Il destino è già scritto?

di Sanae77
(/viewuser.php?uid=774989)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 0_0 Tsubasa ***
Capitolo 2: *** 0_1 Sanae ***
Capitolo 3: *** 0_2 Koshi ***
Capitolo 4: *** 1_0 Sanae ***
Capitolo 5: *** 2_0 Sanae Koshi ***
Capitolo 6: *** 3_0 Sanae ***
Capitolo 7: *** 3_1 Sanae ***
Capitolo 8: *** 3_2 Sanae e Koshi ***
Capitolo 9: *** 3_3 Tsubasa ***
Capitolo 10: *** 4_0 Sanae ***
Capitolo 11: *** 5_0 Tsubasa ***
Capitolo 12: *** 5_1 Sanae ***
Capitolo 13: *** 5_2 Sanae e Koshi ***
Capitolo 14: *** 6_0 Sanae ***
Capitolo 15: *** 6_1 Tsubasa e Koshi ***
Capitolo 16: *** 7_0 Sanae ***
Capitolo 17: *** 7_1 Koshi e Sanae ***
Capitolo 18: *** 8_0 Sanae ***
Capitolo 19: *** 9_0 Sanae ***
Capitolo 20: *** 9_1 Sanae ***
Capitolo 21: *** 10_0 Sanae e Tsubasa ***
Capitolo 22: *** 11_Sanae e Koshi ***
Capitolo 23: *** 12_Sanae ***



Capitolo 1
*** 0_0 Tsubasa ***


Dopo un bel po' di tempo torno tra voi, con una storia Het ed Arancione (non temete mi ha già insultato la mia beta Guiky per questo, che già ringrazio per la pazienza e gli scleri).
Spero comunque che apprezzerete l'impegno per chi vorrà accompagnarmi in questa nuova avventura.
La storia era già scritta da un annetto, ed era una storia tranquilla di circa dieci capitoli...
Ma come spesso accade, specialmente quando scrivi in prima persona, i personaggi hanno tutti la smania di dire la loro; perciò si sono aggiunti capitoli su capitoli... da punti di vista differenti che, ovviamente, hanno pure cambiato la trama che avevo scelto. Mai pianificare troppo con questi personaggi.
Mi sono dilungata anche troppo vi lascio alla prima pubblicazione.
Un abbraccio a tutti.
Sanae77






 
La luce delle cinture di sicurezza lampeggia insistente per ricordare a me, e non solo, che siamo in prossimità del decollo.
Dopo il click afferro la cintura e tiro per regolare la lunghezza. Espiro tutta l’aria che avevo finora trattenuto e non per l’ansia del volo ma per quello che mi aspetta oltre oceano.
Una nuova vita con il mio mentore di sempre che mi attende dall’altro lato. La hostess passa voltando la testa a destra e sinistra per assicurarsi che tutti i passeggeri abbiano eseguito l’ordine impartito dalla voce registrata.
Il rullo dei motori in automatico mi fa voltare verso il finestrino e così mi rendo conto che ci stiamo già dirigendo in fondo alla pista per effettuare il decollo.
Una volta arrivati a destinazione c’è quell’attimo di attesa che lascia tutti in un mutismo religioso, come se potessimo distrarre il pilota dal decollo. Sicuramente starà aspettando il via dalla torre di controllo.
Il rumore diventa fastidioso mentre vedo scorrere la pista a tutta velocità dall’oblò del finestrino. Prendo un profondo respiro mentre cerco di non pensare alla mia nuova vita senza i miei compagni e senza di lei.
Ed è su questo ultimo pensiero che l’aereo si solleva regalando quella sensazione di vuoto nello stomaco, anche se non so più se dipende dal velivolo oppure dal pensiero di Sanae che mi attorciglia lo stomaco. È come se improvvisamente tutte le certezze granitiche avute finora si fossero sgretolate, come quando una bancata di marmo viene separata dalla parete originaria e per non cedere sfrutta quel difetto nascosto per crollare in mille pezzi.
È proprio così che mi sento in questo momento… in mille pezzi. Il groppo che sale in gola riconosco che non è affatto dovuto alla presa di quota dell’aereo, ma come in un nastro premuto a tutta velocità che si attorciglia improvvisamente e che non ne vuol sapere di ritrovare la sua collocazione. Io so dov’è la mia nuova collocazione, la mia futura vita: In Brasile! Per diventare il numero uno e poter tornare in patria da vincitore; per ambire alla nazionale Giapponese e alla vittoria della coppa del mondo.

Sono convintissimo di questo, però…

C’è un però di nome Sanae che non riesco a districare. Non so se ho fatto la scelta giusta a dirle quelle parole. Avrei voluto gridarle di aspettarmi, ma non sarebbe stato giusto. Per lei prima di tutto. Perché ha solo quindici anni e tutta la vita davanti e non posso certo segregarla in attesa del mio ritorno. Che onestamente non so neppure quando sarà possibile. Cosa dovevo dirle? Aspettami per tre anni? Per Quattro? E se poi fossero di più?
So che tra noi c’è qualcosa, ne sono cosciente e consapevole, ma sono anche un realista oltre che un maledetto sognatore. È da quando sono nato che sogno di realizzare il mio obiettivo, non avevo sicuramente messo in conto d’incontrare Sanae sulla mia strada.
Sanae… ogni volta che penso al suo nome un sorriso mi attraversa le labbra e l’anima. Soltanto ieri mi ha messo tra le mani questi scarpini augurandomi buona fortuna. Osservo ancora il regalo accarezzando la scatola come se avessi le sue mani tra le mie. Un brivido percorre la schiena quando il cartone mi porta alla memoria il leggero tocco con le sue dita mentre mi passava il regalo. Agito la testa come per scacciare questa sensazione che mi fa chiudere ancora di più lo stomaco. 

Abbiamo raggiunto quota e finalmente il segnale delle cinture allacciate si spegne, così slaccio la cinghia e torno a respirare regolarmente… anche se non era certo quella il problema. Forse è stata solo la distrazione da lei che mi ha permesso di riprendere un respiro regolare.
Prendo nuovamente la scatola e torno a immergermi nell’ultima conversazione avuta ieri. Scuoto la testa ripensando a quelle poche parole che le hanno stravolto il viso. Ho visto che c’è rimasta malissimo, so che si aspettava altro, so che quando mi ha detto: “Insegui il tuo sogno” avrebbe voluto dirmi altro, ma l’ammiro anche per questo, ha rispettato la mia scelta di non imbrigliarla in un futuro incerto. Quando tornerò in patria e sarò certo del mio avvenire, potrò sempre cercare di riconquistarla. Sbuffo. Il solo pensiero di doverla dividere con qualcuno mi inacidisce lo stomaco. Spero che tutto quello che vivrà in mia assenza la renda felice, ma spero che quando tornerò sarò in grado di renderla entusiasta. Mi aggrappo a questa flebile speranza mentre noto sotto di me una coltre di nuvole. Sembrano della panna montata, il sole sta tramontando così tiro giù la tendina dell’oblò e inclino la poltrona per tentare di dormire, il viaggio è molto lungo e io voglio arrivare molto riposato, so che mi attende Roberto e so già che ha in programma un provino. Devo dare il meglio di me stesso. 

In uscita dal gate mi sento frastornato e confuso, se in Giappone c’era una sorta di confusione regolamentata qua vige il caos totale. Per fortuna al di là del gate vedo il mio allenatore con i tipici occhiali da sole che lo contraddistinguono. Sollevo un braccio e allungo il passo per raggiungerlo il più velocemente possibile.
Contraccambia il saluto appena nota la mia mano in movimento regalandomi subito un sorriso rassicurante.
Una volta arrivato mi abbraccia stretto mentre mi dà il benvenuto in questa terra a me straniera, ma che per qualche anno sarà la mia nuova casa.
Una volta finiti i convenevoli e la cena finalmente mi trovo nella cameretta del campus dove alloggia anche un altro ragazzo che non avevo mai visto prima; anche lui è qua per il provino. Cerco di presentarmi e scambiare due parole con il mio compagno di stanza, ma senza alcun risultato. Volevo contrastare le mille emozioni che mi hanno attraversato e conversare, ma non ho avuto il successo sperato.
Il paese dove alloggiamo è abbastanza tranquillo, non come a Nankatsu visto che qua c’è un’atmosfera di perenne festa. Il Brasile è un paese molto colorato e pieno di musica ad ogni angolo, non ero abituato a tutta questa socialità, gli usi e costumi di questo luogo però mi affascinano da morire, e non vedo l’ora di fare la conoscenza dei miei nuovi compagni di squadra, perché già ho la certezza che domani supererò il provino e troverò una squadra in cui dimostrare la mia bravura.
Sistemo i miei vestiti nell’armadio e nella cassettiera, le scarpette nuove sono già pronte vicino alla porta per domani. Le guardo e sorrido verso quel piccolo oggetto così prezioso, prendo così il portatile e lo metto sulla scrivania posta di fronte alla finestra. Accendo il pc e apro la casella di posta elettronica per inviare un messaggio a mia madre e a Ryo, che ha insistito tanto perché lo avvisassi del mio arrivo. Magari ne invio uno anche a Sanae, così da farla stare tranquilla.

Avevamo stabilito che non l’avresti cercata…

Pensavo di ingannare la mia coscienza, ma evidentemente senza alcun successo.
Tamburello le dita sul legno della scrivania con indecisione, ma di riflesso chiudo il PC e mando al diavolo ogni messaggio che avevo in mente di scrivere. Ci penserò domani, adesso la ferita è ancora troppo fresca e non so se riuscirei a sostenere la decisione presa in Giappone. Quella di non contattarla… mai!
Metto su Instagram la foto del mio arrivo e stop. Così non devo scrivere a Ryo, mentre per i miei genitori opto per un altro messaggino al cellulare come ho fatto appena atterrato per tranquillizzare la mamma. 
Mi rinfresco con una doccia veloce infilo una maglietta bianca accasciandomi sul letto; vittima del fuso orario non fatico a prendere sonno, non prima di aver asciugato quella singola lacrima che voleva cadere sul cuscino. 
Dopotutto è un cambiamento davvero grande per un ragazzo di soli quindici anni. Ma non posso permettermela, domani è in ballo il futuro della mia vita.

La mattina mi alzo di buon’ora e dopo aver fatto una ricca colazione decido di andare a visitare la spiaggia per sgranchirmi un po’.
Così corro fino al pontile lì vicino. Noto che la struttura ha subito forti danni dovuti molto probabilmente alle mareggiate. Stamattina invece il mare è piatto come una tavola e il sole promette di splendere forte e caldo. M’incuriosiscono quei pali rimasti in piedi nonostante le intemperie, forse un giorno potrei venire ad allenarmi su di essi. Sorrido al pensiero avuto e torno a concentrarmi su quello che mi aspetta per il pomeriggio.
Così riprendo il mio allenamento e la mia concentrazione, mentre calcio la palla difronte a me durante la corsa. Sono uscito silenziosamente dalla stanza per non disturbare il sonno del mio compagno. Ero troppo emozionato per continuare a dormire ancora.
La malinconia della sera è scomparsa lasciando il posto ad una leggera eccitazione per il provino che mi aspetta. Eccitazione che sta crescendo minuto per minuto, ma che tornerà utile nel momento opportuno. Sono già galvanizzato all’idea di giocare.

Torno al campus e dopo una doccia e un pranzo leggero, ci stiamo dirigendo verso il campo dove si effettuerà la prova.
Sono intento ad allacciare gli scarpini quando ricordo quelli logori e consumati del mio compagno di stanza che ho visto ieri sera; focalizzandomi sull’usura capisco che utilizza il piede sinistro esterno, cerco di tenerlo a mente per un eventuale passaggio, se mai ci toccherà di giocare nella stessa squadra.
Non sono solo ovviamente e se alzo lo sguardo nessuno contraccambia un sorriso. Tutti sono molto agguerriti e concentrati. Noto subito che questi ragazzi sono meno fortunati di me. Sono l’unico infatti ad avere un paio di scarpini nuovi. Scarpini regalati oltretutto da Sanae. E come ogni volta che penso a lei un sorriso mi increspa le labbra. Non devo perdere la concentrazione così afferro i lacci e lego bene per avere una maggiore aderenza e sensibilità della palla con i piedi.

Sto correndo in lungo e largo per questo campo, ci hanno buttato in mezzo assegnando maglie di colore differente a casaccio. Hanno solo detto di dimostrare di cosa siamo capaci. Onestamente sono frastornato da questo ‘calcio macello’, è solo un rubarsi la palla e cercare singolarmente di far vedere di cosa siamo capaci. Non sono abituato a giocare così, solitamente è un gioco di squadra, non individualista, per questo mi sento un attimo stordito e spaesato. Visto che anche i miei compagni di squadra tentano di rubarmi la mia adorata sfera.

Mi tornano in mente le parole di Roberto dette ieri, dove mi spiegava che a questo provino vengono i ragazzi da tutto il Brasile, perché è l’occasione della vita e che tutti vogliono emergere dalla situazione di povertà in cui si trovano.
Quindi dopo avermi afferrato le spalle mi ha detto: “Devi far vedere quello che sai fare o la tua carriera finisce qua! So che non sei abituato a questo tipo di gioco, ma a loro serve anche per vedere il tuo spirito di adattamento al cambiamento. Fatti onore Tsubasa.”
Annuisco ripensando alle parole del mio mentore e torno a guardare il terreno di gioco: appena in campo devo cercare di impossessarmi della palla.
E dopo alcuni scontri ci riesco.
Così parto in direzione della porta, ma quando solo a pochi metri da questa mi rendo conto che cinque giocatori stanno venendo verso di me per rubarmi la palla, e se non voglio farmi fratturare una caviglia credo sia meglio cedere la sfera.
Alzo lo sguardo e noto il mio riccio compagno di stanza. L’usura dello scarpino sinistro m’invoglia a fargli un passaggio preciso proprio su quel piede. “Per te, Pepe!” gli grido. Ovviamente non mi ha detto lui il suo nome l’ho sentito all’appello per la consegna delle maglie. E una volta colpita la palla osservo la traiettoria perfetta e il suo sguardo stupito dovuto al mio passaggio.
Grazie a questo i difensori distratti dal movimento mi lasciano passare riuscendo a superare i cinque avversari che avevo davanti. Seguo la progressione del nuovo possessore di palla sperando di riuscire nell’impresa di un goal… non ho certo Misaki al mio fianco, altrimenti a quest’ora di goal ne avevamo siglati almeno tre. Sorrido al pensiero della mia anima gemella sul campo e torno ad osservare la progressione.

Ma il caro Pepe non ha la stessa accortezza nel restituirmi la palla e la perde. Dovevo immaginarlo, ma non ho tempo di mettermi a discutere con lui per fargli capire che solo il gioco di squadra funzionerà. Così torno nuovamente in possesso del mio amato pallone e invito Pepe ad avanzare in una nuova offensiva sperando questa volta in una più proficua collaborazione.
Attiro su di me tutti gli altri giocatori fino a quando ricordandomi del sul piede preferito gli faccio nuovamente un altro passaggio perfetto. Lui capisce e sigla la prima rete della giornata. Mi avvicino e congratulo per il goal, mi guarda un po’ stupito, forse non si aspettava questa cooperazione.
E con altri due goal segnati dalla nostra squadra il provino finisce, Pepe è ancora incredulo quando sente il suo numero, tra la rosa dei tre scelti, per la squadra del San Paolo.
Si avvicina ringraziandomi per il passaggio fatto verso di lui, non prima di avermi chiesto conferma che il numero chiamato sia proprio il suo. È incredulo del suo successo.
Credo proprio di aver trovato un nuovo amico in questa terra straniera.

Ci fermiamo a chiacchierare per qualche minuto, così scopro che Pepe arriva da una famiglia in estrema difficoltà e che questo ingaggio permetterà ai suoi fratelli e sorelle di sopravvivere e forse anche studiare. Ascolto in religioso silenzio i suoi obiettivi che sicuramente sono molto più essenziali dei miei, il mio è un sogno ambizioso mentre il suo è un modo di far uscire la sua famiglia dalla fame. Spero di poterlo aiutare in questo suo obiettivo stando al mio fianco.
Stabilito il primo successo in terra straniera prendo tutti i miei bagagli e mi trasferisco definitivamente da Roberto. Mi mostra la mia stanza e con notevole stupore noto che dalla finestra posso anche intravedere il mare in lontananza. Sarà perfetto allenarsi sulla spiaggia e nell’acqua.
Sistemo i vestiti e il pc portatile. Ripongo gli scarpini donati da Sanae dopo averli puliti con cura. Mi siedo di fronte al PC, dopo una doccia rinfrescante, con l’intento di scrivere a Ryo e ai miei genitori. Questo successo mi ha dato la carica giusta per focalizzarmi sul mio obiettivo e rispettare la decisone presa. Lasciare libera Sanae di fare la sua vita da normale adolescente. Sono consapevole che la mia adolescenza non è come quella degli altri. Se non getto le basi adesso per la mia carriera, so perfettamente che non avrò una carriera. Quindi non posso permettermi distrazioni, neppure se hanno lo splendido nome di Sanae Nakazawa. 
Fermo sulla mia idea apro la posta e scrivo di getto ai miei e dopo a Ishizaki, devo assolutamente raccontargli quello che è accaduto oggi sul campo da calcio e il mio ingresso nei San Paolo.
Sanae tornerò in patria da professionista e a quel punto il nostro futuro potrà proseguire da dove lo abbiamo lasciato.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 0_1 Sanae ***


Osservo la punta dei miei piedi mentre cammino verso la scuola con Yukari, qua al mio fianco, che non smette di parlare neppure per un secondo. Oggi non mi va di fare conversazione, sette giorni fa ho salutato Tsubasa alla fermata del bus. Dopo che gli ho dato gli scarpini mi ha detto di non essere triste.
La fa facile lui.
Solo dopo ventiquattro ore già mi mancava da morire. 

La chiacchierona della mia amica dice che non devo farne una tragedia; so che lei lo fa per tirarmi su il morale, ma è davvero difficile sapere che la persona che ti piace è così lontana e che per molto tempo non sarà possibile vedersi.

Calcio un sassetto con la punta delle scarpe mentre osservo le pieghe della gonna ondeggiare secondo l’andatura. Sbuffo l’ennesimo soffio d’aria dalle labbra così da ricevere in cambio una gomitata al fianco destro. Vedo Yukari sollevare gli occhi al cielo in un palese invito a piantarla con tutta questa malinconia e tristezza.

“Sai cosa facciamo dopo scuola?” mi chiede distogliendomi così dalle ‘interessantissime’ pieghe della gonna.
“Cosa?” domando a mia volta controvoglia.
“Andiamo a quel chiosco che ha aperto la scorsa settimana al parco? Mi ha detto Ryo che fanno dei gelati buonissimi.”
“Con tutto quello che si strafoga il concetto di buonissimi, per Ryo, è molto ampio…” controbatto ironicamente, anche se la voglia di farne è veramente sotto le suole, ma Ishizaki me la toglie dalle labbra. 
“E dai Sanae, non avrai mica intenzione di chiuderti in casa a lutto per Ozora eh? Cioè, starà via per anni. Fammi capire, hai intenzione di fare la vedova a quindici anni?”
“Cos’è un modo per cambiare discorso su Ryo?” la punzecchio e devo dire che questo scambio di battutine mi sta riportando un briciolo di sorriso in questa giornata che si preannunciava soltanto cupa.

Gli amici in questi casi sono davvero fondamentali.
Yukari allunga il passo piantandosi di fronte a me con le braccia incrociate al petto e le guance arrossate… ho palesemente centrato il bersaglio e un pizzico di soddisfazione mi attraversa la schiena.
Dopo tutte le volte che mi percula sul capitano adesso posso permettermi una piccola rivincita.

“Mi spieghi perché se ti metto il problema di fronte cambi sempre discorso? Allora, cosa hai intenzione di fare: sentiamo?”
Sollevo lo sguardo rendendomi conto che davvero sta cercando una risposta, la mia apatia di questi giorni deve davvero averla fatta preoccupare.
“Non ne ho idea, sto vivendo alla giornata.”
Allunga le mani posandomele sulle spalle, dopo la sento stringere guadagnando così la mia totale attenzione.
“Parliamoci chiaro, non ho la minima intenzione di lasciarti in casa a struggerti per quell’invasato che corre sempre e solo dietro al pallone.”
Sorrido per i modi schietti che sempre le sono appartenuti.
“Sì, mamma!” esclamo regalandole anche un accenno di sorriso.
Lei contraccambia lasciandomi libere le spalle e strofinando le mani con soddisfazione.
“Ebbene, allora andiamo al parco per un bel gelato nel pomeriggio.” Conferma tutta soddisfatta e con tono talmente deciso che rinuncio a contrastare l’idea.
“Dove andate a prendere il gelato?” una voce ci distoglie dalla conversazione; è Ryo, che affiancato da molti compagni ci sta raggiungendo. Con gli occhi vago come d’abitudine alla ricerca di lui; ma lui non c’è. Piombo un'altra volta nella tristezza che oramai ha preso residenza dentro al mio cuore. Continuo a sorridere per non ricevere un’altra paternale da Yukari. 

Ci manca solo lei.

I ragazzi ci circondano contagiandoci con la loro allegria e sfottò vari; tutti estremamente interessati a questo ipotetico gelato pomeridiano. Mi sento osservata mentre prendo sempre più coscienza e consapevolezza di avere amici fantastici, sicuramente lo stanno facendo per distarmi dalla partenza di Ozora.
Raggiungiamo l’edificio e sentiamo il suono della prima campanella che chiama a rapporto un po’ tutti. Tra qualche giorno la scuola sarà finita e non oso pensare a come potrò impegnare il tempo. Ovviamente il mio ruolo di manager non è minimamente messo in dubbio ma non essendoci Tsubasa la questione cambia. Cambia tantissimo.

 
Sono immersa nei miei pensieri quando svolto l’angolo un po’ troppo in fretta mentre tento di raggiungere la mia aula prima che suoni la campanella definitiva. M’imbatto in qualcosa che procedeva nella direzione opposta e tutti i libri che tenevo stretti al petto cadono a terra. Non alzo neppure lo sguardo per controllare contro chi ho sbattuto, è troppo tardi per mettersi a discutere.

“Scusa” sento dire da una voce maschile vicinissima. Noto che altre mani oltre le mie stanno raccogliendo i quaderni sparsi.
Sollevo lo sguardo e un ragazzo riccioluto mi sorride continuando a raccogliere gli oggetti sparpagliati tutto intorno.
“Scusa tu. Ho girato l’angolo troppo in fretta, è tardi.”
“Eh sì, sta per suonare la seconda e dobbiamo assolutamente muoverci. Ecco!” Mi porge tutto e superandomi imbocca il corridoio da dove provenivo.
“Grazie” gli urlo quasi dietro mentre mi volto per guardarlo meglio.
“Figurati - risponde voltandosi e camminando all’indietro come un gambero – non ti ho chiesto neppure il tuo nome…”
“Sanae!”
Si ferma e torna di corsa verso di me. “Io sono Koshi. Scusa ancora.” Risponde regalandomi un leggero inchino, poi si volta e torna a correre verso la meta. Resto un attimo spiazzata prima di voltarmi e andare dritta verso la mia aula, la campana sta suonando all’impazzata, o per lo meno questa è l’impressione che ho.

La lezione è noiosissima e io non faccio altro che scarabocchiare sul quaderno assurdi disegnini senza senso. Nishimoto è al mio fianco che sta messaggiando con qualcuno, se la becca il prof saranno guai; sollevo lo sguardo e vedo il professore intento a interrogare i nostri compagni che devono recuperare.
Mi sto annoiando.
La matita continua a seguire righe immaginarie senza alcuna meta. Incuriosita dal disegno che ne è venuto fuori sposto il foglio ruotandolo di novanta gradi. Una strana K prende forma, non sarà perfetta ma per lo meno assomiglia a qualcosa di definito.
K, come l’iniziale di quel ragazzo di stamattina. Cerco di ricordare come fosse il suo nome, ma proprio non mi sovviene. Arrossisco nell’istante in cui mi rendo conto di avergli detto il mio nome e non il cognome, come di consuetudine. Ero così… così distratta e confusa che non mi son ricordata di rispettare la nostra usanza.

Sbuffo appoggiandomi alla sedia e guardando fuori. Chissà Tsubasa a quest’ora che cosa starà facendo? Cerco di fare mente locale sulle ore di fuso orario che ci separano, ma sono talmente annoiata, e confusa dall’incontro di stamattina, che non riesco a fare due calcoli messi in croce. Non vedo l’ora che suoni la ricreazione per andare un po’ fuori. Fa caldo, si sente che presto arriverà l’estate e tutti non vediamo l’ora di uscire da questa ‘galera’.
Torno a guardare il mio piccolo disegno stilizzato di questa K un po’ strana mentre mi scappa un sorriso per l’incontro, o per meglio dire scontro, di stamattina.
Non l'avevo mai notato quel ragazzo.
Forse è più grande di me. Elaboro.
 
Finalmente la campanella è suonata e la ricreazione possiamo godercela al fresco del magnifico albero del cortile scolastico. I petali sono tutti caduti a terra lasciando il posto alle nuove verdi foglie scintillanti; mentre il manto erboso si è tinto di rosa regalando un magnifico tappeto immaginario sotto la nostra panchina preferita. Yukari tira fuori il suo pasto allungandomi il mio per assicurarsi che non resti illibato. Sospiro afferrando il cibo mentre vedo in lontananza i ragazzi raggiungerci. Kumi arriva dallo stabile opposto ai ragazzi, aveva musica all’ora precedente.

È già passato un anno dalla confessione di  Kumi a Tsubasa e credo davvero che le sia passata la madornale cotta che si era presa. Ultimamente sto notando una certa confidenza con Yuzo, anche se giustificata dal corso supplementare di pittura che stanno frequentando. Infatti, appena seduti sui petali, si stanno scambiando consigli sugli ultimi disegni che il professore ha assegnato loro.

Yukari e Ryo stanno allestendo l’odierno teatrino di finte litigate, oramai è palese che si piacciono, dovrebbero solo ammetterlo. Sorrido mentre a ore dodici vedo in avvicinamento in quartetto Shutetsu… da quando Genzo è partito sempre più spesso sono stati dei nostri, fino a creare una bella squadra anche al di fuori del campo da calcio. E non vedo l’ora che siano qua visto che Mamoru ha una dote innata nel perculare Ryo. Insomma, in Izawa ho scoperto un degno alleato; e devo ammettere che quando parte con le sue battutine sono sempre al suo fianco divertendomi un sacco. Sì, Mamoru è davvero in grado di strapparmi dei sorrisi anche in questi giorni così grigi.
Appena ci raggiungono si sistemano sparpagliandosi tra di noi, impensabile fino a pochi mesi fa. Mamoru mi fa l’occhietto dopo che con la testa mi ha indicato l’irascibile coppietta inconsapevole. Sorrido tappandomi con le dita le labbra, non voglio farmi sgamare da Yukari che confabulo alle sue spalle con Izawa. Siamo diventati un’associazione a delinquere.

“Beh, che avete da litigare anche oggi? Cos’è? Ryo ti ha già finito tutta la colazione?” chiede il mio improvvisato socio.
“Izawa aspettavo te per chiederti la colazione.” Si difende Ishizaki immaginando già dove vuole andare a parare.
“Non sono così sprovveduto, il mio pasto l’ho già consumato prima di venire qua, ho già Taki che punta sempre il mio cibo.”
“Che ingrato, io penso alla tua linea e tu infanghi così il mio nome?” vedo l’accusato alzarsi a inscenare una posa dei migliori drammaturghi più famosi. Mani al petto e viso contratto dalla sofferenza: che attore!
Recite ovviamente che la maggior parte di noi odia, ma che è costretta a fare per avere bonus scolastici. 
Ridacchio ancora con la mano che mi copre le labbra, sono davvero buffi quando scherzano tra loro, sono così presa da questo scambio di battute che resto un attimo interdetta quando sento il mio nome pronunciato a voce alta e molto vicino.
“Sanae!” 
È il ragazzo di stamattina che passando vicino a noi, con i suoi amici, mi fa un cenno di saluto. Contraccambio sollevando la mano con la quale mi stavo tappando la bocca. Lui mi supera e come una deficiente sento le guance scaldarsi. Mi volto velocemente fingendo di cercare qualcosa, qualsiasi cosa dentro lo zaino della scuola.
“Lo conosci?” la voce incuriosita di Yukari mi infastidisce immediatamente senza neppure lasciarmi il tempo di…

Di cosa esattamente? Non ho nulla da nascondere.

Nego con la testa restando vaga mentre tento di arraffare un misterioso qualcosa dentro allo zaino, impegnata ancora a ravanare tra gli oggetti.
“E allora perché sei arrossita?” chiede con cadenza fintamente innocente Izawa. 

Innocentemente un tubo! Penso. 

Il tono già la dice lunga, è peggio dello squalo in agguato al di fuori della barriera corallina. 

Quand’è che siamo passati da alleati contro Ryo a nemici?

Cerco di riemergere dalla fintissima ricerca dell’oggetto misterioso per dare una risposta vaga prima che si facciano strane elucubrazioni mentali.
Ma quando sposto lo sguardo dagli occhi carbone e maliziosi di Izawa a tutto il resto del gruppo vedo che oramai è già troppo tardi.

Viso non arrossire ti prego. 

Dico a me stessa mentre alzandomi di scatto e con una scusa banale torno a prendere qualsiasi cosa in classe: maledetta vergogna! 
E pensare che in passato non sapevo cosa fosse… se penso alla bandiera sventolata sugli spalti per il capitano.
Ed ecco che il suo pensiero mi riporta con i piedi per terra e del precedente rossore non sento più nulla mentre avverto insinuarsi tra la pelle una sorta di senso di colpa… per cosa poi? Lui non si è sentito in colpa quando è partito. Lui e il suo adorato il pallone. Pallone che viene ovviamente prima di tutto, anche di me. Devo restare lucida, non mi ha mai promesso niente. Anzi, mi ha detto di fare la mia vita.

“Izawa sei sempre il solito malizioso, confondi un po’ di calura per chissà che cosa. Vado a prendere una bibita fresca.”

Mentre scuoto la gonna da qualche filetto d’erba mi incammino verso lo stabile per andare a recuperare questa fantomatica bibita fresca.
Il gruppetto sghignazza mentre sbuffo allontanandomi anche se distintamente sento Yukari che praticamente mi grida dietro: “Non è male in attesa di Ozora!”
Mi volto sconvolta con la bocca spalancata per lo stupore, odio la mia migliore amica quando mi mette in imbarazzo di fronte a tutti, la odio!
Il gruppetto ride a crepapelle mentre mostro una linguaccia epocale a quella traditrice seriale.
Salgo le scalette del plesso ripetendomi mentalmente quanto sia idiota la Nishimoto.
Arrivo al distributore automatico e dopo aver inserito i soldi seleziono la bibita, ma dopo che il macchinario ha emesso uno strano rumore, girando solo per metà di quanto invece avrebbe dovuto fare, la lattina resta incastrata.

Sospiro. Non è proprio giornata.

Improvvisamente un frastuono scuote il marchingegno mentre la bibita cade nel cassetto di distribuzione. Mi volto in direzione del rumore e il ragazzo di stamattina è vicino a me, sposto lo sguardo dal viso al suo pugno che ha impattato contro la lamiera laterale del mangiasoldi.
“Certe volte fare boxe aiuta.” Ed è così che si giustifica dopo essersi chinato a prendere la bibita ed avermela data.
“Gr- grazie” riesco a formulare, non mi aspettavo né di incontrarlo di nuovo, né che con un pugno risolvesse il problema del distributore.
“Dovevo farmi perdonare per stamattina, no?” risponde allontanandosi e tornando dai suoi due amici che, noto solo adesso, lo stavano aspettando all’angolo.
“Non importava: davvero…” mi affretto a dire prima che sparisca di nuovo.
“È stato un piacere.” Aggiunge prima di affiancare gli altri ragazzi e girare l’angolo.
Resto come un ebete con la lattina in mano cercando di ricordare il nome di questo ragazzo che improvvisamente ho notato nella mia scuola. Sicuramente c’era anche lo scorso anno solo che non ci avevo fatto caso… presa com’ero da Ozora.
Mi rendo conto che il mio piccolo mondo finora ha girato soltanto intorno a lui. Lui che per tanto tempo starà via e che mi farà perdere i migliori anni della mia vita. 
Sono davvero disposta ad annullarmi per lui? 
O forse mi merito un’adolescenza come tutti gli altri?
Mentre tra mille pensieri torno dai miei amici/nemici mi torna in mentre la K stilizzata involontariamente sul foglio stamattina e di conseguenza anche il suo nome: Koshi.

 
Usciamo dall’aula e con Yukari c’incamminiamo verso il parco, il sole è ancora alto gli altri sono usciti poco prima di noi e hanno detto che ci avrebbero aspettato al nuovo chiosco del gelato.
Yukari ha già mille progetti per domani e per i mesi estivi. Le ho già perdonato la pessima battuta di stamattina e me ne sto già pentendo visto che ora è partita con un terzo grado degno di un ispettore professionista.

“Senti un po’, ma chi sarebbe quel bel fusto che stamattina ti ha salutata?”
“Te l’ho già spiegato: mi sono solo scontrata con lui nel corridoio e mi ha aiutata a raccogliere i libri.”
“Oh, che galantuomo…” sghignazza perculandomi e battendo ripetutamente il gomito contro il mio fianco come a dire… non crederai mica di cavartela così, eh?
“Davvero non lo conosco…”
“Neppure il nome? Non ci credo, lui ti ha chiamata per nome, ne sono certa.”
“Sì – faccio la vaga, ma so già che finirà malissimo – mi pare mi abbia detto Koshi.”
“Ah, lo sapevo che ci avevi parlato quindi: sputa il rospo!”
Sollevo gli occhi al cielo sbuffando mentre rallento anche l’andatura. “Non farti troppi film Yukari, è semplice: scontro. Libri a terra. Scuse. Scambio di nomi. Stop.” Ometto volutamente della bibita altrimenti non ne uscirò mai viva.
“Fico, le migliori storie iniziano da incontri casuali. Senza considerare che siete passati subito ai nomi…”
“Oddio, e dove avresti appreso questa perla? Per i nomi è stato un caso, me lo ha chiesto nel caos della campanella e mi è venuto di dirgli il mio nome… stop, non crearci un castello.”
“Da nessuna parte, te lo dico io che sono la tua migliore amica non ti fidi? Sai che faccio? Mi trasformo in spia e entro domani riuscirò a scoprire tutto di lui, chissà magari farà qualche sport…” confabula incastrando la bazza tra l’indice e pollice con fare pensieroso.
“E cosa te lo fa pensare?”
La mia amica allunga il passo posizionandosi esattamente sulla mia traiettoria: “Come cosa me lo fa pensare? Non hai visto il fisico da paura che ha?”
Sorrido alla sfacciataggine della mia amica che adoro tratti; quando non mi mette in imbarazzo a me, ovviamente. “Che faccia tosta Yukari e poi dici a me…”
“Gli occhi, cara Nakazawa, sono fatti per guardare… insomma guarda là – dice voltandosi e indicando il gruppetto dei nostri amici vicino al chiosco – Prendiamo Mamoru per esempio…”
“In che senso scusa?” indago incuriosita.
La pazza mi afferra le spalle e le stringe eccitata mentre gli occhi le brillano e mi confessa bisbigliando: “Ha messo su un culo da paura!”
Scoppio a ridere prima di allontanarla malamente dandole bonariamente della pervertita.
“Macché pervertita, realista… più si allenano e meglio sono, insomma è migliorato anche Ryo e ho detto tutto.”
“Che Ishizaki sia il tuo punto debole oramai lo sanno anche le pietre.”
“Come per te Ozora del resto… ma ora c’è… come si chiama? – fa finta di pensarci mentre con sguardo furbo e malizioso mi sussurra all’orecchio – Koshi giusto?”
E corre via mentre la inseguo assaporando questo clima di scherno e confidenze.
 
Quando arriviamo al chiosco gli altri hanno già preso il tavolo più grande quindi ci sediamo mentre la proprietaria ci porta il listino. Scelgo un bel gelato seguita a ruota dagli altri. Sorrido mentre sento Yuzo rimproverare Ryo per la coppa scelta, pare sia la più grande. Mamoru si alza per aiutare la proprietaria nella consegna dei gelati, involontariamente mi cade un occhio sul suo lato B e devo riconoscere che la mia amica non ha tutti i torti dopotutto. Ma devo essermi soffermata un po’ troppo perché vedo Yukari farmi gesti assurdi con la testa ed elargire occhiatacce maliziose.

Che idiota, ci farà sgamare così!

“Beh, che avete da confabulare voi due?” domanda Ryo osservando la mia amica al suo fianco.
“Niente, mentre venivamo qua ci chiedevamo se quel ragazzo che ha salutato Sanae non facesse qualche sport.”
“Yukari!” la rimprovero sgranando le pupille. Ha una faccia tosta peggio di Ishizaki, sono una coppia perfetta: sfacciati uguale.
“Ah, ma allora è vero che c’è dell’interesse…” ovviamente Mamoru appena arrivato al tavolo e con le proverbiali orecchie sempre sull’attenti non perde occasione per mettermi alle strette.
“Ma chi? Il ragazzo ricciolo?” Chiede Teppei allungando una mano verso la coppa che Izawa gli sta porgendo.
“Sì, lo conosci?” la mia amica come intravede una minima possibilità di pettegolezzo ovviamente ci si butta a capofitto.
“Hajime - domanda rivolgendosi alla sua metà in campo- se non erro è l’Ozora della boxe vero?”
“Sì – risponde l’amico afferrando anche lui il gelato – è tra i più quotati della nostra scuola.”
“E sapete come fa di cognome?” la Nishimoto è inarrestabile, e so già che non si fermerà di fronte a niente finché non avrà ottenuto tutte le informazioni che la soddisfano.
“Mi pare si chiami Koshi Kanda, sempre se stiamo parlando del ragazzo giusto.”
E sono così idiota che mi lascio scappare: “Che fa boxe me lo ha detto oggi al distributore di bibite.”
La mia amica scatta in piedi e con indice accusatorio me lo punta contro.
“Allora non era vero che ti ci eri scontrata solo la mattina: confessa!”

Panico!

Se non dissimulo interesse sono spacciata, quindi con tono piatto e privo di ogni intonazione rispondo nel modo più disinteressato possibile.
“Oh, quanto la fai lunga era rimasta la bibita incastrata nel distributore e lui mi ha solo aiutata…”
Con fare teatrale si porta le mani al petto pronta a recitare chissà che.

La uccido. So che sto per ucciderla. Sono diventata veggente; prevedo il futuro. Perché so che morirà a breve. 

“Oh, che magnifico cavaliere, stamattina la aiuta a raccogliere i libri caduti; dopo la soccorre con la bibita incastrata. Solo tu Ryo pensi solo a mangiare.” Lo rimprovera dopo avergli mollato uno scappellotto a mo’ di monito per la poca cura che ha nei suoi confronti.
“Ehi” grugnisce lui non staccandosi però dal cibo.
Quando c’è il binomio Ryo e pietanze niente lo può distrarre.
Decido di intervenire in maniera drastica prima che la questione prenda una bruttissima piega.
“Nishimoto – e sa che quando la chiamo per cognome sono dolori, infatti si raddrizza sulla schiena in totale ascolto – se non erro domani dobbiamo ripassare inglese insieme per il compito.”
“Cos’è una minaccia?”
“Sì, se continui con questa storia di quel Kanda di sicuro.”
“Uff…” sbuffa lei tornado finalmente seduta.
“Dopotutto quando i gatti non ci sono i topi ballano.” Ryo, pur non staccandosi dal cibo, prende le difese del capitano, ovviamente.
“Ah, piantala di fare il guastafeste, chissà quante brasiliane avrà già ai suoi piedi a quest’ora.” Yukari prende subito le mie difese, io davvero non avrei saputo controbattere.
A cosa poi? Ozora non mi ha detto mai niente.
“Io non ci vedo nulla di male se esci con un ragazzo, dopotutto non sei mica fidanzata.” Izawa dondola il cucchiaio con il gelato mentre mi rivolge un sorriso rassicurante.
Annuisco.

Già, dopotutto, non sono mica fidanzata!
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 0_2 Koshi ***


Sono in maledetto ritardo, come sempre del resto. Corro fino all’ingresso di scuola come un fulmine, tra pochi giorni avrò un incontro di boxe contro il mio amico/avversario Kazuo. Ci siamo allenati fino a tardi ieri sera e stamattina quando la sveglia ha suonato, con una certa insistenza, il letto non mi voleva proprio lasciare andare.

Rallento solo quando inizio a salire le scale del plesso, a passo veloce imbocco il primo corridoio mentre sto riposizionando la maglia all’interno dei pantaloni della divisa scolastica. La corsa per arrivare in orario aveva fatto sì che uscisse dal suo posto.

Svolto l’angolo per raggiungere la mia aula e improvvisamente impatto in qualcosa, o per meglio dire qualcuno. È una ragazza molto minuta e dal caschetto nerissimo. 

Lo scontro le ha fatto scivolare tutti i libri di mano quindi, senza neppure prestare troppa attenzione a quello che dice, mi metto a raccogliere quanto caduto. Accenna delle scuse che mi affretto a controbattere visto che la colpa molto probabilmente è mia. “Scusa tu. Ho girato l’angolo troppo in fretta, è tardi.”

Dopo un breve dialogo ci salutiamo, ma una curiosità mi prevede: conoscere almeno il suo nome, quindi mentre arretro per raggiungere i miei compagni di classe, che mi stanno aspettando all’angolo, così da entrare tutti insieme in aula e non prendere una nota per il ritardo, glielo chiedo.

“Sanae” mi risponde, quindi torno sui miei passi molto velocemente è mi presento anch’io.

“Io sono Koshi. Scusa ancora.”


 

Appena raggiungo i cretini dei miei amici iniziano a prendermi in giro, ma non sono tipo da star dietro a quattro compagni che mi perculano, la morettina è carina e potrebbe davvero interessarmi. Rifletto che mi ha colpito molto il fatto che mi abbia detto subito il suo nome contravvenendo alla nostra usanza.

“La conoscete?” chiedo rivolto a tutti. Così da mettere subito a tacere le malelingue e dimostrare subito il mio interesse. Intanto ci avviamo in classe e quando entriamo per fortuna il professore non è ancora arrivato, così proseguiamo i nostri discorsi.

“Lascia perdere, quella ha la testa altrove, non ti noterà mai Kanda.” Risponde un mio compagno di classe e di boxe.

“Perché non dovrebbe notarmi?”

“Lo sa tutta la scuola che lei è la prima manager del calcio ed è in fissa con quello che è partito per il Brasile; come si chiama?” Chiede al nostro amico che si è già accomodato nel suo banco.

“Ozora mi pare.” Risponde mentre toglie dallo zaino, i libri e li mette sul banco.

“Sì, dai ora ricordo, Tsubasa Ozora, ci hanno fatto un articolo quelli del giornale scolastico ricordi? Lo hanno intervistato a pochi giorni dalla partenza.”

Annuisco e sto per rispondere quando il professore con voce tonante fa capire a tutti che è l’ora di iniziare la lezione e finire le chiacchiere. “Ragazzi buongiorno, aprite il libro a pagina 137”

Arraffo in fretta e furia il libro e lo apro ad una pagina a caso, tanto la mia mente è altrove; la storia della morettina mi intriga sempre di più, specialmente adesso che so di avere una sorta di rivale latitante. Dopotutto non è certo colpa mia se ha deciso di andare in Brasile.

Senza farmi notare tra il libro e l’astuccio tiro fuori il cellulare e inizio qualche ricerca su questo prodigio del calcio, la cosa buffa è che nella maggior parte delle foto, in un modo o nell’altro, Sanae è sempre presente.

Scopro così, grazie al giornaletto scolastico del quale non mi è mai interessato concretamente nulla, che Sanae si chiama Nakazawa di cognome. Che è la prima manager da quando praticamente ha iniziato a camminare e che ha perso la testa per Ozora da altrettanto tempo. Anche e il giornale non lo ha scritto esplicitamente è palese dalle foto che sia così.

Annuisco sulla sfida che mi si pone davanti. E ho intenzione di mettere subito in atto tutte le mie doti amatoriali, dopotutto finora non me la sono cavata molto male. Ridacchio del pensiero avuto e decido di tentare questa strada.

Appena finisce l’orario usciamo come al solito in giardino, la vedo da lontano, lei e tutto il gruppo del calcio sono sotto il grande ciliegio del giardino. È distratta sta ridendo tappandosi la bocca con le dita. Il caschetto nero si muove quando la sua amica le rivolge qualche parola, prende a ridere di nuovo con quelle dita affusolate a coprirle la bocca, ‘è davvero carina’ penso. Le guance arrossate forse dai discorsi degli amici la fanno apparire ancor più desiderabile. Con passo sicuro ci avviciniamo a loro e quando sono certo che possa sentirmi la chiamo: “Sanae!” Agito la mano in segno di saluto e lei colta alla sprovvista toglie le dita dalle labbra e contraccambia. Nonostante io stia quasi per superare il suo gruppetto noto le sue guance imporporarsi di rosso, mentre con la coda dell’occhio noto un movimento repentino. Sta cercando qualcosa dentro la sua borsa. Mi scappa da ridere perché vedo chiaramente il suo imbarazzo di fronte agli amici. Trovo che sia davvero seducente questo suo modo di fare. Arriviamo al nostro muretto mettendoci seduti mentre continuo a non perderla di vista.

Dibatte con i suoi amici, si gira per rispondere a uno e poi ad altri, ma improvvisamente si alza e tenta la fuga verso la scuola. Continuo a sorridere del suo atteggiamento mentre non perdo un passo di quello che fa. 

Qualcuno le urla dietro qualcosa e lei per tutta risposta esibisce una linguaccia da manuale. Sorrido colpito dal gesto.

Però, che peperina questa Sanae! Davvero una persona interessante di cui voglio approfondire la conoscenza.

Ed è quando sale i gradini della scuola che decido di rientrare per cercare di avere un altro piccolo scambio di parole con lei.

Così dico ai miei amici che ho scordato qualcosa in classe e passando dall’entrata laterale tento di raggiungerla. Arrivato nell’atrio mi accorgo di averla persa di vista, così mi volto in tutte le direzioni alla ricerca del caschetto che la contraddistingue.

La intravedo finalmente al distributore di bibite. Inserisce le monete, ma dopo qualche istante la vedo spazientirsi e premere i tasti in maniera convulsa. Immagino che come al solito quel mangiasoldi deve averle rubato il denaro senza consegnarle quello che aveva scelto.

Così la raggiungo e una volta vicino batto un pugno sul fianco del distributore. Un rumore di ingranaggi e poi il tonfo sordo della lattina che cade nel foro di consegna.

Lei stordita mi fissa sorpresa. Me ne esco con una frase un po’ presuntuosa, ma che spero faccia presa.

“Certe volte fare boxe aiuta”.

Mormora uno stentato “Gr-grazie” imbarazzato. Non voglio metterla troppo in difficoltà quindi indietreggio e raggiungo gli avvoltoi dei miei compagni che, curiosi come le scimmie, mi hanno seguito.

“Dovevo farmi perdonare per stamattina, no?” chiarisco mentre continuo ad allontanarmi

“Non importava: davvero…” specifica.

Ma conosco come corteggiare una ragazza quindi lancio lì una frase più specifica: “È stato un piacere.”

 

Ed è stato davvero un piacere quest’incontro fortuito, che non solo mi ha dato la possibilità di scoprire una nuova ragazza della mia scuola, ma si prospetta una sorta di sfida con il piccolo campione del calcio latitante, per ora… ma prima o poi tornerà in patria e vedremo chi l’avrà vinta.

Sanae resta lì con la bibita in mano a fissarmi andar via, noto la sua difficoltà nell’approcciarsi a chi non sia del suo gruppo. E con i ragazzi in generale. Dubito che sia mai stata fidanzata con qualcuno. Sicuramente avendo una cotta da anni per la medesima persona non avrà avuto altre esperienze, e forse adesso che è il momento di farne il ragazzo che le piace si è trasferito al di là del mondo.

Il Brasile non è certo dietro l’angolo e lui non è lì per divertirsi, ma per concentrarsi sulla sua carriera; dubito che possa riuscire a tornare frequentemente qua in Giappone.

Decido così di sfruttare questa opportunità che mi ha fornito il destino. 

Ho già in mente alcuni passi da fare senza risultare troppo invadente, il mio obiettivo è invitarla una sera a vedere un incontro… poi vedremo se da cosa nasce cosa.

Appena mi avvicino al gruppetto dei miei amici gli sfottò non mancano di certo, non me ne curo, sono abituato a loro e alle loro prese in giro.

Sicuro che quando ci sarà l’occasione potranno anche essermi utili in qualche modo, ne sono certo.

“Quindi? Cosa hai intenzione di fare con la Nakazawa?” chiede un mio compagno appena rientro nelle fila del gruppo.

“Ho intenzione di corteggiarla.”

“Uh! Abbiamo intenzioni serie stavolta?” Kazuo mi punzecchia, conosce bene le mie precedenti avventure in fatto di ragazze e sa perfettamente che non sono un mostro di fedeltà e coerenza. Ma Sanae… non so, lei mi ispira altro. Altro che ovviamente devo costruire e conquistare. L’ho già detto dopotutto che adoro le sfide, chissà poi magari insieme ci starò davvero bene.

“Serie non so, ma di sicuro è una bella conquista visto la lontananza di Ozora.”

“Ah, ecco, adesso mi torna, tu prendi tutto come una sfida e non solo nella boxe.”

Interviene il mio compagno di scuola. “Scommetto che non riuscirai nell’impresa Koshi!”

Allungo la mano per sigillare la scommessa e propongo con tono deciso: “Entro 15 giorni la convincerò a uscire con me e a venire a vedere un mio incontro di boxe!”

Kazuo ride di gusto mentre io e Keizo ci stringiamo la mano per suggellare il patto.

“Ora non mi resta che mettere in pratica le mie doti amatoriali.” Sbeffeggio mentre continuo a ridere della situazione, sono consapevole di aver già attirato l’interesse di Sanae.

Inizia il mio progetto di conquista già all’uscita di scuola, quando la vedo arrivare dal suo corridoio resto appoggiato alla parete mentre lei passa. Faccio finta di interessarmi al giornale che Kazuo mi sta mostrando mentre con la testa piegata verso lo stampato sollevo gli occhi per osservarla meglio; ed è in quell’attimo di tempo che lei pensava di non essere vista che la becco, proprio nel momento in cui passa più vicino arrossisce mentre si gira verso la sua amica distogliendo lo sguardo.

Un sorriso distorto mi nasce sulle labbra per la consapevolezza della facilità di questa conquista.

Sanae è ingenua, ed io adoro questa sua ingenuità.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 1_0 Sanae ***


Pochi giorni ancora e inizieranno le vacanze, quindici giorni che il capitano è partito e il dolore della mancanza pare attenuato, sicuramente gli amici hanno avuto un buon contributo in tutto questo. Osservo Yukari che al mio fianco sta parlando con Ryo, sono certa che prima della fine dell’estate avremo una bella coppietta nel nostro gruppo, si punzecchiano troppo perché ci sia tutta questa indifferenza che vogliono farci credere.
Fuori dal cancello appoggiato al palo della luce con una gamba sollevata noto Koshi. La mia amica dalla vista lunga non perde occasione per sfracellarmi il fianco con il gomito; come se non l’avessi visto!
Tra i denti mastico un: “Piantala!”
Prima di essere troppo vicino per essere sentita. Mentalmente sto’ pregando che non stia aspettando me.

Ignorami, ignorami, ignorami.

Continuo a ripetermi nel cervello; come se potesse funzionare poi…
Ma le preghiere sono tutte vane quando lo vedo sollevare lo sguardo e regalarmi un sorriso. Non so esattamente cosa si sia messo testa ma qualsiasi cosa sia non devo dargli spago.
Dandosi una leggerissima spinta con il piede si stacca dal palo avvicinandosi. Lo vedo che è in difficoltà, non sono sola e i miei adorati amici stanno già sghignazzando alle mie spalle… si sono fermati due passi dietro per farmi andare avanti da sola: i traditori!

“Ehm, ciao Sanae.”
“Ciao, Koshi.” Rispondo intrecciando le mani in grembo, non so come comportarmi e i risolini alle mie spalle non mi stanno aiutando per niente.
“Ah, Sanae, noi abbiamo furia, dobbiamo andare di corsa in quel posto che dicevamo prima.” La mia migliore amica è già partita all’attacco abbandonandomi al mio destino. Me la pagherà cara per questa mossa. Mi volto talmente velocemente che la gonna ondeggia disegnando un semicerchio. Stringo i denti bisbigliando un: “non provarci.”
Ma lei si apre in un sorriso quando Kanda prende la palla al balzo: “Se vuoi posso farti compagnia nel tragitto fino a casa visto che i tuoi amici hanno fretta.”
Mi giro un'altra volta non so più da che parte difendermi…
Non faccio in tempo a dire: “No, non-” che la mia miglior traditrice, perché oramai amica è superato, mi aggira e mettendosi di fronte al ragazzo praticamente parla per me: “oh sì, grazie, noi abbiamo davvero fretta.”
E tutto si compie in un attimo mentre vedo il gruppetto dei miei amici allontanarsi e lasciarmi lì come un ebete. 

Li voglio morti!

Resto come pietrificata con Koshi al mio fianco, sento le guance scaldarsi mentre vedo quei giuda dei miei amici andare via ridacchiando.
“Beh, siamo rimasti soli spero non ti dispiaccia…”
“No, scusa, è che non mi aspettavo dai miei amici… come dire?”
“Una fuga?” suggerisce sorridendo.
“Già, letteralmente una fuga.” E ne rido anch’io visto che oramai non credo di avere nessun scampo e neppure nessuna possibilità di una qualsivoglia scusa inventata; si capirebbe subito e non mi va.
“Quindi che ne dici? Andiamo verso casa?” suggerisce facendomi strada con un braccio.
Annuisco mentre muovo il primo passo al suo fianco. Vedo Nishimoto in lontananza voltarsi per controllare la situazione e quindi ne approfitto per passarmi due dita sotto la gola in segno di sgozzamento. Koshi non mi ha visto, mentre la mia amica ride di gusto.

“Abitiamo nella stessa direzione?” chiedo incuriosita.
“Diciamo che non è proprio di strada ma un po’ di moto non fa male.”
“Sai dove abito?”
“Sì, ho i miei informatori, spero non ti dispiaccia.”
“No, è che… non me lo aspettavo. Però vorrei essere chiara con te, Koshi, è che…”
“Lo so, hai un debole per il capitano Ozora.”
“È così evidente?”
“Diciamo che ho dei buoni informatori, - sorride, un sorriso caldo e profondo - ma so anche che non sei fidanzata e quindi…”
“Quindi ti dico subito che non voglio cacciarmi in altre questioni, spero che tu non ci rimanga male, ma davvero non vorrei creare illusioni…”
“Neppure un gelato da amici o una semplice passeggiata? Insomma, ho capito che starà via molto tempo.”
“Ne sono consapevole, ma al momento sto bene così.”
“Capisco. – Facciamo qualche passo in silenzio prima che sia lui a riprendere il discorso - Senti ho la moto parcheggiata dietro l’angolo ti va di salire e ti accompagno a casa con quella?”
“Ti ringrazio, ma ho paura della velocità.”
“Prometto che andrò pianissimo!”
Nego mentre vedo ondeggiare i miei capelli ai lati delle guance. “No, davvero, preferisco fare due passi.”
 
E devo dire che questi dieci minuti di camminata sono stati piacevoli, Koshi è davvero interessante, per me abituata a sentire parlare sempre e solo di calcio; il mondo della boxe, raccontato attraverso le sue parole, mi ha incuriosita moltissimo, anche se non mi entusiasma vederlo con un livido sullo zigomo o uno squarcio sul sopracciglio.
“Eccoci arrivati.” Dico fermandomi a pochi passi dal cancello di casa.
“Quindi posso contare sulla tua presenza al prossimo incontro?”
“Non so…”
Sono confusa e combattuta. Perché davvero vorrei andare a vedere un incontro che non sia una partita di calcio; però, da un lato mi sento come se stessi tradendo Tsubasa e dall’altro ho paura di vedere Kanda ferito. Approfitta di questa mia indecisione per afferrarmi le mani e stringerle, mentre con occhi grandissimi e neri come la pece mi fissa in attesa di un sì.
“Una volta sola, se poi non ti piace prometto che non te lo chiederò più.”
Tiro indietro le braccia affinché lasci andare le mie mani, questo contatto improvviso mi sta imbarazzando; infatti controllo a destra e sinistra sperando che non ci abbia visto nessuno. Come se avessi paura di essere scoperta e qualcuno potesse dirlo a Tsubasa. 

Non sei mica fidanzata dopotutto… le parole di Izawa tornano prepotentemente nei miei pensieri.

“Scusa” mi dice rendendosi conto del mio fastidio.
“No, è che…” divento rossa scordando le parole che avevo in mente.
“Lo so, mi sono lasciato trascinare, non vuoi creare false speranze, ho capito.” Rimarca il mio precedente concetto come a confermarmi che ha capito perfettamente il mio punto di vista.
“Grazie, ci vediamo a scuola, grazie per avermi accompagnata a casa.” Lo vedo è deluso, ma dall’espressione dubito che mollerà la presa tanto facilmente e onestamente questa cosa mi fa sentire desiderata. Queste sarebbero le attenzioni che vorrei da Tsubasa, ma che per ora riserva solo all’amato pallone.
Cammina all’indietro mentre con la mano mi saluta, io faccio altrettanto, poco prima di entrare nel cancello però si rivolge ancora a me: “Nakazawa sono abituato a combattere per ottenere ciò che voglio!”
Sorrido guardandolo: “avevo capito.” Rispondo, mentre sento le gote andare a fuoco.
 
Supero la soglia di casa di gran carriera, saluto la mamma in cucina mentre imbocco le scale per raggiungere la camera; intanto sfilo il cellulare dalla tasca e quando sto per avviare la chiamata verso quell’infame maledetta della mia amica, vedo comparire sullo schermo il suo nome.
“Proprio a te pensavo, stavo per chiamarti”.
“E allora? Voglio tutti i dettagli anche i più focosi.”
“Che scema, ma che diavolo vi siete messi in testa?”
“Io nulla, ma dimmi, dimmi: che intenzioni ha?”
“Nessuna, Yukari leggi troppi romanzetti rosa tu.”
“Quanto la fai lunga Sanae, per una volta che un ragazzo carino ti fa il filo non vedo cosa ci sia di male, noiosa.”
“Lo sai che Tsubasa…” ma non mi fa finire e attacca la solita tiritera.

“Ohhh, che lagna con questo Ozora; ti ricordo che:
- punto primo, è dall’altra parte del mondo.
Punto secondo, non sei fidanzata.
Punto terzo, hai sedici anni.
Punto quarto, è stato lo stesso capitano a dirti di andare avanti con la tua vita.
Punto quinto, insomma, quando lo rivedi Koshi?”

Rido per la foga che tutte le volte ci mette quando deve farmi qualche ramanzina.
“Mai!”
“Non ci credo. E ora sputa il rospo e raccontami quello che ti ha detto.”
“Ma non mi ha detto nulla di particolare, mi ha solo proposto di accompagnarmi a casa in moto e…”
“In moto? Wow, che bellezza, hai accettato vero?”
“Ma anche no, Yukari, sai che ho paura della velocità.”
“Che piattola che sei. E Poi?”
“Non sono una piattola… e poi, mh, mi ha detto se lo andavo a vedere in un incontro di boxe.”
“Hai detto di sì almeno a quello vero?”
“Ma no, Yukari.”
“Vedi che ho ragione a dire che sei una piattola.”
“E tu una traditrice che mi abbandoni con gli sconosciuti.” Mi tappo la bocca lasciando andare a terra lo zaino mentre soffoco un sorrisetto.
“Ah, lo sento che stai ridacchiando… falla poco lunga quando lo rivedi?”
“Yukari, davvero non lo rivedo. Anche se…”
“Anche se?”
La mia amica pende letteralmente dalle mie labbra e io adoro prendermi questa piccola rivincita per lo scherzetto che mi ha fatto poco fa lasciandomi sola con Koshi.
“Ha detto che è abituato a combattere per ottenere ciò che vuole.”
“Oh, io già adoro questo ragazzo; amici ne ha?”
“E Ryo?” indago stuzzicandola, ma tanto so che non si fa mai cogliere impreparata è la persona più scaltra che io conosca. Lei senza parole non ci resterà mai.
“Mah, Ryo oggi ha tentato di baciarmi, ma io mi sono voltata fingendo che ci fosse uno scoiattolo sull’albero.”
Scoppio a ridere mentre il cellulare mi scappa dalle mani e compie due o tre giravolte prima che lo riacciuffi al volo.

“Tu non sei rifinita, povero Ryo sono mesi che ti sbava dietro. E confessalo che non ti è indifferente, suvvia.”
“Lo sai come la penso, non ho minimamente voglia d’impegnarmi adesso. Oggi pomeriggio che facciamo?”
“Gelato?” propongo conoscendo già la golosità innata della mia amica. Anche in questo si assomigliano con Ishizaki.
“Sai sempre come prendermi ci vediamo dopo, passo a prenderti verso le sedici.”
“Ok, a dopo.”
 
Mi butto sul letto a pancia in giù e piedi sollevati che dondolano, mentre le dita scorrono veloci sul vetro del cellulare e cercano l’icona di Instagram. Le foto dei miei compagni di classe e amici si susseguono mentre scorro veloce con il pollice; vado subito a controllare il profilo del capitano e come al solito resto delusa nel non trovare praticamente nulla, eccetto una foto del primo giorno in cui è arrivato in Brasile. Sbuffo per impossibilità di aggiornarmi e ‘maledicendo bonariamente’ Tsubasa per la sua pochissima vita social su internet. 

Non che brilli anche nella realtà! Sempre e solo il pallone in testa. Penso.

Mossa dalla curiosità però clicco sulla lente di ricerca e inizio a digitare un altro nome che non ho mai cercato in precedenza. 
Koshi Kanda.
E quando il suo profilo mi compare spalanco gli occhi per una foto che lo mostra in maniera totalmente diversa da come l’ho sempre visto io…
 
I pantaloncini da boxe gli donano da paura.
I completini da calcio non sono così sexy.


Ridacchio sui miei stessi pensieri. Improvvisamente mi appare una notifica. Lancio il cellulare in aria come se fossi stata colta in flagranza di reato. 

Koshi Kanda ha chiesto di seguirti.

Afferrò di nuovo il cellulare caduto, per fortuna, sul materasso e non in terra. Mi do della cretina per essermi spaventata. Il dito indugia sulla risposta da dare. I denti stringono il labbro inferiore in maniera non proprio piacevole. E quel sottile senso di colpa torna a farsi strada tra i pori della pelle.

Al diavolo! Penso mentre il pollice, fregandosene dei pensieri, clicca sul tasto Accetta.

Il cuore accelera un paio di battiti prima che una vampata di calore mi arrivi nuovamente alle gote.
Adesso anche Koshi può vedere le mie foto e scopro che questo pensiero mi fa proprio piacere.

Yukari mi prenderà in giro finché avrà fiato. 

Lascio il cellulare sul cuscino dove dormo e inizio a prepararmi per uscire con gli altri.




Dedico questo capitolo a Mora79 sperando di tirarle un pochetto su il morale... visto che non se lo aspettava prima di martedì; poi dì che non ti penso eh.
bacio
Sanae77
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 2_0 Sanae Koshi ***


Siamo di fronte all’armadietto della scuola dove solitamente lascio i libri e come al solito non riesco ad aprirlo, la combinazione, che so essere quella, non ne vuol sapere oggi.
Yukari sta messaggiando al mio fianco con non so chi, ma ridacchia, quindi quasi di sicuro sarà Ryo.

“Uff…” sbuffo contro lo sportellino maledetto.
“Ancora pochi giorni e il prossimo anno te ne daranno un altro” mi rassicura Yukari al mio fianco, non stacca gli occhi dal cellulare anche se sta parlando con me.

Avverto come una presenza alle spalle, ma non faccio in tempo a girarmi che l’armadietto viene colpito da un pugno diretto e preciso. Questo si apre senza più protestare. Entrambe ci giriamo verso l’autore del gesto che già ci ha superato insieme ad altre due figure alte come lui.
Mi volto e vedo Koshi che sorride. È stato lui ad aprire il maledetto arnese.

“Grazie” mormoro leggermente inebetita.
Con un saluto militaresco contraccambia: “Dovere!” esclama mentre prosegue con i suoi amici.
“Wow!” Yukari al mio fianco per la prima volta resta senza parole.
“Non. Dire. Niente.” L’ammonisco, non ho voglia di prese in giro di prima mattina.
Apro lo sportellino e in bella vista c’è una busta rossa sopra la pila di libri. L’afferro, mentre la mia inseparabile amica, da dietro le spalle, si sporge in avanti come il peggiore dei gufi sulla spalliera appollaiato per controllare.

“Che roba è?” domanda incuriosita mentre si protende sempre più.
“Non ne ho la più pallida idea” rispondo mentre apro e scopro due biglietti all’interno. Leggo velocemente e scopro che sono per il prossimo incontro di boxe di sabato.

Di scatto mi giro verso dove Kanda ha proseguito la sua strada trovandolo ancora lì che guarda incuriosito nella mia direzione, mi sorride e al contempo mi fa l’occhiolino e io come una demente arrossisco ancora. Torno a guardare i biglietti inclinando tanto la testa così che i capelli mi coprano al mondo esterno, Yukari è dietro e non può vedermi. Ringrazio gli dei per questo.

“Oddio non ci credo – cinguetta la mia amica – due biglietti per un incontro di boxe? È Kanda vero?”
“No, sono della fata madrina.” Il tono mi esce un po’ troppo sarcastico, ma sono troppo imbarazzata per affrontare Yukari adesso.
“Ci andiamo vero?” Nishimoto poggia una mano sullo sportello chiudendolo di colpo. Avendomi aggirato adesso è davanti a me e vuole una dannata risposta.

Il telefono inizia a vibrare, quindi ripongo i biglietti dentro al diario e lo tolgo dalla tasca della divisa muovendo veloce le dita per togliere il blocco.
Un messaggio privato di Koshi compare tra le notifiche; e sono fregata perché anche l’impicciona della mia compagna ha visto.

“Oh… siamo già ai messaggini privati, vedo!”
Sospiro, davvero non so che fare. Sono combattuta, tanto combattuta.
“Puoi per una volta prendere la questione in modo serio e aiutarmi?” solo pochi millesimi di secondi dopo mi rendo conto di aver fatto un errore. Un errore enorme. Mai chiedere consigli a Yukari visto che partirà con una filippica da oscar. Infatti… i pronostici appena fatti non si fanno attendere.
“Cosa c’è da questionare, Sanae, un ragazzo carino ti sta facendo la corte. Punto. Stop. Non c’è nulla da fare, se ti piace accettala e piantala di pensare a chi è lontano migliaia di chilometri, la vita è qua, adesso… magari andrà bene, forse andrà male; non lo puoi sapere se non provi. Tsubasa starà via anni, davvero vuoi murarti in casa? Inoltre è solo un invito per andare a un incontro di boxe non è che ti ha invitato nel suo letto. Beh, non per ora, magari in futuro chissà.” Scherza mentre mi tira un pugnetto alla spalla.
“Come sei scema…”
“Scema, ma realista, quindi sabato ti passo a prendere alle 20.30 e andiamo a vedere questa gara: che ne dici?”
“E chi ti dice che quel biglietto è per te?”
“Tu mi sottovaluti, avrà pensato bene di presentarmi qualche amico figaccione!”
Ironizza mentre apro il messaggio di Koshi.

Spero che i biglietti siano di tuo gradimento, ovviamente la tua amica è la benvenuta.

“Visto, che ti dicevo, quel biglietto è per me. Forza, digli che andiamo” tutta soddisfatta Yukari saltella per la prospettiva interessante che si offre per il prossimo sabato.
“Hai già deciso per entrambe?” domando per farla stare ancora un po’ sulle spine, dentro di me so già che accetterò l’invito.
“Che domande! Certo, e venerdì shopping, insomma è un incontro importante…” risponde con aria di chi la sa lunga.

Le spingo bonariamente una spalla con la mano mentre la perculo dicendole: “Ne capisci poco di calcio figuriamoci di boxe. Muoviamoci che facciamo tardi a lezione” e poco prima di riporre il cellulare rispondo un Grazie a Koshi accettando i biglietti.

Uno smile dalle guanciotte rosse e sorridenti spicca sotto il mio grazie; e io sono contenta.






Il piano ha avuto successo, la mossa del biglietto dentro l’armadietto è stata una trovata fantastica, se poi metto in conto l’apertura con il pugno si sfiorano livelli altissimi di corteggiamento. Infatti i miei amici non fanno che elogiare questo metodo e chiedermi consigli. Dopotutto Sanae davvero mi interessa, è così naturale e spontanea che la sua compagnia mi fa davvero piacere. Pensavo di ridurre tutto ad una sfida, ma non è così.

Ho organizzato tutto per domani sera, lei ancora non lo immagina ma dopo l’incontro ho intenzione di portarla in un pub a mangiare qualcosa. Kazuo mi ha già chiesto di presentargli l’amica che è sempre con lei. Mi pare di aver inteso chiamarsi Yukari, infatti ora che le sto osservando mentre guardano il biglietto noto un suo profondo interesse per il foglietto d’invito.

Yukari è molto più peperina di Sanae, vedo come la punzecchia tutti i giorni e la incita a buttarsi nella vita da adolescente. Decido così di affondare il colpo finale, devo coglierla in contropiede affinché non mi dica di no, così le invio un messaggio. Quando vedo che afferra il cellulare mi gusto la sua espressione e reazione.
Quel piccolo gesto di far dondolare i capelli per coprire il volto non m’inganna più, anche se lo trovo adorabile. Vedo Yukari agitarsi sempre di più e parlottare ancora più vicino all’amica. Sono certo che stia tentando di convincerla, dovrò ringraziarla per questo.
Saltella quasi, e capisco che ha accettato l’invito anche se non ne ho ancora la conferma. Pochi istanti dopo il mio cellulare vibra e una notifica di un semplice Grazie campeggia sullo schermo.

È fatta!


Sollevo lo sguardo e osservo le due ragazze. La prima manager ha le gote arrossate, mentre l’amica continua a saltellare intorno anche se Sanae è in movimento per raggiungere l’aula.
Faccio un passo in avanti così da essere vicinissimo quando passerà qua dinanzi a me, la speranza sarebbe anche di sfiorarla in modo involontario, o così deve apparire.
Voltandomi di poco, verso i miei amici, cerco di darle l’impressione di casualità, così quando passa riesco a sfiorarle il braccio con il gomito. Con la coda dell’occhio vedo che sorride, dopo che con la mano ha spostato i capelli dietro l’orecchio regalandomi così uno spicchio del suo incantevole viso.

Questo piccolo gioco di seduzione mi sta intrigando da matti mentre continuo a ripetermi che non è più solo una sfida ma che Sanae inizia davvero a piacermi. Devo solo dare una spintarella a questo incontro senza però forzarle troppo la mano. Non voglio esagerare e non voglio rischiare di bruciarmi un’occasione d’oro di stare con lei.
Quindi ripongo il cellulare in tasca promettendo di non inviare altri messaggi per non farla sentire troppo oppressa. Mi piacerebbe che imparasse ad apprezzarmi e conoscermi gradatamente. La bramosia di chattare con lei è tanta, ma voglio conservare gli argomenti per sabato sera. Trovo molto sterile questo nuovo metodo di corteggiamento tramite messaggini. Forse sarà un po’ vecchio stampo, ma quando parlo con una persona ho piacere di guardarla negli occhi.
Se poi gli occhi sono quelli di Sanae credo che ne valga davvero la pena.
Una volta infilate le mani nelle tasche torno a colloquiare con i miei amici che, come sempre, stanno già discutendo e scommettendo su chi vincerà l’incontro di sabato. Incontro che si disputerà tra me Kazuo visto che facciamo parte di due associazioni pugilistiche differenti.
M’immergo quindi nella loro conversazione così da distrarmi dal pensiero di Sanae, ma resta molto difficile farlo quando il corpo continua a ricordarsi quel leggero sfioramento e mandarti messaggi strampalati, ma inequivocabili.

Forse è la prima volta che una ragazza mi entra sottopelle e ci resta per così tanto tempo. Tempo che si protrae anche quando lascio la scuola e torno a casa, tempo che si allunga alla cena e al dopocena in cameretta mia.
Sensazione che continua a vivere ogni volta che scopro una sua vecchia foto sul profilo di Instagram a cui mi ha dato accesso. Accesso che non avrei mai sperato di ottenere.
Finalmente sopraggiunge la stanchezza della giornata, così lascio il cellulare sul comodino e una volta steso sul letto impiego pochissimo tempo ad addormentarmi.
Ed è proprio nell’attimo in cui passo dalla veglia al sonno che il corpo ricorda ancora una volta, come in un loop infinito, quel leggero tremito che dal gomito si diffonde in tutto il corpo, regalandomi una sensazione di beatitudine e quiete.

“Buonanotte, Sanae” sussurro tra le braccia di Morfeo.

 


Avviso che pubblicherò due volte a settimana.
Saluti a tutti
Sanae77

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 3_0 Sanae ***


È sabato.
Questi giorni sono passati veloci come il vento. Nonostante ieri siamo andate a fare shopping e tutto sembrava, ripeto sembrava, stabilito adesso pare non vada più bene niente. Yukari è impazzita non so perché ma si è messa in testa che debba per forza essere carina a tutti i costi.
Il vestito non andava bene, i pantaloni neppure, mi guardo allo specchio e davvero vedo che ho esagerato con il trucco.
Guardo sconsolata l’orologio, alla fine mi farà far tardi.

“Non dovevo darti retta Yukari, non mi sento a mio agio vestita così, lo sapevo.”
“Senti, basta che tu ti decida Sanae, sono le 20.15 e ancora non sei contenta.”

Insoddisfatta vado al bagno, tolgo tutto il trucco lavandomi in fretta e furia il viso. Anche questo vestito troppo provocante viene gettato in un angolo della cameretta e indosso un paio di jeans classici. Sopra una magliettina bianca con delle righine celesti. Le labbra vengono idratate con un semplice gloss rosa chiarissimo. Racchiudo i capelli in una coda alta perché stasera fa veramente caldo e dentro al tendone dove si svolge l’incontro immagino ci saranno quaranta gradi. 

Mi volto a destra e poi a sinistra guardandomi nello specchio… ora ci siamo!

Yukari borbotta qualcosa, ma non la calcolo, devo sentirmi in quello che indosso e con questi abiti mi sento a mio agio. Un paio di sandali bianchi completano il tutto. Afferro la borsetta celeste e spingendo la mia amica fuori dalla cameretta finalmente usciamo per andare a questo incontro.
Percorriamo velocemente i vicoli che ci separano dal palazzetto della scuola sono già le 20.45 e non ho davvero intenzione di far tardi, sono una persona puntuale. L’incontro inizierà alle 21.00 e noi dovevamo esser lì per le 20.30; siamo già in ritardo.

Odio essere in ritardo!

Appena entrate nel palazzetto cerchiamo i posti a noi riservati, ma da quello che vedo, essendo pieno, vado subito negli unici due rimasti vuoti. Infatti come immaginato sono i nostri. Sul ring già sono posizionati gli atleti con i rispettivi allenatori. Vedo Koshi, ma è talmente concentrato che non oso neppure alzare un dito per non distrarlo. Sono abituata a Tsubasa e alla sua concentrazione estrema prima di ogni incontro, quindi capisco l’importanza di questo momento. Yukari invece solleva la mano per farsi notare, ma con una prontezza di riflessi che non pensavo di avere la blocco prima che riesca ad ottenere attenzione.

“Non distrarlo.” L’ammonisco e lei prende subito la palla al balzo.
“Cos’è: non vuoi veder rotto quel bel faccino?” domanda punzecchiandomi.

Sono davvero stufa di questo continuo logorio, mi pare la famosa goccia cinese che vuole scavare la roccia quindi decido di spiazzarla: “Sì, non voglio vedere il suo volto malmenato. Così sei contenta.”
Inizia a saltellare come una scema, scuoto la testa sconsolata per avere un’amica così deficiente. La voce del presentatore mi riscuote dai pensieri mentre presenta i due contendenti sul ring. Ho il cuore che va a mille e non so esattamente il perché, se davvero mi spiace vedere Koshi che sta per battersi o se l’emozione di vedere per la prima volta un incontro di boxe mi sta mettendo agitazione. Non lo capisco bene mentre lo sguardo continua a spostarsi sui due pugili alternandoli. Ed è in un momento di questo rimpallo di occhiate che vedo Kanda cercare tra il pubblico. Sollevo semplicemente le dita e le muovo in segno di saluto. Non voglio essere così plateale ma comunque voglio fargli vedere che ci sono. 

Che sono qua per lui.

Sull’ultimo pensiero sento il sangue rimescolarsi dentro le vene, mentre una vampata di calore mi sale dalle dita per raggiungere la testa. Mi volto quasi spaventata verso Yukari credendo di essere colta in flagranza, invece la vedo impegnatissima ad ascoltare quello che il presentatore sta dicendo. Forse sta spiegando come si svolge un incontro. Non che mi facesse male ascoltare ma Koshi ha distolto totalmente la mia attenzione con i suoi occhi. Occhi profondi ed estremamente espressivi ora che li noto.
 
Il gong ci riscuote entrambi. Lui perché costretto a iniziare l’incontro io per riacquistare un minimo di dignità perduta chissà dove. Non mi ero mai fissata a guardare qualcuno a pochi attimi dall’inizio di una gara; o per lo meno lo avrò anche fatto con Tsubasa, ma lui non mi ha mai degnata di uno sguardo prima di una partita talmente era concentrato in quello che aveva da fare.
È innegabile che questo atteggiamento del boxer a differenza del calciatore mi faccia un estremo piacere.
Ma il piacere presto si trasforma in ansia e ogni colpo che Kanda riceve mi fa portare le mani al volto per tapparmi gli occhi, non ce la faccio a guardare.
La mia amica si è subito acquietata dopo i primi pugni e seduta vicino a me, sta letteralmente stritolando un braccio con le dita. Anche lei non è abituata a questo tipo di gare.
Ed è al terzo round che finalmente il tutto finisce. Koshi si muove veloce mollando un destro al suo avversario che finisce a terra. Il ragazzo solleva un braccio in segno di resa e l’incontro termina decretando la vittoria del mio nuovo amico.

Il pubblico sta defluendo compostamente mentre in fila con gli altri ci apprestiamo a uscire, Yukari mi sta tenendo la mano saldamente per non perdermi. Sento vibrare il cellulare quindi stringo le dita della mia amica e le suggerisco di accostarci al muro così da poter guardare il telefono.
Appena riusciamo a ritagliarci un minuscolo spazio per respirare afferro il cellulare e leggo il messaggio che ho ricevuto.
Koshi mi chiede di attenderlo e, insieme al suo avversario, di andare a bere qualcosa tutti insieme.
Resto un attimo interdetta da questa strana situazione; fino a due minuti prima se le davano di santa ragione e ora ci viene proposto di andare tutti insieme a divertirci.
Bisbiglio a Nishimoto la proposta all’orecchio, ma non faccio neppure in tempo a finire che già mi sta intimando di rispondere il prima possibile dicendo che accettiamo.
Kanda ci ha suggerito di aspettarli all’uscita di sicurezza, alla sinistra della biglietteria, ed è lì che ci siamo messe a commentare l’incontro quando sentiamo dei passi sopraggiungere dal corridoio.

Koshi e il suo avversario ci stanno raggiungendo mentre parlottano. Quando arrivano per la prima volta la mia amica tace. Sollevo un sopracciglio cercando di carpirne l’espressione; non riesco a capire se è rimasta letteralmente abbagliata dall’avversario di Kanda o è rimasta colpita dai cerotti sulle sopracciglia dei due atleti.
Koshi ha anche uno zigomo violaceo e nel vederlo lo stomaco ha uno strano sussulto, storco le labbra restando stupita dalla mia reazione, solitamente tollero bene le ferite, sono abituata con tutta la squadra di calcio, ma avverto la medesima sensazione di quando si ferisce il capitano. Un malessere mi agguanta lo stomaco per non lasciarlo.

“Sanae, Yukari, questo è Kazuo Nakamura mio degno avversario.” 
“Piacere” si affretta a salutarci facendo un leggero inchino al quale contraccambiamo.
“Piaciuto l’incontro?” domanda Koshi distogliendomi dall’osservare le sue ferite.
“Non lo so, non ne avevo mai visto uno dal vivo, certe volte mio padre lo guarda in tv ma…”
“Ma…” chiede incuriosito avvicinandosi tanto da sfiorarmi il braccio. Ed è così assurdo che avendolo così vicino mi venga da sollevare la mano mentre le dita mosse da una forza indipendente gli sfiorano lo zigomo tumefatto.
“Fa effetto vedere certi segni” l’indice e il medio con il quale l’ho sfiorato tremano impercettibilmente mentre resto a fissarlo come inebetita negli occhi.
“Normale amministrazione” risponde afferrandomi la mano e tirandomi verso l’uscita. Perdo quasi l’equilibrio per affiancarlo nella camminata quando prosegue rivolto a Kazuo: “Andiamo a quel pub in fondo alla strada? Ho una fame che non ci vedo.” 

L’amico annuisce. Yukari sorride seguendoci dopo l’invito dell’altro pugile.
Una volta intrapresa la strada per il pub Koshi mi lascia andare la mano proseguendo affiancati, me la guardo un attimo confusa pensando che forse è la prima volta che dò la mano a qualcuno che non sia la mia amica.

I ragazzi continuano a parlare dell’incontro mentre quella folle della mia compagna di classe continua a bisbigliarmi nell’orecchio quanto sia carino Nakamura. Effettivamente è davvero un bel ragazzo, un fisico atletico e asciutto come Koshi, entrambi avvolti nella tuta delle loro associazioni pugilistiche, camminano con i borsoni in spalla. A differenza di Kanda, Nakamura ha i capelli lisci, molto corti con un leggero ciuffo indisciplinato che gli ricade sulla fronte; anche lui porta i segni dell’incontro, ma entrambi non paiono curarsene.
Finalmente seduti in questo pub per un panino placa-fame, iniziamo a chiacchierare della nostra vita e dei nostri interessi portando così a conoscersi meglio. E non avrei mai creduto che due ragazzi sarebbero riusciti a fare un’uscita così piacevole dopo essersele suonate di santa ragione. Questo sport inizia ad affascinarmi sempre più, abituata a gestire piccoli screzi della nostra squadra affrontare discorsi su gare individualistiche è davvero lontano dal mio modo di pensare e vivere lo sport.

Yukari sta riempiendo di domande Kazuo; scuoto la testa pensando che talvolta avrebbe bisogno di un sedativo. Così lo farà fuggire; ma voltandomi e osservando il ragazzo vedo che invece ha piacere di ascoltarla per poi ridere di gusto di quello che sta dicendo, indubbiamente c’è un certo feeling, è innegabile. Io invece resto sempre in questo stato di stallo-imbarazzo e a tratti invidio Nishimoto per la sua intraprendenza. Gioco con un fazzoletto che ho di fronte quando vengo distratta dalle parole di Koshi: “mi ha fatto piacere che siate venute all’incontro.”
“È stato divertente. No, scusa, nel senso… non è stato divertente vederti riempire di botte, non fraintendermi, cioè volevo dire…” mentalmente mi maledico da sola per non saper portare in fondo neppure un dannato discorso. 
Ma Kanda allunga la mano e la posa sopra la mia sorridendo: “Non preoccuparti, è giusto che tu ti sia divertita è a questo che serve, ed è normale che io abbia qualche livido; davvero non crucciarti è normale amministrazione.”

Resto immobile assaporando il calore delle sue dita sopra le mie. I nostri sguardi s’incrociano per un attimo e io arrossisco di nuovo. Mi volto in fretta e furia sfilando la mano da sotto la sua, poi mi alzo e dico che devo andare al bagno.
Vedo Yukari smarrita mentre passo per uscire dal tavolo e dirigermi verso la toilette.
Una volta entrata apro l’acqua fredda per rinfrescare il volto. Sospiro guardandomi allo specchio quando due secondi dopo dalla porta entra la mia amica.

“Beh, che combini?” chiede osservandomi del riflesso dello specchio sopra il lavabo.
“Oh, la fai facile tu. Tu non sei mai in imbarazzo, certe volte mi fai una rabbia…”
“Io credo invece che il problema sia un altro.”
“In che senso?” il mio sguardo interrogativo riflesso la raggiunge ugualmente anche se di fatto è alle mie spalle.
“Credo solo che tu sia bloccata dal mito Ozora.”
Sbuffo lamentandomi. “Per una volta che non ci pensavo…”
“Ecco, per una volta che non ci pensi goditi la serata che abbiamo incontrato due ragazzi davvero interessanti.”
“Perché ti piace Kazuo?”
Fa finta di pensarci, poi con un sorriso a trentadue denti esclama: “Certo che mi piace! Che domande. E dopo mi ha chiesto se può riaccompagnarmi a casa.”
“Non avrai risposto di sì spero?” La guardo con occhi terrorizzati.
“Ovvio che ho risposto di sì, che hai in testa mica mi faccio sfuggire un’occasione del genere…”
“Ma non li conosciamo Yukari.”
“Per quello che ho capito mi basta, frequenta la nostra scuola, è un anno più grande, ha degli ottimi voti e fa boxe da molti anni, che altro dovrei sapere scusa?”
“Solo tu puoi farti riaccompagnare a casa da un mezzo sconosciuto.”
“Tze, senti chi parla quella che giorni fa si è fatta accompagnare da Koshi.”
“Quello era un vostro tradimento non una cosa pianificata” ribadisco incrociando le braccia al petto in segno di chiusura.
“Un tradimento che però alla fine ti è piaciuto altrimenti non saremmo qui. E… confessalo: ti piace Kanda, ti ho vista arrossire spesso.”
“Ah, se ti basi sull’arrossire sbagli strada arrossisco sempre per tutto…”
“Mh, dubito. Il tuo tutto si chiama solo Ozora. Arrossisci solo per lui… e ora per Kanda.” Si avvicina punzecchiandomi un fianco. È entrata in modalità: simpatia portami via.
“Piantala, torniamo di là o ci daranno per disperse.” Voglio mettere fine a questa conversazione perché so già che non ne uscirei indenne; quindi afferro la maniglia e apro la porta restando un attimo stordita nel trovare i ragazzi fuori che ci stavano aspettando.

“Scusate, è che domattina abbiamo allenamento e non possiamo fare troppo tardi.” Nakamura è mortificato mentre compie un perfetto inchino dinanzi a noi.
“Vi accompagniamo a casa, magari la prossima volta organizziamo una cena come si deve.” Suggerisce Koshi guardandomi con la speranza negli occhi di chi non vuole cedere a un rifiuto. 
Tutti e quattro usciamo dal locale avviandoci verso il palatenda dove si è tenuto l’incontro. I ragazzi hanno lasciato lì i loro mezzi e devono recuperarli prima di tornare a casa. È la mia traditrice a rompere lo strano silenzio di attesa che si era creato. Un momento d’impasse nel quale tutti e quattro eravamo caduti non sapendo esattamente quale fosse il prossimo passo da compiere.

“Sanae allora ci vediamo domani.”
“Yukari, ma non dovevamo tornare a casa insieme?” Domando fissandola intensamente negli occhi. Non può abbandonarmi un'altra volta con lui.
“Kazuo mi accompagna a casa in moto, sai che adoro la velocità.”
“Ma io non vado forte, non temere Sanae ti riporto la tua amica sana e salva.” Nakamura mi strizza un occhietto mentre prende un casco e lo porge a Yukari.
“Fa la brava” mi suggerisce mentre la vedo montare in sella senza tanti complimenti e afferrare saldamente il pugile da dietro.
Il ragazzo accende il mezzo e dopo averci salutato ci mollano lì come due idioti.
“Lascio qua il borsone e andiamo a piedi ok?” chiede Koshi con voce rassicurante mentre apre il lucchetto per infilare il manico della sacca nella catena che proteggeva la moto.
“Perdonami, ma la velocità mi terrorizza e mia madre non vuole.”
“Nessun problema Sanae faccio volentieri due passi.” Ancora chino sul lucchetto lo osservo meglio. I riccioli ancora inumiditi della doccia si stanno velocemente asciugando rendendo ai capelli un discreto volume. Sorrido al pensiero di quanto debbano essere morbidi.
Sono in piedi con le mani intrecciate sul grembo che stringo la borsetta quando avverto da destra un rumore sordo.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 3_1 Sanae ***


Ho il fiato in gola spezzato, non so perché ma il sesto senso grida pericolo da tutti i pori e quando mi volto capisco il motivo; sotto al lampione, che diffonde una luce giallognola, tre ragazzi sono appoggiati al muro con i piedi sollevati. Sono sicura che poco prima non c’erano quando ho salutato la mia amica; è andata via proprio da quella viuzza penso.

“Koshi…” bisbiglio per non spaventarlo. Noto nel frattempo che uno dei tre si è dato una leggera spinta e trascinando i piedi sta venendo verso di noi. 
“Che c’è?” chiede sollevandosi e seguendo il mio sguardo fisso alla viuzza e ai ragazzi. Appena nota i tre soggetti si mette davanti a me con fare protettivo. Impaurita da questa nuova situazione mi avvicino a lui afferrandogli un braccio, lui mi spinge mentre indietreggio di un passo. Vuole mettermi al sicuro penso.
“Ragazzi ce ne stiamo andando, non vogliamo noie.” Dice rivolto ai tre.

Osservo uno dei due rimasti al muro accendersi una sigaretta mentre l’altro si toglie il cappuccio della felpa guardandomi con un sorriso sinistro. È proprio un ghigno ora che gli osservo per bene i lati delle labbra.
Inizio a respirare velocemente, la mano di Koshi mi stringe sempre più forte. Inizio a tremare quando quello in avvicinamento risponde: “Neppure noi vogliamo noie, magari ci date due spiccioli e vi lasciamo fare.”
“Ehi, capo, la ragazza non è male perché dobbiamo accontentarci solo di due spiccioli?”

Tremo. Ma tutto si svolge in pochi attimi.
Kanda mi attira a sé mentre velocemente mi suggerisce di togliere il lucchetto, ho le sue chiavi tra le mani adesso.

“Andrà tutto bene” dice con tono deciso mentre compie due passi avanti.

Abbassandomi cerco di stringere le chiavi e non farle cadere nonostante un leggero tremore m’invada le dita, ma sono perfettamente cosciente che se mi cadessero a terra sarebbe la fine. La moto è la nostra unica via di fuga, loro sono in tre e io posso davvero aiutare poco Koshi.

“Ragazzi non abbiamo niente per voi, lasciateci in pace e nessuno si farà del male.”
Sento una risata profonda a tratti grassa, dopo passa dal rauco a tosse, evidentemente deve essere un fumatore incallito quello più vicino a Kanda. Ho tolto il lucchetto e resto in attesa di istruzioni vicino alla moto, tocco la sella con la mano come se potesse infondermi sicurezza, o solo perché so che è la nostra sola via di fuga.
“Oh, sentiamo e chi dovrebbe farci del male: tu?” 

Non riesco a capire bene perché tutto avviene in un lasso di tempo che va dai millesimi di secondo ad un massimo di tre secondi.
Koshi allunga il passo e dopo aver assunto una posa da boxer, che ho osservato per la prima volta poche ore fa, sfodera un destro al volto del ragazzo più vicino. Questo barcolla retrocedendo di almeno tre passi scuotendo la testa stordito, con la coda dell’occhio noto un luccichio tra le mani di uno dei due ragazzi rimasti appoggiati al muro; ancora per poco, ora che li vedo affrettare il passo verso il loro capo, e l’oggetto misterioso che aveva attirato lo sguardo attraverso il suo bagliore, si palesa quando entra nel cono di luce del lampione.
È un coltello.

“È armato, Koshi, sta attento!” sento la mia voce irriconoscibile e spaventata.

Vedo retrocedere il mio amico velocemente, gli allungo le chiavi, che afferra al volo, poi sale sulla sella invitando me a seguirlo.

“Muoviti!” mi intima.

Osservo i tre balordi, adesso tutti insieme, dopo che i due hanno raggiunto il loro capo e aiutato a rialzarsi, stanno venendo verso di noi molto velocemente, così afferro la mano di Koshi che mi aiuta a salire. Una volta sopra li vedo correre nella nostra direzione.
Ghermisco il mio eroe circondandolo con le braccia alla vita mentre sento il rombo della moto pronta a scattare.
Chiudo gli occhi quando una potente accelerazione mi fa aggrappare ancora di più a Koshi. Il cuore lo sento in gola mentre la moto macina strada forse su una ruota sola, l’inclinazione che avverto non è sicuramente quella abituale. 
Respiro forte tra le pieghe della felpa di Kanda sentendone per la prima volta il buon odore che non avevo mai notato.
Il rombo si amplifica mentre passiamo da vicoli molto stretti, sono riuscita ad aprire l’occhio destro solo per un breve istante prima di serrarlo di nuovo.
Non so se sto avendo paura per quanto accaduto o se l’adrenalina di questa folle corsa mi stia dando al cervello.
La strada scivola via adesso più liscia e senza scossoni. Avverto subito una nuova sensazione e consapevolezza di pericolo scampato. Infatti poco dopo le dita di Koshi si intrufolano tra le mie strettissime.

“È tutto finito, siamo fuori pericolo, ti sto portando a casa, puoi rilassarti adesso.”

Contraccambio la sua stretta rassicurante mentre riesco a sollevare anche il viso e adagiare una guancia tra le sue spalle per riprendere fiato. Il mio petto batte all’impazzata contro questa schiena così solida.
Arrossisco all’istante perché è la prima volta che sono a contatto così stretto con un ragazzo… o più precisamente un corpo maschile. Maledico la mia timidezza, il cuore che scalpita nel petto e le mani fredde come un iceberg. 

“Fermati nel vicolo retrostante perché mia m-“
“Perché tua madre altrimenti si arrabbia, lo so, ma converrai con me che questa fosse un’emergenza.”
“Sì, ma non capirebbe ugualmente, e non vorrei beccarmi una punizione e magari non uscire per due settimane.”
“Assolutamente no – si ferma poco dietro casa mia e mette il cavalletto, così che anch’io riesco a sciogliermi da quell’abbraccio e scendere dalla moto, le gambe sono abbastanza stabili nonostante la sensazione di leggerezza e tremore. Kanda scavalca con la gamba la sella e resta appoggiato al fedele mezzo – insomma due settimane senza rivederti mi sembrano eccessive; perché ci rivediamo vero?”

Sorrido mentre con le dita passo tra i capelli della frangia in un gesto che dovrebbe rilassarmi e invece mi scopre il viso mostrando le guance colorate. Quindi, ovviamente, rendendomi conto dell’atto m’infiammo ancora di più.

“Ti ho già spiegato…”
Kanda mi prende le dita attirandomi a sé, perdo quasi l’equilibro e per non cadergli addosso mi sorreggo con i palmi ai suoi pettorali.
Siamo così vicini.

Al diavolo il rossore tanto oramai sarò fuxia. Speriamo che la poca luce dei lampioni soffusi possa aiutarmi. 

Ma lui non mi sta guardando il viso, è concentrato solo sui miei occhi e aspetta una qualche risposta.

“Lo so, hai detto che non vuoi illudere nessuno ma non potrai negare che è stata una bella serata e che ci siamo divertiti… teppisti a parte.”
Sorrido ribadendo: “Già, teppisti a parte.”
“Quindi?”
Resto appoggiata a lui mentre sento le sue mani appoggiarsi sui miei fianchi, un pensiero assurdo mi pervade la mente. 

È una posizione da bacio questa? Primo bacio per l’esattezza. Bacio che non scambierò con il capitano come ho sempre sperato?

Koshi mi guarda restando immobile, qualcosa d’indistinto nei suoi occhi. Speranza, voglia di osare, ma comunque rispetto. Non andrà oltre non è quel tipo di ragazzo, o almeno credo, forse gli interesso davvero.
Sposto lo sguardo da quegli occhi neri come carbone per soffermarmi sullo zigomo ferito. Le dita ne sfiorano la protuberanza più accentuata in una specie di carezza.

“Non è facile vederti spesso in questo stato.”
“Due lividi come hai visto stasera sono tornati utili, se quel tizio non avesse estratto il coltello le avrei suonate a tutti e tre.”

Sorrido alleggerendo questo momento di puro imbarazzo, anche se non ho la minima intenzione di spostarmi da qua. 

“Ora non esageriamo, tre erano davvero tanti.”
“Già, ma ti avrei difesa fossero stati anche dieci.”

E mi fissa, ancora, con quello sguardo serio e diretto che nessuno mi aveva mai rivolto prima. E mi sembra impossibile essere ancora in questa posizione senza che mi venga la voglia di allontanarmi da lui. 
Eppure non dovrei essere qua se non ho intenzione di illuderlo.

E allora perché non mi allontano da lui?

Mentre sono persa in mille paranoie mentali sento le dita scivolare dai fianchi fin dietro la vita dove le mani formano una presa salda e sicura. Adesso sarà davvero difficile sciogliersi da questo abbraccio.
Ed è puro istinto quello che mi porta a far scivolare delicatamente le dita dallo zigomo fin sopra le tempie e poi ai capelli. Vedo, con la coda dell’occhio, sparire la mia mano tra i suoi riccioli. Riccioli che già da diversi giorni avevo immaginato toccare, ma non avevo assolutamente immaginato che potessero essere così soffici.

“Un cavaliere perfetto.”

Specifico mentre non riesco né a distogliere lo sguardo, né a fermare la mano che adesso ha raggiunto la sommità della nuca, dove i riccioli finiscono e la pelle del collo inizia per cedere il posto a quella delle spalle. 
Resto ferma lì a contemplare quegli occhi neri come lo spazio.

“Perfetto.” Afferma mentre si avvicina continuando a fissarmi. Chiudo gli occhi non riesco a pensare che sto per dare il mio primo bacio. L’altra mano, ancora sul petto, nonostante le dita gelide, stringe la stoffa. Mentre quella intorno al collo la sento andare a fuoco, come la sua pelle del resto. Ed è esattamente così che mi sento combattuta tra proseguire e non.
Baciare e non baciare. Caldo e freddo nello stesso corpo si agitano fin quando avverto le sue labbra sulla mia guancia sinistra. Il contatto dura poco più di qualche secondo prima che nel punto toccato dalle sue labbra avverta nuovamente il fresco della sera.
Apro nuovamente gli occhi restando a fissarlo interdetta e con le labbra leggermente socchiuse in attesa di quel bacio che poi non è arrivato.
Sbatto le palpebre non riuscendo a capire cosa realmente sia accaduto e il perché non mi abbia baciato sulle labbra. Koshi sorride, ancora quello sguardo indefinito negli occhi. Non riesco a capire che cosa possa pensare. È difficile avere a che fare con una persona che non conosci. Sono abituata ai miei amici che conosco da anni e questo mi facilita nel capire le loro reazioni. Lui, per me, in questo istante, è veramente una grandissima incognita.

“Domani sera ti passo a prendere verso le 18, ceniamo insieme, ok?”

E ora che sfodera quel magnifico sorriso subdolo capisco perfettamente il suo piano. Non si accontenta di un semplice bacetto lui vuole ugualmente provare a essere illuso.
La prima parola che mi viene in mente a questo punto è: confusione.
Sì, perché la mia testa è molto confusa. Non ci capisco più niente e sono combattuta tra il non volerlo illudere e il non dover aspettare una vita il capitano. Sono giovane adesso e… 

Koshi non è male.

Ed è sull’ultimo pensiero e sulla voglia di essere baciata davvero che sento le guance scaldarsi come una stufetta. Ed è da questa posizione da primo bacio mancato che la mia testa annuisce senza avermi interpellato. Tra le sue braccia tutto è veloce e inarrestabile; anche i pensieri che passano in un attimo per tramutarsi in gesti volontari o involontari.
Devo ancora capirlo bene mentre il mio corpo si distacca dal suo puntellando i palmi sul petto. Le mani dietro la vita le sento sciogliersi da questa presa salda che ora è diventata morbida e liberarmi dalla sua presenza e calore.
Retrocedo continuando a fissarlo. Lo ringrazio mentalmente per non aver infierito sul colore rossastro delle mie gote.
Continuo a indietreggiare mentre sollevo una mano per salutarlo.

“A domani” mi dice.
“A domani” ribadisco.

Poi un dubbio improvvisamente s’impossessa della mia mente. 
E se non mi avesse baciato perché non gli piaccio a sufficienza?

Idiota! Se tu non gli piacessi domani non vorrebbe uscire con te di nuovo.

Prosegue così una sfilza di risposte a domande che si formano via via mentre a lenti passi continuo a retrocedere verso il cancello di casa. Koshi continua a fissarmi senza staccare mai gli occhi dai miei. Mi sento quasi ipnotizzata sotto al suo sguardo.

Perché il capitano non mi guarda mai così?

Ed ecco la domanda che non avrei mai voluto affrontare. La domanda che mi sbatte di fronte alla realtà.
Ozora ha occhi solo per il pallone.
Mi fermo. Prendo aria riempiendo i polmoni mentre i piedi senza alcun volere cambiano il senso di marcia invertendo il mio allontanamento da Kanda.
E adesso stanno correndo per accorciare quella distanza che per poco ci ha allontanato. Distanza che viene abbattuta in un attimo. Lui ha un’espressione a tratti stupita e soddisfatta mentre appoggio nuovamente le mani al suo petto sporgendomi per contraccambiare quel leggero bacio che mi ha dato sulla guancia.
Ed è un bacio tale a quale al suo; non avrei il coraggio di osare oltre. 

“Grazie per avermi protetta stasera.” Dico prima di voltarmi e correre verso casa; chiudo il cancello in tutta fretta prima di imboccare le scale che portano all’engawa.

Con le spalle alla porta dell’ingresso chiusa riprendo fiato dalla piccola corsa fatta; sicura del fatto che il fiatone non è certo dovuto al breve tratto percorso. Non so cosa mi sia preso per essere tornata da Koshi in quel modo.

“Sei tornata? – chiede mia madre affacciatasi dalla sala, poi aggiunge un – tutto bene?” forse ho la faccia stralunata visto il suo sopracciglio flesso.
“Tutto perfetto, adesso corro a farmi una doccia.” Rispondo cercando di darmi un tono.
“Yukari tornava a casa da sola?” domanda incuriosita.

Cerco di capire dove vuole arrivare prima di cadere in qualche tranello. Solitamente non mi chiede degli spostamenti della mia amica.

“Sì, ci siamo lasciate all’incrocio, tanto il tratto è breve… come sempre del resto.”
“Bene – guarda l’orologio e dopo mi fissa negli occhi – sei in ritardo di quindici minuti signorina, vediamo di non far tardi la prossima volta.”

M’inchino leggermente in segno di scuse prima di fiondarmi sulle scale e sparire nel reparto notte.
Riprendo fiato quando la porta della cameretta è finalmente chiusa alle mie spalle. Lancio la borsa sulla scrivania mentre inizio a spogliarmi prima di entrare in bagno. Una scia di indumenti giace nel percorso che ho fatto per arrivare alla doccia.
Noto il cellulare illuminarsi dal vetro appannato della doccia. In fretta e furia esco avvolgendomi in un telo di spugna. Afferro l’oggetto e picchietto due volte sul vetro per farlo accendere.

Due notifiche in anteprima. Una di Yukari e una di Koshi.
Apro prima quella della mia amica perché l’altra voglio gustarmela prima di dormire.

Domani a ricreazione ci troviamo alla solita panchina ho da raccontarti un sacco di cose ed io entro un’ora dopo… comunque ci siamo baciati.

Sgrano gli occhi per il messaggio che ho appena letto. Digito velocemente sullo schermo…

Baciati seriamente???

Fino in fondo! (non chiamarmi perché mio fratello dorme… notte, spero che per te sia stata una bella serata come la mia)

Non puoi lasciarmi con un messaggio così! 

La rimprovero aggiungendo anche una faccetta incazzata. Lei risponde con uno smile dalla mega linguaccia e poi vedo che è off-line.
Velocemente tampono i capelli per togliere l’umidità in eccesso. Fa troppo caldo per usare il phon.
Indossato una maglietta leggera mi stendo sul letto. Afferro nuovamente il cellulare e apro il messaggio che ho conservato fino alla fine per guastarmelo con calma.
 
Devo ringraziare quei teppisti che mi hanno dato la possibilità di portarti in moto, proteggerti e averti vicina a me.
Sogni d’oro Sanae… non vedo l’ora di essere a domani sera.

 
Il cuore mi scoppia nel petto mentre mi rendo conto che la scritta on-line associata al suo profilo mi mette in uno strano stato di agitazione. Come quel cuoricino rosa alla fine della frase. Mi rendo conto che devo comunque rispondere qualcosa. Le mie dita più volte volano sulla tastiera seguite poi dal tasto cancella. Non riesco a trovare una risposta adeguata che mi permetta di non espormi troppo. Vengo pervasa da un senso d’insicurezza che non avevo mai avuto.

Anch’io non vedo l’ora.

Rispondo sinteticamente. Rileggo pensando che forse sono stata davvero troppo stringata nella risposta. Ma in quelle poche parole mi rendo immediatamente conto che oramai mi sono esposta tantissimo. E che domani sera uscirò con Koshi in maniera ufficiale, che ho accettato un suo invito e che forse…
Mi agito sul letto al pensiero del primo bacio. Domani chiederò dettagli a Yukari, sicuro!
Con questo pensiero il sonno mi raggiunge e poco prima di dormire un altro pensiero si fa spazio.
Stasera, per la prima volta da quando Tsubasa è partito, non ho controllato il suo profilo per avere informazioni su di lui.
Sollevo le spalle ripensando al fatto che tanto non aggiunge mai qualche foto, quindi serena e con un sorriso sulle labbra mi volto sull’altro fianco addormentandomi definitivamente.
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** 3_2 Sanae e Koshi ***


Devo solo ringraziare i miei amici per avermi aiutato con Sanae, avevo bisogno di una piccola spintarella e l’idea di Kazuo è stata davvero ottima.

“Spaventala!” mi ha suggerito l’altro giorno.
“In che modo?” ho chiesto incuriosito da questa idea.
“Perché non chiedi agli amici di mio fratello se vengono nel vicolo a fare un po’ gli idioti?” 

Ed è da questa frase che ho organizzato la piccola baruffa nel vicolo, devo ammettere che sono stati bravi a fare i balordi.
Inoltre preso com’ero dalla parte e dall’adrenalina crescente devo dire che sembrava davvero tutto casuale.
Sanae è stata comunque bravissima e con i nervi saldi, temevo che potesse mettersi ad urlare ed attirare occhi indiscreti, invece tutto è filato liscio, anzi liscissimo visto il piccolo bacio di consolazione che è tornata a darmi di corsa.

Non avrei mai creduto che in una sola sera potessimo fare passi da gigante. La sua compagnia è ormai essenziale per me. Non c’è attimo della giornata in cui qualcosa non mi riporti alla memoria il suo volto. Questa sensazione di continua ricerca di lei mi fa comprendere che forse è qualcosa di più di una semplice infatuazione, anche se sono perfettamente consapevole dell’alone Ozora che aleggia sul nostro futuro, ma posso sempre riuscire a conquistarla in questo tempo che il campione nipponico è assente.
Praticamente ho carta bianca e tempo per conquistarla e perché no, farla innamorare. Ed è mosso da questo pensiero che cerco di tessere la rete a maglie sempre più strette marcando il territorio. Ho delle piccole idee per poter far giungere la voce del mio coinvolgimento con Sanae anche oltreoceano. Un obiettivo ambizioso, ma che sono certo di facile impresa.

Intravedo Sanae nel giardino della scuola è con Yukari che sta conversando animatamente, le sto osservando da un po’, ma aspetto il momento giusto per avvicinarla. Ed è solo quando vedo i suoi amici in lontananza che entro in azione avvicinandomi.
 





Le prime tre ore oggi non passavano più, ma ora che sono seduta vicino a Yukari, che pare una scheggia impazzita mentre mi racconta la sua serata con Kazuo Nakamura, rimpiango le tre ore precedenti.

“… e poi ci siamo baciati. Ma dimmi, tu che hai fatto con Koshi?”

Arriviamo così in fondo al suo travagliato racconto che va da quando ci siamo lasciati a quando si sono baciati e poi l’ha riaccompagnata a casa.
Travagliato si fa per dire visto quello che è successo a noi. Per un attimo mi agito sulla panchina dove sono seduta prima di iniziare a raccontare alla mia amica quanto accaduto con Kanda.
E riesco a farla ammutolire per almeno cinque minuti mentre le parole concitate di una serata al dir poco frizzante mi si accavallano per uscire dalle labbra. Yukari è sbalordita, dai teppisti, dalla folle corsa in moto. Moto sulla quale non volevo assolutamente salire ma che poi si è rilevata la nostra salvezza.

“Quindi poi ci siamo salutati poco lontani da casa mia… insomma mia madre sapeva che ero con te.”
“Non ci credo che non vi siate scambiati neppure un bacetto, Sanae - il tono si alza di un ottava mentre sembra quasi che adesso parta una sorta di mega rimprovero - dopo che ha rischiato la vita per te un bacio potevi concederlo.”
“Magari mi rifaccio stasera.” La butto lì come la cosa più normale del mondo, ma lei è furba e balzando giù dal tavolo sulla quale si era seduta si accomoda vicino a me per indagare meglio.

“Quindi stasera uscirete nuovamente insieme?”

Annuisco mentre per l’ennesima volta nel giro di poche ore il viso si tinge di rosso. Inizio a odiare questo punto debole devo ammetterlo.

“Già, ma ora veniamo a noi… dimmi com’è baciare per la prima volta. Illuminami oh maestra!” la perculo mentre so già che non avrà alcun imbarazzo nel raccontarmi nel dettaglio quanto ha vissuto poche ore fa.
Si alza per dare più enfasi alla sceneggiata da prima donna. Teatralmente si porta le mani al petto sbattendo le lunghe ciglia.

“Umido.” Sbotta poco prima di scoppiare a ridere seguita dalla sottoscritta.
“Piantala di fare l’idiota e aiutami piuttosto.” L’ammonisco spingendola per una spalla.
“Ah, la cosa più difficile è partire, cioè quel momento in cui non sai se sta per accadere sì o no… e poi le mani, cavolo non sapevo dove metterle; cioè lui lo sapeva ovviamente – mi fa un occhietto malizioso indicando il didietro mentre io rido coprendomi il volto- anche se l’ho subito messo in riga. Una volta partita è facile Sanae, viene naturale… e ricordi la paura di non saper gestire la saliva? Tutte cavolate, è tutto perfetto e poi Kazuo è così bravo e ha delle labbra così morbide.”
“E come fai a dirlo se è il primo che baci?”
“Una donna queste cose le intuisce.” Afferma risaputa come se improvvisamente fosse diventata la dea dei baci.
“Addirittura donna? Da quando abbiamo lasciato la fase ragazzina?” domando scherzando.
Finge di pensarci per poi esordire con: “Da ieri sera sono un passo avanti a te cara mia.” 

Ammutolisce improvvisamente prima che sparisca dalla mia vista. Vista che mi è stata preclusa da due mani che mi hanno chiuso gli occhi. Qualcuno sta facendo lo stupito, ma non parla, ovvio, si aspetta che indovino e se parlasse il tono di voce tradirebbe subito la persona.

“Ryo hai sempre voglia di scherzare!” la tento, anche se mani così calde raramente le avevo sentite.
“Acqua.” Suggerisce Yukari.
“Mamoru?”
“Oceano.”
“Non credo che troverai la risposta nella cerchia dei tuoi conoscenti.” Adesso che il personaggio misterioso ha finalmente parlato so esattamente di chi si tratta.
“Koshi…” sussurro mentre vengo liberata e la luce torna a far da padrona in questa giornata senza un’ombra di nuvola.
“Già” risponde mentre aggira la panchina e adesso lo vedo davanti a me.
“Ciao, spero che ieri sera tua madre non ti abbia fatto problemi visto che siamo tornati un pochino più tardi di quanto previsto.”
“Sì, cioè, no. Cioè sì, ma niente di importante.” 

Possibile che il cervello dia segni di cedimento solo ad averlo di fronte? A stento metto due parole in fila e l’agitazione cresce quando dal fondo del cortile vedo arrivare il nostro gruppetto di amici.

Voglio morire!

“Quindi non ci sono problemi per stasera vero?”

Gli altri ci hanno oramai raggiunto e io davvero voglio, al contempo, sprofondare e sparire da questo mondo. Perché sono arrivati proprio adesso? Adesso che devo dare una risposta?

“Sì-sì, a stasera allora” con un gesto nervoso porto la ciocca dei capelli dietro all’orecchio.

Ed è lì che lui si avvicina lasciandomi un delicatissimo bacio a fior di pelle sulla guancia. Guancia che ha sfiorato ieri sera nel medesimo modo.
Non ho tempo di dire o fare nulla. In sequenza vedo Ryo e Mamoru che si danno rispettivamente il gomito in un momento di complicità che non gli avevo mai visto condividere prima d’ora: sono fottuta.

“Passo alle 18, a dopo.” Koshi in tutta tranquillità invece torna dai suoi amici, che noto adesso aspettarlo al limite del parchetto.

E quando è a una distanza adeguata, secondo i miei aguzzini, partono gli sfottò di ogni genere; a iniziare con il fischio di Ryo e la risatina di Mamoru.

“Passo alle 18 – lo scimmiotta Ishizaki tentando di imitare la voce di Koshi - uh, la Nakazawa che ha un appuntamento non voglio perdermela, quindi stasera tutti sotto casa sua?” propone. 
“Non provarci” lo ammonisce Yukari elargendo anche uno scappellotto.
“Perché sei sempre così manesca con me?”
“Forse perché te le meriti?” con le mani sui fianchi nella classica posa di superiorità Yukari mi sta praticamente difendendo a spada tratta.
“Primo appuntamento?” Izawa con la stessa tranquillità con cui si può chiedere un gelato all’addetto del bancone, la butta lì come una cosa normale.
“Sì, cioè no, forse…” e niente, completare delle risposte di senso compiuto oggi non è proprio possibile.
“Quindi ci sei già uscita?” insiste. E lo odio con la stessa intensità di quanto invece l’ho adorato fino ad oggi.
“Ieri sera con Yukari siamo andate a vedere un incontro di boxe.”
“Sei andata anche tu?” Ryo è sbalordito; non si aspettava certo uno scoop anche su Yukari.

La sua Yukari per l’esattezza o per lo meno quello che lui ha sempre creduto.

“Oh sì, e direi che il suo amico è davvero molto interessante.”
“Sei uscita con l’amico del pugile?”
“Sì, perché? C’è qualche problema?”
“Quando te l’ho chiesto io non sei mai voluta uscire.”
“Veramente non mi hai mai invitata Ryo.”

Sollevo un sopracciglio per il teatrino che si sta consumando dinanzi ai miei occhi; e li ringrazio per questo visto che tutti adesso sono concentrati su di loro. Ishizaki in evidente imbarazzo si gratta dietro la nuca in un tentativo di salvataggio in angolo.

“Vabbè si capiva: no?” chiede rivolto un po’ a tutti.
“No, non si capiva proprio un bel niente, eccetto le prese in giro continue.” Risponde piccata Yukari incrociando le braccia al petto.
“Ok, ok allora te lo chiedo adesso: usciamo insieme?”
“Troppo tardi Ryo. Vieni, andiamo Sanae.”
Guardandomi velocemente intorno sollevo le spalle in segno di scuse mentre seguo la mia amica che imbocca la via dell’uscita.
“Non credi di aver esagerato con lui?” indago incuriosita dal comportamento della mia amica.
Lei si ferma piantandosi sul viale e facendo scricchiolare i sassetti del selciato.
“Ah, ha una bella faccia tosta quel buffone. Mesi che mi gira intorno e mai una volta che avesse preso coraggio, e ora che ha saputo che esco con un altro si fa vivo. Sanae, sai che ti dico? Fanculo! A me Kazuo interessa quindi stasera, come te, uscirò con lui.”
“Spero solo che tu non lo rimpianga un domani… dopotutto Ryo è qua…” e mi rendo conto solo dopo di quello che ho detto. Pare che Koshi sia solo un sostituto momentaneo in attesa di Ozora.

La seconda manager scuote la testa in segno di disapprovazione.

“Sanae non funziona così. Se davvero Ryo mi fosse interessato forse non avrei accettato di uscire con Kazuo, quindi deduco che dal momento che ho accettato il suo corteggiamento, le sue mani su di me… beh, penso di esser un po’ più avanti della classica cottarella. Si ride e si scherza, ma se non mi piacesse davvero non ci uscirei. Spero che tu capisca che cosa intendo e che anche per te sia così.”
Annuisco, le sue mani sulle mie spalle stringono in segno di comprensione.
“Sì, Kanda non è un ripiego, ma non posso fare a meno di pensare che se Tsubasa fosse qua… forse non lo avrei mai considerato.”
“Hai detto bene: forse. Quindi non potrai mai saperlo. Viviamo il presente, al futuro penseremo domani… intanto - dice facendomi volgere e spingendomi in avanti – dobbiamo decidere cosa metterci stasera.”
“Non mi avrai mai, stasera faccio come voglio io, dopotutto mica sei con me.” Rispondo voltando il viso e regalandole un occhietto malizioso.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** 3_3 Tsubasa ***


Nonostante le lezioni di Portoghese prese in Giappone sono in estrema difficoltà con la lingua nativa di San Paolo.
Forse perché non è portoghese puro e tutti hanno una stramaledetta inclinazione linguistica che mi fa fare una fatica terribile.
Devo solo benedire Pepe, e la sua pazienza, nel ripetermi le cose lentamente così da farmi capire quello che sta succedendo o che l’allenatore sta spiegando.
Non è facile, avevo messo in conto tante cose, ma viverle è estremamente differente e complicato.

Ieri sera alla fine del primo tempo contro la squadra di Santana, il giornalista mi ha chiesto perché portassi tre braccialetti della fortuna. Avrei tanto voluto dire la verità su uno di quei tre desideri espressi, ma ho dovuto mentire per il timore che Sanae, dall’altra parte del paese, potesse sentirmi e restare imprigionata nei miei sogni senza poter realizzare i suoi.
Sul primo desiderio e il terzo non ho certo mentito… Lo sanno tutti ed è il sogno di molti giocatori.
Il primo è quello di non subire infortuni e il terzo è quello di giocare da titolare per la mia nazione. Sul secondo avrei potuto stupire tutti dicendo che un giorno sarei tornato in patria e avrei detto alla mia adorata Sanae di venire via con me. Ma ho preferito evitare, memore della promessa che ho deciso di non infrangere, e così ho mentito rispondendo al giornalista che volevo vincere il campionato con il Brancos.
Vincere il campionato con il Brancos lo do per scontato non è certo un desiderio. Consapevole della mia ostinata ambizione annuisco convinto.

Inoltre dopo ieri, in campo contro Il Domingo di Santana, ho accusato molto la partita, che non si è svolta solo a livello calcistico ma celebrale; io una persona fredda e distaccata come Carlos non l’avevo mai conosciuta e sono contento di avergli fatto riscoprire il gioco del calcio e i compagni di squadra.
Quando abbiamo fatto il giro del campo ed ho ritrovato i tre braccialetti della fortuna a terra, dopo che Carlos con una pallonata li aveva rotti ho capito che qualcosa stava per andare storto, infatti ieri sera quando ho aperto il pc ed ho trovato l’email di Ryo sapevo che stava per darmi una brutta notizia. 
Brutta notizia attesa per l’esattezza. Sono consapevole che l’aver lasciato libera Sanae e che presto o tardi l’avrebbe portata a farle fare esperienze con altri ragazzi.
Non potevo credere, e ho avuto ragione, che una ragazza carina come lei non avesse alcun corteggiatore, e benché sia sempre stata con i nostri amici comuni, che so per certo non ci avrebbero mai provato con lei in mia assenza; forse anche per il rispetto che hanno verso il loro capitano. Era impossibile che potesse passare inosservata per molto tempo.

E questo tempo pare finito visto che tale ‘Koshi Kanda’ ha messo gli occhi, e non solo, su di lei.

Ryo mi ha spiegato che tutto sembra avvenuto in maniera fortuita per un incontro/scontro nei corridoi di scuola. E che da lì lui abbia iniziato un corteggiamento stretto, mi ha anche raccontato che Yukari esce con il migliore amico di Koshi e che Ryo si sia maledetto tante volte per non averla invitata a uscire con lui.
Ho sbirciato Instagram, anche se non sono molto propenso a questo tipo di attività, ma dovevo capire chi fosse il nuovo avversario con cui confrontarmi, e non su un campo da calcio stavolta.
Ho scosso la testa e scritto al mio amico che è stato un idiota a farsi sfuggire così la Nishimoto, lui che è così vicino ha perso ugualmente l’occasione.
Mi rendo conto da questo piccolo fatto accaduto al mio amico che se davvero io e Sanae siamo destinati a stare insieme non sarà certo un periodo con un altro spasimante a impedirmi un futuro con lei. Osservo i tre braccialetti che ancora giacciono sulla scrivania lacerati dal potente tiro di Santana. Afferro quello che adesso mi sembra più importante a dispetto dei miei obiettivi.
Il braccialetto rosso fuoco destinato a Sanae torna per primo al mio braccio.  Questa in automatico diventa la mia prossima sfida una volta realizzato il mio sogno di diventare un calciatore professionista.
 
Pepe suona alla porta, è passato a prendermi così da andare alla festa del Brancos per la vittoria contro il Domingo. Stasera non ho voglia di pensare, ma solo dedicarmi ad un buono e sano divertimento. Sapevo che poteva accadere ed è accaduto. Sanae sta con un altro. Questo non deve distrarmi, non deve deconcentrarmi dal mio obiettivo; perché più mi impegnerò e prima potrò tornare per riconquistarla.
 
Arrivato sulla spiaggia l’esplosione di musica e colori mi mette subito di buon umore. Hanno fatto le cose in grande per festeggiare questa meritata vittoria che ci spedisce diritti in testa per la conquista del campionato. I miei compagni appena arrivato mi hanno circondato e portato in una sorta di trionfo, non sono abituato a queste effusioni al di fuori del campo da calcio e quindi m’imbarazzo arrossendo vistosamente.
Anche se con questo buio non credo che qualcuno possa notare il mio cambiamento di colore. Quindi per una volta davvero cerco di rilassarmi e godermi la festa.
Pepe mi sta presentando un sacco di persone, l’empatia di questo popolo è pressoché totale. Hanno un innato potere di metterti a tuo agio in pochissimi istanti.
Il mio compagno di squadra mi sta confessando che sua sorella, un anno più grande di lui, ha preso una madornale cotta per me. Mi torna in mente quando Kumi si è dichiarata e questo mi fa provare tenerezza per lei visto che il mio cuore è già occupato.
Occupato da altro che comunque adesso si sta divertendo in mia assenza.

Era quello che volevi Tsubasa non puoi fargliene una colpa adesso.

La mia voce interiore cerca di riportarmi a pensieri più realistici e meno fantasiosi. 
Con Pepe siamo al banco delle bibite per rinfrescarci dalla calura serale. Parla a ruota libera mentre mi racconta di sua sorella.

“Non vorrai mica combinare un matrimonio stasera?” ironizzo mentre bevo l’aranciata colma di ghiaccio rinfrescante.
“Ah, mia sorella mi dà il tormento, non fa altro che scrivermi in continuazione, una sera devo fartela conoscere così la pianta di stressarmi… senza considerare che comunque saresti un buon partito caro Ozora.” Ridacchia ora il mio amico dopo avermi picchiettato con fare complice il fianco destro.
“Ah, ecco un amore disinteressato il suo.” Rispondo e poi mi metto a ridere con lui.
“Cretino! Guarda che mia sorella è davvero una ragazza graziosa eh!”
“Non lo dubito ma…” 
“Ma?” chiede incuriosito dalla mia sospensione.
“Il mio cuore è rimasto in Giappone, spero solo di avere ancora una possibilità quando tornerò.”
“Perché dici così?”
“Perché oggi il mio amico mi ha scritto comunicandomi che Sanae, che è la ragazza che mi piace, sta vedendosi con un ragazzo.”
“Che stronza!” Pepe da buon sanguigno qual è picchia un pugno nel palmo della sua mano incazzato nero.
“Sono stato io a non dichiararmi prima di partire, non potevo impegnarla per un tempo… che neppure io so quanto durerà, quindi ho preferito lasciarla libera di vivere le sue esperienze e di assaporare la libertà adolescenziale.”

Il mio amico mi osserva stupefatto, non credo che si sarebbe mai aspettato una risposta così da me… o da chiunque.

“Tu non sei normale Ozora, fattelo dire. Già venire qua per giocare in brasile la dice lunga, ma lasciare carta bianca alla ragazza che ti piace è da folli.”

Sorrido. Anche se pieno di amarezza.

“Penso invece che mi sarei sentito estremamente in colpa per averle rovinato l’adolescenza, persa in una sorta di limbo in mia attesa. No! Vero che saperla con un altro mi fa soffrire, ma saperla triste per la mia assenza al momento mi avrebbe fatto star peggio e forse non sarei riuscito a sopportare tutto questo percorso che sto affrontando per diventare un professionista.”
“Non solo sei bravo a calcio e intelligente… insomma come dimenticare il tuo passaggio sul mio scarpino preferito… ma sei anche molto maturo Ozora. Peccato per mia sorella saresti davvero un ottimo compagno per lei.”
“Ancora tenti un matrimonio combinato?” scherzo allontanandolo con una spinta sulla spalla.

Pepe si gratta sotto al naso esattamente come spesso vedo fare a Ryo. Una morsa allo stomaco si palesa improvvisamente senza che possa avere il tempo di rendermi conto di cosa stia accadendo. La mancanza dei miei amici oltreoceano inizia a pesarmi come un macigno.

Cerco di non farmi scoprire non voglio che Pepe pensi che qua non stia bene. L’accoglienza è ottima, sto bene con la mia nuova squadra e il pubblico ha iniziato a conoscermi ed apprezzarmi. Ma se non ammettessi che la mancanza di casa si fa sentire non sarei umano. E anche se tento di non pensarci spesso diventa impossibile ignorare certi atteggiamenti, come il semplice strofinare il naso di Pepe, che mi riportano alla memoria atteggiamenti a me noti.

“Ehi, tutto bene?”

Chiede il mio amico guardandomi preoccupato. Devo proprio essere un pessimo attore.

“Sì, tutto ok, sono solo stanco.” Mento. Mi dispiacerebbe farlo preoccupare per nulla.
“Se vuoi ti accompagno a casa. Avvertiamo il mister e andiamo ok?”

Pepe è davvero premuroso, a discapito del primo giorno che ci siamo incontrati e sembrava così scostante; anche se dopo ne ho capito il motivo. Per lui l’ingaggio era la differenza tra la fame e la sopravvivenza, non come me che inseguivo solo un mio sogno.

“No, non preoccuparti, mi metto un secondo seduto, mi rinfresco e vedrai che tornerò in forma per l’allenamento di domani… inoltre non voglio che quella moretta all’angolo del bar che ti sta fissando da dieci minuti mi maledica a vita perché ti ho fatto andare via…” cerco di sterzare la pesantezza di questo momento perché voglio che davvero Pepe si diverta; almeno lui.

Un guizzo negli occhi e la testa che inizia a voltarsi a destra e sinistra alla ricerca della moretta. Pepe è già tornato sui suoi passi dimenticando istantaneamente l’invito di accompagnarmi a casa.

“Dici davvero? Dove? Dove?”
Con un cenno della testa indico il lato destro del bancone. Non avevo mentito, la moretta c’è davvero e da dieci minuti sta osservando il mio interlocutore.
“Carina eh?”
“Uh! Carina davvero, ti spiace se mi allontano un secondo?”
“Va pure, io resto qua a fare la guardia!”

Pepe fa due passi in direzione della ragazza, poi torna indietro e avvicinandosi all’orecchio sussurra: “Capisco il tuo discorso sulla libertà di Sanae, ma vorrei ricordarti che anche tu qua sei libero e non sei certo alloggiato in convento di monaci.”

Rido di gusto mentre vedo il mio compagno accorciare le distanze tra lui e la moretta. Finalmente vicino lo vedo offrirle da bere.
Annuisco felice per il suo incontro e consapevole invece del fatto che io non sono capace ad oggi di pensare ad altro che non sia il pallone prima e Sanae dopo.
Forse è proprio per questo ordine di idee che adesso la prima manager è nelle braccia di un altro.

Lo sapevi, era una cosa che avevi messo in conto e che avevi deciso da tempo.

“Lo so!” Rispondo al mio stesso pensiero mentre m’incammino verso casa, stasera non ho più voglia di festeggiare. La mia permanenza in Brasile oggi mi pesa tutta, ma sono certo che domani, sul campo da calcio, ritroverò la mia positività e la mia innata determinazione per raggiungere il mio scopo, il mio obiettivo: diventare il calciatore più forte del mondo!

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** 4_0 Sanae ***


Il messaggio di Koshi è stato chiaro: Vestiti comoda. Ed io l’ho preso in parola non rinunciando però ad un tocco di femminilità. Guardo i leggings grigio chiaro che indosso sotto ad un semplice camicia che ovviamente mi copre il sedere. Troppe forme in giro non me la sento di metterle in mostra. Appena arrivo all’angolo lo vedo che mi aspetta in sella alla moto con il mio casco tra le mani. Ho optato per uno zainetto da mettere in spalla così da avere le mani libere per potermi reggere saldamente. Il solo pensiero di stare ancora a contatto con la sua schiena mi fa venire caldo.
 
E quel pensiero/angoscia, misto emozione, che mi si è piantato in testa sul possibile primo bacio non accenna a lasciare spazio ad altre immaginazioni.
 
Che ammettiamolo, di pensieri ce ne sarebbero tanti, a cominciare dall’infrangere le regole di mamma che in questo istante non me ne frega nulla. Il non sapere dove andremo a mangiare e come si svolgerà la serata. Ma tutto passa in secondo piano se penso al Bacio. Niente, si è piantato lì e non accenna ad andarsene, anzi aumenta proprio ora che sono davanti a lui che mi sta salutando e porgendo il casco.
 
Mi tranquillizzo pensando che non sarà ora. Subito, ma presto!
 
“Abbiamo il benestare di mamma Nakazawa?” scherza mentre mi aiuta ad allacciare.
“No, se mamma Nakazawa lo venisse a sapere mi rinchiuderebbe in casa per un mese.”
 
Chiusa la sicurezza Koshi m’invita a sedere battendo la mano sulla sella, ed io non me lo faccio ripetere due volte mentre salgo aggrappandomi stretta a lui. Siamo nel vicolo vicino a casa mia così da non esser vista da mia madre.
 
“Quindi siamo arrivati ad infrangere anche delle regole per uscire con me.” Quel tono orgoglioso in un mix di spavalderia mi fa storcere il naso, anche se ovviamente sta scherzando.
“Diciamo che io e Yukari stasera abbiamo detto di essere uscite insieme; sai che lei esce con Kazuo?”
“Sì, so che stasera andranno al cinema, magari più tardi se ci va li raggiungiamo: che ne dici?” indaga mentre accende la moto e il rombo mi fa tremare anche la pancia.
“Sono curiosa di capire cosa hai inventato per cena visto che mi hai praticamente ordinato di vestirmi comoda.”
“Vedrai…” risponde in tono misterioso. 
 
Il vento improvviso che sento mi fa stringere ancora di più a questo corpo che si fa ogni minuto sempre più interessante. Il cuore scalpita ancora a contatto con la schiena e prego tutti gli dei che lui non lo senta.
Il viaggio non è stato lungo, il nostro parco Hikarigaoka ci accoglie negli ultimi bagliori del tramonto. Scendo dalla moto e tolgo il casco mentre Koshi assicura il mezzo chiudendolo. 
 
“Vieni” dice semplicemente invitandomi a seguirlo.
Con tutti i posti dove potevamo andare non mi sarei mai immaginata il nostro parco cittadino. Superata una panchina s’introduce in un piccolo spazio tra due siepi, lo seguo aggrottando le sopracciglia e stando ben attenta a non graffiarmi con i rami delle piante.
 
Dopo pochi passi si apre una piccola radura che non avevo mai notato essendo coperta dalla siepe, un piccolo angolino intimo dove subito noto stesa a terra una tovaglia e un cesto di vimini al centro. L’aria ambrata del tramonto dona a questo luogo un’atmosfera magica.
 
“Non sapevo cosa ti piacesse, quindi ho optato per dei cibi da passeggio, ma da consumare in tutta tranquillità, spero che ti piaccia.”
Non riesco a parlare mentre con le mani tappo la bocca che ormai spalancata non nasconde la sorpresa.
“Koshi, davvero, sono senza parole; è un’idea magnifica.”
 
Seduta a gambe attorcigliate e addentando una pietanza tra una chiacchiera e l'altra, ascolto i progetti di vita di Kanda. Sorrido mentre mi sembra di avere di fronte un capitano, a me noto, con le medesime ambizioni di sfondare nel campo della boxe. È cambiato sport, ma entrambi hanno grandi progetti. Resto incantata osservando lo stesso entusiasmo che conosco bene nelle parole del mio interlocutore. 
 
Devo avere una calamita per certi ragazzi!
 
Penso tra me e me. Ma… c’è un ma. Koshi non è assolutamente totalitario come lo è Tsubasa; e il paragone mi viene facile, troppo facile, visto che sto seduta qua con uno dei due mentre l’altro è disperso chissà dove. 
 
Oggi non ho neanche controllato il suo profilo. 
 
È innegabile che questa parentesi con Kanda mi stia distraendo dal capitano.
“Mi stai ascoltando?”
Colta in fallo piombo con la mente alla realtà e smetto di farmi duemila film in testa.
“Scusa stavo pensando a una cosa.”
“Una cosa che si chiama Ozora?”
Lo fisso abbassando poi lo sguardo, sono troppo trasparente per lui e non mi va certo di mentirgli.
 
“No, cioè… Sì, più che altro pensavo al fatto che entrambi avete dei grandi obiettivi in fatto di sport; e che forse ho una calamita per i fissati delle gare.” Sdrammatizzo.
 
Koshi sorride, e solo adesso mi rendo conto di quanto sia bello quell’incurvarsi particolare delle sue labbra. Non ci avevo mai fatto caso e non gli avevo dato troppa importanza. Ha una risata contagiosa che nel giro di pochi istanti invade anche me.
 
“Almeno hai cambiato sport no? Guarda il lato positivo, un incontro di boxe dura meno di una partita di calcio!”
“Giusto!” rispondo afferrando un yakitori, e lo prendo esattamente nello stesso istante che lui allunga la mano per servirsi. Per questo le nostre dita si sfiorano. Restiamo così a guardarci per alcuni attimi senza che nessuno dei due ritragga la mano. Abbasso gli occhi sulle nostre dita mentre avverto un leggero solletico sull’epidermide. In una specie di ragnetto improvvisato dalle dita, Koshi sta coprendo tutta la mano con la sua. La stringe mentre sollevandola insieme alla sua mi attira a sé. Resto ancora imbambolata da questi gesti così dolci e delicati, mentre la ruvidità della sua pelle parla di ben altro. Immagino che indossare i guantoni tutti i giorni e tirare pugni a destra e a manca non debba certo favorire una pelle liscia.
Cerco di sporgermi quel tanto che basta cercando di non sbilanciarmi.
Socchiudo gli occhi in attesa. Sì, in attesa di un primo bacio che però non arriva.
“Ti sei sporcata qua” precisa mentre avverto il pollice, sicuramente dell’altra mano, che passa sull’angolo della bocca e toglie non so che cosa, e che francamente neppure m’interessa.
 
Koshi mi manderà al manicomio per tutte queste occasioni mancate. Non riesco a capire perché ha questo comportamento, non ha detto che gli interessavo?
Sciolgo l’intreccio delle dita afferrando un fazzoletto e ristabilendo un minimo di distanza.
 
“Grazie” sussurro mentre pulisco la bocca, a quando guardo il panno è completamente bianco. Aggrotto le sopracciglia perplessa. Sollevo lo sguardo sul ragazzo che ho davanti e il suo viso imperturbabile non mi comunica niente.
 
Osservo ancora questo tavolo improvvisato pieno di gustose pietanze, quindi ne afferro ancora e continuo a mangiare, non voglio farmi troppe paranoie sul comportamento di Koshi o non ne uscirò viva. 
 
Già mi mette in difficoltà il capitano: ci manca anche lui!
 
La serata comunque si rileva gradevolissima, Koshi è davvero simpatico e mentre rido per l’ennesima barzelletta che mi sta raccontando sul suo sport, mi accorgo che siamo in una posizione molto confidenziale. Neppure ricordo esattamente come ci siamo arrivati. Io con le gambe stese in avanti e lui con la testa adagiata sulle mie cosce, ogni tanto intreccio l’indice ai suoi riccioli come spesso faccio con i miei capelli. Parla, parla e io rido come un’idiota. Ed è bellissima questa sensazione di tranquillità e spensieratezza che non avvertivo da tanti giorni. Da quando il capitano… ma non voglio più pensarci, devo accantonare il pensiero Ozora se non voglio rovinarmi la serata.
 
Improvvisamente si solleva mettendosi seduto.
 
“Quindi che facciamo? Raggiungiamo gli altri al cinema? Sono già le otto e mezza e alle nove inizia lo spettacolo.” 
“Direi che è un’ottima idea.” Rispondo alzandomi e scuotendo i leggings.
 
Lo aiuto a riporre tutto nella cesta che vedo nascondere all’interno di una siepe.
 
“Torno domani a prenderla, adesso in moto darebbe soltanto fastidio… andiamo?” chiede allungando la mano. Resto una frazione di secondo a osservarla che protratta verso di me resta lì in attesa di essere afferrata. Nessun timore o scrupolo m’invade la mente mentre allungo la mia e afferro la sua. Una sensazione piacevole e di sollievo arriva a darmi pace intanto che per mano raggiungiamo la moto. Appena giunti si appoggia alla sella attirandomi a sé. Non me lo aspettavo e come la sera precedente quasi gli cado addosso, se non fosse per i miei palmi che poggiano sui suoi pettorali. Tutto si svolge in modo veloce mentre avverto le sue mani prima sui fianchi e dopo dietro la schiena.
 
E esattamente come la scorsa sera arrossisco violentemente. Sollevo lo sguardo per capire che intenzioni abbia e c’è serietà nei suoi occhi adesso.
 
“Credo che sia palese il mio interesse per te, però…” lascia volutamente la frase in sospeso in attesa di un riscontro da parte mia.
“Però?” chiedo inclinando la testa mentre le dita prendono a giocare con le pieghe della sua maglia. Sono nervosa e devo impegnare la testa in qualche modo. Il corpo invece è già abbastanza impegnato vista la posizione che abbiamo assunto.
“Sei sempre stata chiara con me Sanae, mi hai detto che non volevi creare illusioni, che non avevo possibilità ma, ecco… i segnali che ricevo sono altri.” E stavolta è lui che arrossisce. Ridacchio nervosa per la sua sincerità e per la mia profonda confusione mentale.
“Capisco. Sono confusa anch’io, scusa.” Tento di appoggiarmi a lui per avere la spinta necessaria per uscire da questo abbraccio. Ma quando avverte il tentativo di fuga sento stringere di più in un abbraccio ancora più solido.
“Che ne dici se proviamo a dissipare questi dubbi?” propone. Lo guardo con curiosità perplessa. Non capisco cosa abbia in mente.
“Magari esistesse un modo.” Confesso ancora stretta a lui. Il suo sguardo indecifrabile cambia, nelle iridi vedo un luccichio che non avevo mai notato, ed è magnifico rispecchiarsi in queste due perle nere.
“Forse conosco un modo…” confessa prima di avvicinarsi e posare le labbra sulle mie. Ho gli occhi spalancati dallo stupore, dopo tante occasioni perse non mi aspettavo certo una presa di posizione così improvvisa. Mi è tutto chiaro quando avverto le mani fredde farsi calde e circondargli il collo in un gesto naturale.
Quando le palpebre calano sugli occhi e il mondo interiore si concentra solo sul bacio. 

Il mio primo bacio. 

Quando una sequenza di piccoli baci mi percorre tutto il contorno della bocca.
Quando avverto la pressione della lingua sulle mie labbra.
Quando decido di dischiudere le labbra e consentirne l’accesso.
E non penso più a nulla, né alla possibile paranoia di un’eventuale saliva in eccesso, né alla posizione delle mani che hanno trovato la loro collocazione perfetta dietro la nuca di Koshi.
E devo dare ragione alla mia amica quando affermava che non avrei avuto problemi e che la natura avrebbe fatto il suo corso.
In uno spazio e tempo indefinito continuiamo a baciarci appoggiati alla sua moto dimenticando il mondo che ci circonda; l’orario del cinema e anche quel velo di rimorso per non aver assaporato il primo bacio con Tsubasa. Ha ragione il mio adorato pugile devo schiarirmi le idee, ma devo ammettere che questo bacio è chiarificatore. Molto chiarificatore visto che mi sto praticamente sciogliendo tra le sue braccia. Braccia solide che mi stringono e sorreggono.
Ci stacchiamo per riprendere fiato mentre osservo le sue labbra rosse e gonfie dei miei baci.
Baci inesperti almeno nel mio caso.
Lascio andare per un momento la presa dietro al collo e con due dita mi sfioro le labbra umide. È una sensazione così strana; sorrido mentre con i denti chiudo il labbro inferiore in una morsa imbarazzata.
“Era il tuo primo bacio vero?” Koshi e le sue perle nere mi osservano curiosi.
“Si nota così tanto?” chiedo per dissimulare l’imbarazzo crescente.
“No, ma speravo solo che lo fosse.” Precisa prima di sciogliere l’abbraccio e afferrarmi il volto per baciarmi di nuovo.
Ed è solo nebbia mentre il suo corpo incombe sul mio rubandomi decine di baci sempre più sicuri.
 
 
“Siete in ritardo!” Yukari alla cassa del cinema picchietta un piede in terra con impazienza. Le vedo sollevare un sopracciglio quando nota le nostre mani intrecciate. Sì, perché appena scesi dalla moto Koshi non mi ha più lasciata andare. Dopo la chiacchierata chiarificatrice e la decisione di provarci a stare insieme adesso i suoi gesti si sono fatti più sicuri e al contempo audaci.
“Scusate.” Rispondo cercando il portafoglio.
“Non ci provare!” mi ammonisce il mio ragazzo impedendomi di aprire lo zaino. Ed è buffo come in pochi minuti si possa cambiare appellativo a una persona. 
“Ok, grazie allora.”
 
Yukari mi afferra un braccio trascinandomi in direzione dei bagni, già la immagino di fronte allo specchio mentre ci fissiamo nel riflesso in versione interrogatorio poliziesco. Lancio un’ultima occhiata a Kanda sollevando le spalle in un palese atteggiamento arrendevole. Annuisce capendo perfettamente la situazione. Ragazze e bagno può significare solo un aggiornamento veloce prima che inizi il film.
 
E non vedo l’ora che inizi il film perché, a luci spente, sono sicura che potrò ancora baciare il mio ragazzo in tutta tranquillità. Mi rendo conto che adesso che ho assaporato cosa si prova ho la necessità fisica di averne altri e altri ancora. Adoro baciare, non avrei mai creduto che fosse così appagante.
 
 
“Allora?” mi mette subito alle strette l’arpia appena chiusa la porta del bagno.
Faccio due smorfie prima di rispondere giusto per farla soffrire un pochino prima della rivelazione.
Adoro vedere la mia amica sulle spine.
“Allora… stiamo insieme.” 
“Ah, va beh, questo era evidente, adesso voglio i dettagli sconci.”
E arrossisco ancora mentre la spingo per allontanarla da me.
“Nessun dettaglio sconcio Yukari! Però…”
“Eh… però?”
 
Sì, adoro tenerla sulle spine è ufficiale.
 
“Ci siamo baciati.”
“Oh, finalmente per tutti gli dei ci sei riuscita. Una palpatina al culo te l’ha data?”
Mi emoziono fino alle orecchie. Perché deve farsi amare e odiare nello stesso istante?
“Ma cosa ti salta in mente Yukari!” l’ammonisco mentre cerco di raggiungere l’uscita non ho voglia di intraprendere certi discorsi in un bagno: figuriamoci!
“Oh, a me nulla, ma sono certa che Koshi con quei leggings che indossi un pensierino ce lo ha fatto.” Solleva due volte di fila le sopracciglia con fare risoluto di chi la sa lunga.
“Pensa alla tua minigonna dal facile accesso che indossi piuttosto.”
 
E ride la mia amica, sa perfettamente dove colpire quando vuole mettermi in imbarazzo e io come una scema ci cado sempre.
 
“Diciamo che rende la serata al cinema estremamente più interessante.”
“Quindi Kazuo apprezza giusto?” sto al gioco tanto conosco Nishimoto come le mie tasche e se non cedo allo scherzo non smetterà più.
“Non solo apprezza ma adora. Torniamo serie: come bacia il bel pugile?”
“Come faccio a esprimere un’opinione senza alcun termine di paragone?”
“Oh, quanto la fai lunga: ti è piaciuto sì o no?”
“È stato inaspettato e molto intenso. Sì, mi è piaciuto tantissimo.”
“Quindi ci attende il prossimo passo.” La malizia nella sua voce e nell’espressione la dice lunga.
“Perché tu?” indago ovviamente sul presunto prossimo passo e cosa esattamente intenda, insomma vedo la mia amica molto lanciata.
“Chissà, non lo escluderei a priori eh!”
“Non ti riconosco Yukari… davvero Ryo non t’interessa più?”
“Kazuo è davvero un ragazzo interessante mi trovo bene ed è molto più maturo di Ryo.”
Afferma convinta dopo avermi guardato con serietà.
“Cos’è dall’alto dei suoi diciassette anni ha tutta questa esperienza?” il tono di sfottò è evidente, insomma due anni non è che siano la fine del mondo… almeno credo.
“Due anni fanno la differenza secondo me a questa età. Andiamo, che inizia il film.”
M’incalza trascinandomi praticamente fuori.
 
Durante il tragitto rifletto sulle parole di Yukari.
Due anni.
Anche Koshi ha due anni più di me e onestamente la differenza la sto notando. Non ha l’atteggiamento infantile che ancora certe volte si presenta nel nostro gruppo di amici; sa come comportarsi con una ragazza e sa anche come gestire situazioni non facilissime come quella in cui lo avevo messo io. Ha lavorato per arrivare dove siamo adesso in un atteggiamento che devo riconoscere molto più maturo di quello a cui ero abituata tra le mie conoscenze.
 
Ci aspettano sull'ingresso, stanno parlando. Lo osservo da lontano mentre mi avvicino e più la distanza si accorcia e più avverto quella strana sensazione di attesa che ho provato fino a poche ore fa. Attesa di quel primo bacio tanto sconosciuto quanto ambito. E ora che so cosa mi aspetta non vedo l’ora di riassaporare quell'emozione.




Note
Ps= per esigenze di trama ho modificato l'età di Koshi Kanda, avrebbe la loro stessa età nel manga.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** 5_0 Tsubasa ***


“Vaffanculo!” impreco dopo aver chiuso malamente il portatile insieme all’email di Ryo, che vittima della bravura di Ishizaki nello scrivere, mi pareva di aver visto Sanae salire in sella alla moto del suo ragazzo.
Ragazzo che ormai la corteggia da mesi. E chissà che altro.
 
È finito il corteggiamento, ora sono una coppia.
 
La mia mente sadica mi invita a puntualizzare la cosa, come se non lo sapessi. Afferro il pallone e dopo aver sceso le scale in fretta esco dall’entrata sul retro per andare a correre sulla spiaggia.
“Tsubasa dove vai?” Roberto prima che chiuda la porta me lo urla quasi dietro.
Quindi mi volto e cercando di rassicurarlo rispondo: “Vado a tirare due calci al pallone, ho bisogno di scaricarmi.”
E non fa domande il mio mentore, sa di Sanae e sa che sto soffrendo. Ha ascoltato le mie parole sulla scelta di lasciarla libera approvando i miei pensieri. Ha comunque riconosciuto che sia una decisione molto difficile.
E ora che il fegato mi si sta contorcendo e mi sta facendo arrivare alla bocca un sapore amaro, ne sono sempre più consapevole. Questa scelta sarà anche la migliore per lei… forse.
Ma sicuramente non lo è per me.
E visto che me la sono praticamente cercata, ora mi tocca anche mangiarmi questa bile che risale su.
 
“Vaffanculo!” grido ancora calciando la palla mentre una lacrima riesce comunque a sfuggire al controllo.
 
Corro a tutta velocità verso il pontile e una volta raggiunto salgo e inizio a saltare tra i pali rimasti in piedi dopo la mareggiata. Stoici e resistenti sotto la potenza delle onde.  Calcio un pallone nell’onda dinnanzi a me. La forza impressa è tale che il pallone fora la prima onda e si schianta sulla seconda. La prima mi colpisce in pieno facendomi vacillare sul palo, ma non demordo. Voglio diventare invincibile, come questi pali indistruttibili provati dalle mareggiate.
Salto di palo in palo per raggiungere il punto esatto dove la seconda onda sta trasportando il mio fedele amico. Non ho intenzione di perderlo tra le onde. Quindi appena è a tiro carico il piede destro per mettere in atto il mio ultimo tiro perfezionato in campo, ho proprio voglia di sfogarmi.
E lo faccio, con tutta la forza che ho in corpo, tanto che il pallone si ovalizza e perfora anche l’onda dietro.
Ovviamente l’onda che s’infrange su di me mi ha trovato squilibrato e con un solo piede d’appoggio. Quindi stavolta riesce a scaraventarmi di sotto e sbattermi a terra sul bagnasciuga. Mezzo indolenzito mi rialzo e dopo aver scosso la testa per togliere l’eccesso di acqua di mare mi volto a destra e sinistra alla ricerca del mio migliore amico.
 
O nemico?
 
Ed è la prima volta che penso questo del mio pallone. Ma la ferita che mi ha creato Sanae è tanto profonda da scalfire anche la fede più cieca.
Se continuo di questo passo non riuscirò a realizzare il mio sogno.
Gelo, e non per il freddo della temperatura esterna visto che ci saranno 30 gradi.
Ma gelo per il pensiero avuto. A cosa servono questi sacrifici se mando tutto a monte adesso?
Raccolgo la palla e l’accarezzo colpevole. “Scusa, se ho pensato male di te, non accadrà più.”
 
Dobbiamo trovare una soluzione.  Suggerisce la mia coscienza interiore.
 
“Già, una soluzione.”
 
E ho perfettamente in mente cosa devo fare, quindi giro su me stesso e percorro la strada del ritorno.
Palla al piede e determinazione a mille. Una volta rientrato Roberto mi guarda perplesso, e ne capisco anche il motivo visto che passando vicino alla console dell’ingresso, lo specchio mi restituisce l’immagine di un ragazzino bagnato e con alghe infilate nei capelli.
 
“Tutto bene Tsubasa?”
 
Sollevo la mano portandola dietro la nuca in un gesto che ormai fa parte della mia personalità.
 
“Sì, sì, è che ero distratto e un onda mi ha investito in pieno.”
“Sempre con la testa nel pallone eh? – scherza il mio istruttore – Va a farti una doccia che tra poco è pronto.”
“Ok, dammi dieci minuti e torno come nuovo.”
 
Salgo le scale e mi tuffo letteralmente sotto la doccia, dopo pochi istanti ne esco tutto convinto e frizionando i capelli apro nuovamente il PC e l’email di Ryo.
Ovviamente non voglio rileggerla per non cadere ancora in quell’assurdo stato d’animo.
 
 
Caro Ryo,
so di averti chiesto io questi aggiornamenti sulla vostra vita in Giappone, come so di averti detto di tenermi informato su Sanae, ma ti confesso che questo non solo mi fa star male, ma mi deconcentra da quello che sono venuto a fare. Quindi ti chiedo la cortesia di non raccontarmi più quello che la Nakazawa combina con il suo ragazzo. È difficile stare a migliaia di chilometri e non poter combattere per poterla conquistare. Tu sai i sentimenti che nutro per lei, per questo ti chiedo di non nominarla più nelle tue lettere, mentre apprezzo se vorrai scrivermi di te e degli altri successi dei nostri amici. 
Devi capire che non posso permettermi di distrarmi, questo comporterebbe ripercussioni indicibili, in primis lo veder sfumare il mio sogno di diventare il calciatore professionista numero uno al mondo. E dopo di tardare nel tornare in patria da Sanae e da voi.
Sono certo che se per noi il destino ha riservato una vita insieme non sarà certo questa lontananza a impedire di compiersi. Pertanto ti chiedo di rispettare la mia scelta.
Una serenità interiore mi permetterà di realizzare più velocemente il mio sogno.
Dopotutto, come ho letto l’altro giorno in una pagina di internet un vecchio detto narra: Lasciala andare, solo se torna significa che è tua, ma se non torna significa che non lo è mai stata.
Voglio seguire questo consiglio, che poi non è altro che quello che avevo stabilito di fare prima di partire.
Sono certo che sia la mancanza di casa a giocarmi brutti scherzi e a far vacillare le mie convinzioni, quindi devo ridurre al minimo le notizie da casa.
Da oggi in avanti solo buone notizie.
Un saluto
Tsubasa.

 
 
Ryo è uno dei miei migliori amici, sono sicuro che capirà le mie parole e accetterà la mia decisone.
Premo così il tasto invia facendo arrivare le mie parole dall’altro capo del mondo in meno di tre secondi.
 
Fosse così facile spostare anche il corpo… penso.
 
Determinato e rincuorato da questa nuova scelta scendo al piano di sotto dove un succulento pasto mi sta aspettando.
Non avrei mai immaginato che Roberto fosse un così bravo cuoco, certo mi manca il cibo della mamma e della mia patria, ma devo riconosce che le pietanze brasiliane non sono affatto malvage.
 
“La corsa ti ha fatto bene vedo.” Il mio allenatore è sempre attento a tutto, sono certo che il mio malumore trascorso non sia passato inosservato.
“Sì, mi ha schiarito le idee, e ora sono pronto ad impegnarmi ancora di più!”
“Sono orgoglioso di te piccolo campione nascente.”
 
Annuisco mentre addento il primo boccone.
Sì, anch’io sono contento di me stesso.
Un altro piccolo passo avanti per poter tornare al più presto a casa… da lei.
No, non sarà certo questa distanza o Kanda a farmi gettare la spugna una volta tornato, la mia vita è una sfida continua e io sono portato per le sfide. Forse la più difficile deve ancora arrivare.
Sarò pronto!

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** 5_1 Sanae ***


Nonostante il caldo torrido gli allenamenti calcistici non si fermano. Osservo Yukari e Kumi al mio fianco pronte con gli asciugamani e le borracce di acqua fresca. La scuola è finita da due mesi ormai e la mia relazione con Kanda va a gonfie vele. Come quella di Yukari con Kazuo. Dopo i primi giorni di sfottò vari i nostri amici hanno accettato le novità, forse quello che c’è rimasto più male è Ryo, ma non lo dà a vedere; anche se ogni tanto lo sorprendo a osservare la mia amica con insistenza in attesa di scoprire non so cosa.
Anche perché non ha mai nascosto il suo interesse per il pugile, come non ha mai nascosto la loro relazione. Ogni tanto so che Ishizaki si sente con il capitano; visto che riporta sempre i saluti a tutti, immagino sia stato avvisato del mio rapporto con Kanda e francamente non ho intenzione d’indagare su quello che ha detto. Ha fatto la sua scelta staccando i contatti con tutto il mondo. Si fa sentire saltuariamente e non mi ha mai scritto. Non ho intenzione di rovinarmi l’estate e i mesi futuri per colpa sua. Sto bene con Koshi, che tra poco passerà a prendermi. Stasera lui e Kazuo hanno organizzato una sorpresa per noi.
 
Sbuffo: e non per il caldo.
 
Perché ogni volta che vengo al campo mi parte il trip mentale di scuse che trovo per giustificare la sottile rabbia che mi passa sotto pelle? Sì, perché ormai la riconosco. È un sentimento che ho scoperto di provare da quando so che Tsubasa tiene contatti con Ryo e non con me. Se davvero non me ne importa più nulla e se sto bene con Koshi… allora, perché la mia mente vaga per lande desolate in cerca di rassicurazioni sui pensieri che nutro verso Ozora?
 
Forse non voglio sufficientemente bene a Kanda?
 
Sbuffo ancora, tanto che Kumi si volta guardandomi sospettosa.
 
“Oggi fa davvero caldo” mi giustifico tentando di trovare una scusa che tenga per i miei sbuffi scocciati.
“Tra poco avranno finito e potremo finalmente andare via, alla fine preferisco la boxe, almeno la palestra ha l’aria condizionata e fisici asciutti da contemplare.”
“Yukari!” l’ammonisco con la voce e non solo; il mio sguardo adirato la dice lunga, Kumi è più piccola di noi e vorrei tenere un minimo di decoro almeno in sua presenza.
“Quanto la fai lunga.” Risponde la mia migliore amica allungando il passo e interrompendo la partita. “Ragazzi è arrivata l’ora del riposo!” quasi urla agli invasati del pallone mentre inizia a distribuire a destra e manca asciugamani e bottigliette.
Sembrano tutti felici di questo inaspettato break, non posso che biasimarli ci saranno ancora 35 gradi nonostante siano già le sei del pomeriggio.
Alle mie spalle infatti avverto il rombo delle due moto che sono venute e prenderci.
I nostri ragazzi sono dei maniaci della puntualità.
 
Appena Yukari li vede accelera il passo di distribuzione liberandosi del lavoro in modo eclatante: “Kumi, finisci tu di mettere in ordine, noi dobbiamo andare.”
“Certo manager.” Risponde lei con ancora quella punta di rispetto che ha sempre avuto per noi ragazze più grandi.
“Sei pessima.” Bisbiglio mentre raggiungiamo l’uscita e di conseguenza i nostri ragazzi.
 
Koshi mi viene incontro e dopo avermi stretta per la vita mi bacia con ardore. Già immagino gli schiamazzi a centrocampo, ma fregandomene allegramente afferro il casco che mi porge e lo indosso.
 
 
Varchiamo i cancelli di questa casa che mai avevamo visto. È casa di Kazuo e i suoi genitori non ci sono quindi hanno pensato bene di usufruire della piscina; complice il fatto che la calura non accenna a diminuire.
 
“Casa libera!” esclama per l’appunto il proprietario prima di togliersi la maglia e buttarsi di slancio nell’acqua.
 
Kanda lancia praticamente tutto il vestiario sui lettini a bordo vasca avvicinandosi pericolosamente a me.
Mi affretto a togliere lo zainetto e posare il casco a terra, ha un sorriso troppo beffardo perché si fermi. E anche se glielo chiedessi non lo farebbe mai, Koshi è davvero un ragazzo che ama divertirsi e scherzare; è anche per questo che sto tanto bene con lui.
Lui non mi permette di pensare ad altro.
Altro che è dall’altro lato del mondo.
Altro che occupa comunque la mia testa anche se non vorrei.
 
Yukari dice che è passato troppo poco tempo e che Kanda piano piano me lo farà dimenticare, ma ora che sono tra le sue braccia e sto per atterrare completamente vestita in acqua… ho sempre altro per la testa.
 
Maledetto altro! Penso mentre tra le risate riemergo dopo il tuffo.
 
E finalmente non penso più a nulla intanto che, contro il bordo della piscina, Koshi mi bacia con passione. Ultimamente vedo che fa sempre più fatica a fermarsi. Respira con affanno mentre nasconde la testa nell’incavo del collo, dall’altro lato noto che Kazuo e Yukari sono avvinghiati come non avevo mai visto.
 
“Andiamo a fare uno spuntino?” suggerisce il mio ragazzo staccandosi e issandosi sul bordo della piscina con le braccia. I muscoli si tendono mentre il mio sguardo gli scivola addosso ammirando ogni singola gocciolina che scende per la forza di gravità. E sia benedetta questa forza e questa luce del tramonto che fa brillare il suo corpo. Mordo il labbro inferiore perché ultimamente anch’io faccio fatica a fermarmi, anche se forse non mi sento ancora pronta per il passo successivo.
 
Esco anch’io dopo aver lanciato un’ultima occhiata a Yukari, che nell’angolino più nascosto della piscina non capisco bene cosa stia facendo, ma quando Koshi mi afferra per la mano tirandomi via e dicendo: “lasciamoli soli…” due o tre idee su cosa stiano facendo me le sono fatte.
 
“Ah.” Riesco solo a rispondere a un Kanda che ridacchia.
 
Raggiunta l’engawa afferra un telo dalla cassapanca e me lo avvolge intorno alle spalle abbracciandomi da dietro. Mi godo l’abbraccio mentre leggeri baci tracciano una scia tra la mascella e la spalla.
 
“Andiamo a preparare qualcosa per cena?” suggerisce afferrandomi la mano e trascinandomi dentro attraverso una porta finestra.
 
Lo osservo muoversi come se fosse casa sua, dopo mi indica il bagno dove posso andare a togliere questi vestiti bagnati e indossare qualcosa di asciutto; fortuna che avevo portato un cambio per la sera.
Ma poco prima di imboccare la direzione per il bagno Koshi mi lancia un pacchetto che afferro al volo.
 
“E questo?” domando incuriosita.
“Non ti avevo detto di portare il costume, così ho pensato di comprartene uno, spero di aver azzeccato taglia e colore.”
“Grazie” rispondo imbarazzata dal gesto del mio ragazzo. Rigiro il pacchettino tra le mani prima di decidere di andare a cambiarmi.
 
Mi friziono i capelli con l’asciugamano mentre mi giro a destra e sinistra per vedere come mi sta questo costume.
Annuisco soddisfatta perché Koshi è stato davvero bravo, ha indovinato taglia e anche colore riuscendo a soddisfare appieno i miei gusti. Un blu notte con delle stelline argentate più intense a destra che sfumano fino a scomparire a sinistra, mi donano perfettamente. Il modello semplice e pratico appaga le mie esigenze. La mutandina classica e non provocante s’intona perfettamente con il reggiseno a fascia che completa il costume.
Ancora mi volto da una parte e dall’altra, sono in dubbio perché così nuda non mi ha mai visto, e come sempre: mi faccio mille paranoie sul fisico.
Il bussare insistente alla porta mi fa riscuotere: non me lo aspettavo.
Con una mano al petto per lo spavento chiedo chi sia.
 
“Sanae, sono io, apri.”
 
Aggrotto le sopracciglia sentendo la voce di Yukari. Insomma l’avevo lasciata in piscina indaffarata in ben altri impegni. Giro al chiave e la faccio entrare.
 
“Come mai tutta questa fretta?” chiedo curiosa.
“Non ridere, ma mi scappava troppo la pipì e non potevo farla certamente in piscina. Sai che il contatto con l’acqua mi fa venire lo stimolo… uff.”
“A me sembra che abbiate ben altri stimoli.” La perculo senza ritegno; una volta tanto che posso permettermelo ne approfitto.
La mia amica è accaldata e non solo dalla calura estiva. Il suo sguardo nel mio la dice lunga, molto più lunga di qualsiasi parola.
 
Spalanco la bocca sorpresa: “lo avete fatto?”
Annuisce entusiasta: “Sì, ieri, qua a casa sua… e”
“E?” chiedo stupefatta.
 
Lei mi afferra le mani e inizia a parlare a raffica. “Oddio Sanae è stato magnifico, certo un po’ di fastidio all’inizio, ma dopo… oddio dopo.” 
 
Le brillano le iridi mentre confidandosi fa trasparire la miriade di emozioni che si è tenuta dentro finora.
 
“Non mi hai detto nulla oggi…”
“Giuro che non era mia intenzione, Sanae, sai che ti racconto sempre tutto, ma nell’arco della giornata non c’è mai stata occasione per raccontarti con tranquillità.”
“Quindi?” la incalzo.
 
Gli occhi al cielo e le mie mani sempre più serrate nelle sue fanno vibrare anche me. È euforica mentre racconta quello che è accaduto ieri e io l’ascolto in religioso silenzio.
 
L’argomento trattato attira la mia totale attenzione e curiosità perché anch’io… ci penso sempre più spesso. E anche se altro invade sempre il mio cervello devo dire che Koshi riesce a distrarmi dal capitano.
 
Cerco di scacciare il pensiero su Tsubasa attribuendogli il giusto peso che ha in questo periodo della mia vita e cioè altro, una parola anonima che ho selezionato per cercare di non visualizzare il suo volto quando ci penso. Perché già immaginarlo con l’appellativo di capitano, Ozora o Tsubasa mi fa nascere l’immagine del suo magnifico volto nella mia testa bacata.
 
Torno a Yukari e al suo racconto fatto di emozioni, risatine e accozzaglie varie che non riesco bene a seguire, ma di una cosa sono certa… la mia amica così felice non l’avevo mai vista e sono così contenta per lei in questo momento.
Momento che non sto assolutamente interrompendo visto che è un fiume di parole in piena.
 
“Quindi stasera resto a dormire qua da lui… ovviamente ho detto che saremo state insieme, tienimi la parte.” Termina risoluta.
“Tu sei fuori Yukari, e se tua madre telefona a casa mia e non ti trova? Sei impazzita?”
“Ti prego, ti prego… trova una scusa, dì che sono al bagno, che mi sono rotta una gamba, qualsiasi cosa ma stasera voglio dormire qua.”
 
Sollevo gli occhi al soffitto scocciata dall’improvviso colpo di testa di cui è vittima la mia amica, ma quando abbasso lo sguardo e vedo quegli occhioni imploranti non so resistere.
 
Neppure il Gatto con gli stivali nel film di Shrek li aveva tanto grandi.
 
“E va bene, ma tieni il cellulare a portata di mano se devo avvisarti di qualcosa, mi raccomando. E… spero che tu abbia preso precauzioni Yukari non vorrei scoprirmi zia improvvisamente.” L’ammonisco in tono scherzoso.
“Idiota! - risponde mollandomi una spallata con le guance che le vanno a fuoco – e comunque a buon rendere…”
E scappa dal bagno prima che possa replicare.
Scuoto la testa e improvvisamente mi soffermo sulla frase ‘a buon rendere’ e il calore m’investe anche le orecchie… vado al lavabo per bagnare il viso con l’acqua fresca, non posso certo uscire così accaldata se non voglio che Yukari mi perculi appena mi vede.
 
Ma faccio fatica a farlo passare ripensando alla proposta di Yukari e al corpo di Koshi bagnato che esce dalla piscina. Corpo che spesso preme sul mio. Corpo che si fa sempre più scolpito ed eccitante. Guardandomi allo specchio afferro il labbro inferiore con i denti superiori imprigionandolo. Questo mi provoca un leggera scarica di eccitazione a basso ventre che ultimamente sto provando sempre più spesso. Arrossisco di nuovo mentre le mani elargiscono laute manciate di acqua fresca sul volto. Acqua che serve a ben poco, onestamente. Sorrido.
 
E per pochi attimi mi rendo conto di non aver pensato ad altroaltro che vorrei fosse qua.
Ammetto a me stessa. Prima o poi passerà no?
 
Prendo fiato e esco, non voglio più pensarci. Dimenticandomi che sono in costume e che il mio ragazzo non mi ancora mai vista con così pochi indumenti addosso. Solo quando arrivo in sala realizzo che sono uscita senza pensarci troppo, quindi m’immobilizzo quando osservo Koshi voltarsi e tramutare il sorriso in una smorfia di stupore. A rallentatore gli vedo posare lo strofinaccio che aveva tra le mani senza staccarmi gli occhi di dosso. Mentre io incrocio le braccia all’altezza del bacino per nascondere… neppure io so che cosa. Un triangolo di stoffa? Sto per arrossire lo sento. Tento di distogliere lo sguardo, ma non funziona.
 
“Ti-ti sta benissimo Sanae.” Balbetta con voce rauca e imbarazzata. Non lo avevo mai visto così, solitamente è molto spigliato e intraprendente, confesso che questo atteggiamento al momento mi spiazza.
“Grazie, la taglia mi calza a pennello, sei stato molto bravo a sceglierla.” Sposto il peso da un piede all’altro non trovando una posizione consona.
Sorride. Mi muore un respiro tra gola e naso per quel sorriso.
“Diciamo che ho avuto un’ottima complice e consigliera… vero Yukari?”
Nel giro di un millesimo di secondo Kanda torna quello di sempre mentre lo vedo avvicinarsi con una disinvoltura a me nota.
La mia amica annuisce ridacchiando in modo partecipe verso Koshi, mentre sta tagliando le verdure sul pianale della cucina. Kazuo da dietro la stringe e a tratti le bacia il collo. 
Prima che Koshi mi afferri e baci lì, di fronte a loro, per un momento invidio la spavalderia che ha sempre avuto Yukari verso la vita e le persone, fregandosene delle chiacchiere e degli imbarazzi.
Io invece… arrossisco per tutto. Maledetta vergogna che non mi lascia mai da quando sono nata.
Stavolta non faccio in tempo a emozionarmi, Koshi prende la mia mano e costringe a seguirlo nell’ engawa prima, e subito dopo a bordo piscina.
“Ora che hai il costume direi che puoi rinnovarlo. Ti sta d’incanto.” aggiunge sussurrando così vicino al mio orecchio da farmi accapponare tutta la pelle sul lato destro del corpo. Sento le sue dita scorrere sulle braccia per raggiungere le mie mani e intrecciarsi a queste. Con le mani unite mi avvolge imprigionandomi con le mie stesse braccia. Con la mente finalmente sgombra da altri pensieri mi godo questo abbraccio e bacio dal quale assaporo sempre più le sue labbra. Cerco una via di fuga dalla morsa per poterlo abbracciare, ma questo gesto fa sì che anche le sue siano libere. Libere di posizionarsi su tratti di pelle che finora era stata sicuramente al coperto e al sicuro. Sull’ultima parola rido mentalmente. 
 
Al sicuro da cosa poi?
 
Sento una mano piena che preme sulla parte finale della vita mentre l’altra percorre tutto il fianco fino a sfiorare delicatamente la curva del seno. 
Un risolino sfugge, perché soffro terribilmente il solletico.
So che non è il momento ma non resisto.
Anche Koshi ride sulle mie labbra anche se non accenna minimamente a distaccarsi da questo abbraccio. Accarezzo lentamente l’attaccatura dei capelli sulla base finale della nuca, mentre l’altra mano non resiste e continua a percorrere il fianco per addentrarsi sugli addominali scolpiti.
 
“Soffriamo il solletico eh?” domanda guardandomi con occhi pieni di desiderio.
 
Annuisco prima di sollevarmi sulle punte e tornare a baciarlo.
Stavolta è lui che interrompe. Prende un profondo respiro prima di poggiare la fronte alla mia e bisbigliare sulle mie labbra: “Ho voglia di te Sanae, non voglio metterti fretta ma…”
“Forse dovrò sfruttare la proposta di Yukari…” rispondo praticamente un sì, anche se lui non ha nessuna idea del ‘a buon rendere’ della mia amica.
Infatti mi guarda con un grande punto interrogativo stampato sul bel viso.
“Che proposta?” chiede incuriosito, mentre sto attorcigliando un suo boccolo sul mio indice.
“Mi ha proposto di reggermi il gioco – ridacchio – praticamente mi fornisce un alibi se volessi dormire una sera fuori.”
 
Koshi ride di gusto discostandosi da me, e lasciandomi lì come un ebete. Non capisco.
 
“Siete tremende voi ragazze, e poi dicono di noi.” Scuote la testa per poi azzerare nuovamente la distanza afferrandomi e stringendomi a sé. Non capisco niente, so solo che due secondi dopo atterro tra le sue braccia in piscina. Riemergo cercando di togliere i capelli dal volto mentre il mio ragazzo mi sostiene e muove per la piscina.
“Koshi!” lo ammonisco tossicchiando via un po’ di acqua che comunque era riuscita a entrare dal naso.
“Che ne dici se sfruttiamo questo alibi stasera che Kazuo ha la casa libera?” propone mentre arrivati al bordo della piscina m’imprigiona contro. Stavolta la mano che sento sul fianco è più ferma e decisa. Non è più un semplice sfregamento ma un tocco risoluto quasi impaziente.
 
Non voglio pensare a niente. Voglio solo pensare a questo momento e al mio ragazzo che adesso è qua dinanzi a me, non lontano migliaia di chilometri. Scaccio ‘altro’… non è certo il momento.
In un attimo di eccitazione distacco i piedi dal fondo e con le gambe mi avvolgo al bacino di Koshi. Per tutta risposta due mani piene trovano collocazione sotto i miei glutei per sostegno e non solo. Il tocco è delicato, ma al tempo stesso determinato. Una posizione tanto intima non ce l’avevo mai avuta.
 
“Il problema è che Yukari ha avuto la brillante idea di dire a sua madre che stasera dormiva da me, quindi sono io a dover reggere l’alibi a lei.”
 
Riflette un attimo prima di baciarmi le labbra per poi proseguire verso la mascella e discendere lungo il collo. Sono confusa, accaldata e con la testa terribilmente leggera. Non riesco a capire come una mano adesso sia sul mio seno. Una mano che senza più alcun freno si prende libertà che finora non erano state concesse. Avverto le dita sotto la stoffa, chiudo il braccio in un attimo di pudore residuo. Koshi si ferma.
 
“Tutto ok?” chiede ansimando tra la spalla e il lobo dell’orecchio. Lo spostamento di aria sulla pelle la fa increspare involontariamente mentre sollevo la spalla chiudendo il viso del mio ragazzo.
“Sì, scusa, lo sai che soffro il solletico.” Mi giustifico, ma non regge.
“Lo sai che se non te la…”
 
Non lo faccio finire chiudendogli la bocca con un bacio.
Non voglio più pensare o inventare scuse accampate in aria. 
Sto bene con Koshi e sono pronta al passo successivo.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** 5_2 Sanae e Koshi ***


Infilò le chiavi nella porta di casa cercando di fare meno rumore possibile. Sono in ritardo di mezz’ora e stavolta mia madre mi uccide lo so, ma…
Non faccio in tempo a finire di formulare il pensiero che la luce di sala si accende e mia madre compare sulla soglia della porta in vestaglia. So cazzi!
 
“Sanae…”
 
Sono terrorizzata, ho come la sensazione che si veda la differenza tra il prima e il dopo. In un assurdo pensiero, che non è assolutamente possibile, sento mancarmi il sangue sul volto e inizio a sudare freddo; tanto che mia madre aggrotta le sopracciglia guardandomi stranita, poi si avvicina e posandomi una mano sulla fronte mi chiede se sto bene.
Ed è in questo esatto momento che ne approfitto spudoratamente.
 
“Scusa mamma, ho bevuto una bevanda troppo fredda ed ho avuto mal di stomaco, per questo ho tardato.”
Annuisce. “Ok, amore, va di sopra e mettiti comoda, ti preparo un tè caldo.”
“Grazie mamma.”
 
Vedo lei andare verso la cucina mentre io salgo le scale in tutta velocità facendo gli scalini due a due. Voglio cambiarmi in fretta e mettermi a letto, quando la mamma salirà per il tè farò finta di dormire.
Devo riflettere su cosa è accaduto questa sera con Koshi… perché finalmente è accaduto e non mi sembra vero.
In due secondi netti mi lavo i denti, la doccia l’ho fatta a casa di Kazuo. 
In testa mi esplode la sensazione delle mani di Koshi sulla mia schiena nella semi oscurità del bagno. Per un pudore ancestrale che mi porto dietro non ho voluto accendere la luce neppure dopo… dopo che lo avevamo fatto e che ormai eravamo dentro la doccia. Mi ha preso in giro Koshi per questo, ma mi ha anche rispettata. Accettando che fosse solo la luce della camera a illuminare il bagno. 

Lo specchio mi restituisce un viso rilassato e al contempo accaldato. È ancora difficile gestire tutte le emozioni che ho dentro. Com’è imbarazzante pensare di averlo fatto.
Infilo al volo una maglietta di cotone e sparisco sotto le lenzuola. Faccio appena in tempo a spengere la luce che sento mamma arrivare dal corridoio. Chiudo gli occhi nella speranza che la mia performance sia almeno sufficiente. Rendo anche il respiro pesante così da poter offrire il massimo da questa messa in scena.
 
 
La porta si apre e la luce filtra. Vedo, sbirciando da sotto le ciglia dell’occhio sinistro, il riflesso di mia madre nel vetro della finestra. La sento sospirare e poi chiudere nuovamente la porta. Rilascio andare l’aria che avevo trattenuto e afferro il cellulare dal comodino. Tiro il lenzuolo fin sopra la testa e sparisco nel mio covo improvvisato.
 
Un messaggio pieno di cuoricini compare tra le notifiche. 
 
È stato bellissimo.
 
Le labbra s’incurvano verso l’alto mentre riassaporo quella sensazione di unione provata solo un’ora fa. Sorrido perché Koshi aveva ragione quando, prima di salire nella camera degli ospiti, mi ha sussurrato che non era necessaria tutta la notte.
 
Sì, è stato meraviglioso.
 
Rispondo digitando velocemente sulla tastiera mentre una nuova sensazione di eccitazione mi pervade il basso ventre. Non riesco ancora a smaltire questa adrenalina che si è impossessata del mio corpo.
Yukari si è chiusa nella stanza con Kazuo e non è uscita neppure quando il mio ragazzo mi ha riaccompagnata a casa. Sghignazzo e comprendo perfettamente, a questo punto, che non si può certo interrompere sul più bello.
 
Ma non faccio in tempo a finire il pensiero sulla mia amica che mi arriva un suo messaggio.

Sanae ricordati di coprirmi se chiamasse mia madre.

Non temere ci penso io
 
Rispondo in modo sicuro per non farla preoccupare anche se, visto il teatrino che ho tirato su con mia madre, avrei bisogno di essere coperta pure io. Quindi in un secondo messaggio che invio velocemente scrivo.
 
Se domani mia madre ti chiede che cosa abbiamo fatto ieri sera, tu dì che siamo state in un pub.
Sono tornata a casa tardi; siccome mi ha visto un po’ stralunata le ho detto che avevo bevuto una bibita troppo fredda… tienimi il gioco.

Sticazzi, è così bravo il nostro pugile?
Cretina, ci vediamo domani.
Ok, ma non mi sfuggi e voglio tutti i dettagli, anche i più sconci.
Ma non pensarci neppure.
Immaginavo, a parte di scherzi… tutto bene. Spero.
Tutto benissimo. Buona Notte Yukari.
Sono felice per te, e comunque qualcosa ti caverò da quella boccaccia.
:-P
 
 
Ridacchio mentre osservo l’emoticon con la linguaccia che le ho inviato come ultimo messaggio prima di chiudere il cellulare. Riemergo dal nascondiglio improvvisato e metto il telefonino sul comodino, dopo resto a fissare il soffitto ripensando alla serata. 
 
Alle mani esperte di Koshi su di me.
Al mio imbarazzo nel dover togliere gli indumenti e alla sua premura nel coprirmi con un lenzuolo.
Alle sue carezze e ai suoi baci…
A lui… dentro di me. 
 
E ancora quella sensazione di calore m’investe da capo a piedi. Adoro riassaporare quel momento.
Mi sembra ancora impossibile il pensiero di esser diventata donna. 
E di esserlo diventata senza Tsubasa.
E come il suo nome mi entra in testa è come se una pugnalata fosse diretta allo stomaco e non solo.
La sensazione di attorcigliamento e dolore non passa, improvvisamente mi sento quasi in colpa. 
 
In colpa per cosa poi? 
 
Non si fa sentire da mesi, pensa solo alla sua carriera e mi ha lasciata qua da sola senza una possibilità di scelta. Invece qua ho un ragazzo meraviglioso che mi adora, quindi basta elucubrazioni mentali. Sbuffo verso il soffitto, ma quando mi volto stizzita sul lato opposto alla finestra; sulla scrivania noto il pallone che il capitano mi ha donato prima di partire. Sgrano gli occhi visto che lo avevo quasi dimenticato. È quel quasi che mi frega e mi fa sentire male e con un senso di colpa che si sta infiltrando sotto pelle. 
 
“Fanculo” dico al pallone inanimato che pare osservarmi provando quasi compassione.
 
Compio una mezza rotazione lasciandomi il pallone alle spalle e puntando lo sguardo fuori dalla finestra. Un puntino intermittente nel cielo mi ricorda invece l’aereo che ha portato Tsubasa in Brasile.
Non so quanto spazio ancora occupi il capitano dentro al mio cuore ma una cosa è sicura prima di dormire sono certa che una lacrima si è spenta contro la stoffa del cuscino. Non ho scampo visto che ogni volta qualcosa mi ricorda di lui; lui è il suo dannato pallone.
 
 
 
 
Sanae, Sanae, Sanae…
Ancora disteso nella camera degli ospiti di Kazuo rigiro tra le mani il cellulare dopo averle scritto. Quando ho dovuto riportarla a casa ho avvertito subito una sensazione di vuoto in questo grande letto. Non avrei mai creduto che una ragazza potesse farmi tutto questo effetto, e pensare che era partito tutto come una sfida. Sorrido come un ebete verso il buio dopo aver riposto il cellulare sul comodino, ho visto che non è più on-line.
Cerco di ripassare quanto appena accaduto e anche se per me non era la prima volta confesso che non mi ero mai sentito così preso nel fare… nel fare…

La mente mi porta alle parole: Fare l’amore.

Parole che prima non avevo mai pensato, finora l’avevo solo considerato sesso.
Sto bene con lei, sono felice ma… sotto pelle c’è sempre quel ma grosso come un macigno. Sono cosciente che Sanae pensi ancora a Tsubasa, non sono uno stupido anche ieri in piscina poco prima che la scaraventassi in acqua lei sembrava altrove con la testa.
Lo è spesso altrove con la testa, purtroppo.
Non so davvero come comportarmi, come riuscire a toglierle dalla mente quel maledetto calciatore da strapazzo… almeno ci restasse in Brasile… per sempre!
Non voglio farmi rovinare il momento con pensieri strampalati su Ozora Tsubasa che onestamente neppure sapevo chi fosse prima di Sanae, dopotutto il calcio è uno sport che non avevo mai seguito e che non seguirò in futuro.
Non m’interessa.
L’immagine di Sanae che esce con il costume torna prepotentemente facendomi pulsare il sesso. Ho fatto fatica in quel momento a mantenere la lucidità e a cercare di mantenere un certo contegno. Sapevo perfettamente che per Sanae ero il primo e non c’era alcuna intenzione di forzarla.

Ma quando in piscina abbiamo iniziato a toccarci in quel modo, ho perso ogni riguardo e gliel’ho chiesto:
“Ho voglia di te Sanae, non voglio metterti fretta ma…”
Onestamente la sua risposta criptica lì per lì mi ha spiazzato…
“Forse dovrò sfruttare la proposta di Yukari…”
 
Infatti ho aspettato un attimo e quando ho visto che ridacchiava le ho chiesto spiegazioni.
E quando me le ha date ho solo pensato che avevo carta bianca e una camera libera al piano di sopra. 
Anche se ancora ripenso all’attimo di esitazione che ha avuto quando ho provato a toccarle il seno. 

IO SO.

Io so che pensava a Tsubasa, ma non volevo arrabbiarmi per questo, e non volevo rovinare il momento.
È per questo che richiamando tutta la concentrazione di cui sono capace, anche grazie allo sport che pratico, che le ho detto che se non se la sentiva non era necessario.
Ho mentito, visto che avevo una tremenda voglia di lei.
Poi non so cosa le sia scattato nel cervello, le ragazze sono strane, una cosa è certa quando mi ha baciato in quel modo… era impossibile fraintendere o tornare indietro.
Ripercorro con la mente tutti i nostri spostamenti, mentre come ubriachi abbiamo raggiunto la camera degli ospiti al piano di sopra.
Tremava Sanae, e non so se per il freddo o per la vergogna o l’agitazione, una cosa è certa ho tentato di metterla più a suo agio possibile coprendola con il lenzuolo prima e il mio corpo dopo. Avrei voluto guardare, ma ci sarà tempo anche per questo. Sorrido, ancora e ancora come un idiota, mi rigiro nel letto ancora umido dei nostri corpi bagnati a causa del bagno in piscina. Per fortuna fa un gran caldo e le lenzuola madide non hanno dato fastidio. Fastidio a cosa poi? In quel momento ero talmente concentrato a non farle del male che osservavo ogni sua piccola reazione sul candido volto.
L’ho sentita espirare aria a più riprese e quando con le dita mi ha stretto le spalle ho capito. Così ho preso a baciarle il collo per farla rilassare sussurrandogli parole dolci.

“Shh, rilassati, sei bellissima Sanae.”

Mi ha stretto ancora di più a sé mentre sussurrava al mio orecchio che era tutto apposto. 
E quel leggero soffio all’interno dell’orecchio ha fatto sì che ancora più pulsazioni arrivassero a basso ventre strappandole a quel punto un gemito di piacere.

“Oddio…” l’ho sentita mormorare a fior di labbra.

Ho sigillato quelle parole con un bacio sulla bocca carnosa prima che tutto svanisse come un sogno.
 
La doccia insieme è stata la piccola perla di una serata speciale. Vittima di quel pudore che ancora la contraddistingue non ha assolutamente voluto accendere la luce, concedendo solo quella dalla lampada in camera posta sul comodino. Non riuscirò mai a capire le ragazze e questa fissa che hanno per il loro corpo. Sanae è splendida e nonostante glielo ripeta da che usciamo insieme lei ancora non si lascia andare a farsi guardare.
Questa sarà la prossima conquista e la vivrò come un piccolo miracolo o concessione che sia.
Ci siamo lavati a vicenda tra risate, effusioni, tremori e imbarazzi… il suo più che altro. Io sono abituato allo spogliatoio condiviso con i miei compagni e la nudità non mi tange.

Solo quando ho dovuto riportarla a casa mi sono reso davvero conto di tenere a lei. Le avevo detto che non sarebbe stato necessario tutta la notte, ed era vero… anche se comunque le ho fatto fare tardi. Le avevo detto che non serviva tutta la notte perché solitamente non avevo mai avvertito la necessità di dormire con la mia ragazza, ma ieri sera dopo che ci siamo salutati nel vicolo dietro la sua abitazione ho avvertito un senso di vuoto indefinito, vuoto che mi accompagna anche adesso che tocco il lato vicino al mio completamente freddo e inanimato.

Pochi minuti che l’ho lasciata e già mi manca.

Sospiro tornando a fissare il posto vuoto, una mano accarezza le coperte dove poco prima il suo corpo accaldato e soddisfatto riposava.
Non so se è amore, ma sono certo che arrivato a questo punto non è più né una cottarella, né una sfida.
Mi addormento finalmente, ma dormo male per colpa dell’ombra del capitano Ozora che aleggia e spazia liberamente nella mia testa.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** 6_0 Sanae ***


Sono passati altri dodici mesi e la storia con Koshi continua indisturbata. Anche se devo ammettere che sta diventando forse troppo petulante, ha iniziato a dire che la mia presenza come manager è superflua e che potrei accompagnarlo nelle gare di boxe. Non riesco a capire se questa condizione sia dettata da una gelosia che tiene nascosta, o davvero un desiderio di passare ancora più tempo insieme. Ho subito chiarito che adoro fare la manager per la squadra di calcio, che lo faccio fin da bambina e che non potrei vivere senza. Un giorno abbiamo anche polemizzato su Ozora, poi gli ho fatto capire quanto fosse assurda e inutile la sua diatriba visto che il capitano è a migliaia di km di distanza. Si è scusato e poi mi ha baciata come sempre. È stato proprio il pomeriggio di questa micro litigata che quando sono arrivata al campo ho scoperto esserci una notizia inattesa.
 
Quando Yukari mi ha detto che bisognava presenziare come manager alla partita contro l’Olanda della nazionale giovanile mi sembrava impossibile. In un primo momento sono stata colta dal terrore.
Avrei rivisto il capitano.  La prima sensazione è stata proprio di panico.
Poi Ryo ha smorzato ogni mio sentimento dicendo che Ozora non sarebbe potuto venire ed io ho tirato un respiro di sollievo. Immagino che sappia che sono fidanzata, figuriamoci se quel pettegolo di Ishizaki non glielo ha detto, ma allo stesso tempo mi sarei sentita in difficoltà ad averlo di fronte.
 
 
Ora siamo qua con la squadra per disputare l’incontro, ma in campo sta facendo veramente schifo. Il primo tempo è finito e sono sotto di parecchi goal. Con le ragazze decidiamo di lasciare un attimo gli spalti per raggiungere gli spogliatoi; sia mai che abbiano bisogno di qualcosa, ma quando avvicinandoci sentiamo i rimproveri del mister ci guardiamo bene da interrompere la ramanzina.
 
Una volta finita la predica, a voce sostenuta, vediamo la squadra che silenziosamente entra in campo in fila indiana. Le ragazze si sono avviate ai loro posti mentre io resto un attimo bloccata nel vedere Katagiri uscire dallo spogliatoio pensieroso. Mi sta osservando quindi in segno di rispetto faccio un leggero inchino e lo saluto; ed è in quel preciso istante che dei passi concitati, che stanno assumendo sempre più i connotati di una corsa, si avvicinano velocemente per poi superarmi. Un’ombra passa come un fulmine tra me e Katagiri, ne avverto anche un leggero spostamento d’aria, ed è quando questa sfumatura entra nella mia visuale che il sangue si ferma e il basso ventre si attorciglia. Perché riconoscerei quella sagoma in mezzo a milioni, che dico miliardi, di persone. Perché conosco quella corsa, quel passo, quel modo di muoversi; e anche se la struttura, la stazza e la statura sono cambiate, riconoscerei il mio capitano in mezzo a chiunque.
 
Ancora con il cuore a mille, la faccia inebetita e dei passi incerti, raggiungo le altre manager sulla tribuna. Subito mi guardano stranite riempiendomi di domande.

“Che ti succede, Sanae?”
“Perché sei pallida in viso? Sembra che tu abbia visto un fantasma.”
“Noi vinceremo – rispondo ancora incredula – Il Giappone vincerà!”
 
Le mie amiche si guardano perplesse senza capire; ma quando il presentatore annuncia l’ingresso di Tsubasa Ozora in campo è Kumi a comporre le prime parole: “Senpai, lui…” scioccata senza riuscire a proseguire mi guarda e io annuisco… mentre alle sue spalle Yukari ha un’espressione indecifrabile. Non sono sicura di usare l’espressione giusta nel definirla terrorizzata o scioccata. Sicuramente è preoccupata per me, sa quante paranoie mi sono fatta prima di sapere che non sarebbe venuto… e invece.
 
Invece è qua, insieme a tutti i sentimenti che non sono scomparsi e non si sono neppure affievoliti come ho pensato… o sperato?
 
La mente continua a vagare come Tsubasa in campo in uno stile che riconosco e che è notevolmente migliorato… per non parlare di quanto sia cresciuto. Il nodo che si è creato all’altezza dello stomaco è lì e non accenna minimamente a sciogliersi mentre lo vedo ancora in sintonia, dopo due anni che non gioca, con Misaki. Dopo un primo passaggio impreciso hanno ripreso la vecchia complicità di una volta.

La loro danza in campo è unica: come loro.
 
Come immaginato e predetto, appena seduta sugli spalti per osservare il secondo tempo, il Giappone ha vinto e ora che siamo nei corridoi, che conducono agli spogliatoi, mi trovo faccia a faccia con lui. Lui che mi sorride nonostante tutto. Nella confusione dell’ilarità per la vittoria avverto distintamente il tentativo delle mie amiche e dei suoi compagni di squadra di lasciarci soli.
 
Lui è imbarazzato e lo capisco dalla mano dietro la nuca.
Io?
Io vorrei semplicemente sprofondare almeno dieci metri sotto terra o comunque essere in qualsiasi altro luogo, ma non qua. Sono solo una codarda.
 
“Sanae.” Pronuncia il mio nome regalandomi un tenero sorriso, che non merito. Vedo di ricacciare l’ultimo pensiero perché non ho fatto niente di particolare se non proseguire la mia vita, come lui del resto ha proseguito la sua. E come mi ha detto di fare… alla fine.
“Ciao.”
“Come va?”
“Tutto bene grazie. Te?”
“Bene, abbiamo vinto.”
“Già.”
“Ti va di aspettarmi? Ho una mezz’ora prima di partire per il Brasile, magari mi racconti che cosa hai fatto in questo periodo.”
Mi verrebbe da mandarlo al diavolo visto che non è esattamente un periodo ma ben due anni.
Fanculo!
Lo penso, ma non lo dico.
“Ok.” 
 
 
I primi passi che facciamo in questo parco sono nel più totale silenzio. Non so che dire e neppure come dirlo, non che abbiamo mai brillato in grandi conversazioni ma questi due anni ci hanno cambiato profondamente… me ne rendo conto anche solo dal fisico. Non siamo più dei bambini. Con la coda dell’occhio cerco di sbirciare senza che se ne accorga. È almeno una ventina di centimetri più alto di me adesso, non riesco a vedere per bene il suo viso. Viso che sicuramente ha perso i tratti del bambino che è stato. Ma prima che possa approfondire lo sguardo lo sento prende un profondo respiro e finalmente parlare.
 
“Dimmi un po’? Come va con la nuova scuola?”
 
La voce non la riconosco più. Adesso ha un tono più profondo e cupo. Il lieve accenno di barba, rasata, che noto ai lati del viso me lo fanno sembrare molto grande. Mi soffermo sull’idea che anche Koshi ha la barba forse addirittura più di lui, ma su Tsubasa mi fa effetto perché non ho vissuto il suo cambiamento e praticamente me lo ritrovo già uomo.
 
“Tutto bene, c’è da studiare molto di più, ma non è un problema.”
“Nel tempo libero resti impegnata come prima manager ho visto: mi fa piacere.”
 
Mentre camminiamo metto le mani intrecciate sul basso ventre e stropiccio il bordo della casacca. Sono nervosa.
 
“Sì, è una vita che bazzico gli spogliatoi e non andarci mi sembrerebbe strano.”
“Vero, e poi come faresti senza dar noia a Ryo?”
 
Voltandomi incontro il suo sorriso sereno, mentre il cuore perdere un paio di battiti. Faccio finta di niente e rispondo: “Già, se non ci fossi io a metterlo in riga salterebbe gli allenamenti e si abbufferebbe come un tacchino.” Ribadisco scherzando come se non conoscesse Ishizaki. 
“Uscirete qualche volta anche a divertivi no?”
“Certo – ma non mi va di affrontare l’argomento Kanda, quindi è il mio momento per chiedere a lui cosa faccia in Brasile, non so nulla di lui, praticamente, potrebbe essere fidanzato e io essere all’oscuro di tutto; anche se Ryo non regge un segreto che sia uno e forse avrebbe attaccato manifesti ovunque, ma resta il fatto che non so concretamente nulla di lui – ma dimmi, come te la passi in terra straniera?”
 
Prende un profondo respiro, è evidente che era pronto per questa domanda. Mi pare scontato visto che è la classica domanda che due persone si pongono dopo tanto tempo che non si vedono, quindi la riposta è ferma e decisa: “Non posso lamentarmi, all’inizio è stato difficile, la diffidenza dei miei nuovi compagni, la competitività era veramente tanta… ma lo sai, IO non mi arrendo mai!”
 
E l’ultimo pezzo di frase me lo ha detto guardandomi negli occhi cambiando addirittura l’intonazione vocale, come a sottintendere altro
Immobili in mezzo a questo parco ci fissiamo un attimo.
Ho sicuramente le traveggole e non stiamo parlando di altro, ma di calcio, come sempre, anche se…
Scuoto leggermente la testa per far uscire i mille pensieri che si sono annidati senza che qualcuno li avesse autorizzati a star lì, cercando pertanto di riprendere il filo di un discorso normale.
 
“Non ho dubbi sulle tue capacità e sono certa che ti sei fatto valere e benvolere da tutti capitano.”
 
Un fugace sguardo deluso passa nelle sue iridi come un’ombra. Ma non ne sono più così certa dopo il sorriso che mi regala, nonostante avverta la frustrazione papabile, forse, per aver usato l’appellativo ‘capitano’ al posto di Tsubasa. In una sorta di distacco né voluto, né cercato, ma di difesa; perché Koshi è ancora presente nella mia vita, molto presente e per ora mi va bene così. Sono due anni che non si fa sentire e non posso certo fargliela passare così liscia.
Ci pensa il cellulare a riportarmi con i piedi per terra. Squilla e quando lo tolgo dalla tasca della felpa il nome di Koshi compare sul display.
 
“Scusa” dico voltandomi un secondo.
“Fa pure.” Risponde allontanandosi di un passo illudendomi di una privacy praticamente inesistente, visto che siamo soli e potrà sentire tutto quello che mi dirò con il mio ragazzo… e come un sottile piacere che s’insinua sottopelle ho voglia di farlo soffrire un pochino come ho sofferto io in questo periodo. Non ho certo intenzione di nascondere la mia relazione.
“Ciao, Koshi… Ah, sì per stasera… no, no non avevo scordato che usciamo a cena fuori… non preoccuparti porto la felpa per la moto… non prendo freddo, non temere… sei sempre così premuroso… ok, a stasera… Ah, scordavo Yukari stasera mi regge il gioco.” Ultima frase la esterno con un tono molto caldo e passionale, dopo ridacchio nel microfono e poi saluto. Lo so che l’ultima frase la possiamo capire solo noi, ma mi regala una soddisfazione immensa questa complicità che ho con lui e che posso sfoggiare davanti al capitano. Che abbia sottointeso o no francamente non m’interessa, come lui non si è interessato per due anni di me.
Voltandomi vedo Tsubasa come un marmo, ha uno sguardo fisso e statico senza alcuna espressione. Inarco le sopracciglia cercando di decifrare questa sua immobilità. Mi ha spiazzata.
 
“Tu-tutto bene?”
Pare risvegliarsi e tornare sulla terra.
“Sì, tutto ok, scusa è che mi fa strano sentirti così disinvolta al telefono.”
 
Abbasso lo sguardo in un’ultima ondata di pudore che con Koshi avevo quasi dimenticato in questi ultimi mesi.
 
“Sai… stiamo insieme da tanto ormai e… abbiamo tanta confidenza” parlo in serenità perché sono certa che Ryo lo aveva messo al corrente della mia situazione sentimentale.
“Ovviamente, anzi scusa se mi sono intromesso è che… un conto è quando ti viene raccontato un conto è viverlo, comunque sono felice per te Sanae; sono felice che tu sia felice.”
“Grazie.”
Prende il cellulare dalla tasca e controlla l’ora. Siamo arrivati alla fine è tardi, lo capisco, e la sensazione che ho provato all’inizio della giornata si ripresenta ancora più violenta. Se non avessi lui qua di fronte potrei accartocciarmi a terra per il mal di pancia che improvvisamente mi ha colto. 
 
“Si è fatto tardi, devo andare.” Un leggero inchino chiude questa mezzora che mi aveva concesso. 
 
Sia mai che mi avesse dedicato troppo tempo dopo due stramaledetti anni. 
 
I miei pensieri sono ancora molto arrabbiati nei suoi confronti e non solo loro. 
 
“Buon viaggio capitano.” Ancora quel tentativo fallito di tenere un distacco che non potrà mai esserci.
 
Imbocca il vialetto di uscita dal parco, mentre io resto lì immobile a osservarlo andar via, proprio come fu alla fermata dell’autobus, mi sembra di rivivere la medesima scena di due anni fa e mi sembra di riviverla a rallentatore esattamente come due anni fa. Mi salgono le lacrime agli occhi, li stringo perché non devo piangere.
Non farò come due anni fa.
Assolutamente, no!
Ma non è il remake di due anni fa e me ne rendo conto quando Tsubasa si volta e solleva un braccio in segno di saluto per poi dirmi: “Tornerò Sanae e sai che io non mi arrendo mai!”
 
Le palpebre si allargano a dismisura per il palese doppio senso di questa frase. Pochi attimi dopo ho già la sensazione che non sia vero quello che ho sentito. Ma la nuova intonazione di voce da adulto di Tsubasa mi fa capire che non è più un remake, ma il presente e forse anche il futuro. Ancorata al desiderio di non versare più neppure mezza lacrima per il mio capitano; tiro su col naso e alzo il braccio per contraccambiare il saluto come se nulla fosse.
Ma è impossibile far finta di nulla perché sono consapevole che Ozora mi è entrato sottopelle e non andrà mai via.
 
Quando raggiungo le ragazze non ho voglia di parlare lo sguardo d’intesa con Yukari le fa capire che dinanzi a Kumi non ho assolutamente intenzione di affrontare l’argomento Ozora. Quindi il viaggio di ritorno verso casa si compie tra gli schiamazzi dei ragazzi che ancora decantano le prodezze di Tsubasa. E se solitamente il suo nome è sulle loro labbra per una decina di volte al giorno, adesso lo sarà per mille volte al giorno visto il risultato contro l’Olanda. In un barlume di disperazione trovo la proposta di Koshi quasi realizzabile, così magari mi tolgo di testa il capitano. Lasciare il compito di manager potrebbe davvero essere la soluzione.
 
Ma potrò mai realmente togliermelo dalla testa? Non credo proprio. Scuoto il cranio mentre le figure esterne si susseguono veloci al passaggio del bus.
 
“Tutto ok?” Yukari alla mia sinistra mi stringe un braccio in segno di conforto.
“Diciamo di sì.” Rispondo voltandomi e sorridendo.
“Ti ha fatto tanto effetto rivederlo?”
“Vediamo… hai presente un cazzotto allo stomaco?”
“No, ma vedo Kazuo come si accascia quando ne riceve uno quindi…”
“Ecco, più o meno.”
“Ahi, allora: No buono!”
“Già, no buono… e poi confesso di aver fatto pure la stronza.”
“In che senso?”
“Ha chiamato Koshi e ne ho approfittato spudoratamente per fargli capire che in questi due anni senza di lui me la sono cavata alla grande – abbasso il tono della voce voltandomi ancora verso il finestrino- o quasi.”
“E il capitano come l’ha presa?”
“Aveva una maschera sul viso di imperturbabilità. Pareva un marmo inespressivo.”
“Hai mai pensato che anche lui possa aver sofferto in questi anni?”
 
Torno a guardarla perplessa, credo che la mia espressione interrogativa stia stupendo anche lei, forse un discorso così profondo e adulto non lo abbiamo mai fatto, ma dopotutto non siamo più le ragazzine di due anni fa.
 
“Forse, anche se ha uno strano modo di dimostrarlo visto che non mi ha mai cercata.”
“Magari, conoscendo la proverbiale timidezza di Tsubasa, aveva difficoltà oppure soffriva ancora di più nel sentirti… chi può dirlo.”
La guardo inarcando un sopracciglio verso l’alto e in tono scherzoso chiedo: “Da quando sei diventata così profonda Yukari?”
“Da quando vedo la mia amica che non sta proprio al 100% dopo averlo rivisto… forse Kanda non era la soluzione e chiodo non scaccia chiodo.”
“Non potremo mai saperlo, sicuramente Koshi è comunque una bella parentesi che mi aiuta molto.”
“Non ti ha detto nient’atro Ozora?” 
La mia espressione tradisce la frase che sto per dire infatti la mia amica mi precede e puntualizza: “niente cazzate Sanae che ti ha detto il capitano?”
“Giuro nulla di che, solo che l’ultima frase calata nel contesto dell’incontro mi ha fatto uno strano effetto.”
“E cosa ti avrebbe detto?”
“Ha detto che: Tornerò Sanae e sai che io non mi arrendo mai!” replico tentando di imitare la nuova voce. Infatti Yukari non capisce e aggrotta le sopracciglia perplessa. Quindi tento di spiegare…
“Vedi è stata solo una sensazione perché è accaduta dopo la telefonata con Koshi, prima mi aveva raccontato della vita in Brasile e che lui non si arrende mai… poi la stessa frase la piazza quando ci salutiamo quasi…”
“Quasi?” Domanda incuriosita la mia amica sporgendosi sempre più verso il mio sedile.
“Sembrava quasi una sfida a Kanda, ma non temere: sono io che mi faccio sicuramente troppe seghe mentali e ci vedo soluzioni improbabili. Sicuramente si riferiva al calcio.”
“Hm… effettivamente era ambigua; è anche vero che lui in Brasile è solo e non ha mai trovato una ragazza, questo potrebbe essere un segnale.” Yukari perplessa si massaggia il sottomento con le dita con espressione risoluta e pensierosa.
“E tu come lo sai scusa?”
“Che domande? Basta origliare i ragazzi nello spogliatoio no, non sai che sono dei pettegoli allucinanti?”
“Yukari!” l’ammonisco prima di scoppiare a ridere.
 
Lei per tutta risposta mi spintona una spalla con la mano sghignazzando al mio fianco. Nonostante l’incontro con Tsubasa mi abbia profondamente turbata sono felice di avere vicino la pazza della mia amica.
 
Mi volto a guardarla e poi le parlo: “Grazie Yukari.”
“E di cosa scusa?”
Scuoto la testa sorridendo. “Di esserci sempre.” E l’abbraccio. Restiamo così per qualche istante mentre una lacrima riesce comunque a solcare la guancia e infrangersi sul sedile.
La mia amica mi massaggia la schiena per conformarmi.
“Voglio solo che tu sia felice, nient’altro.” 
E mi stringe ancora di più per farmi capire che lei ci sarà sempre. Sono grata agli dei per questa amicizia meravigliosa, così mi lascio avvolgere senza protestare, ho bisogno di conforto in questo momento, e Yukari riesce a darmelo.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** 6_1 Tsubasa e Koshi ***


La partita con contro l'Olanda ha delle ripercussioni non solo per Sanae... vediamo quindi le reazioni dei due ragazzi dopo l'evento inatteso.
Buona lettura
Sanae77






Ho chiesto al tassista di trovare la strada più veloce per raggiungere il campo, sono in maledetto ritardo, nessuno sa del mio arrivo.

Tre motivi mi hanno impedito di avvisare, il primo ha nome e cognome, Sanae Nakazawa, non volevo che per colpa mia mancasse a questo evento. Il secondo è che realmente non sapevo se ce l’avrei fatta ad arrivare in tempo. Il terzo è che avevo paura che lei non volesse venire vista la mia presenza, quindi ho preferito tacere. Sarò codardo, ma ho solo voglia di rivederla.

Infatti dopo aver controllato l’orologio per la centesima volta posso affermare che sia appena finito il primo tempo. E da quello che ho sentito alla radio non sta andando per niente bene; Non riesco a capacitarmi del motivo per il quale debbano essere così scarsi quando non ci sono. Eppure quando entro in campo cerco sempre di coinvolgerli nel gioco e di incitarli. Sollevo le spalle sperando di riuscire a fare un mezzo miracolo nel secondo tempo.

Scendo dal taxi e corro verso gli spogliatoi, sento il cronista che sta per annunciare l’inizio. Senza pensarci sfreccio tra due persone e raggiungo la meta. Lancio il borsone sulla panca e afferro la divisa, metto gli scarpini e volo verso il campo. Una delle due persone tra le quali sono passato mi sembrava… scuoto la testa per non pensare a Sanae, non voglio distrarmi. Questa partita è troppo importante.

Faccio un cenno all’allenatore che subito comunica il cambio appena in tempo; il cronista esclama il mio nome e io poso il piede sull’erba verde.
I miei compagni sono sbigottiti, mi vengono tutti incontro per darmi il benvenuto, ma non c’è tempo da perdere dobbiamo rimediare questa situazione. Il fischio d’inizio riscuote tutti facendoli posizionare ai loro posti dopo un mio grido d’incitamento.

Ora si cambia passo!

Strizzo l’occhio a Misaki che è già pronto al mio fianco. Ma dopo aver recuperato la palla corro verso la porta e il primo passaggio verso Misaki va a vuoto, devo solo ringraziare la prontezza di riflessi di Nitta per poter destreggiare la palla nuovamente tra i miei piedi. Dopo alcuni dribbling vedo Kojiro in aria di rigore, lo guardo sperando che capisca le mie intenzioni, e quando vedo che riesce a smarcarsi gli passo la palla che decreterà il risultato del 2 a 1. 

Esplodiamo di gioia dopo un momento di incredulità. Ma non c’è da gioire visto che l’Olanda cambia passo e inizia la progressione con tantissimi tiri al volo. Dico a Misaki di andare in aria di rigore per difendere la nostra porta e dopo alcuni passaggi che riusciamo a deviare, perdiamo comunque palla e questo fa sì che un giocatore avversario riesca in un potente tiro.

Tiro che viene parato da Wakashimazu senza troppi problemi, quando si rialza incredibilmente alle sue spalle la voce d’incitamento di Genzo ci riempie tutti di entusiasmo. Anche lui aveva detto di non poter essere presente, mentre alla fine non ha resistito ed è venuto a vedere come ce la caviamo.
E io onestamente non me la sto cavando troppo bene, dopo il lungo viaggio sono distrutto e per quanto la voglia di giocare sia estrema il corpo mi ha detto che ho bisogno di recuperare.

Come in un tacito dialogo avuto mentalmente, i miei compagni capiscono e mossi dalla bramosia che sempre li ha contraddistinti avanzano in progressione senza di me.
In una perfetta triangolazione tra Ishizaki, Kojiro e Misaki è quest’ultimo che sigla il terzo goal. Mettendo la squadra in una posizione di vantaggio ottimale. 

Ho il tempo di scambiare due parole con i miei compagni per complimentarmi con loro, mentre ci rendiamo conto che lo stadio adesso pullula di persone venute a fare il tifo per noi. Taro mi guarda e una volta tolta la fascia da capitano al suo braccio me la porge in segno di rispetto e amicizia. Incredibilmente e al di sopra di ogni aspettativa anche Kojiro è concorde con il gesto di Misaki. È a questo punto che tutta la squadra vuole assolutamente che indossi la fascia. Ho le lacrime agli occhi, visto che sono tre anni che manco e non sento questo diritto. Non posso deluderli quindi allungo la mano e afferro la fascia che per tanti anni ho indossato.

Ed è in questo frangente che perdo la testa e mi galvanizzo incitando tutta la squadra per la vittoria. Ma quando vedo i miei compagni ancora più eccitati di me capisco che sia la strada giusta, dopo un susseguirsi di azioni, in un momento di follia sollevo la palla e rovesciando su me stesso siglo l’undicesimo goal. Li abbiamo stracciati quei presuntosi olandesi.

Rientriamo negli spogliatoi pavoneggiandoci un po’ dopo che il loro vero capitano, che non aveva giocato credendo di poterci battere con facilità, entra in campo per scagliare un tiro rabbioso verso la sua porta.
 
Quando scendo e superato il sottopasso arriviamo al corridoio che conduce agli spogliatoi, vedo Sanae difronte a me con le altre ragazze. Resto come imbambolato mentre Kumi porta via Yukari e Ryo porta via tutti gli altri permettendoci di restare soli. Chiedo così a Sanae di aspettarmi dopo la doccia.
Devo ammettere di non aver mai fatto la doccia così velocemente. E ora che siamo in questo parco da soli non so proprio da dove cominciare.
Sane è cambiata molto, ha perso i tratti da bambina che ricordavo per essere sostituiti da quelli di un’incantevole ragazza. Mi ribolle il sangue nelle vene per l’invidia e anche per la gelosia che provo nei confronti di questo famigerato Kanda.
Comunque mi faccio coraggio e tento di intraprendere una qualsivoglia conversazione.

“Dimmi un po’? Come va con la nuova scuola?”

Pagherei oro per sapere che cosa sta pensando, le brevi pause prima delle sue risposte mi imbarazzano e mettono in difficoltà sembra quasi che stia calibrando le parole per non…
Non ho una spiegazione plausibile a queste sensazioni che provo ma sembra quasi che sia arrabbiata con me. Non posso certo biasimarla dopo tre anni che non ci vediamo.
Tento una conversazione ma è difficile non ho argomenti da affrontare che non siano calcistici, non so niente di lei e di cosa ha fatto. Tutto per mia volontà ovviamente ma ora che mi servirebbe un minimo di conversazione ne sono praticamente incapace.

Cerco di indagare sulla sua vita privata ma come pensato non me ne dà il modo glissando la risposta e ponendomi poi una domanda diretta su cosa abbia fatto in Brasile.

Sono diventato un calciatore professionista mentre ho continuato a struggermi per te.

Questo avrei voluto confessare, ma non è ancora il momento visto che devo attraversare nuovamente l’oceano.
Invece rispondo: “Non posso lamentarmi, all’inizio è stato difficile, la diffidenza dei miei nuovi compagni, la competitività era veramente tanta… ma lo sai, IO non mi arrendo mai!” l’intonazione dell’ultima frase cambia anche se non lo vorrei.

Non posso tornare in Brasile senza aver seminato un piccolo germoglio.

E forse l’ho piantato visto l’aria stranita con cui mi osserva, è smarrita, sono certo che da me non se lo sarebbe mai aspettato. Sono scorretto e me ne rendo perfettamente conto, ma in questo preciso istante il cuore ha vinto sulla ragione.

Sembra essersi riscossa dall’incanto quando finalmente mi risponde: “Non ho dubbi sulle tue capacità e sono certa che ti sei fatto valere e benvolere da tutti capitano.”
Una fitta al cuore mi attraversa portando con sé tutta la delusione dell’ultima parola: capitano!

Non Tsubasa, ma capitano come in un disperato tentativo di poter mantenere le distanze tra noi. Sorrido per non crearle un turbamento inutile visto che non potrò restare tanto a lungo da confessare cosa provo per lei. 
Così mentre siamo intenti a fissarci, senza parlare, è il suo cellulare che spezza questo impasse.

Scusandosi si volta di spalle, mentre mi allontano di un passo, ma anche se fossero dieci riuscirei a sentire ugualmente visto che siamo totalmente soli in questo parco.
E non posso crederci è lui che si sta accordando per stasera. Mentre io sarò su un maledetto volo per il Brasile. Ho quasi la tentazione di confessare i miei sentimenti ma sono anche consapevole che oltreoceano devo restarci ancora per un altro anno… minimo.

Non posso distruggere così la sua relazione, anche se mi piacerebbe tantissimo. Inoltre il tono affettuoso e caldo che ha usato nell’ultima frase prima di congedarsi mi fa ghiacciare il sangue nelle vene. Resto paralizzato senza neppure rendermi conto di quello che sta realmente succedendo; fa male, tanto male, troppo male.

Mi riscuoto quando mi chiede se vada tutto bene.

Non posso ignorare quello che mi sta succedendo quindi le confesso la mia difficoltà nell’immaginarla fidanzata, ma aggiungo subito per non avere fraintendimenti che sono estremamente felice per lei.
Afferro il cellulare perché sono sicuro di essere agli sgoccioli con il tempo a mia disposizione.

“Si è fatto tardi, devo andare.”

Così affretto il passo caricandomi il borsone in spalla.
Mi saluta ancora con quell’appellativo che non avevo gradito neppure prima.

“Buon viaggio capitano.”

Forse nel tentativo di nuovo di mantenere la distanza tra noi.
Mi sembra di rivivere l’addio di tre anni fa. Ma ora è diverso e non voglio che sia la brutta fotocopia dell’altro, quindi mosso da un coraggio che non sapevo neppure di avere, voltandomi e le dico:

“Tornerò Sanae e sai che IO non mi arrendo mai!”

La frase volutamente a doppio senso nella speranza di aver piantato un altro piccolo germoglio che mi auguro, in questo anno verrà, possa crescere sano e forte.
Ed anche se pare impossibile nel volto la vedo tirare su con il naso e sollevare il braccio in segno di saluto.
 
L’aereo è nuovamente sulla pista di decollo e come tre anni fa rivivo le stesse sensazioni, ma con una nuova consapevolezza nel cuore. Lei non si è dimenticata di me e sono certo che quando tornerò in patria dovrò giocare una nuova partita. Ma dopotutto io sono abituato e vincere le partite. Mosso quindi da un nuovo obiettivo e entusiasmo mi addormento con il sorriso sulla bocca. Domani intanto mi aspetta il Domingo di Santana. Una sfida alla volta e riuscirò a conquistare tutti i miei obiettivi.

“E tra questi ora ci sei anche tu Nakazawa!” mormoro prima di sprofondare in un sonno ristoratore.
 
 
 
 
 




 
Osservo Sanae che si è alzata dal tavolo per andare al bagno, dove si era già avviata Yukari, immagino che questa le abbia mandato un messaggio per raggiungerla da come è schizzata subito.
Da quando è tornata dalla trasferta per la partita contro l’Olanda è cambiata. Non me lo ha detto, ma so che Ozora c’era e temo si siano anche parlati.

Sapevo di questa ombra dietro alla nostra relazione, ma speravo comunque in questo tempo di averla conquistata ed aver gettato le basi per un solido rapporto.
Sto davvero bene con lei.

Kazuo e Yukari arriveranno a sposarsi ne sono certo, non ho mai visto il mio amico così preso da una ragazza.
Dayu e Ikku stanno ragionando di come poter riuscire con due ragazze che hanno visto a scuola. I nostri amici hanno ancora poca esperienza in fatto di approccio, sono un paio di anni più piccoli e da poco sono entrati nella nostra categoria pugilistica.

Kazuo è già nel mood giusto a elargire consigli a destra e sinistra, mentre io sto sorseggiando la birra restante dopo aver mangiato la pizza.
Almeno una volta ogni dieci giorni veniamo in questa pizzeria gestita da un italiano a mangiare questo prelibato piatto che anche Sanae adora.
Mi volto verso il bagno, ma delle ragazze neppure l’ombra.

“Altrimenti potete fare come ha fatto Koshi con Sanae…” Kazuo mi porta a esempio per istruire i due giovani.
“Vabbè con Sanae è stato un corteggiamento classico, farsi vedere spesso, farla ridere e poi invitarla ad un incontro di pugilato.”
“Dai, ammettilo: la vera scintilla è stata la trovata dei teppisti.”
“Cosa?” chiedono all’unisono i nostri amici.

Mi volto per assicurarmi che Sanae non ci senta, e per fortuna è ancora al bagno.

“Kazuo queste sono cose che è meglio tenere per noi, se lo sapesse rischierei grosso.”
“Ah, tanto ormai l’hai conquistata, spiego in fretta e poi taccio… ma voi due dovete giurare di non rivelare mai niente!”

E figuriamoci se due ragazzetti alle prime armi non possano essere incuriositi da una questione del genere.
Così mano sul cuore giurano il silenzio così che Kazuo inizi il suo racconto.

“Dovete sapere che la Nakazawa non voleva salire in moto con Koshi, un po’ per il divieto che le aveva imposto sua madre e per la paura della velocità che lei stessa aveva. Così abbiamo pensato di spingerla a salire sulla moto inscenando un incontro poco piacevole con alcuni teppisti di zona… che poi altro non erano che amici di mio fratello, ma questi son dettagli.” Spiega orgoglioso visto che l’idea è stata sua.
“Che idea pazzesca, Bro”
“Già, proprio un’idea pazzesca e disonesta!” Yukari al lato del tavolo è furibonda.
“Da quanto sei qua?” domanda Kazuo terrorizzato.
“Abbastanza da capire che siete dei farabutti imbroglioni.”
“No, aspetta io non ho fatto niente, solo Koshi ha escogitato il piano per Sanae, te lo giuro.”

Bell’amico che mi ritrovo, anche se alla fine è la verità. Devo spiegare a Yukari come stanno le cose, altrimenti perderò Sanae e non voglio.
Quindi sollevo le mani come a voler fermare il tempo.

“Ti prego Yukari, fammi spiegare prima di tirare conclusioni affrettate.”

Con le braccia intrecciate al petto arriccia il naso come se fosse disgustata. Ma il cenno della testa mi fa capire che posso almeno tentare di spiegare.

“Ti confesso che tutto era partito come una sfida la mia conoscenza con Sanae, non voglio nascondertelo, ma ora… ora mi sono davvero affezionato e non posso perderla per un errore del passato, è vero, sono stato scorretto, ma solo così ho potuto conoscerla e mettermi con lei… lo sai anche tu che con la storia di Ozora non me lo avrebbe mai permesso.”

La ragazza sbuffa stizzita, ma so di aver toccato un filo scoperto, lei sa quanto Sanae avrebbe sofferto se non ci fossi stato io a farle dimenticare Ozora.

“Yukari adesso è tanto tempo che stiamo insieme, se avessi voluto prenderla in giro o approfittarmi solo di lei… sai bene che se avessi voluto l’avrei già lasciata da tempo. Quello che dovevamo fare ormai dopo tutto questo tempo è fatto, non avrei motivo di stare con lei, ragiona ti prego.”
Yukari gonfia le gote e poi sbotta: “E va bene, mi hai convinto, anche se trovo scorretto il tuo comportamento devo dire che con il tempo non l’hai mai presa in giro. Ma Koshi ti tengo d’occhio vedi di non farla soffrire altrimenti ti farò vedere di cosa sono capace intesi?”
“Temo che sarà lei a farmi soffrire, ha visto Tsubasa vero all’incontro con l’Olanda?” Non che mi vada di farmi i cazzi miei di fronte a tutti, ma questa è la mossa giusta per far tacere Yukari mettendola in difetto, ne sono certo.
Infatti arrossisce senza ritegno e so che non è da lei questo atteggiamento.
“I-Io… credo di sì, ma non ne sono certa.”

Rido di gusto, ora sono in netto vantaggio.

“Certo non ne sei certa, vi scambiate anche lo spazzolino e non sai se ha visto Ozora alla partita. Credi che sia scemo?”
“NO, non intendevo questo… e che io…”
Ma non riusciamo a terminare la frase visto che Sanae è tornata e quindi un silenzio imbarazzante è piombato sul tavolino.
“Beh? Ho interrotto qualcosa? Stavate parlando male di me?” La prima manager ci sta guardando con sospetto, è intelligente e non la freghi.
Yukari raggiunge Kazuo mettendosi a spilluzzicare le patatine intingendole nella maionese.
“Ma figurati, siediti piuttosto. Stavamo dando dei consigli a Dayu e Ikku su come conquistare qualche fiamma.” Da sotto al tavolo dò una ginocchiata a quello più vicino affinché confermi la mia spiegazione. Sanae intanto mi raggiunge mettendosi al mio fianco.
“Sì, abbiamo visto delle ragazze che ci interessano e visto la nostra inesperienza ci siamo fatti dare due dritte, vero Dayu?”
“Già, e anche Yukari ci ha consigliato.”
“Non oso immaginare che razza di consigli possa avervi dato la squinternata della mia amica.” Ride adesso Sanae perdendo quello sguardo sospettoso che aveva all’inizio. Forse riesco a scamparla.
“Ah, lo sai che i miei sono sempre ottimi consigli!” Yukari sta al gioco e allenta la tensione.
“Ragazzi, comunque è facile, basta che siate carini, che vi fate vedere disponibili, galanti e presenti. Questo è molto importante, fatevi notare altrimenti non avrete scampo… e giocate la carta dell’incontro di boxe visto che ne avete l’opportunità. Quello, un invito a cena e il cinema dovrebbero bastare… provate. Ed evitate i vicoli bui per carità, altrimenti farete la fine di me e Koshi che per fuggire a quei teppistelli, sono dovuta salire in sella anche se avevo una fottuta paura. Koshi, loro sanno della nostra disavventura vero?”
“Sì, tranquilla, lo sanno.”
“Ecco, quindi evitate vicoli bui per non incontrare cattive compagnie.” Finisce così la predica verso i nostri amici mentre osservo la sua pelle incresparsi. Credo che il solo pensiero dei teppisti le abbia fatto ritornare a mente la paura provata.

Le cingo le spalle attirandola e quando è abbastanza vicino le bacio una guancia per tranquillizzarla.
Sanae si stringe a me in cerca di calore. Mi sento anche in colpa per averla ingannata così, ma ora è troppo tardi per tornare indietro e se confessassi adesso questa storia sono certo che la prenderebbe male, senza considerare la questione Ozora che nell’ombra resta sempre presente.
Guardo di soppiatto Yukari che mi sta osservando silenziosa. La questione Ozora è servita vedo.

Non mi va giù comunque che la mia ragazza non mi abbia detto niente, quindi quando saremo soli ho intenzione di scoprire cosa si sono detti.


La serata è giunta al termine, perciò ci alziamo per pagare e raggiungiamo i mezzi per tornare a casa. Ci salutiamo e una volta giunti sul retro dell’abitazione di Sanae restiamo un attimo a coccolarci appoggiati alla moto. Adoro questo momento di distacco, in cui posso permettermi di assaporare la sua bocca e le sue labbra, e lo faccio come se domani non potessi vederla, come a saziarmi e far scorta di lei. 

“Tutte le volte mi baci come se fosse l’ultima…”
Ho detto che è intelligente e le cose non le sfuggono.
“Diciamo che adoro baciarti e per questo m’impegno al massimo.” E torno lì a lambire quelle labbra che hanno un leggero sapore di fragola dovuto al gloss che indossa.
Le braccia a cingerle la vita e lei appoggiata alle mie gambe, così si lascia andare totalmente in balia delle mie effusioni, risalgo con la mano lungo il fianco sotto la maglia e quando arrivo al reggiseno m’intrufolo per toccare la carne tenera celata sotto.
Sorride sulle mie labbra stringendo un braccio e imprigionando la mano.
“Non facciamoci strane idee per stasera che è già molto tardi.” Mi ammonisce mentre sbuffo nell’incavo del collo che avevo preso a baciare.

“E non credere di avermi incantato con la storia dei tuoi amici che volevano dei consigli amorosi Koshi, sei un pessimo attore.”

Gelo e mi blocco, devo uscire da questo casino o non ne verrà niente di buono; poi un lampo di genio mi attraversa le meningi, e come per Yukari decido di sfruttare il suo punto debole: Tsubasa Ozora.

Quindi la lascio libera e una volta scostatasi da me resta a braccia incrociate in attesa di una spiegazione.
“Non ti si può nascondere nulla.”
“Esatto, non mi si può nascondere nulla.” Afferma vittoriosa, ma sono convinto che a breve quest’aria spavalda scomparirà, sostituita dal rossore o dalla pelle candida. Vedremo se perderà tutto il sangue nelle vene o s’infiammerà, sono proprio curioso.
“Ho chiesto a Yukari se alla partita con l’Olanda hai visto Tsubasa – resto un attimo in sospeso prima di proseguire perché sono curioso della sua reazione, ha vinto la seconda ipotesi ora che le vedo perdere totalmente il colore dalle gote solitamente colorate – la cosa strana è che mi ha risposto di non saperlo, e sai che le ho detto? Che mi sembrava impossibile visto che vi scambiate anche gli spazzolini, so che c’era Sanae e che ha siglato anche dei goal, quindi a questo punto lo chiedo direttamente e te. Ti sei vista ed hai parlato con Ozora?”

Raddrizzandosi cerca di darsi un contegno per non farsi cogliere impreparata, mentre so già che partirà in attacco, ha un bel carattere peperino la mia ragazza.

“Perché? Anche se lo avessi visto e ci avessi parlato sarebbe un problema?”
“No, è un problema quando me lo nascondi.”
“Non te l’ho nascosto! Tu non me lo hai chiesto ed io semplicemente non te l’ho detto. Facile-facile.”
“Allora perché sei così nervosa?”
“Io non sono nervosa, ti stai facendo un film che non esiste.”
“Sanae da quando hai rivisto Tsubasa sei cambiata e neppure te ne rendi conto.”
“Non puoi dirmi che sono cambiata, cosa faccio di diverso? Non posso più neppure parlare con un vecchio amico adesso? Stai diventando geloso? Sapevi che avevo un debole per lui. Ti capisco, ma ora devi fidarti di me. Perché è con te che ho deciso di stare.”

E sembra anche sicura mentre lo dice. Forse ne è davvero convinta, forse non vorrà soffrire, la cosa certa è che io non sono nella sua testa e quindi quello che prova veramente non potrò mai saperlo.

“Spero davvero che sia così Sanae, perché io ci tengo a te.” Ora che mi sono nuovamente avvicinato le metto le mani sulle gote mentre le bacio la fronte con affetto.
Lei mi cinge la vita nascondendo il viso contro il mio petto.
“Anch’io tengo a te.”

L’abbraccio stretta prima che si distacchi e vada verso il vialetto di casa.
L’ombra della sera la inghiotte e ora che non posso più vederla, un'altra ombra s’insinua nei miei pensieri, oltre a quella di un Ozora onnipresente.

Sanae non ha mai detto di amarmi.

Consapevole di questo dettaglio importante salgo in sella decidendo di vivere questo rapporto alla giornata, dopotutto era nato per scommessa, non posso pretendere altro. Sapevo di avere a che fare un rivale immaginario, ma a tratti tangibile.
Tutto dipenderà da come evolverà quando il campione nipponico tornerà in patria.
Sarà dura, ma io sono abituato alle sfide.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** 7_0 Sanae ***


Tsubasa è tornato.
L’ho saputo da Yukari che mi ha chiamata dieci minuti fa; glielo ha detto Ryo. Ishizaki è meglio del telefono senza fili. Ho schiacciato la cornetta rossa sul cellulare continuando a fissarlo come un ebete. Sono passati otto mesi dalla partita con l’Olanda e ora la frase del capitano mi rimbomba in testa come un gong.
 
Tornerò Sanae e sai che io non mi arrendo mai!
 
Stasera mi vedo con Koshi mentre gli altri hanno detto che vanno a celebrare il suo ritorno. Non posso mancare ai festeggiamenti ma al contempo se non esco con il mio ragazzo, per via di Ozora, mi aspetta una paternale da incubo. Yukari ci andrà con Kazuo ha detto. Potrei portare anch’io Koshi, non sarebbe la prima volta che usciamo tutti insieme con i nostri amici, ma ora…
 
Ora è tornato colui che sottopelle è rimasto nascosto e non è mai andato via. Forse dovrei rivedere la mia relazione con Kanda. Sbuffo perché non so come gestire una cosa così improvvisa; se solo lo avessi saputo prima.
 
Saputo prima cosa? Eh, Sanae, ma brava! Ora che torna il capitano scarichi il rimpiazzo. Brava davvero!
 
La coscienza non si è fatta assolutamente attendere tra i miei pensieri. Sospiro buttando il cellulare sul letto, poi cambio idea e lo afferro nuovamente. Stringo il labbro inferiore tra i denti e dopo aver digitato la password di sblocco apro Instagram. Sono mesi che non entro sul profilo di Tsubasa. Un po’ perché non posta mai nulla, e l’altro motivo era la paura di trovare la notizia di un qualsivoglia fidanzamento.
 
Come se poi Ryo non lo avrebbe detto se fosse accaduto.
 
Ancora una volta la mia coscienza è più razionale di me. In un coraggio che non credevo di avere apro il suo profilo. Non ha messo niente per mesi, come immaginavo, ma oggi un post lo ha messo eccome.
La foto dell’aeroporto di Narita in primo piano e due semplici righe sotto.
 
Torno a casa con la consapevolezza di un nuovo inizio e la voglia di non arrendermi mai.
 
Il famoso pugno allo stomaco ha colpito di nuovo per poi sciogliersi in un caldo liquido che si dirama per ogni parte del corpo. Continuando a scuotere la testa voglio convincermi che siano solo coincidenze a non messaggi subliminali.
 
Povera ingenua.
 
“E basta!” controbatto alla mia coscienza come se a voce alta potessi avere più autorità. Illusa.
Prendo il telefono e chiamo Koshi, voglio andare a quella cena; è stato il nostro capitano ed è giusto che festeggi con gli altri. Spero che il mio ragazzo non s’arrabbi, dopotutto è solo una cena.
 
Ora si chiama solo una cena…
 
Perplessa penso alla mia stessa coscienza che mi percula, se continua così devo farmi vedere da uno bravo.
Finalmente dopo cinque squilli Kanda risponde: “Ciao, senti, che ne dici se andiamo insieme alla cena della squadra di calcio stasera?”
“Sai cha stasera mi alleno fino a tardi, Sanae.”
Tiro un respiro di sollievo perché proprio lo avevo dimenticato.
“Scusa, lo avevo scordato, visto che Kazuo viene non avevo pensato al tuo allenamento integrativo.”
“Passo a prenderti dopo ok?”
“Va bene, mandami un messaggio dieci minuti prima di partire così mi faccio trovare fuori.” Vigliacca fino alla fine nel chiedere di aspettarmi fuori. Come se il ritorno del ragazzo prodigio possa passare inosservato per tanto tempo.
“Perfetto!”
Una volta riagganciato mi rendo conto di aver omesso un piccolissimo e ingombrante particolare. E dalla tranquillità con cui mi ha risposto Koshi temo che, nel tempio della boxe, la notizia del ritorno di Ozora non sia ancora pervenuta.
 
 
Quando arrivo dinanzi alla porta del locale resto un attimo bloccata dal vedere il capitano dall’altra parte del vetro che sorride, al massimo della gioia, ai suoi compagni di squadra. Mi manca il respiro neppure avessi un appuntamento con lui mentre Yukari mi sta praticamente spingendo verso l’ingresso.
“Sanae che diavolo ti prende? Giochi alle belle statuine?”
“Sc- Scusa è che…” neppure riesco a finire la frase da tanto che il cuore mi pulsa in gola.
Che diavolo mi sta succedendo?
 
Ormoni in subbuglio, colpa loro.
 
Suggerisce la vocina impertinente dentro ai miei pensieri. Aggrotto le sopracciglia visto che mi sembra anche di sentirla ridacchiare. Inizia a farsi seria questa situazione.
 
“Eh, comprensibile, il capitano in abiti borghesi non è malaccio, dopotutto.” La mia migliore amica ha delle uscite che dovrei scriverci un libro.
“Come mai un’amica così idiota è toccata a me?” domando guardandola dritto negli occhi ora che mi sono voltata.
“Tze, ingrata. Quando ti aiuto solo a mettere davanti al tuo sguardo cieco ovvietà palesi.” Il tono teatrale e la mano sulla fronte degna dei migliori drammaturghi mi fanno scoppiare in una risata calorosa e allo stesso tempo liberatoria. 
Sono tesa: è innegabile.
La porta cigola alle mie spalle e senza che faccio in tempo a girarmi la voce profonda e adulta del capitano mi arriva dritta al cervello.
 
“Che fate ancora qua fuori? Perché non entrate?”
 
Sgrano gli occhi mentre Yukari scuote la testa rassegnata. Ma non dice nulla di compromettente, forse il mio sguardo smarrito le ha fatto prendere la decisione di non infierire ulteriormente. Come se non fossi già abbastanza in difficoltà.
Infatti mi supera con disinvoltura, salutando Tsubasa come se lo avesse visto l’altra sera, ed entra lasciandoci soli.
Mi volto visto che non posso assolutamente più sottrarmi al nostro incontro dopo tanto tempo. Vero che ci siamo visti alla partita contro l’Olanda, ma il tempo è stato davvero pochissimo e tra un evento e l’altro sono passati più di tre anni dalla sua partenza per il Brasile.
 
“Mi fa piacere che sei venuta, Sanae.”
 
Mi struggo per il mio nome pronunciato dalle sue labbra e con quel tono così diverso, non più da ragazzino. Cosa ci siamo persi di questi anni?
 
Niente che non si possa recuperare, non farla lunga.
 
Scaccio il pensiero impertinente e contraccambio il sorriso per non fare la figura dell’ebete.
 
“Non poteva mica mancare la prima manager.”
“Giusto. Entra.” M’invita aprendo la porta, faccio due passi per varcare la soglia e la sua mano che si appoggia in mezzo alle mie spalle per agevolare l’ingresso è fuoco anche attraverso la stoffa. Un brivido parte da lì diramandosi in tutto il corpo facendolo vibrare leggermente. Tsubasa avverte questo piccolo sussulto infatti mi chiede se io abbia freddo.
 
Ah-ah-ah-ah ora si chiama freddo! Il mio sesto senso ride al posto mio.
 
“No, non temere, non ho freddo è solo la differenza tra esterno e interno.” Lo rassicuro mentre raggiungiamo il tavolo.
Gli altri si sono già sistemati, come di consueto siamo suddivisi tra maschi e femmine, infatti lui prende posto al lato dei ragazzi mentre io mi dirigo nell’ultimo spazio libero tra Yayoi e Yukari.
Le pietanze si susseguono mentre lui viene investito di domande sul Brasile, sul calcio, sulle possibili offerte del futuro e sulle ragazze Brasiliane.
 
Io invece mi godo lui.
Me lo godo da lontano, immagazzinando ogni singolo cambiamento che ha fatto in questi anni, a partire dai gesti, dal muovere le mani in maniera più decisa, dalle battute che noto saper gestire meglio e quell’intercalare vocale così diverso da prima. Il tono caldo e profondo m’infondono una calma apparente. Con le mani sotto al mento ascolto i suoi racconti pendendo praticamente dalle sue labbra ed è incredibile come il cervello riesca ad isolare solo la sua voce in mezzo a tante altre.
 
Mamoru e Ryo sono scatenati, tanto euforici da averlo messo visibilmente in imbarazzo lo stanno punzecchiando sulle possibili conquiste fatte in Brasile. Mi lancia di sfuggita delle occhiate di pura vergogna non riuscendo a difendersi dall’attacco. Se in un primo momento ho creduto che sapesse gestire meglio questo tipo di situazioni ora mi fa quasi tenerezza in balia di questi sfottò.
Decido di aiutarlo anche se so già che me ne pentirò.
 
“Se non sbaglio Ishizaki la ragazza della 4B ti ha tirato un bidone clamoroso due sabati fa. Forse neanche le brasiliane verrebbero in tuo soccorso.”
I ragazzi iniziano a ridere come matti. Tsubasa mi guarda grato mimando un accenno di ringraziamento anche con la testa. Arriccio il naso facendo un leggero gesto con la mano; come a dire: dovere capitano!
 
“Eh, lei adesso si è data alla boxe, ma dimmi un po’ Anego: Koshi sa che sei qua stasera?”
 
Sono pronta all’attacco, ma almeno ho salvato Ozora. Tanto di me e Kanda non è una novità, lo sanno anche i muri dopotutto.
 
“Certo – afferro il cellulare e guardo l’orario – appena finiti gli allenamenti mi passerà a prendere. Non ho capito da cosa mi dovrei nascondere. Torna a pensare ai tuoi bidoni Ryo.” So che il tutto mi è uscito con un po’ troppa rabbia e un tono di rimprovero, ma questa discussione sta mettendo tutti in difficoltà arrivando a toccare argomenti che adesso non è il momento neppure di sfiorare. Siamo qua per festeggiare il ritorno di Ozora, non per parlare della mia situazione sentimentale.
L’espressione di Tsubasa cambia, si fa triste e seria, sul bel volto una smorfia quasi di dolore. Solo in occasione di gravi infortuni ho visto quell’espressione dolente sul viso sempre allegro. 
E come al solito è Yukari che riporta tutto su toni più socievoli.
 
“Visto che dei bidoni di Ryo non ce ne può fregar di meno; sentiamo che programmi ci sono per il prossimo campionato, che ne dite?”
“Ragazzi, Nishimoto ha ragione, vediamo di organizzarsi per i prossimi incontri ora che Ozora è tornato.”
 
Mamoru corre in soccorso cercando anche lui di smorzare i toni e cambiando argomento. Forse si sente responsabile del leggero battibecco con Ryo visto che era stato il primo a chiedere informazioni sulle Brasiliane.
Tsubasa agevolato dall’argomento prende nuovamente parola illustrando il suo piano di attacco e nuovo progetto. L’espressione del volto torna rilassata, ma non del tutto. So perfettamente che appena il mio telefono trillerà quel dolore muto tornerà a farsi vedere.
La cena prosegue infatti tra schiamazzi e sfottò, ma tutti accuratamente evitano il discorso fidanzate/fidanzati ed è quando il mio cellulare squilla che tutti ammutoliscono.
 
Koshi è arrivato e io devo andare.
 
Ripongo tutto nella borsetta e afferro il maglioncino. Sollevo gli occhi e lo sguardo immobile di Tsubasa quasi mi spaventa. L’inespressività del suo volto mi fa rabbrividire, come se avesse indossato una maschera.
Saluto tutti, poi raggiungo lui, il mio capitano, che a capo della tavola, posto d’onore come il festeggiato di un compleanno, si alza per contraccambiare i saluti.

“Scusa se vado via prima di aver finito, ma avevo già un impegno e ho fatto di tutto per esserci, ma non potevo declinare quello preso in precedenza.”
“Non preoccuparti, avremo occasione di vederci.”
“Bena, allora a domani al campo.” Rispondo con una frase tipica del passato. Mi fa un’impressione pazzesca pronunciarla dopo tanto tempo. Mi sembra impossibile che domani agli allenamenti ci sarà anche lui: di nuovo.
“A domani allora, come ai vecchi tempi.” Un luccichio nelle iridi tradisce la maschera che ha indossato. Forse è felice e non vede l’ora che sia domani. Questo il malsano pensiero che ho avuto notando quel bagliore.
“Giusto, come ai vecchi tempi.” Ribadisco come a voler sottolineare un passato ormai annebbiato, ma pronto per tornare alla luce.

Esco dal locale con la certezza dei suoi occhi addosso che sento scivolare dolci sul mio corpo e il mutismo dei nostri amici che per una volta tanto hanno avuto la decenza di tacere.
Koshi in sella alla sua moto mi porge il casco con sicurezza mentre ignora il tormento che da stamattina alberga nel mio cuore.
Ozora è tornato e io non posso più nascondermi dietro assurde scuse.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** 7_1 Koshi e Sanae ***


Resto un attimo stordito quando Sanae mi chiama per chiedermi se posso andare a cena con lei.
Ovviamente anche se faccio finta di nulla so perfettamente che Ozora è tornato. Kazuo mi ha avvisato e visto quanto la mia ragazza è rimasta turbata dopo l’incontro per la partita dell’Olanda non oso immaginare quanto possa destabilizzarla adesso vederlo tornare per restare.
Credevo che in tutto questo tempo potesse esserle passata questa cotta adolescenziale, ma ora non ne sono più così sicuro.
Finché non si è fatto vedere andava tutto a gonfie vele, ora non è più così.
Le ho mandato un messaggio sul cellulare per farle capire che la sto aspettando qua fuori.
Cerco di osservare l’interno del locale, vedo Sanae alzarsi e salutare, sta parlando con Ozora ed io devo cercare di stare calmo.
Tempo pochi istanti e per fortuna questa tortura finisce.
Esce e afferra il casco che le sto porgendo.
 
“Tutto bene l’allenamento?”
“Sì, e tu la cena?”
“Ancora non è finita, sai eravamo in tanti e le portate andavano a rilento, senza contare che Ryo sta tenendo banco e tutti si stanno divertendo molto.
“Vuoi che torniamo dentro?”
“NO!” risponde quasi terrorizzata. La sto guardando incuriosito da questa risposta così secca, infatti aggiunge: “No, è che… insomma il più della cena è passato, ho mangiato a sufficienza quindi possiamo andare.”
 
Sale dietro stringendosi come al solito.
Non ci sto a far finta di non sapere niente di Tsubasa voglio proprio sapere che cosa le passa per la testa. Guido fino a casa mia, stasera i miei sono fuori e la casa è libera per qualche ora.
Scruto ogni possibile cambiamento di atteggiamento da parte di Sanae, ma resto sorpreso nel non notare finora niente di particolare, forse mi sto facendo delle paranoie assurde.
Quando apro la porta di casa lei sguscia dentro come al solito dirigendosi in camera mia.
Una volta dentro lascia la borsa sulla scrivania mettendosi a rovistare tra i cd. La raggiungo e stringendola da dietro le bacio il collo, ma mosso da un’ombra che sento sempre presente non riesco a tacere.
 
“Quindi il grande campione è tornato. Che progetti ha per il futuro.”
Sanae si blocca. Rigida come una pietra.
“Credevi che non lo sapessi?” domando afferrandole una spalla e facendola voltare, voglio vederla negli occhi mentre mi risponde.
“Perché doveva forse essere un segreto il ritorno di Ozora?”
“No, infatti, mi ha fatto strano che tu non me lo avessi detto.”
“Non ho capito? Devo farti il resoconto di ogni mia giornata?” La classica posa delle mani sui fianchi mi fa capire che è incazzata.
“Ti pare un dettaglio il ritorno di Ozora? O devo ricordarti cosa ci siamo detti all’inizio della nostra relazione?”
“Credi che non me lo ricordi? Sono anni che stiamo insieme Koshi, dovresti conoscermi ormai.”
“Proprio perché ti conosco sono preoccupato. Preoccupato che lui distrugga tutto.”
 
Le prendo il volto tra le mani e la bacio con passione. Sanae dopo un attimo di reticenza, credo dovuto al battibecco, si lascia baciare. Le sue mani le sento scivolare sotto la maglia che ancora indosso.
In un momento di tregua che le concedo cerca di tranquillizzarmi.
 
“Tsubasa non farebbe mai niente, è un ragazzo rispettoso non facciamoci rovinare la serata ok?”
“Ok” rispondo tra le sue labbra mentre sono riuscito a slacciare anche il reggiseno. I gesti sono diventati un rituale.
Sanae si allontana accomodandosi sul mio letto. Due dita piegate ritmicamente m’invitano a raggiungerla. Ovviamente non me lo faccio ripetere due volte salgo sul letto e copro il suo corpo con il mio.
 
 
Sanae si sta rivestendo mentre guarda a più riprese l’orologio e il cellulare… di continuo. È odioso questo modo di fare, eppure lo sa che mi dà fastidio. Lascio perdere e non le dico nulla, abbiamo già discusso prima e non ho certo voglia di discutere adesso, dopo che lo abbiamo fatto.
Era strana comunque stasera, pareva avere la testa tra le nuvole. Distratta forse è il termine adatto. Non ho neppure capito se sia rimasta soddisfatta vista la fretta che aveva di tornare a casa dicendo che fosse tardi.
 
“Koshi vuoi vestirti per favore? Devo rientrare non ho voglia di sorbirmi un'altra paternale da parte di mia madre.”
“Arrivo” chiarisco mentre infilo la tuta. La madre di Sanae è una vera scocciatura, le sta addosso in una maniera incredibile e temo di non andarle troppo a genio. Non che mi abbia mai detto nulla, ma le poche volte che ci siamo incrociati i convenevoli sono stati proprio limitati; a differenza di mia madre che invece adora la mia ragazza.
Saliamo in moto e, una volta arrivati di fronte a casa Nakazawa, Sanae scende in fretta e furia dandomi un bacio a stampo sulle labbra.
Ho comunque una sensazione strana quando la vedo chiudere al porta come a barricarsi dentro.



 
 
Chiusa la porta di casa mi appoggio a questa buttando fuori tutta l’aria incamerata finora.
 
Sei un’ottima attrice ti daranno l’oscar.
 
Ah, piantala tu! Non sei stata d’aiuto. Discuto con la mia anima che ha taciuto per tutta la serata da che sono salita in moto con Koshi.
Credevo fosse impossibile fingere e invece… per la prima volta l’ho fatto. Non avevo testa stasera, ma se mi fossi rifiutata sarebbe accaduto il finimondo ed io ora sono così confusa. Non avevo voglia di discutere con Koshi. Sono una pessima fidanzata che non sa parlare con il suo ragazzo. Eppure durante tutto questo tempo non avevo mai avuto problemi.
 
Già finché non è tornato qualcuno che di fatto dal nostro cuore non è mai andato via.
 
“Sanae tutto bene?”
Mia madre spunta all’improvviso dalla sala con gli occhi assonnati.
Mi riscuoto e l’avvicino: “Mamma non importa che stai alzata tutte le sere, vai a letto, per favore.”
La sua mano si posa in una delicata carezza sul mio volto.
“Amore lo sai che la moto di Kanda mi fa paura e finché non metti piede in casa non riesco a dormire.”
“Diciamo che non riesci a dormire nel letto” ironizzo dopo averla abbracciata e tranquillizzata.
Lei sorride e inizia a salire le scale per raggiungere la camera.
Vado in cucina per prendere un bicchier d’acqua. Ripenso alla cena e al capitano focalizzandomi sulla sua nuova voce e sul tocco avvenuto poco prima di entrare nel locale. Ancora quella sensazione di calore non mi abbandona là dietro le scapole dove mi ha toccata.
La serata con Koshi è andata. Non vedevo l’ora che finisse, è la prima volta che mi succede e sono preoccupata da questo. Lui comunque non se lo merita ed io devo schiarirmi le idee, sono troppo confusa. 
Non capisco se è solo il suo ritorno a disturbarmi oppure se davvero sta tornando a galla qualcosa di sepolto.
 
Forse non era sepolto così bene, hai tentato di occultare le prove ma ora tornano a galla.
 
Afferro il cellulare e finalmente apro la chat con Yukari, avevo visto le notifiche, ma con Kanda nei paraggi era meglio evitare. Senza contare che quella squilibrata della Nishimoto certe volte mi scrive cose davvero assurde e imbarazzanti.
 
Dopo che sei andata vita Tsubasa non è stato più lo stesso. Sul volto, una maschera di dolore.
 
Mi tremano le mani tanto che rovescio involontariamente il bicchiere sul pianale della cucina.
“Cavolo!” bisbiglio mentre afferro uno straccio e cerco di rimediare al disastro. Sbuffo perché lo avevo visto mica sono cieca.
 
Pure io ero una maschera di dolore quando se n’è andato senza dirmi nulla.
 
Rispondo con tono stizzito a Yukari anche se sono perfettamente cosciente che non è certo colpa sua. Oddio, all’inizio su Koshi ha insistito molto, mossa anche dell’interesse per Kazuo.
 
Piantala di attribuire le colpe a destra e manca. Il passato è passato ora dobbiamo affrontare il presente… e che presente!
 
Scuoto la testa come a scacciar via la mia stessa mente… so che è impossibile, ma ci provo. Sembra quasi eccitata dalla nuova prospettiva mentre io sono così confusa.
Forse dovrei solo fidarmi del mio sesto senso.
 
Sanae non è più un gioco e non hai più 15 anni, ci sono in ballo i sentimenti di due persone.
 
“Fanculo” sussurro rivolta al cellulare, visto che Yukari sarà bizzarra, ma quando ci si mette sa fare discorsi estremamente seri e che spesso mi buttano ancora più in confusione. Sono consapevole del fatto che abbia perfettamente ragione. Infatti non le rispondo più. Mi conosce troppo bene.
 
Salgo le scale cercando di non fare nuovi rumori che possano far destare mia madre, anche se ora che sono tornata la sento da qua respirare pesantemente in un sonno tranquillo. Entro nella mia cameretta e dopo essermi preparata per la notte m’infilo sotto le coperte con il mio fedele cellulare.
 
Apro il profilo Instagram del capitano e gusto ogni foto postata da lui e dai nostri amici. Ed è una progressione di immagini che mi fanno apparire la situazione molto chiara. Il messaggio della Nishimoto era veritiero, si passa da foto in cui si percepisce un’attesa, una speranza mentre fissa la porta del locale forse in attesa di qualcosa… Qualcosa che quando poi arriva lo fa sorridere al culmine della felicità. Lo scherno, le battute e la fine della cena… che se anche prosegue per gli altri, finisce per lui. Si è isolato a capotavola regalando sorrisi di circostanza per tutto il resto della sera. Ma la maschera che ha indossato non è servita a nascondere il dolore e la profonda delusione che si osservano in più scatti.
 
Mi si stringe il cuore e il fiato si fa corto mentre questo groppo salito in gola non passa neppure con il sorso di acqua preso da bicchiere sul comodino. 
 
“Mi dispiace” sussurro alla foto intanto che il pollice sfiora lo schermo come se volesse consolare il bel volto di Tsubasa. Tiro su col naso, ma questo non evita di fermare la lacrima che cade sul cuscino bagnandolo.
 
Chiudo tutto e cerco di dormire.
 
“Mi dispiace” bisbiglio ancora mentre piango lacrime che non so più smettere.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** 8_0 Sanae ***


Siamo nello spogliatoio e stiamo radunando tutto il caos dei ragazzi più in fretta possibile, sono già le 17:00 e dobbiamo uscire a comprare il regalo per Shingo, tra poco sarà il suo compleanno. Yukari mi ha rintronato di chiacchiere sul possibile regalo mentre confesso che da giorni sono stordita dal ritorno di Ozora. Che, capiamoci, non sta facendo niente di particolare, ha solo ripreso la vita di tutti i giorni come se non fosse mai stato via per anni. E confesso che questa cosa non solo mi destabilizza ma ha creato una confusione in testa incredibile. Come previsto il mio ragazzo quando ha saputo di Tsubasa non l’ha presa benissimo, abbiamo anche discusso perché dice che in questo periodo mi vede diversa.
 
Sfido chiunque a non sentire nessuna differenza dopo il ritorno della persona che per tanto tempo è stata nel tuo cuore. Mi sto chiedendo da giorni se ancora c’è nel mio cuore e allo stesso tempo mi sento in colpa per Koshi, anche se all’inizio sapeva benissimo di Ozora.
 
Sì, lo sapeva, ma poi il suo corteggiamento lo hai accettato eccome!
 
Sollevo gli occhi al cielo mentre ripongo l’ultimo pallone nella cesta, la mia coscienza inizia a stufarmi onestamente. 
Quando finalmente siamo pronte per uscire, per una serie di coincidenze assurde, una tra le quali che Shingo sia dovuto correre a casa per aiutare sua madre, un gruppetto residuo di ragazzi dell’allenamento decide di unirsi a noi. Tra questi ovviamente c’è anche il capitano che da giorni ho sorpreso spesso a osservarmi da lontano. Dopo la chiacchierata in occasione della partita con l’Olanda non abbiamo più parlato, da soli intendo. Non che abbiamo molto da dirci, siamo tornati al vecchio modo di fare nel classico rapporto manager/capitano. Ma si capisce che c’è e ci sarà sempre qualcosa tra di noi. Qualcosa che è lì pronto per uscir fuori quando meno me lo aspetto: ne sono certa.
Storco un attimo la bocca quando capisco che andremo tutti insieme a scegliere questo benedetto regalo, perché pensare a una nuova paternale di Koshi non ho proprio voglia… sono così confusa. Dopo la cena per il ritorno di Ozora non l’ha presa benissimo. Era amareggiato dal mio comportamento e devo riconoscere che non ha tutti i torti.
 
“Ehi, bella addormentata ci sei?”
Yukari cerca di riportarmi con i piedi per terra.
“Sì, tutto ok. Prendo lo zainetto e andiamo.”
Si guarda intorno e poi con il gomito mi picchietta su un fianco con una complicità inaspettata.
“Sentito? Viene anche Ozora.” Mi punzecchia… come se non bastasse già il caos che ho nel cervello.
“Non sono sorda.”
“Ma possibile che non ti abbia detto niente dopo l’Olanda? Non è possibile… e la famosa frase allora?” bisbiglia mentre andiamo a prendere lo zaino.
“Ma te l’avevo detto che erano soltanto mie paranoie no?”
“Hm, per me ha un piano. Ozora ha sempre un piano.”
Perplessa fissa il gruppetto che ci attende all’uscita massaggiandosi il mento. Assottiglia addirittura le palpebre per scrutarlo meglio; neppure dovesse fargli i raggi X per carpire chissà cosa.
“Alla grazia di Sherlock!” ridacchio allungando il passo, se continuiamo così perderemo il bus e poi la metro.
 
Ma ce l’abbiamo fatta; certo, abbiamo corso come matti ridendo a crepelle visto che Ryo come al solito restava indietro anche rispetto a noi ragazze. Le prese di giro da parte di Izawa non si sono risparmiate e anche adesso che stiamo scendendo di corsa le scale della metro è un continuo canzonarlo.
 
Ridacchio mentre sento che sbraita: “Cos’è Ryo l’ultimo chilo di merenda che ti sei strafogato ti fa da zavorra?”
“Pensa alla tua di zavorra” controbatte l’accusato restando comunque indietro.
“Ha un chilo per piede, capitano digli qualcosa…” Siamo in attesa della prossima metro e Mamoru tenta di coinvolgere anche Tsubasa che poco distante da me scuote la testa.
“Ha la fortuna di non ingrassare, perché se dovesse ingrossare per tutto quello che si è sbaffato diventa peggio di Nakanishi Taichi.”
 
Sbottiamo a ridere poco prima che il vagone arrivi fermandosi di fronte a noi. Riusciamo a salire tutti nella medesima carrozza, per fortuna, ma la metro è molto affollata, non ho ben capito come siamo finiti io e il capitano in questo angolo. Per la precisione: io sono all’angolo appoggiata alla parete, lui ha le mani appoggiate a questa per proteggermi dalla calca.
 
“Scusa.” Mormora ogni tanto quando qualcuno lo spinge da dietro e questo fa sì che i nostri corpi entrino in contatto.
“Fa niente” replico mentre resto a fissare la suola delle mie scarpe, quando possibile, perché quando Tsubasa si avvicina, per la pressione della folla, sono costretta a voltare il viso se voglio respirare. Così ho scoperto, grazie a questa vicinanza, che la felpa del capitano ha un odore buonissimo.
 
Piano piano che ci avviciniamo al centro ogni fermata ha riempito le carrozze all’inverosimile e ora ci troviamo stipati come sardine dentro una scatoletta.
Yukari non la vedo da circa cinque minuti, spero che sia con gli altri. Non mi azzardo neppure a tirare fuori il cellulare per paura che mi possa cadere, e se succedesse in pochi attimi sarebbe calpestato. Questa vicinanza prolungata con il capitano è davvero destabilizzante. Così vicini non lo siamo mai stai.
Koshi darebbe in escandescenza, forse ha ragione anche se non stiamo facendo niente di particolare.
 
Strusciarsi a Tsubasa ti sembra niente?
 
Ridacchio per la anima subdola e impertinente, così che il mio compagno di disavventura ovviamente fraintende.
 
“Meno male che ti diverti Sanae… almeno tu.”
Sollevo il volto e trovo il suo perplesso e incuriosito dal mio atteggiamento.
“No-no, scusa pensavo ad altro e mi è scappato da ridere.”
“E a cosa pensavi di così divertente?” Una spinta più energica delle altre me lo fa ritrovare letteralmente addosso, sollevo le mani per contrastare i pettorali che mi fanno quasi soffocare. Li tocco e sono come una calamita, non riesco a togliere le mani da lì. Il suo cuore poi, ha accelerato notevolmente il ritmo sotto il mio tocco.
“Scusa, questo dietro è un cavernicolo, accidenti!”
“Tranquillo, sto comoda.”
 
Ah, sto comodissima, tranquillo, toccarti è bellissimo Tsubasa.
 
Stiamo toccando livelli preoccupanti con il mio subconscio, ne sono consapevole.
Ma non riesco più a ridere ora che ho così vicino il viso del capitano. Il suo profumo colpisce ogni nervo olfattivo; nelle sue iridi qualcosa d'indefinito. Mi guarda come se fosse la prima volta che mi vede davvero.
Restiamo così per attimi che mi sembrano interminabili mentre avverto il suo cuore stabilizzarsi su pulsazioni forti e profonde, i due respiri affannati che ha espirato si sono bloccati mentre scruta il mio viso proteggendomi con il suo fisico dai ‘cavernicoli’; come li ha definiti lui.
Il tempo si dilata come in un video a slow motion, occhi negli occhi non riusciamo a distogliere lo sguardo.
 
Ci riscuotiamo entrambi quando annunciano la stazione successiva a quella a cui saremmo dovuti scendere.

“Cavolo!” esclama intrecciando la mano con la mia e trascinandomi verso l’uscita mentre si fa spazio tra la gente. Contraccambio la stretta per paura di perderlo, affretto anche il passo per allacciarmi con l’altra mano al fianco. Con la mano libera continua a farsi spazio finché finalmente non raggiungiamo l’uscita; appena in tempo per scendere. È la fermata sbagliata, ma troveremo un modo per raggiungere gli altri.
 
Ci guardiamo un attimo smarriti poi, una volta trovata la mappa per uscire dai sotterranei, decidiamo la strada da fare per raggiungere gli amici. Abbiamo calcolato che tra uscire e prendere nuovamente la metro nel senso contrario facciamo prima a piedi.
 
“Di qua.” Indica Tsubasa prima di afferrarmi nuovamente la mano e tirarmi verso la direzione scelta.
 
Mi tiene stretta mentre resto un attimo indietro a osservare le nostre mani intrecciate. Le dita unite e intricate come non lo sono mai state. Deglutisco a vuoto, ho la gola secca. Affretto il passo e lo affianco mentre con il passo procede spedito come se… come se non fossimo per mano come due fidanzati. Sull’ultimo pensiero il senso di colpa verso Koshi m’invade la testa, tanto che muovo le dita per far sì che lasci la presa. Azzardo una giustificazione con una scusa, non voglio che ci rimanga male: “Grazie, ma ce la faccio a starti dietro… non sono mica Ryo.” Tento di ironizzare anche se vedo che a malincuore mi lascia andare la mano, continuiamo comunque a camminare vicini. Tanto vicini che le braccia dondolando si sfiorano più e più volte.
 
Cavolo te ne frega di Koshi, hai il capitano. Qui. Ora!
 
Mi tradisce anche il mio subconscio, prima mi fa le paternali e dopo mi lancia messaggi incoraggianti anche troppo espliciti. Scaccio via l’ultimo pensiero irrispettoso, anche se questi contatti fugaci sono una vera e propria tortura mescolata al piacere stesso.
 
“Ok, comunque ho controllato sul cellulare e in circa quindici minuti dovremo raggiungere gli altri. Ho già avvisato Taro che ci vediamo al bar del centro commerciale.”
“Meglio di un organizer.” Rispondo poco prima di salire l’ultimo gradino ed essere finalmente fuori all’area aperta. Sollevo la mano sopra la fronte per ripararmi dal sole accecante.
“Ecco – indica una via con il braccio – dobbiamo percorrere quella strada svoltare un paio di volte e siamo arrivati.”
“Ottimo, ma possiamo anche rallentare vero? Non è una gara a chi arriva prima. Immagino che loro siano già lì dopotutto, no?”
“Hai ragione scusa, camminiamo pure con calma.” Chiarisce portandosi una mano dietro alla nuca e sorridendo nello stesso modo che ben conosco… purtroppo.
 
Questo sorriso mi uccide sappilo!
 
“A chi lo dici…” bisbiglio con me stessa.
“Cosa Sanae?” chiede incuriosito dal mio borbottio interiore, che forse così interiore non è stato.
“No, niente. Riflettevo tra me e me.”
“Devono essere delle riflessioni divertenti se tutte le volte ridacchi o ti rispondi.”
 
Gli mollo una leggera spallata per stemperare la presa in giro.
 
“Come siamo diventati spiritosi dopo il Brasile.” Ho voglia di punzecchiarlo un po’.
“Effettivamente sono un popolo meraviglioso. Persone molto solari e accoglienti. Anche confusionarie in un certo senso. Ma l’atmosfera che si respira là è completamente differente dalla nostra.”
“Quindi ti sei trovato bene?” continuo a indagare mentre iniziamo questa passeggiata verso i nostri amici con passi che si fanno sempre più lenti, come se entrambi volessimo dilatare al massimo questo spicchio temporale che abbiamo rubato.
“Non è stato facile, ci sono anche molte famiglie disagiate, ma il quartiere dove alloggiavo con Roberto era un buon posto dopotutto. Non posso lamentarmi.”
“La squadra invece?”
“È sempre stata una sfida per tutto fin dall’inizio… la povertà dilaga e per loro il calcio è una delle poche soluzioni per emergere. Dopotutto per loro ero il ragazzo fortunato con gli scarpini nuovi…”
“Già, quelli che ti avevo regalato io…” e al ricordo di quella giornata a quella maledetta fermata dell’autobus mi prende una sorta di dolore al petto, infatti poco dopo poso lì la mano e stringo la stoffa per placare questa sensazione di vuoto incolmabile che si è creato con il solo pensiero di quel momento.
“Già. E… hai ancora il pallone che ti avevo lasciato?”
“Certo è sempre al posto d’onore in cameretta mia.”
“Almeno lui è riuscito a mantenerlo il posto d’onore…”
 
Lo guardo di sbieco cercando di non dar peso alla frase. Questa non ha possibilità di fraintendimenti. Guarda a terra e calcia dei minuscoli sassetti che ha di fronte. Non ce la faccio, quindi cambio discorso perché la piega che sta prendendo non mi piace per niente. Sono certa che mi farebbe solo arrabbiare.
 
“Quanto manca?”
“Poco. Vedi quell’angolo laggiù? Una volta svoltato il centro commerciale è proprio lì dietro.”
“Ottimo.”
 
Restiamo così fianco a fianco finché non raggiungiamo l’angolo. Poco prima di svoltarlo Tsubasa mi afferra per un braccio. Mi fermo guardandolo perplessa. Nello stesso istante il cellulare inizia a suonare. Il capitano mi lascia immediatamente così che prendo il telefono dalla tasca. Quando vedo che è il mio ragazzo rifiuto la chiamata… ci manca solo lui.
 
“Scusa. Volevi dirmi qualcosa?”
“No, figurati. Niente di che, avevo visto arrivare una persona e ho temuto che vi scontraste.”
 
Aggrotto le sopracciglia sospettosa… non ho visto nessuno svoltare l’angolo. Ho come la sensazione che avesse voluto dirmi qualcosa e che non l’abbia fatto a causa della telefonata. Faccio spalluccia e proseguo con lui vicino, facendo finta di credergli.
 
“Ah ok, grazie.”
 
Ovviamente quando arriviamo al bar i fischi e i risolini di presa in giro non mancano assolutamente.
 
“Era scontato che accadesse” bisbiglia Tsubasa con un sorrisetto ironico, qua al mio fianco; e per quanto tenti di stemperare la questione, e io stia pensando a mille e più modi per uccidere gli amici, entrambi abbiamo comunque le guance arrossate.
“Scontatissimo.” Rispondo mentre raggiungiamo il tavolo dei confusionari. Ci accomodiamo vicini e poco dopo il cameriere chiede se prendiamo qualcosa.
 
Quindi nell’attesa del gelato parliamo insieme agli altri del gruppo; ovviamente hanno già comprato il regalo per Shingo, non potevano certo aspettare noi. Yukari mi spiega che cosa hanno scelto e proprio mentre sto parlando con lei qualcuno mi tocca una spalla.
Quando mi volto sbianco.
Kanda è dietro di me, sul bel volto noto un’espressione tra l’incazzato e il deluso.
 
“Ciao” dico alzandomi.
“Volevo dirti una cosa puoi venire un secondo?” il tono neutro mi mette ancora più agitazione del tono incazzato.
“Certo” così lo seguo. In un corridoio laterale che conduce ai bagni si ferma e appoggia al muro con le braccia conserte.
“Perché prima mi hai attaccato?”
“Ero in metro e non potevo rispondere!” replico prontamente.
 
Ah già, dire che eri fianco a fianco con Tsubasa faceva brutto, brava!
 
Non mettertici anche tu! Penso rivolta alla mia anima.
 
“Però potevi richiamarmi no?”
“Hai ragione, ma poi abbiamo ritrovato gli altri e non c’ho più pensato.”
“Perché ritrovato? Ti eri persa?”
“Sì, con Taro siamo rimasti bloccati sulla carrozza della metro per la troppa gente e siamo dovuti scendere alla fermata dopo.”
 
Come le chiamiamo queste: bugie bianche? Bugie a fin di bene?
 
La mia coscienza se la ride mentre tento di uscire da questa situazione.
Quindi decido di passare al contrattacco.
 
“Ma tu piuttosto che ci fai qua? Non avevi detto di allenarti fino a tardi?” mi volto e un gruppetto misto, visto la promiscuità non sono sicuramente solo i suoi compagni di boxe. Certo alla palestra vanno anche alcune ragazze, ma quelle sono sicura di non averle mai viste. Mostro quindi una finta gelosia che non sento assolutamente di provare. Ma ora è più un punto preso per esser stata beccata. A far cosa poi? Sono forse davvero troppe le menate mentali che mi sto creando.
 
“Siamo usciti per andare ad una cena di classe, per questo ti avevo telefonato per dirti se volevi venire con me.”
Ok, mi sento davvero una stronza.
“Ah, ok. Mi farebbe piacere, saluto gli altri e ti raggiungo.”
“Bene, ti accompagno.”
 
Così mi cinge con un braccio la vita e torniamo dagli altri. Così, abbracciati. Noto Tsubasa che mi sta guardando da lontano, deglutisco e chiudo un attimo gli occhi raccogliendo più aria del necessario. Non riesco ancora a capire perché diavolo mi senta così in colpa. Non ho fatto nulla di particolare per provare questo disagio di fronte al capitano quando sono con il mio ragazzo.
 
Forse perché il tuo attuale ragazzo non ti piace più e sai perfettamente che Tsubasa ha un debole per te. Così, per dire eh!
 
Scaccio il pensiero, arriviamo dagli altri afferro lo zainetto e spiego loro che resto con Koshi. Saluto tutti con un gesto della mano mentre il mio sguardo si sofferma un po’ troppo su quello triste di Ozora. Koshi mi tiene salda attirandomi a sé e baciandomi improvvisamente il collo; in un gesto così intimo che davanti agli altri adesso m’imbarazza da morire. Eppure questo senso del pudore mi pareva finito da un bel po’; oppure è solo la presenza di Tsubasa a farmelo avvertire?
 
“Dai…” lo ammonisco bonariamente cercando di distaccarmi dalla sua presa. Koshi fraintende il mio imbarazzo e lo scambia per un gioco o più realisticamente lo fa proprio apposta. Così per tutta risposta ottengo l’esatto contrario; visto che, fermi in mezzo al via vai di gente, ci stiamo baciando.
 
Ma quando ci stacchiamo non posso fare a meno di lanciare uno sguardo sfuggente verso i miei amici. So perfettamente chi sto cercando, so perfettamente che sto cercando lui. Lui e la sua espressione triste e sconfortata. E sotto pelle, esattamente quella pelle intrisa del capitano, mi manda segnali inequivocabili di sofferenza, tanto che il dolore arriva allo stomaco facendolo contrarre.
 
No. Non è solo uno sguardo triste, ma è uno sguardo di dolore. Il suo.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** 9_0 Sanae ***


La pizzata con Kanda è stata divertente finché non è partito il terzo grado su Ozora, ad aggiungersi alla confusione che ho in testa i messaggini che Yukari mi ha mandato da quando ci siamo divise, sono equamente suddivisi tra l’ironico e lo straziante… non fa altro che ripetere che da quando li ho lasciati, per uscire con il mio ragazzo, Tsubasa è caduto in un mutismo assoluto e anche se interpellato risponde a monosillabe.

“Tutto bene Sanae?” Koshi mi guarda perplesso.

Come una bambina colta in flagrante ripongo il cellulare nella borsetta, so che ha fastidio che lo tenga sempre tra le mani.

“Sì, scusa era Yukari ci mettevamo d’accordo per domattina.”
“Pensavo fosse accaduto qualcosa di particolare è tutta la sera che hai tra le mani il telefono.”
“No, sai com’è fatta… le piace prendermi in giro. Che vuoi farci.” Faccio spalluccia e gli sorrido per rassicurarlo.
“Ogni tanto è davvero matta.”
“L’adoro anche per questo.”
“Ma dimmi un po’, Tsubasa è tornato e che progetti ha per il futuro?”
Perdo un attimo il fiato per questa domanda inaspettata.
“I-io francamente non gliel’ho chiesto.”
“Ma come? È tornato dal Brasile e non lo avete intervistato? Magari tu no, ma Yukari non ci credo, suvvia!”
“Sono stati giorni normali, il capitano ha ripreso gli allenamenti con tutti gli altri come se non fosse mai andato via. Non so altro e neppure m’interessa.” Cerco di restare vaga e non dare adito a sospetti.
“Ok, non ti agitare era una domanda. Senti, che ne dici se andiamo verso casa?”
“Ok” rispondo senza aggiungere altro. Non ho più voglia di stare tra queste persone non mi sento a mio agio e mi mancano i miei amici e…
 
E finisco io per te… ti manca Tsubasa e ci sei restata male quando gli hai visto quell’espressione di dolore sul bel volto.
 
E il mio sesto senso è più lucido di me. Debbo ammetterlo. Forse davvero dovrei ascoltarlo.
Koshi mi sta riportando a casa dopo che ho declinato l’invito di passare un paio di ore a casa sua. Stasera non sono proprio dell’umore adatto. Quando parcheggia la moto scendo tolgo il casco e lui mi attira a sé.
Mi abbraccia forte poi con gli occhi fissi nei miei inizia a parlare: “Non sei la mia prima ragazza e so riconoscere quando qualcosa cambia. Che cos’hai Sanae?”

Mi rendo immediatamente conto che non posso fuggire.
La posizione non lo permette.
Vuole una risposta sincera e la vuole adesso.

“Niente.”
“Non ti credo. Riproviamo. Cosa ti sta succedendo?”
“Non lo so.”

E in parte è pure vero. Perché mi dispiace per tante cose. Mi rendo conto che con Koshi non può proseguire, ma allo stesso tempo mi dispiace averlo illuso, lui a me ci tiene… o almeno credo. Lui, lui non mi guarda mai come fa il capitano però. Era stato chiaro quando ci siamo messi insieme. Se stai con me non devo essere un ripiego. E ora che è tornato non sono più sicura di nulla.

“Secondo me lo sai, ma non vuoi ammetterlo.”
Sono stanca di queste allusioni: “Sentiamo allora tu che idea ti sei fatto, perché sono certa che ne hai una, giusto?”
“Certo, Ozora è tornato e non sei capace di dimenticarlo. Sei ancora innamorata di lui.”

Punto i palmi sul suo petto e faccio pressione per riuscire ad allontanarmi. Ma allenta la presa solo di poco.
 
“Voglio una riposta Sanae prima che tu salga in casa.”
“Hai ragione, ho bisogno di una pausa, sono confusa.”
 
Con una mossa improvvisa Koshi mi afferra il viso e bacia. Colta alla sprovvista lo respingo, ma lui non cede… quindi gli concedo quest’ultimo bacio mentre mi esplodono nella testa le immagini di me e il capitano vicini sulla metro, del suo odore, dei suoi muscoli, della sua pelle quando mi ha preso la mano per uscire dalla carrozza. Non penso ad altro, anche dopo che Kanda mi ha lasciata andare dicendo: “Non puoi rinunciare a tutto questo…”
Annuisco retrocedendo verso il cancello di casa, anche se nella mia mente penso:

A tutto questo cosa esattamente?

 
 
Era meglio se mi schiacciavo un dito nella porta piuttosto che dire a Yukari di aver preso una pausa con Kanda. Ha sclerato, ma era inevitabile; dopotutto, se non glielo avessi detto io lo avrebbe fatto Kazuo. 
 
“Devi dirlo a Tsubasa” insiste, sono due giorni che mi dice d’informarlo.
“Tanto lo verrà a sapere comunque, che diavolo di confidenza ho per dirgli una cosa del genere scusa?”
“Da chi credi che possa venire a saperlo?”
“Perché non lo hai già spifferato a mezzo mondo?” l’accuso puntandole anche il dito contro.
“Mi hai detto di tacere, sai che rispetto le tue scelte, ma questa… questa proprio non la capisco.”
“Ancora non me la sento di lanciarmi in un altro possibile fidanzamento. E poi ci siamo presi solo una pausa di riflessione.” Puntualizzo.
“Sì, un modo soft per dire: caro, mi piace un altro.”
“Ma piantala!” esclamo spingendola.
La mia amica ride mentre piega l’ultima maglia. “Ora entro negli spogliatoi e inizio a sbraitare che sei libera.”
“Non lo farai davvero. Yukari non ti reggo più il gioco con tua madre quando devi dormire da Kazuo. Sai che non scherzo!” La minaccio con il manico di scopa.
“Ok. Ok, questa è una minaccia seria che non si può ignorare. Giuro che taccio!” Intona con voce solenne e mano sul cuore. Scoppiamo a ridere come matte prima di riporre tutto e uscire dalla lavanderia.
“Allora stasera cinema?” propone Taro appena fuori dal cancello prima che ognuno di noi prenda la sua strada.
“Sì, alle 21:00 ci troviamo lì di fronte.” Risponde Ryo prima di salire in bici e salutarci in fretta e furia; ha detto che doveva andare ad aiutare sua madre.
“Io esco con Kazuo mi spiace.” Yukari sull’incrocio della strada ci congeda così. Gli altri hanno tutti acconsentito e una volta che anche Mamoru e Yuzo sono scomparsi nella penombra della sera svanisce anche Shingo. Kumi è salita nella macchina di suo padre dopo averci salutato tutti e dandoci appuntamento a stasera.
“Facciamo un pezzo di strada insieme?” propone il capitano rimasto al mio fianco.
“Certo, come ai vecchi tempi?”
“Già – sorride – come ai vecchi tempi.” La voce si addolcisce forse per il ricordo delle infinite volte che siamo tornati a casa da scuola insieme.
 
Quindi iniziamo a percorrere il tratto di strada per raggiungere le nostre abitazioni. Ho il cuore in gola ogni volta che le nostre spalle si sfiorano, perché mi torna in mente la nostra passeggiata fianco a fianco dopo il pasticcio della metro. E ogni volta che ripenso al contatto stretto avuto in quel frangente il mio cervello va in tilt. Ma il silenzio riflessivo dura poco.
 
“Stasera verrai anche tu al cinema?” domanda il capitano quando siamo quasi arrivati alla mia casa.
“Sì, stasera sono libera.” Spiego poco prima di posare la mano sul cancelletto del giardino.
“Se vuoi ti passo a prendere.”
 
Mi volto perplessa come se stessi osservando un marziano. Forse ha saputo che ci siamo lasciati o che comunque stiamo in pausa o come diamine si dice… la mia espressione non deve averlo entusiasmato visto che si affretta ad aggiungere: “Scusa, non volevo esagerare e che non mi andava che tu facessi la strada da sola… tutto qua.”
“No, non devi scusarmi è che… lasciamo perdere. Va bene alle 20.45, ok?”
“Ok.” Risponde mentre nelle iridi brilla qualcosa che non avevo mai notato prima. Sembra abbia quasi gli occhi lucidi, forse l’ho visto solo una volta così: quando aveva la febbre. Solo quando mi riprendo da quest’ultimo pensiero mi rendo praticamente conto di avere un appuntamento con Ozora.
Porto le mani al petto cercando di prendere fiato ora che improvvisamente è venuto a mancare. Ma è lui che poco dopo richiama la mia attenzione: “Sanae, allora ci vediamo dopo: te lo avevo detto che io non mi arrendo mai!”
 
Resto un attimo stordita dall’ultima frase mentre si allontana verso casa.
La consapevolezza delle ultime parole mi riporta alla passeggiata nel parco dopo la partita con l’Olanda. A quella specie di confessione tra le righe, una confessione molto probabilmente trattenuta dall’incertezza del ritorno a casa, ma ora che è tornato forse si sente più libero di osare. Ricordo anche la punta di rabbia di quel giorno e la superficialità con cui parlava di questi tre anni. E se avesse avuto ragione Yukari? E se si fosse comportato così per non farmi soffrire e non soffrire a sua volta?
Una cosa è certa quando varco la porta di casa mia madre mi guarda incuriosita.

“Tutto bene amore?” domanda mentre sto camminando almeno dieci metri da terra.
“Benissimo mamma stasera vado al cinema con il… gli altri.” Cavolo! Stavo per dire il capitano quando mamma non sa neppure che con Koshi ci siamo presi una pausa di riflessione.
“Viene Kanda a prenderti?” s’informa perché, benché abbia accettato il mio ragazzo, non ha del tutto digerito il fatto della moto anche se alla fine poi lo ha dovuto digerire forzatamente.
“Mamma – dico afferrandole le mani, non voglio che stia in pensiero inutilmente – con Koshi abbiamo deciso di prenderci una pausa riflessiva di qualche giorno.”
“Oh, tesoro, mi dispiace tanto…”
“Mamma sono stata io a chiedergliela.”
“Ok, importante è che tu sia consapevole della decisione presa.”
“Lo sono. Grazie.” Mormoro mentre mi avvolge in un caldo abbraccio materno. Dopo mi lascia e prende per le spalle, ha gli occhi lucidi e tira su con il naso. Mia madre ha sempre avuto un debole per le storie d’amore… non oso immaginare se gli dicessi di Tsubasa. Più precisamente che passa a prendermi sotto casa.
“Forza sono certa che non tarderai a trovare altra compagnia…” lascia morire la frase e io la guardo dubbiosa. Da quando ha tutta questa spavalderia nel parlare delle mie possibili relazioni?
“Vedremo…” resto vaga non vorrei buttare benzina sul fuoco ma conosco mia madre e mi sta fissando troppo.
“Per caso questa decisione ha un nome ben preciso?”
 
Arrossisco. Ne sono certa. Sento il viso andare a fuoco. Come quando da piccola mi beccava con la scatola dei biscotti tra le mani. Conta in flagranza di reato.
 
“Mamma, ma cosa vai pensando.”
“Mh… da quando un tale Ozora è tornato in circolazione non sei più la stessa, amore.”
“Mammaaaaa” l’ammonisco mentre mi divincolo per tentare una fuga ormai inutile. E se penso che è la medesima cosa che insinua Koshi… credo che abbiamo fatto bene a prenderci questo periodo di riflessione.
“C’ho azzeccato?” Batte le mani tutta felice peggio dei bambini quando vedono il camioncino dei gelati.
“Sei tremenda.” Finalmente libera salgo le scale per darmi una sistemata.
“Romantica, amore. Sono un’inguaribile romantica e poi lo sai che ho un debole per il capitano… ora posso anche dirtelo.”
 
Ridacchio mentre salgo le scale di corsa tappandomi la bocca. È veramente destino o una fottuta congiura il mio futuro con Tsubasa.

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** 9_1 Sanae ***


Quando suonano il campanello mia madre si precipita alla porta, ma sono più veloce così da pararmi davanti per non farla passare.

“Mamma non provarci, ci penso io: sono i miei amici!”
“Improvvisamente sono diventati un segreto? Non posso salutarli?”
“Mamma, te lo chiedo per favore, ok?” lo sguardo da cerbiatta ferita ha sempre funzionato, e anche stavolta per fortuna.
“Ok” acconsente andando in cucina.

Sollevo gli occhi al cielo perché so perfettamente che sarà dietro la tendina ricamata a sbirciare il più possibile. Spero solo che Tsubasa sia rimasto al cancelletto d’ingresso; forse, nell’ombra della sera, non sarà riconoscibile. La speranza dura qualche millesimo di secondo visto che mia madre esce dalla cucina tutta saltellante e con le mani a fianco della bocca, come se dovesse dirmi chissà quale segreto, quindi bisbiglia: “C’è il capitano.”

E com’è venuta se ne torna in cucina. Sicuramente proseguirà l’opera di spionaggio.
Prendo un profondo respiro, la maglia di cotone, la borsetta ed esco chiudendo la porta dietro le spalle.
Speranza vana, visto che mi ritrovo il numero dieci praticamente sul porticato di casa.

“Accidenti, mi hai spaventata!” esclamo portando la mano al petto.
“Scusa.” Mormora allontanandosi di un passo.

Con la testa faccio diecimila segni per cercare d’indicare, la mia destra, dove sicuramente mia madre è in agguato peggio dell’avvoltoio sulla spalliera… ma lui non comprende i miei gesti quindi si avvicina per capire meglio.
E quando mi porge l’orecchio affinché possa confessargli chissà quale segreto; mi scappa da ridere mentre sussurro: “mia madre a ore due.”
“Ok, ricevuto capitano!” sta al gioco mostrando un saluto militare divertito.
“Ruoli invertiti stasera” ironizzo mentre m’infilo la maglia avviandomi verso l’uscita.
“Per una sera lascio volentieri il timone della barca.” Tiene il passo per affiancarmi e ancora le nostre braccia si sfiorano mentre ci dirigiamo verso il cinema dai nostri amici. Il cuore nel petto pare un martello pneumatico, batte forte e profondo. Il leggero venticello serale mi avvolge del suo profumo. Ringrazio il cielo per essere dal lato giusto e per poterlo percepire con l'olfatto in tutta tranquillità. Stasera non indossa la solita tuta e ho notato subito i jeans che gli calzano a pennello.
Il sangue si agita nelle vene alla vista dei muscoli tonici messi in risalto anche da questa camicia celeste chiaro con le maniche arrotolate fino ai gomiti. Non è certo stata un’occhiata di sfuggita quella che gli ho riservato.

Beh, non hai nulla da dire? Suggerisco alla mia coscienza.

Che c’è da dire: è un fico da paura!

E se non fosse che sicuramente verrei classificata come squilibrata forse potrei confidare a Tsubasa i miei assurdi dialoghi con il mio cervello. Chissà se anche lui ne fa?

Ti ricordo che lui è quello che parla con il pallone, eh? Così, per dire.

Rido tra me e me mentre ascolto il capitano chiacchierare tranquillo. La meta sempre più vicina.
Davvero mi sembra di essere tornata ai vecchi tempi quando lui fantasticava sui suoi sogni con la palla e io lo ascoltavo struggendomi per la partenza che sapevo ci sarebbe stata.
Ma ora tutto è passato anche se non gli ho chiesto i suoi progetti per il futuro. Appena finisce il discorso, visto che siamo in tema, decido di indagare sui suoi progetti.

“Quindi ora che l’avventura Brasile è finita che cosa ti aspetta?”
“Ora sono in caccia di una proposta seria e vantaggiosa per la mia carriera, ne ho già alcune che sto valutando.”
“E dove giocherai?”
“L’Europa sarebbe il mio obiettivo, lì ci sono squadre di alto livello.”
“Quindi partirai di nuovo…”
“Sì, ma ho anche un altro progetto.”
“Davvero? E sarebbe?”
“Per ora non posso anticipartelo ma, se il puzzle nella mia testa prenderà forma, non temere che sarai la prima a saperlo.”

Annuisco restando comunque perplessa sull’ultima affermazione. Quando arriviamo vicino al cinema notiamo che gli altri sono già in fila per il biglietto, quindi gli affianchiamo quieti. Dopo due occhiate complici che ci siamo scambiati con Ozora abbiamo deciso di fare un ingresso silenzioso per evitare prese di giro e fischi provocatori. Insomma l’arrivo chiassoso al bar del centro commerciale c’è bastato l’altro giorno.

“Oh, ce l’avete fatta temevamo che non veniste più.” Yuzo ci accoglie con un sorriso rilassato mentre vedo Kumi al suo fianco. Non capisco se mi sono persa qualcosa o che, non è solo più una questione di corso di pittura. Ultimamente sono così concentrata su me stessa che forse mi sto perdendo i passaggi di chi mi sta intorno. E quando vedo che Yuzo le mette una mano dietro la schiena invitandola a entrare… credo proprio di essermi persa dei passaggi.
Aggrotto le sopracciglia perplessa mentre li osservo dare il biglietto all’addetto. Io e il capitano siamo ancora in cassa che stiamo pagando, una volta finito anche lui con un braccio m’invita ad andare avanti in un gesto di galanteria che apprezzo; anche se adoro averlo vicino a me che sfiora il mio braccio con il suo.

“Vedo che ci sono novità” ipotizzo facendo un gesto del capo verso Kumi e Yuzo.
Tsubasa si avvicina per rispondere al pettegolezzo. “Già, me lo ha detto Ryo circa tre giorni fa.”
“Me ne accorgo presto eh?” rispondo un attimo interdetta. Vero che con Kumi non abbiamo la medesima confidenza che ho con Yukari però… un po’ mi dispiace che non si sia confidata con noi.

Devo anche ammettere che la nostra amicizia non era partita benissimo vista la madornale cotta che aveva per Ozora.

“Non si può star dietro a tutto; credo che comunque siano questioni private in cui gli altri dovrebbero starne fuori. Anche se non lo fanno mai.” 

Arriviamo ai sedili e ci accomodiamo. Alla mia sinistra Mamoru alla mia destra il capitano che a sua volta ha vicino Shingo. Ryo ovviamente è nel mezzo per tenere banco, ma ha vicino Izawa e credo che lo terrà a freno nelle sue sparate.
Tsubasa m’invita a prendere i pop-corn dal suo secchiello porgendomeli. Ne afferro un paio mentre le luci si spengono. Inizia così la nostra serata tra a amici.
 
Siamo sulla strada di ritorno verso casa e stiamo ancora ridendo del film e di Ryo che dopo aver fatto lo spavaldo si è spaventato a morte per il mostruoso pagliaccio di IT. Ripenso alle volte che sono saltata sulla sedia mentre il capitano mi teneva un braccio per rassicurarmi. Ripenso anche allo sfiorarsi delle dita prima involontario, dopo più ricercato, dentro il barattolo di mais scoppiettato.

“Comunque mi sono sganasciato quando Izawa ha tuonato: Ryo, fai più schifo te quando ti abbuffi che questo mostro.”
“Oddio anch’io avevo i lucciconi, peccato che le persone dietro si siano infastidite.” Preciso, visto che più volte ci hanno ripreso per la confusione che stavamo creando.

Era tantissimo che non ridevo così con i miei amici. 

“Vero che ogni tanto esageravamo, non ricordavo i ragazzi così confusionari.” Tsubasa si fa improvvisamente pensieroso.
“In tre anni cambiano tante cose.” La butto lì, ma credo sia giunto anche il momento di affrontare la questione.
“Ho visto. Inseguire il mio sogno ha avuto delle conseguenze, lo sapevo, ne ero consapevole, ma credo anche che non tutto sia un male… siamo cresciuti tutti alla fine.”

Perché deve essere sempre così criptico quando parla: che palle!

Per una volta il mio subconscio e io siamo d’accordo… incredibile.

“Cresciuti e ognuno ha preso la sua strada, più o meno.”
“Non è detto che due strade diverse poi non debbano incrociarsi no?”
“Già.” 
“Tu che intenzioni hai dopo le scuole?” m’incuriosisce questa domanda indagatrice, non si è mai interessato dei miei progetti.
“Farò passare l’estate e poi ci penserò non ho grandi idee per ora… è come se avessi vissuto in stallo non so spiegarti.”
“Ti capisco, anche per me questo periodo è stato pieno di novità, ma allo stesso tempo fermo su altre questioni.”

Arriviamo così nuovamente al cancelletto di casa. Sbircio le finestre e vedo tutto spento, per fortuna.

“Paura di tua madre?” domanda dopo aver visto che controllavo l’interno del giardino.
“Era su di giri stasera, mi aspetto un agguato da un momento all’altro.” Ridacchio mentre mi preparo a salutarlo.
“Siamo stati bene stasera, dovremo trovarci più spesso al di fuori del campo da calcio, intendo.”
“Mi fa strano sentirti parlare di altro… che non riguardi il pallone.”
Sorride compiaciuto forse dal fatto di avermi impressionata. “Si matura no?”
“Giusto.”
“Grazie per la splendida serata Sanae. Buonanotte.”

Quando vedo che si china leggermente penso che voglia baciarmi. Vengo colta dal panico che m’immobilizza sul posto. Chiudo gli occhi mentre avverto il suo odore sempre più vicino intensificarsi. Percepisco le labbra sfiorarmi la guancia mentre con la punta del naso mi regala un tocco delicato tipo micro carezza. La mano ha accarezzato i capelli posizionandoli dietro l’orecchio per potermi salutare meglio. Quando lo sento allontanarsi le palpebre si sollevano lentamente come al risveglio da un sogno. Ci fissiamo un attimo negli occhi mentre le iridi si scrutano a fondo. Un riflesso improvviso nella sua pupilla mi fa capire che una luce è stata accesa alle nostre spalle. Sicuramente è mia madre. Infatti quando mi volto vedo la luce della cucina accesa, vorrei ucciderla in questo momento.

“Bu- buonanotte Tsubasa. Mia madre…” non riesco a finire la frase perché sono davvero desolata per il comportamento impiccione.
“Tua madre forse è preoccupata dell’orario.”
“Credo sia solo curiosa…” sollevo una spalla arresa.
“Ci vediamo domani.”
“A domani.”

Gli ultimi passi del camminamento li compio camminando all’indietro mentre con una mano saluto il mio capitano.
 

Quando entro in casa ovviamente mamma è in cucina che fa finta di bere, guardo l’ora e non è assolutamente tardi, mi affaccio augurandole la buonanotte.

“Che carino il capitano che ti ha accompagnato fino al cancello.”
“Non è sicuro girare di notte da sola. Notte mamma.”
“Notte, amore, sogni d’oro.”

Se non ci avesse interrotto magari potevamo rivivere il rewind di un bel bacio prima di dormire.

Anche stavolta concordo con la mia coscienza; salgo le scale e tiro fuori il cellulare dalla borsa. Koshi per l’ennesima volta mi augura la buonanotte. Lo vedo solo dalle notifiche perché è da quando abbiamo preso questa pausa che non apro la sua chat.
Il dito si sposta invece su quella di Yukari e vengo investita da 50 messaggini idioti.



Del tipo: allora con il capitano?
Siete da soli?
Vi siete seduti lontano dagli altri?
Ti ha abbracciata al cinema?
Una palpatina?
Un bel bacio alla francese? 


Arrossisco immediatamente come se avessi ancora quindici anni. Che amica idiota che ho! Appena entrata in camera però inizio a ridere sottovoce per non svegliare mio padre.
Nella chat quindi compongo il seguente messaggio.

Ma non avevi da fare con Kazuo?
Ho sempre da fare con Kazuo se è per questo… insomma Ozora come se la cava? Controbatte con tanto di faccetta allusiva.
Come tre anni fa.
Quindi lo zero assoluto. Sicura, sicura di mollare Koshi?
Yukari piantala, non c’è da scherzare.
Se ancora ti piace buttati. Hai 18 anni che altro aspetti? Che vada via di nuovo?
Tanto andrà via ugualmente.
Non pensarci. Vivi ora. Adesso e stop.
Vedremo. Tu tutto bene?
Certo, ci vediamo domani a scuola. Notte.
Notte.

 
Allo specchio del bagno guardo la mia figura riflessa e non posso fare a meno di sfiorare la pelle, con le dita, lì dove il capitano ha lasciato il suo saluto. Metto una maglietta e corro sotto le coperte non voglio ancora che questa sensazione della bocca di Tsubasa su di me svanisca. Voglio ricordarla finché non mi addormento così da poterla portare con me nel mondo dei sogni dove forse posso baciarlo davvero senza arrossire.

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** 10_0 Sanae e Tsubasa ***


La settimana inizia con i soliti ritmi frenetici, tra una colazione trafugata al volo e la strada percorsa velocemente per non far tardi… il lunedì è sempre così traumatico. Anche stasera allenamenti fino a tardi e poi a casa. Koshi l’ho visto a ricreazione circondato da delle ochette starnazzanti e il fatto che non mi abbia fatto alcun effetto la dice lunga sulla mia scelta; forse dovrei già dirgli che è finita.
 
Ci ritroviamo sotto al grande albero del giardino per consumare la colazione. Misaki e Ozora stanno parlando degli allenamenti per il pomeriggio quando Kanda si avvicina e mi chiama in disparte.
 
Il discorso è breve e conciso. Non c’è molto da dirsi. Lui ha detto di aver conosciuto un'altra ragazza, ha fatto delle allusioni al capitano, ovviamente, anche se non gli ho dato spazio di discussione lasciando cadere nel vuoto le sue insinuazioni; quindi di comune accordo ci siamo lasciati. Ogni tanto guardo in direzione dei miei amici. Tsubasa mi lancia delle occhiate preoccupate mentre Taro richiama più volte la sua attenzione.
 
Oltre al sollievo immediato la vivo comunque come una piccola sconfitta della mia vita. Dopotutto Koshi è stato il mio primo ragazzo. E il primo ragazzo non si scorda mai. O forse è più corretto dire che il primo amore non si scorda mai? Visto che Tsubasa non l’ho scordato per niente?
 
Appena torno nel gruppo vedo il capitano rilassarsi e tornare a prestare attenzione alla metà della Golden. Yukari invece mi prende per un braccio e trascina in un posto più appartato.
 
Dopo che gli ho detto quello che ormai era nell’aria da giorni la mia amica mi avvolge stretta tra le sue braccia. Dopo l’abbraccio consolatorio parte in quarta con la missione successiva: obiettivo Ozora!
 
 
“Dammi respiro” protesto. Mi afferra le spalle e parte per una paternale senza precedenti.
“Come dice quel detto italiano? Morto un Papa se ne fa un altro no?”
“Ci mancava pure il detto italiano.” Sospiro, perché francamente vorrei riflettere un secondo su questi ultimi anni se me ne desse il tempo.
“Da oggi si inizia a scrivere un nuovo capitolo.” Felice come una bambina saltella mentre troniamo dagli altri.
“Solo un favore… possiamo per oggi evitare di attaccare manifesti? Vorrei stare tranquilla.”
“Ok, concesso, ma domani si torna in pista.”
“Chiedere una settimana di relax è troppo vero?”
“Una settimanaaaaa? Tu sei mattaaaa…”
 
 
Tra una risata e l’altra torniamo dagli amici che ci osservano perplessi. Gli unici a cui non interessa minimamente di noi sono Yuzo e Kumi che sotto al grande albero stanno scrutando un disegno. Sono così carini. Lui è appoggiato con le spalle al tronco e lei lì in mezzo alle sue gambe è appoggiata sul suo petto. Nelle mani ha un disegno che stanno commentando insieme. Ogni tanto lui le scosta i capelli e le dà un bacio sulla guancia. Non l’avevo mai vista così radiosa e innamorata. Sono davvero felice per loro.
 
Il capitano mi osserva da lontano quindi con un gesto di assenso e un sorriso lo rassicuro. Contraccambia il cenno e torna a parlare con la sua metà in campo. Tutte queste premure da parte sua mi spiazzano.
Non ha più solo in testa il pallone?
 
Le lezioni sono finite e dopo aver fatto i compiti in biblioteca con Yukari e Kumi prendiamo servizio come manager della squadra. Stasera hanno deciso per un allenamento supplementare quindi faranno più tardi. E quando Tsubasa resta l’ultimo in campo sollevo gli occhi al cielo. Proprio non è cambiato nulla. 
 
 
“Resto io” dico alle altre che vedo già pronte per uscire. Kumi ha Yuzo che la sta aspettando fuori dal cancello e Kazuo è già pronto con la moto e casco in mano.
“Oh, che sacrificio!” mi percula Yukari.
“Piantala scema. E ora andate.”
“Ok, ci sentiamo domani. Senpai.” Kumi non ha ancora lasciato quel fare ossequioso verso chi è più grande di lei, correda il saluto con un inchino e scappa felice verso il suo ragazzo. Quando arriva si scambiano un fugace bacio incamminandosi per la loro strada.
“Tanto ti lascio in ottime mani” la mia amica mi spinge per una spalla con poca grazia, sta per farmi cascare.
“Ehi, mi fai cadere. A domani Yukari.” Taglio corto.
“A domani.” Finalmente si arrende non avrei resistito oltre.
 
 
Sono quasi le 19:00 quando mando un messaggio a mia madre dicendogli che resto a cena fuori. Perché sono curiosa di capire quanto possa ancora andare avanti il fissato del pallone. Dopo altri trenta minuti sono davvero stufa, quindi mi alzo dalla panchina, con borraccia e asciugamano vado dal capitano che, vicino alla porta, sta provando un nuovo tiro. 
 
“Tsubasa sono le sette e mezza io avrei fame.”
 
Viene verso di me e quando afferra la salvietta le nostre dita si toccano. Nessuno dei due ritrae la mano mentre restiamo vittime di questa impasse. Dalle ciocche dei capelli gli cade qualche goccia di sudore, resto incantata dalle iridi nere che brillano. Ama davvero questo sport glielo si legge negli occhi. Ancora con le mani a mezz’aria nessuno dei due muove un muscolo. È lui a sbloccarsi e parlare: “Scusa, non avevo visto l’ora, che ne dici se ci fermiamo a prendere qualcosa da mangiare per strada? Faccio una doccia veloce e andiamo, ok?”
 
Muovo la mano e lui afferra la salvietta prima e la borraccia dopo.
 
“Va bene, tu vai a sistemarti metto io via i palloni così facciamo prima.
“Perfetto. Ma? Gli altri.”
“Sarà almeno un’ora che sono andati via capitano.”
“Ah, i soliti scansafatiche.” Borbotta mentre esce dal campo…
“Oppure tu sei il solito stakanovista…”
“Hai ragione Nakazawa sono punti di vista differenti.”
 
Ridacchia, lo vedo battere gli scarpini contro uno dei pali del recinto per togliere la terra in eccesso, il custode li ha sgridati per anni quando entravano con la terra negli spogliatoi. Piano, piano hanno capito. Sono uomini dopotutto… sorrido.
 
Finisco di riporre tutto, un ultimo sguardo al campo sgombro da attrezzi e palloni quindi raggiungo Tsubasa. Credo di non essermi mai trattenuta così a lungo. Passa poco e quando la maniglia dello spogliatoio si apre, lui ne esce con il borsone in spalla sorretto dal braccio. I capelli ancora inumiditi dalla doccia.
 
“Quindi dove andiamo? Anch’io ho fame.” chiede ravvivando la chioma.
“Cosa ti va?”
 
Si appoggia alla parete lasciando cadere la borsa a terra. Lo guardo perplessa, ma non aveva fame?
 
“Prima controlliamo cosa c’è aperto nelle vicinanze.” Afferra il cellulare e apre Google maps.
 
Mi avvicino per scrutare cosa stia cercando; e riconoscendo nella ricerca i miei stessi gusti in fatto di pietanze sorrido.
 
“Wow, ottimo, ne avevo proprio voglia.” Dico posando le mani sul suo braccio e guardando ancora il cellulare, quando riduce a icona la pagina, la foto dello schermo, ritrae noi due vicini a bordo campo che stiamo parlando. Lui si passa la spugna sul collo mentre io gli porgo la borraccia, ma non sono i gesti a farmi sgranare gli occhi ma lo sguardo che ci stiamo scambiando. Il colore ocra del sole al tramonto rende tutto così magico. Non ricordo questa foto e non so chi possa averla scattata.
Metto la mia mano sotto la sua per poter vedere meglio questa istantanea.
 
“Bella” esclamo emozionata. Il cuore ha preso a battere all’impazzata.
 
Voltati e bacialo!
 
Ma il suggerimento della mia materia grigia impazzita cade nel vuoto. Forse il sangue pompato dal cuore al cervello deve essere troppo in questo momento per suggerirmi idee tanto strampalate.
 
“Bellissima, l’ha scattata Taro pochi giorni prima che partissi per il Brasile.”
“Artistica. Buon sangue non mente.” Quando mi giro per osservare la sua espressione mi muore il fiato in gola perché ha gli occhi lucidi mentre osserva la foto. La guarda con amore. Non gli avevo mai visto quest’espressione. Espressione che adesso sta rivolgendo a me. I suoi occhi adesso sono dedicati solo a me. Nelle iridi nere ancora quel bagliore indefinito che avevo notato quando mi ha riaccompagnato a casa dopo il cinema; erroneamente avevo pensato al riflesso della luce accesa da mia madre.
Con la mano libera compie il medesimo gesto dell’altra sera passandomi i capelli dietro all’orecchio, per poi terminare con una carezza fin dietro il collo.
 
Poi quella confessione fatta a labbra strette: “Mi sei mancata.”
“Anche tu.” Bisbiglio prima di sollevarmi sulle punte e regalargli un bacio a fior di labbra. Bacio che viene immediatamente approfondito quando la mano, che ancora non si era spostata da dietro la base della nuca, esercita una leggera pressione per avvicinarmi a lui. Fa sparire il cellulare forse nelle tasche della felpa, ma poco m’importa ora che mi avvolge tutta nel suo abbraccio. Continuano i baci. Baci dolci, esplorativi, sconosciuti, ma che proseguono alla ricerca di un’intimità che non abbiamo mai avuto prima. Intrufolo le mani sotto la maglia per esplorare una pelle a me estranea. L’umidità della doccia l’avverto ancora calda sotto le dita. Tsubasa scotta sotto la felpa. Mi spalmo letteralmente sul suo corpo e quando il seno tocca il torace avverto distintamente nelle parti basse la sua erezione premere su di me. Ansimo nella sua bocca mentre mi perdo nei sui baci. Baci che capisco subito non sa smettere.
 
“Dobbiamo spostarci.” Consiglio mentre ho un momento la bocca libera. Il capitano è impegnato ad assaporare il collo poco sotto il lobo dell’orecchio.
Porta le sue mani intorno al mio viso guardandomi dritto negli occhi. Dopo un altro bacio a stampo sulle labbra suggerisco: “La palestra.”
 
“Shh il guardiano potrebbe sentirci.” Non so cosa ci sia preso per venire in palestra, chiunque potrebbe vederci.
 
“Shh il guardiano potrebbe sentirci - ripete ridacchiando per poi aggiungere - Solitamente smonta alle 19:00, ma eri troppo impegnata con il cellulare per accorgertene, l’ho visto andar via… rilassati.” 
 
Quindi sapeva che eravamo soli prima quando ha chiesto degli altri… vedi che Yukari ha ragione quando dice che il capitano ha sempre un piano?
 
La mia mente è sempre un passo avanti al mio corpo.
Una volta capito che abbiamo un luogo sicuro per farlo non riusciamo a staccarci mentre il corridoio che conduce alla palestra e ai suoi materassi è un percorso di baci ad ostacoli che non siamo capaci di smettere. Il suo abbraccio mi circonda facendomi sentire protetta. Mi rendo immediatamente conto che tutte queste emozioni con Koshi non le ho mai provate, come la consapevolezza imprescindibile che non l’ho mai amato.
 
Quando entriamo i nostri passi creano un eco inquietante in questo grande spazio. La stanza dei materassi però è sicuramente più accogliente di questo luogo dispersivo. Ci fermiamo solo per aprire la porta ed entrare. Conosco questa stanza alla perfezione mentre una nota di malinconia mi assale per il tempo che abbiamo perso in questi anni. Tsubasa si muove sicuro mentre io mi aggiro sospettosa come se fosse la prima volta che ci entro. Accende la lampadina posta vicino alla scrivania per creare un’atmosfera calda e ricca di ombre sconosciute. Di notte, in palestra con Tsubasa, non c’ero mai stata.
 
Toglie la felpa lasciandola cadere sulla sedia mentre io mi aggiro nella stanza completamente inebetita. La maglia bianca a mezze maniche mette in risalto i suoi bicipiti. Deglutisco piano non sapendo esattamente che cosa fare. Non conosco il suo approccio, non conosco il suo modo di fare l’amore. E come penso a lui, in automatico, la mente si focalizza su un piccolo, ma enorme particolare.

Fare l’amore.

Perché so che sto per fare l’amore, quello che non ho ancora mai fatto anche se sono stata la ragazza di Kanda per tanto tempo. Quando si avvicina sollevo il viso per regalargli un sorriso rassicurante, non so perché ma avverto il suo nervosismo anche a metri di distanza. Dopotutto sono consapevole di avere Ozora insidiato sotto la pelle e quindi le sue vibrazioni diventano in automatico le mie.
 
Con le dita mi sistema una ciocca di capelli dietro all’orecchio prima di appoggiare la sua fronte alla mia. Sollevo le mani per accarezzare quel tratto di pelle scoperto grazie alle maniche corte della maglietta. Avverto le dita premere dietro la schiena ferme e decise.
 
“Sono agitato…” il respiro pesante e rotto dall’emozione del mio amato mi fa sciogliere il nodo di tensione che mi aveva attorcigliato lo stomaco… e non solo. Un’ondata di calore sale dalle gambe fino ad arrivare alla punta delle dita.
 
“Anch’io, Tsubasa, anch’io.”
 
Sorride iniziando a baciarmi delicatamente tutto intorno alle labbra. La tenerezza estrema mi disarma lasciandomi completamente in balia delle sue coccole.
 
“E che…” sussurra al mio orecchio facendomi increspare la pelle.
“E che?” indago prendendo coraggio e insinuando le dita sotto la maglia per sollevarla, voglio sentire tutto. La sua pelle è così calda e liscia adesso, potrei stare delle ore ad accarezzarlo.
Scende di lato lungo il collo come se cercasse una sorta di nascondiglio tra i miei capelli e l’orecchio. Il naso struscia sulla mia epidermide come una leggera carezza mentre avverto le labbra muoversi pronte a parlare.
 
“Non l’ho mai fatto, per me è la prima volta.” Un sussurro il suo, come se un soffio di vento avesse portato voci da lontano.
 
Mi blocco mentre vengo investita improvvisamente da una sorta di senso di colpa assurdo. In questi tre anni ha solo aspettato me mentre io…
Sicuramente sto sbagliando tutto perché il mio irrigidimento non gli è certo passato inosservato.
 
“Scusa, non credevo fosse un problema.”
“Scusa? Tu chiedi scusa a me?” Non ho certo nessuna intenzione di aprire adesso una discussione sulla sua verginità e sul fatto che praticamente mi abbia aspettata per tutti questi anni. Ci sarà tempo per i chiarimenti, ora è la sua prima volta e voglio che sia indimenticabile. Come spero lo sarà per me, visto che sarà la prima volta che farò l’amore davvero.
 
Il suo sguardo smarrito mi fa una tenerezza assurda. Intreccio una mano con la sua e lo trascino verso la pila di materassi ammucchiati, tre di questi sono proprio all’altezza giusta e fanno al caso nostro. Faccio in modo che si sieda davanti a me. Ancora mi osserva con la confusione che aleggia nelle sue iridi, del precedente luccichio neppure l’ombra; ora percepisco solo un ragazzo smarrito, ma quando vedo che sta per dire qualcosa le mie labbra sigillano le parole che stavano per uscire. In certi momenti i gesti possono farci esprimere meglio della voce. E non voglio che fraintenda nulla di questo momento.

Afferro la sua maglia e faccio in modo di liberarla dall’elastico dei pantaloni. Non servono particolari inviti per fargli capire che deve toglierla.

E quando incrocia le braccia sui fianchi per farla uscire dalla testa mostrando piano piano tutti i muscoli del ventre non riesco a trattenere un suono di apprezzamento. Anche il leggero indolenzimento del labbro inferiore stretto tra i denti è un dolce piacere. Una volta che la maglia finalmente sparisce la luce ambrata della lampada lo fa smembrare un dio dorato, mentre i capelli ebano si tingono di riflessi color ocra. Nel suo sguardo un misto di attesa e trepidazione.

Quando senza alcun imbarazzo inizio a spuntare il primo bottone della camicia Tsubasa avvampa arrossendo fino all’orecchie. In una sorta di tacito rispetto sembra aver timore di toccarmi, adesso che sono qua in piedi di fronte a lui che mi sto spogliando per lui. Quindi gli afferro le mani posandole sui miei fianchi oramai nudi. La camicia giace a terra tra i nostri piedi. Ed è quando gli circondo la testa con un abbraccio che avverto il suo respiro caldo in mezzo ai seni. Ed è qua che, il grande capitano della nazionale giapponese, finalmente si scioglie e prende in mano la situazione, o più precisamente riesce a sganciare il laccio del mio intimo liberando così i seni dalla costrizione del reggiseno. 
Mi stringe forte sprofondando nel mio petto.

“Non sai quanto io abbia sognato questo momento…” confessa mentre si alza e con dolci baci risale lo sterno per arrivare al collo e assaporare di nuovo le labbra.

Con le dita scivolo verso i fianchi per insinuarmi tra l’elastico della tuta e quello dei boxer. Faccio scivolare verso il basso il primo indumento così da lasciarlo solo in intimo. Così come sono io adesso dopo che il capitano ha fatto cadere la gonna a terra.
Scavalco gli abiti e spingo letteralmente Tsubasa sul tappeto della palestra che, tornando seduto, indietreggia sul materasso per permettermi di salire. Il boccone è troppo prelibato per non accettare quindi passano pochi attimi prima che lo raggiunga e mi adagi su di lui.
Dopo non c’è bisogno di lezioni o spiegazioni perché è l’istinto a muoverci in questo giaciglio improvvisato e in questa stanza che ci vede per la prima volta impegnati a fare l’amore.
 
 
Dorme.
Dietro di me il capitano dorme.
Stretta nel suo abbraccio continuo a fissare le magnifiche dita intrecciate alle mie nel contrasto ocra della lampada. Avvicino alla bocca le nostre mani intrecciate per baciare prima il pollice, l’indice e così a seguire.
Il respiro cambia mentre sulla pelle della spalla sinistra sento nascere un sorriso dalle sue labbra. Non tarda a baciare la spalla dove poco prima aveva sorriso.
Cerco di voltarmi perché ho bisogno di vederlo negli occhi, capire cosa prova dopo.
Dopo che lo abbiamo fatto e rifatto.
Quindi mi avvito su me stessa mentre lui agevola il movimento lasciandomi la mano intrecciata. Picchietto il naso contro il collo poco sotto l’orecchio e soffio per iniziare nuovamente questo gioco che mi porterà ancora ad unirmi a lui.

“Mi fai il solletico” protesta stringendo la spalla per allontanare il fastidio.
“Adoro farti il solletico”
“Ed io adoro la tua pelle di seta dopo l’amore.”
“Come siamo romantici capitano…”
“Siamo tornati a capitano?” il tono preoccupato mi fa capire che ha frainteso la mia intonazione di voce.
“Assolutamente no! Signor Ozora…” scherzo, e stavolta lo capisce. Solleva la mano e con l’indice percorre dalla spalla fin giù al braccio scoprendo via via centimetri di pelle celata dalla felpa.
“Pensavo, cioè… volevo capire che intenzioni tu avessi con Kanda.”

Ovviamente sapevo che saremmo arrivati a questo punto. E non posso neppure dire che sia stato tutto improvviso, sono consapevole da almeno quindici giorni di dover lasciare Koshi… esattamente dal giorno in metropolitana. Ignora invece che proprio stamattina ho risolto la questione.
 
“Hai ragione. Non lo avevo detto a nessuno eccetto a Yukari, ma avevamo preso una pausa e stamattina ci siamo definitivamente lasciati. Quando ci vedrà insieme s’incazzerà di brutto, le sue insinuazioni dopotutto troveranno fondamento. Ha sempre saputo che avevo un debole per te.” Dopo la confessione sono certa di aver sentito il suo cuore battere più veloce quando ho detto di aver lasciato Kanda.
“E ha accettato comunque di essere il tuo ragazzo quando sapeva che ti piaceva un altro?”
“È stata anche colpa mia che ho accettato il suo corteggiamento. Mi sentivo sola e lui…”
“E lui?” Capisco dal suo sguardo che ha smania per sapere come ho vissuto con Kanda questo tempo che lui non c’è stato. È viscerale, non può farne a meno.
“Lui mi faceva ridere distraendomi dai troppi pensieri che affollavano la mia testa.”
“Che tipo di pensieri?”

Sorrido perché ho scoperto che Tsubasa è adorabile quando aggrotta le sopracciglia perplesso.

“Tipo… fare l’amore con te…” rispondo prima di spingergli la spalla verso il basso, così da metterlo spalle al materasso, e salire sopra di lui.
“Nakazawa che razza di modi…” ironizza mentre sento le mani passare sempre più sicure sulle mie cosce.
“In realtà anche per me stasera è una specie di prima volta…”
“Ah sì?” ancora quell’espressione. Adorabile. Non ci sono altre spiegazioni, lo bacio proprio lì tra l’attaccatura delle sopracciglia, poco sopra il naso. Il mio seno che sfrega contro il torace lo fa gemere di piacere.
“Sì, perché stasera è la prima volta che faccio realmente l’amore.”
E lo facciamo di nuovo, dobbiamo recuperare il tempo perso.
 
 
Ci siamo nutriti solo d’amore stasera, la cena è saltata. È quasi mezzanotte quando nascosta dal muretto del giardino scambio le ultime effusione con il capitano prima di tornare a casa.
 
“Dobbiamo vederci anche domani…” tra un bacio e l’altro Tsubasa non mi lascia andare.
“A scuola domattina sicuramente. Adesso è tardi devo rientrare solitamente nei giorni di scuola il coprifuoco è alle undici sono già in ritardo mostruoso e non vorrei beccarmi una punizione.” Lo bacio a stampo e faccio per allontanarmi, per tutta risposta mi afferra un polso e attirandomi contraccambia il rumoroso bacio.
 
“A domani…”
“A domani.” Rispondo da dentro il cancello, ce l’abbiamo fatta a staccarci.
 
Lo guardo andar via mentre retrocedo sull’engawa. Una volta all’interno chiudo la porta pianissimo appoggiandomi a questa. Serve a poco, mamma sbuca dalla cucina come un fantasma.
 
“Sanae, ti sembra l’ora di tornare?”
Sollevo gli occhi al cielo scocciata e gioco il jolly; tanto prima o poi dovrò dirglielo.
“Scusa ero con Tsubasa e non abbiamo visto l’ora.”
“Tu-Tsubasa? Cioè da soli?”
“Sì, cioè, siamo andati a mangiare fuori e il tempo è voltato.”
 
Brava! Dire che vi siete rotolati sui materassi della palestra faceva brutto effettivamente.
 
Cioè la mia coscienza mi percula… andiamo bene. E lo stomaco che borbotta tradisce il fatto che dire che ho mangiato è una bugia madornale; spero che non lo senta.
 
“Quindi abbiamo un nuovo corteggiatore?” dall’espressione di mia madre capisco che giocare il jolly ha funzionato alla grande. Le sorrido per rassicurarla, ma non ammetto niente, non per ora… è stato tutto così improvviso neppure ne abbiamo parlato in realtà di noi e del nostro futuro.
 
“Vedremo. Adesso è tardi e domani ho scuola, scusa mamma.” Dopo averle fatto l’occhiolino l’abbraccio e bacio, poi imbocco le scale del reparto notte insaccandomi sotto le coperte di corsa. Di fare la doccia non se ne parla neppure ho ancora l’odore di Tsubasa addosso e voglio godermelo fino a domattina. Prendere sonno è un attimo. L’attimo che mi basta per sognare di essere nuovamente tra le sue braccia.
 
 
 



 
 
 
Si vocifera che Sanae e Kanda abbiano preso una pausa, vederli insieme mi spezza il cuore e questa settimana che invece la nostra manager è stata con noi mi sono sentito sollevato; senza alcun diritto di esserlo in realtà.
Non voglio farle pressioni, anche se non ho tutto questo tempo a disposizione, a breve avrò la conferma per l’incarico in Spagna e dovrò partire di nuovo; spero solo di non farlo ancora una volta da solo.

Se ho sempre adorato gli allenamenti, ora sono oro colato per una plausibile scusa di passare del tempo con lei. Vorrei solo che fossimo soli così da poter parlare in tutta tranquillità.
Adoro i miei amici, ma adesso ho un obiettivo ben preciso da portare a termine.
E incredibilmente non è più il calcio.
Stasera ho intenzione di prolungare l’allenamento così da riuscire a restare con Sanae, da solo.

Osservo la prima manager intenta a leggere il cellulare sulla panchina del campo, non si è neppure resa conto che è andato via anche il guardiano e che finalmente siamo rimasti soli, ma non voglio farle capire che questo era il mio intento. Quindi continuo a perfezionare questo nuovo tiro in attesa che mi venga a chiamare lei, come ai vecchi tempi.
Infatti è quello che accade quando qualche morsetto di fame inizia a farsi sentire.

“Tsubasa sono le sette e mezza io avrei fame.”

Come ipotizzato ecco la frase che attendevo, lei mi passa la salvietta e resto un attimo interdetto da questa sorta di elettricità che sento scorrere tra le nostre dita. La guardo senza capire cosa esattamente vorrei fare, sono così confuso, quindi dopo essermi scusato, suggerisco di poter mangiare qualcosa insieme.
Chiedo con noncuranza degli altri, quando so perfettamente che non ci sono più. E dopo un paio di battute entro a fare la doccia più veloce della mia vita.

Sanae è fuori che mi aspetta, la vedo perplessa quando lascio andare il borsone a terra mettendomi a cercare un posto dove trovare qualcosa da mangiare.
Quando scelgo uno dei suoi piatti preferiti, che ovviamente combacia con il mio, si entusiasma, io però resto come immobilizzato dalla sua vicinanza; mi era già accaduto nella metro, anche se gli scossoni e la gente che premeva mi riportava alla realtà molto velocemente… qua invece, averla vicina e sentire il profumo dei suoi capelli mi sta mandando tutti i sensi in tilt, per non parlare dell’intenzione di parlarle che avevo. 

Ho come scordato tutto.

Si è appoggiata con la mano a me per vedere meglio il cellulare e, quando riduco a icona la ricerca, dopo aver scelto dove andare; scopre quella che per anni è stata lo sfondo del mio telefono. 
La vedo che è sorpresa, infatti mette una mano sotto la mia per visionare meglio lo scatto.

“Bella!” esclama. Io ho perso il contatto con la realtà nel frattempo, vorrei dirle tutto: quanto mi sia mancata, quanto ho sofferto la lontananza.

Ma resto fedele al progetto di andare a mangiare… per ora. Ho già perso un’occasione il giorno che siamo andati con la metro a comprare il regalo per il compleanno del nostro amico. Ero intenzionato a dirle qualcosa quando lo squillo del cellulare ci ha interrotto. 
Quindi rispondo con cognizione di causa sulla foto cercando di essere il più naturale possibile. Nonostante le nostre mani siano ancora unite sotto al cellulare.
 
“Bellissima, l’ha scattata Taro pochi giorni prima che partissi per il Brasile.”
“Artistica. Buon sangue non mente.”
 
Ma non devo essere un bravo attore. Il groppo in gola è sempre più ingombrante come le lacrime che vorrebbero uscire. Lei resta un attimo paralizzata da questa mia espressione che davvero non so più controllare.
E ancora le emozioni dell’altra sera tornano a farsi spazio tra l’epidermide. Sento le guance scaldarsi senza che possa impedire questa eccitazione e bramosia che mi nasce dal cuore.
Sollevo la mano e sposto la ciocca dei capelli dietro al suo orecchio, lasciando che le dita proseguano fin dietro la nuca. La pelle di Sane è seta sotto le mie dita. Un gesto non ragionato ma sicuramente voluto, poi la confessione che esce senza volerlo. Non sono più padrone né della mia testa, né del mio corpo.

“Mi sei mancata.”

Ed è quel “Anche tu”, che sancisce la fine di ogni logica. La mano, che non sono più riuscito a togliere dopo che le sue labbra hanno sfiorato le mie, mi sta permettendo di approfondire questi baci che sento corrisposti in ogni singola cellula del mio corpo. Corpo che si sta incendiando sotto il suo tocco. Sento le dita sfiorarmi il torace in un’eccitazione che non so più controllare. Sono accaldato e confuso anche se continuo con baci che non so più smettere. Dimentico del fatto che possa anche aver sentito quanto effetto lei possa avere su di me, mi lascio guidare in questo momento a me sconosciuto.

Annuisco a tutto, quando suggerisce di spostarsi, quando le sue parole pronunciano la parola palestra, vittima di questo incantesimo da cui sono stregato da anni, mi lascio scortare verso il mio nuovo destino.

Mi fa sorridere quando ipotizza esserci la presenza del guardiano, quindi tentando di calmarmi affinché tutto non finisca troppo presto, preso da quest’ondata di emozioni incontrollabili che non so gestire, rispondo anche sarcasticamente alla sua paura del guardiano… visto che è andato via da un bel pezzo.
 
“Shh il guardiano potrebbe sentirci - ripeto ridacchiando per poi aggiungere - Solitamente smonta alle 19:00, ma eri troppo impegnata con il cellulare per accorgertene, l’ho visto andar via… rilassati.” 
 
Rilassati. Vorrei sorridere di quest’ultima parola visto che quello agitato sono soltanto io.
Lei si muove con una sicurezza che a tratti le invidio.
Sorride Sanae guardandomi maliziosamente e baciandomi a stampo sulla bocca, mi perdo nei suoi passi ignorando la meta che vuole raggiungere e lasciandomi guidare senza protestare. Ho sognato per anni questo istante e per una volta lascio il timone della barca ad un altro condottiero.
Il nostro sembra quasi il percorso della nostra vita fatta di ostacoli, non ho ancora chiara la meta, ma so che voglio seguirla ovunque vorrà andare. Ogni tanto ci fermiamo ubriachi di baci e abbracci che non sappiamo smettere.
 
La palestra ci accoglie con la sua grandezza e anche con il suo eco. Eco che mette in risalto i nostri passi concitati mentre raggiungiamo la stanzetta degli attrezzi. Una volta dentro però vedo Sanae come spaesata, forse ha dei dubbi? Dei ripensamenti? Non voglio certo rovinare il momento quindi, mosso da una sicurezza insolita, verso qualcosa a me ancora sconosciuto arrivo alla lampada posta sulla scrivania e l’accendo per creare un’atmosfera accogliente e calda. Ed io di caldo ne ho anche troppo, sto quasi sudando, così decido di togliere di mezzo almeno la felpa.
 
La luce opaca della piccola lampada restituisce immagini confuse e offuscate. Sanae sembra aver perso tutta la sicurezza con cui mi aveva condotto qua. Non so come muovermi, non so cosa fare e neppure come fare. La timidezza che mi ha sempre contraddistinto e la paura di fare il passo sbagliato hanno fatto sì che si creasse questo stallo di cui siamo entrambi vittime.
 
Non capisco cosa le stia prendendo così faccio un passo verso di lei e ricomincio dall’inizio, torno a spostarle quella ciocca che birichina era tornata a nasconderle le guance. Poi decido di vuotare il sacco, sono troppo confuso e non voglio rovinare tutto.

Quindi accosto la sua fronte con la mia e confesso: “Sono agitato.” 

E non sono solo agitato, sono proprio terrorizzato.
Rilascio andare l’aria accumulata nei polmoni come una zavorra che mi portavo dietro, ma la sua risposta mi confonde e conforta allo stesso tempo.

“Anch’io, Tsubasa, anch’io.”

Inizio con qualcosa che finora è andato bene, i baci… e con questi scopro che il contorno della sua bocca è morbido e perfetto per le mie labbra. Mi avvicino all’orecchio e tento di confessare: “E che…”
Ma non riesco a proseguire, mentre lei ripete le mie ultime due parole incitandomi a proseguire. Cerco un nascondiglio improvvisato tra i capelli e il lobo del suo orecchio, così da avere il suo profumo dritto al cervello. Profumo che spero riesca a stordirmi e a permettermi di proseguire. 
E non so per quale miracolo sento uscire le parole dalle mie labbra che sfiorano la sua pelle.

“Non l’ho mai fatto, per me è la prima volta.”

Sanae si blocca facendomi preoccupare, non credevo fosse un problema quindi glielo dico. Ma la sua risposta è pronta e decisa, come i suoi gesti.

“Scusa? Tu chiedi scusa a me?” è incredula mentre intreccia le dita con le mie e riprende il timone di questa situazione che mi era già sfuggita dalle mani.

M’invita a sedermi su alcuni materassi, resto così incantato e allo stesso tempo terrorizzato, non so più che dire o che fare, forse davvero il fatto della mia inesperienza la sta imbarazzando; ma è nel momento esatto in cui tento di aprire bocca che Sanae mi bacia impedendo la fuoriuscita di ogni suono. Le sue mani adagiate sui fianchi stanno lavorando con la maglia districandola dall’elastico della tuta. Sento sollevare la stoffa, così intreccio le braccia per far uscire di scena questa tessuto bianco che indosso… ancora per pochi istanti.
Si ferma un attimo a contemplare il mio corpo mentre con i denti mordicchia il labbro inferiore, poi indietreggia di un passo e inizia a spuntare i bottoni della camicetta che veste. Deglutisco a vuoto una saliva che non c’è più. I gesti lenti e cadenzati mi uccidono insieme a questa luce color ocra che scopre piano piano forme a me ignote.
Sento avvampare ogni singolo poro della mia pelle. Sono incantato e pietrificato davanti al suo corpo perfetto. Avrei anche voglia di toccare, ma reduce di una timidezza che ancora non accenna a diminuire resto immobile.  Vedo le sue dita affusolate protrarsi verso di me afferrare le mie mani e posizionarle sui suoi fianchi. Compie un passo verso di me così che nessuna distanza ci separi più, mi abbraccia fortissimo così che resto prigioniero dei suoi seni costretti ancora nei ferretti del reggiseno.
Ed è in questo istante, mentre il suo profumo m’investe, che trovo il coraggio di compiere un gesto a me estraneo. Le dita trovano i laccetti del reggiseno che aprendosi cade a terra… adesso posso respirare direttamente sulla sua pelle.
 
“Non sai quanto io abbia sognato questo momento…” confesso mentre decido finalmente di muovermi vittima di un briciolo di coraggio ritrovato. Lascio una scia di baci che va dallo sterno fino alla bocca. Sanae armeggia con la mia tuta ed io da bravo allievo contraccambio liberandola della gonna.

Una leggera spinta da parte sua mi mette con le spalle al muro, o più esattamente al materasso della palestra, quindi indietreggio per permetterle di salire su questa barca dove lei è la condottiera.
E una volta che si adagia su di me è come se tacitamente mi fosse tutto chiaro, seguo i suoi gesti e l’istinto dettatomi dalla natura mentre scopro per la prima volta l’amore: il nostro.
 
 
Nel dormiveglia della sera sento le labbra di Sanae sulle mie dita, le sta sfiorando una ad una. Sorrido prima di poggiare un delicato bacio sulla sua spalla, si gira adesso così che possa vederla. Scherziamo un attimo prima di mettere le cose in chiaro sulla questione di Kanda. Io non ce la faccio a dividerla con qualcuno.
 
“Pensavo, cioè… volevo capire che intenzioni tu avessi con Kanda.” Non voglio girarci più intorno, il tempo scorre e per me è prezioso.
“Hai ragione. Non lo avevo detto a nessuno eccetto a Yukari, ma avevamo preso una pausa e stamattina ci siamo definitivamente lasciati. Quando ci vedrà insieme s’incazzerà di brutto, le sue insinuazioni troveranno fondamento. Ha sempre saputo che avevo un debole per te.”
Il cuore aumenta di frequenza e intensità, se questa è la felicità ha sicuramente un effetto benefico.

“E ha accettato comunque di essere il tuo ragazzo quando sapeva che ti piaceva un altro?”

Mi sembra impossibile che abbia accettato un compromesso del genere.

“È stata anche colpa mia che ho accettato il suo corteggiamento. Mi sentivo sola e lui…”

Il cuore stavolta perde un battito comprendendo perfettamente il sentimento di solitudine avvertito da Sanae, visto che è uguale a quello che ho provato io.

“E lui?” Devo sapere.
“Lui mi faceva ridere distraendomi dai troppi pensieri che affollavano la mia testa.”
“Che tipo di pensieri?”

Aggrotto le sopracciglia perplesso.

“Tipo… fare l’amore con te…” risponde prima di spingermi la spalla verso il basso, così da mettermi spalle al materasso, e salire sopra di me.
“Nakazawa che razza di modi…” ironizzo mentre le mani passano sempre più sicure sulle sue cosce sode.
“In realtà anche per me stasera è una specie di prima volta…” aguzzo l’udito voglio capire a cosa si riferisce.
“Ah sì?” indago arricciando il naso e di conseguenza anche le sopracciglia, mi bacia lì proprio al centro di queste. Il seno che sfrega contro il mio torace mi fa gemere.
Come ho fatto per tanto tempo a ignorare tutto questo? A ignorare lei…

“Sì, perché stasera è la prima volta che faccio realmente l’amore.”
Il cuore torna a battere all’impazzata per la gioia repressa, e lo facciamo di nuovo, dobbiamo recuperare il tempo perso.

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** 11_Sanae e Koshi ***


“Sanae farai tardi!” mamma da sotto mi incita a scendere. Non ha tutti i torti, prima guardo l’ora e poi lo specchio. Sono ancora in mutande e reggiseno, non che debba scegliere il vestito, la divisa scolastica è d’obbligo, ma fare la doccia è stato un supplizio perché il suo odore è svanito restando solo nella mia testa. Mi do dell’idiota da sola mentre sento il mio cervello percularmi subdolamente.
 
“Arrivooo!” e davvero infilo come un razzo l’uniforme scendendo di corsa, mamma nel corridoio mi porge uno snack al volo ed esco come un tornado. Fuori dal cancello, sulla strada, Tsubasa mi fa segno con l’indice indicando l’orologio al polso. Voltandomi vedo mia madre sulla porta che sorride compiaciuta. Torno a guardare il capitano mentre mastico il cibo. Ho fame visto che sono praticamente a digiuno dopo ieri sera.
 
Certo, come prima volta che ci vediamo dopo che… devo proprio avere un bell’aspetto. Ingoio il boccone e afferro la mano che lui mi porge, dopo un buongiorno a denti stretti corriamo letteralmente verso la scuola. Sarebbe più onesto dire che lui mi sta trainando, non riesco a stare al suo passo ovviamente.
 
Arriviamo al cancello dell’edificio trafelati e anche accaldati, sicuramente sorridenti. Sentiamo la campana suonare e una volta raggiunta la sommità della gradinata ci fissiamo un attimo prima che il capitano si avvicini, mi baci sulla bocca e scappi verso la sua aula dopo avermi gridato: “ci vediamo per il pranzo”.
 
Resto un attimo stordita mentre il fiume di studenti in corsa si riversa nelle aule. Con la punta delle dita sfioro le labbra e sento nuovamente il suo odore. Sicura che il bacio in mezzo a tutti non sia passato inosservato faccio spallucce ed entro in aula. Nascondere una cosa ormai scontata non ha davvero alcun senso.
 
Yukari mi guarda preoccupata, le mostro un pollice verso l’alto per rassicurarla. Il professore sta sistemando i libri sulla cattedra, quindi sono arrivata in classe per un soffio, se non fosse stato per Tsubasa avrei preso una nota.
 
Appena mi siedo Yukari mi scrive delle domande sul foglietto che teniamo per comunicare senza parlare.
 
Tutto ok?
Alla grande
Come mai hai fatto così tardi?
… ero con Tsubasa poi ti racconto.
Uhhhh siamo già alle prime uscite?

 
Prima di rispondere sollevo un sopracciglio per farla soffrire, so’ quanto adora i pettegolezzi.
Infatti m’incalza con lo sguardo indicando il foglio.
 
Siamo ben oltre le prime uscite.
\O/

 
Il disegno della faccina sconvolta mi fa ridere troppo forte.
“Signorina Nakazawa vuole rendere partecipi anche noi della sua ilarità mattutina?”
Incasso il collo nelle spalle accusando il colpo.
“Scusi professore sono mortificata.”
“Visto che è così rilassata questa mattina sono sicuro di poter contare su un’interrogazione eccellente vero? Prego, si accomodi vicino alla cattedra.”
 
Il solito stronzo!
Mentre mi alzo per l’interrogazione trovo difficile non concordare con la mia coscienza.
 
 
Sospiro di sollievo quando afferro il cestino del pranzo e finalmente esco da quest’aula maledetta. L’interrogazione non è andata benissimo, come mi capita spesso ultimamente ero troppo confusa e frastornata da quanto accaduto con Ozora e Koshi, quindi la testa vagava tra formule, nozioni, litigate e suoi baci. Baci che mi tornano in mente senza preavviso facendomi rabbrividire e colorare le guance. Tanto che il professore un paio di volte mi ha pure chiesto se stessi bene. Sto benissimo, e ora che so di vederlo per pranzo sto anche meglio.
 
Yukari non mi sta mollando un attimo mentre tento un breve riassunto, senza troppi dettagli, di quanto accaduto ieri sera.
 
“Quindi state insieme?”
Sbotto a ridere perché non lo so. “Sai che non ne abbiamo parlato!”
“Eravate molto impegnati eh…” insinua torturandomi un fianco con il gomito.
“Abbastanza.” Confesso, se non lo faccio con lei con chi dovrei altrimenti?
“Toglimi una curiosità… è meglio il pugile o il calciatore?”
“Yukari!” l’ammonisco arrossendo.
“Quanto la fai lunga era per fare una statistica, insomma sono sempre in tempo per cambiare no?”
 
So che sta scherzando, ma mi blocco e l’attiro per un braccio in un angoletto del corridoio prima di uscire in giardino.
 
“Yukari, non te lo so spiegare ma… trova qualcuno con cui fai l’amore, perché è tutta un'altra alchimia.”
La mia amica si fa improvvisamente seria poi adagia una mano sulla mia guancia per farmi una carezza: “Si vede Sanae, sei raggiante e… bellissima.”
 
L’abbraccio con le lacrime agli occhi. Difficilmente la folle della mia migliore amica ha questi slanci di serietà, vanno colti al volo.
 
Infatti dura poco: “Ora basta smancerie, dobbiamo raggiungere gli altri o ci daranno per disperse.”
Le afferro un polso prima che scappi: “Devo dirti un'altra cosa, ma giurami che starai zitta.”
Yukari incrocia le dita vicino alle labbra e le bacia per suggellare il patto.
“Sarò una tomba!”
“Per il capitano era la prima volta.” Sputo fuori bisbigliando il tutto nel suo orecchio.
La mia amica sgrana gli occhi incredula.
“Ma come? Il Brasile, le brasiliane… zero assoluto?”
“Zero assoluto.” Rispondo convinta.
Lei mi afferra le mani e se le porta al petto: “Sanae ma non ti rendi conto di quanto è romantico tutto questo? Ha aspettato solo te, te l’ho detto che quello ha sempre un piano no?” mi fa l’occhiolino di chi la sa lunga e ha azzeccato ogni previsione fatta.
“Mi ha lasciato senza parole, non sapevo che dire ero così…”
“Lusingata?”
“Sì, lusingata, ma anche dispiaciuta, forse mi sarebbe interessato provare quest’esperienza insieme… non so.”
“Ah, ma anche no! Figuriamoci, due imbranati cronici che si trovano per la prima volta, non oso immaginare il disastro.” Ride ora a pieni polmoni mentre continua a sfottermi.
“Ah, ma grazie per la fiducia.” Controbatto inclinando la testa perplessa, ma divertita.
“Ma vuoi mettere che gli hai fatto da nave scuola?”
“Yukari!” esclamo sconvolta e inseguendola dopo che è fuggita verso gli altri; e non ce la faccio neppure a starle dietro perché la ridarella mi sta togliendo le forze.
 
Che amica idiota che mi sono ritrovata.
Però l’idea della nave scuola non l’ha mica butta di fuori eh!
“Non mettertici anche tu.” Borbotto alla mia mente.
 
 
 
Arriviamo a passo sostenuto alla panchina dove i nostri amici ci stanno aspettando. Quando mi trovo di fronte al capitano non so come comportarmi, ma è lui che mi toglie dall’impiccio invitandomi a sedermi al suo fianco. Appena vicini mi bacia con se fossimo una vecchia coppia; e forse lo siamo.
Ovviamente i vari apprezzamenti da parte di Ryo e le prese in giro di Izawa non mancano. Tsubasa ride felice, mentre mi stringe a sé, non lo avevo mai visto così radioso. Mi lascio coccolare da questo abbraccio senza preoccuparmi degli scherni, dopotutto è il capitano e non infieriranno più di tanto. Le regole sul rispetto valgono tacitamente anche fuori dal campo. Infatti, come pensavo, passano solo pochi minuti e tutto si attenua naturalmente.
 
Ed è proprio in questo momento di relax totale che subentra qualcosa si profondamente stonato.
 
“Quindi le mie insinuazioni trovano un concreto fondamento!” la voce di Kanda mi colpisce da dietro. Anche se più grande di noi i plessi scolastici condividono lo stesso spazio verde. Rabbrividisco tra le braccia del capitano che percepisce subito la mia tensione. A lenti passi il mio ex viene di fronte a me, decido di alzarmi e affrontarlo, non ho nulla da nascondere.
“Ti ho già spiegato Koshi, per favore evitiamo scenate.”
“Mi hai detto che eri confusa, non che te la facevi già con un altro.”
“Sei stato il primo a dirmi che t’interessava un'altra quindi: che vuoi adesso? Mh?” questa sensazione di rabbia misto a fallimento mi fa schifare di me stessa. Come diavolo ho fatto a starci insieme?
Tsubasa è ancora seduto sulla panchina i gomiti sulle ginocchia e le mani intrecciate pronto ad intervenire.
“Kanda, perché non la lasci in pace?” e agisce ora che è al mio fianco dopo essersi alzato.
“Cosa credi? Di tornare dopo tanti anni e poter fare i tuoi porci comodi?”
“Io non credo niente, so solo che vi siete lasciati, rispetta la sua scelta.”
“Se tu non fossi tornato a ronzarle intorno noi staremo ancora insieme, non sono scemo, che credi Ozora?”
“Hai accettato di stare con una ragazza quando sapevi che le piaceva un altro, conoscevi il rischio, e ora il rischio è tornato che ti piaccia o no… e non ha neppure intenzione di andarsene senza di lei. Quindi prosegui per la tua strada che non è più la sua.”
 
Resto sbalordita dalle parole ferme e decise di Tsubasa. Koshi è furioso lo vedo da come stringe i pugni, conosco bene quell’espressione, ma siamo a scuola e spero che non tenti gesti inconsueti. Cambia espressione improvvisamente mentre ripone le mani nelle tasche della divisa. Tiro un respiro di sollievo prima che parli.
 
“Effettivamente hai ragione, sapevo che prima o poi saresti tornato, che dirti… me la sono spassata per quasi tre anni; te l’ho tenuta calda Ozora.” Il tono allusivo e viscido mi fa perdere il controllo.
 
Meschino, farabutto, perdente del cazzo!
 
La mia mente è partita per la tangente, la soprannominerò Anego; è giusto che a questo punto abbia un nome il mio alter-ego. Sollevo la mano contro la mia volontà e gli mollo una cinquina in pieno volto stampandogli cinque dita sulla gota destra.
 
“Bastardo!” gli grido dietro. Mentre tutto si svolge con il tasto premuto in avanti che va a mille. 
“Brutta tro-” Koshi toglie la mano dalla tasca e fa per rendermi lo schiaffo, Tsubasa gli blocca il polso afferrandolo stretto mentre vedo arrivare Ryo e Mamoru che si mettono nel mezzo a noi.
 
È Yukari che adesso perde la pazienza, con i pugni tesi e le braccia distese lungo il corpo inizia a inveire contro Kanda: “Sei un farabutto Koshi, dopo che l’hai ingannata con la finta aggressione. Ora finalmente posso dirlo, ti avevo creduto in tutto questo tempo, che veramente tu fossi innamorato di lei e invece… Mi fai schifo!” Conclude.
 
Con poca grazia i ragazzi invitano il pugile ad andarsene prima che arrivino i professori e facciano un rapporto a tutti.
 
“Cosa!” esclamo rivolta alla mia amica. Sono sconvolta… era tutta una messa in scena quindi? Per farmi avvicinare a lui?
Yukari si avvicina prendendomi le mani: “Scusami Sanae, perdonami è da qualche tempo che so di questa cosa e non ho mai avuto il coraggio di dirtelo, perdonami.”
“Per- perché non me lo hai detto prima?” sono così delusa da lei in questo momento.
“Perché non volevo che la tua scelta di lasciarlo fosse condizionata da questo fatto, non volevo che tu avessi rimpianti, ma che tu fossi convinta della scelta fatta per il futuro. Scusami davvero.”
 
Le lacrime nei suoi occhi mi fanno istantaneamente capire quanto sia sincera, quindi l’abbraccio immediatamente per farle capire che non ce l’ho con lei. Una volta chiarito il fatto ci guardiamo annuendo complici. Niente potrà mai scalfire la nostra amicizia.
 
“Ehi, tutto bene?” il capitano mi prende per le spalle e dopo mi attira a sé abbracciandomi stretta.
Spreco sulla sua uniforme giusto due lacrime di nervoso prima di borbottare qualche imprecazione rivolta al mio ex.
 
“Sto bene.” Rispondo ricomponendomi e staccandomi da lui. Kumi e Yukari adesso mi hanno circondata mentre sento passare le loro mani sulla mia schiena in segno di conforto.
Ryo è appoggiato al capitano che mi sta guardando, dopo si stropiccia il naso e sorride.
“Tsubasa vuoi un consiglio? Meglio non farla incazzare la nostra manager. Visto che cinquina ha rifilato al pugile?”
Ed è con questa frase allegra di Ishizaki che il gruppo torna a sorridere dopo le tensioni accumulate.




 
 
 
Siamo in giardino e la sto aspettando al varco, vedo i ragazzi alla solita panchina mentre le ragazze ancora non sono arrivate, poi la scorgo, sta parlando con Yukari. È felice la vedo, dal passo che ha e dal sorriso radioso.
Raggiunge il gruppo e nel momento in cui si trova di fronte a Ozora ha un momento d'incertezza, non sa come comportarsi lo capisco da quell'attimo di stallo tra i due.
Ed è da come si guardano che capisco tutto, che capisco di averla persa per sempre e che forse mia non lo è mai stata.
Me lo aveva detto, ma io ho creduto che in questo periodo potesse dimenticarlo.
Così non è stato, è evidente, solo un cieco e innamorato come me poteva non accorgersene.
Sono livido dalla rabbia e dalla gelosia e comunque devo togliermi qualche sassolino dalla scarpa, servirà a poco, ma sicuro aiuterà a sfogare quello che ho dentro, che sa tanto di fallimento.
Non ero mai stato così a lungo con una ragazza.
 
 
Quando arrivo vicino sono tutti presi a prendere in giro la nuova e sfavillante coppietta.
Non mi faccio certo intimorire e sputo fuori tutto il veleno che ha preso il posto dell'amore dentro al mio cuore.
 
“Quindi le mie insinuazioni trovano un concreto fondamento!” 
Sanae rabbrividisce prima di alzarsi per fronteggiarmi. Lo vedo che cerca di mantenere la calma... una calma apparente la sua.
“Ti ho già spiegato Koshi, per favore evitiamo scenate.”
“Mi hai detto che eri confusa, non che te la facevi già con un altro.”
“Sei stato il primo a dirmi che t’interessava un'altra quindi: che vuoi adesso? Mh?” 
Vero, ha ragione, era un misero tentativo di farla ingelosire e invece ho ottenuto l'effetto contrario... si è sentita libera di andare tra le braccia di Ozora senza tanti ripensamenti.
 
Braccia che ora si muovono e raggiungono il suo fianco. Tsubasa è vicino a lei sentendosi in diritto anche di intervenire.
 
“Kanda, perché non la lasci in pace?” 
 
Parte così il nostro scambio di opinioni sulla relazione tra me e Sanae. Ovviamente mi sta rinfacciando il fatto che sapevo benissimo che lei era presa da lui.
Il mio avversario mi stupisce con questa frase.
 
“Hai accettato di stare con una ragazza quando sapevi che le piaceva un altro, conoscevi il rischio, e ora il rischio è tornato che ti piaccia o no… e non ha neppure intenzione di andarsene senza di lei. Quindi prosegui per la tua strada che non è più la sua.”
 
La decisione nella sua voce mi fa ribollire il sangue di collera. Stringo i pugni lungo le gambe dalla rabbia, mi verrebbe voglia di tirargli un pugno su quel bel faccino del cazzo!
Ma credo che la questione possa essere toccata anche da un altro punto di vista, dopotutto per Sanae sono stato il primo ragazzo e sono certo che questo al signorino possa pesare un bel po'.
In questo periodo ce la siamo spassata alla grande, e so perfettamente di essere stronzo, ma un ragazzo ferito sulla fine di una relazione spesso mostra il suo lato peggiore.
Certo non posso implorare chi non mi ama, ma posso ferirla e lo farò.
Così ripongo le mani nelle tasche della divisa e parlo nel tono più spregevole possibile.
 
“Effettivamente hai ragione, sapevo che prima o poi saresti tornato, che dirti… me la sono spassata per quasi tre anni; te l’ho tenuta calda Ozora.” 
 
Sanae è una molla, non perde tempo e prima che possa anche togliere le mani dalle tasche sento le cinque dita stampate sulla mia gota destra.
 
“Bastardo!” mi grida con gli occhi furibondi di rabbia.
 
Ribatto con un: “Brutta tro-” ma non finisco e mentre quasi involontariamente vorrei renderle questo schiaffo per riportarla alla realtà per svegliarci tutti da questo incubo, il capitano mi blocca il polso prima che possa anche solo sfiorarla.
 
È un attimo perché tutti gli amici si frappongono tra noi e mi allontanino in malo modo.
Vedo la testa di Yukari spuntare da dietro le spalle di Ryo... sicuramente anche lei dovrà dire la sua e sputtanare il tutto fino in fondo.
 
“Sei un farabutto Koshi, dopo che l’hai ingannata con la finta aggressione. Ora finalmente posso dirlo, ti avevo creduto in tutto questo tempo, che veramente tu fossi innamorato di lei e invece… Mi fai schifo!”
 
Ed ecco che se avevo 0 possibilità di riconquistarla ora possono scendere a -100000000.
 
Sanae è sconvolta, non crede alle sue orecchie e ovviamente non posso che biasimarla, vista così è veramente una situazione penosa. Volevo dirle che davvero mi ero innamorato di lei ma ora è del tutto inutile.
 
Li lascio fare, non ho certo voglia di una rissa in pieno giorno e nel cortile della scuola.
 
 
Ho sbagliato tutto, ho iniziato per gioco, per scommessa, poi con l'inganno... se forse le avessi confessato tutto subito e fossi ripartito da zero magari adesso non l'avrei persa. Anche se dubito che con il ritorno di Ozora io potessi avere una qualche possibilità, dopotutto mi ha lasciato prima di sapere tutto questo; figuriamoci se lo avesse scoperto prima.
 
 
Questo dovrà servirmi da lezione per il futuro. Mai iniziare una relazione ingannando qualcuno.





Angolino dell'autrice
Perdonatemi per questa attesa, ma ho i muratori in casa e vi lascio immaginare il disastro che si stanno lasciando dietro... ho vernice e calcinacci sparsi ovunque...
Scusate ancora...
Il prossimo comuque sarà l'ultimo capitolo.
Poi arriverò con una nuova storia che devo finire di scrivere, spero ci rivedremo presto.
Sanae77

 

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** 12_Sanae ***


Osservo Yukari che distesa a pancia sotto sul mio letto sta succhiando un lecca-lecca con le gambe sollevate e intrecciate che dondolano leggermente, con il dito scorre il cellulare navigando tra le foto di Instagram.

“Vero che Tsubasa è anti-social, ma Koshi lo è anche troppo… guarda qua.” Mi porge il cellulare affinché osservi per bene l’immagine.
Sollevo un sopracciglio perplessa.
 
Sarà che da grande invece del pugile possa fare l’otorino?
 
La mia mente fa pure la sarcastica mentre continuo a guardare questa foto che mi fa ribrezzo… ma non per il bacio, ma per l’atteggiamento viscido che ha nei confronti di questa nuova conquista con cui non ha perso tempo a fotografarsi. Il bacio sicuramente è volutamente esagerato tanto da provocarmi una sensazione di schifo. Se pensava di farmi ingelosire si sbagliava di grosso.

“Lei non è male…”

Yukari sbotta a ridere prima di cambiare foto e mostrarmela di nuovo.

“Ok, diciamo che è l’opposto di me. Magari a lui serve una ragazza più spigliata e sicura di sé stessa.”
“Contento lui…” ridacchia continuando il moto dei piedi che dondolano.
“Yukari perché non mi hai detto che Koshi aveva organizzato tutto con quei farabutti?” ancora non mi capacito del perché la mia migliore amica non mi abbia detto tutto, e so che me lo ha già spiegato, ma ho la necessità di approfondire ulteriormente questa questione.
 
Yukari si ricompone mettendosi seduta vicino a me sul letto. “Vedi, non è tantissimo che l’ho scoperto, Tsubasa era già tornato e tu eri già in profonda crisi con Kanda. Volevo che tu avessi le idee chiare sul perché stavi lasciando Koshi, non volevo che tu provassi un sentimento di vendetta nei suoi confronti. Volevo che la tua fosse una scelta consapevole e non dettata dalla rabbia.”
 
“Ti rendi conto che mi ha ingannata per tutto questo tempo?”
 
Lei scuote la testa e voltandosi leggermente verso di me afferra le mie mani.
 
“Sanae io credo che lui ti amasse davvero sai? Se con una ragazza vuoi solo farci sesso, dopo che hai ottenuto quello che vuoi la molli, non ci stai per tre anni.”
“Forse hai ragione, ma dopo quello che mi ha detto di fronte al capitano, ma ti rendi conto dello schifo?”
“È stato davvero stronzo, ma immagino si sentisse tanto ferito e quando un animale è ferito spesso attacca. Non credere di aver buttato via questi anni, è stata un’esperienza che ti ha fatto capire i tuoi sentimenti per il capitano.”
“Forse hai ragione, il tempo con Koshi non è tutto da buttare, ci sono stati attimi davvero belli e intensi.”
Yukari mi abbraccia stretta: “Vedrai che si riprenderà presto non temere!” ironizza indicando poi con la testa il cellulare dove prima guardava le foto su Instagram.
“Sicuramente si starà divertendo.” Ipotizzo.
“Forse sta solo cercando di darlo a vedere che si sta divertendo, ma in cuor suo dubito che sia così. Diciamo che è un po’ troppo felice e su di giri per essere credibile.”
“Già - cambio discorso, dopo che mi sono alzata, osservando l’armadio senza una soluzione - Non so che mettermi.”.
“Non ho capito bene dove devi andare.”
“Non lo so Tsubasa ha detto che deve parlarmi e chiedermi una cosa importante, quindi siccome dovrò trovarmi con lui tra poco… dammi una mano invece di spiare Koshi.”
 
E non se lo fa ripetere due volte visto che di slancio si alza e arriva all’alta dell’armadio. Si sfrega le mani mentre passa la pallina del lecca-lecca da una guancia all’altra.
 
“Questo è carino!” dice sfilando un abitino leggero rosso a pallini bianchi.
 
Lo guardo inclinando la testa e poi lo indosso. Le scarpe a tennis bianche basse s’intonano alla perfezione. Scelgo un paio di calzini che non si vedono e il gioco è fatto.
 
“Brava, mi piace.” Commento mentre mi osservo nel riflesso dello specchio girandomi prima a destra e poi a sinistra in modo che il vestito sia libero di scivolarmi addosso in tutte le posizioni.
“Mi domando come faresti senza di me.” 
“Infatti sei la mia consulente di fiducia mica a caso.”
“Ripensavo alla frase del capitano… ma perché quando parla è sempre così criptico?”
 
Vedi che anche lei lo pensa: che ti dicevo?
 
Yukari e la mia Anego andrebbero decisamente d’accordo.

“Quella frase non l’ho capita neppure io. ‘non ha neppure intenzione di andarsene senza di lei’ - ripeto il punto cruciale di tutto il discorso riflettendo - cioè sembra quasi che voglia rinunciare al calcio per me; francamente mi sembra impossibile. Altrimenti cosa sarebbe andato a fare in Brasile per tutti questi anni? A sprecare tempo?”
 
Si avvicina sistemandomi un ciuffo che era sfuggito dalla coda di cavallo che mi sono fatta.
 
“Io te l’ho detto che Ozora ha sempre un piano. Quello ha un piano per tutto… la scuola, il calcio, la vita e sicuramente anche per te… ha studiato tutto quello! Altrimenti che capitano sarebbe se non avesse dei piani scusa?”
 
Sbottiamo a ridere, ma dura poco perché tra venti minuti devo trovarmi con Tsubasa all’incrocio per la strada che conduce al belvedere.
Così con la mia amica al mio fianco usciamo di casa per dividerci pochi minuti dopo. Lei attraversa la strada per raggiungere la propria abitazione, non prima di avermi fatto giurare di chiamarla quando il piano di Ozora sarà svelato.
Sorrido sull’ultima battuta di Yukari mentre da lontano, nel punto pattuito, vedo il capitano in piedi che passeggia nervoso. 
 
“Ciao.” Lo sorprendo arrivandogli alle spalle. Si volta compiaciuto.
“Oh, sei arrivata in anticipo. Ottimo!” allunga la mano e io l’afferro intrecciando le mie dita con le sue.
 
Mentre percorriamo la salita in religioso silenzio vedo il sole scendere all’orizzonte. Per fortuna del nervoso che avevo accumulato per colpa di Kanda non c’è più traccia. Yukari prima e Tsubasa adesso sono stati il mio calmante.
Arrivati in cima raggiungiamo il grande albero sedendoci lì sotto. Il capitano con le spalle a questo e io in mezzo alle sue gambe appoggiata al suo torace. Respira tranquillo, almeno lui, mentre lo sento stropicciare il ciuffo ribelle uscito ancora dalla coda dei miei capelli. Se lo sta arrotolando al dito. Io inizio ad avvertire tensione invece come se qualcosa d’importante stesse per accadere.
La mente riavvolge ancora la scena con Koshi, ma da un altro punto di vista… per la precisione il momento in cui Tsubasa è intervenuto, e tutta la sua frase mi invade la testa.
 
 
“Hai accettato di stare con una ragazza quando sapevi che le piaceva un altro, conoscevi il rischio, e ora il rischio è tornato che ti piaccia o no… e non ha neppure intenzione di andarsene senza di lei.
Quindi prosegui per la tua strada che non è più la sua.”

 
Non ha neppure intenzione di andarsene senza di lei! Sempre criptico eh?
 
Già, rispondo al mio stesso pensiero.
 
“Grazie per essere stato al mio fianco.” Mi esce così senza nessuna riflessione particolare.
“Sono stato anche troppo lontano dal tuo fianco, è ora che torni dove devo stare.”
“E dove devi stare?” indago piegando la testa all’indietro per guardarlo meglio. Lui si abbassa per baciarmi sulle labbra.
“Con te, mi pare ovvio.”
“Kanda è stato pessimo, mi dispiace per quello che ha detto.”
“Credo che Kanda sia solo un ragazzo ferito, sa di aver perso una ragazza meravigliosa, altrimenti non sarebbe stato con te tutto questo tempo non trovi?”
“Sono le stesse cose che ha detto Yukari, anche del fatto che mi abbia ingannata con la storia dei teppisti.”
“Ecco, questa non l’avevo capita l’altro giorno e mi sono promesso di indagare; cosa sarebbe accaduto con i teppisti?”
“Praticamente una sera mentre eravamo in un vicolo per salutarci io ero riluttante a salire sulla moto, e lui lo sapeva benissimo che mia madre non voleva, così dei teppisti ci hanno accerchiato e lui è intervenuto per prendere le nostre difese, ne ha steso uno e poi siamo scappati con la moto… è da lì che ho ceduto al suo corteggiamento.”
“Difficile resistere a un eroe.” Ironizza il mio capitano.
“Un eroe di paglia a quanto pare…”
“Come vedi le bugie durano poco…”
“Insomma questa è durata tanto, Yukari lo sapeva, ma non me lo aveva detto. Mi ha spiegato che quando l’ha saputo tu eri già tornato ed io ero già in crisi. Non voleva che decidessi di lasciare Kanda per una ripicca, voleva che fossi convinta.”
“Vedi che Yukari se vuole sa essere anche saggia.”
“Mi ha incuriosita una frase in particolare… cosa intendevi con: Non ha neppure intenzione di andarsene senza di lei?”
 
Sorride guardando l’orizzonte lontano.
 
“Doveva essere una richiesta fatta in altro modo ma… diciamo che Kanda ha fatto precipitare la situazione, quindi, veniamo a noi: Sanae Nakazawa vuoi venire a Barcellona con me?”
Mi sollevo, giro e metto sulle ginocchia. Il cuore se n’è andato mentre mi rendo conto che questa risposta decide di tutto il mio futuro.
 
Visto? Aveva ragione Yukari, il capitano ha sempre un piano.
 
Stavolta lascio parlare la mia coscienza mentre io agisco.
Lo bacio.
Bacio lui, Tsubasa Ozora, il ragazzo che se n’è andato e l’uomo che è tornato. Perché solo chi ha grandi progetti e sogni può, in età così giovane, fare una proposta tanto folle.
O forse è solo l’amore.
Non lo so e francamente neppure m’interessa. Perché sono felice come non lo sono mai stata, e anche se sono consapevole che sia una cosa matta, questa proposta, mi elettrizza. 
Quando ci stacchiamo sono sicura di avere gli occhi lucidi dall’emozione e lui che con il pollice fa sparire una lacrima che aveva solcato il mio volto ne è la prova.
 
“Spero che queste siano lacrime di gioia e rappresentino un sì.” Lo sguardo d’amore che mi riserva fuga anche il più minuscolo dubbio che potessi avere.
“Sì, sì e poi sì!” esclamo sovraeccitata.
“Un’ultima domanda e poi giuro che non ti chiedo altro.” Tsubasa sorride accondiscendente in tutto e per tutto.
“Domande legittime direi, visto il tempo che abbiamo perso e che dobbiamo recuperare.”
“Non so come chiedertelo…”
“Sai che puoi dirmi tutto Sanae.” Le sue mani adesso hanno preso le mie e le stringono.
“Davvero sono stata la tua prima ragazza?” Annuisce mentre le guance gli si colorano di rosso acceso.
Ne bacio prima una e poi l’altra per poi sussurrare al suo orecchio: “Scusa non volevo imbarazzarti, volevo solo capire il perché.” Mi discosto leggermente in attesa di una spiegazione, come se non la sapessi poi… ma sentirlo dalla sua voce ha tutto un altro impatto.

Le sue mani mi circondano il viso, guardo le sue labbra incantata mentre si muovono per pronunciare: “Quando sono partito ho fatto una scelta, di lasciarti libera. Perché non potevo impegnarti per un periodo che io stesso ignoravo, ma sono sempre stato innamorato di te Sanae. Io ti amo Sanae Nakazawa.”

“Ti amo anch’io Tsubasa Ozora.”



Il bacio che ci scambiamo adesso ha un sapore di futuro, quello che trascorreremo insieme.


FINE




Angoletto dell'autrice
Che dirvi?
Siamo giunti a scrive la parola FINE anche a questa storia un po' scontata.
Spero che vi abbia comunque tenuto compagnia per questo tempo che abbiamo trascorso insieme.
Per il futuro ho già in progetto un'altra storia un po' più complessa di questa; che è già scritta per almeno 3/4.
Quindi spero a breve di tornare a scocciarvi un po' con i miei deliri.
Grazie a tutti, a chi ha letto, recensito, scritto in privato o su FB.
Ci rivediamo presto.
Un abbraccio Sanae77

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3964579