Storia di un matrimonio

di NikkiLu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Seattle, Domenica 14 ottobre 2012

POV BELLA

 

Il rumore del campanello mi fece sussultare. Mi diressi a passo svelto verso la porta immaginando chi potesse essere.

“Ehi...si è addormentata in macchina”

“Sei in ritardo” sentenziai severa.

“Mi dispiace abbiamo trovato traffico”

“A Seattle c’è sempre traffico Edward. Vivi qui da 32 anni dovresti saperlo”

Mi scostai dalla soglia per permettere a Edward di entrare con nostra figlia tra le braccia. Ci incamminammo in rigoroso silenzio verso la camera di Elizabeth, riuscivo a percepire l’alone di tensione che ci avvolgeva. 

Adagiò Lizzie sopra le morbide coperte del letto e nel farlo si sedette accanto a lei accarezzandole i capelli. Presi il pigiama di Lizzie, mi accomodai dall’altro lato rispetto a Edward e cominciai a toglierle i vestiti per prepararla per la notte.  Mentre mi prendevo cura della mia bellissima bambina addormentata mi sentì osservata.

“Che c’è?” Alzai lo sguardo puntando i miei occhi in quelle pozze verdi che ancora mi fregavano. Maledizione.

“Perché ?” Rispose subito guardingo.

“Non lo so.. mi guardi”

I nostri sguardi si incatenarono ma fu solo per qualche secondo. Poi entrambi tornammo sulla difensiva, indossando di nuovo quella maschera di indifferenza che ormai da qualche mese faceva parte di noi. 

“Domani mattina abbiamo l’incontro con la maestra di Lizzie.. te lo ricordi?” Il mio tono suonò più acido di quello che volevo.

“Certo” dispose duro “potremmo portarla insieme...si ,insomma, vi passo a prendere”

Lo guardai, scettica e indecisa. Non avevo nessuna voglia di passare con lui più del tempo necessario. Non mi sentivo ancora così sicura di me, non ancora pronta. Sapevo che quella calma era soltanto apparente.

“Non credo sia una buona idea... devo far vedere una casa dall’altra parte della città dopo. Preferisco venire con la mia macchina”.

“Oh..d’accordo”

Abbassò lo sguardò, sembrava deluso. Se una parte di me voleva rispondergli “sarà per un’altra volta” per tentare di consolarlo, la parte razionale me lo impedì. Il silenzio calò nella cameretta. Fu lui il primo a parlare. “Allora io vado, buonanotte"

“Notte" non lo guardai nemmeno. Con la coda dell’occhio lo vidi alzarsi e andarsene. Solo quando sentì la porta principale sbattere lasciai andare il respiro che non mi ero accorta di trattenere, accarezzando il bellissimo volto di mia figlia.  Eravamo separati da 7 mesi e ancora non mi sembrava vero. Come avevamo fatto ad arrivare a quel punto? Se quattordici anni fa mi avessero detto che sarei finita con lo sposare l’odioso fratello maggiore della mia migliore amica dai tempi del liceo,Alice, gli avrei risposto con una sonora risata. Se due anni fa mi avessero detto che saremmo finiti con il lasciarci avrei fatto una risata ancora più forte. 

Non stiamo più insieme ma l’amore è ancora lì, riesco a recepirlo, radicato nel mio cuore, sepolto sotto una massa aggrovigliata di rabbia, risentimento e stanchezza. Ci siamo arresi. Forse troppo presto? Non lo so. So solo che le liti erano diventate ormai all’ordine del giorno e io non potevo più continuare a vivere in quel modo.

Puoi andare verso il futuro , quando il passato è ancora presente?*

Questo mi domandavo quella sera, distesa nel mio letto mentre fissavo il soffitto.

Soprattutto volevo andare verso il futuro? 

 

Salve a tutte! 

Il prologo è un pò corto, me ne rendo conto. Spero sia riuscito a scaturire la vostra curiosità.

Ci tengo solo a dire che questa era un idea che avevo in mente di sviluppare già da qualche tempo. Fatemi sapere cosa ne pensate. Ho già un altro capitolo pronto :) 
Ci tengo a specificare che la storia non ha niente a che vedere con il film "Storia di un matrimonio" per l'appunto. 

Un bacio

NikkiLu
 * citazione presa in prestito dalla mia amata Carrie Bradshaw 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


 

Capitolo 1

 

 

Pov Bella 

 

La mattina dopo la fortuna non sembrava essere dalla mia parte, ero giunta alla conclusione che ultimamente mi girava proprio al largo. “Andiamo su! Parti parti!”
La macchina non partiva: ero nel parcheggio sotterraneo del mio palazzo e tentavo invano ormai da dieci minuti buoni di mettere in moto la mia auto,quando vidi il mio vicino di casa fissarmi al di là del vetro. Era decisamente un uomo affascinante: alto, biondo, occhi azzurri.

“Buongiorno Bella! Qualche problema?”

“James!” Scesi dalla macchina stringendomi nel cappotto “non lo so, fino a ieri andava.. forse è la batteria? Sembra proprio morta!” Dissi con tono esasperato.

“Posso aiutarti in qualche modo? Se vuoi su in casa ho i cavi proviamo a farla partire..”

“Devo portare mia figlia a scuola prima. Chiamo un taxi, poi più tardi appena mi libero torno qui e vedo di risolv...” Non mi lascò finire la frase. “Bella non dirlo nemmeno per scherzo! A quest’ora ci mettereste una vita a trovarne uno libero qui nel Belltown. Vi do uno strappo io!”

“Dici davvero? Oh James mi salveresti”

“Si poi magari torniamo qui e la facciamo partire..”

“Approfitterei volentieri della tua gentilezza ma devo fermarmi a scuola anche io e non so a che ore riuscirò a liberarmi. Sai quei noiosi incontri genitori insegnanti...”

“Allora sara meglio non perdere tempo.Vado a prendere la macchina” capí al volo, senza insistere e, dopo avermi fatto l’occhiolino, si girò in direzione della sua auto.

Guardai l’orologio e mi accorsi che eravamo in perfetto orario. Aprì lo sportello posteriore della mia macchina e presi tra le braccia la mia bambina per aiutarla a scendere.
“Mamma come facciamo ad andare a scuola?”

“Andiamo con James. Te lo ricordi? Abita nell’appartamento sopra al nostro!”

“Ciao Elizabeth!” James si avvicinò con il suo suv AUDI e salutò mia figlia dal finestrino. Lei rispose con un sorriso. La posizionai nel sedile posteriore e la legai con la cintura di sicurezza poi presi posto nel sedile anteriore.

“Te l’ho già detto che ci stai salvando?”

“Mi pare di sì...e dovresti smetterla. Lo faccio con piacere” disse introducendosi nel traffico della città 

“La scuola non è lontano...é la Bright Water Waldorf School, nel Capitol Hill”

“Si, ho capito dov’è-disse sorridendo- senti vuoi che ti aspetti? Per me non è un problema davvero, non ho orari fissi al lavoro.”

“No,tranquillo- gli sorrisi -oggi è una giornataccia. Dopo la scuola se riesco devo passare in ufficio, poi ho un appuntamento. Hai già fatto abbastanza e non voglio approfittare della tua gentilezza”

“Allora Elizabeth ti piace la tua scuola?”

“Si tantissimo. Anche se non mi piace svegliarmi presto la mattina” rispose prontamente mia figlia facendoci ridere entrambi.

Nel giro di nemmeno dieci minuti arrivammo a scuola. James entrò nella piccola piazzetta che fungeva da parcheggio della scuola e fermò la macchina. Mi tolsi la cintura di sicurezza,mi girai verso di lui e gli rivolsi un sorriso, l’ennesimo. 

“Grazie davvero”

Scesi dalla macchina e presi mia figlia dal sedile posteriore.  Mi incamminai verso la scuola meno nella mano con la mia piccola, girandomi a metà strada per salutare con la mano James. “Lizzie saluta James che è stato così gentile.”
Mia figlia agitò la mano energicamente. Il sorriso mi morì in faccia quando alzando lo sguardo notai Edward, avvolto nel suo elegante cappotto blu notte, che a pochi metri di distanza fissava la macchina dalla quale eravamo scese, scuro in volto. Sembrava furioso. Lo raggiungemmo all’entrata del cortile della scuola che a quell’ora era super affollato. 

“Papà!” Sua figlia catturò la sua attenzione lanciandosi verso di lui.

“Principessa buongiorno” la prese tra le braccia schioccandole un sonoro bacio in fronte e rimettendola subito giù. 

“Elizabeth cara buongiorno. Vieni andiamo in classe-una delle maestre la richiamò all’attenzione e Liz corse verso di lei entusiasta - signori Cullen” la maestra si congedò da noi insieme a un gruppetto di bambini. 

“Ciao mamma, ciao papà “ urlò prima di varcare il portone di ingresso.

Sorrisi a mia figlia, consapevole di aver lo sguardo di Edward puntato addosso, ancora una volta.

“Cerchi di ferirmi o soltanto di farmi arrabbiare?- sibilò nella mia direzione- in entrambi i casi ci sei riuscita!” 

“Cosa?”

“Hai rifiutato un mio passaggio e poi ti presenti qui con quello. A proposito chi diavolo era?”

“Edward non cominciare! Non che ti debba alcuna giustificazione ma....”

“Invece dannazione me le devi dal momento che sei ancora mia moglie e che mia figlia era in macchina con quello!” Disse avvicinandosi a me con aria minacciosa. 

“Santo cielo vuoi calmarti? Ci guardano tutti! Stamani non mi partiva la macchina- mi affrettai a spiegare la situazione per mettere fine il prima possibile a quella scena patetica-James é il mio vicino di casa si é solo offerto di darci un passaggio...”

“Non potevi chiamare me?” Disse addolcendo il tono di voce, guardandomi  negli occhi: avevo sempre odiato i suoi sbalzi di umore.

“Non ci ho pensato" Dissi la verità. Non mi era venuto in mente di chiamare lui. Forse quello era il primo segnale che mi stavo abituando all’idea che adesso nella vita di tutti i giorni ero solaIl suo volto tornò a contrarsi. La campanella suonò, perció ne approfittai e salí le scale, seguita da lui.  
Entrammo nell’’imponente edifico che ospitava la scuola privata a cui avevamo iscritto nostra figlia, dirigendoci verso l’ufficio della maestra che era anche la coordinatrice della classe di Lizzie. I genitori che avevano appuntamento prima di noi uscirono in quel momento lasciandoci la porta aperta.

“Signor Cullen, signora Swan prego accomodatevi” la signorina Weber era a conoscenza della nostra situazione

Facemmo come ci aveva detto e rimanemmo in silenzio aspettando che fosse lei a parlare. 

“Elizabeth é una bambina fantastica. Si impegna tanto e cerca sempre di dare il meglio. È sempre allegra e piena di energia. L’unica cosa che mi sento di consigliarvi, con tutto il rispetto, é di cercare di evitare di litigare davanti a lei. Evitate anche le frecciatine. I bambini sentono tutto e assimilano tutto. Lo so quanto gestire un figlio nel momento del divorzio possa essere..”

“Noi non stiamo divorziando “ la interruppe Edward sicuro, alzando il tono di voce. Sbuffai spazientita dall’ennesima reazione da bambino viziato. 

“Edward “ lo ammonì severa.

“Noi non siamo divorziati Bella!” 

“Signorina Weber per favore continui. Stava dicendo ?”

“I divorziati vanno anche a letto insieme?” 

“EDWARD” urlai. Non potevo credere cosa avesse appena detto. Ero imbarazzata, ero incazzata, ero mortificata, umiliata. “Sei impazzito?!” 

Mi fissò con le sopracciglia inarcate sfidandomi a dire il contrario.Per fortuna la signorina Weber si comportò come se non fosse successo niente.

“É un momento delicato per loro... dovreste cercare di tenere fuori le vostre divergenze e incomprensioni davanti a lei. Tutto qui. Ad esempio una volta Elizabeth ha riferito alla mia collega, la signorina Stanley, che il papà pensa che la mamma è una rompipalle. -diventai leggermente rossa per la rabbia, ma mi trattenni limitandomi a lanciare un occhiata di fuoco a Edward - cose così é bene che non succedano. Il cambiamento sicuramente la bambina lo percepisce, cerchiamo di renderlo il più tranquillo possibile- concluse sorridendo dolcemente- Scolasticamente parlando non ho niente da dire. Ha fatto dei progressi incredibili nel giro di poche settimane nella lettura. È indubbiamente avanti agli altri bambini.”

Sorrisi di rimando grata alla signorina Weber per aver sorvolato davanti al siparietto di Edward e per la professionalità dimostrata. Mi alzai e le strinsi la mano, sollevata che avessimo già finito e nel constatare che io e Edward non stavamo combinando un completo disastro con lei, insulti origliati a parte, ma quelle erano cose che succedevano anche nelle famiglie più unite, no? Uscì fuori dalla stanza velocemente seguita da Edward. “Da quando vai a dire in giro che sono una rompipalle?” Lo aggredí mentre stavamo procedendo in direzione dell'uscita a passo spedito: entrambi volevamo scappare da lì il prima possibile.
“Immagino da quando tu vai a dire in giro che siamo divorziati?!”

“Divorziati, separati é la stessa cosa!”

“Non è per niente la stessa cosa Isabella! C’è anche una differenza dal punto di vista leg..”

“Non cominciare nemmeno a fare l’avvocato con me! Dio come ti è saltato in mente di dire che andiamo a letto insieme! Che figura di merda”. Odiavo quando si comportava così. Era arrogante e immaturo , non faceva che confermare i motivi che mi avevano spinto a separarmi da lui. “Sei davvero incredibile! E per la cronaca vorrei ricordarti che è successo una sola volta! Ed è stato un errore!”

Guardai l’orologio: le 9.00. Perfetto avrei fatto in tempo a passare in ufficio prima di andare all’appuntamento con i signori Newton.  “Ora devo andare, ricordati questo venerdì di venire a prendere una figlia alle 14. Buona settimana Edward”. 

Mi congedai dirigendomi lungo il marciapiede nella speranza di trovare un taxi subito. 

“Bella aspetta! Ti do un passaggio io” mi inseguì.

“Non ce n’è bisogno, grazie”

“Devi essere sempre cosi fottutamente testarda? Sali in macchina” ecco Edward il dispotico, maniaco del controllo e maledettamente autoritario. Quel giorno stava dando il meglio di sé. Stavo davvero arrivando al limite della sopportazione per quella mattina. Alzai un braccio per fermare un taxi, il quale per fortuna accostò subito.

“E tu devi essere sempre così fottutamente stronzo?Preferisco cavarmela da sola, grazie. Sai non sono così disadattata come pensi. Da te non voglio più niente”

“Cazzo Isabella! Smettila di comportarti come se...” 

“Come se cosa? Come se tu non facessi più parte della mia vita, della mia quotidianità? Come se non fossimo più sposati? Ecco la notizia del giorno: è così che stanno le cose! Svegliati Edward, prima lo capisci meglio é. Io non ho più bisogno di te.”

Salì in macchina e comunicai al tassista l’indirizzo senza voltarmi indietro, con le lacrime agli occhi. Ero furiosa con me stessa. Furiosa perché permettevo ancora a quell’uomo di scatenarmi emozioni così forti e così contrastanti tra di loro. Furiosa per sentirmi in colpa per avergli parlato in quel modo: l’avevo ferito e glielo avevo letto in faccia. Sapevo che Edward nel profondo ancora non si era arreso all’idea di noi due insieme, e per questo non mi potevo permettere di cedere nemmeno un minuto. Dovevo essere io quella forte, altrimenti saremmo tornati al punto di partenza e sarebbe finita nello stesso identico modo. 

Ma io mi ero veramente arresa?

 

Buonasera, come potete vedere le cose non sono proprio idilliache tra Edward e Bella...si inizia a capire quali siano i reali problemi tra di loro, almeno spero. :) capitolo dopo capitolo verranno fuori nuovi dettagli e nuovi personaggi. La mia storia ha già una “timeline” ben definita :) scusate eventuali errori battitura ma ci tengo a postare oggi.

Se avete domande, dubbi non esitate a chiedere.

Ps i quartieri e anche il nome della scuola sono reali. 

Un bacio, NikkiLu

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


 

Capitolo 2

 

Pov Bella

 

 

La settimana proseguì tranquilla, nonostante il turbolento inizio, almeno fino al giovedì quando di ritorno da casa di mia madre un pò più tardi del solito (era lei che si occupava di Lizzie dopo la scuola) incontrai James nell’atrio, il quale mi aveva raccomandato un suo amico meccanico che nel giro di poche ore era riuscito a risolvere il problema della mia auto.

“Buonasera Signorine- ci accolse con un sorriso stampato in faccia- Bella ho visto che hai risolto con la macchina. Spero che tu ti sia trovata bene con Dean, a volte sa essere davvero brusco ma nel suo settore è davvero il numero uno.”

“È stato fantastico e soprattutto estremamente rapido! Grazie ancora- ero sinceramente grata a James per il suo aiuto, non mi ero mai trovata a dover gestire un problema del genere per questo continuavo a sentirmi in debito con lui- ora però devo trovare il modo di sdebitarmi.”

“Ma figurati!” 

“Insisto davvero- poi mi venne in mente un’idea- Lizzie che ne dici di offrire una pizza a James per essere stato così gentile con noi lunedì mattina?” 

“Si! Si! Si! La pizzaaa-mia figlia iniziò a saltellare sul posto-andiamo da Mario? Dai mammina ti prego, ti prego”

“Adoro la pizza di Mario!-Rispose prontamente James facendo impazzire mia figlia-accetto volentieri.” 

Guardai l’orologio erano quasi le 20.00 “ va bene se andiamo subito? Domani mattina c’è scuola..”

“Va benissimo, ho una certa fame”

Lasciai lo zainetto di Lizzie a Steve, il nostro portiere, per evitare di portarcelo appresso e ci incamminammo verso il ristorante che era a un centinaio di metri.

 

Poco dopo le nove uscimmo da locale. James si era trasferito a Seattle circa due anni prima per motivi lavorativi, era un amministratore delegato e aveva 36 anni. Ed era carino. Molto carino. Ma cosa andavo a pensare? Non potevo permettermi quei pensieri! Io aveva una figlia e avevo un..un Edward. 

Liz camminava a pochi metri di distanza da noi sul marciapiede.

“È dura?”

“Cosa?”

“Crescerla da sola..”

“Uhm. Direi di no. I miei genitori mi aiutano tanto, anche Edward fa quello che può, quello che gli permette il lavoro. E anche la sua famiglia è fantastica. Soprattutto mia suocera...-mi accorsi un attimo dopo aver pronunciato quelle parole di aver fatto una gaffe- volevo dire ex suocera-chiarì arrossendo, riprendendo subito a parlare sperando che non se ne accorgesse-poi piano piano ci fai l’abitudine, devi solo trovare il giusto equilibrio. Devo ammettere però che sono molto fortunata anche con lei...”conclusi indicando mia figlia.

“È fantastica” disse riferendosi alla mia piccola peste.

“Già”

Entrammo nel palazzo e dopo aver recuperato lo zainetto prendemmo l’ascensore e ci congedammo una volta che le porte si aprirono sul nostro piano.

“Grazie ancora della pizza, adesso spero che la smetterai di ringraziarmi..” 

“La smetterò”

“Ciao James! Buonanotte” urlò mia figlia correndo verso il nostro appartamento.

“Buonanotte” dissi sorridendo. 

“Buonanotte Bella.”

 

 

Il venerdì rimasi a casa, rilassandomi davanti alla televisione con un buon bicchiere di vino, ok forse anche 4. Il sabato sera lo passai con Rosalie, moglie di Emmett (fratello di Edward) e Alice, la mia ex cognata, in un localino alla moda. La nostra amicizia prescindeva dalla nostra ex parentela acquisita dato che ci conoscevamo da tanti anni. Come avevamo fatto a rimanere così unite dopo che era esplosa la bomba? Tenendo a mente una semplice regola: vietato nominare Edward. 

La giornata di domenica invece la trascorsi in gran parte a casa dei miei genitori, dove passai l’intero pomeriggio immersa nel lavoro: cercai di trovare una soluzione valida per i signori Newton (in tema di offerte e controfferte) e organizzai il piano settimanale, cecando di raggruppare gli appuntamenti onde evitare di trovarmi a correre da un lato all’altro della città come una pazza nello stesso giorno. 

Se non si fosse capito cercavo di rimanere da sola il meno tempo possibile e di tenermi sempre occupata per evitare di pensare.

La verità è che mi mancava la mia vita di prima. Le domeniche passate nella grande casa nel Queen Anne Hill della famiglia Cullen, contornata da un immenso giardino e con una vista mozzafiato, i sabati a fare shopping con mio marito e mia figlia.

 

Verso l’ora di cena decisi di scrivere a Edward.

Edward se siete a casa passo io a prendere Liz questa sera tanto sono già fuori. Alle 21 sarò lì. 

 

Ok.

 

Alle 21.05 parcheggiai davanti al grattacielo che ospitava l’appartamento di Edward e anche quello dove convivevano Alice e Jasper. 

Suonai al campanello una volta arrivata al ventesimo piano e non fui così sorpresa quando fu Alice ad aprirmi la porta. 

“Mamma!!” Lizzie mi corse incontro.

“Tesoro! Come stai? Ti sei divertita con papà??”

“Oh si, tantissimo”

“Ora da brava vai a prendere le tue cose e saluta tutti”. Lizzie corse verso quella che era la sua cameretta seguita dagli zii. 

Entrai in casa e trovai Edward in piedi in salotto con un espressione strana in volto. Non si degnò nemmeno di salutarmi. Era serio, tremendamente serio. 

Fissai Edward in attesa che iniziasse a parlare ma lui si limitava stare immobile come una statua con le braccia conserte e quell’espressione in volto.  Decisi di aprire bocca per prima. “È successo qualcosa?”

“Non lo so, dimmelo tu. C’è qualcosa che devi dirmi?”. Lo guardai sbigottita, alzando le sopracciglia, sinceramente confusa “c’è qualcosa che dovrei dirti?”

“Da quando giochi alla famigliola felice con quel tizio?” Continuavo a non capire. Famigliola? Quale tizio? “Sei forse impazzita?!?!” Concluse, avvicinandosi a me e alzando decisamente il tono di voce.

“Mamma?”

Liz fece il suo ingresso nel salone con Jasper e Alice, i quali capirono subito che c’era qualcosa che non andava. “Tesoro che ne dici di aspettare la mamma in casa dagli zii? Lo zio Jazz ti ha preso una cosa..” esclamò Alice entusiasta, cercando di deviare l’attenzione di mia figlia. “Ti va?”

“Siiii!” 

“Cinque minuti e arrivo” cercai anche io di rassicurarla con un sorriso anche se ero palesemente confusa per quello che stava accadendo.

Lizzie salutò suo padre, che per pochi secondi sembrò tornare quello di sempre. Si abbracciarono, poi la piccoletta corse fuori dall’appartamento seguita a ruota dagli zii. Alice prima di andare mi lanciò uno sguardo comprensivo. Oltre che essere una grande amica era anche una grandissima zia. La ringraziai mentalmente per averla portata via. 

“Vedo che hai afferrato al volo il concetto di non litigare davanti a lei!-sibilai furiosa-che diavolo ti prende si può sapere?!”

“Isabella smettila di fare quella che cade dalle nuvole! Hai portato mia figlia fuori con un’altro uomo e dovrei fare finta di niente?” Concluse furioso.

Ah. Ecco qual era il problema.  Capì quale fosse il nocciolo della questione ma non riuscì a comprendere per quale motivo fosse così arrabbiato. James non era un potenziale fidanzato che avevo presentato a mia figlia senza prima consultarlo. Che razza di persona credeva che fossi? “Quindi?”

“Quindi?” Mi fece eco sconvolto in volto.

“Edward non so cosa ti ha detto Liz ma..” 

 Mi interruppe bruscamente. “Mi ha detto la verità! Mi ha detto che giovedì sera siete andate a mangiare una pizza con l’amico simpatico di mamma che abita nello stesso palazzo. E che avete fatto una passeggiata tutti e tre insieme. Il prossimo passo quale sarà? Lo vedrà girare mezzo nudo per casa? Non so che ruolo abbia quell’idiota nella tua vita e non voglio nemmeno saperlo dannazione!- chiuse gli occhi inspirando ed espirando profondamente-ma non ti azzardare a provare a sostituirmi con Elizabeth! Sono io suo padre! Non mi piace che giochi alla famiglia con un altro uomo, che arrivate a scuola tutti e tre insieme, che andate a mangiare fuori insieme,ad essere sincero non mi piace nemmeno l’idea che lei ti veda con un altro uomo così presto!”

“Vorrai dire che non piace a te l’idea di me con un altro uomo- sputai con rabbia quelle parole senza neanche pensarci. Dovevo imparare a filtrare i miei pensieri, cazzo- la questione del passaggio te l’ho già spiegata! Vuoi un disegnino? Giovedì invece l’ho invitato io a unirsi a noi per sdebitarmi per l’aiuto che ci ha dato lunedì mattina e per avermi aiutato a sistemare la macchina! Pensi davvero che porterei mia figlia a cena con un uomo con cui mi sto frequentando? Pensi che non aspetterei? Pensi che non ti consulterei prima? Ma che razza di madre credi che sia? Ora non posso avere nemmeno un amico?” 

“A quello della tua amicizia non può fregar di meno Bella!”

“E anche se fosse? Non sono affari tuoi, Edward! Ora che abbiamo chiarito che non avrei mai presentato con tanta leggerezza James a Lizzie se ci fosse stato qualcosa vedi di smetterla di fare il pazzo paranoico! Sei tu il padre di Elizabeth e nessuno proverà mai a rimpiazzarti. Stiamo parlando del nulla, te ne rendi conto? Trai sempre le tue conclusioni senza nemmeno premurarti di chiedere prima! Accidenti non cambierai mai, non è così? Devi avere sempre tutto sotto controllo e appena qualcosa ti sfugge impazzisci!”

“Non è vero! Non mi piace l’idea di te per mano a nostra figlia che passeggi per le strade con un altro uomo, qualsiasi ruolo abbia nella tua vita!”

“Ah quindi dovrei smettere di avere amici... dovrei chiamare Jake e Quil e Eric per dirgli che non possiamo più frequentarci perché quel pazzo del mio ex marito è un dispotico del cazzo!”

“Sai che non intendevo quello quindi smettila di fare la bambina, sei esasperante!”

“No tu lo sei! Non fai altro che urlarmi contro, non perdendo occasione per farmi notare quanto pensi che faccia schifo come madre , quanto abbia fatto schifo come moglie senza realmente capire che qui abbiamo fallito tutti e due! Non siamo in questa situazione solo per colpa mia!”

“Sei tu che hai mi hai lasciato, ricordi?”

“Si perché ero arrabbiata non certo perché avessi smesso di amarti!- l’avevo detto sul serio, stava davvero cercando di addossare a me tutte le colpe? Era lui quello che non aveva combattuto- e lo rifarei altre mille volte, visto e considerato che non hai fatto niente! Ma ci senti? Ora hai altri limiti da impormi o posso andarmene!?”

“Stavo solo cercando di metterti in guardia...” pronunciò quelle parole come un automa, era chiaramente sconvolto dalle ultime mie rivelazioni.

“Oh grazie! Scusami non l’avevo capito! Come sei gentile!- lo canzonai, avvicinandomi pericolosamente a lui, arrivando a puntargli l’indice della mia mano destra sul petto- so badare a me stessa e di certo non ti devo niente! Non sono più affari tuoi!” Ormai ero senza controllo, non mi rendevo nemmeno conto di quello che mi usciva dalla bocca. Mi allontanai nuovamente, cercando invano di mantenere un minimo di controllo.

“Certo che lo sono! Cristo, sei ancora mia moglie!”

Era davvero esilarante il modo in cui continuava a definirmi sua moglie quando poi concretamente non faceva niente per sistemare le cose. Mi amava o no? Forse avevo sbagliato a lasciare un minimo di spiraglio non chiedendo le carte per il divorzio. Cosa credeva? Che le cose si sarebbero sistemare da sole? 

"Ancora per poco!” Risposi urlando e dirigendomi verso la porta. 

“Non ti azzardare nemmeno a pensarlo Isabella!” Continuava a gridare.

“Non pensarlo? E cosa dovrei pensare? Guardaci...stiamo continuando a dare il peggio di noi. È così finita tra di noi che dovrebbero inventare un altra parola per dirlo*- conclusi la mia arringa cercando di recuperare il controllo del tono di voce- adesso scusa ma voglio recuperare mia figlia e andare a casa. Sono stanca”

Avevo le lacrime agli occhi che premevano per scendere, ma glielo impedì con tutta me stessa. 

“Aspetta non andare e! Io, io...Non volevo...io...” provó a fermarmi senza nemmeno sapere cosa dire.

“Tu cosa? Non funziona così, non puoi trarre le tue conclusioni senza chiedermi spiegazioni in maniera civile, urlarmi contro, offendermi e poi pentirtene un secondo dopo! Non sono una tua cazzo di dipendente sono la madre di tua figlia!” me ne andai sbattendo la porta con tutta la forza che avevo, giusto per ribadire quanto fossi incazzata. Mi promisi che avrei dato sfogo al mio dolore e alla mia frustrazione una volta al sicuro sotto le coperte della mia camera da letto. Adesso non potevo permettermelo, avevo una figlia cui badare.

Bussai alla porta della mia ormai ex cognata freneticamente ed entrai come una furia. Per fortuna Liz non fece storie, così me ne andai sotto lo sguardo mortificato di Alice, che notò i miei occhi colmi di lacrime. Elizabeth si addormentò nel tragitto, ringraziai il cielo: non avevo nessuna voglia di sforzarmi di essere felice.

Quella sera piansi fino ad addormentarmi, rompendo la promessa che avevo fatto con me stessa di non versare più una lacrima per lui. 

 

 

Vi prego vi prego non mi odiate. Prometto che dal prossimo capitolo le cose cominceranno decisamente a cambiare, prometto. Queste liti sono fondamentali al fine di capire quali sono i problemi. 

Ringrazio di cuore chi legge, chi recensisce, chi ha ha messo la storia tra le preferite, chi tra le seguite e chi tra quelle da ricordare.

*citazione presa da Sex And The City

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

Pov Bella

Per fortuna i giorni dopo riuscì a non pensare più a quella discussione, il giovedì ebbi del tempo libero e passai l’intero pomeriggio con mia figlia. Mentre stavamo passeggiando tranquille per le fredde strade di Seattle, Elizabeth mi fece una richiesta. “Mammina andiamo a salutare papà?”. 

Possibile che una bambina di cinque anni avesse così tanto senso dell’orientamento da aver riconosciuto il grattacielo che ospitava lo studio legale di cui Edward era associato? Impossibile. C’era stata solo una volta, quella doveva essere una coincidenza.

“Tesoro papà sta lavorando adesso, non possiamo piombare lì...”

“Ti prego mammina, mi manca papà non lo vedo da tantissimi giorni” mise il broncio e il labbro inferiore cominciò a tremare.

Come facevo a dirle di no? Non volevo essere quel tipo di madre che asseconda qualsiasi capriccio della figlia, ma quello non poteva essere definito un capriccio , giusto? Voleva vedere suo padre cosa che prima accadeva tutti i giorni. Mi sentivo già tremendamente in colpa nei suoi confronti per averle negato quella normalità di cui avevo goduto io, di cui godeva la maggior parte dei bambini. In più non potevo lasciare che gli screzi tra me e Edward interferissero nel loro rapporto, non ero così meschina. Perciò feci la cosa che mi sembrò più giusta in quel momento “d’accordo tesoro, però mi prometti che se è impegnato andiamo via senza fare i capricci”.

“Promesso mamma” rispose in tono solenne e subito il broncio sparì dal suo bellissimo volto. 

Arrivate all’imponente edificio prendemmo l’ascensore per i visitatori e salimmo al trentottesimo piano, dove le receptionist della VOLTURI CULLEN ci salutarono allegramente. “Signora Cullen, che piacere- mi sorrise Kate- Elizabeth sei sempre più bella! E guarda quanto sei cresciuta!” Lizzie sorrise sodisfatta, stava iniziando a diventare leggermente vanitosa.

“Kate ho saputo del tuo fidanzamento con Garrett! Congratulazioni!” 

“Grazie mille signora Cullen, sono al settimo cielo.” 

Ci congedammo con un sorriso e ci incamminammo verso l’ufficio di Edward, anteceduto dalla scrivania della sua segretaria personale, che come sempre era seduta alla sua postazione, impegnata a scrivere al computer.

La porta dell’ufficio era semi aperta, riuscivo a intravedere Edward davanti alla bellissima vetrata comodamente seduto nella sua poltrona intento a leggere dei  documenti.

“Salve Victoria, Edward è occu....” successe tutto così velocemente che nè io nè Victoria ci accorgemmo di qualcosa. Quella peste si divincolò  dalla mia mano e corse dentro l’ufficio.

“Elizabeth!” La richiamai alzando la voce, andandole dietro insieme a Victoria che in quel momento ci stava sicuramente maledicendo.

“Signor Cullen mi dispiace! Non l’ho nemmeno vista arrivare che si è fiondata dentro.” Victoria era mortificata, per lei la professionalità era tutto e, anche se Edward era da solo nell’ufficio, posso solo immaginare quanto fosse dispiaciuta per l’accaduto. Ci teneva a essere impeccabile.

“Victoria tranquilla, non c’è problema. Mia figlia può fare tutto quello che vuole”

“No, non può fare tutto quello che vuole ! Mi dispiace Victoria! Se papà fosse stato con dei clienti..” cercai di riprendere Lizzie, doveva capire che non poteva fare sempre tutto di testa sua.

“Avrebbero visto quanto è bella mia figlia” evidentemente lui non era della stessa mia idea e in piedi al centro della stanza sorrise dolcemente, facendo l’occhiolino a Lizzie. “Adesso non ci sono per nessuno”.

Victoria annuì e si congedò con un cenno del capo per poi chiudersi la porta alle spalle. 

“Mi dispiace se siamo piombate qui senza avvisare, eravamo nelle vicinanze e Elizabeth aveva voglia di vederti” cercai di giustificare quella nostra improvvisata. Mi sentivo in imbarazzo, l’ultima volta che ci eravamo visti ci eravamo urlati contro.

“Non c’è bisogno che voi avvisiate,lo sai-rispose gentile Edward, guardandomi. Dell’Edward furioso di qualche giorno fa non era rimasta traccia, per fortuna- ti va un caffè?”

“Si, grazie”

Tramite l’interfono chiamò la sua segretaria che arrivò subito.

“Victoria per favore ci porteresti due caffè, Lizzie perché non vai con lei così scegli qualcosa anche per te? Magari una cioccolata calda con panna”.

“Siiiii” Lizzie prese per mano Victoria e uscirono insieme, lasciandoci soli. Dire che mi sentivo a disagio era un eufemismo, mi guardavo intorno sperando con tutta me stessa che quelle due tornassero velocemente. Avevo ancora ben in mente come erano andate le cose l’ultima volta che eravamo rimasti soli. E anche quella prima, a dire il vero.

“Senti Bella..-catturò la mia attenzione, iniziando a parlare per primo. Si percepiva che fosse un pò a disagio e questa sì che era una novità- visto che ci siamo volevo scusarmi con te. Mi dispiace aver reagito in quel modo, mi dispiace aver urlato e mi dispiace aver lasciato intendere qualcosa di inesatto. Non voglio che pensi che io ti reputi una pessima madre. Anzi, a dire il vero penso tutto il contrario. Tu sei una madre fantastica e voglio che tu lo sappia.”

Ah. Edward che si scusava? Questo era ancora più incredibile dell’Edward a disagio. “Ehm...d’accordo. Grazie, scuse accettate?” La mia voce suonò incerta perfino alle mie orecchie ma ero davvero sconvolta!

Edward non chiedeva mai scusa e non era mai a disagio. Cosa stava accadendo? Chi era quello di fronte a me e cosa ne aveva fatto del mio ex marito?

Passammo la successiva mezz’ora a bere il nostro caffè, intrattenuti da Elizabeth che in quanto a parlantina batteva sia me che suo padre e a cercare di non farle spargere la sua cioccolata calda ovunque . Ringraziai mentalmente  mia madre per averle fatto ereditare quel tratto, ci aveva risparmiato una bella dose di disagio in più occasioni. 

Quando fu l’ora di andare Edward si avvicinò per chiedermi una cosa. “Stavo pensando... vito che questo fine settimana tocca a te, che ne dici se domani sera la prendo io, verso le 19.00? Prometto che sarà a casa sabato mattina alle 10.00 , massimo 10.30”

Quella richiesta mi prese alla sprovvista. Non avevo mai dubitato dell’attaccamento che Edward aveva per sua figlia, ma rimaneva comunque un uomo sopra i trenta che non aveva un week end “libero” da tre settimane. 

“Immagino che vada bene. Voglio dire se dire se lei è d’accordo- e sicuramente lo sarebbe stata, aveva una sorta di adorazione per suo padre -per me si può fare...cerca solo di essere puntuale, per favore”.

 

 

 

Il venerdì sera arrivò in un batter d’occhio, erano le 18.45 quando finì di prepararmi. All’ora di pranzo quel giorno avevo chiamato Alice e insieme a Rosalie avevamo deciso di uscire per un aperitivo per poi cenare da qualche parte. 

“Mamma sei bellissima, voglio anche io tacchi!”

“Quando sarai più grande amore mio potrai prendere tutto quello che vuoi dal mio armadio, ancora purtroppo è un pò presto” dissi piegandomi sulle ginocchia  e accarezzando una guancia a mia figlia. 

Dieci minuti più tardi il campanello suonò e dalla telecamera del citofono vidi dallo schermo in cucina che si trattava di Edward. “Tesoro apri a papà.”

Andai in camera e presi un bel cappotto lungo e pesante, una volta tornata in salotto vidi Edward squadrarmi da capo a piedi. 

Bella 1 Edward 0.

Andiamo, non facciamo le ipocrite. Quale donna non vorrebbe far rimanere senza parole un uomo? Se poi quell’uomo è il tuo ex marito....

“Ho visto Alice giù in macchina, deduco che uscite” disse accennando un sorriso. “Sei bellissima, come dire si, insomma, stai bene...così”

“Come dire...Grazie” abbassai lo sguardo leggermente a disagio. Penso solo io che quei commenti fatti ad alta voce fossero un pò inopportuni? Indossai il cappotto e poi aiutai mia figlia a fare lo stesso, nel vano tentativo di distrarmi. 

“Andiamo?” Passai lo zaino di Lizzie a Edward e tutti e tre insieme uscimmo di casa.

Quando le porte dell’ascensore si aprirono al piano terra e mi trovai davanti James a nemmeno un metro e mezzo da noi,credetemi, sarei voluta sprofondare.

Il motivo? Conoscevo Edward e non sarebbe stato così fuori dal mondo se gli avesse detto qualcosa, facendomi fare una figuraccia e scaturendo poi un’ennesima inevitabile lite tra di noi. 

“James ciao” cercai di essere il più naturale possibile nel salutarlo.

“Bella, Elizabeth” sorrise nella mia direzione per poi salutare anche Edward con un educato “buonasera” al quale questo rispose con un lieve cenno del capo.

Edward, con Elizabeth ancorata in braccio, fece uscire prima me dall’ascensore, poggiando una sua mano sulla bassa schiena e spingendomi leggermente in avanti. La mano rimase lì fino a che non fummo fuori da palazzo, o almeno fino a quando le porte dell’ascensore non si chiusero. 

Una volta sul marciapiede individuai la macchina gialla di Alice, credo che anche a un kilometro di distanza l’avrei vista, mi voltai verso Elizabeth, quindi inevitabilmente verso Edward: lei messa in quel modo era più alta di me di pochi centimetri. “Ci vediamo domani mattina amore, fai la brava con papà e cerca di non dormire troppo tardi.”

“Si mamma” mi avvicinai per lasciarle un bacio sulla guancia. Errore. Terribile errore. Errore madornale . Il profumo di Edward mi avvolse, entrandomi nelle narici come se me lo avessero spruzzato direttamente in faccia. Mi allontanai, bloccandomi quando vidi il mio ex marito fissarmi intensamente negli occhi a pochi centimetri dalla mia faccia. Ci fissammo negli occhi per alcuni secondi che a me sembrarono interminabili. Dio se era bello, quanto avrei voluto baciarlo. Inutile negarlo l’attrazione tra di noi c’era sempre stata anche se negli ultimi mesi di matrimonio era stata sotterrata dalle urla dei nostri litigi.

“Allora buonanotte, non voglio far innervosire Alice” tornai in me prima, ricordandomi della presenza di mia figlia e di mia cognata a pochi metri da noi. Scappai letteralmente e attraversai la strada correndo su quei vertiginosi tacchi a spillo che avevo ai piedi e pregai con tutto il cuore di non cadere o di non finire sotto una macchina. 

“Scusa, ehm complicazioni” Salì, un pò in affanno, nella porche di Alice, la quale mi squadrò da capo a piedi: aveva già capito che c’era qualcosa che non andava. “Ti concedo un drink poi mi dirai cosa diavolo era quello!” Disse, facendo un cenno della testa verso Edward.

 

 

 

Dopo un Martini fui costretta a raccontare alle mie amiche per filo e per segno tutto ciò che era successo nelle ultime due settimane, fino al piccolo “momento” che avevamo condiviso io e Edward fuori dal mio palazzo. “Ecco tutto, adesso possiamo parlare d’altro?”

“Parlare d’altro? Di cosa vorresti parlare? Del tempo? Della borsa? “

“No Alice, ma non voglio parlare di questo. Ti conosco e non vorrei che tu ti illudessi che ..”

“Oh mio Dio, io lo sapevo che sareste tornati insieme!” Squittì battendo le mani.

“Come non detto!- risposi seccata. Sapevo che Alice nel profondo, non molto nel profondo a dire la verità, aveva sempre segretamente sperato e pregato che tornassimo insieme, anche se per rispetto fino a quel momento aveva sempre evitato di esternare i suoi pensieri -Adesso basta Alice. Davvero non voglio che tu ti faccia strane idee!-  era bene mettere subito le cose in chiaro, le avevo raccontato tutto sperando che riuscisse a non sentirsi troppo coinvolta e per il piccolo siparietto di domenica cui aveva assistito, evidentemente avevo commesso un errore- io e il mio ex marito abbiamo condiviso due settimane intense, nessuno tonerà con nessuno!”

“Per ora” sussurrò quel folletto, prima di tornare a sorseggiare il suo drink.

“Il discorso finisce qui”

“Bella lui ti ama, immensamente. È solo troppo orgoglioso per venire a dirtelo, ha paura di un rifiuto, se solo...”

“Se solo cosa Alice? Voglio bene a Edward, lo sai, ma è arrogante e deve imparare che le cose non vanno sempre e solo come dice lui. La ama? Bene che glielo vada a dire. Vuole tornare da lei? Perché non inizia intanto a dimostrare che sta cercando di cambiare? È così dannatamente sicuro di sé e dei sentimenti di Bella, che è davvero convinto che Bella tornerà da lui prima o poi, indipendentemente da quello che farà o non farà. Forse lo pensi persino tu e scommetto anche Emmett, credo però che dobbiate svegliarvi perché io la vedo dannatamente sicura.”

Intervenne Rosalie, severa. Lei mi capiva appieno, cercava davvero di essere imparziale , mentre Alice per quanto si sforzasse rimaneva la sorella di Edward. Per quanto ne sapevo lui si confidava con lei. In più tra me e Rose c’era sempre stata una muta comprensione: eravamo entrambe due membri acquisite della famiglia Cullen e sapevamo bene pregi e difetti del pacchetto completo. 

Vidi Alice farsi pensierosa: Rose aveva fatto centro. Sembrò che per la prima volta capì affondo la serietà della faccenda.

“Alice se fino ad ora avevamo messo come regola di non parlare di questa...cosa un motivo ci sarà, no?” Addolcì il tono. Non volevo assolutamente che la differenza di pareri potesse influire sulla nostra amicizia. 

Per fortuna la serata non fu intaccata da quel piccolo screzio, anzi si rivelò una delle più divertenti di sempre, complice la bottiglia di vino che ci scolammo a cena io e Rose. 

Tornata a casa mi lavai in tempo record, infilai la maglietta extra large che usavo per dormire e mi infilai sotto le coperte e pensando felice, sicuramente per colpa dell’alcol ,che dopo poche ore avrei rivisto Edward. L’immagine dei suoi occhi, del,suo viso così vicino al mio mi aveva accompagnato tutta la sera.

 

Capitolo di passaggio ma fondamentale per gli sviluppi successivi e per chiarire il punto di vista di Rose e Alice.

Intanto Edward sta iniziando a cambiare atteggiamento...

Più avanti ci sarà un Pov Edward 

NikkiLu

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4


Pov Bella


Alle 9.30 aprì gli occhi  grazie alla sveglia che avevo impostato la sera prima, il tempo di farmi una doccia, indossare un paio di comodi leggings e un maglione che il campanello suonò.

“Mamma!” Trilló felice mia figlia.

“Buongiorno tesoro!- mi chinai a abbracciarla- porta in camera le tue cose”

“Buondì..- salutai anche Edward- è andato tutto bene?”

“Si, si, tutto bene- rimaneva impalato sulla soglia, si capiva benissimo che c’era qualcosa che voleva chiedermi- ti andrebbe di venire a pranzo ? Intendo io, te e Lizzie. Potrei portarvi in quel ristorante che fa quel dessert speciale che vi piace tanto...”Pronunciò così velocemente quelle parole che a mala pena lo capì. 

“Io non lo so...- mi prese alla provvista con quella richiesta-avevamo altri piani in realtà. I miei ci aspettano per pranzo..”

“Bella non farti pregare. Te l’ho chiesto educatamente. Avrei potuto ordinartelo” sorrise.

“Avresti potuto, ma in quel caso avrei già chiuso il discorso...e la porta”

“Non fare la difficile. Renée vede Liz tutti i giorni. Per favore”

Ero combattuta “Non so se sia una buona idea. Non voglio che si faccia strane idee...”

“Che idee dovrebbe farsi?”

“Non lo so, che le cose tornino come prima. Non vorrei che si confondesse...Magari poi inizierà a chiederci quando tornerai a casa e non voglio rischiare di ferirla quando poi dovremmo risponderle che in realtà casa tua è un’altra.”

In quel momento mi resi conto di aver ferito lui. Ero stra sicura che avrebbe iniziato a urlarmi contro di smetterla di fare la bambina capricciosa, che quella situazione era durata sin troppo e in generale le altre cose che era solito recriminarmi. Aspettai in silenzio la sfuriata che con mia grande sorpresa non arrivò: fece un respiro profondo e poi parlò “Bella, non sono uno psicologo ma sono abbastanza sicuro che la maggior parte di questi incoraggi questo tipo di cose in situazione simili alle nostre. Credo che le farebbe bene stare con tutti e due insieme, non voglio che si senta meno degli altri bambini. Riusciamo a stare nella stessa stanza senza scannarci- inarcai le sopracciglia- almeno non come prima, siamo migliorati non lo puoi negare. Voglio solo darle un pò di normalità.”

Mi aveva decisamente convinto, ma dopotutto era un avvocato e dannazione se era bravo. “Va bene, facciamo come dici tu.”

Il suo volto si illuminò con il più bello dei sorrisi, gli si leggeva in faccia quanto fosse felice. “Sarò qui per le 12.30, devo passare in ufficio”

“Ti aspetteremo giù”

“D’accordo. Grazie” 

Avevo fatto la cosa giusta? Accidenti se era difficile fare i genitori!

 

 

Salimmo nel suo Porsche Cayenne tirato a lucido alle 12.30 in punto. Stava decisamente migliorando anche con la puntualità, considerando che qualche mese fa nemmeno alle recite di sua figlia riusciva ad arrivare in orario, immaginate agli appuntamenti per pranzo...

Altro discorso era quello lavorativo ovviamente.

Era al settimo cielo, non lo vedevo così da un pò di tempo probabilmente da anni, anche se tutto quel cambiamento improvviso non mi convinceva affatto. Si stava impegnando per migliorare quei lati del suo carattere che non riuscivo proprio più a sopportare, su questo non c’era dubbio. Ma quanto sarebbe durata? Non riuscivo a non essere scettica perché convinta che le persone non possono mai cambiare del tutto. Mi aspettavo che l’Edward arrogante tornasse da un momento all’altro.

 

“Ecco la mia famiglia preferita! Signori Cullen che piacere vedervi!- Il caposala ci accolse con un caloroso sorriso appena varcammo la soglia del locale- il vostro tavolo è pronto. Prego, seguitemi..”

Il ristorante era uno dei più rinomati di Seattle ed era stracolmo. Edward salutò un bel pò di persone a diversi tavoli: era incredibile quanta gente conoscesse. Io mi limitai a sorridere con la mia bambina in braccio, riconoscendo in quelle famiglie persone che avevo conosciuto a vari eventi di beneficenza organizzate da mio suocero, serate organizzate dall’ordine degli avvocati o rotture di palle simili. Ops. Pardon.

“Complimenti Edward, tua figlia è bellissima. Ha chiaramente preso da sua madre, per fortuna.”  Patetico. Che battuta scontata. Accentuai il mio sorriso, non potevo fare altrimenti.

“Si sono fortunato” rispose sorridendo Edward. Non riuscì a non pensare quanto tecnicamente fosse fuori logo quella risposta, evitai però di farglielo notare: potevo cercare anche io di smussare la mia testardaggine: per quel,giorno non volevo urla.

Ci accomodammo e il cameriere, dopo aver portato una bottiglia del vino preferito da Edward, prese subito le nostre ordinazioni;il cibo lì era assurdamente “complicato” perciò feci portare un semplice filetto con delle patatine fritte per Lizzie, che per fortuna arrivò velocemente.

Stavo tagliando la carne di mia figlia in piccoli pezzettini quando mi accorsi che Edward si era incantato nella mia direzione, con sguardo pensieroso. 

“Mi stai di nuovo fissando...” 

“Scusa”

A parte quel breve scambio di battute durante il pranzo non ci dicemmo altro: Lizzie parlò a sfinimento raccontandoci della scuola, delle maestre , delle amichette e delle lezioni di danza che seguiva.

Le uniche parole che ci scambiammo erano commenti di apprezzamento sul cibo. 

“Mamma ricordati di fare i dolci per la festa di Halloween!”

“Accidenti!- portai la mano in fronte- me ne ero dimenticata”

“Devi farli! Tutte le mamme portano qualcosa per la festa!” Certo tutte le mamme non avevano in gestione per la vendita gli attici più esclusivi (e più cari) di Seattle. In qualche modo avrei fatto, alla fine CupCake non erano cosi complicati, no?

“Che festa?”

“Papa la festa di Halloween! Facciamo dolcetto o scherzetto con le maestre e poi c’é   la festa a scuola”

“Vado io tranquillo- dissi vedendolo spaesato- mi organizzo al lavoro ed esco un oretta prima senza problemi.”

Sapevo quanto fosse complicato per lui prendersi del tempo libero dal lavoro: “lo studio legale più rinomato di Seattle non si gestisce certamente da solo e non é diventato quello che é perché le persone rispettano gli orari di lavoro” questa era sempre la risposta quando tornava tardi la sera a casa.

Quando arrivò il momento del dolce notai che erano già le 14.45 “Tesoro perché non ci facciamo incartare il dolce e lo mangiamo a casa con calma, è tardi papà dovrà sicuramente andare”

“No non c’è problema! Mangiatelo qui, davvero.  In ho nessuna fretta.”

Ci facemmo portare il lingotto di cioccolato immerso nei frutti di bosco e ricoperto da una granella di nocciole “Oh mio Dio... non me lo ricordavo così buono. Quanto mi è mancato...” commentai dopo la prima cucchiaiata. 

“Dovresti mangiarlo più spesso”

“Non ho tempo per altro allenamento”dissi continuando a gustarmi il dolce.

“Vai in palestra?”inarcò le sopracciglia, scettico.

“In realtà seguo dei corsi di Yoga”

“Ti sei iscritta a Yoga?” Perché sembrava così allibito?

“Si...alterno con il pilates”

“E da quando?” Dal suo sguardo riuscì a capire benissimo che non approvava.

“Da qualche mese”

“Perché?”

“È un interrogatorio per caso?” Il mio tono non era infastidito, solo divertito.

“ No, certo che no. Sono solo stupito... non pensavo che anche tu ti piegassi a certi cliché”

“Cliché?”

“Si, sai la donna separata che comincia con la palestra é un po’ un cliché”

“Magari il prossimo passo che farò sarà quello di rifarmi le tette così sarò una perfetta donna divorziata- a quella parola storse la bocca con una smorfia- e potrò presentarmi alla mia palestra pronta a circuire qualche bel giovane ragazzo...” continuai con fare malizioso, alla fine stavamo solo scherzando.

“Oh no, non credo che ti servano quelle. A dire il vero non hai nemmeno bisogno di andare in palestra per rimorchiare: ti basta uscire di casa, intendo proprio dalla porta, per trovare gli spasimanti..” disse sorridendo sghembo, facendo chiaramente riferimento a James. Come è che eravamo finiti a parlare di me che rimorchiavo? E come mai non avevamo ancora alzato la voce di circa due toni ma ne stavamo discorrendo tranquillamente, come se parlassimo del tempo?

“In realtà devo scendere in garage” risposi stando al gioco. 

Annuì con un sorriso amaro stampato in faccia. 

“Edward!” La nostra piccola bolla fu interrotta da una bionda con due canotti al posto delle labbra e vestita con una semplice camicia bianca sbottonata, anche troppo, sul seno. Aveva stampata in faccia un’espressione troppo maliziosa per i miei gusti. Chi cazzo era quella? Da dove era uscita e cosa voleva da mio marito? “Fermi tutti” la mia vocina interiore intervenne ricordandomi che non poteva interessarmi chi diavolo fosse quella bambola gonfiabile. Non poteva o non doveva? 

“Tanya, ciao” Edward rispose educato, sorridendo. 

Tanya non mi piacque per niente. Lui accusava me di rimorchiare in ascensore e di lui che riusciva ad attirare donne anche mentre era a pranzo con la sua famiglia non diceva niente? 

Il sorriso a 32 denti le si ampliò ancora di più sul volto. 

“Stasera c’è la festa a cosa di Elazar e Carmen..” chi diavolo erano tutte quelle persone? Come faceva mio marito, ex marito, a conoscerle? 

Cosa più importante: quella bionda ci provava davvero davanti a mia figlia? Lizzie colorava distratta il quaderno che le avevo potato e non si era accorta di niente. 

Non ci pensai nemmeno un secondo che presi il mio piatto e lo passai alla bella Tanya.  “Ecco qua se per favore ci fa portare due caffè, siamo un po’ di fretta. Può anche dire a George che era tutto buonissimo, grazie!” Conclusi con un sorriso entusiasta.

“A dire il ver..”

“Ah i caffè espressi per favore”

Lei rimase interdetta  e con un espressione sconvolta guardava Edward interrogativa, aspettando che lui aprisse bocca: non lo fece. La povera Tanya non riusciva a realizzare cosa fosse appena successo, si voltò e passò il piatto a un cameriere che passava di lì. Poi tornò da dove era venuta, rossa in volto.

Edward era allibito e tratteneva stento le risate “non è vero che l’hai fatto!”

“Non so a cosa ti riferisci... a ordinare i caffè a quella cameriera? Non ti va il caffè?”

“Non era un cameriera e lo sai bene!” Scoppiò a ridere.

“Ah no?” 

“Non posso crederci. Non è stato molto carino sai?”

“Invece è carino fare la gatta morta davanti a tua figlia?”

Continuò a sorridere, come se avesse appena realizzato qualcosa. Edward pagò il pranzo e poi con la bambina per mano andammo verso la macchina. Quando tornammo a casa erano le 16. Liz non rinunciò al pisolino pomeridiano e dal momento che ero ancora stavolta dalla serata fuori con le ragazze decisi di unirmi a lei nel mio letto. 

 

Mentre sistemavo la cucina dopo aver cenato esageratamente tardi (il sonnellino si era prolungato più del previsto) mia figlia andò a giocare in camera. Quando la raggiunsi la trovai seduta sulla sua piccola scrivania con l’iPad in mano che parlava con suo padre: gli stava mostrando due nuovi giocattoli che le aveva regalato zia Alice. 

“Ciao” dissi affacciandomi sull’inquadratura. 

“Ehi” sorrise. Quanti sorrisi in una sola giornata. Notai che fossero già le 22.45.

“Pesciolino è l’ora di andare a dormire” Era sabato sera e il mio avvenente ex marito passava la serata in video chiamata con nostra figlia. Non sarebbe dovuto uscire a divertirsi? Con Tanya magari. “Dai la buonanotte a papà”

Si salutarono, poi Liz corse a lavarsi i denti. “Non dovresti essere a qualche festa?- Mi morsi la lingua un secondo dopo aver pronunciato quelle parole con un tono fin troppo acido-voglio dire è sabato sera. Non devi sentirti obbligato a stare qui a parlare con lei” cercai di spiegarmi meglio, per salvare il salvabile. 

“Non mi sento obbligato. Voglio approfittare più che posso, godermi il più possibile anche le piccole cose.”

Non avevo dubbi sulla sua sincerità, se c’era una cosa di cui ero convinta era che Edward amava sua figlia e voleva davvero rimediare agli errori che aveva commesso con lei.

“Mamma muoviti! Inizia Mulan!”

Alzai gli occhi al cielo fingendo esasperazione, ma non riuscendo a trattenere un sorriso quando sentì la voce squillante di Elizabeth.

“Come è autoritaria” commentò Edward, improvvisamente sembrava pensieroso. 

“Chissà da chi ha preso!- commentai ironica- adesso vado prima che mi sgridi di nuovo! Buonanotte!”

“Notte Bella..” agganciai la chiamata. Sembrava cosi triste.

Durante il film che guardai accoccolata a mia figlia  nell’enorme letto della mia camera non riuscì a pensare ad altro se non alla giornata di oggi. Eravamo stati bene: niente tragedie, niente urla, niente drammi. Non potevo comunque illudermi: era stato un solo un pranzo. Avevamo fatto dei passi avanti nelle ultime settimane, cosa voleva dire? Lui mi aveva anche fatto capire che stava comprendendo i suoi errori passati. 

Ero arrivata alla dolorosa conclusione della separazione perchè non ne potevo più dei litigi, di sentirmi trascurata e di occuparmi quasi da sola di Elizabeth. Sapevo che Edward le voleva bene e che era un ottimo padre, ma il  suo prestigioso lavoro richiedeva costantemente il suo tempo: tempo che veniva tolto a noi. Eravamo caduti in un impasse che mi stava uccidendo e non riuscivo a immaginare una soluzione valida per uscirne. In quel momento per la prima volta sentì dentro di me che le cose potevano sistemarsi, cominciai a vedere la luce in fondo al tunnel. Tornare quelli di una volta, ritrovarci era possibile lo sapevo nel profondo del mio cuore, lo sentivo. Tuttavia non dovevo avere fretta: dovevo lavorare su me stessa, imparare a stare da sola, essere sicura al cento per cento di quello che volevo e soprattutto non farmi “incantare” da qualche sorriso altrimenti avremmo commesso nuovamente gli stessi errori e sarebbe stato tutto inutile. Avevo delle responsabilità anche su mia figlia, non potevo essere incosciente e irrazionale. 

 

 

Buongiorno a tutti, capitolo leggermente più breve del solito ma dove dal mio punto di vista ci sono tanti passi avanti. Fatemi sapere cosa ne pensate.

A presto.

NikkiLu

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5 

Mercoledì 31 ottobre 2012 

 

Pov Bella

 

Arrivai alla festa di Halloween alla scuola di mia figlia direttamente dall’ ufficio con un vassoio di bellissimi e coloratissimi cupcake che erano appena stati sfornati dalla pasticceria più buona di Seattle.

Fu un impresa non cadere dai miei tacchi soprattutto quando, raggiunta la classe di Liz vidi Edward piegato sulle ginocchia che parlava con nostra figlia. Edward era a scuola. Alla festa di Halloween piena di “marmocchi urlanti” come li definiva lui, alle 6 di pomeriggio di mercoledì. Rimasi imbambolata a guardarlo fino a quando la voce squillante di mia figlia mi riporto bruscamente alla realtà.

“Mamma c’è papa!” Mi corse incontro, le si leggeva in faccia quanto fosse piacevolmente sorpresa: Edward non aveva mai partecipato a quel genere di cose. Con la coda dell’occhio intravidi un gruppetto di mamme squadrare da capo a piedi il bellissimo uomo quale era il padre di mia figlia, mentre camminava nella mia direzione.

“Ciao” fui ancora più sorpresa quando mi lasciò un bacio sulla guancia.

“Cosa ci fai tu qui?” 

“Ho delegato, non pago gli apprendisti per stare a scaldare la sedia. È l’ora che inizino a fare qualcosa. Passo in ufficio prima di andare a casa e controllo che non abbiano fatto danni” quello si che era un passo, un grande passo. 

Dopo che mia figlia ci mostrò il “ bottino” accumulato nel pomeriggio passato a fare dolcetto o scherzetto con le maestre ci lasciò da soli. 

“Dio questo posto è il mio piccolo inferno personale”

“Potevi risparmiatelo...”

“Non potevo lasciarti da sola ad affrontare tutto questo..- commentò Edward, dopo che ci fummo tolti i cappotti. Eravamo un pò troppo eleganti per quel contesto, infatti ci squadrammo e un sorriso affiorò sulle nostre labbra- ci vorrebbe un bel bicchiere di scotch”

“Andrebbe bene anche del vino rosso, ma credo che un bicchiere non basterebbe...”

“Pero c’è del succo di pompelmo signori Cullen” ci disse la signorina Weber, apparsa improvvisamente alle nostre spalle. Che imbarazzo.

Io e Edward ci guardammo in faccia, trattenendo un sorriso. 

“Che figura di merda! E siamo qui da 15 minuti!”

Ci avvicinammo al tavolo del Buffet dove tra tutti i dolci spiccavano i miei Cupcake, super colorati.

“Almeno il vassoio con il logo della pasticceria potevi toglierlo- rise Edward- adesso le altre mamme faranno una segnalazione agli assistenti sociali. Acquistare dei dolci già pronti invece di entrare in competizione con le altre madri, male male. Cosa insegni a nostra figlia?”

Scoppiai a ridere e fui davvero contenta che ci fosse Edward lì con me. Non ero mai entrata in sintonia con le altre madri e una parte di me era fermamente convinta che fossero un po’ intimorite dalla nostra famiglia: mio padre , mio suocero e mio marito erano tra gli uomini più rinomati di Seattle. Ad essere onesti probabilmente la mia chiusura caratteriale e l’altezzosità di Edward non avevano contribuito. 

“Sul serio Bella queste cose andrebbero abolite! Che senso ha farci stare qui..”

“E non sai cosa riservano le recite... dovresti sentire come litigano i genitori per le parti dei figli nelle recite e come vanno a cazziare le maestre per il numero di battute!”

“Che idioti. È cosi palese che la migliore sia Elizabeth. Voglio dire...l’hai vista? È impossibile non notarla.” Appunto. 

“Infatti guarda c’è quel bambino che pende dalle sue labbra. La segue ovunque.. che carino. Chissà se sarà il suo fidanzato”

“Cosa?- Edward guardò in direzione di mia figlia- pensavo di non aver questo tipo di problemi fino ai diciotto, diciannove anni”

“Scendi a quindici...”

“Sei impazzita? Cosa diavolo stai dicendo?- mi squadrò sconvolto- non metterle strane idee in testa!”

“I tempi sono cambiati, dovresti essere un pò più aperto mentalmente. Sei troppo di vedute strette.”

“Conosco gli uomini, se ti fosse sfuggito sono uno di loro, quindi fidati se ti dico che non andrà ad un appuntamento fino ai 18.”

“Smetti di fare il maschilista! Se avessimo avuto un maschio non ci starebbe stato nessun tipo di problema. È solo una questione di fiducia...cosa farai? Gli impedirai di andare a ballare, di indossare vestiti e tacchi?”

“Ci puoi scommettere! Oddio non ci avevo pensato a quando vorrà uscire mezza nuda..- si portò una mano alla testa preoccupato- la potrei far seguire ovunque da Alec..” disse assumendo un espressione pensierosa. Alec era una sorta di autista tutto fare che lavorava per Edward da anni. 

“Direi che ci penseremo a tempo debito, manca ancora un sacco di tempo...”

“Certo, se tu evitassi di remarmi contro e far avverare ancora prima il mio peggiore incubo..”

“Ehi non anticipo niente! Dico solo che se Elizabeth fosse stata Anthony sarebbe stato diverso per te. Andiamo sai anche tu che è così, ammettilo...”

“Quando nascerà Anthony ci porremmo il problema!” Disse con fare sbrigativo. 

“Cosa?” Quasi mi andò di traverso l’acqua che stavo bevendo.

“Possiamo parlare d’altro?”

Alcune famiglie iniziarono ad andarsene,così anche noi ne approfittammo per scappare. La festa era finita. 


Giovedì 8 Novembre  

 

Pov Edward 

 

“E questo l’ho fatto oggi a scuola- mia figlia mise davanti alla webcam un disegno- siamo io e te al parco che diamo da mangiare ai cigni”.

“Tesoro è fantastico, fammene vedere altri”

“Aspetta vado a prenderli!” Sorrisi imbambolato, fino a quando vidi dallo schermo Reneè, mia suocera, mettere apposto i giocattoli di Lizzie. Cosa ci faceva lì di giovedì sera? 

La osservai uscire dalla stanza e dopo un minuto vidi ricomparire Lizzie nell’inquadratura, con un plico di fogli in mano.

“Tesoro mi chiameresti la mamma? Ho bisogno di dirle una cosa”.

“Papà la mamma non c’è”. Notai sullo schermo del mio MAC che erano già le 21.15 di sera: possibile fosse ancora in ufficio? Era successo qualcosa? Stava male? Perché non mi aveva chiamato? 

“Ah e dov’è?” 

“Fuori con la zia Alice”

La zia Alice? La zia Alice che abitava sotto di me e che era venuta a chiedermi se avessi voglia di cenare con lei e Jasper?

Per i successivi venti minuti  parlai con Liz o meglio lei parlò : io mi limitai ad ascoltarla. Ad essere sinceri nemmeno l’ascoltavo: ero totalmente perso nei miei pensieri. Così quando ci salutammo, uscì di casa dirigendomi verso l’appartamento di mia sorella senza nemmeno sapere il perché. Suonai e questa mi aprì la porta in pigiama, con una maschera per il viso e una tisana in mano.

“Si?” 

La fissai ed ebbi la certezza non solo che quella a cena con Bella non era sicuramente mia sorella, come avevo sospettato,ma anche che non era quella ma quello.

Rimasi impalato alcuni secondi davanti a lei, senza proferirei parola mentre il mio cervello elaborava quelle informazioni. 

“Edward tutto bene?”

Non risposi nemmeno, girai i tacchi e me ne andai. Sentì mia sorella gridare un “mi fai sempre più paura tu!”, ma non la considerai troppo impegnato a capire dove cazzo fosse finita mia moglie. 

Stupidito, idiota, cretino. Povero scemo. Credevo che le cose fossero migliorate nell’ultimo periodo, credevo che lentamente stava tornando tutto apposto. Evidentemente ero l’unico visto che mia moglie in quel momento era ad un appuntamento con un altro uomo, perché ormai era chiaro, cristallino che lei fosse con un uomo da qualche parte. Camminai avanti indietro per il mio salotto per non so quanto tempo. Dove avevo sbagliato questa volta? Stavo davvero cercando di cambiare e se questi erano i risultati iniziavamo bene! 

“Edward calmati. È solo una cena, una cena...-ripetevo quelle parole come una sorta di mantra- probabilmente sarà già a casa adesso, al sicuro con Lizzie. E se la bacia davanti alla porta?magari ti stai facendo solo un film è Bella é uscita con una sua amica” chi diavolo volevo prendere in giro? Il fatto che avesse detto a LIzzie una bugia rendeva la situazione molto chiara, anche troppo. Perché inventare una balla a nostra figlia se fosse semplicemente uscita con delle amiche, cos che tra l’altro ogni tanto faceva. Iniziai di nuovo ad agitarmi così mi avvicinai al carrello degli alcolici e mi versai del whisky. Cercai di rilassarmi e di convincermi che non sarebbe successo niente di tutto ciò. Lei aveva accettato di andare a quell’appuntamento per dimostrare qualcosa a se stessa. Magari gli avrebbe dato un bacio e avrebbe capito che sono io l’unico. E se ci fosse andata a letto? Magari l’avrebbe invitata a casa per un drink e...no non potevo permettermi di fare quei pensieri. Lei era mia dopotutto, noi eravamo destinati a stare insieme, eravamo anime gemelle. Mi allentai il nodo della cravatta che ancora non avevo tolto e buttai giù tutto di un sorso il liquido ambrato. Sentì il mio cuore aumentare i battiti e delle goccioline di sudore freddo formarsi sulla mia nuca. Non era nuova come sensazione, era successa la stessa cosa dopo aver litigato con Bella a causa della cena con Lizzie e quel deficiente.

Guardai l’orario: le 23.38. Il tempo vola quando ci si strugge per amore. 

Non riuscivo a fare niente se non pensare alla mia Bella nuda tra le braccia di un’altro. Senti il mio cuore raddoppiare i battiti: ormai la mia parte razionale era stata sconfitta , per l’ennesima volta, da quella irrazionale.

Presi il telefono in mano per chiamare a casa e verificare che fosse rientrata. Poi però realizzai che probabilmente sarebbe apparso il mio numero sul display e sarei passato per l’ennesima volta da petulante e paranoico. Chiamarla con l’anonimo era fuori discussione. Non ci pensai due volte, sapevo cosa dovevo fare.

 

 

“Ho bisogno che chiami a casa di Bella”vomitai quelle parole in faccia a mia sorella, quando aprì diversi minuti dopo aver bussato freneticamente alla sua porta. 

“Edward è quasi mezzanotte, sei forse uscito completamente di senno? Stavi per buttare giù la porta”

“Per favore, fai questa telefonata. È un emergenza”

“Ti rendi conto che ora è? Cosa dovrei dirle? Poi perché vuoi che la chiami?”

“Alice per favore, lo sai che non te lo chiederei se non fosse importante. Non posso farlo io, ti prego fallo tu dal telefono di casa tua. Ho soltanto bisogno di sapere che è al sicuro a casa.”

Mi guardò incerta e confusa, poi annuì “entra, prima che i vicini chiamino la polizia”

Prese il cordless e digitò il numero. Sentivo il mio cuore battere freneticamente nella mia gabbia toracica, mentre mia sorella mi fissava con i suoi grandi occhi marroni. Dopo diversi squilli finalmente rispose. 

“Bella!-Chiusi gli occhi, rilasciando il respiro che trattenevo- scusa l’ora ma sai ehm si..ma c’è..un emergenza...oh scusami stavi dormendo?”

“Alice, tu che dici? Hai visto che ora è? Che è successo?”

“Domani si ehm, ho un incontro con il mio capo. Sono stata convocata, meglio gonna o pantalone?”

“Sei seria?- dopo una lunga pausa Bella parlò a bassa voce. Non sembrava arrabbiata, solo sorpresa- che razza di domande fai! Pantalone, la gonna tienila per i clienti” 

“Ok grazie Bella!”

“Prego. Richiamami un’altra volta a quest’ora per un emergenza del genere e ti blocco ovunque, chiaro?”

“Cristallino!” 

“Te la cavi per questa volta perché Liz non si è svegliata! Buonanotte Alice” Capì immediatamente che Elizabeth fosse nel lettone con lei, probabilmente stava dormendo dalla mia parte e una profonda tristezza mi assalì. Quanto avrei voluto essere con loro e quante volte avevo dato per scontato piccole cose come quelle. 

“Notte- Alice agganciò- contento? È a casa, sana e salva...adesso cominciamo con le chiamate di notte? Davvero Edward? Sai chi fa così? Gli stalker!”

Non badai alle cose che mi stava dicendo Alice, sollevato di saperla a casa da sola. 

Era chiaro che si aspettava una risposta o almeno una giustificazione.

“È andata a un appuntamento stasera- dissi semplicemente -sono entrato nel panico e avevo bisogno di sapere che fosse tornata a casa. Tutto qui.”

Alice mi guardò con gli occhi dolci e comprensivi. Non era abituata a vedermi così vulnerabile ma aveva capito perfettamente il mio stato d’animo “Edward...”

“Alice, per favore non dire niente. Non voglio sentire niente” eccolo l’edward di sempre era tornato.

Dopo averle augurato la buonanotte lasciai un bacio sulla sua guancia e me ne andai. 

Io e mia moglie avremmo dovuto fare quattro chiacchiere il prima possibile. 

 

 

“Quindi quale sarà la nostra prossima mossa?”

Mi trovavo nella sala riunioni del mio studio insieme al mio socio, o almeno fisicamente ero lì. Mentalmente ero da tutt’altra parte. Erano ore che ormai lavoravamo ad un caso e quella notte avevo dormito si e no 2 ore, ergo non ne potevo più. Inoltre cominciava a mancarmi l’aria, cosa che ultimamente mi capitava speso. “Intanto proporrei una pausa, sono 4 ore che siamo chiusi qui dentro...direi che abbiamo tutti bisogno di un caffè o di prendere un po’ d’aria” dissi alzandomi dalla sedia.

Mi diressi a passo spedito verso il bagno, una volta dentro mi appoggiai con le braccia sull’elegante marmo del lavandino. Inspirai ed espirai profondamente per diversi secondi, fissando la mia figura allo specchio quando vidi il volto di Bella. Lei stava andando avanti, era bellissima e una donna fantastica: quando tempo sarebbe passato prima che un uomo se la sarebbe presa ? Poco, molto poco visto La sera prima era persino andata a un appuntamento. Con un uomo. Lei si innamorerà nuovamente prima o poi, si sposerà avrà dei figli. Avrà una famiglia sua. Non nostra. Me ne dovevo fare una ragione. No, non volevo farmene una ragione. Lei era l’amore della mia vita, lei e Liz.  Noi eravamo una famiglia. Fu cosi che quando mi apparì davanti l’immagine di Bella con un uomo, Elizabeth e un bambino appena nato aprí il rubinetto e mi lavai il volto con l’acqua fredda, passandomi violentemente le mani sul volto. 

 

E cosi finita tra noi che dovrebbero inventare un altra parola per dirlo?”

“È una bambina, la voglio chiamare come tua nonna Elizabeth e Marie come la mia”

“Basta Edward, cosi non possiamo più andare avanti. Voglio che tu te ne vada, ho bisogno che tu te ne vada da questa casa”

“ Io non ho bisogno di te. Non ho più bisogno di te”

“Sarò tua moglie ancora per poco”

 

Sentivo la sua voce, mi allentai il nodo della cravatta e mi appoggiai nuovamente al ripiano del lavandino e dopo nemmeno un secondo mi passarono davanti tutti i momenti che avevamo passato insieme: il matrimonio , la nascita di Lizzie, noi al parco, noi nell’enorme letto di casa nostra.  Mi fischiavano le orecchie, il cuore mi batteva nel petto quasi come volesse scoppiare e percepivo le goccioline di sudore freddo addensarsi dietro alla nuca. Poi fu il buio.



Scusate il ritardo..ma la prima parte di questi capitolo non mi convinceva affatto 
.. fatemi sapere cosa ne pensate per me é importante :)
alla prossima 
NikkiLu

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6 


POV BELLA 

 

“Edward, sto lavorando. Ti chiamo dop..”

“Sono in ospedale. Ho avuto un mezzo infarto, credo...” 

Quasi sentì le gambe cedermi “un mezzo infarto?  Che vuol dire? In che ospedale ti trovi?”

“Al Seattle Grace”

“Arrivo”

 

 

Non ricordo niente del tragitto dal grattacelo dove stavo mostrando un attico all’ospedale dove era ricoverato Edward, ricordo solo di aver chiesto ad un’infermiera dietro al bancone principale il numero della camera e di essermi precipitata con il cuore in gola. 

Lo trovai seduto sul letto rivolto verso la finestra, dava le spalle alla porta. La prima cosa che notai fu che non indossava già più il camice, ciò significava che lo avrebbero dimesso quel giorno stesso, rilasciai un sospiro di sollievo.

“Ehi si può sapere cosa combini?”

“Bella” si voltò sorpreso.

“Allora che è successo? Mi hai fatto spaventare..” confessai.

Iniziava a farmi male la testa. Tutta la tensione accumulata nell’ultima mezzora si stava preparando a liberarsi. 

“Non lo so esattamente, non ci capiscono niente nemmeno i dottori. Dicono che ho avuto una specie di attacco di panico causato da un accumulo di ansia e stress e sono svenuto. Mi hanno fatto degli accertamenti e pare che ci sia un problemino ad un valvola del cuore, quindi è probabile che la vera causa sia quella”

“Oh- non sapevo cosa dire, Edward un attacco di panico? Sapevo che prima o poi lo stress avrebbe avuto la meglio su di lui: lavorava 20 ore al giorno e aveva quel vizietto del fumo che non aiutava - il fatto che ti mandino già a casa è un bene, no? Voglio dire se ci fosse anche un minimo pericolo non ti manderebbero via cosi presto. Sei anche il figlio del primario di chirurgia, sono sicura che hanno avuto un occhio di riguardo. Stai tranquillo”

Cercai di rassicurarlo, sapevo che in quel momento aveva bisogno di qualcuno che gli infondesse sicurezza. 

Mi scrutò in volto, sembrava indeciso se credere alle mie parole o meno, cercai di fargli un sorriso.

“Sai le ho fatte impazzire, le infermiere intendo. Magari vogliono farmi fuori”

“Mmm credo ci voglia di più di qualche infermiera arrabbiata per metterti Ko..adesso andiamo, ti accompagno a casa”

 

“E se mi prende un infarto mentre dormo? Non voglio morire da solo.”

“Edward ma sei pazzo?” Distolsi un secondo gli occhi dalla strada, per guardarlo shoccata.

“Bella sul serio, ho qualcosa che non va al cuore. Potrei morire da un momento all’altro” era tremendamente serio.

“Ti ripeto che se ci fosse questo rischio adesso ti troveresti ancora nel letto dell’ospedale e non diretto a casa”

“Non mi fido dei dottori, sbagliano continuamente”

“Tuo padre è un medico, Edward- lo ammonì divertita- un medico dell’ospedale dove ti hanno ricoverato oggi...devi stare tranquillo, non agitatarti. Hai sentito il dottor Jenks cosa ti ha detto? Devi riposarti”

Il silenzio calò nell’abitacolo della macchina, ma stranamente era un silenzio piacevole, non imbarazzante.

“Ho visto te e Elizabeth” 

“Cosa?”

“Quando mi sono sentito male,prima di perdere i sensi...pensavo di essere in punto di morte e tutto quello a cui riuscivo a pensare eravate voi due.”

Parcheggiai in quel momento sotto al suo palazzo e lo guardai. Non sapevo cosa dire.

“Andiamo, ti accompagno su. Non voglio averti sulla coscienza se ti trovano in ascensore...-mi fissò con occhi stravolti, mi affrettai a chiarire le mie parole- sto scherzando. Non fare il fifone ora.”

Nel suo appartamento ci aspettava una super preoccupata Alice, la quale si era offerta di restare lí con lui per la notte.

“Allora cosa é successo?”

“Ho un problema al cuore”

“Che significa un problema al cuore? Oddio Edward .. puoi morire da un momento all’altro? Significa questo?“

“Alice vuoi calmarti- la ammonì. Edward non aveva bisogno di quello, aveva bisogno di essere rassicurato- non è in pericolo. L’hanno rimandato a casa strappandogli la promessa di riposarsi e non stressarsi. Aiutalo a mantenerla...”

Alice annuì e cercò di calmarsi: capì cosa volevano dire le mie parole.

“Io allora vado. Domani cerco di passare con Lizzie...prima voglio che ti riposi. D’accordo?”

“E io voglio che resti qui, con me” disse sicuro.

Rimasi spiazzata da quella esternazione ed evidentemente non fui l’unica dato che con la coda dell’occhio vidi Alice lasciare la stanza, in silenzio.

“Edward..”

“No, niente Edward. Io, io ho bisogno di te, di voi. Siete tutta la mia vita. Quando..quando mi sono sentito male vedevo te Bella, il tuo viso - prese il mio volto tra le mani, come se fossi la sua unica ragione di vita e mi fissò negli occhi accarezzandomi freneticamente le guance- i tuoi bellissimi occhi, il tuo corpo..io, io..non riesco a vivere senza di te, senza Lizzie. Rivoglio la mia vita, rivoglio il posto che mi spetta: accanto a te.”

Non sapevo cosa dire, era ancora chiaramente sotto shock, vulnerabile. Non potevo credere alle cose che aveva detto, dopotutto era sconvolto. No?

Prima ancora che riuscì ad aprire bocca lui accorciò la breve distanza che ci separava e poggiò le sue labbra sulle mie per un secondo, prima di allontanarle. Era incerto, aspettava che lo allontanassi ma io non lo feci così mi baciò di nuovo. Mi lasciai andare come non facevo da tanto, troppo tempo. Le nostre labbra iniziarono a muoversi in sincronia. Dio quanto mi era mancato il suo sapore. Mi chiese il muto permesso di approfondire il bacio e ancora una volta lo assecondai. Le nostre lingue entrarono in contatto e un gemito uscì delle sue labbra. In pochi secondi il bacio da dolce diventò passionale, fino a quando realizzai cosa stava accadendo e mi allontanai di scatto.

“No, no, no” scattai indietro e inizia a camminare avanti e indietro.

“Bella ti prego... “ la sua voce suonava disperata.

“Non così..”

“Non così?”

“No. È troppo presto...e tu..tu sei ancora scosso da quello che è successo oggi. Ho bisogno che tu sia lucido, non posso rischiare di cedere se non ho una minima sicurezza”

“Ti prego, non farmi questo. Non rifiutarmi, non più. Sono sicuro, non lo sono mai stato cosi tanto in vita mia.”

“Non ti sto dicendo di no Edward. Sto solo dicendo non adesso, non dopo quello hai passato oggi.”

“Mi stai dicendo..- esitò qualche secondo- mi stai dicendo che ce una possibilità?”

Aspettai qualche secondo prima di rispondere, volevo esserne davvero sicura “si, ma ogni cosa a suo tempo, non possiamo più sbagliare”.

 

Tornare a casa quella sera fu una delle cose più difficili che avessi mai fatto. Vederlo così vulnerabile mi aveva davvero toccato e baciarlo mi aveva fatto realizzare quanto davvero mi mancasse. 


 

 

“Questa parete potrebbe essere demolita, così che si venga a creare un unico spazio molto più luminoso- Stavo mostrando un appartamento ad una giovane coppia sposata ma quel giorno non riuscivo proprio a concentrarmi al 100%-e di qua invece abbiamo la zona not..” mi interruppi bruscamente quando notai Edward all’ingresso delle casa: era forse un’allucinazione? 

“Scusatemi un attimo-sorrisi ai due coniugi- Edward cosa ci fa qui?”

“In ufficio mi hanno detto dove trovarti. Dovrei parlarti un attimo”

Voltai la testa in direzione dei mie clienti “Sto lavorando...” dissi con fare ovvio. Che diavolo era venuto a fare? 

“Fai pure, io ti aspetto qui”

“Sicuro? Non so quanto ci vorrà...”

“Certo. Sarò qui fuori..”

Se prima mi sentivo deconcentrata, la presenza di Edward aveva solo peggiorato la situazione. Cosa diamine voleva? Tornai dai due giovani, i quali sembravano davvero apprezzare l’appartamento. Dopo aver mostrato loro tutto, presentarono la loro richiesta facendo un offerta formale. Ci vollero altri 10 minuti per compilare tutti i documenti, mentre scrivevo mi domandavo se Edward fosse ancora li fuori ad aspettare (era passata una mezz’ora buona).

Quando la coppia si congedò e aprì la porta ebbi la risposta: era ancora lì.

Salutò educatamente i due.

“Devo chiudere le finestre” dissi indossando il mio impermeabile Burberry color panna.

“Ti aiuto”

“Che è successo? Ti senti ancora debole?”

“No, mi sento meglio a dire il vero- era teso, terribilmente teso- però se dovessi morire presto...-a quelle parole levai inevitabilmente gli occhi al cielo. Era davvero ipocondriaco- vorrei prima riuscire a dirti delle cose che non sono ancora riuscito a dirti” oltre che teso iniziava a essere terribilmente agitato. Ok da comica la situazione stava diventando seria?

“Cioè?”

“Abbiamo perso troppo tempo dietro alle cose sbagliate Bella, potevamo fare di più per salvare la nostra famiglia”

Spinsi un porta finestra per chiuderla e le parole uscirono senza nemmeno pensare “sei tu quello che ha messo la nostra famiglia dopo tutto, soprattutto dopo la carriera. Sei tu quello che ha definito il nostro matrimonio una prigione”. Il mio tono era pacato. Mi incamminai verso un’altra finestra, non volevo arrabbiarmi, non volevo che andasse a finire come le altre volte che provavamo a parlare, stavo semplicemente ricordandogli come erano andate le cose.

“Erano cazzate”

“E quando l’hai capito? Mentre stavi per schiattare?” Mi morsi la lingua un secondo dopo aver parlato. Perché doveva insistere? Ero stata chiara due sere prima: era ancora troppo presto. Volevo che quando avesse pronunciato quelle parole sarebbe stato veramente sicuro, non impaurito. E lui che faceva? Si presentava all’improvviso 48 ore dopo, facendo come al solito di testa sua. 

“No! L’avevo già capito.. io ho provato in questi mesi a dimenticarti”

“Me ne sono accorta!- risposi acidamente, l’immagine della biondina del ristorante si parò davanti ai miei occhi- con quante donne sei andato a letto?”

“E tu con quanti? Lo so che l’altra sera eri ad un appuntamento” Ah.

“E io per una sera ci sono riuscita a dimenticarti!” Bugia. Perché volevo ferirlo? Probabilmente perché avevo davanti agli occhi l’immagine di mio marito in mezzo a modelle alte 1.80. 

“Io nemmeno per quella!”

“Bhè mi dispiace per te”

“Quindi è una cosa seria? Cosa c’è? Vuoi farmi venire un altro attacco di cuore?”

“Edward” lo ammonì seria, stava decisamente oltrepassando il limite. 

“Potresti essere felice con lui?” Mi ero vista con James una sola volta e lui già mi vedeva costruire una seconda famiglia? Ma poi...Come diavolo eravamo arrivati a parlare del mio appuntamento con James, come diavolo faceva a saperlo? Mi aveva invitata a cena fuori e senza rifletterci troppo avevo accettato. Era un bell’uomo ed era piacevole passare del tempo con lui. Recentemente mi ero ripromessa di non precludermi niente, di fare quello che mi sentivo e così avevo fatto. Per tutta la sera sfortunatamente pensai a Edward e in più non feci altro che sentirmi terribilmente in colpa ad aver accettato quell’invito.

“È buono” dissi la prima cosa che mi venne in mente. Volevo farlo ingelosire anche se il discorso non aveva senso dal momento che avevo stabilito che tra me e James non poteva che esserci una bella amicizia.  Ma questo lui non lo sapeva.

“Che cazzo vuol dire che è buono?” Stava alzando la voce. 

“È già molto, dopo aver avuto a che fare con te” si ero ingiusta, tanto ingiusta. Ma il fatto che non avesse ancora risposto alla domanda che gli avevo posto poco prima mi aveva fatto perdere la testa. Ed ero anche gelosa. Terribilmente gelosa. Ingiusta e gelosa. 

“Perché me l’hai tenuto nascosto?”

“Perché non ha significato niente!” Confessai, chi diavolo era quell uomo insicuro davanti a me? Era una tecnica? Fermate la giostra non ci capisco più niente e voglio scendere.

“Hai idea di come mi sia sentito?” Urlò quasi. 

“Abbassa la voce. Non dovevi saperlo..” tentati di giustificarmi in qualche modo, non so nemmeno io perché.

“Ora si che mi sento meglio..” 

“Fottiti”

“Fottiti tu. Smetti di fare la maestrina e ascoltami”

“Cosa sei venuto a fare? A riconquistarmi insultandomi e mandandomi a quel paese ?”

“Ho provato soltanto a dirti quello che pensavo fosse importante..” sembrava così triste adesso. 

“Hai fatto male. Evidentemente non sei ancora pronto- spinsi l’ultima porta finestra e lui mi aiutó, eravamo così vicini che riuscivo a sentire in suo profumo. Decisi di calmarmi e di indirizzare la nostra conversazione da un altra parte: ero stanca di litigare- ti ho detto di agire con calma e tu ti presenti qui 48 ore dopo!”

“Per me queste 48 ore sono sembrate 48 giorni - esagerato come sempre, non riusciva Ad avere mezze misure. Sorrisi- puoi fermarti a pensare e magari anche apprezzare che sto aspettando fuori dalla porta da un ora, quando dovrei essere in ufficio? Non vuol dire niente questo per te?”

“Certo! Vuol dire qualcosa! Non mi sono dimenticata del nostro bacio, anche quello ha voluto dire tanto per me ma non puoi volere tutto subito! Ho bisogno di costanza, ho bisogno di sapere che se torniamo insieme non commetteremo gli stessi errori. Sto facendo la mia parte, io ci sto lavorando su, sto provando a smussare la mia testardaggine, sto provando a correggere i miei difetti per essere pronta”

“Non voglio che correggi niente! L’ho capito adesso che vi ho perso, non voglio che cambi..voglio solo tornare a casa”

Volevo interrompere quelle conversazione il prima possibile, avevo bisogno di leggerezza e spensieratezza dopo quelle giornate piene di emozioni. Avevamo fatte dei passi avanti, die grandi passi avanti ma bastava un niente per tornare indietro.

“Non ho più voglia di  parlarne- il suo sguardo diventó triste, prima di aprirsi in un sorriso sghembo quando sentì le parole che pronunciai dopo- ho fame Cullen, mi porti a pranzo?” Dovevo sapere disinnescare, lui aveva cominciato già a dimostrarmi che io e Lizzie eravamo davanti al suo lavoro, aveva imparato a chiedere scusa e a rispettare i miei spazi. A modo suo aveva anche allentato con la mania di controllo, stava imparando ad essere paziente (a modo suo). 

Ora toccava a me.

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