Nothing To Prove di LaMicheCoria (/viewuser.php?uid=53190)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Marauders Era ***
Capitolo 2: *** 2. Prima Guerra Magica ***
Capitolo 3: *** 3. Seconda Guerra Magica ***
Capitolo 1 *** 1. Marauders Era ***
ntp
I
personaggi non mi appartengono,
La storia
è scritta senza fine di lucro.
Nothing
to Prove
- I'm falling asleep with
you.
Torre dei Grifondoro.
Dormitorio degli studenti del Sesto Anno.
"Moony? Che hai? Non dormi?"
Remus non risponde ed incassa la testa nelle spalle,
lasciando sporgere unicamente il principio della fronte ed un ciuffo
di capelli.
Fuori un lampo illumina la silhouette di Sirius, la mano
che scosta la tenda del baldacchino, poi di nuovo ombra, il buio, la
pioggia copre il passo felpato, l'accartocciarsi delle lenzuola si
mescola al fragore del tuono.
"E' inutile che fingi. Quando dormi fai uno strano
rumore, come se avessi la bacchetta incastrata dentro una narice.”
Il corpo dell'amico scivola contro il suo, il petto gli
preme contro la schiena, la punta dei capelli gli solletica la curva
dell'orecchio.
“Allora? Cosa sta combinando quella tua lunatica
testolina? Mancano pochi giorni, ormai.”
Remus vorrebbe sbuffare, ma tenta di fingersi
addormentato ancora per un po'.
Dannazione, lo sa che mancano pochi giorni alla
luna, Sirius non deve fargli alcun memorandum: il corpo ed i sensi e
le emozioni non fanno che ricordarglielo, non gli danno requie, sente
le nevrosi accumularsi dentro lo stomaco e salire e salire e salire
ed il mal di testa acquattarsi lì, al congiungersi delle
sopracciglia, alla radice del naso, e le pupille scavare fosse
roventi dentro le orbite e la luce è una staffilata tra le ciglia, è
un coltello che affonda dentro il cranio, arriva alla nuca, si
liquefa, pus che si raggruma acido a stritolare la cervicale, a
tendere dolorosamente i muscoli del collo e delle spalle, mentre il
respiro artiglia polmoni e trachea e gola, tanto che persino
respirare è un atto suicida. Il profilo dei denti gli taglia la
lingua e le guance, ed il sangue che ne stilla è dolce e amaro, è
fame ed è sete, è colpa, raccapriccio, è desiderio, è brama, è
desiderio di follia, di perdizione, di odori e profumi ed erba umida
tra le dita e terra sulla pelle accaldata, stelle di rugiada sulle
labbra, sulle unghie, sotto i palmi delle mani, sotto le piante dei
piedi.
“Ehi? Moony, sei tutto sudato. Scotti!”
La tentazione di ridere è forte, questa volta. Remus si
trattiene soltanto perché sa quanto sarebbe orribile quella
risata sulla propria bocca: a differenza della risata di Sirius, così
simile ad un latrato, che gli arroventa le labbra e che gli vibra
nella gola con tale bellezza da rasentare la perfezione, il proprio,
ironico ululato avrebbe il potere di far accapponare la pelle a
chiunque.
Quando ride così, quando la voce gli si assottiglia in
un guaito stridente, Remus sente letteralmente la Belva dentro di lui
farsi strada, spingere, sgomitare, come un bolo infetto, come un
boccone avvelenato che dallo stomaco cerca la via d'uscita attraverso
la bocca. È così sbagliato che il corpo stesso si ribella,
rigetta se stesso, si prepara a combatterlo, in armi, un nemico, un
avversario, un mostro da abbattere a costo della vita.
La temperatura schizza alle stelle e la febbre lo assale
e i brividi scrosciano, a cascata, una secchiata di gelo e di arsura
ed il sudore ingiallisce la pelle e insozza le cornee e ingrigisce le
gengive e offusca la vista e gocciola dalle sopracciglia sulle tempie
e gocciola, gocciola, gocciola dal mento lungo il pomo di Adamo e
suda ovunque e ovunque gela e ovunque ha dolore e ovunque i muscoli
si tendono in spasmi, in crampi, come se un enorme Lupo li addentasse
brano a brano, facendo schioccare le mandibole, strappando,
lacerando, nutrendosi di lui ora dopo ora, ogni minuto più famelico
fino a quando non sarà abbastanza in forze da stracciarsi le sue
membra febbricitanti di dosso e sollevare il muso al cielo e annusare
a pieni polmoni, con le narici frementi, la dolceamara pazzia del
mondo circostante.
Dietro di lui, Sirius si stende sul fianco e gli cinge
la vita con un braccio, allungando le dita a cercare la sua mano.
Remus vorrebbe scacciarlo via, ringhiare il proprio
fastidio, abbaiandogli di andarsene, mostrandogli i denti, gli occhi
di fuoco e di oro e di baleno, rivoltarsi contro di lui, morderlo,
azzannarlo alla gola ed al cuore. La sua mente inselvatichita è
ottenebrata dal fastidio, dall'insonnia, nel petto di Remus
s'innalzano picchi di rabbia e di malessere e di furia e di nausea.
“Tranquillo.” sussurra Sirius ed egli ne può
avvertire il battito cardiaco, così calmo, così sereno,
tranquillizzante, dettare il ritmo del singhiozzo aggrappato alla
gola, insegnandogli di nuovo a respirare, a ritrovarsi nelle ampie
sorsate d'aria con cui si riempie la bocca ed il petto. La mano
dell'amico gli è di nuovo cara e Remus stringe la presa, serra gli
occhi, si rannicchia contro di lui, alla ricerca di conforto e
rifugio.
“Tranquillo. La affronteremo insieme.” ripete
Sirius, che ora ha appoggiato la tempia contro la sua, al punto che
le loro ombre sono ora l'abbraccio di un'unica forma “Ci sono io
con te. Non ti lascio solo.”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** 2. Prima Guerra Magica ***
ntp2
A Sia_,
nella speranza di poterle dare
conforto e serenità
ed un enorme abbraccio
a distanza.
Periferia di Londra.
Casa di Remus Lupin.
“Ahia.”
“Non fare il bambino.”
“Non sto facendo—Per Merlino, Moony! Pensavo volessi
rimettermi in sesto! Così peggiori la situazione.”
“La
prossima volta, se proprio devi, fatti colpire in punti facilmente
disinfettabili.”
“Tranquillo, metterò dei segni dov---Ehi! Di nuovo!”
“Scusa. Oh...accidenti.”
“Accidenti? Cosa vuol dire accidenti?”
“Non ho mai visto l'inchiostro Babbano reagire ad una
ferita da Incantesimo.”
“Hanno colpito il mio tatuaggio nuovo?!”
“Sì. E dovresti vedere questo pus violaceo che sta
uscendo...”
“Potresti almeno evitare il tono sornione da
accademico, grazie?”
Remus sorride e continua a lavorare in silenzio per una
ventina di minuti.
Sirius si è tolto la camicia e la giacca di pelle -La
terza da buttare in sei mesi, ed il bagliore opaco dei lampioni che
arriva dalla strada gli accarezza la pelle nuda, contando una ad una
cicatrici e ferite, la traccia nera dei tatuaggi, lo sporgere della
clavicola, la curva del mento.
Il compagno si piega a prendere la sigaretta sul
posacenere del comodino ed i capelli scendono scarmigliati a coprire
una striscia di sangue, uno sbuffo scarlatto teso dall'orecchio
destro fino allo zigomo.
“Ti ho preparato il bagno.” annuncia
Lupin, una volta finito di medicarlo, e gli si siede accanto,
provocando un cigolio di protesta da parte del materasso. Per un po'
osserva la punta della sigaretta, lo sfrigolio della fiamma crepitare
e cricchiolare, ingemmando di rosso le ciglia dell'altro.
Il mondo, là fuori, è orrore e raccapriccio e dolore e
morte e veleno. Il mondo è impazzito, il mondo è un luogo oscuro, è
una notte perenne dove non ci sono né luci né stelle a segnare il
cammino, dove non esistono amici, conoscenti, mani tese o gentilezza,
ma soltanto ombre, solo e soltanto ombre, sussurri a mezza bocca,
sguardi funerei e terrore e paura e brividi ed oppressione e manca il
respiro e il cuore romba dentro al torace, affonda, affoga, e si
perde la presa e si smarrisce la via e si rimane soli, soli, soli.
Soli.
“Quanto ci sono andati vicini, questa volta?”
Sirius alza le spalle, soffia via un filo di fumo,
schiocca la lingua sul palato e infine poggia gli avambracci sulle
ginocchia.
Se non fosse per i suoi occhi, per le sue iridi chiare,
limpide, per il modo in cui sorride curvando l'angolo sinistro della
labbra, per il suo accendere giradischi con un colpo di bacchetta,
per i suoi stivali di pelle nera, morbida, per il modo in cui li
allaccia, con cura, occhiello dopo occhiello, la schiena curva in
controluce, il ginocchio piegato, la suola spinta contro il mobile ai
piedi del letto, un melodia cantata a mezza bocca; se non fosse per
il suo porridge, quel porridge per cui lui, Remus, lo prende
costantemente in giro facendogli notare quanto somigli ad un
agglomerato di croccantini posticci; se non fosse per la perfezione
con cui le ciocche nere gli si inanellano alle dita, con cui i palmi
si riempiono della sua figura e le dita del suo corpo, se non fosse
per questo e per molto altro, per milioni e milioni di minuscoli
gesti e per l'interezza di Sirius, per ogni suo frammento, per ogni
sua gioia e tormento, lui, Remus, sarebbe perduto.
“Abbastanza.”
ammette “Uno Schiantesimo mi ha colpito di striscio e mi ha
stordito.” si schiarisce la gola “James mi ha spinto via prima
che la Maledizione mi raggiungesse. Ho visto quell'orribile luce
verde passare sopra le nostre teste e ho pensato---” con la mano
libera si stropiccia le palpebre, quindi si copre la bocca, lasciando
che le parole fluttuino via, sospese tra loro, come il fumo della
sigaretta.
Remus gli stringe il polso tra le dita, inclinando
appena il capo per raggiungere il suo sguardo.
“Chi è
stato?”
“Bellatrix.” un latrato amaro sulla bocca,
un'espressione di sfida, di irriverenza sul volto -E di paura, nel
fondo delle pupille “Le ho detto che il giorno in cui avrà tanta
fortuna da farmi fuori non è ancora arrivato. Ho parecchie ragioni
per non morire.”
L'altro sospira e si tende a togliergli la sigaretta di
mano. Sirius si gira di scatto, finalmente sorride, sembra persino
sorpreso da tanta, improvvisa sfrontatezza.
“E quali sarebbero
queste fantomatiche ragioni, Pads? Sentiamo.” lo canzona Remus e
ride, getta indietro la testa e il compagno lo spinge con le spalle
contro il materasso ed abbassa il viso e con le labbra gli sfiora lo
zigomo ed il mento e con la punta del naso gli accarezza collo e
gola.
“Addormentarmi accanto a te ogni notte, Moony, tanto per
cominciare.” bisbiglia e un po' di cenere cade sul tappeto -E a
Remus non potrebbe importare di meno “E svegliarmi al tuo fianco,
ogni giorno, ogni mattino. Finché potrò farlo, finché ci sarà
concesso di stare insieme, credimi, nessuna Maledizione, nessun
Mangiamorte, né parente disfunzionale potrà impedirmi di vivere.”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** 3. Seconda Guerra Magica ***
ntp3
Grimmauld Place n.12,
Sala dell'Arazzo.
“Sirius, che hai? Non dormi?”
L'uomo è seduto a terra, con le gambe raccolte al
petto, i capelli un groviglio floscio incastrato a forza nella coda
di cavallo -E pensare, si dice Remus, a quante volte vi ho passato le
mani, a quante volte ho rigirato quelle ciocche nere tra le dita,
sulla riva del Lago Nero, mentre la Piovra allungava pigramente i
tentacoli e Sirius mi faceva poggiare la nuca in grembo ed io gli
solleticavo il mento con la punta della piuma...
“Come faccio a dormire con Kreacher che borbotta in
continuazione?” replica l'altro “Sembra che il non farmi chiudere
occhio sia diventato il suo scopo esistenziale.”
Remus vorrebbe credergli, ma per quanto l'Elfo Domestico
detesti Sirius e gli renda la vita difficile, sarebbe da ingenui
imputare a lui tutta la colpa. I sussurri e i borbotti e le
maledizioni e gli insulti di Kreacher sono alla portata d'orecchi di
tutti, ma ci sono altri bisbigli, in quella casa, altre accuse, di
cui Sirius è il solo bersaglio -E Remus lo sa. Ricordi annidati
negli angoli, pronti a ghermirlo, a saltargli addosso, a negargli il
sonno, a turbare il sogno e la veglia.
L'ex professore gli si avvicina, ma non si siede, rimane
in piedi con le mani affondate nelle tasche dei pantaloni lisi. Con
gli occhi segue i tralci dorati della famiglia Black che si
intrecciano e si intersecano, nodi scorsoi di sangue che un secolo
dopo l'altro si raccolgono a formare il cappio che si serra al collo
dell'amico.
“Non mi hai parlato della tua vita qui.” gli fa
notare -Non c'è accusa, nella sua voce, è soltanto una
constatazione “James mi disse che non avevi raccontato niente
nemmeno a lui.”
“Non volevo che il peso di questa casa e di questa
famiglia rovinasse ciò che di più bello avevo.” risponde allora
Sirius. Inclina la testa, per guardarlo, quindi storce la bocca e gli
fa cenno di mettersi accanto a lui. “Era come sentire qualcosa
qui.” si tocca il petto col pugno “Del veleno. Parlarne era come
stillare una goccia di più, ogni singola volta. Temevo avrebbe
finito col consumarmi, se glielo avessi permesso. La Nobile e
Antichissima Casata dei Black.” recita, un verso di disgusto sulla
punta della lingua “Il tormento peggiore che potessi dare a mia
madre non era tanto negare la mia discendenza, quanto impedirle di
far parte della mia vita. Dimostrarle quanto poco mi importasse di
tutto questo, del Sangue Puro, della schiatta. Gridare a lei e al
Mondo Magico che ero fiero di me non per il cognome che portavo, ma
per il modo in cui i miei amici mi chiamavano per nome.”
Gli occhi di Sirius, ingrigiti dal tempo, si sollevano a
cercare quelli di Remus. Piano, perché all'altro sia concesso
distogliere lo sguardo senza sentirsi in difetto.
“Il modo in cui tu mi chiamavi per nome,
Moony.”
Sono trascorsi anni. Hanno attraversato il buio e
l'inferno, il lutto, la sfiducia, le loro anime sono state fatte a
brandelli, il loro spirito spezzato, eppure Lupin si sente tremare
come la prima volta che ha sentito l'ansito di Sirius posarsi come un
bacio sulla spalla nuda.
Sono vecchi, sono stanchi, sono marci, irranciditi,
rinsecchiti, sono ombre, niente più che ombre di un passato lontano,
ritagli di giornale, figure sfocate, ormai immobili, su una logora
fotografia in seppia, ma eccoli, per un attimo, un brivido, un
momento, di nuovo ragazzi, non ancora adulti, un sussurro, Remus, un
bisbiglio, Sirius, eccoli che sgranano un rosario di baci l'uno dalla
bocca dell'altro, mani che cercano mani, il nome di Remus, i denti
chiusi sulla gola e sul collo ora teso, il nome di Sirius, la schiena
inarcata, il palmo che scivola a tracciare la curva dello sterno, il
nome di entrambi, il ventre incavato, i tatuaggi che premono contro
le dita, Sirius, le ginocchia che schioccano mentre si piegano,
flettono, la pelle grigia che si colora, Remus, s'ingemma,
s'arroventa, e la carne fragile che quasi si spezza, il bacino
strettosi per l'inedia, la mancanza, la solitudine, un latrato,
Remus, un guaito, Sirius, mandibole serrate, Remus, sfiato, Sirius,
tensione, Sirius, gemito, Sirius, rilascio, Remus si ritrova coi
gomiti puntellati sul tappeto tarlato, ingoia ossigeno a sorsate,
trema, si abbandona con la guancia contro il pavimento. Sirius si
lascia cadere al suo fianco, la mano destra sulla pancia, il braccio
sinistro a coprire il viso, il mento e gli zigomi arrossati e magri.
Lupin si stende sul fianco e richiama l'attenzione
dell'altro con la punta del piede.
“Non nascondere la coda tra le zampe, ora, Pads.”
Black gira il viso nella sua direzione, la mano
sollevata sulla fronte, lo fissa -Quindi scoppia a ridere. È un
suono così forte, genuino, che sulle prime Remus lo osserva
istupidito, quindi si arrende e ride, ride anche lui, ride di se
stesso, ride di entrambi, ride e basta, ride perchè ha tenuto tanto,
ha tenuto troppo dentro e adesso deve liberarlo, deve,
non può, non può non farlo, non può sciogliersi in quella risata
che continua, non smette, frantuma il silenzio mentre rotola sul
ventre per raggiungere il corpo nudo dell'amico. Gli cinge la vita
col braccio, solleva appena il busto, abbassa le spalle e quando sono
fronte contro fronte ecco che la risata s'abbassa, s'affievolisce,
muta in lacrime, le mani di Black alle tempie, il naso che sfiora il
suo, pianto nel pianto, respiro dentro al respiro, l'uno dentro
all'altro ad una profondità che va oltre il fisico, oltre la carne,
oltre il tempo e lo spazio, in un ritaglio di adesso sospeso
tra ciò che è stato e potrebbe essere, un equilibrio di sensi che è
la cristallizzazione perfetta del Tutto e dell'Insieme.
“Chiamami sempre così.” sussurra Sirius, tanto
vicino al volto dell'altro che le ciglia s'intrecciano e si serrano
tra loro come mani, come dita “Sempre così. Che io possa morire
prima di sentirmi chiamare da te con dolore e sofferenza. Possa
morire, Merlino mi sia testimone.”
Bisogna fare attenzione a ciò che si promette, a ciò
che si giura.
Sirius è già sordo quando l'urlo di Remus cerca di
afferrarlo dall'altra parte del Velo.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=3964487
|