La corona del re

di DonutGladiator
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio dell'avventura ***
Capitolo 2: *** Nella stanza esagonale ***
Capitolo 3: *** Il pezzo mancante ***
Capitolo 4: *** La corona del re ***
Capitolo 5: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** L'inizio dell'avventura ***


Monte Ararat – 20 giugno 199X
 
Chi gliel’aveva fatto fare nel trovarsi in quella situazione così difficile?
Mentre passava il rampino per issarsi ulteriormente e scalare la montagna, Didi Dalton cercava di pensare all’enorme quantità di oro che l’aveva convinto nell’affrontare quella missione, sperando che in quel modo il freddo dell’alta quota sarebbe scomparso come per magia o si sarebbe perlomeno affievolito.
Alla sua età il freddo non faceva bene ai suoi reumatismi.
-Manca ancora molto?- urlò da poco più in basso di lui la voce femminile della professoressa Benoit, che scalava con molta più grazia di tutti gli altri compagni messi insieme ma che sembrava anche lei provata dalle basse temperature.
-No, siamo quasi arrivati. Un piccolo sforzo.-
-Ma chi me lo ha fatto fare…- sussurrò in francese, ignara che Didi sapesse parlare quella lingua. Lui, dal suo canto, pensò di essere sulla stessa lunghezza d’onda della donna.
Chissà, magari anche lei stava pensando all’oro per farsi forza e proseguire nella scalata, anche se avendo modo di vedere nelle ultime spedizioni come ragionava, ne dubitava altamente. Più facile che pensasse alle future scoperte archeologiche.
Un urlo di felicità arrivò invece dall’alto, mentre Jake scompariva alla sua vista per issarsi nel punto di arrivo, energico come se stesse salendo sull’ultimo piano di un palazzo che offriva un buffet gratis a tutti gli inquilini.
Ecco, Jake era da non sottovalutare, il suo entusiasmo era sì contagioso e piacevole ma Didi sapeva che dare al giovane troppo spazio li avrebbe portati a morte certa.
Com’era quasi successo quella volta nelle Filippine. Ebbe un brivido involontario nel ricordare l’enorme pitone che aveva quasi banchettato con lui dopo che avevo recuperato la statuetta fuggendo dagli indigeni omicidi che avevano tentato di farli diventare delle bamboline vodoo.
Forse quell’episodio avrebbe dovuto metterlo in guardia dall’ascoltare Jake quando aveva bussato alla sua porta proponendo una nuova esplorazione, ma ciò che faceva più gola a un contrabbandiere era il pensiero dei guadagni che poteva ottenere, decisamente più importanti rispetto ai rischi.
Si issò anche lui per l’ultima volta e poi, rialzatosi, si iniziò a guardare intorno, ammirando il loro punto di arrivo; un altopiano sulla cima del monte Ararat in Turchia.
Sebbene fossero in alta quota, la zona era riparata dalle montagne, che si stringevano tutte intorno a loro e sul terreno vi erano erbe basse e qualche piccolo fiore sporadico che si affacciava timido.
Davanti a loro iniziava una camminata impervia che li avrebbe portati ancora più in alto sulla “montagna del dolore”, nel punto in cui sarebbero dovuti arrivare.
-Didi, fammi dare un’occhiata alla tua attrezzatura, mentre salivi mi è sembrato ti si fosse allentato uno dei fili.- Caleb Stone, l’ex soldato ormai compagno di mille avventure rifletteva come al solito i raggi del sole sui suoi occhiali scuri e sulla testa pelata, che in alcune situazioni era stata fonte di guai o di risoluzioni.
-Grazie Stone.- disse, mentre si spostava leggermente per permettergli di sistemargli l’attrezzatura e con lo sguardo seguiva il battibeccare tra Jake e la professoressa.
Non riusciva a capire bene di cosa stessero litigando, ma le urla di come lui fosse un incompetente e lei non si fidasse delle capacità dell’altro gli arrivavano alle orecchie forti e chiare. Non era la prima volta che li sentiva litigare e nonostante tutto quello che si dicevano, Didi dubitava che si detestassero veramente come volevano far credere.
-Forse sarebbe meglio dirgli di abbassare un po’ il volume…- mentre Stone lo suggeriva un eco sordo si spanse per tutto l’altopiano.
-Oh no.- sussurrò Didi, sapendo già cosa avevano scatenato.
I due giovani avevano deciso di interrompere il loro piccolo alterco per ascoltare i rumori della valle, preoccupati da ciò che avevano sentito.
-Jake era per caso…?-
-Tranquilla Laura, è tutto sotto controllo,- sussurrò l’altro, mentre lentamente captava il rumore di qualcosa che si muoveva verso di loro: -non sembra niente di pericoloso…-
La professoressa trasalì.
-Quello non mi sembra qualcosa di non pericoloso.- urlò, puntando il dito contro un’enorme valanga che si stava dirigendo a tutta velocità contro di loro.
-Beh… in effetti…- sussurrò Jake, terrorizzato.
 
Parigi – 15 giugno 199X
 
Jake e Didi erano entrati nel museo dove lavorava la professoressa Benoit, un’orientalista con cui avevano avuto già modo di lavorare in precedenza, non appena avevano avuto la conferma ufficiale che quello che tenevano fra le mani fosse un pezzo autentico. Nonostante conoscessero bene i reperti archeologici e alcune delle leggende che legavano le chiavi ai tesori più famosi dell’umanità, c’era ancora qualcosa che i due avventurieri non sapevano fare senza un esperto nel settore.
Ad esempio tradurre antichi linguaggi.
La professoressa faceva girare tra le dita un disco di argento e rame con incisioni in sumero antico, mentre con la faccia appiccicata al disco sussurrava parole per loro incomprensibili e sorrideva leggermente. Sembrava una bambina che passava in rassegna una rarissima figurina che qualche idiota le aveva portato non conoscendo l’esatto valore.
-Allora?- domandò Jake, non potendone più dall’attesa.
Didi gli lanciò uno sguardo accigliato, sapendo che la donna non amava essere interrotta, ma anche lui attendeva una risposta a quella domanda.
Laura tossì, cercando di ricomporsi, allontanando il volto dal disco argenteo.
-Signori, dove lo avete trovato?- chiese la professoressa mentre scribacchiava su un foglio.
-Ce lo ha consegnato una fonte affidabile.-
-La vostra fonte affidabile è un ladro, viene sicuramente dagli archivi del museo, lo sapete?-
-Cosa c’entra da dove viene? L’importante è che ci sia scritto dove andare.- s’intromise Didi per evitare di spiegare come facevano a essere in possesso di un oggetto del museo, cosa che anche lui ignorava, dato che si era fidato di Jake che gli aveva detto che arrivava da una fonte più che sicura di sua conoscenza.
-C’è scritto dove andare, sì. Però, andremo insieme e quello che verrà ritrovato sarà donato al museo.- disse Laura, allungando una mano a Didi, che ricambiò uno sguardo sospettoso. Erano già preparati all’eventualità di quella richiesta, anzi, la professoressa era un elemento necessario da portare con loro nella ricerca, il fatto che l’avesse chiesto lei per prima li facilitava semplicemente in alcune questioni complicate.
-E per il nostro pagamento? Andiamo incontro a tonnellate d’oro, una fetta ci spetta di diritto dato che siamo stati noi a scoprire le incisioni sul disco.-
-Solita percentuale per voi, che ne dite?-
Didi sorrise e strinse la mano della donna: -Affare fatto professoressa. Ora…-
Laura sorrise entusiasta, recuperò una cartina tra i suoi archivi e poi si sedette alla sua scrivania, passando il disco sotto una piccola lampada che emetteva una luce particolarmente forte. Quando fu sicura di quello che aveva tradotto in precedenza, parlò.
-Nel disco si parla della tomba del re di Uruk, Gilgamesh e della sua corona, che si dice avesse un inestimabile potere,- aprì quindi la cartina a una pagina dell’Asia Minore e poi indicò un punto: -Viene nominato un luogo ben preciso sul monte Ararat, in Turchia, dove c’è scritto che il Re dei Re è sepolto e attende circondato da tutte le sue ricchezze.-
-In Turchia… bene, organizziamo la nostra spedizione alla ricerca di questo luogo pieno di ricchezze, che ne dite?-
Jake lanciò uno sguardo d’intesa a Laura e sul volto di tutti e tre si allargò un sorriso colmo d’eccitazione per l’avventura.

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Capitolo 2
*** Nella stanza esagonale ***


Monte Ararat – 20 giugno 199X
 
Caleb si affacciò dall’anfratto di fortuna che era riuscito a trovare e a spingervi i compagni di viaggio prima che l’enorme cumulo di neve facesse interrompere prematuramente la loro impresa, lasciandoli per sempre sepolti in quel luogo impervio.
-Sembra tutto tranquillo.- sussurrò, evitando di parlare troppo ad alta voce ma spingendosi fuori dalla roccia.
-Meno male che ti sei accorto di questo punto, altrimenti non sarebbe stato facile scappare.- lo ringraziò Didi, dandogli due pacche sulle spalle. Stone allargò un sorriso sincero sul volto.
-Anche l’idea di arrampicarsi e poi tenersi con i rampini facendo passare tutto non era male, ce la saremmo in qualche modo cavata.-
-Andiamo?- domandò Laura, interrompendoli e indicando Jake che stava già camminando fischiettando fuori tra l’alto cumulo di neve depositato nella via.
-L’avventura ci attende!- esclamò, continuando a camminare.
Il luogo che stavano cercando non era distante, da lì a tre ore circa di cammino i quattro arrivarono in un’altra piccola radura, con però segni del passaggio umano. Vi erano delle rocce lavorate e, scavata nella montagna, la porta sigillata di quella che doveva essere la tomba che stavano cercando.
Nel frattempo il sole era ormai quasi tramontato, rimanevano dei barlumi rossastri ancora nel cielo, ma il buio della notte aleggiava prepotente su di loro.
-Altre iscrizioni…- indicò Jake alla professoressa, che subito si portò al suo fianco per tradurre i segni sumeri.
-Parlano ancora della tomba di Gilgamesh. Sembra siamo arrivati nel punto che stavamo cercando.- Jake cercò di decifrare la sua espressione, sembrava ci fosse qualcosa che non la convinceva, ma decise di non chiederle niente.
-Jake, hai con te il disco?- domandò Didi.
-Sì, eccolo.-
-Bene, allora, prova a inserirlo lì dentro…- indicò il centro della porta in cui c’era uno spazio circolare che sembrava perfetto per il disco di rame.
Jake obbedì, inserendolo nello spazio apposito lo sentì combaciare ma non perfettamente, così lo fece appena ruotare, cercando di far aderire i segni del disco con quelli della porta, fino a quando non si sentì un sonoro t-clack.
Una fluorescenza strana illuminò i disegni e dapprima lentamente, poi aumentando d’intensità iniziò a sentirsi un tremore dalla montagna, accompagnato da polvere e roccia che cadeva. In appena pochi istanti, la porta scivolò all’interno spostandosi e si aprì, lasciando intravedere l’ingresso della tomba.
Sotto le facce incredule degli avventurieri, ancora a bocca aperta, il disco scivolò fuori e cadde per terra, venendo recuperato e riposto al sicuro in una custodia in pelle.
-Ragazzi cos’è questo rumore?-  dopo che la porta si era aperta e il meccanismo si era interrotto, uno strano ronzio si era fatto man mano più intenso, come se ci fosse qualcosa che si stava avvicinando. Chiaramente non proveniva dalla montagna.
-È un elicottero, appiattitevi alla roccia il più possibile.- intervenne Stone, facendo spostare con un gesto della mano Jake al muro, poco prima che un fascio di luce illuminasse il punto in cui entrambi si trovavano.
-Cosa ci fa un elicottero qui?-
-Ci stanno seguendo.- disse Didi con tranquillità. Se n’era già accorto quando erano arrivati alla città da cui erano partiti per la scalata, ormai era solo questione di tempo prima di trovare gli scagnozzi del Rivale alle loro costole. Probabilmente li tenevano sotto controllo da Parigi. Che non avessero ancora trovato un punto in cui atterrare con l’elicottero forse era positivo, magari avrebbero potuto esplorare la tomba senza intoppi.
-Non avete da preoccuparvi, sono venuto ben equipaggiato, se c’è qualcuno che vuole prendere il nostro oro dovrà vedersela con me.- disse Jake con un tono anche troppo serio, mostrando due pistole nel fodero legato all’addome, facendo scappare una risatina alla professoressa e a Stone.
-Tirate fuori le torce, andiamo a esplorare questi antichi resti.- liquidò Stone, mentre accendeva la sua torcia e iniziava a entrare nella tomba, seguito dalla dottoressa e Didi. Solo Jake sembrò un attimo tentennare prima di entrare, accese la torcia e si guardò intorno, inquieto. C’era qualcosa che non quadrava, nonostante l’elicottero fosse passato senza individuarli sentiva che qualcuno li stava osservando.
-Tutto bene Jake?- chiese Laura, posandogli una mano sulla spalla, facendolo trasalire dai suoi pensieri.
-Sì, perdonami, mi ero un attimo perso nei ragionamenti, entriamo.-
Laura annuì e i due scomparvero nell’oscurità della struttura.
 
Allungando il passo, i due andarono avanti per un lungo corridoio fino a ritrovarsi con Didi e Stone, fermi davanti l’ingresso di una grande sala rettangolare ricoperta di iscrizioni sumere, polvere e sei gigantesche statue.
Facendo danzare le torce lungo tutto il perimetro della stanza uno dei fasci di luce illuminò uno specchio a forma di sole. Tenendo puntata la torcia su di esso, la stanza s’illuminò maggiormente, utilizzando uno strano gioco di luci.
Vi erano sei statue che si rivolgevano tutte verso lo specchio e sui muri incisioni e scene figurate della vita di Gilgamesh.
-Chiaramente sono frammenti dell’Epopea, vi sono vari episodi della vita del re, scontri che ha avuto con diverse creature del soprannaturale e con altri popoli, la sua nomina, l’incontro con alcuni nemici e amici… in tutte le immagini la figura del re è riconoscibile dalla corona posta sul suo capo, è rappresentato più grande rispetto agli altri e ha un atteggiamento da conquistatore…- disse Laura avvicinandosi alle decorazioni parietali.
-Qui c’è un serpente enorme che gli sta donando un fiore.- indicò Didi interessato anch’egli alle scene, nonostante l’oro sarebbe stato un gran passo avanti in quella storia.
-È una metafora riguardo la sua scoperta di una vita eterna. Si racconta che sia stato proprio un Naga a donargliela, anche se poi nella leggenda rinuncia a questo beneficio.-
-Molto interessante ma credo dovremmo ancora andare avanti.- disse Stone illuminando un ingresso ad arco che dava l’accesso a un altro corridoio più avanti.
-Professoressa, andiamo?- domandò Didi, notando che Laura non sembrava molto contenta dal separarsi da quelle incisioni.
-Sì, signor Dalton, mi scusi, ero un attimo presa ad ammirare questi disegni, sono veramente splendidi, ho fatto anche un paio di fotografie, sperando che il flash abbia permesso di avere una buona resa fotografica in quest’oscurità.-
-Gliel’ho già ripetuto, mi chiami Didi, il signor Dalton appartiene a un passato che eviterei volentieri di ricordare…-
-Ehi ragazzi, c’è un ponte!- esclamò Jake non appena i due arrivarono nella zona dov’erano lui e Stone, in cui c’era effettivamente un ponte ad arco di pietra.
Didi si sporse per cercare di vedere di quanto fosse il dislivello verso il basso. Non riuscì a vedere il fondo nemmeno illuminandolo con la torcia.
Cercò di non dare troppo a vedere il suo nervosismo per trovarsi in una situazione del genere. Odiava i ponti, di solito non c’era mai niente di positivo nell’attraversare un ponte, soprattutto quelli che davano su uno strapiombo invisibile.
-Mi sembra abbastanza stabile, anche se forse eviterei di passare tutti insieme…- mentre Laura diceva questo, Jake e Stone erano ormai già saliti e si spostavano in avanti verso l’altro lato del ponte.
-Laura, è solidissimo, non ti preoccupare!- urlò Jake per farsi sentire dalla donna, che ne frattempo li osservava piena di risentimento.
In quel momento, se avesse avuto Jake a portata di mano lo avrebbe strozzato. Sempre a prendere decisioni arbitrarie e sbagliate.
-Ovviamente facciamo passare per primo il più pesante di noi, mi pare la soluzione migliore…- sussurrò tra sé e sé, mentre notava che il ponte poteva anche sembrare solido, ma già stava dando problemi sotto il peso eccessivo di entrambi e i primi frammenti di polvere e pietre stavano cadendo verso l’oscurità.
-Laura, vedi? È solido!- esclamò di nuovo Jake arrivato a metà ponte, facendo un piccolo salto a testimonianza delle sue parole.
-Non farlo più.- Stone lo fulminò con lo sguardo.
Per poco Didi e Laura non ebbero un infarto nel vedere quanto quel ragazzino potesse essere irresponsabile.
-Jake! Basta! Che cosa stai facendo!? Non hai due anni, smettila per carità!- esclamò Laura, il tono pieno di rabbia ma anche paura per il risvolto che poteva prendere la situazione.
-Io darei ascolto alla professoressa, Jake, smettila di fare il bambino e cresci un attimo. Il ponte sarà anche solido, ma non mi azzarderei a fare un altro salto se fossi in te.- aggiunse Stone, sperando di farlo rinsavire, parlandogli con tutta la calma che poteva trovare.
-Ah no? Io credo invece che farò un altro piccolo saltino, giusto per ribadire il concetto.- disse Jake, saltando un’altra volta, questa volta facendo risuonare un chiaro meccanismo nascosto.
-Oh cazzo…- mentre sussurrava l’ultima frase, dalle mura ai loro lati iniziarono a uscire decine di frecce.
-Ma sei un idiota!- urlò Laura vedendo le frecce volare verso i suoi compagni, che si buttarono subito a terra, sperando di evitarle. Le frecce si conficcarono all’altro lato del muro e per un colpo di fortuna o forse destino, nessuna di quelle colpì i due avventurieri.
-Fiù, questa volta abbiamo rischiato, eh Stone?- domandò retoricamente Jake all’altro compagno mentre si rialzava spolverandosi un po’ di polvere dai vestiti.
Dal canto suo, Caleb aspettò di arrivare dall’altro lato del ponte prima di prendere per il colletto della maglia Jake e sbatterlo al muro di pietra senza trattenersi.
-Potevi farci uccidere tutti. Quando la smetterai di non utilizzare la materia grigia contenuta in questo cervello?- chiese con un tono duro mentre picchiettava con una mano sulla sua fronte.
-Mi dispiace, non ho pensato a quello che facevo.-
-Tu non pensi mai. È per questo che non mi piaci.- per un attimo la stretta sul suo collo aumentò.
-La cosa è reciproca.-
-Non ho intenzione di ripetere quello che è successo nelle Filippine, O’Donnel. Vedi di darti una regolata, altrimenti ci penserò io a darti una lezione che non dimenticherai facilmente.- gli sputò gli ultime parole duramente, chiamandolo con il suo cognome, mentre mollava la presa e si riavvicinava al ponte, aspettando gli altri due compagni che avevano iniziato ad attraversare uno alla volta la struttura.
Didi arrivò dalla parte opposta con facilità, nessun incidente rovinò il suo incedere lento e ragionato. Quando fu il turno di Laura di passare sul ponte però, mentre si trovava a quasi un terzo del passaggio, si sentì il rumore di qualcosa che cedeva, fino a che, pochi istanti più tardi, il rumore non si fece più forte e i primi massi di pietra all'inizio della struttura iniziarono a crollare, innestando un crollo a catena della struttura.
-Perchè proprio a me!?- esclamò la giovane, mentre cercava di correre con tutte le sue forze per arrivare all'altro lato del passaggio incolume e non finire di sotto.
-Forza professoressa, più veloce!- esclamò Didi allungando già una mano verso di lei per prenderla al momento opportuno.
-È tutta colpa vostra!- urlò Laura correndo mentre sentiva cadere le pietre sotto i suoi piedi, dandosi una piccola spinta per poi saltare gli ultimi metri che la separavano dalla fine del ponte, venendo afferrata da Didi e Stone con un rapido movimento che le evitò di cadere nel vuoto.
Le guance bagnate da lacrime di sollievo, si rotolò su un fianco e cercò di recuperare tutto il fiato che aveva perso in quella corsa che l'aveva messa a dura prova.
Cosa le era preso per accettare nuovamente di fare affari con Dalton e O'Donnell? Non erano affidabili, non lo erano mai stati e lei più di qualsiasi altra persona doveva saperlo.
-Se usciamo sani e salvi da qui, sappiate che vi ucciderò io.- disse, mentre tentava di regolarizzare il respiro :-Saltare su un ponte, far andare avanti la persona più pesante di noi... come potete pensare che fossero delle buone idee?-
Mentre Laura cercava di riprendere a respirare normalmente, scaricando tutta la sua frustrazione, Jake aveva già puntato la sua torcia nel corridoio più avanti, notando che andava avanti per parecchi metri prima di curvare e perdersi nell'oscurità.
-Mi dispiace ragazzi, cercherò di non sottovalutare la situazione in cui ci troviamo e soprattutto di non farvi correre rischi inutili.-
-Lo dici ogni volta Jake, sappiamo benissimo che è nella tua natura non farcela, e lo sanno anche gli altri. Ci pensiamo noi a farti rinsavire in caso tu abbia ancora voglia di saltare su ponti vecchi di millenni per saggiarne la resistenza.-
Jake si fece scappare una risata e guardò Didi con un sorriso sincero.
-Grazie.-
-Non voglio interrompere il bel momento, ma direi che possiamo andare.- s'intromise Stone, iniziando a camminare verso il cunicolo.
Didi e Jake si guardarono sorridendo, poi si voltarono verso Laura, che si era rimessa in piedi e li stava seguendo, elencando ancora tutte le cose che non andavano nella loro spedizione.

Seguirono i cunicoli salendo sempre più in alto, chiaramente strutture create dall'uomo, ma non erano decorate, le pareti erano spoglie e c'era un vasto strato di polvere che dimostrava che non fossero calpestati da veramente molti, moltissimi anni.
Camminarono in avanti fino ad arrivare in una camera esagonale.
La struttura sembrava come la prima stanza, ma più elegante e decorata. C'era un grosso foro al centro del pavimento, come se un grosso buco fosse stato intenzionalmente lasciato per qualcosa.
Verso l'alto la volta era dipinta di azzurro con un grosso sole in bianco, come un cristallo, posto proprio sopra il foro del pavimento.
Un braciere era posizionato all'entrata opposta a quella da cui arrivavano e ai vertici della stanza esagonale c'erano dei piedistalli su cui si trovavano degli specchi.
-Questi specchi sono mobili.- disse Jake, mentre spostava l'angolazione di uno di quelli.
Didi osservò il braciere, poi, prese uno dei suoi sigari e lo accese. Tirò una boccata di fumo prima di gettarlo dentro il braciere, che in pochi istanti riuscì a prendere fuoco, probabilmente perchè erano rimasti avanzi di qualcosa bruciato in precedenza oltre a della legna ormai secca che era stata lasciata all'interno.
-E luce fu.- disse Didi con un sorriso, mentre tutta la stanza si illuminava con il riflesso del fuoco. La parete alle spalle del braciere, infatti, che sembrava inizialmente fatta di roccia, in realtà era di un materiale trasparente come il cristallo e riusciva a riflettere la luce del fuoco in maniera precisa, proiettando un fascio di luce sul dipinto a forma di Sole, che, si rivelò essere dello stesso materiale, proprio come il cristallo della parete e che permetteva di deviare la luce e di far illuminare tutta la stanza, come se fosse un sole vero e proprio.
-Fantastico.- esclamò Laura, mentre si guardava intorno entusiasta come se si trovasse in un parco dei divertimenti.
Probabilmente quel luogo per lei lo era davvero.
Quanti archeologi potevano vantarsi di entrare in un’antica tomba sumera mai trovata da nessun altro esploratore? Probabilmente molto pochi.
-Le sei statue dell'ingresso avevano i volti rivolti verso il sole, proviamo a girare gli specchi nella stessa direzione, vediamo se succede qualcosa.- disse Jake ai compagni, avendo una delle sue geniali intuizioni. Nonostante non avesse una laurea, competenze militari o buon occhio per gli affari, la logica era uno dei punti forti di Jake e spesso avevano risolto varie situazioni difficili grazie a delle sue intuizioni o ragionamenti. Magari dopo saltava sui ponti di tremila anni, ma quella era un’altra storia.
A vantaggio della sua teoria c’era da dire che anche gli specchi erano sei come le statue e sebbene con difficoltà, aiutandosi, riuscirono a spostarli in direzione del sole di cristallo, che subito venne riflesso su di essi.
Il sole, gli specchi e la parete crearono così un gioco di luce che rifletteva in tutta la stanza esagonale, creando, nel buco oscuro, una stella a sei punte.
Girando l'ultimo specchio, l'ennesimo meccanismo scattò e il rumore di ruote che giravano e pietra che strideva, risuonò in tutta la stanza.
In brevi istanti dalla zona vuota iniziò a sollevarsi qualcosa, una piattaforma che andò a chiudere il buco centrale e fece alzare un altare su cui vi era posto un reliquiario.
Dei suoni di meraviglia si alzarono dagli avventurieri.
Fu Jake il primo a spingersi in avanti e avvicinarsi al reliquiario.
-Qualcosa mi dice che abbiamo trovato la nostra Corona.- sussurrò mentre posava le mani sullo scrigno d’oro rifinito di decorazioni e incisioni in sumero antico. Aprì lentamente il coperchio e notò che si era sbagliato nel fare la sua valutazione.
Nello scrigno c'era un cuscino con un calice in oro, decorato esattamente come l’esterno. Questa sì che era una cosa strana, non si aspettava minimamente di trovare un simile oggetto.
-Cosa?- non fece in tempo a manifestare il suo stupore che dal soffitto della tomba si levò un'enorme esplosione, che fece spaccare in mille pezzi il Sole di cristallo che cadde a terra investendoli di schegge. Nel frattempo, dall'alto, delle corde vennero lanciate verso di loro e una decina di uomini armati di pistole e fucili iniziarono a calarsi nella stanza.
Avevano una divisa scura e un simbolo in evidenza, un serpente dorato.
Didi riconobbe subito con chi avevano a che fare, non era la prima volta che quell’uomo e lui incrociavano il cammino. Sebbene in passato fossero stati dalla stessa parte per anche troppo tempo, Didi aveva deciso che quella vita da criminale non faceva per lui e aveva lasciato l’organizzazione. L’aveva poi incontrato in altre circostante e molto spesso aveva dovuto rinunciare a quello che stava cercando a causa delle sue interferenze.
Quella volta però non avrebbe avuto ciò che desiderava.
-Recuperate il calice, ora.- urlò una voce dall'alto. Alzando lo sguardo Didi lo riconobbe nonostante fosse nell’ombra dell’elicottero. Era un uomo di mezza età, i capelli biondi tirati indietro, una lunga cicatrice su un lato del volto e un sigaro tra le labbra.
Mentre Jake scartava di lato portando con sé il calice e gli altri tre avventurieri si riparavano dietro gli specchi della stanza, gli uomini dell'Organizzazione iniziarono a fare fuoco su di loro, non lesinando proiettili.
-Che facciamo?- chiese la professoressa Benoit a Stone, nascosto dietro al suo stesso specchio.
-Dobbiamo uscire vivi da qui, se per farlo deve sparare professoressa, beh, pensi che ne va della sua vita!- urlò l’uomo iniziando a mettere in pratica quello che aveva suggerito di fare alla donna, colpendo uno degli uomini più vicini.
-Ma… distruggeremo tutto!-
-Le ripeto, se vogliamo uscire vivi da qui dobbiamo essere pronti a fare qualsiasi cosa sia necessario.- aggiunse Stone, poco prima di uscire dal nascondiglio e iniziare a sparare ai loro assalitori. Era stata una fortuna avere con loro l’ex soldato, di certo la sua forza in una situazione simile non poteva che essere d’aiuto.
Come investita da un treno in corsa, Laura seppe perché Stone si trovava con loro in quell’impresa.
-Tu lo sapevi!- urlò rivolta verso Didi, mentre anche lui cercava di colpire i nemici con le sue due pistole quanto più possibile.
-Dovrai essere un pochino più specifica.- rispose lui, mentre un proiettile lo colpiva di striscio sul braccio sinistro.
-Sapevi che ci stavano seguendo, sapevi che qualcuno era sulle tracce della corona! Per questo abbiamo assoldato Stone! A cosa ci serviva un ex soldato altrimenti? Per portare le tende?!- sparò anche lei alcuni colpi, arrivando a colpire parti della stanza, senza riuscire a mirare a nessuno dei loro assalitori.
Di Laura si potevano dire molte cose, ma non che fosse un’abile pistolera.
-Lo sospettavo, ma non ne ero certo. Sapevo che la corona avrebbe finito per far gola a molti. Non pensavo però ci avrebbero attaccato veramente. Questa non è una delle situazioni in cui speravo di trovarmi.-
Jake sparò a due dei nemici e poi si nascose dietro uno degli specchi anche lui, ricaricando la pistola, avvicinatosi al punto in cui si trovavano Didi e la professoressa.
-Giochiamo a chi scaricare le colpe?- domandò con un sorriso rivolto alla professoressa, mentre dietro di lui Stone, aveva prima colpito un altro soldato e poi era uscito dal nascondiglio e si era gettato in mischia contro uno dei soldati più grossi, cercando di stenderlo con i suoi pugni, avendo finito i caricatori delle pistole.
-Non c'è nessuna colpa a essere previdenti e chiedere il favore a un amico soldato.- disse Didi scaricando il proprio caricatore su uno degli uomini nemici, colpendolo: -Non ero sicuro ci fosse veramente qualcuno sulle nostre tracce. Era un presentimento-
-Signori, ricordatemi di questo avvenimento quando tornerete da me con l'orrida idea di andare alla ricerca di qualcos’altro!- urlò Laura, uscendo dal suo nascondiglio e sparando contro una delle strutture intaccate dalla discesa degli uomini dal soffitto, provocando un crollo ancora più ampio nella stanza e facendo cadere un cumulo di pietre su gran parte dei nemici, di fatto salvando la situazione con la sua pessima mira.
Alcuni erano riusciti a evitare il crollo, ma ci vollero pochi altri minuti prima di metterli tutti fuori combattimento o in fuga da dove erano arrivati.
-Questa volta ce la siamo vista brutta…- sussurrò Jake sbirciando dal suo nascondiglio e cercando di capire se era rimasto ancora qualcuno in piedi.
Non vedendo più nessuno dei nemici, uscì fuori e guardò verso l’alto, riprendendo un minimo di fiato, notando un elicottero con un serpente dorato sulla fiancata che si allontanava producendo un fastidioso ronzio. Lo stesso che avevano sentito poco prima di entrare nella tomba.
-Quindi, signor Dalton, vuole dirci chi erano quelli?- domandò la professoressa incrociando le braccia al petto, osservando con cipiglio severo il contrabbandiere.
-È una lunga storia.-
-Abbiamo tutto il tempo che vuole.- rispose lei, sorridendogli. Non gliel’avrebbe data vinta quella volta, aveva bisogno di risposte sensate.
 

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Capitolo 3
*** Il pezzo mancante ***


 Bagdad – 25 giugno 199X
 
In una giornata soleggiata e calda, milioni di persone si affaccendavano per le strade della città irachena, facendo affari con i turisti, spostandosi per andare a lavoro negli altissimi palazzi del centro città o semplicemente camminando per raggiungere le mete della giornata.
Odori di smog, cibo tipico e spezie si altalenavano per le strade.
In una di queste strutture del centro, un albergo per turisti con almeno dieci piani di stanze, si apriva una finestra che mostrava la stanza di quattro avventurieri che abbiamo già avuto il piacere di seguire nella loro piccola avventura di qualche giorno prima, che li aveva lasciati con più domande che risposte, un calice d’oro su cui indagare e un nemico da evitare.
La professoressa Laura Benoit era seduta a un tavolino circolare, alle sue spalle Jake O’Donnell faceva avanti e indietro mentre si mangiucchiava le pellicine delle unghie, innervosito e spazientito per l’attesa, dato che avrebbe voluto buttarsi subito a capofitto in una nuova avventura e continuare a cercare la corona del re sumero.
Didi era anche lui seduto al tavolino e con uno sguardo indecifrabile, guardava fuori dalla finestra mentre faceva uscire sbuffi di fumo dal sigaro che stava fumando, mentre Stone, seduto poco più distante, giocava con un coltellino in attesa di mettersi all’opera, annoiato nell’aver perso anche troppo tempo.
-Allora? Sono tre giorni che continui a rigirarti quel calice tra le mani. Sei riuscita a decifrare quanto scritto oppure no?- domandò sfinito Jake alla professoressa.
-Senza i miei libri non è così facile come si immagina, per mia fortuna è scritto in un dialetto di un posto che ho studiato con il mio professore dell’università e riesco a ricordare alcuni dei segni, ma ce ne sono alcuni che non ricordo con precisione. Il fatto di non poter consultare i miei volumi mi crea qualche difficoltà, lo ammetto. Questa volta vorrei essere sicura di non sbagliare l’interpretazione di alcune parole, altrimenti invece di una corona chissà cosa potremmo trovare nella nostra spedizione.- disse Laura mentre avvicinava anche il disco d’argento per controllare di aver capito per bene quello che c’era scritto.
Era stato un suo errore l’interpretazione del disco d’argento, invece della tomba del re avevano trovato una stanza che avrebbe potuto condurli alla camera sepolcrale o direttamente interrompere le loro vite se qualcosa fosse andato per il verso sbagliato.
La tomba di Gilgamesh in realtà era nella città di Uruk e quella che avevano trovato era una stanza che avrebbe permesso loro di trovare la corona contenuta nella tomba insieme ad altri tesori del re.
La scritta in cuneiforme sul calice che avevano recuperato però aveva chiari collegamenti con il disco d’argento, chiaramente il pezzo mancante per trovare la tomba di Gilgamesh.
-Parla della tomba del re.-
-Anche del disco avevi detto che parlava della tomba del re, ma non mi pare che abbiamo trovato niente di simile nelle rovine della montagna.- s’intromise Didi, spegnendo i rimasugli del sigaro nel portasigarette.
-Perché avevo tradotto male un termine, in realtà non si riferiva alla tomba, ma al luogo che avrebbe potuto condurci alla tomba del sovrano.-
-Capisco… quindi, il calice era il pezzo che ci mancava per trovare la tomba?- chiese Jake.
-Esatto. In realtà, secondo il calice la tomba è nella città di Uruk, ma… c’è questa parte che non la comprendo perfettamente. Vedete questo?- indicò alla base del calice il disegno di quello che sembrava un anello. Jake si sporse verso di lei annuendo.
-Beh, questo anello a quanto pare è collegato con il sarcofago del re. Da come leggo dev’essere offerto al sovrano per avere accesso alla sua camera sepolcrale. È un po’ contorto, ma queste iscrizioni hanno sempre un significato diverso dal letterale.-
-Dovremmo chiedere al re di sposarci con un anello per entrare nella sua tomba?- sdrammatizzò Jake con un sorriso, prendendole il calice dalle mani e rigirandoselo per vedere meglio il disegno dell’anello.
-Quindi dovremmo trovare questo anello… indicazioni sul calice su dove potrebbe essere?- domandò Stone, pragmatico come sempre.
-C’è scritto che si trova nella città di Uruk, ma, in realtà io l’ho già visto.- disse riprendendosi il calice dalle mani di Jake, lanciandogli uno sguardo irritato.
Gli sguardi degli altri membri della spedizioni si puntarono su Laura a quelle parole.
-Che vuol dire che l’hai già visto?-
-Tre anni fa ero qui in città con il professor Delacroix, sapete? Quando c’è stata tutta la pubblicità per la scoperta della città di Uruk, il professore è riuscito a ottenere dei permessi per permetterci di visitare le rovine e il sito archeologico.-
-Dov’era quindi questo anello? In un museo della città?- chiese Didi. Ricordava quando erano stati scoperti i resti della città sumera, lui e Jake avevano lavorato per un po’ nella rimozione dei detriti e ammetteva che qualche reperto non era mai arrivato in un museo perché lo aveva fatto sparire lui sotto banco commerciando con alcuni potenti locali.
-Nel museo personale di Bassim Abbas.-
Didi e Stone si scambiarono uno sguardo che valeva più di mille parole. Conoscevano quell’uomo, avevano avuto modo di lavorare per lui.
Didi specialmente, aveva procurato non pochi pezzi per il suo museo personale.
Il problema di quell’uomo, un imprenditore facoltoso e famoso della città, che aveva traffici in tutto l’Iraq e anche fuori, arrivando fino in Brasile e in India, era che era così viscido, che nessuno voleva avere nulla a che fare con lui.
-Bassim Abbas, eh? Guarda un po’ non mi sorprende, ha praticamente più monili lui che il museo pubblico di Bagdad.- sussurrò Didi, passandosi una mano sui baffi, nervoso.
Sapeva che c’era un’altra persona che aveva avuto modo di avere a che fare con l’imprenditore, colui che li stava seguendo.
-Il museo è aperto al pubblico, ma dubito sia così semplice prendere quello che ci serve sotto il naso di Abbas.-
-Ricordo che la scorsa volta ci aveva fatto una visita guidata, illustrandoci pezzo per pezzo la sua collezione. Sembrava abbastanza fanatico per le cose provenienti dalle rovine di Uruk.- intervenne Laura.
-Questo Abbas non sembra una persona con cui avere facilmente a che fare, magari potremmo incastrarlo in qualche modo. Laura, potresti sedurlo e farti regalare l’anello.-
Laura, Didi e Stone scoppiarono in una fragorosa risata. Chiaramente sapevano qualcosa che l’altro ignorava, altrimenti non si spiegava quell’improvviso scoppio di risa.
-Cosa!?- esclamò Jake, infastidito da non conoscere qualcosa per il quale stava venendo preso in giro: -Che ho detto di male?!-
-Scusa Jake, è che Laura non riuscirebbe mai a fare breccia negli interessi di Abbas.- disse Didi smettendo di ridere e posando una mano sulla spalla del giovane.
-Diciamo che tu sei più il suo tipo.- aggiunse Laura, sorridendogli e notando che le sue parole avevano fatto arrossire l’altro.
-Oh, capisco. Beh, allora non c’è alternativa, lo sedurrò io.-
Didi e Stone si gettarono di nuovo un altro eloquente sguardo, trattenendo una risata.
-Jake… ti ricordo com’è finita quella volta a Glasgow quando volevi sedurre la figlia del boss della città?- domandò Didi aggrottando le sopracciglia.
-Mi stavo solo riscaldando, è stato un errore ponderato.-
-Non ti è andata bene nemmeno a Stoccolma, quando ci hai provato con la bibliotecaria. Diciamo che il tuo approccio non funziona.-
-Ma…-
-Beh, magari con un uomo andrà diversamente…- disse Laura, facendosi rotolare il calice tra le mani cercando di evitare di ridere di nuovo.
Un po’ le dispiaceva per Jake, lei lo trovava una persona interessante e sicuramente un bel ragazzo, anche se quando parlava la percezione che si aveva di lui cambiava drasticamente.
-Infatti!- esclamò l’altro ritrovando forza nelle parole della donna: -Forse piaccio più agli uomini che alle donne!-
Didi sospirò, ormai distoglierlo dall’obiettivo era impossibile.
-Domani mattina andremo al museo.-

Bagdad – 26 giugno 199X
 
Arrivarono al museo verso metà mattina, favoriti da una giornata soleggiata ma non troppo calda. La targa all’ingresso avvisava che il museo sarebbe stato aperto per le prossime due ore, poi i custodi sarebbero andati in pausa pranzo per riaprire nel pomeriggio.
All’interno la temperatura era più fresca, sui muri vi erano alcune telecamere che lampeggiavano, vicino l’ingresso si apriva un chiostro illuminato dall’alto, da cui si diramavano diverse porte che davano accesso alle varie sale del museo. In fondo, una scalinata bloccata da un cordone rosso con un cartello che vietava l’ingresso ai non addetti ai lavori.
Accanto all’entrata, un piccolo gabbiotto con un uomo che si occupava di fare i biglietti per i visitatori che entravano.
-Vorremmo quattro biglietti per il museo.- disse Didi, facendo un sorriso al custode che lanciò uno sguardo agli altri tre ospiti.
-Quale delle due è sua moglie?- domandò notando due donne in burqa dietro di lui e un giovanotto che continuava a guardarsi in giro.
-Ah? La più bella ovviamente.- rispose Didi con un sorriso e un occhiolino al custode.
Si avvicinò poi alla donna più alta, che lo superava di più di una spanna e gli mise una mano sul fondoschiena, suscitando un fischio ammirato dall’uomo all’ingresso: -Andiamo tesoro.-
-Toccami di nuovo e sei un uomo morto.- sussurrò Stone impercettibilmente.
-Reggimi il gioco, tesoro.-
-Ancora non capisco perché mi sia dovuto vestire con questa roba addosso.-
-Semplicemente perché Abbas potrebbe ricordarsi di te dato che sei stato tu che hai portato il materiale che gli ho venduto. Non era il caso rischiare.-
Entrando nella prima sala, i quattro si accorsero che c’era un uomo in giacca e cravatta seduto in un angolo che osservava il movimento dei visitatori. Non c’erano molti altri turisti nel museo a parte loro, un totale di dieci persone che entravano e uscivano abbastanza velocemente dalle sale dei reperti.
Nelle stanze, in totale una decina, vi erano delle teche coperte da un vetro non infrangibile, che racchiudevano vari oggetti. Alcuni erano chiaramente paccottiglia falsa, ma la maggior parte erano originali. Ogni tanto Didi indicava con orgoglio uno dei pezzi che aveva recuperato personalmente.
Ogni sala era dedicata a qualcosa, quella della città di Uruk era la più grande e ne occupava tre, una in cui vi erano parte degli edifici con decorazioni e incisioni sulla pietra, e le altre due a in cui vi erano oggetti ritrovati nelle città.
-Eccolo.- esclamò Laura, avvicinandosi al vetro, posando un dito su di esso, in cui vi era un piccolo anello dorato con una gemma aranciata incastonata al centro.
-Signorina, le devo chiedere di allontanarsi.- disse la guardia in fondo alla stanza.
-Mi scusi…-
Didi sussurrò qualcosa di impercettibile a Stone, che dopo un primo momento annuì.
Nel frattempo fece la sua comparsa il proprietario del museo, che si affacciò alla stanza della città di Uruk, parlando con la guardia che aveva urlato poco prima a Laura.
-Alle vetrine è attaccata una serie di cavi. Immagino che con una certa pressione facciano scattare un allarme.- disse Didi poco più ad alta voce, per farsi sentire da Laure e Jake poco più distanti: -Prendere l’anello vorrebbe dire sfondare il vetro e poi fuggire più veloci che possiamo. Non c’è un’alternativa valida con i mezzi a nostra disposizione.-
-Potremmo tornare di notte e cercare di forzare il vetro evitando di far suonare l’allarme.- propose Jake osservando il piccolo anello che avrebbero dovuto recuperare.
-Ne vale così tanto la pena?- chiese Stone: -Propongo di prendere l’anello e correre via da questa zona mescolandoci con la folla.-
-La fai facile tu, con quel burqa ti basterà toglierlo per mimetizzarti senza problemi tra i turisti.- lo rimbeccò Jake facendogli il verso.
-Potevi indossarlo anche tu.-
-Smettetela di fare i ragazzini.- li zittì Didi, notando che Abbas si avvicinava verso di loro.
-Signori, buon giorno.- disse l’uomo, con un forte accento arabo: -Volete approfittare della mia presenza per sapere qualcosa di più dei reperti contenuti nel museo?- domandò con un sorriso.
Jake lo ricambiò anche troppo e annuì.
-Ci farebbe molto piacere.- disse Didi, mentre si faceva guidare tra le vetrine dall’uomo, che iniziò a parlare di quello che avevano ritrovato e della storia della città di Uruk.
Dopo cinque minuti, vicino ad Abbas era rimasta solo Laura interessata alle sue parole e Jake, che tra una carezza e un sorriso di convenienza cercava con tutte le sue forze di portare in atto l’opera di seduzione che si era proposto.
-Quanti uomini ci sono in totale nel museo?- chiese Stone a voce bassa a Didi.
-Ne ho contati 5 compreso quello dell’ingresso.-
-Non sembrano armati. Sono allenati ma non dovrei avere troppi problemi a metterli fuori combattimento. Questa mascherata sta durando anche troppo, se vogliamo prendere l’anello conviene agire in velocità.-
-Possiedo altri pezzi nel mio studio privato di sopra, volete venire a vederli in mia compagnia?- chiese Abbas con un sorriso.
Didi e Stone si girarono increduli verso di loro. Jake era riuscito davvero nel suo piano?
-Sarebbe fantastico.- disse Jake con l’ennesimo sorriso, sfiorando il braccio dell’imprenditore con falsa pudicizia.
-Mi tocca rifiutare, sarebbe sconveniente per una donna entrare in una stanza con un altro uomo.- disse Laura abbassando lo sguardo a terra.
-Comprendo, porterò solo suo fratello allora, non è un problema fare una visita privata a un giovane che vuole imparare qualcosa.-
Mentre si allontanavano dalla sala e Abbas posava una mano sul fianco di Jake, questo si voltò per l’ultima volta verso gli altri compagni, facendo un cenno di vittoria con il pollice, scatenando una manata sul volto da parte di Didi.
Quel ragazzino sarebbe stato la sua rovina, lo sapeva.
-Adesso cosa dovremmo fare? Jake sarà anche riuscito a salire con Abbas, ma l’anello è qui sotto, non vedo l’utilità di dividerci.- sussurrò Laura, mentre si ricongiungeva agli altri due.
-Abbiamo una possibilità, se riusciamo a mettere KO la sicurezza velocemente, potremmo perlomeno evitare che ci inseguano quando prenderemo l’anello.- disse Stone, indicando l’uomo seduto dietro di loro che continuava a fissarli con sospetto.
-Quindi il piano è comunque sfondare il vetro, recuperare l’anello e scappare via più veloci che possiamo?- domandò Laura.
-Esatto e sarai tu Laura ad aprire il vetro.-
-Io!? Ma che cavolo stai dicendo Didi? Mi hai preso per una ladra?-
-Di necessità, virtù. Non si dice forse così?-
Stone si era nel frattempo spostato indietro, verso l’uomo della sicurezza. Fu una mossa improvvisa e doveva essere molto più efficace di quanto in realtà non fu.
Con un pugno ben caricato, l’ex soldato colpì il volto dell’uomo, senza dargli il tempo di realizzare se fosse stato un treno in piena corsa ad investirlo o qualcos’altro.
Purtroppo, non cadde subito al suolo e riuscì a far scattare l’allarme.
-Siete degli irresponsabili!- urlò Laura e scattato l’allarme, diede un forte colpo con l’estremità della trowel e il vetro andrò in frantumi. Si allungò e prese l’anello, stringendolo tra le mani e iniziando a correre verso l’uscita, mentre Stone continuava a prendere a pugni l’uomo della sicurezza che non ne voleva sapere di cadere a terra privo di sensi.
Nel frattempo, Jake era appena entrato nella stanza dell’uomo, quando, sentendo scattare l’allarme, allungò il sorriso in una scusa e tirò un cazzotto sotto il mento dell’uomo, che stramazzò al suolo senza un lamento.
Subito dopo, si gettò giù dalle scale, vedendo i suoi amici che stavano correndo via.
-Andiamo!- urlò Laura a Jake, mentre usciva dalla stanza evitando due turisti e uscendo fuori dal museo, seguita a ruota da Didi e Jake.
Stone diede l’ultimo colpo, facendo stramazzare al suolo la guardia e fuggendo anche lui fuori dal museo.
Una volta in strada, mentre il suono dell’allarme continuava a seguirli, sentirono chiaramente il rumore dei passi delle altre guardie che li stavano seguendo fuori dal museo, pronti a riacciuffarli.
Stone togliendosi il burqa nel primo angolo buio disponibile diventò praticamente invisibile ai loro inseguitori.
Jake trascinò Laura dietro una bancarella, sperando che il nascondiglio servisse a depistare gli inseguitori che gli passarono davanti inseguendo Didi in quello che era un vicolo cieco a pochi metri dal loro nascondiglio. L’uomo continuò a correre, non sapendo che la strada si sarebbe interrotta, fino a quando si ritrovò con le spalle al muro e tre uomini dietro di lui.
-Signori… analizziamo la situazione con calma, ok?- si girò verso di loro alzando le mani, ormai certo di essere spacciato, ma non arrendendosi all’evidenza.
-La analizzerai con il signor Abbas in persona.- ringhiò uno di quelli, mentre si avvicinava minaccioso, facendo scrocchiare le nocche come ogni cattivo che si rispetti.
-Dobbiamo fare qualcosa per aiutare Didi, Jake.- sussurrò Laura, mentre osservava la scena protetta tra le stoffe della bancarella.
-Stai pronta a correre…- disse lui, alzandosi all’improvviso in piedi e attirando l’attenzione degli uomini verso di lui: -Ehi! Cercavate l’anello rubato? Beh, ce l’ho io! Venite a prendermi se riuscite!- disse prendendo per mano Laura e iniziando a correre via.
Attirò l’attenzione di quegli uomini per pochi secondi, che bastarono a Didi per scavalcare la recinzione che gli sbarrava la strada e scomparire tra le vie di Bagdad, facendosi scappare un verso entusiasta.
-Dannazione!- esclamò uno degli uomini, correndo dietro a Jake e Laura, sperando di riuscire a riacciuffare almeno loro dato che il suo principale obiettivo era scomparso nel nulla.
-Dovevi proprio coinvolgermi?!- esclamò la professoressa cercando di risparmiare fiato ma essendo ormai stufa di scappare.
-Non potevi rimanere lì da sola, no?- disse Jake, ridacchiando e continuando nella corsa, come se si stesse divertendo nel fuggire via: -Seguimi, poniamo fine a questa storia.- disse Jake infilandosi in una porta aperta di chissà che esercizio commerciale, trascinando con lui Laura.
Rimasero per un istante uno di fronte all’altra, riprendendo fiato e aspettando che i passi passassero dalla posizione in cui si trovavano.
Nel frattempo, un uomo si affacciò dai piani superiori del museo. Su un lato del viso c’era una profonda cicatrice, portava i capelli all’indietro di un colore biondo cenere e c’era un simbolo di un serpente dorato sulla divisa che indossava.
Nel mentre, l’arabo si rialzò da terra, portandosi una mano sul mento, dolorante per il colpo ricevuto da Jake.
-Ottimo lavoro.- disse l’uomo con la cicatrice, mentre notava un uomo baffuto che camminava nella strada sottostante, sorridendo soddisfatto.
 

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Capitolo 4
*** La corona del re ***


 Qualche km fuori Bagdad – 27 giugno 199X
 
-Dove hai recuperato questa jeep sgangherata?- domandò Stone a Didi, che guidava per le strade dissestate fuori dalla città, diretto verso le rovine dell’antica città di Uruk.
-Mi hanno fatto un prezzo di favore per questo gioiellino, non insultarla!-
Laura sorrise mentre guardava con attenzione l’anello d’oro, posto all’interno di una busta trasparente.
-Allora, che ne pensi?- domandò Jake indicandole l’oggetto.
Laura alzò le spalle: -Non saprei. L’iscrizione è per certi versi chiara… “il suo posto è con il re”. Qualcosa vorrà dire, ma non saprei proprio che cosa intenda. Probabilmente qualcosa che potremmo vedere coi nostri occhi una volta entrati nella città di Uruk.-
Ci misero circa 4 ore per arrivare nel punto in cui si trovavano le antiche rovine della città sumera e sebbene tutti fossero già stati in quel luogo, rimasero comunque a bocca aperta nel trovarsi tra le varie strutture di pietra.
Vi era un recinto che impediva l’accesso a non addetti ai lavori, fortunatamente la professoressa Benoit era riuscita a ottenere un lasciapassare per tutti e quattro, quindi all’ingresso li fecero entrare senza problemi. Alcune tende erano vicine a delle strutture non ancora completamente esplorate, altre invece erano posizionate più lontane, posto abilitato a luogo di studi dei reperti che sarebbero emersi dalle rovine della città.
-Sappiamo dove dobbiamo andare?- domandò Stone, imbracciando il fucile scendendo dalla vettura.
-Sì, il calice era abbastanza chiaro. Dobbiamo superare quei due edifici, poi, girare verso la grande fontana – o almeno quella che doveva essere la fontana – e proseguire dritto, per circa 3 miglia, poi dovremmo trovare l’ingresso della cripta.-
-E nessuno ancora ha esplorato quel luogo?- domandò Jake dubbioso.
-Da quello che so sono scesi, ma non hanno trovato niente all’interno.- si intromise Didi, prendendo un sorso d’acqua dalla borraccia prima di riempirla con la bottiglia che avevano portato in auto.
-Sì, tutto qui nella città è stato già esplorato. Molti degli oggetti nei musei provengono da questa città.- disse Laura, mentre osservava un punto sulla mappa.
-Chissà allora perché non sono riusciti a trovare la tomba del re.-
-Probabilmente deve avere qualche meccanismo nascosto da dover azionare e nessuno è mai riuscito ad avere tutti gli elementi per risolvere l’enigma.-
Stone alzò le spalle e si mise un paio di occhiali scuri: -Beh, vorrà dire che saremo i primi. Siete pronti per andare a scoprire la storia?-
-Tsk, per chi mi hai preso? Io sono nato pronto!- esclamò Jake partendo all’avventura.
Didi, Laura e Stone si guardarono abbozzando una risata, poi iniziarono a seguire il giovane lungo la strada.
Esplorarono per una mezz’ora tra i resti della città, cercando di orientarsi nella mappa mentale che Laura aveva fatto per loro, trovando gli esatti posti che gli aveva indicato.
Trovare l’ingresso alla cripta non fu difficile.
Accese le torce i quattro si infilarono all’interno, scendendo delle scale ben lavorate. In breve arrivarono in una stanza sotterranea molto ampia, in cui c’erano ancora le tracce del passaggio di alcuni archeologi venuti prima di loro.
Sei statue di guerrieri erano posizionate negli angoli, simili a quelle che avevano incontrato nella cripta sul monte Ararat, che guardavano verso una statua a dimensioni naturali posta al centro della stanza. La posa era regale, con le mani in avanti appoggiate sul pomo di una spada di pietra. Davanti ad essa, c’era un sarcofago di pietra scoperchiato e vuoto di dimensioni simili alla statua, che sembrava essere già stato spogliato delle ricchezze che possedeva.
Oltre quello non si vedevano altre aperture o stanze nascoste.
Cercarono intorno alla stanza per qualche minuto, cercando di arrivare alla soluzione dell’enigma, non riuscendo a trovare però nessun punto cavo.
-Il suo posto è con il re…- sussurrò Jake, guardando la statua posta sopra il sarcofago: -Laura, vieni un attimo qui.- le chiese poi di poter avere l’anello, infine si inginocchiò verso la spada.
-Che stai facendo? Gli stai chiedendo di sposarti?- chiesa la professoressa, osservando i suoi movimenti.
Jake infilò l’anello al mignolo della statua, poi si sentì nuovamente il rumore di un meccanismo nascosto appena azionato.
-Il suo posto è con il re, giusto? Quale posto migliore della sua mano per un anello?- disse Jake sogghignando, felice di essere giunto a quella conclusione.
Laura guardò Jake incredula, poi si getto contro di lui, abbracciandolo.
-Sei un genio!- esclamò guardando poi il muro alle spalle della statua, mentre le pareti slittavano aprendo un passaggio su una stanza nascosta.
Stone si avvicinò al giovane e gli passò una mano a spettinargli i capelli.
-Ottima trovata ragazzo, sei utile anche tu allora.-
-Ah ah, grazie.- sbuffò Jake, mentre si spostava verso l’ingresso della stanza appena scoperta, illuminandola con la torcia.
I quattro trattennero a stento un’esclamazione, quella era una vera e propria stanza delle meraviglie. Le pareti erano decorate da bassorilievi con l’Epopea di Gilgamesh e di fronte all’ingresso vi era proprio l’incoronazione del re di Uruk.
All’interno, deposte per terra o su basamenti di pietra vi erano monili, oggetti e monete d’oro, con vasellame e rimasugli polverosi che dovevano essere probabilmente qualcosa di organico che non aveva resistito alle intemperie del tempo.
Al centro della stanza, un altare.
Laura si avvicinò alle decorazioni parietali, osservando con interesse quello che avveniva nei bassorilievi. In una rappresentazione c’era un calice che veniva appoggiato su un altare somigliante a quello che si trovava nella stanza.
-Didi, guarda un attimo l’altare.-
-C’è un solco su cui inserire qualcosa sopra.-
-Prendi.- disse la professoressa, passando all’uomo il calice d’oro che avevano ritrovato nella stanza esagonale sulla montagna.
Didi posizionò il calice sopra il cerchio inciso sull’altare, facendo combaciare perfettamente le due cose.
Lentamente, il rumore di meccanismi scattò di nuovo facendo affondare il calice nell’altare, aprendo un alcova dapprima nascosta alla vista.
In questa zona segreta risplendeva, su un cuscino che aveva resistito al tempo trascorso, una splendente corona d’oro. Poco più in basso, in un altro scomparto, un manoscritto rilegato in pelle scura.
Gli occhi di Laura e quelli di Didi brillarono nel vedere cos’era apparso, finalmente la loro ricerca era terminata, avevano trovato la corona del re Gilgamesh.
-Ora quelli vengono con noi.-

I quattro si voltarono sorpresi, notando che all’ingresso della stanza si trovava l’uomo con la cicatrice e sei soldati armati di fucile.
-Quindi eri davvero tu Hans.- ringhiò Didi, avendo la definitiva conferma su chi fosse l’uomo che li aveva inseguiti per tutta la loro avventura mettendogli i bastoni tra le ruote e rischiando di farli morire prematuramente.
-Desidererei che mi chiamasse con il mio titolo signor Dalton.- sorrise l’uomo.
-Ouch, questo fa male signor colonnello, dopo tutto quello che abbiamo passato siamo diventati due estranei?-
-Finiamola qui, vi va?- con un gesto della mano diede l’ordine ai suoi uomini di iniziare ad aprire il fuoco: -Non credo nessuno di noi abbia voglia di perdere più tempo del necessario con queste cazzate.-
-Dannazione!- Laura recuperò il manoscritto e la corona e si riparò dietro l’altare di pietra, cercando di capire come poteva uscire da quella situazione senza rovinare i reperti che faticosamente avevano recuperato.
Perché dovevano sempre esserci sparatorie quando tutto sembrava essersi risolto senza intoppi?
-Stone! Spero tu abbia un piano!- esclamò Didi, cercando di ripararsi dal fuoco nemico, recuperando le pistole nelle fondine.
-Sparate a vista!- disse, iniziando lui per primo a sparare con il fidato fucile, nascosto dietro un piccolo tesoretto.
Jake da canto suo decise che sarebbe stato più utile attaccare direttamente il pezzo grosso e si gettò, incurante dei proiettili che gli passavano anche troppo vicino, contro colui che aveva identificato come nemico, cercando di colpire con un pugno il Rivale.
Didi urlò il suo nome vedendolo compiere l’ennesima azione impulsiva.
Il colonnello scartò di lato e poi sorrise al giovane, facendogli segno di riprovarci.
-Stone! Devi andare ad aiutare Jake, si farà ammazzare!- esclamò Didi, colpendo uno dei soldati che cadde al suolo.
Stone osservò la situazione, valutando i rischi del suo uscire allo scoperto e ingaggiare un nemico che avrebbe potuto tenere testa persino a lui.
Il primo colpo arrivò alla tempia di Jake, ricambiato da uno sulla mascella del militare e un montante sotto il suo mento, il secondo lo colpì alla bocca dello stomaco, spezzandogli il fiato e mentre il giovane arretrava, il soldato estrasse un fioretto dal fianco.
-Signor O’Donnell, vedo che ha una buona dose di coraggio dalla sua. Ma se pensava di mettermi in difficoltà dovrà ripensarci. Ho affrontato avversari ben più duri di lei.- disse il colonnello, mettendosi in posizione d’attacco.
-Così duri che ha bisogno di tirare fuori un’arma per contrastarmi?- domandò Jake pulendosi un rivolo di sangue ai lati delle labbra.
-Chiamiamola precauzione.-
Un colpo di pistola sibilò vicino le orecchie dei due. Laura aveva tentato di colpire il colonnello con la sua arma, mancando purtroppo il bersaglio.
Jake approfittò del momento per recuperare da terra quella che doveva essere una vecchissima spada, che sperò non gli si rompesse tra le mani.
-Quello è un reperto antichissimo! Che cosa diamine fai!?- urlò Laura, sparando un nuovo colpo verso di loro, colpendo uno degli uomini che facevano fuoco di copertura, facendolo cadere a terra, nonostante avesse mirato ad altro era il risultato che contava, no?
Jake non aveva mai ricevuto un’educazione nell’uso della spada, così ci volle nemmeno un minuto prima che il colonnello non gli tirasse un colpo per fargli perdere la lama, puntandogli il fioretto sul petto.
-Bene. Possiamo dichiarare concluso il nostro piccolo scontro. Mi aiuta a far arrendere i suoi compagni o preferisce perire qui e ora?- domandò, spingendo dapprima delicatamente e poi sempre più forte sul petto dell’altro, facendo affondare la punta del fioretto nella sua carne.
-Non così in fretta!- Stone si gettò contro di lui dal suo lato cieco e lo colpì con un pugno sul volto, facendogli perdere la presa sull’arma e cadere a terra per la forza che aveva utilizzato.
-Stai bene?- Stone si rivolse poi a Jake, un volto serio ma che lasciava trasparire preoccupazione per le sue condizioni. Era contuso e sanguinante, ma non sembrava in pericolo.
-Ah, per chi mi hai preso? Sto splendidamente.-
Il colonnello si rialzò in piedi, gettandosi in un corpo a corpo contro Stone, che non chiedeva di meglio da quello scontro.
Jake si appoggiò a una delle strutture, riprendendo fiato e controllando un colpo all’addome che continuava a perdere sangue. Forse non stava splendidamente come aveva detto poco prima, prese il foulard che aveva al collo e strinse sulla ferita, sperando di tamponarla per quanto possibile.
Un colpo di pistola arrivò a un uomo che crollò a terra proprio davanti a lui.
-Jake, copriti, non stare in mezzo alla stanza come un idiota!- urlò Didi dopo averlo aiutato con quel colpo al soldato che gli stava avvicinando.
Didi e Laura nel frattempo continuavano a sparare contro i nemici ancora in piedi, che ormai erano rimasti in due e sembravano più intenzionati a scappare che continuare quell’inutile sparatoria.
I rumori che provenivano dalla tomba inoltre, non erano così rassicuranti come poteva sembrare, avevano sicuramente colpito più di un punto cardine per l’equilibrio di quella stanza e prima o poi sarebbe crollata. Tutti speravano che non crollasse addosso a loro.
Didi però ebbe una delle sue idee, brillanti e pericolose al tempo stesso.
-Professoressa, ha messo in salvo corona e manoscritto?- domandò Didi, accorgendosi che aveva finito i caricatori.
-Certamente. Sono al sicuro nella mia borsa.-
Didi annuì, c’era solo una cosa da fare allora, probabilmente si sarebbe pentito più avanti, ma se volevano salvarsi da quella situazione non c’era alternativa.
Tirò fuori un candelotto dallo zaino e un accendino e poi chiuse gli occhi, come facendo una preghiera. Jake lo osservò scandalizzato, tornando a focalizzarsi su Stone che continuava a scambiare pugni con il loro Rivale, ignaro del piano del compagno.
-Signor Dalton, non avrà intenzione…-
-Se vogliamo uscirne è l’unico modo. Si prepari.-
Laura non se lo fece ripetere due volte e si appiattì dietro l’altare, portandosi le mani sulle orecchie.
-Stone!- esclamò Jake, cercando di avvisare l’altro, ottenendo come risultato che al soldato arrivò un pugno ben assestato sulla mascella, che venne però subito ricambiato dall’altro.
Didi accese la miccia e poi lanciò il candelotto verso uno dei muri portanti della struttura.
L’esplosione causò un rumore sordo, poi, pezzi di pietra iniziarono a cedere alla gravità e a cadere al suolo.
Il calice iniziò a riemergere dall’altare, facendo scattare nuovamente il meccanismo, mentre la stanza tremava, i soldati rimasti in piedi iniziavano a scappare trascinando i colleghi a terra e Stone e il suo nemico continuavano a scambiarsi pugni incuranti che tutto stesse per crollargli addosso.
-Stone!- urlò di nuovo Jake, facendolo distrarre nuovamente e beccare un altro pugno al suo compagno: -Dobbiamo andare!-
-Devi smettere di distrarmi!- urlò Stone, sfogandosi sul nemico con un pugno più forte del solito, facendolo stramazzare a terra, sfinito.
-Se non te ne sei accorto dobbiamo andare, sta crollando tutto!-
Laura recuperò il calice e poi si mise vicino a Jake, aiutandolo a rialzarsi.
Didi si avvicinò al colonnello, mentre riprendeva fiato dalla scazzottata con Stone. Nonostante dovesse odiarlo, c’era ancora una parte di lui che considerava l’altro un amico, ricordandosi le avventure che un tempo, quando ancora non si era fatto sedurre dal potere, avevano vissuto insieme.
-È finita.- disse, allungandogli una mano.
Hans lo guardò pieno di odio, afferrò la sua mano e la tirò verso di sé, alzandosi e avvicinandosi all’orecchio dell’altro.
-Tornerò.- sussurrò, mentre la mano sinistra affondava nello stomaco di Didi con un piccolo pugnale, lasciandolo e fuggendo dalla stanza che continuava il suo crollo.
Didi si girò verso gli altri, la macchia di sangue che si allargava sul bianco della canottiera che indossava: -Stone- disse, poco prima che le gambe gli cedettero.
L’ex soldato gli si avvicinò prendendolo in spalla senza dargli tempo di dire o fare altro.
-Sempre il solito illuso. Devi cancellare il tempo passato con lui.- gli disse mentre lo sistemava al meglio e iniziava a camminare verso l’uscita: -Professoressa, riesce a gestire Jake?- domandò, contuso ma ancora in grado di trasportare Didi fuori dalla stanza.
-Nessun problema.- disse la donna, mentre con una mano alla vita di Jake e quella dell’altro sulle sue spalle iniziava a camminare verso l’uscita.
-È uno spreco lasciare tutto quest’oro.- borbottò Didi, mentre premeva sulla ferita per evitare di perdere troppo sangue e si lasciava trasportare da Stone fuori dalla stanza.
-Se non avessi fatto l’idiota avrei potuto trasportare qualcosa di prezioso invece della tua vecchia zavorra.-
Didi rise.
Arrivati all’esterno, la stanza si richiuse dietro di loro, lasciando un’enorme voragine dove poco prima si vedeva la superficie della stanza in cui si erano calati per cercare la tomba.
Dietro di loro non c’era alcuna traccia dei soldati con il simbolo del serpente dorato, né alcuna traccia del colonnello Hans.
 

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Capitolo 5
*** Epilogo ***


Parigi - 10 luglio 199X
 
Nel museo del Louvre il via vai di gente era continuo. Quel giorno era stata inaugurata una nuova sala sumera, in cui vi erano stati inseriti i reperti riportati dalla professoressa Benoit, dopo la sua spedizione a Bagdad.
I vari monili della civiltà sumera erano stati per l’occasioni inseriti in un’unica stanza tematica e, al centro della sala, la ricostruzione dell’altare, con sopra un cuscino rosso e la corona del grande re Gilgamesh faceva la sua figura, brillando sotto i riflettori.
Spostati leggermente, in altre teche, vi erano alcuni reperti dell’oro della tomba, recuperati dopo degli scavi che avevano ritrovato la stanza andata sepolta, il calice ritrovato sul monte Ararat e il manoscritto, aperto e protetto con tutte le cure del caso.
Il direttore del museo rilasciava un’intervista a dei giornalisti televisivi, spiegando per filo e per segno come aveva scoperto e collegato tutti i puntini, prendendosi il merito, mentre ai bordi della stanza, eleganti nei loro completi da sera, c’erano i nostri quattro avventurieri, che osservavano la scena, soddisfatti.
-Direi che il direttore nonostante tutto pare soddisfatto.- disse Jake, portando le mani dietro la testa e sorridendo agli altri.
-Nonostante gli siate costati una fetta molto importante di guadagno, il prestigio che ha ottenuto vale la separazione di qualche migliaio di euro.- rispose Laura, sorseggiando dal calice di champagne che aveva in mano.
-Un peccato non aver potuto recuperare altro oro.-
-La prossima volta ci penserai due volte prima di dare la mano a un nemico che ha tentato fino a due secondi prima di ucciderci.-
Didi rise, scolando anche lui il bicchiere che aveva tra le mani.
I quattro si allontanarono, uscendo dal museo, mentre il cielo stellato e i lampioni illuminavano l’ingresso e la loro dipartita.
-Beh, al prossimo ritrovamento, allora.- Jake si volse verso Laura con un sorriso d’intesa, notando che la professoressa arrossiva leggermente al suo guardarla negli occhi.
-Devo in effetti parlarvi del libro che abbiamo ritrovato…- disse la professoressa, tirando fuori da una borsa che stonava con il suo vestito da gala elegante, un manoscritto fotocopiato, scritto in cuneiforme, sulle cui pagine vi erano descrizioni di armi, oggetti e monili con disegni di mappe e luoghi disseminati in tutto il mondo.
-Insomma, avremo un po’ da fare per i prossimi cinquant’anni…- rispose Stone, guardando con interesse i disegni del manoscritto.
-Sono sempre pronto ad andare all’avventura!- esclamò Jake.
-Fintanto che c’è un guadagno in quello che faccio, anch’io.- sussurrò Didi, mentre iniziava a scendere le scale del museo per chiamare un taxi.
Mentre nessuno lo vedeva, tirò fuori l’anello con la pietra ambrata e con un ghigno se lo mise nel bavero della giacca, alzando la mano per attirare l’attenzione del taxi.

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