bocca si era lanciata verso il lago dove poco dopo aveva assunto le sembianze di un enorme polipo viola minaccioso.

Ma che razza di storia era mai quella?

Si portò una mano alla testa tentando di sorreggersi da un mancamento improvviso.

Non poteva crederci.

Ed in effetti non l’aveva fatto.

Quando Ursula le aveva raccontato quella pazza storia aveva pensato fosse la trama di qualche soap opera, ma adesso tutto cambiava. Ed anche il significato di quella borsa nera che continuava a trascinarsi dietro.

“Porta questa borsa al capo dei cacciatori, ma dì di usarla solo in caso di estrema necessità” le aveva detto quella poco prima di scappare verso il lago in soccorso di Aris.

Rachel stentava a credere che tutto quello fosse reale, forse era tutto un incubo, fra poco si sarebbe svegliata nella sua stanza nella vecchia casa a West Richland e avrebbe scoperto che niente di tutto quello era reale. Doveva per forza essere così.

Chiuse gli occhi nel tentativo di convincersi che tutto quello non fosse reale, poi uno scoppio la costrinse a riaprire gli occhi, il Tritone al centro del lago aveva colpito un altro angolo della foresta mandandola a fuoco.

La radura si illuminò di rosso fuoco ed in un battibaleno le fiamme cominciarono a propagarsi di ramo in ramo. Fumo denso e scuro iniziò ad impregnare l’aria e Rachel iniziò a scappare verso l’entroterra, non pensava minimamente a dove stesse andando ma in qualche maniera si era avvicinata ad una zona presidiata da un gruppo di accampamenti mimetici.

Si guardò attorno spaurita, non vi era nessuno a cui potesse rivolgersi, poi un urlo agghiacciante le fece accapponare la pelle, si voltò in direzione del lago e vide un tritone infilzare una lunga lancia con due punte ricurve dentro il petto di un uomo. Tremante dallo shock rimase pietrificata quando riconobbe una macchia bionda che correva lungo il dirupo molti metri più in là.

Incapace di muoversi da dov’era rimasta le scappò di bocca un urlo che attirò lo sguardo di alcuni occhi nel buio.

Ignorò ciò che aveva scatenato per concentrarsi a guardare la figlia, ma cosa stava facendo? Poi quando ella si fermò e prese una rincorsa verso il vuoto tutto le fu più chiaro,
si stava tuffando nel centro della battaglia.

 

***

 

Elena si lanciò quanto più lontano possibile, la sensazione di cadere nel vuoto e l’aria che prese a frecciarle contro il corpo le diedero ancora più velocità e non appena toccò l’acqua l’impatto avvenne con una tale violenza che le tolse il respiro.

Allungò i piedi sul fondo nel tentativo di trovare qualcosa con cui darsi una spinta ma fu inutile, presa dal panico aprì gli occhi per un breve momento e quando vide tutta l’acqua nera che la circondava la paura prese il sopravvento, ritrovarsi immersa nell’acqua nera attorniata dal nulla era da sempre stato il suo peggior incubo. Prese a sbattere le gambe aiutandosi con le mani per risalire a galla, doveva essere scesa molto in profondità perché ancora non riusciva a vedere la superficie e l’ossigeno le stava finendo, forse avrebbe potuto provare a respirare sott’acqua ma in quel momento talmente era presa dal panico che si dimenticò il dono che le aveva fatto Aris.

La testa aveva preso a girarle e l’acqua le schiacciava il petto soffocandola, un dolore lancinante prese a pulsarle alla gamba sinistra ma imperterrita continuò a nuotare. Finalmente, dopo secondi che le parvero ore, riemerse dal centro del lago guardandosi confusa attorno. Le orecchie erano piene d’acqua e fischiavano tanto da averle fatto perdere il senso di orientamento, il dolore aveva iniziato a farsi sentire in tutto il corpo nonostante l’acqua fredda le avesse temporaneamente anestetizzato tutti i sensi. I capelli grondanti d’acqua le annebbiarono la vista; dov’era Aris?

Dalla fronte prese a scenderle un rivolo di sangue che le bagnò gli occhi, si doveva essere tagliata con qualche scheggia durante il salto;

Un’onda anomala la investì in pieno, era a poche bracciate da Ursula e Tritone, colpi fortissimi venivano inferti da entrambi, ma mentre il re non aveva un solo graffio in corpo Ursula sembrava a pezzi e sull’orlo di cedere.

Proprio dietro di lei intravide la gabbia di Aris, è lì che doveva andare, prese una boccata d’aria ed iniziò la sua nuotata.

 

****

 

Aris stava tentando disperatamente di liberarsi quando in lontananza, camuffata dal buio, vide Elena.

A niente servirono i suoi segnali nel tentativo di farla andare via, lei stava continuando imperterrita a nuotare verso di lui.

Ad Elena quella sembrò la nuotata più lunga della sua vita; nuotò con tutte le sue forze mentre tutti erano troppo impegnati a combattere per prestare attenzione a lei, ogni volta che batteva la gamba in acqua sentiva un dolore fortissimo, ma non si lasciò scoraggiare, con un ultimo esitante sforzo riuscì finalmente a raggiungere la gabbia di Aris afferrando le sbarre di acciaio.

“Vattene via subito!” le gridò lui tutt’altro che contento di vederla.

“No,” Lei prese la chiave che aveva conservato in tasca, e gliela mostrò. “Io non ti lascio.”

Il ragazzo la guardò con ammirazione,

“Cosa apre?” le chiese

“Non lo so,” guardò le manette che il ragazzo aveva ai polsi. “ma possiamo fare un tentativo”

Il rosso avvicinò i polsi alle sbarre ed Elena provò a girare la chiave. “no, non va” rispose sconsolata. Forse non era la chiave giusta, magari Lara si era confusa e le aveva dato una chiave inutile!

“Forse apre la gabbia!” esclamò lui.

Animata di nuova speranza Elena si aggrappò alle sbarre in cerca di un altro lucchetto da aprire “Ma dov’è la serratura?”

“Credo sia in cima alla piramide, probabilmente l’hanno chiusa con me dentro, altrimenti me ne sarei accorto”

“Va bene, reggiti, adesso mi arrampico e ti sgancio” Elena puntò i piedi sul fondo della gabbia e quando si issò su tenendosi alle sbarre sentì nuovamente quel dolore alla gamba.

“Elena stai sanguinando!” le parlò il ragazzo.

“Un problema alla volta” lo ignorò lei. “Pensiamo a sganciarti prima” trovò un lucchetto in cui confluivano le sbarre della gabbia, provò ad infilare la chiave e quella entrò subito senza difficoltà.  Elena tirò un sospiro di sollievo “Reggiti, adesso provo a sganciarti”

Aris si strinse alle sbarre mentre Elena girò la chiave nel lucchetto, subito una delle quattro aste in metallo scivolò via,

“Che succede?” le chiese preoccupato

“Si è incastrata! La barra non viene via!”

Il sistema della gabbia era abbastanza complicato, essendo piramidale vi era una base dove sedeva Aris e quattro lati formati da sbarre che confluivano in quattro aste metalliche che erano tenute insieme da un lucchetto, aprendo questo sarebbero dovute cadere tutte e quattro aprendo così la gabbia, ma ciò non era successo.

“ci sarà qualche blocco”

“proviamo a tirare la barra, non importa se non si apre tutta la gabbia, ti basta un lato per uscire” mentre la bionda diceva questo i due ragazzi furono investiti da un onda gigantesca che li fece sbattere violentemente contro il metallo.

“adesso!” gli disse Elena tirando l’asta, lentamente grazie anche ad Aris l’asta iniziò ad uscire dal lucchetto. “Ancora un piccolo sforzo”

Con un ultimo sforzo l’asta uscì completamente aprendo così un intero lato della gabbia, Elena che vi era appoggiata sopra cadde in acqua nello stesso istante in cui Aris riuscì a liberarsi.

Mentre era ancora sott’acqua il rosso le si avvicinò e la trascinò via di lì,

“Leviamoci di qui” le disse nuotando verso la cascata,

La bionda riemerse dall’acqua con il ragazzo al suo fianco che le teneva un braccio, stava cercando un posto dove nascondersi, poi d’un tratto il suo volto si illuminò

“Presto da questa parte” la trascinò per un braccio verso la cascata che lei prima aveva costeggiato, non aveva idea di cosa lui avesse in mente ma non obiettò. Inaspettatamente si ritrovò ad attraversare la cascata d’acqua salata, quella aveva formato e protetto un insenatura invisibile dall’esterno e ben nascosta.

Sempre più stupita e bagnata si fece guidare verso un sporgenza, era stata formata nel corso dei secoli dall’acqua che aveva scavato la roccia ricavandone dei gradini naturali.

Elena si ritrovò suo malgrado seduta su quei gradini con il corpo per metà fuori dall’acqua che già rabbrividiva di freddo. Aris a differenza sua non sentiva il freddo, era abituato a temperature ben più glaciali e il suo sangue caldo gli permetteva di sopravvivere senza problemi, la ragazza stava invece praticamente congelando visti anche i vestiti bagnati che le attanagliavano il corpo come spira affamate, con un gesto fluido Aris sollevo le mani ancora legate con le manette e la circondò in un abbraccio per riscaldarla, proprio come quella volta in cui l’aveva ritrovata ad Atlantica.

“Qui siamo al sicuro per ora” guardò verso la cascata tentando di scorgere qualche movimento esterno, ma a parte i rumori della battaglia non riuscì a captare nient’altro.

“Sei stata un pazza! Cosa credevi di fare?” tutta la sua paura che aveva messo temporaneamente da parte riemerse in una bella ramanzina “Buttarti dalla rupe a quel modo?! Lo sai che potevi morire??” e per un istante il ragazzo aveva davvero temuto il peggio, quando l’aveva intravista in cima alla scogliera e l’aveva vista buttarsi giù aveva sentito il suo cuore fermarsi; nessuna persona sana di mente avrebbe fatto un salto del genere, era pericolosissimo e le possibilità di morire sul colpo molto alte.

Ma Elena ovviamente non era una persona qualunque.

La ragazza ignorò i suoi rimproveri e gli si strinse contro, il suo petto emanava un dolce calore pari ad una bella stufa in inverno; qualunque cosa le avesse detto in quel momento lei non l’avrebbe ascoltata, poteva stringerlo fra le sue braccia e anche se sapeva che presto sarebbe arrivato il peggio voleva rimandare quei pensieri mesti e godersi quel momento da sola con lui.

Anche se solo per poco avrebbe fatto tesoro di quel breve momento passato insieme.

 

 

A.A:
Ok, questo capitolo non ha nè grandi colpi di scena nè un grande sviluppo per la trama, è infatti la prima parte di un capitolo unico più lungo che ho deciso di spezzare, non voglio farvi stare sempre con il fiato sospeso perciò ho previsto questi due capitoli più calmi e con una scena romaticosa fra i due protagonisti, certo, c'è da ricordarci che siamo sempre durante una guerra perciò non aspettatevi chissà chè.
I colpi di scena per ora sono rimandati, e fidatevi, io so già come andrà a finire e di certo il finale vi lascerà senza fiato.
prossima settima altro aggiornamento, e poi ci rivedremo ad ottobre!
A presto!

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Capitolo 37
*** Per Sempre ***


Cap 37 Per Sempre

 

La battaglia si inaspriva sempre di più nelle acque di Lago Cremisi, molti umani erano già caduti sotto le armi dell’esercito di tritone e adesso la radura che circondava quel luogo era stata incendiata e cosparsa di sangue, così come tutte le guerre anche quella stava portando orrore e devastazione. La situazione andava via via facendosi più critica, gli esseri umani o meglio i cacciatori, nonostante le armi e il loro “addestramento” stavano avendo la peggio e se qualcuno non avesse subito fatto qualcosa l’intera umanità sarebbe stata condannata alla morte.  Il piano di tritone non era che alla sua fase iniziale, dopo l’uccisione di ogni cacciatore avrebbe dato la caccia ad ogni singolo essere umano, uomo, donna o bambino. E quel che era peggio era il fatto che Tritone stesse dimostrando tutta la sua forza senza neppure usare il potere degli anelli.

Mentre fuori infuriava la battaglia, nascosti in una grotta proprio dietro la cascata Elena ed Aris si erano ritrovati dopo alcuni istanti di puro terrore.

Ancora tra le braccia di Aris, la bionda non aveva accennato a lasciarlo, aveva paura che se l’avesse fatto lui sarebbe fuggito via per buttarsi nel centro della battaglia, sapeva che il suo era un pensiero egoistico, Nick, Lara, Ursula e tante altre persone di cui non conosceva nemmeno il nome erano lì fuori a combattere rischiando la loro stessa vita, e chi era lei per impedirgli di andare? Non aveva questo potere, né avrebbe potuto chiedergli una cosa del genere; sì, aveva paura, aveva davvero paura che quella notte lui sarebbe morto, ma cosa avrebbe potuto fare?

Il ragazzo le accarezzò la fronte quasi a voler scacciare quei brutti pensieri che l’assillavano, le sfiorò delicatamente una ferita ancora sporca di sangue, probabilmente doveva essersi tagliata durante la caduta.

La ragazza si ritirò un momento.

“Scusa, non volevo farti male”

“Non è la fronte a farmi male…” si staccò un momento, l’acqua attorno a loro era insolitamente rosata.

“Stai perdendo sangue” le disse lui allarmato.

“È la gamba, devo aver sbattuto contro qualcosa durante la caduta” la ragazza sollevò la gamba e con sua sorpresa vide un lungo taglio rosso fuoco che le andava dal ginocchio fin quasi al piede.

“È proprio un brutto taglio, dovremmo fasciarlo con qualcosa” Aris aveva ancora le manette ai polsi che gli impedivano di muoversi abilmente.

“Chiudi gli occhi per un istante” le disse con tono di urgenza

“Perché…?” era confusa.

“Devo togliermi queste manette e vorrei evitare che tu vedessi come…” le disse quasi imbarazzato.

“Credevo che non avessimo più segreti”

Aris sbuffò, “non è un segreto, ma…” era in difficoltà.

Elena guardò la sua gamba sanguinante, la ferita le bruciava moltissimo.

“Va bene, non è il momento per fare questioni adesso,” si mise una mano sugli occhi “ho gli occhi chiusi, fa quello che devi”

Il rosso tirò un sospiro di sollievo e subito, quasi a comando, i suoi denti si trasformarono in schegge aguzze come quelle degli squali. Si abbassò sulle manette stando attento a prendere solo il metallo, poi con dei colpi decisi lo deformò talmente tanto da strapparlo, le due manette ormai aperte erano piene di segni di denti ma finalmente Aris aveva riacquisito la sua libertà. Prese in mano quello strumento di tortura e lo lanciò verso l’acqua, Elena non doveva vedere come aveva fatto, avrebbe generato un sacco di domande e forse anche alcuni dubbi visto per cosa in realtà servivano i denti aguzzi, era meglio affrontare il discorso più avanti, gliel’avrebbe detto quando sarebbe stato il giusto momento, e non era quello il caso.

Elena sobbalzò quando le manette colpirono l’acqua con uno schianto, subito pensò al peggio.

“Tranquilla, va tutto bene, puoi riaprirli.” Il ragazzo le abbassò la mano che aveva sul volto.

Elena riaprì gli occhi e come se nulla di tutto quello fosse successo Aris non aveva più i denti aguzzi né le manette, con le mani finalmente libere stava strappando la sua maglietta per fasciarle la gamba.

“Dobbiamo fermare il sangue,” le disse come a giustificarsi.

La maglietta a contatto con la ferita iniziò subito ad assorbire il sangue con la conseguenza di rallentarne anche l’afflusso.

“Non l’avrei mai detto, ma sei bravo in queste cose” gli rispose stupita.

“Per un po’ dovrebbe andar bene”

“Grazie…. Anche se non sembravi molto felice di vedermi prima… e già che ci sono, un grazie per averti salvato sarebbe stato gradito” gli rispose.

Aris la guardò stupito “che stai dicendo?! Lo sai che sono felice di vederti,” le disse guardandola negli occhi serio. “Solo che avrei preferito tenerti fuori da tutti questi pericoli” e rivolse un occhiata alla sua gamba ferita come se quella fosse in sé già una giustificazione.

“Ci sono dentro tanto quanto te” gli rispose lei d’improvviso seria e pensierosa. “E se non facciamo qualcosa le cose potrebbero complicarsi ancora di più, i cacciatori vogliono uccidere Tritone”

Un lampo di luce attraversò gli occhi del ragazzo. “Ucciderlo?!” per quanto fosse arrabbiato con lui non aveva pensato ad un ipotesi del genere. “Tritone ha ucciso tutta la mia famiglia,” strinse i pugni ripensando a quando gli aveva confessato di avere ucciso Eric. “Se ci fosse anche solo un modo per farlo probabilmente lo farei io stesso!” disse in preda alla rabbia.

Elena gli toccò un braccio per calmarlo. “Aris tu hai perfettamente ragione ad avercela con lui, è un essere spregevole e adesso è lì fuori ad uccidere un sacco di persone innocenti… ma pensa a che cosa accadrebbe se Tritone morisse. Persino io so che Atlantica deve avere un sovrano.”

Le parole della bionda lo riportarono con i piedi per terra.

Se Tritone fosse morto lui avrebbe ereditato il regno, avrebbe dovuto abbandonare la terra per sempre, e specialmente Elena.

“Ci deve essere un’altra soluzione” disse dopo un po’.

“Ma non sei preoccupato che loro riescano davvero ad ucciderlo?”

“Questo è praticamente impossibile, quando si diventa Re il tridente ti garantisce la più alta protezione, si diventa praticamente invulnerabili.”

“Forse allora lo si potrebbe separare dal tridente, così dovrebbe andare bene…no?”

“No, non funzionerebbe nemmeno in questo modo, non importa che lui lo tenga vicino o lontano, è una sorta di dono che si possiede nel momento in cui si viene incoronati…”

Elena si rabbuiò, forse era davvero impossibile uccidere il re, e se da un lato quella era una buona notizia per Aris, dall’altro era un problema per arginare la situazione.

“Se solo riuscissi a parlare con Ursula… sono certo che lei ha qualcosa in mente, ha sempre un asso nella manica!”

“Sì ma come ti avvicini tu ad Ursula?!” disse a malincuore Elena.

“Ci serve un diversivo, magari se ci aiutassero i cacciatori… ma so già che è tutto inutile” si portò una mano ai capelli e se li scompigliò nervosamente “ho provato a convincere quella ragazza, quella Mezzacoda ma non ne ha voluto sapere nulla, odia tritone forse più di quanto lo odiano gli umani.”

“Mezzacoda? Stai parlando di Lara?”

Elena non sapeva né cosa fosse un Mezzacoda né che Lara lo fosse.

“Sì, ma è una lunga storia, prometto che ti spiegherò tutto, in pratica si tratta di una creatura mezza umana e mezza sirena.”

“È stata lei a darmi la chiave della tua gabbia, lei e Nick sono dalla nostra parte adesso… o almeno credo.” Si fece pensierosa.

“C’è anche quel Nick! Cosa c’entra lui in tutta questa storia?!” Aris si fece aggressivo. Ogni volta che si nominava Nick gli saliva il sangue al cervello, proprio quel ragazzo non riusciva a sopportarlo.

“Mi ha catturata lui ehm…” non appena vide l’espressione di Aris capì che forse aveva fatto male a parlargliene adesso.

“È una storia lunga, prometto che poi ti spiego” ripeté le stesse parole del ragazzo tentando di rabbonirlo.

L’occhiata che le lanciò Aris fu delle più eloquenti. “Sempre sperando che ci sia un poi…” aggiunse poco dopo lei.

“Se solo ci fosse il modo per creare un diversivo, qualcosa che distragga Tritone da Ursula per un po’, io potrei avvicinarmi abbastanza a lei”

“Pensi davvero che lei abbia un piano? E che funzionerà?”

“Deve funzionare. Non abbiamo altra scelta, perdere non è un opzione."

“Comunque credo di poter convincere i cacciatori ad aiutarci, ho convinto Nick e Lara a liberarmi, riuscirò a convincere anche i membri anziani! Fidati di me.” Lo guardò piena di fiducia.

“No, No, NO. Non gli permetterò di prendere anche tè. Tu resti qui al sicuro” le ordinò serio Aris.

“Non se ne parla neanche!” obiettò lei decisa. “Come faccio ad aiutarti se vuoi che resti qui dentro?!”

“Infatti non mi aiuterai, tu non ti muovi di qua! È un posto sicuro, se nessuno si intrufola qui e tu non attiri troppo l’attenzione, sei al sicuro.”

“Ma Aris…! non posso restare qui a non fare nulla mentre tutti lì fuori combattono!”

“Ti prego,” le prese il volto con una mano supplichevole. “Per una volta, solo per questa volta, non fare di testa tua, e ascoltami!”

Elena si ricordò di quella volta alla spiaggia durante la tempesta, alla promessa che aveva fatto e aveva infranto.

“Ho già perso tutta la mia famiglia, non posso perdere anche te. Sei tutto ciò che mi resta” i suoi occhi erano lucidi e davvero molto accorati, in quel momento le stava parlando con il cuore in mano.

La bionda soppesò le sue parole, “non posso farlo Aris, sai che non posso.”

Il ragazzo la guardò severo poi appoggiò la sua fronte contro quella di lei, i loro occhi erano fissi l’uno dentro l’altro.

“Se muori non te lo perdonerò mai.” Le disse rassegnato ma anche molto preoccupato.

“Bene, vedrò di non morire allora.” Gli sorrise dolcemente

“Perché non fai mai quello che ti dico?”

“Perché tu non dici mai quello che voglio fare io” lo rimbeccò lei.

Trascorsero un intero minuto in silenzio, solo guardandosi, un ennesimo lampo illuminò la radura e loro si ricordarono dell’inferno che si stava scatenando lì fuori.

Ti Prego, non fare niente di pericoloso” le disse lui stringendola nuovamente a sé.

Il viso di lei era posato sulla sua spalla, lasciò trascorrere qualche secondo poi parlò confessandogli i suoi veri pensieri in quattro semplici parole “vorrei che non andassi,” ammise reprimendo una lacrima, voleva essere forte, ma sentiva un peso sul cuore che le diceva di non lasciarlo andare.

“È una cosa che devo fare”

Il ragazzo guardò di sfuggita le sue gambe, qualche scaglia stava cominciando a ricomparire, non gli rimaneva molto tempo.

Sapeva che in uno scontro diretto contro Tritone sarebbe quasi sicuramente morto, non aveva nessuna speranza eppure sentiva che era un cosa che doveva fare, lo doveva a sua Madre a suo Padre e a se stesso. Avrebbe ugualmente preso parte alla battaglia anche se questo significava perderla, non sarebbe scappato come un vigliacco, sarebbe morto da coraggioso.

Tutti questi pensieri ovviamente non potè dirli alla ragazza che stringeva tra le braccia, se solo lei avesse saputo quello che aveva in mente non l’avrebbe lasciato andare, né lui voleva dirle che quella sera sarebbe quasi sicuramente morto. Non avrebbe sopportato di vederla piangere per lui, se lei andava dai cacciatori sarebbe stata più al sicuro di quanto non fosse lì in acqua.

Loro avrebbero potuto proteggerla meglio di quanto avesse fatto lui.

Le prese il volto fra le mani, - qualunque cosa accada – pensò – “ti Amerò per sempre.”  Non aspettò nemmeno una sua risposta, forse già sapeva quello che gli avrebbe detto, o forse solamente non voleva sentirlo, si chinò sulle sue labbra e le assaporò per un ultima volta,

Anche se nessuno dei due lo disse apertamente,

Quel bacio fu come un addio.

 

****

“Ehi tu! Ferma dove sei!” le gridò una voce più vicino di quanto si aspettasse.

“Lascia andare quella borsa e metti le mani sopra la testa lentamente,” la guardia fece qualche passo in avanti continuando a puntarle contro una pistola ancora fumante.

Rachel lasciò andare la borsa nera e lentamente mise le mani sopra la testa.

Dopo aver visto quell’orripilante scena era scappata nel folto del bosco per seminare quelle creature squamose che avevano preso a trascinarsi sulla riva, fortunatamente lei aveva due gambe veloci e loro una coda squamosa che di certo non era l’ideale per un inseguimento, così era riuscita a seminarli in quattro e quattr’otto anche se adesso era finita per cacciarsi in un altro guaio, l’ennesimo quella sera.

“Voi siete i cacciatori?” chiese esitante.

“Qui siamo noi a fare le domande!” da dietro una siepe si fece largo un altro uomo con un fucile in mano.

“Chi sei tu? Cosa ci fai qui?”

“Sto cercando i cacciatori, ho per loro una cosa molto importante.”

“Cosa sarebbe?” chiesero i due incuriositi.

“Devo parlare con il vostro capo, è una cosa molto importante.”

“Chi ti manda?” chiesero minacciosi e diffidenti.

I loro capo supremo, anche chiamato il Primo Cacciatore, era una persona totalmente ignota di cui non si conosceva neanche il volto, la sua identità era criptata proprio per l’importante ruolo che aveva nel loro sistema. Al di sotto del Primo Cacciatore vi era il consiglio degli anziani il cui compito era quello di gestire tutto quello che era troppo ordinario per arrivare fino al capo supremo. Durante le riunioni tra lui e i saggi per aggiornamenti in merito a missioni o ordini strettamente confidenziali, lui si faceva vedere sempre a volto coperto perciò nemmeno loro ne conoscevano la sua vera identità. Si diceva che si nascondesse dietro al volto di un membro ordinario del clan, poteva essere chiunque all’interno della loro cerchia, e per questo vi era sempre molto rispetto gli uni per gli altri. Altre voci dicevano che il capo non mostrasse mai il volto perché questi era in realtà Skan in persona che durante tutti i secoli aveva vissuto sol per vedere la morte di tutte le sirene.

Ovviamente quelle erano solo leggende metropolitane… nessuno ci credeva davvero… o forse sì…

“Vengo per conto della…” cercò di ricordarsi le esatte parole di Ursula… “Strega del mare”

I due uomini sussultarono solo a sentire il suo nome.

“Portatemi dal vostro capo adesso. È questione di vita o di morte” abbassò le mani ormai sicura di sé dopo aver visto quanto quei due si fossero intimoriti nel sapere chi fosse il suo mandate.

“La vostra, ovviamente.”

 

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Capitolo 38
*** Nel covo ***


Cap 38 Nel Covo

 

“Portatemi dal vostro capo” gli aveva ordinato Rachel con un autorità che non sapeva di possedere.

“Le dobbiamo prima bendare gli occhi, lei non può assolutamente sapere dove la stiamo portando.” Disse uno dei due facendo un passo in avanti.

“È una questione di sicurezza” disse l’altro dandogli manforte.

“Provate anche solo a toccarmi e sarete voi a non vedere più dove mettete i piedi” Rachel strinse un pugno minacciosa.

“Oh non è la prima volta che ci minacciano” l’uomo si fece avanti ugualmente estraendo una benda da una tasca, era una dotazione standard per tutti i cacciatori.

Detto questo si avvicinò alla donna e fece per bendarla quando lei gli bloccò rapida il braccio e gli diede una ginocchiata nello stomaco, l’uomo si piegò subito in due dal dolore.

“Ma è la prima volta che lo faccio io, e non vorrei dovermi ripetere.”

Senza insistere ancora l’uomo aspettò che il suo collega lo raggiungesse gemendo, poi senza fiatare iniziarono a condurre la donna verso il loro covo.

 

****

 

Elena stava nuotando verso la riva, Aris le aveva detto di stare tranquilla, le avrebbe coperto le spalle fino a che non avesse toccato terra, da lì in poi sarebbe stata da sola.

Ancora non sapeva come avrebbe fatto a trovare i cacciatori anziani e a convincerli ma era consapevole che Aris contava su di lei e questo le dava abbastanza fiducia da poter credere di farcela.

Era quasi arrivata a riva, ormai toccava il fondo con i piedi, si girò per cercare Aris ma ormai anche lui era scomparso.

- buona fortuna – incrociò le dita sperando che tutto andasse per il meglio.

Mosse qualche altro passo verso la terra asciutta, ormai era quasi fuori.

Accanto a lei cacciatori e tritoni continuavano a scontrarsi ferocemente, Ursula e tritone continuavano ad infliggersi colpi violenti provocando delle onde alte che inondavano costantemente gli argini del lago.

D’un tratto fu come un déjà-vu, si sentì afferrare la gamba ferita e qualcosa la tirò violentemente verso il lago, non ebbe nemmeno il tempo di gridare, in un battito di ciglia si ritrovò a pancia sotto con la faccia in acqua mentre una liana verde continuava a trascinarla verso la zona più profonda del lago. Un soldato di tritone l’attendeva con una spada in mano, mentre nell’altra aveva avvolta un’alga verde che la stava trascinando verso di sé.

Uno schiamazzo d’acqua accanto a lei l’avvertì che in acqua era subito accorso qualcun altro, che l’afferrò prontamente per le braccia.

“Tieniti!” le ordinò il ragazzo.

Elena batté l’acqua via dalle palpebre e quando mise a fuoco Nick, quasi non le sembrò reale.

“Ancora tu?!” esclamò sorpresa.

“Beh ti sto cercando di salvare la vita! Potresti stare zitta e basta!” il ragazzo l’aveva presa per le braccia e con i piedi affondati nella fanghiglia del lago stava cercando di riportarla verso la terra ferma.

Il tritone prese a tirare più forte ed Elena si ritrovò ad urlare dal dolore, Nick la guardò disperato.

“Non lasciarmi andare” lo supplicò lei.

“Dammi un istante, sto cercando di pensare a qualcosa!” le rispose preso dal panico.

Ad un tratto Elena gli finì addosso, l’alga che la teneva legata era stata recisa, Nick la trascinò subito fuori dall’acqua.

“Presto esci!”

“Ma cosa è successo?!” la bionda si trascinò all’asciutto e strappò l’alga melmosa dalla sua gamba, la maglietta di Aris era ancora ben stretta sulla sua ferita, ma la gamba adesso non aveva un aspetto migliore, si era iniziata a ricoprire di lividi ed era diventata pallidissima.

“Quante volte dovrò ringraziarti ancora questa notte?” gli disse stupita mentre il ragazzo la portava fuori dall’acqua.

“Molte a meno che tu non mi dica che hai un piano per uscire da questa carneficina; nemmeno i nostri superiori sanno più che pesci prendere ormai.”

Nick la prese per le spalle e la trascinò contro un albero lontano dai pericoli del lago, “santo cielo! Ma cosa hai fatto alla gamba!”

“Mi sono tagliata cadendo dalla cascata,” gli rispose lei prendendo fiato, iniziava a sentire le forze venirle meno.

“Non hai per niente un bell’aspetto” le disse il ragazzo chinandosi sulla sua ferita per guardarla meglio,

“Non ho tempo adesso per questo Nick! Devo parlare con gli anziani, Aris forse ha un piano, o meglio Ursula lo ha, ma ci serve un diversivo” le sue parole uscirono confuse. Fece per alzarsi “non c’è tempo” ma ricadde per terra non appena sentì il dolore alla gamba, chiuse gli occhi tentando di calmarsi, si sentiva inutile e adesso la gamba le faceva ancora più male, dove la liana l’aveva colpita era comparsa un irritazione simile a quella provocata da una medusa, le bruciava terribilmente.

“Aspetta un momento, calmati Elena” Nick la fermò bruscamente. “Non puoi andare da nessuna parte in questo stato.”

“Ma io devo farlo! Io sono la sua unica speranza!” gridò in preda allo sconforto.

“Hai detto che hai un piano giusto?”

Le annuì.

“Bene” Nick le diede le spalle e si accovacciò accanto a lei.

“Sali, ti porterò dal capo”

Elena lo guardò sgranando gli occhi, le stava davvero proponendo di portarla di peso fino al loro capo? Perché?! Nulla aveva senso adesso.

“Perché faresti una cosa del genere?”

“Vuoi salire o no? Non ho mica tutto il giorno!” le intimò lui.

“Dimmi perché lo fai Nick. Credevo che dopo tutto quello che è successo noi…”

Sali.” Le intimò categorico.

La ragazza si avvicinò lentamente, gli passò le mani attorno alle spalle e con le gambe gli si strinse sulla schiena, Nick le passo le mani dietro per sorreggerla dopodiché si alzò in piedi.

“Se farai qualcosa di strano…” iniziò ad avvertirlo subito lei.

“Lo so, lo so, il tuo ragazzo mi spaccherà la faccia… ci sono già passato.” Le sembrò di sentirlo ridere,

“Rilassati Elena, voglio solo aiutarti, per una volta ti puoi fidare.” Le disse serio

“Dici sul serio? E perché dovrei farlo? Mettiti nei miei panni, fino a stamattina mi atterri e mi leghi come un salame e poi mi salvi la vita due volte nel giro di un’ora.”

“Lo so, i segnali che ti ho mandato sono un po’… confusi e hai ragione.” Le disse addentrandosi nel bosco.

I rumori della battaglia piano piano si affievolirono e adesso nel bosco vi erano solo loro due, se ci fosse stato abbastanza silenzio si sarebbero potuti sentire i loro respiri frenetici.

“Confusi dici? Beh, come direbbe la prof di italiano, confuso è un eufemismo!” nonostante le parole di Elena volessero essere serie suonarono come una presa in giro e stavolta il ragazzo castano rise davvero.

“Puoi anche non credere a quello che ti dirò” prese una pausa in cerca delle parole adatte, “ma io ti voglio realmente bene.”

Sentì il corpo di Elena fremere a quelle sue parole, la ragazza si sentiva nuovamente a disagio ed era stato per quelle sue parole.

“Questa mattina hai detto che non mi hai mai amata… come puoi dire qualcosa del genere adesso?” era confusa, il suo rapporto con Nick sembrava fatto di alti e bassi, un continuo vortice di montagne russe in cui un momento prima si è amici e un momento dopo ci si trova a lottare per la propria vita.

“Sono stato molto cattivo con te oggi, me ne rendo conto, ma dovevo fare quello che mi era stato ordinato. Quello che provo per te non è amore, dopo tutto questo tempo trascorso con te, missione a parte, ho capito che tu eri l’unica persona che mi vedeva davvero per quello che ero, senza accorgermene ti avevo fatto avvicinare così tanto a me da rivelarti il mio vero carattere e questo mi ha spaventato.”

La bionda ascoltava in silenzio il suo racconto, era rapita dalle sue parole ma anche in allerta, da un momento all’altro avrebbe potuto benissimo dirle che si era trattato solo di uno scherzo.

“Per me la tua amicizia conta moltissimo. Me ne sono reso conto nel momento in cui l’ho persa. Non fraintendere, non voglio prendere il posto di Aris. Nel tuo cuore c’è lui e nonostante all’inizio non riuscissi a capire come fosse possibile che un tritone e un’umana stessero insieme, solo vedendovi ho potuto capire che non eri stata soggiogata così come sostenevano tutti gli altri, vi amate e basta. Ma per me Elena, tu sei un amica preziosa e non voglio perderti per gli stupidi piani dei cacciatori. Sono stato uno stupido, ho sempre obbedito agli ordini senza farmi troppe domande, ma adesso sono più consapevole, e non farò lo stesso errore due volte.”

Elena aveva ascoltato il suo discorso rimanendo in silenzio, era stato strano sentirlo dire tutte quelle cose dopo tutto quello che era successo.

“Ho avuto dei cattivi consigli, le persone che erano vicine a me non mi hanno saputo dare le giuste dritte, se avessi avuto una persona amica accanto questo non sarebbe successo. Tu hai Aris, io non ho nessuno.”

“Hai Lara!” le sfuggì di bocca prima che potesse riflettere su quanto stesse dicendo.

Il ragazzo parve sorpreso da Elena, “perché dici questo?”

La bionda valutò se parlargliene o meno, beh non doveva niente a nessuno dei due e di certo non erano fatti suoi ma…

“Beh, ho visto come ti guarda, e probabilmente vorrebbe essere tua amica, e forse qualcosa in più”.

Il ragazzo sussultò come se qualcosa l’avesse punto sul vivo.

“Io e Lara siamo solo colleghi di lavoro… anche se credo che lei si sia presa una cotta per me.”

“Allora te ne eri accorto! Mi sembrava troppo strano che tu non ti accorgessi di tutte quelle occhiate che ti lanciava” sorrise lei sotto i baffi.

“Poco prima di lanciarsi nel fiume mi ha baciato, se non fosse stato per quello probabilmente non l’avrei mai scoperto”

Forse era stata proprio lei a tagliare l’alga del tritone, quelle sapevano essere molto resistenti e ancora Elena non riusciva a spiegarsi come avesse fatto a sfuggirgli.

Dal tono del ragazzo però lei capì che Nick non era molto contento della cosa. Le venne in mente quando Aris l’aveva baciata per la prima volta, non avrebbe mai potuto dimenticare quel giorno, avevano avuto un brutto litigio ma entrambi erano stati felici di essersi dichiarati l’un l’altro. Per Nick non era così.

“Lei non ti piace?” concluse lei ad alta voce.

Il ragazzo girò la testa in segno di negazione. “Non nel modo che vorrebbe lei, è una brava cacciatrice ma a dir la verità non siamo stati nemmeno molto amici,” per non parlare poi che alcuni dei cattivi consigli su Elena erano stati proprio farina del suo sacco e se non fosse stato per lei le cose non sarebbero state così strane adesso.

“Avrete tutto il tempo per frequentarvi come persone normali quando tutto questo sarà finito.”

“Intendi…se non moriamo tutti stanotte?” scavalcò con qualche difficoltà un ramo molto grosso caduto sul sentiero.

“Noi non moriremo stanotte,” ripeté decisa la bionda, era pallida in viso per il sangue perso ma la sua determinazione non era svanita.

“…non riesco a vedere Lara in quel modo…” continuò il castano. Non riusciva a pensare a Lara in un modo diverso da una collega.

“Dalle una chance, magari potresti scoprire che ha delle doti nascoste che ti potrebbero piacere”

Il ragazzo pensò non fosse il caso di contraddirla, rimase in silenzio facendo cadere il discorso.

“Manca ancora molto per gli anziani?” chiese dopo un po’ lei.

“Direi parecchio, per fortuna che noi non stiamo andando lì.”

La bionda si aggrappò più forte a Nick in allerta, dove la stava portando?! Ecco che le stava ricapitando.

“Dovevi portarmi da loro! Dove stiamo andando Nick!” gridò agitata.

“Calmati un po’ lisu” la rimproverò sorreggendola più saldamente. “Ti ho detto che adesso non ho più intenzione di seguire i loro ordini, ho deciso che andare da loro era totalmente inutile e così ti sto portando dalla massima autorità, il capo di tutti noi. Perciò non ti agitare tanto, sto infrangendo un mare di leggi per portarti da lui. Potrei benissimo essere bandito qui su due piedi… o peggio… giustiziato”

La ragazza deglutì solennemente. “Quindi è lui che comanda?”

“Sì, ma incontrarlo non sarà affatto facile, speriamo di essere fortunati e che con tutta questa confusione nessuno badi troppo a noi…”

“Speriamo…” sussurrò lei appoggiando la testa sulla sua spalla.

 

****

“Capo, una donna qui fuori chiede un incontro con voi” l’uomo che aveva accompagnato Rachel l’aveva condotta sino ad una insenatura nel bosco, così fitta di foglie e rami che nemmeno la luce della luna riusciva a penetrare. Vi era una tenda mimetica non troppo grande che veniva interamente coperta da rami e foglie, se Rachel non fosse stata guidata lì appositamente da quei due individui difficilmente l’avrebbe notata.

“Sapete quali sono le regole” gli rispose a voce bassa l’uomo seduto dietro un tavolo da campeggio ricoperto di carte e mappe.

“Sì signore,” rispose quello con il cappuccio nero calcato sul volto

“E allora cosa ci fai ancora qui?! Vattene” gli fece un gesto con la mano che ovviamente il suo interlocutore non vide.

“Ma signore…” disse timoroso “lei dice di venire per conto della strega del mare” bisbigliò con il terrore che il solo pronunciare quelle parole lo avrebbero pietrificato all’istante.

L’uomo si alzò di scatto dalla sedia sbattendo le mani sulla scrivania. “Dice questo?!” quasi gridò. “E allora che aspetti! Falla entrare subito!”

“Signore, si rifiuta di farsi bendare, e visto chi la manda non vorremmo rischiare la vita nel minacciarla…”

“Ho capito, siete una massa di codardi… bene,” si voltò un momento e prese da una sacca un telo nero per coprirsi il volto, in realtà visti i buchi per gli occhi sembrava più un passamontagna che un sacco. “Lasciatela entrare, prenderò io dei provvedimenti.”

Mentre il cacciatore usciva dalla tenda il misterioso capo indossò il suo passamontagna nero e si risedette alla scrivania in attesa di incontrare questa donna così audace da venire fin nel folto del bosco con non meno di un nome temibile e nient’altro.

“Sta entrando” gli gridarono delle voci da fuori.

“Avanti, venga pure”

La donna si fece avanti nell’ombra dell’entrata, l’unica luce era quella di una fioca lampadina che giaceva sulla scrivania e che di certo non bastava a rischiarare l’interno della tenda.

“Sono qui per consegnarvi una cosa molto importante che mi è stata affidata da Ursula,”

“E così siete talmente intimi da chiamarvi per nome” quello voleva dire che anche quella donna doveva essere complice delle sirene, era una traditrice della sua razza e fra poco avrebbe fatto la fine che meritava.

Dei rumori esterni lo distolsero dai suoi pensieri.

“Non potete entrare qua dentro!” gridarono delle voci.

“Presto, entra. Penso io a loro!” ci fu del trambusto e rumori d lotta molto violenta, la porta della tenda fu spalancata all’improvviso ed entrò una ragazza bionda zuppa d’acqua e con una gamba fasciata.

“Sono venuta qui per parlare con il capo dei cacciatori è molto importante!” gridò nel medesimo istante.

Passò un secondo, il tempo esatto che ci volle perché la luce illuminasse le sagome delle due figure al suo interno, un uomo alto, vestito con una tenuta da militare ed un passamontagna calcato in testa e poi…Rachel, sua madre.

“Mamma!” gridò Elena guardandola con orrore. Sua madre cosa ci faceva lì? Nella foresta dove stava avvenendo la più cruenta battaglia e addirittura nella tenda del capo dei cacciatori?!

“Oh Elena!” la donna lasciò cadere la borsa nera per terra e corse ad abbracciare sua figlia. “Ti ho visto saltare giù da quella scogliera! Sono stata così preoccupata per te!” sua madre la strinse forte quasi da farle male.

Da quanto era lì? E cosa aveva visto?

Il capo dei cacciatori si fece avanti e richiuse la tenda del campeggio con un gesto netto, poi si avvicinò alle due donne e le guardò confuso.

“Cosa ci fate voi qui?!”  

Le due si allontanarono un momento l’una dall’altra e si lanciarono uno sguardo confuso. Ma quello non era tutto.

“Adesso mi spiegherete tutto per filo e per segno” continuò quello sollevando il passamontagna dal viso e rivelando il suo vero volto.

Elena si portò una mano sulla bocca sconvolta,

Rachel lo fissò per un momento interdetta, ne aveva viste di cose strane quella notte, ma quella di certo le batteva tutte.

Ben, il suo ex fidanzato e padre naturale di Elena teneva in mano il passamontagna che si era appena tolto e le guardava confuso nella sua uniforme da capo dei cacciatori.

 

 

A.a.

Lo so, sono in super ritardo! beh meglio tardi che mai :) vi auguro un buon 2018 e anche se è già passato un Buon Natale! Ci rivediamo a Gennaio con nuovi emozionanti capitoli e chi lo sà... magari qualche storia nuova!

 

 

 

 

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Capitolo 39
*** Riunione di famiglia ***


Cap 39 Riunione di famiglia

 

L’uomo si sporse fuori dalla tenda quanto bastava per impartire ordini ai cacciatori senza essere visto in volto. “Lasciate andare quel ragazzo, è tutto sotto controllo. Sorvegliate il perimetro.”

Richiuse la porta della tenda poi si voltò nuovamente verso le due donne.

“Cosa ci fate voi qui?” ripeté sempre più confuso.

Elena si guardò attorno, era una scarna tenda con poco più di quattro cose necessarie alla sopravvivenza.

“Cosa ci fai tu qui!?” chiese minacciosa Rachel.

Il biondo sbuffò tornando dietro la sua scrivania, “mi sembra logico no? Cerco di vincere una guerra!”

Riscossa dal suo profondo choc, Elena fece due passi in avanti per andare a sbattere i palmi delle mani contro la scrivania, era furiosa.

“È tutta colpa tua!” gridò lei

Rachel le venne vicino accarezzandole le spalle tremanti per farla calmare, quella la scacciò via in malo modo. “Tu hai avuto la brillante idea di rinchiudere Aris in una gabbia per chiamare Tritone!”

Ben fece una faccia stupita.

“Non ci posso credere.” Disse un momento sconvolto. “Sei tu la ragazza del pesce.” E quella frase portò su di lui la consapevolezza delle sue azioni.

Elena si infuriò più di quanto non lo fosse già. “Non ti permetto di parlare di Aris a quel modo!” gli gridò contro.

“Io non avevo idea che fossi proprio tu.” Continuò quello ignorandola “c’era il principe pesce e poi c’era questa ragazza umana che era riuscita ad agganciarlo in maniera così casuale… e noi che per anni avevamo provato ad avere un’occasione così ghiotta, non potevamo certo non coglierla al volo.” Spiegò brevemente le loro intenzioni.

“Ma non avevo idea che fosse proprio mia figlia la sciocca ad essere caduta in trappola, la povera sciagurata a cui sarebbe stato strappato il cuore dal petto.”

“Di cosa sta parlando?” chiese Rachel a sua figlia.

“Ti sbagli, non è così” Elena si rabbuiò per un momento. “Io non sono stata raggirata da nessuno, nemmeno dai tuoi scagnozzi” gli ribadì lei.

“Strappare il cuore dal petto?! Cos’è questa storia Ben!?” visto che sua figlia non le dava spiegazioni chiese all’uomo che aveva davanti visto che sembrava così esperto su tutto quello che a lei era nuovo.

“È una pratica molto complessa per creare gli anelli del potere, si deve strappare dal petto di una fanciulla innamorata dall’animo puro il cuore pulsante e poi imprigionare la sua essenza in un anello di metallo che ha il potere di controllare gli oceani. Ne esistono sette in tutto, ma alcuni furono rubati a tritone così evidentemente il buon vecchio re ha mandato in missione di estrazione il giovane nipote.”

Rachel era orripilata e disgustata, si portò una mano alla bocca per reprimere il suo impulso di gridare a sua figlia.

“Non ascoltarlo mamma, quello che dice non è la verità.”

“Ah, e chi te l’avrebbe detto? Il tuo bel tritone immagino” sogghignò lui.

“Sì! Me l’ha detto Aris. Ed io mi fido di lui più di quanto non mi fidi di te!”

“…ed io l’ho lasciato dormire in casa mia…” sibilò Rachel portandosi una mano alla testa.

“No mamma! Non devi dargli ascolto, quello che dice è in parte vero ma è molto più complesso di così. Aris è buono, non mi farebbe mai del male! Non farebbe del male a nessuno! Mi ha salvato la vita innumerevoli volte, ed anche a te!”

La donna si sedette su di una sedia libera, era troppo per la sua povera testa.

“Dopo stanotte mi serviranno due aspirine…” chiuse gli occhi boccheggiando.

“Sì, certo, sono tutti buoni prima di trafiggerti il petto con i loro artigli” Inveì contro di lei suo padre.

“Non devi ascoltarlo mamma,” Elena le si avvicinò e le mise le mani sopra le sue.

“Sono venuta qui anche a nome di Aris, vogliamo chiedere l’aiuto ai cacciatori”

“Assolutamente negato” le rispose quello guardandola in tono di sfida.

“Bene, se sei così stupido da scappare di fronte alle difficoltà due volte, non è un problema mio, cacciatore” gli rispose la bionda usando lo stesso tono.

“Andiamocene mamma, qualunque cosa dovessi dire a questo qui è tutto inutile, io e Aris ce la caveremo da soli, come abbiamo sempre fatto.”

Rachel si alzò sotto gli occhi attenti di Ben.

“Ho una cosa che mi ha affidato Ursula” le disse ancora in preda al vortice di informazioni che cercava di riordinare. “Ma davvero quel tuo ragazzo, Aris, non è pericoloso?”

“Mamma lui è il figlio di Eric, è coraggioso e buono, io mi fido ciecamente di lui. Non ti chiedo di avere la stessa fiducia incondizionata in lui, ma se mi vuoi davvero bene allora fidati di me.”

“Aspettate, Aris il ragazzo pesce è il figlio di Eric?!” quella notizia doveva essere nuova per lui. “Il figlio del mio acerrimo rivale sta uscendo con mia figlia! Ma è un incubo!” gridò alzando le mani al vento in tono drammatico.

Rachel non ci prestò troppa attenzione. “Dentro questa borsa c’è la cosa che mi ha affidato lei, spero ti possa davvero aiutare”

“Lo spero anche io mamma.”

“Avete davvero qualcosa che può distruggere tritone? Oh questa è bella non me la voglio perdere,” disse in tono ilare.

“Se solo non fossi così ottuso e mi ascoltassi” tentò di nuovo Elena.

“La vediamo in maniera troppo diversa Elena, tu vuoi proteggere quel tritone ed io ho intenzione di ucciderli tutti fino all’ultimo.”

“Ma le cose possono essere diverse, se voi ci aiutaste… Aris vuole distruggere tutti gli anelli di Alimede, il loro potere è troppo forte per essere controllato da umani o tritoni. Se voi ci deste i vostri…”

L’uomo le rise in faccia “credi davvero che noi siamo così stupidi?! Darvi gli anelli! Certo così poi avrebbero l’intero dominio sul mare!”

“Potremmo negoziare un accordo, unirli nello stesso momento e distruggerli insieme!”

“Tu sogni Elena, sei una sognatrice proprio come tua madre” disse in tono velenoso.

“No Ben, sai bene che io sono sempre stata concreta… questa dote l’ha presa da te” lo rimbeccò lei schiarandosi dalla parte della figlia.

L’uomo parve soppesare per un momento le sue parole. “Non abbiamo alcuna certezza che il tuo ragazzo mantenga la parola, per non parlare poi che gli anelli al momento sono sotto il controllo di Tritone.”

“Noi abbiamo un piano” iniziò lei piena di fiducia. “Se ci aiutaste a distrarlo giusto il tempo per privarlo del suo tridente potremmo distruggere gli anelli incastonati nella sua elsa, lo priveremmo del suo potere distruttivo, non avrebbe più armi da scagliarci contro!”

“A parte il suo esercito di pesci vorrai dire”

“È vero, ma non avrebbe più un aiuto magico, non possono nemmeno uscire dall’acqua!” tentò di essere convincente.

“Resta sempre il problema” continuò lui “di come arrivarci”

Per Elena quello fu già un successo, per una volta da quando era arrivata suo padre non le veniva contro e aveva ammesso la remota possibilità di fare come lei aveva suggerito.

“È giunta l’ora di aprire quella borsa” Ben si avvicinò al pavimento dove era stata posata poco prima.

Fece scorrere la lampo ed in un istante con un gesto fluido la borsa si aprì.

Elena si sporse per vedere cosa fosse il misterioso contenuto ma non riuscì a scorgere nulla se non cartacce di giornale appallottolate.

“Cos’è tutta questa roba?!” l’uomo di certo non si aspettava di vedere una borsa ricolma di cartacce.

“Prova a cercare più in fondo” gli suggerì Rachel “magari li ha messi per assicurarsi che il suo contenuto non si rompesse”

Sempre più spazientito infilò le braccia nella borsa e iniziò a tirare fuori tutte le carte dal suo interno.

“Aspettate, forse ho trovato qualcosa” con lo sguardo colmo di nuova luce tirò fuori dalla borsa un grande e pesante scrigno in legno.

Il legno era scuro e sembrava molto antico, piccole incrostazioni di sale erano raggruppate nei delicati intarsi che ne circondavano la cornice, sui bordi laterali vi erano scanalature di una delicata fattura mentre sulla parte superiore vi erano dei disegni in argento. Le antiche figure somiglianti a due sirene reggevano tra le mani con venerazione una bacchetta, una specie d’asta, e da come la tenevano sembra fosse qualcosa di molto importante.

“Come si apre?” l’uomo rigirò la scatola fra le mani cercando una serratura o un modo per aprirla, ma ad una rapida occhiata sembrava un unico blocco di legno.

Elena gliela prese dalle mani, “attento, finirai col romperla.” Esaminò brevemente la scatola, era proprio vero, non sembrava ci fosse un modo per aprirla. Appoggiò lo scrigno sul tavolo per poterlo esaminare meglio.

“È tutto inutile. Una scatola inutile che non si apre! Cosa ci dovremmo fare con questa? Lanciargliela in testa a tritone?” Ben iniziava a dare sfogo alla sua impazienza.

“Forse c’è qualche meccanismo nascosto per aprirla, tu sei brava in queste cose… ” suggerì sua madre.

La ragazza fece un passo indietro per guardare meglio la scatola-scrigno, ci girò attorno e per alcuni minuti non disse niente.

“Non vi sembra strano? Tutti i decori sono incavati,” passo la mano sulla superficie, “persino le sirene sono incavate eppure…” il suo dito si fermò sull’asta, “questo è l’unico elemento sporgente” fece una leggera pressione e subito quella s’incavò, facendo scattare un tac al suo interno.

La scatola che prima era un unico blocco di legno si divise in due parti, un bordo brillante la divideva in due orizzontalmente. Con timore ruotò lentamente il coperchio assecondandolo in senso antiorario, subito una luce bianca abbagliante inondò la stanza accecando i tre.

Ben si fece avanti coprendosi gli occhi che mano a mano si stavano abituando allo splendore argenteo emanato dal misterioso contenuto.

“Cos’è?” chiese sulle spine Rachel

Ben tirò fuori lentamente il contenuto che prese a illuminare come un faro tutta la tenda buia.

“Tutto qui?” disse lei delusa. “Solo una freccia? È questa l’arma da usare contro quel mostro lì fuori?”

Ma l’uomo era troppo impegnato ad esaminarla per risponderle. La freccia era lunga almeno quaranta centimetri ed era fatta con un metallo che non aveva mai visto, era verde con striature argentee che brillavano di luce propria, ad uno sguardo più attento gli sembrò che quelle striature fossero quasi vive e potessero muoversi quasi fossero liquide. Sulla sua superficie erano stati impressi dei simboli, probabilmente un’antica iscrizione in una lingua a loro sconosciuta, la sua punta presentava la più grande particolarità mai vista ed era la fonte più luminosa di tutto l’insieme, era trasparente come il vetro ma brillava di una fredda luce argentea riflettendo la luce circostante, sembrava molto appuntita, in grado di tagliare qualunque cosa. Ben la soppesò in mano, era particolarmente pesante per essere una nomale freccia, ma qualunque cosa fosse, di certo quella non era una normale freccia. Poteva anche averne l’aspetto ma quando ad una seconda occhiata egli vide le striature muoversi e confluire verso la punta, come vene che pompassero sangue al cuore, seppe con certezza che quella cosa pulsava di vita propria.

Elena si avvicinò attirata dalla sua punta estremamente affilata, tese il dito per sfiorarla ma Ben gliela tolse davanti appena in tempo.

“Non fare stupidaggini Elena, credo sia molto pericolosa, non sarebbe stata messa assieme a tutte queste precauzioni altrimenti.”

La bionda si ritrasse velocemente, Ben curioso di testare la magia di quello strumento sfiorò con la punta la superficie del tavolo che aveva lì vicino, questi si ruppe in due come fosse stato appena segato, un taglio netto e pulito che trapassava il tavolo da una parte all’altra.

“Avete visto anche voi?” sussurrò la bionda.

“Grazie a questa freccia abbiamo l’opportunità di ucciderlo finalmente” sussultò di gioia l’uomo.

La bionda impallidì. “Ucciderlo? È proprio necessario? Non si può solo minacciarlo? Privarlo del suo potere magari…”

Ben rimise apposto la freccia nel suo scrigno, a quanto pare l’unica cosa che non danneggiava.

“Tritone è lì fuori ad uccidere molti dei nostri uomini, noi abbiamo l’occasione di vendicarli e tu vorresti risparmiarlo?”

La ragazza tacque incapace di rispondergli a dovere. Come poteva spiegargli che se avessero ucciso Tritone lei non avrebbe mai più rivisto Aris? Che avrebbe dovuto prendere il posto di suo nonno e governare per tutta la sua vita su Atlantica? Come poteva spiegargli che uccidendo Tritone avrebbero distrutto anche il suo lieto fine?

Semplicemente non poteva.

“Bene, adesso è giunta l’ora di elaborare un piano. Elena ho bisogno di saperlo, sei con noi o contro di noi?”

La ragazza sospirò rassegnata. “Cosa devo fare?”

 

****

Un fendente fortissimo colpì la mascella della strega, i suoi tentacoli allentarono la stretta attorno a Tritone, Ursula non sapeva quanto ancora avrebbe resistito.

“Sei troppo debole per me, ucciderti sarà talmente facile che non mi divertirò.” Ghignò il Re dimenandosi nel tentativo di districarsi da tutti quei tentacoli.

“Era solo una bambina…” rispose quella a denti stretti. “E tu l’hai uccisa senza battere ciglio!”

“Ho fatto quello che dovevo, lei voleva portarlo via da me!” strinse il tridente nel tentativo di caricarlo, era una mossa rischiosa, un movimento falso ed entrambi sarebbero morti inceneriti, erano troppo vicini, troppo avviluppati affinché il fulmine colpisse solo la sua vittima.

“E puoi biasimarla? Tu lo avresti cresciuto a tua immagine e somiglianza. Ne avresti fatto un mostro.” Strinse la presa attorno al tridente, strapparglielo era praticamente impossibile ma almeno gli stava impedendo di colpire qualcun altro.

“Il mio più grande rimpianto è di non esserci riuscito.” Caricò il tridente e scagliò una potente saetta contro la strega, Ursula vacillò indietreggiando nell’acqua mentre scariche elettriche la percorsero per tutto il corpo.

“Non ce l’avresti mai fatta,” Disse ansimando dal dolore. “Aris è come lei.”

Era troppo tardi, aveva raggiunto il suo limite, non riusciva più a combattere. Si accasciò sulla riva ormai ridotta allo stremo, i suoi tentacoli erano bruciati e feriti, la testa le sanguinava copiosamente e poco alla volta la sua figura gigantesca iniziò a ritornare alla sua normale misura. Tritone appariva sempre più grosso rispetto alla strega stanca e affaticata, e nonostante la battaglia fosse stata dura per entrambi il Re non dava segni di alcuna stanchezza, sembrava proprio inarrestabile.

Il tridente emanava scintille dorate, nei suoi freddi occhi azzurri vi era sete di sangue e di vendetta, era giunta l’ora di sferrare il suo colpo finale.

“Sono qui Ursula, non ti lascerò!” Aris emerse proprio vicino alla strega semi-incosciente, Ursula gli prese la mano e la strinse forte.

“Devi andare Aris, devi salvarti” bisbigliò rauca.

“Non ti abbandonerò, resterò con te fino alla fine.” Disse quello deciso contraccambiando la stretta.

“Tu ci salverai tutti. Sei l’unica speranza per il popolo di Atlantica e per gli umani.” Tossì sangue, se Tritone non l’avesse uccisa subito, sicuramente sarebbe morta poco dopo. “Trova la freccia di Artemide,” Il rosso sgranò gli occhi confuso, Artemide era la dea della caccia, come avrebbe fatto ad entrare in possesso di questa fantomatica freccia? Ma non ebbe tempo di porsi delle domande che la strega continuò a parlare. “È l’unica in grado di uccidere il Re. L’ho affidata a Rachel, ma l’unico che può usarla, che deve usarla, sei tu.” Una lacrima solcò il suo viso. “Fa la cosa giusta Aris. Fallo per il tuo popolo.” Sapeva che stava chiedendo molto a quel ragazzo, i suoi sogni erano quelli di vivere sulla terra con Elena, ma Atlantica aveva bisogno di un re che portasse luce dopo quei secoli bui di odio in cui era sprofondato il popolo del mare, guidato da altrettanti Re malvagi.

Tritone puntò il tridente al cielo, un fulmine rischiarò il buio della battaglia, i volti di umani e tritoni si illuminarono per un momento, tutti erano intenti a combattere gli uni contro gli altri, ma per un istante si fermarono, come se il tempo avesse deciso di concedergli un istante di tregua, i loro sguardi furono puntati sul Re che rideva malignamente.

“Levati di lì Aris, questo colpo non è per te.” Puntò il tridente contro la strega.

“Dovrai colpirmi invece, perché non ho intenzione di spostarmi.”

“Non farò gli stessi errori che ho fatto con te con la mia futura progenie. Questo te lo garantisco Aris.”

Aris serrò le mascelle.

“Cosa aspetti allora? Finiscimi, vecchio. O forse preferisci non sporcarti le mani e usare su di me il veleno come per mia madre?”

“No, tu meriti di morire come tuo padre. Un colpo solo, ma un dolore intenso. Posso prometterti che non sarà piacevole.”

“Tritone! Fermati!” un grido dal folto della foresta richiamò la loro attenzione.
Una ragazza dai lunghi capelli biondi avanzava zoppicando con una gamba fasciata grondante di acqua e sangue.

“Elena” bisbigliò Aris a denti stretti. Ma che cosa aveva intenzione di fare?!

“Sono venuta qui per fermare tutto questo!” disse continuando ad avvicinarsi alla riva. I pugni stretti lungo i fianchi e lo sforzo che stava facendo rendevano ogni suo passo una sofferenza per Aris che era costretto a guardarla. Con uno sguardo fulmineo lei gli lanciò un’occhiata.

“Tu fermare tutto questo? Non hai i mezzi per farlo, stupida ragazzina” le rise quello in faccia.

Aris guardava Elena e Tritone, era come se lei stesse tentando di dirgli qualcosa, ma non capiva cosa.

“E se ti dicessi che sono venuta per stipulare un accordo?” si fermò a pochi passi dalla riva, il re si voltò completamente verso la ragazza.

“Vedi, per fare un accordo dovresti avere qualcosa che mi interessa, e per tua sfortuna, tu non hai nulla che mi interessi”

Come folgorato da una improvvisa consapevolezza, nel folto della foresta poco prima di Elena, Aris vide Nick che tentava i fargli segno di avvicinarsi. Capì qual era il piano. Elena stava facendo da esca, doveva distrarre tritone, prendere tempo per permettergli di fare qualcosa di inaspettato.

“Ti sbagli, io ho qualcosa che ti interessa”

Aris lasciò Ursula sulla riva e lentamente tentò di avvicinarsi al folto del bosco.

“E cosa sarebbe?”

Elena sapeva che nel momento in cui gli avesse detto degli anelli non avrebbe esitato un momento e l’avrebbe uccisa, lanciò un'altra occhiata ad Aris, finalmente sembrava avere capito, si stava avvicinando sempre più alla foresta, lì avrebbe trovato Nick, Rachel e Ben con la freccia. Sperava solo che lui sapesse come farla funzionare, nel momento in cui avevano provato a metterla in un arco questi aveva preso fuoco e non era stato possibile nemmeno incoccarla.

“Ho la tua attenzione dunque… in cambio chiedo che questa battaglia finisca e che tu e il tuo esercito facciate ritorno ad Atlantica per non tornare mai più.”

“Parole un po’ troppo audaci per un umana che non ha nulla in mano…”

“Oh… tu credi che io sia così sprovveduta? Non sarei mai venuta qui senza avere qualcosa da proporti in cambio.”

Aris aveva raggiunto il folto della foresta, Elena tremante tese il suo braccio verso il Re. Aveva paura, era spaventata, il destino di tutte quelle vite pesava su di lei e su Aris. – ti prego, fa che funzioni –

Dischiuse il pugno rivelandone il suo contenuto.

Il re sgranò gli occhi, poi un lento ghignò comparve sul suo viso.

Quella sciocca ragazzina glieli aveva serviti su un vassoio d’argento.

Dopo molti anni finalmente, gli anelli di Alimede potevano essere riuniti.

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Capitolo 40
*** Essere un buon re ***


Cap 40 Essere un buon re

 

Quando Elena era uscita dalla tenda del capo, l’ultima cosa che il castano si aspettava di vedere era uscire la madre di quest’ultima, Rachel, e subito dopo di lei un uomo vestito da soldato… il capo in persona dei cacciatori.

Tra quei tre vi era un aria tesa, Elena aveva le mani strette in due pugni, sul suo viso vi era un’espressione turbata ed era più tesa e spaventata di quando l’aveva vista entrare. Non sapeva quel che fosse successo dentro quella tenda, ma non avrebbe esitato a chiederglielo una volta rimasti soli.

Elena e Rachel si misero a parlare poco distanti da lui, il Capo dei cacciatori fece due passi nella sua direzione.

“Abbiamo una missione importante da compiere, ragazzo ho bisogno del tuo aiuto” Nick quasi non potè credere alle proprie orecchie, un’occasione del genere non capitava tutti i giorni, incontrare il capo ed eseguire per lui una missione speciale.

“Sono pronto.” Disse serrando le mascelle, assumendo un’espressione da soldato in attesa di ordini.

“ho una missione da affidarti, la più importante di tutte.” Gli disse quello solenne.

“è una vita che aspetto questo momento, signore.” E quando proferì queste parole una nota di emozione scappò al suo controllo.

Ben, o meglio, il Capo dei cacciatori gli mise in mano una pistola carica. “Ti affido la cosa più preziosa che ho.”

Il ragazzo abbassò il suo sguardo sull’arma, nella sua mente tentò di capire in cosa quella pistola fosse tanto speciale, chiederlo sarebbe stato da stupidi, e di certo il capo gli avrebbe tolto l’incarico seduta stante quindi fece quello che gli riusciva meglio, guardò l’uomo dritto negli occhi e gli rispose in modo solenne “ne avrò la massima cura”.

Ben annuì con il capo in un cenno di intesa. “so’ di chiederti molto, ma difendila a costo della vita”

Nick stava per rispondergli quando l’uomo chiamò Elena, la ragazza si avvicinò zoppicante ai due, la gamba le faceva sempre più male, ma aveva una missione da svolgere. “ti prego, proteggi mia figlia.”

Figlia? Elena era la figlia del capo? Cosa gli era sfuggito? Come era possibile? Una serie di domande prese a tormentargli la testa.

“Elena io e tua madre andremo avanti, cercheremo un buon punto da dove scoccare la freccia. Voi restate dietro di noi,” la guardò per un lungo istante incerto sul da farsi poi quando finalmente si sporse per abbracciarla ella lo schivò. “Cerca di fare attenzione” disse solo imbarazzato, poi lui e Rachel si addentrarono nel folto della foresta con la famigerata borsa nera pronta a percorrere un altro viaggio.

“Nick dovrò chiederti un altro passaggio…” la bionda si avvicinò al ragazzo con fare incerto.

Il castano le diede le spalle e le fece segno di risalire, senza di lui la ragazza sarebbe stata persa. “siamo diretti al cuore della battaglia, vero?” le chiese iniziando a correre per la strada che aveva percorso poco prima.

Elena stringeva tra le dita gli anelli mancanti di Alimede, sapeva che lontano dal tridente non avevano alcun potere, eppure era come se le ustionassero la carne, come se tentassero in tutti i modi di scappare al fato che andava loro incontro.

“si nick, proprio lì.”

Il piano le era sembrato disperato e folle, ma era l’unico che avevano. Ben aveva tirato fuori da una tasca un sacchetto con gli anelli, camminavano sempre con lui per qualsiasi evenienza, ma adesso era giunto il momento di affidarli ad Elena. Non era stato possibile fabbricarne dei falsi, ed in ogni caso Tritone avrebbe potuto scoprire facilmente il trucco. Suo padre le aveva raccomandato di prendere più tempo possibile, magari provare a trovare il suo ragazzo pesce, forse lui sapeva come usare quell’arma, e mai, in nessun caso, permettere a Tritone di impossessarsi degli anelli. Erano l’unica cosa che avevano dalla loro parte per tentare di fermarlo, se fossero caduti in mano sua, allora tutto sarebbe stato perduto.

“proverò a prendere tempo… a parlare con Tritone”

“perché devi andare proprio tu?” Il ragazzo tacque qualche istante. Quello che stava per dirle non c’entrava con quanto gli avesse detto il padre di Elena o il suo capo. Non voleva vederla andare incontro alla morte certa, aveva bene limpida in mente l’immagine del povero ambasciatore folgorato solo per aver tentato un approccio con il Re. “Lascia che sia io a farlo”

La ragazza abbassò il capo sulle spalle di Nick che si muovevano al ritmo della sua corsa. Per quanto fosse gentile, ammirevole, persino folle che lui si fosse proposto al suo posto, quello era un compito che spettava solo a lei.

“Tritone mi conosce. Conosce il legame che c’è fra me e Aris e spero che questo basti a frenarlo dall’incenerirmi all’istante come quell’altro ambasciatore…”

Il ragazzo attese in silenzio che ella continuasse.

“Non credo che farebbe lo stesso con te o con chiunque altro. Devo farlo io, ma grazie lo stesso”

Il suo ragionamento non faceva una piega, ma proprio non riusciva a lasciarla andare. “sei ferita El, non ti reggi nemmeno in piedi, come farai a tenergli testa?! Sono preoccupato per te, non posso nasconderlo.”

“troverò la forza. In qualche modo ce la farò.” Rispose lei in un tono che voleva essere rassicurante ma che invece risultò incerto.

“e i tuoi genitori che faranno?”

“abbiamo trovato un arma” gli spiegò brevemente lei, “ma dobbiamo capire come usarla, sembra troppo pericolosa per essere maneggiata da mani inesperte. Quando mio padre ha provato ad incoccarla in un arco questo ha preso fuoco. Probabilmente ci vuole l’arma giusta.”

“o forse la persona giusta…”

A quello Elena non aveva pensato. “credi che ci voglia una persona giusta per usarla?”

“la freccia ve l’ha data Ursula no? E appartiene al popolo del mare, magari ci vuole un tritone per scoccarla, per questo con voi non funziona.”

“Nick, sei un genio.” Era una cosa talmente ovvia da essergli completamente sfuggita.

“davvero?” le disse sorpreso.

“ma certo! Aris deve usarla! È una freccia che può usare solo lui!”

“come possiamo fare?” Nick rallentò per riprendere fiato,

“è necessario cambiare i nostri piani… mentre io tenterò di distrarre Tritone tu e i miei genitori proverete a cercarlo.”

Erano quasi giunti a destinazione. “Elena, tu non uscirai allo scoperto fino a che non avremo visto dove si trova Aris e non avremo fatto in modo di avere Tritone sotto tiro, il tempismo è essenziale.”

La ragazza scese dalla sua schiena e si sporse oltre il tronco che li proteggeva alla vista dei nemici, finalmente erano arrivati. Dov’era Aris? Il suo sguardo prese a vagare per tutto il lago, ma purtroppo quando lo vide il suo cuore prese a palpitare più forte in petto dalla paura. Tritone teneva puntato contro Ursula il tridente ancora carico, frapposto tra quei due si trovava lui.

“Elena mi stai ascoltando?” ma quando Nick protese la mano per afferrarle un braccio la ragazza era già sgusciata in avanti uscendo dall’ombra.

“Aspetta El!” ma il ragazzo non la fermò in tempo.

“Tritone! Fermati!” scandì la bionda.

E tutta la loro attenta pianificazione andò in fumo.

 

****

Aris aveva raggiunto la radura, Nick, Rachel e un uomo gli erano venuti incontro con una borsa nera. L’uomo, il capo dei cacciatori gli aveva messo fra le mani uno scrigno semi aperto,

“ti prego, dicci che sai come funziona questa cosa” disse Rachel sempre più spaventata per l’incolumità di sua figlia.

“è la freccia di Artemide!” disse il ragazzo prendendola in mano delicatamente.

“sai come si usa?” chiesero all’unisono i tre.

Il ragazzo la prese in mano, era la prima volta che vedeva un manufatto del genere in vita sua, come avrebbe dovuto fare?!

****

Elena aveva teso la mano con gli anelli di Alimede proprio sotto il naso del re. Quando aveva visto Aris in pericolo non aveva capito più nulla e si era gettata nella mischia, proprio quello che tutti, Nick, sua madre, Aris, persino suo padre, le avevano raccomandato di non fare.

Tritone prese a ridere e la sua risata risuonò per tutta la radura come un malvagio eco distorto.

“sciocca ragazzina, perché stipulare un accordo con te quando posso ucciderti e prendermeli ugualmente?”

Elena ritirò la mano spaventata, era giunto il momento cruciale, per quanto ancora sarebbe stata in grado di trattenerlo dall’ucciderla?  – ti prego, Aris, falla funzionare. – pensò con tutte le sue forze.

“lasciala stare!” e la voce di Nick fu seguita da una serie di colpi di pistola. I proiettili colpirono il Re come se fossero fatti di gomma. Il ragazzo le corse incontro e le si mise davanti per proteggerla.

“Vattene via di qui Nick!” gridò lei disperata.

“spero che la tua fiducia in Aris sia ben riposta.” Le disse continuando a sparare gli ultimi colpi rimasti.

****

Aris impugnò la freccia e ne notò le antiche iscrizioni tutt’attorno. Erano scritte in una lingua dimenticata da tempo, ma lui aveva avuto modo di vedere quelle rune sui libri che Tritone lo costringeva a studiare. Ci mise qualche istante a tradurne il significato, che pressappoco suonava così:

“per vedere bisogna credere.”

Il rosso chiuse gli occhi e stringendo forte la freccia si lasciò pervadere dal suo potere, ma ancora non succedeva nulla. Non sapeva cosa stesse aspettando, magari che la freccia si scagliasse da sola. Rumori di spari lo avvisarono che il tempo stava per finire, - per favore, funziona – sperò con tutte le sue forze, Elena stava per morire, lui non poteva permetterlo. – ti prego. Ti supplico –  strinse con due mani la freccia e poi come per magia, la luce iniziò a prendere forma, un arco argenteo gli si materializzo fra le mani.

Era il segno che aspettava.

Aris fece alcuni passi ed uscì dall’oscurità che lo proteggeva. Era passato del tempo ma ricordava ancora come impugnare un arco. Afferrò saldamente l’impugnatura, tese la corda e sistemò la sua unica freccia.

“quella sciocca ragazzina è sotto la mia protezione!”

Nick ed Elena si voltarono a guardarlo, la ragazza aveva le lacrime agli occhi dalla paura.

Tritone calò il tridente con il colpo mortale.

La bionda chiuse gli occhi.

Un sibilo sfrecciò nell’aria. Per un istante ci fu un interminabile silenzio nell’attesa che il colpo arrivasse a destinazione.

La freccia argentata attraversò l’armatura di Re Tritone come fosse di carta, fermando la sua corsa nel suo petto.

“Addio Tritone” sussurrò Aris mentre un fiotto di sangue blu iniziò a sgorgargli dal petto. Il tridente scivolò dalla sua mano cadendo nella profondità del lago, la battaglia si fermò, tutti si fermarono a guardare cosa stesse succedendo.

Sul volto del re si dipinse un’espressione di incredulità, poi quel sorriso strafottente che l’aveva sempre accompagnato fece nuovamente la sua comparsa, con gli occhi maligni guardò il nipote che aveva cresciuto, ucciderlo.

Un re doveva essere pronto a sacrificare tutto per la sua gente e lui non sarebbe mai stato in grado di fare ciò che aveva fatto lui. Come veleno sputato dalla bocca di un serpente proferì le sue ultime parole, rivolte verso la persona che l’aveva deluso più di tutti.

 

 tu, non sarai mai, un buon re.”

 

Dalla sua bocca uscì un fiotto di sangue blu intenso, poi la sua immensa figura si crepò in mille pezzi, come fosse stato fatto di cristallo. Nel momento in cui i frammenti si separarono dal corpo si tramutarono in schiuma di mare, e dove prima c’era stato un folle tiranno adesso non vi era altro che una schiuma azzurra che stava via via disperdendosi nell’acqua.

La freccia che l’aveva trapassato cadde nel profondo del lago andando a seguire il Tridente rimasto senza un possessore.

Re tritone era finalmente morto.

 

 

 

 A.A. 

Lo so, lo so, sono in super ritardo di un bel pò di giorni, ma chiedo venia! Tutta colpa dell'uni prendetevela con lei ahahah, scherzi a parte spero che il capitolo vi sia piaicuto, in realtà rileggendo questo e quello precedente ci sono delle cose che non mi convincono per come sono posizionate, ma adesso kmq non le posso cambiare, sicuramente quando rileggerò la storia e la sistemerò sarà scritta un pò meglio, o almeno spero ahahah! Ci vediamo al prossimo capitolo, buona pasqua a tutti!

 

 

 

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Capitolo 41
*** Conseguenze ***


Cap 41 Conseguenze

 

Nell’esatto momento in cui la freccia di luce aveva trafitto e ucciso Tritone l’arco tenuto ancora in mano da Aris si era dissolto nell’aria in mille particelle di luce.

In quella radura dove fino a qualche istante fa vi erano riecheggiate grida, urli e rumori di battaglia, adesso vi era un completo silenzio, qualcuno avrebbe potuto anche definirlo inquietante.

Il re del mare era finalmente morto, si era dissolto in spuma sotto gli occhi sgomenti di tutti i presenti. Ma cosa sarebbe successo ora? Volti confusi di cacciatori e tritoni si guardavano attorno in attesa di capire cosa fare, era come se fossero in attesa che qualcuno gli dicesse cosa fare e forse era proprio così.

In quegli attimi preziosi di quiete i cacciatori superstiti si radunarono sulla riva con le armi ancora ben strette in mano, l’esercito di tritoni, al contrario, era rimasto immobile come pietrificato in attesa di nuovi ordini; i loro volti stanchi e confusi si cercavano l’un l’altro per tentare di capire cosa fare. Nel momento esatto in cui Tritone era morto i loro ordini erano stati sospesi; per chi combattere se non c’era più un re? Chi li avrebbe guidati in battaglia? Per chi avrebbero dovuto combattere adesso?

In un turbinio confuso di parole e gambe Aris incespicando nei propri passi si mise a correre verso Elena.

Si gettò a terra al suo fianco stringendola forte a sé, voleva rassicurarla, scacciare la sua paura, ma anche lui ne aveva avuta molta in quei lunghi istanti in cui aveva temuto di perderla per sempre.

“va tutto bene, è finita” La ragazza tremante si fece avvolgere dal suo abbraccio, incapace di realizzare cosa fosse appena successo. Il suo battito rimbombava come un tamburo nelle sue orecchie, la paura e l’adrenalina avevano preso il sopravvento scuotendo il suo corpo che si ritrovava a tremare.  

E nonostante la sua logica le ripetesse di essere ormai al sicuro le sue emozioni avevano avuto la meglio, iniziò a piangere tentando invano di asciugare gli occhi che le appannavano la vista “ho avuto così paura” ammise lei a denti stretti.

Il rosso le accarezzò i capelli tentando di rassicurarla, “lui non potrà più farci del male.”

La ragazza si scostò da lui giusto il tempo di prendergli la mano e consegnargli gli anelli.

“no, tienili tu, dobbiamo ancora risolvere con i cacciatori” il ragazzo le richiuse gli anelli nella sua mano.

“perdonate l’intrusione” l’interruppe Nick avvicinandosi “ma qualcosa laggiù sta diventando instabile” con la mano indicò ai due ragazzi il centro del lago.

Avevano ignorato i lampi e le scintille che venivano dal lago, il tridente dopo essere scivolato dalle mani del re, era caduto nell’acqua sprofondando lentamente verso il centro del lago, adesso proprio dalle sue profondità una luce immensa aveva preso a illuminare tutta l’acqua, sia i tritoni che gli umani si ritrovarono ad arretrare spaventanti da quel nuovo evento, nel giro di pochi istanti proprio dal fulcro della luce prese a formarsi un mulinello sempre più grande. Sotto gli occhi meravigliati di tutti, il tridente iniziò ad emettere scariche elettriche.

“sta diventando instabile” gli gridò Ursula uscendo a fatica fuori dall’acqua. “Se non fai qualcosa subito ucciderà tutti quelli che sono in acqua!” gli intimò lei.

“il potere del tridente non può rimanere incustodito,” sussurrò Aris a bassa voce ad Elena, sapeva cosa significasse prendere in mano il tridente.

I cacciatori stavano assistendo a tutta la scena senza muovere un dito.

“cosa aspetti Aris, prendi quel maledetto tridente e ferma questa catastrofe!” gli gridò Nick incapace di capire perché tanta esitazione.

“Se Aris impugnerà il tridente diventerà il nuovo Re di Atlantica.” Gli rispose Elena

“e questo vuol dire che non potrò mai più vivere sulla terra” concluse Aris per entrambi.

Altre saette blu iniziarono a schizzare fuori dal lago verso il cielo, il tridente si stava sovraccaricando, il cielo si era oscurato e sembrava in arrivo una tempesta di fulmini.

Elena lo strinse in un abbraccio,

“se tu mi dirai di non andare,” le prese il volto fra le mani asciugandole le lacrime, poi la fissò dritto negli occhi “io non andrò”.

Per quanto la ragazza avesse voluto dirgli di non andare, di restare lì con lei e lasciare che qualcun altro della famiglia reale prendesse il tridente, cosa peraltro impossibile visto che lì vi era solo Aris, non l’avrebbe fatto. Non poteva essere così egoista.

Si specchiò nei suoi occhi azzurri cristallini senza vacillare, sapeva che quel momento sarebbe potuto arrivare.

“Questo non cambierà niente” gli bisbigliò lei senza mostrare la minima esitazione ma facendosi comunque sfuggire l’ennesima lacrima.

“Invece cambierà tutto” le rispose lui raccogliendo sul pollice la sua lacrima.

Una folata di vento li travolse inaspettatamente, i suoi capelli le sferzarono il viso come liane impazzite, ciò fu un bene perché la riportò alla realtà, non voleva guardarlo in faccia, non voleva fargli vedere quanto quelle parole che stava per dire la facessero soffrire.

“Devi andare Aris, tutti loro contano su di te.”

“Lo so. Ma che ne sarà di noi?”

“Troveremo un modo Aris, ci inventeremo qualcosa...”, posò la mano su quella di lui ancora ferma sulla sua guancia, poi gli sorrise come solo lei poteva fare. “…lo facciamo sempre”

Il rosso la guardò intensamente, le accarezzò la guancia asciugando le ultime lacrime, poi la baciò.

“non è un addio.” si staccò da lei a malincuore

“lo so” gli rispose la bionda, poi senza ulteriori indugi si tuffò nel lago.

 

****

La corrente era fortissima e lo trascinava sempre più verso il fondo, senza la sua coda e con quelle due misere gambe aveva difficoltà a muoversi, ma come facevano gli umani a nuotare in quelle condizioni!? Si lasciò guidare dal mulinello che lo portò dritto verso il suo cuore, il tridente.

Un’aura brillante lo circondava e piccole scariche lo avvolgevano come fosse immerso nella corrente elettrica, gli anelli incastrati nella sua elsa erano incandescenti, per un istante ebbe un’esitazione. E se non l’avesse afferrato? Se avesse lasciato a qualcun altro quel compito? Nella sua mente fece capolino l’immagine di Elena e di tutti gli esseri umani e tritoni che erano in superficie e che contavano su di lui. Non poteva deluderli, anche se questo avesse comportato la rinuncia alla sua felicità.

In preda ad un turbinio di emozioni pensò ai suoi genitori, Eric e Ariel.

Quasi poteva immaginare le parole che suo padre avrebbe potuto dirgli, che aveva fiducia in lui e a differenza di quanto avesse detto Tritone, lui sarebbe stato un buon re. Sua madre, che conosceva così poco forse gli avrebbe detto di pensarci bene, e gli avrebbe ricordato che il vincolo con il tridente era un contratto a vita.

Ripensò ad Elena, che con i suoi occhi fissi nei suoi gli aveva tramesso tutta la sua sicurezza. Loro avrebbero trovato un modo, lo facevano sempre.

“Io sarò un buon Re”

E con mano ferma afferrò il tridente.

 

****

 

Nel momento in cui Aris aveva afferrato il tridente la tempesta era cessata. L’acqua si stava calmando e la luce che era rimasta sul fondo adesso si muoveva velocemente verso la superficie.

Dalle acque del lago cremisi emerse Aris con la sua coda lucente e nelle mani stretto il Tridente e la freccia di Artemide.

“Io sono Aris, Discendente di Alimede, nipote di Re Tritone e regina Atena, figlio di Ariel. Reclamo il trono come cinquantasettesimo Re di Atlantica!” Scandì bene davanti a tutto il suo vasto pubblico, nonostante l’emozione la sua voce non vacillò nemmeno per un momento.

L’esercito lo guardò ammirato, poi repentinamente si inchinò davanti al nuovo re; “lunga vita a Re Aris, Lunga vita ad Atlantica” gridarono quelli in coro con deferenza.

Aris sollevò una mano richiamando a sé tutta l’attenzione, “al mio esercito ordino la ritirata, aiutate i feriti, recuperate i caduti in battaglia, avranno una degna sepoltura, poi rientrate ad Atlantica e siate ambasciatori della mia ascesa, al mio ritorno molte cose cambieranno. È finito il regno del terrore di mio nonno.”

I soldati lo guardarono stupiti, ma senz’altro sembrarono tutti più o meno felici di poter tornare a casa dalle loro famiglie. Poco alla volta iniziarono ad aiutare i feriti e raccolsero i corpi dei loro compagni morti per riportarli ad Atlantica dove avrebbero avuto una degna sepoltura.

I cacciatori guardavano tutto con estrema attenzione, cosa significava? Avevano forse vinto? Quella era una ritirata in piena regola, ma allora perché il loro nuovo re non andava con i suoi soldati?

Un soldato con un’armatura diversa da quella degli altri si avvicinò ad Aris, era mal ridotto e aveva ancora tracce di sangue su tutta l’armatura, ripose la spada nel fodero poi parlò a bassa voce al suo nuovo sovrano. “Vostra maestà, non è saggio rimanere da soli con tutti questi cacciatori ancora pronti a dare battaglia. Permettetemi di restarvi accanto.”

“come vi chiamate?” chiese Aris.

“Sono il comandante delle guardie reali, Sebastian, al vostro servizio.” Fece un inchino con il capo.

“Sebastian, per quanto io non corra rischi grazie alla protezione del tridente, vi concedo di restare. Quello che vedrai oggi sarà l’inizio di qualcosa di nuovo.” Gli rispose enigmatico il nuovo sovrano.

Il soldato arretrò e rimase a guardare le operazioni di ritirata. Elena e Nick erano rimasti sulla riva, il ragazzo la stava aiutando ad alzarsi, vista la gamba mal ridotta la sosteneva. Dal folto del bosco si fecero avanti Ben e Rachel, Ursula sulla battigia cercò di riprendersi come meglio poteva.

Non appena Elena si ricordò delle condizioni delle strega le corse incontro per quel che poteva “Ursula, devi resistere, non puoi morire adesso!” cercò di esortarla la ragazza.

“le mie ferite…sono troppo gravi” disse quella respirando a fatica “non c’è più niente… che io possa fare…”

“ma forse posso fare qualcosa io!” si ricordò dell’infuso preparato per salvare sua madre. “ho ancora dell’infuso preparato per svegliare mia madre dal coma, forse potrebbe aiutarti a guarire.”

“l’infuso preparato con i fiori della notte?” ecco come si chiamavano quei fiori allora… “si, proprio quelli! Vedrai ti riporteremo a casa, starai di nuovo bene, ma ti prego non morire. Aris ha bisogno di te adesso più che mai!” Fece un cenno a sua madre in lontananza che iniziò ad avvicinarsi.

“dobbiamo portarla subito a casa nostra, ho una cura che potrebbe aiutarla.”

Mentre le operazioni di sgombramento dei tritoni aveva luogo Aris si avvicinò a loro.

“che succede El?”

“dobbiamo portare subito Ursula a casa, ho ancora della pozione che potrebbe aiutarla.”

Il ragazzo fece un cenno al soldato rimasto dietro di lui. Questo sembrava proprio un lavoro per metterlo alla prova. “Sebastian, prendi la carrozza di tritone e trasporta Ursula dove ti indicherò io. Hai una persona fidata che puoi portare con te?”

Il soldato fece un cenno ad un tritone lì vicino che stava aiutando a trascinare via un corpo. “Si Vostra altezza, affiderei la mia vita a Flounder”

“Bene allora, perché ho una missione della massima urgenza da affidarvi.”

Mentre Aris impartiva ordini ai due soldati, Elena si occupò di spiegare la situazione a sua madre. Non poteva abbandonare Aris lì, e nonostante sua madre insistesse per portarla all’ospedale lei rifiutò categoricamente.

“non appena tutto sarà finito andrò in ospedale e mi ricovererò per un mese se sarà necessario, ma tu vai a casa e usa quella maledettissima pozione chiusa in cantina!” le gridò al culmine della sua pazienza la bionda.

E davanti a tanta decisione neppure Rachel osò opporsi, la donna lanciò un lungo sguardo a Ben “se le succede qualcosa…” bisbigliò in tono semi minaccioso.

“Lei non corre più nessun pericolo” le rispose l’uomo lanciando un’occhiata alla figlia mentre parlava con il tritone che stringeva il tridente. “lui la proteggerà a costo della vita” sbuffò quasi un po’ risentito della protezione di cui lei adesso godeva. Quel tritone, il nuovo Re di Atlantica, il ragazzo che usciva con sua figlia e che non aveva mai sopportato, era diventato più potente di tutti loro messi assieme, avrebbe potuto proteggere Elena molto meglio di come avrebbe fatto lui, e se da una parte questo lo rassicurava dall’altro lo infastidiva terribilmente.

Però lo doveva ammettere, se non fosse stato per Elena nessuno di loro sarebbe stato lì.

****

La velocità era essenziale, e mentre la carrozza con un Ursula sempre più moribonda veniva inghiottita dalle acque del lago, Rachel nella sua macchina sfrecciava verso casa per eseguire il delicato compito affidatogli dalla figlia.

Non un solo soldato di Atlantica era rimasto nel lago, solo Aris e i cacciatori. Adesso potevano iniziare le trattative vere e proprie.

“chiedo che un portavoce dei cacciatori si faccia avanti per parlare con me.” Scandì il ragazzo.

Nella radura si diffuse un brusio generale, nessuno aveva intenzione di proporsi, la paura era ancora una presenza palpabile nell’aria.

Fu Ben quindi a fare un passo avanti verso di lui.

Nessuno sapeva che lui era il capo supremo e che quella era una sua responsabilità, ma tutti gli furono grati per aver preso in mano la situazione.

Aris si avvicinò alla battigia, Ben si avvicinò alla riva, Elena rimase in mezzo a loro due con gli anelli nella tasca dei pantaloni strappati.

“Elena, questo non è un posto per te, va via da qui.” la voce di suo padre per la prima volta suonò come un ordine.

“io non me ne vado.” Rispose a tono lei. Come si permetteva di cacciarla? Pensava davvero di poter avanzare qualche richiesta su di lei per il solo fatto di condividere una parte del DNA? Lei aveva tutto il diritto di restare!

Ben le lanciò una lunga occhiataccia di disapprovazione.

“lei resta.” Disse perentorio Aris con un tono che non ammetteva repliche.

“bene,” sussurrò a denti stretti Ben. “ma restano ancora da chiarire le tue intenzioni…”

“Io voglio la Pace fra i nostri due popoli” lanciò uno sguardo istintivo verso Elena “, questa notte molte vite sono state rubate da un conflitto che era evitabile.”

“la pace non potrà mai esistere finché avrete quegli stramaledetti anelli.” Ribattè Ben

“anche voi ne avete alcuni” sottolineò Aris

“sì, ma noi a differenza tua non possiamo usarli, adesso ne hai il controllo totale, hai tutto il potere. È bello fare discorsi di pace quando si sa di avere una potentissima arma dalla propria parte.”

“calma” tentò di stemprare Elena. “non siamo qui per attaccare nessuno, cerchiamo di ragionare e trovare una soluzione che vada bene per entrambi.”

“Ma tu da che parte stai? Ah, che domanda stupida… dalla sua ovviamente. Non te ne importa niente della tua gente, della tua Razza.” La denigrò Ben.

“Non parlarle in questo modo.” Aris strinse le dita attorno al tridente, la situazione si faceva carica di tensione, qualche scintilla aveva ripreso a saettare.

“non ti immischiare ragazzo, potrai anche essere un Re ma questa è una questione tra me e mia figlia.”

“lei non è mai stata tua figlia. Elena è la mia ragazza, ed è sotto la mia protezione, ancora un’altra parola e io…”

“dai, vediamo che sai fare ragazzino! Così finalmente farai vedere la tua vera natura a questa ingenua di mia figlia! Avanti, che aspetti?” lo provocò con il sorriso sulle labbra.

“ehi, ehi! Vediamo di non perdere la testa,” Nick che aveva visto che qualcosa non andava si era subito avvicinato per rimediare. “Senza offesa per nessuno ma capo... è troppo coinvolto, è meglio se lasciate parlare me, non vorremmo ritrovarci a dover combattere una seconda battaglia questa notte.”

Ben strinse i pugni, ma purtroppo quel ragazzo aveva ragione, così non sarebbero arrivati da nessuna parte. Fece un passo indietro lasciando che Nick contrattasse con il pesce. Potevano anche trovare un accordo che risolvesse la questione fra cacciatori e tritoni, ma lui non avrebbe mai abbassato la guardia, dopotutto restava il ragazzo che aveva ghermito il cuore di sua figlia, e questo non gliel’avrebbe perdonato mai.

“ciao di nuovo, Nick” Aris gli fece un cenno

“ciao Aris,” lo salutò ironico il ragazzo. “ci rivediamo”.

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Capitolo 42
*** Ciò di cui abbiamo bisogno ***


Cap 42 Ciò di cui abbiamo bisogno

 

Quella notte tre ragazzi avrebbero deciso il futuro di due mondi.

Nick aveva preso il posto di Ben, il capo supremo dei cacciatori con i nervi troppo poco saldi parlare con il nuovo Re Tritone fidanzato con la propria figlia. A differenza dell’uomo, lui avrebbe saputo gestire meglio la situazione, conosceva abbastanza bene Elena e aveva avuto già a che fare con il modo di agire di Aris per cui era il candidato perfetto per il ruolo di contrattatore.

“Quegli anelli devono essere distrutti” disse avvicinandosi ai due sulla riva del lago.

Distruggere gli anelli ed eliminare qualunque forma di magia fosse stata usata per crearli era stato il loro piano A, ma adesso che tutto era stato stravolto anche quell’idea era sfumata e i piani sarebbero dovuti cambiare ancora.

“No! Non possiamo distruggere gli anelli!” Elena non aveva alcun dubbio su ciò che andava fatto, distruggere gli anelli o il libro introvabile con tutte le formule magiche non sarebbe stata la soluzione più rapida per tutti i guai che erano già successi.

Nick la guardò stupito, mentre Aris intuì dove lei volesse arrivare.

“Se li distruggiamo,” iniziò calma “l’incantesimo che li lega al tridente sarà sciolto”

“appunto Elena, lo scopo era proprio quello!”

“no Nick, non capisci, se distruggiamo gli anelli, fra cento, duecento o trecento anni a qualcun altro potrebbe venire in mente di riforgiarli.”

“Ha ragione, per quanto io possa giurare di non forgiare mai nessun nuovo anello, non posso prevedere cosa potrebbe accadere nel futuro.” Asserì Aris serio. Poteva giurare su sé stesso, forse persino sulla sua discendenza se mai ne avesse avuta una, ma garantire per cento anni di successori? Sarebbe bastata una sola alga marcia nel futuro per riportare in vita quegli oggetti maledetti, un solo anello debole che avrebbe spezzato tutto quello che stavano costruendo adesso. O almeno, che si augurava di costruire…

Dovevano mettere fine a quella situazione definitivamente e dovevano farlo quella notte. E distruggere gli anelli non sarebbe stata che una soluzione rischiosa e temporanea.

“e se si distruggesse il “sistema” con cui vengono fatti? Il vostro ricettario di formule magiche o quella cosa lì…”

Aris rivolse il suo sguardo ad Elena, ricordando il piano che avevano elaborato quel giorno in piscina, di come un loro addio sembrava così inevitabile e di come lo fosse anche adesso “ci avevamo già pensato, ma nessuno sa dove siano finiti quegli scritti antichi, ci vorrebbero anni per trovarli” e poi non tutto quello contenuto in quel libro poteva per forza essere malvagio.

“andrebbe bene” interruppe timidamente Elena riflettendo “se li nascondessimo qui sulla terra? Potremmo scegliere sette luoghi diversi e disperderli. Nessuno li potrebbe mai ritrovare e nessuno potrebbe crearne altri.” Quella era stata la notte più orribile della sua vita, ne era certa. A stento si reggeva ancora sulle gambe e ad ogni minuto che passava la vista pareva annebbiarsi di più e le gambe tremare sotto il suo peso che non riuscivano più a gestire. Doveva resistere ancora un poco, tenere sotto controllo il dolore e andare avanti, solo insieme avrebbero potuto trovare una soluzione, e conoscendo i trascorsi fra Nick e Aris non si sarebbe sentita sicura di lasciare la sorte dei due mondi in mano a loro due. Ma fino a che quegli anelli sarebbero stati ancora in circolazione nessuno era davvero al sicuro, persino con tritone ridotto ad un pugno di schiuma.

I ragazzi parvero riflettere un attimo. “potrebbe funzionare”

“È una missione molto delicata, di chi potremmo fidarci? Come sappiamo che voi cacciatori li nasconderete davvero e non li terrete per voi? Non so se avete notato, ma io ho di nuovo pinne e coda…” sorrise forzatamente Aris.

“dovremmo trovare qualcuno di cui si fidano entrambe le parti, magari formare una squadra di sirene e umani che possano portare a termine la missione.” Propose Elena

“persone fidate ovviamente” rimarcò Aris.

“qualcosa mi dice che tu farai parte della squadra” disse Nick ad Elena quasi forzando la voce.

“Solo se lei vorrà ovviamente” lanciò uno sguardo severo a Nick che non ammetteva repliche.

“Nick, tu mi conosci, sai che non farei mai niente che possa nuocere all’una o l’altra gente.”

“Oserei dire che forse sei un ponte fin troppo perfetto per non avere secondi fini” rincarò lui.

Adesso Elena si girò totalmente verso di lui dando le spalle ad Aris, poi bisbigliò in maniera tale che solo loro tre potessero sentirla. “ma io ho dei secondi fini. Voglio stare con Aris dal primo giorno in cui l’ho conosciuto, ma non succederà mai se fra terra e mare ci sarà ancora questa guerra. Non dico che dobbiamo tutti amarci e vivere felici e contenti, ma mantenere dei rapporti di civiltà. Non sarebbe bello se non ci fossero più attacchi da parte delle sirene? Niente più cacce aperte nel mare contro di loro? Tutto questo sarà possibile adesso che Aris è re. Lui sarà il re di cui abbiamo bisogno, porterà il cambiamento, ma non può fare tutto da solo, dobbiamo aiutarlo noi Nick. Ti prego, aiutaci.”

Le sue parole erano molto accorate, Nick non poteva definirsi un cuore di pietra, ma sicuramente si considerava una persona pratica ed effettivamente sarebbe stato bello se quel mondo ideale dipinto da Elena, un mondo dove umani e sirene vivevano insieme, potesse diventare realtà.

“mettimi in squadra,” disse serio guardando quei due.

“cosa ti ha fatto cambiare idea?” chiese lei così sorpresa

“beh, forse anche io ho dei secondi fini” lanciò uno sguardo ad Aris annuendo, Elena gli tornò vicino suggerendogli che forse era l’ora di annunciare la loro decisione al resto del bosco rimasto in attesa.

Aris cercò di sporgersi dall’acqua il più possibile per farsi sentire da tutte le persone presenti “voglio la pace fra i nostri popoli,” scandì bene il giovane re “formeremo una squadra di cacciatori e di sirene che saranno ambasciatori dei nostri popoli con l’incarico di nascondere negli angoli più remoti della terra i sette anelli, affinché nessuno possa più trovarli.” Proclamò con voce ferma. Si voltò per guardare tutti bene in faccia. Non aveva intenzione di iniziare un discorso eppure le parole non facevano altro che fluire dalla sua bocca prima ancora che potesse pensare.

“Non possiamo cancellare gli errori fatti in tutti questi anni da entrambi i nostri popoli, ma possiamo scrivere un nuovo futuro, insieme.  Non sarà facile, ma tutti i cambiamenti richiedono uno sforzo, e io credo nella nostra unione.”  Lanciò uno sguardo carico di significato alla sua ragazza, che aveva sicuramente avuto il merito di aver innescato tutto quello. Lei si fidava ciecamente di lui, aveva sentito spendere parole cariche di speranza per quello che sarebbe stato il suo nuovo regno. Se solo lei fosse stata al suo fianco anche ad Atlantica…

“deponiamo le nostre armi ed entriamo insieme in una nuova epoca, dove il popolo del mare e quello della terra possano vivere in armonia. Per anni abbiamo combattuto gli uni contro gli altri, molti dei nostri sono caduti sotto le vostre torture, così come molti dei vostri nelle cacce selvagge sulla terra. Con il mio regno tutto questo finirà.”

“belle parole,” il padre di Elena si fece avanti in rappresentanza di tutti i cacciatori scettici “ma chi prende il potere non sempre rispetta la promesse, diviene avido e crudele, come possiamo veramente fidarci?” a braccia spalancate fece un giro su sè stesso in maniera plateale raccogliendo lo sguardo e lo scetticismo di tutti i presenti.

Aris fu colto di sorpresa e il discorso che aveva in mente si dissolse improvvisamente lasciando al suo posto solo il vuoto. Fu ancora una volta Elena a salvarlo “ci vuole un atto di fede”  

“ci vuole molto più che un atto di fede…” la derise il padre.

“ci vogliono i fatti” parlò Aris lasciando tutti a bocca aperta.

Lentamente uno alla volta, stava rimuovendo i quattro anelli di Alimede dalla base del tridente.

 “mi fido ciecamente di te” poi fece scivolare nelle mani della ragazza i restanti quattro.

Elena unì gli anelli che teneva in mano con quelli nella sua tasca, un flebile luce verde fluorescente inizio a circondare i sette cerchietti di metallo. Un lieve tepore iniziò a propagarsi dalle sue mani fin tutto il corpo.

La collezione era finalmente al completo.

Il padre di Elena guardò scioccato la scena, quello era ben più di un semplice atto di fede.

Si avvicinò ai ragazzi “una squadra speciale eh?” i tre annuirono.

“direi che si può arrangiare qualcosa, ne parlerò con gli altri e sceglieremo due persone che accompagneranno Elena nei luoghi che riterrà più opportuni”

“mi sono già offerto volontario, signore” esordì Nick.

L’uomo soppesò la sua affermazione, non era che un ragazzo, eppure aveva gestito molto bene la situazione di contrattazione, ed in più avrebbe potuto sorvegliare e proteggere sua figlia.

“bene, sembra che manchi solo un volontario allora.” Annuì dando il suo benestare.

“per la sicurezza della missione sarebbe bene che solo i membri della squadra conoscessero le destinazioni” aggiunse Aris. “non appena tornerò ad Atlantica sceglierò anch’io due sirene da mandare da voi sulla terra.” Quella sera le azioni di Nick erano state eroiche, ma si sa, il pesce perde le squame ma non il vizio, perciò avrebbe affidato la cura di Elena a due persone di cui poteva fidarsi, che avrebbero potuto proteggerla al suo posto visto che ormai tornare sulla terra sembrava impossibile.

“non avrei mai creduto di dirlo in vita mia, ma direi che abbiamo un accordo…” Ben offrì una mano al ragazzo

“Direi proprio di sì” la prese stringendogliela di rimando.

“è andato tutto bene” sorrise la ragazza, giusto il tempo di riporre in tasca gli anelli che le sue gambe vennero meno, cadde a terra stremata sbattendo la testa contro il terriccio, voci concitate gridavano sopra di lei il suo nome,

ma in un attimo tutto divenne buio.

 

***

 

Un forte odore di disinfettante e mela cotta le fecero storcere il naso, voleva dormire ancora, sprofondare in quel sonno senza sogni e abbandonarsi a quella piacevole sensazione. Voltò la testa e aprì gli occhi ancora intontita, delle voci sopra di lei borbottavano qualcosa.

“ecco, si sta svegliando”

“shh, o ci cacceranno tutti via”

“mamma?” biascicò con la voce impastata dall’anestesia.

“tesoro” sua madre le si avvicinò per bisbigliarle dolcemente “hai avuto un’abbondante trasfusione di sangue, non ti muovere” la bionda provò a tirarsi su ma aveva le braccia piene di tubicini collegati alle flebo e ai vari macchinari e una gamba ricoperta di garza fino al ginocchio.

“la mia…” stava per dire gamba, quando si accorse di avere una benda anche sulla fronte.

“in un mese o due vedrai che tornerai come nuova,” sua madre le sistemò i cuscini amorevolmente, mentre lei metteva a fuoco il resto del suo comitato di accoglienza. C’erano suo “padre”, Nick, Ursula e anche i genitori di Nick.

“cosa ci fa tutta questa gente qui?”

“sono qui per te, ovviamente, sciocchina”

I genitori di Nick tenevano in mano un grosso ciuffo di palloncini ad elio. “noi… siamo molto dispiaciuti per tutto quanto Elena, senza di te tutto questo non sarebbe stato possibile, perciò volevamo ringraziarti, anche a nome dei cacciatori, o meglio dei “guardiani” come ci facciamo chiamare adesso”

“quelli che sono rimasti almeno” si lasciò sfuggire Nick.

Già, dopo la stretta di mano c’era stato il completo black out, cosa era successo dopo? C’erano state proteste? Avevano tutti accettato il nuovo piano? Ma soprattutto, Aris dov’era?

“sicuramente avrai tante domande, Nick potrà aggiornarti su molte cose, ma non preoccuparti di nulla, hai fatto tutto il possibile e sappi che sei stata la vera onda del cambiamento.” La coppia si alzò e dopo uno scambio di sguardi uscì dalla stanza.

“mamma, papà, vorrei rimanere da sola con Nick e Ursula”

“speravo avremmo potuto parlare della nostra situazione familiare, Elena” le rispose il padre in tono scorbutico.

“quello può aspettare, devo essere aggiornata su molte cose.”

“starai inchiodata a quel letto per un bel po', non credo che avrai modo di evitarmi comunque” le rispose Ben piccato.

Rachel le sistemò come meglio poteva lo schienare per farla stare in una posizione quantomeno semi seduta. “ignoralo tesoro, e pensa a non affaticati troppo, se hai bisogno questo è il tasto per chiamare l’infermiera, io vado a prendere un caffè qui al bar.” Le diede un bacetto sulla fronte, poi trascinò fuori Ben che aveva iniziato a protestare, “ignoralo? Sono cose da dire a nostra figlia?! Sono pur sempre il padre io!”

“oh, Ben, non credo tu sia fatto per la paternità” lo stava rimbeccando sua madre mentre erano nel corridoio.

Non appena si furono allontanati abbastanza un fiume di domande travolse Ursula e Nick “quanto ho dormito? Cosa è successo dopo? Aris sta bene? Hanno accettato tutti l’accordo??”

“calma pesciolino,” le sorrise Ursula “sono passati solo tre giorni”

“solo tre giorni?!” era una catastrofe, era un’eternità di tempo da recuperare e di cose da sapere.

“andiamo per ordine” iniziò Ursula. “ovviamente, come puoi vedere, non sono morta, e quindi beh, grazie per l’interessamento…” rise la strega.

Se ne era completamente dimenticata, aveva affidato Ursula a sua madre, l’ultima vola che l’aveva vista era in fin di vita a lago cremisi, si sentiva in colpa per non averle chiesto come stava. Il suo entusiasmo fu leggermente smorzato.

“suvvia non fare quella faccetta adesso, non hai nulla da rimproverarti, anzi, ti faccio i miei complimenti per come hai saputo gestire la situazione l’altra sera. Hai avuto quel che si dice, sangue freddo, e grazie a te è stato possibile evitare un massacro.”

“Aris era molto preoccupato per te.” Disse a bassa voce la strega.

“Preoccupato?” s’intormise Nick “beh preoccupato è un eufemismo, il tuo fidanzato pesce stava dando di matto quando sei svenuta come una bambola a cui hanno tagliato i fili.”

Elena arrossì, le dispiaceva di averli fatti preoccupare tutti.

“a malincuore Aris è dovuto ritornare ad Atlantica, per ora li c’è una bella baraonda” continuò la strega “riceviamo aggiornamenti dal regno tramite messaggeri dalla spiaggia vicino casa tua, non appena ti sarai ripresa meglio ti racconteremo tutti i dettagli ma per adesso è inutile sovraccaricarti di inutili preoccupazioni… e parlando di preoccupazioni,” l’anziana tirò fuori una busta verde alga con il suo nome scritto in dorato in bella grafia. “questa è per te, ci ha chiesto di consegnartela non appena ti fossi svegliata.”

Elena prese la lettera fra le mani, era impaziente di leggere cosa le avesse scritto, ma avrebbe aspettato di essere da sola prima di aprirla.

“lì sul comodino ti ho messo della carta e una penna per tutte le lettere che vorrai scrivere, mi occuperò io di fargliele avere, fintanto che tu sarai qui in ospedale”

La carta era dello stesso colore della lettera che aveva appena ricevuto, e vi era appoggiato di sopra un cilindro dorato con una punta bianca che doveva probabilmente essere la penna.

“sono carta e inchiostro speciali come puoi immaginare, fabbricati ad Atlantica che non sbiadiscono o si rovinano sott’acqua.” Le spiegò sorridendo, poi continuò il suo racconto “a corte c’è molto trambusto per via della morte del Re Tritone, adesso Aris in quanto unico erede maschio dovrà essere incoronato come legittimo nuovo re di Atlantica. Nel momento in cui verrà incoronato la sua parola sarà ufficialmente legge,”

“quando avverrà l’evento?”

“fra poco meno di qualche giorno, si tratta più che altro di organizzare la grande sfarzosa festa che ci sarà subito dopo l’incoronazione.” Liquidò la faccenda con una scrollata di spalle.

Elena guardò la sua gamba fasciata, sentiva tirare i punti attraverso le garze.

“oh tesoro,” le fece eco lei, “mi dispiace moltissimo che non potrai partecipare, so quanto Aris ci tenesse, e quanto tu ovviamente tenevi ad essere presente, ma nemmeno con il mio migliore incantesimo posso guarire la tua gamba così velocemente.”

“i fiori della notte?” chiese lei in ultima speranza.

“ho usato personalmente l’ultima scorta rimasta, e non sarà luna piena che fra due settimane…” le disse delusa la strega.

Non c’era modo di andare a quell’evento. Aris sarebbe stato incoronato e lei non sarebbe stata presente. Che ingiustizia era mai quella? Le salirono le lacrime agli occhi, ma doveva tenere duro e ascoltare il resto della storia.

“tu potrai andare?”

“sì, piccola mia,” le rispose con un sorriso triste la strega “e prometto di raccontarti tutto quando tornerò da te.”

“tornerai da me?” già, com’era possibile? La sera della battaglia aveva visto la strega del mare trasformarsi in un enorme piovra, “non credevo avresti potuto riacquisire la tua forma umana dopo quella trasformazione al lago…”

“non lo credevo possibile nemmeno io, non so bene come, ma nel momento in cui Aris si è disfatto degli anelli, una parte dei miei poteri che mi era stata sottratta da tritone ha ritrovato la strada per tornare da me.”

“significa che puoi trasformarti a tuo piacimento? Come le sirene?” chiedeva sempre più incredula Elena.

“si mia cara, e credo che le sorprese per noi esseri acquatici siano appena iniziate, ho il sospetto che gli anelli non controllassero solamente i mari come avevamo sempre pensato, è come se d’un tratto la parte più primordiale delle sirene si fosse in qualche modo attenuata.”

“pensi che gli anelli controllassero le sirene?” si intromise Nick che fino a quel momento non aveva proferito parola

“non ne siamo ancora sicuri, ma sembra che disfarci di quegli oggetti stia portando più benefici di quel che pensassimo…” rispose lei.

“sarà meglio che vi lasci soli, so che anche voi avete le vostre questioni da discutere,” si alzò dalla sedia con agilità, Elena la guardò come se fosse la prima volta, non c’era quasi più traccia della fragile donna che aveva conosciuto in quella grotta, sembrava in forze, determinata e pronta alla nuova vita che sarebbe cominciata di lì in avanti.

Ursula le si avvicinò al letto per bisbigliarle qualcosa di privato. “Aris mi ha chiesto di vegliare su di te,”

“sono chiusa in ospedale, non credo avrai molto da “vegliare”, se c’è qualcuno con cui dovresti stare quello è lui, non vorrei che stesse da solo ora che ha davvero bisogno di circondarsi di persone di cui si fida.”

“cercherò di dividermi come posso,” le sorrise la strega avvicinandosi per guardarla dritta negli occhi “spero che non rimanga solo a lungo…” poi le indicò la lettera che teneva ancora in grembo. A passi lenti si allontanò verso la porta, sull’uscio si girò “chiamami non appena avrai risposto”, spinse la porta ed uscì, lasciando Elena in completa balia dei suoi pensieri.

 

 

 

 

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Capitolo 43
*** Quello che accadde dopo ***


Cap 43 Quello che accadde dopo

 

Nella stanza era piombato un silenzio quasi surreale interrotto solo dal rumore del gocciolio della flebo; erano rimasti solo lei e Nick ed era giunta l’ora di mettere da parte definitivamente tutto quello che era successo tra loro.

“credo di non avere ancora avuto modo di ringraziarti per tutto quello che hai fatto”

“rapimento a parte?” scherzò lui

Ad Elena scappò una risata spontanea “si, direi rapimento a parte, hai dimostrato di esserci nel momento del bisogno, e di essere abbastanza coraggioso da affrontare la battaglia”

“tu lo chiami coraggio eh? Io direi che è stata una bella dose di incoscienza invece” si sporse sulla sedia, le sue mani corsero dentro un rigonfiamento nella tasca della giacca di pelle che indossava.

“prima che ti portassero in ospedale, sono riuscito a recuperare questo” le avvicinò un sacchetto nero di velluto, lei lo aprì rivelando il suo contenuto, gli anelli di Alimede.

Sgranò gli occhi rendendosi conto di non avere addosso i vestiti ma una camicia da ospedale.

“hanno dovuto letteralmente tagliarti i vestiti di dosso, ho pensato fosse meglio tenerli al sicuro in attesa di restituirteli. Non perderli” le fece l’occhiolino finale. Onestamente non si sarebbe mai aspettata che Nick recuperasse gli anelli dal suo jeans né che li tenesse al sicuro per poi restituirglieli. Se fosse stato un altro avrebbe potuto tenerli per sé, rubarli, nessuno avrebbe più saputo che fine avessero fatto gli anelli. Quelle azioni avrebbero portato ovviamente alla fine della tregua fra i due popoli e lei ne sarebbe stata la colpevole principale visto che custodirli era una sua responsabilità.

Tutto ciò era stato scongiurato dal ragazzo che con qualche livido le sedeva di fronte, “perché quella faccia sorpresa? Non hai ancora capito che sto dalla parte dei buoni?” le rispose sentendosi osservato.

“beh, i tuoi atteggiamenti non sono stati proprio quelli che si potrebbero definire tali…” strinse il sacchetto fra le mani, vicino alla lettera che ancora teneva in grembo. “ma confesso che ti sto rivalutando molto” gli sorrise.

“se dobbiamo essere compagni di viaggio, dobbiamo fidarci l’uno dell’altro e tenere gli occhi aperti, non possiamo sapere chi ci manderà il tuo fidanzato o l’altro membro che verrà scelto dai cacciatori, emh guardiani o come si chiamano loro adesso”

La bionda annuì. “che ne è stato dei cacciatori? Prima hai detto che non siete rimasti in molti.”

“già, quando è stato chiaro che non ci sarebbe più stata una guerra, la maggior parte ha deciso di lasciare la congrega, alcuni hanno manifestato il proprio dissenso, non tutti credono che il popolo del mare manterrà le promesse, ma fortunatamente sono una piccola minoranza. Chi è rimasto ha deciso di intraprendere una via pacifica, all’interno dell’ordine si stanno ancora stabilendo nuove gerarchie e regole, basta con capi segreti e riunioni notturne nei boschi.”

“cosa farà allora questo nuovo gruppo di guardiani?” chiese incuriosita dallo sviluppo che stava prendendo la storia.

Nick si stiracchiò pigramente, poi continuò il suo racconto “onestamente, nessuno di noi sa molto del popolo del mare, abbiamo cacciato le sirene per anni, ma a parte sapere che si nutrono di carne umana, sappiamo ben poco delle loro tradizioni, della loro cultura, se mai ne avessero una; diciamo che tenteremo di studiarli, di capirli e forse chissà riusciremo anche a comprenderli.”

“Aris ha promesso che non ci sarebbero più stati attacchi e poi hai sentito anche tu Ursula, la liberazione da quegli anelli ha portato qualcosa di buono,”

“staremo a vedere” rispose enigmatico lui guardando improvvisamente fuori dalla finestra. Poco prima c’era un bel sole caldo, adesso nell’arco di pochi minuti tutto si era ingrigito e da un momento all’altro avrebbe iniziato a piovere.

Attese per un po' in silenzio che lui ricominciasse, ma a quanto pare i suoi pensieri erano stati distolti da qualcosa, o forse qualcuno.

“Notizie di Lara?”

Elena non l’aveva più vista da quella notte quando le aveva miracolosamente liberata permettendogli di salvare la sua vita e quella di Aris. Quella ragazza era stata molte cose, compagna di classe, confidente, spia, nemica, liberatrice, mezza coda.

Nick scosse la testa turbato.

“cosa è successo quando ci siamo separati?”

“lei, mi ha detto addio.” Disse mesto il ragazzo.

Lei tentò di rassicurarlo. “è stata una notte folle, nessuno di noi sapeva se saremmo sopravvissuti o meno”

“tu non capisci” inclinò la testa e prese a fissare il pavimento, i gomiti sulle gambe mentre si teneva la testa come se stesse scoppiando.

“spiegamelo tu allora” tentò di risultare dolce, era evidente che c’era qualcosa che non andava. “lo sai che ti puoi fidare”

“ecco…” iniziò a farfugliare “lei ha preso la balestra, mi ha dato un bacio, ma non era un bacio normale,” alzò lo sguardo per puntarlo in quello di lei, forse Elena era una delle poche persone che poteva davvero capire cosa fosse dire addio a qualcuno con un bacio “era come se mi stesse dicendo addio…” prese un’altra pausa “si è tuffata da quell’altezza assurda. Era un salto impossibile, non sono nemmeno sicuro che non sia morta sfracellata” i suoi occhi si arrossarono, abbassò nuovamente il volto stringendo le dita fra i capelli. Non voleva farsi vedere in quelle condizioni, aveva provato a scacciare quel pensiero in tutti quei giorni, ma l’immagine di lei sfracellata sugli scozzi, fatta a pezzi dalle rocce era insopportabile.

“non era un salto impossibile per una sirena” tentò di incoraggiarlo,

“tu l’hai vista Elena, lei è debole! Non è una sirena completa, non può fare quello che gli altri fanno, non l’ho più vista nemmeno durante la battaglia. Quando anche tutti se ne sono andati l’ho cercata per tutto il bosco, l’ho cercata persino lì fra gli scogli. Ma non l’ho trovata.” Una lacrima era scesa silenziosa sul suo viso, lui prontamente l’asciugò facendo finta di niente. Non era un debole, non poteva piangere.

“Nick…” lei non lo aveva mai visto così sconvolto.

Aveva visto molti volti di Nick, da dolce ragazzo della porta accanto a cacciatore senza scrupoli in missione speciale, ma nelle sue varie sfumature non l’aveva mai visto così fragile. Non sapeva bene che tipo di relazione ci fosse fra lui e Lara, ma era evidente che lui ci teneva, e anche parecchio.

Il ragazzo si alzò dalla sedia, “è meglio che vada adesso, devi riposare” si voltò di spalle per non fare vedere un’ennesima lacrima che aveva preso a scendere fuori dal suo controllo.

“Nick, sono sicura che Lara è viva, e sta bene.” Non è vero, non era sicura proprio di niente, ma quel ragazzo aveva bisogno di sentirselo dire, il castano le fece un cennò di ringraziamento, poi senza ulteriori indugi aprì la porta ed uscì.

Per la prima volta dal suo risveglio dalla mattina finalmente Elena era rimasta sola.

 

****

La pioggia aveva preso a picchiettare lentamente sulla sua finestra, il suo cervello aveva iniziato a rielaborare la serie infinita di informazioni ricevute nell’arco di quella giornata. Nelle mani aveva ancora il sacchetto di velluto che le aveva dato Nick, non si sarebbe mai più dovuta separare da quegli oggetti, erano troppo importanti e il destino di quella pace dipendeva da lei. Prese il sacchetto e lo nascose sotto il suo cuscino dove poteva averlo sempre a portata di mano, sicura che nessuno avrebbe potuto sfilarlo senza che se ne fosse accorta.

In grembo teneva ancora la lettera di Aris, sembrava il momento giusto per leggerla finalmente, aveva ancora in mente le parole enigmatiche della strega del mare…  

“spero che non rimanga solo a lungo…”

Con mano tremante girò la busta che recava in bella grafia il suo nome, sul retro era presente uno di quei sigilli in ceralacca che si usavano perlomeno nell’ottocento, la consistenza era diversa da quella della cera e sicuramente il materiale era qualcosa di idroresistente, ma sul bollo era impresso uno stemma con un tridente sormontato da una corona rinchiuso in una specie di onda, non dovevano esserci dubbi che quello fosse il simbolo reale di Atlantica.

La carta era spessa e pesante rispetto quella a cui era abituata Elena, i fogli erano di un verde turchese e profumavano di mare, lo stesso profumo che aveva Aris. L’inchiostro era un marrone con delle sfumature bronzate, insolito ma di certo non c’era niente di ordinario nel ricevere della corrispondenza direttamente da Atlantica.

Mise in ordine i vari fogli ed iniziò la sua lettura. 

 

“Non so bene come iniziare questa lettera, onestamente non ne ho scritte molte in vita mia, ma credo dovrò iniziare a prenderci confidenza visto che sarà l’unico modo in cui potrò comunicare con te per un po' di tempo.

Ho mandato tutti i giorni un messaggero fidato per avere tue notizie, Ursula mi ha scritto che ti trovi in ospedale con una brutta ferita alla gamba e che probabilmente dovrai restarci per ancora un po' di tempo. Fino a che resterai lì le ho chiesto di portarti le mie lettere personalmente, (a questo proposito, ti ho mandato della carta e inchiostro speciale da Atlantica così che tu possa rispondermi), spero di ricevere una tua lettera molto presto.

Se mi fosse stato possibile sarei già lì al tuo fianco, ma da quando sono diventato l’erede al trono non mi è concesso nemmeno abbandonare il palazzo, sono prigioniero in casa mia e non mi è permesso allontanarmi nemmeno sotto scorta.

Fra qualche giorno si celebrerà l’incoronazione e nonostante io stia per diventare ufficialmente un re mi sento totalmente impotente quando si tratta di proteggere le persone che amo. Quella notte ti ho visto svenire davanti ai miei occhi ed ho dovuto guardare inerme altre persone che ti soccorrevano. Non ho potuto fare niente e mi sono sentito inutile.

Non piace sentirmi inutile, non poterti stare accanto come vorrei, averti messo così a rischio...

So che forse te ne dovrei parlare di persona, ma non so ancora quanto tempo passerà prima di poterti rivedere, non appena la tua gamba sarà guarita dovrebbe partire anche la squadra che stiamo formando per portare a termine la missione degli anelli, potrebbero passare settimane se non mesi, ma io non ho intenzione di rinunciare a te.

Spero che Ursula abbia avuto il tempo di aggiornarti su quello che sta succedendo in questi giorni, nel momento in cui mi sono sbarazzato degli anelli Atlantica sta cambiando, le sirene e i tritoni stanno cambiando, come se tutta l’oscurità legata a quegli oggetti fosse stata finalmente estirpata. Ursula mi ha messo al corrente di essere tornata in possesso di arti magiche che credeva di aver perduto per sempre, forse limitate dalla presenza degli anelli.

Quindi ecco la mia proposta, so di chiederti tanto, e che probabilmente non ho il diritto di farlo, ma se lo sto facendo è perché ti voglio con me, qui ad Atlantica, per sempre.

Se Ursula riuscisse a trovare un modo sicuro saresti disposta a diventare una sirena per vivere con me?

Posso sopportare qualunque cosa se so che sarai al mio fianco.

Ti prego, non arrabbiarti, avrei voluto chiedertelo di persona, spiegarti tutto quello che sento, ma per il momento sono rinchiuso a palazzo, e tu lì ospedale senza la possibilità di venire da me.

Dì solo una parola, ed io capirò qualunque sia la tua scelta. Ma se dovesse essere sì metterò tutta Atlantica sottosopra pur di trovare una formula, una pozione, un modo sicuro per farti restare qui con me. So che insieme supereremo tutto.

Spero troverai il tempo di scrivermi, perché se non vederti è già una sofferenza, non avere tue notizie sarebbe una tortura.

 

Aspetterò con ansia ogni tua lettera.

Ti amo

Aris”

 

Elena stringeva in mano la lettera scioccata da tutto ciò che aveva letto. Esisteva davvero un modo per poter vivere con Aris? Diventare una sirena era il sogno di tutte le bambine, no? Un sogno, un gioco, ma diventarlo sul serio? Abbandonare la sua vita da umana, niente università, niente tecnologia, niente di tutto ciò. Certo, sarebbe stata una vita totalmente diversa, una vita di cui onestamente non sapeva assolutamente nulla.

Aris però l’aveva fatto.

Aveva rinunciato a tutto, sapendo che non sarebbe tornato mai più ad Atlantica per vivere con lei sulla terra.

Se fosse diventata una sirena avrebbe ancora potuto avere la possibilità di conservare le sue gambe? Da quello che sapeva le sirene potevano diventare umane quando desideravano andare sulla terra a differenza dei tritoni. Questo forse era un dilemma che solo Ursula avrebbe potuto chiarirle, ma prima avrebbe dovuto trovare un sistema per trasformarla in sirena.

E così alla fine quel momento era arrivato davvero. Re Tritone aveva proposto una cosa simile certo che lei non sarebbe mai sopravvissuta a quel processo, Aris si era opposto con tutto sè stesso e aveva deciso di diventare lui un umano per stare con lei, ma adesso tutto cambiava ancora una volta. Se come diceva Aris poteva esistere un modo sicuro, una magia fatta da Ursula in persona che le avrebbe dato la coda senza però mettere a rischio la sua vita, cosa avrebbe scelto di fare lei? Come allora, anche adesso non nutriva alcun dubbio sul da farsi.

Aris l’aveva fatto per lei, lei l’avrebbe fatto per loro.

Era l’unico modo per restare insieme se volevano avere un futuro, No, non avrebbe rinunciato a quella possibilità.

Si stese sul letto tentando lentamente di voltarsi su un fianco, sentiva la pelle della gamba tirarsi sotto la pressione dei punti.

Come sarebbe stata la sua vita sott’acqua?

Provò ad immaginarsi una sirenetta, come quei giochi si facevano da bambini in cui si poteva immaginare di essere qualunque cosa, questa volta però l’immaginazione era solo un preludio ad una possibilità reale. Di che colore sarebbe stata la sua coda? Avrebbe fatto molto male la crescita delle branchie? Però poter respirare sott’acqua era sempre stata una sua fantasia, poter esplorare le profondità marine con Aris, sembrava un sogno ad occhi aperti.

Però Aris era un Re, avrebbe dovuto governare il suo regno, avrebbe ancora avuto tempo per lei? E se un giorno lo avrebbe sposato avrebbe dovuto governare su Atlantica?! Ma che ne sapeva lei di come si governava un regno!

Affondò la faccia nel cuscino, aveva iniziato a pensare troppo e le stavano già venendo mille dubbi. Ma la domanda riguardava il suo futuro e non era una cosa che poteva prendere alla leggera, quella scelta avrebbe cambiato la sua vita irrimediabilmente.

La domanda principale che si pose fu: Amava davvero Aris?

Certo che lo amava.

Ma fino a che punto sarebbe stata disposta a spingersi per amore?

La riposta le venne spontanea.

Allungò il braccio verso la carta e l’inchiostro che Ursula le aveva lasciato poco prima di uscire dalla stanza, poi si tirò a sedere ed iniziò a scrivere la sua risposta.

 

*

 

“sei stata più veloce di quel che pensassi” le rispose Ursula prelevando dalle sue mani la busta che aveva finito di siglare. “spero di essere portatrice di buone notizie” le sorrise gentile la donna.

“vuoi sapere quello che gli ho risposto, non è vero?” Elena si distese sui cuscini esausta, aveva dormito tre giorni ma si sentiva come se avesse appena corso una maratona, in più gli antidolorifici dovevano aver smesso di fare effetto perché iniziava a sentire parecchio dolore alla gamba e a tutte le restanti ossa che aveva ancora intere.

La strega si sedette sul suo letto, “solo se me lo vuoi dire”

“Ursula, io non so niente su come si governa un regno…” esordì lei sbuffando. “però voglio stare con Aris, è sbagliato?”

“tesoro mio,” le accarezzò una mano che teneva in grembo “nessuno sa fare qualcosa fino a che non l’impara.”

Elena la guardò negli occhi con nuova speranza, “devo andare adesso, devo consegnare questa lettera affinchè Aris la possa leggere al più presto possibile, aspettava con ansia tue notizie.”

Prima che la strega si potesse alzare, Elena la fermò con una mano. “sto davvero facendo la scelta giusta?” chiese retorica più a se stessa che alla donna che aveva di fronte.

“questo mia cara, solo il tuo cuore può saperlo.”

Con un gesto fluido si alzò dal letto, le diede un bacio sulla fronte e uscì dalla porta.

Elena sospirò appoggiandosi al cuscino, aveva bisogno di riposare, una serie di pensieri aveva preso ad affollarle la mente violentemente, ma adesso non voleva pensare a niente di tutto ciò. Con gli anelli di Alimede nascosti sotto al suo cuscino, chiuse gli occhi, e si abbandonò fra le braccia del sonno, dove sperava avrebbe potuto svuotare la mente da tutto.

Ma quando la mattina seguente si sarebbe svegliata in un bagno di sudore con gli occhi sgranati dalla paura, ebbe la consapevolezza che quello che stava facendo era davvero un grosso sbaglio.

 

 

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