Anthropology

di JasonTheHuman
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Musica e Magia ***
Capitolo 2: *** La Storia di Equestria ***
Capitolo 3: *** Sperimentazione ***
Capitolo 4: *** La Principessa della Notte ***
Capitolo 5: *** Vestirsi con Stile ***
Capitolo 6: *** Natale ***
Capitolo 7: *** Ricerca e Rivalsa ***
Capitolo 8: *** Danneggiamento di Proprietà ***
Capitolo 9: *** Il Complotto di Canterlot ***
Capitolo 10: *** Lyra ***
Capitolo 11: *** In Viaggio ***
Capitolo 12: *** Shock Culturale ***
Capitolo 13: *** Possibilità Di Pioggia ***
Capitolo 14: *** Walk This Way ***
Capitolo 15: *** Così Tanto da Imparare ***
Capitolo 16: *** Una Nuova Sfida ***
Capitolo 17: *** Una Serata Indimenticabile ***
Capitolo 18: *** Vite Passate ***
Capitolo 19: *** Per i Cieli ***
Capitolo 20: *** Di Nuovo a Casa ***
Capitolo 21: *** Vivendo in Una Bugia ***
Capitolo 22: *** A Grande Distanza ***
Capitolo 23: *** Un Altro Anno in Più ***
Capitolo 24: *** L'Inizio della Fine ***
Capitolo 25: *** La Verità Verrà a Galla ***
Capitolo 26: *** Facce Familiari ***
Capitolo 27: *** Caos ***
Capitolo 28: *** Amicizia ***
Capitolo 29: *** In Mezzo a Due Mondi ***
Capitolo 30: *** Armonia ***
Capitolo 31: *** Un Mese Dopo ***



Capitolo 1
*** Musica e Magia ***


 

CAPITOLO 1

MUSICA E MAGIA


“Ehi, quella la mangi? Lyra guardò famelica la torta che si trovava ancora sul piatto di Bon-Bon.

La sua compagna di stanza alzò lo zoccolo per tirare il piatto un po’ più vicino al suo lato del tavolo. “Seriamente, Lyra…”

“Scusami, ma è da un po’ che sta lì, e-”

“Siamo arrivate all’Angolo Zuccherino cinque minuti fa”, disse Bon-Bon. “E scusa se sono un po’ disgustata da come hai trangugiato la tua.”

Venire qui era diventata una tradizione, una cosa che le due facevano ogni weekend. Il Signore e la Signora Cake erano tra i migliori pasticceri di Ponyville, se non tra i migliori d’Equestria. E per i pony che amavano i dolci come loro due, era il ritrovo naturale.

“Tu pensi che torte e dolciumi siano una forma d’arte, non è vero?”

“E’ ciò che faccio per vivere! Certo che sono un’arte!” disse Bon-Bon. “E poi, ho finalmente fissato un colloquio con i titolari quindi, prima che tu te ne renda conto, potrei persino ritrovarmi a lavorare qui!”

“Bene! Questo vuol dire torta gratis?” chiese Lyra.

Bon-Bon la guardò male. “Comunque, ho saputo che sei stata invitata al Gran Galà Galoppante di quest’anno.” “E’ davvero un grande onore”, disse Bon-Bon. Diede un morso alla sua fetta di torta, godendosela e assaporandone il gusto, a differenza di un certo unicorno.

Lyra annuì vigorosamente. “Si! Riesci a crederci? Però non sono così brava con gli eventi formali.”

“Mi…chiedo il perché.” L’attenzione di Bon-Bon era focalizzata sulla glassa di cioccolato che pendeva ancora dalla guancia di Lyra. “Speriamo solo non si riveli un disastro come quello dell’anno scorso. Conosci la storia, giusto?”

Lyra annuì. “Non avrei mai pensato che Fluttershy potesse comportarsi in quel modo. Sono sempre quelli più tranquilli…”

Bon-Bon diede un altro piccolo morso alla torta, poi continuò. “Quindi…ti hanno già detto quali pezzi eseguirai? Sai già cosa indosserai?”

Lyra scrollò le spalle, “non lo so, forse Rarit-”

“IN ARRIVO!”

Sentirono a malapena il ronzio dello scooter in avvicinamento prima che si schiantasse sul tavolo. La torta di Bon-Bon schizzò dritta verso la sua faccia. Lyra tentò senza successo di trattenere una risata.

“Scotaloo, sei sicura che questo sia il tuo talento speciale?” disse Applebloom, procedendo verso il tavolo rovesciato, con Sweetie Belle al suo fianco.

Bon-Bon restò a bocca difronte alle tre puledrine, la faccia coperta di glassa.

“Beh che dire? Ogni tanto è meglio finire in fretta!” Lyra scrollò le spalle. “A proposito, hai un po’ di torta…” Alzò lo zoccolo verso il suo viso. “Proprio lì.”

Bon-Bon aveva già preso un fazzoletto e cominciato a pulirsi il viso.

“Oh scusa” disse Scotaloo, scuotendo il capo. Si aggiustò l’elmetto. “Questa volta stavo andando così veloce! Ora devo solo lavorare sulle svolte…” Rivolse loro un debole sorriso.

“Nessun problema” disse Lyra.

Bon-Bon esitò e prese un bel respiro. “Si…Nessun…Problema.”

“Rilassati, sono solo ragazzine. Ricordi com’era cercare di ottenere un cutie mark quando avevi la loro età? Non le biasimo per tutte le follie che stanno facendo.”

Il viso di Sweetie Belle s’illuminò. “Ehi, non ti abbiamo mai chiesto come hai fatto ad ottenere il tuo cutie mark! Il tuo talento è la musica, non è vero?” Stava osservando l’arpa dorata sul fianco di Lyra.

“Giusto! Ad essere sincera, mi ci è voluto un sacco di tempo per ottenere il mio cutie mark. Erano i tempi della scuola per puledri, quando vivevo a Canterlot. Sapete, sono stata una degli ultimi nella mia classe ad ottenerlo…”
 

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Una notte, distesa sul suo letto, Heartstrings- si faceva ancora chiamare così a quei tempi- aveva sentito i suoi genitori parlare di lei.

Lo sai, Heartstrings sta avendo delle difficoltà a scuola…” era sua madre a parlare.

Alcuni unicorni hanno solo bisogno di un po’ più di tempo per imparare la magia, ecco tutto. Col tempo, tutto verrà da sé”, fu la risposta di suo padre.

Ma se non ci riuscisse? E’ passato troppo tempo. Niente magia, nessun cutie mark. E se fosse perché lei è-”

Heartstrings è un unicorno. Semplice. Col tempo, tutto verrà da sé.”

Naturalmente, anche se era solo una puledrina, Heartstrings sapeva di cosa stavano parlando. Sua madre era un pegaso ma suo padre era un unicorno. Aveva un corno, ma non era mai stata in grado di usarlo. Gli altri unicorni della sua classe avevano già padroneggiato cose come la levitazione, ma lei non riusciva a sollevare neppure una piuma. Doveva ammettere di essere d’accordo con la madre. E se davvero non fosse riuscita ad imparare la magia?

Il suo maestro, Indigo Spark, diceva che non era importante. Se un pony aveva un corno, era un unicorno. Non esistevano classificazioni come “mezzo-unicorno”, ma…Questa non era la prima volta che aveva origliato i suoi genitori mentre erano impegnati nella stessa discussione, e lei non riusciva ancora a focalizzare alcun potere attraverso il suo corno.

Il giorno dopo, in classe, i cutie mark e la magia erano ancora nella sua mente. Invece della solita aula, lei e i suoi compagni erano stati portati in quella di musica.

Oggi lavoreremo con gli strumenti musicali. Vorrei che ognuno di voi ne scegliesse uno. Oggi ci limiteremo alla pratica, quindi non vi preoccupate di suonare bene!” Indigo Spark osservò i suoi studenti mentre controllavano i vari strumenti.

Heartstrings seguì a ruota il resto dei compagni. Sarebbe stata brava almeno in questo? Sembrava ci fossero una tuba…troppo grande…uno xilofono…che aveva un sacco di tasti, come avrebbe potuto gestirlo? C’erano anche dei tamburi. Quelli sarebbero stati facili da suonare.

Si, Blue Belle, quella si chiama lira.” Heartstrings si girò e vide che il suo insegnante stava parlando con un giovane unicorno color blu marino. “E’ uno degli strumenti più difficili da suonare. Richiede molta concentrazione per muovere ogni singola corda, persino per le canzoni più semplici.”

Come funziona?” chiese il puledro.

Focalizza la tua magia in ognuna delle corde e aggiusta la tensione per farle vibrare e creare un suono.”

Blue Belle aveva subito cominciato e ciò che venne fuori non era esattamente musica, non nel senso più stretto del termine. Heartstrings trasalì al rumore e si voltò per dare un’occhiata al violoncello. Forse quello poteva andar bene. No, era troppo grande.

Penso che proverò qualcos’altro…” disse Blue Belle, allontanandosi dalla lira. “Qualcosa di più semplice.”

La maggior parte degli strumenti erano già stati presi. Addio alle percussioni, pensò Heartstrings. Girovagando nell’aula di musica, tra gli altri unicorni che stavano già provando i loro strumenti, Heartstrings diede infine un’occhiata più da vicino alla lira. Neanche per sogno, quella sarebbe stata definitivamente troppo difficile…

E poi, quella spiegazione non aveva alcun senso. Come si potrebbe creare una melodia se ogni corda andava suonata singolarmente? Se fossero pizzicate in sequenza, muovendosi in fila…In quel caso si sarebbe trattato non di muovere ogni corda da sola ma piuttosto muoversi attraverso di esse, pizzicandole singolarmente.

Suonò alcune note, morbide ma chiare. Altre ancora. Cominciava ad assomigliare ad una semplice melodia, nulla di troppo complicato, eppur melodica allo stesso tempo. Heartstrings chiuse gli occhi, concentrandosi sulle note. Si, questo era il modo in cui una lira era destinata ad essere suonata.

Oh cielo, Heartstrings! Sembra che tu abbia un vero talento per quella.”

I suoi occhi si aprirono di scatto. L’intera stanza era immersa nel silenzio. Provò a dare un’occhiata al corno sulla sua fronte e vide che gli estremi scintillavano di una luce verde lime. Era identico al luccichio che circondava la lira. Percependo gli occhi di tutti puntati su di lei, si allontanò lentamente dallo strumento.

Non sentirti in imbarazzo. Sei stata davvero brava.”

Io…uhm…pensavo che, forse, esistesse un modo diverso per suonarla…più semplice…” balbettò Heartstrings.

Non c’è nulla di male” disse Indigo Spark. “Ora, avete scelto tutti uno strumento? Cominciamo.”

Heartstrings fissò lo strumento dorato e, con un leggero sforzo, riuscì a farlo fluttuare accanto a sé. Era estatica.

Desiderava alzarsi e correre dritta a casa per raccontarlo ai suoi genitori, ma la lezione era già cominciata.

Mentre gli altri puledrini e puledrine faticavano a creare qualcosa di anche solo lontanamente melodico, Heartstrings stava già imparando a suonare quello strumento. Era come se fosse nata per suonarlo. Quando la lezione finì, notò qualcosa di diverso in sé. Per essere precisi, sulla sua zampa posteriore.

Dire che i suoi genitori furono molto felici quando tornò a casa quel pomeriggio, è riduttivo. Hearstrings pensava che sua madre fosse sul punto di svenire quando vide il nuovo cutie mark della figlia. E difatti fu proprio così, dopo aver sentito cos’era in grado di fare. Suo padre la iscrisse subito al corso di musica. Dicevano che era un prodigio- forse lo era davvero? Ad Heartstring non importava, l’emozione di essere finalmente in grado di usare la magia era già abbastanza per lei.

Alla fine, sembrava davvero che Heartstrings sarebbe diventata un unicorno perfettamente normale.
 

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“E’ vero ciò che si dice su pony come quelli?” chiese Sweetie Belle. “Voglio dire, quando i loro genitori sono due tipi diversi di pony. So che questa cosa non accade spesso, ma tu sei davvero portata per la magia, Lyra.”

“Chi lo sa? Ci è voluta molta pratica, ma ora sono a posto”, rispose Lyra. “E questo dimostra che tutti ottengono il proprio cutie mark, prima o poi. Sono sicura che troverete il vostro molto presto.”

Bon-Bon aveva finito di togliersi la torta dal viso ed era già tornata di buon umore. “Sapete, quando avevo circa la vostra età, quella fu la prima volta in cui imparai per la prima volta ad usare un forno, e-”

“Hey, la musica potrebbe funzionare! Forse dovremmo provare a riformare la nostra band! Forza, Crusaders!” disse Scotaloo. Le tre scomparvero, lasciando dietro di sé un alone giallo, arancione e bianco.

“Cos-?” esclamò Bon-Bon. “Non ho ancora raccontato la storia del mio cutie mark! I bambini e la loro scarsa attenzione!” Girò la testa. “…Lyra?”

C’era una forchetta che fluttuava nell’aria, di fronte al viso di Lyra, che la stava studiando con attenzione. Al suono del suo nome, si voltò e la forchetta cadde a terra. “Huh?”

“Oh…lascia perdere, andiamo a casa.”
 

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La musica risuonava dolcemente in lontananza. Un suono familiare nell’oscurità. Conosceva quella canzone? Non riusciva a ricordarne il nome. Poi, una figura. Ma non era un pony, quello era chiaro. Era…Si. Lyra cominciò a muoversi verso di essa, per darle un’occhiata più da vicino. L’oscurità sarebbe svanita non appena fosse stata in grado di percepirne i dettagli. Riuscì a darle un’occhiata prima-

-di colpire il pavimento con un sonoro tonfo, il quale le diede un brusco risveglio. Ma aveva ancora l’immagine nella sua mente. Lyra fissò il soffitto, la sua schiena sul pavimento e le zampe all’aria, puntate dritte verso l’alto. Era ancora parzialmente avvolta tra le coperte del suo letto.

“Ora…ora tutto ha un senso!” sogghignò. “Perché non ci sono arrivata prima?”

Questa informazione doveva essere documentata. Alzandosi dal pavimento, Lyra corse lungo il corridoio e cercò il suo diario nell’ufficio. Levitandolo giù dalla mensola, cominciò subito a disegnare con la piuma più vicina che riuscì a trovare.

“Lyra…? Ho sentito un rumore, stai bene?” Bon-Bon entrò nella stanza, stropicciandosi gli occhi. Fissò lo sguardo su Lyra e sulla piuma luminosa che graffiava nervosamente la pagina. “Che cosa stai facendo?”

Loro l’hanno creata. E’ stata pensata per essere suonata da loro, non da noi”, borbottò Lyra, senza distogliere lo sguardo dal diario. “Ora tutto ha più senso.”

Bon-Bon scosse la testa e guardò da sopra la spalla della sua compagna di stanza. Una specie di figura stava prendendo forma. Stringeva una lira tra quelle che sembravano…braccia? La forma del corpo era di un tipo che Bon-Bon non aveva mai visto in vita sua. Forse era simile ad un cucciolo di drago, come quello che viveva con Twilight Sparkle, ma gli arti erano allungati.

“Le corde sono molto più facili da pizzicare se hai le dita. Ad essere sincera, credo sia simile al mio modo di suonare. O perlomeno, ciò che immagino di fare mentre suono.” Lyra continuò a disegnare. Bon-Bon non sapeva dire se Lyra lo stesse spiegando a lei o se stesse parlando da sola. “Sono troppo vicine per essere suonate bene con gli zoccoli, e non avrebbe senso per i pony creare uno strumento che può essere suonato solo con la magia.”

“Lyra, questa è un’altra delle tue teorie riguardo quegli…” la voce di Bon-Bon si trascinò in uno sbadiglio.

“Umani, naturalmente.” Lyra fece un cenno d’assenso. Lasciò cadere la piuma e guardò verso l’alto. “Gli umani hanno inventato le lire, riesci a crederci? Ho avuto la loro creazione sul mio fianco per anni e non me ne sono mai accorta!” Guardò l’immagine della lira sulla sua zampa e sul suo viso comparve un ampio sorriso.

“Nei sei…sicura?” Bon-Bon emise un altro sbadiglio. “Pensi davvero che sia stata inventata da una specie di…com’era scusa?”

“Se tu sapessi dove guardare, capiresti che gli umani hanno lasciato le loro creazioni in ogni aspetto della civiltà di Equestria. I pony non sono stati i primi a fondare una società. E’ stato tutto grazie agli umani, noi l’abbiamo solo presa in prestito.”

Bon-Bon fissò Lyra, chiedendosi come qualcuno potesse essere così sveglio ed energico alle tre di mattina. Ed eccola di nuovo con uno dei suoi vaneggiamenti sugli “umani”. Non che Bon-Bon avesse idea di cosa fosse un “umano”, ma apparentemente Lyra aveva una strana ossessione per loro. Una specie di oscuro essere mitologico, citato in qualche vecchio libro. E questo era tutto ciò che erano- un mito. Nessuno aveva mai visto un vero umano.

“Vai a letto”, disse Bon-Bon. Si girò e si diresse verso la propria stanza.

Il sorriso di Lyra svanì e il suo sguardo si spostò nuovamente sul disegno. Aveva posto la maggior cura possibile nel rendere il modo in cui le mani reggevano lo strumento, il modo in cui le dita si muovevano tra le corde. Tutto sembrava funzionare così bene. Aveva posto meno attenzione sulla resa del viso e del resto del corpo, un rudimentale tronco e gambe. I dettagli del sogno stavano già svanendo dalla sua mente.

Non era il primo sogno di Lyra sugli umani - avvenivano sporadicamente. In genere in gruppi. Poteva aspettarsi altri sogni confusi e indistinti durante le prossime notti. Aveva riempito il suo diario con tutto ciò che riusciva a ricordare.

“Io so che gli umani sono esistiti…” borbottò Lyra. “Forse non più, ma erano reali.”

Diede un’ultima occhiata alle figure che aveva disegnato, suonando la lira come suo solito, ma quello era il vero modo di suonarla. Il modo per cui era stata pensata. Poi chiuse la copertina e rimise a posto il libro sulla mensola.

Per il resto della notte, Lyra non riuscì a ricordare se avesse avuto altri sogni.

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Capitolo 2
*** La Storia di Equestria ***


CAPITOLO 2

LA STORIA DI EQUESTRIA

 

Il giorno seguente, Lyra andò nel suo solito punto del parco ad esibirsi per qualche ora. I concerti all'aperto erano un affare regolare per lei, portando entrate extra sufficienti in mezzo alle sue altre apparizioni. Quando suonava qui, poteva rilassarsi. Non c’era nessun bisogno dell’eccessivo impegno che avrebbe messo in un evento formale.

Quando arrivò alla conclusione del suo pezzo d’apertura, poggiò la sua lira per un minuto. Una piccola folla di pony si era riunita per vederla suonare. Fece loro un cenno. “Grazie a tutti di essere venuti. Non dimenticatevi la mancia!”

Lyra si domandava se qualcuno sarebbe venuto a chiederle qualcosa sul modo in cui si sedeva. Gli abitué non lo facevano. A volte un pony che veniva da fuori paese, non abituato alla sua presenza, l’avrebbe vista stravaccarsi, e forse le avrebbe chiesto cosa stava facendo. Oggi nessuno fece commenti. Quello era il modo in cui gli umani si sedevano, nelle immagini e nei suoi sogni. Lyra lo aveva provato e l’aveva trovato comodo.

La custodia del suo strumento era stata lasciata aperta sulla panchina affianco a lei, con sopra attaccata una nota scritta di fretta e si stava già riempiendo di monete. Oggi faceva quasi fatica a notarlo. Continuava a cimentarsi nei movimenti della canzone, ma la sua mente viaggiava altrove.

I pomelli delle porte, per esempio. Quelli rotondi, non quelli lunghi e dritti. Erano più o meno su ogni edificio di Equestria, ma un pony non poteva afferrarli molto bene con gli zoccoli. Per questa ragione molti di essi erano solo ornamentali e non servivano veramente a chiudere la porta. Ma degli umani, con le dita… Loro avrebbero potuto usarli.

La stessa cosa valeva per il bowling, davanti al quale Lyra era passata quella mattina per raggiungere il parco. Era andata a giocare a bowling con Bon-Bon, qualche volta. Tutte le palle avevano tre buchi, ma per quale ragione? Ognuno di essi era largo qualche centimetro il che, Lyra ne era quasi certa, significava che delle dita ci sarebbero passate. Un modo semplice per permettere agli umani di afferrarle. Mentre, per i pony, non esisteva un modo comodo di giocare a bowling. Gli unicorni usavano la magia, gli altri dovevano essere creativi. Il bowling era uno sport abbastanza vecchio, no? Forse avrebbe dovuto cercarne la storia.

E aveva notato anche gli attrezzi che avevano usato durante le scorse pulizie primaverili. La pale avevano un manico in fondo, che era abbastanza facile da prendere con i denti per i pony, ma poi c’era quel lungo palo che le rendeva scomode da utilizzare. A meno che quel lungo palo non fosse la parte che sarebbe dovuta essere il manico.

Lyra osservò una pony passare con la sua puledrina. La madre lanciò qualche moneta nella custodia. Lyra accennò un rapido saluto e continuò a suonare.

E non era forse quella la cosa più curiosa? Lyra poteva praticamente vedere una mano invisibile muoversi tra le stringhe della sua lira. Infatti, non ne era neanche conscia, ma quello era il modo in cui aveva suonato fin dalla prima volta che prese lo strumento tanti anni prima. Le avevano detto che era brava. Forse era la sua tecnica, che imitava le mani che in principio avevano creato quello strumento .

La sua mente continuò a lavorare addirittura mentre percorreva il resto del suo repertorio. Il sole stava cominciando a calare quando mise via la sua lira e si mise a contare quanti soldi aveva fatto oggi. Era un bel bottino, con le esibizioni di questo mese sarebbe riuscita a pagare la sua parte di affitto e le sarebbe persino avanzato qualcosa.

Tornando a casa, Lyra non riusciva a smettere di pensare al sogno che aveva fatto la notte prima. Forse era la sua immaginazione, ma tutto quello che aveva visto sembrava combaciare perfettamente. Più pensava agli umani, più tutto quanto aveva senso.

Perché nessun’altro lo vedeva?
 

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Lyra era…

In una grande città, da qualche parte. Gli alti palazzi le avrebbero fatto pensare di essere a Manehattan, eccetto che era circondata da umani. Tutti diversi, anche se meno diversi tra loro di quanto lo fossero i pony: meno colori, solo una razza. Non vi erano corni o ali, nonostante ciò le sottili differenze nei tratti dei loro volti erano sufficienti a dare ad ognuno di loro un senso di individualità.

Lyra faceva sogni del genere occasionalmente, ma questa volta era diverso. Lyra si guardò, si reggeva su due gambe, era vestita proprio come un’umana, con una maglietta verde e una giacca leggera, pantaloni fatti di qualche grezzo materiale blu. E le mani che spuntavano fuori dalle sue lunghe maniche. Le sollevò e mosse le sue dita, studiando il modo in cui le giunture funzionavano.

Quindi era così che ci si sentiva ad essere umani.

Lyra fece un passo avanti, realizzando che poteva facilmente mantenere l’equilibrio su due gambe, e si avviò per la strada. Voleva vedere tutto: gli umani, i loro edifici, la loro intera città-

 

“Sei sveglia?”

Lo era adesso. Aprì gli occhi, notando di essere tornata nel proprio letto, con gli zoccoli che aveva sempre avuto, e Bon-Bon che sbirciava dall’ingresso.

“Lyra, hai dormito troppo di nuovo? E’ mezzogiorno.”

Lyra gemette. Non importava che ora fosse, voleva soltanto tornare a dormire. Il suo letto oggi era stranamente comodo .

“Ti avrei lasciato dormire fino a tardi, ma tra poco ho un colloquio all’Angolo Zuccherino, probabilmente starò via qualche ora, la casa è tua.”

Lyra annuì lentamente, ma i suoi pensieri erano ancora fissati sulla sensazione di essere un umano e su quanto sembrasse reale. Certo, li vedeva abbastanza spesso mentre dormiva, ma quella era stata la prima volta in cui era una di loro. Sospirò, desiderosa di avere più tempo per vedere esattamente cosa ci fosse in quella città, come vivessero gli umani.

Sentì la porta principale chiudersi, Bon-Bon era uscita. E adesso? I pensieri di Lyra si spostarono sul suo diario, forse avrebbe potuto appuntare quel poco che ricordava di quel sogno. O magari poteva tornare a dormire per vedere se sarebbe tornato… no, non questa volta, c’era qualcos’altro che poteva fare…

Con una rinnovata forza di volontà Lyra saltò giù dal letto e si diresse verso lo studio. Doveva essere in uno dei suoi vecchi libri.
 

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Il tema era molto vago, una ricerca sulla storia di Equestria, con argomento a scelta dello studente. Heartstrings aveva deciso che non voleva semplicemente scrivere riguardo alla tradizione dei pony di terra delle pulizie primaverili, o del contributo di Star Swirl il barbuto alla magia teorica. E nemmeno qualcosa riguardo a qualche musicista famoso, come i suoi amici avevano suggerito. Certo, aveva scoperto che aveva talento con la lira, ma preferiva suonarla piuttosto che leggere di qualcuno che era diventato famoso grazie ad essa. C’erano argomenti più interessanti la fuori, se solo fosse riuscita a trovarli.

Si era diretta alla Libreria di Canterlot in cerca di argomenti. Suo padre era il capo archivista lì, quindi sapeva muoversi piuttosto bene.

Heartstring si ritrovò a cercare a fondo nelle profondità della libreria. L’edificio era gigantesco, e nelle stanze là dietro la polvere che svolazzava nell’aria era sufficiente a farla starnutire. Nessuno era stato lì da anni, a quanto pare, eccetto lei stessa e suo padre. Ciò significava che nessuno nella sua classe avrebbe scelto il suo stesso argomento.

I suoi occhi scrutarono gli scaffali, ma faceva fatica a capire cosa i titoli di tutti quei libri volessero dire. Aveva scelto uno dei vecchi volumi a caso e lo aveva tirato giù con la sua magia, non più un’operazione ostica, e lo aprì ad una pagina a caso nel centro.

Le illustrazioni non rappresentavano nulla che avesse mai visto prima, ma erano in qualche modo...attraenti? Heartstrings non riusciva a spiegarsi il perché, ma era attratta al modo in cui camminavano eretti, alle crude rappresentazioni di faccie con occhi piccoli e nasi a punta, alle loro mani.

C’era scritto che si chiamavano umani.

Questo libro, scritto in un modo antiquato ma leggibile, suggeriva che tali creature fossero effettivamente esistite. Avevano le loro nazioni, i loro governanti, civiltà come quelle in cui vivevano i pony, ma nessuna menzione dei pony da nessuna parte. Nemmeno della magia.

Continuò a leggere.

Heartstrings controllò gli scaffali vicino a quello dal quale proveniva quel libro, e c’erano altri libri che parlavano di umani. Avrebbe letto qualche pagina da un libro, poi sarebbe passata ad un altro, le sarebbe sorta una domanda che magari avrebbe trovato risposta in uno degli altri libri…

Heartstrings aveva speso tutto il giorno nella libreria fino a che notò il raggio di luce proveniente dalla finestra polverosa scemare. La sua testa era piena di domande, perché non aveva mai sentito parlare di tali meravigliose creature? Ne esistevano ancora? Avrebbe mai potuto viaggiare al di fuori di Canterlot e trovare regni governati e abitati da umani?

Heartstrings?” Sentì la voce di suo padre chiamarla. Da dietro l’angolo, apparve un unicorno blu scuro con la criniera spettinata e degli occhiali spessi. “Ah eccoti, si sta facendo tardi, è ora di andare a casa”

Va bene, posso portare via questo?” Sollevò il libro.

Non penso, è uno dei nostri libri più antichi…” la voce di suo padre si interruppe quando lesse la copertina. “Heartstrings, come mai lo stavi leggendo?”

Voglio scriverci la mia ricerca di storia! Parla di queste creature chiamate umani” disse. Stava praticamente saltellando dall’emozione. “Ne hai mai sentito parlare?”

Suo padre fissò il libro per un po’, e finalmente disse, “Uhm, sì. Heartstrings, lo sai che gli umani non esistono veramente, giusto?”

Si sentì come se un mattone l’avesse appena colpita in testa. “Che?”

Quei vecchi libri...sono solo leggende. Storie che difficilmente qualcuno ricorda. Gli umani vennero inventati tanto tempo fa.”

Ma…”

Forse dovresti fare la tua ricerca su qualcos’altro. Abbiamo qualche libro su Star Swirl il Barbuto. Fu uno dei più abili unicorni mai vissuti, sai. Scoprì centinaia di incantesimi.”

Agli umani non servono gli incantesimi...fanno tutti i tipi di cose senza magia” Mormorò Heartstrings.

Le lanciò un’occhiataccia “Pensavo che ti piacesse usare la magia, ti ricordi quanto eri entusiasta?”

Lo so…” Si girò verso la pila di libri che aveva posto sul tavolo. “Non è che non mi piace la magia, è solo che...hai visto che facevano gli umani? Tutte quelle invenzioni, le città e...tutto? Erano fantastici!”

Suo padre scosse la testa. “Sono tutte leggende. Folclore. Nient’altro. Sono addirittura sorpreso che abbiamo ancora quei vecchi libri. Pensavo che avessimo liberato quest’ala tanto tempo fa.”

Perché volevate sbarazzarvene?” Heartstrings spalancò gli occhi. “Non potete semplicemente buttarli!”

Uhm… quei libri difficilmente possono ancora essere considerati rilevanti, la maggior parte dei pony non parla più degli umani.”

Posso tenerli?”

Non è quello che intendevo…”

Perfavore? Perché no? Li volevate buttare comunque”

Beh, uhm… sono…” Scuotendo la testa, suo padre capì di non poter discutere con lei. “Io… credo credo che tu possa. Promettimi solo che non li prenderai troppo seriamente.”

Heartstrings fece un largo sorriso. “Grazie mille!” Corse verso di lui e l'abbracciò.

Adesso è meglio andare a casa prima che si faccia troppo tardi” disse suo padre “non vogliamo che tua madre si preoccupi.”

Heartstrings annuì e cominciò a riempire le sue borse da sella di libri. Aveva intenzione di leggere ogni libro dall’inizio alla fine. Non importava cosa suo padre pensasse, quei libri non erano inventati. Il modo in cui parlavano degli umani era troppo consistente. Descrivevano qualcosa di reale, non una collezione di leggende, e aveva intenzione di scoprire la verità.

 

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Nella libreria di Ponyville, più tardi quel pomeriggio, Twilight aveva appena finito di controllare un nuovo incantesimo quando sentì bussare alla porta. Aprì per trovare una faccia familiare.

“Hey Twilight, ti dispiace se prendo in prestito un libro?” Chiese Lyra.

“Ciao, Lyra. Che piacere vederti” L’attenzione di Twilight venne attratta dallo zoccolo sinistro di Lyra. Stava zoppicando, ed era coperto da uno spesso strato di bende. “Che è successo? Stai bene?”

“Oh questo?” Lyra sollevò lo zoccolo da terra di qualche centimetro. “Ho solo avuto un piccolo incidente, tutto qui. Non è un problema”

“Se non ti dispiace potrei darci un’occhia-”

“No!” Lyra ritrasse il suo zoccolo come se si fosse scottata “Volevo dire...non è necessario. Davvero, non è così grave” Rise nervosa.

Zoppicò dentro la stanza principale della libreria e alzò lo sguardo sulle centinaia di libri. Era piuttosto in ordine, sapeva che il posto in genere ricordava i postumi di un uragano, specialmente se Twilight stava facendo una ricerca particolarmente impegnativa. Il più delle volte, comunque.

“Quindi, cosa stai cercando?” Chiese Twilight.

“Mi chiedevo se avessi qualche libro sugli umani” Disse Lyra. Individuando la sezione “U” cominciò a leggere i titoli. “Le informazioni nella mia collezione personale non erano esattamente...molto dettagliate.”

“Uh...cos’è che cerchi? Non so se io…”

Lyra si girò per osservarla “Non ne hai mai sentito parlare, vero?” Sospirò “Non sono sorpresa. A volte mi sento come se nessuno avesse mai sentito parlare degli umani prima d’ora.”

“Nessuno…?” Echeggiò Twilight.

Ignorandola, Lyra continuò a cercare “Potrebbero essere sotto Creature Mitiche… E’ li che di solito finisce qualsiasi cosa a riguardo. Non che io pensi siano miti, ovviamente. Basandomi sulle prove, è probabile che la civiltà umana abbia inventato la stampa ed è la principale ragione per cui hai tutti questi libri, ad essere onesti. In base a ciò che ho scoperto.”

Twilight annuì, un po’ a disagio. Si diresse verso la sezione sui miti, un angolo della libreria che non visitava spesso. Non c’era mai niente di utile per le sue ricerche lì.

“Ho… vediamo…” Tirò fuori qualche libro, analizzando i titoli e le copertine mentre fluttuavano davanti a lei. “Un’introduzione alle creature mitiche… bestie leggendarie… La Guida Illustrata alla Criptozoologia di Equestria…”

“Hai detto ‘Illustrata’?” Lyra era vicino a lei e prese il libro ancora prima che Twilight capisse cosa stava succedendo “Questo andrà benissimo!”

“E’… E’ fantastico” Disse Twilight.

Lyra stava già sfogliando le pagine freneticamente, determinata a trovare qualcosa. Sollevò il suo zoccolo bendato e lo strofinò sulla sua altra gamba, un po’ a disagio. Mentre passava una pagina si fermò, ci tornò su spalancando gli occhi.

“Perfetto!” disse. Fissò il disegno, quasi premendoci sopra la faccia.

“Posso chiedere cosa stai studiando esattamente?” Twilight guardò esitante oltre le spalle di Lyra, chiedendosi se l’altra unicorno si ricordasse della sua presenza.

“Oh giusto. Questo” Lyra indicò il disegno, che raffigurava un qualche tipo di artiglio o zampa senza le punte affilate. Invece, cinque appendici terminavano in morbide punte rotonde. “E’ così che sono fatte le mani degli umani. Questo disegno è particolarmente dettagliato, non ho mai visto niente di simile. Esattamente ciò di cui avevo bisogno.”

“E uhm…” Twilight si fermò un attimo. “Perché stavi cercando questa cosa?”

“Semplice curiosità,” Disse Lyra, sollevando il suo zoccolo bendato. “Le mani sono molto più utili degli zoccoli. Pensa a quanto cambierebbe la nostra vita se avessimo le dita!” Sì fermò improvvisamente, guardò il suo zoccolo bendato shockata e lo tirò giù velocemente.

“Suppongo che sia piuttosto…” Twilight cercò di trovare la parola corretta “Interessante?”

“Ci puoi scommettere! Comunque, dovrei davvero tornare a casa prima che si faccia troppo tardi. Il colloquio di Bon-Bon dovrebbe finire tra poco. Ci vediamo, Twilight. Lyra si diresse verso la porta principale il più velocemente possibile, su tre zoccoli. Si fermò davanti alla porta e si girò. “Giusto. Ti da fastidio se lo prendo in prestito?”

“No, va benissimo.” Twilight sorrise nervosa. A volte Lyra era un po’ strana… specialmente oggi. “Fai pure.”

“Grazie! Te lo riporto più tardi. Qualsiasi libro che menziona gli umani è piuttosto raro, sai.”

E così, Lyra uscì dalla porta, diretta verso casa. A Twilight non rimase che chiedersi cosa stesse escogitando l’unicorno, e cosa avessero a che fare questi “umani” con tutto ciò.

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Capitolo 3
*** Sperimentazione ***


CAPITOLO 3

SPERIMENTAZIONE

 

“Lemon Hearts...Sea Swirl...Spring Fresh…”

Mentre Indigo Spark chiamava il nome di ogni unicorno, i compiti fluttuavano sopra i loro banchi. Quando videro i loro voti, vi furono diverse reazioni - sorrisi, indifferenza, puro terrore…

“E..ehm…” Indigo Spark, alla vista del nome, strizzò gli occhi. “Lee-ra?” L’insegnante aggrottò le ciglia, lo sguardo fisso sul compito. Si guardò attorno. “Oppure è...Lyra?”

“Si, è il mio,” disse un certo unicorno verde seduto in fondo, alzando il suo zoccolo. “Come sono andata?”

“Oh, Heartstrings…? Ehm, si…”

“Le dispiace? Preferisco il nome Lyra. Ecco tutto,” disse lei. Vide il suo compito fluttuare sopra di lei, circondato da una scintillante aura blu. Sembrava ci stesse mettendo una vita a raggiungerla.

“Credo vada bene…” Indigo Spark sembrava confuso. “Il tuo saggio è stato...interessante, lo ammetto…”

“Cosa?!” Lyra aveva appena visto il suo voto. Una grande D- rossa impressa nell’angolo destro in alto, accompagnata da una nota con la calligrafia frettolosa dell’insegnante: Storia D’Equestria (la prima parola era stata sottolineata due volte), non leggende. Lungo il saggio erano state sottolineate delle frasi con punti di domanda.

Fissò il compito a bocca aperta, incredula. Era vero? Aveva letto quei libri per ore e nessuno di essi aveva detto che gli umani erano “leggende”. Esisteva fin troppo materiale sull’argomento, così tanti temi diversi riguardo la loro cultura, biologia e...e ogni altra cosa!

Vero, vi erano delle parti che erano chiaramente leggende. Come i pony, anche gli umani avevano il loro folclore. In verità, si era imbattuta nel suo nuovo nome mentre leggeva una di quelle vecchie storie - Lyra. Non appena l’aveva letto, pensò subito che suonasse molto bene. Le piaceva molto più di “Heartstrings”. Aveva ripetuto ad alta voce il nome qualche volta - “Lyra” - ed il modo in cui suonava era così perfetto.

I nomi degli umani erano come quello. La maggior parte dei pony avevano nomi che erano composti da altre parole, mentre gli umani ne avevano altri che erano solo - nomi. I pony potevano dire che qualcosa aveva “toccato le corde del cuore” (una frase che l’aveva sempre infastidita) ma non avevano mai menzionato nulla riguardo “Lyra”. I nomi degli umani erano parole del tutto uniche, senza altri significati. Ed erano bellissimi.

“Ora, passiamo al nostro prossimo incarico.” L’annuncio di Indigo Spark fu accompagnato da alcune lamentele sparse. “Vorrei che ognuno di voi imparasse un nuovo incantesimo…”

Lyra stava ascoltando a malapena. Stava rileggendo ancora una volta il suo saggio. Doveva esserci un motivo per cui nessuno credeva negli umani…Perché erano stati dimenticati? Ancor più importante, dov’erano finiti? Non poteva concentrarsi su cose come la magia, quando vi erano simili misteri nel mondo. Dovevano esserci delle risposte.
 

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Finalmente c’era arrivata. Tutti quegli anni in cui i pony dicevano che gli umani non esistevano, che creature simili erano impossibili...Se l’esperimento avesse funzionato, Lyra sarebbe stata in grado di vedere come gli umani avevano vissuto. Poteva provare ogni sua teoria.

Lyra prese un respiro profondo. Era nella sua stanza ed il libro di Twilight si trovava sul pavimento di fronte a lei, aperto su quella illustrazione di una mano, meravigliosamente dettagliata. L’aveva ammirata diverse volte - il modo in cui ogni dito della mano si formava, la loro lunghezza, la posizione dei legamenti. Una volta si era imbattuta in un’espressione umana riguardo il conoscere il palmo della propria mano - ed ora le era così familiare come per qualsiasi altro umano.

Si morse il labbro, ben sapendo cosa aspettarsi mentre srotolava le bende dal suo zoccolo. Lyra ne aveva applicati diversi strati per nascondere qualsiasi forma sporgente sospetta. Quando l’involucro venne via, aggrottò le sopracciglia, ammirando tutti gli errori del tentativo precedente.

Alcune dita mezze formate sporgevano dall’appendice, la quale era ancora - più o meno- uno zoccolo. Sporgevano secondo angoli completamente errati, con una di esse che puntava effettivamente in avanti. Alcune avevano fin troppe articolazioni ed altre non ne avevano abbastanza. Ce n’erano due che assomigliavano a pollici, uno per lato dello zoccolo dato che era indecisa su quale lato dovesse andare. L’intera faccenda era un completo disastro.

“Questa volta funzionerà. Vediamo…” Prese riferimento dal libro (dall’illustrazione sembrava una...mano sinistra, questo perché il pollice si trovava a destra) e poi tornò ai risultati del suo esperimento. Piegò una delle dita. Sebbene fosse un gran bel casino, aveva ancora il controllo motorio sulle dita. Sentiva che era tutto sbagliato. Questo tentativo sarebbe stato migliore del precedente. “Ora devo solo concentrarmi…”

Cominciò ad incanalare la magia attraverso il corno e poi sullo zoccolo, sussultando sia per lo sforzo mentale che per la sensazione dell’intera struttura anatomica del suo zoccolo che stava venendo ricostruito.

Le dita stavano cambiando forma, ritraendosi all’interno dello zoccolo e poi sporgendo all’infuori, mentre l’intero arto si trasformava…

 

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Il colloquio di lavoro di Bon-Bon era stato ben più di una piacevole chiacchierata sui cupcake. I proprietari dell’Angolo Zuccherino, il Signore e la Signora Cake, erano una coppia amichevole ed accogliente. Tuttavia, ciò non aveva aiutato a far sentire Bon-Bon meno tesa.

Avevano parlato delle politiche con cui amministravano la loro attività, dalle ricette usate per i metodi di impacchettamento fino al comportamento da tenere quando si stava alla cassa. Sembravano davvero contenti di avere una pasticcera equilibrata e matura - a differenza di Pinkie Pie, la quale era rimbalzata fuori e dentro la pasticceria diverse volte durante tutto l’incontro.

Alla fine, sembrava avessero parlato di tutto. La Signora Cake strinse lo zoccolo di Bon-Bon. “E’ stato così bello avere finalmente l’opportunità di parlare con Lei, tesoro. Avremo bisogno di tutto l’aiuto possibile, specialmente ora con la Notte degli Incubi in arrivo.”

“Volete dire che sono...assunta?” Bon-Bon cercò di non sembrare troppo impaziente. Doveva rimanere professionale, dopotutto. “Sarei davvero onorata di lavorare qui!”

“Ha detto che lavora da casa? Non le dispiacerebbe se ci fermassimo per una breve visita, vero, signorina Bon-Bon?” chiese il Signor Cake.

“No, ma certo!” Disse Bon-Bon. “Tengo sempre tutto in ordine.”

La seguirono attraverso Ponyville fino alla sua abitazione. Bon-Bon era felice di aver avuto il tempo di pulire qualche giorno prima. La casa era ancora presentabile. Recentemente, Lyra aveva avuto uno dei suoi strani comportamenti ossessivi. Forse ora erano finiti. Non sarebbe stato comunque un problema.

Bon-Bon entrò in casa e li guidò in cucina. Potevano sentire il suono di una lira, in fondo al corridoio. Era l’unico suono in una casa altrimenti silenziosa. La melodia era complessa. Rispetto a ciò che Lyra solitamente suonava, aveva un maggior numero di note ed un tempo più veloce.

“Sembra che la mia coinquilina stia provando qualcosa di nuovo per il Gran Galà,” disse Bon-Bon. “Dovete scusarla.” In verità, pensò Bon-Bon, era semplicemente perfetto. Lyra si stava finalmente concentrando su ciò che era reale ed importante.

“Nessun problema, signorina Bon-Bon,” disse il Signor Cake.

“Suona in modo assolutamente meraviglioso. Non ho mai sentito nulla di simile,” disse il Signor Cake. “Ora sono curioso. Ha detto di aver usato ricette originali? Ci piacerebbe vederle.”

“Le mie ricette? Ma certo. Le tengo tutte nel mio personalissimo libro di ricette. Vado subito a prenderlo,” disse Bon-Bon.

Trottò nel corridoio, verso lo studio. Quando si avvicinò e passò attraverso la porta, la musica si fece più forte. “ Sembra fantastico, Lyra. A proposito, hai visto il mi-”

L’urlo di Bon-Bon arrivò fino alla cucina, dove il Signore e la Signora Cake si scambiarono degli sguardi confusi.

Lyra, adagiata sul divano, volse lo sguardo verso di lei. Smise di suonare - ma non stava suonando la lira con la magia, come qualsiasi altro unicorno. Al contrario, aveva delle sorta di...cose...sul bordo di ogni zoccolo e stava stringendo lo strumento con esse.

“Ehi, Bon-Bon. Guarda! Mani!” Ne sollevò una agitandola e piegò le appendici che fuoriuscivano da essa. Erano dello stesso verde menta del suo manto, ma non toglieva il fatto che sembravano prese da un’altra creatura ed attaccate con crudeltà sugli arti anteriori di Lyra. “Mi ci sono voluti alcuni tentativi, ma alla fine sono venute fuori alla perfezione!”

“Cosa hai - come hai fa-” Bon-Bon non era neppure in grado di formare una frase completa.

Era paralizzata sul posto.

“Non è stato facile,” Lyra rotolò via dal divano ed oscillò in avanti, appallottolando le mani e tenendo gli occhi su di esse mentre cercava di attraversare la stanza. “Ho preso spunto da alcuni diagrammi - dovevo inventarmi un incantesimo tutto mio - come prossima mossa,  dovrei capire come camminare su due zampe, queste non sono state pensate per essere usate come zoccoli.”

“Sta bene, signorina Bon-Bon?” La voce del Signor Cake proveniva dal fondo del corridoio.

La situazione stava andando di male in peggio, ma Bon-Bon non poteva lasciarsi prendere dal panico. Non quando tutto stava andando così bene. “Arrivo subito! Va tutto…” Esitò. “Va tutto bene, grazie!”

“Abbiamo compagnia?” disse Lyra. Si avvicinò alla porta per controllare. “Tu...Tu...No, ascolta!” La voce di Bon-Bon scese di tono fino a divenire un aspro sussurro. “I Cake sono là fuori in cucina. Stanno giusto per darmi il ruolo di Assistente Pasticcere all’Angolo Zuccherino. Questa è la possibilità che attendevo fin da quando mi sono trasferita qui a Ponyville, e se ti vedono-” puntò lo zoccolo verso Lyra, la quale arretrò scioccata, “-con quelle-” indicò le mani di Lyra, “Se le vedono, voglio dire, se un pony qualsiasi le vede, penseranno tu sia una specie di...non lo so nemmeno io! Penseranno che siamo entrambe pazze!”

Lyra agitò sprezzante una mano. “Non è così male, hai persino detto che la mia musica è migliorata.”

“La tua musica? No, no, no, non puoi presentarti al Galà con - !” Bon-Bon trattenne il fiato, ricomponendosi, e provò a tenere gli occhi lontani dalle mani di Lyra. Strinse i denti. “Ho solo...ho solo bisogno del mio libro di ricette.”

Lyra raggiunse la libreria e poi il libro, lo afferrò con la mano e glielo portò. “Ecco a te.”

“Potresti non-” Bon-Bon fissava il libro. “Oh, lascia perdere.” Lo prese coi denti. “Bmmmf...mff...ff..”

“Eh?” Lyra inclinò la testa.

Sputando il libro, Bon-Bon disse, “Stavo solo dicendo che è meglio che non ti faccia vedere con quelle finché tutti se ne sono andati.”

Lyra sollevò una delle mani per darle una dimostrazione. “Vedi, ecco perché sono fantastiche, perché puoi portarci in giro le cose senza -”

“Non voglio saperlo!”  Bon-Bon raccolse nuovamente il libro di ricette e tornò indietro lungo il corridoio fino alla cucina, cercando di trattenere la calma.

Il Signore e la Signora Cake stavano ancora aspettando lì. Bon-Bon entrò e piazzò il libro sul tavolo, rivolgendo loro un sorriso forzato. Doveva dare l’impressione di essere una pasticcera capace, andava tutto bene, quella era una normale abitazione, nulla di fuori dall’ordinario.

“Sta bene, signorina Bon-Bon? Cos’è successo?” chiese Mr. Cake.

“Oh...era solo…” Bon-Bon non stava per dire la verità. “Un ragno! Anzi due. Enormi. Ad essere sincera, non sopporto la vista di quelle cose, tutte quelle zampette contorte che si muovono…”

“Ci sono ragni qui?” chiese Mr. Cake.

Fece una pausa. “No, certo. Certamente non in cucina.”

Lyra sporse la testa attraverso la porta. “A proposito, ti sono caduti alcuni appunti. Ne hai bisogno?”

Trattenendo un altro urlo, Bon-Bon riuscì a soffocarlo, “oh...davvero? Bene, allora vengo a prenderli, nessun bisogno di -” Lyra cominciò ad avvicinarsi. “No! Voglio dire, nessun problema...devo solo…” guardò nervosamente i suoi ospiti. “Non dovresti esercitarti per il Galà?”

“Prima l’abbiamo sentita. Era davvero meravigliosa!” disse il Signor Cake.

“Grazie! Sto lavorando ad una nuova tecnica,” rispose Lyra.

Bon-Bon corse lungo il corridoio prima che Lyra fosse del tutto visibile. Si Sforzò di sembrare allegra. “Grazie, Lyra, per avercelo spiegato, ma dovresti davvero...allenarti!” La sua voce si fece più forte. “Non vorremmo certo interrompere il tuo flusso creativo, ora dovresti davvero tornare al tuo lavoro, dove noi non ti disturberemo mentre perfezioni la tua arte!”

“Um...Ok, credo…” disse Lyra. Alzò il pollice e Bon-Bon lo osservò confusa. “In bocca al lupo con il colloquio!”

Bon-Bon gettò uno sguardo sui Cake, i quali stavano leggendo il suo libro di ricette. Non avevano ancora visto tutto. Lyra si era voltata e stava dirigendosi in fondo alla sala. Tentò di alzarsi in piedi e camminare su due zampe, ma barcollò e cadde in avanti. Bon-Bon si diede uno zoccolo sul viso, esasperata.

“Comunque, il mio libro di ricette…” Bon-Bon mostrò un ampio sorriso, sperando non sembrasse troppo finto. “Non ci dovrebbero essere altre distrazioni”.

Quando la musica iniziò di nuovo, gli occhi di Bon-Bon iniziarono a contrarsi.

 

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Il sole aveva già cominciato a tramontare quando Bon-Bon salutò i Cake, con la certezza di un nuovo lavoro che bastava a liberarla dallo stress del giorno prima. Qualche minuto prima la musica si era fermata. Chi poteva sapere cosa stesse facendo Lyra in quel momento?

Finito il colloquio, Bon-Bon tornò riluttante nello studio. Si preparò psicologicamente a ciò che stava per vedere. Lyra non aveva mai portato l’ossessione per gli umani fino a quel punto. Le doveva essere successo qualcosa.

Aprì lentamente la porta. “Lyra…?”

Lyra si trovava sul divano, stesa supina e con lo sguardo fisso sul soffitto. Non si muoveva. Una delle zampe frontali pendeva verso il pavimento...ma terminava in un normalissimo zoccolo. Non vi erano dita e Bon-Bon non potè fare a meno di tirare un sospiro di sollievo.

“Hey Bon-Bon. Com’è andata?” chiese Lyra. La sua sua voce era piatta e priva di emozione.

“Um…” Bon-Bon non riusciva a distogliere lo sguardo dagli zoccoli. Non era mai stata così felice di vedere dei semplici, normalissimi zoccoli prima d’ora. “E’ andato tutto bene. Ho ottenuto il lavoro. Vogliono che cominci domani.”

“Ottimo.”

Rimasero entrambe in silenzio, mentre Bon-Bon fissava il pavimento. Non voleva essere lei ad iniziare il discorso. “Che fine hanno fatto le tue…”

“Le mie mani?” chiese Lyra. Girò la testa per guardare Bon-Bon dritta negli occhi. “Avevi ragione. Nessuno capirebbe. Probabilmente, reagirebbero tutti come te. E comunque, nessuno crede agli umani.” Sospirò.

“Oh…” ci fu una lunga pausa. Bon-Bon si sentì agitata per un pò. Ora Lyra sembrava un normalissimo pony ma, dopo quella giornata, non importa quanto avrebbe provato, Bon-Bon non sarebbe mai riuscita a dimenticare cosa aveva fatto. 

“Sono stanca. Credo che andrò a letto prima,” disse Lyra. Scese dal divano e si diresse verso la porta.

“Lyra…” disse Bon-Bon. Lyra si fermò e volse il capo verso di lei. “Um...è una buona cosa...che tu abbia finalmente capito. Questa faccenda degli umani stavolta ti ha fatto superare il limite.”

“Non è finita.”

“Cosa?”

“Forse non sarò in grado di rendermi umana, ma ciò non cambia il fatto che comprenderli è molto importante per la storia d’Equestria. Ora che ho visto come funzionano le mani, è persino più ovvio che la nostra società è stata creata da qualcosa che non aveva zoccoli. Non è solo la lira. Quelle mani avrebbero reso ogni compito più semplice.”

Bon-Bon la fissò a bocca aperta. “Non mi dirai che credi ancora…”

“Le informazioni che ho ora sono insufficienti. Questo è chiaro. Se riesco a trovare qualcos’altro...come il libro che mi ha dato Twilight…” Lyra si grattò la testa, nel tentativo di spremere le meningi. “Dove potrei trovare altre informazioni?”

Passò oltre Bon-Bon, diretta verso la sua stanza. Bon-Bon si girò per guardarla, ma non riusciva a trovare qualcos’altro da dire. Perlomeno, sperò non ci sarebbero state altre auto-mutilazioni come quella mattina.

“Non ho tempo per preoccuparmi di questo…” borbottò. Aveva un nuovo lavoro, in una delle migliori pasticcerie d’Equestria. Doveva concentrarsi su quello. Le cose sarebbero andate nel verso giusto.

Finirono entrambe per andare a letto presto.

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Capitolo 4
*** La Principessa della Notte ***


CAPITOLO 4

LA PRINCIPESSA DELLA NOTTE

 

“Quindi, mi spieghi di nuovo perché sto facendo questa cosa?”, chiese Bon-Bon mentre avvolgeva un’altro strato di garze sul al corpo di Lyra.

Era la notte degli incubi, e il sole aveva appena iniziato a tramontare. Presto Ponyville sarebbe stata coperta dalle tenebre, e chiunque sarebbe stato difficilmente riconoscibile, tutti vestiti con costumi di qualsiasi cosa immaginabile, per nascondersi da Nightmare Moon seguendo la storia tradizionale. Non molti pony credevano a quella vecchia leggenda prima dell’ultima celebrazione del sole d’estate, quando si scoprì che dopotutto Nightmare Moon esisteva davvero.

“Mi vesto da mummia, pensavo che sarebbe stato un bel costume per la notte degli incubi, è come gli Egiziani seppellivano i loro defunti”, Spiegò Lyra. Le sue gambe erano già coperte di bende, e adesso Bon-Bon si era spostata alle sue spalle. “Erano un’antica civiltà-”

“Umana?” Disse Bon-Bon.

“Ne hai sentito parlare?”
“Ho tirato ad indovinare”

“E’ affascinante, davvero. Da quello che ho letto avevano medicinali speciali che applicavano ai corpi dei defunti, ma prima avevano questi uncini con i quali andavano nel naso del cadavere e mmmfff-” la bocca di Lyra venne improvvisamente coperta da una striscia di bende.

“Non capisco da dove potrebbe essere uscita un’idea del genere”, disse Bon-Bon.

Terminò il lavoro, coprendo il corno di Lyra fino alla punta, nulla a parte i suoi occhi era scoperto, Bon-Bon si allontanò per esaminare il proprio lavoro. “Almeno questo costume non sembra troppo...umano, credo”

Lyra tirò giù le bende per scoprire la sua bocca. “Avevo altre idee, ma con il tempo che ci era rimasto questa era l’unica possibile. Non ho mai fatto fabbricare quei guanti…!

“Non voglio neanche sapere cosa intendi” rispose Bon-Bon. “Adesso, se vuoi scusarmi, ho bisogno di riposarmi. Le ultime settimane sono state molto faticose, e tu non sei di certo stata molto d’aiuto.”

Con il nuovo lavoro di Bon-Bon all’Angolo Zuccherino, in questo periodo dell’anno arrivava un carico di lavoro molto pesante. Non solo stava preparando caramelle al negozio, ma anche la loro cucina era stata coperta di ordini. La casa era stata riempita da un forte odore di cioccolato per settimane.

“Ho mai menzionato il fatto che sei in assoluto la migliore coinquilina da avere in questo periodo dell’anno?” disse Lyra. “Spero tu abbia fatto qualcosa in più per me!”

Mentre Lyra usciva dalla porta, Bon-Bon si sentiva come se dovesse collassare da un momento all’altro. Anche se era felice del suo nuovo lavoro, quest’ultimo le rubava comunque molte energie. Almeno la non aveva avuto altri incidenti con le mani. Altro che fantasmi e goblin, quello era stato più spaventoso di qualsiasi cosa che la notte degli incubi potesse offrire.

 

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La piazza della città si era completamente trasformata prima del calar del sole. Era stato allestito un palco dove si stava esibendo una band. Raggi di luce si estendevano tra i gruppi di tende con appese sagome di carte di fantasmi e stelline.

Applejack, che indossava un vecchio sacco di iuta come uno spaventapasseri era di nuovo responsabile dei giochi quest’anno, come acchiappa la mela, lancio della zucca, i soliti. Era un po’ un peccato vedere tutte quelle belle zucche essere distrutte addosso agli obiettivi, ma a chi importava? Era divertente.

“Hey Applejack, come va?” Si girò per vedere una pony completamente coperta di bende.

“Uhm...bene,” disse Applejack. Squadrò la pony vestita in modo bizzarro. “Chi c’è lì dentro comunque?”

“Sono Lyra” disse l’unicorno. Adesso Applejack aveva riconosciuto la voce, le sorrise.

“Bel costume...No, aspetta, non dirmelo. Sei…” ci pensò un attimo. “Un paziente d’ospedale caduto giù da una lunga rampa di scale?”

“Veramente, sono una mummia” rispose Lyra.

“Una mamma? Non conosco nessun pony la cui mamma è così,” mormorò Applejack sottovoce. Semplicemente un’altra delle strampalate di Lyra, concluse. “Beh, sentiti libera di farti un giro e divertirti.”

“Oh, lo farò” Lyra si guardò attorno. “Strano, non vedo bambini in giro”

“Pinkie Pie e Zecora li hanno portati tutti nella foresta alla statua di Nightmare Moon, torneranno in un attimo.

“Quindi è tutto scoperto…” Con gli occhi cercò la fonte di dolciumi più vicina, Lyra iniziò la sua caccia.

Fece la ronda in piazza, andando in ogni posto che sembrava avere le migliori caramelle in maggior quantità. Senza bambini in mezzo era un mare tranquillo. Continuò per qualche minuto, felicemente ignara di qualsiasi cosa tranne la sua ricerca di dolci, fino a che non venne interrotta da una luce improvvisa e il suono di urla di pony. Si abbassò a terra istintivamente.

“Cittadini di Ponyville! Abbiamo graziato il vostro minuscolo villaggio con la nostra presenza, così che possiate  osservare la vera principessa della notte!” Lyra guardò in su. La voce tuonante proveniva da un alto alicorno blu scuro dai capelli fluenti…Principessa Luna? Era cambiata nel corso dell’ultimo anno, quello era sicuro. Continuò il suo discorso.

“Una creatura degli incubi non è più, bensì una pony che desidera il vostro amore e la vostra ammirazione! Insieme trasformeremo questa tremenda celebrazione in una festa brillante e gloriosa!”

Lyra la guardò. Questo era il primo autunno dopo la sconfitta di Nightmare Moon. Aveva senso che la Principessa volesse partecipare alla loro celebrazione, in suo onore, anche se l’intera tradizione era basata sulla paura.

Pinkie Pie, vestita come un pollo in testa ad un gruppo di giovani puledri, improvvisamente parlò. “Avete sentito? Nightmare Moon dice che ci farà la festa a tutti!”

Alcuni dei pony saltarono, urlarono e scapparono con lei. I restanti si abbassarono a terra. Lyra rimase giù con gli altri. No, non sarebbero veramente stati veramente spaventati dalla Principessa. Forse si stavano inchinando? Era normale mostrare questo tipo di rispetto a Celestia, ma questo era un po’ ridicolo.

Luna adesso stava parlando al sindaco, che era senza parole come tutti gli altri. “Qual è il problema?” Il suo tono regale era cambiato in uno infastidito “Molto bene allora, così sia! Non ci disturberemo con il classico saluto regale!” galoppò via arrogante. Lyra  notò Twilight partire per seguirla.

Lyra si guardò attorno appena se ne andarono, fu una delle prime ad alzarsi. “Beh, questo sì che è stato strano…” mormorò.

Non c’era tempo per le distrazioni, questa era la migliore notte dell’anno per i dolciumi, e lei aveva appena cominciato.

Si diresse alla vasca con le mele dopo che tutto tornò normale. Applejack era ancora lì sull’attenti, pronta nel caso qualcuno volesse farsi avanti e giocare ad un gioco.

“Va tutto bene ora, possiamo tornare alla buona vecchia notte degli incubi…” disse. Diede un'occhiata alla ora silenziosa piazza e sospirò. “Prima notte degli incubi dove Nightmare Moon si è effettivamente presentata. Credo che me lo sarei dovuto aspettare.”
“E’ solo Principessa Luna però, giusto?” chiese Lyra.

Applejack sobbalzò. “Huh? Lyra? Cavolo, non ti ho nemmeno vista. Non spaventarmi così”

“Tu e le altre avete sconfitto Nightmare Moon, quella è solo la Principessa Luna” Lyra ripetè

“Allora pensavamo tutti che Nightmare Moon fosse solo una vecchia leggenda. Semplicemente non so che cosa dovrei pensare adesso.” Disse Applejack. “Heh, ti fa chiedere quante altre vecchie storie si potrebbero rivelare vere, non pensi?”

Lyra spalancò gli occhi. “Sai cosa...hai ragione.”

“Ora, c’è qualcuno che si deciderà a far ripartire la festa?” Disse Applejack. “Guarda quante mele sono rimaste.”

Indicò una delle vasche d’acqua, nella cui superfice galleggiavano delle mele. Lyra non aveva mai capito quel gioco. Pegasi e pony di terra raccoglievano sempre cose con la bocca, e a volte anche gli unicorni lo facevano, che senso aveva basare un gioco su quel concetto?

“Non è che per caso sai da che parte è andata Luna?” chiese Lyra.

“Huh? Penso che sia andata verso la foresta ma...perché mai ti serve saperlo?”

“E’ una dei pony viventi più vecchi...è ad Equestria da migliaia di anni. Chissà che genere di cose sa”

“Credo...tu abbia ragione…” disse Applejack “Cosa le vuoi chiedere però?”
“La notte degli incubi potrebbe essere più antica di quanto pensiamo, sai? Ho letto di una vecchia festa del raccolto, molto simile a quella che abbiamo adesso. Non era esattamente una festa dei pony, però”. Era difficile capirlo dato che la maggior parte della sua faccia era coperta di bende, ma sembrava che uno strano sorriso si stesse formando sul suo viso. Applejack lo trovava snervante.

“Quindi le vuoi chiedere riguardo-” La domanda di Applejack venne tagliata corta quando Lyra se ne andò improvvisamente. Applejack osservò la figura bianca correre oltre tutte le tende e sparire nella Everfree Forest. “Proprio non la capisco…”

 

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La radura della foresta, dove la statua di Nightmare Moon vegliava sugli alberi silenti, era deserta. Un mucchio di caramelle era stata lasciata lì, ma chiunque ce l’avesse lasciata se n’era andato da tempo. Lyra raccolse un pezzo di cioccolato, lo aprì e lo mangiò. Nessuno si sarebbe accorto di un pezzo mancante...o di una dozzina.

Comunque, rimaneva il problema di dove Luna, la vera Nightmare Moon, fosse andata. Lyra credeva di aver sentito qualcuno in quella parte della foresta, ma chiunque fosse, se n’era andato poco prima che arrivasse lei.

Questa parte della foresta era silenziosa. Nulla a parte il fruscio del vento tra gli alberi. E stava anche cominciando a far freddo.

Da qualche parte, lontano, si sentiva qualcuno gridare, Lyra non riusciva a scandire perfettamente le parole, quel tono, però...poteva trattarsi di un pony solo. Dopo la scena in piazza non c’era dubbio.

Si avventurò nel bosco, dirigendosi verso la voce. Questo sentiero portava fuori dalla foresta e, se Lyra aveva ragione, al cottage di Fluttershy. Strano, Fluttershy non festeggiava mai la notte degli incubi; aveva troppa paura del buio, di solito tutti la lasciavano stare.

Gli alberi scarseggiavano man mano che si avvicinava ai confini del bosco, ed era quasi arrivata al cottage quando venne quasi travolta da una mandria di puledrini guidati da un pollo gigante.

“Lyra?” disse Pinkie Pie. “Devi scappare! Nightmare Moon si sta per mangiare Fluttershy!”

“Pinkie, non essere ridicola,” disse Lyra scuotendo la testa. “E’ la Principessa Luna, non si mangerà nessuno, e ho davvero bisogno di trovarla e chiederle delle cose, è importante”

L’espressione spaventata di Pinkie si tramutò in un sorriso. Parlò sottovoce così che i pony più piccoli non la potessero sentire. “Sciocchina, lo so che non ci mangerà. Stai al gioco ok? Divertiti!”

Lyra non potè fare a meno di sorridere a sua volta. “Beh, tu vai pure...ma questa potrebbe essere la mia occasione per scoprire qualcosa riguardo gli umani, quindi andrò comunque a cercarla”

“Umani?!” esclamò Pinkie sbarrando gli occhi. “Mia nonna me ne parlava! Sono pure peggio!” la sua paura sembrava quasi genuina questa volta.

“Huh?”
Pinkie parlò con un tono più alto e drammatico, in modo che tutti potessero sentirla. “Gli umani sono queste creature orribile che mangiano carne! Mucche, maiali, polli-” evidenziò l’ultimo con una voce squillante, poi parlò più piano “- e forse addirittura pony!”

L’intera folla di puledrini si mise ad urlare, e corse verso le luci di Ponyville. Lyra rimase lì da sola, imbronciata. “Questo è il problema!” urlò, ma erano troppo lontani per sentirla.

C’erano così poche informazioni sugli umani che i pony, i pochi che ne avevano sentito parlare, si inventavano qualsiasi tipo di cosa su di loro. Persino cose ridicole come che si mangiavano gli altri animali. Lyra aveva visto abbastanza disegni per essere certa che gli umani semplicemente non erano fatti per essere carnivori. Non avevano artigli o zanne, o nulla di simile.

Con storie del genere in giro era ovvio che sua madre andò nel panico quando Lyra portò a casa quei libri dalla biblioteca. Suo padre cercò di rassicurarla sul fatto che non c’era niente di male se loro figlia leggeva qualcosa sugli umani, ma sua madre lo scoraggiò sempre. Probabilmente aveva sentito le stesse bugie in cui credeva Pinkie.

Lyra sospirò, e poi si diresse verso il cottage di Fluttershy. Le finestre erano scure, ma viveva a Ponyville da abbastanza per sapere che Fluttershy era ancora a casa. Nemmeno i dolci gratis avrebbero potuto trascinare quella pony fuori da casa sua durante la notte degli incubi. Lyra si diresse alla porta e bussò un paio di volte.

“Per favore, basta visitatori” disse una sottile voce dall’interno “Andatevene e basta…”
“Fluttershy?” chiamò Lyra. “La principessa era qui? Dove è andata?”

“Sono, uhm…” La voce di Fluttershy era appena udibile, e Lyra appoggiò l’orecchio alla porta per sentire. “Lei, è tornata in città con Twilight...per favore lasciami sola…” la sua voce si estinse in uno squittio.

“Sono tornate a Ponyville? Grazie!” Disse Lyra.

Ci fu un altro squittio in risposta, ma Lyra stava già correndo verso Ponyville. Non sarebbe arrivata tardi questa volta.

 

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La sua euforia da zuccheri stava probabilmente sparendo. Il passo di Lyra stava rallentando, e si dovette fermare a riprendere fiato. Guardò la striscia di garza che si era srotolata correndo, e il suo corno brillò per avvolgerla attorno alla gamba.

Presto, sarebbe diventato impossibile reggere quel ritmo. Doveva rallentare, ma si stava facendo tardi, e se Luna avesse deciso di tornare a Canterlot...Chissà quando Lyra avrebbe avuto un’altra occasione di parlare con qualcuno con più di mille anni?

Passò affianco a Big Macintosh, che stava riportando un carro verso il Giardino Dolci Mele. Indossava un costume particolarmente impressionante, completo con un cappello. Lyra fissò l’immagine sul cappello, non l’aveva notata prima. Era un teschio, stilizzato per sembrare una mela, ma non potè fare a meno di pensare che assomigliava più o meno ad un umano. Scosse la testa, non aveva tempo di concentrarsi su queste piccolezze. Dov’era Luna?

Era un po’ strano visto che, anche a quell’ora tarda, non sembrava esserci molto rumore proveniente da Ponyville. Le luci sembravano essere ancora accese, ma molte cose erano strane stanotte.

Lyra guardò in alto, e notò una figura troneggiare su un ponte al confine della città. Controllò due volte, quasi certa di essersi sbagliata, ma era proprio lei. La Principessa Luna stava lì da sola, guardando il cielo.

Lyra prese un profondo respiro per prepararsi. Aveva solo bisogno di un momento, sarebbe andata dritta al punto. Avrebbe persino potuto non ricevere una risposta ma...se Luna non sapeva nulla sugli umani, chi altro avrebbe potuto saperne?

“Principessa?” Si avvicinò, il cuore che batteva all’impazzata.

Luna si girò per confrontarla, Lyra sarebbe potuta svenire in quel momento. “Non siamo interessate nelle vostre celebrazioni infantili” Mosse il suo sguardo verso l’alto.

“Um, s-sì...non c’entra quello,” Lyra balbettò. Cercò di ricomporsi. “In realtà….volevo chiedervi una cosa, siccome siete in giro da così tanto, speravo mi sapeste rispondere…”

“Tu...desideri parlare con noi? Non hai paura?” La voce di Luna era molto più tranquilla ora, fece un piccolo sorriso. “Certamente. Saremo molto felici di garantirti un’udienza”

Nessun motivo per sprecare tempo. Lyra andò dritta al punto. “Beh...Cosa sapete riguardo agli...umani?”

Alla menzione di tale parola l’espressione di Luna cambiò radicalmente, diventando molto meno gentile, e molto più spaventata. “Non parlare di quei folli esseri!!”

Lyra balzò all’indietro. “Huh? Che cosa c’è che non v-”

“Dimmi, come fai a conoscere tali creature?”

“Solo qualche libro, nulla di particolare” disse Lyra. “Ma perfavore, se sono reali, dovete dirm-”

“E’ abbastanza! Basta parlare delle bestie!” Fulmini esplosero nel cielo dietro a Luna, enfatizzando le sue parole. “Il nostro regno rimarrà pacifico senza la loro influenza!”

Nonostante tutto, Lyra stava ghignando, quasi sorridendo, solo sapere che gli umani erano più di una semplice leggenda, e lo aveva sentito dire da una delle principesse di Equestria, niente meno. “Um...grazie mille!”

“Adesso sparisci!” la sua voce sembrò creare una forte raffica di vento.

Lyra fece esattamente quello. Stava correndo dritta a casa, e si accorse appena di Twilight Sparkle quando le passò vicino sulla via. Questo era lo sviluppo in cui sperava.

 

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“Bon-Bon? Bon-Bon! Svegliati!”

Come aprì gli occhi, Bon Bon ebbe un sussulto nel vedere due enormi occhi dorati che la fissavano. Non si ricordava di essersi addormentata sul divano, ma gli scorsi giorni passati a finire tutti quegli ordini di caramelle erano confusi nella sua testa.

“Lyra…? Lasciami dormire…” Mormorò Bon-Bon.

“No, è troppo importante” Disse Lyra. Si allontanò dal divano, ma non poteva fare a meno di continuare a saltellare. “Mi hai sempre detto che gli umani non esistono. Proprio come chiunque ha sempre detto.”

“Non sono proprio dell’umore adatto” Disse Bon-Bon, chiedendosi se avesse la voglia di fare lo sforzo di andare in camera sua, dove sarebbe stata più comoda.

“Principessa Luna ha detto che sono veri”

Bon-Bon si alzò. “La principessa? Quando l’hai incontrata?”

“E’ venuta a Ponyville per la notte degli incubi. Storia lunga. Comunque, conosce gli umani.”

“Luna era qui?” Bon-Bon si strofinò gli occhi. “Perché mai le hai chiesto cose riguardo gli umani?”

“Luna ha migliaia di anni! Se mai qualcuno avesse saputo qualcosa sugli umani, ero sicura che sarebbe stata lei, ed avevo ragione!” Lyra sbattè i suoi zoccoli insieme. Poi si fermò, e fece un piccolo broncio. “A parte il fatto che non mi ha detto molto...ad essere onesti, sembrava quasi arrabbiata.”

“Hai trascinato Luna nelle tue folli teorie, e l’hai fatta arrabbiare con te” Disse Bon-Bon con un tono piatto.

“Sai, sono abbastanza sicura fosse arrabbiata, sì…” ripetè Lyra, strofinandosi il mento. “Ma non sono ‘teorie folli’! Luna ha detto che gli umani esistevano molto tempo fa ad Equestria.”

“Principessa Luna…” Bon-Bon ripetè. “E’ veramente venuta a Ponyville per una visita, una nobile, a Ponyville! E tutto quello a cui riesci a pensare sono questi umani e…” Scosse la testa. “Esattamente quanto l’hai fatta arrabbiare? Con quel costume almeno non sarà stata in grado di identificarti, ma devo temere una visita delle guardie alla nostra porta?”

Lyra le diede la schiena. “Stai ignorando la parte più importante. Gli umani sono veri, o...lo erano...e c’è qualcosa riguardo a loro che il governo non vuole che sappiamo.”

“No. Non tirare in mezzo il governo. Preferirei che nessuna di noi due venisse arrestata.”

Mentre stava già andando verso il suo studio, Lyra aggiunse, “Devo scrivere esattamente cosa ha detto Luna prima che me lo dimentichi. Potrebbero esserci degli indizi, è uno sviluppo incredibile!”

Bon-Bon sospirò, prima di collassare di nuovo sul divano. No...ci doveva essere un limite a quanto in là Lyra sarebbe andata con questa storia. Per stanotte, non esisteva la possibilità che Bon-Bon si sarebbe messa a discutere con lei, l’avrebbe fatto più tardi. Nel giro di qualche minuto si era già addormentata russando.



 

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Capitolo 5
*** Vestirsi con Stile ***


CAPITOLO 5

VESTIRSI CON STILE
 

Sentì dei passi quieti provenire dal corridoio. Una porta si chiuse cigolando, seguita dal rumore della serratura chiusa a chiave.

Lyra era ancora sveglia, ascoltava i suoni rivelatori di Bon-Bon che andava a letto, aspettando finché non fosse sicura che non sarebbe stata disturbata. Era più per il bene di Bon-Bon che per il suo; Lyra le aveva promesso che non ci avrebbe mai più provato, non dopo il primo disastro.

Stava seduta sul suo letto, il diario sul comodino. Sollevò gli zoccoli davanti al viso, chiuse gli occhi e si concentrò. Sentì che la magia la stava cambiando, un poco alla volta. Tutta quella pratica aveva reso l’esecuzione di quell'incantesimo molto più facile, con meno incidenti. Ormai provava a malapena disagio durante il processo. C’erano volute solo due notti dall’attacco di panico di Bon-Bon affinché Lyra non fosse più in grado di resistere al desiderio di provare la sua scrittura a mano. Ora lo faceva almeno tre notti a settimana.

Quando aprì gli occhi, vide un perfetto paio di mani. Era una vista che riusciva sempre a farla sorridere. Piegò le dita, abituandosi nuovamente alla loro sensazione. Quale sarebbe stata la reazione se avesse provato a tenerle in quel modo per tutto il tempo? Vero, la maggior parte dei pony avrebbe probabilmente reagito allo stesso modo di Bon-Bon… Perlomeno Lyra poteva sempre usare le mani in momenti come quello, quando era da sola. Raccolse il suo diario e la piuma, poi girò su una pagina vuota.

Non aveva avuto altri sogni durante le ultime notti. Tuttavia, uno dei dettagli ricorrenti era rimasto nella sua mente. Mentre osservava la pagina, Lyra si grattò il mento pensierosa, poi cominciò ad abbozzare qualche linea.

Prima di tutto, doveva ottenere la giusta postura. E le curve della figura. Le femmine umane avevano alcune differenze nella forma rispetto ai maschi. Lyra passò le dita attraverso la sua criniera. Arrivavano fino alle spalle, perciò provò a disegnarlo in quel modo anche nel suo schizzo. Non sembrava del tutto giusto, perciò lo fece un pò più corto. Il collo umano non era lungo quanto quello di un pony.

Oltre a questo, c’era il problema dei vestiti. I pony indossavano abiti solo per le occasioni speciali, ma gli umani erano sempre vestiti. In situazioni informali portavano pantaloni - Lyra li disegnò sopra le gambe della figura, ed una maglietta a maniche lunghe per la parte superiore. Si, ora sembrava davvero bella.

Infine, la faccia. Lyra si fermò un momento. Le sue dita accarezzavano pigre la piuma della penna. Come sarebbe stata la sua faccia da essere umano? Provò con una generica faccia femminile. Gli occhi - sembravano un pò piccoli, ma era normale. Le sue orecchie non sarebbero state a punta e sarebbero rimaste ai lati della testa, quasi al centro. Niente corno.

Il corno era una cosa a cui pensava spesso. Gli umani non lo avevano, quindi non potevano usare la magia. Forse però non era così male. Dopotutto, avere le mani sembrava uno scambio equo. Alzò la mano sinistra per esaminare ciò che aveva scritto con la destra. Le parve più facile controllare la penna con la mano destra, quindi continuò ad utilizzare solo quella.

Ecco fatto - questo era come sarebbe stata da essere umana. Lyra sollevò il libro ed esaminò il proprio lavoro. Non era niente male. Tutti quegli strani dettagli - la postura bipede, la mancanza di coda, le dita - quando facevano tutti parte di una figura umana non sembravano poi così strani. Lyra si ritrovò a desiderare di avere davvero quell’aspetto, ma… Le mani erano già state una sfida difficile. Sospirò. Quello che intendeva fare era probabilmente fuori questione.

Lyra chiuse il diario e lo rimise a posto sul comodino. Poi spense le candele e appoggiò la testa sul cuscino. Forse era davvero ridicolo immaginare sé stessa come un essere umano. Sapere che erano reali non cambiava nulla. Non sarebbe mai stata umana, non importa cosa avesse fatto.

C’era un punto pruriginoso dietro il suo orecchio, quindi lo raggiunse per grattarsi… e si rese conto di avere ancora le mani. Per un pelo...per quanto le desiderasse, Bon-Bon avrebbe potuto sbatterla fuori se le avesse tenute, quindi dovevano sparire. La luce verde del suo corno le illuminò, mentre le dita rientravano negli zoccoli.

 

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La mattina dopo, Bon-Bon stava preparando la colazione, come faceva di solito durante il fine settimana. Durante il mese compreso tra le due feste più importanti dell’anno, il lavoro procedeva ad un ritmo più rilassato e poteva prendersela con più calma. Senza contare che tutte le cose folli che aveva fatto Lyra sembravano essersi ridotte nell’ultimo periodo. Bon-Bon sarebbe stata ancora più contenta, se non avesse più visto un altro paio di mani.

“Buongiorno, Bon-Bon,” disse Lyra.

“Buong-” Bon-Bon si girò, vide Lyra e si fermò. “Ehm...come mai quel…?”

Lyra indossava un abito bianco e - cosa piuttosto inusuale per un pony - un paio di pantaloni neri. Una cravatta penzolava attorno al suo collo. Bon-Bon provò una strana sensazione, come se sapesse di cosa si trattava, ma sperò di essere nel torto.

“Devo andare da Rarity, più tardi,” disse Lyra. “Pensavo sapessi che oggi devo prendere l’abito per il Galà.”

Bon-Bon tirò un sospiro di sollievo. “Ah si, avevo quasi dimenticato che ne hai ordinato uno da lei.”

Il corno di Lyra cominciò a splendere e, abbassando lo sguardo verso la cravatta, si diede un’aggiustata. “Comunque, gli umani si vestono sempre così e stavo pensando che potrei farne un’abitudine. Personalmente, credo che mi stia bene.”

Bon-Bon la fissò. Cominciò a parlare - o almeno ci provò, dato che non riusciva a trovare le parole. Abbassò lo sguardo sugli zoccoli di Lyra per assicurarsi che fossero...beh, zoccoli.

“Ehm, è…”

“Non ti piace?” chiese Lyra. 

Bon-Bon arricciò il naso. “Non è quello, penso solo che...beh, deve essere davvero un bel problema vestirsi così ogni giorno. Sei sicura di volerti impegnare in una simile sfida?”

“Nah, non è così difficile. Non mi ci è voluto molto.” Lyra si sedette a tavola. “Comunque, mangiamo!”

Prendendo un respiro profondo, Bon-Bon si unì a lei. I vestiti non erano un gran problema. A molti pony piacevano. E forse Lyra, dopo un po’ di tempo, si sarebbe stancata ed avrebbe rinunciato a questa follia.

Eppure, continuava a sedersi in quel modo. Con la schiena appoggiata sulla sedia. Come se pensasse di essere una di loro.
 

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Lyra uscì di casa poco dopo la colazione. Fuori faceva freddo. Le foglie avevano già cominciato a cadere, ma gli alberi si sarebbero denudati del tutto non prima di altre due settimane, fino alla Corsa delle Foglie. L’arancio ed il rosso degli alberi si stagliavano in netto contrasto con il cielo grigio.

Indossare degli abiti era un ottimo modo per tenersi al caldo. Sicuramente aiutava a bloccare parte del vento. Questa poteva divenire una buona abitudine, dopotutto. Lyra stava cominciando a chiedersi perché questo particolare aspetto della cultura umana non fosse stato mantenuto dai pony.

Mentre trottava attraverso la città, in direzione della boutique di Rarity, Lyra notò alcune teste che si giravano per guardarla. Nei suoi sogni, gli umani indossavano sempre vestiti, ma quello non era il modo in cui la cultura pony funzionava. Gli abiti facevano davvero risaltare un pony.

Lyra bussò alla porta di Rarity ed aspettò pazientemente, canticchiando contenta e oscillando avanti e indietro sui suoi zoccoli.

La porta si aprì e, quando Rarity vide di chi si trattava, sorrise. “Ah, mi aspettavo di vederti proprio oggi. Vieni dentro. A proposito, adoro il tuo abito.”

“Davvero?” disse Lyra, seguendola all’interno del negozio.

“Oh, ma naturalmente! Un classico bianco e nero, e quella cravatta tiene tutto insieme. Sei proprio un pony di Canterlot, vero?” Rarity la esaminò con approvazione. “Qualche occasione speciale?”

“No, mi andava così,” disse Lyra. “Trovo che i pantaloni siano davvero comodi.”

“Sai, sembra che piacciano anche a mia madre, sebbene io li abbia sempre trovati un po’...attillati, ecco,” disse Rarity, accigliata. Spostò nuovamente lo sguardo su Lyra. “Oh, ma tu li porti benissimo!”

“Grazie!” Rarity sembrava abbastanza sincera.

“Ma non ci distraiamo. Sono sicura che adorerai ciò che ho preparato per te,” disse Rarity, guidandola attraverso il caotico guazzabuglio di scorte e schizzi fino a raggiungere un vestito appena completato su un manichino. “Ti piace?”

Il vestito di Lyra era di un bianco purissimo, ad eccezione di alcune finiture in turchese ed il ricamo sul retro. La parte posteriore dell’abito fuoriusciva con eleganza. Le maniche ed il collo avevano dei dettagli in oro mentre una spilla, con la forma del suo cutie mark, era nella parte frontale.

“Sembra...fantastico!” disse Lyra. Le ricordava più che altro una toga - uno stile di indumento umano, sebbene non fosse sicura che Rarity ne avesse mai sentito parlare.

“Perché non lo provi?” Devo assicurarmi che sia assolutamente perfetto,” disse Rarity. “Oh, e non dimenticare le scarpe abbinate ed il fermaglio. Ho lavorato d’anticipo e ti ho preparato l’intero insieme.”

“Wow, è davvero fantastico,” disse Lyra, ammirando i dettagli sulla spilla.

“Ora, veloce. Mi piacerebbe vedere come ti sta indosso,” disse Rarity. Il suo corno brillava mentre toglieva l’abito dall' intelaiatura e lo passava a Lyra.

“Certo” rispose Lyra. “Ehm...scusami.” Fece un passo dietro uno schermo, si tolse camicia e pantaloni ed indossò l’abito.

Rarity la raggiunse mentre esaminava il suo riflesso nello specchio. “Quindi, ti piace?”

“E’ davvero meraviglioso” disse Lyra. Si girò da un lato all’altro, allungando il collo per vedersi da tutte le diverse angolazioni. Poi si alzò con attenzione sulle sue zampe posteriori.

“Ehm...Cosa stai facendo?” chiese Rarity.

“Volevo solo vedere com’è…” disse Lyra. Cercò di rimanere in equilibrio, ma era difficile stare in piedi su due zampe a lungo.

Rarity si morse il labbro. “Lyra, ho notato che spesso ti siedi in modo un po’ strano, specialmente quando ti esibisci. Forse al Galà dovresti tentare di essere un po’ più…” Cercò la parola giusta. “Signorile.”

Lyra tornò a quattro zampe. “Eh? Oh, giusto…”

“E’ un evento formale. Sei stata piuttosto fortunata ad essere invitata. Dovresti sapere che a Canterlot si aspetteranno questo genere di formalità,” disse Rarity.

“Sei già stata al Galà, vero Rarity?” chiese Lyra.

Il viso di Rarity si contrasse. “Ebbene...si, ma temo che non vi parteciperò più. Ciononostante...non esitare a dire a tutti dove hai preso il tuo abito su misura. E se vedi qualche importante personalità di Canterlot -”

“Probabilmente, non sarei in grado di riconoscerle. Non ho mai prestato attenzione a questo genere di cose,” rispose Lyra. “E comunque grazie ancora.”

“Nessun problema.” Rarity riacquistò la sua compostezza. “Vuoi che te lo impacchetti?”

 

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Lyra uscì dalla boutique e si diresse verso casa attraverso Ponyville, pensando a ciò che Rarity le aveva detto. Il pacco fluttuava accanto a lei.

Canterlot.

Lyra provava emozioni contrastanti riguardo al tornare in quel luogo. Come aveva detto Rarity, era molto formale. Dire noioso ed antiquato sarebbe stato più corretto. Tuttavia, il Gran Galà Galoppante restava comunque un grande onore. Essere stata invitata era prova del suo talento come musicista.

Salì a casa sua ed aprì la porta. La sua testa era piena di pensieri mentre, come al solito, procedeva verso il salotto.

Rarity l’aveva davvero chiamata un “pony di Canterlot”. Quello sì che faceva ridere. Quegli abiti erano più per gli umani che per l’alta società. Lyra si era sempre sentita fuori posto a Canterlot, ragion per cui era stata più che felice di andarsene dalla casa dei suoi genitori.

“Oh, eccola! Ci sei mancata, Heartstrings!”

Udendo la voce del padre, Lyra alzò subito la testa. Bon-Bon era seduta in salotto con un unicorno blu scuro ed un pegaso viola. Lyra era senza parole. I suoi...genitori? Qui? Ora? Il pacchetto cadde a terra. “Papà? Mamma? Quando siete arrivati?”

“Sono arrivati qualche minuto fa. Ho detto loro che saresti tornata a breve,” disse Bon-Bon.

“Ti avevamo detto che saremmo passati a trovarti oggi,” disse sua madre. “Devi aver ricevuto la nostra lettera. Ti sei persino vestita elegante. Ma che bellina.”

“Oh...giusto,” disse Lyra, sorridendo nervosa. Non aveva ricevuto alcuna lettera. Si sciolse la cravatta; si stava facendo caldo là dentro. La cosa buffa era che, fino a qualche secondo prima, stava tremando all’aperto. “Vado a mettere a posto questa e torno in un baleno.”

Lasciando la stanza forse un po’ troppo velocemente, Lyra si diresse verso la propria stanza. Prima lanciò il pacchetto nel guardaroba, poi sollevò il suo diario e lo nascose sotto al letto. Affrettandosi nello studio, tolse tutti i suoi vecchi libri e li fece cadere dietro il divano.

Lyra esaminò la stanza, soddisfatta dei suoi sforzi. Doveva forse togliersi i suoi abiti umani? No, ci avrebbe messo troppo tempo. Oltretutto, sua madre aveva già commentato quella scelta. Lyra si girò, solo per trovarsi faccia a faccia con Bon-Bon.

“Non mi avevi detto che i tuoi genitori sarebbero venuti a trovarti, Heartstrings,” disse Bon-Bon, ponendo una strana enfasi sul nome. “Cos’è questa storia della lettera?”

“Non ho mai ricevuto niente. Dev’essersi persa nella posta,” disse Lyra. I suoi occhi guizzavano intorno alla stanza, cercando tracce di quello che avrebbe potuto dimenticare. “Sai, no? Quel pegaso che ci porta sempre la posta. E’ una perfetta imbranata. Perde sempre qualcosa.”

“Potrebbe essere così, Heartstrings. Comunque, stavo giusto per preparare il pranzo. Mi trovi in cucina. Perché non passi un pò di tempo con la tua famiglia? Ti stanno aspettando.”

Gli occhi di Lyra schizzarono ancora una volta intorno alla stanza. “Ottimo! Tu va-” si fermò. “Aspetta, perché continui a chiamarmi in quel modo?”

“Intendi Heartstrings?” chiese Bon-Bon, con un sorrisetto malizioso.

“Io…” cominciò Lyra. Sbatté le palpebre. “Non ti ho mai detto il mio vero nome, vero?”

“No, non l’hai mai fatto. Ero sicura che avessero bussato alla porta sbagliata quando hanno chiesto di Heartstrings. Se solo avessi potuto vedere le loro facce quando ho detto loro che la mia coinquilina Lyra era fuori! Perché non mi hai detto che Lyra era solo un soprannome?” disse Bon-Bon.

Lyra sospirò. “Hai ragione...ho usato un nome umano fin da quando sono arrivata a Ponyville.” Bon-Bon rimase a bocca aperta, ma non disse nulla. “Non mi è mai passato per la testa di tornare a Canterlot, ma...non mi è mai piaciuto il mio vero nome.”

“Viviamo assieme da qualche anno ormai. Potevi almeno dirmi qual’era il tuo nome.”

“Mi dispiace...ma devi farmi un favore! Ti prego, non dire nulla ai miei genitori della ricerca che sto facendo.”

“La tua...ricerca?” Bon-Bon aggrottò le sopracciglia.

“Riguardo gli esseri umani. I miei genitori...non l’hanno mai accettata. Pensavano stessi solo attraversando una fase. Tutto ciò che volevano era che mi comportassi come un normale unicorno. Tutto quello che riguarda gli umani...pensano che siano solo un mucchio di fandonie.”

“Lyra, anche io credo siano un mucchio di fandonie.”

“Quante volte te lo devo dire? Ciò che ha detto Luna dimostra che c’è molto di più! Ed ho intenzione di scoprirlo.” Lyra prese un profondo respiro. “Ma… per favore. Solo per oggi, potresti comportarti come se io fossi...normale?”

“Capisci quanto questo sia difficile.” Gli occhi di Bon-Bon si strinsero.

“Mi dispiace. Lo so che te ne ho fatte passare di cotte e di crude di recente,” disse Lyra. Fissò il pavimento, cercando di sembrare il più apologetica possibile. Sperò che fosse convincente.

“Normale…” disse Bon-Bon. “Ti rendi conto di quanto stai chiedendo, vero? Non mi hai neppure mai detto il tuo vero nome! E dopo l’incidente con quelle mani-”

“Abbassa la voce, per favore!” La voce di Lyra si ridusse ad un aspro sussurro. Lanciò un’occhiata verso la sala, nervosa.

“Sei totalmente fuori di testa.” Bon-Bon scosse la testa. “Non so davvero per quanto riuscirò a sopportare tutto questo.”

“Mi dispiace davvero per quello. Onestamente, sì lo sono. Ma...erano così orgogliosi quando hanno saputo che ero stata ingaggiata per il Galà, ed hanno sempre voluto che mi concentrassi sulla mia carriera musicale…” disse Lyra. “Non capiscono quanto siano importanti gli umani per me.”

“Neppure io lo capisco.”

“Solo per oggi. Nessuna di noi farà menzione degli umani.”

“Sarebbe davvero meraviglioso, Heartstrings. Forse potresti trasformarla in abitudine,” disse Bon-Bon.

“Sono seria. Non dire niente.” Puntò lo zoccolo in direzione di Bon-Bon. Non voleva discuterne più. Si diresse verso la sala, mentre Bon-Bon andò in cucina.

“Scusate per l’attesa,” disse Lyra ai suoi genitori. Stava per mettersi a sedere sulla poltrona, ma si fermò all’improvviso. Non poteva sedersi come faceva di solito. Non davanti a loro. In modo lento e goffo si stese come facevano buona parte dei pony. Non era una posizione normale per lei.

“E’ passato parecchio tempo dalla tua ultima lettera. Non abbiamo avuto tue notizie per mesi,” disse sua madre. “Come sei stata?”

“Oh, sono stata...impegnata…” La voce di Lyra si assottigliò. Si corresse subito, “La pratica, ovviamente.”

“La tua coinquilina ce l’ha fatto sapere,” disse suo padre, spingendo in alto gli occhiali. “Non riesco ancora a credere che tu sia stata chiamata al Gran Galà Galoppante. E’ un grande onore.”

“Abbiamo sempre saputo che eri un prodigio,” aggiunse sua madre. “E comunque, quando siamo arrivati qui, la tua coinquilina ci ha detto che stai ancora utilizzando quel vecchio soprannome. Pensavo che ormai fossi cresciuta!”

“Oh, quello?” disse Lyra. La sua voce tremò. “Beh, in un certo senso il nome … E’ come mi chiamano tutte le perso-” Si corresse da sola. “E’ come mi chiamano tutti i pony ora.”

“Almeno hai smesso con quelle ridicole vecchie storie”, disse suo padre.

Lyra trattenne a malapena uno sfogo di rabbia, sapeva che non ne valeva la pena. I suoi parenti erano inamovibili nel loro scetticismo. Tanti anni prima, suo padre aveva esaminato la sua relazione sugli umani ed aveva affermato che non vi erano prove che fossero reali. Ma poteva forse dire altrettanto di tutte quelle prove attorno a loro, di tutte quelle reliquie della società umana in Equestria, così ovvie se uno sapeva dove guardare?

Bon-Bon uscì dalla cucina, tenendo con cautela tra i denti un vassoio di cibo. Lo appoggiò sul tavolo. “Quando ho saputo che sareste arrivati, mi sono assicurata di preparare qualcosa di speciale.” Erano gli avanzi della casseruola che aveva preparato quella mattina per colazione. Aveva fatto un ottimo lavoro nel farla sembrare fresca.

“Comunque, non credo di aver afferrato i vostri nomi prima.”

“Dewey Decimal,” disse il padre di Lyra.

“E il mio nome è Cirrus,” disse sua madre. Cominciò il piatto. “E’ davvero delizioso. Hai detto di essere una cuoca professionista?”

“Pasticcera,” chiarì Bon-Bon. “Ho ottenuto il lavoro di recente, ad esser sincera.”

Lyra tirò un sospiro di sollievo. La conversazione si era allontanata da lei - almeno per il momento. E i suoi genitori non avrebbero insistito sulla questione del suo nome, tutto sarebbe andato per il verso giusto e si sarebbe potuta godere la visita.

“Sei davvero fortunata, Heartstrings. Immagino tu riceva dolci fatti in casa tutto il tempo” disse Dewey.

“Si...qui è tutto fantastico” disse Lyra.

“Naturalmente” disse Bon-Bon.

“Tutto perfettamente normale” aggiunse Lyra.

Suo padre fece un cenno d’assenso. “Mi fa piacere saperlo. Comunque sono successe molte cose da quando hai lasciato Canterlot, Heartstrings.”

Lyra trasalì al suo nome. Sapeva che l’avrebbe udito fin troppe volte quel giorno. Ma onestamente, aveva sedici anni. Era un’adulta ora, ed aveva vissuto da sola ormai per parecchi anni. I suoi genitori la trattavano ancora come una puledrina.

Le ore successive passarono piuttosto in fretta. Sua madre aveva cominciato a parlare dei piani della fabbrica meteorologica per l’inverno successivo. Suo padre voleva solo parlare della società di Canterlot, argomento che Bon-Bon sembrò apprezzare parecchio. Lyra trattenne uno sbadiglio.

Ad un certo punto chiesero a Lyra di suonare qualcosa del repertorio per il Galà. Tirò fuori la sua lira e suonò un pezzo per loro.  Continuò a suonare fino alla prima metà - la melodia si sarebbe comunque ripetuta nella seconda parte - e poi rimise la lira nella sua custodia.

“Sarebbe davvero fantastico se tentassi di portare il tuo talento ancora più in alto,” disse Bon-Bon, con un cenno d’assenso. “Forse dovresti concentrarti di più su questa tua dote?”

“Beh, ci sono state...altre cose...che occupavano il mio tempo,” Lyra notò lo sguardo che le diede Bon-Bon e capì esattamente cosa volesse dire.

“Per esempio?” s’intromise Dewey. Lyra non aveva idea di cosa dire.

Poi qualcuno bussò alla porta.

“E’ arrivato qualcuno?” La testa di Lyra si alzò. “Vado a vedere.”

Era contenta di allontanarsi per qualche momento. Chiunque fosse, questa distrazione era più che benvenuta.

Dopo che Lyra lasciò la stanza, Cirrus si rivolse a Bon-Bon. “Comunque, ci ha fatti stare in pensiero. Heartstrings non ti ha mai fatto menzione degli umani, vero? Quand’era solo una puledrina, era semplicemente ossessionata e non è una buona cosa per lei. Sta persino continuando ad usare quel nome.”

Una parte di lei voleva gridare, voleva dire ai quei normalissimi pony di Canterlot quali orrori aveva vissuto per colpa della loro figlia psicopatica. Tuttavia, contro il suo stesso buon giudizio, rispose semplicemente, “Umani? No, naturalmente. Chi o cosa sarebbero? Non ne ho mai sentito parlare.”

“Oh, che sollievo. Deve averli dimenticati,” disse Cirrus.

Bon-Bon lanciò uno sguardo verso l’ingresso.

“Salve, Lyra. Speravo davvero di trovarti in casa. Posso entrare?” Era la voce di Twilight.

“Certo. Ehm, i miei genitori sono qui per una visita, comunque”.

“Va bene.” Twilight seguì Lyra e si diressero verso la sala. Si fermò non appena vide il padre di Lyra. Sul suo viso comparve un sorriso. “Signor Dewey! Da Canterlot?”

“Twilight Sparkle! E’ da parecchio tempo che non ti vedo,” disse con un cenno del capo. “Mi ero quasi dimenticato vivessi a Ponyville ora.”

“Lyra? Non mi hai mai detto che tuo padre è il Signor Dewey!” disse Twilight con un sogghigno.

“Non l’hai mai chiesto,” rispose Lyra.

Sembrava che Twilight avesse le lacrime agli occhi. “Mi manca così tanto la biblioteca di Canterlot. E’ la più grande d’Equestria ed ero solita passarci ore.

“Come stai Twilight? Studi ancora per la Principessa, presumo,” disse Dewey.

“Naturalmente. Ad essere sincera, mi ha assegnato un nuovo incarico. Sono venuta perché dovevo ritirare un libro che Lyra ha preso in prestito,” disse Twilight. “Pensavo ti fossi dimenticata. E’ il …-”

“Oh, quel libro?” la interruppe Lyra. “Non mi sono dimenticata. Infatti si trova nello studio, andiamo a riprenderlo.” Il libro in questione era nascosto, insieme ad altri, dietro al divano. S’inventò velocemente una scusa - era terribilmente disorganizzata, era finito lì per incidente...insieme agli altri libri, mentre gli scaffali erano vuoti? No, non aveva alcun senso.

“Fantastico,” disse Twilight. “Probabilmente non me ne sarei mai ricordata, se non fosse che la Principessa mi ha chiesto di scriverle alcune informazioni in un rapporto.”

Notò che i suoi zoccoli avevano cominciato a strisciare sul pavimento. Lyra si era portata alle sue spalle e la stava spingendo verso lo studio. “Molto interessante, Twilight. Andiamo a cercare quel libro. Devi essere molto impegnata.”

“Va bene, Lyra, posso andarci da sola,” disse Twilight.

Lyra si affrettò lungo il corridoio, Con lo sguardo confuso, Twilight la seguì. Dirigendosi verso la poltrona, senza dire una parola sollevò il libro incastrato tra esso ed il muro.

“Strano, come sarà finito là dietro?” disse Lyra con voce piatta. “Comunque, ecco il tuo libro. Stavamo giusto discutendo di una questione importante, quindi se potessi andare e-”

“Tanto per essere sicura, hai finito con questo, giusto? Hai ottenuto tutti le informazioni di cui avevi bisogno?” Chiese Twilight.

“Certo, naturalmente. Puoi riprenderlo. Sono a posto.” Alzò lo zoccolo.

“Bene...grazie!” Twilight uscì dalla stanza e passò attraverso la sala, in direzione della porta.

Il padre di Lyra parlò. “Non sapevo che voi due foste amiche. Ci piacerebbe davvero sapere che cosa hai fatto di interessante, Hearstrings.”

“Ehm, si...mi dispiace,” disse Lyra. Sperava davvero che Twilight se ne andasse presto, prima di poter dire qualcosa riguardo al contenuto del libro.

“Strano, non ho mai trovato utile un libro sulla criptozoologia, ma ho cercato nella mia libreria e questo è l’unico libro in mio possesso che potrei usare per la mia ricerca.”

Lyra stava cominciando a sentirsi sotto l’effetto di un incantesimo di stordimento.

“Davvero? Cosa ti ha incaricato di studiare la principessa, questa volta?” chiese Dewey, sistemandosi gli occhiali.

Twilight si fermò per un momento, “Invero, Lyra, potresti aiutarmi tu con questo argomento. Non avevo mai sentito parlare degli umani finché non ti sei presentata da me.”

Dewey sembrò essere preda di un attacco di tosse. “Hai detto...umani?”

“Pensavo avessi chiuso con questa ossessione per gli umani, Heartstrings,” disse Cirrus.

“Ho chiuso! Certo che ho chiuso!” insistette Lyra.

“Qualche settimana fa eri nella mia libreria, a chiedere di loro.” Twilight inclinò la testa, accigliata. “Questo è il libro in cui mi sono imbattuta. Non sono riuscita a trovare altro riguardo agli umani, nei miei libri. Comunque, ho notato che il tuo zoccolo è migliorato.”

Bon-Bon si strozzò con un morso di casseruola.

“Si, te l’avevo detto che non era niente,” disse Lyra. La sua mente si riempì di domande. La Principessa Celestia voleva un rapporto sugli umani, ma se Luna possedeva qualche indizio, entrambe ne sapevano più di chiunque altro. Oltre a questo, Luna non aveva forse detto che non avrebbero mai più parlato degli umani? Perché Celestia avrebbe mandato la sua allieva ad eliminare qualsiasi informazione rimasta? A meno che…

“Heartstrings, pensavamo avessi messo la testa a posto” disse suo padre, scuotendo il capo.

Sua madre intervenì. “Sono sicura che devi essere molto impegnata a preparare la tua esibizione al Galà. Hai solo pochi mesi. E’ meglio che Twilight scriva il suo rapporto.” Spostò lo sguardo su quest’ultima. “Ma non riesco a credere che la Principessa voglia che tu scriva una relazione così ridicola.”

Twilight lanciò uno sguardo verso la porta. “Forse sono venuta in un cattivo momento…” 

“Va tutto bene,” disse Lyra. “Ho chiuso con gli umani. Non dovrei concentrarmi sulla mia musica?” Non riusciva a credere a ciò che stava dicendo, ma doveva parlare con cautela ora. Twilight che si presentava in quel modo, all’improvviso, era oltremodo sospetta.

“Fa piacere sentirtelo dire,” disse Cirrus. Si rivolse a Dewey, “ti ho sempre detto che non avresti mai dovuto darle quei libri.”

“Non credevo che sarebbe diventato un simile problema,” disse lui.

Lyra sogghignò nervosa. “Non possiedo più quei libri, quindi…”

“Beh, grazie per avermelo restituito,” disse Twilight, muovendosi lentamente verso la porta. “In verità, la Principessa non mi ha detto molto. Mi da sempre delle ricerche in più, in aggiunta ai miei soliti studi, nulla di speciale.”

“E’ piuttosto strano,” disse Dewey. “ Ma non dovremmo trattenerti dal tuo lavoro.”

“Avete ragione. Non dovrei fermarmi più del dovuto,” disse Twilight. Si girò velocemente e uscì dalla porta.

I genitori di Lyra si voltarono verso di lei. Ci fu un lungo e doloroso silenzio.

“Quindi...qualcuno vuole il dessert?” si offrì Bon-Bon.
 

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Quando scese la notte, Dewey e Cirrus diedero i loro saluti e Lyra fece altrettanto mentre la loro carrozza partiva lungo la strada per Canterlot. Non appena fu fuori dal campo visivo, tornò dentro.

“Devo dire che la tua famiglia mi ha sorpreso,” disse Bon-Bon, mentre entrava in casa. “Sono così ordinari. Conoscendoti, mi aspettavo fossero -”

“Ci sta tracciando” disse Lyra.

Bon-Bon la fissò. “Chi?”

“La Principessa Celestia!”

Bon-Bon si diede lo zoccolo in faccia. “Di che cavolo stai parlando ora, Lyra?”

“Credi davvero che Twilight in giro, a chiedere degli umani, sia una semplice coincidenza? E’ l’apprendista personale della Principessa! Mi sta spiando perché loro sanno che io so qualcosa che nessuno dovrebbe sapere!” Lyra stava andando su e giù per la stanza.

Eccola che ricominciava. Avevano appena avuto un giorno quasi normale, e Lyra era stata in grado di passarlo come un pony ragionevolmente sano ma, non appena i suoi genitori se n’erano andati, era di nuovo impazzita.

“Lyra, Twilight è la nostra vicina da più di un anno, ormai. Non è una spia,” disse Bon-Bon.

“E allora perché la Principessa ha bisogno di un rapporto sugli umani? Se Luna possiede qualche indizio, direi che loro ne sanno già abbastanza,” disse Lyra. “E’ me che stanno studiando.”

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Capitolo 6
*** Natale ***


CAPITOLO 6

NATALE
 

C’era qualcosa di questo periodo dell’anno che faceva sentire Lyra nostalgica. E, dato che era la prima volta che tornava a Canterlot per la Festa del Focolare dell’Amicizia da quando si era trasferita, ciò si dimostrava specialmente vero quest’anno.

Comunque, casa o no, questo era il centro della cospirazione, quindi non poteva permettersi di abbassare la guardia.

Le strade erano coperte di neve, i fiocchi e le ghirlande penzolavano dagli edifici, le luci brillavano sugli alberi. Lyra aveva sempre sentito dire che Canterlot era il posto migliore per la stagione invernale, e doveva ammettere che le celebrazioni a Ponyville le erano sempre sembrate un po’ sotto tono in confronto a  quelle della sua città natale.

“Scootaloo! Torna qui! Ti sei bloccata con la lingua già su un bastone di zucchero, non abbiamo bisogno di fare il bis !” chiamò Bon-Bon lungo la strada. Scosse la testa. “Come siamo finite a fare le fillysitter?”

Lyra tirò semplicemente giù il cappuccio del suo Parka, fece un passo avanti, e disse, “Hey, ragazze! Volete sapere dove trovare il miglior pan di zenzero di Canterlot?”

All’improvviso tutte e tre le puledrine si trovavano davanti a lei.

“Hai per caso detto il miglior pan di zenzero?” chiese Applebloom.

Lyra annuì. “Quando avevo la vostra età andavo sempre in questa panetteria al Focolaio dell’Amicizia. E’, a mani basse, il migliore che assaggerete nella vostra vita.”

Bon-Bon le lanciò un’occhiataccia.

“Beh è vero,” Disse Lyra. “Senza offesa, Bon-Bon, sei un’ottima cuoca, ma ho sempre trovato che il tuo pan di zenzero non fosse un granchè”

“Forza! Vogliamo vedere!” disse Scootaloo salterellando in aria.

“Beh non abbiamo molto tempo prima che lo spettacolo inizi, ma è giusto sulla strada per il castello. Possiamo fermarci per qualche minuto.” Disse Lyra.

Con uno sguardo soddisfatto, si avviò per la strada con le Crusader al seguito, che sfoggiavano dei larghi sorrisi sul volto. Bon-Bon la guardò a bocca aperta, e corse per starle dietro.

“Come hai fatto?” Chiese.

“Che posso dire, sono brava con i bambini.” Rispose Lyra.

“Ti comporti praticamente come se lo fossi.” Mormorò Bon-Bon.

Lyra svoltò per entrare in un edificio all’angolo della strada. “Eccoci qua.” Inspirò l’odore di prodotti da forno che il negozio emanava. Menta, cioccolato, e, ovviamente, il pan di zenzero. “Pony Joe di solito vende solo ciambelle, ma durante questo periodo dell’anno alzano l’asticella. Mi è mancato”

Entrarono nella pasticceria, mentre le puledrine chiacchieravano animatamente. Bon-Bon stava scrutando gli scaffali di prodotti dietro al bancone, cercando di sbirciare dalla finestra della cucina.

Lyra si avvicinò al bancone. “Come va, Joe?” Non le era mancato di notare che aveva un nome umano, anche se lui non sapeva fosse speciale. Alcuni pony erano così fortunati da avere nomi reali del genere. “Cinque biscotti al pan di zenzero, per favore. Oh, e una cioccolata calda.”

“Heartstrings? Non ti vedo da anni. Sono dieci bit.” Rispose Pony Joe.

Lyra tirò fuori le monete dalle tasche della sua giacca. C’erano così tanti vantaggi nel vestiario umano. Aveva cominciato a vestirsi tutti i giorni adesso.

“Grazie,” disse Joe. “Buona festa del focolare.”

“Buon Natale!” Disse Lyra allegramente. La fissò confuso, alzando un sopracciglio.

Presero i biscotti e la cioccolata calda di Lyra e si sedettero. Le Cutiemark Crusaders si sedettero attorno ad un tavolo, mentre Lyra e Bon-Bon si sedettero a dei posti lì vicino, davanti alla vetrina.

“Ho quasi paura a chiedertelo ma...perché continui a dirlo a tutti?” Sussurrò Bon-Bon. Diede un’occhiata alle Crusader, ma erano concentrate allegramente sui loro biscotti e non stavano prestando attenzione.

“Sono di nuovo i sogni,” Disse Lyra, e Bon-Bon si lasciò scappare un brontolio. “Ero di nuovo umana in questo. Mi piacciono molto quel tipo di sogni… Comunque, ero in una delle loro città. Era decorata proprio così, come per la Festa del Focolaio, ma continuavo a sentire gli umani dire ‘Buon Natale.’”

“Da dove hai tirato fuori quella parola comunque?” chiese Bon-Bon.

“Quando mi sono svegliata, non ero esattamente sicura del suo significato. L’ho cercata nei miei libri, e ovviamente, qualcosa chiamata Natale veniva menzionata qualche volta. Penso sia una festività umana. Non mi ricordo di averne mai letto prima però.”

“Lo avrai fatto di sicuro. Te ne sarai dimenticata o...qualcosa” Bon-Bon scosse la testa. “Non ho mai sentito di nessuno che prenda i propri sogni così seriamente.”

“Non c’erano molte informazioni. Per quanto ne so, il Natale è una festività che si tiene in inverno, ma per quanto abbia cercato non sono mai riuscita a trovare il vero significato del Natale. Peccato. Mi sarebbe piaciuto sapere cos’era.”

“Non è come quella cosa che dicevi riguardo...qualsiasi cosa fosse quella festa del raccolto di cui parlavi lo scorso Ottobre...giusto?”

“Chi lo sa? Magari abbiamo celebrato feste umane per tutto il mese e non ce ne siamo manco accorte.”

Bon-Bon finì il suo biscotto. “Ammetto che potresti avere ragione sul pan di zenzero…” Era ansiosa di cambiare argomento ad ogni costo. 

“E’ la melassa,” disse Lyra. “Ce ne metti sempre troppa.”

Bon-Bon strinse gli occhi. “Faremo tardi allo spettacolo.” disse. “Dovremmo andare.”

Lyra si avvicinò al tavolo delle Crusader. “Forza ragazze. Siamo dirette al castello.”

“Sì!” esclamò Scootaloo. “Non vedo l’ora! Rainbow Dash sarà fantastica in questo spettacolo!”

“Non dimentichi nessuno?” Disse Sweetie Belle. “Mia sorella maggiore interpreterà la Principessa Platinum. E’ la migliore!”

Uscirono sulla strada, unendosi ad una folla di altri pony, tutti diretti verso il castello. Lyra guardò le torri con la punta dorata che si imponevano davanti a loro. Forse venire allo spettacolo quest’anno era stato un errore. Rimanere nascosta nella folla sarebbe stata una buona idea.

“Non sono mai stata allo spettacolo del Focolaio dell’Amicizia prima d’ora,” disse Bon-Bon. “E conosciamo addirittura le star. Sono emozionata.”

“Posso intuire perché la Principessa ha voluto Twilight nello spettacolo” mormorò Lyra. “E’ un’ottima attrice. E’ soprattutto brava a fingersi innocente.”

“Sei ancora convinta che sia una spia?” sussurrò Bon-Bon. “Devi lasciar perdere.”

“Come fai a sapere che non lo è? Di certo non ce lo verrebbe a dire se lo fosse.” Disse Lyra.

Questa storia andava avanti da un mese ormai. Bon-Bon aveva sperato che Lyra non avrebbe infastidito troppo Twilight, ma non poteva certo tenere un occhio sulla sua coinquilina quando c’erano letteralmente migliaia di biscotti da preparare per la stagione.

Il castello sembrava diventare ancor più grande mentre attraversavano il ponte all’ingresso, e Lyra lo guardava apprensiva. Stavano arrivando nella stanza d’ingresso ora. Era anche dove il Galà si sarebbe tenuto

Bon-Bon guardò Lyra. “Magari potresti toglierti la giacca e restare un po’?”

Lyra sbuffò, ma Bon-Bon aveva ragione. “Va bene…” Sapeva che non sarebbe stato un problema ma si sarebbe comunque sentita strana a non indossare vestiti in pubblico.

C’era una stanza per i cappotti vicino, quindi lo lasciò lì in mezzo a tutte le sciarpe e i cappelli. Non molti pony erano a conoscenza dell’utilità di una giacca per tenersi al caldo. O l’utilità di un cappuccio per tenersi lontani da sguardi indesiderati, se è per quello.

 

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Lo spettacolo sarebbe stato su un gigantesco palco allestito nella sala del trono. I pony riempivano la sala da muro a muro. La fioca luce della luna illuminava debolmente le vetrate colorate - su un lato, Twilight e le sue amiche che portavano gli elementi dell’armonia. Sull’altro, Discord, lo spirito del Caos. Era passato solo qualche mese da quando si era liberato, ma adesso era stato imprigionato di nuovo e le cose erano tornate tranquille...per così dire.

Lyra tenne la testa bassa mentre entravano nell’atrio. I loro biglietti fluttuarono davanti a lei.

“Me li fai vedere?” chiese Bon-Bon. Lyra li fece fluttuare davanti a lei. “Ok, dove siamo...ma questi sono…” Spalancò gli occhi. “Siamo in prima fila?”

“Fantastico, semplicemente fantastico...Bon-Bon, puoi controllare in giro per me? Vedi la principessa?” Chiese Lyra.

“Se proprio vuoi vederla-”

“Non posso essere troppo sospetta!” sussurrò Lyra. “Ho bisogno che controlli per me. Dov’è? Cosa sta facendo?”

Bon-Bon sospirò e diede un occhiata in giro. L’intera sala era piena di pony di qualsiasi razza e colore, ma non pareva esserci nessuna area per spettatori speciali. Princess Celestia, fosse stata lì, sarebbe stata facile da notare.

“Non c’è proprio” Disse Bon-Bon, sorpresa.

“Davvero?” Lyra alzò la testa per controllare lei stessa. “E’ strano.”

“Lyra, sei paranoica. E’ un miracolo che sono anche solo riuscita a convincerti a venire a Canterlot,” disse Bon-Bon.

“Si sarebbero accorte se mi fossi rifiutata di controllare le puledre, il segreto è comportarsi normalmente”

Raggiunsero i propri posti. Le Crusaders erano nella prima fila - ovviamente riservata alle famiglie delle star. 

Bon-Bon era dietro di loro, e Lyra era bloccata a metà corsia.

“Oh Lyra...ti sta bene stare laggiù da sola?” Chiese Bon-Bon.

Agitò uno zoccolo. “Fa niente. E’ abbastanza affollato in ogni caso.” Disse Lyra.

Le luci si spensero e le tende si aprirono. Il silenzio cadde sulla folla. Spike era sul palco, a quanto pare interpretava il narratore quest’anno. Lyra era interessata principalmente nel suo costume. I cuccioli di drago erano bipedi, e il suo completo, sebbene piccolo, era estremamente simile a qualcosa che un umano avrebbe indossato. Lo stile sembrava effettivamente combaciare con un’illustrazione che Lyra aveva visto in uno dei suoi libri.

“C’era una volta, molto prima del pacifico regno di Celestia, e prima che i pony scoprissero le meravigliose terre di Equestria, un’epoca in cui i pony non conoscevano l’armonia,” Spike iniziò. Le battute erano familiari al punto che Lyra a stento le sentiva. “Era un'epoca strana e oscura. Un’epoca in cui i pony erano separati dall’odio.”

Non tutti erano così abituati allo spettacolo però. Proprio davanti a Bon-Bon le Cutie Mark Crusaders erano appena rimaste stupite dalla rivelazione.

“Anche se l’evento era ormai diventato routine negli anni, Lyra si ricordava ancora l’interesse che una volta nutriva per lo spettacolo. Unicorni e Pegasi come nemici? Era ben oltre la sua comprensione da piccola. I suoi genitori andavano d’accordo benissimo. E adesso divideva l’affitto con una pony di terra.

Quando era molto piccola però, la sua stessa identità l’aveva sempre confusa. I Pegasi come sua madre controllavano il meteo e volavano. Gli Unicorni avevano la magia. A lungo Lyra non ebbe nessuna delle due cose. Non aveva nemmeno nessun talento con il cibo, quindi non poteva neanche considerarsi un pony di terra con un corno inutile. Ma poi prese la lira, la magia divenne una seconda natura per lei, e passò oltre a tutta quella stramba fase.

Erano al punto in cui i capi si vedevano per la prima volta. Lyra si era distratta e si era praticamente persa tutta la prima scena dello spettacolo. Ora Rainbow Dash, Pinkie Pie e Rarity avevano preso il controllo del palco. Lyra notò Scootaloo fare un silenzioso squittio eccitato. 

La natura da testa calda di Rainbow Dash la rendeva perfetta come Comandante Hurricane. E Rarity era semplicemente stravagante come al suo solito, ma ora aveva una tiara da abbinare. Tutte e tre stavano aggiungendo qualcosa di nuovo alla altrimenti prevedibile recita. Era difficile guardarle come personaggi piuttosto che le loro semplici stesse, ma almeno era qualcosa di diverso.

Il design dei costumi era decisamente di alta qualità quest’anno. I personaggi erano così ben stabiliti che tutti sapevano che aspetto avessero, ma questi costumi andavano il più vicino possibile alla conoscenza popolare. Ma di nuovo...Lyra era assolutamente certa di aver visto illustrazioni di umani vestiti esattamente come il personaggio di Applejack, Smart Cookie. Quel cappello, e quella camicia…

Ovviamente l’influenza degli umani era anche nello spettacolo del Focolare dell’Amicizia se sapevi dove guardare.

L’attenzione di Lyra venne catturata dallo spettacolo per il resto della sua durata. Ovviamente...anche un particolare così piccolo non poteva essere ignorato. Cosa stava davvero succedendo in questa storia?


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“Forza! Andiamo!” Apple Bloom guidò le sue amiche verso l’entrata dell’area backstage.

“Ragazze, per favore, rallentate!” disse Bon-Bon correndogli dietro. Lyra le stava per seguire, ma si fermò. C’era una guardia alla porta, la sua faccia rigida guardava dritta davanti a sé. Bon-Bon si avvicinò a lui. “Famiglia e amici del cast,” spiegò.

Rainbow Dash uscì, ancora vestita con il suo costume da Comandante Hurricane. Li notò immediatamente, e fece un cenno verso Scootaloo. “Oh, ciao scricciolo” Si girò verso la guardia. “E’ tutto ok, sono con noi.”

“E’ tutto così... figo!” Disse Scootaloo. Era sul punto di svenire e cadere all’indietro, ma Lyra la prese da dietro e la rimise in equilibrio sui suoi zoccoli.

Con uno sguardo nervoso alla guardia, che non aveva reagito per nulla, Lyra seguì le altre nei camerini. Sweetie Belle ed Apple Bloom corsero immediatamente verso le proprie sorelle, mentre Scootaloo rimase al fianco di Rainbow Dash. Dall’altro lato della stanza c’era Twilight Sparkle.

Lyra cercò di ignorarla. Si mise a guardare i costumi e gli oggetti di scena, e qualche pezzo di scenario che erano stati spostati qua e la. Più o meno tutto le sembrava familiare dai suoi libri. Tutti pensavano che questo spettacolo parlasse di tre diverse specie che imparavano ad ignorare le proprie differenze e a fare amicizia, e invece la specie che camminava su due gambe e aveva le mani necessarie ad utilizzare tutti questi oggetti? Loro avevano sicuramente ricevuto il bastone della carota…

“Ciao Lyra. Piaciuto lo spettacolo?” Chiese Twilight.

Lyra saltò. “Oh, è stato...eccellente! Siete state brave.” Sorrise nervosa. “Veramente, mi chiedevo se potessi vedere una copia del copione.”

Twilight diede un’occhiata alla stanza. “Certo. Ne abbiamo tantissimi in giro.” Trovò una copia aperta su un tavolo e lo passò a Lyra. “Ma non è molto diverso da qualsiasi altro spettacolo in giro per Equestria, tutti sanno la storia.”

“Certamente. E’ solo che…beh, la storia di Equestria mi ha sempre affascinato.” Lyra fece spallucce, poi aggiunse, “Soprattutto quella dei pony.”

“Capisco…” Disse Twilight.

Lyra guardò fuori dalla finestra, evitando lo sguardo di Twilight. “Sarà meglio che vada ora. Non vorrei perdere il treno” disse finalmente. Prese il copione e corse fuori dalla stanza.

“Non ti preoccupare, hai ancora-” Disse Twilight, ma Lyra era sparita. “Altre due ore.”

Vedendo Bon-Bon parlare con Fluttershy si unì a loro.

“Bon-Bon, ho notato che ultimamente Lyra si comporta in modo strano. Intendo, più del solito, credo,” Disse Twilight. “E’ tutto ok?”

“Che ha fatto adesso?” Disse Bon-Bon con tono esasperato.

“Niente, in realtà,” la rassicurò. “Non riesco a spiegarlo. Ha qualcosa a che fare con i suoi genitori? Quando sono venuta a visitare mi pareva molto nervosa per loro. E’ quando è tutto cominciato.”

Bon-Bon sospirò e scosse la testa. “E’ ridicolo, davvero. Pensa che tu sia un agente segreto del governo mandato per spiarla.”

Twilight alzò un sopracciglio. “Pensavo che tutti fossero passati oltre a questa cosa quando mi sono trasferita a Ponyville. Non sono una spia. Perché mai dovrei spiare proprio lei?”

“E’ la sua ossessione con gli umani.Pensa che la Principessa le stia nascondendo qualche tipo di segreto su di loro. Disse. “Non chiedermi di spiegartelo. Non ha senso.”

Twilight fece un broncio confuso. “La principessa non nasconderebbe mai nulla del genere. Tutto quello che vuole è un rapporto sull’argomento. Per quanto ne so gli umani non esistono neanche,” disse. “Ma ho bisogno di un rapporto completo, e non c’è abbastanza materiale neanche per riempire una pagina. Odio chiederlo, ma...se Lyra mi aiutasse?”

“Oh. Beh, cerco di evitare l’argomento con lei. Una volta che entra nell’umore è difficile ragionare con lei,” Disse Bon-Bon. “Francamente, a volte può essere piuttosto...grottesco” Rabbrividì al ricordo.

“Forse potrei mostrarle cosa sono riuscita a scoprire fino ad ora. Ho contattato un paio di librerie a Manehattan e Trottingham, e mi hanno spedito qualche libro che sono riusciti a trovare. Ma non c’è ancora nessuna prova concreta dell’esistenza degli umani.”

“Esattamente. Ora, se riuscissi a far capire questa cosa a Lyra…”

“Farò quel che posso. Se non altro, trovo queste storie una parte affascinante della cultura e del folklore di Equestria” Disse Twilight.

Bon-Bon uscì dal backstage  e trovò Lyra fuori ad aspettarla. Indossava il parka con il cappuccio alzato di nuovo, guardandosi attorno nervosa, e non sembrò notare Bon-Bon avvicinarsi.

“Eccoti qui, Lyra.”

Lyra ansimò e si girò. “Bon-Bon? Oh, sei solo tu. Non voglio davvero stare qui più del necessario. E’ pericoloso.” Si stava già dirigendo verso l’uscita del castello.

Bon-Bon la raggiunse. “Per l’ultima volta Lyra...Ho appena parlato con Twilight. Dice che Princess Celestia non ti sta nascondendo nulla.”

“Ovviamente ti ha detto così! Ma è stranamente specifico,” disse Lyra. Si fermò. “Aspetta un attimo. Non dirmi che glielo hai effettivamente chiesto.”

Beh…”

“Mi hai menzionata?”

“Certo, ma solo perché sei stata piuttosto irragionevole ultimamente.”

“Bon-Bon, hai appena fatto saltare la mia copertura! Devo andarmene, ora.” Lyra cominciò a galoppare e sparì nelle affollate strade di Canterlot.

Bon-Bon sospirò. Si sarebbero probabilmente incontrate alla stazione. Altrimenti, beh...Lyra sarebbe riuscita a tornare a Ponyville, no? 


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Il cielo cominciava ad imbrunire mentre il sole tramontava. Bon-Bon osservò la folla di pony alla stazione, in cerca della familiare criniera color menta, ma non la vide. No, Lyra non sarebbe mai semplicemente scappata in quel modo. Poi si ricordò - ma certo, Lyra stava probabilmente ancora indossando la felpa. Vide un pony con il cappuccio e si avvicinò.

“Non posso credere che hai detto a Twilight quello che so,” mormorò Lyra mentre Bon-Bon si faceva strada tra la folla per raggiungerla.

“Sei davvero testarda. Twilight vuole solo che la aiuti con il suo progetto” disse Bon-Bon.

“Sì certo, una ricerca. la copertura perfetta.”

“Per l’ultima volta, non c’è nessuna cospirazione!” gridò Bon-Bon. Tutti alla stazione si girarono per guardarla. Abbassò la testa, evitando il contatto visivo. “Comunque, Twilight ha detto che vorrebbe il tuo aiuto, ma se continui a comportarti così…”

Lyra batté le palpebre. “Aspetta...ci sono.”

“Come?”

“Dovrò stare attenta a quel che dirò, ma l’unico modo che ho di scoprire cosa vuole Princess Celestia da me è aiutare Twilight. Devo infiltrarmi!”

“Non è quello che intendevo. Twilight ha fatto delle ricerche per conto suo, e non pensa nemmeno che gli umani-”

“Dovrò stare attenta,” disse Lyra, ignorandola. Sembrava stesse di nuovo parlando da sola. “Sospetta già di me, ma questa potrebbe essere l’unica via.” poi alzò la testa all’improvviso. “Il galà! La principessa sarà lì, come ho potuto dimenticarmene?”

Il treno fischiò mentre si avvicinava alla stazione, quindi nessuno sentì Bon-Bon emettere un gemito frustrato.

“Sei un genio Bon-Bon! Mi sto avvicinando, lo sento!” disse Lyra. “Ma prima, c’è una cosa che devo controllare…”


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La maggior parte dei pony sul treno erano in silenzio. Alcuni, Bon-Bon inclusa, si erano addormentati dopo la lunga giornata. Ma Lyra era sveglissima, il suo corno acceso mentre leggeva il copione che le era stato dato.

 

[Entrata CANCELLIERA BOMBOLONA]

BOMBOLONA

Siccome le altre tribù hanno rifiutato la pace, ho deciso che i pony di terra andranno per conto loro!

FOCACCIA TOSTA

Le altre tribù non si sono accordate? Credevo che ci saremmo riusciti se avessimo lavorato insieme

BOMBOLONA

Con la carenza di cibo non sono riusciti semplicemente a trovare una soluzione ragionevole!
 

Quindi Pinkie Pie si era dimenticata le sue battute e aveva cominciato ad improvvisare. A Lyra non serviva un copione per capirlo. La scena del camino era stata brillante però; doveva ammetterlo.

Era tornata indietro di qualche pagina alla scena prima di quella in cui i capi tribù si incontravano.

 

NARRATORE

 

I pony di terra stavano congelando. I pegasi non erano messi meglio. Erano affamati. Gli unicorni stavano congelando affamati. Nemmeno la loro magia poteva nulla contro la tempesta.

 

Fece un appunto a bordo pagina.

 

Windigo, appaiono in altri libri?

 

Il clima era solitamente controllato dai pegasi. Se i Windigo avevano causato questa tempesta, per colpa dell’assenza di cooperazione tra i pony secondo il copione, cose gli era successo da allora? Se tutto quello che serviva per scatenarli era un litigio, casa di Lyra e Bon-Bon sarebbe congelata anni fa.

 

Lyra fissò le battute sul copione. Doveva esserci qualcosa. Un dettaglio mancato, un’incongruenza, una parola fuori posto…

 

Saltò alla fine.


NARRATORE

 

I tre leader decisero di condividere la meravigliosa terra, e di vivere in armonia da lì in poi. E insieme chiamarono la loro nuova patria…

 

TUTTI [Insieme]

 

Equestria!

 

[COMANDANTE URAGANO, CANCELLIERE BOMBOLONA, e PRINCIPESSA PLATINO alzano tutti insieme la bandiera di Equestria.]

 

Secondo questa recita, Equestria era stata fondata da questi tre leader. Un pegaso, un pony di terra, e un unicorno. Quindi dov’era Celestia? Non solo era assente nelle tribune, ma non aveva neanche partecipato allo spettacolo. Neanche una menzione della principessa.

 

No, c’era qualcosa di strano. Lyra sottolineò la frase “Bandiera di Equestria” due volte. Era la moderna versione della bandiera, con l’immagine di Celestia su di essa.

 

E poi c’era un’altra cosa, Lyra tornò alle prime pagine. Sì, eccola.

 

NARRATORE

C’era una volta, molto prima del pacifico regno di Celestia, e prima che i pony scoprissero le meravigliose terre di Equestria, un’epoca in cui i pony non conoscevano l’armonia. Era un'epoca strana e oscura. Un’epoca in cui i pony erano separati dall’odio.

 

Lyra rimase lì a fissarlo. Tutto taceva, eccetto per il basso rumore del treno sulle rotaie. Eccolo lì. “Molto prima del pacifico regno di Celestia”. Lo cerchiò. Quella battuta era tutto!

Esattamente quanto tempo fa Celestia era salita al potere? E poi quando era ambientata questa recita? Neanche una menzione degli umani durante tutta la sua durata, eppure sarebbe dovuta essere ambientata prima del regno di Celestia?

Quasi tutti gli oggetti di scena nell’intero spettacolo sembravano usciti dai suoi libri sugli umani. E non solo, come faceva Luna a sapere degli umani? Dalla loro corta conversazione, Lyra poteva assumere che Luna ne avesse una conoscenza molto ravvicinata.

“Stai ancora leggendo quella vecchia storia?” Bon-Bon si era appena svegliata, e la stava guardando assonnata.

“Sono tutte bugie…” Mormorò Lyra. “Niente di ciò ha senso. L’intera storia è inventata!”

Bon-Bon sospirò “non di nuovo.”

“Questo potrebbe essere soltanto l’inizio. Chissà quanta della storia di Equestria è inventata! Potrebbe essere una faccenda più profonda di quello che avevo previsto!”

“E’ soltanto una stupida recita. La fanno ogni anno, non dirmi che non l’hai mai vista,” Disse Bon-Bon.

Gli occhi di Lyra passarono sulle pagine del copione pieno di note. “Questa storia è così ingranata nella nostre teste che nessuno la mette mai in dubbio. E’ soltanto carburante per l’ego dei pony. Stiamo coprendo le vere radici del nostro mondo e fingiamo di aver creato tutto noi stessi. Perché Celestia insiste su ciò?”

“Non tutto ha a che fare con gli umani, Lyra. Neanche li menzionano nella recita.”

“Esattamente”

“La voce del capotreno riecheggiò nel treno. “Prossima fermata, Ponyville, Prossima fermata, Ponyville”

Lyra chiuse il copione. “Devo confrontare questo copione con altre fonti sulla storia dei pony. Se ho ragione dovrebbero esserci contraddizioni ovunque.” Si alzò mentre il treno si fermava alla stazione. “E il posto perfetto per cominciare è la biblioteca di Twilight.”

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Capitolo 7
*** Ricerca e Rivalsa ***


CAPITOLO 7

RICERCA E RIVALSA

 

In quel momento, la neve aveva davvero cominciato a cadere. L’incontro poteva essere stato pianificato meglio. Lyra sapeva che i pegasi avevano in programma un’altra nevicata quel giorno, ma non aveva considerato il vento. Nonostante indossasse i pantaloni, la giacca, la sciarpa ed il giubbotto pesante, stava congelando.

Lanciò lo sguardo verso la libreria appena più avanti. Con un ultimo scatto di velocità, si sbrigò a raggiungere la porta e corse dentro.

Riprendendosi dal vento e dal freddo, si tolse la neve dagli zoccoli e agitò il suo parka. C’era un appendiabiti, proprio vicino alla porta, quindi se lo tolse e lo appese.

Twilight aveva notato la porta aperta. “Oh, Lyra. Sei qui,” disse lei. “Fai come se fossi a casa tua. Spike sta accendendo il fuoco nell’altra stanza.”

Gli occhi di Lyra si strinsero. Twilight si stava comportando in modo fin troppo amichevole… Oppure era sempre così? “Grazie…”

“Come sta la tua coinquilina? Non parlo con Bon-Bon da un bel pezzo.”

“In generale sta piuttosto bene, ma quando le ho detto che ero diretta qui per aiutarti con la tua ricerca mi ha detto di voler trovare qualcosa di pesante contro cui sbattere la testa.”

Lyra alzò le spalle.

“Oh…” rispose Twilight, accigliata. “Beh, puoi procedere e cominciare. Ti raggiungo tra un minuto.”

Lyra si girò e si diresse verso l’altra stanza.

Twilight possedeva davvero un sacco di libri. Quella stanza, come l’altra, era piena di scaffali posti uno sopra l’altro. Vi era una scala appoggiata su un muro. Dall’altro lato della stanza, Spike era seduto accanto al camino, reggendo una piuma con la zampa destra e facendo smorfie. Non appena Lyra entrò nella stanza, spostò lo sguardo su di lei.

“Hey Spike, va tutto bene?” disse lei, inclinando il capo.

“Si…Twilight mi ha fatto prendere appunti per tutto il giorno.” Spike si strofinò il polso.

“Ho un pessimo crampo alla zampa.”

“Lo so com’è… un dolore terribile,” disse Lyra, facendo un cenno d’assenso. Spike la fissò in modo strano. “Ehm… da quello che ho sentito dire.” Girò gli occhi. “Comunque, che cosa hai scritto? Qualcosa per la principessa? Puoi dirmelo?” Si avvicinò a lui.

“Solo altre liste di cose da fare e un po’ di bozze per la relazione di Twilight. Non crederesti mai a quanta preparazione ci mette in queste cose.”

Lyra si accostò più vicino. “Sei sicuro che non hai scritto alla Principessa? E Twilight? Ti ha detto niente?”

La porta si aprì e Twilight entrò nella stanza. Owlowiscious volò nella stanza dopo di lei e si posò sulla parte finale della scala. Un paio di libri fluttuarono in aria attorno alla sua testa, girarono verso il tavolo e vi si posarono sopra.

“Eccovi, voi due,” disse Twilight cheerfully. Si rivolse a Spike. “Hai lavorato molto duramente oggi, Spike. Credo che io e Lyra possiamo cavarcela da sole ora.”

“Finalmente,” disse Spike. Sbadigliò, allungando le sue braccia corte verso l’alto. “Buonanotte.”Si diresse verso le scale.

“Cominciamo, Lyra,” disse Twilight.

Lyra esaminò uno degli scaffali. “Si…credo che noi dovremmo…”

Il sorriso di Twilight svanì. “Lyra, sospetti ancora di me? Perché ti sto dicendo la verità – la Principessa Celestia non mi ha mai detto niente degli umani. Al di fuori di questa ricerca, ovviamente.”

“Ma certo,” disse Lyra. Fissò Twilight con sospetto.

Cosa stava facendo Twilight? Quale spia avrebbe negato la sua identità in quel modo? E poi, era stata lei a tirare fuori la questione. Lyra, naturalmente, non aveva intenzione di dirle nulla.

Twilight attraversò la stanza e cercò in un cassetto, tirando fuori pergamene e fogli sciolti. “E’ qui da qualche parte. A-ha! Eccola qui!” Una singola pergamena uscì fluttuando dallo stack, mentre le altre caddero nel mucchio. “Puoi leggere tu stessa.”

La lettera fluttuò fino a trovarsi di fronte al viso di Lyra. La srotolò e lesse il curioso copione.

 

Mia fedele studentessa, Twilight Sparkle,

Nell’interesse di comprendere la cultura dell’Antica Equestria, vorrei che tu compilassi un rapporto completo sulle varie leggende che riguardano le creature note come “umani”. Come al solito, tienimi informata sui tuoi progressi e su qualsiasi domanda tu possa avere.

La tua mentore, Principessa Celestia

 

Lyra notò il sigillo ufficiale alla base della pergamena. Non sembrava per niente fresco. “Quindi, quando l’hai ricevuta?” chiese lei, alzando un sopracciglio.

“Più di un mese fa. Queste sono tutte le informazioni che mi ha dato,” disse Twilight. “Mi ci è voluto parecchio tempo prima di cominciare. Non ho trovato nulla sugli umani in giro.”

“Li ha chiamati leggende,” disse Lyra, rileggendo la lettera per quella che doveva essere la terza o la quarta volta.

“Naturalmente. Non potrebbero essere nient’altro,” insistette Twilight. “Devo ammettere che l’intero mondo dove si dice vivessero gli umani è estremamente dettagliato. Sono molto affascinata dal fatto che ci siano così tanti regni e sovrani in queste storie. Non solo questo, ma gli stessi eventi storici continuano ad essere citati. E’ molto coerente.”

“Perché non sono leggende.”

“Perché, attraverso generazioni di racconti, luoghi immaginari come la Francia sono stati universalmente accettati. Non mi ero mai resa conto, per esempio, che quando Rarity parlava di “French Couture” era un’allusione all’antica mitologia pony. Probabilmente neppure lei ne è al corrente.”

“Pensi davvero sia tutto inventato?” disse Lyra. La lettera svoltò verso il tavolo e vi si posò sopra. “O è quello che la Principessa Celestia ti ha ordinato di dirmi?”

“Certo che l’ha fatto!” disse Twilight. “beh, no, non è proprio ciò che mi ha detto, ma è così che stanno le cose. Questo è tutto quello che ho ottenuto da lei. Lyra, tu hai letto questi libri per molto più tempo di me. Tutto ciò che sappiamo sugli umani proviene dai libri. Non ci sono prove scientifiche o archeologiche che provino la verità di queste storie.”

Lyra si avvicinò ancor di più.“Cosa mi dici dei loro strumenti? Quelli li utilizziamo ancora! E i vestiti? Tu stessa hai ammesso che Rarity ha basato il suo stile su dei modelli umani!”

Twilight scosse la testa. “Sono creature di fantasia che vengono sempre mostrate mentre utilizzano gli stessi oggetti dei pony, perché sono stati i pony ad aver creato loro e quegli oggetti. Queste storie potrebbero essere parte di qualche tipo di mito della creazione. A livello storico, molte creature mitiche hanno avuto un ruolo nella società che li aveva immaginati,” disse lei. Ci pensò per qualche istante, poi disse,  “questa è l’unica ragione per cui la Principessa Celestia potrebbe volere che io li studi. Importanza culturale.”

Lyra rimase a bocca aperta, ma non riusciva a trovare una risposta. Non poteva rivelare all’allieva favorita della Principessa Celestia di aver sentito dire da Luna stessa che gli umani erano reali.

Forse Twilight non stava mentendo… Sembrava davvero non saperne nulla. Ma Lyra doveva comunque parlare con cautela. Qualsiasi cosa avesse detto poteva essere inviata al castello e quello sarebbe stato un bel problema.

“Bene,” disse infine Lyra. “Fammi solo vedere cosa sei stata in grado di trovare.” Camminò fino alla scrivania e controllò i libri che Twilight aveva posto su di essa.

Misteri Pre-Equestria. L’Ipotesi Umana e L’Era dell’Uomo. I titoli erano sbiaditi e quasi illeggibili, sembrava che i libri stessero cadendo a pezzi. Ma queste erano fonti del tutto nuove, libri che non erano presenti nella collezione di Lyra a Canterlot. La giumenta non aveva mai pensato a cosa potessero avere le biblioteche delle altre città.

“Sarebbero meglio andare subito al punto,” disse Twilight. “Ho ottenuto questi dalla biblioteca di Manehattan. Ci hanno messo settimane, solo per rispondere alla mia lettera. Mi hanno detto di aver dovuto controllare la loro sezione più antica, prima di riuscire a trovare qualcosa.”

Ricordando il suo viaggio negli archivi di Canterlot tanti anni addietro, Lyra fece un cenno d’assenso. “Sembra che vadano sempre così le cose.”

“Ho controllato i Misteri Pre-Equestria e tutto ciò che offriva erano solo un paio di paragrafi che citavano gli umani. Non penso sia qualcosa in più rispetto a ciò che tu sai già. Comunque, hai detto che avresti controllato quali libri erano in tuo possesso. Li hai portati?” chiese Twilight.

Lyra si tolse lentamente le borse da sella dai fianchi. “Mi ci è voluto un po’ a trovarlo. Ce n’era solo una copia, perciò ho portato quello che avevo.”

Design per la Destrezza era il più piccolo dei suoi libri, raggiungeva appena le cento pagine. Gli altri libri, quelli che andavano nel dettaglio, erano tutti a casa. Nascosti. Doveva tenere più informazioni possibili lontane da Twilight. Come aveva sempre fatto con i suoi genitori, ad essere sincera…

Tutto ciò che questo libro citava erano le invenzioni umane. L’introduzione affermava persino che si trattava solo di teorie, ma il pony che l’aveva scritto probabilmente ci credeva davvero. Con tutte quelle prove, come poteva essere altrimenti?

“Molto… bene allora,” disse Twilight. “Sei sicura che sia tutto quello che hai? Mi avevi detto di averne molti altri.”

“No, i miei genitori volevano che me ne sbarazzassi.” Lyra alzò le spalle. “Quando sono venuta qui qualche mese fa, quello non era niente. Solo curiosità. Non studiavo gli umani da anni.”

Quella era la storia che Lyra avrebbe raccontato. La stessa che aveva raccontato ai suoi genitori. Il suo interesse per gli umani era stato solo una fase adolescenziale, poi era cresciuta. Naturalmente, Twilight sapeva che lei stava studiando la struttura delle mani qualche mese prima, ma non aveva alcun modo di sapere alcunchè dei suoi risultati.

Twilight aggrottò la fronte, aprì la bocca, poi scosse la testa e decise di non dire niente. Lanciando uno sguardo verso i libri sparsi sul tavolo, scelse L’Era dell’Uomo e lo aprì.

“Questo viene da Trottingham. E’ l’unico che sono riuscita a trovare. Credo che il termine uomo sia un’abbreviazione per umano,” disse Twilight. “L’hai mai sentito prima?”

“Queste sono conoscenze basilari, Twilight. Di cosa parla quello?” Lyra si avvicinò per vedere.

“E’ quello di cui stavo parlando prima – le diverse nazioni degli umani e come interagivano tra loro. Strutture politiche, lingue… Non riesco a credere che abbiano trovato il tempo di creare delle lingue fittizie per culture immaginarie.”

“Cosa ci vuole per convincerti che gli umani non sono stati inventati?”

“Lyra, non puoi credere a tutto ciò che leggi. Devi usare giudizio.”

“Forse dovresti usare il tuo,” rispose Lyra. Stava cominciando ad arrabbiarsi. Tutto quello scetticismo le dava sui nervi. “Cosa mi dici di quello spettacolo in cui recitavi? C’erano un sacco di cose sbagliate. Sei sicura che Equestria sia stata fondata in quel modo?”

Twilight la fissò, poi rise in modo piuttosto strano. “Certo che è avvenuto. Quella storia è stata parte della cultura di Equestria per migliaia di anni. Certo, forse alcuni dettagli non sono storicamente accurati, ma è una drammatizzazione, e-”

“Wendigo,” disse Lyra.

“Eh? Cosa c’entrano loro?” chiese Twilight.

“Cosa è avvenuto a quegli esseri? In teoria sono spiriti o cose che creano tempeste di ghiaccio quando vi è disarmonia, ma cosa gli è successo? In vita mia una cosa del genere non è mai avvenuta,” disse Lyra.

“Tu credi negli umani, ma non credi in quello?” disse Twilight. “Puoi chiedere ad un qualsiasi puledrino in Equestria. Tutti sanno dei Wendigo, ma nessun pony ha mai sentito parlare degli umani.”

“Non è questo il punto!”

“Sono scomparsi perché la nostra società ha imparato il valore dell’armonia, e-“

“Lo sai per certo?” Gli occhi di Lyra si strinsero.

“Beh… questo è il significato dello spettacolo…”

“Esattamente!” Lyra camminò a lenti passi attraverso la libreria. “Un altro buco di trama.”

Twilight stava cominciando ad alzare la voce. “Ho detto che si trattava di drammatizzazione!”

“E allora dov’è la prova che tutto questo sia vero?” disse Lyra, gli occhi fissi su quelli di Twilight.

Di fuori, la tempesta imperversava ed il vento ululava attraverso la finestra.

Fu in quel momento che Lyra si rese conto di ciò che aveva detto. Voleva darsi un ceffone da sola. Come poteva essere stata così stupida?

“Beh… questa è solo una mia teoria…” Cercò di prenderla a ridere. “Non le ho dato alcuna importanza.”

Twilight non sembrava convinta. “Cominciamo con questo,” disse lei. Prese il libro che Lyra aveva portato, mentre l’altra cominciò a leggere il primo capitolo de L’era dell’Uomo.

Era come tornare una puledrina. Tutti quei libri sugli umani, nuove cose che Lyra non aveva mai visto prima. I sistemi politici degli umani erano descritti in modo molto più dettagliato di quanto avesse mai visto prima. La maggior parte erano monarchie, simili a quella di Equestria, ma i re e le regine umani non avevano poteri magici. Erano molto più vicini ai loro sudditi in quel modo. E non vivevano per sempre. Il potere passava attraverso ogni generazione di figli e figlie, in un perpetuo cambiamento.

Poi – eccola.

La lira era uno strumento dell’antica Grecia, suonato (naturalmente) dagli umani. C’era l’immagine di un umano, seduto mentre pizzicava le corde di una lira perfettamente identica alla sua.  Assomigliava molto al disegno che Lyra aveva fatto, basato su ciò che aveva visto nel suo sogno. Lesse la nota sul come la musica accompagnasse in genere la recita di una storia epica.

Dove poteva trovarle? Dovevano di certo esistere delle copie.

Naturalmente le lire avevano un significato ben più importante nella cultura umana di quanto Lyra fosse già consapevole. Ora doveva scoprire quali fossero quelle storie che venivano accompagnate da esse. Lei amava le storie sugli umani. Leggende, certo, ma dimostravano che essi stessi erano reali. Non c’era alcun motivo per cui una creatura leggendaria avesse la propria mitologia.

“Ci sono!” esclamò all’improvviso Twiligh. Lyra alzò lo sguardo dal libro.

“Cosa vorresti dire?” disse Lyra.

“Ho compreso il significato dietro agli umani. Sono tutti uguali!” disse Twilight. “Ma certo! Avrei dovuto capirlo prima.”

“Cosa vorresti dire con tutti uguali”chiese Lyra.

“I pony sono tutti diversi. Gli umani non possono volare e i libri non citano mai se sappiano usare la magia. Il punto è che hanno tutti le stesse abilità.” Disse Twilight. “Questo è ciò che volevo dire quando parlavo dell’importanza delle antiche culture! Avendo una civiltà dove tutti sono uguali, i pony possono imparare ad apprezzare e capire quanto siano diversi tra loro!”

“Who?” hooted Owlowiscious.

Lyra sospirò. “Twilight, non è che hai trovato qualcosa sui miti greci? O qualche canzone?”

Appoggiando lo zoccolo sul mento, Twilight disse, “Credo che tutto ciò che riguarda i… Greci, giusto? Sì è tutto in quel libro.” Fece un cenno d’assenso verso il libro che Lyra stava leggendo.

“No, in questo ci sono solo nozione teoriche. Cerco qualcosa di…” Lyra notò lo sguardo che Twilight le stava rivolgendo. Non voleva avere un’altra discussione. “Lascia stare.”

Continuarono per circa una mezz'ora o giù di lì. C’era una vera miniera d’oro di informazioni lì. Lyra provò a pensare se ci fossero altre città in Equestria conosciute per le loro ottime biblioteche. Forse in quel luogo avrebbe potuto trovare altre informazioni sulla lira.

L’idea di aver usato per così tanto tempo uno strumento umano la faceva sentire legata a loro, e amava molto questa cosa. Senza menzionare il fatto che aveva imparato a suonare lo strumento secondo lo stile umano – con le mani. La magia non era nulla rispetto alla sensazione fisica delle corde tra le sue dita.

Esaminò i paragrafi riguardanti la Grecia un altro paio di volte. Era frustrante, nessuna informazione che potesse tornarle utile.

Twilight era completamente assorbita dal libro che Lyra aveva portato. Questa era la sua possibilità. Raggiunse il muro delle librerie, analizzando i titoli. Se le risposte sugli umani non erano in quei libri, forse gli indizi era da qualche altra parte. Nascosti in piena vista, nella stessa storia dei pony.

Ne trovò uno. Pegasi: dal passato al presente.

Lyra lo estrasse dalla libreria e lo aprì. Cominciò dall’inizio, dove erano descritti i primissimi leader dei pegasi. I suoi occhi analizzarono le pagine alla ricerca di informazioni sul “Comandante Hurricane” o “Soldato Pansy”. Non vi era nulla nel primo capitolo. Tornando all’indice, cercò i loro nomi.

Nulla.

Piuttosto strano, no? I pegasi che avevano fondato Equestria non meritavano forse di essere citati?

“Lyra, hai trovato qualcos’altro? Non credo di avere altri libri sugli umani,” disse Twilight.

Lyra fece cadere il libro, scioccata, e si ritrovò Twilight proprio accanto a lei. “Oh, no, è…”

Twilight prese il libro dal pavimento per ammirarne la copertina. “Stavi leggendo qualcosa sui pegasi?”

“E’ per… un altro progetto.”

“Non avevo idea che tu avessi così tanti interessi, Lyra. Potresti essere un’ottimo storico, se lo volessi,” disse Twilight. “Se hai bisogno di prendere in prestito uno di questi, sei più che la benvenuta.” Passò il libro a Lyra.

L’aura che circondava l’oggetto cambiò da viola a verde, e Lyra lo nascose nella sua borsa. Non aveva davvero intenzione di leggere più a fondo; aveva già trovato ciò di cui aveva bisogno. Anzi, ad essere precisa, non l’aveva trovato. “Lo farò, grazie!”

Twilight sollevò il libro che stava leggendo prima, ma si fermò. “Lyra, lo so che tu pensi che gli umani siano davvero esistiti, ma..” Twilight esitò. “Non c’è nulla che suggerisca la loro esistenza. La teoria sarebbe molto più plausibile se avessi una prova fisica, ma…”

“Cosa mi dici di Nightmare Moon?” disse Lyra. L’idea era improvvisamente comparsa nella sua testa.

Twilight si ritrasse. “Eh? Non cambiare argomento, io-”

“Non sto cambiando argomento. Quando sei arrivata qui a Ponyville e hai detto a tutti dell’esistenza di Nightmare Moon, allora nessuno ti ha creduta. Perché dovrebbe essere diverso?”

“E’ completamente diverso! C’erano citazioni su di lei in ogni genere di storia. Abbiamo una festa dedicata a lei ed una data esatta in cui si diceva sarebbe tornata… e così ha fatto. Tutto ciò che cita gli umani sono solo-”

“Storie,” disse Lyra. “La Principessa Celestia ti avrà raccontato che anche quella di Nightmare Moon era solo una storia, giusto?”

La neve si stava ammucchiando sulle panes delle finestre. La luce delle candele sfarfallò nella stanza buia.

“Affronta la verità, Twilight. Non siamo poi così diverse. Un giorno scoprirò la verità.”

Tornando alla sua lettura, Twilight non disse altro sull’argomento. Lyra non riusciva davvero a capire come qualcuno che aveva letto quei libri potesse essere così scettico. Era persino peggio dei suoi genitori. Non credevano negli umani, ma non avevano la benché minima intenzione di toccare i libri…

 

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Dewey Decimal aveva trovato la figlia nella sua stanza. Fuori era buio, quasi mezzanotte, ma lei stava ancora poring over uno di quei libri sotto la luce della candela. I giorni precedenti, questa era l’unica cosa che desiderava fare. Persino il test di storia quasi  fallito non era bastato a scoraggiarla -  se non altro, aveva solo peggiorato le cose.

“Heartstrings… Ho parlato con tua madre e siamo d’accordo sul fatto che non dovresti leggere tutti quei libri,” disse lui.

Lyra sollevò la testa e si girò. “Quello che ha detto il mio maestro è sbagliato. Io lo so.”

Dewey sapeva che non sarebbe stato per nulla facile.

“Per favore… Hai passato ogni momento di veglia a leggere e non è una cosa buona per te. Tua madre è piuttosto preoccupata.”

“Perché? Cos’ha la mamma contro gli umani?”

“Niente… assolutamente niente. Siamo solo preoccupati… preoccupati che tu stia trascurando gli altri tuoi compiti,” disse lui. Fece una pausa, poi chiese, “Hai lavorato sulla tua magia?”

Il corno di Lyra s’illuminò, mentre il libro si chiudeva e si univa agli altri all'angolo del tavolo. “So usare la magia piuttosto bene ora. E’ facile.” Suo padre sorrise.

In uno dei libri c’era l’illustrazione di un umano che usava una piuma con le sue mani. Desiderava tanto poter fare una cosa simile. Cosa si provava nello stringere la piuma mentre si muoveva lungo la pagina? Naturalmente, era meglio tenere questo piccolo desiderio per sé.

“Io so che tu diventerai un eccellente unicorno, un giorno. Tutto ciò che vogliamo è che tu raggiunga quel potenziale,” disse lui, guardando verso l’angolo della stanza dove la lira se ne stava sul suo piedistallo. Si volse verso di lei, la sua espressione ben più seria. “Ma da domani, vogliamo qui libri fuori da questa casa.”

La bocca di Lyra si spalancò. “Non è giusto!”

Dewey sospirò. “Mi dispiace,” disse. “Ora si sta facendo tardi. Dovresti andare a letto, domani devi ancora andare a scuola.”

Se ne andò e Lyra tornò con aria triste sui suoi libri. Non se ne sarebbe mai sbarazzata…

Certo che non l’avrebbe fatto. Li sollevò dal tavolo, li appoggiò accanto al letto e poi sollevò il materasso. Uno alla volta, li nascose tra il materasso e la rete.

Era fiduciosa che i suoi genitori non li avrebbero trovati. Se necessario, avrebbe trovato un altro nascondiglio e li avrebbe spostati. Qualunque fosse il costo da pagare, non avrebbe mai smesso di studiare gli umani.

Certo, tutto ciò che aveva erano libri, ma… di recente aveva cominciato ad avere anche dei sogni.

Doveva rimanere razionale. Se leggeva costantemente testi sugli umani e pensava a loro tutto il giorno, era più che naturale che avesse dei sogni su di loro durante la notte. Ma tutto le sembrava così reale. Le parti che ricordava, almeno.

Si arrampicò sul letto e tirò le coperte per coprirsi. Gli occhi si fecero pesanti. Si addormentò nel giro di pochi secondi.

La maggior parte dei suoi sogni erano piuttosto vaghi e spesso Lyra si svegliava con un’immagine fugace in testa, destinata a scomparire nel giro di poche ore. Ma quella notte, furono soprattutto suoni.

Solo una singola parola, in una voce che era quasi sicura non aver mai udito prima, ma che si stava ovviamente rivolgendo a lei.

“Lyra…”

 

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“Lyra.”

Fissò il disegno di un umano in uno dei libri che stava leggendo. Era una femmina, in un abito lungo ed elegante ed indossava una tiara. Nobiltà umana, proveniente da qualche regno a lungo dimenticato. Quest’abito le ricordò uno dei costumi di Rarity, usati durante lo spettacolo.

“Lyra?”

Twilight la stava osservando. Lyra se n’era a malapena accorta quando era stata chiamata la prima volta.

“Si?”

“Ipotizziamo per un secondo…” Cominciò Twilight. “Immaginiamo che gli umani siano effettivamente veri. E ne avessi le prove. Che cosa faresti?”

“Io…” Lyra fece una pausa. “Non ne sono sicura.”

“Sembri così fissata nel cercare delle prove sulla loro esistenza, eppure è ovvio non ve ne sia neppure una ora,” disse Twilight. “Sempre che ce ne siano mai state. Sto anche cercando di capire perché la Principessa Celestia non vuole che si sappia di loro in giro. Secondo la tua teoria…non sembra esserci nulla di discutibile.”

C’era sicuramente qualcosa che Luna non apprezzava di loro, pensò Lyra. Considererei già questa una prova valida.

Eppure, messo anche questo da parte… cosa aveva portato Lyra ad interessarsi agli umani? Qualcosa che era molto difficile esprimere a parole.

“Credo di voler scoprire anche questo. Abbiamo così poche informazioni sugli umani, ma io so bene che ci sono molte su di loro che non capiamo,” disse Lyra. E sebbene credesse fosse  alquanto improbabile, aggiunse dolcemente, “E, nel caso assurdo non siano scomparsi, in qualche modo…”

Quando, di notte, si ritrovava all’improvviso nel mondo degli umani, uno che sembrava così reale ma non combaciava affatto con quello descritto nei libri, sembrava davvero che gli umani non fossero così distanti.

Forse era giunto il momento di mettere da parte i libri e testare alcune delle sue teorie.

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Capitolo 8
*** Danneggiamento di Proprietà ***


CAPITOLO 8

DANNEGGIAMENTO DI PROPRIETÀ

 

Applejack montò la sua bancarella nel centrocittà. Ora che l’inverno era stato cacciato, lei era felicemente tornata a crescere e vendere le mele. La prima cliente della giornata era già lì.

“Ciao, Bon-Bon. Cosa posso fare per te?” Chiese Applejack.

“Oh, il solito. Ne prenderò…” Bon-Bon esaminò i cesti posti attorno al carro delle mele. “Una dozzina. Dovrebbe essere sufficiente.”

“Perfetto.” Applejack ispezionò qualche mela e prese le migliori per riempire la sacca. “Come va ultimamente? Non ti vedo da un po’.”

“Tutto bene.” Disse Bon-Bon. “È solo che.. Beh, ci è voluto del tempo a me e a Lyra per finire tutte quelle mele. Dopodiché lei ha dichiarato che se avesse visto anche solo un’altra fetta di torta di mela, si sarebbe sentita male, e devo ammettere che anch’io stavo terminando tutte le ricette di mele che sapevo…”

Applejack annuì. “Apple Bloom non venderà più mele d’ora in poi.”

“Meglio così.” Confermò Bon-Bon solennemente.

“E come vanno gli affari all'Angolo Zuccherino? Spero che Pinkie Pie non ti stia facendo innervosire troppo.” Disse Applejack, sorridendo.

“Pinkie è abbastanza gestibile. Sono sicura che conosci la mia coinquilina. Sono abituata a stranezze occasionali.” 

Applejack aiutò Bon-Bon a caricare le mele nella sacca. “Ciò mi fa ricordare.. Ho parlato con Lyra proprio questa mattina. Hai idea di cosa stia architettando?”

“Oggi è uscita presto. Pensavo fosse andata a suonare di nuovo al parco.” Bon-Bon inclinò la testa, confusa. “Di cosa avete parlato?”

“Mi ha solo chiesto se potesse prendere in prestito uno dei nostri carretti per la giornata. Non riesco ad immaginarne il motivo, ma ne abbiamo un bel po’ di quelli,” disse Applejack. “Potevamo farne a meno di uno.” 

“Uno dei tuoi carretti?” Disse Bon-Bon, accigliandosi. “Perché mai avrebbe bisogno di una cosa del genere?”

“Non ne ho idea,” Disse Applejack, alzando le spalle.

“Il Gran Galà è tra una settimana. Cosa si è messa in testa?” Sospirò Bon-Bon. “Ma lo sai che si dice dei pony artisti. Possono essere un po’... eccentrici”. 

“Sono sicura non è niente di cui preoccuparsi,” disse Applejack. “In ogni modo, gustati le mele, Bon-Bon!”

“Grazie,” rispose lei.

Dalla distanza si iniziò a sentire un rumore sordo, seguito dal suono di pony urlanti e scioccati. Applejack si concentrò su qualcosa che si trovava alla fine della strada, ed ebbe solo il tempo di mormorare, “Che accidenti..” che quel qualcosa le balenò davanti, una macchia sfocata che schizzava per le vie di Ponyville ad una velocità da far invidia ai Wonderbolt.

I due pony sentirono Lyra dire “Hey Bon-Bon!” prima di sfrecciare via. 

Bon-Bon non voleva guardare quello che si era appena scagliato sulla città, ma si girò lentamente ed osservò la strada. C’era un carretto di mele sulla lontananza che stava rapidamente scomparendo. 

Il cappello di Applejack era volato via dalla sua testa. Lei lo prese e lo spolverò prima di rimetterlo. I suoi occhi erano spalancati dallo stupore. “Ma, quella era…”

“Cosa ha combinato stavolta?” Disse Bon-Bon, quasi mugolando.

“Ma soprattutto, cosa cavolo sta trainando quel carro?” Disse Applejack.

Twilight galoppò verso le due, quasi investendole, prima di riuscire a fermarsi velocemente. Le squadrò entrambe e disse “Ragazze, avete idea di cosa fosse quella cosa?” Si girò a guardare il punto marrone in lontananza.

Rainbow Dash comparì all’improvviso, svolazzando qualche metro sopra loro. “L’avete visto? Dov’è andato? Cos’era?” chiese, mentre saliva in alto per vedere dove si fosse diretto. 

“Penso sia la mia coinquilina…” Disse Bon-Bon, con la voce ancora tremante dallo shock.

“Eh? Come?” Disse Rainbow Dash, guardando di nuovo in fondo alla strada.

“Quella era Lyra?” Chiese Twilight. “Non capisco! Che sta facendo?” 

“Penso sia meglio agire, invece di parlare, prima che qualche pony si faccia male”, disse Applejack. 

Dash annuì velocemente. “Ci penso io!”

Si lanciò all’inseguimento del carro, volatilizzandosi in un attimo. Accelerò più che potè lungo la strada, ma anche così, riuscì a malapena ad accorciare la distanza che la separava dal carro. Spingendo le ali al massimo, raggiunse la velocità del veicolo e lo recuperò, portandosi a lato del conducente.

“Oh, ciao Rainbow Dash,” disse Lyra, lanciandole un’occhiata, e poi fissando di nuovo lo sguardo davanti a sé. Era seduta a capo del carretto, con la camicia che fluttuava al vento mentre acceleravano per la città. 

“Lyra? Che stai facendo?” Dash la guardò, confusa. 

Si lasciarono alle spalle anche le ultime case di Ponyville, diretti verso fuori città. Il corno di Lyra si illuminò per un momento, deviando il carro ed evitando a stenti un albero, continuando a sfrecciare per la strada. Rainbow Dash girò dall’altra parte, per poi riportarsi al fianco del veicolo. 

“È un esperimento. Sto.... oh, è troppo lungo da spiegare,” disse Lyra. “E penso che non abbiamo molto tempo.”

Rainbow Dash guardò avanti, e notò il dirupo verso il quale erano diretti. 

“Puoi fermarlo?” Chiese. 

“Ci ho messo un po’ per farlo accelerare. Sembra però che frenare sia molto più difficile,” spiegò  Lyra senza mezzi termini. “E sterzare è quasi impossibile.”

“Ti stai per buttare nel dirupo.”

“Già.”

Avendo solo pochi secondi, Rainbow Dash prese Lyra per le zampe anteriori, sollevandola di scatto dal carro. Fu in grado di sorreggere il suo peso per pochi secondi, giusto in tempo per far passare il carretto sotto di loro. Collassarono entrambe a terra, cercando di riprendere fiato. 

Il carro precipitò oltre l’orlo del dirupo, scomparendo dalla vista. Sentirono il suono della legna che si frantumava sulle rocce sotto a loro. 

“Eccole lì!” Disse una voce. 

Twilight e Applejack galopparono verso di loro. Bon-Bon le seguiva poco dietro trottando veloce. Lyra, portandosi uno zoccolo alla testa, tentò con difficoltà di rimettersi in piedi. Le gambe le vacillarono, portandola ad inclinarsi di lato e cadere rovinosamente a terra.

“Lyra, che cavolo stai facendo?” Chiese Bon-Bon.

Con qualche sforzo, Lyra riuscì a tirarsi su, e scosse la testa. “Lo so che può sembrare strano, ma ascoltami,” disse lei, alzando lo zoccolo. “Oh, e Applejack, scusa per il carro.”

“C-come…?” Applejack riuscì a dire a stento, mentre guardava incredula in fondo al canyon.

Era possibile vedere tutti i resti distrutti del carro. Una ruota stava ancora girando attorno al suo asse, rivolta dritta verso il cielo, mentre un’altra rotolò per un po’ per poi cadere a terra. Lyra sorrise mortificata. 

“Gli incantesimi anima-cose sono estremamente avanzati. Non dovresti provarli su qualcosa di così grosso senza un allenamento adeguato. Persino io non riesco a controllarli bene,” disse Twilight. 

“C’è valido motivo per tutto questo!” Disse Lyra.

“E sarebbe, di preciso?” chiese Applejack, alzando un sopracciglio. 

“Ehm... Vedete…” Lyra prese un gran respiro. “Gli umani hanno dei carri che si muovono da soli. Non somigliano a questi, sono fatti di qualche materiale diverso, ma dovevo usare la cosa che gli si avvicinasse di più tra quelle che avevo a disposizione.” 

“È davvero per questo?” chiese Bon-Bon esasperata, portandosi lo zoccolo sulla fronte. “Umani? Di nuovo?”

“Lyra, ho letto tutti i libri. Gli umani non dovrebbero essere in grado di usare la magia, e sicuramente non saprebbero gestire qualcosa di così avanzato,” disse Twilight. “Da dove ti è venuta una tale idea?”

Lyra esitò. Poi disse, con voce molto bassa, “Io… ecco... l’ho visto in sogno.” 

“Tutto questo. Viene da un sogno?” La voce di Twilight era piatta.

“Beh, sì. Vedo umani nei miei sogni tutte le notti. Non sempre i sogni coincidono con ciò che è scritto nei libri, ma… tutte queste cose hanno un significato per me,” insistette Lyra. 

“Non possiamo considerare i sogni come una fonte attendibile per la nostra ricerca,” disse Twilight. “Specialmente quando l’esistenza stessa degli umani è ancora al massimo un’ipotesi.”

“Riflettici un attimo. Gli umani non trainano carri, lo possiamo dire anche solo guardandoli, quindi come fanno quando devono percorrere lunghe distanze? In che modo possono viaggiare? E se dovessero trasportare grandi pesi, come mobili o altro?” disse Lyra, alzando il tono della voce ad ogni domanda. 

“Può avere quasi senso quel che dici, ma – ”

“Twilight, non dirmi che le credi,” disse Bon-Bon.

“Con quelle poche informazioni che abbiamo sugli umani, non posso trarre conclusioni definitive. Tuttavia, non penso che possiamo includere tutto ciò nella nostra relazione finale.” Disse Twilight, guardando i resti del carro. “Persino Lyra ha ammesso che non ci sono informazioni su robe del genere. E anche se potenzialmente ciò avrebbe giovato agli umani, è ben oltre oltre quello che sappiamo essere alla loro portata.”

Lyra guardò giù per terra. “Neanch’io sono mai riuscita a capire come funzionino certe cose. È per questo che dovevo testarlo.” 

“Se gli umani avessero davvero avuto cose del genere, non le staremmo usando anche adesso?” disse Twilight.

“Forse. Non so.” 

Bon-Bon si rivolse a Twilight. “Avevi detto che non credevi gli umani fossero reali.” 

“No, infatti,” rispose lei. “Ma anche considerando la mitologia ufficiale, tutto ciò è senza senso.” Le sue pupille si allargarono. “E questo mi fa ricordare che devo riportare i miei progressi alla Principessa. Non che ne abbia fatti tanti…”

“Magari anche noi dovremmo andare,” disse Bon-Bon, lanciando un’occhiataccia a Lyra.

Lei si rivolse ad Applejack. “Non ti preoccupare. Te lo ripago il carro.” 

Seguì Bon-Bon senza dire altro, felice di lasciarsi dietro quel casino. 

 

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Ritornate a casa, Bon-Bon confrontò a quattr’occhi la sua coinquilina.

“Lyra, lo so che l’ho già detto in passato, ma stavolta sono seria. Questa follia sugli umani deve finire. Ho sopportato quelle… mani, e non ti ho detto niente quando hai iniziato ad indossare vestiti, ma questo? Ti saresti potuta ammazzare lì fuori!”

“È stato il mio primo esperimento con questa tecnologia. Possono accadere degli sbagli,” disse Lyra. 

“Il tuo primo – ? No. Per favore, dimmi che non farai mai più niente del genere. Hai totalmente distrutto il carro di Applejack, a causa di una qualche teoria senza capo né coda – “

“So quello che ho visto,” disse Lyra. “Se tu sapessi cosa vedo nei miei sogni, lo capiresti. Se solo riuscissi a comprendere com’è che gli umani fanno funzionare quei carri, immagina quanto cambierebbe la vita in Equestria!” 

“Gli umani non esistono!” Gridò Bon-Bon. Lyra indietreggiò, ritraendosi su sé stessa. Abbassando il tono, Bon-Bon continuò, “Sei troppo cresciuta per credere ancora in quelle storie. Dai retta a Twilight, oppure ai tuoi stessi genitori, per Celestia.”

“Nessuno di loro capisce davvero. Io so per certo che gli umani sono reali,” disse Lyra.

“Ma tutte le cose che fai… Tu sei un unicorno! E lo sarai per sempre. Non sei un umano.” 

“Non ho mai detto di esserlo.”

Bon-Bon respirò profondamente. “Lyra, non volevo arrivare a questo, ma… Se continui con gli esperimenti, in qualsiasi modo tu li voglia chiamare, io…” Esitò un attimo. “Io non voglio davvero sfrattarti, ma…”

Lyra la fissò, completamente presa alla sprovvista. “Lo… faresti davvero?” 

Bon-Bon annuì lentamente.

“Ma…”

“Sono preoccupata per te Lyra. Ero disposta a lasciare correre, perché fino ad adesso pensavo che fosse innocuo, ma questo… questo è troppo. Avresti potuto fare male a qualche pony oggi.”

Non c’era nient’altro da dire. “Hai ragione.” Con un sospiro, Lyra si voltò e tornò nella sua stanza.

Chiudendo la porta dietro di sé, collassò sul letto e si volse a guardare il soffitto.

Era così frustrante. Aveva solo bisogno di una prova concreta. Tutto quello che aveva erano solo teorie, pezzi di puzzle isolati che però indicavano che qualcosa fosse esistito ed avesse creato questa società, prima dell’arrivo dei pony.

Ma sembravano così reali nei suoi sogni. 

Si girò a guardare la stanza, e notò il suo diario sul comodino. La notte prima si era svegliata di nuovo con quelle immagini stampate in testa. Sfogliò il libro fino all’ultima pagina e osservò quello che aveva disegnato.

Era riuscita a riportare la maggior parte dei dettagli prima di dimenticarli. Aveva davvero poco in comune con un carretto delle mele in legno, ma era la cosa più simile che avesse trovato. I veicoli umani erano fatti di qualcos’altro… basandosi sull’aspetto, forse metallo? Delle finestre di vetro erano presenti su ogni lato. I passeggeri e i guidatori erano seduti dentro. E le ruote erano larghe e non fatte di legno. Dato che nel sogno erano in movimento, non era riuscita ad osservarle per bene. 

Il vero problema era la propulsione. Lei aveva usato la magia, la stessa che muove tutto in Equestria. Ma i libri sostenevano tutti che gli umani non possono usare la magia… E allora come funzionavano quei carri? Li aveva visti sfrecciare in giro a velocità impensabili senza niente che li trainasse.

Twilight non credeva nei sogni di Lyra, ma non li aveva mai vissuti. Non erano normali sogni. Ogni aspetto di essi era estremamente dettagliato. Lyra vedeva spesso cose che non erano descritte in nessun libro, ed era impossibile che se le fosse immaginata da sola.

Eppure, Twilight aveva ragione… Se gli umani avevano davvero costruito quelle cose, cosa gli era accaduto, e perché i pony non le stavano usavano tutt’ora? 

Posò il diaro sulla credenza, sopra una pila disordinata di spartiti per il Gran Galà, facendole ricordare che mancava appena una settimana. Prese una copia di uno dei valzer, e lesse le linee di musica, suonandole in testa mentre gli occhi scorrevano sulla pagina.

Va bene. Decise di lasciare perdere per un po’ di tempo gli esperimenti, e fare pratica dell’ultimo minuto per il Galà, anche se non era lontanamente necessaria. Bon-Bon era arrabbiata, e qualsiasi ulteriore studio sugli umani in quel momento avrebbe solo aggravato la situazione.

Lyra era stanca. Voleva risposte chiare, ma le avrebbe mai ottenute? Una qualsiasi cosa, per convincere Bon-Bon a vederla come lei.

Spense le luci, e tentò di quietare i suoi pensieri, per prendere sonno.

 

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La carrozza era appena arrivata davanti casa, e Bon-Bon fu la prima a vederla dalla finestra. 

“Lyra, sei pronta? La tua carrozza è qui.”

“Arrivo!” Rispose lei, dal fondo del corridoio. 

Lyra passò in rassegna velocemente la sua stanza, raccogliendo tutto quello che le serviva. C’erano spartiti, sia su fogli volanti che dentro libri, sparpagliati ovunque, sulla scrivania, sul comodino e sul letto. Usò la magia per radunarli tutti di fretta. Impilò il tutto sulla credenza in un mucchio confuso, lo compattò più che potè, e si precipitò fuori senza pensarci due volte.

Corse più velocemente possibile nel suo vestito, cercando di non inciampare sulla stoffa. Era più abituata ai suoi usuali pantaloni. Il vestito era troppo largo e difficile da muovercisi dentro. Si fermò sulla porta d’ingresso. 

“Buona fortuna,” disse Bon-Bon. “Pensi che sarai di ritorno stanotte?”

“Non so.” disse Lyra. “I miei genitori mi hanno scritto. Dicevano che volevano vedermi alla fine dell’esibizione, e so che sarà già tardi, ma cercherò di tornare comunque il prima possibile.” 

Controllò le sue cose – la custodia della lira, i libri di spartiti… Dovrebbe essere tutto. Gli oggetti levitarono tutti assieme sopra la sua testa, accompagnandola mentre trottava fuori dalla porta.

Lyra salì i gradini della carrozza, aprì la porta e cominciò a sistemare tutto dentro. Bon-Bon la seguì fuori e si recò davanti al veicolo. 

“Tutto a posto?” chiese il conducente, notando l’espressione preoccupata di Bon-Bon.

“Oh, sì, tutto bene. Volevo solo assicurarmi che lei stesse conducendo la carrozza,” disse Bon-Bon, ricevendo di rimando uno sguardo interrogatorio. “Oh… è una lunga storia.” Disse, abbassando la testa.

“Non abbia timore, signorina,” rispose lo stallone. “Percorro da sempre la tratta tra Ponyville e Canterlot. Andrà tutto bene.”

“Sì, certo…” Bon-Bon rise brevemente. “Sono sicura che sarà così.”

Forse si stava preoccupando troppo per Lyra. Le sue… stranezze… erano senza dubbio peggiorate negli ultimi mesi. Ma qual era la cosa peggiore che poteva succedere al Gran Galà? Questo era certamente un passo nella direzione giusta per Lyra. Forse avrebbe finalmente trovato un impiego permanente in un’orchestra, e con un salario stabile. 

“Ok, sono pronta,” disse Lyra, giungendo dal lato della carrozza. Guardò prima Bon-Bon, e poi il conducente. “Possiamo Partire.”

“Arrivederci, Lyra,” disse Bon-Bon. “Metticela tutta.” 

“Ci rivedremo al massimo domani.” Disse Lyra, puntando lo zoccolo con enfasi. “Ciao ciao!”

Lyra salì sulla carrozza. Si adagiò sulla panca imbottita, ma il vestito le rendeva strano e scomodo il sedersi nella sua solita maniera. Si sarebbe dovuta comunque sdraiare come un pony normale per esibirsi al Galà. Proprio come Bon-Bon e Rarity le avevano entrambe detto. 

Guardò Bon-Bon e la sua casa rimpicciolirsi mentre la carrozza si allontanava. Canterlot era a circa un’ora di distanza. Si mise comoda per il viaggio.

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Capitolo 9
*** Il Complotto di Canterlot ***


CAPITOLO 9

IL COMPLOTTO DI CANTERLOT

 

La carrozza rallentò fino a fermarsi davanti ai cancelli del castello. Guardando fuori dalla finestra, Lyra prese un lungo respiro.

La stavano aspettando. L’invito era arrivato mesi prima di quando Twilight aveva bussato alla sua porta, prima di quando aveva parlato degli umani alla Principessa Luna, e prima che qualunque sospetto potesse ricadere su di lei. 

Ma era comunque pericoloso.

Lyra aprì la porta e scese dalla carrozza. Le sue scarpe dorate risuonarono sui mattoni in pietra della strada. Si girò verso la custodia della sua Lyra e i libri che stavano fluttuando fuori dal veicolo, e li attirò a sé. 

“Buona fortuna, signora,” le disse il conducente.

“Grazie,” rispose lei in maniera assente.

Udì le ruote sulla strada mentre la carrozza ripartiva. Lyra esitò davanti ai cancelli. L’atmosfera era diventata un po’ inquietante adesso che si trovava da sola. 

C’era ancora luce in cielo. I musicisti erano attesi in anticipo rispetto agli altri invitati. Lyra cercò di convincersi che questa non era molto diversa da una sua qualsiasi altra esibizione, ma in qualche modo percepiva che sarebbe successo qualcosa stanotte. La Principessa Celestia era probabilmente a conoscenza delle sue ricerche, ma… cosa avrebbe potuto fare ad un evento pubblico? 

Il sentiero che conduceva al palazzo era lungo, ma attualmente vuoto. Niente guardie. Era un buon segno.

Camminò dritta fino alla sala d’ingresso, dove un lungo tappeto rosso portava fino al centro. Lyra si guardò intorno, e trovò la sala da ballo – il suo habitat per quella notte. Gli altri membri della banda erano giù dentro a prepararsi. Il palco era posto davanti a diverse vetrate, colorate con pattern astratti. Faceva proprio scena. 

Salendo sul palco, Lyra prese posto vicino ad un elegante pony di terra grigio, intenta ad accordare il suo violoncello. C’era anche un altro pony con un grosso ottone – un susafono, le sembrava di ricordare – e uno stallone al piano. 

Dammi solo dieci dita e scommetto che potrei suonare meglio di lui, pensò Lyra.

Un leggio era già lì ad aspettarla, così cominciò ad impilarvi gli spartiti. Posò la custodia, la aprì e tirò fuori il suo strumento.

“Ciao. Sei pronta a suonare?” Chiese al pony vicino a lei. “Piacere, il mio nome è Lyra.”

“Octavia.” Si girò appena a guardare la nuova arrivata, per poi tornare ad accordare le sue corde. Quando fu soddisfatta, si tirò su sulle zampe posteriori, e suonò una lenta e prolungata nota per valutarne il tono. 

Lyra la fissò a bocca aperta. “Quindi… stai sempre in piedi in quel modo quando suoni? Come fai?”

“Anni di pratica,” rispose Octavia.

“Deve essere difficile mantenere l’equilibrio,” disse Lyra, pensando che forse poteva esercitarsi di più nel tenere quella posa. 

“Si può imparare a mantenere la postura, anche per lunghi periodi.” 

Lyra ritornò al proprio strumento. Si era sempre presa cura della sua lira, dal momento in cui i suoi genitori gliel’avevano comprata quando era piccola. Il telaio dorato splendeva ancora nella luce del tramonto che passava attraverso la finestra, e le corde… Ne pizzicò una con la magia, aggrottò la fronte contrariata, tese di più la corda, e provò ancora. Ora era a posto. 

La sala da ballo era decorata a festa. I tavoli erano stati sparsi nella sala, e i camerieri vestiti di tutto punto stavano sistemando il cibo per il buffet. Il Gran Galà durava fino a mezzanotte. Lyra sarebbe stata lì dentro per ore… Meglio prendere del cibo mentre ne aveva ancora l’opportunità. 

Era il tipico cibo striminzito da eventi formali. Piccoli panini che non saziano, e minuscoli cubi di formaggio costoso. Degli arrangiamenti floreali si trovava al centro. Lyra prese un bicchiere di punch. Ne aveva bisogno se avesse voluto resistere per tutta la notte.

Ritornando sul palco, riprese ad accordare la sua lira, ed aspettò che arrivassero gli invitati.

Il sole stava calando, e i fasci di luce colorati che si stagliavano sul palco piano piano svanirono. Lyra cercò un modo più consono ad un pony per sistemarsi, in modo che potesse durare l’intera notte. Non era affatto facile.

Il pony di terra che suonava il susafono si girò verso Lyra. “Hai davvero un bel vestito.”

“Grazie!” Ricordò cosa le avevano comandato di dire. “È un design originale di Rarity.”

“Rarity?” chiese il pony, inclinando la testa.

“Di certo non la… disastrosa… accompagnatrice del Principe Blueblood dell’anno scorso, direi,” disse Octavia, alzando un sopracciglio.

“Negativo. Una Rarity diversa,” disse Lyra, distogliendo lo sguardo, e voltandosi in un’altra direzione, verso la porta.

“Oh, sì. Non ero sicuro di voler di nuovo partecipare, dopo quella scena,” disse lo stallone al piano, entrando in conversazione. “Infatti Nadermane non è tornato, ma sono sicuro che la nostra amica Lyra riuscirà a sostituirlo egregiamente.” Disse, annuendo verso di lei. 

Un rintocco risuonò dalla torre sopra, segnando la fine di un’altra ora.

“Sembra che la festa stia per cominciare,” disse Octavia. “Al mio segnale.”

Quando entrarono i primi invitati, la banda cominciò a suonare il primo pezzo della serata, una lenta sonata che durò per un pieno quarto d’ora. Lyra era già stufa.

Canterlot l'aveva sempre fatta sentire isolata dagli altri pony. A nessuno importava di cose interessanti o importanti, solo di moda ed alta società e della più noiosa di tutte le noiose musiche classiche mai scritte. Perché aveva accettato di partecipare al concerto?

Giusto. Per avanzare di carriera. Verso altri concerti e feste ancora più noiose. 

Appena la canzone volse al termine, attaccarono con un’altra, e poi ancora un’altra, andando avanti per due interminabili ore.

Lyra si stava per addormentare, ma si sforzò di stare vigile. La sua mente passava in rassegna ogni canzone che stesse suonando senza davvero pensarci. Dopo essersi esercitata così a lungo, era ormai diventata un’azione automatica. Solitamente non le serviva neanche tanto allenamento per perfezionare un pezzo, aveva sempre imparato in fretta. Era un genio, un prodigio. Ma a lei non importava. 

La nottata era un viavai di pony che danzavano, chiacchieravano, uscivano ed entravano nella sala da ballo dai giardini all’esterno. Era difficile immaginare quanto fosse stata nervosa al suo arrivo. Assolutamente niente sarebbe successo fino alla fine di quella notte, ammesso che terminasse. 

Suonò la coda del pezzo, mentre gli altri musicisti sembravano stessero preparandosi a staccare per l’intermezzo, l’unico per l’intera serata. Invece, partirono con un altro valzer, e Lyra riprese a levitare il suo strumento per suonare ancora una volta.

Finalmente, il valzer finì. Ci sarebbe stato una breve pausa – circa dieci minuti, ma era comunque qualcosa – prima di continuare con il resto della musica. Grata per l’opportunità, posò la lira e scese dal palco per sgranchirsi un po’ le gambe.

“Scusatemi. Chi di voi è la signora Heartstring?” Uno dei camerieri, un unicorno bianco vestito con una giacca smoking, era salito sul palco e si era rivolto alla banda.

Lyra si voltò. “Sono io.” Era sorpresa di sentire usare quel nome. 

“Ah, ecco. La Principessa ha richiesto un’udienza con lei alla conclusione della festa,” disse.

Lyra spalancò gli occhi. “Cosa? La Principessa… Celestia?”

Il cameriere annuì. “La aspetta dopo mezzanotte.” Senza dire altro, andò via. 

Quella era certamente stata una svegliata per lei. La testa di Lyra era ora un turbinio di domande. Era impossibile che quella richiesta fosse legata al Galà, dopotutto lei era solo una musicista, niente di speciale. C’era qualche altra trama sotto. Dunque aveva ragione. La Principessa Celestia era senza alcun dubbio a capo dell’intero complotto.

“La Principessa vuole parlarti?” Domandò Octavia, con la bocca aperta.

Lyra sorrise nervosamente. “Cosa posso dire? Devo essere davvero un pony importante.”

Trottò velocemente tra la folla a testa bassa. Le voci nella sala da ballo si mescolarono tutte assieme. Uno stallone alzò la voce per la battuta finale della sua barzelletta, seguita da un coro di risate educate provenienti da un angolo della sala. Lyra guardò di lato, e riconobbe Spitfire, una dei Wonderbolt, mentre parlava ad un ammiratore. Tutto sembrava nella norma. Nessuno sapeva cosa stesse davvero accadendo.

Il buffet era poco più avanti. Prese un altro bicchiere di punch e lo scolò.

“Fai parte della banda?” chiese una pegaso con la chioma conciata in un elaborato stile a riccioli.

Lyra fu presa alla sprovvista. “Oh? Ah s-sì, sono io…” Doveva calmarsi e ricomporsi. Non c’era ragione di sospettare di ogni pony. 

“Semplicemente una performance superlativa. Apprezzo alquanto un buon concerto.”

“Grazie.” rispose Lyra, finendo un secondo bicchiere di punch senza essersi accorta di averlo riempito, e si affrettò ad andarsene, quasi inciampando nel girarsi sulla coda del suo vestito.

Era facile nascondersi nella folla. Forse avrebbe potuto far perdere le proprie tracce senza che nessuno se ne rendesse conto. Ma purtroppo non fino alla fine del Gran Galà. Se ne sarebbero accorti se il loro quartetto musicale fosse diventato improvvisamente un trio. E anche solo, che avrebbe fatto dopo la notte? Come avrebbe potuto nascondersi da una Principessa di Equestria?

La poteva vedere attraverso l’arcata. La Principessa Celestia – proprio là, ad accogliere personalmente ogni pony della fila di invitati, sorridendo e offrendo un gentile saluto, Cosa sarebbe successo stanotte?

Lyra doveva prepararsi al peggio. Luna aveva reagito bruscamente alla sola menzione degli umani. Celestia aveva commissionato a Twilight quella ricerca, ma a quale scopo? Una cosa era certa – se Celestia aveva chiesto specificatamente di lei, allora sapeva.

Osservandola da distanza, Lyra esaminò le sue maniere eleganti. Stava scambiando qualche parola con tutti i pony che incontrava, anche se Lyra non riusciva a carpirle, e poi – appena una coppia di invitati si allontanò dopo averla salutata – Celestia si voltò verso di lei, e incrociò brevemente il suo sguardo. 

Lyra si immobilizzò. Durò appena un secondo, ma l’aveva sicuramente scrutata. Corse via velocemente, intrecciandosi nella folla, diretta verso il palco per tornare con gli altri musicisti.

Solo poche ore rimaste. Octavia le stava lanciando strane occhiate, senza dubbio gelosa del grande onore concessole. 

Lei sfogliò la sua musica, cercando il prossimo pezzo. Qualcosa cadde dalla pila di libri. Non era, però, una delle melodie del Galà…

No. Come aveva fatto a portarsi dietro il diario? Era bloccata al Galà, la Principessa sapeva che era lì, sapeva cosa stava facendo, e come ciliegina sulla torta, aveva con sé le sue incriminanti ricerche al completo.

Cos’altro poteva fare? Lyra nascose il diario tra i libri degli spartiti che aveva già suonato. Si mimetizzava facilmente tra i fogli. Neanche lei sarebbe riuscita a notarlo. Sperabilmente, l’avrebbe portato fuori di lì senza che nessuno se ne accorgesse. 

Lo stallone al pianoforte cominciò con un intro di melodia, e cominciarono a suonare un altro pezzo.

Lì, ad uno dei più importanti eventi mondani di Canterlot, anzi no, di tutta Equestria! La Principessa Celestia avrebbe deciso di scontrarsi con Lyra proprio lì? Dopotutto lei era il capo indiscusso. Poteva farla franca, pur facendo qualsiasi cosa desiderasse, non è così? E dato che Lyra si trovava già là come musicista, quella sarebbe stata l’occasione perfetta.

La lira cominciò a suonare fuori tempo rispetto al resto della band. Si era portata ad almeno a tre battute davanti a tutti gli altri, e Octavia la guardò storto. Lyra si riprese subito. Doveva concentrarsi. La situazione era diventata più scottante. Non poteva permettere che i suoi pensieri influenzassero la sua magia.

Fece del suo meglio per concentrarsi sugli spartiti davanti a lei. Si era esercitata su queste canzoni centinaia di volte. Non era un problema per lei suonarle. Una nota alla volta, rimanendo a tempo con i suoi colleghi. Era una professionista dopotutto.

Come era possibile concentrarsi su questa tediosa musica classica quando essenzialmente le avevano detto che il governo la stava davvero tracciando?

La sua percezione del tempo divenne confusa. Stava suonando da cinque minuti, o cinque ore? Lyra non riusciva onestamente a stabilirlo. Il suo corno brillava, la prossima canzone era lì, e la lira continuava a suonare. 

Un’altra ora passò… o almeno, sembrava fosse stata un’ora, non lo capiva più. Distolse lo sguardo dagli spartiti per un attimo e controllò la folla. Che ore si erano fatte? Era una sua impressione, o la stanza da ballo si stava svuotando?

No, la festa stava decisamente finendo. Per la fine della canzone successiva, praticamente tutti gli invitati erano già andati via. Le sue possibilità di fuga si erano azzerate. 

Girò un’altra pagina di spartiti. Ormai non era rimasto altro che il leggio di bronzo dietro. Era l’ultima canzone della serata. 

Quando anche quella finì, c’era ancora qualche sparuto gruppetto di pony che parlottava tra loro. Il silenzio calò all’improvviso e in modo inquietante. Octavia cominciò a sistemare il violoncello nella custodia, lo stallone si alzò dal piano. 

Una voce femminile le si rivolse dal lato del palco. “Heartstring?”

“Preferirei Lyra,” disse automaticamente, prima di girarsi e vedere che era la Principessa Celestia a parlarle. Spalancò gli occhi sorpresa. 

“Oh, certamente. Perdonami.” La Principessa le sorrise.

Lyra si sentì mancare. Cosa poteva fare ora? Aveva una scelta diversa dall’assecondare il destino? 

“Forse ti sentiresti più a tuo agio a parlare in privato,” disse Celestia. “Ho delle questioni importanti da affrontare con te.”

“S-si…” disse Lyra, annuendo. “Certo”.

Si voltò verso la custodia del suo strumento e gli spartiti (col suo diario nascosto in mezzo, realizzò).

“Puoi lasciare qui le tue cose per ora,” disse la Principessa. “Possiamo andare?”

Lyra annuì in silenzio. Il suo stomaco stava facendo le capriole. Per fortuna non aveva mangiato niente quella sera.

Seguì Celestia fuori dalla sala da ballo. Le gambe le tremavano mentre camminava, e probabilmente non a causa del punch. Salirono le scale ed attraversarono i corridoi del castello. Il silenzio qui dopo il trambusto del Galà era estremamente snervante.

Lyra e Celestia continuarono ad attraversare il castello, sino ad arrivare alla sala del trono. La lunga sala era fiancheggiata da grandi finestre di vetro colorato. L’ultima volta che Lyra si era trovata in quel posto, era stata per la recita della Festa del Focolare dell'Amicizia, in cui la sala era stata aperta al pubblico. Ora, invece, l’enorme stanza era completamente vuota.

Celestia parlò ad una guardia posta davanti alla porta. “Ci puoi lasciare. Aspettate fuori.” 

“Sì, sua maestà.” Disse, uscendo prontamente e chiudendo le porte.

Erano sole adesso. Il cuore di Lyra stava battendo furiosamente. In quel silenzio, poteva quasi sentirlo.

Finalmente, Celesta parlò. “È stato il tuo primo Galà, vero? Anche dopo mille anni, questi eventi sembrano sempre durare un’infinità.” Le sorrise.

“V-vero…” balbettò Lyra.

“È un peccato che Twilight e le sue amiche non siano potute venire, ma non potevamo certo avere un bis della scena dell’anno scorso.” La Principessa sorrise dolcemente. “Come è andata la tua nottata?”

“Abbastanza noiosa, in realtà”. Lyra la guardò confusa. Non stava andando per niente come si aspettava.

“Ah, sì. Potrei essere d’accordo.” Disse Celestia annuendo. “Non va mai meglio di così, indipendentemente da quante volte teniamo la stessa cerimonia.”

“Quindi, ehm… Di cosa mi voleva parlare?“ Lyra si accigliò. “Perché mi ha convocato qui?”

“Suppongo che dovrei arrivare subito al sodo, non è vero?” Chiese Celestia. “Twilight mi ha riferito che l’hai aiutata nel suo progetto di ricerca. Devo dire che sono rimasta sorpresa a vedere il tuo nome sulla sua relazione.”

“Oh… giusto,” disse Lyra. Quindi era quello il motivo, umani. Le sue paure erano state confermate. Era probabilmente inutile nascondersi a questo punto, ma cos’altro poteva fare? “Ma, ecco, io… Noi abbiamo letto tutto ciò che abbiamo trovato, e sembra che gli umani non esistano proprio.” Si sforzò di sorridere, anche se le era difficile anche solo pronunciare quelle parole.

“È così?” Celestia alzò un sopracciglio.

Lyra esitò. “Ma certo.” 

“È solo una complessa serie di miti e leggende, inventate dai pony molto tempo fa senza alcuna traccia di base scientifica,” disse la Principessa. Lyra poteva quasi sentire i propri genitori dire esattamente le stesse parole.

“Assolutamente.” Lyra strinse i denti. 

L’espressione di Celestia divenne più seria. “Da quanto ho sentito, hai trovato una gran quantità di informazioni,” disse. “Recentemente, sta diventando palese che gli umani non potranno rimanere dimenticati per sempre.”

Lyra non riuscì più a trattenersi. “Non mi menta! Io lo so che gli umani esistono!” La sua sfuriata rimbombò nella vuota e larga sala. Fu solo allora che realizzò… “A-aspetti… Sta dicendo che… Oh.”

Celestia si fermò. Stette lì, senza guardare Lyra, e senza parlare per quella che sembrò un’eternità. Lyra indietreggiò nervosamente, anche se per qualche motivo non si sentiva più minacciata.

“Io… ho avuto timore anche solo a parlare degli umani,” disse infine Celestia. “In questi ultimi anni, sono sempre più tornati a gravare sulla mia testa. Ed appena qualche mese fa, mia sorella è tornata dalla sua visita a Ponyville sostenendo che ci fosse ancora qualcuno che li ricordasse.”

Lyra si pentì subito di aver aperto bocca con Luna.

“Purtroppo, mia sorella non è stata in grado di descrivere chi le avesse chiesto degli umani. Sembra che fossero completamente camuffati nei loro costumi,” disse Celestia. Si girò, con un leggero sorriso. “Era pur sempre la Notte degli Incubi.”

“S-si…” Disse Lyra, annuendo.

Celestia continuò. “Ho realizzato allora che mi ero dimenticata di riferirle dei recenti sviluppi, dato che sono avvenuti poco prima del suo ritorno ad Equestria… I nostri rapporti con gli umani sono diventati più complicati di quanto mia sorella possa realizzare. Ma la verità, Lyra, è che gli umani sono esistiti tempo fa, nel mondo che ora noi chiamiamo Equestria.”

Lyra restò a bocca aperta. “E… e me lo sta dicendo così?” Si aspettava seriamente che sarebbe stato molto più difficile. La Principessa era incredibilmente diretta sull’argomento, e molto più calma di quanto fosse stata Luna. “Li studio da tutta una vita. Tutti mi dicevano che erano storie inventate. Perché nessuno li ricorda?” E poi, finalmente processò in pieno ciò che aveva detto Celestia. “Recenti sviluppi?”

Cominciarono lentamente a camminare lungo la sala. “Sì, relativamente parlando, recenti… Ma è meglio cominciare dall’inizio. Per più di mille anni, non c’è stata traccia di umani in Equestria. Io stessa ero molto giovane quando gli umani erano ancora vivi. Ma dopo ciò che gli è successo… io e mia sorella ci siamo impegnate a cancellare ogni traccia della loro esistenza. A poco a poco, i pony si sono dimenticati di cosa fossero gli umani. Quelli che ricordavano, pensavano fossero un mito inventato.”

“Perché farlo? Dalle mie ricerche, sembra che dobbiamo molto agli umani,” disse Lyra. “La nostra intera civiltà è basata sulle loro creazioni.”

“Ciò è corretto…” rispose Celestia. “Nonostante non potessero usare la magia, compensarono le loro mancanze con l’intelligenza. I pony hanno del potere magico innato. Non parlo solo degli unicorni, i pony di terra hanno il loro legame col suolo, e i pegasi possono controllare il tempo atmosferico. Gli umani, invece, hanno solo le loro menti. Trovarono le proprie soluzioni per rimediare a ciò che non possedevano. Ancora adesso usiamo alcune delle loro invenzioni; quegli strumenti sono davvero utili. Ponyville è quasi identica ad un villaggio umano di tanti anni fa. Ma poi…” 

Lyra si affrettò ad avvicinarsi. “Cosa gli successe?”

Celestia si portò davanti ad una delle vetrate colorate. L’immagine di un draconequus, grande in altezza quasi quanto tutta la vetrata e la sala stessa, era impressa su di essa. “Per quanto ambiziosi potessero essere, gli umani erano anche proni di propria natura a conflitti e disordine.”

Discord… Si era risvegliato appena un anno prima. Chiunque a Ponyville lo ricordava. Era lo spirito del caos. Molto di ciò che era successo mentre era in libertà, era diventato solo un ricordo sfocato, ma Lyra ricordava la pioggia di latte al cioccolato, gli edifici che si capovolgevano, e i pony che d’improvviso litigavano con i loro migliori amici. 

“Persino la più piccola differenza tra gli umani era sufficiente a portarli a lottare tra loro,” disse Celestia, fissando la faccia immobile, gli occhi gialli, e il corpo deforme composto da così tante incongrue parti. “Quando Discord salì al potere, inasprì le tensioni che già esistevano. La disarmonia causata dagli umani gli diede sempre più potere.”

“I-io non ho mai letto di lotte tra gli umani,” disse Lyra. Tolse lo sguardo dalla vetrata per puntarlo su Celestia. “Non ho trovato niente del genere sui libri.”

“È esattamente quello che io e Luna ci eravamo promesse di nascondere. Le guerre tra gli umani diventarono sempre più brutali. Cominciarono ad inventare nuove armi di distruzione, anziché strumenti di creazione. Ed infine…” Celestia chiuse gli occhi. “Nessuna civiltà può sopravvivere a lungo quando si dedica soltanto alla distruzione.”

Quelle parole colpirono duramente Lyra. Non riusciva neanche ad immaginarselo. Gli umani… si sono autodistrutti? Com’è possibile che una qualsiasi specie possa fare qualcosa del genere?

“È comunque tutta colpa di Discord, giusto?” Disse infine Lyra, rompendo il lungo silenzio. Celestia guardò giù verso di lei. “Non è possibile che sia tutta colpa loro. Non lo farebbero mai.”

“Erano già vulnerabili,” rispose Celestia. “Capisco che deve essere uno shock per te, ma devi capire come stanno le cose.” 

Uno shock? Chiamarlo così era un po’ riduttivo. Lyra poteva a malapena sforzarsi di accettarlo, nonostante fosse stata una Principessa d’Equestria in persona a dirgli quelle cose. Non erano per niente credibili.

“Dopo che gli umani furono spazzati via, il potere di Discord diminuì. Venne così travolto dal tale livello di caos a cui li aveva condotti, che senza di essi perse la sua principale fonte di potere.” Celestia abbandonò la vetrata ed attraversò la sala. “Fu allora che io e mia sorella usammo per la prima volta gli Elementi dell’Armonia. Discord venne finalmente sconfitto e pietrificato… ma era troppo tardi per salvare anche un solo umano.”

Si fermarono davanti ad una nuova vetrata. Twilight Sparkle e le sue amiche vi erano immortalate, mentre brandivano gli Elementi dell’Armonia per sconfiggere Nightmare Moon.

“Gentilezza, gioia, generosità, onestà e lealtà. Sono i valori su cui Equestria fu fondata.” alzarono entrambe lo sguardo ad osservare la vetrata. “Io e Luna abbiamo creato una nuova società basata su armonia ed amicizia, così da non ripetere mai più gli sbagli e il destino degli umani.” 

Lyra chinò la testa. Tutto sembrava andare contro ciò che sapeva degli umani.

È sbagliato, si disse Lyra. Gli umani non erano davvero così. 

 “Dicevate di aver distrutto tutte le testimonianze sugli umani. Eppure ho trovato libri su di loro nella libreria di Canterlot quando ero piccola,” disse lei. “Non vi erano mai menzionate delle guerre, ma…” 

“È impossibile che esistano documenti riguardanti la guerra in tutta Equestria. Abbiamo tentato di trovare ogni traccia rimanente degli umani, ma… Erano troppo diffuse. Non riuscimmo a distruggere tutto,” disse Celestia. “Sono sorpresa che tu sia riuscita a trovare quei reperti da così piccola… e proprio qui a Canterlot, di tutti i posti. Suppongo che gli umani siano sempre stati una razza persistente.”

Lyra non sapeva più che dire. “Quindi il nostro modo di vivere… E persino la ragione per cui abbiamo gli Elementi dell’Armonia, è solo per coprire… la guerra?”

“Naturalmente è difficile comprendere quanto sia importante l’amicizia, finché non se ne sperimenta l’assenza sulla propria pelle,” disse Celestia. “Non potevamo lasciare che si sapesse la verità, ma i pony dovevano essere istruiti. Così inventammo la Festa del Focolare dell'Amicizia. È molto riduttiva se confrontata alla vera storia degli umani, ma funge da avvertimento.”

“Dunque la recita è davvero inventata.” 

“Il Cancellier Bombolone fu di mia creazione. Sono particolarmente fiera di lui,” disse Celestia. “Ho sentito che Pinkie Pie ne ha fatto un’eccellente rappresentazione quest’anno.”

Forse per il fatto che aveva passato l’intera notte a suonare ad una tediosa festa, Lyra si sentiva esausta. “Avete lavorato così tanto per mantenere il segreto. Perché mi sta raccontando tutto?” Celestia guardò fuori da una delle finestre normali, che si affacciava sui bui terreni del palazzo con le loro statue di pietra, e sul labirinto di siepi che si estendeva fino all’orizzonte.

“I tuoi… genitori… mi sono venuti a parlare qualche tempo fa. Erano preoccupati,” disse Celestia. “Dicevano che avevi scoperto l’esistenza gli umani, e che avevi insistito a studiarli per tutta la tua vita.” 

“I miei genitori le hanno parlato? Perché… No, non lo farebbero…” Lyra rise nervosamente, e scosse la testa. “I miei genitori odiano gli umani. Mi hanno sempre cercato di tenere lontana da loro.” 

“Non direi che li ‘odiano’,“ dise Celestia. “Come molti pony, non avevano mai sentito parlare degli umani. Fino a quando… successe quella cosa. Circa quindici anni fa, se ricordo correttamente.” Si fermò. “Abbiamo parlato pochi mesi fa, e abbiamo concordato di dirti tutto. Ti prego, devi capire i motivi per cui noi pony abbiamo preso tali misure per distanziarci dagli umani…”

“Huh?” disse Lyra, confusa.

Celestia esitò.

“Quando Cirrus e Dewey Decimal ti hanno trovato da bambina, e ti hanno portato da me, non avevano idea di cosa tu fossi. Neanch’io ero sicura di come fosse possibile. Ma una cosa era certa… Lyra, tu non sei nata ad Equestria.”

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Capitolo 10
*** Lyra ***


CAPITOLO 10

LYRA

 

Erano probabilmente circa le due di notte. Le strade di Canterlot erano vuote. Lyra sapeva che stanotte non avrebbe preso il treno per Ponyville, come aveva pianificato, ma anche se avesse potuto, doveva prima tornare a casa dei suoi genitori. Avevano cose di cui parlare.

Era ancora difficile non pensare a loro come i suoi genitori.

Le avevano mandato una lettera chiedendole di fargli una visita. Non le era sembrato insolito allora. Ma loro avevano saputo. Per tutto questo tempo...

“E’ passato troppo tempo. Niente magia, nessun cutie mark. E se fosse perché lei è-”

Sinceramente, Lyra non era sorpresa di venire a sapere che gli umani fossero estinti. Ma non si sarebbe mai aspettata il modo in cui lo era venuto a sapere. Ma lo stesso concetto che ci fosse un altro mondo là fuori, e che lei era in realtà…

“Un normale unicorno,” Lyra bofonchiò tra sé e sé. “Mi hanno sempre detto di comportarmi come ‘un normale unicorno.’”

Arrivò alla porta di casa. Alzò uno zoccolo con esitazione, e bussò. Mentre aspettava nervosamente, guardò le altre case e i loro vetri oscurati attorno a sé. Sentì i passi degli zoccoli da dentro, e finalmente la porta si aprì.

“Heartstrings?” disse Cirrus. “Mi chiedevo se saresti venuta dopo il Galà. Come è andata la serata?”

Il Galà? Lyra aveva totalmente scordato che si era tenuto quella stessa sera. “Uh… Mamma, se non ti dispiace… Vorrei che mi chiamaste Lyra. Cioè… Heartstrings è un nome da pony…”

L’espressione di consapevolezza negli occhi di Cirrus le disse che sapeva esattamente a cosa si riferiva Lyra. “Hai parlato con la Principessa.”

“Già.”

Cirrus sospirò. “Entra dentro.”

Lyra la seguì fino al salotto, dove posò la custodia del suo strumento e i libri. Era passato del tempo dalla sua ultima visita, ma non era cambiato molto. Cirrus salì sopra a cercare Dewey. Lyra osservò la sua casa d’infanzia mentre aspettava. Alcune foto dei suoi genitori, scattate poco dopo che si erano conosciuti, erano appese sui muri. E c’erano pure delle immagini di Lyra, ai tempi in cui era una puledrina. Realizzò che non aveva mai visto una sua foto da infante.

I suoi genitori tornarono e si sedettero. La fissarono dall’altro lato del tavolino, non sapendo da dove cominciare. L’unico suono era il ticchettio dell’orologio nel corridoio. 

Cirrus ruppe infine l’imbarazzante silenzio con un sospiro. “La Principessa ci aveva informati che ti avrebbe parlato. Era il pony più adatto a spiegarti le scelte fatte.”

“Ormai cominciava a sembrare inevitabile. Sapevamo che non avremmo potuto tenertelo nascosto per sempre,” aggiunse Dewey.

“A prescindere di cosa tu sia, per noi sei ancora nostra figlia.”

“L’unico motivo per cui abbiamo provato a tenerti lontana da tutte quelle storie sugli umani era per proteggerti. Se avessi scoperto la verità – “

Lyra li interruppe. “Sentite… Non sono arrabbiata con voi,” disse. “Comprendo pienamente perché i pony siano spaventati da noi. Dagli umani, intendo. Ed apprezzo davvero che vi siate presi cura di me. So che rischio dovete aver corso.”

“Non siamo spaventati di te, Heartstrings,” disse Cirrus, corrucciandosi. 

“Sono solo Lyra ora,” disse lei. “La Principessa Celestia mi ha detto praticamente tutto, ma… da dove provengo io?”

Suo padre – non riusciva ancora a non definirlo tale – scambiò uno sguardo con sua moglie. “Stavamo camminando nei giardini del castello assieme. La prima cosa che notammo era… beh, mobili, sparpagliati nel giardino. Naturalmente non sapevamo cosa stesse accadendo. Ti abbiamo trovato in una culla, ma… tu non eri un pony. Non eravamo sicuri che cosa fossi.”

“Sapevamo solo che eri da sola. Portarti dalla Principessa sembrava la migliore idea al momento.  Le circostanze erano a dir poco bizzarre,” disse Cirrus. “Le guardie reali esaminarono tutto ciò che si trovava nel giardino, ma neanche loro riuscirono a venirne a capo. Pertanto ci hanno concesso di vedere la Principessa, e, beh… Lei ci raccontò le stesse cose che ha spiegato a te.”

“Cosa... sono gli umani,” disse Lyra. “E cosa abbiamo fatto.”

“La Principessa sostiene che tu non sei di Equestria. Non era però sicura da dove venissi,” disse Dewey. “A giudicare da come erano sparpagliati gli oggetti rinvenuti, sembrava fosse stato un incidente, qualunque cosa fosse accaduto. Ed inoltre, eri solo un infante. Sarebbe stato sbagliato abbandonarti solo a causa di gesta della tua specie risalenti a migliaia di anni prima della tua nascita. Altri pony, però, potevano non essere così comprensivi, perciò…”

“Trasformarti in un pony era la soluzione migliore per tutti. Specialmente per te,” disse Cirrus. “La Principessa Celestia ci disse che gli umani erano creduti estinti. Non sapeva da dove fossi arrivata, quindi non ti poteva mandare indietro. Inoltre… non avremmo mai potuto avere una nostra figlia, e finché avresti avuto bisogno di qualcuno che si prendesse cura di te…”

Lyra fissò il pavimento.”Chi altri è al corrente di ciò?”

“Solo noi. E le Principesse. Nessun altro pony,” disse Dewey. 

Lyra annuì. “Quindi Twilight non era mai stata coinvolta.” I suoi genitori erano le ultime persone che potesse sospettare fare parte della cospirazione.

“La Principessa Celestia ci ha detto che non aveva intenzione di parlare con Twilight degli umani. Quando è venuta a casa tua ci siamo spaventati, ma inutilmente,” disse Cirrus.

“E voi siete stati in contatto con la Principessa per tutto questo tempo?” chiese Lyra.

“Dovevamo. Nessun umano era stato mai tramutato in un pony prima d’ora. Dovevamo informarla di quello che ti succedeva – di quando sei riuscita finalmente ad usare la magia, che sembravi crescere come un normale pony, e quando tu… hai trovato quei libri sulla tua specie…” la voce di Dewey si affievolì.

“Penso ancora che sarebbe stato meglio se non gliel’avessimo detto,” disse Cirrus. “Rende solo le cose più difficili.”

“Non deve per forza cambiare le cose,” rispose Dewey. Si rivolse a Lyra. “Ma ora che ne sei a conoscenza, non dovrai dirlo a nessuno quando torni a Ponyville. Se qualcuno scoprisse che eri un’umana, non sono sicuro di cosa potrebbe succedere,” disse Dewey. “Sicuramente lo capisci questo.”

La Principessa Celestia le aveva detto quelle stesse cose poco prima di andarsene. Tornando a casa, non avrebbe dovuto parlarne con nessuno. Era meglio che gli umani restassero dimenticati. Ed ora… era già stata dura finora, ma sentire Bon-Bon o Twilight dire che gli umani erano un’assurdità, e sapere di esserne una… Lyra non sarebbe riuscita a sopportarlo. C’era però un’altra opzione.

“Ecco…” disse Lyra. “Io non tornerò a Ponyville.”

Dewey sbatté le palpebre. “Cosa vuoi dire? E la tua coinquilina?”

Lei esitò, sapendo che non sarebbero stati felici di sentire questa parte. “La Principessa ha tentato da tempo di capire da dove provenissi, e ha detto che, se volevo… Mi avrebbe potuto rispedire nel mio mondo.” Forzò un sorriso, sapendo già quale sarebbe stata la reazione.

Di nuovo, ci fu una lunga e dolorosa pausa.

“La Principessa Celestia ci ha informati che ha messo a punto l’incantesimo,” disse Dewey. “Ha studiato gli artefatti del tuo mondo. Le cose che erano nel giardino quando sei apparsa.”

Lyra sapeva già queste cose. La spiegazione dell’incantesimo che Celestia stava usando per localizzare il mondo umano era stata troppo complicata da capire, e combinata con l’attuale stato mentale di Lyra, risultava in un’amnesia totale di quella parte del discorso. Ciò che le importava era solo che ci fosse una possibilità per lei di tornare indietro e vivere come un’umana.

“Heartstr – o, Lyra, immagino…” disse Cirrus. La pronuncia non le era familiare. “Non devi per forza farlo. Gli umani sono pericolosi. La Principessa non ti ha raccontato della guerra?”

“Non sono tutti così!” insistette Lyra. “Cioè, io non sono così… E c’è molto di più in quello che siamo noi umani. Tutto ciò che abbiamo scoperto per migliorare le nostre vite. I pony ancora usano quelle invenzioni. Non siamo solo distruttivi, indipendentemente da quello che dice Celestia. Io lo so che non è così.” La sua voce calò.

“Non hai mai incontrato un altro umano,” disse Cirrus. “Ti abbiamo cresciuta come un pony. Non so cosa sarebbe successo se fossi restata lì.”

“È una parte del motivo per cui voglio andare. Io dovevo stare lì.” Lyra guardò giù al pavimento – ai suoi zoccoli. Non erano lì alla sua nascita. “Inoltre, la guerra fu causata da Discord, qui in Equestria. Gli umani della mia terra d’origine potrebbero essere… diversi.” Alzò appena gli occhi.

Cirrus stava per avanzare un’altra obiezione, ma Dewey alzò la zampa e la fermò. “Questa è una decisione che spetta a Lyra.” Sembrava che stesse cercando di convincere anche se stesso.

“La Principessa Celestia mi ha informato dei rischi, ma voglio sapere la verità sugli umani,” disse Lyra. “So che non possono essere così malvagi come pensano i pony.”

“Non stai ragionando correttamente,” disse Cirrus. “Sei stanca. La penserai diversamente domani mattina.”

Dewey confermò. “Forse dovresti dormirci sopra.”

Lyra scosse la testa. “Fin da quando ho scoperto gli umani, ho sempre voluto saperne di più su di loro… In verità, credo che volessi diventarne uno. È questo che desidero.”

“Non avresti mai dovuto permetterle di tenere quei libri,” mormorò Cirrus. 

“Quando l’ho trovata assieme a loro, era già troppo tardi,” replicò Dewey. “Non pensavo li avrebbe presi così seriamente.”

Lyra guardò suo padre, e poi sua madre. “Devo almeno provarci.” Esitò un attimo. “Perdonatemi.”

“Forse è meglio per tutti riparlarne di mattina,” disse Dewey. “Qualunque sarà la tua decisione, Lyra… Sii sicura che sia quello che vuoi veramente.”


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Lyra era sdraiata sul letto nella sua camera d’infanzia. Si era tolta l’abito e stava tentando di rilassarsi, ma non c’era modo di dormire questa notte. In ogni caso, era praticamente mattina.

Sarebbe dovuta sentirsi più felice di così. Aveva sempre amato gli umani.

I suoi genitori pensavano ancora che gli umani fossero pericolosi. Non solo loro, ma anche Principessa Celestia. Di norma Lyra non avrebbe avuto problemi a sostenere che si sbagliavano, ma stava ancora pensando alla guerra. E se non fosse stata colpa di Discord?

No… Era ridicolo. Celestia aveva ammesso che lei e Luna non erano riuscite a sconfiggerlo subito. Lui aveva avuto più tempo per accumulare potere, e aveva cominciato con gli umani. Avrebbe potuto corrompere i pony nello stesso modo se avesse voluto. Proprio come aveva provato a fare un anno prima.

Sarebbe stata perfettamente al sicuro nel mondo umano. 

Raccolse il suo diario dal comodino e lo sfogliò nuovamente. I suoi sogni provenivano probabilmente dal suo mondo, e non da Equestria. E ciò spiegava perché sembrassero così diversi dai libri.

Quante cose sarebbero state uguali? I sogni erano abbastanza simili da pensare che fossero gli stessi luoghi… Non c’erano altre alternative sensate. Era ancora turbata dall’idea di un “mondo umano” separato.

Sentì bussare alla porta, e guardò su. Dewey stava sbirciando dal corridoio. 

“Posso… entrare?” chiese.

“Sì, certo,” rispose Lyra, posando il diario.

Un oggetto stava levitando vicino a lui, avvolto da un’aura blu. Lyra non sapeva di cosa si potesse trattare. Era un oggetto rettangolare e piatto.

“Vuoi ancora tornare a vivere con gli altri umani,” disse lui.

Lyra annuì. 

“Forse è quello che dovresti fare. Non lo so più neanch’io...” Posò lo sguardo sull’oggetto che stava trasportando. Quello galleggiò sopra Lyra, e lei lo prese con la sua magia. “Celestia ti ha detto degli oggetti che hanno trovato. Cose che sono cadute nel varco con te. Lei voleva studiarli. Ma io ho tenuto questo.”

Lyra non riusciva a credere ai suoi occhi. Era solo una vecchia foto incorniciata, ma...

“Questi sono… veri umani?” chiese lei. Erano due – un uomo e una donna – in piedi davanti ad una grande casa, e una di quelle carrozze auto-moventi dei suoi sogni. L’uomo aveva capelli scuri e la barba, e poggiava il braccio sulla spalla della donna. Lo fissò. “Come fai ad averla?”

“Non ne sono sicuro, ma potrebbero essere i tuoi genitori.”

Lei era senza parole. Poggiò la foto sul comodino, ma riusciva a malapena a staccarci gli occhi. Una prova fotografica degli umani sarebbe stata eccitante, ma quella… Beh, i suoi genitori biologici erano sicuramente umani, ma vederli così rese d’un tratto il tutto molto più reale.  

“L’avete avuta per tutto questo tempo?” chiese Lyra.

Dewey annuì. “Tua madre non sa che l’ho conservata, ma è la nostra unica prova di chi eri un tempo. Mentirei se negassi che ero curioso di saperne di più sulla tua specie. Mi sono sempre interrogato su di loro da quando ti abbiamo trovata.”

Lyra guardò di nuovo la foto, e poi suo padre. “Non posso crederci che tu abbia una cosa del genere…”

“Non ti voglio dire che direzione prendere. Ma prima di prendere una decisione su cosa vuoi fare… Sii certa di esserne sicura. Se lasci Equestra, potresti non tornarci mai più.”

“Lo so…” disse Lyra.

“Capisco che tu voglia partire,” disse lui. “È pur sempre una tua scelta.” Si girò e si incamminò verso la porta, per uscire dalla stanza.

“Aspetta.”

Volse di nuovo la testa indietro, verso di lei. La faccia mostrava tutta la sua stanchezza.

“Papà, tu non pensi che… tutti gli umani siano cattivi, vero?” chiese Lyra.

Lui sorrise. “Ne ho conosciuto solo uno finora.”

Lei guardò nuovamente la foto sul comodino, quell’immagine che sembrava ancora così impossibile, e poi nuovamente lui. “Buonanotte.”

“Buonanotte, Lyra.” Se ne andò, chiudendo la porta dietro sé. 

Lyra giacque distesa sul letto tutta la notte, ma non riuscì a dormire. Continuava a fissare le facce di quegli umani. Tutte le immagine di umani che aveva visto finora erano state disegni. Oppure nei suoi sogni. Ma questi umani… forse, i suoi genitori… Erano veri. Erano là fuori, da qualche parte.

 

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La mattina dopo, Lyra uscì a fare un giro.

Canterlot le era familiare. Ci aveva vissuto la maggior parte della sua vita, e anche dopo essersi trasferita da Bon-Bon a Ponyville, tornava a fare visita ogni tanto. Quindi come mai d’improvviso sentiva di non appartenervi più?

La Principessa Celestia le aveva spiegato, mentre era in silenzio frastornata, che lei era ancora una cittadina d’Equestria, nonostante le sue origini. Poteva rimanere qui. Era persino ciò che consigliava. E certamente i suoi genitori non volevano che se ne andasse.

Passando vicino la stazione, guardò arrivare una locomotiva. Lyra poteva facilmente tornare a Ponyville quella sera stessa se avesse voluto. Tornare e impacchettare tutti i suoi libri, dire a Bon-Bon che aveva chiuso per sempre con gli umani. Dimenticare che aveva visto i suoi veri genitori, e che non era mai stata un pony, fin dall’inizio...

No, non era per niente fattibile.

Camminò a fianco allo stadio dove si tenevano i derby dei Wonderbolt. C’erano delle locandine con scritta una data, ci sarebbe stata una corsa tra pochi giorni. A Lyra piaceva vederle…

La sua discendenza dai pegasi era una bugia. Pensava fosse stato quello il motivo per cui le veniva difficile usare la magia. Ed ora stava realizzando, la prima volta che aveva utilizzato la magia per suonare la lira, aveva immaginato delle dita che si muovevano tra le corde. E quando aveva utilizzato vere mani per suonare, le era venuto molto più semplice. 

Dei pony, vestiti coi loro stravaganti cappelli e seguendo la loro altolocata moda di Canterlot, la superarono senza badare a lei. Non avevano idea lei fosse un’entità che si pensava esistesse solo nei miti.

Non era cambiato niente. Così come lei non era davvero cambiata. Era sempre stata un’umana. La sola differenza era che ora ne era cosciente. Tutte quelle volte in cui Bon-Bon l’aveva guardata negli occhi e le aveva detto di lasciare perdere la sua ossessione per quei “folli sogni...”

Da puledrina, credeva che gli umani potessero ancora essere da qualche parte in Equestria. Solo da grande si era convinta con dispiacere della loro probabile estinzione. L’offerta della Principessa era fin troppo buona per essere vera.

Ed era anche una bella cosa. Perché tutte quelle paure sugli umani erano completamente infondate. No?

Gli umani non erano davvero estinti. Gli avvenimenti in Equestria furono una disgrazia per loro, ma ciò non voleva dire che Lyra dovesse avere paura a tornare a casa.

Lyra si fermò e stette ferma per un istante. Quindi sospirò. Non la stava aiutando. Doveva prendere una decisione definitiva. 

Girandosi, si diresse verso casa per fare gli ultimi preparativi.

 

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Il Castello di Canterlot dava un’impressione diversa alla luce del giorno, rispetto a quella che aveva avvertito al Galà due giorni prima. Era più luminoso, ma anche silenzioso. Superarono un po’ di guardie assegnate ai cancelli, sulla strada per la camera della Principessa. Dewey non aveva avuto problemi ad entrare, essendo il capo bibliotecario. 

Non ci furono lunghe discussioni quando arrivarono. La Principessa Celestia aveva intuito all’istante il motivo della loro visita. Cirrus sembrava irrequieta, Dewey continuava ad aprire la bocca per dire qualcosa, ma la sua voce non aveva il coraggio di uscire.

Un mondo intero oltre Equestria, pensò Lyra. Con degli umani in vita.

Lyra non aveva portato molto con lei. Aveva senza dubbio la sua lira, conservata nella grossa borsa a lato. Inoltre, il suo diario – vi aveva documentato i suoi sogni, e quelli erano l’unica documentazione che aveva sul suo mondo, in aggiunta al passato di Equestria. E la foto dei suoi genitori umani. Li avrebbe trovati… In qualche modo.

Ora Lyra e Celestia si trovavano da sole in una delle stanze degli ospiti. 

“Sei assolutamente certa,” disse la Principessa. Stava più ripetendo un’affermazione che ponendo una domanda.

“Sono sicura,” disse Lyra. “Ho bisogno di sapere chi sono realmente.”

“La mia offerta è ancora valida. Sei più che benvenuta a stare qui in Equestria,” disse Celestia. “Sono stata in grado di dare solo poche occhiate al mondo da cui provieni. È molto diverso dalla società umana che conoscevo. La tua specie è sopravvissuta per più tempo… La loro tecnologia è molto più avanzata.”

“L’ho vista nei miei sogni. È quello che vedevo, vero?”

“Forse…” disse Celestia. “Pensavo che fossi troppo piccola per ricordare.”

Lyra si sentì battere il cuore. Presto non sarebbe più stata un pony. Non avrebbe mai più avuto gli zoccoli. La Principessa Celestia era il solo essere abbastanza potente per lanciare questo tipo di incantesimo di trasfigurazione… No, in realtà era il contrario. Stava solo rimuovendo l’incantesimo.

“Allora, non prolunghiamo oltre.” Celestia abbassò la testa, puntando il corno verso Lyra. “Rilassati. Ci vorrà solo un attimo.”

Il suo corno risplendette di una delicata luce bianca pura. Lyra strinse i denti, pensando che il processo fosse doloroso, come quando si era fatta crescere le mani, solo moltiplicato per cento, ma… si stava trasformando e non sentiva quasi niente.

 

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Lyra non era ancora tornata dal Galà. Aveva detto che sarebbe rientrata due giorni prima.

Bon-Bon cominciava a preoccuparsi. Eppure, sul serio, cosa le sarebbe potuto succedere? Nonostante tutti i suoi deliri su complotti governativi e umani, e su come la Principessa Celestia “le stesse dando la caccia” o quello che era, non c’era niente da temere a Canterlot. Bon-Bon si sentiva leggermente in imbarazzo ad essere così in apprensione.

Bussarono alla porta. La testa di Bon-Bon scattò su, e andò a rispondere. Aprì la porta. Trovò un pegaso grigio, con gli occhi storti in direzioni differenti.

“Ho una lettera per lei, Signora Bon-Bon!” disse allegramente.

Bon-Bon prese la busta, e vide il nome “Rainbow Dash” scritto davanti. Aggrottò la fronte.

“Uh, grazie…” disse. C’era del tempo per sistemare la faccenda prima di timbrare il cartellino a lavoro.

Si rivelò presto innecessario, dato che Rainbow Dash comparve proprio dietro la pony postino con un’altra lettera tra i denti.

“Hey, Bon-Bon,” disse con voce piatta. “Ho la tua posta.”

“Grazie, Rainbow Dash. E io ho la tua.” Si scambiarono le buste. La sua lettera aveva “Bon-Bon” scarabocchiato nella familiare grafia di Lyra. Sembrava pesante per qualche ragione. C’era qualche extra dentro.

Rainbow Dash si rivolse all’altro pegaso, che se ne stava lì sconfortato. “Uh… Ci stai andando vicina, almeno. Sono dovuta andare solo in una casa questa volta.” La pony postina fece un goffo sorriso e sventolò le sue ali.

Bon-Bon portò la lettera dentro casa, domandandosi cosa potesse contenere. Una giustificazione del suo ritardo, forse. Almeno Lyra aveva avuto la decenza di scriverle in caso fosse stata bloccata per qualche ragione. 

Aprendo la busta, alcune monete d’oro caddero e tintinnarono sul tavolo. In realtà, dopo averla scossa, c’era un sostanziale ammontare di soldi allegato. Sorpresa, Bon-Bon tirò fuori la lettera e cominciò a leggerla.

 

Cara Bon-Bon,

Mi dispiace per il poco preavviso. Sono saltate fuori delle cose a Canterlot, e devo trasferirmi. I soldi che ti sto mandando dovrebbero coprire l’affitto per qualche mese. Forse potrai trovare qualche altro coinquilino. È stato bello conoscerti. Grazie per essere stata così paziente con me.

– Lyra

 

Fissò incredula la missiva scritta in fretta e furia. Lyra si stava davvero trasferendo, così? Bon-Bon non potè fare a meno di sentirsi forse responsabile. Era stata troppo dura con lei su quell’incidente col carro?

Bon-Bon mise il broncio. Era da proprio da Lyra essere così impulsiva. Non ne sarebbe dovuta essere sorpresa. Eppure, era troppo drastico. Cosa voleva dire che certe cose erano “saltate fuori”? E tutti quei soldi… Gli occhi di Bon-Bon si spalancarono. 

Il Galà... ma certo!

Lyra doveva essere stata individuata al Galà e assunta per una sinfonica. Celebrità da tutta Equestria partecipavano a quella festa, quindi non era possibile sapere dove fosse finita. Si sarebbe trasferita in una grande città, probabilmente, dovunque avesse sede la sinfonica. I soldi in più erano magari solo una parte di quello che le avevano offerto.

Ma lei aveva deciso così ed era partita. Senza neanche un saluto, a parte quella lettera. Aveva lasciato tutte le sue cose – i vestiti, mobili, libri…

Tutte le sue folli teorie sugli umani…

Nonostante tutto, un sorriso fece capolino sulla sua faccia.

Possibile? Lyra aveva finalmente capito chi era. Era destinata ad essere una musicista di successo, oserei dire famosa. I suoi giorni di caccia agli umani erano finalmente finiti.

 

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Lyra era in piedi nella camera da letto privata, esaminandosi allo specchio. Aveva appena finito di indossare i vestiti che le aveva fornito la Principessa. Portandosi una mano alla fronte, percepì la pelle liscia dietro il ciuffo. Niente corno. Non succedeva niente quando provava a spostare qualcosa con la sua magia. 

E la cosa le andava perfettamente bene.

Alzando le mani, si esaminò le dita. La incantavano ancora, nonostante fosse riuscita a crearle già quando era un pony. Confrontate con quelle che aveva adesso, però, i suoi tentativi erano stati grezzi – le dita erano troppo grosse, e non così flessibili. Queste erano vere mani umane. Snelle, eleganti, e assolutamente straordinarie. Rinunciare alla magia era stato uno scambio equo. 

Aveva ancora gli occhi dorati, e la sua chioma –  no, i suoi capelli – erano verde menta con una striscia bianca, gli stessi colori che aveva da pony. Non erano normali per gli umani, a quanto ne sapeva. Ma aveva la pelle chiara come la maggior parte degli umani nei suoi sogni. Era strano essere quasi interamente senza peli, ma Lyra non ne era totalmente scontenta. In realtà, quasi le piaceva.

Era vestita con una semplice maglietta verde, pantaloni beige e scarpe – quelle le erano nuove. Le uniche scarpe che avesse mai portato erano le sofisticate calzature che Rarity le aveva confezionato assieme al vestito per il Galà, ma quelle che stava indossando erano semplici e pensate per essere funzionali. Ora che la pelle dei suoi piedi era così morbida, aveva bisogno di scarpe al posto degli zoccoli.

Tra i vestiti che trovò, vi era una collana d’oro, con un piccolo ciondolo dorato modellato sul suo cutie mark. Il quale era sparito, proprio come il corno. Aveva controllato su tutto il suo corpo. La collana le sarebbe servita come ricordo di Equestria.

Essere un’umana era un’esperienza surreale, anche se in qualche modo familiare. Forse era istinto, o forse tutti quei sogni in cui aveva esattamente la stessa figura di adesso. Lyra passò le mani sulla liscia e glabra pelle delle braccia. Era tutto reale, e non un sogno questa volta. Era umana.

Si voltò e raggiunse la porta camminando. Tutti gli oggetti nella stanza erano a misura di pony, e pertanto ora le sembravano miniaturizzati. Da pony, era alta circa quattro piedi, e ora era tra i cinque e i sei. Posata vicino, c’era una nuova borsa in cui aveva trasferito un po’ di cose. La cinghia le andò sulla spalla. Come una bisaccia, ma fatta per camminare su due gambe. Afferrò il pomello con la mano – non girava, come la maggior parte dei pomelli in Equestria  –  e spinse la porta aprendola.

Lyra attraversò i vuoti corridoi del Castello di Canterlot. Il pavimento sembrava essere così lontano quando si guardava i piedi. Teneva le braccia incrociate davanti a lei. Era un po’ strano, avere due arti in più di cui non avere bisogno per camminare. Non che non potesse abituarcisi. 

Infine, raggiunse la sala del trono, dove i suoi genitori adottivi la stavano aspettando assieme alla Principessa Celestia. Si girarono a guardarla.

Esitando un attimo, Lyra infine disse “sono pronta.”

Cirrus indietreggiò, scioccata dall’aspetto di Lyra. “S-sei ancora in tempo a cambiare idea,” disse Cirrus. “Ne sei… assolutamente convinta?”

Lyra tamburellò irrequieta le dita sulle sue braccia. “Sì. Ho studiato gli umani per fin troppo tempo. Penso sarò in grado di cavarmela.”

“Una volta arrivata nel tuo mondo, non potrai probabilmente tornare indietro.” disse Celestia. Lyra era ora quasi ad altezza occhi della Principessa, nonostante avesse una stazza imponente. “Sarai da sola.”

Lyra andò con la testa alla foto nella borsa che le pendeva vicino al girovita. Non era da sola… Doveva solo trovarli.

“Suppongo sia questa la tua decisione…” disse Dewey. La guardò dal basso, e le rivolse un timido sorriso. “Non avevo realizzato quanto saresti stata alta.”

“È circa normale per gli umani, penso” disse Lyra. Non potè fare a meno di sorridere. “Voglio dire, wow. Non posso credere che sono davvero…” Si mise una mano in fronte. 

“L’incantesimo è simile al teletrasporto, sebbene sia una variante molto più complessa,” disse Celestia. Lyra tornò a guardarla. “Appena sei pronta. Prenditi il tempo che vuoi.”

Lyra si girò, e si inginocchiò davanti ai suoi genitori. “Mi mancherete davvero. Ma io penso… che sia la cosa migliore per me.”

“Non possiamo convincerti a non andare, vero?” disse Cirrus.

Scuotendo la testa, Lyra rispose, “Starò bene.”

“Sii prudente,” disse Dewey. “Desideriamo solo che tu stia al sicuro.”

“Lo sarò. Io… so perfettamente cosa sto facendo…”

Gli portò le braccia attorno, e lo strinse in uno stretto abbraccio, quindi si voltò verso Cirrus. Lei era ancora un po’ turbata dalla sua vera forma, ma ricambiò l’abbraccio. Lyra sentì una lacrima solcarle la guancia. 

Infine si alzò e si voltò per guardare la Principessa Celestia. “Penso di essere pronta ora.”

Celestia fissò l’umana in piedi davanti a lei, desiderando di vedere qualcosa di diverso dagli esseri corrotti di centinaia di anni prima. Lyra presentava ancora alcune delle sue caratteristiche da pony in lei – il colore dei capelli, gli occhi. Ma anche così, Lyra era umana tanto quanto lo era stata da appena nata.

“Per il tuo bene… Mi auguro che tu abbia ragione, e che gli umani siano diversi nel tuo mondo,” disse Celestia. 

Abbassò nuovamente il corno, e cominciò a brillare.

Lyra rimase ferma mentre il Castello di Canterlot, la Principessa Celestia, i suoi genitori, e tutta Equestria si dissolveva davanti a lei.

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Capitolo 11
*** In Viaggio ***


CAPITOLO 11

IN VIAGGIO

 

Lyra sentì il sole caldo ed una gentile brezza colpirle la faccia. Si ritrovò in piedi in mezzo ad una strada di pietra liscia, che si estendeva in entrambe le direzioni, più in là di quanto riuscisse a vedere, fino a fondersi con un cielo limpido e azzurro. Su entrambi i lati della strada vi erano pianure verdi. C’erano anche degli alti pali connessi tra loro da fili in tensione, per qualche indiscernibile ragione, che costeggiavano il lato della strada. Un vago odore aleggiava nell’aria, come di bruciato, di cui Lyra non ne riuscì ad identificare l’origine.

Ma quello che davvero la preoccupava era un gigantesco cartellone che torreggiava su tutto il resto.

Una chiamata di 15 minuti ti farà risparmiare il 15%

Era scritto in corretto Equestre, eppure non aveva alcun senso. La parte che la disturbava maggiormente era l’immagine della lucertola che accompagnava il testo. Non era un umano. E sembrava più una fotografia che un disegno. Forse si trattava di un geco, ma era scritto male. Celestia l’aveva davvero mandata nel mondo degli umani? Non ne aveva ancora visti. E se si fosse sbagliata?

Si allontanò dal cartellone. Se c’era una strada, allora doveva condurre da qualche parte, e bastava solo seguirla. Cominciò a camminare andando nella direzione opposta rispetto all’insegna.

Lyra si guardò i piedi, che procedevano seguendo la linea gialla dipinta al centro della strada. Chi l’aveva tracciata? Sperabilmente non una lucertola gigante… Sembrava essere lunga almeno quanto la strada stessa.

Solo un momento prima si trovava al castello di Canterlot. Ora era.. Da qualche altra parte. I campi sembravano abbastanza simili a quelli a cui era abituata in Equestria, ma la strada, e quei strani pali – e l’insegna con la lucertola – dimostravano incontrovertibilmente che questo era un altro mondo. Se fosse quello giusto o meno, era ancora da vedere. 

Alcuni minuti passarono senza che avvenissero particolari eventi. Fino a quando non sentì un basso rombo in lontananza provenire da dietro. Si girò e vide un qualche oggetto che si dirigeva verso di lei. Si stava avvicinando velocemente. Lei restò ferma, incantata. Le passò accanto, deviando di lato e producendo un suono incredibilmente rumoroso, come di uno squillo di tromba, che la costrinse a tapparsi le orecchie. L’odore di bruciato divenne di colpo più forte dopo il suo passaggio. 

Era una di quelle cose!

Le carrozze del suo sogno. Come quella che aveva provato a costruirsi da sola usando il carretto di Applejack. E ce n’era una pure nella fotografia dei suoi genitori. Gli umani li guidavano, erano reali, e Lyra ne aveva appena vista una dal vivo. Per quanto spaventosamente veloce fosse stata, Lyra era comunque eccitata. Poteva esserci stato un umano dentro. Cominciò a sogghignare. 

La carrozza andava nella sua stessa direzione, ed era già diventata appena un minuscolo puntino all’orizzonte. Lyra si mise a lato della strada. Se ne fossero arrivate altre, non voleva trovarsici di nuovo davanti. Sapeva per esperienza che era difficile sterzare in una di quelle cose.

Proseguendo, vide un segnale verde – circa ad altezza occhi, non imponente come quello con la lucertola – su cui vi erano scritte poche parole. Vi si fermò davanti.

 

DES MOINES                        7

 

Come si pronunciavano quelle parole? E cosa rappresentavano? Almeno l’altra insegna, per un qualche colpo di fortuna, era scritta in Equestre leggibile, ma stavolta Lyra non aveva idea di cosa volesse dire questo segnale.

Mormorò tra sé e sé mentre continuava a camminare, provando modi diversi di pronunciare “Des Moines.” Ma nessuno le sembrava corretto. Oh, beh, ne sarebbe venuta a capo prima o poi. 

Qualcosa stava cominciando a diventare visibile alla fine della strada. Una macchiolina bianca, che prendeva a mano a mano la forma di una casa. Non sembrava molto diversa da quelle di Equestria. Un edificio era comunque un buon segno, qualcuno doveva pur abitarci. Avrebbe potuto capire dove fosse finita. 

Avvicinandosi, notò una di quelle carrozze all’esterno della casa – rossa, un po’ arrugginita, e completamente ferma. Lyra avanzò per investigare. Al momento non stava facendo niente, ma le girò attorno cautamente, per sicurezza. 

Allontanandosi dalla strada principale, continuò per un sentiero polveroso oltre la casa, e seguì una staccionata di legno che costeggiava il cammino. Fu lì che li vide.

Non umani, ma pony. Sembravano diversi da quelli a cui era abituata, però il loro pelo era colorato con tonalità spente di grigi e marroni, e mentre si avvicinava, realizzò che non avevano cutie mark. Le facce erano pure un po’ più allungate. Nonostante tutto, era confortante incontrare qualcuno a cui potesse parlare.

Lyra arrivò al recinto e appoggiò le braccia sulla trave. “Um, scusatemi. Sono nuova di queste parti. Sto cercando degli umani.”

I pony non dissero niente. Uno di essi fece guizzare la coda. 

“Voi sapete degli umani, vero? Loro sono… beh, hanno il mio stesso aspetto…” La sua voce si affievolì. C’era qualcosa di sbagliato. “Parlate Equestre?”

Ancora nessuna risposta.

“Mi scusi. Questa è proprietà privata.”

All’inizio Lyra pensò che la voce provenisse da uno dei pony, il che era strano, perché non avevano aperto bocca. Quindi si girò e vide un umano in piedi che la stava fissando. Sorpresa, indietreggiò goffamente, urtò la staccionata, e allungò le braccia per aggrapparsi ad essa. 

L’umano era un maschio – ne era abbastanza sicura. Aveva capelli corti, che superavano appena le orecchie, tipico di molti umani maschi. Indossava una camicia bianca e pantaloni blu scuri, con delle scarpe pesantemente incrostate di fango. 

Lyra ci mise un po’ a recuperare la voce. “Oh – l-lo è? Sono solo…” La bocca le si asciugò. “Sto, uh, cercando un posto con degli umani. Come noi.” Sfoggiò un sorriso alquanto incerto.

L’umano la guardò come se avesse detto qualcosa di strano. Alzò il braccio e puntò un dito nella direzione verso cui stava camminando prima. “La città più vicina è Des Moines. È a qualche miglio di distanza seguendo la strada.” La pronunciò come “de moin.”

Gli occhi di Lyra erano puntati sulla sua mano, e sul modo in cui stava usando le dita. “Oh… Grazie mille!”

“Non so dove sei diretta, ma ti devo chiedere di andartene. Stai spaventando i cavalli.” Disse l’umano.

“S-sì… Mi dispiace…” Lyra era sconvolta. Guardò giù ai suoi piedi, che al momento ricordava a malapena come usare – prima muovi uno, poi l’altro… “Grazie ancora!”

Si voltò e corse di nuovo in direzione della strada. Avanzò a testa bassa, con le braccia incrociate davanti a lei e non rallentò fino a quando non ebbe coperto una buona distanza.

Nonostante la conversazione fosse stata terribile, Lyra non seppe contenersi. Scoppiò a ridere.

Aveva appena parlato ad un reale umano. Certamente, lo era anche lei, ma era comunque incredibile. Nonostante fosse sembrato impossibile, gli umani erano vivi e vegeti, e stava per incontrarne ancora di più.

Lyra doveva però esserne sicura, così alzò una mano e si schiaffeggiò. Poi di nuovo, un po’ più forte, ma non successe niente. Non stava dormendo. Si era quasi aspettata di svegliarsi, di scoprire che fosse crollata dalla noia al Galà, e che fosse tutto un sogno. Invece era lì, ed era un umano.

Ci sarebbe voluto del tempo per abituarsi al fatto che gli umani fossero comuni in questo mondo. Erano sempre sembrati così lontani e irraggiungibili, ma in questa terra, ce ne dovevano essere a migliaia. E a Des Moines era sicuro che ne avrebbe incontrati altri come quell’ultimo. 

“Des Moines…” Lyra disse a voce alta, provando il modo in cui quell’umano l’aveva pronunciato. Probabilmente, gli umani si sarebbero aspettati che sapesse come dirlo. 

Doveva provare a mantenere la calma alla prossima vista di un umano. Era solo un altro gradino nella sua ricerca – osservamento da vicino. Ci sarebbe voluto del tempo per capire come funzionasse questo mondo, e avrebbe dovuto usare tutto ciò che sapeva sugli umani se voleva continuare a vivere qui per il resto della sua vita.

Il resto della sua vita… Era questa casa sua ora. Si guardò attorno, anche se il panorama non era cambiato molto. Sembrava tutto tranquillo, non c’era nulla di cui preoccuparsi. Il mondo umano sarebbe stato grandioso.

Anche se… Qualcos’altro la stava turbando. I pony non le avevano parlato. E poi, non sembravano proprio pony; le loro caratteristiche facciali erano diverse. Eppure erano abbastanza simili ai pony con i quali aveva vissuto...

Lyra si scosse per scacciare quei pensieri, su cui era inutile rimuginare. Era un’umana ora, non doveva più preoccuparsi per dei pony.

Incominciava a sentire indolenzirsi i piedi. Era già notevole che le venisse così facile camminare su due gambe, ma non era ancora una sensazione familiare. L’unica altra volta in cui l’aveva fatto era stato in sogno.  

Cercando di ignorare il dolore, si concentrò per un pò sulle mani. Poggiò le dita di una mano sull’altra, percependone la pelle, e la struttura ossea al di sotto. Studiò gli interessanti pattern delle linee sui suoi palmi. Erano completamente estranei a qualsiasi cosa avessero i pony, e diverse anche dalle mani che aveva creato con la magia. 

Ma la parte migliore era che – queste mani non sarebbero scomparse. Bon-Bon non poteva più dirle di sbarazzarsene, ed inoltre erano parte integrante di ciò che erano gli umani.

“Non pensavi neanche che esistessero,” disse sottovoce, sorridendo. “Se solo potessi vedermi adesso, Bon-Bon…”

Quel pensiero la bloccò. Aveva improvvisamente realizzato che non avrebbe mai più rivisto Bon-Bon. Lyra non avrebbe mai più dialogato con un altro pony – quelli che aveva visto non erano capaci di parlare, da quanto aveva capito. Solo ora stava cominciando a comprendere quanto avesse sacrificato per diventare umana.

Ma non era così male, giusto? L’aveva sempre desiderato, fin da quando era bambina. Questo era un regno abitato dalle creature di cui aveva letto per così tanti anni – quella che si è rivelata essere la sua specie. Ciò la fece sorridere di nuovo. 

In un’ora, qualche altra carrozza passò, e Lyra le osservò con interesse. Come era possibile che si muovessero se gli umani con potevano usare la magia? Erano molto più veloci di carrozze trainate da pony. Una di esse era enorme, con diverse paia di ruote e un grande comparto a forma di scatola sul retro. C’erano delle scritte su di esso, ma passò troppo veloce per riuscire a leggerle. 

Almeno, era abbastanza sicura che gli umani non potessero usare la magia. Lyra vide una bottiglia di vetro a lato della strada e si concentrò su di essa. Provò ad alzarla in aria… Niente. Restò immobile a terra.

Lyra alzò la testa e vide degli edifici in distanza. Un gruppo di case, molto vicine tra di loro. Probabilmente il villaggio che stava cercando. Vedere il suo obiettivo, le diede uno slancio di energia. Gli altri umani erano là, forse anche i suoi genitori. 

Non aveva quasi più bisogno di concentrarsi per camminare su due gambe, quindi si fissò sugli edifici. Un’altra carrozza le sfrecciò accanto, facendole volare i capelli in faccia. Lei li tolse con le sue dita – erano così utili. Mentre si avvicinava alla città, le strutture cominciarono a definirsi sempre più. 

Non erano più molto lontane. 

 

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Stava camminando diretta verso la città da ormai qualche ora. I pochi e sparuti casolari per strada avevano lasciato il posto ad un quartiere composto da centinaia di case, tutte di uno o due piani. Gli edifici poi si erano progressivamente fatti sempre più larghi, fino a che non raggiunse quelle gigantesche torri al centro. Questa poteva benissimo essere la capitale del mondo umano. O almeno, dello stato in cui si trovava.

Lyra guardò su verso i più alti edifici. Ora si trovava esattamente alla loro base. Dovevano avere almeno trenta piani, con in cima una cupola a forma di piramide nera. Venivano le vertigini a guardarle da così vicini. 

Aveva visto degli edifici alti ad Equestria. Questi però… Sembravano assolutamente imponenti. Già quando li aveva scorti in lontananza, aveva capito che fossero grossi, ma ora era sicura che erano più larghi di qualsiasi edificio di Manehattan, e anche il castello di Canterlot, che si poteva vedere da Ponyville a miglia di distanza, era niente in confronto. 

Proprio come aveva detto la Principessa Celestia, questi umani erano molto più avanzati di quelli che un tempo avevano vissuto in Equestria. 

Camminò con la testa allungata all'insù, cercando di vedere la cima della torre, e si scontrò con un umano.

Saltò sorpresa. “M-mi dispiace…” balbettò.

“Guarda dove cammini.” L’uomo, vestito di giacca e cravatta, se ne andò di fretta nell’altra direzione.

Ce n’erano a centinaia. Umani, ovunque, di tutti i colori differenti – anche se, come Lyra si aspettava, lo spettro di colori umani variava dal marrone scuro ad una carnagione chiara (come la sua). Il colore dei capelli era un po’ più variegato. Molti bruni e mori, ma anche alcuni rossi, biondi e grigi. 

Lyra era consapevole che i suoi capelli verdi risaltassero particolarmente. Nessuno sembrava davvero preoccuparsene, ma riceveva comunque qualche strano sguardo. Forse… Poteva essere un colore molto raro per gli umani. Così come Rainbow Dash era l’unico pony che Lyra conoscesse con una chioma così multicolorata.

Era solo una delle tante domande che aveva in testa al momento. Questa città coincideva quasi esattamente con quelle che aveva sognato. Non riusciva a riconoscere niente di specifico, ma era estremamente simile. Questo era senza dubbio il posto da cui veniva. Era così eccitante.

Non sembrava reale. Lyra era lì, nel bel mezzo di una città umana, circondata da umani su tutti i fronti, e ne era perfettamente integrata. Era una di loro. Poteva essere stata cresciuta dai pony, ma nel cuore era un umano.

La città era molto energica. Ponyville era sempre stato un piccolo e quieto villaggio… Per la maggior parte del tempo, almeno. Qui invece, un giorno normale era colmo di movimento. Gli umani camminavano in tutte le direzioni, c’erano luci lampeggianti ovunque come se fosse un festival…

E quelle carrozze sfrecciavano tra i palazzi! Apparentemente potevano rallentare abbastanza in modo che fosse possibile controllarle con precisione nei passaggi stretti. Qualunque magia usassero gli umani, ne avevano un eccellente controllo. Era l’unica spiegazione sensata.

Lyra guardava gli umani attorno a sé, ma nessuno di essi usava la magia. Almeno, non in una forma che riconoscesse. Portavano tutto con le proprie mani, ovviamente – se potessi scegliere tra il trasportare qualcosa con la testa, e l’avere una reale, fisica e solida presa su di esso, la scelta era ovvia. Eppure, non era sicura di come funzionassero quelle carrozze e quelle luci senza alcun tipo di magia.

Era arrivata ad un altro angolo della strada, fermandosi prima di attraversare. Lyra decise che avrebbe attraversato solo in gruppo. A quegli incroci, vi erano dei pannelli su cui si accendevano luci a forma di figure umane e di mani di un rosso acceso, che avevano immediatamente attirato la sua attenzione. Dopo aver osservato il comportamento degli umani, aveva accertato che la mano segnalava di fermarsi, e l’umano che camminava segnalava di attraversare. Ad ogni modo, era meglio seguire gli altri umani, giusto per non sbagliarsi.

Una delle carrozze rallentò e si fermò. Da dentro proveniva della musica ad alto volume. O meglio, era più un beat formato da profondi bassi che sembrava far tremare il terreno. Lyra si girò a fissarlo mentre attraversava, e vide un umano al volante che tamburellava a ritmo con le mani. Da dove proveniva quella musica?

Lyra continuò ad inoltrarsi nella città, ma incominciò a sentirsi persa. La rete formata dagli edifici e dalle strade era come un labirinto senza fine, e non era neanche sicura di dove fosse diretta. Voleva solo vedere tutto. 

C’erano segnali e parole dappertutto, anche se non tutte erano molto chiare. Come poteva sapere cosa significasse “Drive-Up and ATM”? Ed era abbastanza sicura che “Quizno’s” non fosse una parola. O forse sì. Forse conosceva molto meno di quanto pensasse su questo mondo.

Un edificio adornato da grandi lettere rosse era apparentemente chiamato “Marriott.” Sembrava essere un hotel, e ciò le fece ricordare una cosa – aveva bisogno di un posto in cui stare. Ma era impossibile trovarne uno senza soldi. Qualsiasi fosse la valuta degli umani, non ne possedeva. Inoltre, questo hotel sembrava incredibilmente lussuoso. Da quanto riusciva a capire dalla lobby, le camere erano probabilmente migliori delle suite private nel castello di Canterlot. 

Lungo la strada scorse un negozio con dei libri esposti in vetrina. Lyra si fermò e guardò i titoli. Erano diversi dai libri in Equestria, e le copertine erano interessanti, solitamente adornate con fotografie colorate, ma erano raramente più spesse delle pagine. Vide anche un paio di libri tradizionali a copertina rigida in mezzo, ma erano in minoranza.

Lyra entrò nel negozio per curiosare dentro, ed un campanello suonò quando aprì la porta. All’ingresso del negozio, vi erano dei tavoli allestiti coi libri, mentre sul fondo vi erano varie file di mensole. 

“Ciao, come va?” C’era un umano al bancone – probabilmente il proprietario. Un maschio con spessi occhiali quadrati.

“Abbastanza bene…” disse Lyra.

“Fammi sapere se ti serve qualcosa.” 

“Grazie.” Disse, prima di dirigersi verso gli scaffali senza guardarlo.

Era stato un semplice saluto. Un pony avrebbe fatto lo stesso se fossi entrato nel suo negozio, ma questo era un umano. Una creatura che fino a poco tempo fa era solo un disegno in un libro, e ora le stava d’improvviso parlando. Sarebbe stato difficile abituarcisi.

Il silenzio regnava lì dentro, e l’odore della carta le faceva ricordare casa. Era confortante vedere che gli umani tenessero ai libri tanto quanto lo facessero i pony.

Lyra fece scorrere le dita in aria, assaporandone la sensazione, mentre decideva una linea di azione. La sua attenzione si rivolse ai libri davanti a lei. Alcuni di essi erano rivolti con la copertina all’esterno, invece del dorso. I nomi degli autori erano scritti più grossi di alcuni dei titoli – Robert Jordan, Steven Erikson, Thomas Michelakos… Gli umani avevano dei nomi davvero interessanti.

Ne prese uno dallo scaffale. Lo sentiva pesante nella mano, ma era un peso piacevole. Le figure umane che vi erano dentro assomigliavano di più a quelle dei suoi libri, per quanto riguardava lo stile dei vestiti. Guardando meglio, la copertina era un dipinto, non una foto. Le case con i tetti di paglia sullo sfondo erano proprio come quella in cui aveva vissuto con Bon-Bon, ma invece dei pony, c’erano umani – vestiti con armature e equipaggiati di spade lunghe e asce. 

Rimettendo a posto il libro spesso, notò la targhetta sopra le mensole. Quindi questa era la sezione “fantasy”? Ma… Erano le uniche cose simili a quelle viste nei suoi studi. A dire il vero, era tutto il resto a sembrarle frutto di fantasia. 

Lyra esplorò il negozio ancora un po’. La maggior parte dei libri erano di narrativa. Nonostante ciò, quasi ogni libro parlava di umani, quindi erano tutti affascinanti per lei. Era desiderosa di sapere come funzionassero le cose nel suo mondo. Si sentiva così smarrita.

Ma non poteva farsi sopraffare. La prima cosa che doveva fare era guadagnare dei soldi, così avrebbe potuto trovare un posto dove stare e qualcosa da mangiare. Lyra si rese conto per la prima volta che era affamata – probabilmente a causa della sua lunga camminata in città. 

Uscendo dal negozio, continuò a seguire la strada. Il numero di umani che vide era realmente sconcertante. A Ponyville, conosceva quasi tutti, e Canterlot le sembrava una grande città. Ma qui ci dovevano essere centinaia di umani.

Gli edifici lasciarono il posto ad un verde parco all’aperto. Era incredibile quanto fosse identico a quello di Ponyville. C’era erba, alberi, giardini ben curati… Inoltre degli umani vi stavano passeggiando, quindi avrebbe avuto del pubblico, ed era quella la parte importante.

Lyra si sedette su una panchina, proprio come faceva a casa sua. Estrasse la lira dalla borsa, posò la custodia aperta davanti a lei, e cominciò a suonare.

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Capitolo 12
*** Shock Culturale ***


CAPITOLO 12

SHOCK CULTURALE

 

Continuò a suonare fino a che i morsi della fame non presero il sopravvento. Lyra non mangiava da, beh… da quella mattina, a casa, a Canterlot. Era stato davvero oggi? Sembrava che Des Moines fosse così lontana da essere irraggiungibile.

Si inginocchiò davanti la custodia della sua lira, ed esaminò ciò che gli umani le avevano elargito. Era felice di vedere un po’ di monete – d’argento e bronzo, niente oro – ma principalmente erano solo pezzi di carta verde. Ne prese uno. Aveva una faccia umana e un numero “1” su tutti gli angoli. Valeva qualcosa? Molti umani li avevano lasciati, quindi forse sì.

“Non ho mai visto uno strumento del genere prima.”

Lyra trasalì a quella voce. Si alzò e si girò di scatto, tenendo la lira stretta tra le sue mani.

Era una ragazza – probabilmente più o meno della sua età. Lyra riconobbe l’umana, era una degli spettatori che erano rimasti ad osservarla per un po’ di tempo. Aveva capelli scuri, legati dietro, che arrivavano poco oltre la scollatura della sua camicia a quadri rossa. Lyra respirò. E così un umano le stava parlando, di nuovo. Nessun problema. Doveva solo stare calma.

“Già…” disse Lyra. “Aspetta, tu… non hai mai visto una…” Non era possibile. Era uno strumento musicale umano – doveva esserlo. Non lo suonavano anche loro?

“È una lira, no?” chiese la ragazza.

“Sì.” Lyra tirò un silenzioso sospiro di sollievo. “Mi sembrava avessi detto che non ne avessi mai visto una.”

“Non dal vivo.” Sorridendo, la ragazza chiese, “Possiede qualche potere magico?”

Lyra fu presa alla sprovvista. “Magia? No, certo che no…”

La ragazza rise, scuotendo la testa. “Calma, calma, stavo scherzando. È solo che mi aveva fatto pensare a…” Notò lo sguardo confuso di Lyra. “Niente. Di sicuro non conosci Legend of Zelda.”

“Al momento non accetto richieste,” disse Lyra. Non sapeva suonare quel pezzo, ma poteva essere una di quelle leggende che si diceva gli umani recitassero accompagnati da una lira. Forse avrebbe potuto impararla. Raccolse i soldi e i pezzi di carta verde, mettendoseli in tasca, per poi sistemare il suo strumento. “In realtà, stavo per andarmene.” Lei si fermò e girò la testa. “Aspetta, tu vivi qui, non è vero? Dove posso trovare qualcosa da mangiare?”

L’umano alzò le spalle. “Non è che ci sia qualcosa di particolare qui attorno.”

“A questo punto, sono disposta a mangiare di tutto.” Lyra fece scattare le serrature della custodia e si alzò. Il suo stomaco brontolò. 

“Probabilmente vorrai qualcosa di economico. Non penso tu abbia fatto molto suonando. Anche se sei stata molto brava,”  disse la ragazza. “Oh, comunque, sono Audrey.” Le allungò una mano.

Le stava offrendo una stretta di mano, probabilmente. Lyra ne era a conoscenza. I pony ne avevano alcune varianti, ma senza le dita.

“Mi chiamo Lyra,” disse lei, prendendo la mano di Audrey. Le loro dita si strinsero assieme. Lyra fissò le mani, non riuscendo a credere che stesse succedendo per davvero. 

“Lyra? Come il tuo strumento,” disse Audrey.

“Huh?” disse Lyra. “Ah, già… Sì, è così.” Raccolse la custodia da terra e si portò la borsa sulle spalle. 

“Dove hai imparato a suonare una di quelle cose?” Audrey fece un cenno alla custodia mentre Lyra la infilava nella borsa.

“La suono da quando ero una pul – cioè, da quando ero piccola,” disse Lyra. “Me l’hanno comprata i miei genitori… Beh, non esattamente loro. Sono adottata.” La conversazione non stava andando bene. Sorrise goffamente. 

“Oh…” Audrey non sembrava sicura sul cosa risponderle. 

“Sono davvero affamata ora. Ho bisogno di mangiare qualcosa.”

“Giusto. Stavo andando anch’io a cena. Perché non vieni con me?”

“Davvero?” Un umano le stava offrendo di mangiare insieme? Era quasi troppo bello per essere vero. E non era un sogno, stava succedendo realmente.

“Era solo una proposta. Non sentirti obbligata. Voglio dire, sono le vacanze estive, e sono in astinenza di interazioni umane – “

“Anch’io!” Lyra spiattellò senza riflettere.

“Bene, allora è deciso.”

Lyra annuì decisa e la seguì fuori dal parco.

“Suoni spesso al parco? Passo spesso di qui e non ti ho mai vista,” disse Audrey.

“No, vengo… da fuori città,” disse Lyra. “Dove vivi tu?”

“Walnut Street. A pochi passi da qui.” Audrey fece un gesto alla loro destra, e gli occhi di Lyra seguirono la sua mano. Era più interessata alla mano che al dove stesse puntando.

Dopo qualche isolato, raggiunsero un edificio dal tetto verde – un ristorante. Dalle finestre, Lyra vide degli umani seduti ai tavoli che mangiavano qualcosa. Le fece ricordare di nuovo quanto avesse fame. 

“Non è granché, ma hai detto che non ti importava,” disse Audrey mentre tirava la maniglia della porta. Lasciò entrare Lyra per prima. 

L’odore di qualcosa di buono – cibo, anche se Lyra non riusciva a capire di che tipo – era forte. L’interno dell’edificio era come ogni altro ristorante, eccetto che c’erano umani ai tavoli e nella cucina dietro. Una famiglia con dei bambini sedeva all’angolo del locale. Della musica era in riproduzione – da dove? Si trattava probabilmente di una registrazione, ma in giro non vedeva nessun grammofono.

Normalmente Lyra sarebbe stata più interessata nell’osservare ciò che le succedeva attorno, ma ora stava morendo di fame. Inoltre, stava per scoprire come era fatto il cibo umano. Magari era simile a quello che mangiavano i pony. Sperava che agli umani piacessero le torte tanto quanto a lei. 

Audrey si avviò al bancone e parlò all’umano alla cassa. “Prendo il… numero uno. Senza senape.” 

“Lo vuoi a menù?”

“Sì.”

“Cinque e sessantasette.” 

Lyra osservò con attenzione Audrey pagare alla cassa, ma tutto quello che consegnò al cassiere fu una piccola carta rettangolare. E poi lui gliela tornò. Non aveva bisogno di pagare?

“Come ti posso aiutare?” Ora il cassiere si stava rivolgendo a Lyra. Che cosa aveva ordinato prima? Audrey aveva solo detto un numero.

“Uh…” disse Lyra. “Io-Io prendo quello che ha preso lei.” Decise che era la maniera più sicura.

“Ok. Cinque e sessantasette.”

Cinque e sessantasette… cosa? Lyra mise la mano in tasca e tirò fuori il gruzzolo di carta. Era abbastanza sicura fosse valuta umana. Lo osservò per qualche secondo, e poi glielo consegnò.

L’umano sembrava confuso, ma prese alcuni pezzi di carta e le tornò il resto del gruzzolo. Raccolse qualche moneta dalla cassa. 

“Il resto è trentatre centesimi. Buona giornata.”

“Anche a lei...” le rispose Lyra.

Erano tutti così gentili qui. La Principessa Celestia si era sbagliata sugli umani. O almeno, Lyra aveva ragione a dire che gli umani nel suo mondo fossero diversi. Era difficile credere che solo questa mattina si trovava ancora nella vecchia e noiosa Canterlot, mentre ora era in un posto così grandioso come Des Moines. 

“Quindi, uhm…” iniziò Lyra. “Cosa significa esattamente ‘Des Moines’? È dove siamo ora, no?”

“Uh… Non ricordo,” disse Audrey, a braccia conserte. “È qualcosa di francese.”

“Oh… Davvero?” Quindi era finita in Francia… Lyra sorrise, immaginando la reazione di Rarity al venire a sapere dove si trovava al momento. La Francia era un posto vero. E in questo mondo era ancora florido.

“Da quanto tempo sei in città?” Audrey alzò un sopracciglio.

“Sono arrivata oggi,” disse Lyra.

“Ti ci abituerai presto. È abbastanza noioso qui in giro.” 

“Non credo proprio che lo sia,” disse Lyra sorridendo. 

Aspettando il cibo, Lyra si mise ad ascoltare la musica, da dovunque provenisse. Era molto orecchiabile, qualunque cosa fosse. 

It don't take money, it don't take fame, don't need no credit card to ride this train…” Era un brano vivace. Questa era musica umana, realizzò Lyra. Le piaceva più della classica roba che andava a casa sua. “It's strong and it's sudden and it's cruel sometimes, but it might just save your life - That's the power of love!

Il cibo arrivò su dei vassoi marroni. Lyra riconobbe che una parte del cibo erano patatine, ma non sembravano fatte di fieno come quelle in Equestria. Il resto del cibo era dentro piccole scatole quadrate fatte di cartoncino. 

Ricevettero dei bicchieri vuoti fatti di carta. Guardò Audrey mentre si dirigeva verso una scatola vicino alla cassa e riempiva il suo con qualcosa. Lyra imitò quello che aveva fatto, e sorseggiò la bevanda – era solo normale gazzosa. Un po’ più dolce e più frizzante di quella di casa, ma a parte quello, era come essere di nuovo all’Angolo Zuccherino.

Quando si sedettero, Lyra non riuscì più a trattenersi. Aprì la scatola – era un tipo di panino  – e cominciò immediatamente a mangiare.

“Quindi eri davvero affamata,” disse Audrey, osservandola leggermente divertita. 

Lyra annuì, e mandò giù un boccone. “È delizioso.” 

“Non è niente di speciale,” disse Audrey. Si sporse in avanti. “Comunque, da dove hai detto che vieni?”

“È, uhm…” Lyra diede un altro morso, domandandosi quanto fosse saggio rivelare. Che cosa ne pensavano gli umani dei pony? Non avrebbe corso rischi finché non lo avesse scoperto. “Una piccola città. Molto lontana da qui. Probabilmente non l’hai mai sentita nominare, da quanto è lontana.”

“Ok…” Audrey annuì lentamente, e cominciò ad aggredire il suo cibo.

La lattuga stava uscendo fuori dal panino di Lyra e stava cadendo sul vassoio. Era difficile tenere il tutto assieme. Forse non aveva abbastanza esperienza con le sue nuove mani.

Lyra osservò Audrey prendere e mangiare qualche patatina. Usava le dita senza pensarci. Le aveva sempre avute, pertanto non realizzava che fossero qualcosa di speciale. Gli umani come lei non riuscivano neanche ad immaginare la fortuna che avevano.

“Mi piacerebbe sapere di più su di te,” disse Lyra. “Che fai? Hai un lavoro?”

“Ho provato a fare domanda per un po’ di posti la scorsa estate, ma non mi hanno mai risposto. Stessa cosa quest’anno.” Le mani di Audrey si muovevano pigramente mentre parlava. “Solitamente sono troppo occupata con la scuola per lavorare il resto dell’anno.”

Lyra si fermò e la fissò. “Vai ancora a scuola? Ma… quanti anni hai?”

“Sedici, fatti questo Febbraio. Cosa intendi con ‘ancora’?”

“Mi sono diplomata anni fa,” disse Lyra.

“Diplomata da cosa?” chiese Audrey. “Ho altri due anni di superiore. Poi voglio andare a Grand View per studiare psicologia, e ci vorranno almeno altri quattro anni.”

Lyra non seppe che risponderle. Gli umani andavano davvero a scuola per così tanto tempo? Lei era solo qualche mese più vecchia di questa umana, eppure aveva finito con la scuola di magia anni prima. 

I suoi pensieri furono interrotti da un’improvvisa esplosione musicale. Aveva un timbro metallico e sembrava provenire da vicino, più della musica ambientale. 

“Whoops. È il mio,” disse Audrey, tirando fuori un piccolo oggetto nero dalla tasca. Lo osservò per qualche momento, con un’espressione irritata. Lyra stette lì, senza sapere quale fosse la reazione adatta. “Perché pensa che io sappia qualcosa di eBay?” Audrey non stava parlando con lei, stava fissando l’oggetto nelle sue mani, e quindi lo cominciò a premete con i pollici, il che era interessante. Lo rimise a posto, e tornò istantaneamente alla sua espressione amichevole. “Scusa. Era il mio amico Nathan.”

Lyra annuì, nonostante fosse più confusa che mai. Quell’oggetto aveva un nome, e Audrey lo considerava un “amico”. Dalla sua spiegazione così disinvolta, Lyra intuì che Audrey si aspettava lei la comprendesse facilmente. 

“Ma in ogni caso, non so ancora niente di te. Che ci fai qui a Des Moines?” chiese Audrey.

“Oh, beh…” Lyra esitò. Probabilmente era meglio dirle la verità. “In realtà sto cercando i miei genitori.”

Audrey annuì, e bevve un sorso dalla sua bibita. “Giusto… Avevi detto di essere adottata prima,” disse lei, e poi aggiunse velocemente, “Ti secca se ti faccio domande a proposito?”

“Assolutamente no,” disse Lyra. “Ho scoperto solo da poco di essere stata adottata.”

“Davvero? La maggior parte dei bambini adottati ai nostri giorni lo sanno. Riduce di molto lo stigma, lasciare che i bambini sappiano che sono ancora voluti…” disse Audrey. “Non riesco ad immaginare cosa devi aver provato quando l’hai scoperto.”

“La mia situazione era… complicata. Diciamola così.”

Scuotendo la testa, Audrey disse, “Però. Prendere e lasciare i tuoi genitori così.”

“Mi sono già trasferita tempo fa… Sarei potuta restare in città, più vicina a casa. Twilight l’ha fatto,” disse Lyra, alzando le spalle.

“Twilight?”

“Sì, era… un’amica,” disse Lyra. Le tornarono in mente le ricerche in coppia di qualche mese prima. Indovina ora chi aveva ragione.

“È… un nome strano,” disse Audrey, arricciando il naso. “I suoi genitori erano hippy o cose del genere?”

Lyra realizzò di colpo cosa aveva fatto. I nomi dei pony erano diversi da quelli umani. Se n’era totalmente scordata. “Già… completi hippy.” Qualunque cosa significasse, pensò Lyra. Sembrava essere comunque una risposta convincente.

“Sicuramente le persone la prenderanno sempre in giro. Sai, per i libri.”

“Beh, qualche volta, ma…” Lyra sbattè le palpebre. “Aspetta, come sai che le piacciono i libri?”

“No, stavo parlando di…” Audrey sospirò. “Sai cosa? Lascia stare. Torniamo a noi. Mi stavi raccontando di quando ti sei trasferita. Quanto tempo fa è stato?”

“Circa…” Lyra rifletté per un momento “Quattro anni fa?”

Audrey la fissò. “E… quanti anni hai?”

“Sedici. Come te.” Lyra sorrise.

“Vivi da sola da quando avevi dodici anni.”

“Sì. Beh, cioè, avevo una coinquilina,” disse Lyra. “Questa città è più grande di dove vivevo, ma penso riuscirò a cavarmela.”

“I tuoi genitori ti hanno sbattuta fuori di casa quando avevi dodici anni?” Audrey sembrava scioccata per qualche ragione.

“No, ho deciso io di andarmene,” disse Lyra. “Non mi hanno costretta né niente. E io volevo stare per conto mio. Ai miei genitori non piacevano tutti gli studi che stavo facendo sugli… Uh…” La voce di Lyra si spense. I suoi occhi spazzarono il ristorante, soffermandosi sugli umani al bancone, ai tavoli, e su Audrey che sedeva davanti a lei. “Non è davvero importante. Ma fui in grado di fare come volevo.”

“Avevi dodici anni,” ripetè Audrey. “È, non so… un grave caso di negligenza, o simile… I servizi sociali non vi hanno scoperto?”

“Non era niente di grave,” disse Lyra.

Audrey scosse la testa, e continuò. “E… parlavi di cercare i tuoi veri genitori. Ed è per questo che sei venuta qui.”

“Sì. I miei genitori… beh, i miei genitori adottivi… Mi hanno dato questo.” Si calò per prendere la borsa a lato del tavolo, ed estrasse la foto. “È tutto ciò che ho della mia vera famiglia.”

Audrey prese la foto e la osservò per alcuni momenti. “È tutto ciò che ti hanno dato? Sai almeno i loro nomi, o di dove siano?”

Tutto quello che Lyra sapesse era che provenivano da questo mondo. Tuttavia, non pensava che gli umani sapessero dell’esistenza di Equestria. Come lei non sapeva che questo mondo esistesse. “No… Non so proprio niente su di loro.”

“Accidenti. Mi duole dirlo, ma non penso che sia abbastanza.” La girò, ma non c’era niente dietro. Gliela tornò. “Non posso credere che ti abbiano mandata da sola, e unicamente con quella. Questo cose non succedono. Non ha alcun senso.”

“Oh, va tutto bene. Come ho detto, vivo da sola da molto tempo,” disse Lyra, infilando di nuovo la foto nella borsa vicino al suo diario. “Penso di riuscire a cavarmela.”

“Di dove sei?”

“Come ti ho detto… Non riconosceresti il luogo. Non è importante.” Lyra sventolò una mano, tenendo il quarto di panino rimanente nell’altra.

“Non so cosa dirti.”

“Uh, già,” Lyra diede un altro morso mentre cercava di pensare a cosa dire. Finì l’ultimo pezzo di panino. Era esattamente ciò di cui aveva bisogno, e si sentiva completamente piena. “Era delizioso. Cos’era?”

“Sul serio non hai mai mangiato un Big Mac prima?” disse Audrey.

La prima cosa che le venne in mente era il fratello maggiore di Applejack, ma ovviamente non era ciò di cui lei stava parlando. Il panino doveva avere lo stesso nome per coincidenza.

“Quindi, cosa c’era dentro?” Chiese Lyra.

Audrey fece spallucce. “Carne unta e formaggio dentro una pagnotta scadente? Non so esattamente che salsa sia, ma è – “

Lyra smise di ascoltarla alla prima parola. Lentamente si portò la mano alla bocca. “Hai detto… che c’era carne dentro.”

“Certo. Beh, circa. Voglio dire, è un fast food. Chissà cosa mettono davvero – “

“Erano… animali.”

“Huh?”

“Quello… Quella cosa proveniva da qualcosa di vivo! Chi ho mangiato?” domandò Lyra. 

Gli occhi di Audrey si spalancarono dalla paura. Si mise la testa in una mano e fissò il tavolo. “O mio dio. Sei vegetariana,” disse lei. “Avresti dovuto dirmelo! Pensavo che chiunque conoscesse quei panini. Non dirmi che non sei mai stata in un McDonald prima.” 

“Chi era…?” disse Lyra, la sua voce poco più forte di un bisbiglio.

“Era… una mucca, probabilmente. Per la maggior parte. Non so che percentuale fosse altro.” Audrey si stava impappinando. 

C’erano mucche nella fattoria di Applejack. Le allevavano per il latte, e le trattavano gentilmente. Gli umani le mangiavano. E Lyra aveva appena…

Si stava sentendo male.

Anche Audrey sembrava terrorizzata, ma non era neanche per la metà quello che stava provando Lyra. “O mio dio… Se sei vegetariana, me l’avresti potuto dire prima. Avrei suggerito un posto diverso. Mi dispiace, seriamente.”

Lyra scosse lentamente la testa. “Pinkie aveva ragione…” mormorò lei. E la cosa peggiore? La carne era deliziosa.

“Chi?” disse Audrey. “Aveva ragione su cosa?”

“Oh, ho detto Pinkie? Volevo dire… Diane.” Lyra sperava di poter evitare altre domande. Il suo stomaco si stava rivoltando. “La chiamiamo Pinkie perché è il suo colore preferito. Ma… Mi ha detto che…” La voce di Lyra si affievolì, e gemette.

“Lyra, stai bene? Cioè… Sono terribilmente dispiaciuta per tutto ciò.”

“Starò bene…” farfugliò. “Tutti… Tutti gli umani mangiano così?”

“No… Hai detto che sei vegetariana…” Audrey scosse la testa. “Dio. Mi dispiace tantissimo.” 

Finì il resto del suo pasto in uno sgradevole silenzio, evitando gli occhi di Lyra. Il resto del cibo sembrava okay. O almeno, era innocuo. A Lyra era passata la fame, ma mangiò comunque controvoglia le patatine.

Infine, Lyra parlò nuovamente. “Audrey… tu non mangi… pony, no?”

“Cosa? No.”

“Uh… okay…” Era confortante, anche se non rendeva davvero migliore la situazione.

Lyra desiderava veramente potersi fidare di questa umana. Era andato tutto così bene, ma questo… Poteva davvero passarci sopra? Eppure gli umani, o la maggior parte di loro, mangiava così. Era nella loro biologia naturale. Forse non avevano scelta. 

Tuttavia… Era buono.

Audrey l’aveva chiamata una “vegetariana,” dunque forse era normale che alcuni umani non mangiassero carne, ma sembrava più un’eccezione che la regola. Lyra non era più sicura su cosa pensare. 

Finalmente Audrey parlò di nuovo. 

“Uh… Lyra. Hai detto che eri solo di passaggio qui in città,” disse, puntando pigramente un dito verso l’esterno.

“Sì, è corretto,” disse Lyra.

“Dov’è che stai?”

“Io… ad essere onesta, non ci ho ancora davvero pensato,” ammise Lyra. La giornata era stata troppo travolgente. 

“Beh, uh…” Audrey stava cercando le parole da dire. Bevve un altro sorso della sua gassosa. “Sei una persona singolare, Lyra, questo posso dirlo.”

Lyra sorrise un po’. “Grazie…” Un umano la stava chiamando “singolare”, era un onore incredibile. Ma lei pensava che Audrey fosse molto più interessante.

“Sei anche incredibilmente naïve, e se stai da sola,     ti succederanno cose terrificanti.”

“Che intendi?” chiese Lyra. Il mondo umano le era sembrato sicuro. Beh… a parte il cibo. Le sembrava impossibile le potesse capitare qualcosa di peggiore di quello.

“Voglio dire…” Audrey fece una risatina, e guardò giù al tavolo. “Quello che sto per dire è da pazzi, ti ho appena conosciuto. Ma abbiamo una stanza degli ospiti a casa, e se hai bisogno di un posto dove stare fino a quando non ti raccapezzi – “

“Sarebbe bellissimo!” disse Lyra, illuminandosi in viso. Poi si ritrasse indietro. Quello sfogo era stato più rumoroso di quanto avesse voluto. 

“Direi che è deciso, allora,” disse Audrey sorridendo. “Andiamo, ti mostro dove abito.”

 

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La casa di Audrey era solo a mezz’ora di cammino. Era di due piani, dipinta di bianco, con un tetto grigio. Assomigliava molto a tutte le altre case attorno, in verità. Sembravano essere disposte in maniera più regolare rispetto a Ponyville, come in una griglia. Si capiva dalle strade, che servivano per le carrozze umane. Una di esse era ferma davanti la casa.

Questa parte della città era più tranquilla rispetto al centro. Tutte le case avevano dei prati con erba e alberi, alcuni meglio tenuti degli altri.

“Sembra che mamma sia a casa,” disse Audrey, facendo un cenno verso la carrozza in sosta. “Le dico che rimani con noi. Non ti preoccupare. Non dovrebbe essere un problema.”

“Va bene…” Lyra era ancora meravigliata che avrebbe vissuto in una casa umana. Le aveva quasi fatto dimenticare cosa aveva appena mangiato. Quasi.

Lyra notò la parola ”LOREN” a lato della cassetta delle lettera davanti alla casa. Seguì Audrey alla porta, ed entrò dentro. L’ingresso non le sembrava troppo estraneo. C’era un ritratto di natura morta, qualche frutto, appeso su un muro, e di fronte ad esso, delle scale che salivano a destra. Lyra constatò che le scale erano più strette di quelle di casa sua, rendendole più compatte. Dopotutto, lo spessore extra non sarebbe servito ad un bipede umano.

Poco dopo entrati in casa, e dopo che Audrey ebbe chiuso la porta, comparve un altro umano. Somigliava ad Audrey, ma aveva capelli ricci anziché lisci. “Oh, sospettavo che saresti tornata presto.”

“Papà è ancora a lavoro?”

La madre di Audrey annuì, poi si accorse di Lyra. “E lei chi è?”

“Lei è Lyra. Le ho detto che poteva restare con noi per un po’...” La voce di audrey si spense, e sua madre la fissò in tralice. Poi si rivolse a Lyra. “Um, mettiti comoda. Ci penso io.” 

“Oh. Grazie,” disse Lyra. Lei percorse il corridoio e lasciò soli i due umani nell’entrata.

Iniziarono a parlare a bassa voce. Lyra non riusciva a comprendere ciò che dicevano, ma si fidava di Audrey. Forse anche più di quanto avesse dovuto… No, la carne era stata un equivoco. Non poteva continuare a rimuginare su quello. Anche se non riusciva a non pensarci, a prescindere di quanto intensamente ci provasse. In ogni modo, era davvero in posizione di poter rifiutare la gentilezza di altre persone? Specialmente umane?

Doveva togliersi dalla testa quello che aveva fatto. Questa era una casa umana – il solo pensiero la eccitava, nonostante tutto il resto. Lyra si diresse nell’altra stanza.

Ora la casa cominciava a sembrava diversa da quella di Ponyville. Il soggiorno – se era quello – aveva una strana impostazione. Un divano e qualche sedia, tutte disposte davanti ad una scatola nera. Al momento Lyra non aveva idea a cosa servisse. Sembrava noiosa, quindi si concentrò sulle foto incorniciate sul tavolino. 

Questa… Sembrava proprio come la Festa del Focolare dell’Amicizia. Avevano addobbato un albero e tutto il resto. No, aspetta. Doveva essere Natale, no? Lyra ghignò. Forse avrebbe potuto chiedergli cosa fosse… Ma non poteva far capire che non ne sapeva niente. Tutti gli umani celebravano il Natale, dopotutto.

Un’altra sembrava la Notte degli Incubi. Un piccolo umano, dell’età di quelli che aveva visto al ristorante, era vestito da gatto nero. Era probabilmente Audrey da piccola. Ma se gli umani non conoscevano Nightmare Moon, cosa celebravano allora?

Notò che sul tavolino di fronte al divano era poggiato un vaso con dei fiori. Lyra sentì l’acquolina. Sperabilmente non avrebbe oltrepassato i limiti se da ospite ne avesse preso giusto uno.

Morse i petali, e istantaneamente resistette dal sputarli fuori. Erano troppo amari. Tossì e provò ad ingoiarli.

Lyra tornò nell’ingresso. Avvicinandosi, le voci diventarono più chiare. 

“Ha avuto una vita difficile. Non mi vuole neanche dire cosa ha passato.”

“Lo capisco, ma non è come quando portavi a casa gli animali abbandonati. Questo è un essere umano, Audrey. Un estraneo. Sai almeno qualcosa su di lei? Da dove viene?”

“Sta attraversando un brutto periodo ed è confusa.” Questa era la voce di Audrey.

Lyra entrò. “Um, scusate, ma… Penso che i vostri fiori siano andati a male. Non hanno per niente un gusto normale.” Teneva in mano lo stelo del fiore con la corolla parzialmente morsa.

Silenzio.

“Uh…” Audrey non era sicura di cosa dire.

“Mi dispiace…” Mormorò Lyra.

“No, è… Va tutto bene,” disse Audrey.

“Il tuo nome è Lyra, no?” disse la madre di Audrey. “Audrey dice che sei in città e lavori per guadagnarti da vivere.” 

Lyra annuì. “Non vi darò fastidio, lo giuro. Posso restare?” Diede un altro morso al gambo del fiore senza realizzarlo, e fece di nuovo una smorfia. Com’era possibile che questo avesse un sapore così cattivo quando lo stesso giorno aveva mangiato…

Audrey scambiò uno sguardo con la madre, e poi si rivolse a Lyra. “Vieni. Ti mostro dove starai.” Audrey la portò su per le scale.

 

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Si stava facendo buio fuori. Lyra stava aiutando Audrey a sistemare il letto degli ospiti dove avrebbe dormito.

“Puoi sistemare quell’angolo?” Audrey stava tenendo un capo del coprimaterasso a motivi floreali e indicava con l’altra mano. 

“Certo.” Lyra aiutò a infilarlo sotto il materasso. “Posso davvero restare qui? Per quanto?” 

“Per quanto tempo avrai bisogno. Però devi trovare un piano migliore di quello che hai. Nel tuo stato è impensabile riuscire a trovare le persone di quella foto.”

Finirono di coprire il materasso ed iniziarono con le lenzuola. Era un lavoro semplice, ma stavano usando le mani per farlo. Una mano doveva reggere l’angolo del materasso mentre l’altra vi sistemava il lenzuolo attorno. Audrey aveva appena recuperato una coperta quando un uomo entrò dal corridoio.

“Tu devi essere Lyra,” disse lui. “Ho sentito che resterai con noi?”

Lei si voltò verso di lui. Era probabilmente il padre di Audrey. “Si.”

“Hai parlato con mamma?” chiese Audrey. “A proposito di… beh…”

“Non voglio davvero essere un fastidio,” si intromise Lyra.

“Sono sicuro che non lo sarai,” disse lui, sorridendo. “E non ti possiamo certo gettare per strada, no?”

Lyra riusciva a stento a credere alla fortuna che stava avendo. “Io… Non so esprimere quanto questo significhi per me.”

“È un piacere fare la tua conoscenza, Lyra. Facci sapere se hai bisogno di qualsiasi cosa. Siamo qui per aiutarti.”

“Grazie mille,” disse Lyra, sorridendo. “Penso che me la posso cavare per ora.” Ritornò a fare il letto, terminando col mettere le coperte. 

“Allora vi lascio per ora.” Si girò ed uscì mentre finivano di sistemare il letto.

“Non è male,” disse Audrey. “E come ha detto papà. Dicci pure se hai bisogno di qualcosa.”

Lyra stava osservando lo scaffale con i libri in fondo alla stanza. “Ti dispiace se ne leggo alcuni?” Chiese indicandolo.

Audrey fece spallucce. “Certo. Se vuoi, fa’ pure.” 

“Grazie,” disse Lyra, sbadigliando. “Anche se… penso che per stanotte andrò semplicemente a letto.” Realizzò di nuovo che stamattina si era svegliata a Canterlot. Sembravano passati anni. Aveva bisogno di riposare.

“Okay. Allora, buona notte.”

“Notte.”

 

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C’erano strani suoni non identificabili, là fuori nel mondo umano. Lyra pensava che potessero provenire da quelle carrozze, ma ci fu pure un rumoroso ed acuto sibilo che prima crebbe e poi scemò. Lyra era distesa sul suo letto, col diario aperto davanti, e una matita in mano.

Non era così diverso da casa, eccetto che ora stava scrivendo le sue esperienze. E c’erano così tante cose nuove che aveva imparato sugli umani oggi. Da dove cominciare? Si toccò le labbra con la gomma.

Diede un’altra occhiata alla stanza in cui si trovava. Era scura, a parte la zona illuminata dalla lampada che si trovava sul tavolo vicino a lei, a cui aveva poggiato la borsa. Delle tende erano appese alle finestre, ma non si sentiva di chiuderle. Prima aveva passato in rassegna i titoli di tutti i libri sullo scaffale, e non sapeva da dove cominciare. La cultura umana era più vasta e variegata di quella di Equestria. 

Ritornando al diario. Prima di tutto – Attenzione a quello che mangi.

Era un appunto che valeva la pena cerchiare. Lyra rabbrividì al solo pensiero di quello che era accaduto oggi. Audrey non voleva farle del male. Mangiare carne era una normale abitudine per gli umani.

Non cambiava il fatto che Lyra non fosse intenzionata a fare il bis. 

Andando avanti, c’erano tutte le invenzioni di questo mondo. Sfogliò qualche pagina indietro per trovare gli schizzi delle carrozze che aveva fatto basandosi sui suoi sogni. Erano incredibilmente fedeli. Tornò ad una pagina bianca. 

L’idea che questo fosse il suo mondo – questo posto enorme e affascinante – era straordinario. Equestria non reggeva il confronto con quello che la Francia le teneva ancora in serbo. E si era già fatta un’amica che la poteva aiutare ad orientarsi.

Nonostante ciò… Le mancava Bon-Bon. Sorrise a pensare la reazione di Bon-Bon nel vederla adesso. Ma… questo non sarebbe mai successo. Come poteva tornare senza magia? Inoltre, quell’incantesimo era molto difficile per un normale unicorno.

Ma prima di tutto, com’era arrivata in Equestria partendo da lì?

Troppe domande, e ne aveva passate troppe per oggi da mettersi a pensare seriamente a tutte. Sbadigliò – Doveva davvero andare a dormire.

Si girò e vide la sua collana penzolare dalla colonna del letto. Una lira dorata, come il suo cutie mark. La superò con la mano e cercò l’interruttore della lampada. Si domandava se tutti gli umani avessero cose del genere in casa. In Equestria esistevano dei dispositivi magici, ma non erano così diffusi. A giudicare da quello che aveva detto Audrey quella mattina, però, sembrava che la magia fosse considerata alla stregua di una barzelletta. Allora com’era possibile che una qualsiasi di quelle cose funzionasse?

Chiuse le dita sulla manopola, che scattò quando venne girata nella posizione “off”. Era troppo stanca per pensare a tutte quelle domande ora.

Tutto sommato, il suo primo giorno da umana era stato un successo.

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Capitolo 13
*** Possibilità Di Pioggia ***


CAPITOLO 13

POSSIBILITÀ DI PIOGGIA

 

Lyra si svegliò all’odore di qualcosa di buono in forno… Era cannella? Bon-Bon doveva stare preparando la colazione. 

Si tirò su strofinandosi gli occhi. Quindi si fissò le mani. Giusto… Era umana ora. Il sole inondava di luce la stanza, e dalla finestra vide una carrozza passare solitaria per le strade della Francia.

Dopo essersi concessa un attimo per sistemarsi, Lyra portò le gambe di lato e si alzò, tenendosi con un braccio al letto per mantenere l’equilibrio. Si stiracchiò la schiena, cercando di cacciare via il torpore. 

Sentiva voci provenire da sotto, di cui non ne conosceva nessuna. Era difficile cogliere le parole, ma non sembravano dette da uno degli umani con cui abitava. Si grattò la testa, e scese giù, diretta in cucina. 

Audrey era seduta al tavolo, fissando una scatola argentata situata sul ripiano della cucina. I suoi capelli non erano legati dietro come il giorno prima, ma le cadevano giù sulle spalle. Aveva pure degli occhiali, nonostante apparentemente non ne avesse avuto bisogno in precedenza. Si voltò quando sentì Lyra entrare. “Buongiorno.”

“Buongiorno…” disse Lyra, sbadigliando. Osservò la cosa che Audrey stava guardando. Sembrava essere la fonte delle altre voci.

“Ed eccoci tornati alla nostra copertura continua dell’attuale campagna presidenziale…” Era come se non stesse parlando a nessuno in particolare. Audrey le prestava scarsamente attenzione ora. Prese un lungo oggetto nero e la scatola si mutò di colpo. 

“Mamma e papà sono già usciti per andare a lavoro,” disse Audrey, reclamando l’attenzione di Lyra. “Hai dormito a lungo, stavo per venire a svegliarti.”

“Già, tendo a svegliarmi tardi,” disse Lyra.

“Tra parentesi, bei capelli. Anche più matti del solito,” disse Audrey. “Ti posso prestare una spazzola se ne hai bisogno. Dopo mangiato, se vuoi.”

Gli odori erano irresistibilmente forti ora, ed erano pure familiari. “Hai preparato tu la colazione?” chiese Lyra. Passò le dita fra i capelli, tentando di farli stare giù, ma senza molto successo.

“Girelle alla cannella. Ti vanno bene, no?” chiese Audrey. “Mi sento ancora in colpa per ieri.”

“No, vanno bene,” rispose Lyra. “Anzi, benissimo. La mia coinquilina le preparava sempre. È una fornaia professionale.”

“Io di sicuro non lo sono,” disse Audrey con un sorriso. “Sono solo dei Pillsbury.” Notò che Lyra era di nuovo confusa. “Pre-confezionate. Tutto quello che ho dovuto fare è stato accendere il forno e metterli dentro.” 

Lyra era grata di vedere qualche cibo che conosceva. Si avvicinò ai fornelli, su cui era poggiata una padella, e un piatto con delle posate a lato.

“Ho fatto pure del caffè, se ne vuoi un po’.”

“No grazie,” disse Lyra. “Non mi piace. Troppo amaro.”

Anche se tutto il resto le era nuovo, c’era comunque qualcosa di familiare nel mondo umano. A molti pony piaceva il caffè – a Canterlot, era la principale fonte di guadagno di Pony Joe. Lyra l’aveva provato qualche anno prima. Per quanto zucchero avesse provato a versarci, non si era mai abituata a quel sapore.

Si sedette al tavolo davanti alla sua amica umana. Le sembrava ancora troppo bello. Fino a poco tempo prima, Lyra non si sarebbe mai immaginata che si sarebbe seduta a fare colazione con un vero umano.

Lyra diede un morso alla colazione, e anche se le girelle non erano buone come quelle di Bon-Bon, le piacevano comunque.

La scatola argentata era dietro di lei. Si girò per osservarla meglio e – nonostante fosse impossibile – vi erano figure umane dentro, oltre al vetro. Attorno ad essi, c’erano anche parole che scorrevano, troppe su cui concentrarsi. Le labbra degli umani si muovevano, ma non stavano più emettendo alcun suono. 

“Sono solo reportage elettorali. Mi hanno già stufato. Immagino che dovrei prestarci più attenzione. Dopotutto, l’anno prossimo potremo votare,” disse Audrey. “O almeno immagino che lo farai anche tu. Sei democratica o repubblicana?”

Lyra la fissò. “Non… non lo so.”

“Indecisa? Non è un gran problema.” Audrey fece spallucce. “In ogni caso, la tua coinquilina?”

“Huh? Lei cosa?”

“Hai detto che è una fornaia professionale.”

“Sì. Più una pasticciera. Dolci e caramelle e roba del genere,” disse Lyra. Diede un altro morso. “Amo quel genere di cibo, quindi siamo andate d’accordo.”

Audrey annuì. “E quanti anni ha?”

“Pochi mesi più grande di me.”

“È molto giovane per essere una professionista…” disse Audrey.

“Non esattamente. Ha lavorato per anni prima di venire assunta dove sta adesso,” disse Lyra. “Ma, uh, cosa fanno i tuoi parenti?” Voleva riportare il discorso sugli umani. Ripensare a casa le risultava ancora dura. 

“Papà lavora da Principal, al 801 Grand. È l’edificio alto in mezzo alla città,” disse Audrey. “E mamma è un’insegnante di inglese per le scuole medie. Ha ancora dei corsi estivi da finire.”

Dunque una maestra e… Lyra non era sicura di cosa significasse l’altro. “Dunque, uh… Cos’è l’inglese? Intendi, come l’Inghilterra?” Era una delle nazioni umani che ricordava dai suoi libri. Era ancora in dubbio su come funzionasse la società umana, con tutte quelle nazioni diverse. Non potevano avere un insegnante per ognuna di esse.

“Sai, inglese. Letteratura, scrittura. Lingua, arti,” disse Audrey. “Lyra… ieri mi hai detto una cosa che mi preoccupa davvero. Probabilmente sei uscita dalla scuola troppo presto. Cos’è successo di preciso?”

Lei alzò le spalle. “È quando tutti si diplomano.” 

Audrey aggrottò la fronte, e alzò un sopracciglio. “Okay… E quale scuola hai frequentato?”

Lyra esitò. “È… uh… “ Cosa poteva dire? Audrey aveva riso all’idea della magia quando ne avevano parlato il giorno prima. L’Accademia di Magia di Canterlot era un’ottima scuola, ma chiaramente l’educazione umana funzionava in maniera diversa. “Oh, uh… sai. Scuola.”

Audrey si poggiò allo schienale della sedia e incrociò le braccia. “Va bene...” disse. 

“Voglio proprio esplorare di più questo posto. Ho girato un po’ ieri, ma c’è ancora molto lì fuori. Non voglio pensare a casa in questo momento.”

“Lyra…” Audrey esitò. “Quando ho parlato coi miei genitori ieri, hanno detto la stessa cosa che pensavo. Hai bisogno di aiuto da un professionista.”

“Stai già facendo abbastanza per me,” disse Lyra. “Solo l’avermi permesso di stare qua è moltissimo. Davvero, te ne sono grata.”

“Si, ma, beh… Intendevo terapia.”

Anche Bon-Bon gliel’aveva proposta qualche volta. Ma perché Audrey? Proprio la sua esistenza provava che Lyra non era pazza.

“Che intendi?” chiese Lyra.

“Di certo non puoi permettertela nelle tue attuali condizioni, e non possiamo spendere molto neanche noi… Ma almeno sarebbe utile che ci dicessi qualcosa di più sul luogo da cui vieni.”

“Ti ho detto che non – “

che importa, Lyra. Per prima cosa, perché hai dovuto lasciare casa dei tuoi così giovane? Cosa ti hanno fatto?”

“Niente… Hanno solo deciso che era il momento per me di conoscere la verità su me stessa. I miei genitori hanno sempre fatto tutto il possibile per me.”

Audrey aveva detto di essere coetanea di Lyra, eppure viveva ancora con i suoi. Loro lavoravano, ma lei aveva ancora anni di scuola davanti. Lyra non era neanche sicura se poteva più considerarsi adulta o meno… Ma comunque le sembrava ridicolo. Aveva badato a se stessa per anni.

Audrey sospirò. “So che non vuoi parlarne, ma almeno è vero? Ciò che mi dici non ha alcun senso.”

“Certo che è vero,” disse Lyra. “Capisco che il tuo mon – voglio dire, questo posto ha regole diverse da quello da cui vengo. Ma dove vivevo prima era considerato la normalità.”

“Trovo solo difficile credere che hai preso e lasciato tutto e tutti, così.”

“La vita a casa mia andava perfettamente,” disse Lyra. “Però… ho sempre sentito come se quel posto non mi appartenesse. E quando ho scoperto della mia vera famiglia, ho capito il perché. Ho solo bisogno di scoprire chi dovrei essere.” 

Audrey sollevò la tazza e finì il suo caffè ormai freddo, che aveva finito di fumare molto tempo addietro. “Vorrei aiutarti a trovare i tuoi genitori. Purtroppo non so se riusciremo ad ottenere qualcosa partendo solo da una foto, soprattutto una che è più vecchia di me,” disse lei. “Hai considerato l’opzione di tornare a casa? Dicevi di avere molti amici laggiù.”

“Quello… non è più possibile,” disse Lyra.

“Perché no?” 

“È troppo complicato da spiegare.” Lyra fissò il suo piatto vuoto. “Fidati. Non ti sto mentendo.”

“Mi dispiace se ti posso sembrare invadente. Ma finché starai con noi, vogliamo sapere un po’ di più del luogo da cui vieni,” disse Audrey. “In ogni modo… quali sono i tuoi piani per oggi? Andiamo avanti un giorno alla volta.”

“Pensavo di uscire e suonare un altro po’. Ho ancora bisogno di fare altri soldi,” disse Lyra.

“Oh, giusto. Hai ottenuto una licenza?” chiese Audrey. “Ho fatto una ricerca online prima. Il comune è abbastanza permissivo con i musicisti di strada, ma hai bisogno della licenza.”

“No, non ci ho mai pensato,” disse Lyra. Si chiese come Audrey avesse avuto il tempo di cercare quell’informazione oggi – da quanto tempo era sveglia? “Di solito suono sempre in pubblico. Non ho mai avuto problemi finora.”

“Beh, sei stata fortunata che nessuno ti abbia mai beccata. Dovresti però ottenerne una oggi, prima di tentare di nuovo la fortuna. Costa solo cinque dollari. Oh, e portati la tua C.I.”

“Huh?”

“Il che mi fa ricordare…” Audrey picchiettò il tavolo con le dita. “Non mi hai mai detto il tuo cognome. Potresti fare almeno questo, no?” Sorrise.

Lyra si immobilizzò per un istante. “Il mio… cognome?”

“Già”

Guardò di lato. “È un problema… non so quale sia,” disse lei. “Non so ancora niente dei miei genitori.” 

“Ma devi averne avuto uno a casa tua,” disse Audrey. “Quello dei tuoi genitori adottivi, magari?”

Lyra scosse la testa. “No, sono sempre stata Lyra.” Beh, in verità, Heartstrings. Ma se agli umani Twilight suonava strano come nome, cosa avrebbero pensato di quello?

“Ricapitolando… Niente cognome. E niente C.I.”

“No.”

“Prendere una multa mentre suoni sarebbe decisamente sgradevole…” Audrey si strofinò le tempie. “In cosa mi sono andata a cacciare,” mugugnò. 

“Mi dispiace,” disse Lyra. “Te l’ho detto. Le cose erano diverse dove sono cresciuta.”

“Già, quello è proprio evidente.”

Osservò nuovamente la scatola sul ripiano. Vi era una figura umana dentro. Dietro lui c’era un confuso pasticcio di colori. Sembrava gesticolare verso una certa regione. Audrey raccolse l’oggetto lungo sul tavolo. “Oh, c’è il meteo.” lo puntò alla scatola e la voce umana tornò udibile.

“Dovremo vedere nubi sparse con una possibilità di pioggia nel pomeriggio…” I colori dietro lui svanirono e vennero rimpiazzati da una serie di numeri e piccole icone di soli e nubi di pioggia.

“Hanno detto prima che potrebbe piovere tra le tre e le quattro,” disse Audrey, indicando la scatola. “Se vuoi comunque uscire, cerca di rientrare a casa prima di allora.”

La testa di Lyra era girata, con gli occhi ancora incollati sulla scatola, ma annuì. “Ok.” Quindi, dopo un attimo di riflessione, aggiunse, “Mia madre lavorava al meteo.”

“Oh, davvero? Come conduttrice, o…?”

“Produzione,” disse Lyra, accigliandosi. Non aveva mai parlato di calessi.

Audrey annuì. “Ma immagino non mi dirai il nome del canale.”

“Non importa davvero.”

“Almeno è un inizio… Se ti senti di dirmi qualsiasi altra cosa, ti puoi fidare di me. Lo sai questo, vero?”

“Sì, certo…” disse Lyra. Prese pigramente la forchetta, anche se aveva finito di mangiare. La tenne tra le dita e la esaminò con curiosità. Dopo un momento, guardò di nuovo su. “In realtà ho una domanda.”

“Spara.” 

“C’è un posto dove posso comprare altri vestiti? Non ne avevo molti con me quando sono partita.” 

“Sì, ci sono dei negozi economici di vestiti in centro. Non sono così lontani, se volevi uscire più tardi.”

“Penso che ci andrò.” 

Lavarono i piatti della colazione assieme, e poi Lyra salì le scale per andare a prepararsi.


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Lyra si ritrovò in bagno, davanti allo specchio, con un umano dai capelli verdi che la guardava a sua volta. Fu quasi sorpresa di vedere la sua immagine riflessa muoversi come lei quando prese la spazzola. Non riusciva ancora a credere che fosse proprio lei.

Il manico era modellato perfettamente per adattarsi alla mano. Era quasi uguale a quella che usava per la criniera quando era ancora un pony, ma ora la stava finalmente maneggiando nella maniera corretta.

Momenti come questi sembravano mettere tutto in prospettiva. Anche qualcosa di semplice come una spazzola era stata progettata dagli umani. Il passato di questo mondo probabilmente era molto simile all’altro, se si fosse tornati indietro di qualche secolo. Ma esattamente quanto simile?

Si passò la spazzola tra i capelli, cercando di sistemare alla meglio i suoi capelli arruffati. Rimaneva ancora impigliata un po’ in cima, ma non importava.

Dopo aver dato un’occhiata di nuovo al riflesso, decise che era accettabile. Si prese un altro istante per ammirare ancora la sua nuova persona. Sembrava davvero allarmantemente simile al disegno che aveva fatto qualche mese prima… Parti di lei già sapevano che era destinata ad essere un umano.

Lyra tornò nella sua stanza, e si fermò dinanzi alla finestra. Le previsioni del tempo avevano detto che la pioggia era programmata tra le tre e le quattro, quindi avrebbe aspettato che finisse prima di uscire per andare al negozio. Le nuvole erano già state posizionate, e il cielo era grigio.

Per il momento, si mise a scorrere gli scaffali di libri che aveva in camera, come aveva pianificato di fare la notte prima. C’erano così tanti libri che era difficile capire da dove iniziare. Era letteralmente un intero mondo di informazioni dal quale stava solo iniziando ad attingere.

C’era una serie di libri in copertina rigida, che aumentavano progressivamente in spessore, chiamata “Harry Potter”. Tuttavia, sembravano romanzi – i titoli le ricordavano troppo le avventure di Daring Do che leggeva da puledra. In realtà, molti di quei libri sembravano di narrativa. C’era un’intera fila di libri scritti da un umano di nome William Shakespeare, che a Lyra sembrarono, a prima lettura, spettacoli teatrali.

Avrebbe preferito storie del mondo umano, ma… Ecco qualcosa. Capire la Natura Umana. Era perfetto. 

Lyra lo prese e si sedette sul letto, sfogliando l’introduzione. Sembrava incentrato sulla psicologia più che su altro… Ma era comunque accettabile. La prefazione diceva che come scopo aveva di migliorare il rapporto coi “nostri compagni esseri umani”. Le applicazioni pratiche erano esattamente ciò che aveva bisogno di imparare.

Lesse i primi capitoli, ma erano diversi da ciò che si aspettava. Tutte quelle storie sulla coscienza e la psiche… Era un peccato che Twilight non fosse lì a spiegarle cosa volessero dire tutte quelle parole. Di certo, non illustravano molto bene il mondo umano.

Lyra guardò su verso la finestra. Non stava ancora piovendo. Si chiese se avesse sbagliato ora, ma era quasi certa che sarebbe già dovuto iniziare. Era ancora nuvoloso, ma asciutto.

Chiuse il libro e lo poggiò sul comodino. Si stava facendo tardi, e sarebbe dovuta probabilmente uscire presto. Inoltre, aveva letto libri sugli umani per tutta la sua vita. Ciò che voleva davvero adesso era andare fuori ed immergersi in questo mondo. Pratica sul campo, come diceva il libro. 

Il mucchietto di soldi umani si trovava lì vicino, lo prese e se lo mise in tasca. Prima o poi sarebbero finiti… Era difficile dire quanto avesse guadagnato dalla sua esibizione del giorno prima. E aveva bisogno di un permesso? Stava diventando tutto così complicato…

Scendendo le scale, trovò Audrey che riponeva i piatti nella credenza. La guardò per un po’, osservando il modo in cui usava le mani per prendere, impilare e sistemare i piatti, quattro o cinque per volta.

Audrey si interruppe, notando di essere fissata. “Hai bisogno di aiuto?”

“No, stavo solo… Uh, penso che andrò al negozio ora,” disse Lyra. “Vieni anche tu?”

“Ho ancora un po’ di faccende da sbrigare. Ci sono dei negozi economici in centro – oltre il parco dove ci siamo incontrate, si trovano a qualche isolato più in là del campidoglio. Lo riconoscerai subito quando lo vedrai.”

Lyra ci aveva visto giusto – questa era la capitale. Forse le tipiche città umane erano più piccole, alla stregua di Ponyville o almeno Manehattan. Ma di tutti i posti dove avrebbe potuto iniziare la sua vita da umana, era eccitante trovarsi proprio lì.

“Penso che riuscirò a trovarlo. Grazie!”

“Ok. Stai attenta là fuori,” disse Audrey.

“Cercherò di non stare via a lungo.”

Lyra si diresse alla porta d’ingresso e si rituffò nel quartiere degli umani. Si prese un attimo per orientarsi, cercando di ricordare come fossero giunte fin là il giorno prima. Erano venute da quel… ristorante. Rabbrividì al solo pensiero. Ma il parco era dalla parte opposta. Cominciò pertanto a percorrere il marciapiede in quella direzione, assaporando la fresca brezza.

Superò una coppia di umani che camminavano con un cane a guinzaglio. Era un piccolo cane nero che non le arrivava alle ginocchia. Scodinzolò alla sua vista. L’umano che teneva il guinzaglio le fece un cenno, e lei le sorrise di rimando. Per un quartiere così esteso, c’erano meno umani per strada del numero dei pony solitamente fuori a Ponyville. Era un po’ strano.

Il parco fu facile da trovare in pochi minuti. Dopo quello, in fondo alla strada, l’edificio con la torre col tetto a cupola doveva essere il campidoglio. Aveva senso. Non era alto come il Castello di Canterlot, ma era comunque una struttura imponente, con una simile aura di maestosità. Lyra si chiese se dentro si tenessero feste, come il Galà.

Il centrocittà era dove gli edifici iniziavano progressivamente ad ammassarsi. C’erano più carrozze che passavano, e più umani sui marciapiedi. Lyra si era quasi abituata a vederli – quasi.

Prima di entrare in uno dei negozi, Lyra diede un’altra occhiata in alto. Non avevano ancora rimosso le nuvole, nonostante la pioggia fosse stata cancellata. Perché disturbarsi a trasmettere una segnalazione meteo e non rispettarla? Scosse la testa e entrò dentro.

Controllò i soldi che aveva portato con sé. La valuta umana era ancora difficile da comprendere, ma stava iniziando a lavorarci su. Quelli di carta erano chiamati dollari, e sembravano valere più delle monete. Non c’era letteralmente nessuna differenza tra le banconote da uno o cinque dollari, eccetto il numero stampato sopra. Eppure, gli umani consideravano ciò normale.

Era facile distrarsi a causa dell’alto numero di abiti umani in vendita. Vedeva molti più abbigliamenti casual qui che in Equestria. Forse era parzialmente colpa del fatto che era cresciuta a Canterlot, ma era anche perché gli umani indossavano sempre vestiti. Aveva notato il giorno prima che la varietà di colori e design nell’abbigliamento compensava la scarsità di differenze nei loro aspetti fisici.

Lyra sapeva che doveva rimanere concentrata sui suoi acquisti. Contò i soldi che aveva con sé, e cercò di leggere i prezzi sui talloncini dei vestiti. Si poteva permettere qualche completo, ma avrebbe velocemente assestato un duro colpo alle sue finanze… Almeno non doveva preoccuparsi di pagare per il cibo o l’affitto. Per lo meno, finché restava in città.

Solo dopo aver pagato si rese conto che la maggior parte di magliette che aveva comprato erano verdi. Aveva scelto quello che pensava le sarebbe stato bene addosso. Forse il verde era proprio il suo colore. 

Mentre passava gli articoli al cassiere, guardò fuori. C’erano delle gocce che si stavano formando sulla finestra. Era pioggia?

“Um, mi scusi. Che ore sono?” disse Lyra. Forse aveva il senso del tempo sballato. 

L’umana che lavorava alla cassa controllò il suo orologio. “Sono quasi le cinque.”

“Sul serio?” chiese Lyra. Il meteo aveva detto che avrebbe piovuto tra le tre e le quattro oggi. Erano completamente fuori orario. Lyra scosse la testa. Sua madre non lo avrebbe mai permesso. Neanche Rainbow Dash avrebbe battuto la fiacca così tanto. 

“Sei di fretta? Stai attenta là fuori.” 

Lyra le consegnò i soldi per i vestiti. Come si aspettava, era quasi al verde. Presto avrebbe dovuto guadagnarne ancora. In qualche maniera.

L’umana le consegnò le borse con i vestiti dentro, e lei le prese. Quei lacci sopra… Molti pony pensavano che erano fatti per essere presi con la bocca. Forse erano diventati quello per gli abitanti di Equestria, ma aveva molto più senso afferrarli con le mani. Se eri così fortunato da averle, si intende. 

Lyra stava per uscire, ma si fermò. Decise che non aveva voglia di stare sotto quel temporale malamente programmato dagli umani. L’avrebbero comunque interrotto in un’ora circa, come pianificato. Lyra non sapeva come facessero, gli umani non potevano volare, eppure riuscivano a fare miriadi di altre cose che sembravano impossibili. Probabilmente se volevano, potevano raggiungere anche le nuvole. 

Si piazzò vicino l’uscita, guardando le carrozze sotto la pioggia alzare schizzi d’acqua. Voltandosi di nuovo verso il negozio, considerò l’idea di curiosare dentro un altro po’. Non poteva fare altro, ma la moda e le merci umane erano comunque abbastanza interessanti da non annoiarla, anche la seconda volta. 

C’era una bacheca con dei volantini situata vicino l’uscita. Lyra ne lesse un po’. I suoi occhi si soffermarono su uno in particolare – una parola aveva catturato la sua attenzione. Lo lesse un’altra volta. Lo strappò dalle spille che lo tenevano affisso. Forse quella era la soluzione di cui aveva bisogno.


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Finita la pioggia, Lyra tornò di fretta a casa con un ghigno sul volto. Non riusciva a ricordare l’ultima volta che si era sentita così eccitata. Beh, forse quando era arrivata a Des Moines, ma questo era ancora meglio.

Aprì di scatto la porta e chiamò “Audrey?”

“Sono qui,” rispose una voce dal soggiorno.

Lyra entrò e trovò la scatola nera accesa. Proprio come quella più piccola in cucina, il pannello di vetro stava trasmettendo immagini di umani e di diversi luoghi. Audrey era seduta nella sdraio davanti ad essa. 

“Mamma è a casa. Ti abbiamo aspettato. Sei rimasta bloccata dalla pioggia?”

Lyra le passò il volantino. “Hey. Guarda questo.”

“Huh?” Audrey lo fissò per un po’ e lo lesse. “Lyra, lo sai che di solito si prende solo una di queste linguette in fondo, vero? E non si ruba il foglio intero.” Indicò le striscette di carta che pendevano sul fondo. 

“Ci sono scritti solo numeri su quelli. Non ero sicura di cosa significassero,” disse Lyra. “In verità, non capisco tante delle cose che ci sono scritte, ma hanno bisogno di un musicista, e quindi di me!”

“È un numero di telefono,” disse Audrey. Alzò lo sguardo verso di lei. “Che vuol dire che non sai cosa significano?”

Lyra ignorò la domanda. “Sappiamo entrambe che ho bisogno di un modo per fare soldi, e ne faccio vagonate di più quando mi esibisco in uno spettacolo. Suonare al parco non regge il confronto.”

Audrey fissò di nuovo il volantino.

 

CERCASI MUSICISTA PER COMPLESSO HARD ROCK

CHITARRA SOLISTA, BATTERIA

INFLUENZE INCLUDONO : GNR, AEROSMITH, AC/DC, DEEP PURPLE

 

“Lyra… Questa è una rock band.” La guardò nuovamente.

“Huh?” Lyra aggrottò la fronte. “Sì, beh, ne ho sentito parlare. Non è così popolare da dove vengo, ma conosco più o meno com’è.”

“Suonare la lira cos’è? Classica? Folk? Non lo so neanch’io. Il punto è, non è necessaria in complessi del genere,” disse Audrey. “Sembra che abbiano bisogno di un chitarrista.”

“Chitarre?” Lyra annuì. Un altro strumento progettato dagli umani. “Ne ho sentito parlare.”

“Ne hai sentito parlare?” chiese Audrey. “Allora sei proprio pronta...”

“Già! Voglio dire, so che possono essere difficili da suonare, ma penso di esserne all’altezza,” disse Lyra, esaminandosi le dita.

Portandosi una mano in fronte, Audrey le disse, “No, intendo che…” Sospirò. “Immagino che possa essere utile imparare. C’è sicuramente più richiesta rispetto alla lira.” 

“Se questo è il tipo di musica popolare tra gli umani, allora voglio impararla,” disse Lyra.

“Um… Cosa?”

“Penso di potercela fare. La musica è il mio talento speciale.”

Audrey si strofinò le tempie. “Proprio quando pensavo che stavo iniziando a capirti…”

“Ora vado su a posare queste cose.” Lyra riprese il volantino da Audrey e lo portò con sé.

“Stavamo per sederci a cenare!” le disse a voce alta Audrey da dietro. Lyra quasi inciampò sulle scale inaspettatamente strette, ma si riprese appena in tempo e corse su.

Lyra entrò nella stanza degli ospiti e posò le borse. Infilò il volantino tra le pagine del suo diario. Si fermò un attimo alla vista della custodia della sua lira. Quindi scese di nuovo le scale per andare a mangiare.

Per cena quel giorno c’erano le lasagne che, rassicurarono Lyra, erano principalmente fatte di formaggio e salsa di pomodoro, assolutamente niente carne. Le aveva fatte la madre di Audrey. Dicevano che il piatto era italiano – ancora un altro riferimento ad una nazione umana. Lyra non aveva realizzato quanto fossero interconnesse. 

Dopo che ebbero finito di cenare, fuori calò il buio e Lyra si trovò di nuovo nella sua camera da letto, a dare un’altra sfogliata ai libri. Era a metà di uno di essi, quando Audrey la interruppe.

“Hey, Lyra, riguardo a quel volantino di prima…” Lei era poggiata allo stipite della porta, tenendo in mano quella piccola cosa. L’aveva chiamata “Nathan” il giorno prima, se la memoria di Lyra era corretta. Mosse pigramente il polso.

“Sì?”

“Beh, non so se riuscirai ad entrare nella band o no… Ma se davvero vuoi iniziare a suonare la chitarra, conosco qualcuno che ti potrebbe aiutare.”

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Capitolo 14
*** Walk This Way ***


CAPITOLO 14

WALK THIS WAY

 

Il giorno seguente, Audrey portò Lyra ad una casa a qualche isolato di distanza. Lyra osservò  Audrey mentre pressava il campanello con un singolo dito e poi arretrava per aspettare nel portico, a braccia incrociate.

Lyra aveva addosse alcuni dei suoi nuovi vestiti. Jeans blu, con una maglia verde. Le stavano meglio degli abiti con cui era arrivata, dato che venivano originariamente da Equestria e non erano stati pensati per un umano. Questi invece erano perfetti.

“Non vedo Nathan da settimane,” disse Audrey. “Questa è la scusa perfetta per venirlo a disturbare.”

Da quanto Lyra potè capire, questo Nathan era un altro umano. Lyra non era sicura del perché Audrey avesse dato lo stesso nome a quel piccolo aggeggio che picchiettava sempre con le dita, o a cui occasionalmente parlava portandolo vicino alla faccia.

“È un musicista?” Chiese Lyra.

“Ci ha tentato,” rispose Audrey. “Qualche anno fa. Non è mai riuscito a fare granchè. Mi aveva detto che stava provando a vendere la sua vecchia chitarra su eBay, assieme ad un po’ di altre cose, ma gli ho detto che tu eri interessata.”

Lyra le stava per far notare come avesse detto che non vedeva Nathan da settimane, quando la porta si aprì e un altro umano le salutò. Un maschio, con i capelli scuri che gli arrivavano poco sotto le orecchie, e una maglietta nera con la scritta “Aperture”. Come tipico per la maggior parte dei maschi, era qualche centimetro più alto di loro. Si grattò la testa.

“Ciao…” disse, come sorpreso.

“Ti ricordi che ci dovevamo incontrare oggi, vero?” Disse Audrey.

“Sì, certo.” Diede un sguardo a Lyra. “quindi tu sei…?”

“Lyra.” Allungò una mano per salutarlo, e lui la strinse. Ci si stava abituando.

“Io sono Nathan. Tu devi essere la persona interessata alla chitarra, giusto?”

Lyra annuì.

“Entrate pure. Io vado a prenderla.” Si girò e tornò dentro. Audrey lo seguì, e Lyra le si accodò dietro.

Potevano sentire della musica, a volume sempre più alto, mentre entravano nel soggiorno. Gli umani sembravano amare la musica, anche più dei pony. Era comune sentire motivetti provenire praticamente dappertutto – negozi, ristoranti, qualche volta anche per strada dalle loro carrozze. Lyra cercò di individuare un giradischi nella stanza, ma non riuscì a vederne nessuno.

Era difficile riconoscere molte delle parole al di fuori dal ritornello – “walk this way, talk this way” – ma il tema strumentale che veniva suonato in ripetizione ti rimaneva impresso in testa. Lyra capì che si trattava di musica rock. Era diversa da quella di Equestria – più pesante, con strumenti diversi – ma qui non era tutto differente? Era proprio ciò a cui si doveva abituare.

“Non ti vedo da un po’. Che fai in questo periodo?”

“Non molto,” disse lui. “Mi godo l’estate. Racimolo qualche soldo. Tu come l’hai conosciuta lei?” Chiese, rivolgendo un cenno a Lyra, che era intenta ad esaminare una bottiglia mezza vuota di Mountain Dew sul tavolino del salotto. 

“È complicato. Ti spiego dopo.” Disse Audrey.

“Non importa,” disse lui. “È già ottimo aver trovato un’acquirente.”

“Beh, non esattamente. Più un noleggiatore.” 

“Ok…” Disse lentamente. “Quindi cosa avevate in mente?”

“Oh, um…” Lyra era intenta ad osservare le interazioni tra gli umani. Si trovò presa alla sprovvista quando si rivolsero direttamente a lei. 

“È abbastanza determinata ad entrare in un gruppo rock,” spiegò Audrey. “Anche se non ha mai suonato una chitarra prima d’ora.”

“Non per altro, dall’aspetto sembra proprio essere adatta a una cosa del genere…” Disse Nathan.

Lyra sorrise. “Grazie!”

“E tu non l’hai messa in vendita online, vero?” Chiese Audrey.

“Rilassati, non sono mai arrivato a quel punto. EBay è molto complicato da usare quando vuoi vendere roba grossa. Stavo cercando di venirne a capo, ma non ho fatto molti passi avanti. E da quello che ho capito, sarei fortunato anche solo a farci duecento dollari.”

Lyra avrebbe voluto davvero capire meglio ciò di cui stavano parlando gli umani. Era affascinante anche solo guardarli dialogare.

Notò che anche lui aveva una di quelle grandi scatole nere in salotto. Lyra ricordò che il padre di Audrey l’aveva chiamata “TV”, qualunque cosa significasse. Quella in questa casa aveva una lista di parole scritta sopra – “Riprendi, Opzioni, Esci.”

Pure Audrey se ne accorse. “Sembra che tu stia lavorando duramente.”

“Beh, sì. Prima.” Disse Nathan. “Sto vendendo una tonnellata di roba. Ho messo a listino qualche vecchio gioco, dei libri. Mi sto disfacendo di molte cose oltre alla chitarra.” Si voltò verso Lyra. “Quindi, hai detto che sei alle prime armi?”

“Oh, um… Non ho mai davvero provato una chitarra. Volevo imparare qualcosa di nuovo. Io suono la lira, ma ho sentito che non è molto popolare da queste parti.”

“Una lira?” disse Nathan. “Se riesci a trovare qualcuno che suona l’ocarina, potreste fondare una nuova band.”

“Davvero?” chiese Lyra, inclinando la testa. Scoprire cosa fosse avrebbe reso le cose più semplici.

“Non è abituata a cogliere il sarcasmo,” disse Audrey. 

Nathan rise, e continuò, “Comunque, ho anche qualche guida per principianti. Puoi prenderle in prestito per aiutarti nei primi passi. Sono sopra, porto tutto giù.”

“Grazie tantissime,” disse Lyra.

“Nessun problema.”

Lyra aspettò con Audrey nel soggiorno, ascoltando i passi dal piano superiore.

“Mi chiedo se non abbia ancora scelto l’università,” disse Audrey, sistemandosi sul divano. Lanciò uno sguardo di nuovo alla televisione – quelle parole erano ancora immobili nello stesso punto. “Non ha mai avuto molta motivazione. Non sono neanche sicura di cosa voglia studiare.”

“Anche lui è ancora a scuola?” disse Lyra.

“Certamente,” rispose Audrey. “E farebbe meglio a darsi una mossa e cercare un college. Abbiamo solo un paio di anni di scuola superiore rimasti.”

Erano passati oltre quattro anni dall’ultima volta che Lyra era stata dentro un’aula scolastica. Probabilmente, ci sarebbe dovuta tornare. Il sistema scolastico degli umani era molto diverso da quello di Canterlot. Non aveva mai imparato l’intera storia e cultura della sua razza, e questo le stava rendendo difficile l’integrarsi. Ciò che aveva studiato arrivava solo fino a un certo punto.

Almeno il suo talento musicale era ancora utile qui come lo era in Equestria. E per ora, doveva solo preoccuparsi di ottenere un reddito stabile. Dopo, si sarebbe occupata di altro, come la scuola, o cercare il suo luogo di nascita...

Qualche istante dopo, Nathan tornò portando con sé una grossa custodia nera. Aprì la cerniera – la custodia sembrava essere fatta niente più che di stoffa rigida, molto diversa da quella rigida che usava per la lira.

“Cavolo, penso siano anni che non la tiro fuori,” disse lui.

“Um… Posso…” Lyra lo stava osservando attentamente.

Lui annuì. “Fai pure.” 

Lyra prese la chitarra, e Nathan le mostrò come far passare la cinghia oltre la testa e sistemarla sulla spalla. Lei posizionò le mani come le veniva comodo – mano destra sulle corde, mano sinistra a tenere il manico. 

“È una Les Paul, ma non entusiasmarti troppo. È solo una Epiphone. È una delle più economiche che producono,” disse Nathan.

“Um… okay,” disse Lyra. Un altro oggetto inanimato a cui gli umani avevano dato un nome simile ai loro. Interessante. 

Non era esattamente come le chitarre che Lyra aveva visto nelle illustrazioni, e neanche simile a quelle che aveva visto qualche volta suonare ai pony. Quelle erano tipicamente in legno. Fece scorrere la mano sulla facciata liscia e nera, e pizzicò alcune delle corde con le punte delle dita. Sembravano allentate. Trovò le chiavette in cima al manico e le tese, ma il suono era ancora troppo debole.

“Uh, non penso che suoni bene…” 

“Devi attaccarla,” disse Nathan. Prese una lunga corda e le porse una delle estremità. Indicò il connettore di metallo. “Questo va sul fondo. Vado a prenderti l’amplificatore.”

Ritornò al piano superiore. Lyra cercò sul corpo della chitarra fino a trovare il posto dove connettere la testa del cavo e provò di nuovo le corde. Ancora non andavano bene. Il suono era troppo fievole. Non era neanche sicura del perché avesse creduto che attaccare una corda avrebbe cambiato qualcosa, ma Nathan sembrava certo di quello che stava dicendo. Realizzò che la chitarra non aveva neanche la cassa di risonanza. Senza di essa, il suono non si poteva propagare. Era ancora più silenziosa della sua lira.

Lui tornò con una piccola scatola nera. Prese l’altro capo della corda e gliela attaccò. “Probabilmente ti servirà regolare questi.” 

Lo guardò mentre girava qualche manopola sulla scatola. Erano piccole, ma larghe abbastanza da poter essere prese tra pollice e indice. La varietà di usi delle dita era davvero sbalorditivo.

“Cosa fanno?”

“Quello è l’amplificatore. Serve per regolare il suono.” Puntò ad ognuno di esse in sequenza mentre le girava. “Ti conviene tenere questa qui a 5, il registro un po’ più alto, aggiungi del riverbero…”

Lei si sentiva completamente persa.

“Prova ora,” disse lui.

Lei strimpellò le corde, e stavolta saltò all’aria da quanto era forte. 

“È… normale che sia così?” chiese lei.

“Posso abbassartelo un po’,” disse Nathan. Regolò di nuovo qualcosa sull’amplificatore.

Lei provò un altro po’, e scoprì che in realtà il suono le piaceva. Era insolito – diverso da quello che si sarebbe aspettato da uno strumento a corda. O a dirla tutta, anche da qualsiasi altro tipo di strumento. Ma in qualche maniera, Lyra lo trovava comunque musicale. Ascoltando ancora, realizzò che, durante l’ultimo paio di giorni, aveva già sentito questo tipo di suono in molti brani umani. 

L’atto fisico di suonare, però… Era fantastico. Una mano era impegnata sulle corde, non molto diverso dalla sua lira, ma l’altra mano doveva muoversi sul manico, aggiungendo una nuova dimensione ai modi di suonare lo strumento. Entrambe le mani, e ogni dito, dovevano tutti lavorare indipendentemente per produrre una melodia, ed era una sfida appassionante. Si sentiva di nuovo una bambina che imparava a suonare la sua prima canzone a lezione di musica.

“Ho anche un accordatore, è da qualche parte qui dentro…” Disse, cercando nella custodia. “Ti posso mostrare come usarlo.”

Lyra era occupata con le chiavette in cima al manico. “Ci penso io.” Suonò una corda alla volta, testando il suono.

“Ad orecchio?”

“È come lo faccio sempre.” Provò qualche altra nota, ad una ad una, quindi annuì.

Nathan si grattò la testa. “Sperimenta un po’,” disse. “Non sono mai riuscito veramente a prenderci la mano, ma fa’ pure.”

Lyra gli sorrise. Fece passare la mano sinistra sulla tastiera, provando diverse posizioni e testando il suono. “Penso che mi piaccia,” disse. “Dammi solo un po’ di tempo. Credo di riuscire a venirne a capo.” 

Fece qualche altro tentativo, con le dita che imparavano velocemente come muoversi sulle corde.

“Ti dispiace se ci allontaniamo per un po’?” Disse Audrey, indicando la porta. “Volevo parlare con Nathan di una cosa.”

“Non c’è problema,” disse Lyra, osservando la sua mano sinistra scorrere lungo il manico dello strumento.

“Continua a lavorarci su,” le disse Nathan. “Cerca di abituartici.” 

Lei annuì, ma era già persa nella concentrazione. Audrey portò Nathan nel corridoio, mentre ascoltava i suoni che emetteva Lyra. Una singola nota alla volta, ripetuta più volte finché non sembrava intonata. 

“Che ne pensi di lei?” chiese lei.

Lui la fissò. “In che senso? Direi che è carina, ma – “

Audrey lo guardò storto. “Non è quello che intendevo. Non ti sembra un po’... strana? Volevo il tuo parere su questo.”

“Beh, sì. Non la chiamerei davvero ‘normale.’ Hai detto che l’hai incontrata pochi giorni fa. Qual è la sua storia?”

“Da quello che mi ha raccontato, ha scoperto di essere adottata e sta cercando i suoi reali genitori. Ed è stata mandata via di casa solo con una loro vecchia fotografia che è stata trovata assieme a lei quando era bambina.”

“È una storia un po’... drammatica,” disse Nathan. “E tu come ci sei entrata?”

“Era nel parco del campidoglio, qualche giorno fa, a suonare la sua lira. I suoi capelli hanno attirato la mia attenzione.”

Lui annuì. “Sì, posso capire.”

“Ma… dopo aver iniziato a parlare con lei, ho intuito che era un po’ strana.”

“Me ne sono accorto anch’io.”

“Non ne hai nessuna idea.”

Dall’altra stanza, sentirono qualche stonatura e il ritorno stridente dell’amplificatore. Sussultarono entrambi contemporaneamente. 

“Sembra che ci stia prendendo la mano,” disse Nathan. “In ogni modo, stavi dicendo?”

“Per esempio,” disse Audrey. “Come avrai notato, non sa assolutamente niente di come funzioni una chitarra elettrica. È così con un sacco di elettronica. È come se non avesse mai visto niente del genere prima d’ora.”

“Forse è Amish,” suggerì Nathan.

“Con dei capelli così? Non penso proprio.”

“Amish aliena?”

“Non scherzarci. È seria la cosa.” Disse Audrey, guardandolo male e stringendo gli occhi.

Nathan alzò una mano. “Okay, comicia dall’inizio.”

“In realtà, non abbiamo avuto un grande inizio. Ho parlato con lei. Mi ha chiesto dove mangiare, così l’ho portata dal McDonald. Ho pensato che non sarebbe stato un problema, ma sono quasi sicura che non ci avesse mai messo piede dentro nella sua vita. Non sapeva neanche cosa ci fosse nel cibo. E poi ho scoperto che era vegetariana.”

“Oh,” disse Nathan. Dopo un istante, realizzò. “Oh. Sì, non… Non è una bella cosa.”

“Il suo sguardo… Era come se avesse commesso un omicidio. E probabilmente si sentiva esattamente così…” Disse Audrey, scuotendo la testa. “Ma mentre eravamo là, abbiamo continuato a chiacchierare amichevolmente, e ha detto altre cose che mi hanno turbato.” 

“Come?”

“Beh, apparentemente vive da sola da quando aveva dodici anni. Lei e qualche altra ragazza che chiamava sua coinquilina,” disse Audrey. “Magari erano scappate di casa. Ma Lyra non capiva neanche che non è normale vivere da soli a quell’età.”

“Sei seria? Dov’è esattamente che possono vivere due pre-adolescenti senza essere trovate dai servizi sociali – o peggio?” chiese Nathan.

“Non me lo vuole dire. Ogni volta che provo a scoprire da dove viene, lei racconta sempre la stessa cosa – che ‘non importa.’ Non conosco neanche il suo cognome.” Audrey si fermò. “Forse non lo sa neanche lei. O di nuovo, non me lo vuole dire.” 

“E tu la stai facendo vivere a casa tua, anche se non sai niente di lei.”

“Dopo che mi ha raccontato quelle cose, ho cominciato a preoccuparmi per lei. Non ha nessuna idea di quello che sta facendo,” disse Audrey. “Sono riuscita a convincere i miei genitori che è innocua. Ed ora è determinata a guadagnare dei soldi… e da qui la storia della band.”

I suoni cominciarono gradualmente a diventare più musicali. Nathan si fermò un momento ad ascoltare. “Quindi ha detto che fino ad ora ha solo suonato l’arpa.”

“Quando gli è balenata l’idea di provare la chitarra, ho pensato che sarebbe stata in grado di fare di più. Credo ci vorrà un po’ prima che riesca a sostenere un’audizione per una band.”

“L’arpa però è curiosa. Dove avrebbe imparato a suonarla?”

“Credimi, mi piacerebbe saperlo. Spero che si confidi di più se le do un altro po’ di tempo,” disse Audrey.

Nathan si appoggiò al muro e incrociò le braccia. “Quindi cos’è che ti ha detto?”

“Niente di utile. Sostiene che sua madre – madre adottiva, penso – era una meteorologa. E ha menzionato alcuni dei suoi amici.” Audrey si interruppe, così da sentire alcune note. Lyra stava provando una scala, e ci era anche abbastanza vicina. “Vediamo… Qualcuno di nome Twilight, e poi c’era Diane, anche se prima l’ha chiamata Pinkie. Ma ha detto che Twilight non era un soprannome.”

“Se fossero stati nomi inventati, avrebbe potuto scegliere qualcosa di più ragionevole.”

“Penso che, almeno in quelle volte in cui racconta qualcosa, sia sincera. Ma sta ancora evitando di parlare di cose specifiche, come da dove viene o perché è scappata. All’inizio mi domandavo se c’era qualcosa sotto, come… un abuso.” Audrey esitò. “Ma sembra fin troppo allegra. Anzi, è come se fosse un po’ triste di essersene andata via da casa.”

“Quindi cosa pensi che non vada in lei?”

“Forse niente. Almeno non nel senso di ‘disturbo’. È naïve, ma la sua mancanza di comprendonio sembra principalmente una cosa culturale. Ho come l’impressione che possa essere molto intelligente.  L’unico problema è da quale cultura provenga, e come sia finita nel mezzo dello Iowa quando capisce a malapena come funziona la società americana. E hai visto pure tu come ha reagito alla chitarra, e come non si aspettava che suonasse in quella maniera.”

“Quindi che intenzione hai di fare con lei?” chiese Nathan. “Intendo, per quanto può stare a casa tua? Da quello che dici, sembra impossibile che riesca a trovare i suoi veri genitori.”

“Me ne rendo conto…” disse Audrey. “Ma sto cominciando a pensare che ciò di cui abbia bisogno sia una mano. È decisamente intenzionata a lavorare per sostentarsi, e ora necessita solo di un posto dove stare per un po’. È ciò che sto facendo per lei.”

“Ti posso solo dire che sei in mezzo a qualcosa molto più grande di te, Audrey.”

“Mai quanto Lyra.”

Fu allora che udirono qualcosa – un semplice e familiare riff. Uno che avevano entrambi ascoltato recentemente. Nathan e Audrey si guardarono, e poi tornarono nella stanza dove Lyra si stava esercitando. 

“Penso di aver capito come funziona,” disse lei.

“Sono gli Aerosmith…” Nathan la osservò incredulo mentre ripeteva qualche altra volta lo stesso riff.

Lyra lasciò penzolare la chitarra. “L’ho sentito mentre stavamo entrando, così ho pensato di provare a suonarlo.”

Sicura che non tu non l'abbia mai suonato prima d’ora?” chiese Audrey.

“Ho sempre imparato in fretta. La musica è il mio talento speciale.” Rispose Lyra, facendo spallucce.

“Sì, se si può dire così…” 

Lyra si concentrò nuovamente sulla chitarra, cercando ancora di familiarizzare col nuovo strumento. Non avrebbe mai sognato che una cosa del genere fosse possibile. Il timbro era diverso da qualsiasi cosa avesse sentito in vita sua. 

“Non sono il miglior musicista che ci sia,” disse Nathan, grattandosi il mento. “Ma anche se non sei esattamente Joe Perry – “

“Certo che no. Sono una ragazza,” disse Lyra.

“ – penso che potresti fare un provino per una band locale se davvero vuoi,” finì Nathan. “Sei già brava quasi quanto lo sia mai stato io. In qualche modo.”

“Come sei riuscita ad imparare così in fretta?” disse Audrey.

“Te l’ho detto. La musica è il mio talento speciale, e sono sempre stata veloce ad apprendere.” Lyra si rivolse a Nathan. “Posso davvero prenderla?”

“Non esattamente.”

Lyra si incupì. “Ma – “

“Mi piacerebbe guadagnarci qualcosa,” disse Nathan. “Te la posso prestare per un po’.”

“Posso pagartela. Dammi solo del tempo per fare dei soldi.” Le piaceva quello strumento. Si sentiva a suo agio con esso, e avrebbe potuto iniziare a suonarlo a tempo pieno.

Lui annuì. “Ok. Non vale comunque così tanto, ma va bene.”

“Te la compro appena me la posso permettere. È una promessa,” disse Lyra. Sistemò con attenzione la chitarra nella sua custodia e chiuse la cerniera. C’era una cinghia per portarla in spalla. 

“Io prendo questo, Lyra,” disse Audrey, afferrando l’amplificatore dal manico. 

“Vado a prendere quelle guide da principiante, ma comincio a chiedermi se ne avrai mai bisogno,” disse Nathan. “Suoni molto bene. Hai un dono per queste cose.” 

“Lo pensi davvero?” Lyra non riusciva a credere alle proprie orecchie. Sentire ciò da un umano – mentre parlava della loro musica! Era davvero un onore. “Appena rientriamo a casa tua, voglio subito cominciare ad esercitarmi!”

“Sei proprio determinata ad andare fino in fondo,” disse Audrey.

“Certamente!” disse Lyra. “I miei genitori mi hanno sempre spronata a concentrarmi sulla carriera musicale. Dicevano costantemente che sarei potuta arrivare lontano, fin dalla prima volta che ho suonato la lira da piccola.”

Probabilmente non volevano che ti unissi a una band da garage di un qualche tizio.”

Lyra sorrise “Probabilmente no.”

Non lo disse a nessuno dei due, ma i suoi genitori non avrebbero neanche voluto che lei diventasse un umana, tantomeno che cominciasse a suonare musica umana. Quanto desiderava che potessero vederla in questo momento, e sapere che se la stava cavando bene. Le cose stavano già cominciando ad andare nel verso giusto.

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Capitolo 15
*** Così Tanto da Imparare ***


CAPITOLO 15

COSÌ TANTO DA IMPARARE

 

A una settimana dal suo arrivo nel mondo degli umani, Lyra cominciò a capire cosa intendesse Audrey quando diceva che era “noioso”.

Beh, no. Non era proprio la parola giusta. Gli umani riuscivano ancora a sorprenderla ogni giorno. Un termine migliore sarebbe “tranquillo”.

A dire la verità, l’ultimo anno o giù di lì era stato stranamente pieno di eventi a Ponyville. Nightmare Moon era stata solo l’inizio, poi c’erano stati i paraspiritelli, l’Ursa Major, il drago. Innumerevoli altre cose dentro l’Everfree Forest di cui aveva solo sentito storie, ma che non aveva mai visto. E la volta che Twilight aveva lanciato quell’incantesimo sulla sua vecchia bambola, quando Bon-Bon e Lyra si erano procurate a vicenda qualche brutto livido. 

Cose così non erano mai successe a Des Moines. Gli umani sembravano totalmente in controllo del proprio mondo. Lyra non riusciva a dimenticare la storia che le aveva raccontato la Principessa Celestia sulla guerra… Ma finora non aveva visto umani che portavano armi. Era difficile da immaginare Audrey, Nathan, o gli altri che aveva incontrato fare cose del genere.

Lyra aveva trovato la sua routine, e passava la maggior parte del tempo ad esercitarsi a suonare la chitarra. Ci stava prendendo velocemente la mano. La musica era sempre stata come una seconda natura per lei, non era una sorpresa. La chitarra era abbastanza semplice da imparare, ma l’amplificatore la confondeva. Era necessario per emettere suoni, ma non capiva né il come né il perché.

I libri di Nathan l’avevano aiutata. Scoprì che la chitarra era basata più sugli accordi che sulle singole note, e pertanto era diversa dalla sua lira. Provò qualche vecchia canzone che aveva memorizzato per il concerto al Galà, ma non suonavano bene sulla chitarra.

Questo era uno strumento fatto per la musica degli umani. Aveva pertanto chiesto ad Audrey qualche registrazione musicale da ascoltare ed imparare ad orecchio.

“Intendi, musica rock?” Chiese Audrey.

Lyra annuì. “Era ciò che era scritto sul volantino. Però non conosco chi siano quei musicisti.”

“Penso che mio padre possa avere roba del genere. Chiedi a lui.”

Era sabato – entrambi i genitori di Audrey avevano il giorno libero, e Lyra trovò il padre di Audrey di fronte alla televisione in soggiorno. Passavano molto tempo lì, ma osservare a lungo le figure che si muovevano faceva bruciare gli occhi a Lyra. 

Lui la notò prima che potesse dire alcunché. “Ciao, Lyra. Hai bisogno di qualcosa?”

Lei annuì. “Lei ha qualche disco di musica per chitarra, vero? Rock, nello specifico. Sto tentando di imparare.”

“Cerchi musica da chitarra? Pensavo che Audrey avesse detto che suonavi la lira.”

“Sì, lo facevo, ma voglio imparare qualcosa di nuovo.” Aveva imparato molte cose ultimamente, e la musica era stata probabilmente la cosa meno complicata tra quelle. “Se ascolto qualcosa, solitamente riesco a suonarla ad orecchio.”

“Vediamo. Ho molta musica degli anni settanta, se ti va bene,” disse. Gli umani tendevano a descrivere molte cose con i numeri. La condusse ad una mensola piena di sottili custodie. “CCR, Deep Purple…”

“Penso che quell’ultimo fosse scritto sul volantino. Quelle canzoni hanno parti di chitarra, no?” chiese Lyra. 

“Non sarebbe rock senza.” Prese alcune custodie quadrate dalla mensola.

“Tenete la musica dentro queste cose?” chiese Lyra, prendendone una e girandosela nelle mani. Era così piccola. “Sono abituata ad altre cose da dove vengo. Li chiamiamo vinili.”

Quell’affermazione lo fece ridere per qualche motivo. “Di solito sono i ragazzi della tua età a non sapere come funzionino i vinili. Ti mostro come fare per ascoltarlo?”

Lei annuì.

Lui aprì la custodia, muovendo velocemente le dita e pressò al centro. “Tienilo così. Cerca di non lasciare impronte su questo lato.” Reggeva il disco tenendolo con un dito infilato nel buco al centro, e un altro sul bordo.

Lyra lo prese dalle sue mani, tenendolo accuratamente nella stessa maniera. La luce colpì il disco argentato, creando motivi ad arcobaleno sul lato riflettente. “È stupendo.”

“Credo ci sia uno stereo nella tua stanza, Lyra,” disse lui. “Ti faccio vedere come si fa.”

Non aveva notato lo “stereo” prima, sembrava solo un altro pezzo d’arredo. Il disco veniva risucchiato in uno scompartimento che si apriva sul davanti, e la musica veniva riprodotta nonostante non ci fosse una tuba da cui farla uscire. Il suono era meno graffiato di un grammofono, e il padre di Audrey le mostrò come saltare direttamente all’inizio di ogni canzone, o come farle andare in loop. 

Ascoltò una canzone chiamata “Lodi” un po’ di volte. Era piacevole e lenta, e riusciva decisamente a rivedersi nelle parole. Una volta individuata la parte di chitarra, la studiò tutto il pomeriggio, finché le sue dita non si muovevano da sole e riusciva praticamente a suonarla da addormentata.

Da unicorno, suonare la lira troppo a lungo le dava l’emicrania. Usare la magia richiedeva un considerevole focus mentale, suonare entrambi gli strumenti con le mani era molto più rilassante. Dopo aver imparato una canzone, poteva perdersici per ore. E, infatti, è quello che era successo — si dovette ricordare di staccare quando era ora per Audrey e la sua famiglia di andare a letto.

Qualche pony suonava la chitarra, ma Lyra non aveva idea di come facessero. Le dita le davano preciso controllo su ogni corda. Aveva visto pony suonare chitarre con gli zoccoli, ma era molto lontano da ciò che poteva fare con delle dita. Probabilmente, anche i pianisti umani erano migliori. O anche i musicisti di ogni altro tipo di strumento musicale. 

Aveva cominciato da poco più di una settimana. Era difficile immaginare che era un’umana da così tanto tempo. Lyra era nella sua camera, come al solito, lavorando su una nuova canzone.

“Non è male.” Lyra alzò lo sguardo dalla sua chitarra e vide Audrey nel corridoio, a braccia conserte.

“Grazie. Sto lavorando su una nuova canzone,” disse Lyra.

“Quante ne hai imparate finora?”

“Penso, forse… tre?” Si tamburellò il mento. “No, quattro.”

“In appena una settimana.”

“Lo so.” Lyra tornò a suonare, strimpellando il riff principale di una canzone chiamata “Smoke on the Water.”

Audrey si sedette accanto a lei e la osservò. “È strano. Sei brava a suonare — veramente brava. Sei praticamente un prodigio.”

“È quello che dicevano pure i miei genitori.” Lyra sorrise. 

Audrey annuì e fissò il pavimento. Si era trattenuta dal fare tante domande a Lyra ultimamente, probabilmente perché Lyra non aveva intenzione di risponderle. Lyra posò la chitarra sul letto accanto a sé. Audrey aveva ragione, aveva imparato a suonare veramente in fretta.

Lyra si alzò d’improvviso, e raggiunse il suo zaino. Il diario era sopra di esso, a fianco della lira che era rimasta lì a prendere polvere per un po’. Ma ciò di cui aveva bisogno ora era il volantino infilato sotto la copertina.
 

CERCASI MUSICISTA. 
 

Lyra non poteva esimersi dal chiedersi se il posto da chitarrista fosse ancora libero. E ora sapeva qualcosa sugli Aerosmith e i Deep Purple — erano famosi gruppi musicali umani, e ora sapeva suonare qualcuna delle loro canzoni.

Si sedette vicino ad Audrey, leggendo di nuovo il volantino. “Sai, penso che potrei essere pronta per il provino ora.”

“Ci sei ancora fissata, vero?” disse Audrey.

Lyra annuì. “Come li contattiamo? Dicevi di sapere come fare.”

Audrey si stese sul letto, appoggiandosi con le braccia. “È passato del tempo da quando l’hai preso. Potrebbero aver già trovato un altro chitarrista interessato.”

“Vorrei comunque provare.”

“Sembra che sei decisa e pronta, almeno. In qualche modo.” Audrey fece spallucce. “Potremo provare a chiamarli.”

“Sì. Facciamolo.” Lyra non era sicura di cosa volesse dire “chiamare”, ma si stava piano piano abituando al modo di parlare umano.

I suoi genitori avevano sempre voluto che intraprendesse una carriera musicale. E in un certo senso, era quello che stava facendo al momento. In realtà non era più un pony, e questa musica umana non era quella che ascoltavano la maggioranza dei pony, ma Lyra sapeva che sarebbero stati comunque fieri di lei se l’avessero vista ora. 

“Tieni,” disse Audrey, porgendogli qualcosa. 

Era la cosa che Audrey usava spesso, e che ora era abbastanza convinta non si chiamasse Nathan. Lyra lo prese con esitazione, e lo esaminò. “Cos'è?”

Audrey si grattò la testa. “Giusto. Probabilmente avrei dovuto chiederti se sapevi come usare un telefono…”

“Beh, no,” dissee Lyra. “Ma voglio imparare! Insegnami!”

“Uh… Da dove comincio…” Audrey ci pensò un attimo. “È strano. Impari a suonare così velocemente, ma devo comunque spiegarti cose come questa…” 

“Per favore? Fa del tuo meglio.” 

“Devi digitare quel numero del volantino. E poi parlare a chiunque ti risponda. Digli che hai visto il loro annuncio e vuoi entrare nella band.” Esitò un attimo prima di aggiungere, “se ti chiedono da quanto tempo suoni, mentigli.”

“Ok…” Lyra guardò il telefono che aveva in mano. Tentò di ricordare come l’avesse usato Audrey. “Quindi… questi numeri?” Passò delicatamente un dito su di essi. 

“Te li leggo.” Iniziò a dettarle il numero, ma Lyra la fermò subito.

“Più piano.”

Audrey sospirò e tornò indietro, pronunciando le cifre una alla volta. Lyra pressò i numeri in sequenza con le sue dita. I tasti cedettero un po’, producendo ogni volta una nota musicale.

“E ora?” chiese Lyra dopo aver pressato l’ultima cifra.

“Parla.”

Lyra si portò il telefono vicino alla faccia. Udiva qualcosa che squillava. “C’è… C’è qualcuno?” Si sentiva ridicola. 

Gli squilli continuarono, e poi si fermarono di botto. “Pronto?” La voce arrivava da dentro il telefono. Lyra lo fece quasi cadere dalla sorpresa, ma lo riprese appena in tempo.

“Oh, uh… chi sei tu?” chiese lei.

“Hai fatto il numero sbagliato?” disse la voce.

“Digli che sei interessata alla band,” la intimò Audrey.

“Oh! Giusto.” Lyra non era sicura esattamente dove dovesse guardare. Era strano parlare a qualcuno senza poterlo neanche vedere. “Ho visto la locandina, e sono una chitarrista, quindi pensavo…”

“È per la band? Sì, grande,” disse la voce. “Il mio nome è Randall. Sono il cantante e manager temporaneo, fino a quando non riusciamo a trovare qualcun’altro. Quando puoi venire? Sarebbe opportuno farti fare un provino.”

“Oh, uh…” Lyra si fermò. “Penso di poter venire quando vuoi.” Si voltò verso Audrey, che le tornò uno sguardo confuso.

“Fatti dire l’indirizzo,” disse lei.

“Huh? Oh, giusto. Dove vivi?” chiese Lyra. 

Audrey le porse una penna. Lyra si destreggiò tra penna e telefono, portando quest’ultimo dal lato opposto così che potesse scrivere.

“Cosa ci faccio con questa?” chiese.

“Scrivilo.” Audrey indicò un punto del volantino, e Lyra annuì. Trascrisse quello che le diceva la voce al telefono. Sembrava un indirizzo. C’erano anche molti numeri in mezzo. Sembrava che agli umani piacessero tanto i numeri.

“L’hai ricevuto bene?” disse la voce.

Lyra finì di scrivere ed annuì. Poi si ricordò che probabilmente neanche l’umano dall’altro lato del telefono poteva vederla, quindi aggiunse, “Sì, ce l’ho.”

“Non ho tanti impegni questa settimana. Ti va bene se lo facciamo domani pomeriggio ad una qualche ora? Voglio solo sentire come suoni, è tutto.”

“Domani…” Lyra guardò verso Audrey. “Sì, sarebbe bello.”

“Allora ci vediamo domani. Porta con te i tuoi spartiti. Non vedo l’ora di ascoltare che sai fare.”

La voce venne tagliata all’improvviso dall’altro lato. Lyra portò il telefono lontano da sé e lo fissò, cercando di capire cosa fosse andato storto.

“Pressa il bottone rosso,” le disse Audrey. Lyra ne provò uno. “L’altro, quello sul lato.” Quello sembrò funzionare. Il display ora mostrava un orario ad intermittenza.

“Che succede ora?” chiese Lyra, restituendo il telefono ad Audrey. 

“Hai detto che hai il provino domani, no?” disse Audrey. “I miei genitori saranno entrambi a lavoro di nuovo, e non ho la macchina…” Pensò qualche momento, quindi cominciò a premere di nuovo i numeri sul telefono. Le sue dita si muovevano velocemente. Lyra osservò come lo usava — a lei veniva molto più naturale e facile.

“Hey, Nathan? Sei impegnato domani?”


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Il campanello suonò il pomeriggio dopo. 

“È probabilmente lui. Vai ad aprirgli, io stampo questo intanto.” Audrey aveva a malapena alzato la testa. Stava usando una cosa che aveva chiamato “Google Maps” — anche se sembrava più un’altra televisione che una mappa. E Audrey ci stava seduta molto più vicina.

Lyra scese al pianterreno e aprì la porta d’ingresso.

“Oh, ciao Lyra,” Nathan era lì, con un un portachiavi che gli pendeva dalla mano. “C’è Audrey?”

“Ciao! Audrey è su. Non sono sicura che stia facendo,” disse Lyra.

Sentirono dei passi venire dalle scale, e il momento dopo Audrey era lì con un foglio di carta in mano. Lo passò a Nathan.

“Ho stampato il percorso. Grazie per aver accettato di accompagnarla.”

“Non che fossi davvero impegnato oggi.” Fissò il foglio che gli aveva dato. Dallo sguardo che gli aveva dato, a Lyra sembrava una mappa — una veramente complicata. “Penso di sapere dove si trova…”

“Non sappiamo molto di questo tizio, ma sembrava a posto al telefono,” disse Audrey. “Però sta attento lo stesso.”

“Lo farò.” Nathan annuì e tolse gli occhi dalla mappa. “Pronta ad andare, Lyra?”

“Sì, il tempo di prendere la mia chitarra.” 

“Tecnicamente, è ancora mia.”

“Già…” disse Lyra. Salì di nuovo nella sua stanza. Mise la chitarra nella custodia, se la portò alle spalle e sollevò il pesante amplificatore, tendendo le dita dal peso. 

Una volta giù, lo lasciò quasi cadere di fronte ai due umani. “Ora sono pronta,” disse, affannata.

“Lo posso portare io per il resto della strada. La mia macchina è nel viale.” Nathan indicò col pollice sopra la sua spalla, verso la porta d’ingresso. 

“La tua…?”

Lyra lo seguì fuori nel giardino, dove una di quelle carrozze li stava aspettando. Non era quella che si trovava solitamente lì — questa era grigia, ed era uno dei modelli più piccoli. 

“Prendiamo quella?”

Nathan chiuse uno degli sportelli posteriori. “Sì. Non temere — ho preso la patente da poco, ma sono prudente alla guida. Non ti devi preoccupare di niente.”

Girò attorno alla macchina fino ad una delle porte anteriori ed entrò dentro. Lyra restò totalmente immobile per un istante, ma lui le fece un cenno per dirle di entrare. 

“Vieni, e metti la chitarra sui sedili dietro,” le disse.

Lei annuì, e trovò la maniglia della porta. Fece scorrere le dita dentro, e tirò verso fuori. Il sedile era pieno di un sacco di cose — carte, una lattina, qualche busta della spesa. Mise la chitarra sopra tutto il casino, chiuse la porta, e andò dall’altro lato per sedersi nel sedile accanto a lui, sul lato destro. 

C’erano molti tipi di bottoni come quelli sul telefono o sullo stereo, e una leva tra i sedili, e una qualche tipo di ruota di fronte a Nathan. Come in una nave, Lyra realizzò — Probabilmente lo usava per sterzare. I sedili erano comodi, ma non c’era quasi spazio per le gambe.

“Dove ho messo quel…” disse lui. Cercò un po’, e trovò la mappa. “Ah. Eccola.”

Lyra stava ancora facendo l’inventario del veicolo. Una tazza si trovava vicino il sedile di Nathan — c’erano due rientranze modellate perfettamente per quello scopo, una delle quali aveva qualche moneta dentro.

Lui girò la chiave e l’intero veicolo si scosse. Un qualche tipo di rombo veniva da dietro di loro. Lyra potè sentire il cuore batterle in petto. Era stato rumoroso, e quando cominciarono ad andare indietro per immettersi nella strada, riuscì a malapena tenere gli occhi aperti.

“Qualche problema? Mal d’auto?”

Aprì un poco gli occhi, e poi li richiuse di nuovo. “No, sto… bene. Va tutto bene.”  Aveva probabilmente parlato più a se stessa che altro. 

“Lyra, sei mai stata in un’auto prima d’ora?”

“Una di queste?” Le gambe le si irrigidirono. Le osservò. Meglio quelle che i finestrini.

Un ricordo improvvisamente si fece strada nella sua mente — Rainbow Dash che la tirava fuori da un carretto di mele senza controllo secondi prima che carenasse oltre il ciglio di un dirupo. In questa vettura erano completamente rinchiusi e si erano addirittura cinturati. Per non parlare del fatto che non vedeva un pegaso da più di una settimana. 

Tutti quei pensieri non la fecero sentire meglio. “Beh… una volta.”

“Solo una volta?” La guardò per un momento, e poi di nuovo davanti a sé.

“Non era esattamente così. Ma… simile. Non avevamo queste cose da dove vengo.”

Lui annuì lentamente, anche se era evidentemente confuso. “Non preoccuparti. Non andremo lontano.” Tenette gli occhi fissi davanti a sé, senza girarsi mentre parlava. “Da dove vieni, che non sei mai stata in una macchina?”

Lyra sospirò. “È normale chiedere così tante cose a qualcuno che hai appena incontrato?”

“Giusto… Probabilmente Audrey ti avrà già torchiato. Non è solo con te. Le piace analizzare le persone,” disse Nathan. “La ragione per cui ti sta ospitando è probabilmente perché sei così misteriosa. Anche se ha senso che voglia scoprire di più su di te.”

“Sono solo un normale umano.” Lyra notò il suo stesso riflesso in uno specchietto attaccato a lato della macchina.

“Non vuoi proprio parlarne, huh? Non ti spingerò a farlo.” 

“Non c’è niente di male in me.”

“Forse no, ma direi che sei molto lontana dall’essere considerata normale.”

Nathan sembrava completamente calmo. Lyra guardò le mani di Nathan, e ciò la distrasse da quello che le succedeva attorno. Le mani impugnavano la ruota mentre sfrecciavano per la città, e lui le muoveva verso i lati quando l’auto doveva cambiare direzione. Come pensava, era il meccanismo di pilotaggio. Dopo un po’ di tempo, Lyra cominciò ad abituarsi al movimento, ma era ancora curiosa di come questa cosa riuscisse anche solo a muoversi.

Andavano molto più veloci di una carrozza. La velocità non era così percepibile da dentro, rispetto all’impressione che davano quando le osservavi dal marciapiede. Rallentarono di nuovo mentre entravano in un altro quartiere.

Il viaggio era durato solo pochi minuti, anche se era sembrato molto più lungo. E dovevano trovarsi adesso a varie miglia dalla casa di Audrey. Si fermarono davanti ad un edificio di mattoni, e Nathan guardò fuori al numero sulla cassetta della posta.

“Eccoci… Sei sicura che vuoi entrare lì?”

“È dove dovevamo andare, no? Avevi tu la mappa.”

“Beh, sì, ma…” Continuò a guardarsi attorno.

“Non sono per niente nervosa. Mi sono esercitata moltissimo,” disse Lyra. “Sono sicura che mi lasceranno unire a loro.” 

Nathan la fissò. “Non è quello che mi preoccupa.”

Lyra cercò attorno a sé come slacciare la cintura che le bloccava il petto, e pressò il pulsante. Aprì la porta ed uscì fuori, con le gambe ancora tremanti. Poggiò il braccio sulla macchina per sorreggersi finché il tremore non cessò. “Che stai aspettando? Andiamo!”

“Lyra, non credi —” Nathan cominciò a dirle, ma lei aveva già preso la chitarra e si stava dirigendo alla porta d’ingresso. Lui sospirò e uscì dalla macchina, controllando due volte di averla chiusa.

Lei guardò ai lati della porta. “Non hanno uno di quei…” Non c’era un campanello, quindi chiuse la mano a pugno e bussò. Le urtò le nocche, non erano resistenti come gli zoccoli.

“Voglio dire, se non ti va bene, fammi sapere. Possiamo subito tornare indietro,” disse Nathan. Indicò dietro, verso la macchina.

La porta si aprì e un altro umano comparve davanti a loro, più alto e robusto di Nathan. Alzò la mano per scostare i suoi capelli lisci e neri da davanti gli occhi. Erano  lunghi quasi quanto quelli di Lyra. 

“Um… Sono qui per la band?” disse Lyra.

Lui annuì. “Oh, giusto… tu sei la ragazza che voleva il posto da chitarrista. Ti stavo aspettando. Vieni dentro e parliamo.”

Lyra lo seguì velocemente dentro, ma Nathan la toccò sul braccio. “Sei sicura?”

“Dai. è un umano come me e te.”

“Non lo metto in dubbio.”

“Allora, venite?” l’uomo guardò indietro verso di loro.

“Certo!” Lyra mise una mano sulla custodia della chitarra alle sue spalle e si affrettò a raggiungere il soggiorno. 

Furono invitati a sedersi su un divano, e l’altro uomo si mise su una poltroncina bitorzoluta di fronte a loro. Fece un cenno a Lyra. “Eri tu al telefono?” La guardò. “Sembri molto giovane.”

“Oh, è okay. Ho sedici anni.”

“Giusto… Devi essere quella con cui ho parlato ieri,” disse. “Puoi chiamarmi Randall.”

La sua voce sembrava quella che aveva sentito al telefono, ma era strano pensare che avevano già parlato quando si stavano incontrando adesso per la prima volta. Lei notò lo strano disegno sulla sua maglietta — insolitamente dettagliato, anche per un indumento umano. C’era disegnato quello che doveva essere uno zombie umano, e le parole “Iron Maiden” scritte in rosso.

“Sei tu il capo?” disse Lyra. Non era come i provini che teneva di solito, ma in quelli c’erano pony e non umani.

“Devo dire che sono felice di aver trovato qualcuno disposto a farci da chitarrista. Un gruppo non può chiamarsi tale senza, non trovi?”

“Uh… Sì.”

“Quindi, tu sei…”

“Lyra.” 

“Lyra…?” La sua voce si allungò in attesa del continuo.

Lei lo fissò. “È quello che ho detto.”

“Hai un cognome, Lyra?”

“No. Solo Lyra.”

La sua espressione rimase vuota per un istante, e poi scoppiò a ridere. “Bene, okay. Allora, solo-Lyra, hai esperienza in esibizioni?”

“Sì, un sacco.” Disse raggiante d’orgoglio. “Infatti, sono stata scelta a suonare al Galà reale da dove vengo.”

“Un… galà reale.” Si poggiò allo schienale della poltrona. “Che è, sei britannica?”

Lyra fece una smorfia. “Non credo…”

“Beh, comunque sentiamo che sai fare. Dopotutto, ciò che conta realmente è che tu sappia suonare, non è così?”

“Già…”

Nathan si alzò. “Prendo l’amplificatore dal bagagliaio. Va pure avanti, Lyra.” Lui si sbrigò a tornare fuori.

Randall puntò un dito. “E quello era…?”

“Il mio amico Nathan. Mi sta prestando la chitarra.”

Lei notò un motivo nero e contorto sul braccio sinistro di Randall. Sembrava un drago — come quelli che aveva visto durante la migrazione dei draghi, o quella volta che Spike era cresciuto a dismisura. Quella era stata l’unica volta che aveva osservato un drago a grandezza naturale da vicino. “Come l’hai ottenuto quello?”

“Oh, questo?” alzò il braccio e lo guardò. “Heh. Mi sono svegliato una mattina con un mal di testa straziante e questo era apparso. Chissà che altro era successo quella notte.”

“Affascinante…” Non solo questo umano aveva un cutie mark, ma non ricordava neanche come se l’era guadagnato.

Aprì una porta e la portò in un’altra stanza. “Di solito suoniamo qui. Ti faccio sistemare l’attrezzatura.” Appena toccò qualcosa sul muro, un’intera parete tremò e cominciò ad alzarsi.

Fuori, Nathan stava portando l’amplificatore verso la casa, ed entrò nella stanza dove si trovavano. Si guardò attorno. “Wow. Una vera band da garage.”

“Usiamo quello che abbiamo,” disse Randall.

Era come un capanno degli attrezzi attaccato alla casa, col pavimento di pietra dura e macchiato di qualcosa di nero. Lyra si mise a lavoro per montare l’amplificatore. Era ancora difficile ricordare come collegarlo — l’aveva tenuto sempre montato dalla prima volta che l’aveva usato, per usarlo nella sua stanza senza doversi preoccupare di quella parte.

“Bisogno d’aiuto?” chiese Randall, alzando un sopracciglio. Prese una delle corde e la attaccò al muro.

“No, io… Penso di esserci.” Lyra era rannicchiata, tentando di identificare tutti i cavi. Trovò il capo che si doveva connettere alla chitarra e lo fece scattare in posizione, quindi si alzò. “Sono pronta.”

“Sentiamo.” Lui rimase alzato con le braccia conserte. 

Lyra cominciò con “Smoke on the Water.” Era la sua canzone più recente, ma una delle sue preferite. Mise tutta la sua concentrazione sulle dita e sul suono della chitarra. Si dimenticò pressoché dei due umani che la stavano guardando, o della stanza fredda e sporca in cui si trovavano. A dirla tutta, non era così diverso dalle prove per un concerto a Canterlot. Se era abbastanza brava a suonare, non aveva niente da temere.

Dopo qualche minuto, Randall alzò la mano. “Va bene. È abbastanza.”

Lyra si fermò e alzò la testa. Scostò i capelli da davanti gli occhi. “Era buona?”

“Sì. in realtà grandiosa,” disse Randall. “Voglio dire, stavo per farti entrare a prescindere di come suonassi. Eravamo tutti un po’ disperati. Ma questo… da quant’è che suoni?”

“Più o meno da tutta la vita.” Non era tecnicamente una bugia. Non aveva chiesto cosa avesse suonato. O come. Lyra piegò le dita. “Chi intendi con ‘tutti’?”

“Ti presenterò gli altri membri della band. Le prove saranno il prossimo lunedì pomeriggio.” 

“Quindi… Mi avete preso?” Lyra cominciò a sorridere.

“Benvenuta nei Crimson Thunder.”

Non ci poteva credere. Una band umana. Stava per suonare musica con altri esseri umani!

Corse a stringere vigorosamente le mani di Randall. “Grazie mille!”

Lui la guardò un po’ sorpreso, con gli occhi spalancati. “Immagino ci vedremo lunedì allora.”

“Esatto…  lunedì pomeriggio.” Lei annuì, ancora sorridendo.

Se non fosse stata qui così a lungo, Lyra avrebbe giurato che si trattava di un sogno incredibilmente vivido. Cosa penserebbe Bon-Bon di lei adesso?

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Capitolo 16
*** Una Nuova Sfida ***


CAPITOLO 16

UNA NUOVA SFIDA

 

Sembrava passato così tanto tempo dal Gran Galà Galoppante, eppure non era passato neanche un mese. Era successo così tanto da allora. Eppure, nell’andare da Randall per le sue prime prove con la band, si sentiva come se fosse tornata alla sua solita routine.

Nathan fermò la macchina di fronte alla casa e Lyra vide la porta del garage aperta, con Randall in piedi assieme ad un altro musicista che stava accordando la sua chitarra. C’era un posto vuoto alla batteria dietro di loro. Randall la vide e salutò con la mano. Lei sorrise, e corse a raggiungerlo. Nathan rimase indietro, ad estrarre l’amplificatore dal portabagagli della macchina.

“Hey, speravo proprio che non decidessi di piantarci in asso.” Randall si girò verso l’umano accanto a lui. “Mike, questa è Lyra. È la nostra nuova chitarrista solista.”

“Felice di incontrarti.” Lei tese il braccio, aspettandosi una stretta di mano.

L’umano chiamato Mike la squadrò da testa a piedi, stando muto per un po’. “Sembra un po’ troppo piccola.”

“Sì, lei ha…” Randall ci pensò per un momento. “Ho un vuoto. Quanti hanni hai detto di avere?”

Lyra abbassò lentamente la mano quando Mike non la strinse. “Sedici.”

“Sì, giusto…” Lui annuì. “Basta non menzionare la sua età ai concerti e non dovrebbe essere un problema. E finché non accetta drink da nessuno, riusciremo probabilmente a farla franca.”

Mike fece spallucce. “Ok.”

“Io e Mike siamo i fondatori della band. Poi Casey si è unito grazie ad uno dei poster che abbiamo affisso in giro — lo stesso modo in cui ci hai trovato tu, no? Mike è il nostro bassista, Casey è alla batteria. Non potevamo però sperare di esibirci senza una chitarra solista.”

“Lui dov’è? Dovevamo già aver iniziato a quest’ora. Uno si aspetterebbe che un batterista avesse un senso del tempo migliore.” Mike rise alla sua stessa battuta.

“Eppure è così. Lui è il nostro batterista.”  Randall si girò verso Lyra. “Non farci caso,” disse. “In ogni modo, stiamo lavorando ad alcune canzoni. Per la maggior parte cover. Roba degli anni ottanta, o forse primi anni novanta. Vecchi classici, forse li hai già sentiti.” Lyra era quasi certa di poter dire di no. “Dovrai impegnarti un po’ per metterti in pari, ma suonavi bene l’ultima volta.”

“Apprendo molto in fretta,” disse Lyra.

“Buono a sapersi.”

Diede un’altra occhiata al cutie mark di Randall, ancora domandandosi perché gli altri umani che aveva incontrato non ne avessero uno. E non ne doveva avere uno anche lei, se se l’era guadagnato da puledra? Il posizionamento aveva senso — l'avambraccio al posto del fianco posteriore, che non potevi solitamente vedere a causa degli abiti degli umani. Si chiese quale fosse il talento di Randall che gli aveva fatto ottenere un mark draconico come quello.

Nathan spuntò da dietro di lei, con l’amplificatore che gli pendeva da una mano. Lo posò a terra. “Hey, uh, Randall…” Lui gli fece un piccolo cenno, gli occhi gli sfrecciarono prima su Mike e poi sulla porta. “Ti dispiace se aspetto dentro? Quanto dureranno le prove?”

“Dovremmo metterci un paio d’ore. Puoi guardare la TV se vuoi. Non toccare il frigo.” Puntò un dito verso Nathan per enfasi. 

Nathan alzò le spalle. “Mi sta bene. Ci vediamo dopo.” Lui entrò dentro, lanciando un’ultima occhiata a Lyra prima di chiudere la porta.

Aveva detto a Lyra che non voleva accompagnarla per poi abbandonarla lì da sola. Lei non riusciva a capire perché fosse così nervoso, ma era comunque più comodo così, e gliene era riconoscente.

Lyra fece scivolare la custodia della chitarra giù dalle spalle e cominciò a  prepararla. C’era un groviglio di cavi a terra che calpestò mentre attaccava la chitarra. Suonò qualche nota per testarla.

“Quindi abbiamo la nostra chitarrista… Immagino,” disse Mike. “Quando ci prendiamo un manager? Non si può chiamare una band fin quando non troviamo un ingaggio.” 

“Ci sto lavorando. Per ora ho qualche contatto in attesa e potremmo riuscire ad esibirci presto,” disse Randall.

Soddisfatta dal suono della sua chitarra, Lyra stette lì a chiedersi quando avrebbero cominciato. E che canzoni avrebbero suonato. Quello era il problema principale.

“Hey, Randall?” disse. “Avete alcuni, tipo, spartiti? Non sono sicura di cosa suoniate…”

“Intendi le tablature? Oh, certo. Abbastanza sicuro di avercele qui da qualche parte. Dammi un secondo.” Lui entrò dentro casa.

Mentre aspettavano in garage, Mike non le disse niente. Finse di essere concentrato sul suo basso, anche se era palesemente già pronto ed accordato. Era tutto silenzioso, eccezion fatta per le note gravi che uscivano dal suo amplificatore. Non era sicura se iniziare una conversazione amichevole o no.

Randall tornò qualche minuto dopo. “Eccole. Stiamo lavorando ad un po’ di cose ora come ora. Forse dovrai esercitarti anche da sola per recuperare.”

Lei li guardò. Tablature per la chitarra — è così che le aveva chiamate — non erano proprio come i classici spartiti, ma molte notazioni erano esattamente uguali a quelle in Equestria. Non poteva essere una coincidenza, non più dei paesi e delle lingue che erano uguali a quelli riportati nella storia di Equestria. Ma in questo caso, era anche comodo.

Fuori, una macchina sporca che probabilmente una volta era blu, si accostò alla casa, facendo ogni sorta di strano rumore roboante. Fece sembrare la macchina di Nathan costosa a confronto, anche se a lui piaceva scherzare su quanto fosse un casino dentro. Un altro umano uscì dal sedile anteriore, un maschio biondo con della barba mal curata in viso. Corse verso il garage per raggiungerli.

“Casey! Finalmente ce l’hai fatta ad arrivare!” disse Randall.

Il nuovo arrivato fissò Lyra. “Chi è lei? La tua sorellina? Per la cronaca, che pazzi quei capelli.” Lui sorrise mentre lo diceva, ma Lyra non era sicura di come dovesse prenderla.

“La nostra nuova chitarrista,” disse Randall.

“Sei serio? No, davvero, chi è lei?”

“Sono Lyra. Non vedo l’ora di esibirmi con voi ragazzi!” Lei tese la mano, e Casey la strinse malvolentieri.

“Sai, capisco che eravamo disperati, ma lei è una bambina,” disse lui.

“Ho esperienza professionale,” affermò Lyra.

“Come dice lei,” ribattè Randall. “Lo capirai una volta che la senti suonare, Casey. Ora cominciamo. Morivo dalla voglia di tornare a fare prove da quando sono uscito dal lavoro.”

“Certo. Come no. Diamoci da fare e basta, va.” Casey si sedette alla batteria.

A parte Randall, questa band sembrava seriosa come gli altri musicisti che c’erano al Galà. Lyra stava provando un caso di déjà vu. O almeno, finché non cominciarono con la prima canzone. Aveva appena letto le tablature, ma riuscì a capire velocemente come suonarle. I riff erano abbastanza semplici, con la stessa manciata di accordi ripetuti per tutta la canzone.

Alla fine della canzone, tutti gli umani erano rimasti ammutoliti. La nota finale sembrò riverberare nel garage per un tempo lunghissimo. O forse era solo l’eco.

“Era la prima volta che la suonavi?” chiese Mike lentamente.

Lyra annuì. “Già, penso che mi sono persa da qualche parte attorno al secondo verso. Possiamo provarla di nuovo?”

“Dove l’hai trovata questa?” chiese Casey.

Randall si voltò verso gli altri due musicisti, come per dirgli “ve l’avevo detto.” Quindi, iniziò con il countdown per partire di nuovo.

 

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Le prove durarono poche ore. Anche se erano sembrate passare velocissime. La musica rock era abbastanza corta, orecchiabile e energizzante. Non era per niente come i pezzi classici e monotoni che Lyra aveva sempre suonato a Canterlot — complessi sì, ma spesso dimenticabili. 

Si trovò nella macchina di Nathan, diretti verso casa. Era ancora dura abituarsi ai movimenti veloci del veicolo che per qualche magia si riusciva a muovere da solo. Lyra però stava già meglio della prima volta. Come con tutte le cose umane, ci voleva solo del tempo per abituarcisi. Si ripeteva che non aveva mai visto una di quelle vetture perdere il controllo come aveva fatto il carretto di mele, eppure era fin troppo facile da immaginare.

“Ho scritto ad Audrey mentre eravamo lì, e le ho chiesto se potevamo andare fuori a cena,” disse Nathan. “Diciamo per celebrare, ma in verità sono solo annoiato. E ai miei genitori non frega davvero a che ora torno a casa.”

“Sembra divertente,” disse Lyra. Ma realizzò che probabilmente voleva dire altro tempo da passare in macchina.

Si fermarono di fronte a casa di Audrey il tempo necessario perché Nathan andasse alla porta e la prendesse, quindi si diressero a quello che gli umani chiamavano “i magazzini”. Lyra gli aveva detto che non c’era mai stata prima, ma ormai loro erano abituati a sentirglielo dire su ogni luogo dove andavano.

Si fermarono in uno spiazzo all’aperto vicino ad altre macchine umane. Lyra era stata la prima ad uscire da quel veicolo, sia sollevata di essersi finalmente alzata dal suo stretto sedile, sia interessata al luogo dove si trovavano.

L’edificio era enorme — rivaleggiava il Castello di Canterlot; faceva sembrare anche lo stesso palazzo del governo degli umani piccolo al confronto. Una volta entrati, la vista tolse il fiato a Lyra. Questa struttura aveva tonnellate di piccoli negozi, più di tutta Ponyville. Era abbastanza da impressionare anche un pony di Canterlot — beh, una ragazza di Canterlot — con tutta quella scelta.

Nathan era divertito dallo sguardo meravigliato di Lyra. Lui e Audrey si comportavano entrambi come se fossero familiari col posto, immuni dai luoghi e dai suoni così come lo erano da tutte le altre cose fantastiche del loro mondo. 

“Vi va bene cinese?” chiese Nathan.

“Mi piacerebbe di più il sushi. Il cinese che c’è qua non è così buono,” disse Audrey, facendo una smorfia. “Potrei aver preso qualcosa l’ultima volta che ci ho mangiato.”

“Cavoli. Vorrà dire che per oggi faremo i sofisticati,” disse Nathan.

“A me va bene qualsiasi cosa… circa,” disse Lyra. Aveva perso il conto di quanti cibi nuovi aveva provato, specialmente i dessert. “Basta che non… um…”

Audrey capì cosa volesse dire. “Hanno qualche opzione per vegetariani,” disse. “A meno che non mangi il pesce. So che alcuni vegetariani fanno delle eccezioni per quello.” 

Lyra trasalì. “No, io… io mi limiterò alle verdure.”

Passarono davanti ad un fioraio ed un parrucchiere mentre camminavano. Questo posto aveva proprio tutto. Le ricordava quasi il banco di fiori a cui lavorava Roseluck nei giorni di mercato, o il negozio di bellezza di Aloe e Lotus a cui era stata qualche volta con Bon-Bon...

Il ristorante era al secondo piano, di fronte ad una terrazza. C’erano ancora altri piani di negozi sopra e sotto, tutti affollati di umani. Lyra si affacciò alla ringhiera per guardare giù verso il pavimento piastrellato a mosaico, bagnato dalla splendente luce del sole che entrava dal lucernario sopra.

“Vieni?” Audrey la chiamò. Lyra si girò e si diresse dove la stavano aspettando, di fronte al ristorante. Il menù era affisso al muro e Audrey lo indicò con un gesto. “Buone notizie per te. Le loro opzioni vegetariane sono meno costose di quelle regolari. Potrei pensare anch’io di optare per quelle.”

“Regolari…” Lyra mormorò. Era normale per gli umani. Si sarebbe mai abituata a quello?

Era ancora difficile accettare che la maggior parte degli umani scegliesse di mangiare carne. Sapevano anche esattamente da dove proveniva. Ma… c’erano animali in abbondanza che mangiavano la carne. Dovevano nutrirsi. Proprio come altri animali mangiavano le piante, o le gemme.

Ordinarono al bancone. Lyra stava diventando brava a conversare con gli umani — non molto tempo prima, già lo stare accanto ad uno di essi le faceva impastare la bocca. Ora era solo una cosa quotidiana. Si sentiva come se appartenesse a quel posto. 

Si sedettero ad uno dei tavoli. Anche se i magazzini erano gremiti di persone, i posti di questo ristorante erano tutti liberi. 

“Quindi come vanno le cose con quella band?” chiese Audrey. “Sembri essere di buon umore.” 

“È tutto bellissimo! Randalla ha detto che avremmo fatto covers. Ossia, canzoni che hanno scritto altre band,” disse Lyra. “Non sapevo che le band scrivessero musica propria. Lo fanno tutte?” 

“Quelle brave lo fanno,” disse Nathan. “Quelle che diventano famose.”

“Ha detto che la sua roba originale non era buona, però,” disse Lyra. “A me sembra davvero un compito difficile. Scrivere musica e suonarla? Avresti… davvero un sacco di lavoro sa fare, non pensi?”

“Immagino di sì. Mi sembrava di aver sentito dei Guns ‘n Roses prima,” disse Nathan.

“Li conosci? Tutto quello su cui stiamo lavorando è completamente diverso dalle canzoni su cui ho fatto pratica prima. Molto più sonore. Ma a me va bene,” disse Lyra. “Penso che gli altri della band si siano esercitati più a lungo di quanto abbia fatto io, quindi mi impegnerò di più a casa.”

“Già, a proposito di quei membri…” disse Nathan. Lui non aveva avuto davvero la chance di incontrarli. Aveva aspettato dentro casa fino alla fine delle prove.

“Tutti sono davvero gentili. Ma io sono la più giovane,” disse Lyra. “Ne sono rimasta sorpresa, in verità.”

“Molti ragazzi della nostra età sono concentrati sulla scuola,” disse Audrey. 

“Giusto…” annuì Lyra. Se l’era dimenticata.

“Sembrava avessero tutti più di vent’anni,” disse Nathan. “Sono stupito che Randall ti abbia lasciato anche solo entrare.”

“Sono spesso più giovane degli altri po— degli altri musicisti con cui suono. È sempre stato così.” I musicisti al Galà erano stati tutti più vecchi di lei di qualche anno, e in più sembravano habitué dell’evento. Eppure, questi umani erano, cosa? Sei o sette anni più vecchi di lei? Non c’era davvero tutta questa differenza.

“Vero, il giovane prodigio musicale con un passato misterioso,” disse Nathan.

Audrey sospirò, anche se non disse nient’altro sull’argomento. Aprì un sottile involucro di carta e tirò fuori due lunghe stecche di legno. Lyra si scordò quasi di quanto fosse affamata mentre osservava Audrey muovere sapientemente le dita per afferrare pezzi di cibo con quelle stecche.

“Che sono quelle?” Lyra le indicò.

Audrey si fermò un attimo e la guardò. “Penso che questo sia un avocado roll…” 

“No, intendo quelle cose che stai usando per prenderli.”

“Le bacchette?”

“Non sono mai riuscito a farle funzionare,” disse Nathan. “È troppo una seccatura. E ci danno comunque anche le forchette.” Trafisse il suo cibo con una forchetta.

Lyra non lo udì neanche. Era troppo concentrata sui complicati movimenti delle mani di Audrey. Questa era una sfida. E sembrava davvero divertente.

Lei guardò il suo piatto, e cercò attorno ad esso. Eccole! Aveva anche lei una di quelle confezioni di carta. La strappò e tirò fuori le stecche. Le spezzò in cima, e le tenne davanti agli occhi, esaminandole minuziosamente. 

“Le hai mai usate prima d’ora?” chiese Audrey. “È una domanda stupida, vero? Immagino di no.” 

“Non ho mai visto niente del genere prima,” disse Lyra senza distogliere lo sguardo. Cercava di capire come tenerle in mano — Audrey lo faceva sembrare così facile. Sembrava non ci fossero segreti nel loro design. Erano solo delle stecche di legno lisce. Gli umani le avevano progettate per essere una sfida di abilità o robe simili, una maniera per sfoggiare la propria destrezza. Era l’unica spiegazione a cui Lyra riuscisse a pensare. 

“Stanno per prendere fuoco da quanto le stai guardando.” Nathan aveva cessato di mangiare e la stava fissando. 

Lei non disse niente. La sua intera attenzione era su quei due piccoli pezzi di legno, cercando di risolvere come posizionarli tra le dita senza farli cadere, e quindi provando a prenderci delle cose. Era quasi impossibile. 

“Tu… hai una forchetta,” disse Nathan. “Lo sai questo, vero?”

“Ho usato forchette tutta la mia vita. Questo è qualcosa di nuovo.” Armeggiò di nuovo con le stecche, e quelle caddero sul tavolo un’altra volta. Le districò dal suo cibo e provò di nuovo.

Audrey si avvicinò dall’altra parte del tavolo. “Ecco. Metti la prima così…” Mise una stecca tra il pollice e l’indice di Lyra. “E poi muovi solo la seconda.”

Scegliendo un pezzo di sushi, Lyra cercò di tirarlo su. Cadde giù. Fece qualche altro tentativo, senza migliori risultati. Quindi, abbassando la faccia, riuscì a portarlo nella sua bocca.

Nathan battè le mani. “Ben fatto.”

Lyra era raggiante. “Ce l’ho.” E poi fece una smorfia. “Cos’è questo esattamente?” Il gusto era strano. Non sgradevole, ma inaspettato.

“Penso sia solo avocado e cetriolo. Oh, e alga,” disse Audrey. “Quelle… non sono un problema, vero?”

“No. Solo non ho mangiato alghe prima d’ora. Da dove le prendono? C’è un oceano vicino?”

“Mi piacerebbe. Lo Iowa non ha completamente sbocchi sul mare,” disse Nathan.

“Che è… dove siamo,” disse Lyra lentamente, guardandolo. “Ovviamente.”

“Certo,” ribattè Audrey. Si accigliò e disse “Lyra, tu sai dove ci — “

“Stavo solo scherzando.” Lyra sorrise goffamente, e sventolò una mano. “Certamente so dove siamo. Non sono così sprovveduta.” Fece una risatina nervosa, ma loro non sembravano convinti.

Iowa, quindi? La parola le suonava familiare, forse gli umani lo avevano menzionato un po’ di volte. Doveva essere una regione della Francia. Non guardava una mappa da un po’ di tempo, ma pensava di ricordare che la Francia avesse delle coste sull’oceano. Des Moines doveva essere da qualche parte nell’entroterra. Non era facile andare a chiedere per una mappa senza una buona ragione. Si erano già accorti che lei non era come loro. 

Tornò a concentrarsi sulle sue bacchette, prendendo un pezzo di sushi e sollevandolo fin quasi alla bocca prima che scivolasse via e cascasse di nuovo sul piatto. “Per tutte le criniere…” imprecò sottovoce.

Audrey trattenne una risata. “Cosa?

“Oh, uh… Niente!” disse Lyra. “Non era niente.” Fece un’altra prova a tirare su il sushi, e stavolta ne uscì vittoriosa.

“Cosa dicono i tuoi del fatto che Lyra stia restando così a lungo?” chiese Nathan. “Voglio dire, è stata da voi tipo quanto? Più di una settimana?” 

“Sembra andargli bene…” disse Lyra. Volse lo sguardo verso Audrey. “Io gli piaccio, non è così?”

“Beh, sì. Stanno sicuramente legando con te,” disse Audrey. “Sono sicura che aiuti il fatto che offri per fare faccende di casa. Curare il giardino ogni tanto sembra compensare per tutta la musica di chitarra ad alto volume.”

“Mi piace lavorare con le mie mani.” Lyra fece un debole sorriso. Le faccende di casa non davano la sensazione di essere lavoro pesante — era solo un’altra occasione di comprendere come facevano gli umani a sopravvivere senza magia. E sembrava che ci riuscissero molto bene. Il trucco era tutto nei loro attrezzi — alcuni dei quali riconosceva da Equestria, anche se era ovviamente molto più facile usare una paletta da giardino quando potevi impugnare adeguatamente il manico.

“Figo. Ti pagano?” chiese Nathan.

“In realtà sì…” disse Lyra. Ma non era per i soldi che lo faceva. Onestamente, fu sorpresa quando le avevano offerto una paga per il suo aiuto, ma lo aveva comunque accettato.

“A questo punto, è come se fosse sempre vissuta con noi.” Audrey sorrise.

Lyra doveva ammettere che Audrey non aveva tutti i torti. Era stata lì per così tanto tempo che quel strano mondo le stava cominciando a sembrare meno alieno e più come, beh… casa. Eppure sentiva che doveva ancora capire chi fosse veramente e da dove veniva. Sperando non fosse impossibile. Audrey aveva trovato la casa di Randall dal suo computer in qualche modo, perché non poteva farlo anche con i suoi genitori?

Tornando al suo cibo, e a quei affascinanti pezzi di legno, si impegnò a prendere un altro pezzo. Gettando un occhio ai piatti, realizzò che gli altri avevano già finito. 

“Sembra che rimarremo qui un bel po’,” disse Nathan, guardando su al lucernario. “Ad ogni modo, prenditi tutto il tempo che ti serve, Lyra.”

Prima o poi, sarebbe riuscita a imparare come usarle.

 

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Le prove andarono come al solito, ogni lunedì, giovedì e venerdì. Quelli erano i giorni in cui gli altri membri della band non avevano impegni di lavoro, secondo Randall. Ognuno di quei giorni, Nathan arrivava a casa di Audrey, Lyra metteva tutto nel suo zaino, e usciva con la chitarra sulla schiena.

Teneva il suo diario ancora dentro la borsa — se Audrey o i suoi genitori l’avessero trovato in giro, avrebbe dovuto dare troppe spiegazioni. Meglio tenerlo vicino a sé. Inoltre, ci stava ancora prendendo appunti. Aveva appena riempito un’intera pagina sul come usare le bacchette.

Questo giorno in particolare, era stata l’ultima ad arrivare alle prove. Mike e Casey erano già nel garage a preparare l’attrezzatura, ma Randall non si vedeva da nessuna parte.

Lyra controllò l’accordatura della chitarra, l’attaccò, e suonò un paio di note per testarla. I preparativi per le prove nel garage di Randall cominciavano a sembrarle naturali. Certo, non era paragonabile ad un palco professionale, specialmente non quello al Castello di Canterlot, o anche solo ad una normale sala prove, ma qui era circondata da umani. E questo compensava tutto.

Tirò fuori dalla borsa una delle canzoni che Randall le aveva dato, e la ripassò. Stavano lavorando su diversi pezzi tutti assieme.

“Attenzione gente, ho appena ricevuto una telefonata.” Randall spalancò la porta della casa ed uscì. Era di buon umore. “Abbiamo un posto al music festival tra due settimane. Gli ho detto che avremmo suonato quello su cui stiamo lavorando, e hanno accettato.”

“Seriamente?” disse Casey. “Abbiamo i minuti contati.”

“Lyra, ho davvero bisogno che tu acceleri nelle esercitazioni.” Randall puntò un dito verso di lei. “L’evento è praticamente alle porte, ma tu hai molto talento. Mike e Casey, state facendo un ottimo lavoro, ma possiamo tutti migliorare. Possiamo sempre migliorare.”

Mike annuì. “Certo che possiamo.”

“Ora, stesse canzoni dell’ultima volta. Suoniamole finché non sono perfette. Potremmo essere davvero pagati per questo, quindi non possiamo battere la fiacca.”

Un’esibizione pagata? Lyra sapeva che Randall stava cercando di farli infilare da qualche parte, ma non si aspettava così presto. La prospettiva di tornare sul palco — davanti ad un pubblico di umani, addirittura — era incredibile, anche se si aspettava sarebbe giunto il momento prima o poi. 

“Cominciamo con Highway to Hell, allora.” Randall fece il countdown, e Lyra attaccò.

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Capitolo 17
*** Una Serata Indimenticabile ***


CAPITOLO 17

UNA SERATA INDIMENTICABILE

 

Lyra era indecisa su come vestirsi per salire sul palco. Solitamente ai concerti era tenuta a indossare abiti eleganti, come quel vestito bianco-e-oro che Rarity le aveva confezionato per il Galà. No… Qui era tutto diverso. Non era lo stile adatto. Si mise dei jeans e una maglietta, come tutti i giorni.

Il festival musicale si teneva in un edificio buio, con un pubblico di umani in piedi a guardare. Randall aveva scherzato sul fatto che prima o poi si sarebbero guadagnati una “vera folla”. Lyra si chiese allora come fosse considerata quella.

Una voce tuonò dal soffitto. Lei riuscì solo a capire le parole “Crimson Thunder,” ma quello era il loro segnale. Lyra ebbe a malapena il tempo di guardare in su per cercare l’umano che aveva appena parlato, prima che le luci le si accendessero in faccia, quasi abbagliandola. Aveva il cuore che le batteva forte, ma non poteva farsi prendere dal panico proprio adesso. Era il momento che attendeva da tanto tempo. 

Si girò verso Randall, che era in piedi davanti al microfono, e lui le fece un veloce cenno con la testa. Esattamente come nelle prove, allora…

Era bastato appena che Lyra suonasse le prime note del loro primo pezzo, uno chiamato “Welcome to the Jungle.” La folla cominciò immediatamente a gridare ed esultare, e non avevano ancora neanche concluso. Con la chitarra collegata al sistema sonoro del palco, il suono era comunque abbastanza forte da coprire le grida del pubblico. 

Era la sua prima performance dai tempi del Gran Galà Galoppante. I boriosi pony di Canterlot gradivano solo lievi e semplici musiche da ascoltare in sottofondo mentre mangiavano e parlavano tra loro. Il suono leggero della lira veniva sommerso dal chiacchiericcio delle conversazioni. Ma non qui. Qui era al centro dell’attenzione.

Gli altri strumenti si unirono all’intro. Sentì il palco tremare sotto ai piedi dalla potenza del musica. Randall si avvicinò al microfono e iniziò con il vocale. La sua voce non era rauca come quella dell’autore - ma lei preferiva Randall; nella canzone originale non sembrava neanche che stesse cantando.

“Welcome to the jungle, we've got fun and games! We got everything you want honey, we know the names!”

La paura si stava trasformando in un impeto di pura adrenalina. Era una canzone che gli umani conoscevano, e lei la stava suonando con loro, di fronte ad un pubblico di almeno un centinaio di persone. Si sentiva come se le stessero per scoppiare le orecchie, ma non le importava al momento.  

L’assolo stava per cominciare, e Lyra amava quella parte. Poteva suonare qualsiasi melodia volesse, a patto di inventarla sul momento. Le sue dita volavano sulle corde, sapendo a pelle dove andare. Dopo aver ascoltato abbastanza musica rock, ci aveva fatto l’orecchio, e l’applauso che seguì la fine della sua esecuzione, era il più bel suono al mondo. Gli umani stavano battendo le mani tutti assieme per lei. Era come un sogno.

Randall attaccò nuovamente con il vocale, e consumò gli ultimi versi. “In the jungle, welcome to the jungle, watch it bring you, to you - It’s gonna bring you down!” Lyra concluse prolungando l’ultima nota, e la lasciò risuonare per un po’, come facevano nelle prove, fino a staccarla al segnale della mano di Randall. La folla applaudì ancora più forte.

Non potevano perdere molto tempo, così attaccarono subito con la canzone dopo. Non avrebbero suonato a lungo. Non era solo il loro show, dopotutto, e c’erano molte altre bande come la loro che aspettavano il loro turno per esibirsi. Ma Lyra desiderava che potesse durare tutta la notte.

I suoi amici erano là, così come la musica. Gli umani comprendevano l’importanza di queste due cose proprio come i pony. Beh, forse i loro gusti in fatto di musica erano molto meno noiosi di quelli di Equestria. E i suoi compagni di banda erano decisamente più calorosi di Octavia e degli altri, una volta che avevano cominciato a conoscersi.

Forse lo sapeva già da quando era arrivata qui e da quando aveva visto un altro umano per la prima volta. Era solo diventato più chiaro col passare del tempo. Era stato difficile lasciare i pony in Equestria all’inizio, ma ora si trovava dove era giusto che fosse. Il mondo umano dove Lyra era nata, e dove avrebbe vissuto per il resto della sua vita.

Avrebbe potuto non vedere mai più un altro pony. E non le importava.


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Sistemò tutto una volta tornata nel backstage. L’esibizione era finita troppo velocemente. Si sentiva carica, nonostante l’ora tarda. 

Il braccio di Randall le colpì la spalla, facendola sobbalzare. “Hey, magnifico lavoro là fuori.” 

“Grazie!” Disse Lyra. “Cosa fate ora?”

“Torniamo a casa mia a celebrare. Hey, il tuo amico Nathan è ancora qui, non è vero? Forse dovresti andare a cercarlo.”

“Non mi puoi accompagnare in macchina fino a lì?” Randall aveva un furgoncino nero che usavano per trasportare l’attrezzatura più pesante, come la batteria. 

“Cosa? Alla festa?”

Lei annuì.

“Oh, uh… Ascolta, Lyra, è stato fantastico che tu ti sia unita a noi, ma… Questa festa è più da adulti, capisci? Casey ha già iniziato col giro di birre.”

“Ma io…” Lyra si interruppe. Era inutile protestare. Sapeva di poter reggere bene l’alcool, anche se preferiva il vino o il punch. Era probabilmente inevitabile dato che servivano principalmente quello agli eventi a Canterlot, e ci si era abituata. Ma lei non era ancora considerata un’adulta qua. Non più.

“Senti, puoi passare domani. Ti darò la tua parte della paga. L’ultima cosa che vogliamo è rimanere invischiati in cose illegali, ok?” Le sorrise. 

“Ok…” Lyra rispose, con un sospiro. “Ci vediamo domani, allora.” 

Lei chiuse la custodia della chitarra e la sollevò. C’era un’uscita dal backstage che portava al vicolo dietro al teatro, ma lei si diresse dall’altra parte, verso gli spettatori, cercando i suoi amici. La stanza era buia, rumorosa ed affollata, ma riuscì a trovarli sul fondo del locale.

“Sei stata grande là sopra!” gridò Nathan per sovrastare la musica, ma anche così era impossibile sentirlo. 

Audrey stava a braccia incrociate. “Sì, grande. Possiamo uscire da quì?”

Lyra non riusciva a smettere di sorridere, ma annuì. “Fai strada.”


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Dopo averci vissuto per un paio di settimane, tutto in città stava cominciando a divenire familiare. Sembrava così enorme all’inizio, venendo da una cittadina piccola e pittoresca come Ponyville, ma Lyra immaginò che fosse possibile abituarsi a tutto, con abbastanza tempo. La strada che Nathan prendeva sempre per casa di Randall passava attraverso il centro-città, dove si trovavano gli edifici più alti. Lyra riconobbe la libreria che aveva visitato nel suo primo giorno da umana. Sembrava così tanto tempo fa.

“Quindi. Ti sei divertita ieri sera?” Chiese Nathan.

“Certo.” Lyra sorrise. “Non sono mai stata ad un concerto simile. È stato incredibile.”

“Mi sei sempre saputa da tipa rockettara, comunque,” disse Nathan. “Immagino che ti piaccia proprio la tinta per capelli.” 

“Quel tipo di musica non era popolare dove vivevo,” disse Lyra.

“Come nel medioevo, quando ancora si ascoltavano i nomadi cantastorie e non avevano mai visto un auto.” 

Intuì che Nathan stesse scherzando, ma non era così lontano dalla verità. “In realtà, ho assistito ad un concerto. Non penso che conti però. Queste… bambine… erano sorelle minori di alcune mie amiche, hanno provato ad imbastirne uno per un talent show scolastico.”

“Davvero? Deve essere stato figo.” 

“È stato terribile. La cantante era completamente stonata, e hanno provato a far passare il kung-fu come un tipo di danza.” Si interruppe. “Sai cos’è il kung-fu, no?”

“Sì. Sembra interessante.” Disse ridendo. “È successo davvero? E nessuno l’ha caricato su YouTube?”

“No. Sono brave bimbe, ma esibirsi non era di certo il loro talento speciale. Non riuscirei a farle giustizia raccontandolo. Avresti dovuto essere lì…” La voce di Lyra divenne un sussurro. “Ma niente può superare il concerto di ieri. È stato fantastico.”

“Mi fa piacere che tu la pensi così. C’erano questi ragazzi molto ubriachi vicino a me e Audrey. Hanno continuato a gridare e sparare pessime battute per tutto il tempo. Ci hanno un po’ rovinato la serata. Ma sei comunque stata fenomenale là sopra, Lyra,” disse Nathan. “Li hai trainati tu.”

“Grazie.” Lyra tornò a guardare fuori dal finestrino. “Oh, e presto sarò in grado di pagarti la chitarra.” 

“Non c’è fretta,” le disse Nathan. “Ma… per quanto tempo hai intenzione di stare da Audrey? Voglio dire, non puoi trasferirti con la sua famiglia permanentemente. Sta pure per cominciare la scuola. Non mi aspettavo neanche che saresti rimasta così tanto.” 

“Non lo pensavo neanch’io,” disse Lyra. “Ma mi piace stare qui. Io… non mi sono mai sentita a casa dove vivevo prima. Pensavano tutti che fossi strana.” 

“Davvero? Non riesco proprio ad immaginarlo.”

Percepì il sarcasmo nella sua voce, ma lui non poteva davvero capire. Quel poco che sapeva degli umani le faceva già intuire che qui si sarebbe integrata più di quanto avesse mai fatto in Equestria. Lyra non avrebbe mai più dovuto sentire Bon-Bon dirle che gli umani non esistevano. Non l’avrebbe mai più chiamata pazza. E i sedili delle auto erano stati progettati esattamente per questa posizione, il modo in cui si era sempre seduta.

Accostarono fuori casa di Randall. Lyra slacciò la cintura ed uscì, sistemandosi la borsa a tracolla mentre si alzava.

“Aspetto qui fuori. Farai in fretta, no?” chiese Nathan.

“Sì.” confermò Lyra. Corse attraverso il giardino non tosato, sino ad arrivare all’ingresso. 

Bussò alla porta, e aspettò fuori. Non successe niente. Provò a bussare di nuovo, più forte, e da dentro le rispose una voce troppo lontana per essere comprensibile. Fu accolta da un Randall veramente esausto, che aprì la porta sfregandosi la fronte.

“Oh, ciao, Lyra,” disse lentamente. “Non faremo prove oggi. Sono tutti provati dal concerto. E dal dopo-festa,” Randall si massaggiò le tempie con una smorfia. “Soprattutto dal dopo-festa.”

“È sabato. Mi hai detto di passare per il mio compenso.”

Randall sbatté le palpebre. “Oh. Giusto.” Scavò nelle tasche e tirò fuori una mazzetta di soldi - banconote, il tipo che valeva di più. Ne contò una parte. “Ecco a te. Hai fatto un bel lavoro. Penso che per lunedì mi sarò ripreso, ma se mi sento ancora una merda ti chiamo.”

“Grazie… Mi piacerebbe proprio continuare a suonare…” Lei guardò i soldi. Unendoli alla paghetta che riceveva dai genitori di Audrey, erano abbastanza da coprire il costo della chitarra di Nathan… Se avesse suonato ad altri concerti, sarebbe anche riuscita a guadagnare qualcosa… E poi? 

“Stai pensando di andartene?”

“Non so… Io e Nathan ne stavamo parlando. Penso che resterò a Des Moines più a lungo di quanto avessi pianificato.”

“Non vivi qui? Cosa ci fai, allora?”

“Beh… Lo so che probabilmente non porterà a niente, ma…” Mise una mano nella borsa, trovando la foto pressata tra il libro di chitarra e il suo diario. “Ero solo di passaggio. Sto cercando di capire chi siano i miei genitori. Questo è tutto ciò che ho di loro.” 

Randall prese la foto, e la esaminò. La sua espressione era indecifrabile, come se non fosse del tutto lì con lei. 

“Penso ormai sia certo che non vivano qui vicino. Ho bisogno di andare via e cercarli, anche se non so da dove cominciare. La Francia sembra un paese enorme, e ne ho solo visto una parte.”

Lui la osservò con aria assente. “Perché parli della Francia? Non ha senso…” Sembrava che stesse biascicando le parole. Lei guardò di nuovo la foto. “Oltretutto, loro vivono in Pennsylvania.”

Lyra lo fissò. “Huh?”

“Stai scherzando. Non sei davvero sua figlia,” disse toccandosi gli occhiali con un dito. “Mi hai detto che non avevi un cognome.”

“Non ce l’ho. O meglio, non so quale sia…” disse Lyra. “E in che senso vivono in Pennsylvania?”

“Ho già visto questa casa. E tuo padre.”  Era come se avesse di colpo realizzato qualcosa. “Cioè, santo… aspetta qui un secondo.” Il suo torpore sembrava essere totalmente scomparso. Le rifilò la foto nelle mani e corse su per le scale.

Dopo un attimo, anche lei entrò dentro casa. Sembrava più disordinata del solito, e il che era tutto dire. Doveva essere a causa del party della sera prima. Se non sapesse che era impossibile, avrebbe pensato che Pinkie Pie fosse passata di lì.

Ma c’erano altre cose più importanti ora. Lyra osservò la foto. Audrey le aveva detto che era improbabile qualcuno li riconoscesse. Randall sapeva chi erano i suoi genitori? Come era possibile? E… dov’era questa Pennsylvania? Non ne aveva mai sentito parlare.

Lo scricchiolare dei gradini la avvertì che Randall era tornato. Le porse un grosso libro a copertina rigida. “Guarda sul retro.”

Lei lo girò, e vi notò la foto di un uomo. “Aspetta…” Guardò di nuovo la foto dei suoi genitori. Poi di nuovo il libro. Gli stessi capelli scuri e corti. La sua barba. Sul libro non sorrideva, ma c’era qualcosa di simile negli occhi. Lyra credeva di aver visto abbastanza umani ormai da riuscire a distinguerli.

“È lo stesso tizio, no? O sto vedendo male a causa della sbornia?” chiese Randall. “Il libro è del ‘95 o quasi, prima che si prendesse la pausa. Le foto dopo quella data sembrano diverse. Come se fosse invecchiato di colpo.”

La scritta recitava “Thomas Michelakos” in elaborate grandi lettere sopra il titolo Entering Eternity. Si vedevano delle figure umane in mezzo ad una densa foresta, una portava un lungo bastone, le altre portavano delle spade sulle spalle, nella stessa maniera in cui Lyra portava la sua chitarra. Indossavano tuniche e mantelli. Proprio come vestivano gli umani dei suoi libri di storia in Equestria, e non come i vestiti che indossavano gli umani qui. 

“Come hai fatto - “ Iniziò a dire Lyra. 

“Non essere sorpresa dal fatto che leggo ogni tanto,” disse Randall. Ormai non biascicava più di tanto le parole. “Non mi dispiace leggere qualche volta un buon fantasy. Tolkien è il migliore, mi ci sono appassionato grazie ai Blind Guardian. Ma Thomas Michelakos è comunque uno dei migliori autori al momento, se me lo chiedi.”

“Quindi… Mio padre è uno scrittore?”

“Tuo padre è sulla lista dei bestseller del New York Times. Però non avevo mai sentito dire che avesse avuto figli, o almeno non credo.”

Lyra osservò gli umani in copertina. Se non avesse vissuto per giorni in quel mondo, avrebbe pensato fossero gli antichi umani estinti di Equestria. “Di cosa parla?”

“Tipici argomenti fantasy. Battaglie epiche, magia, il solito. Ma sono i personaggi che davvero - “

“Hai detto… Magia.” Quella parola l’aveva colpita. Non poteva essere una coincidenza… o forse sì? Gli umani sembravano sapere cosa fosse la magia, anche se non potevano usarla.

“Non sarebbe un fantasy senza, no?”

“Io… Immagino di no…” disse Lyra. Forse gli umani la consideravano fantasia, ma per lei era parte di una vita che pensava essersi lasciata alle spalle. Perché un umano… No, perché suo padre se ne sarebbe dovuto interessare? Non realizzavano quanto fosse magnifico il loro mondo?

“Seriamente, però, se sei sua figlia…” Randall rise. “Per tutto questo tempo. Avresti dovuto dirmelo prima. Che probabilità c’erano?”

Lyra non sapeva che dire. Non si sarebbe mai aspettata una cosa del genere. Il mondo degli umani sembrava così grande che si era convinta non avrebbe fatto molti progressi con solo quella foto, come le aveva detto Audrey. Ma girando il libro, e guardando l’illustrazione sul retro, era inequivocabile. 

“Diamine, è incredibile,” disse Randall. “Fammi avere un autografo, ok?”

“Um… S-sì,” disse Lyra. Incredibile era la parola giusta. “Senti, ora devo andare…” Disse lei, facendo un segno traballante col pollice verso le sue spalle.

“Certo. Non ti trattengo. Hai cose importanti da fare, non è così?” disse lui. “Probabilmente realizzerò cosa è successo una volta che mi smetterà di martellare la testa.”

Gli restituì il libro pesante, con un’ultima occhiata alla figura di suo padre. “Mi dispiace, non credo che tornerò per le prove.”

“Non preoccuparti. Forse ci rivedremo ancora in futuro. Saluta tuo padre da parte mia!” Disse lui, ridendo.

Lyra si guardò dietro un’ultima mentre usciva fuori. Si diresse verso dove la stava aspettando la macchina, inconsciamente. La sua mente era in fase di  elaborazione. Che significava tutto ciò?

Nathan staccò gli occhi dal cellulare quando Lyra aprì la porta e salì in macchina. “Eccoti. I miei mi hanno appena chiamato. Mi vogliono subito a casa. Perché ci hai messo così tanto?”

Lei restò ferma per un attimo. “Io… ho un cognome.”

“Ma dai, Lyra. Sono abbastanza sicuro che non hai avuto il tempo di sposarti lì dentro.”

“Ho pensato di mostrare a Randall la foto dei miei genitori. Li ha riconosciuti,” disse Lyra, continuando a fissare il vuoto senza espressione. 

“Sono amici? Vivono qui vicino?”

Lyra scosse la testa. “Mio padre è uno scrittore famoso, penso. Scrive di… magia.” Aveva pronunciato piano l’ultima parola.

Nathan si piegò in avanti incuriosito. “E sbuca fuori così… Come si chiama?”

“Thomas… Michelakos?” Era un nome difficile da pronunciare, ma ci si doveva abituare. Era il suo. “Non ho mai sentito parlare di lui.”

“Tu hai detto che non conoscevi neanche gli Aerosmith qualche settimana fa.” Nathan scosse la testa. “Il tizio è un bestseller! Persino io ho sentito parlare di lui. Randall deve averti preso in giro.” 

“No, mi ha mostrato uno dei libri di mio padre. L’uomo nella foto era uguale. Sono sicuro sia lui.”

“Oddio. Tu sei seria… Se sei davvero sua figlia, perché ti avrebbe abbandonata? Non ha molto senso.”

“Non ho informazioni a riguardo. La mia altra famiglia non sapeva come sono finita… lì dove vivevo,” disse Lyra. Si chiese se avrebbe mai scoperto il motivo per cui era stata rilegata in Equestria. Ma almeno avrebbe probabilmente scoperto qual era stata la reazione degli umani alla sua scomparsa.

“Non vedo l’ora di sentire che ne pensa Audrey…” mormorò Nathan.

“Hai ragione… Lei ha un computer, può cercarlo lì.” Lyra non capiva ancora come funzionassero esattamente i computer, ma Audrey riusciva a cavarci fuori ogni genere di informazione. Come se fosse un’intera libreria, ma delle dimensioni di un singolo libro. “Possiamo scoprire dove vive.”

Nathan sorrise. “Sai, se si scopre che Randall aveva ragione, almeno non ti dovrai preoccupare di guadagnare soldi suonando con una qualche losca band.”

“Non era così male…” borbottò Lyra. Sperava ci sarebbero state altre occasioni come quella dell’ultima sera una volta tornata a casa. Poteva sempre cercare un altro ingaggio.

“Sembra una cosa da pazzi, Lyra. Non che tutto ciò che ti riguardi non lo sia già,” disse Nathan. “Seriamente, nessuno lo ha mai riconosciuto dalla foto? A chi l’hai mostrata?”

“Beh, tu… Audrey e i suoi genitori…” disse Lyra. “E ora Randall.”

“E prima di arrivare in città?”

Lyra scosse la testa. “No, Nessuno ne aveva mai sentito parlare.”

Nathan scoppiò in una risata. “Certe volte mi domando se tu non venga davvero dallo spazio.”

“No, niente del genere,” disse Lyra. “Sono un normale essere umano.”

Anche se, pensandoci bene, aveva ancora problemi a lasciarsi tutto il resto alle spalle. Nessun pony avrebbe potuto immaginare questo luogo. Le tornava in mente la voce di Bon-Bon, che le diceva di concentrarsi sulla musica invece di studiare gli umani. E Twilight che le diceva di come non ci fossero prove dell’esistenza degli umani. E la sua famiglia pony che le diceva di studiare magia invece di…

Il suo vero padre scriveva libri sulla magia. Il suo padre umano.

Storie, non manuali – gli umani conoscevano la magia, ma non ci credevano. E Thomas Michelakos era comunque un normale umano. Viveva in questo mondo, dopotutto. Possedeva un auto, probabilmente anche un suo computer… sembrava strano che un umano fosse interessato in qualcosa di così ordinario come la magia. Come mai non riusciva a realizzare le meraviglie del mondo in cui viveva? 

Lei guardò fuori dal finestrino alla ormai familiare vista di Des Moines. Pensava di avere chiuso con la magia. Perché gli umani se ne interessavano quando avevano tutto ciò? Mentre leggeva nella libreria di Canterlot, si stupiva dei traguardi raggiunti dagli umani, ma tutto ciò che gli umani in Equestria avevano fatto non poteva essere minimamente comparato a questo mondo. 

Dewey aveva voluto solo farle scoprire le sue origini. Tutto quello che contava davvero era che ora lei avesse un cognome. E una famiglia umana. E apparentemente, una famiglia ben conosciuta. Anche se era impossibile per lei averne sentito parlare prima. Perché non si sentiva più eccitata di così?

“Non proverai a contattarlo?” La voce di Nathan la riportò sulla terraferma. “Tuo padre. Per scoprire se Randall aveva ragione o meno. Non so tanto su di lui. Non sono mai stato un lettore accanito. Anzi, sono sorpreso che proprio Randall lo sia…” Staccò una mano dal volante per grattarsi la testa. 

Lyra ricordò qualcosa che Randall aveva detto. “Quanto è lontana la Pennsylvania? Penso che sia lì da dove vengo…”

“Pennsylvania? Che parte?”

“Non saprei.”

“Non importa. Lo scoprirai. È… che non lo so dire esattamente,” rispose Nathan. “Probabilmente devi arrivarci volando.”

“Non posso volare. Non sono un Pegaso,” si lasciò sfuggire Lyra, pentendosene istantaneamente.

Nathan si limitò a schernirla. “È il primo animale volante che riesci a pensare?”

“Certo… Non intendevi da sola, con le mie ali… Scusa.” Disse lei, sorridendo nervosamente. Non si poteva permettere dei lapsus ora. Non quando era così vicina. 

“Hai uno strano senso dell’humor…” Si fermarono nel vialetto di Audrey, e rimasero seduti con la macchina ancora accesa. “Eccoci qua. Non posso rimanere, ma informami su come si evolve la situazione. Voglio sapere se è vero o no.”

Lyra scese dalla macchina ed esitò a prendere la chitarra dal sedile. “Penso che ora posso pagartela.” 

Lui si girò a guardarla. “Oh, giusto. Me l’ero dimenticato. Per ora prendila e basta. Ne parliamo più in là,” disse lui. “Hai cose più importanti di cui preoccuparti ora, no?”

Lei annuì, e trascinò fuori la custodia. Salutò con la mano mentre l’auto ripartiva, quindi si girò ed entrò in casa.

Aveva le gambe che tremavano. Non era sicura di cosa stesse provando al momento – sapeva chi fosse suo padre, eppure c’era qualcosa di strano. Salì le scale, si diresse verso la stanza di Audrey, e spalancò la porta. “So qual è il mio cognome.”

Audrey era seduta al suo computer. Le ci volle un momento per processare la frase. Si rivoltò sulla sedia. “Tu… cosa? Come?”

Le parole le uscirono velocemente dalla bocca. “Randall ha riconosciuto i miei genitori. Non gli avevo mai fatto vedere la foto prima. Mio padre è uno scrittore, e vive in un posto chiamato Pennsylvania, penso – “

“Il tizio della banda? Come li conosce?”

“Non li conosce di persona. Mi ha mostrato uno dei libri di mio padre. Il suo nome è Thomas Michelakos,” disse Lyra. Indicò il computer. “Lo puoi cercare su quello, non è vero?”

“Certamente, ma… uno scrittore?”

“Anche Nathan mi ha detto di aver sentito parlare di lui. Probabilmente è famoso. Scrive libri sulla magia.”

“Allora non lo conosco. Non leggo molti fantasy.”

“Lo so. Sono noiosi, non pensi? A nessuno serve la magia,” disse Lyra. Era confortante sapere che c’erano altri umani con un po’ di buon senso. “Ma potrebbe essere vero. Penso davvero che possa essere mio padre.”

“Lyra, io non darei retta a tutto ciò che dice Randall. Inoltre… hai detto che hanno fatto festa ieri sera, e probabilmente ha bevuto un botto. Mi piacerebbe se fosse in buona fede, ma – “

“Ho visto la foto. So che è la stessa persona.” Lyra guardò nuovamente il computer. Non era ancora sicura di come funzionasse, ma gli umani potevano usarlo per scoprire di tutto o quasi. “Potresti provare?”

Audrey si sedette, girando la sedia fino a fronteggiare la tastiera. “Ora controllo. Solo… non darti false speranze.” Lo schermo si accese. “Ora, come lo scrivi quel nome? Sembrava tipo Greco o quasi.”

Lyra cercò di ricordare “M-I-C-H…”

“Lascia stare, Google l’ha completato automaticamente. Ecco la sua pagina Wikipedia.”

Lyra guardò lo schermo da dietro le sue spalle. Il computer era riempito di parole, come in un libro che brillava, e continuavano a sfuggirle da sotto gli occhi mentre Audrey le faceva scorrere. Si fermò alla foto di un uomo, situata in un angolo dello schermo. Era più vecchio – i capelli erano un po’ grigi anziché neri, e la barba era stata accorciata, ma Lyra pensò che forse era solo una versione invecchiata dell’uomo nella sua foto. Suo padre.

“È lui…” disse lei, indicandolo col dito. “So che è lui.”

Audrey si sporse in avanti, con la testa poggiata su una mano mentre aguzzava la vista sul testo. “Vediamo… Biografia… Vive vicino Philadelphia. La moglie è un artista freelance, e hanno una… figlia? No, aspetta, non è…”

“Fillydelphia? Non può essere corretto…” Lyra si avvicinò per vedere meglio la pagina piena di piccole lettere. Non era sicura di come Audrey riuscisse a leggerci. Fosse stato su carta, non sarebbe stato così difficile.

“È quello che dice. Hanno avuto una figlia nel… 2005.” Audrey si sdraiò sulla sedia, e si portò le mani alla nuca. “Mi dispiace, Lyra, ma non sembri una bambina di sette anni. Inoltre, lei vive attualmente insieme a loro.”

Lyra si drizzò, sbattendo le palpebre. “No… deve essere lui. Io so che è lui.”

“Randall si è probabilmente sbagliato. Non sono poi così sorpresa.”

“No, ho guardato anch’io la foto. Era lui.” 

“Poteva solo somigliarci. E so che possa sembrare fantastico che tuo padre sia un autore di successo, ma qualcun altro lo avrebbe riconosciuto nel corso degli scorsi quindici anni.”

“Ecco… no, non penso che sarebbe potuto accadere.” Qualunque umano fosse, non era possibile che la sua famiglia a Canterlot lo conoscesse.

Audrey fece spallucce e continuò a leggere. “Non avrebbe senso. Non capisco come la tua famiglia possa essere in possesso di quella foto, di qualcuno così famoso, e non averlo ric…“ La sua voce calò. “Aspetta. Hanno avuto un altro figlio, ma…” 

L’intero schermo lampeggiò e un’altra serie di parole comparve.  

“Ecco qui…” Audrey analizzò le linee di testo. “Dice che scomparve nel… 1997. Il suo nome era… Mio dio.” si ritrasse sulla sedia, portandosi una mano sulla bocca. “Lyra Michelakos.”

“Questa cosa ha informazioni su di me?”  Le parole stettero ferme abbastanza a lungo da permettere a Lyra di vedere il proprio nome. Si abbassò e si avvicinò allo schermo, con una mano sullo schienale della sedia di Audrey. “Il mio nome – “ Il suo nome era davvero Lyra. Questo spiegava perché le era sempre piaciuto come suonava, sin da quando lo aveva letto in un libro, anni addietro. 

Audrey scosse la testa. “Non sei necessariamente tu. Potrebbe essere una coincidenza.” Ritornò all’articolo e le parole scorsero verso l’alto, abbastanza lentamente da poterle leggere. “Ammetto però che sembra tutto coincidere. Avresti avuto… circa un anno. Dice che… la famiglia Michelakos è stata derubata. Presero quasi ogni cosa dalla stanza della figlia. Compresa lei.” Ad Audrey cadde la mascella a terra. “Avevano già fatto un po’ di soldi dalla vendita della serie di libri a quei tempi, ma non hanno mai ricevuto richiesta di riscatto. Tutto era semplicemente sparito. Non sono mai riusciti a recuperare nulla, nessun segno di infrazione…”

Lyra sorrise. “No… So di cosa stanno parlando. Coincide tutto. Sono io. So di esserlo.”

La Principessa Celestia le aveva detto che era stata trovata da infante umana nei giardini di Canterlot. Vari oggetti provenienti dalla sua casa erano sparsi attorno a lei, compresa la foto che ora era in suo possesso. Ovviamente, dall’altro lato doveva essere sembrato terribile. I suoi veri genitori saranno stati devastati…

Audrey la fissò. “Pensavo che avessi detto di essere stata adottata, Lyra. Mi vuoi dire che sei stata rapita e lo sapevi? Per tutto questo tempo?”

“Non è così tragico come sembra.”

“E come fa a non esserlo?”

“Oh, beh, umh…” Lyra non sapeva che dire. Qualunque fosse l’incantesimo che l’aveva portata in Equestria, con molta probabilità non era stato lanciato intenzionalmente. Ma non cambiava il fatto che cosa fosse successo rimaneva ancora un mistero. “È… È tutto un equivoco. Sono stata bene.”

“I crimini federali non sono solo ‘equivoci’,”  disse Audrey. “Da un po’ pensavo che stessi nascondendo qualcosa di importante. E che lo stessi reprimendo. Se sei davvero questa Lyra…” Disse lentamente e pacatamente. “Ho bisogno che tu me lo dica. Da dove vieni esattamente? E cosa sai di come sei finita lì? Mi hai detto che non sapevi chi fossero i tuoi genitori.” 

“Io non – cioè, io non sapevo chi fossero. Sapevo solo come…” Cosa le aveva detto la Principessa Celestia? “Non c’è davvero nessun problema. I miei altri genitori mi amavano, e si sono presi cura di me.”

“L’hai già detto molte volte, ma non so se crederti più.”

“Mi hanno detto che sono stata trovata abbandonata. Tutto ciò che avevano era quella foto, ma non sapevano chi fossero i miei genitori. Non c’era niente che potessero fare per farmi ritornare, in ogni caso. E non hanno niente a che fare con tutto ciò.” Fece un gesto verso l’articolo che era ancora sullo schermo.

Audrey si mise una mano sulla fronte. “Ma non mi vuoi dire nomi, o dove vivevi prima di arrivare qui… Anche solo, come sei arrivata nello Iowa dalla Pennsylvania? Quanto lontano ti hanno portata?”

“Molto più lontano…” mugugnò Lyra.

“Cosa?” 

“Io… Non volevo dire quello. Non nella maniera che pensi.”

Audrey si girò verso l’articolo sullo schermo. “Non ha alcun senso quello che dici. Perché non mi puoi dire semplicemente cosa è successo?”

“Non mi crederesti se te lo dicessi.” Persino in Equestria, dove la magia era parte della vita di ogni giorno, nessuno avrebbe creduto in un viaggio interdimensionale. Gli umani non l’avrebbero ugualmente accettato. Non credevano nella magia.

“Tutto ciò é a dir poco assurdo. Ma per qualche ragione, ti credo. Sembra avere un minimo di senso. C’è sono un problema…” Audrey sospirò. “Se ti fai avanti affermando di essere Lyra Michelakos, ci sarà un’indagine. Se vuoi ti puoi confidare con me, ma poi sarai interrogata dalla polizia. E dovrai rispondere alla tua famiglia.”

“Ti ho detto che non è niente di illegale…”

“Quale parte non lo è?”

Nonostante ciò che Audrey pensava di lei, e di tutti i suoi problemi con la cultura umana, che si erano mostrati da quando era arrivata… Erano amiche. Quello era sicuro. E sarebbe stato più facile parlare con lei che con le autorità umane. 

“Ok… Io sono davvero Lyra Michelakos. Da… Philadelphia.” Era difficile non dire i nomi delle città di Equestria. Prese un respiro profondo, e continuò. “E sono un’umana. Ma per gli ultimi quindici anni… Sono stata un unicorno.”

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Capitolo 18
*** Vite Passate ***


CAPITOLO 18

VITE PASSATE

 

“Un… unicorno” ripetè Audrey, lasciandosi cadere indietro sulla sedia. 

Lyra annuì e si sedette sul letto, di fronte a lei. “Non so come sono arrivata in Equestria — dove abitavo — ma è quello che è successo quando sono scomparsa da questo mondo.”  

“Quindi… quello che mi hai nascosto per tutto questo tempo… è che sei un unicorno.”

“Lo ero,” Lyra la corresse. “Non ero neanche consapevole di essere un umano fino a… meno di un mese fa, in realtà. Ho fatto ricerche sugli umani per tutta la mia vita, ma la Principessa Celestia mi ha detto che erano reali, e che vivevate qui — “

Audrey alzò una mano per interromperla. “ No. Basta… smetti di parlare.”

Lyra alzò le spalle. “Volevi che ti dicessi la verità.”

“Sì, ma voglio che tu sia onesta. Hai già raccontato delle cose sul posto da cui vieni, ma non pensavo che stessi parlando di unicorni.” Audrey si soffermò un attimo per ricordare. “Per esempio… hai menzionato il fatto che tua madre lavora ad una stazione meteo.”

“Beh, lei non è un unicorno. È una pegaso, e lavora alla fabbrica della pioggia di Nuvola City. Specializzata in produzione di nuvole temporalesche.”

Audrey sosse la testa. “No, è… ridicolo. Stai dicendo che mi hai apertamente mentito per tutto questo tempo?”

“Non ho mentito. Magari non ho detto tutta la verità, ma non ti ho raccontato bugie.” Lyra guardò giù, verso sua collana, e la sollevò in modo che Audrey potesse vedere il pendaglio a forma di lira. “Lo vedi questo? È un dono che mi ha fatto la Principessa prima di venire qui.”

“Cosa? Mi vuoi dire che è magico?”

“No, non funziona così la magia. Non puoi fare niente senza un corno,” disse Lyra. “L’ho perso quando sono diventata umana. Non che mi dispiaccia, considerando che adesso ho queste.” Alzò le sue mani.

Audrey quasi le rise in faccia. “Sembri una pazza in questo momento. Te ne rendi conto?”

“So che è tanto da accettare. È il motivo per cui non te ne ho parlato prima. Inoltre, non voglio tornare in Equestria. Voglio incontrare i miei veri genitori. I miei genitori umani.”

“Quindi… La ragione per cui non mi hai detto niente è perché sei un unicorno che tenta di adattarsi alla società umana.”

“Esattamente.”

Audrey ridacchiò. “E ci credi davvero?”

Lyra la fissò. “Certamente. Non sono stata per così tanto tempo nel mondo degli umani. Mi sto ancora abituando. Quando sono arrivata qui, ero totalmente nel pallone. Des Moines è molto più grande di Ponyville.”

“Ponyville?” chiese Audrey.

“Sì, è dove abitavo.”

“Ma è —” Le mancarono le parole. “Non importa ora.”

“Tu sei il primo amico umano che abbia mai avuto. Finché non ti ho incontrato, gli umani sembravano così distanti. Non pensavo neanche che fossero così simile a me. Ma tu mi hai mostrato che cosa siamo. Mi hai insegnato così tanto. Non so cosa avrei fatto senza il tuo aiuto.”

“Eri un unicorno fino a quando non ti ho incontrato?”

Lyra annuì. “Quello era il giorno in cui ho lasciato casa,” disse. “Tu… mi credi, vero?”

“Certo che no. Tutte queste storie sugli unicorni… Non hanno alcun senso! Non dovrei neanche dirlo, ma gli unicorni non sono reali, Lyra.”

Quelle parole le suonavano come un’eco, qualcosa che aveva sentito molte volte prima d’allora — ma al contrario. Lyra la guardò. “Mi sembra di sentire Bon-Bon.”

“Chi?”

“La mia vecchia coinquilina. Neppure lei mi ha mai creduto.”

“Esattamente! Se non ti credeva lei sugli unicorni, cosa ti fa pensare che io lo possa fare?”

“No, lei non credeva negli umani. I pony credono che siamo solo creature di fantasia tratti da vecchie storie. Molti non hanno neanche mai sentito parlare di noi. Nonostante ci fossero così tante prove che gli umani fossero veri, tutte attorno a loro. Anche prima di sapere chi fossi realmente.”

Audrey non riuscì a trattenere le risate, per quanto sembrasse crudele. “Lyra, devo ammettere che è proprio una gran bella storia. È quasi azzeccato che tuo padre sia uno scrittore. Sei decisamente brava ad inventarti cose. Eppure…” La sua espressione tornò seria. “Tu credi davvero a tutto quello che ha detto, non è così?”

“Naturalmente,” rispose Lyra.

Il problema era solo che non possedeva nessuna prova. Ma anche in caso contrario, sarebbe cambiato qualcosa? Bon-Bon non aveva mai cambiato idea, a prescindere di quante prove Lyra avesse trovato — ma lei aveva ragione. La Principessa Celestia aveva confermato tutte le sue teorie, e ora era lì, da essere umano. 

“Non avrei mai pensato di dover convincere un essere umano dell’esistenza degli unicorni…” mormorò Lyra.

“Credimi, neanch’io mi sarei mai aspettata una discussione del genere,” disse Audrey. “Per favore… Non dire niente di tutto ciò ai miei genitori.”

“Non ne avevo intenzione. Voglio solo essere un umano. Non volevo dire niente neanche a te.”

“Bene. Perché tu gli piaci, Lyra. Ti hanno lasciata stare qui molto più a lungo di quanto avrei mai creduto. Se cominci a dire cose sull’essere un unicorno e su Ponyland o quello che è — ”

“Ponyville.”

“Non importa. Il punto è che ti prenderebbero per pazza. E avrebbero pure ragione.”

Lyra si chiese come le fosse venuto in mente di raccontare tutto. Avrebbe dovuto sapere cosa sarebbe successo. Il mondo umano non era davvero così diverso da Equestria dopotutto. “Ok…” mugugnò.

“Contattiamo i tuoi genitori. Scopriamo se lo sono davvero. Penso sarebbe bene che tu avessi un posto stabile in cui stare, in modo da farti riprendere contatto con la realtà.”

“Solo una cosa,” disse Lyra, alzando un dito. “Tu sai cosa sono gli unicorni, vero?”

“Sì, ma non vedo come — “

“E come fai a saperlo?”

“Beh… Ci sono storie su di loro. Ma sono tutte di finzione, inventate.” disse Audrey. “Lyra, se c’entra quello che scrive tuo padre, sarà lui il primo a dirti che è tutto — “

“Avevamo qualche storia sugli umani in Equestria. Non molte, ma erano lì se le cercavi. Ed era perché gli umani esistono, e tutte quelle storie erano basate su fatti reali.”

Audrey si portò una mano alla faccia. “Probabilmente a te sembra un ragionamento logico, ma non ha assolutamente nessuna base.”

“Non so quanto i nostri mondi abbiano in comune, ma ho notato così tante cose che combaciano. Sappiamo anche cos’è la Francia in Equestria, anche se molti pony non realizzano sia un posto vero,” disse Lyra. “Difficilmente crederebbero che ci sono stata.”

“Quando sei stata in Francia? Sei della Pennsylvania. O almeno, è ciò che crediamo,” disse Audrey.

Lyra inclinò la testa. “Ma hai detto… che Des Moines era francese.”

“Siamo in America. Ci sono un sacco di parole straniere qui.”

“Aspetta, siamo…” Lyra si fissò i piedi. “Ma non ho mai sentito parlare dell’America prima d’ora. Non era in nessuna delle storie che ho letto in Equestria.”

“Non hai mai sentito parlare dell’America?” chiese Audrey. Scosse la testa e si alzò. “Lyra… Tu hai davvero bisogno di aiuto. Senti, ci penso io a metterti in contatto con tuo padre. Tu cerca di… non lo so. Lascia che me la sbrighi io.”


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Lyra tornò nella camera degli ospiti, collassò sul letto e fissò il soffitto. Inizialmente, non aveva pianificato di raccontare di Equestria agli umani. C’era una serie di ragioni per non farlo. Voleva davvero integrarsi, come se avesse sempre fatto parte di questo mondo, come se non fosse stata strappata via tutti quegli anni prima. Inoltre, non voleva raccontargli che da dove veniva, la specie umana aveva causato la sua stessa estinzione.

E c’era pure il fatto che non aveva prove che un altro mondo esistesse, e gli umani l’avrebbero chiamata pazza per averlo affermato. Ed infatti, era quello che era successo. Audrey non credeva neppure negli unicorni. 

Era stato proprio come la sua ultima settimana a Ponyville. Bon-Bon pensava che fosse pazza e voleva che lei lasciasse perdere tutta la faccenda degli ‘umani’, così Lyra non ne aveva più parlato. Ciò aveva contribuito a calmare l’atmosfera, ma non era stato facile.

Le prove erano disseminate per tutta Equestria. E per forza — gli umani erano vissuti lì, ed avevano lasciato le loro invenzioni. E poi si estinsero. Non aveva raccontato quella parte ad Audrey. Ed ora che si considerava più umana che pony, faceva ancora più male a pensarci. 

Eppure… Il suo tempo in Equestria sembrava un’altra vita, e allo stesso tempo sembrava solo ieri. Lyra era ormai abituata a sedersi a cena ogni sera con Audrey e la sua famiglia, ma ancora si meravigliava a pensare che abitava sotto lo stesso tetto di creature di cui aveva lavorato così tanto per dimostrarne l’esistenza.

Però loro avevano vissuto la loro vita senza aver mai visto unicorni. E qualunque cosa fossero i pony che aveva incontrato settimane prima, non erano per niente simili a quelli in Equestria. Non le avevano neanche parlato.

Lyra si analizzò pigramente le dita. Avrebbe potuto ripetere la stessa cosa che aveva fatto con Bon-Bon in quell’ultima settimana. Non menzionare gli unicorni, e convincere Audrey che le era passata. Che non era pazza.

Sapeva ancora meno di questo mondo di quanto sospettasse. Per tutto questo tempo, si trovava in un posto chiamato “America”. Giudicando dalla reazione di Audrey, la Francia era comunque un posto reale, ma Lyra non aveva idea di quanto fosse realmente distante. Sembrava molto.

Lyra sospirò. Che cosa avrebbe raccontato alla sua vera famiglia?


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Audrey trovò suo padre a lavorare al suo laptop nel salotto. Gli si avvicinò lentamente. Doveva affrontare questo discorso con cautela.

“Hey, papà?”

“Si?” Lui non si girò a guardarla.

“So che è un po’ improvviso, ma… abbiamo trovato i genitori di Lyra,” disse lei.

Lui smise immediatamente di scrivere, e la guardò. “Siete sicure?”

Audrey annuì. Gli spiegò che uno degli amici della band di Lyra aveva riconosciuto suo padre, e le raccontò dell’articolo di giornale che avevano trovato. Gli raccontò l’intera storia, escludendo la conversazione che aveva avuto con Lyra. La storia era già folle di suo senza aggiungere le sue farneticherie. “Non sono sicura di come nessuno se ne sia accorto prima d’ora. Thomas Michelakos. Ne hai mai sentito parlare? Immagino che sia abbastanza famoso.”

“Non riconosco il nome. Ma sei sicura sia lui? Non vedo come nessuno possa averlo — “

“Perché non l’hanno riconosciuto?” disse Audrey. Beh, Lyra aveva una spiegazione perfetta… “Neanch’io lo capisco. Ma la fotografia corrisponde, e ci sono storie sulla sua scomparsa che combaciano con la sua età… Non penso possiamo dirlo con certezza, ma sembra decisamente plausibile.”

“Fammela vedere prima di prendere decisioni,” disse. “E non ti ha detto niente sul dove sia stata per tutto questo tempo?”

Si. Non era per niente stata rapita. Aveva vissuto in una terra magica con gli unicorni, dove non ci sono preoccupazioni, e tutto era fiori e arcobaleni. Invece, ciò che Audrey gli disse fu “No… Ancora niente. Penso ancora che le possa essere successo qualcosa, come…”

Lui annuì. Non c’era bisogno di dire niente, avevano già discusso quell’opzione diverse volte. 

“E Lyra non dice niente. Le hai mostrato cosa hai trovato, giusto?”

“Certamente. Ha detto… che non ricorda niente.”

Restarono entrambi in silenzio per del tempo. “Ma, Audrey…”

“Si?”

“Se esce fuori che questa non è la sua vera famiglia, dobbiamo fare qualcosa per Lyra. È una brava ragazza, ma non può stare qui più molto a lungo…”

“Lo so…”

“Ho bisogno del tempo per finire una cosa, e poi vengo su a dare un'occhiata a quello che avete trovato.”

Lei salì le scale e lo aspettò.


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Nella stanza buia, la luce dello schermo del computer illuminava la faccia di Audrey. Era notte fonda. Anche sua madre aveva controllato quello che avevano trovato. Aveva sentito parlare della serie di libri scritti dal padre di Lyra, anche se non ne aveva letto nessuno. L’high fantasy non era il suo genere preferito. Ma tutta la storia della scomparsa di Lyra Michelakos quindici anni prima sembrava coincidere. Ora era solo questione di contattarli. Lyra le aveva lasciato questo compito, anche perché lei non sapeva neanche cosa fosse una email.

Però perché doveva rendere le cose così tanto complicate?

Era migliorata così tanto fino ad adesso. La prima volta che si erano incontrate, Lyra era senza speranza, un completo disastro. Era stata solo una prova di buona azione da parte di Audrey, lasciarla stare da lei per alcuni giorni… che si erano tramutati in settimane. Ma una ragazza come lei — ovviamente una fuggitiva — da sola in una (mediamente) grande città. Non ci voleva niente a mettersi nei guai. Chissà dove sarebbe Lyra adesso se Audrey non fosse intervenuta? Chissà se sarebbe stata ancora viva. Era un po’ forzata forse, ma… non impossibile.

Era già stato difficile convincere i suoi genitori che questa sconosciuta dai capelli verdi che tentava saltuariamente di mangiare fiori non era una pazza totale. Audrey doveva assicurarsi che non venissero mai a conoscenza della storia degli unicorni. Più lasciavano che se ne occupasse lei, meglio era.

Fare domande dirette Lyra sul suo passato, non l’aveva portata lontano all’inizio. Audrey aveva pensato che guadagnandosi un po’ di fiducia si sarebbe aperta. Ed era successo.

Quindi Lyra pensava di provenire da “Ponyville” — nome originale, doveva averci pensato molto — e che era un unicorno. Ed ora era stata tramutata in un umano da una principessa magica e stava tentando di integrarsi nella società degli umani. Esistevano sicuramente deliri peggiori, più pericolosi, ma quello là era comunque una roba pazzesca.

Audrey aveva subito sospettato di abuso minorile, e non poteva essere scartato. Anzi, ora sembrava ancora più probabile. Assumendo che lei fosse Lyra Michelakos — c’erano abbastanza prove su quello — e che fosse stata rapita quando era un infante, chissà dov’era finita? Stava bloccando i suoi ricordi. Per forza. Qualcosa nel suo comportamento quando aveva rivelato il suo piccolo “segreto” indicava che credeva a tutte le parole che uscivano dalla sua bocca.

Quando si erano conosciute, aveva pensato che Lyra fosse interessante. E sì, si era rivelata decisamente interessante. Audrey si mise la testa nelle mani e gemette. Prima chiudeva con tutta questa storia, meglio era.

Audrey pressò spazientita la barra spaziatrice per far partire il computer. Aprì il browser e andò di nuovo alla pagina web ufficiale di Thomas Michelakos. Il sito era solo una appariscente vetrina per la sua serie di libri. Il tizio si era costruito una fortuna sui suoi mondi fantasy, e Lyra pensava di provenire da uno di essi. Era davvero il posto giusto dove mandarla, anche se era la sua vera famiglia?

Da una parte, si comportava come se non volesse essere un unicorno. Considerando cosa dovevano essere stati i suoi anni a “Ponyville”, aveva senso che volesse allontanarsene. Il suo obiettivo era trovare i suoi genitori e diventare un normale umano. Non suonava così pericoloso.

E, dall’altro lato… Pensava di essere stata un unicorno. Di tutte le cose, un unicorno. Qual era la giusta reazione a una cosa del genere?

Lyra aveva bisogno di aiuto, prima che i suoi deliri diventassero pericolosi… Terapia, medicine. Probabilmente roba costosa. Farla partire per un viaggio attraverso gli stati forse non era la cosa migliore da fare al momento, ma Audrey e la sua famiglia non potevano fornirle l’aiuto di cui aveva bisogno. E ora Lyra aveva una famiglia che si poteva prendere cura di lei, ammesso che fosse riuscita a raggiungerla. 

Ci volle un po’ di tempo speso a scavare nel sito, ma Audrey riuscì finalmente a trovare un link alla mail dell’autore. Probabilmente solo per lettere dei fan e cose del genere, ma non c’erano altre maniere per mettersi in contatto. Avevano discusso con i suoi genitori — cosa dovesse fare, cosa gli avrebbe detto.

Passò un buon numero di minuti a scrivere il messaggio, e lo rilesse un po’ di volte. Non voleva che suonasse come un compito in classe. Era troppo formale? O non abbastanza? Cercò di minimizzare i problemi di Lyra. Se fossero sembrati troppo gravi, avrebbe compromesso la parte di storia che poteva essere vera.
 

Mr. Michelakos – 

Il mio nome è Audrey Loren. Ho sedici anni e vivo a Des Moines, Iowa. Diverse settimane fa, ho incontrato una ragazza della mia età in viaggio per la città che si faceva chiamare Lyra. Al momento si trova a casa mia e lavora come musicista dilettante. Non sa il suo cognome, e dice che era alla ricerca dei suoi genitori biologici, dopo aver scoperto di essere stata adottata.

Da poco tempo, abbiamo identificato lei e sua moglie nella fotografia che Lyra portava con sé. Lei non ha mai sentito parlare di voi, ma il suo nome e la sua età coincidono con quelli della vostra figlia scomparsa.

Lyra si rifiuta di parlarmi onestamente del suo passato o chi fossero i suoi precedenti guardiani. Sembra essere preda di illusioni, e potrebbe aver bisogno di medicine o di aiuto professionale. 
 

Audrey si fermò. Era meglio non citare quanto seri fossero i suoi deliri. La figlia di questo tizio era stata rapita e non la vedeva da anni. Non c’era nessun modo di aggiungere “comunque, mi ha detto di essere stata un unicorno” senza farlo sembrare uno scherzo di cattivo gusto. 
 

Capisco che quando vostra figlia scomparve quindici anni fa, molti oggetti furono rubati. Se questa foto era uno di essi, non so come altro possa averla ottenuta.

Per favore, rispondete.
 

Allegò al messaggio una foto della fotografia incorniciata. Audrey non aveva uno scanner, e comunque — la cornice avrebbe potuto aiutarli ad identificarla, a dimostrare che non era una copia. Allegò anche una foto di Lyra.

“Prego dio che leggiate questa mail,” Audrey mormorò, e pressò il tasto invia.


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Erano passati alcuni giorni da quando avevano trovato i suoi genitori. Lyra stava cominciando a  sentirsi a disagio in questa casa. Al momento, era seduta sul letto con la sua chitarra — senza suonarla; non l’aveva neanche attaccata. Aveva preso a passare molto tempo da sola, a pensare.

I genitori di Audrey le avevano cominciato a chiedere cosa ricordasse della sua famiglia adottiva, e Lyra notava la faccia di Audrey ogni volta che l’argomento spuntava fuori. Non aveva più parlato di Equestria dalla loro ultima conversazione. Audrey l’aveva praticamente implorata di non farlo.

Erano ancora ospitali, ma le domande erano riprese di nuovo. Lyra voleva solo tornare a Fillydelphia — Philadelphia, si corresse — e vivere la normale vita da umana che aveva sempre sognato. Aveva finto che fosse già quello che aveva qui, ma in realtà era stata un’estranea per quelle poche settimane. Ora aveva finalmente dei solidi legami col mondo umano.

Beh… forse. Non avevano ancora —

“Ho ricevuto una risposta.”

Alzò lo sguardo verso Audrey, che era appena entrata dalla porta. Qualcosa nella sua espressione diceva che le cose non stavano andando come pianificato.

“Da mio padre? Cosa dice?” chiese Lyra, preoccupata. Poggiò lo strumento al suo fianco.

Audrey si sedette vicino a lei. Aveva le braccia conserte, e si fissava in grembo. “Beh, prima di tutto… Non è interamente convinto che tu sia sua figlia.”

Lyra si sporse in avanti. “Cosa? Ma ciò che diceva il tuo computer —”

“Ti hanno cercato per anni, dopo la tua scomparsa. Ovviamente vogliono indietro loro figlia, ma col tempo hanno perso le speranza che tu fossi ancora viva,” disse Audrey. “Inoltre... tu non sei la prima persona che dice di essere Lyra Michelakos.”

“Vuoi dire… che qualcuno ha finto di essere me? Perché?”

“Ha una figlia scomparsa e un mare di soldi. Fai due più due,” rispose Audrey. “Non vuole mettere troppo sotto stress la sua famiglia. Ma era interessato alla foto. Niente è stato ritrovato dalla tua scomparsa, ma dice che quella foto è uno degli oggetti spariti.”

Lyra tirò un sospiro di sollievo. “Visto? Te l’ho detto. Dovrebbe bastare come prova, no?”

“Niente può essere dato per certo, finché non otteniamo un test del DNA, ma prima lui vuole parlare con te. Mi ha dato un numero di telefono,” disse Audrey.

“Un numero di telefono…” Lyra si ricordava cosa fosse. Come quello che aveva usato per parlare con Randall la prima volta. “Quindi posso parlarci con quello, vero?”

“È più o meno il motivo per cui è stato inventato, sì. Solo, non dirgli niente di folle, ok?”

“Intendi Eques —“

“Sì, quello. Non farne parola.”

Lyra rise nervosamente. “No, certo che no. Non sono un unicorno. Io stavo… scherzando, ecco.”

“Quindi dirai alla tua famiglia dove sei stata per gli scorsi quindici anni? Sicuramente vorranno saperlo.”

“Io…”

Audrey scosse la testa. “Qualunque cosa decidi di dirgli, ricorda che sei ancora in bilico. L’ultima cosa che dovresti fare è farli sospettare che ti vuoi approfittare di loro.”

“Non lo farei mai.”

“Lyra… Nonostante tutto, mi fido ancora di te. Forse non dovrei. Forse sei davvero pazza.” Audrey le porse un piccolo pezzo di carta. “Questo è il numero che mi ha mandato. Adesso devi solo parlare con lui.”


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Teneva il telefono in una mano, il pezzo di carta nell’altra. Lyra cercò di ricordare come inserire il codice nell’apparecchio. L’operazione era abbastanza semplice. Eppure, era solo la seconda volta che parlava ad un telefono, e l’ultima volta era stata tempo prima. Senza parlare del fatto che avrebbe parlato con suo padre per la prima volta in assoluto.

Prese un respiro profondo. Aveva osservato le relazioni di famiglia tra Audrey e i suoi genitori. Andavano d’accordo, per la maggior parte del tempo. Ma Audrey era sempre stata un umano, e li aveva conosciuti per tutta la sua vita. Questo umano — ed era un fattore importante, l’essere umano — era praticamente un estraneo. Non si era sentita così nel parlare ad un umano dalla prima volta che ne aveva incontrato uno.  

Lyra strinse i denti, e picchiettò ogni cifra. 

“Um… Ciao…” Non c’era nessuna risposta, solo del ronzio ricorrente. “Hey? C’e nessuno —”

“Pronto? Chi parla?” Improvvisamente, la voce di un uomo uscì dal piccolo apparecchio.

Lei si congelò, ma riuscì a trovare di nuovo la voce. “Mi chiamo Lyra.” Disse piano, ed aspettò una risposta. Neanche lui non disse niente. Dopo un momento, lei continuò. “Lei è… Thomas Michelakos?”

“Sì…” La sua voce si era fatta improvvisamente bassa. Forse era solo nervoso quanto lei in questo momento. Non disse nulla per un po’, e poi: “ho letto di te nella mail.”

“Oh… davvero?” Stava trovando difficile dire qualsiasi cosa.

“La tua… amica mi ha detto —”

“Audrey? Sì, lei ha mandato la lettera. Io non so come usare un computer.” disse, facendo una risatina nervosa.

Un’altra lunga pausa. “Da quando tempo hai quella foto?”

“Da… Da quando ero piccola. Non sapevo chi foste. Un altro mio amico ha letto i tuoi libri. Me ne ha parlato, quelli sulla magia.”

“Lyra…” C’era qualcosa di strano nel modo in cui diceva il suo nome, come se non fosse più abituato a pronunciarlo. “Dove sei stata tutti questi anni?”

La domanda era inevitabile. Era giusto che volesse saperlo. Eppure, non le avrebbe probabilmente creduto. E se la sua famiglia — la sua sola stabile connessione con questo mondo, la sua sola casa permanente — se l’avessero abbandonata, non avrebbe avuto niente.

Ricordò la notte che Dewey le aveva mostrato quella foto. Era stata una delle sue ultime notti in Equestria. Alla vista di quegli umani, anche senza sapere chi fossero, aveva deciso che non poteva rimanere in Equestria. E ora stava parlando con l’uomo della foto.

Se voleva vivere lì, in Pennsylvania, allora era meglio mettersi Equestria alle spalle. Per sempre.

“A dire la verità…” Si grattò la testa. “Non ricordo cosa mi è successo.”

“La mail diceva che eri confusa.”

“Sì.” La voce di Lyra tremò. “È come tutto sfocato.”

Il telefono tornò ad essere silenzioso, e poi, “Tu stai bene?”

“Certo. Non mi è successo niente di male. Ma non ricordo molto prima di arrivare a Des Moines. Audrey e la sua famiglia mi hanno ospitata per un po’. Prima di ciò… Non so come sono giunta fin qui.”

Realizzò che non era molto convincente. Non conosceva abbastanza del mondo umano per inventarsi una bugia credibile, anche se aveva passato quei pochi giorni a ragionarci su. Non sapeva neanche come fosse l’”America”, nonostante ci fosse dentro. 

“Ricordi qualcosa?” chiese.

“Lo vorrei tanto.”

Le sue gambe si muovevano senza sosta. La cosa più strana del parlare a telefono è che non potevi vedere gli altri interlocutori. Che stavano facendo, qual era il loro aspetto. E ciò le stava solo rendendo più difficile parlare con suo padre.

“Quindi… capelli verdi, huh?”

“Cosa?” Lyra si guardò attorno, ma era da sola nella stanza. Come faceva a saperlo?

“La tua amica Audrey mi ha mandato una tua foto. Non sei come mi aspettavo, a dirla tutta.” Il buonumore nella sua voce sembrava forzato. Era chiaro anche senza aver bisogno di vederlo.

“Uh… già, penso di no.” Lyra sorrise debolmente. Gli altri umani pensavano tutti che si fosse tinta i capelli. Lei non sapeva in realtà quale fosse il suo colore naturale — ovviamente non era nata coi capelli verdi. I suoi genitori lo sapevano, ma non lei. 

“E sei una musicista? Mi ricordo bene?”

“Sì. Principalmente, chitarra.”

Ci fu un altro lungo silenzio. “Ho visto che scrive libri sulla magia.”

“Sì… immagino che tu possa dire così, ma il fantasy oggi è molto più di solo magia.”

“Non sono davvero interessata a quello…” disse Lyra.

“Potresti essere quella strana allora. Mia moglie disegna, spesso per i miei libri, e… tua sorella… Beh, lei…”

Da quando Audrey l’aveva menzionata mentre leggeva le informazioni al computer, Lyra aveva voluto saperne di più su sua sorella. “Come si chiama?” Lyra si sporse in avanti.

“Chloe.”

“Mi piacerebbe incontrarla.” Lyra sorrise. Era abituata ad essere figlia unica, ma era brava con le bambine più piccole. Sua sorella aveva probabilmente l’età delle Cutie Mark Crusaders. 

“Non ho ancora detto niente di te a loro due. È solo che…” Lo sentì sospirare. “Lyra, mi piacerebbe davvero crederti, ma devo essere prudente. Non stai mentendo sul dove hai preso quella foto?”

“Certo che no! È davvero stata in mio possesso da quando… da quando riesca a ricordare.”

“Hai detto che non ricordi niente.”

“Beh, non tutto… Ma quella foto, ce l’ho avuta sicuramente — “ Per qualche settimana. “Per anni,” disse invece.

Dewey però l’aveva tenuta per anni, e dove altro poteva aver preso una foto con degli umani? Inoltre, non è che i suoi genitori potessero andare a dirgli la verità. Fino alla fine, volevano che lei fosse un normale unicorno. Non avevano realizzato che sarebbe stato impossibile?

“Se solo mi potessi dire cosa ti è successo, dove sei finita dopo… beh…”

“Non posso. Mi dispiace.”

Nessuno dei due disse niente. Quindi, lui parlò di nuovo. “Riusciresti a venire qui? In Pennsylvania?”

“Huh? Penso… Penso di sì…” Lyra non aveva idea di dove fosse la Pennsylvania rispetto a Des Moines, ma doveva essere possibile arrivare là in qualche modo. “Vuole dire che lei si fida di me?”

“Potrei stare cominciando a sperarci.”

“Non so davvero dove altro andare. Grazie, grazie mille…” lei sussurrò.

“Un’ultima cosa. Posso parlare con la famiglia che ti sta ospitando?”

“Um, certo… Vado a cercare qualcuno… Gli devo solo dare il telefono? Mi dispiace, queste cose mi sono nuove.”

“Sì, andrà bene.”

Allontanò il telefono dall’orecchio. Probabilmente poteva andare in giro fino a trovare uno dei genitori di Audrey. Sembrava che gli umani seguissero una certa etiquette mentre usavano quelle cose, l’aveva notata ma mai capita.

Ma la cosa più importante… Era che stava finalmente per andare a casa.

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Capitolo 19
*** Per i Cieli ***


CAPITOLO 19

PER I CIELI

 

Una cosa enorme, con ali rigide e inclinate, volò sopra la loro macchina. Lyra si affacciò al finestrino, tentando di capire cosa fosse. Era abbastanza sicura non fosse vivo, nonostante il rombo che emetteva mentre passava.

“Cos’era quello?” chiese, cercando di guardare attraverso la finestra sull’altro lato. Il cielo era ancora scuro.

“È solo un aereo. Probabilmente salirai su uno di quelli,” disse Audrey. Non sembrava per niente impressionata. 

“Oh, già. Avevi detto che avrei volato…” Lyra non aveva mai visto niente del genere. Si era aspettata un dirigibile o una mongolfiera, o qualcosa che avesse almeno un minimo di senso. 

Dopo aver parlato con suo padre al telefono, i genitori di Audrey l’avevano aiutata a prenotare un volo diretto a Philadelphia per incontrarlo. Le sarebbe costato circa tutto ciò che aveva guadagnato dalle faccende di casa e dal concerto messi assieme. Era dispiaciuta di non essere riuscita a pagare la chitarra a Nathan, ma lui le aveva detto di non preoccuparsi. Lo strumento era nel bagagliaio della macchina adesso, assieme ad un trolley per i vestiti. 

Lyra era stata svegliata circa un’ora prima. Era così presto che le sembrava ancora notte. Mentre guidavano diretti all’aeroporto, Lyra riprese lentamente coscienza, e realizzò di quanto si sentisse nervosa. 

Non era il volare in sé, era più il come gli umani volassero. Se usavano davvero quell’”aereo”, allora stava cominciando a ripensarci. Era così rumoroso, e così veloce, e così massiccio. Gli umani erano riusciti a realizzare cose incredibili senza magia, ma questa in particolare sembrava discutibile. 

Era stata sulle nuvole diverse volte. Cirrus era originaria di Nuvola City, e lavorava ancora là in uno dei centri di produzione. Quando Lyra era molto giovane, suo padre — beh, non il suo vero padre, Dewey — l’aveva portata a visitare la città.

Aveva usato un incantesimo che permetteva agli unicorni di camminare sulle nuvole, e avevano preso una mongolfiera da Canterlot per arrivare fin lì. Lyra ricordava ancora quanto fosse stata eccitata di vedere un posto completamente nuovo, lassù nel cielo. Era così diverso da tutto ciò che c’era a terra. Ai tempi, andare a Nuvola City era come visitare un altro mondo.  

Una volta che Lyra fu abbastanza grande ed ebbe imparato ad usare la magia, Dewey le insegnò come usare l’incantesimo per camminare sulle nuvole da sola. Era un incantesimo di medio livello, e non molto comune, ma lo riuscì ad imparare con un po’ di pratica. I suoi genitori si erano sentiti molto orgogliosi di lei.

E per forza. Un umano che imparava una magia difficile come quella? Avevano sicuramente realizzato ai tempi cosa significasse. Nessun umano aveva mai usato la magia prima d’allora. Eppure, non le avevano mai detto niente, per tutta la sua giovinezza. 

Lyra si sentiva come se fosse di nuovo a Nuvola City. La stessa sensazione di essere l’unico unicorno in una città di pegasi, anche se qui a Des Moines era un umano come tutti gli altri.

“Giusto per sicurezza, hai la tua carta d’imbarco?” La voce di Audrey riportò Lyra al presente. 

Ci pensò per un istante, cercando di ricordare cosa voleva dire. “Intendi il biglietto? Sì.” Lyra lo ripescò dal suo zaino. Era un foglio di carta che Audrey le aveva stampato dal suo computer. Non erano neanche dovute andare all’aeroporto per comprarlo. 

“Cambierai volo a Chicago. Assicurati di arrivare al gate in tempo, altrimenti… non voglio neanche pensarci. Te la caverai da sola, no?” disse Audrey.

“Certo. Io…” Lyra stava per dire che aveva vissuto per conto suo per anni e aveva viaggiato sul treno da sola moltissime volte, ma sollevare l’argomento del suo passato, specialmente quello in Equestria, non era una buona idea. “Non preoccupatevi per me.”

Audrey tirò un lungo sospiro. “Già. Hai ragione,” disse. “Inoltre, i tuoi genitori hanno detto che ti aspettano all’aeroporto di Philadelphia.” 

I suoi genitori. Si era concentrata così tanto sul volo che aveva praticamente scordato il perché lo stesse facendo. Forse era quello il reale motivo per cui era nervosa. 

“Loro mi aspettano… Te l’hanno detto loro, giusto?”

“Certamente,” disse Audrey. “Senti… Se sei nervosa di incontrarli per la prima volta, lo capisco. È naturale.”

“Non sono neanche sicuri che io sia loro figlia. Hanno detto che devo fare un test, o qualcosa del genere.”

“Beh, un test del DNA è l’unica maniera per confermare la tua identità. Sarebbe necessario anche se tu ricordassi tutto.”

Lyra capì cosa intendeva dire Audrey. Lei pensava ancora che Lyra fosse pazza, o che stesse nascondendo qualcosa. Nessuno di loro due aveva fatto parola di Equestria da quella volta, ma non riuscivano a smettere di pensarci. 

“Ti sei ricordata di darle il nostro numero di telefono, Audrey?” chiese sua madre dal sedile anteriore. “Lyra, chiamaci quando raggiungi la tua destinazione. Così sappiamo che sei arrivata sana e salva.”

“Ok,” disse Lyra. Si girò nuovamente alla finestra, tentando di scorgere altri aerei sopra loro. “Quanto lontano avete detto che è?” 

“Non arriverai prima di pomeriggio. È, non so… circa seicento, settecento miglia?” disse Audrey. “Più o meno metà degli states.”

“Sei seria?” chiese Lyra. “Questo pomeriggio…?” 

Non c’era niente in Equestria a seicento miglia da qualcos’altro. Quella distanza suonava impossibile. E arrivare così lontano in meno di un giorno? Se gli umani ci riuscivano davvero, una cosa del genere avrebbe impressionato Lyra più che mai.

In quel caso, l’aeroplano doveva essere assurdamente veloce. Lyra incominciava a sentirsi di nuovo in fibrillazione. 

“Rilassati,” le disse Audrey. “Ho volato un po’ di volte. Non è così male.”

“Va bene…” Lyra tentò di forzare un sorriso. 

La macchina entrò in un edificio grande e buio. Altri veicoli erano parcheggiati lì, di tutti i diversi colori e forme. La macchina si destreggiò in mezzo a tutti quegli spazi stretti, salendo diversi livelli di rampe. Lyra era ormai abituata alle auto, e la signora Loren era una guidatrice più attenta di Nathan, ma le sembrava comunque che passassero troppo vicino alle altre macchine. Almeno erano ancora a terra.

Dopo essersi infilati tra due altre auto, Audrey aprì la porta sul suo lato e uscì. Lyra fece lo stesso. Il coperchio del bagagliaio si spalancò e lei prese la chitarra e il trolley. Era piccolo, economico — ne aveva solo bisogno per metterci dentro qualche cambio di vestiti. Il manico era estraibile, e permetteva di poterlo trascinare con una mano, sulle sue ruote. Era più facile di trasportare una valigia sulla schiena, o anche di tenerla a mezz’aria con la magia.

“Hai bisogno che ti aiuti a portarne uno?” Audrey la guardò sistemarsi la custodia della chitarra sulla schiena, con lo zaino più piccolo che le pendeva al fianco e il trolley a lato. 

“Ma tu non resti qui?” chiese Lyra.

“Staremo con te finchè non passi dai controlli di sicurezza. Dopo aver lasciato la borsa al check-in,” spiegò Audrey. Lyra la fissò assente. “Non è così complicato come sembra. Davvero.”

“È solo che non ho mai dovuto fare così tanti passaggi per viaggiare prima. Ho preso il treno qualche volta,” disse Lyra. Cominciarono a camminare oltre la fila di vetture silenziose. Un’altra macchina passò accanto a loro, ma solo una. 

“Un treno? Dov’eri?” chiese la signora Loren. 

“Era…” Lyra notò l’espressione di Audrey. “Era un po’ di tempo fa.”

Doveva controllarsi. Si stava di nuovo lasciando sfuggire delle cose, subito dopo che si era detta di non farlo. Con i suoi genitori, sarebbe stato un nuovo inizio, e lei aveva già semplificato la sua storia — gli avrebbe detto che non ricordava niente. Gli avrebbe raccontato tutto ciò che volevano su Des Moines: di come aveva vissuto con la famiglia di Audrey, di come aveva imparato a suonare la chitarra, e di tutte le volte che erano andati in giro per la città. Ma assolutamente niente del suo passato. Come se Equestria non fosse stata mai reale. 

Attraversarono su dei ponti che passavano sopra la strada per tutta la sua larghezza. Solo poche macchine passavano sotto, gettando la luce dei loro fari nella fioca aurora del mattino. La struttura in cui avevano parcheggiato era alta diversi piani e gigante, ma il resto dell’aeroporto sembrava essere ancora più grande. Completamente diverso dalla piattaforma della stazione di Ponyville. 

Anche la stazione ferroviaria di Canterlot sembrava enorme, ma non era niente in confronto a questo. L’aeroporto era molto più articolato — inutilmente più articolato, sembrava. Aveva solo bisogno di salire su uno di quegli aerei e partire, era così difficile?

Lasciò che la madre di Audrey parlasse con la maggior parte degli umani all’aeroporto. Dovevano mettersi in fila solo per mostrare il suo biglietto ad un umano al bancone, che sedeva davanti ad un computer. Quando si presero il trolley e la chitarra, mettendoli dietro al banco e portandoli via, Lyra iniziò a protestare. 

“Li stanno solo imbarcando. Basta che vai al ritiro bagagli quando arrivi a Philadelphia e li potrai riprendere,” disse Audrey.

“Ma…”

“Non perdono i bagagli nei transiti. Di solito,” aggiunse Audrey. Lyra stava per protestare di nuovo, ma venne interrotta. “Scordati l’ultimo pezzo. Andrà tutto bene. Non temere.”

Lyra non capiva perché non poteva semplicemente portare tutto con sé. La chitarra non era ancora neanche sua. Aveva dovuto spendere quasi tutto quello che possedeva per il biglietto dell’aereo, le rimanevano solo pochi dollari. Desiderava davvero pagare lo strumento a Nathan, dato che aveva fatto così tanto per lei. Senza quel concerto non si sarebbe potuta permettere il costo del biglietto. Nathan le aveva detto di non preoccuparsi per la chitarra, e che lo avrebbe potuto ripagare in seguito — ma come? Per posta? Sperava che funzionasse come il sistema postale di Equestria… e che il portalettere fosse affidabile. 

Dopo aver consegnato la maggior parte dei suoi bagagli, continuarono a camminare dentro l’aeroporto. Lyra era meravigliata dall’enormità del posto. Una volta pensava che il centro commerciale fosse grande. 

Arrivarono a delle rampe di scale, che si muovevano da sole. Audrey e sua madre salirono e stettero ferme, lasciando che le scale le portassero su. Lyra seguì con attenzione il loro esempio. Perché questo fosse necessario non era chiaro — probabilmente avrebbero raggiunto il piano superiore più velocemente semplicemente camminando — ma Lyra aveva già abbastanza a cui pensare. 

Sarebbe arrivata presto a casa. Si sarebbe potuta rilassare, e poi avrebbe potuto  focalizzarsi a studiare il comportamento umano. Per ora, doveva solo superare questo. 

Si fermarono prima che Lyra giungesse ai controlli. C’era già una lunga fila di umani che aspettavano il loro turno. Lyra osservò cosa succedeva in testa alla fila — gli umani mettevano le borse dentro un qualche macchinario, camminavano attraverso un varco che qualche volta suonava, e in quel caso, l’umano si fermava e veniva perquisito dagli operatori in divisa blu . L’intero processo divenne sempre più strano e complicato a mano a mano che lo guardava. 

“Qui è dove ci fermiamo,” disse la signora Loren. “Riesci a cavartela da sola?” 

“Quando arrivi a Chicago, vai diretta al prossimo gate. Non perderti. Non sono sicura cosa succederebbe in caso perdessi il volo dopo,” disse Audrey.

Lyra annuì, ancora distratta dalla coda in cui stava per infilarsi. 

“Per favore, preparate il vostro documento d’identità prima di raggiungere il controllo di sicurezza! Grazie,” annunciò uno degli umani in divisa.

“Io non ho un documento.” Lyra volse lo sguardo da Audrey a sua madre. “Che faccio?”

“È l’altra fila, laggiù. Non dovrebbe essere un problema. Però… probabilmente ti perquisiranno.”

“Um… ok…” disse Lyra. Osservò dove le aveva detto di andare Audrey. Almeno la coda era molto più corta.

“Devi sbrigarti. Non vorrai perdere l’aereo,” disse Audrey.

“Già.” Lyra annuì. 

“Ricorda di chiamare quando arrivi a casa,” aggiunse la signora Loren.

“Lo farò. Penso di ricordarmi come...” 

“Andrà tutto bene. Non temere,” disse Audrey.

“Hai ragione… Arriverò di pomeriggio, come hai detto tu.”

“E sei sicura di volerlo fare? Viaggiare da sola? E… incontrarli?”

“Sì… questo è esattamente ciò che ho desiderato tutto questo tempo. Ho solo bisogno di andare a casa, dai miei veri genitori,” disse Lyra. “Non ci sarei mai riuscita senza il vostro aiuto.”

Con un ultimo sguardo indietro, corse a mettersi in fila, e aspettò per un po’. Guardò gli umani davanti a lei che passavano dai controlli. Non riusciva a capire esattamente a cosa servisse questo step… Si erano già presi i suoi altri bagagli, ma a quanto pare le borse che potevano portarsi dietro dovevano prima essere controllate. Era così inutilmente complicato.

“Venga avanti, signorina.” Lyra realizzò che stavano parlando a lei. Era la prossima.

Uno degli umani cominciò a tastarle braccia e gambe con le mani, come se stessero cercando qualcosa nascosto nelle maniche. Lyra non stava nascondendo niente, quindi a parte l’imbarazzante invasione del suo spazio personale, non ci fece molto caso.

Ma entrò quasi in panico quando si girò e vide che gli umani stavano rovistando nel suo zaino. Aprirono la custodia della lira e sfogliarono il suo diario, pieno di studi dei comportamenti umani. Se avessero visto che li stava studiando, avrebbero fatto domande, e Audrey non aveva reagito molto bene alle risposte…

La perquisizione finì, e tutto venne rimesso dentro. Lyra li osservò attentamente per esserne sicura. Apparentemente, non avevano trovato quello che volevano nei suoi effetti personali, e pertanto era libera di andare. Quando le ridiedero la borsa, se la rimise velocemente in spalla e la tenne vicino al fianco con una mano. Si affrettò ad uscire dai controlli e sbucò dall’altra parte. 

Di nuovo da sola.

In un certo senso, si sentiva come nel suo primo giorno da umano. Per conto suo, e senza amici attorno ad aiutarla per trovare la strada giusta. 

Quest’area poco fuori il punto di controllo aveva un posto chiamato il “Capitol City Marketplace”. Apparentemente, ci potevi comprare del cibo. Degli umani erano seduti e stavano facendo colazione, ma Lyra era troppo nervosa da pensare al cibo in questo momento. 

Lyra guardò indietro verso i controlli di sicurezza. Gli umani in divisa sembravano stare cercando qualcosa. Non tutti gli umani vennero perquisiti così a fondo come avevano fatto con lei, ma erano comunque abbastanza meticolosi. Eppure, mentre guardava degli umani che uscivano, sembrava che non riuscissero mai a scovare quello che erano spaventati di trovare.

Uno schermo sopra di lei — simile a una televisione piatta, ma le parole non si muovevano — sembravano elencare tutti gli aerei e relative destinazioni. I suoi occhi scorsero la lista. Atlanta, Austin… Chicago! Era uno dei primi della lista. Gate C6. Dovunque esso fosse.

“Attenzione ai passeggeri.” Era una voce femminile, che parlava con un tono calmo, ma il modo in cui era partita dal nulla l’aveva fatta saltare in aria. “Il volo 3849 Delta Airlines per Orlando, sta ora imbarcando al Gate A2.”

L’ala alla sua destra sembrava avere i numeri con la C. Il C6 doveva probabilmente essere lì in fondo. Cominciò a percorrere quella strada, osservando tutti i diversi mani che aspettavano i propri voli. Nonostante fossero ancora le sei di mattina, l’aeroporto era già pieno di umani. Forse questo modo di volare era un’esperienza nuova per lei, ma gli umani sembravano esserci abituati. Un’altro aspetto della società umana a cui stava cercando di partecipare, anche se si sentiva ancora nervosa.

C’erano diversi sedili piazzati ad intermittenza tra le sezioni dell’ala. Delle grandi finestre permettevano di guardare fuori, dove una fila di aeroplani era in attesa sotto alle prime luci del mattino. 

Si sedette su una delle sedie imbottite e si sdraiò all’indietro tentando di rilassarsi. Qualche altro umano era disseminato nella zona. Alcuni stavano leggendo libri, o erano davanti a quelli che sembravano computer portatili, ma degli altri sembravano dormire o riposarsi. Aveva senso, considerando quanto fosse presto. Ce n’erano di tutte le età — uno con capelli grigi e rughe, alcune famiglie con bambini piccoli. Quegli umani giovani sembravano stanchi. Uno di quelli svegli era particolarmente scontroso. Vedendoli, Lyra pensò alla sua sorella più piccola. Chissà che tipo era. Com’erano gli umani a sette anni? Avevano diversi standard di età rispetto ai pony… Non riusciva neanche a capire l’età dei bambini che vedeva.

Lyra aprì la sua borsa. Sembrava tutto in ordine, anche dopo che ci avevano rovistato dentro. Trovò il suo vecchio diario e lo tirò fuori. Sfogliando le prime pagine, vide gli schizzi dei suoi sogni e di come la sua scrittura fosse cambiata quando aveva iniziato ad usare le mani per scrivere. Era cambiata di nuovo quando era diventata umana. Lyra trovò una pagina bianca e cominciò ad elencare i nomi delle città che riusciva a ricordare.

Atlanta. Memphis. Quelle erano facili da ricordare. E un posto chiamato “Phoenix”. La Principessa Celestia aveva una di quelle. Lyra si chiese se vivessero ancora nel mondo umano — non aveva visto molti animali, quindi non era esattamente sicura cosa esistesse o meno. Se gli unicorni non erano reali, allora niente poteva essere dato per scontato.

Stette lì seduta per qualche minuto, a guardare gli altri umani. Non stavano facendo molto. Qualche altro si venne a sedere nella stessa sua zona. 

Fuori, gli enormi veicoli alati come quello in cui si stava per imbarcare stavano rollando sulla strada e nella distanza poteva vederli decollare. Avevano le ali, ma non le sbattevano. Come facevano ad sollevarsi da terra? Non si faceva spesso domande specifiche sul funzionamento della tecnologia umana, ma se quella cosa stava per portarla a centinaia di metri di altezza…

“Attenzione ai passeggeri. Il volo 6190 United Airlines per Chicago sta ora imbarcando al Gate C6.”

La testa di Lyra scattò su alla menzione di Chicago. Tutto ciò che sapeva è che era il luogo dove doveva andare. Gli altri umani si stavano muovendo verso un portale che sembrava essere connesso all’aereo fuori. Tutto ciò che poteva fare era seguire il loro esempio ed aspettare che le prendessero personalmente il biglietto e la facessero passare nel corridoio.


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L’aereo era poco più di un tubo, con diverse file di sedili e un tetto basso. La maggior parte dei posti erano già stati riempiti da altri umani. Era circa come un treno, solo… più piccolo, e avrebbero volato sulle nuvole…

Lyra strinse la borsa al suo fianco mentre si muoveva lungo il corridoio. Non poteva fermare la coda di persone dietro a lei. I suoi occhi scansionarono i posti a sedere, e si sedette in quello libero più vicino. 

“Mi scusi…” Scavalcò un altro umano, un maschio, e si lasciò cadere nel suo sedile. Stringeva ancora la borsa al petto. Tirò un lungo respiro.

“Oh cavoli, hai un aspetto orribile,” disse l’umano vicino a lei. Era un maschio, forse poco più anziano di lei, con capelli chiari. Era ancora difficile capire la loro età, ma sembrava leggermente più vecchio di Nathan, ma meno dei componenti della sua band. “Ti senti bene? L’ultima cosa di cui ho bisogno è che mi vomiti per tutto il volo.”

“S-starò bene,” riuscì a dire, a forza.

“Non dai questa impressione.”

“È solo che non l’ho mai fatto prima.”

“Primo volo?”

“No… Sono stata in mezzo alle nuvole molte volte. Solo…” Indicò tutto ciò che aveva attorno con le mani. “Mai in uno di questi.”

“Sei fatta, oppure veramente pazza.”

“Non sono pazza!” disse lei. Forse lo scoppio era stato eccessivo, a giudicare da come la stava guardando ora. Stava per cominciare di nuovo da zero, non c’era bisogno di peggiorare le cose come aveva fatto con Audrey. “Era… una mongolfiera ad aria calda.”

Lui annuì lentamente. “Beh, sarà un volo interessante questo.”

“Davvero? Che succederà?”

“Per cominciare? Tu.”    

“Oh. Giusto.” Tentò di sorridere. “Non c’è bisogno di preoccuparsi. Sono solo un po’ nervosa.” I suoi occhi andarono giù alle sue mani, e si ricordò le buone maniere degli umani. Rimosse la mano destra dal suo zaino e gliela porse per una stretta. “Sono Lyra Michelakos.” Era la prima volta che si presentava con il suo nome completo.

Lui le prese la mano. “Paul Chandler, ma… Aspetta, non dirmi che stai andando anche tu a Philadelphia. Sei parente di — “

“Thomas Michelakos? Hai sentito parlare di lui?” Le si allargarono gli occhi.

“Sei seria?”

“È mio padre.” 

Lui rise e le strinse la mano incredulo. “È… Wow. Ho un’amica che lavora ad un negozio di libri usati. L’ha incontrato un paio di volte.”

“Davvero?” disse Lyra. “Ad essere sincera, non l’ho mai incontrato prima d’ora. Non sapevo neanche chi fossero i miei genitori fino a pochi giorni fa. È… una lunga storia.” 

“Non è un problema. Il volo è lungo, e a quanto pare sono seduto vicino a qualcuno di famoso. O almeno, qualcuno con genitori famosi, ma fa lo stesso,” disse lui. “Per i prossimi mesi, potrò raccontarlo alle persone in caso di silenzi imbarazzanti. È la regola non detta dell’incontrare persone famose su un volo.”

Lyra lo fissò, ad occhi spalancati. “Non mi ero resa conto…”

“Già, ho un amico che ha visto Orlando Bloom all’aeroporto una volta. Lo raccontava spesso e volentieri per settimane. Tu non sei così famosa, ma basterà comunque.”

Orlando… dove l’aveva sentito prima? “Oh già! Penso di aver visto qualche volo diretto ad Orlando.”

“Quello è un Orlando diverso.”

Proprio come nell’aeroporto, sentì una voce provenire dal nulla, ma stavolta era un maschio. Suonava vagamente distorta e gracchiante. “Attenzione ai passeggeri, qua è il vostro capitano che vi parla. Vogliamo ringraziarvi per aver scelto di volare con United Airways oggi. Voleremo ad un’altitudine di circa 10,000 metri — “

Dieci… mila… metri…” disse Lyra.

“Spaventata dalle altezze? Sono serio, non ho intenzione di fare conoscenza anche col tuo vomito.”

“Perché dobbiamo salire così in alto? È da pazzi! Non siamo mai stati così in alto quando siamo andati a Nuvola— cioè… non preoccuparti.” Doveva controllarsi. Sto iniziando una nuova vita. Nessuna menzione di Nuvola City o dei pony. Questo umano pensa già che sono strana. 

Gli assistenti di volo stavano dando dimostrazione di come usare l’equipaggiamento d’emergenza. Lyra sapeva che avrebbe probabilmente dovuto prestare attenzione, ma il fatto non la stava di certo facendo sentire meglio. Erano ancora fermi, e la prima cosa di cui parlavano era cosa fare in caso di incidente? Non era esattamente rassicurante.

“Signora, devo chiederle di metterlo sotto il sedile davanti a lei.” Lyra realizzò che l’hostess le stava parlando dello zaino che stringeva sempre più forte al petto.

“C-cosa? Oh…” Fece come le aveva detto, ma cercò istantaneamente qualcosa a cui tenersi. Le sue dita si aggrapparono ai braccioli ai lati del sedile. Per qualche ragione, si sentiva meglio ora che aveva le mani piene. 

Restò seduta per un momento con gli occhi chiusi, respirando profondamente. Paul non sembrava per niente preoccupato. La stessa voce maschile di prima risuonò sopra le loro teste: “Autorizzazione al decollo.”

Lyra sentì l’aereo muoversi in avanti sotto di lei. Tutto il corpo le si irrigidì. Si mise a fissare il grembo, cercando di non guardare dalla finestra. 

“Sicura che starai bene?” chiese Paul.

Lei non riuscì a rispondere.

Lui si appoggiò indietro nel sedile. “Sarà proprio divertente.”

Quando finalmente riuscì ad alzare la testa e guardare fuori, vide che erano su una lunga pista asfaltata, e si stavano muovendo lentamente in avanti… Poi il ronzio acuto divenne più forte e iniziarono ad accelerare. Lei venne spinta indietro nella sedia. Strizzò i braccioli più forte possibile. E poi il tremore terminò, almeno per la maggior parte. Si stavano inclinando all’indietro, diretti in alto. Non era così male…

Le sue mani scattarono alle orecchie. Gli era appena successo qualcosa, e faceva male. 

“Tieni.” La voce di Paul sembrava molto distante. Le stava porgendo qualcosa. Lei aprì gli occhi abbastanza da vedere che era una rivista.

“Magazzino del Cielo?” disse Lyra, leggendo la copertina. “S-sono stata in un magazzino prima, ma perché — ”

“Forse ti può aiutare per il volo. Personalmente, ogni volta non vedo l’ora leggerlo.”

Lei si tolse le mani dalle orecchie, anche se quella strana sensazione era ancora presente. Cominciò a sfogliare il catalogo. Era sempre interessata alle invenzioni umane.

“Puoi davvero comprare tutte queste cose? Incredibile…”

“Um, non è esattamente ciò di cui stavo parlando,” disse lui.

“Cosa intendi? Questa roba è affascinante.”

“Sì, in un certo senso. Ma onestamente, chi è che spende così tanto per il cruciverba più grande del mondo? Ammetto che la statua di giardino di Bigfoot è… ‘interessante,’ ma è fuori dal mio budget.”

Lyra sorrise mentre sfogliava quelle pagine piene di invenzioni umane. “Cos’è questo?” Lyra indicò una delle foto. Un ingrandimento di una mano umana che indossava un certo tipo di dispositivo, connesso ad ogni dito. “Un ‘allenatore fitness per mani’? Come funziona?”

“Nessuno lo sa. Probabilmente neanche il tizio che l’ha progettato,” disse lui. “Ed è tuo per soli $30. Wow. Comunque, considerando chi è tuo padre, puoi probabilmente spendere e spandere soldi su quello che ti pare. Devi essere straricca.”

“Huh?”

“È un autore di bestseller. Praticamente una celebrità nostrana.”

“Non credo di averci mai pensato… I suoi libri sono venduti ovunque, no?”

Lui annuì. “E vedo che ti sei già scordata della tua paura di volare.”

“Te l’ho detto, non ho — “ Lyra si fermò. La cosa strana era, si sentiva meglio dopo aver sfogliato quella rivista. Era molto meno nervosa, anche se non riusciva ancora a guardare fuori dal finestrino. “Um… grazie.”

“Lieto di essere stato d’aiuto,” disse lui. “Comunque, hai detto che avevi una storia da raccontare. Sono ancora interessato a sentirla.”

“Oh, sì. Dunque…”

Gli raccontò quasi tutto delle sue settimane con Audrey. Dell’incontro con Nathan, di come avesse imparato a suonare la chitarra, di quando ha suonato al concerto con Randall, ed infine di come aveva scoperto chi fosse la sua famiglia. Era quasi una prova per quando avrebbe dovuto raccontare quelle stesse cose ai suoi genitori una volta tornata a casa. Paul ascoltò per la maggior parte, ma saltuariamente fornì anche qualche commento.

“Mi correggo. Racconterò questa storia per anni a venire, non solo mesi.”

“Cosa intendi?” chiese Lyra, inclinando la testa.

“Onestamente, penso che tu ti stia inventando tutto.”

Lyra rimase senza parole. Era come una maledizione — non importava cosa dicesse, nessuno le credeva mai. “Però, è la verità.”

“La storia che hai è interessante, ma personalmente ci avrei aggiunto qualche alieno, forse un’invasione zombie, o qualche magica — “

“Aspetta, non ho mai detto niente sulla magia.” Lei lo guardò sotto shock.

“Avresti dovuto.” Disse, alzando le spalle. “È una bella storia, però.”

Forse voleva solo fare una battuta… Cercò di convincersene. ”E tu perché eri a Des Moines? Non mi hai detto niente su di te,” disse Lyra. Qualsiasi cosa per dirottare il discorso via dalla magia. 

“Visitavo un vecchio amico che si è trasferito qualche anno fa.”

“Deve essere stato divertente. È così lontano, ma puoi comunque volare per venire a visitarlo?”

“Beh, è un po’ un imbecille, ma sì. Hai ragione, non è male.”

Mentre volare a Nuvola City era spesso stato molto tranquillo, l’aereo non la smetteva di scuotersi e tremare. E i motori erano ancora abbastanza rumorosi. Cercò di non pensare a quelle dimostrazioni di sicurezza di inizio viaggio. 

Lyra finalmente trovò il coraggio di guardare fuori dalla finestra. Come si era aspettata, erano tra le nuvole… ma era così spoglio là fuori. Non c’erano edifici, né costruzioni, solo distese piatte di nuvole.

“È così vuoto qua sù…” mormorò lei.

“Cosa ti aspettavi?” chiese Paul. “Inoltre, non sarebbe peggio se ci fosse qualcosa a questa altezza?”

Quindi gli umani potevano arrivare qui sopra, ma non potevano farci niente. E certo. Visto che non potevano volare da soli, probabilmente non riuscivano a camminare sulle nuvole. E nelle ultime settimane, Lyra aveva avuto l’impressione che il clima cambiasse a caso. Non era sicura di come lo prevedessero, ma certe volte erano precisi nel farlo.

“Hai ragione… non so. È la mia prima volta così in alto.”

“Sì, me l’hai detto. Quindi, com’è volare in una mongolfiera? Non ci sono mai salito su una di quelle.”


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Stavano scendendo.

Erano in volo da poco più di un’ora. O così dicevano, dato che le era sembrato durare un’eternità. Senza qualcuno a distrarla, non era sicura di cosa avrebbe fatto. 

Lyra potè vedere il suolo avvicinarsi lentamente a loro, e una parte di lei si stava tenendo forte per l’impatto… Ma principalmente era folgorata dalla vista. 

Tutto il suolo era coperto da edifici. Come un intero mare di grigi oggetti a forma di scatole. Alcuni erano piccoli, come nel quartiere di Audrey, ma c’erano pure delle alte torri. Era difficile da dire, ma questa città, Chicago — poteva essere anche più grande di Des Moines. E, da quanto riusciva a vedere, non aveva quasi nessuna area verde. La sensazione di trovarsi in un posto completamente sconosciuto era più forte che mai. 

Percepì l’aereo scuotersi violentemente. Doveva aver colpito il suolo. Stavano sfrecciando sulla strada, ma poteva sentire la pressione in avanti come se stessero frenando. Eppure, sembrava impossibile riuscire a fermarsi in tempo…

Ma gli altri umani erano tranquilli. Alcuni si stavano stiracchiando dopo essersi svegliati. Per lei era incredibile anche solo l’immaginare di fare un sonnellino. Durante quell’inferno.

Sentì di nuovo la voce del capitano, accompagnato da quello strano suono gracchiante. “Da parte della United Airways, vi diamo il benvenuto all’aeroporto internazionale O’Hare di Chicago. Per favore, rimanete seduti finché il veicolo non sarà completamente fermo. Speriamo che abbiate avuto un buon viaggio.”

Lyra si lasciò cadere all’indietro e fece un sospiro. “Finalmente. Non voglio rifare questa cosa mai più.” 

“Rassegnati. Ne abbiamo un altro prima di arrivare a casa,” disse Paul.

“Hai ragione… Pensi ci vedremo ancora? A Filly — voglio dire, a Philadelphia?”

Lui rise. “Parli già come una del luogo. Forse ci incontreremo.”


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Questo aeroporto era anche più grande di quello a Des Moines, e molto più affollato. Stava cominciando a credere a quello che Paul le aveva detto sul fatto che Des Moines fosse una “piccola città”. 

Lo aveva perso di vista quando erano scesi dall’aereo. Forse lo avrebbe ritrovato prima di imbarcarsi sul successivo. Avere qualcun altro accanto l’aveva davvero aiutata a restare sana di mente. In questo momento c’era troppo di cui preoccuparsi. 

Aveva del tempo libero prima del prossimo volo. Circa due ore, e poi la lunghezza del volo in sé. Entrò in uno dei negozi. Le bianche lettere in corsivo della scritta “Hudson News” erano illuminate sopra all’entrata. Sembrava avere un po’ di tutto — snack, magliette, souvenir, riviste… C’erano dei libri lungo un muro, con copertine morbide anziché rigide. 

Il nome di suo padre le saltò immediatamente alla vista. Voice in the Dark, by Thomas Michelakos. Il nome era leggermente più grande del titolo. La copertina era simile alle altre — umani, vestiti in armatura o mantelli, ed uno di loro seduto in groppa ad un pony.

Beh, somigliava più a quei pony che aveva visto nello Iowa, rispetto a chiunque avesse mai visto ad Equestria. Più alti, con facce lunghe e occhi piccoli. Eppure, un umano che lo cavalcava… Spike lo faceva spesso con Twilight. Ma un umano? Era diverso. Forse da pony, avrebbe accettato se un umano gliel’avesse chiesto.

Era strano a pensarci.

Non faceva capire molto quale fosse la storia. Diceva solo che era il primo libro.

Costava solo un paio di dollari, ed era curiosa di scoprire cosa fosse esattamente. Tra l’aspettare il volo, e la durata del volo, aveva un sacco di tempo per farlo. Tirò fuori quel poco di denaro che le era rimasto, lo contò, e lo portò alla cassa per pagare.


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Il secondo volo passò più facilmente del primo, forse perché ora sapeva cosa aspettarsi. Aveva visto Paul in coda all’imbarco, ma lo perse di vista quando si accomodarono ai loro posti. Lyra era seduta vicino ad una donna adulta che dormì, russando sonoramente, per tutto il tempo. Lyra stava prendendo un po’ di confidenza con gli aerei, ma non era ancora al punto in cui riusciva a dormire. Invece, si sistemò e si tenette occupata con il romanzo di suo padre.

Il libro cominciava con una introduzione prolissa, e raccontava la storia di… una guerra.

Come quello che era successo in Equestria.

Ma questa non aveva sterminato la razza umana, in questo mondo che suo padre aveva sognato. Ovviamente no, dato che era solo all’inizio della storia. Ma perché gli umani volevano leggere una cosa come quella? La guerra era quasi la cosa peggiore che gli umani potessero fare, anche se fermandosi prima di andare troppo oltre e arrivare a spazzarsi via completamente.

Tuttavia, continuò a leggere. Il tono del racconto si alleggerì presto, concentrandosi su degli umani che vivevano in una piccola cittadina. Alcuni dettagli le ricordarono Ponyville — i tetti di paglia sulle case, i campi nelle periferie della città. Il mercato settimanale dove vendevano il raccolto e altri beni.

Ma poi trovò dei cenni alla magia.

Il mondo di questa storia era abitato dagli umani, ma alcuni usavano la magia. Non quella con cui erano nati — a quanto pare in questo libro la magia era qualcosa che i normali umani potevano imparare se studiavano abbastanza. E conoscere la magia creava una grande divisione tra loro e gli altri umani. I maghi vivevano per conto loro in una città lontana da questo piccolo villaggio. Più o meno come la divisione tra le razze nella storia della Festa del Focolare dell'Amicizia. Quella storia però era finta, proprio come questo romanzo.

Lyra abbassò il libro e fissò fuori dal finestrino. Il mondo umano si stagliava sotto di loro, troppo piccolo per discernere i dettagli. Era enorme ed affascinante. Forse avrebbe avuto l'occasione di esplorarlo un giorno.

Ma cosa più importante... La magia non creava tensioni tra  chi ce l'aveva e chi no. Lyra e Bon-Bon avevano avuto le loro incomprensioni, i loro battibecchi, ma non erano mai stati sulla magia. Erano stati su... gli altri problemi di Lyra. Si analizzò le dita. Forse in questo libro, aveva causato così tanti problemi perché tutti gli umani che potevano usare la magia erano potenti quanto Twilight, o anche di più. Usare la magia non era così facile, o così utile. Era tutto davvero sbagliato in questo libro…

Suo padre non sapeva niente della vera magia.


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Il volo era durato abbastanza per permetterle di leggere un bel pezzo del libro, anche se non era stato facile. Si concentrava troppo sulle inesattezze, e si chiedeva perché dovrebbe essere interessante per degli umani che vivevano in un mondo dove potevi percorrere oltre mille chilometri in poche ore.

Lyra fu felice quando l’aereo toccò suolo a Philadelphia, atterrando di nuovo su quel lungo rettilineo e percorrendolo in velocità fino a fermarsi.

“Grazie per aver volato con noi. Qui a Philadelphia sono le 12:53. Speriamo che abbiate passato un buon volo.” Appena la voce del capitano uscì dal soffitto, Lyra si alzò felicemente dal sedile, sgranchendo le gambe e sperando di non dover mai più volare in queste condizioni. 

Seguì il fiume di umani che si riversava verso l’unica uscita. Loro sapevano probabilmente dove andare. Cercò nuovamente Paul, ma non riuscì a trovarlo. D’altronde, ora era anche alla ricerca qualcun altro. Qualcuno di molto più importante…

I cartelli appesi sopra la sua testa la diressero al reclamo bagagli, e ciò le fece ricordare della sua valigia e della chitarra. Audrey aveva detto che li avrebbe ripresi dopo essere arrivata qui.

Lyra seguì le frecce lungo l’aeroporto. Era diverso da Chicago o Des Moines — era davvero stata in tre di essi oggi? Ma questo era egualmente enorme e affollato. 

I suoi occhi vennero improvvisamente attratti da qualcosa — il suo nome. Nome e cognome, spesse lettere in maiuscolo su un foglio di carta bianco.

Sorretto da una donna che riconosceva.

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Capitolo 20
*** Di Nuovo a Casa ***


CAPITOLO 20

DI NUOVO A CASA
 

Lyra stette lì congelata per un attimo. Non c’erano dubbi. Quell’umano era la stessa donna della sua foto. Aveva osservato quell’immagine ogni giorno, sin da quando aveva lasciato Equestria. Quella era la sua vera madre. E stava tenendo un cartello con sopra scritto il suo nome.

Si trovò a camminare verso di lei. Era quasi un movimento inconscio. 

“Tu s-sei…” Cominciò a dire.

La donna la osservò, come se non fosse quasi in grado di credere a quello che aveva davanti. “Lyra?”

Lyra riuscì solo ad annuire in risposta. Ricordò come si salutavano di solito gli umani, e offrì una stretta di mano, ma invece, sua madre le gettò le braccia attorno e la strinse in un forte abbraccio. 

Si staccarono lentamente, poi qualcosa attraversò per la faccia di sua madre. “I tuoi occhi…”

“Cos’hanno?”

“No, non è… niente,” disse lei. “Niente di cui preoccuparsi. Lyra…” Lei scosse la testa. “Quando tuo padre mi disse che ti aveva trovata, che aveva parlato con te, io non riuscivo a crederci.”

Lyra notò qualcosa. Guardò in giro, osservando tutti gli umani attorno a loro. “Ma lui dov’è?”

“È dovuto andare a prendere Chloe dal campo estivo, ma dovrebbero arrivare a casa non molto dopo di noi.”

“Mia sorella.” Lyra  stava sorridendo. “Non vedo l’ora di incontrarla. Sai, sono abbastanza brava con i bambini. Sono così eccitata di incontrarla.”

La madre di Lyra annuì. “Ma finché non sappiamo per certo… Non vogliamo dirle chi sei. Chi pensiamo che tu sia. Se c’è ancora una possibilità che non sei…”

“Capisco,” disse Lyra, anche se non era vero. Mise una mano nella borsetta al suo fianco, e tirò fuori la foto incorniciata. “Um, io avevo questa foto, e — “

“L’ho vista nella mail… Ricordo questa foto. Era una delle cose mancanti dalla tua stanza.”

“Quindi questa è una prova, vero? Di cos’altro avete bisogno?”

“Lyra, naturalmente ti crediamo, ma è stato difficile per tutti noi. Avremmo dato di tutto per sapere cosa è accaduto quella notte.”

“Sì, anch’io,” disse Lyra. Si portò una mano alla cinghia e spostò il peso della borsa sulla spalla. “Vorrei potervi dire che è successo, ma…”

“Non ricordi.”

“Niente.”

“Hai idea di come ti sei ritrovata con questa?” Sua madre indicò il portafoto che Lyra stava tenendo di fronte a lei. 

La notte dopo la sua esibizione al Gran Galà. Lyra era ancora sveglia sul letto, la Principessa Celestia le aveva appena rivelato che la sua intera vita era una bugia. E poi Dewey, l’unicorno che aveva adottato una qualche creatura da un altro mondo, le aveva dato questa foto, e ciò le fece credere che le cose potessero girare nel verso giusto. E ora era quell’esatto momento che Lyra aveva desiderato ed aspettato da quando aveva cominciato il suo viaggio. 

“Io… non ricordo da dove venga,” sentì sè stessa dire. “Ce l’ho avuta da tutta la vita. È tutto quello che so.”

Lo sguardo di sua madre si adombrò, e sospirò. “Beh, è meglio comunque portarti a casa.”

“Oh, um — devo riprendere le mie borse. Se le sono prese prima di imbarcarmi,” spiegò Lyra.

“Non me lo sono dimenticato.” Lei si accorse dell’espressione di Lyra. “Non essere così preoccupata. Saranno al ritiro bagagli,” disse sua madre. La sua testa scattò all’insù per cercare le segnaletiche appese al soffitto. “Quest’aeroporto è un incubo. Siamo dovuti andare avanti e indietro un po’ di volte. Non diventa mai più facile orientarsi.”

“Sei stata già qui?” chiese Lyra. “Questo è stato il mio primo volo… in un aeroplano, almeno.”

Sua madre la guardò strano, ma solo per un momento. “Seguimi. Cerchiamo di non perderci.”

Il “ritiro bagagli” era una grande stanza con delle specie di nastri semoventi che vi serpeggiavano attraverso e trasportavano un mucchio di trolley. Molti sembravano uguali. Lyra cercò di ricordare l’aspetto del suo… Sperava che fosse lì. Quell’intero sistema non aveva senso — perché prendersi le sue cose se poi arrivavano qui assieme a lei?

Guardò per un po’ gli altri umani mentre sollevavano i bagagli dal nastro e li trascinavano via. La folla si stava lentamente diradando. 

“E, uh… Dove hai volato? Hai detto che sei già stata qui,” disse Lyra. Non levò gli occhi dal nastro dei bagagli per più di pochi secondi.

“Principalmente convegni, o cose del genere, ma siamo anche andati un po’ di volte in vacanza adesso che Chloe sta diventando abbastanza grande.”

“È sempre così? Con i controlli di sicurezza e il resto?” chiese Lyra. Un uomo si infilò proprio davanti a lei per ritirare il proprio trolley dal nastro. 

“Sono molto più stringenti di una volta. È difficile credere che siano già passati più di dieci anni.” Dal tono, Lyra intuì che avrebbe dovuto sapere di cosa stesse parlando, ma a quei tempi era ancora un pony.

Individuò il suo trolley — ora si ricordava come fosse fatto. Stava girando l’angolo verso di lei. Si preparò ad afferrarlo — doveva essere veloce. Il manico non era girato dalla sua parte… Quando le passò vicino, lo ruotò con entrambe le mani, e quindi chiuse le sue dita sul manico per issarlo su e metterlo a terra davanti a lei.

“Eccolo. Pronta ad andare?” chiese sua madre.

“C’è anche la mia chitarra,” le rispose. Non voleva perderla. Aveva presente la custodia meglio del suo trolley, quindi una volta che sarebbe arrivata…

“Ho sentito che sei una musicista.”

Lyra annuì. “Sì. Beh, la chitarra è circa nuova per me. Ho imparato da poco a suonarla.”

I suoi occhi erano ancora fissi su tutti i bagagli che continuavano a passarle davanti. La chitarra sarebbe stata facile da individuare grazie alla sua forma lunga ed irregolare. Senza contare che ce l’aveva avuta davanti gli occhi per settimane, mentre andava e veniva dalle prove. Le sarebbero mancate.

“Un’altra artista in famiglia. Ti ambienterai subito.”

“Lo spero,” rispose Lyra.

Individuò la chitarra di Nathan — la sua chitarra — e la tirò via dal nastro. Per un attimo aveva avuto paura che si fosse smarrita. Ora c’era tutto, ed era anche con sua madre. Sentì una forte emozione di sollievo.

“Abbiamo tutto. Pronta ad andare a casa, Lyra?” chiese sua madre.


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“Questa è… la nostra auto?” disse Lyra. Girò attorno alla macchina, esaminandola. Non era molto diversa dalle altre che aveva visto prima. Grossa. Rossa. Non la stessa della foto, ma quella era datata anni prima. 

“Certamente,” disse sua madre. Aprì una delle portiere dietro. “Puoi mettere le tue cose sul retro.”

Lyra fece scivolare tutto sul sedile posteriore, e quindi si sedette davanti. Sul lato destro, dato che gli umani guidavano sempre sedendosi a sinistra. Stava imparando. Questo veicolo apparteneva alla sua famiglia… I suoi altri genitori non avevano mai avuto una carrozza privata. Non che fosse necessario. A meno di non dover lasciare la città, tutto nelle città dei pony era a distanza di pochi passi.

Si trovavano in un edificio scuro proprio come quello in cui la madre di Audrey aveva parcheggiato nell’altro aeroporto. Stessi pavimenti, mura, tetti, tutti freddi e grigi. Era strano quanto fossero simili. Era quasi come se si trovasse ancora nella stessa città. Avendo viaggiato per centinaia di chilometri, Lyra si aspettava di trovare qualcosa di molto diverso. Pensava a quanto sembrassero molto più variegate le città che aveva visitato in Equestria, nonostante fossero relativamente vicine in termini di distanze.

Guidarono dentro all’edificio grigio per un po’, quindi uscirono sotto la brillante luce del sole. Era strano. Sentiva come se fosse molto tardi, ma probabilmente era perché si era svegliata presto quella mattina. 

Fu un bel viaggio per arrivare a casa dall’aeroporto. Attraversarono una città che — per quanto impossibile — sembrava anche più grande di Des Moines. Gli edifici erano molto più alti, e di tutti gli stili diversi. Uno era riflettente, praticamente un enorme specchio, e si trovava di fronte ad un’altra torre fatta di pietra grigia. Questa era la loro casa…

Esatto. È qui. Era già stata in questo posto, circa un anno prima. Nei suoi sogni… Questa volta però non ci sarebbe stata Bon-Bon a svegliarla, perché era davvero qui. Si sporse vicino al finestrino, piegandosi per riuscire a vedere in alto.

“Hai vissuto nello Iowa? Non ci sono molte grandi città lì, vero?”

Lyra fece spallucce. “Beh, non ci ho davvero vissuto… Voglio dire, non ricordo dove vivevo, esattamente. Io però… penso fosse una cittadina più piccola.” Il che era abbastanza fedele alla realtà — Philadelphia avrebbe fatto sembrare Manehattan un paesucolo arretrato, per non parlare di Ponyville.

Lesse i nomi sui palazzi, negozi, e ristoranti mentre ci passavano davanti. Quello che all’inizio pensava fosse un déjà vu, si rivelò essere più di una strana sensazione. Alcuni degli hotel avevano davvero gli stessi nomi di quelli nell’area di Des Moines. Come se fossero stati sradicati da una città e ripiantati qui. 

Guidarono attraverso la città per un po’ prima che gli alti edifici cominciassero a farsi più radi. Attraversarono un ponte su un fiume largo e brunastro, quindi lo costeggiarono per un po’ e poi si infilarono in un quartiere circondato da alberi. La vegetazione si fece più fitta a mano a mano che continuavano, con case sempre più rade e lontane tra loro. Era ormai una foresta, più che un villaggio. 

E finalmente arrivarono.

Lyra aveva già visto questa casa miriadi di volte, ma solo in foto. Improvvisamente era davanti a lei.

Appena la macchina si fermò, si slacciò la cintura e aprì la portiera. Uscì fuori sull’asfalto e stette lì.

Non era cambiato molto in quei quindici anni. La riconosceva ancora, dopotutto. Era così grande però — due piani, alquanto larga, e il vialetto era più lungo di quanto credeva. La foto non mostrava neanche tutti gli alberi che li circondavano.

“Siamo a casa, Lyra,” udì sua madre dire.


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Questa casa — la sua casa, Lyra realizzò — era bella. Veramente bella.

Entrò nell’ingresso che aveva delle scale su un lato. C’era una terrazza che la attraversava, e poteva vedere un passaggio per un’altra stanza al piano sopra. Direttamente davanti a lei riusciva a vedere tutto fino al salotto. La luce entrava dalle finestre larghe, filtrata dalle foglie degli alberi fuori. Poteva già stimare che fosse grande forse il doppio della casa di Audrey.

Entrando ancora di più, notò un quadro alla parete. Un grande drago rosso, seduto in cima ad una montagna di tesori. Non ne aveva mai visto uno da vicino, o nella sua caverna, ma sembrava abbastanza combaciare con le descrizioni che aveva sentito dagli altri pony. E i dettagli erano abbastanza accurati — anche se i draghi si presentavano in una grande varietà di forme e dimensioni. Nell’angolo, c’era scritto un nome — Selena M.

“È uno dei miei vecchi dipinti.” La madre di Lyra aveva notato che lo stava esaminando.

“Lo hai dipinto tu?” disse Lyra, indicandolo. Si girò a guardarlo meglio. “Come facevi a sapere come fosse fatto un drago?”

“È basato sui racconti di Tolkien. Hai letto Lo Hobbit?”

“No… Non lo conosco.” Lyra scosse la testa. Probabilmente era un libro umano. “Avevo sentito che eri un’artista.”

“Tuo padre e io condividiamo l’amore per il fantasy. È come ci siamo conosciuti, in verità, tanti anni fa,” disse sua madre. “Ho creato le copertine per i suoi libri, a partire da Voice in the Dark. Quello è stato il primo.” 

“Lo stavo leggendo…” disse Lyra. Ricordava quale fosse la copertina. “Quindi, um… Ricordo l’immagine su quello. Mi stavo chiedendo, hai mai… cavalcato un pony?”

Sua madre rise, un suono leggero. “Ho fatto un po’ di equitazione. È stato molto tempo fa.”

Lyra annuì. Non sapeva cosa rispondere.

“Perché lo chiedi? Tu vai a cavallo?”

“N-no. Certamente no,” disse Lyra. “è solo che… beh… non importa.”

Si affrettò a superare il quadro ed entrò in un'altra stanza.

Il soggiorno era spazioso tanto quanto l’entrata, la sensazione di apertura accresciuto dalle grandi finestre sulla parete di fondo. C’era un camino di ciottoli, e Lyra fu un po’ scioccata dal vedere la spada installata sopra. Stava per chiedere informazioni, ma notò qualcosa di ancora più strano sul tavolino davanti al sofà. 

“Cosa sono quelle?” chiese Lyra, allungando la mano con esitazione a prendere una delle piccole statuine, ma fermandosi vicino ad esse.

“Quelle sono di tua sorel — Sono di Chloe.”

“Oh… Sono sue?” disse con la voce scossa.

Pensava che fossero solo delle piccole figure di cavalli all’inizio. Cavalli bianchi, con una certa grazia, come la Principessa Celestia, anche se non assomigliavano molto ai pony di Equestria. Non erano così tozzi. Le facce erano diverse. Ma poi aveva notato i corni. 

“Lo sai come sono le bambine piccole. Circa tutti passano attraverso una fase degli unicorni, almeno per un po’,” disse sua madre. Lei rise. “Forse io non ci sono mai uscita.”

“Um… già.” Lyra sorrise nervosamente.” Io… Io penso di aver chiuso con gli unicorni però… e con la magia.”

Sua madre semplicemente annuì. “Lyra… Abbiamo davvero perso così tanto tempo insieme. Non eravamo lì con te quando avevi quell'età…” Il sorriso le era svanito dalla faccia.

A quell’età, Lyra era un unicorno che studiava magia, e che scopriva gli umani per la prima volta. Quanto era diverso questo posto? Era lì in piedi con un umano a parlare di come draghi e unicorni fossero solo storie inventate per intrattenere i bambini. Era come parlare con Twilight, ma alla rovescia. 

“Dopo che ti abbiamo perso… Beh, nessuno di noi due voleva ripetere di nuovo una cosa del genere, ma sapevamo di volere comunque un figlio…” 

“Non credo che quello che mi sia successo fosse normale.”

“Probabilmente hai ragione.”

Entrambi udirono la porta d’ingresso aprirsi, e sentirono dei passi veloci attraversare l’ingresso. Quindi una piccola bambina umana corse nel salotto… e si fermò appena vide Lyra. Si guardarono l’un l’altra, senza dire niente. 

“Chi sei tu?”

“Um… Io sono — ” Lyra non riuscì a trovare le parole.

“Chloe, ti abbiamo detto che avremmo avuto un ospite, non è vero?” disse la madre di Lyra.

Un uomo seguì la bambina dall’ingresso. Era alto, con una corta barba dello stesso colore grigio-argenteo dei suoi capelli, tagliata accuratamente in modo da incorniciare la bocca. Notò immediatamente Lyra.

“Sei qui…”

Lyra annuì. Non era sicura di cosa dire. Anche se non aveva mai incontrato nessuno di questi umani prima d’ora — e la parte più strana era ancora che loro fossero umani — qualcosa in loro sembrava così familiare. Accogliente.

“Chloe…” L’uomo ritrovò la voce. “Questa è Lyra. Starà con noi per un po’.”

“Perché i suoi capelli sono così?”

Lyra doveva ammettere che si stava chiedendo la stessa cosa. Sia sua madre che sua sorella avevano capelli castani scuri. “È — è perché… Mi piace questo colore, così me li tingo.” Le lanciò un sorriso nervoso. In un angolo della sua mente, valutò di imparare come usare la tintura, in modo da farli tornare al loro colore originale. 

“Chloe, perché non vai di sopra per un po’?” disse suo padre, piegandosi leggermente e mettendole una mano sulla spalla.

Chloe annuì, lanciò un’ultima occhiata a Lyra e quindi si diresse verso le scale.

Lyra girò la testa al suono dei passi sugli scalini. Svanirono in lontananza. Si voltò di nuovo verso suo padre e sua madre. Le facce erano le stesse della sua foto. Le prime vere facce umane che avesse mai visto. Finalmente, suo padre parlò. “È andato bene il viaggio?”

Lei si grattò il retro della testa. “È stato ok.” 

Lui guardò il sofà dietro di lei, e fece un segno verso di esso. “Prego, siediti pure. Mettiti comoda.”

Lei ubbidì. Si sentiva stanca, anche se era stata seduta per ore sugli aerei. Non era stato per niente rilassante, con tutto quel rumore e venendo sparati a centinaia di piedi per aria.

“Sono passati così tanti anni…” disse suo padre. Attraversò la stanza e si sedette davanti a lei. “Pensavamo che non avremmo mai saputo cosa ti fosse successo.” 

Con un po’ di fortuna, non l’avrebbero mai saputo. Diede un’altra occhiata agli unicorni giocattolo di Chloe che erano poggiati sul tavolo. “Vorrei sapere anch’io cosa sia successo… è come ti ho detto al telefono. Prima di stare con la famiglia di Audrey, non riesco a ricordare niente.”

“Come ci hai trovati?”

“Avevo un… amico. Randall. Suonavo con lui in una band,” disse Lyra. “Gli ho mostrato la tua foto, e ti ha riconosciuto. Dai libri. Quindi Audrey ha usato il suo computer e ha trovato degli articoli di giornale…”

Suo padre annuì. “Non ne parleremo con i media stavolta. Quando sei scomparsa, hanno solo reso le cose più difficili.“

“Siamo solo contenti che tu sia a casa ora,” disse sua madre, mettendo un braccio attorno a lei.

Lyra sorrise. “Sì, anch’io.” disse, e poi “Solo una cosa…”

“Sì?”

“Non ho mangiato niente tutto oggi. Avete qualcosa per pranzo?”


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I suoi genitori furono sorpresi dal sapere che era vegetariana. Lyra stava avendo problemi a decidere cosa mangiare, quindi prese una mela da un cestino di frutta in cucina. Non ne mangiava da un po’. Probabilmente da quando avevano finito l’enorme borsa che Bon-Bon era stata costretta a comprare.

Continuarono a parlare durante il pranzo. Ci vollero pochi minuti perché tutti si aprissero, anche se l’imbarazzo non svanì mai via del tutto. Gli disse tutto su Des Moines. Era l’unica cosa che voleva raccontare. Quindi, girò le domande su di loro. Ne aveva decisamente molte. 

“Quella spada sul camino…” disse lei.

“Quella è una storia interessante…” quella domanda portò un piccolo sorriso sulla sua faccia. “È un regalo di un fan. Ho dozzine di storie che potrei raccontare… ho scritto per molti anni, ormai. Prima ancora che tu nascessi.”

“Però, è un’arma…”

“La lama è smussata. Il tipo che me l’ha data possiede una fucina per il metallo, e voleva ricreare la spada di Errian per me. L’ho incontrato ad una convention.”

Lyra annuì. “Stavo leggendo i tuoi libri. Sembri davvero interessato alla… magia. Anche se non capisco davvero il perché.”

“Sono le cose che attirano la gente al fantasy. Tutti vogliono fuggire a volte, verso mondi più interessanti dei propri. Penso sia quello che ci ha aiutato.” Lui guardò dall’altra parte del tavolo, a sua moglie, e poi di nuovo verso Lyra.

Lei fissò la mela e notò come la sua forma sembrasse adattarsi perfettamente alla sua mano. “Forse, su questo, hai ragione.”


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Dopo pranzo, le mostrarono la sua stanza. La stessa dove dormiva da infante, secondo i suoi genitori. Era stata reammobiliata da allora, e non la usavano spesso. 

Suo padre poggiò il trolley alla porta. “Ti serve una mano a disfare le valigie?”

Lei scosse la testa. “No, non ho molto.”

“Allora ti lascio sistemare le tue cose, Lyra.” Le diede un ultimo sguardo, prima di girarsi ed uscire.

Lyra non era davvero sicura di cosa si sarebbe dovuta aspettare. Era solo una stanza, dopotutto.

Era ammobiliata in maniera standard, con un letto, una cassettiera e un comodino, il tutto in legno scuro e lucido. Niente di troppo lussuoso, ma comunque carino. La finestra si affacciava al giardino sul retro, che era composto principalmente da foresta. Ripensando alla stanza degli ospiti a casa di Audrey, e a come si era abituata ad addormentarsi con il suono occasionale di una macchina che passava o di una sirena, questo sarebbe stato invece più simile che mai ad Equestria.

Quindici anni fa — beh, a questo punto, quasi sedici — era stato proprio qui, qualcosa era successo e l’aveva teletrasportata al centro di Canterlot. Una bambina umana, la prima che si fosse vista in Equestra da più di un millennio. Un fatto significativo, nonostante lei finì presto col diventare una delle tante facce nella folla di Ponyville. 

Ma supponendo che non fosse mai successo. Se fosse restata qui. A crescere con i suoi genitori umani, a frequentare la scuola — che starebbe ancora frequentando, probabilmente — e a vivere la sua intera vita da umano a Philadelphia. 

Probabilmente sarebbe diventata come il resto della sua famiglia. Affascinata dalla magia, dai draghi, e… dagli unicorni. Completamente ignara di quanto fosse fantastico questo mondo a confronto. Molti degli unicorni che Lyra conosceva non erano così interessanti. Aveva alcuni amici in Equestria… Non  come qui, però. Anche se si era lasciata alle spalle Des Moines, ne avrebbe fatti di più qui a Philadelphia senza problemi.

Lyra si inginocchiò e cominciò a trasferire i suoi abiti dal trolley nei cassetti. Una volta finito, appoggiò la chitarra nell’angolo della sua stanza. La sua borsa piccola era ancora sul letto. Tirò fuori la foto e la posò sulla cassettiera. Dopo averci pensato un po’, estrasse la lira e la appoggiò accanto alla foto.

Una volta finito di sistemare tutto, Lyra si stese sul letto, con le mani dietro la testa, e fissò il soffitto. 

Era lì. Quella era la sua casa. Era tornata.

Suo padre scriveva libri sulla magia… e sulla guerra. Sua madre dipingeva quadri che sembravano di Equestria. E sua sorella più piccola era apparentemente ossessionata dagli unicorni.

La giornata era stata veramente estenuante. Non si accorse neanche del momento in cui si addormentò.


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Il dottore umano le stava puntando una luce brillante in un’occhio. Lyra strizzò gli occhi e cominciò a lacrimare. Dopo un po’, lui terminò e spense la luce.

Era solo il suo secondo giorno qui a Philadelphia. Lyra era alla sua prima visita medica da umana. Sedeva su un sedile imbottito che era stranamente comodo. La routine era la stessa dei dottori in Equestria. Lo studio era pure simile — fatta eccezione per alcuni diagrammi anatomici, che lei cercò di esaminare con interesse ogni volta che poteva. Schemi dettagliati del corpo umano. Cosa avrebbe dato per averli potuti vedere anni prima.

Il dottore, un giovane uomo con capelli scuri accuratamente pettinati e con degli occhiali dalla montatura sottile e squadrata, le chiese se aveva fatto vaccini per alcune malattie che non aveva mai sentito. Apparentemente gli umani potevano contrarre la “influenza suina”. Aveva quasi confessato di aver già preso l’influenza equina quando era piccola, ma si era fermata in tempo. Non le era ancora chiaro a quante malattie di altre specie fossero suscettibili gli umani. Le infilarono un po’ di aghi nella carne morbida di entrambe le braccia. Era stato anche più doloroso di farsi iniezioni da pony.

Ma sapeva la vera ragione per cui era stata portata qui. Beh, circa. Non capiva in che modo l’avrebbero fatto, ma…

“State cercando di capire se sono davvero Lyra Michelakos, giusto?”

Il dottore annuì. “Abbiamo già preso i campioni. Sono stati mandati al centro analisi e dovrebbero metterci un paio di settimane per avere i risultati.”

Stava parlando probabilmente di quei campioni che avevano preso dall’interno della sua bocca. Non aveva idea del perché lo stessero facendo. Forse gli umani usavano le pozioni, come Zecora. Quelle potevano sopperire alla magia in alcuni casi. Altrimenti, cos’altro avrebbero potuto farci?

Lui tornò in silenzio a scrivere qualcosa sulla sua cartella. Lyra era seduta sul lettino, con le dita aggrappate al bordo inferiore. 

“Questo è il mio vero colore degli occhi” gli disse Lyra.

“La tua famiglia ha una storia di occhi castani.”

“Beh, um…”

“Il color ambra non è molto comune. Non è interamente inaudito che i colori degli occhi cambino nei primi anni dopo la nascita, però è molto raro.”

“Sono… sempre stati di questo colore. Da quanto ne so.” Lei cercò di guardare qualsiasi cosa nella stanza che non fosse lui. 

“Lyra, ricordi —”

“Te l’ho detto, come l’ho detto a papà tante volte. Non ricordo niente prima di Des Moines.” 

“Vivevi lì?”

“Sì. Beh, più o meno. Un’altra famiglia mi ha ospitato per qualche settimana.”

Lui annuì, prendendo altre note. Lyra era infastidita dal fatto che non riusciva a vedere cosa stesse scrivendo. “Come sei arrivata in quella città?”

“Io, um…” Lyra esitò. “Ho camminato.”

“E da dove venivi?”

Lei sospirò. “È tutto quello che so. Non riesco davvero a dirti nient’altro.”

Il dottore scrisse ancora appunti sulla sua cartella. Non disse nulla. Lyra cominciò ad agitarsi, e tornò ad esaminare uno dei diagrammi appesi al muro. L’interno dell’orecchio umano. Si tastò il suo, di come fosse quasi rigido. Molto meno flessibile delle orecchie dei pony. Non aveva mai notato differenze significative nella sensitività, ma solo che era più difficile muoverle.

“Avete parlato con i tuoi… ah, genitori, della terapia?” La guardò da sopra gli occhiali.

Lei si girò a fissarlo direttamente. “Non sono pazza.”

Lui sorrise. “Nessuno di sta chiamando pazza. Siamo solo preoccupati del tuo stato emotivo. Di come ti stai adattando alla tua nuova vita.”

Le ultime tre parole catturarono la sua attenzione. “Cosa intendi con ciò?”

“Non ho personalmente molta esperienza con casi come il tuo, ma gli assestamenti quando i figli vengono riuniti con le loro famiglie perdute, possono essere difficili. Non solo per te, ma anche per i tuoi genitori. E specialmente per la tua sorella minore.”

“Oh. Sì, ha senso.”

“Senti di essere a casa quando sei con loro?”

Lei improvvisamente ricordò quelle statuine di unicorni bianche che aveva visto sul tavolo. Non somigliavano a nessuno di quelli che conosceva, ma erano troppo simili per essere ignorati. “Diciamo di sì.” 

“Buono a sapersi,” disse. “Anche se darò comunque il numero di uno psichiatra a tuo padre.” 

Lei sospirò. C’era un qualcosa nella maniera in cui diceva “tuo padre” che non la convinceva totalmente. L’aveva notato anche da parte dei suoi genitori — come se volessero crederle, come se se lo fossero ripetuto più e più volte, ma non ci credessero ancora del tutto.

“Voglio solo sapere di più di questo test. Quando mi diranno se sono davvero Lyra Michelakos?” E le avrebbe fatto anche piacere sapere cosa facessero esattamente, anche se le parole “test di paternità” sembravano essere abbastanza eloquenti per tutti gli altri. 

“Quei risultati dovrebbero arrivare in circa una settimana.”

Lei si sdraiò all’indietro, la sua schiena pressata contro lo specchio al muro. Solo un’altra settimana. E poi avrebbero avuto le loro risposte.

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Capitolo 21
*** Vivendo in Una Bugia ***


CAPITOLO 21

VIVENDO IN UNA BUGIA
 

Ancora una volta, Lyra si svegliò disorientata di prima mattina. Era comune quando ti trovavi in un posto nuovo. Ma almeno, questo era l’ultimo trasferimento. I risultati del test sarebbero arrivati presto, e lei avrebbe potuto finalmente mettere radici. 

Si trascinò fuori dal letto e percorse il corridoio, oltre lo studio di sua madre e verso il bagno di fronte alla stanza di Chloe.  In quei nove giorni, aveva imparato ad orientarsi in casa.

La prima cosa che notò guardandosi allo specchio fu che i suoi capelli erano un casino totale. Trovò la sua spazzola poggiata sul bordo del lavandino e cominciò a pettinarli.

Era più orgogliosa ora del suo aspetto di quanto lo era da pony.     Certo, somigliava ancora a se stessa da pony, ma solo per il colore dei capelli e degli occhi. Cose che non importavano davvero.

La spazzola si impigliò in un nodo di capelli verdi, e la tirò con forza. Si strofinò gli occhi e sbattè pigramente le palpebre al suo riflesso. Pensò a come sarebbe sembrata con i capelli scuri. Più come un normale umano. Non male.

Guardò le sue dita. Qualche zona si era indurita sulle punte, da quanto suonava la chitarra. Era stato doloroso all’inizio, ma le avevano detto che non erano cose maligne — le sarebbe venuto poi più facile pizzicare le corde. Come li aveva chiamati Randall? “Calli,” ecco come.

Erano principalmente sulla sua mano destra, ma ce n’era qualcuno che si stava formando anche sulla sinistra. Li toccò leggermente, curiosa della strana consistenza ruvida. Sussultò quando la spazzola si impigliò in un altro nodo, quindi tornò a osservare le mani.

Si congelò.

Entrambe le sue mani erano vuote, ma si stava ancora spazzolando i capelli.

Guardò lo specchio di nuovo e intravide un leggero bagliore attorno alla spazzola, prima che cadesse rumorosamente a terra.

Spaventata, si inginocchiò per prenderla, ma… le sue dita erano sparite. Due zoccoli verde menta stavano sbucando fuori dalle maniche al loro posto.


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Lyra si tirò su sul letto. 

Fuori era ancora buio, e completamente silenzioso eccetto per il frinio dei grilli. Si voltò a controllare l’orologio sul comodino. Sopra, vide le cifre illuminate del numero “2:43 AM”. Solo numeri — i suoi genitori lo avevano chiamato “digitale.”

Tirò su le mani per controllare che fossero ancora lì. Sembrava essere tutto in ordine. Si portò una mano alla fronte, giusto per essere sicura che fosse ancora piatta. Fece un sospiro di sollievo.

Davvero si aspettava di trovare di nuovo il suo corno? Certo che no. Gli umani non ne avevano. 

Ma… Era meglio accertarsi che fosse ancora tutto normale. 

Quando i suoi occhi si abituarono all’oscurità, scansionò la stanza. C’era la cassettiera, e quella larga sagoma appoggiata all’angolo era la sua chitarra. Nell’oscurità, poteva a malapena distinguere la forma confusa della sua lira. Era poggiata sulla cassettiera, probabilmente a tre metri da lei. Tentò di ricordare come si faceva — concentrare il potere mentale, lasciarlo scorrere attraverso l’oggetto, sollevarlo.

Non successe niente.

Era stato solo un sogno. Non aveva più la sua magia. Era da pazzi pensare che potesse riottenerla. 

Anche se non era riuscita a sollevare la lira, si sentiva comunque a corto di fiato. La realizzazione di stare usando di nuovo la magia. E la prima cosa che si era chiesta, era il come l’avrebbe dovuto spiegare alla sua famiglia.

Per un paio di giorni, gli aveva ripetuto che aveva perso la memoria, in qualche modo. Si sentiva come un disco rotto, ma cos’altro avrebbe potuto dire? Specialmente dopo quello che era successo con Audrey. Ma… per quanto tempo poteva continuare a mentire alla propria famiglia?

Poggiò la testa sul cuscino e tirò le coperte. Tutto si sarebbe risolto. In qualche modo…


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Un’altra cosa che non era cambiata da quando era un pony — Lyra dormiva fino a tardi. La maggior parte delle volte, almeno. Questa mattina si era svegliata stranamente presto, ma dopo quel sogno, non era proprio riuscita a riposare tranquillamente.

Lyra iniziò lentamente con la sua routine giornaliera. Niente fuori dall’ordinario… Niente magia. Niente zoccoli. Check uno, fatto.

Era passata più di una settimana, e Lyra si stava abituando a come funzionassero le cose in famiglia. Ognuno aveva la propria routine. Certe volte, il suo apparire di colpo li scombussolava, ma i suoi genitori erano comunque felici che fosse tornata. La maggior parte delle volte, almeno. Sembrava esserci ancora qualche traccia di dubbio, ogni tanto, ma quelle sarebbero state presto spazzate via. 

La porta della stanza di Chloe era ancora chiusa. Probabilmente era ancora addormentata. Lyra non era familiare col pensiero di avere una sorella minore. Per gli ultimi sette anni aveva avuto una sorella. Umana. Chloe sembrava si stesse adattando ad avere Lyra sempre attorno, ma non le piaceva molto parlare con lei. E non sapeva nemmeno chi fosse Lyra — se i risultati dimostreranno la sua presunta identità, e Lyra era sicura che l’avrebbero fatto, allora avrebbero detto a Chloe la verità, ma solo allora. Per ora, Lyra era solo “un ospite che stava da loro per un po’”.

Chloe aveva quasi la stessa età delle Cutie Mark Crusaders. Lyra era andata facilmente d’accordo con loro. Ma, per i bambini umani… Cosa facevano? Di certo non erano preoccupati a cercare il loro cutie mark o niente del genere. E Lyra non sapeva davvero molto sui tipi di unicorno a cui era interessata Chloe. 

La stanza dei suoi genitori era in fondo al corridoio. Sua madre era anche lei verosimilmente addormentata. Si sarebbe di certo svegliata presto, per sedersi nella veranda sul retro a fare colazione e poi avrebbe lavorato al suo quadro. C’era un lavoro completato a metà nel suo studio, Lyra lo poteva vedere mentre passava. Sembrava una figura umana con le ali, ma era quasi altrettanto ridicolo di un umano che usasse la magia. 

Lyra si fermò di nuovo nella sua stanza da letto per il libricino che era sul suo comodino. Un segnalibro era infilato a circa tre quarti del volume.  Lei lo prese e lo portò con sé. 

Non c’era ancora nessun altro al piano di sotto. Suo padre era probabilmente già sveglio. Si svegliava prima di tutti gli altri e lavorava alla stesura dei suoi libri. Lui lo chiamava scrivere, ma faceva in realtà tutto su computer e non su carta. Gli umani usavano quelle cose quasi per tutto. Forse Lyra avrebbe imparato come usarne uno, un giorno di questi. “Digitare” suonava divertente.

Posò il libro sul tavolo della cucina e camminò fino alla credenza. La aprì, ma era quella sbagliata. Questa era piena di piatti… Provò quella dopo, e quella dopo ancora. Ancora non riusciva a tenere traccia di cosa fosse dove. Eccola.

Ora, dove erano quelle cose… Quei dolci stretti col ripieno di frutta e ricoperti da un involucro d’alluminio lucido. Cercò negli scaffali e trovò la scatola blu che li conteneva. Era molto in alto. Forse era ancora mezzo addormentata, perché il suo primo istinto fu di levitarlo giù. Scosse la testa e stese le braccia, chiudendo le dita attorno ad esso. Stette lì per un po’, osservandolo con aria assente.

“Buongiorno, Lyra.” Lei ritornò in sé al suono della voce di suo padre.

“Oh… Buongiorno.” Riuscì a sfoggiare un sorriso.

“Ti sei svegliata presto oggi. Va tutto bene?”

“Sì, certo…” I suoi occhi tornarono alla scatola che aveva in mano. “Io ho… solo fatto uno strano sogno stanotte. Che mi sta ancora turbando.”

“Ti ricordi cos’era?” Le chiese.

“No,” rispose. “Sto già scordando perché mi disturbava così tanto inizialmente. Prima sognavo spesso.”

“Quanto tempo fa?”

“Era… Um…” Lei mosse le dita inconsciamente, tamburellandole contro la scatola. Quindi si ricordò cosa stava facendo, e tirò fuori una delle confezioni. “Non lo so bene. Io… li avevo e basta.”

Lui cominciò a fare il caffè. Avevano una macchina che lo faceva automaticamente. Da quanto aveva visto, gli umani erano praticamente dipendenti da quella roba, e i suoi genitori non facevano eccezione.

Lyra si sedette al tavolo e incrociò le gambe, adagiandosi all’indietro sulla sedia. Strappò l’involucro d’alluminio, tirò fuori uno dei dolci e gli diede un piccolo morso in un angolo. Potevi riscaldare quelle cose in una cosa chiamata “tostapane,” ma non le andava oggi. Aveva comunque un buon sapore, anche se un po’ stantio. Bon-Bon sarebbe rimasta probabilmente inorridita, ma il cibo preconfezionato era una parte principale della dieta umana. 

Qualche minuto più tardi, suo padre si sedette di fronte a lei al tavolo con il suo caffè.

“Uh… Papà…” disse Lyra.

“Si?”

“Leggevo il tuo libro.” Era sul tavolo davanti a lei. Batté un dito sulla copertina. “Ci sono delle cose che però mi confondono.”

“Quali?”

“Beh, per dirne una, la magia. Come si usa? Tu dici che loro la possono imparare, ma… possono farlo tutti?”

“C’è bisogno di un’elaborata concentrazione mentale e anni di pratica, ma essenzialmente chiunque può impararla.” Sembrava stesse parlando più apertamente di quanto avesse fatto finora. Era un argomento più facile per lui. “Certamente, la Cittadella non permette a nessuno di entrare. Vogliono proteggere il loro potere ed insegnarlo solo a chi decidono sia degno. Hai letto quella parte, no?”

“Hm…” rispose Lyra. Cercò di ricordare. La prima volta in cui aveva usato la magia, era stato un caso. “Non ho mai pensato che la magia potesse funzionare così.”

“È il bello della magia.” Lui sorrise. “Non è mai stata univocamente definita, così gli scrittori possono mallearla come vogliono.”

Lyra si accigliò. Non era vero... L’esatta natura della magia non era facile da comprendere, anche se la potevi usare, ma c’erano delle basi che erano indiscutibili. Per primo, per avere controllo della magia, avevi bisogno di un corno in cui concentrarla. Ed era molto più facile da imparare di quanto sostenesse suo padre, parzialmente perchè gli unicorni erano concepiti per essere in grado di usarla.

“Oh, e… gli unicorni,” disse lei.

Lui la guardò.

“Ne hai qualcuno in questo libro?” chiese Lyra. Aggiunse subito, “so che a Chloe piacciono, ma… sai com’è.”

“Non ho creature mitologiche nel mio mondo, no. Solo regolari cavalli.”

Erano creature mitologiche, come lo erano tutti gli amici di Lyra e la sua famiglia fino a poco più di un mese prima. Le “cavalcature a cavallo” erano citate di tanto in tanto nel libro. Era come se fossero solo animali. Era difficile da spiegare cosa provava a riguardo. I cavalli somigliavano ai pony solo nell’aspetto.

Molte cose di questa storia erano simili a quelle che si trovavano nei racconti sugli umani che Lyra aveva letto. Non aveva mai trovato umani che cavalcavano cavalli, ma se la Principessa aveva voluto cancellare ogni testimonianza degli umani, quella sarebbe stata una delle prime cose a scomparire. Assieme ai conflitti… Ce n’erano molti anche nella storia di suo padre.

“È… una storia interessante,” disse Lyra. “Certamente non ho mai letto niente del genere prima.”

Lui sorrise. “E ho critici che sostengono sia troppo cliché.”

“Storie del genere sono normali per gli um—” Si interruppe appena in tempo. Era dura far sembrare domande del genere naturali. “È un tema comune per le storie?”

Lui alzò le spalle. “È un genere molto ampio, ma alcune cose sono sempre le stesse.”

Lei annuì, e si voltò verso le finestre.

“È in qualche modo tutto basato sulla storia, non è vero? Tu hai solo aggiunto cose come la magia, e le nazioni...” Lei aspettò una risposta, perché aveva realizzato che il regno di Emathia e la nazione dell’America nella sua testa erano equamente estranee. Per quanto ne sapeva, poteva anche essere un posto vero.

Lui annuì. “Ci sono delle influenze greche. È quello che lo distingue da —”  

“Greche? Intendi come… quelle vecchie storie e canzoni, come quelle che suonavano con la lira. So di aver sentito cose del genere.”

“Metà della nostra famiglia — ovvero, la mia metà — viene dalla Grecia. È da dove viene il nome ‘Michelakos’. Mio nonno viveva lì, ma ho visitato quel paese solo due volte in vita mia.”

“È incredibile!” Gli occhi di Lyra si allargarono. La Grecia era uno dei paesi che l’aveva davvero affascinata da quando aveva visto un certo paio di pagine nel libro di Twilight. Non solo avevano inventato la lira — che era uno strumento molto popolare in Equestria — ma lei era una di loro.

“Sembra che tu sia interessata alle tue origini come me.”

“Solo di recente, ad essere onesta.” Scoprire di non essere originaria di Canterlot aveva incrementato il suo interesse verso la sua persona. “Una volta io —”

“Cosa?”

“Um…” Lyra mosse nervosamente le dita. “Niente. Dimentica quello che stavo dicendo.” Lei terminò la sua colazione e voltò lo sguardo lontano da lui, guardando di nuovo fuori dalla finestra.

“Lyra…” Lui si strofinò il mento. “Il dottore mi ha detto che non avevi niente che non andava.”

“E perché doveva esserci? Sono normale,” disse lei.

Lui sospirò. “Quando ti abbiamo persa, tutti quegli anni fa… Tua madre ed io non abbiamo udito niente. Era tutto sparito, ma non c’erano segni di effrazione, e tutte le porte erano ancora chiuse a chiave. Tu sei svanita nel nulla. E ora sei ricomparsa altrettanto di colpo, e dici che non ricordi niente.”

Lyra calò la testa. Era molto simile a quello che diceva Audrey quando lei faceva l’evasiva. “Io davvero non ricordo. Mi devi credere.” Lei lo guardò negli occhi. “Tu mi credi, no?”

Lui si allungò e mise le mani su quelle di Lyra. “Se c’è qualcosa di cui non vuoi parlare…”

“Io sul serio non ricordo,” insistette. “Mi dispiace.”

Lyra voleva inventarsi una bugia convincente. Ma quanto sapeva realmente del mondo umano? Conosceva Des Moines, aveva a malapena visto Chicago… Ripensò alla lista di città che aveva copiato sul diario all’aeroporto, ma non sapeva come fossero fatte. Qualsiasi cosa sarebbe stata meglio di non dire niente.

Si mise una mano sulle tempie e le massaggiò. “Io… ho bisogno di un po’ di aria fresca. Penso che farò una passeggiata.”

Prima che suo padre potesse dire qualcosa, Lyra si alzò, si mise le scarpe e uscì di casa.


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Non pianificava di stare fuori a lungo — aveva solo bisogno di una passeggiata. Era piacevole e silenzioso lì fuori tra gli alberi. Si teneva sempre lontana dalle macchine, così che l’odore non fosse così avvertibile. Infatti, sembrava quasi di stare nel Bosco del Codabianca. Aveva partecipato alla Corsa delle Foglie qualche volta… quando era ancora un pony.

Aveva quasi fatto un passo falso.

Erano piccole cose, certo. Ma non poteva menzionare cosa le piaceva leggere, perché era il risultato del tempo speso alla Biblioteca di Canterlot da puledra col suo altro padre. E la ragione per cui “solo ora” si era interessata alle sue origini? Era perché aveva sempre pensato di essere solo un ibrido mezzo-unicorno, con la magia più debole come risultato, ma ora era venuto fuori che era discendente di un’antica razza di umani. Non poteva dire niente di se stessa alla sua famiglia, e la cosa stava diventando sempre più difficile. 

Forse davvero non si sentiva ancora a casa qui. Raccontare bugie rendeva le cose impossibili. Ma lei non era sicura se le mancasse davvero Equestria, o solo l’adrenalina da esibizione su un palco, come con Randall a Des Moines… Eppure non voleva rinunciare all’occasione di vivere con la sua famiglia umana, per nulla al mondo.

Costeggiò il lato della strada, dato che non c’era il marciapiede. Un  umano passò dall’altra parte della strada, seduto su uno di quegli strani aggeggi che si muoveva su due sottili ruote. Lyra si fermò ad osservarlo. Sembrava che si muovesse grazie al movimento a pistone delle sue gambe, anche se stava andando molto più veloce su quell’attrezzo di quanto avrebbe mai fatto camminando. Gli umani davvero non finivano mai di meravigliarla.

Prestò molta attenzione ai segnali stradali e alle case che superava. Non aveva intenzione di andare lontano, ma l’ultima cosa di cui aveva bisogno era perdersi. Gli alberi alla fine si diradarono, aprendosi in un quartiere dove le case erano costruite vicine tra loro. Quasi non sembrava nemmeno fosse così lontana da Des Moines, da quanto era simile a questo posto.

Realizzò che questa era la sua città natale. Era nata proprio qui. Si sentiva però a casa? I suoi genitori avevano dubbi su di lei, ma… Lyra era sicura di avere ragione. Doveva essere così.

Per un po’, andò semplicemente dritta, persa nei suoi pensieri, fino a quando non arrivò infine a quello che doveva essere il centro.

C’era qualche piccolo negozio qui. Non era come le grandi città — questi edifici erano a malapena più grandi di una normale casa. In realtà, Lyra realizzò che casa sua era molto più grande di queste.

C’era una ringhiera di metallo piantata nel marciapiede, e un’altro di quei dispositivi a due ruote incatenato ad essa. Lei si inginocchiò, spingendo piano il pedale con una mano. Fece vari clic mentre girava. Quando lo spinse dall’altra parte, fece un po’ di resistenza, e — sì, la ruota si mosse. Aveva imparato come funzionava questa cosa.

Un altro umano le passò velocemente accanto, guardandola strano. Lei si alzò in fretta e proseguì con la sua camminata.

Girando intorno, sembrava ci fossero vari ristoranti qui. Pizza, Cinese, Messicano. Quelli erano tutti nomi di paesi, ne era abbastanza sicura. Un negozio oscurato aveva un cartello “Affittasi” su una finestra vuota. Ad un certo punto, trovò un negozio che sembrava veramente interessante — “Belfield Libri Usati.”

Il campanello risuonò quando aprì la porta. Ebbe un improvviso flashback di quel negozio in cui era entrata a Des Moines, poche ore dopo essere arrivata nel mondo umano, ma questa volta poteva permettersi di guardarsi intorno. E non era per niente nervosa a parlare con l’umano dietro il bancone.  

Era una femmina, più grande di lei, ma ancora ragionevolmente giovane. Sembrava persa in un libro, anche se c’era qualcosa davanti a lei sul tavolo che poteva essere un computer. Aveva un disegno illuminato di una mela sul lato rivolto verso Lyra.

“Stavo cercando un libro sulla storia umana,” disse Lyra, con lo sguardo rivolto a quello che poteva-essere-un-computer.

La ragazza alzò lo sguardo verso di lei. “Qualche periodo specifico?”

“Tutti.”

Lei iniziò a ridere, ma poi realizzò che Lyra era impassibile. Guardò una sezione degli scaffali. “Vediamo, laggiù c’è il reparto di saggistica. Stai cercando la storia americana, o… Immagino tu voglia la storia mondiale, vero?”

America. Lyra sapeva che era dove si trovava ora, ma non molto altro. “In realtà, so qualcosa degli altri paesi, ma non molto sull’America. Hai libri sull’argomento?”

“Certamente.” L’umano al bancone si interruppe. “Sei straniera? Non sembri avere un accento riconoscibile, ma — “

“Sono americana. Solo… sto iniziando ora a studiare storia. Ho bisogno di un buon quadro generale.”

“Certo…” Lei annuì lentamente. “Non l’hai studiata a scuola?”

“La mia scuola era… diversa.”

La ragazza girò da dietro il bancone. “Ti aiuto a trovare qualcosa. Si prospetta comunque una giornata fiacca.”

Appena uscì, Lyra le offrì una mano. “Il mio nome è Lyra. Sono più o meno nuova in città.”

“Monica…” La negoziante ricambiò la stretta di mano. “Un attimo, quei capelli…” Per qualche ragione, scoppiò a ridere. “Tu esisti davvero.”

“Cosa? Certo che esisto,” disse Lyra. “Che intendi?”

“Parlavo con un mio amico l’altro giorno. Mi diceva che aveva incontrato una qualche ragazza dai capelli verdi su un aeroplano che sosteneva di essere la figlia perduta di Thomas Michelakos. E dubito che ci siano molte Lyra dai capelli verdi in questa città.”

Lyra fu presa di sorpresa. “Conosci Paul?”

“Viene qui saltuariamente,” disse Monica. “Quanto è piccolo il mondo, eh?”

“Non credo proprio…” disse Lyra. Il viaggio in aereo aveva provato il contrario.

“Quindi abiti con il signor Michelakos ora? L’ho incontrato qualche volta, viene qui di tanto in tanto. So che ha una figlia piccola, ma non avevo mai sentito parlare di te. Immagine che è questo il motivo per cui ti chiamano ‘perduta da tempo’.”

“Già… Um, i suoi libri sono molto popolari, non è vero?”

“Puoi dirlo forte,” disse Monica.

Lyra guardò gli scaffali che si estendevano fino al muro sul retro. Erano divisi in sezioni — fiction, storia, viaggi. Non sapeva neanche da dove cominciare. Ed era difficile fare domande dirette senza ricevere occhiate strane e altre domande di rimando.

“In ogni caso, dicevi che volevi storia americana.”

Lyra annuì. Se l’era quasi scordato. “Esatto.”

Monica la guidò tra le fila di scaffali fino ad una sezione vicino il retro del negozio. “Questo è quello cha abbiamo. Sentiti libera di…” Lyra aveva già tirato fuori un volume che aveva attirato la sua attenzione e lo stava sfogliando mentre guardava gli occasionali diagrammi e illustrazioni. “Guardarti intorno,” finì Monica.

“Domanda veloce. Potrà suonarti strano, ma… siamo nell’anno 2012, no?” chiese Lyra, gli occhi ancora fissi sul libro.

“Da un po’ di mesi, sì.”

“E l’America è stata fondata nel 1776.” Alzò lo sguardo. “Questo paese non è molto vecchio.”

Monica alzò un sopracciglio. “Davvero non sai niente? Sto cominciando a capire perché Paul ti trovasse così interessante…”

Lyra la ignorò. “Penso che questo vada bene. Lo prendo.”

“Uh… Bene. Felice di esserti stata d’aiuto.”

“Oh, e, um…” Lyra si grattò dietro la testa, e mormorò, “Unicorni.”

“Puoi ripetere?”

“Beh, è… Per mia sorella,” Lyra disse velocemente. Era in parte vero, Chloe era la principale ragione per cui voleva condurre questa ricerca. “Lei ama gli unicorni. Hai dei libri su di loro?”

“Intendi, tipo, libri per bambini?”

“Quello che hai.” Se gli unicorni erano davvero solo storie per bambini… Allora doveva accettarlo, era così in questo mondo. Non importava davvero.

Lyra ci aveva pensato seriamente solo dopo aver vuotato il sacco con Audrey, ma gli umani sapevano qualcosa degli unicorni. Era strano, in realtà — come facevano a conoscere gli unicorni nonostante non ce ne fossero in giro. Eppure, anche in Equestria era la stessa cosa. Le sembrava fosse tutto al contrario da quando era tornata a casa. Ma ora stava cominciando a trovare delle risposte.

Monica guardò in giro per il negozio. “Vedo cosa posso trovarti.”

Lyra la seguì fino ad una sezione di scaffali etichettata “Fantasy.” E certo. Entrambe analizzarono i titoli stampati sui dorsi colorati dei libri.

“Ce n’è uno di papà,” disse Lyra.

“Già,” disse Monica. Guardò verso di lei. “Com’è stato, intendo scoprire chi fossi? Avevi mai sentito parlare dei suoi libri prima?”

“No… Non credo proprio. Li sto leggendo ora, però.”

“Capisco…” Monica si accovacciò per osservare uno degli scaffali in basso, quindi tirò fuori un libro. Lo guardò per un momento, e poi si alzò e lo porse a Lyra. “Penso che questo sia il meglio che ho al momento.” 

Lyra abbassò lo sguardo per vedere la copertina. Un semplice unicorno bianco — senza cutie mark, anche se lui (o lei, era difficile capirlo) era già adulto — in mezzo alla foresta. A bere direttamente da un fiume. Il che era semplicemente disgustoso, completamente barbarico. Alzò un sopracciglio. “Così questo è un… romanzo?”

“Ed è anche abbastanza popolare. Ha pure un film, ma non sono sicuro di avercelo in negozio.”

“Intendi, come quelli che mostrano in TV?” chiese Lyra. “Penso che leggerò questo invece… Voglio dire, mi piace il concetto dei film. È come guardare uno spettacolo ogni volta che vuoi. Solo non riesco a fissare una scatola in quel modo per molto tempo.”

“Dici davvero? Sei una degli ultimi della tua specie,” disse Monica con un sorriso. “Sembra che la gente non legga più così tanto quanto dovrebbero ai giorni nostri.”

Lyra guardò il libro nelle sue mani. “È questo davvero il meglio che hai sugli unicorni? Speravo in qualcosa di più… informativo. Concreto.”

“Non sono certa, ma posso controllare nella sezione della mitologia. Dubito però che qualcuno ci abbia scritto un manuale sopra.”

“Giusto… Perchè gli unicorni non sono reali,” disse Lyra. “E la magia è completamente inventata.”

“Uh… già,” disse Monica, guardandola strana. “Quindi è tutto? Posso farti pagare al bancone.” Indicò col pollice un punto dietro le spalle.

“Dovrebbero andare bene per ora. Grazie per l’aiuto a trovarli,” disse Lyra.

“Nessun problema.” Si diressero alla parte frontale del negozio. Monica girò attorno al tavolo e si mise dietro alla cassa. Lesse di nuovo i titoli mentre Lyra le porgeva i libri. “Hai proprio un’interessante scelta di argomenti qui.” Li fece scivolare dentro una bora di carta marrone non brandizzata. 

“Si può dire che ho un ampio spettro di interessi. Ho sempre letto molto,” disse Lyra alzando le spalle.

Monica annuì. “È una buona abitudine da avere. Senza parlare del fatto che mi mantiene in business. E a proposito di tuo padre,” disse lei. “Digli ‘ciao’ da parte mia.”

“Ok, lo… lo farò.”

“E so che non è esattamente garbato ficcare il naso, ma… Percepisco che c’è qualcosa che ti turba, non è così? Hai qualcosa di pesante nella tua testa, di cui non vuoi parlare con nessuno.”

“Cosa? No, non c’è — Non sto nascondendo niente,” disse Lyra. “Perché dovrei —”

“Ecco. Questo è esattamente quello di cui stavo parlando. Ti comporti in modo così strano.” La voce di Monica era calma, e Lyra tacque. “Non ti chiederò cos’è, ma… Se è davvero così importante, non riuscirai a nasconderlo per sempre.”

“Non ho scelta.”

“Fidati di me. Prima o poi dovrai toglierti questo peso dallo stomaco. Ti sentirai meglio. Solo questo.” Le porse la borsa da dietro il bancone, e Lyra la prese con le mani leggermente tremanti. “Prendilo come un consiglio gratis.”

“Immagino… di doverti ringraziare.”

“Di niente.” Monica le offrì un sorriso. “Ti vedrò di nuovo?”

“Probabilmente.”

“È stato un piacere incontrarti, Lyra.”

“Sì… Anche per me.” Lyra si girò e si diresse alla porta senza dire un’altra parola. 


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Lyra ritrovò facilmente la via di casa in mezzo alle case. Si perse solo una volta. Non erano passate più di un’ora o due da quando era uscita. Forse si sarebbe dovuta scusare. Suo padre era probabilmente preoccupato.

Qualche parte di lei non gradiva che la trattassero ancora come una bambina. Aveva pagato l’affitto — o comunque, metà di esso — per diversi anni. Ma forse era meglio stare con i suoi genitori qui. Non è che sapesse come cavarsela da sola in questo mondo. Doveva cominciare ad impararlo. 

Pensò a quello che le aveva detto Monica. I suoi genitori si erano accorti che si comportava in modo strano? Se l’aveva fatto Monica, allora probabilmente sì, se n’erano accorti anche loro. Ma… non poteva dirgli tutta la verità. 

Passò la cassetta delle lettere a lato della strada e percorse il lungo vialetto verso casa, superando entrambe le macchine della sua famiglia — una era quella rossa e grande che aveva preso per tornare dall'aeroporto, l’altra era nera e più piccola.

La sua mano si chiuse attorno alla maniglia e la spinse per aprire la porta. Con un sorriso inquieto, cercando di dare l’impressione che non fosse successo niente di male, entrò in cucina.

Entrambi i suoi genitori erano seduti insieme. Una pila di lettere giaceva sul tavolo. Ne stavano leggendo una — un foglio di carta che era stato piegato un po’ di volte. C’era qualcosa sulle loro facce…

“Sono tornata,” disse Lyra, posando i libri su un mobile. 

Sua madre alzò lo sguardo dalla lettera. “Lyra?”

“C’è… c’è qualcosa che non va?” chiese lei. Si stavano comportando stranamente…

Senza un’altra parola, sua madre si alzò e la strinse in uno stretto abbraccio. Lyra notò le lacrime sulle sue guancie.

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Capitolo 22
*** A Grande Distanza ***


CAPITOLO 22

A GRANDE DISTANZA



“Quindici anni,” disse sua madre. “Sei sparita per quindici anni.”

“Lo so, ma…” Lyra si staccò lentamente, e vide che suo padre era ancora su quella lettera. Realizzò in quel momento cosa conteneva. “Sono i risultati?” Chiese, avvicinandosi per vedere.

Il foglio era occupato in gran parte da una tabella piena di numeri. Lyra strabuzzò gli occhi, cercando di capire quali fossero le cose importanti da leggere. Non si aspettava qualcosa di così complicato. Suo padre mise un dito sotto il numero che stava sul fondo.

Probabilità di parentela — 99.124%

Non era formulato nella maniera che Lyra si aspettava, ossia un semplice “sì” o “no”. Sembrava più una delle cose che Twilight avrebbe compreso meglio di lei, ed era strano che avesse una parte decimale così ampia. Ma era comunque un buon numero.

Era chiaro cosa significava. Lei era chi pensava di essere — quelli erano davvero i suoi genitori biologici. Ma forse ancora più importante, confermava che lei era una vera umana. 

Lyra cercò di leggere le colonne sopra il risultato finale. “Cosa significa tutto il resto?” chiese, toccando il foglio con le dita.

“Solo poche voci del test non hanno trovato riscontro,” spiegò suo padre. “Dicono che probabilmente è solo una semplice mutazione.”

“Mutazione?” ripetè lentamente Lyra. Non suonava come una cosa positiva.

“È molto comune in questi test. Accade spesso con l’età. Potrebbe anche essere un errore del processo in sè. Ma è innocuo.”

“Sì… Sarà per quello.” Si aggrappò inconsciamente con le mani ai capelli. Crescevano ancora da soli bianchi e verdi. Non marroni.

Prima o poi dovrai toglierti questo peso dallo stomaco. Ti sentirai meglio. 

Sua madre le mise una mano sulla spalla. Lyra si girò a guardarla. “Scusaci se ci siamo comportati come se non ti credessimo.” 

“No. Lo capisco,” disse Lyra. “Per un po’... Non ero più sicura neanch’io.”

Ma adesso si trovava lì. E non era più una domanda — era il luogo a cui apparteneva. Un’umana — assieme a questi umani.

Ci fu un suono di passi leggeri sulle scale. Chloe oltrepassò l’entrata ed entrò in cucina. Assonnata, si strofinò gli occhi e notò che si trovavano tutti lì, in piedi davanti al tavolo. “Che succede?” chiese.

Il padre di Lyra le si avvicinò e si chinò. “Tesoro… Abbiamo una bella notizia. Lyra vivrà con noi da ora in poi.”

“Huh?” Chloe inclinò la testa, guardando verso Lyra, e poi di nuovo suo padre. “Cioè... per sempre? Perchè?”

“Lei è tua sorella maggiore. E adesso starà di nuovo insieme a tutti noi.”

“Come può essere mia sorella? È strana,” disse Chloe, facendo una smorfia.

“Su, non è ve— “

Lyra rise. “Va… va tutto bene. Davvero. Stavo proprio pensando di ting— voglio dire, di lavare via la tinta.” Portò la mano in su a toccarsi le ciocche bianche.

“Sono sicura che ti abituerai ad averla attorno. Tuo padre ed io abbiamo sentito molto la sua mancanza,” disse sua madre.

“Ma da dove viene?”

Lyra incominciò a sentirsi a disagio. “Beh…”

“Non sappiamo dov’è stata, solo che ora è tornata a casa,” disse suo padre.

“Non l’ho mai vista prima!” disse Chloe. “Perché non me l’avete fatta vedere prima?”

Suo padre cominciò, “È molto difficile da — “ Ma Chloe scappò via dalla stanza e salì sopra prima che potesse concludere la frase. Lui sospirò, e tornò da Lyra al tavolo. “Le parleremo dopo.  È dura per lei accettare la cosa in fretta. Non le abbiamo mai neanche menzionato che avesse una sorella maggiore.”

Lyra annuì. “Lo so. Non pensavate sarei mai tornata. Lo capisco.”

“Esattamente.”

E in realtà, era un miracolo che fosse successo. Se non avesse trovato quei libri sugli umani tutti quegli anni orsono negli archivi di Canterlot, ora sarebbe ancora in Equestria. Senza parlare dell’essere riuscita a trovare i suoi genitori una volta tornata nel mondo umano.

“Siamo davvero felici che sei di nuovo qui, Lyra. Anche se non puoi dirci perché,” disse sua madre, mettendole di nuovo un braccio attorno alle spalle.

“Grazie. Ma è ok. Anche lei capirà prima o poi, no?” Lyra guardò sua madre, e poi suo padre. “Di solito, ci so fare meglio coi bambini…” Ai loro sguardi, calò la testa e aggiunse “O almeno, è quello che credo…”


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Lyra aprì il suo diario e trovò il pezzo di carta strappato che aveva infilato tra le pagine. Si era posizionato tra i suoi vecchi disegni — gli studi in cui comparava le dimensioni di un umano con quelle di un pony. Erano abbastanza accurati — aveva stimato che l’altezza di un pony fosse poco meno della metà di un umano, quando in realtà era più vicino ai due terzi.

Sorrise al ricordo di quando li aveva disegnati. Era stato quando gli umani sembravano ancora creature completamente strane e misteriose. Tirò fuori quello che stava cercando e chiuse di nuovo il diario. Lesse il pezzo di carta. Solo un codice numerico col nome di Audrey sopra. Lo portò al piano di sotto con sé e cercò il telefono.

Anche se non l’aveva mai ammesso alla sua famiglia, provava una scarica di adrenalina ogni volta che usava una di quelle cose. Era un’incredibile invenzione umana, una di quelle che non si era mai sognata potessero essere possibili, eppure esisteva e lei la stava usando in quel momento.

Pressò ogni numero con il dito. Quando se lo mise all’orecchio, sentì quel ronzio ora per lei familiare, e inclinò la testa per tenere la cornetta ferma sulla sua spalla. Aspettò di sentire una voce. Successe tutto di seguito.

“Pronto?” Era difficile da discernere, ma sembrava una voce femminile.

“Audrey?” chiese Lyra.

“No, sono sua madre. Posso chiedere chi è lei?”

“Oh, um — scusi,” balbettò Lyra. Si ricompose e rispose “Sono Lyra. C’è Audrey?”

“Lyra? È bello sentirti di nuovo! Come vanno le cose?”

Lyra sorrise. “Va tutto alla grande. Assolutamente al meglio.”

“Aspetta solo un momento. Ti chiamo Audrey.”

Calò il silenzio dall’altra parte, Lyra appoggiò la schiena al muro mentre aspettava. Poteva udire delle voci lontane. E poi: “Lyra?”

“Audrey! Ciao, quanto volevo sentirti di nuovo.”

“Come è andata con i tuoi?” chiese Audrey. Lyra percepiva ora la differenza di voce tra Audrey e sua madre, anche se la trasmissione lo rendeva difficile. Era il problema di quegli aggeggi — non potevi vedere l’altro umano, e modificava anche le voci. Nonostante ciò, era uno strumento molto utile. Non esisteva niente di simile in Equestria.

“I miei genitori mi hanno fatto fare un qualche tipo di test. Per dimostrare che fossi davvero loro figlia,” disse Lyra.

“Ah, già. Tuo padre me l’aveva detto…”

“E ora sono arrivati i risultati. Avevo ragione. Sono davvero Lyra Michelakos.” Le piaceva tantissimo come suonasse quel nome — era senza dubbio un nome umano, e discendeva dai suoi avi greci. Quelli che avevano inventato la lira.

“È… una notizia stupenda!” disse Audrey.

“Già,” disse Lyra.

“Non riesco ancora a crederci che li abbiamo trovati… Abbiamo avuto una fortuna assurda.”

“A proposito, hai parlato con Randall ultimamente?” disse Lyra.

“Era tuo amico, non mio,” disse Audrey. “Non ho idea di che cosa faccia di questi giorni.”

“Hmm… Sai, stavo pensando di cercare un’altra band qui. Per tornare a suonare la chitarra,” disse Lyra. “Mi manca tanto.”

“Sì, ma, Lyra…” Audrey abbassò la voce. “Stai.. bene, vero? Niente più… cioè, hai raccontato alla tua famiglia…”

Di Equestria? Lyra capì che stava cercando di dirle quello. “No, come ti ho detto. Stavo solo… Scherzando. Davvero. Non avrei dovuto dire niente,” disse Lyra. “Stiamo cominciando a lavorarci su… Senza avere idea di cosa sia successo, ovviamente. Non ricordo ancora nulla.”

“È proprio quello che mi preoccupa. La perdita di memoria di solito non è un buon segno.” 

“Ma sto comunque bene. Va tutto bene,” disse Lyra. “Però non ho nessuna voglia di parlarne adesso.”

Sentì Audrey sospirare dall’altro capo. “Ok… E per il resto come ti va là?”

Lyra si illuminò di nuovo. “Benissimo! Ho trovato un bel negozio di libri oggi…”

Parlò con Audrey un altro po’ di tempo. All’aeroporto era sembrato che si stesse lasciando tutto alle spalle, ma… non era esattamente così. Grazie alla tecnologia umana, poteva ancora parlare con i suoi amici di Des Moines. Non era come lasciare Equestria, sapendo che tutti i collegamenti con i suoi amici sarebbero andati persi…


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Era un giorno strano, e Lyra si sentiva come se fosse tornata a Ponyville, stando sveglia fino a tardi a studiare la storia umana.

Il libro che aveva comprato sulla storia dell’America era solo uno degli innumerevoli disponibili in questo mondo. Una volta finito con questo, poteva tornare in libreria e trovare tonnellate di altre informazioni. La sensazione di scoprire antichi segreti non era la stessa — non c’erano volute delle ricerche negli archivi, i libri erano nuovi e su pagine bianche e pulite. Senza menzionare il fatto che stava usando proprio le sue mani per girare le pagine. Ma era comunque eccitante. Le tremavano le mani dall’impazienza quando cominciò a leggere. 

Questo nazione d’America aveva poco meno di due secoli e mezzo di storia. Paragonato a quanto a lungo era esistita Equestria, non era niente. L’esilio della Principessa Luna da solo era durato più di quattro volte quel tempo. E solo pensare che — alla prima vista mozzafiato di Des Moines, Lyra aveva creduto che la città esistesse da millenni. 

Il libro cominciava dalle basi. Non c’erano Principesse in questo paese — o un re, o una regina. Avevano una cosa chiamata “presidente.” Chi fosse l’attuale, Lyra non ne aveva idea. Avevano dei mandati da quattro anni, e il libro non era così recente, quindi quello in carica nel 2012 era già stato sostituito.

A diciott’anni, gli umani potevano votare per il nuovo presidente, oltre che per ad altre cose.

E questo le fece realizzare che il suo compleanno era vicino. L’estate stava quasi per finire, lasciando presto posto all’autunno. Avrebbe compiuto diciassette anni in poche settimane probabilmente. Non era sicura della data esatta, dato che la sua famiglia in Equestria non conosceva il giorno giusto, ma il suo compleanno era stato sempre in autunno, quindi doveva essere vicino. 

Non era ancora abbastanza grande da poter partecipare al governo umano. E non era neanche abbastanza grande per bere. O per vivere da sola. Ecco perché Bon-Bon l’aveva sempre rimproverata di essere così infantile. 

Lyra non aveva pensato molto a Bon-Bon ultimamente. Però, era meglio così. Avevano preso strade diverse. Bon-Bon avrebbe vissuto la sua vita come un normale pony, guadagnandosi tranquillamente da vivere in Ponyville, e Lyra aveva avuto, contro ogni possibilità, la chance di vivere la vita di un “normale” essere umano. In questo posto chiamato “America.”

Tornò al libro davanti a lei, cercando altre informazioni su cosa volesse dire quel nome.

Era alla storia antica del paese. Menzionava alcuni paesi che le erano più familiari. Inghilterra, Portogallo, e, sì, anche la Francia. L’America si era separata dall’Inghilterra, e ciò spiegava perchè chiamassero la lingua “inglese.” Non spiegava perché coincidesse col dialetto di Equestria che Lyra aveva sempre parlato. Si domandò se avrebbe mai trovato una risposta.

Ma, per essere riconosciuti come nazione, quegli antichi americani umani avevano dovuto…

“No…” disse a bassa voce Lyra. 

Gli umani avevano combattuto tra loro, e non avevano neanche avuto bisogno di Discord per far partire le ostilità. Continuò a leggere e — sì, ce n’erano anche altri. Sembrava che gli umani dividessero la loro storia a seconda delle guerre che avvenivano. 

Lyra non ce la fece a continuare.

Dopo il Galà, quando la Principessa Celestia le aveva raccontato degli umani, aveva detto che la guerra era una parte imprescindibile della natura umana. Anche prima di Discord, combattevano tra loro per ogni motivo riuscissero a trovare. Lyra aveva passato allora due notti insonni a domandarsi se quello era davvero ciò che gli umani — la sua stessa specie — avevano fatto. 

Era venuta in questo mondo per assicurarsi che gli umani fossero migliori di così.

Ma qui, in questo mondo, non avevano mai totalmente messo una fine alla loro stessa specie. E i libri sembravano sapere che le guerre fossero cose terribili, era chiaro da come le descrivevano. Andando avanti con le pagine, lesse che alcune delle guerre più recenti erano state motivo di proteste. Gli umani sapevano che non era giusto… Dovevano saperlo.

C’erano state così tante guerre nella storia americana, che avevano classificato i periodi della storia basandosi su di esse, e nonostante ciò, Lyra non riusciva a capire come si potesse anche solo iniziarne una. Cosa portava un umano a pensare che fosse quella la maniera giusta di risolvere un conflitto?

Aveva vissuto in un quartiere così grazioso, e aveva fatto amicizia con tanti e diversi tipi di umani. Era difficile accettare che fossero come li aveva descritti la Principessa Celestia.

Le cominciò a far male la testa. Ci sarebbe tornata un’altra volta.

Mise da parte il libro di storia e prese l’altro. Questo sarebbe stato meno angosciante, ne era sicura. Era un romanzo — L’Ultimo Unicorno. L’unicorno in questione era bianco immacolato e senza cutie mark. Lui (o lei) assomigliava molto a quei cavalli che aveva visto nello Iowa. Si chiese se questo unicorno sapesse almeno parlare.

Lyra aveva già dubbi su questo libro, ma doveva scoprire cosa ne pensassero gli umani degli unicorni. Forse erano disinformati su di essi tanto quanto i pony lo erano degli umani.

E sembrava proprio che fosse così. Questo unicorno era così elegante e splendido e stupido che non aveva praticamente personalità, e viveva in una foresta invece che in una città civilizzata… Ma la riga all’inizio che raccontava come quest’unicorno “non fosse più dell’incurante colore della schiuma del mare” la fece rabbrividire. Era solo una coincidenza… Molti unicorni avevano quel colore. C’era lei, e poi c’era… Altri. Solo non riusciva pensare ad un nome in quel momento.

Lyra non aspettava che questo libro fosse così frustrante da leggere. Dopotutto, che le importava degli unicorni? Era solo semplice curiosità di cosa interessasse a sua sorella minore, più che suo reale interesse personale… Sbadigliò, e mise il libro sul comodino assieme all’altro, mentre le si chiudevano gli occhi...


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Il telefono cominciò a squillare — in un modo strano, aveva quasi una tonalità musicale, ma divenne presto irritante.

“Puoi prenderlo tu, Lyra?” le disse suo padre dall’altra stanza.

Lyra si alzò, attraversò la stanza fino al telefono e rispose. “Pronto?” Disse, come si usava tra gli umani.

“Lyra? Oh, grazie al cielo. Ho passato ere a cercare di contattarti —”

Lei trasalì. “Uh, chi parla?” Era sempre difficile identificare le voci. Anche se questa suonava stranamente familiare.

“Dai, Lyra. Non sei stata via così a lungo. Non dirmi che ti sei già scordata della tua vecchia coinquilina!”

Le si allargarono gli occhi. Alzò la mano per premere il telefono ancora di più alla sua faccia. “Oh cavoli, Bon-Bon? Sei davvero…”

“Ah, allora ti ricordi! Sono lusingata.”

“Non riesco a crederci che sei davvero tu! Come stai?”

“Lo stesso di sempre, anche se la casa è decisamente più silenziosa… E tu? Hai preso e sei scomparsa senza dire una parola. Vorrei sapere cosa ti sia successo di così importante.”

“Qui è tutto fantastico, Bon-Bon!” disse Lyra. “Vorrei che potessi vedere questo posto. Philadelphia è una città enorme. E ce ne sono molte altre come lei. Ci sono umani dappertutto.”

“Sembra che tu ti stia divertendo.” La voce di Bon-Bon era piatta. Lyra riusciva a immaginare il suo broncio.

“Ci puoi scommettere! Dicevi che non non esistevamo nemmeno,” disse Lyra. Si fermò, e spostò il telefono che aveva all’orecchio. “Aspetta. Bon-Bon, come hai fatto a —”

Lyra si tirò su sul suo letto, a guardare la stanza da letto buia. Gemette all’istante, e si ributtò indietro. Si passò le dita fra i capelli. Cosa c’era che non andava in lei? Pensava davvero che Bon-Bon fosse riuscita a trovare un telefono per chiamarla e sapere come stava?

Tirò un sospiro profondo. Passerà. Prima o poi, sarebbe finito tutto. Dopotutto, l’avevano dimostrato. Lei era un’umana… Anche se qualche volta non era come si sentiva.


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Un pomeriggio, Lyra portò il libro fuori, nel portico sul retro, e si accomodò in una delle sedie di legno, preparandosi a reggere altra dolorosa disinformazione. A dire il vero, questo “Peter S. Beagle” probabilmente non si aspettava che un ex-unicorno potesse leggere il suo libro. Proprio come suo padre aveva detto a riguardo dei propri libri — la magia era “inventata”, quindi gli scrittori potevano farci quello che volevano.

Però questo era davvero ridicolo. Non solo l’unicorno non aveva un cutie mark (non era mai menzionato nella storia, ma si vedeva già sulla copertina), ma non aveva neanche un nome. In più, viveva in un bosco, non in una regolare casa come un pony civilizzato. Lyra alzò lo sguardo verso gli alberi tutt'intorno a lei. Beh, anche lei viveva in una foresta adesso. Mentre in Ponyville stavano tutti alla larga dalle foreste. Era quasi ironico.

Non aveva senso come questo unicorno potesse vivere da sola e non realizzare che era “l’ultima della sua specie.” O di come ci fossero umani nello stesso mondo degli unicorni, e nessuno pensava fosse strano. E ancora più bizzarro, gli unicorni non potevano usare la magia, ma il suo compagno umano poteva. A Lyra piaceva di più l’umano. Era un po’ maldestro, ma sembrava essere quello che portava a termine il lavoro.  Più di quello che poteva dire su questo unicorno.

Le sue dita sfogliarono lentamente le pagine, e considerò di mettere da parte il libro e tornare dentro. Ma poi — mentre l’unicorno senza nome veniva rincorso da un malvagio toro, o qualsiasi cosa fosse — successe una cosa.

Il mago umano con cui stava viaggiando la trasformò in un’umana.

Lyra sorrise. Finalmente, stavano per inculcare un po’ di buon senso nella testa di quest’unicorno. Lyra ricordava l’esatto momento quando era successa la stessa cosa a lei — l’iniziale confusione, e come fu subito rimpiazzata dal sollievo e poi dalla pura gioia una volta mosse le sue dita ed essersi alzata sulle sue due gambe per la prima volta.

Ma… qualcosa era andato storto. 

L’unicorno si stava comportando come se il diventare umano fosse una cosa terribile. Che problemi aveva? Gli umani potevano fare così tante cose in più, ed erano pure molto più belli. E quest’unicorno non poteva neanche usare la magia. Era scioccata di trovarsi ora in un “corpo mortale” o qualcosa del genere. Da quando Lyra era arrivata qui e viveva con la sua famiglia, si sentiva in realtà più giovane. 

Lyra dovette lottare il suo istinto di lanciare il libro in mezzo al cortile. Alzò invece lo sguardo al suono della porta sul retro che si apriva, notando che Chloe era uscita fuori.

“Che libro è quello?” chiese lei. Manteneva ancora le distanze, stando nella parte opposta della terrazza.

Lyra chiuse il libro e lo sollevò per farle vedere la copertina. “Si chiama L’Ultimo Unicorno.” 

“Piacciono anche a te gli unicorni?” chiese Chloe. Si avvicinò leggermente, con gli occhi fissi sul libro. 

“Beh…” La faccia di Lyra si contrasse. “Circa. Volevo sapere solo di cosa parlava questo libro, nient’altro.”

Chloe annuì e guardò altrove. Lyra fissò di nuovo l’illustrazione sulla copertina. Forse stava reagendo troppo duramente a quello che diceva il libro — dopotutto, lei non era mai davvero stata un unicorno. Era sempre stata tecnicamente un umano.

La colpì un’idea. “Chloe, tu sembri sapere un sacco sugli unicorni,” disse Lyra. Ingoiò il nodo che si era formato nella sua gola, e chiese “Hai mai… sentito parlare di Equestria?”

Sembrava strano dirlo ad alta voce. Lyra dovette sforzarsi per farlo uscire. Eppure, ora che l’aveva detto, si sentiva già meglio. Forse Monica aveva ragione. Aveva solo bisogno di toglierselo dal petto. 

“No. Cos’è?” chiese Chloe. “È quello di cui parla il tuo libro?” Lo puntò con un dito.

Lyra sorrise. “No, questo libro non sa un’acca sui veri unicorni.”

“E tu allora, che ne sai tu su di loro?”

“Equestria è dove vivono tutti gli unicorni. Ma ci sono anche pegasi, e pony di terra. Solo gli unicorni possono usare la magia, ma tutti i pony sono comunque importanti.”

Chloe sembrava interessata ora. “Dove hai imparato queste cose?”

“Oh, beh… è solo una storia che ho sentito,” disse Lyra.

Chloe si sedette sulla sedia vicina a quella di Lyra, e si sporse verso di lei. “Raccontala.”

Lyra sorrise. “Da dove posso incominciare…”

Le parlò di Canterlot, la capitale dove vive la Principessa. E di Cloudsdale, dove i pegasi controllavano il clima di Equestria. E dei pony che vivevano a Ponyville — Twilight Sparkle, l’esperta di magia; Fluttershy, con tutti gli animali di cui si prendeva cura; Pinkie Pie, che lavorava all’Angolo Zuccherino e faceva uscire pazza la sua collega Bon-Bon ogni singolo giorno…

E naturalmente, di un unicorno musicista chiamata Heartstrings.

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Capitolo 23
*** Un Altro Anno in Più ***


                   

CAPITOLO 23

UN ALTRO ANNO IN PIÙ

 

Il diciassettesimo compleanno di Lyra era arrivato prima del previsto. La sua famiglia a Canterlot non sapeva la data, l’avevano provata ad indovinare e avevano sbagliato di poche settimane. Per la prima volta nella sua vita, avrebbe festeggiato il suo compleanno nel giorno esatto.

Questa festa (se la si poteva davvero chiamare tale) era molto più tranquilla e intima delle ultime. Vivere a Ponyville garantiva che ogni compleanno fosse sempre un evento enorme, a cui era invitata tutta la città. Tutto ad opera di Pinkie Pie. Non che partecipassero davvero tutti — c’erano in media due feste di compleanno a settimana, perciò ovviamente non potevano sempre essere tutti presenti.

Avevano comprato la torta in un negozio, una pasticceria in città. Era buona, ma non poteva reggere il confronto con l’Angolo Zuccherino in termini di sapore e guarnizioni. Non ci si avvicinava neanche. Bon-Bon le cucinava sempre quello che voleva per il suo compleanno. La maggior parte delle volte, era sufficiente come regalo. Cosa non avrebbe dato per qualcuno dei cioccolatini fatti in casa da Bon-Bon adesso...

Ma aveva già ricevuto molto in dono ultimamente. Era il suo primo anno assieme alla sua famiglia umana, e loro erano le sole persone presenti alla festa, non che conoscesse ancora molti altri umani in città. Pochi regali, in scatole non tanto grosse. Lyra aveva guadagnato così tanto negli scorsi mesi, che non le importava. Anche se… era curiosa di cosa ricevessero gli umani per il loro diciassettesimo compleanno.

Erano tutti seduti in salotto, Lyra al centro del divano, in mezzo ai suoi genitori. Strappò via la carta da uno dei regali — era una scatola rettangolare che stava a malapena in una mano.

“Uh… cos’è questo?” chiese Lyra, girandolo ed esaminando le figure sui lati.

“È un cellulare. Pensavamo fosse meglio che tu ne avessi uno,” disse sua madre. “Così possiamo tenerci sempre in contatto quando esci da sola. Ed è anche utile per molto altro.”

Lyra annuì lentamente, esaminando la foto stampata a lato della scatola. Non sembrava come gli altri che aveva visto prima. Ma restava comunque un esempio affascinante di tecnologia umana, e adesso ne aveva uno tutto per lei. Come un vero, normale umano.

Con l’aiuto dei suoi genitori, lo spacchettò e le mostrarono come attaccarlo alla presa — lo chiamavano “ricaricare” — e dopo un po’, anche come usarlo.

Era molto diverso dagli altri che Lyra aveva visto. La superficie era solo un pannello vetroso e piatto, ma prendeva vita se si pressava un bottone, e lo schermo reagiva al tocco delle dita se le facevi scorrere sulla superficie. Spese qualche minuto ad osservare le forme colorate che volteggiavano sullo schermo al suo tocco.

Sua madre le mostrò come funzionava. Era molto più di quanto avesse realizzato. Non solo ci potevi parlare con altri umani, ma c’era pure una videocamera, un lettore musicale, un orologio. Poteva anche andare su Internet… sapendo come accedervi. Qualunque cosa fosse, sembrava proprio un macchinario complesso, ma si capiva anche che era estremamente utile.

C’erano anche altri doni. Cosine più piccole. Degli album delle band rock che le piacevano, suo padre le promise che l’avrebbe aiutata a farle partire sul lettore musicale del suo telefono. Lyra era curiosa di sapere come — i dischi erano più grandi del cellulare, eppure funzionava. era senza dubbio un’opera di ingegno umano nella sua forma più elevata.

Chloe si era quasi addormentata sul sofa, e dopo che l’ebbero messa a dormire, Lyra passò qualche momento con sua madre e suo padre.

“Questo non è stato un giorno facile per noi in passato…” disse sua madre. “Ormai sei quasi adulta.”

Quasi. Lyra fece un piccolo sorriso. “Sono felice di poter passare questo compleanno insieme a voi. Grazie di tutto.”

“È bello averti qui, Lyra,” disse suo padre.


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Lyra restò seduta sul letto ben oltre mezzanotte a studiare il suo nuovo telefono. Emetteva una luce sorprendentemente brillante nonostante la sua stanza fosse al buio. Sembrava incredibile che un singolo oggetto potesse avere così tante funzionalità diverse. E il modo in cui veniva azionato, reagendo ai suoi polpastrelli, era qualcosa che i pony non sarebbero mai riusciti a fare, anche avendo la stessa tecnologia. I piccoli bottoni numerici sui normali telefoni erano già abbastanza notevoli.

Sfogliò le foto che aveva scattato quel giorno, memorizzate sullo schermo, ma non stampate e nemmeno sviluppate. Forse domani convincerà suo padre a mostrarle come aggiungere la musica.

Per ora, lo posò di lato sul suo comodino, e prese invece il libro di storia. Stava lentamente progredendo nella sua lettura.

Aveva già finito l’altro libro con l’unicorno. Non c’era voluto tanto. Dopo tutte quelle assurdità, era felice di poter parlare a Chloe di veri pony e vera magia. Erano buone amiche adesso. No, di più. Erano sorelle.

Se L’Ultimo Unicorno era stato frustrante, allora la storia umana era un’assoluta tortura. Riusciva da sola a farle passare quasi tutto il buon umore accumulato durante il suo compleanno. Lyra voleva smettere di leggere, ma non riusciva a convincersi che gli umani avessero davvero fatto tutte quelle cose. Eppure doveva affrontare i fatti, se voleva essere un umano.

Gli umani avevano continuato a lottare tra di loro. Forse era solo uno sfortunato effetto collaterale dell’avere tutti quegli stati diversi, anche se la guerra del 1860 sembrava suggerire che non fosse necessario per innescare i conflitti. E ogni guerra portava con sé sempre di più del brillante genio umano, sprecato nelle invenzioni di nuove armi. Era onestamente nauseante ciò che erano riusciti a creare.    

Lyra gettò lo sguardo al telefono sul comodino. Se volevano, gli umani erano capaci di ideare cose bellissime. Con quelle invenzioni nel mondo dei pony, lei avrebbero potuto chiamare i suoi genitori a Canterlot in ogni momento. Le lettere non erano lontanamente così veloci, ed erano molto più formali del parlarsi faccia a faccia. O come si definivano le conversazioni a telefono, che erano comunque circa quello. Si domandò da quanto tempo gli umani avessero inventato i telefoni.

Ma tornò alle informazioni più preoccupanti e problematiche sulla “storia d’America.”

Questo libro in particolare diceva che c’erano state guerre fino al 1991… Lyra aveva compreso oggi di essere nata nell’autunno del 1995.

Come si faceva a chiedere se ce ne fossero state altre da allora? Questo libro era chiaramente obsoleto. Tutti gli avvenimenti recenti — quello che era successo da quanto se ne era andata — non erano riportati.

C’era pur sempre Monica...


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La mattina dopo, Lyra aprì la porta e il campanello risuonò. Notò subito Monica. Aveva sperato fosse ancora lei di turno, ma poi realizzò che c’era qualcun altro in piedi che stava parlando con lei. Un ampio sorriso le si stampò sulla faccia quando lo riconobbe.

“Paul?” disse Lyra. Si diresse verso il bancone per unirsi a loro.

Lui si voltò. “Oh, wow, Lyra? Non mi aspettavo di vederti.”

“Vengo sempre qui,” disse lei.

“Come ti dicevo, l’ho vista un po’ di volte nelle ultime settimane,” disse Monica. “Legge molto. Solitamente su unicorni o sulla storia d’America.”

“Gusti particolari...” disse Paul. Si girò di nuovo verso Lyra. “Allora come ti va? È da un po’ che non ti vedo.”

“Va tutto alla grande, davvero. Non potrebbe andare meglio,” disse Lyra, ed era onestamente quello che sentiva. “Stavo passando qui per trovare qualche altra ricerca... Cioè, lettura.” Fece un sorriso incerto.

“Certamente.” annuì Monica. “Penso che ormai ti sai orientare abbastanza bene qui dentro. Non ti serve il mio aiuto, vero?”

“No, grazie, posso fare da me.” rispose Lyra.

Forse la ragione per cui le piaceva così tanto questo negozietto è che la faceva sentire come a casa. Entrava ed era sempre salutata da qualche persona che conosceva – questa volta, due di esse. Gli altri negozi di Philadelphia non erano così intimi. Una volta era entrata nella libreria di sera e un altro umano era di turno – un uomo più vecchio, che non parlava tanto – ma se passava di mattina, c’era quasi sempre Monica.

“Aspetta, quindi non stavi scherzando su tuo padre,” disse Paul, puntandole contro un dito con un semplice gesto. “Cioè, ero quasi sicuro che ti stessi inventando tutto, sull’avere questo famoso autore come padre perduto da tempo, e tutto il resto. Deve essere incredibile vivere con un tizio come quello. Cos’è, al suo sesto? Settimo libro? E sono tutti enormi.”

“Penso si stia preparando a rilasciare l’ottavo,” disse Monica. “Aspetta, Lyra, tu lo dovresti sapere. Quando uscirà?”

“In realtà, non sono sicura di cosa stia scrivendo ora...” ammise lei. “E inoltre penso che quei libri siano strani. Voglio dire, con tutti quegli umani che usano la magia, e le battaglie.”

“È fantasy classico. Si può dire che i temi generali siano quasi parte dell’attrattiva – è molto diretto, ma è anche scritto bene. E mantiene pure una qualità costante.” disse Monica. “Ed è figo sapere che è del posto.”

“Sono d’accordo con Lyra su questo. Non leggo davvero fantasy. Forse un po’ di Terry Pratchett qui e lì. Se conta,” disse Paul.

“Esatto. Immagino che non sia semplicemente nei miei gusti,” disse Lyra. “Questo mondo è abbastanza per me. Non ne ho bisogno di uno diverso.” Lei fece una smorfia. “E quegli umani combattono sempre nelle storie di Papà...” Ciò le fece ricordare il suo scopo originale. “Leggevo quel libro di storia che mi hai dato e diceva che l’america è stata in guerra. In molte guerre, in realtà.”

“Notizia bomba,” disse Paul. “Non ne avevo mai sentito parlare prima d’ora.”

“Quindi... Non è vero?” chiese Lyra. “Cioè, se ce ne fossero state così tante, avresti almeno sentito –”

“Ero sarcastico, Lyra.”

“Oh...” La sua faccia si tinse di rosso. Odiava essere ripresa sulla sua ignoranza del mondo umano.

Monica alzò leggermente un sopracciglio. “Beh, se ne vuoi davvero saperne di più, ci dovrebbero essere degli scaffali sul retro con le etichette. Puoi trovare libri sui specifici conflitti a cui sei interessata.”

“Oh, è più l’idea in sé che non capisco, in realtà.” disse Lyra. Esitò un attimo, e poi continuò. “So che devo sembrarvi naive in questo momento, ma non ho mai compreso davvero la guerra.”

“Ti ho detto che era una hippie,” mormorò Paul a sottovoce.

“Ora stai tendendo al... filosofico, forse.” Monica si appoggiò al bancone, con una mano sul mento. “Ma stai chiedendo cose davvero pesanti. Nessuno lo sa davvero.”

“Quindi è normale per gli umani il non capire cosa voglia dire essere umani?”

“Io... Immagino di sì? Come ho detto prima, filosofia, sta verso –”

“Supponi che... ipoteticamente... un umano crescesse non sapendo di essere umano. Sarebbe ancora come gli altri?”

Paul alzò le mani in segno di resa. “Parlando di non capire, ora sono totalmente perso.”

“Già...” disse Lyra piano. Rise nervosamente. “Sono solo dei bizzarri pensieri che ho avuto ultimamente. È tutto così strano.”

Lui annuì. “E cosa sarebbe normale per te?”

“È... non è facile da spiegare.” Lyra si fissò le scarpe.

Paul fece spallucce. “Immaginavo.”

“Oh, a proposito, guardate questo!” Lyra tirò fuori il cellulare. I suoi genitori le avevano consigliato di portarselo dietro ovunque. “Ci sto mettendo alcuni dei numeri dei miei amici dentro. I miei mi hanno mostrato come funziona. Voi avete dei numeri di telefono?”

“Certo. Ti posso aggiungere il mio,” disse Monica. Lyra le passò il cellulare, e dopo lo passò anche a Paul.

“Ho la sensazione che potrei pentirmene, ma... ok,” disse, toccando velocemente lo schermo con un dito. Sembrava ancora più abile di Lyra, e lei pensava che ormai fosse diventata abbastanza brava.

Lyra si riprese il cellulare una volta che avevano finito e lo mise nella tasca. “Mi dispiace se stavo facendo strane domande. Sono solo curiosa.”

“No, è ok,” disse Monica.

“Grazie. Penso che ora cercherò quello per cui sono venuta. Ho detto a papà che non sarei stata via a lungo.”

Lyra si diresse verso il retro del negozio, individuando la estesa sezione di storia. Gli umani certamente tenevano traccia della loro storia meglio di quanto facessero i pony... sia nel bene che nel male. Realizzò che era stranamente prona ad accettare tutto quello che dicevano questi libri, più dei libri di storia in Equestria. Se si fossero inventati delle bugie, non sarebbero certo state di questo tipo.

Passò alcuni minuti a guardarsi intorno, tirando fuori dei libri e leggendo alcune pagine. Finì con l’averne un buon assortimento, non tutti sulla guerra – ne aveva trovato alcuni su inventori e cultura popolare. Perché quelle cose erano umane come tutte le altre.

Mentre portava la pila di libri al bancone, immaginò a cosa avrebbe pensato Twilight dell’avere a disposizione così tante informazioni inedite. E cosa ne avrebbe pensato il suo altro padre – Dewey. Lui era probabilmente preoccupato per lei...

“Woah. Pensi che questi siano abbastanza per te, Lyra?” chiese Paul, osservando la massa di volumi nelle sue braccia. Lyra li posò sul bancone con un sordo Toc.

“Per ora,” rispose lei semplicemente.

“Tu non dovresti parlare. Non leggi saggistica a meno che non ti sia dato come compito,” disse Monica.

“Beh, sì...” Lui si grattò dietro la testa. “A proposito, a che scuola vai, Lyra? Non so di che quartiere sei.”

“Scuola...?” disse lei. “Ehm... ancora nessuna. I miei genitori non erano sicuri che io fossi pronta. Parlavano di tutori privati.”

“Ha senso, per la situazione particolare e il resto.”

Lei annuì, ma questo era un’altro argomento in cui non si sentiva a suo agio. Pensava di aver completato tutta l’educazione di cui aveva bisogno cinque anni prima. Certo, le lezioni di magia non erano utili adesso, ma tutto il resto era probabilmente ancora valido. Gli umani avevano lezioni su come usare le loro mani, o era un comportamento troppo istintivo da averne bisogno?

Lyra pagò i libri, salutò e uscì fuori, diretta verso casa. Paul aspettò finché non fu fuori dalla porta, e poi si girò verso Monica.

“Viaggio nel tempo,” disse immediatamente.

“Cosa?”

“Ci scommetto. Viaggio nel tempo. Non che ne abbia letto molto. Ma non si comporta come se fosse uscita da un film? Tipo Tim Burton, se l’eccentrico straniero interpretato da Johnny Depp fosse invece una ragazzina teenager.”

Lei sospirò. “Stiamo parlando di una persona vera...”


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Lyra sedeva sul divano di fronte alla TV, anche se era spenta. La sua attenzione era tutta sul piccolo schermo che teneva in mano. Aveva trovato la funzione Internet, ma usarla era tutta un’altra storia. Era una delle principali fonti di informazioni per gli esseri umani, l’aveva anche aiutata a trovare la sua famiglia – ma cos’era esattamente?

Chloe si sedette vicino a lei. “Raccontami ancora di Fluttershy,” le disse. “Per favore?”

Sentire quel nome diede una scossa al cervello di Lyra, ma era ok. Aveva raccontato a Chloe alcune storie dei suoi vecchi amici. “Fluttershy? Fammi pensare...” Per quanto strano potesse sembrare, ad essere onesta, non vedeva l’ora di queste sessioni tanto quanto Chloe. Raccontare tutto così allo scoperto le rendeva più facile il rilassarsi. E per gli umani, una vita quotidiana in Equestria doveva apparire eccitante. Era diversa, quello era sicuro... ma Lyra era certa che il mondo umano fosse ancora migliore. “Ti ho mai detto della volta col drago?”

“Spike?”

Lyra scosse la testa. “Questo era un drago molto più grande. Stava dormendo in una montagna proprio fuori Ponyville e produceva questa nuvola di fumo. Fluttershy fu la prima a vederla, e corse al parco per avvisare ogni pers– voglio dire, ogni pony.”

Era ancora difficile riabituarsi ad usare quelle locuzioni. E Lyra credeva che non le avrebbe mai più sentite una volta arrivata qui. Eppure Chloe pensava che fossero belle.

Lei continuò. “Ma Fluttershy non parla molto forte. Così, quando arrivò al parco, nessuna pers–” Lyra sospirò, e si corresse una seconda volta. “Nessun pony la udì, e noi... voglio dire, loro erano troppo occupati da guardare verso il cielo e rendersene conto da soli.”

“E poi?”

Bene, non aveva notato il suo piccolo lapsus. Lei era nel parco quel giorno, a fare pratica con la sua lira, per poi rilassarsi ed assaporare il bel tempo parlando con altri pony. Quella era una delle cose differenti di Ponyville – era così facile incontrare altri pony, ed eppure dopo settimane passate a Philadelphia aveva ancora solo un paio di amici.

“Fu allora che apparve Twilight, e disse a tutti che la Principessa Celestia l'aveva incaricata di scacciare il drago,” continuò Lyra. “Fluttershy era seriamente preoccupata, dato che in realtà aveva molta paura dei draghi.”

“Pensavo che amasse gli animali.”

“Sì, ma i draghi sono diversi...” disse Lyra. “Sai quel quadro all’ingresso principale? Quello che ha fatto mamma?”

“Sì.”

“I draghi sono così. Enormi. Probabilmente più grandi di casa nostra.” Era una stima – Lyra non aveva mai visto questo drago in particolare, ma Rainbow Dash ne aveva continuato a parlare per settimane.

“Perché ha tutto quell’oro? Cosa se ne fanno i draghi?”

“È come costruiscono i loro nidi. E loro mangiano gemme preziose. Ti ricordi, ti ho detto che Spike le amava.”

“Mi chiedo di cosa sappiano,” disse Chloe.

Lyra sorrise. “Probabilmente sanno meglio a un drago che a noi. I pony non possono mangiarle,” disse lei. “O gli umani.”

Il padre di Lyra entrò nella stanza. “Si sta facendo tardi. Chloe, non credi che dovresti andare a letto? Ti ricordo che hai scuola domani.”

“Ma voglio sentire il resto della storia di Lyra!”

Lyra sorrise. “Papà ha ragione. Si sta facendo buio. Ti racconterò il resto domani.” Si sentì un po’ sollevata – aveva raggiunto la fine della sua esperienza personale con quella storia. Avrebbe dovuto scavare a fondo nella sua memoria per ricordare cosa le avessero detto di quel viaggio. Rainbow di sicuro l’aveva raccontata come se si fosse trattata un’impresa spettacolare.

“Promesso?”

Lyra annuì, e Chloe salì su per le scale. Quindi suo padre si sedette sul divano con Lyra.

“Sai, sento molto Chloe parlare di Equestria ultimamente. Ogni volta che la accompagno a scuola, ha sempre qualcosa di nuovo da raccontarmi.”

“Già, le stavo solo narrando un’altra di quelle storie...” disse Lyra. Era così strano, essere aperta sul suo passato ora. Ma tutti pensavano che si stesse inventando tutto, proprio come quell’altro scrittore aveva inventato il suo romanzo esasperatamente non accurato sugli unicorni. “Cosa ti ha detto?”

“Oh, mi racconta di tutto su quei pony, la magia, le principesse.” Lui sorrise. “Sembrava certamente nelle sue corde. È tutta farina del tuo sacco?”

“Certo,” disse Lyra, distogliendo lo sguardo.

“Hai del talento. Forse potresti anche scrivere un giorno – libri per bambini, o qualcosa del genere.”

Lyra scosse la testa. “Penso mi limiterò alla musica. Dopotutto è il mio talento speciale.” Realizzò troppo tardi che ne stava parlando come se fosse il suo cutie mark. Quanto ne sapeva Chloe di quelli? Li aveva menzionati a suo padre? “Voglio dire, mi hanno sempre detto –”

“Detto cosa?”

“Oh...” disse Lyra. “Mi hanno detto... che...” La sua testa stava lavorando freneticamente per trovare una scusa. Non poteva dire che la sua altra famiglia – e Bon-Bon – volevano che lei scegliesse una carriera musicale. “Audrey... diceva che ero davvero brava con la chitarra. Diceva che potrei avere un futuro a suonare. Unirmi ad una vera band prima o poi.” Era parzialmente vero – Audrey era rimasta impressionata dal talento di Lyra, ma non le aveva mai dato così tanto incoraggiamento nel perseguire una tale carriera.

Lui sospirò profondamente. “Pensavo che forse ti fossi ricordata qualcosa.”

“Mi dispiace... Forse, solo un pochino, ma non riuscirei a dire cosa sia.” Lyra abbassò lo sguardo. “Quindi pensi che Equestria potrebbe essere adatta a dei libri per bambini?” Era ansiosa di cambiare argomento. E l’opinione di suo padre sulla magia sarebbe stata interessante da sentire, anche se non sapeva che fosse quella vera.

“Certamente. Non rientra nei miei gusti, ovviamente, ma a Chloe sembrava piacere. Continuo a sentire di un personaggio in particolare... Fluttershy?”

Lyra annuì. Chloe voleva sempre raccontate le avventure di Fluttershy, più di quelle di Heartstring, ed era un sollievo. Parlare delle sue esperienze personali sarebbe stato difficile. Questo era invece un modo migliore per iniziare. “Già. Ho visto il disegno di Chloe. Sembrava davvero lei.” Aggiunse rapidamente, “Almeno, come la visualizzo io. Immagino di essere brava con le descrizioni.”

Lui rise. “Forse tua madre potrebbe farci qualcosa su. Ultimamente è alla ricerca di materiale.”

Lyra ghignò leggermente. “Forse.”

Parlarono un altro po’. L’argomento si scostò dalle storie di Lyra verso a cose più serie – l’anno scolastico stava iniziando, e c’erano delle decisioni da prendere. Se Lyra sarebbe andata con gli altri umani della sua stessa età ad una scuola pubblica, o se avrebbe preso lezioni speciali a casa.

La sua testa però era ancora ferma a quello che le aveva detto suo padre di Equestria. Quindi è così che suonava Equestria ad un umano – storie per bambini piccoli. Beh, Lyra le stava comunque ponendo in quel modo, evitando molte delle cose realmente terribili. Solo qualche sparuto dettaglio sui draghi, e aveva fatto sembrare i paraspiritelli come uno scherzo. Ricostruire ciò che era rimasto delle case dopo il loro passaggio non era stato sicuramente divertente. Lyra era stata fortunata che non avevano distrutto niente di veramente prezioso.

Ma la cosa che non aveva neanche neppure menzionato... Discord. Lyra ci aveva pensato molto ultimamente. Leggere di tutte le guerre nella storia americana avevano riportato la sua attenzione verso di lui. Ma era rinchiuso nella sua prigione di pietra in Equestria. Non c’era ragione di preoccuparsi di lui. Gli umani erano in totale controllo di questo mondo. Anche se li aveva portati all’estinzione nell’altro... Ma non c’era bisogno che qualcuno ne venisse a conoscenza.

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Capitolo 24
*** L'Inizio della Fine ***


CAPITOLO 24

L’INIZIO DELLA FINE


C’era molto da aspettarsi da quest’anno.

I genitori di Lyra parlavano un sacco della scuola ultimamente. Alla sua età, la maggior parte degli umani finiva il loro ultimo anno di “liceo”. Ma, più realisticamente, lei sarebbe stata educata a casa.

Riuscivano a capire che non aveva ricevuto una corretta educazione, nonostante i suoi sforzi nel fingere il contrario.

Quello che aveva scoperto dai libri di storia era molto utile, e soprattutto, era quella la materia dove era indietro. Quando osservava la storia di altri paesi, quelli di cui aveva letto nei suoi vecchi libri, cose familiari cominciavano ad apparire, ma erano tutti fatti di secoli fa. Gli avvenimenti recenti però erano quelli importanti, nonché quelli più difficili.

A parte tutta la roba scolastica, Chloe era davvero emozionata per qualcosa che chiamava “Halloween”. Lyra l’aveva ascoltata a lungo, prendendo appunti mentali. Sarebbe stato alla fine del mese, ci sarebbero stati dei costumi e si sarebbe andati di porta in porta a chiedere caramelle. Era palesemente la versione umana di Nightmare Night. Era addirittura quasi la stessa data.

Non era la festa del raccolto di cui Lyra aveva letto. Non avevano nessuna delle vecchie tradizioni scritte sui suoi libri. Infatti, Halloween era quasi esattamente come Nightmare Night - era quasi inquietante. Ovviamente non poteva essere in onore di Nightmare Moon, giusto? Chloe aveva sentito quella storia, ma non l’aveva collegata in alcun modo alla festività. Lyra si disse che qualsiasi fosse il motivo per cui gli umani celebrassero questa festa, ne avrebbe saputo di più una volta che il giorno sarebbe arrivato.

E dopo l’autunno, sarebbe arrivato l’inverno, e avrebbe avuto l’occasione di vivere l’ennesima festività umana, Natale. Lyra si ricordava quanto emozionante e colorata Canterlot diventava intorno alla festa del focolare dell’amicizia, e si chiedeva come gli umani di Philadelphia avrebbero celebrato la loro festività invernale. La città era più grande, quindi anche la festa lo sarebbe stata.

Dopodiché sarebbe arrivato il nuovo anno, e avrebbe trascorso l’inverno e la primavera e la prossima estate con la sua famiglia umana. Ogni giorno che passava rendeva più facile integrarsi. Presto sarebbe stata proprio come tutti gli altri umani.



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Era iniziata come qualsiasi altra mattina a casa Michelakos.

Quando si svegliò, Lyra poteva sentire il fioco suono di suo padre che scriveva al computer nel suo studio in fondo al corridoio. Lyra indossò una maglietta e dei jeans e si diresse in cucina per colazione.

Eventualmente anche Chloe scese, prese una ciotola di cereali e si sedette davanti a Lyra. Parlarono un po’. Addirittura, non solo di Equestria. Come Lyra aveva sperato, tutte quelle storie avevano spinto sua sorella ad aprirsi di più nei suoi confronti. Raccontò a Lyra anche delle sue lezioni a scuola e dei nuovi amici che si era fatta in classe.

“Mi porterai a fare dolcetto o scherzetto?” chiese all’improvviso.

“E’ la...parte delle caramelle, giusto?” disse Lyra.

“Ovvio!”

Lyra sorrise. “Certamente, è la mia parte preferita.”

“Va bene, Chloe, sei pronta?” Papà era appena sceso di sotto. Prese la sua giacca da una delle sedie della cucina e iniziò ad indossarla.

“Sì.” Chloe si alzò e andò a prendere il suo zaino. Lyra osservò come le cinghie passavano sulle sue spalle, e il peso veniva bilanciato al centro della sua schiena. Quasi delle borse da sella, ma modificate. “Ci vediamo dopo Lyra!”

Li guardò uscire dalla porta principale mentre finiva la sua colazione. La scuola era piuttosto lontana. A quanto pare c’era una specie di lunga macchina gialla che portava la maggior parte dei bambini, si chiamava “Bus”, ma non passava vicino al loro quartiere. Per questo motivo loro padre doveva sempre portarla a scuola in macchina.

Era strano quanto la scuola fosse lontana. A Ponyville- No. Lyra scosse la testa. Doveva smettere di ricordare quelle cose ad ogni piccolo dettaglio. Odiava ammetterlo, visto che adorava essere umana così tanto ma, forse aveva nostalgia di casa?

Ulteriori passi provenienti dalle scale, e poco dopo sua madre apparse nel salone. “Se ne sono già andati?”

Lyra annuì. “Sono appena usciti”

“Bene. Devo andare al supermercato per un paio di cose. Vuoi che ti prenda qualcosa?”

“Ancora qualche…” Lyra cercò di ricordarsi quello strano nome. “Pop Tarts.”
“Altro?”
“No, basta così. Oh, magari qualche mela”

“Va bene, tornerò presto.” Prese la sua borsa e le chiavi della sua macchina, e si diresse verso la porta del garage. Lyra poteva sentire il basso rumore della gigantesca porta che si apriva da sola. Qualche minuto dopo il motore della macchina si accese e sparì lentamente.

Una volta sola, Lyra si sdraiò sul divano, pensando a cosa avrebbe potuto fare per il resto della giornata. La televisione era lì, ma non si era mai abituata a guardarla. Qualche volta aveva visto un “film” con la sua famiglia, che erano simili a degli interi spettacoli che succedevano dentro al televisore. A volte usavano la magia, ma sua madre li aveva chiamati “effetti speciali”. Per lo più la sua famiglia non era dipendente dallo schermo luminoso come lo era quella di Audrey. Giocherellò un po’ con il suo telefono. C’era su della musica adesso.

Considerò di rileggere qualcosa. Gli ultimi libri che aveva comprato erano stati divorati nel corso delle scorse settimane. Stava già riempiendo gli scaffali in camera sua con la sua collezione, e superava facilmente la sua vecchia collezione di libri sugli umani che aveva lasciato ad Equestria.

Era deciso. Avrebbe fatto una passeggiata e sarebbe nuovamente andata al negozio di libri. Era abbastanza presto ed era un giorno feriale, quindi avrebbe probabilmente trovato Monica al lavoro.

Lyra prese una penna e scrisse una nota veloce, giusto in caso fosse rimasta via per più tempo di quello che si aspettava. Ovviamente i suoi genitori potevano sempre chiamarla, ma sapeva che non gli sarebbe comunque piaciuto se se ne fosse andata per un lungo periodo senza avvisare. Era comprensibile, considerando cosa avevano passato.

Trovò la sua giacca nell’armadio del salone. Il tempo stava già diventando piuttosto fresco. Lasciò la nota sul tavolo in cucina, controllò che tutte le porte fossero chiuse a chiave, e si fermò davanti alla porta d’ingresso.

Un’ultima cosa…

Lyra prese il suo telefono in una mano, con il cavo e le “cuffiette” nell’altra. Premette le sue dita sullo schermo, per aprire la musica. Suo padre le aveva mostrato come fare. Il triangolo voleva dire “riproduci”. Un lieve, gracchiante suono si poteva sentire provenire dai piccoli altoparlanti. Non certa di cosa aspettarsi ne infilò uno in un orecchio, cercando il posto giusto per incastrarlo. E, inaspettatamente, all’improvviso la musica era chiara come se la band fosse esattamente davanti a lei.

Esaminandolo, lo tirò fuori dal suo orecchio. Era ancora appena udibile, ma una volta avvicinata il suono era perfetto. Perfino meglio dello stereo che aveva usato a casa di Audrey.

Mise l’altra cuffia nell’orecchio e immediatamente era come se tutti i suoni attorno a lei fossero appena spariti. Era fantastico. La canzone le era familiare, “Highway to Hell”, una di quelle che aveva suonato con la band di Randall. Con la musica che sembrava suonare direttamente nella sua testa, uscì di casa.

Il suo percorso abituale girava nel bosco intorno alla sua casa, attraversava il vicinato, e arrivava in città dove si trovava il negozio di libri. Lyra era intenzionata ad esplorare la città, vedere cos’altro c’era in giro. Magari era proprio quello che avrebbe fatto oggi.

Una macchina le passò affianco. La sentì appena con i potenti bassi della musica che le tuonavano nelle orecchie. La osservò mentre passava, per controllare se si trattasse di suo padre che tornava dalla scuola, ma non era la macchina di nessuno dei suoi genitori. Una volta passata, rimase nuovamente sola.

La musica migliorava davvero quella che altrimenti sarebbe stata una noiosa, banale camminata. Di qua passava raramente qualcuno, a piedi o in macchina.

Guardò in su. Il bosco aveva un aspetto diverso in questo periodo dell’anno. Le foglie cominciavano a cambiare colore, e c’era un sottile strato di esse che copriva il terreno. Erano sicuramente state tirate già dalle macchine che passavano. Si chiedeva se ci sarebbe stata una Corsa delle Foglie per assicurarsi che le altre sarebbero cadute prima dell’arrivo dell’inverno. Aveva partecipato un paio di volte a Ponyville, non competitivamente, di solito correva insieme a Bon-Bon a un passo leggero ma regolare. Sembrava un po’ il bosco Codabianca qui. Se non fosse per la strada umana che lo attraversava, e per la macchina che era passata qualche minuto prima Lyra avrebbe pensato di esserci tornata.

Lasciò scivolare via quei pensieri per il tempo a venire. Lyra osservò l’arancio e il marrone sopra di lei, godendosi la musica che le scorreva nelle orecchie. Le faceva venire voglia di tirare fuori la sua chitarra e imparare qualche nuova canzone. Magari una volta tornata dal ne-

“Ti stai godendo la tua passeggiata, Heartstrings?”

L’improvvisa voce, inaspettata e perfettamente chiara, la fece fermare. Si girò, aspettandosi di vedere qualcuno dietro di lei, ma stranamente era ancora da sola. In ogni caso tutto ciò che poteva sentire era la sua musica, le cuffie bloccavano più o meno qualsiasi altro suono.

“Te la cavi bene su due gambe vedo. Come qualsiasi altro umano. Sei davvero una di loro, non è vero?”

Chiunque fosse l’aveva chiamata Heartstrings. E…

La voce stava arrivando attraverso le sue cuffie.

Lyra se le strappò fuori dalle orecchie. Era paralizzata, con gli occhi fissi sul suo telefono, ma sapeva che il suono non proveniva veramente da esso. No, era solo un trucco. Conosceva questa voce. Anche se non si ricordava molto di quello che era successo alla sua ultima apparizione, sapeva abbastanza.

“Volevo solo passare per porti i miei più sentiti ringraziamenti. Se non fosse stato per te, Heartstrings, non avrei mai trovato questo mondo.” Il suo tono divenne di scherno, docile, mentre pronunciava il suo nome. No, non era il suo vero nome, era solo il suo vecchio nome da Pony. “E pensare che eri proprio lì, a Ponyville! Avessi saputo che erano rimasti degli umani non avrei sprecato il mio tempo laggiù. No, gli umani sono molto più divertenti.”

La voce arrivava dal nulla. E allo stesso tempo era tutta intorno a lei. Tutto era stranamente fermo.

“Anche a me piacciono molto gli umani” disse. “Suppongo che abbiamo solo questo in comune. Tutta quella tecnologia, no? E le mani con cui la usano?”

Adesso sembrava che la voce arrivasse da dietro di lei, ma quando si girò, trovò solo altro spazio vuoto ad osservarla.

Lyra trovò finalmente le parole, anche se non potè far nulla per il tono incerto con il quale uscirono dalla sua bocca: “D-dove sei?”
“Oh, sono esattamente dove voglio essere. Qui, nel mondo umano. Ci pensi? Un mondo separato, pieno di milioni di umani, ed è sempre stato alla porta accanto.”

Giusto, lui era nel mondo umano. Non era sicuramente una buona notizia. Ma per qualche motivo tutto ciò a cui riusciva a pensare era il negozio di libri in fondo alla strada.

“Siete davvero divertenti, voi umani. E guarda quanto è incredibile questo mondo! Vi si lascia in pace per qualche migliaio di anni e guarda dove arrivate.”

La sua voce risultò un po’ più sicura questa volta. “Come sei arrivato qui?” chiese. “Come mi hai trovata? Cosa stai facendo?”

Sentì una risata. “Penso tu sappia esattamente cosa sto pianificando. Vedi, sono incredibilmente annoiato, non puoi proprio immaginare. Ho proprio bisogno di un po’ di buon vecchio caos. Oh, errore mio, gli umani hanno un sacco di nuovi modi di creare caos! Non vedo l’ora, dico sul serio.”

Lyra digrignò i denti. La voce pareva venire dal nulla, ma era tutta intorno a lei. Il movimento tra gli alberi- era solo il vento giusto? Alcune foglie caddero davanti a lei.

“Gli umani non sono così. Li ho studiati, ci ho studiato.” disse Lyra. “Siamo meglio di così.”

“Da quel che sembra pare che abbiate fatto abbastanza caos senza il mio aiuto. Vedremo.”

La voce sembrava provenire esattamente da dietro di lei, ma era ancora da sola, oppure no? Stava davvero succedendo? Non poteva essere…

“Beh, non pensavo di stare a lungo. Giusto il tempo di lasciarti qualcosa. Sai, c’è un intero mondo di umani là fuori che mi aspetta, e diciamo che sarai più felice se non sarai una di loro.”

Sentì qualcosa strofinarle la testa. Tirò su la mano, ma era già passato. Le sue ginocchia si fecero deboli. Tutto divenne sfocato.

“Ti rendi conto che ci sono miliardi di voi in questo mondo? Non migliaia, nemmeno milioni. Potrei trovare milioni di voi in una singola città, e non è neanche troppo lontana no?”

L’ultima cosa che vide era il muso sorridente di Discord davanti ai suoi occhi.

“Come ho già detto, Hearstrings, i miei più sentiti ringraziamenti per il tuo prezioso aiuto.”


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Lyra si svegliò scombussolata, un po’ nauseabonda. Aveva avuto degli incubi piuttosto strani ultimamente, ma quello era stato il peggiore fino ad ora.

I suoi occhi si spalancarono.

Questo… non era il suo letto. Era ancora vestita con gli stessi vestiti, anche se le sembravano un po’ larghi. La sua faccia era proprio contro il duro cemento della strada, qualche foglia secca sparsa in giro. I ricordi di quello che era successo la travolsero.

Discord.

Di tutte le cose strane dalle quali si era svegliata, proprio questa era reale?

Cercò di alzarsi di terra - era svenuta, non sapeva esattamente perché. Per quanto tempo era rimasta lì? C’era ancora la luce del giorno, solo… un po’ nuvoloso… era difficile capirlo. Si alzò traballante sui suoi piedi, la sua spina dorsale si piegò in modo strano, ma poi inciampò sulla sua stessa coda e atterrò di peso sulla sua schiena. Lasciò andare un gemito. Le sue zampe erano all’aria davanti a lei, le sue maniche larghe che penzolavano da essi.

Lyra le osservò, paralizzata dalla paura.

“Quello stronzo!”

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Capitolo 25
*** La Verità Verrà a Galla ***


CAPITOLO 25

LA VERITÀ VERRÀ A GALLA

 

Per un po’, tutto quello che Lyra potè fare fu stare ferma. Si guardò la coda. E gli zoccoli. Ai bordi del suo campo visivo poteva intravedere la punta del suo corno.

Ma non c’era tempo da perdere. Non era sicura per quanto tempo avesse perso i sensi. Lyra calciò via le scarpe dalle sue zampe posteriori. Le stavano ormai strette, e l’avrebbero solo rallentata. Cercò di orientarsi di nuovo, e ricordare da che parte fosse casa sua, per poi cominciare a correre in quella direzione — beh, galoppare sarebbe stato un termine più accurato.

A momenti si sarebbe svegliata. Per forza. Era totalmente impossibile che Discord fosse proprio qui, a Philadelphia.

Qualcosa le entrò in un occhio, e lei frenò di colpo per farlo uscire.

Ne seguirono altri. Grosse gocce marroni… Pozzanghere di latte al cioccolato cominciarono a formarsi sulla strada dopo poco. E certo. Proprio come a Ponyville. Lyra scosse la testa e riprese a correre.

La maglietta e i pantaloni erano larghi e deformati, e si stavano inzuppando nella pioggia. Probabilmente avrebbero presto cominciato a puzzare da tutto questo latte… No, perché stava pensando a cose del genere in questo momento?

La collana a forma di lira, raffigurante il cutie mark che le era riapparso sull’anca (fianco, si corresse) le tamburellava a tempo sul collo, mentre galoppava lungo il lato della strada verso casa. Superò una macchina ferma a bordo strada. Notò che le gomme erano quadrate invece che rotonde. Chiunque la stesse guidando aveva dovuto lasciarla lì e continuare a piedi. 

Finalmente Lyra raggiunse la propria casa. Nessuna macchina nel vialetto. Forse non era stata via per così tanto, non quanto credeva. Tornò col pensiero al veicolo abbandonato con le ruote quadrate. Non aveva neanche visto che stava succedendo giù in città, ma non doveva andargli bene. Come stavano reagendo gli umani a qualunque cosa gli stesse capitando? E innanzitutto, come avrebbero reagito i suoi genitori quando, una volta entrati a casa, l’avrebbero trovata così? Non c’era modo di sapere esattamente quando sarebbero tornati. Avrebbe affrontato i suoi genitori… e Chloe… a tempo debito.

Se stavano bene.

Per ora, con un ultimo scatto di velocità, sfrecciò verso il portico d’entrata. La chiave era nella sua tasca. Il suo primo istinto fu di tirarla fuori con la mano, ma ovviamente non avrebbe funzionato stavolta. Ci volle molto sforzo per indirizzare anche solo una piccola parte della sua energia magica verso il portachiavi nella tasca, estrarlo, fare entrare la chiave nella serratura e poi provare ad aprire la porta. Sembrava ci fosse voluta un’eternità. C’era un motivo per cui i pomelli in Equestria non giravano. 

La porta finalmente si aprì, e lei cadde praticamente all’interno, felice di levarsi da sotto la pioggia. Si fermò a riprendere il respiro. Con una zampa posteriore, calciò la porta dietro di sé per chiuderla.

Sembrava tutto così grande.

Non era mai stata in una casa umana da pony. Ricordava solo del poco tempo trascorso nel Castello di Canterlot, e di come tutto le era sembrato più piccolo una volta che si era eretta su due gambe. Niente qui era progettato per i pony. Al momento, senza mani, era quasi totalmente incapace di fare alcunché.

Alzò una delle zampe anteriori e fissò il suo manto verde, bagnato e arruffato. Era una strana sensazione, essere di nuovo in possesso di tutto ciò. Come faceva ad esserci abituata prima?

E soprattutto, cosa avrebbe fatto ora? Discord era là fuori. La sua famiglia sarebbe probabilmente tornata da un momento all’altro. A detta dell’orologio, era stata via meno di un’ora. Era meglio di quanto pensasse. Ma una volta rientrati, avrebbe dovuto vuotare il sacco riguardo a tutte le bugie che aveva raccontato. Non voleva davvero pensarci al momento.

Per prima cosa, stava gocciolando latte da tutte le parti. Non c’era molto che potesse fare per Discord, ma questa non era l’immagine che voleva dare agli altri.

Lyra andò verso le scale, inciampando sul primo gradino con un gridolino di dolore, e salì lentamente. Queste scale erano troppo strette. Non era stato un problema prima, da umana. 

C’erano due docce lassù. Una era verticale, l’altra aveva una vasca. Sapeva che non sarebbe mai stata comoda in quella verticale, quindi si infilò nell’altra.

Si scrollò via la collana dalla testa, e la lasciò cadere sul mobiletto, quindi contorse il corpo e con qualche difficoltà tirò via i vestiti bagnati. Era scomodo, ma non riusciva ancora a padroneggiare bene la sua magia. Per qualche ragione, le tornò in mente Bon-Bon che le chiedeva se indossare vestiti tutto il tempo non diventasse un fastidio dopo un po’. Senza mani, sembrava di sì.

Non c’era altra scelta che non usare la sua magia per aprire l’acqua. Lottò con il rubinetto per un po’, finché non fu colpita dall’acqua gelida, per poi riuscire a ruotarlo dall’altra parte. Si lasciò andare in un sospiro di sollievo, lasciando che l’acqua calda le schiarisse la testa.

Stavano succedendo troppe cose, troppo velocemente. Discord era in qualche modo scappato di nuovo. E lei l’aveva portato qui, o almeno gli aveva aperto la via. Gli umani si sarebbero estinti di nuovo. E lei non poteva evitarlo in alcun modo. Nessuno poteva fare qualcosa, senza l’aiuto degli Elementi dell’Armonia.

Schiarirsi la testa era stato un errore.

Richiuse il rubinetto con lo zoccolo per spegnere il getto d’acqua e provò a levitare un asciugamano verso di sé. Le basi della magia le stavano lentamente tornando alla mente. Il suo manto ci avrebbe ancora messo del tempo per asciugarsi completamente, con tutto quel pelo bagnato, ma almeno non era più appiccicoso.

Lyra si diresse nella sua camera da letto per trovare qualche abito pulito. Certo, i pony non erano abituati a vestirsi, ma lei voleva comunque agire come un’umana. Inoltre, aveva indossato vestiti per mesi, ogni giorno, prima ancora di divenire umana. Trovò una camicia bianca pulita — fu orgogliosa di se stessa quando riuscì ad abbottonarsi con la magia. Gli indumenti erano comunque troppo grandi per lei, ma non le importava.

Mentre faceva passare la testa nel buco della camicia, intravide la sua lira sulla cassettiera, e la sua chitarra in verticale vicino ad essa. Non avrebbe mai più avuto occasione di suonare la chitarra di nuovo… Il che le fece pensare a come se la stessero cavando i suoi amici a Des Moines con Discord. Era distante centinaia di miglia. Non sapeva se il caos fosse giunto così lontano.

Ora che era vestita, e abbastanza pulita, non c’era nient’altro da fare che prepararsi ad affrontare l’inevitabile.

Notò il bagliore della luce sulla collana, sopra il mobiletto del bagno, e se la rimise al collo. Era praticamente un amuleto di buona fortuna a questo punto. 

Quando al Castello di Canterlot aveva detto addio alla sua famiglia adottiva, assicurandoli che sarebbe stata al sicuro nel mondo degli umani…

Camminò lentamente nel corridoio, arrivando nello studio di pittura della sua vera madre. Non stava davvero andando da qualche parte, è solo che non poteva stare ferma. Vi era un quadro incompiuto — una copertina per un libro di qualche altro autore. Dietro ad esso, una finestra affacciata sulla parte anteriore della casa. Il lungo vialetto che conduceva alla strada… che suo padre stava percorrendo di corsa verso la porta, parandosi gli occhi dalla pioggia di latte al cioccolato.

Lyra andò nel panico. 

Schizzò fuori dalla stanza, girò l’angolo nel corridoio, e quasi inciampò  di nuovo scendendo giù dalle scale. Ebbe giusto il tempo di vedere la porta iniziarsi ad aprire. Senza neanche pensare, il suo corno brillò e la porta si chiuse di scatto. Si buttò con tutto il suo peso contro di essa e si fermò a riprendere fiato. 

Le si spalancarono gli occhi. “Cosa sto facendo…” mormorò. Eppure, non si scostò dalla porta.

“Lyra? Se sei dentro, apri la porta! Che stai facendo?” Era la voce di suo padre. Se l’avesse vista…

Lei non disse niente. Che cosa poteva rispondergli?

“Chi c’è lì dentro? Lyra, di’ qualcosa! Non sono sicuro di che cosa stia succedendo qui fuori, ma c’è… qualcosa sta venendo giù dal cielo, la macchina si è rotta, ho dovuto correre fin qui da — ”

“Papà? Uh…” La sua voce era debole. “Ti ricordi quelle storie che raccontavo a Chloe? Su Equestria?”

“Lyra? Grazie al cielo sei a casa. Per favore, apri la porta.” Sembrava sollevato.

“È molto importante. Ti devo dire una cosa. Ora.”

“Possiamo parlare dentro. So che le cose sono diventate strane in giro, ma non c’è ragione di tenermi chiuso fuori.” Poteva sentire dal suo tono che si stava spazientendo.

Lei si tolse lentamente dalla porta. “Io… mi dispiace,” disse Lyra, fissando il pavimento.

Suo padre entrò dentro. Si guardò intorno cercandola. “Lyra? Cosa…” In quel momento abbassò lo sguardo. Qualunque frase stesse per dire, non riuscì a concluderla, quando vide un piccolo pony verde al posto di sua figlia.

Lyra, dal canto suo, cominciò a spiattellare tutto insieme in una sola volta. “Scusami. Non vi ho mai detto niente. Volevo solo essere normale. Non ho mai voluto niente di tutto questo più di una normale vita da umano, e pensavo che mi avreste creduto se vi avessi detto che mi ero dimenticata tutto, e mi dispiace. Mi dispiace così tanto.”

Lui non riuscì a dire niente. Continuò a fissarla. Quindi, si sforzò a tirare fuori un’unica parola. “Lyra?”

“Sono davvero io.” Lei alzò lo sguardo verso di lui, sentendosi straordinariamente bassa. Fece una smorfia, dicendo “Tu non… sei arrabbiato, vero?”

“Tu sei… un unicorno,” disse lui molto intelligentemente.

“Sono davvero un’umana! E sono tua figlia. Ma sono arrivata qui da Equestria. È tutto vero, tutto quello che ho raccontato a Chloe. Sono stata un unicorno per la maggior parte della mia vita.” Toccò goffamente il pavimento con una zampa. “Mi dispiace. Vi ho mentito. Sei arrabbiato?”

Lui si chinò verso di lei. “Tu stai… Hai fatto quelle cose…” Guardò fuori, dove stava ancora piovendo.

Lei scosse la testa. “No. La mia magia non può fare tutto ciò. E non lo farei neanche se potessi. Voglio solo essere umana!”

“Puoi usare la magia?”

“Beh, si, ma…” Lei emise un sospiro stanco. “Non è la cosa importante ora. Discord.” Cominciò di nuovo a tirare precipitosamente tutto fuori dalla sua bocca. “Mi ha seguito qui per trovare tutti gli umani che esistono ancora, è la ragione per cui sta piovendo latte al cioccolato e perché mi ha trasformata di nuovo in un — ”

Suo padre la fermò. “Chi? Stai dicendo cose senza senso…” Ma qualcosa le disse che lui aveva a malapena recepito una parola di quello che aveva detto. Il modo in cui la stava guardando le ricordò il fatto che gli unicorni erano considerati esseri di fantasia in questo mondo.

Lyra si fermò. “È… lunga da spiegare. Potresti… aspettare un minuto solo, per favore?”

Si girò e incespicò di nuovo lungo le scale. Andò diretta verso camera sua, e cominciò a frugare nei cassetti finché non trovò il suo diario. Quello cominciò a brillare, e lei tornò al piano di sotto tenendolo sospeso al suo fianco. Sentiva che doveva concentrarsi di più di quanto fosse abituata per sollevarlo, ma almeno era sospeso in aria.

Suo padre si era seduto nel soggiorno, e aveva una mano sulla fronte. La guardò con un’aria stanca quando tornò.

“Ecco. Questi sono gli appunti che prendevo mentre vivevo in Equestria. Ho letto un sacco di cose nei libri, ma ho anche — ” Lyra notò che suo padre stava osservando il libro a mezz’aria davanti a lui. “Dai, prendilo.”

“Come ci riesci?”

“È solo magia di livello base… Oh.” Abbassò gli occhi. “Um, ho letto quello che hai scritto, ma la magia non è davvero niente di troppo speciale. La maggior parte degli unicorni non sanno fare molto più di questo.” Lei fece un cenno con la testa verso il libro.

“Sta levitando a mezz’aria. Come ci riesci?”

Lyra alzò gli occhi al cielo. “L’ho imparato quando avevo sette anni. Ti ho detto che non è niente di speciale.”

“Usi la magia da quando eri dell’età di Chloe? Lyra, come hai fatto esattamente a trasformarti in un…” fece un gesto verso di lei con una mano.

Lei prese un respiro profondo. “Molti anni fa, sai, quando sono scomparsa? Non so come, ma fui portata in Equestria. È quell’altro mondo di cui ho parlato a Chloe. Non mi stavo inventando nessuna di quelle storie. Ho conosciuto davvero quei pony.”

Lui annuì lentamente. 

“E riguardo all’imparare la magia, molti unicorni iniziano da molto più giovani di me… Io ho recuperato lentamente.” Alzò le spalle. “Probabilmente, dato che gli umani non possono usare la magia, a me è venuto molto più difficile. Ma tutto questo l’ho saputo non troppo tempo fa.”

Lui allungò con esitazione il braccio e toccò la copertina del vecchio diario come se non fosse sicuro della sua solidità. Quindi chiuse la mano su di esso e lo tirò a se. Con sollievo, lei lasciò andare il diario, e l’aura attorno ad esso scomparve. Mantenere quella levitazione era stata dura per lei.

Lyra alzò la testa. “A proposito di Chloe, dov’è lei? E mamma?”

“Avevo già lasciato Chloe a scuola quando è cominciato tutto. Io… non so cosa sia successo dopo. Era tutto così strano.”

“Oh…”

Sembrava che suo padre stesse cominciando a tornare in sé. Bene. “Ma, Lyra, la prima cosa che devo sapere è che cosa stia succedendo lì fuori. La pioggia. Tutte le ruote bucate. Certe volte ero quasi certo di aver visto segnali stradali e cassette delle lettere muoversi da soli. Tu sai cosa c’è dietro, non è vero?”

“È peggio di quanto pensassi…” mormorò tra sé e sé.

“Che cosa è peggio?” 

“È Discord. È lo spirito del Caos, e viene da Equestria, ma mi ha seguito fin qui, ed ora…” Lyra si accorse che stava di nuovo parlando troppo veloce. Rallentò un po’ e riprese. “Quando era in Equestria, fu la causa dell’estinzione degli umani. Accadde tanto tempo fa. Penso che stia provando a farlo di nuovo. Mettendoli gli uni contro gli altri.”

“Estinzione…” Suo padre ripeté la parola, assorbendo il suo significato. “Ma… latte al cioccolato? Non sembra più un qualche tipo di strano scherzo?”

“E quella è la parte peggiore. Tutto ciò è uno scherzo. Per lui.”

“E… questo Discord non è umano.”

“Certo che no. Gli umani non sarebbero in grado di fare tutte quelle cose. Non possiamo neanche usare la magia.” Guardò in su verso il suo corno. “Non in condizioni normali, almeno.”

“Quindi per tutti questi anni, tu non sapevi di essere — ” 

Lei scosse la testa. “I miei altri genitori non mi hanno mai detto che ero umana. No.” Guardò verso il libro. “Però ho fatto delle ricerche sugli umani. Dentro di me, sapevo cosa ero. Quelli sono i miei appunti.”

Lyra saltò sul divano vicino a lui e si sedette. Lui la guardò sorpreso. 

“È normale per gli unicorni sedersi così?” disse lui.

“Oh. Um… Ho cominciato a farlo quando ho visto figure di umani che si sedevano in questo modo.” Guardò in basso verso sé stessa. “Non è così comodo come ricordavo.”

Lui abbassò di nuovo lo sguardo al libro, e poi su verso di lei. “Sembra che ci siano un sacco di cose che devi dirmi.”

“Circa sedici anni di vita,” rispose lei. “Ma… credo non ci sia nient’altro che possa fare al momento.”

Lei gli raccontò del Gran Galà Galoppante, fermandosi spesso per spiegare cosa fosse e come fosse fatta Canterlot. Inserì anche più dettagli possibili su Discord, quelli che riusciva a ricordare. Certo, Discord era passato in secondo piano nel momento in cui aveva scoperto di essere umana. Non riusciva a sentirsi in colpa per aver ignorato tutto quello che riguardava l’estinzione della sua specie.

“La Principessa Celestia mi ha portato indietro in questo mondo pochi mesi fa. Sono stata umana da allora. O almeno, fino ad ora,” disse Lyra.

Suo padre sembrava un po’ più calmo ora. Fece un sorriso incerto e storto. “Non avrei mai immaginato che ti fosse capitato tutto questo quando sei sparita. Abbiamo pensato che fossi morta. Sembrava più plausibile di qualsiasi altra cosa.”

“Già, non ho mai scoperto quello che era successo. È solo… successo.”

“Magia.”

“Forse.”

“E proprio qui a casa nostra…” lui mormorò. “È un po’ troppo per riuscire a crederci. Ma sei qui, e sei un unicorno.” Lui sospirò. “Non ho altra scelta se non crederci.”

“L’unico umano a cui l’ho raccontato è stato Audrey, e lei pensava fossi semplicemente pazza. Non avevo alcuna prova da mostrarle ai tempi.”

Lui guardò di nuovo il diario e se lo girò tra le mani. La rilegatura era all’antica, con copertina dura e pagine di spessa pergamena. Più come un libro di Equestria che uno umano — ormai Lyra conosceva le differenze. Lo aprì e cominciò a sfogliarlo. Lentamente, prendendosi tempo per leggere le annotazioni scribacchiate nei margini tra i disegni.

“Queste sono tutte le ricerche che ho fatto sugli umani. Ho trovato qualche libro nella libreria — il mio altro padre era il capo della biblioteca là.” Lyra guardò da sopra la sua spalla. “Questi sono di quando vivevo a Ponyville con Bon-Bon.”

Lui alzò lo sguardo. “Chi?”

“La mia coinquilina. Era un pony di terra. Non le piaceva che parlassi di umani tutto il tempo…” Lo guardò girare qualche altra pagina.

Si soffermò su uno schizzo approssimativo di una strada di città. “Questo assomiglia al centro città. Come facevi a conoscerlo?”

“Sono basati su questi sogni che avevo. Le città come Philadelphia non erano mai nei libri, dato che gli umani in Equestria non erano arrivati a tanto, eppure sapevo lo stesso di questo mondo,” disse lei. “Mi dovevo essere ricordata di quando vivevo qui. Anche se era così tanto tempo fa.”

“È... certamente interessante.” Guardò qualche altro disegno. Lyra si rese conto che la pioggia aveva finito di sbattere sulla finestra. “Sembra che tu abbia una reale fissa sulle mani.”

Lei abbassò tristemente lo sguardo. “Già. Probabilmente non puoi capire, dato che le hai sempre avute… Ma le mani sono stata la cosa migliore del diventare umana! Ottenere dita tutte mie. Avrei potuto suonare la mia lira nel modo corretto. È stata inventata dai greci, giusto? I nostri antenati.” Lei sorrise. “Ho sempre voluto essere umana. E lo sono stata, anche se solo per pochi mesi.”

Lui stava studiando attentamente i suoi appunti. “Lyra… Equestria chiaramente non è parte di questo mondo.”

“No. Certo che no.” Lei inclinò la testa, guardandolo strano.

“Tu conoscevi la Grecia?”

“È strano. Molti dei paesi di cui ho letto sono gli stessi. Non me ne sono resa conto finché non sono arrivata qui, troppo tardi per chiederlo alla Principessa Celestia…” la sua voce divenne un bisbiglio. “Non lo comprendo neanch’io. È solo quello che è avvenuto.”

Lui annuì e tornò sul diario. Lei si accorse del punto a cui era arrivato. Uno sketch molto dettagliato di un paio di mani — una per pagina.

“Questo è stato quando ho cominciato a prendere appunti con le mani. Vedi come è migliorata la mia scrittura? Ed era più facile illustrare i dettagli. Ho scoperto che sapevo maneggiare una piuma meglio con le mie mani che con la mia magia.” Stranamente, era eccitante condividere queste cose con un vero umano. Con suo padre.

“Ed è stato quando sei diventata umana,” disse lui.

“Beh, no, quello è venuto un po’ dopo…” Lei fissò il soffitto. “Ho… sperimentato un po’ con la magia…”

Lui la guardò. “In che senso?”

“Te l’ho detto. Le mani erano un concetto veramente entusiasmante allora. E in realtà lo sono ancora.”

“Cosa hai fatto?”

Lei evitò i suoi occhi. “Preferirei non dirtelo.”

Lui chiuse il diario e lo posò a suo fianco. Per un momento guardò fuori dalla finestra sul retro. “Sai, sembra si sia calmato.”

“Cosa?” Lyra alzò la testa. “Non può essere. Discord non può esserne semplicemente andato via.”

“Ma sei ancora un unicorno.”

Lei si alzò e trottò fino alla finestra per guardare sul cortile dietro. Era inquietante quanto fosse silenzioso. “Non so perché dovrebbe fermarsi. Non posso che pensare che forse…” Si lasciò andare in un sussulto.

“Cosa? Qual è il problema?”

“Discord diceva qualcosa di una grande città verso cui era diretto… forse non intendeva Philadelphia. Ci sono città più grandi qui attorno?”

“Philadelphia non è davvero grande come città. Potrebbe essere diretto ovunque. New York, o Washington…” Lui restò seduto con la testa tra le mani per molto tempo. Lyra si sporse in avanti, ma non disse niente. E poi, cosa?

“Se Discord è così pericoloso come dici…”

“Lo è,” disse Lyra. “Te l’ho detto. Ci ha già portati all’estinzione una volta.”

“Si. Ma tu vieni da Equestria. Sai più cose su di lui che chiunque altro.” Lui ci pensò per un momento, poi chiese, “Non hai detto che si è liberato un anno fa?”

“Sì, ma se ne sono occupate Twilight e le sue amiche. Hanno usato gli Elementi dell’Armonia,” spiegò Lyra. “Chloe ti ha mai raccontato di Nightmare Moon?”

“Il nome mi suona.”

“Fu la stessa cosa.”

Lui annuì sovrappensiero. “Come usi esattamente questi Elementi?”

“Io? No, io non posso…” Lyra sospirò. “Gli Elementi dell’Armonia sono l’unica cosa che lo possono fermare, e sono state Twilight e le sue amiche. Io non ci ho mai avuto niente a che fare. Ero solo un normale unicorno. Molti di noi non hanno mai fatto niente del genere.”

“Quindi questi artefatti sono l’unico potere in grado di fermarlo…” Sembrava pensieroso. “Sembra… abbastanza comune nelle storie. E solo alcuni eroi possono brandirli.”

“Questo non è uno dei tuoi libri. Questa è la vita reale,” disse Lyra. “Anche se effettivamente funziona così,” ammise.

“È quello che lo rende difficile… Suppongo non ci sia altra maniera di combatterlo.”

“Se stai parlando di usare armi umane, è la cosa peggiore da fare! Gli umani non possono prendere bombe e armamenti e darglieli così.”

“Eppure… è probabilmente quello che succederà presto.”

“Cosa intendi?”

“È una minaccia. In che altro modo possiamo affrontarlo? Tu dici che è una cattiva idea, ma nessun’altro sa quello che sai tu.”

Lyra sospirò. “Sì, ma… Quello che so è che gli umani non lo possono fermare. Lo stiamo solo rendendo più potente.”

Non c’era altro da dire. La cosa peggiore era che Lyra lo sapeva, Discord le aveva detto la verità. Il suo tornare nel mondo umano era ciò che gli aveva permesso di attraversare la barriera tra le dimensioni. Era davvero tutta colpa sua.

La televisione si accese. Suo padre aveva preso il telecomando e l’aveva sintonizzato sul notiziario. Un reporter umano era nel mezzo di una strada allagata dal latte, di fronte a quello che era rimasto di un edificio. Le mura erano scomparse e le stanze all’interno si ergevano intatte in mezzo al lotto.

Lei abbassò lo sguardo verso la collana. Tutto ciò a cui riusciva a pensare ora era il suo ultimo giorno a Canterlot. Il suo corno brillò mentre lo sollevava con la magia, e suo padre la osservò con interesse. La magia lo interessava — era comprensibile, ne aveva scritto per anni e non l’aveva mai vista di persona fino ad oggi. Fu allora che sentì qualcosa di strano. Emise un flebile suono di sorpresa e la collana cadde di nuovo. 

“Cosa c’è che non va?” chiese suo padre.

“Io… non sono sicura,” ammise lei. “Non mi è mai successo prima.” Con una zampa, punzecchiò il ciondolo che sembrava innocuo ora. 

“Lo hai sempre indossato… Da dove viene?” disse suo padre. “La catena non sembra della misura adatta per un… pony.”

Lei scosse la testa. “È un regalo della Principessa, subito dopo avermi resa un umano.”

“Principessa Celestia.” Stava imparando in fretta, ma era chiaro che fino ad allora non aveva mai dato un peso reale alle storie di Lyra. “È il più potente unicorno in Equestria, oltre ad esserne la sovrana…”

Lyra inclinò la testa. “Beh, non esattamente un unicorno. Lei ha pure le ali. È alta quasi quanto te. Per non parlare del fatto che ha un migliaio di anni…” Lyra si era piegata per esaminare la collana più da vicino. La sensazione quando l’aveva sollevata verso di sé... Non le era successo quando se l’era tolta prima, ma —

“Hai davvero parlato con un unicorno che ha più di mille anni,” realizzò lui.

“Già. I governatori umani non vivono così a lungo, vero?”

Lui fece di nuovo quella risatina vacillante e nervosa. “Le cose sono diverse qui. Ma come stavo dicendo… Un pezzo di gioielleria donatoti da un potente essere magico… Non mi sembra sia solo un semplice regalo.”

“Che intendi?” Lyra alzò lo sguardo verso di lui. “Credo di non avere mai usato la magia su di lui prima, ma non è così che funzionano le cose in Equestria. Non ci sono oggetti incantati dappertutto come nei tuoi libri.” Con riluttanza, cominciò a sollevarlo di nuovo sopra il livello del collo, per guardarlo meglio. “Inoltre, non sono neanche sicura di cosa possa — ”

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Capitolo 26
*** Facce Familiari ***


CAPITOLO 26

FACCE FAMILIARI

 

“ — fare,” finì Lyra, ma suo padre non era più lì con lei.

Sorprendentemente, nessuno la stava guardando, nonostante fosse appena comparsa dal nulla. Ma perché avrebbero dovuto? Non era niente di speciale per un unicorno teletrasportarsi nel bel mezzo di Ponyville.

Lyra stette ferma per un attimo, stordita. Prima Discord, ed ora questo. Non era tornata a Ponyville. Non era possibile. Dov’era suo padre?

La collana. Doveva essere incantata. Forse suo padre sapeva qualcosa sulla magia; o almeno, aveva avuto ragione su questo. Cercò di ricordare i suoi gesti — era bastato giusto usare la sua magia sul pendaglio per farlo reagire. Il suo corno brillò, provando a farlo di nuovo.

“No, per favore… Non dirmi che questo stupido coso ha smesso di funzionare ora!” Concentrò più magia possibile sulla piccola lira, la resse in aria davanti ai suoi occhi, la scosse violentemente. Niente.

“Stai bene?” Uno stallone si era fermato a fissarla, apparentemente preoccupato.

Lyra fece cadere la collana. “Sto… bene. Totalmente bene.” Digrignò i denti e trottò via in un’altra direzione prima che potesse dire un’altra parola.

Riusciva quasi a riconoscere quella. Le bancarelle allestite lungo la strada indicavano che era giorno di mercato. Non c’erano auto qui a rendere difficile il trottare da uno stand all’altro. Lyra avanzò, una zampa davanti all’altra. Sentiva il terreno sotto ai suoi zoccoli come abbastanza solido. Non era un qualche tipo di illusione. Almeno, non credeva. Da quando Discord si era fatto vivo, niente le sembrava più reale.

“Hey, Lyra! Dove sei stata?” Riconobbe la voce. Era Daisy, un pony di terra rosa da cui comprava occasionalmente i fiori. Daisy inclinò la testa. “Stai bene?”

“Uh, ciao… Da quanto tempo.” Lei sorrise insicura, e si affrettò a superarla.

Era ormai troppo abituata a stare in mezzo agli umani. Questi pony, con tutti i loro diversi colori e corni e ali e quattro zampe e niente mani… Era strano.

L’aria era così pulita qui, e anche con il tipico trambusto del mercato, era comunque molto più tranquilla di una normale giornata a Philadelphia. Era quasi piacevole. Ma lei non voleva restare qui. Il suo mondo — la sua famiglia — era in pericolo, doveva fare qualcosa…

“Lyra, sei tornata!” Lei si girò al suono della voce di Apple Bloom.

“Ciao, Apple Bloom…” disse Lyra. “Aspetta, stai gestendo da sola la bancarella?”

“Sì! Applejack è dovuta andare fuori città per un po’, quindi mi ha detto che me ne potevo occupare io!” disse Apple Bloom, raggiante d’orgoglio. Lyra notò che non aveva ancora un cutie mark.

“Fuori città…” ripetè Lyra. Ci pensò per un momento, prima di immergersi di nuovo nella folla.

“Un attimo! Non vuoi comprare delle mele?” chiese Apple Bloom, ma Lyra la ignorò.

Trovare Applejack sarebbe stata una buona idea. E Twilight. Non aveva ancora visto nessuno dei pony che le servivano in mezzo alla folla. C’erano facce familiari qui e lì — pony che riconosceva da concerti o feste a cui aveva partecipato.

“Lyra?” Quella voce la fermò di botto. L’avrebbe riconosciuta ovunque. “Lyra, sei davvero tu, non è così? È passato un sacco di tempo!”

Lyra si girò lentamente. “Ciao, Bon-Bon…”

Bon-Bon trottò fino a raggiungerla alle spalle, quindi fece una smorfia quando notò la camicia e i pantaloni di Lyra. “Vedo che indossi ancora abiti…” Lyra non disse niente. Aveva comprato quegli abiti in un posto chiamato Target, a Philadelphia — un negozio per umani. E dovevano davvero sembrare molto sciocchi al momento — troppo sformati, e penzolanti sul suo piccolo corpo da pony. “Ma Lyra, mi fa piacere vederti di nuovo. Devi assolutamente fermarti da me per una visita. Non ho ancora affittato la tua stanza, ma la offrirò presto a qualche pony. È troppo silenzioso vivere da soli.”

“Sì, probabilmente lo è. Senti, mi piacerebbe molto fermarmi, ma sono di fretta.”

“Rallenta. Voglio che mi racconti dove te ne sei scappata. Non hai detto una parola su dove andavi. L’ho anche chiesto ai tuoi genitori, e loro non — ”

 “I miei… genitori?” disse Lyra. Ovviamente Bon-Bon intendeva Dewey e Cirrus. “Oh, giusto. Sono probabilmente preoccupati per me…”

“Ero a Canterlot e li ho incontrati per caso. So che sei fuggita da Ponyville senza darmi nessun preavviso, ma pensavo che avresti almeno detto ai tuoi genitori dove fossi diretta. Gli sguardi che hanno fatto quando gliel’ho chiesto! Sono preoccupati a morte per te.”

“Ascolta, uh, Bon-Bon? So che può sembrare strano, ma… sono davvero qui? È vero tutto questo?” Lyra le diede un colpetto sulle spalle con uno zoccolo.

Bon-Bon arretrò di un passo. “Ti stai comportando stranamente… Più del solito, almeno. Cosa hai fatto in tutto questo tempo?”

“È difficile da spiegare, e in ogni modo non mi crederesti,” disse Lyra. Si guardò intorno. “In questo momento ho bisogno di parlare con Twilight. Sai se è alla libreria?”

“Twilight? Credo che sia stata chiamata a Canterlot con le altre. Che fretta c’è? Fermati per un po’ da me. Penso che mi devi una spiegazione dopo — ”

“A Canterlot?” disse Lyra. “Certo… Celestia deve essere a conoscenza che Discord è tornato.”

“Discord?” Disse Bon-Bon, sgranando gli occhi. “Aspetta, come fai a — ”

“È perfetto! Non c’è tempo da perdere. Devo tornare a Canterlot. La Principessa può farmi tornare normale.” Lyra ci mise qualche istante per ricordare dove fosse la stazione dei treni, quindi si girò in quella direzione e iniziò a galoppare.

Bon-Bon la fissò a bocca aperta, e quindi iniziò a inseguirla attraverso la folla di pony, borbottando irritata.

Lyra sgusciò tra le strade affollate. Nessun pony sembrava essere in agitazione. La notizia non era ancora arrivata fin qui. La Principessa Celestia aveva chiamato solo i portatori degli Elementi a Canterlot. Erano almeno a conoscenza che Discord era fuggito? 

Trovò la stazione dei treni al limitare della città. Orientarsi era stato facile. Si ricordava questa città meglio di quanto realizzasse. Al momento, la stazione era praticamente vuota. Nessun pony stava viaggiando oggi. Uno stallone annoiato in uniforme blu attendeva al bancone, guardandola. 

“Ho bisogno del prossimo treno per Canterlot, velocemente,” gli disse. Lei tirò fuori il portafoglio dalla tasca con la magia, ed estrasse una banconota da cinque dollari per dargliela.

Lui guardò il pezzo di carta confuso. “Questa cosa dovrebbe valere qualcosa?”

Lei realizzò quello che aveva appena fatto, e la ritrasse. “Oh, um…” Il cartello indicava che i biglietti costavano cinque bit. Non cinque dollari. Infilò nuovamente i soldi nel suo portafogli. E ora? Si chiese.

“Lyra! Sei appena arrivata, e stai già cercando di fuggire?” Bon-Bon la raggiunse da dietro.

Lyra si girò, sorridendo in preda alla follia. “Bon-Bon! Perfetto! Senti, ho bisogno un prestito di cinque bit. È importante. Probabilmente non te li ridarò mai indietro.”

“Tu… cosa?” Bon-Bon la fissò.

“È urgente,” la supplicò Lyra.

Bon-Bon sospirò e prese delle monete dal suo borsello. “Eccoti dieci bit. Prendi due biglietti.” Si voltò verso Lyra e la speronò con uno zoccolo. “Ma voglio una spiegazione.”

Trottarono sulla piattaforma della stazione per aspettare il treno. Lyra si sedette su una panchina, si tirò su la manica e si grattò una zampa anteriore con l’altra. “Come facevo a sopportare l’essere ricoperta da tutto questo pelo? È così urticante…

“Abbiamo del tempo,” disse Bon-Bon. “Ora parliamo. Dove sei stata, e cos’è questa storia di Discord?”

Lyra sospirò, e cominciò a grattarsi l’altra gamba. “Non so da dove cominciare…”

“Il Galà va bene.”

“Giusto…” disse Lyra. “Quella fu la notte in cui ho parlato alla Principessa Celestia, e mi disse che — ”

“Hai avuto un audience con la Principessa?” disse Bon-Bon. “Lyra, questo è — ”

“Fammi finire,” la interruppe Lyra. “Pensavo che mi stesse tenendo d’occhio, ed ho scoperto che avevo ragione. Sapeva delle ricerche sugli umani che stavo conducendo. Mi ha detto tutto quello che sapeva su di loro.”

Bon-Bon si lasciò sfuggire un sospiro. “Di nuovo umani? Sei scappata per cercare gli umani? Pensavo che ti fossi finalmente ricreduta. Stai peggio che mai, Lyra. Non c’è da sorprendersi che i tuoi genitori fossero così tanto preoccupati.”

“Dewey e Cirrus non sono i miei genitori. Mi hanno adottato,” spiegò Lyra, grattandosi di nuovo la zampa. Avrebbe potuto farlo molto più facilmente se solo avesse avuto le sue mani… “Io non sono un pony, Bon-Bon. Io sono un umano.”

Bon-Bon sgranò gli occhi e scosse la testa. “Sei davvero pazza.”

“Ho vissuto con gli altri umani da allora. Non so davvero come spiegartelo, ma c’è un intero altro mondo dove noi esistiamo ancora.” Lyra le fece un timido sorriso. “Non crederesti mai alle cose che ho visto lì.”

“Su una cosa hai ragione,” Bon-Bon alzò gli occhi al cielo. “Non ti credo.”

Udirono un fischio in lontananza venire dai binari e Lyra saltò su dalla panchina, equilibrandosi sulle zampe. Il treno arrivò emettendo una nuvola di fumo dal motore.

Il conducente prese i loro biglietti. Lyra era impaziente di arrivare a Canterlot. Se avesse ottenuto l’aiuto della Principessa, e degli Elementi dell’Armonia, forse sarebbe riuscita a sistemare le cose. Altrimenti… non voleva neanche pensarci.

Bon-Bon salì sui sedili e vi     si sistemò. “Forse Discord è tornato. Forse ti ha fatto completamente perdere i sensi e questo è il motivo per cui stai delirando di nuovo su queste ridicole leggende.” Sventolava uno zoccolo mentre parlava. “L’ho detto prima, ma ora sono seria. Hai bisogno di farti aiutare, Lyra.”

Lyra sedeva dritta, ma non era più così comodo con quella spina dorsale. “Lui è tornato, ma non è ad Equestria. Sta cercando di… beh, fece estinguere già una volta gli umani, e ora vuole farlo di nuovo.”

Il treno cominciò a muoversi dalla stazione. “Per quale motivo ti sto seguendo, non lo so più…” mormorò Bon-Bon, guardando fuori dal finestrino.

Lyra gemette esasperata, e il suo corno si accese mentre cercava di estrarre il portafoglio dalla tasca. Quello levitò davanti alla sua faccia mentre estraeva dei soldi. “Posso provartelo! Guarda questo.”

“Cos’è?”

“È una banconota da cinque dollari. Sono soldi umani. Guarda, c’è la faccia di un umano sopra!” Volò di fronte alla faccia di Bon-Bon, e lei     indietreggiò leggermente. “Quello è uno dei presidenti. E qui, dove dice ‘Stati Uniti d’America.’ È il paese dove vivevo. Ne abbiamo molti diversi, ma fino ad ora sono stata solo lì.”

Bon-Bon strizzò gli occhi. “Non so dove tu abbia preso questa cosa, ma…”

“Ho dovuto elemosinare bit da te perché non ho più soldi Equestri. Ti ho mandato tutti quelli che mi restavano.”

“Lyra, questa è solo carta. Nessun pony penserebbe che valga qualcosa.”

“Infatti neanch’io lo pensavo all’inizio.” Lyra si mise la faccia tra gli zoccoli. “Non so cosa posso dirti… Neanche Audrey mi ha mai creduto sugli unicorni.”

“Chi?”

“Audrey. È stata la mia prima amica umana. Inizialmente non le stavo raccontando niente su Equestria, ma poi sono arrivata al punto dove le nascondevo troppe cose…” Lyra abbassò tristemente lo sguardo. “Mi ha chiamata pazza. A quel punto, ho realizzato che gli umani non sono così diversi dai pony. Non ci sono unicorni laggiù, e neanche pony come te. Loro non credono nella nostra esistenza. E io non potevo fare magie per dimostrare che si sbagliavano…” la sua voce si spense.

“È… una gran bella storia, Lyra.” Bon-Bon esitò un momento. “Ma c’è un problema. Tutte queste teorie, e non hai mai avuto nessuna prova. Come ti aspetti che qualche pony ti possa credere?”

“Mio padre mi credeva. Mi ha visto dopo… dopo che sono cambiata, ma…” Stranamente, Lyra iniziò a sorridere. “Ma ho qualcos’altro che mi sono portata da casa.” 

Il telefono uscì fuori dalla sua tasca. Bon-Bon lo fissò. “Che stai facendo?”

L’apparecchio volò giù sui suoi zoccoli disposti a mò di ciotola. Lo schermo era nero.

“È…” Lyra realizzò che non si sarebbe acceso. Non senza le sue dita. Lei sospirò. “Uhm… Non funzionerà a meno che…”

Era un’idea pazza. Probabilmente non ce l’avrebbe neanche fatta, considerato per quanto tempo non aveva usato la magia. Un incantesimo complicato come quello poteva facilmente andare male, ma che altra scelta aveva?

“Bon-Bon, so che non vuoi che io usi quest’incantesimo, e mi dispiace, ma devi vedere questa cosa.” Lei strinse i denti, e concentrò tutto nel suo corno, e quindi verso le sue zampe.

“Lyra, che stai — ” Bon-Bon gridò quando vide quello che Lyra stava facendo ai suoi zoccoli. “No, non di nuovo. Lyra, siamo in pubblico!”

Lyra trasalì dal dolore. Aveva dimenticato quanto facesse male trasformarsi, senza menzionare lo sforzo mentale addizionale della magia.

Bon-Bon si guardò attorno e vide che erano effettivamente da sole nella carrozza, ma era ancora fuori dai gangheri. “Lyra, dico sul serio. Devi finirla. Non realizzi quanto sia sbagliato tutto ciò?”

“Su quello hai ragione. Queste non sono molto corrette, anatomicamente…” Lyra le esaminò, flettendo le dita. Non avevano neanche le unghia. Non praticava la magia da mesi, e per questo non erano venute bene come prima. Ma in ogni modo, non erano mai state simili a vere mani umane. Per ora si doveva accontentare.

“Per favore... annulla quell’incantesimo, sembri tipo un mostro!” Bon-Bon arretrò dal disgusto, ma non riuscì a distogliere lo sguardo.

Lyra prese il telefono nelle mani, e lo accese con le dita carnose che le erano cresciute sulle zampe anteriori. Toccò lo schermo, e com’era prevedibile, quello rispose al tocco. Lo schermo si illuminò. Era difficile controllarlo con molta precisione. Per quanto velocemente la Principessa Celestia la poteva ritrasformare in umana, sarebbe stato comunque troppo tardi. Un messaggio apparve sullo schermo, dicendole che non c’era campo. Non si era aspettata di trovarlo, ma non era quello il motivo per cui stava usando il telefono. Lo premette con le dita e selezionò l’album di foto.

“Guarda questo.” Lo porse a Bon-Bon.

“Cosa? Lyra, non ho idea di quello che stai facendo.”

“Si chiama cellulare. Molti umani lo hanno. Ma vedi questa foto? Quella sono io, e mia sorella. È così che sono realmente,” disse Lyra.

Bon-Bon era senza parole. Era probabilmente a causa degli zoccoli deformati di Lyra, o mani, o qualsiasi cosa fossero, uniti alla foto sul suo telefono. “Io non… Tu…” 

Dopo aver vissuto con Lyra per anni, Bon-Bon riconosceva un umano quando ne vedeva uno. Ed era esattamente quello che c’era in quella foto. Due umane — una con i capelli marroni, e una più grande con i capelli dello stesso colore verde menta di Lyra. Ora, il colore poteva essere una coincidenza, ma c’era qualcosa di innegabilmente familiare in quel sorriso. Anche sulla faccia di una strana creatura, era inconfondibile.

“Quella…” 

“Siamo io e mia sorella minore. Il suo nome è Chloe,” disse Lyra. “è molto interessata agli unicorni. La mia intera famiglia è circa ossessionata dalla magia, ad essere onesta.”

“La tua famiglia?”

“Te l’ho detto. Sono nata da umana.” Lei si riprese il telefono, e abbassò lo sguardo alla foto. “Mi chiedo cosa gli stia succedendo adesso… Mamma non ci crederà mai. Chloe… beh, non ho davvero idea di cosa penserà lei.”

Bon-Bon ci mise qualche momento ad assorbire tutto. L’immagine era onestamente difficile da negare, ma credere a Lyra voleva dire accettare di aver vissuto per gli ultimi quattro anni con una creatura aliena che veniva da un altro mondo. Forse avrebbe spiegato la sua mancanza di etiquette e occasionalmente di ratio logica…

“Non credere che questo cambi qualcosa. Ache se hai ragione, e sei un’umana, questo non ti rende meno folle,” mormorò Bon-Bon.

“Mi credi?” Lyra sorrise.

“So che non dovrei…” disse Bon-Bon. Guardò di nuovo le mani di Lyra e fece una smorfia. “Ma… ti prego, annulla quell’incantesimo.”

Lyra spense il cellulare, e dopo un ultimo esame delle sue mani, le ritrasformò. Si morse le labbra quando le dita vennero risucchiate indietro per redisporsi nella forma di uno zoccolo. Sperava che non sarebbe rimasto così ancora per molto.

“Quindi…” Bon-Bon rabbrividiva solo al guardare Lyra. Non era solo a causa dell’incantesimo innaturale che stava usando. Per quanto fosse difficile da accettare… “Tu… sei realmente un umano? Non vedo come possa essere possibile.”

“È davvero difficile da spiegare. Ho appena finito di raccontare a mio padre che sono stata un unicorno per tutti questi anni. Lui non era sicuro di come prenderla.” Lyra guardò fuori dalla finestra. “E poi sono finita qui, e ora lui non ha idea di cosa mi sia successo…” Abbassò lo sguardo verso la sua collana.

“In arrivo a Canterlot! Prossima fermata, Canterlot!” La voce del conducente annunciò il nome della fermata mentre si fermavano. Lyra stava fremendo irrequieta sul suo sedile.

I freni stridettero quando il treno rallentò ed entrò nella stazione. “Finalmente. Non riesco a credere quanto sia lento questo coso,” disse Lyra.

“Lyra, ci è sempre voluto questo tempo per raggiungere Canterlot. Hai fatto questa strada anche più volte di me.”

“Se avessimo avuto un’auto, saremmo arrivati qui in meno della metà del tempo. Voglio dire, Canterlot è così vicina che puoi vedere persino il castello da Ponyville!” Lyra saltò giù dal suo posto e si diresse all’esterno, non fermandosi neanche per un momento mentre parlava. Bon-Bon le arrancò dietro — non sapeva in cosa si era invischiata, ma non c’era nient’altro da fare se non seguirla. “Sono abbastanza sicura che Philadelphia da sola sia più grande di Ponyville, Canterlot e tutto quello che ci sta in mezzo.”

Bon-Bon inclinò la testa. “Sono stata a Fillydelphia, non è molto più grande di — ”

“No, ho detto Philadelphia,” la corresse Lyra. “È la città umana dove io…” Lei gemette, e disse, “Abbiamo già perso troppo tempo. Dobbiamo correre.”

“Lyra? Aspetta solo un — ” Ma lei era già partita. “E poi che intendeva con ‘auto’?” borbottò Bon-Bon. 

Bon-Bon faticò a stare dietro a Lyra, mentre percorreva in linea retta le strade affollate di Canterlot in direzione del castello. Per essere un pony che sosteneva di aver camminato su due gambe per gli ultimi mesi, era certamente veloce. 

“Lyra, rallenta!” le urlò dietro, senza sortire alcun cambiamento. Bon-Bon scosse la testa seccata e accelerò con uno scatto. 

Presto perse traccia di Lyra, ma era chiaro dove stesse andando. Facendo una pausa per respirare, Bon-Bon continuò a un passo più lento. Qualche pony le chiese dell’unicorno che stava caricando la folla, ma negò qualsiasi collegamento con lei.

Come si era aspettata, Lyra era diretta al castello, ma Bon-Bon esitò ad avvicinarsi a lei quando la trovò a litigare con una guardia reale. Si era scordata che rottura poteva diventare Lyra quando era nervosa.

“Vi ho detto, devo entrare dentro! La Principessa capirà!” Stava dicendo Lyra. “Fatemi passare!”

“I nostri ordini sono di non fare entrare nessuno. Questo è definitivo,” rispose la guardia. La sua espressione severa era quasi immutabile.

“Ma io so dove si trova Discord! È importante fare in fretta!”

Bon-Bon avanzò di qualche passo. “Lyra, per favore, non c’è ragione di disturbarli…” Sfoggiò un sorriso veramente imbarazzato ai due unicorni armati, quindi si rivolse a Lyra. “Andiamo.” Le mise una zampa attorno e cominciò a tirarla indietro.

“Bon-Bon, the l’ho detto. Non c’è tempo da perdere!” disse Lyra, lasciandosi trascinare comunque da Bon-Bon via dal castello. Sospirò dalla frustrazione. “Non posso neanche tornare a casa senza l’aiuto della Principessa.”

Una volta fuori portata d’orecchio, Bon-Bon si controllò attorno, quindi disse a voce bassa, “L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno ora è di essere arrestati. Non sono ancora sicura di cosa fare con te ora, ma di questo sono sicura.”

Lyra sospirò. Guardò nuovamente le guardie, che si ergevano lì quasi senza muovere un muscolo. “Non è da loro avere una sicurezza così elevata al castello. Cosa sta succedendo?”

“E pensavo che non ti fidassi delle istituzioni.”

“Ho cambiato idea quando ho scoperto cosa stavano nascondendo.”

Erano tornati in mezzo alla folla delle strade di Canterlot. Dei pony erano seduti fuori da un café, intrattenendo piacevoli conversazioni. Lyra capiva che le cose a Ponyville erano ancora tranquille, ma qui nella capitale? Nessuno si era chiesto del numero di guardie, o aveva notato che c’era una statua mancante dal giardino? E non proprio una statua a caso — tutti conoscevano Discord, dopo l'ultima volta.

“Devo comunque attirare l’attenzione della Principessa, a qualunque costo. Ci deve essere un’altra maniera per entrare al castello…” disse Lyra, grattandosi il mento con uno zoccolo. Fissò su verso la torre a spirale che si ergeva sulla città. 

“Niente di illegale, per piacere,” disse Bon-Bon.

“Lo so,” borbottò Lyra, cominciando di nuovo a girare a caso. 

Era difficile credere che fino a poche ore fa era stata a casa sua a Philadelphia. Ormai era normale per lei. Ma questo… Per quanto ricordasse Canterlot, le appariva quasi come una storia delle favole. Come lo era per Chloe. Eppure le facce qui erano familiari. Era come se non se ne fosse mai andata.

“Devo ammetterlo Lyra, questa è stata una bell’avventura,” disse bon-Bon. “Ma non vedo che altro ci sia da fare. Sto per tornare a Ponyville. Così posso iniziare a dimenticarmi tutto quello che è successo qui.”

“Non possiamo arrenderci. Non riguarda solo gli umani. Te l’ho detto. La mia famiglia si trova là.”

“Beh, sì, ma…”

“Quella è casa mia adesso. Ad essere onesta… Non volevo tornare ad Equestria.”

“È davvero così bello essere una di quelle… cose? Ne senti la mancanza mentre sei qui? Cosa non avrei dato per crescere in una città come Canterlot.”

“No, non c’è proprio…” La voce di Lyra si spense. Non era vero al cento per cento. C’erano pure delle cose che le mancavano di qua. “Aspetta, quello non è…”

Fissò l’unicorno blu scuro in mezzo alla folla. Non avrebbe mai pensato di vederlo di nuovo. 

“Lyra?” Lui si sistemò gli occhiali, come se non fosse sicuro di vederci bene.

Lei corse verso suo padre adottivo appena lo vide. “Papà…” Iniziò, per poi rallentare. “Cioè… Voglio dire…”

Lui la guardò. “Come sei arrivata qui? La Principessa ci ha detto che non saresti tornata…”

“È una lunga storia,” disse Lyra. “È stata la mia collana. Ma non ci sarei potuta riuscire da umana, è stato solo dopo che Discord mi ha ritrasformata in un pony che — ”

“Discord? Vuoi dire che…”

Bon-Bon si intromise nella conversazione. “Mr. Dewey Decimal, giusto? Realizza quello che ha in mente sua figlia? Sparisce per mesi e poi di colpo torna, dicendo di essere — ”

“Un umano, sì.” Lui annuì. “Che intendi con Discord? È in quel mondo adesso?”

“È il motivo per cui devo entrare nel castello. Potremmo ancora essere in tempo per fermarlo,” disse Lyra.

La mandibola di Bon-Bon toccò terra. “Tu ne eri a conoscenza, per tutto il tempo?”

“Certo,” disse Dewey. “Cirrus ed io abbiamo considerato di dirtelo dopo che Lyra se n’era andata, ma la Principessa Celestia ci ha consigliato di non farlo. Ci dispiace, davvero, ma le origini di Lyra sono sempre state alla stregua di un segreto di stato.”

“Sapevo che non era come gli altri pony, ma non avrei mai pensato che lei non fosse… beh, un pony!”

“Papà, tu lavori ancora agli Archivi Reali, vero?” chiese Lyra.

“Cero. Non sono ancora così vecchio. Andrò in pensione tra un altro paio di anni,” disse lui. “Perché?”

“Puoi farmi entrare nel castello? Se non racconto alla Principessa cosa è successo, e non la convinco ad aiutarmi, io… non so cosa potrebbe succedere agli altri umani.”

“Puoi contare su di me.”

Lyra fece strada di nuovo, mettendosi a trottare a passo veloce. Guardò indietro per assicurarsi di non perdere gli altri. Bon-Bon restò indietro con un’espressione basita, ma poi li raggiunse accelerando e si mise a correre a fianco di Dewey.

“Tu e tua moglie avete cresciuto una puledra umana,” disse Bon-Bon.

Dewey la guardò. “Sì, è così.”

“Bon-Bon, noi non ci chiamiamo puledr— ” iniziò Lyra.

“Sembravate dei pony di Canterlot perfettamente normali quando vi ho incontrato!” disse Bon-Bon. “Perché vi siete fatti coinvolgere in una cosa del genere?”

“Neanche noi eravamo sicuri all’inizio. Ma Lyra è cresciuta più o meno come tutti gli altri pony. La Principessa aveva ancora dei dubbi, ma personalmente sono alquanto affascinato dall’idea degli umani.” Si rivolse a Lyra. “E a proposito, com’è il mondo da cui vieni? Come sono gli altri umani?”

“Sono incredibili!” disse Lyra. “Mi ci è voluto un po’ per trovare la mia vera famiglia. Il posto in cui sono arrivata era a centinaia di miglia di distanza da casa. Ma i miei amici in Des Moines mi hanno aiutato a raggiungere Philadelphia — sono città umane, se ve lo state chiedendo — e non è difficile per gli umani percorrere questo tipo di distanze. Ero su questa cosa chiamata aereo…”

Dewey ascoltò con interesse la storia di Lyra mentre si dirigevano al castello. Bon-Bon pensò che fosse ancora più stravagante delle vecchie teorie di Lyra. Un enorme tubo di metallo che poteva volare più veloce e più in alto di un pegaso? Suonava così assurdo, ma aveva visto quella foto su un qualche tipo di dispositivo che non era chiaramente di Equestria…

“Speravo che la mia famiglia sapesse qualcosa su quello che mi era successo quando sono sparita,” diceva Lyra. “Mio padre è un famoso scrittore umano. I suoi libri sono sulla magia. Completamente inaccurati, ma comunque… Non ha mai sospettato che fosse stato effettivamente a causa di un incantesimo.”

“Cirrus sarà contenta di sapere che te la stai cavando bene lì…” Dewey rallentò. Erano quasi ai cancelli del castello. “Immagino che tu non abbia tempo per fermarti e chiacchierare, vero?”

Lyra scosse la testa triste. “Spero di non aver già perso troppo tempo.”

Si affrettarono a percorrere la strada rimanente per i cancelli.

“Mr. Decimal, signore!” Le guardie reali lo riconobbero istantaneamente. “In cosa possiamo aiutarla?”

“Mia figlia ha importanti informazioni da riferire alla Principessa. È imperativo che la lasciate passare.”

“Abbiamo ordini di non — ”

“La Principessa capirà. Lasciatela passare. Mi prendo piena responsabilità.”

Le guardie si guardarono, quindi si fecero da parte per lasciare passare Lyra. Lei le superò immediatamente, quindi si fermò e si girò indietro.

“Grazie.”

“Non pensarci, non c’è problema,” disse lui.

Lei esitò. “Io… potrei non tornare indietro. Davvero questa volta.”

“Lo capisco, Lyra. Ma hai detto che non c’è molto tempo.”

Lyra si morse il labbro. “Io… Grazie. Per tutto.” Si girò e entrò da sola nel castello.

“Voi avete solo considerato di dirmelo,” sentì Bon-Bon dire. “Pensavate che un pony, in procinto di vivere assieme ad un — ” La sua voce si affievolì a mano a mano che Lyra si inoltrava nel castello. 

Il Castello di Canterlot. Superare il salone d’entrata le fece ricordare del Galà. Oggi era tutto sinistramente silenzioso e fermo. Mentre saliva le scale, riviveva gli eventi dopo quella festa. Probabilmente la notte più importante di tutta la sua vita. Ricordava facilmente dove la Principessa Celestia l’aveva portata — la sala dove probabilmente erano tutti riuniti adesso. 

Era al piano sopra, alla fine di numerosi corridoi tortuosi. Stava rapidamente rimanendo senza fiato, ma finalmente scorse le enormi porte davanti a sé. Ancora un piccolo pezzo di strada e… Con un impulso di potere magico, spalancò le porte e entrò nella stanza.

La Principessa Celestia era lì. Davanti a lei vi erano sei pony — i portatori degli Elementi dell’Armonia. In totale, sette paia di occhi scioccati stavano guardando dall’altro capo della lunga sala il pony che vi aveva appena fatto irruzione.

Silenzio per un momento — nessun suono eccetto Lyra che ansimava per riprendere fiato. Dopo un attimo, ritrovò finalmente la voce. “Discord è tornato. L’ho visto.”

“Lyra?” Twilight fu la prima a parlare. La sua voce riecheggiò nella stanza. “Che ci fai qui? E… hai davvero visto Discord?”

“Bene! Così ci puoi portare dritte da lui!” disse Rainbow Dash. “Dove si trova?”

Sicura che l’hai visto?” Pinkie inclinò la testa. “Perché non ho ancora visto cioccolato o nuvole di zucchero filato, e pensavo che sarebbero state dappertutto!”

“Ci sono. Ha fatto di nuovo tutte quelle cose. È come l’ultima volta.” Lyra attraversò la sala e raggiunse gli altri. Uno scrigno decorato era dietro la Principessa, e poteva scorgere gli Elementi dentro. “E mi ha trasformata in un pony.”

“Sei sempre stata un pony, zuccherino.” Applejack alzò un sopracciglio. 

“Uh, no, in realtà io…” La voce di Lyra si spense. Ora che aveva smesso di correre, realizzò quanto fosse stanca. “Uh…”

La Principessa si fece avanti. “È come temevo… Vederti qui ha confermato le mie preoccupazioni, Lyra.”

Twilight si girò di colpo. “Cosa? Che vuol dire? Lei… conosce Lyra? Cosa c’entra lei con tutto questo?”

Celestia si fermò. “Molti mesi fa, ho rimandato Lyra nella sua casa natale. È un mondo completamente separato dal nostro,” disse lei. “Lyra non lo sapeva ai tempi, ma lei è in verità una creatura chiamata umano.”

“Lei è un… un cosa, esattamente?” chiese Rarity, corrucciata.

“Non ho mai sentito niente del genere prima…” disse Fluttershy.

“No, mi avete dato quel compito di ricerca sugli umani, e…” Twilight scosse la testa in protesta. “Loro non esistono. Tutto ciò che ho letto lo prova! E poi, nessun pony ne ha mai visto uno.”

“Fino a che non trovammo Lyra, pensavo che gli umani si fossero estinti secoli fa. Ed ora Discord li ha trovati… Non sono sicura di cosa si possa fare,” disse Celestia. “Non ero certa che saresti riuscita ad usarlo, Lyra, ma quando sei partita, ho fatto sì che tu avessi un modo per tornare. Sarai al sicuro qui.”

“Huh?” disse Lyra. Scosse la testa. “No, non è per questo che sono venuta qui. Abbiamo bisogno degli Elementi dell’Armonia. Discord non è stato lì per tanto tempo. Sta solo iniziando. Ci deve essere ancora tempo per fermarlo se ci sbrighiamo.”

“Discord è fuggito di nuovo dalla sua prigione. Questo prova che è già più potente di quanto immaginavamo. E con il potere che sta attingendo dagli umani, sarà sicuramente inarrestabile.”

La voce di Celestia riecheggiò nell’aria per un po’. Lyra scosse di nuovo la testa. “No. Dobbiamo provarci.”

“Lyra, um…” Twilight era in difficoltà a trovare le parole giuste. “Lei… Stai parlando alla Principessa! Non puoi dirle di ‘no’!”

“Principessa, lei sa meglio di chiunque altro cosa successe l’ultima volta che Discord prese controllo degli umani,” disse Lyra. “E io ho visto come sono gli umani adesso, e sarà solo peggio. Se non facciamo qualcosa adesso, Discord diventerà ancora più potente. E poi verrà qua in Equestria.”

Twilight scosse la testa. “Non vedo come tu possa sapere queste — ”

“Aspetta un minuto, Twi.” Rainbow Dash si intromise. “Conosciamo Lyra da qualche anno ormai. Non so cosa lei sia, ma non pensi che dovremmo aiutarla?”

“Ma la Principessa ha detto che sarebbe stato pericoloso…” Twilight alzò lo sguardo verso il suo mentore e aspettò una risposta.

“Lyra.” Celestia sembrava pensierosa. “Cosa sai degli umani nel tuo mondo?”

“Loro sono… beh..” Lyra esitò.

“Sono pacifici?”

“Certo che sì! Sono stati tutti così gentili con me…” disse Lyra. “Ma…” Lei sospirò. “È complesso. Ho incontrato un sacco di brave persone, ma… aveva ragione sugli umani. Tendiamo a combatterci tra noi. Però non penso che possiamo voltargli le spalle, perché gli umani sono molto meglio di così! Se non fermiamo Discord, lui farà emergere tutte le parti cattive, e noi non possiamo stare fermi e lasciare che succeda.”

“Principessa?” disse Twilight, ma Celestia stava aspettando che Lyra continuasse.

“Discord era ancora estraneo agli umani del mio mondo,” disse Lyra. “Sembrava che stesse solo giocherellando quando me ne sono andata. Non so dire cosa stia facendo ora.”

“Vuol dire che non si aspetta la nostra venuta. Io dico di andare,” disse Rainbow Dash.

“Aiutare gli umani?” disse Pinkie. “Sono la sola che ha sentito parlare di loro? Si sà! Ci mangeranno tutti!”

“Non mangierò nessuno, Pinkie,” disse Lyra con una voce piatta. Le si rivoltò lo stomaco. Almeno, non di nuovo.

“Non stiamo certamente combinando niente stando ferme qui,” disse Rarity. “Lyra sembra l’unica che sappia cosa sta succedendo, quindi dico di seguirla e farla finita con questa storia.”

Applejack alzò le spalle. “Immagino di sì.”

Celestia esitò. “È estremamente pericoloso,” disse infine. “Se siete tutte d’accordo a correre questo rischio — ”

“Abbiamo sconfitto Discord una volta. Non sarà un problema a farlo di nuovo!” disse Rainbow Dash.

“L’ultima volta che Discord ha attaccato l’umanità, Luna ed io siamo state inermi davanti a lui. Non posso essere sicura di cosa succederà se provate a confrontarlo adesso.”

“Ma le lascerà almeno provare…” disse Lyra. “Giusto?”

“Sarà più potente di un anno fa, ma di quanto, non riesco a stimarlo. Se riusciate a batterlo o meno, dovrete ritornare immediatamente. L’incantesimo sulla collana di Lyra funzionerà ancora.” La Principessa abbassò lo sguardo. “Se accadesse il peggio, il meglio che possiamo fare è prepararci a difenderci qui.”

“Quindi, uh… Mi sono un po’ persa. Dove stiamo andando?” chiese Applejack.

“Solo, questa volta, se è possibile portarci più vicino,” disse Lyra. “Il mondo umano è veramente grande. L’ultima volta mi avete spedita molto lontano dal bersaglio.”

“Vedrò quello che posso fare,” disse Celestia.

“Oh, e un’ultima cosa.” Lyra alzò uno zoccolo. “Potreste fare qualcosa per questi?”

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Capitolo 27
*** Caos ***


CAPITOLO 27

CAOS

 

Faceva troppo buio per capire dove fossero finite.

“Twilight? Rarity? Potreste per favore…” Lyra le guardò loquacemente. 

Twilight restò ferma per un istante, quindi si riprese scuotendo la testa. “Oh. Certo.” Il suo corno si illuminò, proiettando un bagliore tutt’attorno a loro. La luce fece risplendere i gioielli delle collane che ognuna di loro stava indossando. “Non puoi davvero più fare magie, vero?”

Lyra scosse la resta. “Ma onestamente non è così male. Mi ci sono abituata — ”

“Che cos’è quello?” esclamò Rarity.

Si precipitò su una cosa che aveva colpito il suo occhio. Mentre gli si avvicinava, poterono capire dalla luce del corno di Rarity che si trattava del manichino di un negozio. Tutto attorno a loro — ovunque c’erano scaffali, rastrelliere e abiti.

“Devo ammettere che non ero tanto sicura su di te, Lyra, ma se questo è il mondo umano, ora capisco perfettamente,” disse Rarity. “E hai detto che voi umani indossate vestiti ogni singolo giorno?”

“Certo,” disse Lyra. Si guardò attorno — sembrava essere un normale magazzino. I suoi occhi stavano cominciando ad abituarsi all’oscurità, e tutto sembrava a posto, a parte il fatto che fosse vuoto.

“Ti è familiare questo luogo?” chiese Rainbow Dash. “Sei la nostra guida, lo sai vero?”

“Ci sono negozi come questo dappertutto nel mondo degli umani. Potremmo essere ovunque,” disse Lyra. “Ce n’erano a Philadelphia, dove vivo, ma erano pure a Des Moines. E anche in tutte le città in mezzo, probabilmente.”

“Um, è tutto molto bello, ma… Potremmo uscire dal buio? Non mi piace stare qui…” disse Fluttershy. Si fece piccola, indietreggiando lentamente. Urtò contro qualcosa. Alzò lo sguardo fino a vedere una figura umana senza testa. Squittì e volò vicino al resto del gruppo.

“È solo un manichino. Andiamo,” disse Lyra. “La struttura di questi posti sono spesso abbastanza simili tra loro. L’uscita dovrebbe essere da questa parte.”

Il corno di Twilight si accese ancora di più per illuminare un’area circolare attorno a loro sette. Attraversarono lentamente il negozio avvolto in un lugubre silenzio.

“Mi devi scusare Lyra, ma hai detto che ci sono negozi come questo ovunque nel mondo umano?” chiese Rarity. I suoi occhi scandagliavano tutto il negozio, trovando costantemente qualcosa di nuovo da ammirare. “Suppongo che abbiate bisogno di abiti in abbondanza in modo da avere un outfit per ogni giorno, ma… Oh, questo è semplicemente magnifico!”

“Affrettiamoci, gente. Non mi piace quanto silenzioso sia qui dentro,” disse Applejack. “Discord potrebbe essere ovunque.”

Pinkie Pie sembrava essere l’unica a non essere stata colpita dal nuovo ambiente. Invece, stava guardando Lyra in tralice — le sue mani, la sua statura — ma sembrava più eccitata che altro.

“L’hai già visto?” le chiese. “Cos’ha fatto? Ha di nuovo fatto piovere latte al cioccolato? E le nuvole di zucchero filato? Le mele enormi? Quei strani cosi conigliosi?”

“È stato come l’ultima volta,” disse Lyra amareggiata. “Ed era solo agli inizi.”

“Oh, dai. Devi ammettere che era un po’ divertente, no?” 

Divenne un po’ più facile guardarsi attorno una volta vicini alle finestre, ma non di tanto. Era notte fuori.

“Non pensavo fossi stata via così a lungo…” disse Lyra.

Si aspettava che le porte di ingresso fossero bloccate. Stranamente, si schiusero senza difficoltà, e le tenne aperte per far passare le altre. Uscirono dal buio edificio e si ritrovarono in piena strada.

Applejack guardò in alto e tutto attorno a lei. “Sembra che Discord abbia già sballato questo posto…”

Strutture imponenti le circondavano. Guardando in sù a quello da cui erano uscite, videro una superficie a specchio che si estendeva fino al cielo. Per la strada vi erano altri edifici, sagome a forma scatola con un numero sconfinato di finestre. Alcuni cartelloni — pubblicità di cellulari, compagnie aeree, qualche logo che Lyra riconobbe. Una bici era legata ad un palo col cartello di attraversamento pedonale. Vi erano nomi di strade, ma erano solo numeri.

“No…” disse Lyra, scuotendo la testa. “No, è sempre così.”

“V-vuoi dire che è normale per te?” disse Fluttershy. “Non… non c’è erba, o alberi…” Una macchina le schizzò davanti — la sola cosa che si stava muovendo per strada — e lei si ritrasse indietro. “Non mi piace qui.”

“È solo una città come quella vicino a dove vivo. Anche se questa è più grande…” Lyra si guardò attorno. Le altre città che aveva visto impallidivano a confronto con questa. C’era di più di tutto. Edifici più larghi, tonnellate di macchine, anche se la maggior parte non si stavano muovendo. Certamente più pubblicità.

L’unica cosa di cui mancava erano molti umani. O almeno, ce n’erano meno di quanti Lyra si aspettava da una città di questa taglia. E loro la stavano guardando. Normalmente gli umani non le avrebbero dato più di una veloce occhiata, ma qui era come se non volessero avvicinarsi. Uno alzò un cellulare, probabilmente per fare una foto.

Rarity corrucciò il naso. “Avrebbe bisogno di qualche decorazione. Questi edifici sembrano un po’ scialbi…”

“Mi ricorda un po’ Manehattan,” disse Applejack. Guardò un’altra macchina passare. “E che briglia sono quelle cose? È normale che si muovano in quel modo?”

“C’è fin troppo da spiegare,” disse Lyra. “Prima di tutto, dobbiamo scoprire dove siamo. La Principessa ha detto che ci avrebbe mandato vicino a Discord. Almeno non siamo in mezzo al nulla come l’ultima volta.”

Twilight stava facendo un censimento veloce di tutto ciò che vedeva attorno a lei. Era al momento intenta a fissare un semaforo rosso. “Anche quello deve essere così?” Chiese a Lyra per informazione. “Hai detto che il mondo umano non era esattamente come l’abbiamo studiato, ma questo non è neanche lontanamente simile a quello che abbiamo studiato. Niente di tutto ciò ha senso!”

“Per favore, Twilight, non ho tempo per spiegare tutto al momento.” Nella sua prima venuta in questo mondo, aveva avuto una graduale transizione dal nulla ad una città che non era per niente così enorme. Riusciva a malapena ad immaginare il carico che doveva gravare su dei pony che non erano mai stati qui prima. “Se vuoi, possiamo trovare dei libri che puoi portarti indietro con te. Ma per adesso, non c’è tempo da perdere.”

“Ma queste sono le stesse creature che hai studiato…” disse Twilight. Guardò alcuni degli umani dall’altro lato della strada. “Penso che almeno loro siano gli stessi, non è vero?” 

“Sei sicura che nessuno di loro ci proverà a mangiare?” Pinkie alzò un sopracciglio.

“Gli umani non mangiano i pony. Credimi, ho vissuto qui per un po’,” disse Lyra. “In verità, mangiamo molte delle stesse cose che mangiate voi.” Che non era una bugia. Solo non tutta la verità.

“Basta chiacchiere,” disse Rainbow Dash. “Siamo qui per distruggere Discord di nuovo, quindi, dove si trova?”

“Lyra, hai detto che tutto qui ti sembra normale?” Twilight inclinò la testa. “Anche se a me non sembra, ma vorrebbe dire che Discord non sta ricorrendo ai suoi soliti trucchi.”

Lyra guardò il cielo. Era scuro, totalmente senza stelle. Il terreno era scarsamente illuminato dalle varie luci delle finestre, ma i lampioni della luce erano spenti. Si chiese che ore fossero. Il telefono era nella sua tasca. Ora che le sue dita erano di nuovo normali, era facile da accendere. Diceva che aveva di nuovo campo.

Diceva pure che erano da poco passate le cinque di pomeriggio.

Si grattò la testa. “È… cioè, mi sembra corretto, è più o meno il tempo che ho trascorso in Equestria, ma non dovrebbe essere così scuro.”

Quasi per tutta risposta, il cielo si illuminò istantaneamente. L’alba durò una frazione di secondo, e il cielo divenne limpido e blu. Restarono tutte accecate dalla luce, fino a quando i loro occhi non si riabituarono.

“Lyra, solo un’altra domanda. Chi controlla il sole in questo mondo?” chiese Twilight. “Ovviamente non è la Principessa Celestia… O no?”

Lyra scosse la testa. “Il sole si muove da solo. Questo non dovrebbe succedere.”

“Da solo? È semplicemente ridicolo,” ribattò Rarity.

“Sentite, non ho davvero tempo per spiegarvi tutto su questo mondo. Ignoratelo per ora. È troppo complicato. È il momento che vi mettiate a lavoro,” disse Lyra.

Osservò il semaforo pedonale. Una mano rossa stava lampeggiando — aveva imparato che quello era il simbolo per dire “stop.”  Ma poi venne rimpiazzato da una stella rosa a sei punte. Quella lampeggiò un po’ di volte, poi cambiò e divenne tre mele rosse, un fulmine multicolore, una composizione di diamanti blu…

La sua concentrazione venne rotta da un tonfo sordo. Lei saltò in aria, per poi girarsi e notare che uno dei manichini nella vetrina negozio era caduto. Tirò un sospiro di sollievo, ma subito il manichino vicino avanzò e cominciò a martellare sul vetro.

“Faremmo meglio a levarci di qui,” disse lei.

“Aspetta un attimo, non sappiamo ancora dove si trovi Discord,” disse Twilight. “Ci perderemo di sicuro.”

Lyra indicò di nuovo il semaforo dell’incrocio, che era tornato a mostrare una stella rosa. “Penso che lui ci abbia già trovate.”

Applejack osservò le luci lampeggianti, che erano tornate ad essere tre mele. “Ora sono abbastanza convinta che non debba fare così.”

“Resta qui, Lyra. Noi andiamo a sistemare i conti con Discord. Ti veniamo a cercare quando abbiamo finito,” disse Twilight. Guardò il pendaglio che penzolava dal collo di Lyra. “Dopotutto, sei la nostra sola via di ritorno.”

“Va bene. Io devo anche far sapere ai miei che sto bene…” disse Lyra.

Le guardò galoppare via, fino a diventare una confusa e variopinta macchia in lontananza. Il cielo si oscurò di nuovo, rendendo impossibile il vederci. Lei rabbrividì, infilando una mano in tasca per prendere il cellulare.

Era in qualche senso confortante poterlo di nuovo usare con le sue dita normali. Era in grado ora di apprezzare maggiormente la loro snellezza e flessibilità, dopo aver usato delle mani crudemente modellate dagli zoccoli qualche ora prima. Aprì la lista dei contatti, che conteneva solo poche voci, e quella che voleva era…

Casa.

Forse funzionava ancora. Discord non sapeva come distruggere il sistema telefonico, no? Neanche Lyra sapeva esattamente come funzionasse.

Era meglio non spostarsi molto, come aveva suggerito Twilight. Sperava solo di non perdersi. Alcuni negozi attorno a lei avevano nomi familiari — Walgreens, o Office Max, ma non erano gli stessi di Philadelphia. Negozi con lo stesso nome erano dappertutto nel mondo umano. Poteva essere dovunque. Forse questa era la capitale d’America, era certamente abbastanza grossa da esserlo.

Abbassò lo sguardo al cellulare nelle sue mani, si ricordò perché l’avesse preso, e compose il numero di casa. Sarebbe tutto finito presto, no?

Il telefono squillò un paio di volte. Conosceva quel suono. Se continuava in quella stessa maniera, voleva dire che l’umano dall’altra parte non aveva preso la chiamata in tempo. Si accigliò quando squillò di nuovo, quasi spaventata che nessuno avrebbe risposto…


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Twilight teneva la testa bassa, a guardare le strane strisce gialle sulla strada. Era fatta di qualche strana pietra nera. Le strisce erano volute, o erano opera di Discord? Era davvero difficile da dire.

Ci fu un rumore assordante, e uno stridore alla sua sinistra. Una di quelle macchine a ruote si era appena fermata mentre stavano passando.

Rainbow Dash volò in alto per evitarla. “Attento a dove vai!” gli gridò. 

“Cosa pensi che siano quelle cose?” chiese Applejack. Lei gli diede un’altra occhiata, ma continuò a galoppare con le altre. 

“Non lo so. Ma non c’è tempo per occuparcene. Non perdiamoci, restiamo vicine,” disse Twilight. “Potrebbe provare a dividerci di nuovo. Non possiamo permettere che accada.” 

“Um, Twilight? Sai percaso — ” la voce di Fluttershy si spense, distratta da ancora altri umani. “Sai dove stiamo andando?”

“Beh… no,” ammise. La strada su cui erano le conduceva sempre più lontano, così aveva continuato a seguirla.

Un rombo arrivò da dietro, assieme al rumore di vetri infranti. Un’altra macchina stava percorrendo il lato di un edificio, un paio di piani sopra le loro teste. Raggiunse l’angolo per poi continuare sull’altra facciata.

“Non sapevo che potessero fare quello!” Disse Pinkie Pie. “Sembra divertente!”

“Pensate che sia una cosa normale?” chiese Rainbow Dash. 

“Direi di no,” rispose Twilight.

Non si fermarono neanche a guardarlo che attraversarono un altro incrocio sotto quelle luci che lampeggiavano di verde e rosso. Era quasi come un labirinto — un infinito labirinto di edifici grigi. Almeno non erano divise. Erano già confuse da quello che avevano attorno così com’erano. 

Ma erano insieme. Discord non aveva avuto tempo di giocare con le loro menti, e non si aspettava neanche la loro venuta, e gli Elementi avrebbero funzionato.

Forse.


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“Pronto?”

“Mamma?” Il viso di Lyra si sciolse immediatamente in un sorriso sollevato. “Grazie al cielo. Sono tornata.”

“Dove ti trovi? Tuo padre…” Sua madre esitò per un momento. “Ha detto che eri…”

“Sì. Sono di nuovo umana. Tutto sta tornando a posto.”

Ci fu un sospiro di sollievo. “Mi fa piacere sentirlo.”

“Aspetta, tu… Mi credi?” chiese Lyra, Aveva appena finito di spiegare tutto a suo padre, a Bon-Bon, a Twilight… L’ultima cosa che si aspettava era che sua madre non avesse nessuna domanda.

“Ha detto qualcosa su uno ‘spirito del caos,’ o cose del genere. Noi stiamo bene adesso, ma qualche ora fa non so cosa sia successo. Non è poi così difficile credere che tu ti sia trasformata in un unicorno.” Ci fu una pausa. “E hai lasciato impronte di zoccoli al latte al cioccolato sulle scale.”

“Mi dispiace.” 

“Non ti preoccupare, Lyra, ma dove sei? Hai detto che sei tornata dove?”

“Da Equestria,” disse Lyra. Iniziò a camminare. “Ho portato gli Elementi dell’Armonia con me. Penso che Discord sia in questa città. Se ne occuperanno loro in men che non si dica.”

“Che città? Sei a New York?”

“Non lo so,” disse Lyra. C’era un carrello di ferro con un ombrello verde vicino a lei. L’ombrello iniziò a roteare, alzandosi in aria, fino ad arrivare oltre la cima degli edifici. “Whoa! Uh… Siamo comparse qui in mezzo al casino. Non ho idea di dove ci troviamo.”

“Dopo che le cose si sono calmate qui, Hanno cominciato ad esserci storie che quella cosa si fosse spostata a New York City. È su tutti i telegiornali.”

“Di già? Sono stati veloci,” disse Lyra. “Immagino che girare così velocemente sia lo standard per le notizie umane, non è così?”

“Quindi sei davvero cresciuta in un altro mondo?” disse sua madre. “Lyra, dicci solo dove sei. Possiamo probabilmente raggiungerti in un paio d’ore e portarti a casa.”

“No, non venite adesso! È pericoloso. Ci occuperemo di Discord prima di subito, quindi… state lontani fino ad allora. Vi chiamo più tardi.” Alzò lo sguardo per vedere dove fosse andato il carrello, ma non lo vedeva più.

“Sicura?”

“Fidatevi di me. Ha fatto lo stesso a Ponyville… ma sono riusciti a fermarlo allora, e lo possono rifare adesso.”

Ci fu una pausa. “Solo, sii prudente, Lyra.”

“Lo farò,” disse lei. “Ci sentiamo presto… Ciao.” Chiuse la chiamata, bloccò il cellulare e lo rimise in tasca. Ora doveva solo aspettare che le altre ponessero fine a tutto ciò.

Qualcuno sbattè contro lei da dietro. Lei si girò e vide un giovane maschio umano con una grossa fotocamera attorno al collo.

“Scusa,” disse piano.

Si fermò per un momento, quindi si voltò indietro. “Hey, hai visto niente qui in giro?”

“Huh?”

“Un tizio sulla 43esima strada ha detto che aveva visto una mandria di unicorni caricare da questa parte. Proprio in mezzo al traffico.” Fece un largo gesto con le sue mani. “Hai visto niente del genere?”

Lyra fece una smorfia. “Non erano tutti unicorni…” borbottò.

“Li hai visti? Dove sono andati?”

“Voglio dire, uh…” si grattò dietro la testa. “Unicorni? È ridicolo.”

“Guardati attorno. C’è roba folle ovunque. Un mio amico ha detto di aver visto la Statua della Libertà cambiare braccio, come se si fosse stancata a tenere su la torcia dopo tutti questi anni. Almeno lo hai notato il sole impazzito, no?”

“Oh.” Lei guardò in su il cielo come se stesse per cambiare in quel momento. “Finirà presto.”

Lui la fissò in maniera strana. “Non so, ma devo vedere cosa sta succedendo laggiù.” Continuò a correre lungo la strada.

Lyra stette lì imbambolata. Il mondo umano era condannato alla distruzione, e loro volevano solo guardare.

Scosse la testa, e continuò a camminare a passo svelto. Non c’era modo di sapere cos’altro avrebbe potuto farsi vivo. Attraversò la strada. Un po’ di persone stavano parlottando tra di loro, osservandola mentre passava. Superò un negozio con le finestre rotte. Una macchina si era in qualche modo capovolta.

Sopra la sua testa c’era un segnale con una chitarra, quasi come quella che suonava. Questa era rossa, probabilmente un modello diverso. Un negozio di musica? O una sala da concerti? Osservandolo meglio, vide la scritta Hard Rock Cafe. Come se fosse un ristorante o cose del genere. Qualunque cosa fosse, qualcosa nel vedere quel cartello la fece sentire un po’ meglio. Le cose sarebbero tornate alla normalità molto presto, e lei avrebbe potuto di nuovo suonare la sua musica.

Diede un’occhiata da più vicino alla vetrina. Qual che fosse questo posto, le interessava. 

“Lyra?” La voce dietro di lei le era familiare. “Impossibile… Ti riconoscerei dappertutto. Che ci fai qui?”


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“Potremmo per favore rallentare un po’?” Fluttershy non correva più e aveva cominciato a volare, ma anche così stava rimanendo indietro.

“Forse dovremmo. Tutto questo correre e non abbiamo ancora trovato nulla,” disse Rarity. Un secchio dell’immondizia si alzò e corse via mentre si avvicinavano. “Oltre a… quello, immagino.”

La griglia di strade pianeggianti e fredda pietra ed edifici di metallo sembrava starsi diradando in uno spiazzo. Alcune di quelle macchine a ruote erano sparse lì attorno. Due aste con delle bandiere sconosciute erano fissate nel mezzo della piazza. Gigantesche facce umane guardavano in giù da enormi poster. Alcuni dei pannelli erano neri.

“Pensate che continui all’infinito?” chiese Fluttershy.

“Di certo non può,” disse Applejack, guardandosi attorno. “O almeno credo.”

Si fermarono ad un crocevia dove le strade si dividevano in diverse direzioni. Era davvero solo un altro labirinto. Non c’era da stupirsi che Discord aveva deciso di venire qui.

Improvvisamente, tutto divenne scuro. Il sole era tramontato di nuovo, velocemente così come era sorto. I loro occhi si presero del tempo per adattarsi alla luce della luna.

“Ah, gli Elementi dell’Armonia. Sono sorpreso di vedervi qui, davvero.”

La testa di Twilight schizzò in alto. “Discord!”

Era in uno dei poster, i suoi artigli attorno alla spalla di una femmina umana. “Quindi Celestia ha deciso che il mondo umano era degno di essere salvato e vi ha mandati qui. È certamente una mossa inaspettata.”

Rainbow Dash volò dritta davanti alla sua faccia. “Smettila di giocare e vieni fuori!” Lei si girò e gli diede un calcio, ma lui si spostò subito e girò attorno alla piazza fino ad un pannello nero sull’altro lato.

“Non siamo così frettolosi, Rainbow Dash. Goditi la visita. Questa è New York City, casa di circa otto milioni di meravigliosi umani, più o meno qualche centinaio di migliaia,” disse lui. Quindi fece spallucce. “O almeno, lo era. È bastata una leggera tempesta di coca cola e qualche trucchetto con la loro statua gigante e loro hanno fatto le valigie e hanno lasciato la città. Alcuni di loro. Ma sembra che ne stiano venendo molti altri a vedere lo show. Cosa posso dire? Gli umani apprezzano il caos quasi quanto me!”

“Hai fatto abbastanza,” disse Twilight. “Non siamo venute qui a giocare ai tuoi giochetti. Non sono sicura di cosa sia questo posto, ma so che ti dobbiamo fermare.”

Discord sospirò, e uscì dal pannello piatto. La sua forma divenne tridimensionale quando si tirò fuori da lì. Volteggiò giù sino a fluttuare davanti a loro.

“Bene, ragazze. Facciamola finita, che ne dite?” Si mise a braccia conserte, aspettando la loro prossima mossa.

Twilight indietreggiò per un istante, quindi si rivolse alle altre. “Pronte?”

“Finiamo qui così posso andare a casa,” disse Rarity.

“Sembra un’ottima idea,” disse Applejack.

Il pendaglio al collo di ogni pony cominciò a brillare. Sentirono la familiare scarica di potere — anche se avevano usato gli Elementi solo due volte prima d’allora, era inconfondibile. E lentamente, i loro zoccoli si sollevarono da terra fino a levitare di fronte a Discord.

Qualcosa cambiò nella sua espressione annoiata — uno sguardo di realizzazione. 

Non ci fu abbastanza tempo per registrare lo scoppio di colori che stavano emergendo da ogni collana, e che formarono un vivido arcobaleno in contrasto allo sfondo grigio della città. Quello si innalzò in aria, schizzando in alto prima di piombare direttamente sul draconequus.

La scarica di potere sembrò durare un’eternità, anche se non erano passati più di un paio di secondi. Lentamente, i pendagli si spensero, ritornando normali, e tutti i pony levitarono giù, piazzando gli zoccoli sul terreno solido. 

La luce si diradò.

Discord ispezionò pigramente l’artiglio del suo braccio sinistro. “Sapete, per un secondo ero sicuro anch’io che avrebbe funzionato.”

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Capitolo 28
*** Amicizia ***


CAPITOLO 28

AMICIZIA

 

“Randall?”

Quella era probabilmente l’ultima persona che Lyra si sarebbe aspettata di vedere qui. Aveva solo una vaga nozione di dove fosse New York, ma se si trovava davvero lì, allora era a centinaia di miglia di distanza da Des Moines. 

“Che ci fai qui fuori, Lyra? Hai sentito che sta succedendo, vero?”

“Questa… non è Des Moines,” disse lei.

“Uh, tutto apposto?” Randall le lanciò un’occhiata. “So che le persone si stanno comportando strane da un po’ di tempo, ti senti bene?”

“Strane? Quanto strane?”  

“Beh, per esempio mio cugino. Ero con lui, ma…” la voce di Randall si abbassò. “Tu davvero non sembri a posto.”

“Va tutto bene. Credo di poter affermare che è stata una giornata pesante. Ma è okay. Sarà presto tutto finito.” Si guardò attorno. “È New York questa?”

Lui annuì, fissandola ancora con sospetto. “Non lo sapevi?”

“Ehm, no.” Lyra si guardò attorno. “Che ci fai tu qui?”

“Come ti dicevo, ho un cugino qui. Lui diceva di conoscere delle persone qui, e che avrei potuto far decollare la band. Poi ha iniziato a comportarsi strano, proprio questa mattina. Ha cominciato a gridarmi addosso, dicendo che stavo cercando di approfittarmi di lui. Quindi sono uscito a fare una passeggiata, sperando che si calmi presto, ed è allora che tutto ha cominciato a farsi totalmente strambo.” Randall alzò le spalle. “Forse sono io che sto impazzendo.”

Lyra scosse la testa. “No, non sei tu,” disse. “Ma tuo cugino… Solitamente non si comporta così, non è vero?”

“No, di solito è una persona a posto. Non so che gli sia preso.”

“È proprio come l’ultima volta…” disse Lyra. Discord stava davvero tentando di corrompere gli umani. Prima non aveva prove, ma questo lo confermava.

“Quale ultima volta?”

“Andrà tutto bene.” Lyra alzò lo sguardo al cielo. Un paio di minuti prima si era di nuovo fatto notte. Era difficile dire per quanto tempo era stata là.

“Se lo dici tu.” Lui fece spallucce. “Alcune persone sostengono sia la fine del mondo. Non lo so, pensavo ci sarebbe stato più fuoco, e demoni che si ergono dal sottosuolo. Prima ho visto dei lampioni trasformarsi in lecca lecca. Nel senso, veri e propri dolci.”

“Succederà anche quello,” disse Lyra.

“L’hai visto pure tu, eh? Beh, ormai immagino l’abbiano visto tutti.”

“Già…”

“Sai, non l’ho realizzato davvero prima che tu lasciassi la città, ma tu sei Lyra Michelakos. Voglio dire, hai fatto il colpaccio ritrovando casa tua,” disse Randall. “E tu sei venuta a casa mia quel giorno praticamente chiedendo l’elemosina.”

“Sì, è stato davvero magnifico,” disse Lyra senza prestare attenzione.

“Abbiamo avuto un altro chitarrista per un po’, ma non era così bravo come te. Non si presentava alle prove, e non sembrava prenderle sul serio. Se lo volessi, Lyra — ”

“Lyra!” Lei si voltò a quella voce, che veniva da sopra di lei. “Finalmente. Ti ho cercata dappertutto,” disse Rainbow Dash, piombando giù vicino a lei. “Questi umani si assomigliano tutti. È una fortuna che la tua criniera si noti così tanto.”

“Dash? Che succede?” chiese Lyra. “Aspetta, avete…”

Rainbow si morse le labbra. “Vedi, è questo il problema… gli Elementi non gli hanno fatto niente. Era troppo forte.”

Lyra restò a bocca aperta. “Cosa?”

“Uh, Lyra…” disse Randall. “C’è un… cavallo volante… che ti sta parlando.”

Rainbow Dash si voltò verso di lui, quindi guardò di nuovo Lyra. “Conosci questo umano?”

“Si, eravamo in una band assieme a Des Moines. Ma cosa stavi dicendo su Discord? Gli Elementi devono funzionare. Per forza.”

“Gli altri mi hanno detto di correre avanti a cercarti. Dobbiamo tornare velocemente ad Equestria.”

“Ho visto cose folli prima d’ora. Ma questa probabilmente si prende il premio,” disse Randall. Indicò Rainbow Dash. “Lyra, realizzi che non è una cosa normale, vero?”

“Certo, vorrei tanto vedere ciò che voi umani considerate ‘normale,’ ” disse Rainbow Dash, con gli occhi al cielo. “Non vedo l’ora di andarmene da questo posto. Non c’è spazio per volare con tutti questi edifici ovunque.”

“Randall, questa… Questa è Rainbow Dash. È un’amica da… dove vengo io.”

“Pensavo fossi della Pennsylvania,” disse Randall.

“Beh, si, ma…” Lei gemette. “Ho già spiegato questa cosa troppe volte oggi,” disse Lyra. Si rivolse di nuovo a Rainbow Dash. “Non mi interessa cosa facciate, ma dobbiamo fermare Discord. Ci deve essere qualche altra maniera.”

“Gli Elementi erano alla massima potenza. Se loro non l’hanno fermato, non so cosa potrebbe farlo.”

“Non lo so neanch’io,” ammise Lyra. “Ma troveremo una soluzione.”

“Come cosa?” Rainbow Dash alzò un sopracciglio. “Seti, Twilight mi ha detto solo di trovarti così che possiamo tornare indietro e informare la Principessa. Vado a cercarla, quindi non muoverti. Intesi?”

Prima che Lyra potesse aggiungere un’altra parola, Rainbow Dash era già volata via. Si girò verso Randall, che era ancora ad occhi spalancati dallo stupore.

“Perciò… cos’era che stavate dicendo?” chiese.

“È una lunga storia, ma tutto questo caos è causato da un tizio chiamato Discord. Sta cercando di… beh, far estinguere l’umanità. Di nuovo. E questa è un’altra lunga storia. Rainbow Dash e gli altri pony dovevano fermarlo. Non posso crederci che non ha funzionato…” Lyra incrociò le braccia e si fissò i piedi.

“Sei amica con dei cavalli parlanti.”

“Una volta ne ero una anch’io, circa.”

“È la fine del mondo e dei cavalli parlanti ci salveranno,” disse Randall. “E non è neanche la cosa più strana che ho sentito oggi.”

“Bene. Non mi va di spiegarlo di nuovo,” disse Lyra.

Quello sembrò porre una fine alla discussione per ora. Randall non riusciva a pensare a nient’altro da dire. Si passò le dita nei capelli incolti. Lyra si guardò attorno cercando di vedere se Rainbow Dash o qualcun altro stesse tornando da lei. Niente, ad eccezione di una macchina giallo acceso che passava sotto dei caschi di banane che probabilmente una volta erano stati dei semafori.

Le altre stavano per voltare le spalle agli umani e lasciare che tutto questo continuasse. Lyra non riusciva a crederci. Certo, non conoscevano nessun umano qui… Ma lei non poteva permettere che qualcosa del genere succedesse ai suoi amici. Alla sua famiglia. Gli umani erano buoni, o almeno molti di loro lo erano, e Lyra non poteva arrendersi a non fare niente così facilmente.

Qualche minuto dopo, le altre arrivarono, guidate da Rainbow Dash.

“Ce ne sono altri,” disse Randall, alzando lo sguardo. Il suo tono era piatto.

“Lyra…” disse Twilight. “Scusa. Non siamo riuscite a fermarlo.”

“Ho già sentito,” disse Lyra accigliata. 

“Lyra, davvero, mi dispiace. Ma devi lasciarci tornare indietro,” disse Twilight. “Hai la collana, vero?”

La mano di Lyra andò verso la sua tasca per prendere la collana, ma poi si fermò. “No. Dovete trovare un altro modo. Ci deve essere qualcos’altro che possiamo fare.”

“L’unica altra occasione in cui gli Elementi non hanno funzionato è stata quando noi non eravamo… beh, noi stesse,” disse Applejack. “Avrebbero dovuto funzionare qui, ma non l’hanno fatto. Non riesco a crederci neanch’io, ma questa volta non siamo state abbastanza per fermarlo.”

“Hai sentito quello che la Principessa Celestia ha detto prima di venire qui. Discord ottiene troppo potere dagli umani. E qui è in un mondo con tonnellate di loro che gliene forniscono…” Twilight alzò lo sguardo verso Randall, come se si fosse appena accorta che lui fosse lì.

Qualcosa balenò nella testa di Lyra. Osservò la collana che indossava Rainbow Dash. “È questa la chiave, non è così…” Si sfregò il mento.

“Cosa?”

“Ho bisogno di prendere in prestito le vostre collane. E la tua corona,” disse Lyra, rivolgendosi a Twilight.

Lei restò a bocca aperta. “Cosa? Prenderle in prestito? Di cosa stai parlando?”

“Gli Elementi dell’Armonia. Ne avrò bisogno per un po’ di tempo,” disse Lyra.

Twilight scosse freneticamente la testa. “Lyra, riesci a capire cosa stai dicendo? Non puoi prendere in prestito gli Elementi dell’Armonia!”

“Nel tempo in cui sono stata un umano, mi sono fatta alcuni amici, buoni quanto qualsiasi altro pony che abbia mai incontrato. Se gli umani stanno dando potere a Discord, allora noi possiamo riprendercelo indietro,” disse Lyra.

“Um… Che sta succedendo esattamente?” chiese Randall.

“Mi aiuterai, vero?” Lyra si girò per guardarlo in faccia. “Voglio dire, non posso farlo se non ci sono tutti…” Contò sulle sue dita, mormorando qualcosa sottovoce. “Quanto veloce pensi che possa arrivare qui Audrey? E anche Nathan.”

“Quei ragazzi con cui stavi a Des Moines?” Randall si grattò la testa.

“Si.”

“Ci vorrà un po’. Hanno chiuso l’aeroporto, almeno quelli di New York.” Guardò di nuovo i pony, e poi Lyra. “Ancora non ho idea di che stia succedendo qui.”

“Possono guidare fino a qui, giusto?”

“Io… sì, ma abbiamo bisogno di loro per fare cosa?” disse Randall.

“Abbiamo bisogno… di sei persone. Penso di poterlo fare funzionare…” disse Lyra, annuendo. “Sì. Se riusciamo a riunire tutti. Dovrò fare alcune telefonate.”

Twilight scosse la testa. “Non tutti i pony possono usare gli Elementi dell’Armonia. Sono degli artefatti magici molto potenti che — ”

“Voi li avete usati per la prima volta dopo esservi conosciuti in un giorno,” Lyra le ricordò.

“Ecco, sì ma… E comunque sei un umano. Non puoi neanche usare incantesimi elementari!”

“Lyra, capisco il perché non vuoi lasciare questo posto, ma non abbiamo altra scelta, vero?” disse Rarity. “Ti consiglio di venire con noi.”

“Per fare cosa? Aspettare che Discord finisca qui e ci segua in Equestria?” disse Lyra. “Abbiamo un altro tentativo. Dobbiamo provare.”

Twilight scambiò degli sguardi con le altre.

“Uh, Twi, credo che tu sappia meglio di tutte noi come funzionano gli Elementi dell’Armonia. Lascio a te la decisione,” disse Applejack.

Sforzandosi di andare contro se stessa, Twilight riuscì finalmente a parlare. “Sigh… va bene. Ma noi restiamo qui.”

“C-cosa? Non voglio davvero restare qui a lungo…” disse Fluttershy, rabbrividendo. “A dire la verità, voglio andarmene. Ora.”

“Beh, non possiamo dare gli Elementi a degli umani ed andarcene così,” disse Rainbow Dash. “Basta che facciate in fretta.”

“Restiamo qui mentre Discord fa tutte queste cose strambe?” disse Pinkie. “Sarà divertente!”

“In realtà, se la mettete così…” Lyra pensò per un istante. “Randall, hai la tua macchina qui? Quella grande con cui trasportavamo tutti gli strumenti della band?”

“Beh, sì.” E poi aggiunse, “se non ha messo le ali ed è volata via.” In qualsiasi altro giorno, sarebbe suonato sarcastico.

“Bene. Torniamo a Philadelphia per un po’. Penso sarebbe pericoloso stare qui a lungo. Paul e Monica sono lì comunque, e penso che avremo bisogno di loro…”

“E ci portiamo… le tue amiche qui?” Fece un gesto verso i pony.

“Certo.”

“Solitamente ci vuole in rimorchio per trasportare cavalli. Non ho niente del genere.” 

“Loro non sono come cavalli del nostro mondo. Andrà tutto bene.” Lei guardò il gruppo. “Però staremo un po’ stretti.”

“Cosa intendi?” chiese Twilight. “Cavalli?”

“Ma… dove andiamo?” disse Fluttershy.

Lyra si ricordò di una cosa che le era successo mesi prima. Quando si era incinturata nel sedile anteriore della macchina di Nathan ed ebbe quasi un attacco di cuore. Questa volta loro non avrebbero neanche avuto i vantaggi delle cinture di sicurezza. 

“Questa sarà la vostra prima volta in una macchina… Cercate solo di stare sedute e non allarmarvi troppo.” 


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Verso la fine della scuola, qualche voce già circolava sulle strane cose che stavano succedendo sulla East Coast. Maggiormente New York, ma anche qualche area vicina. Audrey non ci aveva prestato molta attenzione sul momento. Sembrava più uno scherzo.

Fu più tardi, quando venne sera, che si mise al computer a leggere le notizie e guardare foto per qualche ora. Nuovi messaggi sembravano apparire ogni volta che finiva di leggerne uno. Era dappertutto.

Questa foto in particolare mostrava una porzione della strada che si era trasformata in una collina tondeggiante, che andava su e giù come una montagna russa. La farmacia e i magazzini dietro sembravano inalterati. Lei ingrandì l’immagine e si avvicinò allo schermo strizzando gli occhi. Non sembrava modificato, anche se non era così esperta.

Il suo cellulare squillò.

Lo prese e lo aprì. “Pronto?”

“L’hai visto anche tu, vero?” Era la voce di Nathan. “La roba di New York?”

“Sì… qualsiasi cosa sia,” disse lei. Lesse quello che diceva il fotografo sull’immagine — che la formazione nella strada era apparsa d’improvviso, ed era solida come se fosse stata sempre là. Era possibile guidarci sopra, concesso che non fosse successo niente alla tua macchina. Alcuni veicoli erano stati alterati da quel potere — e potevano essere diventate qualsiasi cosa, da colorate a quadretti, a improvvisamente vive. 

“Pensavo fosse una bufala — qualche scherzo elaborato, ma ora non lo so più,” disse lui. “Sta andando sulla CNN e pure su altre emittenti. Non penso sarebbero riusciti a manomettere tutte le maggiori reti di notiziari.”

Audrey cliccò un link ad altre foto. Una discussione in cui le persone ponevano molte delle domande che si stava facendo anche lei.

“È tutto molto…” Cercò un termine adatto. "Cartoonesco."

“Non sono sicuro di essere già convinto, ma devi ammettere che inizia a sembrare tutto reale,” disse lui.

“Odio doverlo ammettere… ma hai ragione,” gli rispose.

Un utente in questa discussione stava alimentando i dubbi che avevano tutti. Photoshop, ondate di account falsi tutti gestiti da poche persone, e di certo attacchi hacker. Non erano i soli a pensarla in quella maniera. Ma cominciava a sembrare sempre più un disperato tentativo di negare quello che stava davanti ai loro occhi.

“E hai visto le foto di Times Square?” chiese lui.

“Quali?” Audrey cercò di ricordare. “Il cartellone che si è animato, o il carretto di hot dog volante?”

“No, questi sono nuovi. La mandria di unicorni. Un sacco di persone hanno loro foto.”

“Unicorni…” Qualcosa si agitò nella memoria di Audrey. “No, ancora non l’ho visto.” 

“Già, di tutti i colori diversi. Un paio stavano volando,” disse Nathan. “La gente ha iniziato a parlarne solo mezz’ora fa, ma ci sono dozzine di foto.”

Lei digitò la frase “times square unicorno” nella barra di ricerca e guardò le immagini. Di certo, c’erano un mucchio di foto diverse. Se fossero state photoshoppate, avrebbe sicuramente richiesto una marea di tempo e sforzo.

“Non sono sicuro di che pensare,” continuò Nathan. “Ho sentito che delle persone si stanno dirigendo lì per vedere dal vivo. Per la maggior parte fotografi, ma anche semplici turisti.”

“Aspetta un attimo…” Audrey cliccò su una delle immagini. La ingrandì. La mandria o qualunque cosa fosse era lontana, ma c’era una persona in piedi in mezzo a loro.

“Cosa?”

Lei fissò la foto qualche istante, quindi si portò lentamente una mano alla bocca. “Non stava mentendo,” disse piano.

“Huh?”

Audrey scosse la testa. “È folle. Le ho detto che era una pazza.”

“Di che stai parlando?” chiese Nathan.

“Lyra. Quando abbiamo trovato i suoi genitori, le ho detto che avevo bisogno di sapere da dove veniva. E… Beh, me l’ha detto.”

“Cosa c’entra Lyra con tutta questa storia?” disse Nathan. “Cioè, era abbastanza stramba, ma questo è ad un livello totalmente diverso.”

“Lyra insisteva di essere stata un unicorno. Non ricordo tutto, ma la sua storia era abbastanza dettagliata. Qualcosa sull’essersi trasformata in un umano. Ma… lei è in queste foto, e penso che abbia a che fare con quello che sta succedendo lì.”

L’altro capo del telefono si era ammutolito. Poi scoppiò con un “Wow. Cioè, davvero, wow. Mi chiedevo se non fosse una specie di strana invasione aliena. L’idea è girata un po’ online, e tu hai avuto il primo contatto, Audrey! Diamine, l’hai lasciata stare a casa tua!”

Il telefono di casa squillò. Suonò qualche volta, quindi si interruppe. Qualcun altro doveva aver risposto.

“Vorrei ricordarmi cosa mi aveva detto…” disse Audrey. “Voglio dire, suonava folle. E lo è ancora.”

“Da Lyra, non ne sarei affatto sorpreso. Era sempre stata bizarra.”

“Audrey, è per te.” Lei si girò per vedere sua madre nel corridoio, che le stava porgendo il telefono. “È Lyra.”

“Huh?”

“Mi ha detto che è importante.”

Audrey si portò il cellulare all’orecchio. “Senti, Nathan, ti richiamo tra poco.”

“Aspetta, cosa — ” Lei chiuse il cellulare e lo poggiò sul tavolo. Quindi si alzò e prese la cornetta da sua madre. La portò lentamente all’orecchio. Era l’opportunità perfetta per scoprire cosa stava succedendo, ma non aveva idea di cosa dire.

“Audrey!” La voce di Lyra le era abbastanza familiare.

“Uh, ciao, Lyra…”

“Bene. Ho cercato di chiamarti al cellulare, ma non ha funzionato,” disse Lyra. “Senti, ho bisogno che vieni a casa mia. Il prima possibile. È veramente importante.” C’era una flebile voce difficile da percepire in mezzo al rumore di sottofondo, e Lyra disse a chiunque fosse, “È un telefono. Te lo spiego dopo, ok?” Quindi Lyra si rivolse di nuovo a lei: “Scusami, Audrey.”

Casa di Lyra? Intendeva a Philadelphia, probabilmente… A meno che non fosse l’altro posto. Ponyland o quello che era. Audrey ritrovò finalmente la voce. “Di che si tratta? Eri davvero tu quella a New York?”

“Come fai a sapere che ero lì?” Lyra sembrava sorpresa. 

“C’erano foto di te su Internet. Con quegli unicorni. Non te lo stavi inventando quando me l’hai detto, vero?”

“No, ero seria. Ho provato a fartelo capire,” disse Lyra. “Ma ora ascolta. È veramente vitale che tu venga a Philadelphia in questo istante.”

“Adesso? Lo sai quanto è distante, vero?” disse Audrey, sfregandosi la fronte. “Ed inoltre, domani c’è scuola, non posso semplicemente partire ed attraversare mezzo paese — ”

“Ho fatto il percorso in mezza giornata l’ultima volta,” disse Lyra. “Che problema c’è?”

“Tu hai volato. Abbiamo comprato il biglietto giorni prima. Posso provarci, ma anche così sarebbe — ”

“Ci vorrebbe comunque troppo…” Udì Lyra sospirare. “Senti, l’intera sopravvivenza della specie umana è al rischio qui. Ho bisogno di te e Nathan qui e adesso.”

Audrey venne presa alla sprovvista. Lyra sembrava abbastanza seria, anche se aveva la tendenza a esagerare nelle sue cose… Ma di nuovo, c’erano quelle foto. Audrey si girò nella sedia e le vide ancora sul suo monitor. “La sopravvivenza della razza umana,” ripetè.

“Sì,” disse Lyra.

“C’entra con quello che sta succedendo a New York oggi, vero?”

“Quello è solo l’inizio. Ma verrai, vero?”

Audrey sospirò. “Vedo cosa posso fare, ma… ti trovi a mezza nazione di distanza.”

“Faremo i conti anche con quello. Quando pensi che potrai arrivare qui?’”

Valutò le varie opzioni in testa. Volare con così poco preavviso sarebbe stato impossibile. Non aveva la sua patente, ed inoltre anche mettendosi per strada adesso ci avrebbe messo — quanto? Un giorno intero o due. Senza parlare di come avrebbe dovuto spiegarlo ai suoi genitori. Avevano visto quello che stava succedendo dai notiziari, ma non se ne erano minimamente interessati.

Audrey si grattò dietro la testa. Era strano, ma sentiva che Lyra non stesse per niente ingigantendo l’importanza della cosa. “Immagino che tu o i tuoi amici non abbiate della magia che ci potrebbe aiutare, vero?”

“No, Twilight dice che è troppo lontano per teletrasportarsi.” Lyra la faceva sembrare come una cosa stranamente normale, parlare di teletrasporto così.

“Allora non lo so,” disse Audrey tirando un sospiro. “Tipo, due giorni. E potrebbe essere generoso.”

“Seriamente?” disse Audrey.

“Senti, non so come viaggino le persone da dove vieni tu, ma è una distanza enorme,” disse Audrey.

Lei udì Lyra sospirare. “Hai ragione. Le macchine sono molto più veloci dei trasporti di Equestria. Solo, cerca di sbrigarti, va bene?”

“Certo, vedo quello che poss — ” La linea si staccò. Lyra doveva già aver riagganciato. Audrey posò la cornetta, si adagiò indietro e si passò una mano tra i capelli. 

Aveva sempre saputo che Lyra non era molto normale. Il modo in cui si era comportata quella prima volta, e poi per l’intera durata della sua permanenza lì. Non era esattamente umana, non è così?

Ma sul cosa fare ora…

Sembrava importante. Qualunque fossero le ragioni, Lyra aveva scelto lei per fare… qualcosa. Forse era il motivo per cui era venuta in questo mondo. Anche solo il pensare a “questo mondo” come se ci fossero davvero delle terre magiche oltre ad esso suonava ridicolo. Cosa si aspettava esattamente Lyra che lei facesse? E perché non poteva trovare qualcuno di più vicino?

Lyra aveva anche parlato di Nathan. Forse era una buona idea chiamarlo. Per capire che fare. Audrey stava per prendere di nuovo il telefono, ma squillò prima ancora di toccarlo.

“Pronto?” Si aspettava quasi fosse di nuovo Lyra. 

“Perciò, ho appena ricevuto una chiamata da Lyra. Mi ha raccontato una storia interessante,” disse Nathan.

“Ha chiamato pure me,” gli disse Audrey. “Uh… cosa facciamo ora?”

“Beh, prima di tutto, pensavo che la fine del mondo non sarebbe arrivata prima di un altro paio di mesi.”

“Sii serio, Nathan.”

“Ok, va bene. Allora, sto entrando in macchina adesso. Sono da te in pochi minuti. Prepara degli snack se li vuoi, ci aspetta un lungo viaggio.”

Audrey restò scioccata. “Stai davvero andando?”

“Lei ha detto che era urgente.”

“Lo sai quanto tempo ci metteremo ad arrivare, vero?”

“Ti ho detto infatti di portarti qualcosa da mangiare. E ti sta bene guidare per parte del viaggio? Conterà ai fini della patente. I tuoi ne saranno contenti,” disse Nathan. “Inoltre, questa è un’opportunità che ti capita una volta nella vita. Qualcosa di strano sta succedendo laggiù, e noi ci siamo in mezzo! Devi ammetterlo, è seriamente figo.”

“Come no,” disse Audrey, alzando le spalle anche se lui non poteva vederla. “Forse lo è.”

“Bene. Ci vediamo tra qualche minuto.”


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Lyra sedeva nel posto davanti vicina a Randall, osservando la strada di fronte a lei. Era una “autostrada” — non era mai stata su una di esse, anche se assomigliava al primo posto in cui era finita nel mondo umano. Sorpassarono un segnale con su scritto “Philadelphia.” Sarebbero arrivati presto a casa.

“Hai finito di parlare a te stessa, Lyra?” chiese Pinkie.

“Te l’ho detto. Stavo parlando con i miei amici a Des Moines. È quello a cui servono i telefoni.”

“Quindi quando arriviamo?” chiese Twilight. Guardò fuori dalla finestra, cercando ancora di adattarsi alla velocità a cui le stava passando tutto davanti. “Sembra che il metodo di trasporto umano sia veloce quanto ci avevi promesso. Sono meravigliata tutto questo possa essere possibile.”

“L’unicorno viola parlante nel sedile posteriore è impressionata che possa guidare a 60 miglia orarie. Perché è quello ad essere strano,” bofonchiò Randall.

“Lo è se vieni da Equestria,” gli disse Lyra. “In ogni modo, Audrey ha detto… forse in due giorni.” 

“Due giorni?” disse Twilight.

“Ugh. Questa mattina non sapevo neanche cosa fossero gli ‘umani’, ed ora sono bloccata qui per i prossimi due giorni?” chiese Rainbow Dash.

“Sono l’unica ad aver già sentito parlare di umani? Bon-Bon ne parla sempre all’Angolo Zuccherino!” disse Pinkie.

“Davvero?” Lyra si voltò verso i sedili posteriori.

“Beh, lei parla di te che parli sempre di loro. Ma questo significa che sta parlando degli umani. Circa.”

“Due giorni sembrano un lasso di tempo abbastanza lungo in cui stare fermi...” disse Applejack. “Sicura che vuoi ancora provarci, Lyra?”

“Certo. Solo… aspetteremo per un po’ a casa mia,” disse lei. “Almeno mia sorella sarà eccitata di incontrarvi.”

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Capitolo 29
*** In Mezzo a Due Mondi ***


CAPITOLO 29

IN MEZZO A DUE MONDI

 

“Gira a sinistra… Quella è la nostra casa. Proprio qui.” Lyra indicò la traversa della strada principale che portava al suo vialetto.

Randall sterzò sulla stradina e parcheggiò di fronte alla casa. Sembrava illesa. Ovviamente, il caos se ne era andato assieme a Discord.

Lei si girò verso i sedili posteriori. “Eccoci. Siamo a casa.”

“Con la tua famiglia umana,” disse Twilight.

Lyra scese dal davanti e aprì la porta scorrevole sul lato del van. Pinkie rimbalzò fuori praticamente all’istante. 

“È stato divertente! Eccetto il fatto di essere stati compressi in un minuscolo spazio vitale per due ore, ma facciamolo di nuovo!”

“No grazie. Sono contenta di essere di nuovo in un posto che sembra quasi normale,” disse Applejack. “Anche se… quella casa è davvero grossa.”

“Devo ammettere che sono impressionata,” disse Twilight, voltandosi a guardare il veicolo. “Mi puoi spiegare di nuovo come funziona?”

“Puoi usare la magia, ma non riesci a capire come fanno le macchine ad andare a benzina,” bofonchiò Randall. Poi, si rivolse a Lyra. “Quindi, questa è casa tua? Non è niente male.”

“Possiamo restare qui mentre aspettiamo che arrivino gli altri. Nel frattempo, devo trovare anche Paul e Monica,” disse Lyra. “Probabilmente hanno visto anche loro quello che è successo stamattina.” Era davvero stato solo oggi? Pensò.

Ora si stava facendo tardi. Mentre si allontanavano da New York, la luce nel cielo tornò mano a mano a farsi normale. Erano le nove, era scuro, e sarebbe probabilmente rimasto così fino all’ora dell’alba naturale. Discord stava giocando con il sole e la luna in città, in un modo però che influenzava solo una piccola zona. Per ora.

Fluttershy sembrava folgorata dagli alberi e dal suono dei grilli attorno a lei. Solo il suono di una macchina che passava sulla strada principale la fece uscire dalla sua inedia. “Tu… vivi qui, Lyra?”

“È la casa della mia famiglia,” spiegò Lyra. Li condusse alla porta d’ingresso mentre parlava. “Mio padre — cioè, Dewey, a Canterlot — aveva una foto di questo posto, la trovò vicino a me. È stato così che sono riuscita a risalire a chi fossi realmente.”

“E io sono stata la persona che l’ha riconosciuta,” disse Randall.

“E per quello hai la mia gratitudine,” disse Lyra. “Mio padre è in realtà uno scrittore famoso nel mondo degli umani.”

“Davvero? E su cosa scrive?” Chiese Twilight.

“Beh… È un po’ difficile da spiegare…”

Quasi come avesse intuito che stavano parlando di lui, il padre di Lyra uscì dalla porta d’ingresso e li raggiunse. Notò immediatamente Lyra. Non riusciva a pensare qualcosa da dire. Quindi commentò semplicemente “Sei di nuovo normale.”

Lei annuì. “Spero che resti così.”

Guardò dietro di lei, ai pony, come se li avesse notati solo ora. “E loro sono…”

“Oh! Uh… lei deve essere il padre di Lyra,” disse Twilight. Fece un sorriso incerto. “Lei… ci ha invitate a rimanere qui per qualche giorno.”

“S-si…” Lui le osservò per un momento — principalmente Twilight, quindi notò che Rainbow Dash era sospesa in aria a qualche piede dal suolo. “Ce ne siete davvero di tutti i tipi…” 

“Questi sono alcuni dei miei amici di Ponyville. Hanno provato a fermare Discord, eppure… non ha funzionato,” disse Lyra. “Ma ho un altro piano.”

“Lei è Thomas Michelakos, vero?” chiese Randall. Si avvicinò e gli porse la mano. “È un onore incontrarla.”

Il padre di Lyra prese la sua mano. Era quasi come se vedere un altro umano fosse la parte più sorprendente. “E chi saresti?”

“Il mio nome è Randall. Sono uno degli amici di Lyra. Non sono sicuro che cosa abbia in mente, ma ci sono in mezzo anch’io.” Disse lui, facendo spallucce.

“Lyra, cos’è che stai facendo esattamente? Pensavo avessi detto che gli Elementi dell’Armonia lo avrebbero fermato,” disse suo padre.

“Lo possono ancora fare,” disse lei. “Almeno, ne sono abbastanza sicura. Dobbiamo solo aggiustare un po’ il nostro piano.”

Senza un’altra parola, corse alla porta di casa. Poteva sentire una voce venire da dentro, probabilmente la televisione. Sua madre era lì ad aspettare alla finestra, guardando il van. Si girò quando Lyra entrò in casa.

“Lyra, sei tornata? Non ci hai più chiamato,” disse lei, e poi aggiunse, strizzando gli occhi verso i pony fuori dalla finestra che si stavano dirigendo dentro, “Che diamine…”

“Abbiamo bisogno di ospitarli per un po’. C’è stato un cambio di programmi,” disse Lyra.

Chloe uscì dalla cucina ed entrò nell’atrio. Sembrava assonnata — le altre notti, sarebbe già stata a letto a quest’ora. “Lyra è tornata? È un…” un velo di delusione si dipinse sul suo volto, ma sparì istantaneamente nel momento un cui Twilight entrò dalla porta. “Quella è...!”

“Tu vivi qui, Lyra? È… piuttosto grande.” Gli occhi di Twilight vagarono per l’atrio d’entrata, assorbendone tutti i particolari. Si fermò un momento al dipinto del drago.

Lyra notò che Chloe era rimasta senza parole. Le si avvicinò e si inginocchiò, poggiandole una mano sulla spalla. “Chloe, lei è Twilight Sparkle. Lo so, ho detto che quelle storie erano inventate, ma…” concluse, sorridendo, “ho mentito.”

Chloe stette a bocca spalancata mentre osservava i pony all’entrata. Per un attimo, non riuscì a fare niente, ma poi…

“Fluttershy?” Chloe corse verso il pegaso, che arretrò istintivamente.

“Um… Chi sei?” Riuscì a sussurrare.

“Fluttershy, lei è mia sorella minore. Chloe,” disse Lyra. “Le ho raccontato tutto su di te e Ponyville.”

“Huh?” Fluttershy sembrò calmarsi, ma era ancora incerta. Quando Chloe allungò il braccio per toccarle il naso, i suoi occhi restarono fisse sulla mano.

“Va tutto bene,” disse Lyra. “Sapevo che saresti stata eccitata di incontrarle, Chloe.”

“M-mi dispiace,” disse Fluttershy. “È solo che… non ho mai visto un umano prima di oggi, ed io…”

“Non ti preoccupare, Fluttershy. Non possiamo fare nient’altro per ora, quindi perché voi due non spendete un po’ di tempo assieme?” disse Lyra. “Sono sicura che a Chloe piacerebbe tantissimo conoscerti meglio.”

“Ma perché dovrebbe — ”

“Davvero puoi comunicare con tutti i tipi di animali?” disse Chloe. “Raccontami di quando ti dovevi prendere cura dell’uccello della Principessa Celestia! È la mia storia preferita.”

“Huh? Tu… sai di Philomena?” disse Fluttershy. “Ancora mi sento malissimo nell’aver commesso uno sbaglio del genere… Vuoi davvero sentirlo?”

“Sono certa che tu lo possa fare meglio di me,” rispose Lyra.

“Seguimi, Fluttershy!” disse Chloe. 

Lei corse al piano superiore verso la sua stanza. Fluttershy esaminò gli stretti gradini prima di decidere di volarci sopra con cura invece di provare a scalarli.

“Quindi per quanto tempo dovremo stare qui? Sono già stanca di questo posto,” disse Rainbow Dash. Spiegò lentamente le ali, facendo una smorfia. “Se avete bisogno di me, sono fuori ad accertarmi che queste funzionino ancora.”

Si girò e uscì fuori dalla porta con una rincorsa, prima di alzarsi in volo e sparire dalla vista.

“Non badate a lei. Non le è piaciuto il viaggio fino a qui. Non eravamo mai state in una di quelle ‘auto’ prima,” disse Twilight.

“Dovete scusare Rainbow Dash. Vi assicuro che non siamo tutte così terribilmente sgarbate,” disse Rarity. “Si può entrare?”

“Certo,” disse Lyra. “Non ti dispiace, vero mamma?”

Prima che raggiungessero il salotto, la madre di Lyra la prese in disparte.

“Devono rimanere qui?

“Andrà tutto bene. Lo so che abbiamo dei ‘cavalli’ in questo mondo che sono solo animali, ma… Io sono stata un pony come loro per la maggior parte della mia vita, e sono molto più simili a noi di quanto tu possa pensare,” disse Lyra.

“Tuo padre me l’ha già raccontato. E abbiamo letto il diario che hai lasciato qui.”

“Solo… Non accennare al fatto che abbiamo della carne nel congelatore.”

“Tu sei vegetariana… È questo il motivo, vero?”

Lyra si trovò per un attimo a disagio. “Già. Non riesco ancora a convincermi a mangiare quella roba.”

“Eccolo. Avrei giurato di aver sentito altre voci…” Applejack diede un occhiata al salotto mentre lasciava l’entrata. “Ma sembra non ci sia nessuno.”

La voce di cui stava parlando veniva dalla tv nell’altra stanza. “Le testimonianze stanno arrivando a frotte dalle persone rimaste in città, assieme a video scioccanti e prove fotografiche del…”

La madre di Lyra osservò i pony mentre vagavano per la casa. “Da quando sei scomparsa. Davvero sei stata un…”

“Già. Ve l’avrei detto, ma non mi avreste creduta,” disse Lyra.

Pinkie Pie saltò sopra lo schermo. “Guardate! Siamo noi! Come siamo finite qui dentro?”

“È la televisione,” disse Lyra distrattamente. I suoi occhi erano fissati sullo schermo. Questo era il notiziario, eppure avevano lasciato la città solo qualche ora prima… Come facevano a sapere già tutte quelle cose? Era appena leggermente meno confusa di quanto lo fossero gli altri pony.

“Come fa l’immagine ad apparire qui?” Twilight si avvicinò allo schermo fin quando non ebbe il naso praticamente pressato su di esso. Sbattè le palpebre un po’ di volte, e strizzò gli occhi. “È una specie di illusione…” Si girò, facendo una smorfia e mettendosi uno zoccolo a lato della testa. “Lyra, pensavo mi avessi detto che gli umani non fossero in grado di fare magie, ma…”

“Anch’io lo pensavo all’inizio. Ma non è magia,” Lyra le spiegò. “Abbiamo solo… della tecnologia avanzata. Compensa il non possedere arti magiche.”

“Oggi tutti i canali continuano a parlare della stessa cosa senza tregua. Abbiamo iniziato a vedere foto di voi non molto tempo fa,” disse la madre  di Lyra. Al momento, lo schermo stava mostrando immagini sfocate di edifici grigi, che iniziavano a luccicare per poi colorarsi di diversi sgargianti colori pastello. “Cosa dicevate che sta succedendo lì? Nessuno è stato in grado di spiegarlo.”

“Quello che fa Discord non ha nessun senso scientifico o logico,” disse Twilight. Guardò di nuovo allo schermo. “Proprio come… molte delle cose qui.”

Mentre il notiziario alla tv continuava a parlare, Lyra e i pony raccontarono quello che sapevano. Quello che Discord aveva fatto anni prima a Ponyville, e quello che avevano visto a New York. E di come gli Elementi dell’Armonia non gli avevano fatto neanche un graffio. Lyra interrompeva ogni tanto per chiarificare qualche aspetto della cultura umana o dei pony che non era chiara all’altra parte.

“I pony sono stati in grado di salvare Equestria, ma voi non avete alcuna connessione con questo mondo. Penso sia questo che vi indebolisce, in qualche modo,” disse Lyra. “Questa volta, abbiamo bisogno di umani per usare gli Elementi.”

“Quindi sono praticamente un unicorno magico ad honorem per la giornata, è quello che stai dicendo,” intervenne Randall.

“Stamattina, mi hai detto che non c’era niente che gli umani potessero fare,” disse il padre di Lyra.

“Ammetto che il modo esatto in cui funzionano gli Elementi non è pienamente compreso, neanche dai pony,” disse Twilight. “Originariamente, erano usati da Luna e Celestia, ma adesso siamo noi le portatrici. Però, gli umani non hanno assolutamente nessun potere magico… Non sono sicura che sarete in grado di usarli.”

“Twilight, te l’ho detto. Noi non ci arrendiamo,” disse Lyra.

“E lo posso capire. Abbiamo appena lasciato una città enorme, e abbiamo percorso in due ore un’enorme distesa, e c’erano umani dappertutto,” disse Twilight. “Questo mondo è molto più grande di quanto avessi immaginato. E… è importante tanto quanto Equestria, anche se non è la nostra casa.” 

Di colpo, sentirono un martellamento sordo provenire dalla porta di casa. Tutte le teste di voltarono nello stesso istante. Il padre di Lyra fu il primo ad alzarsi.

“Vado io. Voi state qui.”

Lui li lasciò per un momento e andò all’ingresso. Sentirono togliere il chiavistello, e la porta aprirsi.

“Non capisco!” Era la voce di Rainbow Dash. Entrò nella stanza sembrando un po’ più infastidita di prima. “Neppure le porte non funzionano qui.”

Lyra ispezionò pigramente le sue dita. “Non per te, almeno.”

“Buongiorno. Sembra che tu ti sia finalmente decisa ad unirti a noi,” disse Rarity.

Rainbow Dash fece una smorfia. “Quindi, per quanto staremo qui?”

“Fin quando non capiamo come fermare Discord,” disse Lyra. “Nathan mi ha detto che portava con sé Audrey e arrivava il prima possibile. Dovremo tener duro almeno fino ad allora.”

“Grandioso…” alzò gli occhi al cielo e si appollaiò su una sedia. “Farà meglio a funzionare, Lyra.”


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Lyra si svegliò la mattina dopo, si era a malapena accorta di essersi addormentata la sera prima. Quel giorno era stato così frenetico che non aveva realizzato quanto fosse stanca. Inoltre, passare dall’essere umana a pony e viceversa non aveva esattamente aiutato. Doveva essere collassata sul sofà nel salotto e crollata prima di rendersene conto. 

“Buongiorno, Lyra,” disse Applejack. Era seduta davanti la tv, ancora accesa sui notiziari, ma non vi stava prestando attenzione al momento. 

“Oh. Ciao.” Lyra si strofinò gli occhi. Mise a fuoco l’immagine sullo schermo — ancora New York, e non sembrava per niente migliorata. 

“Ho pensato sarebbe stato meglio lasciarti riposare. Dovrai provare ad usare gli Elementi dell’Armonia, dopotutto,” disse Applejack. “Sembra non sia cambiato molto. Discord sta ancora creando caos laggiù, ma qui è tutto rose e fiori.”

“Meno male.” Lyra guardò fuori dalla finestra. Notò Fluttershy e Chloe nel giardino posteriore, che parlavano tra di loro. “Quindi… tu che ne pensi? Sugli umani che usano gli Elementi?”

Applejack inclinò la testa. “Beh, non saprei esattamente, è più il campo di Twilight, ma… Il modo in cui funziona la magia degli unicorni, non credo sia la stessa cosa degli Elementi. Le volte in cui ho usato gli Elementi, è sempre successo automaticamente. È difficile da spiegare. È come se lo sentissi che qualcosa sta accadendo, e non solo dentro di me, ma anche in tutti gli altri pony. Se i tuoi amici sono davvero buoni come dici, forse funzionerà.”

Lyra ci pensò per un istante, ma venne interrotta. Twilight entrò trottando dall’atrio frontale, seguito dal padre di Lyra.

“Lyra, sei sveglia,” disse lei. “Stavamo discutendo di magia. La tua famiglia sembra assurdamente ignorante anche solo dei principi più basilari.” Si voltò verso il padre di Lyra. “Ovviamente, non intendo offendere.”

Lui rise. “Fino a ieri, non sapevo neanche che la magia fosse reale.”

“Già…” disse Twilight. “Lyra, come hai fatto a cavartela senza magia?”

D’improvviso, Rainbow Dash arrancò attraverso la porta d’ingresso. Le sue ali erano spiegate, e stava ansimando dalla fatica. Infine, riuscì a dire, “Penso che abbiamo un problema. Discord sta interferendo con le nuvole.”

“Intendi le nuvole di zucchero filato?” chiese Lyra. “Le ha fatte prima. Sono tornate?” 

“No, è un’altra cosa,” disse Rainbow Dash. Guardò fuori dalla finestra. Stavo provando a raggiungere il livello delle nuvole, ma… è troppo in alto. Sono rimasta senza fiato prima di arrivarci. Non ho mai perso il fiato così velocemente.”

“È solo questo?” disse Lyra, tirando un sospiro di sollievo.

“Per quale motivo dovrebbe farlo? Non capisco…”

“Le nuvole sono sempre così,” rispose Lyra. 

“Huh?” 

“Me ne sono accorta mentre ero sull’aereo. Le nuvole in questo mondo sono molto più in alto di quelle in Equestria. E non abbiamo fabbriche di tempo atmosferico qui.” Lyra esitò. “Si svolge tutto da solo.”

Rainbow Dash gemette. “Bene. Il mondo intero è un’enorme Everfree Forest.”

“Concordo che suoni difficile da credere, ma è uno studio affascinante,” disse Twilight. “In ogni modo, Lyra, abbiamo solo due umani per gli Elementi dell’Armonia. Hai detto che avevi degli altri in mente.”

Lyra annuì. “Ci vorrà ancora un po’ perché Audrey e Nathan arrivino. Che ore sono?”

“Siamo a metà pomeriggio,” disse Twilight. “Hai dormito per ore.”

Non se n’era accorta, ma l’orologio sul muro diceva che erano già oltre le tre. Lyra scese dal divano e si affrettò a mettersi in piedi. “Devo muovermi.”


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Le strade in centro erano stranamente deserte. Normalmente questo posto le era familiare, ma da quando Discord si era mostrato ieri, niente era più lo stesso. Lyra però non riusciva ad identificare cosa fosse cambiato esattamente.

La campanella della porta suonò mentre Lyra la spingeva per entrare nel negozio. Andò diretta al bancone come sempre, ma… Monica non era lì. Vi trovò invece un umano diverso, con la faccia nascosta dietro una copia dell’Inquirer di Philadelphia. Posò il giornale quando sentì Lyra entrare, ma lei ebbe il tempo di riconoscere una foto sfocata e in lontananza di Twilight Sparkle in prima pagina.

“Come posso aiutarti?” chiese lui.

“Sto cercando Monica. Lavora qui,” disse Lyra. “Sai dove posso trovarla? È molto importante.”

“Lavora solo di mattina. Non è qui al momento. Ti posso aiutare io magari?”

Lyra scosse la testa. “Deve essere lei.”

“Importante, mh?”

“Decisamente.”

Lui frugò nel banco per un po’, quindi tirò fuori un pezzo di carta e cominciò a scriverci qualcosa. “Sei una sua amica?”

"Sì. Un’amica,” disse Lyra.

“Questo è il suo indirizzo.” Fece scivolare il pezzo di carta sul bancone e Lyra lo prese. “Non è lontano da qui. Segui la strada e gira alla terza strada a destra.”

“Grazie.”

“Non ho visto molte persone qui oggi. Devono essere ancora sconvolte per ieri, immagino,” disse lui. “Che ne pensi? Ora stanno dicendo che è ancora peggio a New York.”

“Già. È strano.” Lyra abbassò lo sguardo a leggere l’indirizzo che le aveva dato. “Grazie per l’aiuto. Devo scappare.”

Senza dire altro, si diresse alla porta. 


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Lyra ci mise un po’ a trovare la strada giusta, e poi era solo una questione di individuare la casa. Era un quartiere circa come quello di Audrey. Le case erano vicine tra loro, ma non grandi come quella di Lyra. Da ciò che aveva visto, questo era lo standard per gli umani. 

Stava ancora cercando la casa quando iniziò a piovere.

Ci vollero solo poche gocce per far realizzare a Lyra che quella non era normale acqua piovana. Le nuvole rosa che si allargavano sul quartiere le fece intuire il resto.

“No…” Lyra mormorò, fissando il cielo. “Non ora!

Alzò una mano per ripararsi gli occhi e corse a cercare il giusto numero civico. Si stava avvicinando, non poteva essere a più di qualche casa di distanza…

“Lyra? Che ci fai qui fuori?”

Lei alzò lo sguardo al suono della voce di Paul. Era nel portico esterno ad una delle case, seduto su una panchina a fissare il tempo. 

“Paul? Perfetto! Stavo cercando proprio te!” Lei corse sotto il portico per ripararsi. “Ascolta, dobbiamo trovare subito Monica.”

“Hai visto quello che succede, vero?” Lui fece un gesto verso la pioggia. “È successo anche prima, oggi. Sono sicuro non sia una cosa naturale.”

“Non lo è. E la dobbiamo fermare. Dov’è Monica?”

“Woah, frena un po’. Sta nella casa qui a fianco,” disse Paul. “Ma che ti prende? Voglio dire, un po’ di pioggia al latte al cioccolato non è di certo la fine del mondo.”

“Ma sta arrivando. Hai detto che lei è in quella casa?” Lyra guardò in quella direzione, facendogli segno di seguirla. “Forza.”

Lei praticamente percorse con uno scatto il giardino e arrivò alla porta della casa a fianco. Suonò il campanello e stette lì ad aspettare. La pioggia stava scolando dai suoi vestiti sul tappetino d’ingresso. Per quanto i vestiti inzuppati le dessero fastidio, erano comunque meglio di essere un pony coperto da tutto quel pelo arruffato e pruriginoso.

Paul la raggiunse da dietro. “Non ho ben capito che hai detto. La pioggia al cioccolato è la fine del mondo?”

Lyra annuì. “Esatto.”

“Some stay dry and others feel the pain…”

“Cosa?”

“Niente.”

La porta finalmente si aprì. Monica sembrava sorpresa di vederli. Era vestita in maglietta e pantaloni di tuta. “Uh, ciao Lyra…” Si grattò il retro della testa. “Come fai a sapere dove vivo?”

“Il tizio al negozio me l’ha detto. Ascolta, non c’è tempo per spiegare. Ho bisogno che tu venga a casa mia.”

Monica guardò Paul, che fece spallucce. “Non spiega niente neanche a me.”

“Facciamo così, vi spiego per strada. Capirete quando incontrerete Twilight e le altre,” disse Lyra. “Ma il futuro della razza umana dipende da noi adesso.”

“Uh…” Monica la fissò, e quindi sospirò. “Almeno fammi vestire prima.”

Lei li lasciò entrare a casa, mentre lei saliva a cambiarsi. Lyra si appoggiò ad un muro, a braccia conserte. Presto. Avevano quattro dei sei umani di cui avevano bisogno… Gli altri due potevano ancora metterci ore, ma non era possibile farli arrivare più in fretta. Sperabilmente, il caos non li avrebbe ostacolati. 

“Pensi davvero di avere un modo per evitare la fine del mondo? Voglio dire, ciò che sta succedendo fuori di certo non è normale, quindi immagino mi debba fidare,” disse Paul. “Ho sempre pensato ci fosse qualcosa di diverso in te, Lyra.”

“È quello che dicevano sempre anche gli altri pony,” mormorò lei.

Ci volle un momento perché lui registrasse. “Cosa intendi con ‘pony?’”

 

 

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La pioggia non si era ancora calmata quando arrivarono a casa di Lyra.

“Fammi capire, perché potrei non averti sentita bene in questa pioggia, ma… Tu sei stata un unicorno?” chiese Monica.

Lyra non disse niente, ma li condusse nel vialetto e poi li fece entrare in casa. Era molto più silenzioso dentro rispetto all'acquazzone fuori.

“Venivi sempre in negozio a chiedere di unicorni e storia americana,” disse Paul, pulendosi le scarpe sullo zerbino. “Immagino che sia per questo.”

“Volevo solo capire meglio le usanze umane. Non avevo neanche mai sentito parlare dell’America prima di lasciare Equestria,” disse Lyra.

“Lyra? Sei tu?” La voce di Applejack veniva dal salotto. “Penso sia meglio che tu venga a vedere questo…”

“Chi era?” disse Monica.

“Beh… i miei amici di Equestria sono qui. Ci aiuteranno a riportare le cose alla normalità.”

Lyra si diresse verso il salotto, dove quasi tutti erano riuniti attorno alla televisione. Rainbow Dash era seduta alla finestra che dava sul portico posteriore, guardando fuori.

Gli occhi di Monica si spalancarono al massimo. “Oh… certo. I tuoi amici da Equestria.”

“Lyra, le cose non si stanno mettendo bene. Discord ha preso Filly…” Twilight si corresse. “Philadelphia sotto il suo controllo, ma dicono che sia ancora centralizzato a New York.”

“Si sta espandendo…” disse Lyra. “Quanto è grande?”

“Non siamo ancora sicuri,” disse il padre di Lyra. “Il notiziario locale sta ricevendo riscontri da tutto il paese.”

Monica era entrata in maniera titubante nel salotto per guardare la televisione con gli altri. “Ho sentito pezzi di notizie qua e là sulla cosa di New York. Quindi questa roba… è quello che dovremo combattere?”

“Quello che sta succedendo là fuori non è normale, ma loro… oh, loro vanno tutti benissimo,” disse Paul. “Giusto per vedere se ho capito bene.”

Randall si alzò e si avvicinò a lui. Gli mise un braccio sulla spalla. “Ci farai il callo. Dovremo lavorare insieme. Benvenuto alla squadra onoraria degli unicorni magici.”


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Il resto del giorno passò nel nervosismo. Sembravano essersi tutti un po’ calmati prima, mentre familiarizzavano con i residenti dell’altro mondo, ma ora pony ed umani stavano tutti lanciando occhiate tese fuori dalla finestra. La pioggia continuava a cadere, il sole sorgeva e tramontava ogni due minuti. 

Fluttershy e Chloe erano praticamente inseparabili. Lyra le aveva viste guardare fuori dalla finestra posteriore verso gli alberi. La foresta in sé era normale, ma c’era uno scoiattolo che cercava di capire come arrampicarsi ora che le sue gambe si erano tramutate in trampoli alti un metro. 

“Oh, spero che quelle povere creature stiano bene…” disse Fluttershy.

“È successo anche l’ultima volta?” disse Chloe. “Lyra non mi ha mai raccontato di Discord.”

“Sì, è successo, alla fine però tutto si è risolto… Ma solo perché Twilight ci ha aiutate a fermarlo. Se non fosse stata lì a ricordarci della nostra amicizia, gli Elementi non avrebbero…”

“Va tutto bene, Fluttershy. Gli Elementi funzioneranno stavolta,” disse Lyra.

“Sei… sicura di ciò?” chiese Fluttershy.

Lyra non sapeva cosa dire. New York era abbastanza lontana. Il caos aveva già coperto l’intera area da qui a lì, e probabilmente si stava ancora espandendo, eppure tutto quello che potevano fare per ora era stare seduti ad aspettare…

Indipendentemente da quello che vedevano fuori, anche solo l’osservare i suoi amici umani e la sua famiglia assieme ai pony che si era lasciata indietro ad Equestria era strano. Rarity stava esaminando i quadri nello studio della madre di Lyra, commentando sull’accuratezza della rappresentazione di draghi e delle altre creature. Paul, dopo aver superato la sensazione di stranezza dell’intera situazione, sembrava stesse andando d’accordo con Pinkie. E il padre di Lyra aveva convinto Twilight a mostrargli una gamma di incantesimi, spesso chiedendo a Lyra quali riuscisse a fare anche lei.

In un certo senso, Lyra si sentiva come se fosse l’unica consapevole dell’enorme responsabilità che gravava su di lei. Assieme agli altri umani, doveva usare gli Elementi, senza alcuna sicurezza che avrebbero funzionato, e in caso negativo… Beh, gli umani sarebbero tornati ad essere una civiltà perduta. Aveva sempre creduto che lo fossero. Ma essere stati parte di questo, aver vissuto qui, e poi in seguito essere colpevole di aver lasciato che tutto cadesse a pezzi — di nuovo — sarebbe stato troppo.

Quindi, per il resto del giorno, cercò di distrarsi come stavano facendo tutti. La sua conoscenza dei due mondi, umano e pony, la rendevano un’utile interprete. E più Paul, Monica e Randall conoscevano di Equestria e sugli Elementi dell’Armonia, più erano le loro probabilità di vittoria.

Lyra tirò fuori il cellulare per controllare l’ora. Erano quasi le dieci di notte, anche se era quasi impossibile capirlo guardando fuori. Era nella sua stanza, a mostrare la sua piccola collezione di libri a Twilight.

Twilight sollevò uno dei libri. “A proposito di questo, sulla ‘storia dell’America.’ Hai detto che è il nome della nazione dove vivi?” Lo ispezionò più attentamente, confrontandolo con gli altri. “Nessuno di questi libri ha una copertina. Che gli è successo?”

“È l’editoria umana. Non abbiamo sempre delle copertine rigide sui nostri libri,” spiegò Lyra.

“Strano…” Twilight lo aprì. “Questa è un’intera terra che non è mai stata menzionata in nessuno dei libri che ho letto. Devo ammettere che lo trovo affascinante…”

“Puoi portarteli via,” disse Lyra. “Io li ho già letti. E ce ne sono molti altri al negozio di Monica.”

“Sei sicura? Voglio dire… la Principessa Celestia vuole che nessun pony venga a conoscenza di tutto ciò. Se i libri del tuo mondo cadessero negli zoccoli sbagliati — ”

“Um… Interrompo qualcosa?” Fluttershy fece capolino dal corridoio. 

Lyra alzò lo sguardo. “No. Che succede?”

Rarity si intromise davanti a lei. “Pensavamo di avvisarti che c’è un’altra di quelle…” cercò di ricordare la parola giusta. “Beh, un’altra di quelle carrozze umane è qui fuori. Pensi siano gli altri umani di cui ci hai parlato, Lyra?”

Lyra e Twilight si scambiarono uno sguardo, quindi Lyra si diresse fuori dalla stanza e giù dalle scale. Aprì la porta ed uscì fuori all’aria gelida.

Riconobbe la vecchia macchina grigia immediatamente. Era la prima su cui fosse mai salita — tutte quelle volte per andare e tornare dalle prove della banda.

“Audrey! Nathan!”

Nathan alzò lo sguardo sentendosi chiamare. “Ciao, Lyra.” La squadrò per bene. “Sembri… normale,” disse.

“Cosa intendi?”

Audrey era appoggiata alla macchina sul lato del passeggero, guardando in basso. Lei sbadigliò. “Siamo stati per strada tutto il giorno. Ti potresti degnare di spiegarci che sta succedendo?”

“Quando siamo arrivati a Cleveland, siamo stati rallentati da quello che la radio chiamava ‘condizioni del tempo avverse.’ E a quanto pare, si riferivano a tempeste di Coca-Cola,” disse Nathan. “E poi la radio ha cominciato a trasmettere tutto al contrario, e non potevamo nemmeno cambiare stazione.”

“So che è strano. Ma lo stiamo andando a fermare,” disse Lyra. “Vi presento agli altri, e poi dobbiamo rimetterci in strada.” 

“Sembra che abbiamo tutti e sei gli umani adesso,” disse Twilight. Trottò da dietro Lyra ed esaminò i due in piedi vicino alla macchina.

“Aspetta, quello è…” Audrey sembrava d’un colpo molto più sveglia.

“Quella cosa parla,” disse Nathan.

Twilight sospirò irritata. “Certo che parlo. Dobbiamo di nuovo affrontare la questione?”

“Lei è Twilight Sparkle. È una degli originali Elementi dell’Armonia,” disse Lyra. “E… è una mia amica da dove vengo.”

“Ti ho sentito dire di un posto chiamato ‘Cleveland.’ Non sono pratica della geografia del posto, quindi sarebbe…?” Twilight li guardò in attesa che continuassero loro.

I due stettero in silenzio per un momento, poi Nathan disse, “Beh… È…”

“Abbiamo guidato attraverso la Città dei Dolcetti per le scorse dieci ore. Tutto quello che voglio sapere adesso è cosa stia succedendo e perché hai bisogno di noi,” disse Audrey.

“Dieci ore…” Twilight fece una smorfia. “Considerando quanto veloci sono i trasporti umani… Non sono un’esperta, ma deve coprire davvero una vasta area.”

“Siamo stati rallentati. C’era un sacco di traffico, a causa di tutta la confusione con i segnali stradali che mettevano gambe e scappavano via, e abbiamo attraversato un campo agricolo che si stava trasformando in popcorn, e…” La voce di Nathan si interruppe. “E adesso sto spiegando tutto questo ad un unicorno viola.”

“Potrebbe già essere troppo tardi. Dobbiamo muoverci e partire, ora,” disse Lyra. “Vado a dirlo agli altri.”

Audrey si mise una mano in fronte. “Almeno siamo stati fuori dalla macchina per un paio di minuti…” Si stirò un po’ i muscoli. 

Nathan la guardò. “Te l’ho detto che sarebbe stata un’avventura.”


 

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Capitolo 30
*** Armonia ***


CAPITOLO 30

ARMONIA

 

“Com’è possibile che questo van abbia ancora meno spazio per le gambe della tua minuscola Civic?” disse Audrey.

“Meglio mettersi comodi. Quanto manca?” chiese Nathan, appoggiandosi all’indietro e allungandosi il più possibile.

Lyra era seduta davanti, da dove aveva una buona visuale dello stato attuale di Philadelphia. Il cielo si era colorato di un verde malaticcio ed era macchiato qua e là da nuvole rose a bassa quota. Attraversarono quello che una volta doveva essere stato un piccolo quartiere, ma che ora era pieno di vialetti che conducevano ad appezzamenti deserti. In fondo alla strada vi era una torre composta da tutte le case, impilate pericolosamente una sopra l’altra. Superato il centro città, videro interi isolati tramutati in isole che fluttuavano per aria. 

Twilight era seduta sul retro tra Paul e Monica. Gli altri pony erano rimasti a casa di Lyra. Il van era grande abbastanza solo per sei umani e un pony. Twilight si era offerta volontaria ad accompagnarli — dopotutto, era quella che ne sapeva di più. Sia sugli Elementi, che sugli umani.

“Abbiamo percorso questa strada al contrario in circa due ore l’ultima volta. Come ti sembra siamo messi ora?” chiese lei.

“Oh, non c’è assolutamente nessun problema,” disse Randall. Frenò bruscamente quando uno stormo di torte volanti gli tagliò la strada. Li guardò passare con una faccia impassibile. Quindi, diede di nuovo gas e scattarono in avanti. “È proprio un giorno magnifico per fare avanti e indietro attraverso tre stati diversi.”

“Sei sarcastico, vero?”

Erano passati meno di quindici minuti dall’arrivo di Audrey e Nathan, ma nonostante ciò erano già per strada sul van di Randall. Lyra era felice di essere finalmente in viaggio — da casa sua, era difficile  vedere l’entità della corruzione che li aspettava lì fuori. Si stava rivelando peggio di quanto si aspettava. 

“Adesso penso sia un buon momento per spiegarci seriamente cosa sta succedendo,” disse Audrey. Esaminò la collana che indossava, quella che Lyra le aveva gettato in mano prima di praticamente comandare a tutti di salire in macchina. “È quello che avevi provato a dirmi prima, vero? Sugli unicorni?”

“Ancora non ci riesco a credere che non mi hai detto mai niente di tutto ciò…” bofonchiò Nathan.

“Non siamo tutti unicorni. ‘Pony’ è il termine più generale,” disse Twilight.

“So quanto sembra assurdo e capisco perché tu non mi abbia creduta ai tempi,” disse Lyra. Allungò il collo per guardare Monica sul retro. “Inoltre gli umani non sono neanche molto ben informati sugli unicorni. Il libro che mi hai consigliato era completamente sbagliato.”

“Già, lo vedo… Pensavo avrebbero almeno avuto la stazza di un normale cavallo,” disse Monica.

“E gli umani pensano pure che gli unicorni vivano nelle foreste,” disse Lyra. “Come normali animali o robe del genere.”

“Davvero?” disse Twilight. Guardò Monica e inclinò la testa. “Voglio dire, tecnicamente la libreria è dentro un albero… Ponyville non è sicuramente una grande città, ma almeno abbiamo delle case.”

“E tu cosa saresti davvero?” chiese Audrey. “Ancora non mi è chiaro.”

“Un umano. Proprio come te,” disse Lyra. “Sono stata trasportata in Equestria quando ero molto piccola. Non sono sicura del come. Ma fui adottata dai pony che mi hanno trovata, e la Principessa Celestia mi ha trasformata in una normale puledra di unicorno.”

“Proprio un normale unicorno…” Audrey scosse la testa incredula.

Twilight intervenne. “Beh, relativamente parlando, dal punto di vista di Equestria voi siete molto più strani di — ”

“E quindi come ti sei trovata a girovagare nel mezzo dello Iowa se vieni da questa magica terra o quello che è?”

“È un po’ lunga come storia. La verità è che ho sempre voluto essere un umano. Penso che ci fosse una parte di me che ricordasse ciò che ero davvero e che sono nata in questo mondo,” disse Lyra. “Ho avuto questi sogni… Senza parlare di tutti i libri che ho trovato sugli umani. Vi ho studiato per anni.”

“Ecco perché sei una lettrice così accanita,” disse Monica.

“Le informazioni che avevamo erano però limitate. La Principessa ha rimosso la maggior parte di quello che era rimasto degli umani dopo che… beh… ” Lyra si morse il labbro. Era esattamente quello che voleva evitare accadesse a questo mondo. 

“È tutto abbastanza nuovo anche per me, ma da quello che ho capito alcuni umani hanno vissuto in Equestria, fino a che Discord non li ha spazzati tutti via,” disse Twilight.

“Spazzati via. Ed è la cosa che stiamo andando ad affrontare. Bene, mi sento proprio rilassato,” disse Paul.

“Aspetta, quindi la cosa che sta succedendo adesso — ha fatto estinguere gli umani nel tuo mondo?” disse Audrey. “Capisco che sia folle, ma come fa ad arrivare fino a quel punto?”

Percorsero un lungo ponte deserto mentre si lasciavano la città alle spalle. Da entrambi i lati, era possibile vedere il fiume passare sotto di loro — aveva un colore marrone concentrato che era più probabilmente tipico del latte al cioccolato. La sua superficie si increspava leggermente quando veniva colpita dalla pioggia. La strada si colorò a scacchiera a metà del tragitto, e una volta attraversato il ponte vennero accolti da degli alberi con bastoncini alla menta piperita, rosso e bianco, al posto del tronco. Un cartello verde gli comunicò che erano “Benvenuti in New Jersey.”

Paul osservò il bizzarro panorama fuori dal finestrino. “Grazie al cielo,  non è cambiato per niente,” disse lui.

“Penso non fosse per niente così quando l’abbiamo attraversata la prima volta,” disse Lyra.

“No, volevo dire…” Lasciò cadere il discorso. “Diamine. Sei davvero cresciuta in un altro mondo.”

“Ritornando all’argomento, quello che fa Discord va ben oltre il caos che causa al mondo stesso. Lui fa anche diventare i pony — e gli umani — ostili tra loro,” disse Twilight. “È quello che ha fatto a me e le mie amiche quando abbiamo provato a fermarlo a Ponyville.”

“Ed è quello che sta facendo ora e qui agli umani. Vuole metterci l’uno contro l’altro, fino a quando non ci facciamo fuori a vicenda,” disse Lyra.

“Che è quello che ha già cominciato a fare a New York,” disse Randall, scuotendo il capo. “Il posto era una gabbia di matti.”

“Meno male che siamo diretti proprio lì al centro di tutto,” disse Paul. “Voglio dire, come se non fosse già abbastanza folle qua fuori.”

Guardando fuori a quello che stavano attraversando, era difficile anche solo credere che fosse lo stesso mondo umano in cui Lyra era arrivata. Lei si era ormai abituata a stare qui, o almeno per quanto fosse possibile abituarsi ad un posto del genere. Ma aveva ancora questa nauseante sensazione che se non fosse ritornata, Discord non avrebbe mai scoperto gli umani di questo mondo, e niente di tutto ciò sarebbe mai successo....

“Non era nei piani che io scoprissi di essere un umano. Continuavo ad avere sogni su questo mondo, anche se non sapevo neanche cosa fosse,” disse Lyra. “E poi la Principessa è venuta a sapere degli studi che stavo conducendo — ”

“Stai parlando del progetto di ricerca che mi ha assegnato?” chiese Twilight. “Quindi per tutto il tempo, ogni report che le mandavo sulle nostre scoperte, lei era in realtà interessata a te?”

Lyra annuì. “Aveva realizzato che sapevo più sugli umani di quanto dovessi. È la ragione per cui mi ha dato la chance di tornare qui, in caso lo volessi. E ovviamente ne ho approfittato.”

“Sceglieresti la Terra, piuttosto che il posto da cui vieni?” chiese Monica. “Ho parlato con gli altri pony, e l’hanno descritto come un luogo piacevole.”

“Lo so, ma… la scoperta di essere umana è stata la cosa più eccitante che mi potesse mai accadere," disse Lyra. “Non lo puoi capire. Almeno fin quando non hai passato la tua intera vita con degli zoccoli…”

“Da quanto tempo eri tornata ad essere umana, quando ti ho incontrato?” chiese Audrey. “Stavi suonando un’arpa con le dita… Come hai imparato a farlo?”

“Ero un umano solo da qualche oretta al tempo,” le rispose Lyra. “Inoltre, la prima volta che ho — ” Si interruppe. “Voglio dire, quella era certamente la prima volta che ho avuto delle mani… Ma mi è venuto naturale. Io ero fatta per essere un umano, dopotutto.” Non voleva davvero addentrarsi nei dettagli dei suoi primi esperimenti. Non di fronte a degli umani, ma specialmente non di fronte a Twilight.

“A parte il tuo assurdo talento musicale, eri abbastanza allo sbando nel mondo umano,” disse Nathan. “Ho sempre saputo che c’era qualcosa di diverso in te.”

“Beh, sì. Des Moines era così diversa da qualsiasi posto in Equestria.”

“Se Equestria è simile a questo…” Paul osservò un’altra macchina sfrecciargli accanto — volando sottosopra lungo la strada.

Twilight scosse la testa. “Questa è tutta opera di Discord. Equestria è di solito molto più normale.” Ci pensò su per un momento, e poi aggiunse, “Anche se non ho ancora visto molto di ciò che è considerato ‘normale’ per voi umani.”

“Ma sono davvero grata di averti incontrato, Audrey,” disse Lyra. “Anche se il nostro primo incontro sarebbe potuto andare meglio…” 

“Oh. Quello. Già… gli unicorni non mangiano quel tipo di cibo, vero?” disse Audrey. Fece una risata strana. Suonava forzata.

“Incontri un visitatore da un altro mondo, e le dai probabilmente la peggior prima impressione possibile.” Nathan scosse la testa. “Sei fortunata che sia rimasta dopo quello che è successo.”

“Aspetta, di che state parlando? Cos’è successo?” Twilight guardò Nathan, e poi di nuovo Audrey.

“Non è niente. Solo… un un fraintendimento culturale,” disse Lyra. “è stato davvero solo quello. Ma è il pensiero che conta. La cosa importante è che quando mi hai parlato, ho davvero iniziato a sentire di appartenere a questo posto. Ho realizzato che gli umani potevano essere amichevoli come i pony. E questa è la ragione per cui adesso so che possiamo usare gli Elementi e salvare il nostro mondo.”

“Esatto, passiamo alla parte su cosa stiamo provando a fare in questo momento,” disse Audrey. “Non ci hai ancora spiegato cosa c’entriamo noi con tutto questo.” Lei guardò di nuovo la sua collana. Il gioiello incastonato sembrava autentico, anche se pacchiano. Si era quasi aspettata fosse di plastica ad una prima occhiata.

“Discord può essere fermato solo dal potere dell’Armonia,” disse Lyra. “E, essendo voi i miei più cari amici umani, sono certa che riuscirete ad aiutarmi.”

Monica allungò il braccio e mise una mano sulla spalla di Audrey. “Anche per noi è una cosa nuova. Ma stavamo parlando con dei pony a casa di Lyra — ci farai il callo dopo un po’ — ed è realmente semplice.”

“Quindi che succede dopo che noi facciamo… quello che è che dovremmo fare?” disse Audrey. “Voglio dire, non è che scompare tutto e basta, no?”

“In realtà…” disse Twilight. “È proprio quello che succede. In Equestria  tutto è tornato alla normalità grazie al potere degli elementi. Adoperano un tipo molto potente di magia, che è il motivo per cui riesce a rivaleggiare persino il potere di Discord.”

“Oh, quindi il mondo si aggiusterà da solo. Dopo aver avuto pioggia di latte al cioccolato e pony magici dovunque… Mi chiedo se ci sarà davvero qualcosa che tornerà alla normalità.”

Lyra si risistemò sulla sedia e incrociò le braccia. “Beh… sì, per forza” disse lei. “Sentite, ce ne preoccuperemo più tardi.”

“Sei sicura che riusciremo a farcela, Lyra?” chiese Audrey.

Lei esitò un attimo. “Certo. Funzionerà.”


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Il viaggio di ritorno a New York sembrò non durare così tanto come la prima volta. Era tutto stranamente vuoto — c’erano zone dove la strada cominciava a contorcersi e girare, andando su e giù in direzioni casuali, o si copriva di strati di sapone. Audrey sosteneva che fosse stato così anche il tragitto dall’Ohio — che puntualizzò essere a circa trecento chilometri di distanza. 

Quando superavano una macchina, era di solito diretta nella loro stessa direzione, addentrandosi ancora di più nella nuvola di caos che stava ricoprendo il mondo umano. Quando Discord era arrivato a Ponyville, Bon-Bon — come la maggior parte dei pony, in realtà — aveva deciso di scappare dalla città. E Lyra era stata d’accordo. Perché c’era qualcuno che voleva andarci incontro?

“Il ponte della città si sta avvicinando,” disse Randall. “Signori, preparatevi.”

Lyra venne bruscamente riportata al presente, e guardò in su. Le strade attorno erano ancora deserte, ma potevano vedere qualcosa davanti a loro. Considerando però ciò a cui erano passati attraverso nel tragitto, poteva essere la qualunque. 

“Cos’è?” Lyra si sporse in avanti.

Si stavano avvicinando a quelle strane cose. Figure di un verde opaco si stagliavano sulla strada. Risaltavano più del normale, contrapposti alla strada e alla struttura metallica del ponte, dipinte di uno sgargiante mix di pattern e colori vivaci.

“Aspetta. Dobbiamo fare marcia indietro,” disse Nathan all’improvviso. “C’è un’altra maniera per entrare in città, vero?”

“Qual è il problema?” Lyra si girò verso di lui. 

Audrey aveva visto solo ora di cosa si trattava. “Quelli sono… Randall, dobbiamo andare via, adesso.”

“Una barricata? Che mi venga un colpo…”

“Intendi… i militari umani?” Lyra sgranò gli occhi. Come previsto, le forme verdi erano camioncini, e degli umani in mimetica. Era difficile dirlo, ma sembrava impugnassero delle armi che Lyra aveva visto in delle foto, nei suoi ultimi studi.

Randall aveva incominciato a rallentare. “Non c’è modo di superarla. Qualche brillante idea?”

“Accelera.” Disse Twilight, come fosse un ordine.

Lui si girò a guardarla. “Cosa?

“Dobbiamo entrare in città. Discord li sta probabilmente usando per tenerci fuori. Continua dritto e non rallentare.”

Lyra scosse la testa. “Ho letto delle cose a riguardo. Non possiamo farlo, Twilight, se hanno quel tipo di armi di cui parlavano i libri — ”

“Fallo!”

Randall, in barba al buon senso, spinse sull’acceleratore. I soldati umani davanti a loro gli fecero segno di fermarsi. Quindi, una volta vicini, alzarono gli oggetti neri che avevano in braccio.

“Cosa stai — ” iniziò a dire Nathan, ma vennero tutti accecati da un istantaneo flash bianco.

D’un tratto, si trovarono già a metà del ponte. Ci fu un gran rumore  dietro di loro, qualche specie di ticchettio veloce sul pavimento e persino sul retro del van. 

Randal si girò di colpo. “Tu folle cavallo viola, che diamine hai appena fatto?”

“Whoa, occhi sulla strada!” gridò Audrey.

La macchina sbandò, ma Randall sterzò prontamente verso la carreggiata. Guardò nello specchietto retrovisore e diede un altro colpo di gas. 

“Semplice magia di teletrasporto.” Disse Twilight, facendo una smorfia di dolore. “Abbiamo superato le guardie ora. Sapevo che sarebbe stato difficile teletrasportare una cosa del genere, ma… ugh…” Si massaggiò la fronte con uno zoccolo.

“Ci stavano sparando,” disse Audrey scioccata. Guardò indietro alla barricata di camion che diventava sempre più piccola, mentre si allontanavano in velocità. “Ci saremmo potuti restare secchi! E potremmo ancora restarci secchi!”

“Avevo paura che potesse succedere. Come ha fatto Discord ad ottenere il controllo su delle milizie umane da qui?” disse Lyra. Poteva sentire il suo cuore a mille. 

“Succede sempre nei film. Cose strane accadono in città, e i militari vengono chiamati in aiuto,” disse Paul. “Sono stati serviti proprio alla sua porta.”

“Bene. L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è che Discord riesca a far partire degli scontri tra umani,” disse Lyra. “Continuiamo. Dobbiamo trovarlo a tutti i costi.”

Stavano cominciando a scorgere la città. Lyra ci era stata solo una volta, quando Discord era già lì presente, ma non era difficile notare cosa fosse cambiato a New York. Gli edifici uscivano dal suolo inclinati a strani angoli. Molti di essi erano ancora grigi, mentre altri erano stati dipinti del colore che più aggradava a Discord in quel momento — rosa acceso, verde, blu, anche alcuni a strisce o pois. 

Nathan osservò un taxi passare, mentre impennava sulle due ruote laterali e scalava un muro. “Quindi, com’è fatto questo Discord? Come sapremo che è lui?”

“Dirigetevi al centro della città. È dove l’abbiamo trovato l’ultima volta,” disse Twilight.

“Era vicino a Times Square, vero?” disse Randall. Si guardò attorno, ma i cartelli stradali erano stati riscritti usando ghirigori illeggibili e scarabocchi infantili. “Non importa. Tanto non ho idea di dove siamo.”

Le banane che pendevano sopra la strada, una volta semafori, presero leggermente ad agitarsi. Un basso rimbombo si stava avvicinando. Arrivò infine a far tremare anche lo stesso van. Randall spinse sui freni.

“Sembra sia qualcosa di grosso. È lui?” disse lui.

“Non penso,” disse Lyra. “Di solito Discord non — ”

Un enorme piede verde discese davanti a loro, facendo un grande passo all’altezza dell’incrocio. Lyra si sporse in avanti per guardare meglio. Era una massiccia figura in una specie di mantello verde, lo stesso verde polveroso del piede.

Tutti restarono a bocca aperta dallo sconcerto. Ci fu un lungo silenzio mentre la figura maestosa gli camminò davanti, e le vibrazioni dei passi si spensero in lontananza. Qualunque cosa fosse, era diretta dall’altra parte della città adesso.

“Quella era…” cominciò a dire Nathan.

“Sì, proprio lei,” replicò Randall, annuendo lentamente.

“Non dovrei esserne così sorpresa, data la situazione…” disse Monica. “E se andassimo nell’altra direzione? Almeno la evitiamo.”

“Suona sensato,” disse Randall. Il van barcollò nuovamente in avanti e girò l’angolo. 

L’asfalto era crepato e il viaggio si stava facendo più accidentato mano a mano che si addentravano nella città. Non c’era segno di quella cosa gigante, qualunque cosa fosse. Ogni tanto, dovettero girare attorno ad un pezzo di edificio crollato, o una macchina abbandonata a metà strada.

“Non penso si stesse muovendo molto velocemente. Dovrebbe essere facile sfuggirle,” disse Randall. Sembrava sollevato.

“Perché continuate a darle del ‘lei?’” disse Twilight. “E in ogni modo, cos’era quella co — ”

Un fischio risuonò prepotentemente dietro di loro, ed un treno sfrecciò sulla strada che avevano appena superato. 

Nathan si sporse dalla finestra, guardandolo passare tra gli edifici. “Come dovremmo evitare una cosa come quella?”

“Non fermarti,” disse Lyra. “E sii prudente. Discord è capace di qualsiasi cosa.”

Randall fece spallucce, e pressò nuovamente sull’acceleratore. cominciò anche a controllare attentamente dietro ogni angolo. “E se decidi di fare di nuovo la tua cosa del teletrasporto, avvertimi prima, ok?”

“Certo. Mi dispiace per prima,” gli rispose Twilight.

Il van stava filando lungo la strada, quando vennero improvvisamente interrotti da un grattacielo che gli tagliò il percorso, stagliandosi sopra di loro. Randall sterzò appena in tempo per evitarlo, e girò l’angolo. 

“Ci sta cercando di bloccare. Vai da quella parte!” Lyra indicò un punto innanzi a sé.

“Da dove è sbucata fuori?” Lui diede un’occhiata allo specchietto, ma un altro edificio crollò lungo la strada, e poi un altro, tagliando tutte le uscite. “Ho già detto che tutto ciò è totalmente da pazzi? Perché tutto ciò è totalmente da pazzi.”

“Stiamo andando dove ci vuole portare lui,” disse Twilight. “Ci siamo. Non si è comportato così l’ultima volta…”

“Sapevo che ci stavamo mettendo contro qualcosa di grosso, ma questo?” disse Nathan “Non ci hai ancora davvero spiegato cosa sia. E poi, cos’è che dovrebbero fare queste collane?”

“È complicato,” disse Lyra.

Il terreno stava tremando, e tutto intorno a loro la città stava mutando, muovendosi in maniera da bloccare tutte le vie di fuga. Ora interi edifici venivano tirati giù, sgombrando un'area al centro mentre altri sigillavano l’ultima delle uscite. Randall inchiodò.

Si lasciò cadere all’indietro sul sedile, con le mani ancora aggrappate al volante e le nocche bianche. “E adesso?”

“Discord sa che siete qui. Se dovete affrontarlo, è il momento giusto per farlo,” disse Twilight. Guardò fuori dal finestrino, ma era tutto fermo adesso, e completamente deserto. “Buona fortuna.”

Lyra fu la prima ad aprire la portiera. Si portò le mani alla testa per raddrizzare la corona. Non sentiva niente più che del semplice metallo. Era un mistero come fosse su misura anche per un umano. Solo un normale umano senza magia…

La porta laterale si aprì a scorrimento, e Audrey uscì fuori, seguita ad uno ad uno da tutti gli altri. Lei si stiracchiò. “Non mi è ancora chiaro cosa stia accadendo, e ora ho davvero un brutto presentimento a riguardo.”

Le gambe di Lyra stavano tremando dalla folle corsa per la città. O forse erano solo i nervi, difficile capirlo. Osservò lo spiazzo dove si erano fermati, e non poté biasimarsi dal notare che questo posto era inquietantemente calmo rispetto al resto di New York. Gli edifici avevano smesso di muoversi, ma non c’era via di fuga. Nessuno dei palazzi aveva porte, solo piatte mura al loro posto.

“Lyra, sei davvero tu? Mi ero chiesto se ti avrei vista di nuovo.” La voce cominciò a sbucare fuori dal nulla, di nuovo. “E… Oh, ma cosa vedono i miei occhi?” Sembrava divertito.

Con un flash luminoso, Discord apparve davanti a loro, il suo corpo serpentino si stagliò sopra gli umani. Lui si contorse all’indietro, piegandosi su sé stesso per esaminarli. I suoi occhi dapprima si strinsero, per poi spalancarsi assieme al ghigno sulla sua faccia. 

“Gli Elementi del — ?” Non riuscì più a trattenersi — scoppiò a ridere. “Mi ero chiesto cosa avresti fatto una volta riavuta la tua magia, Lyra, e tu mi risalti fuori con questo? È più di quanto mi sarei mai aspettato! Sei riuscita a ritrasformarti in umana, e a mettere le tue piccole mani umane sugli Elementi dell’Armonia? È strabiliante, Lyra, semplicemente strabiliante.”

“Cosa… Cos’è quella cosa?” disse Audrey. Nonostante tutto quello che avevano passato, sembrava genuinamente scioccata, così come gli altri umani.

“Mi scuso. Dove sono finite le mie maniere? Permettetemi di presentarmi. Discord, spirito del caos e della disarmonia, oltre che il nuovo sovrano di questo mondo. Siete probabilmente già intimamente familiari con i cambiamenti che ho apportato.” Fece un gesto attorno a sé, anche se non c’era niente più che un quartiere in rovina. 

“Lyra? Hai qualche idea brillante?” sussurrò Nathan. Lyra girò leggermente la testa per guardarlo, ma gli occhi di lui non si scollarono da Discord.

“Sono sicuro che i tuoi vecchi amici ti abbiano già riferito cos’è successo, Lyra. Quegli Elementi non hanno funzionato con loro, e certamente non funzioneranno per te. Neanche Luna e Celestia riuscirono ad aiutare gli umani una volta che finirono sotto il mio controllo.”

Lyra ricordava ancora cosa le avesse detto la Principessa. Gli umani erano troppo caotici già di loro. Discord ottenne un potere incredibile usandoli… Che si era messa in testa? Gli aveva solo portato più umani con cui giocare…

Discord continuò, palesemente fiero di se stesso. “Da quando ho istituito la mia nuova capitale qui, gli umani non hanno mai perso occasione di farle pubblicità per me. Vengono a frotte ora. Di sicuro sai quanto affascinati siano gli umani dall’idea della fine del mondo. Loro implorano la sua venuta, Lyra. Gli sto solo donando quello che bramano da anni.”

Lyra non poteva continuare a stare zitta, ma cosa poteva dire? Si sforzò a tirare fuori qualcosa. “N-no. Gli umani non sono solo caotici. Siamo molto di più.” Non era sicura di dove volesse andare a parare, ma doveva inventarsi qualcosa. Prendere tempo fino a che non fosse riuscita a pensare qualcosa di migliore. 

“Oh, mi permetto di dissentire. Ci sono già passato in mezzo una volta, mentre tu sei appena arrivata qui, Lyra. Non hai neanche grattato la superficie di quello che la tua specie ha da offrire. Ti è piaciuto il comitato d’accoglienza?”

Finalmente le parole iniziarono a tornarle in gola. Si guardò attorno, ai suoi amici. Audrey incrociò i suoi occhi. Il messaggio era chiaro — e adesso? Lyra vide la collana che indossava. Quella che aveva scelto di darle. 

“Ero appena arrivata qui quando ho incontrato Audrey, lei è stata la mia prima amica,” disse Lyra. “Mi ha lasciato stare da lei. Senza la sua gentilezza, sarei stata persa in questo mondo.”

“Che stai facendo, Lyra?” sussurrò Audrey.

Ma Lyra continuò. “Poi ho incontrato Nathan, e lui mi ha dato qualcosa — era solo una chitarra, ma significava tanto per me. Avevo finalmente trovato quello che ero destinata a fare da umana. È stato uno dei doni più generosi che abbia mai ricevuto.”

“Ancora me la devi pagare…” Lo sentì mormorare.

Discord si mise comodo, con la testa appoggiata agli artigli della sua zampa sinistra. “È tutto così incantevole. Prego, continua.”

Lei si girò, guardando i suoi altri amici. “E Randall mi ha accolto nella sua band. Ho avuto modo di esibirmi e suonare con altri veri umani. Mi ha anche aiutato a trovare la mia famiglia. Anche adesso… Mi ha sempre dimostrato la sua vera lealtà. Anche se pensava fossi pazza.”

“Tu sei pazza,” disse lui, ma con un ghigno sulla faccia.

“Adesso stai per interpellare anche me, vero?” chiese Paul. 

“Certo,” disse Lyra. Le parole le venivano ormai spontanee. “Di tutte le strane cose nuove che ho sperimentato nel mondo umano, quell’aeroplano era il più strano… Ma non ero spaventata, perché tu hai condiviso la tua allegria con me.”

“E adesso…” La voce di Monica suonava trepidante.

“Tu mi hai aiutata a superare una delle sfide più impegnative di tutte, Monica. Per tutto questo tempo ho mentito a chiunque. Ma tu… Mi hai convinto che dovevo essere onesta. Con la mia famiglia. Con tutti voi. Con me stessa. E ora che tutti sanno la verità su di me, sono molto più felice.”

Discord gemette. “Per quanto tempo dura ancora questa messinscena? Non serve a nulla. Pensi davvero che voi umani possiate usare gli Elementi dell’Armonia?”

“Certo che possiamo. La magia non ha niente a che fare con gli Elementi… La cosa importante è realizzare che questi umani sono stati i migliori amici che abbia mai avuto, e che io faccio parte di questo mondo assieme a loro. Pensavo che non sarei mai stato un normale umano, ma grazie a loro…” Lyra realizzò che si stava sentendo probabilmente troppo sicura di sé a questo punto, ma ormai era il tempo di andare fino in fondo. “Io so che insieme, possiamo riuscire a fare qualsiasi cosa.”

Quello che successe in seguito, avvenne troppo in fretta da essere capito, anche se era sembrato andare tutto al rallentatore. Lyra percepì qualche tipo di potere scorre dentro di lei — era quasi come se avesse usato la magia da unicorno, eppure non possedeva più certamente il suo corno. Stava confluendo nella corona sulla sua testa, concentrandosi nel cristallo. Vide della luce viola sgorgare fuori dalla corona, affiancato da altri fasci di luce che provenivano da dietro di lei — da ognuno degli altri umani.

Tutto ciò che c’era bisogno di capire, era possibile leggerlo sulla faccia di Discord. I suoi occhi si erano spalancati appena aveva realizzato cosa stesse accadendo. Per un po’ Lyra credeva di aver commesso un enorme errore, ma ora si era ricreduta. Sentì qualcosa di simile a delle urla, ma erano molto lontane. 

Lyra poteva ancora percepire il flusso di potere che fuoriusciva dal suo corpo. E, in qualche modo, lo sentiva provenire anche dagli altri umani. Per tutto il tempo, si sentì estremamente conscia della loro presenza, e del fatto che tutti quei poteri si erano combinati in uno solo, e che stava ora dilagando sulla città e sull’intera nazione, verso posti di questo mondo che non aveva mai visto.

Ad un certo punto, i piedi di Lyra tornarono a poggiarsi sulla strada. Non si era neanche accorta di essere stata sollevata in aria. I sensi le tornarono di colpo. L’ambientazione attorno a lei cambiò da colori sfocati a forme più definite. Una piazza di una città, con una statua davvero strana al centro. L’odore familiare del mondo umano — quelle esalazioni piene di fumo dalle loro macchine e il vago odore di cibo fritto da un ristorante vicino. Era tutto così tranquillo, ma poi —

“No, seriamente… Che diamine è appena successo?” disse Paul.

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Capitolo 31
*** Un Mese Dopo ***


EPILOGO

UN MESE DOPO

 

Non pensava fosse possibile.

La sola idea era inconcepibile

Ma adesso si parlava ancora più di umani a Ponyville di quanto Bon-Bon avesse mai sentito, anche più di quando Lyra viveva con lei.

Era passato circa un mese da quando Twilight Sparkle era tornata dalla missione di Princess Celestia, e la notizia di cosa avevano fatto era circolata velocemente per il paese. O, per essere più precisi, una volta che Pinkie Pie aveva spifferato la verità a tutti in città, le altre decisero che non valesse più la pena mantenere il segreto.

E, per quanto Bon-Bon volesse distanziarsi da tutta questa storia, era praticamente il centro dell’attenzione. Tutti sapevano che Lyra era stata sua coinquilina per 4 anni. Adesso che si era scoperto che Lyra era un qualche tipo di creatura di un’altra dimensione, tutti volevano sapere se era mai stata diversa, o strana, o fatto qualsiasi cosa particolare.

Beh, sì, Bon-Bon diceva, adesso che glielo facevano notare, Lyra era un po’ strana di tanto in tanto.

L’ultima volta che aveva visto Lyra, aveva ottenuto una spiegazione generale della storia. Spizzichi e bocconi, quanto meno, e tutto quello che aveva sentito era assolutamente fuori di testa. Suo padre - o padre adottivo, è uguale - le aveva spiegato il resto. Lyra era un vero umano. Come lo stallone e sua moglie lo avessero sopportato, era al di fuori della sua comprensione.

Bon-Bon non era certa su cosa le desse più fastidio: il fatto che Lyra avesse ragione, e gli umani fossero reali, o il fatto che Lyra stessa era un umano.

Però davvero. Un umano e l’elemento della magia? Aggiunti questi fattori all’equazione, era chiaro che nessuno avrebbe mai finito di parlarne.

Il timer del forno suonò con un “ding”. Bon-Bon rimosse cautamente la teglia di cupcake e li appoggiò sul tavolo. Non importa che tipo di gossip girava per Ponyville, gli affari all’angolo zuccherino andavano come al solito, e qui in cucina era tutto calmo e -

“Bon-Bon!” la pace e il silenzio vennero interrotti, di nuovo, da Pinkie Pie. Saltellò dentro la cucina dalla porta principale.

Bon-Bon digrignò i denti, poi forzò un sorriso. “Pinkie, che stai facendo?”

“Non preoccuparti. Ti do il cambio. E’ meglio se vai fuori!”

“Che cosa…” Bon-Bon storse il naso. “Ho appena iniziato. Di che stai parlando?”

“Vai a dare un'occhiata e basta!”

Bon-Bon sospirò. Pinkie era una brava pasticciera, nonostante tutto. Non aveva di che preoccuparsi per la cucina. Doveva solo preoccuparsi di qualsiasi cosa fosse che aveva reso Pinkie Pie così eccitata. A questo punto, pensava davvero che nessuna notizia fosse una buona notizia.

Trottò fuori dalla porta del laboratorio, dietro al bancone. Si diresse verso la porta di ingresso, che portava direttamente ai posti fuori dove occasionalmente consumava i suoi pranzi nei giorni liberi.

E si bloccò.

“No…” sospirò.

“Bon-Bon! Non ci posso credere!” Lyra si alzò da uno dei tavoli e le corse incontro. Eccetto che…

Era sicuramente riconoscibile: la voce, i capelli, il suo comportamento eccessivamente energico, tutto gridava al fatto che quella fosse proprio Lyra.

Ma non era un pony.

“Lyra, che cos-” Bon-Bon iniziò a dire, ma Lyra avvolse le sue gambe anteriori - no, braccia - intorno al suo collo e lei si congelò. Poteva sentire quelle dita, come artigli, ma più morbide, nella sua criniera. Tirò un sospiro solo quando Lyra si allontanò e si inginocchiò per mettersi all’altezza della pony.

“E’ bello essere tornata a Ponyville, è come se niente fosse cambiato,” Lyra disse, guardandosi attorno. “E’ strano. Mi sono stufata di parlare di Equestria, dato che tutti me ne chiedono sempre a casa, però essere qui non è così male. E -”

“Lyra, cosa diavolo stai facendo?” sibilò Bon-Bon. I suoi occhi sfrecciarono intorno. Notò alcuni pony sulla strada che stavano rallentando per guardarle. “Ti stanno fissando tutti! Come hai fatto ad arrivare qua?”

“Twilight è venuta e mi ha portata qui. Ho un incontro con la Principessa Celestia più tardi oggi,” disse Lyra, con fare innocente. “Ma mi ha detto che potevo fermarmi qui un po’. E poi, abbiamo avuto poco tempo per parlare l’ultima volta.”

Bon-Bon la fissò. “Hai un incontro con Princess Celestia?” chiese, incredula.

“Sì. Voleva che io venissi qui. Dai, Pinkie ha detto che ci avrebbe portato fuori del cibo. Non so dirti quanto mi è mancato l’angolo zuccherino.”

Lyra si alzò. Bon-Bon, terribilmente consapevole degli sguardi dei passanti, la seguì lentamente al tavolo. Il modo in cui camminava, era semplicemente strano. Come poteva un essere con sole due gambe essere così alto e riuscire comunque a stare in piedi?

“Quindi, come va, Bon-Bon?” Lyra si sedette nella stessa strana, posizione svaccata che usava sempre, incrociando le braccia di fronte a lei.

“Va...bene” Disse Bon-Bon.

“Mi fa piacere. Come vanno gli affari qui all’angolo zuccherino? Non mi sembra ci sia molto traffico.”

“Sta andando...bene” “Non ho avuto molto tempo di guardarmi intorno l’ultima volta. Ero molto di fretta.”

“Già…”

Rimasero lì in silenzio. Bon-Bon cercò un modo per non fissare Lyra, anzi per non doverla neanche guardare. Notò un giornale non familiare sul tavolo. Sicuramente non un giornale di Ponyville.

Alla fine, non riuscì più a trattenersi. “Lyra, cosa ti è venuto in mente quando hai deciso di venire qua con questo aspetto?”

Lyra aggrottò le ciglia. “Potresti almeno far finta di essere felice di vedermi.”

Bon-Bon sospirò e scosse la testa. Onestamente, non riusciva a scegliere le parole giuste per Lyra in questo momento, ma aveva deciso di essere gentile. “Non è quello, è solo che...beh…”

“Dovevo venire. Princess Celestia è molto preoccupata per quello che sta succedendo a casa. Discord non è esattamente passato inosservato” Lyra spinse il giornale verso Bon-Bon. “Visto? Rainbow Dash è sulla copertina di USA Today. Questo qui è di qualche settimana fa, ma le chiacchere non si sono certo calmate da allora.”

Bon-Bon fissò la copertina del giornale umano senza leggerlo. La foto era di Rainbow Dash, o quanto meno una macchia blu e arcobaleno di fronte a uno strano edificio grigio.

“Gli umani non avevano mai davvero visto dei pony fino a che le ragazze non sono arrivate. Molti di loro pensano fossero parte del caos causato da Discord.” Disse Lyra. “Pensaci. Si crea un sacco di confusione quando appaiono queste strane creature, considerando che gli umani non hanno mai visto neanche della semplice magia.”

Bon-Bon strizzò gli occhi. “Oh, sì. Si crea un sacco di confusione quando appaiono strane creature.”

Lyra non notò la frecciatina e continuò. “Le principesse vogliono determinare quanto contatto stabilire tra Equestria e gli umani. Voglio dire, una marea di umani sono piuttosto ossessionati dal cercare di capire cosa sia successo. I miei amici hanno deciso di non parlarne, non che riescano a capirci molto.” scrollò le spalle.

“Oh, ma certo. Hai dato gli Elementi dell’armonia a qualche tuo amico umano e non sanno neanche cosa sono!” Bon-Bon girò gli occhi.

“Beh, no. E’ difficile da spiegare. Nemmeno io lo capisco a pieno,” disse Lyra. “La parte importante è che abbiamo fermato Discord no?”

“Non hai tutti i torti…” disse Bon-Bon. “cosa ne è stato di lui comunque?”

Lyra scrollò di nuovo le spalle. “Non ne ho idea”

“Che vuol dire che non ne hai idea?”

“Si è ritrasformato in una statua ma...non so che fine abbia fatto. Twilight voleva capire come riportarlo ad Equestria, ma è semplicemente sparito. Paul pensa che il governo potrebbe averlo preso per studiarlo. Erano ovunque in giro per New York ad investigare dopo che lo abbiamo fermato: penso lo siano ancora.” Lyra guardò il giornale sul tavolo. “E non c’è nessuna notizia su di lui. Ho prestato molta attenzione, credimi.”

“Quindi hai intenzione di lasciare Discord nel tuo mondo?”

Lyra sospirò. “E’ tutto piuttosto complicato e non posso dire di capirci molto. Mio padre ha detto che è normale che il governo sia molto restrittivo sui “problemi di sicurezza nazionale”. Dirò a Celestia quel che so e sarà lei a decidere cosa fare.” picchiettò le dita sul tavolo distrattamente. “Basta cose serie però. Come stai?”

“Beh, diciamo che…” Bon-Bon realizzò all’improvviso cosa Lyra aveva appena detto. “La Principessa Celestia sta considerando di avere più contatti con gli umani? E’ assolutamente l’ultima cosa di cui abbiamo bi-”

“Beh non ne è proprio sicura ancora. E’ per questo che sono venuta a parlarle. Per il momento, sono l’unica umana che vuole qui ad Equestria,” disse Lyra. Si grattò la testa con le dita. “Ma ho pensato di chiederle se posso portare mia sorella a fare una visita ogni tanto.”

Pinkie Pie uscì dalla porta, con un vassoio accuratamente tenuto in equilibrio sulla sua testa. Si avvicinò al loro tavolo e lo fece scivolare su di esso.

“Ecco a voi!” disse.

Lyra lo fissò come se non avesse mai visto cibo nella sua vita. “Torta dall’angolo zuccherino...mi è mancata più di quanto tu possa immaginare.” prese una forchetta - senza magia, ma con una delle sue...mani- e iniziò a mangiare immediatamente.

Bon-Bon cercò di darsi una scossa, obbligandosi a smettere di fissarla e disse, “tua… sorella?”

“Sono sicura di avertene parlato,” disse Lyra tra un boccone e l’altro. “Ho una sorella più piccola. Umana. Beh, penso che sia ovvio. Ma Chloe non ha smesso di parlare di Equestria da quando è successo il tutto, e quando oggi è arrivata Twilight…” Lyra sorrise. “Comunque, ho pensato che un viaggio a Canterlot sarebbe stato il regalo perfetto per natale, se mi sarà permesso.”

“Cosa?” esclamò Bon-Bon.

“Natale. La mia famiglia dice che lo celebriamo davvero, proprio come avevo letto. Proprio nello stesso periodo della festa del focol-”

“No, stai dicendo che vuoi portare un’altra umana qui? A Canterlot, durante una gigantesca festa dove ci saranno migliaia di pony da tutta Equestria?”

“Sì, Chloe lo adorerebbe.” Lyra addentò un altro boccone di torta sorridendo.

“Dopo tutta la confusione che sicuramente causerai venendo qui così, vuoi portare un altro umano - qualcuno che non è mai stato un pony - semplicemente a fare una passeggiata a Canterlot?” disse Bon-Bon. “Non pensi di aver già fatto abbastanza ad Equestria?”

Lyra giocherellò con la forchetta tra le sue dita. “Lo so, non è fantastico? Però… se Chloe viene a fare una visita, devi essere gentile con lei.” Lyra si morse il labbro. “Potrei… averle dato delle aspettative irrealistiche di Equestria.”

“Oh, per l’amor del - ”

Venne interrotta da una voce dietro di lei. “Eddai, è solo Lyra.”

“Vacci tu, allora.”

“Io… uh… va bene!” Scootaloo trottò verso il tavolo, con Sweetie Belle e Applebloom poco dietro. “Uh, avremmo una domanda.”

“Certo! Dimmi pure” disse Lyra.

Scootaloo divenne silenziosa. Applebloom le lanciò un’occhiataccia, poi disse. “Beh...ci stavamo chiedendo…”

“E’ vero che gli umani non hanno cutiemark?” disse Sweetie Belle.

“Esatto!” Annuì Applebloom. “E che… hai perso il tuo quando lo sei diventata?”

“Certamente” Lyra annuì.

Le puledrine la guardarono scioccate. “Ma… a te sta bene? Ci vuole così tanto impegno per ottenere un cutiemark!” disse Sweetie Belle.

“Beh, so comunque che la musica è quel che voglio fare.” disse Lyra. “Non ho esattamente bisogno di un cutiemark a ricordarmelo, e mi è stato più chiaro che mai una volta diventata umana.”

Scootaloo si girò e se ne andò, seguita dalle altre due puledre. “Ci credo che Rainbow Dash dice che non le è piaciuto. Sembra un posto troppo strano.”

“Rarity non pensava fosse così male…”

Bon-Bon le guardò andarsene, poi si girò verso Lyra. “Avevo già sentito parlare abbastanza di umani per una vita intera… adesso che sei qui non finirà mai. Non hai davvero idea di che cosa hai portato ad Equestria vero? Ho sempre temuto che superassi troppo i limiti, e adesso guarda.”

“Beh...sì,” ammise Lyra. “Avrei preferito che nessuno lo avesse scoperto. Come ho detto prima, le cose si stanno facendo complicate anche a casa. Tutto ciò che voglio è avere una normale vita da umano.”

“Hai mai avuto qualcosa di normale?”

Lyra sorrise. “Forse no.” disse. “Penso sia un po’ più semplice adesso che la mia famiglia sa tutta la storia.” Mosse un po’ la forchetta nell’aria. “Pensano sia molto affascinante il fatto che fossi in grado di usare la magia. E sono lieti di spiegarmi qualsiasi cosa io non capisca sul mondo umano. Mi stavo già integrando piuttosto bene.”

“Sono contenta che riesci ad integrarti da qualche parte.” Disse Bon-Bon.

“Lo capiresti se avessi mai la possibilità di vedere il mondo umano. E’ davvero molto meglio di quanto avessi mai immaginato.” Lyra pensò per un minuto, poi i suoi occhi si illuminarono. “Hey!, vuoi che chieda alla Principessa se puoi - ”

“No.”

“Non sai che ti perdi.” Lyra scrollò le spalle. “Chloe è molto emozionata, comunque. Pensa che il fatto che io fossi un unicorno sia la cosa più bella del mondo. Ne era ossessionata ancora prima di incontrarmi.”

“Si vede che è tua sorella…”

“Che intendi?” disse Lyra piegando la testa.

“Beh, avete molto in comune,” disse Bon-Bon.

Lyra rise. “Nah, siamo agli opposti. Sono abbastanza gelosa del fatto che lei sia stata umana tutta la sua vita. Non comprende quanto sia fortunata.”

“Non sei cambiata per niente, vero?”

“Certo che lo sono,” disse Lyra piegando le dita. “Guarda qui.”

Bon-Bon sospirò esasperata e scosse la testa, incapace di trovare le parole giuste. Lyra guardò tristemente il suo piatto vuoto, e notando la fetta di torta intonsa davanti a Bon-Bon le chiese.

“Ehi, quella la mangi?”

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