Phoenix Feather Camp

di Signorina Granger
(/viewuser.php?uid=864554)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Selezione OC ***
Capitolo 3: *** Capitolo 1 - L'arrivo dei campeggiatori ***
Capitolo 4: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 6 - Giornata in spiaggia ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 - In campo ***
Capitolo 10: *** Capitolo 7 - Movie Night ***
Capitolo 11: *** Capitolo 9 - Caccia alla bandiera ***
Capitolo 12: *** Capitolo 10 - Bake Off: Camp Edition ***
Capitolo 13: *** Capitolo 11 - Gelosie ***
Capitolo 14: *** Capitolo 12 - A.C.C.I.O. ***
Capitolo 15: *** Capitolo 13 - E alla fine arriva Mamma ***
Capitolo 16: *** Capitolo 14 - Scimmiette e fucili ***
Capitolo 17: *** Capitolo 15 - Ultimo giorno al Camp ***
Capitolo 18: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Phoenix Feather Camp
 
 
25 Giugno, Cairngorms, Scozia
 
 
L’estate era agli albori, ma la valle che si estendeva tra le bassi cime dei Cairngorms era scossa da una brezza fredda che faceva rabbrividire la ragazza dall’incarnato pallido che sedeva su un vecchio baule volgendo lo sguardo attorno a sé come fosse in attesa di qualcosa.
Se un Babbano – o anche un mago – avesse scelto quel momento per passare di lì, di certo si sarebbe domandato che cosa diavolo ci facesse una giovane ragazza sola e seduta su un baule nel bel mezzo di quelle lande desolate. A dire il vero, aguzzando la vista ci si sarebbe accorti che non era sola: un grosso cane dall’ispido pelo grigio le stava vicino, e la giovane lo abbracciava stringendolo a sé. Un altro cane, uguale al primo, si rotolava sul prato accanto alla padrona, che rabbrividì leggermente e intensificò quasi senza volerlo la stretta sul grosso cane.
 
“Forse siamo arrivati troppo in anticipo, eh Solomon?”
L’enorme levriero irlandese – che, sedutole accanto, aveva la testa praticamente alla medesima altezza di quella della padrona – la guardò con curiosità, e Priscilla scosse il capo con un sospiro rassegnato: ancora una volta il suo timore di poter tardare l’aveva fatta arrivare troppo presto, tanto che dei suoi compagni non v’era alcuna traccia.
 
Lo sguardo della strega – quasi celato dai capelli scuri della ragazza, che impossibili da domare le finivano quasi sempre davanti al viso – indugiò sul vecchio stivale che giaceva al suolo a pochi metri da lei. La Passaporta doveva essere quella.
O almeno così si ritrovò a sperare, visto e considerato che stava iniziando a temere di essere arrivata nel posto sbagliato.
 
Fortunatamente, il sonoro “crack” tipico della Materializzazioni giunse ben presto a toglierle ogni dubbio: udendo quel suono la giovane strega alzò lo sguardo di scatto mentre Stirling, il secondo cane, smise di rotolarsi pigramente sull’erba secca per mettersi a sedere, guardingo.
Rincuorata, Priscilla guardò con un sorriso sollevato la figura familiare e alta di un uomo avvicinarlesi con un baule che lo seguiva a mezz’aria, le mani nelle tasche e un’espressione seria, quasi annoiata, sul volto.
“Buongiorno Professor MacMillan.”
“Signorina Edgecombe… La Professoressa Campbell?”
Giunto davanti alla studentessa, Philip la guardò scuotere il capo, mormorando che era il primo ad arrivare. Per tutta risposta, il mago sospirò e alzò gli occhi al cielo: per qualche strano motivo, si era aspettato che la collega sarebbe arrivata in orario. Un errore assolutamente ridicolo, visto e considerato da quanto si conoscevano.
“Beh, ha lei la seconda Passaporta, quindi spero vivamente che si faccia viva in frett-“
 
Sfortunatamente, Philip non riuscì a finire la frase: un secondo, sonoro schiocco lo interruppe, e un istante dopo il mago si ritrovò dritto disteso al suolo mentre i cani di Priscilla – scattati entrambi in piedi a causa del fragore – prendevano ad abbaiare furiosamente.
 
“Solomon! Solomon, su, da bravo, non è niente… anche tu Stirling.”
Priscilla fece cenno ai cani di avvicinarlesi, calmandoli con qualche carezza affettuosa mentre cercava con tutte le sue forze di trattenere le risate: sapeva per esperienza che il Professor MacMillan non amava essere deriso, e lungi da lei iniziare col piede sbagliato fin dal primo giorno.
 
“Cavolo, che tempaccio, fa un freddo polare! Salve Eden!”
La donna che si era appena Materializzata nella valle – apparendo, per qualche assurda coincidenza, dritta nel punto in cui si trovava il collega e finendo così col cadergli sopra – rivolse un sorriso vivace alla studentessa, che ricambiò timidamente mentre l’insegnante non sembrava accorgersi di essere seduta sulla schiena del collega.
“Hai intenzione di stare lì tutto il giorno?!”
Sentendo la voce soffocata del collega, Margot sobbalzò: Merlino, ma dov’era? Che ormai sentisse la sua voce persino nella sua mente?
“Emh, professoressa…”


Trattenendo a fatica una risatina, Priscilla indicò timidamente il Professor MacMillan, che aveva tutta l’aria di essere sul punto di commettere un omicidio. Fu allora che Margot abbassò lo sguardo e si rese conto della gaffe, spalancando i grandi occhi azzurri prima di alzarsi in tutta fretta:
Porca Tosca, scusa Phil… non mi ero proprio accorta… Tutto bene?”
“Certo, mi sono appena piombati addosso 65 kg, ma figurati, sto alla grande…”
 
Ignorando la mano che la collega gli porse, Philip si alzò rassettandosi i vestiti e senza badare all’espressione sgomenta che si palesò sul volto della donna, che lo guardò mettendosi le mani sui fianchi:
“Chi ti ha detto che peso 65 kg? Non lo sai che non si fanno insinuazioni sul peso di una signora? Giusto perché tu lo sappia, peso il giusto per la mia altezza.”   Margot distolse lo sguardo, offesa, e Philip alzò gli occhi al cielo una seconda volta – aveva l’impressione che prima o poi avrebbero finito col bloccarglisi, di quel passo – prima di borbottare qualcosa:
“Ossia di un metro e un tappo di bottiglia… comunque, quando mi importerà del tuo peso, te lo farò sapere.”
 
“S-scusate… credo che stiano arrivando gli altri.”
Con i due levrieri sempre seduti accanto a lei, Priscilla indicò la valle alle spalle dei due insegnanti, che si voltarono giusto in tempo per veder apparire un alunno dietro l’altro, tutti con bauli – e chi animali – al seguito.
Il volto di Margot si rilassò, sfoderando il medesimo sorriso allegro con cui era arrivata nella valle, un vecchio orologio in tasca e il suo baule abbandonato sull’erba.
 
“Beh, sembra che stiamo per iniziare! Ma Phil, dove sono gli altri?!”
Forse sono scappati, se avessimo avuto più cervello l’avremmo fatto a nostra volta.”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
……………………………………………………………………….
Angolo Autrice:
 
Se cercate una storia seria, mi sento in dovere di avvertirvi dal principio che molto probabilmente questa non lo sarà: dopo omicidi, misteri, segreti, interrogatori e storie dolorosamente interrotte ho sentito il bisogno di cimentarmi in qualcosa di estremamente leggero e divertente.
Come si può intuire, la storia verterà su studenti di Hogwarts, ma sarà ambientata lontana dal castello, in un camp creato dopo la guerra contro Voldemort: la storia è infatti ambientata ai giorni nostri, quando i ragazzi della New Generation sono in parte già diplomati, mentre quelli più giovani (Es: Lily Potter, Hugo, Louis, Dominique e Lucy Weasley o Lysander e Lorcan Scamandro) frequentano ancora Hogwarts. Ci saranno sicuramente delle menzioni e se volete il vostro OC può essere amico di alcuni di loro, ma NON compariranno nella storia.
 
Regole:
 
  • Le iscrizioni sono aperte fino al 24/02, avete tempo fino alle 19 per mandarmi le schede. Le proroghe verranno concesse senza problemi se richieste con dignitoso anticipo, possibilmente non il giorno stesso, avete pur sempre tre settimane, ritengo che sia tantissimo tempo.
  • Sono ben accetti OC appartenenti a note famiglie magiche, ma per ovvi motivi vi chiedo di evitare cognomi come Potter, Weasley, Malfoy o Paciock. Inoltre, tenete conto che siamo dopo la guerra, quindi è probabile che alcune famiglie abbiano subito certe ripercussioni in quanto ex sostenitrici di Voldemort.
  • La storia è ambientata agli inizi delle consuete vacanze estive dei ragazzi, e gli OC devono aver terminato il sesto anno.  
  • Potete partecipare con al massimo 2 OC, e devono essere di sesso diverso. Accetto amici, fratelli e cugini, e se volete potete mandarmi un insegnante.
  • Non accetto Animagus o Lupi Mannari, vampiri, mezze Veela ecc
  • E' un po' una sciocchezza, ma vi chiedo un favore per i PV dei ragazzi: visto e considerato che ci saranno anche gli insegnanti, vi chiedo di cercare di mandarmi personaggi che effettivamente siano più giovani dei loro professori. Insomma, se volete mandarmi un giovincello cercate di evitare persone palesemente coetanee di Emilia Clarke.
  • Regola di sempre dei tre capitoli: va commentato almeno un capitolo ogni tre, altrimenti il vostro OC verrà eliminato (e dopo due capitoli di fila non commentati il personaggio non apparirà nel terzo). In più, sarebbe cosa gradita ricevere responsi alle domande che farò… dopotutto la storia è “Interattiva” per un motivo.
 
Regole per gli insegnanti (non ne sceglierò più di un paio al massimo):
  • Devono avere minimo 25 anni
  • NON ci saranno relazioni insegnante/alunno.
  • Non sono disponibili i posti di insegnante di: Trasfigurazione, Antiche Rune, Erbologia (ricordiamo che al momento il nostro Neville è insegnante), Pozioni e Divinazione (sì, la Vecchia Pipistrella e il Tricheco sono ancora lì).
 
Qualche informazione sul Camp:
  • Ci troviamo sempre in Scozia, sulle sponde del Loch Lomond.
  • Per la gioia dei fanciulli, potranno usare la magia ma non ci saranno Elfi, quindi dovranno arrangiarsi in pulizie, faccende e anche la cucina.
  • I ragazzi possono essere stati iscritti per più ragioni: può essere una sorta di punizione abnorme inflitta direttamente dalla scuola, o una costrizione per via di una media molto bassa. (Tra le altre cose i ragazzi studieranno, quindi in questo caso consideratelo come i temibili debiti estivi delle superiori) In alternativa, possono essere stati iscritti comunque dai loro genitori infami per levarseli di torno per un altro mese e perché “studiare non fa mai male”, oppure essersi anche iscritti di loro spontanea volontà, chissà, magari perché il loro fratello/migliore amico era costretto ad andarci e hanno agito per solidarietà.
Questo per dire che non devono essere per forza tutti tipi da riformatorio o capre senza alcuna voglia di fare. xD
 
 
Schede:
 
Studenti
 
Nome:
Casa:
Stato di sangue:
Ruoli:* (Nel Quidditch, come Prefetti o nei vari Club)
Prestavolto:
Aspetto:
Segni particolari (allergie, cicatrici o segni fisici in generale, ma anche abitudini, tic di vario genere ecc):*
Abbigliamento:
Descrizione psicologica:
Descrivere il suo percorso ad Hogwarts:
Perché si trova al Camp:
Materie che gli piacciono e non/dove va bene e dove no:
Background e famiglia:
Passioni/talenti:
Fobie/debolezze:
Amicizie:
Orientamento sessuale:
Relazione:
Animale:* (vanno bene anche creature magiche di modeste dimensioni, specificare se lo porterà con sé o no)
Se ci ha pensato, cosa vorrebbe fare dopo Hogwarts:
Amortentia:
Altro:
 
Insegnanti
 
Nome:
Età:
Ex Casa:
Stato di sangue:
Materia che insegna:
Prestavolto:
Aspetto:
Segni particolari (allergie, cicatrici o segni fisici in generale, ma anche abitudini, tic di vario genere ecc):*
Abbigliamento:
Descrizione psicologica:
Descrivere il suo percorso ad Hogwarts:
E’ felice di trovarsi al Camp? Si è offerto o lo hanno costretto?
Background e famiglia:
Passioni/talenti:
Fobie/debolezze:
Amicizie:
Orientamento sessuale:
Relazione: (specificare se ne ha già una)
Animale:* (vanno bene anche creature magiche di modeste dimensioni, specificare se lo porterà con sé o no)
Amortentia:
Altro:
 
 
 
*: i punti non sono obbligatori
 
 
Detto questo, ecco i miei insegnanti che accompagneranno i ragazzi in questa sfortunata “vacanza”:
 
Margot Campbell, 33 anni 
Insegnante di Trasfigurazione, ex Tassorosso, Eterosessuale

1b0129bd00a3242c1500cd01ebd5ef233e103e7f689e33a313beb0c70c2cb1aa  

Philip MacMillan, 32 anni
Insegnante di Antiche Rune, ex Corvonero, Eterosessuale
 
a5d0c99fe6f139925043cab6f5b33d42fa353f06565b0bd55f04aa196504f691  

E la mia pulcina:
Eden Priscilla Edgecombe*
Corvonero, Club di Pozioni, Eterosessuale
 
eed7febbd8828b73badcfb171ae494381e372b537834cfa3a555ff2ddd3f3b45  
 
*per l’amor del cielo no, non è parente di quella pigna di Marietta Edgecombe.
 
 
Detto ciò vi saluto, a presto e buona giornata.
Signorina Granger

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Selezione OC ***


Selezione OC
 
 
Lilian e Shou Park si Materializzarono nella valle insieme, ciascuno reggendo le gabbiette dei rispettivi animali e stringendo il manico del proprio baule.
Quando Lilian aprì i grandi occhi scuri la prima cosa che fece fu abbassare lo sguardo su Sahara, il suo Fennec, per assicurarsi che la volpe stesse bene. Come Regina, la gatta nera di Shou, il piccolo predatore non sembrava affatto felice di aver subito la sua prima Smaterializzazione e si acquattò tremante sul fondo della gabbietta.
“Remy come sta?”
Lilian allungò un dito per cercare di calmare Sahara e parlò senza guardare il cugino, che per tutta risposta lanciò un’occhiata di sbieco alla gabbietta del suo ghiro prima di alzare gli occhi al cielo: neanche la Materializzazione era riuscita a svegliare il suo pigrissimo animaletto.
“Dorme, come al solito.”
 
“Lily!”


La Grifondoro alzò lo sguardo da Sahara e si ritrovò ad incurvare verso l’alto gli angoli delle labbra carnose quando scorse Priscilla, che dopo averli visti si stava avvicinando di corsa sorridendo e con i riccioli scuri che si muovevano ad ogni passo.
“Ciao Prisci. Sei arrivata un’ora prima?”
“No, solo venti minuti!”
Priscilla si fermò davanti all’amica prima di abbracciarla e Lilian asserì che stava migliorando mentre gli enormi cani grigi della Corvonero seguivano trotterellando la padrona, avvicinandosi curiosi alle gabbiette dei due ragazzi.
“Giù le mani.”
 
Che i cani e le volpi non andassero d’accordo era cosa nota, e Lilian sollevò la gabbietta di Sahara lanciando occhiate quasi minacciose ai due cani, facendo ridacchiare Priscilla mentre Solomon e Stirling la guardavano mortificati:
“Non preoccuparti, sono abituati ad essere circondati da altri animali a casa… Non li abbiamo mai usati come cani da caccia. Fate i bravi.”
La Corvonero accarezzò le teste dei due cani – entrambe quasi all’altezza del suo petto – con affetto, parlando con un tono ancor più morbido e gentile del solito.
Bimba, Regina non sta comunque gradendo, credo…”
 
Shou lanciò un’occhiata dubbiosa alla sua gatta, che stava osservando sospettosa i due cani mentre i due la guardavano curiosi con la lingua di fuori, tutto fuorché minacciosi.
 
“Col gatto di mia madre vanno d’accordo, penso proprio che Regina sia al sicuro. Lo so che sono enormi, ma sono buoni.”
Priscilla sorrise a Solomon, grattandogli le orecchie con affetto mentre Lilian allungava dubbiosa una mano verso Stirling, guardando il levriero dal pelo ispido annusarla prima di darci una leccatina e permetterle di accarezzarlo.
 
“Pensi che potremmo addestrarli per rovinare tutti i vestiti di Jessica Everett?”
Priscilla rise, ma Lilian non ebbe il tempo di dirle di essere più seria che mai, perché udì una voce canzonatoria fastidiosamente nota salutare lei, il cugino e l’amica:
“Ecco i miei amichetti preferiti! La Cinese si è svegliata male stamani?”
 
Lilian non rispose, trattenendosi dal lanciare la gabbietta di Sahara contro quell’idiota di Malai Johansson per il pessimo soprannome con cui le si era rivolto. Malai glie l’aveva affibbiato ormai anni prima, e Lilian continuava imperterrita ad infuriarsi ogni volta in cui il Tassorosso la chiamava in quel modo. Ricordargli che di cinese non aveva nulla, avendo invece origini thailandesi e coreane, era sempre stato totalmente inutile.
“Ciao Ugola di Buddha, Cavolfiore… hai portato le guardie del corpo?”
Avvicinatosi agli amici, Malai sorrise a Solomon e a Stirling e allungò una mano per accarezzarli sotto lo sguardo esasperato di Lilian e contrito di Priscilla, che guardò i cani avvicinarsi al Tassorosso scodinzolando.
“Smettila di chiamarla così, idiota!”
Sbuffando, Lilian mise un braccio sulle spalle dell’amica, che si rigirò tristemente una ciocca di capelli attorno al dito pallido prima che la Grifondoro le scoccasse una seria occhiata di rimprovero, intimandole che prima o poi avrebbe dovuto imparare a rispondere a tono.
“Non fa niente, infondo è vero che i miei capelli mi fanno sembrare un cavolfiore. E poi so che Malai mi vuole bene.”
Priscilla si strinse nelle spalle, sfoderando un piccolo sorriso benevolo mentre Malai, quasi assalito dai due cani che lo avevano preso in simpatia e cercavano di mettergli le zampe anteriori sulle spalle, asseriva serio in volto che fosse “il cavolfiore più tenero mai esistito”.
Shou sorrise, ma Lilian non imitò il cugino e lanciò un’occhiata cupa all’amica, poco convinta.
“Non parlo di Riccioli d’Oro, parlo in generale! Ma non fa niente, se Jessica Everett ci disturba useremo i tuoi cani giganti.”
Quasi pregustando l’immagine della sua compagna di scuola più odiata inseguita dai colossi pelosi di Priscilla, Lilian sorrise sognante mentre Shou alzava gli occhi al cielo:
“Per fortuna non condividerò l’alloggio con voi, non vorrei essere nei panni delle altre ragazze…”
Lo dici solo perché avresti paura che le ragazze possano rubarti i cosmetici.”
 
*
 
“Tu prendi le ragazze, io i ragazzi.”
“D’accordo, ma la tua Passaporta parte per prima.”
 
Margot fece vagare lo sguardo sui ragazzi del VI anno, tutti divisi in piccoli gruppetti e impegnati a chiacchierare e salutarsi, prima di infilarsi una mano nella tasca dei jeans sbiaditi dove custodiva il vecchio orologio da taschino ormai fermo trasformato in Passaporta.
Phil, in piedi accanto a lei, lanciò un’occhiata al vecchio stivale abbandonato al suolo prima di fare qualche passo avanti e chiamare i ragazzi a gran voce, invitandoli ad avvicinarsi:
“E vedete di stringervi, non ho intenzione di tornare indietro a recuperare altra gente.”
Gli occhi chiari di Philip vagarono sui ragazzi, sui loro bauli e sulle gabbiette che molti stringevano.
 
“Merlino, ci mancava solo lo zoo… Ma chi è l’idiota che gli ha permesso di portare i loro animali?!”
“A dire il vero, l’idiota in questione sono io.”


Alle sue spalle, Margot incrociò le braccia al petto e lanciò un’occhiata torva al collega, guardandolo voltarsi e lanciarle un’occhiata piuttosto esasperata, come a chiederle il motivo di quella pessima decisione.
“Beh, ho pensato che per loro sarebbe stato più piacevole avere con sé i proprio animali…”
“Margot, prima o poi realizzerai che molti di loro sono in punizione?! Non è una vacanza!”
 
“Lo so questo, ma non sono dei criminali.”
Margot si strinse nelle spalle, e Phil sospirò prima di lanciare un’occhiata esasperata a Hiro Davies e al Demiguise che gli si era appollaiato sulle spalle:
 
“Un Demiguise? Davvero? Davies, mi spieghi dove diavolo pensi di metterlo?”
“Ma Professore, c’era scritto che potevamo portare i nostri animali, entro certi limiti di dimensioni!”
Hiro si strinse nelle spalle mentre trasportava il suo baule trascinandolo sull’erba secca, e Phil maledisse mentalmente la sua collega mentre Malai, procedendo accanto a Shou, ne approfittava per sottolineare il suo disappunto per non aver potuto portare il proprio animale.
“Che animale sarebbe, Johansson?”
“Un semplice ed innocuo Thestral!”
Malai assunse la sua espressione più innocente, e Phil udì Margot ridacchiare alle sue spalle prima di lanciare al ragazzo un’occhiata di sbieco, rammentando gli avvertimenti fattogli dalla madre del ragazzo solo una settimana prima:
“Ah, certo, così poi avrei dovuto prendere la scopa e inseguirti a bordo di un invisibile cavallo volante scheletrico!”
 
Malai sorrise angelico – non ci aveva pensato, ma sarebbe stata un’idea geniale, fuggire a bordo di Poldo –, ma cogliendo lo sguardo ammonitore di Margot decise di lasciar perdere: sua madre e la Professoressa Campbell erano amiche, e Demelza gli aveva assicurato minacciosa che avrebbe chiesto spesso alla collega resoconti dettagliati delle sue bravate.
 
“C’è qualcun altro che possiede animali strani? Qualche uovo di drago nel baule?”
“No Professore, solo uova di Occamy.”
 
Emyr si fermò davanti alla Passaporta accanto ad Hiro, appoggiando il proprio baule sull’erba e infilandosi le mani nelle tasche. Di fronte allo sguardo dell’insegnante abbozzò un sorriso, assicurandogli che stesse scherzando mentre Philip tirava un sospiro di sollievo, ingrandendo leggermente lo stivale affinché tutti potessero toccarlo accovacciandosi sul prato.
 
 
“Ma perché ci sono solo loro? Credevo avremmo avuto più insegnanti.”
Rimasta dov’era e con la gabbietta sempre in braccio Lilian aggrottò la fronte, e Priscilla asserì di non averne idea mentre una terza ragazza bionda – stringendo un piccolo carlino in braccio – si avvicinava alle due con un variopinto vestito azzurro dalle maniche a sbuffo addosso e un baule al seguito:
“Probabilmente accompagneranno quelli del V anno. Pare che ci sarà il Professor Hawkes.”
“Ah, questo spiega tutto! Ecco perché siamo in così tante ragazze! Ma come fai a saperlo? E quando sei arrivata?”
Lilian aggrottò la fronte e lanciò un’occhiata sinceramente perplessa all’amica, guardando Tallulah fermarsi accanto a loro prima di appoggiare il cane sull’erba, permettendogli di giocare con Solomon e Stirling.
“Adesso. Sono arrivata in ritardo per colpa di mia madre.”
La Corvonero sbuffò, ma salutò con un sorriso i due grossi cani dell’amica prima di guardarli giocare con Pikachu, che sebbene fosse infinitamente più piccolo dei due levrieri aveva smesso di esserne spaventato dopo le numerose visite fatte a casa di Priscilla.
“Che è successo?”
Priscilla spalancò leggermente gli occhi chiari, curiosa, ma Tallulah scosse la testa scura in volto e cercando di rimuovere quelle fastidiose ed imbarazzanti immagini:
“Non volete sapere che cosa ha cercato di mettermi nel baule per… non lo so, fare campagna tra voi ragazzi, preferisco non saperlo. Comunque, Malai ha sentito sua madre parlarne con la Campbell, scherzavano sul fatto che molte ragazze si sarebbero iscritte se l’avessero saputo. E in effetti…”
 
 
Dopo averle rapidamente contate, Margot confermò che tutte le ragazze erano presenti, così sfoderò il suo sorriso migliore – quello con cui accoglieva sempre i ragazzini spaventati del primo anno alla loro prima lezione di Trasfigurazione, condito da manciate a manciate di dolcetti – e mosse qualche passo in avanti, avvicinandosi al punto in cui collega e studenti erano spariti un paio di minuti prima:
“Bene graziose signorine, prego avvicinatevi. So che speravate che ci fosse un certo mio collega ad accompagnarvi, ma dovrete accontentarvi di me, temo.”
Margot sorrise e, estratto l’orologio dalla tasca, lo lanciò sul prato nel punto in cui il primo gruppo era scomparso mentre alcune ragazze ridacchiavano.
“Professoressa, quello non le sembra un po’ piccolo?”
Blodwel, ignorando il riferimento al Professore di Aritmanzia, aggrottò la fronte e accennò all’orologio ammaccato prima che Margot le sorridesse gentilmente, annuendo:
“Giusta osservazione… Ma rimediamo subito. Engorgio.”
 
L’orologio s’ingrandì, diventando almeno sei volte il normale mentre le studentesse gli si stringevano attorno circondate da averi e animali.
Tallulah, che aveva ripreso Pikachu in braccio, guardò dubbiosa la Passaporta e poi si rivolse all’insegnante, il tono velato da leggera preoccupazione:
“Professoressa, non pensa che viaggiare così possa essere dannoso per i nostri animali, vero?”
“Sì, c’è la possibilità che scompaiano per sempre, sì.”
 
Margot parlò con una stretta di spalle, rigirandosi la bacchetta tra le dita mentre molte delle studentesse sbiancavano. Blodwel inarcò un sopracciglio, dando una gomitata a Marlowe – che teneva il suo Asticello su una spalla – prima di borbottare che di certo l’insegnante stava scherzando.
Effettivamente, Margot si affrettò a sorridere e ad assicurare loro che scherzava, facendo tirare a molte un sospiro di sollievo. L’unica a non sembrare del tutto convinta fu Priscilla, che stringeva a sé entrambi i cani con le braccia pallide e sembrava sul punto di svenire.
 
“Prisci, tranquilla, sta scherzando.”
“Siamo sicuri che stia scherzando?!”
Lilian annuì fermamente al pigolio preoccupato dell’amica, assicurandole di non doversi preoccupare prima che Margot, cogliendo la preoccupazione generale, sorridesse allegra:
“Beh, se volete posso sempre trasformare momentaneamente i vostri animali in oggetti, così ci togliamo il dubbio!”
Il sonoro e perentorio diniego generale la face sbuffare, borbottando che di quel passo gli studenti sarebbero diventati noiosi quanto il Professor MacMillan.
 
*
 
“Professore, perché ci mettono tanto ad arrivare?”
“Non lo so Nithercott.”
 
Merlino, fa che abbiano preso la Passaporta
 
Alla domanda di Lancelot, seduto su un grosso masso con il suo grosso gatto sulle ginocchia e impegnato a guardarsi attorno con discreta curiosità, Phil sospirò e lanciò un’occhiata piuttosto speranzosa al suo orologio da polso.
Forse non avrebbe dovuto lasciare le ragazze nelle mani di Margot. Non gli restava che sperare che non fosse finite in qualche dimensione alternativa.
Chi l’avrebbe sentita, poi, la McGranitt?!
 
“Chiedo scusa, ma perché non siamo apparsi direttamente al campo?”
Bel, seduto accanto a Lancelot, inarcò un sopracciglio e si rivolse all’insegnante di Antiche Rune mentre il gruppo aspettava in una sorta di radura circondata da pioppi bianchi.
Shou, inforcati un paio di occhiali da sole, si era seduto sul suo baule con delle cuffie nelle orecchie, ignorando bellamente le lamentele di Malai sulla “lagna lagnosa coreana” che l’amico stava ascoltando mentre Remy, svegliatosi dal suo sonnellino, gli passeggiava sulle ginocchia.
 
“Perché degli incantesimi di protezione impediscono di Materializzarsi, Smaterializzarsi o anche entrare con una Passaporta dentro i confini. I Babbani ovviamente non possono farlo, ma per noi l’unico modo per arrivare è varcare i confini normalmente. Da cui proseguiremo in un altro modo.”
Scacciando con una smorfia schifata una cimice che gli si era posata su una gamba,  - maledetta giungla scozzese! –  Philip non fece in tempo a rispondere alla seconda domanda di Bel, che gli chiese educatamente come sarebbero arrivati al campo.
Un attimo dopo il giovane insegnante tirò un sospiro di sollievo, alzandosi quando Margot apparve nella radura insieme ad un vecchio orologio magicamente ingrandito e alle ragazze, alcune piuttosto pallide e frastornate per l’effetto della Passaporta.
 
“Eccoci qui! Controllate rapidamente di non aver lasciato arti, averi o animali tra i Cairgorms, prego.”


Margot, che a differenza di molte ragazze era atterrata con grazia sull’erba, sorrise a Phil prima di raggiungerlo con il bagaglio al seguito.
“Collega, come mai quella faccia? Non ti piace stare in mezzo alla natura?”
Philip accennò al suo maglione a trecce in cashmere, inarcando un sopracciglio con puro scetticismo mentre guardava il maglione verde mela fatto in casa di Margot, pieno di fiorellini ricamati e dall’aria particolarmente morbida:
“Sono vestito come uno che ama la natura? Diamoci una mossa, non vedo l’ora di arrivare…”
“Tranquillo, hai una vera scozzese a farti da guida. Voi a sud di Hawick* siete così snob e poco pratici…”
 
 
“Sahara, sei tutta intera? Meno male…”
Lilian – dopo essersi alzata da terra ignorando i risolini di Shou e Malai vedendola capitombolare al suolo – diede una rapida controllata al Fennec mentre accanto a lei Priscilla abbracciava Solomon e Stirling sollevata.
“Piccolo, stai bene?”
Preoccupata, Marlowe – dopo essere stata aiutata da Blodwel a rialzarsi – prese delicatamente tra le mani Leith, il suo Asticello, dandogli una leggera carezza mentre l’amica, in piedi accanto a lei, si massaggiava una spalla ammaccata imprecando a bassa voce contro le Passaporte.
“Non ne avevi mai presa una, Bloody?”
“No, e non terrò a ripetere l’esperienza traumatica tanto in fretta! Ah, grandioso… Fawley? I tuoi quattrocento bauli bloccano la mia valigia, ti dispiace?”
Chiedendosi perché e come una ragazza della sua età potesse aver bisogno di tutta quella roba per una mezza estate passata fuori casa – Blodwel si chiese che cosa Amelie Fawley si portasse abitudinariamente ad Hogwarts ogni anno, ma decise che non teneva a scoprirlo –, la Tassorosso indicò la propria valigia spuntare da sotto due dei bauli di Amelie, che estrasse la bacchetta sbuffando leggermente:
 
“Basta chiederlo con un po’ di educazione, Blodwel.”
“Oppure basterebbe non portarsi dietro mezza Hogwarts… Porca Tosca, come lo divideremo lo spazio?”
 
Amelie spalancò i caldi occhi scuri e si affrettò a rivolgersi ai due insegnanti mentre i suoi bauli scivolavano sul prato, permettendo a Blodwel di prendere la sua valigia:
“Gli alloggi saranno grandi, voglio sperare!”
“Penso proprio che vi dovrete adattare, signorine. E adesso andiamo, dovremmo arrivare prima di quelli del V anno.”
“Tranquillo, vi faccio strada io!”
 
Sorridendo allegra, Margot s’incamminò fiduciosa nella radura sotto lo sguardo rassegnato di Phil, che si voltò e informò gli studenti che di quel passo avrebbero potuto non giungere mai a destinazione.
“Poco male, posso dormire ovunque. Vieni Marley.”
Issato uno zaino in spalla, Blodwel s’incamminò al seguito di Margot insieme all’amica, che però non poteva dire lo stesso e sperò che la loro Direttrice non si perdesse in mezzo agli alberi. Poco male, al limite avrebbe dato sfoggio delle sue abilità nell’orienteering.
Lancelot, seguendole insieme ad un Bel visibilmente preoccupato per le loro sorti future, spalancò gli occhi chiari con orrore stringendo il trasportino di Cinnamon, il suo gatto, asserendo che non avrebbe dormito in mezzo ad un bosco neanche sotto tortura.
“Sai Lance, io penso che ti farebbe bene…”
“Non dirlo neanche per scherzo, Bloody.”
Il biondo rabbrividì, e anche se Amelie si disse d’accordo con lui Bel, Marley e Blodwel ridacchiarono pregustando l’immagine del compagno intento a fare campeggio.
 
 
“Ma come ci arriviamo al campo? Volando su degli unicorni arcobaleno?”
Tallulah aggrottò la fronte mentre stringeva Pikachu tra le braccia, ignorando Malai quando l’amico osservò che vista la situazione portare Poldo sarebbe stata una splendida idea – “Perché qui nessuno capisce il mio genio? Pf!” –.
“Miss X, gli unicorni non volano.”
“Grazie Shou, come farei senza le tue illuminanti perle di saggezza?”

“Ho fame, qualcuno ha uno snack?”
“Non avrai le mie barrette ai cereali Malai, scordatelo!”
“Non sapevo che i cinesi fossero tanto avari, sai?”
“Non sono cinese, rincoglionito!”

“Dai ragazzi, non litigate, dobbiamo ancora arrivare… Solomon, non ti allontanare!”



Sospirando, Tallulah prese Priscilla a braccetto mentre seguivano Shou – le cuffie ancora nelle orecchie – e Malai e Lilian impegnati a lottare per una barretta, procedendo sul sentiero in mezzo agli alberi dietro a Margot, che stava riempiendo Philip di informazioni sulla flora e sulla fauna lacustre scozzesi.
 
“Lo sai che qui tu sei la più normale, vero Prisci? A proposito, mi vuoi dire che casco* ci fai qui?”
 
*
 
“Håkon, mi puoi fare un favore?”
“Quale?”
“Potresti… ehm… andare tu con le ragazze? L’idea di restare solo con tutte queste ragazzine mi mette a disagio.”
“Hai paura che possano inseguiti in massa proclamando a gran voce il loro amore per te?”


Håkon avrebbe voluto fare una battuta, ma le sue parole suonarono più serie che mai mentre osservava i ragazzi chiacchierare e Beau annuì cupo, mormorando che era una possibilità.
Il collega alzò gli occhi al cielo – trovando la situazione assolutamente ridicola – ma annuì e accordò il favore al collega, che gli sorrise grato:
“Grazie! Allora credo che debba andare prima tu… Pensi che gli altri siano già arrivati?”
“In teoria sì, ma non dobbiamo escludere la possibilità che Margot e Philip possano aver fatto qualche disastro.”
“La Preside ha detto che Phil doveva andare con lei per… “bilanciare il suo temperamento espansivo”.”
Beau citò testualmente le parole della Preside con aria pensierosa, guardando il collega roteare gli occhi scuri prima di avvicinarsi ai ragazzi nella sua lunga giacca nera:
“Ragazze! Voi venite con me, venite tutte qui. I ragazzi vanno col Professor Hawkes. Cercate di contenere la delusione, signorine.”
 
Abbozzando un sorriso, Beau guardò le studentesse sobbalzare e affrettarsi ad eseguire gli ordini dell’insegnante tra un borbottio deluso e l’altro. Mai come in quel momento fu grato all’insegnante di Astronomia, e osservò la rapidità con cui le ragazze si erano disposte attorno alla Passaporta quasi con un pizzico d’invidia: lui non era mai stato in grado di farsi ascoltare in quel modo, ma l’aspetto quasi minaccioso di Håkon contribuiva parecchio.
Probabilmente, l’unico membro del corpo docenti che gli studenti temevano più del suo collega era la Preside.
 
 
 
 
 
 
*Hawick: città del sud della Scozia, vicino al confine con l’Inghilterra
*casco: eh beh, Tallulah è una vera signora, pertanto non dice parolacce
 
 
……………………………………………………………………………………
Angolo Autrice:
 
E finalmente, eccoci all’inizio di questa storia.
Per prima cosa grazie a tutte le persone che si si sono iscritte, non mi aspettavo tanto interesse per una storia così semplice, a tutte quelle che mi hanno mandato i loro personaggi ma anche a coloro che mi hanno avvisato preventivamente del contrario.
Anche con alcune schede in meno mi sono comunque ritrovata con molti personaggi in mano, e come sempre ho cercato di escludere meno persone possibili non prendendo due OC dello stesso autore, a parte un solo caso. Alcune persone sono rimaste escluse lo stesso e mi dispiace molto, ma già prendendo questo numero di OC aggiungendo i miei mi ritrovo con un numero non indifferente di personaggi, più di così proprio non ho potuto fare.
Tuttavia, tengo a sottolineare che i ragazzi selezionati non saranno i soli presenti al Camp, idealmente sono circa una trentina, quindi ci saranno sicuramente delle menzioni ai ragazzi non scelti, e potrei inserire alcuni di loro attivamente nella storia se qualcuno sparisse.
Detto ciò, spero come sempre che nessuno se la prenda, c’erano molti altri OC che mi piacevano, ma non potevo prenderli tutti.
Ed ecco la lista degli OC scelti:
 
Studenti
 
Grifondoro
 
Lilian Park
Mezzosangue, membro del Club di Pozioni, Scacchi e dei Duellanti, Eterosessuale
03be238e2d264a221e52b6f8310a9492  
 
Serpeverde
 
Shou Park
Purosangue, Cacciatore e Capitano, Eterosessuale
b3bbe6da41b69814039ec3c256a6028d  

Emyr Keith Achard
Purosangue, membro del Club degli Scacchi, Asessuale omoromantico
Emyr  

Corvonero
 
Hiro Davies
Purosangue, Prefetto e membro del Club di Pozioni, Eterosessuale
023610b10e97a57f3cfdb5333501fa0d

Tallulah Rice
Mezzosangue, membro del coro delle rane, Eterosessuale
Tall  

Amelie Rose Fawley
Purosangue, Cercatrice e membro del club di Scacchi, Eterosessuale
Amelie  
 
Tassorosso
 
Malai Johansson
Mezzosangue, membro del Club dei Duellanti, Eterosessuale
Malai
 
Bel Castor McKinnon
Purosangue, Prefetto, Battitore, aiutante in infermeria e nelle serre, Omosessuale
Bel
 
Lancelot Earl Cleveland Nithercott
Purosangue, membro del Club di Pozioni, Demisessuale etero-romantico
Lancelot
 
Blodwel Vaughan
Nata Babbana, Eterosessuale
Whats-App-Image-2021-02-25-at-11-44-31
 
Marlowe Archer-Lloyd
Purosangue, Battitrice e membro del Club di Astronomia, Eterosessuale
Marlowe
 
Professori
 
Beaumont Hawkes
35 anni, Purosangue, ex Corvonero, insegnante di Aritmanzia, Eterosessuale
Beau
 
Håkon Ivar Jørgen
34 anni, Mezzosangue, ex Grifondoro, insegnante di Astronomia, Bisessuale
Hakon
 
Theobald Watrous
68 anni, Purosangue, ex Corvonero, insegnante di Difesa contro le Arti Oscure, Eterosessuale
Albert-Finney-actor-2000
 
 
 
Qualche appunto sulle parentele con personaggi Canon:
  • Hiro Davies è figlio di Roger Davies;
  • Tallulah è figlia di Millicent Boulstrode;
  • Malai è figlio di Demelza Robins, che in questo universo è diventata insegnante di Volo
 
Ebbene sì, abbiamo uno stuolo di Tassorosso, praticamente nessun Grifondoro e giusto un paio di Serpi, il mondo ormai sta girando al contrario. Mi dispiace per l’evidente dislivello ma mi avete riempita di Tassorosso.
E sì, ci sono tre prof, volevo prenderne due ma purtroppo – mannaggia a voi – non sono riuscita a fare di meglio scartandone uno tra da Beau, Håkon e Theobald. Mi scuso con E niente per non aver inserito Theobald, ma il nostro insegnante più anziano merita un’entrata in scena di stile che qui non avrei avuto modo di inserire.
 
Prima di chiudere, inizio subito col chiedere un paio di cosette alle autrici degli studenti:
  • Il vostro OC fa parte del Lumaclub? Se sì, perché? E che cosa ne pensa?
  • Non tutti me l’hanno specificato nel punto delle materie, quindi vi chiedo di dirmi con precisione quali materie facoltative il vostro OC studia. Mi servirà per eventuali flashback/riferimenti e soprattutto per capire a chi dovranno fare lezione Phil e Beau.
 
  • Per le autrici dei baldi prof invece, se non l’avete specificato vi chiedo in che rapporti sono con i professori “canonici” quali Neville, la Pipistrella, Lumacorno e ovviamente la McGranitt.
 
 
A presto con il primo vero capitolo (e con i tornei idioti su Instagram. No, non sfuggirete neanche questa volta)!
Signorina Granger

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 1 - L'arrivo dei campeggiatori ***


Capitolo 1 – L’arrivo dei campeggiatori

 
 
“D’accordo, ora che abbiamo fatto l’appello e abbiamo appurato di non aver perso per strada nessuno di voi – non fare quella faccia Phil, è un grande passo avanti dopo aver perso Scamander l’anno scorso ancor prima di arrivare! – direi che possiamo avviarci definitivamente verso il Campo.”
Sorridendo allegra Margot arrotolò la lista degli iscritti del VI anno e la ripose nello zaino sotto gli sguardi perplessi degli studenti, che ancora si domandavano come sarebbero giunti a destinazione senza Passaporte o Smaterializzazione.
“Quanto distanti siamo, esattamene?”
“Una quindicina di chilometri all’incirca…”
“Porco Merlino, non andremo a piedi vero?”
Malai parlò spalancando gli occhi scuri, facendosi improvvisamente preoccupato. Anche Shou abbandonò la sua placida espressione quasi annoiata udendo le parole dell’amico: l’idea di camminare per quindici chilometri si presentò nella sua mente come una sorta di piccolo incubo.
“Tranquillo Malai, se andassimo a piedi arriveremmo tra qualche ora, e non è il caso di restare in giro quando fa buio.”
“Non ci sono orsi qui intorno, vero?”
Lancelot aggrottò la fronte e si guardò attorno allarmato, mentre Blodwel alzò gli occhi al cielo e Marley ridacchiò, assicurando all’amico che da quelle parti il peggio che potesse capitare era finire inseguiti da una mandria di mucche scozzesi.
“Tranquillo Lance, in caso ci penseremmo io e Marley a proteggere il tuo faccino aristocratico. Ma quindi come ci arriviamo, Professoressa?”
Margot sorrise allegra alle parole di Blodwel, che guardò l’insegnante – l’unica di tutto il corpo docenti di Hogwarts che tollerasse, anche se non avrebbe mai ammesso a voce alta che il sorriso della sua Direttrice era riuscito a conquistare anche lei – quasi con leggera preoccupazione: non doveva trattarsi di nulla di buono.
 
“Con un mezzo Babbano, ovviamente! Qualcuno di voi è mai salito su uno scuolabus?”
“Uno scuolabus QUI?”
Tallulah, che aveva una vaga idea di che cosa fosse uno scuolabus, aggrottò la fronte chiedendosi come ci fosse arrivato quel mezzo laggiù mentre Priscilla, alle sue spalle, si rivolgeva a Lilian chiedendole con un bisbiglio cosa fosse quella cosa di cui parlavano.
 
“Non ne ho idea Prisci, ma ho un brutto presentimento…”
 
 
 
“Ehy, ma è carino! E’ giallo! Sembra fatto apposta per noi Tassorosso… Dai Bloody, vieni!”
 
Dopo aver infilato il baule in una sorta di enorme scomparto alla base del curioso mezzo di trasporto, Marlowe fece cenno all’amica di seguirla tenendo Leith appollaiato su una spalla. Blodwel, stringendo il manico della gabbia che custodiva il suo corvo, sospirò rassegnata – poteva solo sperare che non fosse la Campbell a guidare – e la seguì dopo aver lanciato un’occhiata divertita ad Amelie:
 
“Ora voglio vedere dove la piazzi tutta quella roba, Fawley.”


In effetti, Amelie guardò i suoi bauli poggiati al suolo con sincera preoccupazione prima di rivolgere a Philip un debole sorriso implorante, chiedendogli silenziosamente di darle una mano: il professore, appoggiato mollemente al fianco dello scuolabus con le braccia strette al petto e impegnato a controllare che i ragazzi sistemassero i bauli, sospirò prima di annuire ed estrarre la bacchetta.
I bauli di Amelie si rimpicciolirono e iniziarono a disporsi ordinatamente nel vano mentre Lilian, che aveva sistemato rapidamente il suo ed era già salita a bordo portando Sahara con sé, sedette vicino ad un finestrino aperto e si sporse per lanciare a Priscilla un’occhiata preoccupata:
“Prisci, ce la fai?”
“Sì, ce la faccio!”
Piantati i piedi sul terreno, Priscilla afferrò il manico del baule e prese a trascinarlo faticosamente sull’erba, smuovendolo solo di pochi centimetri alla volta. Shou e Malai, sistemati i propri, la osservarono silenziosamente per qualche istante, poi Shou sorrise debolmente e si avvicinò all’amica parlando col tono più morbido e gentile di cui era capace:
“Bimba, vuoi una mano?”
“No, posso fare da sola, davvero!”
Priscilla parlò sollevando la testa e guardandolo con gli occhi azzurro-verdi carichi di decisione, ma Malai sorrise e scosse la testa prima di prendere il baule dall’altro lato, sollevandolo di una ventina di centimetri:
“In tal caso resteremmo qui fino al Diploma… lascia piccolo Cavolfiore, ci pensiamo noi.”
“Ok… Ma dovete smettere d trattarmi tutti come se fossi un cucciolo!”
Priscilla mollò la presa sul suo baule e guardò Shou prendere il suo posto per metterlo all’interno dello scuolabus insieme a Malai, sospirando affranta mentre Tallulah la prendeva sottobraccio e le sorrideva comprensiva:
“Che vuoi farci, sembri un pulcino bagnato… Dai, vieni.”
“Ok…Venite piccoli.”
 
Priscilla fece cenno a Solomon e Stirling di seguirla e i due obbedirono, trottandole dietro e salendo sullo scuolabus insieme a lei mentre Malai aggrottava la fronte:
“Quelli secondo lei sarebbero “piccoli”?! Sono grandi come pony! Potrebbero mangiarsela a colazione.”
“Che ci vuoi fare, è Priscilla… Ora torno ad ascoltare un po’ di musica.”
 
Shou si rimise placidamente gli auricolari mentre saliva sullo scuolabus stringendo le gabbiette di Regina e Remy, che stava ancora dormendo della grossa. Malai invece a quelle parole sfoderò una smorfia quasi schifata, asserendo che non aveva intenzione di sedersi vicino a lui.
“Fa’ come vuoi.”
Shou si lasciò scivolare sulla prima coppia di posti liberi che trovò, sistemando le gabbiette accanto a sé mentre l’amico faceva vagare lo sguardo pensieroso sugli altri posti:
“Vediamo… nah, vicino alla Cinese non mi siedo.”
“Sei simpatico come un herpes. E comunque qui si siede Miss X.”
 
Lilian fece cenno a Tallulah si sedersi accanto a lei, lanciando un’occhiata di sfida a Malai quando prese un’altra barretta ai cereali e la divise in tre pezzi, distribuendola tra Tallulah e Priscilla, seduta davanti a loro.
L’amico le lanciò un’occhiata torva, giurandole silenziosamente vendetta per la barretta mancata prima di rivolgersi gentilmente a Priscilla sfoderando il suo sorriso più amabile:
“Prisci, posso sedermi vicino a te?”
“Oh, scusa Malai, ma penso che Solomon voglia stare vicino a me…”
Sul viso di Priscilla si dipinse un’espressione sinceramente dispiaciuta mentre accennava al grosso cane, che si era sistemato sul sedile accanto al suo mentre Stirling si era accucciato davanti alle gambe della padrona, appoggiando la testa sulle sue ginocchia per farsi accarezzare.
Malai avrebbe voluto chiedere al cane di spostarsi, ma l’enorme Levriero sembrò leggergli nel pensiero e gli lanciò un’occhiata torva che lo costrinse a desistere, sbuffando sonoramente:
“E va bene, dovrò sedermi vicino a Shou e sorbirmi le sue lagne! Belle amiche siete! E grazie tante per aver condiviso la barretta anche con noi!”
“Prego Riccioli d’Oro, non c’è di che.”
Tallulah non si scompose, limitandosi ad estrarre un manga dallo zaino prima di iniziare a sfogliarlo mentre Lilian sorrideva, divertita e soddisfatta.
 
*
 
“Margot, ti prego, dimmi che non hai intenzione di guidare questo affare…”
“Tranquillo, non può essere tanto difficile!”
Sorridendo fiduciosa e con la positività che la contraddistingueva, Margot chiuse l’entrata dello scuolabus e si sistemò sull’enorme sedile del conducente. Phil la seguì più tetro che mai, lasciandosi scivolare sulla prima fila di sedili e guardandosi attorno alla ricerca di una cintura di sicurezza mentre la collega – dopo aver cercato inutilmente di toccare i pedali con i piedi – sospirava affranta:
“Oh no! Non riesco a toccare i pedali!”
“Vuoi dire che hai… le gambe troppo corte?”
Margot annuì, sconsolata, ma quando Phil iniziò fragorosamente a ridere la strega si voltò e gli lanciò una delle sue rare occhiatacce, punta sul vivo:
“Non è certo colpa mia se ho le gambe corte! Fallo tu allora, invece di ridere!”
“Io? Sei impazzita? Io non lo so guidare questo coso, e non ci tengo a passare a miglior vita prima dei 40. Non si può mettere il… pilota automatico?”
“E’ un autobus, non un aereo, genio! Ma se non ricordo male la Preside ci ha fatto qualche incantesimo, quindi dovrebbe poter andare da solo… Beh, proviamo!”
Ritrovato il suo sorriso, Margot premette il pulsante rosso che lampeggiava allegro proprio mentre Phil si rivoleva al manipolo di studenti, intimando loro di allacciarsi le cinture.
 
Guardatosi attorno con viva preoccupazione, Bel realizzò che i sedili erano sprovvisti di cinture proprio mentre il veicolo partiva lungo il sentiero procedendo ben oltre la velocità con cui uno scuolabus viaggiava di solito. Blodwel, seduta davanti all’amico, imprecò a mezza voce – Che cazzo Marley, te l’avevo detto che era meglio darci malate, ma tu no, facciamo campeggio! – e Lance, stringendo un Cinnamon visibilmente scontento a sé, si guardò attorno chiedendosi come facessero i Babbani a viaggiare su affari del genere.
“Strano, a Babbanologia hanno detto che i Babbani sono molto fiscali sulla sicurezza quando si viaggia!”
“Ma… ma Professore, qui non ci sono cinture!”
 
“Allora recitate una preghiera di gruppo, McKinnon. Margot, tieni quel dannato volante!”
 
“Grandioso, mi mandano qui per paura che potessi uccidermi e ora fanno di tutto per accopparci… sarà un mese fantastico, gente.”
Tallulah parlò con tono vago e senza staccare gli occhi dal suo manga, così come Shou continuò ad ascoltare la sua musica in silenzio e con gli occhiali da sole sul viso, immobile e calmissimo, incurante del caos che lo circondava.
“Ragazzi, fatela finita, arriverete sani e salvi! Ma perché tutti dubitano sempre della mia capacità di giudizio?!”
Margot, che teneva le mani pallide attorno all’enorme volante per indirizzarlo correttamente, sbuffò contrariata mentre Phil – resosi conto che in caso di schianto il primo a rimanerci sarebbe stato lui – alzava gli occhi al cielo con un sospiro, decidendo di non risponderle per evitare di distrarla.
 
*
 
“Hiro, la tua scimmia mi sta toccando i capelli. Non so se la cosa mi da fastidio o no, ma non mi sento molto a mio agio.”
Emyr, serissimo, parlò stringendo la gabbietta del suo gattino nero sulle ginocchia mentre Eiko, il Demiguise dell’amico, lo guardava con enormi occhi ambrati carichi di curiosità e giocava con i suoi riccioli scuri.
“Non è una scimmia, è un Demiguise! E comunque si chiama Eiko. Tranquillo, è innocua.”
Hiro parlò senza guardare l’amico, seduto scompostamente sulla penultima fila di sedili e con un manga in mano. Emyr non sembrò del tutto convinto, perché lanciò un’occhiata dubbiosa ad Eiko mentre Hunter si nascondeva sul fondo della gabbietta, impaurito.
“Stai spaventando il mio gattino. No, non mi toccare il naso! Hiro, penso che la tua scimmia si sia presa una cotta per me.”
“Sempre meglio di quella ragazzina petulante del secondo anno che ti seguiva anche in bagno…”
“Non ricordarmelo, ho ancora gli incubi!”
 
 
 
“Professore, manca ancora molto? Tutti questi… ondeggiamenti non mi fanno troppo bene.”
Lilian si sollevò leggermente sul sedile per rivolgersi a Phil, che seduto di lato sui sue sedili con una mano sulla fronte asserì con un sospiro tetro di non saperlo mentre Priscilla accarezzava dolcemente un Solomon tremante per tranquillizzarlo.
“Povero piccolo, penso che abbia un po’ paura…”
“Prisci, come mai li hai portati? Non pensi che sarebbero stati meglio a casa tua?”
Lilian, seduta dietro all’amica, appoggiò i gomiti sullo schienale del sedile di Priscilla per parlarle e guardarla sorridere scuotendo il capo, asserendo che di certo si sarebbero divertiti moltissimo a correre e giocare al campo.
“E poi passiamo già poco tempo insieme, non potevo lasciarli soli con mia madre e gli Elfi per un altro mese, nessuno gioca con loro.”


La Corvonero abbassò dispiaciuta lo sguardo sui cani e ne accarezzò le teste mentre Lilian, dietro di lei, ridacchiava immaginando la madre dell’amica – la donna più perfetta su cui avesse mai posato lo sguardo –  correre su un prato e giocare con i cani della figlia.
“Oh sì, me la vedo proprio tua madre giocare con questi due cagnoloni.”
“Sì, infondo forse è sollevata, si è liberata di loro per un mese, oltre che di me.”
Priscilla alzò lo sguardo sull’amica sfoderando un debole sorriso che Lilian le rimproverò, assicurandole che sua madre non voleva affatto liberarsi di lei.
“Beh, però sono felice di essere venuta sapendo che ci sareste stati anche voi! Sarà divertente!”
Priscilla sorrise allegra, gli occhi verdi semi nascosti dai riccioli scuri luccicanti mentre Lilian, voltandosi verso il cugino ancora immobile e in silenzio, lanciava a Shou un’occhiata truce:
“Se penso che sono qui solo per colpa di quell’impiastro…”
“Se non altro tu non sei stata mandata qui solo perché la gente non sa farsi un briciolo di affari suoi. Ora tutti pensano che soffra di depressione e che volessi suicidarmi, tutto questo è ridicolo!”
 
Chiuso il manga con stizza, Tallulah incrociò le braccia al petto guadagnandosi un’occhiata comprensiva da parte di Lilian, mentre Malai – abbandonato ogni tentativo di fare conversazione con Shou, che si era limitato a proporgli di condividere le cuffie destando versi strozzati e dinieghi decisi – si rivolgeva alle amiche giocherellando con una ciocca di capelli color cioccolato:
 
“Almeno voi non avete dovuto dire addio al vostro proficuo business!”
“Ma ti prego, se sei stato così fesso da farti beccare da tua madre mentre contavi i guadagni non è certo colpa di nessuno. Però sono felice che ci sia anche la Everett, così impara a fare la spia… Se non avesse spifferato tutto alla McGranitt ora Shou non sarebbe qui, e neanche io!”
“Lily, perché quando ti succede qualcosa la colpa è sempre di Jessica Everett?”
“Non lo decido io, è la pura verità!”
 
*
 
“Ho detto ai ragazzi di andare a sistemare i bagagli intanto… Ma perché non sono ancora arrivati?”


Beau abbassò lo sguardo per lanciare un’occhiata perplessa al proprio orologio mentre Hakon, infilate le mani nelle tasche dei pantaloni rigorosamente neri, sedeva su una panchina con un sospiro cupo:
“Non ne ho idea… dobbiamo solo sperare di non dover andare a recuperarli. La Preside non avrebbe dovuto mandare Margi e Phil insieme.”
“Sì, probabilmente hai ragione… Ehy piccola, qui avrai un sacco di spazio per giocare, sei contenta?”
Sfoderato il suo sorriso migliore – quello che ogni studentessa sperava di vedergli sul viso quando metteva piede nella sua aula – Beaumont si rivolse affettuosamente all’enorme cane dal lungo pelo bianco che gli stava vicino, allungando una mano per accarezzarle dolcemente il collo mentre Nix abbaiava e scodinzolava allegramente.
“Scommetto che sei stato felice quando Margi ha convinto la Preside a permettere gli animali.”
“Certamente. Per qualche strano motivo Margot riesce sempre a convincere la McGranitt a fare quello che vuole…”
Mentre il Pastore Maremmano annusava l’erba dello spiazzo in cui si trovavano, ad una decina di metri di distanza dallo chalet destinato alle ragazze, Hakon estrasse dalla tasca della giacca un piccolo animaletto colorato che poggiò delicatamente sulla propria spalla, permettendo al piccolo Gekko di zampettare allegramente sul tessuto nero. L’insegnante di Astronomia abbozzò un debole sorriso, e probabilmente avrebbe suggerito al collega la risposta se Beaumont non avesse indicato qualcosa di enorme e assurdamente giallo apparire allegramente in mezzo agli alberi ad una trentina di metri di distanza, oltrepassando i confini della barriera di incantesimi protettivi che circondava il territorio del campo.
 
Håkon si alzò in piedi proprio mentre lo scuolabus arrestava la sua corsa con una frenata particolarmente brusca, guardando la porta aprirsi un istante dopo. Il primo a scendere quasi di corsa dal veicolo su Phil, che trattenne l’impulso di chinarsi a baciare il suolo erboso mentre con la bacchetta apriva il vano porta-bagagli e faceva schizzare fuori il suo baule, avvicinandosi ai due colleghi a passo di marcia.
 
“Per la barba di Merlino, ma siete venuti con quello?”
“Preferisco non parlarne mai più, non posso credere che la Preside abbia avuto quest’idea malsana… Perché, voi come siete venuti?!”
“Beh, le nostre Passaporte ci hanno portato solo ad un paio di chilometri dal confine, quindi…. Siamo venuti a piedi.”


Beau parlò accennando un sorriso quasi colpevole, guardando il collega stringere le labbra e trattenersi visibilmente contro l’imprecare contro una certa strega davanti ai ragazzi, che iniziarono a scendere dallo scuolabus con i loro animali, tutti visibilmente scossi.
“E’ stato il viaggio più assurdo della mia vita… Ma viaggiano sempre così i Babbani?!” 
Lancelot, sconvolto, si rivolse a Blodwel continuando imperterrito a stringere Cinnamon – che probabilmente stava maledicendo il padrone per averlo portato – mentre Bel, appoggiando una mano contro la fiancata gialla dello scuolabus, mormorava qualcosa deglutendo a fatica:

“Non fatemi parlare, ho la nausea…”
“No Lance, di norma non viaggiamo così. Anche perché di norma non abbiamo scuolabus incantati che vanno da soli… Bel, sei tutto intero?”
“Sì, credo di sì…”


Il ragazzo annuì, anche se un po’ dubbioso, e Blodwel gli diede una pacca affettuosa e incoraggiante sulla spalla mentre Marley cercava di calmare Leith visto che l’Asticello si era aggrappato guaendo alla manica della sua maglietta e non voleva saperne di mollare la presa.
 
“Datti una mossa Shou, voglio scendere da questo coso infernale!”
“Un momento, vedo tutto un po’ traballante…”
 
Shou strizzò gli occhi scuri cercando di mettere a fuoco ciò che li circondava, ma mentre scendeva i gradini dello scuolabus continuò ad avere l’impressione che tutto stesse ruotando attorno a loro. Lilian, alle sue spalle, sbuffò sonoramente e lo maledisse per la quarta volta consecutiva per averla portata laggiù rovinandole l’estate mentre Malai, chiudendo la fila, asseriva accigliato di vedere due Lilian.
“Una è più che abbastanza, pensa se ce ne fossero due…”
Malai ridacchiò alle parole di Shou, che però non lo imitò visto lo scappellotto doloroso che la cugina gli assestò sul retro del collo, borbottando di essere appena arrivati e di averne già le tasche piene delle loro stupidaggini.
 
 
“Forse non dovevo portare tutta questa roba… Hiro, mi dai una mano?”
“Certo. Eiko, stai giù un momento, da brava.”
Il Demiguise scivolò dalle spalle del padrone per saltare sul prato, guardando il ragazzo aiutare Amelie a tirare fuori i suoi bauli dal vano ormai semi vuoto prima di voltarsi verso Emyr, che lanciò all’animale un’occhiata sospettosa mentre stringeva il trasportino di Hunter tra le braccia:
“Hiro, se non dici al tuo Demiguise di lasciarmi stare io dormo con le ragazze.”
“Quanto la fai lunga, è solo un Demiguise! Nessuno ti stressa per aver portato Hunter, mi pare!”
“C’è una bella differenza tra una scimmia che diventa invisibile e un adorabile gattino grande quanto la mia mano, se permetti!”
 
Hiro alzò gli occhi scuri al cielo, ma decise di non controbattere mentre appoggiava sull’erba anche l’ultimo baule di Amelie, sorridendo alla compagna di Casa quando la strega lo ringraziò con calore sorridendogli a sua volta:
“Grazie… forse avrei dovuto fare qualche taglio al guardaroba, a rigor di logica.”
 
L’ultima a scendere dallo scuolabus fu Margot, che guardando i ragazzi lamentarsi barcollando roteò gli occhi azzurri prima di prendere il suo bagaglio e dirigersi allegra verso i colleghi:
Che branco di rammolliti, neanche avessimo viaggiato sul Millennium Falcon… Ehy, bei ragazzi! Come state? E’ tanto che siete arrivati?”
 
“Circa una mezz’ora, ma eravamo partiti dopo di voi. Come mai quel… coso?”
Beau cercò di non ridere nell’accennare allo scuolabus, e Margot ignorò il sonoro sbuffo di Phil – che si era seduto accanto ad Håkon per riprendersi dalla trasferta traumatica – mentre faceva spallucce:
“Non è stata una mia idea, ho fatto quello che mi ha scritto la Preside. Quindi è inutile tenermi il muso, Phil, per una volta non posso essere considerata responsabile di niente.”
“Vuoi dirci che la McGranitt ha avuto l’idea di farvi venire con quello? Merlino, che stia iniziando a dare i  numeri?”


Che l’idea fosse stata di Margot era un’ipotesi del tutto prevedibile, ma che fosse stata la Preside ad avere quella trovata era una delle cose più assurde che avesse mai udito, e Håkon guardò la collega chiedendosi se non stesse scherzando mentre Margot si inginocchiava al suolo accanto a Nix:
 
“Pe favore, quella donna è lucidissima. Ciao bellissima!”
Margot rivolse un caloroso sorriso al cane e le fece cenno di avvicinarlesi per riempirla di carezze mentre Phil – chiedendosi che razza di veleno avesse ingerito la McGranitt per avere quella trovata – si alzava con un sospiro:
“Lasciamo perdere, è meglio. Adesso mandiamo i ragazzi a sistemarsi, così possiamo farlo anche noi. Quelli del V anno?”
“Già spediti.”
“Allora pensiamo a loro e siamo a posto… Ragazzi! Venite qui, e portate con voi lo zoo.”
 
 
Phil aspettò che tutti i ragazzi del VI anno li ebbero raggiunti, disponendosi a semicerchio attorno a loro, dopodiché riprese la parola accennando all’edificio in legno e pietra a due piani che si trovava praticamente sulla riva della porzione di Loch Lomond che si stagliava davanti a loro, accanto a delle grosse rocce.
 
“Quello è lo chalet delle ragazze, mentre quello dei ragazzi si trova più su, vicino al bosco. Qui non sarà affatto come ad Hogwarts: nessuno farà le pulizie o vi rifarà il letto ogni mattina, dovrete arrangiarvi e organizzarvi tra di voi. Tenere in ordine il vostro alloggio non è affar nostro, quindi se avete problemi tra di voi risolveteli. Stessa cosa per i pasti: non ci sarà nessun Elfo Domestico a cucinare per voi, ma ovviamente avrete a disposizione delle dispese enormi all’interno degli chalet. Ogni mattina alle 8.30 dovrete essere pronti e fuori dai vostri chalet, intesi?”
 
Nessuno degli studenti ebbe da ridire e Phil accennò un debole sorriso, annuendo soddisfatto prima di rivolgere un cenno in direzione dello chalet:
“Bene. Ragazze, andate pure a sistemarvi, i ragazzi vengono con noi. Inutile dire che anche i vostri animali saranno un problema vostro, quindi cercate di non perderli in giro. Ci ritroviamo tutti qui tra un’ora e mezza esatta.”
“Sì, ma se avete bisogno di qualcosa venite a dircelo, mi raccomando!”
Contrariamente al collega Margot sorrise, salutando le ragazze con la mano mentre si allontanavano e facendo spallucce di fronte all’espressione rassegnata che apparve sul volto di Philip.
 
“Su, venite ragazzi.”
 
“Peccato che Poldo non ci sia, gli sarebbe piaciuto svolazzare qui intorno!”
Malai si guardò attorno con un lieve sospiro pregno di malinconia pensando al suo amato Thestral tutto solo a casa: sarebbe stato così divertente volare in giro per il campo facendo impazzire i professori!
“Io sono preoccupato per Remy… ma come fa a dormire ancora?! Remy!”
Shou diede un colpetto sulla gabbia del ghiro mentre il gruppetto di studenti seguiva gli insegnanti, allontanandosi dalle sponde del lago per avvicinarsi ai primi alberi che spuntavano su un leggero pendio erboso. Fortunatamente il piccolo ghiro si riscosse e aprì i grandi occhi ambrati, facendo sospirare il padrone di sollievo mentre Emyr dietro di lui cercava di sottrarsi alle attenzioni di Eiko.
 
“Hiro, perché invece di ridere non mi aiuti?”
“Ma come, siete perfetti l’uno per l’altra!”
 
 
“Davies ha un Demiguise? Chi gli ha dato il permesso di portarlo?”
“Te lo stai chiedendo davvero, Håkon? Sul serio?”
 
Håkon non rispose, ma si voltò per lanciare una rapida occhiata a Margot mentre la strega seguiva lui e Phil chiacchierando allegra con Beau e Nix al seguito.
“Hai ragione. Domanda stupida.”
 
*
 
bc6d2f7a2d105074ed882f3c7317af3a


“Allora, quelle del quinto anno ci hanno lasciato solo due stanze, quindi non c’è molta scelta… ma questa ha quella finestra enorme, mi piace. Sopra o sotto?”
Blodwel si addentrò nella stanza – lunga e rettangolare, contava quattro letti a castello più un paio di poltrone di cuoio – stringendo il manico della gabbia del suo corvo con una mano e quello del baule con l’altra, accennando a Marlowe il letto a castello di legno più vicino.
“Preferisco sotto, sopra avrei paura di cadere nel sonno.”
“D’accordo.” Blodwel appoggiò la gabbia di Malakai sul tavolino circolare posto vicino alla porta, poi sistemò il baule nello spazio tra quello e il letto e lanciò il proprio zaino sul letto sopra, stringendosi nelle spalle quando l’amica le lanciò un’occhiata interrogativa:
“Così tutte sapranno che è preso. E’ così che si fa, dammi retta.”
“Sarà… allora io metterò sul mio il pigiama. Comunque mi aspettavo molto peggio, il posto è davvero molto bello! Potrebbe davvero essere una sorta di vacanza, tutto sommato.”
Marley sedette sul letto sfoderando un sorriso allegro, e Blodwel si strinse nelle spalle prima di stiracchiarsi, non potendo fare a meno di pensare a quanto avrebbe preferito restarsene a casa sua, nella campagna gallese con sua nonna, sua madre e i suoi rumorosi cugini.
“A parte le lezioni e dover pulire, vorrai dire. Poco male, almeno non ci annoieremo.”
“Noi non potremmo annoiarci in ogni caso. Fidati, ci divertiremo. A chi potremmo farlo, un bello scherzo?”
“Marley, se mi beccano a fare altre stronzate mi buttano fuori a calci. Ma ci sto, ovviamente.”
 
*
 
“C’è qualcosa che non mi torna. Perché lo chalet dei professori è molto più grande del nostro? Non è giusto, loro sono solo in quattro!”
Bel, seduto sul letto a castello che avrebbe condiviso con Lancelot, parlò mentre si metteva dolcemente la sua piccola volpe magica, Chione, sulle ginocchia. Lance, lasciato Cinnamon sul letto sopra, si strinse nelle spalle prima di mormorare che probabilmente loro potevano permettersi meno lussi, visto che molti di loro erano in punizione.
“Beh, Bel ha ragione, non è giusto comunque, noi siamo molti di più e abbiamo solo due bagni!”
Malai, seduto a braccia conserte sul letto di fronte – lui e Shou avevano convenuto che dovesse occupare il letto sopra, alto com’era – lanciò un’occhiata torva allo chalet degli insegnanti attraverso la finestra mentre il compagno di Casa sorrideva, divertito:
“Tu cerca di non monopolizzare la doccia per un’eternità come fai sempre ad Hogwarts, Malai.”
“Oh, sì, preparatevi ai concerti mattutini di Malai Johansson, ne sarete deliziati.”
 
Lancelot rise senza smettere di sistemare le sue cose e Shou sfoderò una smorfia preoccupata mentre sistemava la cuccia di Regina accanto al suo letto, mormorando che avrebbe chiesto dei tappi per le orecchie in giro.
“Non fare lo schizzinoso Ugola di Buddha, se ascolti quella roba tutto il giorno dovresti solo essere deliziato nell’udirmi cantare sotto la doccia!”
“Figuriamoci… Hiro, ma dov’è finito Emyr?”
Hiro, comodamente steso sul suo letto con un manga in mano e il micino del gattino accoccolato sul letto, parlò senza alzare lo sguardo dal fumetto, parlando con tono vago:
 
“Starà cercando di levarsi Eiko di dosso, prima lo ha abbracciato e non lo mollava più. Potrei dirle di smettere, ma lo farò tra qualche giorno.”
“Povero Emyr. Crescere insieme a Malai ti ha fatto male, Davies.”


*
 
“Miss X, ti va bene dormire sopra?”
“Sì, non c’è problema. Vieni Pika.”
Tallulah appoggiò la piccola cuccia pelosa di Pikachu sul pavimento di legno, accanto al letto che avrebbe condiviso con Lilian, e il carlino ne approfittò per spaparanzarcisi sopra e fare un sonnellino. Priscilla, che si era già arrampicata sul letto sopra accanto, sorrise mentre faceva dondolare le gambe pallide nel vuoto:
“Non vedo l’ora di fare una nuotata nel lago! Dite che avremo un po’ di tempo libero?”
“Lo spero, è un campeggio, non un riformatorio! In caso contrario, ucciderò Shou.”
“Povero Shou, non è colpa sua se è stato messo in punizione e costretto a venire!”
“Glielo abbiamo forse ordinato noi di organizzare stupide feste clandestine? Anche se la colpa ovviamente è di una certa idiota incapace di farsi gli affari propri.”


La Grifondoro finì di parlare con un tono leggermente più alto del normale, premurandosi che una sua compagna di Casa bionda, alta e dagli occhi azzurri seduta sull’ultimo letto della stanza la sentisse mentre sistemava le sue cose.
“E io che speravo di non dover condividere la stanza con te almeno qui, Park.”
“Posso dire lo stesso, il tuo ego è così abnorme che mi sorprende non riempia tutto lo spazio disponibile.”


“Dai ragazze, non litighiamo! Priscilla, i tuoi cani sono carinissimi!”
Amelie, seduta sul pavimento della stanza, sorrise allegra mentre Solomon e Stirling si facevano accarezzare e la riempivano di leccatine, approfittando di essere al centro dell’attenzione. Bloody, che stava sistemando le sue cose, lanciò un’occhiata malinconica ai cani trattenendo l’impulso di imitare la Corvonero andando a coccolarli: amava gli animali più di ogni altra cosa, ma aveva una reputazione da difendere e certo non poteva iniziare a giocare con quegli adorabili cagnoloni facendo voci zuccherose!
 
“Dovete proprio far dormire i vostri animali nella stessa stanza insieme a noi? Soprattutto quei cosi enormi.”
Lilian stava per aprire bocca e informare la compagna di Casa dove poteva andare, ma la voce di Priscilla – solitamente dolce e pacata, ora quasi gelida – la precedette bruscamente:
“I miei cani dormono sempre nella mia stanza, quindi non dormiranno da nessun’altra parte. E sei pregata di non chiamarli “cosi”.”
Lilian e Tallulah si voltarono all'unisono verso l’amica guardandola con tanto d’occhi: non l’avevano mai sentita dare una risposta simile da quando la conoscevano.
Probabilmente, se non fosse stata seduta sul letto sopra, troppo in alto per poterla raggiungere, Lilian l’avrebbe abbracciata piena di orgoglio.
Blodwel, invece, abbozzò un sorriso mentre si rivolgeva a Marley, strizzandole l’occhio:
“Ehy Marley. Ho trovato la tua prima vittima da mietere.”


“Ho portato tutta la mia scorta di acquisti di Zonko e Tiri Vispi Weasley, sono pronta a tutto!”
 
*

 
f705677aefe173b414c7046b955007cc
 

Dopo aver invitato caldamente i ragazzi a sistemare i bagagli nei loro alloggi, i professori erano tornati di fronte allo chalet che li avrebbe ospitati. Margot, afferrato il baule, colse la palla al balzo e quasi corse verso l’ingresso approfittando del fatto che i colleghi stessero perdendo tempo a rimirare l’ala costruzione in legno e pietra a due piani.
 
“Io prendo la stanza più grande con vista lago!”
“Non provarci neanche, te la sei presa già l’anno scorso!”
 
Deciso a non farsi fregare la stanza migliore per il secondo anno di fila, Phil la seguì di corsa sulle scale di legno che conducevano all’ingresso, entrando dalla porta lasciata aperta da Margot e lanciandosi all’inseguimento della collega zigzando tra una poltrona e un tavolino e l’altro.
Håkon li seguì senza fare commenti, limitandosi ad alzare gli occhi scuri al cielo mentre Beau sorrideva, invitando gentilmente Nix, il suo Pastore Maremmano, a seguirlo dentro.
 
Margot salì le scale, attraversò di corsa il ballatoio di legno e finalmente giunse sulla soglia della stanza giusta, non curandosi di aver trovato la porta aperta.
La strega, tuttavia, si bloccò accigliata quando si accorse che qualcosa non andava: c’era una valigia di cuoio appoggiata sul letto.
 
“Perché ti sei fermata? Hai cambiato idea?”
Phil le si fermò alle spalle, sbirciando l’interno della stanza da sopra la testa della collega mentre Beaumont e Håkon li seguivano con calma al primo piano con bagagli e Nix al seguito.
Fu allora che Margot scorse la seconda cosa che non andava: una gallina spuntò da dietro il letto, guardandoli con curiosità.
“C’E’ UNA GALLINA!”
Margot spalancò gli occhi azzurri e indicò l’animale attirando l’attenzione degli altri due colleghi, che accigliati raggiunsero lei e Philip sulla soglia della stanza: dire che erano abituati alle stranezze di Margot era un eufemismo, e anche se erano partiti per il Campo preparati a sorbirsi le scaramucce tra lei e Philip Håkon era sicuro che la bizzarra collega avrebbe comunque regalato loro molte sorprese.
“Emh… che ci fa qui una gallina?”
Si era quasi chiesto se ci fosse davvero, una gallina, ma appurando che Margot non sbagliava il professore di Astronomia aggrottò la fronte, chiedendosi come ci fosse arrivata – di certo una gallina non poteva aprire porte e portare valigie – mentre Philip, sbuffando, proponeva di prenderla e portarla fuori.
 
“Fermi! Una gallina normale non può essere entrata da sola… E se fosse il proprietario della valigia trasfigurato in gallina?! Oppure una gallina magica! O una gallina pericolosa!”
“Non esistono galline magiche, e neanche galline pericolose, sono notoriamente idiote! E non può essere una Trasfigurazione… in tal caso dovrebbe esserci da qualche parte anche l’artefice dell’incantesimo, e di chi mai dovrebbe trattarsi?”
Philip si strinse nelle spalle, parlando con sicurezza mentre Margot lanciava occhiate dubbiose alla gallina misteriosa e Beaumont aggrottava la fronte: strano, solo all’ora si era reso conto che Margot non aveva dovuto usare la magia per aprire la porta d’ingresso.
“Non avete notato che la porta d’ingresso era aperta? Secondo la Preside avremmo dovuto trovarla sigillata.”
Le parole di Beaumont ebbero l’effetto di far raggelare i tre colleghi, e Margot spalancò di nuovo gli occhi azzurri prima di asserire che doveva esserci qualcun altro nello chalet, suggerendo anche che secondo la sua vasta esperienza cinematografica, gli chalet situati in mezzo al nulla erano sempre scenario di crimini molto cruenti.
Esasperato, Phil avrebbe voluto ricordarle che c’erano incantesimi di protezione ovunque e che solo un mago avrebbe potuto raggiungerli, non certo un pazzo armato di motosega, ma un’allegra voce maschile lo precedette, parlando alle loro spalle:


“Ah, eccovi! Mi chiedevo quando sareste arrivati!”
 
I quattro sobbalzarono e si voltarono all’unisono trasalendo, tranquillizzandosi quando scorsero la familiare e rassicurante figura di un uomo dagli occhi azzurri sorridenti e il viso tondo che li guardava tenendo i pollici sotto le bretelle scure che indossava.
“Professor Watrous?! Che cosa ci fa qui? Ci ha spaventati!”
Margot sospirò – anche se sapere che non c’era nessun serial killer nei paraggi fu molto rassicurante – e lanciò un’occhiata di rimprovero mista ad affetto all’anziano collega, che aveva l’aria di divertirsi parecchio:
“Ho convinto la cara Minerva a farmi venire, avevo voglia di svagarmi un po’… le ho chiesto io di non dirvelo, volevo farvi una sorpresa. Mi sorprende che non abbiate riconosciuto Sunday!”
 
Sorridendo allegro e gongolando visibilmente per essere riuscito nel suo intento di “effetto sorpresa”, Theobald si fece strada tra i colleghi ed entrò nella stanza indicando la gallina. Solo allora i quattro realizzarono di essere stati degli idioti a non pensarci: chi ad Hogwarts non conosceva la gallina del bizzarro insegnante di Difesa contro le Arti Oscure?
“Vedo che si è anche preso la stanza migliore, Professore.”
Parzialmente sollevato a sua volta, Beau gli sorrise divertito e guardò l’insegnante sedersi sul bordo del letto dopo aver preso Sunday in braccio, osservandoli con il suo immancabile sorriso sulle labbra:
“Ho approfittato dell’essere arrivato in anticipo. Spero non vi dispiacerà prendere le altre.”


Margot stava per assicurargli che non sarebbe stato un problema, quando Phil la trattenne sfiorandole il gomito: il sorriso divertito sfoggiato dall’anziano collega non gli piaceva neanche un po’.
“Un momento solo.”
Più serio che mai, Phil fece cenno ai colleghi di avvicinarglisi e Theobald continuò ad accarezzare le piume di Sunday osservando i quattro “giovanotti” parlottare e bisbigliare tra loro, cogliendo curioso sprazzi confusi della loro discussione:
 
Dobbiamo controllare le stanze, come minimo ci avrà fatto qualche scherzo.”
“Vero, vi ricordate di quando ha messo un finto Dissennatore nell’armadio della stanza professori? Lumacorno stava per avere un infarto!”
“D’accordo, ci dividiamo e le controlliamo una ad una.”
“Dovremmo controllare tutto lo chalet, ci saranno scherzi e trappole disseminati ovunque!”
 
“Miei cari ragazzi, sapere che avete un’opinione così terribile del vostro anziano collega mi rammarica moltissimo!”
L’espressione di Theobald era molte cose, ma di certo non rammaricata, e guardò i colleghi uscire dalla stanza cercando di trattenere una risatina. Il mago si alzò prima che Margot potesse seguire Beaumont sul ballatoio, avvicinandolesi e mormorandole di prendere la stanza infondo al corridoio:
 
“E’ l’unica dove non ha piazzato nulla?”
“Esattamente.”
“E perché me lo dice, Professore?”
“Perché sei la mia preferita, che domande!”
 
Theobald le sorrise gentilmente e Margot ricambiò il prima di uscire dalla stanza, attraversando il ballatoio in tutta la sua lunghezza sotto lo sguardo divertito del collega, che la osservò esitare davanti alla porta da lui indicatale prima di voltarsi nella sua direzione.
Cogliendo il velato sorrisetto dell’uomo, Margot scosse il capo prima di puntare decisa alla stanza accanto, sorridendogli di rimando e strizzandogli l’occhio mentre apriva la porta di legno:
 
“A me non la fa, Professore.”
Theobald non rispose, guardandola entrare prima di udire le lamentele di Håkon, che lo accusò di aver messo una tarantola sotto al cuscino mentre Phil dalla sua si lamentava di aver trovato della colla sulle poltrone.
Ridacchiando, Theobald tornò nella sua stanza con Sunday in braccio, chiudendosi la porta alle spalle consapevole che l’unica a non trovare sorprese sarebbe stata Margot.
Del resto, era la sua preferita.
 
“Ci divertiremo un mondo, vero Sunday? Dici che hanno capito che sono stato io a modificare le Passaporte e a scrivere a Margot su come venire fin qui?”
Ovviamente la gallina non rispose, ma mentre la rimetteva sul pavimento Theobald ebbe come l’impressione che l’animale sembrasse vagamente rassegnato.
 
 
 
 
 
 
 
 
………………………………………………………………………………………………..
Angolo Autrice:
 
Buongiorno!
Grazie a tutte per le risposte alle domande dello scorso capitolo, e ovviamente ne approfitto anche per farvi gli auguri <3 Spero che il capitolo vi sia piaciuto, anche se non è lunghissimo.
Il prossimo dovrebbe arrivare all’incirca giovedì prossimo, quindi il 18 marzo.
A presto!
Signorina Granger

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2
 
 
“Merlino, che faticaccia! Forse sto per avere un attacco di cuore, non sono più giovane come una volta!”
Margot sollevò e lasciò cadere un enorme beauty-case nero sul tavolo con uno sbuffo affaticato, provocando un tonfo sordo che fece sobbalzare Håkon. L’insegnante di Astronomia – ormai avvezzo alle stranezze della collega e amica di vecchia data – la guardò accigliato mentre Phil, in piedi accanto a lei, osservava sospettoso la voluminosa borsa nera:
“Perché non usi la magia?!”
“Non voglio dare un cattivo esempio ai ragazzi mostrando loro che non siamo in grado di fare nulla senza magia! Se lo fanno i Babbani, posso farlo anche io.”
La strega si strinse debolmente nelle spalle mentre Beau, incuriosito, si avvicinava ai tre colleghi per capire cosa avesse attirato l’attenzione di Håkon e Phil. Il primo, accennando al beauty-case, fu l’unico ad avere il coraggio di chiedere alla collega che cosa custodisse:
“Ma che cos’hai là dentro Margi, mattoni?”
“No, solo qualche cosina indispensabile per la villeggiatura.”  Margot aprì la cerniera con un sorriso allegro e iniziò a svuotare la borsa da viaggio, disponendo barattoli di vetro e tubetti di ogni colore e dimensione sul tavolo sotto gli sguardi attoniti dei tre uomini che la circondavano.
“Tutto questo è… indispensabile?”
Håkon la guardò dubbioso e Phil prese un barattolo di vetro blu per analizzarlo come fosse un antico reperto in rune da decifrare. Beau invece sbarrò gli occhi chiari inorridito ritrovandosi come catapultato nella sua infanzia, quando sua madre era sempre impegnata a monopolizzare il bagno per spalmarsi chili e chili di creme e lozioni sulla pelle.
“Ti serve davvero tutta questa roba?”
“Certo! Questa è la crema idratante per il viso, questa per le mani, questa per il corpo. Questo è il gel detergente, quello il tonico. L’argilla verde, quella rossa, quella nera, poi abbiamo un olio per il viso per la notte, la maschera per i capelli, l’acqua micellare, una crema lisciante per i capelli…”
Mentre parlava, Margot indicava i prodotti corrispondenti sotto gli sguardi sgomenti dei tre, e Beau si avvicinò lentamente a Phil per chiedergli con un mormorio a cosa servisse tutta quella roba.
Non ne ho idea, non ho capito una parole di quello che ha detto, e vi ricordo che faccio il traduttore di Rune. Davvero dietro ad ogni donna si cela un’armeria di creme, Margot?”
“No, solo quelle con la pelle curata come la mia. Tu avresti proprio bisogno di una maschera nutriente ed illuminante, a proposito…”
Margot parlò con tono assorto e si tamburellò il labbro inferiore con l’indice prima di avvicinarsi leggermente al viso di Phil con gli occhi ridotti a due fessure, scrutandogli la pelle con aria critica prima che il collega si allontanasse con una smorfia spaventata:
“Non so di che parli, ma non metterai niente sulla mia faccia!”
“E’ solo il primo giorno, la vedremo. E comunque, peggio per te! Io vado a farmi un pediluvio con i miei Sali, con permesso signori.”
La miriade di prodotti planò ordinatamente di nuovo all’interno della borsa, che Margot prese prima di dirigersi allegramente verso le scale di legno che portavano al piano superiore.
Ai tre colleghi non restò che seguirla dubbiosi con lo sguardo, prima che Beau spezzasse il silenzio in un mormorio quasi preoccupato:
Qualcuno ha idea di che cosa sia un pediluvio?!”
“No, e neanche ci tengo.”
“Dobbiamo preoccuparci per lo chalet? Vi ricordo che è fatto perlopiù di legno, altamente infiammabile.”
“Merlino, oltre ai ragazzi dovremo anche preoccuparci che Margi non ci faccia prendere fuoco.”

 
*

 
“Ah, eccoti! Hai rifiutato le avances della tua innamorata?”
Le mani infilate nelle tasche della felpa blu e un largo sorriso sul volto, Hiro guardò Emyr salire le scale dello chalet trascinando i piedi sul legno, i disordinati capelli scuri tendenti al riccio che gli ricadevano in alcune ciocche sulla fronte e un’espressione quasi annoiata sul viso. Udendo la voce divertita dell’amico il Serpeverde sembrò ridestarsi dal suo flusso di pensieri e posò lo sguardo dritto su Hiro, scoccandogli l’occhiata più torva di cui era capace:
“Molto divertente, Hiro. Non dovresti essere il Prefetto responsabile, lo studente modello futuro Caposcuola?”
“Dopo quello che ho combinato e che mi è valso un posto qui, direi che le mie possibilità di diventare Caposcuola sono sfumate del tutto. Dov’è la mia Eiko?”
“Sono riuscito a seminarla in cucina, si è messa a curiosare tra le pentole.”
“Vado a prenderla… ti ho tenuto il letto sopra al mio, se vuoi.”
Hiro sorrise di nuovo all’amico prima di superarlo mentre Emyr annuiva distrattamente, sovrappensiero. Fu allora che gli vennero in mente le parole udite poco prima dal Professor MacMillan, e si voltò verso il Corvonero con leggera preoccupazione:
“Hiro, pensi che qui ci sia qualcuno che sa cucinare?”
“Non lo so, ma in qualche modo ci arrangeremo… credo.”
 
*
 
 
“Che c0s’è questa cosa strana?! Sembrano tentacoli…”
Dopo aver stabilito la divisione dei letti, alcune delle ragazze avevano deciso di occupare il breve tempo che le divideva dal ricongiungimento con i professori e i compagni dandosi all’esplorazione del loro chalet. Quando Amelie, aprendo una porta del pian terreno, aveva scovato un armadio a muro pieno di secchi, stracci e arnesi di vario genere per pulire molte compagne le si erano radunate attorno, consultandosi sull’identità di un mocio.
“Non lo so… come pensate che si usi?!”
Tallulah aggrottò la fronte, osservando scettica l’arnese prima che Amelie lo prendesse in mano e si rivolgesse al resto delle compagne, disseminate per l’ampio salotto con camino e alte finestre che avrebbero condiviso per le successive settimane:
“Nessuno che studia Babbanologia sa che cosa sia questo coso antiestetico?”
Blodwel, sprofondata comodamente su una poltrona di pelle marrone, alzò gli occhi al cielo mentre giocherellava con i ganci della sua salopette: la tentazione di spiegare alle figlie di maghi che era solo una dannata scopa per pulire i pavimenti era tanta, ma vederle brancolare nel buio era anche più divertente.
“Io lo so che cos’è! E’ un… Merlino, non ricordo il nome, ma serve per pulire i pavimenti!”
Marley, seduta accanto a lei, sorrise radiosa mentre indicava il mocio, fiera di sé stessa per aver ricordato un elemento di un’ormai vecchia lezione: se fosse stata lì di certo il Professor Bell sarebbe stato molto fiero di lei. Non rammentandone però il nome preciso la Tassorosso si rivolse a Blodwel, chiedendole come si chiamasse:
“E’ un mocio, ragazze. Quindi… nessuna di voi ha mai pulito un pavimento?”
La gallese si rivolse alle compagne aggrottando la fronte con sincero scetticismo, guardandole scuotere la testa e confermare le sue parole prima di roteare nuovamente gli occhi scuri al cielo:
“Mia nonna non ci crederà, quando glielo racconterò, che tutte queste ragazze non hanno mai preso in mano una spugna… A proposito, qui qualcuno sa cucinare?”
“Io so fare qualche dolce.”
Tallulah si strinse nelle spalle – mentre Priscilla e Amelie continuavano ad osservare il mocio come se si fosse trattato di un reperto alieno –, parlando con tono vago mentre Lilian, accanto a lei, faceva altrettanto:
“Io me la cavo, tranne che per i dolci. Prisci? Amelie?”
“No, mi spiace, mai cucinato niente.”
Priscilla scosse la testa smuovendo i ricci scuri e guardando le amiche con un’espressione sinceramente dispiaciuta sul volto mentre Amelie la imitava, aggiungendo però con un sorriso che potevano sempre imparare e rendersi utili in qualche modo.
“Certo! Anche noi dobbiamo contribuire, naturalmente.”
L’espressione rammaricata sul viso pallido di Priscilla venne sostituita da un sorriso allegro, e Lilian la imitò prima di annuire e mettere un braccio sulle spalle dell’amica, assicurandole che avrebbe cercato di insegnarle qualcosa sulla cucina nelle settimane future.
“Tranne che per i dolci. Shou dice che i miei biscotti potrebbero essere usati come dischetti da hockey, e una volta ogni tanto devo riconoscere che mio cugino ha ragione.”
 
*

 
“Professore, penso che quei barbosi colleghi ci credano venuti solo a far danni. Non le sembrano sempre terribilmente prevenuti nei nostri confronti?”
Mentre scendevano il dolce pendio erboso che li avrebbe portati nuovamente nei pressi dello chalet delle ragazze e delle rive del lago Theobald strinse delicatamente il braccio di Margot e le sorrise con aria cospiratoria: non solo si era offerto volontario per il campeggio, ma aveva addirittura pregato la Preside di farlo andare. La “cara Minerva” era stata molto ritrosa – aveva la sensazione che con Theobald al Camp i guai sarebbero solo potuti aumentare –, ma alla fine si era fatta convincere dalle insistenze dell’insegnante. Riuscito nel suo intento, Theobald aveva tutta l’intenzione di godersi quelle settimane e di divertirsi non poco.
“Hai ragione mia cara, purtroppo non tutti condividono la nostra nobile arte del sapersi divertire. Magari entro la fine di questa esperienza avremo insegnato qualcosa anche a loro, oltre che ai ragazzi.”
“Spero che abbia ragione, Professore. Scommetto che ha insistito parecchio con la Preside per poter venire. Ha in mente qualcosa per i ragazzi?”
“Naturalmente! E non solo per loro.”
Sfoderato il suo sorriso più malandrino, Theobald lasciò dolcemente la presa sul braccio della giovane collega e la superò baldanzoso sotto lo sguardo divertito della donna, che rise e scosse la testa mentre Nix trotterellava davanti a lei, dubito dietro a Beau.
Quell’uomo era davvero assurdo, ma per quanto la riguardava era assolutamente impossibile non affezionarglisi.
Dal canto suo, Theobald pensò a tutte le raccomandazioni che quel barboso di Charles gli aveva fatto prima che la sua “nuova avventura” avesse inizio: a volte era il suo stesso figlio a trattarlo come un ragazzino irresponsabile. Il che era assolutamente ridicolo!
 
*
 
 
“D’accordo, stelle del firmamento… Potete tenere le bacchette per tutto il tempo, ovviamente, ma quelli di voi che ne possiedono uno devono consegnarmi i telefoni.”
La prima cosa che Margot fece quando ebbero riunito tutti gli studenti fu far apparire una scatola di cartone da archiviazione e passare tra i ragazzi, agitandola eloquentemente e senza abbandonare il suo sorriso nemmeno per un minuto.
“Blodwel, non farti pregare. Anche tu Nithercott, so che ne hai uno… Eulalia, non fare quella faccia, vi ricordo che non siete in vacanza.”
La Grifondoro sbuffò sonoramente prima di far cadere il telefono all’interno della scatola insieme a quelli di alcuni compagni, e Margot sorrise dolcemente prima di chiedere paziente se tutti glie l’avessero consegnato. Ricevendo muti assensi fatti da sbuffi, borbottii confusi e cenni del capo, la strega tornò a posizionarsi accanto ai colleghi rivolgendo ai ragazzi un sorrisetto divertito:
“Spero che siate sinceri, miei cari, perché il primo che becco con un telefono… beh, passerà del tempo extra con il Professor MacMillan.”
Un paio di ragazzi del V anno corsero preoccupati a riporre i propri telefoni nella scatola, mormorando scuse imbarazzate sotto lo sguardo soddisfatto di Margot e altrettanto torvo di Phil, che ignorò la lieve risata che scaturì dalle labbra di Beau come da alcuni studenti.
“Sto migliorando come professoressa intimidatoria, vero Håk?”
L’insegnante di Trasfigurazione si rivolse ad Håkon colma di soddisfazione, e il collega le diede un colpetto incoraggiante sulla spalla senza premurarsi di chiederle di non chiamarlo in quel modo: ci provava fin da quando erano diventati colleghi tre anni prima a far capire alla strega che non amava i soprannomi, soprattutto per nomi già di per sé corti come il suo, e alla fine si era semplicemente rassegnato.
 
“Già mi mancano le mie console… Chissà in che stato pietoso troverò la mia casa su Animal Crossing quando tornerò… piena di scarafaggi… Spero di aver salvato la partita, altrimenti poi chi lo sente Resetti…”
Lancelot parlò con un sospiro malinconico, pensando tristemente ai suoi videogiochi rimasti a Londra mentre Marley, accanto a lui, guardava l’amico carica di curiosità: stava per chiedergli che cosa fosse quell’”Animal Crossing” e chi fosse il “Resetti” quando Håkon prese la parola schiarendosi la voce:
“Se la Professoressa Campbell ha finito, ci penso io. Durante la mattinata farete lezione dalle 8.30 alle 12.30. Dopo pranzo avrete il pomeriggio per fare i compiti che vi assegneremo, ma certi giorni potremmo organizzare attività varie per voi. La domenica non ci sarà lezione, avrete la giornata libera.”
“E il sabato?”
“Al sabato ci saranno dei piccoli test sulle cose fatte durante la settimana. Chi non raggiungerà la sufficienza riceverà turni di pulizie e compiti extra.”
“Ma che cazzo, ci hanno presi per Elfi Domestici?!”
Blodwel sbuffò e incrociò le braccia al petto irritata, tacendo di fronte all’occhiataccia di Håkon e alla gomitata di Marley ma continuando imperterrita ad osservare i professori con stizza: qualcosa le diceva che li avrebbero sfruttati per fare le pulizie al loro chalet.
Bel, vicino a lei, alzò timidamente la mano facendosi un po’ di coraggio di fronte all’accenno di sorriso gentile che Håkon gli rivolse prima di dargli la parola:
“Sì, McKinnon?”
“Scusi Professore, che cosa succede se per caso non passiamo i test dell’ultima settimana?”
“Mpf, io avevo proposto di bocciarli…”
“Phil, sei il solito acido troppo severo.”

“In quel caso lo faremo sapere alla Preside, e dovrete affrontare degli esami durante la prima settimana di lezione ad Hogwarts dell’anno prossimo.”
Håkon s’interruppe quando Margot gli fece cenno di avere qualcosa di aggiungere, così si chinò verso la collega e ascoltò i suoi bisbigli sotto gli sguardi sempre più preoccupati dei ragazzi, che si chiesero quale atroce destino li avrebbe attesi prima che l’insegnante, annuendo serio, riprendesse la parola:
“Dimenticavo. Chi non passerà i test finali dovrà prendere parte ad un’intensiva sessione di cene del Lumaclub della durata di due settimane.”
Le parole dell’uomo vennero seguite da mormorii preoccupati e trasalimenti generali: persino Bel, che trovava da sempre Lumacorno estremamente simpatico, sembrò leggermente preoccupato all’idea.
Porca Regina Elisabetta, sarà meglio passare quei maledetti test! Io non ci vado tutta imbellettata a quella sorta di country club.”
Blodwel sfoderò una smorfia quasi disgustata, rabbrividendo solo all’idea di dover patire un simile destino mentre Lance, accanto a lei, mormorava qualcosa pensieroso:
“Beh, però si mangia bene…”
“Devono fare questi test anche quelli che non sono qui per insufficienze, Professore?”
Malai, in piedi tra Shou e Lilian, parlò sollevando appena una mano – anche se la sua considerevole altezza bastava e avanzava affinché il ragazzo si facesse notare – e con una punta speranzosa nella voce. Speranza che venne bruscamente spazzata via quando Philip gli rispose secco:
“Sì Johansson, li farete tutti, nessuno escluso. Così avrete il giusto stimolo a studiare, si spera.”
Phil sorrise dolcemente, e come sempre quello bastò a destare parecchia preoccupazione in tutti i ragazzi presenti: quando il Professor MacMillan era di buon umore era quasi sempre perché non vedeva l’ora di dare brutti voti.
“Speriamo di non venire bocciate!”
Priscilla parlò con un sospiro, sinceramente preoccupata all’idea di dover passare ore ed ore a quelle cene mentre Tallulah, dal canto suo, sbuffava e moriva silenziosamente dalla voglia di tornare ai suoi manga:
“Figuriamoci, nessuna di noi ha mai avuto problemi di voti. Ce la caveremo benissimo ragazze.”
“Sempre che il Professor MacMillan non ci bocci tutti a tappeto.”
Priscilla parlò lanciando un’occhiata intimorita al Direttore della sua Casa e questa volta fu Lilian a risponderle, più seria e decisa che mai:
“Col cavolo che mi boccia, devo mantenere una media perfetta in Antiche Rune per diventare Spezzaincantesimi, e state certe che lo farò qui come ad Hogwarts!”
Tallulah e Priscilla non risposero, ma si scambiarono una rapida occhiata dopo aver guardato Lilian, impegnata ad osservare il professore quasi con aria di sfida: se c’era qualcuno in grado di tenere testa a Philip MacMillan, quella era la loro amica.


 
*
 
 
“Ancora non capisco che cavolo sei venuto a fare qui, Bel… davvero, mi sembra di averti rovinato l’estate. Non dovevi venire solo per me.”
Celia incrociò le braccia sotto al seno e si fermò davanti al fratello per poterlo guardare dritto in faccia, non ricambiando il sorriso allegro che il gemello le rivolse:
“Te l’ho detto, non volevo lasciarti sola!”
“Apprezzo molto il pensiero Bel, ma ribadisco che non dovevi. Sono felice che ci siano i tuoi amici, però. Almeno so che sarai sempre in buona compagnia.”
Gli occhi della giovane strega – chiari e particolarmente simili a quelli del fratello – indugiarono su Lance, Marley e Blodwel, impegnati a chiacchierare a qualche metro di distanza mentre lei e Bel si erano allontani leggermente verso la riva del lago.
“Sì, sono felice che ci siano, soprattutto Lance. Ma ci sei tu, quindi non sarei stato solo in ogni caso.”
Il ragazzo diede un buffetto affettuoso sulla spalla della gemella, che gli concesse uno dei suoi rari sorrisi benevoli – spesso e volentieri riservati solo ed esclusivamente a lui – e annuì prima di prenderlo sottobraccio e appoggiare la testa contro la sua spalla:
“Sì, certo… Ma stai fuori dai guai, Bel. Quelli lasciali a me.”
“Non sei qui per migliorare i voti e la tua condotta, tecnicamente?”
Bel abbassò lo sguardo sulla sorella – più bassa di lui di diversi centimetri – aggrottando la fronte, sospirando di fronte al sorrisetto malandrino che Celia sfoderò in risposta:
“Appunto. Tecnicamente. Per fortuna ci sei tu a ricoprire la parte di gemello gentile e responsabile, così io posso divertirmi in santa pace.”
Bel avrebbe voluto ricordarle che era un Prefetto e che avrebbe preferito non lo rendesse partecipe delle sue disavventure – a volte si era trovato nella spiacevolissima situazione di doverle togliere punti, e la gemella non aveva reagito particolarmente bene –, ma sapendo che avrebbe sprecato parole a vuoto decise di lasciar perdere: la cosa importante era essere lì con i suoi amici e con lei.
 
*
 
 
Visto che si era fatta l’ora di pranzo – e loro in primis erano affamati – gli insegnanti avevano lasciato i ragazzi liberi di andare a cibarsi, sottolineando che le lezioni sarebbero iniziate la mattina successiva.
“Dite che ce la faranno a nutrirsi senza fare danni di dimensioni mastodontiche?”
Margot tagliò il suo filetto di salmone pensando con sincera curiosità ai ragazzi impegnati a cucinare, chiedendosi come se la sarebbero cavata mentre Beau, seduto accanto a lei, condiva la sua insalata:
“Lo spero per loro. E anche per noi, non vorrei trovarmi nei panni di dover comunicare cose spiacevoli alla Preside…”
“Non sono bambini, buona parte di loro è già maggiorenne. Se la caveranno.”
Philip, un libro scritto in rune in mano e l’altra impegnata a mescolare distrattamente la zuppa, parlò senza alzare gli occhi verdi dalle pagine ingiallite e con tono vago: l’alimentazione degli studenti era assolutamente l’ultimo dei suoi problemi e dei suoi interessi.
“Perché Phil, tu alla loro età sapevi cucinare?”
“No, ma a differenza loro io ero uno studente modello che non si sarebbe fatto spedire in un posto simile.”
Margot non rispose alle parole del collega, limitandosi a roteare gli occhi prima di rivolgersi con un sorriso ad un Theobald anche fin troppo silenzioso:
“A che pensa, Professore? Alle lezioni?”
“Sì, anche… ma non solo. Penso proprio che dovrò rendere la loro permanenza qui particolarmente… movimentata.”
Di fronte al debole sorriso di Theobald Beau aggrottò la fronte prima di scambiarsi un’occhiata dubbiosa con Håkon e abbassare lo sguardo sul proprio piatto, rimembrando fin troppo bene quando, un anno prima, l’anziano collega era andato nelle cucine a chiedere agli Elfi Domestici un pasto a base di peperoncino per tutto il corpo docenti. Le sue papille gustative anche ricordavano fin troppo chiaramente l’episodio.
“Via miei cari ragazzi, rilassatevi, non ho messo nulla nei vostri piatti, lo giuro! Non posso promettere niente per l’acqua, certo…”
Il sorriso di Theobald si allargò, parlando sbattendo amabilmente le palpebre e con l’inclinazione vocale più dolce di cui era capace mentre sia Håkon che Phil, dopo aver bevuto un sorso d’acqua, rischiavano di strozzarsi.
“Scherzavo, miei cari, scherzavo.”
A dimostranza della sua sincerità, Theo prese il suo bicchiere e bevve compiaciuto un sorso d’acqua, sorridendo amabilmente ai giovani colleghi che parvero tranquillizzarsi.
Effettivamente, ora che ci pensava, l’idea di sostituire l’acqua delle bottiglie con l’acqua del lago non era poi così malvagia. Era da tenere in considerazione.
“Il fatto che abbiate così poca fiducia in me mi rattrista terribilmente!”
Di nuovo, Theobald diede sfogo alla sua espressione più drammatica e mortificata, sforzandosi in tutti i modi di non sorridere di fronte all’occhiata rassegnata che Philip gli rivolse:
“Senza offesa Professore, ma non le crediamo affatto.”


 
*
 
 
“Dite che anche i professori dovranno cucinarsi i pasti con le proprie mani?”
“Di sicuro loro conoscono incantesimi per cucinare, a differenza nostra… non capisco perché non ci ho pensato, avrei dovuto studiarne qualcuno prima di venire qui!”
Mentre si legava un grembiule candido in vita Lilian sbuffò, dandosi mentalmente della stupida mentre Priscilla, dopo essersi legata i capelli scuri sulla nuca in una sorta di chignon disordinato, si sistemava una fascetta con nodo a fiori sulla testa per impedire ai riccioli sfuggiti di andare davanti al viso.
“Non essere dura con te stessa, Lily: fino a pochi giorni fa eravamo ad Hogwarts a studiare per gli esami, non avresti avuto tempo per preoccuparti anche di questo!”
Lilian intercettò lo sguardo limpido dell’amica e accennò un sorriso, ringraziandola mentre la Corvonero osservava piena di curiosità le pentole e i mestoli che affollavano la cucina.
“Prisci ha ragione. Adesso pensiamo al pranzo, perché se non metto qualcosa sotto i denti a breve potrei azzannare una di voi. Che cosa potremmo preparare?”
Tallulah mise da parte il numero di Lady Oscar che stava leggendo per l’ennesima volta per dedicare tutta la sua attenzione alla preparazione del loro primo pasto al Camp: la cucina non era abbastanza grande per essere usata da tutti contemporaneamente, così le ragazze avevano stabilito che prima avrebbero mangiato le studentesse del V anno, a seguire quelle più grandi. Il risultato era che nessuna di loro metteva qualcosa sotto i denti da ormai diverse ore, e tutte cominciavano a sentire i morsi della fame.
Tallulah abbassò lo sguardo su Pikachu, l’amato carlino che aveva già mangiato abbondantemente e che ora passeggiava pigramente in mezzo a loro cercando coccole. Merlino, quanto invidiava la vita da nababbo del suo cane!
“Tranquille ragazze, siamo andate in avanscoperta e abbiamo trovato un sacco di roba.”
Marley uscì dalla dispensa seguita da Amelie e con un largo sorriso sulle labbra: entrambe appoggiarono due cassette di legno sull’isola della cucina sotto lo sguardo indagatore di Lilian, che osservò pensierosa di poter fare qualcosa con l’enorme quantità di pane di cui disponevano.
“Beh, visto che è tardi e siamo tutte molto affamate potremmo fare qualcosa di semplice, dopotutto. Anche perché non mi sembra che nessuna di noi sia propriamente una cuoca esperta.”
Amelie sfoderò un sorriso colpevole dando una leggera gomitata a Priscilla, che la imitò consapevole di non poter essere granché d’aiuto, quando si trattava di fornelli. Essendo cresciute con entrambi i genitori maghi e con un Elfo Domestico a disposizione, nessuna delle due Corvonero aveva mai avuto la necessità di prepararsi un pasto con le proprie mani.
 
Alle parole di Amelie Marley parve come illuminarsi, sorridendo con gli occhi chiari luccicanti mentre si legava rapidamente i lunghi capelli castani in una coda bassa:
“Siete in ottime mani, fanciulle. A casa mi chiamano La Regina dei Sandwich per un motivo.”
Nessuno ti chiama così.”
Udendo la tiepida voce di Blodwel provenire da dietro una poltrona Marley sbuffò e volse lo sguardo in direzione dell’amica, rimproverandola aspramente per averle rovinato il “momento di gloria” mentre le compagne prendevano pane da sandwich e taglieri. Quando vide Priscilla sollevare dubbiosa un coltello da pane lungo quanto il suo braccio Lilian ebbe l’accortezza di sfilarglielo dalle mani, suggerendole caldamente di iniziare con qualcosa di meno letale e di dimensioni più ridotte: non aveva nessuna voglia di portare di corsa l’amica al San Mungo al primo giorno di campeggio.

 
*

 
cd928662201a0a26ba9db875b0be50d3
 
“Chi è la più bella ragazza del Camp? Ma sì, certo che sei tu!”
Beau stava approfittando di quelle prime ore di relax leggendo, standosene comodamente seduto in poltrona tenendo le gambe elegantemente accavallate. Udendo la voce di Margot il mago alzò brevemente lo sguardo dalle pagine della sua edizione di Bug-Jargal(1)  in lingua originale e abbozzò un sorriso nel vedere la collega seduta sul tappeto in compagnia della sua Nix, che sembrava aver già preso particolarmente in simpatia la strega e si godeva coccole e adulazioni standosene comodamente distesa.
“Non sorprende che tu le piaccia, visto quanto la aduli, Margi.”
“Che cosa posso farci se è bellissima? Sei davvero adorabile, cucciolona.”   Margot prese il grosso muso bianco del Pastore tra le mani con un sorriso, carezzandola energicamente mentre Håkon si limitava ad osservare in silenzio una fotografia presa in mano poco prima.
La foto, animata come quasi tutte quelle prodotte dai maghi, ritraeva una sorridente bambina dai grandi occhi da cerbiatta impegnata a giocare con delle bambole e a salutare l’obbiettivo.
“Ti manca già la tua ragazza, Håk?”
Anche se non poteva vedere la foto Margot sembrò intuire a chi stesse pensando l’amico, perché gli sorrise dolcemente senza smettere di giocare con Nix, che sembrava molto interessata al suo maglione con i fiori ricamati.
“Abbastanza. Non sono mai stato più di sei giorni senza vederla.”
Ripensando alla figlia, e al modo in cui gli correva tra le braccia ogni volta in cui tornava a casa da Hogwarts, il danese si rattristò. Nonostante svolgesse un lavoro impegnativo aveva sempre fatto di tutto per vedere e stare con Freya il più possibile.
“Non preoccuparti… starà benone con tua madre, lo sai!”
“Sì, è vero. Vado a fare una passeggiata qui intorno, così magari con ci penso. Vieni, Margi?”
Håkon si alzò dal divano di pelle ergendosi in tutta la sua altezza ma rivolgendosi all’amica con il suo solito tono pacato, guardando Margot esitare prima di rivolgersi speranzosa a Beau:
“Beau, posso portare Nix? Ti prego!”
“Certo, anche se penso che sarà più che altro lei a portare in giro te…”
Beau sorrise divertito di fronte all’esultanza di Margot, appellando non verbalmente il guinzaglio di Nix mentre Håkon, presagendo una passeggiata tutt’altro che tranquilla, alzava gli occhi scuri al cielo: forse chiedere all’amica di accompagnarlo non era stata la scelta migliore.
“Tranquillo, le tengo d’occhio io.”
“Håk, non osare trattarmi da bambina, so perfettamente badare a me stessa.”
“Come quella volta in cui hai fatto trasfigurare ai ragazzi dei calici in uccelli lasciando le finestre aperte, quelli sono volati via e siamo rimasti senza calici per metà degli studenti in Sala Grande?”
“Non farmici ripensare, mi sento ancora così in colpa… per lo meno li ho ricomprati di tasca mia.”
Håkon alzò gli occhi al cielo mentre metteva una mano sulla spalla dell’amica, conducendola gentilmente verso la porta d’ingresso dello chalet con una Nix scodinzolante al seguito. Beau li seguì con lo sguardo sfoggiando un piccolo sorriso, certo che in quelle settimane non sarebbero stati solo i ragazzi a regalargli momenti memorabili.
Certo, c’era il Professor Watrous da cui guardarsi. Era assurdamente impossibile non affezionarsi a quell’uomo, ma tutti erano altrettanto consapevoli della sua imprevedibilità.

 
*


La grossa casseruola tremolava leggermente sul fornello, e il coperchio sbatacchiante convinse Malai a farsi coraggio, prendere un grosso guanto da cucina a fiorellini e sollevare il coperchio per controllare lo stato dell’acqua.
Immediatamente il Tassorosso venne investito da una nube di vapore caldo che scacciò malamente con una mano, intimando ad Hiro, nominato “supervisore della pentola”, di passargli il sale.
“Aspettate, ma va prima il sale o prima la pasta?”
Bel, appoggiato all’isola della grande cucina tenendo un grosso libro di ricette in mano, osservò dubbioso il compagno di Casa aprire il barattolo del sale mentre Lance, dopo aver fatto del suo meglio per apparecchiare insieme ad alcuni ragazzi del V anno, sospirava pensando alle leccornie servite quotidianamente ad Hogwarts.
All’improvviso, le cene del Lumaclub si erano fatte più invitanti che mai.
“Secondo me prima la pasta.”
“No, non ha senso, prima il sale.”
“Proviamo a mettere prima il sale. Mal che vada domani faremo il contrario. Ugola di Buddha, non ti avevo detto di preparare il sugo?!”
Mentre Hiro versava enormi quantità di pasta nella casseruola bollente, Malai volse la sua attenzione su Shou ruotando su se stesso e mettendosi le mani sui fianchi. Il Serpeverde, che non aveva udito una parola delle istruzioni date dall’amico poco prima causa cuffie nelle orecchie, non si era mosso dal divano che aveva occupato nel momento stesso in cui aveva messo piede nello chalet.
“Scusa Malai, non ho sentito. Lascerò che sia tu ad occupartene, del resto il look da Nonna Papera ti dona terribilmente.”
Alle parole del Serpeverde il Tassorosso si fiorò stizzito con la mano guantata il fazzoletto che si era legato sulla testa per proteggere i suoi riccioli scuri dal vapore e dagli ingredienti, asserendo che per punizione per non aver contribuito lo avrebbero regredito al ruolo di lavapiatti.
“Sì Malai, questo grembiule pieno di gelsomini è proprio nel tuo stile.”
Hiro non riuscì a non ridacchiare mentre mescolava la pasta con un lungo mestolo di legno trovato in un cassetto pieno di stoviglie durante le precedenti esplorazioni, guadagnandosi un’occhiata torva dal Tassorosso mentre Malai si lisciava il grembiule:
“E’ colpa mia se ho trovato solo grembiuli a fiori?! Basta cincischiare, ho fame, pensiamo al sugo. Prendiamo i pomodori!”
 

 
*
 

“Non ho ancora avuto modo di chiedertelo… So che Freya ti manca tantissimo quando non siete insieme, ma allora perché sei venuto qui?”
Håkon smise di camminare e si voltò verso Margot, allungando istintivamente una mano per aiutarla a scendere da un grosso masso mentre Nix camminava accanto a loro annusando tra alberi, sassi e bassi arbusti.
Il mago non rispose subito, prendendosi qualche istante di silenzio mentre la collega lo raggiungeva, riprendendo a seguire con calma Nix sullo stretto sentiero che portava al bosco vicino mentre ripensava alle parole della madre:
“Mi ha convinto mia madre. Pensa che debba “staccarmi un po’” da Freya, a sentir lei le sono troppo attaccato. E poi… bah, è un’idiozia, ma sostiene che io debba “fare amicizia” perché in questi anni non ho stretto legami forti con nessun collega.”
“Scusa, e a me non pensi?!”
Håkon sorrise, suo malgrado, quando Margot parlò offesa e assestandogli una gomitata sul fianco, annuendo per rassicurarla con tutta la gentilezza di cui era capace e che quasi nessuno, a parte la figlia, Margot e alcuni studenti erano in grado di far emergere:
“A parte te, certo.”
“Lo credo bene. Però penso che tua madre abbia ragione, Håk… so che adori Freya e sei davvero un papà fantastico, ma questa esperienza potrebbe farti bene davvero. Insomma, pensa ai genitori che non insegnano ad Hogwarts e che ogni anno sono costretti a superarsi per mesi dai loro figli.”
“Non farmici pensare. Chissà come Freya vivrà l’avere un genitore professore, se tra sei anni insegnerò ancora…”
Alle parole dell’amico – che quasi rabbrividì all’idea di separarsi dalla sua piccola per tutte quelle settimane – Margot non poté che scoppiare a ridere, affermando che difficilmente la ragazzina avrebbe fatto salti di gioia:
“Hai presente il figlio di Demelza? Penso che Malai voglia scavarsi una fossa ogni volta in cui vado a trovarla durante le vacanze estive, o quando vede me e sua madre chiacchierare chiedendosi se stiamo parlando di lui o meno. Poverino!”
“Malai Johansson… probabilmente il peggior studente che io abbia mai avuto.”

 
*

 
“Bleah, ho ancora il sapore in bocca di quella pasta insipida…”
“Non guardare me, è colpa di Hiro che mi ha passato il sale fino invece del sale grosso! E anche tua, perché non hai contribuito.”
Shou ignorò il commento e anche l’occhiata di sbieco che l’amico gli rivolse, continuando imperterrito a camminare sull’erba: dopo aver pranzato e lavato le stoviglie – rischiando insieme ad Emyr di fare più danni che altro – entrambi avevano convenuto di non arrecare disturbo a Lilian da troppo tempo e avevano deciso di andare in visita allo chalet delle ragazze.
“E per vedere se il loro è più bello del nostro” aveva aggiunto Malai mentre uscivano dal proprio.
“Ah, eccole. Sono fuori.”
Mentre attraversavano il pendio che portava alla riva del lago e allo spiazzo di ghiaia dove erano arrivati, Shou accennò al piccolo gruppo di ragazze che si erano sistemate a pochi metri dal loro chalet: seduta a gambe incrociate su un sasso, Lilian sfogliava assorta il dizionario di Antiche Rune e uno dei libri di testo che aveva portato; a poca distanza Tallulah leggeva standosene comodamente distesa sul prato e Priscilla disegnava con Solomon e Stirling attorno, impegnati a giocare con Pikachu e Sahara.
Buongiorno, mie dolci donzelle predilette! Vi siamo mancati?”
Udendo la fin troppo familiare voce cantilenante di Malai Lilian alzò lo sguardo dal libro con un sospiro, borbottando che era stato troppo bello per durare a lungo mentre Priscilla, invece, sorrideva allegra ai due amici salutandoli con un cenno:
“Ciao ragazzi! Come ve la siete cavata col pranzo?”
“Ci siamo arrangiati con la pasta, per fortuna possiamo contare sulla saggezza culinaria di Nonna Papera, qui. Ciao Bimba, che cosa disegni?”
Shou, data una carezza a Solomon quando il grosso cane gli si fu avvicinato con curiosità, sedette accanto alla Corvonero sistemandosi gli occhiali da sole sugli occhi e lanciando un’occhiata al blocco da disegno dell’amica, che decretò con un sorriso di voler immortalare il panorama per poi mostrarlo a sua madre una volta tornata a casa.
“Chi sarebbe “Nonna Papera?”
Tallulah parlò senza alzare gli occhi chiari dal suo manga – e maledicendo mentalmente quella rimbambita di Oscar, che faceva il filo al conte svedese imbellettato invece di ricambiare il povero Andrè – e fu con estremo piacere che Shou rispose alla domanda dell’amica, sorridendo divertito mentre si stendeva sul prato allacciando le braccia dietro la testa:
“Malai, che domande.”
Tallulah, Priscilla e anche Lilian si unirono alle risate di Shou, destando l’indignazione di Malai che invece allacciò le lunghe braccia al petto e parlò sollevando il naso per aria con stizza:
“Sì, sì, ridete, ridete pure! Quando avrete bisogno di me per cucinare qualcosa vedremo chi riderà!”

 
*
 
 
“Come mai Marley non è venuta in esplorazione? Non è da lei!”
Era raro vedere Marley o Blodwel senza la compagnia dell’altra, e mentre camminavano sul sentiero che portava al bosco Bel alzò lo sguardo dalla propria volpe che gli trotterellava accanto per rivolgersi con sincera curiosità a Bloody, che però si limitò a stringersi nelle spalle mentre si guardava pigramente attorno:
“Penso che stia progettando qualche scherzo, sapete com’è fatta… si è detta felicissima della presenza del Professor Watrous qui, dobbiamo solo sperare che non uniscano le forze, o potrebbero radere al suolo il Camp.”
Riflettendo sulle sue stesse parole, la Tassorosso dovette ammettere che infondo non sarebbe stata un’eventualità poi così sgradevole. Chissà che cosa avrebbe organizzato la sua dolce, adorabile amica combinaguai preferita.
Lance, senza smettere di camminare verso il bosco, si voltò per osservare lo chalet dove avrebbe alloggiato con gli altri ragazzi per le settimane successive mettendolo a confronto con quello a disposizione dei professori. Ripensando a ciò che aveva detto Bel solo poche ore prima, il biondo si ritrovò ad aggrottare la fronte: effettivamente, quello degli insegnanti era considerevolmente più grande.
“Avete notato che lo chalet dei prof ha un piano in più?”
“Un piano in più? Che cosa se ne fanno?”
“Sì… c’è una fila di finestre in più rispetto agli altri. Chissà che cosa c’è al secondo piano…”
Anche Blodwel si voltò, ritrovandosi a dare ragione all’amico mentre Bel, accigliato, mormorava incerto che forse gli insegnanti avevano un mucchio di stanze a disposizione in più rispetto a loro.
Lance annuì, ma poco convinto: era l’opzione più plausibile, ma chissà se era davvero quella corretta.
 
*
 
 
Phil si chiuse la porta alle spalle, stiracchiò piacevolmente i muscoli delle spalle e delle braccia e poi, rilassato e di buon umore, iniziò a scendere le scale per tornare al pian terreno.
Giunto nell’enorme salotto che si apriva dalla porta d’ingresso dello chalet, l’ex Corvonero trovò uno dei suoi colleghi esattamente dove lo aveva lasciato: Beau leggeva seduto su una poltrona, e di Margot e Håkon non c’era nessuna traccia.
“Ciao Beau… dove sono gli altr-Porca Priscilla!”
Il mago sobbalzò e si affrettò a ritrarre il piede quando udì lo starnazzare indignato di Sunday, che stava passando davanti alle scale proprio in quel momento e aveva rischiato di finire calpestata da Phil, che le lanciò un’occhiata dubbiosa prima di aggirarla e raggiungere il collega.
Beaumont sollevò lo sguardo dal libro senza scomporsi, lanciando un’occhiata pensierosa alla finestra più vicina mentre informava il collega di averli visti uscire col suo cane circa un’ora prima.
“Speriamo che non siano caduti in un burrone, con Margot tutto è possibile.”
“Non penso che ci siano burroni nei paraggi, se devo essere onesto. E siamo molto distanti dalle scogliere.”
Per fortuna, oserei direi. E non preoccuparti per i burroni, se ce ne fosse uno nel raggio di intere miglia, Margot Campbell lo troverebbe senza alcun dubbio. A proposito… Rosita è qui, ma dov’è il Professor Watrous?”
Beaumont stava per chiedere al collega perché chiamasse sempre la gallina “Rosita” pur conoscendone il vero nome, ma venne interrotto dal tempestivo arrivo di Theobald, che apparve nella stanza con un vassoio in mano e con l’immancabile sorriso benevolo stampato sul viso tondo:
“Ho chiesto al gentile Elfo di preparare del thè, ne volete?”
“Certo, grazie Professore.”
Theobald passò una tazza ciascuno ai due colleghi e poi, presa la terza, si accomodò sul secondo divano mentre Sunday continuava a curiosare in giro per la stanza.
Gli occhi cerulei del mago si spostarono da un “giovanotto” all’altro, osservando i due ex Corvonero portarsi le tazze alle labbra prima di aggrottare simultaneamente la fronte, come se avessero notato qualcosa di strano.
Nascondendo un sorriso dietro la propria tazza, Theobald si affrettò a distogliere lo sguardo e a bere un sorso di thè mentre Beaumont chinava il capo sulla propria, confuso: il thè nero che tanto amava sorseggiare nei momenti di relax gli fumava davanti, non c’erano dubbi. Phil fece lo stesso – ritrovandosi in una delle rare occasioni in cui dubitava dei propri sensi e delle proprie opinioni – prima di intercettare lo sguardo altrettanto scettico del collega: la tazza, apparentemente piena di thè, era calda e pesante come da manuale. Per quale motivo, quindi, la si inclinava senza che alcuna goccia di thè toccasse le proprie labbra?
Certo che ci fosse lo zampino del collega, Beaumont riprovò. Niente. Quando la portava alle labbra, era come se la tazza diventasse magicamente vuota.
“Professore, che cosa ha fatto alle nostre tazze?!”
Philip diede voce ai pensieri di entrambi rivolgendosi con un sospiro carico di rassegnazione all’anziano collega, che tuttavia simulò il massimo stupore di cui era capace prima di sporgersi e lasciare la tazza ormai vuota nuovamente sul vassoio.
“Io? Nulla! Non hanno niente di diverso dalla mia. Ottimo thè, a proposito… Porto Sunday a fare un giretto, le piace esplorare.”
Con quelle parole Theobald si alzò, prese Sunday e si diresse con calma fuori dallo chalet. La porta gli si era appena chiusa alle spalle quando Phil afferrò la tazza lasciata sul vassoio dal collega, constatando che era realmente vuota. Allora riprese in mano la propria e la ruotò di 180° sotto lo sguardo ancora attonito di Beau, che ebbe così modo di osservare una gran quantità di thè nero macchiare tappeto e pavimento.
“Che razza di incantesimo sarebbe?!”
“Promemoria per il futuro, Beau: farci il thè da soli.”
 

*

 
“Ne vuoi un po’?”
Dopo aver dato da mangiare ad Athena, la sua piccola gufa grigia che aveva portato con sé nell’eventualità di dover spedire qualche lettera, Amelie aveva tirato fuori da uno dei suoi bauli una delle barrette di cioccolato al doppio caramello che aveva comprato da Mielandia settimane prima, durante l’ultima gita dell’anno ad Hogsmeade. La giovane strega aveva custodito gelosamente quei preziosi acquisti, decidendo di portare buona parte delle sue scorte di cioccolato al Camp: di certo non sarebbe sopravvissuta un mese intero senza uno dei suoi cibi preferiti.
Marley, seduta su uno sgabello davanti all’isola della cucina, sorrise alla Corvonero e annuì prima di prendere il pezzo di cioccolato che Amelie le porgeva, ringraziandola:
“Grazie Amelie.”
“Figurati, ne ho portata parecchia non sapendo se qui avrei trovato della cioccolata. Che cosa stai facendo, comunque?”
La Cercatrice guardò con sincera curiosità il rotolo di pergamena sul quale l’amica stava scarabocchiando da diversi minuti, interrompendosi di tanto in tanto per osservare pensierosa fuori da una delle due grandi finestre della cucina.
“Oh, nulla… solo i miei soliti scherzi innocenti.”
Benchè la Tassorosso sorridesse amabilmente i suoi occhi azzurri tradivano un luccichio malizioso che Amelie ormai conosceva bene, tanto che rise prima di chiedere all’amica se dovesse preoccuparsi e dormire con un occhio aperto:
“No, tranquilla, la mia vittima designata non sei tu. Per ora.”
“Penso che ignorerò l’ultima parte. Non hai idea di quanto le riunioni del Lumaclub siano diventate noiose da quando te ne sei andata, Marley. Quando c’eri tu mi divertivo sempre da morire!”
La Corvonero incrociò le braccia al petto e guardò l’amica con aria di rimprovero, ricordando fin troppo chiaramente i momenti di ilarità che la Tassorosso aveva regalato a lei e agli altri studenti durante le riunioni dei primi anni ad Hogwarts. Marley però si strinse nelle spalle, sospirando con finta aria affranta che era stata costretta, vista la sua pessima media in Pozioni.
“Insomma, il vecchio Luma di certo non mi aveva fatta entrare per le mie abilità nella sua materia, una volta ho quasi fuso il calderone, ti ricordi? E poi Bloody continuava a prendermi in giro chiamandomi “Lumacona”, ne avevo fin sopra i capelli.”
Marley scosse il capo con disapprovazione e Amelie – per quanto la presenza dell’amica mancasse ad ogni membro del club – le sorrise comprensiva:
“Beh, mi risulta che tu nelle altre materie non abbia problemi. Tutti abbiamo qualche materia che non ci va a genio, Marley… Con me il Professor Hawkes deve dare fondo a tutta la sua pazienza, ad esempio. A parte Hiro, Hiro non ha problemi in niente, ma lui è un caso a parte.”
“Hai ragione. A proposito, mi piacerebbe proprio vedere com’è fatto lo chalet dei ragazzi… domani ci imbuchiamo e andiamo a disturbarli, è deciso. Tra i Tassorosso i canti di Malai sotto la doccia sono cosa leggendaria, e una volta prima del Diploma voglio poterli udire anche io.”

 
*

 
“Ciao scricciolo! Ancora non ero riuscito a salutarti. Come stai?”
Dopo aver raggiunto Shou, Malai, Tallulah, Lilian e Priscilla insieme ad Emyr, Hiro sedette accanto alla compagna di Casa mettendole un braccio attorno alle spalle esili e ricevendo un candido sorriso in risposta:
“Ciao Hiro. Bene, il posto è molto bello, non trovi? Certo forse avremo qualche difficoltà a nutrirci, ma almeno ci divertiremo a cucinare insieme.”
“Dici così perché tu non devi cucinare con quelli lì.”
Hiro roteò platealmente gli occhi scuri mentre accennava a Shou, Malai ed Emyr, radunati sul prato uno accanto all’altro e impegnati a discutere di musica mentre Lilian e Tallulah si sfidavano a scacchi: a detta della Grifondoro, aveva scoperto nuove tecniche con cui forse sarebbe finalmente riuscita a battere suo cugino o Riccioli d’Oro.
Le parole del ragazzo furono seguite dalla risata dolce dell’amica, che lasciò il blocco da disegno accanto a sé sull’erba e si strinse le ginocchia lasciate scoperte dalla salopette corta:
“Sono sicura che vi divertite parecchio.”
“Sì, ma penso anche che faremo esplodere la cucina entro la fine della nostra permanenza qui. Voi ragazze non potreste adottarmi?”
“Tu sei un esperto nel far esplodere le cose, vero Davies?”
Rammentare ciò che aveva spinto il compagno di Casa e studente impeccabile a trovarsi lì in loro compagnia fece sorridere Tallulah, che rise quando Hiro si voltò verso di lei con un sospiro:
“Mi prenderete in giro ancora a lungo?”
“Solo fino al diploma. A parte Priscilla, lei non è in grado di deridere nessuno. Lily, ti sto battendo.”
Senza scomporsi, Tallulah prese la sua Torre e mangiò la Regina di Lilian, che imprecò a bassa voce in thailandese prima di scarabocchiare qualcosa sul rotolo di pergamena che aveva accanto:
“Grandioso, ho studiato tutta ieri per nulla! Maledizione, non batterò mai quei due geniali dementi!”
“Non dire così, prima o poi ci riuscirai…”
“Non è giusto prendere in giro Hiro, e nemmeno avergli dato questa punizione. E pensare che è solo colpa mia...”
Priscilla parlò scuotendo la testa con aria sconsolata, ma Hiro le sorrise gentilmente e strinse la presa sulle spalle dell’amica parlandone con dolcezza:
“Non è vero scricciolo, non sei stata tu a far esplodere l’aula di Pozioni. Vorrà dire che la mia pozione dimagrante avrà bisogno di qualche ritocco prima di essere ultimata. Nessuno è infallibile, dopotutto.”
Udendo “pozione dimagrante” Tallulah si voltò di scatto verso il compagno, gli occhi azzurri sgranati, ma non fece in tempo a dire nulla perché Lilian, rimessi a posto i pezzi sulla scacchiera, le chiese la rivincita come se ne andasse della sua stessa vita.

 
*

 
“Dite che ci siamo spinti troppo in là? Forse dovremmo tornare indietro, non vorrei rischiare di perdermi al primo giorno…”
Bel si fermò in mezzo alla radura, guardandosi attorno con leggero nervosismo mentre Chione, la sua piccola volpe magica, gli si arrestava accanto. Lui, Blodwel e Lance camminavano ormai da parecchio, e anche se il sole era ancora alto perdersi nel bel mezzo del bosco al primo giorno di certo non avrebbe contribuito a migliorare l’umore dei professori nel doverli andare a cercare.
“Tranquillo Bel, sono sicura che non ci sia niente di cui preoccuparsi qui attorno. Insomma, è una cosa organizzata dalla scuola e ci sono incantesimi di protezione, è impossibile che ci sia qualcosa da temere.”
Blodwel si fermò accanto all’amico portandosi la sigaretta alle labbra per prendere una boccata, ignorando la smorfia schifata che si fece largo sul volto di Bel mentre Lance, convenendo con la ragazza, si guardava attorno con curiosità:
“Will ha ragione, insomma… non siamo mica nella Foresta Proibita!”
“E se anche fosse sono certa che le dicerie sulle Acromantule siano solo storielle per tenerci lontani da lì messe in giro dai professori.”
Lance stava per proporre di camminare per un’altra decina di minuti quando una successione di rumorosi fruscii nelle vicinane lo anticipò, portando tutti e tre i ragazzi a posare lo sguardo sul punto da dove era sembrato loro di udire i rumori.
“Porca Regina Elisabetta, che cos’era?!”
Invece di rispondere alla domanda dell’amica a Lance venne in mente qualcosa che avrebbe voluto dire già qualche ora prima, così sorrise allegro prima di rivolgersi a lei e a Bel:
“A proposito della Regina, lo sapevate che la mia famiglia le procura l’Elisir di Lunga Vit-“
Il ragazzo non ebbe modo di finire di parlare: un basso ringhio fece raggelare lui e i compagni all’istante, prima che Blodwel gettasse la sigaretta e afferrasse Bel per un lembo della felpa gialla, strattonandolo:
“Mi rimangio ogni cosa. VIA!”
Né Bel né Lance sembrò intenzionato a discutere, perché udendo un secondo ringhio – questa volta più vicino – i due non esitarono a seguire l’amica fuori dalla radura, correndo a rotta di collo verso il sentiero e lontano dalla creatura misteriosa nelle vicinanze.
 
“Che DELUSIONE Sunday, non hanno nemmeno riconosciuto il tipico ringhio di un Ghoul! Li abbiamo fatti tre anni fa! Ah, sarà meglio metterli a studiare, questi giovanotti.”
 

 
*

 
“Quindi, fatemi capire… TU ascolti musica Babbana, e a Malai non piace.”
“Sì. Musica Babbana coreana.”
“E perché a te non piace, Malai?”
“Non lo so, non mi piace il genere, e comunque non capisco un cavolo di quello che dicono! Come quella canzone lì, “Fecola”…”
“Quella canzone si chiama “Fake Love”, testa di rapa!”
Shou, impegnato a lucidarsi le lenti degli occhiali da sole dopo esserseli sfilati, alzò gli occhi al cielo mentre Malai spalancava allibito i suoi: per anni, quando l’amico ascoltava quella canzone, aveva quindi frainteso il titolo?
“”Fake Love”? Ma che razza di pronuncia hanno?!”
Shou non rispose, sospirando rassegnato mentre Emyr, sinceramente interessato alla questione, prendeva mentalmente nota delle informazioni: assisteva alle diatribe del compagno di Casa e di Malai sulla questione musica da tempo, ed era sempre stato curioso di saperne di più.
“Beh, grazie ragazzi, è stato illuminante. Shou, sono curioso, una volta vorrei provare ad ascoltarla anche io questa musica.”
Il biondo si strinse nelle spalle, asserendo che per lui non c’erano problemi quando il compagno spalancò gli occhi orripilato: Eiko doveva essere fuggita dallo chalet dei ragazzi, perché stava correndo sul prato dritta verso Hiro.
Anzi, verso di lui.
“Oh no, Porco Salazar… Hiro, tieni a bada la scimmia!”
Il Serpeverde scattò in piedi e corse via sotto gli sguardi attoniti di Malai e Shou, che sembrarono comprendere quando Eiko li superò per inseguire il ragazzo.
“Prova a dirle che non ti piacciono le ragazze, magari capirà!”
Malai scoppiò a ridere, ignorando la maledizione verbale che Emyr gli lanciò a distanza: all’improvviso, il Tassorosso scorse alcuni dei suoi compagni di casa correre trafelati dal bosco dritti nella loro direzione, tutti e tre affannati e visibilmente preoccupati.
“Che succede? Avete visto la McGranitt in camicia da notte?”
Malai si rivolse ai compagni aggrottando la fronte, chiedendosi cosa potesse averli costretti a correre come forsennati mentre Lance si metteva le mani sulle ginocchia per riprendere fiato e Bloody, facendosi aria con una mano, parlava deglutendo a fatica:
“PEGGIO! C’è un… c’è un… Cazzo non lo che cosa c’è, ma c’è un mostro nel bosco! Oddio, mi manca il fiato…”
“Io te lo dico sempre, che fumare ti fa male!”
Bel scosse il capo, parlando con amara disapprovazione mentre l’amica si accasciava esausta sull’erba. Le sue parole erano state udite da tutti i presenti, e mentre Lilian asserì, sbuffando, che era del tutto impossibile Priscilla parlò con un filo di voce, sgranando preoccupata gli occhi verdi:
“È come nel Signore delle Mosche…”
“Ma quale Signore delle Mosche, non ci sono mostri, è solo un bosco scozzese! Al massimo ci saranno quei pinguini strani…”
“Quella è la pulcinella di mare Miss X, e non vive vicino ai laghi.”
“Miss X ha ragione, di sicuro avete visto un animale e vi siete confusi. Ce lo avrebbero detto, altrimenti, di non andare nel bosco.”
Lilian si circondò le gambe con le braccia stringendosi nelle spalle, decisa a convincersi che i tre Tassorosso avevano preso un abbaglio mentre Lance, a disagio, mormorava che quel ringhio gli era sembrato particolarmente realistico.
Blodwel, ripreso fiato, si alzò decretando che avrebbero dovuto chiederlo alla Campbell: di sicuro non aveva intenzione di finire i suoi giorni in un dannato camp scolastico.

 
*

 
In piedi sul terrazzo della sua stanza e appoggiata alla ringhiera di legno, Margot osservò con curiosità il manipolo di studenti del VI anno impegnati a discutere vicino allo chalet delle ragazze.
Chissà che cosa era successo.
Abbassando lo sguardo, la strega intravide Theobald tornare verso lo chalet in tutta calma, Sunday subito dietro di lui come al solito. Margot gli sorrise e gli rivolse un cenno con la mano che l’uomo ricambiò, chiedendosi divertita che cosa avesse in serbo per i ragazzi il suo eccentrico collega.
 
 
 
 
 
(1): Romanzo di Victor Hugo
 
…………………………………………………………………………………………..
Angolo Autrice:
Buonasera! Anche qui come per MOTRE ci ho messo più del dovuto – scusate, periodo non dei migliori – ma spero che mi perdoniate e che il capitolo vi sia piaciuto.
Come probabilmente avrete intuito, Eulalia e Celia, la sorella di Bel, sono due OC che mi erano state mandate ma che non ho inserito nella storia. Talvolta alcuni di loro faranno delle comparsate.
Ho un paio di domandine per le autrici degli studenti:
  • Come se la cava il vostro OC a Quidditch? Gli piace, sa giocare o preferisce assistere? (Ovviamente le autrici di OC che giocano in una delle squadre non devono rispondere)
  • Visto che abbiamo non uno, non due, ma ben tre OC di origine asiatica stabilendo un record assoluto nelle mie storie, volevo chiedervi che “rapporti” ha il vostro OC con la cultura asiatica, soprattutto con la cucina.
 
Per oggi è tutto, a presto!
Signorina Granger
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

 

48c103c6567d5cd99b8b56d5de25c406


La camera da letto che lo avrebbe ospitato per le settimane successive era già scaldata da una tiepida luce quando Shou Park si svegliò. Il giovane mago aprì pigramente gli occhi scuri, si girò verso la parete di legno e si domandò, ancora intontito dal sonno, che cosa lo avesse svegliato.
Prima di tutto, Shou realizzò che quello in cui si era svegliato non era il suo letto. Né quello di Hogwarts, né quello della sua camera.
Ah, certo. Era al Camp per punizione.
In secondo luogo, il Serpeverde realizzò che qualcuno stava cantando a squarciagola. Che stesse ancora sognando di essere ad un concerto?
Ci mise qualche secondo a riconoscere la voce del suo migliore amico, anche grazie a quella di Hiro – pregna di disperazione per il sonno negato –, che giunse soffocata dal letto davanti al suo:
“Qualcuno zittisca Malai…”
“Che succede?”  Emyr, che occupava il letto sopra quello di Hiro, sollevò la testa spettinata e si guardò attorno con la voce impastata mentre Lance e Bel, invece, continuavano imperterriti a dormire della grossa.
Shou stava per alzarsi e andare ad uccidere il suo migliore amico sotto la doccia in una perfetta riproduzione di un certo vecchio film quando all’improvviso il canto cessò. Lui, Hiro ed Emyr tirarono un sospiro di sollievo e fecero per rimettersi a dormire quando la porta della stanza si aprì e Malai fece la sua apparizione, sorridente e in accappatoio:
“Buongiorno fanciulli! Vedo che siete svegli!”
“Già, chissà perché… Devi proprio cantare ogni volta in cui ti lavi, Malai?!”
Shou, coperto fino al naso, lanciò un’occhiataccia all’amico che invece sorrise allegro mentre prendeva dei vestiti dal baule, i ricci scuri legati sulla nuca:
“Certamente. Muoio di fame e dobbiamo prepararci la colazione… vi consiglio di alzarvi, se arriviamo in ritardo al primo giorno di sicuro ci puniranno.”
Con quelle parole il ragazzo tornò in bagno per vestirsi, ma nessuno tra Hiro, Shou ed Emyr diede alcun segno di volersi alzare dal letto:
“Saranno settimane lunghissime… E perché LORO non sono svegli?!”
Hiro sollevò leggermente il capo dal cuscino per lanciare un’occhiata dubbiosa in direzione del letto a castello occupato da Bel e Lance, chiedendosi che genere di incantesimo usassero per ignorare i canti di Malai mentre Emyr, sopra di lui, sbadigliava:
“Forse ormai sono immuni. Penso che finiremo con l’abituarci a nostra volta.”
“Povere le mie orecchie…”

 
*

 
Phil era stato il primo ad alzarsi tra i colleghi, e dopo essersi vestito si era affrettato a scendere al pian terreno dello chalet per prepararsi una tazza di caffè: non chiedeva di meglio che fare colazione in santa pace, e soprattutto non teneva a ripetere l’esperienza del pomeriggio precedente facendosi offrire bevande dall’eccentrico collega più anziano.
Il mago teneva il manico della tazza di ceramica in una mano e un libro nell’altra, immerso nella lettura che aveva interrotto la sera precedente, quando udì dei passi sulle scale sopra di lui: la voce di Margot gli augurò allegramente il buongiorno un paio di istanti dopo e Philip ricambiò pacatamente senza voltarsi verso la strega, che sparì ciabattando in cucina per riempire d’acqua il bollitore e cercare qualcosa da mettere sotto i denti.
“Stamattina cominci tu, giusto?”
“Sì, ai ragazzi che non studiano Antiche Rune con me puoi pensare tu, se vuoi… Posso usare il soggiorno?”
L’ex Corvonero appoggiò la tazza ormai vuota sul tavolo senza smettere di tenere gli occhi verdi incollati alle pagine ingiallite, udendo Margot mettere il bollitore sul fornello prima di ricomparire sulla soglia della cucina:
“Certo. Io pensavo di fare lezione all’aperto, è un peccato non sfruttare il bel tempo di oggi e il panorama.”
“Cerca solo di non far fuggire i ragazzi.”
“Tranquillo, all’occorrenza li acchiapperò al lazo.”
La strega, che aveva trovato i cookies al cioccolato che il servizievole Elfo Domestico di nome Mindel messo a disposizione da Hogwarts aveva preparato per loro la sera prima, si portò un biscotto alle labbra guardando distrattamente fuori dalla finestra più vicina. Fu allora che Philip sollevò finalmente lo sguardo sulla collega – non stentando ad immaginarla a giocare al Far West con gli studenti – e si accorse che Margot aveva decisamente qualcosa di strano: alle sue enormi pantofole a forma di una strana creatura verde dalle orecchie enormi ormai tutto il corpo docenti di Hogwarts ci si era abituato, ma di sicuro non era pronto a trovarsela davanti con una sorta di crema altrettanto verdastra spalmata su tutto il viso, ad accezione di occhi e labbra.
Non sapendo se scoppiare a ridere o allarmarsi, Philip si schiarì la gola scegliendo di adottare la via più diplomatica chiedendole che cosa si fosse messa in faccia:
“È argilla verde.”
E perché hai dell’argilla verde sulla faccia, Margot?”
“Ha un effetto purificante e opacizzante. Non c’è nulla di più sgradevole della pelle lucida! Vuoi provare?”
Per quanto l’argilla – che iniziando a solidificarsi rendeva più ostici i movimenti dei muscoli facciali – glielo permettesse, Margot sorrise con i grandi occhi azzurri pericolosamente luccicanti e Phil, preoccupato per le proprie sorti, si affrettò a scuotere la testa:
“Emh… no, grazie. Carina la tua fascetta rosa, comunque.”
“Grazie, serve per non sporcare i miei bei capelli… dopo tutto il tempo che perdo a lavarli sarebbe il colmo!”
Margot si sfiorò la fascetta di spugna che le teneva indietro i capelli castani raccolti sulla nuca prima di tornare in cucina, richiamata dal fischio acuto del bollitore. Rimasto momentaneamente solo, Phil tornò a concentrarsi sul suo libro chiedendosi in quale stato fisico e mentale sarebbe tornato in Inghilterra.
Margot aveva appena scelto tra l’infinita varietà di thè che facevano capolino in cucina – per la gioia sua e di Beau – quando anche Håkon si aggiunse a loro rivolgendo un debole sorriso a lei e alle sue pantofole:
“Buongiorno. Oh, vedo che non hai lasciato a casa le tue pantofole, Margi.”
“Scherzi? Non lascerei mai le pantofole del Bambino, ci ho messo settimane a trovarle!”
Margot raggiunse Phil al tavolo tenendo la tazza col thè in infusione in una mano e un piattino di biscotti nell’altra, sedendo dopo aver lanciato uno sguardo carico d’orgoglio alle sue vistose ciabatte. A quelle parole Phil – che non aveva mai capito quale strana creatura raffigurassero quegli affari – guardò i piedi della collega aggrottando le sopracciglia:
“Ma quello non è un bambino… sembra piuttosto un alieno con le orecchie da pipistrello. Beau pensava che fosse una sorta di Elfo Domestico...”
“Ma quale Elfo, è Baby Yoda!”
Di fronte alle facce stralunate di Phil e Håkon Margi sospirò e scosse la testa con disapprovazione: entro la fine del Camp di sicuro avrebbe approfondito la cultura cinematografica di quel branco di incompetenti.

 
*

 
Quando aveva aperto gli occhi Lilian aveva trovato l’ampia camera da letto che avrebbe condiviso con alcune delle sue compagne già piena di luce e avvolta nel silenzio più assoluto, segno che le altre ragazze erano ancora nel mondo dei sogni. Solo dopo essersi alzata ed aver controllato l’ora – non aveva nessuna intenzione di arrivare in ritardo alla lezione di MacMillan servendogli così una strigliata su un vassoio d’argento – la strega si era resa conto che il letto sopra a quello dove dormiva placidamente Amelie era vuoto, e anche quello accanto che nessuna studentessa era riuscita ad occupare: Solomon e Stirling ci si erano comodamente sistemati sopra non appena avevano messo piede nella stanza, e nessuno – nemmeno la padrona – era riuscito a schiodarli dal loro comodo giaciglio.
Per nulla sorpresa nel sapere che Priscilla si era alzata per prima, la Grifondoro infilò le pantofole ai piedi, prese dei vestiti puliti e andò silenziosamente in bagno per darsi una sistemata sbadigliando: sei anni di convivenza forzata con altre ragazze erano stati di grande insegnamento, e nel momento in cui le compagne di scuola si sarebbero alzate litigandosi il bagno lei voleva essere il più lontana possibile.
 
“Stirling, vieni fuori, devo tornare indietro!”
Priscilla accennò un sorriso dolce mentre, in piedi sulla sottile sabbia dorata a pochi metri dalla riva del lago, con una mano accarezzava la testa di Solomon – che le stava obbedientemente accanto al contrario del fratello – e con l’altra si dava qualche lieve colpetto sulla coscia sinistra facendo cenno al secondo cane di raggiungerla.
Stirling, che non aveva esitato a correre in acqua per giocare e rinfrescarsi non appena la padrona aveva portato lui e Solomon a fare una passeggiata, smise di dare la caccia ad un pesce e tornò di malavoglia a riva, scrollandosi energicamente l’acqua di dosso prima di trotterellare verso Priscilla in cerca di carezze.
“Bravo bello. Purtroppo devo andare a lezione, non posso giocare con voi tutto il giorno… per fortuna avete un sacco di spazio qui.”
La Corvonero si avviò nuovamente verso lo chalet con i grossi cani al seguito, sorridendo quando percorsi pochi metri scorse la familiare figura di Lilian aprire la porta d’ingresso e fermarsi sulla soglia con le braccia strette al petto e gli occhi fissi su di lei:
“Ciao Lily! Sei sveglia da molto?”
“No, mi sono alzata poco fa, devo ancora fare colazione. Tu quando ti sei alzata? Non ti ho sentita.”
“Ho fatto più piano che potevo per non svegliarvi. Sono sveglia da un’ora, credo.”
Lilian ricambiò il sorriso dell’amica mentre le metteva affettuosamente un braccio attorno alle spalle, rientrando nello chalet insieme a lei mentre Solomon e Stirling correvano a contendersi il divano più grande.
Quando l’amica la informò – piena d’orgoglio – di essersi preparata il thè da sola la Grifondoro simulò il maggior stupore possibile, complimentandosi con Priscilla per non aver mandato a fuoco lo chalet al primo giorno.
“Grazie, anche io sono fiera di me. Mia nonna me l’aveva fatto vedere una volta, non è stato poi così difficile dopotutto.”
La Corvonero – ignorando o non cogliendo l’ironia dell’amica – si strinse nelle spalle mentre sedevano una accanto all’altra davanti all’isola della cucina, e Lilian sorrise divertita – non riuscendo, come al solito, a prenderla in giro troppo a lungo – prima che una particolarmente esasperata voce a loro nota giungesse dal ballatoio sopra le loro teste:
“Fanciulle? Qui si stanno alzando tutte ammazzandosi per il bagno… dite che potremmo chiedere asilo ai maschi?”
“IO in un bagno usato da una dozzina di maschi non ci metto piede nemmeno sotto tortura. Punto primo. Punto secondo, pensi davvero che con mio cugino in circolazione loro saranno presi meglio di noi?”
Lilian alzò gli occhi al cielo mentre si portava la tazza di thè alle labbra, facendo ridacchiare Priscilla mentre Tallulah, sopra di loro e ancora in pigiama, si ritrovava costretta a dar ragione all’amica: con Shou nei paraggi forse sarebbero stati i ragazzi a chiedere asilo a loro, dopotutto.

 
*
 

“Per colpa vostra ho dovuto ingozzarmi e farmi andare la colazione di traverso! Tutto per quella fretta inutile che mi avete messo addosso…”
“Fretta inutile? Sei stato in bagno quasi venti minuti, e non ti sei nemmeno fatto la doccia!”
“No, quella la faccio di sera, ma di mattina devo fare il mio rituale idratante.”
Mentre uscivano dallo chalet per andare a lezione carichi di libri, piume e calamai, Shou si sfiorò le guance lisce con le dita, sorridendo con soddisfazione per la loro morbidezza mentre Malai, dietro di lui, si legava i lunghi capelli ricci roteando gli occhi castani: per fortuna aveva avuto l’accortezza di farsi la doccia non appena alzato, così si era evitato di fare la fila come gli altri compagni.  
Confuso, Hiro avrebbe voluto chiedere a Shou di che cosa stesse parlando, ma il cenno eloquente che Emyr gli rivolse lo costrinse a desistere: forse era meglio non approfondire l’argomento.
“Merlino, speriamo che il Professore non sia di cattivo umore e ci massacri, stamattina…”
Mentre si sistemava la tracolla della borsa sulla spalla seguendo i compagni sulla porzione di prato che li separava dallo chalet degli insegnanti, Lance lanciò un’occhiata vagamente preoccupata all’edificio: il giorno prima sapere che avrebbero iniziato il soggiorno al Camp con Antiche Rune aveva reso tutti gli studenti che frequentavano la materia particolarmente ansiosi.
“È il primo giorno, magari avrà pietà di noi…”   Nemmeno il mormorio di Bel – che non sembrava particolarmente convinto delle sue stesse parole – tranquillizzò l’amico, e a Lance non restò che sperare che l’insegnante si fosse svegliato con il piede giusto, quella mattina.

 
*

 
“Buongiorno ragazzi! Chi segue Antiche Rune resta qui con Phil, gli altri del Vi anno vengono fuori con me.”
Alle parole di Margot – che aveva accolto gli studenti all’interno dello chalet con il suo consueto sorriso benevolo e un maglione coperto di tulipani addosso, anche se si era lavata la maschera dal viso e aveva rinunciato alle pantofole – Blodwel si ritrovò quasi senza volerlo a tirare un sospiro di sollievo: iniziare con la Campbell, probabilmente non le sarebbe potuta andare meglio.
La Tassorosso quasi trattenne una risata di fronte alle espressioni molto meno allegre che scorse subito dopo sui volti di Lance, Bel e Marley, e diede una leggera gomitata all’amica augurando ironicamente loro buona fortuna:
“Ci vediamo dopo, sfigatucci, se sarete ancora interi.”
“W-will, mi fai venire ancora più ansia…”
Di fronte al tetro e nervoso balbettio di Bel l’amica parve addolcirsi un poco, accennando un sorriso più rassicurante mentre dava qualche pacca incoraggiante sulla spalla del ragazzo – benchè Bel fosse parecchio più alto di lei –:
“Dai Bel, sto scherzando, è solo una lezione. Andrai benissimo come sempre.”
Bel annuì, sforzandosi di ricambiare il sorriso dell’amica prima che Blodwel, salutati anche Lance e Marley, uscisse dallo chalet infilandosi le mani nelle tasche dei jeans pieni di strappi ricuciti.
“Beh, allora ci vediamo dopo. Comportati bene cuginetta, non mordere il professore.”
Prima di uscire a sua volta Shou rivolse un piccolo sorriso beffardo alla cugina, allungando una mano per darle un colpetto sulla spalla che venne prontamente schivato e ricambiato da una lieve smorfia:
“E tu cerca di non appisolarti.”
“Tenterò. Buona fortuna con le rune ragazzi.”
Cercando di non ridere di fronte alle espressioni preoccupate degli amici Shou li salutò e seguì Amelie fuori dallo chalet. Philip, una volta rimasto solo con i propri studenti, prese la bacchetta accennando serio all’enorme salotto che si apriva dall’ingresso dell’edificio:
“Non avendo delle vere e proprie aule resteremo qui. Prendete i libri.”
Ci fu un fruscio generale di cuoio, cinghie che venivano aperte e libri sfogliati mentre Philip accostava divani, poltrone e tavolino lungo le pareti della stanza con un pigro movimento della bacchetta. Al loro posto fece apparire una lavagna davanti al camino di mattoni spento, una decina di banchi disposti in tre file ordinate, delle sedie e infine una scrivania che raggiunse mettendoci sopra la bacchetta prima di rivolgersi pigramente ai ragazzi:
“Iniziamo col correggere la prova d’esame che avete sostenuto un paio di settimane fa… alcuni di voi hanno fatto disastri, signori, considerato che andrete all’ultimo anno.”
“Oh no, lo sapevo, adesso ci striglia da capo a piedi…”
Priscilla sospirò tristemente mentre stringeva i libri rilegati in cuoio al petto, occupando un banco in seconda fila insieme a Tallulah mentre Malai, che avrebbe puntato volentieri al banco più lontano dalla cattedra e dallo sguardo torvo del professore, veniva afferrato per un braccio e malamente trascinato da Lilian nei posti davanti:
“Cinese, ma che cribbio stai facendo?! Vuoi che ci sbrani?!”
Il Tassorosso guardò l’amica strabuzzando gli occhi, chiedendosi se non avesse ingerito erbe velenose per colazione mentre Lilian, sbuffando piano, camminava decisa verso il banco rispondendo con un borbottio:
“Il giorno in cui mi dimostrerò intimorita da MacMillan andrò dritta da Jessica Everett e le chiederò di essere la mia migliore amica. Vieni con me e non rompere!”
Ma perché devi portare a fondo anche me nel tuo suicidio?!”
“Non farei mai questo a Prisci e Miss X, tu sei quello sacrificabile del gruppo.”
Lilian si strinse nelle spalle con nonchalance mentre prendeva posto e appoggiava i libri sul banco. La giovane strega stava tirando fuori dalla borsa calamaio e piuma quando Malai si voltò verso Tallulah e Priscilla, sedute alle sue spalle, e lanciò loro un’occhiata colma di rassegnazione.
“Povero Malai… sai, a volte mi chiedo chi dei due porti più pazienza nel sopportare l’altro.”
Tallulah aprì il dizionario sfoderando un lieve sorriso divertito che Priscilla ricambiò, osservando allegra i due amici che le sedevano davanti e che già stavano discutendo per “l’invasione del banco di Lilian” messa in atto da Malai.
“Shou dice che sono entrambi due “casi umani”, ma gli vogliamo bene comunque!”


 
*

 
Indispettita, Marley appallottolò un pezzetto di pergamena e lo lanciò dritto contro la testa di Bel prima di fare lo stesso con Lance, scoccando loro l’ennesima occhiata torva quando gli amici si voltarono nella sua direzione: come avevano potuto, quei due, sedersi vicini abbandonandola al suo triste destino?
La ragazza lanciò un’occhiata cupa alla sua vicina di banco e rimpianse più che mai l’assenza di Blodwel: con lei di sicuro sarebbe stato tutto molto più sopportabile, ma sfortunatamente l’amica non aveva mai frequentato nemmeno una lezione di Antiche Rune. Ad Hogwarts di solito riusciva a sedersi comunque vicino a qualcuno di piacevole, ma sfortunatamente al Camp i suoi compagni di scuola erano praticamente dimezzati… Celia e Eulalia si erano affrettate a sedersi vicine nel banco accanto, e la Tassorosso si era trovata costretta a sedersi vicino a Jessica.
 
“Marley continua a lanciarci occhiate strane… dici che dovremmo dormire con tre occhi aperti?”
“Non penso che ci farà uno scherzo per così poco.”    Lance non ne era del tutto sicuro, tanto che si affrettò a sorridere amabilmente all’amica e a rivolgerle delle scuse in labiale prima di udire la voce assai contrariata di Phil:
“Nithercott, girati. Tra cinque minuti chiamo qualcuno di voi a salto per leggere la traduzione.”
Phil, seduto dietro la scrivania con le lunghe gambe comodamente accavallate, continuò a leggere con nonchalance il suo libro mentre Malai, in prima fila, sbirciava di sottecchi il rotolo di pergamena di Lilian: se non altro era stato costretto a sedersi vicino alla prima della classe.
 
“Se chiama me giuro che fuggo in Galles!”
Sospirando Priscilla cancellò per la terza volta la penultima frase da tradurre mentre Tallulah, seduta accanto a lei, finiva di trascrivere la traduzione con tutta la calma possibile:
“Non dire sciocchezze, il Galles è lontanissimo, MacMillan ti acciufferebbe in un lampo. Tieni, guarda la mia.”
La bionda, appoggiata la piuma, lanciò un’occhiata attenta al professore prima di spostare leggermente il rotolo di pergamena verso Priscilla, che la guardò spalancando i limpidi occhi verdi pieni di gratitudine: appuntandosi mentalmente di farle un bel regalo il prima possibile, la mora sbirciò il pezzo dove era bloccata da dieci minuti mentre Bel, seduto nel banco parallelo, osservava incerto la sua traduzione pregando di non essere lo sfortunato designato.
Probabilmente l’unica in tutta la stanza a voler essere chiamata era Lilian, che appoggiò la penna prima di incrociare le braccia e sollevare con decisione lo sguardo su Philip: anche se aveva preso E all’esame, l’insegnante si era premurato di informarla che aveva sbagliato a tradurre alcune parole nella parte finale del testo. Dalla faccia che aveva fatto Lily era sicura che fossero stati gli altri insegnanti a spingerlo a darle il massimo dei voti solo per non rovinarle la media, ed era decisa a dimostrargli di essere stata in grado di correggersi.
Marley – tra insulti e maledizioni mentali varie verso la prova d’esame – aveva appena finito quando Philip chiuse di scatto il libro, appoggiandolo sul ripiano della scrivania prima di far vagare pigramente lo sguardo sui presenti. Il modo in cui il silenzio più assoluto si impossessò della stanza e come tutti – tranne Lilian e Hiro – evitarono accuratamente di ricambiare il contatto visivo lo costrinse a trattenere malamente un sorriso divertito. Lilian, cogliendolo, strinse le labbra in una smorfia contrariata – che l’uomo si divertisse vagamente a terrorizzarli, era cosa ormai nota – mentre Marley, in fondo alla sala, si voltava verso la parete di legno alle sue spalle.
La strega si stava appuntando mentalmente di far cambiare colore a qualcuno dei suoi vestiti per la lezione successiva – forse in quel modo sarebbe riuscita a mimetizzarsi col muro – quando la voce del professore fece raggelare quasi tutti i presenti:
“Davies, vieni tu.”
Hiro annuì senza scomporsi prima di prendere il rotolo di pergamena e alzarsi, accennando un sorriso quando udì Emyr fargli gli auguri a bassa voce nemmeno stesse per entrare in un’arena piena di leoni affamati. Poté quasi percepire i sospiri di sollievo che lo circondarono mentre andava verso la cattedra con la massima tranquillità, quasi sorridendo al professore mentre si fermava accanto alla scrivania e Phil tamburellava distrattamente le dita della mano destra sul legno.
“Prego.”
Lilian ascoltò Hiro leggere delusa e tenendo gli occhi scuri fissi sull’insegnante, che bloccò il Corvonero dopo alcune righe rivolgendogli un cenno della mano:
“Bene Davies. Spero che alcuni di voi abbiano compreso e corretto gli orrori che mi avete costretto a leggere quando ho corretto certe prove. Per poco non ne uscivo traumatizzato. Vai pure.”
Philip rivolse un cenno al ragazzo, che tornò al suo posto accennando un sorriso soddisfatto: l’insegnante  non si sprecava mai in troppi complimenti, ma almeno non aveva avuto nessun rimprovero da rivolgergli. L’uomo tornò ad osservare gli studenti – fingendo di non notare l’espressione risoluta sul viso di Lilian – e decise che per il momento li aveva tormentati abbastanza, così sospirò e pronunciò le fatidiche parole che tutti speravano di udire:
“C’è qualche… volontario?”
La mano pallida di Lily schizzò in aria e Philip annuì, facendole cenno di alzarsi. Malai sorrise allegro e diede una gomitata incoraggiante all’amica – proclamata silenziosamente “eroina del giorno” da tutti i compagni – mentre Lilian si alzava, marciando soddisfatta verso la lavagna prima di riprendere a leggere dove Hiro si era interrotto.
Quando, poco dopo, Philip si disse “felice che avesse compreso i suoi errori” Lilian tornò a sedersi accanto a Malai con un largo sorriso sul volto. La gioia dei compagni, tuttavia, ebbe vita breve, perché archiviata la prova d’esame Philip si alzò, raggiunse la lavagna e annunciò con un sorriso che li avrebbe aiutati a “rinfrescarsi la memoria” sulle rune basilari.
In altre parole, li avrebbe interrogati.
“Chi ha voglia di disegnare qualche runa? Via, nessuno di voi era così timido quando avete combinato i casini che vi hanno portati qui.”
 

 
*
 

“Park, Posso sedermi qui?”
Shou, che aveva già preso posto sull’erba, sollevò lo sguardo su Amelie e accennò un sorriso, ricordandole che il prato era libero mentre Margot faceva apparire una lavagna con tanto di gessi e cancellino pronti ad essere utilizzati. La Corvonero si strinse nelle spalle e accennò ad alcune compagne che le stavano lanciando occhiata piuttosto torve, asserendo di essere semplicemente preoccupata per la sua incolumità:
“Sai, non vorrei che alcune delle tue ex ragazze o ex pretendenti mi avvelenasse il pranzo vedendomi seduta qui.”
“Se non si sono mai uccise a vicenda penso che tu sia al sicuro, Fawley.”
Amelie sedette e prese il libro di Trasfigurazione dalla borsa lanciando un’occhiata poco convinta alle compagne: spesso aveva sentito Lilian raccontare ben altre storie a Tallulah e a Priscilla quando faceva loro visita in Sala Comune, o seduta al loro tavolo in Sala Grande. Avrebbe voluto chiedere al Serpeverde perché la cugina chiamasse quelle ragazze con dei numeri invece che usando i loro nomi, ma decise che non erano affari suoi e si limitò a prendere una barretta di cioccolato dalla borsa per fare uno spuntino.
Blodwel, dietro di loro, sbadigliò e allacciò le braccia dietro alla testa senza prestare molta attenzione a ciò che Margot stava dicendo: per una volta che c’era bel tempo, non c’era niente di meglio che riposarsi un po’ al sole. Quando vennero incaricati di trasformare delle pietre in porcospini la ragazza non mosse un dito, continuando a fare finta di nulla finchè Margot, passandole accanto, non si schiarì eloquentemente la voce:
“Sai Blodwel, posso sempre scrivere una lettera a casa.”
“Faccia pure prof, mia madre è sempre in viaggio per lavoro.”
“Tua nonna sarebbe molto felice di avere tue notizie da parte mia, non ne dubito.”
La ragazza aprì gli occhi castani con uno sbuffo, lanciando un’occhiata torva a Margot – che invece non si scompose e si allontanò dopo averle rivolto un sorriso eloquente – mentre si metteva seduta e impugnava malvolentieri la bacchetta: era stata sua nonna ad insistere per farla andare laggiù pur di non farla bocciare, visti i suoi pessimi voti. Se fosse tornata a casa con pessimi risultati, di sicuro Dorothea l’avrebbe inseguita maledicendola per tutto il perimetro della fattoria tra le prese in giro e le risa dei suoi numerosi zii e cugini.

 
*

 
“Hiro, non capisci un bel niente.”
“De gustibus non est disputandum.” 
“Non ho capito una sola parola, ma resta il fatto che NON PUOI davvero pensare che Goku sia meglio di Vegeta!”
Una volta usciti dallo chalet – e fuggiti alle torture psicologiche di Phil, che li aveva liquidati con un pigro sbadiglio dopo averli riempiti di compiti – gli studenti stavano camminando sul prato per raggiungere i loro compagni a lezione di Trasfigurazione. Durante il breve tragitto Tallulah e Hiro avevano intavolato l’ennesima discussione su Dragon Ball e sui loro personaggi prediletti trovandosi come sempre in disaccordo, tanto che Tallulah scosse la testa con estrema disapprovazione mentre Hiro, invece, alzava gli occhi al cielo:
“Ma lo sanno tutti che Goku è più forte!”
“Non me ne frega un casco che sia più forte, Vegeta è molto più figo!”
Porco Cappello Parlante, se li sento ancora parlare di Goku e di quell’altro mi parte l’embolo, sono sei anni che vanno avanti!”
Lilian parlò traendo un sospiro carico di esasperazione mentre Priscilla – di ottimo umore per aver superato indenne la prima lezione di Antiche Rune – abbozzava un piccolo sorriso divertito:
“E tu non condividi con loro la Sala Comune… ormai conosciamo quel fumetto anche io e Amelie, che prima di assistere alle loro discussioni non ne avevamo mai sentito parlare. Però non mi capisco molto bene, perché da quello che sento dire da Hiro tutti muoiono e resuscitano di continuo…”
Priscilla aggrottò leggermente la fronte, confusa, mentre l’amica scuoteva il capo prendendola sottobraccio e i due Corvonero che le precedevano continuavano imperterriti a cercare di convincere l’altro della propria opinione:
Sì, è per le sette sfere del drago… lascia stare Prisci, lasciamoli a discutere.”
“Hiro, tutti preferiscono Vegeta, sei tu che non capisci!”(1)
“Ma non è vero, Goku è molto più simpatico!”
“Ma Vegeta è interessante proprio perché è apparentemente insopportabile! E poi lui e Bulma sono perfetti insieme, Chi-Chi è un’insopportabile guastafeste…”
Mentre i due Corvonero spostavano la discussione su quale delle due coppie fosse migliore Malai sospirò, allargando le braccia per circondare contemporaneamente le spalle di Lilian e quelle di Priscilla:
“Non so davvero che cosa sia peggio, se loro che parlano sempre di Dragon Ball e di manga o Ugola di Buddha e la sua musica… Per fortuna c’è il nostro piccolo Cavolfiore che mi aiuterà a deliziare tutti con un po’ di musica.”
Il Tassorosso sorrise e diede un pizzicotto affettuoso a Priscilla, che ricambiò dolcemente il sorriso mentre Lilian, roteando gli occhi scuri, accennava alla figura del cugino che li aspettava con gli occhiali da sole sul viso e le mani infilate nelle tasche dei jeans neri:
“Guarda Riccioli D’oro, c’è il tuo innamorato.”
Dolcezza, sono felice di sapere che sei sopravvissuto!”
Lilian aveva appena parlato quando Shou, sorridendo, mosse qualche passo nella loro direzione portandosi teatralmente una mano sul cuore. Malai, sfoderando un’intonazione vocale particolarmente zuccherosa, raggiunse l’amico sbattendo ripetutamente le lunghe ciglia scure:
“La tua permanenza qui sarebbe stata priva di senso senza di me, vero finto biondino?”
“Certo luce dei miei occhi, avrei pianto così tante lacrime da far strabordare il lago…”
Siete fatti l’uno per l’altro, a quando le nozze?”
“Pensavamo a settembre.. Lilian e la sua acidità faranno da officianti, Prisci suonerà il violino e Tallulah lancerà i fiori. Hiro, tu puoi farmi da testimone.”
Sorridendo, il Corvonero stava per assicurare all’amico d’infanzia che sarebbe stato un vero e proprio onore quando la voce divertita di Margot chiese gentilmente ai ragazzi di sedersi. La strega doveva ammettere, tuttavia, di apprezzare sempre moltissimo quando udiva i ragazzi parlare di fumetti: a volte aveva paura di essere l’unica nerd di tutto il castello, visto che i suoi barbosi colleghi non le davano soddisfazioni di alcun genere.
 
“Ciao gentaglia! Siete vivi e vegeti, mi fa piacere! Traumatizzati?”
Blodwel – comodamente sistemata sul prato reggendosi con i palmi piantati al suolo e le gambe lunghe distese –  ridacchiò di fronte alle facce cupe che gli amici sfoggiarono mentre sedevano sull’erba attorno a lei. Bel si limitò a borbottare qualcosa a proposito dell’eccessiva quantità di compiti, e Marley appoggiò la testa sulla spalla dell’amica con un sospiro mentre Lance tirava fuori il libro di Trasfigurazione, sistemandoselo sulle ginocchia e guardandosi attorno con interesse: Margot aveva fatto apparire una lavagna in mezzo agli alberi, e seduta a gambe incrociate su un ceppo d’albero reciso sembrava perfettamente a suo agio all’idea di fare lezione all’aperto.
Pensando alla lezione appena conclusa, il Tassorosso non poté che sorridere nel paragonare i due insegnanti e i loro metodi decisamente opposti.
“Amica mia, è stato terribile. Non sai vicino a chi ho dovuto sedermi per colpa di questi brutti screanzati!”
“Fammi indovinare… Jessica?”
Marley annuì spalancando gli occhi chiari e Blodwel si premurò di fingersi preoccupata, tastandole la fronte e chiedendole ironicamente se stesse mentalmente e fisicamente bene prima di rivolgersi ai due ragazzi con la stessa severità che usava sua nonna quando scopriva le sue malefatte:
“Come avete potuto lasciare la dolce Marley con quella befana? Siete senza cuore!”
“La dolce Marley sa difendersi benissimo da sola, Will… lo sanno anche i sassi qui attorno che sta architettando qualcosa.”
Alle parole di Lance – che stava sfogliando distrattamente il libro in attesa che Margot riprendesse la lezione – Le labbra carnose di Marley si piegarono in un sorriso innocente che non convinse nessuno dei tre amici, asserendo allegra di non vedere l’ora di fare lezione con il Professor Watrous la mattina seguente.
Blodwel e Lance si scambiarono un’occhiata in tralice, chiedendosi silenziosamente che cosa avrebbe combinato la loro amica dopo un’attenta consulenza con il suo professore prediletto.

 
*

 
“Sono veramente, veramente amareggiato!”
Håkon, che da quando Phil era uscito a fare una passeggiata aveva goduto di pace, silenzio e tranquillità all’interno dello chalet dove erano rimasti solo lui e Iris, il suo geco, alzò lo sguardo dal libro che stava leggendo per rivolgersi a Theobald, che aveva appena fatto il suo ingresso nell’edificio scuotendo la testa con disapprovazione.
“Che cosa succede, Professore? L’hanno fatta innervosire i ragazzi?”
Nei suoi ancora pochi anni di insegnamento ad Hogwarts Håkon aveva avuto modo di rendersi conto quanto fosse difficile per il suo collega perdere il suo aplomb e arrabbiarsi con gli studenti. Per questo si chiese con sincera curiosità cosa fosse successo mentre Theobald gli sedeva accanto sul divano di pelle con un sospiro:
“Terribilmente Håkon, terribilmente. Pensa che non avevano NESSUN gossip da condividere, quei noiosi! Volevano solo ripassare. Ma dico, avete appena finito i G.U.F.O. e ancora volete studiare? Non ci sono più gli studenti di una volta!”
“Se lo dice lei, le dovrò credere.”
“Beh, siamo ad un campo estivo, mi aspetto che succeda qualcosa che smuova la situazione. Sono sicuro che a Joanna Selwyn piaccia Thomas Golding, prima o poi riuscirò ad estorcerle informazioni a riguardo.”
Theobald intrecciò le dita all’altezza dello stomaco e annuì con fare compiaciuto, pregustando i pettegolezzi che avrebbe condiviso con Horace una volta tornato ad Hogwarts mentre il più giovane aggrottava la fronte immaginando la reazione della McGranitt di fronte agli intenti del docente:
“Professore, non credo che l’obbiettivo della Preside sia di creare giovani coppie di innamorati, sa…”
“La cara Minerva dovrà farsene una ragione, al cuore non si comanda. La mia dolce Eugenie lo diceva sempre: non c’è niente di più bello di vedere dei giovani innamorati. E come ogni persona di poche parole, aveva sempre ragione.”
Theobald si alzò annunciando che sarebbe andato a cercare Sunday, fermandosi sulla porta d’ingresso quando Håkon, rammentando qualcosa, gli si rivolse inarcando le folte sopracciglia scure e con una punta di scetticismo:
“Ah, Professore… stamani alcuni ragazzi sono venuti a dirmi che potrebbe esserci qualche strana creatura nel bosco… lei ne sa nulla?”
“Io? No, no, nulla. Sai come sono i ragazzi, caro… si fanno facilmente suggestionare.”
L’anziano professore uscì celando un risolino che Håkon non udì, ma ciò non gli impedì comunque di riservare al collega un’occhiata di sbieco molto poco convinta.
 

 
*
 

Pulcini, vi assicuro che vedo perfettamente quelli di voi che stanno facendo un pisolino… Blodwel, è il momento di svegliarsi.”
In piedi davanti alla lavagna piena di disegni e formule, Margot trasfigurò un sasso in una piccola pigna e la lanciò pigramente verso la Tassorosso distesa sul prato e con gli occhi chiusi, colpendola sul braccio e facendola gemere con disapprovazione prima di costringerla a mettersi seduta tra le risate dei compagni:
“Prof, ma che fa!”
“Ti riporto tra noi, Bella Addormentata del bosco. Allora, mi vuoi ricordare in che cosa consiste la terza branca della Trasfigurazione, bellezza?”
Margot parlò con un sorriso e incrociando le braccia sotto al seno, osservando la studentessa massaggiarsi il punto del braccio lasciato scoperto dalla maglietta bianca che indossava dove la pigna l’aveva colpita.
“Emh…”
Blodwel non si era mai prodigata molto a studiare la teoria di quella materia così cervellotica e astrusa. L’unica cosa che la spingeva a frequentare quelle lezioni e a non fingersi costantemente indisposta era la dolcissima insegnante, nonché Direttrice della sua Casa. Ci aveva anche provato, a risponderle con sufficienza come faceva con quasi tutto il corpo docenti, ma di fronte ai sorrisi incoraggianti e benevoli della Campbell si era dovuta arrendere a volerle un briciolo di bene fin dal secondo giorno.
Evocazione!”
Il bisbiglio appena percettibile di Bel giunse provvidenziale come sempre, e Blodwel sfoderò un sorriso beffardo prima di rispondere con tutta la naturalezza possibile:
“L’Evocazione, Prof.”
“E qual è la differenza a lungo termine tra gli effetti dell’Evocazione e dell’Evanescenza? Bel, sei adorabile, ma tieni la bocca chiusa.”
Rigirandosi la bacchetta di ciliegio tra le dita Margot parlò senza smettere di guardare la studentessa e sorridere amabilmente, non badando al lieve rossore che imporporò il viso pallido di Bel mentre l’amica si sforzava di ricordare: era sicura che quella domanda l’avessero fatta anche ai G.U.F.O. l’anno prima, anche se probabilmente l’aveva copiata da Lance.
“Emh… forse che un oggetto evocato è destinato a scomparire, mentre non si sa se qualcosa che viene fatto evanascere reterà in eterno una non-cosa?”
“Esatto. Brava Blodwel.”
Era estremamente raro che un professore – eccezion fatta per l’insegnante di Cura delle Creature Magiche, la materia preferita della ragazza – le facesse un complimento e Blodwel accennò un debole sorriso a Margot prima che l’ex Tassorosso tornasse a parlare a tutta la classe. Non l’avrebbe mai ammesso ad anima viva, ma in fondo l’idea di stare simpatica alla professoressa le faceva piacere.
 
Dopo aver avuto il tanto atteso permesso di Margot per andare a pranzare gli studenti si erano affrettati a raccogliere le proprie cose per poi disperdersi sul pendio erboso, correndo e chiacchierando verso gli chalet.
Tallulah, rimessi con calma i libri nella borsa, si alzò accettando la mano che Lilian le porgeva mentre Shou, a qualche metro di distanza, implorava Hiro di preparare qualcosa di commestibile per pranzo che non fosse pasta insipida.
“Pensate che dovremmo definire anche dei turni per le pulizie? Forse sarebbe meglio organizzarsi, e in questo modo tutti contribuirebbero.”   Alle parole di Hiro, che si sistemò distrattamente la tracolla sulla spalla senza far caso alla gomitata assai eloquente che Malai assestò a Shou, Lance sfoderò un sorriso divertito: chissà che cosa avrebbe detto sua madre vedendolo pulire i pavimenti e scrostare pentole. probabilmente, dopo lo sconcerto iniziale, vederlo darsi da fare le avrebbe fatto piacere, dopotutto.
“Io non ho mai cucinato o spolverato in vita mia, ma prometto che proverò a dare una mano.”
“Anche io. A casa siamo in tantissimi e mia madre di tanto in tanto ci fa dare una mano. Purtroppo però non so cucinare…”  Bel abbozzò un sorriso di scuse che fece ridacchiare Hiro, che promise ai compagni che in qualche modo li avrebbe sfamati mentre Malai pregustava il dettagliatissimo cartellone per i turni che avrebbe preparato di lì a poco:
“D’accordo allora, dopo pranzo faremo un’accurata e molto precisa tabella dove segneremo tutte le faccende da fare. Non ci penso proprio a vivere in mezzo alla polvere per un mese.”
Il Tassorosso parlò con una smorfia e storcendo il naso mentre Shou, camminandogli accanto, s’infilava nuovamente gli occhiali da sole con un debole sospiro: conoscendo l’amico, avrebbe impiegato metà del pomeriggio ad assillarlo su quali colori scegliere per ogni giorno della settimana.
 
“Sto morendo di fame, ad un certo punto temevo che il brontolio del mio stomaco si sentisse!”
“Tranquilla Prisci, adesso andiamo a mettere qualcosa sotto i denti. Miss X, che ne dici di preparare i Dorayaki, più tardi?”
“Va bene, ma solo se posso farcirli con la Nutella.” 
Tallulah sorrise, ma prima che lei, Lilian e Priscilla potessero allontanarsi la voce di Margot richiamò l’attenzione della Corvonero:
“Tallulah?”
“Sì Professoressa?”
La giovane strega bionda si voltò verso l’insegnante che, ancora seduta sul grosso ceppo reciso, posò i grandi occhi cerulei su di lei prima di rivolgerle un sorriso divertito e una strizzatina d’occhio:
“Non importa che cosa dice Davies… hai ragione, Vegeta è infinitamente meglio.
Oh Merlino, ora ci si mette anche la prof…”
“Grazie Professoressa! Questo mi esonera dai compiti?”
Tallulah sfoderò un sorriso speranzoso che fece ridacchiare l’insegnante prima di alzarsi e scuotere la testa, indicando con un cenno eloquente il loro chalet:
“Non pensarci neanche. Andate a mangiare signorine, su.”
“Beh, io ci ho provato. Forza, andiamo prima che le altre diano fondo alla dispensa!”
Tallulah prese le due amiche sottobraccio per condurle energicamente verso il loro chalet con gli occhi di Margot puntati addosso. Solo in quel momento la donna si rese conto di avere una gran fame, e rivolse un’occhiata dubbiosa al suo alloggio chiedendosi che cosa avessero combinato i colleghi uomini in sua assenza.
Era una fortuna che avessero un Elfo a disposizione, a differenza dei ragazzi: di certo non si fidava di affidare il suo cibo a Phil, né tantomeno all’adorabile quanto imprevedibile Theobald.

 
*

 
Beaumont aveva incontrato lo stesso gruppetto di studentesse tre volte nell’arco di quindici minuti prima di sospirare e consigliare loro di fare qualcosa di più produttivo invece di gironzolare a vuoto. Rassegnato, l’uomo le aveva guardate allontanarsi tra bisbigli e risatine mentre accarezzava distrattamente la testa di Nix:
“Perché sono così testarde, piccola? Non guardarmi così, sai che sei tu l’unica nel mio cuore.”
La cagnolona sembrò soddisfatta di quella rassicurazione e si lasciò coccolare prima di essere distratta da altri passi che si avvicinavano: Nix si voltò e, abbaiando, si allontanò scodinzolando mentre il padrone – pregando che non fossero altre studentesse – faceva lo stesso: fu con un moto di sollievo che Beau scorse la figura di Phil, che si fermò tenendo gli attenti occhi verdi fissi su Nix.
“Ciao.”
Nix gli girò attorno e poi, quando il mago allungò una mano, l’annusò prima di premerci contro la grossa testa bianca per farsi dare qualche carezza. Phil accennò un debole sorriso mentre le grattava il collo coperto di lungo pelo candido, parlando con aria divertita mentre il collega si avvicinava con calma a lui e al cane:
“Se l’hai portata sperando che avrebbe sviato l’attenzione, temo che il piano sia fallito. Mi sono imbattuto in diverse ragazze civettanti, venendo qui.”
“Sì, me ne sono accorto. Purtroppo sembra che Nix abbia conquistato solo Margot, per ora. A te non è mai successo?”
Beaumont aggrottò la fronte e osservò il collega con sincera perplessità, chiedendosi perché le studentesse di Hogwarts facessero le moine solo a lui e non anche a Philip, che era poco più giovane di lui e a sua volta molto attraente.
“Fortunatamente no. In questo adottare la tattica dell’insegnante intimidatorio aiuta. Dovresti provare.”
Phil accennò un sorriso mentre si rimetteva dritto e Nix correva a curiosare ai piedi di un pioppo bianco nelle vicinanze. Beaumont invece scosse la testa, sospirando sconsolato e ormai vagamente rassegnato:
“È troppo tardi, nessuno mi crederebbe. E comunque non sarei capace di fare come fai tu.”
Cinici e stronzi si nasce, non si diventa. Temo che dovrai rassegnarti ad avere le ragazzine attorno ancora per qualche anno, allora.”
Philip lo superò ridacchiando e dandogli una pacca sulla spalla che come risposta ottenne uno sguardo cupo del collega, che sapeva per certo quanto molti dei suoi colleghi trovassero particolarmente ilari le sue “disavventure” con le studentesse infatuate. Ad ogni San Valentino, quando si ritrovava sommerso da bigliettini a forma di cuore, Margot e Demelza si piegavano in due dalle risate nel bel mezzo dell’aula insegnanti mentre Theobald sghignazzava facendo battute. Di tanto in tanto riceveva anche cioccolatini anonimi, ma da quando Neville Paciock gli aveva raccontato di un incidente che comprendeva cioccolatini pieni di Amortentia capitato ad un suo amico li buttava senza pensarci due volte.
L’ultima cosa che gli serviva era essere avvelenato da una quindicenne con un filtro illegale.

 
*

 
“Allora, qui dice di separare il tuorlo dall’albume e poi di montare l’albume… Beh, non sembra poi così difficile fare una frittata!”
Amelie, che teneva uno dei libri di ricette che lei e Priscilla avevano scovato in cucina dopo ardue ricerche, parlò con un sorriso sollevato mentre Blodwel – costretta da Marley a smettere di poltrire e a rendersi utile – osservava scettica le uova che aveva davanti:
“E quale sarebbe l’albume? Cacchio, non me lo ricordo mai, e sì che mia nonna me lo ripete da anni… ma perché devono usare quei termini astrusi invece di scrivere “bianco” e “rosso” come i comuni mortali?”
“Bella domanda. Tallulah, sai se l’albume è il bianco o il rosso dell’uovo?”  Amelie spostò lo sguardo sulla compagna di Casa – impegnata ad aiutare Lilian a tagliare delle verdure dall’altra parte dell’isola, mentre Priscilla lavava sconsolata le verdure nel lavello dopo essere stata allontanata dai coltelli dall’amica – nella speranza che la bionda potesse sciogliere i loro dubbi. Fortunatamente Tallulah annuì, accennando un sorriso garbato prima di rispondere:
“L’albume è il bianco. Che cosa dovete farci?” 
“Una sorta di frittata al forno, da quel che ho capito. Ma ci serve la frusta elettrica per montare il bianco… Marley, l’hai trovato quel dannato affare?!”    Blodwel si sporse per lanciare un’occhiata dubbiosa all’amica, che era inginocchiata davanti a degli armadietti e stava frugando in mezzo alle pentole da dieci minuti:
“Non lo so… è questo?!” La ragazza si voltò e sollevò speranzosa un piccolo elettrodomestico da cucina, ma l’amica scosse la testa con un sospiro:
“No, quello è quello ad immersione! Dai Marley, l’abbiamo fatto a Babbanologia!”
“Uffa, ma quanti affari usano i Babbani per cucinare? E questo cos’è? Uno di quei famosi scollapasta?”
Scolapasta, Marley… Merlino quante cose devo insegnarti.”

 
*

 
Dopo aver divorato intere ciotole del ramen che Hiro aveva preparato per tutti, Lance e Bel erano rimasti nello chalet per rimettere a posto la cucina mentre Malai, Shou, Hiro ed Emyr erano usciti a fare un giro.
“Forse avremmo dovuto studiare qualche incantesimo utile per le pulizie prima di venire qui… per caso ne conosci altri, oltre a “Gratta e Netta”?”   Bel osservò scettico la pila dei piatti puliti e poi quella vertiginosamente più alta di piatti sporchi pensando a come sua madre era solita fare le pulizie in cucina: e pensare che era cresciuto vedendo spugne che lavavano autonomamente, e non si era mai premurato di chiederle di insegnargli qualcosa a riguardo.
“Onestamente no. Certo che è davvero faticoso fare le pulizie… pensa ai poveri Elfi che devono tirare a lucido tutta Hogwarts, ma come fanno?!”    Lance, appoggiandosi col gomito alla scopa che stava usando per spazzare il pavimento, parlò spalancando gli occhi azzurri quasi con orrore mentre Bel, prendendo una ciotola con un sospiro, si stringeva nelle spalle:
“Pensa che prima della guerra nemmeno venivano pagati… che vita orrenda.”
“Già. Sai che una volta ho visto la Campbell con delle pantofole con degli Elfi?! Le ho dovuto portare un compito in ritardo nel suo ufficio dopo un allenamento, e aveva quelle addosso. Non pensi che sia terribile?”
Lance scosse la testa con viva disapprovazione mentre riprendeva a spazzare alla meno peggio il pavimento e costringendo Regina, l’altezzosa gatta nera di Shou, a spostarsi dal suo giaciglio. La gatta gli lanciò un’occhiata particolarmente torva prima di dirigersi con indignazione verso il salotto e il biondo, guardandola con la fronte aggrottata, si chiese dove fosse finito il suo Enoch – che aveva l’abitudine di gironzolare senza farsi vedere spesso – mentre Bel asciugava con uno strofinaccio la ciotola appena ripulita.
“Ma la Campbell è sempre così dolce e carina con tutti… non me la ci vedo a maltrattare un innocuo Elfo.”
“Sì, nemmeno io. MacMillan sì, lui ce lo vedrei con delle pantofole fatte di Elfi.”
Lance ridacchiò mentre Bel invece, accennò una smorfia preoccupata con le labbra: sarebbe stato un mese molto lungo, con tutte quelle lezioni di Antiche Rune e le strigliate del professore a ravvivare le sue giornate.

 
*

 
879cf5f79d84eb028373749b524b4b20


Mentre Marley e Amelie si erano appostate davanti al forno per vigilare sulle loro preziose frittate – per le quali avevano sprecato due interi cartoni di uova, visti i numerosi tentativi di dividere albumi e tuorli andati a vuoto e conditi da sonore imprecazioni – Blodwel ne aveva approfittato per andare a rilassarsi sul divano. Si era appena sfilata le scarpe con un calcio per stare più comoda quando le si erano avvicinati i grossi cani di Priscilla, che la guardarono curiosi mentre la strega, sorridendo, allungava le mani nella loro direzione:
“Ciao bei cagnoloni.”
Solomon e Stirling le annusarono i palmi, poi si lasciarono accarezzare e finirono con l’avvicinarlesi per farsi coccolare. La ragazza, che non chiedeva di meglio che essere circondata da animali, sorrise soddisfatta mentre grattava le orecchie di Solomon.
“Sei proprio carino, sai? Certo, anche tu bello, anche tu.”
“Ti stanno dando fastidio, Blodwel? Scusa, sono molto giocherelloni… Però sono innocui.”
Quando Priscilla le si avvicinò quasi timidamente – temendo che i cani e la loro espansività dessero fastidio alle compagne – la Tassorosso alzò lo sguardo sulla Corvonero e scosse il capo, accennando un debole sorriso mentre Stirling le leccava una mano e sforzandosi di recuperare una parvenza di serietà:
“Tranquilla Eden, mi piacciono i cani. Certo, non sono una di quelle persone che si rimbambiscono e si mettono a parlarci con voci melense e nomignoli zuccherosi, è ovvio… Ma non mi danno fastidio.”
“Oh, bene. È che sono tanto grandi, spero che nessuno qui abbia problemi coi cani. Venite cuccioli, vi do la pappa.”
Priscilla avrebbe voluto chiedere alla compagna di chiamarla con il suo secondo nome, come del resto facevano quasi tutti a scuola, eccetto per gli insegnanti. Tuttavia, non trovava mai il coraggio per correggere Blodwel, che anche se con lei era sempre stata gentile e bendisposta le incuteva un po’ di soggezione. I due levrieri salutarono con entusiasmo la Tassorosso e al cenno della padrona seguirono di corsa Priscilla per ricevere la loro razione di cibo mentre Amelie, inforcati con decisione due guanti da forno pieni di Pluffe e Boccini, osservava le frittate preparate insieme a Marley e Blodwel nemmeno si trattasse di un miracolo:
“Porca Priscilla, penso che siano davvero uscite discretamente! Cosa? Oh, no Priscilla, non parlavo con te…”
“Era ora, sto morendo di stenti!” Sentito che le frittate erano pronte Blodwel si alzò dal divano con un sorriso, dirigendosi verso la cucina pronta a pranzare mentre Marley, invece, incrociava le braccia al petto guardandola con aria di rimprovero:
Ma se non hai fatto niente a parte rompere male due uova e lamentarti, Bloody!”
Guarda che lamentarsi e imprecare richiede molte energie! Io sono campionessa olimpionica in questo.”
 

 
*

 
Beau infilzò un pezzo di bacon croccante insieme ad una foglia di insalata mentre Margot gli passava accanto reggendo un piatto pieno di salmone per lei e per Håkon. L’ex Corvonero lanciò un’occhiata in tralice alle vistose pantofole della collega e scosse la testa con disapprovazione – che infamia indossare ciabatte raffiguranti Elfi Domestici con un povero Elfo sotto lo stesso tetto! Da una persona dolce come Margot proprio non se lo sarebbe aspettato – mentre Phil, seduto accanto a lui, cercava di godersi il suo pranzo a base di roastbeef e patate al forno ignorando i lamenti e lo sguardo implorante di Nix.
L’insegnante di Antiche Rune stava per portarsi un boccone alle labbra quando sentì il piagnucolio della cagnolona: voltandosi, trovò il Pastore Maremmano sedutogli accanto e con il finto sguardo implorante di chi non mangia da diversi giorni.
“È inutile, con me non attaccano questi piagnucolii.”
Nix guaì ancora più forte e mise una zampa sulla gamba di Phil per sollevarsi e dargli un colpetto col naso, facendolo sospirare mentre Margot chiamava Håkon a gran voce:
Håk bellooo, è pronto il pranzo!”
“Margi, perché ti ostini a chiamarlo così se sai che lo detesta?”
“Che amica sarei altrimenti? Lo chiamo così da quando eravamo adorabili studentelli in uniforme e di sicuro non smetterò ora.”
Margot prese posto sorridendo allegra mentre Phil – che aveva ricordi della strega molto contrastanti con l’aggettivo “adorabile” – si arrendeva allungano una fettina di roastbeef a Nix, che la divorò felice prima di andare soddisfatta a sdraiarsi nella sua cuccia.
“Sì Margi, me lo ricordo… Grazie per i crostini.”
“Eravate amici ad Hogwarts?”
Margot annuì, ma a rispondere a Beau fu Håkon, che parlò mentre scendeva le scale con la piccola Iris appollaiata sulla spalla:
“Io facevo pena a Trasfigurazione, e Margi venne incaricata di farmi da tutor, anche se era un anno più indietro di me… la miglior insegnante di sempre.”
Sedendole accanto Håkon rivolse un sorriso affettuoso all’amica, che ricambiò prima di assicurargli che sarebbe rimasto in eterno il suo studente preferito.
“Ma dov’è il Professor Watrous? Mi sento più nervoso quando non c’è rispetto a quando è nei paraggi, il che è preoccupante…”
“Ha mangiato prima, ha detto che si sarebbe riposato un po’… possiamo solo sperare che non stia progettando qualcosa per noi in questo momento.”
Alle parole di Beau tutti e quattro sollevarono la testa per guardare preoccupati il ballatoio sopra di loro, chiedendosi che cosa li aspettasse prima che Margot, recuperando in fretta il suo sorriso e tagliando il filetto di salmone, assicurasse che di certo in assenza del collega si sarebbero divertiti molto meno.
“Su questo non c’è dubbio, senza di lui saremmo stati tutti molto più tranquilli. E credo anche i ragazzi.”

 
*
 

“Ma siamo sicuri di voler andare verso il bosco? Ieri gli altri hanno detto di aver sentito dei preoccupanti versi strani…”
Hiro s’infilò le mani nelle tasche della felpa blu e lanciò un’occhiata dubbiosa alla coltre di alberi poco distante mentre Malai, osservando nella stessa direzione, si tamburellava distrattamente un dito sul mento:
“Strano a dirsi, ma sto con La Cinese, dubito fortemente che ci sia una creatura pericolosa nel bosco. Va bene che siamo in punizione, ma mi sembra esagerato volerci dare in pasto ai mostri…”
“A meno che la prova finale non sia a chi sopravvive contro un drago…”
“Ne dubito fortemente. Cioè, se ci fosse solo MacMillan ci crederei, ma con Hawkes e la Campbell nei paraggi, ne dubito.”
“Beh, io non ci tengo a scoprirlo, sono troppo carino per essere fatte a fettine così giovane. Tu che dici Emyr?”
Shou, in piedi accanto all’amico, si sfilò gli occhiali per ripulirli con un fazzoletto mentre Emyr, osservando il bosco con viva curiosità, faceva spallucce:
“Secondo me è come dice Malai… E poi c’è il Professor Watrous. E se fosse stato uno scherzo fatto da lui?”
“Esatto, bravo Emyr. Sono sicuro che è andata così… del resto ci insegna Difesa contro le Arti Oscure, magari voleva metterci alla prova. Beh, domani matti a lezione glielo domandiamo.”
Malai sorrise allegro quando Hiro, all’improvviso, volse lo sguardo sullo chalet delle ragazze: che cos’era quel familiare profumino invitante che sentiva?
“Sentite anche voi questo profumo di dolci?”
“Ora che me lo dici… da dove arriva?”
Il Corvonero indicò lo chalet delle ragazze e subito Shou sorrise, asserendo che di certo non poteva essere opera di sua cugina – Lilian in famiglia era famosa per i suoi biscotti morbidi come dischetti di hockey – mentre Malai, invece, spalancava gli occhi castani:
“E se Tallulah avesse preparato i Dorayaki? Adiamo a vedere!”
 

 
*

 
Amelie raccolse un po’ di Nutella col cucchiaino e se la portò alle labbra con un sorriso soddisfatto mentre Tallulah, in piedi davanti ai fornelli, girava con una spatola le piccole frittelle circolari e Priscilla, seduta su uno sgabello accanto a lei, teneva un Dorayaki farcito ancora caldo tra le mani
“Sono davvero buonissimi… non li avevo mai mangiati!”
Amelie sorrise alla compagna di Casa e la bionda ricambiò mentre Lilian, che era stata costretta ad allontanarsi dalla cucina per via dei dolci in preparazione, sedeva sul divano coccolando Sahara.
“Sono dei dolci giapponesi, anche se non ci andrebbe la Nutella… a casa li preparo spesso.”
“E come fai a conoscerli?”
“Mio padre… lui va spesso in Giappone. Lì lo adorano. Sai, i suoi… Emh… libri.”
Tallulah si schiarò rumorosamente la voce e chinò lo sguardo sulla piastra calda per non incrociare quello delle due compagne: Amelie arricciò le labbra facendo appello a tutta la sua buona educazione per non ridere, mentre Priscilla non fiatò continuando a mangiare – un po’ a disagio – il dolce.
Fu quasi con sollievo che la bionda sentì bussare alla porta energicamente alla porta d’ingresso, che Lilian andò ad aprire tenendo Sahara in braccio e trovandosi davanti – con scarsa sorpresa – suo cugino, il suo migliore amico, Hiro ed Emyr.
“Buongiorno cugina adorata, possiamo entrare?”
Shou parlò sfoderando il suo sorriso più ammaliante, gli occhiali appesi allo scollo della felpa rosso bordeaux che indossava, mentre la cugina inarcava le sopracciglia senza farsi impressionare troppo:
“Risparmia le sviolinate per le ragazze che ti muoiono dietro, Shou. Ma che strano, venite a farci visita proprio ora… come mai questo particolare tempismo?”
“Un uccellino ci ha detto che la nostra Miss X sta facendo i Dorayaki… potete condividere la merenda con questi poveri bei ragazzi affamati?”
Anche Malai sorrise angelico e Lilian, sbuffando, si voltò in direzione di Tallulah:
“Che dici Miss X, li faccio entrare?”
“Va bene, Riccioli D’oro, Ugola di Buddha, il fan eretico di Goku ed Emyr possono entrare. Ma non mangiate finchè non avrò finito tutto l’impasto e saranno tutti pronti, chiaro?”
Tallulah puntò eloquentemente la spatola contro i ragazzi mentre Lilian, spostandosi di lato, li faceva passare. A quelle parole Shou puntò gli occhi scuri su Priscilla, che sedeva su uno sgabello e li salutò vivacemente mentre faceva dondolare le gambe e teneva un dolcetto in mano:
E perché Bimba sta già mangiando?!”
“Perché Prisci è carina e gentile e mi ha dato una mano.”
“Ma anche noi siamo carini, guarda!”
Hiro diede una gomitata a Malai, che insieme a lui sfoderò la sua espressione adorabile mentre Lilian roteavate seccatamente gli occhi e Amelie ridacchiava:
“Sì, Tallulah, guarda come sono carini questi poveri denutriti… saresti perfida a non sfamarli. Ma dovete fare la fila, io e Lilian aspettiamo da prima di voi!”
“E anche io! Scusate, programmavo lo scherzo che farò a… beh, non posso dirlo. Sono pronti i dolci?”
Marley scese le scale di corsa, un largo sorriso ad illuminarle il volto e i lunghi capelli castani legati in una treccia mentre Tallulah, osservando scettica la quantità di bocche da sfamare, si chiedeva se la pastella sarebbe bastata. Considerando gli stomaci con cui aveva a che fare, probabilmente no.

 
*

 
“Bloody… cosa stai facendo?!”
“Eh? Niente. Non sto facendo niente. Prendevo un po’ d’aria.”
Blodwel si voltò, affrettandosi ad infilarsi le mani nelle tasche e a scalciare con il tallone la pallina con cui fino a quel momento aveva giocato con Pikachu, Solomon e Stirling.
La ragazza sostenne senza battere ciglio lo sguardo stralunato di Lance, che guardò i cani correre ad inseguire la palla verde chiedendosi se non fosse caduto preda di allucinazioni: mentre la raggiungeva sulla riva gli era come sembrato di sentire l’amica rivolgersi ai cani con un tono melenso e zuccheroso… ma no, era assolutamente impossibile che Blodwel parlasse in quel modo.
“Ok… io e Bel abbiamo finito di pulire la cucina, volevamo fare un giro prima di fare i compiti. Ti unisci a noi?”
“Siamo arrivati da un giorno e già pensate ai compiti? Non vi ho insegnato nulla in sei anni di amicizia?”
La mora scosse la testa con disapprovazione mentre si avvicinava all’amico, lanciando un’ultima occhiata ai cani che giocavano poco distante mentre Lance si stringeva nelle spalle:
“Dimentichi che tu non segui Antiche Rune, MacMillan intende seppellirci vivi sotto al peso dei compiti entro la fine del campeggio… non ci tengo a farlo arrabbiare.”
 “Mh, in tal caso posso anche perdonarvi. Ma io nel bosco non ci metto piede, non voglio essere sbranata viva! Che vadano a curiosare i Grifondioti, visto che fanno i fenomeni.”
“D’accordo, vorrà dire che costeggeremo la riva… anche se prima di tornare a casa vorrei capire che cosa fosse.”
Lance lanciò un’occhiata pregna di curiosità al bosco che l’amica non condivise, limitandosi a scuotere la testa e a chiedergli dove fosse Bel:
“Era andato da voi ragazze a salutare Celia… ma è da un po’ che non esce.”
“Tallulah Rice faceva dei dolci, si starà abbuffando alla faccia nostra… muoviti, prima che quegli avvoltoi finiscano tutto! Quando cresci piena di cugini impari l’importanza di non farti fregare il cibo.”
La ragazza prese l’amico sottobraccio e lo condusse energicamente verso lo chalet ignorandole le sue risate, decisa a non farsi soffiare la merenda da sotto al naso dai compagni.
 
 
 
 
(1): nota randomica per sottolineare il mio supporto alla tesi Talluliana e di quanto quel rompipluffe di Vegeta sia irresistibile <3
 
 
 
……………………………………………………………………………
Angolo Autrice:

Buonasera!
Chiedo scusa per il ritardo, in settimana ho avuto un esame e tra quello e altre consegne per l’università non ho potuto scrivere quasi nulla per una decina di giorni.
Questa volta non ho domande per voi, spero per il capitolo vi sia piaciuto, e grazie a tutte per le recensioni <3
A presto e buon weekend!
Signorina Granger

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

 
“Buongiorn-PERCHÈ QUESTA GALLINA È SEMPRE DOVE NON DOVREBBE?!”
Imprecando a bassa voce Phil abbassò lo sguardo e lanciò un’occhiata velenosa in direzione di Sunday, che si allontanò indignata e muovendo le ali dopo essere stata quasi calpestata dal mago. Era probabilmente la ventesima volta in quattro giorni, e Phil aveva la sensazione che se non avesse fatto attenzione entro la fine del mese avrebbe rischiato di far fare una brutta fine all’animale.
“Phil, sei un mostro! Attentare così alla vita di Rosita!”
Margot – che uscì in quel momento dalla sua camera con in testa un asciugamano messo a turbante e le immancabili pantofole ai piedi – si chinò per accarezzare e tranquillizzare la gallina, non senza scoccare un’occhiata divertita in direzione del collega, che invece sbuffò e incrociò le braccia al petto:
“Ma non lo faccio di proposito, mi capita sempre tra i piedi!”
“Buongiorno. Sono l’unico a non capire perché chiamate quella gallina Rosita?”
Beaumont si chiuse la porta della sua camera alle spalle accennando un sorriso gentile ad entrambi e sistemandosi distrattamente il colletto della camicia blu che indossava. Margot, raddrizzandosi l’asciugamano sulla testa, ricambiò il sorriso prima di accennare all’animale con aria divertita:
“Colpa mia, e Phil ha preso l’abitudine di imitarmi. Sai, c’era questa pubblicità con un tipo che viveva in un mulino e aveva una gallina di nome Rosita…”
“Davvero? E perché viveva in un mulino?”
“Per fare panificati, ma era solo una pubblicità, quindi non ci viveva davvero, era finto… storia lunga. Resta però il fatto che io abbia una gran fame, quindi andiamo a fare colazione! Sai Beau, stai proprio bene con questa camicia, le ragazze saranno tutte entusiaste!”
Troppo punto sul vivo per notare il sorrisino che fece capolino sulle labbra carnose di Margot, Beaumont s’irrigidì, mormorando che si sarebbe cambiato prima di girare sui tacchi, aprire la porta della sua stanza e sparire al suo interno.
La strega ciabattò verso le scale come nulla fosse, ma a Phil non sfuggì la lieve risatina che lasciò le labbra della collega e la seguì scuotendo leggermente la testa con finta disapprovazione:
“Sei proprio perfida.”
“Detto da te che terrorizzi gli studenti ogni giorno, è un complimento.”
“Sì, sì, certo… Bocca Storta(1), posso chiederti però di abbassare il volume, quando guardi quella roba? Le nostre camere sono confinanti e ieri notte ho sentito drammi di corna e matrimoni reali fino all’una!”
Phil non avrebbe mai ammesso di essere quasi rimasto preso dalla trama che era stato costretto a sorbirsi mentre cercava di dormire, e Margot fece spallucce mentre si raddrizzava il turbante con finta aria sostenuta:
“Tsz, prima di partire ho scaricato tutta la quarta stagione di The Crown, mi manca una puntata e voglio vederla più tardi, mi dispiace se il tuo sonno di bellezza ne risentirà. E non chiamarmi Bocca Storta!”
Ignorando lo sguardo truce che la collega gli rivolse, Phil aggrottò le sopracciglia creando una piccola ruga in mezzo alla fronte. Stava per informarla, stizzito, che la sua era una bellezza naturale e che non aveva bisogno di tutta la roba che lei si spalmava in viso o di pisolini, ma sapeva che sarebbe stata una battaglia persa in partenza e decise di soprassedere.
 
 
*
 

“Shou Park, esci immediatamente! Maledizione a mia madre che mi ha sequestrato le Caccabombe prima di partire… Sarebbe stato il modo più efficace per scollarlo dal bagno.”
Malai sbuffò e riprese a prendere a pugni la porta del bagno mentre Hiro, in piedi accanto a lui e appoggiato mollemente con la spalla alla parete stringendo le braccia al petto, scuoteva la testa con rassegnazione:
“Lascia perdere, scommetto la mia media perfetta che ha le cuffie e non sente una parola di quello che diciamo.”
“Ma io devo farmi la doccia! Aspetta, ho avuto un’idea geniale!”
Hiro aveva ormai vasta esperienza delle idee geniali di Malai, che conosceva da quando entrambi portavano il pannolino: anche se il Corvonero era nato e cresciuto in Giappone suo padre lo aveva portato spesso in Inghilterra per fare visita a familiari e amici, in particolare il padre di Malai, un suo vecchio compagno di scuola, ed era così che i due bambini avevano fatto amicizia. Hiro spalancò gli occhi scuri, allarmato, mentre il Tassorosso si allontanava dalla porta del bagno con addosso il suo pigiama giallo e nero di Adventure Time per andare nella loro camera.
“Emh… Hai intenzione di scrivergli un messaggio minatorio e di farlo passare sotto la porta?”
Raggiunto l’amico sulla soglia della stanza, Hiro lo guardò accigliato prendere un foglio di pergamena e una piuma, sedersi sul letto di Shou e scrivere frettolosamente qualcosa dopo aver intinto la penna nell’inchiostro.
“Meglio, molto meglio.”
 

 
*

 
Dopo essersi lavata e vestita, Lilian si era attardata in camera per qualche minuto mentre le sue compagne erano scese al pian terreno dello chalet per fare colazione. Seduta sul bordo del suo letto, la Grifondoro stava chiudendo con cura una borsa di tela quando la porta si aprì e Priscilla fece timidamente capolino sulla soglia della stanza, accennando un sorriso all’amica:
“Tutto bene? So che preferisci non essere disturbata, ma volevo essere sicura che fosse tutto a posto.”
“Sì, certo Prisci, non ti preoccupare.”  La strega, dopo aver riposto la borsa all’interno del suo baule, si alzò in piedi rassettandosi la gonna del vestitino a fiori bianchi e neri con bottoni sul davanti che indossava e ricambiò il sorriso della Corvonero, che parve rasserenarsi e la imitò. Le due stavano per uscire dalla stanza quando un particolare suono attirò la loro attenzione, portandole a voltarsi simultaneamente verso la grande vetrata che riempiva di luce la stanza posta alle spalle di due poltrone di cuoio rosso scuro.
“Hai sentito anche tu?”
“Sì… era come se… come se qualcuno bussasse sulla finestra.”
Priscilla aggrottò leggermente le folte sopracciglia scure mentre l’amica, annuendo, si avvicinava perplessa alla grande finestra. Fu dopo aver superato le poltrone ed averla osservata da vicino che Lilian scorse ciò che aveva attirato la loro attenzione: un aereoplanino di carta si librava a mezz’aria davanti al vetro, picchiettando leggermente su di esso per farsi aprire.
“Ma che diavolo…”
“Un aeroplanino di carta? Sarà dei ragazzi?”
Priscilla, curiosa, si avvicinò all’amica mentre Lilian apriva la parte superiore della finestra permettendo all’aereoplanino di entrare nella stanza e planare nella sua mano sinistra, restando immobile dopo essere giunto a destinazione.
La Grifondoro lo spiegò – sempre più curiosa – e quasi scoppiò a ridere quando lesse il messaggio che la pergamena riportava:
 
Fa’ uscire tuo cugino dal bagno!
 
“Ma è Malai!”
Lilian non avrebbe nemmeno avuto bisogno dell’esclamazione di Priscilla, o del cenno che l’amica fece verso lo chalet dei ragazzi: aveva riconosciuto la grafia dell’amico alla prima occhiata, e il messaggio era comunque piuttosto eloquente. Tuttavia, la Grifondoro sollevò comunque la testa per cercare il ragazzo con lo sguardo, ridendo quando vide il Tassorosso in piedi su un terrazzo e impegnato a sbracciarsi nella loro direzione.
“Non ci posso credere… Prisci, mi passi una penna per favore?”
 
 
Ma quanto ci metteva La Cinese a rispondere? Stava gelando, in piedi sul terrazzino della sua camera con addosso solo il suo pigiama a maniche corte. Rabbrividendo un poco, Malai strinse la presa sulla ringhiera proprio mentre l’aeroplanino di carta si librava in aria dalla finestra delle ragazze dritto nella sua direzione.
Sollevato, quando l’aeroplanino lo raggiunse il ragazzo lo afferrò al volo e si affrettò a aprirlo, aggrottando le sopracciglia con indignazione quando lesse le parole che Lilian aveva scarabocchiato sotto alla sua richiesta di aiuto:
 
Problema tuo cocco!
Smack Smack!(2)
 
Smack Smack?! Come sarebbe a dire?! Abbandoni così gli amici nel momento del bisogno?”
Malai sollevò la testa in direzione dell’amica ululando con indignazione e agitando il foglietto mentre Lilian, sporgendosi dalla finestra, gli sorrideva amabilmente e gli inviava un bacio aereo prima di salutarlo con la mano e infine allontanarsi prendendo Priscilla sottobraccio. Malai non poté vederla in volto mentre si allontanava dalla finestra, ma riuscì comunque ad immaginare chiaramente il sorrisetto divertito che avrebbe intravisto sul viso dell’amica se fossero stati vicini.
A volte sei proprio un’amica infame e una grandissima stronza, Lilian Park!”
“MALAI JOHANSSON!”
Malai si pentì della sua invettiva contro Lilian non appena udì la voce della Campbell chiamarlo e istintivamente – imprecando – si inginocchiò fulmineo per nascondersi dietro al parapetto di legno. Margot, in piedi sul prato che circondava lo chalet dei ragazzi dopo essere uscita insieme a Nix, aggrottò la fronte osservando i ricci castani del ragazzo fare capolino da dietro le assi di legno: veramente pensava di non essere visto?
“Malai, guarda che ti vedo benissimo! Ti sembra il modo di parlare ad una tua compagna?!”
Margot incrociò le braccia al petto nella sua migliore posa da “professoressa severa” mentre Malai si rialzava in piedi, rassegnato, per poi sporgersi verso di lei e rivolgerle la sua occhiata implorante più convincente:
“Scusi prof, non lo farò mai più… La prego, non lo dica a mia madre!”
“Ci devo riflettere.”
“Proooof, per favore!”
Il ragazzo si sporse ancora di più sul parapetto verso di lei e cercando di assumere un’espressione innocente. Ormai avvezza al finto faccino angelico dello studente Margot, alzando gli occhi al cielo, abbandonò la sua aria sostenuta per liquidare il discorso con un rapido gesto della mano:
“Mpf, va bene, ma sii più educato con le tue amiche, o ti metto a falciare le erbacce. E sbrigati, il Professor Hawkes vi aspetta!”
“Prof, ma Park ha monopolizzato il bagno di noi del VI anno, come faccio?!”
Margot esitò prima di rispondere e strinse le labbra, a disagio: avrebbe voluto consigliargli di lanciare una Caccabomba davanti alla porta, ma si disse che quello decisamente non era un atteggiamento da insegnante e si impose di evitare quel suggerimento. A volte era davvero difficile fare da esempio ai ragazzi.
“Prova un incantesimo, ma ti prego Malai, non sfasciare lo chalet dopo soli quattro giorni.”
“Farò il possibile. A dopo prof!”
Malai sparì dal terrazzo dopo averle rivolto un ultimo sorriso allegro e Margot, alzando gli occhi al cielo, diede una carezza sulla testa di Nix prima di abbassare lo sguardo sul cane:
“Dici che arriveremo tutti indenni alla fine del mese, Nix? No? Nemmeno io.”

 
*

 
Amelie guardò tristemente le pagine del libro aperto che aveva davanti, conscia di non aver capito quasi nulla di ciò che il professore aveva spiegato fino a quel momento. Aritmanzia l’aveva sempre incuriosita, ma pur impegnandosi aveva sempre faticato a prendere buoni voti: se aveva superato i G.U.F.O. era solo merito dell’infinita pazienza del Professor Hawkes, che aveva sempre fatto il possibile per aiutarla accettando persino di darle una mano oltre l’orario di lezione.
Tuttavia, c’era qualcosa nelle lezioni del bel professore che la giovane strega faticava a tollerare. Qualcosa che non aveva nulla a che fare con i modi pacati e gentili o con le spiegazioni dell’uomo, bensì con le sue compagne che passavano le ore a scambiarsi bisbigli civettuoli e bigliettini dove sicuramente commentavano l’aspetto dell’insegnante.
Infastidita, la Corvonero – seduta su un banco vicino a Tallulah – si voltò e sibilò alle compagne di fare meno casino:
“Qui c’è anche qualcuno che cerca di capire qualcosa!”
“Lascia perdere Amelie, non c’è speranza. Però un po’ le capisco, come si fa ad essere immuni al fascino di Hawkes…”
Tallulah sospirò e guardò il professore scrivere qualcosa sulla lavagna in un misto di rassegnazione e aria sognante, maledicendo la sorte per aver fatto nascere lei e Beaumont Hawkes a quasi vent’anni di distanza mentre Amelie, abbozzando un sorrisetto, ricordava alcune scene esilaranti a cui si trovava ad assistere ogni anno:
“Hai mai notato come si mettono in tiro le madri, soprattutto quelle più giovani, quando torniamo a Londra con il treno? Stanno lì tutte in trepidante attesa che scenda il prof, e poi gli si ammassano intorno come api sul miele!”
“Merlino se l’ho notato. Una cosa terribilmente imbarazzante…”
Tallulah era una vera e propria esperta in materia di genitori imbarazzanti. Come diceva sempre saggiamente Malai, se avessero indetto un torneo ad Hogwarts lei ne sarebbe uscita vincitrice in uno schiocco di dita. E non avrebbe mai scordato quando, tre anni prima, sua madre era andata a prenderla a King’s Cross e aveva visto per la prima volta Hawkes e MacMillan.
 
“Tesoro, ma quelli sono i tuoi professori?”
Millicent aveva strabuzzato gli occhi mentre osservava i due aitanti insegnanti scaricarsi i bagagli dal treno chiacchierando – forse chiedendosi perché lei, al tempo, come unico professore giovane avesse avuto quell’untuoso di Piton(3) – ma Tallulah, scoccatale un’occhiata d’avvertimento, l’aveva presa sottobraccio per affrettarsi a portarla via:
“Non ci pensare neanche mamma. Sei troppo vecchia per loro.”

“Quanti anni pensi che abbia, ragazzina?!”
“Boh, 50?!”
A quel punto le orecchie di Millicent, lontana dal compiere 50 anni, avevano iniziato ad andare a fuoco, e Tallulah si era affrettata a far cadere la discussione. Di sicuro però non avrebbe mai permesso a sua madre di unirsi allo stuolo di fan di Beaumont Hawkes.
 
Tallulah scosse la testa con disapprovazione mentre Amelie, sospirando, si chiedeva in che modo avrebbe superato i test settimanali di Aritmanzia. Poteva solo sperare in un miracolo.
Dietro di loro, Priscilla non se la cavava meglio: benchè Aritmanzia le piacesse molto – senza contare il clima rilassato delle lezioni, assai diverso da quello pregno d’ansia che vigeva nelle lezioni di Antiche Rune – la Corvonero aveva avuto la malsana idea di prendere posto tra Lilian e Malai, e ora pagava le conseguenze delle sue azioni.
“Ma perché non ci sono Hiro o Shou…” Rimpiangendo la presenza dei suoi altri amici, vicino ai quali avrebbe potuto sedersi ed evitarsi quella condanna, Priscilla si spostò per evitare il pezzetto di gomma che Malai lanciò dritto tra i capelli di Lilian accusandola di essere una cattiva amica:
“Così impari a non venirmi in aiuto, ho dovuto minacciare tuo cugino di buttargli il computer dove tiene canzoni e serie tv nel lago!”
“Siete voi la coppietta sposata, impara a gestire il tuo migliore amico! E lanciami ancora qualcosa nei capelli e ti spezzo quelle gambe da giraffa!”   La strega ridusse gli occhi scuri a due fessure mentre scrutava l’amico, che ricambiò con un’occhiata di sfida mentre Priscilla, in mezzo a loro, sospirava:
“Ragazzi, basta, dai!”
Sarebbe stata una lezione molto lunga.

 
*

 
Marley stava uscendo dallo chalet insieme a Blodwel, entrambe sollevate di non aver ricevuto troppi compiti da fare, quando il suo sguardo s’illuminò: la Tassorosso aveva scorto il professor Watrous, che probabilmente aveva finito da poco di fare lezione agli studenti più giovani, seduto su un ceppo d’albero con la sua gallina a gironzolargli attorno.
“Vado a salutare il professore, ci vediamo allo chalet.”
“Va bene…”   Blodwel, vagamente rassegnata, guardò l’amica correre verso l’anziano professore con i lunghi capelli castani che le ondeggiavano sulla schiena. Se da una parte l’idea di che cosa Marley potesse chiedere all’uomo la spaventava, dall’altro era certa che l’amica le avrebbe regalato momenti di pura ilarità.
Dove va Marley? Oh no, sta andando dal professor Watrous!”
Un’ombra di terrore oscurò il viso di Malai, e Blodwel sorrise beffarda prima di assestare al compagno di Casa una gomitata:
“Paura spilungone?”
“Tsz, io non ho paura di nulla, tantomeno di Marley Archer-Lloyd. Semmai sono gli altri ad avere timore delle mie vendette, quindi a Marley non conviene scherzare con me.”
“Questo non l’ha fermata dal rubarti tutti i libri e a mettere in disordine tutte le pagine, l’anno scorso…”
Blodwel, piegando le labbra in un sorrisetto, cercò di non ridere al ricordo della vera e propria guerra intestina nata tra i Tassorosso che aveva visto coinvolti Marley e Malai l’anno prima: il ragazzo si era vendicato mettendole del Distillato Soporifero nel succo di zucca a colazione, facendola addormentare a lezione di Antiche Rune e causandole la più grande punizione che Phil avesse mai dato: l’aveva assegnata a Lumacorno come “assistente” per due settimane. In assoluto le settimane più lunghe della vita della ragazza.
“Ma poi lei non ti intinse i vestiti in una Pozione Drizzacapelli?”
Blodwel arricciò le labbra, sul punto di scoppiare mentre Malai, incupendosi, ricordava i giorni in cui si era ritrovato a dover andare in giro per Hogwarts con i lunghi ricci drizzati in testa, facendolo sembrare ancora più alto del suo metro e novanta. Sua madre lo aveva inseguito per i corridoi per scattargli fotografie, e aveva visto benissimo lei e la Campbell, sedute vicine ad ogni dannato pasto, soffocare dalle risate ogni volta in cui il poverino entrava in Sala Grande.
“Sì, a quel punto io le incantai ogni camicia o maglione, sul cui retro apparve la scritta “I love Hawkes”, ma poi abbiamo sancito una tregua in vista degli esami.”
“Peccato, noi Tassorosso non ci eravamo mai divertiti tanto, sai… io e Lance scommettevamo sempre sullo scherzo successivo.”
Ricordando i bei tempi andati, Blodwel sorrise divertita prima di salutare il compagno con una pacca sul braccio, prendere Bel a braccetto e autoinvitarsi a pranzo nel loro chalet:
“Sono stanca di sentire discorsi su chi sia il ragazzo più carino del Camp, o peggio di trucchi… posso pranzare con voi?”
“Certo Will!”
Bel sorrise allegro e Blodwel gli arruffò affettuosa i riccioli castani mentre Malai, sospettoso, osservava ancora Marley seduta accanto al professore di Difesa contro le Arti Oscure. Chissà cosa avrebbe combinato la sua compagna più imprevedibile.
 
“Buongiorno Professore! Come sta? Sono felice di vederla qui!”
Theobald sollevò lo sguardo da Sunday per posare gli allegri occhi azzurri su Marley, sorridendo di rimando quando vide la ragazza avvicinarglisi:
“Buongiorno mia cara… Bene, grazie. Sai, sapere da Margot che c’eri anche tu mi ha sorpreso non poco. Non mi risulta che tu abbia brutti voti.”
“Oh, no, sa, non sono qui per punizione. Ci mancherebbe, non mi beccano quasi mai!”
Marley sedette accanto all’insegnante e appoggiò la borsa ai suoi piedi sfoderando un sorrisino soddisfatto che Theobald ricambiò, annuendo orgoglioso – quella ragazza era la sua studentessa più promettente – prima di chiederle per quale motivo si trovasse al Camp.
“Beh, a dire la verità…”  Marley esitò mentre, aperta la borsa, permetteva a Leith, il suo asticello, si salirle sulla mano per metterselo delicatamente sulla spalla. La ragazza distolse lo sguardo, conscia di non poter dire tutta la verità, e lo fece vagare sull’acqua verde-azzurra dell’immenso lago che si estendeva davanti ai loro occhi.
“Mi ha mandata qui mio padre.”
Theobald aggrottò leggermente la fronte, chiedendosi per qualche motivo un genitore volesse liberarsi del proprio figlio per un mese dopo averlo avuto lontano da casa per quasi un anno, ma decise di non indagare e si limitò a sorriderle:
“Beh, spero almeno che tu possa divertirti, cara.”
“Ma certo, ci sono quasi tutti i miei amici, non mi lamento, va bene così. Anche io ero sorpresa di vederla qui!”
La giovane si rianimò e ricambiò il sorriso dell’uomo, che si allargò mentre, gongolando, pensava alle reazioni dei suoi colleghi quando avevano trovato Sunday qualche giorno prima:
“Sì, è stata una sorpresa un po’ per tutti. Volevi chiedermi qualcosa oltre a salutarmi, cara?”
“Sì, a dire il vero il vero sì. Sa, stavo progettando uno scherzo e volevo un suo parere.”
Theobald era tutto orecchi, e annuì con fare cospiratorio e pieno d’orgoglio: quella sì che era una studentessa di tutto rispetto!
 

 
*

 
Circondato da una piccola folla di ragazze del V anno, Shou si guardò attorno in cerca di una via d’uscita d’emergenza: doveva assolutamente fuggire da lì, le ragazze lo avevano accerchiato non appena terminata la loro lezione di Difesa contro le Arti Oscure, e non sapeva più come cercare di liberarsi delle loro attenzioni.
Fu con enorme sollievo che vide una delle sue più care amiche attraversare il pendio stringendo un libro al petto, diretta al suo chalet apparentemente assorta nei suoi pensieri, e si affrettò a sorridere prima di congedarsi:
“Scusate ragazze, devo salutare una persona.”
Il Serpeverde scivolò agilmente tra le studentesse e se la svignò prima di dar loro il tempo di fare alcunché, correndo verso Priscilla mentre le sue ammiratrici, seguendolo con lo sguardo indignate, si lamentavano delle sue attenzioni verso la Corvonero.
“Ciao Bimba! Capiti a proposito, mi stavano massacrando… Come stai?”
Raggiunta Priscilla un sorriso affettuoso incurvò le labbra del ragazzo, e anche il suo tono di voce si ammorbidì mentre l’amica, riscuotendosi, lo guardava sfoggiando un sorriso allegro di rimando:
“Ciao Shou! Bene, anche se Malai e Lily mi hanno fatta impazzire a lezione. Sai, credo che tu debba ridurre un po’ le tempistiche del rituale idratante.”
La Corvonero scosse la testa con un sospiro, facendo muovere i riccioli attorno al viso mentre Shou, ridendo, la prendeva sottobraccio:
“Ma se così facessi non sarei più così carino!”
“Io non penso che sia vero. Ma, certo, probabilmente ti mancherebbe avere lo stuolo di ammiratrici.”
Priscilla accennò un sorriso divertito che il Serpeverde ricambiò, giurandole però solennemente che le uniche “ammiratrici” di cui gli importava davvero erano lei, Tallulah e Lilian.
“Voi siete le uniche che non mi annoiano mai.”
“Mh, secondo me sei un po’ adulatore, Shou Park. E non provarci, sappiamo che ti piace avere più ammiratrici di tutti quelli che io, Lily e Miss X potremmo mai avere tutte insieme!”
Priscilla pensò alle parole di Tallulah, che definiva spesso tutte e tre le “zitelle del gruppo” mentre i loro amici maschi, invece, piacevano a quasi tutte le loro compagne. Quasi senza volerlo la ragazza volse lo sguardo sul gruppetto di fan di Shou, ammutolendo preoccupata quando scorse i loro sguardi truci:
“Mi stanno guardando malissimo… Shou, non dovevi usare me come escamotage per liberartene, ora penseranno chissà cosa e mi odieranno!”
La strega scosse il capo sconsolata – sperando ardentemente di non trovarsi pesci morti nel letto – e l’amico, divertito, le diede una leggera gomitata per incoraggiarla mentre si fermavano davanti allo chalet delle ragazze:
“Prima di tutto nessuno potrebbe mai odiarti, Bimba. Secondo, di che ti preoccupi? Con mia cugina come migliore anica nessuno oserebbe mai trattarti male, si ritroverebbe subito con un braccio rotto.”
Priscilla rise, rincuorata e costretta a dargli ragione. La loro conversazione venne però interrotta da una sonora imprecazione in thailandese ed entrambi volsero lo sguardo sul pendio, per nulla sorpresi quando videro Malai correre proteggendosi la testa con un libro mentre Lilian lo inseguiva con la bacchetta in mano. A completare il quadretto, Tallulah correva dietro all’amica con Sahara e Pikachu al seguito, ricordandole che se l’avesse ucciso sarebbe passata dal Camp ad un soggiorno ad Azkaban e ammonendola di non correre.
“Che succede?”
“Probabilmente l’ha chiamata “La Cinese” per l’ennesima volta e mia cugina ha sbroccato. Penso davvero che tu sia l’unica davvero normale tra noi, Bimba.”
Shou, divertito, spostò lo sguardo dai tre alla Corvonero infilandosi le mani nelle tasche dei jeans. Priscilla avrebbe voluto ribadire che non era affatto vero, ma non ne ebbe il tempo: Malai, scorti gli amici, urlò a Priscilla di non muoversi e corse nella loro direzione. Una volta raggiunti, il Tassorosso si nascose dietro la Corvonero mettendole le mani sulle spalle, tenendola saldamente davanti a sé.
“Malai, cosa fai?”
“Ferma Prisci, devi salvarmi la vita. AH! Non puoi farmi nulla senza colpire anche Cavolfiore, ora come la mettiamo?!”
Mentre Tallulah, raggiungendoli affannata e borbottando che doveva assolutamente cambiare amici, si faceva aria con la mano Lilian frenò davanti a Priscilla, gli occhi pericolosamente ridotti a due fessure mentre Malai sorrideva trionfo da dietro la spalla dell’amica.
“Non puoi usarla come scudo per sempre, Riccioli d’Oro.”
“Scommettiamo? Fanciulle adorate, oggi pranzo con voi. Vieni piccolo cavolfiore, non lasciarmi un secondo, mi raccomando.”
Sorridendo soddisfatto Malai circondò le spalle di Priscilla con un braccio ed entrò con lei nello chalet, voltandosi per fare la linguaccia a Lilian – che invece gli mostrò il dito medio – mentre Priscilla rimproverava affettuosamente l’amica per aver corso dietro al Tassorosso. Lilian, seppellendo momentaneamente l’ascia di guerra – l’avrebbe rispolverata una volta che Malai avesse tolto gli artigli dalla sua amica – li seguì alzando gli occhi al cielo e mormorando che era perfettamente in grado di percorrere qualche metro di corsa.
“Shou, mi ricordi come siamo diventati tutti amici?”
Recuperato il fiato perduto, Tallulah sospirò alzando gli occhi chiari al cielo mentre Shou, ridacchiando, la prendeva sottobraccio per seguire gli amici all’interno dell’edificio:
“Per una serie di assurde coincidenze, credo.”
 

 
*
 

Quando Hiro scese al pian terreno dello chalet che condivideva con i compagni con Eiko appollaiata sulle sue spalle e la borsa carica di libri, pergamene e piume scorse un gran numero di ragazzi che come lui avevano deciso di mettersi a fare i compiti. In particolare il Corvonero notò Bel e Lance, entrambi seduti sul tappeto davanti al camino spento e sistemati ai lati opposti del basso tavolo di legno posto nello spazio tra divani e poltrone. A giudicare dai dizionari aperti stavano facendo i compiti di Antiche Rune, e Hiro si avvicinò ai due Tassorosso sorridendo loro gentilmente:
“Ciao. Posso unirmi a voi?”
“Ciao Hiro… sì, certo. Anzi, magari riesci a darci una mano, noi non ne riusciamo e venirci fuori con questa roba.”
Lance parlò grattandosi la testa coperta dai folti capelli color grano e lanciando un’occhiata dubbiosa ai rotoli di pergamena e al disordine che regnava sovrano sul tavolo. Evidentemente MacMillan aveva preso la missione del Camp molto sul serio, perché quelli erano probabilmente i compiti più difficili che avessero mai ricevuto. Preoccupato, Lance si chiese come diavolo avrebbero fatto a sopravvivere al settimo anno.
Ringraziati i due Tassorosso Hiro appoggiò la borsa sul pavimento e sedette davanti ad uno dei due lati del tavolo liberi per poi tirare fuori in tutta calma calamaio, la sua piuma di pavone preferita e i libri.
“Sapete, mi stavo giusto domandando che cosa ci facciate qui voi due. Non siete esattamente quelli che si definiscono dei combinaguai.”
“Io sono venuto per mia sorella, sai, Celia… ma vedendo i compiti di MacMillan quasi me ne sto pentendo.”
Bel gemette grave mentre cancellava nervosamente tutto ciò che aveva scritto fino a quel momento, per nulla soddisfatto del risultato. Hiro, abbozzando un sorrisino divertito, spostò silenziosamente lo sguardo su Lance che, invece, si strinse nelle spalle:
“I miei genitori hanno pensato che mi sarebbe servito per “responsabilizzarmi” un po’. Se non altro quando tornerò a Londra saprò come fare le pulizie o come si prepara un uovo, è un passo avanti. Però mi mancano i miei videogiochi…”
Il Tassorosso sospirò malinconico e Hiro annuì, comprensivo: per fortuna aveva potuto portarsi una valanga di manga, o non sapeva come sarebbe riuscito ad arrivare a fine luglio. Eiko, intanto, scese dalle spalle del padrone per andare a sistemarsi su un divano, studiando curiosa un cuscino dalla federa rosso mattone mentre Lance, osservando il compagno, ripensava al motivo per cui Hiro si trovava lì insieme a loro:
“Posso chiederti che pozione stavi cercando di fare quando hai… emh… insomma, quello.”
Quando aveva saputo che proprio Hiro Davies aveva causato un simile danno, Lance aveva stentato a crederci: entrambi facevano parte del Club di Pozioni e lo aveva visto armeggiare con un calderone centinaia e centinaia di volte nei sotterranei di Hogwarts. Hiro Davies non sbagliava mai, non per niente era il preferito di Lumacorno, e insieme a lui e a Priscilla era il migliore del corso.
“Una Pozione Dimagrante. L’idea me l’aveva data Priscilla Edgecombe, una sera in Sala Comune mi disse che invidiava terribilmente le ragazze che possono mangiare di tutto senza ingrassare e che una pozione del genere sarebbe stata l’invenzione del secolo. Purtroppo devo aver sbagliato qualche calcolo.”
Le labbra di Hiro si piegarono in un sorriso ironico, deciso a non demoralizzarsi per il clamoroso insuccesso e ripensando alle reazioni dei suoi genitori alla notizia del disastro: mentre sua madre Natsu era andata su tutte le furie per il rischio di carbonizzarsi che aveva corso – minacciandolo di scrivere a Lumacorno di toglierlo dal Club – suo padre si era limitato a dirgli pazientemente che tutti commettevano errori, persino i migliori. Dopo un iniziale sconforto il giovane mago aveva finito per dargli ragione, e aveva cercato di affrontare la sua punizione con il miglior spirito possibile.
“Beh, Priscilla ha ragione. Sarebbe davvero l’invenzione del secolo, le mie sorelle pagherebbero fiumi d’oro per averla. Forse anche mia madre.”
Bel sorrise divertito immaginando le sue sorelle a contendersi una simile invenzione, ma quando chinò lo sguardo sui libri gli tornarono tristemente in mente i compiti e le lezioni di MacMillan e sospirò sconsolato:
“Magari inventare una pozione per diventare dei geni in Antiche Rune e stare simpatici a MacMillan.”
“Dai Bel, a MacMillan non sta simpatico neanche Hiro che è uno dei migliori nella sua materia, non prenderla sul personale. Emh, senza offesa.”
Lance si affrettò a spostare lo sguardo sul Corvonero e a sorridergli, ma Hiro annuì e si strinse nelle spalle asserendo pacato che avesse ragione:
“Credo che nessuno di noi gli stia molto simpatico, ma è uno che apprezza l’impegno. Anche se tartassa Lilian credo che in fondo l’apprezzi e che lo faccia perché vuole diventare Spezzaincantesimi, e la sua materia è fondamentale in quel campo.”
“Vi ricordate quando ha sbattuto fuori dalla classe Lysander perché gli aveva fatto una caricatura e lo ha messo a pulire i pavimenti dei bagni? Credo di non aver riso solo perché era così furioso da far paura.”

“Già, disse anche che “quel disegno non gli rendeva giustizia” e che Lysander oltre ad essere sfacciato non aveva neanche doti artistiche di alcun tipo. Ma una volta l’ho visto nell’ufficio della Campbell, credo lo avesse incorniciato.”
Bel aggrottò la fronte, pensieroso, e si chiese perché la Campbell avesse tenuto quel disegno – non sapendo che la professoressa lo sfoderava e minacciava di pubblicarlo sul giornale della scuola quando lei e il collega si litigavano i turni di ronda – mentre Hiro, invece, sorrideva divertito mentre intingeva la piuma nel calamaio pieno d’inchiostro:
“Malai è bravo a disegnare e a fare ritratti, la prossima volta chiederemo a lui… intanto pensiamo a come non farci bocciare sabato, non voglio iniziare l’ultimo anno con una cena con Lumacorno a sera!”

 
*

 
Distesa sul prato sopra una coperta, Priscilla si lasciava cullare dolcemente dalla fresca brezza che scuoteva le fronde degli alberi sopra di lei e faceva in modo che i riccioli scuri le solleticassero leggermente il viso. Gli occhi chiusi, le labbra leggermente dischiuse e libri, penne, blocco da disegno e matite abbandonate accanto a sé, la giovane strega si rilassava all’ombra e avvolta solo dal fruscio dei rami sopra di lei.
“Ti disturbo?”
Priscilla non avrebbe avuto bisogno di aprire gli occhi e voltare la testa per riconoscere la voce della sua migliore amica, ma d’istinto lo fece comunque, trovando Lilian in piedi accanto alla coperta e con gli occhi scuri fissi su di lei.
Le labbra della Corvonero si piegarono in un sorriso e Priscilla annuì con un cenno prima di tornare a guardare sopra di sé, osservando il cielo ingrigito – il bel tempo di quella mattina era ormai un fugace ricordo – stagliarsi oltre la coltre di rami dei pioppi bianchi che la circondavano:
“Certo che no. Non sto facendo nulla.”
“Proprio per questo te lo chiedo.”
Facendo attenzione a spostare le cose dell’amica, Lilian le si distese supina accanto. Per qualche minuto nessuna delle due parlò, le loro chiome dai loro contrastanti intrecciate sulla coperta a scacchi e gli occhi fissi nel vuoto finchè la Grifondoro non diede voce ai suoi pensieri:
“C’è una cosa che voglio chiederti.”
“Dimmi.”
“Da quando siamo arrivati… non ti ho mai sentita menzionare i tuoi genitori e non hai accennato a volergli scrivere una lettera. È successo qualcosa tra te e tua madre?”
“No.”
Il diniego di Priscilla fu troppo rapido e Lilian, poco convinta, ruotò leggermente la testa verso la sua amica:
“Prisci, andiamo… ti conosco troppo bene. Sai che puoi parlarmi di tutto, no?”
“È solo che non c’è molto di cui parlare. Se manco a mia madre può sempre scrivermi lei… Per questo dubito che vedrò arrivare posta per me fino alla prossima settimana.”
Lilian percepì chiaramente la sottile amarezza nelle parole dell’amica, ma rimase in silenzio mentre Priscilla, accanto a lei, stringeva le esili braccia pallide e coperte di efelidi al petto con lieve nervosismo.
“Avete litigato?”
“Una specie. L’ho sentita… dire delle cose a mio padre. Ma non voglio parlarne.”
Percependo il disagio dell’amica Lilian annuì, mormorando che quando avrebbe cambiato idea lei sarebbe stata lì ad ascoltarla mentre Priscilla, giratasi sul fianco, si scostava i capelli castani dal viso per osservarla con leggera apprensione: talvolta, quando parlava di sua madre con lei, aveva il timore di ferirla senza volerlo. Difficilmente Lilian sarebbe stata disposta ad ammettere che qualcosa o qualcuno la faceva soffrire, e Priscilla spesso temeva di metterla a disagio.
“Devi dirmelo se ti disturba quando ti parlo di mia madre, lo sai vero?”
“Prisci, non ti preoccupare.” Lilian sorrise all’amica, che però scosse il capo con decisione e la guardò dispiaciuta:
“Ma so quanto lei ti manchi. Non voglio mettere il dito nella piaga parlandoti della mia.”
“Certo che mi manca, è ovvio… mi manca sempre tanto, ma la tristezza passa. Tu, Malai, o Miss X… non dovete evitare di parlarmi delle vostre madri per paura di ferirmi. Ok?”
“Ok.”
Priscilla annuì e si avvicinò all’amica, appoggiando delicatamente la testa contro quella di Lilian mentre entrambe tornavano a guardare gli scoiattoli correre sui rami sopra di loro.
“Ti sarebbe piaciuta, sai? E tu saresti piaciuta a lei… cavolo, ti avrebbe adorata. Non avrebbe fatto altro che dirmi quanto sono fortunata ad avere un’amica dolce come te che compensa il mio caratteraccio.”
Lilian abbozzò un sorriso pregno di malinconia mentre i ricordi vaghi della madre le si affollavano davanti agli occhi, ricordando i sorrisi dolci, le carezze ma anche la viva determinazione della donna che l’aveva cresciuta per i suoi primi otto anni di vita.
“Ma non è vero, sono io fortunata ad avere un’amica forte come te! Mi dispiace non averla conosciuta.”
Lilian avrebbe voluto risponderle che spesso, per certi versi, sua madre le ricordava molto quella che lei aveva perso nove anni prima. Reina, la madre di Priscilla, aveva la stessa compostezza, la stessa eleganza innata di sua madre, la stessa propensione a dirla sempre come la pensava. A volte fare visita all’amica era quasi una sofferenza. Ma non l’avrebbe mai detto a Priscilla.
Si limitò a stringere la mano che l’amica le porgeva intimandosi mentalmente di non azzardarsi a piangere: chiunque avrebbe potuto avvicinarsi in ogni momento, e aveva una reputazione solida da mantenere.
 
 
“Che cosa fanno Bimba e Lily?”
Era da diversi minuti che Lilian e Priscilla se ne stavano da sole a parlare sulla coperta. Shou osservava quasi sospettoso cugina e amica mentre, accanto a lui, Malai e Tallulah si facevano ognuno gli affari propri e un gruppo di studenti del V anno chiacchierava a pochi metri da loro in riva al lago, i piedi immersi in acqua.
“Boh, si staranno scambiando segreti…”
“Segreti? Ma Bimba e Lily non hanno segreti con noi!”
Sconcertato e incapace di accettare l’idea che la sua adorata cugina – alla quale era legato come una sorella – e Priscilla gli nascondessero qualcosa, Shou strabuzzò gli occhi scuri mentre osservava le due parlare distese sulla coperta, le teste vicine. Subito i suoi ingranaggi iniziarono a lavorare – che ci fosse qualche ragazzo nei loro discorsi? – mentre Malai, accanto a lui, sbuffava:
“Se li sapessimo non sarebbero segreti, geniaccio!”
Malai alzò gli occhi al cielo prima di tornare al ritratto che stava facendo con la sua sanguigna mentre Shou, dubbioso, si rivolgeva a Tallulah che invece leggeva un manga:
“Miss X, secondo te ha ragione Riccioli D’oro?”
“Nah, perché se quelle due avessero segreti li avrebbero condivisi con me. Ma se fosse così non verrei certo a dire a voi due i segreti delle mie amiche. Specialmente a te, Shou.”
Gli occhi celesti di Tallulah scoccarono un’occhiata eloquente a Shou da sopra il manga, e il ragazzo la guardò indignato e incrociando le braccia per mettersi sulla difensiva:
“E perché mai?”
“Perché sei il più celebre pettegolo dei Serpeverde, ecco perché! Malai, tu chi stai ritraendo?”
“Non posso dirlo, è un segreto.”
Il tono solenne e sostenuto del Tassorosso – che strinse al petto il blocco nemmeno si trattasse di un tesoro di inestimabile valore – fece sospirare entrambi gli amici prima che Shou, irritato, s’infilasse le mani nelle tasche per poi allontanarsi:
Va bene allora, tenetevi pure i vostri segreti, io vado a parlare di Quidditch con Lance e Hiro.”

 
*

 
“Com’è andata la tua lezione stamattina?”
Dopo aver scritto una lunga lettera a Freya – prima di partire aveva promesso alla bambina che le avrebbe scritto due volte a settimana – Håkon aveva raggiunto Beau al pian terreno per cenare mentre Phil, che aveva già mangiato, se ne stava comodamente disteso a leggere su uno dei due divani dell’enorme salotto illuminato e Theobald, seduto su una poltrona, era impegnato a scrivere.
Beaumont si mise un po’ di patate al forno sul piatto e abbozzò un sorriso vagamente sollevato alla domanda del collega, annuendo mentre Nix gli stava accanto senza perdere di vista l’arrosto.
“Direi bene. Le ragazze del VI anni mi danno più tregua. Tu hai lezione stasera?”
“Sì, ho pensato che avessero poltrito abbastanza, e le nuvole sono miracolosamente sparite, quindi ne approfitto. Ma Margi non cena?”
“Ha detto che doveva farsi un non so quale trattamento al viso… o ai capelli… non ne ho idea, non ne capisco nulla quando parla di quella roba.”
La voce di Phil – nascosto alla vista dei due colleghi dallo schienale del divano – giunse alle orecchie di Beaumont e Håkon senza stupirli minimamente: erano arrivati da pochi giorni e già avevano visto maschere di 5 colori diversi sul viso di Margot.
“Ma dite che funziona davvero quella roba?”
“Forse, ma se così fosse diventeresti ancora più irresistibile agli occhi delle ragazzine, Beau.”
Beaumont fu scosso da un brivido al solo pensiero mentre Phil e Theobald, al contrario, ridacchiavano divertiti. Avevano ragione: non ci teneva proprio a provare.
“Via, via, non maltrattiamo il povero Beaumont, non c’è nulla di male ad essere apprezzati dalle signorine, è normale quando si è giovani, eleganti e piacenti.”
Sforzandosi di tornare serio, Theobald interruppe la lettera che stava scrivendo al figlio Charles – al quale scriveva ogni settimana e a cui prima di partire aveva promesso solennemente, tenendo le dita incrociate mentre scriveva, che si sarebbe comportato bene – mentre Phil, invece, si appoggiava il libro aperto sul petto per ridacchiare:
“Neville racconta sempre di quando Beau era arrivato da poco e non si rendeva conto del suo fascino… avrei voluto esserci.”
“Non è stata colpa mia, mi sedevo sempre vicino a Lumacorno e quando le ragazze guardavano verso di noi in Sala Grande lui mi diceva che era perché adoravano lui!”
Håkon – che all’epoca come Phil non faceva ancora parte del corpo insegnanti – dovette fare appello a tutta la sua serietà per non farsi andare l’acqua di traverso mente Phil e Theobald, invece, ridevano senza ritegno.
“Tipico di Horace pensare che ruoti sempre tutto attorno a lui. Dev’essere stato un duro colpo realizzare che uno dei suoi ex studenti preferiti riscuoteva tanto successo.”
“Già, ma credo che mi abbia perdonato. Ecco, tieni.” Incapace di resistere agli occhi imploranti di Nix, Beau le allungò l’ultimo pezzo di carne che aveva sul piatto. La cagnolona si allontanò felice e si fermò accanto al divano che aveva occupato Phil, che dopo averle rivolto un’occhiata obliqua alzò gli occhi al cielo e si mise seduto per permetterle di salire sulla coperta.
“Beau, il tuo cane è troppo furbo, finirà col metterci tutto nel sacco.”
“Io ormai mi sono arreso, lei e mia nipote fanno di me quello che vogliono.”  Pensando a Dove, la figlia di suo fratello maggiore, Beaumont accennò istintivamente un sorriso: l’arguta bambina di sette anni, che lo adorava, riusciva sempre a rigirarlo come un calzino.
“Che bello avere una nipote… piacerebbe anche a me, ma purtroppo sono figlia unica. Per fortuna posso viziare Freya.”
Margot, le pantofole ai piedi e un pigiama con la scritta “May be the force with you”, scese le scale sorridendo ad Håkon e strizzandogli l’occhio, che ricambiò ripensando alla gioia con cui la figlia accoglieva sempre le visite della strega:
“Certamente, Freya adora la “zia Margi”.”
“È  ovvio, i bambini mi amano sempre! Anzi, è più corretto dire che tutti mi adorano, sono semplicemente irresistibile.”
Margot sedette accanto a Beau per il dolce e ignorando deliberatamente il verso di scherno che giunse da dietro il divano, rivolgendosi invece al collega con un tono disinvolto condito da un’occhiata torva:
“Tu hai nipoti?”
“No, e neanche ci tengo, non amo i bambini.”
E perché diavolo fai l’insegnante?!”
“Non mi risulta di insegnare all’asilo. E considerando che insegno una materia che inizia al terzo anno, posso ritenermi ancora più soddisfatto.”
Margot avrebbe voluto dirgli che non condivideva affatto e che anzi, per lei i piccoli del primo anno erano in assoluto gli studenti più adorabili – non per niente portava sempre loro caramelle e dolci al primo giorno di scuola – ma decise di ignorare le lagne del suo collega lamentoso e lo liquidò con un gesto della mano per poi concentrarsi sull’enorme fetta di torta al cioccolato che Mindel le mise davanti.
“Grazie! Beau, tu non la vuoi ? »
Margot prese la forchettina di metallo e infilzò un pezzo di torta guardando sorpresa il collega, che rifiutò il dolce con un sorriso educato mentre Phil, invece, si affrettava a scavalcare il divano per non perdersi il dessert.
“No, non mi piacciono molto i dolci, a dire il vero.”
“Veramente?”
Stentando alle sue orecchie Margot sgranò gli occhi chiari, osservando Beau piena di stupore. Quando il collega annuì – ormai abituato a reazioni come quella – la strega si rivolse ad Håkon scuotendo la testa con disapprovazione e come se Beau non fosse presente:
“Sapevo che non poteva essere perfetto, era impossibile, te lo dicevo che un difetto doveva avercelo.”
“Hai ragione mia cara, gli uomini perfetti sono rari, siamo ormai in via di estinzione. E a tal proposito, mi dici perché una ragazza bella e simpatica come te non ha un fidanzato?”
Theo, presa una fetta di torta, sedette vicino a Margot e le si avvicinò con fare pettegolo mentre la strega, invece, faceva spallucce con nonchalance e dedicava alla torta tutte le sue attenzioni:
“Lo dice sempre anche Demelza, ma io al momento sto bene così, preferisco aspettare invece di accontentarmi, e sto bene anche da sola. La mia vera anima gemella sono i carboidrati, i cani e Jan Solo. Guardi professore che non è facile, quasi tutti quelli svegli sono stati già presi, e tra quelli che restano metà, seppur belli, sono antipatici come quello lì.”
Con quelle parole Margot accennò non noncuranza a Phil con la forchetta, e Theobald annuì con aria comprensiva mentre il diretto interessato, invece, la guardava indignato tra le risate soffocate di Beau e Håkon:
Quello lì sarei io?”
“E chi se no? Non eri quello intelligente del gruppo? Comunque io un fidanzato ideale lo avrei, ma quel cattivone di MacMillan non vuole presentarmelo… non ha idea professore, un figo da paura…”
Ma davvero? E come si chiama?”
“Ma in quante lingue te lo devo dire che è impegnato? Im-pe-gna-to.”
“Tutte balle, non ci crederò finchè non lo vedrò!”

 
*
 

In piedi davanti allo specchio a pavimento che lei e le sue compagne di stanza si contendevano ogni giorno, Amelie si spazzolava con cura i lunghi capelli castani di cui andava particolarmente fiera e ai quali dedicava quotidianamente moltissime attenzioni. Appoggiata la spazzola sull’estremità del letto più vicino, quello di Blodwel, la Corvonero fermò sulla nuca le ciocche davanti con due forcine e se le attorcigliò distrattamente attorno alle dita osservando con occhio critico il risultato.
Soddisfatta, la giovane strega accennò un sorriso prima di sistemarsi con cura la maglietta a maniche lunghe bianca a coste che indossava all’interno dei suoi amati jeans a vita alta e volgere lo sguardo sulla pochette rosa cipria che conteneva parte della sua cospicua collezione di rossetti. Indecisa se indossarne uno anche per una semplice lezione – fin da bambina Amelie non era mai riuscita a sopportare l’idea di non essere perfettamente in ordine in ogni occasione – alla fine la strega decise di optare per un rossetto chiaro e discreto. Si avvicinò al comodino e iniziò a frugare nella pochette piena fino a scoppiare, ma mentre stava cercando un rossetto di un tenue malva il suo sguardo indugiò per caso sui due libri impilati sul comodino. Non sapeva di chi fossero, con diverse ragazze a condividerla ci era voluto poco perché la stanza perdesse il perfetto ordine che avevano trovato al loro arrivo e molti oggetti avevano finito col spargersi in giro.
Dimenticatasi momentaneamente dei rossetti e della sua ricerca, Amelie sbattè le palpebre un paio di volte mentre teneva gli occhi castani fissi sui libri che aveva davanti. All’improvviso le vennero in mente tutte le raccomandazioni e gli ammonimenti dei suoi genitori, in particolare di sua madre, ma ciò non le impedì di allungare timidamente una mano verso il libro.
Non sono tuoi
Il movimento della mano si arrestò, e Amelie per qualche istante vacillò, gli occhi fissi sui libri e mordendosi nervosamente il labbro inferiore. Riuscì distintamente a sentire il battito cardiaco accelerarle nel petto quando, all’improvviso, la strega venne costretta a riscuotersi udendo dei passi fuori dalla porta.
Deglutendo, Amelie ebbe appena il tempo di abbassare il braccio e voltarsi verso l’uscio prima che la porta si spalancasse, permettendo ad una sorridente ed allegra Marley di entrare nella stanza:
“Ciao Amelie! Pronta per la lezione di Astronomia? Io non vedo l’ora, e farla qui sarà bellissimo!”
Entusiasta per la lezione della sua materia preferita, che sarebbe iniziata da lì a meno di un’ora, Marley si diresse verso il baule per prendere i suoi scarponcini preferiti mentre Amelie, che si stampò un sorriso allegro sul viso pallido, annuiva:
“Certo. Spero solo che non faccia troppo freddo…”
“Fossi in te prenderei una giaccia, quella maglia sembra un po’ leggerina… di sera qui deve fare freddino.”
“Sì… hai ragione, prima di uscire ne prenderò una. C’è ancora qualche biscotto, o li avete finiti tutti?”
“Qualcuno, sì, ma fossi in te mi sbrigherei, stanno andando a ruba!”
Infilati gli scarponi, Marley si alzò dal letto e fece cenno alla compagna di seguirla senza smettere di parlare di costellazioni e di come sicuramente le avrebbero viste magnificamente laggiù, immersi nella natura. Rincuorandosi con la prospettiva dei cookies che Tallulah aveva preparato nel pomeriggio Amelie seguì la Tassorosso senza più pensare ai rossetti, imponendosi di non voltarsi verso il comodino mentre usciva dalla stanza.

 
*

 
Håkon salì le scale per andare a prendere mappe e libri quando, passando davanti alla porta chiusa della camera di Margot, fu costretto ad arrestarsi.
Il mago restò immobile ed in silenzio per accertarsi di essere nel giusto e dopo qualche ulteriore secondo di ascolto guardò interdetto la porta di legno: sì, non poteva sbagliarsi, quelli erano singhiozzi.
“… Margi? Tutto bene?”
L’uomo si avvicinò alla porta per bussare con delicatezza, una nota preoccupata nella voce che non riuscì a celare: conosceva Margot da molto tempo, ed era piuttosto sicuro di non averla mai vista o sentita piangere prima di quella sera.
“No! Sono distrutta!”
La voce dell’amica giunse soffocata, come se Margot tenesse il viso premuto contro qualcosa, seguita dall’inequivocabile suono di un naso che veniva soffiato. Sempre più perplesso, Håkon esitò a disagio sulla porta prima di parlare nuovamente:
“Stai male? Posso entrare?”
“Va bene, ma voglio un abbraccio!”
Håkon aprì la porta, non stupendosi affatto nel trovare l’amica seduta sul letto posto al centro della stanza: raggomitolata su se stessa in posizione fetale e con una coperta di pail azzurra sulle spalle, Margot abbracciava stretto un buffo cuscino che aveva la forma di un grosso casco nero(4) e teneva gli occhi azzurri pieni di lacrime fissi sullo schermo del suo portatile.
“Mi dici che cos’hai?”
Håkon entrò nella stanza lasciandosi la porta aperta alle spalle e, raggiunto il letto, sedette sul bordo del materasso per lanciare un’occhiata affettuosa all’amica, che si soffiò il naso di nuovo prima di indicare lo schermo:
“Ho appena guardato… è stato orribile!”
“Che cosa? Che cosa hai visto?”
L’ultima puntata di The Good Place! Non puoi capire, sono distrutta! Quattro stagioni di comicità, anni di inganni e di illusioni e poi alla fine… non ce la faccio!”
La strega sospirò, assumendo una posa da eroina tragica sul materasso mentre il collega, sollevato nel sapere che si trattava solo di una serie tv, abbozzava un sorriso:
“Meno male, pensavo fosse qualcosa di grave…”
“Ma questo è grave! Bah, voi eretici non potete capire le mie sofferenze!”
Stizzita, la strega si coprì il viso con la coperta mentre Håkon, sospirando, abbassava lo schermo del computer per rivolgerlesi nello stesso tono che usava con Freya quando la bambina era arrabbiata con lui e gli metteva il broncio:
“Posso fare qualcosa per alleviare la tua tristezza?”
Per qualche istante Håkon non ottenne risposta e Margot rimase immobile ed in silenzio sotto la sua coperta piena di strane scritte senza senso (il mago ad un primo sguardo scorse frasi come “You are my lobster”, “We were on a break” e “How you doin?”) prima di scoprirsi il volto fino al naso e lanciargli così un’occhiata eloquente:
“Cioccolato. Tanto cioccolato.”
“Va bene, vedrò che posso fare. Ora basta piangere, o ti verranno le rughe.”
Il suggerimento fu molto efficace, perché Margot si portò terrorizzata le mani sul viso per tastarsi la pelle liscia e curata mentre l’amico si alzava celando con invidiabile abilità un sorriso divertito. Håkon era appena uscito dalla stanza quando sulla soglia si fermò Phil, un pigiama coperto di ananas addosso e una scodella piena di cereali in mano. Il mago stava passando davanti alla stanza per tornare nella propria quando, scorgendo Margot, si fermò abbozzando un sorrisetto:
“Che cosa c’è Bocca Storta, hai finito la maschera esfoliante?”
“Se non la finisci di chiamarmi così vedi come ti esfolio la pelle, MacMillan. Con un rastrello di metallo.”

 
*
 

Non solo Blodwel si era completamente scordata della lezione di Astronomia, ma non aveva nemmeno voglia di alzarsi dal letto: si era già lavata i denti, aveva dato da mangiare a Malakai, il suo corvo, si era infilata il suo pigiama coperto di pulcini e infine sistemata sotto le coperte.
Quando Marley, vestita di tutto punto, aveva fatto irruzione nella stanza emozionata e trillante per la lezione imminente, l’amica era stata pervasa dall’orrore più sincero: come avrebbe fatto a togliersi il pigiama e a vestirsi?
L’unica chance era simulare un’indisposizione, ma anche se si sfregò il viso con acqua bollente, avvicinò il termometro ad una lampada e cercò di dimostrarsi sofferente, Marley non le credette neanche per un istante:
“E così stai male, eh?”
“Sì, non vedi il termometro? Dice che ho la febbre!”
Blodwel, la voce volutamente soffocata, indicò con un sospiro il termometro che l’amica teneva in mano: Marley, seduta sul letto, guardò l’oggetto prima di rivolgerle un’occhiata eloquente, chiedendosi se l’amica credesse davvero di poterla ingannare.
“Ohh, sì, la febbre. Febbre altissima…”
“Sì, sto davvero davvero male.”
Sforzandosi di tossire, Bloody si accasciò teatralmente sul cuscino mentre Marley, esasperata, si alzava incrociando le braccia al petto:
“Bloody, qui dice che hai 41 di febbre! Se così fosse come minimo staresti delirando! Hai tenuto il termometro troppo vicino alla lampada, cocca.”
Ma vaffanculo, dannato termometro, ogni volta mi esce la temperatura troppo alta o troppo bassa, maledizione.”
Abbandonando seduta stante la sceneggiata Blodwel sbuffò e scostò malamente le coperte per alzarsi dal letto e fronteggiare l’amica, ribadendo seccamente la sua intenzione di restare a letto mentre Marley scuoteva il capo, altrettanto determinata:
“Non puoi, c’è lezione! Bloody, se non ti comporti bene ti sbattono fuori e ti bocciano, e io non ho intenzione di affrontare l’ultimo anno senza di te!”
Non fosse stato per la situazione Blodwel si sarebbe quasi addolcita per la dichiarazione d’affetto dell’amica, ma si limitò a sbuffare e a distogliere lo sguardo prima di borbottare che si sarebbe cambiata per la lezione.
“Bene. Ma se mi addormento sarà solo colpa tua!”
“Correrò questo rischio. Brava, pulcina.”
Marley, sorridendo soddisfatta, la superò ridacchiando e facendo cenno al pigiama di Blodwel, che arrossì e le intimò di non chiamarla in quel modo prima di agguantare di controvoglia un maglione e dei jeans: certo, impazziva all’idea di gelarsi il fondoschiena per ammirare la volta celeste. Una serata ideale.
 

 
*

 
“Quasi quasi invidio Malai… sto gelando! Perché non possiamo accendere un fuoco…”
Pensando al compagno di Casa – che un’ora prima li aveva salutati con un sorriso a trentadue denti per poi spaparanzarsi comodamente sul divano, già in pigiama e con una vaschetta di gelato in mano – Bel rabbrividì e si strinse le ginocchia mentre osservava il cielo stellato sopra le loro teste.
“Il prof dice che se accendiamo una grande fonte di luce vedremo meno bene… razionalmente è vero, ma resta il fatto che fa davvero freddo.”
Lance, seduto sull’erba accanto all’amico, rabbrividì mentre Blodwel, distesa accanto a loro usando la giacca di Marley come cuscino, sbadigliava rumorosamente:
“Io ho sonno, quando si dorme?”
“Presto, spero…”
Bel prese tra le braccia la sua volpe che lo aveva seguito a lezione, Chione, dandole un bacio sul muso ed una carezza mentre Lance, accanto a lui, si sforzava di disegnare correttamente la mappa facendosi luce con la punta della sua bacchetta. Moriva dalla voglia di infilarsi il suo pigiama coperto di orsetti per poi ficcarsi sotto le coperte del letto a castello che condivideva con il migliore amico, soprattutto in vista della lezione di Antiche Rune della mattina dopo: probabilmente avrebbero tutti finito per l’addormentarsi sui banchi.
“Ma dov’è Marley?”
“In prima fila come sempre, pende dalle labbra del prof.”
Blodwel sbadigliò di nuovo, lamentandosi a bassa voce per la scomodità del suo giaciglio – alla lezione successiva si sarebbe fatta trovare preparata portandosi un sacco a pelo – mentre la sua migliore amica, seduta vicino ad Håkon, ascoltava l’insegnante e completava la sua mappa celesta con la massima cura possibile. Anche Shou, seduto a poca distanza da Marley, non si perdeva neanche una parola che usciva dalle labbra di Håkon, che guardava i due ragazzi – gli studenti migliori del suo corso – con una punta d’affetto e riempiendoli di complimenti.
Lilian, Amelie e Tallulah, invece, stavano facendo appello a tutti i loro sforzi per tenere aperte le palpebre mentre Priscilla, che aveva fallito nell’impresa, alternava momenti in cui si appisolava sulla spalla di Shou a momenti in cui si riscuoteva e cercava di seguire la lezione.
Vedendo buona parte della classe sbadigliare e rabbrividire per il freddo – fatta eccezione per Marley e Shou, impegnati a confrontarsi sulle loro mappe e apparentemente per nulla assonnati – Hakon decise di mandarli a letto e abbozzò un sorriso prima di alzarsi in piedi, rivolgendosi pazientemente agli studenti:
“Tranquilli ragazzi, adesso vi mando a dormire… per stasera può bastare.”
“Ma come, di già?!”
Marley sollevò la testa per rivolgere un’occhiata perplessa all’insegnante, che le sorrise prima di annuire e porgerle una mano per aiutarla a rialzarsi:
“Temo di sì, non vorrei che crollaste tutti all’aperto ammalandovi. Bravissima Marley, comunque.”
La giovane strega sorrise, piena d’orgoglio, e gli consegnò la sua mappa prima di ringraziarlo e correre ad aiutare una Blodwel mezza addormentata a rialzarsi. Shou fece lo stesso con Priscilla, che sbadigliò strofinandosi stancamente gli occhi verdi mentre Lilian si stiracchiava:
“E pensare che Riccioli D’oro starà dormendo beato… che invidia.”
“Tranquilla cuginetta, io, Bel, Lance e Hiro ci vendicheremo dei suoi canti mattutini facendo particolare attenzione a fare rumore rientrando in camera.”
Un piccolo sorriso malandrino incurvò le labbra di Shou, che si affrettò a salutare allegramente Håkon per poi raggiungere Hiro ed esporgli il suo piano. Tallulah, invece, augurò la buonanotte al professore con uno sbadiglio prima di prendere Lilian e Priscilla a braccetto biascicando di aver bisogno di un letto, allontanandosi verso lo chalet e discutendo con le amiche su come avrebbero affrontato la lezione del mattino seguente.
Hakon osservò il gruppo allontanarsi e augurarsi reciprocamente la buonanotte prima di separarsi nelle direzioni dei due chalet, poi alzò lo sguardo sul cielo stellato. Le stelle si vedevano ancora meglio rispetto che ad Hogwarts, ma quel panorama non era nulla in confronto a ciò che aveva potuto ammirare nei suoi anni in Groenlandia, prima che nascesse Freya.
A volte ripensare a quel periodo della sua vita gli provocava una fastidiosa stretta allo stomaco, ma finiva col ripetersi ciò che sua madre e Margot gli avevano sempre detto: aveva Freya, il suo piccolo tesoro. Contava solo quello.
 
 
 
 
 
 
(1): Campbell, il cognome di Margi, è un antico cognome scozzese che in gaelico significa “bocca storta”
(2): Piccola citazione a Ryurik Volkov, un OC di Bri presente nella sua ff “Bastardi senza Gloria”
(3): Metto subito le mani avanti prima che le fan inferocite di Piton vengano a cercarmi, si tratta di un commento sul suo aspetto e NON sul personaggio in quanto tale. Dalla descrizione dei libri dubito che fosse il Cary Grant della situazione idolatrato dalle studentesse.
(4): Ovviamente il cuscino raffigura Darth Vader
 
 
 
……………………………………………………………………….
Angolo Autrice:
Buongiorno a tutte! Miracolosamente questa volta giungo in tempo per farmi perdonare del ritardo dell’altra volta. Come sempre spero che il capitolo vi sia piaciuto, e grazie per le recensioni.
Ed ora, ecco giunto uno dei momenti clue di ogni Interattiva: la domanda sulle coppie. Theo sta già lucidando le frecce dell’amore.
Ebbene sì, è giunto il momento di chiedervi i vostri pareri e le vostre preferenze per un’eventuale coppia che comprenda il vostro OC. Vista la situazione dei professori, purtroppo mi rivolgo più che altro alle autrici degli studenti: Margi è l’unica donna del gruppo, e onestamente non ho intenzione di farla finire insieme ad Håkon o a Beau – e penso che anche le loro autrici la pensino come me –, né tantomeno con Phil. Ormai è innamorata di Nix e dell’amico segreto di Phil, ma lei e Theo sono pronti a fare da cupidi per i loro pulcini.
Come ho detto, vi chiedo solo di espormi le vostre eventuali preferenze, non pretendo che mi facciate un nome preciso e possiamo discuterne insieme, è normale se qualcuno ha la idee meno chiare di altri… in fondo però il margine di scelta non è molto alto, quindi per voi scartare qualche OC non dovrebbe essere troppo difficile.
Alle autrici delle Ladies ricordo che avete una scelta ancora più limitata, in quanto Bel è omosessuale. Ricordo anche che non tutti verranno accontentati – anche perché i ragazzi disponibili per le signorine sono in matematica minoranza da questo punto di vista – e che non tutti verranno accoppiati. Io adoro creare coppie, chi mi segue da tanto tempo lo sa benissimo, ma non posso far finire tutti assieme tra loro. Se per qualcuno non avere il proprio OC inserito all’interno di una coppia consiste un enorme e insormontabile problema è pregato di farmelo sapere e di non fare scenette da asilo sparendo per protesta. Volete ritirarvi? Ditemelo, credo che più o meno siamo tutti adulti e maturi qui. Io personalmente non penso che sia questa la cosa più importante in una storia, anche se ovviamente fa piacere, ma giustamente ognuno ha le sue opinioni… spero solo che nessuno la prenda a male.
Scusate il pippone, ma in tempi anche abbastanza recenti ho avuto quest’esperienza e tenevo a mettere le cose in chiaro.
Prima di salutarvi vi do anche una brutta notizia: vi sarete accorte che non ho menzionato Emyr in questo capitolo, e nemmeno prima quando ho parlato di Bel. Questo perché, come probabilmente avrete immaginato, mi ritrovo a doverlo eliminare dalla storia. Mi dispiace molto perché siamo davvero all’inizio e non ho avuto modo di farlo emergere, spero di non dover eliminare altri fanciulli, altrimenti farò un “ripescaggio” tra le schede che non sono state selezionate.
Giuro che ora ho finito, a presto!
Signorina Granger
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5


 
Come quasi ogni mattina, soprattutto in estate, Margot si era svegliata di ottimo umore. Si era alzata dal letto, aveva infilato le pantofole – che tutti continuavano a guardare con scetticismo, per qualche assurdo motivo – e poi si era spostata nel bagno privato della sua stanza per spazzolarsi i capelli e detergere e idratare il viso.
Soddisfatta, la strega era scesa al pian terreno in pigiama e sorridente, aveva augurato calorosamente il buongiorno a tutti i colleghi e poi era sparita nella dispensa. Di solito faceva colazione con tè e biscotti, ma quel giorno si era svegliata con una particolare voglia di cereali, così prese il latte dal frigo e aprì gli armadietti per cercarli.
Le folte sopracciglia scure della strega si inarcarono vistosamente quando non trovò da nessuna parte l’oggetto della sua ricerca. Chiese aiuto a Mindel, l’Elfo Domestico, ma nemmeno lui seppe dirle che fine avessero fatto mentre infornava delle brioches con un minuscolo grembiule a fiori addosso.
“Ragazzi, qualcuno ha visto i cereali?!”
Margot si affacciò fuori dalla dispensa per rivolgersi ai colleghi, tutti impegnati a fare colazione o a rilassarsi prima delle lezioni: Håkon era nascosto dal numero del giorno della Gazzetta del Profeta che ogni mattina un gufo recapitava loro, Theobald teneva Sunday in braccio e le accarezzava le piume, e Beau e Phil avevano messo la scacchiera sul tavolo per una rapida partita.
“Poco fa erano nell’armadietto in alto, vuoi che te li tiri giù?”
La voce profonda di Håkon giunse da dietro il giornale e la strega ricordò all’amico che pur essendo minuta era pur sempre una strega, e quindi perfettamente in grado di prendere le cose da sola:
“E comunque non parlo di quelli salutari all’avena… bleah, i classici cereali che in bocca sembrano segatura. No, parlo di quelli al miele, qualcuno li ha finiti?”
Margot ottenne solo vaghi cenni di diniego, e la strega incrociò le braccia al petto mentre faceva vagare lo sguardo, sospettosa, da un collega all’altro. Ricordava benissimo di averli visti la sera prima, quando si era alzata per fare uno spuntino e aveva spaventato a morte Theo, che si era addormentato sul divano.
Che fine avevano fatto i cereali al miele?
“Qui qualcuno sta mentendo, e scoprirò chi è stato!”
Sollevando la testa con aria sostenuta, Margot girò sui tacchi e tornò all’interno della dispensa per prendere qualcos’altro da mettere sotto i denti in sostituzione ai cereali mentre Håkon, ripiegando il giornale, alzava gli occhi al cielo:
“Che cosa hai guardato ieri sera, Law and Order?!”
“No, ho guardato Sherlock, ma non è questo il punto!”

 
*

 
“Bene ragazzi, abbiamo finito… per martedì vorrei che scriveste un rotolo di pergamena sui Lethifold. Domani mattina dovrete esercitarvi sugli incantesimi non verbali, buona fortuna!”
Theobald sorrise allegro, ma le sue parole vennero seguite da un brontolio generale, non tanto per i compiti ma per i test del giorno successivo. Scorgendo le espressioni cupe sui volti di alcuni studenti l’uomo si affrettò a rassicurarli sorridendo e sostenendo che di sicuro se la sarebbero tutti cavata egregiamente, ma prima che tutti uscissero dallo chalet per andare a lezione di Trasfigurazione un ragazzo gli si avvicinò:
“Professore, posso parlarle un minuto?”
“Certo caro, dimmi tutto.”
Il sorriso sul volto di Theobald si allargò quando Shou Park si avvicinò alla cattedra per parlargli: considerando quanto poco il giovane si applicasse non era decisamente tra i suoi studenti migliori, ma in compenso era sempre una fonte inesauribile di gossip. E per questo Theo adorava quello studente.
“Sa professore, qui al Camp ci sono alcune ragazze con cui sono uscito in passato e, emh, a volte mi sento un po’… accerchiato. Non ho mai preso in giro o illuso nessuna, ma credo che alcune di loro non siano molto benevole nei miei confronti, mentre altre mi stanno sempre attorno… come posso fare secondo lei?”
“Mh… Beh, hai provato a non mettere il deodorante per un po’?”
“Sì, per un giorno intero, ma non ha funzionato per niente!”
Shou scosse la testa con un sospiro e Theobald annuì, assumendo la sua espressione più concentrata mentre si tamburellava un dito sul mento:
“Mh… eh, già, caro Park, è dura essere irresistibili, anche io ero molto apprezzato e desiderato ai tempi… Ma a proposito, secondo te c’è qualcosa tra Joanna Selwyn e Thomas Golding? Io sono sicuro di sì!”
Oh sì Professore, l’ho notato anche io, a lei lui piace da una vita.”
Shou annuì con l’aria di chi la sa lunga e Theobald lo imitò. Stava per raccontagli di quando, il giorno prima, aveva preso il ragazzo in disparte e lo aveva informato che forse c’era “una signorina con un interesse particolare nei suoi confronti” per smuovere la situazione - quei ragazzi erano di una ottusità disarmante, se non fosse intervenuto avrebbe rischiato di non avere news entro la fine del campeggio! – quando la loro seduta di pettegolezzi venne interrotta dall’ingresso di Margot, che si rivolse allo studente tenendo le mani nelle tasche della salopette celeste che indossava e con un tono volutamene canzonatorio:
“Shou caro? Se non vieni sarò costretta a usarti da cavia, e sai quanto la cosa non mi piaccia…”
“Ma Prof, la Preside è profondamente contraria alla Trasfigurazione sugli studenti, lo sanno tutti!”
Il ragazzo volse lo sguardo sull’insegnante e spalancò spaventato gli occhi scuri, ma Margot sbuffò e liquidò il discorso con un gesto della mano mentre lo prendeva sottobraccio:
“Ma è ovvio, infatti intendevo cavia per i miei incantesimi per la skin care, cosa hai capito. Qui le uniche cavie per la Trasfigurazione saranno i miei colleghi, specie quando scoprirò chi ha rubato i cereali… ma questo è un altro discorso. Mi piacerebbe tanto unirvi ai vostri gossip, ma io e il Signor Park abbiamo lezione, scusi Professore.”
“D’accordo Margi cara, ci vediamo a pranzo. Park, tienimi informato!”
“Va bene prof!”
Shou si voltò e rivolse un cenno di saluto al professore mentre veniva trascinato via da Margot, che gli chiese cosa usasse per avere la pelle così luminosa mentre uscivano dallo chalet.
“Ho provato una nuova maschera nutriente alla vitamina C, prof.”
“Ma davvero? E dimmi, come si chiama?”

 
*

 
“Prof, oggi che cosa ripassiamo?”
“Nulla, ho pensato che oggi vi potrei lasciare liberi di improvvisare… guardatevi attorno e trasfigurate quello che avete a disposizione, in certe situazioni potrebbe esservi molto utile.”
Alle parole di Margot – che anche quella mattina aveva portato i ragazzi in mezzo alla natura – i caldi occhi scuri di Malai si illuminarono: entusiasta e da sempre molto affascinato dalla materia, il ragazzo prese la bacchetta e balzò in piedi pronto a dar foggio di tutta la sua creatività quando Margot, comparendogli accanto, gli strappò fulminea la bacchetta dalle mani:
“Non così in fretta. Malai, tesoro, tu resti vicino a me a controllare gli altri.”
“Ma prof, anche io voglio provare!”
Sfoderando la più implorante ed innocente delle sue espressioni – che spesso lo aveva salvato da molteplici punizioni – il Tassorosso accennò ai suoi compagni che si stavano sparpagliando nei dintorni. Consapevole di non poter fare altrimenti, ma allo stesso tempo poco avvezza a dare dispiaceri ai ragazzi, Margot sospirò e gli rivolse la sua occhiata più eloquente mentre lo prendeva sottobraccio:
“Malai… ti ricordi l’anno scorso, vero? Il tuo letto…”
“Ma non volevo che quasi ferisse Bel, lo giuro, e lui mi ha perdonato subito! Vero Bel?”
Malai si rivolse al compagno di Casa alzando leggermente la voce per farsi udire dal ragazzo, che sorrise e assicurò che non si era trattato di nulla di grave. Margot, invece, sospirò ripensando all’episodio che di sicuro non avrebbe mai dimenticato tanto facilmente.
 
Era una sera come tante. O almeno così credeva Margot Campbell mentre applicava nella sua stanza una crema energizzante sul viso con l’aiuto di un pennellino.
Stava giusto aspettando che la maschera facesse effetto quando, all’improvviso, la sua quiete venne turbata da un energico bussare alla porta:
“Prof! Prof, è lì dentro? Ci serve subito il suo aiuto!”
Riconoscendo la voce di Marley, Margot infilò le pantofole e andò ad aprire con un sospiro, riservando alla studentessa un’occhiata dubbiosa senza curarsi della maschera che aveva sul viso:
“Marley, non è l’ora per scherzare.”
“Ma prof, è una cosa seria! Malai ha trasformato il suo letto in un enorme Libro Mostro dei Mostri e ora sta gettando terrore su tutta la sala comune attaccando tutti, deve venire subito!”
“Ma chi mai farebbe una simile idiozia, non ci crederò nemmeno vedendolo!”
Quale pirla poteva trasformare il proprio letto nel libro di testo più pericoloso mai visto ad Hogwarts? Era ridicolo, assolutamente ridicolo. Stava per rimproverare Marley per quella storiella fantasiosa quando, all’improvviso, la strega pensò a Malai Johansson.
Essendo molto amica della madre del ragazzo, Margot conosceva Malai meglio di quasi tutti gli altri studenti. Era anche consapevole di avere un piccolo debole per il ragazzo, che probabilmente era il suo studente prediletto, ma proprio perché lo conosceva bene all’improvviso Margot si chiese se per caso Marley non fosse seria.
Scorgendo l’espressione sinceramente preoccupata della ragazza, Margot si arrese e la seguì con la bacchetta in mano, sospirando quando, entrata nella Sala Comune che diversi anni prima le aveva fatto da seconda casa, scorse il caos regnare sovrano e gli studenti correre spaventati da una parte all’altra, cercando di chiudersi in massa dentro il dormitorio delle ragazze.
“Ma che cavolo sta succedendo?”
“Glie l’ho detto che era vero, Malai ha trasfigurato il letto!”
Indispettita per la scarsa fiducia che le era stata riservata Marley incrociò le braccia al petto e lanciò un’occhiata cupa all’insegnante, che sospirò prima di avviarsi a passo di marcia verso la porta aperta del dormitorio maschile facendosi largo tra gli studenti in fuga, così impauriti da non notare la sua maschera facciale o le sue pantofole:
“Porco Jan Solo… MALAI, sappi che tua madre verrà a saperlo! E smettetela di piangere, voi del primo anno, non è ancora morto nessuno!”
 
 
Una serata indimenticabile. E indimenticabili erano state le urla di Demelza, che rimproverando il figlio aveva fatto tremare tutto il castello.
Mentre Malai, arresosi al suo destino, seguiva Margot in mezzo agli studenti e guardandoli con invidia, Priscilla sorrise soddisfatta mentre stringeva tra le mani i rami spezzati che aveva trasformato in pennelli.
“Pensi che li potrei tenere? O sarebbe rubare?”  La Corvonero si rivolse dubbiosa a Shou, che dopo essere riuscito ad evitare un manipolo di ammiratrici aveva raggiunto lei e Lilian in un angolo della radura.
“No Bimba, credo che tu possa tenerli per dipingere.”
Il Serpeverde rivolse un sorriso affettuoso all’amica mentre Lilian, invece, lanciava un’occhiata torva alle “fans” del cugino prima di parlare con tono cupo:
“Dovresti dir loro di smetterla di stressarmi, Shou. Non ne posso più di avere tra i piedi insulse ragazzine che cercano di estorcermi informazioni o che fingono di volermi essere amiche solo per arrivare a te.”
“Dai cuginetta, abbi pazienza, che cosa posso farci?”
“Pazienza? La pazienza per le tue ragazze l’ho esaurita a 9 anni, Shou. Vieni via Prisci, numero 6 sta arrivando.”
Presa l’amica sottobraccio, Lilian si affrettò ad allontanarsi per evitare una delle numerose ex del cugino, che maledisse mentalmente la ragazza per averlo lasciato solo ad affrontare il suo destino. Mentre la seguiva, spostandosi verso Hiro e Amelie, Priscilla strinse i pennelli rivolgendosi all’amica con un sorriso:
“Dev’essere difficile per te. Ma non preoccuparti, avrai sempre me e Tallulah, e noi non ti abbiamo certo usata per arrivare a Shou.”
Priscilla aggrottò leggermente la fronte e lanciò un’occhiata vagamente torva alle compagne, quasi sfidandole a cercare di rubarle la sua migliore amica per i propri interessi mentre Lilian, sorridendole, annuiva:
“Lo so Prisci, tranquilla. Miss X ha trasfigurato un sasso in un cuscino e si sta riposando al sole… Geniale!”
Scorgendo l’amica impegnata a riposarsi, Lilian la guardò con ammirazione mentre Priscilla, sorridendo, annuiva:
“L’ho sempre detto che Miss X è la più sveglia, tra noi. O lei o Hiro, impossibile a dirsi.”

 
*

 
Margot si portò un paio di foglie di insalata alle labbra spostando sospettosa lo sguardo da un collega all’altro. Tutti simulavano naturalezza, ma era ovvio che tra loro qualcuno stesse mentendo.
La strega guardò Håkon, che stava mangiando e leggendo un libro sull’Astronomia al tempo stesso. No, Håk bello non le avrebbe mai mentito così spudoratamente, era da escludere!
Scuotendo la testa, Margot bevve un sorso d’acqua lanciando un’occhiata in tralice a Beau, che stava discutendo con Phil su qualcosa da intellettualmente molto dotati che le era sfuggito.
Beau? No, Beau era troppo carino per farle un simile affronto. E poi, ora che ci pensava, la sera prima aveva decretato di non amare i dolci. No, Beau, era assolutamente il meno sospettabile.
Il Professor Watrous. Margi lo guardò sorridere e allungare una fetta di prosciutto a Nix sotto al tavolo e lo osservò di traverso: adorava quell’uomo, ma non poteva negare che fosse sospettabilissimo vista la sua propensione per gli scherzi. Ma perché nascondere i cereali? Non poteva sapere che li avrebbe voluti mangiare, dopotutto. Che fosse esperto di Legilimanzia all’insaputa di tutti?
Restava MacMillan. Mentre lo osservava chiedendosi perché avrebbe dovuto prendere i cereali, Margot venne colpita da un ricordo: una volta, ad Hogwarts, gli aveva preso una patata al forno dal piatto per farlo innervosire, e poco ci mancava che il mago mandasse all’aria tutto il tavolo degli insegnanti.
Sì, Philip era un tipo geloso del suo cibo.
Ma perché i cereali le dicevano qualcosa?
Il mistero si infittiva.
Arrotolando velocemente il nastro dei suoi ricordi andando a ritroso, Margot all’improvviso rivide chiaramente un’immagine risalente alla sera prima:

 
“Che cosa c’è, Bocca Storta, hai finito la maschera esfoliante?”
 
Phil aveva sorriso, in piedi davanti alla sua stanza. Lei lo aveva mandato a quel paese, ma la cosa più importante era ciò che Phil teneva in mano: una ciotola di cereali.
Margot sgranò gli occhi blu, consapevole di aver fatto centro, e rivolse subito accusatoria la forchetta contro il collega:
“MacMillan, lo so che hai preso tu i cereali! Rimettili al loro posto!”
“Porca Priscilla, ancora con questi cereali? Perché mai avrei dovuto prenderli?!”
Philip smise di parlare con Beau e rivolse un’occhiata esasperata alla collega, che però non demorse e – sempre più convinta – gli agitò imperterrita contro la forchetta:
“Perché tu mangi spesso i cereali e sei un ingordo geloso del suo cibo! È evidente che sei stato tu, confessa!”
“Certo Bocca Storta, ora chiamerò il mio amico Auror e gli chiederò di farmi firmare una deposizione per dei cereali… ma per favore.”
Margot stava per dirgli di non scherzare e di non prenderla in giro, dal momento che ovviamente non era il caso di chiamare un Auror, ma ci ripensò quando focalizzò l’immagine mentale di quell’Auror in particolare e ci ripensò, mutando improvvisamente espressione e parlando con aria sognante:
“Beh, non sarò io a dirti di non chiamarlo…”
Håkon guardò l’amica aggrottando la fronte, preoccupato per il sorriso ebete che era improvvisamente apparso sul volto di Margot mentre Beau, invece, sollevava le sopracciglia piegando le labbra in un sorriso: l’identità dell’uomo misterioso gli fu improvvisamente chiara, e schioccò le dita come colto da un’illuminazione mentre si rivolgeva a Phil.
“Ma certo, parli di Asriel(1)! Me lo ricordo a scuola, anche all’epoca aveva un sacco di successo con le ragazze.”
“E ci credo! Ma tu non eri da meno, quando eri al settimo anno e io al quinto ricordo benissimo che buona parte delle mie compagne aveva una cotta per te.”
Margot guardò Beaumont sorridendo divertita e Phil la imitò, mormorando che probabilmente le cose da allora non erano cambiate per il bel collega prima che la strega, rammentando il torto del furto subito, si riscuotesse dall’immagine dell’affascinante Auror e gli ordinasse di restituire i cereali.
Poteva negare quanto voleva, alla fine della giornata li avrebbe riavuti indietro.
 

 
*
 

“Malai, ma dove stai andando con tutte quelle mele?”
Alla domanda di Tallulah il Tassorosso aggrottò leggermente fronte e sopracciglia, guardando l’amica come se gli avesse domandato un’ovvietà mentre reggeva un cesto pieno di lucide mele dal vivo rosso acceso appena prelevate dalla dispensa delle ragazze:
“Voglio spedire un regalo a Poldo, così sentirà meno la mia mancanza.”
“Ma i Thestral non preferiscono la carne cruda?”
“Ci ho provato, ma MacMillan mi ha beccato mentre cercavo di infilarmi nella loro dispensa e mi ha cacciato minacciandomi di farmi fare la pulizia del viso alla Campbell… non so di che cosa si tratti, ma non sembrava nulla di buono.”
“Puoi chiedere a Shou, lui di sicuro sa tutto a riguardo.”
La bionda accennò all’amico prima di tornare a concentrarsi sulla partita a scacchi che stava giocando con Lilian – la Grifondoro aveva perso per l’ennesima volta contro Malai solo poco prima, e aveva convinto l’amica ad aiutarla ad allenarsi per migliorare – mentre Shou, seduto sul tappeto davanti al camino spento fatto di mattoni a vista, discuteva dei compiti di Astronomia insieme a Marley.
Allucinante. Lo vedo impegnarsi nei compiti come fa con Astronomia solo quando si tratta di Quidditch.”
Poco avvezza a scorgere il Serpeverde dedicarsi ai compiti con impegno, Tallulah guardò il ragazzo disegnare pianeti con matite e goniometri mentre Lilian, sedutale di fronte, non staccava gli attenti occhi scuri dal gioco:
“Sì, sai che adora quella roba… e anche il Professor Jørgen. Cavallo in E4.”
Concentratissima, Lilian osservò minuziosamente la scacchiera mentre il suo cavallo bianco cambiava casella da solo e Malai usciva dallo chalet con le mele tra le braccia e destreggiandosi nella miglior imitazione del suo migliore amico quando si parlava dell’insegnante di Astronomia:
Il Professor Jørgen è meraviglioso! Adoro il Professor Jørgen!”
“Io non parlo con quella voce acuta!”
“Quando parli di lui sì! Potrei anche pensare che mi abbia sostituito con il Prof, sai dolcezza?”
Impossibile, siete una coppia così ben assortita! Guarda Shou, ho finito!”
Sorridendo entusiasta, Marley mostrò la sua mappa celeste al compagno, che si dimenticò momentaneamente di Malai per confrontare i loro lavori mentre questi, sbuffando, usciva dalla porta d’ingresso scuotendo la testa con disapprovazione: non solo lui l’Astronomia non l’aveva mai compresa né apprezzata, ma non capiva nemmeno come potessero quei due essere addirittura felici di perdere ore ed ore a disegnare mappe. Erano senza dubbio due tipi bizzarri.
Il ragazzo aveva mosso solo pochi passi fuori dall’edificio di legno e pietra quando s’imbatté in Blodwel, che lo raggiunse con una t-shirt bianca con toppe colorate e dei jeans scoloriti addosso e accennando divertita al suo cesto di mele:
“Ciao spilungone! Stai andando a piantare un frutteto?”
“No Blodwel, vado a spedire mele al mio Thestral.”
La Tassorosso aggrottò le sopracciglia, non sapendo quale delle due opzioni le suonasse più bizzarra mentre Malai, non facendo caso al suo scetticismo, accennava alla porta che si era appena chiuso alle spalle:
“Se cerchi Marley, è dentro a sprizzare amore per il Professor Jørgen con Shou.”
“Ah, tipico. A lezione di Astronomia quei due diventano due cheerleader…”
La strega roteò gli occhi nocciola con un sospiro e superò il compagno dopo avergli rivolto un rapido cenno del capo: messo piede nello chalet, Blodwel non si stupì nel trovare la sua migliore amica e Shou Park a chiedersi quanto il professore sarebbe stato felice di ammirare i loro bei lavori.
“Perché non gli comprate un biglietto al prossimo San Valentino, già che ci siete?”
“In realtà volevamo chiedere alla Campbell di dirci quand’è il suo compleanno per fargli un regalo… ma abbiamo paura di sembrare ruffiani!”
Blodwel non rispose, limitandosi ad accasciarsi su una poltrona alzando gli occhi al cielo. Mentre Lilian e Tallulah continuavano imperterrite la loro partita, la giovane strega ascoltò distrattamente il battibecco tra Marley e Shou a proposito di un possibile regalo per l’insegnante massaggiandosi le tempie e sperando che qualcuno giungesse a salvarla da quei discorsi: se avesse sentito un altro commento zuccheroso sul professore si sarebbe trasferita sul fondo del Loch Lomond.
Fu quindi con immenso sollievo che la strega vide Solomon e Stirling scendere scodinzolando le scale fino a raggiungere il pian terreno, invitandoli a raggiungerla per accarezzarli mentre la loro padrona li seguiva legandosi distrattamente una fascetta per capelli a fiorellini per tenere indietro i ricci scuri legati sulla nuca: dopo aver rivolto un sorriso a Lilian e a Tallulah, Priscilla sparì brevemente dietro alla parete che divideva il salone dalla cucina per poi uscirne stringendo il manico di un secchio pieno d’acqua e con un paio di spugne.
“Io vado a fare il bagno ai piccoli. Smettetela di disturbare Blodwel, su!”
La Corvonero si rivolse ai cani sforzandosi di parlare con un tono di rimprovero che ebbe scarsi risultati, ma Blodwel quasi non ci fece caso: sorrise praticamente senza volerlo, parlando con lo stesso tono entusiasta che Marley riservava alle lezioni di Astronomia.
“Posso darti una mano?”
La voce improvvisamente acuta dell’amica attirò l’attenzione di Marley, che le scoccò un’occhiata di sbieco particolarmente scettica mentre Blodwel, schiarendosi la voce, si affrettava a ripetere abbassando il tono. Dal canto suo, Priscilla guardò la compagna con sincero sbigottimento per qualche istante – era sicura di non aver mai sentito Blodwel parlare in quel modo – prima di riscuotersi e sorridere allegramente;
“Beh, certo, se ti va. Gli stai simpatica!”
Sorridendo Priscilla accennò ai cani mentre Blodwel, annuendo, si alzava dalla poltrona parlando con una particolare punta di soddisfazione nella voce: amava gli animali fin da quando era piccola, e loro ricambiavano il suo affetto.
“Gli animali mi adorano. A casa siamo circondati da animali, vivendo in una fattoria.”
Parlando di quanto fosse bello vivere in mezzo agli animali, le due uscirono dallo chalet seguite da Solomon e Stirling mentre Lilian, ancora seduta sul divano accanto all’amica, sorrideva vittoriosa nel fare Scacco Matto a Tallulah:
“Evviva! Ora devo solo riuscire a battere Malai e Shou… Nonostante i miei sforzi non riesco mai a vincere contro quei due scemi!”
Sbuffando, la bionda incrociò le braccia al petto mentre Tallulah, stiracchiandosi, si abbandonava comodamente contro i morbidi cuscini del divano e parlava attorcigliandosi una ciocca di capelli attorno all’indice, per nulla toccata dalla sconfitta:
“Se non altro ti stimolano a migliorare…”
“Già, ma a volte il fatto che abbiano risultati impegnandosi la metà di me mi manda ai matti. Quello lì ha preso tutte E ai G.U.F.O. studiando un mese in tutto l’anno, e solo perché l’ho costretto io!”
Lily accennò al cugino, che scelse quell’esatto momento per voltarsi nella sua direzione, inviarle un bacio aereo e rivolgerle un sorriso. Lilian adorava suo cugino, era il fratello che non aveva avuto e avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui.
Eppure, a volte lo avrebbe strozzato. Lui e il suo stupido cervello pigro quanto acuto.

 
*

 
“Professore, non so davvero come ringraziarla. Le assicuro che glie l’ho chiesto davvero solo per, ehm… migliorare nella sua materia.”
Un sorriso paziente incurvò le labbra di Beau, che annuì comprensivo e assicurò alla ragazza che lo sapeva: fin da quando aveva iniziato ad insegnare, prima a Beauxbatons e a poi ad Hogwarts, Beaumont si era sempre reso disponibile per i suoi studenti. Adorava la sua materia e adorava insegnare, ma quando si era reso conto che molte studentesse approfittavano della sua gentilezza e della sua disponibilità per passare del tempo extra con lui, l’Aritmanzista si era tirato indietro: da qualche anno concedeva “ripetizioni” solo agli studenti che si dimostravano realmente interessati non tanto a lui, quanto a migliorare nella sua difficile materia.
“Non preoccuparti Amelie, lo so. È per caso per questo che i tuoi genitori ti hanno mandata qui? Non mi sembra che tu abbia particolari problemi in altri corsi.”
L’uomo guardò curioso la Corvonero, che distolse lo sguardo e arrossì leggermente prima di scuotere la testa, mormorando che non era stato solo per quel motivo. Di sicuro spiegare la verità all’insegnante sarebbe stato impossibile – e piuttosto imbarazzante –, così la giovane strega si limitò ad affermare che la sua famiglia aveva preferito che studiasse un po’ di più in vista dell’ultimo anno.
Quando, pochi minuti dopo, Amelie lasciò lo chalet dei professori con la borsa piena di piume, libri e calamai, si sfiorò distrattamente il retro della spalla sinistra, vicino al punto dove un anno prima si era fatta tatuare una piccola fenice senza il permesso dei suoi genitori.
Scorgendo Marley seduta sull’erba a fare i compiti, Amelie si diresse verso l’amica accennando appena un sorriso con le labbra: di sicuro, se sua madre l’avesse visto l’avrebbe spedita ad un campeggio ben più lungo e rigido di quello.
“Ciao Marley.”
“Ciao Amelie! Che facevi dai prof?”
“Aritmanzia con Hawkes, resto sempre la scema della classe. Stai facendo Difesa contro le Arti Oscure?”
Marley scosse la testa, asserendo di star ripassando Antiche Rune in vista del giorno successivo. La Corvonero sospirò e annuì, mormorando di doverlo fare a sua volta. Si stava avviando verso il loro chalet pe rifare i compiti a sua volta quando sentì la voce della Tassorosso chiamarla, portandola a voltarsi verso di lei:
“Sai se Jessica è in camera?”
“Jessica? Non credo, perché?”
“Oh, nulla… curiosità. Vado a cercare Bloody.”
Dubbiosa, Amelie guardò Marley alzarsi, raccogliere in fretta e furia le sue cose e poi allontanarsi di corsa. Era sicura che ci fosse qualcosa di ben preciso sotto, ma decise di non voler indagare e si diresse invece verso lo chalet: aveva decisamente bisogno di una buona dose del suo cioccolato prediletto per tirarsi su il morale e darsi forza prima di rimettersi a studiare.


*

 
“Non sarò mai bravo quanto Celia.”
Bel abbassò tristemente lo sguardo sul manico del violino che teneva in mano mentre Lance, comodamente disteso sul divano poco distante, alzava gli occhi chiari dal libro di Difesa contro le Arti Oscure che stava consultando. Il biondo sorrise gentilmente all’amico, appoggiandosi il libro aperto sul petto prima di assicurargli che al contrario se la cavava molto bene.
“Lo dici solo perché sei il mio migliore amico. Celia è oggettivamente molto più brava di me, lo pensano tutti.”
“Questo non lo posso giudicare, ma ciò non toglie che ti impegni moltissimo, e credo che questa sia la cosa più importante. Mi dispiace non aver portato il mio violoncello, ora che mi ci fai pensare.”
In piedi vicino alla finestra, Bel si rivolse all’amico e compagno di Casa con un debole sorriso, chiedendosi quanto sarebbero stati felici i loro compagni se avessero improvvisato concerti a tutte le ore:
“Peccato, avemmo potuto fare dei duetti.”
“Anche Malai suona, mi pare. Ma lui ci delizia già con le sue performance ogni mattina, dopotutto. Se l’hai finito puoi prestarmi il libro sulle piante acquatiche lacustri?”
“L’ho finito prima, tieni.”
Appoggiato momentaneamente l’archetto del violino, Bel prese il libro abbandonato sul basso tavolino sistemato accanto alla poltrona che aveva occupato fino a poco prima e lo lanciò all’amico, che lo prese al volo e ne osservò la copertina ruvida di un tenue verde prima di girarlo e leggere il retro. Lanciò una rapida occhiata all’ormai familiare nome dell’autore del volume, “R. Edgecombe”, ripromettendosi di iniziarlo una volta finiti i compiti.
“Ti va di fare uno spuntino? Mi sta venendo fame.”
“Va bene, ma ti ricordo che ancora non sappiamo cucinare, Lance.”
“Tranquillo, ho una scorta enorme di cioccolatini!”
Sorridendo allegro, Lance fece per alzarsi per andare nella loro stanza quando, all’improvviso, Marley fece irruzione nello chalet guardandosi attorno come alla ricerca di qualcosa. Scorgendo l’amica per primo, Lance sperò ardentemente che la ragazza non stesse cercando proprio loro, ma le sue speranze vennero gettate al vento quando Marley sorrise allegra e puntò energicamente verso di loro. Lance conosceva bene quello sguardo: prometteva guai per qualcuno nei paraggi.
“Proprio i miei polli preferiti cercavo! Mi servite per una cosa, e non accetterò un no come risposta!”
“Tanti saluti allo spuntino… ti pareva.”
Avrebbero mai avuto un momento di pace con lei e Blodwel come amiche? Dopo tanti anni, i due si erano arresi all’evidenza.

 
*
 

Håkon sedeva sul divano con la chitarra in braccio, strimpellando distrattamente mentre Margot, sedutagli accanto, faceva lo stesso col suo ukulele azzurro. La strega non aveva idea di come si suonasse un ukulele, ma come ribadiva sempre quando qualcuno glielo chiedeva, lo aveva comprato perché particolarmente carino.
“Com’è andata coi ragazzi?”
“Mh-mh. Bene, sono riuscita ad evitare che Malai combinasse un disastro dietro l’altro. Ieri sera a te com’è andata?”
“Bene, alcuni stavano per crollare, così li ho spediti a letto un po’ prima. Tranne Marlowe e Shou, ovviamente. Quei due sono adorabili.”
 
“Håkon ha ragione, io adoro quei ragazzi!”

Sorridendo entusiasta, Theobald raggiunse i due colleghi e sedette sulla poltrona più vicina al divano che i più giovani avevano occupato, sporgendosi verso di loro prima di abbozzare un sorriso cospiratorio:
“Marley è divertentissima, e Shou… beh, chiunque ami il gossip ha la mia stima, ovviamente.”
Margot smise di suonare per rivolgersi al più anziano, annuendo con un sorriso:
“È vero, Shou è una fonte inesauribile di pettegolezzi. Professore, le ha raccontato della relazione tra Emma Rowle e James Preston?”
“No, cosa devo sapere?”
Improvvisamente Theobald si fece serissimo e si sporse ancora di più verso Margot, che fece lo stesso finendo con l’intralciare Håkon, che però si limitò a sospirare rassegnato e non battè ciglio, continuando ad osservare dritto davanti a sé in attesa che i due finissero:
“Pare che lei lo abbia lasciato per uno del settimo anno!”
“Noo!”
“Sìì! E allora lui ha baciato la migliore amica di lei!”
“Ma che razza di amica!”
“Un’amica tremenda, evidentemente. Però non si può dire che Emma sia stata da meno.”

“Hai ragione mia cara. I ragazzi possono essere davvero terribili, a volte.”
Annuendo serio, Theobald si rimise dritto e si appoggiò contro lo schienale della poltrona rivestita in pelle prima di congiungere le dita delle mani. Per qualche istante sembrò totalmente assorto nei suoi pensieri, prima di rivolgersi nuovamente ai colleghi con un sorrisetto beffardo sul volto:
“A che volume siete arrivati con la collana di Rice? Pare ne debba uscire un altro.”
“Oh, sa professore, io non li ho più letti, mi sono resa conto che dev’essere davvero difficile per la povera Tallulah, e lei è così carina… Davvero non me la sento di continuare a riderne.”
All’ammissione di Margot Theobald annuì, comprensivo, e si voltò quindi verso Håkon, che però riprese a suonare limitandosi a stringersi nelle spalle:
“Io non leggo.”
“Vuoi dire che non ti piace leggere, caro?”
“No, solo libri sull’astronomia. Mia madre aveva una libreria, devo aver fatto indigestione di libri da piccolo.”
Ormai avvezzo alle reazioni che quella rivelazione scaturiva – sembrava che la maggior parte della gente trovasse inconcepibile che un insegnante non amasse la lettura – il danese parlò senza battere ciglio e con una lieve scrollata di spalle, ignorando lo sbuffo carico di disapprovazione di Margot appena prima di udire la voce di Beaumont dall’ingresso dello chalet:
“Un po’ come me con i dolci! Di che cosa parlate?”

Sorridendo allegro, Beau li raggiunse tenendo il guinzaglio di Nix arrotolato in mano, di ritorno dalla passeggiata. L’ex Corvonero raggiunse i colleghi e sedette accanto a Margot, sorridendole prima che Theobald, divertito, parlasse con tono innocente:

“Nulla caro, ci consultavamo sulla collana di romanzi scritta da Duncan Rice, il padre di Tallulah Rice.”
“Oh, vuole dire.. no, non li leggo.”
Improvvisamente imbarazzato, l’uomo distolse leggermente lo sguardo. Margot, sorridendo divertita, gli diede una gomitata definendolo l’uomo più adorabile mai esistito mentre Theobald, sorridendo angelico, si rigirava distrattamente i pollici:

“Via, non c’è nulla di male, anche se convengo che la ragazza abbia avuto una sorte infelice. A quest’età, poi…”
“Già, non dev’essere facile per lei. Ragion per cui non dovremmo più parlarne. Anche se ammetto che “Il Centauro imbizzarrito” era esilarante.”
“Il mio preferito è stato “Call me Dolores”(2), ma anche “Il Centauro Imbizzarrito II” è stato interessante.”
Ma che razza di titoli sono?!”
Sbigottito per l’assurdità di quei titoli, Håkon strabuzzò gli occhi scuri mentre Beau, invece – che avrebbe preferito scavarsi una profonda fossa piuttosto che riporre quel genere di letture nella sua ordinatissima libreria – restava rigorosamente in silenzio e Margot scoppiava a ridere stringendo il suo ukulele celeste:

“Håk bello, sono romanzetti erotici, cosa ti aspetti, la Divina Commedia?”
“Mai letta.”
“Oh Merlino…”
 
*

 
“Allora ragazzi, grazie per esservi offerti di darmi una mano, siete qui per un compito importante.”
Sorridendo, Marley si rivolse ai suoi tre migliori amici con gli occhi celesti luccicanti e l’inseparabile Leith appollaiato sulla sua spalla, ma mentre Blodwel abbozzò un sorrisetto di rimando mentre stringeva le braccia al petto, Bel aggrottò la fronte e si premurò di correggere l’amica con una punta d’irritazione nella voce:
“Ma noi non ci siamo offerti!”
“Già, stavamo per fare uno spuntino quando ci hai costretti a seguirti.”
Pensando ai deliziosi e costosissimi cioccolatini che aveva dovuto lasciare nello chalet – e sperando ardentemente che nessuno li facesse sparire – Lance guardò l’amica quasi con rassegnazione e accennando un debole sorriso mentre Marley, in piedi di fronte a loro, sbuffava e liquidava il discorso con un gesto della mano:
“Che noia, avrete tempo di mangiare più tardi! Bloody, vuoi esprimere anche tu qualche lamentela di sorta?”
“No, a dire il vero a me andava proprio di cazzeggiare un po’. Che si fa?”
“Per portare a termine il mio piano ho bisogno delle faccine adorabili e innocenti di questi due e del tuo aiuto, Bloody. Se mi date una mano vi prometto che quando saremo fuori da qui vi farò, ehm… un regalo bellissimo a vostra scelta!
“E con quali soldi?”
Blodwel non aveva scordato l’esperienza dell’anno prima, quando i regali che Marley aveva fatto loro per Natale erano misteriosamente spariti dopo due giorni come fossero Oro dei Lepricani. L’amica però non si fece scoraggiare dal loro scetticismo e sorrise allegra, aprendo una borsa di cuoio che teneva nello zaino e che si rivelò essere piena di galeoni.
“Mio padre prima di mandarmi qui mi ha dato una paghetta.”
PAGHETTA?! Ma quella somma sarà più della pensione di mia nonna!”
Blodwel guardò la quantità di moneti luccicanti con gli occhi nocciola fuori dalle orbite mentre Lance, invece, si grattava la testa perplesso e mormorava che a lui non sembrava poi così tanto.
Pur essendo loro amica da anni, a volte la gallese stentava ancora a credere che esistesse gente così schifosamente ricca. Per di più quasi inconsapevole di esserlo.
“Vada per il regalo, io voglio della lana nuova!”
“Lana? E a cosa ti serve?”
Bel si rivolse all’amica guardandola con sincero stupore, e Marley fece appello a tutto il suo autocontrollo per non ridere mentre Bloody, maledicendosi mentalmente per aver parlato senza riflettere, si affrettava a dissimulare schiarendosi la voce:
“Non ho detto lana, Bel, ho detto… collana.”
E da quando porti collane?!”
“Da oggi! Comunque basta parlare di me, Marley, dicci cosa dobbiamo fare, su.”

Decisa a distogliere da sé l’attenzione Blodwel si rivolse perentoria alla sua migliore amica, che per tutta risposta sfoderò un sorrisetto che tutti loro ormai conoscevano bene. Potevano solo essere grati di non essere l’oggetto designato del progetto di Marlowe.
 

 
*
 
 
Hiro era molto preoccupato per Eiko: la sua adorata Demiguise era una creatura molto attaccata a lui e molto sensibile in generale. Era stato difficilissimo insegnarle a non essere gelosa della sua amicizia con Priscilla, e il Corvonero si era reso conto che da quando Emyr aveva lasciato il campeggio due giorni prima a causa di un’emergenza familiare Eiko aveva cambiato atteggiamento: si era fatta improvvisamente triste e quieta, e aveva dovuto costringerla a mangiare per ben due volte.
Il ragazzo non la vedeva da prima di andare a lezione: quando aveva lasciato lo chalet Eiko era appollaiata vicino alla finestra, impegnata a guardare fuori, ma quando erano tornati per pranzare di lei non c’era traccia. Era uscito a fare una passeggiata per cercarla, ma non era riuscito a trovarla da nessuna parte.
“Ragazzi, Eiko per caso è qui?”
Dicendosi che forse era tornata in camera, Hiro aprì la porta della stanza sperando di trovarla lì. Appurò con sollievo di averla trovata quando la vide seduta sul letto ormai vuoto di Emyr, ma la scoperta passò in secondo piano quando Hiro focalizzò l’attenzione su ciò che la creatura stava osservando: seduti uno accanto all’altro al centro della stanza, Shou e Malai tenevano una rivista ciascuno in mano. Alle loro spalle, Lilian stava pettinando e facendo delle treccine al cugino mentre Priscilla metteva con cura una specie di schiuma bianca sui lunghi capelli ricci e appena lavati di Malai.
“Emh… ho preso una Passaporta per un salone di bellezza e non me ne sono accorto?”
“Ciao Hiro. Cavolfiore dice che questa cosa profumatissima renderà i miei ricci molto morbidi e ben definiti.”
Malai parlò senza distogliere lo sguardo dalla sua lettura e accennando a Priscilla, che sorrise e annuì mentre Shou asseriva che farsi fare le treccine dalla cugina lo rilassasse particolarmente:
“Certo Malai, con questa sarai ancora più carino! I capelli ricci sono difficili da gestire.”
La Corvonero parlò dolcemente e sorridendo al ragazzo con affetto, mentre Lilian, sbuffando, disfava una treccina rimproverando il cugino:
“Shou, non muoverti o farò le treccine storte!”
Superato lo shock iniziale, Hiro scosse la testa e superò il gruppetto per raggiungere il suo letto a castello e allungare le braccia verso Eiko, che come sempre gli si attaccò sulle spalle accarezzandogli affettuosamente i capelli:
“Eccoti qui, ti ho cercata dappertutto! Vieni, lasciamo i modelli ai loro trattamenti e andiamo a prendere un po’ d’aria.”
Pur continuando ad osservare i quattro con i grandi occhi ambrati carichi di curiosità, Eiko non oppose resistenza e si lasciò trasportare fuori dalla stanza: evidentemente, anche lei si stava chiedendo in che razza di posto fosse finito l’amato padroncino.
 

 
*
 
 
“Perfetto, Priscilla e Lilian sono dai ragazzi, Tallulah è fuori col suo cagnolino e Amelie sta studiando in salotto. Dobbiamo andare adesso. Voi due, fate in modo che nessuno salga al primo piano finchè non avremo finito!”
Lance avrebbe voluto chiedere come pensava che sarebbero riusciti in quell’intento, ma Marley non gliene diede il tempo spingendo lui e Bel verso il centro del salone prima di sgattaiolare verso le scale insieme a Blodwel.
“Emh… ciao Celia!”
Individuata sua sorella, Bel si stampò il suo miglior sorriso sulle labbra e si affrettò a raggiungerla, sedendo accanto a lei sul divano mentre Celia chiudeva il libro di botanica che stava leggendo.
“Ciao fratellino. Che cosa ci fate qui?”
La giovane strega spostò i penetranti occhi cerulei dal gemello a Lance, che si sforzò di apparire il più innocente possibile – Blodwel e Marley non facevano che ribadire come lui e Bel, che non sapevano mentire o dissimulare disagio molto bene, fossero il disonore del gruppo – prima che Amelie, seduta sul tappeto davanti al basso tavolino da caffè, gli lanciasse una breve occhiata scettica sospirando:
“Merlino… Che cosa sta combinando Marley questa volta?”
“Nulla, perché pensi che ci sia qualcosa sotto? Sono solo venuto a salutare la mia adorata sorella gemella. Mi fai vedere cosa leggi?”
Celia e Amelie si scambiarono un’occhiata poco convinta, ma la Serpeverde mostrò comunque il libro al gemello senza fare obiezioni: di sicuro avrebbero scoperto quale sorpresa Marley avrebbe riservato loro di lì a breve.
 
 
“Marley, che cosa stai facendo con quella?”
In piedi davanti alla porta per controllare che non arrivasse nessuno, Blodwel guardò perplessa Marley aprire lo zaino per prendere una bottiglietta di vetro piena di liquido rosso e poi Appellare una grossa trousse nera.
“È tabasco. Porca Tosca, nessun essere umano può davvero riuscire a mettere tutti questi lucidalabbra!”
Dopo essersi seduta sul letto, Marley aveva aperto la trousse e aveva iniziato a frugarci dentro senza riuscire a nascondere lo stupore: era sicura che non avrebbe posseduto tanti trucchi nemmeno in tutta la sua vita.
“Detesto quella roba, se c’è vento ti si appiccicano tutti i capelli alla bocca, che schifo. Non dirmi che vuoi mettere il tabasco…”
Marley non rispose, ma in compenso riservò un sorriso molto eloquente all’amica prima di iniziare a svitare la parte superiore di un lucidalabbra dietro l’altro. Mentre la guardava versare alcune gocce di salsa piccante in ogni boccetta, Blodwel giunse alla conclusione che la sua amica fosse un genio.
“Prendi il thermos nero dal mio zaino, così faremo prima.”
“Perché, hai intenzione di servirle tè con biscotti?”
“No, scema, è tè corretto con Pozione Balbettante, lo metteremo nel suo thermos. Così impara a è prendere in giro Bel perché balbetta quando è a disagio. Ai test di domani ci divertiremo parecchio.”
Pensando al dolce Bel e alla balbuzie che il ragazzo detestava e faticava a controllare nei momenti di grande disagio o imbarazzo, Blodwel non se lo fece ripetere due volte e si affrettò ad aiutare l’amica: Marley aveva ragione, Jessica Everett aveva bisogno di una lezione.

 
*
 

“Vieni Pika!”
Mentre il piccolo carlino recuperava la pallina che la padrona gli aveva lanciato per giocare, Tallulah si inginocchiò per chiamarlo. Quando Pikachu si voltò verso di lei la giovane strega sorrise e gli fece cenno di avvicinarsi, guardandolo correre scodinzolando verso di lei con occhi carichi d’affetto.
“Bravo piccolo.”
La mano pallida di Tallulah prese delicatamente la palla rossa dai denti di Pikachu, che la guardò rialzarsi sulla sabbia umida in attesa di un altro lancio con la piccola lingua di fuori. Il cane venne accontentato e subito dopo la pallina disegnò un altro arco in aria, atterrando sulla riva del lago diversi metri più in là prima che Pikachu, abbaiando, corresse a prenderla sotto lo sguardo vigile della padrona.
 
“Tu non partecipi ai trattamenti di bellezza, Tallulah?”
Benchè non le servisse per riconoscere la voce che aveva parlato, Tallulah si voltò comunque in direzione di Hiro – che teneva Eiko stretta sulle spalle e le mani nelle tasche della felpa – e abbozzò un sorriso per ricambiare quello del compagno:
“Intendi Shou e Malai che si fanno fare i capelli dalle ragazze? No, i miei capelli non hanno bisogno di ulteriori attenzioni.”
A dimostranza della veridicità delle sue parole la ragazza accennò alla sua corta chioma bionda e Hiro, sfiorandosi distrattamente di riflesso i suoi lisci capelli neri, annuì con un sorriso:
“Non sono un esperto, ma suppongo che sia così. Pensi che dovrei chiedere a Prisci di dare una ravvivata ai miei?”
“No, credo che vadano bene così, ma Lily può sempre farti le trecce come a Shou.”
Nell’immaginare il compagno pieno di treccine un sorrisetto divertito si fece largo sul viso della strega mentre Pikachu tornava di corsa verso di lei con la pallina stretta tra i denti, e Hiro la imitò mentre si chinava per permettere ad Eiko di scendergli dalle spalle:
“Non credo siano il mio genere. E non dirglielo, ma credo che avrei un po’ di timore a mettermi nelle mani di Lilian.”
“Fidati, abbaia, ma non morde. Bravissimo Pika, era molto lontana questa volta!”
La strega distolse brevemente l’attenzione dal compagno per rivolgersi al cagnolino che intanto aveva appoggiato la pallina ai suoi piedi, riempiendolo di carezze per premiarlo prima che il carlino spingesse con il naso la palla verso di lei. Sorridendo paziente, Tallulah la prese dalla sabbia e la lanciò di nuovo, guardando soddisfatta Pikachu inseguirla prima di tornare a rivolgersi ad Hiro:
“Devo ancora capire bene che cosa ci fai tu qui. Non sei lo studente più esemplare che abbia mai attraversato i corridoi di Hogwarts dai tempi di Hermione Granger?”
“Hermione Granger infrangeva sempre le regole per andar dietro a Harry Potter, pare. Io non l’ho mai fatto.”
Mentre Eiko si avvicinava curiosa alla ragazza, girandole intorno e osservandola, alla precisazione del ragazzo Tallulah alzò gli occhi chiari al cielo e annuì, chiedendogli allora che cosa lo avesse portato laggiù:
“A meno che tu non volessi farti una vacanza prolungata lontano dal Giappone, ma ne dubito. Ha a che fare con la pozione di cui tu e Prisci parlavate l’altro giorno?”
“Già… il mio tentativo non è andato a buon fine, avrai sentito dei Sotterranei inagibili, immagino.”
Un debole sorriso si fece largo sul volto di Hiro – ormai arreso a restare negli annali del castello per la sua impresa – mentre la ragazza, invece, si ritrovava a sgranare gli occhi celesti con stupore:
“Sei stato TU a far saltare in aria l’aula di Pozioni? Il Piccolo genio di Lumacorno?”
Ripetendosi che non sarebbe stato per nulla educato, Tallulah riuscì a non scoppiare a ridere mentre Hiro, invece, si avvicinava all’acqua stringendosi nelle spalle e osservando distrattamente le basse cime che si estendevano davanti ai loro occhi, oltre il lago:
“Già. Pozione Dimagrante. Tentativo fallito.”
“Beh, se ti può consolare io stavo cercando di mettere a punto un incantesimo per dimagrire.”
A quelle parole Tallulah riebbe completamente l’attenzione di Hiro, che si voltò di nuovo verso di lei e le riservò un’occhiata carica di curiosità:
“E ti è riuscito?”
“Purtroppo no, sono stata… interrotta da cause di forza maggiore. È per questo che sono qui.” Le labbra della strega si piegarono sfoggiando una smorfia risentita che incuriosì non poco Hiro, ma che non riuscì a chiederle di spiegarsi a causa di Pikachu, che tornò di corsa verso la padrona per restituirle la palla.
“Cioè per… un incantesimo per dimagrire?”
Il ragazzo la guardò confuso, senza capire come potesse l’incantesimo averle garantito la sua permanenza lì, ma Tallulah si limitò ad annuire cupa senza dilungarsi in ulteriori spiegazioni, allontanandosi dalla riva mentre ripensava all’assurdo malinteso che le aveva rovinato l’estate.
“Triste storia la mia, altro che la tua pozione fallita!”
“In realtà Malai se l’è presa più di me, stava già pensando di produrla in serie e venderla…”
“Non avevo dubbi, quel ragazzo ha la fissa per i guadagni, non sorprende che sia finito qui. Vieni Pika, andiamo dai ragazzi. Non aver paura di Eiko.”
Il carlino non se lo fece ripetere due volte e si affrettò a seguire la padrona sottraendosi allo sguardo curioso di Eiko, che gli si era avvicinata per toccargli il corto pelo beige e che sembrò contrariata quando il cane si allontanò, osservandolo accigliata prima che Hiro, sorridendo, le si avvicinasse porgendole la mano:
“Vieni.”
Il Demiguise accettò la mano del padrone, stringendola dolcemente nella sua e seguendo insieme a lui Tallulah, che preso Pikachu in braccio si stava avviando verso lo chalet dei ragazzi: voleva proprio vedere quei squinternati dei suoi amici alle prese con la cura dei capelli.

 
*

 
Dopo essersi chiuso la spessa porta di legno alle spalle, Phil si stiracchiò distendendo le braccia verso l’alto: dopo essersi rilassato per bene al secondo piano dello chalet, aveva deciso di farsi una rapida doccia prima di cena. Raggiunta la sua stanza, il mago fece per prendere il suo accappatoio blu notte quando i suoi occhi chiari indugiarono sulla cassettiera posta sotto ad una delle due finestre che facevano entrare una tiepida luce nella stanza.
Dopo una breve esitazione, Phil si avvicinò al mobile e, lentamente, aprì l’ultimo cassetto. Un lieve sorriso gli incurvò le labbra, ed ebbe appena il tempo di allungare le mani verso quella scatola rettangolare quando, all’improvviso, la quiete si spezzò: in un attimo le ante dell’armadio alle sue spalle si spalancarono, e prima che l’uomo potesse voltarsi una voce molto nota giunse alle sue orecchie:
“AH! IO LO SAPEVO!”
Nel voltarsi, Phil per lo spavento quasi fece volare la scatola che teneva in mano e il movimento fece uscire una gran quantità di cereali dalla confezione, riempiendo la stanza con una pioggia di anellini al miele.
Ripresosi dallo spavento, il mago puntò incredulo gli occhi verdi sulla strega che aveva di fronte prima di mutare espressione: nell’osservare Margot sorridere trionfa – e stringere tra le mani l’impugnatura di una sorta di bacchetta extra large luminosa –, la sorpresa lasciò ben presto lo spazio ad una tiepida ira che si manifestò con rapide pulsazioni sulla tempia sinistra:
“Tu…. Che cazzo ci fai in camera mia?! E che roba è quella?”
Phil indicò furioso l’oggetto bizzarro impugnato da Margot, che per tutta risposta se lo appoggiò con nonchalance su una spalla prima di rispondere con tono vago, come se la situazione fosse del tutto normale:
La mia spada laser.
“E a cosa cazzo serve?!”
“Beh, era buio nell’armadio, e avevo lasciato la bacchetta di sotto, non avevo voglia di farmi le scale… Ma non cercare di svicolare, MacMillan. Come sospettavo, hai rubato tu i cereali!”
Margot puntò accusatoria la spada contro Phil, che in risposta agitò la scatola ormai praticamente vuota contro di lei con altrettanta veemenza non avendo altro a portata di mano:
“E TU li hai fatti finire sul pavimento, genio del crimine!”
“IO? Sei TU che hai strillato come la donnetta di Psyco e li hai fatti cadere! Ladro, ingordo e persino fifone!”
“Non li avrei fatti cadere se tu non mi avessi spaventato nascondendoti nel mio armadio!”
 
“Ragazzi, che cosa succede?”
Incuriosito da quel trambusto – e incaricato segretamente dalla Preside di controllare che i colleghi non si scannassero durante il mese di campeggio – Beaumont si affacciò cautamente sulla porta della stanza portando Phil e Margot a voltarsi simultaneamente verso di lui: rimasti immobili, Beaumont guardò prima la spada laser che emanava una luce rossastra impugnata da Margot, poi la scatola di cereali in mano a Phil e, infine, il pavimento attorno a loro coperto dai cereali che la collega cercava da tutto il giorno.
Intuendo che cosa fosse successo l’ex Corvonero esitò, dubbioso sul da farsi. Alla fine, essendo un uomo di grande intelletto, decise di prendere la più saggia delle decisioni per preservare la propria incolumità:
Beh, io torno più tardi.”

Con quelle esatte parole Beau fece dietro-front e infine si affrettò a raggiungere le scale per scendere al pian terreno, deciso a non finire in mezzo ad un potenziale duello tra i due. Certo così facendo stava venendo bene all’incarico assegnatogli dalla Preside, ma di sicuro non poteva permettersi di far restare la sua Nix senza padrone.
Nell’allontanarsi udì uno stralcio dello scambio di battute tra i due colleghi, cogliendo solo l’insulto che Phil riservò alla spada laser di Margot e la minaccia di lei, che gli giurò che se avesse insultato di nuovo qualcosa relativo a Star Wars lo avrebbe trasfigurato in un ananas. Mentre sedeva sul divano, al sicuro, Beau non poté far altro che chiedersi che cosa fosse Star Wars, e soprattutto che cosa fosse quella specie di bacchetta extra large luminosa che aveva visto in mano a Margot.

 
*

 
“Qualcuno ha visto il mio libro sugli Impressionisti? Non lo trovo più!”

Mentre Priscilla, preoccupata per il libro disperso, frugava tra le sue cose Amelie sentì distintamente il volto andarle a fuoco. La ragazza strinse la presa sul libro di Difesa contro le Arti Oscure che aveva davanti agli occhi, sperando che il volume la coprisse abbastanza mentre Jessica, seduta sul letto sopra al suo, negava:
“Se parli di quel libro con delle ninfee sulla copertina no, Cavolfiore, non l’ho visto.”
“Sei sempre gradevole come un test a sorpresa di MacMillan, Everett. Malai può chiamarla così, non tu.”
Lilian scoccò un’occhiata più che velenosa alla compagna di Casa, che ricambiò prima di tornare a leggere mentre Priscilla scuoteva la testa e sfiorava il gomito dell’amica, mormorandole di lasciar perdere. Alla Grifondoro non restò che aiutare l’amica a cercare il libro mentre Solomon e Stirling sonnecchiavano sul letto che avevano occupato fin dal primo giorno e Tallulah sfogliava pigramente un manga dal letto sopra a quello di Lilian.
Blodwel, che aveva già indossato il suo pigiama coperto di pulcini, intercettò lo sguardo di Marley prima di scambiarsi un sorrisetto: l’indomani, quando si sarebbe truccata prima di uscire, Jessica avrebbe avuto una gran bella sorpresa.
 
 
 
 
 
 
(1): Penso che qualcuna tra voi conosca questo Auror
(2): Il merito dei meravigliosi titoli dei romanzi scritti dal padre di Tallulah sono tutti frutto del genio della sua autrice. Grazie Anna per questo dono <3
 
 
 
…………………………………………………………………………………………………..
Angolo Autrice:
Negli ultimi mesi vi ho sorprese – e ho sorpreso anche me stessa – con clamorosi effetti speciali aggiornando ad orari decenti ma, ehi, eccomi tornata ai vecchi tempi con i miei aggiornamenti a ridosso della mezzanotte. (Nota per la mia cara Bri: è colpa dei tuoi bellissimi aggiornamenti!)
Di nuovo mi scuso con tutte voi per il ritardo, ma non sto qui a ripetermi per l’ennesima volta e i miei disagi fisici e mentali non interessano a nessuno, e vi risparmio la noia. Voglio solo assicurare a voi che mi seguite su Instagram che no, non ho scordato i collage e pian piano arriveranno tutti, oggi ho solo dato – per ovvi motivi – la precedenza alla conclusione del capitolo.
Grazie come sempre per le recensioni e per le belle parole che spendete puntualmente ogni volta, vi auguro una buonanotte e un buon inizio settimana <3
Signorina Granger

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 6 - Giornata in spiaggia ***


Capitolo 6 – Giornata in spiaggia


 
Era stata una giornata lunga, il primo sabato da quando il Camp aveva avuto inizio. I ragazzi erano stati impegnati nelle loro prime prove di valutazione per buona parte della giornata e lui e i suoi colleghi si erano divisi tra gli studenti del V e del VI anno per poter controllare che tutti facessero il loro lavoro.
La prima settimana giungeva al termine e Theobald, dopo essersi rilassato con una buona tazza di tè nero alla cannella, era pronto per coricarsi. Data la buonanotte a Sunday e infilato il suo pigiama a righe bianche e azzurre, il mago si sistemò sotto le coperte del grande letto di legno posto davanti ad un’ampia finestra che permetteva ad una fioca luce di illuminare la stanza. Spenta l’abat-jour, Theobald prese la foto della sua sorridente e bella Eugenie dal comodino e ci depositò sopra un bacio, un rito che lo accompagnava da quando era rimasto vedovo diversi anni prima.
Rimessa la cornice a posto con tutta la delicatezza di cui era capace, il mago infilò la papalina e si disse pronto per dormire.
Si sistemò comodamente sul materasso e chiuse gli occhi, addormentandosi in pochi minuti. Tuttavia, gli sembrò di aver appena chiuso occhio quando una serie di acuti rumore dalla dubbia origine lo costrinse a riaprire gli occhi:
“Cosa sarà successo?”
Incapace di dire che ora fosse, Theobald riaccese la luce e guardò la foto di Eugenie come in cerca di un consiglio, guardando la moglie accennare alla porta con un movimento eloquente della testa. Consapevole di dover andare a vedere in quanto responsabile di un considerevole gruppo di adolescenti – molti dei quali ancora minorenni – Theobald scostò le coperte e si alzò con un sospiro proprio mentre udiva altre porte spalancarsi lungo il corridoio e un abbaiare di cani in lontananza.
“E va bene… sei sempre tu la più saggia, tesoro mio.”
 
 
“Che succede? Mi ero appena messa a dormire dopo aver finito L’Impero colpisce ancora e ho sentito un gran baccano.”
Aperta la porta della sua stanza, Margot si guardò attorno con lieve preoccupazione mentre anche i colleghi la raggiungevano sul ballatoio. Phil, che indossava il suo pigiama nero coperto da ananas, le rivolse un’occhiata in tralice:
“Strano, avrei giurato che la responsabile fossi tu.”
“Proveniva chiaramente da fuori. Probabilmente dagli chalet dei ragazzi, dobbiamo andare a vedere.”
Beau parlò allacciandosi la vestaglia con nonchalance mentre Håkon, sospirando cupo nel suo pigiama total black, borbottava che sarebbe stato meglio dividersi.
“Bene, io e Phil andiamo dai ragazzi, tu e Margi controllate le ragazze. Professore, è sicuro che non sia frutto di qualche suo scherzo?”
Mentre Nix – poco felice di essere stata svegliata da tutta quella confusione ma per nulla intenzionata a restare sola – usciva dalla stanza del padrone per seguire lui e Phil sulle scale, Theobald rispose alla velata accusa del collega mostrando tutta l’innocenza e lo stupore di cui era capace:
“Ma come vi viene in mente una simile idea? Io resterò qui a controllare… beh, che nessun malcapitato venga a cercare di ammazzarci.”


Margi, nel suo pigiama rosa coperto da ciambelle colorate e la scritta “Donut Disturb” che poco prima aveva fatto rabbrividire di orrore Phil, strabuzzò gli occhi blu mentre prendeva Håkon sottobraccio, pregando il collega più anziano di non scherzare.
“Via Margi, chi vuoi che abbia superato gli incantesimi di protezione?”
“Non ne ho idea, ma non scordare che gli chalet sono sempre le destinazioni preferite dei serial killer!”

 
*

 
Lilian stava facendo un sogno meraviglioso. Si era diplomata in anticipo col massimo dei voti, il Professor MacMillan la proclamava sua allieva migliore e poteva finalmente realizzare il suo sogno iniziando gli studi specialistici per diventare Spezzaincantesimi.
Addormentata nel letto sopra al suo, Tallulah faceva invece un sonno agitato, continuando a muoversi e a biasciare dei “no” imploranti e sommessi.
Mentre Blodwel sognava di tornare alla fattoria di nonna Dorothea e dai loro animali e Marley di riabbracciare i suoi amatissimi cavalli Titus, Ike e Ortensia e Amelie di fare shopping da Harrods, anche Priscilla si agitava sul materasso: contrariamente alla sua migliore amica stava facendo un sogno terribile, dove qualcuno la svegliava dal sonno cercando di introdursi in camera sua per portarle via Solomon e Stirling.
Quando uno strano boato le svegliò, Lilian aprì gli occhi scuri con disappunto. Non amava essere svegliata da cause esterne, soprattutto quando stava facendo un sogno così piacevole.
“Che sta succedendo adesso?!”
Mentre la giovane Grifondoro, furiosa, scostava le coperte e si alzava mostrando un pigiama con la scritta “Fuck off, I’m sleeping” Priscilla si metteva a sedere di scatto, gli occhi verdi spalancati, guardandosi freneticamente attorno alla ricerca dei suoi cani.
Vedendoli a pochi metri da lei la ragazza si rilassò, sorridendo sollevata mentre Pikachu, svegliato dal rumore, si alzava sulla sua cuccetta iniziando ad abbaiare. I due levrieri irlandesi lo imitarono, saltando dal letto e prendendo ad abbaiare mentre Tallulah, svegliata dal suo stesso cane, spalancava gli occhi chiari deglutendo a fatica. Quando realizzò di aver solo sognato suo padre che la informava allegro di aver pronta un’altra collana di 10 romanzi da pubblicare la Corvonero sospirò di sollievo, sorridendo prima di rendersi conto del caos in cui era stata gettata la stanza.
Blodwel, strofinandosi gli occhi, si alzò chiedendo che ore fossero mentre Marley, sedutasi sul letto con le gambe penzoloni nel vuoto, osservava confusa fuori dalla finestra.
“Scommetto che c’entrano quei cretini dei ragazzi, ci metto la mano sul fuoco. Qualcuno deve andare a vedere di sotto.”
Lilian si era avvicinata alla porta e l’aveva aperta di qualche centimetro, sbirciando fuori dalla stanza mentre Tallulah scendeva dal letto per rassicurare Pikachu e Priscilla abbracciava Solomon e Stirling per calmarli:
“Di sotto? Al buio? Dopo quel rumore?”
Priscilla parlò spalancando preoccupata gli occhi chiari e Lilian annuì, incrociando le braccia al petto mentre Blodwel accendeva la luce della stanza:
“Qualcuno deve andare. Peccato non avere Malai qui, avremmo potuto sacrificare lui… Allora, chi si offre?”
“Propongo di tirare a sorte.”   Alzatasi dal letto e aperto il suo baule con il suo pigiama pieno di unicorni addosso e i capelli arruffati dal sonno, Amelie frugò in cerca di una manciata di matite più o meno nuove e consumate.
“Chi prende la più corta va a vedere.”
“Va bene…”  Blodwel parlò con una smorfia – pregando che la sfiga la risparmiasse – mentre Lilian proponeva causalmente di mandare Jessica e le ragazze si disponevano attorno ad Amelie, che allungò la mano che stringeva le matite verso Marley.
La Tassorosso esultò quando prese una matita nuovissima e ancora perfetta, guardando la Corvonero fare il giro delle altre compagne di stanza finchè non rimase solo Tallulah.
“La più corta deve ancora uscire, quindi andrà una delle due.”  La castana allungò la mano verso la bionda, che esitò prima di prendere una delle due ultime matite rimaste. Quando si ritrovò a stringere una matita rovinata e quasi del tutto consumata, Tallulah sospirò mentre la compagna di Casa sorrideva sollevata:
“Ti pareva… lo dico sempre che sono perseguitata dalla sfiga, porca soia.”
Dopo aver ricevuto una pacca consolatoria sulla spalla da parte di Lilian, Tallulah fece per avvicinarsi alla porta con rassegnazione quando Priscilla, osservando l’amica, mosse timidamente un passo verso di lei:
“Vengo anche io, non è giusto che tu vada da sola.”
Stupendo se stessa in primis per quell’improvviso slancio di coraggio Priscilla accolse il sorriso dell’amica, che sembrò sollevata di avere compagnia e accennò ai grossi cani della ragazza, che le si erano attaccati ai fianchi cercando le sue mani per delle carezze:
“Credo che vogliano venire con te… un cane enorme potrebbe esserci utile.”
“E se gli capita qualcosa?”
La mano di Priscilla andò senza volerlo a cercare la testa di Solomon, accarezzandola con apprensione mentre Tallulah aggrottava le sopracciglia:
“E se capita qualcosa a noi?!”
“Meglio io che loro! Andiamo da sole.”
Parlando con una decisione che era raro associare a lei, Priscilla prese l’amica sottobraccio e la condusse verso la porta sotto lo sguardo accigliato di Lilian: se era tutto frutto di uno scherzo, e aveva un’idea precisa a riguardo, avrebbe scuoiato vivo qualcuno.
Blodwel e Amelie, invece, rivolsero due occhiate in tralice in direzione di Marley, che stava accarezzando dolcemente il suo Asticello Leith. Resasi conto dei loro sguardi su di sé, la Tassorosso le guardò sorpresa prima di intuire quali pensieri si celassero dietro quelle occhiate, spalancare le labbra con indignazione:
“Non crederete che sia opera mia!”
“Non si può mai sapere quando ci sei tu nei paraggi.”
Rammentando gli scarsi tentativi di nascondere l’operato di Marley di Lance e Bel, Amelie guardò la compagna con una punta di rassegnazione negli occhi nocciola. A quelle parole l’espressione della Tassorosso mutò, passando da profondamente indignata a sfoggiare un sorrisetto soddisfatto:
“Beh, avete ragione… la mia fama mi precede, dopotutto.”
Per nulla offesa, Marley sorrise ignorando l’occhiata omicida che Jessica Everett le lanciò prima di arrampicarsi di nuovo sul suo letto: le sue labbra quella mattina erano andate a fuoco per colpa del lucidalabbra “corretto” con il tabasco. Per  non parlare della figuraccia fatta quando aveva balbettato senza riuscire a pronunciare correttamente mezzo incantesimo.
“Per colpa tua mi sono presa Troll in Trasfigurazione, Archer-Lloyd!”
“Colpa mia? La Campbell non dà mai Troll a nessuno, evidentemente te lo sei cercato, Jessica.”

 
*

 
“Ma si può sapere come cazzo hai fatto? Dovevamo SOLO riempire tutte le scale e il pavimento del salotto con bicchieri pieni d’acqua per fare uno scherzo alle ragazze, non fare esplodere la cucina!”
“Non è esplosa la cucina, è esploso soltanto il rubinetto con tubatura annessa, quanto la fai lunga!”
“Forse non avremmo dovuto incantare la tubatura per aumentare la portata dell’acqua…”
Mentre il pavimento iniziava a riempirsi d’acqua, Shou fece cenno a Malai di stare zitto e spense la bacchetta con un “Nox” sussurrato: una porta, sopra di loro, si era aperta.
 
“Miss X, ho sentito delle voci!
Spaventata, Priscilla si ancorò al braccio di Tallulah mentre la compagna, avvolta in un pigiama rosa di Sailor Moon, procedeva a tentoni e con la punta delle bacchetta accesa.
 
Riccioli d’Oro, ho sentito delle voci!”
“Filiamocela prima che La Cinese ci metta le mani addosso!”

 
*

 
Margot e Håkon stavano attraversando il pendio erboso, diretti verso lo chalet occupato dalle ragazze. Håkon ebbe appena il tempo di indicare le luci accese del primo piano – segno che le studentesse erano sveglie – quando Margot si aggrappò al suo braccio indicando qualcosa: dal retro dello chalet la strega scorse un movimento, e nonostante il buio che aveva inghiottito il campeggio le sembrò di vedere qualcuno correre in mezzo all’erba alta che circondava la parte dello chalet che dava verso la terraferma.
“Håk, qualcuno sta scappando! E SE FOSSE IL SERIAL KILLER?!”
“Tu la devi smettere di guardare Hitchcock, quante volte te lo devo dire?!”
Håkon alzò gli occhi al cielo mentre la collega, insistendo di essere assolutamente sicura di aver visto qualcuno fuggire, lo trascinava verso il retro dell’edificio. Fu con estremo disappunto – e una punta di orrore, ma l’uomo non lo diede a vedere – che i due maghi trovarono la porta socchiusa.
“Te lo dicevo che ho visto qualcuno uscire da qui e fuggire! Dobbiamo controllare che le ragazze stiano bene. Beh, prima tu.”
La strega accennò alla porta ricevendo un’occhiata di traverso da parte dell’amico, che le domandò perché toccasse proprio a lui mentre un discreto vociare giungeva alle loro orecchie dall’interno dell’edificio.
“Perché sei un Grifondoro e io un’umile Tassorosso, siete voi gli impavidi, no?”
L’astronomo alzò gli occhi scuri al cielo, ma non potendo contraddirla si decise ad aprire la porta e ad affacciarsi all’interno dello chalet. Più precisamente, i due si ritrovarono nella cucina avvolta nell’oscurità e nel caos più totale: il pavimento di legno era coperto da un consistente strato d’acqua a causa della tubatura esplosa, e c’erano pentole e utensili ovunque, come se qualcuno uscendo di corsa li avesse fatti cadere accidentalmente.
Ma che cazzo è successo qui?!”
 
A qualche metro di distanza, mentre fuori iniziava a tempestare un temporale, appostate davanti alla porta chiusa della cucina Tallulah e Priscilla udirono la voce di Margot senza riuscire a riconoscerla o a distinguere le sue parole a causa di un fragoroso tuono. Avuta la conferma che c’era effettivamente qualcuno, Priscilla spalancò gli occhi verdi spaventata e strattonò la manica del pigiama rosa dell’amica:
“Tall, hai sentito? C’è qualcuno lì dentro!”
“Certo che ho sentito e io non ci voglio entrare. Sono troppo giovane per morire!”
Decisa a sopravvivere almeno fino al Diploma, Tallulah stava ragionando su come fare – potevano sempre usare Jessica come esca – quando prima di dar loro il tempo di fare alcunché la porta davanti alla quale si erano stazionate venne spalancata con decisione. Nell’oscurità, le due scorsero solo la figura alta ed imponente di un uomo stagliarsi sulla soglia proprio mentre un secondo tuono scuoteva lo chalet.
L’urlo di Tallulah squarciò l’aria, seguito di conseguenza da quello di Priscilla e infine da quello di Margot prima che Håkon, imprecando in danese in un sibilo, accendesse la luce premendo l’interruttore accanto alla porta.
 
 
Seduto sul divano in vestaglia, papalina da notte in testa e piedi appoggiati sull’ottomana imbottita, Theobald si portò la tazza di thè alle labbra. Dei fulmini illuminarono il salotto, e all’uomo parve come di sentire delle urla in lontananza. Accigliato e con la tazza davanti al viso, Theobald si voltò verso una delle ampie finestre che circondavano il salone mentre Sunday tremava inquieta accanto a lui.
La mano del mago andò istintivamente ad accarezzare la gallina per tranquillizzarla mentre si domandava che cosa stesse succedendo. Dopo una breve esitazione, tuttavia, riprese a sorseggiare la sua amata bevanda calda dicendosi che di sicuro ci avrebbero pensato i suoi impavidi colleghi, molto più giovani e competenti di lui.
“Non guardarmi così Sunday cara, giuro che questa volta io non c’entro! Qualche mio degno allievo si sarà fatto venire in mente qualche idea.”
 
Udendo le urla al pian terreno tutte le porte delle camere da letto del primo piano erano state spalancate. Mentre Amelie, raggomitolata sul suo letto, stringeva a sé spaventata la sua piccola gufa Athena, Blodwel faceva avanti e indietro per la stanza stringendo nervosamente la gabbia di Malakai e Marley cercava invano di calmare Leith, Pikachu si nascose spaventato dal temporale sotto il letto di Lilian.
La Grifondoro, udite le voci delle sue amiche, non ci pensò due volte ad aprire la porta e a correre fuori dalla stanza in pantofole e con Solomon e Stirling al seguito, allarmati dalle urla della loro padrona.
La studentessa stava facendo mente locale di tutte le fatture imparate negli ultimi sei anni di scuola quando, bacchetta alla mano, giunse trafelata sulla soglia della cucina. Qui scorse le sue amiche, il Professor Jørgen e la Professoressa Campbell, tutti in pigiama e, nel caso dell’uomo, visibilmente esasperati.
“Ragazze, che cosa è successo? Perché ci sono i prof?!”
“Siamo stati allarmati da una sorta di strana esplosione e siamo venuti a vedere, il resto con urla annesse preferisco lasciarlo perdere. Che cosa avete combinato in cucina, è un disastro!”
“Nulla, perché?”
Tallulah si sporse per sbirciare l’interno della stanza, spalancando gli occhi chiari quando scorse lo stato in cui riversava il pavimento:
Porca soia, ma allora erano le tubature!”
“Sì, ma IO so per certo di aver visto qualcuno uscire, mentre veniamo qui. Voi avete sentito qualcosa?”
Priscilla annuì, assicurando all’insegnante di aver udito qualcuno parlare mentre lei e Tallulah scendevano le scale. La ragazza si chinò leggermente per dare attenzioni ai suoi due cani, che le stavano girando attorno guaendo e impauriti dal temporale.
“Quindi qualcuno è venuto qui e ha, emh… fatto esplodere le tubature? Che senso ha?!”
Margot aggrottò le sopracciglia, confusa, mentre udendo quelle parole l’espressione di Lilian passava molto rapidamente da preoccupata a furiosa.
Johansson….”


 
*

 
Usciti in fretta e furia dallo chalet, Shou e Malai avevano schivato gli insegnanti per miracolo. Mentre Malai si massaggiava imprecando la testa dolorante a causa bernoccolo che si era procurato sbattendo sulla porta troppo bassa per lui, lui e Shou erano corsi verso il loro alloggio.
Viste le luci accese, i due si erano acquattati sulle piante che costeggiavano l’edificio e avevano sbirciato al suo interno: gli occhi scuri di Shou si erano riempiti di orrore allo stato puro quando aveva visto MacMillan e Hawkes nel salone, impegnati a parlare coi loro compagni, tutti in pigiama e visibilmente confusi.
Merda, ci sono i prof! Se ci beccano fuori e vedono ciò che abbiamo combinato MacMillan prima ci spedisce a casa a calci e poi ci fa ripetere l’anno! Sta giù!”
Preso l’amico per le spalle, Shou lo spinse al suolo mentre il Tassorosso si lagnava della sua altezza e del suo bernoccolo. Il Serpeverde lo ignorò, sollevandosi quel poco che bastava per controllare la situazione: i loro compagni avevano occupato tutta la stanza, seduti su ogni superficie disponibile mentre i due insegnanti sembravano impegnati a parlare con Hiro.
 
“Hai una vaga idea di dove siano quei due?”
Seduti sul divano uno accanto all’altro ed entrambi in pigiama, Bel si rivolse a Lance con un mormorio per evitare che i professori li sentissero. L’amico – arruffato e avvolto nel suo pigiama coperto da orsetti – scosse la testa in cenno di diniego e lanciando un’occhiata carica di curiosità ad Hiro, mormorando che di certo il Corvonero ne sapeva più di loro.
“È probabile, e se così fosse lo invidio per la tranquillità con cui sta mentendo a MacMillan. Io non potrei mai farlo.”
Bel piegò le labbra in una smorfia, rabbrividendo al solo pensiero e stringendosi nella maglietta bianca con t-rex verde del suo pigiama. Lance gli rivolse un’occhiata divertita, evitando di fargli sapere che erano tutti perfettamente consci della sua totale incapacità di mentire prima di chiedergli con un mormorio che cosa potessero aver combinato Shou e Malai:
“Non lo so, ma hai sentito quel rumore? Immagino venisse dalle ragazze… domani chiederò a Celia. Mi sorprende che Shou non abbia ancora cercato di organizzare una delle sue feste qui, però.”
“O sta progettando di farlo o vuole evitare di finire in guai ancora più grossi con la scuola. Difficile a dirsi. Chissà se questa volta la scamperanno…”
I due Tassorosso volsero nuovamente lo sguardo su Hiro, che stava rispondendo con apparente tranquillità alle domande che Phil e Beaumont gli stavano facendo: dopo aver appurato che gli unici a non essere scesi al pian terreno era Shou e Malai i due insegnanti non ci avevano messo molto per iniziare ad “interrogare” il Corvonero, certi che il ragazzo sapesse più di quanto non desse a vedere.
 
“Davies, sei sicuro che Malai e Shou siano a letto?”
“Sicurissimo, stanno male e hanno faticato a prendere sonno. Sapete, non siamo tutti ancora molto bravi in cucina, credo che abbiano ingerito qualcosa.”
Hiro, seduto su una poltrona e col suo pigiama color blu polvere addosso, parlò senza battere ciglio mentre Eiko, appollaiata sul bracciolo, gli accarezzava affettuosamente i capelli neri.
Philip lo guardò, poco convinto, proprio mentre gli occhi neri del ragazzo indugiavano sulla finestra a cui gli insegnanti davano le spalle. Un lampo di terrore oltrepassò il volto del giovane quando vide Shou oltre il vetro, e subito dopo Malai quando il Tassorosso si sollevò massaggiandosi la testa dolorante.
Lo sguardo del ragazzo non passò inosservato agli occhi dei due uomini, che si voltarono proprio mentre Shou, afferrato Malai, lo costringeva nuovamente ad abbassarsi:
Merda! Sul retro, muoviti!”
I due corsero lungo la fiancata dello chalet facendo attenzione alle finestre mentre Hiro, ancora seduto nel salone, si schiariva la voce:
“Sì, come dicevo, stanno male.”
“Quindi in questo momento sono in camera vostra?”
Gli occhi verdi di Phil si ridussero a due fessure mentre scrutava Hiro, che annuì placidamente e senza scomporsi. Quel ragazzo era uno dei suoi pochissimi studenti a non battere ciglio e a non mostrarsi mai a disagio in sua presenza: dopo tutti quegli anni, il giovane insegnante ancora non sapeva dire se la cosa gli desse fastidio o se invece l’apprezzasse.
Quel che era certo era che Hiro Davies in quel momento non lo convinceva affatto, e l’ex Corvonero accennò un debole sorriso prima di asserire che in tal caso non sarebbe stato un problema andare a verificare.
“No, fate pure, ci mancherebbe.”
Proprio mentre la porta sul retro si apriva e Shou e Malai entravano in cucina, Phil si diresse a passo deciso verso le scale. Conscio che non ci fossero altre scale e che i suoi compagni avrebbero dovuto passare da lì per salire al piano superiore, Hiro cercò di ragionare in fretta prima di saltare in piedi e affermare che ci fosse qualcuno fuori dalla finestra.
“Dove?”
“Vorrei proprio sapere cosa sta succedendo stasera… se becco chi ha fatto tutto questo casino lo metto in ammollo nel lago fino a domani.”
Sbuffando, Phil si voltò e si avvicinò alla finestra. Nel farlo scorse Håkon e Margot con le bacchette accese dirigersi verso di loro, e mentre Hiro ringraziava la sua buona stella Shou e Malai s’infilarono silenziosamente nel salone prima di sgattaiolare al piano superiore.
Erano appena spariti alla loro vista quando Phil e Beau si voltarono di nuovo verso Hiro, che sorrise innocentemente e sperando che nessuno si rendesse conto di quanto stesse sudando freddo. Per un attimo, quando aveva visto Shou e Malai alla finestra e aveva immaginato la punizione che MacMillan gli avrebbe inflitto, aveva visto tutta la sua vita passargli davanti agli occhi.
 
Quando, un paio di minuti dopo, Phil aprì la porta della loro stanza trovò Shou e Malai infilati sotto le coperte del loro letto a castello e con due espressioni innocenti dipinte sui faccini.
“Professore, come mai qui a quest’ora?”
Malai sbattè innocentemente le palpebre mentre lui e Shou si fingevano stupiti di vederlo. L’uomo però non sembrò far caso alle sue parole, adocchiando invece il fazzoletto a fiori che il Tassorosso aveva legato sulla testa:
“Perché hai quella roba in testa, Malai?”
“Oh, emh…”   Il ragazzo, che se l’era legato in fretta e furia sulla testa per nascondere il bernoccolo che si era procurato prima di infilarsi a letto, esitò prima di asserire che serviva per non rovinare i capelli durante il sonno.
“Comincio a pensare che tutti i Tassorosso siano fissati con questa roba… Sembra che qualcuno abbia allagato la cucina delle vostre compagne, ma immagino che voi angioletti non ne sappiate nulla.”
“Oh no, dormivamo. Ci siamo svegliati sentendo gli altri scendere, ma stiamo troppo male per alzarci.”


Ovviamente Phil non ci credette nemmeno per un istante, ma non poteva provare in nessun modo che fossero stati loro se nessuno li aveva visti.
Peccato che usare la Legilimanzia sugli studenti fosse proibito. Così come il Veritaserum.
 
Poco dopo, quando rimasero solo e lentamente tutti tornarono a dormire, Malai chinò la mano dal suo letto per permettere a Shou di dargli il cinque.
“MacMillan è andato. Domani dovremo solo cercare di sopravvivere alla Cinese.”
Più facile a dirsi che a farsi. Ricordiamoci anche di fare un regalo ad Hiro, appena possibile.”


 
*

 
La mattina dopo
 
 
“Sto morendo di sonno, dopo tutto quel trambusto non sono quasi riuscita a chiudere occhio.”
“Per fortuna è domenica, o mi sarei definitivamente addormentata a lezione.”
Blodwel spalmò una generosa dose di marmellata ai frutti rossi sulla fetta di pane imburrata mentre Marley, seduta sullo sgabello dell’isola della cucina accanto al suo, si strofinava gli occhi celesti. Cercando di riscuotersi dal sonno, la castana allungò la mano verso la tazza piena di thè fumante mentre Tallulah spadellava Dorayaki a velocità della luce sotto lo sguardo di Pikachu, che guardava la padrona implorando uno spuntino.
“Se non altro i prof ci hanno rimesso a posto la cucina. Hanno più capito chi sia stato?”
“Pare di no, sembra che dai ragazzi non mancasse nessuno… ma non è difficile immaginarlo.”
Mentre Blodwel le passava una fetta di pane, Marley le sorrise grata pensando ad un certo loro compagno di Casa dai lunghi capelli ricci. La mora bevve un sorso di succo di zucca ghiacciato – al primo anno ad Hogwarts aveva pensato che i suoi compagni fossero pazzi a bere quella roba, ma aveva finito con l’abituarsi alla più celebre bevanda tra i maghi – mentre Lilian, seduta vicino alla postazione di Tallulah, guardava l’amica tenendosi la testa tra le mani pallide e con i gomiti appoggiati sulla superficie di legno dell’isola:
“Oggi il tempo è magnifico, non avevamo detto di fare il bagno se ci fosse stato il sole? È la nostra prima domenica qui, tanto vale godersela.”
“Per me va bene, potremmo preparare il pranzo prima e portarlo in riva. Ci pensi tu?”
Conscia di essere praticamente l’unica ad essere in grado di preparare qualcosa di commestibile, Lilian annuì mentre Tallulah farciva abbondantemente un Dorayaki riempiendolo di Nutella prima di addentarlo. Marley, uditi i loro discorsi, sorrise allegra facendo dondolare le gambe dallo sgabello prima di rivolgersi a Bloody:
“Potremmo fare il bagno anche noi! Hai portato il costume?”
“Sì, ce l’ho di sopra, ma il lago non sarà gelido? Siamo in Scozia, non alle Bermuda.”
La gallese accompagnò le sue ultime parole con un sorrisetto beffardo che non sfuggì alla sua amica, che però la ignorò e si limitò a darle un eloquente pizzicotto sul braccio prima di replicare come se nulla fosse:
“Tanto vale tentare. Posso preparare panini anche per Bel e Lance, dopotutto.”
“Marley la Regina dei Sandwich torna in azione…. Cerca solo di non metterci scherzi nel cibo, o ti spenno viva.”
 
Quando Priscilla fece ritorno allo chalet dopo aver portato i cani a passeggio si tormentò la manica t-shirt bianca che indossava sotto alla salopette corta, asserendo che fuori facesse un caldo insolito. Sedutasi accanto a Lilian per farle compagnia durante la colazione, la Grifondoro condivise con lei l’idea di fare il bagno.
“Il bagno nel lago? Non lo so Lily…”
“Ci divertiremo, e possiamo sempre cercare di seppellire Malai. Hai portato il costume?”
Seppur poco convinta la Corvonero annuì, e Lilian asserì con un sorriso che era deciso mentre Tallulah, sbocconcellando un Dorayaki, pensava al cugino dell’amica:
“Prepariamoci alle fans di Shou, vedendolo in costume impazziranno.”
“Porco Godric, che gran rottura. A volte mi domando perché non sono nata con un cugino per nulla affascinante!”
“Se vuoi ti presto la mia famiglia, da noi di affascinante non c’è proprio nessuno.”
Le due ridacchiarono mentre Priscilla, invece, accennava una smorfia pensando alla sua bellissima madre e a come tutti la mettessero a confronto con la donna fin da quando era bambina:
“Almeno voi non sembrate un cavolfiore quando invece vostra madre non ha mai un solo capello fuori posto. Come posso avere i suoi stessi geni?”
“Consolati, io ho i geni dei Bulstrode. Facciamo a cambio quando vuoi.”
 
 
*

 
 “Sono pronto, possiamo andare.”
Quando Malai fece la sua uscita trionfale dal bagno con i capelli castani legati sulla nuca, occhiali da sole dalla montatura arancione e un completo da mare con bermuda e camicia a maniche corte bianchi e tanti dinosauri disegnati sopra, Hiro sorrise trattenendo a stento una risata.
“Bene, andiamo.”
Il Corvonero prese la sacca dove aveva infilato crema solare, il pranzo e un paio di manga e seguì l’amico al pian terreno trascinando rumorosamente le infradito sul legno. Shou – che come Malai aveva già gli occhiali da sole calati – li aspettava appoggiato mollemente ad un divano con addosso un costume a righe verticali bianche, nere e giallo ocra e una camicia a maniche corte abbinata sbottonata.
“Ah, eccovi. Mi stavo chiedendo se avremo qualcosa da mettere sotto i denti per pranzo.”
“Ci ha pensato Hiro, e possiamo sempre sgraffignare qualcosa dalle ragazze.”
Il Tassorosso accennò al Corvonero liquidando il discorso con un pigro gesto della mano, ma Hiro sorrise divertito mentre si legava i capelli a sua volta e seguiva i due fuori dallo chalet armati di asciugamani, infradito colorate e scorte di crema.
“Non so quanto saranno inclini a sfamarvi dopo ieri notte…”
“Shh, nessuno deve saperlo! Ovviamente tutti sospettano di noi, ma dettagli.”
Hiro non rispose, limitandosi ad alzare gli occhi scuri al cielo. L’ultima cosa che fece prima di lasciarsi lo chalet vuoto alle spalle – sembrava che quasi tutti avessero avuto la stessa idea di passare la giornata a sguazzare nel lago o all’aperto in generale – fu salutare Eiko, che stava sfogliando dei libri lasciati in giro dagli studenti mentre Regina, la gatta nera di Shou, seguiva il padrone per reclamare un po’ di attenzioni.
Di lì a poco, quando il Serpeverde avrebbe avuto molte attenzioni su di sé, la micia se ne sarebbe andata indignata dopo aver soffiato contro a non poche giovani streghe.

 
*

 
“Marley, ma ti serve davvero tutta questa crema?”
Seduto accanto all’amica su un telo con un costume turchese addosso e un sorriso leggermente ironico sulle labbra, Bel guardò Marley spalmarsi generosissime dosi di protezione 50 sulle braccia e sul collo. La ragazza, che era partita per il Camp con un’intera tanica di crema per prevenire le scottature, annuì serissima mentre passava al viso, riempiendolo di crema bianca:
“Assolutamente sì. Voi fate come volete, io non voglio ritrovarmi tutta spellata e color aragosta, stasera. La mia pelle e il sole non vanno molto d’accordo.”
“Io sono così bianca che se mi mettessi davanti ad un muro appena imbiancato non mi noteresti, spero di abbronzarmi un po’.”
Blodwel, comodamente distesa accanto a lei su un telo verde prato e con degli occhiali scuri sul viso, sbuffò cercando di attirare su di sé dei raggi solari con la forza del pensiero. Anche Marley – dopo aver sistemato il suo telo giallo acceso ed essersi assicurata che Leith fosse nella sua borsa di tela – si mise comoda, accennando un sorriso mentre chiudeva gli occhi chiari per ripararsi dalla luce:
“Potevi sempre partire con mio padre.”
“Guarda che ci sarei andata di corsa, con tuo padre e Lady Tremaine.”(1)
“Chi è Lady Tremaine?”
Bel, distesosi sul suo asciugamano per aspettare che la protezione solare si assorbisse prima di entrare in acqua, inforcò un paio di occhiali da sole – rubati a sua sorella Celia – mentre Marley sbuffava e Blodwel sorrideva divertita:
“Parla di Cressida, la moglie di Hank che per inciso non ha nulla che non va, Bloody fa la scema. E comunque non ho avuto scelta, andare con loro era fuori questione.”
Bel si domandava da diversi anni perché la sua amica chiamasse il padre per nome – aveva passato interi mesi a chiedersi chi fosse quell’”Hank” che Marley citava di tanto in tanto prima di chiedere delucidazioni a Blodwel –, ma aveva sempre preferito evitare di indagare, temendo di risultare invadente o di urtare la sensibilità della ragazza. Il giovane mago lanciò un’occhiata in tralice all’amica, che però non si scompose e rimase immobile sul telo giallo e con i lunghi capelli castani sparsi attorno alla testa.
“Dove sono andati?”
“Alle Bermuda, ma non dovrei parlarne. Sono partiti in tutta fretta da un giorno all’altro e mi hanno mollata qui, ma io sono molto più felice di stare con voi. Bloody, smettila di sbuffare, alle Bermuda ci andremo dopo il diploma, se ci tieni tanto.”

 
*

 
Dopo essersi svegliato, aver fatto colazione e aver dato da mangiare ad Iris, il suo geco, Håkon non vedeva l’ora di passare la prima domenica al Camp in santa pace e in completa tranquillità.
Stava appendendo il disegno fatto da Freya che sua madre Winnie gli aveva mandato il giorno prima – la bambina lo aveva raffigurato vicino ad un lago e ad un bosco interamente vestito di nero e con accanto una figura bassa, sorridente e dai grandi occhi azzurri. Non aveva nemmeno avuto bisogno di leggere la scritta fatta coi colori a cera sul retro “Papino e Zia Margi” – quando qualcuno bussò energicamente alla porta. Al pacato “Avanti” di Håkon seguì l’ingresso della stessa Margot, e guardandola il danese seppe che la sua domenica tranquilla era appena andata in fumo.
“Ehilà, bello! Ho visto che i ragazzi stanno andando in spiaggia ed essedo un’idea fantastica ho deciso che li imiteremo. Su, metti il costume, io ti aspetto fuori.”
In piedi davanti alla bacheca appesa sopra alla scrivania e rivolto di profilo verso l’ingresso della stanza, l’uomo aggrottò le folte sopracciglia scure mentre osservava l’amica. Fu con rassegnazione che Håkon adocchiò la tenuta da spiaggia dell’amica, segno che ormai la decisione era presa e che Margot non gli avrebbe permesso di tirarsi indietro: l’ex Tassorosso aveva degli occhiali dalla montatura bianca calati sugli occhi, i capelli scuri legati sulla nuca e indossava una specie di kimono celeste a fiori aperto sopra ad un costume vintage a due pezzi bianco e blu a vita alta. Aveva persino delle infradito bianche ai piedi.
“Vedo che sei già pronta.”
“Naturale, e qui ho la crema solare per evitare di ustionarci.” Sorridendo allegra, Margot tirò fuori da una borsa di tela bianca piena di delfini e stelle marine il flacone di crema solare più grande che Håkon avesse mai visto.
“Ma quello peserà più di mia figlia! Te lo porti seriamente dietro?!”
“Nasci con una pelle come la mia, poi ne riparliamo. Ci vediamo di sotto tra qualche minuto, e cerca di non mettere costumi neri da funerale!”
Rapida com’era entrata, Margot se ne andò chiudendosi la porta alle spalle. Ancora immobile nella stessa posizione, Håkon sbattè le palpebre un paio di volte prima di sospirare e trascinarsi verso il baule alla ricerca di un costume. Trovare qualcosa che non fosse nero in mezzo ai suoi indumenti, quella sì sarebbe stata una bella impresa.
 

 
*

 
Marley non era l’unica ad essersi riempita di crema solare: seduta sul grosso sasso piatto in riva all’acqua dove lei, Tallulah e Lilian avevano sistemato le loro cose, Priscilla si era spalmata generose quantità di protezione 50 su braccia, viso e gambe: fin da bambina era stato chiaro che pur avendo i capelli scuri aveva ereditato la carnagione pallida e delicata tipica dei rossi di capelli di sua madre. L’ennesimo scherzo del destino, visto che era praticamente l’unica cosa che Reina Rowle aveva trasmesso alla sua unica figlia.
La giovane strega si stringeva le ginocchia esili mentre teneva i pensierosi occhi chiari su Lilian e Tallulah, già in acqua mentre Solomon e Stirling correvano felici lungo la riva giocando con Pikachu e Sahara.
“Ciao Scricciolo. Come mai non sei in acqua con loro?”
Quando si voltò e incontrò la figura sorridente di Hiro – che indossava un buffo costume colorato pieno di figure che lei non riconobbe – Priscilla sorrise di rimando all’amico, guadandolo sedersi accanto a lei sul sasso mentre Malai, sfoderate due racchette da ping pong color giallo canarino, sfidava Shou a pochi metri di distanza.
“Ciao… Non mi va molto di fare il bagno, a dire il vero.”
A disagio, la ragazza si tormentò la bretella della salopette che indossava e dalla quale si intravedeva la parte superiore di un costume a due pezzi bianco a fiori rosa. Accigliato, Hiro le rivolse un’occhiata perplessa prima di accennare un debole sorriso con le labbra sottili:
“Scricciolo, non dirmi che ti vergogni a farti vedere in costume.”
“Un pochino.”
Mentre Priscilla evitava di guardare in faccia l’amico mordicchiandosi il labbro inferiore e maledicendo la sua stessa insicurezza, Hiro roteò gli occhi scuri e sospirò prima di circondarla affettuosamente con un braccio e rivolgerle il suo sorriso più gentile e rassicurante:
“Non devi, nessuno ti giudicherà… siamo tutti in costume, no? E nessuno è perfetto.”
“Lo so. A volte vorrei essere sicura di me come lo sono loro.”
La Corvonero accennò cupa alle sue amiche mentre Lilian, con i biondi capelli sciolti sulle spalle e un bellissimo costume blu a vita alta con dei fiori sulla parte superiore, cercava di evitare gli schizzi di Tallulah.
“Non conosco Lilian e Tallulah quanto conosco te, ma sono sicuro che anche loro abbiano le loro insicurezze, come tutti. Prova a rifletterci, tu le conosci bene. E togli la salopette, Scricciolo.”
 
Mentre i due Corvonero parlavano, Tallulah si rese conto che Hiro aveva raggiunto Priscilla e che i due stavano chiacchierando. In un primo momento la ragazza sperò che il compagno riuscisse a convincere l’amica a mettersi in costume e ad entrare in acqua con loro, visti i tentativi fallimentari suoi e di Lilian, ma poi Tallulah adocchiò il costume del Prefetto e spalancò gli occhi chiari, incredula:
“Per tutti i romanzetti erotici, ma che razza di costume si è messo Hiro?!”
“Ma non è Goku di Dragon Ball, quello?”
Lilian lanciò un’occhiata dubbiosa al compagno mentre, poco distante, Blodwel minacciava Malai e Shou di morte dopo che la loro pallina l’aveva colpita per la seconda volta nell’arco di pochi minuti.
“Sì! Ti rendi conto? Esistono costumi di Dragon Ball e io non ne sapevo nulla! Hiro, dove l’hai comprato? C’era anche la versione da donna con Vegeta?!”

Tallulah si affrettò a nuotare verso Hiro e Priscilla e a Lilian non restò che seguirla con un sospiro esasperato, non prima di scorgere schifata un branco di ragazzine del V anno ronzare attorno a suo cugino e al suo petto lasciato scoperto dalla camicia sbottonata.
 
“Shou, ti dico che quello valeva come punto!”
“Non è punto se la pallina cade in testa a Marley!”
“Sì che lo è, anzi, vale doppio!”
“Punto o no, colpitemi un’altra volta e nascondo la vostra stupida palla in mezzo al bosco. Vi faccio vedere io come si gioca.”

Sbuffando esasperata per quella partita sconclusionata, Marley si alzò dal suo telo, si raddrizzò gli occhiali da sole e infine raggiunse a passo deciso Shou e Malai prima di sfilare con decisione la racchetta dalle mani del Serpeverde.
“Ora ci penso io. Bel, tieni il conto dei punti e di quanto schiacciante sarà la mia vittoria su Malai.”
Mentre Malai faceva la linguaccia alla compagna e Shou si affrettava a mettersi in disparte – non ci teneva a finire la giornata pieno di lividi – Blodwel si issò sui gomiti per osservare la partita con un sorrisetto sulle labbra, decisa a non perdersi nemmeno un minuto. Dal canto suo, Bel stava per raggiungere Lance in acqua ma dovette desistere a causa dell’incarico assegnatogli da Marley: quando si faceva così seria e competitiva, era meglio non contraddirla.
“Ora te la faccio vedere io col mio braccio da Battitrice, tu e il tuo dinocostume coi brontosauri.”
“Sono anchilosauri e elasmosauri questi, chiamiamo le cose col loro nome per favore.”
Offeso, Malai si mise la mano che teneva la racchetta sul fianco e con l’altra indicò i dinosauri del suo costume mentre Shou, che si era seduto vicino a Bel, accennava un sorriso divertito con le labbra:
“Fossi in te non lo contraddirei quando si parla di dinosauri, Marley.”
 
Mentre la partita tra Tassorosso aveva inizio – i due sfidati concordarono di mettere in palio uno scambio di compiti per tutta la settimana successiva – e Blodwel faceva il tifo per l’amica, Shou si guardò attorno per vedere che cosa stessero facendo le sue amiche. La sua attenzione indugiò immediatamente su sua cugina, che insieme a Tallulah stava a galla davanti al sasso dove avevano sistemato i loro asciugamani e stava parlando con Hiro e Priscilla. Spostato lo sguardo sui due Corvonero, Shou inarcò un sopracciglio e si domandò perché Priscilla non fosse in costume mentre la ragazza parlava tenendo la testa appoggiata sulla spalla dell’amico.

A poca distanza, Phil aveva occupato la sua sedia da spiaggia blu e teneva gli occhi verdi – celati dalle lenti scure degli occhiali che indossava – fissi sul libro che stringeva tra le mani. O almeno quella era l’impressione che l’uomo dava ad un occhio esterno: di tanto in tanto il suo sguardo indugiava sulla sua unica collega donna presente, collega che sembrava assolutamente impossibilitata a stare ferma per più di dieci minuti di fila.
Margot aveva sistemato la sdraio che aveva Evocato accanto a quella di Håkon, ma mentre l’amico rosolava al sole con aria pacifica e gli occhiali calati sul viso, la donna cambiava posizione e sbuffava di continuo:
“Detesto stare al sole, mi annoio a morte!”
“Leggi un libro.”
“L’ho finito!”

“Guarda una serie tv.”
“Col sole non si vede nulla sugli schermi.”
Sospirando – e sentendosi esattamente come quando portava al mare Freya e la bambina aveva bisogno di attenzioni costanti – l’uomo sollevò gli occhiali scuri sulla fronte e volse lo sguardo sull’amica, rivolgendosi con pazienza:
“Margi, se stare ferma a prendere il sole ti annoia perché ti ostini?”
“Perché mi voglio abbronzare, detesto sembrare un latticino!”
Messasi a sedere sulla sdraio e incrociate le gambe, Margot guardò afflitta le proprie braccia pallide senza riuscire a comprendere cosa ci provassero le persone a fare le lucertole al sole. Gli occhi celesti della strega indugiarono con disappunto su MacMillan, che pareva del tutto a suo agio mentre leggeva sotto il sole.
Fu con estrema indignazione che la donna si rese conto che gambe, braccia e petto del collega erano decisamente più dorate rispetto a quando era uscito dallo chalet quella mattina. Come osava MacMillan, lui, la sua sedia e il suo costume con gli ananas, abbronzarsi in un battito di ciglia mentre a lei servivano giorni solo per prendere un tono in più?
“Come diavolo fa Phil ad essere già abbronzato?! Vado a chiedergli se ha preso una Pozione Abbronzante.”
“Ne sarà estasiato.”
Ignorando il serafico commento dell’amico – che tornò alla sua contemplazione del cielo azzurro sistemandosi gli occhiali – Margot si alzò dalla sdraio e puntò decisa verso la sedia da spiaggia di Phil. Vedendola arrivare – i piedi che affondavano sulla sabbia umida, le braccia rigide lungo i fianchi e un’espressione decisa sul volto – il traduttore contemplò ogni possibilità di fuga possibile, ma quando stava per prendere la bacchetta e creare un diversivo evocando una sagoma cartonata con le sembianze del suo amico Asriel ormai era tardi. Margot gli si piantò davanti proiettando la sua ombra su di lui e mettendosi le mani sui fianchi, guardandolo torva come se le stesse nascondendo qualcosa:
“Mi spieghi come fai ad essere già più abbronzato dopo quanto, un’ora di sole?”
“La chiamano predisposizione naturale, vampirella. Ti spiace? Tu e la tua invidia mi state oscurando.”
Ignorandola deliberatamente, Phil tornò al suo libro. Margot avrebbe voluto abbaiargli contro che nessuno poteva abbronzarsi a quella velocità – o era davvero solo invidia, visto che la sua pelle tendeva ad arrossarsi e basta? – ma decise di non dargli la soddisfazione di ignorarla ulteriormente. Sbuffando piano, la strega si voltò e tornò imbronciata alla sua postazione, limitandosi ad un sibilo quando Håkon le domandò come fosse andata la sua impresa.
Restò sdraiata con gli occhi chiusi nella stessa posizione per esattamente cinque minuti che le parvero eterni, mentre si ripeteva di concentrarsi e di resistere:
Fallo per il tuo colorito! Non vuoi tornare sembrando una forma di caciotta in confronto a MacMillan, no?
 
Håkon sorrise beato, godendosi esterrefatto quella pace insolita. O almeno finchè Margot, gemendo, non si alzò decretando di aver bisogno di qualcosa da fare.
Sarebbe stata una domenica molto lunga, quella.
 
*
 
 
“Ecco, adesso sì che somiglia ad Hogwarts. Prima mancava la torre di Corvonero.”
Soddisfatta, Amelie contemplò la sua opera d’arte conclusa mentre sedeva accanto a Bel, insieme al quale aveva costruito una riproduzione in scala della loro scuola usando sabbia e ghiaia.
Il Tassorosso, che aveva ceduto volentieri il suo ruolo di conta-punti a Blodwel pur di allontanarsi dalla sempre più letale partita di Marley e Malai – che per due volte avevano sfiorato i professori con la pallina e avevano iniziato a giocare con tanta veemenza da far risuonare i colpi delle racchette per tutta la spiaggetta –, guardò accigliato la minuziosa e dettagliatissima costruzione prima di rivolgersi dubbioso alla Corvonero, che si stava ravvivando i lunghi capelli castani sciolti sulle spalle:
“Amelie, vuoi davvero dirmi che non hai usato la magia per farlo?”
“Beh, solo un po’, lo ammetto. Ma visto che qui possiamo usare la magia liberamente, tanto vale approfittarne. Però manca il campo da Quidditch! Quanto mi manca giocare. Tu hai portato la scopa, Bel?”
“Sì, io e Celia le abbiamo infilate nei bauli all’ultimo. Tu?”
“Mia madre era contraria, ma sono riuscita a portarla.”
Le labbra di Amelie si stirarono in un sorriso radioso come succedeva sempre quando la giovane parlava del suo sport preferito. I due stavano discutendo della possibilità di organizzare una partita lì al Camp insieme agli altri compagni quando Marley, nel rispondere alla battuta di Malai, colpì la pallina con il bordo della racchetta: la palla sfrecciò sopra la testa di Blodwel e oltre il punto in cui Theobald e Shou stavano amabilmente discutendo degli ultimi pettegolezzi con alcune ragazze del V anno, finendo col colpire la copertina del libro che Phil stava leggendo.
Oh merda…”
Mentre la pallina rotolava al suolo il sussurro si librò dalle labbra di Malai quasi senza che il ragazzo se ne rendesse conto. Il volto di Marley, pieno di crema solare, sbiancò completamente mentre Blodwel, voltatasi verso il professore, si mordeva la lingua per non scoppiare a ridere: non c’erano testimonianze di studenti che avessero osato ridere in faccia all’insegnante di Antiche Rune, e la Tassorosso era sicura che il fatto fosse dovuto alla brutta fine che era spettata ai poveri malcapitati.
Phil non si mosse, ma i due Tassorosso si sentirono comunque trapassati dal suo sguardo celato dagli occhiali scuri. Poi, senza scomporsi, l’uomo prese la bacchetta.
Malai stava per implorarlo di non ucciderli – era troppo giovane per andare all’altro mondo, doveva ancora arricchirsi – quando la racchetta gli sfuggì di mano, così come quella di Marley. Le due si sollevarono come dotate di vita propria e assestarono ai due un colpo sulla nuca ciascuno, facendoli gemere mentre Margot, esasperata, pregava a gran voce il collega di non picchiare i suoi studenti:
“I tuoi delinquenti sono sani e salvi, e tecnicamente è stata la racchetta a colpirli, non io…”
Riposta la bacchetta nella tasca dei bermuda blu pieni di ananas, Phil tornò a leggere con nonchalance mentre Marley e Malai si massaggiavano il punto dove le racchette li avevano colpiti. Malai in special modo sembrò particolarmente indispettito dalla cosa, chiedendosi quanti altri bernoccoli si sarebbe procurato entro la fine della giornata.
“La chiudiamo in amichevole parità?”
Piegate le labbra in una smorfia, Marley scoccò un’occhiata eloquente al compagno mentre Blodwel, distesa sul suo asciugamano, accoglieva le feste di Solomon, Stirling e Pikachu continuando a fare del proprio meglio per non ridere.
“Veramente ero in vantaggio di un punto, ma forse è meglio non continuare e visto che sono un gentiluomo ti risparmierò di pagare il tuo debito.”
“Dopotutto tu sei più che abituato a fare i compiti, vero Malai?”
La ragazza piegò le labbra in un sorrisetto, parlando con tono canzonatorio mentre il compagno – ignorando la sua frecciatina – si allontanava per andare a nuotare con Lilian, Hiro e Tallulah col naso per aria, fingendosi sostenuto.
Ridacchiando, Marley fece ritorno da Blodwel sedendole accanto e sistemandosi Leith sulla spalla – l’Asticello non gradiva affatto quando la padrona non gli dava attenzioni per qualche tempo, e le dimostrò tutto il suo risentimento pizzicandole il lobo dell’orecchio – mentre l’amica coccolava Pikachu, disteso supino sulla sabbia con aria beata.
“Che ne pensi della mia performance?”
“Dico che sono delusa Marlowe, mi sarei come minimo aspettata che avresti incantato la pallina per inseguire Malai fino al bosco.”
“Si può sapere per chi mi hai preso? Sono una giocatrice leale, io. Non ho mai barato nemmeno a Quidditch.”
Bloody inarcò un sopracciglio, pronta a ricordarle di quando aveva cosparso i manici di scopa dei due Battitori di Grifondoro di Pozione Urticante. L’amica però non fece caso alle sue parole, limitandosi a sfoggiare il sorriso angelico che sapeva ingannare chiunque mentre le rubava gli occhiali da sole.
“Eri così anche da bambina? Insieme avremmo fatto faville da piccole.”
Marley si mise comoda sul suo telo giallo mentre Bloody, continuando imperterrita a giocare con Pikachu, abbozzava un sorriso: anche se aveva imparato a difendersi in fretta dalle prese in giro del suo esercito di cugini con calci e risposte piccate, avere Marley come alleata avrebbe reso la sua infanzia molto più divertente. E anche se di sicuro sua nonna Dorothea avrebbe preso quotidianamente entrambe per le orecchie, almeno non sarebbe stata nemmeno l’unica strega in circolazione.
A distanza di sei anni Blodwel ricordava ancora fin troppo bene le prime settimane ad Hogwarts, quando tutto per lei era nuovo e spaventoso e molti dei suoi compagni la prendevano in giro per le sue lacune, per le sue origini e persino per il suo accento. Anche se non l’avrebbe mai ammesso separarsi dalla sua famiglia e soprattutto da sua nonna era stato terribilmente difficile, e l’amicizia di Marley, che aveva sempre risposto a tutti i suoi dubbi e alle sue domande sul mondo magico, era stata fondamentale.
 
“Siamo amiche strane, io e te. Tu vieni da una famiglia Babbana, io sono Purosangue… e tu sei cresciuta in una famiglia enorme senza mai un attimo di tranquillità. Io non ho una famiglia così.”
Distesa sulla trapunta gialla del suo letto, rivolta verso l’interno della camera che condividevano e abbracciando il suo cuscino mentre faceva dondolare i piedi in aria, Marley parlò mentre guardava la sua migliore amica allacciarsi di malavoglia la cravatta della divisa.
“Ma non hai due sorelle?”
In piedi davanti allo specchio, la mora si voltò verso l’amica aggrottando la fronte: annodata malamente la cravatta, Blodwel si avvicinò al letto di Marley sfiorandosi il piercing  che portava sul naso e guardandola scuotere la testa, liquidando il discorso con uno sbuffo e un vago movimento della mano:
“Loro sono grandi, non hanno voglia di starmi dietro... e sono gemelle. Hanno un rapporto esclusivo e quasi simbiotico, io non ci posso entrare.”

“Beh, una cosa in comune ce l’abbiamo.”
Blodwel le sedette accanto circondandola con un braccio, sorridendo quando Marley non capì e le rivolse un’occhiata stranita:
“E quale sarebbe?”
“Le nostre madri, in un modo o nell’altro, ci hanno mollate.”

 
“Ci puoi scommettere, quasi tutte le mie tate hanno finito la loro carriera a casa mia con un esaurimento nervoso. Poveracce. Non avrebbero dovuto cercare di rifilarmi il minestrone.”
Marley accennò un secondo sorrisino nel ricordare quelle che amava definire le imprese gloriose della sua infanzia, e per la seconda volta Blodwel trattenne una risata: questa volta la gallese non temeva nessun insegnante severo, ma solo di mandare in frantumi la sua reputazione costruita con tanta fatica.

 
*

 
Quando si era fatta l’ora di pranzo, Marley aveva condivido con Bel, Blodwel, Amelie e Lance le pile di sandwich che aveva preparato e Hiro non aveva battuto ciglio quando Shou e Malai gli si erano avvicinati sfoderando due sorrisi angelici: il Corvonero aveva preso due ciotole coperte con cura da una delle due borse che si era portato appreso e le aveva consegnate ai due compagni insieme a due paia di bacchette usa e getta.
Ramen, buono! Posso assaggiarlo, se in cambio ti do un po’ di Pad Thai che ha fatto Lily?”
Seduta vicino ad Hiro, Tallulah adocchiò speranzosa il pranzo del compagno di Casa prima che il ragazzo, sorridendo divertito, annuisse:
“Certo, sono ancora in debito per i Dorayaki, dopotutto.”
“Sagge parole, quindi mi servo subito.”
Sorridendo, Hiro la lasciò fare mentre Malai, sedutogli di fronte sull’enorme quadrato di teli che avevano formato, cercava di allungare le bacchette verso il pranzo di Lilian ricevendo in risposta pizzichi sulle braccia.
Ahia! Sei cattiva!”
“Vogliamo parlare di quello che è successo nella nostra cucina ieri notte, Malai? Meglio per te e mio cugino che non approfondiamo l’argomento.”
“Già, io e Prisci stavamo per avere un infarto ciascuna!”
Lanciata a sua volta un’occhiata torva all’amico Tallulah accennò a Priscilla, che stava osservando distrattamente l’acqua del lago tenendo un panino tra le dita pallide.
“Niente Pad Thai per te, Bimba?”
Quando Shou le sedette accanto la Corvonero si ridestò, sorridendo all’amico mentre volgeva lo sguardo su di lui:
“Lily è stata molto carina a prepararmi questo.”
“Non ti piace la cucina thailandese?”
Priscilla si affrettò a scuotere il capo, gli occhi verdi spalancati e i capelli castani pieni di riflessi ramati che scintillavano sotto la luce del sole. La ragazza accennò al pranzo dei suoi amici prima di parlare con un filo di voce, come se non volesse che gli altri udissero le sue parole:
“No, non è questo, figurati, è che… non so usare le bacchette, e mi sembra maleducato mangiare cibo asiatico usando la forchetta. Lo so, è stupido.”
La giovane strega parlò chinando mestamente il capo, evitando di guardare l’amico. Shou, dopo una fugace sorpresa iniziale, sorrise e si avvicinò alla ragazza guardandola divertito ma parlandole senza la minima traccia di derisione nella voce, solo gentilezza:
“Non è stupido, tutti abbiamo imparato. Miss X è stata in Giappone più di una volta, è normale che lei sappia usarle… e Malai è cresciuto con Hiro. Non paragonarti a loro. Con me, Lily e Hiro in circolazione vedrai che tornata a casa le saprai usare alla perfezione. Parlavano di cucinare asiatico per tutti una volta a settimana, imparerai presto. E ora dimmi una cosa, Eden.”
Il volto del coreano si fece improvvisamente serio e il sorriso si congelò anche sulle labbra della ragazza, che lo guardò presa alla sprovvista e quasi con una punta di disagio: ormai, fatta eccezione per gli insegnanti, gli estranei e parte della sua famiglia, nessuno la chiamava più col suo primo nome. Di solito sua madre la chiamava così per farle un rimprovero o per darle brutte notizie, ragion per cui si preoccupò quasi senza volerlo prima che Shou continuasse:
“Mi vuoi dire perché sei l’unica vestita, qui?!”
“Mi hai fatta preoccupare chiamandomi Eden, scemo!”    
La ragazza sorrise, sollevata, ma Shou non la imitò, continuando a guardarla con la fronte aggrottata e serio in volto:
“Sono serio. Cosa sono queste stronzate che ti vergogni? Me l’ha detto Hiro.”
“Non sono… stronzate.”
“Certo che lo sono.”
Shou non demorse ma Priscilla scosse la testa, distogliendo lo sguardo per riportarlo sul lago mentre pensava al successo che il suo amico aveva tra le ragazze:
“È facile dire così quando piaci a tutti, Shou.”
“Primo, nessuno ti giudica. Secondo, per quanto mi riguarda sei bellissima. E non lo dico solo perché sei mia amica o perché se ti ferissi Lily mi ammazzerebbe. Di che ti preoccupi? Se qualcuno dovesse prenderti in giro, i cugini Park gli staccherebbero un braccio ciascuno.”
Shou sorrise e Priscilla si rilassò, ricambiando con un lieve cenno del capo e profondamente grata per gli amici che aveva trovato all’interno delle vecchie mura di Hogwarts.

 
*
 

Amelie fu la prima, tra le sue compagne, a raggiungere la camera da letto che condividevano: c’erano solo quattro docce in tutto lo chalet, quattro docce che tutte le giovani streghe presenti al Camp si sarebbero contese dopo aver passato la giornata all’aperto, sotto al sole e in acqua. Amelie aveva tutta l’intenzione di evitarsi una lunga attesa, e in quella prima settimana aveva imparato che l’unico modo per farlo era sbrigarsi.
La ragazza aprì il baule per prendere l’occorrente per lavarsi quando i suoi occhi indugiarono su un libro in particolare. La copertina era rigida e raffigurava “Ponte su uno stagno di ninfee” di Claude Monet. Dimenticatasi momentaneamente della doccia, la Corvonero allungò una mano per prendere il libro, sfiorandone la meravigliosa copertina leggermente ruvida al tatto.
Amelie deglutì, a disagio, ma esitò solo per una manciata di istanti: quando sentì le voci sulle scale la strega si ridestò, sussultando prima di guardarsi freneticamente attorno. Non poteva tenerlo ancora, era sbagliato, si sentiva in colpa. Non poteva e non doveva.
Rapida come quando sfrecciava in sella alla sua scopa sopra al campo da Quidditch, Amelie infilò il libro sotto al letto a castello di Priscilla prima di afferrare le sue cose e uscire dalla stanza con un sorriso sulle labbra, pronta ad annunciare la sua intenzione di andare a lavarsi.
Mezz’ora dopo, mentre si stava pettinando i lunghi capelli umidi seduta sul proprio letto, Amelie accennò un sorriso quando Priscilla trovò il suo libro sotto al letto, guardandola esultare e darsi della stupida per non averlo trovato prima.
Su una cosa sua madre non si sbagliava: doveva risolvere quel problema.
 
Ma come è possibile che io mi sia scottata con tutta la crema solare che ho messo? Odio la mia pelle!”
“Non dire così Marlowe, sei l’aragosta più gnocca di tutte.”
Blodwel, appostata vicino alla finestra con una sigaretta in mano, parlò fingendo di mandare baci aerei a Marley che sbuffò e smise di guardarsi inorridita allo specchio per lanciarle contro un cuscino, intimandole che non avrebbe avuto nessuna lana nuova per fare la maglia se non avesse smesso di prenderla in giro.

 
*
 

“Håk, ma secondo te sono più abbronzata rispetto a questa mattina?”
L’astronomo chinò le parole crociate per lanciare un’occhiata a Margot, che dopo aver applicato sulla pelle una buona dose di gel doposole all’aloe si stava contemplando dubbiosa le braccia.
“Sincero?”
“Sincero.”
“Sei identica. A parte la schiena e sul retro del collo, dove hai un principio di scottatura.”
Margot sospirò e andò a sedersi sconsolata accanto a Theobald, che per rincuorarla si offrì di prepararle una tazza di thè.
“Vieni mia cara, ti mostrerò ciò che mi ha insegnato un mio amico indiano anni fa… faceva il tè migliore del continente.”
L’anziano mago si alzò in piedi e fece cenno alla giovane collega di imitarlo, prendendola sottobraccio per condurla in cucina e iniziando a raccontarle tutti i pettegolezzi che aveva appreso nel pomeriggio. Rimasto solo e infinitamente sollevato, Håkon sorrise mentre chiudeva gli occhi: pace, finalmente.

 
*

 
“Ho un annuncio da farti, mia dolce metà.”
“Che cosa c’è?”
Disteso sul suo letto, Shou abbassò il numero di Luglio di Vogue Korea che teneva in mano per lanciare un’occhiata dubbiosa al suo migliore amico: avvolto nel suo pigiama giallo e nero di Adventure Time, Malai era appena uscito dal bagno. Il fatto che avesse cantato meno del solito sotto la doccia aveva insospettito tutti i suoi compagni di stanza e Shou in primis: evidentemente, Malai aveva avuto di che riflettere.
E conoscendolo, aveva quasi timore di sapere che cosa la sua mente sempre in subbuglio avesse partorito.
“Spero vivamente che non la prenderei a male, sai che sei unico ed inimitabile per me, ma…”

Oh no
No no no no no…

Shou spalancò gli occhi scuri, quasi terrorizzato. Hiro, impegnato a spazzolare il pelo di Eiko, bloccò il movimento della mano per sospirare con esasperazione mentre Bel e Lance cercavano di fingere di non stare ascoltando, ma non poterono fare a meno di scambiarsi un’occhiata d’intesa prima di trattenere a fatica delle risate.
“Ci risiamo…”

“Mi sono innamorato!”
“Ma porca…”

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
(1): Nome della matrigna di Cenerentola
 
 
 
……………………………………………………………………………………………………..
Angolo Autrice:
Buonasera!
Questa volta giungo puntuale con l’aggiornamento, quasi non ci credo.
Per il prossimo capitolo ho solo una piccola, semplice domanda da rivolgervi:

Film o serie tv?
 
A presto, buonanotte!
Signorina Granger
 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 8 - In campo ***


Capitolo 8: In campo

 
Domenica 8 luglio
 
 
“Forza, alzatevi, questa è una domenica molto importante!”
Quando Shou tirò le pesanti tende coprenti rosse una generosa quantità di luce inondò la stanza, provocando proteste e gemiti sommessi da parte dei suoi compagni.
Chiedendosi perché il mondo fosse andato a rovescio – Shou di solito era l’ultimo ad alzarsi dal letto – Hiro si coprì il viso con il piumino sbuffando e domandandogli perché avesse deciso di punirli.
“Non vi punisco, a quello pensa già Malai quando si esibisce nella doccia…”
Ehy!”
“… Ma oggi se tutto va bene ci sarà la partita, quindi non abbiamo tempo da perdere. Bel e Hiro, voi mi servite, e forse anche tu Lance.”
“Ma io ho sonno!”
Tiratosi a sedere sul materasso, Lance si passò una mano tra gli arruffati capelli biondo grano lanciando un’occhiata implorante al Serpeverde, che però si limitò a sorridere mentre Malai tornava sotto le coperte intimandogli di non rompere:
“Io non gioco a Quidditch, fammi dormire almeno di domenica.”
“Neanche se vado a preparare il caffè?”
Un secondo dopo Malai era saltato giù dal letto, aveva afferrato i suoi vestiti ed era corso in bagno ululando di aspettarlo per bere il caffè. Un minuto dopo, mentre si alzavano svogliatamente dai loro letti, i suoi compagni sentirono il suono dell’acqua corrente accompagnato dai canti di Malai, ma ormai tutti avevano finito col non farci più caso.
“Ho fatto un sogno terribile, venivo bocciato a tutti i test e dovevo partecipare ad una cena con Lumacorno al giorno per tutto l’anno!”
Bel scese dal letto rabbrividendo e massaggiandosi stancamente il viso mentre Lance cercava di far assumere ai propri capelli un aspetto normale usando un pettine e Hiro riceveva la solita dose di affetto mattutina da parte di Eiko, che gli era saltata tra le braccia e gli stava accarezzando affettuosamente i lucidi capelli neri.
“Temo che se ci rifiutiamo di giocare a noi Shou farà anche di peggio… è uscito dicendo qualcosa a proposito di una torta… da quando in qua Shou cucina?!”
Stentando ad immaginare Shou in modalità pasticcere Lance distolse lo sguardo dallo specchio per rivolgere un’occhiata stralunata ad Hiro, che sospirò e asserì che preferiva non saperne nulla. Tuttavia, aveva la sensazione di poter immaginare facilmente a che cosa gli sarebbe servita la torta.
 
*
 
“I ragazzi hanno chiesto di poter giocare a Quidditch, oggi. Pare che molti di loro si siano portati la scopa.”
“Era consentito dal regolamento?”
“In realtà non c’era scritto nulla a riguardo, quindi tecnicamente sì.”
“Ma se dovessero cadere e fratturarsi qualche osso la responsabilità sarebbe nostra, suppongo.”
Phil distolse lo sguardo da Beau per tornare a concentrarsi sui suoi rotoli di pergamena con un sospiro che trasudava esasperazione: avere un mucchio di adolescenti – molti disgraziatamente ancora minorenni – sotto la propria responsabilità assumeva sempre di più le sembianze di una terribile disgrazia.
“Per questo ammetto di essere scettico a mia volta… immagino che dovremmo consultarci e decidere tutti insieme.”
Alle parole di Beau – che stava accarezzando distrattamente il muso di Nix poggiatogli sulle ginocchia – un pigro sbuffo si librò dalle labbra di Phil mentre l’uomo, una piuma in mano, traduceva i testi che gli erano arrivati via gufo un’ora prima senza l’ausilio del dizionario.
“Ti prego. Il Professor Watrous sarà ovviamente d’accordo, e anche Bocca Storta, non c’è nemmeno bisogno di chiederlo. Dovremo decidere io, te e Håkon, come al solito.”
 
“Allora è un caso che Shou Park gli si sia avvicinato con quella che ha tutta l’aria di essere una torta.”
“Cosa?”
Distolta l’attenzione dal suo lavoro, Phil alzò lo sguardo dalle rune aggrottando le sopracciglia e indirizzando al collega un’occhiata perplessa. Per tutta risposta Beau, accennando un sorriso, indicò la grande finestra affiancata da un’enorme libreria di rovere e da una cassapanca che Margot aveva riempito di prodotti per la skin care.
Accigliato, Phil guardò l’insegnante di Astronomia parlare con uno degli studenti più svogliati di tutto il campo, nonché uno dei preferiti di Håkon. Sorridendo e con i capelli biondi scintillanti sotto il sole, Shou Park parlava amabilmente con il professore porgendogli un piatto coperto che aveva tutta l’aria di contenere un dolce.
“Che razza di leccaculo… Da quando in qua Park sa cucinare?”
“La vera domanda è che cosa non si fa pur di giocare a Quidditch…”

 
*

 
Shou fece ritorno allo chalet delle ragazze con un enorme sorriso stampato in faccia: aprendo la porta, annunciò che la partita ci sarebbe stata mentre Tallulah e Priscilla lavavano le stoviglie della colazione e Malai, che era andato a ritirare il dolce insieme a lui dieci minuti prima, se ne stava spaparanzato sul divano ingurgitando la salsa al caffè avanzata con un cucchiaio da minestra.
“Fantastico, non vedo l’ora! Vado subito a dirlo a Marley!”
Sorridendo piena di entusiasmo, Amelie si alzò dal tappeto lasciando i libri sul tavolino da caffè per andare ad informare l’amica. Lilian, seduta di fronte a lei, domandò al cugino di che cosa sapesse il fondoschiena del professor Jørgen senza alzare gli occhi dal libro di Trasfigurazione, ma Shou ignorò la domanda per rivolgersi invece alla Corvonero:
“Si può sapere dov’è finita Marley? Dovevamo andare a corrompere il prof insieme, ma non si è fatta vedere.”
“Non si sente bene stamattina… vado a vedere come sta.”
Scuotendo la testa dispiaciuta per il malessere dell’amica, Amelie fece per dirigersi verso le scale mentre Shou, improvvisamente preoccupato, spalancava gli occhi scuri quasi impallidendo:
“Non possiamo giocare senza di lei e il suo braccio da Battitrice! Vaughan, sta così male?”
Blodwel, mezza sprofondata in una poltrona e impegnata a mangiare i biscotti realizzati con la pasta frolla avanzata dalla crostata, alzò gli occhi al cielo prima di rivolgergli un’occhiata esasperata:
“Prima quando sono salita a portarle un paio di biscotti mi ha detto di scrivere le sue memorie e di ordinare fiori molto colorati per il suo funerale, tu che ne dici?”
“Merda… ma si può sapere che cos’ha?!”
 
 
“PORCA DI QUELLA CHE MALE! Perché non sono nata uomo, perché?!”
Dimenandosi tra le lenzuola, Marley prese a pugni il materasso per cercare di scaricare il dolore mentre Amelie, in piedi accanto a lei, guardava dispiaciuta l’amica tenendosi ad un metro di distanza dal letto: temeva che in preda al dolore potesse lanciarle contro qualcosa come aveva fatto poco prima con Malai, quando il ragazzo era entrato in camera asserendo di aver letto che starsene a poltrire non aiutava affatto i dolori mestruali e che la ragazza dovesse invece alzarsi e muoversi. Marley, per tutta risposta, gli aveva inveito contro di non aver opinioni a causa dell’assenza di un utero nel suo corpo prima di lanciargli contro tutto quello che le era capitato a tiro.  
“Mi dispiace Marley… hai provato a prendere qualcosa?”
“Mi manca solo la morfina! Chiedi in giro se qualcuno ne ha un po’, ho tre sacchi pieni di galeoni che aspettano di essere spesi! Ho così male che non riesco neanche a pensare…”
Gemendo disperata, la Tassorosso si coprì il viso col copriletto mentre Amelie, accostandosi all’amica, le chiedeva gentilmente se voleva che le cambiasse la borsa dell’acqua calda.”
“Va bene, grazie Amelie… Blodwel sta scrivendo le mie memorie?”
Mentre scostava il copriletto per prendere la borsa dell’acqua calda, Amelie ripensò alla Tassorosso sprofondata nella poltrona circondata da Pikachu e Sahara prima di sfoggiare un debole sorriso:
“A dire il vero mi pare stesse mangiando biscotti…”
“Lei mangia e io intanto vado verso la luce, bell’amica! Che vita di merda…”
Sbuffando, Marley strinse le braccia al petto mentre Leith, il suo Asticello, se ne stava appollaiato sul bordo del letto a castello guardando scettico la padrona e chiedendosi che cosa avesse da lamentarsi tanto.
“Shou ha convinto il Professor Jørgen ad acconsentire a farci giocare, quindi i ragazzi volevano organizzare oggi la partita.”
“Oggi?! Ma io non posso giocare in queste condizioni, sono piegata in due dal dolore!”
L’espressione sofferente di Marley si aggravò, tramutandosi in pura disperazione mentre l’amica le parlava con la sua consueta gentilezza:
“Hai provato a chiedere a Tallulah di aiutarti?”
“Tallulah? Che c’entra Tallulah?”
Lasciando che l’amica sfilasse la borsa da sotto le coperte, Marley guardò la Corvonero aggrottando vistosamente le folte sopracciglia castane, chiedendosi di che cosa Amelie stesse parlando. La ragazza, per tutta risposta, strinse la borsa color rame guardando la moribonda con la medesima espressione confusa:
“Beh, Tallulah ha creato questo incantesimo che allevia i dolori mestruali. Nel nostro Dormitorio c’è sempre un gran via vai di ragazze che le chiede aiuto. Credevo che… che lo sapessi.”
Ma era evidente che Marley non ne sapeva nulla, a giudicare dal modo in cui gli occhi celesti le andarono fuori dalle orbite prima di inveire a gran voce:
“E PERCHE’ NESSUNO HA PENSATO DI DIRMELO?! CHIAMAMI TALLULAH, ADESSO!”
“V-volo, Marley.”
Stringendo la borsa ormai intiepidita al petto, Amelie girò sui tacchi e si affrettò a correre fuori dalla stanza temendo che l’amica potesse usarla come bersaglio per il lancio della pantofola – disciplina nella quale Marley si professava campionessa nazionale –.
Sprofondando di nuovo sul cuscino, Marley gemette dicendo a Leith che sarebbe morta lì, sola, in quel letto, e che non avrebbe mai più mangiato un sandwich in tutta la sua misera esistenza. L’Asticello, per nulla impressionato, si limitò a sedersi sul cuscino pizzicandole il lobo dell’orecchio sinistro: sofferente o meno, non poteva perdonarle di averlo privato di attenzioni per tutta la mattina.
 
“Tallulah! Tallulah, qui c’è bisogno di te!”
Sportasi sulla balaustra, Amelie cercò con lo sguardo la compagna di Casa nel salone sottostante, trovandola impegnata a dare da mangiare a Pikachu. Sentendo la voce di Amelie Tallulah alzò lo sguardo, inarcando un sopracciglio mentre Pikachu spolverava i croccantini dalla ciotola.
“Marley sta ancora male?”
“Sì. Vieni per favore, prima che ci uccida tutte per non averle detto prima che potevi darle una mano. Io pensavo che lo sapessero tutti!”
Rabbrividendo – non aveva nessuna intenzione di tornare in camera senza Tallulah – Amelie le rivolse uno sguardo implorante che la compagna non poté ignorare. Annuendo e ormai avvezza al suo ruolo di crocerossina, la giovane strega si alzò e si rassettò con grazia la gonna rosa del vestitino rosa che indossava prima di asserire che sarebbe arrivata subito.
“Anche io ho provato a rendermi utile, ma quell’ingrata di Marley mi ha cacciato in malo modo! Non sono tutte gentili ed educate come Amelie, dopotutto.”    Finita la salsa al caffè, Malai si era dato alle parole crociate. Sorridendo con aria sognante nel nominare il suo nuovo amore, il Tassorosso ignorò l’occhiata visibilmente infastidita che Lilian – ormai stanca di sentire l’amico tessere ininterrottamente le lodi della Corvonero – gli lanciò:
“Ma falla finita, quella poverina sta agonizzando e tu sarai andato a stressarla con le solite cagate da uomo come “non ci pensare, vedrai che ti passa”!”   Alzando gli occhi al cielo, Lilian ignorò l’occhiataccia di Malai – che iniziò a lamentarsi con Priscilla di come anche Lilian quella mattina fosse molto acida – ripensando a tutte le volte in cui suo padre, ritrovatosi solo a crescere una figlia, le aveva ripetuto quelle stesse parole e agli istinti omicidi che così facendo aveva suscitato.
“Quindi Marley può giocare? Marley deve giocare! Tallulah, sei la mia salvezza!”
Immensamente sollevato dalla prospettiva di poter contare sulle abilità di Marley, Shou sorrise allegro e quasi prese a saltellare sul posto mentre indirizzava un sorriso pieno di gratitudine a Tallulah. La bionda, seguendo Amelie sul ballatoio, si limitò a scrollare le spalle con aria annoiata:
“Lo so. Ho idea che a fine estate avrò un bel po’ di favori arretrati da tutti.”

 
*

 
“Quindi la partita si farà? Sono contenta per i ragazzi, dopo tutti i compiti che gli assegniamo e le verifiche che hanno fatto ieri si meritano di divertirsi un po’.”
“Almeno oggi Mindel non avrà bisogno di preparare il dessert, abbiamo la crostata con cui si sono comprati il mio benestare.”
Seduto su uno sgabello in cucina, accennando alla torta che giaceva invitante sotto una campana di vetro Håkon si pregustò l’enorme fetta accompagnata da un altrettanto enorme tazza di caffè che avrebbe chiuso il pasto mentre Margot, in piedi al di là del bancone, preparava il pranzo al posto dell’Elfo Domestico:
“Mindel non c’è, gli ho dato il giorno libero. Per una volta possiamo fare da soli anche noi. Apribottiglie per favore.”
Infilato un enorme filetto di salmone in una teglia rettangolare, Margot prese l’apribottiglie di metallo che Håkon prontamente le porse e, datogli un colpetto con la bacchetta, lo guardò aprire da solo la bottiglia di vino bianco e versarne un po’ sul pesce ancora crudo. Mentre il macinapepe condiva il filetto, la strega prese a cospargerlo di timo e aneto sotto lo sguardo affamato del collega, che moriva dalla voglia di mettere il suo amato salmone sotto i denti.
“Però ci mancano Pluffa, Bolidi e Boccino, temo che dovrò pensarci io. Chissà se nel capanno ci sono delle scope.”
“Darò un’occhiata. Ci vorrà molto per il pranzo?”  
Håkon guardò speranzoso il suo futuro pranzo mentre Margot, sorridendogli divertita, lo cospargeva di sale e olio prima di mettere da parte la teglia:
“Deve stare a marinare almeno mezz’ora, rassegnati. Puoi sempre mangiare un grissino.”
“È una tortura. Ti darei una mano, ma penso che farei solo danni.”
“Non serve, per fortuna sono una strega. Quando cucino così mia madre ancora mi guarda con gli occhi fuori dalle orbite, deve abituarsi.”
Sorridendo, Margot guardò il pelapatate sbucciare due patate da sé mentre Beau, di ritorno da una passeggiata con Nix, faceva il suo ingresso nello chalet:
“Siamo tornati. Stai cucinando, Margi? Sei gentile.”
Sorridendo, Beau appese il guinzaglio di Nix ad uno dei ganci inchiodati alla parete di legno mentre il grosso cane trotterellava verso il suo angolo preferito del salone, sistemandosi al fresco contro la parete.
“Figurati, non è un problema… e così facendo posso scaricare su qualcun altro il lavaggio dei piatti. Ti va bene il salmone in crosta di patate, Beau?”
“Certo. Vedo che abbiamo anche il dessert… i ragazzi si sono superati, questa volta.”
“Che cosa non si fa per il Quidditch… mi ha solo sorpreso che Shou si sia presentato senza Marley.”
Håkon addentò svogliatamente il grissino che Margot gli aveva dato mentre adocchiava affamato il filetto e Beau, sedendosi accanto a lui su uno degli sgabelli, osservava la torta riparata dalla campagna di vetro:
“Non amo i dolci, ma sembra buona. Mi sorprende che i ragazzi siano stati in grado di prepararla, l’altro giorno non sono corsi a chiederci aiuto perché avevano quasi sciolto una caffettiera lasciandola sul fornello in eterno?”
“Già, me lo sono chiesto anche io.”
Addentando il grissino – sfortunatamente integrale, e Håkon si appuntò mentalmente di evitare quella schifezza in futuro – il danese parlò osservando sospettoso Margot, che però fece finta di nulla e si limitò a chiedergli sorridendo di passarle la mandolina.
“La cosa?”
“Quella specie di grattugia. Hai una figlia, pensi di imparare a cucinare qualcosa prima o poi, Håk bello?”
Mentre prendeva la mandolina dalle mani del collega, Margot lo guardò con occhi carichi di rimprovero: era da più o meno due anni che cercava di insegnargli qualcosa, ma Håkon in cucina aveva le stesse attitudini di quelle che aveva lei nello sport.
“A che serve, finchè insegno ad Hogwarts non ho comunque il tempo di farle da mangiare, per ora ci pensa mia madre a sfamare Freya. E se continuo ad insegnare finchè avrà 11 anni, a quel punto inizierà a studiare ad Hogwarts e ci penseranno gli Elfi per quasi tutto l’anno.”
“Insomma secondo i tuoi calcoli puoi evitare di imparare a cucinare per almeno un’altra decina d’anni.”
“Precisamente.”
Håkon sorrise soddisfatto e a Margot non restò che alzare gli occhi al cielo mentre affettava le patate sbucciate.
“Io ho cercato di sforzarmi e di imparare qualcosa, altrimenti avrei fatto morire Dove di fame… adora le mie frittelle con le faccine.”
Sorridendo con affetto nel pensare alla nipotina e alle loro merende, Beau guardò Margot annuire e indicarlo con la saliera mentre il macinapepe condiva le patate tagliate a fettine.
“Vedi Håk, Beau per sua nipote ha imparato, e non vive neanche con lui! Beau, sei lo zio dell’anno.”
“Ma mia madre è felicissima di fare da mangiare a Freya, anzi, la sfama anche troppo! Chi sono io per toglierle questo sfizio?”
“Un paraculo, ecco chi.”
 
“Parlate di cucina? In effetti ho piuttosto fame, ci vorrà ancora molto?”
“Sì MacMillan. Discutevamo sul fatto che qui sono praticamente l’unica che sa cucinare.”
Sedutosi accanto a Beau sul terzo sgabello, Phil aprì il giornale che teneva in mano e guardò Margot aggrottando vistosamente le sopracciglia:
“Ma io so cucinare.”


Margot smise di condire le patate, immobilizzandosi dopo aver puntato i grandi occhi chiari sul collega. Anche Beau e Håkon, altrettanto confusi, si voltarono silenziosamente verso un Phil sempre più perplesso:
“Tu sai cucinare?”
“Sì.”
Tu sai cucinare?!”
Incredula, Margot sbattè più volte le palpebre mentre cercava di ricordarlo con in mano una padella, una spatola, un mestolo o un qualsiasi attrezzo da cucina. Resasi conto di non aver mai visto Phil ai fornelli, si chiese come fosse possibile mentre l’ex Corvonero, accigliato, annuiva spostando la propria attenzione sulla Gazzetta del Profeta:
“Ho sentito che l’età favorisce la perdita dell’udito, ma non credevo potesse avvenire nell’arco di una mattinata.”
“Ho sentito benissimo, mi chiedo solo come sia possibile. Non ti abbiamo mai visto muovere un dito in cucina da quando siamo qui! Perché non hai mai aiutato?!”
“Beh, tu non me l’hai mai chiesto.”
“Com’è possibile che un ex ragazzino viziato con Elfi Domestici come te sappia cucinare?!”
“Punto primo, avevo un Elfo quando ero piccolo e vivevo con la mia famiglia, adesso mi arrangio. Punto secondo, ho imparato dopo che mi sono diplomato ad Hogwarts, prima di andare a vivere per conto mio. Beh? Non guardatemi così, i miei genitori non c’erano quasi mai durante la settimana e qualcuno doveva sfamare il mio fratellino! Gli Elfi gli preparavano solo verdure bollite per ordine di mia madre, ma lui non faceva che piangere e rifiutarsi di mangiarle… così ho imparato a preparargli altro per farlo contento e non farlo morire di fame.”
Tu hai un fratellino?!”
Sforzandosi di immaginare il suo acido collega – colui che evitava come la peste gli studenti del primo e del secondo anno, additandoli come “bambocci piagnucolosi” – una decina d’anni più giovane portare un bambino sulle spalle o prendergli il gelato, Margot lo guardò a bocca aperta mentre Phil, sbuffando, le scoccava l’occhiata più torva del suo repertorio, quella che sapeva far zittire qualsiasi studente:
“Sì, Bocca Storta, ha 11 anni meno di me.”
“Ma certo, Radcliff. Era uno studente eccezionale Margi, non te lo ricordi? Era all’ultimo anno quando sei arrivata tu, mi sembra.”
Beau si rivolse a Margot con un sorriso, ricordando con affetto uno degli studenti migliori che avesse mai avuto mentre lo sconcerto di Margot aumentava a profusione:
“Radcliff MacMillan è tuo fratello?! Pensavo fosse tuo parente alla lontana, o al massimo tuo nipote, non tuo fratello! Il piccolo genio è tuo fratello?”
“Si, beh, non al mio livello, ma fa del suo meglio. Ci vorrà molto per questo pesce?”
“Ma… Ma Radcliff era così… così gentile, ed educato, così carino… come fa ad essere tuo fratello?!”
“In effetti mi pare di ricordare che avesse una specie di assurda cotta per te…”
“Davvero? Beh, del resto sono adorabile!”
Il sorriso compiaciuto di Margot non contagiò Phil, che invece simulò una smorfia schifata mentre Håkon, seguendo con interesse la conversazione, si domandava perché tutte le cose più interessanti fossero avvenute prima del suo arrivo ad Hogwarts.
“Già, uno dei momenti bui della nostra storia familiare… vado a farmi un thè, visto che il pranzo sembra ancora un miraggio.”
Ignorando l’espressione offesa che si palesò sul volto di Margot Phil ripiegò il giornale, lo lasciò sul ripiano di legno del bancone e scivolò dallo sgabello per andare verso i fornelli con le mani sprofondate nelle tasche dei pantaloni. Ancora incredula, Margot si rivolse a Beau parlando in un sussurro:
“Radcliff era suo fratello?! Sicuri che non sia stato adottato?!”
“Ne dubito, si somigliano parecchio. Lui lavora come Spezzaincantesimi adesso, pare sia bravo quasi quanto Phil.”   
“C’è da sperare che sia un po’ più umile… Mi sta sentendo? Meglio così.”

 
*

 
“Non sono del tutto sicuro che sia una buona idea.”
“Mia madre dice sempre che è la cosa più semplice del mondo… pare che sia una ricetta a prova d’idiota.”
In piedi accanto a Lance in cucina, Bel si grattò la testa osservando con leggera preoccupazione il sacco di juta pieno di patate che avevano tirato fuori dalla dispensa e i panetti di burro disposti sul bancone. Poco convinto dalle parole dell’amico, Lance prese per il manico una delle grosse lame infilate nel porta coltelli di legno prima che la voce di Hiro gli ordinasse allarmato di mettere via il coltello da carne.
“Ok, questo lo teniamo per quando avremo raggiunto il prossimo livello di maestria. Sicuro che siamo in grado?”
Affrettatosi a rimettere a posto la lama – lunga quasi quanto il suo avambraccio – Lance si allacciò il delizioso grembiule bianco pieno di fiorellini che aveva trovato nel cassetto delle tovaglie mentre Bel iniziava a tirare fuori le patate dal sacco di juta per lavarle:
“Beh, dobbiamo solo cospargerle di olio, metterle in forno, poi aprirle e farcirle… non potrà essere così difficile, no?! Non vanno neanche pelate.”
“Allora forse potremmo anche cavarcela. Hiro, ma la pancetta con cosa la tagliamo, se non possiamo usare i coltelli seri?”
Lance aveva appena finito di parlare quando Hiro, sospirando e con Eiko aggrappata alle spalle, li raggiunse, aprì il cassetto delle posate per poi consegnare ai due Tassorosso due innocui coltelli da burro:
“Vi consiglio di usare questi.”
“Ma questi non tagliano niente!”
Appunto.”
 
Acceso il forno – pregando che non esplodesse – Bel dispose in fila le patate su un foglio di quella strana carta che Hiro gli aveva detto di usare mentre Lance, impegnato a cercare di tagliare la pancetta con il coltello da burro finendo col fare il triplo dello sforzo necessario, cercava di ignorare gli sforzi di Regina di farsi allungare qualcosa da mangiare: non appena li aveva visti armeggiare in cucina la gatta di Shou si era avvicinata ai due e aveva preso a girare intorno alle loro gambe miagolando implorante.
“Shou ha detto che la partita si farà di sicuro, sei felice?”
“Certo, spero solo che giochi anche Marley… sarà già abbastanza strano avere una squadra diversa, ma non riesco ad immaginare di giocare senza di lei.”
“Sono sicuro che la prospettiva di perdersi una partita la farà tornare magicamente in forma perfetta, è impossibile che resti a guardare e basta. L’olio sulla padella andrà prima o dopo la pancetta?”
Presa in mano la bottiglia di olio, Lance guardò dubbioso quella e poi la padella dove avrebbe dovuto far rosolare i cubetti di pancetta già posizionata sul fornello.
“Prima, credo. Ti ricordi quando giocavi ancora in squadra con noi, e Marley ci tenne tutta la sera a ripassare la strategia di gioco in Sala Comune prima della finale contro Grifondoro?”
“E chi se lo scorda… dopotutto Tassorosso non vinceva la Coppa da anni, era comprensibile che fossero tutti così accaniti. Pensi che dovrò giocare davvero anche io? Sono un po’ arrugginito, e preferirei stare a guardare insieme a Bloody, a dire il vero. Devo prendermi la rivincita a Sparaschiocco.”
“Dipende, credo che siamo a corto di un Portiere decente… ed è difficile dire di no a Shou, quando si tratta di Quidditch. Metto a cuocere la prima infornata, spero che non accada nulla di catastrofico.”
Aperto il forno ormai caldo Bel prese la leccarda piena di patate lavate e oliate e la infornò, chiudendo lo sportello prima di proporsi di aiutare l’amico a tagliare la pancetta: Lance, per tutta risposta, guardò torvo il coltello da burro che teneva in mano mentre Regina, arresa, si allontanava indignata per andare a farsi coccolare dal suo padrone.
“Grazie. Con questi affari inutili resteremo ad affettare fino a domani, probabilmente. Chissà perché quando mettiamo piede in cucina tutti si preoccupano e ci trattano come bambini…”
“Già, chissà perché.”
 
Dieci minuti dopo Hiro decise di prendersi una pausa dallo studio – Shou invece studiava concentratissimo il disegno di un campo da Quidditch realizzato appositamente da Malai, scarabocchiandoci sopra e cancellando di continuo parole indecifrabili e geroglifici di ogni genere – per andare a controllare come procedeva la preparazione del pranzo: non sapeva perché, ma quando il turno di cucinare spettava a molti dei suoi compagni lo colpiva il timore che tutto potesse prendere fuoco. In fin dei conti si trovavano pur sempre in uno chalet.
“Ciao ragazzi. Come procede?”
“Le patate della prima infornata sono cotte, e siamo persino riusciti a tagliarle senza ustionarci!”
Sorridendo allegro, Lance indicò al compagno la fila di patate dorate già tagliate e imburrate con la mano coperta da un guanto da forno a fiori mentre Bel, invece, osservava dubbioso la padella dove avevano messo a cuocere la pancetta ancora cruda.
“Sì, eppure non capisco perché la pancetta non si è ancora cotta…”
“Beh, suppongo che abbiate acceso il fornello.”
Hiro parlò aggrottando la fronte e alle sue parole i due Tassorosso si guardarono, poi guardarono in silenzio il fornello. Infine Lance prese la padella per il manico e la sollevò, sorridendo colpevole nel trovare il fornello spento mentre Hiro, invece, si passava una mano sugli occhi scuri:
Ops… ero convinto di averlo acceso. Per fortuna ce ne siamo accorti in tempo. Hiro, forse è meglio se ci dai una mano.”
“Se non altro le patate siete riusciti a farle, sono piuttosto fiero di voi.”
Sospirando, il Corvonero raggiunse i due dietro ai fornelli mentre Lance e Bel, invece, parvero soddisfatti e si scambiarono un sorriso:
Sentito Bel, stiamo migliorando!”
“Già, forse quando torneremo a casa saremo vagamente passabili in cucina!”

 
*
 

Seduto sulla sedia a sdraio che aveva fatto apparire per godersi la partita in comodità, Håkon stava mangiucchiando una fetta della torta che gli aveva portato Shou quella mattina.
Naturalmente il tentativo di corruzione non l’aveva sorpreso, quanto più la tipologia di dolce: una crostata con cioccolato e salsa al caffè. Håkon adorava il caffè e tutto ciò che conteneva quantità esorbitanti di burro, tanto da chiedersi come avesse fatto lo studente ad indovinare i suoi gusti con tanta maestria.
Margot, seduta accanto a lui, si stava spalmando un litro di protezione 50+ sulle porzioni di braccia lasciate scoperte dalla camicia a maniche corte bianca a fiorellini celesti che indossava scrutando gli anelli che Phil e Beau avevano fatto apparire poco prima.
“Di solito quelli non sono più alti?”
“Sì, li hanno ridotti di qualche metro per rendere il gioco un po’ più sicuro… i ragazzi stanno organizzando le squadre, ma manca l’arbitro. Vuoi una fetta di torta?”
“Grazie Håk. Ti piace?”
Sorridendo, Margot accettò la fetta di crostata e il tovagliolino che l’amico le porse guardandolo divertita da dietro le lenti degli occhiali da sole che portava. Per nulla sorpreso dalla rivelazione, Håkon si limitò ad accennare un sorriso di rimando:
“Hai per caso a che fare con questo dolce? La cosa non mi stupisce.”
“Shou Park è un ragazzo molto sveglio, ha un gran futuro davanti a sé, dà retta a me.”
 
“Allora, abbiamo Amelie come Cercatrice, Marley e Bel Battitori… Ho convinto Hiro a giocare come Cacciatore con me e Celia, quindi ci manca solo un Portiere.”
“Tu giochi, Hiro?”
Sorpresa, Amelie si voltò verso il compagno di Casa mentre il ragazzo, le braccia strette al petto, sbuffava sommessamente:
“Mi hanno costretto, ma non garantisco nulla. Mio padre è molto più bravo di me.”
“Non dire cazzate, Malai dice che sei bravissimo. Marley, sicura di riuscire a giocare?”  Shou, che imbracciava la scopa, spostò la sua attenzione da Hiro a Marley, che dopo essersi riempita di crema solare se ne stava, un po’ più pallida del solito, in piedi accanto a Bel e con il braccio dell’amico a cingerle le spalle:
“Certo, non resterò in panchina guardandovi giocare contro quelli del V anno senza dare il mio contributo. Comunque, possiamo chiedere a Lance di giocare con noi.”
“Ma Lance preferisce fare il tifo, lo sai.”
“Dovrà mettere l’animo da cheerleader da parte per il bene della squadra, vado a dirgli che non ha scelta.”
La Tassorosso, che ormai era entrata nello spirito competitivo pre-partita, si diresse con passo deciso verso l’angolo di prato dove Blodwel e Lance si erano sistemati e stavano disponendo una partita a Sparaschiocco. Guardandola con leggera preoccupazione, Bel tornò a rivolgersi ai novelli compagni di squadra chiedendo ansiosamente ad Amelie se per l’amica fosse sicuro giocare:
“Non preoccuparti Bel, l’incantesimo di Tallulah è un portento. Avrei perso un sacco di lezioni e allenamenti senza di lei.”
“Tallulah ha inventato un incantesimo? Interessante, vado a chiederle come…”
Colpito e incuriosito, Hiro fece per raggiungere Tallulah e Lilian prima che Shou, perentorio, lo afferrasse per un braccio per rimetterlo esattamente dov’era:
“Tu non ti muovi da qui, devo illustrarvi la strategia di gioco. Non abbiamo mai giocato insieme e questo è ovviamente uno svantaggio, ma se mi ascoltate attentamente potremmo anche fare un bel lavoro.
“Dategli retta, è entrato in modalità Capitano.”
Celia, che giocava con Shou da ormai diversi anni, scoccò un’occhiata d’avvertimento a fratello gemello e compagni mentre Shou, serissimo, iniziava a snocciolare istruzioni e ad indicare punti del campo improvvisato. Un minuto dopo Marley fece ritorno con aria soddisfatta e in compagnia di Lance, che decretò di aver accettato di giocare e di sacrificare il tifo per la causa.
 
 
“Quante storie per una partita amichevole… non ho mai capito tutta la frenesia che si crea attorno a questo sport.”
Dopo aver fatto apparire un lettino da spiaggia, Tallulah ci si era sistemata sopra con tanto di occhiali da sole rosa, decisa a farsi un riposino rilassante. Certo non era sua intenzione offendere Shou non prestando attenzione alla partita, sapeva quanto l’amico tenesse al Quidditch, pertanto aveva portato una bandierina da agitare di tanto in tanto e fingere interesse. Un piano infallibile.
“Nemmeno io, ma in veste di cugina di Shou sono ovviamente costretta a dargli il mio supporto… naturalmente ho portato i libri, devo sfruttare il tempo per studiare, ma urlerò qualche frase di incoraggiamento randomica di tanto in tanto.”
Seduta a piedi scalzi sulla coperta a scacchi che aveva disteso sul prato, Lilian finì di legarsi i capelli in una lunga treccia dorata che scintillava sotto il sole prima di prendere uno dei tre libri che aveva infilato nello zaino. Tallulah le stava giusto dicendo che erano le finte fan di Quidditch più convincenti di sempre quando Malai e Priscilla finalmente le raggiunsero, entrambi sorridenti e visibilmente soddisfatti: il primo portava sulle spalle uno degli zaini più enormi che Lilian avesse mai visto – era sicura che Malai, volendo, avrebbe potuto infilarci dentro anche Priscilla – e la seconda stringeva un cartellone bianco arrotolato.
“Eccovi finalmente! Dove eravate finiti?”
“Io ho portato le scorte di cibo. Non si sa quanto può durare una partita di Quidditch, meglio essere previdenti.”
Scaricando lo zaino con un tonfo sordo che fece tremare la sdraio di Tallulah, Malai si tolse le scarpe e sedette accanto a Lilian sulla coperta incrociando le gambe e stringendosi le ginocchia, chiedendole rassegnato se avrebbe mai smesso di studiare. Priscilla, invece, srotolò il cartellone sorridendo alle due amiche:
“E abbiamo finito lo striscione per Shou! Vi piace?”
Sollevandosi leggermente facendo leva sui gomiti, Tallulah si fece scivolare gli occhiali sulla punta del naso per poter osservare il lavoro artistico dei due amici, sorridendo quando vide i fuochi d’artificio verdi che esplodevano magicamente sulla carta e il nome verde-argento dell’amico che si muoveva di tanto in tanto:
“Bellissimo. Sono sicura che lo apprezzerà.” 
Sorridendo, Tallulah si rimise comodamente distesa supina sulla sua sdraio mentre Lilian, osservando lo striscione con tanto d’occhi, si chiedeva quanto ci avessero lavorato i due:
“Quanto ci avete messo a creare gli effetti con la magia?”
“Non tanto, solo un’ora… speriamo che gli piaccia. Ho saputo che gioca anche Hiro, se me lo avessero detto prima avrei pensato a fare qualcosa anche a lui. Spero non si offenda.”
Sfilatasi le scarpe a sua volta, anche Priscilla sedette sulla coperta distendendo le gambe pallide e coperte da efelidi mentre Lilian, tornata a concentrarsi sulla sua lettura, la rassicurava pigramente:
“Ne dubito, visto e considerato che Shou ha dovuto assillarlo per giocare. Malai, hai del succo di zucca in quel rifornimento trimestrale di cibo?”
“Ma certo! Probabilmente mi ci vorrà un quarto d’ora per trovarlo, ma lo avrai.”
Afferrato lo zaino, Malai prese a frugare tra biscotti, cracker, panini, focaccine e merendine alla ricerca dei bicchieri di carta e del succo mentre Shou, terminato di dare istruzioni alla sua squadra improvvisata, si avvicinava ai professori per comunicargli che per poter giocare mancava solo un arbitro.
“Suppongo che dovrà farlo uno di noi… qualcuno si offre?”
Accigliato, Phil si rivolse ai colleghi mentre Håkon e Margi si dividevano la torta rimasta e Beau, che aveva portato Nix con sé, la legava ad un albero per impedirle di andare a cercare di rubare la Pluffa dalle mani di Hiro.
“Io penso proprio che mi limiterò ad assistere, miei cari.”
Fatta apparire una terza sedia a sdraio, Theobald si accomodò accanto a Margi e poi, muovendo pigramente la bacchetta, accanto a lui apparve un tavolino con sopra un libro e una caraffa piena di tè freddo ghiacciato.
“Posso farlo io! Mi piace l’idea che la mia parola sia incontestabile.”
“Qualcuno che non sia Margot si offre?”
“Che cos’è questa discriminazione? Pensi che non sia in grado solo perché sono una donna forse?”
Indispettita, Margot si alzò guardando torva il collega e stringendo le braccia al petto. Phil invece non si scompose particolarmente, accennando invece un sorrisetto beffardo con le labbra:
“Oh, no. Infatti penso che Demelza sia un arbitro fantastico. Penso che tu non ne sia in grado semplicemente perché sono sicuro che cadrai dalla scopa in cinque minuti scarsi.”
Se Phil sperava di irritare la collega, non ottenne affatto il risultato sperato: sorridendo amabile, Margot si sfilò gli occhiali da sole e se li sistemò tra i capelli scuri senza smettere di ricambiare fermamente il suo sguardo.
“Davvero? Ma è incredibile, non sapevo che tu e Sibilla vi frequentaste a tal punto da averti addirittura insegnato qualche precetto divinatorio! Sono molto colpita, ma ti assicuro che posso farlo. Demelza non parla d’altro che di Quidditch prima e dopo le partite, ormai ho imparato qualcosa per osmosi. E poi è una partita amichevole, non è una cosa seria! Håk, vuoi forse offrirti tu?”
La strega si voltò abbassando lo sguardo sull’amico, che però non accennò minimamente a volersi muovere dalla sedia e si limitò a sollevare pigramente il pezzo di torta che teneva in mano:
“Onestamente sto bene qui.”
“Bene. Beau?”
“Se nessun altro si offre posso farlo, ma ammetto che preferirei finire di leggere Un amore di Swann…” (1)
Sorridendo colpevole, Beau accennò al libro che teneva in mano mentre Margot, sorridendo soddisfatta, guardava Phil stringendo le braccia pallide al petto:
“Sembra che dovrà farlo uno di noi due. Muori dalla voglia di arbitrare una partita amichevole giocata da ragazzini, Phineas?”
“Io non ero nemmeno a favore di questa partita, quindi ti cedo l’onere. Vedi di non cadere dalla scopa, non ho nessuna intenzione di farti da infermiere.”
“Me la caverò. Håk bello, tienimi questi. C’è una scopa per me, pulcini? E diamoci una mossa, stasera voglio guardare Pretty Woman.”
Sfilatasi gli occhiali da sole e lanciati ad Håkon, Margot si affrettò a raggiungere i ragazzi mentre Phil occupava la sua sedia a sdraio rimasta libera aprendo un libro:
“Quanto dite che ci metterà a cadere dalla scopa? Io dico 5 minuti.”
“Io le do un po’ più di fiducia, direi un quarto d’ora.”
“Beau?”
“Povera Margi, non è carino scommettere su quanto ci metterà a farsi male!”
Aprendo il libro e parlando con viva disapprovazione, Beau guardò la collega avvicinarsi a Marley per chiederle come stesse mentre Håkon, sbuffando piano, ingollava l’ultimo pezzo di crostata avanzato:
“Figuriamoci, Margi è indistruttibile.”
Non era un eufemismo: da quando la conosceva Håkon aveva visto la sua amica inciampare almeno un’infinità di volte, e in ognuna di quelle occasioni Margot si era sempre rialzata sorridendo e assicurandogli di stare benissimo anche dopo le cadute più improbabili.

 
*

 
“Bravissimo Shou!”
Mentre Priscilla, sorridente, applaudiva la rete dell’amico insieme agli altri studenti del loro anno – anche se non con troppo entusiasmo nel caso di Blodwel, che lanciava occhiate disgustate alle fan adoranti del Serpeverde vicino alle quali era disgraziatamente finita e quasi pregava che un fulmine le colpisse – Malai s’infilò pollice ed indice uniti ad anello tra le labbra ed emise un fischio acutissimo che fece sobbalzare Lilian, seduta accanto a lui e più presa dal suo libro che dalla partita in corso:
“Malai, ma che cavolo!”
La strega scoccò un’occhiata torva all’amico, che però fece spallucce e le indicò il cugino con un sorriso:
“Sto solo facendo il tifo… Ehy Miss X, guarda che Shou ha segnato!”
“Eh? Cosa? Ah, sì… Yeeeee, evviva!”
Ridestatasi momentaneamente dalla sua lettura, Tallulah si guardò attorno confusa dalla sua sdraio prima di affrettarsi ad agitare svogliatamente la bandierina, parlando con scarsa convinzione prima di tornare a leggere il suo manga.
“Wow, voi sì che siete delle cheerleader nate…”
“Abbiamo cose più interessanti da fare, evidentemente.”
“Nemmeno io sarei molto interessato, ma devo sostenere Shou. E poi gioca anche Amelie.”
Un sorriso adorante incurvò le labbra del ragazzo mentre posava sognante lo sguardo sulla Corvonero, riprendendo ad elencare per la quindicesima volta tutti i suoi innumerevoli pregi mentre Priscilla ridacchiava e Lilian, esasperata, si domandava quando avrebbe avuto fine la fase Amelie: conosceva ben poco la bella Cercatrice e non aveva alcun motivo per disprezzarla, ma cominciava ad averne fin sopra i capelli delle moine del suo migliore amico.
“Se almeno non ci fossero quelle oche bavose ad assordarci tutti… Davvero non capisco. Mio cugino sarà anche bello, ma rendersi ridicole in quel modo mi sembra esagerato!”
“In effetti non capisco come possano fare certe scenate… Io mi vergognerei da morire.”
Rabbrividendo alla sola idea di rendersi ridicola in quel modo, Priscilla lanciò un’occhiata perplessa alle spasimanti dell’amico mentre Malai, all’improvviso, s’irrigidiva leggermente. Dopo una breve esitazione – durante la quale il suo cervello partorì un’idea geniale – il Tassorosso abbandonò la sua espressione concentrata per sfoggiare invece un sorrisetto pericolosamente divertito:
“Potremmo anche trarne qualcosa di buono, no?”
“Che intendi dire, Riccioli d’Oro?”
“Mpf, possibile che qui io sia l’unico che ha fiuto per gli affari? Mie care amiche, devo insegnarvi proprio tutto!”
“Falla finita e parla chiaro, ho più roba da studiare che anni di vita.”

 
*

 
“Ragazze, hanno segnato.”
“Che? Oh, bene, evvivaaa!”
Sììì, bravi…”
Né Tallulah né Lilian alzarono lo sguardo, limitandosi a continuare a farsi gli affari propri mentre agitavano distrattamente le loro bandierine. Non poterono così cogliere le occhiate stralunate che Malai e Priscilla rivolsero loro, ma fortunatamente Blodwel – stesa sul prato con la testa appoggiata sulla sua giacca nera appallottolata – diede vita ai pensieri di entrambi lanciando alle due compagne un’occhiata perplessa:
“Guardate che ha segnato l’altra squadra…”
Alle parole della Tassorosso le due giovani streghe si sentirono raggelare, alzando simultaneamente lo sguardo sulla partita in corso e sui giocatori mentre Tallulah cercava nervosamente Shou:
“Porca soia. Dici che ci ha sentito?”
“A giudicare dal modo in cui ci guarda Shou e da come Hiro se la sta ridendo ho proprio paura di sì.”
Presto, fa’ finta di nulla, fingiti profondamente rammaricata per il goal subito e indica quelle del V anno, forse penserà che sono state loro.”
Stampandosi la sua miglior espressione avvilita sulla faccia, Tallulah scosse il capo e indicò il gruppetto di ragazzine più piccole sedute a pochi metri di distanza da loro, imitata da Lilian. Shou non sembrò particolarmente convinto, ma probabilmente preferì lasciar perdere e abbassò invece lo sguardo su Margot per richiedere una pausa.
Era ora che qualcuno me lo chiedesse, sto morendo di sete! Cinque minuti di pausa fanciulli.”
 
Shou aveva appena toccato il suolo erboso quando – dopo aver risposto con un sorriso ai cenni di saluto di Malai e Priscilla – si rivolse più serio che mai ai compagni di squadra, tra i quali una Marley che si massaggiava la schiena dolorante mormorando qualcosa sulla morfina.
“Quella rete ce la potevamo benissimo evitare. No Lance, non ce l’ho con te, dobbiamo essere tutti più coordinati.”
“Ma Capo, è la prima volta che giochiamo insieme. Anche se quel Bolide lo dovevi indirizzare meglio, Bel.”
Celia scoccò un’occhiata di rimprovero al gemello, che per tutta risposta la guardò indignato a bocca spalancata:
“Non te la prendere con me Celia! M-Marley è un po’ fuori gioco, quindi devo stare attento il doppio!”
“Ehy! Come osi, io sono in forma perfetta! Potrei correre la maratona e non me ne accorgerei neanche.”
Marley parlò sollevando la testa con aria sostenuta, facendo del proprio meglio per stare dritta e dissimulare il mal di schiena mentre Lance, accanto a lei, la guardava dubbioso:
“Sì, la maratona di Downton Abbey…”
Il ragazzo incrociò le braccia e scosse il capo con disapprovazione mentre Marley, confusa, gli chiedeva di cosa stesse parlando. Blodwel, osservandoli a distanza, mangiucchiò la barretta ai cereali presa dalle scorte quinquennali di cibo di Malai chiedendosi perché i maghi si agitassero tanto per il Quidditch. Anche se, in fin dei conti, era un po’ come quando a casa sua si radunava tutta la famiglia per guardare il campionato di cricket.
 
“Se anche perdessimo nessuno sarebbe responsabile più di altri, ma la cosa non mi preoccupa perché tanto noi non perderemo. Amelie, non mi deludere.”
“Farò del mio meglio. Peccato aver dimenticato la cioccolata, un quadretto per ricaricarmi mi farebbe comodo…”
La Corvonero, finito di legarsi i capelli in una lunga coda di cavallo, aveva appena finito di parlare con un sospiro amareggiato quando Malai apparve magicamente al suo fianco con un sorriso adorante sulle labbra e una tavoletta di cioccolato in mano:
“Tieni Amelie, ne ho portata un sacco.”
“Oh. Ma come hai fatto a… beh, non importa, grazie Malai.”   Sorridendogli imbarazzata, Amelie prese la cioccolata prima di distribuirne un po’ tra i compagni. In un altro momento Shou si sarebbe sentito offeso per essere stato trascurato, ma troppo preso dall’incontro ordinò ai compagni di muoversi a tornare in sella alle scope prima di rivolgersi a Margot:
“Prof, dobbiamo riprendere a giocare.”
Sono già passati cinque minuti?! Ok, arrivo.”
La donna, appoggiata alla sedia a sdraio di Beau con un bicchiere di carta in mano, trangugiò il caffè rimasto prima di lasciare il bicchiere al collega e tornare dagli studenti con un sorriso allegro sulle labbra:
“Ci sono, quando volete riprendiamo fanciulli.”
 
Håkon, quanti caffè ha già bevuto oggi?”
“Due di sicuro. Dopo nascondiamo la caffettiera, non hai idea di quali effetti abbia una dose eccessiva di caffeina su di lei.”

 
*

 
“Hai perso qualcosa Beaumont?”
Mentre piegava in tutta calma la sua sedia a sdraio e se la sistemava sotto al braccio sinistro, Theobald guardò il collega perlustrare il suolo attorno al punto dove era rimasto seduto per tutta la durata della partita. Si era alzato solo dopo che Amelie aveva preso il Boccino e la partita era finita, si era allontanato brevemente per andare in bagno e al suo ritorno non si era reso conto che il libro era sparito finchè tutti non avevano iniziato ad allontanarsi. Quando aveva fatto per far Evanascere la sua sedia si era reso conto di aver lasciato lì il libro, di cui non c’era più traccia.
“Sì, il libro di Proust che stavo leggendo… ero sicuro di averlo lasciato sulla sedia quando mi sono alzato. Forse è caduto da qualche parte, ma non riesco a trovarlo.”
“Magari l’hai riportato allo chalet per sbaglio, dovresti cercare lì.”
“Sì… forse. È possibile che non me ne sia accorto.”
Dubbioso, Beau alzò lo sguardo per posare gli occhi chiari su Theobald, inarcando un sopracciglio mentre un pensiero gli attraversava la mente. L’anziano collega sembrò intuire cosa stesse pensando, perché sgranò gli occhi blu e sollevò entrambe le mani per dichiarare la sua assoluta innocenza:
“Giuro che non l’ho preso io, Beaumont. Non mi permetterei mai di sottrarre qualcosa ad altri. Puoi chiedere ad Håkon e Philip.”
“Non serve Professore, le credo. Prima o poi immagino che salterà fuori.”
“Puoi sempre Appellarlo.”
“Dopo essere diventato maggiorenne mio fratello prese la simpatica abitudine di rubarmi i libri Appellandoli da ogni angolo della casa, nascondendoli in giro… da allora appena li compro faccio in modo che i miei libri non possano essere Appellati, preferisco che non finiscano in giro. Vado a vedere se l’ho lasciato nello chalet senza rendermene conto.”
Leggermente sconfortato, Beau superò il collega per fare ritorno allo chalet, pensieroso e con le mani sprofondate nelle tasche. Theobald lo seguì, ma solo dopo aver riflettuto su come, ora che gli veniva in mente, non riuscisse a trovare uno dei suoi libri da un paio di giorni.
 

 
*

 
Quando era stato mandato a chiamare nello chalet dei professori Malai non aveva provato il benchè minimo stupore: si trovava al Camp da ormai più di dieci giorni, era anzi sorpreso che ci fosse voluto tanto tempo.
Il suo ingresso nell’edificio di legno e pietra era stato accolto dall’enorme cane del Professor Hawkes: Nix si era praticamente lanciata sul ragazzo, ignorando i richiami esasperati del padrone. Andando a richiamare l’attenzione di Nix con un osso di gomma fucsia, Beau si scusò con lo studente per l’assalto mentre Nix girava attorno al nuovo arrivato e Malai si sistemava distrattamente le maniche della camicia grigia che indossava:
“Non si preoccupi, mi piacciono i cani! La prof voleva vedermi?”
“La trovi nel suo angolo. Vieni signorina, direi che hai bisogno di scaricare un po’ di energie.”
Appellata la pallina preferita del suo cane e la giacca di tela blu notte appesa alla parete, Beau aprì la porta e fece cenno a Nix di seguirlo fuori mentre Malai puntava gli occhi scuri sull’enorme divano di cuoio posto davanti al camino spento che occupava un terzo del salone. Lo schienale gli impediva di incontrare la figura della sua insegnante prediletta, ma in compenso il chiacchiericcio di Margot gli giunse ben presto alle orecchie:
“… sì, è andata bene. Davvero, puoi chiedere a Beau, saresti stata molto fiera di me! … No, non sono caduta, perché tutti ne siete tanto convinti? I ragazzi del VI anno hanno vinto, saresti stata orgogliosa anche di loro. … Mi chiedi se ho fatto giocare Malai?! Sei impazzita, secondo te gli permetterei mai di giocare?! Guarda che gli voglio bene, al tuo ragazzo! Sì, sta bene, tra poco te lo passo.”
Facendo silenziosamente il giro del divano, Malai sfoderò un largo sorriso e rivolse un cenno di saluto a Margot quando finalmente il suo sguardo poté indugiare su di lei: comodamente stesa sul divano con grossi calzini di lana celeste addosso, la donna stava parlando al telefono con una fascia di spugna rosa a tenerle indietro i capelli scuri e una specie di poltiglia marrone spalmata sul viso. Naturalmente Malai ai suoi trattamenti di bellezza era ormai abituato, e non battè ciglio.
Margot rispose al sorriso, scoccandogli un bacio con la mano prima di riprendere a parlare con Demelza mentre Phil – imprecando qualcosa contro l’onnipresenza di una certa gallina che gli continuava a capitare tra i piedi – usciva dalla cucina tenendo in mano un piatto con un toast fumante.
“Ciao Johansson… che fai qui?”
“La prof mi ha mandato a chiamare, penso voglia passarmi mia madre.”
Malai accennò alla strega – impegnata a discutere con Demelza sull’efficacia delle maschere anti age – mentre Phil, annuendo distrattamente, puntava la sua solita poltrona. Oltrepassando il divano il mago scoccò un’occhiata di sbieco a Margot, spalancando gli occhi chiari e trattenendo a stento un sussulto quando le vide il viso impiastricciato:
“Che ti sei messa in faccia questa volta?!”
“Shh! Ma no, non parlavo con te Demelza, aspetta, c’è il rompipalle… No, non tuo figlio, parlo di MacMillan! Maschera di bellezza ai fanghi, te la consiglio.”
“Se è per bellezza come mai sembri il mostro della laguna?”
Margot ignorò il commento del collega, limitandosi ad alzare una delle dita della mano nella sua direzione mentre Malai, offeso, aggrottava vistosamente la fronte:
“Io non sono un rompipalle!”
“Elza, te lo passo, ho messo in pausa già troppo a lungo e Richard e Julia stanno per andare a teatro… salutami tuo marito. Tesoro, parla con la mamma.”
Lanciato il telefono allo studente, Margot si sistemò sulle ginocchia il portatile fino ad allora abbandonato sul poggiapiedi, riprendendo la visione di Pretty Woman mentre Malai si rivolgeva indispettito alla madre:
“Ma’, perché pensavi che il rompipalle fossi io?! … No, non ci credo che avevi sentito “Raccattapalle”, specie perché nel Quidditch non esiste e non potrei averlo fatto neanche volendo! Come sta Poldo, lo stai nutrendo? … Sì, la zia Margi mi controlla, ma mi sto comportando benissimo. Stasera c’è una lezione straordinaria di Astronomia, ma io non partecipo.”
 
Impegnato a parlare con la madre, Malai iniziò a gironzolare distrattamente per il salone mentre Margot, recuperata la sua tazza di tisana alla lavanda, tiglio e vaniglia, cercava di godersi il film.
“Come vorrei incontrare un uomo bello come Richard Gere…”
Esci con quella roba sulla faccia e al massimo otterrai che tutti i giornali locali gridino allo scandalo per aver avvistato il famigerato mostro lacustre, altro che quel tipo…”
Seduto con la caviglia destra appoggiata sul ginocchio sinistro, Phil accennò allo schermo del computer prima di addentare un toast pieno di formaggio filante. Margot, trattenendosi dal mettergli le mani al collo per via della presenza di Malai, si limitò a rivolgergli una sfila di parole eleganti mentre Malai, appostatosi davanti ad una finestra, cercava di capire come fosse possibile che la madre non trovasse più Poldo in giardino:
Come sarebbe che l’hai perso?! Ma’, è un Thestral, non un coniglietto! … Lo so che per te è invisibile, ma spargi della farina in giro, che ne so, inventati qualcosa!”
 
“Guarda che io parlo per il tuo bene, Margot!”
Era così raro che Phil le si rivolgesse usando il suo nome di battesimo che Margot per un istante depose l’ascia di guerra per la sorpresa: sbigottita, lo guardò quasi senza parole prima che il collega abbandonasse la sua espressione di sincera preoccupazione per sfoderare il suo ghigno migliore.
“Siamo in Scozia, sulle sponde di un lago… non vorrai che un gruppo di fanatici ti rapisca credendo di aver finalmente acciuffato Nessie…”
“Come sei premuroso. Bel maglione, è di cashmere?”
Sorridendo amabilmente, Margot si rigirò la tazza di porcellana – che riportava l’immagino di uno strano casco nero a Phil sconosciuta – tra le dita mentre il collega abbassava lo sguardo sul maglione grigio a trecce che indossava:

“Sì, perché?”
“Prezioso e difficile da lavare, immagino.”
“Perché me lo chiedi?”
 
“Ah, questo riposino mi serviva proprio, assistere alla partita è stato terribilmente faticoso… allora miei cari, quando si cena?”
Sorridendo allegro, Theobald era uscito dalla sua stanza e si era sporto dal ballatoio con aria riposata e i pollici infilati distrattamente al di sotto degli straccali scuri che indossava. L’anziano professore tuttavia non ottenne alcun responso, ritrovandosi a guardare Phil che inveiva contro Margot indicandosi furioso il maglione fradicio e un Malai Johansson più che mai offeso che lasciò un telefono sul ripiano della cucina prima di andarsene asserendo che in quel mondo crudele non ci si poteva fidare più di nessuno, nemmeno della propria madre, e che con Demelza Robins in circolazione tutti i Thestral del mondo non erano più al sicuro.
“Che cosa mi sarò perso?”
Confuso – ma in parte deliziato da quel divertente siparietto – Theobald osservò Phil allontanarsi furioso da una Margot compiaciuta mentre Håkon, uscito a sua volta dalla sua stanza, si avvicinava all’anziano collega tenendo delle mappe tra le mani e sorridendo entusiasta:
“Ho finito di preparare la lezione! Professore, sa quando si cena?”
“Me lo stavo chiedendo anche io, Håkon.”
“Mindel è ancora in ferie e la cucina Campbell per oggi ha chiuso i battenti… ci può pensare il simpaticone per una volta, dal momento che a quanto pare sa cucinare.”
Parlando senza nemmeno voltarsi, Margot si sistemò il computer sulle ginocchia per riprendere la tormentata visione del film mentre Beau faceva ritorno dalla sua sessione di gioco con Nix: entrato nello chalet, l’uomo alzò confuso lo sguardo sui due colleghi in piedi sul ballatoio chiedendo loro cosa fosse successo.
“Non lo sappiamo, ma ho idea che stasera digiuneremo.”
“Posso sempre preparare qualcosa io!”
Di fronte all’entusiasmo di Theobald Håkon e Beau si scambiarono un’occhiata in tralice prima che il secondo gli assicurasse di non scomodarsi e che ci avrebbe pensato lui, deciso ad impedire all’anziano collega di infilare loro chissà quali diavolerie nei piatti.
 

 
*
 

Sento di star andando verso la luce…”
“Te l’avevo detto che giocare era un’idea di merda! Persino IO mi sarei risparmiata una cazzata simile!”
Sbuffando, Blodwel scoccò un’occhiata carica di disapprovazione alla sua migliore amica, che stava salendo le scale pallida come un lenzuolo e piegata in due dai crampi.
Marley biascicò qualcosa a proposito dell’impossibilità di non partecipare ad una partita di Quidditch, ma l’amica la ignorò e ribadì imperterrita quanto fosse stata una pessima idea prima di ordinarle categoricamente di trascorrere la serata a riposo.
“Sei impazzita?! C’è la lezione di Astronomia! Io non ho mai perso una lezione di Astronomia! Persino quando avevo la febbre a 39 mi sono presentata, poi sono praticamente svenuta, il Professor Jørgen mi ha presa in braccio e mi ha portata in Infermeria!”
Sconvolta, Marley sollevò di scatto lo sguardo sull’amica, pronta a formulare un’efficace argomentazione per controbattere, ma Blodwel le lanciò un’occhiataccia e la pilotò verso la porta della loro stanza mettendole una mano sulla spalla:
“Me ne frego altamente, dirò al Professore che stai male. Sei la sua preferita, sono sicura che non avrà niente da recriminarti… anzi, sarà così sorpreso di non vederti che probabilmente correrà a vedere come stai. Anzi, potrei anche restare a farti compagnia, sarebbe la scusa ideale per cazzeggiare invece che stare all’aperto a congelarmi.”
“Scordatelo, tu che puoi devi andare a lezione. C’è un cielo meraviglioso, si vedranno benissimo le costellazioni, e io me le perderò!”
Dopo sette anni di amicizia, Blodwel ancora stentava a comprendere l’indicibile entusiasmo che coinvolgeva Marley quando si parlava di Astronomia, o del loro insegnante. Asserendo che fosse una “secchiona barbosa”, la gallese ignorò il tono drammatico dell’amica e aprì la porta della loro stanza per ordinarle di andare a riposarsi.
 
Amelie, seduta sul suo letto, stava sfogliando il libro che aveva “preso in prestito”. Come sempre sul momento non si era fatta troppi scrupoli, ma il senso di colpa non ci aveva messo molto a farsi sentire: pensando al gentilissimo professore che aveva derubato, quello stesso insegnante che non si era mai tirato indietro di fronte ad una sua richiesta di aiuto con la sua materia, Amelie non poteva provare che una fastidiosa stretta all’altezza dello stomaco.
Eppure non poteva farci nulla, il libro abbandonato su quella sedia a sdraio l’aveva attirata come api sul miele. Il titolo in francese, il fatto che fosse scritto in lingua originale – lingua che lei parlava perfettamente grazie alle origini di sua madre – non aveva aiutato: resistere le era risultato impossibile, e prima di rendersene conto aveva fatto scivolare il piccolo volume rilegato nella sua borsa.
Quando la porta si aprì e le voci di Blodwel e Marley giunsero alle sue orecchie Amelie sobbalzò e si affrettò ad infilare il libro al di sotto del suo cuscino prima di stamparsi un sorriso sulle labbra: guardando le due compagne entrare, la Corvonero si alzò dal letto e si avvicinò a Marley chiedendole premurosamente come si sentisse dopo la partita.
“Malissimo, è come se un macigno mi stesse schiacciando lo stomaco. Ma almeno abbiamo vinto.”
“Sei impossibile, Marlowe. Potresti anche avere una gamba rotta, e l’unica cosa di cui ti fregherebbe sarebbe l’esito della partita.”
Esasperata, Blodwel scosse il capo incrociando le braccia al petto mentre Marley, sedutasi sul letto dell’amica, si sfilava gli scarponcini borbottando che sarebbe andata a farsi una doccia.
“Posso chiedere a Tallulah di replicare l’incantesimo, ma dice sempre che usarlo due volte nello stesso giorno non è molto sicuro, e non vorrei che tu stessi peggio.”
Dubbiosa, Amelie guardò la Tassorosso alzarsi e Appellare accappatoio, shampoo e bagnoschiuma prima di dirigersi tetra verso la porta della stanza:
“Meglio non rischiare, Tallulah è stata già troppo gentile. Vado a lavarmi, se non mi vedete tornare ricordatevi le istruzioni sul funerale, voglio solo fiori gialli e arancioni, che i miei cavalli siano presenti e che mia madre per una volta sprechi qualche parola d’affetto per me.”
“Ti prometto che andrò a prendere tua madre per i capelli personalmente e la costringerò a presenziare, ora muoviti.”
 
“Sua madre è così anaffettiva?”
Nonostante lei e Marley fossero amiche praticamente dai primissimi giorni ad Hogwarts, quando si erano casualmente ritrovate vicine alla prima lezione di Pozioni, Amelie non le sentiva parlare praticamente mai dei suoi genitori, soprattutto di sua madre. In risposta alla sua domanda Blodwel sfoggiò una smorfia, parlando con una leggera nota di disprezzo mentre scartava una gomma da masticare appoggiata al letto a castello che divideva con Marley:

“Peggio, a sua madre importa solo delle sorelle maggiori perfette di Marley e quando lei e suo padre si sono lasciati l’ha mollata a lui… peggio per lei, non saprà mai cosa si è persa. Vado a vedere che cosa preparano per cena, pare che alcuni dei ragazzi ceneranno qui con noi per festeggiare la vittoria.”
Dopo una breve esitazione e dopo aver lasciato un regalino sul letto di Marley, Amelie seguì la Tassorosso fuori dalla stanza, pensierosa: nemmeno la sua era la madre più affettuosa del mondo, ma almeno di lei le importava e le voleva bene, a modo suo.
Chissà che cosa avrebbe detto sapendo che aveva derubato uno dei suoi insegnanti preferiti.

 
*

 
“Mi spieghi perché quando ci ritroviamo a mangiare insieme siamo sempre noi a cucinare?”
“Non hai tutti i torti. Potremmo anche ribellarci.”
Mentre versava in un’enorme pirofila le patate appena fatte sobbollire Hiro si rivolse a Tallulah con un piccolo sorriso, guardandola annuire mentre armeggiava con l’arrosto che stavano cercando di preparare:
“Potremmo. Ma potremmo anche disertare e fuggire con il cibo, così questi sfruttatori sfaccendati finirebbero a stomaco vuoto. Non è male come prospettiva.”
“Lo sarebbe, ma purtroppo non potremmo andare molto lontani e temo che finirebbero col trovarci… e poi l’umiliazione pubblica sarebbe assicurata.”
“Ci metterebbero alla gogna. Ma come si lega questo dannato affare…”
Sbuffando, Tallulah imprecò a bassa voce contro l’arrosto che stava cercando di legare con lo spago, ma con pessimi risultati. Hiro non aveva mai legato un arrosto in tutta la sua vita, ma vedendola in difficoltà le sorrise gentilmente e allungò le mani verso lo spago per andare in suo soccorso:
“Ci provo io, tu condisci le patate.”
“Grazie, sto diventando matta. Mpf, guardali, come se ne stanno a poltrire. Penso proprio che a noi spetteranno le porzioni più abbondanti.”   Tallulah prese il macinapepe e i rametti di rosmarino già lavati scoccando occhiate torve ai compagni, tutti impegnati a chiacchierare e a rilassarsi. Eiko, che era stata allontanata dalla cucina, aveva guardato torva il padrone e Tallulah standosene relegata in un angolo della stanza con le zampe anteriori strette al petto finchè Priscilla – temendo che il Demiguise potesse avventarsi sulla sua amica in preda ad un attacco di gelosia – non le si era avvicinata per distrarla e insegnarle a dare il cinque.
“Assolutamente, per noi due fette di arrosto.”
“È il minimo. Come hai fatto a legare quello stupido spago?!”     
Tallulah guardò stralunata il perfetto lavoro del compagno, chiedendosi come diavolo avesse fatto a riuscirci al primo colpo e così rapidamente: Hiro Davies doveva avere un qualche segreto, perché riuscire in tutto avrebbe dovuto essere impossibile per chiunque.
“Non sono sicuro che sia fatto correttamente, ma meglio di niente… pronto per il forno, cerco di fare altrettanto con il secondo.” Sorridendo allegro, Hiro posizionò l’arrosto in mezzo alle patate prima di dedicarsi al secondo, non prima di rammentare ciò che aveva sentito dire da Amelie prima della partita a proposito di Marley:
“Ora che ci penso… Amelie ha detto che hai fatto un incantesimo a Marley.”
“Ah, sì, stava male e le ho dato una mano. Perché, serve anche a te?”   
Tallulah sfoderò un sorrisino che Hiro non ricambiò, scoccandole un’occhiata in tralice mentre si adoperava per legare lo spago:
“No, però mi ha incuriosito. Non credo che inventare incantesimi a 17 anni sia particolarmente comune.”
“Se è per questo neanche creare Pozioni. Quando non fanno saltare in aula le aule, certo.”
“Me lo rinfaccerete tutti a vita?!”
Il ragazzo consegnò l’arrosto alla compagna di Casa con un sospiro tetro, chiedendosi per quanto tempo quella tortura sarebbe continuata mentre Tallulah sorrideva divertita:
“No, solo fino al Diploma, immagino. Non prendertela, ma quella dev’essere stata l’unica volta in cui hai fallito in tutta la tua vita, dunque resterà negli annali come è giusto che sia. Benvenuto tra i comuni mortali, Davies.”
Tallulah infilò la pirofila nel forno già acceso, si pulì le mani su uno strofinaccio e infine diede qualche pacca consolatoria sulla spalla del ragazzo prima di allontanarsi, dichiarando a gran voce che lei la cucina non l’avrebbe pulita e che lo sfruttamento messo in atto su di lei ed Hiro doveva avere fine al più presto.
 
 
Contemporaneamente, seduta sul divano con Sahara raggomitolata sulle ginocchia, Lilian accarezzava la sua amata volpe del deserto osservando distrattamente un punto del tappeto che si trovava tra il divano e il caminetto di pietra.
Ancora esultante e su di giri per la vittoria, Shou si avvicinò alla cugina con un enorme sorriso stampato sulle labbra e una bottiglia di Burrobirra in mano:
“Cuginetta, perché quel muso lungo? Non dai un bacio al tuo cugino preferito che ha appena vinto?”
Sedutosi accanto a lei, Shou la circondò con il braccio libero e cercò di darle un bacio su una guancia, facendola sbuffare mentre cercava di tenerlo a distanza: per quanto gli volesse bene, le dimostrazioni d’affetto in pubblico non la entusiasmavano affatto.
“Tranquillo, nel tuo prossimo futuro i baci non ti mancheranno. Sono felice per te, comunque, so che ci tieni molto.”
Mentre Lilian si sistemava la gonna bianca del vestitino che indossava il cugino si rimise seduto dritto guardandola confuso e con un sopracciglio inarcato: stava per chiederle che cosa volesse dire, ma si scordò dei suoi propositi quando Sahara scivolò dalle gambe della padrona per avvicinarglisi e premere la testa contro il suo braccio.
“Ciao piccolina. Per fortuna tu sei più affettuosa della tua padrona. Sahara mi vuole più bene di te.”
Mentre appoggiava la bottiglia sul tavolino per prendere la volpe tra le braccia Shou lanciò una finta occhiata di rimprovero alla cugina, che si limitò a massaggiarsi stancamente il braccio mentre tornava a guardare dritto davanti a sé:
“Sciocchezze.”
Mentre Sahara si accoccolava tra le sua braccia – fortunatamente Regina non era presente, o avrebbe fatto una scenata di gelosia e poi per punirlo non avrebbe degnato il padrone di uno sguardo per una settimana – Shou osservò brevemente la cugina, facendosi più serio:
“Stai bene Lily?”
“Sì, sto benissimo, sono solo un po’ stanca, e la prospettiva di fare lezione non mi aiuta. Immagino che tu invece sia entusiasta.”
La Grifondoro riportò lo sguardo sul cugino accennando un sorriso che venne prontamente ricambiato dal ragazzo, che parve rilassarsi dopo essersi assicurato che Lilian stesse bene:
“Scherzi, questa è la giornata più bella da quando siamo arrivati! Per di più alla cena pensano Hiro e Tallulah, quindi non dovrò preoccuparmi di possibili avvelenamenti, si spera. Mi dispiace solo che Marley stia male, ma le ho promesso che le passerò tutti gli appunti.”
“Quasi mi commuove la tua dedizione all’Astronomia. Sai, se riversassi metà di questo impegno nelle altre materie saresti tra gli studenti più brillanti che siano passati per Hogwarts negli ultimi anni.”
Ormai stanca di ripetere a profusione quelle parole Lilian parlò con un sospiro, ignorando lo sbuffo del cugino e il suo rivangare come le altre materie non lo interessassero particolarmente: quando ci si metteva suo cugino sapeva diventare persino più testardo di lei, e la ragazza si era arresa all’idea di doverlo costringere con la forza a studiare per i M.A.G.O. esattamente come un anno prima aveva fatto per i G.U.F.O.

 
*

 
Dopo cena Malai aveva minuziosamente contato i guadagni del pomeriggio, disponendo Galeoni, Zellini e Falci in pile ordinate sul proprio letto e annotando le cifre su un foglio di carta sotto gli sguardi perplessi dei propri compagni di stanza – fatta eccezione per Hiro, che quasi non ci aveva fatto caso per via dell’abitudine –. Dopo che i suoi compagni avevano lasciato lo chalet per andare a lezione di Astronomia – Shou aveva l’aria di chi aveva appena vinto la lotteria: tra Quidditch e lezione straordinaria della sua materia preferita quella si poteva definire la miglior giornata che potesse desiderare – Malai aveva diviso il denaro in due parti uguali, aveva infilato metà delle monete in un sacchetto di cuoio e infine aveva lasciato lo chalet per raggiungere quello delle ragazze.
I suoi sventurati compagni stavano facendo lezione radunati attorno al Professor Jørgen, molti avvolti in pesanti giubbotti o coperte a causa del brusco calo delle temperature che seguiva il tramonto, e Malai un po’ li compatì mentre si dirigeva a passo svelto verso l’ingresso dello chalet delle ragazze.
Il ragazzo bussò educatamente alla porta, aspettando che una voce – soffocata, come se la sua proprietaria stesse masticando qualcosa – gli desse il permesso di entrare prima di fare il suo ingresso nell’edificio di legno con un largo sorriso sulle labbra:
“Sono venuto a portare una cosa per Lilian, disturbo?”
“Ah, sei tu spilungone. No, ci sono praticamente solo io, quelle del V anno sono tutte in camera a fare una sorta di pigiama party… O magari costruiscono un altarino celebrativo per Shou, difficile a dirsi.”
“Che ci fai qui? Sai che c’è lezione di Astronomia, vero? E cosa stai mangiando?”
Stralunato – dopo Shou lei era l’ultima persona che si aspettava di vedere perdersi una lezione di Astronomia –, Malai si chiuse la porta alle spalle mentre Marley, seduta sul divano con una coperta gialla a fiorellini sulle ginocchia, lo guardava da dietro lo schienale e con la bocca piena di cioccolato:
Foccolato. Me l’ha lasciato Amelie. Ne vuoi un po’?” La ragazza allungò l’enorme tavoletta di cioccolata al triplo caramello di Mielandia verso il compagno di Casa, che non se la sentì di rifiutare la generosissima offerta e si affrettò a raggiungerla per staccarne un paio di quadratini:
“Grazie. La cosa non mi sorprende, Amelie è così dolce, gentile e premurosa!”
La Tassorosso roteò gli occhi chiari, ma non se la sentì di smentire il compagno – in fin dei conti, lei per prima pensava quelle cose della sua amica – prima di tornare ad appoggiarsi alla pila di cuscini che aveva sistemato sul divano:
“Come darti torto, spilungone. Comunque sì, so che mi sto perdendo la lezione… ti è sembrata interessante?”
L’espressione di Marley s’incupì, e guardandolo la ragazza parve così avvilita che Malai non avrebbe risposto affermativamente neppure se l’avesse pensato davvero:
“Nah, ma a me l’Astronomia non è mai sembrata interessante. Vado a portare una cosa in camera vostra, sai dirmi qual è il letto di Lilian?”
“Primo letto a castello sulla sinistra, quello sotto. Camera nostra è la terza porta. Quelli sono soldi?”
Incuriosita dal tintinnio delle monete, la ragazza inarcò un sopracciglio e rivolse un’occhiata stranita al borsellino mentre Malai, più serio che mai, asseriva di dover “saldare un debito”.
Addentato il quinto quadretto di cioccolato della serata, Marley si sistemò sulle ginocchia il computer che Shou le aveva portato per consolarla prima di andare a lezione – era praticamente la prima volta che ne usava uno, ma si sentiva più che orgogliosa di poter mettere in pratica i frutti delle lezioni di Babbanologia, e quando aveva scoperto che in quell’affare poteva trovare tutte le immagini delle costellazioni che desiderava le si erano quasi riempiti gli occhi di lacrime –.
“Ma perché le porte sono così basse, ho sbattuto già tre volte soltanto oggi… come mai hai il computer di Shou?”
“Me l’ha prestato per passare il tempo, visto che sono rimasta qui da sola, e per premiarmi per la mia fenomenale performance di oggi. Non ci credooooo, posso cercare tutte le foto di cavalli di tutte le razze che voglio!”
Trillando emozionata, Marley si portò le mani sul viso mentre i suoi occhi celesti luccicavano e Malai, tornato nel salone dopo aver lasciato i soldi sul letto di Lily e aver sbattuto la testa sia entrando che uscendo dalla stanza, la guardava dubbioso inarcando un sopracciglio:
“Già, emh, affascinante. Peccato che non ci sia internet, avresti potuto guardare Netflix.”
Distolto lo sguardo dallo schermo del computer – sul cui retro spiccavano decine di adesivi di gruppi musicali e serie tv a lei sconosciute –, Marley si rivolse al compagno di Casa aggrottando le sopracciglia, chiedendosi silenziosamente di che cosa stesse parlando. Di fronte alla sua evidente confusione Malai non poté far altro che guardarla sgranando gli occhi scuri, incredulo:
“Non sai cos’è… Mi prendi in giro?! Aspetta, vediamo che cosa ha scaricato Ugola di Buddha prima di venire qui, forse troviamo qualcosa di interessante da vedere, hai 17 anni da recuperare. Che facevi da piccola, se non guardavi la tv?”
“Facevo scherzi alla mia tata di turno e alle cameriere con cui mi lasciavano a casa. Non si raggiungono certi livelli di maestria senza una buona preparazione e anni di pratica, sai?”
Parlando con l’aria di chi la sa lunga Marley lasciò che il ragazzo prendesse possesso del computer, finendo con l’accettare di vedere qualcosa che, secondo lui, “doveva assolutamente recuperare”.
“Bene, ma per addentrarti in questa visione è necessario disporre di una buona dose di caffè. Lo vuoi?”
“Ma sei pazzo, a quest’ora?! Poi passerei la notte in bianco!”
“Va bene, blasfema, per te lo faccio decaffeinato… Sappi che Lorelai disapprova.”
Chi?”
“Stai per scoprirlo. Fidati, non rimpiangerai affatto la lezione che stai perdendo.”

 
*

 
“Costellazioni di qua, di là, su, giù… ma solo io non vedo un casco!? Devo aver perso vista, sembro mia madre quando cerca di leggere qualcosa.”
Seduta sull’erba, Tallulah strizzò gli occhi più che poteva cercando di individuare qualcosa – Håkon continuava a ribadire quanto le costellazioni si vedessero magnificamente, e Shou, seduto come sempre accanto a lui, faceva altrettanto, ma lei non ne riusciva ad individuarne neanche mezza e iniziava a sentirsi vagamente presa per i fondelli – mentre Blodwel, sbuffando, cancellava per la terza volta la sua mappa:
“No, non sei l’unica, non trovo uno straccio di costellazione neanche a pagarla. Bel, fammi copiare.”
“Non sono sicuro di aver fatto un lavoro eccezionale, ad essere onesto…”
Dubbioso, il ragazzo guardò la sua mappa mentre Chione, la sua piccola volpe, sonnecchiava placidamente sulle sue gambe. Sbuffando, Blodwel si consultò brevemente con Lance – che si era avvolto in una tenera coperta piena di orsetti – prima di decretare che avevano sbagliato tutto fin dal principio:
“Siamo solo degli idioti: avremmo dovuto sederci accanto a Shou e copiare da lui, perché ci siamo seduti qui in fondo?!”
“Will, sei tu che vuoi sempre sederti il più lontano possibile dai prof.”
“Ma di solito c’è Marley da cui copiare, invece stasera siamo abbandonati a noi stessi! Vorrei leggere nella mente di Park…”
 
Sbuffando, Blodwel guardò torva la propria mappa prima di mandare solennemente a quel paese l’Astronomia – le lezioni di domenica avrebbero dovuto essere illegali, per quanto la riguardava – prima di distendersi sul prato usando la sua giacca come coperta. Pensando irritata a quanto avrebbe potuto andare avanti con il set di sciarpe che stava confezionando per l’autunno successivo invece di perdere tempo a scrutare la volta celeste, la Tassorosso chiuse gli occhi e cercò quantomeno di rilassarsi un po’ mentre Bel e Lance, accanto a lei, discutevano sulla posizione di Antares.
 
Rifiutandosi categoricamente di copiare o di chiedere aiuto al cugino Lilian stava facendo del suo meglio, disegnando concentratissima sulla sua mappa mentre Hiro e Priscilla, accanto a lei, parlavano della partita del pomeriggio.
“Non capisco perché non volevi giocare, sei stato molto bravo. Cioè, io non ne capisco granché di Quidditch, ma l’hanno detto tutti, anche Shou, e lui di sicuro ne sa più di me.”
“Grazie Scricciolo. Quando ero piccolo mio padre ha insistito per insegnarmi, lui adora il Quidditch, è stato anche Capitano… È  rimasto un po’ deluso quando si è reso conto che a me interessavano di più le Pozioni.”
“Ti capisco. Non per il Quidditch, ma mio padre sperava che l’Erbologia e la botanica potessero interessarmi almeno la metà di quanto interessino a lui.”
“Ma in Erbologia non hai mai preso meno di E, Prisci.”
“Sì, ma non vuol dire che mi piaccia particolarmente. Mi risulterebbe impossibile prendere un voto diverso da E, quando cresci con mio padre impari a riconoscere 30 tipologie di edere velenose prima dei sei anni. E poi tutti si aspettano che sia quella la tua media, quando tuo padre è l’ex insegnante.”
Il volto pallido di Priscilla s’incupì leggermente mentre chinava lo sguardo sulla sua mappa, non potendo scorgere il sorriso incoraggiante che incurvò le labbra di Hiro prima che l’amico le stringesse affettuosamente le spalle con un braccio:
“Guarda il lato positivo, almeno non è il tuo insegnante. Malai ne sa qualcosa.”
La sola idea di avere suo padre come professore di Erbologia la faceva rabbrividire: poteva solo ringraziare che avesse smesso di insegnare quando lei era nata. Sforzandosi di sorridere, la giovane strega annuì non potendo che convenire con le parole dell’amico:
“Sì, quella è una fortuna. Però è ancora un po’ strano vedere il mio cognome sui libri di Erbologia di tutti gli studenti di Hogwarts.”
Per non parlare di quando Lumacorno, durante le sue cene, la tartassava di domande su suo padre, non potendo immaginare che Roger Edgecombe rimaneva un mezzo mistero anche per la sua stessa figlia.

 
*

 
“È stata davvero una bellissima lezione! Non trovi anche tu?”
“Mi si stanno chiudendo le palpebre… vorrei avere il tuo stesso entusiasmo.”                                                                                                                                       
Sbadigliando, Lilian camminò tenendo il braccio saldamente stretto attorno a quello del cugino, che al contrario sorrise allegro mentre facevano ritorno verso i loro alloggi insieme ai compagni, tutto visibilmente stanchi e insonnoliti.
“Senti Lily, prima di andare a dormire… mi spieghi cosa faceva Malai con quei soldi? Li ha divisi in due parti e sul foglio dove stava facendo i conti ho visto il tuo nome. Che cosa avete combinato?”
“Tu, quello che ha organizzato feste clandestine non so quante volte, vieni a farmi la predica per qualche spicciolo? Ti prego.”
“Voglio solo sapere di che cosa si tratta, conosco Malai.”
“Oh, beh, abbiamo pensato di mettere in vendita un tuo bacio… congratulazioni, sei la nuova Lady Marian.”
Lilian indirizzò un sorrisetto divertito al cugino, che invece si fermò di colpo e la guardò con gli occhi scuri spalancati:
“Che cosa?!”
“Abbiamo messo in palio un bacio del Capitano Shou Park, solo in caso aveste vinto, certo… domani penso che la vincitrice verrà a riscuotere il premio. Vedessi com’erano accanite, sembrava di stare da Sotheby’s.”(2)
Ridacchiando, la ragazza diede una leggera pacca sulla spalla del cugino, gli consigliò di lavarsi bene i denti la mattina successiva e infine gli diede la buonanotte allontanandosi con Priscilla e Tallulah. Guardando la cugina allontanarsi con le braccia appoggiate sulle spalle delle due amiche, Shou le chiese chi avrebbe dovuto baciare, ma Lilian si limitò a fargli un cenno con la mano mentre Tallulah rideva.
Preoccupato, il ragazzo si appuntò mentalmente di estorcere il nome a Malai prima di seguire i compagni verso il proprio chalet: la risatina di Tallulah, unita allo sguardo quasi compassionevole che Priscilla gli aveva rivolto, non prometteva niente di buono.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
(1): Romanzo di Marcel Proust
(2): Casa d’aste più celebre del Regno Unito
 
 
 
………………………………………………………………………………………………………….
Angolo Autrice:
Probabilmente l’ultima volta che ho aggiornato i dinosauri vagavano liberi nella Gondwana, ma buonasera a tutte comunque <3 Il capitolo è uscito abbastanza lungo, ma spero che la cosa vi faccia piacere e che non vi sia dispiaciuto, anche considerando che non aggiornavo da giugno.
Questa volta ho un quesito per voi e vi prego di rispondermi appena vi sarà possibile considerando che mi serve per scrivere il prossimo capitolo:
  • Chiedo alle autrici degli studenti di farmi i nomi di due OC, entrambi di altri due studenti. Ovviamente non potete “votare” il vostro/i, e dei due nomi solo uno può essere quello di un amico stretto del vostro OC. (Esempio: io in quanto autrice di Priscilla potrei fare il nome di Lilian, ma di conseguenza l’altro non potrebbe essere Malai/Shou/Hiro/Tallulah; l’autrice di Marley potrebbe fare il nome di Blodwel ma l’altro non potrebbe quindi essere Bel/Lance/Amelie ecc)
Spero di essere stata chiara, in caso fatemi sapere e provvederò a spiegarmi meglio. <3
A presto, spero, qui o su altri lidi!
Signorina Granger

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 7 - Movie Night ***


Capitolo 7: Movie Night

 
“… Tell me why!”
“Qualcuno ha dei tappi per le orecchie?!”
“…I never wanna youuuu sayyyy…”

“Cuffie antirumore? Qualsiasi cosa!”
“Iiiiiii want it thaaaat wayyyyyyy!” (1)
 
Fu con un gemito che Phil si accasciò sul divano di pelle marrone, nascondendo il volto contro un morbido cuscino cremisi mentre la voce di Margot gli danneggiava irreversibilmente l’udito. E la giornata.
L’idea della McGranitt di insonorizzare l’ufficio e l’alloggio dell’ex Tassorosso ad Hogwarts era stata una vera salvezza: in tal modo Margot poteva cantare quanto voleva senza disturbare nessuno. Sfortunatamente, lo stesso non si poteva dire dello chalet del Camp.
Lui, Beau, Håkon e Theobald avevano indetto una riunione – dalla quale la collega era stata accuratamente esclusa – due giorni prima per discutere della situazione, ma non ne avevano cavato alcuna soluzione:
 
“Che cosa possiamo fare? Non possiamo ferire i suoi sentimenti dicendole di non cantare!”
“Merlino Beau, sei troppo gentile. Scegli, o i suoi sentimenti o i nostri nervi e i nostri timpani!”
Seduto di fronte al collega al tavolo circolare, Phil incrociò le braccia al petto mentre Beau sospirava contrito e Theo, accanto a lui, proponeva pensieroso di insonorizzare la stanza della giovane collega come era stato fatto ad Hogwarts.
“Insonorizzare la sua stanza non serve a niente. Ad Hogwarts non poteva andarsene in giro per il castello cantando, ma qui è diverso e canta ovunque!”
Håkon parlò con un sospiro cupo, facendo annuire con aria grave Beau e Phil. I quattro stavano riflettendo sulla soluzione da mettere in pratica quando la voce sospettosa di Margot li fece trasalire simultaneamente:
“Di che cosa state parlando, voi quattro?”
Di ritorno dalla sua passeggiata, la donna si sporse dall’ingresso della stanza tenendo il guinzaglio di Nix ancora stretto in mano, scrutandoli con attenzione mentre Phil si voltava verso Håkon aggrottando la fronte:
“Ma non era segreta questa riunione?!”

“Così segreta che la state facendo nel bel mezzo della cucina. Complimenti, CSI.”
La strega fulminò con lo sguardo il collega mentre stringeva le braccia al petto: se c’era una cosa che mal sopportava era essere lasciata all’oscuro di qualcosa. Che cosa stavano tramando quei quattro alle sue spalle scottate dal sole?
“Dobbiamo migliorare le nostre strategie, non c’è dubbio.”
Theobald fu l’unico a non scomporsi particolarmente, parlando con tono placido prima di sorridere allegro e sollevare un vassoio con teiera e tazzine apparso dal nulla:
“Tè, miei cari?”
 
Margot non la smetteva di cantare quella canzone terribile usando una spazzola come microfono, e Phil stava prendendo in seria considerazione l’opzione fuga-dal-Camp quando Beau salvò la situazione: l’ex Corvonero dopo aver frugato nel suo baule per alcuni minuti raggiunse la strega e si piazzò davanti alla collega con un sorriso da divo sul volto e un plico di fotografie strette tra le mani.
“Ciao Margi. Posso chiederti una cosa?”
TELL ME WHY… Ma certo Beau, dimmi!”
La strega piegò le labbra nel sorriso allegro e contagioso che la caratterizzava senza smettere di tamponarsi i capelli umidi con l’asciugamano e di tenere la spazzola in mano, guardando il collega sorridere vittorioso mentre accennava alla foto che teneva in mano:
“Ho qui delle foto di Nix da cucciola, vuoi vederle?”
“Non dico mai di no a foto di cuccioli. Ohhhh, ma era un amore!”
 
Quando i canti cessarono, a Phil sembrò come di udire le campane del paradiso. Lentamente e con scetticismo – domandandosi se non fossero iniziate le allucinazioni – l’uomo scostò il cuscino dal proprio viso e si guardò attorno con circospezione, come aspettandosi di sentire Margot ricominciare da un momento all’altro. Tuttavia, le uniche cose che udì furono delle sottospecie di versi e squittii stucchevoli in lontananza, tipici di quelle persone che a detta di Phil “si rincoglionivano” dinanzi a cuccioli o bambini.
“Grazie Priscilla…”
Sorridendo beato, il mago strinse il cuscino al petto e si permise di chiudere gli occhi, pronto a riposare dopo il mal di testa che lo aveva colpito. Sfortunatamente, erano trascorsi solo un paio di minuti quando Phil sentì qualcosa dargli dei fastidiosi colpetti sul braccio.
“Che cosa c’è adesso?! Ah, sei tu.”
Stava quasi benedicendo l’esistenza di Nix per aver messo a tacere i canti di Margot, e ora la stessa cagnolona lo guardava giocosa e come in attesa di qualcosa, destandolo dal suo riposino.
“Non guardarmi così, vai da Beau e da Margot se vuoi giocare con qualcuno.”
Determinato, Phil si girò sul fianco per dare le spalle al cane, sentendo comunque il suo sguardo fisso su di sé.
Fece del suo meglio per resistere, ma un minuto dopo il mago stava seguendo una scodinzolante Nix fuori dallo chalet con la sua pallina stretta in mano e un’espressione cupa sul volto, arreso alla consapevolezza che non sarebbe mai riuscito a riposare mentre era costretto a stare lì.

 
*

 
Durante la lezione di Difesa contro le Arti Oscure, quella mattina, Lilian aveva preso posto accanto al cugino per discutere dei loro piani per la serata: aveva scoccato un’occhiata torva a Josephine Parkinson, che stava per precederla, e raggelata la Corvonero aveva occupato la sedia vuota accanto al cugino con decisione:
“Immagino che Josephine sia in lizza per diventare Numero 25. Affascinante. Vogliamo parlare di stasera?”
“Se intendi la cena, io ho pronta una lista di cose che vorrei mangiare.”
Senza battere ciglio, il Serpeverde rivolse un rapido sorriso alla Corvonero – che se ne andò amareggiata a sedersi altrove – prima di porgere alla cugina un bigliettino tirato fuori dal libro di testo. Incredula e con gli occhi scuri spalancati, la Grifondoro dispiegò il foglietto e guardò la lunga lista di piatti con la fronte aggrottata prima di rivolgere un’occhiata torva al cugino:
Mi hai presa per un All You Can Eat?! Non devo cucinare solo per te, ti ricordo. Avrai due di questi piatti, nulla di più.”
“Tre. E il ramen di Hiro.”
“Due più il ramen di Hiro, prendere o lasciare. E magari Miss X farà qualche dolce, quindi direi che mangeremo a sufficienza.”   Le braccia strette al petto e un’espressione decisa sul volto pallido, Lilian sostenne fermamente lo sguardo del cugino finchè Shou non si arrese sorridendo e porgendole la mano:
“D’accordo, affare fatto. Volevi dirmi altro?”
“C’è la nostra serata film/serie tv stasera. L’abbiamo già saltata giovedì scorso, ti ricordo.”
“Mh, hai ragione, ho scaricato mezzo catalogo di Netflix apposta prima di partire. Ma come facciamo con gli altri, li includiamo?”
“Suppongo che non abbiamo scelta… certo qualcuno potrebbe fungere da elemento disturbatore più di altri…”
Alle parole della strega i due cugini volsero simultaneamente lo sguardo su Malai: seduto nella fila di banchi parallela alla loro, il ragazzo stava tenendo una matita in equilibrio sul naso sotto lo sguardo divertito di Priscilla, che era stata incaricata di cronometrarlo.
“Sarà divertente. Dobbiamo solo decidere cosa guardare.”  Al contrario della cugina – che alzò gli occhi al cielo – Shou sorrise divertito mentre Theobald – dopo essersi dilungato in chiacchiere con Marley, che aveva trascinato Bel in prima fila con sé mentre Blodwel aveva accuratamente scelto il banco più lontano dalla cattedra – si apprestava ad iniziare la lezione.
Le due ore passarono in fretta per Lilian, impegnata com’era a prestare attenzione alla lezione e a riflettere su cosa cucinare per sé e per i suoi compagni mentre Shou, invece, quasi non si degnava di ascoltare la lezione.
Nemmeno Blodwel prese un solo appunto, limitandosi a sbadigliare e a lanciare occhiate dubbiose al suo attento compagno di banco – dove Lance trovasse la voglia per non perdersi una parola, non sapeva dirlo – mentre Malai stava insolitamente fermo sulla sedia: alla sua iperattività ormai si erano abituati tutti gli insegnanti di Hogwarts, e nessuno faceva più caso al suo continuo tamburellare dita o matite sul banco o al dare piccoli colpi alle gambe delle sedie che occupava con i piedi.
Priscilla, vedendolo così tranquillo rispetto al solito, quasi si preoccupò. La ragazza smise di scrivere e lanciò un’occhiata perplessa all’amico, osservando attentamente le sue mani impegnate a stringere il volto del ragazzo, che si reggeva sui gomiti mentre osservava distrattamente qualcosa.
La Corvonero si chinò leggermente per gettare un’occhiata ai piedi del Tassorosso, trasalendo quando vide le lunghe gambe del ragazzo distese sotto al banco e le All Star arancioni di Malai immobili. 
Ormai sicura che l’amico stesse per perdere i sensi – o peggio – Priscilla gli si avvicinò per toccargli timidamente il braccio e parlare in un sussurro:
“Emh… Malai? Tutto bene?”
“Mh, sì Cavolfiorino. Sto bene.” Il Tassorosso parlò senza voltarsi e con un tono distratto, come fosse sovrappensiero, non convincendo affatto la compagna che esitò prima di sussurrare qualcos’altro:
“Sicuro? Perché, beh, mi sembri un pochino… diverso dal solito.”
“Forse hai ragione.”
Finalmente Malai si voltò verso di lei, e Priscilla sorrise sollevata. Stava per chiedergli cosa gli succedesse quando lui la precedette appoggiandosi drammaticamente sulla sua spalla:
“Sai Cavolfiorino, sono innamorato!”
“Oh, davvero?”
Stupita, Priscilla sollevò le sopracciglia scure – improvvisamente sollevata che il suo amico non stesse per svenire davanti a lei o finire preda delle convulsioni – mentre Malai annuiva con aria grave: Shou e Hiro lo avevano preso in giro come al solito, ed era pronto a subire nuovamente quel triste destino quando la Corvonero distese le labbra in un sorriso allegro:
Che bello! Magari questa è, emh, la volta buona! … Ti prego, dimmi che non è Jessica.”
“Pf, Jessica ha fatto la spia su Shou e ha maltrattato te e La Cinese per anni, non proverei qualcosa per lei nemmeno se fosse l’ultima ragazza del continente.”
Rimessosi dritto sulla sedia, Malai accennò una smorfia e parlò con aria sostenuta, deciso a privare quella strega del suo amore per l’eternità mentre Priscilla sorrideva sollevata. Stava per chiedergli chi fosse la persona in questione quando Theobald – che chiaramente non si era perso una parola di quello scambio e aveva iniziato a ronzare attorno ai due non appena aveva notato l’atteggiamento strano del Tassorosso, annusando aria di gossip – trillò entusiasta alle loro spalle di “Doverlo assolutamente dire a Margi.”
Quando i due si voltarono confusi verso di lui e tutta la classe lo guardò accigliato – Shou drizzò la testa dopo averla appoggiata sul banco per fare un pisolino per guardarsi freneticamente attorno, chiedendosi quale gossip gli fosse sfuggito, ma resosi conto che si trattava di Malai sbuffò e tornò a dormire – Theobald si ricompose, schiarendosi rumorosamente la voce:
“Dovrò dire alla Professoressa Campbell che voi signorini spettegolate invece di prestare attenzione, ovviamente.”
 
“Che succede a Riccioli D’oro?”   Sospettosa, Lilian rivolse al cugino un’occhiata a metà tra l’esasperato e il preoccupato: quando Malai era strano aveva sempre la terribile sensazione di sapere cosa stesse accadendo. Shou, non accennando a sollevare la testa dal banco, confermò i suoi peggiori timori con una scrollata di spalle:
“Non lo sai ancora? È innamorato.”
“Porco di un Godric, e di chi?!”
Seccata, Lilian volse lo sguardo sull’amico e su Priscilla, che dalla sua espressione confusa sembrava essere preda della stessa domanda. Seguendo la traiettoria dello sguardo del Tassorosso, gli occhi di Lilian indugiarono su una ragazza seduta a qualche metro di distanza. Le sue sopracciglia per non poco non andarono a toccarle la radice dei capelli a causa dello stupore.

 
*
 

“Lily, mi spieghi perché hai indetto una riunione di sole ragazze con tanta urgenza?”
Sedute sul parquet – tirato a lucido con somma fatica da Amelie e Marley solo il giorno prima – della loro camera a gambe incrociate, Tallulah e Priscilla guardavano Lilian piene di curiosità. La bionda, che teneva le braccia strette al petto e aveva un’aria particolarmente seria, sospirò con tono grave prima di rispondere alla domanda di Tallulah:
“Amiche, abbiamo un problema a proposito del nuovo amore di Malai.”
“Di che ti preoccupi, sai come andrà a finire. Lo sappiamo tutti.”
Tallulah si strinse nelle spalle, liquidando il discorso con un noncurante gesto della mano mentre sorseggiava del tè freddo alla pesca da un bicchiere pieno di ghiaccio tintinnante. Priscilla annuì, ma suggerì anche che “magari quella volta sarebbe stato diverso”. Per tutta risposta la bionda sfoderò il suo sorriso più affettuoso, dandole qualche gentile pacca sulla spalla:
“Sei un’adorabile anima romantica, Prisci. Un’anima che si illude ogni volta. Lily, ci dici qual è il problema? Non te ne frega mai nulla delle cotte di Malai.”
Desiderosa di tornare a fare i compiti per finirli il prima possibile, Tallulah tornò a rivolgersi alla Grifondoro portandosi nuovamente la cannuccia nera alle labbra e inarcando al contempo le sopracciglia: di solito Lilian si limitava a sbuffare e a sottolineare di non voler essere coinvolta. Quell’attenzione alle faccende sentimentali di Malai era assolutamente insolita.
“Ovvio che non me ne importa, se dovessi perdere il sonno per le questioni amorose di Shou e Malai non dormirei da sei anni! Ma questa volta è diverso. No, Prisci, non in quel senso.”
Lilian scosse la testa e allungò una mano verso l’amica, zittendo sul nascere i suoi gridolini di gioia quando la Corvonero sorrise entusiasta e il viso le si illuminò. Sorriso che si congelò con le parole della Grifondoro e scemò rapidamente, facendo largo alla delusione mentre Tallulah le dava colpetti comprensivi sulla spalla.
“No, la questione è diversa perché… Temo che questa volta a Malai piaccia una delle ragazze che va dietro a Shou.”
Serissima, Lilian parlò osservando le reazioni delle amiche, che non si fecero attendere: Priscilla spalancò allarmata gli occhi verdi mentre continuava a giocherellare con l’orlo della gonna corta a fiori che indossava, e Tallulah la imitò dando voce ai pensieri di entrambe:
Porca soia! Ne sei sicura?”
“Beh, non me l’ha detto lui, però guardava dritto verso Josephine Parkinson quando Watrous origliava la conversazione tra Prisci e Malai. E due minuti prima Josephine faceva gli occhi dolci a mio cugino. Non c’è dubbio che lei gli vada dietro, ieri sera a lezione di Astronomia faceva tutta la svenevole chiedendogli di spiegarle cazzate su costellazioni e cose varie.”
Con quelle parole Lilian simulò un conato di vomito – sempre più inorridita da quanto le spasimanti di suo cugino potessero rendersi ridicole pur di attirare la sua attenzione –, ma non ebbe modo di riprendere il discorso: la porta della stanza si aprì e Jessica si fermò sulla soglia, gettando un’occhiata torva alla compagna di Casa prima di parlare:
“Ne avrete ancora per molto? La camera è di tutte. State piagnucolando perché nessun ragazzo si è mai interessato a voi dal primo anno?”
“Senti Jessica, vai a schiacciare ricci di mare col culo e lasciaci conferire in pace. Per favore.”
Tallulah rivolse un tiepido sorriso a Jessica, che sibilò un insulto incomprensibile prima di sbattersi la porta alle spalle.  Erano appena rimaste sole quando Tallulah, all’improvviso, indicò la porta chiusa spalancando gli occhi azzurri come colta da un’illuminazione:
“Porco Guko, ho appena capito chi mi ricorda!”
Miss Duck-Face? Chi?”
“È la fotocopia sputata di Regina George!” (2)
Rimuginando sul personaggio di Mean Girls – Shou glielo faceva vedere almeno una volta all’anno – Lilian asserì che l’amica avesse perfettamente ragione. Priscilla invece si limitò a spostare lo sguardo da una all’altra, certa che se ricordasse Jessica quella Regina fosse simpatica quanto uno Schiopodo Sparacoda.
“E quindi come facciamo con Malai?”
“Dobbiamo dirlo a Shou, così magari terrà Josephine a distanza… a Malai non è mai piaciuta una delle ragazze di Shou, dobbiamo evitare che tra quei due si creino problemi. Andiamo.”
Determinata a rivolvere la situazione, Lilian si alzò e fece cenno alle amiche di seguirla prima di marciare fuori dalla stanza. Le due Corvonero la seguirono sospirando e ricordando all’amica che fosse l’ora della merenda, ma Lilian sbuffò e asserì che avrebbero potuto farla più tardi:
“Abbiamo cose più importanti da fare che mangiare!”
“Ma io oggi volevo provare la ricetta che mi ha consigliato Shou su quei pancake coreani…”
“Lamentati con Shou, Malai e le loro vite sentimentali.”
 
*
 
 
“Shou. Dobbiamo parlare.”
“Dobbiamo farlo proprio mentre mi faccio un trattamento?”
Comodamente disteso su uno dei divano del salotto, Shou parlò tenendo imperterrito gli occhi chiusi e le mani giunte appoggiate sul petto, una densa maschera blu sul viso e una fascetta con le orecchie da orsetto a tenergli indietro i capelli biondi.
“Che maschera è?”
Incuriosita dal colore insolito del prodotto, Priscilla riservò un’occhiata curiosa al viso rilassato dell’amico mentre Tallulah esaminava il mucchio di riviste di gossip ai piedi del divano.
“È un’argilla all’alga marina anti-imperfezioni per i punti neri… Ne volete un po’?”
Il ragazzo accennò al barattolo di vetro del prodotto senza accennare a voler aprire gli occhi, portando la cugina a sbuffare e a dargli un pizzicotto sul braccio mentre Priscilla prendeva il barattolo dal tavolino: l’enorme quantità di cosmetici dell’amico l’aveva sempre incuriosita parecchio.
“Ahia! Va bene, cugina tiranna, vi ascolto.”
Costretto ad aprire gli occhi e a dire addio al suo momento di relax, il coreano si mise di malavoglia a sedere sul divano di pelle incrociando le braccia al petto e lanciando un’occhiata torva alla cugina, che gli sedette di fronte sul bordo del tavolino accennando un sorriso soddisfatto.
“Bene, era ora. Allora, a Malai piace Josephine?”
Shou aggrottò la fronte, perplesso, ma non ebbe modo di rispondere alla domanda: Tallulah, che aveva raccolto una rivista dal pavimento, scelse quell’esatto momento per esclamare qualcosa con tono concitato.
Brad Pitt ha una nuova fidanzata misteriosa!”
Seduta sul bracciolo del divano, Tallulah scrutò le foto sfuocate scattate dai paparazzi prima di rendersi conto degli sguardi dei Park e di Priscilla su di sé. Colta l’occhiata più eloquente che mai di Lilian, la Corvonero si schiarì la voce e si affrettò a gettare la rivista nel mucchio e a ricomporsi:
“Chiedo scusa. Continua pure, Lil.”
“Grazie. Allora, a Malai piace Josephine?”
“Ma che stai dicendo?! Da dove l’hai tirata fuori questa cazzata?”
“Ma allora… ma allora di chi si tratta? Stava guardando in quella direzione, vero Prisci?”
Sempre più confusa su che cosa ronzasse nella testa caotica di Malai – del resto, forse credere di poter comprendere appieno i pensiero di quel ragazzo era pura presunzione per chiunque – Lilian si voltò verso Priscilla in cerca di conferme: era sicura di ciò che aveva visto, e anche l’amica annuì confermando la sua ipotesi. 
“Mi sembra di sì.”
“Non lo metto in dubbio, ma non avete pensato che magari stesse guardando qualcuno vicino a Josephine?”
Shou accennò un sorrisetto con le labbra – per quanto l’argilla che si stava via via solidificando glielo permettesse – mentre guardava cugina e amica scambiarsi occhiate confuse: considerando che capitava di rado era quasi divertente vedere Lilian brancolare nel buio.
Chi casco era seduto vicino a lei? Io stavo discutendo con Hiro a proposito della battaglia contro Cell e di come Vegeta venga sconfitto in fretta, pff…”
Lilian stava per riprendere a torchiare Shou quando Malai, uscito sul ballatoio con i capelli bagnati e un asciugamano in mano, vide le amiche e interruppe la conversazione:
Cavolfiorino! Mi sembrava di sentire le voci soavi tue e di Miss X e quella molto meno soave della Cinese… Capiti a proposito, mi sono appena lavato i capelli. Non è che avresti quella schiuma profumata da prestarmi, i miei capelli non erano mai stati così belli. Di che parlavate?”
Sorridendo allegro, Malai guardò Shou sogghignare mentre Priscilla, dopo una breve esitazione, si alzava accennando un sorriso e assicurando all’amico che sarebbe andata a prenderla immediatamente. Lilian, invece, restò in silenzio pensando a cosa rispondere quando Tallulah la precedette sfoderando un placido sorriso:
Di Brad Pitt.”
“Già. Di Brad Pitt e del suo nuovo amore.”   La Grifondoro annuì calcando volutamente le ultime parole e lanciando un’occhiata in tralice all’amico, che annuì come se nulla fosse:
“Ah, capisco. Stasera a che ora si mangia? Non vedo l’ora!”
“Appena lo vedi mandami Hiro, dovremo darci da fare per sfamare tutti i vostri stomaci senza fondo. Shou, dobbiamo decidere cosa guardare.”
Accantonando momentaneamente la questione Malai, Lilian tornò a rivolgersi al cugino. Dopo una breve esitazione Shou sorrise, sollevando divertito le sopracciglia:
“Un horror?”                                 
“D’accordo.”
“Bene. Ora che è tutto deciso, se volete scusarmi io vado a togliermi la maschera. A dopo fanciulle.”
Con quelle parole Shou si alzò e si allontanò serafico verso le scale che portavano al piano superiore, le mani nelle tasche e perfettamente a suo agio con la “fascetta orsetta” addosso. Rimaste momentaneamente sole, a Tallulah e a Lilian non restò che scambiarsi due occhiate più scettiche che mai:
“Ma di chi casco è innamorato Malai, si può sapere?!”
“Non ne ho idea. Spero solo non si tratti della Regina George dei poveri…”

 
*

 
Seduta sul divano e con le gambe pallide – sembrava che il sole, Margot, non l’avesse nemmeno visto – comodamente distese sull’ottomana, Margot si stava mettendo lo smalto sulle unghie delle mani. Accanto a lei, Håkon strimpellava distrattamente la sua chitarra mentre ascoltava le chiacchiere dell’amica:
“Insomma Håk, ma ti sembra possibile una cosa del genere? Io ero semplicemente allibita. Inaudito!”
Oh, sì, è terribile…”
“Ma ci pensi? Farsi sfuggire Ryan… tsz! Io non farei mai un simile errore. Ogni volta in cui finisce il film mi prende un tale nervoso… quella cretina doveva ovviamente mollare il marito e rimettersi con lui!”
Indispettita, la strega scosse la testa con viva disapprovazione e Håkon annuì, asserendo che fosse una vera e propria tragedia. Del film in questione, lui non ricordava granché: lo aveva visto proprio insieme all’amica un anno prima, quando dopo aver cenato insieme Freya aveva insistito per vedere un film “da grandi” insieme a loro. Al termine della pellicola, il danese aveva dovuto spedire la piccola a letto per proteggerla dalle imprecazioni che la sua migliore amica aveva rivolto alla sceneggiatura e alla protagonista femminile dell’opera.
 
Nel divano accanto, Phil consultava una rivista arrivatagli via gufo quella mattina lamentandosi sommessamente delle sorti poco fortuite del suo FantaQuidditch. Beaumont, invece, stava giocando insieme a Nix sul pavimento quando la porta d’ingresso venne spalancata e Theobald fece la sua entrata nello chalet più allegro e sorridente che mai:
“Margi! Margi, hai sentito l’ultimo pettegolezzo?”
“Pettegolezzo? Quale pettegolezzo? Chi?”
La boccetta di smalto ancora in mano e il pigiama coi donuts addosso, Margot saltò in piedi mentre Theobald la raggiungeva entusiasta:
“Pare che Malai abbia un’innamorata.”
“Ah, beh, non è certo una novità… ma di chi si tratta?! Chissà se le dedicherà una serenata come lo scorso anno…”
 
 
Malai non era mai stato fiero di se stesso quanto quella sera: la sua era stata senza ombra di dubbio una performance coi controfiocchi. Orgoglioso delle sue doti canore (nonché di autore di canzoni in rima), il Tassorosso era pronto a ricevere fiumi di complimenti, mazzi di fiori e se possibile anche un bacio dalla sua innamorata quando il ritratto della Signora Grassa si scostò, permettendo a qualcuno di uscire dalla Sala Comune dei Grifondoro.
Certo del successo della sua impresa canora, Malai fece appena in tempo a stamparsi un sorriso vivace sulle labbra quando fu costretto a chinarsi: una ciabatta rosa a fiori volò roteando, rapida e letale quasi quanto uno shuriken, pochi centimetri sopra la sua testa. Se non si fosse chinato in tempo, probabilmente Malai avrebbe concluso la serata con un bel segno impresso sulla fronte.
“BRUTTO DEFICIENTE!”
“Ma… ma… Rosita, non ti è piaciuta la mia canzone? Ci ho messo tanto impegno a scriverla!”
Rosita, la Grifondoro alla quale era stato indirizzato l’amore di Malai, lo guardava furiosa standogli di fronte. Vestaglia annodata in vita, una sola pantofola ai piedi e bigodini in testa, la ragazza gli ululò contro che definire una ragazza “svampita” non era certo il modo migliore per rendersi piacente ai suoi occhi.
“Ma faceva rima con Rosita! Che colpa ne ho se ti chiami così, magari dovresti parlarne ai tuoi genitori…”
“Senti, per me è già abbastanza dura avere come omonima la gallina di uno spot televisivo, quindi non prendermi per il culo!”
Fortunatamemte per Malai Håkon stava perlustrando il settimo piano e placò in fretta la furia di Rosita, invitando caldamente tutti i Grifondoro ad andarsene a dormire prima di suggerire a Malai di fare altrettanto. Dentro la Sala Comune, intanto, Lilian agonizzava su una poltrona asciugandosi le lacrime causate dalle troppe risa con un fazzolettino: quello sarebbe stato sicuramente il momento migliore di tutti e sette gli anni di scuola.
 
“Professore, secondo lei dove ho sbagliato? Mi ero anche impegnato a trovare tutte le rime baciate…”
Rimasto solo con l’insegnante di Astronomia, Malai parlò grattandosi la testa e lanciando un’occhiata dubbiosa all’uomo, chiedendosi sinceramente dove avesse sbagliato e perché la ragazza se la fosse presa tanto: e pensare che aveva riposto piena fiducia nella sua serenata. Prima di rispondere Håkon si prese qualche istante per riflettere, mise una mano sulla spalla del ragazzo e lo condusse gentilmente verso le scale limitandosi infine ad una placida scrollata di spalle:
“Temo di non essere la persona più indicata a cui chiedere consigli sulle ragazze. Puoi sempre chiedere alla Professoressa Campbell.”
“Ma è amica della mamma, poi mi prenderebbero in giro fino al Diploma! Lei giura di non dirlo a lei e alla mamma?”
“Lo prometto.”
 
Håkon aveva tenuto fede alla promessa, ma non aveva avuto cuore di dire a Malai, nei giorni seguenti, che Margi e Demelza erano venute a sapere dell’accaduto già la mattina dopo – i fantasmi erano dei veri pettegoli –. In compenso, le due streghe avevano fatto del loro meglio, a colazione, per non fare commenti o per non ridere delle sventure amorose del ragazzo.

 
 
“Merlino, spero per lui di no. Sarà anche stato il mio studente peggiore di sempre, ma non gli auguro di finire vittima di altre pantofole.”
Rammentando fin troppo chiaramente gli esiti dell’ultima serenata del ragazzo, Håkon posò la chitarra piegando le labbra in una smorfia. Margot, invece, ridacchiò prima di sedersi accanto a Theobald, iniziando a formulare teorie.
“Chi pensa che potrebbe essere?”
“Non saprei, ma tu cara lo conosci bene.”
Seduti su due poltrone vicine, Theobald si appoggiò al bracciolo per sporgersi leggermente verso la collega, che si strinse le gambe pallide al petto prima di mordicchiarsi il labbro inferiore con fare pensieroso:
“Mh… passa sempre molto tempo con Lilian, Tallulah e Eden e sono tutte e tre qui al Camp, ma Demelza dice sempre di essere sicura che siano sue amiche e basta.”
“Dici? A me lui e la Signorina Park procurano sempre grasse risate, sarebbe divertente vederli insieme, anche se lei lo percuote spesso..”
“Nah, non penso che sia Lilian. Eden?”
“Non è possibile, stava parlando con lei quando ho origliato, dobbiamo escluderla.”
Theobald, più serio che mai, scosse il capo e Margi annuì. I due stavano riflettendo su chi potesse trattarsi quando Phil lanciò loro un’occhiata perplessa da sopra la rivista che teneva in mano:
“Non avete qualche lezione da preparare, invece di parlare delle relazioni di quei ragazzi?”
“Disse quello con la rivista di Quidditch tra le mani… Phineas.”
“Non ti sognare di chiamarmi mai più in quel modo, Bocca Storta.”
Seduto sul divano in mezzo a loro, Håkon diede una leggera carezza ad Iris, il suo coloratissimo esemplare di geco che gli stava sulla spalla, prima di riprendere la chitarra tra le braccia mormorando qualcosa a proposito di colleghi più impegnativi dei ragazzi stessi.
“Non rompere, Phineas, o riprendo a cantare.”
Phil incassò con una smorfia, sibilando una lamentela prima di tornare a leggere la sua rivista: la strega giocava sporco. Tutto pur di non sentire più quello strazio.

 
*

 
“Ciao ragazze! Sono venuto a rendermi utile. Che cosa posso fare?”
Hiro era approdato nello chalet delle ragazze armato di buona pazienza e del suo sorriso migliore. Lì aveva trovato Marley, Amelie e Blodwel impegnate in una partita a Spara Schiocco sul tappeto del salone mentre Lilian, in cucina, controllava di avere tutti gli ingredienti per preparare la cena.
“Ciao Hiro. Visto che dovremo sfamare molti pozzi senza fondo avrei decisamente bisogno di una mano. Ci pensi tu al ramen, per favore?”
“Certo. Tu che cosa preparerai? Ciao Scricciolo, dai una mano anche tu?”
Raggiunta Lilian alla grande isola della cucina, il Corvonero rivolse un sorriso allegro alla compagna di Casa che sedeva sul ripiano di marmo con un libro di ricette per dolci in mano. Sollevato lo sguardo dalla sua lettura, Priscilla ricambiò il sorriso dell’amico annuendo allegra:
“Aiuto Miss X a fare il dolce, Lilian preferisce fare il salato… e credo che il dolce sia più facile, così avrò meno possibilità di fare guai.”
“Pare che fare questo dolce sia a prova di idiota, quindi non dovremmo avere problemi. Avremo solo bisogno di preparare due… tre litri di caffè vista la quantità di dolce. No Amelie, non sarà da bere.”
 
Uscita dalla dispensa con le braccia cariche di pacchi di biscotti e mascarpone, Tallulah adagiò il tutto sul lato dell’isola adibito alla preparazione del dolce mentre Amelie, delusa, sbuffava e tornava a concentrarsi sulla partita: per un attimo aveva sperato di poter scroccare un po’ di caffè.
“Allora sarà meglio tenere Malai a distanza, se ci sarà caffè in giro. Bella felpa, Tallulah.”
“Lo so, grazie, è la mia felpa preferita.”
Hiro sorrise, divertito, mentre Tallulah si rassettava distrattamente la felpa nera che indossava – e che riportava la scritta “Goko in the street, Vegeta in the sheets” a caratteri cubitali – per poi sistemarsi i capelli dietro le orecchie con una fascetta per non rischiare di sporcarli.
“Miss X, dici che ci sono abbastanza biscotti? Non saranno pochi?”
“Tranquilla tesorino, per fortuna siamo streghe. Li moltiplichiamo. Lily, hai tutto?”
“Credo di sì, dobbiamo solo fare come ha detto Hiro… tenere l’elemento disturbatore a distanza, ma per ora direi di iniziare. Ancora tutti contrari a mettere qualche ingrediente segreto che non sia l’amore nella porzione di Jessica? Sì? Peccato. Hiro, procediamo.”
 

 
*
 

“Fammi capire, era questo quello che volevi ottenere?!”
Perplesso, Bel indicò la scopa che Lance aveva incantato poco prima e che in teoria avrebbe dovuto spazzare i pavimenti al posto loro ma che invece non stava facendo altro che spargere polvere e briciole per tutta la cucina.
“Ecco… no, decisamente no. Chissà dove ho sbagliato…”
Il biondo guardò la scopa aggrottando le folte sopracciglia color grano – chiedendosi perché la scena gli risultasse vagamente familiare – prima di lanciare un’occhiata stranita alla propria bacchetta. Il suo gatto, seduto su uno degli alti sgabelli davanti all’isola, guardò diffidente la scopa prima di allontanarsene saltando sullo sgabello più lontano e miagolando con disapprovazione.
“Credo che con gli incantesimi di pulizia abbiamo ancora molta strada da fare. Come si spegne quella cosa?”
“Ci provo, ma continua a fare quello che vuole!”
Spazientito, Lance puntò nuovamente la bacchetta contro la scopa mentre la paletta cercava di seguirla e di raccogliere un po’ dello sporco che l’altra stava spargendo ovunque.
Se non altro, al Tassorosso fu improvvisamente chiaro perché la scena gli sembrasse tanto familiare: aveva visto qualcosa di molto simile, anni prima, sullo schermo di una televisione.
“Porca Tosca, è come in Fantasia 2000…”
“Che?!”
“Niente, lascia stare. Dammi una mano, prima che la situazione degeneri come nella Spada nella Roccia!”
“Continuo a non capire quello che dici, ma ok.”
 
Dieci minuti dopo, Bel si stava massaggiando la testa dolorante gemendo sommessamente: quando aveva provato ad afferrare il manico della scopa, quella si era ribellata colpendolo dritto in testa.
“Forse… forse dovremmo chiedere alla Campbell.”
“Forse hai ragione.”

 
*

 
Håkon stava per uscire e andare a correre quando, sceso al pian terreno dello chalet dopo aver preparato la lezione successiva per gli studenti del VI anno, si era imbattuto in Theobald.
L’uomo sedeva sulla poltrona che era solito occupare da quando erano arrivati al Camp, Sunday accanto – ogni tanto la gallina si lanciava occhiate circospette attorno, come a voler controllare che il suo assalitore seriale non fosse nei paraggi – e impegnato a scrivere su un rotolo di pergamena appoggiandosi al tavolino che divideva la poltrona dalla sua gemella.
“Salve Professore. Prepara qualcosa per i ragazzi?”
“A quello ho già pensato, caro, la prossima settimana avranno molte sorprese a tenerli impegnati.”
Sul volto dell’anziano professore apparve l’ombra di un sorrisino malizioso che allarmò sinceramente il danese, o almeno finchè Håkon non si ricordò di non essere più uno studente e di essere, quindi, al sicuro. O almeno in teoria.
“No, sto scrivendo a mio figlio Charles. Sai, è terribilmente melodrammatico e con pochissima fiducia nei confronti di suo padre e vuole che gli scriva ogni settimana. Una volta era il contrario, ora è lui quello che si preoccupa per me.”
“Immagino che sia normale. Magari tra trent’anni mia figlia farà lo stesso.”
Questa volta fu di Håkon il turno di sorridere mentre Theobald, invece, smise brevemente di scrivere per rivolgergli un’occhiata paziente e un debole sorriso:
“Ne dubito, Charlie si preoccupa che io mi comporti bene, penso che al tua bambina non correrà gli stessi rischi. Quanti anni ha, a proposito?”
“5.”
Di già!? Cavolo, come passa il tempo… Ti manca, quando sei a scuola? Io non riesco ad immaginare di crescere Charlie vivendo ad Hogwarts.”
“La Preside è fin troppo gentile e riesco a tornare a casa spesso ma sì, mi manca sempre molto. Per fortuna c’è mia madre, senza di lei a prendersi cura di Freya sarei perso.”
Lo sguardo di Theobald sul collega più giovane si fece curioso: non lo aveva mai sentito, nemmeno una volta, nominare la madre della figlia. Si era chiesto spesso se l’insegnante di Astronomia fosse rimasto tragicamente vedovo prematuramente, ma nemmeno Margot gli aveva mai detto nulla a riguardo:
“È  l’unico pettegolezzo che non riuscirà mai a strapparmi, Professore. Ad Håk non piace parlarne e io rispetto la sua volontà.”
Queste erano state le uniche parole che Margot aveva sprecato sull’argomento, due anni prima, accompagnate da un sorriso di scuse ma che, Theobald l’aveva compreso, non avrebbe ammesso repliche.
 
“Sono sicuro che tu sia un ottimo padre per tua figlia. Il fatto che tu faccia di tutto per stare con lei nonostante il tuo lavoro sia impegnativo lo dimostra. E fare da genitore per due non dev’essere facile, per fortuna Charles era grande quando Eugenie se n’è andata.”
Pensando alla sua famiglia Theobald accennò un sorriso spontaneo, riprendendo a scrivere mentre Håkon gli occhi scuri fissi sul caminetto spento, mormorava qualcosa senza riuscire a trattenersi:
“Voglio solo che lei sia felice. Anche senza sua madre.”
“Sono sicuro che è così. Tieni la porta aperta quando esci, devo andare a cercare uno dei nostri gufi per spedire questa.”
 
Uscito dallo chalet e rimasto solo in mezzo alla natura, Håkon pensò ad una delle ultime conversazioni che aveva avuto con sua madre prima di partire per il Camp, quando si era attardato a parlare con lei in salotto e con un bicchiere di scotch dopo aver messo a letto Freya.

 
“Che cosa farò quando chiederà di sua madre? È grande, le scuse tra poco non basteranno. Non posso dirle la verità.”
“Non subito, sono d’accordo, ma prima o poi dovrai farlo, tesoro. Non vorrai mentirle dicendole che è morta, spero!”
“Ne soffrirebbe meno.”
“Ma prima o poi scoprirebbe la vertà. E non ti perdonerebbe mai.”

 
*
 

“Ma perché non se ne vanno… e perché si muovono sempre insieme come uno stormo di rondini?!”
Spazientito, Beau lanciò un’occhiata torva al gruppo di studentesse del V anno che gli ostruivano il passaggio: disgraziatamente non ci si poteva Smaterializzare entro i confini del Camp, e per tornare allo chalet per la via più breve doveva per forza passare di là. Nix, seduta sull’erba accanto all’albero dietro al quale il padrone si era acquattato, gli lanciò un’occhiata confusa.
“Quando torniamo ricordami di insegnare a Dove di non avere mai comportamenti del genere con un suo insegnante. Anzi, spero che abbia tutti professori vecchi.”
La sola idea della sua dolce, adorata nipotina impegnata a fare la svenevole con un insegnante era più di quanto Beau potesse sopportare. All’improvviso, desiderò che la piccola Dove restasse tale in eterno e che gli chiedesse per sempre di tenerla sulle spalle.
“Temo proprio che saremo ancora in carica quando tua nipote arriverà ad Hogwarts e che gli unici vecchi saranno ancora Lumacorno e Watrous. Ah, e la Pipistrella rincoglionita, naturalmente. Ma quando se ne andrà in pensione…”
Voltandosi, lo sguardo di Beau incontrò la figura alta e visibilmente divertita di Phil, che lo guardò inarcando un sopracciglio e accennando un sorrisetto con l’angolo delle labbra:
“Perché sei nascosto dietro un albero? Studi la composizione del muschio o ti nascondi dalle ragazzine?”
“Vorrei poter dire la prima, ma mentirei. Perché a TE non stanno addosso, si può sapere? Sei anche più giovane di me!”
L’aritmanzista lanciò un’occhiata sinceramente esasperata al collega, che si limitò ad allargare il suo sorriso prima di infilarsi un paio di occhiali da sole sul viso con nonchalance:
“Strategia Regime del Terrore, Hawkes, dovresti proprio provarla. Per ora, ci penso io.”
In Francia non è andata molto bene.”
“Ma io non sono Robespierre, per fortuna. Signorine! Non avete di meglio da fare, come per esempio i compiti che vi ho assegnato stamani? Posso sempre darvene ancora, se vi va.”
Le mani infilate nelle tasche dei pantaloni, Phil mosse qualche passo in avanti verso il gruppo di giovani streghe, causando scuse sommesse e improbabili prima che il gruppetto di ragazze si disperdesse ad una rapidità sorprendente. Ammirato, Beau uscì dal suo nascondiglio insieme a Nix rivolgendo al collega un’occhiata colma di stupore:
“Come ci riesci?”
Mentre Phil si voltava verso il collega, il mago accennò un sorrisetto divertito e allungò al contempo una mano verso Nix, che trotterellò verso di lui in cerca di una carezza:
“Facile. Vedi, ci ho messo molto poco a capire che un gran numero di studentesse si iscriveva ad Antiche Rune solo per… beh, la mia faccia. Sfortunatamente per loro ho il massimo rispetto per il mio lavoro e per la materia che insegno, e non mi va a genio che gli studenti la prendano poco sul serio. Da quando sono diventato più severo le iscrizioni di persone non interessate sono calate a picco, e la cosa mi fa molto piacere.”
“Vale anche per me, ma non riesco a fare come fai tu. Mi insegni?”
L’occhiata che Beau rivolse al più giovane era quasi speranzosa, ma Phil si limitò a sorridere a mo’ di scuse prima di mettergli una mano sulla spalla con aria compassionevole:
“Sarebbe tempo perso, tu sei troppo gentile fin nel midollo osseo. È una fortuna che qui ci sia io, o questi sfaccendati farebbero quello che gli pare tutto il giorno. Bocca Storta, te e Håkon siete minacciosi quanto dei marshmallow. Per non parlare del Professor Watrous.”
Beaumont avrebbe voluto contraddirlo – del resto i marshmallow gli avevano sempre fatto venire la nausea e quel paragone non fu molto gradito –, ma dopo una breve esitazione si rese conto di non essere nella posizione di farlo: disgraziatamente, Phil aveva ragione.

 
*
 

“Sei sicuro che riusciremo a convincere i prof ad evocarci un proiettore per vedere il film?”
“Una passeggiata, basterà fare leva sull’elemento faccina-carina.”
Malai annuì, sicuro della riuscita della loro impresa, mentre insieme a Shou procedevano verso lo chalet dei professori. L’obbiettivo del Tassorosso era, ovviamente, trovare Margot e avanzare quella richiesta alla sua insegnante prediletta: di certo MacMillan li avrebbe presi a calci.
Giunti sulla soglia, Malai sollevò una mano e bussò senza esitare, ma senza ricevere alcuna risposta.
“Possibile che non ce ne sia nemmeno uno su cinque?” 
Non udendo alcun rumore dall’interno dell’edificio, Shou guardò la porta aggrottando le sopracciglia scure prima che Malai, dando un lieve colpetto alla porta con il piede, la facesse aprire di pochi centimetri con un cigolio:
“Beh, la porta è aperta… andiamo a vedere.”
“D’accordo, ma se ci becca MacMillan dobbiamo avere una scusa pronta. Delucidazioni sui compiti.”
“Perfetto.”
I due studenti entrarono chiudendosi silenziosamente la porta alle spalle e guardandosi attorno nell’enorme salone completamente deserto. Shou si affacciò in cucina, ma quando si voltò nuovamente verso l’amico scosse la testa in segno di diniego: nessuno.
“Beh, il cane di Hawkes non c’è, forse lui è uscito a fare una passeggiata. Speriamo solo che Watrous non sia nascosto dietro un angolo per farci uno scherzo. Andiamo a vedere cosa c’è di sopra!”
Entusiasta di scoprire che cosa celasse il piano superiore dello chalet – decisamente più grande rispetto a quelli che erano stati assegnati agli studenti – Malai approfittò dell’assenza dei professori per correre verso le scale. Anche se scettico – e leggermente timoroso di incontrare MacMillan – Shou lo seguì: del resto li avevano già spediti fin lì rovinando loro metà estate. Peggio di così, non poteva andare.
“Secondo me hanno tutti delle camere enormi, mpf! Che ingiustizia. Ehy, ma c’è un altro piano qui!”
Malai si sporse leggermente attraverso l’unica porta aperta presente sul ballatoio, affacciandosi così ad una seconda rampa di scale di legno. Curioso, Shou lo imitò fermandoglisi accanto e osservando con le sopracciglia inarcate le scale misteriose.
“Chissà che cosa ci sarà di sopra…”
I due amici stavano per confrontarsi sulle teorie che stavano già iniziando a formulare quando, all’improvviso, una voce alle loro spalle li fece raggelare:
 
“Niente di interessante per voi fanciulli, solo studenti degli anni passati che hanno ficcanasato dove non dovevano.”
Shou e Malai si voltarono di scatto, rilassandosi quando incontrarono il sorriso benevolo di Margot, che li guardava con gli occhi cerulei divertiti e tenendo le mani dietro la schiena.
“Avete bisogno di qualcosa, pulcini?”
“Ecco… Sì, Malai deve chiederle una cosa.”
Il Serpeverde assestò all’amico una leggera gomitata e un’occhiata eloquente, invitandolo a parlare prima che la strega rivolgesse allo studente un sorriso affettuoso:
“Dimmi tesoro.”
“Margot, ci chiedevamo se per caso potessi darci una mano per stasera. Volevamo vedere un film tutti insieme, e avremmo bisogno di un proiettore… ma noi non siamo ancora molto abili nell’arte dell’Evocazione, a dirla tutta. Sei tu l’esperta qui, no?”
“Naturale. Ed è anche una bellissima idea, dovrei fare lo stesso e permettere così a quegli uomini ignoranti di farsi una cultura. Prima però venite di sotto, non credo che dovreste stare qui.”
 
La strega prese saldamente i due sottobraccio – nonostante entrambi l’avessero superata in altezza già da diversi anni – e li condusse sorridendo al pian terreno, chiedendo loro che cosa avessero intenzione di vedere.
“Visto che siamo in molti credo che tireremo a sorte. Lei che cosa guarderebbe, Prof?”
“Che domande, un musical. O un film con Hugh Grant.”
Di fronte agli sguardi confusi che i due ragazzi si scambiarono, Margot sospirò: a volte aveva davvero l’impressione di essere davvero un alieno, in quel Camp.
“Malai, tua madre non ti ha mai fatto vedere un film con High Grant?! Dovrò scrivere a Demelza una lettera piena di lamentele. E voi due che ci fate qui?”
Giunti nel salone, Margot inarcò un sopracciglio quando scorse Bel e Lance in piedi sulla soglia dello chalet impegnati a guardarsi attorno e a bisbigliare nervosamente: avevano decisamente l’aria di chi aveva appena combinato un guaio.
Quando i due Tassorosso scorsero compagni e insegnante smisero di parlare tra loro e Lance si schiarì la voce, abbozzando un sorriso prima di prendere la parola:
“Emh… Scusi il disturbo ma, beh, stavamo cercando di pulire con la magia, ma non siamo pratici. Abbiamo provato ad incantare una scopa, ma ora ha vita propria e si sta ribellando ai nostri comandi… ecco, è un po’ fuori controllo e…”
Il ragazzo tuttavia, non riuscì a finire di parlare: Bel, in piedi accanto a lui, scorse le pantofole che Margot portava ai piedi prima di sgranare inorridito gli occhi blu e iniziare a dare leggere gomitate sul fianco del biondo:
“L-Lance! Lance, g-guarda!”
“Che c’è?!”
“Le ciabatte della prof! S-sono ciabatte di elfo!”
Lance stava per sospirare, dire a Bel che era assolutamente un’idea ridicola: nessuno indossava ciabatte fatte con Elfi Domestici, tantomeno la loro adorabile Direttrice. Giravano storie atroci sui Black e sulla loro tradizione di imbalsamare le teste dei loro Elfi, certo, ma Margot Campbell non era una Black, né tantomeno tipo da torturare creature innocenti.
Lance stava per dire tutto questo al suo migliore amico, ma le parole gli morirono in gola quando scorse le pantofole della professoressa, ritrovandosi a spalancare gli occhi con lo stesso orrore che si era dipinto sul volto di Bel.
“Ma che gli prende adesso? Va bene, ho capito, sono senza trucco, ma non pensavo di essere un simile mostro e comunque non serve fare tante sceneggiate!”
Offesa, Margot guardò i due incrociando le braccia al petto prima che Shou, cercando di non ridere, si sporgesse leggermente verso di lei per bisbigliare qualcosa:
“Prof, credo che sia per le sue ciabatte. Stanno facendo parlare parecchio, sa.”
“Ancora con queta storia?! Per la barba di Harrison Ford, voi Purosangue siete davvero suscettibili… questi non sono Elfi Domestici, sono pantofole di baby Yoda! È merchandising!”
La donna indicò seccata le pantofole che portava ai piedi – dopo tutta la fatica fatta per trovarle, il fatto che nessuno le riconoscesse e anzi, che l’accusassero di violenza sulle Creature Magiche era assolutamente inaudito – mentre Lance, illuminandosi, annuiva schioccando le dita:
“Ahh, parla di Star Wars! Tutto a posto, allora. Potrebbe aiutarci con il nostro problemino?”
Il sorriso speranzoso di Lance – mentre Bel, invece, continuò a lanciare occhiate perplesse alle pantofole – venne ricambiato dal cenno sbrigativo che Margot rivolse loro, annuendo prima di Appellare un paio di scarpe con un pigro colpo di bacchetta:
“Certo… seguitemi, tassini. Più Park.”

 
*

 
Mentre ricopriva la pirofila di dolce con della pellicola, Priscilla si sentiva piuttosto soddisfatta di sé: era riuscita a dare una mano a Tallulah senza combinare disastri in cucina o essere d’impiccio. Di sicuro non sarebbe mai stata una chef provetta, ma era un inizio.
“La prima teglia è fatta, vado a metterla in frigo. Nel libro però diceva che dovrebbe stare in frigo un giorno intero…”
Presa la teglia per riporla in frigorifero, la Corvonero osservò il dolce con occhio critico mentre Tallulah, pulendosi le mani piene di cacao, la tranquillizzava con una pigra stretta di spalle:
“Tranquilla Prisci, useremo un incantesimo. Io controllo se il caffè è pronto. Va bene Amelie, potrai averne un goccio!”
Esasperata, Tallulah alzò gli occhi chiari al cielo mentre la compagna di Casa – che le aveva rivolto occhiate imploranti incessantemente negli ultimi venti minuti – esultava e, alzatasi, correva a prendere una tazza per ricevere la sua razione di caffeina.
 
Marley, seduta contro il divano accanto a Blodwel, lanciò invece un’occhiata desiderosa alla ciotola piena di crema al mascarpone mentre l’amica scarabocchiava qualcosa su dei pezzetti di pergamena.
“Quanto vorrei assaggiare quella crema… a vedere tutti che cucinano mi è venuta una fame assurda. Tu che fai? Non dirmi che stai facendo i compiti, Bloody!”
“Certo, quando la mia maialina volerà. No, sto scegliendo quali film della Disney proporre per stasera, è assolutamente vergognoso che quasi tutti voi non li conosciate! Ma come siete cresciuti senza?”
Mentre piegava in quattro l’ennesimo bigliettino (non sapendo scegliere tra i tanti Classici Disney, Bloody aveva deciso di proporne parecchi) la Tassorosso fece vagare lo sguardo nella sala e sui presenti con viva disapprovazione. Non saper fare le pulizie era un conto, un altro era non aver mai visto Robin Hood o La Spada nella Roccia.
“Se vuoi posso darti nomi e cognomi delle mie tate, potrai scrivere a loro manifestando le tue dimostranze.”
“Lo prenderò in considerazione. Io non vedo l’ora sia pronta la cena, muoio di fame. Chissà cosa stanno preparando Park e Davies…”
 
Avendo quasi finito di preparare quella che Tallulah aveva definito “una quantità industriale di ramen” Hiro si avvicinò alla postazione di Lilian pulendosi le mani su uno strofinaccio e guardando la gran quantità di ingredienti che la giovane strega aveva davanti mentre preparava involtini ad una velocità discretamente invidiabile, mettendoli da parte per friggerli in un secondo momento. Funghi, peperoncino, aglio, gamberi, noodles e carne… sembrava che Lilian avesse praticamente saccheggiato la dispensa.
“Che cosa sono? Involtini primavera?”
“No, è la versione thailandese, si chiamano Por Pia Tord… Mi dai una mano a finirli? Credo di doverne preparare un’infinità.”
“Certo, posso friggerli mentre tu li prepari.”
Hiro sorrise e Lilian ricambiò, inclinando le labbra rosee in un raro accenno di sorriso grato. Stava spiegando al compagno come preparare gli involtini quando la porta d’ingresso dello chalet venne aperta e accadde ciò che la ragazza aveva temuto fin da quando si era messa ai fornelli: l’elemento disturbatore era giunto.
“Fanciulle, abbiamo il proiettore!”
Sorridendo vittorioso, Malai sollevò l’oggetto – che Marley indicò raggiante, esclamando “ma quello è un profittatore!” mentre Blodwel, rassegnata, si passava una mano sugli occhi – scatenando mormorii confusi tra molte delle presenti. Amelie, la tazza ormai vuota ancora in mano, si sporse verso Tallulah, chiedendole con un mormorio cosa fosse quella cosa strana.
“Dove l’avete trovato un proiettore qui?”  Blodwel lanciò un’occhiata stranita al proiettore che Malai stava reggendo mentre Marley, ancora seduta accanto a lei, cercava di fare appello alle conoscenze apprese alle lezioni di Babbanologia per ricordare di preciso come funzionasse. Fu Shou a risponderle, stringendosi nelle spalle prima di accennare a Margot, che dopo aver riparato al danno causato da Bel e Lance aveva seguito i due ragazzi fino allo chalet per vedere come fosse fatto al suo interno.
“Ce lo ha evocato la prof. Ora ci serve solo un lenzuolo… per caso ne avete uno che vi avanza?”
“Prof, perché qui la tecnologia funziona e a scuola no?”
Mentre Shou raggiungeva Lilian e Hiro in cucina – più per controllare se ci fosse qualcosa da scroccare che per aiutare – Blodwel si rivolse a Margot inarcando un sopracciglio: non era stata particolarmente felice di sapere, qualche anno prima, di non poter ascoltare musica mentre si trovava ad Hogwarts.
“Beh, ad Hogwarts ci saranno un milione di incantesimi di protezione in più, naturalmente. Per fortuna qui la tecnologia funziona, o sarei stata un mese senza film e serie tv…”
Margot parlò tirando un sospiro di sollievo – in caso contrario, non avrebbe saputo come sopravvivere al campeggio – mentre Malai, dopo aver appoggiato il proiettore su un divano, volgeva lo sguardo sulla cucina. In particolare, gli occhi scuri del ragazzo indugiarono su ciò che Tallulah stringeva tra le mani: una moka. Una moka ancora calda, appena tolta dal fornello, piena di caffè fumante.
 
Casco… Malai ha visto il caffè!”
“Tienilo lontano da lui!”
Confusa, Amelie spostò lo sguardo dalla moka a Malai fino a Lilian, chiedendosi il motivo di tutta quell’agitazione. La risposta arrivò un istante dopo, quando il ragazzo corse verso di loro puntando dritto verso Tallulah:
Caffè caffè caffè!”(3)
“Perché ho la sensazione di aver già visto questa scena…”
Margot parlò in un mormorio assorto, la fronte aggrottata e gli occhi chiari pensierosi fissi su Malai, che cercò invano di strappare la moka dalla salda presa di Tallulah:
“No, Malai, ci serve per il tiramisù, e ne hai già bevuti tre oggi! Lo sai che non devi esagerare!”
“Ti preego, solo una tazzina piccina!”
“No, vattene!”
 
Cinque minuti dopo Malai giaceva in un angolo, offeso e avvilito: non solo non gli era stata confessa nemmeno una tazzina di caffè, ma era anche stato bandito dalla cucina. Che trattamento vergognoso.

 
*
 

Håkon stava per rientrare nello chalet, di ritorno dalla sua corsa, quando s’imbatté nella sua collega prediletta, nonché migliore amica. Margot, che stava tornando a sua volta verso l’edificio che li ospitava, gli rivolse un sorriso e un cenno con la mano mentre il collega si fermava accanto all’entrata per aspettarla:
“Ciao splendore. Sei andato a correre? Vorrei avere la tua stessa forza di volontà.”
“Ho cercato di appendere il sacco da boxe in camera mia, ma onestamente avevo paura che crollasse tutto, così ho lasciato perdere. Mi consolo correndo. Che cosa stavi facendo?”
“Adempio ai miei doveri di adorabile insegnante premurosa soccorrendo i nostri ragazzi… Lance e Bel avevano problemi con le pulizie e Shou e Malai mi hanno chiesto un favore. A proposito, ho preso una decisione: stasera, serata cinema. È ora che voi tutti vi facciate una cultura.”
Quando la donna approdava a casa sua armata di popcorn e del suo miglior sorriso contagioso annunciando una “serata cinema” Freya le correva incontro esultando e abbracciandola per la vita, piena di entusiasmo. Lo stesso non si poteva dire del padre della bambina, che lanciò all’amica un’occhiata apprensiva mentre le teneva la porta aperta per permetterle di entrare:
“E che cosa vorresti vedere?”
“Ho voglia di humor inglese e di Hugh Grant, quindi direi l’intramontabile Quattro matrimoni e un funerale. Con Freya in giro non ho mai potuto mostrartelo, troppe parolacce. Vedrai, ti piacerà.”
Håkon nutriva qualche dubbio a riguardo, ma decise di non obbiettare: conosceva la sua amica da vent’anni e sapeva benissimo di non avere scelta.

 
*

 
Amelie non aveva praticamente mai mangiato cibo asiatico in tutta la sua giovane vita, ma anche se usare le bacchette non era stata una passeggiata, doveva ammettere che Hiro e Lilian erano stati davvero bravi.
Marley, dopo aver ripulito una buona dose di involtini ed essersi contesa con Blodwel alcuni ravioli di carne e di gamberi alla piastra, era stata dello stesso avviso. Certo, nulla a che vedere con i suoi sandwich, aveva sottolineato la Tassorosso con fierezza mentre Blodwel le soffiava l’ultimo involtino.
Dal canto suo, Priscilla aveva osservato Hiro, Shou e Lilian mangiare con le bacchette con una naturalezza ed una velocità semplicemente invidiabili, e anche se Hiro e Shou ci misero tutta la loro buona volontà per insegnarle, la Corvonero fece comunque una gran fatica a mangiare il Khao Soi, una zuppa di noodles che Lilian aveva preparato per tutti: l’ultima cosa che voleva era offendere la sua amica dopo tutto il suo lavoro, e si era impegnata per mangiare tutto ciò che Lilian aveva preparato.
“Visto? Riesci a prendere i ravioli, non è così difficile.”
“Circa, sì… grazie.”  Priscilla ricambiò il sorriso di Shou, guardandolo grata prima che le attenzioni del ragazzo venissero fagocitate dalla sua nuova conquista. Lilian, seduta tra lei e Tallulah, si disse soddisfatta che tutti stessero mangiando mentre la Corvonero ripuliva la sua ciotola di ramen:
“Di che ti sorprendi… anzi, dovremmo tutti ringraziare in ginocchio te e Hiro. Anche se io e Prisci abbiamo fatto il dolce, quindi abbiamo comunque collaborato.”
“Speriamo solo che sia buono, altrimenti sai che figuraccia…”
 
Quando, poco dopo, fu il turno del Tiramisù, Amelie si mise in fila con un gran sorriso sul volto per avere la sua parte. Tornata a sedersi accanto a Marley ebbe come l’impressione che qualcuno la stesse osservando, ma si disse di lasciar perdere e si lasciò fagocitare dalla fitta conversazione sul Quidditch intavolata da Marley e Bel:
“Dovremmo davvero organizzare una partita, non voglio stare un mese intero senza giocare… di questo passo torneremo ad Hogwarts senza ricordare come si vola, e abbiamo una stagione da vincere.”
Bel affondò il cucchiaio nel dolce mentre Marley lanciava un’occhiata stizzita in direzione di Shou: Serpeverde aveva vinto di pochissimi punti, l’anno prima. Ma di certo non sarebbe ricapitato per il loro ultimo anno ad Hogwarts.
“Non esserne così sicuro, l’anno prossimo vinceremo noi.”
Amelie sorrise dolcemente e Marley sbuffò, puntandole contro il cucchiaio e assicurandole che avrebbero battuto Corvonero prima di rivolgersi a Lance e chiedergli se intendesse tornare attivamente a giocare in squadra per l’ultimo anno.
“Diverse persone si sono diplomate, potresti esserci utile.”
“Preferisco restare come riserva… mi piace giocare, ma preferisco stare sugli spalti a fare il tifo per voi.”
Lance sorrise e Blodwel alzò gli occhi al cielo, asserendo che fosse una vera cheerleader nata: quando Bel e Marley giocavano, per i suoi migliori amici il ragazzo preparava sempre striscioni e festoni.
“Non c’è niente di male a fare la cheerleader, anzi, ne abbiamo bisogno. Però è un peccato, Lance, eri bravo. Non quanto me, s’intende…”
Marley piegò le labbra in un sorrisetto soddisfatto, mangiando il dolce con aria sostenuta mentre Bel scoccava all’amica un’occhiata eloquente:
“Vorrai dire quanto noi.”
“Naturale. Dicono che siamo la miglior coppia di Battitori da tempi immemori, caro il mio Bel.”
Sorridendo, la Tassorosso rubò un po’ della crema dal dolce dell’amico, scatenando l’indignazione di Bel prima di ridere e arruffargli affettuosamente i capelli scuri con la mano.
“Anche Hiro è bravo, ma dice che giocare in squadra come suo padre non gli interessa… cerchiamo di convincerlo da parecchio, ma non ne vuole sapere. Siete davvero difficili, voi ragazzi.”
Amelie sbuffò mentre ripuliva il piattino del dolce, alzandosi per averne ancora. Di nuovo, si sentì osservata, ma non riuscì a capire di chi si trattasse in mezzo a tutta quella confusione.

 
*

 
“Alla fine che cosa si guarda?”
Bel sorrise mentre prendeva posto su un morbido pouf arancione fatto apparire per l’occasione accanto a quello giallo occupato da Lance – non senza una dura lotta con Marley, con la quale il ragazzo se l’era conteso fino all’ultimo –. Blodwel, che aveva già preso possesso di un paio di sacchetti di noccioline, sbuffò mentre Shou faceva roteare la boccia di vetro dove avevano infilato i bigliettini con le proposte per mescolarli.
“Devono ancora decidere. Spero non qualche stronzata.”
“Vaughan, so che hai moltiplicato i tuoi bigliettini con la magia, non prenderci per cretini.”
Mentre infilava una mano in mezzo alla miriade di foglietti lo sguardo di Shou indugiò sulla Tassorosso, rivolgendole un’occhiata in tralice mentre la mora, sbuffando, incrociava le braccia al petto:
“Dio, che palle…”
Scelto un foglietto in mezzo al mucchio, Shou lo sollevò e lo dispiegò, sorridendo allegro prima di annunciare che avrebbero visto un horror.   Blodwel alzò gli occhi al cielo, Lance sospirò con delusione, Tallulah borbottò che di certo l’estrazione era stata truccata e Bel, preoccupato, si domandò quanto pauroso sarebbe stato il film mentre Priscilla scoccava un’occhiata nervosa in direzione di Shou:
“Non credo che sia il mio genere, forse è meglio se vi lascio e vado di sopra…”
La strega fece per alzarsi dal divano ma Shou, avvicinandolesi, le rivolse un sorriso gentile:
“Tranquilla Prisci, questo non fa molta paura. In più, avrai l’onore di avere me accanto a farti sostegno. Credo che questa sera sarai una ragazza molto invidiata.”
Mentre Shou raccomandava all’amica di tenergli il posto Lilian, seduta accanto a Priscilla, alzò gli occhi al cielo mentre Tallulah ridacchiava, il pigiama rosa di Sailor Moon addosso. Quando era scesa con quello addosso, terminata la cena, l’unico ad averlo riconosciuto era stato Hiro, a cui era scappata una risata quasi senza volerlo.

 
“Davies, che ti ridi? Lo volevo con Milord ma non lo producono, maledetti…”
“Niente, assolutamente niente. È un pigiama bellissimo, Tallulah, anche se sono deluso perché mi aspettavo quello di Vegeta.”
“Non è mica facile da trovare!”
 
“Ehy, Miss X.”
“Dimmi.”
“Dobbiamo ancora capire di chi cavolo è innamorato Malai.”
“Hai ragione. A proposito, dov’è finito? Di solito si siede con noi!”
Offesa per essere stata abbandonata dall’amico, la bionda si mise a sedere dritta sul suo voluminoso e comodo pouf rosa – in tinta col pigiama – mentre faceva vagare lo sguardo sul resto del salotto.
“Già… ma non quando ha un’innamorata.”
Lilian annuì e le due bionde iniziarono a setacciare attentamente la stanza con gli occhi: dopo avergli servito il tris di tiramisù, lo avevano visto allacciarsi un fazzoletto in testa e, serissimo, iniziare a lavare i piatti per far sì che la cucina fosse in ordine. Dopo aver passato ore a cucinare Lilian era stata felicissima di lasciarlo fare, ma da lì in poi lo aveva perso di vista.
“Magari sta controllando con un metro e un goniometro che i quadri siano tutti perfettamente dritti allineati, sai che è fissato…”
Dubbiosa, Lilian si guardò attorno aggrottando la fronte e chiedendosi dove si fosse cacciato il suo amico: l’assenza di Malai talvolta poteva diventare più preoccupante della sua stessa presenza. Tallulah stava per affermare di averlo visto farlo già quando lo avevano esiliato dalla cucina per tenerlo lontano dal caffè e che quindi non era possibile, ma si dimenticò di ciò che stava per dire quando i suoi occhi azzurri incrociarono l’alta figura dell’amico, in piedi dall’altra parte della sala.
“Ragazze, l’ho trovato.”
Priscilla e Lilian seguirono la direzione dello sguardo dell’amica, ritrovandosi così con gli occhi a loro volta fissi sull’amico. Priscilla sgranò gli occhi e Lilian la imitò, sorpresa ma allo stesso tempo sollevata: no, non si trattava di una delle ragazze di Shou.
“Oh mio Dio!”
“Beh, mistero risolto.”
 
“Posso sedermi qui?”
Amelie smise di parlare con Hiro e volse lo sguardo su Malai, per nulla sorpresa: dopotutto i due erano amici e che il Tassorosso volesse sedersi accanto ad Hiro non costituiva un fatto insolito. La Corvonero, tuttavia, si ritrovò a ricredersi quando si rese conto che la domanda era stata rivolta a lei, e non al compagno di Casa: Malai, in piedi davanti al divano, la osservava attendendo una risposta.
“Emh… certo.”
“Grazie!”
Sorridendo allegro, Malai non se lo fece ripetere due volte e sedette accanto alla ragazza, che lo osservò confusa e chiedendosi il perché di quella richiesta inaspettata. Hiro, seduto alla sua sinistra, distolse lo sguardo per celare un sorrisetto e incrociando quello di Shou, che cercò di non ridere mentre faceva partire il film.
“Oh, quasi dimenticavo. Volevo darti questo.”
Malai estrasse qualcosa dalla tasca, porgendolo ad Amelie sotto lo sguardo sempre più confuso della giovane strega, che si ritrovò a prendere delicatamente un foglio piegato in quattro dalle mani del ragazzo.
 
“Ora che ci penso… Amelie era seduta accanto a Josephine oggi, a lezione. Che sceme siamo state, come abbiamo fatto a non pensarci!”
“Ci sarà da ridere… oh sì, molto da ridere.”
Tallulah si portò la cannuccia del tè freddo che si era versata alle labbra, un sorrisetto ad incurvarle le labbra. Sorrisetto che Lilian non imitò, sfoggiando invece una piccola smorfia:
“Considerando che Amelie è nella nostra stessa stanza, ci sarà più che altro da piangere. Se arriva a fare un’altra serenata non so come potrei reagire.”
“Shh, inizia!”
 
Amelie ebbe appena il tempo di guardare ciò che Malai le aveva dato prima che le luci venissero spente. Il ragazzo le aveva porto quello che, evidentemente, era un foglio strappato da un blocco da disegno. Un foglio che la ritraeva piuttosto fedelmente.
“Oh… è bellissimo. Grazie Malai, sei davvero bravissimo.”
Amelie sorrise e sollevò lo sguardo per guardare il ragazzo, che la imitò prima di sottolineare che, naturalmente, “fosse molto più carina dal vivo rispetto al suo disegno”. In quel momento il sorriso svanì dal volto della giovane strega, che arrossì e parve, invece, ammutolire: come aveva potuto non pensarci prima?
Del resto, tutti conoscevano Malai e le sue famosissime “cotte lampo”. Era capitato anche ad un paio di sue amiche, e Amelie ne aveva sempre sorriso totalmente ignara che un giorno si sarebbe trovata ad essere oggetto in prima persona delle particolari attenzioni del Tassorosso.
“Grazie Malai, ma, ecco…”
La ragazza non riuscì a finire di parlare, interrotta dall’inizio del film. Appoggiandosi allo schienale del divano di pelle, Amelie deglutì piegando il disegno, non sapendo se sentirsi sollevata o meno per quell’interruzione.
 
Quindici minuti dopo Priscilla aveva già stabilito che no, gli horror non facevano al caso suo. Stringendo un cuscino come se ne andasse della sua stessa vita, mormorava sommessamente qualcosa contro Shou e i suoi film horror.
Il ragazzo stava per attirarla a sé con un braccio – e mai come in quel momento la Corvonero ringraziò che i compagni avessero spento le luci, così che il suo imbarazzo non fosse visibile – quando Lilian, sgomenta, si sporse verso il cugino sibilando qualcosa:
“Ti è dato di volta il cervello? Vuoi che diventi il prossimo pasto delle tue ammiratrici?”
“Considerando che è la tua migliore amica, ne dubito fortemente.”
Lilian, già pronta a tirarsi le nocche e a lanciare occhiate di sfida ai “numerini” del cugino, ignorò le proteste di Priscilla, che sottolineò a bassa voce che non dovessero preoccuparsi per lei e che fosse in grado di cavarsela da sola. In realtà le fan di Shou un po’ la spaventavano da quanto erano accanite, ma preferì non farlo sapere per non compromettere la sua tesi.
 

 
*

 
Beaumont, Håkon e Phil sedevano uno accanto all’altro sul divano posto davanti al telo che Margot aveva appeso davanti al camino – non senza sonore imprecazioni e rischiando di sfasciare tutto l’edificio –. Stretti sul mobile per starci tutti, il primo aveva l’aria perplessa – come di chi non sa bene come è capitato in una situazione –, il secondo un’espressione esasperata ma arresa allo stesso tempo e il terzo, contrariamente alle comuni aspettative, sorrideva rilassato.
Mentre l’unica strega tra i presenti armeggiava borbottando col proiettore che aveva fatto apparire poco prima, Theobald aveva spostato poltrona e ottomana per avere piena visuale del lenzuolo, e sedeva con le mani intrecciate in grembo e un’espressione placidamente benevola sul viso.
“Come mai Phil sorride? Credevo che avrebbe dato ai mati…”
Beau, seduto contro il bracciolo, si accostò ad Håkon per mormorargli qualcosa all’orecchio. I due si voltarono dubbiosi verso il collega, che pareva divertirsi parecchio mentre osservava Margot e si portava manciate di popcorn alle labbra.
“Non ne ho idea, ma è molto sospetto… Pensi che abbia messo dell’esplosivo nel proiettore e che Margi sia un pericolo?!”
Il tono del danese si fece improvvisamente preoccupato, e lo sguardo dell’uomo saettò ansiosamente sull’amica mentre Beaumont, la fronte aggrottata, scuoteva leggermente la testa:
“No, non penso. Insomma, lo spero.”
 
“Ce l’ho fatta, possiamo iniziare!”
Sorridendo entusiasta, Margot si allontanò dal proiettore – mentre Håkon e Beau tiravano sospiri di sollievo – e presa una ciotola di popcorn sedette su un cuscino che aveva appoggiato sul tappeto, accanto a Nix.
Margi era pronta, pronta a vedere un giovane Hugh Grant correre trafelato ad un eccentrico matrimonio dietro l’altro, partecipare ad un funerale e ad innamorarsi di Andie MacDowell.
Ma tutto questo non arrivò, perché con sommo sgomento la strega si ritrovò ad assistere a dei titoli di apertura in bianco e nero. Titoli che non avevano nulla a che fare con il suo film.
Quando vide apparire sullo schermo il nome “Stanley Kubrick”, Margot si sentì mancare. Quando il colpo di grazia giunse con l’arrivo del titolo, la strega saltò in piedi protestando impotente contro il lenzuolo:
“NO! Io non ho messo questo film! Non voglio vedere questo! Ma come cavolo è successo?!”
 
Voltandosi, senza volerlo Margot intercettò lo sguardo di Phil, e con lui la sua espressione angelica impressa su quella faccia schifosamente bella che avrebbe volentieri trasfigurato a suon di ceffoni.
“TU! Hai sostituito i film e hai messo quel mattone infernale di 2001 Odissea nello Spazio?!”
“Mi dicevano di vederlo da un po’, sai…”
O forse l’aveva sentita, una volta, dire ad Håkon che quello fosse il film che più detestava al mondo.
“Te ne pentirai, questo è il film più noioso mai concepito dall’uomo! Idiota…”
“Dai, su, non litighiamo, ormai guardiamo questo…”
Beaumont rivolse un sorriso gentile a Margot, che sbuffò e borbottò qualcosa di incomprensibile in gaelico scozzese che suonò particolarmente offensivo prima di rimettersi seduta. Scura in volto, la strega afferrò i suoi popcorn certa che nella prossima lezione avrebbe avuto bisogno dell’ausilio di una cavia per mostrare ai ragazzi esempi di Trasfigurazione umana.

 
*

 
Seduta accanto a Marley, Blodwel osservava scettica il lenzuolo che avevano appeso davanti al camino sgranocchiando noccioline. Con sommo disappunto della giovane strega, il film che stavano proiettando non apparteneva alla casa di produzione di film d’animazione più celebre del mondo, ma si trattava di un horror.
Un horror abbastanza stupido, a suo avviso.
“Pf, il Gobbo di Notre Dame sarebbe stato meglio…”
La Tassorosso non poté che trovarsi d’accordo con il borbottio di Tallulah che, seduta a pochi metri di distanza, coccolava distrattamente il suo Pikachu, che le si era stretto accanto.
“Io ho provato a moltiplicare i bigliettini con i film Disney quando abbiamo tirato a sorte, ma Park mi ha beccata subito.”
Risentita per il fallimento della sua missione di sabotaggio, la Tassorosso lanciò un’occhiata torva al Serpeverde, che sedeva sul secondo divano accanto a Priscilla. La Corvonero, seduta tra Lilian e Shou, teneva gli occhi verdi spalancati fissi sulle scene proiettate, anche se di tanto in tanto distoglieva lo sguardo disgustata.
“Penso di aver capito che questo genere non fa al caso mio… Troppo sangue.”
La ragazza sprofondò ancora di più nel divano, stringendo un cuscino a sé mentre Lilian, sbuffando, alzava gli occhi al cielo:
“Lo so, non fa impazzire nemmeno me. Ma chi ha proposto Freddy Vs Jason?!”
“Io.”
“Strano che sia stato estratto proprio il film che hai proposto tu, Shou.”
Il Serpeverde non si scompose di fronte all’occhiata eloquente che la cugina gli rivolse, limitandosi ad abbozzare un sorrisetto mentre Amelie, schifata, teneva gli occhi fissi sul film chiedendosi a bassa voce perché i Babbani si divertissero ad impiegare il loro tempo libero in film del genere.
“Che schifo! Non voglio vedere.”
La ragazza, che aveva già indossato il suo pigiama viola coperto di unicorni, distolse lo sguardo mentre Malai, seduto accanto a lei, la rassicurava gentilmente e Priscilla sollevava il cuscino per celarsi momentaneamente la vista del film.
 
“Che roba strana… di che parlava, invece, il film che volevate vedere tu e Lance?”
Marley tuffò con disinvoltura la mano nel sacchetto di noccioline di Blodwel, che le riservò un’occhiataccia ma la lasciò fare mentre Lance, sedutole accanto e col suo pigiama con gli orsetti addosso, rispondeva abbozzando una smorfia mentre osservava il film:
“Di Mago Merlino e del suo gufo Anacleto che aiutano re Artù.”
“E che ne sanno i Babbani di Merlino?”
“Ne hanno una visione distorta, in quel film andava ad Honolulu in vacanza.”
Le parole di Lance – pronunciante con estrema disinvoltura, ma che gli fecero guadagnare un’occhiata particolarmente stranita da parte di Bel – fecero bloccare la mano di Marley piena di noccioline a metà strada tra il sacchetto e le sue labbra. La ragazza esitò elaborando le parole dell’amico prima di sollevare le sopracciglia con sincera sorpresa: dai racconti dei suoi amici, i Babbani sembravano una stranezza continua.
“Wow. Sono proprio strani, i Babbani. Tu com’è che li conosci, Lance?”
“Mi piace la cultura Babbana, ci sono un sacco di cose interessanti e divertenti. Non so se questo film rientri tra quelle, però.”
Che palle, io volevo vedere Merlino, o Robin Hood, o Cenerentola!”
“SHHH!”
“Chiunque si sia permesso di farmi “shh”, lo invito a riprovarci alla luce del sole e guardandomi in faccia.”
Bloody fece vagare lo sguardo sui compagni avvolti dalla semi-oscurità, scrutandoli con aria di sfida. Quando non ricevette alcuna risposta la giovane strega sorrise soddisfatta e si adagiò comodamente contro un cuscino, vittoriosa, mentre Lance le rivolgeva un sorriso divertito:
“Non ti facevo tipo da Cenerentola, Bloody.”
“Beh, mi piacciono i topolini, che c’è di male?”
“La p-prossima volta possiamo vedere quello, per favore?”
Quando si rivolse a Bel, sul viso di Blodwel l’espressione truce scomparve lasciando il posto al sorriso gentile, benevolo e affettuoso che era solita rivolgere quasi solo ed esclusivamente a lui. Per fortuna, al buio nessuno poté farci caso:
“Tranquillo Bel, la prossima volta i miei trucchetti non verranno scoperti.”

 
*

 
Come tutte le sue compagne di stanza, Amelie era ormai pronta per dormire. Aveva spazzolato i capelli, messo la crema sul viso e si era infilata sotto le coperte. Dopo aver letto qualche pagina di un libro, era pronta a spegnere la luce mentre Lilian, avvolta nel suo pigiama speciale dedicato alle serate film con i popcorn disegnati, si sistemava nel letto a castello che condivideva con Tallulah discutendo della cena.
“Dici che era più buono il ramen di Hiro o quello che ho fatto io?”
“Tu sei fantastica, Lily, ma ammetto che il ramen era davvero buono.”
“Hiro è bravissimo, ed è stato davvero carino a darci una mano. È sempre gentilissimo.”  Mentre si sistemava la mascherina si raso che usava per dormire sulla fronte, Priscilla sorrise dal suo letto e Lilian annuì, pensando con stizza al cugino che, tanto per cambiare, si era spaparanzato sul divano invece di collaborare.
“Già, l’unico ragazzo che si è degnato di aiutare… mio cugino dovrebbe proprio prendere esempio.”
Marley, lamentandosi di aver mangiato troppo, mise a letto Leith mentre Blodwel dava qualche carezza della buonanotte al suo corvo, pronta per coricarsi con il suo pigiama con i pulcini addosso. Chiaramente la Tassorosso non lo aveva indossato per vedere il film: aveva una reputazione da difendere.
“Buonanotte ragazze.”
Spenta la luce e accoccolatasi sotto al morbido copriletto rosso, Amelie chiuse gli occhi mentre le compagne le auguravano la buonanotte a loro volta. Pochi minuti dopo la stanza era calata nel silenzio e nell’oscurità più totale, ma la pace durò poco e nessuna di loro riuscì a prendere sonno: erano trascorsi appena dieci minuti quando, all’improvviso, una voce nota a tutte le presenti ruppe la quiete.
“Ma che cazzo... Ma chi è?!”
In un attimo tutte le luci si accesero di nuovo, e Blodwel si sporse allibita – e piuttosto amareggiata per il sonno negato – dal letto mentre Marley, sedutasi sul suo, aggrottava le sopracciglia:
“Ma solo a me sembra la voce di Malai?”
“Non sembra, questa è la voce di quel cretino. Io lo sapevo, che non avremmo dormito!”
Seccata, Lilian scostò le scoperte e saltò giù dal letto mentre Amelie, coprendosi fino al naso, si sentiva avvampare per l’imbarazzo.
La Grifondoro marciò fino alla finestra, la spalancò – mentre Amelie ringraziava mentalmente che Malai non stesse facendo il suo nome, ma solo vaghe allusioni – e si sporse oltre il vetro sbraitando contro il suo migliore amico:
“Non siamo a UK’s Got Talent ed è l’una, domani abbiamo lezione… Facci dormire!”
Priscilla e Tallulah, dal canto loro, stavano facendo di tutto per non guardare Amelie e per trattenere le risate, non volendo mettere la compagna di Casa in imbarazzo più di quanto già non fosse.
I canti di Malai subirono una botta d’arresto, durante la quale il Tassorosso invitò “La Cinese” a “farsi da parte per non intralciare la sua arte sublime”.
 
“Oh… my dear!
Il tuo nome ha sapor parigino
E risalta nei tuoi occhi bollenti
Che infuocano ogni mio mattino
E per amor mi fan battere i denti…”
 
Amelie gemette, nascondendosi totalmente sotto al copriletto mentre Marley posava gli occhi su di lei. Il “sapor parigino” non lasciò spazio a molti dubbi, e la Tassorosso fece appello a tutto il suo autocontrollo per tenere a bada un forte ed improvviso attacco di ilarità.
“Adesso basta. Ci penso io.”
Presa la bacchetta, Lilian fece apparire una gigantesca pistola d’acqua. Dopo essersi affacciata alla finestra, la puntò dritta sull’amico e cominciò ad annaffiarlo senza pietà.
 
“Ehy! No, no, mi sono lavato i capelli stamattina… Ti odio, Cinese!”
“E tu rimanda il cabaret a domani mattina, Maria Callas!”
La tua vile acqua non può spegnere l’ardore del mio amore!!”
 
A diversi metri di distanza, affacciati ad una finestra, Shou e Hiro seguivano la scena senza tentare minimamente di contenere le risate. Quando il Corvonero, le lacrime agli occhi, chiese al Serpeverde se non fosse il caso di intervenire, Shou scosse la testa:
“Assolutamente no, questi spettacoli sono cosa rara e dobbiamo goderceli. Meglio di quanto potessi sperare!”
 
Oh… my dear!
D’intelletto finissimo tu sei dotata
E mi chiedo come tu sia finita all’inferno
Amelie… che dal paradiso sei nata
Dedicherò a te il mio amor sempiterno…” (4)
 
“E BASTA! Domani lo ammazzo, è deciso.”
Quando Malai ebbe finito il suo spettacolo, Amelie prese una ferrea decisione: non sarebbe mai più uscita dal suo letto, e nessuno l’avrebbe più rivista.
 
 
 
 
 
 
 
(1): Canzone del 1999 dei Backstreet Boys… Ma c’è davvero bisogno che io la presenti?
(2): La simpaticissima antagonista di Mean Girls
(3): Piccola citazione a Lorelai Gilmore
(4): Un enorme ringraziamento a Bri per avermi fornito questa canzone stupenderrima
 
 
 
………………………………………………………………………………….
Angolo Autrice:
Dopo secoli, rieccomi!
Spero che questo lunghissimo capitolo vi sia piaciuto, e grazie come sempre a tutte per le recensioni <3 E anche per tutte le ricette asiatiche che mi avete inviato, erano così tante che non ho potuto usarle tutte, ma cercherò di sfruttarne altre in futuro. 
Questa volta non ho domande per voi, quindi ci vediamo presto, spero, con il prossimo capitolo.   
Buonanotte!
Signorina Granger

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 9 - Caccia alla bandiera ***


Capitolo 9 – Caccia alla bandiera


 
2 am, Chalet dei Professori
 
 
 
Dopo essersi rigirata tra le lenzuola per circa un’ora senza riuscire ad addormentarsi, Margot Campbell decise di porre fine a quell’agonia alzandosi dal letto. Uscì dalla sua stanza facendo il più piano possibile, la coperta con le maniche azzurra addosso e le pantofoline che attutivano il rumore dei suoi passi sulle assi di legno. Con i lembi di pail celeste che le danzavano attorno alle gambe sfiorando il pavimento, la strega scese silenziosamente le scale tenendo la bacchetta in mano, la punta accesa per farsi un po’ di luce.
Raggiunta la cucina, prese il bollitore e lo riempì d’acqua per farsi una camomilla – forse quella le avrebbe finalmente permesso di dormire – ma aveva appena sistemato l’utensile da cucina sul fornello quando una voce allegra giunse alle sue orecchie e un tocco sulla spalla la fece sobbalzare:
“Margi cara, sei già in piedi? Sei persino in anticipo!”
Reduce da solo un paio d’ore della visione di “Gli occhi della notte”(1), la strega si voltò con gli occhi blu sgranati e pronta ad affatturare il suo aggressore, che fortunatamente si rivelò essere Theobald e non un assassino. Rammentandosi di non essere Audrey Hepburn e neppure una donna cieca abbandonata a se stessa in una casa invasa da criminali, Margot si ricompose esalando un sospiro prima di incrociare le braccia al petto e guardare il collega con aria di rimprovero:
“Professore, ma che fa sveglio?! Mi ha spaventata! Dov’era?”
“Ero sulla mia poltrona, non mi hai visto?”
Theobald la guardò come se trovasse l’informazione sinceramente sorprendente e la strega, sospirando, si domandò come esattamente avrebbe dovuto accorgersi della sua presenza se il collega se ne stava seduto in poltrona completamente al buio e in silenzio.
“No Professore… scusi, ma sono in anticipo per cosa, esattamente?”
“Ma Margi cara, te lo sei scordato? È la notte dei giochi!”
Oh no
Se l’era assolutamente dimenticato. Inorridita, l’ex Tassorosso guardò l’anziano collega – che invece sembrava riposato e di ottimo umore – realizzando che quella notte non avrebbe chiuso occhio.
“Mi sta dicendo che passerò la notte in bianco?! Ma sono troppo vecchia per fare after, io!”
“Sciocchezze, sei giovanissima!”
“Giovanissima un corno, io sono vecchia dentro e me ne vado a letto!”
Dimenticatasi del bollitore e della sua camomilla, Margot superò il collega sollevando la testa con aria sostenuta – con tutta la solennità che qualcuno con addosso una coperta con le maniche e un pigiama coi donuts poteva deteneree decisa a tornare in camera sua. Eppure, non aveva neppure raggiunto le scale quando la voce malinconica di Theobald la costrinse a fermarsi.
“Che peccato… è esattamente ciò che immaginavo avrebbe detto Phil, non certo tu, Margi…”
Maledizione
“Oh, beh, pazienza, vorrà dire che dovrò fare a meno della mia collega prediletta. Un vero peccato, ero sicuro che tu più di tutti avresti preso la cosa con entusiasmo.”
 
Dieci minuti dopo Margot era vestita e pronta ad uscire dallo chalet al seguito di un Beau assonato, un Håkon spettinatissimo, un Phil di pessimo umore – quando Margot aveva bussato alla sua porta per svegliarlo lui aveva aperto con il pigiama con gli ananas addosso, calzini e pantofole ai piedi, una mascherina da notte nera tra i capelli arruffati e l’espressione più truce che la donna gli avesse mai visto – e un Theobald più allegro che mai.
“Sarà una notte super divertente!”
Oh, certo, posso solo immaginare l’entusiasmo dei ragazzi…”
 
 
*
 
2.15 am
 
 
Quando Malai aprì gli occhi apprese con sconcerto di non trovarsi nella stanza dello chalet che condivideva con altri ragazzi al Camp. Guardandosi attorno il giovane mago appurò di trovarsi nel bel mezzo di una distesa di dolci colline erbose coperte da fiori colorati e circondata da alte montagne; per il resto, il nulla.
Confuso, Malai si alzò in piedi chiedendosi come fosse capitato laggiù – quella non sembrava affatto la Scozia, c’era troppo sole, il cielo era troppo terso, e di sicuro non si trovava nei pressi di un lago – prima di chinare lo sguardo sui propri indumenti. Attonito, il ragazzo si portò le mani al petto tastandosi la camicetta a fiorellini che indossava: era sicuro che quella non facesse parte del suo guardaroba, sembrava piuttosto qualcosa che avrebbe potuto mettere Margot.
Che fosse diventato sonnambulo e avesse trafugato il guardaroba della sua insegnante prediletta – nonché grande amica di sua madre – prima di darsi alla macchia, fuggendo dal Camp? Malai impallidì, perché di sicuro quella sarebbe stata la volta in cui sua madre avrebbe tenuto fede alla famigerata promessa “come ti ho fatto ti disintegro” che tante volte Demelza aveva rivolto al suo unico figlio.
Ormai in preda al panico, Malai si domandò come fosse capitato in quello che aveva tutta l’aria di essere il set di Tutti insieme appassionatamente(2) quando un suono inconfondibile gli solleticò l’udito, portandolo a voltarsi e a dare le spalle alle montagne.
No, non si era sbagliato, e un largo sorriso si fece strada sulle labbra di Malai mentre il ragazzo guardava con gioia e stupore un alto e scheletrico cavallo alato nero che trottava verso di lui, nitrendo felice.
Poldo! Che ci fai qui?”
E che ci faccio io qui, si chiese il ragazzo, ma decise che se ne sarebbe preoccupato in un secondo momento prima di correre verso il suo amato Thestral.
O almeno quella era la sua intenzione, correre dal suo amato Poldo e abbracciarlo, ma Malai si rese subito conto che qualcosa non tornava: sembrava come che il prato trattenesse i suoi passi e che una pressione spingesse il suo corpo all’indietro, rallentandolo.
“Ma che cazzo succede?!”
Sbigottito, Malai si domandò perché stesse correndo al rallentatore mentre anche l’andatura di Poldo sembrava aver subito una battuta d’arresto, costringendo il Thestral a galoppare in un modo piuttosto strano.
Nonostante l’impedimento della corsa misteriosamente rallentata trenta secondi dopo i due stavano finalmente per ricongiungersi e abbracciarsi: Malai sorrise raggiante mentre allungava le lunghe braccia verso il suo Poldo, pronto ad allacciargliele al collo, quando una voce scosse la valle idilliaca in cui si trovava, chiamandolo:
“Malai!”
“Che c’è?!”
“Malai, devi svegliarti!”
Confuso, Malai sollevò la testa per capire da dove venisse la voce, e fu con orrore che si rese conto, quando riportò lo sguardo dove un attimo prima si trovava Poldo, che il suo Thestral era sparito. Al suo posto, le braccia strette al petto e un’espressione piuttosto seccata sul viso, c’era Shou con la fascetta con le orecchie da orsetto a tirargli indietro i capelli.
Poldino! Shou, dov’è Poldo?!”
“Malai, svegliati!”
 
 
Malai aprì gli occhi mettendosi a sedere di scatto sul letto e sbattendo così la testa sulle travi sopra di lui, gemendo e massaggiandosi la testa mentre Shou, accanto a lui, lo guardava rassegnato con la fascetta in testa e le braccia strette al petto:
“Era ora! Stavi sognando la tua innamorata? Continuavi a ripetere “lasciaci restare insieme” e “non separarci ti prego”.”
No, stavo sognando Poldo!”
Gemendo – per il dolore e per la sofferenza dettata dalla lontananza forzata dal suo Poldo – Malai si massaggiò l’ennesimo bernoccolo che si era procurato da quando soggiornava al Camp mentre l’amico alzava gli occhi al cielo. Fu solo allora che Malai si concentrò su ciò che stava accadendo nella loro camera: confuso, il Tassorosso si rese conto che non era affatto giorno, a giudicare dall’assenza di luce naturale che ogni mattina, quando si svegliava, entrava dalla finestra. Ad illuminare artificialmente la stanza era il lampadario che qualcuno aveva acceso e tutti i suoi compagni erano stranamente svegli e in piedi.
“Perché sono tutti svegli? Che ora è?”
Sempre più sbigottito, Malai smise di massaggiarsi la testa e riportò lo sguardo su Shou, guardando il suo migliore amico sbuffare piano prima di rispondergli con evidente nervosismo:
“Le due passate. Hanno iniziato a fare casino poco fa e ci hanno svegliati tutti… a parte te, evidentemente.”
Shou accennò alla finestra e Malai, posando lo sguardo su di essa, vide Hiro scostare la tenda per lanciare un’occhiata all’esterno dello Chalet. Il Tassorosso, alzandosi  e liberandosi dal groviglio di coperte che si era formato attorno ai suoi piedi, fece per domandare chi li avesse svegliati quando una familiare voce allegra e pimpante lo precedette:
Coraggio ragazzi, vi aspettiamo qui fuori per la vostra attività notturna… Chi non si facesse vivo entro 5 minuti sarà in castigo per tutta la prossima settimana.”
“Ma… Ma è il Professor Watrous?! Ma che vuole a quest’ora?!”
Sconvolto, Malai parlò con gli occhi fuori dalle orbite mentre Shou, imprecando in coreano a bassa voce, si sfilava la fascetta-orsetta prima di afferrare i primi jeans neri che gli capitarono sotto tiro per iniziare a vestirsi di gran carriera.
“Ma alla sua età non dovrebbe dormire, a quest’ora?”
Confuso, Bel si grattò dubbioso i folti capelli scuri mentre Hiro, alzando lo sguardo sull’orologio appeso alla parete, sgranava gli occhi inorridito:
“5 minuti? Porca Priscilla… Bel, alle domande pensa dopo, vestiti!”
I cinque presero a rovistare freneticamente tra le loro cose sparse in giro in cerca di vestiti, lamentandosi e imprecando quando non riuscivano a trovare cose pulite di loro proprietà da mettere. Malai, mentre cercava di infilarsi una felpa che solo diverse ore dopo avrebbe scoperto appartenere ad Hiro, ricordò stizzito a tutti i compagni che lui li aveva invitati più volte a mettere in ordine, ma ricevete solo insulti e inviti a chiudere la bocca mentre Shou appellava dei calzini e Bel cercava disperato le sue scarpe.
“Ragazzi? Quasi dimenticavo, il Professor Jørgen mi ha ricordato di dirvi di coprivi bene perché fa molto freddo. Ci vediamo tra due minuti!”
Più di buon’umore che mai, Theobald allontanò la punta della bacchetta dalla propria gola ponendo fine all’Incanto Sonorus prima di rivolgersi allegro ai quattro colleghi più giovani, che lo circondavano in mezzo alla porzione di prato davanti allo Chalet dei ragazzi insieme a tutte le studentesse che erano state precedentemente buttate giù dal letto e svegliate con malagrazia, tutte assonnate, spettinate e infreddolite.
Mentre Margot, sbuffando come una ciminiera, si aggirava tra le ragazze distribuendo tè caldo, Theobald asserì di aver “avuto proprio un’idea fantastica” mentre Phil, che non aveva ancora pronunciato una singola parola da quando era stato costretto ad alzarsi dal letto, si limitava a tenere le braccia strette al petto con un’espressione truce sul volto.
“Che vergogna farmi da vedere in questo stato da tutti, sarà un miracolo se ai ragazzi non verrà un colpo!”
Sbuffando, Tallulah osservò critica il proprio riflesso nello specchietto da borsetta che aveva portato con sé. Si rivolse così a Lilian, chiedendo all’amica se per caso non avesse un passamontagna da prestarle – in quel modo avrebbe celato al mondo il suo visino struccato e con le occhiaie ma non solo, si sarebbe anche riparata dal freddo – mentre Priscilla, accanto a lei, cercava disperata di appiattarsi i capperi ribelli:
“Non dirlo a me, io sembro quella che pietrificava la gente guardandola!”
“Prisci, Medusa aveva dei serpenti al posto dei capelli, capisco che la situazione sia grave, ma questo paragone mi sembra esagerato.”
Lilian, le braccia strette al petto e una felpa rossa addosso che le stava enorme – l’aveva rubata a suo cugino una settimana prima – infilata sopra a due strati di magliette, cercò di non pensare allo stato pietoso della sua frangetta mentre scoccava occhiate circospette ad Amelie: la Corvonero, seppur assonnata come tutte le altre, aveva un aspetto fantastico e neanche un capello fuori posto.
Come diavolo era stato possibile un miracolo del genere?!
 
“Non capisco perché le altre si lagnino del loro aspetto, con questo buio sarà già tanto se riusciremo a riconoscerci a vicenda, chi vuoi che stia a guardarti i capelli o la faccia? Io mi preoccupo di morire congelata, piuttosto.”
In piedi accanto a Marley – che ovviamente aveva portato Leith con sé, ma l’Asticello non sembrava affatto felice della cosa e sedeva sulla spalla della padrona con gli arti anteriori incrociati e l’aria contrariata – Blodwel si calò il cappuccio della felpa nera sulla testa e infilò le mani nelle tasche dei jeans, chiedendosi perché non avesse portato dei guanti mentre l’amica masticava il suo sandwich:
“Mh, lo penso anche io. Solo, mi domando come abbia fatto Amelie a sistemarsi i capelli a quella velocità.” 
Addentando il suo panino tostato con fichi e noci la Tassorosso scoccò un’occhiata stralunata all’amica, che stava chiacchierando amabilmente con Celia mentre si attorcigliava distrattamente una ciocca di lunghi capelli castani attorno all’indice. Un po’ invidiò la Corvonero per la sua straordinaria abilità nel rendere perfetti i propri capelli mentre Blodwel, invece, guardava sospettosa il suo toast:
“Potrei chiederti lo stesso, applicandolo al tuo panino. Quando cacchio te lo sei preparato?!”
Guardando l’amica con aria sostenuta, come se le stesse rivelando informazioni della massima importanza, Marley asserì seria che avere del cibo pronto in caso di emergenza stava alla base della sopravvivenza. Blodwel non parve convinta e, guardandola assottigliando gli occhi nocciola, fece per chiederle se per caso non fosse andata a farsi uno spuntino di mezzanotte in ritardo quando erano state bruscamente svegliate – non aveva potuto fare a meno di notare come, quando si era alzata dal letto, Marley non si trovasse nella stanza e di come le avesse raggiunte trafelata e con il panino già in mano – quando finalmente i loro compagni iniziarono a sfilare uscendo uno dietro l’altro dalla porta d’ingresso dello Chalet, tutti spettinati e visibilmente contrariati, alcuni con le felpe indossate al contrario.
“Ah, eccovi ragazzi, siete stati puntualissimi!”
Sorridendo, Theobald ripose l’orologio da taschino con cui aveva cronometrato gli studenti mentre Shou, fermandosi a braccia conserte vicino a Hiro, chiedeva in un sibilo se avessero avuto scelta.
Theobald lo ignorò mentre Margot, che fino a quel momento aveva distribuito tè insieme a Mindel, si avvicinava ad Håkon con addosso solo una giacca leggera sopra al suo maglione pieno di fiorellini ricamati.  Intanto, alcune studentesse lanciavano occhiate disperate in direzione di Beau, lamentandosi per lo stato pietoso in cui si stavano facendo vedere dall’insegnante mentre l’uomo, invece, sospirava: aveva sperato che uscendo spettinato di proposito e vestito meno bene del solito si sarebbero calmate, ma il suo piano sembrava miseramente fallito.
“Margi, non pensi che avrai freddo?”
Il danese scoccò un’occhiata di rimprovero all’amica, che invece fece spallucce e gli sorrise per rassicurarlo mentre stringeva una tazza con sopra il disegno di un tipo dai capelli lunghi, la barba e lo sguardo truce.
“Ma figurati, io vivo qui da sempre, sono abituata. Piuttosto, che cosa pensi che abbia in mente il Professore?”
“Non ne ho idea, ma sono felice che non dovremo pensarci noi ma solo supervisionare i ragazzi… Chi è quello strano tipo dall’aria poco simpatica sulla tua tazza?”
“Non ti permettere di insultare Aragorn, è stato il mio primo fanta-fidanzato!”
Håkon si pentì amaramente di aver parlato, e sospirò mentre l’amica, che dapprima aveva stretto a sé la tazza scandalizzata come se volesse proteggerla da quel cattivone del suo amico, iniziava ad elencare tutte le doti di Aragorn, ripetendo più volte quanto bello fosse quel certo Viggo, che a quanto pare condivideva con lui le origini danesi.
Disgraziatamente il comizio della donna sul suo amato Ramingo ebbe fine quando Theobald, dopo aver gentilmente chiesto a Mindel di portare nel loro Chalet tutte le tazze ormai vuote, si schiarì la voce e fece cenno a tutti i presenti di ascoltarlo:
“Buongiorno a tutti! Scusate l’ora, ma l’attività che andremo a svolgere è molto più interessante col buio.”
Andiamo a fare un’escursione per vedere le costellazioni?”
La voce emozionata di Marley ruppe il silenzio di tomba che si era andato a creare, e la Tassorosso sorrise entusiasta mentre spostava lo sguardo da Theobald all’insegnante di Astronomia. Con somma delusione della ragazza, però, Håkon la guardò scuotendo la testa mentre Blodwel, accanto a lei, si chiedeva con un sussurro amareggiato dove cazzo avesse trovato un’amica così schifosamente secchiona.
“No Signorina Archer-Lloyd, mi dispiace, sarà per un’altra volta.”
“Come sarebbe un’altra volta?! Ci sveglieranno a quest’ora anche in futuro?!”
Un’ombra di terrore oscurò il viso pallido di Bel, che parlò con i preoccupati occhi blu fissi su Theobald mentre Hiro, accanto a lui, gli dava qualche colpetto sulla spalla suggerendogli cupo di farsi coraggio.
L’insegnante di Difesa contro le Arti Oscure non sembrò dar peso alle parole del ragazzo, e dopo aver sorriso a Marley riprese a parlare in tutta calma:
“Vi assicuro che domani vi lasceremo riposare, le lezioni sono sospese…”
“E vorrei ben vedere, cacchio!”
“Blodwel, linguaggio!”
“… Ma stanotte vi vorrei coinvolgere in un… gioco.”
Theobald finì di parlare sfoderando un sorriso diabolico che fece rabbrividire tutti i presenti, insegnanti inclusi, fatta eccezione per Marley, che dopo aver superato la delusione dell’escursione mancata sembrava ascoltare con interesse.
Qui si mette male ragazzi, è il momento giusto per fingere un malore improvviso… Prisci, tu sei pallida al punto giusto, puoi fingere di svenire?”
Tallulah si accostò all’amica prendendole il braccio e Priscilla, colta impreparata, balbettò di non essere sicura di saper risultare convincente. Lilian, che stava cercando invano di respingere gli abbracci di Malai – il ragazzo l’aveva afferrata asserendo che fosse il modo migliore per scaldarsi, nonché di necessitare affetto a causa della lontananza dal suo Thestral che molto lo avviliva –, fece per ricordare alla Corvonero che Priscilla era notoriamente la peggior bugiarda che avesse mai varcato la soglia di Hogwarts, ma Shou la precedette scuotendo la testa e guardando Tallulah con un sorriso divertito mentre faceva scivolare un braccio sulle spalle di Priscilla:
“Miss X, ti facevo più arguta, ti sembra che Bimba sia la persona giusta per mentire spudoratamente agli insegnanti? È incapace di dire persino le bugie più innocenti!”
“Non è vero, io so mentire senza problemi!”
La Corvonero sollevò la testa per guardare l’amico e parlò con tutta la fermezza che aveva in corpo, ma si vide costretta a sospirare, ad abbassare lo sguardo e ad ammettere di non essere granché come attrice o come bugiarda di fronte all’occhiata eloquente di Shou, che però la consolò assicurandole che le volevano bene anche per quel motivo.
Ma che casco, lei è quella che più intenerisce, se dovessi svenire io probabilmente nessuno se ne fregherebbe di striscio!”      Delusa per la mancata realizzazione del suo piano Tallulah incrociò le braccia al petto e sbattè nervosamente un piede al suolo, assumendo tutta la solennità che la felpa rosa shocking di Sailor Moon che indossava le consentiva di detenere. Hiro, invece, la guardò accigliato e aggrottando le folte sopracciglia scure, come a chiedersi perché stesse dicendo quel mare di idiozie:
“Non dire così, noi ce ne accorgeremmo eccome.”
Le parole del ragazzo parvero sorprendere non poco Tallulah, che lo guardò sconcertata e sbattendo le palpebre un paio di volte prima di portare qualcosa imbarazzata:
“Oh, emh, grazie Hiro. Ma comunque io sono capace di svenire, quindi ho idea che dovremo gelarci il fondoschiena facendo chissà cosa…”
 
“Ho deciso di coinvolgervi in una sorta di Caccia alla Bandiera, lo conoscete?”
“Oddio, qui bisogna correre… che rottura di palle.”
Blodwel sospirò, chiedendosi perché non aveva pensato di simulare una febbre mentre Bel, accanto a lei, si chinava leggermente sull’amica per chiederle in un sussurro preoccupato che cosa avrebbero dovuto fare:
“Girovagare per il bosco gelido a caccia di una stupida bandiera colorata, ho idea.”
Una smorfia inclinò le labbra di Blodwel, che fece sprofondare ulteriormente le mani nelle tasche mentre Marley, accanto a lei, sorrideva decretando che di certo sarebbe stato divertente. L’amica la guardò più seria che mai, ormai certa che la negligenza di una qualche tata avesse portato Marley a cadere dal seggiolone quando era neonata.
“Allora è un gioco a squadre, no?”
Shou, che si era calato il cappuccio della felpa sulla testa per ripararsi il più possibile dal freddo, parlò con le mani sprofondate nella ampie tasche e inarcando un sopracciglio: l’idea di scorrazzare per il bosco di notte non lo faceva impazzire, ma nei giochi a squadre se l’era sempre cavata piuttosto bene.
“Esattamente, infatti sarete divisi in gruppi da quattro.”
Le parole di Theobald parvero rasserenare leggermente gli studenti, che iniziarono ad avvicinarsi ai propri amici e a mormorare con fare concitato. Lilian, liberatasi dalla morsa di Malai, afferrò prontamente per le braccia Tallulah e Priscilla mentre il Tassorosso si affrettava a fare lo stesso con Shou, lanciando occhiate velenose alle ammiratrici del Serpeverde che avevano già iniziato a puntarlo.
“Gruppi da quattro? Finalmente una gioia! Bel, tu e Lance state con noi.”
Dicendosi che stando con i suoi amici forse quella stupida attività notturna sarebbe stata quantomeno più sopportabile, Blodwel prese gentilmente Bel a braccetto mentre Marley, pulendosi la giacca a vento giallo senape dalle briciole del toast, decretava che di sicuro con le “sue ottime abilità di orientamento” avrebbero avuto vittoria facile.
Theobald fece vagare i brillanti occhi blu sul gruppo di studenti senza smettere di sorridere divertito, parlando con tono cantilenante mentre allacciava le mani rugose dietro la schiena e ponendo bruscamente fine al temporaneo sollievo dei ragazzi:
“A dire il vero, cari, mi duole informarvi che i gruppi non verranno formati da voi, bensì da me.”
Un coro di proteste si levò subito dal gruppo di studenti e in particolar modo da Blodwel, che sgranò gli occhi inorridita:
“Che cosa?! Ma che….”
Frustrata e terrorizzata all’idea di capitare con il branco di oche innamorate del Capitano della Squadra di Quidditch di Serpeverde, Blodwel diede vita ad una viva sequenza di imprecazioni che fecero impallidire Marley e costrinsero Bel a tappare la bocca dell’amica con una mano per salvarla da una sospensione immediata.
Theobald aspettò pazientemente che gli animi si placassero, invitando pacatamente i ragazzi a fare silenzio con un cenno della mano prima di estrarre un foglio piegato in quattro parti dalla tasca interna della sua giacca:
“Via, via, smettetela di lamentarvi, non siete bambini e potete benissimo collaborare anche con persone con cui avete meno confidenza, non è una tragedia. Ora elencherò i gruppi, ad ognuno sarà assegnato un colore.”
“Beh, speriamo almeno che qualcuno di noi finisca insieme…”
Sbuffando, Tallulah parlò incrociando cupa le braccia al petto mentre Priscilla appoggiava tristemente la testa sulla spalla di Lilian e Malai, invece, dava voce alle sue speranze di finire insieme ad Amelie, facendo alzare gli occhi al cielo ad Hiro e a Shou contemporaneamente.
“Gruppo numero 3… Voi avrete il giallo. Hiro, Malai…”
“Sì!” un enorme sorriso si fece largo sulle labbra di Malai, che assestò una pacca gioiosa sulla spalla di Hiro mentre il Corvonero sorrideva divertito e Priscilla, Lilian, Tallulah e Shou si lamentavano della fortuna che i due avevano avuto.
“… Bel… e per ultima una signorina.”
Speriamo sia Amelie!”
All’esclamazione concitata di Malai, che guardava Theobald come se dalle sue parole dipendesse la sua stessa vita, Hiro lanciò un’occhiata in direzione di Amelie, che naturalmente aveva sentito e si stava passando nervosamente una mano tra i capelli mentre guardava l’insegnante allo stesso modo, seppur per ragioni diverse, del Tassorosso.
“… Marlowe.”
“Davvero? Bel, siamo insieme!”    Anche Marley sorrise mentre si voltava verso l’amico, abbracciandolo per la vita mentre il ragazzo sorrideva, profondamente sollevato di avere Marley in squadra. Blodwel invece si lagnò della sua solita sfiga per non essere capitata con i suoi amici mentre Malai, a qualche metro di distanza, dava voce alla sua amara delusione di avere Marley in squadra e non Amelie.
Delusione che arrivò anche alle orecchie di Marley, che si sporse oltre il busto di Bel per lanciare un’occhiata piuttosto torva al compagno di Casa:
“Johansson, ma che vuoi, lo so che Amelie è più bella, ma ti faccio così schifo?!”
Malai, sollevando l’indice come a voler fare una puntualizzazione, fece per replicare con fare sostenuto ma venne interrotto da Theobald, che procedette con la lettura dell’elenco dei gruppi.
“Gruppo numero 4, colore rosso. Tallulah, Blodwel, Lilian…”
“Beh, non mi lamento, mi è andata bene.”
Blodwel rilassò le spalle e si permise persino di accennare un minuscolo sorriso, sollevata, mentre la Grifondoro e la Corvonero si abbracciavano felici. Gli occhi verdi di Priscilla scivolarono su Theobald e sulla lista che l’uomo teneva in mano, pregando silenziosamente di finire con le sue amiche, ma l’ultimo nome che l’insegnante pronunciò spazzò via non solo le speranze della Corvonero, ma anche la gioia di Lilian e Tallulah e il sollievo di Blodwel:
“… Jessica.”
“NO!”
“Era troppo bello per essere vero…”
Blodwel sospirò amaramente e Marley, dispiaciuta, le diede qualche colpetto consolatorio sulla spalla. Ad un tratto Priscilla non sentì più di invidiare le amiche, anzi provò quasi un po’ di sollievo – se non altro Jessica era stata già collocata in un gruppo, quindi non rischiava di ritrovarsela come compagna – mentre Tallulah sibilava qualcosa a proposito della sua iella perenne e Lilian, inorridita più che mai, si portava le mani ai lati del viso in una imitazione perfetta dell’Urlo di Munch:
“Professore, lei starà scherzando spero!”
“Lilian cara, mi duole ammetterlo, ma ogni tanto parlo sul serio anche io. Procediamo col prossimo gruppo…”
Theobald tornò a guardare il foglio che teneva in mano per riprendere il discorso, ma venne interrotta da una Jessica inorridita che indicò schifata la compagna di Casa:
“Io con quella là non ci voglio stare!”
“Nemmeno noi vogliamo stare con te, brutta oca con 12 kg di trucco in faccia!
“Lilian, non chiamarla così…”   Margot parlò con un basso sospiro svogliato, come se stesse riprendendo la studentessa perché doveva anche se in fondo non sentiva di non condividerne totalmente le parole, e Theobald asserì allegro che di sicuro stando nello stesso gruppo le due avrebbero finito con l’imparare a collaborare e ad appianare le divergenze. Beau lanciò un’occhiata dubbiosa al collega, assolutamente sicuro, a giudicare dal suo sorrisino sadico, che Theobald non credeva affatto alle sue stesse parole e che l’avesse fatto solo per divertirsi alle spalle delle studentesse.
Porca Leila, è proprio perfido! Håk, ricordami di non mettermi mai contro di lui.”
“Mai, se ci tieni alla sanità mentale.”
 
“Signorine, mi dispiace ma le mie decisioni sono definitive e no, non sono ammessi cambi di alcun tipo. Procediamo col gruppo 5, blu. Amelie, Eden…”
Priscilla sospirò di sollievo, ricambiando il sorriso di Amelie mentre Theobald procedeva con la lettura:
“… Celia e Shou.”
Shou parve piuttosto soddisfatto del suo gruppo, come Celia che sorrise al suo Capitano mentre Malai, al contrario, borbottava qualcosa a riguardo della fortuna dell’amico per essere stato inserito nello stesso gruppo di Amelie. Priscilla, dal canto suo, in un primo momento parve felice di essere capitata insieme all’amico, ma cambiò idea quando Amelie si strinse a lei mormorando qualcosa con tono visibilmente preoccupato:
“Perché ci stanno guardando così?”
La Corvonero impiegò qualche istante a capire di cosa stesse parlando la compagna, realizzando a chi si stesse riferendo Amelie quando scorse gli sguardi truci che le ammiratrici di Shou stavano lanciando nella loro direzione.
“Penso che volessero finire in gruppo con lui, non mi sembrano molto felici.”
Preoccupata, Priscilla si domandò se non sarebbe stato necessario guardarsi le spalle per tutta la durata del gioco proprio mentre Shou, sorridendo, sceglieva il momento meno adatto per avvicinarsi alle due e mettergli sorridendo le braccia attorno alle spalle:
“Allora ragazze, che ne pensate? Sono felice di essere capitato insieme a voi, sono sicuro che ci divertiremo.”
Amelie impallidì mentre ringraziava con un balbettio, affrettandosi a staccarsi dal ragazzo preoccupata che le sue fan potessero iniziare a lapidarla usando delle pigne.
Dieci minuti dopo Theobald aveva finito di elencare i gruppi e, senza mai smettere di sorridere, aveva riposto l’elenco da lui stilato prima di iniziare a spiegare le dinamiche dell’attività nel dettaglio:
“Ho assegnato un colore ad ogni gruppo perché nel bosco sono disseminate otto bandierine. Ovviamente il vostro compito è quello di trovare quella del vostro colore e riportarla qui. Il primo gruppo che ci riesce vince.”
“Che cosa si vince, esattamente?”
Malai, già entrato nel pieno della competizione, parlò dondolandosi avanti e indietro senza riuscire a stare fermo sul posto, carico di energia:
“I vincitori saranno esentati dal sostenere i test di sabato e avranno la giornata libera. In più, domani sera avranno una piccola sorpresa extra.”
Le labbra di Theobald si distesero in un sorriso dolce che incuriosì non poco tutti i presenti, insegnanti inclusi, anche se Phil lo guardò aggrottando la fronte: al posto degli studenti si sarebbe più spaventato che altro, vista la nomea dell’uomo.
“Naturalmente potete usare la magia, ma le bandiere sono state incantate per respingere qualsiasi incantesimo, quindi vi consiglio di non perdere tempo a provare ad Appellarle. E ovviamente non potete usare la magia sui vostri compagni per ostacolarli, o ci saranno conseguenze molto serie. Chiaro?”
L’insegnante si fece improvvisamente serio mentre scrutava attentamente i ragazzi, ma il mormorio di assenso che seguì le sue parole sembrò rasserenarlo e ben presto tornò a sorridere allegro:
“Molto bene. Se qualcuno si fa male o per qualche motivo si ritrova in difficoltà e non ritiene di poter continuare può lanciare delle scintille rosse in aria, uno di noi verrà ad aiutarvi… vi informo però che se qualcuno si ritira costringe tutto il suo gruppo a fare altrettanto, quindi pensateci bene. Sono le 2 e 40, tra cinque minuti si parte.”
Theobald riprese l’orologio da taschino in mano mentre gli studenti si radunavano in base ai gruppi ai quali erano stati assegnati, discutendo tra loro in attesa di cominciare. Margot, invece, sospirò mentre appoggiava la testa contro il braccio di Håkon:
“E io che volevo bermi una camomilla e poi dormire… ma di cosa parlava Theobald con “sorpresa extra”, tu lo sai?”
“Non ne so nulla, e forse è meglio così. Nella sua ottica, potrebbe anche essere un piccolo di Acromantula da accudire. Quel che è certo è che dubito si tratti di un semplice gioco come ha voluto farci credere.”
Håkon scoccò un’occhiata dubbiosa in direzione dell’anziano collega, che invece stava chiacchierando amabilmente con Beau. Margot seguì la traiettoria dello sguardo dell’amico e annuì piano mentre osservava Theobald, piuttosto incline a dargli ragione.
“Chissà quali diavolerie ci ha infilato, in quel bosco…”

 
*
 
2.50 am
 
 
“Che freddo cane… qualcuno ha una vaga idea di dove stiamo andando?”
Hiro camminava accanto a Malai tenendo la propria bacchetta accesa in mano, rammaricandosi di non aver portato una sciarpa prima di lasciare lo chalet. Malai fece spallucce, asserendo che stavano semplicemente seguendo Marley, che camminava in testa al gruppo con l’aria di chi sa benissimo dove sta andando.
“A nord, ma non avendo alcuna indicazione precisa non possiamo fare molto se non andare ad intuito.”
Marley scavalcò agilmente una grossa pietra senza neppure sfilarsi le mani dalle tasche della giacca a vento che indossava, fermandosi ad aspettare che i compagni facessero altrettanto mentre li studiava con un sopracciglio inarcato:
“Siete tutti e tre piuttosto alti, non dovreste saltare gli ostacoli ad occhi chiusi?”
“Ci hai presi per stambecchi, Archer-Lloyd?”
Scegliendo di raggirare la roccia invece di scavalcarla, Malai raggiunse la compagna di Casa chinandosi per evitare i rami qua e là che rischiavano di colpirlo in piena fronte mentre Marley, stringendosi nelle spalle, allungava una mano verso Bel per prendere l’amico sottobraccio:
“Nah, solo dovreste sfruttare meglio la lunghezza dei vostri arti inferiori. Pensate che potremmo dividerci per trovare più facilmente la bandiera?”
“Il Professore non ha detto niente a riguardo, ma forse restare insieme sarebbe meglio.”
Stretto il braccio di Marley, Bel si guardò attorno con circospezione e una cospicua dose di preoccupazione in corpo: tutta la faccenda del gioco nel bosco non lo conviveva affatto, e l’allegria con cui il Professor Watrous aveva parlato per tutto il tempo lo aveva convinto ancora meno. L’idea di separare il gruppo non lo allettava nemmeno un po’.
“Non starai ancora pensando a quella sorta di ruggito che avete sentito nel bosco quando eravamo appena arrivati?”
Marley sollevò la testa per poter guardare l’amico – che la superava in altezza di diversi centimetri – e Bel sentì un brivido scendergli lungo la schiena mentre si guardava nervosamente attorno:
“F-forse. N-non ci siamo più tornati, nel bosco, non sappiamo cosa ci sia.”
Il ragazzo deglutì a fatica – sollevato che sua sorella non fosse nel suo stesso gruppo, o avrebbe dato modo a Celia di prenderlo in giro in eterno e di raccontare ai loro fratelli della sua preoccupazione – mentre Marley, invece, gli strinse il braccio sorridendogli rassicurante:
“Tranquillo Bel, ti proteggo io.”
Come, raggirerai i mostri descrivendogli le costellazioni?”
Johansson, prima dell’alba sei davvero sgradevole. E non fare insinuazioni sull’utilità dell’Astronomia in mia presenza!”
Malai borbottò qualcosa a proposito dell’inutilità della materia mentre Marley invece sosteneva fermamente il contrario. Ad Hiro non restò che rimanere in religioso silenzio e sospirare, camminando dietro a Bel e a Marley stringendo la propria bacchetta mentre studiava i fitti alberi che li circondavano. Qualcosa gli diceva che Bel aveva ragione e che non fosse una semplice ricerca notturna, ma evitò di dar voce a quei pensieri per non rischiare di allarmare tutti.
 
“Chissà come se la cava Blodwel con Jessica Everett, vorrei proprio vederla, poverina!”
Udendo le parole di Marley, che prese a ridacchiare con Bel immaginando l’esaurimento nervoso che avrebbe colpito la loro amica, Malai pensò lo stesso di Lilian e Tallulah, asserendo con un sospiro che fosse un peccato non aver potuto formare le squadre di loro spontanea volontà.
“E’ davvero un peccato che Lilian e Tallulah siano con Jessica e non con noi, vero Hiro?”
Udendo le parole dei due compagni di Casa Malai aveva chinato lo sguardo sull’amico, parlando con un sorriso che il Corvonero faticò a decifrare: Hiro lo guardò inarcando un sopracciglio, annuendo dubbioso anche se non comprese dove volesse andare a parare.
“Già, peccato che non ci siano anche loro, magari sarà per la prossima volta.”
“Già, è proprio un peccato che non ci siano Lily e Miss X.”
Malai riportò lo sguardo dritto davanti a sé annuendo con l’aria di chi la sa lunga e Hiro, pur continuando a non capire che cosa l’amico volesse dire sottolineando l’assenza delle due, udendo le sue parole ricordò qualcosa che voleva chiedergli già da diverso tempo:
“A proposito, mi dici perché la chiamate così?”
Il Tassorosso riportò lo sguardo sull’amico inarcando entrambe le sopracciglia, visibilmente sorpreso da quella domanda: stava per chiedergli se davvero dopo tutto quel tempo nessuno glielo aveva ancora spiegato, ma venne preceduto dal grido di Marley che squarciò il silenzio da cui il bosco era avvolto.

 
*
 

“Era la voce di Marley?!”
Blodwel era rimasta in silenzio da quando l’attività era cominciata, camminando dietro alle compagne tenendo le mani perennemente infilate nelle tasche per ripararle dal freddo. Udendo l’inequivocabile urlo spaventato della sua amica, tuttavia, la testa di Blodwel scattò verso l’alto mentre la giovane strega si fermava, imitata da Lilian, Tallulah e Jessica.
“Credo di sì.”
Lilian aggrottò la fronte, preoccupata, mentre Tallulah le cingeva nervosamente un braccio senza smettere di guardarsi attorno. La Corvonero maledisse mentalmente la sua stupida idea di indossare la felpa di Sailor Moon, di un rosa così accesso che quasi brillava nell’oscurità del bosco.
“Magari si è spaventata per nulla, il buio gioca brutti scherzi. Oppure Malai ha intonato una cover di Beyoncé…”
Poco convinta delle sue stesse parole, Lilian parlò guardandosi attentamente attorno alla ricerca di qualcosa che risultasse fuori posto mentre Tallulah, invece, sbuffava piano senza lasciare il braccio dell’amica:
“O magari c’è qualche stroncata dietro questo dannato gioco.”
Rammentando fin troppo bene quella sorta di “ruggito” che aveva sentito proprio nel bosco quando erano appena arrivati al Camp, Blodwel percepì un leggero brivido scenderle lungo la schiena che non aveva nulla a che fare con la bassa temperatura. Stava per piantare in asso le sue compagne per andare a cercare Marley – stralunata era stralunata, ma di sicuro non aveva intenzione di subire l’ultimo anno di scuola senza di lei – ma la voce di Lilian, calma quanto perentoria, la precedette:
“Vaughan, scordatelo. Non vai da nessuna parte, dobbiamo restare insieme.”
“E se a Marley è successo qualcosa?!”
La Tassorosso si voltò verso la Grifondoro, guardandola torva e preoccupata allo stesso tempo, ma Lilian non vacillò e scosse la testa, più seria che mai:
“Non è sola, ci sono McKinnon, Riccioli d’Oro e Davies... se fosse successo qualcosa di grave avremmo visto le scintille, sono sicura che sta bene. È per questo che è meglio restare in gruppo, se davvero c’è qualcosa nel bosco credo sia il caso di evitare di dividersi.”
Blodwel si prese qualche istante prima di rispondere, gli occhi fissi sulla Grifondoro e profondamente indecisa sul da farsi, combattuta tra il desiderio di assicurarsi che l’amica stesse bene e la consapevolezza che Lilian aveva ragione.
“… Va bene. Ma se a Marley è successo qualcosa mi incazzerò di brutto. Ora muoviamoci a trovare quella stupida bandiera, non voglio finire rapita da un Troll.”
“Rilassati Vaughan, in caso sacrificheremo Everett.”
Questa volta Lilian parlò abbozzando un sorrisino mentre accennava a Jessica con la testa, ignorando deliberatamente il suo insulto mentre Tallulah si lamentava del suo pessimo outfit: se davvero ci fosse stato un Troll le avrebbe trovate in un baleno per colpa della sua felpa, e di sicuro sarebbe stata lei la vittima designata.
“Tallulah Rice, rapita da un Troll, già mi vedo i titoli sulla Gazzetta del Profeta… La figlia dello scrittore di romanzetti erotici tradita dalla felpa di Sailor Moon… che fine orrenda. Però sarebbe in linea con la mia eterna successione di sfighe.”
In effetti quella felpa fa davvero cagare, Rice.”
“Tu vai a schiacciare ricci di mare col culo, Everett, e non insultare la mia felpa.”
 

 
*

 
“Che cos’era?! Era la voce di Marley?!”
Amelie deglutì a fatica mentre si guardava freneticamente attorno stringendo la bacchetta accesa, preoccupata, e Priscilla impallidì ancora di più – ormai aveva raggiunto un colorito che le permetteva di riflettere la luce lunare – mentre Celia sbarrava gli occhi azzurri inorridita:
“Porco Salazar, Marlowe è con Bel! Cosa gli sarà successo?!”
“Non ho visto scintille, non penso sia nulla di grave… magari ha solo creduto di vedere qualcosa per la suggestione, oppure Malai ha intonato una cover di Beyoncé… e ci sono i professori che ci ronzano attorno, in caso di necessità. Prisci, tranquilla.”
Shou sorrise dolcemente all’amica, stringendole affettuosamente le spalle per cercare di infonderle un po’ di sicurezza. Priscilla, leggermente rincuorata dalle sue parole, ricambiò il sorriso ma si divincolò gentilmente dalla sua stretta non appena ne ebbe l’occasione. Di fronte allo sguardo interrogativo di Amelie, la Corvonero le si avvicinò e sussurrò preoccupata alla compagna di Casa che le ammiratrici e le ex di Shou avrebbero potuto spuntare da un momento all’altro come funghi e ridurla a pezzettini.
“Quelle hanno occhi ovunque e sono agguerritissime, mi spaventano.”
Pentendosi amaramente di non aver portato Solomon e Stirling con sé ad infondere un po’ di sicurezza in più, Priscilla si strinse nel suo maglione color crema mentre si guardava attorno con circospezione, intimorita dalle ex di Shou più che dai possibili pericoli che popolavano il bosco.
Dal canto suo, Amelie si appuntò mentalmente di non farsi mai vedere troppo vicina al Serpeverde per evitare di finire nel loro mirino mentre riprendeva a camminare illuminando il suolo meglio che poteva con la luce della sua bacchetta, seguendo Shou e Celia che invece erano impegnati a discutere tra loro a proposito di quale strategia adottare per il gioco.
“Quindi Shou non riesce a tenersi una ragazza e invece Malai cambia interesse romantico due volte al mese? Sono fatti l’uno per l’altro, direi.”
Decisa ad allentare la tensione e a non pensare al grido spaventato di Marley, Amelie si sforzò di sorridere mentre si rivolgeva a Priscilla, che annuì accennando un sorriso di rimando:
“Oh, sì, ma temo che ad entrambi interessino solo le ragazze e che tra loro sia solo amore platonico… però sarebbero una bella coppia, Lilian li chiama sempre “sposini”.”
Il sorriso con cui Priscilla aveva parlato svanì quando la ragazza nominò e pensò all’amica. All’improvviso l’espressione della Corvonero si fece tesa, quasi preoccuoata, e prese a tormentarsi nervosamente le mani prima di rivolgersi ad Amelie:
“Amelie, quanto pensi che ci metteremo a finire l’attività?”
“Non saprei, il Professore non ha messo limiti di tempo… perché?”
Confusa, Amelie inarcò un sopracciglio mentre camminava tenendo la bacchetta davanti a sé ma gli occhi castani fissi su Priscilla, guardando al compagna scuotere la testa e mordicchiarsi nervosamente il labbro inferiore mentre chinava lo sguardo, evirando di guardarla:
“Spero solo che il gruppo di Lily e Tallulah non ci impieghi troppo a trovare la loro bandiera.”

 
*

 
“Ehy, Phineas.”
Sentendo un suono di passi e la voce della sua collega Phil si voltò, decidendo di soprassedere sull’appellativo che Margot aveva utilizzato e limitandosi a sollevare un sopracciglio con aria seccata:
“Sì?”
“Tieni d’occhio tu il Gruppo 4? Penso sia meglio che qualcuno resti nelle vicinanze.”
Era così raro scorgere Margot seria che Phil non poté fare a meno di starla a sentire, esitando prima di annuire e accennare con il capo alla distesa di alberi e arbusti che si ergeva davanti a loro:
“… Va bene, ci penso io. Sai qualcosa su ciò che li aspetta lì dentro?”
“A dire il vero no. Buona fortuna Phineas.”
Questa volta un sorriso si fece largo sulle labbra di Margot e il mago riuscì finalmente a riconoscerla mentre estraeva, sbuffando piano, la bacchetta dalla tasca dei pantaloni:
“Non mi è mai servita. Cerca di non farti stendere da uno gnomo, Bocca Storta.”
Di norma Margot avrebbe replicato prontamente, ma mentre guardava il collega addentrarsi nel bosco decise di soprassedere prima di fare altrettanto in un’altra direzione: in fondo, se l’era meritato.

 
*

 
“Dai Marley, non è successo niente, calmati…”
“CALMARMI? Stavo per finire affumicata, cavolo!”
Marley indicò furiosa lo Schiopodo Sparacoda lungo un metro e mezzo che, svenuto, giaceva al suolo con le otto zampe all’aria dopo essere stato Schiantato simultaneamente da Bel e da Malai.
“Ma stai bene, vero?”
Bel mise una mano sulla spalla dell’amica guardandola preoccupato e la ragazza annuì, ma lanciò comunque un’occhiata schifata alla creatura prima di proporre di andarsene prima che si svegliasse.
“Dobbiamo fare in modo di non trovarcelo nuovamente tra i piedi… Incarcerous.”
Hiro puntò impassibile la bacchetta verso la creatura inerme, che venne immediatamente legata saldamente dalle corde evocate dall’incantesimo. Malai, per nulla scalfito dall’incidente, sorrise allegro e propose di continuare mentre Bel, invece, guardava il Corvonero con tanto d’occhi e con la bocca spalancata mentre indicava lo Schiopodo Sparacoda:
“Ma non è un incantesimo del VII anno?”
“L’ho studiato qualche mese fa, mi annoiavo. Andiamo?”
Accendendo nuovamente la bacchetta con un “Lumos” non verbale, Hiro accennò in direzione del sentiero che avevano seguito fino a quel momento. Marley annuì cupa, borbottando che aveva un pessimo presentimento e premurandosi di stringere saldamente Bel a sé prima di proseguire con la bacchetta accesa davanti a sé, guardandosi attorno guardinga: finire carbonizzata da una sorta di granchio gigante non rientrava nei suoi piani per l’estate.

 
*

 
Dopo aver visto delle scintille rosse illuminare il cielo stellato che sovrastava il bosco, Beau e Håkon accorsero simultaneamente, finendo col trovarsi uno di fronte all’altro e alle prese con un gruppo di ragazze del V anno tremanti.
“Tutto questo casino per un fantasma?! Ragazze, andiamo, lo sapete che sono innocui, li vedete ogni giorno da cinque anni a scuola!”
Håkon parlò con un sospiro mentre riponeva la bacchetta, sollevato che non fosse successo nulla di grave mentre le ragazze indicavano in lacrime il fantasma che le aveva terrorizzate e perseguitate fin da quando il gioco aveva avuto inizio.
“Se non altro stanno tutte bene… D’accordo ragazze, vi accompagno fuori da qui, ok? Non preoccupatevi, va tutto bene.”
Beaumont parlò indirizzando alle quattro un sorriso gentile che, in un istante, sembrò spazzare via la paura delle studentesse: accigliato, Håkon le guardò cambiare radicalmente espressione e sorridere imbambolate all’insegnante, affrettandosi a seguirlo e a ringraziarlo a profusione mentre il fantasma se la svignava.
“Sei sicuro di non avere sangue Veela?”
“Sì, perché?”
Mentre le ragazze gli cinguettavano attorno Beaumont si voltò verso il collega per rivolgergli un’occhiata sinceramente perplessa, chiedendosi ingenuamente il perché di quella domanda mentre il danese si stringeva nelle spalle:
“Tanto per sapere… Chissà come se la stanno passando gli altri.”
“Già, vorrei proprio sapere quanto si sta divertendo il Professor Watrous…”

 
*

 
A 30 metri di distanza
 
 
“Questo tè è davvero delizioso.”
“Grazie cara, è un regalo da un mio caro amico indiano… ne vuoi dell’altro?”
Seduti sulle due sedie a sdraio che la strega aveva ricavato Trasfigurando due cespugli, Theobald e Margot sorseggiavano placidi e rilassati due tazze di tè bollenti, con tanto di biscotti che il mago aveva portato con sé. La strega sorrise e si allungò verso l’anziano collega ringraziandolo, guardandolo prendere il thermos rovente per versarle dell’altro tè prima di rimettersi seduti comodi sulle loro sedie.
“Ha visto le scintille? Pare che un gruppo si sia già ritirato… punterei sul primo.”
Margot parlò portandosi la tazza alle labbra e Theobald, dopo una breve pausa di riflessione, annuì serio prima di imitarla:
“Mh, hai ragione Margot… sono curioso di sapere che cosa le ha indotte a chiedere aiuto. Oh, salve Bert.”
Quando Theobald salutò distrattamente il fantasma di un uomo anziano che passò rapidamente loro accanto – forse in cerca di nuove vittime – ma che ricambiò il saluto con un cenno, Margot sgranò senza parole gli occhi blu prima di voltarsi sorpresa verso l’anziano collega:
“Ma… chi è quello?”
Il mio amico Bert, mi sta facendo un piccolo favore. Ma forse sarebbe più corretto dire “era”… Non so, la faccenda dei fantasmi mi confonde sempre. Oh, una brutta storia la sua, fu il bere ad ucciderlo.”
Theobald scosse cupo la testa prima di riportarsi la tazza alle labbra e Margot, ancora sotto shock per la sorpresa – in lontananza iniziarono a giungere urla sommesse di studenti terrorizzati –, cercò di riscuotersi guardando dispiaciuta il collega:
“Oh no, era un’alcolista?”
Margot si appoggiò la tazza sulle ginocchia pronta ad ascoltare una storia commovente e strappalacrime, ma Theobald sollevò entrambe le sopracciglia e scosse la testa con vigore, guardandola come a chiederle come le fosse venuta in mente un’idea simile:
“Come? No cara, è stato investito da un camion della birra.”

 
*

 
“Stupido granchio malefico…”
Phil sbuffò mentre colpiva il Fiammagranchio(3) che aveva Schiantato con un calcio, facendolo rotolare lungo il pendio ignorando i suoi lamenti sommessi: sembrava che Theobald ne avesse liberati un paio nel bosco, tanto che l’uomo, seguendo a distanza il gruppo composto da Lilian, Tallulah, Jessica e Blodwel, aveva visto le quattro fuggire gridando e inseguite da uno di loro.
Di norma lui avrebbe dovuto intervenire solo in caso di necessità, ma quando le ragazze erano sparite la Creatura aveva pensato bene di prendersela con lui. Inutile dire che Phil, quando la bestiaccia aveva provato a bruciargli il maglione d cashmere, non aveva reagito granché bene.
 
 
“Porca di quella soia, non ho mai corso così tanto in tutta la mia vita…”
Tallulah si accasciò drammaticamente contro il tronco di un albero, facendosi aria con una mano mentre Blodwel, china con le mani sulle ginocchia e il fiatone, biascicava qualcosa sull’urgenza di smettere al più presto di fumare prima di lanciare alla compagna un’occhiata di traverso:
“Rice, avremmo corso per 100 metri…”
“Non mi risulta che tu sia fresca come una rosa! Lily, come stai?”
Cercando di darsi un contegno, Tallulah si rimise in piedi rassettandosi felpa e capelli biondi e lanciando un’occhiata all’amica, guardandola stare in piedi con una mano appoggiata al tronco di un albero, in silenzio.
La Grifondoro sollevò la testa per incontrare lo sguardo dell’amica e annuì, schiarendosi la voce e deglutendo prima di parlare:
“Bene. Sto bene. Andiamo. Everett, smettila di piagnucolare, se sei così idiota da metterti bei vestiti per un’escursione non sono affari nostri.”
La bionda scoccò un’occhiata torva alla compagna di Casa, che sedeva al suolo appoggiandosi contro un albero e lamentandosi per la sua unghia rotta e per i jeans strappati. Lilian la superò e Tallulah fece altrettanto, seguendo l’amica tenendo la bacchetta accesa in mano, mentre Blodwel si fermò davanti alla Grifondoro per chinarsi leggermente su di lei e trapassandola da parte a parte con un’occhiata gelida:
“Stammi a sentire biondina, adesso alzi il culo e vieni con noi, perché se ti ritiri costringi tutte e quattro a fare altrettanto, e arrivate a questo punto io non ho nessuna intenzione di mollare e di correre spaventata dai professori. Perciò finiscila di frignare, alzati e renditi utile, Everett.”
Blodwel non attese una risposta, superando la Grifondoro senza aggiungere altro e sistemandosi il cappuccio della felpa nera attorno alla testa. Percepì lo sguardo di Jessica su di sé, ma non smise di camminare dietro a Tallulah e a Lilian e si limitò a parlare nuovamente senza voltarsi:
“Fossi in te non me ne resterei lì da sola a fare da spuntino ai Fiammagranchi, Everett.”
Un istante dopo Jessica era di nuovo in piedi e magicamente pronta a seguire le compagne di scuola, anche se non risparmiò insulti masticati tra i denti a nessuna delle tre. Lilian e Tallulah la ignorarono mentre Blodwel, restando in religioso silenzio, sollevò la mano destra per mostrarle il dito medio.

 
*

 
Marley non aveva idea di quanto tempo fosse passato – aveva avuto la brillante idea di scordare l’orologio in camera nella fretta di vestirsi e uscire –, ma le sembrava che fossero passate ore da quando lei e le sue compagne erano state letteralmente buttate giù dal letto dalla voce tuonante e magicamente amplificata del Professor Watrous. Aveva freddo e tremava leggermente, le mani infilate nelle tasche – da una delle quali faceva capolino Leith, che dopo l’incontro con lo Schiopodo Sparacoda aveva ben pensato di cercare riparo laggiù – e con un profondo senso di stanchezza addosso.
A giudicare dagli sbadigli di Bel e a dal continuo ripetere di necessitare del caffè da parte di Malai non era l’unica ad essere stanca, ed era sicura che tutti e tre i suoi compagni avrebbero versato qualsiasi somma per avere un letto su cui dormire.
“Ma dove diavolo l’hanno messa, quella stupida bandiera… sto morendo di sonno.”
La strega sbadigliò mentre Bel, che camminava cingendole la vita con un braccio, si guardava attorno tenendo la bacchetta alta per farsi luce e strofinandosi gli occhi chiari di tanto in tanto, profondamente assonnato a sua volta:
“Vorrei saperlo anche io. Dovremmo essere rimasti in 6 gruppi, comunque, abbiamo visto le scintille rosse già due volte.”
“Chissà di chi si trattava… Magari il gruppo della Cinese. Magari lei e Jessica Everett hanno iniziato una rissa e Tallulah si è vista costretta a chiedere l’intervento degli insegnanti.”
Curioso su come stesse proseguendo l’attività notturna per i suoi amici, Malai si annodò distrattamente i ricci capelli scuri sulla nuca senza smettere di guardarsi attorno con attenzione, non tenendo affatto a replicare altri incidenti con Schiopodi Sparacoda o creature di altro genere.
“Porca Tosca, spero di no, anche se mi vedrei benissimo Bloody a fare da giudice ad una rissa…”
Marley parlò aggrottando le sopracciglia, indecisa se trovare divertente o meno quell’ipotetico scenario mentre Malai pagava una momentanea disattenzione urtando un ramo con la fronte e imprecando a bassa voce di conseguenza.
“Malai, la smetti di attentare alla tua vita? Ha preso più colpi la tua testa da quando siamo qui che un Bolide in un campionato di Quidditch…”
“Che posso farci se sono troppo alto?! Magari Bel può capirmi, ahi…”
Il Tassorosso parlò massaggiandosi nervosamente la fronte, certo che il giorno dopo avrebbe trovato un bel livido ad attenderlo, mentre Bel si voltava verso di lui accennando un sorriso, pronto a confermare che poteva capirlo perfettamente.
“Che cos’è quello?!”
La voce allarmata di Marley impedì all’amico di parlare, portando invece Bel a voltarsi verso il punto indicatogli dall’amica.
Sia Bel che Hiro allungarono le braccia per illuminare la piccola radura in cui si erano fermati, permettendo a tutti e quattro di scorgere l’enorme profilo di quello che aveva tutta l’aria di essere la carcassa di un grosso animale.
“Oh mio Dio, è un cavallo?! Non posso guardare!”
Terrorizzata, Marley si affrettò a coprirsi gli occhi con le mani. Hiro stava per rassicurarla e dirle che no, a giudicare dalle ali ripiegate malamente, come fossero state spezzate, non poteva certo trattarsi di un cavallo. Bel stava per prendere l’amica e scappare molto, molto lontano da lì e da quella sorta di cavallo alato decapitato, ma Malai si portò le mani alla bocca ed emise un urlo strozzato che fece raggelare tutti e tre i compagni quasi quanto la vista dell’animale:
“POLDO!”
 

 
*

 
Priscilla smise bruscamente di camminare e Shou la imitò, fermandosi dietro ad Amelie e voltandosi simultaneamente nella stessa direzione, preoccupati.
“Era la voce di Malai!”
Priscilla deglutì mentre anche Celia e Amelie si fermavano, ma prima che potesse dire o fare qualsiasi cosa Shou prese l’iniziativa prendendola per mano:
“Vieni Prisci. Venite, dobbiamo vedere se stanno bene!”
“Ma che cosa ha urlato? Non credo di aver capito…”
A disagio, Priscilla seguì l’amico cercando di stare al passo con Shou, che scosse la testa preoccupato come a dire di non aver capito a sua volta mentre Amelie e Celia li seguivano illuminando il sentiero con la luce delle loro bacchette.
“Non vedo scintille… speriamo non sia niente di grave.” Amelie parlò scrutando il cielo sopra di loro alla ricerca di una quale fonte di luce scarlatta, ma non scorgendone traccia si convinse che non fosse accaduto nulla di troppo serio. O forse no?


 
*

 
Malai sedeva sul suolo umido dondolandosi lentamente avanti e indietro, le lunghe braccia strette attorno alle gambe e lo sguardo vacuo fisso davanti a sé. Non aveva proferito una sola parola da quando, qualche minuto prima, aveva creduto di essersi imbattuto nel suo Thestral morto.
“Malai? Malai, non era Poldo… solo un Molliccio che aveva visto te prima di noi, evidentemente.”
Hiro si inginocchiò accanto all’amico e gli mise una mano sulla spalla, parlando con tutta la gentilezza di cui era capace. Bel, dispiaciuto di vedere il compagno di Casa in quello stato – anche se erano riusciti a scacciare il Molliccio senza problemi –, annuì e gli si avvicinò, sorridendogli gentilmente:
“Sì, insomma, se fosse stato Poldo noi non avremmo potuto vederlo… Infatti nessuno di noi aveva capito cosa fosse.”
“Io pensavo fosse un cavallo…” 
Marley parlò passandosi nervosamente una mano tra i capelli, a disagio, e Malai annuì mentre tirava su col naso, mormorando con un filo di voce che lo sapeva.
“Poldo è a casa con tua madre e tuo padre e sta benissimo, non pensarci troppo. Ti va di continuare? Pensa… pensa al premio!”
Hiro parlò sorridendo incoraggiante all’amico, sperando di riuscire a rianimarlo un po’ facendo leva sul suo spirito competitivo. In effetti il Tassorosso annuì e dopo qualche istante si rialzò, mormorando che potevano continuare prima di incamminarsi accendendo la propria bacchetta e senza aggiungere altro.
“Andiamo ragazzi.”
Dopo una breve esitazione Hiro fece cenno a Bel e a Marley di seguirlo e si incamminò dietro a Malai, che dopo qualche metro venne raggiunto da Marley. La ragazza gli sorrise e lo prese sottobraccio, asserendo che quella fosse proprio una serataccia per tutti:
“Insomma, freddo, digiuno, io che quasi finisco carbonizzata, tu col tuo Molliccio… però non può andare peggio, no?”
Di fronte al sorriso incoraggiante della strega Malai annuì e si sforzò di sorriderle di rimando, mormorando che probabilmente aveva ragione mentre Bel, dietro di loro, si guardava attorno rabbrividendo leggermente, preoccupato:
M-Marley, n-non dirlo a voce troppo alta…”
 
 
 
“Malai! Malai, tesoro, dove sei finito?! Professore, non ha piazzato cose troppo pericolose, vero?!”
Margot scostò dei rami bassi e si guardò attorno piena di apprensione, preoccupata per il suo studente dopo averlo sentito gridare. La strega era saltata in piedi ed era corsa a cerare il ragazzo con Theobald al seguito, e ora l’anziano collega la seguiva trotterellando allegro e stringendo in tutta calma le bretelle del suo zaino.
“Ma no cara, ma no… qualche piccola trappola qua e là, uno o due fossati, delle creature non troppo pericolose…”
“Che genere di creature?”
“Ma via Margot, cose da nulla, due o tre Mollicci, alcuni Fiammagranchi, due Schiopodi Sparacoda… Bert lo hai già visto. Ah, e poi c’è Frank.”
Theobald parlò con un sorriso che Margot non ricambiò, fermandosi e voltandosi verso di lui tenendo la bacchetta accesa in una mano e l’altra appoggiata sul tronco di un albero. La strega lo guardò più pallida del solito, e deglutì a fatica mentre l’orrenda immagine di quei poveri pulcini inseguiti da Schiopodi Sparacoda prendeva vita nella sua testa:
“Schiopodi Sparacoda?! Ma sono pericolosissimi! MALAI!”
Inorridita, Margot si voltò e riprese a camminare e a guardarsi freneticamente attorno alla ricerca del ragazzo mentre Theobald, dietro di lei, si premurava di rassicurarla:
“Margot, Margot, mi hai preso per pazzo? Li ho naturalmente fatti sedare prima di portarli qui, non sono troppo aggressivi…”
“Professore, lei non ha capito, se non riporto a Demelza Malai intero dovremmo cercare rifugio alle Bahamas! … Un momento, chi è Frank?!”

 
*
 

“Blodwel, resisti, ci siamo quasi… Tallulah, tira!”
I piedi ben piantati al suolo, Lilian strinse i denti mentre, insieme a Tallulah, cercava di tirare fuori Blodwel dal fossato dove la strega era caduta poco prima: le quattro stavano camminando tranquillamente quando la Tassorosso era inciampata dritta in una buca che era stata evidentemente scavata appositamente per l’occasione.
“Sto facendo il possibile, porca soia! Ma perché non mi sono data malata, perché…”
Imprecando a mezza voce, Tallulah strinse il braccio di Blodwel – che invece imprecava apertamente e senza preoccuparsi che qualcuno potesse sentirla – mentre riuscivano finalmente a farla emergere dalla buca. La Tassorosso si accasciò al suolo supina con un sospiro mentre Lilian e Tallulah, sollevate e col fiatone, si massaggiavano le braccia.
“Stai bene?”
Cercando di riprendersi dallo sforzo Tallulah sollevò la testa e cercò Lilian con lo sguardo, guardando l’amica annuire mentre prendeva respiri profondi:
“Sto bene. L’hai sentita anche tu, la voce di Malai?”
“Sì, veniva da lì… andiamo a vedere. Blodwel, in piedi.”


“Perché mi odi così tanto, vita, perché?”
Blodwel gemette ma riuscì ad alzarsi facendo leva sui propri gomiti, seguendo Lilian, Tallulah e Jessica – che naturalmente non aveva mosso un dito per aiutarla e che si guadagnò l’occhiata più truce del repertorio della Tassorosso –. Le quattro, tuttavia, riuscirono a percorrere solo una decina di metri prima di essere costrette a fermarsi di nuovo: un gruppo di studenti del V anno infatti tagliò loro la strada, superandole correndo e gridando spaventati con al seguito un fantasma dai vestiti lacerati, pesanti catene attorno alle caviglie e le braccia protese verso di loro.
Le quattro si fermarono e seguirono la scena senza parole finchè il fantasma, superandole, non si fermò voltandosi dritto nella loro direzione. Per un istante le scrutò e loro fecero altrettanto, sempre più confuse, ma poi quello decise di tornare a terrorizzare gli studenti più giovani fluttuando dietro di loro ed emettendo lamenti strazianti.
“Ma che stra-casco sta succedendo in questo bosco?! Lily, che c’è?”
Sentendosi strattonare il braccio dall’amica Tallulah si voltò interrogativa verso la Grifondoro, che si limitò ad indicare un punto davanti a loro più seria che mai:
“Lì.”
“Che cosa hai visto?”
Confusa, Blodwel strizzò leggermente gli occhi per cercare di capire a che cosa si stesse riferendo Lilian – sperando ardentemente che non fosse un altro Fiammagranchio – scorgendo ciò che aveva attirato l’attenzione della Grifondoro dopo pochi istanti: ad una ventina di metri da loro qualcosa di inequivocabilmente rosso faceva capolino in mezzo all’oscurità del bosco.
“La bandiera!”
Il viso pallido di Blodwel si illuminò, e la Tassorosso sorrise per la prima volta da quando era stata buttata giù dal letto mentre Tallulah, accanto a lei, congiungeva le mani e alzava gli occhi per ringraziare il Dio degli Anime.
Lilian stava per fare un passo avanti per raggiungere la bandiera e prenderla, ma quando udì un basso ringhio provenire da una massa di cespugli collocata esattamente accanto alla bandiera la ragazza si immobilizzò. Deglutendo a fatica, la Grifondoro puntò gli occhi scuri sui cespugli mentre afferrava la bacchetta e Blodwel, dietro di lei, parlava sentendo un brivido lungo la schiena.
“Cazzo… è tornato!”
“Che cos’è?!”
Jessica gridò istericamente ancorandosi a Tallulah, che parve sgradire molto la cosa e cercò di scrollarsela di dosso mentre Lilian e Blodwel guardavano inorridite qualcosa arrancare goffamente fuori dai cespugli.
“Ma che schifo! È orrendo!”
Blodwel parlò con una smorfia mentre Lilian osservava dubbiosa l’essere e quello puntava gli occhi sulla Tassorosso e ringhiandole contro, come se le sue parole l’avessero offeso profondamente.
“Credo che sia un Ghoul(4).”
“Un che?!”
“Un Ghoul, una sorta di demone… li abbiamo studiati col Professor Watrous, Vaughan.”
Lilian parlò distogliendo lo sguardo dalla Creatura per scoccare un’occhiata di traverso a Blodwel, che invece sbuffò e liquidò il discorso con un gesto sbrigativo della mano:
“Che vuoi che mi ricordi io delle lezioni di anni fa?! È pericoloso? Perché se è letale quanto brutto siamo nella merda.”
“Non mi pare, non credo siano molto intelligenti.. di solito ringhiano e lanciano…”
Prima che la Grifondoro potesse finire di palare il Ghoul, che aveva preso l’offesa di Blodwel molto seriamente, afferrò un sasso e lo lanciò ringhiando contro la Tassorosso, che imprecò e si affrettò a nascondersi dietro un albero mentre Lilian afferrava Tallulah, costringendola ad appiattirsi dietro a dei bassi arbusti.
“Dobbiamo raggirarlo per prendere la bandiera, come facciamo?”
“Ci serve un’esca.”
“Propongo la Everett! Vuoi finirla di lanciarmi le cose, brutto schifoso?”
Blodwel si sporse da dietro il tronco dell’albero per cercare di colpire il Ghoul con uno Schiantesimo che però mancò il bersaglio, consentendo alla Creatura di continuare a lanciarle contro tutto ciò che gli capitava sottomano. Sentendo il nome della compagna di Casa Lilian si affrettò ad annuire, sollevando una mano:
“Mozione accolta.”
“Col cavolo, tiriamo a sorte!”
 
 
 
“Fuori dalle palle.”
Phil spedì a 10 metri di distanza lo Schiopodo Sparacoda che si stava per avventare su di lui, colpendolo senza neanche voltarsi o smettere di camminare. Il mago scavalcò una radice grossa quanto il suo braccio che emergeva dal terreno e si guardò attorno con attenzione, cercando di capire da dove provenisse i ringhi che udiva da qualche minuto. Non poteva accendere la propria bacchetta per evitare che i ragazzi lo vedessero – l’ultima cosa che voleva era un branco di adolescenti che si nascondeva dietro di lui pregando per il suo aiuto – e orientarsi in mezzo ad alberi tutti uguali non era semplice.
Fortunatamente le ennesime grida spaventate gli indicarono la direzione corretta, e il mago sospirò prima di incamminarsi reggendo saldamente la bacchetta di carpino:
“Mi devono dare un aumento per questo…”

 
*

 
Shou, Amelie, Priscilla e Celia stavano cercando il gruppo di Malai ma finirono con l’imbattersi in quello composto da Lilian, Tallulah, Blodwel e Jessica.
Priscilla stava correndo dietro a Shou e ad Amelie – invidiando come non mai le lunghe gambe della compagna di Casa, che le consentivano di fare falcate lunghe il doppio delle sue – quando i suoi occhi verdi ormai abituati all’oscurità vennero attratti da qualcosa di molto insolito da scorgere nel bel mezzo di un bosco.
Qualcosa di irrimediabilmente rosa.
La giovane strega si fermò, la bacchetta in mano, ignorando la voce di Celia che le domandava perché si stesse fermano.
“Shou! Eden si è fermata!”
Udendo il richiamo della compagna di Casa anche Shou si fermò, voltandosi indietro mentre Amelie lo imitava.
“Che cosa c’è?”
La Corvonero mosse qualche passo per tornare dalla compagna e assicurarsi che non le fosse successo nulla mentre Shou, imitandola, cercava Priscilla con lo sguardo.
“Prisci. Prisci, ti sei fatta male?”
La ragazza non rispose, limitandosi a portarsi una mano alla bocca prima di mormorare sgomenta una singola parola:
Tall!”
 
Nella radura, a meno di venti metri da lei, c’era Tallulah nella sua inconfondibile felpa rosa. E insieme a lei, una sorta di orco orrendo che le dava le spalle ma che riuscì comunque a farla rabbrividire.
 
Ehy, emh, tu, brutto… coso. Sono qui. Vieni a prendermi!”
Ma che cazzo sta dicendo?!”
Ancora in piedi e seminascosta dal suo albero, Blodwel abbassò sgomenta lo sguardo verso Lilian, che sospirò e scosse la testa:
“Non è capace di risultare offensiva… Miss X, impegnati un po’, cavolo, non siamo alla corrida!”
Il sussurro concitato dell’amica giunse alle orecchie di Tallulah, che però sbuffò e incrociò le braccia al petto borbottando che quello decisamente non era il lavoro adatto a lei. Quando Jessica aveva insistito per tirare a sorte, non aveva avuto il minimo dubbio che la sfortunata eletta sarebbe stata lei, come al solito.
“Non è mica facile! Che cosa gli devo dire?!”
“Non lo so, fallo arrabbiare, così viene verso di te e quella scema della Everett prende la bandiera e ce la filiamo!”
Tallulah sbuffò, asserendo che risultare sgarbata non fosse proprio il suo forte. Eppure, quando il Ghoul le ringhiò contro e la indicò prima di borbottare qualcosa di difficilmente comprensibile, la giovane strega lo fissò storto prima di ridurre gli occhi a due fessure:
“Che cosa mi hai detto?!”
La Creatura ripeté e la strega, profondamente offesa, divenne di un’insolita tonalità cremisi prima di gonfiare il petto sotto gli sguardi perplessi delle compagne: nessuna di loro aveva minimamente compreso che cosa il Ghoul avesse detto.
“STAI DICENDO CHE LA MIA FELPA E’ BRUTTA?! Brutta lo dici a tua sorella, non alla mia felpa, brutto schifoso senza il minimo gusto!”
“Halleluja!”
Blodwel si appoggiò all’albero sorridendo sollevata mentre il Ghoul, che si era offeso tanto quanto Tallulah, le imprecava contro prima di guardarsi attorno alla ricerca di qualcosa da lanciarle addosso.
 
Priscilla, a qualche metro di distanza, seguì la scena fraintendendo profondamente e allarmandosi sempre di più:
Shou, quel brutto schifoso sta aggredendo Tallulah!”
“Che cavolo è quello schifo?!”
Celia emise un verso schifato che Amelie sentì profondamente di condividere mentre Priscilla, invece, si chinava per afferrare senza riflettere un grosso sasso.
“Prisci, no!”
Shou si lanciò verso l’amica per impedirle di lanciare il sasso, ma troppo tardi: un’espressione risoluta piuttosto insolita sul volto, Priscilla lanciò il sasso dritto verso il Ghoul.
“Lascia stare la mia amica, brutto schifoso!”
La pietra disegnò un arco in aria sotto gli sguardi terrorizzati di Celia, Shou e Amelie, e infine andò a colpire la nuca del Ghoul con una precisione quasi chirurgica.
“Porca vacca, non hai mai pensato di fare la Battitrice?”
Amelie si rivolse ammirata verso la Compagna di Casa, che però non ebbe il tempo di rispondere: il Ghoul si voltò dritto verso di loro, ringhiando furiosamente e facendo gelare il sangue nelle vene a tutti e quattro.
“Via!”
Shou afferrò il braccio di Priscilla prima di iniziare a correre con Amelie, Celia e il Ghoul al seguito mentre Tallulah, più confusa che mai, guardava attonita il punto dove un attimo prima si trovava la Creatura:
“Ma che cosa è successo?!”
“Non lo so, qualcosa lo ha distratto, credo che lo abbiano colpito con qualcosa…”
Confusa quanto lei, Blodwel parlò sbattendo più volte le palpebre: le era parso di vedere un sasso colpire il Ghoul in testa, ma non era sicura di aver visto da dove la pietra fosse stata lanciata.
“Ci pensiamo dopo, prendiamo la bandiera!”
Sgusciata fuori dal suo nascondiglio, Lilian corse verso la bandiera rossa ben piantata nel terreno della radura, estraendola con un po’ di aiuto da parte di Blodwel. Infine, la Grifondoro sorrise raggiante e fece cenno alle compagne di seguirla, incamminandosi nella direzione opposta:
“Ora dobbiamo solo tornare indietro… magari potremmo anche vincere!”
“Sempre che non ci sia qualche altro scherzetto lungo la strada…”
 
Le quattro si erano allontanate da pochi minuti quando anche Phil giunse, sospirando, nella radura: il mago si guardò attorno alla ricerca di qualche studente, sbuffando quando non ne trovò traccia.
“Ma dove si sono cacciate…”
Udendo di nuovo quello stesso verso – accompagnato dai gridolini spaventati di qualche studente – Phil lo seguì svogliatamente credendo di essere sulle tracce del Gruppo 4 e chiedendosi che cosa avesse liberato il suo collega in quello stupido bosco.
 
 
“Che cos’era quel verso spaventoso?!”
“Ah, quello era Frank.”
“Mi vuole dire chi accidenti è Frank?”
“Il Ghoul che infesta la casa di mio cugino, gli ho chiesto di prestarmelo. Rilassati Margi cara, si diverte a lanciare oggetti contro la gente ma non è veramente pericoloso, basta solo non offenderlo, è molto permaloso.”
“Lei è assurdo, Professore!”

 
 
*
 

Mentre il Gruppo 4 si accingeva a cercare di uscire dal bosco e il Gruppo 5 fuggiva dal Ghoul, le sfighe del Gruppo 3 sembravano destinate a non finire mai.
Dopo l’incontro con lo Schiopodo Sparacoda e quello traumatico di Malai con il suo Molliccio, Marley era precipitata in una buca perfidamente mimetizzata da frasche e foglie secche e infine avevano dovuto confrontarsi con un paio di Fiammagranchi di pessimo umore.
“Questa è la notte più lunga della mia vita, non ne posso più!”
Persino Hiro stava iniziando a perdere il suo aplomb mentre cercava di togliersi di dosso i residui di una sorta di ragnatela enorme contro cui era andato a sbattere. Fortunatamente, di ragni giganti nessuna traccia.
Infreddoliti e stanchi, Bel e Malai ripresero a lamentarsi di volere un letto caldo e qualcosa da mangiare mentre Marley camminava in silenzio tenendo la testa alta e lo sguardo fisso sopra di sì, scrutando il cielo stellato che di lì a poco avrebbe iniziato a rischiararsi.
Ad un certo punto la giovane strega si fermò, smettendo improvvisamente di camminare e afferrando il braccio di Bel per strattonargli la manica della felpa:
“Bel. Bel, guarda.”
“Che cosa c’è Marley?”
Marley non rispose, limitandosi ad indicare qualcosa sopra le loro teste. Pregando interiormente che non si trattasse di un’Acromantula, Bel sollevò deglutendo la testa e cercando con lo sguardo ciò che l’amica gli stava indicando.
Stava per chiedere a Marley delucidazioni quando, in mezzo ai rami, scorse qualcosa di inequivocabilmente e definitivamente giallo.
“Non ci credo… come l’hanno messa lì in cima?!”
Legata ad un ramo, a fissarli di rimando, c’era la loro bandiera. Sorridendo, Marley invitò Malai e Hiro a fermarsi e a tornare indietro mentre si abbassava la lampo della giacca a vento per sfilarsela di dosso e consegnarla a Bel:
“Non lo so, ma quel che è certo è che io la tirerò giù.”
 

 
*

 
Phil era rimasto piuttosto interdetto quando si era trovato davanti a Shou Park, Eden Edgecombe, Amelie Fawley e Celia McKinnon. Evidentemente si era sbagliato, e il Gruppo 4 gli era sfuggito da sotto al naso.
“Fantastico… ragazzi, rilassatevi, è solo uno stupidissimo Ghoul.”
Sbuffando esasperato, Phil parlò riponendo la bacchetta – avendo a che fare con una creatura così inutile non ce n’era decisamente bisogno – e scoccando alla creatura un’occhiata piuttosto annoiata.
Frank si voltò immediatamente verso di lui, guardandolo storto, e Phil ricambiò placidamente e senza muovere un muscolo mentre Amelie, che fino a quel momento si era stretta terrorizzata a Priscilla, lo guardava a metà tra il sorpreso e il sollevato:
“Professore, che ci fa qui?”
“Pensavo di star seguendo… non importa. Va tutto bene?”
“Quello ci stava aggredendo, Eden lo ha fatto arrabbiare.”
Celia indicò il Ghoul e Phil spostò accigliato lo sguardo su Priscilla, chiedendosi perplesso come potesse quella ragazzina – che nemmeno lo guardava negli occhi durante le lezioni da quanto era intimorita – aver fatto infuriare il Ghoul mentre la ragazza chinava il capo mormorando che era tutta colpa sua e che le dispiaceva.
“Rilassatevi, è brutto da far spavento ma non è particolarmente pericoloso.”
Phil parlò in tutta calma mentre si toglieva sbadigliando dei rametti rimasti impigliati nel suo maglione, ignorando il Ghoul quando Frank ruotò su se stesso e agitò offeso il braccio nella sua direzione, insultandolo dicendo qualcosa di totalmente incomprensibile a causa dei suoi denti eccessivamente lunghi e che sporgevano dalle labbra.
“Professore!”
L’avvertimento di Amelie giunse troppo tardi, perché il ramo spezzato che Frank lanciò contro Phil non mancò il bersaglio. O meglio, lo colpì solo di striscio – a dimostranza della mira pessima della Creatura, visto che si trovava a pochi metri di distanza dal mago – urtandogli il braccio sinistro, ma più che far effettivamente male a Phil si limitò a creare un leggero squarcio nel suo maglione, all’altezza della spalla.
Phil non disse nulla, limitandosi ad abbassare lo sguardo sul proprio braccio. Restò impassibile per qualche istante, scrutando il danno, prima di puntare gli occhi verdi ridotti a due fessure minacciose sulla povera Creatura.
“Hai rovinato… il mio maglione. Di cashmere.”
Quel maglione era costato quasi quanto uno stipendio mensile, ma Phil non si premurò di informare Frank e si limitò a far scivolare la mano in tasca per prendere la bacchetta. All’improvviso l’espressione sul volto di Frank mutò radicalmente, assumendo un’aria terrorizzata.
Sotto gli occhi attoniti dei quattro studenti, il Ghoul emise un verso spaventato prima di voltarsi e darsi bellamente alla fuga, superando Celia, Shou, Amelie e Priscilla.
“Ha paura del prof?! Veramente?”
Amelie parlò sgranando i grandi occhi castani, stupida, e guardò il Ghoul fuggire attraverso gli alberi mentre i tre compagni la imitavano, immobili nel punto esatto in cui si erano fermati quando Phil li aveva trovati.
“Beh, non ha tutti i torti, in questo momento fa più paura MacMillan di lui…”
Il sussurro di Shou fu provvidenziale, perché un istante dopo un lampo di luce rossa illuminò il bosco e andò ad infrangersi contro un albero, seguito dalla voce furiosa di Phil:
“Torna qui, brutto vigliacco!”
Immobili e in silenzio, i quattro guardarono l’insegnante superarli di gran carriera per gettarsi all’inseguimento di Frank. Priscilla provò quasi pena per la Creatura, quando i suoi versi spaventati giunsero alle loro orecchie.
Dopo qualche secondo di silenzio, mentre cercavano di riprendersi e di metabolizzare la bizzarra scena a cui avevano appena assistito, Celia mormorò che forse dovevano rimettersi a cercare la bandiera, se non avevano intenzione di trascorrere la giornata in quel bosco pseudo-infestato.
 
*
 
 
“Non possiamo andare a dormire?”
“No, temo dobbiate restare qui e aspettare che tutti facciano ritorno, ordini del Professor Watrous.”
Beau parlò sfoderando un sorriso colpevole, dispiaciuto di dover dare cattive notizie ai ragazzi che si erano ritirati dal gioco, tutti seduti sul prato e avvolti nelle coperte che Mindel aveva distribuito.
“Ma non è ancora tornato nessuno, potrebbe volerci un’eternità!”
In cuor suo Beau non poté non condividere il lamento di Eulalia, sollevando la testa per lanciare un’occhiata al cielo sopra di lui. Ormai l’alba era imminente, le stelle stavano iniziando a sparire rapidamente, e ancora nessuno era uscito dal bosco con la propria bandiera.
In effetti, Beau non aveva idea di come se la stessero passando i suoi stessi colleghi: dopo Håkon non si era imbattuto in nessun altro, occupandosi dei ragazzi che si era ritirati per accompagnargli fuori dal bosco e controllare che non se la filassero nei loro Chalet.
“Sono sicuro che qualcuno arriverà presto, nessuno si è più ritirato da un po’.”
I 12 ragazzi che aveva davanti presero a lamentarsi sommessamente, ma Beau non ci fece caso e tornò a rivolgersi invece al limitare del bosco, sperando che qualcuno si facesse presto vivo.
Fu con estremo sollievo – condiviso anche dagli studenti presenti – che qualche minuto dopo Beau vide qualcuno emergere dagli alberi.
“Oh, finalmente! Bravissime ragazze, i miei complimenti.”
Beau rivolse un caloroso sorriso alle quattro studentesse, guardando Lilian piantare con un gesto secco la bandiera al suolo prima di lasciarsi scivolare a terra senza dire una parola. Visibilmente sollevata di aver concluso l’attività viva e vegeta ed entusiasta all’idea di aver vinto, Blodwel sorrise e assestò una poderosa pacca sulla spalla di Jessica, asserendo che anche se era stata del tutto inutile avevano vinto comunque.
Tallulah, invece, si inginocchiò accanto a Lily per dirle qualcosa a bassa voce, curandosi ben poco della bandiera o della vittoria. Gli occhi chiari puntati sulle due, Beau stava per chinarsi accanto a loro per assicurarsi che andasse tutto bene quando un basso ringhio attirò l’attenzione di tutti i presenti.
Per i boxer di Vegeta, ancora lui!”
Esasperata, Tallulah guardò il loro “vecchio amico” dirigersi cupo verso il gruppo in compagnia di Phil. Il Ghoul non sembrava affatto contento, anzi, continuava a dimenarsi e a ringhiare mentre Phil, ignorandolo deliberatamente, stringeva l’estremità di una specie di enorme guinzaglio con cui lo aveva legato.
“Che cos’è quello?!”
“Ciao Beau. Una schifezza liberata da Watrous che mi ha rovinato il maglione. Ah, vedo che abbiamo delle vincitrici. Tu sta buono in un angolo e non muovere un dito, o ti trasformo in un colibrì.”
 
Offeso per il trattamento che gli era stato riservato, Frank trascinò i piedi e andò a sedersi in un angolo lamentandosi sommessamente e lanciando occhiate cariche d’odio in direzione di Phil mentre gli altri studenti, spaventati, si affrettavano a spostarsi il più lontano possibile da lui. L’insegnante tuttavia lo ignorò deliberatamente, avvicinandosi invece a Lilian e a Tallulah prima di chinarsi leggermente verso la Grifondoro:
“Stai bene Lilian?”
La ragazza annuì senza però dire una sola parola, gli occhi fissi davanti a sé e il respiro lento mentre Tallulah le massaggiava gentilmente la schiena. Dopo averla studiata per qualche istante Phil si infilò una mano in tasca ed estrasse un pacchetto di cracker che porse alla ragazza, parlando con un tono di voce distante anni luce da quello che utilizzava in aula:
“Mangia questi, sono troppe ore che digiuni.”
“Grazie.”
Lilian li prese allungando lentamente una mano dopo una breve esitazione, ringraziando con un filo di voce mentre Tallulah l’aiutava ad aprire l’involucro di plastica scricchiolante. Phil non rispose, limitandosi a rimettersi in piedi prima di rivolgersi a Beau riassumendo la sua solita aria seccata:
“Dove diavolo si è cacciato il Professor Watrous? Ho proprio un bel discorsetto da fargli e quel Ghoul da strapazzo da restituirgli. Guarda che ho visto che mi hai fatto il dito medio!”
Il mago si voltò di scatto verso Frank impugnando minaccioso la bacchetta e lui si affrettò a nascondere le mani dietro la schiena, colpevole e terrorizzato. Cercando di non ridere, Beau fece del suo meglio per mantenere il contegno intatto e comunicò al collega di non aver visto traccia del loro anziano e pimpante collega da quando l’attività aveva avuto inizio.
“Ci scommetto la mia stanza nello Chalet che ha passato metà del tempo a bere tè ridendo sadicamente alle nostre spalle…”
“Phil, non pensi di esagerare? Sono sicuro che non è così…”
Beau si vide rivolgere una strana occhiata dal collega, a metà tra il dubbioso e il compassionevole, come se il più giovane si stesse domandando come potesse esistere qualcuno di così buono, candido e adorabilmente ingenuo.
“Lo sai Beau, mi fai quasi tenerezza…”
Phil scosse la testa e l’Aritmanzista sospirò, chiedendosi perché tutti non facessero che ripeterglielo.

 
*

 
“Caspita, non pensavo che in gruppo avessimo una versione più moderna e femminile di Tarzan.”
Malai si grattò la testa mentre lui, Hiro e Bel seguivano con lo sguardo i movimenti di Marley, che stava facendo del suo meglio per arrampicarsi sull’albero e raggiungere la bandiera.
“Mi devo per caso offendere?!”
Stringendosi al tronco, Marley chinò lo sguardo e rivolse un’occhiata interrogativa e dubbiosa in direzione del compagno di Casa, che sorrise angelico mentre Bel si affrettava a rassicurarla:
“No Marley, Tarzan era un selvaggio cresciuto dalle scimmie che viveva nella giungla… beh, forse in fin dei conti un po’ sì. Però era bello!”  Il ragazzo si dipinse un sorriso allegro sul volto per rincuorare l’amica, che sbuffò e borbottò che non era proprio il paragone che si aspettava prima di riprendere ad arrampicarsi.
“Sicura di farcela, Marley?”
Preoccupato che la ragazza potesse cadere, Hiro parlò tenendo la bacchetta in mano – pronto a lanciare un “Arresto Momentum” all’occorrenza –, e studiando attentamente i movimenti della Tassorosso mentre Marley si issava su un grosso ramo puntando gli scarponcini sulla corteccia gelida:
“Tranquillo Davies, ho imparato come si fa quando fuggivo dalla mia camera attraverso l’albero vicino alla finestra… qualsiasi cosa pur di non fare il riposino pomeridiano, puah.”
La ragazza scosse la testa con disapprovazione e Malai annuì, decretando di essere stato più volte cacciato dall’asilo poiché si rifiutava di fare il riposino.
“In che senso ti cacciavano dall’asilo?”
Bel si voltò perplesso verso Malai, chiedendosi quale persona orribile avrebbe mai potuto bandire un bambino piccolo, ma il ragazzo si limitò a fare spallucce mentre continuava ad osservare Marley avvicinarsi alla bandiera. Era un po’ come guardare la scena della freccia di Mulan in live action.
“Mio padre era costretto a venirmi a prendere e a riportarmi a casa, di dormire non ne volevo sapere… a quanto pare disturbavo gli altri bambini togliendo loro i ciucci perché io già non lo portavo più.”
“Una creatura adorabile.”
Malai non sembrò cogliere affatto il sarcasmo nella voce di Hiro, anzi sorrise all’amico e lo abbracciò, asserendo che anche lui fosse stato un bambino adorabile mentre il Corvonero agonizzava per riuscire a respirare.  
“Però eri davvero troppo tranquillo, per fortuna c’ero io a ravvivarti un po’.”
Lasciato andare l’amico d’infanzia, Malai scosse la testa con disapprovazione mentre Hiro si massaggiava il collo.
“Signorini, avete finito di raccontarvi aneddoti del passato? Qui avrei bisogno di un po’ di luce, se non vi disturba troppo!”
“Scusa Marley.” Le voci dei tre ragazzi si levarono in coro mentre sollevavano le bacchette più che potevano per fare luce a Marley, permettendole di avvicinarsi alla bandiera senza rischiare di cadere. Estratta la bacchetta, la ragazza la puntò sulla corda che teneva legata l’asta ad uno spesso ramo e con un Diffindo non verbale la tagliò, riuscendo finalmente ad impugnare l’asta della piccola bandiera mentre sorrideva trionfante:
“Ce l’ho fatta! Ed è gialla, la adoro… dite che posso tenerla?”
Marley parlò agitando leggermente la bandiera e riponendo la bacchetta facendo attenzione a non scivolare, i piedi ben piantati su due rami. Hiro allungò un braccio verso di lei, guardandola scuotendo la testa:
“Non ne ho idea, intanto lanciamela. E fai attenzione mentre scendi.”
Il Corvonero prese al volo l’asta della bandiera che Marley gli lanciò, e i tre aspettarono che Tassorosso tornasse coi piedi per terra prima di incamminarsi a ritroso verso il limitare del bosco. Bel abbracciò l’amica non appena ne ebbe l’occasione, sorridendole con affetto e riempiendola di complimenti. Accogliendoli di buon grado Marley sorrise compiaciuta e con gli occhi azzurri scintillanti, incamminandosi stringendo l’amico per un braccio e dando voce alle proprie speranze di non incontrare altre assurdità lungo la strada.
“Direi che per una notte abbiamo dato… anzi, ormai è quasi l’alba. Peccato, mi sarebbe piaciuta un’escursione per vedere le stelle…” Ancora delusa per l’occasione mancata, Marley parlò lanciando un’occhiata cupa al cielo che andava via via schiarendosi sopra le loro teste mentre Malai, al contrario, esibiva una smorfia contrariata:
“Parla per te, io di escursioni non voglio saperne per un bel po’!”

 
*

 
Håkon si trovava ormai vicino al limitare degli alberi quando si imbatté nella sua migliore amica per la prima volta da quando il gioco aveva avuto inizio. In effetti, fu Margot che praticamente gli finì addosso dopo essere quasi inciampata in una grossa radice.
“Margi? Dove stai andando così di fretta?”  Afferrata l’amica per le braccia per impedirle di cadere, Håkon la guardò dubbioso e in cerca di ferite gravi – conoscendo la strega e la sua nota imbranataggine, era facile immaginare che fosse inciampata più e più volte – mentre Theobald li raggiungeva trotterellando e masticando un biscotto in tutta calma.

“Sto cercando il gruppo di Malai da un’eternità, per caso li hai visti?”
“Sì, li ho visti poco fa e avevano la bandiera, stanno benissimo. Salve Professore.”
Mentre Margot sospirava di sollievo Håkon lasciò delicatamente la presa sulle sue braccia e spostò lo sguardo su Theobald, che si era fermato alle spalle della strega. Il danese indirizzò un lieve sorriso e un cenno al collega più anziano, per nulla sorpreso nel vederlo così sereno e divertito.
“Salve Håkon caro, vuoi un biscotto?”
“No, la ringrazio. Come mai eri preoccupata per Malai?”
“Prima l’ho sentito urlare, ma non l’ho trovato… beh, sono felice che stia bene, meno male. Professore, non serve più fare ricerche per le Bahamas, stia tranquillo.”
“Un vero peccato.” Commentò serafico Theobald mentre prendeva un altro Zuccotto dal sacchetto di carta che teneva in mano, affrettandosi a specificare che naturalmente sapere che il ragazzo stesse bene lo rallegrava di fronte agli sguardi dei due colleghi:
“Dico solo che è un peccato per le Bahamas. Avevo anche il costume pronto, ahimè, e un po’ di abbronzatura non mi farebbe male.”
“Sarà per la prossima volta. Professore, lei torni dai ragazzi per contarli, io continuo il giro per controllare che nessuno si faccia male. Håk bello, vieni con me?”
Håkon esitò mentre spostava lo sguardo da un collega all’altro, profondamente combattuto su chi dei due rappresentasse un pericolo maggiore per se stesso. Alla fine, l’uomo propese per l’amica:
“Vengo con te. Professore, se i ragazzi sono tornati tutti lanci delle scintille verdi in aria, va bene?”
“D’accordo miei cari, ci vediamo dopo!”
Salutati i due con un cenno gioviale, Theobald girò sui tacchi e si incamminò in tutta calma verso il limitare degli alberi, curioso di vedere quanti e quali studenti si fossero ritirati e chi, invece, era riuscito a portare a termine il gioco.
Margot e Håkon si incamminarono invece nella direzione opposta, cercando tracce di qualche studente mentre il mago si rivolgeva all’amica:
“Sei rimasta con lui tutto il tempo?”
“Praticamente, sì… abbiamo bevuto un ottimo tè, sai?”
“Non avevo alcun dubbio… io ucciderei per un caffè. Chissà come se la passano Beau e Philip.”
“Mi è come parso di sentire la voce di MacMillan qualche tempo fa… sembrava a dir poco contrariato, ma forse l’ho immaginato… diceva qualcosa a proposito di un maglione, chissà.”

 
*

 
“Non posso credere che non abbiamo vinto, dopo tanta fatica e tutte quelle sfighe. Non è affatto giusto!”
Delusa, Marley sedette accanto a Bel sull’erba mentre Leith, felicissimo di essere finalmente uscito dal bosco infestato, tornava a sistemarsi sulla sua spalla. La ragazza, dopo aver ricevuto un abbraccio soffocante da parte di Blodwel non appena il gruppo aveva raggiunto Beau e gli altri studenti, appoggiò cupa la testa sulla spalla dell’amico mormorando di essersi impegnata tanto per nulla.
“Non dire così, siamo stati bravi… ce la siamo cavata bene e conta quello, no? Anche se vorrei tanto sapere di che cosa si tratta il premio extra di cui parlava il Professore.”
Mentre Blodwel sorrideva trionfa, felice come non mai per essere riuscita a scampare i test del fine settimana, Hiro piantò la bandiera gialla al suolo con leggera amarezza mentre Malai, dopo una delusione iniziale, era corso da Tallulah e Lilian per abbracciare le amiche e chiedere loro come fosse andata.
“È stato tutto assurdo, abbiamo incontrato un Ghoul e io ho dovuto fare da esca, ma poi qualcosa lo ha distratto… siamo state inseguite da un Fiammagranchio, Blodwel è caduta in un fosso… eppure, non si sa come siamo tornate per prime. A voi cosa è successo?”
Mentre Lilian mangiucchiava in silenzio i suoi cracker con una coperta sulle spalle – dopo che Malai l’aveva quasi stritolata abbracciandola – Tallulah, seduta accanto a lei, sorrise entusiasta mentre il Tassorosso, invece, si portava una mano sul cuore con fare drammatico:
“È stato orribile, ho visto il mio Molliccio e c’era il mio povero piccolo Poldo morto.. non ci voglio pensare. Anche Marley è caduta in una buca, e abbiamo incontrato uno Schiopodo Sparacoda che stava per incenerirla, ma fortunatamente io e Bel l’abbiamo Schiantato. Alla fine la nostra bandiera era in cima ad un albero, l’ha recuperata Marley.”
“Davvero stavano per incenerirti? È per questo che urlavi? Ti abbiamo sentita anche noi.”
Blodwel sedette accanto a Bel – arruffandogli affettuosamente i capelli – prima di rivolgersi preoccupata all’amica, guardando Marley annuire tetra mentre osservava distrattamente il bosco:
“Ah, già. Peccato aver fatto tutto per nulla… Ehy, c’è Shou con le ragazze!”
Un sorriso allargò le labbra della Tassorosso prima che Marley sollevasse una mano per salutare Amelie, che ricambiò mentre Shou, i jeans vistosamente strappati e un taglio sulla guancia destra, camminava reggendo l’asta di una bandiera blu.
“Shou, che ti è successo?”
Vedendo l’amico così malconcio Malai non esitò a correre da lui per abbracciarlo, ignorando i lamenti soffocati dell’amico mentre Priscilla, scorte Tallulah e Lilian, si affrettava a raggiungere le amiche altrettanto preoccupata:
“Lily, come stai? E tu Miss X? Ti ho vista, prima, con quel brutto coso...”
“Brutto coso? Intendi quello?”
Accigliata, Tallulah indicò Frank – ancora in castigo in un angolo – mentre Priscilla si chinava per abbracciare Lilian. Scorgendo il Ghoul Priscilla trasalì, annuendo e deglutendo a fatica mentre Frank la guardava torvo: evidentemente si ricordava che era stata lei a colpirlo con un sasso, perché non parve affatto contento di vederla.
“S-sì.”
“Ma allora sei stata tu a colpirlo? Blodwel dice di aver visto un sasso finirgli sulla nuca.”
Sbalordita, Tallulah guardò l’amica annuire e sfoggiare un piccolo sorriso colpevole, felice che Frank fosse particolarmente restio a muoversi dal suo angolo a causa delle occhiata truci che Phil continuava a rivolgergli, scrutandolo con le braccia strette al petto e un che di minaccioso.
“Pensavo ti stesse aggredendo. Sono felice che stiate bene! Peccato non aver vinto, Shou per prendere la bandiera se l’è vista brutta con un branco di Folletti della Cornovaglia…”
“Già, potevate anche informarci che qualcuno aveva già vinto, ci saremmo risparmiati la fatica!”
Amareggiato, Shou lasciò cadere la bandiera vicino alle altre prima di raggiungere Lilian, sedendosi accanto alla cugina e circondandola con un braccio per chiederle come si sentisse.
“Infatti! Potevamo tornare ben prima, che palle… Ciao fratellino, come va?”
Celia si lasciò cadere accanto a Bel con uno sbuffo e passandosi stancamente una mano tra i capelli, desiderosa più che mai di riavere indietro il suo comodo letto mentre Amelie raggiungeva loro, Marley e Blodwel.
“Ciao Marley… che ti è successo nel bosco?”
“Ma c’è qualcuno che non mi ha sentita urlare? Che vergogna…”
Marley arrossì un poco mentre Amelie, accettando di buon gravo la coperta offertale da Mindel, sorrideva. Stava per assicurarle che tutti si erano preoccupati parecchio per lei e che era felice che stesse bene quando la voce del loro insegnante di Difesa contro le Arti Oscure giunse finalmente alle orecchie di tutti:
“Salve miei cari, vedo che siete tornati praticamente tutti e che manca solo un gruppo. Beau caro, con chi mi devo congratulare?”
Rincuorato di vedere il collega – stava iniziando a preoccuparsi per la sua incolumità, a giudicare dai racconti tremendi che aveva sentito dai ragazzi –, Beaumont stava per indicargli Lilian, Blodwel, Jessica e Tallulah quando i vispi occhi blu di Theo indugiarono sul povero Frank.
Frank! Che ci fai qui? Perché se ne sta lì in un angolo?”
È in castigo.”
“E perché?”
Theobald si rivolse curioso a Phil, che parlò stringendo incessantemente le braccia al petto e guardando freddamente il Ghoul, che ricambiò con aria da cane bastonato.
“E lo chiede? Ha terrorizzato gli studenti, e mi ha rovinato il maglione!”
Theobald sospirò e scosse la testa mentre si avvicinava a Frank, ricordandogli severamente di avergli detto di comportarsi bene mentre il poverino indicava Phil lamentandosi sommessamente.
“Phil, Frank dice che lo hai maltrattato.”
Theobald si rivolse al collega più giovane con un sospiro, parlando con l’aria di chi sta sedando i dissapori tra due bambini mentre Phil si stringeva incurante nelle spalle:
“Beh, se lo meritava. … Un momento, lo ha chiamato Frank? Lei lo conosce?”
Phil spostò sgomento lo sguardo dal collega fino al Ghoul, guardando Theobald sbattere innocentemente le palpebre prima di parlare con tutta la nonchalance di cui era capace:
“Cosa? Mai visto prima, è che mi ricorda un Frank che conoscevo, sai… Come dici?”
Sentendo la Creatura biasciare qualcosa Theo si voltò verso il Ghoul, che indicò freneticamente Priscilla – che arrossì e desiderò di sparire, appiattendosi il più possibile dietro a Tallulah – mugugnando qualcosa che solo Theobald riuscì a comprendere:
La Signorina Edgecombe ti ha picchiato? Ma sei sicuro? Chi l’avrebbe mai detto… Eden, è vero?”
Sia Theobald che Phil si voltarono verso Priscilla, uno più sorpreso dell’altro mentre la studentessa assumeva un colorito estremamente simile al porpora: deglutì, a disagio, le mani strette dietro la schiena. Priscilla tentennò, sforzandosi di mentire con tutta se stessa, ma infine crollò inesorabilmente in un fiume di parole:
Professore, mi dispiace, pensavo volesse aggredire Tallulah e che fosse pericoloso, non era mia intenzione…”
“Visto? Pessima bugiarda.”
Shou si rivolse a Tallulah con un sorrisino, e la Corvonero sbuffò mentre guardava l’amica con disapprovazione e affetto al tempo stesso.
“Pessima bugiarda ma ottima mira, direi.”
 
Dieci minuti dopo gli studenti erano tutti nuovamente riuniti fuori dal bosco e anche Margot e Håkon avevano fatto ritorno. Il Camp e le sponde del Loch Lomond erano ormai illuminate dalle prime luci del giorno e tutti sembravano profondamente stanchi e ansiosi di andare a riposare, fatta eccezione per Theo che invece appariva più soddisfatto e pimpante che mai:
“Non è mia intenzione trattenervi oltre, quindi complimenti a tutti per aver giocato, soprattutto a chi è riuscito nell’impresa, e in particolare alle nostre 4 vincitrici. Siete esonerate dai prossimi test e avrete la vostra sorpresa quanto prima, parola mia. Adesso tutti a letto, forza.”
Le parole di Theobald furono seguite da cori sollevati, e fu con un sorriso compiaciuto che l’anziano mago guardò gli studenti sfilargli davanti sbadigliando per tornare ai loro alloggi. Si complimentò un’ultima volta con le vincitrici e poi si avviò allegro verso il bosco per radunare le creature che aveva liberato e rispedirle al mittente, assolutamente soddisfatto e certo di aver fatto un ottimo lavoro.
 
 
“Beh, buon sonno ragazze.”
Fermo accanto alla porta dello chalet, Beau sorrise gentilmente alle studentesse mentre le guardava entrare in fila indiana nell’edificio, quasi tutte spettinate e visibilmente desiderose di dormire.
“Professore, e il nostro premio?”
Blodwel si fermò accanto a lui prima di entrare, guardandolo con un sopracciglio inarcato. L’uomo sorrise, asserendo che non aveva idea di che cosa si trattasse ma che il Professor Watrous aveva assicurato che lo avrebbe consegnato quella sera stessa.
“Va bene… spero che sia qualcosa per cui valesse la pena tutto quel casino.”
La Tassorosso fece spallucce ed entrò nello chalet seguita da una Marley totalmente preda degli sbadigli. L’ultima della fila fu Amelie, che tuttavia si fermò accanto all’insegnante abbozzando un sorriso e porgendogli qualcosa che stupì non poco il mago:
“Scusi Professore… l’ho trovato prima in mezzo all’erba, e dentro c’è il suo nome. Lo ha perso?”
Fu un tanto d’occhi che Beau guardò Amelie porgergli l’ultima cosa che si sarebbe aspettato: un libro rilegato a lui molto familiare, la sua copia in lingua originale di Un amore di Swann che aveva smarrito qualche giorno prima. Aveva sinceramente creduto di averlo perso definitivamente e fu con estremo sollievo che sorrise, annuendo mentre prendeva delicatamente il volume dalle mani della studentessa:
“In effetti sì. Grazie Amelie.”
“Di nulla.”
Amelie ricambiò il sorriso prima di superarlo ed entrare nello chalet, seguendo le sue compagne di ottimo umore e sentendosi improvvisamente molto più leggera. Era una fortuna che fosse riuscita a sgattaiolare nella sua camera senza farsi notare, prima che tutti venissero mandati a dormire.

 
*

 
“Io vado a dormire un po’. Margi?”
Quando superò il divano per raggiungere la rampa di scale che conduceva ai piani superiori Håkon abbassò lo sguardo sull’amica, che ci si era letteralmente buttata sopra non appena aveva messo piede nello chalet, dandosi a malapena il tempo di sfilarsi le scarpe.
Fu con scarsa sorpresa che il danese si rese conto che Margot si era già addormentata a tempo record, il viso sprofondato nel cuscino dalla fodera color terra bruciata che ben si sposava col color cuoio del divano e il respiro perfettamente regolare.
Invidiando la capacità dell’amica di addormentarsi come un sasso in qualsiasi posto o situazione, Håkon accennò un sorriso prima di farle scivolare addosso la coperta ripiegata e appoggiata sullo schienale del divano.
“Sogni d’oro, piccola nerd.”
Chissà che cosa stava sognando, mentre dormiva così serenamente. Håkon se lo chiese mentre saliva le scale, conscio di non poter entrare nella confusionaria testa della sua migliore amica.
Un paio d’ore dopo, quando riaprì gli occhi, Margot ripensò amaramente al suo bel sogno: dopo essersi persa nel bosco era stata prelevata da un certo Auror affascinante in sella ad un cavalo bianco. Perché le principesse Disney incontravano i principi e a lei, al massimo, era toccato il fantasma del vecchio Bert?
La vita sapeva essere davvero ingiusta, a volte.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
(1): Film del 1967 di Terence Young
(2): Film del 1965 di Robert Wise
(3): Creature simili a testuggini col carapace coperto di pietre preziose e che sputano fiamme
(4): I Ghoul sono creature orrende quanto stupide, simili a viscidi orchi con denti estremamente sporgenti, ma non sono pericolosi e di solito si limitano a ringhiare e a lanciare oggetti. Nella saga abbiamo conosciuto quello che vive nella soffitta dei Weasley.
 
 
 
 
 
……………………………………………………………………………………………….
Angolo Autrice:
Buonasera mie care! Come state?
Come da voi stabilito nelle storie di IG, in questo capitolo lungo 32 pagine word scritte in dimensione 10 il Vangelo di Luca sarebbe meno lungo da leggere abbiamo visto i ragazzi confrontarsi con l’attività notturna di Theobald, dunque sapete già che cosa aspetta i vostri bambini nel prossimo capitolo (disclaimer per Em: gara di pasticceria). Ma non temete, le idee di Theo non sono affatto finite, anzi.
Come avrete capito ho formato i gruppi basandomi il più possibile sulle preferenze da voi indicatemi; naturalmente non sono riuscita ad accontentare tutte, spero capiate che sarebbe stato matematicamente impossibile, ma chi qui è stato accontentato di meno si rifarà nel prossimo capitolo.
Non ho domande per voi, quindi vi saluto e ci sentiamo presto con il prossimo capitolo o su altre storie.
Baci baci,
Signorina Granger

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 10 - Bake Off: Camp Edition ***


Capitolo 10 – Bake Off: Camp Edition
 
 
“Ragazzi, avete pensato a quale attività organizzare per i fanciulli domani? Dopo che hanno sequestrato Mindel per farsi fare le pulizie da lui avevamo deciso di punirli occupandogli tutti i pomeriggi per tutta la settimana, se non vado errando.”
Theobald sedeva comodo comodo sulla sua poltrona di pelle color castagna prediletta, una mano stretta attorno al manico di ceramica della tazza piena di tisana calda che stava sorseggiando e l’altra impegnata a grattare dolcemente la testa candida di Nix poggiatagli sulle ginocchia.
Gli insegnanti avevano finito da poco di cenare, e mentre Margot si attardava a lavare i piatti e a pulire i fornelli in cucina – la strega aveva avuto la pessima idea di giocarsi il turno delle pulizie con una partita a scacchi contro Phil, perdendo in sole 4 mosse e stabilendo un nuovo record mondiale – gli uomini erano rimasti nel salone a rilassarsi.
“Io avevo proposto di far venire la Pipistrella e di costringerli tutti ad una sessione intensiva di lezioni di Divinazione e di osservazione di sfere di cristallo farlocche, ma la Preside mi ha risposto sostenendo che la Pipistrellona non ha intenzione di lasciare il suo antro fatto di luci soffuse e aromi soffocanti.”
La voce di Phil giunse da dietro il giornale che il mago stava leggendo – era stato così impegnato a correggere i compiti di quel branco di ignoranti senza talento da non essere riuscito a finirlo in tutto l’arco della giornata – e Håkon, seduto di fronte a lui con un cruciverba in mano, rabbrividì prima di piegare le labbra in una smorfia:
“Io ne sono sollevato, non so se sarei riuscito a sopportare di averla attorno tanto a lungo. Tu sì?”
L’odio che lui e Phil condividevano nei confronti della Cooman era cosa nota persino alle armature di Hogwarts e l’astronomo riservò un’occhiata dubbiosa al collega mentre Theobald annuiva, asserendo serio che quella di certo sarebbe stata una punizione coi fiocchi.
Phil lasciò che il giornale si ripiegasse su se stesso in modo da poter ricambiare lo sguardo di Håkon, stringendosi nelle spalle prima di parlare col suo solito tono di voce pacato e disinvolto:
“Ne dubito, ma qui c’è così tanto spazio che avrei potuto evitarla facilmente… in alternativa, ci sono sempre i fondali del lago. Del resto, dicerie a proposito di un mostro marino mancano al Loch Lomond, avremmo potuto fare un favore a tutti incrementando il turismo.”
Un sorrisetto beffardo si fece largo sul bel volto di Phil prima che il mago tornasse a dedicarsi alla lettura. I tre colleghi, chi più o meno palesemente, ridacchiarono al pensiero della Cooman/Nessie che faceva capolino dal Loch Lomond sbraitando profezie mortifere ai turisti – Beau però si sentì profondamente in colpa per quei brutti pensieri, e scosse la testa con disapprovazione –, e Theobald stava per esporre ai colleghi le idee che aveva avuto per tenere impegnati i ragazzi quando la voce di Margot tornò a fare capolino dalla cucina:
“Look at me noooooooooooow, will I ever learn? I don’t now hooooooooow….”
“Bocca Storta, non ne possiamo più di questi concerti!”
“But I suddenly lose controooooooool…”
“Almeno vai dai mocciosi che meritano di essere puniti invece di tormentare noi!”
“… there’s a fire within my souuuuuuuuuul…. Ops, scusa MacMillan, non ti sento bene!”
Mentre l’acqua scorgava dal rubinetto del lavello Margot prese le posate sorridendo allegra, riprendendo a cantare a squarciagola mentre strofinava le stoviglie con una spugna pregna di detersivo.
“Vi giuro che se dopo questa lagna intona un’altra canzone degli ABBA….”
“Non me ne parlare, le sta insegnando tutte anche a Freya, povero me…”
Håkon sospirò mentre si portava una mano sul viso, strofinandosi esasperato gli occhi scuri mentre Phil – che credeva ingenuamente di essersi liberato degli ABBA quando era andato a vivere da solo, lontano dai gusti musicali orridi di sua madre – si accasciava sospirando contro lo schienale della sedia.
Quando finalmente la canzone finì nella sala calò il silenzio, e i quattro uomini si scambiarono occhiate tra il circospetto, lo spaventato e lo speranzoso prima che Margot, che ormai stava asciugando le stoviglie, riprendesse a deliziarli con le sue cover:
“Taaaaaaaaaaake it easy, with me pleaaaaaaseeeee…”
“NO, QUESTA LAGNA NO!”
“Touuuuuuuch me gently, like a summer evening breeze…”
“Questa non la conosco.”
Mentre Nix trottava verso di lui in cerca di coccole, Beau accolse la cagnolona allungando le braccia e sfoderando il suo irresistibile sorriso, raggelandosi però di fronte agli sguardi torvi di Håkon e Phil.
“ANDANTE ANDANTE, JUST LET THE FEELING GROOOOOWWWW…”
Qui l’unica cosa che cresce è il reflusso gastrico di noialtri! E se come punizione organizzassimo un concerto della Campbell e costringessimo tutti a starla a sentire?! Che ve ne pare come idea?”
“Naaah, la cara Marlowe mi ha detto che i Tassorosso sono temprati, e ormai tutti i ragazzi in generale. Pare che uno di loro sia solito cantare a tutto volume sotto la doccia ogni giorno, penso che sarebbero immuni alla cosa.”
Finito di bere la tisana Theobald si alzò per andare a cercare Sunday, bocciando l’idea di Phil e smorzando così l’entusiasmo dei colleghi una volta creduto di aver trovato il modo per tenere impegnati i ragazzi.
“C’è uno studente Tassorosso che canta? Non è che è parente della folgorata?”
Phil indicò la cucina, ignorando Håkon quando il collega si accigliò e gli chiese di non riferirsi in quel modo alla sua amica. Mentre passava mentalmente in rassegna gli studenti Tassorosso presenti al Camp, Phil intuì rapidamente chi fosse il secondo cantante mancato del campeggio e annuì con un sospiro tetro:
“Ah, certo… Perché l’ho chiesto.”

 
*
 
 
L’indomani mattina, Chalet dei ragazzi



“YOUUUU CAN DANCEEEEEE! YOU CAN JIIIIIIVEEEE!”
Malai spalancò la porta del bagno ed uscì esibendosi in una scivolata artistica grazie ai calzini a pois verdi e gialli che indossava, i morbidi ricci castani sciolti e in mano una spazzola rotonda.
“Ehy, ma quella è la mia spazzola per la piega!”
Shou, fascetta in testa e maschera all’argilla rossa in faccia, indicò con fare accusatorio l’amico, ma questi non lo ascoltò e procedette lungo il ballatoio di legno senza interrompere la sua esibizione:
“HAVING THE TIME OF YOUR LIIIIIFEEE!”
“Che canzone è questa volta?”
Hiro, che stava spazzolando il pelo argenteo di Eiko seduto sul proprio letto mentre la Creatura cercava di infilarsi un paio di calzini del padrone, aggrottò le folte sopracciglia color pece mentre Bel, allargando le labbra in un sorriso, indicava Malai dando una gomitata a Lance:
“Ma sì, è quella del film, come si chiama… le mie sorelle e mia madre ne vanno matte! Dai Lance, aiutami!”
“Ahhh, ho capito, lo abbiamo visto quando sono venuto da te per Pasqua?”
Lance annuì con un sorriso, ricordando quando aveva fatto visita all’amico e le sue sorelle – fatta eccezione per Celia, che aveva decretato di non poterne più di quel film e si era rinchiusa in camera sua in segno di protesta – avevano insistito per monopolizzare la televisione e mostrare all’ospite il loro musical preferito.
“Sììì, con la ragazza bionda…”
SEEEE THAT GIRL, WATCH THAT SCENE, DIG IN THE DANCING QUEEEEEEEEN…”
“Questa è una canzone di Mamma Mia. Malai, ridammi la spazzola, non posso uscire alla luce del sole con i capelli in queste condizioni.”
Indispettito, Shou seguì l’amico fuori dalla loro camera mentre Malai affrettava il passo per sfuggirgli, scendendo di corsa le scale ma senza smettere un secondo di cantare.
“Friday night and the lights are low… Shou, lasciamo in pace, devo scaldare le corde vocali per la mia serenata a Bernadette!”
“E chi diavolo è Bernadette?!”
“Ma come chi è?! È il mio nuovo amore!”
“E Amelie?!”
“Amelie chi?!”

 
*

 
“Ok, è giunto il momento… Posso farcela. Vero che posso farcela, Bloody?”
“Ma basta con queste stronzate, rovesciala e falla finita, che ho fame!”
In piedi accanto all’amica, Blodwel sospirò rumorosamente mentre Marley si voltava verso di lei spalancando le labbra, profondamente indignata. Un grembiule allacciato in vita, i capelli raccolti in una coda e mani coperte da dei guanti da forno a fiorellini strette sulla tortiera, la Tassorosso rimbeccò aspramente l’amica, suggerendole che in quel momento di grande tensione avrebbe dovuto esserle di supporto e non metterle ancora più stress addosso.
“Marley, è una torta. Non importa se viene male, tanto va mangiata. Conta solo che sia buona!”
“Va bene, va bene, adesso lo faccio… che ansia…”
Deglutendo, Marley prese un piatto e lo appoggiò con cautela sopra alla tortiera, dopodiché inspirò profondamente e infine strinse piatto e tortiera insieme per capovolgerli.
“Preghiamo Tosca che non si sia rotta… Non oso guardare!”
Marley nascose drammaticamente il viso contro la spalla di Blodwel, che francamente aveva troppa fame per perdere tempo a cincischiare: sospirando, la gallese prese la tortiera e la sollevò con cautela, sorridendo trionfante quando vide l’impasto al cioccolato integro sul piatto.
“Ehy, non si è rotta! Non ci speravo affatto! Adesso farciscila, sto morendo di fame!”
“Grazie tante per la fiducia! Passami la Nutella.”
La mano sinistra sul fianco, Marley allungò la destra verso l’amica con la stessa solennità con cui un chirurgo avrebbe chiesto un bisturi, ma per una volta Blodwel fu ben lieta di accontentarla, passandole un gigantesco barattolo di Nutella già aperto e con spatola pronta.
Dieci minuti dopo le ragazze stavano facendo colazione con tè, caffè e la torta di Marley, che la gustò piena di soddisfazione – aveva persino passato l’esame di Amelie, che in materia di cioccolato si professava sia molto esperta sia molto esigente – e asserendo di essere diventata ormai quasi passabile, in cucina.
Solo poche ore dopo si sarebbe rimangiata ogni parola, ma per il momento la Tassorosso fu libera di fare colazione in pace e di crogiolarsi nel suo mare di illusioni.

 
*

 
Le lezioni erano terminate, e i professori stavano pranzando e facendo al tempo stesso una seduta di brainstorming per decidere in definitiva l’attività pomeridiana designata per i ragazzi.
“Io sono pieno di idee, ma voi continuate a bocciarmele!”
Offeso e amareggiato, Theobald si appoggiò contro lo schienale della sua sedia incrociando le braccia al petto e guardando male i colleghi mentre Beau, sospirando, cercava di farlo ragionare gentilmente:
“Professore, le sue idee sono troppo pericolose, non possiamo fargli fare bungee jumping…”
“E comunque siamo ancora saturi dalla nottata nel bosco, abbiamo bisogno di una pausa.”
Theobald, indispettito, si portò il bicchiere d’acqua alle labbra borbottando che quei colleghi fossero dei gran noiosoni e che avrebbe sottoposto un reclamo alla Preside per chiederle di assumere qualcuno di più divertente. Håkon, Margot, Beau e Phil continuarono a riflettere intensamente mentre gustavano la torta alle mele con gelato preparata da Mindel – tranne ovviamente Beah, che aveva gentilmente declinato il dessert e si limitava ad accarezzare affettuosamente Nix –.  
“Potrei avere un’altra fetta di torta?”
Dopo aver ripulito il piattino Håkon scoccò un’occhiata speranzosa alla torta rimasta, sorridendo quando Margot annuì e gli fece cenno di passarle il piatto. La strega stava tagliando una fetta – o meglio un quarto – di dolce quando, all’improvviso, si fermò fissando la torta di mele.
“Non abbondare troppo con le porzioni, anche io ne voglio un’altra fetta!”
Phil indicò il proprio piatto vuoto osservando preoccupato la torta, temendo che potesse finire prima di aver fatto il bis, ma Margot non lo ascoltò e, dopo un breve momento di riflessione, sorrise allegra prima di rivolgersi ai colleghi:
“Ho trovato! È perfetto, li terremo occupati, sgobberanno e noi in cambio avremo tutti i dolci che vorremo! È una splendida, splendida, splendida idea!(1)
Di norma Phil era il primo ad avere remore sulle proposte della collega, ma in mancanza di opzioni per una volta il mago si permise di riflettere sulla sua proposta prima di annuire, facendole serio cenno di continuare mentre la strega allungava l’enorme pezzo di dolce ad Håkon.
 

 
*

 
“Allora pulcini, come sapete siete qui perché vi siete comportati molto male e per questa settimana avete perso il privilegio dei pomeriggi liberi…”
“Questo non è assolutamente corretto. Perché per colpa di un paio di imbecilli dobbiamo rimetterci anche noi?!”
Le braccia strette al petto e la sua espressione più seria in viso, Lilian scoccò un’occhiata di fuoco in direzione di Shou e Malai, che due giorni prima si erano intrufolati nello chalet dei professori con la scusa di chiedere delucidazioni a Theobald per i compiti, pregato Mindel di fare le pulizie e preparare i pasti al posto loro – approfittando della gentilezza e della natura servizievole dell’Elfo – e tenendolo lontano dallo chalet dei professori per un giorno intero. I due rabbrividirono e sperarono ardentemente di non dover svolgere nessuna attività di sorta insieme alla Grifondoro mentre Margot, sorridendo dolcemente agli studenti chiamati a raccolta fuori dai loro chalet, si stringeva nelle spalle:
“In questo modo passerà a tutti la voglia di costringere poveri Elfi a svolgere mansioni che non sono di loro competenza…”
“Non l’abbiamo costretto, era felice di farlo!”
La protesta di Shou venne totalmente ignorata dai cinque insegnanti, tutti disposti in fila davanti agli studenti. Håkon, in piedi tra Margot e Beau, parlò tenendo le mani infilate nelle tasche dei pantaloni neri e con un tono serio molto diverso da quello che era solito utilizzare nei confronti degli studenti:
“Non importa chi è stato, non siamo all’asilo, farete tutto quello che vi verrà detto di fare senza protestare.”
A Shou le proteste morirono in gola, poiché non si sarebbe mai sognato di sollevare riserve su qualcosa che proveniva dal suo insegnante prediletto. Il Serpeverde sbuffò debolmente, chinando il capo mentre l’insegnante di Astronomia rivolgeva un debole cenno a Margot invitandola a continuare.
“Erano così anche i tuoi studenti a Beauxbatons o i casi umani li abbiamo tutti ad Hogwarts?”
La domanda di Phil, accompagnata da un basso sospiro spazientito, fece sorridere Beau: l’anglo-francese, reduce da diversi danni di insegnamento all’accademia francese prima del tanto agognato trasferimento ad Hogwarts, sorrise divertito al collega mentre Nix gli stava seduta mansuetamente accanto.
“Sono molto… vivaci, non c’è dubbio. Ma ad Hogwarts c’è un clima migliore, fidati.”
“Anche lì c’è una Pipistrella? Perché se mi dici di no studio il francese e prendo in considerazione il trasferimento…”
Beau scosse la testa assicurandogli che, almeno quando lui era finalmente riuscito ad ottenere la tanto ambita cattedra ad Hogwarts e a trasferirsi in Inghilterra, non c’era stata traccia di alcuna Pipistrella dentro le mura di Beauxbatons. Theobald asserì che a Beauxbatons fossero immensamente fortunati e Phil annuì, concordando con l’anziano collega mentre Margot riprendeva a rivolgersi agli studenti:
 
“Come ha detto il Professore non si faranno eccezioni, a meno che qualcuno non presenti febbre a 40, deliri o un arto amputato.”
Margot sorrise allegra mentre faceva vagare lo sguardo sui ragazzi, quasi a volerli sfidare ad alzare la mano e a chiedere di essere esonerati dall’attività mentre quelli si limitavano a sbuffare e a scambiarsi borbottii confusi.
“Bene, mi sembra che nessuno presenti questi sintomi, quindi direi che possiamo iniziare. Qualcuno di voi per caso ha mai visto Bake Off UK?
“Tu sai che cos’è, Bloody?”
Mentre alcuni studenti alzavano la mano Marley si voltò verso l’amica guardandola piena di curiosità: quando si parlava di qualcosa che riguardava i Babbani, Blodwel rappresentava immancabilmente una garanzia per la mente curiosa della Purosangue.
La gallese annuì, alzando gli occhi scuri al cielo mentre un fastidioso presentimento le suggeriva che cosa avrebbero dovuto fare nel pomeriggio:
“Dio, sì, è un reality di pasticceria, mia nonna ogni tanto lo guarda…”
“Anche mia madre lo guarda! Però poi si lamenta che le fa venire fame, non so perché continua a guardarlo…”
Mentre Bel aggrottava le sopracciglia chiedendosi perché sua madre si ostinasse con tanta determinazione a farsi del male in quel modo, Lance si chinò verso Blodwel per sfarsi spiegare il programma: la sua conoscenza del mondo Babbano si fermava ben prima dei reality culinari.
“Allora dovremo fare dei dolci? Io stamani ho fatto una torta, non è che posso essere esonerata?”
Marley sorrise speranzosa mentre alzava la mano per attirare l’attenzione dei docenti, abbassandola delusa quando Håkon scosse il capo nella sua direzione e accennando un sorriso di scuse alla sua allieva prediletta. Lance, invece, sorrise allegro e si rivolse a Bel chiedendosi se magari avrebbero potuto tenersi i dolci e ingozzarsi.
“Io sono una frana a fare dolci! Questa volta la vittoria me la posso sognare.”
Lilian scosse la testa sconsolata, certa che non avrebbe combinato che pasticci irreparabili mentre Tallulah si rivolgeva a Priscilla in un mormorio appena percettibile, asserendo che se avessero fatto squadra con l’amica avrebbero di certo finito col far esplodere qualcosa.
Tutti i ragazzi presero a scambiarsi commenti sull’attività imminente o a chiedere spiegazioni a chi sapeva di cosa stesse parlando Margot, che sbuffò e battè rumorosamente le mani per riportare l’attenzione degli studenti su di sé:
“Ragazzi! Ascoltatemi, vi spiego tutto io, non serve che parliate tra di voi. Chi conosce il reality ha già capito, per gli altri signorini… oggi pomeriggio sarete divisi in piccoli gruppi e vi cimenterete nell’arte della pasticceria. Contenti?”
Mentre cori di proteste si levavano dal numeroso gruppo, Bel imitò Marley sollevando una mano pallida e sfoderando un sorriso speranzoso:
“Almeno i dolci poi possiamo tenerli e mangiarli?”
“No Bel, i dolci saranno per noi insegnanti. Il giusto compenso per dovervi tenere d’occhio 24h su 24.”
Mentre Bel abbassava deluso la mano e Lance sospirava amareggiato – stava finendo la sua scorta di cioccolatini, e iniziava a sentire la mancanza del cioccolato – Phil parlò con un sorriso soddisfatto, già pregustandosi i dolci e dovendo ammettere che per una volta la sua eccentrica collega aveva avuto una buona idea. Ovviamente non glielo aveva comunicato, ma essendosi astenuto da prese in giro e commenti sarcastici era certo che Margot avesse comunque colto il suo apprezzamento.
“E non azzardatevi a prepararli male apposta, perché le squadre che si classificheranno ultime faranno due lezioni extra con il professor MacMillan domani!”
Margot indicò Phil, il cui sorriso si allargò prima di decretare sadicamente in tono vago di avere proprio voglia di interrogare qualcuno. L’affermazione gettò il panico su buona parte degli studenti, e Lilian si mise le mani nei capelli balbettando di non poter prendere un brutto voto in Antiche Rune mentre Priscilla, perso totalmente il poco colorito che aveva in viso, mormorava terrorizzata che quella punizione fosse decisamente esagerata.
“Ehy, e chi non segue la sua materia?!”
Shou, che non frequentava Antiche Rune, parlò incrociando le braccia al petto e scoccando un’occhiata di sfida all’insegnante, che però non si scompose e si limitò a stringersi nelle spalle con un sorriso beffardo:
“Se nel gruppo ci fosse qualcuno che non segue il mio meraviglioso corso, vorrà dire che gli farò pulire la mia camera.”
“E anche la mia già che ci siamo, detesto spolverare… Bene, ora che avete capito di cosa si tratta vi dividiamo in gruppi. No, anche questa volta non sarete voi a farli.”
Alle parole di Margot proteste ancora più forti si levarono da parte dei ragazzi, ma tutti e cinque gli insegnanti li ignorarono mentre Beau tirava fuori dalla tasca dei pantaloni la lista che lui e Håkon avevano stilato insieme poco prima.
“Ora vi leggo la suddivisione, vi prego di prestare attenzione.”
L’uomo sorrise sfoderando due file di denti candidi e perfettamente allineanti, facendo immediatamente zittire tutti gli studenti all’unisono. Mentre dispiegava il foglio e tutti pendevano letteralmente dalle sue labbra – le ragazze soprattutto guardandolo sognanti – Håkon lo guardò aggrottando le folte sopracciglia prima di chinarsi leggermente verso Margot:
“Ma sei sicura che non abbia sangue Veela?”
“Se dice di no sarà così… Dev’essere un superpotere innato.”
Tallulah, in piedi tra Lilian e Priscilla, sospirò affranta mentre si attorcigliava una ciocca di capelli biondi attorno all’indice e teneva gli occhi blu fissi sull’insegnante, profondamente indispettita dalla loro differenza d’età.
“Ma perché non sono nata con vent’anni d’anticipo, che frasche!”
“Tall, shhh!”
Lilian, mi sto lamentando delle mie disgrazie, non farmi shh!”
Mentre la Grifondoro alzava gli occhi al cielo e Tallulah riprendeva la contemplazione di cotanta perfezione, Amelie si voltò verso la compagna di Casa per strizzarle l’occhio e mormorarle qualcosa coprendosi lateralmente bocca con una mano:
“Ho sentito che non ha una fidanzata.”
“Cooooome? Non è possibile!”
Tallulah spalancò gli occhi azzurri, incredula e certa che la compagna la stesse prendendo in giro, ma Amelie annuì seria prima di riprendere a mormorare con fare cospiratorio:
“E invece sì. Cioè, l’aveva, ma da quel che ho capito lei potrebbe averlo lasciato…”
“CHI E’ QUESTA SPROVVEDUTA PSICOPATICA?!”
Tallulah per poco non svenne sentendo quelle assurdità, chiedendosi chi mai avrebbe avuto il coraggio di farsi sfuggire Beaumont Hawkes mentre riportava lo sguardo sull’insegnante più dolce, bello e buono del mondo.
 
A qualche metro di distanza, nella parte di prato dove si erano radunati quasi tutti i ragazzi, Shou e Malai si abbracciavano guardando terrorizzati Beau mentre l’insegnante divideva in gruppi i ragazzi del V anno che, a quanto sembrava, avrebbero cucinato dopo di loro.
“E se finiamo con Lilianator?!”
“Non dirlo, sarebbe la fine! Non solo ci arderà vivi con una fiamma ossidrica per crema catalana per averle fatto guadagnare questa punizione, ma è anche una frana apocalittica quando si parla di dolci e perderemmo di sicuro!”
Malai gemette disperato, e Shou deglutì intensificando la presa sulle spalle dell’amico mentre Beaumont, sorridendo, alzava gli occhi sugli studenti:
“Adesso passo ai ragazzi del VI anno. Primo gruppo, colore giallo… Marlowe, Blodwel e Amelie.”
“Sìììììì!”
Alle parole di Beau Marley prese a saltellare felicemente sul posto, sorridendo entusiasta prima di agguantare Blodwel e stritolarla in un abbraccio soffocante, quasi mozzandole il respiro.
“Che bello, che bello, che bello, non poteva andarmi meglio!”
“Marley, mi strozzi…”
Quando finalmente l’amica la lasciò andare – per correre da Amelie e stritolare anche lei – Blodwel sospirò di sollievo, massaggiandosi il collo prima di rivolgersi cupa a Lance:
“Io ho paura, è così entusiasta che si farà prendere fuoco al grembiule…”
“Forse è meglio se la tieni d’occhio, Will.”
 
“Secondo gruppo, colore rosso… Malai, Shou….”
Seppur felici di essere finiti nello stesso gruppo, i due ragazzi non si permisero di cantare vittoria, osservando terrorizzati l’insegnante e quasi trattenendo il respiro finchè non udirono il terzo nome:
“… e Lilian.”
“NOO!”
“Siamo rovinati, ci prenderà a mattarellate!”
 
“Che hanno quei due cretini da lagnarsi tanto?! Potevano pensarci prima di fare casino!”
Lilian lanciò un’occhiata truce a cugino e amico, facendoli disperare ancora di più. I due si stavano abbracciando piangendo le loro disgrazie e pentendosi di non aver fatto testamento mentre Tallulah e Priscilla si guardavano i piedi per non ridere e Margot, accigliata, spostava confusa lo sguardo dalla Grifondoro ai due ragazzi:
“Ma perché fanno così? Håk Bello, ti ho chiesto di metterli insieme pensando di far loro un favore, sono amici!”
“Margi, io lo dico sempre che Malai Johansson è strano, e tu lo conosci meglio, quindi non posso aiutarti. Però, non capisco perché Shou non sia contento.”
Quasi dispiaciuto che il ragazzo non apparisse entusiasta come era stato per Marley, Håkon osservò perplesso Shou e Malai lamentarsi della loro mala sorte mentre Beau, accanto a lui, continuava a leggere imperterrito:
“Terzo gruppo, colore verde… Bel, Eden e Celia.”
“Andiamo bene, la mamma dice sempre che non ci fa avvicinare ai fornelli previa distruzione della casa… Eden, tu sai cucinare?”
La Serpeverde parlò con un sospiro e rivolgendo un’occhiata di sbieco al gemello, che invece parve contento e si voltò verso Lance esprimendo le sue speranze di poter preparare dei muffins per poterne sgraffignare qualcuno.
Priscilla, che in casa non aveva mai nemmeno preparato una tazza di tè, sfoderò il suo miglior sorriso di scuse prima di sollevare una mano e passarsela nervosamente tra i ricci scuri, i riflessi ramati messi in riesalto dalla luce del sole:
“Direi proprio di no Celia…”
“Tranquilla, peggio di Lilian non puoi fare.”
Tallulah diede qualche colpetto consolatorio sulla spalla di Priscilla, che trattenne a fatica una risatina quando Lilian, profondamente indispettita, s’incupì borbottando che non era giusto continuare a deriderla per le sue pessime capacità in fatto di pasticceria.
 “Quarto gruppo, colore blu… Hiro, Lancelot e Tallulah.”
Lance parve immensamente sollevato di essersi ritrovato in gruppo con la persona più paziente del mondo, e rivolse un largo sorriso allegro al Corvonero mentre Tallulah, davanti a lui, annuiva soddisfatta:
“Hiro sa cucinare, poteva andarmi peggio. Ma vi rendete conto ragazze? Per una volta non ho avuto sfiga! Domani grandinerà, è certo.”
 

 
*
 
 
“Ogni gruppo dovrà preparare due ricette, una più semplice e una leggermente più complessa… e non fate quelle facce, potete contare su sei mani, un solo dolce vi sarebbe risultato troppo facile. Le ricette le abbiamo già assegnate noi, giuro che non siamo stati troppo cattivi… più o meno.”
“Quel più o meno non mi piace.”
Alle parole di Margot Lilian, celeberrima per i suoi biscotti del tutto simili in aspetto e consistenza a dischetti da hockey sul ghiaccio, guardò sospettosa il foglio che il Professor Hawkes continuava a stringere chiedendosi quali diavolerie avrebbero dovuto cucinare. Per di più era finita in gruppo con quello sfaticato cronico del cugino, peggio di così non avrebbe potuto andarle.
“Chiedo scusa, ma dove dovremmo cucinare, esattamente?”
Lance sollevò educatamente una mano e parlò aggrottando le folte sopracciglia color grano, domandandosi come avrebbero fatto a preparare tutti quei dolci con solo tre cucine a disposizione.
“Ottima domanda Lancelot. Fortunatamente, avete qui una vera e propria esperta dell’utilissima e complessa arte dell’Evocazione. Voilà.”
Con un sorriso e un colpo di bacchetta, Margot fece apparire dal nulla intere file di banconi da cucina con tanto di fornelli e tutto l’occorrente per cucinare, disposti in due colonne ordinate nell’enorme porzione di prato dove il gruppo si era radunato.
“Ma… ma… come ha fatto? Io a stento riesco a far comparire una sedia!”
Hiro ammutolì e guardò le file di banconi strabuzzando gli occhi scuri, sinceramente ammirato mentre Margi, udite le parole del Corvonero, inarcava scettica un sopracciglio:
“Tsz, cosa credono, che si diventi Insegnante di Trasfigurazione senza pratica e talento? Bah! Comunque occorre distinguerli, vediamo… ad ognuno il colore di un gruppo. Cominciano i ragazzi del VI anno, quelli del V dovranno aspettare che gli altri abbiano finito e poi sarà il loro turno. Raggiungete il bancone del vostro colore, per cortesia.”
Con un altro leggero movimento del polso Margot tinse i diversi banconi dei colori associati ai diversi gruppi, e mentre i ragazzi si dividevano sbuffando e borbottando, la strega si rivolse ad Håkon con gli occhi luccicanti e un sorrisone sulle labbra:
“Evviva, finalmente tutte quelle ore perse a guardare Bake Off UK daranno i loro frutti! Ho sempre sognato di fare la giudice in un programma culinario e di non dover far altro che mangiare ed esprimere giudizi.”
Dall’espressione sognante della strega era evidente che quello sarebbe stato il suo giorno prediletto di tutto il Camp, e mentre Theo sospirava per la gran quantità di fame che già gli era venuta a furia di sentir parlare di dolci Phil guardò la collega strabuzzando incredulo gli occhi verdi:
“C’è davvero chi campa così tra i Babbani?!”
“Già Phineas, il mondo è crudele e ingiusto. Beau, a te l’onore di elencare le ricette.”
“Grazie Margi. Ragazzi, se siete pronti vi comunicherei cosa dovete preparare.”
Beau sorrise, il foglio di pergamena ancora in mano, e di nuovo tutti i ragazzi smisero improvvisamente di parlare.
“Ma cos’è tutto questo sole improvviso, prima era nuvoloso!”
Mentre Beau si accingeva ad elencare le ricette assegnate ai diversi gruppi Phil strizzò gli occhi verdi e si coprì la fronte con una mano per cercare di ripararsi dagli insistenti raggi di Sole che avevano appena fatto capolino da dietro una nuvola. Håkon sbuffò infastidito da tutta quella luce e si infilò gli occhiali da sole che aveva appeso allo scollo della camicia mentre Margot, udendo una strana sorta di coro angelico in sottofondo da quando Beau aveva preso a parlare, si guardava attorno perplessa:
“E questo suono?!”
Theobald assunse la sua espressione confusa da manuale, scuotendo la testa come a dire di non averne idea e cercando di non ridere mentre teneva una radiolina in tasca.
 
 
“Se me lo chiede lui preparo anche una Saint Honoré…”
Tallulah sospirò, gli occhi blu fissi sognanti sull’insegnante di Aritmanzia mentre Lance, accanto a lei, ridacchiava e Hiro, invece, rabbrividiva sfoggiando una smorfia:
“Ti prego, non gufarla… Non voglio subire due ore di tortura da parte di MacMillan.”
“E se lo dici tu che sei bravissimo, figurati io! Vi prego, cerchiamo di non fare esageratamente pena.”
Lance sapeva benissimo di non essere per nulla in grado di preparare un dolce, ma poteva sempre aggrapparsi alla speranza che lì in mezzo ci fosse almeno qualcuno più impedito di lui. La sola prospettiva della punizione per chi fosse arrivato ultimo gli faceva venire voglia di nascondersi sotto al letto e di non uscirne mai più.
Eppure Tallulah, a differenza sua e di Hiro, appariva tranquilla e perfettamente a proprio agio: infilandosi tra le labbra un chewing gum di un rosa molto acceso, la giovane strega fece spallucce e liquidò le preoccupazioni dei due compagni con un pigro movimento della mano:
“Ragazzi, ragazzi, ma perché vi agitate tanto, è ovvio che a fare schifo saranno Shou, Lily e Malai!”
 
Alle parole di Tallulah i due ragazzi si voltarono simultaneamente verso il suddetto gruppo, il cui bancale rosso era situato sul prato davanti a loro e leggermente più a destra, il primo della colonna accanto. Lilian, Malai e Shou davano quindi le spalle ai tre, e Lance ebbe l’impressione di capire di che cosa stesse parlando la Corvonero quando vide Shou e Malai parlottare nervosamente tra loro mentre si tenevano a due metri di distanza da Lilian.
I due si voltarono verso la ragazza, che proprio in quel momento raccolse il mattarello dal ripiano per rigirarselo nervosamente tra le dita pallide e affusolate. Il gesto sembrò far ammutolire i due compagni, che sbiancarono e ripresero a parlottare fitto fitto tra loro a proposito di piani di fuga e morte imminente.
“Come mai sembrano terrorizzati da Lilian? Shou è suo cugino e Malai non è il suo migliore amico?”
“Certo Lance, per questo sono terrorizzati.”

 
*

 
“Non è affatto giusto, perché tutti gli altri hanno cose abbastanza facili e noi dei dannati macarons?! Lo sanno pure gli scemi che sembrano facili e invece sono una fregatura!”
Lilian guardò Beau e Margot con gli occhi scuri che mandavano fiamme da tutte le parti e Shou, che aveva aperto la bocca proprio per dire alla cugina di non preoccuparsi perché di sicuro quei dolcetti colorati sarebbero stati uno scherzo da preparare, ammutolì prima di richiuderla senza emettere un suono.
“Perché i macarons sono gli unici dolci che piacciono al Professor Hawkes e non vogliamo lasciarlo a stomaco vuoto. Inoltre, visto che i responsabili degli ultimi avvenimenti sono in questo gruppo, ci è sembrata le decisione più logica.”
A quelle parole Malai deglutì a fatica mentre si tirava il colletto della camicia, certo che Lilian avrebbe definitivamente ucciso lui e Shou.
Beau, sinceramente dispiaciuto che le sue preferenze potessero mettere in difficoltà i ragazzi, fece per assicurare Margot di poter fare assolutamente a meno dei macarons ma la collega, prevedendo le sue intenzioni, sollevò educatamente una mano nella sua direzione per poter prendere la parola:
“Scusami Beau. Mi dispiace, ma la decisione è questa e così si farà. Buona fortuna ragazzi. E Shou, ti avviso, non cercare di fare gli occhi dolci al Professor Jørgen.”
Il Serpeverde stava già facendo ricorso alla sua espressione da cucciolo ferito migliore per intenerire l’insegnante prediletto, e sbuffò seccato quando Margot vanificò i suoi sforzi sul nascere. Rivolto un sorriso incoraggiante a Malai, l’insegnante prese Beau sotto braccio e si affrettò a portarlo via prima che potesse esonerare i ragazzi dalla preparazione della ricetta designata.
 
Raggiunti i colleghi – mentre alle loro spalle Lilian faceva una sonorissima ramanzina a Malai e a Shou, risultando ancora più minacciosa quando prese a rivolgersi al cugino direttamente in coreano – Margot lasciò andare il braccio di Beau e sorrise agli altri mentre Theobald, Håkon e Phil finivano di discutere per stabilire chi avrebbe dovuto accaparrarsi i dolci migliori.
“Io essendo il più anziano ho naturalmente la precedenza.”
“Professore, casomai dovrebbe stare attento alla dieta, quindi dovrebbe lasciare i dolci al burro a noi che non temiamo il colesterolo.”
“Mpf, adesso parlate così, ma gli anni fanno presto a passare…”
Theobald parlò accarezzandosi indispettito gli straccali allacciati ai pantaloni marroni, deciso a non farsi soffiare tutti i cupcakes al cioccolato dai baldi e giovani colleghi.
“Non facciamo gli ingordi, tutti avranno quello che vorranno. E terremo qualcosa da parte per Mindel, poverino, si dà tanto da fare.”
Alle parole di Margi Theobald, Phil e Håkon si videro costretti ad assentire per non risultare dei pessimi soggetti, borbottando assensi poco convinti mentre Beau, dubbioso, si voltava verso la collega. Stava per dirle che se teneva tanto agli Elfi doveva smetterla di sfoggiare con tanto orgoglio quelle vergognose pantofole ma Margot lo precedette mentre alle loro spalle gli studenti studiavano i fogli con le ricette accuratamente trascritte da Theobald e lasciati a loro disposizione su ciascun bancale.
“Mi raccomando, mentre cucinano dobbiamo dividerci e andare ad infastidirli di tanto in tanto.”
“E perché?”
Perché i giudici di Bake Off e di Masterchef lo fanno sempre, che domande!”

 
*

 
“Questa ricetta non vi sembra strana, ragazze? Ora, io non me intendo, ma non c’è troppo sale e troppo poco zucchero?”
L’esperienza di Marley nel mondo della pasticceria equivaleva a poco più di zero, ma mentre studiava gli ingredienti e le dosi indicate non poté fare a meno di aggrottare le sopracciglia con una buona dose di scetticismo: era piuttosto convinta che per preparare i brownies al cioccolato non ci volesse tutto quel sale.
Blodwel, che stava utilizzando una tazza dosatrice di vetro per misurare la farina, allungò il collo verso l’amica per lanciare un’occhiata dubbiosa al foglio. Assicuratasi che Marley non aveva mal interpretato le indicazioni, la Tassorosso si affrettò a rivolgersi a Margot approfittando che l’insegnante stesse passando in mezzo alle file di bancali proprio in quel momento:
“Professoressa, mi scusi, le ricette chi le ha scritte?”
“Le ha trascritte il Professor Watrous, perché?”
“Ah, certo, ora si spiega… Nulla, non si preoccupi. Marley, un pizzico di sale e basta.”
“Sei sicura?”
“Certo, la nonna dice che il sale ci vuole per esaltare il sapore.”    Blodwel gettò l’ennesima cucchiaiata di farina nella tazza dosatrice annuendo con decisione, per nulla disposta ad accettare remore sulle indicazioni di nonna Dorothea che, ovviamente, non sbagliava mai.
“Le indicazioni le ha scritte Watrous, immagino che dovremo prenderle con le pinze…”
Mentre Marley annuiva senza riuscire a trattenere una risata, Blodwel gettò un’occhiata di traverso all’insegnante di Difesa contro le Arti Oscure, che sedeva angelico su una sedia da giardino di metallo rosso e leggeva il giornale con l’aria innocente più finta del mondo.
“Anche io vorrei una nonna brava in cucina, i miei parenti non fanno che riempirsi di alcolici!”
“È un miracolo che tu non sia finita accidentalmente in coma etilico prima dei sei anni.”

 
*

 
“Ma Professore, cosa legge di nascosto?”
Resasi conto che Theobald aveva infilato un libro davanti al giornale, mettendolo in tal modo al riparo dagli sguardi degli studenti, Margot si chinò leggermente per dare un’occhiata al volume prima di soffocare a fatica una risatina:
“Professore, sta leggendo “Love me again, Rita S.”?”
“Via Margot cara, tutti non fanno che parlarne ed ero stanco di sentirmi escluso!”
“Sì, sì, capisco benissimo Professore.”
Cercando di restare seria, Margot prese ad annuire con tutta la comprensione di cui era capace mentre il collega prendeva a discutere con lei di quanto fossero poco verosimili le circostanze dei rapporti sessuali descritti nelle pagine che aveva letto fino a quel momento:
“Non pensi anche tu che sia assurdo che questi due lo facciano ovunque e che nessuno li veda mai?! E nella piscina comunale? E nella stalla? E perché in quella stalla non c’era nessun cavallo?”
“Ha ragione, ma non credo che lo scopo sia quello della verosimiglianza…”
 
Alla soglia del suo ultimo anno ad Hogwarts, Tallulah Rice aveva ormai sviluppato un sesto senso del tutto specifico: quando qualcuno nominava uno dei libri di suo padre lei poteva percepirlo nel raggio di circa 10 metri.
Quando sentì le orecchie fischiarle e il vago eco di un qualche discorso a proposito di amplessi avvenuti in strane circostanze, la giovane strega divenne dello stesso colore delle mele lasciate in bella vista in un cestino di vimini e pronte ad essere lavate e deglutì faticosamente mentre faceva vagare terrorizzata lo sguardo attorno a sé.
“Tallulah, tutto a posto?”
Mentre la poverina cercava di capire chi stesse parlando di uno dei libri per cui suo padre era tristemente famoso, Lance smise di frantumare biscotti Digestive pestandoli con il mattarello per rivolgersi preoccupato alla ragazza: dal modo in cui Tallulah andava boccheggiando, temeva sinceramente che fosse sull’orlo di un attacco di panico a tutti gli effetti.
“No. Cioè sì. No. Lasciatemi in pace, non guardatemi!”
Senza aggiungere altro Tallulah mollò i limoni che stava lavando e corse via, ululando di aver bisogno del bagno quando Phil provò ad intercettarla e a chiederle che cosa le prendesse.
“Bah, e chi le capisce queste ragazzine… Allora, a voi che dolci sono toccati? Tarte Tatin, immagino.”
“Sì, e la cheesecake al limone. Tallulah sta male?”                                                                                                                                       
Hiro sollevò gli occhi scuri dal pentolino dove stava facendo sciogliere il burro per guardare prima il punto dove era sparita la compagna e poi Phil, che alzò gli occhi al cielo mentre raccoglieva distrattamente tre mele dal cestino, iniziando a lanciarle in aria e a riprenderle a mo’ di giocoliere.
“Meglio non indagare Davies, fidati.”
“Forse dovremmo andare a vedere come sta…”
Accigliato, Lance si domandò se per caso non avesse in qualche modo offeso o messo in imbarazzo la ragazza con qualcosa che aveva detto o fatto e Hiro annuì, convenendo col Tassorosso mentre Phil, sospirando, si rivolgeva a Priscilla senza smettere di lanciare e riprendere abilmente le mele:
“Eden?”
In piedi alle spalle di Lance e Hiro, Priscilla trasalì nell’udire la voce dell’insegnante che più temeva chiamarla, rischiando di affettarsi un dito col coltello con cui stava sminuzzando il cioccolato fondente su un tagliere di legno:
“S-sì Professore?”
“Vai a vedere se Tallulah sta male, per favore.”
“Subito!”
Priscilla distese le labbra in un sorriso, sentendosi immensamente sollevata: aveva sinceramente temuto, per un attimo, che l’insegnante volesse iniziare ad interrogarla di punto in bianco.
“Ragazzi, vado a vedere che cos’ha Miss X, scusate. Continua tu se vuoi, Bel.”
Priscilla porse a Bel il coltello che aveva usato fino a quel momento mostrandogli il manico, ma prima che il ragazzo potesse accettarlo Celia schiaffeggiò la mano del gemello e lo prese al suo posto scoccandogli un’occhiata torva:
“Non ci pensare nemmeno, non ti porto al San Mungo. Ci penso io Eden.”
“Potete chiamarmi Priscilla… oh, non importa vado da Miss X.”
Determinata a capire che cosa avesse la sua amica Priscilla girò sui tacchi e corse verso lo chalet delle ragazze sotto gli sguardi perplessi di Bel e Celia, che scosse il capo prima di prendere a tagliare malamente il cioccolato:
“In quel gruppo hanno tutti soprannomi bislacchi, non capisco mai niente quando parlano tra loro!”
 

 
*

 
“Blodwel.”
“Sì?”
Håkon, piazzatosi davanti alla Tassorosso la scrutò dall’alto in basso tenendo le mani in tasca mentre la ragazza ricambiava il suo sguardo con evidente irritazione per essere stata disturbata mentre imburrava la teglia per i brownies.
Accanto a lei Marley, dopo aver rimproverato Amelie per tutto il cioccolato che stava sgraffignando, si rivolse all’insegnante di Astronomia sorridendo e guardandolo adorante:
“Professore, vuole un po’ di cioccolato?”
“Perché lui sì e io no?”
Indignata, Amelie incrociò le braccia esili al petto mentre Marley, ignorandola, non la smetteva di guardare Håkon sbattendo le lunghe ciglia.
Il danese si rivolse brevemente alla Battitrice per declinare l’offerta con un sorriso affettuoso che svanì quando tornò a rivolgersi a Blodwel, facendosi più serio che mai.
“Blodwel, recitami “sopra la panca la capra campa.”
“Mi prendi per il… sta scherzando?!”
“No. Forza.”
Blodwel aveva le mani piene di burro, i capelli in uno stato pietoso e farina ovunque. No, non le andava affatto di prodigarsi nella recitazione di un maledetto scioglilingua. La ragazza guardò l’insegnante riducendo gli occhi a due fessure, chiedendosi che razza di scherzo fosse prima di rammentare qualche piccolo sprazzo del programma a cui quella dannata attività si ispirava.
Ma certo, quei cretini dei giudici andavano a rompere le palle e a disturbare i concorrenti per distrarli.
“Bene. Sopra la panca la capra crampa… no, sopra la pranca la capra… NO. Sopra la campa… PORCA PUTTANA, NON CI RIESCO!”
A dir poco innervosita, la Tassorosso sbattè irritata le mani sulla tortiera rettangolare che stava imburrando mentre Håkon, cercando di non ridere, si affrettava a defilarsi per andare a disturbare qualche altro povero studente.
Theobald snocciolava informazioni sulla sua vita totalmente randomiche a Bel, Celia e a Priscilla – tornata poco prima in compagnia di una Tallulah che aveva cercato di tornare alla sua postazione camuffandosi col prato –, narrando di quando aveva gestito un traffico illegale di sigari provenienti dalla Turchia e di come avesse organizzato bische clandestine di poker tra ufficiali e soldati semplici in Iran e in Iraq ai tre studenti sempre più sorpresi e letteralmente senza parole da quell’accozzaglia di informazioni confuse e spesso discordanti tra loro.
“… Ah, e naturalmente non vi ho detto di quando intercettai le frequenze degli aviatori nemici e disturbai le loro conversazioni intonando inni sacri in spagnolo…”
“Lei parla spagnolo?”
“Ma no Bel caro, era spagnolo simulato, una s qua e là e il gioco è fatto.”
 
Phil, che aveva preso il suo ruolo di disturbatore molto sul serio, scivolò davanti a Malai – che si era allacciato una bandana sulla fronte per tirare indietro i capelli e stava inzuppando i savoiardi nel caffè dopo averne sgraffignato una mezza tazzina – e addentò una delle mele che aveva preso dal cestino di Tallulah, Hiro e Lance prima di rivolgersi più serio che mai al ragazzo:
“Johansson.”
“Sì?”
Il Tassorosso sollevò lo sguardo dai savoiardi per rivolgersi all’insegnante, che parlò senza staccare gli occhi dai suoi o sbattere le palpebre:
“7x8?”
“… Come prego?”
“Ho detto: 7x8?”
“… 56?”
“È  una domanda?”
“No.”
“Bene. 7x3?”
“21.”
“8x8?”
“60… no… 66. No… 8x8… Porca Tosca, non… non me lo ricordo più! Che mi è successo?!”
Malai deglutì e, dimenticati i savoiardi, si mise letteralmente le mani nei capelli mentre il panico lo assaliva: come poteva non ricordarsi la tabellina dell’8? Disperato, il ragazzo gemette e ululò di aver perso la sua intelligenza prima di fare il giro del bancale e correre da Margot, chinandosi per abbracciarla disperato.
“Malai, ma che ti prende? Malai?”
Mentre il ragazzo gemeva e diceva cose totalmente incomprensibili, la strega prese a dargli colpetti incoraggianti sulla schiena. Chiedendosi che cosa l’avesse fatto cadere in quello stato, Margot osservò la sua postazione, Shou, Lilian – altrettanto confusi – e infine Phil, riducendo gli occhi blu a due fessure minacciosissime quando scorse il mezzo sorriso del collega:
“TU! Sei un essere spregevole, cosa hai fatto a Malai? Ti trasformo in un vaso da notte a fiorellini!
“Che colpa ne ho se il ragazzo non si ricorda le tabelline?! Dai Malai, capita a tutti, tieni del caffè e tirati su.”
Sbuffando, Phil prese la moka e versò due dita di caffè in un bicchiere prima di porgerlo al ragazzo, che lo prese tirando su col naso prima di vuotarlo con un sorso.
“Sono diventato scemo! Che ne sarà di me?!”
“Ma che dici, sei il ragazzo più intelligente che conosco… su, soffiati il naso e torna a fare il tiramisù.”
Margot sorrise dolcemente al ragazzo mentre faceva apparire un fazzolettino, porgendoglielo prima di fargli cenno di avvicinarsi. Obbedendo, Malai si chinò leggermente sull’insegnante – più bassa di lui di diverse spanne – e ascoltò ciò che gli disse nell’orecchio prima di sorridere e riprendere improvvisamente colorito. Phil non udì cosa Margot disse al ragazzo, ma lo guardò sbigottito tornare immediatamente quello di sempre e correre nuovamente alla sua postazione mentre Shou e Lilian litigavano per decidere se guarnire il tiramisù solo con il cacao o se mettere anche gocce di cioccolato nella crema al mascarpone.
“Park e Park, metteteci il cioccolato, a me piace così.”
Addentando nuovamente la mela, Phil si liquidò lasciando i tre alle prese coi loro dessert prima di raggiungere Hiro, Tallulah e Lance. Theobald aveva lasciato soli Celia, Bel e Priscilla e si stava dedicando alle tre nuove vittime chiedendo allegramente a Tallulah se sapeva come stesse procedendo il lavoro di suo padre.
“Veramente non so, Professore…”
Il capo chino e le guance color cremisi, Tallulah represse il desiderio di nascondersi dietro il frullatore e di restare laggiù per l’eternità mentre Lance cercava di non ridere per rispetto e buona grazia nei confronti della compagna e Hiro sbatteva le palpebre cercando di capire che cosa gli ricordassero i titoli elencati dall’insegnante.
“Ho trovato “Call me Dolores” davvero divertente, anche se “Il Centauro imbizzarrito” è uno dei miei preferiti… Ah, ma come scordare “La peccaminosa scioglievolezza della Cioccorana proibita”… L’ultimo che ho letto è stato “Miss X alla conquista di Mahoutokoro”.”
L’incarnato di Tallulah si fece quanto più simile al viola quando Theobald menzionò quello che, tra tutti, costituiva il romanzo che più la ragazza detestava, nonché l’opera da cui proveniva il suo soprannome.
“Ma certo, ecco perché gli altri ti chiamano così allora! Io i titoli dei libri li ricordo in giapponese, ecco perché non capivo!”
Le labbra di Hiro si distesero in un sorriso, illuminandosi come accadeva sempre quando riusciva a svelare un arcano. Il Corvonero chinò lo sguardo sulla compagna di Casa che, invece, strabuzzò gli occhi blu e morì dalla voglia di scavarsi una buca con una marisa e restare lì fino alla fine dei suoi giorni.
“Ecco, io… devo andare di nuovo in bagno!”
Tallulah mollò su due piedi la tortiera che stava riempiendo di composto di formaggio spalmabile e corse letteralmente via sotto gli sguardi attoniti di Lance e Hiro, sempre più confusi.
“Non preoccupatevi, è normale, la mia Eugenie passava intere ere geologiche in bagno. Ohhh, ma non vi ho raccontato come l’ho conosciuta? Bene bene, allora, lei era una fotografa francese e io…
 
Mentre Theobald procedeva con le sue narrazioni, Beau faceva recitare scioglilingua in francese ad Amelie, Margot interrogava gli studenti sulle canzoni degli ABBA e alle spalle di Hiro e Lance Bel gemeva disperato di fronte alla divisione a due cifre che Phil aveva scarabocchiato su un pezzo di carta e che gli aveva ordinato di risolvere.
“Ma com’è che si faceva, non mi ricordo più! Resto di 2… dov’è che si mette il resto?!”
Bel sospirò mentre Celia, accanto al gemello, cercava di aiutarlo a risolvere l’operazione. Priscilla, invece, guardò Tallulah correre via prima di abbandonare ciò che stava facendo e muoversi silenziosamente verso il bancale di Shou, Lilian e Malai. Tutti erano presi dai loro incarichi – chi a fare dolci e chi a disturbare chi faceva i dolci – e nessuno si accorse di lei finchè la Corvonero non si avvicinò a Lilian per mormorarle che forse avrebbero dovuto andare da Tallulah.
“Sei sicura? Non ne posso più di questi macarons, li odio, odio Ladurrè, odio la Francia!”
La Grifondoro gettò nervosamente lo strofinaccio con cui si stava sciugando le mani dopo averle lavate sul bancale, guardando con odio i dolcetti alla vaniglia e al cioccolato in preparazione mentre Shou, esasperato tanto quanto lei, sbuffava accennando al professore in piedi dietro di loro:
“Parla piano, c’è Hawkes dietro di noi. Malai, smettila di sbafarti la crema al mascarpone!”
Accortosi che l’amico stava per sgraffignare l’ennesimo cucchiaio di crema, Shou gli strappò tempestivamente il cucchiaio dalle mani mentre il Tassorosso protestava, ribadendo di meritarsi un assaggino.
“Prisci, che cos’ha Miss X?”
“Ecco, pare che Hiro abbia capito perché la chiamiamo così, sai, il libro…”
A dire il vero Priscilla era probabilmente una dei pochi studenti di Hogwarts oltre ad Hiro a non aver mai aperto uno dei libri del padre di Tallulah, ma erano così celebri da conoscere ugualmente i dettagli.
“Umh, ho capito. Andiamo. Voi due, cercate di non fare troppo casino mentre non ci sono!”
Lilian si slacciò il grembiule e, scoccata un’occhiata torva ai due compagni di sventura, lo lasciò vicino al lavello prima di seguire Priscilla.
“Professoressa, noi andiamo in bagno!”
“Va bene ragazze.”
Margot sorrise alle due quando Lilian e Priscilla la superarono in fretta e furia per raggiungere l’amica, guardandole allontanarsi prima di dirigersi in tutta calma tra gli studenti impegnati a fare i dolci.
“Professoressa, il Professor MacMillan continua a sbafarsi il cioccolato che ci serve per la glassa dei cupcakes, gli dica di smetterla!”
Indispettita, Celia indicò l’insegnante mentre Phil, sottratto Bel dalla sua tortura una volta capito che il ragazzo non sarebbe riuscito a risolvere l’operazione, si puliva le mani sporche di cioccolato asserendo pacato che fossero tutte “vili illazioni senza fondamento”.
“Hai le mani sporche di cioccolato, MacMillan.”
“Questo non significa niente. Guarda, pare che questi ragazzi non sappiano nemmeno risolvere una divisione.”
Per distrarla Phil mise davanti al volto di Margot il foglio tutto scarabocchiato, che la strega prese aggrottando le sopracciglia e trattenendosi dall’esclamare che nemmeno lei ci sarebbe riuscita.
“Emh… male ragazzi, molto male.”
Margot sbattè le palpebre un paio di volte, gli occhi fissi sul foglietto mentre Bel arrossiva e balbettava imbarazzato che gli dispiaceva e Celia, sbuffando, suggeriva al gemello di controllare lo stato dei muffin nel forno.
“Il risultato corretto quale sarebbe?”
Mentre si allontanavano Margot sventolò il foglietto davanti al collega, che lo prese con un debole sbuffo prima di strapparlo in più parti:
“Che vuoi che ne sappia io, saranno quindici anni che non tocco la matematica.”
 

 
*
 

Lance si stava giusto domandando come mai nessuno dei loro animali avesse mai fatto capolino nell’area che avevano occupato – soprattutto i cani di Priscilla, che erano soliti cercare di seguirla ovunque per poi assalirla saltandole addosso per farle le feste – quando scorse proprio il suo gatto sgusciare rapido dagli alberi.
“Enoch, eccoti, sono due giorni che non ti vedo! Vieni qui!”
Il grosso gatto dal pelo marroncino corse rapido verso il padrone, approfittando dell’assenza di cani di sorta nei paraggi, sedendosi accanto a Lance e lasciandosi accarezzare brevemente la testa mentre Hiro spiegava al Tassorosso che Eiko stava “facendo da babysitter agli altri animali”.
“In che senso fa la babysitter?”
Mentre grattava le orecchie del suo gatto Lance sollevò perplesso la testa in direzione del Corvonero, che sorrise con affetto nel pensare alla sua Demiguise e annuì:
“Già, i professori hanno ritenuto che non fosse il caso che gli animali gironzolassero tra noi mentre cucinavamo e mi hanno chiesto di chiederglielo. Lei adora occuparsi degli altri.”
“Che carina! Enoch invece è un asociale, avrà gironzolato da solo per tutto questo tempo. Ehy, dove stai andando?”
Offeso, Lance si rimise dritto mentre guardava il suo gatto allontanarsi senza più badare a lui, guardandosi attorno con curiosità mentre il padrone lo studiava con le mani sui fianchi:
Sei proprio un gatto antipatico!”
“Ecco perché a me piacciono i cani, loro ti danno amore sempre e comunque. Chissà come sta Pika. Poverino, prima voleva andare a spasso ma non ho avuto tempo…”
Tallulah, da poco tornata dalla sua fuga sotto costrizione da parte di Lilian e Priscilla – aveva tentato di trasfigurarsi in cespuglio per non farsi vedere da Hiro, ma Lilian l’aveva minacciata di sequestrarle i manga e aveva desistito –, s’incupì pensando all’espressione implorante del suo amatissimo cagnolino quando aveva dovuto negargli la passeggiata per andare a lezione.
 
Håkon, Phil, Beau, Theobald e Margot si erano consultati e la decisione era stata presa, affidando a Theo l’onere di annunciarla agli studenti. L’anziano insegnante parve particolarmente entusiasta del suo incarico, e fu con un largo sorriso che si mise in piedi davanti ai ragazzi prima di parlare a voce alta:
“Ragazzi cari, scusate se vi interrompo… ma è il momento di un imprevisto!”
Che cazzo è, Monopoli?!”
Trattenendo il forte impulso di mollare tutto, mandare tutti a cagare e andarsene a prendere il sole vicino al lago, Blodwel masticò un’imprecazione mentre scrutava diffidente l’insegnante e Amelie, sospirando, mormorava che di certo non sarebbe stato nulla di buono.
“Abbiamo deciso di inserire una ricetta extra, io e Håkon adoriamo i biscottini al burro alla vaniglia e abbiamo proprio voglia di gustarceli.”
Buoni! Cioè, no, speriamo che non siano per noi.”
Tallulah non emise una sillaba mentre Lance, al contrario, deglutiva osservando la torta di mele con cui erano ancora in alto mare.
“Abbiamo deciso che il gruppo designato è quello blu, quindi Hiro, Tallulah e Lancelot, visto che sono il gruppo più avanti.”
“Cosa? Ma non è corretto!”
“Forse, ma i giudici siamo noi e così abbiamo stabilito. Ecco la ricetta, ragazzi.”
Al tocco di bacchetta di Margot un foglio planò sul bancale dei ragazzi, foglio che Hiro prese guardandolo seccato. Anche se non aveva mai preparato dolci seguire le ricette non gli risultava difficile, dopotutto era un po’ come seguire le ricette e i procedimenti per preparare delle Pozioni, ma altri dolci costituivano comunque lavoro e tempo in più.
“Va bene… Lance, Tallulah, pensateci voi, io finisco la torta di mele del cavolo… e state attenti alle dosi, se le ha scritte il Professor Watrous non c’è da fidarsi.”
Il Corvonero passò il foglio a Tallulah, che lo prese con uno sbuffo mentre Theobald, udite le parole del ragazzo, assumeva una finta espressione offesa:
“Signor Davies, cosa sono queste illazioni nei confronti della mia persona? Mi ritengo estremamente offeso.”
“Professore, scusi se glielo dico, ma ormai non le crede più nessuno.”

 
*

 
Il tempo assegnato per cucinare era finito ed era giunto il momento – tanto temuto dagli studenti quanto agognato dai docenti – degli assaggi. Uno alla volta, ogni gruppo avrebbe dovuto portare i propri piatti e disporli sul tavolo che Margot aveva fatto apparire e dietro il quale avevano preso posto tutti e cinque i “giudici”.
Bel osservò la fila di cupcakes al cioccolato che lui, Celia e Priscilla avevano preparato con una punta di timore, temendo che gli insegnanti li trovassero tremendi insieme alla crostata alla crostata alla marmellata che aveva creato non pochi problemi ai tre ragazzi. Cucinare decisamente non era il suo forte, ma almeno sapeva di aver fatto del suo meglio.
“Speriamo che la prossima volta si possa suonare invece di fare dolci…” Accanto a lui Priscilla sospirò rumorosamente, chiedendosi quando sarebbe giunta un’attività fatta su misura per le sue capacità mentre il Tassorosso abbassava lo sguardo su di lei sorridendo comprensivo:
“Hai ragione, piacerebbe anche a me. Anche tu suoni il violino, vero?”
“Sì! Anche Malai suona, potremmo fare un concerto.”
 
Priscilla sorrise e accennò divertita in direzione dell’amico, che stava portando un’enorme pirofila di Tiramisù agli insegnanti mentre Lilian traportava l’alzata piena di macarons sbilenchi e Shou chiudeva la fila con le mani in tasca e l’aria annoiata. Bel asserì che sarebbe stato decisamente meglio rispetto a preparare dolci, e stava per trovare finalmente il coraggio per chiedere a Priscilla se per caso non avrebbe potuto procurargli una copia autografata dell’ultimo libro di suo padre quando Celia lo colpì con una gomitata, suggerendo ai compagni di fare attenzione ai giudizi dei prof.
“Mh, buono, dammene un altro po’. La crema però non è molto corposa.”
La bocca piena di tiramisù, Phil ne raccolse un altro quintale dalla pirofila mentre Malai, offeso, sottolineava che avrebbe dovuto raffreddarsi molto di più per ottenere la consistenza corretta.
“Il caffè si sente molto, quindi approvo. Margi, a te il giudizio finale.”
Beau aveva declinato con garbo il dolce, ma Håkon sembrò approvare mentre Theobald, invece, rischiava di rompersi la dentiera per quanto erano sassosi i macarons. L’anglo-francese stava per addentarne uno, ma quando Theobald tentò di avvertirlo Beau lo prese come l’ennesimo scherzo e procedette comunque con l’assaggio, rischiando così di rompersi un dente.
“Accidenti Lily, la tua maledizione dei dischetti di hockey di granito ha colpito ancora!”
Mentre Lilian si scusava a profusione con il Professor Hawkes, che si ricompose a velocità record e sorrise alla ragazza, assicurandole che non fosse successo nulla di grave, Margot assaggiò il tiramisù con aria concentrata. Il tiramisù di Margot era in assoluto il preferito di Malai – tant’è che la strega gliene portava un quintale ogni volta in cui faceva visita a casa Johansson, mettendo tutta la famiglia all’ingrasso – e il ragazzo studiò nervosamente l’insegnante, sperando vivamente di non deluderla e rilassandosi quando, dopo una lunga riflessione, Margot sorrise allegra:
“Buono! E come dice Malai, per la crema non potevano farci granché, oltre ad aiutarsi con la magia. Discretamente bravi, ragazzi, anche se avete quasi privato Hogwarts del nostro amato Professor Hawkes.”
Mentre Margot dava qualche colpetto sulla spalla di Beau mormorii preoccupatissimi si levarono tra gli studenti rimasti al proprio posto, e in particolare Tallulah sembrò quasi impallidire all’idea mentre i tre venivano rimandati al loro posto, sostituiti da Amelie, Marley e Blodwel.
“Questi Brownies sono morbidi e burrosi, ma non abbastanza cioccolatosi.”
Phil, autoproclamatosi esperto supremo di cioccolato, masticò un dolcetto con aria critica mentre Theobald e Margot si dedicavano alla torta margherita.
“Con tutto il rispetto, abbiamo perso un terzo della cioccolata per colpa di Amelie e sua, Professor MacMillan.”
Alle parole seccate di Blodwel Amelie singhiozzò che non era colpa sua, che lei ci aveva provato a resistere, e Marley le diede qualche pacca consolatoria sulla spalla mentre Margot, Beau, Theobald e Håkon si voltavano a guardare male Phil, che sbuffò e borbottò che non ci fosse nessuna prova concreta a dimostranza di ciò.
Theobald, dopo aver assaggiato la torta margherita, si consultò brevemente con Margot prima di esprimere il loro giudizio con un sorriso incoraggiante per le tre ragazze e per Marley in particolare:
“Questa torta è buona, forse manca un po’ di limone, ma mi piace. 10 punti a… ah, no, scusate, è l’abitudine. Brave, signorine. I prossimi!”
“Ohh, il gruppo dei biscotti al burro!”
Håkon si sfregò le mani, morendo dalla voglia di ingozzarsi mentre Tallulah portava il piatto di biscotti, Hiro la cheesecake e Lance la torta di mele.
Naturalmente Hakon e Theobald assaggiarono i biscotti, Phil si tagliò una fetta abnorme di cheesecake – Margot lo sguardo a metà tra il furente e lo sconcertato, sibilando che per mangiare tutti quei dolci e mantenere quel fisico dovesse aver venduto l’anima al diavolo – e Beau si permise di assaggiare una minuscola fettina di Tarte Tatin insieme a Margot.
“Quefta Feefcake è proprio buona.”
“MacMillan, che schifo, non parlare a bocca piena! I biscotti come sono?”
Håkon e Theo, che ne avevano già spolverati un terzo, asserirono che per quanto avrebbero potuto essere più morbidi erano discretamente buoni, e Beau si permise persino di apprezzare la torta di mele – in realtà non ne andava matto, ma non ebbe cuore di deludere i ragazzi –.
“Bene, allora dobbiamo farvi i complimenti signorini, avevate anche una ricetta in più e ve la siete cavata lo stesso… bravi.”
“Sì! Io l’avevo detto che la Torta Super Saiyan sembrava buona!”
Tallulah sorrise mentre Hiro e Lance si davano il cinque, e Phil si domandò di che cribbio stessero parlando. Vedendo Margot ridere, tuttavia, intuì che si trattasse di una delle solite cose da nerd per cui la collega andava matta.
 
Quando fu il loro turno Bel deglutì e prese il vassoio dei cupcakes pregando di non farlo cadere, avanzando verso gli insegnanti mentre Celia trasportava la crostata e Priscilla li seguiva.
Il Tassorosso guardò ansioso Phil e Margot assaggiare i cupcakes mentre Theobald e Håkon tagliavano la crostata, crogiolandosi nell’ansia e tormentandosi le mani mentre pregava mentalmente di riuscire a scampare la terribile punizione per chi fosse arrivato ultimo.
Quando Margot asserì che la glassa doveva essere migliorata ma che tutto sommato non se l’erano cavata male il ragazzo ebbe la sensazione di aver perso improvvisamente cinque chili, sospirando sollevato e balbettando un ringraziamento mentre Priscilla studiava speranzosa la crostata, Håkon e Theobald.
“Buona, forse andava cotta leggermente meno, ma può andare.”
 
Quando vennero congedati Celia abbracciò il gemello, asserendo che non avrebbe sperato nella buona riuscita dei loro dolci prima di tornare al loro posto insieme ad una Priscilla visibilmente sollevata: forse sarebbe riuscita a scampare l’interrogazione di MacMillan, dopotutto.
 
 
Terminati gli assaggi, i cinque giudici improvvisati si stavano consultando per decidere il risultato. Naturalmente Beau non aveva granché da dire, limitandosi per lo più ad ascoltare e a cercare di mitigare i commenti negativi:
“I macarons erano terribili.”
“Ma noo, non così tanto…”
“Beau ti sei quasi scheggiato un dente!”

“Ma sono cose che succedono!”
“A me è piaciuta molto la cheesecake, e anche i biscotti al burro sono buoni.”
“A me la torta margherita! Uff, è così difficile scegliere! Phil, smettila di mangiare il tiramisù!”
 
Cinque minuti dopo, sotto gli sguardi nervosamente in attesa degli studenti, i giudici decretarono di essere arrivati ad una conclusione, affidando a Margot il compito di comunicarla ai ragazzi.
In fin dei conti alla strea dispiaceva per la squadra perdente, e fu con un po’ di rammarico che si alzò e si schiarì la voce per attirare l’attenzione di tutti i presenti:
“Bene ragazzi, abbiamo deciso. La squadra migliore, nel complesso, è stata quella di…”
La strega esitò, creando suspence mentre Beau, alle sue spalle, si avvicinava a Phil per mormorargli qualcosa:
Perché non parla?!”
“Potremmo scrivere un libro con tutte le cose strane che la Campbell fa…”
La strega si voltò verso i quattro colleghi sospirando esasperata, borbottando di aver bisogno di una collega donna al più presto prima di intimare a Hakon di darle una mano:
“Fatemi il rullo di tamburi, devo dirvi proprio tutto?!”
“Ah, certo, scusa.”
Håkon annuì e fece apparire un paio di tamburi con tanto di bacchette, accontentando la collega. Margot annuì soddisfatta, sorridendo mentre si voltava di nuovo verso i ragazzi sempre più impazienti:
“I migliori sono Hiro, Tallulah e Lancelot! Bravi ragazzi! Come premio avrete i biscotti al burro tutti per voi…”
“No, no, li vogliamo mangiare noi!”
“Cioè, chiedo scusa, la cheesecake al limone.”
Margot si affrettò a correggersi quando udì il sussurro concitato di Theobald, sorridendo quando vide i tre ragazzi esultare. Consegnata la cheesecake ai vincitori – che subito presero le forchette per assaggiarla curiosi –, l’ex Tassorosso si schiarì la gola per passare alle note dolenti:
“Bene, e ora… i peggiori. Dopo una luuunga riflessione, abbiamo deciso che i peggiori sono stati…”
Mentre i tamburi suonavano da soli Margi fece del suo meglio per non incrociare lo sguardo implorante del suo “nipote acquisito”, evitando accuratamente di guardare Malai mentre si schiariva di nuovo la voce:
“Emh, Lilian, Shou e Malai.”
“E ti pareva! Tutto perché siamo finiti con La Cinese e la sua maledizione ci ha colpiti!”
Malai si tolse la bandana e la gettò amareggiato sul bancale mentre Shou sbadigliava e Lilian, invece, fulminava l’amico guardandolo con gli occhi ridotti a due fessure:
“Tutto perché voi siete due cretini, vorrai dire!”
“Non è assolutamente…”
 
“Ragazzi, per favore. Shou, tu pulirai, voi due farete lezione con il Professor MacMillan che però promette di essere più buono del solito, vero?”
Margot si mise le mani sui fianchi mentre scoccava un’occhiata eloquente a Phil, mimando con le labbra le parole “vaso da notte” e “fiorellini” mentre l’altro sbuffava continuando a mangiare indisturbato:
Sì, mpf, forse, va bene. Giusto perché avete fatto il tiramisù.”
“Evviva! Io lo dico sempre, che il tiramisù è la cosa migliore del mondo.”
Tutto sommato, Phil dovette proprio dare ragione a Malai.
 

 
*

 
“Bel?”
“Sì?”
L’espressione colpevole del Tassorosso sarebbe stata perfettamente visibile e riconoscibile persino da una navicella spaziale. Margot, che aveva fermato il ragazzo prima che potesse dirigersi verso il suo chalet insieme ai compagni, sorrise gentilmente prima di porgergli la mano destra:
Bel, i dolci.”
“Non so di che cosa…”
“Bel. Avanti, su. Non costringermi ad usare la magia.”
“Ok…”
Sospirando, il Tassorosso estrasse con delicatezza il cupcake che aveva avvolto in un tovagliolino e nascosto nell’ampia tasca della sua felpa color verde foresta, porgendolo all’insegnante che tuttavia non smise di sorridere e di tendere la mano verso di lui:
“Bel, coraggio. Te ne concedo uno.”
Balbettando un debole ringraziamento imbarazzato e arrossendo vistosamente, Bel porse a Margot il secondo dei tre cupcake che si era infilato in tasca prima che la strega, soddisfatta, gli desse il via libera per andare.
Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte e si affrettò a girare sui tacchi per allontanarsi, raggiungendo Lance – che si era fermato ad aspettarlo – ancora rosso in volto e visibilmente imbarazzato:
“Ti è andata male, eh?”
Lance ridacchiò mentre l’amico, al contrario, lo seguiva verso il loro chalet scuotendo la testa e con soltanto il pensiero del dolcetto che era riuscito a guadagnarsi a consolarlo:
“Lascia perdere…”

 
*

 
Priscilla aveva deciso di approfittare del tempo che restava prima della cena per esercitarsi con il violino, e stava deliziando le abitanti dello chalet con le note della Campanella di Paganini mentre Tallulah, invece, sedeva vicino alla finestra guardando oltre il vetro con aria affranta, la guancia premuta contro il dorso della mano.
“Dai Miss X, non è poi questa gran tragedia…”
“È così imbarazzante… come vorrei un padre con un lavoro normale. Non che con mia madre me la passi meglio, ma sarebbe stato un grado di imbarazzo in meno! Perché non posso avere un padre normale come i vostri… come il tuo, Lily.”
l’occhiata in tralice dell’amica spinse Tallulah a correggersi immediatamente, ma se udì le sue parole Priscilla non ci fece caso perché continuò a muovere l’archetto sulle corde tese tenendo la testa leggermente inclinata e gli occhi chiusi.
“La cosa che più conta è che tuo padre ti voglia bene… e credo davvero che non si renda conto di quanto disagio ti provochi la sua fama.”
“Certo che no! Dopo che uscì “Miss X alla conquista di Mahoutokoro”, mi chiese persino se “mi fosse stato utile per trovarmi un fidanzatino”! Ma gli pare?!”
Tallulah afferrò uno dei cuscini decorativi con cui aveva adornato graziosamente il suo letto quando era arrivata al Camp e ci seppellì la faccia, maledicendo il giorno in cui suo padre aveva ben pensato di inventarsi un personaggio vagamente ispirato a lei.
Lilian le diede qualche leggera pacca consolatoria sulla spalla, rammentandole che purtroppo i genitori non li si poteva scegliere e bisognava dunque accontentarsi. Pur convenendo con le parole dell’amica, Tallulah sollevò la testa allontanandosi i capelli biondi dagli occhi con una mano e sbuffando sonoramente, amareggiata:
Pff, chiedo continuamente a mia madre se è certa che io non sia figlia dello zio Paul, per certi versi non mi dispiacerebbe affatto.”
“Comunque sono sicurissima che Davies non ti prenderà in giro, è sempre molto gentile.”
Udendo il nome dell’amico Priscilla smise di suonare, volgendo lo sguardo sulle due e annuendo seria:
“Ma certo che no, Hiro non lo farebbe mai. E in caso lo facesse… lo picchierò col mio archetto!”
Priscilla annuì agitando l’archetto, minacciosa quanto un cricetino, e Tallulah le sorrise non riuscendo ad immaginare uno scenario del genere nemmeno lontanamente:
“Sei minacciosa quanto Remy, il ghiro di Shou, ma grazie per il pensiero. Fino ad ora me l’ero scampata visto che lui conosce i titoli in giapponese, cavolo.”
“Ma tuo padre in Giappone non è tipo super-mega-strafamoso?”
“Sì, ma quel nerd di Hiro dopo che sono tornata mi ha detto di non averli letti. Certo, lui è troppo avanti per quella roba.”
Le labbra di Tallulah si distesero formando una sorta di sorriso semi-ebete che mai le si era visto in faccia, e Lilian si pentì amaramente di non avere una macchina fotografica a disposizione mentre Priscilla sorrideva, divertita:
“Certo, e infatti tu lo apprezzi tanto, noo?”
“Sono già abbastanza in imbarazzo senza che vi ci mettiate anche voi!”
Tallulah arrossì di nuovo quando le due presero a ridacchiare e a prenderla in giro, alzandosi e decretando di aver bisogno urgente di amiche nuove prima di uscire a passo di marcia dalla stanza. Una volta in corridoio Tallulah potè udire chiaramente le risatine e i commenti delle amiche, informandole aspramente di poterle sentire perfettamente prima di dirigersi verso le scale alla ricerca di Pikachu, probabilmente l’unico ad amarla sinceramente che mai l’avrebbe messa in imbarazzo o presa in giro in alcun modo.
 

 
*

 
“Scimmietta, ciao! Come stai?”
“Bene Papino, oggi pomeriggio io e il nonno abbiamo guardato Frozen II. Tu che cosa hai fatto?”
Seduta sul tappeto davanti al camino eccezionalmente acceso in piena estate per consentire a padre e figlia di vedersi, Freya sorrise tenendo stretta a sé la sua scimmia di peluche prediletta – la bimba ormai vantava una vera e propria collezione di scimmie di ogni colore e dimensione – e i ricci capelli castani legati in una graziosa treccia ornata da un fiocchetto color verde acqua.
Immagino la gioia immensa del nonno… Noi abbiamo fatto fare ai ragazzi un sacco di dolci, e credo di averne mangiati troppi.”
Prima che la bambina potesse rispondere Håkon udì la voce di sua madre dire qualcosa in lontananzan, e anche se l’uomo non riuscì a distinguere chiaramente le parole di Winnie, ebbe l’impressione che la donna lo stesse rimproverando. La conferma gli giunse poco dopo, quando Freya, che si era voltata nella direzione da cui proveniva la voce della nonna, sfoderò un sorrisino divertito:
“Nonna dice che non va bene mangiare troppi dolci.”
“Lo so, è stato solo per oggi, promesso. Come stanno le tue scimmiette?”
“Mango ha il raffreddore, non le ho coperto la gola quando l’ho portata con me e la nonna in spiaggia e c’era tanto vento.”
Freya si rabbuiò e chinò il capo, disegnando forme astratte sul tappeto con il ditino mentre il padre faceva del suo meglio per apparire dispiaciuto:
“Ohh, poverina. Ma sono certo che non è arrabbiata con te. Le hai dato un bacino, così le passa?”
“Sì, stanotte dorme con me. Quando torni Papino?”
“Presto piccola, e poi staremo sempre insieme fino a quando non comincia la scuola, ok?”
“Ok.”
Un piccolo sorriso incurvò le labbra della bambina, che parve rincuorarsi un po’. Nel resto del salone, attorno ad Håkon, Theobald mangiucchiava un cupcake al cioccolato, Phil leggeva dopo aver aperto tutte le finestre per non soffocare dal caldo e Beau rispondeva all’ultima lettera di sua madre, nella quale Delphine si lamentava perché “non la chiamava abbastanza spesso ed era andato a passare l’estate in un angolo sperduto della Scozia invece di andare in Francia a salutare i parenti”.
Margot, sparita al piano di sopra più di un’ora prima – oramai i colleghi si erano abituati ai tempi biblici della donna quando si parlava di occupare il bagno, ma i primi giorni Beau e Håkon avevano più bussato alla porta per assicurarsi che non fosse affogata –, si affacciò dal ballatoio già in pigiama e tamponandosi i capelli bagnati:
“Håk Bello, stai ancora parlando con Freya? Posso salutarla?”
“Sì, vieni. Scimmietta, adesso ti saluta anche la zia.”
Sorridendo, Margot scese di corsa le scale per raggiungere Håkon davanti al camino, inginocchiandosi sul tappeto accanto a lui. Un secondo dopo la stanza si riempì della voce della strega, più acuta del solito mentre Margot salutava la bimba con una serie di epiteti zuccherosi.
“Chissà perché con i bambini tutti prendono a parlare come degli idioti…”
“Lo sai che Håkon adora sua figlia. Ed è bello che Margi le voglia così bene, visto che non ha la madre.”
Beau intinse la punta della penna nel calamaio pieno d’inchiostro di una particolare tonalità di blu abbozzando un sorriso, ripensando alle occasioni in cui aveva incontrato Freya e a quanto carina fosse la bambina. Phil invece emise una sorta di breve risata sprezzante mentre sollevava lo sguardo dal suo libro per osservare i due colleghi chini sul camino, mormorando qualcosa che solo Beau poté udire:
“Le persone che non vogliono figli non dovrebbero metterne al mondo. Ma la gente è stupida.”

 
Phil sollevò lo sguardo dal suo piatto di zuppa per guardare suo fratello, seduto alla sua destra. Radcliff, impugnando malamente il suo cucchiaio, raccoglieva la minestra lanciando di tanto in tanto occhiate in direzione dei genitori, che stavano discutendo tra loro senza prestare particolarmente attenzione ai figli.
Phil aveva fatto ritorno da Hogwarts per le vacanze di Pasqua quella mattina stessa, e i suoi genitori stavano parlando a proposito del viaggio che avevano programmato nei giorni successivi, lamentandosi del fatto che la tata si fosse ammalata e che, quindi, avrebbero dovuto portare Radcliff con loro.
“Ti stai sbrodolando tutto, fa’ attenzione.”
Phil si sporse verso il bambino per pulirgli il mento col tovagliolo, e Radcliff mormorò delle scuse sommesse prima di raccogliere un’altra cucchiaiata di minestra e scoccare un’occhiata mesta in direzione dei genitori.
Era dall’inizio del pasto che Joanna e Raymond non parlavano d’altro, e Phil decise di averne avuto abbastanza:
“Cliff, per favore chiedi a Tammy di portare altro pane.”
“Ok.”
Radcliff sorrise al fratellone prima di scivolare dalla sedia e uscire trotterellando dalla sala da pranzo sotto lo sguardo torvo del maggiore, che aspettò che il bambino fosse uscito prima di rivolgersi seccato ai genitori: mollò il cucchiaio nel piatto ormai semi vuoto e parlò a voce abbastanza alta per attirare l’attenzione di entrambi, quanto mai seccato da quei ridicoli discorsi.
“Vi ricordo che è qui e che vi sente e capisce benissimo. Ha sei anni ma non è stupido. Vi sembra carino parlare di lui come se fosse una zavorra?!”
Suo padre detestava che le sue conversazioni venissero interrotte, ma quando si voltò seccato verso il primogenitori Phil provò quasi un profondo moto di soddisfazione per averlo infastidito.
“Tua madre gli sta dietro costantemente, volere qualche giorno per noi non è niente di assurdo, Phil.”
Il ragazzo non riuscì a trattenere una risata pregna di sarcasmo, afferrando il suo tovagliolo e gettandolo malamente sul tavolo mentre spostava lo sguardo gelido da un genitore all’altro:
“Gli sta dietro “costantemente”? Intendi che si stufa e lo lascia solo ogni mezz’ora? Vi lagnate sempre quando dovete portarvelo dietro e lo mollate ad altri non appena ne avete l’occasione… se non fossi ad Hogwarts per la maggior parte dell’anno sono sicuro che finirei a fargli da babysitter giorno e notte. Se non volevate un altro bambino a cui star dietro, dovevate pensarci prima.”
“E non preoccupatevi per la vostra vacanza, lasciatelo a casa con me, sono tornato più per vedere lui che per vedere voi.”
Suo padre stava per aggiungere qualcosa, ma la moglie lo zittì con un colpetto sul braccio quando Radcliff fece ritorno stringendo con un sorriso un enorme cestino pieno di pane:
“L’ho portato io, guarda Phil!”
Il maggiore si voltò verso il fratellino stampandosi un sorriso sulle labbra, prendendo il cestino e mettendolo sul tavolo per permettere al bambino di tornare a sedersi.
“Ma è super pesante, sei diventato fortissimo mentre non c’ero. La prossima volta che torno solleverai la sedia?”
Phil si sporse verso il fratello per dargli un pizzicotto sulla guancia paffuta, guardandolo sorridere e annuire di rimando.
 
“Non ho capito se devo andare o no con mamma e papà, Phil.”
“No Cliff, stai a casa con me finchè non torno a scuola. Sei contento?”
“Sìì! Sto imparando ad andare in bici, domani mi guardi? Mi guardi?”
“Va bene nanetto, ma dopo che avrò finito di studiare.”
“Uffaaaaa!”
“Niente uffa, o ti mando dalla zia Mildred!”
La minaccia diede puntualmente i suoi frutti come sempre, e Phil sorrise soddisfatto quando il fratellino lo abbracciò per la vita implorandolo di non portarlo dall’odiosa prozia e promettendogli che sarebbe stato bravo per tutto il tempo.
 
 
“Hai ragione. Per fortuna Håkon è un padre meraviglioso.”
“Sì, lo è.”
 

 
*

 
“La mia vita è finita, domani farò scena muta e la mia media sarà rovinata!”
Mentre Lilian si lamentava sopra ai libri di Antiche Rune, Shou poltriva lagnandosi di quanto avrebbe dovuto pulire il giorno seguente. Lilian puntò gli occhi sul cugino reprimendo il desiderio di strozzarlo – avrebbe fatto a cambio con lui più che volentieri – mentre alcuni dei loro compagni si erano radunati nel salone per guardare un film.
“Ma perché avete scelto questo film, è terribile!”
Lance tirò su col naso mentre si asciugava discretamente una lacrimuccia, e Blodwel si asciugò le guance umide nell’inutile tentativo di non farsi vedere prima di abbaiare di averli avvisati, ma che fossero stati proprio loro ad insistere per guardarlo.
“E io che dovrei dire, il cane si chiamava proprio Marley! Perché proprio come me doveva chiamarsi?!”
A trattenere le lacrime Marley non ci aveva provato neanche per un istante, e singhiozzò agitando la mano piena di fazzoletti usati verso il lenzuolo sul quale avevano proiettato il film mentre Bel ingollava bocconi di cupcake con gli occhi blu pieni di lacrime.
“Perché i cani nei film muoiono sempre? Come in Hachiko…”
Lance stava per chiedere interessato all’amico di quale film si trattasse ma Blodwel, sgranando gli occhi, lo precedette indicando Bel con fare piuttosto minaccioso: se avessero guardato quel maledetto film avrebbe fatto la figura della piagnucolona sentimentale davanti a tutti e di certo non poteva permetterselo.
“Oh no, no, non guarderemo MAI Hachiko. MAI, capito? Marley, smettila di dire che il film è un cattivo presagio, tu non morirai!”
                       
Shou, impegnato a mangiucchiare una barretta al cioccolato, spostò lo sguardo dai Tassorosso per rivolgersi a Lilian, l’unica rimasta in cucina a parte Hiro e Tallulah impegnati a crogiolarsi nella loro recente vittoria e a gustarsi la “Torta Super Saiyan”, così avevano battezzato la cheesecake al limone, che si erano guadagnati come premio insieme a Lance.
“Dove sono Malai e Prisci?”
“Prisci quando ha capito che il cane del film stava morendo se l’è squagliata con la scusa di dover portare a spasso Solomon e Stirling, non credo che il suo cuore amante dei cani avrebbe retto il colpo… E Riccioli d’Oro non so dove sia, forse canta serenate in giro.”
 
 
Priscilla sedeva sul prato con Solomon accanto, guardando divertita Stirling giocare con il suo osso di gomma prediletto. Il grosso levriero irlandese appoggiò mesto la testa grigia sulle gambe esili della padrona, simulando un’espressione implorante poco convincente per pregarla di dargli qualche carezza. Sorridendo, la giovane strega non esitò ad accontentare l’amato cane, carezzandogli dolcemente la testa e mormorandogli parole affettuose prima di udire una voce familiare alle sue spalle:
“Ciao Cavolfiorino!”
Nel voltarsi Priscilla incontrò con gli occhi verdi la figura altissima e sorridente di Malai, ricambiando il sorriso mentre il ragazzo le si avvicinava tenendo in mano un contenitore di plastica rettangolare.
“Ciao, cosa fai qui fuori? Io sono fuggita per non vedere il cane del film morire.”
“Io sono andato a prendere una cosa.”
Conoscendo l’amico Priscilla avrebbe giurato che la scatola contenesse fiumi di monete di bronzo, oro e argento – del resto prima di essere scoperto dalla madre Malai era diventato celebre in tutto il castello per il suo traffico di compiti, dove si faceva pagare non poco per fare tutti i compiti altrui – ma quando Malai sedette sul prato accanto a lei e l’aprì, quella si rivelò contenere una consistente porzione di tiramisù.
“Ohh, l’hai rubata?”
Mentre Stirling si avvicinava trotterellando allegro verso Malai e tenendo tra i denti il gioco – giusto per far vedere al ragazzo quanto fosse un bravo cane – e Solomon sollevava curioso la testa verso il dolce, Priscilla spalancò sorpresa gli occhi verdi. Un sorrisetto sulle labbra, il Tassorosso scosse il capo mentre le passava una delle piccole forchette da dessert presenti nel contenitore:
“No, un regalo. Vuoi?”
“Certo, che domande sono! No Solomon, per te no, c’è il cioccolato nella crema!”
Priscilla allontanò severamente la grossa testa del cane dal dolce proibito mentre Malai calciava giocosamente l’osso di Stirling, guardando il cane correre a prenderlo mentre pensava con malinconia al suo amato Poldo.
“Sei fortunata ad averli qui, a me manca moltissimo Poldino.”
“Hai ragione, ma ti capisco, a scuola non posso portarli e mi mancano sempre da morire. Per fortuna qui possiamo stare insieme, vero piccolo mio?”
Priscilla si portò un boccone pieno di crema alle labbra mentre con l’altra mano accarezzava dolcemente la morbida testa pelosa di Solomon, che chiuse gli occhioni per godersi le coccole mentre Malai, parzialmente soddisfatto del suo tiramisù – quello di Margi era molto più cremoso, ma ci si doveva accontentare – annuiva tenendo gli occhi scuri fissi su Stirling.
“Sì, almeno io ad Hogwarts posso portarlo. È un vero peccato che voi non possiate vederlo, mi piacerebbe che interagiste con lui.”
“Però i tuoi disegni sono fantastici, quindi lo immaginiamo senza problemi.” Priscilla sorrise mentre assestava una debole gomitata incoraggiante all’amico, che annuì e chinò lo sguardo su di lei abbozzando un sorriso di rimando:
“Grazie Cavolfiorino. Tu questi pony travestiti da cani come li hai avuti?”
“Mio padre adora questa razza, mio nonno li usava per andare a caccia e anche lui ne aveva un paio quando era piccolo. Però alla fine quella che se ne occupa sono io, mia madre non ci pensa neanche e lui… ha altro da fare, di solito.”
“A me hanno regalato Poldo quando era piccolo, un po’ di tempo l’incidente, ma ci hanno messo un po’ a farmi capire che solo io potevo vederlo… immagino che sia stato difficile per loro i primi tempi.”
“Sono stati molto carini a farlo per te.”
Priscilla sorrise, invidiando silenziosamente l’amico per la cura che i genitori avevano nei suoi confronti mentre il ragazzo annuiva con un sorriso, ricordando ancora chiaramente l’emozione provata quando aveva visto Poldo per la prima volta:
“Sì. Suppongo volessero… consolarmi dopo aver visto quel tizio venire investito davanti a casa mia. Ma direi che ci sono riusciti.”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Tutte le canzoni del capitolo sono degli ABBA e provengono dai film di Mamma Mia, nell’ordine:
Mamma Mia
Andante, Andante
Dancing Queen
 
(1): Citazione di Yzma da "Le Follie dell'Imperatore"
 
 
 
…………………………………………………………………………………………………………
Angolo Autrice:
Buonasera! <3
Eccoci finalmente con la puntata speciale di Bake Off edizione Camp, mi sono divertita moltissimo a scrivere di questi poveri imbranati alle prese con la pasticceria e spero che il capitolo sia piaciuto anche a voi.
Grazie a tutte per essere state super collaborative e per avermi proposto su IG una valanga di ricette, non ho potuto usarle tutte per ovvi motivi ma siete state super carine. So di non aver descritto le preparazioni troppo nel dettaglio, ma spero capiate che se l’avessi fatto sarebbe uscito un capitolo 5 pagine più lungo di quello che è e forse un tantino pesante da leggere.
A presto!
Signorina Granger
 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo 11 - Gelosie ***


Capitolo 11 – Gelosie
 
 

“Sto andando in iper-ventilazione, Porco Milord…”
Tallulah Rice, seduta insieme a buona parte delle sue compagne sugli sgabelli che circondavano l’isola della cucina, cercò di inspirare profondamente mentre Lilian, accanto a lei, teneva le mani intrecciate appoggiate sul ripiano di marmo e gli occhi scuri concentratissimi fissi davanti a sé, ripassando mentalmente. Marley, che sedeva sul primo posto del lato adiacente del mobile, sollevò curiosa lo sguardo dai suoi appunti per rivolgere un’occhiata allegra in direzione di Tallulah:
“Chi è Milord?”
“Se non lo sai non meriti una risposta.”
“Ma come faccio a saperlo e a colmare le mie lacune se non me lo dici, scusa?”
Dispiaciuta, la Tassorosso guardò la Corvonero spalancando implorante i grandi occhi blu, simulando un’espressione da Basset Hound in piena regola mentre Lilian, seduta tra le due, scuoteva la testa prima di borbottare seria qualcosa a mezza voce:
“Marley, fossi in te lascerei perdere.”
“Dov’è il caffè? Non ditemi che è di nuovo finito il caffè! Benissimo, adesso sto anche sudando, grandioso! Qualcuno apra quella maledetta finestra!”
Tallulah – chiedendosi se per caso lo stress non le avesse procurato una menopausa super precoce – prese a farsi energicamente aria con una mano, finendo con l’agitarsi ancora di più e sentire ancora più caldo mentre Priscilla, accanto a lei, giaceva con il capo abbandonato sul libro aperto e lo sguardo vacuo di chi ha ormai perso ogni speranza:
MacMillan mi prenderà ad insulti. E io piangerò davanti a tutti. E poi non mi farò mai più vedere per l’umiliazione, trascorrerò l’ultimo anno con un sacco in testa. Anzi, non andrò all’ultimo anno, perché mi bocceranno e dovrò ripetere il sesto. E se mi cacciano dal Camp e mi fanno tornare a casa? Non voglio tornare a casa mentre voi siete tutti qui insieme, chi mi farà compagnia?”
“Prisci, smettila di essere così negativa. E qualcuno tolga subito il caffè a Tallulah. Miss X, quanti ne hai bevuti?!”
Tallulah, che si stava versando l’ennesima tazza di caffè con le mani tremolanti, si allontanò di scatto dall’amica quando Lilian si avventò su di lei per strapparle la tazza dalle mani. Mentre Marley scendeva dallo sgabello per tirare le tende e aprire la finestra per fare entrare un po’ d’aria e Priscilla si figurava scenari drammatici dove MacMillan la dichiarava bocciata per l’eternità, Tallulah e Lilian diedero il via ad una specie di strana lotta per la tazza di caffè.
“Lasciami stare Lily, mi serve per sopravvivere a questa giornata!”
“Ma se ti stanno tremando le mani, devi smetterla di bere e controllarti! La soluzione non è sul fondo di quella tazza.”
Tallulah stava per intimare seccata all’amica di non parlarle come ad un’alcolizzata, ma le parole le morirono in gola quando Marley tirò le tende, accecando lei, Priscilla e Lilian con la forte ed improvvisa luce naturale che entrò dalla finestra.
La tazza ancora in mano, Tallulah e Lilian assunsero due identiche espressioni sgomente prima che la Corvonero, dimenticatasi del caffè, la lasciasse bruscamente all’amica per prendere a sfogliare disperatamente le pagine del libro che aveva davanti:
“PORCA MISERIA, che ore sono?! Non ditemi che è già ora per la lezione… Siamo indietrissimo, non può essere già ora!”
“Ve l’ho detto che andrà male, ve l’ho detto!”
Priscilla si nascose il viso tra le mani, gemendo sommessamente mentre Marley, in piedi vicino alla finestra, proponeva di simulare una fuga collettiva dal Camp:
“Potremmo sempre nasconderci nel bosco e far finta di essere scappate. Oppure potremmo fingere di essere state rapite, così sarebbe molto più drammatico e al nostro ritorno tutti ci elogerebbero e ci tratterebbero con tutti i riguardi. Che c’è? Una volta mio padre non mi considerava, mi annoiavo e così me ne sono andata a zonzo per il parco per delle ore, da piccola. Quando sono tornata erano tutti molto preoccupati e più gentili del solito.”
Di fronte agli sguardi attoniti delle tre compagne Marley si strinse nelle spalle con noncuranza, accennando un debole sorriso mentre Lilian, Priscilla e Tallulah la guardavano con gli occhi sgranati e a bocche semi-aperta:
“Ma… ma chi accidenti ti ha cresciuta, i lupi?!”
“No, sono cresciuta nella villa del Kent di mio padre, è un posto davvero bello! Ma non fate quelle facce, non ero da sola, ho avuto tantissime tate! In realtà le ho fatte scappare tutte e poi molte di loro dopo aver badato a me hanno cambiato lavoro, ma per fortuna c’erano gli Elfi che giovavano con me. Non avevamo vicini di casa quindi non c’erano altri bambini, sapete.”
Marley si strinse nelle spalle, sorridendo allegra – e appuntandosi mentalmente di dover scrivere al più presto ai suoi piccoli amici che l’aspettavano a casa, già immaginava Tully che dava di matto perché la padroncina non aveva dato sue notizie per più di una settimana – mentre Tallulah, ancora piuttosto scioccata, mormorava di aver appena rivalutato i suoi genitori.
“Anche io non avevo vicini da casa e non sapevo mai con chi giocare, da piccola…”
Il volto pallido e cosparso di efelidi ancora stretto dalle mani esili, Priscilla ripensò cupa a tutti gli anni in cui, prima di andare ad Hogwarts, aveva implorato i genitori di darle almeno un fratellino con cui passare il tempo ma che, con sua grande delusione, non era mai arrivato.
“Per fortuna ho incontrato voi!”
Guardando le amiche il viso di Priscilla si rianimò, sorridendo allegra a Tallulah e a Lilian mentre la Grifondoro, guardandola, si tratteneva dall’alzarsi e stritolarla in un abbraccio. Lo avrebbe anche fatto, ma non le andava di lanciarsi in dimostrazioni d’affetto in pubblico e si limitò a schiarirsi rumorosamente la voce per darsi un tono:
“Va bene, basta viale del ricordi, dobbiamo essere a lezione tra pochissimo, e il Professore detesta chi arriva in ritardo. L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è che si innervosisca prima ancora di scoprire che non sappiamo niente.”
“Lilian, quando dici così prendi sempre E, non ti crede più nessuno da anni ormai.”
Di fronte all’accusa di Marley, che guardò la Grifondoro incrociando le braccia al petto e un’espressione decisamente scettica in faccia, Lilian strinse le labbra, sollevò un dito e fece per replicare prima di raggelarsi all’improvviso e spalancare i grandi occhi scuri da cerbiatta. Un’ombra di terrore le oscurò il viso mentre una terribile consapevolezza l’assaliva, balbettando qualcosa a fatica a causa dell’improvviso azzeramento di salivazione che l’aveva colpita:
“Porco Godric… sto diventando come Malai…”
“Oh Mio Dio, è vero! Imitazione perfetta, sei identica!”
Priscilla sorrise allegra mentre la indicava ammirata, e Marley dovette fare del suo meglio per non ridere in faccia alla Grifondoro mentre Tallulah, più seria che mai, scendeva dallo sgabello sollevando la testa e assumendo tutta la solennità possibile per un’adolescente alta un metro e mezzo avvolta in un pigiama rosa di Sailor Moon:
“Prima di andare…. Devo fare una cosa. Aspettatemi qui.”
E senza dare ulteriori spiegazioni la Corvonero girò sulle pantofole e si diresse a passo di marcia verso le scale, gli sguardi perplessi delle altre tre puntati addosso:
“Ma dove sta andando?”
“Beh, presumo a vestirsi, ma non capisco tutta questa cerimoniosità…”                                                                                                                                       
 
 
La curiosità di Marley, Priscilla e Lilian venne soddisfatta pochi minuti dopo, quando Tallulah fece ritorno al pian terreno con addosso il suo vestitino rosa preferito con le maniche di tulle – quello, a detta della ragazza, delle “grandi occasioni” –, i capelli a caschetto acconciati alla perfezione in morbide onde color grano e un cerchietto con fiocco di velluto nero sulla testa.
“Bene, sono pronta. Possiamo andare.”
Mentre Tallulah si rassettava la gonna a ruota rosa Lilian la guardò stralunata, e Marley abbassò scettica lo sguardo sulla sua felpa verde foresta con la scritta “Girls just wanna have carbs” mentre Priscilla, osservando il suo semplice vestitino color panna a fiorellini, si domandava se per caso non ci fosse una sorta di dress code elegante per la lezione di cui si era scordata.
“Miss X, perché ti sei vestita così?!”
“Tsz, ma non avete visto Titanic?! “Indossiamo il nostro abito migliore e siamo pronti ad affondare da gran signori. Però gradiremmo un brandy”. La nostra nave sta per calare a picco, ma almeno io la seguirò con stile. Coraggio, andiamo.”
Con quelle parole Tallulah si diresse decisa e solenne verso la porta dello chalet senza voltarsi indietro, con le tre compagne che, superato lo stupore iniziale, si videro costrette a seguirla con le borse piene di libri e piume sulle spalle.
Non ho capito se vuole del brandy o cosa…”
“Lascia stare Marley, era una citazione, seguiamola senza fare domande.”
“Perché brandy non ne ho, ma se le interessa mio padre è il più grande venditore di Whiskey magico dell’America del Nord e posso sempre farmi mandare qualcosa…”

 
*
 

Non poteva farne a meno, Phil non riusciva a non provare un sottile divertimento quando entrava in aula e scorgeva gli sguardi letteralmente impauriti e pieni di ansia dei suoi studenti. C’era chi evitava il contatto visivo, chi cercava di nascondersi dietro ai banchi, chi cercava di mimetizzarsi con le pareti… Quel che era certo era che a Phil bastava un’occhiata per capire chi avesse studiato e chi no.
 
“Va bene, allora… oggi tiriamo a sorte, così nessuno potrà venire a lamentarsi col sottoscritto e farmi perdere tempo.”
Phil si era appena seduto quando fece apparire una boccia di vetro piena di bigliettini con un pigro movimento della bacchetta, causando un brusio generale di mormorii più o meno spaventati. Tallulah, seduta accanto a Lilian, gemette sommessamente mentre si portava le mani tra i corti capelli biondi:
Porca melma, per me si mette male. La fortuna sarà anche cieca, ma la sfiga ci vede benissimo e soprattutto ha sempre gli occhi fissi su di me!”
“Miss X, shhh!”
“Ti prego, ti prego, ti prego…”
Priscilla, deglutendo a fatica, unì i palmi delle mani invocando l’aiuto della dea protettrice degli studenti impauriti da Philip MacMillan mentre alzava gli occhi verdi verso il soffitto della stanza e Phil infilava la mano destra tra i bigliettini per estrarne un paio.
Mentre l’insegnante li srotolava per leggere i nomi nella stanza calò un silenzio tombale, tanto che molti dei presenti si domandarono se la loro tachicardia fosse udibile dai compagni. Come al solito l’unico rilassato era Hiro, che osservava l’insegnante reggendosi il viso con una mano.
“Park e Rice.”   Mentre Lilian sbuffava e Tallulah si mordeva la lingua per non riempire a stanza con sonore imprecazioni, i loro compagni ripresero a respirare normalmente e a rilassarsi, sorridendo con l’aria di chi ha appena scampato un’esecuzione capitale.
Guardandoli, Phil si godette la loro vana illusione di averla scampata – mentre Lilian e Tallulah si alzavano con l’aria di chi è diretto al patibolo e Tallulah sibilava all’amica qualcosa sul fatto che almeno avrebbe fatto una figura di melma con un bel vestito addosso – prima di sfoderare un sorriso angelico e allungare nuovamente una mano verso la boccia di vetro.
“… Anzi, oggi ne sento tre.”
Lo sgomento generale lo divertì ancora di più, ma Phil fece del suo meglio per non ridersela e restare serio mentre pescava il terzo, sfortunatissimo bigliettino.
Quando lesse il nome quasi provò un po’ di pena per la suddetta studentessa, sospirando prima di pronunciarne il nome con un borbottio: non c’era gusto a tormentare quella ragazzina, anzi, non gli riusciva affatto.
“… Edgecombe.”
Priscilla si alzò come in stato di trance, deglutendo a fatica mentre si dirigeva verso le sue amiche sentendosi le gambe improvvisamente molli, come fossero state fatte di zucchero filato.
Posizionatasi accanto a Tallulah, la Corvonero strinse nervosamente le mani dietro la schiena mentre i loro compagni riprendevano a respirare con regolarità e Hiro e Malai rivolgevano cenni incoraggianti alle amiche dal loro banco.
“D’accordo, allora… Edgecombe detta, Rice scrive, Park traduce, poi facciamo a cambio. Eden, non tremare, non ti voglio sbranare…”
Phil allungò il libro a Priscilla con un sospiro, guardandola paziente mentre la ragazzina, rossa in volto, pigolava un assenso tremolante prima di tornare rapida vicino a Lilian, che strinse le braccia al petto e puntò gli occhi scuri sulla lavagna mentre Tallulah impugnava un gessetto e si voltava, in attesa, verso Priscilla.
 
“Tallulah, perché hai iniziato a scrivere da metà lavagna?! Hai 20 centimetri vuoti!”
“Professore, scusi, faccio quello che posso, per arrivare lì in cima mi servirebbe una scala!”
“Ah, è vero, scusa, allora va bene. La prossima volta chiamo quelli alti.”
Con quelle parole lo sguardo di Phil indugiò pericolosamente sul banco di Hiro e Malai, che sbiancò e si portò le mani nei capelli mentre Hiro sospirava piano:
“Merda! Dici che parla di me?”
“No, guarda, dell’altro studente alto quasi due metri che nessuno conosce o ha mai visto… certo che parla di te!”

 
*

 
Sebbene infinitamente sollevata per aver scampato l’interrogazione di Antiche Rune – che, per certi versi, equivaleva a morte quasi certa –, anche quando Phil ebbe mandato a sedersi Lilian, Tallulah e Priscilla con voti decenti – dopo aver rassicurato la Corvonero dicendole di “essere stata brava”, ma Priscilla reagì diventando comunque color cremisi e balbettando un ringraziamento prima di fuggire via – quella si rivelò, per Marley, una lezione a dir poco penosa.
La Tassorosso aveva infatti commesso l’indicibile errore di sedersi, in assenza di Blodwel che non aveva mai seguito il corso, vicino a Bernadette Jones, una Grifondoro che difficilmente passava inosservata grazie alla sua cascata di capelli biondi, un viso angelico e grandi occhi verdi.
Benchè le due non si conoscessero particolarmente bene a Marley Bernadette a pelle era sempre sembrata gentile e simpatica, e piuttosto che prendere posto accanto a Jessica Everett la Tassorosso si era quasi tuffata a spanciata sul banco che la bella ragazzina bionda aveva già occupato.
“Ciao Bernadette, posso sedermi qui? Ti prego.”
La Grifondoro doveva aver percepito l’inclinazione implorante della voce della Tassorosso, sorridendole divertita e annuendo gentilmente mentre disponeva ordinatamente libro, pergamena, piuma e calamaio sul banco.
“Certo Marley.”
Sono salva… Cioè, grazie Bernadette. Hai studiato bene per l’interrogazione?”
“Sì, sono abbastanza tranquilla.”
Bernadette le sorrise facendo foggio di due file di denti bianchi, regolari e perfetti. Vedendo quanto rilassata fosse la compagna Marley iniziò a provare ancora più ansia, sbuffando piano mentre apriva il libro: era legale essere così carine e contemporaneamente così brave a scuola?
A suo parere, assolutamente no.
 
Il problema, comunque, non era tanto la vicinanza in sé di Bernadette, quanto più le attenzioni non gradite e non richieste che qualcuno continuava a rivolgere al loro banco.
Quella pigna di Malai Johansson, che aveva occupato insieme ad Hiro Davies il banco parallelo al loro, non faceva che sporgersi verso Marley per tamburellarle il dito sulla spalla e disturbarla, procurandole un inizio di esaurimento nervoso:
Marley, puoi dare questo a Bernie?”
“Marley, puoi dire questa cosa a Bernie?”
“Marley, puoi dire a Bernie che mi piacciono i suoi capelli?”
“Marley, Bernie ti ha risposto?”
Malai si stava allungando verso la compagna di Casa per darle un bigliettino da consegnare a Bernadette quando la ragazza, che ormai aveva sviluppato dei “sensori-anti-Johansson”, si voltò e lo raggelò con l’occhiata più minacciosa che Malai le avesse mai visto, oltre che puntandogli contro la penna come fosse stata un’arma pericolosissima:
“Se mi tocchi la spalla un’altra volta, ti giuro che sarà Hiro Davies a dover comunicare l’ora del tuo decesso, Johansson.”
“Mpf, sei sgarbata!”
“E tu uno stress, è tutta l’ora che mi rompi! Parlaci da solo, con Bernadette!”
“Lo farei, se solo tu non fossi in mezzo ad intralciare la traiettoria dei miei sentimenti d’amore!”
Marley aprì la bocca per dirgli dove poteva mettersi i sentimenti d’amore, ma venne preceduta dalla voce annoiata di Phil che, dalla cattedra, sedeva tenendo gli occhi verdi fissi sul testo di Bel che stava correggendo:
“Voi due, in fondo, fate silenzio o vi do una traduzione extra per dopodomani.”
“Ma Professore, è Johansson che…”
“Due traduzioni extra.”
“Ma…”
“Tre traduzioni extra. Se continuate vi mando anche a fare i dogsitter del cane del professor Hawkes.”
Questa volta entrambi i Tassorosso ai guardarono bene dal replicare, limitandosi a scambiarsi due mute occhiate torve prima di tornare al loro lavoro, standosene chini sui rotoli di pergamena mentre Hiro cercava di non ridacchiare e Marley, sbuffando, borbottava qualcosa contro le stupidissime cotte moleste del suo compagno di Casa. Non avrebbe mai scordato facilmente quando, l’anno prima, Malai si era invaghito di una loro compagna di Classe e aveva passato quasi due settimane ad appostarsi davanti alla porta del Dormitorio femminile intonando canzoni e ballate.
 
“Malai è un po’ strano, vero? Però è carino.”
Bernadette sollevò lo sguardo dalla sua traduzione per voltarsi leggermente in direzione di Malai, accennando un sorriso divertito mentre Marley, accanto a lei, stava china sul suo rotolo di pergamena per cancellare l’ultima frase senza senso che aveva tradotto erroneamente.
“Bah, sì, credo, non saprei.”
“Come fai a “non saperlo”, scusa?”
“Non mi soffermo mai molto sull’aspetto della gente, ad essere onesta. E comunque non lo considero nemmeno un vero ragazzo, è più un tizio strano e chiacchierone con il pallino del canto che dorme nella stanza accanto alla mia e che si innamora anche delle lampade, tutto qui.”
 
 
“Chissà come mai Tallulah si è vestita così bene per venire a lezione. Non ti pare strano?”
“Naaah, a Miss X piace vestirsi carina ed essere in ordine, non è strano. Comunque Bernie è bellissima, non trovi? Come avrò fatto a non accorgermene prima?”
Gli occhi a cuoricino di Malai scivolarono per l’ennesima volta sull’aggraziata e delicata figura di Bernadette – peccato che in mezzo ci fosse Marley a rovinargli la visuale, mpf – mentre Hiro, che come al solito aveva finito di tradurre dieci minuti prima di chiunque altro, osservava perplesso Tallulah e Lilian parlottare a bassa voce a pochi metri di distanza.
Certo era raro imbattersi in Tallulah in disordine, ma nella norma non si presentava a lezione così carina. C’era sicuramente qualcosa sotto.
All’improvviso un’idea si fece largo nella mente brillante del ragazzo, che spalancò gli occhi scuri a mandorla e si agitò sulla sedia prima di rivolgersi all’amico:
“Ehy, pensi che le piaccia uno dei nostri compagni?”
“Bah, può essere, La Cinese di sicuro lo saprà, e anche Cavolfiorino. Strano che il nostro genietto non sappia nulla, invece. Ehy, Marley, ti puoi spostare con le spalle un po’ più indietro? Vorrei fare un ritratto a Bernie ma ci sei tu in mezzo… perché mi fa il dito medio?! Cafona!”
“Che intendi dire, scusa? Che cosa dovrei sapere io?!”
“Uffa, che noia, possibile che io qui sia l’unico che in amore ci capisce qualcosa?! Marley, che cos’era quella risatina sarcastica?!”
“Johansson, Archer-Lloyd, siete a tanto così dal dog-sitting.”
“No, no, scusi Professore, staremo zitti, giuro! Hiro, perché Marley ride di me?!”
“Che ne so io di cosa pensano le ragazze, hanno una lingua tutta loro, chiedilo a Lilian!”

 
*

 
Quella giornata era iniziata decisamente con il verso sbagliato, per Bel McKinnon. Lance, da bravo migliore amico, aveva impiegato meno di mezzo minuto ad intuire che quella sarebbe stata una “giornata no”, e con una sola occhiata aveva intuito lo stato d’animo di Bel prima di decidere saggiamente di lasciarlo in pace: per i primi tempi, quando erano piccoli, aveva spesso tentato di migliorare l’umore dell’amico o di fargli compagnia quando Bel si dimostrava particolarmente scostante, ma dopo tanti anni di amicizia Lance aveva ormai imparato come comportarsi con Bel quando l’amico presentava quel particolare stato d’animo. E il modo migliore di comportarsi, a detta sua e di Blodwel, era semplicemente non disturbarlo.
Nessuno si era sorpreso, dunque, quando Bel al termine delle lezioni si era alzato, aveva raccolto le sue cose e in silenzio si era diretto nuovamente verso lo chalet dei ragazzi salutando a stento persino sua sorella. Nemmeno Celia, che probabilmente lo conosceva meglio di chiunque altro, era sembrata particolarmente toccata dall’atteggiamento del gemello, limitandosi a scoccare un’occhiata piuttosto eloquente in direzione di Lance e Blodwel prima di tornare a parlare con le sue amiche.
 
Dopo aver pranzato frettolosamente Bel si era chiuso nella sua camera, godendosi un po’ di rara tranquillità con la sua piccola volpe, Chione, acciambellata sulle gambe e un libro di botanica in mano.
Stava leggendo un lunghissimo e dettagliato approfondimento sulle proprietà delle Mandragole quando qualcuno bussò delicatamente alla porta. Piuttosto incuriosito da quel gesto tanto insolito – non accadeva mai che qualcuno dei suoi compagni di stanza bussasse, e di certo non con quella gentilezza – Bel volse lo sguardo sulla porta prima di invitare, perplesso, chiunque si trovasse nel corridoio ad entrare.
Il mistero venne rapidamente risolto quando sulla soglia della stanza apparve Marley, che lo guardò accennando un sorriso mentre con una mano stringeva la maniglia della porta e l’altra sprofondava nella tasca della sua felpa.
“Ah, ecco, mi pareva strano che potesse essere uno degli altri. Ti serve qualcosa?”
Il tono di Bel, meno amichevole e vivace del solito, non sembrò scoraggiare l’amica, che annuì e gli si avvicinò fino a sedersi sul bordo del letto del ragazzo:
“In effetti sì, mi servirebbe un po’ della tua compagnia. Pensi di poter fare un’eccezione per la tua adorabile amica Marley? Prometto che non ti disturberò più di tanto. E ho anche questa.”
Sfoderando un adorabile sorriso Marley tirò fuori dalla tasca della felpa un’enorme barretta di cioccolato di Mielandia, cercando di non ridere quando vide il viso dell’amico illuminarsi e un accenno di sorriso sulle sue labbra prima di tornare rapidamente serio.
“Non penso di essere di grande compagnia oggi, Marley.”
“Pensi che non ti conosca? Andiamo, non puoi stare chiuso qui tutto il giorno… possiamo stare in silenzio se vuoi, ma meglio farlo fuori, no? E potrai parlarmi di quel libro quanto vorrai, se ne avrai voglia, promesso.”
L’espressione cupa del ragazzo si addolcì leggermente, e Bel allungò una mano per prendere la cioccolata mormorando un debole ringraziamento. Soddisfatta di essere riuscita nella sua missione – come sempre, del resto, dato che Marlowe Archer-Lloyd non accettava fallimenti – l’amica sorrise prima di alzarsi e, quando Bel fu in piedi a sua volta, prenderlo sottobraccio:
“Sapevo che la cioccolata avrebbe funzionato. Ti conosco troppo bene, per tua sfortuna.”
Mentre Marley lo trascinava fuori dalla stanza Bel si vide costretto ad annuire, il libro e la cioccolata di fronte alla quale non avrebbe mai saputo resistere stretta in mano:
“Dove l’hai presa, l’hai portata per le mie giornate negative?”
“L’idea era quella, ma ho finito col mangiarmela tutta prima di arrivare qui… No, l’ho presa ad Amelie quella, ma le giurato che per ringraziarla alla prossima gita ad Hogsmeade gliene comprerò una scatola intera. Vieni, andiamo a prendere un po’ di sole.”
“Ma se entrambi non possiamo abbronzarci neanche volendo?!”
“Che ti frega, conta l’intenzione!”
 
*
 
 
“Bel?”
“Mh?”
“Secondo te io sono carina?”
“Certo, perché me lo chiedi?”
Durante le sue “giornate no”, come le chiamavano i suoi fratelli, i suoi amici e ormai anche il diretto interessato, Bel non era mai particolarmente incline a fare conversazione. Marley l’aveva convinto ad uscire, e i due avevano occupato una porzione di prato portandosi appresso una coperta da stendere sull’erba e una dose considerevole di dolci, ma fino ad allora erano rimasti in silenzio per più di una decina di minuti, Bel impegnato a leggere e Marley, invece, distesa supina con i grandi ed espressivi occhi blu semplicemente fissi sul cielo grigio che li sovrastava.
Quando l’amica gli porse quella domanda Bel distolse finalmente l’attenzione dalla sua lettura per rivolgere a Marley un’occhiata attonita, piuttosto colpito da quel quesito: non era mai stata come alcune delle sue sorelle o come molte delle loro compagne, sempre intente a specchiarsi e a preoccuparsi del proprio aspetto.
“Mh, così, per sapere. Ma lo dici solo perché sei il mio migliore amico?”
Distesa accanto a lui, che invece sedeva a gambe incrociate con il libro sulle ginocchia e le Converse nere abbandonate accanto, Marley ruotò leggermente la testa per poterlo guardare in faccia, facendo in modo che i loro occhi chiari si incontrassero mentre Bel, sempre più incuriosito, accennava un sorriso scuotendo la testa:
“No, lo penso davvero. Hai degli occhi bellissimi.”
A quelle parole l’espressione di Marley si addolcì, e un sorriso fece capolino sulle labbra della ragazza mentre allungava una mano verso di lui per dargli un pizzicotto su una gamba:
“Oh, grazie Bel, sei gentile. Anche tu. E grazie per lo sforzo che stai facendo per fare conversazione con me.”
“Merito della cioccolata, quella fa miracoli. Si vede che mi conosci bene.”
“Certo, non sono mica una sprovveduta, so come prendere le persone, io.”
Marley gli sorrise e Bel ricambiò, accettando la lieve carezza con cui l’amica gli sfiorò la mano prima che la ragazza tornasse a concentrarsi, pensierosa, sul cielo sopra di loro. Chiedendosi a cosa stesse pensando, e soprattutto cosa, di preciso, l’avesse spinta a porgli quella domanda insolita, Bel tornò alla sua lettura per qualche minuto prima di porle la stessa domanda:
“Secondo te io sono carino?”
“Ma certo! È un vero peccato che ti piacciano i ragazzi, altrimenti avresti file di ragazze ai tuoi piedi. Facciamo così, se tra vent’anni siamo single andiamo a vivere insieme noi due, che ne dici?”
“Sei di gran lunga l’unica ragazza con cui vorrei vivere, te l’assicuro. E se mi piacessero le ragazze, penso che mi sarei innamorato di te già diversi anni fa, non si può non adorarti.”
Quella era, di gran lunga, la cosa più carina che Marley si fosse mai sentita dire: sorridendo, la ragazza si sollevò per mettersi carponi sulla coperta e, allungatasi verso l’amico, gli circondò il collo con un braccio per avvicinarlo a sé e stampargli un sonoro bacio sulla guancia, ribadendo come fosse il ragazzo più adorabile che avesse mai conosciuto mentre Bel, preso alla sprovvista, arrossiva vistosamente e sorrideva imbarazzato.

 
*

 
“Ciao.”
Quando Priscilla, uscita per portare Solomon e Stirling a spasso, udì una voce maschile salutarla si voltò certa di ritrovarsi davanti uno dei suoi compagni di scuola. Un’espressione di pura sorpresa, invece, si fece largo sul viso pallido della giovane strega quando i suoi occhi verdi, come sempre leggermente coperti dai suoi indomabili ricci, si soffermarono su un ragazzo alto e biondo che era sicura di non aver mai visto prima.
“ C-ciao.”
Ben presto la Corvonero percepì la fastidiosissima e familiare sensazione di calore al viso che le suggerì di essere arrossita, come le accadeva sempre quando si sentiva in imbarazzo o si trovava al centro dell’attenzione, e deglutì mentre il ragazzo misterioso le sorrideva gentilmente, per nulla a disagio, e mostrando così un paio di adorabili fossette.
“Sapresti dirmi qual è lo chalet degli insegnanti?”
“Certo, è quello più grande laggiù.”
“Grazie. Bei cani.”
Il ragazzo accennò sorridendo ai grossi cani di Priscilla, che si stavano azzuffando per gioco a poca distanza da loro, e la studentessa si sforzò di accennare un sorriso di rimando mentre si sentiva andare il viso letteralmente in fiamme.
“G-grazie.”
 
 
“Ma con chi sta parlando Prisci? C’è un estraneo nel campeggio?!”
Udendo le parole “Prisci”, “parlando” e “estraneo” Tallulah era pronta ad agguantare la sua bacchetta e ad assalire il molestatore della sua amica, ma quando corse alla finestra davanti alla quale Marley stava assistendo alla scena mangiucchiando un sandwich finì col dimenticare ogni proposito e con ritrovarsi, invece, la mascella snodata:
Per i baffi di Akira Toriyama, chi è quel tipo?!”
“Non ne ho idea, di certo non è uno studente. Ha di sicuro qualche anno più di noi… e un tipo così ce lo ricorderemmo.”
Marley si strinse nelle spalle mentre, fuori dalla finestra, il bel ragazzo misterioso salutava Priscilla per dirigersi verso il bosco e lo chalet degli insegnanti, lontano dalla riva del lago.
Ma c’è un’agenzia di modelli qui nei dintorni?! Andiamo a chiedere a Prisci chi è!”
Decisa a saperne di più, Tallulah agguantò la Tassorosso e se la trascinò appresso fuori dall’edificio, affrettandosi a raggiungere l’amica per chiederle chi fosse lo sconosciuto.
Ma perché non era andata a portare a spasso Pika insieme a lei? Figurarsi se con la sua sfiga poteva capitarle un incontro così fortuito, lei al massimo avrebbe potuto imbattersi in Frank, naturalmente.
“Prisci, chi era quello? Oltre ad essere un’evidente incarnazione della perfezione scesa in terra, è chiaro.”
“N-non saprei, mi ha domandato quale fosse lo chalet dei prof… Non credo di averlo mai visto. Era molto gentile.”
“Magari è uno stagista! Ve lo immaginate?”
Alle parole di Marley gli sguardi delle tre si fecero improvvisamente sognanti, sfoderando tre sorrisi piuttosto ebeti mentre Solomon guardava storto la padroncina tenendo una pallina stretta tra i denti, chiedendosi cosa le prendesse e perché non stesse badando a lui, ripetendogli all’inverosimile quanto fosse stato bravo a riportarle la pallina come era solita fare.
 
 
 
“C’era un ragazzo più grande che non ho mai visto in vita mia che parlava con Prisci fuori dallo chalet, dovremmo preoccuparci?”
Malai stava in piedi sul terrazzo, la tazza di caffè ormai semi vuota in mano e gli occhi castani fissi, incerti, su Priscilla, Marley e Tallulah. Chissà chi era quel ragazzo biondo che, ne era sicuro pur avendolo visto da lontano quando era uscito a prendere un po’ d’aria e bere il suo caffè lontano dalle canzoni che stava cantando Shou all’interno, non aveva mai visto prima. E chissà perché Tallulah, Marley e Priscilla sembravano a dir poco in brodo di giuggiole dopo quell’incontro.
Aveva a malapena finito di parlare quando i canti di Shou cessarono e l’amico apparve al suo fianco alla velocità della luce, incurante di avere dell’argilla rossa spalmata sulla faccia mentre puntava sospettoso gli occhi scuri sulle tre amiche.
“Chi? Dove?”
“Quello, sta andando dai prof. Ah, ecco perché quelle tre sembrano così allegre, persino da lontano si vede che è molto bello.”
“Mpf, non così tanto. E perché hanno quell’aria ebete?!”
Visibilmente infastidito, Shou strinse le labbra e scoccò un’occhiata torva alle tre, che si stavano dirigendo verso il lago insieme ai cani di Priscilla parlottando fitto fitto tra loro. Malai, sorridendo all’amico, gli mise un braccio attorno alle spalle sbattendo con particolare energia le lunghe ciglia scure e assumendo un tono civettuolo:
“Qualcuno è forse infastidito perché gli hanno momentaneamente rubato lo scettro di più bello del reame?”
“Chiudi il becco. Mi levo la maschera e andiamo a capire chi è.”
Serio in volto, il Serpeverde girò sui tacchi e rientrò nella loro stanza con un Malai baldanzoso e sempre più divertito al seguito che prese a canzonarlo cogliendo al balzo quella rarissima opportunità:
“Il povero Shou è gelosino, povero caro! Noi però ti riteniamo il più bello di tutti, non temere!”
“Ti ho detto di chiudere il becco, Riccioli d’Oro!”
 
*
 
 
Quando udì bussare alla porta d’ingresso dello Chalet Margot sedeva sul divano, china sul tavolino da caffè di legno pieno di libri disseminati in giro dai suoi vari colleghi e impegnata a mettersi lo smalto.
“Può andare qualcuno, mi sto facendo le unghieeee!”
Nessuna risposta, nessun suono che potesse suggerirle che uno degli uomini con cui viveva l’aveva sentita o aveva accolto la sua richiesta.
Sbuffando, la strega mormorò un’imprecazione in gaelico sull’inutilità del genere maschile – era assolutamente certa che più di qualcuno l’avesse sentita e la stesse deliberatemene ignorando – prima di alzarsi e dirigersi verso la porta tenendo le mani sollevate, in modo da non toccare niente e non rovinarsi le unghie fresche.
“Arrivo, arrivo!”
Certa che fosse uno studente o un qualche collega di ritorno da un giro all’esterno, Margot aprì la porta afferrando a fatica la maniglia, per nulla preoccupata di avere una fascetta di spugna bianca con fiocco a tenerle indietro i capelli, le pantofole di Baby Yoda e una felpa oversize con scritto “A volte penso di essere normale, poi passa”. La strega aprì la porta pronta ad accogliere l’ipotetico collega con una ramanzina sull’importanza di aprirsi da soli la porta a trent’anni suonati, restando invece di stucco quando si ritrovò di fronte un bellissimo ragazzo dai lisci capelli biondo grano e gli occhi chiari.
“Professoressa Campbell, salve!”
Le labbra del ragazzo si allargarono in un sorriso allegro, guardandola come se fosse sinceramente felice di vederla e gli occhi chiari luccicanti. Margot, dal canto suo, lo guardò a bocca aperta chiedendosi chi diavolo fosse. Era decisamente troppo grande per essere uno studente, ma di certo non era un suo collega.
“Ma c’è un’agenzia di modelli qui nei dintorni?!”
Le parole le uscirono di bocca senza il minimo controllo, e il ragazzo parve sinceramente stupito mentre la guardava inarcando le sopracciglia:
“Come dice? Professoressa, sono Radcliff. Radcliff MacMillan, sono venuto a salutare mio fratello.”
Lui le sorrise e Margot dovette sbattere le palpebre un paio di volte prima di rimettere a fuoco l’immagine di quello stesso ragazzo nelle vesti di suo studente, nonché di fratellino del suo collega.
“Oh, porca… Radcliff, ma certo. Scusa, non ti avevo riconosciuto, è passato qualche anno… Vieni dentro, anche se non so di preciso dove sia tuo fratello. Come stai?”
La strega si spostò per farlo passare prima di chiudergli la porta alle spalle, cercando di non pensare al suo aspetto molto poco presentabile mentre Radcliff, invece, sembrava non farci caso e continuava a sorriderle.
L’ex studente non ebbe però il tempo di risponderle, perché qualcuno si affacciò al pian terreno dalle scale e una voce nota ad entrambi – ma per Margot insolitamente allegra – precedette la risposta di Radcliff:
“Cliff!”
Brutto sfaticato, quando ho chiesto a qualcuno di andare ad aprire non ci sentivi, vero?!”
L’occhiata velenosa che Margot gli rivolse non sembrò scalfire affatto Phil, che scese le scale e raggiunse il fratello per abbracciarlo senza degnarla di uno sguardo. Mentre guardava il suo asociale e collega stritolare il fratellino e dirsi “felice di vederlo” Margot si domandò come fosse possibile un cambiamento così repentino. Di sicuro MacMillan Senior doveva soffrire di qualche disturbo di bipolarismo, o aver sbattuto la testa prima di uscire dalla sua camera.
“Come stai, nanerottolo?”
Dopo aver lasciato andare il fratello Phil, sorridendo, gli scarmigliò i capelli con un abituale gesto della mano che fece sbuffare debolmente il minore, ma Radcliff non sembrò prendersela e sorrise di rimando mentre gli chiedeva, ormai per inerzia, di non chiamarlo in quel modo.
“Sono alto tre centimetri meno di te.”
“Non importa, lo sei comunque. Campbell, perché mi guardi in quel modo?”
L’espressione di Phil, fino ad allora insolitamente sorridente, si fece improvvisamente seria quando il mago posò lo sguardo su Margot che, manco a dirlo, lo stava guardando come se avesse avuto di fronte ET in persona.
“Niente, è che… sei strano quando sorridi.”
“Oh, detto da una che si concia come ti conci tu..”
Arrossendo leggermente, Margot stava per ricordargli che nessuna l’aveva informata dell’arrivo di un ospite – e a pensarci bene, a giudicare da quel sorrisetto sadico da schiaffi, era assai probabile che il collega avesse evitato di dirglielo di proposito – ma Radcliff la precedette, sorridendole gentilmente e rivolgendosi al fratello con tono paziente e una leggerissima nota di rimprovero:
“Phil, non essere sgarbato con la mia ex insegnante preferita.”
“Ah, lo vedi? Ex insegnante pre-fe-ri-ta. E tu eri uno studente fantastico, certo.”
La strega sorrise grata al ragazzo, che ricambiò mentre Phil, invece, sbuffava scocciato e incrociava le braccia al petto:
“Grazie.”
“Mpf, non ero il tuo preferito?!”
No, tu eri uno stronzo con me. Mi trattavi peggio degli altri.”
“Solo per evitare accuse di favoritismi e farti rendere al meglio, eri il più sveglio di tutti, un vero mini me. Andiamo a farci un giro, ti faccio vedere il posto. Ti fermi a cena?”
“Se mi volete, certo.”
Mentre i due si dirigevano verso la porta Margot, ancora scombussolata dal cambiamento avvenuto nell’acidissimo collega, si affrettò a suggerirgli che, volendo, avrebbe anche potuto fermarsi per sempre.

 
*

 
La notizia dell’arrivo di un misterioso bel ragazzo biondo con l’aria da surfista californiano aveva ben presto fatto il giro del Camp e quasi tutte le ragazze sembravano in stato di estasi: alcune avevano anche organizzato gruppi di ricerca per setacciare la zona e cercare di vederlo più da vicino. Beau, dal canto suo, non era mai stato così felice da quando aveva iniziato ad insegnare: finalmente c’era un altro bersaglio e poteva vivere in santa pace. Aveva pensato di organizzare una petizione per fare restare Radcliff come presenza fissa, ma purtroppo Margot gli aveva ricordato che il ragazzo aveva un lavoro e che difficilmente la Preside si sarebbe dimostrata d’accordo.
 
“Goditela finchè puoi” era stato il consiglio della collega, e Beau non se l’era fatto ripetere: era persino riuscito a fare una nuotata senza che stormi di adolescenti si ammassassero a riva per fare commenti sul suo aspetto senza maglietta.
“Eh già, è un tale sollievo poter finalmente avere un po’ di respiro, noi bellissimi e avvenenti uomini…”
Theobald aveva sospirato drammaticamente mentre versava il tè per sé e per Margot, che aveva cercato in tutti i modi di restare seria mentre Håkon, una tazza di caffè in mano, esprimeva la sua sorpresa nell’assistere a quel repentino cambiamento di Phil.
“Vero? Sembra un’altra persona. L’ho visto sorridere ad uno studente, ovviamente quello si è spaventato ed è corso via, ma è qualcosa di straordinario! Prima d’ora l’avevo visto sorridere solo mezza volta a Lilian Park, ma lei è la sua studentessa preferita! Ah, e l’ho visto sorridere vagamente a Eden Edgecombe prima del suo esame dei G.U.F.O., ma immagino che quella ragazza faccia tenerezza persino al suo cuore di pietra.”

 
*

 
“Ah, ecco le ragazze. Ragazze, aspettateci!”
Quando ebbe scorto Marley, Tallulah e Priscilla nella parte sassosa della spiaggia, tutte e tre in piedi e impegnate a chiacchierare mentre Pikachu, Solomon e Stirling giocavano in acqua, Shou affrettò il passo e puntò deciso verso le tre mentre Hiro, le mani in tasca, seguiva lui e Malai scoccando un’occhiata incerta all’amico d’infanzia:
“Posso sapere perché mi avete trascinato con voi?!”
“Perché studi troppo e dovevi fare una pausa, Hiro.”
Il Corvonero alzò gli occhi al cielo, sospirando e chiedendosi perché avesse accettato di uscire dallo chalet interrompendo così il suo duro lavoro – stava cercando di mettere a punto la ricetta per una nuova Pozione – mentre Eiko li seguiva trotterellando a breve distanza.
Quando ebbe raggiunto le tre amiche Shou si arrampicò sui sassi, facendo attenzione a non scivolare finchè non le ebbe raggiunte, spostando serio lo sguardo da una ragazza all’altra.
“Lily dov’è?”
“Sta studiando in camera nostra. Ti serve qualcosa Shou?”
Mentre Marley e Priscilla osservavano il Serpeverde con stupore, chiedendosi il perché di tutta quella smania di raggiungerle, Tallulah guardò l’amico lisciandosi distrattamente la gonna rosa del vestito e osservandolo con aria sospettosa prima di accennare a Malai e Hiro, che stavano seguendo l’amico cercando di non incespicare sui sassi lisci e scivolosi:
“Ah, ci sono i tre porcellini al completo, vedo, dev’essere qualcosa di serio.”
“Sì, beh, comunque quella ragazza studia troppo, se continua così le farà male! Comunque, volevamo sapere chi è il ragazzo con cui stava parlando Prisci prima.”


“Come... come fai a saperlo?!”
Priscilla parlò arrossendo vistosamente e puntando sorpresa gli occhi verdi spalancati su Shou, che parve vagamente infastidito dal colorito cremisi dell’amica mentre Malai, apparendo alle spalle del Serpeverde, sorrideva allegro assestandogli una manata sulla spalla:
“Vi ho visti io, stavo bevendo il caffè in terrazzo perché Shou cantava a squarciagola… Comunque, volevamo assicurarci che fosse tutto a posto.”
“Oh, sì, certo, mi ha solo chiesto quale fosse lo chalet degli insegnanti… Non so come si chiami.”
“Ma insomma Prisci, possibile che incontri uno così e non ti viene in mente di chiedergli nome, età, indirizzo, codice fiscale…”
“O magari, Miss X, Prisci non gli ha chiesto queste cose perché semplicemente non le interessava.”
Il tono insolitamente tagliente del ragazzo attirò l’attenzione di Tallulah, che ricambiò l’occhiata seria dell’amico guardandolo torva: stava per domandargli, seccata, che accidenti gli prendesse quando Hiro, sorridendole, mandò in malora la sua riposta piccata.
“Mi sono scordato di dirtelo a lezione, volevo dirti che questo vestito ti sta davvero bene, Tall. Posso chiamarti Tall, vero? Mi fa strano chiamarti Miss X…”
Tallulah non rispose, limitandosi a guardarlo di rimando sbattendo ripetutamente le ciglia, come in trance. A riportarla alla realtà ci penso provvidenzialmente Marley, che le assestò una leggera gomitata alle costole prima che la bionda, sorridendo, annuisse:
“Certo, puoi chiamarmi come vuoi. E grazie.”
“So che te la cavi meglio con gli incantesimi, ma mi dai una mano con questa ricetta? Ho paura di far esplodere altro e di finire espulso, onestamente.”
“Dovresti chiedere a Prisci, lei è più brava di me in Pozioni… Ahia, Marley!”
La bionda si voltò irritata verso la Tassorosso massaggiandosi le costole doloranti per la seconda gomitata, ma Marley si limitò a guardarla con aria innocente e fingendo di non capire mentre Priscilla, accanto a loro, sorrideva divertita.
“Che cavolo fai?! Va bene Hiro, vediamo che cosa ti stai inventando. Spero sia un’altra Pozione Dimagrante.”
“Mh, no, pensavo a qualcosa per far allungare i capelli, sai, per tutte quelle ragazze che si pentono di averli tagliati… tu però stai bene con i capelli corti, non volevo dire…”
“Lo so che non volevi dirlo, dammi qui.”
Sorridendogli, Tallulah allungò una mano per prendere il foglio che Hiro le porgeva prima di allontanarsi insieme a lui dalla riva del lago. Eiko, vedendo il padroncino allontanarsi con la ragazza, subito gli corse dietro e si affrettò a stringergli la mano, camminandogli accanto e scoccando occhiate leggermente sospettose in direzione di Tallulah.
Alla morettina riccia che chiacchierava spesso col suo Hiro si era abituata e le stava anche simpatica, era sempre molto gentile con lei, ma ora chi era quella biondina vestita da confetto che sorrideva ad Hiro?! Bah.
 
“Beh, io me ne torno dentro, comincia a fare freddino qui.”
Marley, il suo sandwich semi finito ancora in mano, diede le spalle al lago per dirigersi verso lo chalet mentre Malai, seguendola, indicava perplesso il suo panino:
“Vengo anche io, magari incontro Bernie. Ma tu non smetti mai di mangiare panini?”
Per tutta risposta la compagna di Casa indicò con fare eloquente la scritta riportata dalla sua felpa, e Malai annuì serio asserendo che fosse decisamente una felpa molto azzeccata mentre la seguiva verso lo chalet delle ragazze.
 
“Perché sei infastidito?”
Shou stava guardando Marley e Malai allontanarsi – con il ragazzo che tentò invano di strappare un pezzo di panino alla compagna, che reagì piuttosto malamente e sembrò minacciarlo di morte – quando udì la voce di Priscilla e si voltò nuovamente verso di lei, stringendosi nelle spalle:
“Non sono infastidito, ero solo curioso, tutto qui. Andiamo dentro anche noi? Marley ha ragione, inizia a fare freddo.”
“Va bene. Solomon, Stirling, Pika, venite.”
 
Quando Priscilla si voltò verso l’acqua per richiamare i cani i due enormi levrieri irlandesi e il piccolo carlino trotterellarono obbedienti verso la Corvonero, che sorrise affettuosamente a Stirling quando il cane le strofinò il muso peloso sul fianco. Accarezzatogli dolcemente la testa, Priscilla seguì Solomon e Pika verso il suo chalet accettando la mano che Shou le porse per aiutarla a non scivolare, mormorando un ringraziamento mentre l’amico, in silenzio, camminava deciso verso l’edificio di legno e pietra senza lasciare la presa sulla sua mano.
 

 
*
 

Il nuovo ragazzo misterioso era diventato l’argomento del giorno, e dopo che Shou lo aveva trascinato dalle ragazze per capire chi fosse il nuovo arrivato Malai ne aveva approfittato per sistemarsi comodamente sul divano mangiucchiando biscotti: buona parte delle studentesse era uscita ed era il momento ideale per godersi un po’ di pace e tranquillità. Senza contare che lo chalet delle ragazze era sempre molto più pulito e profumato rispetto a quello dove viveva, tanto da preferirlo di gran lunga.
“La smetti di sbafarti i nostri biscotti?! Ti conviene lasciarmene qualcuno! Non ti basta avermi fatto guadagnare compiti extra da MacMillan, adesso ti sbafi anche il mio cibo!”
Mentre Malai sedeva comodo comodo con il pacco di cookies in mano e il pc di Shou gentilmente concessogli davanti, Marley si sporse dallo schienale per cercare invano di agguantare i biscotti, che le vennero sottratti da un movimento rapido del ragazzo:
“Tsz, è questo il modo di trattare un ospite?!”
L’occhiata di pigro rimprovero e il tono offeso del ragazzo non parvero colpire Marley più di tanto, e l’americana gli scoccò un’occhiata torva mentre faceva il giro del mobile per sedersi a sua volta e incrociare seccata le braccia al petto:
“Un ospite senza invito, aggiungerei. Si può sapere che ci fai qui? Non dirmi che stai tendendo un’imboscata a Bernadette…”
“Le ragazze sono quasi tutte a caccia di quel ragazzo e qui si sta molto meglio che da noi, ne approfitto… Certo, sto anche aspettando che quel bellissimo angelo di Bernadette scenda al pian terreno per vederla. A proposito del ragazzo, perché sono tutte impazzite, poi? È solo un ragazzo.”
“Tu non l’hai visto…”
La Tassorosso si lasciò profondare tra i cuscini rivestiti di pelle con un sospiro, sognando brevemente ad occhi aperti – mentre Malai, accigliato, addentava un altro biscotto borbottando che non poteva essere poi così bello – prima di indicare il pc grigio antracite di Shou:
“Cosa stai guardando?”
“Una serie tv. Parla di un gruppo di studenti del liceo piuttosto strambi, molti dei presenti potrebbero rivedercisi molto.”
“Oh certo, perché tu invece sei così assolutamente normale…”
Non avendo nulla da fare Marley decise di restare a guardare la serie tv in compagnia di Malai, decisione incentivata dalla possibilità di mangiare qualche biscotto prima che il compagno di Casa li finisse e dal fatto che, doveva ammetterlo, quel gruppo di disagiati si rivelò incredibilmente divertente.
“Se non fosse sottotitolato non capirei niente, ma fa molto ridere.”
“Sono irlandesi, emettono questi strani suoni… non capisco bene nemmeno io, figuriamoci tu che sei una yankee.”
“Sono nata qui, genio, altrimenti non potrei frequentare Hogwarts. Non eri quello intelligente?”
Malai, offeso, stava masticando un biscotto quando sollevò immediatamente l’indice per fare una puntualizzazione, ma non aveva ancora mandato giù il delizioso boccone pieno di cioccolato e zucchero quando le parole gli morirono in gola: Tallulah, che aveva occupato il tavolino davanti al camino insieme ad Hiro, superò lui e Marley con il piccolo Pikachu al seguito per prendere qualcosa dalla dispensa e fare uno spuntino. Nulla di strano, ma quando l’amica gli passò accanto Malai restò a fissarla imbambolato prima di riportare lentamente lo sguardo sullo schermo che aveva davanti, soffermandosi su una delle protagoniste.
“Beh? Hai perso la lingua? Bernadette, il tuo nuovo amore perfetto, te l’ha rubata?”
Piuttosto destabilizzata dall’insolita mancanza di risposta da parte del compagno, Marley lo guardò stralunata a sua volta prima che Malai, in silenzio, le indicasse senza dire nulla lo schermo del computer.
“Lo so che stiamo guardando, cosa devo… Per tutti gli Elfi Domestici!”
Marley spalancò i grandi occhi blu, senza parole, voltandosi silenziosamente verso Tallulah in perfetta sincronia con Malai, guardando la compagna spalmare con noncuranza della marmellata su una fetta di pane mentre Pikachu faceva di tutto per farle pena ed elemosinare qualcosina.
“Che avete da guardare? Ho qualcosa di strano?”
Preoccupata, Tallulah si affrettò a tastarsi viso e capelli mentre i due Tassorosso continuavano a guardarla senza parole e con l’aria di chi ha visto un fantasma.
“Ma è… ma è assolutamente identica! Perché non me n’ero reso conto?!”
Malai riportò sorpreso lo sguardo sulla serie tv e Marley lo imitò, osservando con particolare attenzione una dei protagonisti mentre Tallulah, osservandoli dalla cucina, si domandava quali sostanze avessero assunto per risultare ancora più strani rispetto al solito.
“Chi sarebbe identica a chi, esattamente?”
“Tu a lei! Miss X, non è che per caso hai una cugina segreta irlandese che fa l’attrice?”
“O una gemella segreta separata alla nascita?!”
Le parole di Marley colpirono in modo differente Malai e Tallulah: la seconda sentì la sua sicurezza e il suo scetticismo vacillare, domandandosi se per caso la sua vita in realtà non fosse come quella delle protagoniste del suo amatissimo film “Genitori in trappola”, il primo tornò serio e incrociò le braccia scuotendo la testa con aria sostenuta:
“Impossibile, la faccenda della gemella segreta è assolutamente non plausibile, Marley.”
Mentre il ragazzo faceva dondolare pigramente la gamba sinistra accavallata sulla destra Marley alzò vistosamente gli occhi blu al cielo, scoccandogli subito dopo la più scettica delle occhiate del suo repertorio mentre Hiro aveva tutta l’aria di divertirsi parecchio nell’assistere a quel singolare scambio di battute:

Ah, certo, perché invece tutti hanno una cugina segreta irlandese che fa l’attrice!”
“Molto più probabile della gemella!”
“E tu che ne sai, hai condotto un’indagine statistica sulle cugine segrete irlandesi?!”
“Si dia il caso che io abbia letto…”
 
“Fatela finita, non ho nessuna cugina irlandese, anzi, metà della mia famiglia è americana. Vediamo questa tizia.”
Decisa a porre fine alla questione, Tallulah abbandonò la merenda per raggiungere i due a passo di marcia, posizionandosi alle spalle del divano con le braccia strette al petto e un’espressione impassibile sul viso.
I due Tassorosso guardarono prima lei, poi il computer e infine di nuovo la Corvonero, che dopo aver osservato con aria critica l’attrice scosse la testa con decisione:
“Non mi somiglia affatto.”
“Ma come sarebbe?!”
“Questi biscotti vi fanno male, meglio se li prendiamo io e Hiro.”
La Corvonero, strappata la confezione di plastica dalle mani dell’amico, girò sui tacchi e si allontanò addentando un cookie con estrema soddisfazione mentre Malai e Marley si scambiavano occhiate attonite rendendosi conto a malapena del furto subito.

 
*
 

“Ma si può sapere perché tutte le ragazze si sono rincretinite?! Ma è davvero così bello questo tizio?!”
“A me è sembrato una sorta di apparizione divina, onestamente…”
Bel si era imbattuto di sfuggita in Radcliff e Phil mentre era di ritorno dalla sua passeggiata solitaria con Chione, e la vista del “nuovo arrivato” aveva avuto il miracoloso effetto di migliorarli improvvisamente l’umore e la giornata in generale, tanto che era corso da Marley per chiedere attonito all’amica chi fosse “Il modello” arrivato al Campo. Le sue parole però non sembrarono affatto contribuire a migliorare l’umore di Shou, che sedeva imbronciato e tenendo le braccia strette al petto, infilatosi tra Hiro e Malai su un divano.
“Pare che sia il fratello di MacMillan. Porca miseria, ma che razza di genitori devono avere?! Saranno due bellezze mozzafiato, per avere due figli del genere…”
Marley si sforzò di immaginare quelle due creature sovraumane avvolte dal mistero e da aloni di luce divina, certa che se non fosse stato così severo MacMillan avrebbe avuto tante ammiratrici a dargli il tormento tante quante ne aveva il povero Professor Hawkes.
“Non è per caso hanno un terzo fratello della nostra età di cui nessuno sa nulla, vero?”
“Porca Priscilla, ve lo immaginate?”
Tre ciotole di gelato in mano, Bel, Tallulah e Marley presero a sognare ad occhi aperti mentre Lilian studiava in un angolo, lamentandosi a mezza voce per la sua solita iella: a quanto sembrava era l’unica, in tutto il Camp, a non aver avuto il piacere di scorgere “MacMillan Junior”.
“Prisci, è davvero così carino? Doveva essere all’ultimo anno quando noi eravamo al secondo, credo, ma non me lo ricordo affatto.”
“Oh, sì credo, molto bello. Cioè… sì, molto bello.”
Di nuovo, il viso di Priscilla divenne dello stesso colore della felpa cremisi di Malai, che sbuffò sonoramente mentre Shou, accanto a lui, lanciava occhiate storte in direzione della cugina e di Priscilla:
“Ecco, ci mancava solo il modello mancato. E ora come farò a farmi notare da Bernie?! Questa sì che è sfortuna!”
“Sarà capace di parlare d’altro per, che so, cinque secondi?! Ne abbiamo le scatole piene della sua Bernie!”
Seccata, Marley raccolse un’enorme quantità di gelato al cioccolato per poi ingurgitarlo con un solo boccone sotto lo sguardo perplesso di Bel, sempre più confuso dal comportamento bizzarro dell’amica e compagna di squadra.
“Lascia perdere, tra qualche giorno gli passa… Cos’hai Shou, ti vedo un po’ irritato, tutto a posto?”
Tallulah si voltò verso l’amico sfoderando un sorrisino angelico e sbattendo ripetutamente le ciglia, cercando di non ridere quando il Serpeverde la fulminò con lo sguardo e ringhiò qualcosa in risposta:
“Perché tutti me lo chiedono?!”
“Così, sembri di cattivo umore.”
“Sono solo stanco di sentir parlare della stessa cosa da ore, tutto qui.”
“Ma piantala, quando sono le tue ammiratrici a fare le moine per te non ti lamenti così tanto! Sei solo geloso.”
“Geloso, io? E di chi e di che cosa, esattamente?”
Punto sul vivo, Shou volse di scatto la testa verso la cugina per guardarla con gli occhi scuri ridotti a due fessure, le braccia strette al petto in una morsa sempre più serrata mentre sulle labbra di Lilian prendeva forma un sorriso divertito molto simile a quello sfoderato poco prima da Tallulah:
“Dimmelo tu. Prisci, da uno a dieci quanto era carino il fratello di MacMillan?”
“Non lo so, non mi ricordo, perché continui a chiederlo a me? Vado a farmi un tè.”
Desiderosa di levarsi al più presto da quella situazione imbarazzante Priscilla si alzò in piedi e sgusciò rapidamente tra i divano del salone per sgattaiolare in cucina sotto lo sguardo torvo di Shou, che si voltò e appoggiò una mano sullo schienale del divano per guardarla mentre si allontanava:
“Prisci, perché non le rispondi?! Prisci! Perché non risponde?”
“Immagino che il silenzio corrisponda al massimo, ossia 10.”
Livido, alla pacata ma onesta risposta di Hiro Shou sprofondò sempre di più tra la pelle del divano mentre Tallulah, sghignazzando, continuava a mangiare gelato con l’aria divertita di chi pensa di saperla lunga e Malai, al contempo, proseguiva imperterrito ad elencare i motivi per i quali lui e Bernie avrebbero costituito una coppia perfetta.
“Penso che proverò a scriverle una poesia. Vi chiederei aiuto, ma so che nessuno di voi possiede la vena artistica in tal senso.”
Ha parlato il moderno Keats…”
“Marley, la smetti di bofonchiare?!”

 
*

 
Theobald non aveva avuto il piacere di incontrare Radcliff MacMillan, che era arrivato allo chalet per salutare il fratello maggiore proprio quando lui era uscito per fare una passeggiata. Sulla strada di ritorno aveva percepito chiaramente che qualcosa di strano doveva essere accaduto: c’era qualcosa di notevolmente diverso, aria di novità.
Ovviamente si era fatto raccontare tutto da Margot e poi, impensierito, l’anziano professore aveva preso a misurare il salone a grandi passi, alternando la marcia con momenti in cui si appollaiava accanto ad una delle finestre per guardare fuori.
“Professore, che sta guardando?”
“Sai cara, penso che l’arrivo del Giovane MacMillan abbia smosso qualcosa, qui al Camp.”
“Professore, non chiami Radcliff così davanti a Phil, o penserà che gli stia dando del decrepito… anzi, no, faccia pure, sarà divertente. Che cosa intende dire, comunque?”
Margot appoggiò sul tavolo il numero del Settimanale delle Streghe che stava leggendo mentre Theobald, allontanatosi dalla finestra, si affrettava a raggiungerla camminando a passo svelto prima di sedersi accanto a lei e sorriderle con gli occhi chiari pericolosamente luccicanti:
“Cara, io sono vecchio e tu hai quindici anni più di lui…”
“QUINDICI?! Soltanto 12!”
Offesa, Margot incrociò le braccia al petto e scoccò un’occhiata torva al collega, che si affrettò a scusarsi e a sorriderle gentilmente mentre le appoggiava con delicatezza una mano sulla spalla esile:
“Scusami cara, hai ragione. Sono sempre stato pessimo in matematica, ma tu sei splendida, è chiaro. Ad ogni modo, quello che intendo dire è che anche se per ovvi motivi non siamo interessati al ragazzo ovviamente entrambi siamo in grado di constatare che il fratello di Phil sia molto carino.”
“Vero. Quindi? A proposito, lo sapeva che quando era mio studente aveva una cotta per me?”
“Davvero?! Dopo mi racconti. Comunque, quello che intendo dire è che questo è assolutamente il momento ideale per fare ciò che noi sappiamo di voler fare.”
“Cioè intende…”
“Certo cara, insomma, non so tu ma io sono stanco di questa totale assenza di drama! E dire che quando ho deciso di darmi all’insegnamento in una scuola di adolescenti eri sicuro di ritrovarmi in una situazione alla Gossip Girl, e invece niente!”
Theobald si abbandonò contro lo schienale della sedia con uno sbuffo profondamente amareggiato, le braccia abbandonate e ciondolanti mentre Margot, accigliata, guardava il collega aggrottando le fronte:
“Io pensavo più a Dawson’s Creek, ma dettagli.”
“Quella non l’ho vista, dopo me la spieghi. Cara, rifletti… questo ragazzo arriva qui al Camp, questo ragazzo così carino e per di più più grande dei nostri studenti di qualche anno. Mi segui? Bene. È lapalissiano che ciò sarà assolutamente propizio per smuovere le acque e magari far nascere qualche consapevolezza in più nei nostri cari ragazzi, no?”
“In effetti non ho visto i ragazzi molto contenti, a differenza delle ragazze.”
“Esattamente! Dobbiamo capire come ha reagito chi, ma ovviamente per farlo… ci serve una talpa.”
Il fare cospiratorio di Theobald non accennò a scemare mentre il professore, elettrizzato dalla sua stessa trovata geniale, sorrideva e annuiva con vigore. Margot, al contrario, lo sguardò spalancando gli occhi blu a metà tra il meravigliato e l’orripilato mentre cercava di immaginarsi il collega che rapiva uno studente, lo legava al tavolo del seminterrato e lo costringeva a far loro da talpa.
“Come una talpa?!”
“È ovvio, è più facile che gli adolescenti parlino di queste cose tra loro, no? Posso provare a ficcare il naso, è ovvio, ma penso che dopo tutti gli scherzi che ho fatto loro non si fideranno molto.”
“Intende dopo che ha fatto credere a quella ragazza che l’ex fidanzato della sua amica le andasse dietro e le due hanno litigato per niente? Si professore, lo penso anche io. Ma chi vorrebbe come talpa, se posso chiedere?”
“Pff, è semplicissimo. Qualcuno che non abbia apparentemente un particolare interesse romantico per nessuno ma che ha amici che dimostrano il contrario. Qualcuno che potrebbe avere molte cose da dirci, e direi che deve assolutamente trattarsi di qualcuno di sveglio e che non dà nell’occhio. Mi capisci?”
“Sì Professore, strano a dirsi ma penso proprio di sì.”

 
*

 
“Perché ho la sensazione che quelle ragazze ci stiano seguendo?”
“Lasciale perdere, sei il Beau del giorno...”
“Parli del Professor Hawkes? Mi ricordo come gli davano la caccia, poverino.”
 
Ridacchiando, Radcliff raccolse un sasso piatto e dalla forma ovale per lanciarlo verso il lago, guardandolo rimbalzare per due volte e disegnare cerchi concentrici sulla superficie liscia dell’acqua mentre Phil, in piedi ad un metro da lui, si rigirava un sasso tra le dita osservando pensieroso il lago e le basse cime che si estendevano davanti a loro.
“Sì, la situazione non è migliorata da dopo che te ne sei andato. Al lavoro come va?”
“Bene, ma sono a casa per un paio di settimane, come ti ho detto. Sei contento che sia venuto?”
Mentre Phil lanciava il sasso sull’acqua, guardandolo rimbalzare per cinque volte prima di sprofondare, Radcliff si voltò verso il fratello. Dopo aver seguito i movimenti del sasso il maggiore ricambiò lo sguardo, accennando un sorriso affettuoso che mai nessuno, ad Hogwarts, gli aveva mai visto sulle labbra:
“Certo, sono felice di vederti, lo sai. La mamma come sta?”
“Sta bene. Dice che dovresti scriverle di più.”
“Potrebbe scrivere di più anche lei.”
“Di papà non vuoi sapere niente?”
“Nostro padre è indistruttibile e niente può tangerlo, chiedere non serve a nulla. Devi muovere meglio il polso, o non farà mai più di tre salti.”
Mentre incrociava le braccia al petto Phil accennò calmo al sasso che il fratellino aveva appena lanciato e che, come il primo, sprofondò nell’acqua fredda del Lago dopo soli due salti. Tuttavia Radcliff non si scompose affatto, sorridendo rilassato al fratello mentre si stringeva debolmente nelle spalle e infilava le mani nelle tasche:
“Non è un problema, sono abituato a vederti essere migliore di me in tutto, è il mio destino di fratellino minore. A proposito, ho portato un’iscrizione che abbiamo rinvenuto una settimana fa in Egitto, volevo chiedere una consulenza al massimo esperto che conosco.”
“Volentieri. E ricordati, nanerottolo...”
Phil si avvinò al fratello muovendo un paio di passi verso di lui, assestandogli un paio di leggeri buffetti paterni sulla guancia mentre lo guardava divertito:
“Un giorno sarai più bravo di me.”
“Ne dubito.”
“Certo che sarà così. Ti ho fatto ripetizioni e ti ho anche fatto da insegnante io, hai le migliori basi possibili.”
“Modesto come sempre.”
Un sorriso divertito si fece largo sulle labbra di Radcliff, che guardò il fratello girarsi e dare le spalle al Loch Lomond prima di incamminarsi verso l’entroterra con le mani nelle tasche, muovendosi in un modo che ricordava particolarmente la camminata del fratello minore mentre alcune studentesse, ree dell’essere state scoperte nella loro “missione perlustrativa”, si affrettavano a dileguarsi:
“Naturalmente. Vieni, andiamo dentro, sono stufo di queste ragazzine… andate a studiare, non avete di meglio da fare?! Guai a te se mi presenti come fidanzata un’ochetta del genere, capito?”
“La faresti scappare in due secondi, non ci penso nemmeno… Dell’ultima hai detto che “era troppo stupida per il mio cervello” e ha pianto per due giorni di fila. Sei più esigente di nostra madre, Phil.”
Mentre Phil si lanciava nel solito monologo su come il suo adorabile e intelligentissimo fratellino meritasse qualcuno di altrettanto brillante, Radcliff lo seguì sogghignando e rendendosi conto, guardandolo camminargli davanti, di quanto il suo fratello brontolone gli fosse mancato.

 
*

 
Marley salì le scale dello chalet per andare in camera sua e controllare come stesse Leith, il suo Asticello che aveva lasciato a dormire nella sua stanza un paio d’ore prima. Poco prima aveva visto Lilian e Priscilla salire per cambiarsi, a loro detta, prima di cenare, ma Marley suppose che non avrebbe arrecato alle due troppo disturbo se fosse semplicemente entrata per controllare il suo Asticello.
 
 
Seduta sul bordo del proprio letto, Lilian misurò attentamente il dosaggio mentre Priscilla stava in piedi dando le spalle alla finestra e tenendo le mani allacciate dietro la schiena, gli occhi verdi fissi sull’amica e sull’operazione che ormai le aveva visto ripetere un’infinità di volte.
“Oggi pomeriggio hai mangiato una fetta di torta, sicura di stare bene?”
“Tranquilla, ho controllato poco fa e il livello era a posto, ogni tanto posso fare un’eccezione.”
“D’accordo, basta che tu stia bene. Lily, secondo te perché erano tutti così nervosetti, i ragazzi?”
Priscilla chinò lo sguardo sul pavimento e sui propri piedi, osservando le punte delle inglesine stringate color rosa antico che indossava mentre Lilian sbuffava rumorosamente:
“Pf, che domande, avranno visto un bel ragazzo e il loro ego ne avrà risentito… Shou, poi, non è abituato ad essere messo da parte, ma lo sai anche tu. Hai notato che era piuttosto irritato dal fatto che tu trovassi il fratello di MacMillan molto attraente?”
“Non direi, perché dovrebbe?”
Merlino, che faticaccia spiegarvi tutto… Voltati, se ti dà fastidio.”
Anche dopo tutti quegli anni le ripetute iniezioni a cui l’amica doveva sottoporsi continuavano ad esercitare una leggera apprensione su Priscilla, ma la ragazzina si sforzò di non voltarsi mentre la Grifondoro avvicinava l’ago alla pelle scoperta del braccio.
“Ragazze, scusate, devo controllare… Che cazzo…”
Quando Marley aprì la porta senza bussare le parole le morirono in gola, fermandosi sulla soglia mentre Lilian e Priscilla la guardavano esterrefatte di rimando. Gli occhi blu della Tassorosso saettarono da una compagna all’altra per poi esitare sulla siringa che Lilian teneva in mano, spalancandoli prima di balbettare qualcosa:
“Scusate, non… avrei dovuto bussare. Torno dopo!”
Rossa in volto e imbarazzata, Marley sparì rapidamente come era apparsa, dileguandosi dalla stanza in fretta e furia mentre Lilian, indecisa se alzarsi o meno, restava immobile con l’ago a poca distanza dalla sua pelle:
“No, Marley, torna qui… Porco Godric, proprio adesso!”
“La fermo io, non preoccuparti. Marley, aspetta!”
 
Senza esitare, Priscilla attraversò di corsa la stanza per seguire Marley sul ballatoio e spiegarle la situazione mentre Lilian, sbuffando piano, chinava lo sguardo sulla siringa piena di liquido.
Grandioso, adesso lo sapranno tutti.
In fin dei conti, però, doveva ammettere di essere stata anche fin troppo brava a tenerselo per sé e per i suoi soli amici per così tanto tempo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La serie tv che stanno guardando Malai e Marley nel capitolo è Derry Girls, una sitcom nordirlandese di carattere socio-politico che io e Em vi consigliamo caldamente di guardare e dove recita, ovviamente, la prestavolto di Tallulah.
 
 
 
 
……………………………………………………………………………………………
Angolo Autrice:
 
Buongiorno, come state?
Volevo ringraziare per le recensioni che mi sono arrivate nelle ultime settimane, mi dispiace molto non essere riuscita a rispondervi singolarmente ma un grande grazie a tutte <3
Spero come sempre che abbiate gradito il capitolo anche se è un po’ più corto del solito a causa dell’assenza di alcuni personaggi. Avete capito che cos’ha Lilian? Direi che ormai è piuttosto lapalissiano, per citare Theobald.
Nei prossimi capitoli, dopo Radcliff, ho intenzione di inserire altre “guest stars”, ma temo di dover passare anche a delle note piuttosto dolenti.
Purtroppo Amelie non farà più parte della storia. Mi dispiace moltissimo, ma ne approfitto per rimarcare una cosa che reputo molto importante:
Non ho intenzione di fare pipponi di nessun genere, negli anni mi è capitato più di una volta di farne e non farei altro che ripetere cose che sono già state ribadite da me o anche da altre persone in altre storie. Vorrei limitarmi a sottolineare che l’obbiettivo di queste storie, o mio, non è quello di aumentare il numero delle recensioni, ma di avere una sorta di collaborazione e di scambio tra chi scrive e chi propone i propri personaggi, tant’è che ho sempre ribadito che se sapete di non poter commentare la storia per un periodo per motivi di qualsiasi genere siete libere e invitate a farmelo sapere. Non ho mai eliminato personaggi di persone che mi hanno scritto qualcosa del genere e chi partecipa da molto tempo alle mie storie (Ciao Em, ciao Benny, ciao Bea) ne è testimone.
Io adoro scrivere queste storie, mi piace e mi diverte davvero molto. Non scrivo interattive per avere recensioni, ma perché mi diverte prendere in mano personaggi che non sono miei, far prendere loro vita e interagire con voi. Il punto non è tanto la mera recensione, quanto il semplice farsi vive in qualsiasi forma e in qualsiasi canale. Se qualcuno non recensisce un paio di capitoli di seguito ma me li commenta tramite un messaggio privato su Efp o su Instagram per me non ci sono problemi e il vostro personaggio non verrà eliminato.
La recensione è il modo di far sapere all’autore ciò che pensate “canonico” del sito, ma non è l’unico. Ribadisco, non è quello a cui miro, quello che mi interessa è sapere che cosa pensate di ciò che scrivo. E se decidete consapevolmente di iscrivervi, se impiegate il vostro stesso tempo per scrivere una scheda e per inventare un personaggio, non capisco perché poi voi per prime non teniate a lui/lei e a farmi sapere che cosa ne pensate, o anche suggerirmi qualcosa che potrebbe farvi piacere leggere. Nessuno vi costringe ad iscrivervi, se non avete tempo/voglia di seguire, evitate il problema alla radice. Senza contare che negli ultimi tempi non aggiorno nemmeno troppo di frequente, anzi, per i miei canoni ci metto davvero parecchio, quindi penso che una mezz’ora scarsa di tempo per dirmi quello che pensate non vi manchi.
Tutto qui, sottolineo solo che non è il numero di recensioni che mi preme e che potete farmi sapere che cosa ne pensate anche in altri modi. Il problema è quando riscontro silenzio di tomba su ogni fronte, non la mancata recensione.
Spero davvero di non dover eliminare nessun altro, perché altre sparizioni finirebbero col compromettere la storia intera.
A presto spero e buona giornata,
Signorina Granger
 

 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo 12 - A.C.C.I.O. ***


Capitolo 12 – A.C.C.I.O.
 
 
“Questo qui è l’elasmosauro, un dinosauro marino appartenente all’Ordine dei plesiosauri che visse nel Cretaceo superiore, 80 milioni di anni fa. Era uno dei plesiosauri più grandi e poteva pesare fino a due tonnellate, inoltre i plesiosauri…”
“Ma che cosa abbiamo fatto di male per meritare tutto questo…”
“Non lo so, ma all’improvviso mi sento come se fossi amica di Ross Geller…”
Tallulah e Lilian sedevano una accanto all’altra su uno dei divani del salone dello chalet dei ragazzi, luogo che avevano avuto, mezz’ora prima, la sventurata idea di raggiungere per salutare i loro amici e portare loro qualche dolcetto avanzato che Tallulah aveva preparato per colazione.
Naturalmente le due erano state accolte con particolare benevolenza alla vista del piatto pieno di Dorayaki, ma quando Tallulah, indicando il pigiama pieno di dinosauri di Malai, aveva affermato di non conoscerne la metà, il Tassorosso aveva reagito lamentando l’inaudita ignoranza dei suoi amici e aveva finito col coinvolgere le due in una sorta di lezione sui dinosauri nella quale erano rimasti ben presto invischiati, senza volerlo, anche Hiro, Shou e Bel, tutti e tre scesi al pian terreno per fare colazione e totalmente ignori del seminario di paleontologia imminente.
Fate silenzio, che poi vi interrogo! Questi sono i plesiosauri, invece l’anchilosauro, questo qui…”
Malai, in piedi davanti al divano in pigiama, con le pantofole ai piedi e i capelli ricci legati sulla nuca, agitò seccato il suo indicatore da presentazione – che moriva dalla voglia di poter usare da settimane, aspettando l’occasione giusta – verso gli amici prima di tornare ad indicare le foto e le didascalie della sua accuratissima presentazione:
“Ma dite che l’aveva preparata da molto, questa presentazione?!”
Stretto tra Hiro e Lilian, Bel si guardò attorno disorientato mentre cercava invano di star dietro alla parlantina fluente di Malai. Hiro, lo sguardo cupo fisso sul suo quaderno, mormorò che conoscendolo era probabile che avesse solo aspettato il momento giusto per rifilargli la lezione mentre Tallulah, le labbra strette e lo sguardo torvo, fissava le foto appese alla bacheca di Malai e le freccette che le collegavano tra loro:
“Preferisco non sapere. Un momento, sono indietro!” Sbuffando, Tallulah cercò di scrivere più in fretta che poteva sul suo block notes di Dragon Ball mentre alternava occhiate alla lavagna di Malai, che sbuffò e si mise le mani sui fianchi mentre scoccava un’occhiata di rimprovero all’amica:
“Se faceste più attenzione e parlaste di meno… Dicevo, l’anchilosauro era un dinosauro erbivoro dotato di placche ossee sulla corazza apparso nel Giurassico inferiore, ma ebbe una grande diffusione solo nel Cretacico… Shou, stai scrivendo?”
No, voglio mangiare i Dorayaki.”
“Mpf, sei il solito sfaticato. Io ti offro queste perle di cultura e tu le rifiuti così, vergogna!”
 
*
 
 
Quando sentì bussare alla porta, memore dall’esperienza di Radcliff MacMillan, Margot si premurò di fare un rapido check del suo aspetto prima di andare ad aprire: non aveva maschere sul viso, i capelli erano in ordine… certo indossava uno dei pezzi della sua collezione di felpe nerd, nera con la scritta “A film by Kirk(1), ma in fin dei conti poteva andare. Così, la strega mise in pausa il film che stava guardando sul suo PC – sperando vivamente di aver dovuto stoppare Notorious(2) per un buon motivo – e dopo essersi alzata ciabattò fino alla porta d’ingresso dello chalet.
“Sì?”
“Salve!”
Di nuovo, Margot non si trovò d’avanti esattamente ciò che si aspettava: né uno studente, né tantomeno un collega.
La strega si ritrovò ad abbassare perplessa lo sguardo quando udì un’allegra vocina femminile salutarla, ritrovandosi ad osservare una bambina dai grandi occhi chiari e lunghi capelli biondo grano legati in una graziosa coda di cavallo ornata da fornice.
“Emh… Ciao. Ti sei persa?”
Margot si sporse leggermente fuori dalla porta, guardando a destra e a sinistra per cercare tracce di un qualche genitore irresponsabile che aveva perso una bambina mentre la sua ospite inaspettata, sorridendo allegra e stringendo le cinghie del suo zainetto di Frozen, scuoteva la testa:
“No, sono venuta con la nonna.”
“E la nonna dov’è?”
Accigliata, l’insegnante si domandò come diavolo fossero finite per caso entro i confini protetti una nonna con la nipotina mentre la bambina parlava allegra senza smettere di sorridere:
“Ha detto che voleva controllare il posto, prima, così poi poteva dire cosa ne pensava. Io mi chiamo Dove, tu come ti chiami?”
“Io mi chiamo Margi… Aspetta. Dove…”
Quel nome le disse qualcosa, e dopo aver osservato brevemente la bambina Margot sorrise, chinandosi leggermente verso di lei mentre tutto prendeva un senso:
“Ti chiami Dove Hawkes, per caso?”
“Sì, come lo sai?!”
“Sono amica di tuo zio, lui parla spesso di te. Vieni, ti accompagno. La nonna non è che rischia di perdersi, vero? Vuoi che andiamo a cercarla?”
“No, la nonna non può perdersi, lei sa tutto.”
Dove sembrava così seria e così fermamente convinta delle sue parole che Margot non se la sentì di ribattere, decidendo di ascoltarla mentre chiudeva la porta e invitava la signorina a lasciare lo zaino nell’ingresso per seguirla al piano superiore.
La bambina la seguì sulla scale guardandosi attorno con curiosità, asserendo che lo zio Beau fosse fortunato a “fare vacanza in un posto così bello” mentre Margot, senza riuscire a reprimere un sorriso, la informava gentilmente che lo zio non fosse affatto in vacanza.
“Ma papà ha detto così. E allora cosa fa qui?”
“Lavora, temo, ma passa anche molto tempo a fuggire.”
Dove ovviamente non capì, e guardò Margot con leggera curiosità mentre l’insegnante la conduceva fino alla porta della stanza di Beau. Dopo averle chiesto di aspettare, la strega bussò alla porta prima di parlare col suo adorabile tono cantilenante:
BeauuuBello? C’è qui una tua grande fan che chiede di vederti. Che dici, la faccio entrare?”
“In che senso?! Dille che sono malato! Dì sempre che sono malato!”
Dove fece per aprire la bocca e parlare, ma Margot la zittì allungando una mano e strizzandole l’occhio prima di riprendere a rivolgersi al collega con un sorrisetto sulle labbra:
“Sei sicuro, mi sembra tanto impaziente di vederti. Penso che ti farà piacere.”
 
La strega aprì silenziosamente la porta, facendo cenno alla bambina di seguirla prima di addentrarsi nella stanza del collega. In un primo istante Margot si domandò stupefatta come diavolo facesse Beau ad essere così ordinato – la sua stanza a volte sembrava un campo di battaglia –, ma ben presto la sua attenzione si concentrò sulla porta aperta del bagno del collega, che stava in piedi, già vestito, davanti allo specchio con una mano appoggiata sul bordo del lavandino e l’altra con il rasoio in mano.
Scorgendo il collega che, anche di profilo e con metà del viso coperto da schiuma bianca, sembrava splendido come sempre, Margot dimenticò momentaneamente Dove e si limitò, esasperata, a sospirare rumorosamente:
“Ma porca miseria, perché sei bello anche con la faccia piena di schiuma?! Che pozione ti hanno dato da piccolo?!”
“Non penso che sia vero, ma dimmi che hai mandato via le studentesse, ti prego…”
Gli occhi chiari fissi sul proprio riflesso, Beau parlò senza voltarsi e avvicinandosi il rasoio alla pelle mentre Margot, sorridendo, scuoteva la testa:
“Oh, avrei dovuto? Scusa, non ci ho pensato.”
Sbiancato, Beau si voltò verso l’amica con gli occhi azzurri spalancati e con un’espressione terrorizzata chiaramente visibile anche oltre la coltre di schiuma, ma che finì col trasformarsi in un sorriso quando il mago scorse la nipote in piedi accanto a Margot:
“Dove!”
“Ciao zio!”
Dimenticatosi della barba, Beau lasciò il rasoio sul bordo del lavandino e, andato incontro alla bambina, la sollevò prendendola per la vita prima di ruotare su se stesso e issandosela in braccio, sorridendole:
“Che ci fai qui, piccolina? … Ma sei da sola?! Dov’è papà?!”
Il sorriso svanì dal viso di Beau, lasciando il posto ad un’espressione furente dai connotati piuttosto comici a causa della schiuma da barba che gli copriva metà faccia. Il mago stava per afferrare penna e calamaio per scrivere tante belle cosine in una Strillettera rivolta all’incosciente fratello maggiore che aveva ben pensato di mandare la figlia di sette anni a trovarlo da sola, con tanto di Passaporta da prendere, ma Dove scosse la testa mentre gli stringeva le braccine attorno al collo:
“No, sono con la nonna!”
“Sei… Sei con nonna Delphine? E lei dov’è?”
“In giro, adesso arriva. Mi ha lasciata davanti allo chalet ma ha detto che prima voleva andare a dare un’occhiata.”
A differenza della nipote, che non accennò a smettere di sorridere allegra, l’espressione di Beau si raggelò visibilmente e Margot, perplessa, avrebbe potuto giurare di averlo visto impallidire mentre guardava il collega rimettere la bambina con i piedi sul pavimento:
“D’accordo, andiamo di sotto… Hai fame? In cucina c’è un Elfo Domestico gentilissimo, puoi chiedergli di poter mangiare qualcosa.”
“Wow, un Elfo! Vado a vederlo!”
 
Mentre Dove usciva di corsa dalla stanza per tornare di sotto e andare in cerca di Mindel e di uno spuntino Beau, più serio che mai, si avvicinò alla collega e le mise una mano sulla spalla:
“Margi, quando conoscerai mia madre… Ricordati che io ti piaccio, ok?”
“Ma che dici? Certo che tu mi piaci!”
Margot guardò il collega inarcando vistosamente le folte sopracciglia scure, facendo foggio della sua invidiabile mimica facciale mentre Beau, tetro, scuoteva la testa con una punta di disperazione nello sguardo:
“Sì, ma te lo dovrai ricordare tra poco, quando mia madre varcherà quella soglia, ok? Per favore.”
“Dai Beau, cos’è quest’aria tragica, se tu sei così e tua nipote è così carina tua madre deve essere per forza una persona stupenda. … No?”

 
*

 
“Si può sapere che sta succedendo?! Mindel sta pulendo come un forsennato dicendo che abbiamo visite imminenti, ma chi diavolo deve venire, la Regina?!”
Phil parlò sollevando spazientito la sua tazza di caffè con una mano e il piatto di uova e bacon con l’altra mentre uno straccio umido e incantato prendeva a strofinare furiosamente il tavolo davanti al quale si era seduto poco prima per fare colazione. Facendo vagare lo sguardo sulla stanza, l’insegnante appurò che quella mattina tutti erano, se possibile, ancora più strani del solito.
Mindel stava riordinando con schiocchi di dita e Beau schizzava su e giù dalle scale con le braccia piene di libri e cianfrusaglie varie che i cinque colleghi avevano sparso in giro per il salone dello chalet nel corso delle settimane. Håkon stava litigando furiosamente con un dispenser di detersivo che cercava di pulire la sua tazza ancora piena di caffè fino a metà, mentre Theobald sedeva sulla sua solita poltrona in panciolle.
“Cercate di comportarvi tutti con naturalezza, ma che nessuno faccia battute sui francesi, sulle donne bionde, sui cocchi di mamma o cose del genere!”
Mentre Beau trasportava una montagna di libri e Margot raccoglieva i suoi prodotti per la skin care sparsi in giro – lamentandosi del fatto che ci aveva messo un’eternità a trovargli il posto ideale sul tavolino sotto la finestra – Phil aggrottò le sopracciglia e fece per domandare al collega perché mai avrebbero dovuto fare battute su quei precisi argomenti prima che una vocina allegra rispondesse inaspettatamente alla sua domanda retorica:
“No, viene mia nonna!”
Phil credeva che quella mattinata avessero già raggiunto i massimi livelli di stranezza possibili – Håkon era riuscito a finire il suo caffè, ma aveva preso a cercare di sfuggire ad una spazzola ostinata che cercava di spazzolargli i capelli neri sibilando imprecazioni in danese – ma dovette ricredersi quando posò lo sguardo sull’adorabile bambina bionda che gli era apparsa accanto dal nulla.
“E tu chi sei? Ti nascondevano in cantina?!”
“Mi chiamo Dove, tu come ti chiami? Sono arrivata prima, ero in cucina a bere latte e cioccolato. Posso una fetta di bacon, per favore?”
Dubbioso, Phil allungò il piatto per permettere a Dove di prendere una fetta di bacon mentre la bambina lo ringraziava allegra e sedeva accanto a lui, dondolando le gambe lasciate scoperte dal vestitino-salopette giallo che indossava:
“Lo zio fa sempre così quando viene la nonna, sai?”
Phil sentì un macigno sollevarglisi dallo stomaco nell’apprendere che la bambina fosse la nipote di uno di loro e che nessuno avesse raccattato bambine disperse dal bosco, ma non fece in tempo a chiederle perché lo zio fosse improvvisamente così nervoso perché Nix, dopo averlo visto allungare bacon a Dove, pensò bene di correre a sedersi alla sua sinistra scodinzolando freneticamente e guardandolo con la lingua di fuori, speranzosa.
“E basta però, non sono un dispensatore di bacon su larga scala! Non guardarmi così. … Al diavolo, almeno preservo il colesterolo…”
Sbuffando sonoramente, Phil allungò una fetta di bacon alla cagnolona mentre Dove, alla vista del cane, emetteva un gridolino felice e saltava giù dalla sedia per correre ad abbracciare Nix.
“Ho messo a posto tutti i libri? Sì? Bene. Nix, devo spazzolarti, vieni qui!”
Armato di spazzola, Beau corse dritto verso il suo cane che, dopo aver ingurgitato la pancetta e impegnata a godersi le coccole di Dove, non sembrò affatto d’accordo e sgusciò via dall’abbraccio della bambina per correre a nascondersi dietro il divano che Mindel stava pulendo con un piccolo aspirapolvere incantato lamentando l’enorme quantità di briciole finita dietro i cuscini.
“Forse perché qualcuno mangia sempre patatine sul divano…”
Margot ignorò deliberatamente il commento di Håkon, che era riuscito a neutralizzare la spazzola posseduta e stava quasi considerando l’idea di costruire un fortino di cuscini in cui nascondersi, e si limitò ad asserire seria che le sembrava di essere stata catapultata in “La spada nella roccia”. Naturalmente sbuffò sonoramente quando, come sempre, nessuno colse il riferimento.
“Nix, vieni qui, non fare i capricci! Pensate che dovremmo pulire anche il camino?!”
“Se pensi che tua madre arriverà tramite quello potrebbe servire, ma in caso non sia la moglie di Babbo Natale penso che potremmo evitarci l’impiccio.”
Phil si portò impassibile la tazza di caffè alle labbra, fingendo di non vedere Dove che gli sfilava un fetta di bacon dal piatto – ormai aveva rinunciato alla colazione – mentre Theobald iniziava a raccontare delle sue molteplici disavventure con la Metropolvere:
“Vi ho mai raccontato di quella volta che sbagliai camino e finii nel seminterrato di una famiglia russa che produceva liquori? Non mi invitarono neppure ad assaggiare qualcosa, che maleducati…”
 
“Come sto?!”
Dopo aver rinunciato a spazzolare Nix – pazienza, sarebbe stata lei a subirsi la disapprovazione di Delphine – Beau si voltò dubbioso verso Margot, che dall’alto della sua mise casalinga si era auto-proclamata esperta di stile del gruppo. Dopo avergli dato una rapida occhiata la strega sbuffò e gli rivolse un gesto sbrigativo con la mano mentre scuoteva la testa, non sapendo se ammirarlo o odiarlo per la sua perenne perfezione.
“Rispondere sarebbe inutile. Vai ad aprire, su.”
 
Seppur poco convinto il mago annuì e si diresse verso la porta sentendosi come le gambe di zucchero filato, traendo un profondo respiro prima di allungare una mano e aprire la porta d’ingresso sotto gli sguardi sempre più curiosi dei colleghi, tutti impazienti di incontrare la famigerata madre di Beau.
Mentre Beau si stampava un sorriso sulle labbra Theobald, Håkon e Phil si irrigidirono sgranando gli occhi quando nello chalet entrò, sorridendo, una donna alta, bionda e bellissima che sembrava quasi emettere una sorta di aura intangibile di perfezione.
“Ciao Maman.”
Beau sorrise alla madre, che ricambiò prima di allungare le braccia e stringerlo in un abbraccio dopo avergli stampato due sonori baci sulle guance:
Mon amour! Comment ça va, chaton?(3 )
“Ciao nonna!”
Dove sorrise allegra mentre sbocconcellava il bacon che un tempo era stato di Phil ma che il mago le aveva ceduto, e lui, Håkon e Theobald continuavano ad osservare attoniti la donna appurando mentalmente che finalmente l’aspetto di Beau aveva un senso.
“Questo non contribuisce a smentire i miei sospetti che Beau sia mezzo Veela…”
Il mormorio di Håkon venne accolto silenziosamente anche da Theobald, che annuì mentre la nuova arrivata, spostandosi i capelli dalla spalla sinistra con il gesto più naturale ed elegante del mondo, indugiava con lo sguardo sulla nipotina, sorridendole dolcemente prima di tornare a rivolgersi al figlio assumendo un’aria di rimprovero:
“Ciao tesorina! Tu ne m’écris pas assez, lo sai che se non mi fai sapere come stai mi preoccupo!”(4)
“Scusa Maman, abbiamo tanto da fare qui… Non mi hai detto che saresti venuta con Dove.”
“Mh, volevo farti una sorpresa e Dove ha insistito per venire a salutare lo zio, Ben non ha obbiettato e così l’ho portata con me. Beh, non mi presenti i tuoi colleghi?”
Superato il figlio, Delphine si addentrò nella stanza guardandosi brevemente attorno con il suo celebre occhio critico e calpestando rumorosamente il pavimento di legno con i tacchi prima di rivolgersi, sorridendo amabilmente, ai colleghi del figlio.
“Sì, certo. Ragazzi, lei è mia madre Delphine. Loro sono Phil, Håkon e il Professor Watrous… e poi ci sarebbe anche…”
Solo in quel momento Beau si rese conto che Margot era sparita, e si guardò attorno con le sopracciglia aggrottate mentre Theobald, confuso, faceva altrettanto, Håkon sospirava mormorando un appena percettibile “Ci risiamo” e Phil si domandava, a disagio, perché la madre di Beau lo stesse fissando.
“Ma sei qui solo con colleghi uomini, mon amor? Speravo ci fosse anche qualche bella ragazza. Non che voi due non siate molto belli, certo, ma a meno che tu non mi stia nascondendo qualcosa, Beau, so che ti piacciono le donne, quindi…”
Il viso di Beau andò letteralmente a fuoco, e l’insegnante balbettò qualcosa di incomprensibile un po’ in francese e un po’ in inglese mentre Phil, aggrottando le sopracciglia, si affrettava a sottolineare che a lui gli uomini non interessavano affatto.  Delphine, delusa, sospirò e scosse la testa mentre guardava, dispiaciuta, l’insegnante di Antiche Rune:
“Peccato, sareste proprio carini insieme, lei e mio figlio, lei è proprio un bel tipo.”
Theobald, sorridendo allegro e dondolandosi sulla poltrona con fare pericolosamente gongolante, stava per informare educatamente la loro bella ospite che in effetti ad uno dei suoi belli e giovani colleghi piacessero gli uomini. Håkon – quasi udendo il suono minaccioso dei suoi pensieri – lo guardò terrorizzato prima che il provvidenziale rumore della porta della cucina che si apriva catalizzasse altrove l’attenzione di tutti i presenti:
“Ma come ca… capperi…”   Correggendosi appena in tempo e scoccando un’occhiata obliqua a Dove, che ancora sedeva accanto a lui, Phil riportò attonito lo sguardo sulla sua collega mentre Håkon sospirava di sollievo: se non altro per una volta l’entrata in scena della sua amica era servita a qualcosa.
“Saaaalve Signora Hawkes, sono Margot, una collega di suo figlio. Beau, quando dici che tua madre è splendida non le rendi giustizia a dovere.”
A differenza del danese, che sembrava perfettamente abituato alla cosa, anche Beau e Theobald si unirono senza parole allo sguardo di Phil mentre Margot, uscita dalla cucina, si dirigeva sorridendo verso Delphine allungando una mano e con un aspetto notevolmente diverso rispetto a quello di cinque minuti prima. Margot si era liberata della sua mise casalinga, sfoggiando un vestito corto con cintura beige, tacchi alti neri e apparendo senza un capello fuori posto, per di più perfettamente truccata.
“Ma… Ma si nasconde i vestiti nel forno?!”
“Certe cose è meglio non chiederle, io ci ho rinunciato a capire come faccia ad attivare queste trasformazioni in cinque minuti netti.”
Mentre Delphine, entusiasta alla vista di una strega giovane e bella che viveva sotto lo stesso tetto del figlio, stringeva sorridendo la mano a Margot, Beau si massaggiò il viso preoccupato, temendo le strampalate idee che stavano già affollando la mente della madre. Håkon invece, seduto sul divano, si scrollò nelle spalle rammentando quando una sera lui e l’amica erano andati a cena fuori, ad accoglierli si era palesato un maître di sera con le parvenze di fotomodello e Margot due minuti dopo era uscita dal bagno con un addosso un aderente vestito nero da cocktail con scollo a v che aveva fatto voltare metà degli uomini presenti.
 

 
*

 
“Ma hai una scorta di vestiti segreta chiusa nel microonde?!”
“Pf, non si sa mai cosa può succedere, mi è bastato accogliere tuo fratello in un stato pietoso per imparare la lezione…”
Margot si sistemò distrattamente i capelli castani sulle spalle, parlando con aria sostenuta mentre Phil, piuttosto scettico, annuiva asserendo che effettivamente nei dintorni c’erano molti pascoli di pecore e Mucche delle Highlands che avrebbero potuto far loro visita in ogni momento e sui quali di certo la collega avrebbe potuto voler fare colpo.
Offesa, Margot gli puntò minacciosa l’indice contro per intimargli di non azzardarsi a dire una sola parola scortese sulle Mucche delle Highlands, annoverati tra gli animali preferiti in assoluto della strega e che avevano popolato la sua infanzia, ma lasciò perdere la sua battaglia quando si rese conto che la Signora Hawkes stava dicendo qualcosa ai suoi colleghi a proposito del passato di Beau a Beauxbatons.
 
Lei e Demelza facevano congetture ed elaboravano teorie sulla carriera del loro bel collega in Francia da sempre, ma Beau non si era mai lasciato scucire informazioni interessanti, limitandosi a sfoggiare i suoi sorrisi gentili prima di restare sul vago o cambiare argomento.
Avere sua madre lì, al Camp, significava riuscire finalmente a saperne di più. Incluse informazioni sulla misteriosa ex fidanzata di cui nessuno sapeva niente: persino il Professor Watrous aveva dovuto arrendersi, non a caso Margot vide chiaramente le orecchie del collega tendersi verso Delphine non appena la donna citò Beauxbatons tra un sorso di tè e l’altro:

“Sono davvero felice che adesso lavori ad Hogwarts caro. Certo Beauxbatons è ovviamente di gran lunga superiore, ma so che insegnare dove hai studiato era il tuo sogno. E poi mi sembra che i tuoi colleghi siano più simpatici rispetto a quello che avevi prima.”
“Sta parlando di me!”
Margot si rivolse ad Håkon colpendo complice l’amico con una leggera gomitata, strizzandogli l’occhio prima di asserire, sogghignando, che la Signora Hawkes parlava così perché non aveva conosciuto l’Uomo-Ananas.
“Chi è l’Uomo-Ananas?”
Delphine si rivolse con stupore a Margot, che sorrise gentilmente e le si rivolse nel suo tono più amorevole mentre allungava la teiera verso un Phil sempre più contrariato:
“Oh, un nostro collega fissato con l’ananas, un tipo molto strano e decisamente poco raccomandabile. Vuoi altro tè Philip?”
“No.”
“No grazie.”
Gli occhi verdi di Phil si ridussero a due fessure mentre cercava di ricordarsi che era presente una signora e che, quindi, non era il caso di rovesciare l’intera teiera sulla testa di Margot. Guardandoli preoccupato, Beau deglutì a fatica mentre Theobald si rivolgeva rapidamente a Delphine per cambiare argomento:
“Ci dica Delphine, in famiglia sono tutti belli come lei e Beau? Oh, e Dove ovviamente.”
“Mio marito per anni è stato convinto che io avessi sangue Veela, ha fatto non so quante ricerche… ma alla fine non è venuto fuori un bel niente. Comunque anche il fratello di Beau Bon-Bon, il papà di Dove, è bellissimo, dovrei avere delle foto…”
Håkon non amava il tè, ma si stava sforzando di berlo per buona creanza dopo che Beau lo aveva preparato per tutti. La bevanda calda gli andò quasi di traverso, rischiando di uscirgli dalle narici quando udì la madre del collega pronunciare quella curiosa successione di parole. Tossicchiando, Håkon cercò di riprendersi mentre Margot gli dava qualche energico colpetto sulla schiena e Delphine lo guardava preoccupata, chiedendogli gentilmente se stesse bene. Beau, invece, aveva assunto il colorito di una particolare sfumatura color papavero mentre, boccheggiando, si domandava perché il suo terribile segreto avesse deciso di venire a galla proprio in quel momento.
Davanti ai suoi colleghi.
“Mi scusi… come ha detto?”
Certo di aver capito male – ma sperando vivamente nel contrario – Phil si protese leggermente in avanti per avvicinarsi a Delphine, guardandola speranzoso e divertito più che mai mentre la donna rispondeva senza battere ciglio:
“Ho detto che anche il papà di Dove, mio figlio maggiore, è molto bello.”
“No Signora Hawkes, dicevo… prima. Come ha chiamato Beau?”
“Oh, Beau Bon-Bon. La famiglia di mio marito produce dolci da sempre, ho sempre chiamato così lui e Benedict.”
“Scusate, devo assentarmi un momento.”
Phil riuscì ad alzarsi e ad allontanarsi mantenendo una parvenza di contegno prima di scoppiare fragorosamente a ridere, nascondendosi in cucina affinché nessuno lo sentisse mentre Theobald, viola per lo sforzo, si alzava decretando di avere un impegno improvviso prima di correre fulmineo fuori dallo chalet: per quanto amasse burlarsi di chiunque, Beau era troppo adorabile per metterlo in imbarazzo in quel modo.
Margot si stava sforzando di pensare alla morte di Leo DiCaprio in Titanic con tanto di Celine Dion come accompagnamento musicale, e mai come in quel momento invidiò l’impassibilità totale del suo migliore amico, che se ne stava serio come una statua. Allungatasi leggermente verso di lui, Margi parlò in un sussurro appena percettibile mentre Delphine si domandava perché Phil e Theobald avessero avuto tutta quella fretta di andarsene. Beau, sconsolato, si appuntò invece mentalmente di scegliere il punto dove avrebbe scavato la propria fossa.
 
“Ma come fai a non ridere?”
“Sto ridendo dentro.”
“Beh, non si nota… Scusi Signora Hawkes, diceva su quanto noi siamo più simpatici dei colleghi di Beauxbatons? Ovviamente non aveva una collega simpatica e carina come la sottoscritta, vero?”
Margot sorrise alla loro bellissima ospite facendo dondolare con grazia la gamba accavallata e sbattendo adorabilmente le lunghe ciglia infoltite dal mascara, decisa a salvare il povero Beau dall’imbarazzo mentre il collega la guardava quasi commosso dalla gratitudine:
Magari! Magari si sarebbe dimenticato di Noelle prima!” 
Delphine sospirò e scosse il capo con visibile disapprovazione prima di riportarsi la tazza d tè fumante alle labbra, non cogliendo così il lampo vittorioso che attraversò lo sguardo di Margot:
 
Finalmente, sono anni che cerco di scoprire come si chiamasse! Dopo chiamo Demelza
 
Håkon scoccò un’occhiata di rimprovero a Margot, intimandole silenziosamente di non ficcanasare – la conosceva talmente bene da captare il suo “sguardo pettegolo” da chilometri di distanza – mentre Beau nascondeva la faccia dietro alla tazza di tè e Phil, dopo essersi gettato una secchiata di acqua gelida sul viso, faceva ritorno dai colleghi con un’espressione mortalmente seria sulla faccia.
Scusatosi per l’assenza, Phil riprese il suo posto con la stessa aria impassibile di sempre, anche se dovette fare del suo meglio per non guardare Beau e scoppiare di conseguenza a ridere una seconda volta.
Avrebbero dovuto invitare i parenti più spesso, non c’era che dire.
 

 
*

 
Beau aveva portato Dove e sua madre a fare una passeggiata insieme ad una Nix particolarmente allegra, entusiasta per l’improvviso aumento della compagnia e soprattutto per la presenza della nipotina del padrone che non faceva che allungarle biscottini e riempirla di carezze.
Håkon sedeva in un angolo strimpellando pensieroso la sua chitarra, Theobald sedeva sulla sua poltrona scribacchiando su un vecchio quadernino rilegato in pelle mentre Margot, manco a dirlo, aveva approfittato della momentanea calma che aveva avvolto lo chalet per guardare un film.
 
Lo aveva appena iniziato quando Theobald, finito di elaborare malefici piani sul suo quadernetto, si alzò dalla sua poltrona per dare da mangiare a Sunday ma fermandosi prima accanto alla giovane – nonché prediletta – collega, rivolgendole un sorriso gentile mentre indugiava accanto al divano di pelle:
“Margi cara, quando hai finito ho urgente bisogno di parlarti.”
“Certo Professore. Prendiamo un’altra tazza di tè insieme?”
Margot sorrise con affetto all’anziano collega, che ricambiò e annuì vivacemente prima di dirigersi allegro verso la dispensa con Sunday al seguito, decretando di dover sfamare la sua amata gallina.
La strega tornò così a rivolgere la propria attenzione sullo schermo del suo computer, ritrovandosi però a sgranare gli occhi blu quando un primo piano le mise davanti il volto sorridente del protagonista maschile del film.
 
Un momento
 
Sbalordita, Margot osservò brevemente quella faccia prima di voltarsi lentamente verso il punto in cui il suo collega era sparito, certa di essersi sbagliata o che fosse semplicemente un caso.
Eppure quando Theobald uscì dalla cucina ed ebbe modo di guardarlo di nuovo la somiglianza le sembrò ancora più palese.  Desiderosa di ricevere una conferma anche da un altro paio di occhi la strega si voltò impaziente verso Phil, agitando freneticamente una mano nella sua direzione per attirare la sua attenzione:
“Ehy, Phineas, guarda!”
Se mi chiami così hai ancora meno speranze del solito che io ti dia retta.”
“Mpf, va bene. MacMillan, guarda qui!”
 
Phil sollevò svogliatamente lo sguardo dal suo libro per scoccare un’occhiata annoiata alla collega, concentrandosi poi sullo schermo che Margot gli stava indicando con veemenza. Si stava chiedendo che cosa accidente avrebbe dovuto guardare quando scorse il protagonista maschile. Accigliato, Phil guardò prima il volto sullo schermo, poi Theobald e poi di nuovo il tizio che stava guidando la macchina.(5)
“Non pensi che ci somigli un sacco! È assurdo!”
“Sì, credo di sì… Che abbia fatto l’attore?!”
“Boh, vallo a sapere, nessuno sa di preciso che cosa ha fatto quell’uomo nella sua vita, racconta versioni diverse a tutti! Professore, ma lei ha per caso mai fatto l’attore?!”
“Ci sono tante cose che ho fatto, cara Margi. Forse ho fatto anche quello, non mi ricordo. Vi ho raccontato di quella volta in cui feci la comparsa interpretando un fornaio…”

 
*

 
“Shou, vuoi stare fermo?! Non riesco a ritrarti se ti muovi di continuo!”
“Non è colpa mia, è Regina che si sposta! E sei tu che hai insistito per ritrami, ti ricordo!”
“Che colpa ne ho se al momento non ho nessun amore nel cuore e quindi nessuna musa ispiratrice?! Regina, sta ferma anche tu! È stata una pessima idea, dovevi tenerti in braccio quel pigrone di Remy, che dorme sempre.”
Malai non aveva poi tutti i torti, Shou dovette constatarlo mentre, seduto su una sedia al centro della loro stanza con la sua bella gatta sulle ginocchia, lanciava un’occhiata in tralice alla gabbietta di Remy che stava, come sempre, dormendo.
Ora che ci pensava, era quasi certo di non averlo mai visto sveglio da quando si trovavano al Camp.
Malai sedeva di fronte all’amico tenendo un blocco da disegno sulle ginocchia e una sanguigna in mano mentre Hiro, dopo essere salito per vedere che cosa stessero combinando i due – tutto quel silenzio gli era sembrato decisamente sospetto, cominciava quasi a sentirsi a tutti gli effetti come una madre – si era ritrovato costretto a fare da modello a sua volta ad Eiko, che aveva deciso di imitare Malai disegnando il suo amato padroncino. Dopo aver elemosinato un foglio e una matita da Malai, la Demiguise si era seduta sul pavimento per ritrarre Hiro prima di consegnargli entusiasta il suo lavoro.
Sorridendole con affetto, Hiro prese il foglio per osservare il disegno – effettivamente piuttosto fedele, tanto che il ragazzo si convinse che Eiko avesse fatto un lavoro di gran lunga migliore rispetto a quanto avrebbe potuto combinare lui – prima di tornare a rivolgersi alla creatura con un sorriso dolce:
“Ma sei davvero bravissima, Eiko. Mi piace tantissimo.”
Eiko parve felicissima dei complimenti e abbracciò Hiro, stritolandolo con affetto come quando era bambino ed era lei a tenerlo per mano per accompagnarlo in giro e non viceversa.
Rammentando i giorni lontani in cui Eiko faceva da babysitter a lui e a Malai e impediva ad un baby Johansson di distruggere la casa quando i loro genitori erano assenti, Hiro tornò a guardare divertito lui e Shou mentre il Tassorosso si prodigava per riprodurre adeguatamente una versione fedele di Regina.
“E così la… Fase Bernadette è già finita, Malai?”
“Come? Ah, sì, superata. Cioè, è davvero bella, innegabile, ma non ha più quel non so che…”
Dimenticatosi momentaneamente del suo ritratto Malai parlò sollevando la testa e aggrottando appena le sopracciglia scure, pensando a Bernadette e all’aura di perfezione che da qualche giorno aveva perso ai suoi occhi mentre Shou sbuffava sonoramente dalla sua sedia, sforzandosi di restare fermo:
“Trovati un’altra musa in fretta però, io sono già stanco della carriera di modello, e anche Regina!”
“A me sembra che tu sia perfetto invece, non fai che lagnarti tutto il tempo!”
 
 
*

 
Quando Priscilla, Lilian e Tallulah erano uscite per fare una passeggiata nel bosco in compagnia dei loro animali non si aspettavano di imbattersi nel Professor Hawkes in compagnia non solo del suo cane, ma anche di una bella bambina bionda e della donna più bella che le tre avessero mai visto.
“Secondo me è sua madre, mi è sembrato di aver sentito qualche parola di francese… Sahara, non allontanarti troppo!”
“Questo spiegherebbe ogni cosa. Ma perché non posso essere nata anche io da una madre così?!”
“Smettila Miss X, tu sei bellissima. E comunque a volte avere una madre così bella è anche una maledizione.”
Priscilla parlò con un cupo mormorio e scoccando una tetra occhiata di rimprovero all’amica mentre si attorcigliava una ciocca di capelli scuri attorno all’indice, pensando alla sua bellissima e perfetta madre. Come avesse potuto, lei, nascere con quei capelli quando quelli di Reina Rowle sembravano seta, Priscilla se lo domandava ogni giorno da quasi dieci anni.
“Smettila Prisci, anche tu sei bella. Dovreste smetterla di farvi tutti questi problemi, voi due.”
“Facile per te parlare, i tuoi capelli sono liscissimi e non sembri un broccolo! Mia madre non fa che comprarmi la Tricopozione lisciariccio, sono sicura che si vergogna di me.”
“Tua madre magari è un po’ severa, ma ti vuole bene, lo sai.”
“Almeno voi siete qui per un motivo, lei non vedeva l’ora di liberarsi di me mandandomi in campeggio!”
L’espressione di Priscilla si fece ancora più cupa, ripensando a quanto entusiasta le fosse sembrata sua madre quando l’aveva iscritta al campeggio – non prendendo nemmeno in considerazione che Reina l’avesse fatto per farla stare con i suoi amici e risparmiarle un’estate di solitudine – mentre Lilian, invece, sbuffava ripensando con stizza a quando suo padre e i suoi zii avevano ben pensato di accollarla a quel cretino di Shou:
“Evita di ricordarmi che sono qui solo per colpa di Shou e dei festini segreti che organizzava sempre. Anzi, per colpa di quella vaccona della Everett che si è incazzata per non essere stata invitata e ha spifferato tutti ai prof!”
E io che cosa dovrei dire, mia madre mi ha spedita qui perché pensava che invece di voler dimagrire volessi suicidarmi!”
“Questo che cosa ti insegna, Miss X? Che non devi dimagrire, anche il destino ti sta dicendo che sei bella così. In poche parole, difficile stabilire a chi delle tre sia andata peggio, ma almeno abbiamo passato qualche settimana extra insieme. E comunque, Prisci, sono sicura che a Shou piacciono i tuoi capelli da broccolo.”
Priscilla scosse il capo, asserendo cupa che con tutte le ragazze carine che gli ronzavano attorno era assolutamente impossibile che a Shou potesse piacere lei. Lilian sospirò – trattenendo l’impulso di prendere un albero a testate – mentre si domandava perché tutti fossero così beceramente ottusi, in quel campeggio. Per lo meno Marley, dopo che lei e Priscilla le avevano spiegato del diabete, aveva confermato di essere la persona più gentile di tutto il Camp assicurando a Lilian con un sorriso che non ne avrebbe fatto parola con nessuno, se era quello che desiderava. Per fortuna era rimasto qualcuno sano di mente, e per fortuna a vederla con l’insulina in mano non era stata la Everett.
 

 
*

 
“Beau, finiscila di farmi la predica, sono tua madre e ti chiamo come mi pare e piace. Dove, non andare troppo avanti!”
“È Nix che tira, non sono io!”
Vedendo la nipote in netta difficoltà con il guinzaglio di Nix Beau si affrettò a richiamare il cane, guardando il Pastore Maremmano fermarsi e sollevare la testa nella sua direzione mentre la bambina, sollevata, raggiungeva Nix per cingerle il collo peloso con le braccine e appoggiare la testa contro la sua.
Sollevato, Beau accennò un sorriso prima di tornare a rivolgersi alla madre, porgendole la mano per aiutarla galantemente a scavalcare una grossa radice prima di tornare a chiederle di non usare il suo tremendo soprannome in pubblico.
“Sei sempre il solito, io ti riempio di affetto e tu mi ripaghi così!”


Sospirando, Beau mormorò di apprezzare moltissimo il suo affetto. Ciò che non apprezzava, era il modo tremendo con cui era solita chiamare da sempre lui e suo fratello maggiore Benedict. Di essere “cocco di mamma” Beau lo sapeva da sempre, e suo fratello non aveva mai smesso di ricordarglielo, ma avrebbe versato fiumi di galeoni affinché Delphine smettesse di chiamarlo in quel modo.  Quando era piccolo e Benedict lo tormentava in ogni modo possibile era un sollievo potersi rifugiare dalla madre, ma Delphine continuava a vederlo come lo stesso bimbo timido, indifeso e sempre con un libro in mano.
La strega si stava infatti dilungando in un discorso su quanto il suo adorato secondogenito fosse bellissimo, gentile, intelligente e perfetto e di come ovviamente lei fosse stata una madre fantastica per crescere un simile ragazzo esemplare. Mentre controllava che Nix non mandasse Dove al tappeto con la sua mole, Beau sospirò rumorosamente e annuì, roteando gli occhi al cielo mentre la madre lo prendeva a braccetto.
“Sì Maman, tutto merito tuo…”
“Beh, di sicuro i bei geni non vengono da tuo padre, e lo dico con tutto l’amore possibile per Theo. Sono carini i tuoi colleghi! Margot è davvero bella.”
“Non provarci, Maman.”
“Come sei scostante su questo argomento! Io adoro Lauren e Dove e sono felice che Ben Bon-Bon si sia sistemato, ma vorrei vedere felice anche te, mon cher. Non avrei mai pensato che si sarebbe sposato prima di te.”
“Già… Non si scorda mai di farmelo notare ogni volta in cui ci vediamo.”
Una smorfia appena percettibile fece capolino sulle labbra di Beau, ma l’ex Corvonero tornò subito a sorridere quando Dove si voltò verso di lui indicando lo scorcio di lago che si intravedeva attraverso gli alberi e chiedendo se potevano andarlo a vedere.
“Certo piccolina. Maman, non iniziare a parlare di Noelle, per favore.”
Delphine sbuffò, borbottando che dopo nove anni di relazione e la proposta si aspettavano tutti che si sposassero e n0n che si lasciassero perché lui aveva deciso di trasferirsi ad Hogwarts come aveva sempre sognato e lei non aveva voluto lasciare Beauxbatons e seguirlo. Beau invece le sorrise, stringendole delicatamente la mano per pregarla di metterci una pietra sopra:
“Maman, ho già vissuto l’esperienza di avere una relazione con una collega. Sai com’è finita. Non si ripeterà più.”

 
*

 
Quando la Professoressa Campbell aveva intercettato la passeggiata sua, di Priscilla e di Tallulah chiedendo a Lilian di seguirla la Grifondoro non aveva avuto la minima esitazione, chiedendo alle amiche di badare a Sahara per lei prima di seguire l’insegnante di Trasfigurazione verso lo chalet dei professori. Naturalmente aveva provato ad indagare sul motivo di quella richiesta, ma Margot era rimasta insolitamente sul vago e non si era lasciata scucire quasi nulla mentre la precedeva risalendo il pendio a passo curiosamente svelto, se considerata la lunghezza delle due gambe.
 
“Entra pure Lilian.”
Quando Margot aprì la porta dello chalet e si voltò verso di lei Lilian esitò, scrutando prima la porta aperta e poi l’insegnante mentre giocherellava con l’orlo del suo vestitino:
“Ho fatto qualcosa di sbagliato?”
“Oh, no, no. Non preoccuparti.”
Margot le sorrise, ed essendo la persona più rassicurante che avesse mai incontrato Lilian non poté far altro che annuire e darle retta, entrando nell’edificio prima che l’insegnante le chiudesse la porta alle spalle.
“Vieni.”
Dubbiosa, Lilian seguì l’insegnante verso una porta laterale seminascosta, chiedendosi che cosa stesse succedendo quando si ritrovò davanti ad una rampa di scale che scendeva verso il basso.
“Emh… è sicura di aver bisogno di me, Professoressa?”
“Più che sicura.”
Disobbedire ad un insegnante non rientrava tra le abitudini di Lilian, che dopo una breve esitazione si ritrovò costretta a seguire con titubanza Margot lungo la rampa scricchiolante, la mano destra stretta sul corrimano di legno e sempre più confusa.
 
Se sperava di trovare una risposta ai suoi dubbi una volta arrivata a destinazione, Lilian rimase delusa dallo spettacolo che le si figurò davanti quando giunse nel seminterrato: la stanza era completamente avvolta dall’oscurità, fatta eccezione per una lampadina che penzolava dal soffitto e che illuminava fiocamente un tavolo di legno e tre sedie vuote.
La giovane strega stava per voltarsi verso Margot asserendo seria che se lì sotto producevano metanfetamine o altro lei era intenzionata a non saperne niente, ma l’insegnante la precedette quando, sbuffando, premette l’interruttore per accendere le altre luci:
“Professore, le avevo detto di non esagerare! Non vogliamo spaventare la povera Lilian, no?”
“Uffa, sai quanto ci avevo messo per quella dannata lampadina? La mia atmosfera è rovinata!”
 
Solo allora Lilian ebbe modo di scorgere con stupore – ma forse avrebbe dovuto aspettarselo – il Professor Watrous, che sedeva in una angolo con Sunday in braccio. Forse la sua idea originale era quella di apparire dal nulla con la gallina in braccio e accarezzarla mentre illustrava a Lilian il suo sordido piano come una sorta di gangster, ma Margot gli mandò in fumo il progetto quando invitò gentilmente la povera studentessa ignara a sedersi.
Sbuffando, Theobald imitò Margot andando a sedersi di fronte a Lilian dall’altro lato del tavolo traballante, sorridendole però gentilmente quando la Grifondoro gli riservò un’occhiata dubbiosa:
“Con tutto il rispetto, non capisco che cosa ci faccio qui.”
“Signorina Park, io e la Professoressa Campbell le vorremmo chiedere un favorino.”
“Un favore. A me? Voi?”
 
Dal seminterrato buio con la lampadina di Psyco Lilian ebbe l’impressione di ritrovarsi improvvisamente nel Padrino, e spostò sospettosa lo sguardo da un insegnante all’altro mentre Margot, sorridendo, annuiva:
“Proprio così. Ma solo se ti fa piacere, è naturale.”
“E di che cosa si dovrebbe trattare?”
“Cara, sei una ragazza sveglia. Sono sicura che come noi hai compreso benissimo la situazione e io voglio dei gossip, perbacco. Quindi, vogliamo chiederti se sei disposta a dare una mano alla nostra nobile causa.”
 

 
*
 

Complice il temporaneo allontanamento di Margot e del Professor Watrous – non aveva idea di dove fossero finiti, ma almeno non rischiava di inciampare nella gallina ogni due per tre – Phil si stava godendo la pace dei sensi. Steso sul divano con gli occhi chiusi, il mago era in pieno relax mentre Håkon, seduto sul tappeto, giocava a Gobbiglie con Dove e Beau chiacchierava con sua madre in compagnia di una immancabile tazza di tè verde.
“Phil, sai dov’è Margi? È un po’ che non la vedo.”
Quando la sua amica spariva sopra ad un certo lasso di tempo i sensori di allerta di Håkon iniziavano a lampeggiare, per questo il danese distolse momentaneamente l’attenzione dalla partita in corso – si stava sforzando di risultare assolutamente credibile nel suo far vincere Dove, ma aveva anni di esperienza con Freya alle spalle e ormai si reputava in maestro – per guardarsi attorno con circospezione, già pronto ad immaginare l’amica dispersa nel bosco, intrappolata in una buca o alla meglio impegnata a fare amicizia con un branco di Puffins.
Chissà perché quell’immagine non sembrava poi così inverosimile.
No, ma ti prego non nominarla, rischi che magicamente ricompaia…”
“Margot è simpatica. Håkon, ma mi stai facendo vincere?!”
Accigliata, Dove scrutò con gli attenti occhi azzurri la partita prima di indicare accusatoria le biglie colorate e scoccare un’occhiata di rimprovero ad Håkon, che borbottò che la lontananza prolungata dalla figlia aveva compromesso le sue abilità.
“Håkon, non farla vincere, è giusto che impari a perdere… Vuoi giocare Dove? Prometto di non perdere apposta.”
“Ok. Sai che batto sempre anche lo zio Beau? Dice che sono molto brava.”
Alzatosi dal divano, Phil si stiracchiò lentamente prima di raggiungere Dove e Håkon sul tappetto, osservando dubbioso la bambina raccogliere le biglie sparse in giro ed evitando di farle notare quanto fosse probabile che anche lo zio fosse solito farla vincere di proposito.

 
*

 
“Scusate, credo di non aver capito bene… Accio?!”
“No cara, non Accio, bensì A.C.C.I.O.: Associazione Campeggiatori Cupidi per Innamorati Ottusi.”
“Il nome è una mia idea. Ne vado molto fiera!”
Margot sorrise allegra, gongolando visibilmente soddisfatta per la sua trovata geniale mentre Lilian, finalmente, iniziava a capire. Certo restava comunque una situazione ai limiti dell’assurdo, ma si permise persino di sfoggiare un mezzo sorriso quando tornò a rivolgersi ai due insegnanti:
“Cioè volete che io vi dia una mano a far mettere insieme i miei compagni?”
“Vedi Margot, lo dicevo che è sveglia e che era la persona giusta. Sì cara, vedi abbiamo notato qualcosa tra alcuni tuoi compagni e ci serve una talpa che sia amica di molti di loro.”
“Si riferisce a Tallulah, Priscilla e a mio cugino? Sì, persino un porcospino se ne accorgerebbe. Beh, poi c’è Malai, ma lui non lo consideriamo. Gli è già passata la cotta per Bernadette, non è molto attendibile.”
“Sì, ma tu tienici aggiornati sui futuri sviluppi. D’accordo?”
“… D’accordo. Potrebbe anche essere divertente, dopotutto.”

 
*

 
“Bel, andiamo, non possiamo farci battere dall’Uomo Dinosauro!”
“Scusa come mi hai chiamato?!”
Marley ignorò deliberatamente l’espressione offesa di Malai, che sedeva accanto ad Hiro dall’altro lato del tavolino da caffè che i tre più Bel avevano occupato per una partita a Sparaschiocco, disturbando i compagni che cercavano di studiare nelle vicinanze. Tra questi figurava anche Tallulah, che aveva finito con l’arrendersi per poi sistemarsi sul divano e seguire la partita in corso mentre aspettava che Lilian facesse ritorno dopo essere stata “presa in prestito” da Margot.
 
“Marley, non mettermi pressione!”
“Umpf, va bene, ma ricorda che chi perde stasera lava i piatti di tutti, e io non ci tengo affatto! Perché qui non c’è quella cosa, come si chiama, la strofinapiatti?!”
Lavastoviglie.”
“Quel che è!”
 
Mentre Marley faceva il tifo per l’amico, Hiro osservava in placida attesa appoggiandosi contro il divano e Bel si domandava perchè avesse accettato di giocare con le persone più competitive dell’universo – Marley e Malai – Priscilla raggiunse Tallulah sul divano, sedendosi accanto all’amica mentre osservava curiosa la rumorosissima partita in corso.
 
“Ho finito i compiti di Aritmanzia, finalmente. Stanno ancora giocando? E Lily deve ancora tornare?”
“Si prospetta la partita più lunga del secolo Prisci, ti conviene metterti comoda. Vado a prendere uno snack, questa competitività mi mette fame.”
“Ma non stai giocando!”
“E allora, mi permea per osmosi!”
 
Tallulah si alzò, fece spallucce e si sistemò con grazia il fiocco fucsia che le ornava i capelli prima di domandare educatamente ai 4 giocatori se gradivano qualcosa per merenda.
“Io vorrei tanto un sandwich, ma non preoccuparti, me lo preparo quando finiamo.”
Marley sorrise gentilmente a Tallulah, già pregustandosi il suo futuro sandwich mentre il viso di Malai, in attesa che Bel facesse la sua mossa, s’illuminava pericolosamente:
“Idea. Se perdete, oltre a lavare i piatti dovrete fare panini per tutti, stasera.”
Bel adorava i panini di Marley, ma che lui fosse totalmente incapace in cucina era ormai cosa nota anche a Leith, l’Asticello della sua amica. Il Tassorosso si voltò disperato verso Marley per implorarla di non accettare, ma prima che ebbe il tempo di parlare la ragazza aveva già sorriso e allungato una mano verso Malai:
“Certo. E se perdete voi, voi dovrete lavare i piatti… con addosso quel grembiule a cuoricini e gattini che nessuno vuole usare.”
Terrorizzato all’idea che tutti lo vedessero con quel grembiule orrendo addosso, specie Tallulah, Hiro stava per implorare l’amico di rifiutare, ma naturalmente Malai non si sognò neanche di consultarlo e strinse senza esitazioni la mano di Marley, sorridendo compiaciuto.
“Bene. Ti conviene preparare il pane Archer-Lloyd, ti servirà.”
“E a te servirà il grembiulino, dopo vado a prenderlo, non temere.”
 
Da spettatrice silenziosa, Priscilla si stava domandando preoccupata quanto quella partita stava per diventare pericolosa mentre Tallulah faceva ritorno stringendo tra le braccia una gigantesca ciotola di pop-corn caldi.
Le due stavano ipotizzando che fine avesse fatto Lilian – forse aveva incontrato MacMillan e si erano messi a discutere di Antiche Rune come forsennati, non era da escludere – quando Shou varcò la porta d’ingresso dello chalet tenendo le mani sprofondate nelle tasche e un’espressione vagamente annoiata in faccia.
“Ciao ragazze. Lilianator?”
“Sparita, crediamo che sia stata inghiottita dalle Rune. Vuoi vedere la partita con noi?”
“Sì, meglio che fare i compiti.”
Annuendo, Shou fece il giro del divano per sedersi accanto a Priscilla, allungando una mano verso i pop-corn per prenderne una generosa manciata mentre Malai, scorto l’amico, gli intimava minaccioso di tifare per lui.
“Altrimenti che fai, mi propini un seminario sui collilunghi?”
“Si chiamano brontosauri, ignorantone!”
“Certo, certo…”
Sospirando stancamente, Shou si mise comodo sul divano appoggiando la testa bionda contro quella ricciuta di Priscilla, che osservò le carte pentagonali disposte sul tavolo scoppiare una dietro l’altra mentre Tallulah sgranocchiava pop-corn osservando un po’ la partita, un po’ i due amici di sottecchi.
 
Dieci minuti dopo, quando Lilian fece finalmente ritorno, Malai si stava strappando i capelli per la disperazione dovuta alla sconfitta, Marley stava preparando i “sandwich della vittoria” per sé e per Bel mentre Hiro elaborava un rapido piano per rubare il grembiulino a cuori e distruggerlo senza che i sospetti ricadessero su di lui.
“Perché hai accettato quella dannata scommessa?! Quel grembiule è tremendo! Sarebbe stato meglio dire a Marley e a Bel che avresti fatto loro i compiti, del resto non sarebbe la prima volta per te…”
“A me preoccupa più il fatto di dover cucinare per tutti, nessuno farà caso a quel grembiule!”
Hiro non rispose, limitandosi a chinare lo sguardo e a borbottare a mezza voce qualcosa di totalmente incomprensibile mentre Lilian sedeva sul divano lasciato libero dai due sotto gli sguardi pregni di curiosità di Tallulah, Shou e Priscilla:
“Dove eri finita?”
“La prof Campbell voleva parlami di una cosa, ma non posso farne parola con nessuno, scusate.”
Lilian parlò accavallando le gambe pallide ed esili senza riuscire a trattenere un sorrisetto soddisfatto, decisa a tenere le labbra cucite mentre amiche e cugino si scambiavano occhiate confuse. Shou stava per indagare, curioso, quando Malai udite le parole dell’amica la guardò spalancando indignato gli occhi castani:
“Margi ha detto qualcosa di segreto a te e non a me?! Come può farmi questo?! Domani mi sente!”

 
*

 
“Ciao piccolina, sono davvero felice che tu sia venuta a trovarmi.”
Inginocchiato davanti a Dove, Beau sorrise alla bambina mentre le stringeva delicatamente le spalle con le mani guardandola ricambiare con affetto mentre Delphine, alle sue spalle, osservava adorante il figlio salutare la nipote.
“Anche io, tu e Nix mi mancavate.”
“Di più io o di più Nix?”
Beau sorrise divertito alla bambina mentre le dava qualche pizzicotto giocoso sui fianchi, facendole il solletico e guardandola ridere e contorcersi brevemente prima di sorridergli con ancora più allegria di prima:
“Tu, ovvio!”
“Va bene, ci crederò. Ti direi di fare la brava, ma non ho dubbi a riguardo. Abbraccio.”
Beau allargò leggermente le braccia e Dove non se lo fece ripetere, abbracciando lo zio e stampandogli due baci sulle guance come faceva sempre nonna Delphine prima di fargli promettere di prepararle i pancake con le faccine una volta tornato a casa.
“Promesso, invitarti per la merenda sarà la prima cosa che farò. Ciao Maman, grazie per essere venuta e per averla portata.”
Rialzatosi in piedi Beau si rivolse con un sorriso anche alla madre, che naturalmente lo agguantò per stampargli a sue volta due baci prima di strofinargli via il rossetto dalle guance:
“Di nulla Beau Bon-Bon caro. Ma come ti sei sbarbato stamani?”
“Colpa di tua nipote che mi ha interrotto. E Maman, smettila di chiamarmi così, dai!”
L’insegnante sospirò esasperato ma come da manuale sua madre non gli diede retta, ribadendo offesa che quello fosse un soprannome assolutamente adorabile e di andarne anche molto fiera.
“Sì, ma ho 35 anni, e Benedict 39, non ti sembra il vaso di chiamare Dove così, piuttosto!?”
“Ma mon amor, Dove Bon-Bon non suona fatto bene come Ben Bon-Bon o Beau Bon-Bon!”
Delphine sospirò e agitò la mano con disapprovazione, chiedendosi perché diavolo tutti gli ingrati uomini della sua famiglia non cogliessero la logica dietro ai suoi meravigliosi soprannomi mentre il figlio ingrato numero 2 scuoteva il capo con rassegnazione:
“Lasciamo perdere… Fate buon viaggio. Tesoro, hai tutte le tue cose?”
“Credo di sì, ma se ho dimenticato qualcosa torno a trovarti. Ciao zio!”
“Ciao piccola.”
Beau sorrise e rispose al saluto di Dove agitando leggermente la mano nella direzione della bambina, guardandola sorridergli un’ultima volta prima di stringere la mano della nonna e dargli le spalle, allontanandosi per recuperare la loro Passaporta. Prima di fare altrettanto per tornare verso lo chalet Beau sentì Dove dire a Delphine che a lei invece i suoi soprannomi sembravano molto carini, e la nonna assicurò alla bimba che ovviamente era lei la sua preferita della famiglia e che padre e zio non capivano nulla.
 

 
*

 
“Ma come siete carini… Possiamo farvi una foto ricordo?”
Seppur la domanda di Lilian fosse esplicitamente ironica Malai stava per rispondere con una scrollata di spalle che per lui c’erano problemi, ma l’occhiata di Hiro e il cupo diniego del Corvonero lo precedettero.
Peccato, sarebbe stata una bella foto ricordo da incorniciare. Sicuramente l’avrebbero apprezzata anche i loro padri.
 
Seduta su uno sgabello dell’isola della cucina, Marley asserì sghignazzando che lui e Hiro fossero indubbiamente gli chef più chic che avesse mai visto mentre i due si prodigavano per preparare la cena tra un commento dei compagni e l’altro, tutti e due con addosso i famigerati grembiuli pieni di cuori e gattini(6) e i capelli legati.
“Ci vorrà ancora molto per il sugo?! Io ho fame! E qualcuno levi questi grissini a me e a Prisci, o li finiamo.”
Seduta tra Marley e Priscilla, Tallulah addentò seccata l’ennesimo grissino al sesamo mentre la Corvonero, accanto a lei, sospirava mormorando di star morendo di fame. Obbediente, Marley afferrò il cestino dei grissini e lo mise al sicuro mentre Hiro e Malai discutevano a proposito dello stato di cottura delle polpette al sugo.
“Secondo me sono pronte, è una vita che ci stiamo appresso!”
“Io non mi fido, l’altra volta dentro erano semi crude ed è stato un oltraggio. Gli spaghetti con le polpette sono S-A-C-R-I!”
Malai parlò assumendo un tono ed un’espressione mortalmente seri e premurandosi anche di sollevare l’indice, facendo così capire all’amico che la questione fosse effettivamente di vitale importanza e da non prendere sottogamba. Sospirando, Hiro mormorò che aveva capito e propose di tagliare a metà una polpetta per controllare la cottura mentre Shou, sentendo nominare gli spaghetti con le polpette, intonava a bassa voce una nota canzone:

This is the night
It's a beautiful night
And they call it Bella Notte
…”

“No Shou, ti prego, poi attacca anche Malai…”
Lilian quasi non ebbe il tempo di rabbonire il cugino, perché Malai si scordò momentaneamente della cena e attaccò la seconda strofa insieme all’amico mentre Hiro alzava rassegnato gli occhi al cielo e Shou, alzatosi dal divano, si avvicinava al gruppo per curiosare sull’andamento della cena e circondare le spalle della cugina con un braccio, sorridendole divertito:

“Look at the skies
They have stars in their eyes
On this lovely Bella Notte…”
 
“Che canzone è? Perché sembro l’unica che non la conosce?”
Alla domanda di Marley persino Priscilla – di solito ignorante tanto quanto lei in materia Babbana, ma che aveva visto il film per merito di Lilian e Shou – la guardò stralunata, e Malai e Shou smisero di canticchiare prima che Tallulah, sconvolta, afferrare seria la Tassorosso per le spalle:
“Chi ti ha rubato l‘infanzia? Chi?!”
“No, no, no, questo è inaudito, bisogna rimediare. Qualcuno ha l’abbonamento di Disney+?!”
Alla domanda di Malai tutti eccetto Marley si voltarono in sincro verso Shou, che annuì prima di sbuffare sonoramente:
“Sono stanco di dare le password a destra e a sinistra, vedete di iniziare a pagare anche voi una volta tanto!”
“A me ieri è arrivata la paghetta del mese, se può aiutare…”
Sorridendo, felice di dare una mano e con l’immancabile Leith sulla spalla, Marley estrasse dal nulla un borsello dall’aria pensatissima e strapiena di monete tintinnati sotto gli sguardi attoniti di tutti i presenti, che però si affrettarono a dirle di mettere via i soldi mentre Malai, approfittato della distrazione generale per sbafarsi una polpetta, annunciava a bocca piena che potevano mettere a cuocere la pasta.
“Va bene, ma non fatelo fate a Davies, l’altra volta ha usato il sale fino e gli spaghetti erano insipidi.”
Offeso, Hiro stava per ricordare a Lilian che lui essendo cresciuto in Giappone di come si cucinava la pasta non ne poteva sapere assolutamente nulla prima di mettere piede al Camp, ma Tallulah lo precedette asserendo a bassa voce che in fin dei conti un difetto doveva averlo anche lui.
Quando si rese conto che tutti la stavano fissando Tallulah si ridestò e, guardatasi attorno con sgomento, spalancò inorridita gli occhi blu mentre Hiro sorrideva imbarazzato:
“Che c’è?! … L’ho detto a voce alta?!”
 
*
 
 
Il mattino dopo

 
E cosi era quello, il famoso campeggio di cui tanto aveva letto e sentito parlare.
Dopo essersi guardata brevemente intorno, uno zaino rosso scuro che ciondolava dalla spalla sinistra e la Passaporta con cui era arrivata – una palla da golf – in mano, la strega si aggiustò distrattamente gli occhiali da sole sul naso e si diresse a passo deciso verso il più grande dei tre edifici di legno e pietra che aveva davanti, certa di non sbagliarsi.
Non incontrò nessuno strada facendo, a parte una gallina che stava scorrazzando nei dintorni, e raggiunse l’ingresso dello chalet chiedendosi come mai le avessero dipinto quel posto come un teatro degli orrori quando, invece, somigliava in tutto e per tutto alle foto patinate delle riviste su viaggi e vacanze, dagli chalet di legno, all’acqua del lago che brillava sotto il sole, al dolce cinguettio degli uccelli.
Dopo aver sollevato la mano libera e aver bussato energicamente alla porta aspettò che qualcuno le aprisse giocherellando con una lunga ciocca di capelli ramati, abbozzando un debole sorriso quando la porta le venne aperta.

“… Demelza?! Che cosa ci fai qui?”

Confuso, Phil la guardò restando immobile sulla soglia e quasi a bocca aperta, gli occhi verdi fissi su di lei mentre la collega, sorridendo amabile, gli lanciava la palla da golf:

“Ciao bellezza. Sorpresa. Margi dov’è?”

Pur continuando a non capire e a non avere idea del perché la collega fosse lì dopo aver preso al volo la palla da golf Phil si spostò per farla passare, guardandola addentrarsi nell’edificio e guardarsi attorno mentre le chiudeva la porta alle spalle. Voltatasi di nuovo verso di lui, Demelza si sfilò gli occhiali da sole dal viso e se li sistemò con cura sulla testa, gettandosi indietro i lunghi capelli rossi mentre sospirava e guardava il collega con un che di esasperato:

“Allora, dimmi. Quanti casini ha già combinato mio figlio? E soprattutto… Perché cazzo state tutti a lamentarvi quando qui sembra di stare in un villaggio vacanze, mezze calzette che non siete altro!”
 
 



 
 
 
1: La frase della felpa richiama Kirk di Gilmore Girls
2: Film di Alfred Hitchcock del 1947
3: “Come stai, tesoruccio?”
4: “Non mi scrivi abbastanza”
5: Il film che sta guardando Margot è Due per la strada, con ovviamente Albert Finney
6: In realtà i grembiuli sono palesemente di Asriel che li ha persi in giro per sbaglio e Margot se ne è appropriata
7: Non scrivo che canzone è, è bene che la conosciate già.
 
 
……………………………………………………………………………………………….
Angolo Autrice:
 
Buuongiorno!
Vi sarete sicuramente accorte che questo capitolo – molto prof-centrico mi rendo conto, ma nel precedente era stato il contrario e volevo recuperare un po’ – è più corto del solito. Ciò non deriva tanto da una mia scarsa voglia di scrivere di questi personaggio quanto dal fatto che, beh, vi sarete altrettanto accorte che, come nel capitolo precedente, anche qui diversi OC non appaiono.
Nello scorso capitolo ho eliminato Amelie, in questo mi ritrovo a farlo con Lance e Blodwel, le cui autrici dopo lo scorso capitolo mi hanno comunicato la loro decisione di ritirarsi dalla storia.
Ora, allo stato attuale mi ritrovo con 4 OC in meno rispetto a quando, a febbraio scorso, ho iniziato la storia, tutti e 4 studenti. Se mi fossi ritrovata in questa situazione sei mesi fa e diversi capitoli fa avrei riaperto le iscrizioni, ma arrivata a questo punto onestamente non trovo sensato accettare nuovi personaggi, la storia – almeno a mio parere – è troppo avanti per riuscire ad inserire altri studenti in maniera sensata e riuscire ad approfondirli quanto lo sono gli altri.
Questo per dire che no, non ho intenzione di riaprire le iscrizioni e aggiungere nuovi OC, ma nemmeno di sospendere la storia, altrimenti non mi sarei nemmeno presa la briga di scrivere questo capitolo.
Non ho assolutamente intenzione di sospendere per la terza volta una storia perché la gente sparisce, ma con 4 studenti in meno penso capiate che l’andamento ne risulta piuttosto compromesso e trovo che la soluzione più sensata sia semplicemente “tagliare” e ridurne la lunghezza. Non sto dicendo che ci sarà un altro capitolo e basta, ma di sicuro non sarà lunga come avevo progettato inizialmente.   Al momento sono propensa a scrivere altri 4 capitoli, Epilogo incluso.
Ora, mi sento di dover dire qualcosa. Quando devo assumermi le mie responsabilità lo faccio, e che in uno dei due casi sopracitati buona parte della colpa, se la storia è stata interrotta, è stata mia, l’ho sempre detto e sempre lo ribadirò. Però il caso dei Peccati non è il caso attuale, e questa volta mi sento di ringraziare sentitamente le persone che, lasciando la storia in questo preciso momento, dopo che avevo persino sottolineato che altre sparizioni l’avrebbero danneggiata, ne hanno praticamente sabotato l’andamento e la conclusione.
E a queste persone ricordo che col loro comportamento non hanno tanto fatto un danno a me, quanto più alle altre persone che, come loro, hanno speso tempo per inventare dei personaggi e che la storia l’hanno seguita.
Alle altre persone voglio dire che mi dispiace molto e vi ringrazio per il grande entusiasmo che avete sempre manifestato per questa storia, prometto che cercherò di dare la miglior conclusione possibile ai vostri personaggi.
 
Signorina Granger
 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo 13 - E alla fine arriva Mamma ***


Capitolo 13 – E alla fine arriva Mamma


 
 
“Anche gli chalet dei ragazzi sono così? Spero di no, perché non se lo meriterebbero affatto! E dire che quel falso infingardo di mio figlio mi scrive da settimane narrando storie dell’orrore su come viene trattato qui e di come sia tutto terribile!”
Demelza, che aveva preso ad ispezionare lo chalet dal momento esatto in cui era arrivata, stava esaminando attentamente i soprammobili sistemati sopra al caminetto mentre Phil, che era tornato a sedersi sul divano dopo averla accolta, seguiva i suoi movimento con lo sguardo. Un braccio mollemente appoggiato sulla gamba destra accavallata sulla sinistra e l’altro sistemato sul bracciolo del mobile, l’insegnante di Antiche Rune guardò la collega sogghignare alla vista di un esercito di flaconi di prodotti per la skincare di vario genere prima di risponderle pacato:
“Sono molto felice di poterti dire che non ho mai messo piede nello chalet delle ragazze, Demelza. Quindi temo di non poter rispondere alla tua domanda… ma quello dove vive tuo figlio è bello, sì. Meno grande di questo.”
“LO SAPEVO! E pensare che cerca di farmi sentire in colpa per averlo spedito qui da settimane! Come se non sapessi che Margi non fa che coccolarlo e viziarlo, pf.”
 
Visibilmente seccata, Demelza rimise al proprio posto un delizioso detergente solido alla peonia rosa pastello mentre Beau, udita un’insolita voce femminile, si affacciava curioso dal ballatoio prima di scorgere la collega e, visibilmente sorpreso, sorriderle:
“Elza! Che ci fai qui?”
“Oh, ciao Beau. Ho pensato di venire a fare un saluto, Margi mi prega di venire dal primo giorno, praticamente… E poi voglio proprio vedere che faccia farà Malai.”
Sorridendo di rimando, Demelza guardò il collega scendere le scale per raggiungerla, sorridendole di rimando e scoccandole i suoi consueti due baci sulle guance.
“Be, sono contento, è bello vederti, come stai?”
“Tesoro, è un mese che vivo senza mio figlio adolescente tra i piedi. Non riesco nemmeno ad esprimere quanto lo ami, ma considerando che me lo sorbisco ogni giorno anche quando lavoro, mi sento in vacanza per la prima volta da diciassette anni. Per Elliott è facile dire che gli manca, lui non lo ha sempre tra i piedi! Allora, Margi dov’è?”
“Ha trascinato Håkon a fare non ho ben capito cosa, ma lui non mi è parso molto felice…”
“Come dargli torto, io fuggirei ai tropici ogni volta in cui la gnoma sfoggia quell’espressione da “grande idea…. Piuttosto, dov’è il Professor Watrous?! Quando lo perdo di vista per più di mezz’ora comincia a salirmi una strana inquietudine.”
Resosi conto della recente prolungata assenza del loro anziano collega, Phil si mise a sedere dritto sul divano e prese a guardarsi attorno preoccupato mentre Demelza, terrorizzata, afferrava Beau per usarlo come scudo umano e ripararsi da un possibile scherzo in arrivo.
 

 
*
 
 
“Allora, ricapitoliamo un momento. Sono una donna.”
“Sì.”
“Sono una persona reale e ancora in vita.”
“Sì.”
“Vivo in Inghilterra…. E ho una famiglia benestante.”
 
“Porca Priscilla Shou, Goku ci mette meno tempo a lanciare le sue onde energetiche che tu a fare la prossima domanda!”
Seduta – o per meglio dire, accasciata – su uno dei due divani di pelle del salone, Tallulah agitò esasperata il manga che teneva in mano mentre Shou, seduto a gambe incrociate al centro del tappeto e con un post-it rosa pastello appiccicato sulla fronte pallida, rifletteva meditabondo sulle informazioni che era riuscito a racimolare.
“Mhhh… E ditemi, ho tendenze di comando e l’aria da capetta?”
“Puoi fare solo una domanda alla volta!”
“Direi sì e sì. Scusa Malai, ma altrimenti non la finiamo più.”     Rivolto un sorriso di scuse all’amico – che sbuffò seccato e incrociò le lunghe braccia al petto prima di sibilare qualcosa sulle regole dei giochi che non venivano mai rispettate – Hiro tornò a rivolgersi a Shou che, sbattendo la mano sul proprio ginocchio lasciato scoperto dai jeans neri strappati come colto da un’illuminazione, sfoderò un sorriso raggiante di rimando prima di esclamare la soluzione:
“Ma allora è facile, sono Lilianator!”
“Sei la Regina Elisabetta, brutto imbecille!”
“La Regina?! Ma se alla domanda “Ci seppellirà tutti” avete risposto sì?!”
 
Di fronte all’espressione stupida ad arte sfoggiata da Shou Lilian prese stizzita il cuscino più vicino e lo lanciò contro il cugino, colpendolo sulla spalla mentre il ragazzo, ridacchiando, si toglieva il post-it dalla fronte per poi alzarsi in piedi. Quando il Serpeverde domandò di chi fosse il turno Malai scattò in piedi come una molla, asserendo vivacemente che toccasse a lui prima di mettersi a sedere di corsa sul pavimento al posto del migliore amico. Incrociate le lunghe gambe, il Tassorosso sorrise allegro e si strinse le ginocchia mentre guardava impaziente gli amici che gli stavano davanti e che avevano occupato i divani della stanza.
 
“D’accordo, rapido brainstorming per decidere cosa appioppare a DinoMan, forza. E voi ragazzi dovreste impegnarvi, perché noi signore vi stiamo regalmente asfaltando.”
Alzatasi in piedi a sua volta, Marley fece cenno ai compagni di avvicinarsi con aria compiaciuta, ignorando deliberatamente Malai quando il ragazzo precisò che “DinoBoy sarebbe stato tecnicamente più corretto”. Già perfettamente entrato nello spirito della competizione e totalmente incapace di stare fermo per più di due minuti come suo solito, Malai prese a dondolarsi leggermente avanti e indietro mentre guardava Hiro, Shou, Tallulah, Lilian e Marley impegnati a bisbigliare, le teste vicine per far sì che il Tassorosso non li sentisse.
 
“E se gli dessimo “Brontosauro”?!”
“Ma no, quello lo indovina subito!”
“Che ne dite di Ross Geller?!”
“Non possiamo, sono giorni che gli ripetiamo che ha la stessa fissa per i dinosauri, lo capirebbe immediatamente.”
“Riccioli d’Oro glielo abbiamo scritto prima, serve qualcosa di diverso.”
 
Mentre Malai li osservava curioso, in attesa, Hiro asserì di aver avuto un’idea fantastica: sportosi il più possibile verso i compagni e parlando con un filo di voce, il Corvonero la comunicò agli altri prima di ricevere il consenso all’unanimità.
“Bene, si vede che Hiro è l’intelligentone del gruppo. Ecco qui DinoBoy.”
Dopo aver preso un post-it giallo canarino e averci scarabocchiato qualcosa sopra con il pennarello indelebile nero, Marley si avvicinò al compagno di Casa e gli schiaffò il bigliettino sulla fronte, scusandosi e cercando di non ridere quando Malai, massaggiandosi offeso la fronte, le ricordò di non essere un Bolide da colpire.
“Ops, scusa… Ma tanto tu hai la testa dura, nessun danno.”
Dopo avergli rivolto un fugace sorriso colpevole la Tassorosso tornò rapida a sedersi tra Lilian e Tallulah, tamburellando i piedi coperti dalle pantofole Ugg sul pavimento mentre Malai, deciso ad indovinare la soluzione con il minor numero di domande possibili – e battere così il record stabilito da Lilian, che aveva indovinato “Vegeta” chiedendo solo se si trattasse di un personaggio fittizio e se per caso Tallulah Rice fosse innamorata di lui –, azzardava la prima domanda:
“Allora… sono una persona reale?”
“A volte sembra venire da un altro pianeta, ma sì.”
“Mmh, interessante…”
 
Annuendo assorto, Malai prese a tamburellarsi l’indice sul mento mentre Hiro faceva del suo meglio per restare serio e Marley, dopo aver parlato, osservava divertita il biglietto giallo dove faceva capolino il nome “Malai”.
“Ah, questa partita promette proprio bene. Non sanno che cosa si perdono, Bel e Prisci.”
Decisa a godersi appieno la partita appena iniziata, Tallulah si mise comoda contro i cuscini del divano mentre Marley, concordando con lei, asseriva che fosse un peccato che i due avessero preferito studiare.
“Silenzio dalla platea, mi distraete! Allora, sono una donna?”
“No.”
“E sono ancora vivo?”
“Sì.”
“Mh… e sono bello?”
 
Alla domanda del Tassorosso Shou ed Hiro volsero meccanicamente lo sguardo su Lilian, Tallulah e Marley, attendendo che una delle tre rispondesse. Dopo essersi brevemente consultate, Tallulah si vide costretta ad annuire e a rispondere affermativamente con tono vago dal momento che Marley si rifiutò categoricamente di farlo assumendo lo stesso colore dello stemma dei Grifondoro.
Accolta la risposta Malai rifletté brevemente prima di schioccare le dita in aria e, sorridendo con gli occhi scuri luccicanti nell’illusione di aver azzeccato, esporre la sua ipotesi agli amici:
“Sono DiCaprio!”
“Nei tuoi sogni, forse… Ritenta.”
“Chi è DiCaprio ragazzi?”
“NO MARLEY, QUESTO NO!”
 

 
*
 
 
“Grazie per aver accettato di fare i compiti con me. Spero non ti dispiaccia aver perso la… gara di scivolate.”
“Non c’è problema. Conoscendomi avrei finito col schiantarmi sul pavimento e nel migliore dei casi farmi una figuraccia. Nel peggiore, rompermi qualcosa.”
Priscilla e Bel sedevano uno di fronte all’altro su una tovaglia a scacchi distesa all’aperto, sul prato, circondati da calamai, piume, rotoli di pergamena e libri: non era facile ritagliarsi del tempo per completare i compiti delle vacanze, districandosi tra le lezioni e i compiti che già venivano assegnati loro in quei giorni, e quando il ragazzo si era reso conto di aver ancora un paio di temi da scrivere per Erbologia non aveva esitato a chiedere aiuto alla migliore della classe.
“Ci si può davvero rompere qualcosa cadendo in modo così stupido?”
“Oh, sì. Io sono perfettamente in grado di slogarmi la caviglia da ferma, volendo, quindi…”
 
Bel rise ma Priscilla non lo imitò, limitandosi ad osservare cupa il suo rotolo di pergamena mentre il ricordo dell’espressione sgomenta della madre – di sicuro impegnata a chiedersi come era potuta capitarle una figlia così maldestra – dopo averla trovata lunga distesa sul pavimento della biblioteca faceva capolino nella sua mente.


 
“Priscilla, che cosa hai combinato?”
Quando Reina Rowle usciva di casa per più di dieci minuti sapeva di potersi aspettare qualsiasi cosa al suo ritorno. Ma quando, un pomeriggio delle vacanze di Pasqua, aveva fatto ritorno e aveva chiamato invano la figlia in lungo e in largo prima di trovarla sul pavimento della biblioteca con la caviglia rotta, la sua pazienza aveva sfiorato i limiti.
“Ciao mamma… Volevo prendere un libro dalla sezione di Pozioni e sono scivolata.”
Seduta sul pavimento mentre cercava di aggrapparsi alla scala dalla quale era caduta per rialzarsi, la ragazzina sorrise colpevole mentre Reina, dopo lo sgomento iniziale, attraversava rapida la stanza per raggiungerla e aiutarla a rimettersi in piedi.
“E perché sei rimasta lì per terra, non potevi chiamare qualcuno?”
“Ci ho provato, ma credo che papà non abbia sentito… non si sente granché dalla serra.”
 
Priscilla osservò l’espressione tesa della madre e si rese perfettamente conto di come la strega stesse facendo del suo meglio per non iniziare a sbraitare, inviperita. Credendo che ce l’avesse con lei, la ragazzina mormorò delle scuse prima di farsi accompagnare nella sua camera saltellando su un piede solo, a capo chino e in silenzio. La ragazzina tuttavia non si era sbagliata nel dire che dalla serra non si riusciva ad udire quasi nulla, perché quando rimase sola con Solomon, Stirling e un libro a farle compagnia Priscilla non udì un solo suono delle urla e dei rimproveri che la madre rivolse al marito.

 
 
“Beh, in realtà anche io sono abbastanza imbranato, è strano che sia bravo a volare, in effetti…”
Priscilla borbottò torva che il suo tasso di agilità fosse così basso da impedirle di riuscire persino nel volo – unito alla sua paura per l’altezza – ma Bel, sorridendole allegro, la rincuorò ricordandole quanto fosse brava in Erbologia e in Pozioni.
“Io sono il peggior studente che Lumacorno abbia mai visto, credo. Il Professor Paciock mi ha confidato che una volta ha fuso il suo calderone, ma non so se crederci o se me lo ha detto solo per consolarmi dopo l’ultimo Troll che ho preso… Tu sei bravissima, invece!”
“Grazie, è la mia materia preferita.”
“Non è Erbologia?”
“No, non mi piace particolarmente, a dire il vero.”
Priscilla rispose chinando nuovamente lo sguardo sui compiti, procedendo annoiata nella scrittura del suo tema mentre il Tassorosso la guardava sorpreso: Bel si era spesso domandato perché la compagna non si fosse mai offerta di aiutare il Professor Paciock nelle serre come spesso faceva lui, visto e considerato che contava solo E in Erbologia fin dal primo test del primo anno. A dire il vero, aveva sempre dato per scontato che alla Corvonero la materia piacesse molto.
“Davvero? Pensavo di sì visto che prendi voti altissimi e…”
“E mio padre ha scritto tutti i libri di testo che vengono adottati da dieci anni a questa parte, già. Oltre ad aver insegnato per qualche anno prima che arrivasse il Professor Paciock. Il che è una fortuna, perché l’idea di avere mio padre come insegnante non mi alletta particolarmente.”
Bel avrebbe voluto confidare alla compagna che avrebbe versato fiumi di galeoni per avere Roger Edgecombe come insegnante. Avrebbe letteralmente fissato quel genio con aria sognante per tutta la durata delle lezioni. Ma il tono amareggiato di Priscilla gli suggerì di astenersi dai commenti.
“Ma se non ti piace perché ti impegni così tanto? Perché pensi che tuo padre si aspetti quei voti da te?”
“In realtà non me l’ha mai detto… Non so se se lo aspetti o meno, non so se si aspetti qualcosa da me in generale. Ma prendo quei voti perché praticamente non ho sentito parlare d’altro da quando cammino, ho imparato guardando mio padre lavorare più che studiando sui libri. Quando ero piccola non avevo qualcuno con cui giocare, quindi passavo molto tempo nella serra.”
Bel cercò di contenere l’invidia e lo sguardo sognante all’idea di poter guardare Roger Edgecombe al lavoro – Priscilla gli aveva accennato vagamente ad un’ala della loro villa che suo padre aveva adibito a serra e dove trascorreva buona parte del suo tempo, circondato dalle piante più strane e bizzarre, magiche e non –, intuendo che quell’argomento non entusiasmasse particolarmente la compagna.
Dopo aver ripreso brevemente a concentrarsi sui compiti il Tassorosso decise, invece, di togliersi un’altra piccola curiosità. Tornò a guardare Priscilla scrivere il suo tema e si schiarì la voce, sperando che la domanda non la infastidisse:

“Posso chiederti una cosa?”
“Certo.”
“Perché non ti fai mai chiamare col tuo primo nome? È bello. Non ti piace?”
 
Priscilla smise di scrivere, aggrottando appena percettibilmente le sopracciglia scure mentre fissava il suo rotolo di pergamena. Dopo una breve esitazione la Corvonero riprese a scrivere, parlando col tono meccanico di chi ripete qualcosa per l’ennesima volta e senza guardare il compagno:
“Lo trovo pretenzioso e non adatto a me, preferisco Priscilla. Mia madre ha insistito per chiamarmi così, come mia nonna, invece mio padre ovviamente voleva chiamarmi come un fiore, una pianta o roba del genere. Ma a mia madre non piaceva l’idea, così lui ha ripiegato sul giardino primordiale. È praticamente l’unico a chiamarmi Eden, anche mia madre mi chiama quasi sempre col secondo nome.... E poi, oltre a non piacermi lo trovo insensato. Farmi chiamare con un nome che ha scelto qualcuno che non mi conosce.”
 


 
Ovviamente Theobald Watrous non origliò affatto la conversazione intercorsa tra Eden Edgecombe e Bel McKinnon, anche se riuscì a farsi un’idea di ciò che i due si stavano dicendo grazie all’aiutino di un Orecchio Oblungo – benedetti i Weasley –. Lungi da lui ficcanasare negli affari dei suoi studenti, aveva solo colto l’occasione per portare Sunday a spasso e passare in modo del tutto casuale nei dintorni.
Eppure nulla da fare, non ne aveva cavato nulla di utile, nessun gossip, nessuna confidenza in campo amoroso, niente. Persino i due studentelli più teneri del Camp erano riusciti a deluderlo.
 
“Niente da fare Sunday, anche questa volta nessun gossip. E io che scorgendo da lontano Eden Edgecombe con un ragazzo speravo di ricavarne qualcosa di succoso, che delusione… Però almeno finalmente so perché tutti gli amici della ragazza la chiamano Priscilla, in fondo la nostra passeggiatina strategica non è stata del tutto inutile.”
 
*
 
 
“Hai notato che da quando siamo qui abbiamo chiacchierato davvero poco?”
“Margi, viviamo letteralmente insieme. Abbiamo passato insieme ogni ora di ogni giorno, praticamente.”
“Beh, ma che significa, intendo due chiacchiere a tu per tu, abbiamo sempre colleghi o studenti attorno! E poi il mio fuocherello è adorabile, non lo puoi negare.”
 
Soddisfatta, Margot si mise comoda sulla sedia Adirondack di legno che aveva evocato poco prima – una per sé e una per Håkon – e strinse la sua tazza che riportava la scritta “I’m not perfect, but I’m limited edition” colma di tè al bergamotto mentre l’amico si portava rassegnato la propria, piena di caffè e con la scritta “Super Daddy”, alle labbra.
Il mago osservò cupo i tremendi calzini che Margi lo aveva costretto ad indossare: a sentire la strega, quando ci si sedeva attorno ad un braciere da giardino bisognava necessariamente farlo con una tazza contenente qualcosa di caldo in mano e appoggiando i piedi sul supporto di legno esterno per scaldarli. Naturalmente per farlo la strega aveva provveduto a fornire all’amico un paio di calzini spessi e dall’assurda trama blu e azzurra, a detta di Margo abbinati a quelli di lei, a righe rosse e color bronzo orizzontali.
“Mi spieghi il motivo dei calzini?”
“È tradizione, è così che si fa.”   Sorridendo, la strega si guardò la punta dei piedi fasciati dai calzini mentre Håkon, curioso, spostava lo sguardo dal fuoco per concentrarsi sull’amica:
“Tu facevi così con i ragazzi? … Ma che razza di piedi hai? Potresti scambiarti i calzini con Freya!”
Solo in quel momento Håkon realizzò quanto fossero effettivamente minuti i piedi dell’amica, specie se messi a confronto con i suoi. Sghignazzando, il danese indicò i minuscoli piedi della collega – almeno sette numeri più piccoli dei suoi, giudicò ad occhio Håkon – mentre Margot, sbuffando, lo colpiva giocosamente sul braccio:
“Non è vero, cretino! E comunque sì, facevamo sempre così. A loro piacevano i miei calzini strambi, sai?”
Mentre Margot chinava il capo, giocherellando distrattamente con la bustina di Earl Grey, Håkon, osservatala brevemente, si affrettò a sorridere prima di darle un leggero colpetto sul piede con il proprio:
“Piacciono anche a me. Solo che non voglio darti troppe soddisfazioni, così eviti di montarti la testa.”
“Impossibile. Vedi, lo dice anche la tazza. Io sono un’edizione limitata, caro mio.”
Margot sollevò la tazza per mostrarla all’amico con fare sostenuto e con tutta la serietà di cui era capace, finendo però col sorridere quando Håkon asserì ironico che sì, di sicuro di tipe come lei in giro dovevano essercene poche.

 
“Avete tutti i calzini?! Jim, dove sono i tuoi, te li ho appena dati!”
“Me li ha presi Nancy, e mi ha anche spinto!”
Alla domanda di Margot bambino indicò, carico di indignazione, la bambina con le trecce color carota che, seduta accanto al braciere da giardino, si stava infilando dei calzini bianchi con ricamate delle caramelle rosse e blu.
“Nancy, non devi mettere le mani addosso a tuo fratello.”
Spazientita e ormai rassegnata al tempo stesso, Margot si rivolse alla bambina con un sospiro mesto mentre frugava nella sua borsa alla ricerca di uno dei numerosi paia di calzini che aveva portato fuori di casa:
“Ma lui rompe sempre!”
Per tutta risposta Jim – asserendo con voce stridula che non fosse assolutamente vero – mostrò alla maggiore la lingua, e Margot stava per chiedere seccata alla bambina di essere più gentile col fratello quando una minuscola manina le tirò il lembo del maglione.
Chinato lo sguardo, fu con scarsa sorpresa che la giovane strega si ritrovò di fronte gli enormi occhi blu, molto simili ai suoi, del bambino di due anni che aveva davanti:
“Margi, voglio stare in braccio.”
“Un momento Jack, ora arrivo. Stuart, tira ancora i capelli a Chloe e non avrai la merenda!”
 
Margot Campbell era una sedicenne insolita. Soprattutto a causa dei sei bambini che le ronzavano attorno e ai quali doveva badare ogni singolo giorno in cui non si trovava ad Hogwarts.
 

“Oh, sono consapevole di essere strana. O almeno, so che do questa impressione. Ma credo che essere atipica sia parte della mia identità, del resto non sono mai stata come le altre nemmeno da ragazzina... Non c’erano molte ragazzine della mia età che se andavano in giro per Fort William con uno stuolo di bambini al seguito, sai?”
“Posso immaginarlo. Hai mai pensato che non fosse compito tuo?”
“Sì, credo… Ma i miei genitori lavoravano e mia zia anche, quando non sfornava bambini come pagnotte con tizi che non ho mai visto. Ma gli volevo davvero troppo bene, anche se a volte provavo il serio impulso di raccogliere le mie cose, filarmela e vedere come se la sarebbero cavata senza di me. Però in quel modo sono cresciuta prima, ho imparato a prendermi delle responsabilità e soprattutto è stato così che ho deciso che sarei stata un’insegnante, un giorno. Quindi è stato giusto così.”
 
Håkon annuì, certo che al suo posto avrebbe faticato a vedere tutti quei lati positivi e a non dare più volte di matto, in passato. Però sorrise all’amica, assicurandole che forse proprio grazie a quell’esperienza era diventata la zia più amata del mondo.
“Lo sai che Philip ha fatto da babysitter a suo fratello perennemente, quando non era a scuola? Potreste persino avere qualcosa in comune, te lo immagini?”
Le sue parole sortirono l’effetto sperato: sogghignando, Håkon si portò la tazza alle labbra per celare un sorrisetto quando guardò l’amica spalancare occhi e labbra indignata prima di
“Ma non farmi ridere, IO sono stata sicuramente molto più brava, buona, affettuosa e carina di lui. Lui aveva forse calzini così carini da dispensare? Gli dava i marshmallow arrostiti? No di certo!”
 
 
*
 
 
“Come mai venendo qui non ho incrociato l’ombra di un adolescente? Non ditemi che avete dato retta a Phil e li avete rinchiusi da qualche parte…”
“No Elza, immagino siano nei loro chalet a fare i compiti o a rilassarsi. Ma Malai sapeva che saresti venuta?”
Mentre camminava fianco a fianco con Demelza lungo il pendio erboso per condurla da Margot e Håkon – Phil era sembrato particolarmente felice all’idea di potersi godere la bellezza di 5 minuti di solitudine, per non dire commosso – Beau chinò lo sguardo sulla collega, più bassa di lui di un paio di spanne, mentre l’ex Grifondoro si guardava attorno attraverso le lenti scure degli occhiali da sole e i lunghi capelli ramati che brillavano sotto il sole.
“Certo che no, che sorpresa sarebbe altrimenti? Non lo sa neanche Margi, a dire il vero, ho pensato di farla ad entrambi, ho solo scritto alla Preside per chiederle se le andasse bene e ho preparato la Passaporta. In effetti la sua risposta mi ha lasciata leggermente perplessa, qualcosa del tipo “Fammi un resoconto sulla sanità fisica e mentale degli studenti dopo tutte queste settimane passate con i tuoi colleghi”…”
 
 
“Margi!”
Quando scorse l’amica, seduta accanto ad Håkon su delle sedie di legno attorno ad un braciere da giardino di legno e pietra, le labbra di Demelza si piegarono in un sorriso e l’insegnante di Volo, agitato un braccio in direzione dei due, chiamò a gran voce Margot per attirare la sua attenzione.
L’ex Tassorosso, che stava elencando ad Håkon la lunga serie di motivi che avevano fatto di lei una “babysitter” di gran lunga migliore rispetto a Phineas, quando udì la voce dell’amica chiamarla smise di parlare e, meravigliata e certa di aver sentito male allo stesso tempo, si voltò. Era sicura di essersi sbagliata, invece a chiamarla era stata proprio la sua collega prediletta, che stava raggiungendo lei e Håkon in compagnia di Beau. Inizialmente stupita, l’espressione di Margot si fece presto radiosa e un largo sorriso le increspò le labbra carnose prima di agitare a sua volta una mano in segno di saluto:
“Elza! Sei venuta!”
Margot si alzò e, incurante di non avere le scarpe addosso, sbolognò la tazza di tè ad un Håkon sorpreso tanto quanto lei di vedere la collega e poi corse in direzione di Demelza a braccia aperte, meravigliata ma felicissima di vederla.
Una volta raggiuntesi le due si abbracciarono sotto lo sguardo divertito di Beau e vagamente perplesso di Håkon, che si infilò rapido gli anfibi neri – affrettandosi a far sparire i calzini per impedire ai colleghi di vederli – e si alzò in piedi mentre Margot, stringendo l’amica per le spalle, si allontana leggermente da lei per poterla guardare in faccia e sorriderle:
“Non sai quanto sono felice di vederti, tutto questo testosterone mi stava iniziando a soffocare, detto tra noi. Malai lo sa? Perché se lo sa non mi ha detto nulla.”
“No, ho pensato di sorprendere tutti con un’entrata in scena di stile. Pensi davvero che mi sarei privata della vista della faccia che farà mio figlio quando vedrà sua madre piombargli tra i piedi senza preavviso? Nossignora. Ciao Håkon!”
“Ciao Demelza, non ti aspettavamo. Sei venuta a salutare Malai?”
Raggiunti i colleghi, Håkon rivolse un tiepido sorriso alla nuova arrivata prima di fermarsi accanto a Margot, le mani infilate nelle tasche dei pantaloni. Demelza, gettata una rapida occhiata ai due, come sempre cercò di non ridere per la vista di quell’assurda coppia – uno alto, serio e vestito completamente di nero, l’altra minuta, eternamente sorridente e dotata di un guardaroba decisamente più variopinto – e si limitò a sorridergli di rimando mentre si sistemava gli occhiali tra i capelli:
“Beh, tecnicamente i genitori qui non sono ben accetti, quindi in teoria sono venuta a salutare Margi, in pratica per verificare che Malai sia tutto intero, salutare Margi e rilassarmi insieme a lei. A sapere che qui era così bello sarei venuta prima, però. Ho portato il costume, nuotatina?”
L’ex Grifondoro tornò a rivolgersi a Margot, che però scosse il capo e la prese a braccetto prima di parlare con tono assai solenne:
“Conosco qualcosa di meglio che ustionarsi sotto il sole, la sabbia… no, seguimi Elza, prima ci rilassiamo e poi andiamo a dare la bella notizia a Malai, dopo pranzo.”
“Oh, non vedo l’ora! Voglio proprio godermela, la sua faccia, ho promesso a Elliott di descrivere ogni istante… Ti saluta, a proposito. Ieri siamo usciti di testa per cercare di fare una foto a Poldo da mostrare a Malai come prova che sta bene, ogni volta in cui riuscivamo a trovarlo ci scappava dopo due secondi! Forse quella volta avremmo dovuto prendergli un coniglietto…”
“Lo avrebbe perso dopo due minuti.”
“È quello che dissi anche io.”
 
Rimasti indietro, Beau e Håkon guardarono in silenzio le due colleghe allontanarsi tenendosi a braccetto e impegnate a chiacchierare animatamente – del resto avevano diverse settimane di arretrati, quindi dovevano impegnarsi al massimo per recuperare – prima che Beau, sorridendo divertito, si rivolgesse al danese facendogli cenno di seguirle:
“Sono felice per Margi che Demelza sia venuta, credo proprio che le mancasse un po’ di compagnia femminile.”
“Anche io, ma faremmo meglio a prepararci, ora che il Dinamico Duo si è riunito.”
 
Sospirando rumorosamente, Håkon fece sprofondare ancora di più le mani nelle tasche e si affrettò ad incamminarsi insieme a Beau alle spalle delle due, gli occhi fissi sulle loro teste pericolosamente vicine e sicuramente piene di idee strampalate da mettere in pratica.   
Per quanta simpatia potesse provare per Demelza Robins, era certo che arrivare alla fine di quella giornata sarebbe stata una vera impresa.
 
Dopo aver fatto sparire sedie e braciere da giardino con la medesima rapidità con cui aveva evocato il tutto, Margot si affrettò ad aggiornare l’amica sulle ultime novità mentre la conduceva nuovamente verso il loro chalet, impaziente di mostrarle il secondo piano.
“Non vedo l’ora di vedere la faccia che farà Malai!”
“Oh, anche io. Chissà che cosa staranno facendo adesso, lui e i ragazzi…”
“Mah, magari staranno facendo i compiti, o facendo qualcosa di utile…”

 
*

 
“Marley, non provarci, anche un cieco vedrebbe che io sono arrivato molto più lontano di te!”
“Non è assolutamente vero, sei arrivato più avanti di me solo perché sei caduto, non vale!”
 
Malai e Shou avevano deciso di occupare parte del pomeriggio organizzando una gara di scivolate sul ballatoio delle scale del loro chalet, costringendo Hiro a parteciparvi e a sfidare le ragazze per cercare di prendersi la rivincita dopo aver clamorosamente perso al gioco precedente. A Malai erano servite circa una trentina di domande prima di giungere alla conclusione che fosse proprio il suo, il nome scritto sul post-it che Marley gli aveva incollato sulla fronte.
 
Il Tassorosso aveva avuto la brillante idea di cospargere di candeggina il pavimento – Tallulah gli aveva bocciato categoricamente l’idea del burro, strappandogli il panetto dalle mani a intimandogli di non sprecare gli ingredienti per i suoi dolci – per renderlo particolarmente scivoloso, finendo col pentirsi vagamente della trovata quando si era ritrovato a fissare il pavimento a seguito di una rovinosissima caduta.
Lui e Marley stavano discutendo su chi avesse scivolato più a lungo quando Tallulah, in piedi dall’altro capo del ballatoio, stanca di quelle inutili manfrine sospirò e consegnò solenne il suo cerchietto a Lilian.
“Tienimelo Lily, non voglio rischiare di rovinarlo.”
“Come preferisci, cerca solo di non emulare la capriola carpiata che ha fatto Malai.”
 
Marley e Malai smisero improvvisamente di discutere quando arrivò il turno di Tallulah, che come al solito riuscì a distinguersi per la sua innata capacità di conferire solennità a qualsiasi cosa facesse, pur con dei calzini pieni di donuts ai piedi e una felpa che riportava la scritta “Milord is my Lord”. La Corvonero si esibì nella scivolata più composta che i presenti avessero mai visto, giungendo con grazia ed quilibrio dall’altro capo del ballatoio sotto gli sguardi stralunati dei due Tassorosso.
“Come… come fa ad essere sempre così aggraziata?! Io sembro uno spaventapasseri scoordinato qualsiasi cosa faccia o mi metta!”    Giungendo alla conclusione che la natura fosse semplicemente ingiusta, Marley incrociò sconfortata le braccia al petto mentre Tallulah appurava solenne di aver inesorabilmente battuto il record di quelle due schiappe di Tassorosso.
“Marley, non assomigli affatto ad uno spaventapasseri.”
Quando Marley udì pronunciare quelle parole un barlume di speranza si fece strada in lei, voltandosi verso Malai e guardandolo piena di meraviglia e gratitudine. Prima che quello, sorridendo allegro, rovinasse tutto con poche e semplici parole:
“… Quelli sono noti per essere alti! AHIA! Perché mi hai colpito?!”
“Perché sei un beota!”
 
“Finitela di bisticciare e guardate e imparate. Lily, lancia il cerchietto.”
Riappropriatasi del cerchietto dopo che l’amica glielo ebbe restituito con un lancio, la Corvonero se lo sistemò di nuovo con cura tra i capelli prima di lanciare un’occhiata ai suoi calzini coi donuts, sperando che non si fossero rovinati. Mentre Marley si crogiolava nella consapevolezza di essere uno spaventapasseri, Malai si massaggiò la spalla doppiamente dolorante dopo la caduta e il pugno di Marley e Hiro, ancora in piedi accanto a Lilian oltre la distesa di candeggina, osservava la compagna di Casa sorridendo divertito.
 
“Bene, ora tocca a me… spero di sporcarmi i capelli, li ho lavati prima.”
Mentre Shou si accingeva a raggiungere gli altri tre – sperando di non cadere di faccia, o buona parte del suo charme sarebbe andato a farsi friggere insieme alla skincare di poche ore prima – Lilian si rivolse con nonchalance ad Hiro, parlando col tolo più falsamente disinteressato che le riuscì:
“Tallulah è fantastica, vero Hiro?”
“Certo. Ma non dirle che l’ho detto. … Perché me lo domandi?”    Passato rapidamente dall’imbarazzo alla curiosità Hiro guardò Lilian inarcando un sopracciglio – pregando che non andasse a spifferare i suoi apprezzamenti all’amica – mentre la Grifondoro si esibiva in un pigro sbadiglio e Shou, giunto barcollando dall’altro capo del ballatoio, finiva col capitombolare rumorosamente sul pavimento trascinando Malai con sé dopo aver afferrato l’amico nel vano tentativo di aggrapparsi a lui.

“Così, per avere la tua opinione… Ehy, voi due, coppietta sposata, cercate di non ammazzarvi.”
“Malai, ma a cosa serve essere così alto se non sei di supporto?! Che male…”
“Lo sanno tutti che chi è alto non è noto per coordinazione ed equilibrio, non potevi usare Marley come ancora di salvataggio?!”

Chiedendosi se sarebbe arrivato intero alla fine della giornata Malai cercò di rimettersi a sedere trattenendo un gemito di dolore e scoccando un’occhiata truce all’amico mentre Lilian e Hiro ridacchiavano e Tallulah si complimentava con i due per la loro grazia che avrebbe fatto invidia ad una coppia di rinoceronti in procinto di ballare il valzer. Marley invece porse la mano a Shou per aiutarlo a rimettersi in piedi, scoccando un’occhiataccia a Malai e guardandosi bene dall’aiutare anche lui dopo avergli sentito suggerire lei come vittima sacrificale.

“Tu mi sei capitato a tiro per primo, e comunque dove sta scritto?!”
L’ho letto su Focus!”
“Ti pareva…”
 

 
*
 
 
Theobald si era ritirato nel seminterrato con la fidata Sunday dopo aver incaricato solennemente i suoi baldi e giovini colleghi di informare Margot e la loro ospite che le avrebbe aspettate laggiù per la loro riunione straordinaria.
Le due streghe si erano rinchiuse al secondo piano nell’esatto secondo in cui avevano varcato insieme la soglia dello chalet, e da allora nessuno di loro ne aveva più saputo nulla. Naturalmente Phil, Beau e Hakon sapevano perfettamente che cosa stesse tenendo impegnate le due, e nessuno dei tre era intenzionato ad interrompere il loro relax.
 
“Sentite, io non lo faccio, a me insieme fanno paura. Ci va Håkon, lui è l’amico del cuore della gnoma e non gli faranno del male!”
“Primo, non chiamarla così, e secondo non è giusto che debba sempre fare io da tramite solo perché sono amico di Margi! Beau è quello adorabile e che nessuno può odiare, mandiamo lui.”
“Ma… ma io ho una nipote che mi vuole bene da cui tornare!”
“Beh, io una figlia! Che non ha una madre, ergo ha solo me, non sono sacrificabile. Phil?”
“BEH, io ho… un fratello minore!”
“Ha 22 anni, se la cava da solo anche senza di te!”
“Ne ha 21 a dire il vero! Beau, tua nipote ha dei genitori, puoi sacrificarti per la causa.”
“Ma perché lasciamo sempre che Watrous si defili e lasci i compiti spiacevoli a noi, dobbiamo finirla a farci valere di più!”
“Ci abbiamo provato, ma la paura dei suoi scherzi e quella di Margot e Demelza si equivalgono.”
“Va bene, basta, c’è solo un modo per uscirne. Giochiamo a morra cinese.”
 
Beau e Phil ne discussero rapidamente e infine la proposta di Håkon venne accolta in positivo, lasciando che a stabilire le loro sorti fosse semplicemente il caso.
Un paio di minuti dopo Phil stava salendo con espressione funerea le scale che lo avrebbero condotto al secondo piano, e mentre esultavano i due colleghi ebbero l’impressione di sentire qualcosa a proposito dei cinesi e di quanto dovessero detestarlo.
 
 
Giunto dinanzi alla porta fatidica, Phil trasse un profondo respiro e infine bussò, rammentandosi di sottolineare di essersi fatto avanti per conto del Professor Watrous. Bocca Storta aveva un debole per lui, di certo non lo avrebbero trasformato in colibrì.
 
“Che c’è?!”
Merda, Demelza sembrava già irritata.

Phil prese coraggio e aprì la porta, colpendola leggermente con un piede affinché l’anta si spalancasse da sé. Riparandosi dietro la porta, l’insegnante si affrettò a sottolineare di essere venuto in pace e di dover semplicemente riportare un messaggio.
 
“Che palle, ci stiamo rilassando da soli 45 minuti!”
“Te l’ho detto Elza, qui non si può mai rilassare, arriverà sempre uno di quei quattro a romperti perché da soli non sanno fare nulla! Che c’è, avete di nuovo bisogno che vi mostri come si accende il forno?!”
 
“No, il Professor Watrous richiede la vostra presenza per una… emh… riunione straordinaria o qualcosa di simile, non sono entrato nei dettagli e onestamente non ci tengo.”
Ritenendo di essere ormai al sicuro, Phil si mosse in avanti per addentrarsi nella stanza, ma finì col non vedere assolutamente nulla, tantomeno riuscire a scorgere le colleghe: all’improvviso il mago ebbe l’impressione di essere piombato in una di quelle ridicole sfere della Pipistrella, tanta era la nebbia che lo avvolgeva.
“Ma che state facendo qui?!”
“A te che sembra, la sauna! È il minimo che qui sopra ci sia la zona spa, con tutto lo stress che accumuli ad aver a che fare con gli adolescenti tutto il giorno…”
“Sì Elza, non me ne parlare, sono così stressata… va bene, arriviamo subito!”
 
In un istante la nube di vapore si dissolse, aspirata con un incantesimo non verbale dalla bacchetta di Margot. Phil ebbe così modo di scorgere le due college comodamente distese su due lettini di legno, entrambe con asciugamani-turbanti in testa, maschera all’argilla verde in faccia, fette di cetrioli sugli occhi e costumi addosso.
Fu uno dei più ardui momenti della sua vita, ma anche se lacrimando riuscì a fare retromarcia e ad uscire da lì senza che una sola risata potenzialmente fatale si librasse dalle sue labbra.
 

 
*

 
“Non mi è ben chiaro perché le mie care colleghe abbiano i capelli umidi, ma dichiaro la riunione di A.C.C.I.O. aperta. Oggi possiamo anche contare sulla presenza di un’ospite straordinaria.”
“Professoressa Robins, che ci fa qui?!”
A dir poco sorpresa di avere la sua ex insegnante di Volo – nonché madre del suo migliore amico – seduta al suo stesso tavolo, Lilian guardò stralunata la donna chiedendosi perché Malai non avesse informato lei e gli altri del suo arrivo. Demelza per tutta risposta le sorrise, asserendo vaga di essere venuta per una breve visita e premurandosi di chiedere alla ragazza di non rivelare al figlio di averla vista.
“Per favore, Lilian, vorrei davvero fare una sorpresa a Malai.”
“Oh, certo, se ci tiene non dirò niente.”
“Bene, ora che la presenza della nostra cara e fantastica Demelza è stata chiarita e abbiamo la nostra scorta di tè e spuntini, possiamo iniziare a parlare di cose serie. Lilian cara, hai novità?”
Le mani rugose intrecciate e poggiate sul tavolo rettangolare – sul quale facevano capolino una teiera panciuta, tazze, zuccheriera e una scorta invidiabile di chocolate chip cookies sfornati da Margot quella mattina –, Theobald si rivolse gentilmente alla studentessa mentre Sunday, lasciata libera di gironzolare nel seminterrato, si aggirava per la stanza guardandosi attorno confusa e chiedendosi dove diavolo fossero finiti.ù

Ma un padrone normale no?!
 
“Onestamente non mi pare. Malai al momento non ha nessuna cotta, il che sta iniziando a preoccuparci. Ieri sera io, Prisci e Miss X – cioè, scusate, Tallulah e Eden – ne abbiamo parlato, e pensiamo che possa essere qualcosa di molto grave.”
“Caspita, l’ultima volta che non ha avuto un’innamorata così a lungo… beh, non me lo ricordo proprio. Tu te lo ricordi, Margi?”
Accigliata, Demelza invocò l’aiuto dell’amica mentre si sforzava di ricordare un intervallo tanto lungo tra le celebri cotte-lampo di suoi figlio. Margot, seduta di fronte a lei, annuì mentre versava del tè per sé e per tutti i presenti:
“Forse è stato quando aveva 13 anni, dopo Melanie McDowell… Lei gli disse che “non poteva piacergli un ragazzo con i capelli ricci” e gli vennero i complessi per settimane, povero piccolo caro.”
Margot ripensò stizzita alla Corvonero e ad un Malai tredicenne che la pregava di insegnargli a stirarsi i capelli. Era stata una gioia dare alla ragazzina solo Desolanti per un mese.
“Ah, già, quella brutta smorfiosa…”
Rammentando l’episodio Demelza parlò con un sibilo e riducendo gli occhi chiari a due fessure, pensando con risentimento alla studentessa di un anno più giovane del figlio e che lo aveva portato a cercare di piastrarsi i capelli in più di un’occasione. Anche Lilian custodiva un ricordo indelebile di quelle circostanze, ma fece del suo meglio per non scoppiare a ridere al ricordo dell’amico che cercava di lisciarsi i capelli con pessimi risultati e anche di sottolineare che Melanie faceva il filo a suo cugino da secoli.
 
“Sì, beh, comunque per Malai non ho molte novità. Mio cugino ha sempre il solito sciame di tizie svenevoli attorno, anche qui nessuna novità… Su Hiro e Tallulah c’è da lavorarci. Credo che a Priscilla un pochino piaccia mio cugino, ma non lo ammetterebbe mai, nemmeno con me o Tallulah. È troppo insicura per poter pensare di piacere a qualcuno che ha un tale codazzo.”
“Povera Eden, sarebbe bene eliminare il codazzo… Ma perché mi guardate così mie care, non intendo certo in senso letterale!”
Mentre Theobald borbottava che in quel campeggio nessuno sapesse stare agli scherzi – a parte quella perla di Marlowe Archer-Lloyd, non a caso la sua studentessa prediletta – Demelza e Margot si portarono le rispettive tazze di porcellana alle labbra scambiandosi due occhiate dubbiose, entrambe consapevoli che con Theobald Watrous fosse bene non dare mai nulla per scontato.

 
*

 
Dopo aver finito i compiti Malai si stava godendo il pomeriggio di libertà standosene comodamente sistemato sul suo letto con un libro in mano, mentre Hiro studiava le proprietà di ingredienti dai nomi impronunciabili e Shou canticchiava con le cuffie nelle orecchie.
Alla luce delle recenti esperienze, quando i tre ragazzi udirono la voce del Professor MacMillan magicamente amplificata chiamarli e intimargli di uscire dallo chalet non poterono far altro che scambiarsi occhiate terrorizzate: di sicuro non li avrebbe costretti a corse notturne nel bosco come il Professor Watrous, ma le alternative non si prospettarono comunque particolarmente rassicuranti.
“Se è un’interrogazione a sorpresa mi nascondo dietro un cespuglio, giuro, mi ha già torturato l’altro ieri!”
“In un cespuglio? Con i tuoi capelli e alto come sei? Cavolo, sei meglio di un camaleonte quanto a nascondigli…”
 
Shou seguì i due amici fuori dalla loro stanza sfilandosi le cuffiette e sbadigliando annoiato, parzialmente rassicurato dall’inaspettata chiamata dell’insegnante dal fatto che non seguisse il suo corso. Il Serpeverde si pentì amaramente di aver parlato quando l’amico prese a snocciolare informazioni del tutto randomiche sui camaleonti – scemo lui ad aver menzionato un rettile e quindi lontano parente dei dinosauri senza aspettarsi delle conseguenze –, ma l’espressione esasperata di Shou mutò radicalmente quando mise piede fuori dallo chalet e il suo sguardo indugiò sulle tre persone che gli apparvero di fronte.
Una di loro era ovviamente Phil, che sembrava pericolosamente divertito. La seconda Margot. La terza sortì effetti del tutto contrastanti nel gruppo di ragazzi: alcuni ammutolirono, altri, come Hiro, parvero semplicemente sorpresi di vederla. Il viso pallido di Shou invece venne illuminato da un larghissimo sorriso mentre Malai, che stava ancora parlando dei camaleonti, si ritrovò improvvisamente senza parole.
Un evento che si verificava assai di rado.
 
“Buongiorno cari. Abbiamo pensato che non aveste abbastanza insegnanti qui e che una in più sarebbe stata utile. Pronti a farvi un voletto? Ciao tesoro.”
“Professoressa Robins, salve!”

Nessuno parve più felice di vedere l’insegnante di Volo di Shou, che prese quasi a saltellare sul posto dalla gioia di fronte alla prospettiva di poter volare mentre la mascella di Malai invece si snodava, sfiorando il prato erboso.

“MA’?! Che ci fai qui? …. Aspetta, hai portato Poldino?! Poldo sta male?! Hai perso Poldo e sei venuta a dirmelo di persona?!”

La sorpresa, unita al terrore di essersi ficcato in qualche guaio e che avessero quindi chiamato sua madre, lasciò presto spazio alla preoccupazione sul bel viso di Malai, che si fece improvvisamente pallido all’idea che fosse successo qualcosa al suo adorato Thestral. Demelza, sospirando, lo guardò esasperata prima di scuotere la testa. E dire che si era persino illusa di poter ricevere un’accoglienza differente.

“Porca Nimbus Malai, no, non ho portato Poldo e sta benissimo, almeno fingi di essere felice di vedere tua madre!”
“Ops, scusa… Ciao Ma’, è bello vederti!”
“Sì, certo, come no. Ve ne siete stati in panciolle anche troppo a lungo, è il momento di tenervi impegnati in qualcosa sul serio. Grazie per averli fatti uscire Phil, ora ci penso io. Coraggio signorini, formate gruppi di tre senza metterci tutto il pomeriggio!”
Solo quando la videro portarsi un piccolo oggetto di metallo alle labbra gli studenti appurarono con orrore che la loro insegnante di Volo aveva portato con sé il suo immancabile fischietto, sobbalzando quando l’ormai familiare e acutissimo suono spaccò loro i timpani un attimo dopo.
 
“Cavolo, ha portato il fischietto, fa proprio sul serio! Una volta lo ha usato per costringere me e papà a pulire il giardino!”
Fantastico, io adoro tua madre!”
 
Il sorriso che sfoggiava Demelza non piacque a nessuno dei presenti, fatta eccezione per Shou, entusiasta all’idea di volare, e Phil, che appariva pericolosamente di buon umore.  
Così di buon umore da far apparire una sedia da spiaggia, sedersi e inforcare gli occhiali da sole con un sorriso soddisfatto, morendo dalla voglia di vedere qualcun altro intento a stressare quei pigri ragazzini svogliati.
“Di nulla, ora mi godo il momento. Si prospetta proprio un bel pomeriggio...”
 

 
*

 
“Ma’, non è giusto, perché io non posso partecipare?!”
“Perché poi chi glielo dice, a tuo padre, che ho permesso al suo unico figlio di schiantarsi di faccia contro un albero?! Su, vai a sederti con Lilian e non protestare.”
 
Sbuffando torvo e borbottando qualcosa sull’ingiustizia della sua condizione Malai girò sui tacchi e andò a sedersi sul prato accanto a Lilian, esonerata a sua volta dall’attività. Mentre la Grifondoro prendeva penna e sudoku per passare il tempo Malai raccolse le lunghe gambe contro il petto e le strinse tra le braccia esili, osservando cupo la madre dispensare istruzioni ai suoi compagni tenendo un manico di scopa in spalla e con il suo consueto fischietto appeso al collo.
Stava giusto iniziando a lamentarsi con Lilian di quanto sua madre fosse ingiusta nei suoi confronti – del resto si era solo schiantato un paio di volte, tutte cose che di certo erano capitate a decine e decine di maghetti – quando Margot, avvicinatasi quatta quatta ai due, gli allungò un contenitore tupperware dal coperchio rosso guardandosi attorno con circospezione e parlando in un sussurro:
“Tieni Malai, mangia questi.”
Accettato il dono e sollevato curioso il coperchio, Malai trillò di felicità quando scoprì la valanga di famosi cookies targati Margot Campbell. Sollevato lo sguardo adorante sull’insegnante, il Tassorosso stava per ringraziarla a profusione quando Demelza, che aveva adocchiato la collega mentre si avvicinava furtiva al figlio, si mise una mano sul fianco e fulminò entrambi con lo sguardo da dietro le lenti degli occhiali da sole:
“Margi, stai di nuovo ingozzando Malai per consolarlo di torti che non subisce realmente?!”
“N-no, gli stavo… chiedendo un parere sulla cottura!”
“Certo, come no… Smettila di viziarlo!”
Ma io sono adorabile, come puoi fargliene un torto?”
 
Sogghignando divertito Malai addentò soddisfatto un enorme biscotto pieno di grossi pezzi di cioccolato mentre Lilian, accanto a lui, alzava gli occhi al cielo: quasi ammirava la madre di Riccioli d’Oro per il suo elevatissimo limite di sopportazione. Fatto altrettanto ma decidendo di lasciar perdere quei casi persi, Demelza sospirò e tornò a concentrarsi sui ragazzi mentre Shou quasi saltellava sul posto per la gioia di poter rimontare in sella alla sua scopa.
“D’accordo ragazzi, vi ricordo che chi dovesse farsi male ci metterà tutti nei guai, quindi vi consiglio di stare attenti e di ricordare che se vi fate male soffrirete due volte. La prima per l’infortunio, la seconda perché dovrete subire il mio cocente disappunto. Non voglio vedere gente che afferra le scope altrui, che cerca di disarcionare qualcuno o spintoni di vario genere, sono stata abbastanza chiara?”
 
Il tono dell’insegnante si fece così minaccioso che tutti non poterono far altro che annuire spaventati mentre Priscilla, deglutendo a fatica e persino più pallida del solito, stringeva il manico della sua scopa con le gambe che le tremavano leggermente.
“Prisci, tutto a posto?”
Preoccupato, Hiro guardò l’amica aggrottando le sopracciglia mentre Tallulah, accanto a lei, le teneva un braccio stretto attorno alle spalle per confortarla:
“Lei soffre di vertigini, non vola mai. Professoressa, non è che Priscilla potrebbe essere esonerata? Penso che una studentessa finita nel lago causa svenimento non sarebbe di grande utilità per nessuno…”
“Oh, giusto, poi sua madre mi uccide… Priscilla, non preoccuparti, vai a sederti con Malai e Lilian. Qualcun altro che ha problemi con l’altezza e non se la sente? No? Bene, allora cominciamo.”
Alle parole dell’insegnante Priscilla si affrettò sollevata a lasciare il gruppo dopo aver rivolto un sentito ringraziamento a Tallulah, superando in fretta e furia Demelza per raggiungere i due amici seduti poco distante pigolando un timido ringraziamento all’insegnante.
 
“Vieni piccolo cavolfiore, mangia un biscotto, benvenuta nel club degli allergici al volo.”
Quando Priscilla raggiunse lui e Lilian Malai sorrise all’amica e le allungò il contenitore pieno di biscotti, guardandola ricambiare il sorriso prima di accettare l’offerta e prendere un biscotto particolarmente ricco di pezzi di cioccolato. Dopo averlo addentato Priscilla si mise seduta accanto a Malai, facendo attenzione a sistemare la gonna del suo vestitino mentre l’amico avvicinava la testa a quella di Lilian per darle consigli del tutto non richiesto sul suo sudoku.
“Mmh, buono! Come fa la prof a farli così buoni, nemmeno ai nostri elfi escono così morbidi!”
“Margi dice che il segreto è il burro. E che tutto è più buono, se pieno di burro, oltre che più grasso. Ma dice anche che io sono fortunato e posso mangiare quello che voglio, quindi in teoria non devo preoccuparmi… Cinese, ne vuoi assaggiare uno?”
“Mi piacerebbe, ma non ho l’insulina con me. Spero davvero che Shou non si rompa il collo, altrimenti poi dovrò fuggire nelle Filippine e cambiare identità per far sì che i miei zii non mi uccidano.”
“Di che ti preoccupi, Shou vola benissimo… Mia madre dice sempre che è in assoluto uno degli allievi migliori che abbia mai avuto. Forse un po’ è di parte considerando che è il migliore amico del suo meraviglioso e amatissimo figlio adorato, ma che sia bravo è oggettivo.”
“Infatti, non è imbranato come me e Malai! Senza offesa.”    Sperando che l’amico non si offendesse, Priscilla rivolse al Tassorosso un timido sorriso di scuse mentre Malai, allungandole nuovamente i biscotti per invitarla a prenderne uno, liquidava il discorso con un gesto sbrigativo della mano:
“Tranquilla, riconosco di riuscire meglio in altro, e in fondo un difetto dovevo pur avercelo…”
 
Fino a quel momento silenziosa e concentrata sui suoi numeri, udendo quelle parole Lilian scoppiò in una fragorosa risata sotto gli sguardi accigliati – e in parte divertiti, nel caso di Priscilla – dei due amici. Solo qualche istante dopo, quando si rese conto di essere l’unica ad aver riso, la Grifondoro tornò seria e si rivolse a Malai guardandolo con le sopracciglia aggrottate:
“Ma come, non stavi scherzando? Ah, allora scusami.”
“Chiedo perdono, non sapevo di trovarmi al cospetto della fanciulla senza difetti… Mi faresti un elenco di tutti questi miei tremendi difetti, di grazia?”
“Cielo, Prisci corri a prendere rifornimenti d’acqua, potremmo restare qui per delle ore…”
 
Mentre Lilian iniziava un rapido riassunto dei difetti dell’amico – che cercò di protestare quando la Grifondoro citò “ossessionato dai dinosauri”, ma invano – Priscilla tornò a concentrarsi sui suoi compagni. Shou stava parlando con Marley e Celia ma quando intercettò lo sguardo dell’amica le sorrise, provocando un improvviso moto di rossore sulle sue guance prima che Priscilla, ricambiato il sorriso, si affrettasse a distogliere lo sguardo.
 

 
*

 
Dopo un paio d’ore costellate da interminabili esercizi su passaggi, battute e sessioni di staffette avanti e indietro per il perimetro del Camp Demelza permise ai ragazzi, quasi tutti doloranti e sfiniti ad eccezione di Shou, Marley, Bel e i pochi altri felici di volare, di rimettere a posto i manici di scopa e di tornare ai propri chalet per godersi il tempo libero.
Gli studenti non se l’erano fatto ripetere due volte, sfrecciando rapidi verso i rispettivi alloggi per impedire all’insegnante di cambiare idea mentre Demelza, Margot e un Phil immensamente divertito si accingevano a raggiungere i colleghi rimasto nel loro chalet.  
 
“Elza, non pensi di essere stata un po’ troppo severa?”
“Ma se ho anche riempito di complimenti Shou, Marley, Bel e Celia! Sono stata un vero agnellino.”
 
Margot era certa che il giorno seguente le cosce e le braccia doloranti dei loro studenti non sarebbero state della stessa opinione, ma si limitò a sfoderare un sorriso mentre i tre varcavano la soglia dello chalet in fila indiana e Phil etichettava quella lezione come “la migliore a cui avesse mai assistito, anche se Margot era stata veramente ignobile a non offrirgli neanche un biscotto”.


 
 
“Ma dove sono finiti i biscotti avanzati?! Ero sicura di averne lasciato un piattino in cucina!”
Chiedendosi se ormai la sua memoria non stesse iniziando a dare i numeri, Margot si guardò attorno sempre più perplessa mentre Demelza e Beau giocavano ad una partita di scacchi magici sul tavolino da caffè, Theobald cercava di insegnare a Sunday a riportargli le cose e Håkon si sforzava di scrivere il resoconto settimanale da inviare alla Preside. Lui e i suoi colleghi si erano passati l’onere a turno nel corso delle settimane, e per tutti il compito si era rivelato molto più arduo del previsto: descrivere ciò che accadeva al campeggio facendolo sembrare quasi normale non era un’impresa propriamente semplice.
 
Lo sguardo di Margot finì con l’indugiare su Phil, che se ne stava chino su una lettera indirizzata al fratello e che fece accuratamente finta di nulla. Ridotti gli occhi blu a due fessure, la Tassorosso stava per rivolgergli un’accusa formale – c’erano forse tracce di briciole attorno alla sedia dell’Uomo Ananas?! – quando Håkon finì col salvare involontariamente il collega chiedendo aiuto all’amica:
“Margi, mi dai una mano con questa lettera? Come posso spiegare alla Preside che il Professor Watrous è quasi riuscito a mettere in piedi un circolo di Speed date, e che Lilian e Malai sono quasi riusciti ad approfittarne per prendere denaro dalle ragazze con cui avrebbero fatto in modo di far uscire Shou?”
“CHE COSA HA FATTO MALAI?!”
“Ma nulla Elza, Håkon scherza! Vero?!”
Margot si rivolse fulminea all’amico, intimandogli con uno sguardo minaccioso di darle corda mentre il danese si affrettava ad annuire e ad indirizzare all’insegnante di Volo il più sincero e innocente dei suoi sorrisi:

“Oh, sì certo Demelza, scherzo…”
“La mia idea degli appuntamenti era semplicemente geniale. E sarei anche riuscito a metterla in pratica se voi non foste dei nosiosoni! A parte te Margi cara. Un giorno il mondo capirà quanto il mio genio sia stato incompreso. Ora tornerò ad organizzare l’attività speciale per i ragazzi della prossima settimana.”
Dopo aver rinunciato ad insegnare a Sunday a riportargli le cose Theobald si rivolse ai colleghi sfoderando un sorrisetto pericolosamente compiaciuto e accarezzandosi gli straccali marroni come era solito fare ogni qual volta in cui un’idea malsana si appropriava della sua mente.

“Di che cosa si tratta?”
Terrorizzato, Phil sollevò di scatto lo sguardo dalla sua lettera – pregando che la futura iniziativa del collega non prevedesse altri Frank di sorta – per guardare il collega mentre anche Beau, Håkon e Margot si immobilizzavano e fissavano Theobald a loro volta, preoccupati. Accigliata, Demelza guardò Beau in attesa che facesse la sua mossa e si chiese il perché di tutto quel scompiglio, ma poi rammentò i dettagli a cui le aveva fatto cenno Margi nelle sue telefonate e comprese lo sconcerto generale.
“Oh, è una sorpresa. Una magnifica sorpresa.”
Theobald parlò sfoderando un sorriso che ebbe il mero effetto di far preoccupare i colleghi ancora di più, eccezion fatta per Demelza. No, lei prese con la massima nonchalance una patatina dalla ciotola che le stava facendo compagnia durante la partita a scacchi, immensamente sollevata di non essere stata nemmeno presa in considerazione per il Camp in quanto madre di uno studente.
 

 
*

 
Marley era uscita a fare una passeggiata nel bosco armata dei suoi fidati scarponcini e della sua ancor più fidata giacca a vento giallo senape, aspettandosi l’avvento del cattivo tempo dalle nubi grigie che avevano coperto il sole con il trascorrere del pomeriggio.
Le previsioni della Tassorosso si rivelarono corrette quando le prime gocce di pioggia iniziarono a bagnarle i lunghi capelli castani. Sospirando, sinceramente dispiaciuta di averci visto giusto, la ragazza smise di camminare e si fermò prima di sollevare lo sguardo al cielo, osservando le nuvole quasi color cenere al di sopra delle fronde degli alberi.
 
“Ti pareva…”
Sbuffando piano, Marley afferrò il cappuccio giallo e se lo calò sulla testa – qualche giorno prima Shou l’aveva additata asserendo che somigliasse al “bambino di It”, e a giudicare dal tono del ragazzo non era certa che si trattasse di un complimento, ma nulla avrebbe potuto separarla dalla sua giacca – mentre Leith si affrettava ad infilarsi rapido all’interno del bavero, lamentandosi sommessamente per la pessima idea che la padroncina aveva avuto.

“Uffa Leith, non rompere, potevi restare in camera se non volevi venire!”

Leith borbottò qualcosa, stizzito, e Marley gli ricordò di non avere ancora sviluppato la capacità di controllare il tempo mentre invece di girare sui tacchi e tornare indietro si incamminava in tutta calma verso l’interno del bosco. Confuso, l’Asticello prese a tormentarle il lobo dell’orecchio sinistro per chiederle spiegazioni e ricordarle che la strada giusta fosse nella direzione opposta, ma Marley non gli diede retta e si limitò a fare spallucce: due gocce non avevano mai ucciso nessuno. E lei, cresciuta nel Kent, non si era mai lasciata spaventare da un po’ di pioggia.
 
 
 
“Blodwel è venuta a chiedere se Marley è qui, qualcuno l’ha vista? Non stava fangirlando sui compiti di Astronomia con te, dopo l’attività col Sergente Magg- Mia madre?” 
Malai, del tutto certo di aver udito gli striduli commenti entusiasti – del tutto simili al verso di un delfino – che Shou e Marley emettevano ogni volta in cui si parlava di Astronomia o del Professor Jørgen, interruppe la sua attività di raddrizzamento delle decorazioni da muro dello chalet per avvicinarsi a Shou e al divano che come al solito l’amico aveva occupato.
“Sì, ma è uscita poco fa, ha detto di voler fare un giro. Tu sai di preciso dove è andata, Bel?”
Standosene comodamente disteso con una rivista davanti – stava studiando con interesse un inserto sulla skin care perfetta per ogni tipo di pelle – Shou gettò un’occhiata dubbiosa a Bel, impegnato a giocare a scacchi magici in compagnia della sorella. Accigliato, il Tassorosso suggerì che conoscendo l’amica era assai probabile che avesse deciso di fare una passeggiata nel bosco, ma quando guardò fuori da una finestra e si rese conto del brutto tempo sperò vivamente di essersi sbagliato.
 
“Sta iniziando a tirare un po’ di vento, ma sono sicuro che stia tornando indietro. Shou, ti ricordo che il turno di lavare i piatti stasera è tutto tuo.”
“Ma nooo, tu li lavi così bene, perché non lo fai tu?”
 
Indignato, Malai sollevò l’indice e ricordò serio all’amico che no, non sarebbe riuscito a fargli lavare i piatti al posto suo con l’adulazione, né tantomeno lavandoli male e inducendolo così a lavarli di nuovo a sua volta.
Nessuno gli credette, il suo migliore amico in primis, mentre Bel osservava pensieroso le gocce di pioggia infrangersi sul vetro della finestra più vicina, dimenticandosi momentaneamente della partita in corso.
 

 
*

 
“Bene, me ne vado prima che arrivi la bufera, non ho intenzione di rovinarmi la messa in piega. Ci vediamo tra dieci giorni, quando verrò a prendere Malai… grazie per tenerlo d’occhio anche per conto mio.”
Zaino in spalla e pronta a tornare a casa dopo essere passata a salutare il figlio, Demelza si chinò leggermente per abbracciare Margot, che sorrise e ricambiò la stretta prima di ringraziarla a sua volta per essere passata.
“E poi sai quanto voglia bene al tuo ragazzo. Penso che in fin dei conti anche se è stata un’estate diversa dal solito si stia comunque divertendo, qui ci sono tutti i suoi amici.”
“Sì, è stato proprio un piccolo delinquente fortunato… e anche ad avere qui la sua insegnante preferita. Mi auguro solo che l’anno prossimo non se ne esca con qualche altra assurda trovata, ma onestamente mi aspetto di tutto.”
Demelza sospirò, ripensando torva a quando l’improvvisa ricchezza del figlio aveva iniziato ad insospettirla, qualche mese prima. Malai era stato abbastanza furbo da vendere compiti per settimane senza farsi beccare, ma non abbastanza da continuare a chiedere soldi a sua madre di tanto in tanto per fingere di non guadagnarne per conto proprio.

“Non saprei, dopo la tua furia assassina di qualche mese fa, quando lo hai beccato in procinto di contare i guadagni del suo commercio di compiti, credo che ci penserà su."

Margot sorrise divertita e l’amica non poté far altro che annuire, sperando vivamente che avesse ragione e che il figlio non si facesse venire qualche altra stramba idea per arricchirsi durante il suo ultimo anno ad Hogwarts.
“Può darsi, ma resta il fatto che quando mi ha visto la prima cosa che mi ha chiesto è stata come stesse Poldo. E poi prima, quando sono andata a salutarlo, mi ha chiesto se gli avessi portato la paghetta. Figlio degenere… se non altro è molto intelligente.”
 
Certo, ogni volta in cui Demelza menzionava l’intelligenza del figlio quello si premurava di sottolineare con aria saccente di come l’avesse ereditata da suo padre, decantando invece i capelli tendenti al crespo ereditati da sua madre. Talvolta l’impulso di defenestrarlo era forte, ma per fortuna del ragazzo l’affetto materno lo era anche di più.
 
“Mi raccomando, aggiornami sugli sviluppi. La vostra associazione a delinquere per coppiette promette bene.”
Margot sorrise e promise all’amica di tenerla informata prima che Demelza, infilatasi nel camino e afferrata una manciata di Polvere Volante – la strega si era categoricamente rifiutata di prendere una Passaporta con quel tempaccio –, sparisse dallo chalet in direzione di casa propria.

 
Quando riaprì gli occhi Demelza si ritrovò catapultata nel soggiorno di casa, cercando di uscire dal camino senza inciampare o sbattere la testa e scrollandosi al contempo la cenere di dosso.

“Sono tornata! Diluviava e ho lasciato perdere la Passaporta, per fortuna il camino era connesso alla Metropolvere per le emergenze… Merlino, detesto viaggiare così… indovina che cosa mi ha chiesto come prima cosa?”

La strega si stava spolverando le maniche della giacca quando la voce del marito giunse dalla cucina, azzeccando la risposta corretta senza nemmeno aver bisogno di rifletterci:
“Come stesse Poldo?”
Bingo.”

 
*

 
Marlowe Archer-Lloyd aveva preso l’abitudine, negli anni, di uscire di casa senza premurarsi di avvisare nessuno. Inizialmente i suoi quattro poveri Elfi avevano dato di matto e al ritorno dalle sue passeggiate solitarie l’avevano accolta quasi in lacrime e coinvolgendola in eterni e soffocanti abbracci collettivi, rimproverandola aspramente per essere uscita senza farne parola con nessuno di loro.
Inizialmente stupita dalla casa, Marley aveva promesso di impegnarsi ad avvisare sempre almeno uno di loro, ma spesso e volentieri le capitava di scordarsene, uscendo in compagnia di Leith e sparendo per lunghe passeggiate. Fortunatamente Chip, Tully, Nesbit e Roxie avevano finito con l’abituarsi e col passare del tempo avevano iniziato a preoccuparsi sempre meno, anche se di tanto in tanto a Marley capitava ancora di varcare l’ingresso dell’enorme villa e di trovare i quattro elfi in preda al panico.
 
La verità era che la piccola Archer-Lloyd non era mai stata abituata a ricevere grande considerazione e nessuno, a parte i suoi piccoli amici, aveva avuto modo di preoccuparsi per lei o fare caso alla sua assenza. Aveva pochissimi ricordi dei suoi genitori insieme ma Hank e Shania non si erano mai sforzati di nascondere, sia quando erano ancora sposati sia in seguito, che a differenza delle sue sorelle maggiori lei era capitata per caso.
Quando le si chiedeva con quale dei genitori fosse cresciuta Marley era solita rispondere “Nella casa di mio padre”, perché nonostante fosse consapevole dell’affetto che Hank nutriva nei suoi confronti era innegabile che in quella magnifica villa avesse trascorso più tempo con la sola compagnia di tate e Elfi che con il padre e, successivamente, la matrigna.   
Non stupiva quindi che la prima volta in cui la Tassorosso era stata ospite di Bel a casa sua fosse rimasta pressoché sconvolta dalla famiglia dell’amico, che contava ben 10 persone tra i genitori e i sette fratelli – tre biologici, quattro adottivi – del ragazzo.
 
“Ma quindi voi mangiate insieme? Nella stessa stanza? Tre volte al giorno. Wow. Fantastico!”
Bel era rimasto sorpreso in negativo dalle domande dell’amica e dall’aria trasognata con cui aveva assistito alla vita familiare, caotica e rumorosa, dei McKinnon. Ma si era anche ripromesso di invitarla molto più di frequente.
 
 
Cosi scarsamente abituata a dover rendere conto a qualcuno dei suoi spostamenti, quando Marley aprì la porta d’ingresso dello chalet delle ragazze somigliava in tutto e per tutto ad un pulcino bagnato, i capelli e la giacca gialla zuppi mentre Leith la minacciava adirato di trovarsi un’altra padroncina. Accogliendo con sollievo il cambiamento della temperatura grazie all’enorme camino acceso, la Tassorosso si sfilò il cappuccio dalla testa prima di rendersi conto di avere diverse paia d’occhi puntate di sé.
 
“Emh… ciao a tutti. Come mai quelle facce?”
Il sorriso si congelò sulle labbra della ragazza quando appurò che nessuno stesse ricambiando, tutti impegnati a fissarla più o meno seri.
“È successo qualcosa mentre non c’ero? … Perché ci siete anche voi?”
I grandi occhi blu di Marley scivolarono perplessi su Hiro, Shou, Malai e Bel, soffermandosi in particolare su quest’ultimo mentre l’amico la guardava a metà tra il rassegnato e il sollevato di vederla.
“Marley, è un po’ che sei uscita e c’è un tempo pessimo, onestamente stavamo iniziando a preoccuparci un...”
“Oh. Scusate, non volevo. Ma a me non disturba camminare con la pioggia e mi sono dimenticata di dire a qualcuno che uscivo…”
Marley fece per sfilarsi la giacca abbozzando un debole sorriso di scuse, sentendosi leggermente a disagio per tutte quelle paia d’occhi su di sé prima che Malai la interrompesse, sbottando esasperato:

“Sei una cretina incosciente, Marlowe Archer-Lloyd. E quando domani ti sveglierai con la febbre io non contribuirò a farti da infermiere!”
 
Mentre il ragazzo le si avvicinava Marley aprì la bocca indignata per intimargli rimangiarsi gli insulti, oltre che ricordargli che mai gli avrebbe chiesto di farle da infermiere, ma quello la precedette prendendola per le spalle e pilotandola verso il divano per costringerla a sedersi senza smettere di borbottare qualcosa a proposito della sua assurda mania di sparire senza dire niente a nessuno.

“Lasciami in pace DinoBoy, non hai un’innamorata lampo a cui cantare una canzone?”
“No che non ce l’ho!”
“Beh, questa che è una novità!”
 
Malai ricambiò l’occhiata torva della compagna mentre Bel, sedutosi accanto all’amica, provvedeva a far uscire del vapore caldo dalla punta della sua bacchetta per asciugarle almeno i capelli zuppi.
Borbottando che quella ragazza fosse assolutamente impossibile il Tassorosso andò a sedersi sull’altro divano e incrociò le braccia al petto con stizza, guardando Bel spiegarle gentilmente perché si fossero preoccupati mentre Marley, fissandosi le mani diventate gelide, mormorava cupa delle scuse.
“Sono abituata così. Non posso farci nulla.”
“Beh, magari ci si può lavorare su. Se ci preoccupiamo è perché ti vogliamo bene, come farei senza il mio raggio di sole?”
Marley accennò un sorriso all’amico, che ricambiò prima di abbracciarla mentre Tallulah si avvicinava ai due porgendo alla Tassorosso la sua inestimabile coperta rosa di Sailor Moon sotto lo sguardo ormai incapace di sorprendersi di Hiro:

“Tall, ma dove li trovi tutti questi gadget?!”
“E lo domandi proprio tu che sei giapponese? Il mio bottino a tema manga e anime è l’unico vantaggio di avere un padre che fa avanti e indietro da lì!”
 
“Prisci, pensi che tutti si preoccuperebbero anche se sparissi io?”
“Certo, io verrei subito a cercarti!”

Alla domanda di Lilian Priscilla rispose senza la minima esitazione e allungandosi per abbracciare l’amica, che accettò con un piccolo sorriso grato quell’affettuoso contatto fisico in pubblico solo ed esclusivamente perché si trattava della sua migliore amica.

“Ehy, Lily, perché quando voglio abbracciarti io mi cacci a calci se siamo in pubblico?” 
“Ti risulta di essere carino come Prisci? Te lo dico io, non lo sei.”
Sbadigliando annoiata, Lilian liquidò pigramente le proteste di Shou mentre il cugino, in piedi davanti a lei e a Priscilla, la guardava incrociando torvo le braccia al petto:

“Conosco ragazze che avrebbero da ridire in proposito. E comunque nessuno è carino come Prisci!”
                                   
In un attimo il viso di Priscilla divenne di una tonalità del tutto simile alle fiamme che ardevano nel camino e i suoi occhi verdi saettarono su Shou mentre Lilian, sogghignando, guardava il cugino imbarazzarsi a sua volta e balbettare parole sconnesse tra loro nel vano tentativo di giustificare le sue parole.

“Beh, insomma, voglio dire che… niente. Marley, vuoi una tazza di tè?”
 
Non sapendo come altro fare per uscirne Shou decise di adottare la via più breve: la fuga, correndo in cucina per prendere una tazza mentre Priscilla chiedeva con un timido pigolio a Lilian di smettere di ridere e Malai, sempre seduto sul divano con le braccia strette al petto e le lunghe gambe accavallate, fissava torvo Marley.
O almeno finchè, da un momento all’altro, la sua espressione non mutò, facendosi improvvisamente trasognata e sorridente.
Perché non aveva mai notato quanto carina fosse Marley e quanto splendidamente blu fossero i suoi occhi?
 
Quasi spaventata da quel cambiamento la diretta interessata al contrario lo guardò stranita di rimando, sbattendo le palpebre un paio di volte per assicurarsi di non avere le allucinazioni prima di rivolgerglisi con tono dubbioso:

“DinoBoy, perché mi guardi così? Bel, che ha? Sta male?”
“Non saprei dirti Marley…”
 
Anzi, forse pensandoci Bel un’idea l’aveva, ma decise di non farne parola con l’amica mentre Malai si alzava per “andare ad aiutare Shou a prepararle un tè” e Marley lo guardava, piacevolmente sorpresa e vagamente terrorizzata al tempo stesso.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
…………………………………………………………………………………….
Angolo Autrice:
 
Buonasera!
Mi scuso immensamente in caso il capitolo presenti degli errori, per riuscire a finirlo stasera sono rimasta incollata al computer per un numero imbarazzante di ore e comincio ad avere le traveggole, oltre a sfiorare il cortocircuito della rete neuronica. Domani lo rileggerò per bene appena ne avrò l’occasione, intanto mi scuso con chi dovesse leggerlo prima di allora e dovesse imbattersi in castronerie di vario genere.
Nel prossimo capitolo avremo come ospite speciale la piccola e dolce Freya <3
 
A presto!
Signorina Granger

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Capitolo 14 - Scimmiette e fucili ***


Capitolo 14 – Scimmiette e fucili

 
 
Dopo aver organizzato la visita di Freya al Camp con sua madre, Håkon aveva deciso di non farne parola con Margi per farle una sorpresa. Così quella mattina, mentre i colleghi facevano colazione e Phil e Margot discutevano a proposito dei cereali, uno sostenendo che prima andasse versato il latte e l’altra, invece, il contrario, Hakon aveva afferrato una manciata di Polvere Volante dal vasetto sistemato sopra al camino prima di informare sbrigativo gli altri di “dover fare una cosa”.
 
“Una cosa?! Te ne vai così di punto in bianco? Dove devi andare?”
Dimenticatasi momentaneamente della diatriba sui cereali, Margot sguardò allibita il suo migliore amico cercare di infilarsi all’interno del camino mentre Phil gli puntava minaccioso contro il cucchiaio, intimandogli di non provare a svignarsela dal Camp con una settimana di anticipo lasciando loro quattro alle prese con i “marmocchi”.
Hakon assicurò al collega di non avere intenzione di darsi alla macchia, ma restò comunque sul vago e non rispose alla domanda di Margot prima di sparire in una fiammata verde dopo aver borbottato un indirizzo. Accigliata, l’insegnante di Trasfigurazione si disse che quell’indirizzo le era sicuramente familiare. Doveva essere un posto che conosceva, ma in quel momento non le venne in mente nulla di concreto.
 

 
*

 
Chalet dei ragazzi
 

Quando Hiro Davies si svegliò e, dopo essersi stiracchiato distendendo le braccia sopra la testa, si mise a sedere sul letto senza scorgere traccia di Malai non si stupì affatto dell’assenza dell’amico. A stupire il Corvonero fu l’assenza della voce di Malai che cantava a squarciagola sotto la doccia.
Facendo piano per non svegliare i suoi compagni ancora addormentati Hiro si scostò il copriletto rosso mattone di dosso e si alzò, attraversando la stanza a piedi nudi e nel suo pigiama blu polvere. Quando passò davanti al letto di Malai notò che era già stato rifatto e con una precisione a dir poco millimetrica nelle pieghe degli angoli, ma di nuovo la cosa non lo stupì particolarmente.
Uscito dalla stanza Hiro si affacciò dal ballatoio per cercare Malai, abbozzando un sorriso divertito quando udì dei rumori provenire dalla cucina: scese rapido e silenziosissimo le scale di legno e infine si fermò davanti alla cucina, sorridendo quando vide i banconi completamente occupati da quello che, ad occhio, sembrava l’intero contenuto della loro dispensa che veniva rifornita ogni settimana.
Malai non si trovava in cucina, ma a giudicare dai borbotti seccati che provenivano dall’interno della dispensa Hiro si arrampicò su uno degli alti sgabelli accennando un sorriso e rivolgendosi alla porta aperta:
“Stai facendo ordine?”
Quando l’alta figura di Malai entrò finalmente nel campo visivo dell’amico Hiro lo vide uscire dalla dispensa reggendo una pila di confezioni di basta, il pigiama giallo e nero di Adventure Time addosso e i capelli ricci raccolti sulla nuca per comodità.
“Ciao Hiro. Sì, queste cose sono disposte senza la minima logica, per come era prima la dispensa non era assolutamente funzionale! Che senso ha avere le spezie tutte lontane tra loro? E i biscotti e le fette biscottate dovrebbero andare vicino alle confetture e al miele, è così ovvio! E vorrei prprio sapere chi è che continua a spostare il caffè da quando siamo arrivati, io continuo a metterlo vicino ai tè e qualcuno invece non fa che lasciarlo in giro a casaccio!”
Il Tassorosso depositò il suo carico vicino ad Hiro e poi agitò stizzito una mano per manifestare ulteriormente la sua disapprovazione mentre l’amico, guardandolo più serio che poteva, annuiva impassibile prima di chiedergli quando pensava che la cucina sarebbe tornata disponibile per fare colazione.
“Oh, ci metto un secondo. Un attimo che spolvero.”
Terminato di accatastare buona parte delle loro cibarie in cucina, Malai arraffò uno spolverino che Hiro, fino a quel momento, non aveva assolutamente notato e poi se ne tornò dentro la dispensa per pulire gli scaffali e le mensole senza smettere di parlare con Hiro:
“Questa mattina abbiamo lezione con Margi, ma sembra che oggi pomeriggio avremo qualcosa da fare con il Professor Watrous… Di che cosa pensi che si tratti?”
“Non lo so proprio… Ma dopo l’ultima volta ho un po’ di timore. Se non altro sappiamo che sarà di pomeriggio e che stanotte quindi potremo dormire tranquilli, è già qualcosa.”

 
*

 
“Freya, sei pronta?! Papà arriverà a momenti!”
“Non trovo Mango! Dov’è Mango?!”
Freya sollevò disperata il cuscino del suo letto senza però trovare traccia della scimmia perduta mentre suo nonno la guardava esasperato dalla soglia della cameretta. Non trovando Mango Freya si gettò sul pavimento per controllare sotto al letto, ma mormorò che non fosse nemmeno lì prima di correre verso la cesta dei giochi e metterla a soqquadro per cercare la scimmia.
Ormai Willhelm Jørgen era assolutamente convinto di una cosa: vivevano in una casa stregata. Solo in quel modo avrebbe potuto spiegarsi perché sua moglie e sua nipote perdessero quotidianamente qualsiasi cosa, a volte anche le matite che tenevano in mano.
Sospirando, il danese si rivolse verso le scale che conducevano al pian terreno, dove Winnie stava lavando i piatti della colazione:
“WINNIE! DOV’E’ MANGO?!”
“CHE COSA NE SO IO?!”
“PERCHE’ LE DONNE DI QUESTA FAMIGLIA SONO UNA PIU’ DISORDINATA DELL’ALTRA?!”
“SMETTILA DI URLARE WILL! APPELLALA, SEI UN MAGO, NO?!”
 
Effettivamente, sua moglie non aveva tutti i torti. Ricordatosi di essere un mago, Willhelm prese la bacchetta e appellò borbottando un incantesimo in danese una delle tante scimmiette di peluche della nipotina, che stava quasi per scoppiare in lacrime.
L’uomo non seppe spiegarsi come, perché o quando, ma Mango sfrecciò a tutta velocità verso di lui da dentro l’armadio delle scope. Come ci era finita la scimmia lì dentro?!
Decidendo che non fare domande fosse la soluzione più rapida e semplice, Willhelm porse il peluche alla nipotina mentre Freya, sorridendo sollevata, correva verso di lui a braccia tese, ringraziandolo per averla trovata.
“Ecco amore, tieni Mango. Adesso vai a metterla nello zaino e mettiti le scarpe, forza.”
“Sì, vado, grazie Nonno.”
La bimba corse verso le scale per mettere al sicuro Mango nel suo zainetto magicamente espanso grazie ad un incantesimo del nonno, che poté rilassarsi per, circa, quindici secondi. Dopodiché udì la bambina chiamarlo disperata dal piano di sotto e chiedergli dove fosse la sua scarpa sinistra.
 
“Ma non è possibile, era vicino al divano un attimo fa!”
 
 
Nonostante avesse chiesto ai genitori di far sì che al suo arrivo Freya fosse pronta, Håkon non si stupì affatto quando, giunto nel soggiorno illuminato dalle ampie finestre che davano sulla spiaggia, scorse solo lo zaino della figlia abbandonato sul divano color crema. Dei genitori e della bambina nessuna traccia, ma l’astronomo intuì che fossero alla ricerca delle ultime cose di Freya, a giudicare dai lamenti della bambina e dalla ramanzina che Willhelm stava facendo alla moglie, incolpandola di aver trasmesso alla nipote il suo disordine cronico. Ramanzina dalla quale Winnie si stava difendendo brandendo una spugna pregna di detersivo contro il marito.
“Mamma, Papà… sono arrivato.”
All’improvviso le voci cessarono e un istante dopo tutti e tre apparvero sulla soglia del vano della parete a forma di arco che conduceva alla cucina. Freya emise un gridolino e corse verso il padre con le braccia tese, abbracciandolo di slancio mentre, alle sue spalle, i nonni continuavano imperterriti il battibecco:
Lo vedi Winnie, Håkon è arrivato e Freya non ha tutte le sue cose!”
“Meno male che ci sei tu a ricordarmi l’ovvio, pensi che non abbia visto nostro figlio?!”
“Considerando che ieri non hai visto le tue pantofole, che dopo averla cercata per un’ora si sono rivelate essere ai piedi del letto come al solito, non ci scommetterei!”
 
“Mamma, Papà… non importa. Come stai Scimmietta? Mi sei mancata tantissimo.”
Hakon sorrise alla figlia mentre le stringeva delicatamente il visino tra le mani, guardandola adorante prima di scoccarle una sequenza infinita di baci sulle guance.
“Bene Papino, anche tu mi sei mancato… Non vedo l’ora di vedere la zia! Iris come sta?”
“Stanno bene, adesso andiamo a salutarle… se hai tutte le tue cose. Che cosa state cercando?!”
“Non troviamo il nuovo libro di Freya tesoro, chissà dov’è finito! Ma prima dai un abbraccio anche a me, su.”
 
Sbolognata la spugna al marito, che la guardò contrariato, Winnifred si avvicinò al figlio per farsi dare un abbraccio a sua volta. Incapace di non accontentarla, Håkon le sorrise con affetto e l’abbracciò mentre Freya continuava imperterrita a stargli incollata alle gambe. Continuando a stringere Winnie in un abbraccio, Håkon guardò con un sorriso divertito il padre dirgli in labiale che “la colpa era tutta di sua madre” prima che i suoi occhi scuri scivolassero sul resto della stanza, soffermandosi in particolare sul tavolino da caffè.
“… Mamma. Lì c’è un libro verde che parla di una scimmia che non ho mai visto. È quello il nuovo libro di Freya?!”
“Sìììì! Maurice the Monkey!”
 
Freya corse a prendere il libro verde, stringendolo felice al petto prima di affrettarsi a metterlo all’interno del suo zainetto. Allibito e orripilato al tempo stesso, Willhelm guardò prima la nipote, poi il tavolo – in bella vista – e infine la moglie, chiedendole incredulo come avesse fatto a non vederlo.
“Oh cielo, mi sarà sfuggito! In effetti è da ieri che non trovo i miei occhiali… che comunque sono solo occhiali da riposo perché no, non sono affatto vecchia!”
Håkon, non è che al Camp puoi portarti anche tua madre? Ha bisogno di una vacanza, e anche io.”
“Credo proprio che sia meglio di no, è già difficile gestire tutto quanto così… Saluta i nonni amore.”
Quando Freya gli si fu avvicinata con lo zaino sulle spalle Hakon la prese per mano e la condusse all’interno del camino, invitandola dolcemente a salutare i suoi genitori. Come sempre Freya obbedì, saltando dentro al caminetto e sorridendo ai nonni mentre li salutava agitando felice la manina:
 
“Ciao! Ci vediamo stasera!”
“Ciao tesoro, comportati bene. Håkon, salutaci tanto Margi!”
 
Håkon annuì in segno di assenso prima di chiedere alla figlia di chiudere gli occhi e infine gettare la manciata di Polvere Volante ai suoi piedi, serrando gli occhi scuri a sua volta prima di ritrovarsi nuovamente allo chalet del Camp.
 
Theobald, Beau, Margi e Phil stavano ancora facendo colazione, ma tutti e quattro si interruppero e smisero di parlare quando si resero conto che il collega era già di ritorno. Margot stava per chiedergli dove fosse andato e a fare cosa, ma le parole le morirono in gola quando scorse il delizioso quanto familiare visino sorridente di una bambina dai grandi occhi castani e i lunghi capelli ricci del medesimo colore.
Porco Yoda… Freya!”
La strega si alzò spalancando incredula gli occhi blu, dimenticandosi della colazione mentre la bambina, sorridendole, usciva dal camino per correrle incontro con lo zainetto che le ballonzolava sulle spalle:
“Ciao Zia Margi!”
Freya si gettò letteralmente tra le braccia di Margot, che sorrise e la strinse a sua volta prima di scoccarle due sonori baci sulle guance:
“Papino non me lo aveva detto, che saresti venuta! Perché non me lo hai detto?”
“Volevo farti una sorpresa. Direi che ci sono riuscito. Freya, saluta tutti quanti.”
Hakon sorrise alla figlia accennando a Beau, Theobald e Phil, tutti e tre con gli occhi chiari fissi sulla bimba. Freya, le braccine ancora strette attorno al collo di Margot, sorrise allegra ai tre uomini prima di agitare una manina nella loro direzione:
“Ciao!”
“Ciao piccola! Ma allora qualcuno di noi deve restare qui a badare a lei, oggi… Io sono occupato con i ragazzi.”  Theobald ripiegò la copia della Gazzetta del Profeta arrivata via gufo un’ora prima e assunse soddisfatto la sua “aria misteriosa”, piuttosto fiero della suspence che era riuscito a creare nei giorni precedenti: benchè ci avessero tutti provato in più di un’occasione, non aveva mai rivelato a nessuno dei colleghi che cosa avesse deciso di organizzare per gli studenti.
“Io oggi ho lezione… Non è che qualcuno può sostituirmi, così posso stare un po’ con Freya?”
Margot si sentì il cuore sprofondare quando rammentò di avere due ore di lezione con gli studenti del VI anno quella mattina e guardò implorante Phil e Beau, che però si nascosero dietro alle loro tazze: avevano fatto il pieno il giorno precedente, quando avevano trascorso due ore ciascuno con i ragazzi.
 
“Vorrà dire che Phil e Beau saranno le tate del giorno. Io devo andare a fare una capatina nel bosco…”
Theobald si alzò sfoggiando un sorrisetto che allarmò tutti i presenti – tranne ovviamente la piccola Freya, che studiava piena di curiosità i colleghi del padre –, tanto che Håkon, benchè l’idea di stare lontano dalla figlia quando finalmente aveva la possibilità di stare un po’ con lei non gli piacesse a fatto, si offrì di accompagnarlo con un sospiro tetro:
“Se vuole la aiuto, Professore.”
“Davvero? Oh, grazie Håkon caro, sei così gentile. Tuo padre è fantastico, sai tesoro? Io sono Theo, piacere di conoscerti.”
Dopo essersi alzato e aver raggiunto lei e Margi Theobald rivolse un sorriso gentile alla bambina e le allungò una mano, che Freya strinse come poteva con la sua ricambiando il sorriso:
“Ciao. Sì, il mio Papino è bravissimo e bellissimo.”
 
Margot si schiarì rumorosamente la voce e Freya, annuendo, l’abbracciò di nuovo asserendo che la sua fosse la migliore zietta del mondo.
“Ora sì che si ragiona. Phil, Beau, abbiate cura del mio batuffolo rosa di zucchero filato, o ve la vedrete con zia Margi.”
“Perché parli al plurale ma guardi soltanto me Campbell?!”
“Usa il tuo QI sopra la media per arrivarci, Phineas.”
Nell’udire quel nome qualcosa si smosse nella memoria della piccola Freya Jørgen, che spalancò sorpresa gli occhioni da cerbiatta e indicò Phil con l’aria di chi ha svelato il più intricato dei misteri:
“Ma allora sei tu Phineas! Zia, ma avevi detto che era brutto!”
 
In un’altra situazione e parlando di chiunque altro Margot avrebbe cercato in tutti i modi di rimediare alla gaffe procuratale dalla bambina, ma dopo una rapida riflessione la strega stabilì che dell’opinione di MacMillan non gliene fregava un accidente, così annuì e confermò con uno sbadiglio le parole della bimba.
Almeno io non mi faccio superare in altezza dai ragazzini del secondo anno!”
“Erano del terzo, non del secondo! C’è una bella differenza. E comunque, il vino buono sta nelle botti piccole.”
“Il classico proverbio inventato da un Folletto con i complessi, probabilmente.”
 
Mentre i due davano vita all’ennesimo battibecco Freya, senza lasciarsi impressionare troppo, si avvicinò al tavolo e sedette sulla sedia vicina a Beau, rimasta vuota dopo che Margot si era alzata:
“Papino me lo ha detto che fanno sempre così. Posso un biscotto?”
“Certo tesoro.”
Beau le porse il piattino dei biscotti con un sorriso mentre Hakon, dietro di loro, raccomandava alla figlia di non esagserare con i dolci. Nel farlo si sentì un vero ipocrita, considerando quanti biscottini al burro appena sfornati da Mindel aveva ingurgitato il giorno prima, ma ovviamente decise di non farne parola con Freya per evitare di compromettere la sua credibilità di genitore.
 

 
*

 
“Lei è Banana, questa invece è Eucalipto… E lui è Mr Monkey, è il mio preferito, Papino mi ha detto che me lo hanno regalato i nonni quando mi hanno vista la prima volta. Ti piacciono le scimmiette?”
Phil detestava le scimmie. Tremendi animali imprevedibili, nonché notoriamente dispettosi, che ti potevano piombare addosso da qualsiasi angolo e in qualsiasi momento. Con il preciso intento ti rubarti il cibo o qualsiasi cosa avessi in mano. O anche solo tirarti i capelli.
Era però evidente che le scimmie fossero l’animale preferito della piccola Freya Jørgen, che stava estraendo una successione infinita di peluche dal suo zaino di My Little Pony per mostrargli orgogliosa la sua collezione, disponendole tutta in fila sul tavolo. Ragion per cui, alla domanda della bambina – e di fronte al suo sguardo così teneramente innocente –, Phil si vide costretto ad annuire e a decretare di adorare le scimmie.
“Certo, sono bellissime. Ne hai davvero tante Freya.”
“Non le ho portate tutte, la nonna mi ha detto che potevo prenderne al massimo 10… Me ne regalano una ad ogni compleanno e Natale, sai? E la zia Margi me ne regala una ogni tanto quando viene a trovarci, anche se Papino le dice di non farlo.”
“Già, la Zia Margi fa sempre quello che le pare…”
“Da grande sarò come la zia Margi! Voglio anche essere Tassorosso come lei.”
Merlino speriamo di no
 
“Se proprio ci tieni a diventare così…”
“Cosa stai facendo con quei fogli?”  Terminato di disporre la sua collezione di scimmie sul tavolo, Freya abbracciò l’inseparabile Mr Monkey e guardò curiosa la gran quantità di pergamene disseminate davanti a Phil, che scarabocchiò qualcosa con l’inchiostro rosso sfoggiando un accenno di smorfia schifata dopo aver letto l’ennesimo orrore:
“Devo correggere i compiti, come fanno anche il tuo papà e la zia.” Papà e Zietta che avevano lasciato lui e Beau alle prese con la piccola Jørgen mentre Watrous organizzava chissà quali diavolerie nel bosco, il primo per aiutare l’anziano collega – in realtà per controllarlo – e la seconda per fare lezione. Sembrava che fare il babysitter fosse il suo vero destino, dopotutto.
“Quando hai finito mi leggi questo libro? Me l’ha regalo ieri la nonna, non l’ho ancora letto. Sai, lei ha un negozio di libri e mi porta un sacco di libri sulle scimmiette!”
 
La bambina prese la sua copia nuova di zecca di “Maurice the Monkey” sfoderando un sorriso, mostrando il leggero spazio tra gli incisivi da latte. Phil esitò, combattuto tra la scarsa voglia di accontentarla e la sua irresistibile vocina. Infine, dicendosi che se non l’avesse fatto avrebbe dato alla gnoma logorroica motivo di assillarlo, l’ex Corvonero annuì e mormorò un assenso.
“Grazie! Vado a vedere cosa fa Beau.”
 
Freya lasciò il libro sul tavolo, scivolò giù dalla sedia e trotterellò via per andare da Beau, seduto su una poltrona e impegnato nella stessa attività del collega.
Phil seguì brevemente la bambina con lo sguardo prima di tornare accigliato ai compiti di quegli ignoranti di adolescenti, domandandosi come fosse possibile che un carattere così solare, vivace ed estroverso appartenesse alla figlia di Håkon Jørgen.
Probabilmente la vicinanza con la gnoma logorroica aveva contribuito.

 
*

 
Nessuno dei suoi studenti aveva mai visto Margot Campbell così giù di corda ed evidentemente poco entusiasta di fare lezione. Margot sembrava così triste quella mattina che Malai non aveva potuto esimersi dall’avvicinarlesi e chiederle se le fosse successo qualcosa. Leggermente preoccupato, il Tassorosso guardò la sua insegnante preferita soffiarsi il naso e assicurargli con un mormorio tetro di non preoccuparsi e che andava tutto bene.
La sua mimica facciale e il suo linguaggio non verbale comunicavano tutt’altro, ma se non le andava di parlarne Malai non se la sentì di insistere, e non potendola nemmeno abbracciare a causa della presenza dei suoi compagni – Margot e sua madre avevano sempre insistito perché tenesse un atteggiamento più confidenziale nei suoi confronti solo fuori dall’aula e in generale quando non erano presenti i suoi compagni – il ragazzo si vide costretto a lasciar perdere.
Tuttavia, lo sguardo del Tassorosso si illuminò visibilmente quando scorse due dei suoi compagni di casa avvicinarsi alla porzione di prato, al limitare del boschetto, dove Margot era solita fare lezione quando c’era bel tempo.
 
“Merda, Malai ci ha visti. Malai ci sta fissando. Bel, coprimi!”
Marley afferrò il braccio dell’amico e fece per usarlo come scudo umano dietro cui nascondersi, ignorando le giustissime quanto fastidiosissime osservazioni di Bel:
“Ma se ti ha già vista?!”
“Non importa, tu coprimi!”
 
 
A qualche metro di distanza, Lilian Park stava osservando quel pigro nullafacente cronico di suo cugino, che si era comodamente sistemato su un ceppo d’albero e stava sfogliando una rivista musicale coreana.
“Shou, ma non hai la borsa con i libri?”
“L’ho scordata.”
“Ma la rivista te la sei ricordata?”
“Evidentemente sì, visto che ce l’ho in mano. Guarderò con chi si siederà vicino a me, pazienza.”
 
Le parole del cugino le fecero venire una brillante idea: accennando un sorrisino soddisfatto, Lilian si affrettò a rivolgersi a Priscilla – che stava chiacchierando con Tallulah – prima di stringere l’amica per le spalle:
“Prisci, hai visto, Shou è da solo. Vai a sederti vicino a lui!”
“Ma veramente io e Miss X pensavamo di…”
Lilian non ascoltò l’amica e nemmeno le permise di terminare il discorso, quasi spingendola verso il cugino sotto lo sguardo per nulla offeso, ma anzi profondamente divertito di Tallulah: non c’era tempo da perdere, osservò stizzita Lilian, non appena suo cugino aveva parlato di usare il libro in comune con il suo vicino uno stormo di studentesse aveva quasi intentato una rissa per stabilire chi dovesse aggiudicarsi quel privilegio.
 
“Shou, sei fortunato, questa adorabile buon’anima accetta di condividere il libro con te.”
Tornata accanto al cugino, Lilian sorrise prima di dare un paio di colpetti incoraggianti sulla spalla di Priscilla, invitandola a sedersi vicino a lui. Shou sollevò lo sguardo dalla sua rivista e sorrise alla Corvonero, ringraziandola mentre la ragazza, arrossita leggermente, sedeva accanto a lui assicurandogli che non fosse un problema con un piccolo sorriso.
 
Lilian osservò piena di soddisfazione il risultato del suo lavoro, ma ebbe anche la prontezza di riflessi di notare una sua compagna che si stava avvicinando risentita al cugino e alla sua migliore amica: voltatasi verso di lei, Lilian incrociò le braccia pallide al petto e, assunta la sua espressione più truce, la fulminò con lo sguardo per intimarle di stare alla larga.
“Gira al largo, numero 6.”
 
Lilian era minuta e piuttosto mingherlina, la sua non era propriamente una fisicità in grado di mettere in soggezione qualcuno, ma il suo sguardo bastava e avanzava. La ragazza, infatti, di cui Lilian non era sicura di ricordare il nome, ammutolì e balbettò qualcosa di incomprensibile prima di voltarsi e fuggire impaurita.
 
E due sono sistemati
 
Lilian la seguì brevemente con lo sguardo, annuendo soddisfatta prima di iniziare a guardarsi attorno con attenzione, cercando i suoi altri obbiettivi. Quando scorse Hiro la Grifondoro scattò rapida verso di lui, apparendogli a fianco prima di parlare col tono più vago e disinteressato che le riuscì:
“Davies, ho sentito che a Tallulah piacerebbe sedersi vicino a te.”
“Te lo ha detto…”
 
Hiro avrebbe voluto accertarsi che a dirglielo fosse stata esattamente la diretta interessata, ma Lilian sparì prima di dargliene il tempo: vagamente perplesso, il Corvonero la guardò allontanarsi in tutt’altra direzione, oltre i loro compagni già seduti, chiedendosi perché ultimamente la ragazza fosse così strana.
 
“Miss X. Ho sentito che a Hiro piacerebbe sedersi vicino a te.”
“Scusa, da chi dovresti averlo sentito, esattamente? Gli alberi parlano?”
“Di questo non ti deve interessare. Oh, guarda che coincidenza, eccolo!”
 
Lilian ripeté praticamente la stessa operazione attuata con Priscilla: prese Tallulah e quasi la spinse verso Hiro mentre Margot, che di norma si sarebbe domandata che cosa stesse combinando Lilian Park, aspettava appositamente di iniziare la lezione seguendo le operazioni della Grifondoro. Infine, quando Lilian le rivolse un cenno appena percettibile con il capo e vide Hiro e Tallulah sedersi vicini, Margot stabilì con un sospiro tetro di poter iniziare la lezione.
Completata con successo la sua missione, Lilian si avvicinò a Malai, l’unico rimasto ancora in piedi, lo prese per un braccio e intimò a “Riccioli d’Oro” di sedersi vicino a lei, ignorando i suoi lamenti e le sue richieste di sedersi vicino a Marley.
“Perché vuoi sederti vicino a Marley? Ancora non ti è passata?”
 
Malai piagnucolò di no, diede voce al suo dolore dettato dal fatto che Marley avesse preferito stare vicino a Bel piuttosto che a lui e infine prese una margheritina per giocare a “M’ama non m’ama” sotto lo sguardo esasperato dell’amica.
 
Seduta a qualche metro di distanza davanti ad una lavagna evocata dal nulla, Margot chiede agli studenti di andare a pagina 560 del libro di testo con tono cupo, totalmente priva del suo solito entusiasmo.
Povera Freya, tutta sola con Beau e quel maledetto di MacMillan! Chissà come se la stava passando la sua batuffolina senza di lei.
 

 
*

 
“Volete prendere il tè con le mie scimmiette?!”
Prima di lasciare lo chalet – nessuno dei suoi colleghi l’aveva mai vista recarsi a malincuore ad una lezione, prima di quel giorno – Margot aveva fatto apparire un delizioso set per far giocare Freya: cinque tavolini con seggioline annesse e un servizio da tè completo di tazze, piattini, zuccheriere, teiera e mini alzate per dolci che erano state subito riempite di mini muffin da Mindel.
 
La bambina, trillando entusiasta, aveva subito dimenticato di essere stata lasciata momentaneamente sola da padre e zia e poco dopo aveva iniziato a disporre i suoi peluche sulle sedioline. Dopodiché, dopo aver apparecchiato e aver dato ad ogni scimmia la sua tazza e il suo piattino, aveva osservato soddisfatta il suo lavoro e si era avvicinata a Phil e a Beau con Mr Monkey in braccio e gli occhioni spalancati, imploranti.
Phil distolse lo sguardo dai compiti che stava correggendo per rivolgere la propria attenzione a Freya, che guardava lui e Beau stringendo al petto la scimmietta che indossava un papillon rosso cremisi a pois blu.
Chiedendosi dove fosse la Campbell quando c’era bisogno di lei, l’insegnante di Antiche Rune chiamò a sé tutto il suo autocontrollo per costringersi a declinare l’invito dell’adorabile bambina che lo fissava implorante. Distogliendo lo sguardo – non era abbastanza forte da deludere Freya guardandola in faccia – Phil stava per dirle che era troppo impegnato per prendere il tè con dei peluche quando Beau, sorridendo adorante alla bimba e parlando con tono zuccheroso, lo precedette:
“Ma certo tesoro!”
“Sìì, grazie!”
Il visino di Freya s’illuminò mentre la bambina allungava una mano per prendere quella di Phil, costringendolo ad alzarsi mentre Beau faceva altrettanto, abbandonando i compiti. Mentre i due venivano trascinati dalla bambina verso i tavolini e le sedie giocattolo della sua sala da tè improvvista Phil scoccò un’occhiataccia al collega e gli si rivolse parlando in un sussurro, in modo che Freya non lo sentisse:
Ma certo?! Abbiamo valanghe di roba da correggere!”
“Lo so, ma come si fa a dirle di no?! Guarda, ha messo le scimmiette in ordine per dimensioni, che tenera…”
Beau indicò intenerito le scimmie di peluche sedute davanti alle tazze giocattolo e Phil, sbuffando, alzò gli occhi al cielo mentre Freya sistemava su una sedia anche Mr Monkey, l’ultima scimmia della sua collezione a non essere ancora seduta:
Sei un debole.”
“Phil, ti siedi vicino a me?”
“Davvero vuoi sederti vicino a me?”
 
Sorridendo, Freya strattonò dolcemente la mano di Phil e lui, accigliato, chinò meravigliato lo sguardo su di lei. Beau avrebbe giurato di avergli visto accennare un minuscolo sorriso, ma sparì prima di potersene accertare mentre il collega si schiariva la voce:
 
“Cioè, volevo dire, va bene, se ci tieni. Spero almeno che i muffin siano veri, ho una certa fame.”
 

 
*

 
“Grazie per aver accettato di darmi una mano, Håkon caro…”
Håkon rispose con un borbottio, evitando di far sapere all’anziano collega che più che per aiutarlo lo aveva accompagnato nel bosco dopo che lui, Beau, Margot e Phil avevano ritenuto opportuno che qualcuno lo tenesse d’occhio. Mentre camminava accanto a Theobald l’insegnante di Difesa contro le Arti Oscure sorrise e sollevò lo sguardo su di lui, guardandolo divertito:
“Tua figlia sembra davvero adorabile.”
“Grazie. Lo è. Tutti di domandano come possa essere mia figlia, infatti…”
“Oh, non me ne parlare, mio figlio Charles non ha troppo senso dell’umorismo, quando gli faccio uno scherzo reagisce sempre male! A Eugenie invece non dispiacevano, mi chiedo da chi abbia preso…”
Quella domanda se la poneva spesso anche Håkon: a volte le persone gli chiedevano se la madre di Freya avesse un carattere simile a quello della bambina, ma la risposta che l’astronomo si dava era sempre negativa. No, Freya non somigliava ad Andromeda. Per sua fortuna, probabilmente.
“Mia figlia somiglia abbastanza a mia madre, caratterialmente… anche lei è sempre molto energica. Infatti lei e Margot vanno troppo d’accordo.”
Il danese si incupì mentre Theobald, al contrario, scoppiava a ridere assestandogli qualche pacca di incoraggiamento sulla spalla:
“Povero caro, sei proprio circondato!”
“Già, penso che finirò col fare la fine di mio padre. Lui è un vero santo, sopporta mia madre da quasi quarant’anni.”

 
*

 
“Phil, vuoi un Orl Grei?!”
“Vuoi dire un’Earl Grey?”
“E io che cosa ho detto?”
“Allora per me va bene, grazie.”
“Ci vuoi lo zucchero?”
“No, ti ringrazio.”
 
Freya inclinò la teiera sopra ad una tazza, fingendo di riempirla prima di spingerla verso Phil. Dopo aver chiesto, serissima, a Beau se volesse un “Prins of Ueils” e aver ricevuto una risposta affermativa, la bambina ripeté l’operazione con una seconda tazza, dopodiché la consegnò ad un Beau sorridente e prese finalmente posto sulla sua sedia, allo stesso tavolo dei due insegnanti e di Mango e Banana, due membri del suo esercito di scimmiette.
 
“Allora, che cosa si dice oggi?”
Freya prese la sua tazza rosa per il manico stando ben attenta a non sollevare il mignolo, portandosela alle labbra dopo aver assunto un’aria particolarmente sostenuta. All’improvviso il tono e l’espressione della bambina ricordarono paurosamente qualcuno a Beau e a Phil, che si scambiarono due occhiate interdette prima che il secondo desse voce ai pensieri di entrambi:
“Ma Freya, come parli?!”
“A volte la zia mi porta fuori con le sue amiche, e loro parlano così!”
 
Freya rimise la tazza sul piattino e fece spallucce prima di allungarsi per prendere un mini muffin ai mirtilli, addentandolo mentre continuava a snocciolare tutto ciò che aveva sentito durante le riunioni tra amiche di sua zia:
“E poi parlano di sciopping, e del lavoro… e parlano di fidanzati, e dicono che la zia Margi se ne deve trovare uno. Ma io non voglio che lo trova, perché poi non viene più a trovare me e Papino!”
La bambina aggrottò seria la fronte e agitò stizzita quel che restava del suo mini muffin. Phil fece del suo meglio per esimersi dal pronunciare una battutaccia sull’assoluta certezza che sua zia avrebbe continuato a fare visita spesso a lei e a Papino ancora a lungo, mentre Beau, sorridendo alla bambina, le assicurava gentilmente che di certo Margot non avrebbe smesso di volerle bene, anche con un fidanzato.
Beh, ma io non voglio!”

 
*

 
Al termine delle due ore di lezione Margot si era quasi precipitata verso il suo chalet, mollando di sana pianta i suoi studenti senza nemmeno aver assegnato loro dei compiti e sfrecciando rapida verso la porta d’ingresso dell’edificio. Håkon, scorgendola di sfuggita da lontano, si domandò accigliato se per caso non fosse stato avvistato Ryan Gosling nel perimetro del Camp o se l’amica non avesse saputo di una svendita di scarpe, gli unici motivi che gli vennero in mente alla vista di tutta quella insolita voglia di correre.
Margot invece corse dritta verso lo chalet, spalancò la porta con un sorriso a trentadue denti e individuò Freya nel salone prima di annunciare allegra la sua presenza:
“Freya tesoro, sono tornata!”
 
La bambina stava giocando alla sala da tè con Beau, i suoi peluche… e Phineas. Margot si domandò se per caso quei pochi metri percorsi correndo non le avessero provocato delle allucinazioni quando vide il suo collega seduto su una mini sedia giocattolo e con una tazzina in mano, ma si convinse che sì, si trattava realmente di lui quando scorse l’occhiata truce che le lanciò.
Vedendo entrare la strega il visino di Freya si illuminò, e la bambina lasciò la sua tazza sul piattino prima di correre verso di lei con un sorriso e abbracciarla.
Mentre Margot decretava quanto le fosse mancata durante la separazione Phil le guardò accigliato, ricordando perplesso alla collega che erano state lontane per appena due ore mentre Freya, sorridendo allegra, si liberava dalla stretta per prendere a saltellare sul posto davanti a Margot:
“Zia, giochiamo al salone di bellezza? Ti preeeego!”
“Certo piccolina, andiamo a prendere tutto quello che serve. Ti sei divertita con Phineas e Beau?”
Margot prese la bambina per mano e si diresse insieme a lei verso le scale per andare in camera sua, udendo l’unica risposta che non aveva previsto:
“Sì, sono simpatici!”
“… Veramente?! Anche Phineas?!  … PHIL, CHE COSA LE HAI FATTO?!”
Margot smise improvvisamente di salire le scale, fermandosi su uno dei gradini di legno della rampa prima di gettare un’occhiata allarmata al collega e poi inginocchiarsi davanti alla bambina, prendendole il viso tra le mani e guardandola preoccupata:
“Che cosa ti ha fatto, batuffola di zucchero filato mia, dimmelo e lo appendo al lampadario.”
“Niente, ha preso il tè con le scimmiette e me. E mi ha regalato questo, guarda!”
Freya si infilò una mano nella tasca della felpa a fiori rosa e bianca e ne estrasse un origami fatto con un post-it arancione, a forma di scimmia. Margot guardò stralunata l’oggetto poggiato sul piccolo palmo di Freya, che accarezzò adorante l’origami prima che Phil borbottasse sommessamente qualcosa a proposito della gnoma e di quanto prevenuta fosse nei suoi confronti.
 

 
*
 

“Marley, mi spieghi perché stai evitando Malai come se tu fossi un vampiro e lui una collana di spicchi d’aglio?”
Terminata la lezione di Trasfigurazione buona parte degli studenti del VI anno si era incamminata verso i rispettivi alloggi. Tra questi figuravano anche Bel e Marley, che camminavano uno accanto all’altro sul prato e ad un passo insolitamente spedito dettato proprio dalla ragazza e al quale Bel si era dovuto adeguare per poterle parlare.
Marley si prese qualche istante prima di rispondere alla domanda di Bel, sbuffando piano mentre scoccava un’occhiata di sbieco in direzione dell’alta e longilinea figura di Malai Johansson, che camminava insieme a Shou Park e a Hiro Davies qualche metro davanti a loro.
“Penso che anche le pareti del vostro chalet si siano accorte che qualche giorno fa gli è presa una delle sue celebri “cotte lampo”, e pare che a questo giro la “fortunata” sia io.”
“Sì, credo che sia stato impossibile non accorgersene un po’ per chiunque, visto che l’altra sera ha cercato di venire a cantarti una canzone sotto alla finestra prima che Lilian lo spedisse a letto prendendolo per un orecchio…”
Il ricordo scaturì un piccolo sorriso sulle labbra di Bel, ma Marley non lo imitò, limitandosi ad osservare cupa la schiena di Malai prima di borbottare qualcosa sul stargli lontano finchè non gli fosse passata.
“Tempo altri tre giorni, una settimana al massimo… poi tutto sarà come prima.”
“E tu non vedi l’ora che le cose tornino come prima?”
“Certo.”

 
*

 
Quando Håkon e Theobald fecero ritorno allo chalet il primo non provò il minimo stupore vedendo sua figlia seduta sul divano con una maschera bianca spalmata sul visino e dando le spalle a Margot, impegnata a legarle i lunghi capelli in una treccia con il viso nelle medesime condizioni.
No, il “salone di bellezza” era il gioco preferito di sua figlia e della sua amica, e vedere Freya con maschere di cui non aveva bisogno sul viso aveva smesso di stupirlo molto tempo prima. La sua attenzione venne catturata invece dai tavolini, dalle sedie e dal servizio da tè giocattolo, da Beau e Phil impegnati a finire di correggere i compiti mentre il secondo mangiava i mini muffin rimasti e soprattutto dalla valanga di origami arancioni a forma di scimmia sparsi per tutto il tappeto.
“C’è stata un’invasione di scimmie?”
“Papino, Phil sa fare le scimmie di carta, vedi!”
Sorridendo, Freya si voltò verso l’ingresso e indicò entusiasta la marea di origami, moltiplicati da Phil con la magia quando la bambina gli aveva chiesto un centinaio di scimmiette di carta.
 
“Impossibile non vederlo, tesoro. Scusa se sono andato via, ti sei divertita?”
Håkon raggiunse il divano, si chinò e depositò un bacio sulla testa della figlia, che sorrise entusiasta e annuì mentre Theobald si avvicinava a Phil e a Beau per informarli baldanzoso che sarebbero stati i suoi aiutanti durante l’attività del giorno.
I due non risposero, consci di non avere alcuna possibilità di mettersi in fuga o di venire meno al loro triste destino, limitandosi a scambiarsi due occhiate inquiete mentre Theobald asseriva di non poterlo certo chiedere a Margot e a Hakon:
“Insomma, poverini, vorranno stare con la piccola Freya… Quindi i fortunati siete voi, cari. Iniziamo dopo pranzo.”
“Wow, ma allora è questo che si prova a vincere la lotteria…”
 
“Adesso io e la Zia giochiamo al salone di bellezza. Ha detto che quando ci togliamo questa ci mettiamo lo smalto.”
Freya indicò entusiasta le proprie unghie mentre Margot adornava con forcine colorate la sua lunga treccia. Quando asserì di aver finito e le allungò un piccolo specchio circolare per ammirare il risultato, Freya emise un gridolino felice prima di voltarsi verso il padre e chiedergli perché lui non sapesse fare le trecce come la zia Margi.
“Scusa tesoro, la zia Margi mi farà un corso e imparerò, promesso.”
Håkon sorrise con affetto alla figlia, che ricambiò prima di voltarsi verso Margot indicando le mani del padre:
“Zia, può mettere lo smalto anche a Papino?”
Il viso di Håkon sbiancò, e il mago spalancò inorridito gli occhi scuri cercando di gettare un’occhiata implorante all’amica, che però non solo lo ignorò, ma sorrise divertita, annuendo mentre cercava di non scoppiare a ridere:

“Ma certo cucciola! Vuoi che lo mettano anche Theobald, Phil e Beau?”
“Sììì!”
 
“Che cos’è che devo mettermi, io?!”
“Lo smalto per unghie, Phil. Per me va bene, ogni tanto anche Dove ha insistito per mettermelo…”
“Cristo, ma quando finisce questo campeggio…”
Esasperato e ormai sempre più vicino al suo limite di sopportazione Phil fece apparire il suo calendario con gli ananas con un rapido movimento della bacchetta, segnando con la piuma la data corrente prima di contare con un sospiro i giorni che mancavano al ritorno a casa.
Meno sei giorni. Solo sei giorni. Poteva farcela
 
“Per me va bene piccola Freya, mi sono sempre chiesto che sensazione fosse, avere le unghie colorate…”

 
Cinque minuti dopo
 
 
“Allora, signori, avete deciso il colore?! Mai avuto una clientela più difficile di questa.”
“Io voglio ogni unghia di un colore diverso!”
Freya allungò con decisione le manine verso Margi, che annuì e prese a svitare una delle numerose boccette di smalto che affollavano il grande tavolo del salone:
“Tu sei una certezza Freya, è questo che mi piace di te. Voialtri invece, avete scelto?”
Mentre iniziava a dipingere con gesti rapidi le minuscole unghie della bimba l’ex Tassorosso gettò un’occhiata obliqua ai quattro uomini che le sedevano davanti, uno più indeciso dell’altro.
Che branco di incapaci, nemmeno in grado di scegliere un colore…
 
“Non so Margi cara, dici che il blu cobalto mi dona?!”
Theobald sollevò dubbioso la boccetta del blu cobalto per studiarla più da vicino, asserendo che quello fosse stato il colore preferito della sua cara Eugenie e che quindi avrebbe voluto avere le unghie di quella tonalità. Fortunatamente la collega gli assicurò che il colore si “sarebbe intonato perfettamente ai suoi occhi”, e Theobald sorrise sollevato mentre Håkon, accanto a lui, studiava schifato le boccette dai toni pastello, sgargianti o orribilmente piene di glitter che aveva davanti:
“Margi, spero vivamente che tu abbia almeno lo smalto nero.”
“Håk Bello, mi conosci da un ventennio e davvero pensi che IO abbia lo smalto nero? Come sei divertente. Il tempo per scegliere è scaduto gentili signori, sarà la nostra ospite d’onore a decidere per voi. Cucciola, assegna un colore a Papino, a Phil e a Beau.”
 
Margot rivolse un sorriso divertito e una strizzata d’occhio alla bimba mentre le dipingeva di verde smeraldo le unghie degli anulari, guardandola sfoderare un sorriso furbetto prima di indicare la boccetta del colore che popolava gli incubi di più reconditi suo padre:
“Per Papino rosa glitter!”
 
Margot annuì, commossa, complimentandosi con la bambina per la scelta e dicendosi molto fiera di lei mentre le accarezzava i lunghi ricci castani. Freya sorrise compiaciuta per l’approvazione della zia mentre Hakon prima sbiancava e poi assumeva un colore terreo, sibilando che piuttosto di sfoggiare unghie di quel colore avrebbe percorso il perimetro del Camp su un piede solo.
“Io… rosa glitter… no. Mai.”
“Papino daiiiii! Ti prego. Lo fai per me?”
 
Freya guardò il padre spalancando implorante gli occhioni, guardandolo adorabilmente speranzosa mentre un coro sommesso di “Quanto è carina!” pronunciati con tono melenso si sollevava dalla direzione di Beau e Theobald.
 
“Va bene. Appena se ne va me lo togli.”
Margot finse di non udire la minaccia dell’amico, affrettandosi a svitare allegra il tappo della boccetta designata mentre Freya assegnava il giallo a Phil e l’azzurro pastello a Beau.
“Ma io odio il giallo! Ma chi si dipinge le unghie di giallo, che schifo!”
“Tu a quanto pare, Phineas caro. Del resto si abbina al tuo animo di UomoAnanas… Beau, qualche rimostranza sul tuo colore?”
“Oh, no, va bene qualsiasi cosa scelga Freya.”
 
Beau sorrise gentilmente alla bimba, che ricambiò allegra mentre Margot, chinandosi su di lei, le assicurava che lui fosse il suo collega preferito proprio per quel motivo.
 
“Chiedo scusa, non sono io il tuo preferito?!”
“Zitto e fuori le mani Håk Bello, è il momento del rosa glitter. Cucciola, la vuoi una foto di Papino con quelle unghie, vero?! Da mostrare alla nonna, ovviamente.”
Margot chinò nuovamente lo sguardo su Freya, guardandola sbattendo amabilmente le folte ciglia scure mentre l’amico la fulminava con lo sguardo. La bambina invece sembrò apprezzare moltissimo la proposta della strega, perché sorrise allegra e si agitò sulla sedia senza smettere di annuire:
“Sì, foto!”

 
*

 
Subito dopo pranzo Theobald aveva lasciato lo chalet per radunare gli studenti e coinvolgerli nella sua attività con un sorriso a trentadue denti sulle labbra, premurandosi di nominare Phil e Beau “supervisori” senza chiedere loro un parere, né tantomeno il consenso. I due ex Corvonero si erano quindi visti costretti a seguire l’anziano collega fuori dall’edificio con una Nix scodinzolante al seguito, Beau chiedendosi curioso che cosa avesse organizzato Theobald e Phil con una faccia da funerale, pregando di non ritrovarsi costretto a passare il pomeriggio inseguendo strambe creature nel bosco. Per lo meno si era premurato di cambiarsi, infilandosi la camicia che meno gli piaceva tra tutte quelle che aveva portato con sé al Camp. Questa volta nessun Ghoul gli avrebbe rovinato uno dei suoi bei maglioni a trecce.
Margot e Håkon avevano invece deciso di approfittare del pomeriggio libero per mostrare la zona a Freya, in particolare la riva del lago. L’unica a restare nello chalet era quindi stata Sunday, con la quale Theobald si era raccomandato “di comportarsi da brava gallina” prima di lasciarla sola. Mentre si dirigeva verso lo chalet dei ragazzi l’insegnante di Difesa contro le Arti Oscure asserì che di certo la sua piccola e cara Sunday avrebbe molto sofferto per la solitudine, inconsapevole che Sunday, invece, avesse deciso di farsi un pisolino davanti al camino per festeggiare la pace ritrovata: con il padrone lontano e anche l’odiatore di galline, finalmente poteva riposarsi un po’.
 
Håkon osservò torvo le proprie unghie, dipinte di una scintillante tonalità di rosa piena di glitter, maledicendo mentalmente gli smalti di Margot prima di tornare a concentrarsi su di lei e sulla figlia, guardandole da un paio di metri di distanza mentre l’amica cercava di insegnare a Freya a lanciare i sassi sull’acqua per farli rimbalzare.
Margot, inginocchiata accanto a lei, porse alla bambina un sasso piatto e la invitò a provare da sola prima di rimettersi in piedi e tornare indietro verso Hakon, sorridendogli allegra mentre gli si fermava accanto per osservare Freya insieme a lui.
“Sono davvero contenta che sia venuta.”
“Sì, anche io. E anche lei mi sembra felice.”
Mentre Håkon osservava pensieroso la figlia Margot gli sorrise, ricordandogli quanto la bambina lo adorasse.
“È ovvio che sia felice. Sono sicura che non vedeva l’ora di vederti tanto quanto tu non vedevi l’ora di vedere lei.”
“Lo so… a volte mi dispiace solo che sia già così abituata a non vedermi molto spesso, e ha solo 5 anni.”
“Quando studierà ad Hogwarts la vedrai di più, forse anche troppo. Chiedi a Demelza, se non mi credi.”
 
Håkon abbozzò un sorriso ricordando le numerose occasioni in cui aveva sentito la collega lamentarsi per il fatto di avere il figlio costantemente tra i piedi, ma era anche certo che quando Freya avrebbe iniziato Hogwarts per lui averla quasi sempre attorno sarebbe stato tutt’altro che un problema.
Freya che, in piedi sui sassi vicino all’acqua, si voltò verso padre e zia e sorrise loro allegra prima di agitare una mano nella loro direzione:
“Voglio cercare dei sassi carini da portare al nonno e alla nonna!”
“Va bene, ma stai attenta a dove metti i piedi.”
La bambina, alla quale Margot aveva fatto infilare poco prima dei minuscoli stivali Wellington fucsia con gli unicorni trovati nello zaino della bimba per renderle più difficile scivolare sui sassi umidi, annuì, dopodiché iniziò a perlustrare attentamente il suolo alla ricerca di dei souvenir, sperando di trovare un sasso a forma di cuore da portare a Nonna Winnie mentre Iris, il geco del padre, la seguiva guardandola con curiosità.
 
“Sai, a volte mi chiedo se le somigli.”
“A chi? Ad Andromeda?”
“Sì.”
Håkon non rispose, osservando la figlia mentre un viso che non vedeva da 5 anni prendeva forma, sbiadito, nella sua memoria.
“Sai qual è stata la prima impressione che ho avuto su di lei? Che fosse una saccente rompicazzo della peggior specie. E in effetti un po’ lo era, quini da questo punto di vista direi che Freya non le somiglia. Però era molto estroversa, questo deve averlo preso da lei.”
“Un po’ da lei, un po’ da tua madre.”
Margot distolse lo sguardo da Freya per sorridere divertita all’amico, guardandolo annuire accennando un sorriso a sua volta: non lo sorprendeva affatto che Freya e sua madre andassero tanto d’accordo, visto quanto si somigliavano.
 
“Pensi mai che possa rifarsi viva?”
“No.”
“Come fai ad esserne sicuro?”
Di nuovo, Margot smise di guardare la bambina che cercava sassi in riva al lago per guardare l’amico, una leggera apprensione negli occhi blu. Per quanto a volte la rattristasse che la sua dolce “nipotina” non conoscesse sua madre, talvolta immaginava quella strega senza volto, che lei non aveva mai conosciuto, ricomparire dal nulla e prendersi la bimba. Una prospettiva che, forse egoisticamente, non le piaceva affatto. Håkon invece si strinse nelle spalle, rilassato e per nulla preoccupato all’idea che la sua ex potesse rifarsi viva:
“Perché glie l’ho detto molto chiaramente, quando è nata Freya. Se voleva andarsene per non avere una figlia tra i piedi era libera di farlo, l’accordo era quello, ma non poteva cambiare idea. Le ho detto di non sognarsi di rifarsi viva dopo qualche anno per giocare a fare la mamma e poi, magari, sparire di nuovo se si fosse stancata. Mi dispiace che Freya non abbia sua madre, ma penso che sia stato meglio così… Andromeda non sarebbe stata in grado di crescerla, di sicuro non in quel momento. È stata molto chiara sul non volerla, all’epoca. Non ha abortito solo perché ho insistito e le ho assicurato che me ne sarei preso cura da solo. Non l’ho mai più vista, dopo che è nata Freya, non so nemmeno dove sia di preciso adesso.”
“È fortunata ad averti, Håk Bello. Credimi, le dai abbastanza affetto e attenzioni per due genitori. Te lo dice una che per anni ha avuto un codazzo di marmocchi al seguito perché la loro madre era troppo impegnata e i loro padri non si sono mai fatti vedere.”
Margi sorrise all’amico, colpendolo dolcemente sul braccio mentre Håkon, staccando gli occhi scuri dalla figlia per la prima volta da quando avevano iniziato a parlare, le sorrideva con affetto di rimando.
“È fortunata anche ad avere te. Siamo fortunati, in effetti.”
 
Aveva un chiarissimo ricordo del giorno in cui Freya aveva conosciuto la sua futura “Zia”. La bambina era nata da appena una settimana, Andromeda se n’era già andata come d’accordo e lui stava finendo gli scatoloni nell’appartamento a Diagon Alley dove i due avevano vissuto insieme fino alla nascita della bambina.
 
 
“Ohh… com’è carina. Ciao piccola Freya!”
Håkon stava litigando con un enorme rotolo di nastro adesivo che non ne voleva sapere di collaborare mentre si accingeva a chiudere l’ennesimo scatolone pieno di vestiti. Era una fortuna che una delle sue più vecchie amiche, che non vedeva da mesi, si fosse offerta di fargli visita per badare alla figlia e permettergli di dedicarsi al trasloco in santa pace. Naturalmente Margot si era anche presentata alla sua porta con una gigantesca teglia di lasagne e un enorme Tupperware pieno dei suoi biscotti al burro preferiti, rendendo la sua visita ancora più gradita.
La strega stava in piedi nell’appartamento ormai semi vuoto, già svuotato di tutte le cose della madre della bambina. Freya invece se ne stava buona buona nella culla, sonnecchiando placidamente con  una minuscola cuffietta rosa da neonato a fasciarle la testa.
 
Quando Håkon Jørgen qualche mese prima le aveva scritto informandola che sarebbe presto diventato padre Margot quasi aveva stentato a crederci. Si erano conosciuti da ragazzini ed erano rimasti amici per anni, anche se il lungo periodo passato da Håkon in Groenlandia per dedicarsi all’Astronomia gli aveva impedito di vedersi spesso. Lui le aveva accennato alla sua fidanzata in diverse lettere, ma dopo averla informata della nascita imminente della figlia aveva smesso improvvisamente di nominare Andromeda, conosciuta proprio in Groenlandia.
Solo pochi giorni prima, quando aveva saputo della nascita di Freya, l’amico le aveva raccontato dell’accordo che avevano stretto: Andromeda, che a differenza sua non voleva figli, avrebbe tenuto la bambina solo a condizione che dopo la sua nascita fosse esclusivamente lui ad occuparsene.
 
Margot non si sentiva nella posizione di approvare, disapprovare o fare commenti di qualsiasi sorta, così si era limitata ad offrire al vecchio amico il suo sostegno e a fargli visita piena di cibo e di giochi per la bambina.
 
“Hai bisogno di una mano con lo scotch, o ce la fai?”
“No, ce la faccio. Devo farcela, se non riesco a chiudere degli scatoloni come posso tirare su Freya da solo?!”
“So che scherzi, ma ti ricordo comunque che non sei da solo. Hai i tuoi fantastici genitori super amorevoli, e anche la tua fantastica amica Margi che, per inciso, è certificata come la migliore babysitter mai esistita.”
Margot diede le spalle alla culla per sorridere all’amico, che ricambiò grato. Stava mettendo da parte lo scatolone appena chiuso per prendere un altro quando l’amica, alle sue spalle, gli accennò qualcosa con tono vago:
“Sai, stavo pensando… Dubito che tu te ne voglia tornare nella terra dimenticata da Dio con la piccola Freya a cui badare.”
“No Margi, ad occhio direi che la Groenlandia non è posto per neonati.”
“Decisamente. Sai, a quanto pare l’anno prossimo Aurora Sinistra lascerà la cattedra di Astronomia ad Hogwarts. Potresti pensarci su.”
 
 

“Figurati, per me è un piacere. Oltretutto, non potrei mai lasciare la piccola e adorabile Freya solo nelle tue mani, rischierebbe di diventare l’unica bambina al mondo con un guardaroba completamente nero.”
Ogni volta in cui aveva provato a comprare qualcosa di quel colore per la figlia Hakon aveva subito i rimproveri sia di sua madre che di Margot, entrambe fervide sostenitrici dei vestiti colorati, soprattutto se si parlava di una bambina che ancora non andava nemmeno alle elementari. Come risultato, l’armadio di Freya non contava un solo capo nero, visto che i pochi che suo padre era riuscito a racimolare erano tutti misteriosamente spariti nell’arco di poco tempo.
“Pensala come ti pare Margi, ma se tra dieci anni guardando le sue vecchie foto Freya dovesse lamentarsi delle cose assurdamente colorate e piene di unicorni e coccinelle che tu e mia madre le fate indossare sarà da voi che la manderò.”


Margot si strinse nelle spalle, asserendo che la bambina era sempre così carina che lamentarsi del suo aspetto non le sarebbe mai stato possibile mentre Freya correva verso di loro con un sasso che ricordava vagamente un cuore nel palmo della mano:
“Papino guarda, ho trovato questo per la Nonna.”
“Che bello tesoro… Vuoi che dopo torniamo dentro e lo dipingiamo, così è più carino?”
Freya sorrise e annuì, asserendo che lo avrebbe “riempito di glitter come le unghie di Papino”, facendo comparire una smorfia sulle labbra di Håkon mentre Margot, invece, si offriva di aiutarla a cercare un sasso anche per il nonno cercando di non ridergli in faccia.

 
*

 
Quando il Professor Watrous si era presentato al limitare del bosco in compagnia del Professor Hawkes, del Professor MacMillan e di un baule enorme di legno massiccio che gli fluttuava accanto Lilian aveva sentito la preoccupazione crescere: che cosa aveva architettato il suo insegnante più imprevedibile?
La Grifondoro, così come quasi tutti i suoi compagni, gettò un’occhiata preoccupata al baule dall’aria pesantissima, chiedendosi nervosamente che cosa contesse mentre Tallulah, in piedi accanto a lei, borbottava cupa qualcosa in proposito ai Fiammagranchi dell’attività notturna delle settimane passate:
“Spero vivamente che da quel baule non escano altre bestiacce…”
“Guarda il lato positivo. Gli Schiopodi Sparacoda sono troppo grandi per entrare in un baule. O almeno spero.”
L’unica a sembrare di ottimo umore era Marley: la Tassorosso aveva un sorriso sulle labbra fin da quando aveva messo piede fuori dallo chalet che condivideva con le altre ragazze, impaziente di scoprire che cosa avesse in serbo per loro il suo insegnante prediletto. Bel, in piedi accanto all’amica con le braccia strette al petto, non era dello stesso avviso, e scoccò un’occhiata decisamente inquieta all’insegnante di Difesa delle Arti Oscure, che sembrava fin troppo allegro perché la sua attività potesse rivelarsi qualcosa di totalmente innocuo.
Nemmeno Phil aveva l’aria entusiasta, anzi, Lilian osservò brevemente l’insegnante prima di stabilire che avesse tutta l’aria di chi è stato costretto ad accordarsi senza avere la minima voglia di partecipare. E a giudicare dagli sguardi dubbiosi che lui e il Professor Hawkes scoccavano al baule, era evidente che nemmeno loro avessero idea di in che cosa stessero per essere coinvolti.
 
“Bene miei cari, prendete una biglia dal sacchetto, per favore.”
Un sacchetto di tela marrone apparve tra le mani di Theobald, che sorrise angelico mentre lo apriva e si avvicinava agli studenti. I primi eseguirono con reticenza, come se avessero timore che qualcosa all’interno del sacchetto potesse morderli, ma vedendo che effettivamente sembrava contenere solo innocue biglie di vetro colorate gli altri si tranquillizzarono. Almeno per il momento.
 
“Di che colore l’hai presa?”
“Rossa.”
Lilian mostrò la biglia di vetro dalle vive sfumature scarlatte a Tallulah, che invece sbuffò amareggiata mentre stringeva tra le mani la sua biglia blu.
“Che pluffe, io Blu… Allora non saremo in squadra insieme.”
“Anche io l’ho presa rossa!”
Malai mostrò la sua biglia sorridendo allegro mentre Shou, alle sue spalle, infilava a sua volta una mano nel sacchetto. Quando sollevò una biglia rossa identica a quelle della cugina e di Malai il Serpeverde sorrise, mostrandola entusiasta all’amico prima che i due iniziassero a festeggiare per la loro sorte fortuita. Lilian invece non si unì ai festeggiamenti, osservandoli cupa e chiedendosi perché il fato si accanisse contro di lei.
 
Quando arrivò il suo turno Bel invece prese una biglia blu, e guardò Marley infilare una mano nel sacchetto pregando mentalmente che l’amica ne prendesse una del medesimo colore. Quando la compagna di Casa gli mostrò la sua biglia color blu notte il ragazzo sospirò di sollievo, abbracciandola mentre Theobald porgeva sorridendo il sacchetto ormai quasi vuoto ad Hiro, che scelse la terza biglia blu consecutiva.
Quanto a Priscilla, per una volta quando arrivò il suo turno la Corvonero non aveva la minima preferenza: se ne avesse pescata una rossa avrebbe fatto squadra con Lilian, Shou e Malai, in caso contrario ci sarebbero comunque stati Tallulah e Hiro nel suo gruppo. Tutto sommato, le sarebbe andata bene in ogni caso.
“Rossa… Lily, siamo insieme!”
Priscilla agitò la biglia color cremisi in direzione dell’amica con un largo sorriso sulle labbra, avvicinandosi a lei e a Tallulah mentre la Grifondoro sospirava sollevata e la Corvonero, invece, borbottava qualcosa sulla fortuna che le due amiche avevano avuto a capitare nella stessa squadra.
“Grazie al cielo, qualcuno mi salverà… Non penso che sarei sopravvissuta, da sola con quei due. Oh, merda, anche Jessica Everett è con noi, che sfiga!”
 
Mentre Lilian sfoggiava una smorfia schifata Tallulah al contrario sospirò di sollievo, asserendo che anche se sarebbero state divise almeno lei si era evitata la seconda attività consecutiva da fare con la Everett. La bionda aveva appena finito di parlare quando spalancò inorridita i grandi occhi azzurri, portandosi una mano alle labbra e sussurrando che dopo quella “botta di culo” sicuramente il giorno seguente l’avrebbe colpita una sfiga dietro l’altra come risarcimento.   
 
“Signorini, avete tutti una biglia? Benissimo, allora dividetevi, blu alla mia sinistra e rossi a destra… Ora i miei gentilissimi colleghi vi consegneranno dei giubbotti, per favore indossateli.”
 
Il baule, aperto da Beau, si rivelò contenere dei strani giubbotti imbottiti neri, tutti senza maniche e con dei sogni rosso o blu sulla spalla destra. A giudicare dall’espressione sgomenta che fece capolino sul volto dell’insegnante quando sollevò il coperchio del baule fu abbastanza evidente che dentro ci fosse anche dell’altro, ma nessuno osò fare domande e tutti si limitarono ad attendere con leggera inquietudine mentre Beau e Phil distribuivano le giacche, il primo sorridente e garbato e il secondo quasi lanciandole addosso ai vari studenti senza aprire bocca, visibilmente impaziente di tornare allo chalet. Quella giornata di baby-sitting iniziava a farsi troppo lunga, per i suoi gusti.
 
Perché sembrano pericolosamente simili a giubbotti antri proiettile?!”
Tallulah guardò la sua giacca sollevandola inorridita, e accanto a lei Bel impallidì mentre Marley, invece, se la allacciava trillando entusiasta.
Ad una manciata di metri di distanza, la giacca già allacciata e in piedi in mezzo ai suoi compagni di squadra, Malai stava lamentando la sua solita sfortuna per non essere capitato in gruppo con Marley, scatenando i sospiri esasperati e le lamentele di Shou e Lilian, ormai saturi delle “pene d’amore” dell’amico.
Il Tassorosso fece per rivolgersi ai due amici chiedendo loro seccato di non “prendersi gioco dei suoi nobili sentimenti” e iniziare una filippica a riguardo, ma per fortuna dei cugini Park Theobald scese quell’esatto momento per prendere la parola e spiegare finalmente agli studenti che cosa avrebbero dovuto fare quel pomeriggio.
 
“So che molti di voi vengono da famiglie di maghi, quindi ve lo chiedo… Quanti di voi conoscono il Paintball?!”
Alcuni ragazzi lo guardarono perplessi, altri iniziarono a mormorare eccitati. Lilian imprecò mentalmente contro la sua iella per essere finita nella stessa squadra della Everett – sarebbe stata la scusa buona per suonargliele di santa ragione – mentre Shou si portava spaventato le mani ai capelli biondi appena lavati, pretendendo a voce alta di ricevere in dotazione un casco oltre alla giacca imbottita.
Marley non aveva idea di che cosa stessero parlando, ma quando Bel le ebbe accennato di che cosa si trattava quasi iniziò a saltellare sul posto con un sorriso che le andava da un orecchio all’altro: com’era possibile che non ne avesse mai sentito parlare? Quanti anni di vita sprecati.
 
“Ma non potevano dirlo prima?! Non avrei di sicuro messo la mia felpa preferita! Il primo che prova ad imbrattarmela farà una gran brutta fine.”
Tallulah incrociò le braccia al petto scoccando occhiate torve a destra e a sinistra, quasi sfidando chiunque ad azzardarsi a spararle vernice addosso mentre Hiro, accanto a lei, guardava cupo a sua volta le maniche esposte del suo maglione preferito.
“Ma perché nessuno pensa mai di organizzare attività intellettuali, o con le Pozioni… Sarebbe molto meglio, per me.”
“Sei proprio un adorabile secchioncello, Hiro Davies.”
I due si sorrisero mentre Lilian, osservandoli pensierosa a distanza, si diceva che in fin dei conti la divisione in squadre era stata fortuita, Tallulah con Hiro e suo cugino con Priscilla. Forse un po’ troppo fortuita, si disse la Grifondoro mentre scoccava un’occhiata dubbiosa al professore, iniziando a chiedersi se dietro non ci fosse il suo zampino.
 
Apprendendo del Paintball Phil non poté fare a meno di ringraziare il suo buonsenso per non aver indossato uno dei bei maglioni costosi mentre Beau, in piedi accanto a lui, sospirava di sollievo e tornava a sorridere, rincuorato:
“Grazie al cielo, quando ho visto i fucili ho temuto il peggio…”
 

 
*

 
Dopo aver diviso i ragazzi in squadre e aver distribuito giubbotti imbottiti e paraocchi, Theobald aveva consegnato ad ogni studente un fucile da Paintball e aveva spiegato l’obbiettivo del gioco, ossia recuperare la bandiera del colore della propria squadra e consegnarla a lui, che avrebbe aspettato al di fuori del bosco.
Theobald aveva anche giurato solennemente che quel giorno non avrebbero trovato la minima sorpresa ad attenderli nel bosco ma nessuno, Phil e Beau inclusi, gli aveva creduto.
Vagamente offeso e soprattutto sconcertato per quell’assoluta ed immotivata mancanza di fiducia nei suoi confronti, l’insegnante aveva mai raccomandato agli studenti di non colpirsi a vicenda troppo da vicino e soprattutto di non mirare alla testa. Dopodiché aveva affidato un gruppo a Beau e uno a Phil, invitandoli a condurre i ragazzi ai margini opposti del bosco per poi dare inizio al gioco; rimasto solo, l’insegnante aveva evocato una sedia pieghevole blu, si era accomodato con un libro sulla storia del Nepal e un thermos pieno e si era dato al relax.
 
Phil, giunto a destinazione con la sua parte di studenti, stava aspettando pigramente le scintille blu con cui Beau avrebbe dovuto comunicargli che anche la metà restante era pronta per iniziare. Appoggiato al tronco di un albero e controllando distrattamente lo stato delle sue unghie mentre ignorava i mormorii concitati dei ragazzi alle sue spalle.
“Il Professor Watrous ci ha chiesto di restare nei paraggi per controllare che nessuno si faccia male… Ne approfitto per sottolineare che il primo che dovesse azzardarsi a sfiorarmi con della vernice verrà interrogato ad ogni lezione del prossimo anno fino a Natale. Se invece quel qualcuno non dovesse essere un mio studente, vorrà dire che esenterò un Elfo Domestico dal dover pulire il mio ufficio e ci penserà lui o lei.”
 
Priscilla deglutì a fatica, gettando un’occhiata carica di nervosismo al suo fucile – che come Lilian aveva alleggerito con un incantesimo, altrimenti non sarebbe mai riuscita a portarselo appresso a lungo – mentre si appuntava mentalmente di stare a debita distanza dall’insegnante. A dire il vero quel gioco non la allettava per nulla, e se ne sarebbe rimasta seduta in un angolo a guardare più che volentieri.
Shou naturalmente non era dello stesso avviso, e aveva subito messo da parte la pigrizia per iniziare ad elaborare schemi per poi snocciolarli ai compagni.
“E ricordate, che nessuno si sogni di colpire Tallulah.”
“Ma colpire gli altri non è il nostro obbiettivo?”
“Certo Riccioli d’Oro, ma anche sopravvivere, e sfido chiunque a riuscirci dopo aver imbrattato Miss X. Sarebbe un vero bagno di sangue che Hunger Games sposati, chiaro?”
Malai annuì, stabilendo serio che l’amica fosse off-limits mentre Lilian sbadigliava accanto a lui: non vedeva l’ora di tornare ai suoi libri. L’unica che le sarebbe piaciuto colpire era una sua compagna di squadra, quindi il divertimento le era stato totalmente negato a priori.
 
Quando Phil scorse finalmente le scintille blu illuminare il cielo sopra di loro sospirò di sollievo: se non altro l’attesa era finita. Poteva solo sperare che si muovessero a prendere una bandiera, così se la sarebbero cavata con poco tempo.
“Bene ragazzi, potete cominciare. Cercate di non ammazzarvi, non usate la magia… e per il resto, fate un po’ quello che vi pare. Ma se vi fate male non venite a piangere da me, non sono la Professoressa Campbell.”
Phil si allontanò con la massima nonchalance e le mani infilate nelle tasche mentre Malai, legatosi i capelli e inforcati i paraocchi, toglieva la sicura dal suo fucile. Non vedeva l’ora di imbrattare brutalmente qualcuno.
A parte la sua adorata Marley, ovviamente.
 

 
*
 
 
“Odio questo gioco! Dovevo darmi malata!”
Rannicchiata dietro il tronco di un albero e assolutamente intenzionata a non muoversi da lì, Priscilla gemette mentre abbracciava il suo fucile e, attorno a lei, veniva sparata vernice rossa e blu da tutte le parti.
“Prisci, dammi una mano… Capitale delle Filippine?”
 
Lilian, seduta dietro all’albero accanto al suo con il fucile appoggiato al tronco, si puntellò pensierosa la matita sul labbro inferiore mentre cercava di risolvere le parole crociate.
“Non lo so proprio Lily, faccio pena in geografia… Ma Malai lo sa di certo. Malaiiiii! Capitale delle Filippine?!”
La Corvonero si sporse leggermente oltre il tronco dell’albero per cercare Malai con lo sguardo, giusto in tempo per vederlo lanciarsi in un cespuglio per evitare di essere colpito da una palla di vernice blu.
“Manila! Proprio ieri stavo leggendo un atlante sul sud-est asiatico…”
“Sì, sì, va bene, pensa a sparare alla gente. Manila… Bene, ho quasi finito.”
Lilian sorrise soddisfatta mentre guardava il suo lavoro quasi concluso, del tutto incurante della situazione n cui si trovavano mentre Priscilla, invece, si guardava nervosamente attorno sperando che nessuno degli avversari le trovasse.
 
“Edgecombe, Park, perché non vi rendete utili invece di stare lì a fare le amebe?!”
“Dai ancora delle amebe a me e a Prisci e ti uso come cavia per i nuovi incantesimi di Trasfigurazione, Hills! Deficiente…”
Dopo aver fulminato il Corvonero di passaggio con lo sguardo Lilian tornò in tutta calma alle sue parole crociate mentre Shou, a qualche metro di distanza, cercava di colpire Marley senza successo.
“Ma che razza di riflessi ha quella ragazza…”
“Shou, smettila di mirare Marley!”
“Non rompere Malai, hai visto come spara, rischia di farci fuori tutti! No Celia, non mirare Tallulah, rischiamo di finire con i denti rotti!”
Shou afferrò rapido il braccio della compagna di squadra quando la vide puntare alla Corvonero, dirottando il tiro e finendo col farle colpire un albero.
 
Ad una decina di metri di distanza Tallulah, appiattita al suolo dietro ad un cespuglio insieme a Bel, si domandò a voce alta perché tutti stessero misteriosamente evitando di colpirla in tutti i modi.
“Non ne ho idea, ma se è così io resto vicino a te, così forse non mi mirano… Marley, Shou e Celia sono nascosti laggiù!”
Bel si sollevò leggermente per indicare i due Serpeverde a Marley, che si era nascosta dietro ad un albero un paio di metri più avanti. La Tassorosso subito si voltò e, seguendo le indicazioni dell’amico, caricò il fucile per prendere la mira mentre Celia sbraitava offesa insulti al gemello da dietro il suo nascondiglio:
 
“TRADITORE DI UN FRATELLO!”
“SCUSA CELIA!”
 
Shou si appiattì più che poteva al suolo mentre una raffica di proiettili di vernice si abbatteva sul suo nascondiglio, mancandolo di poco ma finendo col colpire una Celia decisamente risentita nei confronti del gemello.
 
“Merda, ho mancato Shou… e ho quasi finito la vernice!” Marley controllò preoccupata lo stato dei suoi rifornimenti mentre Tallulah, sbadigliando annoiata, si offriva di prestarle il suo fucile:
“Oh, tranquilla, puoi avere il mio, praticamente non l’ho usato…”
“Aspetta… stanno evitando di colpirti apposta, no? È perfetto. Tallulah, mi farai da scudo umano per arrivare alla bandiera!”
Marley indicò la Corvonero con un enorme sorriso, fiera della sua trovata mentre Tallulah, al contrario, la guardava inorridita:
“Cosa?! COL CAVOLO CHE LO FACCIO!”
“Ma faresti una bella figura con Hiro. E ci faresti vincere.”
Questa volta Tallulah esitò, gettando una rapida occhiata in direzione di Hiro – impegnato a cercare di colpirsi a vicenda con Malai ad alcuni metri di distanza – prima di sospirare e acconsentire, seppur poco convinta:
“… Va bene allora. Ma se mi colpiscono sarà colpa tua Marley!”
“Tranquilla. Non te ne pentirai.”

 
*

 
Per Lilian e Priscilla la pace era durata poco: ben presto il loro nascondiglio era stato scoperto dalla squadra avversaria. Priscilla stava fuggendo correndo come mai aveva fatto in vita sua, pregando Eulalia Haze di non colpirla sporcandole i capelli lavati il giorno prima quando Shou mise fine alla sua agonia colpendo la Grifondoro, mettendola fuori gioco.
“Grazie Shou… Non mi sento più la milza… Lilian sta insultando Goldman perché l’ha colpita e le ha imbrattato le gambe.”
Priscilla sorrise grata all’amico mentre si accasciava esausta accanto a lui, ormai vicina a prendere in considerazione l’idea di farsi colpire apposta pur di non dover più giocare. Quasi quasi invidiava Bel, che era stato colpito da Shou poco prima e si era allontanato dalla zona di fuoco con aria immensamente sollevata.
 
“Merda, Marley ha capito che non vogliamo colpire Tallulah e se la tiene appiccicata come un francobollo! Dobbiamo riuscire a neutralizzarle! Malai, ma ti hanno colpito?!”
Quando scorse l’amico avvicinarsi trascinandosi dietro mestamente il fucile e con aria da cane bastonato Shou lo guardò incredulo mentre Priscilla, al contrario, lo invidiava in silenzio:
“Sì, è stato Hiro… Non ho voluto colpire Marley e Miss X e lui mi ha preso alla sprovvista…”
“Che cavaliere…”
 
Priscilla sorrise con affetto all’amico, rincuorandolo un poco mentre il Tassorosso sedeva a terra accanto a lei.
“Grazie. Tu sei ancora in gioco, Cavolfiorino?”
“Purtroppo sì, vorrei farmi eliminare apposta ma mi sentirei in colpa per la squadra, tutto sommato…”
 
 
Marley era ormai a soli pochi metri dalla bandiera blu mentre imbracciava il fucile che Tallulah era stata ben lieta di cederle, più determinata che mai a vincere: durante il gioco notturno delle settimane precedenti si era fatta soffiare la vittoria sotto al naso per un soffio e non era intenzionata a ripetere l’esperienza.
“Hiro, cerca di coprirmi! Tallulah, dobbiamo prendere la bandiera e poi schizzare via alla velocità della luce, pensi di farcela?”
“Onestamente? No, ma farò il possibile. La prossima volta esigo che il Professor Watrous organizzi un casco di quiz sugli anime, ne ho le tasche piene di correre per il bosco!”
“Io invece adoro le attività del Professor Watrous!”
 
Tallulah non empatizzò affatto con lo sguardo trasognato di Marley, limitandosi a guardare stranita la Tassorosso – nonostante la trovasse simpatica, a volte proprio non riusciva a capire quella ragazza – prima di alzare gli occhi al cielo e darle un leggero colpetto sulla spalla:
“Va bene, adesso andiamo. Sono stanca e comunque vada voglio che finisca in fretta…”
Marley annuì, sistemandosi il paraocchi e stringendo il fucile mentre controllava dove fossero gli avversari. Infine fece un cenno ad Hiro e intimò alla compagna di stare pronta.
“D’accordo. Al mio tre, andiamo.”
“Lo faccio solo per non fare una figura di melma con Hiro, chiaramente.”
“Chiaramente, sì.”

 
*

 
“Sentite, al diavolo l’ira funesta di Tallulah, se Marley continuerà a starle incollata l’unico modo di vincere è rischiare di colpire anche lei. Mal che vada cercherà di il collo per averle rovinato la felpa, ma il Camp è grande, possiamo sempre nasconderci da qualche parte.”
Dal canto suo Priscilla non se la sentì proprio di condividere l’ottimismo e la positività di Shou, che parlò serio ai compagni mentre Malai, seduto accanto a loro nonostante fosse stato colpito dalla vernice blu degli avversari, parlava aggrottando le sopracciglia e con tono dubbioso.
“Ora che ci penso… Hanno parlato di qualche ricompensa? Insomma, alla fin fine perché stiamo facendo tutta questa fatica?!”
 “Io l’ho detto, che stiamo facendo fatica per niente! Cioè, voi, non io, io non posso dire di aver faticato granché.”
“Sì Edgecombe, ce ne siamo accorti tutti.”
Priscilla scoccò un’occhiata torva a Jessica, ma non potendo darle torto non se la sentì di risponderle replicando. Al suo posto lo fece Shou, zittendola sbrigativo e con l’aria di chi non ha nessuna voglia di perdere tempo:
“Everett, chiudi il becco.”
“Sì Everett, chiudi il becco!”
 
L’eco della voce di Lilian giunse da un punto lontano e non ben definito, facendo sorridere Priscilla mentre Jessica, sbuffando, borbottava acidamente qualcosa sul dover fregarsene della reazione di Tallulah e di doverla colpire, se volevano sperare di vincere. Premurandosi anche di aggiungere qualcosa su come la Corvonero non potesse di certo correre troppo velocemente a causa “del suo peso”.
 
Shou s’irrigidì visibilmente, così come Malai, e stava per voltarsi verso la Grifondoro per intimarle poco gentilmente di chiudere la bocca per la seconda volta nell’arco di pochi minuti, ma il suono di uno sparo lo precedette.
Sconvolto, Shou si voltò senza parole verso Priscilla, che teneva la canna del fucile da Paintball puntata verso Jessica dopo averla quasi completamente imbrattata di vernice scarlatta. Paralizzata dalla sorpresa, la Grifondoro sollevò le mani piene di vernice e chinò lo sguardo per guardarsi, pietrificata, prima di sbottare contro la compagna:
“Ma che cazzo… Edgecombe, che cazzo hai fatto?! Sono nella tua squadra, imbecille!”
“Non mi importa niente di questo stupido gioco Jessica. Sei… sei una brutta stronza! E non ripetere mai più quelle cose su Tallulah!”
 
Shou spalancò gli occhi scuri, guardando Priscilla sconvolto mentre un silenzio di tomba calava sul gruppetto. Nessuno di loro, mai, l’aveva sentita dire una parolaccia prima di quel momento.
Malai si portò una mano alla bocca semi-aperta, mormorando qualcosa a proposito di Priscilla e di come “fosse diventata grande” mentre la Corvonero, alzatasi in piedi senza battere ciglio, mollava il suo fucile a terra. Chinatasi su Malai, Priscilla strofinò la mano sull’enorme chiazza di vernice blu ancora fresca che il Tassorosso sfoggiava sulla giacca nera imbottita prima di spalmarsene a sua volta un po’ sulla giacca.
Infine, ancora piuttosto seria, la ragazza si rivolse ai compagni:
“E ora, col vostro permesso, io me ne vado da Lily e Bel. Ciao.”
 
Senza aggiungere altro Priscilla si allontanò, incamminandosi verso la direzione intrapresa da buona parte dei suoi compagni precedentemente eliminati mentre un sorriso soddisfatto le piegava le labbra verso l’alto.

 
*

 
Quando vide Marley afferrare l’asta della barriera e poi schizzare rapida verso la direzione opposta mentre fiotti di vernice scarlatta volavano sopra le loro teste, Tallulah Rice stabilì che per quel giorno il suo dovere era stato fatto. Ora poteva smettere di fare l’eroina e tornare la solita Tallulah di sempre, ovvero quella che se ne sbatteva altamente.
“Vai Marley, corri! Io per oggi ho dato, mi sono rotta…”
 
“Tall, ma che fai?!”
Quando vide la compagna di Casa fermarsi invece di seguire Marley Hiro strabuzzò gli occhi neri, guardandola sorpreso mentre la bionda, invece, ruotava su se stessa dando le spalle alla direzione intrapresa dalla Tassorosso e si stringeva nelle spalle con tutta la nonchalance possibile:
“Non me ne frega niente, Marley può tranquillamente farci vincere da sola… Forza Shou, colpiscimi se vuoi, ti do il permesso di farlo, ma vedi di non rovinarmi la felpa!”
“Sei sicura?! Non è una trappola, vero?!”
Quando Tallulah vide la testa bionda dell’amico fare capolino da dietro un albero sorrise, annuendo divertita mentre Malai, dietro all’amico, si lanciava in un sentitissimo sproloquio sulle doti di Marley che però nessuno stette ad ascoltare.
 
Quando la vernice scarlatta di Shou la colpì Tallulah, che aveva serrato con decisione gli occhi, soffocò un gemito infastidito a causa dell’attrito prima di controllare seria i danni causati. Quando ebbe appurato che la sua felpa era sana e salva la Corvonero, sollevata, decide di cimentarsi in una scena madre gettandosi a terra e sbraitando qualcosa a proposito della morte, degli spiriti e della luce verso la quale stava andando.
Gli occhi chiusi, Tallulah udì dei passi dirigersi verso di lei prima di aprire gli occhi blu e ritrovarsi a guardare Hiro che, in piedi accanto a lei, le sorrise guardandola divertito:
 
“Sei viva, Principessa?”
Tallulah ricambiò il sorriso, annuendo prima di sollevare un braccio e accettare la mano che Hiro le porgeva per rimettersi in piedi mentre gli altri, ormai arresi all’inevitabile vittoria della squadra Blu, li raggiungevano.
“Sì, direi di sì. Ma spero davvero per il bene di Watrous che ci sia una bella ricompensa ad aspettarci, dopo tutta la fatica che abbiamo… che tu e Marley avete fatto!”

 
*

 
Theobald stava leggendo sorseggiando il suo tè in tutta calma, in placida attesa che uno o più studenti lo raggiungessero. Quando gli sembrò di scorgere una nota di colore tra gli alberi con la coda dell’occhio l’anziano insegnante sollevò di scatto la testa dal suo libro per cercare di capire quale squadra stesse vincendo e, soprattutto, di quale studente si trattasse.
Un sorriso si fece largo sulle labbra del mago quando scorse nientepopodimeno che la sua allieva prediletta correre a perdifiato tra gli alberi stringendo l’asta di una bandiera blu. In fin dei conti, si disse Theobald con una buona dose di orgoglio, avrebbe dovuto aspettarselo.
 
“Ecco… la… Bandiera. Ho vinto. Sì! La prego, mi dica che c’è una ricompensa…”
Marley avrebbe voluto conficcare l’asta della bandiera al suolo in una perfetta replica di una scena da film, ma si rese conto suo malgrado che era molto più difficile e che richiedeva molta più forza di quanto pensasse. Così la ragazza, che per quella giornata aveva quasi esaurito la sua scorta quotidiana di energie, decise di mollarla semplicemente per terra prima di gettarsi lunga distesa accanto al fucile per riprendere fiato mentre Theobald la guardava scandalizzato e quasi offeso:
“Oh, ma certo cara. Per chi mi hai preso, suvvia?!”
 

 
*

 
“Quando torni a trovarmi?!”
“Presto piccolina, promesso.”
“E io quando posso venire a te a fare i biscotti?!”
“Quando vuoi, basta che lo chiedi a Papino. Mi mancherai tantissimo!”
 
Inginocchiata sulle travi di legno del pavimento davanti al camino, Margot si allungò di nuovo verso Freya e stritolò la bimba nell’ennesimo abbraccio, stampandole un sonoro bacio su una guancia mentre Hakon aspettava alle sue spalle stringendo le braccia al petto e osservando spazientito la scena idilliaca: per quanto apprezzasse il rapporto che la sua amica aveva con la figlia, Margot stava “salutando” la bambina da circa venti minuti.
“Margi, pensi che ora sia arrivato il mio turno di salutare mia figlia o devo ripassare tra mezz’ora?”
“Uffa, come sei noioso! Va bene, ho finito. Ciao Scimmietta, ci vediamo presto, fai la brava e mangia le verdure.”
Margot prese delicatamente la testa della bimba con una mano e le depositò un bacio sulla tempia prima di sorriderle e alzarsi in piedi, cedendo il posto ad un Håkon improvvisamente sorridente.
L’ex Grifondoro prese il posto dell’amica, inginocchiandosi davanti alla figlia e sorridendole mentre la stringeva delicatamente tenendola per le spalle:
“Allora, Scimmietta… ti mancherà solo la zia?”
“No, anche Iris!”
Freya sorrise mentre indicava allegra il piccolo geco colorato del padre, che proprio in quel momento stava zampettando fuori dal taschino della sua camicia nera a maniche corte per raggiungere la sua spalla.
“Sì, certo, anche Iris. Papino invece può andarsene ai Caraibi quando finisce qui, o vuoi che torna a casa con te?”
“Non puoi andare ai Caraibi senza di me!”
Freya non aveva idea di cosa fossero i Caraibi, ma aggrottò indispettita la piccola fronte e guardò male il padre mentre Margot, in piedi spalle di Hakon, asseriva che valeva lo stesso anche per lei. Andare in vacanza ai Caraibi con quelle due somigliava più ad un incubo che ad una vacanza da sogno, e il mago si appuntò mentalmente di non mettere piede ai Caraibi per ancora diversi anni prima di scuotere il capo e sorridere dolcemente alla figlia:
“No, certo, scherzavo. Allora ti mancherò anche io nei prossimi giorni?”
“Sì, ma la Nonna ha detto che torni presto.”
Freya strinse le mani del padre e le fece dondolare leggermente, sorridendogli allegra mentre Hakon, ricambiando il sorriso, annuiva. Non vedeva l’ora di tornare a casa, anche più di lei.
“Sì, ormai manca poco… dopo ti porterò in spiaggia quando vuoi, promesso.”
 
La bimba parve rallegrarsi molto della promessa del padre, sorridendo e informandolo allegra di avere molti costumini nuovi da fargli vedere, tutti recenti regali da parte di Nonna Winnie. A quelle parole il padre si limitò ad alzare gli occhi scuri al cielo, evitando di ribadire davanti alla figlia che sua nonna le comprava sempre troppi vestiti.
“Sei sicura di aver preso tutte le scimmie?”
“Sì, Beau mi ha aiutato a contarle.”
Freya accennò al suo zaino stracolmo e magicamente ingrandito mentre il padre, annuendo, si alzava per prenderla per mano e condurla verso il camino:
“D’accordo, allora ti accompagno a casa e poi io torno subito qui, ok? Preferisco che non usi ancora la Metropolvere da sola, sei troppo piccola. Ciao Zia Margi!”
Di norma Freya avrebbe obbiettato, avrebbe sottolineato che lei non era affatto una bambina piccola e avrebbe cercato di convincere il padre a farle fare le cose da sola, ma la prospettiva di poter stare ancora un po’ con lui le impedì di sollevare proteste. Così, stretta la mano di Håkon, Freya si infilò ubbidiente nel camino accanto al padre prima di sorridere a Margot e agitare la manina destra nella sua direzione:
“Ciao Zia Margi!”
“Ciao tesorina.”
Margot ricambiò teneramente il sorriso, muovendo piano la mano in direzione della bimba poco prima che lei e il padre sparissero grazie alla Polvere Volante.
Rimasta improvvisamente sola nella stanza, Margot rimase dov’era per qualche istante prima di dirigersi verso la cucina, consapevole che i colleghi fossero alle prese con i ragazzi e la nuova attività del Professor Watrous proprio in quel momento. Chiedendosi divertita come se la stessero cavando, Margot stava per aprire il frigo per prendere il latte e prepararsi una tazza di tè – vero, questa volta – quando i suoi grandi occhi blu indugiarono sullo sportello del frigo.
Attaccato con un magnete a forma di fiorellino, figurava un disegno che fino a quella stessa mattina non c’era. Dimenticatasi momentaneamente del latte Margot prese il foglio bianco e lo staccò delicatamente dal frigo, osservandolo brevemente prima di sorridere.
5 persone, quattro uomini e una donna – che era alta quasi quanto quello vestito di nero e con i capelli neri, giudicò divertita la strega – stavano seduti a dei tavolini rosa insieme a degli ammassi marroni che Margot ricondusse alle scimmiette e ad una bambina sorridente con lunghi capelli castani e ricci.

 
*

 
Quando apparvero nel salotto della casa in riva al mare dei suoi genitori Hakon aiutò Freya ad uscire dal camino prima di fare altrettanto, facendo attenzione a non sbattere la testa dopo anni e anni di dolorose testate e conseguenti imprecazioni.
Né Winnifred né Willhelm si trovavano nella stanza, e Hakon approfittò degli ultimi istanti di solitudine con la figlia che gli restavano per chinarsi su di lei e pregarla di fargli un ultimo, piccolo, immenso favore:
“Freya, amore, per favore non dire alla nonna e al nonno che Papino si è fatto mettere lo smalto…”
Ma Håkon non fece in tempo ad ottenere una risposta dalla figlia, perché sua madre irruppe nella stanza asserendo che le era sembrato di sentire dei rumori in soggiorno prima di correre dal figlio e stritolarlo in un abbraccio.
“M-mamma, mi soffochi…”
“Ma come faccio a soffocarti se sono metà di te, sei un lagnoso! Ciao piccolina, come è andata da papà?”
Lasciato andare il figlio Winnie si chinò sulla nipotina per abbracciarla mentre Håkon guardava suo padre unirsi al quadretto familiare entrando nella stanza. L’astronomo ebbe appena il tempo di salutarlo, perché subito dopo la vocina trillante di Freya riempì la stanza e catalizzò su di sé l’attenzione di tutti i presenti:
“Zia Margi ha messo lo smalto rosa glitter a Papino!”
 
La bambina si premurò anche di indicare le mani del padre, che si sentì raggelare e cercò di nascondere le mani nelle tasche prima che i genitori potessero scorgergli le unghie, ma invano. Un istante dopo il soggiorno si riempì delle grasse risate di Winnifred e Willhelm, che decretarono di adorare l’amica del figlio con le lacrime agli occhi mentre Hakon, scuro in volto, sibilava qualcosa a proposito della Groenlandia e di come ci sarebbe tornato immediatamente per starsene isolato dal resto dell’umanità, se solo non avesse avuto una figlia.
 
 
Quando pochi minuti dopo Håkon fu di ritorno allo chalet si ritrovò nel salone deserto. Uscito dal camino, Hakon si spolverò con gesti rapidi e decisi la cenere dalle spalle mentre si guardava attorno torvo, perlustrando la stanza alla ricerca della sua migliore amica, quella traditrice.
“MARGOT! VIENI SUBITO A TOGLIERMI QUESTA ROBACCIA ROSA APPICCICOSA!”
 
Margot sedeva sola in cucina, un libro in mano e la tazza di tè nero e il bricchetto del latte vuoto davanti. Quando sentì la voce profonda dell’amico tuonare dal salone represse a fatica una risatina, ribattendo con tono angelico che aveva sbadatamente rovesciato il flaconcino dell’acetone giusto poco prima.
“Non c’è un incantesimo per farlo sparire?! Margi? Margi, rispondimi, sento che stai ridendo!”
 

 
*

 
Marley era felice che la sua squadra avesse vinto nel Paintball e di essersi guadagnata la rivincita dopo aver perso per un soffio nella caccia alla bandiera organizzata dal Professor Watrous qualche settimana prima. Ed era stata ancor più felice quando il professore si era presentato alla loro porta con una pila di cartoni di pizze fumanti “per le brillanti vincitrici”.
Subito dopo cena però la Tassorosso si era ritirata nella stanza che condivideva con Lilian, Tallulah, Priscilla, Blodwel e prima che la Corvonero venisse mandata a casa a seguito della scoperta da parte dei professori del suo “problema con i libri” anche con Amelie.
Distesa supina sul suo letto, Marley giocherellava distrattamente con la sua amata e inseparabile bussola mentre Leith, seduto sulla porzione di cuscino accanto alla sua testa, le solleticava i capelli castani e l’orecchio di tanto in tanto, come a chiederle il perché di quell’insolita carenza di energia.
 
Quando Lilian aprì la porta della stanza e vi trovò Marley, sola e distesa sul suo letto completamente vestita, non riuscì a trattenere la sorpresa: era un evento raro non solo vederla sola, ma soprattutto giù di tono e senza far nulla.
“Oh, ciao Marley. Scusa, non volevo disturbarti, mi serve solo prendere una cosa.”
“Non preoccuparti, non sto facendo niente, non mi disturbi.”
 
Marley non si mosse dal letto mentre Lilian attraversava la stanza per recuperare un libro, continuando a giocherellare con la sua bussola senza far caso a Leith e alle attenzioni che il suo affezionato Asticello stava cercando di reclamare.
“Pensi che a Malai passerà presto?”
Lilian continuò a frugare tra le proprie cose senza voltarsi verso la Tassorosso, annuendo distrattamente e liquidando il discorso con un movimento sbrigativo della mano:
“Oh, sì, non preoccuparti. Le statistiche dicono che dovrebbe assillarti per un’altra settimana e poi dimenticarsene il giorno seguente. Speriamo solo che non ritenti con un’altra serenata, ieri l’ho sentito pregare Prisci di fargli da accompagnamento col violino…”
Lilian alzò gli occhi al cielo, voltandosi verso la compagna di stanza dopo aver finalmente recuperato ciò che stava cercando.
Solo allora la Grifondoro notò l’espressione accigliata della Tassorosso, chiedendole se ci fosse qualcosa che non andava prima di ricevere un diniego poco convinto.
Dicendosi che probabilmente Marley preferiva stare sola Lilian uscì presto dalla stanza; si era appena chiusa la porta alle spalle quando un pensiero improvviso la colpì: per certi versi aveva dell’assurdo, ma si domandò comunque come avesse fatto a non pensarci prima di quel momento.
 
A Marley piaceva Malai?!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
…………………………………………………………………………………………………….
Angolo Autrice:
 
Buonasera mie care autrici <3
Spero che questo capitolo assurdamente lungo vi sia piaciuto, che abbiate apprezzato la presenza di quella batuffolina di Freya e anche il paintball di Theobald. Scusate se non mi sono soffermata esageratamente su quest’ultimo aspetto, ma il capitolo era già chilometrico così e non volevo renderlo troppo “pesante”. Come sempre vi ringrazio per le recensioni, scusate se negli ultimi mesi non rispondo quasi mai, ma sappiate che le apprezzo sempre davvero tanto.
Ci sentiamo tra un paio di settimane, quasi sicuramente sempre nel weekend, con l’ultimo capitolo (Epilogo escluso) della storia. *Rumore di cuore che va in frantumi* Nel frattempo alla settimana prossima con MOTRE, per chi partecipa anche lì.
 
Buona serata e a presto,
Signorina Granger

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Capitolo 15 - Ultimo giorno al Camp ***


Capitolo 15 – Ultimo giorno al Camp

 
Domenica 6 agosto
 
 
 
Come ogni mattina nell’ultimo mese e mezzo trascorso in Scozia la luce naturale che entrò nella stanza attraverso la finestra svegliò Philip MacMillan ancor prima della sveglia. Il mago aprì pigramente le palpebre, mettendo a fuoco la stanza con gli assonnati occhi verdi prima di passarsi distrattamente una mano tra i ricci color biondo cenere. Dopo aver disattivato la sveglia con rapidi gesti ormai diventati abituali Phil si chiese che cosa lo aspettava per quell’ennesima giornata di estenuante campeggio, confinato sulle sponde di un lago con un gran numero di adolescenti e colleghi più o meno normali.
Passati i consueti istanti di confusione che seguivano il risveglio, Phil riuscì a ricordarsi che giorno fosse. Il 6 agosto.
Il mago spalancò gli occhi chiari e si mise a sedere sul letto sollevandosi di scatto, restando immobile per qualche secondo prima di scostarsi le coperte di dosso, scendere dal letto, infilare i piedi nelle pantofole e dirigersi in fretta e furia verso la porta, che venne spalancata mentre un larghissimo sorriso faceva capolino sul bel volto di Phil. Il 6 agosto. Quasi non riusciva a crederci, ma finalmente quel dannato giorno era arrivato.
 
“DOMANI CE NE ANDIAMO! GRAZIE PRISCILLA, GRAZIE!”
 
“Che cavolo hai da urlare, idiota…”
La porta accanto si aprì e dalla stanza uscì una Margot visibilmente seccata, in pigiama, con le pantofole di Baby Yoda ai piedi e una mascherina da notte a forma di unicorno sollevata sulla fronte a tenerle indietro i capelli castani arruffati.
Per una volta tuttavia Phil decise di non risponderle, continuando imperterrito a sorridere mentre si dirigeva verso le scale nel suo pigiama blu coperto di ananas, allegro come nessuno dei colleghi lo aveva mai visto. L’ex Tassorosso rimase infatti in piedi sulla soglia della sua stanza per qualche secondo, fissandolo perplessa prima di tornare nella sua stanza per darsi una sistemata e dare via alla sua beauty routine prima di colazione.
Vedere Phineas così allegro – per di più di primo mattino – era un fatto decisamente insolito, constatò dubbiosa la strega mentre si chiudeva la porta della camera alle spalle e si sfilava la mascherina dalla fronte. All’improvviso, mentre sostituiva la mascherina colorata con una fascia di spugna bianca, Margot si domandò preoccupata se il collega non avesse deciso di allietare ulteriormente la fine del Camp architettando un piano per farla fuori e vendicarsi di tutte le prese in giro subite nel corso delle settimane.
Vedere MacMillan così allegro era un fatto decisamente preoccupante. Meglio stare in guardia per tutto il corso della giornata.
 

 
*
 
 
Priscilla e Tallulah si erano alzate per prime tra le loro compagne di stanza, uscendo dallo chalet per l’ultima passeggiata mattutina in compagnia dei loro cani.
Giunte rapidamente sulla piccola spiaggia che si affacciava sul lago, Priscilla guardò Solomon e Stirling, entrambi subito corsi in acqua come al solito, litigarsi un grosso ramo mentre Tallulah giocava con Pikachu lanciandogli una pallina arancione.
Non era propriamente quella che si poteva definire una bella giornata e il cielo era piuttosto nuvoloso già di primo mattino ma nessuna delle due, ormai perfettamente abituate al clima scozzese, si era lasciata intimidire dal cielo grigio. Priscilla, stringendosi nel cardigan color panna che aveva infilato sopra la salopette corta, incrociò le braccia al petto mentre gettava un’occhiata critica al cielo sopra di lei e l’aria le muoveva i riccioli sfuggiti allo chignon attorno al viso.
“Speriamo che stasera non piova, sarebbe un peccato rinunciare al falò…”
Tallulah, complimentandosi con vivo entusiasmo con Pikachu quando il cane corse da lei tenendo la palla tra i denti, si chinò per raccoglierla e lanciarla nuovamente prima di alzarsi e gettare a sua volta un’occhiata dubbiosa alle decisamente poco promettenti nuvole sopra di loro.
“Sì, speriamo. Del resto con la mia sfiga in gioco non posso garantire che uno tsunami non decida di abbattersi su di noi proprio stasera…”
“Penso che uno tsunami non abbia mai colpito la Scozia, Miss X.”
“Con me in giro non c’è da stare tranquilli. Bravo Pika, sei davvero bravissimo!”
Tallulah sorrise teneramente al cane quando Pikachu le riportò di nuovo la palla, chinandosi per accarezzarlo affettuosamente mentre Priscilla, osservandoli divertita, scorgeva Stirling correre verso di lei stringendo un’estremità del ramo tra i denti.
L’enorme cane si fermò davanti alla padrona, lasciò cadere il ramo ai suoi piedi e poi si diede una vigorosa scrollata per togliersi di dosso l’acqua in eccesso. Fortunatamente Priscilla, ormai avvezza alle abitudini del cane, ebbe la prontezza di riflessi di fare un paio di passi indietro per evitare di bagnarsi, sorridendo con affetto al Levriero Irlandese quando lo vide guardarla in attesa, scodinzolando e la lingua di fuori.
“Oh, è per me? Ma grazie piccolo… Sì Solomon, grazie, anche tu sei bravissimo.”
Solomon, per nulla intenzionato a sfigurare, si presentò immediatamente con un altro ramo, depositandolo accanto a quello del fratello e guardandolo orgoglioso prima di avvicinarsi alla padrona per godersi la sua meritata razione di coccole. Priscilla si sistemò sulla sabbia asciutta permettendo ad entrambi i cani di sedersi accanto a lei, abbracciando Solomon e accarezzandogli teneramente la testa con l’indice e il medio uniti mentre Stirling le sistemava la testa sulla gamba. Tallulah, dopo aver premiato Pika con un biscottino a forma di osso, raggiunse l’amica sedendosi accanto a lei e sistemandosi il carlino in braccio, entrambe rivolte verso il lago.
 
“Sei felice di tornare a casa?”
“Sì, direi di sì… Non mi mancheranno i compiti, le lezioni… l’ansia per le interrogazioni di MacMillan. Ho decisamente bisogno di tre settimane di vacanza. Tu non lo sei?”
Tallulah si voltò verso la compagna senza smettere di accarezzare la testa di Pika, che si godeva soddisfatto le coccole quanto Solomon e Stirling. Priscilla, il capo chino sui suoi amati cagnoloni, si prese qualche istante prima di rispondere con una debole stretta di spalle:
“Non lo so… Per certi versi è come dici tu, ma in fondo mi sono divertita. Nonostante i compiti e tutto il resto di sicuro queste settimane sono state più piacevoli rispetto a come le avrei trascorse a casa con i miei genitori.”
“Umh, lo capisco. Ho il terrore di tornare e vedere mio padre venire ad accogliermi sventolando la bozza di un nuovo libro, che orrore…”
Tallulah fu scossa da un fremito che non aveva nulla a che fare con l’aria frizzante e Priscilla, decisa a non urtare la sua sensibilità, si costrinse a trattenere un risolino.
“Chissà se il mio, di padre, si è reso conto che sono stata via un mese e mezzo… In effetti non mette spesso piede fuori dalle sue serre. Mamma dice che convive con le sue amanti, ossia le piante, praticamente da sempre.”
“Sono sicura che se n’è accorto e che saranno felici di averti a casa. Prega che Duncan Rice non abbia deciso di dedicarmi uno dei suoi romanzi, invece… la dedica del penultimo?! Le prima pagine di “La seduzione dell’unicorno” riportavano “Alla mia adorata polpettina bionda Tallulah”. Mio padre MI ODIA, ne sono sicura!”
Questa volta il riso sfuggì all’autocontrollo di Priscilla, che si coprì la bocca con una mano e indirizzò una sentita occhiata di scuse all’amica mentre Tallulah, rassegnata, la guardava scuotendo la testa:
“Tranquilla, non è colpa tua. Del resto è la mia esistenza, che somiglia ad una stand-up comedy.”
“Guarda che nessuno pensa che tu sia ridicola. Soprattutto Hiro!”
 
Nel nominare l’amico l’espressione di Priscilla si addolcì e la giovane strega assunse un’aria quasi inebetita mentre sorrideva congiungendo le mani e portandosele accanto al viso, quasi stesse pensando del suo film d’amore preferito mentre Tallulah si alzava in piedi dopo aver roteato platealmente i grandi occhi blu:
“Prisci, non piaccio ad Hiro.”
“Ma che dici?! Io lo conosco bene, siamo amici dai primissimi giorni del I anno. So per certo che è così.”
Priscilla imitò l’amica, alzandosi in piedi e stringendo le braccia esili al petto mentre assumeva improvvisamente un’insolita aria decisa. Tallulah, che si stava spolverando la sabbia di dosso, scosse la testa con un sospiro:
“Prisci, ragiona. Hiro è un bellissimo ragazzo, no?”
“Beh, sì.”
“E quindi perché tra tutte le nostre compagne, alcune delle quali  davvero belle… beh, anche tu, per esempio. Perché dovrei piacergli io?!”
“Ma tu sei bella, scema!”
Appena dopo aver parlato Priscilla, spalancati gli occhi verdi, si dedicò ad una profusione di imploranti scuse per aver dato della scema all’amica, che però sorrise e sembrò tutt’altro che offesa quando la prese sottobraccio per tornare insieme allo chalet e fare finalmente colazione.
“Tranquilla Prisci. A proposito, mi è giunta voce che al paintball hai colpito Jessica Everett e le hai dato della stronca. Che cosa era successo per farti sbroccare così?”
“Non ha importanza. È solo una stupida. E per tornare al discorso di prima, per quanto sia carina di sicurò non potrà mai piacere al nostro Hiro. Se mai dovesse accadere lo colpirei in testa con uno dei mattoni di Storia della Magia per farlo rinsavire. Ma non troppo forte, naturalmente, non vorrei fargli male.”
“Naturalmente.”

 
*

 
Margot raggiunse la cucina quando Phil stava già versando una quantità industriale di cereali al miele in una grossa ciotola piena di latte caldo. La strega guardò sospettosa il collega mescolare allegro i cereali mentre Theobald, che come al solito era stato il primo ad alzarsi, emergeva dalla cucina con un sorriso sulle labbra e una tazza in mano.
“Buongiorno Margi cara!”
“Buongiorno Professore. Ha già preparato il tè?”
“Ho scaldato io l’acqua.”
Phil parlò senza alzare lo sguardo dalla sua colazione, indicando con un rapido cenno della mano il lucente bollitore rosso posizionato al centro del tavolo sopra ad un sottopentola di vimini. Il sorriso di Theobald si allargò, e l’anziano professore ringraziò allegro il collega mentre versava un po’ di acqua bollente nella sua tazza di ceramica.
Quando l’insegnante di Difesa contro le Arti Oscure tornò in cucina per prendere il tè da mettere in infusione per sé e per Margot la ragazza, rimasta sola con Phil, gli si rivolse con tono dubbioso e sguardo vagamente preoccupato:
“Hai… scaldato l’acqua?”
“Sì. Che cosa c’è di strano? Sai, bisogna scaldarla, per bere il tè caldo.”

Ok, dopotutto non era poi così gentile, si disse la strega rincuorandosi leggermente. Aveva mantenuto intatto il suo consueto, irritantissimo sarcasmo. Ma il tono con cui Phil aveva parlato era comunque molto meno supponente del solito, motivo per cui Margot accettò con non pochi tentennamenti una delle tazze lasciate capovolte in mezzo al tavolo da Mindel la sera prima che il collega le porse.
“Si può sapere che hai? Sei ancora più strana del solito. Ti sei svegliata cadendo dal letto e hai sbattuto la testa, per caso?”
Phil si portò alle labbra una generosa cucchiaiata di minuscole ciambelline al miele senza staccare gli occhi verdi dalla collega, guardandola perplesso mentre Theobald faceva ritorno dalla dispensa sorridendo allegro.
“Dammi pure Margi cara, ci penso io.”
Margot lasciò che Theobald le prendesse gentilmente la tazza dalle mani senza dire una parola, limitandosi ad andare a sedersi a qualche posto di distanza da Phil mentre il collega versava dell’acqua calda per entrambi, mettendo in infusione il tè prima di allungarle la tazza con un sorriso.
“Grazie Professore.”
Margot accettò la tazza, guardandone il contenuto prima di lasciarla sul tavolo, alzarsi e dirigersi silenziosa in cucina per prendere biscotti, burro, marmellata e fette biscottate per tutti. un minuto dopo, quando fece ritorno dai colleghi con le braccia cariche, Margot vide Beau scendere le scale, già vestito e pettinato come sempre.
“Buongiorno. Penultima colazione qui, quindi.”
“Sì. Domani a quest’ora ce ne staremo andando…”
Phil parlò con un sorriso e con sguardo sognante mentre Margot depositava le cibarie sul tavolo e Beau, sorridendo, prendeva a sua volta il bollitore per versarsi dell’acqua calda. La strega, trattenendo l’impulso di strapparglielo dalle mani per salvarlo dal possibile avvelenamento, tornò a sedersi prima di prendere la sua tazza per il manico e annusare dubbiosa il tè in infusione.
L’odore sembrava normale. Ma non era ancora del tutto convinta. Gettò un’occhiata di sbieco in direzione di Theobald, che assaggiò il tè senza fare commenti di alcun tipo, come se fosse la stessa bevanda di sempre, mentre anche Hakon raggiungeva i colleghi scendendo le scale di legno nella sua ennesima mise total black.
 
“Buongiorno a tutti… è avanzato qualche biscotto al burro?”
“Sì, un paio.”
Hakon passò davanti al tavolo per andare in cucina e prepararsi il caffè nell’esatto momento in cui Phil si voltò verso Theobald per chiedergli qualcosa. Margot, rapidissima, approfittò della distrazione per rovesciare il contenuto della sua tazza nel vaso di fiori che fungeva da centrotavola sotto gli sguardi attoniti di Beau e di Hakon, che però stabilì di non avere la forza necessaria per affrontare la questione a quell’ora e si diresse in cucina senza dire una parola.

 
*

 
“Stasera i professori ci hanno promesso il falò solo se finiamo di fare le pulizie prima di cena, quindi dobbiamo darci da fare, e anche una bella mossa. Per vostra fortuna…”
Un sorriso pericolosamente soddisfatto si fece largo sulle labbra di Malai, che lasciò in sospeso la frase muovendosi per prendere qualcosa che fino a quel momento aveva tenuto dietro al divano, al riparo dagli sguardi dei suoi compagni, tutti riuniti nel salone per una “riunione speciale” dopo aver terminato di fare colazione. Compagni che quasi trattennero il fiato, trasalendo mentre il Tassorosso sollevava una specie di cartellone bianco suddiviso in numerosi riquadri dai bordi colorati e pieni di scritte.
“… ho preparato una molto accurata e precisa suddivisione in turni per le pulizie! In questo modo non dovremo perdere mezz’ora litigando per stabilire chi dovrà pulire i bagni. Ho tirato a sorte per stabilire chi farà cosa, quindi non sono ammesse lamentele di sorta.”
Ciononostante qualche lamentela si sollevò ugualmente, soprattutto da parte di chi non ne voleva sapere di pulire i bagni o non aveva intenzione di pulire in generale. Shou, comodamente stravaccato su uno dei divani di pelle accanto ad Hiro tenendo le braccia strette al petto e le gambe leggermente divaricate, si limitò ad un pigro sbadiglio:
“Immagino che avremmo dovuto aspettarcelo, dopotutto.”
“E infatti io me lo aspettavo. Ieri dopo gli ultimi test l’ho visto occupare metà cucina con quel cartellone e i pennarelli indelebili e non ho avuto alcun dubbio. Però ha ragione, dovremmo darci da fare.”
Hiro fece spallucce mentre Malai, annuendo, sorrideva grato e soddisfatto in direzione dell’amico:
“Esatto, grazie Hiro. Shou, non pensare nemmeno di defilarti come fai sempre quando c’è qualcosa da fare, ti proibisco di cazzeggiare mentre noi puliamo! A tal proposito, c’è una pila infinita di piatti sporchi in cucina, visto che ieri sera qualcuno non ha pulito e dobbiamo ancora sistemare la roba della colazione… Che casualità, il tuo nome è proprio sotto la casella “Cucina”!”
In un modo o nell’altro Shou era sempre riuscito a sfuggire dall’incombenza di dover lavare i piatti fin da quando, un mese e mezzo prima, lui e i compagni avevano messe piede al Camo per la prima volta. Per questo motivo, quando il Grifondoro giunse insieme a Bel e ad un paio di altri loro compagni in cucina ed ebbe modo di scorgere le altissime pile di piatti, tazze e bicchieri accatastati a casaccio nel lavello, sospirò rumorosamente dicendosi che forse, in fin dei conti, quello non era altro che il karma che lo puniva per la sua pigrizia.
O Malai. Non c’era molta differenza.
 

*

 
“Sai Miss X, non credo che lo stiamo facendo esattamente nel modo più corretto…”
Priscilla non era molto pratica di pulizie in generale, tantomeno di pavimenti. Ma mentre stringeva il manico di una scopa e osservava le assi di legno del ballatoio che lei e Tallulah avrebbero dovuto spazzare prima di passare lo straccio, la certezza che stessero pulendo da schifo la colpì: invece di indirizzare lo sporco nelle palette colorate che avevano trovato nel ripostiglio, avevano finito col sperperare polvere e briciole in tutte le direzioni.
“Sì, penso anche io… Di questo passo passeremo la giornata qui dentro, invece che goderci l’ultimo giorno all’aperto, porca soia. Chissà come se la stanno cavando le altre, invece…”
Cercando di tenere ferma la paletta con un piede Tallulah si impegnò per indirizzare correttamente lo sporco imprecando a bassa voce contro il manico della scopa, di gran lunga troppo alto rispetto a lei e che le rendeva quindi l’impresa particolarmente scomoda.
Un mese e mezzo e ancora non era in grado di fare le pulizie. Poteva solo sperare che Lilian se la stesse passando meglio di loro.
 
 
 
“Ma quanto pesa questo dannato divano… Basta, non ce la faccio più.”
Dopo aver cercato di spingerlo inutilmente Marley si accasciò esausta sul bracciolo del divano che stava cercando di spostare, invano, da almeno cinque minuti buoni. Riprendendo fiato, la Tassorosso si sollevò per gettare un’occhiata critica al mobile, sperando che il suo essere rimasto perfettamente immobile nonostante i suoi numerosi sforzi non fosse altro che una sua illusione.
“Si è mosso di almeno cinque centimetri?!”
“Credo due al massimo.”
In piedi ad un paio di metri dal divano con una gomma da masticare tra i denti e la bacchetta in mano, Lilian guardò la Tassorosso gemere disperata e insultare il divano prima di sollevare la mano destra e farle cenno di spostarsi:
“Proviamo con la magia, è meglio.”
“Sei sicura? l’ultima volta che abbiamo provato a pulire più in fretta usando la magia un mocio impazzito ha inseguito Tallulah per tutto l’edificio…”
 
Lilian strinse le labbra, facendo di tutto per non scoppiare a ridere – del resto la sua amica si trovava solo qualche metro sopra di loro e in tal caso avrebbe potuto sentirla tranquillamente – quando le parole di Marley riportarono a galla l’esilarante ricordo. Infatti Tallulah, da un punto indefinito del ballatoio, ne approfittò per rimarcare quanto la sua vita si divertisse a prendersi gioco di lei mentre litigava con la sua paletta azzurra, che di collaborare proprio non ne voleva sapere.
Mentre Lilian applicava un incantesimo di locomozione sul divano affinché si spostasse di lato e permettesse così a lei e a Marley di sbattere il tappeto e pulire il pavimento, Tallulah decise di fare altrettanto con la sua paletta, puntandole esasperata contro la bacchetta prima che Priscilla avesse il tempo di pregarla di non farlo. Un istante dopo l’oggetto sfrecciò impazzito giù dal ballatoio per andare a svuotare la polvere nel cestino, costringendo però Marley a chinarsi per evitare che la colpisse sulla nuca e spaventando alcune delle loro compagne.
“Ops… qualcuno si è fatto male?!”
Tallulah si affacciò dalla balaustra di legno per accertarsi di non aver procurato la decapitazione di nessuna tra le presenti, guardando la paletta sfrecciare nuovamente verso di lei per raccogliere da sola il resto della polvere sotto lo sguardo preoccupato e vagamente intimorito di Priscilla, che si affrettò a farsi da parte per evitare che quella se la prendesse con lei.
“Per ora no, ma ho la sensazione che non arriverò intera a domani mattina. Per lo meno il divano sembra a posto… Ahia!”
Aveva decisamente parlato troppo presto, si disse Marley quando uno dei cuscini del divano le passò accanto con poca grazia, colpendola sulla spalla per andare a posizionarsi vicino alle finestre della cucina insieme agli altri, in attesa di essere puliti.
“Che modi! Lilian, la prossima volta rendili più educati, i cuscini!”
La Grifondoro aveva già la bacchetta puntata contro il tappeto per far sì che si spostasse da solo, ma le parole di Marley sembrarono farla tentennare, e finì col riporre la bacchetta prima di fare cenno alla Tassorosso di aiutarla, decidendo di fare a meno della magia per evitare spiacevoli incidenti di percorso:
“Allora il tappeto è meglio se lo spostiamo da noi… Aiutami ad arrotolarlo. Comunque, sono sicura che i ragazzi stanno facendo molto più casino di noi, state tranquille.”
“Figurati, con quel precisino di Malai tra i piedi, non avranno scampo…”
 
Marley sbuffò mentre si inginocchiava accanto a Lilian, che restò in silenzio mentre pensava al suo migliore amico e alla sua “cotta-lampo” per Marley. Cotta che, a dire il vero, durava da un paio di settimane, stabilendo quello che a detta di Shou ed Hiro era un vero e proprio record senza precedenti.
Chine fianco a fianco sul pavimento per arrotolare il tappeto e spostarlo, Lilian ripensò alla conversazione che lei e Marley avevano avuto in proposito meno di una settimana prima, portandola a voltarsi verso la Tassorosso prima schiarirsi la voce:
“Marley, per caso ne vuoi parlare? Perché immagino che cosa pensi, ma ti assicuro che Malai di solito smette di fissarsi ben prima con una sola ragazza… di solito a questo punto ha già cambiato “vittima”, ma credo che lo sappia anche tu.”
“Sì. Cioè, no, non mi va di parlare di Malai.”
“Sei sicura? Perché anche se a volte lo strozzerei, e altre provo l’impulso di spedirlo su un’isola molto lontana da me e non facente parte del Commonwealth, lo conosco davvero bene e penso che questa volta possa essere diversa dalle altre.”
Marley smise di prodigarsi per arrotolare il tappeto e per qualche istante sembrò esitare, forse persino contemplare la teoria della Grifondoro, ma infine scosse comunque la testa e accennò un debole sorriso alla compagna:
“Lily, sei carina, ma tra tre settimane ci rivedremo tutti a King’s Cross e sappiamo entrambe che con ogni probabilità Malai avrà un’altra delle sue cotte quando saliremo sull’Espresso per Hogwarts. Non per forza il fatto che una sia più duratura di altre deve significare qualcosa.”
Lilian sapeva che, tecnicamente, Marley poteva avere ragione. Forse tre settimane dopo, quando si sarebbero riuniti al Binario 9¾  Malai avrebbe assillato lei e i loro amici con la sua ennesima innamorata. Però qualcosa le diceva che c’erano buone probabilità che quello scenario non si sarebbe avverato e lei, beh, di rado prendeva un abbaglio quando si parlava di quei casi umani senza speranza di suo cugino e del suo migliore amico.
Ciononostante decise di non approfondire la questione per evitare di turbare la compagna, limitandosi ad annuire prima di riprendere ad arrotolare il tappeto mentre Tallulah, al piano di sopra, litigava sonoramente con un mocio che era sfuggito al suo controllo e stava cercando di ribellarsi dandosi alla fuga.

 
*

 
“Ma quanta polvere è riuscita ad annidarsi qui in un mese e mezzo?! Forse avremmo dovuto ricordarci di pulire più spesso…”
Dopo aver rifatto i letti della sua stanza con un incantesimo Malai si era dedicato alla pulizia del pavimento mentre Hiro, nel bagno accanto, litigava con lo specchio che non ne voleva sapere di farsi pulire senza lasciare dei fastidiosissimi aloni che, il Corvonero ne era sicuro, Malai avrebbe notato e che gli avrebbe ordinato di far sparire.
“Gratta e Netta.”
Malai guardò schifato lo straccio che aveva passato sotto i letti a castello rendendolo di una sfumatura di grigio molto vicina al nero, pulendolo con la magia mentre la voce di Hiro proveniente dal bagno si domandava quando Shou avrebbe tolto il suo “esercito di flaconi” che aveva occupato buona parte dell’armadietto.
“Ho paura che non li sposterà fino a quando non mancheranno due minuti alla partenza, di sicuro vorrà fare la skincare anche domani mattina… intanto li sposto, così spolvero.”
Impugnando lo straccio ripulito, Malai raggiunse Hiro in bagno prima di sospirare di fronte alla miriade di prodotti di proprietà di Shou – lo scaffale dove erano stati sistemati, interamente occupato, riportava letteralmente un post-it giallo pastello volto a sottolineare l’identità del proprietario di tubetti, barattoli e flaconi –, iniziando a spostarli per pulire il mobile prima di aggrottare la fronte e sfoggiare un’espressione di rimprovero alla vista dello specchio:
“Ehy, quanti aloni!”
“Malai, ti voglio bene, sei uno dei miei migliori amici. E proprio perché lo sei e perché ci conosciamo da sempre, posso dirti che a volte la tua pignoleria può diventare davvero snervante.”
 

 
*

 
Malai chiuse lo sportello del suo baule prima di sedervisi sopra con un sospiro tetro, l’aria affranta e l’entusiasmo sfoggiato poco prima durante la loro esaustiva sessione di pulizia ormai svanito. Shou, impegnato a radunare a sua volta buona parte delle sue cose – finite in ogni angolo dello chalet nel corso delle sei settimane trascorse – nel baule, ripose una pila di felpe piegate alla meno peggio prima di gettare un’occhiata incerta in direzione dell’amico:
“Che cos’hai? Non sei felice che stiano finalmente per cominciare le nostre vere vacanze?”
“Sì, certo, sono felice di tornare a casa… Vorrei dire che sentirò la vostra mancanza, ma onestamente passiamo insieme quasi tutto l’anno, quindi non è per questo. È solo che non capisco perché Marley mi tratta così male!”    Il Tassorosso sospirò, agitando le mani con esasperazione mentre Shou, in piedi davanti al suo baule, lo guardava senza sapere come comportarsi: era abituato a subire passivamente le cotte dell’amico, prendendolo in giro o aspettando semplicemente che passassero. Da qualche giorno a quella parte, invece, si era reso conto di non riuscire a ricordare l’ultima volta in cui Malai era rimasto fissato con la stessa ragazza tanto a lungo, e né lui né Hiro avevano idea di come gestire la cosa.
“Non direi che ti… tratta male. Più che altro ti evita, credo.”
Shou parlò aggrottando dubbioso la fronte, ripensando alle numerose occasioni in cui, negli ultimi giorni di campeggio, Marley si era letteralmente dileguata alla vista del compagno di Casa, o aveva comunque trovato il modo per non parlargli o per non ritrovarsi seduta accanto a lui a lezione.
“Beh, forse ha dimenticato che ad Hogwarts condividiamo la Sala Comune, quasi tutte le lezioni e anche il tavolo dove consumiamo tre pasti al giorno, le sarà difficile continuare a farlo anche lì.”
“Immagino di sì. Sempre che tra settimane, quando torneremo a scuola, lei ti piaccia ancora. Hai pensato che forse ti impedisce di farle le moine perché sa che tra qualche giorno ti sarà completamente passata, per non dire che ti piacerà qualcun'altra?”
Le parole del Serpeverde sembrarono colpire Malai, che sembrò investito da una nuova consapevolezza mentre prendeva a giocherellare distrattamente con una ciocca di ricci capelli castani e teneva gli occhi fissi sulle assi del pavimento, assorto:
“Non ci avevo pensato. Pensi che sia per questo che si comporta così?”
“Non saprei, forse in questo momento ti sarebbe più utile Lilian… Ma è una possibilità, credo.”
Shou sedette accanto all’amico grattandosi nervosamente la testa, poco avvezzo a dare consigli di quel tipo mentre Malai, dopo aver riflettuto brevemente, tornava a rivolgerglisi:
“Ma non dovrebbe, che so, fregarsene? Se la cosa le da fastidio o la preoccupa allora… allora significa che io le piaccio!”
“Emh, non so… Credo di sì. Forse. Se tu le piaci credo che dovresti capire se questa volta potrebbe piacerti davvero, non come le altre.”
Shou si chiese quando aveva iniziato a parlare come Lilian mentre Malai, dopo essersi alzato in piedi, si gettava di faccia sul letto appena rifatto per dare sfogo con amarezza alle sue sventure e alla sua eterna sofferenza.
“Dai, smettila di lagnarti! Perché non provi a parlarci stasera?!”
“Non posso, mi mollerà un cartone in faccia! Oppure mi getterà nelle fiamme ardenti…”
“Meglio prendersi un cartone che stare a lagnarsi. Vieni, andiamo dalle ragazze, loro avranno qualche consiglio intelligente da darci.”
Sbuffando sonoramente Shou alzò e prese il braccio dell’amico per strattonarlo, cercando di costringere Malai ad alzarsi: di sicuro Lilian e Tallulah avrebbero avuto consigli molto più logici da dare. Il che era assurdo, considerando che lui aveva avuto un’infinitò di ragazze e sapeva le battute di Gossip Girl a memoria. Il Tassorosso, dopo aver riflettuto brevemente, decise di assecondare l’amico e si alzò, decretando tuttavia che al primo segno di derisione da parte di Tallulah e di Lilian se ne sarebbe andato con sdegno.

 
*

 
“Tallulah, ma come lo hai incollato questo poster?!”
“Accidenti, forse non avrei dovuto usare la super colla attaccante!”
 
Dopo aver lavato la più grande montagna di stoviglie mai contemplata dall’uomo Bel era giunto allo chalet delle ragazze con l’intenzione di salutare Marley e stare un po’ in compagnia dell’amica, trovandola impegnata in un’intensa sessione di pulizie insieme alle sue compagne. Il Tassorosso non era riuscito, suo malgrado, a dileguarsi: Celia e Marley lo avevano immediatamente precettato per contribuire, e in men che non si dica il povero Bel McKinnon si era ritrovato a fare l’aiuto-Cenerentolo pulendo i pavimenti.
Dopo aver aiutato a pulire i pavimenti delle camere, Tallulah e Lilian gli avevano chiesto di aiutarle a rimuovere i poster che la prima aveva sparso per le pareti della camera nel corso delle settimane, ma senza successo: Vegeta continuava a fissarli accigliato e con supponenza mentre i tre cercavano invano di staccare il suo enorme poster dalla porzione di parete accanto alla finestra.
“Non sembra anche a voi che vi stia davvero guardando come se vi ritenesse un branco di imbecilli? E non si muove nemmeno… affascinante.”
Il viso vicinissimo alla superficie liscia e patinata dell’ennesimo poster, Marley parlò con un filo di voce carica di ammirazione mentre Bel e Tallulah, dall’altro capo della stanza, strattonavano la carta e Lilian cercava di convincere l’amica a darle il permesso di tagliuzzarlo con un paio di enormi forbici da cucina.
“Lily, non puoi tagliare la faccia di Vegeta, te lo proibisco!”
Tallulah si piazzò davanti al poster, coprendolo quasi ne andasse della sua stessa vita, mentre Marley indicava un poster di Milord chiedendo “chi fosse quel tipo strambo col cilindro”, ma senza ottenere risposta.
“Miss X, andiamo, dopo lo ripariamo con la magia, dobbiamo toglierlo. Non vorrai mica tornare a casa senza i tuoi poster, vero?!”
Le grosse forbici in mano, Lilian accennò con lo strumento al poster mentre Tallulah, visibilmente combattuta, spostava lo sguardo dalle lame fino al volto accigliato del suo adorato.
“Ma… Ma… Ma non possiamo rovinargli la faccia… Neanche se poi la ripariamo!”
“Allora torni a casa senza Vegeta.”
Determinata a non smuoversi di un centimetro sulla questione Lilian parlò incrociando severa le braccia al petto, osservando l’amica mentre Tallulah, invece, ricambiava lo sguardo sgranando orripilata gli occhi blu:
“Cosa?! Lasciarlo qui?! Mai, questo è il poster più bello e grande che ho… Va bene. Fallo. Io non guarderò.”
Tallulah si staccò dalla parete prima di nascondersi il viso tra le mani, rifiutandosi di assistere alla scena cruenta – non avrebbe retto alla vista delle lame che tagliuzzavano il viso immusonito del suo amato Vegeta – mentre Bel le metteva una mano sulla spalla per confortarla, guardandola dispiaciuto mentre Marley, al contrario, assisteva in silenzio sforzandosi senza successo di comprendere la gravità della situazione.
“Hai finito?! Dimmi quando posso guardare!”
La giovane strega quasi rabbrividì quando udì il suono della carta che veniva tagliata dalle lame, imponendosi di non guardare mentre la mano di Bel le stringeva gentilmente la spalla.
Reparo. Ecco, come nuovo! Tutto tuo, amica mia.”
dopo aver riparato ai danni inferti Lilian sollevò il poster sorridendo vittoriosa, porgendolo all’amica quando Tallulah, voltatasi di nuovo verso di lei, lo prese con sollievo e si affrettò a piegarlo per riporlo al sicuro nel suo baule. Stava per chiedere ai presenti di aiutarla a staccare tutti gli altri quando la porta alle loro spalle si aprì, consentendo a Malai e a Shou di fare irruzione nella stanza.
“Ehilà! Siamo venuti a farvi visita! Marley!”
Il viso già sorridente di Malai si illuminò ulteriormente alla vista della compagna di Casa, che invece arrossì di colpo prima di mormorare di avere qualcosa di molto importante da fare.
“Bel, vieni con me.”
La Tassorosso puntò dritta alla porta, chiedendo senza voltarsi all’amico di seguirla mentre Bel esitava, osservando prima Malai e poi l’amica.
“Ma Marley…”
“Per favore.”
Era già uscita dalla stanza quando Marley si voltò nella sua direzione, guardandolo implorante. Ovviamente di fronte a quello sguardo Bel non poté far altro che accontentarla, annuendo con un sospiro prima di seguirla.
“Ok… Mi spiace Malai.”
Bel scoccò un’occhiata sinceramente dispiaciuta al compagno di Casa, che sospirò affranto prima di lasciare un’occhiata da “te l’avevo detto” a Shou.
“Oh, bene, sono arrivati Cip e Ciop… Non ce lo sogniamo nemmeno di venire a fare le pulizie al posto vostro, ne abbiamo abbastanza qui.”
Lilian parlò incrociando le braccia al petto e osservando sospettosa cugino e amico mentre Bel seguiva Marley fuori dalla stanza, lasciandosi prendere sottobraccio e portare verso le scale. Shou, dopo essersi guardato brevemente attorno in cerca di Priscilla senza trovarla, sorrise con fare innocente mentre s’infilava le mani nelle tasche dei jeans:
“Niente pulizie, abbiamo bisogno di un consulto da parte delle nostre amiche predilette. A proposito, Bimba dov’è?”
“Stava dando una sistemata alla dispensa insieme a Michael, prima è venuto a darci una mano.”
In una qualsiasi circostanza diversa da quella attuale Shou avrebbe manifestato un improvviso desiderio di mangiare qualcosa e di recarsi nella dispensa, ma se si trovava lì era per Malai. Gettata una rapida occhiata al suo migliore amico, Shou sospirò e annuì prima di dargli un leggero colpetto sulla spalla:
“D’accordo, bastate voi due. In effetti Malai si stava chiedendo perché Marley lo stia evitando da quando è palese a tutti che lei gli piaccia.”
“Ma è ovvio, zuccone, ha paura di restarci male quando tu passerai alla cotta successiva, che di questo passo potrebbe anche essere la McGranitt, visto che ormai ti sei praticamente passato tutte le ragazze di Hogwarts tranne me, Miss X e Prisci. Bisogna spiegarvi tutto?!”
Lilian parlò scuotendo la testa con disapprovazione e agitando con fare esasperato le forbici – tanto che Malai e Shou decisero di tenersi a distanza di sicurezza – mentre Tallulah, accanto all’amica, conveniva con lei annuendo e osservando il Serpeverde con un sopracciglio inarcato, visibilmente scettica:
“Sì Shou, tu sei uscito con un sacco di ragazze, come fai ad essere così ottuso?!”
“Sì, ma nessuna gli è mai piaciuta granché, infatti si è sempre stancato subito.”
“Hai ragione.”
 
“La smettete di parlare come se noi due non ci fossimo, per favore?!”
 

 
*

 
Mentre gli studenti dedicarono quasi tutta la giornata alle pulizie e ai preparativi per la partenza, i loro professori al contrario riuscirono a dedicarsi quasi esclusivamente all’ozio: a differenza dei ragazzi disponevano di un adorabile Elfo Domestico pronto a pulire al posto loro, e anche se Margot aveva insistito per aiutarlo preparando quantomeno il pranzo per tutti al posto di Mindel – scatenando l’esultanza di Håkon quando si era presentata a tavola con degli enormi filetti di salmone – non era rimasto granché da fare per i cinque insegnanti.
O almeno finchè Margot, dopo aver mandato i piatti a lavarsi da soli nel lavello con un colpo di bacchetta, aveva visto Phil e Håkon oziare sui divani, approfittandone per ordinare ai due colleghi di “rendersi utili andando a raccogliere la legna per il falò”.
“Perché dobbiamo farlo noi?!”
“Perché abbiamo promesso il falò ai ragazzi per l’ultima sera già due settimane fa, non possiamo negarglielo, e per fare un falò come si deve serve della legna da ardere.”
Vuoi dire che TU glielo hai promesso…”
Margot ignorò il cupo borbottio di Phil, piegando in quattro la tovaglia mentre guardava i due colleghi oziare sul divano, uno con un libro in mano e l’altro con la chitarra imbracciata.
“… E il Professor Watrous è anziano e Beau è andato a passeggio con Nix, quindi restate voi due.”
 
“Ti rendi conto che passi sempre il tempo a lagnarti degli stereotipi e dei preconcetti contro il genere femminile e poi mandi noi due a raccogliere la legna senza neanche sognarti di prendere te stessa in considerazione, alimentando il fatto che ci siano attività da uomo e attività da donna?”
Phil alzò lo sguardo dal libro per posare gli occhi verdi sulla collega, guardandola con scetticismo e sperando che il suo commento bastasse per farla indispettire e portarla ad andare a raccogliere la legna al posto loro. Contro ogni sua più rosea aspettativa, invece, Margot sfoggiò un amabile sorriso mentre faceva fluttuare la tovaglia piegata fino al suo cassetto, che si aprì e richiuse da solo.
“Oh, povero Phineas. Non ho alcun dubbio sul fatto che sarei molto più rapida ed efficiente di voi due nel fare qualsiasi attività “da uomo”. È solo che ho la manicure fresca, e non ho alcuna intenzione di rovinarmi le unghie. Perciò muovete i regali fondoschiena, o per cena vi rifilo insalata scondita.”
 
Cinque minuti dopo libro e chitarra giacevano abbandonati a loro stessi sui divani mentre Håkon e Phil, entrambi immusoniti, uscivano in silenzio dallo chalet.
“Non mi interessa se è tua amica. Sono immensamente felice di liberarmi di lei nelle prossime tre settimane.”


 
*

 
“Ma come accidenti fanno i Babbani ad accendere i fuochi, è assolutamente impossibile!”
Margot gettò uno sguardo stizzito alla legna secca accumulata vicino sulla spiaggia, certa che se si fosse trovata sola su un’isola deserta senza bacchetta non sarebbe riuscita a sopravvivere mezza giornata. Aveva letto qualcosa in proposito ai trapani a mano che si potevano costruire per accendere fuochi, ma la sua impresa non stava avendo molto successo.
“Non hai pensato che potremmo, magari, usare un accendino? O la magia, ancora meglio.”
Håkon, in piedi accanto a lei a braccia conserte, gettò un’occhiata dubbiosa all’opera dell’amica mentre Margot, china sulla sabbia, sbuffava:
“Io non ho accendini, non fumo. Anzi, nessuno di noi cinque fuma, quindi non credo che nessuno lo abbia, e comunque io a MacMillan non chiedo un bel niente, se non di andare a quel paese. Tu non ce l’hai, vero?”
Margot distolse momentaneamente la propria attenzione dal suo trapano a mano per gettare un’occhiata in tralice all’amico, che alzò gli occhi al cielo prima di scuotere la testa:
“Te l’ho detto un milione di volte. È da quando è nata Freya che non fumo.”
“Ti conviene che continui ad essere così, o ti farò smettere a suon di legnate. Uffa, ma come caspita ha fatto a sopravvivere Robinson Crusoe su quella cavolo di isoletta?!”
“Forse lui sapeva accendere i fuochi, a differenza nostra. Dai Margi, usa la magia, che vuoi che sia!”
“Volevo dimostrare di non essere totalmente incapace senza la magia, ma forse invece è proprio così… va bene, del resto deve scaldarsi un po’ prima di poterci arrostire i marshmallow.”
Arresasi, Margot guardò tristemente la sua opera incompiuta prima di voltarsi in direzione della sedia da spiaggia dove aveva appoggiato le enormi confezioni di marshmallow, sospirando quando si accorse che una era già stata aperta. Il fatto che Phil si trovasse a poca distanza e fosse inequivocabilmente impegnato a masticare qualcosa non lasciò spazio ad alcun dubbio.
“PHINEAS, SMETTILA DI MANGIARLI!”
“E allora tu non lasciare i dolci in bella vista , Bocca Storta! E smettila di cincischiare per fare la finta boy scout, è mezz’ora che cerchi di accendere questo dannato fuoco senza combinare niente.”
Spazientito e stanco di vedere la collega armeggiare con la legna, Phil raggiunse i due colleghi sfoderando la bacchetta e puntandola contro il cumulo di legna secca, accendendo il fuoco con un Incendio non verbale. Mentre guardava le fiamme iniziare ad ardere la legna secca Margot aggrottò la fronte, colpita da una consapevolezza improvvisa:
“Sapete, ora che ci penso… Sono sicura che il Professor Watrous avrebbe saputo accenderlo manualmente.”
“E tu avresti affidato al Professor Watrous il compito di accendere un fuoco? Un’ottima idea Campbell, se il tuo programma è quello di finire tutti affumicati prima di tornare a casa.”
Margot aveva due solide certezze: adorava Theobald Watrous quanto detestava Philip MacMillan. Ma tutto considerato per una volta non poté permettersi di dare torto al secondo.

 
*
 

Era sottinteso che Margot avesse acconsentito al falò per due semplici motivi: i marshmallow arrostiti, che non le capitava di mangiare da anni, e la possibilità di suonare il suo adorato ukulele color carta da zucchero senza che nessuno potesse guardarla male – Phil – o intimarle di andare a spaccare i timpani altrove – sempre Phil –.
“Håk Bello, perché tu non porti la chitarra, così suoniamo assieme?”
Udendo l’allegra proposta che Margot aveva rivolto all’amico sia Phil che Beau erano sbiancati, appuntandosi mentalmente di andare alla ricerca di qualche tappo per le orecchie mentre Theobald, invece, si proponeva allegro di deliziare tutti i presenti con qualche prestazione canora.
“Va bene Professore, ma poi voglio cantare anche io.”
“Tranquilla Margi cara, faremo a turno.”
Sarà una serata di merda. Non posso, che so, esimermi e restarmene allo chalet mentre voi massacrate qualche povero brano?”
Phil piegò le labbra in una smorfia, chiedendosi quante altre ore mancassero ancora alla partenza – sempre troppe, per i suoi gusti – mentre Margot, dopo aver fatto apparire una gran quantità di sedie da spiaggia e averle disposte circolarmente attorno al falò, gli sorrideva:
“Certo, ma non avrai nessun marshmallow arrostito.”
“… Va bene, allora resterò per una decina di minuti.”

 

 
“Farà freddo? Farà caldo? Non si capisce mai che tempo aspettarsi qui. Come mi devo vestire?!”
Accigliata, Marley aprì la finestra della camera parzialmente ripulita dalle loro cose e infilò fuori la testa per gettare un’occhiata al cielo quasi completamente buio sopra di loro, meno annuvolato rispetto a quella mattina. Dopo aver concluso la loro ultima cena al Camp e aver lavato e sistemato la cucina le ragazze erano tornate nella loro camera per vestirsi per il falò
“Non lo so, io mi vesto a strati, di solito qui la sera fa freddo. Qualcuno per caso ha visto la felpa rossa che ho rubato a Shou l’altro ieri?! Ah, eccola.”
Lilian raccolse la felpa rubata da un cumulo di vestiti puliti ancora da piegare e sistemare nel baule, infilandosela sopra al vestitino nero a fiori bianchi che indossava mentre Priscilla, seduta sul letto dell’amica, sorrideva allegra:
“Spero che ci siano i marshamallow da arrostire, non li ho mai mangiati. E poi fanno atmosfera.”
“Io invece spero che Malai non canti... se qualcuno lo vede arrivare con un qualche strumento musicale faccia un segno, così vediamo di distrarlo e di prendergli qualsiasi cosa voglia mettersi a suonare.”
Rammentando fin troppo chiaramente la pseudo serenata che Malai aveva cercato di rifilare ad Amelie tempo prima Lilian alzò gli occhi al cielo mentre Marley, invece, rabbrividiva all’idea e arrossiva al tempo stesso. Probabilmente se il compagno di Casa avesse provato a fare lo stesso con lei avrebbe ritenuto opportuno affogarsi nel lago.
“Uffa, ma come ci si veste per un falò?! Non so cosa mettere!”
Mai come in quel momento Tallulah Rice stava patendo la lontananza forzata dal suo telefono: come poteva decidere cosa indossare se non poteva nemmeno cercare su internet come ci si doveva vestire per l’occasione?!  
La Corvonero stava frugando esasperata all’interno del suo baule magicamente ingrandito affinché potesse contenere tutta la sua roba, gettando vestiti alla rinfusa e rendendo così del tutto inutile il lavoro ordinato fatto nel pomeriggio.
“Miss X, non credo che ci sia un dress code preciso, vestiti come ti pare! No, non il vestitino con le perline, fa freddo!”  
Quando Lilian bocciò il suo adorabile vestitino celeste con le perline Tallulah sbuffò, rigettandolo all’interno del baule prima di sedersi accanto a Priscilla incrociando cupa le braccia al petto.
“Ecco, vedi, NON HO NIENTE DA METTERMI!”
Lilian era perfettamente abituata alle scene da drama queen inerenti al guardaroba – Shou ne aveva almeno un paio al mese, quando gettava alla rinfusa tutto il suo gigantesco armadio prima di iniziare a lagnarsi di aver bisogno urgente di shopping – e si avvicinò al baule dell’amica senza battere ciglio, chinandosi per prendere uno dei vestitini neri preferiti dell’amica:
“Ma non essere ridicola… To’, mettiti questo.”
Mi sta malissimo!”
“Ma se lo adori! Allora questo.”
“L’ho messo ieri, penseranno tutti che o non ho abbastanza vestiti o peggio che non mi lavo!”
“Tallulah, qui nessuno pensa che tu non ti lavi…”
“Basta, ho deciso, non vengo!”
                                                                       
Dieci minuti, un mare di lacrime e una lunga sequela di minacce dopo le quattro ragazze lasciarono la stanza in fila indiana e Tallulah indossava lo stesso vestitino nero che aveva inizialmente decretato di non voler indossare. Ad essere onesti non era del tutto convinta della scelta, ma quando provò a fare dietro-front per tornare nella loro camera trovò una Lilian a braccia conserte a bloccarle il passaggio, ragion per cui alla Corvonero non restò che sospirare e metterci una pietra sopra.
 
“Bah, io non le capisce tutte queste storie per scegliere cosa indossare… Non credo di aver mai messo un vestito negli ultimi dieci anni.”
Priscilla, che vantava una collezione senza fine di gonne e vestitini, udendo quelle parole guardò Marley con gli occhi verdi sgranati, incredula mentre scendevano le scale fianco a fianco.
“Dici davvero?”
“Sì, mia madre quando era piccola e stavo da lei provava a farmi mettere dei cosi orrendi e pieni di fiocchi uguali a quelli delle mie sorelle, credo le piacesse l’idea di avere una loro miniatura… io però strappavo sempre le calze e scappavo, quindi non ci è mai riuscita.”
Marley si strinse nelle spalle, felice di essere stata affidata a suo padre invece che alla madre: per lo meno Hank non le aveva mai fatto dare la caccia dalle cameriere o dagli Elfi Domestici brandendo orribili vestitini rosa e celesti infiocchettati.

 
*

 
La sorte lo odiava, non c’era altra spiegazione: com’era possibile che tra tutti i posti possibili, si fosse ritrovato seduto proprio accanto alla Campbell, che oltretutto imbracciava pericolosamente il suo ukulele azzurrino?! Quando Phil volse lo sguardo alla sua destra e si rese conto di avere accanto la collega piegò le labbra in una smorfia schifata, peraltro ricambiata quando anche Margot si voltò verso di lui.
“Dio MacMillan, ma proprio qui dovevi metterti?! Non vuoi andare, che so, vicino ai tuoi simili, laggiù mi era sembrato di scorgere dei licheni.”
“Per favore, non peggiorare le cose, non parlarmi e basta.”
La sua esperienza al Camp era iniziata con la Campbell che gli si Materializzava sopra; deciso a fare in modo che la collega non potesse traumatizzargli anche la fine, Phil volse con ostinazione lo sguardo sul fuoco mentre Hakon, seduto a destra di Margot, strimpellava distrattamente la sua chitarra e Theobald infilava allegro una quantità industriale di marshmallow nei bastoncini, distribuendoli agli studenti con un largo sorriso sulle labbra.
“Ne vuoi qualcuno, Beau?”
“No grazie Professore, sa che non vado matto per i dolci.”
Beau sorrise all’anziano collega dopo aver rifiutato i dolcetti con un gesto garbato, guardando Theobald annuire prima di tornare a sprofondare nella sedia accanto alla sua mentre Sunday se ne andava a spasso poco distante, guardandosi bene dall’avvicinarsi troppo al fuoco e, soprattutto, a Phil.
“Hai ragione, me lo scordo sempre! Del resto come dice la cara Margi, un difetto dovevi pur avercelo, per essere reale.”
A quelle parole Beau aggrottò la fronte, non del tutto sicuro di aver capito, mentre dall’altra parte del cerchio Marley, seduta accanto a Bel, si accostava all’amico per dirgli qualcosa con fare concitato:
“Ero convinta che non avrei avuto modo di usarli, invece penso proprio che stasera sia il momento ideale!”
“Di che cosa parli?”
Bel conosceva abbastanza bene la sua amica per sapere quando preoccuparsi, e a giudicare dal tono allegro di Marley e dal suo sorrisetto, quello era esattamente uno di quei momenti. La Tassorosso allungò una mano chiusa a pugno verso di lui, aprendo le dita quel tanto che bastava per permettergli di scorgere che cosa celavano. Bel spalancò gli occhi chiari, sospirando rassegnato prima di guardarla implorante ma allo stesso tempo sicuro che non sarebbe mai riuscito a convincerla a dargli ascolto:
“Ti prego dimmi che non vuoi usarli tutti insieme…”
“Oh, certo. sarà un finale di campeggio col botto. Letteralmente.”

 
*

 
Dopo aver raggiunto il limite massimo dei marshmallow arrostiti da poter ingurgitare senza che la nausea la colpisse Marley decise di allontanarsi brevemente dal falò e dall’acceso chiacchiericcio dei suoi compagni, alzandosi dalla sedia rossa che aveva occupato per sgusciare via senza che quasi nessuno, a parte Bel che le sedeva vicino, si accorgesse di lei.
“Torno subito, voglio solo stare da sola un paio di minuti.”
“Ok.”
Non del tutto convinto ma deciso a rispettare la volontà dell’amica, Bel la guardò alzarsi e allontanarsi di una decina di metri, sedendosi su un grosso sasso vicino all’acqua prima di raccogliere le gambe contro il petto stringendole all’altezza delle ginocchia.
 
La Tassorosso stava fissando l’acqua fiocamente illuminata dalle fiamme del falò poco distante, lanciando distrattamente qualche sasso contro la superfice quando Malai, dopo aver dato il proprio contributo alle performance canore di Margot, si alzò per raggiungerla.
Il ragazzo, tuttavia, quando si fu avvicinato a Marley non ebbe nemmeno il tempo di aprire bocca: la compagna di Casa lo precedette, parlando senza voltarsi mentre teneva il mento appoggiato sulle ginocchia.
“Malai, giuro che non voglio essere scortese con te, ma preferirei che tu mi lasciassi in pace finchè questa cosa non ti sarà passata.”
“Ma Marley, perché non mi lasci…”
Marley sospirò, lanciando un altro sasso in acqua prima di interromperlo scuotendo la testa:
“Siamo compagni di Casa, vedo le stesse scene dal primo anno, so che non è mai stata tua intenzione ferire o illudere nessuno, ma so anche che qualsiasi cosa tu possa volermi dire adesso tra tre settimane, quando mi rivedrai dopo le vacanze, non le penserai più. Perciò non dire niente e basta, per favore.”
 
 
“Ragazzi, Malai è andato da Marley! … Ma non giratevi tutti insieme, insomma!”
Quando tutti i suoi amici si zittirono e voltarono simultaneamente le teste in direzione dei due Tassorosso Lilian sospirò rumorosamente, chiedendosi perché bisognasse sempre spiegar loro tutto mentre Shou, sfilando l’ennesimo marshmallow arrostito dalla punta del bastoncino per addentarlo, tendeva il collo per cercare di vedere e non perdersi nulla della scena.
Siete i ficcanaso meno antisgamo di sempre.”
 
 
“Devi tenere in considerazione anche quello che provo io. Non solo quello che provi o pensi di provare tu.”
“Ma Marley, perché non credi che tu mi piaccia?”
Per la prima volta da quando le si era avvicinato Marley si voltò verso di lui sollevando leggermente la testa per guardarlo in faccia, accigliata e chiedendosi come potesse non arrivarci, visto e considerato quanto fosse intelligente.
“Non è che io non ci creda, il fatto è che domani potresti svegliarti e potrebbe magicamente piacerti chiunque altro! Scusa, non mi va di starci male.”
Marley si alzò, dandosi una spolverata ai jeans prima di superare il compagno di Casa e dirigersi nuovamente verso i compagni senza guardarlo né voltarsi indietro. Dopo un paio di istanti anche Malai si voltò per tornare al proprio posto trascinando i piedi, senza guardarla.
 
 
“Non pensate che dovremmo, emh, fare finta di niente e lasciargli un po’ di privacy?”
Priscilla si sistemò la coperta sulle spalle guardando uno ad uno gli amici, che rifletterono sulla sua proposta prima di acconsentire con qualche borbottio e sbuffo sommesso: Tallulah annuì, addentando un marshmallow con aria scontenta e ritrovandosi costretta a darle ragione.
“Non mi va per niente, ma immagino che sia giusto. Maledetta Prisci e la sua correttezza.”
Anche Shou moriva dalla voglia di farsi gli affaracci altrui, ma cercò di distogliere i pensieri dal suo migliore amico e da Marley mentre infilzava un altro marshmallow dopo averlo raccolto da una delle numerose confezioni che Margot aveva sparso in giro.  Il Serpeverde chinò lo sguardo su Priscilla, che gli sedeva accanto, sorridendole gentilmente mentre accennava al dolce:
“Ne vuoi un altro?”
“Sì, grazie.”
Priscilla ricambiò il sorriso, annuendo prima di appoggiare la testa sulla spalla dell’amico, osservando distrattamente il fuoco e la miriade di marshamallow messi a scaldare sui bastoncini mentre Lilian, osservandoli, sorrideva compiaciuta prima di rivolgersi a Tallulah, che le sedeva accanto:
“Allora, sei felice che la tua adorata amica Lilian ti abbia impedito di restartene chiusa in camera nostra?”
“Sì, in fin dei conti sarebbe stato uno spreco perdersi tutti questi marshmallow… E poi tutti voi non vi sareste nemmeno goduti il falò, troppo impegnati a piangere la mia assenza, quindi è stato giusto così.”
Hiro sfilò un marshmallow dalla punto del suo bastoncino girandosi verso la compagna di Casa, guardandola attonito:
“Perché non volevi venire?!”
“Oh, sai, non stavo molto bene…”
No, pensava di non avere niente da mettersi e che ogni singola cosa che si è portata da casa le stesse male.
Lilian parlò stringendosi nelle spalle, ignorando l’occhiata truce che Tallulah le rivolse mentre si tamburellava le dita sulle cosce, riflettendo su come avrebbe trascorso l’ultimo anno ad Hogwarts: visto e considerato che di quel passo sarebbe rimasta l’unica non accoppiata del gruppo, forse conveniva iniziare a considerare di prendere un gatto o due. Hiro invece sorriso, guardando divertito la compagna di Casa:
“Che idea stupida.”
“Se è una sorta di complimento, allora grazie.”
“Certo che lo è!”
 
 
Il gruppetto si zittì improvvisamente poco dopo, quando Malai fece ritorno al suo posto accanto a Lilian e riprese possesso del suo bastoncino con aria da cane bastonato. La Grifondoro osservò brevemente l’amico senza dire nulla, si voltò verso Marley – che stava tornando a sua volta a sedersi accanto a Bel – e infine parlò col tono più gentile di cui era capace:
“Vuoi parlarne?”
“Adesso no, magari un’altra volta.”
“D’accordo.”
 
 
“Che è successo con Malai?”
Bel aspettò che Marley tornasse a sedersi per parlarle, guardandola curioso e con leggera apprensione mentre l’amica allacciava il braccio al suo e fissava con ostinazione le fiamme mentre, a qualche di distanza, Håkon e Margot suonavano – stonando clamorosamente – ridendo e Phil rimpiangeva di non aver trovato traccia di qualche tappo per le orecchie in giro.
“Niente. Voglio solo finire la serata con i miei fantastici, ultimi acquisti di Zonko rimasti dell’anno scorso e tornare a casa.”

 
*

 
Il falò si concluse letteralmente con una doccia gelata collettiva, generosamente offerta dai Favolosi Fuochi d’Artificio Freddi del dottor Filibuster con Innesco ad Acqua che Marley aveva saggiamente deciso di mettere in valigia al momento della partenza per il Camp un mese e mezzo prima: era certa che l’occasione di usarli si sarebbe presentata e quale momento migliore, aveva infine constatato la Tassorosso durante gli ultimi giorni, se non proprio l’ultima sera, per chiudere in bellezza?
Naturalmente gran parte dei presenti, studenti e insegnanti compresi, non sembrò del suo stesso avviso quando la Tassorosso, allontanatasi brevemente con la scusa di dover andare in bagno, li accese, generando un clamoroso spettacolo pirotecnico sopra di loro con una doccia gelata inclusa, finendo con lo spegnere il fuoco oltre a inzuppare tutti.
Mentre Theobald, seppur fradicio, quasi si rotolava dalle risate, Phil strizzò l’orlo del suo maglione facendo cadere una cascata di acqua sbraitando al colpevole, chiunque fosse, di non farsi individuare mentre Margot, cercando di asciugare il suo adorabile ukulele azzurro aspirando l’acqua con la punta della bacchetta, guardava tristemente il falò spento e Beau si toglieva l’acqua in eccesso dai capelli tirandoseli indietro con una mano. Stava prendendo in considerazione l’idea di sfilarsi la camicia fradicia per asciugarla con la magia quando scorse gli sguardi adoranti di alcune studentesse, tutte concentrate sul tessuto che gli si era irreparabilmente incollato al petto, portandolo a cambiare idea alla velocità della luce e a decidere di tenersi la camicia fradicia addosso. Meglio una polmonite che spogliarsi davanti a loro.
 
“Per la sottogonna di Tosca, che cosa è successo qui?!”
Marley si avvicinò al falò di corsa e brandendo la sua espressione più sgomenta, fingendosi stupita mentre assisteva alla scena con gli occhi blu spalancati. Bel non disse nulla, limitandosi a voltarsi verso l’amica e a lanciarle un’occhiata torva – avrebbe quantomeno potuto avvertirlo, così si sarebbe tolto di torno evitandosi la doccia – mentre tutti e cinque gli insegnanti puntavano simultaneamente gli occhi su di lei.
Theobald sorrise alla sua pupilla, cercando di non ridere mentre Phil fissava torvo la Tassorosso, borbottando che chi poteva essere il responsabile di quella stronzata, se non uno degli studenti di Margot Campbell, che guardò la ragazza a metà tra l’esasperato e il divertito mentre Marley continuava a fingersi del tutto innocente mentre si avvicinava ai suoi compagni, raggiungendo Bel e sorridendo all’amico mentre il ragazzo cercava di asciugarsi emanando vapore caldo dalla bacchetta:
“Ma non potevi avvisarmi, Marley?!”
“Scusa dolcezza, ma se ti fossi salvato l’identità del responsabile sarebbe stata fin troppo evidente. Non che al momento non lo sia, certo, ma non hanno prove.”
Marley si strinse nelle spalle, sorridendo con una punta di malizia mentre Bel, sospirando, la informava di dovergli un gigantesco boccale di Burrobirra alla prima gita ad Hogsmeade dell’ultimo anno.
“Tutti quelli che vuoi, mio dolce amico, con le paghette mensili che sgancia mio padre potrei anche comprarmelo, i Tre Manici di Scopa.”
 
Lo “spettacolo” offerto da Marley sancì la fine del falò e i due Tassorosso seguirono la scia di compagni più o meno fradici che si diresse borbottando verso gli chalet mentre alle loro spalle Margot faceva sparire le sedie con un colpo di bacchetta, gettando una rapida occhiata al cumulo di legna bagnata prima che accanto a lei Håkon, impegnato ad asciugare la sua chitarra, le parlasse con un sospiro:
“Allora, soddisfatta della tua serata?”
“Oh, certo. In fondo un po’ di acqua non ha mai ucciso nessuno... Sono così fiera dei miei piccoli Tassini!”
La strega sorrise allegra prima di prendere l’amico sottobraccio, allontanandosi insieme a lui chiacchierando allegra mentre Theobald andava alla ricerca della povera Sunday, colpita anche lei dalla pioggia di acqua gelata prodotta dai fuochi d’artificio magici, e Phil cercava di asciugare Beau e la sua camicia con la magia per tenerlo lontano dagli sguardi avidi delle studentesse che stavano mettendo l’insegnante sempre più a disagio.
 
Phil, puoi fare più in fretta?!”
“Faccio quello che posso Beau, prenditela con Marlowe Archer-Lloyd!”

 
*

 
“Avete visto quando è bello il Professor Hawkes? Perché non sono nata con una quindicina d’anni di anticipo….”
Tallulah sospirò, parlando con aria sognante mentre ripensava al suo professore prediletto – nonché, a sua detta, il più bello che avesse mai varcato la soglia del castello – e Lilian, che la precedeva tenendo Priscilla a braccetto mentre si avviavano verso il loro chalet, alzava gli occhi al cielo.
“In tal caso però non ci avresti mai conosciuti.”
Hiro sorrise alla compagna mentre camminava accanto a lei con le mani sprofondate nelle tasche della felpa e Shou, alle loro spalle, si trascinava appresso un’inconsolabile quanto immusonito Malai.
“È vero. Non offendetevi, ma per il Professor Hawkes vi baratterei tutti molto volentieri.”
Tallulah si strinse nelle spalle, parlando con aria sostenuta mentre Lilian, accostando la testa a quella di Priscilla, suggeriva all’amica di affrettare il passo per distanziare i due e lasciarli soli.
“Va bene, ma come facciamo con Malai e Shou?!”
Priscilla aggrottò le sopracciglia e gettò un’occhiata interrogativa all’amica, che accennò un sorriso e le disse di non preoccuparsi prima di parlare alzando la voce di un paio di ottave:
“Oh mio Dio Prisci, hai sentito?! Abigail Walsh e Halsey Brooke prima non dicevano di voler assolutamente sorbirsi una lezione sulla differenza tra Allosauro e Tirannosauro?!”
Dietro di loro Malai, udendo le parole della Grifondoro, parve rianimarsi tutt’a un tratto e, febbricitando all’idea di poter impartire un’altra lezioncina sui dinosauri, chiese allegramente a Shou di seguirlo nel precedere Tallulah, Hiro, Lilian e Priscilla verso lo chalet delle ragazze.
 
Quando i due ragazzi le superarono – Shou trascinato da Malai e visibilmente contrariato, ma incapace di non accontentarlo dopo la delusione ricevuta da Marley – Lilian prese più saldamente Priscilla sottobraccio e si affrettò a seguire cugino e amico, affrettandosi ad entrare nello chalet prima di chiudersi la porta alle spalle.
 
“Ma… Ma li stai chiudendo fuori?! Non ti sembra di esagerare?” Disse Shou spalancando gli occhi scuri mentre Malai andava a cercare le sue nuove studentesse e Lilian chiudeva la porta d’ingresso girando la chiave nella toppa. La Grifondoro intascò la chiave, completò l’opera con un incantesimo, dopodiché si strinse nelle spalle con l’aria di aver appena fatto la cosa più normale del mondo:
“Un giorno mi ringrazieranno. E no, considerando che nelle ultime settimane ho avuto a che fare con le persone più ottuse e cretine che Hogwarts abbia mai visto no, non sto esagerando. Vado a mettermi il pigiama e a salvare Abigail e Halsey da Malai, vieni Prisci?”
Priscilla annuì, seguendo l’amica cercando di non ridere e trattenendo l’impulso di affacciarsi ad una finestra per spiare Hiro e Tallulah. Naturalmente l’idea colpì anche Shou, ma il Serpeverde non fece in tempo ad avvicinarsi ad una delle finestre più vicine prima che la voce di Lilian lo bloccasse:
“Non ci provare neanche, pettegolo che non sei altro!”
Che palle.”
 
 
“Scusa, come sarebbe a dire che la porta non si apre?!”
“Nel senso che… beh, che non si apre.”
Tallulah guardò Hiro come se fosse certa che la stesse prendendo in giro, e si avvicinò alla porta per cercare di aprirla a sua volta prima di constatare, con sua somma sorpresa, che il ragazzo aveva ragione.
“Ma che casco… Non ci credo…. Lily….”
La Corvonero sospirò, alzando gli occhi al cielo mentre frugava nelle tasche alla ricerca della sua bacchetta per provare ad aprire la porta con la magia sotto lo sguardo sempre più confuso di Hiro, che la guardò fallire miseramente nel suo intento con la fronte aggrottata:
“Che cosa c’entra Lily?”
“Credo che quella cretina ci abbia chiusi fuori. Ma era ovvio, come ho potuto credere anche solo per un istante che Abigail e Halsey volessero conoscere la differenza tra l’allosauro e il tirannosauro?! Sono una stupida.”
Tallulah parlò scuotendo la testa con disapprovazione, appuntandosi mentalmente di non credere mai più ad una parola pronunciata da Lilian Park e, soprattutto, di farle un bel discorsetto appena ne avrebbe avuta l’occasione.
“Perché pensi che ci abbia chiusi fuori?”
 
Perché è una maledetta ficcanaso e sa che mi piaci, e io devo assolutamente trovarmi altri amici!
 
“Non saprei. Lily, aprici immediatamente!”
Tallulah prese a bussare con impazienza alla porta, ordinando all’amica o a chiunque si trovasse all’interno dello chalet di aprire a lei e a Hiro mentre Shou, rimasto solo nel salone, la ignorava deliberatamente spaparanzandosi su uno dei divani e arraffando una delle riviste abbandonate sul tavolino mentre al piano superiore Lilian e Priscilla interrompevano una certa lezione sui dinosauri.
 
“Bene. Credo che non ci aprirà, e deve aver usato anche un incantesimo per chiuderci fuori, perché Alohomora non funziona. Stupida, dannatamente intelligente Lilian Park!”
Tallulah ripose sbuffando la bacchetta, maledicendo mentalmente l’amica mentre Hiro, del tutto rilassato, al contrario sorrideva quasi come se fosse divertito dalla situazione.
“Lo trovi divertente, Hiro?!”
“No, però non trovo nemmeno così sgradevole l’idea di essere rimasto chiuso fuori insieme a te. Mi dispiace se per te è così.”
L’espressione corrucciata di Tallulah si rilassò un poco alle parole del ragazzo, accennando persino un piccolo sorriso:
“Sai benissimo che non è così.”
“Davvero?”
“Certo. Sei un cretino anche tu allora, dopotutto. Questo sì che è un colpo di scena.”
 
 
 
 
“Ohhhhhhh, che cariniiiiiiiii!”
Pochi minuti dopo, mentre i due si baciavano, Priscilla e Lilian assisterono alla scena spalmate contro il vetro della finestra, la prima emettendo versi indefiniti e con gli occhi a cuoricino e la seconda sorridendo soddisfatta.
“Scusate, voi due, perché io non potevo spiare e voi due invece sì?!”
“Zitto Shou.”
“Ohhhhhhh!”
“Che succede?! Perché siete alla finestra? Che succede? Cinese, perché mi hai mentito su Halsey e Abigail?! Cosa state guardando? PER TUTTI I T-REX HIRO E MISS X SI BACIANO!”
“Zitto Malai, sto raccogliendo gli sforzi del mio duro lavoro! Merda, ci hanno visti!”
 
I quattro corsero via dalla finestra, Priscilla e Lilian sfrecciando verso le scale per andare nella loro camera e Malai e Shou aprendosi la porta d’ingresso con la magia prima di sfilare davanti a Hiro e Tallulah con due sorrisi innocenti sulle labbra, salutando i due prima di dileguarsi verso il loro chalet.

Cinque minuti dopo, quando Tallulah aprì la porta della sua camera, Lilian e Priscilla smisero di bisbigliare, gettando un completo silenzio nella stanza mentre Tallulah, dopo aver acceso la luce, rivolgeva un’occhiata esasperata alle due:

“Siete un branco di cretini. Però vi voglio bene.”
“Sai che c’è, non fingerò di non volermi fare i fatti tuoi. Dai raccontaci!”
Lilian sorrise allegra mentre si metteva a sedere sul materasso, per nulla intenzionata a mettersi a dormire mentre Priscilla faceva altrettanto e Tallulah spostava lo sguardo da una all’altra, attonita.
“Ma se avete visto?!”
“Non importa, vogliamo sentire!”
 
Marley, distesa nel suo letto e rivolta verso la parete, dando le spalle alle tre, sorrise mentre udiva distrattamente i loro discorsi. Pensò brevemente all’espressione abbattuta di Malai quando si era allontanata, ma presto si disse di non pensarci e chiuse gli occhi, addormentandosi tra i bisbigli di Lilian, Priscilla e Tallulah.

 
*


 
Lunedì 7 agosto



Naturalmente avrebbero dovuto finire di fare i bagagli la sera prima, prima del falò, ma naturalmente quasi tutti gli studenti fallirono nella missione. Le ultime ore trascorse al Camp si rivelarono un caos totale, costellate da adolescenti che sfrecciavano su e giù dalle sale scontrandosi a vicenda, setacciavano gli chalet cercando oggetti smarriti o trasportavano i bagagli al pian terreno, creando un cumulo di bauli accanto alla porta.
Nello chalet delle ragazze, Tallulah Rice e Lilian Park stavano facendo colazione in tutta calma mentre le loro compagne sfrecciavano a destra e a sinistra, strillavano istericamente per un reggiseno smarrito e Appellavano oggetti da tutti gli angoli dell’edificio: erano state, ovviamente, le prime a finire di fare i bagagli, e i loro bauli erano già sistemati accanto all’ingresso.
“Te l’avevo detto che avremmo fatto bene a sbrigarcela ieri sera, prima di cena… è già stata abbastanza dura alzarsi prestissimo, figuriamoci finire di fare i bagagli stamattina.”
Lilian addentò una fetta di pane cosparso di marmellata mentre Tallulah, portandosi la tazza di caffè alle labbra, annuiva:
“Hai ragione. Prisci, hai finito?”
Priscilla raggiunse le amiche tenendo la bacchetta e gli occhi chiari puntati sul suo baule, facendo attenzione a farlo levitare senza che colpisse nessuno o urtasse contro i mobili mentre Solomon e Stirling la seguivano scodinzolando e in cerca di attenzioni. Quando la Corvonero ebbe sistemato con precisione il suo baule sopra a quello di Lilian si permise finalmente di sorridere, osservando soddisfatta il suo lavoro prima di rivolgersi alle amiche:
“Sì, ho controllato la nostra camera quattro volte, sono sicura di non aver dimenticato niente. Lo spero tanto, di sicuro non potremmo tornare a cercare le nostre cose. C’è un po’ di tè anche per me?”
“Ecco, tieni.”
Lilian Appellò una tazza dalla vetrinetta della cucina per poi riempirla di tè nero, consegnandola all’amica mentre Priscilla le sedeva accanto. Dopo averci aggiunto un goccio di latte, Priscilla si portò la tazza alle labbra facendo dondolare leggermente le gambe dallo sgabello, immensamente sollevata di aver finito per tempo di prepararsi per la partenza.
“Secondo voi come sono presi i ragazzi?”
“Probabilmente Riccioli d’Oro starà avendo una crisi isterica.”

 
*

 
“QUALCUNO HA VISTO LA MIA PRESENTAZIONE SUI DINOSAURI?!”
“Non l’avevi arrotolata e sistemata sotto al letto?!”
“Sì, ma è sparita!”
“Eiko, dobbiamo andare via, lascia il letto, dai!”
 
Mentre Malai cercava invano la sua presentazione e Shou tentava senza successo di infilare una Regina molto stizzita nel suo trasportino Hiro afferrò sbuffando Eiko per la vita e cercò invano di scollarla dal letto mentre la Demiguise continuava ostinatamente a stringere i bordi del letto a castello del padrone, senza volerne sapere di muoversi. Era abituata ad associare i bagagli con la partenza di Hiro per Hogwarts, ragion per cui era certa che il padroncino volesse lasciare il Camp per andare a scuola e lasciarla sola ed era quindi determinata a non scollarsi da lì per impedire ad Hiro di andarsene.
“Chione, smettila di fare i capricci, entra nella gabbietta!”
Bel, inginocchiato sul pavimento della stanza, indicò il trasportino della sua piccola volpe sforzandosi di risultare il più autoritario e perentorio possibile, ma senza ottenere grandi risultati: Chione persistette a guardarlo torva, per nulla interessata a seguire le indicazioni del padrone. Regina, per nulla disposta a collaborare al pari della volpe, oppose tutta la resistenza possibile mentre Shou cercava di infilarla a forza nel trasportino, finendo sol soffiare furiosa quando il ragazzo, pieno di graffi sulle mani, riuscì a chiudere esultando lo sportellino.
“Chi è che ha buttato via la mia presentazione?!”
Dopo aver persistito invano nelle sue ricerche Malai parlò mettendosi le mani sui fianchi, ferito e indignato al tempo stesso. Shou, rialzandosi in piedi dopo essere riuscito nella sua impresa mentre Eiko persisteva a non scollarsi dal letto di Hiro, sospirò esasperato e fece cenno all’amico di prendere la bacchetta:
“Malai, nessuno l’ha buttata. Appellala!”
“Giusto. Accio Presentazione.”
“Che cosa hai fatto?! Dovevi specificare “Presentazione sui Dinosauri”!”
Hiro si voltò verso i due amici spalancando inorridito gli occhi scuri, temendo le conseguenze dell’incantesimo di Malai mentre Shou, capendo, chinava preoccupato lo sguardo sul baule chiuso del Tassorosso, che iniziò presto a tremare con intensità crescente sotto gli sguardi dei presenti.
“… Merda.”
 
Shou aveva appena parlato quando il baule si spalancò, permettendo ad una considerevole quantità di cartelloni arrotolati di schizzare fuori e di ammassarsi nella stanza e su Malai, che si ritrovò colpito da una delle sue presentazioni, che si srotolò e gli si spalmò dritta sulla faccia.
Dopo aver preso il cartellone per i bordi per allontanarselo dal viso Malai ci lanciò una rapida occhiata critica, spalancando con meraviglia gli occhi castani e sorridendo allegro quando la riconobbe:
“Ehy, un momento… ma è proprio questa qui! Devo averla messa via e essermelo scordato!”
Il sorriso del Tassorosso non contagiò i tre compagni di stanza, che lo guardarono torvi e silenziosi mentre Eiko si stringeva terrorizzata al padrone e Chione, che per la paura era schizzata dentro il suo trasportino, si guardava attorno preoccupata.
“Che c’è?! Guardate che vi ho involontariamente aiutato, Chione è nel trasportino e Eiko ha lasciato il letto. Incredibile, anche senza volerlo so sempre come rendermi utile! Il mio dev’essere proprio un dono.”
“Oppure è come dice Demelza.” Suggerì Hiro mentre accarezzava la testa di Eiko per tranquillizzarla “E hai il dono di fare sempre casino.”

 
*

 
“Ragazzi, mi raccomando, guardatevi attorno e controllate che ci siano i vostri amici, non vorremmo dimenticarci qualcuno come p successo con Scamander l’anno scorso. Incredibile, abbiamo perso quel ragazzo sia all’andata che al ritorno, un vero record.”
In piedi sul prato e con un taccuino blu cosparso da immagini di Baby Yoda in mano, Margot si stava annotando i nomi degli studenti che le passavano davanti portandosi animali e bagagli appresso mentre Phil, accanto a lei, li contava a bassa voce.
“Sai, non serve che li conti, sto già scrivendo i nomi io.”
“Sì, ma se lo facciamo in due siamo certi di non sbagliare. O meglio, se lo facessi solo io non ci sarebbero problemi, ma visto che l’anno scorso hai perso Scamander…”
Phil parlò senza guardarla, gli occhi fissi sugli studenti per non perdere la concentrazione mentre Margot, decidendo di non cogliere la provocazione e di lasciar correre, sbuffava scarabocchiando i nomi di Bel e di Marley quando i due li superarono chiacchierando.
“Quindi questa volta niente scuolabus giallo? Peccato, era così carino… e tutto sommato è stata un’esperienza divertente. Quando mai mi ricapiterà di salire su uno di quegli affari?”
Marley parlò con un sorriso e stringendo le cinghie del suo zaino mentre Bel, procedendo accanto a lei stringendo il trasportino di Chione e con il baule al seguito, sospirava di sollievo: il ricordo di quello strambo viaggio era ancora perfettamente nitido nella sua memoria, e l’idea di non doverlo ripetere non gli dispiaceva affatto.
“No, a quanto pare ci spostiamo oltre le barriere degli incantesimi, dove ci si può Smaterializzare, e i nostri genitori verranno a prenderci qui. Ti va se ti vengo a trovare, prima di tornare a scuola? O puoi venire tu da me, se vuoi.”
Bel sorrise all’amica, che ricambiò con gli occhi azzurri improvvisamente scintillanti e annuendo con vivo entusiasmo, visibilmente deliziata dalla proposta:
“Certo, sai quanto spesso mi annoi a casa da sola! Se vieni da me dobbiamo assolutamente fare una passeggiata a cavallo, ma da te è più divertente, con i tuoi fratelli… beh, facciamo che la prossima settimana vieni tu e quella dopo vengo io, quel punto sarò finalmente maggiorenne, non vedo l’ora! Sarà dura non fare magie per due settimane…”
La Tassorosso sbuffò, chiedendosi come avrebbe fatto a non morire di noia per le due settimane successiva, sola nell’enorme villa del Kent di suo padre e senza nemmeno poter fare magie per distrarsi mentre a poca distanza Hiro sedeva sul proprio baule, mettendosi comodo per aspettare l’arrivo dei suoi genitori. Aveva appena tirato fuori un manga per passare il tempo quando Tallulah, appena arrivata in compagnia di Lilian e Priscilla, lo raggiunse.
“Posso leggere con te? Se non è in giapponese, ovvio.”
Hiro sollevò lo sguardo dal fumetto e puntò gli occhi scuri su Tallulah, sorridendole prima di annuire:
“Certo.”
Tallulah ricambiò il sorriso, sedendosi sul baule a sua volta mentre Hiro metteva il fumetto in mezzo a loro, permettendole di guardare a sua volta.
 
Ohhh, che cariniiii!”
Anche se naturalmente Lilian non condivise il tono melenso di Priscilla si ritrovò comunque a concordare silenziosamente con l’amica, annuendo mentre gettava un’occhiata soddisfatta ai due Corvonero. Quando li vide leggere insieme mentre Tallulah aveva appoggiato la testa sulla spalla del ragazzo la Grifondoro si disse che almeno in parte il suo compito era andato a buon fine. Per quell’ottusa di Prisci e quel cretino di suo cugino forse si sarebbe dovuta impegnare di più, ma aveva tutto il tempo del mondo. Accennando un sorriso, Lilian prese sottobraccio l’amica con quello libero mentre l’altro reggeva Sahara e la invitò a seguirla, lontano da Shou e Malai per evitare che le fan del ragazzo potessero accerchiarle:
“Andiamo a sederci lì, il più lontano possibile dalle fan di Shou che potrebbero venire a massacrarmi per avere informazioni utili su di lui.”
“D’accordo. Venite piccoli.”
Priscilla rivolse un sorriso dolce e un cenno a Solomon e a Stirling, che la seguirono obbedienti mentre Lilian, aggrottando la fronte, tratteneva tutte le rimostranze che nutriva nei confronti di quell’appellativo.

 
*

 
“Bel, ti vuoi dare una mossa?! Ne ho abbastanza di stare qui, voglio andarmene a casa!”
Celia sbuffò con impazienza mentre si trascinava appresso il baule per raggiungere la madre, appena Materializzatasi in mezzo a loro come molti altri genitori prima di lei. Bel, il trasportino di Chione stretto in mano, si voltò spazientito verso la gemella per chiederle di aspettare ancora un istante prima di tornare a rivolgersi a Marley, in piedi davanti a lui e pronta a salutarlo prima che l’amico tornasse a casa.
“Allora nei prossimi giorni ti scrivo, fammi sapere quando vuoi venire a trovarmi.”
“D’accordo. E ti prego, scrivimi molto spesso, o rischierò di morire di noia prima di iniziare l’ultimo anno. Sono felice che tu abbia deciso di venire con Celia, è stato bello passare queste settimane con te.”
Marley sorrise prima di alzarsi in punta di piedi per abbracciare l’amico, che ricambiò sorriso e stretta mentre si chinava leggermente in avanti per cercare di colmare la loro considerevole differenza di altezza.
“Sì, sono decisamente felice di aver deciso di venire. Mi dispiace che tuo padre ti abbia mollata qui, ma almeno ci siamo divertiti.”
“Non dire cretinate, mi sono di gran lunga divertita più qui che ad ammuffire nel Kent, mentre Hank se ne sta a prendere il sole con Cressida.”
Marley sbuffò piano e liquidò il discorso con un pigro movimento della mano, perfettamente in grado di immaginare suo padre spiaggiato comodamente al sole con la seconda moglie e circondato da cocktail colorati alla frutta. In fondo però, considerando quanto la sua carnagione fin troppo delicata fosse allergica al contatto con i raggi solari, per lei starsene in Scozia con i suoi compagni di scuola era stata la cosa migliore.
Mentre guardava l’amico raggiungere madre e sorella per tornare a casa in Irlanda insieme a loro e a Chione, Marley concluse che forse avrebbe persino dovuto ringraziare suo padre per aver deciso di non portarla con sé alle Barbados. O Bahamas, non faceva molta differenza.
 

 
*

 
Le loro cose erano pronte, suo zio era lì per riportarli a casa. Dopo aver salutato i suoi amici Shou stava per seguire Lilian e raggiungere suo zio, il manico del trasportino di Regina stretto in una mano, la gabbietta di Remy nell’altra e il baule che lo seguiva a mezz’aria. Eppure, qualcosa trattenne il ragazzo: quando raccolse la gabbietta del suo adorabile, tenero ghiro perennemente addormentato, Shou strabuzzò gli occhi scuri e quasi fece cadere la gabbia a causa della sorpresa.
“PORCO SALAZAR!”
“Che cosa c’è? Remy sta male?!”
Allarmata, Lilian si voltò verso il cugino e si affrettò a raggiungerlo, così come Malai, Tallulah, Hiro e Priscilla. I ragazzi si strinsero attorno alla gabbietta, cercando di capire che cosa avesse turbato Shou mentre il Serpeverde, sconcertato, indicava la gabbia che aveva appoggiato con cautela sul prato.
“Remy…”
Mentre gli amici si chinavano sul suo animaletto Shou balbettò a vuoto, non riuscendo a trovare le parole per finire la frase mentre teneva gli occhi scuri fissi, sgomenti, sul ghiro.
“Ma che sta farfugliando? A me sembra che stia bene!”
Tallulah aggrottò la fronte, per nulla vicina a comprendere la situazione mentre Lilian, alla vista del tenero animaletto, si portava sconvolta entrambe le mani alla bocca.
“Oh mio Dio!”
Remy è sveglio!”
 
 
A qualche metro di distanza, in procinto di andarsene, Beau osservò l’agitato gruppetto aggrottando le sopracciglia, chiedendosi che cosa stesse succedendo mentre teneva Nix al guinzaglio.
“Pensi che sia successo qualcosa ai ragazzi? Sembrano un po’ turbati…”
L’ex Corvonero si rivolse a Phil quando il collega lo superò, fermandosi e voltandosi a sua volta per gettare una rapida quanto annoiata occhiata al gruppetto.
Gli importava?
Ma soprattutto, voleva interessarsi ed intervenire?
 
La risposta, inutile a dirsi, si fece presto chiara nella brillante mente dell’insegnante, che dopo un mese e mezzo riuscì finalmente a concretizzare ciò che da settimane stava alla base dei suoi desideri più reconditi. Philip MacMillan si trasfigurò i vestiti, scambiando il maglione con una camicia a maniche corte con gli ananas sbottonata e i pantaloni con un paio di bermuda. Infine, inforcati gli occhiali da sole, si rivolse a Beau:
“Me ne frego altamente, ho già perso metà ferie appresso a questi ragazzini e non ho intenzione di sprecare un altro minuto. Me ne vado al mare, ci vediamo il 1 settembre.”
Con queste parole Phil si congedò sotto lo sguardo attonito di Beau, che lo guardò Smaterializzarsi – probabilmente in una lontana località balneare soleggiata – mentre Tallulah, Hiro, Shou, Lilian, Priscilla e Malai snocciolavano le più disparate teorie sullo stato di Remy, che invece li guardava dalla sua gabbietta con i grandi occhi pieni di curiosità.
 
Quando Demelza Robins si Materializzò al limitare del bosco la prima cosa che fece fu darsi una sistemata ai lunghi capelli ramati, dopodiché si guardò attorno alla ricerca del figlio, trovandolo impegnato a discutere con i suoi migliori amici a proposito di un certo ghiro che invece di dormire appariva inspiegabilmente sveglio. L’insegnante alzò gli occhi al cielo, decidendo di non indagare e di approfittare della distrazione del figlio per avvicinarsi a Margot, che stava chiacchierando con Beau, Håkon e il Professor Watrous.
“Elza, ciao, sei arrivata!”
L’amica fu la prima scorgerla, sorridendole e congedandosi momentaneamente dai colleghi per andare a salutarla e abbracciarla.
“Ciao Margi… Come è andato l’ultimo giorno? Nessun disperso?”
“Stranamente no, la partenza supera ogni mia più rosea aspettativa. Credo che Malai stia parlando del ghiro di Shou Park, non mi è ben chiaro il motivo…”
Margot aggrottò le folte sopracciglia scure, gettando un’occhiata incerta al gruppo mentre Demelza, dopo averle assicurato che talvolta fosse meglio non sapere e aver salutato i colleghi, si rivolgeva al figlio che ancora non si era accorto di lei per informarlo di essere arrivata. Malai smise di esporre congetture su Remy e si voltò verso la madre, sorridendole allegro prima di accennare ai suoi amici:
“Ciao Ma’! Senti, prima di tornare a scuola i ragazzi possono venire da noi una sera?”
“Sì, certo, tanto più danni di quanti non ne faccia tu da solo non potete farne. Hiro, vieni a casa con noi, tuo padre viene a prenderti stasera.”
“Oh, d’accordo. Allora ciao ragazzi… Ciao Tall.”
Hiro rivolse un sorriso a Tallulah, che arrossì leggermente e ricambiò mentre Priscilla, accanto a lei, faceva del suo meglio per contenere i versetti striduli. Dopo aver fatto cenno ad Eiko di salirgli sulle spalle Hiro seguì Malai verso Demelza, che stava rispondendo alla raffica di domande che il figlio le stava facendo su Poldo e sul suo stato di salute.
Tuttavia, dopo aver salutato amici e insegnanti, prima di Smaterializzarsi a casa insieme alla madre e ad Hiro Malai esitò di fronte a Margot, rivolgendole un largo sorriso pregno di affetto prima di chinarsi e abbracciarla:
“Ciao Margi, ci vediamo a scuola, se non vieni a trovarci prima.”
“Figurati se non vengo a trovarvi, ho tutti i gossip degli ultimi giorni di campeggio da raccontare a tua madre.”
Margot sorrise e rivolse una strizzatina d’occhio a Malai mentre scioglieva la stretta e Hiro, dietro di lui, si sentiva improvvisamente avvampare.
“Hiro, che hai?”
“Niente, niente…”
Hiro si schiarì la voce, affrettandosi a stringere il braccio che Demelza gli porgeva mentre con una mano reggeva uno dei manici del suo baule. Dopo aver salutato Margot Malai fece altrettanto, gettando un’ultima occhiata in direzione di Marley prima di sparire con un rumoroso scoppio insieme alla madre, Hiro ed Eiko.
 
Quando anche Shou e Lilian se ne andarono con il padre della ragazza insieme ai loro animali Priscilla sedeva accanto a Tallulah e a Marley, tutte e tre in attesa di vedere i loro genitori: buona parte dei loro compagni se n’era già andata, e loro erano tra le ultime ad essere rimaste.
Le tre ragazze stavano discutendo a proposito di come avrebbero trascorso le settimane di vacanza che avevano davanti quando una donna dai lunghi capelli rossi e un paio di costosi occhiali da sole a celarle gli occhi apparve al limitare del bosco. Solomon e Stirling abbaiarono e corsero verso di lei, che sospirò e ordinò ad entrambi di stare a cuccia mentre Priscilla, abbozzando un sorriso, si alzava:
“Ciao Mami.”
Reina Rowle distolse lo sguardo dai due Levrieri Irlandesi per guardare la figlia, sfilandosi gli occhiali da sole. Reina mostrò così gli occhi verdi prima di allargare le labbra in un sorriso radioso, mettendo in mostra due file di candidi denti perfettamente allineati mentre tutti gli sguardi dei presenti si catalizzavano sula sua figura. Incurante, la strega allungò le braccia verso la figlia per farle cenno di avvicinarsi, sorridendole:
“Ciao Cucciola!”
Priscilla fece del suo meglio per non prestare caso agli sguardi del tutto ammirati che i presenti stavano rivolgendo alla sua bellissima madre, ricambiando debolmente il sorriso e avvicinandosi per permettere a Reina di abbracciarla e depositarle un bacio sulla testa.
“Mi sei mancata, Prisci. I tuoi cagnoloni combinaguai un po’ meno, ma ammetto che è stata un’estate davvero vuota senza voi tre in casa.”
“Dici davvero?”
All’udire quelle parole la ragazza sollevò la testa per guardare la madre, profondamente stupita. Reina invece inarcò un sopracciglio, guardandola perplessa:
“Certo, è ovvio, perché fai quella faccia?! Ti ho mandata qui perché ho pensato che ti saresti divertita di più con i tuoi amici che in un’enorme casa tutta sola. Pensavi che ti avessi iscritta per liberarmi di te?”
“Oh. No, certo che no.”  Sentendosi improvvisamente sciocca ma allo stesso tempo rincuorata Priscilla arrossì leggermente, non riuscendo a trattenere un sorriso mentre la madre le prendeva dalle mani i guinzagli di Solomon e Stirling. Stava dando qualche carezza sulle teste dei due cani quando Priscilla, approfittando della momentanea distrazione della madre, si voltò raggiante verso Tallulah e corse dall’amica per salutarla.
Le sono mancata, sentito!”
“Era ovvio, Prisci, che ti avevo detto?”   Tallulah abbracciò l’amica, ricambiando il sorriso e salutandola prima di guardare la compagna di Casa salutare anche Marley e gli insegnanti, tornando infine dalla madre per tornare a casa insieme a lei e ai suoi enormi cani. Quando anche Priscilla se ne fu andata Tallulah volse lo sguardo su Marley, seduta per terra accanto a Pikachu, prima di rendersi conto che ormai erano tra le poche a non aver ancora visto traccia dei propri genitori.
Piuttosto accigliata, la Corvonero tornò a sedersi accanto alla Tassorosso e al suo cagnolino chiedendo alla compagna se pensasse che le loro madri si fossero dimenticate di doverle andare a prendere e Marley, sbuffando, annuì piano mentre giocherellava con la sua bussola.
“La mia di sicuro. La tua non saprei dire.”
 
Erano trascorsi altri dieci minuti e nel frattempo se n’erano andati anche il Professor Watrous e il Professor Jørgen – impaziente di andarsene in spiaggia con Freya e Margot, che si autoinvitò allegramente – quando, finalmente, Tallulah vide sua madre Materializzarsi davanti a lei. Alzatasi in piedi, sentendosi in parte sollevata e in parte preoccupata a causa della domanda che la assillava ormai da ore, Tallulah deglutì e si avvicinò alla madre mentre Pikachu abbaiava allegro e correva a farsi salutare da Millicent.
“Grazie al cielo, pensavo che aveste deciso di abbandonarmi e trovarvi un’altra figlia! Mamma, ti prego, dimmi che papà non si è messo a scrivere un altro libro mentre ero via!”
Alla domanda della figlia, che invece di abbracciarla corse da lei guardandola implorante con Pikachu al seguito, il viso di Millicent parve come illuminarsi, e la donna sorrise prima di annuire energicamente:
“Ma certo! Non è ancora del tutto sicuro del titolo, ma ci sono buone probabilità che possa intitolarsi “La passione del Folletto e dell’Elfa Domestica”.
“MA CHE SCHIFO! Quasi quasi preferivo che vi dimenticaste di me!”
 
Mentre sua madre Appellava i suoi bagagli Tallulah, preso Pikachu in braccio, si voltò verso Marley rivolgendole un’implorante richiesta di aiuto in labiale di fronte alla quale la Tassorosso si ritrovò a sorridere divertita, salutandola con una mano mentre Leith le tormentava il lobo dell’orecchio, spazientito per essere stato abbandonato insieme alla padroncina in quella landa sperduta.
“Per lo meno si sono ricordati di te, io non posso dire lo stesso.”
 

 
*

 
Alla fine l’ultimo ad andarsene fu Beau, che insieme a Nix aspettò insieme ad una Marley sempre più innervosita. Seduta per terra con Leith sulla spalla e le braccia strette al petto, la Tassorosso sollevò sconsolata i grandi ed espressivi occhi blu sull’insegnante che sedeva su un ceppo d’albero accarezzando la testa bianca di Nix.
“Professore, la prego, non deve stare qui ad aspettare con me, non è giusto che perda tutto questo tempo…”
“Non essere ridicola, non posso lasciarti qui da sola, se non sbaglio sei anche minorenne, no?”
Marley annuì tetra, pensando con impazienza al suo compleanno ormai vicino – solo due settimane, poi avrebbe potuto usare la magia come e quando le pareva, incluso Smaterializzarsi – mentre spostava nervosamente un sasso con la punta del piede e Leith, accanto a lei, si lamentava del fatto che tutti se ne fossero andati a casa prima di loro.
“Allora decisamente non posso lasciarti qui da sola.”
Beau parlò sfoggiando il suo consueto sorriso rassicurante, guardando Marley sospirare e sprofondare nella sua giacca senza avere il coraggio di guardarlo.
“Mi dispiace. Mio padre è all’estero, forse mia madre si è dimenticata che doveva venirmi a prendere.”
L’insegnante non rispose, conscio di non essere nella posizione di esprimere opinioni personali, ma aggrottò ugualmente la fronte mentre si sforzava di immaginare quale genitore potesse dimenticarsi di andare a prendere il proprio figlio, per di più dopo un mese e mezzo di lontananza.
Nix, quasi percependo il malumore di Marley, si avvicinò alla ragazza per annusarla, lasciandosi accarezzare docilmente la testa mentre la Tassorosso le sorrideva, leggermente rincuorata.
“Ha un cane davvero bellissimo, Professore. Non vedo l’ora di vedere i miei cavalli.”
Nei minuti che seguirono la studentessa si lanciò in un’entusiastica descrizione dei suoi amatissimi tre cavalli Titus, Ike e Ortensia, quasi dimenticandosi del ritardo della madre mentre Beau l’ascoltava con attenzione e un accenno di sorriso sulle labbra e Nix, sedutasi accanto alla ragazza, si lasciava coccolare.
 
Quando, una decina di minuti dopo, il rumoroso quanto familiare scoppio dovuto alla Materializzazione scosse la zona Marley smise di parlare e come l’insegnante volse lo sguardo verso la fonte del rumore mentre Nix, trasalita a causa del suono, correva dal padrone guardandosi attorno confusa prima di appoggiargli mestamente la testa sul ginocchio.
Quando riconobbe l’uomo vestito di nero e dai capelli brizzolati che era appena apparso davanti a lei, Marley quasi non riuscì a crederci. Sì, sua madre doveva decisamente essersi dimenticata di lei, ma in fin dei conti l’alternativa non le dispiaceva affatto.

“Andrew! Ciao!”

La ragazza scattò in piedi sorridendo meravigliata mentre l’autista di suo padre, al contrario, la guardava pieno di rammarico:
“Sono davvero, davvero dispiaciuto Signorina Marley, sua madre pensava di dover venire domani e quando si è resa conto dell’errore mi ha avvisato. Spero che non stia aspettando da troppo.”

Dispiaciuto, l’autista gettò un’occhiata piena di rammarico alla ragazza e a Beau, che si alzò chiedendogli di non preoccuparsi mentre Marley, sorridendo, correva dall’uomo per stritolarlo in un abbraccio.
“Mi sei mancato un sacco vecchio mio! Non hai neanche idea di quante cose ho da raccontarti, spero che a casa ci siano montagne di tazze di tè e di dolci che ci aspettano, perché avrò parlare per molto tempo.”
Dopo aver sciolto l’abbraccio e averle assicurato che gli elfi erano chiusi in cucina a cucinare dall’alba l’autista sorrise con affetto alla “padroncina”, che ricambiò prima di tornare a rivolgersi a Beau, improvvisamente molto più allegra:

“Professore, scusi ancora e grazie per avermi aspettata. E per avermi fatto compagnia. Ci vediamo a scuola!”
“Nessun problema. Ci vediamo a scuola, goditi le vacanze.”
“Oh, anche lei. Ciao bella!”
Marley rivolse un sorriso vivace al professore quanto a Nix prima di stringere il braccio che Andrew le porgeva, pronta a farsi Smaterializzare nel Kent insieme a lui.
Rimasti definitivamente soli, Beau chinò lo sguardo su Nix prima di sorriderle, allungando una mano per accarezzarle la testa candida con affetto.
“Bene, direi che ora possiamo andare, piccola mia… Maman e Dove ci aspettano per pranzo. Sì, lo so, non guardarmi così, abbi pazienza.”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
……………………………………………………………………………………………………
Angolo Autrice:
 
Che dire, probabilmente questo capitolo andava diviso in due parti visto che è più lungo della lista di occasioni in cui Harry in sette libri usa l’Expelliarmus, ma pazienza, del resto credo che ormai vi siate abituate ai miei capitoli che difficilmente non superano le 10.000 parole.
Perciò questa è stata l’ultima volta in cui ho ambientato un capitolo e ho scritto del Phoenix Feather Camp? Davvero?
*Fugge piangendo*
 
No, no, le lacrimucce all’Epilogo, devo. Ricominciamo.
 
Buonasera mie carissime autrici <3
Spero che questo ultimo *lacrimuccia* capitolo con tanto di falò Temptation Island scansate sia stato di vostro gradimento. L’Epilogo arriverà sicuramente sempre nel corso della settimana, quindi a prestissimo!

Signorina Granger

 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Epilogo ***


 
Epilogo                     
 
 
 
1 settembre
Londra, King’s Cross, Binario 9¾

 

 
Dopo essere arrivata a King’s Cross insieme a Shou e aver stipato i bagagli in un carrello per oltrepassare la colonna magica Lilian aveva lasciato che suo padre le sistemasse il baule a bordo del treno per andare alla ricerca dei suoi amici insieme al cugino, districandosi tra la ressa di genitori, gabbie contenenti gufi di tutti i tipi e studenti di tutte le età.
Quando finalmente scorse Priscilla insieme a sua madre la Grifondoro piegò le labbra in un sorriso, voltandosi per intimare al cugino di seguirla prima di affrettarsi a raggiungere l’amica, che come ogni anno era impegnata a congedarsi dai suoi cani praticamente in lacrime.
“Mi mancherete tantissimo! Fate i bravi! Mamma, cerca di portarli fuori a correre più spesso che puoi.”
Le braccia pallide strette attorno a Solomon, che le stava leccando una guancia mentre Stirling le leccava una mano, Priscilla sollevò lo sguardo su Reina per lanciarle un’occhiata implorante e piuttosto seria al tempo stesso mentre la donna, sospirando esasperata, alzava gli occhi al cielo aggiustandosi una ciocca di capelli ramati dietro l’orecchio: la figlia non si preoccupava nemmeno di fingere che lei le sarebbe mancata più dei cani, ma se non altro apprezzava la sua sincerità.
“Sì tesoro, te l’ho già promesso tredici o quindici volte solo questa mattina…”
“Per il cibo ci penseranno gli Elfi, ma cerca di farli giocare, o si sentiranno soli.”
“Sì tesoro.”
Reina sospirò, guardando la figlia – che tornò ad abbracciare i due enormi Levrieri piagnucolando per l’imminente separazione – aggrottando la fronte e chiedendosi sinceramente da chi avesse ereditato tutto quell’amore esasperante per gli animali. Suo padre viveva per i vegetali e lei tollerava solo i gatti, quindi la sua indole cinofila restava un vero mistero.
 
“Prisci, ciao!”
Quando Reina scorse Lilian e Shou emergere tra la folla per raggiungerle tirò un profondo sospiro di sollievo, dicendosi che forse vedendo i suoi amici Priscilla avrebbe smesso non solo di commuoversi per il momentaneo addio a Solomon e a Stirling, ma anche di snocciolarle istruzioni su come prendersi cura di loro durante i mesi di separazione. Quella mattina aveva persino trovato una lunghissima lista di cose da fare sul tavolo della cucina che l’aveva lasciata vagamente perplessa: sua figlia pensava che non fosse capace di prendersi cura di due cani quando aveva cresciuto lei?!
Fortunatamente le speranze di Reina si rivelarono fondate, perché udendo la voce di Lilian salutarla Priscilla si voltò in direzione dei due amici, sfoderando il primo sorriso da quando si era alzata per prepararsi per la partenza mentre si rialzava in piedi:
“Ciao ragazzi! Avete già visto gli altri?”
“No, siamo appena arrivati, mio padre ci sta sistemando i bauli in uno scompartimento… Mi sei mancata! Salve Signora Edgecombe.”
Lilian stritolò l’amica in un vigoroso abbraccio pregno d’affetto mentre lei e Shou salutavano la madre di Priscilla, che accennò un sorriso e ricambiò mentre la figlia si lasciava abbracciare anche dall’amico, che la strinse dolcemente appoggiando la testa contro i suoi indomabili capelli ricci.
“Ciao ragazzi. Prisci, tieni d’occhio i tuoi cani mentre non ci sono, vado a fare in modo che qualcuno si offra volontario di sistemare anche il tuo baule.”
“Ma non lo fa lei?”
Shou lasciò andare l’amica inarcando un sopracciglio e seguendo brevemente la madre dell’amica con lo sguardo, che si allontanò con il pesantissimo baule che la seguiva galleggiando a mezz’aria. Priscilla, serissima, in tutta risposta parlò scuotendo la testa:
“Oh, no, mamma dice che uno dei vantaggi di avere una faccia perfettamente simmetrica come la sua è che c’è sempre qualcuno a fare le cose per lei.”
“Cavolo, piacerebbe anche a me! Dite che la mia faccia si può considerare perfettamente simmetrica?!”
“Non lo so, ma di sicuro io la tua roba non la porto da nessuna parte, Shou.”
 

 
*

 
“Mamma, te l’ho già detto: non farò foto al Professor Hawkes per mandartele!”
“Che cosa avrò fatto di male per meritarmi una prole così barbosa proprio non lo so.”
“Pensa che io mi domando che cosa ho fatto di male per meritarmi genitori che, rispettivamente, scrivono roba erotica e producono dolci come “Cioccorane Peccaminose”, “Gelatine 1000 voglie +1” o “Calderotti sfoglia di tenerezza”, sono proprio figlia tua. E comunque avrai, cosa, quindici anni più di lui? Rassegnati!”
Certo lei era troppo giovane per il Professor Hawkes, ma sua madre era decisamente troppo vecchia: in sintesi, era off limits per entrambe. Tallulah, che teneva Pikachu in braccio, liquidò la discussione con un pigro gesto della mano mentre lei e Millicent, che spingeva il suo carrello, attraversavano la barriera magica con suo padre Duncan rimasto qualche metro più indietro, chino su degli appunti che la figlia non voleva nemmeno immaginare cosa potessero contenere.
“Guarda che io non ho affatto cinquant’anni, Tallulah!”
Di fronte a quelle illazioni sulla sua età Millicent non potè far altro che gettare un’occhiata scandalizzata alla figlia, che invece la guardò spalancando sorpresa i grandi occhi blu ereditati dal padre:
Ah no?!”
“No!”
E allora perché non metti la crema anti-age che ti ho regalato per la festa della mamma?!”
“Sei fortunata che stai per andartene, o ti avrei messa in punizione per un mese.”
“Ci sono già stata per le tre settimane passate a casa con voi, non immagino nulla di peggio di sentire te e papà discutere di sordide storie d’amore tra Elfi e Folletti. Come farò invece senza il mio adorabile piccolo Pika? Mi mancherai tanto, piccolino piccino ciccino.”
Tallulah strinse a sé il carlino senza smettere di parlargli con tono zuccheroso, strofinando la guancia contro il suo adorabile musetto mentre Millicent, offesa, si voltava in direzione del marito in cerca di supporto:
 
“Duncan, tua figlia non solo mi dà della decrepita, ma dichiara apertamente di vergognarsi di noi e di preferire il cane, hai intenzione di dirle qualcosa?!”
Duncan, che aveva seguito moglie e figlia oltre la colonna incantata, non accennò a voler alzare gli occhi dal plico di fogli che teneva in mano, limitandosi a scuotere la testa
“Non ora Milly, sto preparando la scaletta del finale aperto che lascerà ovviamente spazio ad un sequel, così i lettori si chiederanno se l’Elfa finirà col mettersi insieme a Rurel o con Yulin.”
“Ohhh, dopo fammi leggere!”
Tallulah  non condivise affatto il palese entusiasmo della madre, sfoggiando una smorfia a cui nessuno dei genitori fece caso prima di adocchiare con sollievo Hiro e Malai ad una decina di metri di distanza, impegnati a fare su e giù dal treno per caricare i propri bauli a bordo. La scusa perfetta per scollarsi dai suoi genitori prima che iniziassero a discutere di coiti tra Elfi e Folletti.
“Ottimo, ci mancava solo il sequel… Bene, direi che è giunto il momento di separarci, io me ne vado dai miei amici, per il baule chiederò a loro di darmi una mano, già che ci sono… Tieni Pika, mamma, e ricordati di dargli affetto anche da parte mia.”
Tallulah lasciò l’amato cagnolino tra le braccia della madre, scoccandogli un bacio sulla testa e un’ultima carezza prima di abbracciare prima Millicent e poi Duncan, che distolse finalmente l’attenzione dai suoi appunti sulla conclusione del suo ultimo romanzo per sorridere allegro alla figlia e abbracciarla:
“Ciao polpettina, cerca di scriverci quasi tutte le settimane… E se hai sviluppi su fidanzati vari tienici aggiornati!”

Piuttosto la gogna in pubblica piazza
 
Tallulah rabbrividì, riuscendo perfettamente ad immaginare suo padre scrivere un intero romanzo ispirandosi alla sua esperienza personale e non riuscendo ad immaginare assolutamente niente di peggio decise di battere immediatamente la ritirata, incantando il baule con un Wingardium Leviosa non verbale prima di sfrecciare via, salutandoli con la mano senza voltarsi indietro.
Quando la Corvonero raggiunse Malai e Hiro i due stavano trasportando sul treno quello che, a giudicare dai numerosi sticker a tema manga, doveva essere il baule del secondo, reggendolo ognuno per un’estremità e discutendo poiché, secondo Malai, il peso al suo interno era stato distribuito in modo pessimo e a lui era toccata la parte di baule più pesante.
“Ciao ragazzi!”
Entrambi smisero di parlare per voltarsi verso di lei, sorridendole restando con l’estremità di baule retta da Hiro già sul treno e l’altra ancora sulla banchina insieme a Malai, che salutò allegramente l’amica e per un attimo accantonò le pessime capacità di fare i bagagli del suo amico:
“Ciao Miss X!”
“Sareste così gentili da portare anche il mio nel vostro scompartimento, quando avrete finito? Sono fuggita dai miei genitori.”
“Ma certo, nessun problema. Malai, muoviti, sto per avere un crampo al braccio sinistro!”
“Spero solo che tu abbia fatto i bagagli meglio di Hiro, Miss X!”
Hiro visti i 17 lunghi anni di esperienza alle spalle decise saggiamente di non rispondere, limitandosi a roteare platealmente gli occhi neri prima di arretrare e consentire così anche al Tassorosso di salire sul treno, depositando il baule nel portabagagli dello scompartimento che avevano deciso di occupare prima di scendere di nuovo sulla banchina.
 
Prima di prendere anche il baule della ragazza Hiro si fermò ad abbracciarla, mormorando che gli fosse mancata. Tallulah arrossì leggermente e sorrise contro la spalla del ragazzo, ma non fece in tempo a ricambiare perché Malai, un sorriso a trentadue denti sulle labbra, la precedette abbracciando entrambi e dando voce alla sua gioia nel ritrovarsi di nuovo tutti insieme.
“Sì Malai, certo… Tu sei ancora depresso per via di Marley come l’ultima volta che ci siamo visti? Ti vedo migliorato.”
Tallulah sorrise all’amico, sinceramente sollevata di vederlo molto meno giù di corda rispetto a quando si erano visti tutti insieme l’ultima volta a casa di Shou una settimana prima, decisi a godersi uno degli ultimi giorni di vacanza a bordo della sua immensa piscina.
Hiro non rispose, limitandosi a scoccare un’occhiata piuttosto dubbiosa all’amico – il suo buon’umore non lo convincevano particolarmente, ma aveva evitato di fare commenti per tutta la mattina, quando suo padre lo aveva accompagnato a casa dell’amico con una Passaporta per lasciare che il padre di Malai accompagnasse entrambi a King’s Cross – mentre il Tassorosso, invece, annuiva stampandosi un sorriso sulle labbra:
“Ma certo, che vuoi che sia. Credo proprio che alla fine mi sia passata, sai?”
“Davvero? Beh, a noi basta vederti stare bene. Andiamo a cercare gli altri? Shou ha promesso che mi avrebbe portato una valanga di maschere, sono impaziente di andare a riscuoterle.”
“Certo, sistemiamo il tuo baule e andiamo a vedere dove sono finiti.”
Hiro sorrise a Tallulah prima di rivolgere un cenno a Malai, invitandolo ad aiutarlo a caricare anche il suo baule sul treno. Lo avevano appena sistemato accanto ai propri quando tornarono sulla banchina per andare alla ricerca di Shou, Lilian e Priscilla e Hiro prese Tallulah per mano per allontanarsi insieme mentre Malai, invece, si fermò davanti al binario per guardarsi attorno con attenzione, alla ricerca di qualcosa.
 
Aveva passato tutta l’ultima settimana di vacanza a chiederselo – o forse tutte e tre –, ed ebbe finalmente la risposta che cercava quando vide Marley parlare con Bel.
“Vi raggiungo tra pochissimo.”
Invece di seguire i due amici Malai s’incamminò deciso verso i Tassorosso senza voltarsi, non udendo così Tallulah chiedergli confusa dove stesse andando quando la bionda si voltò verso di lui. Fortunatamente la ragazza scorse subito anche Marley, abbozzando un sorrisetto con gli angoli delle labbra prima di informare Hiro con tono soddisfatto che “Shou le doveva una scatola intera di Cioccorane”.
“Avevate scommesso che Marley gli sarebbe piaciuta ancora quando saremmo tornati a scuola?”
“È ovvio. Non siamo tutti perfetti bravi ragazzi modello come te, Hiro Davies. Ma cerca di non far esplodere i sotterranei, quest’anno.”
“Farò del mio meglio, giuro.”
 
 
*

 
Dopo essere arrivato a King’s Cross insieme ai genitori, a Celia e ai loro quattro suoi fratelli minori Bel non aveva esitato prima di andare alla ricerca di Marley, lasciando la gemella e Blair e Hazel, gli unici tra i suoi fratelli a studiare ad Hogwarts oltre a Celia, a caricare i bagagli sul treno. Fortunatamente era riuscito a trovare facilmente l’amica, impegnata a salutare Andrew, il suo autista, con l’inseparabile Leith appollaiato sulla sua spalla.
Il Tassorosso non si stupì affatto di vederla senza i suoi genitori – che in effetti non gli era mai capitato di incontrare insieme –, avvicinandosi con un sorriso sulle labbra e felicissimo di rivederla dopo dieci giorni passati a scriversi.
“Ciao Marley!”
La compagna di Casa si voltò verso di lui e ricambiò subito il sorriso prima di abbracciarlo, alzandosi in punta di piedi come al solito per riuscire ad allacciargli le braccia al collo:
“Ciao Bel, mi sembra di non vederti da un’eternità… Forse siamo abituati a passare troppo tempo insieme. Ti ricordi di Andrew?”
“Certo. S-salve.”
Come sempre quando gli capitava di rivolgersi a qualcuno con cui non aveva confidenza Bel si ritrovò a salutare l’autista dell’amica con un timido balbettio sommesso, guardandolo sorridergli gentilmente e salutarlo di rimando prima che Marley, ormai abituata alla timidezza cronica dell’amico, lo prendesse sottobraccio con un sorriso:
“Hai già sistemato la tua roba? Io stavo aspettando di trovare te o Blodwel e Lance per metterci tutti nello stesso scompartimento.”
“No, ho lasciato il baule a mia madre mentre Celia, Blair e Hazel caricavano le loro cose con l’aiuto di papà. Credo che Lance sia già salito, vado a cercarlo e quando lo trovo ti faccio un fischio.”
“D’accordo, tanto siamo miracolosamente arrivati in anticipo. Ve l’avevo detto che quest’anno sarei riuscita a non prendere il treno per un soffio, mi sono impegnata visto che è il nostro ultimo viaggio di andata sull’Espresso per Hogwarts.”
Mentre Bel si allontanava di nuovo verso la sua famiglia Marley scoccò un’occhiata quasi di sfida ad Andrew, che aveva passato gli interi giorni precedenti alla partenza a pregarla di iniziare a preparare i bagagli in anticipo per non rischiare di arrivare a Londra per il rotto della cuffia come ogni anno. L’uomo inarcò un sopracciglio e le ricordò di come non avesse sentito tutte le sette sveglie che aveva preparato e che, se non fosse stato per Tully e Nisbet, probabilmente avrebbe finito con l’alzarsi dal letto dieci minuti prima della partenza del treno, ma Marley replicò che la colpa fosse stata delle sue sveglie malfunzionanti, e che gliene servivano assolutamente di nuove.
“Signorina Marley, sta dicendo che ben sette sveglie non hanno funzionato a dovere?”
“Certo che sì!”
 

 
*
 
 
“Ciao Marley. Posso parlarti un momento?”
Il suo baule era sul treno insieme a quello dei suoi amici e aveva già salutato Andrew: Marlowe Archer-Lloyd era assolutamente pronta a salire sull’Espresso per Hogwarts e a godersi l’ultimo viaggio verso la sua amata scuola, ma Malai Johansson mandò totalmente in fumo i suoi piani quando la raggiunse, piazzandosi davanti a lei prima che potesse salire sul treno.
Durante le tre settimane che erano trascorse dalla fine del campeggio la Tassorosso si era chiesta spesso, ripensando alla loro ultima conversazione, come il compagno si sarebbe posto nei suoi confronti. In fin dei conti condividevano la Sala Comune e il tavolo dove consumavano tutti i pasti ed evitarlo, come le aveva spesso fatto notare Bel, le sarebbe risultato pressoché impossibile. Un po’ si era aspettata di vederlo avvicinarlesi per parlarle e Marley, dopo averlo osservato brevemente, non se la sentì di rifiutare un’altra volta, annuendo.
“Sì, certo.”
 
Per tre settimane Marley si era ripetuta assiduamente, come una sorta di mantra, che quando avrebbero finito col rivedersi a Malai sarebbe piaciuta una qualsiasi altra ragazza tra le loro numerose compagne e che probabilmente avrebbe completamente dimenticato di averla assillata per tutti gli ultimi giorni di campeggio. Eppure, a giudicare dall’espressione quasi triste sfoggiata dal ragazzo, per un attimo la Tassorosso iniziò a nutrire qualche dubbio.
Marley restò in silenzio, limitandosi a guardarlo di rimando in attesa che parlasse prima che Malai, dopo essersi schiarito la voce, iniziasse a tormentarsi piano i lembi della camicia che indossava.
“Suppongo che tu abbia avuto le tue buone ragioni per, beh, dirmi le cose che hai detto al falò. Ma visto e considerato che credo che tu le abbia dette e non mi abbia lasciato spiegare nulla solo perché eri sicura che entro qualche settimana le cose per me sarebbero cambiate, ti volevo dire che in realtà per me la situazione è rimasta la stessa.”
“Non mi è mai successo prima e per questo fino a ieri avevo qualche dubbio, ma adesso che ti ho rivista so che è così e che mi piaci adesso come mi piacevi tre o quattro settimane fa. Tutto qui.”
Marley continuò a non muoversi e a non parlare, limitandosi ad osservarlo con gli occhi blu e le braccia strette al petto con Leith sulla spalla, a sua volta concentrato su Malai. Quest’ultimo, considerato che la ragazza non accennava a voler dire nulla, si strinse nelle spalle senza smettere di tormentare i lembi della camicia, chinando gli occhi scuri sui propri piedi per non rischiare di scorgere segni di rifiuto sul viso della compagna.
“Non so se per te questo cambi concretamente qualcosa, ma volevo che lo sapessi. Non credo che sia, sai, una delle mie famose cotte-lampo che conosci bene.”

Quelle parole riuscirono ad addolcire leggermente l'espressione di Marley, che accennì un sorriso prima di mormorare qualcosa per la prima volta da quando Malai aveva iniziato il suo discorso:

“Ci ho pensato anche io e mi dispiace non averti fatto dire nulla, ma ho assistito alle stesse scene per sei anni ed ero molto scettica a riguardo. Non sono… Non sono abituata a ricevere grande considerazione, e mi va bene così, ma non volevo illudermi per niente per poi restarci male.”
Marley deglutì, evitando di guardarlo mentre parlava. Malai, guardandola dispiaciuto, fece per avvicinarsi e aggiungere altro, ma qualcosa glielo impedì battendolo sul tempo.
 


 
Come ogni anno, Lilian si era assunta l’onere di assicurarsi che tutti i suoi amici e le loro cose si trovassero sull’Espresso per Hogwarts al momento della partenza. Dopo aver appurato che suo cugino, Priscilla, Tallulah e Hiro erano saliti e che i loro bauli erano stati sistemati all’interno dello scompartimento, alla Grifondoro non restò che chiedersi dove accidenti fosse finito quel testone ricciuto del suo migliore amico.
“Qualcuno ha visto Riccioli d’Oro per caso?! Perché se arriviamo in Scozia senza di lui sua madre mi uccide, e io voglio prendermi il Diploma per cui sudo da sei anni prima di passare a miglior vita!”
In piedi davanti alla porta scorrevole di vetro, mentre gli altri quattro erano già seduti e pronti a svaligiare il carrello dei dolci, Lilian parlò mettendosi le mani sui fianchi stretti mentre Tallulah, sfoderato un sorrisetto, si accostava leggermente a Priscilla per sottolineare di aver visto l’amico avvicinarsi a Marley poco prima.
 
“Ma sei seria?! E ce lo dici solo adesso?!”
Shou, seduto di fronte a lei, guardò l’amica strabuzzando inorridito gli occhi scuri, non potendo credere che avesse omesso un dettaglio così succoso mentre la bionda incrociava le braccia al petto facendo spallucce, memore di una certa recente esperienza che prevedeva porte chiuse dall’interno e amici impiccioni incollati ad una finestra.
“Certo, perché credo che quella di farsi gli affaracci altrui sia un’abitudine che dovremmo perdere! Va beh, fate come vi pare.”
La Corvonero si chiese che cosa parlasse a fare e sospirò rumorosamente guardando Lilian, Shou e Priscilla correre a schiacciarsi contro il finestrino, incespicando in un groviglio di gambe e rischiando di finire lunghi distesi sulla moquette mentre Hiro ne approfittava per occupare ridacchiando il posto accanto a lei lasciato vuoto da Priscilla.
“Stanno parlando!”
“Non sento nulla maledizione, qualcuno mi dia un calice!”
“E dove lo trovo un calice?! Apri la finestra, genia!”
Lilian e Shou presero ad armeggiare freneticamente con il finestrino mentre Priscilla, gettata un’occhiata al suo orologio da polso, spalancava gli occhi verdi inorridita:
“Il treno dovrebbe partire adesso, se non salgono ora finiranno col perderlo!”
“Che gran tempismo… Un mese e mezzo di campeggio e devono parlarsi adesso?!”
 
 
Ad un paio di vagoni di distanza Bel, preoccupato per l’assenza di Marley a ridosso della partenza, aprì la porta più vicina al suo scompartimento e si affacciò fuori dal treno per cercare l’amica, accennando un sorriso quando la vide in compagnia di Malai.
Gli doleva profondamente interromperli, ma se doveva scegliere tra quello e far perdere l’ultimo viaggio verso Hogwarts alla sua migliore amica, beh, puntava inevitabilmente sulla seconda.
 
“Ragazzi, il treno sta per partire, dovreste salire!”
Le ultime parole del Tassorosso vennero completamente sovrastate da un assordante fischio che quasi gli perforò i timpani, portandolo a mormorare un’imprecazione mentre anche Lilian e Shou, sportisi da un finestrino poco più avanti, sbraitavano ai due di muoversi e di salire sul treno prima di perderlo.
 
“Cavolo, ma tu non sei quello sempre super precisino?! Per poco non mi fai perdere il treno!”
Riscossasi grazie agli ammonimenti Lilian e Shou Marley si affrettò a sfrecciare verso la porta dalla quale si era affacciato Bel insieme a Malai, sbuffando sonoramente e scoccandogli un’occhiata di sbieco mentre Leith si aggrappava alla sua giacca per non volare via e il ragazzo, offeso per quella vile accusa, si affrettava a replicare piccato:
“IO?! Sei tu che mi hai maltrattato al falò e non mi hai fatto parlare!”
“Maltrattato, tsz! Tu secondo me parli anche troppo!”
“Zitto!”
“Zitta tu!”

“Muovetevi!”
Fortunatamente Malai era munito di gambe chilometriche e Marley era molto veloce, perciò ai due non risultò difficile raggiungere l’ultima porta rimasta aperta e afferrare il braccio che Bel allungò, aiutando prima l’amica e poi Malai a salire sul treno che aveva già iniziato a muoversi sulle rotaie.
Aiutati i due compagni di Casa a salire Bel richiuse la pesante porta di metallo scorrevole con una spinta, sorridendo sollevato prima di voltarsi verso Marley e Malai:

“Per fortuna siete riusciti a sali-”
Il ragazzo non finì la frase, guardando Malai chinarsi per abbracciare la sua amica prima di prenderle il viso tra le mani e baciarla.

“… Beh allora io vado, ci vediamo dopo!”
Con quelle parole Bel, diventato color cremisi, sfrecciò via, correndo verso lo scompartimento che condivideva con Lance e Blodwel con un accenno di sorriso sulle labbra. Aveva la sensazione che quell’ultimo anno ad Hogwarts sarebbe stato memorabile.
 
 
“Che palle, magari si stanno baciando e noi ce lo siamo perso!”
“Sapete, è così che dovrebbe funzionare.”

“E allora il gossip dove sta?!”
“A proposito di gossip Shou, sono pronta a riprendere la conta delle tue frequentazioni lampo… Sono rimasta a 35, arriveremo a 40 per la fine dell’anno? Quel che è certo è che saranno una peggiore dell’altra, chi vuole prendere parte ad un giro di scommesse?”
 

 
*

 
Hogwarts, Sala Grande



“E quindi ci siamo, eh? Sta per iniziare un altro anno.”
“Il treno dovrebbe essere partito da circa un’ora e mezza, ormai saranno dalle parti di Northampton…”
 
Mentre raccoglieva una cucchiaiata di zuppa Beau gettò una rapida occhiata al proprio orologio da polso mentre Theobald, accanto a lui, trillava entusiasta qualcosa a proposito di tutte le burle che aveva già iniziato ad architettare con l’aiuto di Pix, Margot asseriva orgogliosa di aver comprato kg di caramelle da regalare ai suoi futuri piccoli Tassini e Håkon guardava tetro il suo pasticcio lamentandosi del fatto che le sue richieste di includere il salmone nel menù del primo giorno non fossero state accolte.
 
“Smettila di lamentarti Håk Bello, pensa al banchetto che ci aspetta stasera!”
Margot parlò con un sorriso trasognato, iniziando a pregustarsi il magnifico e consueto banchetto di inizio anno mentre l’amico, accanto a lei, annuiva vagamente confortato:
“Speriamo ci sia il salmone!”
“E speriamo che lo Smistamento proceda rapido, altrimenti moriremo di fame come l’anno scorso perché Lumacorno aveva perso il Cappello Parlante. Come si fa a perdere un cappello che parla?!”
Demelza parlò con un sospiro e scuotendo il capo con profonda disapprovazione, memore dei forti crampi sperimentati esattamente un anno prima mentre Theobald alzava sconvolto gli occhi cerulei dal suo piatto per guardare i pochi colleghi che sedevano a tavola con sincero stupore:
“Ma cari, non lo avete mai capito?! Il povero Horace non l’aveva affatto perso, lo avevo nascosto io in bagno!”
Seriamente?!”
Håkon si voltò verso il collega tenendo la forchetta a metà strada tra il piatto e la propria bocca, guardando Theobald allibito mentre Beau si portava il bicchiere pieno d’acqua alle labbra aggrottando le sopracciglia e parlando con un mormorio pensieroso:
In effetti è strano che nessuno di noi ci abbia pensato…”
“Professore, l’avviso, tutti noi le vogliamo bene, ma se dovesse far ritardare la cena anche quest’anno finirà col dare vita ad un ammutinamento nel corpo docenti.”
Demelza si sporse oltre Margot per scoccare un’occhiata piuttosto severa all’anziano collega, che sfoderò la sua espressione più innocente prima di iniziare un lungo ed estremamente sentito discorso sul suo pentimento, sul suo rimorso e sui suoi buoni propositi per il nuovo anno.
“Ma non stava parlando degli scherzi che intende fare agli studenti da qui ad Halloween solo cinque minuti fa?!”
“Certo, intendevo che mi impegnerò a fare meno scherzi a voi infatti, non agli studenti! Non vorrete mica privarmi di tutto il divertimento, vero? Altrimenti che cosa ci rimango a fare in questo castello?!”
 
Ah, quei ragazzi e le loro strambe idee, si disse Theobald mentre si sistemava il tovagliolo appeso allo scollo del maglione e scuoteva la testa con disapprovazione. Beau, che gli sedeva accanto, all’udire quelle parole si ritrovò ad aggrottare la fronte per la decima volta da quando aveva rimesso piede al castello – continuando ad insegnare con quei colleghi l’incombere delle rughe d’espressione si faceva sempre più vicino –, guardandolo dubbioso:

“Emh, magari insegnare….”
 
La discussione a proposito degli scherzi di Theobald venne interrotta poco dopo dalle grandi porte della Sala Grande, che si spalancarono da sole per far entrare qualcun altro nella stanza semi deserta. Quando le doppie ante si aprirono tutti i presenti si zittirono, guardando l’ingresso dell’ampia sala e in particolare Phil, che fece il suo ingresso strusciando rumorosamente le infradito con gli ananas sull’antico pavimento di pietra e sfoggiando una camicia bianca a maniche corte, occhiali da sole calati sugli occhi e i capelli biondo cenere schiariti dall’esposizione ai raggi solari.
Naturalmente il mago era anche abbronzatissimo, e si sfilò gli occhiali scuri dal viso mentre Margot osservava le sue braccia ambrate in un mix di astio e invidia:
“Ma come fa ad essere così abbronzato?! Io se possibile sono ancora più pallida rispetto a tre mesi fa!”
L’ex Tassorosso si accasciò piagnucolando contro la spalla di Demelza, che da brava rossa poteva comprendere ed immedesimarsi perfettamente nelle parole dell’amica: le bastava mezz’ora sotto il sole per diventare color aragosta, e di abbronzarsi non se ne parlava.
“Buongiorno a tutti… Campbell, ti vedo pallidina.”
Phil gettò un’occhiata cupa al cielo nuvoloso che sovrastava il catello – addio sole, benvenuto clima tetro scozzese – attraverso una delle grandi finestre ad arco prima di rivolgersi a Margot sfoderando un sorrisetto e auto-puntandosi contro la bacchetta per trasformare i suoi vestiti leggeri in una mise più appropriata al contesto e al clima, dando il bentornato ai maglioni e salutando per qualche mese le sue camice a maniche corte.
Come da manuale la collega non prese bene il suo commento, trattenendosi dal scagliarli contro una pagnotta e scoccandogli un’occhiata velenosa prima di sibilare a Demelza che non sapeva come avrebbe fatto a sopportarlo per tutti i mesi a venire.
“So che è dura per te Margi. Sii forte. Pensa ai Tassini.”
Mentre Beau cercava di convincere Theobald a non oliare il pavimento del Salone d’Ingresso per far inciampare tutti gli studenti del primo anno e Phil prendeva posto adocchiando con gioia un piatto di roast-beef Margot piagnucolava insulti contro il malvagio collega e il bullismo da lui perpetuato nei suoi confronti. Håkon sospirò, gettando un’occhiata rassegnata ai colleghi prima di tornare a concentrarsi sul suo pranzo disgraziatamente sprovvisto di salmone.
Sarebbe stato un anno duro, come al solito, ma poteva ancora sperare di arrivare sano di mente alle vacanze successive.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
………………………………………………………………………………………….
Angolo Autrice:
 
Potevo forse concludere questa storia pubblicando l’Epilogo ad un orario normale? Naturalmente no, è bene chiudere il cerchio così come è sempre stato.
Per me scrivere queste righe ha un che di assurdo, ma dopo più di un anno siamo effettivamente alla fine di questa storia.
Ho sempre collocato l’Epilogo delle mie storie ambientate nel periodo scolastico durante l’ultimo giorno dei ragazzi, dopo il Diploma, quando lasciano Hogwarts per non farvi più ritorno e si salutano. Questa volta invece li voglio lasciare intenti a rivedersi, non a salutarsi, e in procinto di tornare ad Hogwarts per un ultimo anno invece di lasciarla per sempre. Per me smettere di scrivere questa storia e di loro è molto triste, ma mi rincuora pensare che Bel, Hiro, Lilian, Malai, Marley, Priscilla, Shou e Tallulah hanno un ultimo anno di scuola e molte altre esperienze da condividere davanti a loro, spero che questo possa rendere meno malinconico il finale anche per voi.  E anche la consapevolezza che Margi e Phil continueranno a rompersi le scatole a vicenda per… probabilmente per sempre.
Come sempre ringrazio chiunque abbia letto la storia, chi l’ha messa nelle Seguite, nelle Preferite o nelle Ricordate e soprattutto le persone che hanno partecipato e che hanno seguito le dinamiche di questo strambo campeggio fino alla fine: grazie infinite ad Anna, Bea, Bri, Chemy, Dreamer, E niente, Em, Fran e Pulsatilla, grazie per i vostri OC fantastici ma anche per l’entusiasmo e l’affetto che avete dato a questa storia e ai miei stessi personaggi. Io davvero non credevo che Phineas Phil nello specifico sarebbe stato tanto amato, se devo essere onesta *L’UomoAnanas la guarda male* ma io gli sono molto affezionata e il vostro amore per lui mi ha scaldato il cuore.
Vi ringrazio tantissimo per aver deciso di affidarmi i vostri personaggi, per aver spedito dei poveri insegnanti in questo campeggio (è finalmente giunto il momento di santificare ufficialmente Beau) e soprattutto per averci mandato i vostri adorabili ragazzi. Ho iniziato questa Interattiva unicamente per divertirmi e più di un anno e un bel po’ di pagine scritte dopo personalmente posso dire di esserci riuscita, per quanto mi riguarda è stata una storia bellissima da scrivere e non mi resta che sperare sinceramente che leggere questi capitoli abbia divertito anche voi e che la storia vi sia piaciuta. Era da tantissimo tempo che non scrivevo una storia basata su degli studenti e ho amato rifarlo, sono così teneri e spensierati che non si può fare a meno di voler loro bene. Spero che vi siate godute il clima, perché nella nuova storia tirerò fuori le mattonate.
E visto che tutte le persone sopracitate si sono iscritte anche alla suddetta storia ne approfitto per rinnovare i ringraziamenti per aver deciso di affidarmi anche lì i vostri OC e assicurarvi che presto dovrebbe uscire anche il primo capitolo, per il resto vi ringrazio di nuovo e vi saluto, ci vediamo presto su altri lidi.
Un enorme abbraccio da parte mia, di Margi, di Prisci e anche di Phil <3
Ok forse da parte sua no, si limita a salutare con la mano.

Signorina Granger 
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3961095