My winter storm

di Abby_da_Edoras
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap. 1: My winter storm ***
Capitolo 2: *** Cap. 2: Between the flags ***
Capitolo 3: *** Cap. 3: I want my tears back ***
Capitolo 4: *** Cap. 4: We had everything ***
Capitolo 5: *** Cap. 5: Lying down ***
Capitolo 6: *** Cap. 6: Valkyries ***
Capitolo 7: *** Cap. 7: Start another round ***
Capitolo 8: *** Cap. 8: Raise your banner ***
Capitolo 9: *** Cap. 9: Don't believe in accidents ***
Capitolo 10: *** Cap. 10: Ravenheart ***
Capitolo 11: *** Cap. 11: I am the fire ***
Capitolo 12: *** Cap. 12: Songs the night sings ***
Capitolo 13: *** Cap. 13: Now & Forever ***
Capitolo 14: *** Cap. 14: In the dark ***
Capitolo 15: *** Cap. 15: The Truth beneath the Rose ***
Capitolo 16: *** Cap. 16: Silver night ***
Capitolo 17: *** Cap. 17: I am free ***
Capitolo 18: *** Cap. 18: Towards the sun ***



Capitolo 1
*** Cap. 1: My winter storm ***


MY WINTER STORM

 

Cap. 1: My winter storm

 

Go back to sleep forever more
Far from your fools and lock the door
They're all around and they'll make sure
You don't have to see what I turned out to be
No one can help you
I walk alone
Every step I take, I walk alone
My winter storm holding me awake
It's never gone when I walk alone!

(“I walk alone” – Tarja Turunen)

 

Aethelred viveva a Kattegat da poche settimane e ancora non aveva capito se si trattasse di un sogno realizzato oppure di un incubo spaventoso, molto simile a quello che lui stesso aveva fatto poco tempo prima di partire. Non aveva trovato ostili i vichinghi, al contrario, quella era la parte più bella della sua nuova esistenza. Tutti lo trattavano con cordialità e amicizia e lui si sentiva parte di una vera, grande famiglia, come aveva sempre desiderato e mai avuto. Bjorn lo aveva preso in simpatia dopo che aveva avuto il fegato di contraddirlo davanti ai suoi uomini e adesso lo considerava un vichingo fatto e finito e spesso chiedeva a lui consigli su come governare… il che aveva pure un senso, visto che Aethelred sarebbe dovuto diventare Re del Wessex mentre Bjorn La Corazza era sempre stato un guerriero e un esploratore e non aveva la più pallida idea di ciò che significasse fare il sovrano!

Lagertha, invece, aveva deciso di ritirarsi dalla vita pubblica e lasciare finalmente gli oneri e gli onori al figlio Bjorn e agli altri giovani. Aveva acquistato un pezzo di terra fuori Kattegat e vi aveva ricostruito la vecchia fattoria di quando era ancora sposata con Ragnar e Bjorn e Gyda erano bambini, desiderando vivere i suoi ultimi anni in pace, senza più guerre e combattimenti e occupandosi dei nipotini. Del resto, a ben vedere, Lagertha era ormai oltre la cinquantina e si era pur guadagnata il diritto di andare in pensione!

Aethelred si era reso utile anche in quel caso, dando una mano a Lagertha nella ricostruzione della casa e dei recinti per il bestiame, insieme a Ubbe e Torvi e qualche altro amico della donna. Era felice di poter fare qualcosa per Lagertha che, in fondo, gli aveva salvato la vita opponendosi decisamente a Judith e che, adesso, lui considerava una madre adottiva.

Dunque qual era il problema, visto che Aethelred si sentiva perfettamente a suo agio a Kattegat e, anzi, era diventato a tutti gli effetti un altro membro della famiglia dei vichinghi?

E’ presto detto, il problema era Hvitserk.

Hvitserk aveva iniziato a comportarsi stranamente già nei primi giorni in cui gli altri stavano pianificando la ricostruzione di Kattegat e le loro nuove vite. Uno dei primi scontri l’aveva avuto con Bjorn quando il nuovo Re di Kattegat era stato chiamato a decidere delle vite di alcuni dei fedelissimi di Ivar, che non si erano piegati a lui e non ne avevano nemmeno la minima intenzione.

“Dovresti farli giustiziare” aveva sentenziato, con una voce tagliente e uno sguardo pieno di odio che Aethelred non gli aveva mai visto prima. “Devono morire, così come le tante persone che loro hanno ucciso eseguendo gli ordini di Ivar!”

“Ma io non sono Ivar e non voglio essere come lui” era stata la risposta di Bjorn. “Tuttavia li punirò molto severamente, con una pena ancora peggiore della morte. Saranno marchiati come fuorilegge e banditi per sempre da Kattegat e da qualsiasi società civile, vivranno nei boschi come bestie e non avranno mai più una vera casa.”

“Non vuoi sporcarti le mani, Bjorn?” lo aveva provocato Hvitserk, al che parecchi si erano accorti che il giovane era ubriaco. “Certo che no, vero? Tu vuoi mostrarti un sovrano migliore di Ivar, non uccidi i suoi seguaci, non organizzi un esercito per andarlo a cercare…”

“Io, come la maggioranza della gente di Kattegat, voglio vivere in pace, Hvitserk” aveva replicato Bjorn.

“Pace? Non ci sarà mai pace finché non avremo ucciso Ivar! Lui è là fuori, ci spia, aspetta soltanto un momento di debolezza per colpirci!”

“Tu sei ossessionato da Ivar, Hvitserk” era stato il brusco commento di Ubbe, piuttosto seccato. “Credi che gli dei abbiano incaricato te di ucciderlo, ma non puoi saperlo. E comunque, sarebbe assurdo mettere in piedi un esercito e iniziare a perlustrare ogni luogo senza neanche sapere dove cercarlo. Potrebbe essere ovunque!”

“Sarebbe assurdo partire per cercare Ivar ma non è assurdo preparare due navi per raggiungere una terra in Occidente che nemmeno sai dov’è” aveva obiettato, caustico, Hvitserk.

“Potremmo cercare di non litigare almeno fra di noi? Hai ragione, Hvitserk, Ivar è e resta un pericolo, ma noi ci addestreremo per essere pronti se e quando ci attaccherà” aveva detto Aethelred, cercando di mettere pace e, soprattutto, di trattenere quello spirito ostile e rancoroso che non credeva Hvitserk possedesse… “Nel frattempo Bjorn deve governare questa città come meglio crede ed è giusto che voglia la pace, così come sta facendo in Wessex mio fratello Alfred.”

Hvitserk non aveva ribattuto alle parole di Aethelred e, più tardi, gli aveva chiesto scusa per essersi comportato in modo sgradevole. Tuttavia il Principe non si era tranquillizzato: il giovane vichingo sembrava davvero ossessionato dall’idea della vendetta e dalla convinzione di essere destinato dagli dei a uccidere Ivar. Questa fissazione era giunta a un punto tale da renderlo irriconoscibile, spingerlo a ubriacarsi e a passare molto tempo per conto suo, chissà dove, a rimuginare sul suo presunto fato.

Lo stesso era accaduto quel giorno, dimostrando che non si era trattato di un episodio isolato, bensì di un vero e proprio disaccordo tra Hvitserk e i suoi fratelli.

Bjorn aveva ricevuto due messaggeri inviati da Re Harald che, nel frattempo, era ritornato nel suo Regno e lo aveva trovato occupato da uno straniero, un tale Olaf che lo aveva preso prigioniero. Harald chiedeva a Bjorn di aiutarlo con un esercito, visto che lui era stato al suo fianco per la riconquista di Kattegat, ma Bjorn non era tanto convinto. Non gli piaceva poi tanto l’idea di impegnarsi nuovamente in una battaglia dall’esito incerto, per una persona che, tutto sommato, non era così affidabile come voleva sembrare e lasciando indebolita Kattegat appena riconquistata; aveva quindi deciso di chiedere consiglio ai familiari e agli amici.

“Kattegat deve essere la tua priorità, Bjorn” disse Lagertha, che quel giorno era venuta in visita dal figlio. “Re Harald questa volta ti ha aiutato, è vero, ma quante altre volte è stato nostro nemico? Io non mi fido di lui.”

“E’ proprio questo il problema, madre. Io non voglio lasciare Kattegat e non mi fido del tutto di Harald, ma è anche vero che adesso sono un Re e non posso ignorare la richiesta di aiuto di un altro Re” Bjorn era veramente molto confuso, si vedeva lontano un miglio che la corona sulla testa gli pesava e parecchio. Com’era più facile la vita quando non aveva tante responsabilità e doveva preoccuparsi solo di terre da razziare o luoghi da esplorare! “Per questo sto chiedendo un consiglio a tutti voi, non voglio decidere da solo come fanno i tiranni.”

“Io davvero non so cosa dirti, Bjorn” disse Ubbe, “sono sicuro che sarai in grado di prendere la decisione giusta.”

“Tu cosa ne pensi, Hvitserk?” domandò allora Bjorn al fratello.

“Non penso niente” buttò là il giovane, di nuovo palesemente ubriaco nonostante fosse pomeriggio. Aveva uno sguardo strano, stavolta, non più ostile bensì allucinato. Pareva essersi svegliato giusto allora, pallido e scarmigliato, senza più le sue trecce e treccine…

“Avrai pure una tua opinione” insistette Bjorn. Si era accorto benissimo che Hvitserk era fuori di sé da giorni e pensava che, coinvolgendolo maggiormente nella vita politica di Kattegat, sarebbe riuscito a distrarlo dalla sua fissazione per la vendetta.

Macché!

“La mia opinione è che andare ad aiutare Re Harald sia una follia e che dovresti piuttosto utilizzare le nostre forze per andare a cercare Ivar” dichiarò allora il giovane che, sinceramente, iniziava a sembrare un disco rotto.

Bjorn finì per alzare gli occhi al cielo, sbuffando.

“Insomma, volete proprio che prenda una decisione da solo, allora!”

“Il Re sei tu” commentò Ubbe, “e, detto tra noi, sono proprio contento di non essere al tuo posto!”

Deluso, Bjorn pensò quindi di rimandare ancora la decisione e, nel frattempo, di parlarne con Gunnhild, sua moglie, e di nuovo con Lagertha.

Tuttavia la questione non era tanto se andare o meno in aiuto di Harald, quanto il comportamento sempre più strano di Hvitserk che, per dirla con parole moderne, sembrava che si fosse appena fatto una canna o anche qualcosa di più pesante. Aethelred non capiva cosa gli stesse succedendo e perché fosse tanto ossessionato da Ivar. Aveva anche cominciato a pensare che, in realtà, Hvitserk fosse insoddisfatto perché avrebbe voluto sposare Thora e partire per l’Inghilterra con lei. Si era costretto a restare perché si sentiva in obbligo verso Aethelred e questo lo rendeva frustrato e nervoso, perciò si ubriacava e se la prendeva con i fratelli.

Il giovane Principe era angosciato e addolorato nel vedere Hvitserk così infelice. L’idea di vederlo partire lo devastava ma era molto peggio assistere alla sua autodistruzione.

Sì, quella stessa sera gli avrebbe parlato, doveva fare qualcosa, non poteva continuare così.

Ovviamente, Hvitserk lo raggiunse in camera molto tardi e in condizioni ancora più pietose. Pallidissimo, gli occhi lucidi come se avesse la febbre e più spettinato di prima, abbozzò un sorriso sforzato nel vedere Aethelred, quasi non volesse preoccuparlo… ma il Principe era già fin troppo in pena per lui!

“Hvitserk, io non ce la faccio più a vederti così” gli disse, in tono accorato. “Ti stai facendo del male e non riesco a capire perché e così non posso aiutarti. Dimmi cosa ti tormenta, per favore!”

“Lo sai già cosa mi tormenta” rispose Hvitserk, sedendosi sul letto e cercando di apparire disinvolto, ma anche la voce era più debole, quasi tremante. “Il pensiero di Ivar, la consapevolezza di non aver fatto il mio dovere. Il mio fato è quello di ucciderlo ma io sono ancora qui e nessuno mi ascolta, non sto facendo niente di buono, sto solo perdendo tempo…”

“Sta a te fare qualcosa di buono” cercò di consolarlo Aethelred, sedendoglisi vicino. “I tuoi fratelli non sono arrabbiati con te, anzi vorrebbero che tu ti unissi a loro. Anche oggi Bjorn ha chiesto il tuo parere e vorrebbe che tu partecipassi al governo di Kattegat, ma sei tu che ti rifiuti, che non collabori e, in tutta onestà, è difficile fare qualcosa di buono quando si è ubriachi dalla mattina alla sera.”

“E’ l’unico modo che ho per non pensare a Ivar” obiettò Hvitserk.

“Ah, ecco. E sta funzionando?”

Hvitserk non rispose.

“Ho anche pensato che fosse colpa mia” ammise Aethelred, “che in realtà tu ti sia fissato su Ivar perché qui con me non sei felice, perché avresti voluto partire con Thora. Io te l’ho già detto più volte, non hai alcun dovere verso di me, sei libero…”

“No, no, non è questo, perché lo pensi? Non… io… è tutto il contrario, sono io che credo di non meritarti perché non ho fatto nulla di buono!” lo interruppe il giovane vichingo. “Tu sei stato così bravo a integrarti subito qui a Kattegat, tutti ti rispettano e ti vogliono bene, perfino Bjorn ti stima, probabilmente pensa che vorrebbe avere te, come fratello, invece di un inutile sciocco come me. E hanno ragione a volerti bene perché tu sei buono, generoso e aiuti tutti e io invece non sono riuscito neanche a compiere il mio destino, ciò che gli dei volevano da me!”

E rieccoci! Nel caso non si fosse capito…

“Ma cosa dici? Tu sei la persona più gentile e generosa che abbia mai conosciuto” protestò Aethelred, “hai fatto tanto per me e non è vero che il tuo destino è uccidere Ivar, il tuo destino è governare Kattegat con i tuoi fratelli e… beh, stare con me, se lo vuoi ancora.”

“Certo che voglio stare con te, ma così non posso” insisté Hvitserk, come se il suo delirio avesse una qualche logica che alle persone normali sfuggiva. “Non ho il diritto di vivere in pace, di essere felice con te, di avere una mia vita, finché non avrò compiuto il mio fato!”

“Oh, per l’amor del cielo!” sbottò alla fine il povero Aethelred. “Ma ci hai parlato, tu, con i tuoi dei, per sapere cosa vogliono da te? Sono scesi dal Valhalla per venire a dirtelo, ti sono apparsi? No, perché io non ho mai avuto il privilegio di conoscere la volontà di Dio, quella che credeva di sapere tutto era mia madre…”

Lo sguardo di Hvitserk si illuminò, in qualche modo parve diventare più lucido, quasi avesse appena avuto un’illuminazione, poi strinse Aethelred tra le braccia e si buttò sul letto con lui.

“Hai ragione tu, Aethelred, perdonami, ti ho ricordato quella pazza invasata di tua madre, mi dispiace” gli disse, con un’involontaria ironia nel definire qualcun altro pazzo e invasato. Iniziò a baciarlo e ad abbracciarlo sempre più forte. “E’ vero, io non so ancora cosa vogliano gli dei da me, ma posso scoprirlo e, in ogni caso, sappi che non ti farò mai del male, non a te, tu sei tutto quello che ho, sei più di quanto mi meriti e io devo diventare degno di te!”

Aethelred non era tanto sicuro che Hvitserk avesse recepito il messaggio, anzi, a dirla tutta quel discorso sullo scoprire la volontà degli dei lo metteva alquanto in allarme. Tuttavia non riuscì a dire altro, travolto dai baci del giovane vichingo, e finì per abbandonarsi a lui e donarglisi completamente. Hvitserk, preso dall’entusiasmo per ciò che Aethelred gli aveva involontariamente suggerito, baciò il suo Principe con più impeto e profondamente, stringendolo e seppellendosi in lui, mentre il Principe, totalmente sperduto, lo accolse spontaneamente e con amore, fondendosi con lui con ogni fibra del suo essere.

Per quella notte Aethelred poteva anche permettersi di non pensare e di non preoccuparsi, ma difficoltà e pericoli sempre più gravi erano in agguato… e chissà che cosa aveva ispirato tanto Hvitserk parlando di vedere gli dei?

La cosa non prometteva niente di buono!

Fine capitolo primo 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Cap. 2: Between the flags ***


Cap. 2: Between the flags

 

Cliffs and holes, exploding lights
Blinded fear, we have no nights
Burning fires, heaven's gone
Every day we're on the run

Beneath the sun, we're only one
Beneath the sun, we all are one

Between the flags I stand alone
Desert heat and winter's cold
Mother Earth can't save her crown
Fallen trees and white flags down!

(“Between the flags” – Moonsun)

 

Hvitserk aveva preso molto sul serio l’idea che Aethelred gli aveva involontariamente suggerito. Parlare con gli dei, certo! Così avrebbe finalmente conosciuto il suo fato e poi, dopo aver compiuto ciò che gli dei volevano da lui, avrebbe potuto concedersi di vivere serenamente con il suo Principe e renderlo felice come meritava.

Il problema, casomai, era il metodo che Hvitserk aveva ritenuto ideale per avere un colloquio a tu per tu con gli dei: assumere funghi allucinogeni che lo avrebbero portato direttamente in presenza di Odino e compagnia bella!

Ora, teniamo conto che per i vichinghi, così come per molti popoli, specialmente in Oriente, usare sostanze allucinogene era davvero un modo per raggiungere il Nirvana, il Valhalla, comunicare con le divinità e quant’altro e non soltanto una scusa per farsi un trip, ad ogni modo la cosa non sempre funzionava come avrebbe dovuto e per Hvitserk non funzionò affatto.

Quella sera Hvitserk e Aethelred si trovavano nella Sala del Trono insieme a Bjorn e sua moglie, la Regina Gunnhild. O, per essere più precisi, Bjorn e Gunnhild erano nella dimora, Hvitserk se ne stava fuori (in tutti i sensi), mangiucchiando i famosi funghi e innaffiandoli con idromele e Aethelred lo guardava allibito, senza capire bene cosa stesse facendo ma rendendosi perfettamente conto del fatto che non era per niente nella sua forma migliore! Con i lunghi capelli biondi sporchi e scarmigliati e il viso pallido e affilato tremava talmente che doveva tenere il boccale con due mani per riuscire a mandare giù un sorso senza rovesciarsi tutto addosso, inoltre ogni tanto si guardava intorno con aria sperduta, come se vedesse o sentisse qualcosa.

Ah, sì, le voci degli dei, come no?

Aethelred stava per dirgli qualcosa quando fu Bjorn a parlare, rivolto un po’ a tutti.

“Ho deciso di rispondere al grido di aiuto di Re Harald” dichiarò. “Non posso dimenticare che lui ha aiutato me a riconquistare Kattegat.”

Gunnhild annuì, pensierosa.

“Per me è una follia” commentò Hvitserk con una voce strana che non sembrava nemmeno la sua, e a quanto pareva lui di follia iniziava a intendersene piuttosto bene… “ma tanto a te non importa cosa penso!”

Bjorn, Gunnhild e Aethelred si voltarono a fissarlo, ma Hvitserk neanche se ne accorse. Pareva molto più interessato ai bisbigli e alle ombre che evidentemente udiva e vedeva piuttosto che alle persone reali che lo circondavano.

“Invece io penso che sarebbe ora che ti facessi un bagno e ti schiarissi le idee” gli disse Aethelred. “Ma guardati, sei in condizioni pietose, sono giorni che ti trascini ubriaco da mattina a sera, finirai per distruggerti!”

“Non è vero” replicò Hvitserk. “Sono almeno tre giorni che non mi ubriaco più… perlomeno non più degli altri vichinghi. E sto benissimo!”

Il giovane non mentiva del tutto, in effetti era vero che da tre giorni non si ubriacava più, visto che aveva iniziato ad assumere i funghi. Sul fatto che stesse benissimo… beh, era quanto mai lecito dubitarne! Non era più aggressivo come nei giorni in cui beveva, non si rivolgeva più in malo modo al prossimo, ma in compenso aveva iniziato a udire strani sussurri e a vedere ombre negli angoli, ancora non meglio definite.

Aethelred, che era una persona educata, attese che Hvitserk avesse finito di bere e mandar giù quella roba dall’aspetto poco invitante, poi lo prese per un braccio e lo aiutò ad alzarsi.

“Non stai bene per niente e, se non vuoi deciderti a darti una bella ripulita, ci penso io a te” disse.

In realtà il giovane Principe voleva solo sfidare il suo compagno, spingerlo a prendersi maggior cura di se stesso… però Hvitserk era troppo allucinato per cogliere i significati più profondi delle frasi. Circondò le spalle di Aethelred con l’altro braccio, ridacchiando, lo strinse a sé e gli rispose a tono.

“Vuoi lavarmi tu, allora? Va bene, non c’è bisogno di farla tanto lunga…”

Bjorn e Gunnhild li guardarono allontanarsi senza batter ciglio, del resto per loro non c’era niente di cui scandalizzarsi… ma il povero Principe sassone era diventato paonazzo!

“Hvitserk… ma cosa dici? Sei sicuro di non aver bevuto troppo ancora una volta?” esclamò.

“Te l’ho detto, non sono ubriaco” ripeté il giovane, mentre si dirigeva verso le loro stanze con passo malfermo, mezzo appoggiato a Aethelred e mezzo trascinandolo. “Volevi che mi lavassi? D’accordo, allora dovrai aiutarmi…”

Aethelred chiese ad una serva di riempire la tinozza della stanza adiacente alla camera da letto di acqua calda e, quando tutto fu pronto, invitò gentilmente Hvitserk a lavarsi. Il giovane vichingo, senza tanti falsi pudori, si stava già spogliando sotto i suoi occhi e il Principe divenne di tutti i colori.

“Senti… se hai bisogno di aiuto chiamami…” mormorò, profondamente imbarazzato.

“Certo che ho bisogno di aiuto, non hai visto che sono un po’ debole?” fece Hvitserk, malizioso, finendo di spogliarsi e entrando nella vasca. In effetti l’acqua calda gli faceva bene, lo faceva sentire più rilassato e quindi poteva anche permettersi di provocare un po’ il suo timido compagno.

Insomma, in qualche modo, un po’ da sé e un po’ con l’aiuto di Aethelred, Hvitserk riuscì a lavarsi e a sentirsi anche meglio, ripulito e riscaldato. Avvolgendosi in un telo per asciugarsi, si accorse che Aethelred, invece, si era bagnato i vestiti per aiutarlo a lavarsi…

Il vichingo prese il Principe e lo condusse con sé accanto al fuoco, poi iniziò a baciarlo e a togliergli i vestiti bagnati.

“Non vorrai prenderti una malattia con questi vestiti bagnati, vero?” gli disse mentre lo spogliava. A quanto pareva i funghi allucinogeni avevano anche un altro effetto su Hvitserk, questa volta non del tutto spiacevole. Catturò la sua bocca e la divorò con baci sempre più profondi e intimi, mentre ogni fibra del suo essere bramava una fusione totale. Aethelred accolse timidamente i baci del suo compagno e le sue carezze più audaci, poi Hvitserk fu su di lui, si fece largo nel suo corpo morbido e vellutato cercando di prolungare al massimo il piacere e godendo di ogni singolo istante, fino a perdersi con lui in un oceano di passione. In quei momenti sembrava che non esistesse nient’altro e che anche il biondo vichingo riuscisse a perdersi nella passione e nella tenerezza, senza incubi e allucinazioni che lo tormentavano.

Una volta che si furono asciugati grazie alle fiamme del camino, Hvitserk portò Aethelred sul letto e si sdraiò su di lui, riprendendo a baciarlo in modo sempre più intimo e accarezzandolo fino a fargli perdere il lume della ragione, fino a fargli mordere il labbro inferiore per soffocare i gemiti. Poi, con delicatezza, continuò ad accarezzarlo e si fece nuovamente strada nel suo corpo. Fu paziente, attento e premuroso come sempre, facendo in modo che il corpo del Principe si adattasse al suo. Le ondate di piacere si fecero sempre più incalzanti, i loro corpi sempre più all’unisono fino alla fine, un lungo istante di estasi assoluta seguito da un languido calore nei loro corpi.

La tensione sembrava finalmente svanita e i due giovani scivolarono in un sonno tranquillo, sempre rimanendo allacciati l’uno all’altro, e Aethelred cominciava a pensare di essersi sbagliato, che Hvitserk non stava veramente male, che forse si trattava solo di una conseguenza dei giorni in cui si era ubriacato e che poi sarebbe stato bene, doveva solo riposare e riprendersi.

Nel cuore della notte, però, il Principe fu svegliato bruscamente da qualcosa e si rese conto che Hvitserk era seduto sul letto, tremando disperatamente, fissando ombre nel buio che solo lui poteva vedere e parlando a bassa voce, parole e frasi indistinguibili che Aethelred non riusciva a comprendere. Preoccupato, il giovane lo abbracciò.

“Hvitserk, che ti succede? Ti senti male?” gli domandò.

Il ragazzo tremava ma era ricoperto di un sudore gelido e i suoi occhi avevano di nuovo un’espressione allucinata, anche se il Principe non poteva vederlo bene nell’oscurità. Poiché non rispondeva alle sue domande, Aethelred insisté, sempre più angosciato.

“Hvitserk, mi senti? Rispondimi, dai, non farmi preoccupare. Cosa stai guardando? Non c’è niente là!”

Eh già, Aethelred non poteva vedere e nemmeno sognarsi le immagini spaventose che i funghi allucinogeni mostravano al suo vichingo...

“Ivar… c’è Ivar con un pugnale… devo ucciderlo prima che ci aggredisca!” mormorò il giovane, completamente stravolto (e strafatto, direi anche!).

Aethelred era sgomento.

“Ma come… Ivar in questa stanza? Non c’è nessuno, Hvitserk, te l’assicuro. Forse hai avuto un incubo, hai sognato Ivar e adesso…”

“No, non era un incubo, è tutto reale. Devo ucciderlo, è la mia missione!” ripeté Hvitserk.

“Stai tranquillo, non c’è nessuno” cercò di tranquillizzarlo il giovane. “Anzi, adesso mi alzo e accendo le candele, così anche tu potrai vedere che ci siamo solo noi nella camera. E’ stato solo un incubo, capita anche a me, sai?”

Aethelred fece per alzarsi, ma Hvitserk gli afferrò il polso e lo trattenne con una certa veemenza.

“No, non muoverti! Ivar è lì, se ti alzi ti ucciderà, vuole proprio questo, vuole che ti veda morire, vuole massacrare tutte le persone che mi sono care!” esclamò, con voce rotta.

Con infinita pazienza e cercando di mantenersi calmo e deciso, il Principe staccò la mano di Hvitserk dal suo polso (pensando che la mattina dopo avrebbe avuto un bel livido, vista la forza con cui lo aveva afferrato…) e poi aiutò il ragazzo a distendersi di nuovo, accarezzandogli il viso e i capelli.

“Non c’è nessuno. Pensaci un attimo, Hvitserk: siamo nella dimora reale, Ivar non potrebbe mai entrarvi, ci sono le guardie e i servitori” gli spiegò con dolcezza e determinazione. “Tu hai sognato Ivar che ci aggrediva nel sonno e ti sei svegliato credendo che fosse vero, è tutto qui.”

Oh, no che non era tutto lì. Quello era solo l’inizio delle terribili allucinazioni che avrebbero tormentato il giovane vichingo fino quasi a farlo impazzire, ma Aethelred non poteva saperlo e in quel momento credeva che Hvitserk soffrisse di una sorta di disturbo post-traumatico da stress, o comunque si definisse a quei tempi una cosa del genere!

In qualche modo, il ragazzo si rimise a letto, stringendo tra le braccia il suo Principe che gli parlava con tanta tenerezza e che lo illudeva che le cose potessero migliorare.

“Capisco perché hai questi incubi proprio adesso” continuava a dirgli Aethelred, coccolandoselo. “Finché eravamo in battaglia dovevi essere lucido e combattere, adesso però siamo in pace e tu ti ritrovi nei luoghi dove Ivar ti ha umiliato, mortificato e fatto del male, per questo credi di vederlo, ma è solo questo, tu credi di vederlo.”

Hvitserk non rispose, visto che era convintissimo di vedere davvero tutto ciò che vedeva… comunque si lasciò accarezzare e tranquillizzare da Aethelred, abbracciandolo forte e ripromettendosi di proteggerlo da Ivar a qualsiasi costo. Doveva continuare a prendere quei funghi, naturalmente, perché solo così avrebbe saputo come doveva fare per ucciderlo e compiere la volontà degli dei…

Pian piano, abbracciati, accoccolati, i due giovani si riaddormentarono, esausti per le prove che avevano affrontato.

Senza sapere che erano solo all’inizio.

Fine capitolo secondo

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Cap. 3: I want my tears back ***


Capitolo 3: I want my tears back

 

Where is the wonder where's the awe
Where are the sleepless nights I used to live for
Before the years take me
I wish to see
The lost in me
I want my tears back
I want my tears back now!

(“I want my tears back” – Nightwish)

 

La vita a Kattegat stava diventando sempre meno quello che Aethelred si era aspettato quando la immaginava in Wessex o ne parlava con Hvitserk. Quel bel rapporto cameratesco che si era sviluppato mentre viveva insieme ai vichinghi, nella loro casa, si stava spezzettando e non certo per colpa sua.

Lagertha ora abitava fuori Kattegat, in una fattoria, e aveva legato con altre donne che vivevano nelle vicinanze, vedove sole con figli piccoli che si erano affidate alla sua protezione. Torvi e Ubbe stavano spesso con lei insieme a Hali e Asa, i figli che Torvi aveva avuto da Bjorn… però Aethelred sapeva che il vero desiderio della coppia era partire per terre lontane e magari stabilirsi in una di esse, fondando una nuova colonia. Il Principe andava spesso a trovarli, soprattutto per vedere Lagertha, e si era detto disposto a organizzare una piccola scorta di uomini per proteggere lei e le altre donne, ma certo non era come quando abitavano tutti insieme e si vedevano ogni giorno.

E poi Hvitserk non c’era quasi mai, spariva per ore e ritornava frastornato e irriconoscibile. Non aveva mai voluto accompagnarlo a far visita a Lagertha, non era mai disponibile quando c’era da fare qualche lavoretto alla fattoria… insomma, pareva diventato del tutto un’altra persona rispetto al ragazzo allegro, vivace e sorridente di cui si era innamorato in Wessex.

Il giorno prima, tanto per dirne una, Aethelred aveva trovato Hvitserk sulla spiaggia, tutto bagnato e sconvolto mentre pioveva a dirotto. Gli aveva parlato, gli aveva chiesto che cosa stava facendo e perché era così turbato, ma la risposta del giovane vichingo era stata poco meno che incomprensibile.

“C’era Grethe, la sorella di Thora… era lì, davanti a me, straziata dal fuoco, e mi accusava di non averla salvata…” aveva mormorato.

Accompagnandolo verso la dimora reale per farlo riprendere e asciugare, Aethelred aveva cercato di farlo ragionare senza molto successo.

“Aspetta un attimo, mi staresti dicendo che hai visto la sorella di Thora, quella che Ivar ha fatto bruciare viva?”

“Sì… la vedo spesso, vedo lei, vedo mia madre trucidata” aveva risposto Hvitserk.

“Cioè, vorresti farmi credere che tu vedi la gente morta?” aveva chiesto il Principe, piuttosto scettico.

“Vedo anche Ivar” era stata la consolante risposta del vichingo.

“Ah, ecco” Aethelred aveva ritenuto opportuno concludere la questione, chiaramente Hvitserk non era in sé… anche se non sembrava ubriaco.

Il giovane, ovviamente, nulla sapeva dei funghi allucinogeni e dei trip che Hvitserk si faceva da mattina a sera!

Quella sera Aethelred decise di parlare con Bjorn a proposito della situazione di Lagertha e delle donne che vivevano con i figli piccoli in quei luoghi isolati.

“Vorrei avere delle guardie che sorveglino quelle zone” spiegò Aethelred. “Sono preoccupato non soltanto per le donne, ma anche perché mi sono accorto che quei posti sono incustoditi. Se veramente Ivar fosse rimasto nei paraggi e avesse trovato un esercito alleato potrebbe decidere di attaccare proprio da là per poi spingersi fino a Kattegat.”

“L’ossessione di Hvitserk per Ivar ha contagiato anche te?” domandò Bjorn.

“Io non lo vedo da tutte le parti come lui, ma è indubbio che sia da qualche parte, che stia cercando alleati e che la sua intenzione sia quella di provare a riconquistare Kattegat” replicò il Principe.

“Sì, probabilmente hai ragione, ma non ho così tanti uomini” obiettò Bjorn. “Tra pochi giorni partirò con un esercito per andare in soccorso di Re Harald e Kattegat avrà meno soldati a disposizione per la difesa, non posso indebolirla ulteriormente. Sono sicuro che mia madre sarà in grado di opporsi a qualsiasi minaccia.”

Anche a un esercito intero?, si domandò Aethelred, ma preferì non innervosire Bjorn che già sembrava teso di suo.

“Forse il problema è proprio questo” tentò invece. “Sei davvero sicuro che sia una buona idea quella di partire in soccorso di Re Harald lasciando Kattegat senza un esercito e senza il suo Re? Chi governerà la città? Chi organizzerà le difese? Anche Ubbe vuole partire nei prossimi giorni. Insomma, avete fatto tanto per riconquistare questa città e ora ve ne volete andare tutti?”

“Ubbe vuole esplorare nuove terre, è un vichingo, è la nostra natura. Io invece non vorrei lasciare Kattegat proprio ora, ma Harald ha chiesto il mio aiuto” rispose Bjorn. Si vedeva benissimo che le responsabilità lo stavano schiacciando, che non aveva la minima voglia di andare a salvare Harald ma piuttosto avrebbe desiderato partire con Ubbe per nuove avventure… ma adesso era il Re e non poteva più permettersi certi colpi di testa. “Rimarranno Gunnhild e Hvitserk a governare la città e io cercherò di tornare presto.”

“Chi?” fece Aethelred, caustico, lanciando un’occhiata veloce al giovane vichingo che se ne stava davanti al fuoco nella stanza accanto, con in mano l’inseparabile boccale di idromele (che lo aiutava a mandar giù i funghi…), i capelli sciolti e scarmigliati sulle spalle e gli occhi iniettati di sangue.

Bjorn seguì lo sguardo del Principe.

“Sì, beh, Gunnhild, allora. E anche tu, eri abituato a governare accanto a tuo fratello nel Wessex, no? Magari chiederò a Ubbe di rimandare la partenza e di occuparsi di Kattegat… e di Hvitserk… fino al mio ritorno” disse poi. “Immagino che non farete peggio di quanto stia facendo io.”

“Non sentirti in colpa, non è facile fare il Re, soprattutto per uomini come te e me che sono più adatti alla battaglia che alla diplomazia” lo incoraggiò Aethelred. “Stai facendo del tuo meglio e noi ti aiuteremo. Tuttavia mi sentirei più tranquillo se potessi avere un piccolo gruppo di uomini per sorvegliare la zona in cui vive Lagertha…”

“Va bene, cercherò di trovare qualcuno” concesse Bjorn, “però sarai tu a organizzare i turni di guardia e tutto il resto.”

“Non c’è problema, tu non dovrai preoccuparti di niente. Ti ringrazio, Bjorn” disse Aethelred, soddisfatto. “Chissà, magari potrei coinvolgere anche Hvitserk in questo compito, forse si sta lasciando andare perché pensa di essere inutile e che voi non lo consideriate.”

“Sì, provaci, magari a te darà pure ascolto” ribatté Bjorn, ma lo sguardo che lanciò verso il fratello diceva tutto il contrario.

Contento di aver ottenuto ciò che voleva, Aethelred salutò Bjorn e fece per andare nell’altra stanza, dove Gunnhild, nel frattempo, si era avvicinata a Hvitserk e cercava di parlare con lui. La donna era impietosita e preoccupata e, ascoltando i suoi discorsi deliranti sui fantasmi che vedeva e su Ivar che lo spiava ovunque andasse, rimase ancor più allibita.

Tuttavia, in mezzo a tante assurdità, il giovane ritrovò la lucidità per dirle almeno una cosa che avesse senso compiuto e si forzò perfino di sorriderle.

“Aspetti un bambino, vero?” le domandò.

“Sì” mormorò Gunnhild.

Chissà se glielo avevano detto le voci? O i fantasmi, magari?

“Ho sempre voluto avere un figlio” continuò Hvitserk, che forse non stava neanche più parlando con la Regina. “O una figlia, magari, non importa. Mi sarebbe bastato… qualcuno da amare e che mi amasse per quello che sono…”

Addolorata e commossa, Gunnhild lo abbracciò e Hvitserk ricambiò l’abbraccio, poi la donna si allontanò con una delle sue serve.

Aethelred, però, aveva assistito alla scena e aveva ascoltato le ultime frasi che i due si erano scambiati. Adesso fissava il giovane con uno sguardo ferito e pieno di dolore.

Hvitserk aveva detto a Gunnhild di aver sempre voluto avere dei figli, ma a lui aveva detto il contrario.

Il Principe lo aveva incoraggiato a partire con Thora, a sposarla e a formare una famiglia con lei, lontano dai pericoli e dai problemi causati da Ivar, in pace e serenità nella colonia dell’Anglia Orientale. Hvitserk, però, aveva rifiutato dicendo che non aveva mai desiderato una famiglia, che non voleva prendersi le responsabilità di padre e marito e che voleva stare con lui, che era solo lui a renderlo felice.

Ecco, questo era il risultato. Hvitserk sembrava tutto meno che felice…

Ed era solo colpa sua.

“Perché non sei stato sincero con me, Hvitserk?” gli domandò Aethelred, facendolo sobbalzare perché non si era nemmeno accorto della sua presenza e, probabilmente, lo aveva preso per un altro dei suoi fantasmi.

“Aethelred… sei tu” mormorò il ragazzo. “Di che cosa stai parlando?”

Chiaramente Hvitserk credeva che il Principe avesse sgamato lui e la storia dei funghi allucinogeni, ma la questione era un’altra.

“Ti ho sentito, hai detto a Gunnhild che hai sempre voluto avere dei figli. Perché non mi hai detto la verità? Io ti avevo lasciato libero, potevi seguire Thora, farti una famiglia e tu mi hai assicurato che non ti interessava! Mi hai mentito per non ferirmi, sei rimasto con me per non darmi un dolore… ma adesso stai malissimo, ti ubriachi, dici di vedere i morti, e tutto questo perché non hai fatto quello che volevi veramente fare” disse Aethelred, cercando di restare calmo ma senza riuscirci più di tanto.

“Ma… no… che stai dicendo? Senti, forse è meglio che ne parliamo in camera” propose Hvitserk, rialzandosi faticosamente. “Ho già dato abbastanza spettacolo qui… e poi Ivar ci sta ascoltando.”

Aethelred lanciò un’occhiata verso l’angolo della stanza dove, secondo Hvitserk, il fratello li stava spiando e ovviamente non vide nessuno.

“Sì, credo che ne dovremo parlare seriamente, stavolta” convenne.

I due andarono verso le loro stanze, con Aethelred che sosteneva il giovane vichingo e si sentiva il cuore trafitto da mille aghi al pensiero che il ragazzo che amava fosse in quelle condizioni per colpa sua.

Arrivati in camera, Hvitserk si lasciò cadere sul letto, esausto.

“Non so cosa credi di aver sentito, ma io…”

“Senti, non sono io quello che è convinto di sentire le voci!” lo interruppe il Principe. “Ti ho inteso benissimo. Hai confidato a Gunnhild di aver sempre voluto dei figli, e allora perché non sei partito con Thora come ti avevo detto? Perché non ti sei formato una famiglia se era quello che volevi? Per non farmi del male, forse? Ma non lo capisci che non c’è niente che mi faccia più male che vederti… così?”

Nella nebbia che ottundeva la mente di Hvitserk si fece strada un barlume di comprensione.

“Aspetta… mi stai dicendo che credi che io stia male perché sarei voluto partire con Thora?”

“E’ praticamente quello che hai detto a Gunnhild” replicò Aethelred.

“Ma non è così! Io… io sto solo cercando di capire quale sia il mio destino, che cosa gli dei vogliono che io faccia… è per questo che mi sento inutile e… vedo i fantasmi perché… perché sto cercando di parlare con gli dei!”

Logico, no?

“La volontà degli dei, il destino… accidenti, Hvitserk, quando parli così mi ricordi mia madre!” esclamò il Principe. “Come puoi presumere di sapere quale sia la volontà dei tuoi dei? Nessun uomo può sapere quale sia il suo destino! Nessun uomo può parlare con Dio, o con gli dei, qualunque sia la sua religione.”

“Io ho trovato un modo…”

Sì, e quello era il bel risultato!

“Non esiste un modo per parlare con le divinità, non è concesso ai mortali” lo interruppe di nuovo Aethelred. “E’ Dio a metterti sulla strada che vuole che tu percorra o, nel tuo caso, sono i tuoi dei a farlo. Non vengono a dirtelo in faccia! E tu avevi la possibilità di sposare Thora, di partire per l’Anglia Orientale e di avere dei figli, di vivere in pace, di avere, come hai detto tu, qualcuno da amare. Dio ti ha dato quell’opportunità… i tuoi dei, se preferisci, ma tu l’hai gettata via e ora guarda come sei ridotto! Nessuno voleva questo da te, né Dio, né Odino, né tanto meno io!”

Hvitserk sembrava riacquistare una certa lucidità davanti alla disperazione di Aethelred. Lo prese per le spalle e lo attirò a sé.

“Io non ho seguito Thora perché non volevo andare con lei, volevo stare con te. Non l’ho fatto per te e non l’ho fatto per gli dei. Io volevo stare con te e lo voglio anche adesso” dichiarò il giovane vichingo, tirando fuori il discorso più lungo e ragionevole che fosse riuscito a imbastire da settimane. “Voglio stare con te perché ti amo, Aethelred, e non è certo colpa tua se sto così male, anzi, tu sei l’unica persona importante della mia vita, l’unico che mi aiuta a resistere. Lo so che non ti merito e che dovrò compiere il mio destino per essere degno di te, ma io voglio farlo per stare con te, perché voglio vivere con te. Non mi importa di nessun altro. E sì, magari mi sarebbe piaciuto avere dei figli, ma posso rinunciarci perché tutto ciò che voglio è stare con te.”

E, chissà, magari temendo di non essere stato chiaro a parole, Hvitserk decise di dimostrare a Aethelred quanto fosse vero ciò che aveva appena detto. Lo strinse a sé e lo spinse sul letto, incollato a lui; lo baciò a lungo, languidamente e profondamente, accarezzandolo e abbracciandolo come se non dovesse smettere mai. Premuroso e attento a evitare qualunque cosa potesse turbarlo ulteriormente, il giovane vichingo si insinuò in lui con la maggior delicatezza possibile, perdendosi in Aethelred fino a smarrire persino se stesso… e questa volta non per via degli allucinogeni! Il Principe non riuscì a sollevare altre obiezioni, confuso e sbigottito, si lasciò prendere e accolse Hvitserk con timida dolcezza, mentre i loro corpi si donavano reciprocamente affetto e passione.

Anche quando tutto fu finito, i due giovani rimasero stretti l’uno all’altro, come se temessero di perdere ciò che avevano appena ottenuto se solo si fossero allontanati un poco. Hvitserk accarezzava con tenerezza i capelli di Aethelred, tenendolo abbracciato, avvolto e al sicuro.

Al sicuro, sì, disse silenziosamente alla figura di Ivar che solo lui poteva vedere appostata nell’oscurità. Ti troverò e ti ucciderò. Non riuscirai a fare del male a Aethelred, non mi strapperai la persona che amo di più al mondo. Aethelred è mio e io lo proteggerò sempre da te!

Il tacito giuramento parve tranquillizzare Hvitserk che, finalmente, cadde addormentato con il suo Principe stretto tra le braccia.

Fine capitolo terzo

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Cap. 4: We had everything ***


Capitolo 4: We had everything

 

We were blind
Didn't know that what we left behind
Was never to return
But in dreams
Bittersweet

We had every - We had everything
Softest sunsets and drunk on your scent
We had every- we had everything
Mixed with the salt on your skin
We had everything…

(“We had everything” – Delain)

 

Come potevano essere arrivati a tanto? Come aveva potuto lui, Aethelred, non accorgersi di niente? E gli altri? Bjorn… e Ubbe, che a quanto sembrava aveva saputo tutto fin dal principio e non aveva detto niente a nessuno. Per l’amor del cielo, conosceva perfino lo spacciatore, il disgraziato che procurava i funghi allucinogeni a Hvitserk! E quindi di chi era davvero la colpa per ciò che era accaduto? Veramente era tutta colpa di Hvitserk?

Certo che no!

Come in una sorta di lungo incubo, il giovane Principe rivisse tutto ciò che era successo negli ultimi tre giorni…

I fuorilegge avevano attaccato il villaggio di Lagertha ma, per fortuna, i soldati che Aethelred aveva messo a protezione delle fattorie avevano combattuto valorosamente e, nonostante alcune dolorose perdite sia fra le guardie sia fra le donne e i bambini del villaggio, erano riusciti a uccidere i banditi. La stessa gente del villaggio, guidata da Lagertha, aveva dato loro man forte e tutto era finito bene. Lagertha, tuttavia, era rimasta ferita piuttosto seriamente e aveva deciso, contro ogni logica, di recarsi a Kattegat a cavallo per avvisare Bjorn dell’accaduto. Giunta in città, sotto una pioggia gelida e nel buio della sera, la donna si era avviata per recarsi nella Sala Grande ma, prima di potervi giungere, si era ritrovata di fronte Hvitserk in piena crisi allucinatoria…

Il giovane vichingo, infatti, era nella dimora reale con Aethelred quando, ad un tratto, aveva iniziato a guardarsi intorno terrorizzato.

“Ivar sta arrivando, è venuto a prendermi, sta arrivando, è qui fuori!” aveva esclamato, scattando in piedi.

Aethelred, stanco e rassegnato di fronte all’ennesima scena delirante di Hvitserk, aveva cercato di tranquillizzarlo.

“Non c’è nessuno là fuori, Hvitserk” aveva detto. “E di sicuro non c’è Ivar.”

“Invece sì” aveva reagito il ragazzo, fuori di sé. “Sta arrivando dal cielo e mi prenderà se non glielo impedisco. Tu non puoi vederlo, ma io so che è lui!”

“Dal cielo, sul serio, Hvitserk? Adesso Ivar vola pure?” era stata la risposta esasperata di Aethelred, che davvero, a quel punto, ne aveva abbastanza. Si era alzato in piedi anche lui, ma non era stato abbastanza veloce e Hvitserk, ormai in preda al delirio, era uscito fuori di corsa, sotto la pioggia, senza nemmeno ascoltarlo.

Angosciato e demoralizzato, Aethelred lo aveva inseguito e, poco più avanti, lo aveva visto e… non era solo. Davanti a lui c’era Lagertha, appena scesa dal suo cavallo, che si reggeva in piedi a stento per le ferite subite durante la battaglia contro i fuorilegge.

Il Principe avrebbe avuto mille cose da dire e da chiedere. Perché Lagertha era lì? Cosa le era accaduto? Chi l’aveva ferita? Era successo qualcosa al villaggio? E soprattutto, cosa accidenti ci faceva là fuori Hvitserk a guardare la donna come se vedesse un mostro?

Non aveva avuto il tempo di aprire bocca. Hvitserk, con un grido disperato, si era slanciato contro Lagertha brandendo un pugnale e Aethelred non ci aveva pensato due volte: si era gettato con tutte le sue forze verso i due per impedire il peggio. La lama di Hvitserk aveva colpito Lagertha una prima volta, poi il giovane vichingo aveva cercato di affondare il pugnale ancora e ancora, ma a quel punto Aethelred si era messo in mezzo, si era preso lui una coltellata alla spalla e, furente, aveva reagito spintonando Hvitserk e urlandogli contro.

“Hai perso completamente la ragione? Che volevi fare, uccidere Lagertha? E poi? Vuoi uccidere anche me, magari?” aveva gridato.

Hvitserk, caduto a terra per lo spintone, pareva aver ritrovato un minimo di lucidità. Aveva guardato prima Aethelred, poi Lagertha, poi di nuovo Aethelred e, in un lampo, l’enormità di ciò che stava per compiere gli era franata addosso. Aveva sbarrato gli occhi pieni di disperazione e di lacrime.

“Io… mi dispiace… mi dispiace… credevo che fosse Ivar… ero sicuro, lo avevo visto, io…” aveva balbettato tra i singhiozzi.

“Hai quasi ammazzato Lagertha” aveva detto Aethelred, lapidario. “Abbiamo tollerato abbastanza le tue follie e le tue visioni, adesso però sei giunto al limite. Se non ti rimetti in sesto da solo ci penserò io e, a quel punto, ti assicuro che Ivar sarà l’ultimo dei tuoi problemi.”

Il Principe, sorreggendo a fatica Lagertha poiché anche lui soffriva per la ferita alla spalla, si era diretto lentamente con lei verso la dimora reale per chiedere aiuto.

Hvitserk era rimasto sotto la pioggia battente, in lacrime, devastato dai sensi di colpa.

Era stata Gunnhild a medicare e bendare la ferita di Aethelred e poi si era dedicata a Lagertha. La guerriera era stata portata in una camera dove la Regina e le sue ancelle si erano occupate di lei, scoprendo con sollievo che le ferite, seppur gravi e profonde, non erano mortali. La donna avrebbe avuto bisogno di cure e molto riposo ma si sarebbe ripresa, anche grazie al suo fisico forte e temprato.

Tranquillizzato sulle condizioni di Lagertha, Aethelred non aveva più pensato a ciò che era stato fatto a lui ed era andato subito a riprendersi Hvitserk, che era rimasto a singhiozzare sotto la pioggia, lacerato e distrutto. Senza una parola lo aveva raggiunto e lo aveva abbracciato forte.

“Mi dispiace… perdonami… ti ho colpito” aveva mormorato il giovane vichingo con voce rotta, ma Aethelred gli aveva posato un dito sulle labbra e, sempre tenendolo stretto, lo aveva aiutato ad alzarsi e se lo era riportato alla dimora reale per occuparsi anche di lui.

Ora, tre giorni dopo quella terribile notte, Bjorn aveva fatto trascinare Hvitserk sulla pubblica piazza, davanti a tutti i cittadini di Kattegat e, dopo aver finto di volerlo bruciare sul rogo (tanto per fare un po’ di scena), era pronto a pronunciare la condanna definitiva su di lui.

L’incubo, per Aethelred, continuava. Aveva scoperto, dopo tutto quel tempo, che le allucinazioni di Hvitserk erano dovute all’assunzione dei famosi funghi mediante i quali il giovane vichingo si illudeva di comunicare con gli dei. Aveva scoperto anche, però, che Ubbe era sempre stato al corrente di questo fatto e che non si era degnato di farne parola a Bjorn né a nessun altro!

Aethelred non poteva accettare una cosa del genere, nossignori.

Avrebbe ascoltato ciò che Bjorn aveva da dire e poi anche lui avrebbe detto la sua… come sempre, del resto!

“Popolo di Kattegat” esordì Bjorn, prendendola alla lontana, “so di aver deluso tutti voi, di non essere stato il Re che avreste desiderato. Mi sono allontanato dalla nostra città per andare a soccorrere Re Harald, ma le cose non sono andate come pensavo. Il mio esercito è stato sconfitto, io sono stato fatto prigioniero come Harald e Re Olaf ha potuto dettare le sue condizioni: indire delle elezioni per proclamare il Re di tutti i Norreni. Tutto questo mi ha impedito di essere qui, al mio posto, accanto alla mia gente, per proteggerla. Non c’ero quando i fuorilegge hanno assalito il villaggio di mia madre e non c’ero quando lei è stata ferita.”

Il vichingo fece una pausa ad effetto e poi riprese.

“Se, dopo tutto ciò che è accaduto, deciderete che volete un altro sovrano al mio posto, io lo accetterò. Ma prima voglio fare l’unica cosa che è ancora in mio potere, ossia punire Hvitserk come merita per aver quasi ucciso Lagertha. Lagertha, che non è solo mia madre, ma una guerriera valorosa, una vera shieldmaiden, un esempio e una guida per tutti noi.”

Gli occhi di tutti erano puntati su Bjorn e nessuno fiatava. A quel punto l’uomo andò verso Hvitserk con passo deciso, lo afferrò per il bavero del giaccone che indossava e, scuotendolo ripetutamente, pronunciò la sua sentenza.

“Non ti farò uccidere perché sarebbe quello che vuoi, tu vuoi morire perché sai di aver fallito in tutta la tua miserevole vita” sibilò. “Ma non ti accontenterò, no, non morirai, non porrai fine alle tue pene così facilmente. Io voglio che la tua esistenza sia una morte vivente, esiliato, scacciato da Kattegat e lontano da tutti. Voglio che tu sia destinato a vagare come una bestia e a morire in un fosso o in una foresta in mezzo al nulla, completamente dimenticato, miserabile e insignificante!”

Detto questo, lo spinse a terra disgustato.

“Portatelo via!” ordinò alle guardie che avevano trascinato Hvitserk al suo cospetto.

Aethelred si guardò intorno, costernato. Possibile che nessuno dicesse niente, che nessuno facesse niente? Poteva capire la rabbia di Bjorn, in fondo Lagertha era sua madre e Hvitserk l’aveva quasi uccisa… ma alla fine era andato tutto bene, no? Nessuno spendeva una parola in favore di Hvitserk… non Gunnhild, che pure appariva addolorata e affranta, non Torvi e tanto meno Ubbe!

Dunque era chiaro, toccava a lui.

“Re Bjorn!” esclamò, facendo voltare tutti i cittadini di Kattegat dalla sua parte. Beh, Aethelred aveva comunque sempre avuto la stoffa del sovrano guerriero e in quel momento, fiero, deciso e anche piuttosto incazzato, sembrava più carismatico e maestoso dello stesso Bjorn. “Se mi è concesso, vorrei dire qualcosa che potrebbe convincerti a rivedere la tua decisione. Me lo permetti?”

La richiesta era, ovviamente, una formalità. Bjorn aveva esordito come Re dichiarando che non sarebbe stato un tiranno, che avrebbe ascoltato tutti… e poi sapeva bene che era stato proprio Aethelred a salvare Lagertha, non solo da Hvitserk ma anche dai fuorilegge. Già, lui non c’era, ma era stato il giovane Principe a insistere perché un gruppo di soldati fosse messo di guardia al villaggio. Se non lo avesse fatto, chi poteva sapere come sarebbe finita?

“Non posso negare nulla all’uomo che ha salvato mia madre da morte certa” rispose dunque Bjorn, evidentemente seccato ma comunque costretto ad ascoltare il ragazzo.

“Ritengo che la punizione che hai scelto per Hvitserk sia eccessivamente severa e per più di un motivo” iniziò Aethelred, chiaramente deciso a elencare i suddetti motivi uno per uno.

L’attenzione dei cittadini di Kattegat, e anche quella di Bjorn, adesso era tutta su di lui.

“Lagertha è viva e già questo dovrebbe spingerti alla clemenza, ma so cosa vorresti rispondermi: che il fatto che Hvitserk non sia riuscito ad ucciderla non lo rende meno colpevole, e questo te lo concedo” riprese il Principe. Bjorn aveva l’aria di trovarlo anche un po’ inquietante, visto che anticipava persino le sue obiezioni… “Vorrei però far notare a te e a tutta Kattegat che Hvitserk non è l’unico colpevole per ciò che è accaduto.”

Una certa agitazione cominciò a serpeggiare tra i presenti. Bjorn in particolare pareva non capire bene dove volesse andare a parare Aethelred.

“Hvitserk sta male da molto, molto tempo e tu, che sei suo fratello oltre che il suo Re, non hai mai cercato di aiutarlo o di capire che cosa lo tormentasse. Sappiamo tutti che Hvitserk non voleva colpire Lagertha, che ha tentato di ucciderla perché preda di uno dei suoi deliri. Credeva di avere davanti Ivar ed era lui che voleva uccidere” sottolineò il Principe. “Dunque possiamo dire che, se Hvitserk fosse stato in sé, non avrebbe mai sollevato un’arma contro Lagertha. Se fosse stato curato, se qualcuno si fosse occupato di lui, non saremmo mai arrivati a questo.”

L’espressione di Bjorn era tutta un programma; in compenso, anche Ubbe cominciava a tradire un certo disagio. Dal canto suo Hvitserk, che fino a quel momento si era lasciato fare e dire di tutto senza reagire ed era rimasto per terra dove il fratello lo aveva scagliato, alzò la testa per guardare Aethelred che stava prendendo tanto a cuore la sua difesa. Si sentiva sempre di più un verme, qualcosa di schifoso appiccicato a uno stivale. Dopo tutto il dolore e le preoccupazioni che gli aveva causato, dopo tutto ciò che aveva fatto, dopo che aveva quasi ucciso Lagertha… Aethelred continuava a difenderlo?

Non si era mai sentito tanto mortificato e inadeguato in vita sua, in quel momento avrebbe davvero voluto che Bjorn lo avesse fatto bruciare vivo o, magari, che lo avesse cacciato da Kattegat. Non meritava altro…

“Tutti, qui a Kattegat, sapevano cosa stava passando Hvitserk. Alcuni, come me e come Gunnhild, hanno cercato di aiutarlo, ma senza risultato perché non sapevamo per quale motivo stesse così male. Però c’era qualcuno che sapeva” riprese Aethelred, lanciando un’occhiata a Ubbe. “Tu. Tu sapevi che Hvitserk prendeva dei funghi allucinogeni sperando di vedere gli dei o chissà che cosa, tu sapevi e non hai detto niente a Bjorn. Non hai detto niente a me!”

Adesso Ubbe era veramente in imbarazzo, anche perché molti sguardi si erano posati su di lui. Anche Bjorn lo guardava con l’aria di dirgli Beh, il ragazzo non ha tutti i torti. Magari mi avrebbe fatto comodo sapere cosa stava succedendo a Hvitserk, mi sarei risparmiato questa figura di merda…

“Se io avessi saputo che Hvitserk assumeva quelle sostanze glielo avrei impedito, le avrei distrutte, bruciate, gettate nel fiume, ma di sicuro non gliele avrei lasciate prendere!” dichiarò Aethelred, alzando il tono della voce. “Se Ubbe mi avesse detto quello che sapeva, io avrei fatto in modo che non si arrivasse mai a questo punto. Ecco, per questo ti chiedo, Bjorn: è davvero solo colpa di Hvitserk se Lagertha ha rischiato la vita? Non siamo tutti colpevoli per non averlo fermato in tempo? Allora anch’io dovrei essere esiliato con lui, e anche Ubbe. Non è forse così?”

Bjorn era dubbioso, indeciso. Certo, voleva che Hvitserk pagasse per ciò che aveva tentato di fare… ma sapeva anche che Aethelred aveva ragione, la gente aveva sentito e con ogni probabilità erano in molti a trovarsi d’accordo con il Principe.

“Allora cosa dovrei fare? Non posso lasciare che Hvitserk rimanga a Kattegat, rappresenterebbe un pericolo e ne abbiamo già avuto la prova. La prossima volta potrebbe uccidere davvero qualcuno” disse infine. “Te la vuoi prendere tu la responsabilità di badare a lui?”

Aethelred drizzò ben alta la testa e fissò Bjorn negli occhi.

“Certo che me la prendo io” rispose senza esitare. “Adesso che so cosa sta facendo del male a Hvitserk posso benissimo occuparmene io e risolvere la faccenda.”

“E sia” concesse il vichingo. “Dunque Hvitserk resterà a Kattegat, ma sarà sotto la tua custodia e, qualsiasi cosa dovesse accadere, ti riterrò personalmente responsabile.”

Salvata così la faccia anche davanti al suo popolo, Bjorn si allontanò, senza più degnare di una sola occhiata il fratello. Gunnhild lo raggiunse e gli strinse il braccio, soddisfatta anche lei per quella decisione.

Aethelred, invece, si avvicinò a Hvitserk che non aveva nemmeno la forza di rimettersi in piedi da solo. Lo aiutò ad alzarsi e lo tenne stretto a sé.

“Io… non meritavo che facessi questo per me, Bjorn aveva ragione, meritavo di essere cacciato…” mormorò il giovane vichingo, sull’orlo del pianto.

“Aspetta a ringraziarmi” lo interruppe Aethelred, in un tono calmo ma fermo e risoluto. “Ti ripulirò ben bene dai veleni che hai assunto finora, ti guarirò da questa dipendenza, ma ti assicuro che la cosa non sarà piacevole per nessuno dei due.”

E con quella velata minaccia, il Principe accompagnò Hvitserk nella piccola casa che sarebbe diventata la loro abitazione almeno fino a quando non fosse riuscito a disintossicarlo completamente.

In poche parole, Aethelred avrebbe sottoposto Hvitserk a un regime durissimo, degno dei migliori centri di riabilitazione del mondo moderno!

Fine capitolo quarto

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Capitolo 5
*** Cap. 5: Lying down ***


Capitolo 5: Lying down

 

And I don't need someone who makes me feel so bad
And I've just enough left to help me pack my bags
Yes I have found something I thought I lost
I found me, I found faith, I found trust

You can't take this from me
Can't you see I won't take this lying down?
And I can hear you when you speak your poison
Bitter words can't hurt me now, I won't take it lying down!

(“Lying down” – Celine Dion feat. Sia)

 

In poco più di un mese Hvitserk era letteralmente rifiorito, anche se il percorso era stato davvero durissimo e doloroso tanto per lui quanto per Aethelred. Ora era di nuovo in sé, pulito e ordinato nella mente e nel corpo, i lunghi capelli adesso legati in una treccia e un’espressione più serena sul volto. Tuttavia le sofferenze che aveva passato avevano lasciato tracce su di lui e non era più il ragazzo vivace e allegro che tutti conoscevano, era diventato un giovane uomo consapevole dei suoi limiti, pacato e a volte malinconico.

Aethelred aveva fatto esattamente quello che aveva dichiarato davanti a Bjorn e, fermo e determinato, si era occupato del giovane vichingo con totale abnegazione, senza lasciarsi impietosire ma anche senza cedere di fronte alle mansioni più faticose e umilianti. Si era trasferito con Hvitserk in una piccola casa appena fuori Kattegat e si era dedicato a lui notte e giorno, in ogni situazione, senza mai esitare, disperare o scoraggiarsi. Eppure di momenti devastanti ce n’erano stati molti, soprattutto nei primi giorni. Il Principe teneva Hvitserk continuamente chiuso in casa per impedire che si incontrasse di nuovo con il suo spacciatore, lo conteneva quando aveva le crisi allucinatorie o di astinenza, lo sosteneva quando si sentiva male, lo aiutava a mangiare, lo lavava e si occupava di lui.

Una sera Hvitserk aveva perfino tentato di aggredire Aethelred, stravolto per la necessità di assumere ancora i suoi funghi allucinogeni.

“Lasciami uscire, Aethelred” lo aveva implorato, con veemenza e disperazione. “Sto male, ho bisogno di quei funghi, devi aiutarmi!”

E, visto che il Principe non aveva la minima intenzione di cedere, aveva fatto per gettarglisi addosso, cercando di spintonarlo per poi uscire a cercare il suo fornitore. Era però troppo debole e instabile e Aethelred aveva avuto gioco facile nell’immobilizzarlo e gettarlo sul letto.

“Io ti sto aiutando!” gli aveva gridato, feroce. “Ti sto aiutando proprio perché ti tengo lontano da quello schifo! Ti salvo la vita tutti i giorni passando con te ogni momento, occupandomi di te, facendoti mangiare e impedendoti di farti del male!”

Hvitserk era subito tornato a più miti consigli, umiliato e schiacciato dai sensi di colpa. Nonostante il suo stato, riusciva ad essere abbastanza lucido da capire che non aveva il diritto di pretendere niente da Aethelred, che il Principe stava facendo fin troppo per lui e che… e che lui aveva fallito su tutta la linea. Doveva essere lui a rendere felice Aethelred! Quando erano ancora in Wessex aveva immaginato di viaggiare con lui, di farlo sentire libero, amato e realizzato… e poi? Ecco cosa aveva fatto! Si era lasciato schiacciare da ossessioni e dipendenze, aveva quasi ucciso Lagertha e aveva rischiato di farsi cacciare da Kattegat e Aethelred era rimasto sempre al suo fianco, non lo aveva mai abbandonato, lo aveva sostenuto, protetto e salvato.

Non gli sarebbero bastate mille vite per sdebitarsi con Aethelred.

Ora, un mese dopo quella drammatica sera, Hvitserk guardava il Principe che sistemava le ultime cose prima di lasciare quell’abitazione provvisoria e trasferirsi di nuovo con lui nella dimora reale. Si rendeva conto che il loro rapporto, in quel lungo periodo di dolore e disperazione, era cambiato profondamente e non sarebbe mai più potuto tornare quello di prima.

Non ne avevano ancora parlato, ma era chiaro ad entrambi che l’amore si era trasformato in una tenera amicizia, un legame più simile a quello tra due fratelli che tra due amanti. Non c’era più stata tra loro quell’intimità legata al desiderio, alla passione, all’attrazione fisica. Aethelred si era occupato di Hvitserk come se fosse stato suo figlio e adesso non riusciva più a vederlo come compagno di vita; dal canto suo Hvitserk voleva tantissimo bene al Principe, ma adesso si sentiva vagamente in soggezione con lui e… e invece avrebbe desiderato qualcuno con cui sentirsi, finalmente, un uomo capace di prendersi cura di un compagno e di essere un punto di riferimento per lui.

Con Aethelred questo non sarebbe stato più possibile. Aethelred aveva visto il suo lato peggiore, le sue fragilità e debolezze; era maturato tanto in quei mesi, era cresciuto e non aveva più bisogno di lui. O meglio, aveva bisogno del suo affetto e della sua amicizia, ma nulla più. Aethelred era ormai mille miglia avanti a lui, bastava a se stesso, era addirittura diventato un caposaldo per Kattegat. Perfino Bjorn si consultava con lui e ascoltava i suoi consigli! Aethelred non era più il ragazzo malinconico e oppresso dalla figura materna che lui aveva conosciuto in Wessex.

“Sei sicuro che sarò ben accetto nella dimora reale?” domandò Hvitserk al Principe. “Credo che Bjorn sia ancora infuriato con me e che Ubbe mi consideri un totale fallimento. Forse dovrei restare a vivere qui senza essere di peso a nessuno e senza dovermi sentire tollerato a stento.”

Aethelred smise di fare quello che stava facendo e, con un sorriso dolce e paziente, si sedette sul letto accanto a lui.

“Tu sei uno dei figli di Ragnar e il tuo posto è nella dimora reale insieme ai tuoi fratelli” gli disse. “E’ vero, probabilmente all’inizio non sarà facile e magari Bjorn e Ubbe ti guarderanno con ostilità, ti terranno d’occhio e valuteranno ogni tuo gesto e ogni tua parola. Ma sta a te dimostrare a tutti loro che sei cambiato, che hai compreso i tuoi errori e che sei disposto a fare tutto ciò che potrai per rimediare.”

Hvitserk scosse il capo, sconsolato.

“Io non so se ne sarò capace. Forse hanno ragione loro e io sono davvero un fallimento, un essere inutile, la vergogna della famiglia…”

Un lampo attraversò gli occhi di Aethelred.

“Non voglio sentirti fare questi discorsi, mi hai capito bene? Tu sei Hvitserk Lothbrok e nessuno può permettersi di farti sentire in questo modo. Hai sbagliato, lo sappiamo tutti e due, ma chi può dire di non aver mai commesso errori in vita sua? Io no di certo e nemmeno Bjorn e Ubbe. L’ho già detto il giorno in cui eri stato condannato all’esilio, lo ripeto adesso e sono pronto a ripeterlo davanti a chiunque oserà attaccarti: sei stato sciocco a deprimerti e a cercare rifugio nell’alcool e negli allucinogeni, ma noi siamo colpevoli quanto te perché non abbiamo fatto niente per aiutarti. Bjorn era troppo preso dal governo di Kattegat e Ubbe dai suoi progetti di esplorazione, io ti ero vicino ma non capivo cosa ti stesse succedendo. Ubbe, in particolare, era al corrente di come ti stavi distruggendo e, invece di prenderti da parte e costringerti a ripulirti è rimasto a guardare disgustato mentre tu crollavi. Ascolta bene quello che sto per dirti e mettitelo in testa una volta per tutte: sei stato lasciato da solo a combattere contro qualcosa di molto più grande di te e tutti noi, io compreso, ne siamo responsabili.”

Hvitserk era commosso e confuso. Le emozioni lo stordivano, provava vergogna ma anche un’infinita riconoscenza per Aethelred che era sempre accanto a lui, che non lo giudicava, che lo incoraggiava e lo spronava continuamente.

“Tu dimostrerai a tutti che hai superato le tue debolezze e i tuoi problemi e che lotterai ogni giorno per renderti utile, per essere un punto di forza per Kattegat e un aiuto prezioso per i tuoi fratelli” continuò Aethelred, convinto. “So che ce la puoi fare e che mi renderai fiero di te!”

“Farò quello che posso, te lo prometto, non ti creerò più problemi” replicò Hvitserk, turbato. “E soprattutto… accetterò quello che sono senza illudermi di poter fare grandi cose. Non sono un eroe come i miei fratelli, gli dei non hanno niente di speciale in serbo per me. Il mio destino è semplicemente fare il mio dovere ogni giorno e smettere di sognare grandi imprese.”

“Non c’è niente di male in questo, Hvitserk” gli disse il Principe, affettuosamente. “Non tutti siamo al mondo per diventare delle leggende. Anch’io credevo questo, quando ero in Wessex. Ero sicuro che sarei diventato Re e che sarei stato ricordato come uno dei più grandi sovrani inglesi, ma mi sbagliavo. All’inizio anche per me è stata molto dura, non volevo accettarlo, ma adesso capisco che non era quello il mio posto e che non era nemmeno quello che volevo davvero. Sono molto più felice ora, ho trovato me stesso, mi sento libero e realizzato… senza fare niente di speciale. Sarà così anche per te, vedrai.”

Hvitserk annuì. Non era convinto fino in fondo, ma giurò a se stesso che non avrebbe più deluso Aethelred che si era sacrificato tanto per lui e che gli dimostrava tanta stima e fiducia. Si sentiva strano. In un'altra vita avrebbe stretto il Principe tra le braccia e lo avrebbe baciato, avrebbe voluto fare l’amore con lui… ma in quel momento sentiva che sarebbe stata la cosa sbagliata. Vedeva Aethelred come una specie di fratello maggiore, come avrebbe voluto che fosse Ubbe. Non importava che il Principe fosse più giovane di lui, aveva mostrato molte volte di essere più maturo, saggio e responsabile.

“Adesso vuoi rimanere lì ad autocommiserarti oppure vuoi aiutarmi a sistemare le nostre cose per tornare alla dimora reale?” domandò scherzosamente Aethelred.

“Ti aiuto” rispose Hvitserk, alzandosi dal letto. Il momento di intimità era svanito così come tante altre cose… “Credo di essermi pianto addosso fin troppo in tutto questo tempo.”

“Ecco, questo è il Hvitserk che voglio vedere. Ci aspettano tante altre difficoltà e ci sarà bisogno anche di te per superarle” lo rassicurò il Principe.

Quando i due giovani uscirono da quella piccola casa per tornare alla dimora reale, Hvitserk si voltò indietro solo per un attimo, rivivendo nella mente tutto ciò che era stato e quello che sarebbe potuto essere. Provava un vago senso di malinconia, ma sapeva anche che, in ogni modo, Aethelred sarebbe stato accanto a lui, come amico se non come compagno, e quella consapevolezza lo faceva sentire più forte e capace di affrontare tutto ciò che lo attendeva.

Un capitolo della vita di entrambi si era appena concluso e un altro stava iniziando. Nessuno dei due poteva anche solo lontanamente immaginare quanto le loro esistenze sarebbero state travolte da qualcosa di totalmente inaspettato, una vera e propria tempesta d’inverno che avrebbe rivoluzionato il loro cuore, la loro mente, che avrebbe portato fatiche e delusioni ma anche nuove gioie e che avrebbe tracciato per ognuno di loro un nuovo percorso, nuovi amori e stravolgimenti.

E sia Hvitserk che Aethelred erano pronti per fronteggiare qualsiasi colpo di scena a viso aperto, con coraggio e determinazione. Le dure esperienze vissute li avevano temprati e fatti crescere e niente più avrebbe potuto abbattere i loro spiriti.

Fine capitolo quinto

 

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Capitolo 6
*** Cap. 6: Valkyries ***


Capitolo 6: Valkyries

 

Valkyries ride through the night sky
Singing fierce battle-cries
Valkyries, choosers of slain, come ride their wolves

Howling wolves in the night carrying female deities
Escort the dead warriors to Odin's hall

Armour of Valkyries flashes up over the skies
Shading a strange light - the northern lights…

(“Valkyries” – Amberian Dawn)

 

Aethelred aveva avuto ragione nell’incoraggiare Hvitserk e nel ripetergli che, comunque fossero andate le cose in passato, adesso poteva dimostrare a tutti di essere cambiato e che, pur senza compiere gesta eroiche, avrebbe dato il suo contributo per la salvezza di Kattegat e della sua famiglia.

Infatti una minaccia sempre più concreta incombeva su Kattegat e sulla Norvegia intera e, per farvi fronte, ci sarebbe voluto il contributo di tutti, Hvitserk compreso, possibilmente nel pieno delle sue facoltà mentali. Perché, in effetti, il giovane vichingo ne aveva tirate fuori tante di follie nel suo periodo da alcoolizzato e drogato, ma una cosa giusta l’aveva sempre detta, ossia che Ivar era tuttora a piede libero e che prima o poi sarebbe tornato. E, a dirla tutta, nessuno in quel di Kattegat si era posto delle domande più che ovvie, del tipo Dov’è adesso Ivar? e Che cosa starà combinando Ivar?

Bene, era giunto il momento di dare una risposta a questi interrogativi.

Mentre, a Kattegat, Hvitserk inseguiva fantasmi e visioni, Ivar, quello vero e reale, non fluttuava da una parte all’altra, bensì era riuscito a fuggire e, pur non essendo un dio come credeva e non avendo nemmeno i poteri paranormali che gli attribuiva Hvitserk, era riuscito ad arrivare nientemeno che a Kiev. Come avesse fatto non me lo chiedete, non ne ho la più pallida idea, ma a quanto pare una delle sue doti era quella di sapersi sempre reinventare, di saperne sempre una più del diavolo o di qualunque altra creatura demoniaca avessero nel Pantheon Norreno e, seppure nella steppa sconfinata a quaranta sotto zero, * tanto aveva fatto che era riuscito a trovarsi un alleato di tutto rispetto: il Principe Oleg. Questo ameno individuo governava i Rus’ di Kiev e aveva preso subito in simpatia Ivar, decidendo su due piedi di allearsi con lui per invadere la Scandinavia, che intendeva rivendicare come patria ancestrale dei Rus’ (di origine vichinga pure loro).

Oddio, a dir la verità il suddetto Oleg era uno schizzato di prima categoria, talmente folle e perverso da aver ridefinito il significato della parola psicopatico e aver riportato alla ragione persino Ivar che, trovandosi alla mercé di costui, si era improvvisamente ravveduto e aveva iniziato a comportarsi da persona pressoché normale! E il vero intento di Oleg non era certo quello di aiutare Ivar per pura carità cristiana, bensì servirsi di lui per invadere la Scandinavia e poi metterlo sul trono di Kattegat quale suo Re fantoccio. Cosa ne pensasse Ivar di tutto ciò potete benissimo immaginarlo, ma di certo non andava a dirlo in faccia al Principe! Così se ne era rimasto zitto e buono, tramando dietro le quinte come era sua abitudine e, intanto, l’armata Rus’ o quello che era si avvicinava sempre di più alla Norvegia…

Pertanto Bjorn e Ubbe non avevano né tempo né voglia di contestare o criticare la decisione di Aethelred di riportare Hvitserk a vivere nella dimora reale, avevano già i loro problemi. Proprio quel giorno, infatti, erano giunti a Kattegat dei messaggeri inviati da Re Harald (il quale, nel frattempo, aveva stabilito un’alleanza con Re Olaf ed era pertanto potuto tornare nei suoi territori) e avevano avvertito Bjorn del fatto che gruppi di predoni Rus’ razziavano e devastavano i confini del loro regno e di quelli circostanti.

Non era altro che l’avanguardia dell’esercito di Oleg e Ivar, ovviamente, che inviava scorribande mentre preparava una massiccia invasione.

“Dunque Ivar si sarebbe alleato con un Principe Rus’ e adesso starebbe tornando in forze con un’immensa armata per invadere Kattegat e tutta la Scandinavia?” domandò Ubbe **, allibito, mentre si trovava con Bjorn, Gunnhild, Torvi, Aethelred e Hvitserk nella Sala Grande. “Qualcuno dei mercanti che ha viaggiato sulla Via della Seta mi aveva accennato qualcosa del genere, ma speravo che non fosse vero…”

Hvitserk non disse niente, ma fissò il fratello maggiore con l’aria di replicare Io ve lo dicevo che Ivar sarebbe tornato presto e che bisognava prepararsi, ma voi non mi avete mai dato ascolto!

“Invece è così” rispose Bjorn, meditabondo. “Dobbiamo organizzarci prima che i Rus’ ci attacchino. Ho ordinato ai messaggeri di Re Harald di tornare da lui e di chiedergli di convocare tutti i Re, le Regine, gli Jarl e i Conti di Norvegia perché accorrano in forze a protezione di Kattegat. Solo così avremo la speranza di poter sconfiggere un esercito tanto grande e potente.”

“Se avessimo avuto il tempo di eleggere un Re dei Norreni, come voleva Re Olaf, forse adesso sarebbe più facile riunire tutti gli eserciti della Norvegia, purtroppo però gli attacchi dei Rus’ si stanno facendo sempre più devastanti ed è chiaro che la battaglia decisiva potrebbe aver luogo in qualsiasi momento” intervenne Gunnhild. “Io spero, comunque, che la minaccia dell’invasione di un popolo straniero sia sufficiente a spingere i governanti a inviare i loro eserciti.”

La Regina aveva parlato in tono triste e preoccupato. Quelli erano giorni molto drammatici per lei. Il pericolo dell’invasione era ogni momento più vicino e, come se non bastasse, lei aveva perduto il figlio che aspettava, per essersi affaticata eccessivamente durante gli addestramenti e nella preparazione delle difese di Kattegat. Aethelred ammirava moltissimo Gunnhild e pensava che Bjorn avesse scelto una moglie perfetta per lui, una vera Regina e una guerriera, proprio come era stata Lagertha fino a pochi mesi prima. Si sentiva tanto il bisogno di Lagertha in quella reggia, ma la shieldmaiden era ritornata alla sua fattoria per riposare e riprendersi dalle ferite che aveva ricevuto durante il combattimento contro i fuorilegge… e durante l’aggressione di Hvitserk.

Aethelred, tuttavia, non dubitava del fatto che, una volta arrivato l’esercito dei Rus’, Lagertha avrebbe fatto in modo di partecipare alla battaglia a qualsiasi costo.

L’atmosfera era particolarmente opprimente e negativa e il Principe pensò di fare qualcosa per spezzare quella cappa di pessimismo che sembrava schiacciare tutti.

“Sentite, so che al momento non sappiamo niente di questo esercito, non sappiamo dove sia, quando attaccherà, e nemmeno quanti soldati avremo noi a disposizione. Ma stare qui a preoccuparci non risolverà niente e, anzi, finirà per deprimerci e scoraggiarci. Perché intanto non cerchiamo di pensare a una linea di difesa?” propose. “Immagino che i Rus’ avranno una loro strategia. Dovremmo cercare di anticipare le loro mosse e pianificare le nostre.”

“Avranno senz’altro una strategia” sottolineò Hvitserk, “visto che Ivar è con loro. Ammettiamolo, è sempre stato il miglior stratega tra tutti noi.”

“Sarà anche vero, ma mio padre mi ha insegnato quanto la strategia sia importante in battaglia… e credo di poter almeno tentare di trovare il modo per controbattere le tattiche di Ivar” replicò Aethelred. A dirla tutta non era così sicuro di se stesso, ma si rendeva conto che Bjorn e gli altri avevano l’assoluta necessità di pensare a qualcosa di concreto per non rimuginare continuamente sugli alleati che non arrivavano e sulla pericolosità dei Rus’. Pianificare una tattica difensiva poteva essere un modo come un altro per impegnare le menti di tutti e distrarli e, chissà, magari si sarebbe anche rivelata utile!

Aethelred ci aveva visto giusto. I vichinghi, impegnati a realizzare difese sempre più imponenti per Kattegat e a organizzare gli eserciti secondo tattiche difensive, nei giorni successivi si dimostrarono più propositivi e determinati, tirando fuori quello spirito combattivo e guerriero che li contraddistingueva e mettendo da parte dubbi e preoccupazioni. Il Principe fu felice di vedere che anche Hvitserk, dimenticate ormai le sue ossessioni assurde, non pensava più di dover essere lui personalmente a uccidere Ivar, quanto piuttosto a rendersi utile il più possibile per proteggere Kattegat e la sua gente. I preparativi per l’immane scontro avevano coinvolto anche un giovane tornato da poco in città, un certo Helgi, che era reduce da esperienze spaventose e, forse, aveva proprio bisogno di impegnarsi mente e corpo in qualcosa di reale e concreto per allontanarsi dai ricordi che lo spezzavano e che rischiavano di farlo impazzire.

Helgi era un giovane di Kattegat che, un paio di anni prima, era partito con la moglie Thorunn, in attesa di un figlio, la sua famiglia e un altro gruppo di persone per seguire Floki in Islanda. Floki li aveva convinti che là avrebbero vissuto in pace e armonia, in una terra benedetta dagli dei, e il gruppetto gli aveva creduto, salvo bestemmiare in tutte le lingue conosciute quando avevano scoperto che la famigerata terra benedetta dagli dei era un’isola vulcanica deserta e inospitale. Tuttavia si sarebbero pure impegnati a farla fruttare, seguendo le direttive di Floki, se non che il padre di Helgi, Eyvind, aveva iniziato a opporsi a tutto e a tutti, a scassare le palle un giorno sì e l’altro pure mettendosi contro anche i sassi dell’isola e fomentando odio e rivalità tra la sua famiglia e quella di Kjetill.

Insomma, l’idea di Floki di vivere in pace e armonia non era riuscita nemmeno con un piccolo gruppo di persone, tanto per dare l’idea di come l’essere umano sia, in fin dei conti, l’animale più pericoloso.

Detto in breve, i figli di Eyvind e Kjetill avevano cominciato ad ammazzarsi l’un l’altro e perfino la povera Thorunn ne aveva fatto le spese, dopo di che Kjetill, impazzito di rabbia e dolore, aveva massacrato Eyvind e ciò che restava della sua famiglia, comprese le donne e i bambini. Proprio un bell’esempio di comunità felice e pacifica, direi!

Helgi era riuscito miracolosamente a scampare al massacro e, misteriosamente (forse per volontà degli dei?), aveva trovato un modo per far ritorno a Kattegat. *** In un primo tempo se ne era rimasto in disparte, ancora traumatizzato da tutto ciò che era accaduto e dalla perdita di tutta la sua famiglia ma ora, lentamente, aveva iniziato a partecipare all’allestimento delle difese di Kattegat, scoprendo che lavorare e addestrarsi per i futuri combattimenti lo aiutava a non pensare e che sentirsi utile addolciva il dolore per la morte di Thorunn e del figlio non ancora nato.

Nel frattempo erano giunti in appoggio anche Re Harald e Erik il Rosso con i loro eserciti e il grosso delle forze di Kattegat si era spostato a Vestfold per fortificare anche il fiordo che portava alla capitale, Tamdrup. L’invasione dei Rus’, ormai era chiaro, non riguardava più soltanto la lotta per la conquista di Kattegat, bensì coinvolgeva la Norvegia intera, o almeno questo era il piano del folle Oleg. Chissà cosa ne pensava Ivar di tutto ciò, lui che, in realtà, desiderava il trono di Kattegat e la vendetta sui suoi fratelli? Beh, anche questo si sarebbe scoperto presto.

“Nessun altro ha risposto all’appello? Nessuno dei tanti Re, Regine e Jarl della Norvegia si preoccupa dell’invasione dei Rus’?” domandò Bjorn a Harald e Erik mentre osservavano i lavori di fortificazione del fiordo e della spiaggia, dove era più probabile che si scatenasse l’attacco delle truppe di Oleg.

“A quanto pare no” fece Harald, laconico. “E’ chiaro che ognuno pensa al proprio piccolo Regno. Forse sarebbe stato diverso se avessimo avuto il tempo di eleggere un Re dei Norreni e di unificare tutta la Norvegia, ma così…”

“Beh, sono degli sciocchi. Cosa pensano, che questo Oleg e i suoi Rus’ li risparmieranno poiché non sono scesi in battaglia? Poveri ingenui! Dopo aver conquistato la capitale e Kattegat, Oleg e la sua armata proseguiranno finché non avranno sottomesso tutta la Norvegia” replicò Erik, brusco.

“Mi domando perché Ivar si sia alleato proprio con un Principe cristiano” chiese Bjorn a bassa voce, rivolto evidentemente più a se stesso che agli altri. “E’ possibile che voglia davvero distruggere la civiltà norrena per stabilire un Regno governato da cristiani?”

“Probabilmente è l’unico alleato che ha trovato e non poteva permettersi di fare lo schizzinoso” rispose Harald che, a quanto pare, aveva compreso bene la situazione di Ivar. Del resto non poteva essere diversamente visto che, tempo prima, lui stesso era stato alleato di Ivar contro l’esercito di Bjorn. Sì, in quel mondo la gente cambiava schieramento con molta disinvoltura… cosa che, tuttavia, accade anche oggi. “Questo Principe Oleg gli avrà concesso di diventare Re di Kattegat e a lui è andata bene così.”

“Sì, immagino che tu abbia ragione: Ivar vuole stare sempre dalla parte di chi vince” commentò Bjorn, che rimaneva comunque poco convinto.

“Beh, allora questa volta finirà per stare dalla parte di chi perde” si intromise Aethelred, che era giunto da poco insieme a Gunnhild, Hvitserk e Helgi e aveva ascoltato l’ultima parte della conversazione. “Credo di aver capito quale potrebbe essere il suo piano e Gunnhild ha pensato a un modo per mandarlo a monte.”

“Il grosso della flotta dei Rus’ attaccherà la spiaggia, perciò avete fatto bene a fortificare questa zona e a concentrare la maggior parte delle truppe qui” spiegò la donna. “Tuttavia Aethelred mi ha fatto notare che i Rus’ potrebbero cercare di penetrare anche assaltando il fiume a nord. Noi, quindi, stiamo preparando una barriera difensiva proprio da quella parte e io guiderò un contingente di guerrieri e shieldmaiden per contrastare quell’attacco. Ci sono già molti uomini al lavoro sulle barriere.”

“Molto bene” sorrise Bjorn, fiero di quella moglie così intelligente e agguerrita.

“Guardate!” esclamò ad un tratto Harald. “Scorgo una flotta in lontananza. Potrebbero essere gli eserciti alleati che si sono finalmente decisi a venire in nostro aiuto?”

Bjorn scrutò l’orizzonte a lungo, poi scosse il capo.

“No, non sono eserciti vichinghi. Sono i Rus’” disse, cupo. “Prepariamoci alla battaglia. Ognuno ai propri posti di combattimento!”

Il Re strinse a sé la sua Regina e i due si baciarono prima di separarsi.

“Ci rivedremo, marito mio, ne sono certa” disse Gunnhild, staccandosi da lui. Poi si avviò di corsa in direzione della foce del fiume che avrebbe difeso con il suo esercito, seguita da Aethelred, Hvitserk e Helgi.

“Sono arrivati prima del previsto” mormorò il Principe. “Spero soltanto che le barriere difensive siano pronte…”

La grande battaglia tra Norreni e Rus’ stava per avere inizio e, questa volta, la posta in gioco era la Norvegia intera e non più soltanto Kattegat.

Da quel momento in poi le vite di molti sarebbero cambiate e le situazioni si sarebbero assestate e poi capovolte ancora e ancora. Era l’inizio di una vera e propria tempesta d’inverno

Fine capitolo sesto

 

 

 

* Citazione da “Popoff”, popolare canzoncina dello Zecchino d’Oro del 1967. Chiedo scusa per la battuta, ma mi è venuta spontanea ogni volta che, guardando la serie TV, la scena si spostava da Kattegat alla Russia! Mi è sembrato così assurdo che Ivar, che di certo non aveva un jet personale, fosse riuscito ad arrivare fin là! XD

** Nella serie TV Ubbe non partecipa alla battaglia contro i Rus’ in quanto è già partito con la famiglia verso l’Islanda. Nella mia versione, invece, Ubbe non partirà fino a che Kattegat non sarà al sicuro e i Rus’ sconfitti.

*** Nella serie TV Helgi muore nel massacro ed è invece Kjetill a tornare a Kattegat, creando di nuovo un sacco di casini. Io ho preferito lasciare Kjetill in Islanda dove farà danni ad altra gente e ho invece salvato Helgi perché… beh, perché mi tornava comodo ai fini della mia storia e poi la sua triste vicenda mi ha colpita e ho deciso di regalare anche a lui un lieto fine! Ignoro totalmente come abbia fatto Kjetill a tornare a Kattegat da quella terra di nessuno dove si trovava, per cui non specifico neanche come sia tornato Helgi…

 

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Capitolo 7
*** Cap. 7: Start another round ***


Capitolo 7: Start another round

 

Start another round
Roll another dice
Time is running out
As everybody knows
That's the game of life
Will you pay the price?
Start another round
Roll another dice
Time is running out
As everybody knows
That's the game of life
Are you strong enough?

(“Start another round” – Temperance)

 

La gran parte della flotta Rus’ attaccò la spiaggia presidiata da Bjorn, Harald e Erik ed ebbe inizio una sanguinosa battaglia tra Rus’ e Norreni. Aethelred e Gunnhild, però, avevano avuto ragione a scegliere di difendere la foce del fiume a nord, perché fu proprio lì che si diressero le navi comandate dal Principe Oleg, su suggerimento di Ivar. I Norreni avevano eretto delle barriere difensive per bloccare l’avanzata delle navi Rus’, ma non furono abbastanza resistenti e i nemici riuscirono ad abbatterle, penetrando le difese.

Tuttavia le cose sarebbero andate molto peggio se quel lato non fosse stato difeso. E’ vero che gli uomini di Oleg riuscirono a forzare il blocco norreno, ma Gunnhild e i suoi si difesero con grande valore e riuscirono a fare molte vittime tra i Rus’. Ad un certo punto Gunnhild, che era riuscita a salire su una delle navi, si trovò a duellare proprio contro lo stesso Oleg. Il Principe, però, era più forte e la disarmò: l’avrebbe trafitta se non fosse stato per Hvitserk che, intervenendo alle spalle di Oleg, lo colse alla sprovvista gettandolo contro un altro soldato e dando alla donna il tempo di tuffarsi nel fiume e sfuggire così ad una morte certa.

“Ritirata!” ordinò poi la shieldmaiden non appena fu in salvo. Non c’era altro che potessero fare: le barriere difensive erano state sfondate, i Rus’ avevano invaso la foce del fiume e continuare il combattimento avrebbe voluto dire solo sacrificare inutilmente le vite di tanti soldati. Gunnhild era preoccupata per le sorti della battaglia, ma era anche consapevole di aver compiuto il suo dovere nel miglior modo possibile: difendendo il fiume, i Norreni avevano potuto indebolire il contingente dei Rus’ e avevano inflitto al nemico molte perdite.

Anche il Principe Oleg aveva fatto i suoi conti e si era molto innervosito con Ivar.

“Avevi detto che da questa parte saremmo potuti passare senza problemi” gli disse, secco. “Invece c’era un intero esercito di Norreni ad attenderci e abbiamo perso molti uomini!”

Ivar fissava il fiume e i boschi circostanti, riflettendo. Com’era potuto accadere? Bjorn non era certo tanto astuto da progettare un simile piano e di sicuro aveva concentrato tutte le sue forze nel difendere la spiaggia. Eppure lì avevano trovato un contingente guidato dalla moglie di Bjorn. Doveva essere stata lei a suggerire la difesa del fiume, non c’era altra spiegazione.

“Non preoccuparti, Principe Oleg, li coglieremo di sorpresa lo stesso” disse poi al Rus’. “Loro non si aspettano certo che li prenderemo alle spalle e che occuperemo la capitale, pensano che non riusciremo a superare la montagna che sta in mezzo… e invece sarà proprio quello che faremo!”

Mentre, dunque, le navi dei Rus’ risalivano il fiume per raggiungere la base della montagna che avrebbero poi scalato, Aethelred e il gruppo dei vichinghi che erano sopravvissuti all’assalto riflettevano sul da farsi.

“Non siamo riusciti a bloccare le navi dei Rus’” commentò Hvitserk, amaro.

“E’ vero, ma abbiamo ucciso molti dei loro uomini e questo li ha indeboliti” replicò Gunnhild.

“Non importa quanti siano di numero” riprese Hvitserk. “E’ Ivar a guidarli e avrà certamente un piano per sorprendere l’esercito dei Norreni!”

“Sorprenderli, hai detto? Ma certo! Ecco cosa vuole fare” esclamò Aethelred. “I Rus’ saliranno verso nord e poi ripiegheranno verso la spiaggia per accerchiare gli eserciti di Bjorn, Harald e Erik con una sorta di manovra a tenaglia.”

“Ma c’è una montagna molto ripida tra il fiume e la capitale Tamdrup” obiettò Gunnhild. “I Rus’ non riusciranno mai a giungere alla spiaggia… oppure sì?”

Aethelred scosse il capo. Come Gunnhild, anche lui non era così esperto della topografia di quelle zone, tuttavia era convinto di aver visto giusto sulle intenzioni di Ivar.

“Non so cosa abbia in mente di fare Ivar, immagino comunque che conosca questi luoghi come il palmo della sua mano, probabilmente è al corrente di una scorciatoia che permetterà loro di aggirare la montagna” rispose, sicuro. “Ad ogni modo, quello che ritengo molto probabile è che abbia pianificato di accerchiare gli eserciti sulla spiaggia e noi non dovremo permetterlo.”

“Cosa possiamo fare? Siamo in pochi, ormai, e già la flotta dei Rus’ che è sbarcata sulla spiaggia è immensa rispetto ai nostri eserciti. Bjorn… Bjorn e gli altri non avranno scampo!” disse Gunnhild, che cercava di essere forte ma non poteva nascondere l’angoscia che provava per il marito.

“Dobbiamo raggiungerli e avvertirli, l’unica cosa che possono fare ormai è ritirarsi” rispose Aethelred. “Per fortuna siamo riusciti a catturare una delle navi dei Rus’: la useremo per ridiscendere verso il mare e raggiungere la spiaggia, poi faremo salire i guerrieri e li porteremo in salvo. Ci sono anche altre navi vichinghe presso la foce del fiume e con quelle torneremo sani e salvi a Kattegat.”

“La capitale del Vestfold cadrà nelle mani dei Rus’…” intervenne Helgi, cupo.

“Ma i nostri uomini saranno vivi” replicò Gunnhild, di nuovo agguerrita. “Una volta tornati a Kattegat manderemo ancora una volta messaggeri a tutti i Re, Regine e Jarl di Norvegia, dicendo loro che i Rus’ hanno conquistato il Vestfold e che devono intervenire e aiutare Bjorn e il suo esercito a cacciarli. Non credo che vogliano cadere sotto il dominio dei Rus’ e di fronte a queste notizie non potranno più rifiutarsi di prendere parte alla battaglia!”

Gunnhild e gli altri salirono sulla nave requisita ai Rus’ e il gruppo dei sopravvissuti si diresse verso la foce, da cui poi avrebbero raggiunto Bjorn e gli altri sulla spiaggia per avvertirli della manovra a tenaglia dei nemici. Nessuno di loro, tuttavia, aveva potuto anche solo lontanamente immaginare che il piano di Ivar prevedesse la scalata della montagna che si ergeva sopra la spiaggia e nemmeno che Ivar e i Rus’ riuscissero ad essere tanto rapidi in quella scalata impossibile da arrivare alla capitale Tamdrup prima che loro potessero unirsi agli eserciti di Bjorn, Harald e Erik. Mentre Gunnhild preparava le navi vichinghe per il ritorno dei guerrieri sopravvissuti a Kattegat, Hvitserk, Aethelred e Helgi corsero verso la spiaggia per avvertire i compagni della strategia dei Rus’… o meglio, di Ivar.

Sulla spiaggia, tuttavia, era in corso una battaglia sanguinosa e i tre ragazzi dovettero menare e schivare fendenti e destreggiarsi in mezzo a tanti soldati per riuscire a raggiungere Bjorn.

“Non è possibile!” esclamò ad un tratto Helgi. “Quelli laggiù non sono altri soldati Rus’? Come possono essere già arrivati?”

Helgi aveva ragione: i primi guerrieri Rus’ che avevano superato la montagna si stavano avvicinando minacciosamente ai Norreni per dare manforte ai compagni e accerchiare i nemici. Aethelred e gli altri compresero subito che non avrebbero avuto il tempo di raggiungere Bjorn, c’erano troppi soldati Rus’ tra loro e il Re di Kattegat e non gli avrebbero permesso di avvicinarsi.

“Aethelred, tu ed Helgi raggiungete Bjorn e organizzate la ritirata, di questi Rus’ mi occupo io” si offrì Hvitserk.

“Non puoi farcela da solo” obiettò il Principe.

“Non sarò solo, ci sono ancora abbastanza Norreni per far fuori un po’ di Rus’… e comunque ho proprio voglia di darmi da fare anch’io!” ribatté deciso il giovane, gettandosi poi nella mischia con un urlo minaccioso.

Aethelred e Helgi non persero tempo e si affrettarono per raggiungere Bjorn, mentre il numero dei Rus’ che scendeva dalla montagna verso la spiaggia continuava ad aumentare. Non era più il momento di esitare, o sarebbe stata una carneficina per i vichinghi…

“I Rus’ vi stanno accerchiando, Bjorn, dovete ritirarvi o vi uccideranno tutti!” gridò Aethelred, cercando di avvicinarsi il più possibile al Re di Kattegat. Helgi, intanto, si dava da fare assestando colpi a tutti i soldati nemici che si presentavano dalle parti di Bjorn e degli altri comandanti norreni.

“Il ragazzo ha ragione, non abbiamo scelta, se continueremo a combattere in queste condizioni moriremo tutti e la Norvegia cadrà in mano ai Rus’” esclamò Erik, dandosi una veloce occhiata intorno e vedendo decine e decine di soldati nemici che accorrevano verso la spiaggia.

Bjorn non era per niente contento di doversi ritirare, ma Erik aveva ragione, morire da eroi in questo caso sarebbe stato da idioti e avrebbe lasciato la loro terra in balìa dei nemici. Tornare a Kattegat, invece, avrebbe lasciato ai Rus’ la vittoria di quella battaglia, ma nel frattempo loro si sarebbero potuti riorganizzare e avrebbero potuto vincere la guerra.

“Ritirata! Ritirata! Alle navi!” gridò allora Bjorn, e sia Harald che Erik gli fecero eco, richiamando i loro uomini. Purtroppo molti erano morti, ma anche tra i Rus’ si contavano diverse perdite e comunque c’era sempre la speranza che gli altri governanti norreni, una volta venuti a conoscenza della vittoria dei Rus’ a Vestfold, si sarebbero finalmente decisi a intervenire prima che fosse troppo tardi.

Mentre i Norreni si ritiravano, tuttavia, accadde un episodio inatteso. Ivar, all’improvviso, si fece largo tra i vichinghi con la spada in mano e si gettò su Bjorn per ucciderlo. Per fortuna Helgi se ne avvide in tempo e, con una spallata, lo gettò a terra. Il colpo, che avrebbe potuto essere mortale per il Re di Kattegat, lo ferì al fianco… ma sarebbe dovuto finire in fondo all’addome del vichingo e sarebbe stato molto peggio.

Confuso e indolenzito, Bjorn si guardò attorno.

“Ivar? Quello era Ivar? Ma come…” mormorò.

“Lasciamo perdere e cerchiamo di arrivare alle navi il prima possibile intanto che lui cerca di rialzarsi!” tagliò corto Aethelred, sostenendo Bjorn da una parte mentre Helgi lo aiutava dall’altra. Harald, Erik e tutti gli altri guerrieri vichinghi avevano formato una linea di difesa per permettere a Bjorn di giungere il più in fretta possibile alla nave, falciando tutti i Rus’ che capitavano loro a tiro.

Finalmente il gruppo dei sopravvissuti arrivò alle navi, già pronte alla partenza per Kattegat. Gunnhild si prese cura di Bjorn mentre gli altri si sistemavano come potevano.

Mentre veleggiavano verso casa, Aethelred rivolse un sorriso a Hvitserk e Helgi.

“Siete stati grandi, è merito vostro se siamo riusciti a salvare Bjorn e a riportare a casa la gran parte dei nostri guerrieri. Hvitserk, vedi che non sei inutile? Hai tenuto a bada decine di Rus’ mentre noi cercavamo di raggiungere Bjorn. E tu, Helgi, sei stato sveglio e coraggioso, con quello spintone provvidenziale a Ivar hai deviato il colpo di spada e protetto Bjorn” disse, molto fiero e soddisfatto.

“Cosa? Ivar era sulla spiaggia e ha cercato di uccidere Bjorn?” trasecolò Hvitserk, che forse vedeva avverarsi qualcuna delle sue allucinazioni…

“Si era nascosto in mezzo ai Rus’ per colpirlo, immagino” rispose Aethelred, minimizzando l’accaduto. “Credo che la sua idea fosse quella di eliminare Bjorn per distruggere il morale di tutti i Norreni… ma grazie all’intervento di Helgi ha fallito!”

Helgi abbassò lo sguardo e arrossì, non era abituato a stare al centro dell’attenzione.

“Non ho fatto niente di speciale, è stato solo uno spintone…” disse.

“Ma è stato sufficiente per far perdere l’equilibrio a Ivar e impedirgli di colpire fino in fondo” replicò Aethelred. Voleva rendere merito a Helgi per ciò che aveva fatto senza pensarci due volte e, soprattutto, voleva dimostrare a Hvitserk che Ivar era umano, un ragazzo come loro, e che poteva benissimo essere sconfitto. Non c’era motivo di temerlo, non più di quanto dovessero temere l’invasione dei Rus’.

I vichinghi fecero dunque ritorno a Kattegat lasciando il Vestfold in mano ai Rus’. La ferita di Bjorn, grazie al coraggio di Helgi, non era troppo grave, tuttavia era pur sempre una ferita e il guerriero non avrebbe potuto combattere ancora per qualche tempo. Lagertha giunse immediatamente dal suo villaggio per prendersi cura del figlio assieme a Gunnhild, mentre Ubbe e Hvitserk si diedero da fare per inviare messaggeri a tutti i Re, Regine e Jarl di Norvegia, spiegando loro che Bjorn chiedeva il loro aiuto, che i Rus’ avevano già conquistato il Vestfold e che, senza i loro eserciti, avrebbero finito per invadere tutta la Norvegia.

La notizia della conquista del Vestfold riuscì finalmente a scuotere le coscienze: a nessun governante piaceva l’idea di finire sotto l’egida del Principe Oleg e di un impero cristiano. Così iniziarono ad arrivare i primi contingenti, guidati da alcuni Re e Regine… tuttavia, quando giunsero a Kattegat e vennero a sapere delle condizioni di Bjorn, molti di loro si lasciarono prendere dallo sconforto. Tutti avevano sempre pensato che Bjorn La Corazza fosse invulnerabile, magari pure immortale e che avesse poteri speciali tipo sparare fiamme dagli occhi e cose del genere. Scoprire che, invece, era un uomo come tutti e che, nonostante la sua forza e il suo coraggio, poteva essere ferito e persino ucciso causò un’ondata di depressione che di certo non avrebbe aiutato i Norreni nell’imminente battaglia decisiva contro i Rus’.

Era indispensabile fare al più presto qualcosa, altrimenti sarebbe stato come consegnare la Norvegia a Oleg su un piatto d’argento!

L’idea geniale, manco a dirlo, venne a Gunnhild, che ancora una volta dimostrava di essere una vera Regina almeno quanto Bjorn era inadatto a fare il Re… meno male che almeno si compensavano! La donna pensò di mettere in giro la voce che Bjorn fosse morto a causa della ferita ricevuta da Ivar e che i Norreni avrebbero dovuto unirsi, in sua memoria, per salvare la Norvegia dai Rus’. Hvitserk, Helgi e Aethelred si riciclarono come attori di avanspettacolo e mostrarono in giro facce da funerale, lamentando la dipartita di Bjorn e insistendo sulla necessità di trovare quell’unità e quella concordia tra i Norreni in un momento così disperato in cui stavano per perdere anche la loro libertà…

Apparentemente l’idea poteva sembrare assurda e controproducente, vista la situazione già tanto deprimente, ma aveva un secondo fine importantissimo che Gunnhild aveva già previsto. Uno dei governanti accorsi a Kattegat, Re Hakon, si affrettò a recarsi al cospetto del Principe Oleg raccontando tutto della morte di Bjorn e della disperazione dei Norreni e dichiarandosi suo umile e fedele servitore. Insomma, quel simpaticone aveva abbandonato in fretta la nave che credeva stesse affondando per salire sul carro di colui che riteneva il prossimo vincitore!

Il Principe Oleg e i suoi comandanti esultarono alla notizia della morte di Bjorn e si diedero subito da fare per organizzare i preparativi per la battaglia finale, approfittando del momento tanto favorevole. Hakon, tuttavia, non ebbe modo di gioire per tutto ciò poiché Oleg, ritenendo giustamente che chi tradiva una volta poteva benissimo tradire due, lo fece sgozzare sul posto da uno dei suoi luogotenenti… e così finì ingloriosamente la breve avventura di Re Hakon con i Rus’!

Due mattine dopo, all’alba, la grande armata dei Rus’ si presentò sul campo di battaglia guidata da Oleg in persona, con al suo fianco il fratello Dir, Ivar e il giovanissimo Principe Igor, prontissima a fare a pezzi ciò che restava del malconcio esercito norreno, privato anche del suo comandante in capo.

Ebbero una gran brutta sorpresa!

Mancava solo il rullo di tamburi quando, con grande sgomento di tutti i Rus’ (ma con una certa qual ammirazione involontaria da parte di Ivar…), Bjorn in persona, vivo e più o meno vegeto, in armatura e in sella al suo cavallo, apparve alla testa del suo esercito, splendente e scintillante proprio come se Thor fosse sceso sulla Terra per affiancare i Norreni.

“Beh, a quanto pare è proprio vero che Bjorn è immortale” disse tra sé Ivar con una mezza risatina. Non sembrava poi tanto dispiaciuto all’idea che i Norreni prevalessero sui Rus’, in fondo quella non era mica la sua gente… e poi erano pure cristiani!

Bjorn sguainò la spada e la puntò verso il grande esercito dei Rus’, e dietro di lui le armate norrene di Kattegat e quelle di Erik il Rosso e di Harald fecero lo stesso, gettandosi contro i nemici con grida minacciose. Alle spalle dei Rus’ si udì il suono di un corno e dalle colline circostanti spuntarono tanti altri eserciti norreni: tutti i Re, le Regine, gli Jarl e i Conti di Norvegia erano accorsi al richiamo di Bjorn La Corazza, al richiamo della Norvegia ferita che chiedeva protezione.

“Ritirata! Ritirata!” ordinò Oleg, cercando disperatamente una via di scampo che non c’era. I Norreni erano dappertutto. Guidati da Gunnhild, Erik e Harald da una parte e da tutti gli altri governanti norreni dall’altra, i guerrieri e le shieldmaiden, tra i quali c’erano ovviamente Hvitserk, Aethelred, Helgi, Ubbe e Torvi, fecero un vero e proprio massacro della grande armata Rus’… che, a quanto pareva, non era poi tutto questo granché alla resa dei conti. Solo Bjorn, con suo grande dispiacere, non poté partecipare alla storica battaglia, poiché era ancora troppo debole e Gunnhild gli aveva fatto giurare mille volte che non avrebbe commesso imprudenze. Chiaramente, era lei che portava i pantaloni in quella famiglia! Ma Bjorn sarebbe stato ricordato comunque come il vero eroe della giornata perché i Norreni si erano riuniti e avevano vinto in suo nome, e di soddisfazioni se ne sarebbe prese parecchie in seguito. Le guerre non mancavano mai nel mondo vichingo!

Vista la mala parata, Oleg si affrettò a scappare con la coda tra le gambe, seguito da Dir, Ivar e Igor, mentre i suoi soldati venivano trucidati senza pietà dai Norreni. Davvero un cuor di leone, il grande Principe Oleg… ma questo segnò anche la sua fine. Infatti, sulla via del ritorno, i comandanti sopravvissuti alla carneficina, grazie anche alle abilità di manipolatore di Ivar, giurarono fedeltà al Principe Igor, condannando a morte Oleg che li aveva condotti a quel massacro.

Lo stesso Igor, senza batter ciglio, scagliò la freccia che attraversò il cuore di Oleg e, da quel momento, divenne lui il Principe dei Rus’, sotto la tutela dello zio Dir e di Katja, vedova di Oleg (il ragazzino era infatti ancora troppo giovane per regnare da solo). In segno di riconoscenza per averlo aiutato a liberarsi del tiranno, Igor decise di concedere al suo amico Ivar qualsiasi cosa gli avesse chiesto.

“Mio Principe, una sola cosa desidero adesso” rispose il giovane vichingo e, dopo una pausa a effetto, riprese: “voglio tornare a casa mia, a Kattegat.”

L’imprevedibile Ivar!

Cosa avrebbe portato questo nuovo colpo di scena? Ivar sarebbe tornato a Kattegat per vendicarsi o con buone intenzioni? O magari aveva solo deciso di salire, ancora una volta, sul carro del vincitore?

Solo il tempo lo avrebbe rivelato!

Fine capitolo settimo

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** Cap. 8: Raise your banner ***


Capitolo 8: Raise your banner

 

Wake up
I'm defying you, seeing right through you once I believed in you
Wake up
Feel what's coming deep within we all know

Blood for freedom

So raise your banner, fight your war
Break the silence, no remorse
Won't die within

Raise your banner, won't you come
Fight the venom, the good die young
Won't die within!

(“Raise your banner” – Within Temptation feat. Anders Fridén)

 

Dopo la cocente sconfitta ad opera di tutti gli eserciti norreni riuniti, ciò che rimaneva dell’armata dei Rus’ si era dispersa e i sopravvissuti si erano immediatamente rimessi in viaggio verso la loro capitale, Kiev. In parole povere, la vittoria di Bjorn e dei suoi era stata totale e i Rus’ ci avrebbero pensato non una, non due, non tre, ma cento volte prima di provare nuovamente ad attaccare la Norvegia.

Aethelred, Hvitserk e Helgi stavano parlando proprio del grande successo avuto in battaglia mentre, quella sera, si dirigevano verso la dimora reale. Helgi era ormai divenuto a tutti gli effetti un altro membro della famiglia e in particolare Hvitserk sembrava sentirsi legato a lui, che a causa dei traumi subiti gli ricordava se stesso e tutto ciò che aveva passato con alcool e funghi allucinogeni (sebbene Helgi, da questo punto di vista, non fosse affatto così debole e mai una volta aveva cercato rifugio ai suoi incubi nel bere), così, quando erano insieme, cercava di distrarlo, di rasserenarlo, di metterlo a suo agio.

Sì, in effetti era esattamente ciò che aveva fatto con Aethelred in Wessex e non deponeva certo a favore della costanza di Hvitserk nei sentimenti, ma sappiamo già da tempo che Hvitserk era sempre stato piuttosto volubile nei suoi legami e nelle sue alleanze e, chissà, magari con Helgi sarebbe stata la volta buona!

Dal canto suo, Helgi non aveva ancora pensato a Hvitserk in altri termini che non fossero quelli dell’amicizia, era troppo legato al ricordo della moglie uccisa barbaramente, però stava bene con lui e aveva bisogno del suo dolce affetto.

Aethelred vedeva accadere tutto questo sotto i suoi occhi, ma non poteva farci niente. Lui che non credeva nel destino iniziava davvero a pensare che, probabilmente, il suo era quello di venire sempre per secondo, di non essere degno di essere amato, così come era stato con la sua famiglia. Si era illuso che con Hvitserk sarebbe stato diverso, ma non era andata come pensava… Del resto il Principe aveva già creduto che Hvitserk volesse ritornare con Thora, era solo questione di tempo prima che la storia tra loro finisse e adesso c’era Helgi. Che, poveretto, dopo tutto ciò che aveva dovuto subire meritava di essere felice… lo meritava sicuramente più di lui.

“Non dovremo più preoccuparci di un attacco da parte dei Rus’, ora, non è così?” domandò Helgi ai suoi nuovi amici.

“Credo proprio di no” rispose Aethelred. “La loro è stata una vera e propria disfatta e se ne saranno tornati nella steppa con la coda tra le gambe! Spero che questo servirà da lezione anche ad altri popoli che dovessero nutrire il sogno di sottomettere la Norvegia. I Norreni uniti non potranno mai essere sconfitti da nessuno.”

“Ormai parli proprio come se fossi un vichingo anche tu” sorrise Hvitserk. “E, del resto, è così che tutti noi ti consideriamo. Questa battaglia è servita anche a riunire tutti i Re e i capi norreni e penso proprio che, d’ora in poi, la Norvegia sarà unita e i piccoli Regni smetteranno di farsi la guerra l’un l’altro, soprattutto dopo che ci sarà l’elezione del Re dei Norreni. A quel punto…”

Hvitserk s’interruppe di colpo, lo sguardo fisso verso un piccolo gruppo di case.

“Cosa c’è, Hvitserk?” chiese Helgi.

“Laggiù c’è qualcuno” rispose il giovane vichingo. “Là, proprio dietro quella casa. Non lo vedete?”

Era sera e non era così facile vedere bene, ma Hvitserk sembrava proprio sicuro.

Vabbè, le visioni di Hvitserk erano ormai leggenda, ma se davvero ci fosse stato qualcuno che si nascondeva in mezzo alle case dei tranquilli cittadini di Kattegat? Magari uno dei Rus’ sfuggito al massacro?

I tre giovani si avvicinarono al luogo indicato da Hvitserk.

“Vieni fuori, fatti vedere, se ne hai il coraggio!” intimò il vichingo.

Questa volta Hvitserk aveva ragione, bisogna dargliene atto: c’era davvero qualcuno che si era nascosto e che, adesso, lentamente, si stava mostrando ai tre.

“Non mi sto affatto nascondendo, stavo solo aspettando il momento opportuno per farmi vedere. E niente panico, vengo in pace” disse l’intruso, uscendo dalle ombre e rivelando la sua identità.

“Ivar? Cosa accidenti ci fai qui?” fu la reazione brusca di Hvitserk.

“Ehm… questo è Ivar? E’ veramente lui? Insomma, non è che… ecco…” fece Aethelred, dubbioso, cercando di guardare meglio il giovane sconosciuto. Beh, possiamo anche capirlo, poverino, dopo mesi in cui Hvitserk diceva di vedere Ivar in cielo, in terra e in ogni luogo un ragionevole dubbio si poteva anche ammettere. Certo, questa era una persona vera e reale, ma magari era un altro…

“Non mi aspettavo una festa di benvenuto, ma nemmeno questa ostilità, fratello” rispose Ivar, che era proprio quello vero. “Lo ripeto, sono venuto in pace. Sono disarmato, non voglio fare del male a nessuno.”

Aethelred gli si avvicinò, questa volta scrutandolo con una certa curiosità. Aveva sentito parlare del famigerato Ivar da quando era ancora nel Wessex, poi durante l’assedio di Kattegat lo aveva intravisto sulle fortificazioni, in seguito Hvitserk diceva di vederlo più o meno dappertutto e poi, durante la battaglia contro i Rus’, non aveva avuto occasione di scontrarsi con lui, aveva solo visto Helgi spintonarlo prima che colpisse Bjorn e poi era finita lì.

Era la prima volta che lo vedeva davvero da vicino e la sensazione era strana, insomma, alla fine era poco più di un ragazzo, per di più appoggiato a una stampella, e non dava l’impressione di essere il mostro che tutti dicevano. In quel momento gli tornarono alla mente alcune storie che aveva sentito proprio da Hvitserk a proposito di Ivar, sul fatto che era nato con una rara malattia alle ossa delle gambe e che aveva sofferto tanto, che i suoi stessi fratelli lo avevano crudelmente deriso da bambino, che era chiamato storpio e Il Senz’ossa… ma anche che era riuscito a lottare contro la sua malattia e che, anzi, si era fatto costruire una sorta di tutori per riuscire a stare in piedi e persino a camminare con l’aiuto di una stampella. Suo malgrado, Aethelred si ritrovò a provare pena per quel giovane, quasi una specie di solidarietà e anche di ammirazione per quanto era riuscito a fare nonostante la fragilità delle sue ossa. E forse, chissà, anche le crudeltà che aveva commesso non erano state altro che un tentativo di vendicarsi per le sofferenze subite, una sorta di rivalsa contro un destino che pareva già segnato…

Beh, comunque, nonostante la stampella e tutto il resto, non dimentichiamo che era stato lui a cercare di uccidere Bjorn, quindi magari le apparenze ingannavano!

“Cosa c’è, hai intenzione di perquisirmi?” domandò Ivar a Aethelred, vedendo che gli si era avvicinato tanto e che continuava a fissarlo. “Te l’ho detto, non sono armato e giuro solennemente di non avere cattive intenzioni.”

“E allora cosa ci fai qui?” ripeté Hvitserk, ancora ostile. “Come hai fatto a entrare in città senza che nessuno ti notasse?”

Ivar rise.

“Chi avrebbe dovuto notarmi? Sono tutti mezzi ubriachi dopo più di una settimana di festeggiamenti per aver sconfitto i Rus’! E poi sono passato dal passaggio segreto, avete presente, quello che Freydis vi indicò quando decise di tradirmi… E’ ironico, non trovate?”

“Io non mi sto divertendo affatto” replicò Hvitserk. “Cosa sei venuto a fare? Speravi di riuscire a uccidere Bjorn, visto che la prima volta ti è andata male?”

“La tua ostilità mi ferisce, fratellino. Ho già detto e ripetuto che non ho cattive intenzioni. Volevo soltanto… tornare a casa, tutto qui” rispose Ivar, con un mezzo sorrisetto.

“Perché non sei ripartito per la steppa sconfinata o quello che sia con i tuoi amici Rus’?” chiese Aethelred.

“Perché i Rus’ non sono miei amici. Sono un vichingo, sono un figlio di Ragnar e il mio posto è qui” dichiarò Ivar, evidentemente convinto che, qualsiasi cosa decidesse, per gli altri sarebbe dovuta andare bene.

“E’ curioso che tu dica che non sei amico dei Rus’, visto che hai combattuto al loro fianco, li hai condotti qui, volevi che conquistassero la Norvegia e…” iniziò a protestare Hvitserk, ma Ivar lo interruppe.

“Piano, piano. Le cose non sono andate così e, se potessimo sistemarci in un luogo un po’ più comodo e meno freddo vi racconterei anche com’è andata” disse.

“Non pretenderai certo di essere ammesso nella dimora reale!” esclamò Hvitserk.

“Beh, quella è anche casa mia” ribatté Ivar, con un’invidiabile faccia tosta.

“Al momento non credo proprio” intervenne Aethelred, prendendo in mano la situazione. “Ma sono curioso di ascoltare la tua versione dei fatti e, in effetti, c’è un posto dove potremmo parlare senza essere disturbati. Seguici, non è lontano.”

Aethelred si riferiva alla piccola casa nella quale aveva vissuto con Hvitserk mentre lo disintossicava e si avviò in quella direzione, mentre Helgi e Hvitserk si erano messi a destra e a sinistra di Ivar, come se lo stessero scortando.

“Adesso è un Sassone che prende le decisioni, a Kattegat? Siete proprio caduti in basso…” commentò sarcastico Ivar. “Che poi… io ti conosco, mi ricordo di te. Non sei il Principe, quello che combatteva con suo padre e suo fratello a York?”

“Sì, sono io, il Principe Aethelred” rispose il giovane, senza fermarsi.

“Ne hai fatta di strada, allora. Adesso combatti per i Norreni? Non l’avrei mai detto. Mi ricordo proprio bene di te, tu e tuo fratello eravate alla vostra prima battaglia per riconquistare York… Lo sapevi che sono stato io a organizzare il piano che vi ha fatti cadere in trappola, fingendo di aver lasciato la città e poi imprigionandovi dentro?” continuò Ivar.

A quel punto Aethelred si bloccò e si voltò verso Ivar con un sorrisetto.

“No, non lo sapevo. E tu, invece, lo sapevi che sono stato io a suggerire a Bjorn di difendere anche il fiume a nord di Vestfold e a fargli sospettare che avreste potuto tentare di accerchiare il suo esercito passando da Tamdrup? Credo che sia per questo che non lo hai colto del tutto di sorpresa e non sei riuscito a ucciderlo” replicò disinvolto.

Ivar fu preso alla sprovvista e per un secondo rimase in silenzio, poi un lampo di ammirazione attraversò il suo sguardo.

“Ha la risposta pronta, il Principino” commentò ridendo, piacevolmente sorpreso. Era interessato e attratto dalle persone che gli tenevano testa e che non si lasciavano intimidire da lui. “Dunque vi siete andati a prendere uno stratega in Wessex… immaginavo che non potesse essere stato Bjorn o uno qualunque di voi a prevedere il mio piano di attacco!”

“Siamo arrivati” lo interruppe Hvitserk, tradendo un certo nervosismo. Il piccolo gruppetto entrò nella casa che per lui era stata praticamente una prigione e ognuno si accomodò alla bell’e meglio, quella non era di certo una dimora di lusso.

Quando si furono tutti sistemati, fu di nuovo Hvitserk a prendere la parola.

“Allora, vuoi spiegarci una buona volta cosa ci fai qui e perché non dovremmo considerarti un nemico e un traditore?” domandò.

“E’ molto semplice” rispose Ivar. “In questi mesi passati come protetto del Principe Oleg mi sono reso conto di come si viva male in balìa di un folle, dovendo sempre pesare le parole, senza sapere se la mattina dopo ti sveglierai intero. So che io stesso sono stato così nei mesi in cui ho governato Kattegat e ho capito che non è così che voglio essere considerato. Ho capito anche che Kattegat è casa mia e che è qui che voglio vivere, anche se non necessariamente come Re… a meno che non siate voi a volermi eleggere!”

“Sul serio? Sei tornato perché speri di essere eletto tu Re dei Norreni?” fece Hvitserk, allibito.

“Perché mi fai dire cose che non ho detto? No, non sono qui per questo, anche se prima o poi vi renderete conto che sarebbe la cosa migliore per tutta la Norvegia… ma no, ora come ora non è questo che voglio” spiegò il giovane. “Ho vissuto praticamente prigioniero per mesi e ora voglio godermi la libertà nella mia terra e tra la mia gente, senza responsabilità, e poi, magari, tra un po’ di tempo riprendere a viaggiare, a esplorare e razziare in nuove terre. Ho voglia di riscoprire il mio spirito vichingo.”

“E cosa ti fa pensare che Bjorn ti concederà di rimanere a Kattegat a riscoprire il tuo spirito vichingo, visto che sei stato tu a cercare di ucciderlo?” chiese Aethelred, sarcastico.

Ancora una volta il volto di Ivar si illuminò in un sorriso ammirato: il giovane Sassone non gliene lasciava passare una e lui si stava divertendo un mondo!

“Ma che caratterino ha questo Principe. Ditemi la verità, è lui che comanda qui a Kattegat” ribatté Ivar, compiaciuto. “In questo caso dovresti essere tu a darmi il permesso di restare.”

“Il Re è Bjorn e dovrai chiederlo a lui” tagliò corto Aethelred, sentendosi stranamente turbato.

“Bene, allora spiegherò a Bjorn che è solo merito mio se i Rus’ se ne sono tornati nella loro terra senza più velleità di conquistare la Norvegia” rispose il giovane vichingo.

“Ma se sei stato tu a condurre qui i Rus’ e a combattere con loro” obiettò Hvitserk. “Non penserai davvero che siamo così sciocchi da crederti?”

“A dire la verità sì, lo penso, ma questa è un’altra faccenda. Ciò che è veramente importante è che le cose non sono andate così” chiarì Ivar. “Io sono scappato da Kattegat quando voi l’avete occupata e ho viaggiato per mesi verso Oriente, poi sono stato catturato dagli uomini del Principe Oleg che mi ha preso in simpatia dopo aver ascoltato la mia storia. E’ stato lui a decidere di invadere la Norvegia, perché si era messo in testa che quella è la patria ancestrale dei Rus’, che sono anche loro di origine vichinga. Il fatto è che era lui a voler dominare la Norvegia, io sarei stato messo sul trono di Kattegat come un suo burattino, e a me questo non andava bene per niente!”

“Me lo posso immaginare” commentò Aethelred, affascinato suo malgrado da quella storia.

“Ecco, vedi che tu lo capisci? E’ proprio vero che le grandi menti pensano all’unisono” * scherzò il giovane. “Quindi, mentre l’armata dei Rus’ avanzava verso la Norvegia, io ho fatto in modo di allearmi con il fratello di Oleg, Dir, e con suo nipote Igor, il vero Principe ereditario. L’esercito era già per buona parte favorevole a Igor e a Dir e aspettava soltanto una scusa per spodestare Oleg. Così, quando i Norreni hanno travolto le truppe Rus’, i superstiti non hanno perso tempo e hanno fatto fuori Oleg in tutti i sensi: Igor l’ha trafitto con una freccia. Poi, per dimostrarmi la loro gratitudine per averli aiutati a salire al trono, Igor e Dir mi hanno liberato. A loro non interessa conquistare la Norvegia, la Rus’ è già abbastanza grande, da loro non avrete più problemi.”

“Forse mi è sfuggito un passaggio, ma perché Bjorn dovrebbe essere grato a te?” domandò Hvitserk.

“E’ questo il tuo problema, fratello, non presti mai abbastanza attenzione. Scommetto che il tuo amico Sassone, qui, ha già capito tutto” ribatté Ivar con un’occhiata a Aethelred che, di nuovo, lo scombussolò tutto quanto. “Perché Oleg non si sarebbe mai arreso, avrebbe cercato di rimettere in piedi un’altra armata per poi tornare ad invadere la Norvegia. Grazie a me, Oleg non c’è più e il nuovo regnante, Igor, non ha interesse per la Norvegia. Semplice, no?”

Hvitserk, Helgi e Aethelred si scambiarono sguardi perplessi. In effetti la storia di Ivar aveva una sua logica e, probabilmente, Bjorn avrebbe anche accettato di riammetterlo a Kattegat. Del resto tra i vichinghi funzionava così e lo stesso Bjorn aveva più volte stretto alleanze con Harald che lo aveva regolarmente tradito altrettante volte… Ivar aveva davvero buone speranze di rientrare in famiglia e, comunque, uno come lui faceva più comodo averlo dalla propria parte che come avversario.

Sì, probabilmente la cosa avrebbe potuto funzionare.

Almeno fino alla prossima intemperanza di Ivar!

Fine capitolo ottavo

 

 

* So che questa frase è stata usata in un tempo ben posteriore a Ivar e ai suoi, ma devo essere io a ricordarvi quanto Ivar sia avanti per i suoi tempi? XD

 

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** Cap. 9: Don't believe in accidents ***


Capitolo 9: Don’t believe in accidents

 

Well anything can happen
There's a feel in the air around you
Commanding parts of me
I never ever knew

I want your love
Of flesh and blood
Hey you!
This was really meant to be
It's for sure our destiny
Making lovers out of friends
I don't believe in accidents!

(“Don’t believe in accidents” – Roxette)

 

Aethelred era rimasto stupito dal fatto che, nonostante tutto quello che aveva combinato, Ivar fosse stato tranquillamente riaccolto a Kattegat e persino nella dimora reale. Bjorn e Ubbe l’avevano guardato storto per i primi due o tre giorni, poi però Bjorn aveva pensato a curarsi e guarire completamente, Ubbe ai preparativi per la partenza fin troppe volte rimandata… e Ivar era stato ripreso in famiglia come se non se ne fosse mai andato o quasi.

In realtà il Principe non avrebbe dovuto stupirsi troppo, i vichinghi facevano così con tutti, sempre. Lo stesso Harald era stato più volte riaccolto amichevolmente da Bjorn nonostante lo avesse tradito e avesse cercato di ucciderlo, e poi comunque nessuno si fidava granché di Ivar neanche prima, per cui alla fine cambiava ben poco!

Quello che davvero interessava Bjorn e gli altri, in quel periodo, era l’elezione del Re di tutti i Norreni che si sarebbe dovuta svolgere entro poco tempo, un paio di settimane al massimo. E proprio di quello stavano parlando nella Sala Grande, tutti riuniti, compresi Harald e Erik, esattamente come una bella famiglia allargata ante litteram. C’era perfino Lagertha che aveva deciso di restare a Kattegat per curare le ferite di Bjorn e sarebbe ritornata al suo villaggio solo dopo che il figlio fosse perfettamente guarito.

Insomma, era un clima surreale per Aethelred, ma perfettamente normale per i vichinghi!

Bjorn era piuttosto nervoso. Aveva pensato, infatti, che i Re, le Regine e gli Jarl della Norvegia sarebbero venuti a Kattegat per votare per lui e, in effetti, era questo che avevano in mente quando erano accorsi per combattere contro l’invasione dei Rus’. Purtroppo, però, il fatto che Bjorn fosse stato ferito da Ivar in battaglia aveva influito negativamente sul loro giudizio: i governanti vichinghi erano convinti che Bjorn La Corazza fosse invincibile e immortale e proprio per questo lo avrebbero volentieri eletto Re di tutti i Norreni. Vederlo cadere colpito dalla spada di Ivar li aveva indotti a ripensarci e a considerare altri candidati. E Bjorn era rimasto particolarmente male scoprendo che Harald era uno di quei candidati... sì, il solito Harald che fingeva di stare dalla sua parte e poi lo fregava alle spalle ogni volta che poteva!

“Ti sei preso gioco di me anche stavolta” esclamò Bjorn, guardando storto Harald. “Avevi detto che mi avresti appoggiato, che volevi che diventassi Re dei Norreni!”

“Che ho fatto di male? Mi sono solo candidato, lo hanno fatto anche Re Hakon e Thorkell l’Alto. Questo non significa niente, ho comunque intenzione di votare per te e magari nessuno considererà la mia candidatura” protestò Harald.

“Allora, già che ci siamo, quasi quasi mi candido anch’io” disse Ivar con noncuranza.

Gli occhi di tutti i presenti si puntarono su di lui come se avesse appena appiccato un incendio nella dimora reale.

“Che avete da guardare? A quanto pare chiunque si può candidare, no? E anch’io sono un figlio di Ragnar Lothbrok!” insisté Ivar.

“Dunque è vero, sei tornato a Kattegat per farti eleggere Re dei Norreni, il resto erano le tue solite bugie” commentò Ubbe, disgustato. “Sei sempre il solito, Ivar, avrei dovuto aspettarmelo.”

“Ma perché te la prendi tanto? Ho detto che vorrei candidarmi anch’io, non ho detto che mi eleggeranno” si difese Ivar, divertito.

“Sono certo che saprai ingannare e tramare per farti eleggere” insinuò Ubbe, severo.

“Per quanto Ivar sappia tramare, questa volta non potrà avere la meglio, stai tranquillo, Ubbe” lo rassicurò Bjorn. “Hanno dei dubbi sulla mia elezione soltanto perché mi hanno visto ferito in battaglia e pensi che eleggerebbero uno storpio come Re di tutti i Norreni?”

Ivar, per nulla offeso, si mise a ridacchiare, avendo evidentemente già raggiunto il suo vero scopo. Chi, al contrario, si arrabbiò parecchio fu Aethelred.

“Insomma, la volete smettere di definire in quel modo Ivar? E’ una parola odiosa!” reagì.

Fu la volta di Aethelred di essere fissato da tutti con occhi vuoti.

“Ma di che parli? Ivar è uno storpio, non è mica un’offesa” gli rispose Hvitserk, sorpreso. “Lui stesso si definisce in quel modo.”

“Certo che è un’offesa, detta così” insisté Aethelred. “Lo definite con una parola come se lui non fosse nient’altro. E’ vero, ha una malattia alle ossa che gli impedisce di camminare, ma lui non è la sua malattia e anzi ha cercato di combatterla e di superarla in modo ammirevole, riuscendo adesso a fare praticamente tutto quello che fate voi!”

Beh, a quanto pareva Aethelred era in grande anticipo sui tempi e sul politicamente corretto, ci mancava soltanto che definisse Ivar un diversamente abile e poi ci sarebbe stato tutto… ma, forse, c’era qualche altro motivo, sotto sotto, che lo aveva spinto a ergersi a paladino degli emarginati!

E Bjorn parve pensare proprio quello.

Dopo la sua sparata sull’eventuale candidatura a Re dei Norreni, Ivar, evidentemente già soddisfatto per aver rovinato la giornata a tutti quanti, si alzò e, appoggiandosi alla sua stampella, lasciò la Sala Grande per tornare nella sua stanza. Bjorn ne approfittò per avvicinarsi a Aethelred e parlargli a bassa voce.

“Visto che sembri così comprensivo con Ivar, perché non lo segui e non gli chiedi cosa vuole fare veramente? Vorrei davvero capire se intende sul serio candidarsi anche lui oppure se lo ha detto solo per provocarci, come fa spesso” propose.

Il Principe annuì e seguì Ivar. A dirla tutta si sentiva stranamente scombussolato all’idea di parlare da solo con lui, ma pensava di fare la cosa giusta per Bjorn e per Kattegat… anche se, in realtà, l’intento di Bjorn era soprattutto quello di verificare quanto Aethelred fosse comprensivo con Ivar e che cosa potesse significare per tutti loro. Insomma, Ivar non era la persona più affidabile della Terra e, se avesse avuto Aethelred vicino, magari le cose sarebbero migliorate. Il Principe non aveva forse fatto un ottimo lavoro nel riportare Hvitserk in questo mondo, usando anche il pugno di ferro pur di ripulirlo? Certo, Ivar non era Hvitserk, ma Bjorn riponeva sempre maggior fiducia in Aethelred.

E, in effetti, già dopo il loro primo incontro pareva proprio che Ivar fosse rimasto colpito dal giovane Sassone e dai suoi modi gentili…

Titubante, Aethelred entrò nella stanza di Ivar e lo trovò seduto sul letto.

“Ivar, posso disturbarti?” gli domandò timidamente. “Ecco… Bjorn voleva che io ti parlassi e…”

Ivar lo accolse con un gran sorriso.

“Non mi disturbi affatto, anzi mi fa piacere parlare con te. Non mi interessa poi tanto quello che vuole Bjorn, ma sono contento che tu sia venuto perché volevo chiederti una cosa” lo interruppe il vichingo, mandando ancora più in confusione il Principe!

“Bene, allora… che cosa volevi chiedermi?” fece Aethelred. Si sentiva piuttosto imbarazzato e non sapeva perché, per darsi un certo contegno cominciò a guardarsi intorno per la stanza e poi, trovata una sedia, andò a prenderla e la mise davanti ad Ivar per poi sedersi di fronte a lui.

“Sei comodo ora?” gli chiese Ivar, in tono ironico.

“Io… in realtà pensavo solo che fosse meglio così” rispose il Principe, “visto che dobbiamo parlare preferisco che stiamo comodi entrambi, non mi sembrava gentile guardarti dall’alto in basso, ecco, adesso mi sembra più…”

Era un gesto di delicatezza che, se fatto da chiunque altro, avrebbe innervosito Ivar che non voleva la compassione di nessuno. Ma si rese subito conto che Aethelred non lo aveva fatto per compassione, era proprio il suo modo di fare, voleva mettersi alla sua altezza e non farlo sentire diverso. Dimostrava una sensibilità spontanea che nessuno aveva mai neanche lontanamente usato con lui…

“E’ stato buffo sentirti rimproverare i miei fratelli per avermi chiamato storpio” disse Ivar, andando subito dritto al punto. “Insomma, forse non ci hai fatto caso, ma io sono effettivamente uno storpio e non capisco perché la cosa ti infastidisca tanto!”

Il turbamento di Aethelred, se possibile, aumentò ancora, ma aveva la risposta pronta.

“Perché odio che qualcuno sia etichettato come fanno con te” replicò. “Certo, lo so che hai questa malattia alle ossa, ma tu non sei la tua malattia, tu hai una malattia e devo ammettere che… ecco, beh… devo ammettere che ammiro quanto hai lottato per combatterla. Hai dimostrato una grandissima forza d’animo e coraggio, non ti sei lasciato abbattere, al contrario hai fatto di tutto pur di poterti muovere come gli altri. L’idea di questa specie di armatura che ti permette di stare in piedi, camminare e perfino combattere è… è geniale. L’avessi avuto io un briciolo della tua forza e determinazione…”

Aethelred si interruppe all’improvviso, come temendo di aver parlato fin troppo, ma Ivar lo fissava intensamente, sembrava volerlo sondare con lo sguardo e la sua espressione era curiosa e interessata.

“Anche tu sei un tipo piuttosto deciso, da quello che ho saputo da Hvitserk” disse.

Il Principe scosse il capo.

“Non sono stato sempre così, mi sento più sicuro da quando ho conosciuto i vichinghi e sono diventato loro amico, questo mi ha dato sicurezza, prima io ero… ero… insomma, non penso che ti interessi la storia della mia vita” tagliò corto. “Cosa volevi chiedermi, piuttosto?”

Ivar aveva già saputo da lui ciò che gli interessava, ossia perché avesse preso le sue difese davanti agli altri vichinghi. E questo gli aveva procurato una soddisfazione mai provata prima, un senso di calore e di accettazione per lui del tutto nuovo.

“La storia della tua vita mi interessa parecchio, invece” dichiarò, cogliendo Aethelred alla sprovvista e facendolo arrossire. Ivar era sempre stato molto bravo a capire le persone, ma quel Principe lo incuriosiva, voleva rendersi conto se era così gentile e amichevole con lui spontaneamente o per qualche secondo fine, come avevano sempre fatto tutti gli altri. Il ricordo di Freydis prima e di Katia poi erano ancora fin troppo vividi in lui: entrambe lo avevano adulato, gli avevano fatto credere di amarlo e ammirarlo, lo avevano sedotto… ma solo perché volevano usarlo per i loro scopi. I suoi fratelli, poi, non avevano mai nascosto di considerarlo un folle e un malvagio… oltre che, appunto, uno storpio che non voleva arrendersi alla sua condizione. Perfino Hvitserk, il fratello che gli era più vicino, si era comportato in modo ambiguo con lui, prima lo aveva seguito, poi si era pentito, lo aveva tradito, adesso era di nuovo amichevole… C’era da perderci la testa a stargli dietro!

Al contrario quel Principe Sassone pareva così spontaneo e trasparente nelle sue intenzioni…

“Non è poi così interessante, anzi. La mia famiglia non mi ha mai considerato davvero, solo mio padre mi voleva bene, ma lui non c’era mai, era sempre a combattere qualche guerra… mia madre e mio nonno vedevano solo Alfred, per loro contava soltanto lui… e la cosa davvero buffa è che a me sembrava perfino giusto così” si ritrovò a confessare Aethelred, senza sapere perché mai stesse raccontando cose così personali proprio a Ivar, che fino a qualche settimana prima era considerato da tutti il nemico pubblico numero uno!

“Pensavi che Alfred fosse migliore di te, allora?”

“Quando è diventato Re, in effetti, mi sono reso conto che sì, era migliore di me, era più saggio e di mente più aperta” ammise il Principe. “Ero deluso e arrabbiato, ma capivo anche che sarebbe stato meglio per il Wessex. Invece, quando eravamo bambini, pensavo che fosse giusto che tutti si occupassero di Alfred e non di me, perché lui era fragile, aveva spesso delle crisi che lo facevano svenire e lo tenevano privo di sensi per giorni… Io ero sano e forte e mi sembrava normale che la mia famiglia si preoccupasse per lui e non per me.”

Le parole di Aethelred andarono a toccare un punto molto, molto sensibile nel cuore di Ivar che si rese conto ancora di più di quanto quel ragazzo fosse dolce, buono e fondamentalmente corretto.

Di quanto fosse una persona speciale e generosa, una persona che faceva bene al cuore avere vicino.

Hvitserk era stato proprio uno sciocco a farselo scappare! Ancora una volta aveva dimostrato quanto fosse incostante nei suoi sentimenti, mentre lui… se fosse capitato a lui uno come Aethelred…

Rendendosi conto che i suoi pensieri stavano prendendo una strana piega, Ivar si riprese e continuò il discorso come se nulla fosse.

“Per te, quindi, era normale che i tuoi genitori e il Re tuo nonno si occupassero di Alfred e non di te… perché lui era di salute cagionevole?” domandò, sempre più incuriosito.

“Certo. Alfred aveva bisogno di loro, mentre io potevo cavarmela anche da solo. Mi faceva male, naturalmente, ma cercavo di capirlo meglio che potevo” ribadì il Principe.

Un sorriso amaro sfiorò le labbra di Ivar.

“Forse avresti dovuto spiegarlo ai miei, di fratelli. Loro mi detestavano proprio perché nostra madre si occupava solo di me. Potrei dire che i problemi tra noi sono cominciati allora, anche se poi ammetto di averci messo del mio per peggiorarli!” disse, sarcastico.

“Non posso negarlo, tu hai fatto del tuo peggio per provocare i tuoi fratelli” ribatté Aethelred, che comunque non gliele mandava a dire. “Però anche loro non si sono comportati bene quando eravate bambini. Forse avrebbero dovuto provare anche solo per un giorno cosa significasse… avere quello che hai tu. Non credo proprio che avrebbero voluto scambiarsi con te.”

“Non lo credo nemmeno io, ma immagino che non ci abbiano mai pensato. Non tutti sanno essere sensibili come te, sai?” commentò Ivar, fissando insistentemente il Principe, che si sentì arrossire ancora una volta.

“Ma io non… ecco… comunque ero venuto qui per chiederti una cosa da parte di Bjorn” Aethelred era davvero molto imbarazzato e cercò di cambiare subito discorso.

Ivar, tuttavia, era soddisfatto. Aveva saputo quello che gli interessava sapere e ora poteva dire di aver compreso bene il giovane Sassone.

E quello che aveva compreso gli era piaciuto assai!

“Scommetto che vuole sapere se davvero mi candiderò come Re dei Norreni” indovinò Ivar.

“Eh… sì, era questo” fece il Principe, ancora una volta spiazzato. “Vuoi farlo davvero?”

“Non mi interessa veramente diventare Re dei Norreni, non adesso, perlomeno, ma che questo resti tra noi, che ne dici?” replicò Ivar, con uno sguardo d’intesa a Aethelred. “Però voglio candidarmi, sì, tanto per dimostrare che anch’io posso farlo e per fare un dispetto a Bjorn. Tanto, poi, lo so che nessuno voterà per me, ma non m’importa, è una questione di principio.”

“Perché tu hai il diritto di candidarti tanto quanto chiunque altro” comprese Aethelred.

“Esattamente” sorrise Ivar. “Vedi che mi capisci? Ora però non lo dirai a Bjorn, non è vero? Io sono stato sincero con te.”

“Dirò a Bjorn che pensi effettivamente di candidarti, ma non sta a me rivelare le tue motivazioni” ribatté Aethelred.

Ivar lo prese per un braccio, avvicinandolo pericolosamente a sé e guardandolo fisso negli occhi.

“Sei un ragazzo sveglio e sei anche più forte e deciso di quanto tu non pensi” gli disse piano. “Mi piacerebbe averti dalla mia parte e… e Hvitserk è un cretino.”

“Cosa… cosa c’entra adesso Hvitserk?” trasalì Aethelred, sentendosi assurdamente tremare a quel tocco e sotto lo sguardo penetrante del vichingo.

“Niente, non c’entra niente” rispose Ivar, senza lasciarlo andare ancora per un po’.

Sembrarono trascorrere istanti infiniti mentre i due rimanevano in quella posizione, gli occhi incatenati, il braccio di Aethelred nella stretta di Ivar e i volti così vicini che avrebbero potuto baciarsi… Poi Ivar lasciò libero il Principe e sorrise.

“Credo che mi troverò bene a Kattegat, adesso” disse, “e che, almeno per un po’, non avrò voglia di creare problemi.”

“Meglio così, allora” ribatté Aethelred, cercando in qualche modo di ricomporsi. Non era successo niente, eppure si sentiva come se Ivar lo avesse vivisezionato. “Sono contento che tu sia tornato e che, in qualche modo, ti stia riavvicinando ai tuoi fratelli. Non sei affatto il mostro che mi avevano dipinto e… e credo che tu possa dimostrare quanto vali veramente senza bisogno di azioni sconsiderate.”

Ivar si mise a ridere.

“Oh, ma a me piacciono le azioni sconsiderate!” esclamò, divertito.

“Allora dovrò tenerti d’occhio e impedirti di compierle” replicò Aethelred. Ora che non era più troppo vicino ad Ivar aveva ritrovato le sue risposte pronte e pungenti.

E anche questa era una cosa che ad Ivar piaceva, qualcuno che gli tenesse testa, che non lo temesse né lo adulasse. Qualcuno che fosse sincero e autentico con lui.

“La vuoi sempre tu l’ultima parola, non è così?” lo provocò.

“Sì, certo” rispose Aethelred, stando al gioco.

“E allora tienitela!”

“Grazie” sorrise il Principe.

Quando Aethelred lasciò la stanza di Ivar, tutto sembrava essere rimasto identico a prima, ma non era così. Qualcosa era accaduto, in quella camera. Vaghi accenni, pensieri, emozioni. Il principio di qualcosa destinato a incendiarsi e a cambiare la vita di molti e perfino il futuro di Kattegat. Non era un caso che Aethelred fosse andato a vivere con i vichinghi, non era un caso che Ivar avesse deciso di tornare nella sua città…

La tempesta era arrivata, ma invece di devastazione e dolore avrebbe portato un nuovo inizio, una nuova vita.

Fine capitolo nono

 

 

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Capitolo 10
*** Cap. 10: Ravenheart ***


Capitolo 10: Ravenheart

 

Of love and hate the singers tell
But I feel more, more of both
More than heaven and hell
I take a bow to destiny
Now I have really learnt my part
Once loving him, now hating love
I've made mistakes, my Ravenheart

So come on, come to me, Ravenheart
Messenger of evil
Come to me, what's the news?
Here I'm still left lonely…

(“Ravenheart” – Xandria)

 

Bjorn aveva più volte invitato Helgi a stabilirsi nella dimora reale con tutti loro, tenendo conto delle terribili esperienze che aveva subito in Islanda e del fatto che Aethelred, e soprattutto Hvitserk, si erano molto affezionati a lui e cercavano di distrarlo e incoraggiarlo. Lui, però, non aveva voluto e, anzi, aveva scelto di abitare nella piccola casa in cui, qualche mese prima, Aethelred aveva vissuto con Hvitserk per disintossicarlo da funghi e alcool. Partecipava agli incontri del Re con i suoi consiglieri e, spesso, Aethelred o Hvitserk andavano a prenderlo per portarlo a fare un giro o nella dimora reale, a bere e chiacchierare con gli altri… però continuava a rifiutare di vivere definitivamente là. Nessuno aveva compreso le sue motivazioni, ma ben presto sarebbero state chiare.

Era giunta la primavera e Ubbe scalpitava sempre di più per partire, era da mesi che voleva iniziare la sua esplorazione di terre lontane, ma prima c’era stato da sostituire Bjorn alla guida di Kattegat, poi i problemi esistenziali di Hvitserk, l’aggressione a Lagertha e al suo villaggio, la guerra contro i Rus’… insomma, mancava solo un’invasione di cavallette e poi avrebbe avuto tutto! Così, adesso che il periodo era favorevole e che, al momento, non si profilavano nuovi guai all’orizzonte (sebbene, con Ivar a Kattegat, Ubbe ritenesse che i guai ce li avessero già in casa…), questa volta il vichingo aveva iniziato seriamente a fare i preparativi per la partenza.

Questo aveva causato un lieve dissidio con Bjorn, che non aveva nessuna intenzione di lasciare che i suoi figli ancora bambini, Hali e Asa, partissero per una spedizione così pericolosa.

“Non sono figli tuoi, ho io la responsabilità su di loro!” aveva detto Bjorn al fratello.

“Sono comunque figli di Torvi e non venirmi a parlare di responsabilità” era stata la secca replica di Ubbe. “Tu non ci sei mai stato per loro e adesso ti preoccupi? Torvi non può allontanarsi dai suoi figli.”

“Nemmeno io voglio che si allontanino da me e saranno molto più al sicuro qui a Kattegat con me e Gunnhild” Bjorn, come sempre, non intendeva sentire ragioni. “Senza contare, poi, che sono legatissimi a Lagertha e per loro sarebbe un dolore separarsi.”

“Mi costa veramente molta fatica dirlo, ma questa volta Bjorn ha ragione” intervenne Ivar che, come sempre, assisteva tranquillamente a tutte le conversazioni altrui e non perdeva l’occasione per dire la sua pensando che, evidentemente, quanto lui aveva da esporre interessasse tutti. E poi era troppo divertente prendersela con Ubbe, sempre così pedante e tutto d’un pezzo, come se gli avessero infilato un bastone su per il… “I bambini sono prima di tutto di Bjorn ed è lui che deve decidere se mettere o meno in pericolo i suoi figli. Dovrebbe mandarli in esplorazione con te, Ubbe? Ma andiamo! Non troveresti nemmeno la strada di casa senza una mappa!”

“Fatti gli affari tuoi, Ivar, e vattene da qui. Questa conversazione non ti riguarda, è una cosa tra me e Bjorn!” lo rimbeccò Ubbe, mentre Bjorn, stavolta, non disse niente. Avere Ivar dalla sua parte poteva sempre tornargli comodo.

“Ma questi sono affari miei” replicò candidamente il giovane. “Non state forse parlando dei miei adorati nipotini? Visto che, con ogni probabilità, non avrò mai figli miei almeno lasciate che mi preoccupi dei miei nipoti!”

Aethelred, suo malgrado, apprezzò l’ironia di Ivar e dovette schiacciarsi la bocca con le mani per soffocare una risata. Del resto era d’accordo con lui, un viaggio lunghissimo con chissà quali pericoli non era certo la cosa più indicata per due bambini, anche per due piccoli vichinghi!

Hvitserk, invece, non disse nulla, ma si alzò silenziosamente e, senza che nessuno ci facesse caso, uscì dalla Sala Grande. Aveva deciso di contribuire alla disputa tra fratelli a modo suo, ossia andando a prendere Helgi: in fondo lui aveva già compiuto quel viaggio insieme alla sua famiglia, a quella di Kjetill e a Floki e, dunque, chi meglio di lui avrebbe potuto dire se la spedizione in Islanda fosse o meno adatta a due bambini piccoli?

E comunque era una scusa come un’altra per passare del tempo con Helgi. Hvitserk si rendeva conto di sentirsi sempre più attratto da lui, conosceva la sua tragica storia e sentiva che solo lui avrebbe potuto comprenderlo veramente. Inoltre lo vedeva così fragile, impaurito e indifeso e provava sempre più intenso il bisogno di rassicurarlo e consolarlo, stringerlo tra le braccia e… Insomma, era un po’ quello che, in Wessex, lo aveva attirato verso Aethelred, soltanto che il Principe si era poi rivelato un ragazzo determinato e fiero, molto più di lui, mentre Helgi era soltanto tenero e spaventato.

Giunse dunque alla piccola abitazione di Helgi e chiese al giovane di andare con lui alla dimora reale per parlare con Bjorn e Ubbe.

“Ubbe vuole partire per l’Islanda, vorrebbe vedere i luoghi in cui Floki ha portato te e le famiglie che si sono unite a voi” spiegò. “Io credo che speri anche di ritrovare Floki… comunque, Bjorn non vuole che i suoi figli partano con lui e Torvi perché ritiene che sia troppo rischioso. Visto che tu hai fatto quel viaggio e hai vissuto là ho pensato che avresti potuto dire…”

“Cosa? Ubbe vuole andare in Islanda? E con Torvi e i bambini? Ma è impazzito? No, no, non può, non deve farlo!” lo interruppe Helgi, sgranando gli occhi e diventando pallidissimo. La notizia pareva averlo totalmente sconvolto.

Hvitserk, colpito e addolorato dalla sua reazione, lo prese per le braccia e cercò di attirarlo a sé per calmarlo.

“Lo so che la tua esperienza lassù è stata orribile, hai perduto tua moglie e il tuo bambino e poi la tua famiglia, ma proprio per questo potresti spiegare meglio di chiunque altro a Ubbe che…”

“Non è il viaggio, non è il luogo… Kjetill è ancora là, ne sono certo! E li ucciderà tutti, li massacrerà come ha fatto con la mia famiglia, come voleva fare con me! Non devono andare, non devono andare!” esclamò Helgi, terrorizzato.

Per la prima volta Hvitserk parve comprendere quello che vedevano gli altri quando era lui a dare di matto parlando di Ivar… Helgi era fuori di sé dalla paura e sembrava considerare quel Kjetill un mostro assetato di sangue. Lo abbracciò, cercando di rassicurarlo.

“Va bene, adesso calmati” gli disse con dolcezza, tenendolo stretto. “In realtà non hai mai raccontato cosa sia successo davvero in Islanda, cosa sia accaduto alla tua famiglia o a Floki. Vuoi dirlo a me, ora? Magari poi ti sentirai meglio e, così, sapremo anche cosa rispondere a Ubbe. Te la senti di parlarmene?”

Hvitserk non aveva perso la gentilezza e il modo di fare tenero che avevano conquistato Aethelred in Wessex e anche Helgi non fu in grado di resistere. Stretto tra le sue braccia, tremando pietosamente, raccontò per la prima volta tutto l’orrore che aveva vissuto in Islanda. La morte della sua Thorunn incinta era stata solo l’inizio di una faida tra la sua famiglia e quella di Kjetill, ma il peggio era arrivato dopo. Per dare un taglio a risse, odio e omicidi, Floki aveva stabilito di esiliare la famiglia di Helgi dalla colonia, ma l’Islanda era un luogo davvero inospitale e, qualche settimana dopo, in pieno inverno, lo stesso Helgi era tornato alla colonia, mezzo assiderato e quasi morto di fame, a supplicare Floki di aiutare i suoi familiari che stavano morendo di stenti. Con grande sorpresa di tutti, era stato proprio Kjetill a dichiararsi subito disponibile ad accorrere in loro aiuto, ma le sue motivazioni erano aberranti: una volta giunto sul posto dove si trovava la famiglia di Helgi li aveva uccisi tutti, senza pietà, comprese le donne e le fanciulle. Aveva tenuto prigionieri per una notte intera Helgi e suo padre, picchiandoli e prendendoli a calci, preparandosi a decapitarli la mattina seguente. Quando erano rimasti soli, il padre di Helgi aveva supplicato il figlio di scappare, di provare a salvarsi almeno lui. Il giovane era ferito, stordito e non avrebbe voluto lasciare suo padre, inoltre non pensava che sarebbe davvero riuscito a sfuggire a Kjetill, però il padre gli aveva fatto giurare di tentare il possibile e l’impossibile per sopravvivere… e Helgi lo aveva fatto. Aveva esaudito l’ultimo desiderio di suo padre. Si era trascinato nella neve, senza una meta, mangiando radici. Si era nascosto nelle tane delle bestie selvatiche, aspettandosi sempre di vedere Kjetill piombargli addosso con l’ascia e farlo a pezzi, ma alla fine, in qualche modo, aveva raggiunto un piccolo villaggio sulla costa e loro lo avevano aiutato, nutrito, curato finché non era stato abbastanza in forze per salire su una nave che andava verso Kattegat.

Kjetill, tuttavia, era rimasto il suo incubo, la sua ossessione. Era convinto che lo stesse ancora cercando, che avrebbe trovato il modo di raggiungere Kattegat… e poi avrebbe massacrato anche lui.

Era devastato dal dolore per la perdita di tutta la sua famiglia, per il rimorso di aver condotto lui Kjetill da loro, senza sapere cosa avesse in mente, e dal senso di colpa per essere stato l’unico a salvarsi. Ma era anche divorato dal terrore che Kjetill lo cercasse per completare l’opera…

“Per questo non ho voluto vivere nella dimora reale” rivelò Helgi, sempre stretto tra le braccia di Hvitserk, sempre tremando pietosamente, “perché io lo so che un giorno Kjetill tornerà a Kattegat e la dimora reale sarà il primo posto in cui andrà, per salutare Re Bjorn. E io… io…”

Hvitserk era rimasto agghiacciato da quel terribile racconto, in confronto alle sofferenze di Helgi quello che aveva passato lui faceva ridere, Kjetill era davvero un pazzo sadico e crudele e chissà, forse era vero che prima o poi sarebbe arrivato a Kattegat o, magari, avrebbe incontrato Ubbe e Torvi e avrebbe fatto loro del male. No, Bjorn aveva ragione, i bambini dovevano restare al sicuro e sarebbe stato meglio se anche Ubbe avesse evitato di esplorare proprio quelle zone, c’erano tanti altri posti verso i quali poteva fare vela.

“Non devi temere niente, Helgi” disse comunque al giovane, stringendolo a se con tenerezza, “non permetterò che quel pazzo ti trovi. Anzi, credo invece che dovresti proprio vivere con noi, nella dimora reale, così saresti sempre protetto dalle guardie, mentre qui sei solo e indifeso. E potresti stare con me. Io ti proteggerò sempre, a qualsiasi costo, non lascerò che quel Kjetill ti faccia del male, mai, te lo giuro!”

Ancora stravolto per il racconto terribile che aveva ascoltato e lacerato dal dolore per ciò che Helgi aveva passato, senza nemmeno rendersene conto Hvitserk lo strinse di più a sé e lo baciò, spontaneamente, in un impeto di tenerezza e calore. E Helgi era troppo turbato per respingerlo… ma forse non lo avrebbe fatto comunque.

Così li trovò Aethelred che aveva avuto la stessa idea di Hvitserk e aveva pensato di andare a cercare Helgi perché parlasse dell’Islanda a Ubbe. E, confuso e disorientato, avrebbe voluto andarsene senza farsi vedere da loro, ma finì per sbattere contro la porta e fare ancora più rumore del normale. Hvitserk si riebbe da quell’attimo di stordimento, si staccò delicatamente da Helgi (che ancora non aveva capito bene cosa fosse successo) e fece per andare verso Aethelred, ma il giovane Principe uscì svelto dalla casetta. Hvitserk riuscì a raggiungerlo fuori, lo prese per un braccio, aveva mille cose da dirgli e non sapeva da dove cominciare.

“Io… mi dispiace, Aethelred, non credevo… non immaginavo che…”

“No, non devi preoccuparti, Hvitserk” lo interruppe il ragazzo. “Mi ero accorto da tempo che ti stavi avvicinando a Helgi e… no, non dire niente, io sono felice per te, sono felice che tu abbia trovato qualcuno che possa davvero essere la persona giusta per te. E anche Helgi se lo merita, dopo tutto quello che ha passato… Non devi dirmi niente e tanto meno scusarti. Tu mi hai salvato, mi hai voluto bene e poi io ho aiutato te. Siamo pari, non mi devi niente. Voglio vederti felice e voglio vedere che stai bene, questa è l’unica cosa che conta per me.”

“Davvero, Aethelred, io…”

“Hvitserk, non stiamo più insieme da un sacco di tempo” disse il Principe, con un sorriso insieme dolcissimo e straziante. “Hai il diritto di innamorarti di chi vuoi, non devi chiedere il permesso a me.”

“Ma anch’io voglio che tu sia felice, che trovi qualcuno che ti ami come meriti, come non ho saputo fare io” insisté Hvitserk. “Tu meriti una persona forte, che sappia starti accanto e farti sentire importante, e chissà… magari già c’è, questa persona. Io penso che…”

“Io penso che vada bene così” tagliò corto Aethelred. “Ti voglio bene, Hvitserk, te ne vorrò sempre tantissimo, ma credimi se ti dico che non sono rimasto male perché sono ancora innamorato di te. E’ solo che… beh, fa male essere ancora una volta sostituito, fa male sentirsi sempre la seconda scelta. Non è colpa tua, sono io che non riesco a farmi amare, e forse è giusto così. Ti voglio bene, sei il mio migliore amico e la tua famiglia è diventata la mia, sono contento così e non devo cercare né pretendere altro. Non sono e non sarò mai speciale per nessuno, ma probabilmente è perché io non sono speciale. Va bene così. Tu mi hai fatto un immenso dono portandomi a Kattegat e anche solo per questo voglio che tu sia felice, mi hai comunque cambiato la vita in meglio. Ora trova la tua strada, magari proprio con Helgi, e sii felice, Hvitserk.”

Non lasciò che gli rispondesse, non voleva sentire altro. Aethelred si allontanò e questa volta Hvitserk non cercò di inseguirlo, lo guardò mentre se ne andava. Lo guardò sentendosi più tranquillo, ora, perché mentre erano lì fuori aveva visto qualcun altro e questa volta non era stata un’allucinazione, questa volta era stato vero e lui era stato felice di vederlo e di capire perché era lì.

Hvitserk aveva visto Ivar, aveva visto l’espressione sul suo volto e adesso lo vedeva seguire Aethelred.

No, non è vero che non sei speciale per nessuno, Aethelred. E non sei destinato a restare solo. Sei buono e generoso e forte e hai bisogno di qualcuno da amare e che ti possa amare molto più di me. Meriti di essere il punto di riferimento, la stella luminosa di qualcuno che non è mai stato veramente amato e che proprio per questo, nonostante tutto, saprà metterti al di sopra di ogni altra cosa. Qualcuno che ha forza e determinazione per starti accanto come meriti e farti sentire al sicuro. Qualcuno che, per te, saprà diventare migliore.

A quel punto, rassicurato, Hvitserk rientrò nella piccola abitazione di Helgi.

Aethelred, nel frattempo, procedeva spedito verso la dimora reale. Aveva tutta l’intenzione di fingere che non fosse accaduto niente, aspettare il ritorno di Hvitserk con Helgi e ascoltarli parlare con Bjorn e Ubbe di ciò che era accaduto in Islanda. Si ripeteva che non doveva pensare ad altro, che d’ora in poi quella doveva essere la sua vita e lui doveva esserne contento e soddisfatto. Era praticamente un vichingo, collaborava con Bjorn al governo di Kattegat, in città tutti gli volevano bene, aveva una famiglia, una nuova madre e dei fratelli… il resto non faceva per lui. Amare troppo faceva soffrire e lui non voleva stare male mai più. Aveva amato i suoi genitori e sua madre gli aveva spezzato il cuore e quasi lo aveva ucciso. Aveva amato Hvitserk e adesso lo vedeva comportarsi con un altro proprio come faceva con lui, con tenerezza e affetto. Era vero quello che gli aveva detto, non era più innamorato di lui… ma lacerava lo stesso il cuore vedere gli stessi gesti, lo stesso dolce amore, rivolti ad un altro. Lo faceva sentire inutile, insignificante, facile da dimenticare. Adesso basta. Non avrebbe mai più lasciato che una simile debolezza lo rendesse vulnerabile, sarebbe bastato a se stesso.

“Ehi, insomma, allora, vuoi andare più piano?” una voce dietro di lui, una voce che aveva imparato a conoscere fin troppo bene, interruppe i suoi pensieri. “Lo so che non vuoi sentirlo dire, ma devo ricordarti che sono pur sempre uno storpio e non ce la faccio a starti dietro!”

Aethelred si fermò, anche se una parte di lui, chissà perché, avrebbe voluto scappare lontano.

Si fermò e attese che Ivar lo raggiungesse.

E… a proposito, cosa ci faceva Ivar là? Non era rimasto nella dimora reale a divertirsi guardando Bjorn e Ubbe che litigavano?

Mentre il giovane vichingo si avvicinava a lui, Aethelred ebbe il vago pensiero che quello non era proprio il momento giusto per parlare con Ivar, e poi chissà cosa voleva… ma si riprese subito, dandosi dello sciocco. Non aveva motivo di essere imbarazzato in presenza di Ivar e quello era un momento come un altro per parlarci, no?

No?

Fine capitolo decimo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** Cap. 11: I am the fire ***


Capitolo 11: I am the fire

 

If only I could give up the fight against the demon inside you
I'm really going out of my mind, I need to clean up my memories
Tell me, why did you leave me alone at the gates of Hell?
Now it's time to give voice to the pain of my broken heart
There's a flame out in the dark
That is shining on my path
I will keep my eyes wide open
In the darkest night
Step by step I'll walk this road
Never looking back at all
So it goes, you know... Because of you
I am the fire
(It's still burning higher and higher)
I am the fire

 (“I am the fire” – Temperance)

 

Aethelred pensava che Ivar si sarebbe diretto verso la dimora reale, invece prese una strada diversa e, notando che il Principe lo guardava sorpreso, gli rivolse un sorrisetto.

“Non ho voglia di rinchiudermi di nuovo in quel salone” disse, malizioso. “Voglio prendere un po’ d’aria, ti va di venire con me?”

Il ragazzo rimase sorpreso da quella richiesta, ma ancora di più dalla propria reazione: sentì un calore disperato in fondo allo stomaco e farfalle impazzite nel petto. Ma… cosa significava? Nemmeno con Hvitserk si era mai sentito così, poteva forse essere…?

Per qualche istante questi pensieri lo bloccarono e si limitò a sgranare su Ivar i suoi grandi occhi chiari, poi decise di riprendere un certo contegno, mentre riflessioni vorticose gli rimbalzavano nella mente.

Cosa mi salta in testa, perché mai dovrei sentirmi in qualche modo attratto da Ivar? Ci mancherebbe solo questo dopo tutto ciò che è accaduto con Hvitserk, eppure dovrei aver imparato bene la lezione e poi questo Ivar non lo conosco nemmeno, fino a poche settimane fa era un nemico da combattere! Quindi, siccome so che non mi innamorerò mai più di nessuno e che non sarò mai più tanto fragile e vulnerabile, non devo temere un bel niente, posso tranquillamente seguire Ivar e starci a parlare anche tutto il pomeriggio, cosa mai dovrebbe turbarmi?

“Va bene, vengo volentieri” rispose quindi. “Anzi, mi fa piacere ritagliarmi un po’ di tempo per vedere i luoghi più belli e suggestivi di Kattegat, finora non ci sono ancora riuscito.”

“Mi è venuta voglia di andare alla spiaggia, è una bella giornata ed è tutto tranquillo, il fiordo sarà uno spettacolo grandioso” riprese Ivar con fare accattivante. E, con la scusa di farsi aiutare a camminare, passò un braccio attorno alle spalle di Aethelred e si strinse un bel po’ a lui mentre si avviavano insieme verso la spiaggia.

Un terremoto emotivo sconvolse Aethelred fino alle fondamenta! Si sentì tremare mentre il calore allo stomaco aumentava e il cuore gli batteva talmente forte che si stupiva che non lo sentisse tutta Kattegat! Come poteva Ivar non udire il rumore assordante del suo cuore che scalpitava impazzito?

E perché il giovane vichingo gli faceva proprio quell’effetto, così diverso dal dolce calore affettuoso che aveva provato per Hvitserk?

Nel frattempo Ivar, ignaro del turbamento che provocava nel suo giovane accompagnatore, o forse perfettamente consapevole di tutto ciò, era giunto alla spiaggia e, sempre tenendosi stretto Aethelred, si lasciò cadere con lui nella sabbia morbida.

Il fiordo brillava di mille diamanti sotto la luce del sole ed era veramente uno spettacolo grandioso… eppure Aethelred si trovava, suo malgrado, a spiare il volto di Ivar accanto a lui, sentendosi inspiegabilmente molto più attratto dalla luce e dall’azzurro dei suoi occhi che da quello delle acque cristalline di Kattegat!

“Ehi, ma tu continui a fissare me invece del mare” esclamò divertito il giovane. “Ti piaccio così tanto?”

Aethelred arrossì fino alla radice dei capelli e cercò di rispondere a tono.

“Che dici? E’ solo che… che in questi ultimi mesi mi sei stato dipinto da tutti come un mostro, un folle, un assassino, e adesso mi sembra surreale stare qui a parlare con te e vedere che alla fine sei solo un ragazzo della mia età.”

“Oh, ma ti sbagli, io sono davvero un mostro, un assassino, un folle e anche un dio crudele” replicò Ivar, spiazzandolo completamente. Con lui non si capiva mai se stesse scherzando o dicesse sul serio.

“Sono il terrore dell’Inghilterra, ho ucciso due Re cristiani…”

“Tecnicamente, lo hai fatto insieme ai tuoi fratelli, quindi anche loro dovrebbero essere dei mostri ai miei occhi, ma non lo sono” rispose Aethelred, con una certa amarezza. “Re Ecbert, mio nonno, mi ha sempre mortificato dimostrando apertamente la sua preferenza sfacciata per Alfred e poi andava a letto con mia madre la quale ha tentato di avvelenarmi per paura che facessi del male a mio fratello. Sono stati Hvitserk, Lagertha e gli altri a salvarmi la vita, è solo merito loro se sono qui.”

“Tua madre ha tentato di avvelenarti?” esclamò Ivar. “Per gli dei, certo che anche la tua famiglia ha avuto la sua dose di soggetti peculiari… ecco perché non mi consideri un mostro, tu i mostri li hai avuti in casa!”

“Voleva uccidermi perché credeva che fossi una minaccia per Alfred e, anche sul letto di morte, le sue ultime parole per me sono state di odio e rabbia, perché non era riuscita a eliminarmi” mormorò Aethelred. Era da molto tempo che quel ricordo orribile non tornava a tormentarlo, ma adesso, con Hvitserk che si stava legando a Helgi e lui che restava solo ancora una volta, le parole crudeli di Judith risuonavano di nuovo nella sua mente e gli straziavano il cuore.

Ivar, sempre molto acuto in queste cose, se ne accorse subito.

“Hai detto che tua madre è morta? Beh, peccato, avrei voluto averla io tra le mani e allora l’avrei fatta pentire di tutto il male che ti ha fatto. Avrei voluto essere lì e strapparle il cuore con le mie mani!” la voce di Ivar era quasi un ringhio e Aethelred si rese conto che, tutto sommato, il giovane era realmente pericoloso… Eppure questa appassionata difesa, l’odio mostrato verso una donna che neppure conosceva solo perché aveva cercato di fare del male a lui lo colpì nel profondo, si sentì stranamente sicuro e protetto, come se, con Ivar al fianco, nessuno potesse fargli mai più niente di orribile.

Il calore nello stomaco si espanse e lo invase completamente e per un unico, assurdo istante, Aethelred si chiese cosa si provasse a stare tra le braccia di Ivar, a sentirsi protetto e rassicurato dal suo abbraccio, come sarebbe stato essere baciato da lui…

Ma sto perdendo completamente la ragione?, si rimproverò il Principe quando riprese il controllo dei suoi pensieri.

“Dunque è per questo che prima, con Hvitserk, dicevi di non meritare di essere amato e di sentirti felice per lui perché aveva trovato un altro? Ti hanno insegnato a considerarti meno di niente, piccolo Principe sassone?” disse Ivar, spiazzando di nuovo Aethelred con un tono questa volta dolcissimo e         affettuoso e un sorriso tenerissimo, molto simile a quelli che aveva riservato al giovanissimo Principe Igor dei Rus’.

Aethelred non trovò niente da dire, le parole gli si congelavano in bocca prima di poter uscire.

“Non devi permettere a nessuno, mai, di dirti cosa puoi o non puoi fare, di farti credere di non essere speciale perché tutti siamo speciali… beh, qualcuno più di altri, in realtà, comunque nessuno ha il diritto di buttarti giù” continuò Ivar, avvicinandoglisi pericolosamente. “Non basare la stima di te stesso su una donna pazza e ipocrita o sui sentimenti incostanti di Hvitserk. Cosa dovrei dire io? E’ mio fratello e prima si allea con me, poi mi tradisce, poi ha la fissa di uccidermi, infine torna ad essere amichevole… Hvitserk è fatto così!”

Un lieve sorriso sfiorò le labbra di Aethelred: in effetti Ivar non aveva tutti i torti e oltre tutto aveva anche il dono di fargli sembrare semplici e risolvibili le situazioni più drammatiche. Accanto a lui tutto sembrava possibile e anche, in qualche modo, ironico e divertente…

“Sei un ragazzo intelligente, arguto, hai preso in mano Kattegat e la stai guidando molto meglio di quell’orso di Bjorn, anche se nessuno se n’è ancora accorto a parte me. Sei riuscito a scombinare i miei piani di attacco a Vestfold, facendo perdere tempo alle navi dei Rus’ e avvertendo Bjorn e i suoi che li avremmo accerchiati sulla spiaggia” riprese Ivar, fissando lo sguardo in quello del Principe e incatenandolo al suo. “Ci voleva proprio una mente superiore per indovinare la mia strategia di scalare la montagna per arrivare alle spalle dei Norreni sulla spiaggia!”

“Avete… scalato quella montagna ripida e ghiacciata?” domandò Aethelred, sentendosi ancora più irresistibilmente attirato verso Ivar, come se fosse una sorta di magnete. “Io credevo che l’avreste aggirata o qualcosa del genere…”

“Meno male che non prevedi proprio tutto, allora, ragazzino. No, ti assicuro che l’abbiamo proprio scalata e io, ovviamente, ho usato solo la forza delle mie braccia per riuscire a trascinarmi fino in cima” spiegò Ivar, in tono orgoglioso e provocante allo stesso tempo.

Il Principe sentì il sangue prendergli fuoco a quelle parole e cercò disperatamente di scacciare dalla mente l’immagine di Ivar che scalava quella montagna impervia con l’unico ausilio dei muscoli delle braccia e dei pettorali… e soprattutto cercò di non pensare, assolutamente, a come sarebbe stato trovarsi tra quelle braccia forti e protettive!

“Allora hai fatto tanta fatica per niente, visto che i Norreni si stavano già ritirando e che non siete riusciti ad accerchiarli” ribatté con ironia, cercando così di celare il turbamento.

Ma Ivar se ne era accorto lo stesso, ovviamente, e ora si stava chiedendo come mai ci tenesse tanto a mettere in imbarazzo e provocare quel giovane Sassone. Era vero che lo aveva notato e anche ammirato fin dai primi giorni in cui lo aveva conosciuto, gli piaceva la sua arguzia, la sua capacità di tenergli testa e di rispettarlo e stimarlo pur dicendogli in faccia quello che non gli andava di lui. Però… c’era forse qualcos’altro? Ivar non poteva fare molti paragoni, in realtà. Nella sua vita non aveva mai avuto grandi esperienze, forse non si era mai nemmeno innamorato. Si era legato a Freydis perché lei lo faceva sentire importante, forte, invincibile, perfetto… e a lui era piaciuto crederlo. Soprattutto gli era piaciuto credere di poter essere amato davvero, di avere qualcuno tutto per lui… ma non era stato così. Freydis lo aveva manipolato per diventare regina e lo stesso aveva fatto Katja, la moglie di Oleg, che lo aveva sedotto per spingerlo ad allearsi con lei, Igor e Dir e strappare il potere al marito.

Quando mai qualcuno lo aveva amato per ciò che era, lui, Ivar, e non per ciò che poteva offrire, per il suo potere, per ciò che rappresentava?

E cosa gli faceva pensare che quel ragazzo del Wessex fosse diverso dagli altri, che potesse interessarsi a lui perché era Ivar e non per quello che poteva fare e ottenere?

Eppure pareva proprio che fosse così. Aethelred aveva ripetuto più volte che non lo considerava uno storpio, che anzi lo ammirava per come aveva affrontato le sue difficoltà e adesso sembrava così indifeso e fragile, quasi spaventato dalle emozioni che la sua vicinanza pareva suscitargli.

La sua vicinanza, la sua presenza, non quello che poteva diventare. Aethelred non aveva bisogno di lui per il potere, gli onori o qualsiasi altra cosa del genere perché, senza nemmeno volerlo, era già considerato un governante a Kattegat ed era amato e rispettato quanto e più di un Re… come lui non era riuscito ad essere, visto che i suoi sudditi lo avevano sempre temuto e odiato.

Aethelred pareva affascinato e attirato da lui solo perché era… Ivar, e nient’altro. Anzi, sembrava temere che fosse Ivar a non volerlo, a respingerlo, a stancarsi di lui come era successo con Hvitserk!

Poteva davvero essere così?

Beh, c’era un solo modo per scoprirlo.

I due giovani erano già vicinissimi e non ci volle molto a colmare la minima distanza che ancora li separava. Ivar attirò a sé Aethelred e, consapevole del fatto che il ragazzo non opponeva la benché minima resistenza, lo strinse e lo baciò profondamente, un bacio lento, intenso, caldo e intimo in cui lui stesso finì per perdersi totalmente. Non si era mai sentito così, non aveva mai provato una simile sensazione di totale appartenenza e accoglienza, come se per tutta la vita avesse atteso solo di trovare la parte mancante di sé, ciò che lo colmava e lo completava e che aveva cercato per tanto tempo invano. Stringendosi a quel ragazzino caldo e morbido che si aggrappava a lui come se fosse la sua zattera di salvataggio, Ivar sentiva che tutto ciò che lo aveva tormentato per tanti anni si allontanava, i rancori e le rivalità sbiadivano, tutto diventava perfetto qui ed ora, insieme a Aethelred.

Questo non significava che non avrebbe più cercato di tramare qualcosa o di fregare qualcuno, ma non era più la sua priorità. In quel momento era finalmente felice e appagato, provava qualcosa che non aveva mai nemmeno saputo che esistesse e di certo non per lui.

Si staccò lentamente dal Principe e si sorprese nel vederlo rabbuiato e a disagio. Dunque si era sbagliato su di lui? Aveva frainteso i suoi sentimenti? Eppure gli era parso che ricambiasse il suo bacio con la stessa intensità, lo stesso desiderio… Si era forse illuso ancora una volta?

“Abbiamo sbagliato, non avremmo dovuto” mormorava stravolto Aethelred. “Io… io non posso, non devo…”

“Mi pareva che non ci fossero problemi, invece” replicò Ivar, acido. Era profondamente deluso e questo lo rendeva cattivo, pungente. “Sei stato per tanto tempo con mio fratello… ma forse è questo il punto, no? Tu sei ancora innamorato di Hvitserk e io, a quanto pare, non merito neppure i suoi scarti!”

Colpito e affondato. Le parole aspre di Ivar gli trapassarono il cuore come niente e nessuno aveva mai fatto, nemmeno l’odio di sua madre, nemmeno l’incostanza di Hvitserk. Qualcosa si infranse in mille pezzi all’interno di Aethelred, che tuttavia cercò di mantenere una perlomeno apparente dignità.

“Non sono più innamorato di Hvitserk, no” rispose, lo sguardo e la voce spenti. “Però hai ragione, tu non meriti lo scarto di nessuno, tu meriti una persona davvero unica che ti ami come nessuno ha fatto mai. Io non so rendere felici le persone, non mi sono fatto amare dalla mia famiglia, non ho saputo far felice Hvitserk e non voglio rovinare la vita anche a te. Per questo ho detto che abbiamo sbagliato a… a fare quello che… insomma, quello di prima. Presto ti accorgerai che non valgo niente e sentirai il bisogno di una persona migliore e io… preferisco che tu lo faccia ora, subito, prima che… perché se pensassi di poter stare con te, poi non potrei più riprendermi. Quando deciderai di lasciarmi, andrò in mille minuscoli frammenti e non avrò mai più modo di rimettermi in piedi e quindi è meglio… è molto meglio che questa cosa non inizi nemmeno.”

Detto ciò, Aethelred fece per alzarsi e andarsene, ma Ivar, che finalmente aveva compreso tutto fino in fondo, lo trattenne per un braccio e se lo tirò di nuovo addosso.

“Ti ho detto che sei intelligente? A quanto pare mi sbagliavo, perché sei proprio uno sciocco se pensi quello che hai appena detto” gli disse, sorridendo commosso e intenerito, scompigliandogli i capelli, stringendolo e baciandolo sulla fronte. “Pensi veramente che potrei volere qualcun altro? E chi dovrei volere accanto, qualcuno che finge di amarmi e mi racconta balle per ottenere qualcosa? Oppure un ragazzo che ha forza, carattere e arguzia ma non riesce a rendersene conto e pensa sempre che gli altri siano migliori di lui? Sul serio, Aethelred? Io non mi sono mai sentito bene come adesso e so che, insieme, faremo grandi cose a Kattegat e anche oltre!”

Lo baciò di nuovo, intensamente e profondamente, affondando la mano nei suoi capelli morbidi, perdendosi nel tepore del suo corpo, imparando a conoscere il suo sapore e rendendosi conto che quel giovane Sassone, pur senza saperlo, aveva il dono di lenire le sue ferite e frenare la sua rabbia, che con lui avrebbe davvero fatto grandi cose… forse senza bisogno di massacrare nessun altro! E comprese anche, mentre un’infinita dolcezza gli riempiva il cuore, che senza dire niente Aethelred gli aveva già perdonato tutto il male che aveva fatto e che, per lui, era già diventato una persona nuova e migliore. Il fuoco che pervadeva le vene di entrambi sembrava bruciare tutti gli errori e le malefatte del passato.

Quanto ciò fosse vero, solo il tempo lo avrebbe rivelato!

Fine capitolo undicesimo

 

 

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Capitolo 12
*** Cap. 12: Songs the night sings ***


Capitolo 12: Songs the night sings

 

Board the ship, hoist the sail, weigh the anchor
Set a course right towards the horizon
We can sail every sea, every ocean
till' we've seen them all

I wanna live the stories I write
See the whole world with my own eyes
Take the unknown trail
And hear the songs the night sings

I wanna feel the flame when it burns
Wanna feel the pain when it hurts
Take the unknown trail
And hear the songs the night sings!

(“Songs the night sings” – The Dark Element)

 

Hvitserk era riuscito a convincere Helgi a trasferirsi nella dimora reale e il giovane vichingo ne aveva approfittato per parlare a lungo con Ubbe e Torvi, raccontando tutto della sua orrenda esperienza in Islanda.

“Mi dispiace molto per te, Helgi” aveva risposto Ubbe, che continuava nonostante tutto ad essere impaziente di partire, “ma non è detto che la stessa cosa debba accadere anche a noi. Magari sbarcheremo in un’altra zona dell’isola e ci troveremo benissimo.”

Tuttavia, se Ubbe continuava imperterrito a difendere le sue scelte, Torvi, che non era testarda come lui, aveva ascoltato attentamente i racconti di Helgi e aveva deciso, per prima cosa, di lasciare che i figli Hali e Asa rimanessero al sicuro a Kattegat con Bjorn e Lagertha. Helgi, però, continuava ad essere molto angosciato e la sera precedente alla partenza della spedizione di Ubbe si attardò a parlare non solo con lui e Torvi, ma con tutti i presenti nella Sala Grande, sperando che qualcuno prendesse le sue parti e lo aiutasse a convincere la coppia a non partire.

“Non è per sfiducia nei tuoi confronti, Ubbe, sono sicuro che sei un ottimo viaggiatore, ma quei luoghi sono davvero pericolosi” insisté Helgi, disperato. “Perché vuoi andare proprio là? Ci sono tanti altri luoghi in cui potresti recarti, ad esempio le terre sul Mediterraneo, come fecero Bjorn e Hvitserk. Sarebbe un viaggio più agevole e troveresti luoghi accoglienti e fertili.”

“Ormai ho deciso, Helgi” tagliò corto Ubbe, che quando si metteva in testa una cosa diventava più irragionevole dei suoi fratelli. “Voglio scoprire nuove terre in Islanda e in Groenlandia, magari, e ho anche la speranza di riuscire a ritrovare Floki sano e salvo. Ho già accettato per amore di Torvi di lasciare che i bambini restino qui e mi sembra abbastanza. Sinceramente, Helgi, tutto questo non è affar tuo e vorrei che non ne parlassimo più. Ad ogni modo, domattina all’alba partiremo, non devo certo chiedere il permesso a te.”

Hvitserk, innervosito per la sufficienza con cui Ubbe trattava Helgi, intervenne.

“Helgi si sta solo preoccupando per te, per l’incolumità tua e di Torvi” disse. “Mi sembra che il minimo che tu possa fare sia ascoltarlo e magari anche ringraziarlo.”

Un lampo passò negli occhi di Ubbe.

“Non ho bisogno dei consigli di Helgi e tanto meno dei tuoi, che di certo non sei un esempio di comportamento responsabile!” lo apostrofò.

Helgi, mortificato, rimase talmente male da non riuscire nemmeno a replicare e si rassegnò a lasciare la Sala Grande, dirigendosi verso la sua stanza. Hvitserk, lanciando un ultimo sguardo ostile al fratello, si affrettò a seguire il giovane.

Ma anche Aethelred e Ivar avevano assistito alla scena e il Principe, che già aveva dei conti in sospeso con Ubbe, non poté fare a meno di intervenire.

“Ti sembra questo il modo di trattare delle persone che dimostrano di preoccuparsi per te?” lo rimproverò a brutto muso.

“Adesso ti ci metti anche tu? Cos’è, questa sera volete tutti darmi delle lezioni di vita? So badare benissimo a me stesso e certamente non mi serve l’aiuto di un giovane terrorizzato da ciò che ha vissuto né di quello di una persona che fino all’altro ieri si ubriacava e si ingozzava di funghi allucinogeni. E nemmeno di uno straniero del Wessex che si crede il sovrano di Kattegat solo perché mio fratello Bjorn non vuole rimetterlo al suo posto!”

Quelle parole ferirono profondamente Aethelred, che comunque si difese attaccando.

“Dopo il modo in cui ti sei comportato con Hvitserk, facendo finta di niente e non dicendo a nessuno quello che sapevi sui funghi allucinogeni, penso che un paio di lezioni di vita ti farebbero molto comodo, invece” commentò. “Ma fai pure quello che ti pare e parti, in realtà non m’importa niente di te, io sono preoccupato per Torvi e per il bambino che porta in grembo.”

Detto questo, anche Aethelred gli voltò le spalle e uscì dalla Sala Grande con la dignità di un vero sovrano.

Restò solo Ivar a guardare Ubbe, con un sorriso ironico sulle labbra.

“L’avevo sempre pensato, ma sono felice che tu adesso lo abbia dimostrato pubblicamente. Sei davvero un grandissimo stronzo, Ubbe, e a Kattegat staremo tutti molto meglio quando te ne sarai andato.”

Allibito, questa volta Ubbe non trovò in tempo le parole per ribattere e Ivar si allontanò con la sua stampella, tranquillo e totalmente soddisfatto per aver detto in faccia al fratello ciò che pensava di lui. E forse, dopo la prova che Ubbe aveva dato di sé quella sera, non era neanche l’unico nella Sala Grande a ritenere che fosse uno stronzo!

Intanto Hvitserk aveva raggiunto Helgi nella sua stanza e lo aveva trovato a dir poco devastato. A dirla tutta era esattamente come appariva lo stesso Hvitserk, se solo avesse potuto vedersi quando era in preda alle allucinazioni provocate dai funghi: si era accucciato ai piedi del letto, circondando le ginocchia con le braccia e tremando pietosamente. Quando il giovane vichingo gli si avvicinò, Helgi trasalì e per qualche istante lo guardò terrorizzato come se non lo riconoscesse… insomma, se Aethelred si fosse trovato in quella stanza avrebbe pensato di vivere un dejà vu, con Helgi a recitare la parte di Hvitserk!

“Helgi, stai bene? Lo so che mio fratello è un vero bastardo, a volte, ma non devi prendertela tanto, non se lo merita, tu volevi solo aiutarlo e lui…” provò a rassicurarlo Hvitserk, ma il ragazzo non era dispiaciuto o sconvolto per ciò che gli aveva detto Ubbe. Afferrò il braccio di Hvitserk e lo fissò con espressione… beh, allucinata era il termine più adatto!

“Ubbe e Torvi non devono andare in Islanda!” mormorò. “Kjetill li sta aspettando e, quando arriveranno, li rapirà e li torturerà per farsi dire dove mi sono rifugiato! Lui mi sta cercando, ha ucciso tutta la mia famiglia e adesso vuole uccidere anche me, non si fermerà di fronte a niente, nemmeno a costo di fare del male a Ubbe e Torvi!”

Non sembra anche a voi una versione riveduta e corretta delle crisi deliranti di Hvitserk, con Kjetill protagonista al posto di Ivar? Evidentemente Hvitserk aveva dimenticato che, fino a pochi mesi prima, si comportava esattamente nello stesso modo perché cercò di far ragionare Helgi e di calmarlo.

“Stai tranquillo, non succederà niente e, soprattutto, Kjetill non potrà mai trovarti” gli disse, stringendolo tra le braccia. “Ubbe è spesso odioso, ma non è uno sciocco e non si farà certo catturare da questo folle. Della spedizione faranno parte uomini forti e valorosi, Ubbe e Torvi non saranno soli come eravate tu e la tua famiglia. E, comunque, se mai Kjetill dovesse trovare il modo di tornare a Kattegat, se davvero volesse tentare di ucciderti… ci sarò io a proteggerti, sempre. Non lascerò che ti accada qualcosa di male, Helgi, te lo avevo già promesso, perché io… ci tengo moltissimo a te.”

A differenza di Hvitserk ai tempi dei funghi, Helgi non era drogato ma solo spaventato e riuscì ad ascoltare, comprendere e accettare le parole del giovane. Si lasciò stringere e abbracciare, sentendosi realmente più sicuro tra le sue braccia e poi, quando Hvitserk lo baciò, accolse e ricambiò il bacio. Era tutto strano, tutto nuovo per lui. Aveva avuto una moglie, Thorunn, e le aveva voluto molto bene, aveva sofferto tanto quando l’aveva perduta, ma quello che provava stretto a Hvitserk era diverso, era… più intenso, più potente. Lasciò dunque che tutto andasse come doveva andare e si abbandonò a Hvitserk quando il giovane si spostò con lui verso il letto, dove lo depose con cautela mentre continuava a baciarlo e si spingeva sempre più avanti, lo accarezzava dappertutto e lo liberava delle vesti. Quando i loro corpi si unirono, un’ondata di energia attraversò entrambi, invadendoli e donando loro emozioni così intense e profonde da farli quasi tremare. Fu un amplesso lungo, lento e appassionato che riempì entrambi di calore ed estasi, lasciandoli stremati, increduli ma appagati e felici, mentre continuavano a stringersi l’uno all’altro come se solo così potessero trovare pace e serenità dopo tanti affanni.

Quella notte segnò il primo capitolo di una nuova vita per entrambi, e Odino solo sapeva quanto ne avessero bisogno!

Aethelred, invece, non si era recato nella sua stanza: era uscito dalla dimora reale e aveva camminato a lungo e in fretta per sfogare le tante emozioni che provava stancandosi fisicamente. Dopo quello che Ubbe gli aveva detto si era sentito mortificato, ma allo stesso tempo arrabbiato perché, in fondo, lui aveva solo cercato di dargli un consiglio e Ubbe non era sicuramente nella posizione di poter giudicare e rimproverare gli altri… anche se era quello che faceva sempre, invariabilmente. Il Principe cominciava a capire per quale motivo Hvitserk avesse avuto fin da ragazzino un rapporto conflittuale con Ubbe, una sorta di odio/amore, e non gli sembrava più neanche tanto strano che ad un certo punto avesse scelto di schierarsi con Ivar. Certo, le motivazioni di Ivar erano sbagliate, ma forse Hvitserk aveva deciso di stare accanto a lui perché Ivar non ti giudicava, non ti faceva sentire sempre sotto esame, se qualcosa non gli andava bene te lo diceva in faccia e…

E perché accidenti adesso si era messo a pensare a Ivar, se era con Ubbe che aveva discusso?

Non ebbe il tempo di inventarsi una risposta tanto credibile quanto falsa alla sua stessa domanda perché quando, ormai placato, si era diretto nuovamente verso la dimora reale, aveva trovato Ivar in persona sulla soglia e gli era venuto un mezzo colpo.

“Ecco dov’eri finito!” gli disse. “Peccato, ti sei perso la scena in cui ho dato di stronzo a Ubbe davanti a tutta la Sala Grande.”

Suo malgrado, quelle parole strapparono una mezza risata a Aethelred. Chissà perché adesso quello che Ubbe gli aveva detto non gli pareva più così offensivo e umiliante, Ivar era riuscito a rimettere le cose a posto e il Principe si sentiva improvvisamente rasserenato. Tutto sembrava così semplice e chiaro quando era con Ivar…

“Davvero, Aethelred, non dovresti prendere quel presuntuoso così sul serio” riprese Ivar. “Ti ha detto quelle cose solo perché è invidioso di te, perché tu sei davvero un punto di riferimento per Kattegat come né lui né Bjorn sono mai riusciti ad essere. Nessuno lo dice apertamente, proprio perché tu sei un Sassone, ma la maggior parte della gente di qui considera te il vero sovrano di Kattegat… probabilmente lo pensa anche Bjorn, sebbene non lo ammetterà mai! Bene, se adesso hai finito di sbollire la rabbia andando a passeggio per il villaggio potresti aiutarmi a raggiungere la mia stanza, che ne dici?”

Aethelred si sentì improvvisamente molto emozionato e ringraziò che fosse buio, così che Ivar non potesse vederlo arrossire. Ma, ovviamente, Ivar si accorgeva sempre di tutto. Si appoggiò al giovane molto di più di quanto avesse effettivamente bisogno e lo strinse contro di sé.

“Io… io però a volte non ti capisco” mormorò Aethelred, cercando di mantenere ferma la voce, spezzata dal turbamento. “Davanti agli altri dimostri di saper fare tutto da solo, non vuoi che nessuno ti aiuti, però a me chiedi di sostenerti per arrivare in camera tua. In realtà credo che tu non ne abbia realmente bisogno.”

“E’ vero, ma dovevo trovare una scusa per portarti nella mia stanza, no?” fece Ivar, maliziosamente, e non si capiva se stesse scherzando o se dicesse sul serio! “E, comunque, non so per quale motivo con te non sento il bisogno di giocare a fare l’invulnerabile, non devo essere sempre perfetto, forte e migliore degli altri. Se sono stanco, a te non mi vergogno di dirlo.”

Lo sguardo di Ivar era intenso ed entrava nelle profondità di Aethelred, scuotendolo in ogni fibra del suo essere. Il Principe non si rese nemmeno conto di giungere nella stanza del giovane vichingo e di ritrovarsi seduto accanto a lui sopra il suo letto, continuava a sentire gli occhi di Ivar che lo sondavano e si perdeva in essi e nel loro azzurro più limpido e brillante dei cieli di Kattegat.

“Ogni tanto fa bene non dover dimostrare niente a nessuno e poter essere se stessi sapendo di essere comunque accettati” confessò Ivar. “Non mi era mai accaduto prima, forse a volte con Hvitserk, ma neanche sempre. E poi… beh, ho provato questa sensazione con il giovane Principe Igor, un bambino, sì, ma l’unico che davvero mi ha accolto e che mi ha fatto sentire importante tra i Rus’.”

Ivar non aveva mai raccontato molto della sua esperienza con Oleg e i Rus’ e Aethelred aveva capito che non doveva essere stata poi così entusiasmante.

“Eppure tu hai combattuto al fianco dei Rus’, hai pianificato le loro strategie, non sembrava che fossi così a disagio con quel sovrano folle, Oleg” obiettò il Principe.

Ancora una volta lo sguardo azzurro di Ivar incatenò quello di Aethelred.

“Che scelta avevo, secondo te? Oleg mi aveva salvato solo per usarmi, voleva invadere la Norvegia e sapeva che io ero in grado di aiutarlo, ma è stato cordiale con me soltanto all’inizio, poi ha mostrato il suo vero volto” ammise. “Mi ha minacciato, ha detto chiaramente che, se non gli fossi stato utile, mi avrebbe eliminato. Ero in suo potere e non mi piaceva, non sono mai stato sotto il controllo di qualcuno e non sapevo quanto potesse essere orribile. Non avevo paura di lui, sebbene sapessi quanto fosse pericoloso, però lui sapeva come piegarmi, come mortificarmi e farmi sentire una nullità. Era quello a farmi male.”

Aethelred soffriva nel sentire quelle parole, ma non disse niente, consapevole del fatto che Ivar aveva bisogno di sfogarsi e che, orgoglioso com’era, non lo avrebbe fatto con nessun altro.

“Tu hai conosciuto Freydis, no? Mia moglie, la donna che diceva di amarmi ma che mi ha tradito. Ecco, non so come sia stato possibile ma la sposa di Oleg, Katja, era identica a Freydis. Ero così sconvolto da questo fatto che, all’inizio, finii per dirlo anche a lei, senza pensare a cosa sarebbe potuto accadere se lo avesse raccontato a Oleg” rammentò Ivar, mentre il suo sguardo, adesso, vagava lontano, perso in ricordi dolorosi. “Le dissi addirittura che pensavo che lei fosse la reincarnazione di mia moglie. Ora capisco quanto sono stato sciocco e ingenuo, ma allora mi sembrò naturale. Chiaramente lei lo rivelò a Oleg e loro… usarono questa mia debolezza per manovrarmi ancora una volta. Facevano sesso davanti a me e non mi permettevano di andarmene. Io mi sentivo così umiliato… era come tornare indietro di anni, era come quando ero ragazzino e i miei fratelli mi schernivano. Avevo giurato che nessuno mi avrebbe più mortificato così, ma Oleg e Katja… Tuttavia lei faceva il doppio gioco e, in realtà, voleva liberarsi di Oleg. Così… mi sedusse, fece sesso con me, per convincermi ad aiutarla ad eliminare Oleg e a mettere Igor al suo posto, così lei sarebbe stata la Regina reggente.”

E a quel punto un dolore diverso si insinuò nel cuore di Aethelred. Fino a quel momento aveva sofferto per Ivar, si era sentito dispiaciuto per lui e arrabbiato con quel maledetto Rus’ che lo aveva minacciato e ricattato, ma adesso… sentirlo parlare così di quella Katja e venire a sapere che lo aveva sedotto gli pungeva il cuore come uno stiletto affilatissimo e glielo faceva sanguinare.

“In realtà avrei cercato comunque di eliminare Oleg, anche se lei non si fosse intromessa, e alla fine non l’ho fatto per lei, ma per me stesso: volevo essere libero, tornare in Norvegia e sapevo che Oleg non me lo avrebbe mai permesso, mentre Igor sì. Credo di averlo fatto anche per Igor, in parte. Lui mi era stato amico, era solo un ragazzino ma sapeva farsi voler bene e sono certo che sarà un ottimo sovrano per i Rus’” concluse Ivar. “Tutto sommato è andata meglio di come sperassi e adesso sono qui, nella mia casa, nel posto che mi spetta. E ho conosciuto te.”

Ivar sembrava essersi tolto un grosso peso di dosso aprendo il suo cuore a Aethelred e adesso era più sereno. Si avvicinò di più al Principe e lo strinse forte, affondandogli una mano nei capelli e cingendolo con l’altro braccio, premette le labbra sulle sue e iniziò a baciarlo profondamente, con tenerezza e intensità, attirandolo sempre più contro di sé. Aethelred, istintivamente, vi si abbandonò e lo assecondò dolcemente e naturalmente, mentre ogni fibra del suo corpo urlava che non voleva che finisse, che doveva andare avanti, che voleva di più…

Eppure, quando si staccarono, fu Aethelred a cercare di rialzarsi da quel letto così invitante. Rosso e scarmigliato, ansante, mentre cercava di ricordare come si facesse a respirare, trovò la forza di sottrarsi a quella malia che lo avvolgeva irresistibilmente.

“Vuoi andartene proprio ora? Speravo che saresti rimasto con me, stanotte” disse Ivar, senza mezze misure.

Un sorriso malinconico e dolcissimo si dipinse sulle labbra del Principe.

“Penso che sarebbe una cosa molto bella, ma anche molto sbagliata” replicò, con un accento triste nella voce.

“Sbagliata? E perché? Sei ancora ossessionato da quelle sciocchezze che mi hai detto l’altro giorno sulla spiaggia, sul fatto che non meriti di essere amato, che pensi che mi stancherò di te? Mi pareva proprio di averti fatto capire che non ho nessuna intenzione di usarti e nemmeno di trattarti come ha fatto Hvitserk. Ti ho già detto che non mi sono mai sentito così a mio agio con nessun altro, che tu mi fai sentire accettato e compreso, il che per me è qualcosa di incredibile” protestò Ivar.

“E’ vero, lo hai detto e sono certo che ne sei convinto. Ma vedi, Ivar, ti ho visto mentre parlavi di Freydis e di Katja e… e mi sono accorto che tu soffri ancora per loro, forse in realtà è Freydis che vorresti accanto” mormorò Aethelred.

“E perché dovrei volerla? Mi ha tradito, mi ha sempre mentito, mi ha usato per arrivare al potere e lo stesso ha fatto Katja. Perché mai dovrei preferire loro a te, che sei sempre così gentile e affettuoso e che mi fai sentire amato per ciò che sono davvero, nel bene e nel male?”

“Non lo so” ammise il Principe. “Quello che so, però, è che tu pensi a Freydis e Katja e soffri per loro. E, se pensi a Freydis e Katja, ovviamente non stai pensando a me.”

Era straziante. Aethelred si sentiva come se qualcuno gli stesse strappando la carne a brandelli, ma sapeva che era giusto andarsene da quella camera, non cedere, altrimenti sarebbe stato peggio. Mille, mille volte più doloroso.

“Dormi bene, Ivar. Se avrai ancora voglia di parlare con me, di raccontarmi qualcosa, di sfogarti, io ci sarò sempre” gli disse, scivolando dolcemente dalla stretta del giovane vichingo e sorridendogli con affetto, sebbene si sentisse morire dentro.

Ivar non disse niente, si limitò a guardarlo mentre se ne andava.

Aethelred interpretò il silenzio di Ivar come la prova che aveva ragione, che non lo voleva veramente e che stava solo cercando di lenire la sua solitudine.

Ma non era così.

Ivar era rimasto colpito da quello che Aethelred gli aveva detto, era vero, e adesso doveva fare chiarezza nella sua mente, perché non aveva nessuna intenzione di rinunciare a quel ragazzo così dolce e tenero e a tutto ciò che gli faceva provare. Avrebbe analizzato fino in fondo ciò che lo teneva ancora legato al ricordo di Freydis e poi… finalmente sarebbe riuscito a convincere Aethelred che era solo lui quello che voleva davvero.

No, non avrebbe perduto Aethelred per niente al mondo, non ora che si era reso conto di quanto fosse meraviglioso averlo accanto.

Ivar non rinunciava mai a ciò che desiderava veramente!

Fine capitolo dodicesimo

 

 

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Capitolo 13
*** Cap. 13: Now & Forever ***


Cap. 13: Now & Forever

 

Thousands of miles through the cold stormy air
There's really nothing that I wouldn't dare
I climb the eye of the hurricane
When the winds are whispering your name

On and on, we will fly now and forever
Side to side, now and forever, my love

Now and forever, now and forever…

(“Now & Forever” – Xandria)

 

L’elezione del primo Re di tutti i Norreni si sarebbe tenuta in Vestfold, nella capitale Tamdrup, e così Bjorn, non appena si era ripreso dalle sue ferite, era dovuto partire per parteciparvi lasciando la guida del Regno di Kattegat alle persone di fiducia. E, siccome Ubbe era partito così come aveva detto e ripetuto per nuove scoperte ed esplorazioni, Bjorn aveva scelto Hvitserk e Aethelred per affiancare la moglie Gunnhild nel governo della città. Era stato un bel momento per Hvitserk, una vera e propria rivincita per le tante volte in cui era stato messo da parte, ma aveva anche significato la totale riconciliazione tra lui e Bjorn (non dimentichiamo che Hvitserk aveva quasi ammazzato Lagertha e che Bjorn aveva quasi esiliato Hvitserk!). Il fratello maggiore aveva dimostrato di avere comunque fiducia in lui, nonostante ciò che era accaduto con i funghi e tutta quella brutta storia. Anzi, a dirla tutta era anche una rivincita di Hvitserk nei riguardi di Ubbe… eh sì, perché Bjorn non aveva fatto mistero della sua poca fiducia in lui rifiutando di mandare i figli Hali e Asa nella spedizione e, oltre tutto, si era pure innervosito perché Ubbe aveva avuto la geniale pensata di andarsene proprio quando Kattegat avrebbe avuto bisogno di lui!

Insomma, Ubbe era proprio caduto dalle grazie di Bjorn e, al contrario, Hvitserk vi aveva fatto ritorno.

Era davvero un bel periodo, quello, per Hvitserk. Adesso faceva parte del Consiglio Reale di Kattegat, stava riconquistando la fiducia di tutti e, in aggiunta, viveva l’inizio della sua storia d’amore con Helgi nel modo più dolce e tenero. Sembrava che tutti gli incubi, i sensi di colpa e le ossessioni che lo avevano tormentato per mesi fossero svanite per sempre.

Però Hvitserk non poteva certo dimenticare che, se adesso stava così bene ed era felice, lo doveva a Aethelred: era stato lui ad aiutarlo nei momenti peggiori, lui gli aveva impedito di uccidere Lagertha, lui lo aveva fatto disintossicare dai funghi allucinogeni prendendosi ogni responsabilità anche davanti a Bjorn.

Spesso si sentiva anche un po’ in colpa per essersi innamorato così in fretta di Helgi e per essere tanto felice e appagato con lui. Quando erano ancora in Wessex, aveva giurato più volte a Aethelred che lo avrebbe portato a Kattegat e che là sarebbero stati felici insieme, che lo avrebbe portato in luoghi inesplorati, che avrebbero avuto una vita perfetta e piena d’amore… beh, lui adesso ce l’aveva, ma Aethelred era rimasto solo e, sebbene non mostrasse assolutamente gelosia o ostilità nei confronti di Helgi, era chiaro che si sentiva triste e malinconico.

Hvitserk aveva promesso tante cose a Aethelred e non le aveva mantenute, anzi, era stato Aethelred a prendersi cura di lui e a salvarlo, facendo in modo che ora la sua vita fosse così bella.

Bjorn era partito da un giorno e Hvitserk si trovava con Gunnhild e Aethelred nella Sala Grande per organizzare il governo del Regno e accordarsi per i compiti che sarebbero spettati ad ognuno. C’era anche Helgi e, ovviamente, Ivar che d’abitudine compariva dove non era stato invitato e si faceva allegramente i fatti degli altri!

“Domani tornerà qui anche Lagertha” annunciò Gunnhild. “Ha pensato che, con l’assenza di Bjorn e anche di Ubbe, Kattegat sarà contenta di avere una figura familiare a cui fare riferimento.”

“Mi sembra una bellissima idea e sono contento che Lagertha, in qualche modo, prenda ancora parte alla vita politica di Kattegat” disse Aethelred, sorridendo.

“Fa molto piacere anche a me” ammise la Regina. “Sono molto affezionata a Lagertha e comunque non dimentichiamo che lei è stata a lungo Regina di Kattegat senza avere un uomo accanto. Sono certa che saprà darci molti ottimi suggerimenti.”

“La cosa migliore, dunque, è che tu e Lagertha vi occupiate delle questioni economiche e organizzative: dirimerete le questioni tra i cittadini, incontrerete i mercanti che commerciano i prodotti di Kattegat in Paesi lontani” disse Hvitserk. “Voi ispirate fiducia e affetto alla gente e probabilmente siete più esperte di Bjorn stesso in queste faccende!”

Gunnhild rise, ma non poté che concordare con Hvitserk: Bjorn non era precisamente un sovrano modello, le questioni economiche e sociali lo annoiavano e, se fosse stato per lui, avrebbe cercato di intrufolarsi in qualsiasi battaglia piccola o grande dei Regni vicini!

In realtà non era neanche sicura che sarebbe stato felice di ritrovarsi Re di tutti i Norreni, visto che gli pesava anche la corona di Kattegat… chissà come sarebbe andata a finire?

“Io mi occupavo di organizzare le difese delle fattorie e dei villaggi fuori Kattegat, dove vive Lagertha. Bjorn mi aveva concesso una parte dei suoi guerrieri e Gunnhild e le sue shieldmaiden si erano unite a noi” ricordò Aethelred. “Come ci organizzeremo adesso?”

“E’ preferibile che tu rimanga a Kattegat finché non sarà ritornato Bjorn e, ovviamente, nemmeno io potrò guidare le shieldmaiden in questo periodo” replicò Gunnhild.

“Allora credo che Hvitserk e Helgi sarebbero i più indicati per questo compito” propose il Principe. “Voi cosa ne pensate?”

“Io ne sarei felice” rispose subito Helgi. “So cosa significa avere la propria casa devastata, purtroppo, e mi farebbe piacere essere utile alle persone che hanno perduto tanto.”

Hvitserk, al contrario, parve molto turbato dalla proposta di Aethelred.

“Cosa c’è, Hvitserk? Questo compito non ti soddisfa? Possiamo pensare a qualcos’altro, se preferisci, so che Ubbe voleva affidarti il comando delle spedizioni commerciali e…” cominciò a dire Aethelred, ma Hvitserk lo interruppe.

“No, non è quello, è solo che… non so se sono degno di questo compito” mormorò.

Tutti lo guardarono sorpresi e il giovane vichingo si sentì in dovere di spiegarsi meglio.

“Come posso ispirare fiducia a quella gente? Io… stavo per uccidere Lagertha quando è arrivata a Kattegat, ferita, dopo che il suo villaggio era stato attaccato. Mi sento così sporco…”

Helgi allungò una mano e gli strinse dolcemente il braccio.

“E’ proprio per questo che l’ho proposto a te” ribatté Aethelred, con un sorriso. “E’ vero, hai commesso degli errori, ma adesso hai la possibilità di dimostrare che non sei più l’irresponsabile di allora e che, anzi, ti prenderai cura degli orfani e delle vedove. Hvitserk, credo che questo sia il modo più bello per rimediare a ciò che stavi per fare a Lagertha, non sembra anche a te?”

“Io ne sono sicuro” lo incoraggiò Helgi.

Hvitserk era commosso. Ancora una volta Aethelred aveva letto nel suo cuore e aveva curato una ferita che teneva nascosta dentro da troppo tempo. Non meritava un amico così dopo quello che gli aveva fatto, non meritava nemmeno un compagno dolce e tenero come Helgi… sì, occuparsi dei villaggi avrebbe lenito il suo senso di colpa, ma cosa avrebbe potuto fare per ripagare il debito che aveva con Aethelred?

“Inoltre non sarà un compito troppo impegnativo e non dovrete neanche restare là per tutto il tempo, basterà organizzare i turni di guardia dei soldati e delle shieldmaiden. Lagertha, Gunnhild e le loro guerriere hanno già fatto buona parte del lavoro uccidendo il capo dei fuorilegge e buona parte dei suoi, gli altri sono fuggiti e non credo che torneranno tanto presto a disturbare la brava gente!” rise il Principe.

“Quei fuorilegge… voi state parlando dei miei uomini di fiducia, non è così? Gli uomini che mi sono rimasti fedeli fino all’ultimo e che, per questo motivo, Bjorn ha esiliato da Kattegat” intervenne Ivar per la prima volta. Beh, del resto la questione non lo riguardava ed era anche ovvio che nessuno lo avesse interpellato!

“Quegli avanzi di galera erano i tuoi uomini di fiducia? Complimenti, davvero il meglio del meglio” commentò sarcastico Aethelred. “Puoi andare fiero di quei pendagli da forca!”

Il Principe voleva solo scherzare, ma si rabbuiò quando vide Ivar scrollare il capo con un sorrisetto amaro.

“Evidentemente non sono riuscito a trovare di meglio” disse. “Non erano poi così tante le persone che volevano stare dalla mia parte…”

L’atteggiamento di Aethelred cambiò immediatamente! Si andò a sedere accanto a Ivar e gli sfiorò appena un braccio, senza avere il coraggio di stringerlo.

“Scusami, è stata una battuta sciocca, io… mi dispiace, ma adesso le cose sono cambiate, no? Tu sei qui con noi, vivi nella dimora reale, sei tornato a casa” cercò di consolarlo. Ivar, che non aveva le timidezze del Principe, accettò subito i suoi gesti di incoraggiamento e fu lui a circondargli le spalle con un braccio e a stringerlo a sé.

“Sì, hai ragione, ora le cose sono molto migliorate, sono tornato a casa e ci ho trovato te!” disse, con quel suo tono che non si capiva mai se stesse scherzando o dicesse sul serio.

Hvitserk, però, lo conosceva abbastanza da capire e si illuminò tutto. Non era la prima volta che pensava che Aethelred avrebbe potuto trovarsi bene con Ivar, ma fino a quel momento si era domandato se Ivar fosse davvero una persona affidabile come compagno. Adesso poteva vedere con i suoi occhi che il fratello era veramente legato a Aethelred e che, se ancora non c’era stato niente tra loro, sarebbe sicuramente avvenuto presto!

I sensi di colpa iniziarono a svanire. Era vero, lui aveva promesso a Aethelred che lo avrebbe portato a Kattegat e che lo avrebbe reso felice e adesso si rendeva conto che, in un certo senso, aveva mantenuto la sua promessa. Lo aveva effettivamente portato a Kattegat e poi… lo aveva regalato a Ivar ed era piuttosto sicuro che Ivar sarebbe stato in grado di renderlo felice. Sì, non era la persona più affidabile del mondo, ma almeno nei sentimenti era costante, certamente molto più di lui. Si era lasciato irretire da quella falsa di Freydis e l’aveva amata perdutamente quando anche i sassi di Kattegat sapevano che lo stava prendendo in giro, che era andata a letto con il primo che passava per fingere di aspettare un figlio da lui… Insomma, Ivar era spietato come guerriero e infallibile come stratega, ma nelle questioni di cuore era più ingenuo e fiducioso di un ragazzino al primo amore! Si stava innamorando di Aethelred e avrebbe fatto di tutto per renderlo felice.

Hvitserk, adesso, si sentiva molto meglio!

Quando la riunione si sciolse era ormai sera e i compiti e gli incarichi di ognuno erano stati organizzati al meglio. Hvitserk lasciò la Sala Grande insieme a Helgi, ma prima di andarsene notò con molta soddisfazione che Ivar stava continuando a chiacchierare animatamente con Aethelred e che il Principe lo fissava completamente incantato. Sì, sarebbero stati una bella coppia e, in fondo, era anche grazie a lui se si erano conosciuti, no? Quindi non aveva più motivi per sentirsi in colpa!

Hvitserk era un ragazzo molto pratico.

Quando furono soli nella loro stanza, Hvitserk notò che Helgi era particolarmente compiaciuto e soddisfatto di quello che era stato deciso durante la riunione del Consiglio Reale.

“L’incarico che ti è stato affidato ti piace particolarmente, non è così?” gli domando, avvicinandoglisi e accarezzandogli dolcemente i capelli.

“E’ così” ammise Helgi. “Per me è come se fosse una sorta di compensazione. Non sono riuscito a fare niente per salvare la mia famiglia e i miei cari, anzi, sono stato io, senza saperlo, a condurre Kjetill da loro… Ma adesso avrò l’occasione di proteggere delle persone innocenti e indifese come erano mia madre e le mie sorelle.”

Ancora una volta Hvitserk si sentì commosso e intenerito dalla dolcezza di Helgi e si domandò che cosa mai avesse trovato in lui. Com’era possibile che persone così speciali come Helgi e come anche Aethelred prima di lui lo trovassero interessante? Lui non aveva mai fatto niente di particolarmente buono in tutta la sua vita, anzi aveva seriamente rischiato di distruggere l’esistenza di molti a Kattegat.

“Ma Aethelred ha ragione, questa è una bellissima occasione anche per te” riprese Helgi. “Tu non lo racconti mai, ma io lo so quanto ti senti in colpa per quello che è successo con Lagertha. Adesso diventerai uno dei difensori del suo villaggio e, in questo modo, ti sdebiterai con lei e potrai liberarti del peso che ti porti addosso e che ti schiaccia.”

Helgi aveva parlato con dolcezza, sorridendo. Ancora una volta Hvitserk si domandò cosa mai potesse trovare in lui un ragazzo così buono e generoso, ma adesso era intenzionato a fare veramente del suo meglio per sentirsi degno di lui e finalmente ne avrebbe avuta l’occasione. Lo prese tra le braccia, lo strinse a sé e lo baciò a lungo, dimenticando i pensieri e le preoccupazioni; cominciò a spogliarlo e a liberarsi degli abiti senza smettere di baciarlo, poi si mise sopra di lui e lo prese con ardore ma anche con una certa qual tenerezza, continuando a baciarlo e accarezzandogli i capelli mentre si muoveva in modo lento e profondo dentro di lui, cercando di far durare il più possibile quegli attimi di piacere e dolcezza. Solo dopo molto tempo, molti baci e molte carezze, giunse all’apice dell’estasi insieme a lui, sentendosi completamente appagato nel corpo e nel cuore. Lo tenne tra le braccia e chiuse gli occhi, convinto che sarebbe riuscito a godere di un sereno riposo insieme a lui, liberato infine dai sensi di colpa e dai rimorsi. Aveva dovuto affrontare molte difficoltà e aveva perfino toccato il fondo, ma ora si stava ricostruendo una nuova vita al fianco di Helgi e insieme, adesso e per sempre, avrebbero percorso lo stesso cammino, sostenendosi a vicenda, amandosi e dando il meglio di loro stessi.

Prima di addormentarsi felice, Hvitserk ebbe il tempo di mandare un ultimo pensiero a Aethelred, augurandosi che anche lui potesse provare la stessa gioia e serenità insieme a Ivar… magari quella notte stessa.

E, se avesse potuto dare un’occhiata alla stanza di Ivar, Hvitserk si sarebbe addormentato ancora più contento e rassicurato!

Fine capitolo tredicesimo

 

 

 

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Capitolo 14
*** Cap. 14: In the dark ***


Cap. 14: In the dark

 

Over and over again
The snow will bring to mind
New stories to tell
About the stream of time
New eras to live
As we're passing by like the days
We'll come back to life once again

Time, hear your whispers in the dark
Every time I close my eyes
Don't dare to trick my mind and my heart…

(“In the dark” – Frozen Crown)

 

Hvitserk sarebbe stato molto felice di sapere che quella sera, dopo la riunione del Consiglio Reale, Ivar aveva convinto ancora una volta Aethelred ad accompagnarlo nella sua stanza. Quella sera, però, non aveva nessuna intenzione di lasciarlo andare, voleva rimanere con lui per tutta la notte. Aveva atteso con pazienza, osservando e mettendo alla prova il giovane Principe per capire se davvero potesse essere interessato a lui: già troppe volte, infatti, era stato usato, manipolato e sedotto per gli scopi degli altri. Freydis aveva solo finto di amarlo per uscire dalla condizione di schiava e ottenere potere e privilegi al suo fianco e Katja lo aveva sedotto per liberarsi del marito, il folle Oleg, e lui si era lasciato manipolare, non era riuscito a resistere, anche perché erano state le sole al mondo ad avvicinarsi a lui, a offrirgli una sorta di amore, per quanto interessato e morboso. Ma Aethelred non era affatto come loro!

Ivar si accorgeva sempre più di quanto il giovane Sassone fosse veramente felice di stare in sua compagnia, anzi, si illuminava tutto quando lo vedeva, lo guardava incantato e sembrava chiaramente attratto da lui. Eppure, nonostante tutto ciò, era spontaneo e diretto, non lo adulava mai, non cercava di compiacerlo: lo ascoltava, certo, stava dalla sua parte quando pensava che avesse ragione, ma era anche pronto a dirgli in faccia tutto quello che non gli andava bene di lui!

Tutto ciò per Ivar era una novità assoluta. Aveva conosciuto l’astio e la rivalità con i suoi fratelli, poi la subdola adulazione di Freydis, infine le trame infide di Oleg e di Katja per portarlo dalla loro parte. Mai nessuno si era interessato a lui semplicemente come Ivar, a ciò che pensava, che desiderava, pronto a comprenderlo ma anche a dargli contro quando se lo meritava.

Aethelred era davvero speciale e lui non se lo sarebbe fatto sfuggire; Hvitserk, come al solito, si era dimostrato uno sciocco perdendo un ragazzo del genere ma tanto peggio per lui, Ivar aveva intenzione di prendersi quel Principe così gentile e determinato e non lasciarlo mai più!

Così Ivar si fece accompagnare da Aethelred nella sua stanza e, stringendolo a sé, lo portò fino al suo letto e lo fece sedere accanto a lui.

Il Principe si sentiva molto turbato, il cuore gli batteva velocissimo nel petto e quindi, per darsi un contegno e recuperare un briciolo di dignità, decise di riprendere un argomento di cui avevano già parlato in precedenza.

“Dunque sei rimasto deluso per non aver potuto partecipare all’elezione del Re dei Norreni?” domandò ad Ivar. “Non sapevo che potessero candidarsi soltanto quelli che sono già Re o Jarl di qualche Regno…”

“Oh, no, in realtà non mi interessa veramente diventare Re dei Norreni, avrei voluto candidarmi solo per fare un dispetto a Bjorn e per dimostrare che anche uno storpio può ambire a governare tutta la Norvegia” rispose Ivar in tono vago. “Regnare, alla fine, significa principalmente caricarsi di un cumulo di responsabilità ed è solo una gran noia!”

Aethelred era sorpreso da quelle parole, aveva sempre creduto che Ivar fosse molto ambizioso e disposto a tutto pur di ottenere il potere!

“Ma dai, davvero non vorresti diventare Re? Eppure ne hai combinate di tutti i colori per ottenere il dominio di Kattegat, hai persino combattuto contro i tuoi stessi fratelli e ti sei alleato con dei nemici molto pericolosi!” esclamò, andando dritto al punto senza tanti giri di parole.

Ivar si voltò verso Aethelred con un sorrisetto, allungò un braccio e lo attirò a sé.

“Quello che hai detto mi riporta al discorso che avevamo lasciato in sospeso qualche sera fa riguardo a Freydis e Katja” disse, avvicinando pericolosamente il viso a quello del Principe. “Avevi ragione a dire che Freydis è ancora nei miei pensieri, ma questo non significa niente. Di Katja non parlo neanche, lei è riuscita a sedurmi solo perché credevo davvero che fosse la reincarnazione di Freydis…”

La vicinanza di Ivar agitava Aethelred fino all’inverosimile, gli accendeva un calore inebriante nella pancia e lo attraeva e lo atterriva allo stesso tempo. Provò ad aprire la bocca per parlare ma non ne uscì alcun suono, anzi per il Principe era già difficile riuscire a respirare!

“Fin da ragazzino io vedevo i miei fratelli divertirsi con le ragazze di Kattegat, ma nessuna si avvicinava a me, anzi sia loro sia i miei fratelli ridevano e mi prendevano in giro” iniziò a raccontare Ivar, con un’amarezza che sembrava tuttavia mitigata dalla presenza di Aethelred così vicino a lui. “Avevo poco più di diciotto anni e Freydis era una schiava quando si è mostrata interessata a me… o almeno così voleva che credessi. Non avevo mai avuto una donna e lei mi diceva tutto quello che volevo sentirmi dire, che ero speciale, che ero un dio, che meritavo di governare sul mondo intero. A pensarci ora sono stato proprio uno sciocco, sono sempre stato io quello che manipolava e ingannava gli altri, invece con lei non ho capito più niente, ho perso la testa, mi sono comportato come un ragazzino al primo amore… come in effetti ero… e ho finito per fare tutto quello che voleva lei!”

C’erano dolore e amarezza nella voce di Ivar e Aethelred poteva capirlo benissimo, certo, perché quello stesso dolore gli pugnalava il cuore ad ogni parola del vichingo, gli straziava l’anima come se la stesse facendo a brandelli. Dunque era così, Ivar era ancora innamorato di Freydis…

Il giovane vichingo, però, lesse la sofferenza e lo strazio negli occhi chiari di Aethelred, un immenso pozzo di dolore, e mutò atteggiamento. Lo strinse di più a sé e gli sorrise con dolcezza mentre riprendeva a parlare.

“Penso che tu mi possa capire bene in questo, perché anche tu sei stato un bambino trascurato e un ragazzo non amato e poi hai conosciuto Hvitserk, che è apparso come una luce nella tua vita” gli disse. “Hvitserk è stato il tuo primo amore, ti ha fatto scoprire emozioni e sentimenti che non immaginavi neanche potessero esistere, non è così? Bene, la stessa cosa è accaduta a me con Freydis. Perciò puoi comprendere che, come tu non hai dimenticato Hvitserk, neanch’io posso cancellare del tutto Freydis.”

Aethelred era confuso. Non capiva cosa c’entrasse l’esempio di Hvitserk in tutto questo perché sì, era vero, lui lo aveva amato, ma quello che provava adesso per Ivar era qualcosa di totalmente diverso, qualcosa che lo sconvolgeva totalmente, che gli bruciava il sangue nelle vene, che gli tagliava il fiato… mentre invece, a quanto pareva, Ivar provava ancora gli stessi sentimenti per la moglie morta.

“Quando Freydis mi ha tradito e vi ha fatti entrare dal passaggio segreto ho compreso la verità, quello che avrei dovuto capire già molto tempo prima: a lei non importava niente di me, mi aveva usato, mentito, manipolato e adulato per riuscire a diventare Regina, lei che era nata schiava” continuò Ivar, ma adesso non sembrava più tanto addolorato per Freydis, il suo sguardo indugiava piuttosto su Aethelred… “Sapeva bene che, se Bjorn e gli altri mi avessero catturato, mi avrebbero ucciso, mentre lei si sarebbe salvata e rifatta una vita perché mi aveva venduto. Chissà, magari avrebbe cercato di sedurre qualcun altro di voi, persino lo stesso Bjorn, per non perdere i suoi privilegi di Regina! Ma tutto questo avrei dovuto già saperlo perché a Freydis non era mai importato niente di me neanche prima: non mi aveva mai chiesto cosa volessi, cosa desiderassi, come mi sentissi. Aveva deciso che dovevo governare Kattegat perché era lei che ambiva al potere, era lei a voler essere Regina. Non sapeva che a me pesava quella corona, che io non volevo essere Re, che mi annoiavo, che non avrei voluto neanche combattere contro i miei fratelli… Io volevo un esercito, volevo essere un condottiero vichingo e andare a esplorare, invadere, razziare terre, non starmene ad ammuffire nella dimora regale di Kattegat, non dover dirimere quelle stupide questioni tra i cittadini. Io ero felice solo quando gli uomini mi acclamavano come un eroe, quando li incitavo a prepararsi per invadere l’Inghilterra… il resto era solo noia, obblighi, doveri che non ho mai cercato, ma Freydis non lo sapeva, a lei non è mai interessato Ivar Lothbrok, solo l’uomo che poteva regalarle potere e privilegi, che la faceva sentire una dea…”

“Tu progettavi di invadere l’Inghilterra?” lo interruppe Aethelred, guardandolo cupo.

Ivar cambiò subito argomento.

“Sì, vabbè, quella era un’altra storia” tagliò corto, “quello che volevo farti capire è che Freydis non mi amava, non mi conosceva nemmeno e tutto quello che c’è stato tra noi è stata una bugia. Per cui è vero, è stata la prima persona a farmi provare certe emozioni, a farmi conoscere l’amore, perciò non posso dimenticarla… ma adesso sto provando qualcosa di molto diverso e più potente per qualcuno che invece mi accetta, mi conosce nel bene e nel male, che si preoccupa di me e di quello che desidero e che… e che non si fa scrupoli a dirmi in faccia quello che non gli va bene di me!”

Il cuore del Principe riprese a palpitare impazzito. Era possibile che Ivar stesse dicendo quello che credeva? Forse era lui quella persona? No, non poteva crederci, Ivar non poteva volerlo davvero, lui era sempre stato la seconda scelta, non era possibile, sarebbe stato troppo bello e a lui le cose belle non succedevano…

“Tu… stai parlando di me?” mormorò Aethelred, con un filo di voce. Ivar aveva cominciato ad accarezzarlo e lui tremava mentre le loro bocche erano talmente vicine da potersi sfiorare.

“E di chi sennò? Del Principe Sassone che è capace di rovinare tutte le mie strategie, che non sopporta di sentirmi chiamare storpio, che riesce a vedere chi c’è dietro la maschera che indosso sempre… e che mi accetta, mi accoglie, mi ama per ciò che sono” gli sussurrò il vichingo all’orecchio, stringendosi sempre di più a lui e distendendolo sul letto, accanto a lui, incollato a lui. “Un ragazzo forte e determinato che non immagina neanche quanto mi faccia sentire bene anche solo quando battibecchiamo! Con te mi sento davvero me stesso e non devo nascondermi, non devo dimostrare niente, posso semplicemente… essere felice.”

Gli occhi di Ivar brillavano, accesi di desiderio. Cercò la bocca di Aethelred e la catturò in un lungo bacio, dapprima leggero, poi sempre più profondo e rovente, mentre il Principe cominciava a pensare che si sarebbe veramente sciolto a quel punto, che avrebbe perduto anche il minimo barlume di lucidità che gli rimaneva. Incantato e perduto in Ivar, Aethelred si lasciò fare tutto quello che il vichingo voleva, sentendo che le vesti scivolavano via, che le mani del giovane lo accarezzavano dappertutto, che i suoi baci si facevano più languidi e dolci e gli mozzavano il respiro, mentre il suo corpo era attraversato da fremiti di piacere e lui si sentiva indifeso e vulnerabile come mai prima di quel momento. Ivar lo prese disteso sul fianco, perché non poteva gravare sulle gambe, e fu lento, premuroso e gentile mentre lo invadeva e si muoveva in lui con spinte leggere. Tutto il mondo sembrò fermarsi, tempo e spazio precipitarono nel nulla mentre per Aethelred esisteva solo Ivar e il suo corpo contro il suo, dentro di lui, il suo odore, il suo sapore, le sue carezze delicate ma insistenti. Dopo un tempo infinito e meraviglioso tutto esplose in una sorta di luce abbacinante che sconvolse il Principe fino alle più intime fibre del suo essere e il suo corpo si abbandonò ad una serie di onde di piacere mai provate, intense ma dolcissime, che lo scuotevano una dopo l’altra.

Alla fine di tutto, Ivar prese il volto di Aethelred tra le mani e lo fissò con quei suoi occhi azzurri e penetranti che lo abbagliavano più del cielo luminoso di Kattegat. Lo guardò a lungo e anche lui sembrava sorpreso da ciò che aveva provato, non era mai stato così intenso prima, mai, né con Freydis né con Katja. Aethelred non lo aveva sedotto, ma il suo modo dolce e accondiscendente di abbandonarsi a lui era stato mille e mille volte più piacevole di qualsiasi gioco erotico, quello era stato vero amore, uno scambio di baci e sospiri e carezze in cui Ivar era stato coinvolto come mai prima. E gli occhi chiari del Principe erano accesi e tersi, pieni di un amore sconfinato quale Ivar non aveva mai neanche potuto immaginare. Non si era mai sentito così amato, accolto e completo. Non avrebbe rinunciato a quelle sensazioni meravigliose per niente al mondo, mai.

Baciò di nuovo Aethelred, accarezzandogli il viso e i capelli, perdendosi nel suo sapore, stringendosi a lui più che poteva per sentire il calore morbido del suo corpo.

“Tu sei mio, adesso” dichiarò Ivar in un sussurro, “e non ho nessuna intenzione di perderti.”

Smarrito e stremato, Aethelred non poté fare altro che arrendersi di nuovo a quel giovane vichingo che lo stregava.

“Non vado da nessuna parte…” riuscì appena a mormorare in risposta.

Ivar lo abbracciò di nuovo, quasi cullandolo, coprendogli il viso e la fronte di piccoli baci leggeri, fino a che entrambi si addormentarono, i corpi stretti l’uno all’altro come se fossero diventati un unico essere, le labbra di Ivar che sfioravano i capelli di Aethelred, la testa del Principe annidata nell’incavo della spalla del vichingo, al sicuro.

Quella prima notte, la prima di tante notti a venire, aveva iniziato a lenire le loro sofferenze, a curare le ferite più antiche, a unire due universi di solitudine che adesso si erano trovati, scontrati e poi incastrati perfettamente l’uno nell’altro.

Nel buio di quella notte una nuova luce di speranza e di serenità si era accesa: Ivar e Aethelred non sarebbero mai più stati soli.

Fine capitolo quattordicesimo

 

 

 

 

 

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Capitolo 15
*** Cap. 15: The Truth beneath the Rose ***


Cap. 15: The Truth beneath the Rose

 

Give me the strength to face the wrong that I have done
Now that I know the darkest side of me

How can blood be our salvation
And justify the pain that we have caused throughout the times
Will I learn what's truly sacred?
Will I redeem my soul, will truth set me free?

Blinded to see the cruelty of the beast
It is the darker side of me (forgive me my sins)
The veil of my dreams deceived that I have seen
Forgive me for what I have been
Forgive me my sins!

(“The Truth beneath the Rose” – Within Temptation)

 

Hvitserk e Helgi si trovavano al villaggio di Lagertha e guardavano soddisfatti la bellezza e la pace che finalmente regnavano in quel luogo: la gente si sentiva protetta dai soldati e dalle shieldmaiden che pattugliavano i dintorni e poteva dedicarsi al lavoro dei campi senza più temere scorrerie. Lagertha aveva trascorso qualche giorno a Kattegat, ma poi si era resa conto che Gunnhild se la stava cavando benissimo e che sarebbe stata una perfetta Regina anche senza il suo aiuto, così era tornata e in quel momento stava giocando con i nipotini Hali e Asa. Era uno spettacolo che riempiva il cuore e Hvitserk si sentiva quasi sopraffatto da tanta felicità, adesso non aveva più la presunzione di comunicare con gli dei o di conoscere la loro volontà, ma li ringraziava dal profondo del suo cuore perché avevano protetto lui e le persone che aveva accanto. Non sapeva perché avessero concesso proprio a lui una simile fortuna, essere aiutato da Aethelred ad uscire dall’incubo della dipendenza prima di distruggere la vita di tutti quanti, fargli incontrare una persona come Helgi… ma il giovane uomo che era oggi non si faceva più tante domande, ringraziava e cercava di godere delle gioie che gli erano state elargite. Si voltò verso Helgi per condividere con lui la sua felicità e lo vide che fissava Hali e Asa con occhi colmi di lacrime.

Gli prese il volto tra le mani e si accostò a lui.

“Helgi, che cos’hai? Perché stai piangendo?”

Il ragazzo si passò velocemente una mano sugli occhi per portar via quelle lacrime inopportune, poi regalò a Hvitserk un sorriso pieno di malinconia.

“Stavo pensando che… che se Thorunn non fosse morta, adesso il nostro bambino avrebbe più o meno l’età di Asa” mormorò.

Una punta di dolore trafisse il cuore di Hvitserk.

Questa volta toccava a lui sentirsi inadeguato, forse Helgi stava con lui soltanto perché temeva la solitudine, ma era ancora innamorato della moglie morta e avrebbe desiderato essere con lei e con il loro bambino mai nato. Per la prima volta Hvitserk comprendeva e sperimentava sulla sua pelle quello che per tanto tempo doveva aver provato Aethelred, quello che lui stesso gli aveva fatto passare con la storia di Thora prima, dei funghi allucinogeni poi… e sentì di meritare quella sofferenza. Era giusto così.

“Helgi, se desideri avere una vita diversa, se vuoi farti una famiglia, io non te lo impedirò” disse al compagno, stringendolo dolcemente per le braccia. “Ti sono stato vicino perché volevo proteggerti e farti sentire al sicuro, poi mi sono… mi sono innamorato di te, ma non voglio obbligarti a stare con me per riconoscenza. Se vuoi una donna e dei figli tuoi io…”

Helgi scosse il capo e si strinse a Hvitserk.

“Non voglio nessuna donna accanto. Ho amato Thorunn e nessuna mai potrebbe prendere il suo posto” dichiarò, sicuro. “Vedere Asa che gioca felice mi ha fatto pensare a mio figlio che non è mai nato, che non potrà mai conoscere la bellezza della vita, per questo mi sono rattristato, solo per questo. Io… io… ti amo, Hvitserk, tu solo mi hai ridonato la voglia di vivere, non potrei mai rinunciare a te, sei la mia vita!”

Helgi aveva dichiarato il suo amore con timidezza e imbarazzo, ma anche con una tale semplicità e candore che Hvitserk non ebbe più alcun dubbio. Avvolse il suo compagno in un abbraccio caldo e protettivo, sentendo il sollievo che gli inondava il cuore, e lo baciò a lungo perdendosi nella dolcezza delle sue labbra e del suo sapore. Continuò a baciarlo e iniziò a sospingerlo verso un boschetto appena fuori dalla cerchia delle case del villaggio, dove nessuno avrebbe potuto sorprenderli.

“Qui mi sembra che sia tutto tranquillo” gli sussurrò all’orecchio tra un bacio e l’altro, “potranno anche fare a meno di noi, non ti pare?”

Ridacchiando felice, Hvitserk spinse Helgi a terra e si distese su di lui, armeggiando con le loro vesti per liberarsi il più possibile, mentre la sua bocca continuava a catturare e assaggiare quella del compagno. Stretto al corpo di Helgi, si spinse lentamente dentro di lui e iniziò a muoversi all’unisono con lui, lentamente e poi con sempre maggior intensità, finché entrambi non giunsero all’apice e furono travolti da un’armonia di sensazioni meravigliose che esplose infine in un abisso di piacere accecante e devastante, qualcosa che nessuno dei due pensava che avrebbe mai più provato.

Rimasero abbracciati a lungo, godendo della gioia di stare insieme, dei loro corpi uniti che si stringevano, dei respiri intrecciati, dell’odore della loro pelle che si mescolava a quello della natura attorno. Hvitserk sentiva il cuore pieno, il calore dell’amore lo invadeva e gli riscaldava il sangue, non aveva bisogno di nient’altro se non del giovane che stringeva tra le braccia; Helgi provava una pace e una sicurezza mai sperimentate prima ogni volta che era tra le braccia di Hvitserk, aveva imparato ad amare la sua forza gentile che lo faceva sentire sempre protetto e difeso da ogni male.

“Forse dovremo rimetterci a cavallo per tornare a Kattegat” disse alla fine Hvitserk, soffiando un ultimo bacio delicato sulle labbra di Helgi, “le guardie sono tutte al loro posto e preferirei che giungessimo alla dimora reale prima che cada la notte.”

Il giovane vichingo aveva ragione, ma fu difficile per entrambi staccarsi da quell’abbraccio, allontanarsi da quella piccola radura che aveva visto il loro amplesso dolce e intenso. Si riassettarono le vesti e presero i cavalli per tornare a Kattegat, mentre la luce aranciata del sole illuminava i loro volti trasfigurati dalla gioia di amarsi e stare insieme.

Purtroppo, però, le cose belle duravano sempre troppo poco in quel di Kattegat!

Quando Helgi e Hvitserk giunsero in città era ormai il tramonto, ma tutti gli abitanti erano riuniti presso il porto, al cospetto di Bjorn che aveva Gunnhild accanto a sé e stava parlando ai suoi sudditi in tono cupo e drammatico. I due giovani giunsero proprio in tempo per ascoltare le frasi più sconvolgenti del discorso del Re.

“Purtroppo ho perduto la corona della Norvegia, sono stato sconfitto all’elezione da Harald Finehair” dichiarò Bjorn, scuro in volto.

I cittadini, allibiti al pensiero che proprio Harald potesse aver prevalso su Bjorn durante l’elezione del Re dei Norreni, tacquero e anche Hvitserk e Helgi si scambiarono uno guardo smarrito, senza trovare nulla da dire. Ivar, al contrario, scoppiò in una sonora risata.

“Ma come? Bjorn La Corazza non è dunque diventato Re di tutta la Norvegia?” commentò, caustico e provocatorio e non senza una malcelata soddisfazione. “Com’è stato possibile, ti sei fatto sconfiggere addirittura da quell’incapace di Harald?”

Bjorn lanciò ad Ivar uno sguardo fiammeggiante, poi riprese il suo discorso rivolgendosi ai sudditi… tuttavia il suo tono adesso suonava molto più aspro e si sentiva che la battuta del fratello gli aveva fatto girare parecchio i cosiddetti!

“Ammetto di aver sottovalutato il mio avversario” riprese, “ero convinto di non avere rivali in questa elezione e quindi non mi sono preoccupato più di tanto delle manovre e delle alleanze da stringere, come invece ha saputo fare Harald. Mi sono reso conto troppo tardi di quanto Harald fosse diventato amico di quel tale, Kjetill, che è comparso misteriosamente a Vestfold proprio nel periodo dell’elezione, sostenendo di venire dall’Islanda. E credo che, in effetti, sia stato proprio questo Kjetill a tramare e a cercare alleanze con i Re, le Regine e gli Jarl affinché votassero per Harald.”

Sentendo nominare Kjetill, Helgi impallidì mortalmente e si irrigidì. La sua prima reazione sarebbe stata quella di risalire a cavallo e lanciarlo al galoppo per scappare nemmeno lui sapeva dove, ma Hvitserk gli passò un braccio attorno alla vita e lo attirò a sé.

“Non preoccuparti prima del tempo” gli sussurrò dolcemente. “Ascoltiamo cosa ha da dire Bjorn, magari Kjetill rimarrà al servizio di Re Harald nel Vestfold, o forse ritornerà in Islanda. Non sa di te, non sa che sei vivo e non sa che sei qui, perché mai dovrebbe cercarti? Stai tranquillo, Helgi, io non permetterò che ti accada nulla di male.”

Helgi annuì e si strinse a Hvitserk, ma il suo corpo continuava ad essere scosso da un tremito incontrollabile.

“Tuttavia non voglio in alcun modo giustificare la mia sconfitta, è soltanto colpa mia se non mi sono accorto in tempo delle manovre di Harald e se non ho fatto niente per sventarle” stava dicendo Bjorn. “Ormai le cose stanno così e Harald è il Re di tutti i Norreni. Per questo ci sono delle decisioni da prendere e voglio che le prendiamo adesso e tutti insieme!”

“Gente di Kattegat, volete veramente stare ad ascoltare quello che ha da dirvi un Re che è stato sconfitto all’elezione, che ha perso la corona della Norvegia senza nemmeno accorgersene?” riprese Ivar, che se la stava godendo un sacco, finalmente aveva la sua rivincita su Bjorn! “Bjorn ha dimostrato di non essere invincibile e porterà Kattegat alla rovina. Cosa credete che succederà adesso, che Harald se ne starà tranquillo nel Vestfold a festeggiare la vittoria? Certo che no, cercherà di sottomettere tutti i Regni che gli si oppongono, e Kattegat sarà il primo, perciò non abbiamo tempo da perdere in chiacchiere vuote, dobbiamo organizzare un esercito e attaccare Harald prima che lo faccia lui!”

Il popolo di Kattegat non aveva poi tutta quella simpatia per Ivar, non dimenticava di essere stato tiranneggiato da lui e che, poi, era stato proprio Ivar a portare i Rus’ in Norvegia… tuttavia quelle parole infiammate fecero presa in più di un cuore, erano proprio le parole che un vero vichingo voleva sentirsi dire. Alcuni borbottavano contro lo storpio traditore che adesso si permetteva di giudicare l’operato di Bjorn, altri invece iniziavano ad ascoltarlo con interesse. Bjorn si accorse che le cose non si mettevano bene e intervenne subito.

“Era proprio di questo che volevo parlarvi, popolo di Kattegat” dichiarò. “E’ questa la scelta che dovete fare, ora, prima che sia troppo tardi. Lo avete visto da voi, io ho fallito, ho perso la corona della Norvegia. Potete scegliere se rinnegarmi come Re e accettare il dominio di Re Harald, oppure se restare al mio fianco e prepararvi a resistere contro di lui!”

“Ma lo sentite? Parla di resistere” lo interruppe nuovamente Ivar. “Dovremmo stare ad aspettare che Harald e i suoi uomini cerchino di sottometterci, ma non è questo che fanno i veri vichinghi, i veri vichinghi non si difendono, i veri vichinghi attaccano!”

Ivar stava facendo nascere un certo entusiasmo tra i presenti, specie tra chi si sentiva un vero vichingo (cosa che, più o meno, lasciava spazio a infinite interpretazioni a seconda di come tornasse comodo!) e fu a quel punto che Aethelred perse davvero la pazienza.

“Insomma, qui la questione non è stabilire chi seguire, né chi sia il più valoroso tra Bjorn e Ivar” esclamò, intromettendosi senza tanti complimenti. “Il vostro Re è Bjorn, ma lui stesso si sta rimettendo alle vostre decisioni perché sa di aver sottovalutato Harald. Non è Bjorn né, tanto meno, Ivar a dover scegliere per voi, gente di Kattegat, siete voi stessi a dover decidere per voi e per le vostre famiglie. Pensateci bene prima di lasciarvi prendere dall’entusiasmo.”

Ivar rimase allo stesso tempo sorpreso e affascinato da quel Principe Sassone che si permetteva di contraddirlo davanti a tutta la sua gente e, stuzzicato e pure un po’ eccitato, decise di continuare quel confronto.

“Anch’io faccio parte dei cittadini di Kattegat e la mia scelta è attaccare Harald al più presto, subito, quando ancora non se lo aspetta, con o senza Bjorn La Corazza!” disse.

Un gruppo sempre più numeroso di uomini e donne si era lasciato conquistare da questa visione bellicosa e rumoreggiava, ma Aethelred intervenne ancora una volta.

“Vuoi davvero iniziare una guerra, dopo i tanti lutti e perdite che abbiamo avuto?” chiese, questa volta rivolgendosi ad Ivar. “Forse sarà inevitabile, è vero, ma perché cercarla noi per primi? E poi… la gente che adesso è sottomessa a Harald è come te, come voi, sono norvegesi. Volete veramente dare inizio a una guerra civile contro persone che potrebbero essere vostri fratelli, sorelle, figli? Sono le stesse persone che ci hanno aiutato a difendere la Norvegia contro i Rus’…”

“Aethelred ha ragione” prese infine la parola Gunnhild, al fianco del marito. La sua autorevolezza e la sua forza sembrarono calmare d’incanto la folla sempre più vibrante. “Innanzitutto non dimenticate che è stato Bjorn, il vostro Re, a salvare la Norvegia dai Rus’, è stato per lui che tutti i Re e Regine si sono riuniti e Bjorn ha quasi perso la vita per difendere la sua terra.”

Gunnhild sorvolò sul fatto che, al contrario, era stato proprio Ivar a condurre i Rus’ in Norvegia, ma più di uno, tra la folla, lo pensò lo stesso e cominciò a mutare parere.

“E’ vero, ha sbagliato sottovalutando Harald, ha sbagliato a non informarsi sulle sue trame, ma chi di noi non ha mai sbagliato? Eppure oggi abbiamo l’occasione di rimediare ai nostri sbagli, tutti noi, chi più chi meno” riprese la Regina. I sudditi l’ascoltavano incantati. “Io vi chiedo, come prima cosa, dopo tutto ciò che comunque ha fatto per voi, per Kattegat e per la Norvegia, volete davvero abbandonare Bjorn?”

“No, no! Bjorn Re! Bjorn Re! Bjorn! Bjorn!” le voci della folla confuse tra loro, ma che scandivano bene queste parole.

Ivar s’immusonì. Aveva iniziato per gioco, non voleva davvero prendere il posto di Bjorn, ma gli sarebbe piaciuto avere un suo esercito e comandare la spedizione contro Harald. Adesso non sarebbe stato più possibile, a quanto sembrava aveva perso il suo ascendente sulla gente…

“Ah, ecco, dunque preferite farvi guidare da un Re fallito e da uno straniero, uno che non è della nostra stirpe, un Sassone, un nemico, piuttosto che da un vero vichingo?” sibilò il giovane, risentito. “Peggio per voi, allora, fate pure come vi pare, ma poi non venite a piangere da me.”

La maggior parte dei presenti ignorò quella cattiveria di Ivar e anche Gunnhild riprese il suo discorso incoraggiante verso i sudditi.

“Quindi siete pronti ad ascoltare le proposte che il vostro Re, Bjorn La Corazza, il mio amato marito, sta per esporvi? Sarete uniti e dalla sua parte qualsiasi cosa verrà decisa?” domandò.

La folla esplose in un boato entusiastico verso la sua Regina.

Solo Ivar si accorse che Aethelred, ferito e umiliato dalle sue parole, non era più accanto a lui. Lo vide allontanarsi in fretta verso la cittadina, forse diretto alla dimora reale… e si rese conto di essersi lasciato trasportare, di aver esagerato come al solito.

Perché aveva detto quelle cose? Perché aveva mortificato Aethelred? Perché non collegava mai il cervello prima di parlare?

Lasciando Bjorn e Gunnhild a gestire quell’intricata situazione con i loro sudditi, Ivar si disinteressò di tutto il resto e, appoggiandosi alla stampella, si mosse più in fretta che poté cercando di raggiungere il suo Principe, quel dolce ragazzo che aveva stupidamente ferito e che, anzi, gli piaceva e lo intrigava ancora di più proprio perché non si faceva scrupoli a dargli contro quando lo riteneva giusto.

Fine quindicesimo capitolo

 

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Capitolo 16
*** Cap. 16: Silver night ***


Cap. 16: Silver night

 

Here, not a single light
Here, in the darkest night
And the sound of silence, silence, silence

Here, this is where I reign
Hear me calling out no name
So I'll stay in silence, silence

There's footprints in the snow
I'll follow wherever you go
I'll be the lonely wolf
I'll follow wherever you go

In the silver night…

(“Silver night” – The Rasmus)

 

I cittadini di Kattegat stavano esprimendo con calore il loro consenso nei confronti di Bjorn e Gunnhild e il Re e la Regina li lasciarono sfogare, poi fu Bjorn a riprendere la parola.

“Purtroppo temo che una battaglia sia inevitabile” ammise, cupo. “Re Harald non accetterà che alcuni Regni, come Kattegat, vogliano essere liberi e cercherà di sottometterci. Possiamo attaccarlo per primi, come ha proposto Ivar, ma senza sapere a cosa andremo incontro e di quanti uomini e alleati possa disporre Harald. Oppure possiamo attendere, organizzarci e allearci anche noi con i Regni che, invece, non vogliono sottomettersi senza condizioni.”

“Re Harald è stato eletto sovrano di tutta la Norvegia con l’inganno, ormai è chiaro” soggiunse Gunnhild. “E’ molto probabile che siano in molti a non accettare la sua elezione. Se attendiamo ancora, organizzando il nostro esercito e mandando ambasciatori a chiedere rinforzi ai sovrani che la pensano come noi, quando Harald e i suoi uomini arriveranno troveranno una sgradita sorpresa.”

“Siete con me, dunque? Ci organizzeremo e resisteremo alla protervia di Harald?” domandò Bjorn.

I cittadini di Kattegat esplosero in urla entusiastiche, inneggiando a Bjorn e Gunnhild, lanciando grida di guerra… insomma, in poco tempo avevano cambiato idea una mezza dozzina di volte e adesso esultavano come se avessero appena vinto la finale di Champions League!

Bjorn e Gunnhild, soddisfatti, salutarono i sudditi e si diressero fianco a fianco verso la dimora reale. Ben presto furono raggiunti da Hvitserk e Helgi. Il giovane vichingo non condivideva affatto l’entusiasmo dei suoi concittadini e, anzi, aveva molte domande da porre a Bjorn. Sarebbe stata una lunga notte di discussioni, piani e strategie.

“Bjorn, tu hai detto che Re Harald si è alleato con Kjetill” disse Helgi al sovrano in tono accorato. “Non ricordi che io vi avevo messi in guardia su quell’uomo? Temevo che, prima o poi, sarebbe tornato in Norvegia ed è ciò che ha fatto. Kjetill ha ucciso tutta la mia famiglia con l’inganno, non pensi che sia ancora più pericoloso come alleato di Harald?”

“In effetti la cosa non mi piace affatto” soggiunse Hvitserk, adesso anche lui preoccupato per il suo compagno e per tutta Kattegat. “Forse in questo caso dovremmo dare ascolto a Ivar e attaccarli per primi. Se fosse stato solo Harald non lo avrei detto, ma Kjetill conosce Kattegat e potrebbe anche suggerire dei punti strategici dai quali attaccare.”

Bjorn appariva pensieroso. Le parole di Helgi e Hvitserk gli avevano dato molto su cui riflettere e adesso si rimproverava ancora di più per aver sottovalutato Harald e il suo subdolo alleato.

Tuttavia non gli piaceva l’idea di dover dare ascolto a Ivar…

“A proposito, dov’è finito Ivar?” domandò ad un certo punto. In effetti era sempre meglio tenerlo d’occhio… “E non c’è nemmeno Aethelred, credevo che sarebbe stato qui con noi per discutere sul da farsi.”

“Una delle serve mi ha detto che ha visto Aethelred rientrare prima di noi e andare direttamente nella sua stanza” rispose Gunnhild. “Temo che abbia preso molto male quello che Ivar gli ha detto… comunque la stessa serva mi ha riferito che, poco dopo, anche Ivar è giunto qui e che ha seguito Aethelred. Forse si è reso conto di averlo ferito e ha deciso di parlargli.”

“Ah, beh, se è così non preoccupatevi per loro” tagliò corto Hvitserk, che aveva un’espressione soddisfatta sul volto. “Non li rivedremo fino a domattina: Ivar sa come farsi perdonare… Possiamo discutere con tutta calma di ciò che faremo nei confronti di Harald e dei suoi.”

Bjorn guardò il fratello con aria perplessa. Da una parte era contento che Ivar avesse altro a cui pensare e che non si immischiasse nei suoi affari, inoltre sapere che era sempre più legato a Aethelred era una buona cosa per tutti, il Principe avrebbe saputo tenerlo a freno, ne era convinto.

Eppure non voleva soffermarsi troppo sul pensiero di Ivar che faceva cose con Aethelred…

Meglio concentrarsi su Harald e sul pericolo che Kattegat correva!

“Io vengo da Vestfold e posso assicurarvi che non è un’idea geniale quella di attaccare Harald sul suo territorio, con tutto il suo esercito a disposizione e gli alleati” obiettò quindi Bjorn. “Continuo a pensare che dovremmo cercare anche noi degli alleati e unire i nostri eserciti per essere pronti ad accogliere Harald quando si presenterà.”

Se si presenterà, oserei dire” intervenne nuovamente Gunnhild. “Marito, tu hai detto che Harald è riuscito a corrompere Re, Regine e Jarl perché votassero per lui, altrimenti quasi tutti avrebbero scelto te. Ma come ha potuto corrompere tanti sovrani? Harald non ha terre né ricchezze da offrire.”

“Ve l’ho detto, è stato Kjetill” insisté Helgi. “Lui sa come manovrare le persone.”

“Ma perché questo Kjetill avrebbe dovuto allearsi con Harald, che nemmeno conosceva? Anche a lui avrà promesso qualcosa” suggerì la Regina.

“Kjetill ha sempre voluto il potere… per questo non ascoltava Floki, per questo si è opposto alla mia famiglia” mormorò Helgi. “Forse Harald gli ha promesso… di aiutarlo a diventare Re dell’Islanda o qualcosa del genere.”

“Potrebbe essere benissimo, ma il fatto è che Harald non ha affatto il potere di incoronare Kjetill o chiunque altro Re dell’Islanda, o di qualsiasi altro posto” ribatté Hvitserk.

“Giusto, Hvitserk. Il che significa che… che tutto ciò che Harald ha promesso a quelli che si sono schierati con lui non potrà mai mantenerlo” sottolineò Bjorn.

“E che cosa credete che faranno i Re, le Regine e gli Jarl di Norvegia non appena lo scopriranno?” domandò Gunnhild con un sorriso.

“Lo abbandoneranno” rispose Bjorn, trionfante. “O, magari, si metteranno addirittura contro di lui!”

“Non credo che giungeranno a tanto. Comunque sia, ormai è stato eletto Re dei Norreni” disse la Regina. “Tuttavia non credo proprio che vorranno unirsi a lui per combattere contro Bjorn e contro Kattegat. Manderemo comunque i messaggeri, come avevamo deciso, e ci prepareremo ad un’eventuale battaglia, dobbiamo essere sempre pronti al peggio, ma non penso che Kattegat corra veramente dei pericoli imminenti.”

“E io e Helgi ci occuperemo anche di mandare dei gruppi di esploratori per pattugliare le zone intorno a Kattegat, così da non essere colti di sorpresa” concluse Hvitserk, sperando in questo modo di tranquillizzare anche il suo compagno, che continuava a mostrarsi poco convinto e spaventato all’idea di ritrovarsi di fronte l’uomo che aveva distrutto tutta la sua famiglia.

E cosa ne era stato di Aethelred in tutto questo? Il giovane, ferito dalle parole aspre e cattive di Ivar, proprio della persona di cui stava imparando a fidarsi e che aveva accettato di amare incondizionatamente nonostante le sue paure, non era riuscito a resistere in mezzo alla folla, aveva sentito il bisogno di restare solo ed era tornato di corsa alla dimora reale, chiudendosi nella sua stanza. Non avrebbe partecipato a riunioni e consigli di guerra con il Re e gli altri, sapeva che potevano fare a meno di lui e poi… e poi in fondo lui era uno straniero, no? Non c’entrava niente con il mondo vichingo e non aveva diritto di dire la sua opinione.

Si mise seduto sul letto, a pensare. Cosa doveva fare adesso? Chiaramente la cattiveria di Ivar non era condivisa dagli altri norreni, Bjorn, Lagertha e tutti gli altri lo consideravano uno di loro, ma era lui, adesso, a sentirsi a disagio. Tuttavia amava quella terra e quelle persone magari semplici e rozze, ma anche schiette e amichevoli, e non voleva andarsene. Sarebbe rimasto a Kattegat e avrebbe continuato a fare tutto quello che poteva per rendersi utile, magari allontanandosi dalla dimora reale che non era il suo posto, si sarebbe trovato una casetta nella cittadina e sarebbe rimasto a disposizione di chiunque avesse avuto bisogno del suo aiuto e dei suoi consigli. Stava ancora riflettendo e pianificando questo suo futuro quando la porta della sua stanza si aprì e, con una faccia tosta incommensurabile, entrò Ivar e si richiuse la porta alle spalle.

“Cosa ci fai tu qui? Non dovresti essere ad arringare la folla di Kattegat perché rovesci Bjorn e ti incoroni di nuovo Re? Beh, visto le grandi prove di te che hai dato quando eri effettivamente Re di Kattegat dubito che qualcuno ti vorrà come sovrano, ma immagino che ci proverai lo stesso” lo apostrofò Aethelred. Le parole erano pungenti, ma il tono con cui il Principe le pronunciò era calmo, quasi come stesse esponendo un dato di fatto che non lo riguardava.

Ivar, come se non lo avesse neanche sentito, si diresse deciso verso il letto del giovane e si sedette al suo fianco.

“Non ti ho già detto mille volte che non mi interessa diventare Re di Kattegat? Quella noia, quelle responsabilità e quei doveri li lascio più che volentieri a Bjorn” replicò. “Io ho insistito perché volevo che attaccassimo subito Harald e che Bjorn mi mettesse a capo di uno dei suoi eserciti, questo volevo. E mi sono innervosito perché il tuo intervento ha convinto ancora di più Bjorn e Gunnhild ad organizzare una difesa invece di passare all’attacco.”

Si avvicinò ancora di più a Aethelred e proseguì in tono più basso e intimo.

“Non volevo ferirti, in quel momento ero irritato e non mi sono neanche reso conto di ciò che dicevo, ma tu sai benissimo che non lo penso affatto, no?”

“No, io non so niente” ribatté deciso il Principe. “Non so cosa pensi di me, non so cosa vuoi fare qui a Kattegat e nei confronti dei tuoi fratelli, non so se possiamo fidarci di te. Non so nemmeno se ti sei minimamente reso conto di cosa ha significato per me sentirmi dire quelle cose… immagino di no. Ti avevo detto che, quando eravamo bambini, mio nonno il Re Ecbert del Wessex mandò Alfred e mio padre in pellegrinaggio a Roma, lo ricordi?”

Ivar rimase stupito, non riusciva a capire il collegamento tra quell’episodio e ciò che era successo tra loro al porto di Kattegat.

“Sì, lo ricordo bene, e questo mi conferma ancora una volta che abbiamo fatto benissimo a condannare a morte quell’uomo insensibile e crudele” commentò, “ma cosa c’entra adesso con quello che è accaduto oggi?”

Aethelred continuava a mostrarsi calmo, ma il suo volto era cupo e triste.

“Quando arrivò il momento della partenza di Alfred e mio padre, tutta la corte e il popolo si riunirono per assistere. Alfred era al centro dell’attenzione di tutti, mio nonno lo abbracciò dicendogli che era speciale e che per quello il Papa voleva benedirlo, perché Dio aveva grandi progetti per lui. Anche mia madre lo abbracciò orgogliosa” raccontò il Principe, inseguendo quel lontano ricordo. “Io ero piccolo, potevo avere cinque o sei anni, e vedevo tutti che facevano festa ad Alfred, lo abbracciavano, lo lodavano… e non capivo perché lui sì e io no. Non capivo perché io non potessi andare a Roma, perché Dio non avesse progetti speciali per me. Era come se non esistessi, come se quello non fosse il mio posto. Ecco, è stata la prima volta in cui mi sono reso conto di questo: ero un estraneo nella mia stessa casa, nella mia stessa famiglia, ed è sempre stato così. Credevo di aver trovato il mio posto qui, a Kattegat con i vichinghi, ma non è così. Hai ragione tu, io sono uno straniero, non posso capire i sentimenti di voi norreni, in realtà nessun posto è casa mia e io non appartengo a nessun posto.”

A quelle parole un lampo guizzò negli occhi di Ivar e il giovane vichingo afferrò Aethelred per le spalle, lo strinse a sé, lo avvolse in un abbraccio convulso e si distese con lui sul letto.

“Non dirlo mai più, non voglio più sentirlo” mormorò con voce roca. “Lo so che sono stato io a dirti quelle cose, ma non le penso, ti ho già detto che ero nervoso e che ho parlato senza riflettere. Certo che hai un posto, il tuo posto è qui a Kattegat con me, tra le mie braccia, e tu appartieni a me, sei mio, adesso e per sempre!”

Lo baciò una, due, mille volte, stringendolo, scompigliandogli i capelli, iniziando a sciogliergli i lacci degli abiti e a liberarsi delle proprie vesti. Non era il tipo da chiedere scusa a parole, aveva un modo tutto suo per fare la pace quando lo voleva!

“E non dire neanche che non posso capirti” gli sussurrò sulle labbra. “So benissimo cosa significa sentirsi estranei in mezzo alla propria famiglia, è la storia della mia vita. Solo tu mi fai sentire bene, in pace, mi accetti e mi vuoi per ciò che sono e quando sbaglio me lo dici in faccia. Solo quando sto con te mi sento integro e completo, per questo il tuo posto è con me.”

Iniziò a baciarlo sempre più profondamente per un tempo infinito, sentendo che avrebbe potuto divorare la sua bocca senza mai stancarsi del suo sapore. Intanto gli accarezzava tutto il corpo morbido e vellutato, voleva che sentisse solo lui, voleva riempirlo del suo sapore, del suo odore, farlo suo in ogni fibra del suo essere, fargli sentire che quello e solo quello era il suo posto. Si seppellì in lui e affondò nelle sue carni più intime fino a sentirlo fremere e sospirare sconvolto, si spinse in lui ancora, ancora e ancora.

Aethelred era completamente travolto e sbigottito, non riusciva a capire come fossero giunti fino a quel punto visto che era stato ferito e mortificato da Ivar e pensava che non avrebbe più avuto alcun legame con lui… e invece in quel momento non capiva più nemmeno dove fosse e chi fosse, sentiva solo che il suo corpo non gli rispondeva più e seguiva istintivamente i movimenti del giovane vichingo, incendiandogli il sangue nelle vene, facendogli tremare le gambe e dimenticare tutto il resto del mondo, sopraffacendolo con ondate di piacere che non aveva mai nemmeno immaginato.

Fu una notte intensa e ardente durante la quale Ivar non si stancò di perdersi in quel Principe che lo faceva sentire completo; lo prese lentamente, con dolcezza ma anche con intensità, più e più volte, mentre i gemiti e gli ansiti di entrambi si confondevano in uno solo, fino al punto in cui giunsero insieme alla totalità dell’estasi, perdendosi l’uno nell’altro come frammenti di infinito che diventavano una sola essenza.

E, tanto per far capire ancora di più al Principe che il suo posto era accanto a lui e che non lo avrebbe lasciato andare per niente al mondo, Ivar volle tenerlo stretto tra le braccia anche dopo aver soddisfatto l’urgenza del desiderio. Il corpo caldo e tenero di Aethelred, illanguidito dall’amore, era il suo porto sicuro, la sua oasi di pace e serenità dopo una vita di solitudine e di rapporti sbagliati e ambigui. Niente e nessuno avrebbe mai più potuto separarlo dal preziosissimo tesoro che aveva trovato e nulla era più importante di avere quel dolce Principe tutto per sé, neanche l’idea di guidare un esercito in battaglia.

Aethelred era la sua luce, la sua stella, il suo calore.

Fine capitolo sedicesimo

 

 

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Capitolo 17
*** Cap. 17: I am free ***


Cap. 17: I am free

 

I was riding on the horse of fear
The laughter of the trees
With the night wrapped around me
I went on my way
The tops of the trees dancing in the wind
The forest seems untouched
And I am free

I am free free
I am free free

Only when the last star stopped shining
And the last snow fell
Only then will my hope die…

(“I am free” – MoonSun)

 

Ivar si era svegliato già da qualche tempo e guardava con tenerezza Aethelred addormentato tra le sue braccia, accoccolato contro il suo petto, con un’espressione placida sul volto e le labbra appena socchiuse: era un’immagine dolcissima, che gli scaldava il cuore come mai gli era accaduto prima. Ripensava a ciò che era accaduto il giorno prima, alle parole cattive che gli aveva rivolto per ripicca… come aveva potuto farlo? Non era mai stato tanto felice come adesso, non si era mai sentito così bene, così fortunato, e per una sciocchezza stava per distruggere tutto. Sapeva bene di aver colpito Aethelred proprio dove era più facile ferirlo, sapeva bene quali fossero le sue debolezze, aveva sempre avuto grande acume per questo, ma adesso ne era pentito. Era vero che si erano riappacificati e che lui gli aveva fatto capire quanto lo amasse e lo desiderasse, ma si sentiva lo stesso in colpa e non era una cosa che gli capitasse spesso.

Diciamo pure quasi mai, ecco.

Si mise a pensare a tutto ciò che era accaduto e che aveva portato lui e Aethelred a trovarsi insieme nel suo letto, allacciati, amanti. Gli venne in mente che quel Principe dolce e innamorato era stato in pericolo più e più volte e che sarebbe bastato un niente perché il destino mutasse e le loro strade non si incontrassero mai. Quel pensiero gli raggelò il sangue e lo portò ad avvolgere il ragazzo tra le braccia con più tenerezza, come per proteggerlo dal suo passato. Se non ci fossero stati Hvitserk e gli altri nel Wessex, se non lo avessero preso con loro per averlo come comandante di un esercito Sassone, quella pazza fanatica della Regina Judith lo avrebbe ucciso e lui non lo avrebbe mai conosciuto. Provava un rancore profondo verso quella donna, ma il pensiero che gli aveva gelato il sangue nelle vene era stato un altro: Aethelred sarebbe potuto morire anche dopo, per colpa sua.

Sì, non poteva fare finta che così non fosse. Aethelred era venuto a Kattegat per combattere al fianco di Bjorn e degli altri e sarebbe potuto rimanere ucciso durante l’assedio, colpito da uno dei suoi uomini (i famosi pendagli da forca per i quali il Principe lo aveva scherzosamente preso in giro!); oppure sarebbe potuto morire durante la battaglia contro i Rus’… e anche in quel caso sarebbe stata solo colpa sua. Gli dei norreni e il Dio cristiano di Aethelred si erano impegnati molto per preservarlo… e per farlo giungere fino a lui… e lui cosa stava facendo per meritarselo?

Quei foschi pensieri lo spinsero a stringere ancora di più a sé il Principe e così facendo lo svegliò.

Aethelred aprì gli occhi e, involontariamente, sorrise e si illuminò in volto nel vedere Ivar che lo teneva tra le braccia e lo stringeva a sé. Ricordò, però, ciò che era accaduto il giorno prima e ancora una volta la sua paura di infastidire e di non essere accettato fu più forte.

“Ivar, ho dormito troppo? Perché non mi hai svegliato?” domandò, cercando di dissimulare l’emozione intensa che provava e che lo faceva tremare.

“Non volevo svegliarti, mi piaceva guardarti dormire e pensare che sei tutto mio, che mi appartieni completamente e che niente ci potrà mai separare” rispose il giovane vichingo senza tanti complimenti, poi cercò la sua bocca e lo baciò con disperata passione, strappandogli il respiro, inebriandosi del suo sapore per convincersi ancora e ancora che Aethelred era lì, che non gli era successo niente di male e che, anche se aveva rischiato di non incontrarlo mai, adesso non lo avrebbe più lasciato. Frastornato, il Principe si abbandonò a quei baci continui, dolci, intensi e sempre più languidi e profondi, sentendo che l’abbraccio protettivo e caldo di Ivar era tutto quello che gli serviva per sopravvivere.

Solo molto tempo e molti baci dopo Ivar decise che era giunto il momento di alzarsi da quel letto così invitante.

“Ho deciso che mi adeguerò alle decisioni di Bjorn” annunciò in tono vago, mentre si rivestiva. “In fondo non ha tutti i torti, adesso siamo in pace e stiamo bene così, se e quando Harald deciderà di venire a disturbarci troverà pane per i suoi denti.”

Detta così sembrava semplice, ma sentire Ivar che dava ragione a Bjorn era come veder piovere al contrario!

“Ma… dici davvero?” Aethelred era giustamente allibito. “Non avevi detto di volere un tuo esercito per andare ad attaccare Harald a Tamdrup? Avevi detto che…”

“Lo so cosa avevo detto, ma ho cambiato idea” tagliò corto Ivar con un sorrisetto. “Avrò comunque un mio esercito, Bjorn avrà bisogno della mia abilità e delle mie strategie per predisporre una difesa adeguata, così che Harald si pentirà amaramente di averci voluto attaccare. Ma non voglio andare in cerca di una guerra, ultimamente ne abbiamo avute a sufficienza, non trovi?”

E in buona parte di esse ho rischiato di perderti senza nemmeno sapere quanto fosse dolce averti accanto, pensò, ma non lo disse.

I problemi, tuttavia, nella residenza reale erano anche altri, non legati alle minacce di Harald.

Bjorn e Gunnhild, infatti, si trovavano nella Sala Grande e stavano discutendo. O meglio, Gunnhild parlava in tono severo e determinato e Bjorn si limitava ad ascoltarla con aria abbattuta e mortificata.

“Se quella schiava ti piace tanto, Bjorn, l’unica cosa giusta da fare è che tu la liberi e la sposi” affermò la Regina. “I Re vichinghi possono avere anche più di una moglie e in questo modo non creeremo scandali.”

Cos’era successo? E’ presto detto! Ingrid, una delle ancelle della Regina, una ragazza particolarmente scaltra e ambiziosa, aveva messo gli occhi su Bjorn e per giorni si era fatta trovare senza veli da lui praticamente in tutte le stanze della dimora. Bjorn, che era noto per non saper resistere alla seduzione di una bella ragazza, * aveva ceduto dopo una ben misera resistenza. Ingrid era molto bella ed era ben presto diventata la sua amante e, proprio quella mattina, Gunnhild li aveva sorpresi a letto insieme. Tuttavia, essendo una donna fiera e dignitosa, si era ben guardata dal lasciarsi andare a scenate, aveva dominato il dolore e la rabbia e aveva parlato in quei termini al marito. Prima di essere una moglie era una Regina e voleva evitare chiacchiere e pettegolezzi che facessero apparire Bjorn come un debole, succube di qualsiasi bella donna gli girasse intorno (cosa che, in effetti, era).

Bjorn, però, questa volta era davvero innamorato di Gunnhild, forse come non era mai stato in vita sua, e quella Ingrid gli era già venuta a noia. Non la voleva come seconda moglie, non gli era nemmeno simpatica, c’era andato a letto e basta, che bisogno c’era di rovinare tutto?

“Gunnhild, io non voglio sposare Ingrid, non mi interessa stare con lei” protestò. “Ti chiedo perdono per quello che ho fatto, ma lei mi veniva dietro ovunque, la trovavo mezza nuda dovunque andassi!”

E chissà quanto ti dispiaceva, pensò Gunnhild, ma ciò che disse fu diverso.

“Avresti dovuto pensarci prima” replicò. “A questo punto l’unica soluzione è che tu la sposi. Un Re può scegliere di avere due mogli, ma non farsi vedere debole e manipolabile dalla sua gente. Se sposi Ingrid, sembrerà solamente il capriccio di un sovrano, come capita anche ad altri.”

Proprio in quel momento nella Sala Grande entrarono Ivar e Aethelred che avevano sentito tutto… ovviamente perché Ivar aveva insistito per origliare!

“Se posso darti un consiglio, fratello, non pensare neanche lontanamente a sposare quell’ambiziosa, le daresti esattamente quello che cerca: il potere” disse Ivar, intervenendo in una faccenda che, tutto sommato, non lo riguardava.

E Bjorn la pensava allo stesso modo!

“Non sono tanto disperato da aver bisogno dei tuoi consigli, Ivar, e poi questa cosa non è affar tuo, adesso ti metti anche a origliare dietro le tende?” reagì il Re, brusco.

“L’ho sempre fatto” ribatté tranquillamente Ivar, “e comunque non sono solo io a pensarla così, Aethelred è d’accordo con me.”

Gli sguardi di Bjorn e Gunnhild si spostarono sul Principe Sassone che arrossì, imbarazzatissimo.

“In realtà io… non volevo ascoltare, ma ora che è capitato penso che… beh, penso che Bjorn non debba sposare quella Ingrid” si costrinse a dire. “Tuttavia il problema è un altro e penso che dovrebbe essere risolto subito per impedire che avvengano ancora episodi incresciosi come questo.”

“Cosa, che Bjorn vada a letto con la prima che passa? Non illuderti, lo ha sempre fatto e sempre lo farà” commentò caustico Ivar.

Mentre Bjorn fulminava il fratello con gli occhi, Aethelred riprese la parola.

“Non era questo, mi riferivo al fatto che voi vichinghi avete degli schiavi e questa è una cosa sbagliata” dichiarò.

Gli occhi di tutti si posarono su di lui come se gli fosse appena spuntato un corno in mezzo alla fronte.

“Ecco, mi mancava solo questo, oggi. Il Principe Sassone che viene a parlarmi della morale cristiana” borbottò Bjorn. “Noi vichinghi abbiamo schiavi da sempre, sono prigionieri di guerra e tu non hai il diritto di venire a dire che non è una cosa giusta!” **

Aethelred non si scompose.

“No, non sto parlando di morale cristiana. E’ vero che il Cristianesimo proibisce la schiavitù, ma so anche che voi avete i vostri costumi e tradizioni e io li rispetto” replicò. “Però, in questo caso, non posso fare a meno di sottolineare che avere degli schiavi è sbagliato e che episodi come questo non accadrebbero se non ci fossero persone ridotte in schiavitù.”

Bjorn sbuffò, spazientito, invece Gunnhild e anche Ivar guardarono con maggior interesse il giovane Principe, interessati a ciò che aveva da dire e comprendendo che c’era qualcosa di più profondo nelle sue parole.

“Una persona ridotta in schiavitù farà di tutto per riottenere la libertà, anche a costo di compiere qualcosa di grave” riprese Aethelred. “So che voi tutti siete brave persone e che non maltrattate i vostri schiavi, anzi, per voi spesso diventano quasi persone di famiglia e spesso siete voi stessi a decidere di liberarli. Questo vi fa onore e quindi non dovrebbe essere così difficile, per voi, ordinare che tutti gli schiavi siano liberati.”

“Sono prigionieri di guerra” gli ricordò Bjorn. “Cosa dovremmo fare di loro, secondo te? Rimandarli al loro Paese, per farci ridere dietro da tutti i Regni scandinavi?”

“Semplicemente liberarli dalla schiavitù” ribadì il Principe. “Potete tenerli come servitori, ma non come schiavi. Un servo può sempre sperare di migliorare la sua situazione, uno schiavo no, a meno che non sfrutti un’occasione propizia, come sta cercando di fare Ingrid… come ha fatto Freydis…”

Gli occhi di Ivar si assottigliarono: lui aveva capito dove voleva andare a parare Aethelred e, in cuor suo, gli dava ragione. Se non fosse stata una schiava, probabilmente Freydis non lo avrebbe circuito e sedotto e tante cose sarebbero andate diversamente. Adesso quella Ingrid stava giocando lo stesso gioco con Bjorn, voleva farsi liberare, sposare e diventare Regina, era per quello che aveva fatto di tutto per diventare la sua amante.

“Fratello, Aethelred ha ragione” disse. “Non c’è motivo di tenere la gente in schiavitù, visto che poi spesso siamo noi stessi a scegliere di liberarli per un motivo o per un altro. E credimi se ti dico che tu non vuoi ritrovarti a passare quello che ho passato io con Freydis. La tua amichetta Ingrid sta mettendo in atto lo stesso inganno e mi stupisce che una donna intelligente come Gunnhild stesse per caderci.”

“Non avrei permesso a quella donna di usurpare il mio potere e i miei privilegi” ribatté la Regina. “Sarebbe stata la seconda moglie di Bjorn, tutto qui.”

“Ma lei non avrebbe chiesto a te di concederle maggior potere, avrebbe fatto in modo che tuo marito ti ripudiasse per restare l’unica Regina di Kattegat, lo avrebbe chiesto a Bjorn e avrebbe saputo come farsi ascoltare” insisté Ivar, fattosi più cupo. L’argomento lo turbava ancora e non aveva più voglia di scherzare. “Bjorn, so che pensi di non aver bisogno dei miei consigli e magari è pure vero, ma in questo caso puoi fidarti di me, io ci sono già passato e so cosa vuol dire. Ingrid è pericolosa per te, per Gunnhild, per il vostro matrimonio e forse anche per Kattegat.”

Un silenzio opprimente calò nella Sala Grande. Bjorn stava riflettendo sul fatto che, ancora una volta, si era comportato da perfetto imbecille e che addirittura era dovuto ricorrere ai consigli di Ivar per tirarsi fuori da quel pasticcio; Gunnhild pensava che Aethelred era stato molto saggio e le aveva impedito di commettere un grave errore; Ivar si chiedeva quanto fosse realmente ambiziosa Ingrid e fino a che punto avrebbe potuto spingersi e Aethelred… beh, Aethelred era diventato improvvisamente triste perché aveva notato la reazione di Ivar e non riusciva a non pensare che il giovane che amava fosse ancora legato al ricordo di Freydis, che non avrebbe mai ricambiato fino in fondo il suo amore!

“E va bene” disse infine Bjorn, rompendo quel silenzio cupo. “Darò ordine che gli schiavi nel mio Regno siano liberati e che restino come normali servitori nelle case in cui sono attualmente oppure, se lo desiderano, che si trovino un lavoro. In quanto a Ingrid, la cosa migliore da fare è allontanarla da qui: la manderò a vivere nel villaggio di mia madre, dove sarà libera di scegliere che tipo di vita condurre.”

“E’ una saggia decisione, marito mio” approvò Gunnhild, ripromettendosi di dire a Lagertha di tenere Ingrid sotto stretta sorveglianza. Le parole di Aethelred e di Ivar l’avevano preoccupata e adesso temeva che quella donna volesse veramente trovare un modo per diventare Regina di Kattegat, con o senza Bjorn. ***

“Molto bene, direi che tutto è risolto e che non avete più bisogno di noi” concluse Ivar, mettendo un braccio attorno alle spalle di Aethelred come per appoggiarsi e finendo invece per stringerlo forte a sé. “Possiamo andare, dunque. No, non ringraziarmi, fratello, sai che sono sempre felice quando posso fare del bene a qualcuno!”

E, appoggiandosi un po’ al suo Principe e un po’ alla stampella, Ivar uscì dalla Sala Grande ridacchiando tra sé. Non appena lui e Aethelred furono fuori dalla vista degli altri, spinse il giovane contro una delle pareti e si incollò a lui, facendolo perdere nell’azzurro intenso del suo sguardo.

“E tu non fare quella faccia triste, lo so che credi che stia pensando a Freydis, ma non è così, ti ho già spiegato che non è lei che voglio accanto, che ora conti solo tu per me… e se non lo vuoi capire posso dimostrartelo ancora una volta” disse. Iniziò a baciarlo profondamente, spingendolo contro la parete e accarezzandolo dappertutto con passione e dolcezza. Non avrebbe rinunciato al suo dolce Principe per niente al mondo, aveva già rischiato fin troppe volte di perderlo senza neanche saperlo. E Aethelred, stordito e perduto tra le braccia di Ivar, si lasciò andare, concedendosi il lusso di sperare, di credere finalmente che le cose sarebbero potute andare bene, che avrebbero lottato e superato anche i momenti più oscuri perché, cosa più importante di tutto, sarebbero stati per sempre insieme.

Nella Sala Grande, anche Bjorn aveva preso tra le braccia la sua Regina.

“Io non merito una moglie come te, Gunnhild, ti chiedo perdono” le disse. “Sono un uomo inutile, sono un Re fallito e senza di te avrei finito per distruggere anche Kattegat e tutto ciò che mio padre ha costruito. Senza di te non sono niente, riesco solo a sbagliare…”

“Tutti sbagliamo, marito mio” rispose Gunnhild con dolcezza. “Quello che conta è saperlo ammettere ed essere disposti a rimediare e noi lo faremo insieme.”

Marito e moglie si baciarono, stringendosi l’uno all’altra come alla sola ancora di salvezza e, nella passione e nell’ardore di quel bacio, Ingrid venne dimenticata, ogni dubbio, frustrazione e preoccupazione svanì, ogni equivoco, malinteso e litigio tra loro scomparve. Bjorn e Gunnhild, insieme, avrebbero difeso il loro matrimonio, il loro amore e la loro città da qualsiasi minaccia.

Fine capitolo diciassettesimo

 

 

 

* Chi segue la serie TV sa già che Bjorn ha avuto più di una moglie e un sacco di amanti, chi non la segue… beh, adesso lo sa! XD

** Quello che ho scritto in questo capitolo non vuole assolutamente giustificare la schiavitù di alcun tipo, è però vero che gli antichi Norreni possedevano degli schiavi (in genere prigionieri di guerra) e, come si vede nella serie TV “Vikings”, i protagonisti non sono crudeli con loro e spesso gli concedono la libertà. Credo che il concetto di schiavitù per i Norreni fosse più vicino a quello degli antichi Romani, che spesso avevano schiavi di grande valore che ottenevano privilegi e ruoli importanti, non a quello degli schiavisti dell’Ottocento in America.

*** Nella serie TV, in effetti, l’intrigante Ingrid riesce alla fine a farsi eleggere Regina di Kattegat, quando sia Bjorn che Gunnhild sono ormai morti. A me è sembrato aberrante che una qualsiasi prendesse il potere della città che era stata di Ragnar e dei suoi figli, tuttavia anche nella mia storia ho voluto inserire il personaggio, che non otterrà ciò che desidera ma che creerà diversi grattacapi a Bjorn e agli altri.

 

 

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Capitolo 18
*** Cap. 18: Towards the sun ***


Cap. 18: Towards the sun

 

We always forget
That our days are counted
And they never come back

Here we are
Our existence but a shooting star
What makes you feel alive
Is right here tonight
Here we burn
As we're rising towards the sun
Drifting away, we try
To chase our dreams on the fight!

(“Towards the sun” – Frozen Crown)

 

Tutto sommato pareva proprio che Bjorn avesse preso la decisione giusta scegliendo di non attaccare per primo Re Harald, come invece avrebbe voluto Ivar. Qualche giorno dopo, infatti, giunsero a Kattegat alcuni messaggeri provenienti da vari Regni della Norvegia e chiesero di poter parlare al Re e alla Regina. Ovviamente anche Ivar, Aethelred, Hvitserk e Helgi erano presenti al colloquio: Hvitserk, Helgi e Aethelred erano ormai fidati consiglieri di Bjorn, mentre Ivar adorava mettere sempre il naso nei fatti che non lo riguardavano!

“Mio Re e mia Regina, vi porgo i saluti del mio sovrano, Re Eyvaldr” disse uno dei messaggeri. “Il mio Signore è tornato nel suo Regno ed è molto infuriato con Re Harald. Ha votato per lui invece che per te soltanto perché Kjetill, un vassallo di Harald, gli aveva promesso che gli avrebbe concesso il dominio sulle colonie del Wessex… ma era una menzogna!”

Bjorn si incupì.

“Dunque è stato questo Kjetill a mentire al tuo Re per ordine di Harald?” domandò, truce.

“Non so se fosse su ordine di Re Harald ma penso di sì, mio Signore” rispose il messaggero. “Ad ogni modo è stato Kjetill a parlare con il mio Re e a promettergli cose non vere.”

“La stessa cosa è accaduta alla mia Regina Sigrun” intervenne un altro messo. “Kjetill le disse che, se avesse votato per lui, Re Harald poi le avrebbe fatto sposare il potente sovrano che possiede il Regno confinante, Re Kjotvi, così che avrebbero potuto unire i loto territori e creare un regno più grande e ricco. Non era affatto vero, Re Kjotvi ha già una moglie e non aveva nemmeno mai pensato ad un eventuale unione con la mia Signora.”

Tutti i messaggeri, l’uno dopo l’altro, riportarono più o meno la stessa storia, con trascurabili varianti sulla ricompensa: Kjetill era andato a parlare con il loro Re, Regina o Jarl che fosse, promettendo loro che Re Harald li avrebbe ricompensati generosamente se avessero votato per lui come Re di tutti i Norreni. I sovrani, illusi, avevano votato per Harald che poi, però, non era stato in grado di mantenere ciò che era stato loro promesso… anche perché, in effetti, non ne aveva né il potere né l’autorità. Intanto, però, lui era diventato Re dei Norreni e chi aveva votato per lui era rimasto fregato!

Un silenzio carico di tensione era sceso sulla Sala Grande.

Lo spezzò Helgi, pallidissimo e con voce tremante.

“Quindi… questo Kjetill adesso è… è diventato il braccio destro del Re dei Norreni?” domandò, senza sapere bene a chi. Hvitserk gli prese un braccio e lo strinse affettuosamente per fargli sentire che era lì e che non lo avrebbe lasciato solo.

I messaggeri si guardarono tra loro, perplessi, ma poi uno prese la parola.

“Il mio Signore, Jarl Oddmarr, è stato l’ultimo a lasciare Tamdrup. Ero con lui quando è andato a inveire contro Re Harald perché non gli aveva donato le terre promesse e c’era anche Kjetill” narrò il messo. “Re Harald ha tentato di calmarlo proponendogli di… beh, re Bjorn, non c’è un altro modo per dirlo… Harald ha proposto al mio Jarl di unirsi a lui per muovere guerra a Kattegat e sottometterti. Gli ha promesso che, se fosse stato suo alleato, una volta ucciso te lo avrebbe incoronato Re di Kattegat.”

“E il tuo Jarl cosa gli ha risposto?” sibilò Bjorn.

“Il mio Signore lo ha guardato come se fosse impazzito, poi ha replicato che non avrebbe mai e poi mai combattuto contro il vero Re dei Norreni, contro l’eroe che ha salvato la Norvegia dai Rus’, che era stato un idiota a lasciarsi abbindolare dalle sue menzogne e a votare per lui, ma che non avrebbe mai più commesso lo stesso errore” spiegò il messaggero, tutto fiero della risposta del suo Jarl. “La mattina dopo siamo ripartiti verso le terre di Jarl Oddmarr, lasciando Re Harald ormai solo, abbandonato da tutti i suoi alleati.”

“L’intenzione di Re Harald è comunque quella di conquistare Kattegat” si intromise Ivar. “Avevo ragione io a volerlo attaccare!”

“E Kjetill… Kjetill lo aiuterà in questa battaglia, anche se non hanno altri alleati” disse Helgi, sempre più spaventato. “Kjetill conosce benissimo questi luoghi e saprebbe far entrare truppe di soldati da dove non ci aspettiamo.”

“In realtà Kjetill non è più con re Harald” disse il messaggero, cogliendo tutti di sorpresa. “Mentre io seguivo il mio Signore che usciva dalla dimora regale, li ho sentiti discutere con molta veemenza. Kjetill accusava re Harald di aver mentito anche a lui, che lui si era esposto per farlo diventare Re dei Norreni, ma in cambio voleva essere incoronato Re di Islanda, non certo andare a morire per la sua ossessione di sconfiggere Re Bjorn.”

“E com’è andata a finire?” domandò Hvitserk.

“Non so come sia finita la discussione, stavano ancora litigando quando sono uscito al seguito del mio Jarl. Tuttavia, la mattina dopo, mentre ci stavamo preparando per la partenza, degli uomini al porto stavano dicendo che Re Harald era un Re solo di nome, che tutti i suoi alleati lo avevano abbandonato e che perfino il suo tirapiedi Kjetill era partito quella mattina alle prime luci dell’alba per tornare in Islanda” raccontò il messo.

“Dunque Re Harald adesso è rimasto solo e gli altri sovrani non si sottometteranno a lui” disse Bjorn.

I messaggeri concordarono. Tutti i loro sovrani erano oltraggiati e indignati per essere stati ingannati da Harald, nessuno avrebbe mosso un dito per appoggiarlo contro Kattegat e lo stesso Kjetill lo aveva abbandonato ed era tornato in Islanda. Neanche Harald, per quanto folle, avrebbe tentato una sortita contro Kattegat con pochi uomini e con la prospettiva di ritrovarsi contro non soltanto le forze di Bjorn, ma anche gli eserciti dei sovrani a cui aveva mentito!

“Molto bene, vi ringrazio, ci avete portato delle notizie favorevoli” dichiarò Bjorn. “Potrete rimanere ospiti a Kattegat quanto vorrete prima di riprendere il viaggio verso le vostre terre e portare i miei saluti ai vostri sovrani.”

Ordinò quindi ai servitori di portare ai messaggeri cibo, idromele e tutto ciò che potessero desiderare per ritemprarsi dopo le fatiche del viaggio. Bjorn, Gunnhild e la corte, invece, si ritirarono in un’altra sala per parlare di ciò che avevano appreso.

“Re Harald è rimasto solo, dunque” commentò la Regina. “Nessuno lo vuole come Re dei Norreni, questo non potrebbe invalidare l’elezione? Tu, Bjorn, saresti il Re dei Re, quello che tutta la Norvegia desidera.”

Bjorn scosse il capo.

“Questa elezione è stata qualcosa di unico nella storia del nostro Paese, per la prima volta tutti i Re, Regine e Jarl di Norvegia si sono riuniti insieme per eleggere un loro Re… e hanno votato per Harald” spiegò. “Anche se i voti sono stati conquistati con l’inganno, questa elezione è comunque sacra e gli dei stessi hanno incoronato Harald Re dei Norreni.”

“Tuttavia lui è Re solo di nome, mentre tu lo sei di fatto nel cuore e nella mente dei sovrani di Norvegia” replicò Gunnhild, “ed è questo che conta.”

“Beh, è piuttosto comodo così, non è vero, fratello?” commentò Ivar ridacchiando. “I sovrani di Norvegia ti considerano la loro guida, hai il loro rispetto e la loro lealtà, mentre a Harald toccano le responsabilità e le noie dell’essere Re di un territorio tanto vasto. Insomma, ti piace vincere facile!”

Bjorn gli lanciò uno sguardo tagliente.

“Forse. Vuol dire che, almeno in una cosa, a quanto pare, ci somigliamo” lo rimbeccò.

Ivar, però, non se la prese, anzi scoppiò a ridere.

“E’ giusto che sia così, in fondo siamo figli di Ragnar Lothbrok!” concluse.

“Sì, ma Bjorn e Gunnhild hanno fatto bene a non ascoltarti” gli disse Aethelred. “Se fosse stato per te, avremmo intrapreso una guerra civile contro altri Norreni e tanti sarebbero morti senza alcun motivo, visto che Harald non ha più alleati e non può attaccare Kattegat neanche volendolo.”

“Me lo farai pesare per il resto dei miei giorni?” ribatté Ivar.

“Almeno fino a quando non ammetterai che ti sei sbagliato” sottolineò Aethelred.

Mentre i due battibeccavano scherzosamente e Bjorn e Gunnhild sorridevano, finalmente sereni, Hvitserk si allontanò dalla sala portando con sé Helgi. Lo aveva visto molto turbato mentre i messaggeri continuavano a parlare di Kjetill e adesso voleva passeggiare con lui, voleva portarlo fuori da quella dimora opprimente, voleva che godessero dell’azzurro del cielo e della bellezza dei boschi, dell’aria pulita che si respirava fuori Kattegat, immersi nella natura. Finalmente l’incubo rappresentato da Kjetill era svanito e Hvitserk voleva che Helgi lo comprendesse fino in fondo e si tranquillizzasse.

“Perché hai quell’espressione preoccupata, Helgi?” chiese Hvitserk al compagno mentre camminavano verso un sentiero che li avrebbe portati in una piccola e graziosa radura. “Hai sentito cosa ha detto quell’uomo, no? Non devi più temere Kjetill, lui è tornato in Islanda, non lo vedrai mai più, non potrà più farti del male.”

“Non so se riesco a crederci” ammise il giovane, camminando a testa bassa. “In fondo il messaggero non ha visto Kjetill partire, lo ha solo sentito dire da un uomo del porto… e se non fosse così?”

Un altro avrebbe potuto trovare assurda e irrazionale la paura di Helgi. Certo, Kjetill aveva distrutto la sua vita e la sua famiglia, ma adesso era lontanissimo e probabilmente non si ricordava neanche più di lui, aveva ben altro a cui pensare.

Hvitserk, però, non lo trovava affatto assurdo. Hvitserk lo comprendeva molto bene. Del resto, era esattamente quello che aveva fatto lui nei primi mesi del ritorno a Kattegat, quando era talmente ossessionato dal terrore che Ivar tornasse che aveva finito per dipendere dai funghi allucinogeni e allora sì che lo vedeva dappertutto! Era buffo pensarci adesso che Ivar era davvero tornato e che, ben lungi dall’essere il mostro che Hvitserk vedeva, si stava pian piano reintegrando nella vita della famiglia e della cittadina… ma ovviamente Ivar non era Kjetill. Tuttavia il terrore che straziava l’anima di Helgi era lo stesso che aveva straziato l’anima di Hvitserk e lui soffriva nel vedere così il giovane che amava.

Si sedettero insieme sotto un albero. Il luogo era riparato da cespugli, ma offriva dei meravigliosi scorci del mare luccicante sotto di loro. Sembrava il posto perfetto per rilassarsi e rigenerarsi.

“Helgi, non voglio minimizzare le tue paure, ci sono passato anch’io e so cosa significa vedere la persona che temi nascosta in ogni angolo” ammise, stringendo a sé il compagno. “Ma non voglio neanche vederti così tormentato e proprio perché ci sono passato so che una simile ossessione può distruggerti. Non lo permetterò. Kjetill è una persona orribile, è vero, ma è solo un uomo. Non ha amici, i sovrani di Norvegia lo odiano e adesso non gode nemmeno più della protezione di Re Harald. Io sono sicuro che sia davvero tornato in Islanda e che nessuno di noi lo vedrà mai più ma, come già ti ho promesso più volte, se un giorno dovesse tornare per qualsiasi motivo, io non gli permetterò di farti del male. Lo ucciderò con le mie stesse mani se sarà necessario. Non devi più pensare a lui, non merita nemmeno questo.”

Helgi ascoltava incredulo le parole di Hvitserk. Nessuno gli aveva mai parlato così, con dolcezza e amore ma anche con fermezza. Per la prima volta dopo moltissimo tempo riusciva a sentirsi sicuro e osava pensare che potesse esserci un futuro anche per lui… insieme a Hvitserk.

“Hvitserk, io… sei così buono con me, sei meraviglioso e io non ti merito…”

Il giovane vichingo sorrise e lo strinse più forte tra le braccia.

“Tu meriteresti anche di meglio, Helgi, in fondo io sono soltanto uno dei figli di Ragnar, il figlio di mezzo che non conta niente e che, tanto per non farsi mancare niente, è diventato pure un ubriacone e un drogato!” scherzò.

Helgi scosse la testa.

“Tu non sei questo, sei la fortuna della mia vita, l’unica che abbia mai avuto” dichiarò, convinto.

“E tu lo sei della mia, Helgi” rispose Hvitserk. Distese il giovane sull’erba e si mise sopra di lui, accarezzandolo a lungo e dappertutto. Gli baciò le labbra, il mento, la gola, le palpebre e tutto il viso per poi ritornare alla bocca e baciarlo sempre più profondamente. Gli slacciò le vesti e si districò dalle proprie, senza smettere di baciare Helgi, percorrendo un dolce tragitto dal collo alla bocca e ricoprendolo di baci leggeri; poi si spinse dentro di lui, i loro corpi si fusero assieme, trovarono il loro ritmo muovendosi all’unisono in armonia, mentre Hvitserk continuava a divorare la sua bocca con baci languidi e dolci che rispecchiavano quel loro amore nato così improvvisamente e inaspettatamente, un amore in cui ognuno dei due aveva trovato il balsamo per le proprie sofferenze.

Ansiti, baci e spinte si susseguirono finché il mondo intero scomparve e rimase soltanto il calore dei corpi, il sapore dei baci e l’intensità della passione che li scuoteva, dolcissima e rovente.

Quella sera, nella dimora regale, si era tenuto un banchetto in onore degli ospiti e per festeggiare lo scampato pericolo: ormai Re Harald non avrebbe più potuto nuocere a nessuno e, anzi, prima o poi sarebbe dovuto venire lui a chiedere la protezione di Bjorn!

Ivar, però, si era ritirato presto nella sua stanza, portandosi dietro un Aethelred preoccupato.

“Perché non hai voluto festeggiare con gli altri?” gli chiese il Principe. “Non sei contento di sapere che Harald non è più una minaccia per Kattegat?”

“Beh, non ci tengo tanto a festeggiare le vittorie di Bjorn” chiarì il giovane vichingo con un sorrisetto storto. “Che poi non sono neanche le sue, Bjorn avrebbe combinato solo disastri se non avesse avuto Gunnhild accanto… Comunque no, non è questo. Mi sarebbe piaciuto avere l’occasione di guidare un esercito contro Harald, non lo nego, però…”

Aethelred lo fissava, i grandi occhi chiari spalancati in un’espressione interrogativa che lo rendeva tenerissimo.

Ivar era un giovane irrequieto, aveva voglia di avventure, di combattimenti, di razzie e all’inizio era rimasto deluso scoprendo che non ci sarebbe stata battaglia. Guardando il dolce Principe che gli stava di fronte, però, comprese improvvisamente che le sue priorità erano cambiate, che le esperienze con Oleg e i Rus’ avevano lasciato un segno indelebile in lui.

Certo, prima o poi sarebbe ripartito da Kattegat, avrebbe tentato nuove esplorazioni, cercato nuove terre da saccheggiare… ma niente avrebbe riempito i vuoti del suo cuore se non ci fosse stato Aethelred con lui. E in quel momento era felice di poter godere di un periodo di pace e tranquillità, per vivere tranquillo con il giovane che amava, per approfondire le gioie di quel sentimento che lo colmava e lo rendeva integro e sereno come non immaginava neanche di poter mai essere.

“Quello che voglio adesso è stare con te, averti tutto per me” disse Ivar, prendendo Aethelred per le braccia e tirandoselo addosso. “Mi va benissimo la pace, perché posso goderla insieme a te. E quando avrò voglia di avventure, tu sarai al mio fianco, altrimenti non partirò neanch’io.”

Baciò il Principe a lungo e intensamente, assaporando le sue labbra morbide, senza riuscire a staccarsi da lui neanche per respirare. Le vesti si slacciarono, scivolarono a terra, mentre Ivar e Aethelred erano sempre più stretti, i corpi che diventavano uno, il respiro che si mescolava, i movimenti che diventavano una danza armoniosa e bruciante. Insieme giunsero al punto di non ritorno, accolti e sommersi da una luce accecante che incendiò e dissolse tutto il resto lasciandoli felici e stravolti, Aethelred completamente perso nell’abbraccio protettivo di Ivar.

I pericoli al momento sembravano scongiurati, gli ostacoli erano lontani e Ivar e Aethelred, così come Hvitserk e Helgi, potevano vivere e consolidare il loro amore, che in quel momento era tutto ciò che desideravano e che li faceva sentire vivi.

Presto ci sarebbero state nuove sfide da affrontare, ma lo avrebbero fatto insieme, fianco a fianco, inseguendo i loro sogni verso il sole dell’avventura, da veri vichinghi.

 

FINE

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