Daily life

di komova_va
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un vestito per il matrimonio ***
Capitolo 2: *** Apollo due e costruzioni ***
Capitolo 3: *** La stessa medaglia ***
Capitolo 4: *** Il primo (fallimentare) non caffè ***
Capitolo 5: *** Cartoline ***



Capitolo 1
*** Un vestito per il matrimonio ***


[Daily 3x76/3x77]

Era il secondo giorno di febbraio a Milano, una giornata d'inverno come tante altre. Il mese di gennaio era trascorso così velocemente che Stefania a momenti non se n'era accorta, tra la fine del periodo natalizio, i gossip sul rapporto tra Irene e Rocco, i preparativi del matrimonio di Cosimo e Gabriella. Se la Stefania di un anno prima avesse potuto vedersi adesso, probabilmente avrebbe stentato a crederci: lavorava come commessa in un grande magazzino di Milano, era stata al circolo con Federico, presto avrebbe partecipato ad uno dei matrimoni più esclusivi dell'anno; forse sarebbero addirittura uscite delle foto sulle pagine della cronaca di Milano! O perlomeno così le aveva detto Dora. Stefania non sapeva se crederci o meno, perché l'idea che una sua conoscente comparisse in una rivista così prestigiosa le sembrava ancora qualcosa di fuori dal mondo, a cui doveva ancora pienamente abituarsi.

Eppure, in quella fredda giornata invernale milanese lo stato d'animo di Stefania era tutt'altro che preso dall'entusiasmo per l'euforia del momento. O per meglio dire, lo sarebbe stato, in condizioni normali. Mentre aspettava Irene all'entrata del Paradiso per andare a mangiare un panino con lei in caffetteria, Stefania osservava malinconica la strada semi deserta che si dispiegava davanti ai suoi occhi sotto il grigio delle nuvole e pensava che invece il suo stato d'animo era tremendamente simile al tempo di quell'infausta giornata di febbraio: grigio, cupo, malinconico. Triste, in un certo qual modo. Quella mattina aveva fatto del suo meglio per mettere le sue emozioni da parte e mostrare larghi sorrisi accoglienti alle clienti che venivano per farsi consigliare nella scelta degli abiti o anche solo per dare un'occhiata in giro e occupare il loro tempo (ormai Irene le aveva insegnato bene come distinguere i due tipi, e anche quali fossero gli atteggiamenti più consoni e gli accorgimenti da adottare in entrambi i casi), ma adesso che non aveva più nessuno da compiacere né mansioni urgenti che richiedessero la sua attenzione, la tristezza che si portava dentro era tornata a farsi sentire in modo più accentuato (e le pessime condizioni atmosferiche certamente non aiutavano).

Se si soffermava a pensarci un attimo, Stefania non sapeva cosa fosse peggio: la vita monotona che conduceva a Lecco o la possibilità di poter finalmente vivere tutto ciò che l'anno prima per lei sarebbe stato soltanto un sogno, e non aver nessuno con cui condividere la sua felicità. O perlomeno, non è che Stefania pretendesse tanto, non si aspettava certo che qualcuno potesse capirla. Per essere felice le sarebbe bastato anche soltanto non avere una situazione familiare che la buttasse giù in continuazione. Da quando Federico se n'era andato di casa le cose erano notevolmente peggiorate. Negli ultimi giorni però, se possibile, l'atmosfera si era fatta ancora più pesante. Silvia e la zia Ernesta continuavano a discutere, a litigare, erano sempre in ansia, sempre agitate. Le dispiaceva sentire Luciano continuamente disprezzato, era un brav'uomo e nonostante tutto Stefania era convinta che non stesse facendo niente di male; e le dispiaceva ancora di più sentire la signora Calligaris costantemente degradata e definita come una sfascia famiglie, come una donna crudele, superficiale e senza valori. Stefania non la conosceva bene tanto quanto le altre veneri, però nonostante tutto per lei era stata una valida figura di riferimento sul lavoro, soprattutto nel primo periodo. Aveva imparato molto da lei, e le volte in cui una sua parola gentile e la sua sensibilità l'avevano tirata su di morale dopo la scortesia di una qualche cliente incontentabile erano probabilmente più di quante Stefania potesse ricordare.

Certo, capiva il dolore di Silvia, e capiva anche lo spirito di solidarietà della zia Ernesta e il fatto che volesse fare il possibile per tutelarla e proteggerla... ma c'era davvero bisogno di tutta quella cattiveria? Erano già tanti i pregiudizi e le malelingue che purtroppo si ritrovava costretta ad ascoltare involontariamente all'interno del negozio, da parte delle signore che usavano il Paradiso come luogo di ritrovo e mentre osservavano gli abiti esposti si divertivano ad alimentare pettegolezzi crudeli o anche semplicemente a criticare aspramente la collega del marito, la madre del compagno di scuola del figlio, la figlia della parrucchiera, la donna seduta nella fila davanti a loro a messa. Stefania cominciava quasi a credere alla zia Ernesta, tristemente, quando la sera prima aveva detto che il peggior nemico di una donna è proprio un'altra donna.

Stefania poteva capire le clienti del Paradiso, o perlomeno sapeva di non poterci fare nulla a riguardo, dal momento che erano pur sempre libere di dire o fare ciò che volevano, e quindi in qualche modo si trovava costretta ad accettarle e faceva del suo meglio per farsi scivolare addosso ciò che sentiva e concentrarsi su cose più piacevoli. Ma c'era davvero bisogno di ritrovare quell'atmosfera anche a casa propria? Di dover passare interi pranzi o cene a sentire tutti gli insulti che la zia Ernesta riversava alla povera Calligaris, di dover stare in un'atmosfera piena di conflitti, litigi e cattiverie? Certo, Silvia da quel punto di vista era un po' meglio, ma anche il suo umore non era esattamente alle stelle. Tutta quella negatività e quella tensione si ripercuotevano molto su Stefania, che tendeva (fin troppo) a risentire dell'atmosfera attorno a sé e ad assorbire gli stati d'animo di chi la circondava, con il risultato che per colpa di tutta quella negatività e quella rabbia ora anche Stefania si sentiva tremendamente giù di morale, e per quanto lo volesse non riusciva proprio a godersi la felicità del momento.

Lei voleva bene alla zia Ernesta, gliene voleva davvero, e apprezzava seriamente e profondamente tutti i sacrifici che aveva fatto e stava facendo per lei. Stefania era ben consapevole che se non fosse stato per lei, molto probabilmente ora si sarebbe ritrovata a vivere in una casa quasi perennemente vuota, dal momento che suo padre era praticamente sempre via per lavoro. Però, nonostante questo, Stefania certe volte davvero non ne poteva più. Che poi, non è che pretendesse tanto. Semplicemente le sarebbe piaciuto poter tornare a casa una volta che fosse una e poter parlare del vestito che avrebbe indossato al matrimonio di Cosimo e Gabriella, ricevere qualche consiglio su un abito nuovo, fantasticare sugli invitati, sulle foto che appariranno sulla cronaca di Milano, e immaginare tutto quello che diranno le sue amiche di Lecco. È tanto da chiedere, tornare a casa e trovare qualcuno che potesse perlomeno sforzarsi di condividere il suo entusiasmo? E invece no, niente. Ricordava ancora il modo brusco in cui la zia Ernesta l'aveva messa a tacere la sera prima:

Taci tu, che sei troppo giovane e certe cose non le puoi capire.”

Stefania aveva cercato di fare del suo meglio per nasconderlo, ma dentro di sé c'era rimasta male. Sapeva che la zia faceva del suo meglio e che lei e Silvia stavano attraversando una situazione difficile, ma tutto quello che Stefania chiedeva era semplicemente avere qualcuno con cui potersi godere le piccole frivolezze della vita, che fosse non infastidito ma addirittura contento di vederla così felice ed entusiasta e a cui fregasse un minimo del suo vestito per il matrimonio, e che eventualmente la aiutasse a sceglierne uno nuovo. Qualcuno come una madre. E invece Stefania una madre non ce l'aveva, e in casa Cattaneo tristemente del matrimonio di Cosimo e Gabriella non importava a nessuno. La priorità era rimarcare per l'ennesima volta quanto Luciano fosse una persona orribile per aver abbandonato il tetto coniugale e meritasse di finire in prigione e come la Calligaris non fosse altro che una svergognata per aver rovinato il matrimonio di Silvia. Perché non potevano dedicare un minimo di attenzione anche a lei? Perché nessuno teneva in conto il fatto che c'era anche lei lì dentro, in quella casa?

Comunque, Stefania sapeva che in fondo la zia non era cattiva e certamente non c'era molto che potesse fare per farla cambiare, soprattutto vista la sua età, per cui preferiva per il quieto vivere subire in silenzio e non rispondere. Le dispiaceva solo che adesso per colpa della sua freddezza e mancanza di sensibilità tutto il suo entusiasmo per il matrimonio era sparito, per lasciare il posto ad un cupo senso di tristezza e malinconia. Comunque, si disse Stefania tra sé e sé, probabilmente il suo malumore sarebbe passato presto. E il pranzo in caffetteria l'avrebbe sicuramente aiutata: Salvatore e Marcello erano sempre gentili e cordiali con lei, e in più le piaceva stare in un ambiente dove fosse circondata da altre persone, senza doversi preoccupare di servirle e correre a destra a manca come invece faceva al Paradiso. E poi c'era Irene. Nonostante Irene non fosse esattamente la regina della positività, in qualche strano modo la sua vicinanza riusciva sempre a farla sentire meglio Certo, se avesse continuato a farla aspettare là fuori al freddo probabilmente più che essere contenta del suo arrivo Stefania avrebbe finito col tirarle qualche accidente.

Fortunatamente, la sua collega non tardò ad arrivare e insieme si avviarono verso la caffetteria. Sperava proprio che quel giorno Salvatore si fosse ricordato di metterle da parte un panino con la frittata, perché emotivamente ne aveva davvero bisogno.

 

 

-Avanti, te lo devo davvero chiedere o hai intenzione di dirmelo da sola che cos'hai?

La sollecitazione di Irene fece svegliare Stefania dal suo momentaneo intorpidimento, rompendo il  silenzio che si era venuto a creare.

-Che cos'ho? - domandò Stefania, fingendo di non capire. La verità era che nel corso di quei mesi trascorsi assieme Irene aveva imparato a conoscerla piuttosto bene, e ormai sapeva riconoscere abbastanza bene quando c'era qualcosa che non andava, che la rendeva infelice, o semplicemente un qualsiasi pensiero che la turbasse. Inoltre, il fatto che Stefania non fosse esattamente brava a nascondere i suoi stati d'animo certamente non aiutava. Nel periodo in cui aveva scoperto che Federico era figlio di Umberto Guarnieri tutti si erano accorti immediatamente che c'era qualcosa che non andava.

-Non fingere perché con me non attacca. È ovvio che hai qualcosa, hai detto a malapena tre parole da quando siamo entrate, non hai nemmeno finito il tuo panino! Di norma a quest'ora il piatto sarebbe già stato completamente vuoto.

-Ma no, non è niente di importante, davvero, - la rassicurò Stefania, abbassando momentaneamente lo sguardo per evitare gli occhi indagatrici di Irene, -è solo che mi si è chiuso un po' lo stomaco, tutto qua.

-Infatti, e quando ti si chiude lo stomaco vuol dire che c'è qualcosa che non va. Per cui sputa il rospo e dimmi, tanto altrimenti sai che lo indovinerò da sola.

Stefania accennò ad un sorriso nel constatare come Irene notasse tutte quelle piccole cose di lei. Nessuno di solito le prestava tanta attenzione, erano cose stupide ma in qualche modo la facevano sentire importante. Comunque, probabilmente la sua amica aveva ragione, sarebbe stato inutile cercare di nascondere il suo evidente malumore, per cui decise di accontentarla dandole una parziale spiegazione.

-Non è niente di che, davvero, soltanto un piccolo litigio con la zia Ernesta, - riassunse Stefania, senza andare troppo nei dettagli. Era una questione molto delicata e Stefania sapeva che meno persone sapevano meglio era per tutti, e d'altra parte non ci teneva affatto a ritornare sulla questione di Clelia e Luciano, dal momento che a casa non si parlava di altro. -Ma il motivo era una scemenza, non me lo ricordo neanche bene a dire la verità, per cui non ti preoccupare, mi passerà.

-Sicura? Ieri al lavoro non facevi altro che parlare del matrimonio di Bergamini, non stavi zitta neanche con le clienti tra un po', adesso invece devo tirarti fuori le parole di bocca...

Stefania sospirò. In effetti era vero, il suo cambiamento d'umore era innegabile.

-È che... - iniziò, un pochino esitante. Non voleva parlare male di sua zia, ma effettivamente sfogarsi con qualcuno le avrebbe fatto molto piacere. -Non è niente di importante, davvero, lo sai che sono troppo sensibile e tendo a rimanerci male per tutto... semplicemente è da un po' che Silvia e la zia Ernesta discutono spesso, - il che era una parziale verità, - in casa si sentono più litigi e problemi che altro. Ieri sera dopo il lavoro sono tornata e l'atmosfera per tutta la cena era abbastanza pesante, così per cercare di smorzare un po' la tensione ho chiesto alla zia cosa ne pensasse del mio vestito per il matrimonio, se poteva andare bene quello giallo che ho, e lei mi ha urlato di stare zitta e che avevano ben altri problemi. Lo so, è una stupidaggine e mi passerà presto, ci sono solo rimasta un po' male lì per lì, tutto qua.

Seguirono alcuni attimi di silenzio. Stefania rincontrò lo sguardo di Irene, che per tutta la durata del racconto l'aveva osservata pensierosa. Alla fine, la venere bionda disse:-Bah, per quel che vale mi dispiace, non mi stupisce che lei e la signora Cattaneo continuino a litigare. Mi ricordo quando Nicoletta lavorava ancora al Paradiso e ci raccontava continuamente di quanto fosse insopportabile sua zia, pensare che a momenti non la voleva nemmeno invitare al suo matrimonio. Avresti dovuto sentirla, ci raccontava che ogni volta lei e la sua famiglia si inventavano le scuse più assurde per evitarla, probabilmente tra tutte le malattie immaginarie che si sono fatti i Cattaneo manca giusto la peste.

Stefania si lasciò andare ad una piccola risata, mentre la sua amica beveva un sorso d'acqua.

-Dovrebbero farti santa per il solo fatto di riuscire a vivere con una donna così, non so come tu faccia.

-La zia Ernesta non è così male, - la difese prontamente Stefania, stringendosi nelle spalle, -sì, è un po' invadente e spesso giudica le persone affrettatamente e in modo sbagliato... ma è sempre stata presente per me, nei momenti importanti c'è sempre stata.

Il che era più di quanto si potesse dire per qualunque altra persona, aggiunse Stefania tra sé e sé, ma non lo disse. Non voleva fare pena a Irene o farsi passare per una vittima.

-Solo perchè è sempre stata presente per te non significa automaticamente che lo abbia fatto nel modo giusto. - Dopo un breve istante di silenzio, Irene continuò:-Lo sai, anche mio padre mi diceva spesso di stare zitta. Non sai quante volte io cercavo di parlargli dei miei interessi, della scuola, della mia giornata, e lui mi zittiva per guardare la televisione o leggere il giornale. Per non parlare di tutte le volte in cui litigavamo e provavo a far valere le mie ragioni, lì neanche a parlarne. Non ti dico quanti ceffoni ho ricevuto solo per aver cercato di difendere le mie idee. Zitta muta e rassegnata, era quello che mi diceva sempre.

Stefania sentì una stretta al cuore nel sentire la triste infanzia di Irene. Era la prima volta che la sua amica nominava suo padre, prima non aveva mai fatto parola della sua famiglia, a differenza di Dora che invece nominava spesso i suoi genitori e i suoi fratelli. Adesso Stefania capiva il perchè.

-Mi dispiace tanto Irene, non ne avevo idea, - rispose, non sapendo bene quali fossero le parole più appropriate per consolarla. -Non ti avevo mai sentito parlare di tuo padre prima di adesso...

-E infatti non ne parlo quasi mai, molte volte se qualcuno mi chiede di solito preferisco dire che è morto o che non c'è più. Pensa che è stato anche quello che ho raccontato alla Calligaris per farmi assumere.

Stefania si mise a ridere di nuovo, al pensiero dei mezzi che doveva aver usato Irene Cipriani per farsi assumere al Paradiso delle Signore. -Davvero? In effetti non mi hai mai raccontato la storia della tua assunzione o del tuo periodo di prova. È stata dura? Ti sei trovata bene subito con le tue colleghe? Hai fatto fuori le altre concorrenti alla selezione avvelenando di nascosto i loro pranzi?

-Ma per chi mi hai preso, io non ho avuto certo bisogno di certi mezzucci, è solo bastato il mio talento naturale e la mia forte inclinazione per la vendita, la persuasione e il contatto umano- rispose Irene, enfatizzando il tutto. Per qualche ragione Stefania non ne era pienamente convinta. -Comunque, questa storia te la racconterò in un altro momento, quando avremo più tempo. Quello che volevo dirti Stefania è che non dovresti permettere a nessuno di dirti di stare zitta o di decidere cosa è o non è importante, nemmeno a tua zia Ernesta. Anzi, soprattutto a tua zia Ernesta, casomai è lei che non dovrebbe avere diritto di parola.

Stefania le sorrise. Le parole di Irene la avevano fatta sentire immediatamente compresa e ascoltata; per una volta, anche lei si era sentita importante per qualcuno. Era sul punto di ribattere per ringraziarla del suo sostegno morale, quando Irene continuò:

-Piuttosto, parlando di cose decisamente più importanti di tua zia, conoscendo il tuo gusto nel vestire non ho nemmeno bisogno di vederlo il tuo vestito per dirti già che non va bene per il matrimonio, guarda.

-Dai!- obiettò Stefania, fingendosi indignata, -guarda che non è così male!

-Per una scampagnata in montagna, forse. Facciamo così, oggi dopo la chiusura del Paradiso e domani in pausa pranzo ne approfittiamo per dare un'occhiata e con Dora ti aiutiamo a scegliere qualcosa che ti stia bene e ti valorizzi, d'accordo? Del resto dovrai pur conquistarli gli amici di Bergamini in qualche modo, queste sono occasioni che capitano una sola volta nella vita. Se ti presenti con un vestito vecchio e brutto è finita, fai quasi prima a stare a casa e farti portare un pezzetto di torta da me o Gabriella.

Stefania annuì e le sorrise. -Certo, non sia mai che qualcuno si presenti soltanto per affetto nei confronti degli sposi e senza nessun secondo fine, per carità.

-Sono solo realista cara, per i sentimentalismi ci sono i fotoromanzi. Dai, adesso andiamo che è tardi, a breve il Paradiso riapre e non ci tengo a farmi sgridare dalla Calligaris per il ritardo, - la esortò alzandosi in piedi.

Stefania la imitò e si alzò da tavola, ma prima di dirigersi verso la cassa per pagare aggiunse:-Irene?

-Sì?- rispose l'altra, voltandosi verso di lei.

-Grazie.

Stefania non aveva bisogno di specificare, sapeva che Irene aveva capito comunque a cosa si riferisse. Certo, era vero che non aveva una madre, ma Irene era la cosa più simile a una figura materna che avesse e questo in fondo le bastava.

Nota dell'autrice
Due paroline su questa mini one-shot scritta abbastanza di getto dopo la puntata. Potrei dire che l'ho scritta perché non avevo mai scritto niente sul Paradiso delle Signore prima d'ora e volevo dare il mio contributo al fandom, perché Stefania è il mio personaggio preferito e riesco ad empatizzare molto con lei, perché mi piace molto il rapporto tra lei e Irene e volevo esplorarlo e analizzarlo un po' di più, perché attraverso il suo personaggio stiamo vedendo finalmente il lato più umano e tenero di Irene, che è molto cambiata rispetto al primo Daily in cui nessuno la sopportava, o perché finalmente ci voleva nel Paradiso un personaggio nuovo, fresco e spensierato che ci facesse sorridere un po' e volevo renderle giustizia. Il che ci sta anche in realtà. Ma il motivo principale per cui l'ho scritta è molto più semplice e banale: ieri quando ho visto la scena in cui Stefania a casa parlava tutta entusiasta del matrimonio e del vestito e la zia Ernesta l'ha messa brutalmente a tacere ci sono rimasta troppo male. Stefania Colombo è un cinnamon roll e si merita qualcuno che l'ascolti parlare entusiasta del matrimonio dell'anno per ore, non questo trattamento dai suoi stessi familiari. Così ho creato questa mini scena con Irene solo ed esclusivamente perché volevo darle il supporto morale che merita. E niente, normali priorità della vita. Spero che questa storia vi sia piaciuta e che abbiate apprezzato la mia caratterizzazione di Stefania, il suo rapporto con Irene e la mia interpretazione di come immagino stia vivendo l'atmosfera a casa sua di queste puntate.

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Capitolo 2
*** Apollo due e costruzioni ***


[Daily 3x78] Apollo due e costruzioni

C’erano certi giorni in cui l’affetto che Stefania provava per Irene Cipriani veniva a messo a dura prova. Quello era esattamente uno di quei giorni. Lei, Irene e Dora erano andate durante la pausa pranzo al negozio di giocattoli a scegliere un regalo per Carletto, il figlio della Calligaris... peccato che Irene non avesse palesemente alcun desiderio di essere lì, e non si disturbava neanche più di tanto a nasconderlo. O meglio, Stefania nutriva il forte (e fondato) sospetto che il problema non risiedesse tanto nel fatto di stare lì o meno, quanto più nella volontà di Irene di fare ritorno il prima possibile al grande magazzino per andare a controllare come stesse procedendo il pranzo tra un certo magazziniere – ad esempio Rocco, per dire un nome a caso – e la sua amica siciliana.

Loro tre in effetti non avrebbero nemmeno dovuto trovarsi lì, e se le cose fossero andate secondo i piani e avessero pranzato nello spogliatoio come previsto certamente per Irene tutto ciò sarebbe stato più facile. Peccato che proprio quando erano state sul punto di cominciare a mangiare Paola le aveva fermate dicendo che all'ultimo momento si era ricordata che da lì a un quarto d'ora sarebbe dovuta rientrare a casa perché veniva il tecnico a installare la televisione e Franco non poteva esserci perché lavorava (proprio per quello Paola si era premurata di prendere l'appuntamento durante l'ora di pranzo). Così, ovviamente la loro collega non sarebbe potuta passare nel negozio di giocattoli e aveva chiesto se qualcuna di loro potesse andare al suo posto.

Al che, Dora si era immediatamente offerta, il che aveva portato Stefania a offrirsi a sua volta di accompagnarla. Certo, fuori faceva ancora tanto freddo e il suo desiderio di uscire con quelle temperature era molto scarso – per non dire inesistente – ma le sembrava brutto far andare l'amica da sola quando in teoria avrebbe dovuto essere un pensiero collettivo. In più, stando a quanto aveva detto Paola il negozio non era lontano, poco più di una decina di minuti a piedi, per cui in fondo poteva anche essere fattibile. E poi a Stefania piacevano i negozi di giocattoli: le mettevano allegria e rievocavano in lei i ricordi più felici della sua infanzia, oltre al fatto che le facevano pensare alle reazioni entusiaste dei bambini nel ricevere in dono tutti quei giochi esposti sugli scaffali. Così, in nome della sua solidarietà nei confronti dell'amica si era dichiarata disposta ad accompagnarla nella commissione. Chissà, magari avrebbe anche potuto essere divertente in fin dei conti, un modo alternativo per passare la pausa pranzo; peccato che ci stesse pensando Irene a togliere ogni forma di divertimento da quella mini-gita.

All'inizio il fatto che anche lei si fosse proposta di seguirle aveva lasciato un po' spiazzate sia Dora sia Stefania, ma pensandoci meglio in un secondo momento in fondo la loro collega non aveva avuto tante opzioni: Laura era impegnatissima al laboratorio, tra le collaborazioni con il circolo e i dolci per il matrimonio di Cosimo e Gabriella, e Sofia si era offerta di fermarsi lì con lei e darle una mano. Per cui l'unica alternativa che Irene avrebbe avuto a disposizione sarebbe stata pranzare nello spogliatoio da sola, il che era un po' deprimente. Stefania sapeva che era sfacciata, ma neanche lei sarebbe arrivata ad auto-invitarsi a pranzare con Rocco e Maria, anche perché Irene non sapeva cucinare granché e sicuramente avrebbe finito col sentirsi un po' inferiore nel paragonare il suo misero pranzo al sacco con... qualsiasi cosa avesse preparato Maria quel giorno – Stefania non aveva prestato troppa attenzione al nome, un qualche piatto tipico siciliano che non aveva mai sentito e francamente nemmeno le interessava più di quel tanto.

Questo però non significava che alla venere non importasse del fatto che i due fossero soli, o che non desiderasse controllare cosa stesse succedendo o passare più tardi per un saluto, prima della riapertura. Comunque, le tre ragazze avevano mangiato piuttosto in fretta per non perdere tempo e subito dopo erano uscite: seguendo le indicazioni di Paola trovarono il negozio senza fatica. Erano entrate da appena cinque minuti e Irene stava già mettendo pressioni per tornare al Paradiso il più presto possibile, rovinando completamente l'atmosfera per Dora e Stefania che invece avrebbero preferito fare un giro del negozio con calma e osservare tutti i giochi in vendita per poi prendere una decisione, piuttosto che che fare una scelta casuale dettata dalla fretta. Dopotutto era ancora relativamente presto, un po' di tempo ce lo avevano. Il negozio non era esageratamente grande, ma era ben fornito e aveva articoli di tutti i generi. Mentre passavano in rassegna gli scaffali dedicati ai giocattoli in legno Stefania osservava con curiosità quasi infantile tutto ciò su cui i suoi occhi si posavano, sforzandosi di pensare a cosa sarebbe stato più appropriato per Carletto; nel frattempo, accanto a lei la povera Dora si stava sorbendo le varie lamentele di Irene:

-Io non capisco perché la stiamo facendo così lunga, seriamente! È un bambino, che volete che gli importi, prendiamogli delle matite colorate e un album da disegno e sarà contento! Tanto gli piace disegnare, no? Almeno andiamo sul sicuro.

-Irene, siamo qui da neanche cinque minuti, - puntualizzò Dora, -e comunque proprio perché gli piace disegnare sicuramente a casa avrà già tanti pastelli e matite, non credi?

-Vabbè che c'entra prima o poi finiranno, al massimo possiamo prendergli una confezione un po' più grande con più sfumature e tanti saluti.

-Sì, vabbè, non è mica un professionista, - fece presente la venere con una mezza risata, -e poi penso che sarebbe più carino prendergli qualcosa che non ha già, qualcosa che lo aiuti a distrarsi dal periodo che sta passando a scuola e i litigi tra i compagni. Tu che cosa dici Stefania?

-Sì, sono d'accordo, - rispose quest'ultima genericamente, non volendo dare adito a un dibattito, -cosa ne dite di questo trenino? - propose poi, indicando un piccolo trenino in legno i cui vagoncini erano stati dipinti di rosso, giallo e verde.

-Andrebbe bene se avesse tre anni, magari – puntualizzò Irene.

-In effetti magari ci vorrebbe una cosa un po' più moderna, magari quei trenini che vendono adesso con anche la ferrovia, - le diede ragione Dora.

-Sì, ma non abbiamo abbastanza soldi per una cosa del genere. E poi vanno molto di moda, è anche probabile che ce ne abbia già uno.

Stefania odiava ammetterlo, ma Irene aveva ragione.

-Cosa ne dite di una casetta? - chiese poi, osservando un modello molto carino in uno degli scaffali più in alto. Da bambina era uno dei suoi giochi preferiti, avrebbe potuto passare le ore ad inventare scenari di fantasia immaginando storie struggenti che lei probabilmente non avrebbe mai vissuto.

-Sì certo, magari gli compriamo anche delle belle bambole così può fare le cerimonie da tè.

-Ma come sei antica, - la rimproverò Dora, -guarda che non devono esserci per forza giocattoli per maschi e per femmine, le bambine possono giocare con le macchinine e i bambini con le bambole e gli animali di pezza, non c'è niente di male.

In quel momento Stefania vide chiaramente lo sguardo di Irene farsi più malinconico e ombroso, ma durò solo una manciata di istanti. Poi la ragazza tornò alla sua solita espressione scocciata. -Peccato che quasi nessuno la pensi così. Io ad esempio a scuola durante la ricreazione vedevo spesso nel cortile i maschi giocare con le costruzioni quando qualcuno le portava, ma non potevo unirmi a loro perché le suore tenevano separati maschi e femmine. Ho chiesto tantissime volte a mio padre che me le comprasse ma lui niente, diceva che non si addicono alle bambine e mi rifilava l'ennesima bambola di pezza inutile. Questo per dire che quando provi ad andare contro le convenzioni non è così scontato che la gente lo apprezzi.

-Ti piacevano le costruzioni?- chiese Dora, mentre si spostavano verso il reparto dedicato ai veicoli in miniatura.

-Sì, o perlomeno mi sarebbero piaciute. Secondo me stimolano la creatività, molto più di quelle stupide bambole o pupazzi che in fin dei conti sono tutti uguali.

-A me piacevano le bambole, - le difese prontamente Stefania. -Anche quelle possono stimolare la creatività.

-Ragazze cosa ne dite di una macchinina? - propose Dora, cambiando argomento. -Qua ce ne sono di vari modelli, guardate un po', - disse, indicando lo scaffale piene di piccole automobiline.

-E menomale che ero io quella poco originale, - commentò Irene. -Ragazze se vi lasciavo andare da sola non oso pensare a cosa portavate al povero Carletto!

Stefania stava per rispondere che forse se le avesse lasciate andare da sole lei e Dora sarebbero state in grado di decidere qualcosa invece di perdersi in discussioni inutili, quando furono interrotte dall'arrivo di una commessa, evidentemente attirata dal casino che il gruppo – perlopiù Irene – stava facendo.

-Buongiorno, posso aiutarvi?- domandò la ragazza con un sorriso educato. Doveva avere più o meno la stessa età di Irene e Dora, quindi qualche anno in più di Stefania.

-Buongiorno – rispose Dora, ricambiando il sorriso, -siamo amiche di Paola, Cecchi, ci ha detto che una sua amica lavora qui, stavamo dando un'occhiata in giro perché vorremmo comprare un regalo per il figlio di una nostra collega.

-Ah sì, Paola mi ha chiamato prima per avvisarmi che sarebbe passata! Avete bisogno di una mano a scegliere?

-Magari, sarebbe molto gentile, - rispose Irene. In effetti l'aiuto di una commessa avrebbe sicuramente accelerato il processo, si ritrovò a pensare Stefania.

-Allora, uno di quelli più venduti nell'ultimo periodo è senza dubbio questo, - disse l'amica di Paola, spostandosi verso destra per indicare uno scatolone sul quale era raffigurato un camioncino dei pompieri, su uno degli scaffali più in alto. Tirandolo giù, la ragazza mostrò la confezione alle altre tre, che si scambiarono un'occhiata di intesa. Bastò uno sguardo a Stefania per capire che ne erano state tutte e tre immediatamente conquistate.

-È perfetto, grazie, - rispose Dora, entusiasta. Irene tirò un sospiro di sollievo, probabilmente lieta del fatto che potesse finalmente fare ritorno al Paradiso dal suo magazziniere preferito. Stefania era pronta a scommettere che non appena sarebbero arrivate Irene si sarebbe diretta subito in magazzino. -Quanto costa?- domandò poi la venere.

-Non è proprio economicissimo, ma Paola mi ha detto quanto avete a disposizione e posso farvi un po' di sconto. Venite che ve lo incarto.

Stefania la seguì tutta sorridente verso la cassa, immaginando quanto sarebbe stato felice il piccolo Carlo nello spacchettare il suo regalo quella sera.

-Sei felice che stiamo finalmente tornando?- domandò Stefania a Irene sulla strada del ritorno, mentre reggeva in mano il pacco regalo; per qualche ragione il compito ingrato di portare il camioncino per tutto il tragitto era toccato a lei. -Manca più o meno un quarto d'ora alla riapertura, dovresti comunque avere cinque minuti a disposizione.

-E quindi? - chiese Irene, fingendo di non capire.

-Niente, prima al negozio ci sembravi abbastanza impaziente di tornare, - commentò Dora, facendo ridacchiare Stefania.

-Semplicemente non mi piace perdere tempo, - spiegò Irene in tono sbrigativo. -E comunque voi dovreste soltanto ringraziarmi per essere venuta con voi, il mio intervento è stato provvidenziale.

-Ma se non hai fatto niente, - fece notare Dora.

-Beh, veramente vi ho impedito di fare sciocchezze e comprare trenini e macchinine, - puntualizzò Irene. -Dovreste essermi grate per aver messo a vostra disposizione la mia esperienza in fatto di regali per bambini.

-Esperienza?- chiese Stefania, un po' sorpresa del fatto che Irene si fosse già dedicata a questo tipo di acquisti in passato. Dall'atteggiamento mostrato nel negozio non sembrava un'attività che la entusiasmava più di tanto.

-Sì infatti, quand'è che avresti comprato un regalo per bambini prima d'ora?- domandò Dora, altrettanto perplessa.

-Beh, non l'ho proprio comprato, - precisò Irene, -diciamo più che altro che il mio suggerimento è stato fondamentale.


 


 

Milano, giugno 1960

Tra tutte le persone che Irene Cipriani si sarebbe immaginata di incontrare quel sabato mattina in un negozio di giocattoli del centro di Milano, Riccardo Guarnieri era probabilmente una delle ultime. Irene era venuta lì soltanto per fare una commissione per la sua vicina di casa, che aveva bisogno di comprare un regalo per una sua qualche nipotina che compiva gli anni (nella speranza di ricevere almeno una piccola mancia per il disturbo, anche questo andava detto). E invece, poco dopo essere entrata nel negozio la figura di Riccardo Guarnieri era risaltata immediatamente al suo sguardo, migliorando in modo insperato – ma decisamente apprezzato – la sua mattinata. In effetti, se Irene ci rifletteva meglio non era poi così insolito averlo incontrato lì: tra meno di una settimana la piccola Margherita avrebbe compiuto un mese, e Nicoletta per festeggiare l'occasione aveva invitato lei e le altre veneri a casa sua per un piccolo rinfresco. Probabilmente, Riccardo era andato lì con l'intenzione di prendere un regalo per sua figlia. Comunque, evidentemente neanche lui sembrava troppo convinto di cosa stesse effettivamente cercando: Irene lo osservò per qualche istante mentre si aggirava tra gli scaffali con aria confusa e pensierosa, e decisamente poco soddisfatta.

C'erano due cose che ora lei avrebbe potuto fare: o salutarlo educatamente, comprare la prima bambola che le fosse capitata a tiro e procedere a uscire e dedicarsi al resto delle commissioni che sua madre le aveva assegnato, oppure avvicinarsi e cercare di indagare sul motivo della sua indecisione, con il rischio di sembrare un po' invadente. Naturalmente Irene scelse la seconda opzione. Sfoggiando un sorriso sicuro di sé la venere si avvicinò a Riccardo e lo salutò:

-Buongiorno signor Guarnieri.

-Signorina Cipriani, - rispose lui, accennando ad un sorriso educato ma senza sbilanciarsi troppo.

-Posso esserle utile?- domandò Irene, osservando lo scaffale di giocattoli che Riccardo stava studiando meticolosamente.

-Non sapevo che oltre al Paradiso avesse un impiego anche qui, - le fece notare il Guarnieri ironicamente. Irene si sentì immediatamente arrossire dall'imbarazzo: era così abituata ad approcciare le persone in quel modo, soprattutto quelle che non conosceva bene, che non si era nemmeno resa conto che in quel momento si trovavano fuori dal luogo di lavoro e avrebbe dovuto uscire dai suoi panni di commessa.

-Mi scusi, è la forza dell'abitudine, - si giustificò immediatamente Irene, -lo dicevo solo perché mi sembra un po' in difficoltà, se ha bisogno di un consiglio per il regalo da fare alla sua bambina posso darle volentieri una mano. Nicoletta ci ha detto che tra pochi giorni compie un mese.

-È così ovvio che non so da che parte girarmi?- ammise Riccardo, con un sorriso autoironico.

-Solo un po'.

-Sa, io non ho mai fatto questo genere di cose prima d'ora, di solito se la mia famiglia doveva prendere un regalo a qualcuno mandavamo uno dei domestici a sceglierlo, o al massimo ci pensava zia Adelaide, se la sua vena creativa era particolarmente stimolata. Però questa volta è diverso. Mi piacerebbe fare un regalo a mia figlia, come lei ha saggiamente indovinato, e vorrei che fosse un regalo personale e che le piaccia sul serio, capisce?

Dal modo concitato in cui parlava Irene capì che Riccardo doveva tenerci molto alla faccenda. D'altro canto aveva dimostrato più di una volta quanto gli stessero a cuore Nicoletta e sua figlia, se n'era accorta perfino lei che lo vedeva soltanto di sfuggita nelle volte in cui passava al Paradiso e aveva come unica fonte di informazione le chiacchiere che le sue colleghe si scambiavano nello spogliatoio, che lei inavvertitamente si trovava ad ascoltare; del resto non era mica colpa sua se capitava nella stanza proprio in quei momenti, non poteva certo cambiarsi nel bel mezzo della galleria.

-Sì certo capisco perfettamente, dopotutto il primo mese è un evento importante, - rispose lei in tono accondiscendente. -Ha già una vaga idea di quello che le piacerebbe prenderle?

-Magari, la verità è che in questi giorni ci ho pensato ma mi vengono in mente solo sciocchezze o cose non adatte alla sua età. Io vorrei regalarle qualcosa di originale, non la solita tutina da neonato; questo genere di banalità le lascio volentieri al dottor Diamante, - rispose Riccardo, in tono leggermente sprezzante.

Irene colse al volo quella nota di amarezza; allora non si trattava soltanto di affetto nei confronti della sua bambina (anche se Irene non metteva in dubbio il fatto che quella fosse la ragione principale dietro il tenero gesto di Riccardo), c'era anche dell'altro. Forse in fondo Riccardo sapeva che anche il futuro marito di Nicoletta avrebbe fatto sicuramente un regalo alla piccola e voleva dimostrare alla sua ex fidanzata di essere meglio di lui, di essere lui il padre migliore per Margherita. D'altra parte Irene non lo biasimava, anzi, sicuramente poteva capirlo: anche lei tendeva a lasciarsi trasportare dalla competitività molto facilmente.

-Così ho pensato di venire direttamente in negozio e lasciarmi ispirare, - continuò Riccardo, -ma per ora non ho ancora visto nulla che mi convinca. Lei ha qualche suggerimento?

Beh, se c'era qualcosa su cui Irene non aveva il minimo dubbio era che le donne non dicono mai di no ad un bel gioiello luccicante. Beh, la maggior parte almeno, e lei sicuramente rientrava nel novero, tanto che questa sua debolezza l'aveva portata a fidarsi ciecamente del signor Bacchini e dare il suo appoggio ad un uomo violento e abusivo. Certo, Margherita ora non avrebbe probabilmente potuto apprezzare pienamente il gesto, ma del resto era una neonata, dubitava che riuscisse veramente a rendersi conto di cosa succedesse attorno a lei. Però poi un giorno sarebbe cresciuta e il regalo di Riccardo sarebbe rimasto, mentre la pietosa tutina di Cesare sarebbe finita dritta nella spazzatura, o al massimo a un qualche ente di beneficenza.

-Perché non le regala una catenina o una collanina d'oro? Sono sicura che con i fondi a sua disposizione potrà sicuramente prenderle un gioiello che faccia invidia a tutte le sue coetanee per il resto della sua vita, - propose Irene, immaginando per un istante come sarebbe stato bello se fosse potuta essere lei la destinataria di tale pensiero. -Senza contare che così il dottor Diamante sfigurerà di sicuro.

-Ci ho pensato anche io, ma Nicoletta mi dice sempre che sono troppo esagerato, che non so moderarmi. Se facessi così passerebbe il messaggio che non ho capito niente di quello che vuole e che non rispetto i suoi desideri, mentre io voglio dimostrarle il contrario, che sono maturato. Però allo stesso modo non voglio essere scontato, mi servirebbe qualcosa di piccolo e semplice, ma allo stesso tempo di originale. Lo vede perché è così difficile?

Irene sorrise nel constatare tutto l'impegno e la cura che Riccardo ci stava mettendo anche in un gesto piccolo come quello. Se solo suo padre le avesse dedicato altrettanto tempo ed energie nel capire cosa desiderasse lei...

-Certo, non è semplice, me ne rendo conto. Ci vorrebbe qualcosa di modesto, come ha detto lei, ma allo stesso tempo con un significato dietro. Ad esempio potrebbe prendere a Margherita qualcosa che le racconti di lei, che la faccia sentire più vicina al suo papà. Magari qualcosa associato alle sue passioni, ai suoi hobby... -propose Irene.

-Sì, potrebbe essere buona idea. Le mie passioni dice? Non saprei, non ne ho proprio tantissime, mi piace la musica e suono il pianoforte, ma penso che regalarne uno a Margherita sia un po' prematuro, - scherzò Riccardo. Irene rise.

-Alla faccia della modestia e della semplicità, - commentò la venere. -Non so, magari qualcosa collegato allo sport? Le piace il ciclismo ad esempio?

Per qualche ragione – a lei ignota – i dipendenti uomini del Paradiso ne erano come ossessionati, soprattutto i magazzinieri, tant'è che Irene non si sarebbe stupita se per assurdo in un prossimo futuro il dottor Conti avrebbe finito per organizzare un qualche evento promozionale legato alla bici, nonostante non c'entrasse assolutamente niente con la moda.

-Il ciclismo? Mah, sì, non esageratamente. Qualche tempo fa facevo equitazione, poi però ho dovuto smettere per un incidente a cavallo. Però era molto importante per me, ancora adesso di tanto in tanto seguo qualche gara se ho tempo.

Ecco, questo era già qualcosa da cui si poteva trarre qualche spunto interessante, sicuramente più dell'idea del pianoforte. Ad un tratto a Irene venne un'illuminazione.

-Ho un'idea! Ha detto che vuole un regalo semplice ma personale, no? Perché non le compra un cavallino di peluche? Per essere modesto è modesto, ma allo stesso tempo è anche qualcosa in grado di raccontare a Margherita del suo papà e farla sentire più vicina a lui, no?

-Ma certo, sarebbe perfetto!- rispose Riccardo, con gli occhi che gli si illuminarono. Irene si sentì immediatamente contenta del fatto che il Guarnieri avesse apprezzato la sua idea; purtroppo i suoi suggerimenti venivano spesso e volentieri snobbati e ignorati dalle altre veneri, senza nemmeno essere presi in considerazione. Era felice che ci fosse qualcuno che fosse finalmente in grado di riconoscerne la validità. -Sarà un po' come se attraverso di lui Margherita mi avrà sempre accanto a proteggerla, come se le fossi comunque vicino tutte quelle volte in cui invece non potrò esserlo fisicamente. E ho anche già trovato il nome perfetto.

Irene sorrise alla tenerezza che evocò in lei quell'immagine. Margherita era una bambina davvero fortunata.

-La ringrazio per il suo tempo signorina Cipriani, e per il prezioso consiglio, le assicuro che me ne ricorderò. Buona giornata, - la salutò Riccardo, avviandosi deciso e ben più convinto di prima verso il reparto degli animali di pezza.

-Si figuri, è sempre un piacere, buona giornata a lei.

Esattamente una settimana dopo, Irene era ospite in casa di Nicoletta Cattaneo assieme a tutte le altre veneri. Beh, chiaramente Gabriella e Clelia erano assenti per cause di forza maggiore, ma di tutte le altre nessuna mancava all'appello: Tina, Paola, Dora, Roberta e ovviamente lei stessa. Quando la giovane mamma fece entrare la bambina per farla salutare alle amiche, a Irene saltò subito all'occhio la vista del tenero cavallino di peluche che Margherita teneva stretto tra le braccia. A quanto pare non passò inosservato nemmeno dalle altre, dal momento che Tina domandò:

-E quello? -, mentre indicava proprio il pupazzo.

-È un regalo di Riccardo, - spiegò Nicoletta, -Margherita lo adora.

-Fa vedere un po', - disse la ragazza, prendendolo con curiosità dalle braccia della piccola per osservarlo più da vicino. -Ma è carinissimo!

Tutte le altre veneri si voltarono immediatamente verso di lei per guardare meglio il giocattolo.

-E Cesare invece cosa le ha regalato?- chiese poi Roberta.

-La tutina che sta indossando adesso, è nuova infatti, è stato molto carino anche lui - rispose l'altra.

Irene sorrise tra sé e sé nel constatare che, proprio come predetto da Riccardo, il regalo del dottor Diamante era stato indubbiamente più banale e meno originale.

-E ha anche un nome questo cavallo oppure è rimasto anonimo? - domandò Irene, spinta dalla curiosità. Riccardo le aveva anticipato di avere già un'idea abbastanza precisa a riguardo, ma poi era andato via e Irene non aveva fatto in tempo a chiederglielo. Adesso che era lì però lo voleva sapere, d'altra parte era un suo diritto, in quanto autrice dell'idea originaria.

-Tu sempre a fare domande stai, io non lo so come si chiama ma già non ti sopporta nemmeno lui guarda, - scherzò Tina, tirando verso Irene per gioco il pupazzo che la colpì al petto.

-Ma!- si finse indignata quest'ultima.

-Tina, Tina fai attenzione!- la rimproverò bonariamente Nicoletta, affrettandosi a recuperare il peluche da Irene e restituendolo alla sua legittima proprietaria, visibilmente felice di riaverlo tra le mani, con le risate delle altre veneri in sottofondo, -che se si rompe è un disastro, Margherita ce l'ha solo da qualche giorno ma ormai non riesce a dormire se non ce l'ha vicino. E comunque sì, ce l'ha un nome, - spiegò poi Nicoletta, voltandosi verso Irene per rispondere alla sua domanda. -Si chiama Apollo due.

Apollo due? Che razza di nome era? E perché quel due poi? Beh, sicuramente per essere originale era originale. Comunque, Margherita sembrava averlo apprezzato e questo era l'importante. Irene si augurava solo che un giorno sarebbe potuto esserci Riccardo Guarnieri a cullare sua figlia e vegliare sul suo sonno, come era giusto che fosse. Fino a quel momento, Apollo due sarebbe stato un degno sostituto.


 


 

3 febbraio 1962

-Cioè, tu vorresti farci credere che saresti stata tu quindi a dare l'idea del regalo a Riccardo?- domandò Dora, decisamente poco convinta dalla storia che Irene aveva appena raccontato.

-È la verità, poi tu sei libera di pensare quello che vuoi, - rispose Irene, mettendosi sulla difensiva.

-Io invece ci credo, - intervenne Stefania in suo favore. All'epoca dei fatti non era stata presente quindi non poteva giudicare obiettivamente, però la storia di Irene le era sembrata abbastanza verosimile e colorita di dettagli abbastanza specifici, difficili da improvvisare lì sul momento.

-Vabbè dai, se Stefania si fida ci credo anche io, - stabilì Dora. -Conoscendoti mi sembrava solo un po' strano che non ne avessi parlato a nessuno e non ne avessi approfittato per prenderti il merito davanti a tutte, tutto qua.

-In quel periodo non ci conoscevamo ancora molto bene, perché avrei dovuto raccontartelo?- obiettò Irene.

-E quindi Riccardo Guarnieri ti ha detto davvero che in futuro se ne sarebbe ricordato? Cioè è un po' come se ti dovesse un favore adesso, no?- commentò Stefania, che invece si era goduta il racconto e adesso voleva saperne di più. Aveva sentito così tanto parlare di lui e di Nicoletta e la loro travagliata storia d'amore che avrebbe ascoltato molto volentieri qualsiasi storia li riguardasse, soprattutto se raccontata da qualcuno che li aveva conosciuti in prima persona.

-Sì, anche se veramente si è già sdebitato, - spiegò Irene.

-Come? E quando?- domandò Dora.

-Non ti ricordi un anno fa sotto Natale, quando io e Marina ci siamo giocate la borsetta? È stato solo grazie a lui che ho vinto. Perché pensi che abbia voluto aiutare proprio me?

-Aspetta aspetta, - la fermò Stefania, a cui evidentemente mancavano molte informazioni, -chi è Marina? Di quale borsetta state parlando? E cosa c'entra Riccardo Guarnieri? Voglio sapere tutto!

-In effetti anche questa è una storia interessante, - cominciò a spiegarle Irene, -vedi, devi sapere che l'anno scorso sotto Natale era successo che...


 

Domenica 7 febbraio 1962

Quando Stefania e Dora bussarono al campanello di casa di Irene, la loro collega non ci mise molto a venire ad aprire. Mentre sentivano il rumore della pioggia che fuori inondava imperterrita le strade e i marciapiedi di Milano, Stefania dentro di sé pensò che era stata proprio una fortuna che quel fine settimana si fossero accordate per vedersi a casa di Irene e non fuori all'aperto, proprio in previsione del maltempo che con ogni probabilità si sarebbe riversato sulla città. Purtroppo casa di Dora era sempre piena di persone vista la sua famiglia numerosa e di conseguenza non c'era tanto spazio, mentre Stefania non aveva ritenuto che fosse il caso di portare gente a casa visto lo stato mentale abbastanza fragile di Silvia, sicuramente non in vena di vedere altre persone ed essere di compagnia (chiaramente la ragazza non aveva potuto spiegare il perché e aveva optato per giustificare il tutto con un lutto in famiglia abbastanza improvviso, il che in un certo qual modo non era poi così tanto lontano dalla realtà).

O perlomeno, queste erano state le scuse a cui le due ragazze avevano addotto per spingere Irene ad invitarle a casa propria. Nonostante la sua iniziale reticenza e un rifiuto categorico della proposta, giovedì sera la loro collega aveva chiamato entrambe le ragazze per dire loro che aveva cambiato idea e che se avessero voluto sarebbero potute venire (incoraggiandole in modo neanche troppo velato a portare con sé qualcosa da mangiare); tutto ciò accompagnato da qualche frase vaga in merito al fatto che suo padre “quel fine settimana sarebbe stato via”. Comunque, né Stefania né Dora avevano fatto troppe domande in merito, l'importante era essere lì; altrimenti la sorpresa che le avevano preparato non avrebbe avuto molto senso.

Dopo averle fatte entrare e aver preso i loro cappotti, Irene si accorse immediatamente del sacchetto che Stefania aveva portato con sé, momentaneamente appoggiato a terra. -E quello cos'è?- chiese la venere, studiando con curiosità l'oggetto non identificato.

-È per te! - annunciò entusiasta Stefania, alzando il sacchetto e porgendolo a Irene, affinché ne rivelasse il contenuto. La ragazza tirò fuori un pacco regalo impacchettato con carta da regalo gialla. -Io e Dora ti abbiamo fatto una sorpresa.

-Una sorpresa?- gli occhi di Irene si illuminarono all'istante. -Una borsetta?

-No, - Stefania scosse il capo, -meglio.

-Un paio di scarpe da abbinare alla borsetta che ho già? - chiese Irene, speranzosa.

-No, - stavolta fu Dora a replicare, -meglio, - disse con una risatina, ripetendo ciò che Stefania aveva appena detto. Le sue si lanciarono uno sguardo complice.

-Meglio? Non lo so, una collana di diamanti? Anche se mi sembra un po' troppo grande per un gioiello, - rifletté Irene.

-Nono meglio, ancora meglio, - disse Stefania, ormai impaziente di vedere la reazione dell'amica.

-Ancora meglio di una collana di diamanti? Cosa ci può essere scusa?

-Beh, aprilo e vedi, no?- chiese Dora.

Irene seguì il suo consiglio e iniziò a spacchettare velocemente il suo regalo, senza la minima cura per la carta che lo avvolgeva. Sulla sua faccia si susseguirono una serie di emozioni diverse quando si rese finalmente conto che le sue amiche le avevano regalato una scatola di costruzioni: prima stupore, poi meraviglia e infine gratitudine mista a una certa dose di entusiasmo. Fu forse una delle poche volte nel corso della loro amicizia che Stefania osservò Irene non avere immediatamente una risposta pronta alla situazione. Rimase in silenzio per alcuni secondi a fissare la scatola chiusa, che ritraeva in realtà una semplice casetta.

-Semplice ma con un significato dietro, no?- ripeté Stefania, rompendo il silenzio che si era creato.

-Io... non so cosa dire, sul serio. Grazie.

-Dovremmo pure passare il tempo in qualche modo nelle giornate di pioggia, no?

Nota dell'autrice
A quanto pare ho trasformato il tutto in una raccolta di one-shot. Non so come, ma è successo. Non so se dipenda da qualche fattore in particolare ma ultimamente il mio cervello ha incominciato a trovare molti più prompt nel vedere le puntate (probabilmente necessità di trovare pretesti che mi allontanino dallo studio) e quando mercoledì ho visto la scena delle ragazze che hanno portato il regalo a Clelia ho pensato a quanto sarebbe stato carino vedere Dora Irene e Stefania andare a sceglierlo assieme, e se i problemi di budget degli autori ci privano di queste piccole gioie ci pensano le fanfiction a sopperire.
Realisticamente so che con ogni probabilità una ragazza negli anni 60 non avrebbe detto che non esistono giocattoli per maschi e per femmine visto che all'epoca le differenze di genere erano molto accentuate, ma visto che ci tengo molto a questi temi non volevo che Dora fosse esponente di un'ideologia sessista e quindi anche a costo di risultare un po' anacronistica ho preferito renderla portavoce della parità di genere. Also Irene che non sopporta le bambole è una cosa che in ogni caso vedrei 100% nel canon. Spero che la storia vi sia piaciuta! Non so realisticamente quante altre ne scriverò o per quanto andrà avanti il mio momento di ispirazione creativa, con ogni probabilità la prossima settimana promette molto bene visto che "vedremo" il primo appuntamento di Pietro e Stefania, però chi può dirlo. Grazie a chi è arrivato a leggere fin qui!

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Capitolo 3
*** La stessa medaglia ***


La stessa medaglia

25 febbraio 1962

-Allora, di' la verità, - inizia Irene, tirando fuori dal proprio armadietto il pranzo che da lì a poco avrebbe consumato all'interno dello spogliatoio. Stefania, seduta al tavolo, la guarda in trepidante attesa, aspettando che l'amica fosse pronta prima di iniziare a mangiare in segno di rispetto e solidarietà. La mattinata è stata abbastanza impegnativa, dalla partenza di Clelia il carico di lavoro è considerevolmente aumentato per ognuna delle Veneri; così come il loro bisogno di rifocillarsi e recuperare le forze nella tanto agognata pausa pranzo. Tuttavia, in quel momento il cibo non è il primo pensiero nella mente di Stefania: la ragazza è molto più concentrata sulla frase che Irene ha appena iniziato e che, per qualche ragione, Stefania pensa di sapere come andrà a finire. -Alle ragazze non piaccio tanto come capocommessa, vero?

Stefania sospira, distogliendo per un attimo lo sguardo dall'amica per concentrarlo sul porta pranzo che si accinge ad aprire mentre l'altra prende posto accanto a lei. Proprio come immaginava. Ormai conosce Irene abbastanza bene da capire che nonostante la facciata forte e spavalda che mostra al mondo, dentro di sé ha molte più insicurezze di quanto non voglia ammettere. Stefania non vuole mentirle, non lo vuole davvero, ma nemmeno farla rimanere male dicendole una verità che sicuramente andrebbe in qualche modo ad intaccare la sua autostima. E così decide di optare per la soluzione che solitamente si rivela sempre la più efficace: la diplomazia.

-Beh, hanno solo bisogno di un po' di tempo per abituarsi, - tenta lei. Sa già che Irene non sarà soddisfatta della risposta, e infatti la conferma non tarda ad arrivare.

-Guarda che non c'è bisogno che mi indori la pillola, non sono una cliente da convincere che c'è bisogno di una taglia in più solo perché è il modello che calza particolarmente stretto, - la rimprovera dolcemente Irene, strappando un mezzo sorriso a Stefania. -Con me puoi essere sincera, lo sai.

Stefania sospira una seconda volta. È proprio perché vuole bene a Irene che decide di accontentare il suo desiderio e confessare, mentre si copre le labbra con una mano dal momento che ha la bocca piena:-Ecco, diciamo che non sono esattamente entusiaste di questo cambiamento...

Immediatamente Stefania vede dipingersi sul viso di Irene un'espressione sconsolata, al che la ragazza si attiva subito per rimediare:-però io penso davvero che-

-Non ti preoccupare, non fa niente, - la interrompe Irene. -Lo avevo capito da sola comunque, che preferiscono tutte Dora a me.

Stefania allunga una mano per stringere il braccio di Irene in un segno di conforto. Sa quanto la sua amica sia competitiva, quanto viva tutto come una sfida personale, come una performance in cui sente il costante bisogno di dimostrare a tutto e tutti di essere la migliore. È naturale che il paragone con Dora le sia venuto immediatamente in mente, e probabilmente è da lì che nasce il costante bisogno di Irene di ricordare a tutti con assidua frequenza quanto Dora fosse inadatta per quel ruolo. E a Stefania dispiace per lei, le dispiace veramente, perché è consapevole – forse anche più della stessa Irene – di quante potenzialità lei abbia dentro di sé. E vorrebbe che se ne rendesse conto anche lei, che smettesse di guardare gli altri e paragonarsi costantemente a loro, che riuscisse a osservare sé stessa nello stesso modo in cui la vede Stefania.

-Non si tratta di preferenza, lo sai. Le altre erano abituate ai modi di Clelia e apprezzavano Dora perché aveva la sua stessa gentilezza e comprensione. Tu invece sei un po' più rigida di lei, - dice Stefania, ben consapevole che quel “un po'” è un eufemismo, ma al momento non è così importante, -però sei anche più capace di gestire l'ansia, trattare con le clienti insistenti e organizzare il lavoro in modo funzionale. E sei anche brava ad assisterci nei momenti di difficoltà, ormai ho perso il conto di tutte le volte in cui mi hai aiutato con le clienti incontentabili, soprattutto all'inizio.

Questa volta la spiegazione di Stefania, proprio perché più sincera, riesce a strappare un sorriso ad Irene, un sorriso vero. -Grazie, - le dice, guardandola negli occhi. -ne avevo bisogno. - Poi, dopo un attimo di silenzio, aggiunge:-Quindi tu preferisci me a Dora, giusto?

Stefania alza gli occhi al cielo e ride. -Sì, preferisco te a Dora, ma non dirglielo. E non solo perché ti voglio bene.

-Sai, - prosegue Irene, -prima stavo passando vicino ai camerini e ho sentito che mi difendevi con Dora e Sofia... volevo ringraziarti. Nessuno l'aveva mai fatto per me prima d'ora, sono sempre tutti pronti a puntare il dito contro di me e giudicarmi. Irene sei troppo insensibile, Irene sei cattiva, Irene sei antipatica, Irene sei troppo aggressiva, Irene sta' zitta, intanto è solo grazie a me che questo posto sta andando avanti visto che il dottor Conti in due settimane si è svegliato solo l'altro ieri a fare i colloqui per trovare una sostituta! È bello sentire che per la prima volta qualcuno ha delle belle parole da spendere nei miei confronti e mi apprezza, ecco.

Irene abbassa gli occhi sul suo pranzo, e sul viso di Stefania si forma un sorriso compassionevole. Sa perfettamente che Irene non è abituata a lasciarsi andare a sfoghi di questo tipo, che non è il tipo di persona che ama condividere le sue emozioni apertamente. Se ha deciso di farlo in sua presenza Stefania sa che è un grande segno di fiducia, e la cosa non può che farla sentire onorata e felice.

-Irene, tu sei una bella persona a prescindere da quello che dicono o pensano gli altri, - la rassicura Stefania. -Un po' ti capisco sai, perché anche io tendo a farmi condizionare troppo facilmente, però tu non ne hai alcun motivo.

-E allora come spieghi che Paola e Sofia preferiscono Dora? Mi sento come se qua dentro nessuno avesse la minima fiducia in me a parte te, e non so più cosa fare per dimostrare che si sbagliano.

Mentre mastica il cibo, Stefania riflette su una risposta sensata da darle. In effetti il suo punto di vista è più che comprensibile, non si può certo darle torto.

-Io penso che tu non sia da meno a nessuno, - risponde Stefania. -È solo che sei diversa dagli altri e quindi non tutti riescono sempre a capirti, c'è bisogno di tempo e di conoscerti meglio. Sofia è l'ultima arrivata, cosa vuoi che ne sappia di come funzionano le cose qui o di cosa significa veramente fare la capocommessa.

Irene le sorride. -A volte penso che tu sia troppo buona con me, non mi merito tutta questa gentilezza.

-Guarda che lo penso davvero, non lo dico solo per gentilezza!- si difende Stefania. Ed è vero, non le sta dicendo tutte quelle cose solo per circostanza o pietà o solidarietà tra colleghe. Anche Stefania si è sempre sentita un po' diversa dagli altri, forse è proprio per quello che riesce a capire bene Irene, in un certo qual modo. Moltissime volte le è stato detto di essere troppo eccessiva in quello che fa, troppo ossessionata, troppo entusiasta, troppo appassionata, troppo emotiva, troppo sensibile. Proprio come Irene, anche lei fa spesso fatica a trovare il giusto mezzo nelle cose.

Solo che a differenza di lei, Irene non si sente inadeguata per questo. O perlomeno, in realtà molto probabilmente sì, ma non lo mostra. Al di fuori Irene ha fatto di tutto ciò una corazza che indossa con fierezza e che non esita a mostrare al mondo, si fa vedere forte, decisa, convinta, non lascia che nessuno la intralci nel suo cammino, o perlomeno, fa il possibile per impedirlo. Voleva il ruolo di capocommessa e alla fine se l'è preso, in un modo o nell'altro. Stefania, al contrario, è sempre così insicura, così esitante, non sa mai cosa dire o cosa fare per piacere agli altri. Irene per lei è stata come un modello di riferimento, fin dal suo primo giorno al Paradiso, e questo vale sia nel lavoro che in generale. È una cosa di cui Stefania ha sempre sentito la mancanza nella sua vita: crescere senza una madre e con un padre poco presente non l'aveva aiutata molto, e la figura della zia Ernesta spesso non si era rivelata un modello adeguato ai suoi bisogni e alle sue aspettative. Stefania aveva avuto bisogno di una persona che la guidasse, e invece non c'era nessuno. Con Irene invece, adesso ha finalmente una persona che la indirizza, la consiglia, la aiuta, la ascolta, si prende cura di lei, le sta vicino. Se non fosse stato per lei, molto banalmente avrebbe finito per passare la scorsa serata in camera sua a disperarsi per tutte le attenzioni che non riceve da Federico invece di godersi una serata spensierata tra amiche nella nuova casa di Gabriella.

In qualche strano modo, è come se Stefania si sentisse un po' come se lei e Irene non fossero altro che due facce della stessa medaglia, la cui base di fondo è in realtà la stessa. Basta pensare a come ha gestito la questione dello spettacolo teatrale: voleva liberarsi della parte di Colombina e non sapeva come fare, ha approfittato del desiderio di Maria di recitare per stare vicino a Rocco e ha scaricato su di lei tutte le responsabilità, fregandosene di quanto fosse vicino lo spettacolo, della mancanza di preparazione di Maria e del poco tempo per fare le prove. Nemmeno troppo distante dal copione che avrebbe seguito Irene in quella stessa identica situazione, se fosse stata al suo posto.

-Irene, sei una capocommessa decisa, pratica, piena di energie, hai esperienza e sei brava a risolvere prontamente i problemi. Se al Paradiso la gente non si è ancora accorta di tutto questo tu devi solo mostrarglielo con i fatti. Ad esempio, questa mattina parlavi di riorganizzare i reparti in modo più funzionale? Allora mettiti d'impegno e facci vedere quello che hai in mente, noi ti seguiamo.

Irene la guarda e le sorride. -Sai, penso che tu sia la prima persona in assoluto ad avere così tanta fiducia in me. Ti prometto che non te ne pentirai.

Negli occhi di Irene torna a brillare una specie di luccichio che mostra chiaramente quanto la sua collega sia convinta della sua idea e di ciò che sta per fare, e Stefania ne è felice. Non importa chi sarà scelta come nuova capocommessa, Stefania sa che raramente qualcuna delle aspiranti candidate potrà avere la stessa grinta di Irene Cipriani.

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Capitolo 4
*** Il primo (fallimentare) non caffè ***


Il primo (fallimentare) non caffè

Ecco che questo romanzo così fittamente intessuto di sensazioni tutt’a un tratto ti si presenta squarciato da voragini senza fondo, come se la pretesa di rendere la pienezza vitale rivelasse il vuoto che c’è sotto. Provi a saltare la lacuna, a riprendere la storia afferrandoti al lembo di prosa che vien dopo, sfrangiato come il margine dei fogli separati dal tagliacarte. Non ti ci ritrovi più. I personaggi sono cambiati, gli ambienti, non capisci di cosa si parla, trovi nomi di persone che non sai chi sono.

 

-Italo Calvino, “Se una notte d'inverno un viaggiatore”

 

Durante il suo primo giorno nella nuova casa, Stefania per poco non fa esplodere la caffettiera in un misero e fallimentare tentativo di fare il caffè.

Nel corso della sua prima notte lì, una miriade di emozioni diverse l'hanno tenuta sveglia quasi fino all'alba: felicità, paura, ansia, gioia, preoccupazione. Guardava le quattro mura attorno a lei, sentiva il respiro di Irene dormire poco distante dal suo letto mentre la sua mente percepiva e registrava tutto ciò che la circondava in maniera... quasi assente. Distaccata, distante. Come se dovesse ancora capacitarsi pienamente del fatto che quella stessa stanza in cui adesso stava riposando insieme alla sua collega sarebbe stato il posto dove avrebbe dovuto vivere per i prossimi mesi, forse anche anni. Come se tutto ciò stesse capitando, ma non a lei. Non veramente. Come se da lì a poco si sarebbe svegliata e la zia Ernesta sarebbe tornata a prenderla per riportarla nella loro casa di Lecco, o forse a Padova da suo papà. Ricordava i pomeriggi passati a fare i compiti nella sua cameretta, a giocare con le bambole e gli animali di pezza o a nascondino nel cortile del suo palazzo con gli altri bambini. Ricordava le cene con la zia, la tovaglia a fiori che usavano o il servizio buono che tiravano fuori ogni volta che avevano ospiti. Stefania si ricorda tutto. È quella casa sua, il posto in cui ha vissuto così tanti momenti fondamentali della sua vita. Quattro mura così tanto piene di significato, di ricordi, persone, voci, emozioni. È lì che Stefania si sente di appartenere. Adattarsi a Milano non era stato facile, ma perlomeno aveva sempre avuto sua zia al proprio fianco, che l'aveva aiutata e sostenuta come sempre aveva fatto. La sua presenza le era stata di grande conforto, soprattutto nei primi tempi, in cui ancora non aveva legato molto con le sue colleghe e si sentiva un po' spaesata.

Adesso invece Stefania è da sola, completamente sola, in una casa che non è la sua e in cui non era nemmeno mai stata fino a pochi giorni prima. Una casa in cui da adesso in poi trascorrerà buona parte delle sue giornate, le domeniche, le mattine, le serate. È contenta, felice, emozionata a riguardo, sa che è la cosa giusta per lei, sa che è quello che vuole, sa che la sua casa di Lecco non andava più bene per lei, che quello non era più l'ambiente giusto. Che stava cambiando, e che con lei era giusto che cambiasse anche ciò che la circondava. Lo sa, razionalmente. Eppure, guardandosi attorno dal caldo del suo nuovo letto quella stanza le era sembrata così vuota. Così spoglia di emozioni, di vita. Semplicemente quattro mura che sembravano sul punto di caderle addosso e inghiottirla nel cuore della notte. Lo sa che è normale, è appena arrivata lì dopotutto, eppure non si è mai sentita così spaesata e disorientata prima d'ora. O per meglio dire, non ha ancora del tutto realizzato ciò che è successo. Il trasferimento era avvenuto così in fretta, e l'ansia e la tristezza di lasciare Federico, le amiche e il suo lavoro l'avevano assorbita così tanto che non aveva neanche avuto materialmente il tempo di chiedersi come stesse vivendo tutti quei cambiamenti, qual era l'impatto emotivo che avrebbero avuto su di lei. È solo ora che è lasciata sola con i suoi pensieri che Stefania si rende pienamente conto della sensazione di vuoto che quel trasloco ha suscitato in lei.

Il giorno dopo è domenica e il primo istinto di Stefania quando entra nella cucina vuota è quello di farsi il caffè. Irene sta ancora dormendo quando si alza, e anche se Stefania non ha un orologio a portata di mano sa che è piuttosto tardi. Non ha dormito molto la notte prima, i pensieri e quelle strane sensazioni di malinconia mista a un qualcosa che non sa ancora bene identificare le hanno impedito di prendere sonno fino a tarda notte. Comunque, Stefania non vuole passare la mattina (o perlomeno quel poco che ne rimane) a letto; è una persona mattiniera, le piace la luce del sole, le piace sentirsi produttiva e approfittare dell'energia per combinare quante più cose possibili. Facendo attenzione a non svegliare la sua compagna di stanza, Stefania raggiunge la cucina. Maria e Anna sono entrambe uscite per la funzione domenicale, lo sa perché la sera prima le hanno chiesto se volesse venire con loro, ma lei aveva educatamente declinato, intuendo che probabilmente avrebbe preferito approfittare della giornata per sistemare le proprie cose e ambientarsi un po' nella nuova casa.

Stefania osserva in silenzio il tavolo vuoto, le sedie, i fornelli, il soffitto, il lavandino... le sembrano tutti elementi estrapolati dalla vita di altre persone e in cui lei si era ritrovata per una qualche bizzarra coincidenza della vita. Come se fosse capitata quasi per caso in un romanzo di cui lei in realtà non faceva parte. Si guarda attorno, cerca di riconoscere i pochi elementi che ha a disposizione ma non ci si ritrova più: le dimensioni della cucina sono cambiate, gli oggetti sono diversi, non sa dove cercare quello di cui ha bisogno, dove siano le pentole, le posate, le tovaglie. I suoi occhi però ad un trattano captano qualcosa di familiare, qualcosa che riesce a riconoscere e a cui si aggrappa saldamente nel momento in cui la vede: una caffettiera. L'oggetto metallico si trova su uno dei fornelli, ed è avvitato. Ed è in quel momento che Stefania sente il forte e improvviso impulso di farsi un caffè.

In realtà, quando era a Lecco non lo prendeva quasi mai, solo se si trovava in compagnia o se le veniva offerto, un po' come pretesto per prendere parte ad una circostanza sociale. Sua zia Ernesta per gran parte della sua infanzia non le ha mai permesso di berlo perché diceva che le faceva male, e le poche volte in cui le è stato offerto il sapore che aveva sentito era stato così amaro da non farle venire voglia di riprovarlo. Però poi si era trasferita in casa Cattaneo e lì il caffè lo bevevano molto più spesso: fermarsi alla mattina a fare colazione e sorseggiare una tazzina le dava spesso un'ottima occasione per scambiare qualche chiacchiera con Federico prima di andare al lavoro, quando ancora viveva con loro. A casa Cattaneo il caffè avevo assunto un significato diverso: era sinonimo di momento di ritrovo, di colazione passata in compagnia, di chiacchiere, di famiglia. E così Stefania, aggrappandosi al lembo di quei ricordi ancora così vividi nella sua mente, si avvia verso la caffettiera e incomincia a svitarla, sperando che il sapore della bevanda calda riesca a riportare a galla almeno in parte quella sensazione di felicità e sicurezza di cui ora sente il disperato bisogno.

In realtà, proprio perché abituata a bere soltanto in compagnia, Stefania in passato non si è ritrovata molto spesso a dover preparare il caffè da sola, anzi, praticamente quasi mai. Certo, la zia Ernesta le ha insegnato e sa che non è complicato. In fondo gli ingredienti sono solo due, acqua e caffè. Quando svita la parte superiore della moka, tuttavia, Stefania vede che il caffè in polvere è già presente all'interno del filtro e che quindi non deve metterne altro. Anche sua zia lo faceva molto spesso: preparava la caffettiera già la notte prima, così che la mattina dopo doveva soltanto accendere il fuoco e aspettare che fosse pronto per gustarsi la bevanda calda, per cui le sembra normale. Stefania lì per lì pensa che le ragazze debbano avere fatto lo stesso in quella medesima circostanza: magari hanno pensato che anche lei e Irene ne avrebbero gradito un po' al loro risveglio e avevano già lasciato la moka pronta apposta per loro. Sorridendo al pensiero del gesto carino delle sue coinquiline, Stefania mette sul fuoco la caffettiera e va a sedersi su una sedia, in attesa che la bevanda sia pronta. Sorride e per qualche ragione immediatamente si sente già meglio. Il pensiero che, di fatto, Anna e Maria abbiano semplicemente fatto il caffè per loro stesse e che, nella fretta di uscire per la funzione domenicale, abbiano semplicemente dimenticato la caffettiera sui fornelli, senza prima lavarla, non la sfiora minimamente.

O perlomeno, non subito. Ci vuole un po' di tempo, ma il sospetto inizia piano piano a farsi largo nella mente di Stefania. Il primo campanello d'allarme è quando passa il tempo, fin troppo tempo, ma ancora del caffè non c'è traccia. Ha anche ricontrollato più volte, ma niente, non è venuto su. Stefania sa che di norma ci vuole sempre un po' prima che sia pronto, ma sono passati più di dieci minuti; l'attesa le sembra decisamente eccessiva. Il secondo campanello d'allarme è quando la moka inizia a fare uno strano rumore, un fischio sottile e acuto che indubbiamente non è un buon segno. È evidente che c'è qualcosa che non va. Cosa dovrebbe fare adesso? Andare a svegliare Irene e chiederle se è normale che la caffettiera stia facendo così? No, non vuole disturbarla mentre dorme. La felicità che stava provando fino a poco prima ora è soppressa per lasciare spazio a un senso di sconforto misto ad angoscia: è la sua prima mattinata all'interno di quella casa e la prima cosa che sta facendo si sta rivelando un completo disastro, ed è una cosa che generalmente ogni persona con un minimo di abilità riesce a fare senza problemi. Cosa fare? Dovrebbe continuare ad aspettare di vedere il suo caffè venire su o spegnere tutto e rassegnarsi? Presa dall'agitazione, Stefania spegne la fiamma e decide che la cosa più sensata da fare è svitare la caffettiera e verificare se l'acqua sia stata effettivamente messa oppure no. Ed è una buona cosa che lo abbia fatto, perché pochi secondi dopo la ragazza osserva inerme il manico della caffettiera staccarsi del resto dell'oggetto metallico e cadere sul fornello. Se fosse stato acceso, probabilmente avrebbe preso fuoco.

Il che porta Stefania in uno stato di agitazione ben più accentuato di quello di prima, molto molto vicino al panico, mentre constata con orrore che ha appena rotto la caffettiera di Anna. Ed è solo il suo primo giorno. Tutto quello che desiderava era farsi un caffè e sentirsi di nuovo emotivamente vicina ai giorni trascorsi a casa Cattaneo, alle mattinate passate con la zia e Silvia e Federico. E il risultato è che ha appena rischiato di mandare a fuoco l'intera cucina. Cosa penserà Anna di lei ora? Se la prenderà con lei? Che cosa può fare per riparare al danno? Immediatamente, il viso di Irene si materializza nella sua mente. Ogni volta che nell'arco dei mesi precedenti ha avuto bisogno di qualcuno, Irene è sempre stata lì per lei. L'ha sostenuta in ogni momento, l'ha guidata, l'ha aiutata sul lavoro e nella sua vita privata, le ha rivolto parole di conforto quando ne aveva avuto bisogno, ma allo stesso tempo era stata anche capace di farla riflettere e spingerla a migliorarsi. Anche adesso, il suo primo istinto era stato immediatamente quello di cercare Irene, di rivolgersi a lei. E così, sentendosi disorientata e insicura e in preda al panico al pensiero della reazione di Anna, Stefania decide di farsi coraggio e rientra all'interno della stanza in cui sa di trovare l'amica, ancora addormentata.

-Irene, - la chiama Stefania timidamente, avvicinandosi al suo letto. -Irene, - ritenta di nuovo, sperando di suscitare qualche reazione da parte della sua coinquilina.

-Mmm, - biascica Irene, senza accennare ad aprire gli occhi.

-Irene, scusami se ti disturbo, avrei bisogno del tuo aiuto, puoi venire un attimo in cucina? - Stefania le spiega, il suo tono concitato fa trapelare tutta la sua agitazione, per quanto in realtà si stesse sforzando di mostrare una parvenza di calma e autoconvincersi di avere il controllo della situazione.

-Che ore sono?- mormora Irene con voce impastata.

-Quasi mezzogiorno, - risponde Stefania, dopo aver buttato distrattamente un occhio sulla sveglia riposta sul comodino dell'amica. Cavolo, quasi mezzogiorno. La messa starà quasi per finire. È una buona cosa che il loro appartamento sia un po' distante dalla piazzetta e che comunque le ragazze si debbano fermare al mercato prima di tornare a casa, sicuramente in questo modo Stefania potrà avere un po' di tempo in più per riflettere sul da farsi.

-Mm, - sbuffa Irene, -cos'è successo?

-Ecco, potrei aver inavvertitamente rotto la caffettiera e rischiato di dare fuoco alla nostra cucina... - spiega Stefania. Sa che forse sta drammatizzando eccessivamente, ma ha come la sensazione che se non esagera un po' non riuscirà a far svegliare la sua compagna di stanza. E comunque al momento è ancora un po' scossa sia da quanto successo sia dal pensiero di aver fatto arrabbiare le sue coinquiline durante il loro primo giorno di convivenza, cosa che vuole evitare a tutti i costi, per cui in fondo la sua enfasi può essere più o meno giustificata.

-E adesso non ho la più pallida idea di che cosa fare perché Anna e Maria ritorneranno a breve e quando lo vedranno penseranno che sono una deficiente perché ho fatto il caffè senza prima controllare che ci fosse l'acqua nella moka e non è colpa mia, la zia Ernesta non lasciava mai la moka sui fornelli senza prima averla lavata, però non voglio che si arrabbino con me e non so cosa fare.

E ho bisogno di te.

-E ho bisogno di te, - ammette, sperando vivamente che Irene l'aiuti. È allora che quest'ultima finalmente apre gli occhi e si gira verso di lei con un sospiro.

-Adesso arrivo, - le promette, stiracchiandosi mentre finalmente si alza dal letto con gli occhi ancora socchiusi. -Vediamo che guaio hai combinato.

Stefania sorride, e immediatamente si sente meglio. Si sente più al sicuro. Prende un respiro profondo e conduce Irene in cucina, facendole vedere il manico rotto.

-E adesso cosa faccio? Se spiego ad Anna cosa è successo e le prometto che domani vado a comprarle una caffettiera nuova secondo te mi perdona? Andrei anche adesso ma tutti i negozi saranno sicuramente chiusi, e poi non conosco ancora bene questa zona...

-Stefania, - la chiama Irene, riportandola alla realtà con un sorriso. -Si è solo rotto il manico, non è successo niente di grave. Si può aggiustare.

-Davvero?- le domanda Stefania, con un'insperata dose di ritrovato ottimismo. Era stata così spaventata che non aveva preso in considerazione quella semplice ipotesi nemmeno per un istante. -E come si fa? Tu sei capace?

-No, ma se mi dai dieci minuti per darmi una sistemata vado a bussare al signor Ferraris e gli chiedo se ci da una mano, magari siamo fortunate e ha un manico di riserva da riattaccare.

-E se non ce l'ha?- domanda Stefania, alquanto preoccupata dall'eventualità.

-Spieghiamo alle ragazze cosa è successo e ne andiamo a comprare uno nuovo domani, - illustra Irene, con tutta la semplicità del mondo. Vedere il suo approccio pratico, pragmatico e concreto a quel problema calma immediatamente la giovane Venere, che si sente subito rassicurata, ridimensionando la portata del danno che aveva causato e del problema. -E comunque queste cose possono succedere quando la caffettiera è già vecchia di suo, è normale, non ti preoccupare, sarebbe potuto accadere a chiunque, - la rassicura nuovamente Irene.

Stefania sospira e annuisce. -Secondo te Anna ci rimarrà male? Sono qui da meno di un giorno e guarda quanti danni sto già facendo.

-Beh, nessuno dice che lei e Maria lo devono venire a sapere se adesso noi aggiustiamo tutto, - le fa notare Irene, mentre torna in camera per andare a prendere i vestiti e dirigersi in bagno a cambiarsi. -E se invece non si aggiusta mi prenderò io la colpa con loro, sta tranquilla. Dirò che avevo sonno e che non ci ho fatto attenzione, del resto è colpa loro se non l'hanno lavata e l'hanno lasciata sui fornelli, uno giustamente poi si confonde!

Stefania sorride, sentendosi immediatamente meno stupida per il suo errore e più compresa e capita.

-Sei sicura?

-Ma sì, tanto quelle due non vedono l'ora di trovare pretesti per prendersela con me, sono sicura che qualcosa si inventerebbero sicuramente, almeno gli risparmio la fatica.

Stefania accenna a un sospiro divertito. -Grazie. Per farmi perdonare domani mattina ti porto il caffè a letto! - le promette, con un sorriso smagliante dipinto sul viso. Adesso che non è più sola si sente decisamente più rassicurata e tranquilla, e quella traccia fugace di buon umore di prima che aveva provato ripensando al risveglio in casa Cattaneo finalmente ritorna.

-Mi basta che non lo prepari tu e siamo a posto, - scherza Irene, -ah, e ricordati di metterci due cucchiaini di zucchero.

Stefania annuisce, prendendo nota mentalmente della richiesta. Non è sicura se l'amica stia scherzando o se abbia effettivamente deciso di accettare la sua offerta, ma poco le importa, Stefania glielo porterà comunque. È allora che per la prima volta capisce che forse aggrapparsi ai suoi ricordi e cercare di ripristinare gli equilibri familiari perduti di casa Cattaneo non è la strada vincente, non è ciò di cui ha bisogno: forse quello che dovrebbe fare adesso è guardare avanti, e cercare di stabilire nuovi rituali e tradizioni all'interno della sua nuova casa, di ricostruire la nuova se stessa e la sua nuova vita a partire da lì. Ad esempio, adesso sa che è sempre meglio controllare che nella moka ci sia l'acqua e che non deve aspettarsi che la caffettiera alla mattina sia già pronta e preparata la sera prima, soltanto da mettere sul fuoco. Sa che non c'è più sua zia con lei a controllarla in ogni singolo istante, però in compenso ha Irene. Un po' incasinata, un po' disordinata, un po' impulsiva, un po' un disastro a tratti insomma; proprio come lei.


 

Nota dell'autrice

La citazione che ho messo all'inizio è tratta da un libro di Italo Calvino che mi è stato regalato da una mia cara amica e che ho letto in un momento di profonda crisi mistica e mi ha aiutato molto, in qualche strano modo. Vedendo questi episodi del Paradiso ho immediatamente pensato a Stefania e che questo secondo me adesso è esattamente il modo in cui si sente, le cose che sta provando ora, per questo ho voluto rifarmi a quel particolare passaggio. Also mi piace ampliare gli eventi del canon e spiegare meglio cosa stia succedendo, in questo caso il motivo per cui Stefania ha voluto portare il caffè a letto Irene lunedì. Grazie a tutti quelli che si sono presi cinque minuti per leggere!

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Capitolo 5
*** Cartoline ***


 

Una delle (poche) cose di cui Stefania Colombo poteva vantarsi, era quella di essere una discreta osservatrice del genere umano. Certo, in realtà poi era tutto abbastanza relativo, c'erano persone che destavano la sua attenzione molto di più rispetto ad altre, vicende che la intrigavano fino a farle venire voglia di scoprire ogni singolo dettaglio e altre che, al contrario, avrebbe potuto ignorare per il resto dei suoi giorni dormendo sonni tranquilli (diciamo ad esempio le cene che Paola preparava per Franco il sabato sera, senza offesa per Paola e Franco naturalmente). E Tina Amato, indubbiamente, rientrava nel novero delle persone interessanti; così come la sua vita sentimentale, per Stefania, era un argomento che andava sviscerato ad ogni costo. Insomma, c'era davvero bisogno di spiegare il perché? Praticamente stava vivendo il sogno di ogni ragazza della sua età (e sicuramente anche più grande): non solo aveva sposato un uomo intelligente, bello (a giudicare dalle foto che le avevano mostrato del loro matrimonio, perlomeno), acculturato, che condivideva la sua stessa passione e per giunta anche ricco – che come diceva sempre Irene, non guasta mai, anzi, è tutto di guadagnato, e in minima parte Stefania doveva darle ragione – ma grazie a lui aveva raggiunto la carriera a cui aveva sempre ambito, si era trasferita a Londra, una delle città più belle e più moderne d'Europa, e ogni giorno si guadagnava da vivere facendo la cosa che amava più di tutte con lui al suo fianco: cantare. Una storia da sogno tanto quella di Gabriella e Cosimo, se non addirittura di più! Sembrava quasi la trama di un romanzo d'amore tormentato condita da un bel lieto fine, proprio di quelle che piacevano a lei.

Dire che Stefania voleva conoscerne ogni dettaglio, se non altro per poter immaginare e di conseguenza vivere almeno di riflesso una parte di quella vita da favola, attraverso le parole, le storie, i racconti e le esperienze di Tina, sarebbe stato un eufemismo. O perlomeno, questo era quello che Stefania aveva sempre pensato, fino alla prima volta in cui si era ritrovata davanti la famosa cantante, fomentata dall'ammirazione che aveva sempre nutrito per la leggenda di Tina Amato e dalle sue fantasie idealizzate. Adesso che aveva avuto un assaggio di realtà un pochino più concreto, invece, la sua prospettiva era cambiata. Adesso che aveva guardata in faccia Tina, le aveva stretto la mano e aveva avuto l'occasione di scambiare quattro chiacchiere con lei, Stefania stava iniziando a pensare che forse la realtà non era così idilliaca come se l'era immaginata.

La prima volta che avevano parlato, Stefania non aveva pensato niente di che a dire la verità. Era comprensibile; tra l'emozione del momento, la curiosità di conoscerla e il clima di fomento ed emozione generale, anche per il servizio fotografico con le modelle appena svolto, Stefania non aveva nemmeno avuto il tempo necessario a processare a dovere l'incontro, che tra l'altro era durato anche relativamente poco: loro erano dovute rientrare al lavoro dopo la pausa pranzo e Tina era dovuta andare via con la signora Amato, che si era presa il giorno libero (comprensibilmente) per trascorrere un po' di tempo con la figlia. No, i sospetti di Stefania avevano iniziato a sorgere in un'altra occasione: per la precisione durante il loro incontro della mattina dopo, durante la colazione.

Tina era venuta a salutare Maria e fare due chiacchiere con lei, principalmente per sapere del matrimonio imminente con Rocco, ma era stata più che contenta di parlare anche con Irene e Stefania, naturalmente. Era stato allora che quest'ultima aveva notato i primi segnali: tutte le volte che le aveva chiesto di parlare di Londra, della sua carriera, dei suoi progetti, Tina era stata oltremodo sbrigativa. Certo, magari poteva dipendere dal fatto che, dopotutto, Stefania era pur sempre poco più di una sconosciuta per lei, per cui era comprensibile che non si volesse lasciare andare ad un'eccessiva quantità di confidenze... ma aveva comunque trovato il tutto fin troppo sbrigativo. Gabriella era stata a Londra soltanto una settimana in viaggio di nozze e al suo ritorno aveva raccontato così tanto della stupenda capitale inglese che a Stefania era parso quasi di poter vedere davanti a sé il paesaggio e tutti i suoi monumenti. Per non parlare dell'entusiasmo della signora Conti quando era appena tornata da New York! Certo, magari dipendeva dal fatto che Tina avesse vissuto all'estero per tanto tempo e non in qualità di turista, e a un certo punto inevitabilmente la routine e la quotidianità iniziano a prendere il sopravvento sul fascino e l'entusiasmo e si iniziano a notare più facilmente i lati negativi del vivere in una grande metropoli – le folle, il traffico, il rumore, la confusione.

Nonostante questa possibile, ipotetica spiegazione, Stefania aveva sentito dentro di sé che c'era qualcosa che non andava. Al di là delle poche cose che aveva detto, era anche il come le aveva dette che le aveva dato da pensare. Le era sembrata esitante, poco convinta, come se l'argomento la mettesse in qualche modo a disagio perché c'erano delle informazioni che non poteva rivelare, o comunque non voleva. Ma il campanello d'allarme più grande di tutti era stato Sandro Recalcati, il presunto marito di Tina: com'era possibile che la moglie non lo menzionasse mai, nemmeno per sbaglio, e le informazioni su di lui dovessero quasi tirargliele fuori con le pinze? Che la coppia stesse attraversando un periodo di crisi e fosse proprio per quello che era saltata la prima tappa del tour in Sud America? Stefania non poteva esserne certa, naturalmente, ma dentro di sé sentiva che c'era qualcosa che non andava. Doveva essere successo qualcosa a Londra che aveva fatto saltare gli equilibri della coppia, magari un diverbio, una litigata, un'incomprensione, e ora Tina si era presa una pausa ed era tornata a Milano, dalla sua famiglia.

Quella sera Stefania, durante la cena di gruppo a cui erano andati tutti insieme dopo il servizio fotografico per il “Paradiso Market”, aveva avuto l'ennesimo segnale a conferma dei suoi sospetti. Aveva osservato Tina senza dare troppo nell'occhio, e di nuovo le stesse dinamiche si erano ripetute. Sviava quanto più possibile le domande sulla sua carriera, la sua vita, su Sandro, e cambiava argomento parlando del Paradiso, di Parigi, di Milano, delle sue vecchie amicizie. Che avesse qualcosa da nascondere era chiaro come il sole. E Stefania avrebbe mentito se avesse detto che non le interessava minimamente sapere cosa fosse.

Da un lato era consapevole del fatto che non erano affari suoi, che spettava a Tina scegliere se e quando parlarne, che un ipotetico fallimento del proprio matrimonio non era certo un argomento facile da affrontare... ma Stefania voleva saperne di più. Naturalmente chiederglielo in modo diretto era fuori questione, però, di fatto, non c'era nulla che le impedisse di confrontarsi con le sue amiche per tentare di mettere insieme quante più fonti possibili, no? Del resto era questo che faceva un buon giornalista: non si basava su semplici speculazioni e ipotesi ma su realtà comprovate. Poteva essere visto come una sorta di esercizio in preparazione al suo futuro, in qualche modo. Proprio per questo aveva chiesto a Irene e Maria, non appena erano rientrate a casa, se avevano voglia di una tisana. Ed entrambe avevano ingenuamente accettato, senza sapere che avrebbero presto partecipato, seppur inconsciamente, alla sua prima pseudo indagine.

-Certo che solo a te poteva venire in mente di prendere una tisana quando fuori fa ancora questo caldo, - proruppe Irene, dopo essersi quasi scottata la lingua; come al solito, la sua mancanza di pazienza l'aveva spinta a bere anche se la bevanda era ancora troppo calda, tutto perché non aveva voglia di aspettare e si scocciava. Stefania guardò l'amica e sorrise, pensando che fosse una metafora perfetta per descrivere il suo carattere.

-Irè, se per te questo è caldo meglio che in Sicilia non ci vieni proprio, - fece presente Maria, prendendo le parti della più giovane. -A Partanna in questo periodo ancora trenta gradi ci sono. Secondo me si sta bene, poi prima ha piovuto, fa anche un bel freschetto, una tisana ci voleva.

-Infatti, ci aiuta a sentire meglio l'atmosfera autunnale, - confermò Stefania con soddisfazione.

-Non me lo ricordate per favore, - aggiunse Irene, con il suo solito tono tragico e volutamente esagerato, -io mentalmente sono ancora in estate.

-Eh certo, figuriamoci se questa è contenta di tornare a lavorare e rassettare, - la riprese scherzosamente Maria, rivolgendosi a Stefania.

-Beh scusa tanto se a me piace rilassarmi e godermi la vita! Non siamo mica tutte fanatiche come te e la signora Amato, - si difese prontamente Irene.

In effetti che la signora Agnese fosse un po' esagerata era innegabile, sarebbe andata a lavorare anche con quaranta di febbre pur di non deludere il dottor Conti; Stefania da un lato ammirava tutta quella dedizione. Certo le piaceva il lavoro da venere, ma non al punto da essere pronta ad arrivare a quei livelli; anche per questo stava incominciando piano piano a prendere in considerazione un'altra strada per il suo futuro, a cercare un impiego che la facesse davvero sentire realizzata e che le facesse venir voglia di non perdere nemmeno un giorno di lavoro.

-Irene non si tratta di essere fanatiche, come dici tu, si tratta di avere responsabilità e senso del dovere, è così che fanno le persone serie, - replicò Maria con convinzione.

-Appunto, sai che noia, - controbatté prontamente Irene. -Che male c'è a divertirsi un po' anche sul lavoro e renderlo un po' più piacevole?

In effetti, detta così Irene sembrava sostenere una tesi quasi valida. Stefania si trovava combattuta tra quei due diversi punti di vista: da un lato era d'accordo con Maria quando diceva che bisognava dimostrare serietà sul lavoro e impegnarsi a fondo in ciò che si faceva, ma dall'altro era anche vero che se si poteva avere la vita un po' più facile e un po' meno faticosa, perché rifiutare? In fondo, una cosa non escludeva l'altra.

-E che ti devo dire, io non la vedo così. Per carità c'è un tempo per riposare, andare al mare, divertirsi, poi però bisogna lavorare e rimboccarsi le maniche, non solo per portare i piccioli a casa ma anche per una questione di responsabilità. Ho ragione o no Stefà?- domandò Maria infine, rivolgendosi a Stefania per avere la sua opinione.

Chiamata a schierarsi, la più giovane delle tre tergiversò qualche istante. Stava per aprire bocca, quando Irene la precedette e aggiunse:-Stefania è d'accordo con me, ovviamente! Se potesse altre due settimane di mare con Federico se le farebbe eccome, non è vero?

-Prima cosa, ti ho già detto che la cotta per Federico è acqua passata ormai, quindi al massimo le settimane di mare me le farei con Clarke Gable o Marcello Mastroianni, - ironizzò lei.

-Però, ha mire semplici la ragazza, - commentò scherzosamente Irene, facendo ridere anche Maria.

-E secondo, io penso che una cosa non debba escludere necessariamente l'altra. Prendi noi veneri ad esempio: sì, lavoriamo ogni giorno con serietà e facciamo il possibile per accontentare le clienti, ma è anche vero che una volta ogni tanto ci prendiamo delle pause e ci mettiamo a chiacchierare anche se siamo in orario di lavoro. Bisogna solo trovare la giusta via di mezzo, - concluse infine, in un certo qual modo orgogliosa delle doti diplomatiche appena esibite. Certo, del resto per vivere con due persone come Irene e Maria, praticamente agli antipodi e in disaccordo su tutto, un terzo elemento che porti un po' di diplomazia è praticamente necessario se si vuole evitare che scoppi la guerra civile.

-Ecco, hai detto bene Stefà, una giusta via di mezzo, - si inserì Maria, -Irene invece la moderazione manco sa dove sta di casa, capito?

La giovane siciliana si portò alle labbra la tazza con la tisana e ne bevette un sorso e subito dopo le altre due ragazze seguirono il suo esempio. Adesso che non era più bollente, finalmente potevano godersi la bevanda calda senza rischiare di ustionarsi.

-Lo dici come se fosse una cosa negativa. La moderazione ti porta solo fino a un certo punto nella vita, secondo me, - si difese Irene. -Se non si rischia e ogni tanto non si fanno scelte drastiche poi si rimane sempre bloccati nello stesso punto. Guardate Tina, senza andare troppo lontano. Se si fosse accontenta della via di mezzo avrebbe continuato a vivere a Milano, a lavorare al Paradiso, a fare le lezioni di canto con Recalcati e ogni tanto avrebbe fatto una serata in qualche locale prestigioso. Non avrebbe potuto sposare l'uomo che amava perché era divorziato e non si sarebbe messa contro la sua famiglia per fare contenti tutti. Invece ha osato, si è opposta, ha dato scandalo, ma alla fine ha raggiunto la sua felicità.

-Sì ma che c'entra Tina ora con il fatto che tu sei pigra e vuoi vivere una vita in vacanza, amunì! - la rimproverò Maria, non lasciandosi incantare da Irene e la sua parlantina. Ormai la conoscevano abbastanza bene da capire quando stesse usando la sua retorica per rigirare la frittata e dimostrare di avere ragione, anche nei casi in cui aveva palesemente torto. Tuttavia, adesso che l'argomento “Tina” era entrato nel discorso e in maniera tutto sommato spontanea, Stefania doveva approfittarne prima che cambiassero argomento.

-Però c'è da dire che anche Tina ha trovato un buon compromesso tra dovere e piacere: suo marito è anche il suo produttore, meglio di così! Certo, detto tra noi, mi aspettavo che la cosa la entusiasmasse un po' di più, ma magari dopo due anni è anche normale che arrivino la routine e la monotonia...

Naturalmente Stefania non era una stupida, aveva pronunciato quella frase in modo volutamente vago, così da spingere le sue coinquiline a chiederle di elaborare il concetto. Almeno così non sarebbe sembrato che era lei quella che voleva parlare di Tina a tutti i costi. E infatti, la sua affermazione fu accolta da occhiate un po' interdette.

-Cosa intendi dire Stefà?- domandò subito dopo Maria, un po' confusa. -Non ti seguo.

-Ma no, niente, magari è stata solo una mia impressione... è che da come parlava non mi è sembrato che andasse pazza per il suo lavoro, tutto qua. Ha detto a malapena due parole sul fatto che ogni tanto si mette un bel vestito e va a cantare! Mi sarei aspettata qualcosina di più, ecco... - commentò Stefania, con un po' di delusione nella voce.

-E cosa volevi, che ti dicesse che a cantare ci va su una carrozza a forma di zucca trainata dai cavalli?- le rispose Irene, con il solito sarcasmo che la contraddistingueva. -Anche tu quando sei entrata per la prima volta al Paradiso eri al settimo cielo e volevi vedere tutti gli abiti e gli accessori di tutti i reparti, adesso è solo il grande magazzino in cui lavori cinque giorni a settimana.

Stefania annuì e sorseggiò la sua tisana mentre Irene parlava. In effetti era vero ciò che stava dicendo, la sua vena idealista spesso le faceva trascurare il realismo delle situazioni (come ad esempio il fatto che Federico non l'avrebbe mai considerata come qualcosa di più di una sorellina o una cuginetta). Per fortuna, Maria non sembrava pensarla nella stessa maniera:

-Ragazze detto tra noi, devo ammettere che un poco strana Tina mi è parsa pure a me. All'inizio pensavo che fosse solo una mia impressione, ma adesso che mi dici che lo hai notato pure tu Stefà... Poi non lo so, anche questa cosa che non vuole parlare di Sandro... mi sembra strana.

In che senso Tina non voleva parlare di Sandro? C'era forse qualcosa che Maria sapeva di cui lei non era a conoscenza? Certo, visto che lavorava a stretto contatto con la signora Amato era molto probabile che la sua coinquilina non avesse detto quella frase a sproposito.

-In che senso Tina non vuole parlare di Sandro?- domandò Stefania, curiosa di avere più dettagli.

-Ma guardatevi un po', poi la pettegola qua dentro sarei io, eh, - si inserì Irene, con finto fare rimproverante. In realtà, Stefania era perfettamente consapevole del fatto che lei fosse interessata all'argomento tanto quanto lo erano lei e Maria.

-Ma che c'entra adesso, si fa per dire, - obiettò Maria, subito sulla difensiva, -mica lo stiamo dicendo con cattiveria, per carità.

-Infatti, e poi sappiamo tutte e tre che sei curiosa di sapere anche tu, - fece notare Stefania.

Irene non replicò, lasciando che Maria rispondesse finalmente alla domanda più rilevante all'interno del discorso.

-Allora, io ufficialmente non vi ho detto niente, però la signora Agnese mi ha raccontato che Tina da quando è tornata giusto due parole in croce su Sandro ha detto. Dice che non ne vuole parlare e ogni volta che fanno il suo nome lei fa una faccia e cambia subito argomento. Non lo so... secondo lei quelli sono in crisi e hanno qualche problema, però Tina dice che va tutto bene, che è tutto a posto e che non c'è niente da raccontare. Sinceramente io non so che pensare.

Stefania la guardò negli occhi e annuì in segno di comprensione, poi continuò a bere la sua tisana. Dunque i suoi sospetti non erano campati per aria, anche altre persone avevano notato lo strano comportamento di Tina! Però se nemmeno la signora Agnese aveva capito la motivazione ufficiale, probabilmente la cantante aveva scelto di non parlarne con nessuno, almeno per il momento, e non c'era tanto che lei potesse fare per ottenere più informazioni, se non rivolgersi direttamente alla diretta interessata – cosa che naturalmente, almeno per il momento, era fuori questione.

-Brutto segno in effetti... - convenne Irene, stringendosi nelle spalle.

-Ma magari può essere che sia soltanto lei che è timida e riservata, - ipotizzò Stefania, nonostante a primo impatto la ragazza non le avesse fatto esattamente quell'impressione.

-Tina?!- domandò Irene con incredulità.

-Timida e riservata, idda? - le andrò dietro Maria. -Non dico che siamo agli stessi livelli di Irene, ma poco ci manca...

-Guarda che io so essere molto discreta quando voglio, per tua informazione!- si difese Irene, con una punta di indignazione. -Ci sono cose di me che nemmeno voi sapete, - aggiunse poi con fare vago e un po' misterioso.

-Sì, certo, ci credono tutti proprio - la ignorò Maria, -comunque Stefà, ti assicuro che Tina non è il tipo di persona che si fa problemi a parlare della sua vita, anche perché Sandro è suo marito, non ci sarebbe niente di male.

-Poi certo, non vogliamo sapere proprio tutti i dettagli di quello che fanno, ma almeno qualcosina potrebbe raccontarci, - osservò Irene, guadagnandosi un colpetto sul braccio da parte di Maria come ammonizione.

-Irene! Ma ti pare che son cose da dire queste? - la riprese la siciliana, quasi indignata.

-Perché, che ho detto di male? Figurati se mi interessa sapere certi dettagli! - si affrettò a chiarificare Irene, forse temendo che Maria potesse avere in qualche modo frainteso.

-Una brava ragazza certe cose non le deve nemmeno pensare, - replicò Maria con serietà, quasi come se stesse ripetendo con fedeltà ciò che le era stato inculcato e si era sentita dire almeno un miliardo di volte nella sua infanzia e giovinezza.

-Che esagerata... - rispose Irene, senza insistere ulteriormente sull'argomento. In effetti Maria non era esattamente la persona ideale con cui affrontare certe tematiche, convenne Stefania tra sé e sé.

-Comunque, alla fine Tina ha detto che partirà tra poco per il tour in America latina, no? Ecco, se lei e Sandro partono insieme vorrà dire che è solo lei che è un po' stanca ma che le cose vanno bene, - rifletté Stefania ad alta voce.

-Ma sì, sicuramente sarà così, magari siamo solo io e la signora Agnese che vediamo problemi dove non ce ne sono e ingigantiamo le cose... - le diede ragione Maria. Stefania si chiese se per caso stesse alludendo a qualche circostanza particolare, o se lo dicesse così tanto per dire.

-Se invece inventa una scusa e rimane a Milano ancora per un po', allora abbiamo ragione noi e tra lei e Sandro è successo qualcosa, e sicuramente non sarà nulla di buono, - controbatté Irene.

-Lo sai Irene, la cosa che mi piace di te è che hai sempre una buona parola per tutti, vedi sempre il lato positivo delle cose - la prese in giro Maria, con eccessiva enfasi ed evidente ironia nella voce.

-Guarda che io a Tina voglio bene, non lo dico certo per portarle sfortuna o alimentare le malelingue eh, sono solo realista, - si di difese l'altra. -Oggettivamente il suo comportamento è strano e più di una persona lo ha notato, quindi non è da escludere che decida di fermarsi qua a Milano per un po' in attesa che le cose con il marito si sistemino.

Stefania non poteva nemmeno darle tutti i torti, tristemente.

-Vabbè ma che c'entra, noi speriamo che non succede e che tra lei e Sandro è tutto a posto, così partono per il tour e pure le cartoline ci mandano, - si augurò Maria. -Domenica a messa accenderò un cero per lei, va'.

-Cioè fammi capire, tu per lei il cero lo accendi e per noi che dobbiamo tornare al lavoro, avere a che fare con le clienti e stare in piedi otto ore al giorno neanche una misera candelina?! - scherzò Irene, fingendosi scandalizzata mentre mostrava tutta la sua drammaticità. Stefania sorrise divertita.

-Irene, con le candeline ti do fuoco agli smalti se non la smetti con 'sti discorsi, - la minacciò Maria, strappando una risata a Stefania.

-Ah, pure?! Guarda, appena divento ricca e vado anche io in Sud America stai pur certa che le cartoline te le scordi, manco le calamite da frigo ti porto.

Mentre lasciava che le sue coinquiline andassero avanti con i battibecchi (avrebbe quasi potuto giurare che quello era il loro strano modo di dimostrarsi affetto e stima reciproca, bisognava soltanto saper leggere tra le righe... righe molto molto strette, certo), Stefania pensò tra sé e sé che una versione di sé stessa più giovane e immatura avrebbe probabilmente letto volentieri un bel articolo su una rivista di gossip con qualche titolo creato ad hoc per attirare la curiosità dei lettori, come ad esempio: “Quando l'amore finisce: problemi in Paradiso per Tina Amato?”, magari anche pieno di esagerazioni e speculazioni spesso infondate per creare clamore e sostenere la tesi che il divorzio fosse il male della società. Beh, se doveva essere sincera anche la versione di sé stessa di un anno prima, quando aveva da poco incominciato a lavorare al Paradiso ed era ancora su di giri per Federico, sarebbe stata interessata a leggere una roba del genere.

Adesso invece le cose erano cambiate. La sua prospettiva era cambiata. Lei era cambiata. Prima pensava che il matrimonio non fosse altro che una favola che durava per sempre, un “per sempre felici e contenti” trasposto nella vita reale. Adesso invece, dopo un anno trascorso a Milano in cui aveva avuto occasione di conoscere tante persone diverse, ognuna con la sua storia da raccontare e con il proprio bagaglio di esperienze e di vita sulle spalle, Stefania aveva capito che il concetto di amore e di famiglia assumevano tante sfaccettature diverse e che il matrimonio era semplicemente una delle tante e, come tutte le cose, racchiudeva in sé sia lati positivi che negativi, luci e ombre e un numero troppo grande di sfumature per poter essere semplicemente ridotto a una questione di bianco e nero. Clelia e Luciano con il loro amore tormentato erano stati i primi a dimostrarle che tutti i matrimoni non implicavano necessariamente che ci fosse amore, e tutti gli amori non implicavano necessariamente che ci fosse anche un matrimonio di mezzo. Soltanto perché un prete non aveva ufficializzato la loro unione, non significava che loro due, Carletto e il loro bambino non fossero una famiglia. Allo stesso modo lei, pur non avendo più una mamma, aveva incontrato diverse figure materne nel corso del suo cammino: la zia Ernesta a Lecco, Irene a Milano e un pochino anche la signorina Moreau, soprattutto sul luogo di lavoro. Questo naturalmente non diminuiva l'importanza della sua madre biologica, ma al contrario dimostrava che ogni situazione e ogni persona assumevano un significato e un'importanza diversa in base a tante variabili che non tutti necessariamente conoscevano o avevano gli strumenti per comprendere.

Per cui, se anche si fosse scoperto che il matrimonio tra Tina e Recalcati era finito da tempo, Stefania non l'avrebbe giudicata male, né avrebbe pensato che il loro amore aveva avuto meno valore soltanto perché non era durato per l'eternità. Al contrario, la Stefania del presente sarebbe stata curiosa di scoprire con un sincero interesse le cause della fine della loro relazione, e magari, dopo aver scambiato due chiacchiere con Tina, al posto di un articolo pieno di frivolezze e falsità avrebbe preferito scrivere un'interessante riflessione sul divorzio: era davvero una minaccia alla famiglia e alla cristianità, come la zia Ernesta e tante altre persone le avevano spesso ripetuto con cieca convinzione, o era semplicemente un'opportunità di ricominciare e rifarsi una vita dopo un amore finito? Stefania la sua risposta l'aveva trovata, e si augurava che anche Tina, nella malaugurata ipotesi in cui Sandro fosse ormai parte del suo passato e alla fine non ci fosse alcun tour in sud America, avrebbe saputo rialzarsi e ricominciare, magari proprio lì a Milano, con loro. E poi ora le cartoline nemmeno le interessavano più: belle e pittoresche, certo, ma statiche e immobili; adesso invece preferiva la realtà, con tutto il caos, il movimento e le contraddizioni che aveva da offrirle.

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