Il Destino del Labirinto

di Fiore del deserto
(/viewuser.php?uid=181145)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Premessa ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24 ***



Capitolo 1
*** Premessa ***


PERSONAGGI PRINCIPALI
 
Jareth: il re dei Goblin, Sidhe, protagonista maschile.
Sarah Williams: protagonista femminile.
Hoggle: nano e grande amico di Sarah.
Ludo: bestia gigante dall’incredibile forza fisica, le sue urla riescono ad evocare le rocce.
Sir Didymus: cavaliere illogicamente eroico dall’aspetto di un fox-terrier, è solito cavalcare il suo “fido destriero” Ambrogio.
 
ALTRI PERSONAGGI
 
Laryna: figlia del re Algol e promessa sposa di Jareth. Viziata, acida, lasciva e perversa, il suo nome è una variante di “Larina”.
Onyx: figlio di Linaris e Rastaban e, dunque, cugino di Jareth. Inizialmente inetto e senza carattere, il suo nome vuol dire “onice”.
Algol: padre di Laryna, crudele sovrano di Dullahan. Il suo nome significa “mostro”.
Linaris: madre di Onyx e moglie di Rastaban. Egoista e maligna, determinata a favorire i propri interessi, deve il suo nome alla pietra preziosa “linarite”.
Rastaban: padre di Onyx e marito di Linaris, zio materno di Jareth. Sottomesso alla moglie e molto remissivo dopo la perdita della sorella, il suo nome significa “testa del drago”.
 
Rosheen: madre di Jareth e sorella di Rastaban. Non appare fisicamente nel racconto, viene solo citata. Amorevole e succube al marito per timore che egli possa fare del male a lei e, soprattutto, al figlio, il suo nome è la variante irlandese di “Rosa”.
Aristos: padre di Jareth e marito di Rosheen. Come lei, non appare nel racconto e viene solo citato. Di animo spietato, il suo nome significa “il migliore”.
 
LUOGHI
 
Regno di Goblin: regno di Jareth, luogo pacifico e caratterizzato dalla presenza di Goblin.
 
Regno di Dullahan: regno del crudele Algol. Il nome del regno deriva dall’omonima creatura del folklore celtico, ovvero una figura negativa che porta sventura a chiunque la incroci. Stando al mito, chiunque sia incuriosito dai rumori provenienti dall’esterno delle proprie case e apra la porta, si ritroverà davanti il Dullahan, il quale a sua volta getterà addosso allo sfortunato il sangue contenuto all’interno di un recipiente, annunciando l’imminente presagio di disgrazia e morte. Gli abitanti del regno, infatti, hanno tutti i capelli rossi per richiamare il mito del sangue versato dal Dullahan.
 
N.D.A. : per aiutare il lettore a capire in quale dimensione si trovano i personaggi, scriverò “UNDERGROUND” per indicare il mondo magico e “ABOVERGROUND” qualora il momento sarà ambientato nel mondo di noi comuni mortali.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Era il lontano 2012 quando un’utente di questo sito di nome Lovecv mi aveva contattata per chiedermi di creare insieme una storia riguardante il film Labyrinth, avente come protagonisti il compianto David Bowie nei panni dello Sidhe Jareth e la bellissima ( e, al tempo, giovanissima ) Jennifer Connelly in quelli della sedicenne Sarah Williams. La storia, intitolata “Se il Destin comanda”, ha inciso molto sulla mia vita dal punto di vista creativo, in quanto a quel tempo la consideravo una delle mie prime storielle costruite nel migliore dei modi... lo stesso non potrei dirlo adesso. Dico questo per il semplice fatto che - complici i tanti anni passati - il mio punto di vista, il mio modo di strutturare un racconto e la mia inventiva in generale hanno, nel frattempo, avuto un notevole cambiamento. Ogni riga, ogni punteggiatura, ogni singola cosa che leggevo, pensavo l’ultima volta che ho dato un’occhiata di quel racconto, è da rifare. Letteralmente.
Naturalmente, niente da togliere alla Giulia ( è il mio nome ) di nove anni fa, né a alla Lovecv del medesimo tempo. Prima di essere saggi e con esperienza, dopotutto, si deve prima essere folli e inesperti. In fin dei conti, non può esistere l’esperienza senza l’inesperienza. Non può esserci la maturità senza prima aver passato la fase dell’acerbità.
Fatta questa premessa, vi anticipo quindi che questa storia si basa – o, meglio, prende spunto –  su un mio racconto scritto nel 2012 e, per non guardare troppo indietro col fine di distrarmi dal presente, ho anche deciso di stravolgere la storia precedente cambiando un bel po’ di cose, dalle ambientazioni al nome dei personaggi e molti altri dettagli che, per non anticipare proprio tutto, vedrete in seguito.
Non trovando più Lovecv in questo sito e avendone perdute le tracce – mi auguro che stia bene – ho deciso di chiedere una collaborazione ad un’altra utente e amica di vecchia data di nome Jarmione, anche lei molto brava – vi invito a leggere anche le sue storie – augurandomi che abbia accettato il mio invito a coinvolgerla in questo piccolo progetto.
Detto ciò, mi auguro di poter stimolare la vostra curiosità capitolo per capitolo e, questo ci tengo molto a dirlo, sarò sempre ben felice di accettare ogni vostro consiglio per qualsiasi cosa inerente alla storia. Nel caso in cui non dovreste trovare gradevole qualcosa ( o l’intera storia stessa ), accoglierò comunque le vostre critiche purché costruttive e mantenute da un tono educato e gentile.
 
 
Buona Lettura a tutti.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


UNDERGROUND
 
Goblin
 
Il cielo limpido e senza nuvole brilla attraverso i raggi dorati del pallido sole che, nel calore primaverile, si adagia caldamente sul verde che fa da padrone all’interno della serra tempestata da rose di ogni forma e colore.
Rastaban, proprietario del variopinto vivaio sopracitato, è uno sidhe il cui aspetto è in forte contrasto con il suo portamento che, con molta probabilità, qualche tempo prima testimoniava la fierezza degna di uno dei popoli più belli e fieri dell’Underground. L’andatura nobile e forte ha ormai lasciato il posto ad un aspetto curvo, scomposto, col volto rassegnato e solcato precocemente da rughe su ogni angolo della pelle del viso, invecchiandone lo sguardo descritto da spenti occhi verdemare, una volta tanto luminosi e ricchi di vitalità. Un animo privo di ogni interesse verso emozione, come quello di chi si aspetta una cattiva notizia da un momento all’altro senza più ormai provare nulla. Fonte di questo grigiore che ha avvolto Rastaban, nell’aspetto e nello spirito, non è una natura plumbea e colma di tristezza ingiustificata, come quella di chi ogni giorno addita con pessimismo smodato la vita stessa. È stato, infatti, un drastico taglio al cuore che gli ha strappato troppo presto l’amatissima sorella Rosheen la causa di questa nube così cupa che annebbia interamente Rastaban. Il dolore è stato così intenso e il vuoto così incolmabile da aver creato in lui come una corazza che gli ha offuscato la vista e la voglia di vivere con serenità. La mancata accettazione della scomparsa di Rosheen, accaduta diversi anni prima, senz’altro è nata per colpa dell’assenza dell’adeguato supporto morale che qualsiasi essere senziente, umano, sidhe o qualsiasi altra creatura, necessita in una fase così delicata. Si dice, infatti, che è proprio nei momenti più bui della vita che ci si rende conto quali siano le persone che sono davvero disposte a dare il proprio aiuto, anche cercando di regalare a chi sta soffrendo un semplice sorriso. La risposta, dopotutto, al sidhe era arrivata prestissimo.
Rastaban, infatti, si è reso conto di avere accanto a sé una moglie che si è rivelata essere una delle rappresentazioni adatte ad un matrimonio in completo fallimento fatta a persona. Linaris, questo il nome della moglie, non era di certo stato l’esempio di angelo del focolare ma Rastaban non ha mai ricordato quando era stata l’ultima volta – se non, addirittura la prima – quando avesse cercato di offrirgli il coraggio necessario per affrontare la dolorosa perdita, spronandolo ad andare avanti e di farlo rinsavire come ogni brava compagna di vita. Linaris, a dirla tutta, è il classico modello di genere femminile che si guarda intorno come se il mondo intero la odiasse e, di conseguenza, nessuno meritava una briciola della sua comprensione e gentilezza. La cattiveria le scorreva acidamente nel sangue indurendo i tratti di bellezza matura, rendendola come un fiore intriso di veleno.
Ad ogni modo, sembrava solo la serra con le rose ad essere in grado di portare una lieve sensazione di benessere nello spento cuore di Rastaban. Quel luogo così ricco di colori e profumi così naturali era il suo santuario dedicato amorevolmente alla dolce e compianta sorella. Rosheen, in effetti, portava un nome che difficilmente non poteva ricordare automaticamente i più eleganti tra i fiori donati dalla natura.
Le rose, le uniche tracce lasciate dalla sua Rosheen.
Rastaban si china lievemente verso un cespuglio di rose damascene e si rende conto della presenza di un grappolino di boccioli ancora chiusi. È un vero peccato, pensa, lasciarli sigillati e non mostrarsi in tutto il loro delicato e raffinato incanto. Un semplice e lento movimento della mano sfiora i boccioli e, attraverso una piccola coltre tempestata di polvere scintillante, lentamente i petali rosa perlato si affacciano al sole. Nascono in tutto il loro soave fascino di rosa antica, delicata al tatto e al vento.
Rastaban le guarda soddisfatto e le sue sottili labbra si stirano in un istantaneo e lieve sorriso.
Il pacifico silenzio, purtroppo, viene profanato da un rumore di passi frettolosi diretti proprio verso Rastaban e, sbuffando rassegnato, quest’ultimo immagina già chi sia a generare quel rumore.
I passi sono sempre più vicini e Rastaban non si volta nemmeno per constatare chi sia entrato nel suo sacro vivaio.
« Che cosa ci fai qui, Linaris? » chiede in tono paziente, posando lo sguardo verso un rampicante di rose danse du feu, il cui intenso colore rosso dei petali viene fatto brillare al sole come tanti rubini « Lo sai che qui non desidero essere disturbato... »
« Hai poco da lamentarti. » lo interrompe Linaris con autorità, come per costringerlo con il solo ausilio della voce affilata a prestarle attenzione.
Per aiutare chi sta leggendo a farsi un’idea della presenza della moglie del mite Rastaban, basterebbe immaginare una figura femminile alta e molto magra come i rami di un secco albero spoglio in pieno inverno, dal colorito di pelle così chiaro da donarle un’aria quasi cadaverica e senza nessuna traccia di rossore sulle guance per nulla evidenti. A dire il vero, i lineamenti del viso sono molto affilati e privi di qualsiasi elemento che possa ricordare dolcezza e calore. Il naso lungo e leggermente ricurvo ricorda molto il becco di un avvoltoio, come quello delle classiche matrigne cattive delle fiabe. La piccola bocca contrassegnata da un sottile e arido filo di labbra è così rigida da dare l’impressione di non aver mai provato il movimento di un semplice e sincero sorriso. La fronte molto alta è decorata da un diadema che va ad allungarsi verso una sottile cascata di liscissimi capelli biondo cenere freddo, segnata qua e là da qualche ciocca bianca dettata dai segni del tempo. Gli occhi sono piccoli e gelidi come il suo cuore, o per meglio dire quello che ne resta semmai una come Linaris ne avesse mai avuto uno. Due piccolissimi zaffiri glaciali incastrati nelle orbite di quel volto appuntito come un diamante fissavano il marito come per perforargli l’anima, come per scuoterlo e sottometterlo come sempre al suo volere.
« Mi sono scomodata fin qui per parlare con te. » continua Linaris con la sua naturale superbia.
« Per favore. » chiede lui con estrema e inconsueta gentilezza ed educazione, del tutto immeritate nei confronti della moglie « Ti ascolterò con attenzione per tutto il tempo che mi chiedi, ma ti prego anche di accogliere la mia richiesta di non alzare la voce almeno qui. Sai quanto per me sia importante questo posto, è tutto ciò che mi resta di Rosh... »
« Io non ti chiedo di prestare attenzione. » lo interrompe nuovamente Linaris con il tono di chi ha appena ricevuto un’offesa « Io te lo ordino! » sottolinea fermamente « E non osare dirmi come devo parlare. Questa stupida serra non è un luogo sacro come continui ad illuderti. Sei a dir poco ridicolo. Quando la smetterai di interessarti a queste odiose piante, crogiolandoti nella tua insulsa inettitudine, e a pensare alle cose più importanti? Tua sorella è morta anni fa e ancora ti inganni di poterla sentire attraverso queste erbacce? »
Con ogni probabilità, sarebbe stato molto più facile assistere ad una reazione punitiva da parte delle rose per essere state definite “odiose piante” ed “erbacce”, anziché sentire un’opinione difensiva da parte di Rastaban. Definirlo arrendevole è così riduttivo: dopotutto, chi continuerebbe a tacere di fronte a delle parole così aspre nei confronti di una persona tanto cara andata a mancare, permettendone la totale mancanza di rispetto come per ucciderla nuovamente?
Rimane in remissivo silenzio di fronte alla valanga di parole che escono dall’arida e prepotente bocca di sua moglie, scostandosi a malapena dagli occhi una ciocca di capelli ingrigiti dagli anni e dalla sofferenza accentuata dal cordoglio protrattosi nel tempo.
« Dunque, quanto devo dirti è di gran lunga molto più importante di tua sorella deceduta. » continua lei con lacerante insensibilità « Sappiamo tutti quanti cos’è successo diversi anni fa, quando quello scellerato di tuo nipote Jareth ha ben pensato di girovagare nell’Aboverground dilettandosi a tormentare una sudicia mortale e rapire quel moccioso di suo fratello. E tanto per alimentare la sua sconsideratezza, non solo ha lasciato che quella lurida umana mettesse piede nel nostro mondo sfidandola a superare il Labirinto, ma si è lasciato quasi sedurre e sconfiggere gettando nel fango la sua dignità. »
« Ha fatto solo un errore. » si permette finalmente di dire Rastaban « Dopotutto, Jareth è ancora giovane e sai bene che è scherzoso di natura... »
« E trovi sia da giustificare un’azione del genere? » tuona Linaris puntando il lungo e rinsecchito dito indice circondato da un raffinato anello d’argento impreziosito severamente da un quarzo nero, abbinato in maniera eccellente all’elegante abito dello stesso colore della pietra preziosa, che andava a sfumare leggermente in toni vicini al grigio caldo « Nel caso in cui te ne fossi dimenticato a causa della tua ottusità, perdo tempo a ricordarti che Jareth non è un giovane sidhe qualsiasi. È il re di Goblin e non gli è concesso in alcun modo sbagliare. » per quanto esageratamente velenosa, Rastaban realizza la veridicità delle ultime parole della moglie e annuisce senza aggiungere una sola parola « Ora apri bene le orecchie, Rastaban. Fino a che questa indecenza causata da quell’irresponsabile di tuo nipote, che non so ancora il perché dovrebbe rappresentare tutti noi come nostro re, rimane esclusivamente chiuso nel nostro regno è un conto. Ma se la notizia vola fuori dalle mura di Goblin, coprendoci di ridicolo e scandalo, dando l’impressione di apparire come oggetto di scherno e regno facile da sottomettere persino da un umano, allora non c’è nessun motivo per restare calmi. »
« Dove vuoi arrivare? » domanda flebilmente Rastaban afferrando delicatamente una rosa Tea bianca, carezzandone la purezza emanata da ogni singolo bianco petalo dall’intenso profumo.
Come se quel tenero gesto le riportasse alla memoria una chissà quale azione oltraggiosa, Linaris strappa con veemenza la candida rosa dalle mani del marito e la calpesta sotto il tacco della propria scarpa, ricordandosi di sfregare energicamente il piede come per disfarsi definitivamente del povero fiore. 
« Non lo capisci o non lo vuoi capire? » quasi urla lei facendo sobbalzare il povero Rastaban « Questa vergogna di cui ci ha insozzato quello sconsiderato di Jareth ha superato i confini del regno, ma non sono i pettegolezzi ad essere la fonte dei nostri problemi. Lo scandalo è filtrato fino al regno di Dullahan e mi auguro che tu intuisca, questa volta, dove io voglia arrivare. »
Per sua fortuna, Rastaban ha capito eccome. È bastato che Linaris pronunciasse il nome del regno per rendersi conto della gravità della situazione.
In un centesimo di secondo, la mente di Rastaban ricollega il nome del regno con quello del sovrano. Non esiste nessuna creatura vivente dell’Underground che non conosca Algol, la sua ferocia, la sua sete di sangue e la irrefrenabile voglia di distruzione. Mai nessun altro re poteva ritenersi consono al regno di Dullahan come l’empio e crudele Algol, tiranno che non conosce misericordia verso nessuno, tantomeno verso i suoi sudditi.
« Per molti anni » continua Linaris « i nostri regni sono in pace e non possiamo permettere di interrompere l’equilibrio per colpa di un’azione tanto idiota di Jareth. Sai benissimo che Algol sarebbe capace di aspettare qualsiasi pretesto per sciogliere ogni alleanza e schiacciarci. » prende fiato e fissa suo marito come per ipnotizzarlo « Nondimeno, questa mattina abbiamo ricevuto un messaggio da parte del re di Dullahan scritto di suo pugno. Come ultimatum, Algol ha asserito che sarà disposto a chiudere un occhio su questa immorale faccenda a patto che Jareth sposi sua figlia Laryna. »
« Ma Linaris, » Rastaban tenta di protestare « siamo davvero arrivati a questo punto? Nessun re e nessun principe ha mai accettato di unirsi in matrimonio con la figlia di Algol. Non esistono buone voci sul suo conto e so che anche tu ne sei al corrente. Molti dicono, addirittura, che sia più invasata di suo padre... »
« E proprio per questo motivo Algol ha dato una bella lezione a chi ha osato rifiutare sua figlia. » rintrona Linaris « Ed io non credo che né tu, né Jareth, né qualsiasi altro piccolo esserino di Goblin sia disposto a subirne la stessa sorte. Jareth ha già combinato abbastanza guai, per non parlare dell’oltraggio alla corona. Se veramente sostiene di essere un degno re, dovrà accettare questa unione ed essere grato ad Algol per la possibilità offertaci. Con questo matrimonio, oltretutto, l’alleanza tra i regni sarà inossidabile. Possiamo solo trarne ulteriori vantaggi. » Linaris volta le spalle al marito per allontanarsi da lui e dalla serra « È tempo che tuo nipote metta una volta per tutte la testa a posto. Sarò io a dargli la notizia. Tu vedi di darti da fare e di renderti utile, una volta ogni tanto. » conclude marcando le ultime parole di veleno.
A giudicare dal tono di voce della moglie, Rastaban ha la sensazione che Linaris non sembri poi tanto sconvolta all’idea di questa unione matrimoniale. I suoi occhi si posano tristemente sulla rosa bianca calpestata irrispettosamente dalla moglie. Quella rosa, o meglio, quello che ne resta, non può non ricollegarla al suo stato d’animo e alla sua condizione attuale.

Dullahan
 
Per quanto possa essere scortese definire una donna – o sidhe, in questo caso – “brutta”, molti abitanti dell’Underground hanno i loro motivi per definire Laryna in tale modo. Prima di dare al lettore un’idea dell’aspetto della principessa di Dullahan, è necessario soffermarsi sul motivo principale per il quale non è assolutamente possibile definirla di bella presenza in nessun ambito. In altre parole, è giusto dare prima la precedenza alla sua personalità.
Quante volte, per intenderci, abbiamo sentito dire che una persona di aspetto sgradevole conserva un grande carisma riuscendo, così, ad oscurare i difetti facciali e illuminando ogni suo pregio, al punto da renderla bella agli occhi di tutti? Un po’ come quando si vuol dire che “la vera bellezza viene da dentro”. Ancora, sarà capitato a chiunque di incrociare qualcuno con un bel viso, ma il pessimo carattere è sufficiente ad annerirne ogni tratto di bellezza... se non, addirittura, cancellarne ogni traccia.
Laryna, difatti, è colei che potremmo definire nella maniera più educata e limitativa possibile “dolce come uno spicchio di limone acerbo dentro un bicchiere di aceto”. 
Come ogni principessa – e magari come ogni cattiva delle favole, classiche rivali delle controparti buone –  Laryna cresce circondata dai vizi, dove tutto gira intorno a lei. Ogni sua parola è legge, ha il pieno diritto di volere e ricevere qualsiasi cosa desideri, non accetta mai un “no” e guai a contraddirla. Nei rari casi in cui accade, non si limita di certo ad avere un caratteristico attacco isterico arricchito di strilli e piedi picchiati energicamente sul pavimento. No, Laryna ha decisamente un altro metodo: l’eliminazione di colui, o colei, che ha osato contestarla o darle una brutta notizia.
Per dare un assaggio al lettore di quanto sia disposta a spingersi la principessa, un pomeriggio era uscita per una passeggiata a cavallo, come di consuetudine, scortata da un paio di servi. Quel giorno, purtroppo, non era destinato ad essere una tranquilla cavalcata pomeridiana come le altre e tutto a causa di un chissà quale motivo. Si sa, infatti, che gli animali sono spesso imprevedibili e tra questi vi rientra il cavallo di Laryna. Per una ragione misteriosa, il nobile equino si era imbizzarrito al punto da disarcionare la principessa provocandole una slogatura alla caviglia. Non solo lo sgomento di essere stata sbalzata di sella, proprio lei che da principessa quale è dovrebbe eccellere in ogni arte, ma a tormentarla è la consapevolezza di essere stata vista anche dai suoi servi. Che umiliazione, doveva aver pensato.
Per farla breve, il medico che le aveva diagnosticato la frattura lieve alla caviglia, consigliandole di non cavalcare fino alla guarigione, è stato fatto giustiziare il giorno stesso per avere impedito alla principessa la gioia di poter cavalcare. I servi che avevano assistito alla caduta, nonostante avessero cercato di soccorrerla, hanno subito lo stesso triste destino. Qual è stata la loro colpa? Aver visto la principessa in una situazione imbarazzante. Laryna è conosciuta per essere perfetta in tutto, in ogni campo, nessuno deve solo pensare che possa mai sbagliare.
Chissà, invece, se mai una volta si sarà chiesta se questa perfezione assoluta altro non sia che il frutto di una propria convinzione nata da un ego esageratissimo. Siete, quindi, liberi di pensare che tutti preferiscano farle credere di essere la migliore in tutto per la semplice paura di non incorrere in un finale amaro.
Dopo questa premessa, si può finalmente conoscere le caratteristiche fisiche della principessa di Dullahan.
Come tutti gli abitanti del regno, i suoi capelli sono rossi. Caratterizzati da ricce onde che, ad onor del vero, regalano alla vista una tonalità più simile ad un arancione piatto e innaturale, come quello delle parrucche carnevalesche. Gli occhi scuri incappucciati hanno la strana tonalità verdognola che sembra tendere al marrone, tanto che sembra impossibile definirne il colore effettivo, come quello che si vede in una foglia secca. Un paio di sopracciglia finissime ne fanno da contorno, evidenziando poco lo sguardo. Ci pensa, comunque, il naso ad uncino a far capo ad ogni lineamento del volto principesco. Le labbra all’ingiù e formata da una bassa quantità di carnosità ricordano vagamente quelle di Linaris. Dal portamento appariscente e ricco di forme e curve, seppure leggermente sgraziate, Laryna è solita mettere in risalto il suo giovane corpo con gli abiti più costosi e più ricercati che possa permettersi, volumizzando il più possibile cosa la natura le abbia offerto. Inutile dire che, se le capita una giornata storta, cosa potrebbe accadere se dovesse incrociare donzelle più formose e attraenti di lei tra la servitù...
In conclusione, Laryna principessa di Dullahan, figlia del re Algol, è in età da marito ma il fatto di essere stata rifiutata diverse volte non fa che peggiorare la sua condizione umorale. Ha fatto bene, avrà sicuramente pensato, a chiedere al padre di conquistare e distruggere i regni dei principi e sovrani respingenti. Naturalmente, per Algol la collera della figlia per essere stata respinta è sempre stato un volgare pretesto. Crudele e sanguinario com’è, il re di Dullahan non si abitua mai all’immensa soddisfazione di causare distruzione e sottomettere altri regni alla sua volontà, consolidando così tutto il suo potere.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


ABOVERGROUND
 
A distanza di tempo dall’avventura all’interno del magico Labirinto, per Sarah è stato impossibile dimenticare. Gli anni di sicuro sono scorsi come l’acqua del fiume e Sarah non era più la ragazzina di quel tempo, ma quella magica esperienza non è mai uscita da lei.
È cresciuta ed è maturata molto, ha imparato a non giudicare malamente chi non vuole credere nelle fiabe e che in esse vi sia un fondo di verità. Per stare in pace con sé stessa e gli altri, ha saputo pian piano accogliere i differenti modi di pensare di chiunque, lasciando che ognuno sia libero di credere in ciò che più desideri.
Ha mantenuto la sua promessa fatta ad Hoggle e agli altri riguardo al fatto di non abbandonarli e, infatti, capitavano diverse occasioni in cui li lasciasse entrare nella sua camera per poter passare del tempo insieme. Di fronte a questo divertimento e alla spensieratezza, tuttavia, c’era un piccolo problema: Hoggle, Didymus e Ludo le hanno chiesto innumerevoli volte di tornare nell’Underground di tanto in tanto, ma Sarah ha sempre con gentilezza declinato l’invito con ogni sorta di scusante.
La verità riguardava unicamente Jareth. Sarah non si è mai del tutto ripresa dal risentimento provato nei confronti del re di Goblin. Aveva rapito suo fratello Toby quando era ancora un bambino, ha costretto Hoggle ad offrirle una pesca avvelenata con l’intento di farle dimenticare dell’esistenza di quest’ultimo, rischiando di farle perdere la sfida delle tredici ore e condannando Toby ad essere trasformato in un goblin. Lo aveva sconfitto, ma l’idea di perdonarlo è sempre stata ben lontana dalla sua testa. Non era sicura di odiarlo, in quanto Sarah ha saputo riconoscere che l’odio fosse un sentimento troppo importante per essere consumato con leggerezza.
Non può, infatti, dimenticare cos’è successo quando ha urlato con tanta rabbia al piccolo Toby “Ti odio!” e sa che non è più disposta a ripeterne l’errore.
In cuor suo, la giovane donna non vuole nemmeno riconoscere cosa provi per Jareth e quale sia il vero motivo per il quale non voglia tornare nell’Underground. Risentimento? Orgoglio? Di sicuro non provava indifferenza.
Nel profondo di sé stessa, tuttavia, sentiva un gran bisogno di ritornare in quel mondo fatato, sia per diletto, sia per staccare la spina di fronte ad una giornata pesante nel mondo umano. Sarah, però, è determinata. È testarda. Non vuole mettere piede nell’Underground fino a che ci sarà Jareth, non se la sente.
Delle volte, tuttavia, non può dimenticare l’ultimo appello del re di Goblin, quando fino all’ultimo ticchettio dell’orologio che aveva segnato lo scadere del tempo le aveva chiesto di “temerlo, amarlo, fare ciò che lui le dicesse e lui sarebbe diventato suo schiavo”. Un ossimoro dietro l’altro, non c’è dubbio, ma chi realmente si è mai espresso in questo modo per lei durante la sua vita? Aveva avuto qualche corteggiatore, ma mai nessuno si è mai dimostrato capace di aprirsi a lei nemmeno la metà di quanto avesse fatto Jareth.
È troppo facile dire ad una donna quanto sia carina o bella, è facile fare promesse, è facile farle perdere in un cinema di film creati mentalmente. Non lo è, invece, farle sentire belle e amate ogni giorno, né mantenere la parola data e deluderle profondamente per averle illuse di poter credere di poter essere, finalmente, veramente felici. Lo sa bene questo, Sarah, ma non si è mai persa d’animo.
« Invero, madamigella, non sarebbe più semplice giungere ad un chiarimento? » le aveva consigliato una volta Sir Didymus, che era pur sempre un cavaliere e quindi portato alla galanteria.
« Non è tempo. » è sempre stata la gentile risposta di Sarah.
 
Un’altra giornata mezza piena era trascorsa e Sarah può finalmente godersi il momento di meritato rilassamento. Così si illude, data il cumulo di libri da studiare per un prossimo esame. In quel momento le sembrano grossi come mattoni, micidiali con i loro contenuti che sembrano voler minacciare la sua serenità mentale. Sono questi i momenti in cui Sarah si pente di aver continuato la propria formazione per diventare una scrittrice di successo, anziché tentare la carriera nel teatro. Per sua fortuna, questo pentimento svanisce presto. Sarah è determinata di natura e sa benissimo che senza sforzo, senza sacrificio, non c’è risultato. In più, sa perfettamente che più la strada da percorrere è dura, più sarà dolce il sapore della vittoria.
Appoggia il primo libro dalla copertina grigia con caratteri azzurri sulla scrivania, si mette comoda come meglio riesce. Matita alla mano per selezionare le righe ritenute da lei più importanti. È pronta a prepararsi, ma ogni parola sembra essere stata pescata da chissà quale strano vocabolario e Sarah si rivede costretta a leggere la stessa riga almeno dieci volte prima di capirne qualcosa.
Le sembra di sentire gli occhi affaticarsi e la mente annebbiarsi quando si rende conto che le parole stampate sulle pagine bianche sono state involontariamente segnate da lei con la matita, formando una frase dal significato molto strano... e molto familiare.
 
J - a - r - e – t – h – r – e – d – i – G – o – b – l – i - n
 
Questo il significato delle lettere sottolineate con la mina di grafite.
« Ma cosa? » Sarah si stropiccia gli occhi, credendo di essere vittima di un’illusione causata dalla stanchezza. Cambia idea quando si accorge che la matita, che poco prima reggeva tra le dita, inizia a muoversi da sola come se avesse una volontà tutta sua. Sarah spalanca gli occhi dallo stupore, rimane basita e fa per scattare dalla sedia. Si tranquillizza appena quando si accorge che la matita sta semplicemente segnando altre parole e che non può in alcun modo farle del male. È di sicuro un momento per niente normale, ma Sarah sa bene che non deve mai dare nulla per scontato. Saggiamente, pensa che quanto stia accadendo ha a che fare con l’Underground e non le resta che attendere che la matita finisca di segnare le parole, pagina dopo pagina. Qualcuno, di sicuro, le sta riferendo un messaggio. La matita finalmente cade sulla superficie della scrivania, lo fa pesantemente come se avesse compiuto un notevole sforzo. Avrà segnato ad occhio e croce una ventina di pagine per trovare le lettere e le parole adatte da segnare.
Sarah si concentra su quanto compiuto dalla matita e, finalmente, riesce a decifrare cosa le vogliano comunicare.
 
“Jareth, Re di Goblin, Laryna, Principessa di Dullahan
Il desiderio più grande di questi innamorati è quello di essere felici insieme.
iniziando mano nella mano un nuovo cammino,
consolidando il legame tra due regni.
I due sposi hanno deciso di condividere questo importante momento
con tutti gli abitanti del regno di Goblin, luogo in cui
avverrà la regale unione matrimoniale.
La festa di fidanzamento avrò inizio al levar del sole nel Castello del Re di Goblin,
con la tradizionale durata di tre giorni.
Le nozze avranno luogo al levar del sole del quarto giorno.”
 
Parola dopo parola, Sarah sente una strana sensazione dentro lei. Una sensazione che non sa esattamente in che modo definire. Denominarla “gelosia” non è propriamente esatto, ma sente dentro uno strano sussulto. Sarah, però, si accorge che la matita si sta animando di nuovo e questa volta non si spaventa quando la rivede scorrere tra le pagine alla ricerca delle parole giuste per formare un nuovo messaggio.
Torna a leggere non appena si assicura che la matita rimanga nuovamente ferma sul tavolo.
 
“ Sapendo che l’invito è destinata ad un’umana,
informiamo che un giorno dell’Underground equivale
ad un’ora dell’Aboverground.
La gentile conferma di Sarah Williams nel partecipare
a questa evenienza è molto gradita.
Gli abitanti dei rispettivi regni sono desiderosi
di avere l’onore di conoscere di persona
l’umana che ha avuto il coraggio di affrontare
la sfida del Re di Goblin, riuscendo nell’impresa.
Cordiali omaggi.”
 
Se fino a quel momento Sarah non aveva avuto la minima intenzione di tornare nell’Underground, questo strano invito le avrebbe fatto cambiare idea? Si sente confusa, però si sente anche serena all’idea che Jareth si dovrà sposare. Forse, pensa, l’arrivo di una moglie potrà tenerlo occupato e lei potrà finalmente tornare nell’Underground dai suoi amici senza più farsi nessun problema.
Non è dopotutto una cattiva notizia.
Guarda le lancette dell’orologio e si accorge che sono le sei del pomeriggio. Stando ai suoi calcoli, dovrebbe essere di ritorno a casa prima di mezzanotte. Non sarà, poi così tardi.
Mentre decide di prepararsi, continua a domandarsi se sia effettivamente una buona idea partecipare a questa occasione.
« Perché non dovrebbe? » domanda a voce alta a sé stessa. In fin dei conti, questo momento potrebbe segnare la fine delle sue scuse per non far visita a Hoggle, Didymus e Ludo. Decide di guardare il bicchiere mezzo pieno e continua a prepararsi per partecipare all’invito.
Trova un abito elegante, dopotutto si tratta di una cerimonia ed è sempre meglio fare bella figura. In più, sembra che la sua presenza sia particolarmente attesa considerando il fatto che tutti vogliano conoscere colei che ha sconfitto il re di Goblin. Una volta pronta, Sarah tira un sospiro e cerca di ricordare come fare per ritornare nell’Underground. È passato così tanto tempo dall’ultima volta e ha un lieve vuoto di memoria. Socchiude gli occhi nel tentativo di ricordare, fino a che ritrova le parole giuste.
Dopo un bel respiro, Sarah scandisce per bene il suo desiderio.
« Desidero che gli gnomi mi portino via... all’istante. –
Chiude per un attimo gli occhi, anche se non è proprio necessario quel gesto per il compimento dell’incantesimo. Una volta aperti, Sarah si ritrova catapultata magicamente nel regno di Goblin.
 
UNDERGROUND

 
Per sua fortuna, Sarah si trova a pochi passi dal castello. L’idea di dover ripercorrere nuovamente il Labirinto non è di certo gradevole. Tira un sospiro di sollievo.
Come immaginava, l’esterno della fortezza di Jareth brulica di innumerevoli invitati e Sarah si vede costretta a fendere la folla dando ogni tanto una leggera spinta.
Tutti indossano abiti eleganti e molto colorati, molti dei quali si presentano come eccessivamente sfarzosi e pomposi da far sembrare il tutto per lo più ad una festa in maschera, anziché una cerimonia.
L’attenzione di Sarah viene colpita da una voce maschile, gracchiante, inconfondibile alle sue orecchie.  
« Sarah? »
La giovane donna si volta e sorride a trentadue denti alla vista di Hoogle. Si fa strada tra gli invitati, percorrendo la strada opposta e accoglie l’amico nano in un abbraccio amichevole. Anche lui, per l’occasione ha indosso un abito consono alla celebrazione, seppur moderato. Dopotutto, è quanto riesce a permettersi e, a giudicare da qualche piccola imperfezione della giacca, il completo color legno chiaro sembra essere un po’ usurato.
« Cosa ci fai qui? » domanda Hoggle in piena sorpresa « Come mai hai finalmente cambiato idea? »
« Sono stata invitata alle nozze di Jareth. » spiega Sarah per poi alzare lo sguardo, guardandosi intorno « Ma dove sono Didymus e Ludo? »
« Che tu ci creda o no, non potranno essere presenti. » il nano fa spallucce come quando si pronuncia una notizia strana da poter credere « Didymus ha invitato Ludo per partecipare ad un altro evento a lui molto caro: vuole presentarlo alla sua famiglia come nuovo “fratello”. Povero Ludo, non vorrei essere al suo posto. L’idea di dover tornare alla Gora dell’Eterno Fetore mi dà la nausea. »
Sarah effettua involontariamente una smorfia di disgusto insieme a Hoggle. Decisamente impossibile dimenticare l’indescrivibile olezzo riprodotto dalla gora, dove la melmosa palude emanava appestanti nubi da far rivoltare lo stomaco, disonorando malamente le narici e il sistema olfattivo. Solo Sir Didymus e il suo destriero Ambrogio erano perfettamente a loro agio in quel luogo rivoltante.
Per non ripercorrere quel disgustoso ricordo, seppur gradevole data la conoscenza di Didymus e Ambrogio, Sarah chiede a Hoggle di entrare insieme nel castello.
Varcato l’enorme ingresso della sala, costellato da diversi ornamenti adatti per le nozze di un sovrano, Sarah si sente molto spaesata. Se si fosse trattato del suo mondo, la giovane donna potrebbe benissimo paragonare quanto le offre la vista una lussuosa location adornata in pieno stile Martedì grasso. A dimostrazione della sua teoria, Sarah si sente confusa davanti al miscuglio di troppi colori accesi che partono dagli sfarzosi abiti degli invitati e gli abbellimenti della sala. È l’oro, soprattutto, il colore predominante, il tutto impreziosito da tempeste di luci brillanti come polvere di stelle su ogni oggetto presente. Dal punto di vista di Hoggle, è comunque bello poter vedere tutti gli abitanti del regno di Jareth tutti riuniti per divertirsi e, una volta ogni tanto, non ci sono distinzioni di specie e di classi sociali. Ci sono letteralmente tutte le creature del regno di Goblin e tutti, in effetti, hanno un’aria molto rallegrata.
Mentre continua a guardarsi intorno, Sarah non può fare a meno di notare la presenza di un gruppo di sidhe dai capelli rossi, gli unici vestiti con abiti molto scuri, dal grigio cenere al terra di Cassel, dall’ebano al nero, che fanno contrasto con l’arcobaleno di abiti e decorazioni presenti nella sala. A differenza degli altri, questi sembrano avere un’aria rigida, austera, come chi non deve assolutamente dimenticare di mostrarsi in pubblico con la perenne aria di superiorità.
« Chi sono quelli? » chiede Sarah al suo amico nano.
« Nah, quelli sono gli abitanti di Dullahan. » risponde lui facendo un gesto con la mano come per allontanare un male invisibile « Sono di sicuro i parenti e gli amici più stretti della principessa. Ad ogni modo, è meglio non averci nulla a che fare. Non fanno altro che credersi superiori e parte di un’élite delle mie scarpe. »
Basta sentire il tono usato da Hoggle per descrivere quegli sidhe per convincere Sarah. In effetti, non può dargli torto: come detto prima, quel gruppo di sidhe non sembra voler dare la minima confidenza a nessuno, se non a loro stessi, continuando a fissare chiunque come se fosse ricoperto di fango maleodorante.
« L’idea di allearci con questi snob con la puzza sotto il naso » continua Hoggle « non mi entusiasma affatto. Certo è che anche i nobili di Goblin sono degli snob, ma quantomeno loro portano rispetto verso noi comuni cittadini. »
« Non dar loro peso. » gli consiglia amichevolmente Sarah, invitandolo a rilassarsi.
« Ora che ci penso, non te l’ho chiesto prima, come mai tu sei stata invitata a nozze? » domanda il nano « È piuttosto insolito che quel rettile di Jareth ti abbia invitata dopo che lo hai sconfitto. »
Proprio quando Sarah sta per pronunciare la risposta, le parole si fermano istantaneamente. I suoi occhi acquamarina le mostrano la figura nobile, alta, fiera, del re di Goblin. Jareth è lì, davanti a lei e a pochissimi passi.
Hoggle cerca di richiamare l’attenzione dell’amica, ma si ferma quando, dopo essersi voltato, si accorge della presenza del suo re. È fortunato che non lo abbia sentito chiamarlo “rettile”, ma la mente di Jareth è altrove.
« Tu? » domanda il re di Goblin con flebile voce come un debole e confuso sussurro.
Sarah prova un brivido alla bocca dello stomaco alla vista del sidhe. Lo rivede dopo anni, ma è come se il tempo non sia mai passato sul suo volto. È lo stesso Jareth affascinante, dalla sinistra bellezza, superbo, di arrogante grazia. L’abito blu da lui indossato è lo stesso che Sarah ricorda quella sera al ballo, quando lei era la sedicenne con la quale aveva danzato.  
« Sarah...? » la voce di Jareth finalmente si compone attraverso le sue labbra. È confuso e non ha l’aria lieta di chi si ritrova davanti un’ospite d’onore. Il re di Goblin si avvicina a passo composto verso lei e la guarda dall’alto in basso prima di domandarle « Sei proprio tu? »
Sarah prende un respiro, ma non smette di guardare il sidhe dritto negli occhi per dargli l’idea di non avere più paura di lui come un tempo. Come detto da lei, Jareth non aveva nessun potere su di lei e Sarah gliene dà la prova mantenendo il contatto visivo, senza mai abbassare lo sguardo e mantenendo un tono fermo e decoroso.
« Sono io. » dice solamente.
« Non può essere. » aggiunge Jareth « La Sarah che ho conosciuto è molto più bassa e più magra... »
« Sono cresciuta. » spiega categoricamente Sarah, tentando di sorvolare il fatto che Jareth le abbia dato maleducatamente della grassa « È ovvio che gli anni mi hanno cambiata. »
Come un’adolescente adirata, Sarah si domanda se Jareth si stia comportando da citrullo o se lo sia sul serio.
« Giusto. » Jareth scuote la testa e si morde un labbro, consapevole di non aver di certo fatto una bella figura e poi ritorna nella sua compostezza « Posso sapere cosa ci fai qui? » i suoi occhi eterocromatici si posano minacciosamente verso Hoggle « Sei stato tu a portarla qui? »
« No, maestà. » Hoggle fa “no” con la testa, agitandola nervosamente « Io non... »
« Non provare a mentirmi. » sibila il sidhe, facendo tremare vistosamente il nano.
« Hoggle non c’entra niente. » interviene fermamente Sarah « Ho ricevuto l’invito alla tua festa di fidanzamento e al tuo matrimonio. Ho detto le parole esatte agli gnomi e loro mi hanno portata qui. Quindi, lascialo in pace. »
« Invito? » domanda il re di Goblin.
Nel frattempo, gli invitati terminano le loro azioni per prestare il loro interesse a quanto stia accadendo: il re di Goblin sta affrontando una donna. Un’umana.
Cala un silenzio imbarazzante, ma Sarah non si perde d’animo anche se sente addosso a lei gli sguardi e i mormorii dei presenti.
« Sì. » sostiene lei « L’invito diceva che gli abitanti dei vostri regni desiderassero la mia presenza per conoscermi, visto che ti ho sconfitto nella sfida del Labirinto. »
Appena Sarah termina la sua spiegazione, la sala viene investita da una fragorosa e pungente risata.
Ridono tutti, esclusi una confusa Sarah, un terrorizzato Hoggle e un infuriato Jareth.
« Zitti! » tuona Jareth, ottenendo il silenzio desiderato per poi rivolgersi nuovamente a Sarah « Vuoi prendermi in giro, Sarah? Bada a te. Chi ti credi di essere per presentarti qui, nel mio regno, nel mio castello, dopo tutti questi anni, con una menzogna del genere? »
« Io non sto affatto mentendo. » lo affronta Sarah arrossendo di poco per il nervosismo.
« Se così fosse, mostrami la prova. Mostrami la verità. » aggiunge Jareth sibilando come il rettile che Hoggle aveva definito poco prima.
Prima che Sarah possa parlare, da lontano echeggia una voce femminile.
« Basta così. » una sidhe dall’aria severa e arida si fa strada tra la folla. È Linaris « Sono io la prova, Jareth. » fissando Sarah negli occhi in maniera da causarle disagio, avvicinandosi come un uccello del malaugurio, Linaris spiega entrambi quanto è accaduto « Invitare questa umana per tale occasione è stata una mia idea. »
« Cosa ti è saltato in mente? » chiede lui adirato.
« Naturalmente, » continua Linaris ignorando la domanda del nipote acquisito e senza scollare gli occhi da Sarah « non mi sognerei mai di usare le mie doti in quel sudiciume dell’Aboverground. Ci ha pensato mio figlio a “scrivere” l’invito per te. »
Jareth si volta immediatamente per cercare il cugino. Lo trova, è accanto a suo padre Rastaban. Timorosamente, abbassa lo sguardo per non incrociare quello di Jareth.
È decisamente diverso da lui sotto ogni punto di vista. Conosciuto in molti per essersi distinto col suo scarsissimo coraggio, Onyx è l’unico figlio di Linaris e Rastaban ed è sempre stato ben noto a tutti quanto sia facilissimo soggiogarlo. Ci riesce, soprattutto, la madre. In verità, tutti a corte – e buona parte del popolo di Goblin – sanno che Onyx è più che sottomesso alla volontà di Linaris. C’è chi prova a prendere le sue difese, definendolo un figlio rispettoso e devoto, ma a detta di tutti Onyx è colui che si potrebbe liberamente definire una vera e propria marionetta senza un briciolo di carattere. D’altronde, cos’altro ci si sarebbe potuto aspettare da qualcuno cresciuto con una madre iper autoritaria e con un padre completamente succube ad essa? Per non parlare delle innumerevoli volte in cui Linaris non ha mai sprecato un’occasione per esprimere il suo disappunto verso le varie volte in cui Onyx si è dimostrato un incapace sotto ogni fronte. Mentre Jareth si presenta come lo sidhe per eccellenza, prestante, tenace e degno della propria nobiltà, Onyx ne è l’esatto opposto. È un po’ sovrappeso e disarmonico, goffo e poco sveglio. I capelli neri lunghi fino alla metà del collo sono spesso disordinati, così come lo sono le folte sopracciglia che incorniciano gli occhi a palla che non rendono giustizia alla bellezza del colore dell’iride, azzurra chiara come un limpido specchio d’acqua.
L’unica cosa di cui è capace di fare, a detta di Linaris, è pensare a rimpinzarsi con quella sottile bocca a cuore, ereditata dal padre. Il grosso naso lungo, aggiungeva la madre, non faceva altro che dargli un tono ancora più patetico di quanto non lo fosse già – come se Linaris stessa possedesse le qualità adatte per permettersi il lusso di darsi un vanto.
Codardamente, Onyx continua a guardare verso il pavimento ed effettua un passo indietro come per nascondersi dietro il mantello del padre, come un ragazzino spaventato in cerca di protezione.
Jareth è su tutte le furie, ma Linaris ha ancora altro da dire per incrementare l’ira del nipote.
« L’ho fatto per darti una lezione. » asserisce rivolgendo i taglienti occhiacci verso Jareth « Ammetto di non essere fiera del fatto che il nostro mondo venga sporcato dalla presenza di un essere umano, ma è necessario perché tutti guardino in faccia da chi il re di Goblin si è fatto sconfiggere... e, soprattutto, il perché. » ripresta lo sguardo ad un’irritata e confusa Sarah « Guardatela bene. Il nostro re non è stato sconfitto per via delle capacità di questa umana. Queste creature rivoltanti hanno un potere tanto subdolo che utilizzano immoralmente per le loro sporche faccende. » afferra con veemenza la mandibola di Sarah, procurandole un lieve dolore « La seduzione è il loro subdolo potere. Guardatela. È piuttosto carina, bisogna rendergliene atto. È stato solo grazie al suo faccino se è riuscita a superare la sfida lanciatale dal nostro sovrano. » Sarah tenta di liberarsi, ma la presa di Linaris è molto decisa « State molto attenti, tutti voi. Queste malefiche creature hanno il potere di stregarvi e infatuarvi senza l’uso delle arti magiche. Sono pericolosissime. Non lasciatevi mai, mai, ingannare da queste luride, sudicie, infide... »
« Basta così! » interviene fulmineamente Jareth, bloccando finalmente il fiume in piena di velenosi oltraggi di Linaris.
Finalmente, Sarah riesce a liberarsi dalla presa della scheletrica mano della sidhe. I suoi occhi acquamarina si stanno arrossando per il misto di emozioni che la assalgono, tra umiliazione, imbarazzo, rabbia. Guarda Jareth dritto negli occhi, cercando di capire perché sia intervenuto. La bocca tremante tenta di formulare una frase, ma non fa in tempo a pronunciarsi. Né lei, né Jareth, in quanto ci pensa un’altra voce femminile a fare eco per la sala.
« Questa è la cerimonia mia e del mio futuro sposo. »
L’attenzione di tutti i presenti ricade su una giovane sidhe che si fa largo tra gli invitati. È Laryna.
È scortata da due paggetti incaricati a tenerle il lungo velo nero dai ricami rossi, mentre altre due damigelle la precedono spargendo per terra petali di rosa di ogni colore. Petali appartenute alle affezionate rose della serra di Rastaban, il quale osserva tristemente ogni petalo che cade per terra, sprecato ingiustamente, per assecondare il desiderio della principessa di camminarvi sopra. Un’inutile perdita voluta anche da Linaris, la quale ha giurato rigorosamente di fare di tutto perché la principessa di Dullahan si sentisse a proprio agio nel loro regno. In altre parole, con una zia del re disposta ad esaudire ogni suo sfizio, Laryna ha già trovato terreno fertile per i suoi frivoli capricci in un regno che la ospita.
« Vostra altezza... » Linaris compie un rigido e doveroso inchino.
« Non mi disturba l’idea della presenza di un’umana. » continua Laryna indispettita « Mi disturba, casomai, questa pagliacciata. Tutta questa ridicolaggine sta solo intralciando la cerimonia dedicata al vostro re e alla vostra futura regina. »
Linaris sta per farfugliare qualche frase per scusarsi, ma l’interesse di Laryna è rivolta verso Sarah.
« Quindi, » Laryna si avvicina a Sarah come un serpente pronto a colpire in qualsiasi direzione « sei tu l’umana che ha scatenato tutto questo scandalo in questo regno. Devo dire che, però, il mio futuro sposo ha... buon gusto. » sottolinea nauseata le ultime due parole « A meno che, come ha detto Linaris, questo non sia un altro dei tuoi trucchi da umana. » effettua una risatina ferente « Buon Cielo, per poco non seduceva anche me. » con il solo sguardo, obbliga tutti gli invitati ad unirsi alla risata « Ma è ovvio che non sia una bellezza. Dico, guardatela. È a dir poco... » nasconde a malapena un’altra risata isterica « ... brutta. ».
La sala echeggia per la fragorosa risata, fatta eccezione per Hoggle, Rastaban e Jareth, a sua volta fumante di rabbia.
Laryna alza la mano destra, intimando la cessazione delle risate. La ottiene. Quando torna il silenzio, la principessa sfiora il viso arrossato di vergogna di Sarah, passandole con soave leggerezza le unghie laccate di rosso sangue.
« Non ti deprimere, cara » continua Laryna, non ancora sazia dell’umiliazione di Sarah « non capita a tutte la fortuna di essere benedette con il dono della bellezza. Avrai senza dubbio fatto perdere la testa al re di Goblin in passato, ma adesso le cose sono cambiate. Da stanotte, infatti, il mio futuro marito condividerà il letto insieme a me. Accetta, dunque, un caldo consiglio: da oggi in poi, dimentica ogni tuo dolce pensierino che ti sarai fatta su di lui. » ride ancora Laryna, ride con tutta la sua soddisfazione.
« Ho detto basta! » ordina Jareth con quanto fiato ha in gola, facendo sobbalzare anche la principessa.
Gli occhi eterocromatici del sovrano di Goblin non promettono niente di buono. Cadono su quelli di Sarah, i quali esprimono appieno la sua umiliazione.
Si sente come se l’avessero fatta a pezzi, ha permesso di lasciarsi ingannare e di farsi infliggere diverse mortificazioni una dietro l’altra. Vuole fare qualcosa. Vuole farla pagare a tutti quanti per il trattamento subito.
Non ci riesce. È come se le mancassero le forze.
In preda al misto di emozioni per niente buone, Sarah preferisce lanciare uno sguardo di profondo risentimento verso Jareth e, impugnando lembi del proprio abito per aiutarsi, scappa via da quel posto. Non si accorge che Jareth, alle sue spalle, ha quasi alzato una mano con l’intenzione di fermarla. Non sa che Hoggle, preoccupato e dispiaciuto per lei, si stia mettendo a correre per cercare di raggiungerla.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


UNDERGROUND
 
Tra le amare e calde lacrime che le rigano il volto, bruciandole gli occhi ad ogni rivolo, Sarah sfoga tutto il malessere che sta provando. Non sa cosa le stia facendo più male, non riesce a ricomporre i pensieri.
Corre senza una meta e finalmente decide di fermarsi. Si accascia sul pavimento, raccoglie le ginocchia al petto e vi poggia la fronte per dare sfogo ad un pianto sonoro.
Si sente inerme come una ragazzina fragile. Eppure, sa di non esserlo più. Sa di essere una donna. Perché, allora, non è riuscita a difendersi e ha lasciato che quelle due vipere dessero libero sfogo ad una creativa serie di mortificazioni? Loro lo hanno compiuto, è vero, ma lei glielo aveva permesso.
Alza il volto dalle ginocchia solo quando sente una voce poco distante da lei chiamarla. È Hoggle.
È affaticato, è finalmente riuscito a raggiungerla.
Si ferma appena è distante da lei solo per pochi passi e riprende fiato prima di parlarle.
« Ti ho trovata, per fortuna... » respira forte e velocemente, implorando il Cielo « Oddio... oddio... »
Sarah si passa una mano sulle guance per eliminare le lacrime, portando le dita agli occhi arrossati.
Non appena il nano riprende fiato, tenta di dirle qualcosa nel tentativo di rincuorarla. Si sente inutile quando si accorge che in quel momento non riesce a pronunciare una sola parola.
 
La festa di fidanzamento ha perso tutta la sua importanza per Jareth. Non è ancora terminata, ma il re di Goblin si è allontanato per dirigersi nella sua stanza privata. Non vuole essere disturbato per il momento e, forse, per tutto il resto della giornata.
Più pensa e più si sta maledicendo. Lo fa perché ha permesso che Sarah ricevesse un trattamento immeritato. Incredibilmente, sta pensando a lei e questo suo malessere interiore causato proprio dalla sofferenza di Sarah non fa che aiutarlo a maledirsi ancora di più. Da quando, chiede a sé stesso, ha deciso di riprovare qualche sentimento di solidarietà per Sarah? E se non si trattasse solo di solidarietà?
 
« Non dovevate farlo. » aveva intimato Jareth a Linaris poco prima di ritirarsi nella propria stanza.
« Non avrai intenzione di lasciare sola la principessa e gli invitati? » gli aveva domandato lei, incurante dello stato d’animo del nipote.
« Pensateci tu e Onyx. » aveva sentenziato Jareth con arroganza « Pare che siate molto bravi ad intrattenere gli invitati con le vostre... “sorprese”. »
 
Con un pugno carico di violenza, Jareth colpisce una parete della stanza. Il dolore conseguenziale alla mano non gli impedisce di sferrarne altri. Un pugno ogni volta che pensa alle parole di Linaris. Un altro per Onyx che, con tanta codardia, ha ben pensato di evitare di esprimersi e lasciare che ci pensasse nuovamente sua madre a farlo per lui. Un altro ancora per Laryna che...
Non sferra il colpo, in quanto sente la porta della stanza aprirsi.
« Mio signore. » Laryna entra come se fosse lei la padrona di casa « Ecco dov’eri finito. »
« Nel tuo regno non si usa bussare? » domanda Jareth, evitando di voltarsi. Semplicemente, non ne ha nessuna intenzione.
« Jareth, è così che tratti la tua futura sposa? » Laryna ricorre al suo tono più seduttivo di cui è capace per dissuaderlo.
« Voglio stare da solo. » dichiara fermamente lui.
Purtroppo per lui, Laryna non conosce la parola “no” ed è intenzionata ad ottenere tutto ciò che vuole. Come ha sempre fatto e com’è sempre stata abituata a fare.
« E se... » la principessa chiude la porta alle sue spalle e si avvicina al re di Goblin con fare sensuale, sfiorandone i lunghi capelli biondi con le dita « ... ce ne stessimo noi due... da soli? »
Laryna appoggia le mani sulle spalle del sidhe, massaggiandole in un tentativo di sottometterlo al suo volere. Jareth non reagisce e non risponde alla seduzione, gli offre la schiena per ignorarla, ma Laryna insiste. Gli sfiora il collo con le unghie nel tentativo di creargli dei brividi sulla pelle, ma la pressione si fa un po’ più forte. Sembra che voglia aprirgli volontariamente una vena e solo qui Jareth richiama il suo disappunto. Cerca di allontanarla alzando una mano, in senso di opposizione.
« Avanti. » ridacchia Laryna « Non mi va di aspettare fino al matrimonio. »
Jareth scuote la testa e si allontana dalla principessa.
« Non se ne parla. » afferma con decisione « Non sono nemmeno in vena. »
Non si preoccupa nemmeno di ferirla, di farla sentire rifiutata, ignorando il fatto che si trovi davanti la figlia del temutissimo re Algol. Non gli interessa minimamente. Il fatto è che Laryna non ha nessuna intenzione di arrendersi.
« Qual è il problema? Non sei a tuo agio in questo posto? » la voce di lei assume un timbro un po’ più oscuro « Se è per questo, non c’è nessun problema. Si può risolvere... all’istante. »
Jareth si volta verso di lei per ribattere e ha il tempo di notare che gli occhi della principessa assumono una tonalità rossastra. Laryna compie un gesto simile ad uno schiocco delle dita e immediatamente l’ambiente inizia a mutare. Pochissimi istanti e Jareth si accorge di ritrovarsi con la principessa di Dullahan in una stanza completamente rossa. Dalle pareti al pavimento, persino il grande letto a due piazze è coperto da lenzuola del medesimo colore.
« Così va decisamente meglio. » chiede Laryna in modo provocante. Si avvicina ancora una volta al sidhe e gli passa un’unghia sul colletto della bianca camicia. Scende più in basso, gli percorre il petto e arriva all’addome.
« Sei troppo teso. » aggiunge lei, trovando il tempo di passargli le labbra sul collo, investendogli la pelle col suo fiato caldo.
« Basta, Laryna. » la ferma Jareth, afferrandola per i polsi « Ti ho detto che voglio aspettare. »
L’espressione di Laryna si trasforma, assumendo le caratteristiche di quando qualcuno osa contraddirla.
« Non ti piaccio abbastanza? » ringhia lei « Oppure sei ancora sotto l’infatuazione di quell’umana? »
« Ho detto e ripetuto che voglio aspettare. » Jareth assume la sua posa di comando « E non è una richiesta, ma un ordine. »
« Nessuno osa dirmi cosa devo fare. » la voce di Laryna inizia a farsi isterica.
« Nel tuo regno sarai senz’altro la principessa, ma qui siamo nel mio regno. » continua il sidhe « Qui io sono il re ed è tempo che impari a stare al tuo posto. »
Il volto di Laryna si dipinge di un sentimento come se l’avessero insultata. Nessuno, secondo lei, deve permettersi di darle un ordine. Nemmeno deve pensare di farlo. Nessuno si oppone alla sua volontà. Lei è la principessa di Dullahan, è la figlia di Algol. Ha il diritto di ottenere tutto ciò che vuole e gli altri devono solamente sottostare al suo volere. Immediatamente.
Senza dire nulla, Laryna afferra Jareth per il colletto della camicia e affonda le sue labbra su quelle di lui, travolgendolo in un bacio energico. Jareth, sorpreso, sbarra gli occhi e afferra le spalle della principessa come per scrollarsela di dosso. Riesce a darle lo spintone necessario per allontanarla.
« Ho detto no! » esclama adirato e infastidito. Esegue un movimento della mano per evocare una sfera, per far in modo di rispondere all’incantesimo di Laryna e annullarglielo. Lei, però, è molto testarda e non ha nessuna voglia di rispettare l’ordine del suo futuro re. Colpisce la mano del sidhe con uno schiaffo, facendogli crollare la sfera per terra. Lo afferra per i capelli e Jareth si sorprende per l’incredibile forza della principessa. Tira così forte da costringerlo a piegarsi per terra e Jareth emette un urlo strozzato per il dolore.
« Tu non mi dici proprio un bel niente. » afferma lei con superiorità « Io sono la principessa di Dullahan, nessuno mi dice cosa devo fare. »
Con ancora il fiato che gli manca, Jareth viene trascinato con la forza sopra il letto, per poi esservi sbatacchiato sopra la superficie con violenza da un’offesa Laryna. Un solo attimo e il re di Goblin se la ritrova seduta sopra il suo ventre. Anche se confuso, Jareth non può dimenticare di mantenere la sua autorità sovrana.
« Ti avverto un’ultima volta, Laryna. Smettila immediatamente. »
Come si aspettava, lei non vuole saperne di obbedire all’ordine. Quando Laryna si appresta ad abbassarsi su di lui per provare a baciarlo nuovamente, Jareth perde la pazienza e riesce a scaraventarla via. Il tempo gli è sufficiente per invocare un’altra sfera e per annullare l’incantesimo prodotto dalla principessa. La stanza rossa scompare all’istante e lascia il posto alla camera del re di Goblin.
« Fuori di qui. » comanda Jareth.
Laryna, seduta sul letto del sovrano del Labirinto, lo osserva malamente come per fargliela pagare.
« Sei solo un “debole”. » lo sfida lei tentando di ferirlo nell’orgoglio maschile.
Cogliendo appieno l’intenzione della principessa, Jareth compie un notevole sforzo per non cadere nella provocazione. È senza dubbio un re, ma è di gran lunga un signore e lo ha già dimostrato poco prima quando si è limitato a spostare via da lui quell’invasata di Laryna, piuttosto che allontanarla colpendola.
« Se è questo il tuo modo di amare, » le dice con estrema calma « al posto tuo me ne vergognerei. »
Laryna ha un’altra sleale carta da giocare.
« Ed io che credevo che fossi vigoroso la metà di quanto si diceva che lo fosse tuo padre. »
A quelle parole, Jareth quasi cade nella sua trappola.
« Non ti azzardare a nominare quel mostro che ho chiamato “padre”! » le urla contro.
Laryna, dal canto suo, non teme il suo tono minaccioso. Si alza dal letto e si sistema i capelli rossi con fare schizzinoso.
« In ogni caso, » gli sorride malignamente come per tenerlo in pugno « dovrai comunque sposarmi e, come tutti si aspetteranno, dovrai dare al tuo regno un erede. In caso contrario, sappi che ho il potere di farti lasciare questo tuo ridicolo regno di incapaci, esiliandoti nell’Aboverground. Invecchierai molto presto, oh sì, come tutti gli umani. Ti ammalerai come loro, sarai senza magia come loro. Come quella Sarah. » dopo averla nominata, Laryna affonda le unghie sul fianco del sidhe ferendolo fulmineamente. Jareth geme e posa gli occhi sui tre graffi che iniziano a sanguinare.
In quello stesso istante, la voce di Onyx si avvicina sempre di più alla stanza e richiama entrambi all’ordine.
« Jareth, sei lì dentro? » chiede Onyx dall’altra parte, bussando alla porta. Prima di ripetere il gesto, la porta si spalanca improvvisamente e Onyx cade goffamente per terra. Ha il tempo di vedere suo cugino allontanarsi a passo veloce e tenta di chiamarlo. Si ferma quando si accorge di avere davanti a sé la principessa di Dullahan. Non è sicuramente decoroso mostrarsi a lei col sedere per terra e con la bocca aperta come un merluzzo. Per tutta risposta, Laryna si abbassa fino al suo livello e con un gesto della mano gli chiude la mandibola. Lo guarda maliziosamente dritto negli occhi e, leccandosi le labbra dipinte di rosso, gli fa cenno con le dita di raggiungerlo all’interno della stanza del re di Goblin. Diversamente dal cugino, Onyx non ha nessuna intenzione di opporsi alle volontà della principessa di Dullahan.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


UNDERGROUND
 
Sfogarsi con Hoggle è stata una buona idea. Sarah sa bene di poter contare sul sostegno dell’amico nano, anche se quest’ultimo non le nasconde il sentimento di rimorso per non essere stato in grado di aiutarla a tempo debito. Anche ammesso, gli aveva assicurato lei, non poteva fare niente. Lo invita a non sentirsi in colpa.
« Coraggio, Sarah. » le dice Hoggle poggiandole una mano rugosa su una guancia pallida « Ti ospito a casa mia. Prendiamo qualcosa di caldo e dimentichiamo questa vergognosa faccenda. »
Sarah la trova una buona idea.
« È incredibile. » brontola lui mentre si incamminano « Per una volta che decidi di entrare nel nostro mondo, vieni accolta in questo modo. Oh, ma sappi che quel rettile di Jareth la pagherà. E anche quell’aspide di sua zia. E anche quell’altra salamandra velenosa di Dullahan. Inizio a pensare che in quella famiglia scorra un bel po’ di sangue rettileo. » agita le mani come per schiaffare via qualche presenza incorporea.
I piedi di lei iniziano ad avvertire un senso di dolore a causa delle scarpe decisamente inadatte per il terreno su cui sta camminando, ma per fortuna la strada non è molto lontana.
Hoggle si ferma e invita Sarah a fare lo stesso quando si ritrovano davanti ad una grossa parete fangosa, estesa e increspata, sulla quale si estendono grosse e lunghe radici di ciò che rimane di un’antica quercia.
« Siamo arrivati. » annuncia il nano.
Notando che per terra - come apparsa dal nulla - vi sia adagiata una porta di legno, Sarah immagina già quale sarà il modo per entrare.
« Useremo la porta? » domanda lei indicandola, ricordando come anni prima Hoggle avesse aperto un passaggio con essa, quando era rimasta intrappolata nella Segreta.    
Hoggle annuisce, afferra la porta di legno dall’aspetto usurato e corroso dal tempo. La appoggia alla parete fangosa, piega verso il basso la maniglia e, proprio come aveva assistito Sarah anni prima, anche questa volta i piedi del nano vengono investiti da un mucchio di tegame.
« Ma non è possibile. » si lamenta Hoggle « Un’altra volta...» borbotta qualcosa infastidito, ripiega la maniglia e, questa volta, riesce ad azzeccare l’entrata giusta.
« Grazie al Cielo. » Hoggle tira un sospiro di sollievo e fa cenno a Sarah di precederlo « Accomodati pure. »
Sarah varca la soglia e si guarda intorno. La casa dell’amico nano non è molto grande, ma è comunque accogliente. L’interno è fatto interamente di argilla, dal pavimento alle pareti. Sopra il locale centrale è allestito un solaio, accessibile tramite una scala di legno, che funge da deposito per derrate alimentari, insieme ad alcuni oggetti utili che necessitano di una riparazione prima di essere riutilizzati.
La piccola cucina, la cui struttura in terracotta, è rivestita con piastrelle di ceramica. Su una delle due pareti vi sono posti un paio di ripiani, sui quali poggiano diverse spezie aromatiche contenute in barattoli di vetro di diverse forme e dimensioni. Sulla parete accanto sporge una pietra che si inserisce adeguatamente nell’atmosfera rustica, rappresentando il ruolo di mensola per piatti, posate e tegami di ogni genere.
La stanza adiacente, la più grande tra tutte, è occupata da un semplice divano a due posti e due poltroncine, tutti e tre creati in semplice base in muratura e sue di essi sono appoggiati dei soffici cuscini. Al centro di essi, c’è un tavolino in pietra di piccole dimensioni decorato con un centrino fatto a mano.
La stanza da bagno è occupata da una vasca scavata a filo pavimento, composto nient’altro che da uno specchio, un contenitore per l’acqua e un catino in latta smaltata.
Per finire, nella piccola camera da letto c’è un letto in ferro battuto, con il copriletto lavorato a mano, mobili con armadi, cassettiere e comodini abbinati.   
« Mettiti comoda. » Hoggle la invita nella cucina e, come promesso, le propone di bere insieme qualcosa di caldo. La sensazione di farsi attraversare l’interno del corpo da una bevanda che doni un senso di calore, è un piccolo buon passo per iniziare a rilassarsi e, come si può, cercare di scordare gli avvenimenti sgradevoli della giornata.
 
Con i gomiti appoggiati alla ringhiera del balcone, Jareth fa fatica a credere quanto sia accaduto in un solo giorno. Si augura che una boccata d’aria notturna possa fargli bene. L’augurio svanisce quando le dita protette da un guanto di cuoio finiscono sul fianco, sul punto esatto in cui Laryna lo ha ferito. Senza dubbio non si tratta di una ferita profonda, ma è comunque sgradito il pensiero che sia stata inflitta da colei che dovrebbe essere la sua futura moglie. Come tutti, anche Jareth è a conoscenza della bizzarra natura della principessa e quel giorno ne aveva avuto la prova materiale. Non rabbrividisce per la semplice, quanto importante, consapevolezza di essere un sovrano e come tale non deve in alcun modo mostrarsi intimidito. Era impreparato, ma adesso giura a sé stesso di non ripetere mai più lo stesso errore.
Un altro pensiero gli balena nella mente affollata e, tra tutti, è quello che riesce ad emergere. Anni prima, nemmeno Sarah si era mai permessa di comportarsi come ha fatto Laryna. Nemmeno quando aveva avuto il diritto di poterlo fare. Jareth le aveva rapito il fratellino, l’aveva costretta ad una serie di sfiancanti prove pur di metterla fuori strada, le aveva quasi messo contro Hoggle con il famoso inganno della pesca avvelenata. Sarah, tuttavia, dopo essersi lasciata alle spalle il suo personale senso di giustizia infantile, lo aveva affrontato con eleganza e dignità, senza mai ricorrere alla violenza di nessun tipo. Jareth, in questo modo, si accorge che tra le due è probabilmente Sarah colei che conserva le doti di una principessa. O, per meglio dire, di una regina... come sua madre.
Era bella Rosheen con i suoi tratti angelici illuminati da una lunga e lucente capigliatura dorata, dal gentile viso ovale impreziosito da un dolcissimo paio di limpidi occhi di cielo contornati da scure, ma delicate, sopracciglia. Il suo viso esprimeva appieno l’amabilità del suo buon cuore, scaldando gli animi con parole ricche di cordialità che uscivano dalle sue labbra carnose e rosate.
Un amore di regina, come era sempre stata definita da chi l’aveva amata. Il popolo, soprattutto, ne era profondamente innamorato perché la dolce regina era sempre disposta a curare ogni loro esigenza senza nessun secondo fine.
Una regina che non meritava affatto di condividere la propria vita con colui che Jareth, come precedentemente aveva quasi urlato a Laryna, doveva chiamare “padre”.
Aristos aveva da subito maledetto Jareth dal primo momento in cui lo aveva visto nascere. Rendendosi conto che aveva ereditato i vari lineamenti della madre, la quale aveva lottato con tutte le sue forze per donarlo alla vita, Aristos aveva già pronosticato che il suo erede non sarebbe stato degno di lui. A dimostrazione di tanto astio nei confronti del nascituro, Aristos aveva liquidato la regina, distrutta per il difficile parto al punto da faticare a riprendere fiato, con delle parole molto spietate.
« Non sei stata nemmeno capace di darmi un figlio degno del mio nome. Mi hai fatto aspettare così tanto tempo per niente. » 
Inutili gli appelli delle nutrici, quando avevano tentato di dissuadere il loro re assicurando che il piccino fosse sano e forte. Ne avevano ottenuto una gentile risposta.
« Le Antiche Leggi mi obbligano ad accettare quanto è accaduto. Di gran lunga, avrei preferito che questa incapace di moglie fosse morta per mano di suo figlio, così da potermi dare la possibilità di sostituire entrambi. »      
Le Antiche Leggi nominate da Aristos, per non far confondere chi sta leggendo, prevedono che ogni sovrano dell’Underground debba rispettare l’unione matrimoniale. Solo la morte può separare un re e una regina. Nel caso in cui la legge venga violata, la pena è la perdita della corona.
Nemmeno un re molto potente, spietato e senza scrupoli come Aristos è al di sopra delle Antiche Leggi.
I suoi occhi grigi come una coltre di nubi pronti a scatenare una tempesta, inseriti in una forma affilata come quelli di uno sparviero, erano sempre pronti a causare un senso di disagio verso chi venisse colpito da quello sguardo. Era come se volesse mandare a morte chi osservasse da un momento all’altro. I suoi capelli chiari come la luna nascevano da una fronte molto ampia e corrucciata, segnata da una vecchia cicatrice di guerra che percorreva l’occhio sinistro senza che quest’ultimo ne venisse danneggiato. Altre cicatrici riportate da diverse battaglie combattute e vinte si facevano strada lungo il suo corpo, donando al suo portamento possente un altro tocco feroce.  
Non era, però, solo il crudele Aristos l’unico a non provare nessun sentimento buono verso l’angelica Rosheen. Ad accomunarlo, infatti, era Linaris.
Linaris aveva molte ragioni per odiare la regina. La “meno importante” ruotava intorno al fatto che tutto il popolo la amasse, ma la fonte di tanto odio aveva una grande rilevanza: la corona. Assegnatole il titolo di Duchessa, sin da giovane Linaris era cresciuta puntando il suo obiettivo verso il potere.
Diversi anni prima, infatti, durante la cerimonia del compleanno del re Aristos era avvenuto il primo incontro con Linaris e Rosheen. Mentre la prima aveva fatto di tutto, seppure in maniera formale e consono al proprio titolo, per attirare l’attenzione di Aristos, era evidente ai presenti che quest’ultimo avesse preferito Rosheen. Il giorno dopo, per la frustrazione di Linaris, Aristos aveva infatti annunciato che la sua scelta per una futura moglie era caduta sulla bellissima Rosheen.
Così, qualche anno dopo le nozze annunciate, all’inacidita Linaris non restava che puntare la sua scelta verso il fratello della nuova regina, ovvero Rastaban. Non lo aveva mai amato, dopotutto a Linaris interessava esclusivamente la posizione del marito. L’odio verso Rosheen non fa che aumentare quando dà alla luce Jareth. Riduttivamente parlando, l’ordine di successione avviene per prossimità di sangue, vale a dire che il trono viene assegnato alla persona più vicina in base al grado di parentela verso il sovrano. Poiché Aristos non aveva parenti in vita, si poteva contare su quelli della regina. Rastaban, per l’appunto.
Linaris, spregiudicata e assetata di potere, aveva fatto di tutto per avere un figlio da lui ma, purtroppo per lei, ogni suo progetto era crollato come un castello di carte soffiato dal vento quando venne annunciato lo stato interessante di Rosheen. Inutile dire con quanto rancore e disinteresse Linaris avesse portato avanti la propria maternità, ormai priva di senso per lei. Non le importava nemmeno del piccolo Onyx, né mai si era sforzata di tenerlo tra le braccia per donargli il viscerale amore di una madre. Era un esserino inutile e ingombrante per lei, non aveva un vero e proprio motivo di esistere con l’arrivo del futuro erede al trono.
Ritornando all’argomento riguardo l’astio provato da Aristos nei confronti di Jareth, si potrebbe dire che il sentimento provato fosse più che reciproco. Per quanto si sforzasse, da giovanissimo, di piacergli o di strappargli un sorriso, Jareth otteneva dal suo genitore solo dissensi di ogni genere. In tutta verità, Aristos faceva di tutto per evitare ogni contatto con il figlio da lui tanto disprezzato e lo stesso trattamento era riservato alla povera Rosheen. L’unica alternativa trovata per star loro il più lontano possibile era stata la guerra. Era stato l’amico e alleato re Algol ad avvicinarlo anni prima verso gli aspetti più sanguinari e distruttivi delle battaglie ed ora, con il pretesto dell’allontanamento dalla moglie e il figlio, Aristos poteva definire ciò come la sua unica ragione di vita.
Rosheen, che era comunque la sposa del re, faceva di tutto per far crescere Jareth insegnandogli ad avere pazienza e di amare comunque suo padre.
« Un giorno tutto cambierà. » gli prometteva sempre, rincuorandolo come solo una buona madre sa fare.
Jareth ci credeva, ne aveva fiducia. Crescendo, Jareth aveva finalmente deciso di creare qualcosa per dimostrare ai suoi futuri sudditi, ai suoi genitori – a suo padre, per lo più – di cosa fosse capace.
Il Labirinto. L’immenso Labirinto che, da lì a poco, avrebbe reso famoso il futuro re di Goblin.
Peccato che re Aristos avesse deciso di riservare alla creazione di Jareth un destino ben diverso da quello conosciuto adesso.
Chiunque compiesse reati punibili con la morte, sarebbe stato internato all’interno del Labirinto per subire le peggiori torture psicologiche, inducendo il condannato alla pazzia e alla morte.
Jareth non poteva fare altro che odiare ulteriormente il padre. Aveva usato la sua immensa creazione per uno scopo così atroce, ma non poteva in alcun modo ribellarsi. Nemmeno Rosheen poteva, né doveva, intervenire se voleva rimanere viva. La cosa peggiore era che, molte volte, Aristos costringesse il figlio ad assistere alle barbarie a cui andavano incontro i condannati. Il trauma di vedere soprattutto le creature di sesso femminile patire quegli orrori non lo aveva mai abbandonato.
Probabilmente, a causa di questa cicatrice perenne Jareth aveva sempre temuto di procurare dolore fisico alle signore, indipendentemente dalla loro specie e ceti sociali.
C’era un episodio della sua vita legato al Labirinto che Jareth non ha mai dimenticato. Lo ricorda con estrema lucidità.
« Per la prima volta, hai creato qualcosa di decente. » gli aveva detto Aristos mentre lo costringeva ad assistere alle sofferenze di una giovane sidhe, colpevole di aver rubato del cibo dalla cucina del re per poter sfamare i suoi figli. Per l’ennesima volta, Jareth si stava maledicendo per quanto avesse fatto.
« Guarda. » Aristos indicava la condannata che cercava di sfuggire alle pericolosissime trappole nascoste all’interno del dedalo « Avevamo offerto un lavoro a quella stracciona e lei ha pensato di ripagarci rubandoci il cibo. Che sia da lezione a tutti coloro che oseranno seguire il suo esempio. »
« L’ha fatto per sfamare i suoi figli. » aveva avuto il coraggio di dire Jareth « Dalle la grazia, ti supplico. Questa esperienza le basterà per comprendere di non ripetere quanto ha fatto, non lasciare che i suoi figli restino senza la loro madre. »
Tale coraggio, però, venne pagato molto caro. Come oltraggiato da quelle parole, re Aristos gli aveva sferrato un violento pugno all’occhio sinistro, facendo crollare il figlio per terra. Jareth ansimava per il dolore e Rosheen si era precipitata in suo soccorso. Jareth si era alzato a fatica, un grosso livido gli cerchiava l’occhio colpito, la sclera era segnata da una moltitudine di macchie rosse. Sanguinava. La madre non aveva perso tempo e aveva poggiato una mano all’occhio ferito del figlio, il quale tremava per il dolore e aveva il fiato corto. Nessun lamento da parte sua per non dare all’odiato genitore il senso di soddisfazione. La mano di Rosheen si era illuminata di una piccola luce bianca e, appena l’aveva tolta, l’occhio di Jareth era guarito. Solo l’iride aveva assunto un colore diverso dall’altra a causa del colpo troppo violento. La magia curativa della regina, tuttavia, non poteva di più contro l’illimitata violenza del marito.
 
Jareth appoggia una mano all’occhio sinistro, il ricordo di quel dolore è ancora vivo nella sua mente. Così come lo è il momento in cui l’odiato genitore, mosso da un feroce impulso, sferra contro Rosheen la sua magia uccidendola sul colpo. Le urla che aveva lanciato per il troppo dolore risuonano nella sua memoria. Non dimentica come si è lanciato sul corpo della madre, tentando di rianimarla, di come suo padre lo abbia afferrato per il collo e sollevato da terra, forzando la presa e facendogli mancare il respiro.
« Maledetto! » gli aveva gridato « Tutto questo è accaduto per colpa tua! » Jareth ricorda la sensazione della disperata voglia di respirare, ma non le esatte altre parole che il padre gli stesse riservando. Di sicuro, era qualcosa legato alla maledizione riguardo la sua nascita. Si ricorda solo di stare per perdere i sensi e di aver sentito lo zio Rastaban fare irruzione nella sala, richiamato dalle sue disperate urla. Da lì in poi, rammenta solo di aver sentito suo zio gridare contro suo padre qualcosa che riguardasse le Antiche Leggi.
Poi, solo buio.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


UNDERGROUND
 
Un leggero movimento del braccio e una lieve rotazione della mano coperta dal guanto sono sufficienti per dare vita ad una sfera di cristallo, leggera e brillante alla luce della luna. Jareth la fa scorrere tra le dita con la sua innata abilità giocoliera, continuando fino a che non riesce a vedervi al suo interno qualcosa.
Una piccola scena si materializza al suo interno, mostrando ciò che effettivamente Jareth vorrebbe vedere. Sarah. La sfera la rappresenta addormentata su di un letto, il volto adagiato su di un cuscino un po’ piccolo per lei. Il sidhe guarda ancora quanto ha da offrirgli la sfera, senza nessuna espressione di giudizio sul volto. Sposta lo sguardo verso la lucente luna e aspetta, come per prendere una scelta.
Tira un sospiro mentre gli occhi spaiati puntano verso la notte nera come l’inchiostro.
 
Data la sacralità dell’ospite, Hoggle ha insistito molto affinché Sarah accettasse di passare la notte da lui offrendole la propria camera da letto. Naturalmente, Sarah si era opposta non volendone sapere di negare il letto al padrone di casa, ma Hoggle aveva avuto la meglio. Tutto sommato, Sarah aveva avuto anche una giornata molto pesante e meritava di riposare per bene.
Hoggle, nel frattempo, si era preparato tutto l’occorrente per dormire sul divano.
Ronfa come se non chiudesse occhio da tanto tempo, per fortuna il tanto russare non disturba il sonno di Sarah.
Il silenzio notturno viene dolcemente infranto dal leggero tintinnio di una sfera, come una goccia d’acqua che cade nel lavabo. Come se dominata da vita propria, la sfera di cristallo rotola verso una precisa direzione e si ferma non appena la raggiunge.
La sagoma di Sarah, illuminata dalla luna attraverso una piccola finestra della stanza, viene oscurata dall’ombra del sovrano del Labirinto. Jareth la sta osservando, inespressivo e quasi rigido nella propria nobile compostezza. Sarah continua a dormire, non si accorge di nulla, il re di Goblin la contempla in silenzio appoggiando i pugni sui fianchi.
Più la osserva e più nella sua mente si impronta un pensiero. L’aveva lasciata andare bambina e adesso la ritrova donna. Un periodo di tempo sufficiente per renderla una bellissima giovane signora. Un periodo di tempo che a Jareth è sembrata un’eternità.
La sua mente non può che viaggiare indietro di qualche ora prima, riformulando come Sarah sia stata ingiustamente umiliata e lui non aveva fatto sostanzialmente nulla per impedirlo. In aggiunta, come un fulmine a ciel sereno, la mente riproietta quell’invasata di Laryna. Messo a disagio dal ricordo, Jareth scuote la testa per scacciarlo via dalla sua testa e si concentra sulla figura assopita di Sarah. Si accorge che il tempo l’ha resa molto più bella.
Senza premeditarlo, le labbra del re di Goblin si stirano in un sorriso. Non uno dei suoi soliti di natura beffarda, se ne rende conto. 
« Tu, cosa preziosa... » sussurra appena mentre il suo sorriso lentamente muore, la sua voce sembra emettere un soffiato canto nella notte.
La contempla ancora un po’, prima di indietreggiare verso la finestra a passi lenti. Cammina all’indietro fino a che non si dissolve nel nulla, diradandosi come nebbia.
 
Ubriaco dall’intensità di forti emozioni mai provate fino a quel momento, Onyx rimane adagiato con la schiena sulla morbida – e ormai umida – superficie del materasso, unico testimone di quanto accaduto fino a quel momento. La ripresa di fiato di Laryna è sufficiente per darle la certezza che Onyx si sia rivelato un amante decisamente adatto per favorire le sue esigenze.
Più che per compiere uno sgarbo nei confronti di Jareth, è stata la sua insaziabile brama di soddisfare i propri capricci a spingere Laryna a coinvolgere Onyx in quell’avventura lasciva.
« Sai, » afferma lei leccandosi le labbra « il tuo re è da considerarsi insensato in confronto a te. »
« Grazie, Vostra Altezza. » balbetta impacciatamente Onyx, per poi tornare a ricomporsi quando si accorge di quanto abbia fatto... e con chi « Ma se dovesse scoprire cosa è appena... »
Laryna gli si getta sopra e lo fa tacere.
« Di cosa hai paura? » gli posa un dito sulla bocca, come per graffiargliela « Il tuo re è senza carattere, basta veramente poco per metterlo a tacere. E poi, non hai niente di cui preoccuparti. Presto quel Jareth non sarà più un problema. »
« Che vuoi dire? » chiede Onyx senza capire.
« Beh, » Laryna sorride malignamente « credo di aver trovato qualcuno che possa sostituirlo. C’è solo una cosa che devo chiederti... » fa scorrere il dito lungo il volto di Onyx « Sarai disposto a fare tutto quello che ti dirò? »
La femminilità, si sa, non teme nessuna barriera maschile. Laryna sa già quale sarà la risposta che Onyx le darà, sicura come non mai del proprio potere. Infatti, ad Onyx basta avere su di sé il corpo della principessa, ripercorrere passo dopo passo tutte le emozioni – seppure non proprio amorevoli, ma cariche di licenziosità – e gli è impossibile resisterle.
« Farò tutto quello che vuoi. » afferma solamente, come ipnotizzato.
Per tutta risposta, Laryna lo premia con un’altra serie di dissolutezze che ha in mente di consumare per qualche altra ora.
 
I raggi del sole filtrano attraverso la finestra, baciando le palpebre chiuse di Sarah e invitandola a svegliarsi. Si riprende dalla dormita e, con la mente ancora impastata dal sonno, non si accorge che sopra la trapunta c’è una piccola sfera di cristallo che sta rotolando lentamente. Mentre Sarah si stropiccia gli occhi per prendere confidenza con il mattino, la sfera realizza una sorpresa per lei. Senza che lei se ne renda conto, sulla trapunta si materializzano dal nulla un paio di vestiti. Una volta ripresasi, gli occhi di Sarah incontra un abito dal colore tenue, ricamato di finissimi motivi floreali, con una cinta argentata simile a rami intrecciati sulla vita. Sul pavimento ci sono adagiate un paio di scarpe basse, decisamente molto più comode dei tacchi usati il giorno prima.
Sarah sorride all’idea che quell’abito sia opera di Hoggle. L’idea di indossare un abito di quel genere, consono ad un mondo magico, non le dispiace affatto. Mentre si appresta ad indossarlo, ricorda a sé stessa di ringraziare Hoggle per essersi disturbato nuovamente per lei.
 
« Vostra Altezza! Vostra Altezza! » chiama a gran voce un goblin, capitano delle guardie, dirigendosi verso la sala privata di Jareth in cui è solito crogiolarsi, circondandosi dai goblin. Accompagnato da due sentinelle, trova il re seduto scompostamente sul trono, intento ad armeggiare con tre sfere di cristallo, mentre un numeroso gruppo di goblin passavano il tempo a bighellonare e a svagarsi come meglio desiderano. Qualcuno si ubriaca sorseggiando litri e litri di birra, altri giocano scherzetti da scolari che, comunque, causano grasse risate a chi assiste. Solo Jareth è indifferente di fronte a tanto divertimento e risate, preferendo rimanere concentrato su qualcos’altro. È quello il luogo in cui si sente in pace e al sicuro da ogni seccatura, anche se spesso si sente circondato da un branco di esserini incompetenti, tonti e pigri. La sua pace, comunque, viene interrotta dall’ingresso del capitano. 
« Cosa c’è? » risponde il sidhe.
Il capitano delle guardie effettua il formale inchino prima di riprendere fiato.
« Devi... devi... » boccheggia il capitano « Devi accorrere immediatamente... È accaduto qualcosa di terribile... terribile... »
« Cos’è successo? » domanda Jareth interrompendo la sua posa scomposta e appoggiando i piedi sul pavimento.
« È stato consumato un omicidio! Qui! A palazzo! » quasi urla il capitano delle guardie, ancora sconvolto.
Quanto ha appena annunciato, scatena il panico tra tutti i goblin, i quali non fanno altro che correre qua e là in modo isterico, parecchi si scontrano anche tra loro, qualcuno rimane fermo sul posto e pensa bene che urlando e affossando le zampe sulla testa ricoperta di peluria, come per strapparla via, sia la decisione più saggia da compiere.
« Zitti! » comanda perentoriamente Jareth e quando ottiene l’immediato silenzio si rivolge alle sentinelle del capitano, mantenendo una veste rigida e decorosa « Scortate la sala, nessuno entri o esca da qui fino a che non lo dirò io. » concluso l’ordine, Jareth si fa accompagnare dal capitano nell’area del castello in cui si è svolta la circostanza tanto terribile annunciata da quest’ultimo.
 
La scena è di raccapriccio indescrivibile.
Alle prime luci dell’alba, alcuni goblin incaricati alle cucine avevano trovato riverso sul pavimento il corpo senza vita di una sidhe e avevano immediatamente dato l’allarme. Gli occhi della povera vittima sono ancora spalancati ed esprimono pienamente chissà quale immaginabile orrore siano andati incontro, le labbra annerite come more formano una inquietante “o” come per urlare, la pelle è completamente pallida come la neve, il viso è anche segnato da diverse chiazze livide che lasciano intendere che la poverina sia morta da diverse ore.
Jareth strofina una mano guantata sulla mandibola, tentando di mantenere il controllo e di non scivolare in una figura poco rispettabile.
Proprio in quel momento, entrano in scena anche altri membri della corte in quanto richiamati dalle guardie. Tra loro ci sono anche Rastaban, Linaris e Onyx. C’è anche Laryna, quest’ultima non fa che lagnarsi per essere stata svegliata molto presto.
« È inaudito. » la si sente esclamare irritata, man mano che si avvicina « Da quando le principesse vengono svegliate a quest’ora del mattino? » si blocca non i suoi occhi carichi di stizza incontrano il corpo steso per terra, privo di vita.
« Cosa mai è accaduto? » urla dolorosamente e si nasconde il viso dietro il dorso di una mano « Oh, una tragedia! La cerimonia di fidanzamento tra me e il mio re è rovinata! » cade tra le braccia dei servi svenuta.
« Altezza! » grida Linaris, precipitandosi verso di lei spaventata come se fosse sua figlia « Oh, per l’amor del Cielo! »
Jareth, dal canto suo, non presta la minima attenzione verso la futura sposa e sulle sue condizioni.
Al contrario, tale confusione lo fa solo adirare.
« Basta con queste lagne indecenti! » tuona il sidhe « Fate riprendere la principessa, se proprio lo desiderate e cercate di mostrare rispetto verso chi ha appena perduto la vita qui dentro. »
Cala un silenzio imbarazzante e il volto di Linaris si tinge di rosso per il richiamo subito.
Jareth si avvicina alla povera salma, tenta di esaminarla per bene.
« Ci sono testimoni? » chiede al capitano.
« Beh, » balbetta quest’ultimo ancora scosso « i servi che hanno trovato questa povera sciagurata sono già stati interrogati, ma hanno detto di averla trovata già qui quando sono entrati. »
« È vero, maestà. » conferma un goblin, uno dei servi accennati precedentemente. Jareth lo ascolta e lo invita a continuare « Quando siamo arrivati, la porta era ancora chiusa a chiave come ogni mattina. Abbiamo noi la chiave per poter accedere alle cucine. »
Jareth non ha bisogno di fare ulteriori sforzi per capire che i servi non siano coinvolti in questa triste faccenda. La poverina è senza dubbio stata uccisa mediante un’arte magica e i goblin non possiedono arti magiche. Lui è un sidhe e sa riconoscere quando qualcuno cade vittima di una magia o, come in questo caso, di un tragico sortilegio.
Mentre il capitano è intento ad interrogare ognuno tra i presenti per accertarsi di un eventuale coinvolgimento, Jareth si è appena accorto di qualcosa adagiato vicino alla mano della vittima. Si abbassa ancora di più e raccoglie quello che sembra essere un petalo con alcuni segni di appassimento sull’estremità. Lo osserva per bene e sul suo viso si dipinge un’aria scossa, sentendo dentro sé un sussulto.
« Hai trovato qualcosa, maestà? » domanda il capitano che si era voltato verso di lui proprio in quel momento.
Jareth stringe nel pugno il petalo, sfregandolo tra le dita come per disfarsene.
« Niente. » assicura il sidhe, rimettendosi in piedi. È pronto a dare un ordine ben preciso e invita tutti ad ascoltarlo attentamente « Capitano, per il bene del regno dobbiamo immediatamente annunciare l’istituzione di un coprifuoco. »
« Un coprifuoco, maestà? » il capitano inclina la testa in segno interrogativo.
Jareth sta per ribadire, quando Laryna – “miracolosamente” ripresasi dallo svenimento – interviene istantaneamente.
« Come sarebbe? » spalanca gli occhi per la notizia sgradita « Cosa significa tutto questo? Dovremmo forse rinunciare alla nostra cerimonia e violare la tradizione? Questo è oltraggioso! Un insulto al mio regno! Alla corona di re Algol! »
« Mia principessa, » interviene Linaris « capisco perfettamente quanto tu sia sconvolta, ma abbiamo appena visto tutti che tragedia si sia consumata qui, nel castello. »
« Il vostro re » prosegue istericamente Laryna « non ha proprio a cuore il nostro fidanzamento e le nostre nozze! È oltraggioso! Informerò mio padre di questo scandalo, vedremo se qualcun’altro avrà ancora intenzione di violare le tradizioni e... »
Jareth punta lo sguardo verso la principessa.
« Questa notte si è consumato un omicidio all’interno del mio castello, che a breve sarà anche il tuo. Così come anche il regno di Goblin. » si avvicina a passo lento verso di lei « E non sembra che tu stia dimostrando al mio popolo il tuo interesse verso la loro incolumità, principessa. »
Laryna assume un’espressione molto offesa e le labbra le tremano per il nervoso.
Jareth rivolge nuovamente la parola al capitano.
« Riunite tutti i membri del Consiglio nella Sala del Trono, decideremo nel minor tempo possibile come istituire il coprifuoco su tutto il regno. Interrogate tutti coloro che risiedono nel castello, nessuno escluso. »
« Sarà fatto, maestà. » conferma il capitano facendo un solenne inchino.
Jareth, però, non ha ancora finito.
« Capitano, » osserva sia lui sia Laryna « con “nessuno escluso”, intendo “proprio nessuno, nessuno, escluso”. »
Tale ordine incrementa l’offesa della principessa.
« Questo è inammissibile! Sottoporre una principessa ad un interrogatorio? » gli punta contro il dito indice « Re di Goblin, questo è un oltraggio al regno di Dullahan! »
« Lavinia... » risponde Jareth seccato.
« Laryna! » urla la principessa sentendosi insultata, non essendo abituata al fatto che per Jareth sia facile dimenticare i nomi.
« Sì, giusto. » il sidhe scuote la testa per aver pronunciato il nome sbagliato « Non ho nessuna intenzione di oltraggiare il tuo regno. Desidero solo fare tutto il necessario per assicurare che il colpevole vada incontro alla giustizia e che tutti noi possiamo dormire sonni sereni. »
Non appena la principessa si rende disponibile – finalmente - al silenzio, Jareth prosegue con il suo ordine al capitano delle guardie.
« Un’ultima cosa. Se notate che qualcuno, chiunque esso sia, dentro e fuori il castello, possa essere un potenziale sospetto, chiudetelo nelle prigioni. »
« Agli ordini, maestà. » il capitano porta rapidamente e rigidamente la mano destra alla fronte, in segno di rispettoso saluto militare.
Scortato dal capitano, Laryna osserva il sidhe allontanarsi dal posto per dirigersi verso Sala del Trono.
Come ordinato da Jareth, le guardie del capitano iniziano ad interrogare i presenti, inclusi Linaris, Rastaban e Onyx.
Inizialmente, Laryna ignora quando un goblin, una guardia per l’appunto, inizia a farle qualche domanda. La sua mente è fissata con rabbia sull’umiliante trattamento appena subito dal re di Goblin. 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


UNDERGROUND
 
Ignaro di quanto è appena accaduto, Hoggle ha deciso di fare qualcosa per risollevare il morale della sua amica Sarah. Quella mattina, si era presentata con addosso gli abiti nuovi. È stata una sorpresa per lei sapere che non fosse stato Hoggle a procurarglieli.
Ritornando all’argomento precedente, per aiutarla a scacciare via il malessere provato il giorno prima, per quella sera Hoggle ha deciso di organizzare una piccola festicciola in casa sua in compagnia di Ludo, Sir Didymus e del suo canino destriero Ambrogio. Sicuramente, Sarah ne resterà entusiasta. Per aumentare l’effetto sorpresa, quel pomeriggio Hoggle l’aveva accompagnata in un’area del bosco dove era solito trovare delle fate. Questa volta non per spruzzare loro del veleno.
Sarah ricordava alla perfezione che queste dolcissime creature avessero l’abitudine di mordere, ma Hoggle era stato previdente. Le offrì, infatti, un paio di guanti.
Sarah era rimasta affascinata come la prima volta alla vista di quegli esserini volanti, luminose e graziose come piccole farfalline. Con le mani protette dai guanti, poteva tranquillamente afferrarne qualcuna – senza procurare loro nessun male – per avere la soddisfazione di poterle osservare più da vicino. Erano belle, affascinanti, suggestive alla vista.
« Divertiti pure. » le aveva detto Hoggle, dicendole che si sarebbe allontanato. Quando Sarah gli aveva chiesto il perché, Hoggle aveva esitato un momento prima di trovare una scusa adatta « Beh, ho delle urgenti questioni da risolvere e non mi va di farti perdere tempo coinvolgendoti in queste noie. » quando Sarah non sembrava destare nessun sospetto, il nano aveva aggiunto « E poi, starai meglio qui. Ricordo bene quanto a te piacciano le fate. Quindi, rilassati quanto ti pare, ma torna a casa mia per cena prima del tramonto. Sai, i boschi non sono mai belli quando fa buio. »
« Non ti preoccupare. » sorride Sarah mentre tiene tra le mani una fata che emette una luce candida, luccicante come un piccolo fiocco di neve al sole « Conosco la strada. »
« Molto bene. » Hoggle ricambia il sorriso e si allontana con aria esaltata, felice che Sarah abbia creduto alle sue parole « Sarà proprio una bella sorpresa per Sarah. » ripeteva a sé stesso.
 
Come ordinato da Jareth, ogni creatura presente nel regno di Goblin ha l’obbligo di chiudersi nella propria abitazione, casa o tana che sia, prima del calar del sole. La notizia inizia a fare il giro del regno, ma è molto difficile informare tutti gli abitanti in un solo giorno.
Jareth è seduto sul suo trono, nella sala in cui passa le giornate con i suoi goblin, ma non è affatto rilassato. È pensieroso. Questa faccenda di un assassino a piede libero si è rivelata una vera e propria spina del fianco. “Ci mancava solo questa”, starà sicuramente pensando.
È pomeriggio inoltrato, il sole è ancora presente, ma c’è un pensiero che lo preoccupa. Sarah è a conoscenza del coprifuoco? Sa cosa sta succedendo? E se così non fosse?
Di sicuro, dopo quanto è avvenuto tra loro, non è un’idea saggia andarla ad informare di persona. Si ricorda, però, che è ospitata dal nano. Probabilmente, sarà più facile per lui andare a riferire quanto sta accadendo in presenza di Hoggle.
Un solo istante e la figura del sidhe si tramuta in barbagianni. Vola nel cielo rosso, coperto da alcune nuvole violacee. Sfrutta le correnti del cielo per non gravare sulle proprie ali e volare più velocemente.
 
« Vuoi smetterla di ingozzarti? » Hoggle rimprovera il povero Ludo per averlo preso a mangiare la torta da lui preparata apposta per Sarah « Guarda che disastro hai combinato, razza di ingordo! »
Il povero Ludo emette un lamento, dispiaciuto per quanto ha appena combinato. Della torta, infatti, rimane solo metà di essa, presentandosi più che altro come una poltiglia spiaccicata sul vassoio di terracotta.
« Adesso cosa facciamo, me lo spieghi? » lo rimprovera il nano, indicandolo malamente col suo dito grosso come un verrucoso salsicciotto.
Ludo alza la testa e tenta di dire qualcosa, ma la sua statura gigantesca lo porta a picchiare la zucca contro il soffitto. Si porta le grosse zampe sulla zona colpita e Hoggle lo rimprovera nuovamente quando vede del pietrisco cadere dal soffitto.
« Ludo! Stai attento! Così mi distruggerai la casa! »
Ci pensa Sir Didymus a cercare di acquietare la situazione.
« Ordunque, signori. Vi invito ad osservare qualche secondo di silenzio e mantenere un comportamento sano e sobrio. » punta minacciosamente il suo scettro contro Ludo e Hoggle, apostrofando contro di loro « Rimango trasecolato di fronte a tali scontri colmi di inanità. » indica Ludo « Tu, oh mio opimo fratello, vedi di darti un poco di decoro e non pensare solo a rimpinzarti, ti venisse un bene. » adesso indica il nano « E tu, finiscila con la tua pletorica e stolida preoccupazione. Il tuo nervosismo è esiziale per la nostra serenità. » la paternale si rivela inutile quando Didymus trova Ambrogio sopra il tavolo, intento a rubacchiare del cibo.
La confusione non fa che incrementare, le urla e le lamentele echeggiano per la stanza fino a che dei colpi rimbombano contro la porta, facendo cadere nella casa un immediato silenzio.
« Oh, Cielo... » incespica Hoggle « Eccola qua... »
« Sharah... » si entusiasma Ludo.
« Corbezzoli! » esclama Didymus.
Naturalmente, non ritengono saggio fare aspettare la loro amica fuori dall’uscio di casa anche se la sorpresa si sta rivelando un disastro. Alla fine, Hoggle si accinge ad aprire.
« SORPRESA! » urlano tutti in coro, ma sono loro ad avere la vera sorpresa.
Al posto di Sarah, c’è il re di Goblin. Non ha affatto un’aria serena.
« Oh, maestà... » Hoggle, seguito dagli altri, effettua un solenne inchino « Qual buon vento ti porta qui? »
« Dov’è Sarah? » domanda lui come se non avesse tempo da perdere.
« Ehm... la stavamo aspettando, sire. » risponde il nano « Io e i miei amici avevamo pensato di prepararle una... »
« Poche chiacchiere, Fregolo. » lo interrompe il sidhe.
« Hoggle... » balbetta il nano per correggerlo.
« Ti ho chiesto dov’è? » ripete Jareth spazientito.
Appena Hoggle risponde alla domanda, riferendo che Sarah si trovi nel bosco, Jareth lo interrompe nuovamente e lo afferra per il bavero, sollevandolo da terra.
« Che cosa? »
« No, maestà, ti prego... » lo implora Hoggle tentando di divincolarsi, mentre Ludo, Didymus e Ambrogio non possono fare altro che assistere intimoriti.
« Come ti è saltato in mente di lasciarla sola nei boschi? » domanda Jareth a denti stretti « Non lo sapete che è stato instaurato un coprifuoco? Questa notte si è consumato un terribile delitto nel mio castello! » la voce di Jareth si increspa parola dopo parola.
« Non lo sapevamo, sire. » risponde il povero Hoggle.
« Invero, maestà... » Didymus interviene in soccorso del nano « preconizzo che niuno ci ha avvisati di codeste circostanze. Il nostro amico, seppur gaglioffo e sciamannato, è incolpevole di fronte ad ogni incombenza, così come lo siamo ognun di noi ivi presenti. »
« Nessuno vi ha informati? » domanda Jareth stupito.
Come il nano afferma quanto ha detto Didymus, il re di Goblin lascia andare il bavero del nano – in verità, lascia la presa così da far cadere Hoggle rovinosamente per terra.
« Dannazione. » sibila a denti stretti e cerca di mantenere la calma. Scruta il sole rosso come il fuoco e si rende conto di non avere molto tempo « Quanto è distante il luogo in cui si trova Sarah in questo momento? »
« Non molto maestà. » risponde Hoggle mentre cerca di alzarsi da terra « Il bosco è poco più che vicino all’entrata del Labirinto. »  
« E tu l’hai lasciata da sola? » quasi urla il re di Goblin, alterandosi nuovamente. Si trattiene appena si ricorda che non è colpa del nano « Sto perdendo tempo, manca poco al calar del sole. Io vado a riprenderla e... Hoggle... » il nano trema nuovamente non appena sente pronunciare il proprio nome « Semmai dovesse capitarle qualcosa, giuro che... » si blocca di nuovo, dimenticandosi ancora una volta che nessuno di loro era stato informato di quanto era accaduto la notte prima « Niente... »
Il sidhe apre il mantello e ritorna magicamente nella forma di rapace, librandosi nell’aria alla ricerca di Sarah augurandosi di stare esagerando con la propria preoccupazione.
 
L’aria si fa un po’ più fredda e Sarah si rende conto che è meglio tornare a casa di Hoggle. Per quanto si stia divertendo in quel bosco fatato, nel vero senso della parola, non le sembra giusto fare attendere ulteriormente il suo amico che tanto si sta disturbando per lei. Saluta in modo un po’ infantile le fate e, anche se non riceve da loro nessuna risposta, si sente comunque più serena.
Si alza dall’umida erba e inizia ad incamminarsi. Si guarda un po’ intorno, per permettere ai suoi occhi di immagazzinare al meglio nella sua memoria ogni dettaglio di quell’angolo pacifico dell’Underground. Sente una gradevole sensazione di pace e le sue labbra rosate mostrano un piccolo sorriso sereno.
Tale serenità svanisce all’istante quando sente qualcuno afferrarla alle spalle, tappandole la bocca per bloccarle un inevitabile urlo. Sarah, infatti, allarga gli occhi per il terrore e prova a gridare aiuto ma la presa della figura misteriosa è molto forte. Prova a lottare, ma consuma energie. La figura misteriosa inizia a trascinarla con violenza verso un angolo più buio della strada, ma in Sarah prevale l’istinto di sopravvivenza e non ha nessuna intenzione di arrendersi. Tenta anche di calciare e di agitare i pugni, ma si rivela tutto inutile. Il malintenzionato è vestito completamente di nero e ha il volto coperto da un cappuccio del medesimo colore, così intenso che sembra inghiottirgli la faccia nell’oscurità. Continua a premere la bocca di Sarah, la quale è sempre più spaventata. La presa è talmente forte che sembra quasi volerle spezzare il collo, ma non è così che intende finire. Arrivati in un punto in cui il malevolo sconosciuto può sfruttare l’oscurità del bosco, quest’ultimo scaraventa Sarah sul terreno.
« Lasciami andare! » urla lei con quanto fiato ha in gola, non appena lo sconosciuto le libera la bocca.
Un’improvvisa pioggia si abbatte su di loro, come per orchestrare l’evento drammatico. L’oscura figura le salta addosso e la blocca col peso del proprio corpo. Le urla di Sarah si perdono nell’aria, nessuno può sentirla.
La mano sinistra del malintenzionato coperta da un guanto nero, così come anche l’altra mano, afferra i capelli di Sarah in modo da poter avere il pieno controllo del suo viso. Perché è proprio questo ciò a cui punta l’oscura figura: il viso. Le dita della mano destra dello sconosciuto si avvicinano lievemente al volto tremolante e atterrito di Sarah, le piega come per afferrare qualcosa e accade qualcosa. Più piega le falangi, più Sarah sente il suo respiro farsi sempre più breve. La voce si fa sempre più fioca. È come se stesse appassendo. Il breve respiro diventa sempre più breve. Si ferma. Non sente nemmeno più le fredde e grosse gocce di pioggia cadere su di lei, non sente più il peso del corpo dell’oscura figura schiacciarla. I suoi occhi, anche se ancora aperti, iniziano ad annebbiarsi. La mano dello sconosciuto si sta per chiudere a pugno, segno che sta per concludere il suo atto, quando qualcuno lo afferra alle spalle e lo scaglia via dal corpo di Sarah. 
« Lasciala! » urla Jareth appena arrivato sul posto, riprendendo fulmineamente la sua forma naturale. Lo sconosciuto si alza dal terreno divenuto fangoso a causa della pioggia scrosciante, la caduta gli ha fatto perdere il cappuccio ma questo non è sufficiente per mostrare la sua identità. Infatti, il suo volto è interamente coperto – testa compresa – da un’inquietante maschera moretta, conferendogli un aspetto ancora più spaventoso.
Jareth, digrignando i denti, forma tra le mani una sfera e non scolla gli occhi spaiati carichi di ira da quelli del malintenzionato. Non ci vuole molto perché capisca di avere davanti a sé l’assassino di cui tanto si parla. Ed ora, stava tentando di fare del male a Sarah.
« Tu... » sibila « Come hai osato? » senza aspettarsi nessuna risposta, Jareth gli lancia contro la sfera contenente un’energia tale da poterlo immobilizzare. Con grande sorpresa del sidhe, l’oscura figura non schiva il colpo...contrattacca. Blocca il colpo di Jareth e lo guarda con aria minacciosa. Quando Jareth si prepara ad attaccarlo nuovamente, ma l’oscura figura scompare improvvisamente dissolvendosi come nube. Il re di Goblin cade inevitabilmente per terra, tuttavia si rialza all’istante per non essere colto di sorpresa. Si guarda intorno e si accerta che quell’essere oscuro se ne sia realmente andato.
Il sidhe si precipita verso Sarah e la trova distesa per terra, con gli occhi acquamarina ancora spalancati e la bocca semiaperta come la vittima ritrovata quella stessa mattina.
« Sarah... » Jareth la scuote, nel tentativo di ricevere da lei una risposta. Temendo il peggio, Jareth poggia due dita sotto il collo di lei e sente un debolissimo polso. È ancora viva, ma è ben lontana dal considerarsi pericolo.
Prendendola in braccio e, ricorrendo alla magia, la conduce al sicuro nel suo castello.
 
Incurante delle voci che potrebbero generarsi nelle mura della fortezza, Jareth ha offerto a Sarah una stanza in modo che possa ricevere le cure adeguate.
I pettegolezzi e le chiacchiere gli scivolavano di dosso, dando maggiore importanza all’incolumità di Sarah, la quale a sua volta è adagiata su di un caldo e grande letto sotto le cure di alcuni dei più illustri medici della corte. È stato Jareth in persona a farli convocare e questi erano accorsi a tempo debito.
Il sovrano del Labirinto non ha lasciato la stanza in nessun momento, vuole assistere di persona ai tentativi dei dottori di salvare la vita alla giovane donna. Tra i medici ci sono due sidhe, uno di sesso femminile e uno maschile, due goblin maschi anziani e una femmina un po’ in là con l’età. Tutti loro sono arrivati ad una sola conclusione: Sarah sta morendo a causa di un incantesimo che induce la vittima ad appassire come una pianta e, di conseguenza, deve essere guarita con uno speciale infuso a base di fiori dalle proprietà curative. Solo quando Jareth ne sente la nomenclatura decide di lasciare la stanza, precipitandosi immediatamente verso la serra dello zio Rastaban. Ha passato diversi anni con lui e con la sua passione verso le rose e ha imparato a saperle riconoscere. Sa quanto non sia rispettoso irrompere nella serra privata dello zio, ma ritiene tale azione necessaria. Si farà perdonare e, in ogni caso, sente dentro sé che Rastaban lo capirebbe.
Entrato nella serra, Jareth raccoglie una rosa rossa floribunda per creare la rugiada del corpo, una bianca avalanche per distillarne la virtù dell’anima e, infine, petali di rosa bifera per ottenere la carezza della vita.
Torna più veloce che può nella stanza di Sarah, dove i medici lo attendono con impazienza. Senza perdere altro tempo prezioso, i medici iniziano a ricavare dalle linfe dei petali l’infuso che aiuterà Sarah a salvarsi dalla morte. La goblin afferra dalla sua valigetta un contagocce per intrappolarne all’interno la linfa ottenuta. Si avvicina a Sarah e ne versa due gocce alla volta nei punti interessati nel rispettivo ordine. Due all’occhio destro, due su quello sinistro e, alla fine, due all’interno della bocca. Con estrema lentezza, gli occhi e le labbra di Sarah si chiudono e pian piano riprende a respirare.
Aspettano.
Jareth si inarca verso di lei, facendosi largo tra i medici.
« Perché non si sta riprendendo? » chiede impazientemente.
« Maestà, » spiega uno dei goblin anziani « la paziente è un essere umano: questo rallenterà ulteriormente la guarigione. »  
« Ciò è dovuto al fatto » aggiunge la goblin « che gli abitanti dell’Aboverground sono molto più fragili di noi. Senza contare che sia stata colpita da una magia molto potente. »
« Mi permetto di ammettere » interviene uno dei sidhe « quanto io sia sorpreso che questa umana sia ancora viva. »
« Ma guarirà? » domanda Jareth con un’espressione irrigidita.
« L’infuso è molto efficace, » spiega il secondo goblin anziano « ma come hanno illustrato i miei colleghi, la paziente è un essere umano e non possiamo essere sicuri di poter garantire una risposta positiva. »
« Abbiamo fatto tutto ciò che è in nostro potere. » conferma la sidhe « Non possiamo fare altro che aspettare. »
Il re di Goblin stringe saldamente i pugni, mentre il suo volto tenta di nascondere una smorfia di angoscia.
« Per il momento, lasciamola riposare. » conclude il medico sidhe, mentre si accinge a conservare i suoi attrezzi come i suoi colleghi « Saremo sempre pronti ad intervenire, sire. » assicura prima di uscire dalla stanza insieme altri medici, subito dopo aver ricevuto un frettoloso e meritato ringraziamento dal loro re.
Rimasto nuovamente solo all’interno della stanza in cui dorme Sarah, Jareth pone a sé stesso delle domande mentre la contempla. Cosa mai lo sta spingendo a preoccuparsi così tanto per lei? Perché è accorso ad aiutarla? Cosa sente, nel profondo, nei suoi confronti?
Non hai che da temermi, amarmi, fare ciò che io ti dico ed io diventerò il tuo schiavo.
Erano state le supplichevoli parole uscite dalle sue labbra, stremate per l’incapacità di Sarah di riuscire a capire quanto egli sia stato generoso con lei. Una generosità confusa che Sarah orgogliosamente rifiutava di comprendere. Entrambi si erano comportati reciprocamente in modo crudele, eppure Jareth era lì, ad aspettarsi da Sarah un segno di convalescenza.
Aspetta. La osserva senza un’effettiva espressione. Si avvicina per guardarla meglio.
Un momento di silenzio, tuttavia, interrotto da un improvviso rumore che distrugge una situazione molto delicata.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


UNDERGROUND
 
Il rintronante rumore di passi causato da grossi tacchi femminili si fanno sempre più contigui. Il fragoroso rumore della porta che si apre come se fosse stata spaccata coglie di sorpresa il sovrano del Labirinto, il quale si volta verso di essa. Si ritrova a pochi passi da lui una furibonda Laryna, piombata fin lì dopo aver sentito che Jareth ha portato Sarah nel castello. In sua compagnia, c’è Linaris.
La posa indifferente e arrogante del re di Goblin non fa altro che ingrossare l’agitazione della principessa.
« Che cos’è questa storia? » chiede lei stizzita, con le mani appoggiate ai fianchi.
« Nessuno ti ha autorizzata ad entrare qui dentro. » è l’unica risposta di Jareth, il quale successivamente lancia un’occhiata pugnalante a Linaris, scocciandosi all’idea che quest’ultima si sia presa l’abitudine di comportarsi da ruffiana nei confronti della principessa.
« Cosa ci fa quella sporca umana nel castello? » protesta con isteria Laryna, ignorando le parole pronunciate poco prima dal sidhe.
« Mia principessa, » si intromette Linaris « non è il caso di prendersela in questo modo. » c’è qualcosa nella sua voce che a Jareth non piace affatto e, successivamente, si accorge di avere ragione « Evidentemente, il nostro re è molto testardo e non ha capito la lezione che avevo deciso di dargli la scorsa mattina. » Linaris si guarda intorno, come per perlustrare la camera « Vedi, mia principessa, devi sapere che mio nipote è sempre stato un tipo “ribelle”, anche se devo dire che questa volta ha superato sé stesso. Offrire proprio a quell’umana questa stanza. La più elegante. La più invidiata tra tutte. » si rivolge a Jareth « Non è forse la stanza della tua defunta madre, Jareth? Della compianta regina? »
Jareth vede l’ira farsi strada negli occhi di Laryna e, per quanto la lingua biforcuta di Linaris lo stia irritando, ha un’altra carta da giocare. Per far capire chi è chi comanda, il re di Goblin non resiste alla tentazione di stuzzicare la principessa.
« Sì, Linaris. Hai proprio ragione. » incrocia le braccia ed effettua un sorriso beffardo. Tale gesto e tale risposta, entrambe cariche di sbeffeggiatura, colgono Linaris di sorpresa. Non se lo aspettava affatto. Accortosi che la sua tattica stia funzionando, Jareth alza la posta quando vede Laryna tremare dalla rabbia « Una così bella signora » dice volgendo lo sguardo verso Sarah « come minimo, merita di riposare all’interno della stanza che renda giustizia alla sua insuperabile bellezza. »
A quelle parole, Laryna non ci vede più e inizia a battere rumorosamente un piede sul pavimento, come fa ogni volta quando sta per avere una crisi isterica.
« Jareth! » gli urla « Insulso e debole sovrano! Non accetterò una sola parola di più! In un solo giorno mi hai offerto un affronto dietro l’altro! Oggi stesso riferirò a ogni cosa a mio padre! Farò in modo che si renda conto a chi mi stia affidando! Quale sovrano degno del suo sangue reale passerebbe il suo tempo, anche per gioco, con dei sudici, luridi, schifosi esseri umani? »
Con grandissimo stupore di Linaris e di Laryna, Jareth si avventa come un fulmine sulla principessa. L’ha afferrata per il collo e le sta puntando i suoi occhi spaiati carichi di collera.
« Sai benissimo chi era mio padre, principessa. » sibila il re di Goblin, aumentando la stretta « Sono pur sempre suo figlio e oltre al suo regno, chissà, potrei anche aver ereditato da lui anche il suo carattere. »
« Non oseresti. » lo sfida Laryna con voce soffocata, fissando malamente il sovrano del Labirinto « Tu non sei mai stato degno del sangue di tuo padre. »
Jareth stringe ancora la presa e la principessa emetto un sussulto.
« Tu dici? » sogghigna lui a denti stretti « Vediamo se hai ragione. »
Linaris si mette in mezzo ai due, correndo in soccorso della principessa.
« Jareth... Maestà... » biascica Linaris appoggiando una scheletrica mano sul braccio di Jareth, teso e rigido per la contrazione « Per il Buon Cielo, non peggiorare la situazione. Dimentichiamo l’accaduto. »
Jareth la ignora completamente, ma ha un sussulto quando Laryna gli lancia uno sguardo privo di sofferenza. Infatti, la principessa gli sta offrendo un sorriso maligno e sembra che la stretta al collo non le procuri tanto dolore. Non appena le sue labbra mostrano i denti per effettuare un velenoso ghigno, Jareth la lascia finalmente andare.
« Lo sapevo. » ridacchia Laryna, sistemandosi smorfiosamente i ricci capelli rosso carota « Non ne hai il coraggio. Anche se, a dirla tutta, hai ampiamente dimostrato di somigliare al re Aristos. Era tipico suo, dopotutto, alzare le mani alla sua regina. » il suo volto si carica di soddisfazione quando vede Jareth indietreggiare di un passo, nonostante mantenga il proprio controllo « Bada, però, che io non mi faccio mettere i piedi come faceva quella remissiva di tua madre. »
Questo è decisamente troppo da sopportare, anche per uno come Jareth. Le sue mani coperte dai guanti si stringono in solidissimi pugni, tremando per la forte collera. Non cede, però, nella provocazione e tira giù lievemente un sospiro.
« Andate via da questa stanza. » ordina solamente, con voce lenta e profonda come un’oscura minaccia.
« Oh, poverino. » Laryna continua a sghignazzare con il suo solito fare da principessina viziata « Il re di Goblin si è offeso? Non ti preoccupare, ti lascio solo con quella sporca umana. » la sua voce si incrina e, successivamente, si dirige verso la porta per allontanarsi il più presto possibile.
Linaris, che la segue come un cagnolino, tenta di chiamarla e di tentare di farla ragionare.
« Linaris. » quando sono sufficientemente lontane, Laryna risponde alla chiamata della sidhe « Io non voglio più avere niente a che fare con quel mollusco di tuo nipote. » si agita biliosamente e con voce stridula « E non mi preoccupo affatto di definire così il tuo re, piuttosto mi preoccupa il fatto di dover regnare al suo fianco. Basta così! Le nozze sono annullate e tutti voi potrete dire addio ad ogni alleanza. Ci penserà mio padre a darvi una bella lezione per ogni oltraggio che il tuo re mi ha fatto passare. »
Linaris non si perde d’animo ed è disposta a tutto pur di farle cambiare idea, tutto c’è in gioco. Non può permettere che le alleanze con il più grande e temuto sovrano dell’intero Underground vengano distrutte per colpa di Jareth, non ora, soprattutto, che sta entrando nelle grazie della principessa. Mantenendo una calma glaciale, Linaris ha diverse carte da giocare per far tornare Laryna alla ragione e punta su tutto ciò che la principessa ha di più caro. La smodata altezzosità.
« Mia principessa, » le dice con un’intonazione di una buona madre, un timbro vocale che non ha mai usato nemmeno per Onyx « come puoi solo pensare di lasciare questo regno proprio ora che tutti gli abitanti si sono affezionati a te? »
« Se ne faranno una ragione. » risponde Laryna acidamente.
« Non credo proprio, lo sai? » prosegue Linaris con smielata furbizia « Non esiste principessa in tutto l’Underground degna di questo regno. Pendono ormai tutti dalle tue labbra, si aspettano grandi cose da una futura regina come te. » si inchina a lei, genuflettendosi nella maniera più solenne che sa compiere « Io mi inchino a te, di fronte alla mia futura regina. Parlo a nome di tutto il regno se ti dico che ci coprirai di grande onore quando salirai al trono. »
Laryna la guarda boriosamente, alzando il mento verso l’alto. Riflette bene sulle parole dette da Linaris.
« Se quanto mi hai appena detto corrisponde al vero, » dice la principessa « in questo caso possiamo trovare un’altra soluzione. »
Linaris la guarda senza capire inizialmente dove la principessa voglia arrivare.
« Il tuo re » spiega Laryna « è decisamente inadatto per questo regno e credo che vi abbia già comportato diversi scandali, per cui farò in modo di risolvere tutto quanto. Le nozze si effettueranno, ma ci sarà Onyx al posto di Jareth. »
« Cosa? » Linaris non crede alle sue orecchie « Ma... mia principessa... Onyx? Mio figlio? Ma come pensi di poter fare? Io non... »
Laryna sfiora la fronte di Linaris, in segno di superiorità.
« Onyx è adatto a regnare più di quanto pensi, ma prima... » le offre la mano davanti al volto « Voglio sapere se sarai disposta ad offrirmi tutta la tua lealtà, Linaris. Mostrati leale verso la tua futura regina a qualunque costo ed io ti coprirò di ogni possibile gloria, a partire da adesso. »
Linaris non perde tempo a baciare la mano della principessa e, con quello che resta del suo rinsecchito cuore annerito dall’egoismo snaturato, porta addirittura la medesima mano al proprio volto.
« Oh, mia principessa, mia futura regina. » inizia a tempestarla di parole colme di gratitudine « Con l’onore di cui mi stai offrendo, io giuro solennemente di fare tutto ciò che mi dirai. »
« Molto bene. » Laryna la invita ad alzarsi « A partire da adesso, tu sarai ufficialmente la mia dama di compagnia. »
« Mia principessa, io non so cosa dire di fronte a tutto questo... » esprime Linaris recitando un tono di commozione.
« Devi giurare » sorride superbamente Laryna « che da adesso in poi obbedirai solo ai miei ordini. Da questo momento in avanti, devi dimenticare che Jareth è il re di Goblin. »
« Lo giuro solennemente, mia principessa. » dichiara solennemente Linaris, pregustando tutta la soddisfazione e tutta la gloria a cui andrà incontro. Tutte gli onori a cui ha aspirato per tutti questi anni, sembrano finalmente prendere forma.
 
Con il nervosismo che picchia dentro di sé come per essere sfogato via da un momento all’altro, Jareth respira profondamente e lotta con tutte le sue forze per non perdere il controllo delle proprie emozioni. Laryna è un’isterica viziata, ripete a sé stesso, non merita tutta questa importanza.
La vera importanza la merita Sarah che, in quel preciso istante, si è svegliata. La testa è in preda a forti capogiri come i postumi di un’ubriacatura, il suo corpo è molto debole e le risulta difficile persino muovere le braccia. Portare la mano alla fronte le sembra un’impresa molto faticosa.
« Cos’è... ? » biascica lei, tentando di focalizzare « Cos’è successo? »
« Ti sei destata, finalmente. » una voce maschile lontana da lei le risuona nelle orecchie come se si trovasse dentro una bolla.
Sarah non risponde e rimane sdraiata sul letto, con la testa sul cuscino e gli occhi stremati.
« Dove mi trovo? » domanda lei debolmente e continuando a massaggiarsi una tempia.
« Sei nel mio castello, al sicuro. » risponde la voce.
Sarah intravede una sagoma a lei molto conosciuta, strizza gli occhi per mettere a fuoco la vista. Riesce finalmente a vedere le fattezze del re di Goblin e sente uno scatto dentro di sé.
« Cosa ci faccio qui? » chiede Sarah, alzando di poco la voce ed esprimendo orgogliosamente il suo disappunto « E perché mi hai portata qui? »
« Ti ho salvato la vita, Sarah. » Jareth è incredulo di fronte a tanta ingratitudine, ma del resto doveva aspettarsi una reazione simile « Hai rischiato di morire, ti ho soccorso in tempo e ti ho offerto le migliori cure di cui avevi bisogno. » la sua arroganza gli fa dimenticare che Sarah si sia appena ripresa « E tu pensi di ripagarmi in questo modo? » sospira, cercando di calmarsi « Lo so perfettamente che la mia presenza non ti è gradita, ma un solo “grazie” sarebbe più che sufficiente. »
Sarah volta gli occhi verso un’altra direzione e realizza la veridicità del sidhe. Non lo sopporta, lo ammette, ma prende in considerazione quanto le ha appena detto.
Mette da parte il proprio orgoglio e si decide ad assumere un atteggiamento diverso. Un flebile “grazie” esce dalle sue labbra.
« Non sarebbe meglio » continua Sarah « se mi portassi da Hoggle? Starà in pensiero in questo momento. »
Jareth si siede ai piedi del letto e raccoglie le parole adatte da usare.
« Colui che ti ha aggredita è uno squilibrato che ha già mietuto una vittima nel mio castello questa mattina, ma puoi stare tranquilla: tutti i residenti sono stati interrogati e nessuno è coinvolto. Per evitare ulteriori perdite, abbiamo stabilito un coprifuoco su tutto il regno e tutti sono obbligati a rispettarlo. Tornerai da Hoggle non appena ti ristabilirai del tutto, se è questo ciò che desideri. »
« Beh... » Sarah tenta di mettersi a sedere e accetta quando Jareth le offre il suo aiuto con discrezione « In ogni caso, non voglio causare problemi tra te e alla tua fidanzata, Jareth. »
Il re di Goblin sorride beffardamente.
« Pensa semmai a rimetterti in forze, Sarah. Non devi in nessun modo offrire la tua preoccupazione a chi ti ha riservato solo umiliazioni. »
Jareth realizza che l’umiltà di Sarah è piazzata proprio bene. Non vuole, tuttavia, sentire nominare il nome della principessa per un po’. Soprattutto in questo preciso momento.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


 UNDERGROUND

È ancora sera, ma Rastaban non conosce il senso del tempo quando si tratta di prendersi cura delle sue amate rose. Appena entra, però, si accorge che qualcuno sia già entrato prima di lui. Sente uno scossone dentro di sé, non permette mai a nessuno di accedervi senza il suo permesso. Solo Linaris ne fa irruzione e, quando accade, Rastaban è sempre costretto a tacere. Perlustra la serra angolo per angolo, fiore per fiore, per sincerarsi che non sia accaduto niente. Si accorge, infatti, che mancano all’appello diverse rose su ogni cespuglio, su ogni rampicante, mostrando segni di taglio veloce e non curato. Ad altre sono state addirittura strappati via i petali senza nessuna delicatezza.
Le carezza come se si trovasse davanti delle bambine ferite e, come un amorevole padre, ci mette molto poco per restituire loro la cura per farle riprendere. Una dolce affettuosità su ognuna di loro e le rose riprendono subito vita.
Si riprendono, ma Rastaban non ha il tempo per tornare sereno.
 
« Ti voglio promettere, Sarah, » giura Jareth a Sarah mentre continua a guardarla seduta « che farò tutto ciò che è in mio potere per fermare quell’essere ripugnante. » una piccola pausa « La prossima volta che me lo ritroverò davanti, potrà già considerarsi penzolante nell’area più disgustosa della Gora dell’Eterno Fetore. »
Sarah effettua un sorriso lieve all’idea che possa esserci un’area nella Gora dove l’olezzo sia più concentrato, considerando il fatto che per lei il terribile odore di quel posto sia del tutto uguale.
Jareth si alza dal materasso e le mostra il suo tipico sorriso burlone.
« Ah, allora sai sorridere davanti a me. » le dice, permettendo di non averla mai vista sorridere con sincera serenità per lui.
Sarah si ricompone e non risponde, scrollandosi le spalle. Jareth si allontana e si avvicina alla finestra, intrecciando le braccia e osservando la luna.
« Quanto tempo è passato dall’ultima volta, Sarah? » chiede lui, guardando il riflesso di lei sul vetro della finestra « Tre anni? Cinque? Forse dieci? »
« È passato molto tempo. » risponde Sarah, mentre lo osserva.
« Eppure, » aggiunge lui senza voltarsi « il tempo è stato piuttosto generoso con te. Eri così acerba la prima volta che i nostri destini si sono incrociati e gli anni ti hanno trasformato in una bellissima donna. »
« Tu non sei cambiato affatto. » afferma lei, scostando lo sguardo dalla figura del re di Goblin.
« Oh, questo è ciò che pensi tu, mia preziosa. » il sorriso beffardo si allarga.
« Come mi hai chiamata? » Sarah si gira nuovamente di scatto verso di lui e ha il tempo di vederlo voltarsi nella direzione di lei.
« Come puoi vedere, il tempo non mi ha sfiorato affatto. Né nel mio aspetto... » si avvicina verso Sarah a piccoli passi, parola dopo parola, fino a che non è molto vicino a lei e, in quel momento, fa apparire nel palmo della propria mano guantata una sfera « ... né in ciò che ho sentito per te, né sulla mia scelta di offrirti i tuoi sogni. »
Sarah guarda alternativamente Jareth e la sfera. Sono entrambi molto vicini a lei, forse troppo.
« Nonostante tutto quello che è accaduto, » si esprime lei « mi hai salvato la vita e hai rischiato la tua per me. » Jareth la ascolta con attenzione, dischiudendo le labbra e strizzando di poco gli occhi, come fa spesso quando è un po’ teso « Credo che questo possa anche bastare per cancellare ogni rancore che ho provato dopo la sfida delle tredici ore. »
Le spalle di Jareth si abbassano in segno di rilassamento.
« Allora, » le domanda il sidhe « sei disposta ad accettare le scuse di un re? » le porge la sfera « E i sogni che voglio offrire solo a te? »
Sarah si sente come rapita da quello sguardo di sinistro fascino, ma pieno di sincerità. Sente che, nel profondo, c’è qualcosa di diverso in lui. Rimane un attimo in silenzio per raccogliere le idee. Riflettendo, il re di Goblin le sta chiedendo umilmente scusa.
« Dopo quanto hai appena fatto per me, » dice infine « il minimo che io possa fare è accettare le tue scuse. » si ferma ancora prima di rispondere alla seconda domanda « Ma per i miei sogni, re di Goblin... non vedo come possa essere possibile. »
« “Jareth” per te, mia preziosa. » la corregge lui « E cos’è che non ti aiuta a credere che mi sia possibile offrirti quanto io voglia darti? »
« Dovrai sposarti. » dice lei tassativamente « Queste cose non si fanno... né nel mio mondo, né nel tuo, suppongo. Fatto sta che io sono una persona molto seria e non si fanno questo genere di... »
Jareth le blocca le parole appoggiando due dita sulle labbra di lei.
« Sarah... » interviene lui, avvicinandosi a lei lentamente « Non dare per scontato che queste nozze siano frutto di due amori intrecciati. » le libera le labbra « Sono il re di Goblin, posso dare il via ad un matrimonio come posso anche scioglierlo se non voglio condividere la mia vita con qualcuna che non sia degna del mio regno e dei miei sentimenti. »
« Ma... »
« Non aggiungere nient’altro. » si siede e si avvicina sempre di più « Dimmi la verità, Sarah. Non l’hai ancora capito, non è vero? » piccola pausa, mentre i due si osservano dritti negli occhi « La principessa di Dullahan non è lontanamente meritevole di tutto questo. Al contrario di quanto lo sia sempre stata tu. »
« Re di Goblin... » sussurra lei e Jareth le appoggia di nuovo un indice guantato sulle labbra, invitandola dolcemente al silenzio.
« Shhhh... » sussurra il sidhe, avvicinandosi ancora di più.
I respiri dei due si incontrano e Jareth riesce, finalmente, a posare le labbra su quelle di Sarah. Un bacio molto soffice e leggero, come per chiedere il permesso di effettuare definitivamente tale azione. Un altro per averne la conferma. La terza volta, le labbra del sidhe sono un po’ più decise e pressano con delicatezza su quelle di lei, schioccando un dolce suono. Resosi conto che Sarah stia accettando, Jareth le dona un bacio vero, uno di quelli per farle capire cosa abbia provato per lei per tutto quel momento. Per tutto il tempo trascorso dal loro primo incontro.
La mano guantata del re di Goblin si fa strada sul volto di lei, aumentando l’intensità del bacio ma rimanendo fedele alla delicatezza. Quando il bacio termina, i due si osservano sentitamente.
« Jareth... » sussurra lei sussultando « Sei sicuro che sia possibile? »
« Non c’è niente che non possa esserlo. » le sorride lui « Per te, questo ed altro ancora. » mette in mezzo tra loro la mano con la quale regge la sfera « Accetti, mia preziosa? »
Sarah non stacca lo sguardo dagli occhi spaiati del sovrano del Labirinto.
« Sì... » risponde lei.
Sorridendo come suo solito, Jareth lancia delicatamente la sfera sopra entrambi. In questo modo, entrambi si ritrovano privi dei propri indumenti.
Inizialmente, Sarah è un po’ timorosa e tenta di scacciare via ogni preoccupazione respirando profondamente. Jareth, nudo come lei, le afferra il viso tra mani.
« Sei splendida. » le assicura ammaliato, per poi regalarle un bacio sulla guancia. Passa lentamente sul collo di lei e inizia a tempestarlo di piccoli e lenti baci, schioccandone in modo ardente per farla incantare.
Sarah le offre il collo senza tirarsi indietro, preme le proprie mani sulla schiena del sidhe per invitarlo a non fermarsi e andare oltre. Molto oltre. Sentendosi libero di procedere, Jareth la adagia gentilmente sulla morbida superficie e la raggiunge sotto le lenzuola. I biondi capelli sfiorano le guance della giovane donna, procurandole un lieve solletico.
Carezzandole nuovamente il viso e dopo averle baciato la fronte, Jareth le chiede lo speciale permesso. Sarah annuisce, sentendosi pronta ad accogliere il re di Goblin.
Una prima e lieve spinta parte dal sidhe e in un solo istante i due si appartengono. Un flebile gemito nasce dalle labbra di Sarah e Jareth la accompagna nel respiro che si fa sempre più veloce e palpitante. Respirano insieme mentre le loro braccia si avvolgono, il ventre di entrambi si intrecciano in un’umida unione.
Jareth la sente. Sente il proprio cuore scoppiare dentro il proprio petto e gli pare di sentire anche quello della sua preziosa Sarah. Le loro labbra si incontrano ancora una volta, soffocando i gemiti creati da sensazioni di pura e incandescente intensità. Continuano fino a che l’estasi si fa strada in loro, nei loro corpi e nei loro sentimenti che li ha resi uniti. Jareth è più che sicuro, ora più che mai, di trovarsi insieme alla sua vera regina. Appoggia il proprio volto sul caldo petto di Sarah, sentendone il canto del cuore. Lei lo accoglie nuovamente, mentre il suo respiro si fa lentamente sempre più regolare.
Nessun problema oltre quelle mura li può toccare.
 
Il sole è sorto da un paio d’ore quando Jareth ha lasciato la stanza di Sarah.
In cuor suo, intuiva che Sarah non si sarebbe sentita a suo agio non trovandolo accanto a lei una volta sveglia, per cui si ripromette di non fare molto tardi e di ritornare da lei in tempo.
Si è diretto in un’area del castello ritenuta molto importante per lui, a pochi metri dalla serra dello zio Rastaban. Già, lo zio Rastaban.
Come pensava, lo trova proprio lì. Come ogni mattina, è lì dentro per curarne i suoi fiori e Jareth si avvicina a lui per scusarsi di essere entrato lì dentro la sera prima senza permesso.
Jareth si sorprende quando Rastaban gli confida di aver trovato gran parte delle rose strappate via.
« Ho solo preso tre rose per creare un infuso per salvare la vita di Sarah. » spiega Jareth.
« Sarah? » domanda Rastaban, non trovando inizialmente familiarità in quel nome « Ti riferisci all’umana di cui si è tanto parlato? »
« Sì. » conferma il re di Goblin e continua a spiegare quanto ha fatto la sera precedente « Era stata aggredita dallo stesso balordo che ha ucciso la serva nelle cucine. Come dicevo, i dottori mi avevano detto che servivano una rosa rossa floribunda, una bianca avalanche e un pugno di petali di rosa bifera per salvarle la vita. So che avrei dovuto chiederti il permesso, ma era molto urgente. Tuttavia, non ero a conoscenza di ciò che è stato fatto alle tue rose. »
« Nel tuo caso, » aggiunge lo zio con sincera approvazione « hai fatto bene ad entrare. Il sacrificio delle rose, quantomeno, è servito per creare un salvavita per quella povera fanciulla. » la sua voce assume un’espressione triste quando ritorna a parlare delle sue rose « Jareth, dimmi. Quando eri entrato, in che condizioni avevi trovato le mie rose? »
« Beh, » Jareth ci riflette su « andavo di fretta, ma a occhio e croce mi è sembrato che tutto fosse al suo posto. »
Se Jareth dice il vero, a questo punto, i due pensano che chiunque si sia permesso di commettere un gesto tanto vigliacco lo abbia fatto dopo che il re di Goblin sia entrato nella serra per prendere le tre rose necessarie per l’infuso.
« Ciò che importa » aggiunge docilmente Rastaban « è che la tua amica umana adesso stia bene. »
È la prima volta che Jareth sente qualcuno della sua specie rivolgersi a Sarah in quel modo così gentile.
« Se mi permetti, » continua lo zio offrendogli una rosa rosata, appoggiandogliela all’interno della tasca della camicia « sei legato in qualche modo a lei? »
« Che vuoi dire? » Jareth indietreggia con il busto.
« Non si salva la vita ad un essere umano con così tanta premura senza sentire qualcosa di palpitante nel proprio animo. » gli sorride con garbo « Sono sicuro che tua madre sarebbe molto fiera di te. »
Quelle parole donano a Jareth un’energia positiva che gli permettono di sorridere con estrema sincerità.
Un solo sorriso è sufficiente per far comprendere a Rastaban che quanto ha detto corrisponda a verità.  

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


UNDERGROUND
 
Chiarita - anche se non del tutto – la faccenda della serra con lo zio Rastaban, Jareth si incammina verso l’interno del castello. Ha in mente di fare qualcosa di importante.
Sarebbe molto fiabesco poter dire che Jareth sia arrivato in tempo per assistere al risveglio di Sarah, la quale a sua volta potrebbe buttarsi tra le sue braccia come una principessa delle favole. Ma questa storia non prevede un momento troppo scontato, seppur magicamente romantico.
Quella mattina, infatti, Sarah si è svegliata da sola e Jareth non è riuscito a mantenere la promessa fatta a sé stesso. Il lato positivo di quella solitaria mattinata è che Sarah si sente molto bene, sembra essersi ripresa del tutto. Effettua i movimenti più semplici senza nessuna difficoltà, non sente nemmeno i postumi della brutta esperienza vissuta. Non appena appoggia i piedi sul pavimento, sente accanto ad un di essi il contatto di qualcosa di leggero e un po’ freddo. Una piccola sfera, infatti, è appena rotolata vicino a lei e Sarah la raccoglie. In un secondo, la sfera si tramuta in un piccolo foglio di pergamena con all’interno un messaggio.
 
"Raggiungimi nei giardini del castello.
Ti accompagnerà Rastaban.
Jareth."
 
Sarah si massaggia una tempia, chiedendosi cos’abbia in mente Jareth. Non sapendo quando il citato Rastaban possa arrivare, si accinge a prepararsi il prima possibile. Pochi minuti ed è pronta e, appena in tempo, qualcuno sta bussando gentilmente alla porta.
Sarah si appresta ad aprire e, come le ha scritto Jareth, si ritrova davanti Rastaban.
« Buongiorno, milady. » la saluta lui educatamente e Sarah ne ricambia il saluto « Mi manda mio nipote Jareth, come ben saprai. Spero che tu sia pronta. » Sarah annuisce, ma Rastaban ha qualcosa da chiederle « So che non è educato da domandare ad una signorina, ma devo chiederti il permesso di entrare. Desidererei solo parlarti di qualcosa di importante, ti prometto che non ci vorrà molto. »  
Sarah lo accoglie nella stanza, in fin dei conti quel sidhe dall’aspetto avanzato negli anni le sta dando una buona impressione. In fondo, si è rivolto a lei chiamandola “milady” ed è il primo tra i simili di Jareth, dopo quest’ultimo, che si rivolge a lei con modi molto gentili ed educati.
« C’è una cosa che desidero che tu sappia, mia cara ragazza. » inizia Rastaban « Per tutti questi anni, solo in due momenti ho visto mio nipote Jareth così felice. La prima volta è stata quando ti ha trasportata nel Labirinto, diversi anni fa. Nonostante fosse divertito nel vederti sconfortata di fronte alle diverse difficoltà a cui eri sottoposta, benché non lo desse a vedere, Jareth si preoccupava molto perché tu non ti facessi male. Potevo vederlo, infatti, quanto fosse lieto di vederti danzare con lui. Come ti guardasse. » Sarah intuisce che Rastaban stia alludendo al momento in cui Jareth l’abbia avvelenata, trascinandola nella grande sala da ballo in cui aveva infine preso a danzare con lui. Capisce, quindi, che quel giorno tra i presenti ci sia stato anche Rastaban stesso.
« La seconda volta... » continua lo zio del re di Goblin « ... beh... è proprio adesso. Non posso nasconderti, che in questi ultimi giorni, lo abbia visto trascorrere le giornate con la tristezza negli occhi all’idea di sposare la principessa di Dullahan. Stamane, tuttavia, ho visto sul suo viso una gioia che non vedevo da diverso tempo. Più della prima volta di cui ti ho parlato poc’anzi. Credo proprio di non averlo mai visto così... sereno. »
Sarah è stupita dalle parole dello zio del re di Goblin e non sa cosa dire. Rastaban se ne accorge.
« Non è necessario che tu mi risponda, cara ragazza. » il sidhe mette gentilmente il palmo della mano davanti a lei, in segno di stop « Ti chiedo solo un favore. Fai sì che mio nipote continui questo periodo di serenità. Se lo merita dopo tutto quello che ha passato. Sono convinto che se tu gli offrirai la felicità nel cuore, Jareth non si farà scrupoli ad offrirti molto di più. »
Sarah annuisce regalando a Rastaban un sorriso, mentre le sue guance si imporporano per la bellissima sensazione che sta provando dopo averlo ascoltato.
« Andiamo adesso. » Rastaban le offre il braccio per accompagnarla come un gentiluomo accompagna una signora « Mio nipote ti sta aspettando. »
Sarah accetta il galante gesto e i due proseguono a braccetto verso i giardini del castello.
 
Raggiunta la destinazione, Rastaban indica a Sarah dove dirigersi per incontrare Jareth. La lascia sola e va per la sua strada. Più che un giardino, pensa la giovane donna, sembra un’aperta e curatissima campagna. Un verde spazio aperto tipico di una reggia, maestosa come quella delle residenze europee di un tempo. Sarah si guarda intorno, perdendosi nella suggestiva area e la messa a dimora delle piante che si ergono maestosamente, insieme alle dettagliate e meravigliose fontane rappresentate da statue di ninfe e divine figure femminili, dalle forme delicate e graziate. Più avanza e più Sarah rimane affascinata dal ritmo compositivo dell’alternarsi di fontane, bacini d’acqua, prati e piccole cascate. Continuando a camminare, si ritrova davanti ad una vasta aiuola separata da un viale centrale che conduce fino al punto in cui Rastaban le ha indicato per trovare Jareth, costeggiata da boschetti di ceanothus e corniole giapponesi, disposti simmetricamente a formare una scena teatrale naturale semicircolare. Proprio lì, al centro del “teatro” c’è il re di Goblin. È di schiena. Sarah lo chiama per nome e lo raggiunge.
Una volta ricomposti, Jareth indica a Sarah una pietra sepolcrale collocata di fronte a loro. Il motivo principale per il quale le ha chiesto di raggiungerlo proprio lì. Sulla lapide è stata scolpita una statua di marmo ad altezza naturale, raffigurante le fattezze dettagliate di una sidhe con una corona che le cinge la testa coperta da una cascata di capelli, scolpiti in modo tale da dare l’impressione che essi si muovano con leggiadria nel vento. Il cuore di Sarah si scioglie non appena legge le parole incise sulla targa commemorativa.

La regina Rosheen non è morta,
ha solo lasciato il suo corpo come
una farfalla che lascia la crisalide.
Così, la nostra amata regina vive
dentro ognuno di noi.
 
Sarah ha capito che si trattava della madre di Jareth, si gira verso di lui per dire qualcosa ma il sidhe la precede.
« Sono cresciuto con l’amore di mia madre » Jareth parla senza staccare lo sguardo dalla statua della madre « e l’odio di mio padre. Purtroppo, una dolce cerbiatta non può mai vivere accanto ad un feroce leone. Ci sono momenti in cui la violenza vince sull’amore e mia madre, amorevole regina di tutti, ne è stata la fatale prova. »
« Cosa le è accaduto? » domanda lei cercando di sembrare più discreta e delicata che può.
Jareth, mantenendo lo sguardo fisso sulla statua di Rosheen, raccoglie le idee prima di iniziare a raccontarle ogni cosa. Dalla sua nascita non desiderata dal padre alle violenze psicologiche a cui Rosheen doveva andare incontro ogni giorno, dall’origine del Labirinto a quella del colore del proprio occhio sinistro diverso da quello destro. Dalla sua ribellione nei confronti di Aristos alla morte di Rosheen.
Sarah ha notato che Jareth non ha una traccia di lucidità negli occhi, non sembra voler versare lacrime. Come se l’avesse letta nel pensiero, Jareth alza le spalle e mette il petto in fuori.
« Un sovrano non può e non deve permettersi di mostrare segni di debolezza, Sarah. » afferma con arrogante fierezza « Ad impedirmi di frignare è la consapevolezza che mia madre sia finalmente libera dalle grinfie di quel mostro del mio genitore. Inoltre e non ultimo per importanza, è l’eterna soddisfazione di sapere che quello zotico, uccidendo la sua regina ha automaticamente violato la sacralità delle Antiche Leggi, così da firmare la sua condanna. »
Re Aristos, infatti - riprendendo l’argomento delle Antiche Leggi - avendo ucciso la regina, aveva perduto ogni diritto, ogni potere sul regno, ogni abilità magica e la corona.
Sarah lo guarda allibita, ma è interessata a capire cosa sia accaduto al padre di Jareth. Il re di Goblin, ghignando, non la fa attendere.
« Io persi mia madre, ma ottenni l’immediato diritto alla corona nonostante la mia giovane età. Avrei potuto disfarmi di quel mostro del mio genitore regalandogli una condanna a morte lenta e dolorosa, ma ci ha pensato mio zio Rastaban a convincermi. Mi disse che l’odio non va combattuto con altro odio. Così, ho deciso di far rinchiudere quell’assassino nell’area più oscura della Segreta fino al sopraggiungere della morte. »
Sarah sa perfettamente che nella Segreta vengono rinchiusi coloro che si desidera dimenticare, ma Jareth non sembra aver effettivamente dimenticato suo padre.
Gli appoggia una mano sul braccio, invitandolo a guardarla.
« Sei il re di Goblin, non c’è dubbio. » gli dichiara con fermezza mista a gentilezza « Ma non devi permettere al rancore di compromettere il tuo nome. Se non vuoi essere un re ricordato come tuo padre, cerca almeno di eguagliare le doti di tua madre. Dalle la prova che la sua dipartita non sia stata vana. »
Jareth la contempla, riflettendo sulle sue parole piene di saggezza.
Sorridendo, le mette un braccio intorno alla vita.
« La tua saggezza degna di una regina ti porterà molto lontano. »
 
Laryna picchia i pugni contro il tavolo della propria stanza con tutta la violenza di cui porta nel suo corpo.
« Che cosa? » strilla lei.
« L’ho scoperto solo pochi minuti fa. » le dice Linaris « Jareth ha annullato le cerimonie per allargare le direttive del coprifuoco. »
« Come ha osato quell’insolente? » esclama Laryna stringendo i denti e rovesciando per terra tutto ciò che si presenta sopra il tavolo di fronte a lei, tra candelabri d’argento e fruttiere di porcellana contenente della frutta fresca « Quel maledetto pensa di poter ostacolare i miei piani? Gliela farò vedere io! » una serva si appresta a riparare al disordine causato dalla principessa, ma Laryna la colpisce ai fianchi con un calcio, facendola ruzzolare rovinosamente « Togliti dai piedi, sguattera! Non lo vedi che qui sto passando io? »  
« Chiedo scusa, Altezza... » la serva le chiede perdono e Laryna, per tutta risposta, le tira un sonoro ceffone.
« Non ti ho dato nessun permesso di parlare! » le urla contro mentre la guarda massaggiarsi la guancia colpita « E sbrigati a mettere in ordine questo porcile, razza di pezzente! » come se avesse scordato che a causare il porcile, così come lo ha definito, sia stata lei stessa pochi istanti prima.
« Mia principessa... » Linaris ha altro da aggiungere, ignorando il disgustoso gesto causato da Laryna nei confronti della serva che stava semplicemente compiendo il suo lavoro « Mi duole dover credere che Jareth abbia usato il coprifuoco come un pretesto. »
« Cosa vuoi insinuare, Linaris? » chiede Laryna con voce stridula.
« Io credo che Jareth stia complottando qualcosa. » spiega Linaris « Credo che voglia passare altro tempo con quell’umana e... » si ferma un attimo, temendo anche lei questa volta la conseguenziale ira della principessa.
« Avanti, parla! » ordina Laryna acutamente.  
« Con tutto il rispetto, mia principessa » Linaris obbedisce all’ordine e si prepara al peggio « ho la sensazione che Jareth stia cercando di sostituirti con l’umana... »
Il peggio, infatti, come ha pronosticato Linaris, fa il suo ingresso tempestivamente. Laryna sfoga tutta la sua frustrazione distruggendo tutto ciò che le capita a tiro, senza preoccuparsi di nessun tipo di conseguenza. Nella veemenza isterica, lancia una brocca d’argento contro lo specchio presente nella stanza, mancando di pochissimo la povera serva. Sulla superficie dello specchio appare una grave increspatura, deformando tutto ciò che vi si riflette.
« Nessuno mi rimpiazza! » strilla Laryna « Nessuno! » colpisce il pavimento con la forza del suo piede.
Linaris tenta di farla calmare.
« Non è ancora detta l’ultima parola. » riesce finalmente a farle riprendere il controllo e, prima di dirle altro, le fa cenno con lo sguardo verso la serva.
Laryna coglie al volo il messaggio di Linaris e si avventa contro la poverina intenta a pulire. La afferra per i capelli, facendole emettere un gemito di dolore.
« Non lo vedi che io e la mia dama di compagnia dobbiamo parlare, stupida sguattera? » la scaraventa per terra con forza « Fuori di qui, svelta! E ritorna a pulire quando te lo dirò io. Voglio che questa stanza sia pulita e splendente da cima a fondo. E se trovo anche solo una piccola traccia di disordine, te la farò pagare. È chiaro? »
La povera serva annuisce solamente e, tremando di paura, esce subito dalla stanza.
Una volta sole, Linaris prende fiato prima di parlare.
« Mia principessa, » dichiara solennemente « data la circostanza, ritengo opportuno agire in fretta. »
Laryna la ascolta, spostando dal proprio volto adirato una ciocca rossa.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


UNDERGROUND
 
La serra trova spazio per un nuovo cespuglio di rose, grazie alla magia protratta dalla sincera passione per esse di Rastaban. Dalla parte più profonda del suo cuore, il sidhe ha pensato di creare una nuova specie floreale da dedicare a Sarah, onorandola per il fatto di aver sorridere il cuore del suo amato nipote. Dai verdi boccioli nascono delle grandi rose fiammanti di bianco, rosso, giallo e lampone. Non appena si aprono, si sente il loro profumo ricco e fruttato. Dal bergamotto al limone, dal pepe alla pesca, dalla mandorla verde all’edera, fino alla delicata vaniglia. Una serie di rose così delicate e forti allo stesso tempo, ideali per rappresentare quell’umana così speciale.
« Smettila di perdere tempo. » la gracchiante e stridente voce di Linaris interrompe la pace di quel momento così tanto caro per il povero Rastaban.
Il sidhe quasi sobbalza e, voltandosi, incontra la figura rinsecchita, arida e prepotente della moglie. Come al solito, tenta di protestare ma Linaris non gli lascia il tempo di fiatare.
« Lascia perdere queste stupide erbacce, inutile di un marito. » Linaris non perde mai l’occasione per poter inaugurare nuove parole che possano umiliarlo « La principessa di Dullahan ci ha riuniti per discutere riguardo una questione molto importante. »
« Linaris, » arrischia docilmente Rastaban « basterebbe semplicemente chiedermi di interrompere la mia attività. Ti avrei ascoltata comunque. »
« Non ti azzardare! » strilla Linaris sentendosi oltraggiata, facendo trasalire Rastaban « Stai al tuo posto, sottospecie di invertebrato e vedi di muoverti. » la sua voce diventa minacciosa « Io te lo giuro, imbarazzante esempio di inettitudine che non sei altro, se non fosse per Jareth, avrei distrutto questo maledetto vivaio con le mie stesse mani diverso tempo fa. » è come se si nutrisse dell’umiliazione del povero sidhe, il quale rimane a sua volta a testa bassa « Ed ora vedi di muoverti. » ordina lei imperativamente « La principessa Laryna ci sta aspettando, non voglio farla attendere oltre per colpa tua. » 
A testa bassa, Rastaban obbedisce all’ordine impostogli dalla moglie, sopportando pazientemente ogni angheria subita, augurandosi che qualcosa – prima o poi – potrà finalmente cambiare.
 
Contemplando ancora la statua di Rosheen, anche il silenzio suggestivo di un luogo così sacro al re di Goblin viene interrotto com’è successo a Rastaban. A differenza del caso di quest’ultimo, però, la religiosa pace di Sarah e Jareth viene interrotta in una maniera più decorosa. Quasi timida.
Alle loro spalle, infatti, c’è Onyx che si avvicina ai due in modo molto impacciato.
« Chiedo umilmente scusa, Maestà... e anche a te, signorina... » dice lui, come un ragazzino ostacolato da un’ingiustificata paura nei confronti di una situazione più grande di lui « m-mi dispiace interrompere... »
Jareth non perde tempo per mostrargli appieno la sua seccatura nel ritrovarselo davanti, specie in un momento così importante data la presenza di Sarah in un luogo a lui tanto caro.
« Che cosa c’è, Onyx? » domanda lui infastidito « Spero per te che sia importante. »
Sarah gli poggia una mano sul braccio, come per fermarlo gentilmente.
« Jareth, per favore. » Sarah rivolge lo sguardo verso Onyx, il quale mostra timorosamente il volto verso l’erba del terreno.
Ascoltando l’implicita correzione di Sarah, Jareth riformula la sua domanda al cugino.
« Cosa vuoi dirmi, Onyx? » l’atteggiamento del re di Goblin cambia, assumendo un accento più garbato.
« Mi dispiace crearti disturbo, » prosegue il cugino del sovrano del Labirinto, mantenendo lo sguardo basso « non sapevo nemmeno che fossi in compagnia. Volevo solo dirti che la principessa di Dullahan ha ordinato un’udienza. Desidera parlarti. »
« Che cosa vorrà ancora quella nevrotica viziata? » sbuffa Jareth, per poi riparlare ad Onyx « Di’ a Lavinia che le concederò udienza più tardi... »
« “Lavernia”. » tenta di correggerlo nuovamente Sarah.
« Veramente, » aggiunge Onyx con imbarazzo « si chiama “Laryna”. »
« Laryna... » Jareth solleva gli occhi al cielo per la figuraccia di essersi dimenticato ancora una volta il nome della principessa « Comunque, Onyx, dille quanto ti ho appena detto. »
« Vorrei farlo, » risponde lui impaurito, con la voce di chi porta notizie sgradite « ma vedi... il problema è che la principessa non accetta attese. Ha detto che è molto urgente. »
Jareth soffia ancora per la sua contrarietà.
« Precedici, Onyx. » sceglie infine « Accetto l’udienza solo per spiattellarle chiaramente che sono stufo marcio di questa farsa. » volge lo sguardo verso Sarah « Tu vieni con me. »
« Cosa? » domanda lei, presa alla sprovvista « Non vedo cosa c’entri io? »
« Farò in modo che tu possa c’entrare eccome. » dichiara imperialmente Jareth, pieno di sicurezza, come se avesse in mente qualcosa.
Senza darle il tempo di proferire parola, il sidhe afferra Sarah per un polso e la trascina con lui.
Sarah si ribella alla presa e alla decisione del sovrano del Labirinto, ma quest’ultimo ha la meglio.
« Fai come ti dico, Sarah. » le ordina, senza però essere scortese « Ho i miei motivi perché io voglia che anche tu mi segua. »
Seppur combattuta, Sarah obbedisce.
 
Come per schernire la sovranità di Jareth, Laryna si fa trovare seduta sul trono di Jareth. Proprio nella sala in cui il sidhe è solito passare il suo tempo con i goblin, quando ha voglia di distrarsi dai suoi impegni di re. Nondimeno, c’è Linaris in piedi alla sua destra che osserva Onyx entrare, seguito da Sarah e da un nervoso Jareth. Questo è da definirsi per lui un vero e proprio insulto da poter mandare giù con facilità. Ben più distante, a pochi passi dalla finestra, c’è Rastaban. Ha lo sguardo fisso verso il pavimento e non ha il coraggio di guardare il nipote negli occhi, per lo più sembra completamente soggiogato dalla volontà della moglie e teme di commettere qualcosa che possa farla infuriare.
« Che cosa significa questa pagliacciata? » Jareth punta gli occhi spaiati, iniettati di furia, verso la principessa.
Laryna non gli risponde e, rimanendo ben comoda sul trono del re di Goblin, lo guarda con smorfiosa aria di sfida, mostrando l’aria più superba che riesce ad assumere. Il senso di superiorità la pervade e non si scompone.
Sarah conosce quella stanza, benché abbia avuto modo di entrarvi anni prima e molto sfuggentemente, in quanto intenzionata a correre per salvare il suo fratellino. Sta di fatto, comunque, che la situazione non le piace affatto. Sente che qualcosa sta per prendere una brutta piega.
Jareth, intanto, non stacca la sua attenzione da Laryna.
« Stammi a sentire, principessa. » le dichiara in maniera contenuta « Hai voluto la mia udienza ed eccoti accontentata, ma adesso ti do esattamente tre secondi di tempo per scendere dal mio trono. »
« Oh, come mi dispiace. » risponde Laryna, in verità per nulla dispiaciuta « Non credevo che questo fosse il tuo trono. » simula un’espressione stanca mentre sposta con finta noncuranza i capelli rosso carota, facendoli scorrere schizzinosamente su di una mano « Avevo tanto bisogno  di sedermi, visto che tardavi ad arrivare. »
Linaris, nel frattempo, mal nasconde un sorriso malevolo sulle sue aride labbra. Jareth non ci fa molto caso, talmente è impegnato ad affrontare la principessa.
Sembra, però, che Laryna perda tutta la sua arroganza quando il suo sguardo incontra la figura di Sarah.
« E lei che cosa ci fa qui? » domanda la principessa infastidita « Che se ne vada immediatamente. Il motivo di questa udienza non la riguarda affatto. »
« Concentrati su di me. » interviene Jareth in difesa di Sarah « Tu avrai anche chiesto udienza, ma fino a prova contraria sono io il re di questo regno. Decido io chi può e chi non può farvi parte. » la sua voce si fa più incisiva « Frattanto, ti ordino ti spostare quel tuo “principesco” posteriore dal mio trono e non intendo ripetertelo nuovamente, Lavinia. »
« Come osi? » esclama la principessa, non sapendo se essere disturbata per prima dal fatto che il re di Goblin si sia rivolto in quel modo così insolente con lei, o se abbia nuovamente sbagliato a pronunciare il suo nome.
Inutile nascondere che l’arroganza di Jareth abbia sorpreso persino il resto dei presenti nella sala. Sarah, infatti, lotta con tutte le sue forze per trattenere una risata. Ad ogni modo, Laryna scende dal trono di Jareth ma solo perché vuole affrontarlo faccia a faccia.
« Perché hai annullato il nostro rito cerimoniale, Jareth? » chiede lei ancora irritata « E non provare ad usare la subdola scusa del coprifuoco. Esigo di sapere immediatamente a che gioco tu stia giocando. Se scopro che... » si ferma istantaneamente e il suo naso inizia a tirare più forte, come per tastare un odore da analizzare.
Lo strano odore percepito dalla principessa proviene proprio da Jareth e Laryna inizia ad annusarlo, in prossimità di una sua spalla.
« Cos’è questo...? » chiede Laryna incollerita, continuando ad annusare « Non può essere... » si sposta da Jareth e guarda Sarah come per volerle saltare addosso da un momento all’altro « Jareth, perché hai addosso il puzzo di essere umano? »
Jareth non le risponde, non ne ha nessuna intenzione. Non per il momento. La guarda solo con superba arroganza.
Sarah, bersagliata dallo sguardo di tutti quanti all’infuori di quello di Jareth, rimane in silenzio.
« Allora, Jareth? » interviene astiosamente Linaris « Come giustifichi la presenza del fetore umano che hai addosso? »
« Se posso permettermi, » si fa avanti Onyx con introversione, alzando di pochissimo lo sguardo verso la madre e Laryna « forse il nostro re ha addosso quell’odore perché ha passato troppo tempo accanto alla signorina. Non credo ci sia bisogno di agitarsi così tanto... »
« Nah, chiudi il becco Onyx. » lo zittisce Jareth « Mi sono veramente stancato di continuare questa inutile messinscena. »
« Jareth, cosa vuoi fa... » Sarah tenta un ultimo appello, ma Jareth alza una mano di fronte a lei per farla tacere. Anche questa volta, non lo fa con scortesia. Non almeno nei suoi riguardi.
« Risponderò ad ogni tua domanda, principessa. » rivela il re di Goblin a Laryna, armandosi di arrogante sicurezza « Sì, è vero, il prolungamento del coprifuoco è stato un mero pretesto per sospendere ogni cerimonia. » inizia a girarle intorno come un predatore pronto ad attaccare in qualsiasi direzione « Negli ultimi giorni passati insieme, principessa, ho avuto la possibilità di riflettere davvero tanto. Oh, sì se ho riflettuto... e posso, adesso, dirti con certezza che ho scelto con cura la mia conclusione. Tu saresti adatta ad essere la mia regina, come un pesce sarebbe adatto a vivere fuori dall’acqua. » parola dopo parola, gli occhi di Laryna si spalancano per l’insolenza ricevuta e la sua bocca si apre formando una “o”, ma Jareth ha in serbo un’altra sfrontata sorpresa per lei « L’umana che hai qui di fronte, Altezza, conserva tutte le doti per poter regnare al mio fianco. È una degna regina sotto ogni fronte perché non perde tempo, come te, a blaterare ordini e sfoggiare tutte le sue ricchezze e fronzoli. Lei, Sarah, non avrà sangue reale, ma la regalità del suo cuore vale mille volte la corona che tu non porterai mai. Non nel mio regno, almeno. » l’ira di Laryna sta superando ogni limite « Ah, un’ultima cosuccia. » aggiunge Jareth « L’odore che ho addosso, è la prova che ho scelto Sarah come mia degna regina. »
Il volto arrossato di rabbia di Laryna manifesta tutto il suo odio verso Sarah. Linaris emette un verso di scandalo, anche se il senso di indignazione sembra essere di natura fasulla. Rastaban e Onyx, per quanto sorpresi e imbarazzati, non osano proferire parola.
Sarah, ancora una volta, non sa assolutamente che cosa dire o fare. Era questo, quindi, il motivo per cui Jareth ha voluto che anche lei fosse presente? Aveva deciso sin dall’inizio? E poi, cos’è – sta pensando – questa storia della “degna regina”? Perché Jareth non gliene ha mai parlato? Hanno passato un momento di calda e sincera passione, lo ammette a sé stessa, ma diventare regina? Sarah non ha tempo di fare nessuna domanda, poiché viene presa alla sprovvista da Laryna che le tira un sonorissimo e dolorosissimo ceffone in pieno viso.
« Tu, schifosissima umana! » le strilla con tutto il suo odio.
Lo schiaffo è così forte Sarah cade per terra, facendola quasi piegare dal dolore. Sarah si massaggia la guancia, le brucia moltissimo e guarda Laryna con stupore. Non se l’aspettava proprio. Così come non se l’aspettava nessuno tra i presenti, in special modo un infuriato Jareth. E la sua furia incrementa quando si accorge che un rivolo di sangue inizia a scorrere da sotto il naso di Sarah, facendosi strada fin sotto le sue labbra.
Sarah si rialza ed è fortemente tentata di rispondere con la stessa moneta, ma si rende conto che questo sarebbe ciò che avrebbe fatto la Sarah sedicenne, quella impulsiva e infantile. Lei, invece, adesso è una giovane donna matura. E se Jareth l’ha etichettata davanti a tutto come una regina, adesso deve dare la prova della sua veridicità.
Jareth, intanto, sta per inveire contro la principessa, ma Sarah interviene tempestivamente.
« Se quanto ti ha detto il re di Goblin ti ha offesa, posso anche capirlo. » la guarda senza scollarle lo sguardo sicuro e deciso di dosso « Ma ora, con ciò che mi hai appena fatto, cosa pensi di avere concluso? »
Laryna non trova le parole per risponderle, limitandosi a digrignare i denti. Onyx si fa avanti verso Sarah e si offre di pulirle la ferita con un fazzoletto di cotone bianco, tirato fuori dalla tasca della sua giacca.
« Permettimi, signorina. » le dice con timida discrezione, tamponandole il sangue che le esce a fiotti.
« Basta così! » l’urlo di Jareth fa trasalire i presenti « Tutto questo è durato anche troppo! » afferra Laryna per un braccio, in modo da farla voltare verso sua direzione « Non accetterò un altro solo oltraggio nel mio regno per mano tua, principessa. Domani mattina puoi anche tornare dal tuo paparino e annunciargli pure quello che ti pare. »
« M-ma Jareth... » balbetta Linaris, sconvolta.
« Silenzio! » ruggisce il re di Goblin « Il matrimonio è annullato. Non ci saranno future alleanze tra i rispettivi regni. »
« Non finisce qui, Jareth. » lo sfida Laryna.
Al limite della pazienza, Jareth ordina imperialmente a tutti quanti – Sarah esclusa – di uscire dalla sala. Laryna non se lo fa ripetere e, seguita da Linaris come un’ombra, si avvia verso l’uscita. Rastaban si limita a lanciare uno sguardo confuso e dispiaciuto verso il nipote, non sa realmente come comportarsi. Onyx, infine, dopo essersi ripreso il fazzoletto macchiato del sangue di Sarah si scusa con entrambi prima di uscire anche lui.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


UNDERGROUND

Ancora tremante di rabbia, Jareth trova il tempo di dar precedenza alle condizioni di Sarah. Fa apparire una sfera dal palmo della sua mano e fa cenno alla giovane donna di avvicinarsi a lui.
« Vieni qui. » le dice e Sarah esegue.
Con abile leggerezza, come se avesse tra le mani una delicatissima bolla di sapone, Jareth fa scorrere la sfera lungo il viso di Sarah. Non trascura nessuna parte e, in pochi attimi, Sarah si sente meglio. Le passa il dolore alla guancia e il naso non le sanguina più.
« Questa me la paga. » annuncia il re di Goblin, una volta terminato.
« È passato. » assicura lei, ma ha qualcosa di molto più importante di cui discutere « Jareth, cos’è questa storia della “degna regina”? »
Come se fosse stato preso in contropiede, Jareth indietreggia ma mantiene lo sguardo spavaldo. Non sembra voler apprezzare di affrontare l’argomento.
« Ne parleremo dopo, Sarah. » dice mentre si avvia verso la finestra, guardando un punto indefinito dell’esterno « Adesso non sono in vena. »
« No, Jareth. » insiste lei con decisione « Desidero parlarne adesso. Mi devi una spiegazione. Perché hai detto quelle cose poco fa? Chi ti dà il diritto di scegliere della mia vita, senza prima aver parlato con me? »
« La questione è più semplice di quanto credi, Sarah. » risponde il sidhe continuando a guardare verso la finestra « Nessun’altra creatura femminile dovrà governare al mio fianco, all’infuori di te. »
« Ciò non toglie che avresti dovuto prima parlarne con me. » insiste Sarah, avvicinandosi verso il sovrano del Labirinto « Credi che mi sia sentita soddisfatta quando hai annunciato alla principessa la tua intenzione di ripudiarla per me?
« Era più facile in questo modo. » asserisce Jareth con autorità « Solo così potevo togliermi dai piedi quella viziata presuntuosa con facilità. »
« Allora, » la voce di Sarah manifesta la sua contrarietà « vuoi dire che ci avevi già pensato da tempo? » Jareth non le risponde e lei si rende conto che il silenzio ne esprima l’acconsentimento « Non hai pensato a me, re di Goblin? »
« Calmati. » aggiunge il sidhe, osservandola con serietà.
« Io non lo so cosa ti sia passato per la testa, » Sarah ignora completamente l’invito a calmarsi e, al contrario, inizia ad articolare tutto il suo disappunto « ma hai preso in considerazione che questa tua scelta significhi per me abbandonare per sempre il mio mondo? Hai mai pensato ai repentini cambiamenti a cui dovrei andare incontro?  Non hai proprio pensato a me, re di Goblin? »
« Sarah... » interviene Jareth, interrompendo il fiume in piena di domande di lei, colme di contrarietà « Se non vuoi governare con me, sei libera di non farlo. Posso solo dirti che, a questo punto, ho subito una perdita di entità contenuta. »
« Cosa vuoi dire? » domanda lei, temendo una risposta sgradita... che non tarda ad arrivare.
« Voglio dire, Sarah, che ad ogni modo ho comunque ottenuto quello a cui ho puntato maggiormente. » continua a fissarla e assume un tono superiore « Ciò che conta, è che quella viziata invasata non governi con me e che io non debba passare il resto dei miei giorni in sua compagnia. So perfettamente di avere, così, firmato uno sgretolamento tra i regni e sono pronto ad affrontarne le conseguenze. Con o senza di te come regina. »
Sarah, al limite della sopportazione, lo ripaga con uno schiaffo in pieno volto. Sebbene tale gesto sia giustificatamente dettato da una delusione, Jareth non si scompone affatto e rimane fermo a contemplare Sarah con aria di superiorità. Dal canto suo, Sarah serra le labbra tremanti dallo sconforto e i suoi occhi si gonfiano di lacrime. Senza aggiungere nessuna parola, Sarah si avvia verso la porta e scappa via da quella stanza, da quel castello, lontana da colui con il quale ha condiviso un episodio di passione, convita che fosse stato animato da un sentimento puro e sincero. Jareth non compie nessuno sforzo per fermarla, per darle una spiegazione, per dare ad entrambi la possibilità di poter chiarire.  
 
Chi ha ormai avuto modo di conoscere gli sfoghi dell’ira di Laryna, può solo immaginare in che stato possa trovarsi la sua stanza. Chi crede che sia stata ridotta in ciò che sembra essere un guazzabuglio scatenato da un terremoto, ha pienamente colto nel segno.  
Linaris tenta di farla calmare, ma ogni tentativo è vano. Rastaban non è presente ed è una fortuna per lui non assistere alla furia che si sta consumando in quella camera. Essere stata ripudiata dal re promesso sposo per un’umana, a dirla tutta, non deve essere facile da accettare per una principessa come Laryna.
« Sistemeremo ogni cosa, mia principessa. » aggiunge Linaris, nell’ancora inutile tentativo di farla pacare.
« Chiudi quell’insulsa bocca. » strilla astiosamente Laryna, facendo trasalire Linaris « Non voglio più sentire previsioni fittizie,  voglio i fatti concreti! Mi avevi detto che avremmo agito in fretta, ma quello spudorato di tuo nipote ci ha battute sul tempo! Mi ha pubblicamente respinta e il mio piano di governare con accanto quell’altro incapace di tuo figlio è andato in fumo! »
Nessuno, pensa Linaris, si è mai rivolto a lei in quel modo. Tralasciando apertamente il fatto che abbia sentito nominare suo figlio come un incapace, non che le importi granché, Linaris non ha intenzione per apparire alla principessa di Dullahan come un’inaffidabile.
« Non è ancora detta l’ultima parola, mia principessa. » risponde lei, disponendo di un’altra carta da poter giocare « Gli unici che sono al corrente di quanto ha riferito Jareth, siamo stati solo noi due, mio marito, mio figlio e quell’umana. Nessun altro. » Laryna sembra calmarsi e questo aiuta Linaris a proseguire il suo discorso « Non è stato riferito ufficialmente l’annullamento del vostro matrimonio, tutto il regno è solo al corrente del prolungamento del coprifuoco. Nient’altro. In ogni caso, nessuno è a conoscenza delle intenzioni di Jareth. Basterà poco perché io convinca mio marito e mio figlio a tacere... »
« Rimane, comunque, il problema di quella schifosa umana. » asserisce Laryna a denti stretti, come se infastidita all’idea di nominarla anche solo usandone un metaforico insulto « Voglio che venga fatta sparire... »
In quello stesso momento, la conversazione delle due sidhe viene interrotta dal suono prodotto da qualcuno che sta bussando alla porta. Linaris si appresta ad aprire e, con sua sorpresa, scopre che c’è Onyx dall’altra parte. Laryna gli ordina di entrare in fretta e il sidhe obbedisce, incurante della condizione della camera. Il suo portamento, finora goffo e timido, sembra essersi trasformato in un atteggiamento più sicuro e inflessibile. Sorridendo maliziosamente a Laryna, mette in mostra il fazzoletto usato per curare Sarah macchiato di tracce di sangue ancora fresco.
« Che cosa vuoi? » domanda Laryna, come se avesse fretta.
« Porto ad entrambe delle buone nuove. » mantenendo uno strano sorriso e uno sguardo privo di timidezza e impaccio, Onyx spiega che fino a quel momento non aveva fatto altro che origliare quanto Sarah e Jareth si siano detti. Che soddisfazione per la principessa, quando sente dirgli che Sarah ha rifiutato il trono. Che sorpresa che ricevono Linaris e Laryna quando Onyx, sventolando il fazzoletto ancora unto di sangue, rivela quanto ha in mente.
« Ed ora che l’umana non è più qui nel castello, » il sidhe mantiene il sorriso sinistro e mette in mostra il fazzoletto « penso proprio che tutto questo si potrebbe definire per noi un grande vantaggio. »
Una volta svelato il suo piano, Linaris – per la prima volta in tutta la sua vita – si sente sbalordita da Onyx. È in assoluta la prima volta che si sente orgogliosa di lui e quasi si pente di averlo definito, per tutti quegli anni, un buono a nulla. Laryna, sentendosi pervadere da una sensazione di orgoglio nei riguardi di Onyx, gli butta le braccia al collo senza nessuna preoccupazione.
 
« Orbene, miei prodi amici, » domanda Sir Didymus « mi duole annunciarlo, tuttavia... giacché è scoccata una certa ora, propongo con vostra concordia di nullificare l’attesa dell’arrivo della nostra amica Sarah et risanare il vuoto originatosi nei nostri ventri. »
« Ma vuoi scherzare? » lo rimprovera Hoggle « Che nessuno osi mangiare se prima non arriva Sarah. Sono stato chiaro? »
« Invero, » si difende Didymus « son già trascorse più di ventiquattro ore. I nostri ventri han il pieno diritto di rifocillarsi. » quando Ludo ulula la sua fame e Ambrogio fa capolino con la testa, Didymus conclude « Niuno di noi colpevolizza Sarah, ma si osservi come peccato lasciare che tanto buon cibo rimanga adagiato per altro tempo alla tavola, senza ultimare la funzione per la quale è destinato. »
Per farla breve, Hoggle non aveva avuto intenzione di disdire la sorpresa che aveva avuto in mente per Sarah e, convinto che prima o poi sarebbe ritornata, aveva imposto ai suoi amici di aspettarla ancora per un po’. Per oltre ventiquattro ore, come detto da Sir Didymus, nessuno di loro aveva toccato cibo.
Hoggle, dopotutto, si sente molto affamato ma si accorge di non avere il diritto di imporre ulteriore digiuno ai suoi amici. Hanno aspettato molto ed ora è arrivato il tempo di darci un taglio. Scrollandosi le spalle in senso di preliminare rimorso, si augura che Sarah possa perdonarlo. Sta per dare a tutti il permesso iniziare a mangiare, quando in quel momento qualcuno ha bussato alla porta.
Rimangono tutti sorpresi e si fermano in tempo prima di addentare un boccone. Tentano, come possono, di resettarsi e Hoggle si schiarisce la voce.
« Entra pure, Sarah. » dice il nano, sicuro più che mai che sia lei.
Infatti, è proprio Sarah ad aprire la porta. Ed è proprio in quel momento che viene accolta con un sonoro “Sorpresa!” da parte di tutti quanti. Gli occhi acquamarina di lei, già arrossati per quanto ha passato, si inumidiscono nuovamente.
Non capendo la natura del pianto che sta per arrivare, Hoggle e gli altri sono raggianti all’idea che Sarah si sia commossa. Non sanno, purtroppo, che le lacrime di Sarah hanno ben altra origine.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


UNDERGROUND
 
Mattino seguente
 
Benché abbia fatto tutto il possibile per non darlo a vedere, Jareth non riesce a stare tranquillo all’idea che Sarah abbia rifiutato di diventare sua regina. Aveva passato la notte in bianco e dormire gli era sembrata una vera e propria impresa. Semmai fosse riuscito a trovare qualche ora – o minuto – di sonno, sarà capitato qualche ora prima dell’alba.
Già, l’alba. L’esatto attimo in cui Jareth – anche se non lo sapeva ancora – sarebbe andato incontro ad un’evenienza molto incisiva per lui. E non solo.
Non trovando difficoltà ad alzarsi molto presto a causa di sonni tormentati da sensazioni, per lui, indefinibili, Jareth sente un rumore di colpi provenire dalla porta della sua camera personale. I colpi sono così insistenti che il re di Goblin ne rimane infastidito.
« Insomma, » sbraita Jareth dirigendosi verso la soglia « si può sapere che modi sono? »
Aperta la porta, il sovrano del Labirinto si ritrova faccia a faccia con suo cugino Onyx. Ha un aspetto sconvolto, la fronte pallida è sudata e segnata da qualche ciocca nera appiccicata su di essa.
« Onyx? »
« Perdonami, maestà... » il cugino di Jareth prende fiato, come se tornato da una corsa precipitosa « Mi dispiace averti svegliato di colpo... » mentre cerca di regolare il respiro, Jareth ha il tempo di assicurargli di essere sveglio da un pezzo « Devi seguirmi immediatamente. » continua il sidhe dai capelli neri come la pece, unti di sudore per la fatica « È accaduta una cosa molto grave... »
Per non perdere altro tempo, Jareth lo segue senza farsi dare altre spiegazioni. Data la faccia di Onyx, la situazione sembra essere più grave di quanto pensi.
Realizza, infatti, la gravità della situazione quando Onyx lo conduce verso i giardini del castello. Ad ogni passo accelerato, Jareth prega dentro sé che non si tratti di ciò che stia pensando.
Giunti alla fine del percorso, Jareth sente qualcosa all’interno del suo petto fare un sonoro “crack!” eguagliando il rumore di un vetro che si infrange. Crede con tutto sé stesso che si tratti del suo cuore.
Più avanti alla figura prostrata e singhiozzante di un distrutto Rastaban, c’è quello che rimane della statua di Rosheen.
Il re di Goblin sente il mondo crollargli addosso e ad ogni passo verso la statua di sua madre distrutta, pezzo dopo pezzo, sente l’aria mancargli sempre di più dai polmoni. Quella candida statua era tutto ciò che riusciva a mantenere solido il ricordo della povera Rosheen, chiunque abbia compiuto quel disgustoso gesto l’ha come uccisa per la seconda volta. Rastaban è lì davanti, inginocchiato sull’erba mentre stringe sul petto il pezzo della statua che ritraeva il volto dolce della sorella. Lì accanto, ci sono Linaris, Laryna e una manciata di guardie. È stato proprio Rastaban ad aver dato l’allarme. Si era accorto del triste spettacolo mentre si stava dirigendo verso la sua serra, come faceva di solito.
Jareth allunga una mano verso ciò che rimane della statua, come per toccare l’anima della madre. Il sovrano del Labirinto, scoppiante di rabbia, tristezza e desolazione, riesce a stento a trattenere le emozioni, ma la corona non gli lascia spazio per i sentimenti di commozione. Niente lacrime per gli occhi di un re, nemmeno se ha subito un torto lacerante verso il suo cuore.
« Chi è stato? » sibila il re di Goblin a denti stretti, molto stretti.
Onyx lo informa riguardo all’allarme lanciato dal padre Rastaban, parlando al posto suo poiché quest’ultimo non ha un briciolo di forza in corpo. Jareth si accorge che provare a parlare con lo zio sembra essere una chimera. Ripone lo sguardo nuovamente verso la statua orribilmente vandalizzata e i suoi occhi si concentrano verso un dettaglio finora da lui ignorato.
Quando Onyx gli chiede se abbia visto qualcosa, Jareth appoggia due dita inguantate della mano destra su un punto della statua in cui ha intravisto il dettaglio sopracitato. Ci sono delle macchie di uno strano colore, Jareth ha un sussulto di cui non ne distingue la natura.
« Cosa succede? » chiede nel frattempo Linaris, avvicinandosi verso il re di Goblin « Un momento, ma questo è... »
Laryna, in quel preciso attimo, emette un urlo stridulo di terrore. Quando tutti i presenti - incluso Jareth e fatta eccezione per un ancora scosso Rastaban - si voltano verso di lei, Laryna esprime il motivo di tale urlo.
« È sangue! La statua è macchiata di sangue! Oh, Cielo! » si porta una mano sulla fronte, tentando di fermare uno svenimento « Guardate, guardate! Ce n’è dappertutto! Dappertutto! » indica i punti esatti in cui sono presenti le macchie ematiche sugli altri pezzi della statua.
I presenti si rendono conto della veridicità della principessa di Dullahan e le guardie iniziano a mormorare qualcosa tra loro.
Mentre Laryna non fa che combattere per fermare i suoi attacchi di svenimento, Jareth assume l’aria più cupa che è in grado di esprimere. Stringendo i pungi e dipingendo il suo volto con un’espressione carica di cieca furia, Jareth stride tra i denti il suo prossimo ordine alle guardie.
« Portatemi qui immediatamente l’umana. »
 
Per evitare di interrompere l’atmosfera creata da Hoggle e gli altri, i quali si erano impegnati tanto per prepararle una festa di bentornato, Sarah aveva deciso di tenerli all’oscuro di quanto fosse successo. Si era vista costretta, però, a dover confessare di aver passato una notte nel castello del re di Goblin per poter ricevere le dovute cure dopo essere stata aggredita dal famigerato assassino. Inizialmente si erano tutti preoccupati, ma Sarah aveva rassicurato ognuno di loro di stare bene. Si era sentita in colpa dopo aver saputo che avessero addirittura digiunato per lei, aspettandola tutto il giorno.
La festicciola in suo onore, tutto sommato, era passata bene e Sarah era riuscita a distrarsi dal malessere causatole da Jareth. Lo stesso, però, non si poteva dire della notte. Anche questa volta, Hoggle l’aveva ospitata e l’aveva nuovamente fatta dormire nel suo comodo letto – non dopo aver discusso a lungo.
Ad ogni modo, la notte si era rivelata più dura di quanto pensasse. Non c’erano pensieri che non si erano rivelati distruttivi per la sua serenità, compromettendo la sua armonia interna. Le distruggevano la mente e il cuore, scorrendo in lei come un fiume in piena. Gran parte della colpa, però, la stava dando a sé stessa. Avrebbe dovuto, infatti, immaginare che dietro una notte di passione consumata con il re di Goblin avesse un prezzo. Doveva pensarci molto prima. Doveva rendersi conto che quella notte avrebbe potuto coinvolgerla nella vita regale di Jareth. Dedicando severità a sé stessa, facendole perdere ore di sonno prezioso, non poteva però scordare con quanta leggerezza il sovrano del Labirinto si fosse rivolta a lei.
« Ciò che conta, è che quella viziata invasata non governi con me e che io non debba passare il resto dei miei giorni in sua compagnia. So perfettamente di avere, così, firmato uno sgretolamento tra i regni e sono pronto ad affrontarne le conseguenze. Con o senza di te come regina. »
Parole pronunciate da Jareth con assoluta leggerezza. Ed è proprio quell’assoluta leggerezza a farle male. Dunque, lei per il re di Goblin contava così poco? Per qualche strano miracolo, Sarah era riuscita ad addormentarsi.
Tornando alle ore del mattino, Sarah aveva finito di fare colazione da poco insieme all’amico Hoggle nella piccola cucina. Le aveva offerto del pane tostato con sopra della marmellata di lamponi, accompagnato con un bicchiere di succo di arancia.
Non avevano nemmeno finito di mettere in ordine quando la porta inizia a picchiare fortemente, come se qualcuno volesse buttarla giù.
« Aprite, in nome del re. » annuncia solennemente e con autorità la voce esterna.
Hoggle e Sarah si guardano, confusi più che mai.
La porta continua a battere sempre più violentemente e Hoggle decide saggiamente di non fare attendere oltre chi vi sta all’esterno.
Con estrema sorpresa di Hoggle, un gruppo di guardie goblin mette in mostra una pergamena che dichiarava un mandato di arresto nei confronti di Sarah, con tanto di sigillo firmato dal re di Goblin.
Il nano e Sarah sbarrano gli occhi per lo stupore. Cosa mai stava accadendo? Perché mai Jareth ha ordinato il suo arresto?
Hoggle tenta di ribattere, nel tentativo di proteggere l’amica, ma Sarah lo ferma.
Indipendentemente dalla ragione dell’assurda scelta del sovrano del Labirinto, Sarah accetta di seguire le guardie. Crede fermamente che Jareth abbia in mente qualcosa, magari ha intenzione di obbligarla a farla divenire sua regina. Ad ogni modo, Sarah considera questa occasione per poter affrontare nuovamente il re di Goblin e, chissà, tenergli nuovamente testa e chiudere una volta per tutte questa irrazionale faccenda.
Nonostante non sia riuscito a proteggerla, Hoggle tenta di riscattarsi chiedendo di poter seguire anche lui Sarah. Non se la sente di abbandonarla. Questa volta, fortunatamente, le guardie acconsentono alla richiesta del nano.
 
Sarah si sente stranita quando le guardie non la conducono nelle prigioni, ma nei giardini del castello. Perché mai la stanno portando in quel luogo? Le sue domande che risuonano all’interno della sua mente vengono interrotte quando Sarah viene portata in un punto dei giardini a lei familiare, trovandosi dinanzi al re di Goblin che in quel momento è voltato di schiena. È a pochissimi passi da lei. Insieme al sidhe, ci sono anche Onyx, Linaris e Laryna. Queste ultime due, a braccia conserte, lanciano a Sarah uno sguardo tinto di soddisfazione mista a superiorità e disprezzo.
« L’abbiamo presa, maestà. » esclama il capitano delle guardie.
Jareth non risponde, rimane nella sua posizione e alza una mano, segno di aver capito.
Sarah si rende conto che c’è qualcosa di strano in quel punto e non fa fatica a capire cosa ci sia di diverso quando i suoi occhi incontrano i frammenti della statua di Rosheen, sparsi per terra in maniera disordinata.
« Jareth... » tenta di dire Sarah, tentando di chiedergli il motivo del suo arresto.
Senza che nessuno se lo aspettasse, il re di Goblin si volta e la fa tacere colpendola con uno schiaffo in pieno viso.
Il suono echeggia e Sarah non ha il tempo di realizzare quanto Jareth le abbia appena fatto.
Non si accorge nemmeno che Hoggle ha emesso un sospiro per il trasalimento, né che Laryna sta mal nascondendo la gioia di essersi beccata una grossa soddisfazione. Ha a malapena il tempo di boccheggiare.
« Re di Goblin, per te. » la corregge minacciosamente Jareth. Finalmente, Jareth le indica con il dito indice inguantato ciò che ne resta della statua di sua madre « Sarah... Avrei anche potuto accettare la tua scelta di non diventare la mia regina, ma questo... Questo è senza dubbio il motivo per cui ringrazio vivamente di avermi fatto capire che non lo sarai affatto... »
« Io non... » Sarah tenta di protestare.
« Taci! » le ordina « Ciò che hai commesso è imperdonabile. È un vero e proprio oltraggio alla corona... »
« Non so di cosa tu stia parlando. » si difende Sarah tutto d’un fiato « Perché mi stai accusando ingiustamente? »
« Ah, ingiustamente tu dici? » domanda Jareth, per poi afferrare uno dei pezzi della statua con sopra delle macchie di sangue, mostrandole alla giovane donna « E allora dimmi, Sarah, come lo spieghi questo? »
Sarah osserva le macchie ematiche, ma non si perde d’animo.
« Può essere di chiunque. » afferma lei con sicurezza e si volta verso Laryna « Cosa ti fa pensare che non possa essere stata lei, per vendicarsi del torto che le hai procurato ieri? »
Laryna, per tutta risposta, emette un’isterica e arrogante risata.
« Questa umana » aggiunge dopo aver finito di ridere « è tanto stupida quanto arrogante. Ti ha mai detto nessuno che solo i mortali sanguinano? »
Questo dettaglio, in effetti, era sfuggito a Sarah. Laryna, così come Jareth, Linaris e i loro simili sono sidhe e questo vuol dire che conducono una vita immortale. Gli immortali, a detta implicita di Laryna, non sanguinano.
Sarah tenta un ultimo appello per provare la sua innocenza.
« Jareth, ti prego, credimi. Io non c’entro nulla in questa storia, è tutto un imbroglio... »
In suo soccorso, seppur timoroso, interviene Hoggle.
« Maestà, ti prego di ascoltarmi. Sarah è innocente. È stata con me, a casa mia, da ieri pomeriggio fino a prima che ci portassero qui. »
Jareth è irremovibile.
« Questa vergogna è stata consumata di notte. » aggiunge Jareth.
« Ma maestà... » continua Hoggle « Sarah ha dormito in casa mia... »
« Casomai avrai dormito tu, Fregolo. » risponde il re di Goblin a tono, sbagliando il nome del nano « Cosa ti fa credere che lei non sia sgattaiolata da casa tua e si sia diretta fin qui per... » tanta è la rabbia al pensiero della distruzione della statua della madre da non riuscire a terminare la frase. Riesce, comunque a pronunciare il suo ordine, puntando il dito malamente contro Sarah « Sarah... Sei bandita per sempre dal mio regno. Io, Jareth, re di Goblin, ti condanno a non superare mai più la linea di confine tra l’Aboverground e l’Underground. »
Sarah resta sconvolta di fronte a quelle parole. Ci pensa Hoggle a supplicare il sovrano del Labirinto al posto suo.
« No, ti prego, maestà. » il nano si inginocchia ai piedi di Jareth « Non mandarla via, ti prego. Non bandirla. Ti supplico... »
Jareth lo allontana con una brusca ginocchiata e, creata fulmineamente una sfera dal palmo della propria mano inguantata, Jareth guarda nuovamente Sarah con solenne minaccia.
Sarah non trova il tempo per proferire verbo, in quanto il re di Goblin le lancia contro la sfera come per sferrargliela dolorosamente contro. Sarah si protegge il volto portando le braccia incrociate davanti, nel tentativo di proteggersi dal colpo. Tuttavia, non sente niente. Non sente il contatto della sfera che la colpisce.
Non sente nemmeno la brezza sulla sua pelle, non sente più l’odore dell’erba fresca e dei fiori del giardino. Aperti gli occhi leggermente inumiditi, Sarah si accorge di essere stata catapultata nella sua stanza. Nel suo mondo.
E questa volta per sempre.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


UNDERGROUND

Aveva scacciato via Sarah così tanto in fretta da non averle dato il tempo di concretizzare nulla. Sarah, infatti, non era riuscita a sentire il secondo ordine di Jareth, il quale aveva preso Hoggle dal colletto comandandogli di non avere nessun altro contatto con lei. Chiunque, aveva minacciosamente ordinato il re di Goblin, avesse mai trasgredito al suo comando ne avrebbe pagato delle severissime conseguenze.
«Il nome di quell’umana non deve mai più risuonare nel mio regno!» aveva esclamato Jareth, gettando malamente Hoggle per terra.
E Sarah non potrà mai sapere l’intensità del dolore provato dal suo amico nano dopo quanto accaduto, incapace di accettare che il suo re non gli abbia dato il tempo di salutarla. Di dirle addio. È come se quel rettile di Jareth, come Hoggle lo definiva e questa volta ne aveva la piena ragione, gliel’avesse bruscamente strappata via. Come farà adesso? Come farà a dirlo anche agli altri? Il Hoggle non può permettersi di farsi ulteriori pensieri, poiché il re di Goblin gli sta riservato un’altra domanda.
«Hai capito quello che ti ho detto, Gorgoglio?» la rabbia di Jareth è la prova che non si sta curando per niente del dolore di Hoggle.
Il povero nano si limita ad annuire e a rimanere a testa bassa.
«Ma che insolenza è mai questa?» ci mancava solo Laryna a mettere il dito nella piaga «Che indecenza. Da quando i sudditi non rispondono ai loro sovrani? Il tuo re ti ha fatto una domanda.» Laryna si avvicina pericolosamente al nano «Avanti. Rispondigli.»
Per la prima volta, Jareth non interferisce all’intervento invadente della principessa e sembra, addirittura, accettarlo.
Hoggle, purtroppo, si vede costretto ad obbedirle.
«Sì, maesta. Ho capito.» risponde, infine, il povero nano.
Laryna emette una smorfia soddisfatta, lasciandosi sfuggire una risatina compiaciuta. Successivamente, si avvicina a Jareth.
«Mio re,» non lo aveva mai chiamato in quel modo, né mai si era rivolta a lui con modi gentili «posso immaginare quanto tu sia sconvolto in questo momento, per cui perdonami per quanto ti dirò. È tristemente noto come le umane abbiano un potere malvagio, nonostante siano creature mortali.» una piccola pausa, mentre Jareth la guarda interessato al su discorso «E stava per ingannare anche te. Se ben ricordi, i nostri problemi sono iniziati da quando ha messo piede qui, nel tuo castello, alle nostre nozze.» guarda Linaris con aria complice, la quale a sua volta accenna un lieve sorrisetto «Certo, tua zia non poteva minimamente immaginare quanto effettivamente fosse pericoloso tale potere e, ti confesso, anche io l’ho sottovalutato.» riguarda Jareth «Tuttavia, questa avvenimento così vergogno nei riguardi del ricordo della tua compianta madre, mi duole dirlo, potrebbe comunque essere considerato come il solo modo perché tu ti risvegliassi dal suo potere. Anzi, che ci risvegliassimo tutti.» gli afferra le mani «Mio sovrano, mio re. Nonostante i dissapori accaduti tra noi, ti assicuro che da parte mia è tutto perdonato. So perfettamente che non eri in te. Così, io, Laryna, principessa di Dullahan, ti chiedo qui pubblicamente di accettare anche le mie scuse e di poter ricominciare tutto daccapo.» gli lascia delicatamente le mani ed effettua per lui un elegante inchino, aspettando pazientemente la risposta del re di Goblin.
Jareth la sta guardando e poi volge i suoi occhi spaiati verso i presenti. Non riesce, però, a percepire il significato dell’espressione dipinta nei volti di Linaris e di Onyx. Secondo Jareth, in effetti, appaiono impazienti di sentir pronunciare da lui la fatidica risposta. Per non confondere il lettore con dettagli aggiuntivi, tuttavia, il vero motivo di tali espressioni verrà rivelato in seguito.
Il sovrano del Labirinto compie un gesto con entrambe le mani verso Laryna, in segno di perdono. La principessa si alza dall’inchino, mentre sulle sue labbra nasce un sorriso più che soddisfatto. Adesso, però, è Jareth che si sta inchinando. Non in segno di una richiesta di scuse. La richiesta ha un’altra natura. Si è, infatti, inginocchiato come per prestarle un giuramento.
«Laryna, principessa di Dullahan,» Jareth le prende una mano tra le sue «ti offro il perdono di un re, nella speranza che tu possa anche accettare le scuse di un re.» quando Laryna annuisce, Jareth continua «Io, Jareth, re di Goblin, ti chiedo... vuoi diventare la mia regina?»
Tra i presenti risuona un mormorio di sorpresa. Linaris sgrana gli occhi come se le stessero per sgusciare fuori dalle orbite, mentre la bocca di Onyx comincia a tremare. Ritornando al significato delle loro espressioni che Jareth non aveva ben capito, madre e figlio non si aspettavano per niente di quello strano intervento di Laryna, non capendo perché mai abbia deciso di rivolgersi in quel modo a Jareth. Perché voleva diventare la sua regina? Cosa mai le ha fatto cambiare idea? Onyx sta per effettuare un passo davanti a Laryna e Jareth, come per intromettersi, ma Linaris lo blocca afferrandogli il polso con una sua scheletrica e raggrinzita mano, coperta da un guanto nero.
«Fermo.» gli sussurra, la sua voce sembra provenire dall’oltretomba. Nonostante sia anche lei preoccupata per la scelta di Laryna, vedendo crollare il suo sogno di potersi nuovamente vedere come dama prediletta di quest’ultima e suo figlio come nuovo re, Linaris raccoglie tutta la sua pazienza glaciale. Ogni cosa verrà chiarita in seguito, pensa. Attende, come tutti, la risposta di Laryna.
 
ABOVERGROUND
 
Mentre i suoi occhi acquamarina si posano su ogni angolo della sua stanza, lasciandole intendere che si ritrovi effettivamente nel suo mondo, Sarah non riesce a pronunciare una sola parola. Nemmeno un urlo per poter sfogare via tutta la sua frustrazione. Le forze sembrano abbandonarla e Sarah si accascia per terra, in posa fetale, come se prostrata davanti ad un dolore immeritato.
Quel Jareth, a distanza di poche ore, le aveva fatto del male sotto ogni profilo. Lentamente.
Prima quasi obbligandola a diventare sua regina, senza curarsi di un suo parere, per poi liquidarla freddamente di fronte al suo rifiuto come se non fosse mai stata nessuno per lui. Non aveva nemmeno tentato di chiarire con lei. Non aveva proprio voluto. E l’infamante accusa di additarla come la colpevole di aver fatto a pezzi la statua che commemorava sua madre, senza darle il tempo di difendersi, di ascoltarla. È stato come se fosse stato impaziente di scacciarla via per sempre, di bandirla per sempre dal suo regno. Ripensa a come lo chiamava Hoggle. Rettile. Solo un rettile senza calore nel cuore avrebbe potuto emularlo, comportarsi come aveva fatto lui nei suoi riguardi.
Era così, dunque, che era stata trattata? Come un comune passatempo per distrarsi, sotto tutti i sensi, dal pessimo carattere di una principessa che non voleva sposare? Un volgare passatempo?
Riportando alla mente il ricordo, come un proiettile devastante, del loro momento che li vedeva insieme, uniti, gli occhi di Sarah trovano la forza per versare le amare lacrime.
 
UNDERGROUND
 
Laryna fa fatica a darsi un contegno, emettendo un gridolino compiaciuto, ma si ricompone immediatamente.
«Sì, mio re.» è la sua risposta.
Jareth si alza in piedi e continua a tenere le mani della principessa, però non le offre nessun sorriso.
Volge la parola verso i presenti, pronto a dare un nuovo ordine. Prima di farlo, però, si accorge che Hoggle è ancora presente.
«Che cosa ci fai ancora qui?» gli domanda seccato.
«Ma... io... veramente... maestà...» balbetta Hoggle.
«Non hai sentito il mio re, verruca ambulante?» Laryna carezza il petto di Jareth «Sparisci adesso. Nessuno ha voglia di vedere ancora la tua orrenda faccia.» la sua voce si incrina in un timbro disgustato «E poi, la tua bruttezza offende i miei occhi. Vattene subito.»  
Il povero Hoggle sa di non poter reagire di fronte a quelle offese gratuite, non gli resta che obbedire e lasciare quel posto il più presto possibile.
Jareth, finalmente, ritorna al suo ordine.
«La cerimonia di fidanzamento tra me e la principessa riprenderà domani.»
Laryna appoggia smorfiosamente una mano sulle labbra, in segno di sorpresa.
«Nel frattempo,» continua Jareth «oggi stesso mi occuperò di eseguire delle modifiche riguardo il coprifuoco. Farò in modo che venga sospeso nelle ore diurne, in modo che il nostro fidanzamento possa essere cerimoniato senza intoppi.» piccola pausa «Per concludere, ultimati i giorni di fidanzamento, io e la principessa Lavinia...»
«Laryna, mio re.» lo corregge gentilmente la principessa, benché i suoi occhi risultino offesi di fronte al fatto che il re di Goblin abbia nuovamente sbagliato il suo nome.
«Sì, giusto, Laryna...» prosegue Jareth «Io e Laryna ci uniremo in matrimonio, governando questo regno come re e regina di Goblin.»
Tutti i presenti fanno cenno di aver inteso l’ordine del re. Prima di allontanarsi dai giardini, Jareth ha un’ultima cosa da dire.
«Onyx.» lo chiama il re di Goblin, ottenendo l’attenzione del cugino «Assicurati che entro domani la statua di mia madre sia ripristinata.»
«Maestà,» aggiunge Onyx «con tutto il rispetto. La statua non è stata creata con l’uso della magia, quindi un solo giorno non sarà sufficiente per ricostruirla...»
«Questo è un ordine.» asserisce Jareth, non aspettandosi ulteriori contraddizioni «Trova uno o più scultori che siano all’altezza delle mie aspettative.» inizia a picchiettare il petto del cugino con fare arrogante e intimidatorio «Se entro domani non vedrò ergere la statua di mia madre, ti assicuro che ne pagherai tu stesso le conseguenze. Sono stato chiaro?»
Osservando Laryna e poi Linaris, Onyx agita lentamente la testa in segno di accondiscendenza.
«Sì, maestà.» si schiarisce la voce «Domando scusa.»
Jareth si allontana da loro, intento ad eseguire le modifiche riguardo il coprifuoco come detto in precedenza, lasciando soli Laryna, Onyx e Linaris.
Finalmente, madre e figlio hanno l’opportunità di sciogliere ogni dubbio.
«Mia principessa,» domanda Onyx con ancora il volto sbiancato «perdona la mia invadenza, ma posso sapere cos’hai in mente? Quanto hai fatto con Jareth non faceva parte del piano...»
Laryna emette una sonora ed insopportabile risata tipica di una bambinella viziata.
«Vi facevo molto più furbi, sapete?» dice loro, dopo aver smesso di ridere «Non vi rendete conto che in questo modo ho quel pappamolla in pugno?» si sistema con superbia i capelli rosso carota «Ora più che mai, Jareth è molto fragile e sarà facilissimo soggiogarlo. Come avete potuto vedere, è stato molto facile convincerlo che quella sporca umana lo avesse sottomesso al suo potere. Ed ora, ha persino accettato di condividere la corona con me.»
«Ma... mia principessa... » Linaris viene interrotta da Laryna.
«Oh, ma non temete. Fa tutto parte del nostro piano.» conclude lei, donando loro uno sguardo carico di complicità, come per assicurare di avere tutto quanto sotto controllo.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


UNDERGROUND
 
Due giorni dopo
 
Come Jareth aveva promesso, il coprifuoco era stato sospeso nelle ore del mattino così da poter proseguire con i festeggiamenti che aveva per protagonista il fidanzamento di Jareth e Laryna.
Per farsi perdonare, Jareth ha fatto sì che la principessa si sentisse perfettamente a suo agio, non badando a spese per rendere ogni cosa all’altezza delle aspettative della futura regina. Prima di tutto, aveva fatto preparare per lei una stanza molto più elegante e raffinata di quella della compianta madre, le aveva comprato dei costosissimi e ricercati abiti da poter indossare per i restanti giorni delle cerimonie di fidanzamento e per quelli di futura regina di Goblin. Aveva, soprattutto, ordinato espressamente che tutti dovevano rispettare Laryna come futura regina, la sua parola era legge tanto quanto quella del re di Goblin. Laryna, finalmente, è tornata ad essere ciò che è sempre stata: una principessa molto viziata e coccolata alla quale non si deve in nessun modo dire di no. Soprattutto adesso che lo stesso re di Goblin le ha offerto la strada completamente libera da ogni intoppo. Nessuno, finalmente, potrà opporsi ai suoi capricci. Nel caso in cui qualcosa, o qualcuno, dovesse dare un dispiacere alla povera Laryna, Jareth farà di tutto perché ci siano delle conseguenze. Anche severe.
In aggiunta, per quella mattina, Onyx era riuscito a trovare i migliori scultori del regno di Goblin e in poche ore erano riusciti a ripristinare la statua della regina Rosheen. Non era stato facile per il sidhe trovarli, ma finalmente nei giardini del castello si poteva nuovamente ammirare la scultura ritraente la regina più amata nel regno.
 
Dopo la cerimonia tenutasi quella mattina, tra festeggiamenti pomposi dove il lusso così tanto caro per Laryna la faceva da padrone, il re di Goblin e la principessa di Dullahan stanno passeggiando tra i giardini. Laryna cammina accanto a lui, sottobraccio, ripercorrendo con vocina frivola ogni momento trascorso durante la cerimonia.
«Aah, maestà...» sospira lei con vocetta da innamorata, appoggiando la testa sulla spalla di lui. Jareth non si scompone e continua a guardare un punto indefinito davanti a sé.
«Oh, amore mio,» aggiunge lei «qui è tutto così bello. Vorrei tanto rilassarmi dondolando su di una meravigliosa altalena tutta fiorita.» effettua un dondolio, immaginandosi di oscillare seduta sulla desiderata altalena.
Jareth sorride appena.
«Ogni tuo desiderio è un ordine.» dice solamente, per poi creare dalle mani una sfera. La lancia al centro tra due alberi ed ecco apparire in un istante la tanto desiderata altalena. È in legno bianco e, come richiesto dalla principessa, le due corde da usare per il dondolio sono interamente coperte di fiori. Laryna prima lo ringrazia buttandogli le braccia al collo e poi si dirige verso l’altalena, con una frivolezza che sfiora quella infantile. Prima di iniziare il suo dondolio, Laryna lo invita a sedersi accanto a lui. Jareth inizialmente rifiuta.
«Oh, maestàààà...» si lamenta giocosamente lei «Avantiiii. Non vorrai mica lasciarmi qui tutta sola.»
Jareth sorride appena e per un momento il suo sguardo si volta da un’altra parte, come attirato da qualcosa. Ha notato, infatti, la serra dello zio Rastaban e di colpo un pensiero gli balena nella mente. Infila una mano all’interno della tasca e trova quello che stava cercando. Un petalo di rosa, quasi essiccato, lo stesso che ha trovato adagiato sul corpo della prima vittima dell’assassino che ancora si aggirava per il suo regno. Un piccolo lampo. Congedandosi frettolosamente, Jareth lascia Laryna sola sulla sua altalena – sentendola lamentarsi come una ragazzina capricciosa, mentre continua a chiamarlo e sbuffando – per dirigersi all’interno della serra.
Entra e si accorge che Rastaban non è presente. Meglio così, pensa, avrà l’occasione per concentrarsi meglio. Raccoglie nuovamente il petalo dalla tasca, lo osserva bene. Analizza attentamente la parte non ancora corrosa dall’inaridimento. Ora i suoi occhi scrutano ogni rosa presente nel vivaio, ma in questo modo è come cercare un ago in un pagliaio. Non si arrende, continua a cercare. Quand’ecco che il suo sguardo intravede un arco ricoperto di rose rosate. La sua mente lo riporta al giorno in cui Rastaban gli aveva posato sulla camicia proprio una di quelle rose. Le guarda per bene e le confronta con il petalo tenuto dentro la tasca. Le sue sopracciglia inquadrano uno sguardo allibito e poi corrucciato. Esce immediatamente dalla serra e si dirige nella sala del trono, mentre Laryna – che lo vede uscire dal vivaio – tenta nuovamente di chiamarlo.
«Ma insommaaaa!» strilla lei mentre Jareth continua a camminare a passo veloce «Maestààààà!»
Mentre Jareth entra nel castello, trova alcuni servi intenti a ripulire ed ordina loro di trovare il capitano delle guardie perché si presenti il prima possibile nella sala del trono.
 
Seduto su di un grandissimo scrittoio dove è solito occuparsi delle sue amministrazioni, con il volto tracciato da cupa serietà, Jareth ha appena sollevato le dita come per schioccarle. Si avvicina immediatamente il capitano delle guardie, rimasto nella sala con il re di Goblin per tutto quel tempo aspettando nuovi ordini. Il capitano si mette sull’attenti.
«Portate al mio cospetto il duca di Goblin.» Jareth mostra al capitano una pergamena scritta di suo pugno, protocollata e con tanto di sigillo del re di Goblin.
«Maestà?» il capitano inclina la testa di lato, come se non avesse capito bene «Mi stai chiedendo di arrestare tuo zio Rastaban?»
«So perfettamente il suo nome e quale sia il nostro legame biologico, razza di idiota!» esclama il sidhe, battendo i pugni sui braccioli del trono e facendo trasalire il capitano «Ed ora non perdere altro tempo. Portatelo qui da me, immediatamente.»
«Sarà fatto, maestà.» balbetta il capitano ancora confuso.
«Nel frattempo,» continua il sovrano del Labirinto «ponete sotto sequestro la sua serra.» 
Il capitano obbedisce senza fiatare, anche se – una volta allontanatosi dalla sala – si chiede come mai il suo re abbia deciso fare arrestare un sidhe tanto per bene come Rastaban? Chiama a raccolta un paio di guardie per procedere e ne manda un altro gruppo per sequestrare la serra. Come i suoi goblin, continua a domandarsi cosa stia passando per la testa al loro re. Le accuse dichiarate sono a dir poco gravissime.
Il capitano e si suoi uomini trovano Rastaban all’interno della sua stanza, che sta tentando di riprendersi dopo il vilipendio verso la statua dell’amatissima sorella. Poter osservare una nuova scultura che la sostituisse, in un certo senso, è servito ad alleviare il suo dolore. È da solo. Nemmeno in un momento così delicato Linaris gli è stato accanto. Nemmeno suo figlio. Con un tuffo al cuore, il capitano delle guardie chiede con il tono più gentile che possa offrire al povero sidhe di seguirlo.
Con tanta incredulità, Rastaban posa lo sguardo verso il mandato di arresto firmato, protocollato e sigillato dal suo stesso nipote. Le accuse che gravano su di lui sono pesantissime.
Omicidio. Alto tradimento della corona. Il meno grave, ma il più incisivo per il suo fragile cuore, è quello di danneggiamento nei confronti della statua della compianta regina Rosheen.
Tante sono state le brutte sensazioni da lui provate che non se la sente nemmeno di opporsi. I continui abusi da parte di Linaris, va detto, hanno giocato molto sulla sua debolezza ed ora Rastaban è lì, arrendevole ancora una volta, incapace di difendersi anche solo con le parole.
 
ABOVERGROUND
 
Il tempo scorre diverso, ricordiamo, nell’Aboverground. Un giorno nell’Underground, infatti, equivale ad un’ora nel mondo degli umani. Così, facendo ulteriori calcoli, se nell’Underground sono passate due giorni, nel mondo di Sarah sono trascorsi due ore. Due lente ore segnate dalle lacrime.
Non ha fatto altro che lasciarsi trasportare nel grigiore più totale, crogiolandosi nel più cieco tra i dolori e lasciandosi divorare dalla tristezza. Riesce comunque a trovare il tempo, comunque, di pensare di dover recitare molto bene la parte di colei che stava bene semmai qualcuno, tra parenti, amici e conoscenti, dovesse chiederle se si sentisse bene. Del resto, cosa mai poteva dire? “Ho trascorso gli ultimi giorni nell’Underground, credevo di aver conquistato il cuore del re di Goblin nonostante avesse già una promessa sposa, ma poi mi ha bandita dal suo regno?” Se voleva guadagnarsi un biglietto di sola andata verso un centro di igiene mentale, quella sarebbe stata un’occasione d’oro.
Ed ora è lì, sul suo letto nonostante le ore pomeridiane. Si dice, infatti, che quando si è depressi si possa trovare rifugio nel sonno. Tuttavia, ogni volta che Sarah chiudeva gli occhi, la sua mente le giocava dei brutti scherzi. Vedeva Jareth con lei, nella loro notte segnata dalla passione. Il momento in cui avevano deciso di unirsi. Riapre gli occhi come per svegliarsi da un brutto sogno solo quando le torna tra i pensieri il momento in cui, con uno sguardo così incattivito, la colpisce in pieno viso. Sente come se la guancia le pulsasse dal dolore. Lo sente. Non vuole versare nemmeno una lacrima, il suo orgoglio ne alimenta la determinazione di non dare a quello scellerato del re di Goblin così tanta importanza. Non merita le sue lacrime.
Sta chiudendo di nuovo gli occhi, nel tentativo di potersi riposare un po’.
«Sarah...» sussurra una voce gracchiante a lei familiare.
La giovane donna apre gli occhi e scuote la testa, conscia di essere solo molto stanca.
«Sarah...» ripete la voce.
Questa volta Sarah ne presta attenzione e si alza a sedere, si volta in direzione della voce. Sobbalza quando vede proprio Hoggle dietro di lei.
«Sarah, sono io...» esclama Hoggle, giunto nell’Aboverground proprio per lei.
Viene accolto da un caldo abbraccio e quando Sarah gli chiede come mai si trovi lì, nel suo mondo, nella sua stanza, Hoggle si picchietta la fronte.
«Oh, giusto. Me ne stavo dimenticando.» si ricompone e Sarah, intanto, gli chiede di sedersi accanto a lei. Per quanto non possa sembrargli educato sedersi su di un letto accanto ad una signorina, Hoggle accetta solo dopo l’amichevole insistenza di Sarah «Ascoltami,» continua il nano «non c’è molto tempo ed io non dovrei nemmeno essere qui. Jareth ha impedito a chiunque di avere contatti con te, ma sai che c’è? Tu sei mia amica e, per quanto mi riguarda, quel rettile di Jareth i suoi provvedimenti li può usare come carta igienica...» si copre la bocca con la grossa mano, imbarazzandosi per aver esagerato con il linguaggio e si scusa con Sarah «Comunque... Io me ne infischio della sua legge. E sono giunto fin qui perché ci devi assolutamente aiutare.»
Per quanto lusingata all’idea che Hoggle stia rischiando molto per lei, Sarah non può nascondergli il suo senso di malessere. Sono passate due ore nel suo mondo, ma sentire anche solo pronunciare il nome del re di Goblin, già le procura la stessa sensazione di ricevere un pugno allo stomaco. Quando Sarah, seppur gentilmente, si rifiuta di accettare la sua richiesta di aiuto, il nano non si perde d’animo.
«Mia cara amica, lo so che cosa stai provando... Tuttavia, se sono giunto fin qui da te è perché il regno di Goblin non è più lo stesso. Solo tu puoi sistemare le cose.»
«Non vedo come.» risponde lei con tutta la calma possibile, facendo di tutto per non sembrargli sgarbata.
«Hai già sconfitto Jareth tempo fa, Sarah. Solo chi tiene testa al re di Goblin può essere in grado di compiere tante altre difficili imprese.» breve pausa «So che ti sto chiedendo troppo, ma ti imploro di ascoltarmi. Da quando Jareth ti ha bandita, le cose sono peggiorate in un solo giorno. Ha perso totalmente la testa per colpa di quella strampalata e odiosissima principessa, vuole sposarla...» Sarah sta per interromperlo, non volendo sentire altre notizie a riguardo che – ammette a sé stessa – le fanno ancora male, ma rimane di sasso quando Hoggle aggiunge «... ed ora ha anche arrestato suo zio Rastaban! È convinto che sia lui il vero assassino.»
«Cosa?» Sarah è sbalordita davanti a quelle parole.
«Sono più che sicura che qualcuno abbia incastrato quel poveretto, proprio come è accaduto con te quando ti hanno accusato di aver distrutto la statua della regina Rosheen. Oh, Sarah, ti scongiuro.» Hoggle la implora «Devi tornare nell’Underground. Devi sistemare le cose. Solo tu puoi farlo, te ne prego. Se Jareth continua di questo passo, non so cos’altro potrebbe accadere nel nostro regno...»
Sarah ripercorre i momenti in cui ha avuto modo di conoscere Rastaban, ricordandolo come uno sidhe mite, buono e molto dolce. Di sicuro, non merita affatto di essere accusato ingiustamente solo perché Jareth ha deciso di non usare il cervello e, chissà, essere stato addirittura soggiogato da quella serpe di Laryna. Prende un respiro e si alza dal letto.
«D’accordo, Hoggle.» dice lei carica di decisione. Il nano la ringrazia con tutto il suo cuore, ma Sarah aggiunge «Lo faccio solo per quel poveretto...» si ferma quando si rende conto di aver cantato vittoria troppo presto. Non può tornare nell’Underground, Jareth l’ha appena bandita.
Quando Sarah lo fa presente, Hoggle sogghigna.
«Mia cara, ancora non hai imparato di non dare tutto per scontato?» tira fuori dalla tasca un frutto che Sarah, solo a vederlo, ha un tuffo al cuore. È una pesca.
Sarah è riluttante, ma il nano la rassicura.
«Non devi temere, questa non è come quella in cui... beh...» si ferma, non vuole ricordare un momento a lui tanto triste «Dicevo, questa pesca è innocua. Ti basterà mangiare un cibo dell’Underground per poter spezzare la maledizione di Jareth. Solo un morso e poi, potrai tornare nell’Underground.»
Offre a Sarah la pesca – e chissà se Hoggle avesse scelto proprio quel frutto per spezzare la maledizione, magari per scongiurare un triste ricordo. Chiudendo gli occhi, la giovane donna addenta la pesca. Il suo sapore è innocuo, come quello di una pesca normale e Sarah non sente nessun effetto collaterale dentro di sé.
Hoggle le sorride.
Sarah è pronta e afferra la mano dell’amico.
«Desidero che i goblin ci portino via... all’istante.»

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


UNDERGROUND
 
In pochi attimi, come voleva la magia, Sarah e Hoggle si ritrovano catapultati in casa del nano. Ad attenderli, ci sono Ludo, Didymus e il suo fido destriero. Non c’è tempo per i festeggiamenti, come ricorderà loro Hoggle, devono immediatamente correre nel castello di Jareth per cercare di salvare il povero Rastaban. Per scongiurare qualsiasi guaio, Hoggle e gli altri si sono fatti trovare preparati. Hoggle le ha offerto un mantello con tanto di cappuccio perché Sarah possa camuffarsi, mentre Didyumus e Ludo le hanno offerto una boccetta contenente un profumo... piuttosto particolare.
«Il sentore umano, milady,» asserisce Didymus «è smisuratamente percettibile all’odorato del nostro mondo. Orbene, ho ben considerato di cogliere qualche goccia di palude.» è ben chiaro a tutti che l’origine di quello stranissimo liquido contenuto nella boccetta provenga dalla Gora dell’Eterno Fetore.
«Dico, sei impazzito?» sbotta Hoggle «Vuoi appestarci tutti per il resto della nostra vita? Come ti viene in mente di portare quella robaccia in casa mia?»
«Chetati, amico mio.» aggiunge Didymus «Siffatto fluido non offenderà il vostro olfatto e vostra persona.» la apre e fa rendere conto a tutti che, in effetti, non emette nessun cattivo odore. Didymus spiega di averla presa da una pozzanghera della parte meno fetida della gora e che bastino poche gocce per “correggere” un odore poco desiderato. Fiduciosa, Sarah lascia che Didymus le poggi solo una piccolissima goccia di quel liquido e il suo odore umano è come svanito. Per sicurezza, anche Hoggle e gli altri fanno altrettanto, in modo da non emanare nessun odore di Sarah.
 
L’idea di Didymus sembra funzionare, in quanto sono tutti quanti riusciti ad entrare nella città di Goblin, attraversandone le mura, per poi filtrarsi all’interno del castello di Jareth. Non destano nessun sospetto, nemmeno Sarah che si presenta coperta dal mantello color terra scura offertole da Hoggle. Vuoi per negligenza delle guardie goblin, vuoi per la fretta collettiva di assistere al giudizio di Jareth nei confronti dello zio Rastaban.
Li trovano lì, nella grande sala del trono. La sala brulica di gente di ogni ceto sociale della città, come quando Sarah è entrata per la prima volta nell’occasione del primo giorno della cerimonia di fidanzamento del re di Goblin.
Cosa mai avrà pensato Rastaban all’idea di essere stato messo agli arresti proprio da suo nipote, il figlio della sua cara Rosheen, questo non si potrà mai sapere. Nemmeno Sarah riesce ad immaginarlo, nonostante possa percepirne empaticamente l’enorme sofferenza interiore. L’unica certezza ruota intorno al fatto che adesso si trova davanti a lui, davanti ad un Jareth con un’aria tutt’altro che rassicurante.
«Non ti ho fatto incatenare come il cane che sei, perché mia madre non lo avrebbe mai permesso.» sono state le “gentili” parole di Jareth.
Sarah si accorge che alla sinistra del re di Goblin c’è Laryna e, come tutti i presenti, ha notato questa peculiarità: è seduta al trono, alla sinistra di Jareth, come se fosse già una regina. Si atteggia addirittura come tale.
Tornando alle crudeli parole del nipote, Rastaban sente una fitta dolorosa nel proprio petto. Si illude di stare vivendo all’interno di un incubo, sperando di potersi svegliare il prima possibile. Non ci riesce. Ciò che gli sta accadendo, è tutto vero. Non capisce, comunque, il perché di tutto ciò.
Abbiamo più volte conosciuto il lato debole e fragile del povero sidhe che, adesso, si trova dinanzi a Jareth, alla futura regina e alla moglie Linaris che – in piedi alla sinistra di Laryna come una velenosa dama da compagnia - lo guarda con aria di superbo disgusto.
Anche Sarah si è resa conto di un dettaglio che, con ogni probabilità, è saltato anche all’occhio di Rastaban. Onyx non c’è. Come mai, proprio suo figlio, non è presente?
Riprendendo l’attenzione sulla fragilità emotiva di Rastaban, la dignità, però, non sembra averla perduta. Un conto è farsi plagiare da quella serpe di Linaris, un altro è quello di farsi accusare ingiustamente. Dentro di sé prega la sorella di dargli la forza necessaria per aiutarlo ad affrontare tale sopruso.
La sua mente si “risveglia” non appena sente una voce accusatoria che non appartiene a suo nipote.
«Rastaban, duca di Goblin,» è Laryna «sei stato condotto qui per volere del mio amato re di Goblin con l’accusa di assassinio, alto tradimento della corona e per aver distrutto la scultura ritraente la compianta Rosheen, madre del re di Goblin. Cos’hai da dire in tua difesa?»
Per la prima volta, Rastaban raccoglie tutto il suo coraggio e alza gli occhi verso Laryna.
«Perché sei proprio tu a parlare, tu che sei ancora la principessa di Dullahan?» la voce del sidhe è calma, serena, educata, nonostante la sua situazione attuale «Con tutto il mio rispetto, non sei ancora la regina di Goblin e gradirei sentire tali accuse infamanti dal mio re di Goblin.»
La solidarietà di Sarah nei confronti del sidhe non fa che incrementare nel sentirgli pronunciare tali parole, così semplici ma abbastanza forti da fare sfigurare quell’arrogante di Laryna.
«Silenzio!» lo blocca Jareth, la sua voce rimbomba per tutta la sala, ottenendo un sobbalzo collettivo «Non osare mai più rivolgerti così a Lavinia...»
«Laryna!» quasi strilla la principessa, seccata.
«Sì, giusto...» si corregge, rimanendo nella sua posa autoritaria «La futura regina di Goblin ha diritto quanto me di scegliere e di giudicare. Per cui, Rastaban, ti ordino di rispondere alle sue parole.»
Così come la solidarietà verso Rastaban, anche l’incredibile voglia di prendere a schiaffi Jareth incrementa dentro Sarah.
Rastaban prende un bel respiro prima di difendersi.
«Jareth,» rivolgendosi al nipote, fa largamente capire a tutti i presenti che non ha intenzione di prestare attenzione a Laryna «come mai puoi solo pensare che io possa essere ritenuto colpevole di quanto mi si accusa? Per favore, sono certo che si sia trattato di un orrendo equivoco o di una vergognosa congiura. Sono persino disposto a perdonarti...»
«Taci!» ordina Laryna con tutta l’acidità di cui è ben dotata «È a me che devi rispondere.»
«Io non ho nessuna colpa,» risponde Rastaban con una serenità d’animo che fa imbestialire internamente Laryna «mio nipote lo sa bene. E credo che anche tutti coloro che sono qui adesso siano d’accordo con le mie parole. Il vero problema è che il re di Goblin pende troppo dalle labbra di una principessa che, a parer mio, con i suoi capricci lo stia trasformando in qualcuno che non è mai stato.»
«Come osi?» gli strilla contro Laryna scandalizzata «Ti dovrei fare giustiziare per questo! Questo oltraggio è troppo da sopportare! A me? Io sono la futura regina di Goblin!» scandisce con estrema altezzosità le ultime parole e, in particolare, il titolo di futura regina.
«Basta così, Rastaban.» Jareth interviene in aiuto di lei «Tale oltraggio è troppo pesante anche per me. Nessuno nel regno, nemmeno un parente del re di Goblin, deve solo osare compromettere l’autorità della mia Lavinia...»
«Bastaaaaa!» l’urlo di Laryna è così forte che molti tra i presenti, Sarah e i suoi amici compresi, sono costretti a tapparsi le orecchie «Basta! Basta! Sono stufa marcia di tutto questo!» si alza dal trono, appoggia i pugni ai fianchi stizzita più che mai, fulmina Jareth con i suoi occhiacci «Tutti i miei problemi sono iniziati da quando ho messo piede in questo regno. Un regno che appartiene ad un re che non sa nemmeno il nome della sua futura regina!» il viso di Laryna si arrossa come per manifestare la forte rabbia che ribolle in lei «Un re che si è fatto sconfiggere da una sporca, lurida e schifosissima umana. La stessa che ha distrutto la statua di sua madre.» si volta verso i presenti «E non facciamo finta di non sapere di cosa io stia parlando. Lo sappiamo tutti che è stata lei! C’era il suo schifoso sangue sulla scultura, ma il vostro re è ancora troppo innamorato di lei per poter accettare la sua colpevolezza.» la sua voce si incrina come quella di una bambina capricciosa in procinto di piangere.
Sarah, nel sentire quelle parole, sente un sussulto in lei. Un sussulto negativo, come quello di un tuffo al cuore.
«Ma cosa stai dicendo, mia adorata?» domanda Jareth sorpreso, come se fosse stato schiaffeggiato «Come fai a credere ad una cosa simile? Sono stato io il primo ad aver bandito Sarah dal mio regno...»
«Tu la ami ancora!» strilla Laryna, incrinando ulteriormente la voce «L’hai addirittura chiamata per nome anche adesso, ti importa ancora di lei. Perché, altrimenti, continui a sbagliare il mio nome?»
«È stata solo una distrazione.» si difende Jareth «Non c’è bisogno di farne una tragedia.»
«Zitto!» è l’ultimo ordine di Laryna e si rivolge alternativamente a Jareth e ai presenti «Questa è l’ultima goccia. Adesso parlo io!» come se fino ad adesso non avesse proferito verbo «Sin dall’inizio non ho sopportato l’idea che mio padre, il re di Dullahan, mi affibbiasse ad un re fallito.» tale aggettivo fa sussultare tutti quanti, ma Laryna ha ancora tanto altro da aggiungere «Un re conosciuto per essersi fatto sconfiggere da un’insulsa umana, infangando il suo sangue reale e il suo regno. Io, la principessa Laryna, la figlia del grande e potente re Algol, avrei dovuto come lavare il vostro disonore unendomi in matrimonio con il vostro re. Io? E ditemi, come può una principessa del mio calibro accettare di sposare un re che, non solo si è fatto sconfiggere da una schifosa umana, ma che si è addirittura innamorato di quest’ultima!» un altro sobbalzo collettivo, mentre nel frattempo Sarah sta come bruciando di rabbia dentro sé. Ci pensa Hoggle a tenerle una mano, come per calmarla.
«Mia principessa,» interviene Linaris «se posso permettermi...»
«Silenzio!» la blocca Laryna «Io non ho nessuna intenzione di sposare un re che non ha fatto altro che coprirsi di ogni tipo di scandalo. Oltre alla vergogna dell’umana, adesso se n’è aggiunto un’altra. Io sono la principessa di Dullahan e non ho nessuna intenzione di unirmi in matrimonio con un re che colleziona fallimenti, sconfitte e che ha nella sua famiglia dei... criminali.» punta il dito contro Rastaban, per indicare il criminale al quale si riferisce «Per cui, basta così! Sono stufa marcia di tutto questo! Non ho nessuna intenzione di essere la regina di un re che ama coprirsi di scandali. Ho un nome molto importante da rispettare!» fa per andarsene, quando una voce fuori campo la ferma.
«Mia principessa.» Tutti si girano nella direzione della voce.
È Onyx. Cammina a passo deciso in direzione di Rastaban, tenendo lo sguardo fermo verso Jareth.
Non lascia a quest’ultimo il tempo di chiedere spiegazioni, in quanto Onyx ha già iniziato a far scorrere il suo fiume di parole.
«Io, figlio del duca di Goblin, mi inchino a Laryna come degna regina del nostro regno.» esclama solennemente Onyx, mentre Rastaban cerca invano di chiedergli cosa abbia in mente «Miei concittadini,» continua Onyx rivolgendosi ai presenti «ho udito le parole della solenne principessa e mi si è aperto un mondo. Invito a tutti voi presenti di seguire il mio esempio. La saggezza alberga in lei come quella di una sovrana ed io farò di tutto, da adesso in poi, per servirla.»
Se Laryna, insieme a Linaris, guarda Onyx con fare trionfante, lo stesso non si può dire per Jareth e Rastaban.
Il re di Goblin si alza dal suo trono, adirato come una tempesta per l’affronto subito.
«Come osi?» tuona Jareth al cugino e ordina alle guardie di portarlo via, ma non fa in tempo a continuare.
«Mi rivolgo a tutti voi presenti, in questo momento.» insiste Onyx con una sicurezza raggelante «Riflettiamo su quanto ha detto la principessa e guardiamo tutti quanti in faccia la realtà. Il nostro attuale re di Goblin, negli ultimi tempi, con la sua arroganza, con la sua frivolezza nei riguardi di un’umana, non ha fatto altro che coprire ognuno di noi di ridicolo. Tutti i regni dell’Underground non fanno altro che deriderci e noi tutti dovremmo essere grati al re Algol, sovrano di Dullahan, se ci ha dato la possibilità di stringere un’alleanza. Ci ha dato la possibilità di farci rappresentare anche da una regina perfetta, quale è sua figlia e noi, per poco, non stavamo per perderla.»
«Ti ordino di smetterla!» continua inutilmente Jareth, non sembra che le guardie gli stiano prestando ascolto in quanto come rapiti dal discorso di Onyx.
«Io, dunque, vi chiedo di inchinarci tutti di fronte alla vera regina.» Onyx si inchina di fronte a Laryna e continua a parlare «Laryna, mia unica regina, io chiedo a nome di tutto il popolo di Goblin di perdonarci se abbiamo osato, anche se involontariamente, infangare il tuo prezioso nome. Così, nel nome dei nostri regni, io ti chiedo umilmente di onorarci con la tua maestà. Solo tu sarai all’altezza di innalzare il nostro regno, finora disonorato da Jareth.»
Essere chiamato semplicemente per nome, davanti al suo popolo, è troppo per Jareth. Si avvicina pericolosamente verso il cugino e, in preda alla furia cieca, lo afferra dapprima per il colletto per farlo sollevare dall’inchino e poi lo scaraventa per terra dopo averlo colpito con un forte pugno sul volto.
Una serie di sussulti echeggia per la sala, sono tutti quanti sconvolti da quanto accaduto negli ultimi minuti.
«Guardie,» asserisce Jareth in un sospiro di rabbia, guardando Onyx alzarsi mentre si massaggia la guancia colpita «arrestate questo traditore.»
Gli occhi adirati del re di Goblin mutano in un’espressione di sgomento quando le guardie da lui chiamate, anziché puntare le lance contro Onyx, non muovono un solo dito. Jareth insiste e il suo tono diventa più minaccioso.
«Che significa tutto questo? Siete sordi o semplicemente stupidi?» è l’ultima domanda di Jareth.
«Il figlio del duca ha ragione.» esclama una voce maschile indefinita tra la folla «Il nostro re di Goblin non ha fatto altro che umiliarci.»
«Non è degno del suo nome.» aggiunge una seconda.
«Non è degno della sua corona.» una terza voce.
«Non è degno di questo regno.» una quarta.
«Laryna è la nostra regina!» una quinta, carica di entusiasmo, la voce che più fa scaldare gli animi.
«Destituite Jareth!» la sesta, ultima, definitiva voce che enuncia il destino del re di Goblin.
Una folla inferocita – fatta eccezione per Rastaban, Sarah, Hoggle, Ludo, Didymuy e Ambrogio – inveisce verbalmente contro un confuso e basito Jareth.
Linaris guarda Laryna con arrogante complicità, per poi riservare lo stesso sguardo al figlio.
Laryna fa un gesto con la mano, ottenendo il desiderato silenzio.
«Jareth,» annuncia lei con la voce più acuta e smorfiosa che può usare per accentuare la sua autorevolezza «il potere di un re è direttamente proporzionale all’amore o alla paura che nutre il suo popolo. In questo momento, vedo che nessuno qui ha ancora intenzione di volerti obbedire. Sono così desolata, ma credo proprio che il tuo potere non valga che un po’ più di niente.» in realtà, non è per niente desolata. È evidente la soddisfazione in lei. Non lascia a Jareth il tempo di parlare «Intanto,» lo indica minacciosamente «guardie! Arrestatelo. Jareth altro non è che un vile traditore del proprio regno, non merita il suo titolo di re un minuto di più.»
Al contrario di prima, questa volta le guardie obbediscono all’ordine di Laryna seduta stante. Jareth sta per ribellarsi e anche Sarah, tra la folla, tenta di intervenire in suo aiuto. Accade, tuttavia, qualcosa. In una frazione di secondo.
Onyx blocca Jareth con il solo movimento di una mano, aprendo il palmo inguantato contro di lui. Piega lentamente le dita verso l’interno e Jareth si sente sempre più irrigidito.
«Cos...a...» sussurra Jareth come se lo stessero soffocando «Cosa succede?»
Onyx, fermo nella sua posa, non “lascia la presa”.
«Non ribellarti alla mia regina, traditore.» lo avverte e ne ottiene un altro sorriso soddisfatto di Laryna.
La folla sembra elettrizzata e parteggia per Onyx. Rastaban è troppo confuso, la sua natura fragile riemerge. Sarah tenta nuovamente di intervenire, ma Hoggle la ferma afferrandole un braccio.
«Dove vuoi andare?» le domanda preoccupato.
«Tutto questo è un sopruso.» gli risponde Sarah.
«Non possiamo fare niente.» spiega Hoggle «Hai visto tu stessa cos’è in grado di fare quel tipo.» si riferisce a Onyx.
«Milady,» aggiunge Didymus appoggiando il nano «non possiam prestare alcun soccorso in siffatto momento.»
Sarah si ferma e riflette. Dopotutto, non aveva tenuto conto che anche il cugino di Jareth possedesse delle doti magiche e lei, dopotutto, è solo un’umana. Non può improvvisare se vuole tenergli testa, non adesso. Non le resta che stare a guardare.
Laryna sostiene Onyx con aria carica di insopportabilmente altezzosa compiacenza.
«Questo tuo gesto di grande devozione nei miei riguardi ha ampliamente dimostrato il tuo valore.» dopo avergli ordinato di lasciare perdere Jareth e di inchinarsi davanti a lei, mentre numerose guardie circondano Jareth, neutralizzandolo, Laryna aggiunge «Popolo di Goblin, ascolta la mia voce. Da questo momento in avanti io, Laryna, figlia del re Algol, mi proclamo regina del regno di Goblin.» la sua autoproclamazione aumenta l’entusiasmo della folla – chiaramente, è implicito dedurre lo sbigottimento di Rastaban, Sarah e dei suoi amici – la quale la acclama con calore come nuova regina «Inoltre,» continua Laryna «ogni regina ha bisogno di un re al suo fianco. Così, come nuova regina di Goblin, io proclamo Onyx come nuovo re di Goblin.» dopo avergli dato il consenso di rialzarsi, la folla acclama energicamente i nuovi sovrani.
Gli occhi di Sarah, così come quelli di Jareth, in quel momento sono accomunati da un forte senso di malevolo stupore.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


UNDERGROUND
 
Per tentare di scaldare il cuore del lettore, va detto che non tutti i presenti sono favorevoli all’autoproclamazione dell’ormai regina Laryna e re Onyx. Persino Sarah e suoi amici, così come Rastaban e Jareth, sono ben lieti di sentire qualche voce amica che ha il coraggio di opporsi. Qualche sidhe afferma che tutto ciò sia solo una farsa, chi arrischia asserendo che sia tutto un complotto contro il vero re di Goblin, chi ancora ha un coraggio da leone ad esclamare che Laryna sia solo una poco di buono – per non cadere nella volgarità ed offendere chi stia leggendo. Purtroppo, né Sarah né nessun altro tra coloro che è stato citato in precedenza ha il tempo di sorridere. Laryna, a denti stretti, inizia a spronare il nuovo re.
«È così che intendi farti trattare?» gli sussurra velenosamente, scandendo odiosamente parola per parola «Sei tu il re adesso ed io la tua regina. Dimostrami il tuo valore. Adesso.» marca con ancora più odio l’ultima parola.
Onyx non perde tempo e richiama all’ordine le guardie.
«Da questo momento in poi,» enuncia Onyx con l’aria più trionfante che riesce ad esprimere, assumendo l’aria di un attore alle prime armi che tenta di attirare pateticamente l’attenzione su di se sul palcoscenico «chiunque si azzarderà a profanare la maestà mia e della regina Laryna, andrà prontamente incontro ad un destino infelice con l’accusa di alto tradimento. Nessun processo e nessuna pietà per i traditori della corona.» alza un dito indice come per assumersi il pieno dei poteri e, rivolgendosi alle guardie, ordina loro di arrestare immediatamente tutti coloro che sono rimasti fedeli a Jareth. Mentre i presunti colpevoli vengono neutralizzati, sul viso di Laryna si dipinge un’espressione di insopportabile soddisfazione. Insopportabile agli occhi di Jareth, al punto da provare dentro di sé un’insana voglia di prenderla a schiaffi fino alla fine delle proprie forze.
Laryna, tornando a lei, è più che compiaciuta nel vedere che Onyx si è dimostrato all’altezza delle sue aspettative. Così, dopo aver ribadito il comando di Onyx, Laryna ordina alle guardie di condurre tutti i traditori nelle prigioni e, insieme a loro, anche Jareth.
Quest’ultimo, così come gli altri, viene trascinato dalle guardie con la forza fuori dalla sala. A pochi passi dall’uscita, però, Jareth nota tra la folla una figura incappucciata e ne scruta un paio di occhi color acquamarina a lui molto, molto, familiari. Li osserva tutto il tempo, senza staccarne lo sguardo da essi e non dice una sola parola. Jareth non lo sa, ma è Sarah che lo sta guardando.
Lo guarda mentre viene allontanato di peso, fino a che la sua figura non scompare via, seguito dai lamenti degli accusati ingiustamente di alto tradimento.
«Ed ora...» la fastidiosa e stridente voce di Laryna riporta Sarah alla realtà «vi annuncio una novità. Come nuova regina di questo regno, vi comunico che ci saranno tanti, tanti, tanti cambiamenti.» l’insopportazione del suo modo di parlare mette alla prova la pazienza di Hoggle, trattenuto da Sarah «Da oggi,» continua Laryna «cambierà tutto.» incide con irritante decisione le parole che ritiene importanti, affinché tutti le prestino la dovuta attenzione. Prima di continuare, si siede comodamente sul trono con aria vincitrice e invita Onyx a fare altrettanto «Domani io e il re Onyx inaugureremo l’inizio di una nuova era celebrando il nostro matrimonio. Tuttavia, da oggi verranno osservate delle nuove leggi...»
«Vi prego...» coraggiosamente o, forse, ingenuamente, Rastaban interviene cercando disperatamente di lanciare un ultimo appello a suo figlio «Onyx, per favore, cerca di ragionare. So che quanto sto per dirti potrà sembrarti inadeguato, ma sei sempre mio figlio e ti amerò sempre sopra ogni cosa. Per cui, ti chiedo di dare un taglio a tutto questo... sai che tutto ciò è una follia. Non sei adatto a fare il re, non hai nessuna esperienza a riguardo. Inoltre, non è mai accaduto in nessun regno dell’Underground che ad un legittimo sovrano venisse privata la corona da parte di...»
«Silenzio!» gli urla contro Onyx, come per gridargli contro tutta la sua rabbia trattenuta per tutti quegli anni. Il suo volto diventa improvvisamente paonazzo, sulla sua fronte si evidenzia una vena gonfia e la sua bocca sembra schiumare di accecante ira «Io sono il re di Goblin! E quanto hai detto ha firmato la tua condanna per esserti pubblicamente rivelato come un traditore!»
Sarah nota con sbigottimento l’agghiacciante indifferenza di Linaris e la continua compiacenza incisa sulla faccia di Laryna. Lasciando perdere quest’ultima, è la moglie di Rastaban a far gelare il sangue nelle vene. Moglie. Un termine decisamente inadatto a lei, specialmente di fronte a quella situazione. E i brividi di Sarah aumentano quando la vede chinarsi verso Laryna, sussurrandole qualcosa all’orecchio coprendosi le labbra inaridite con una mano rinsecchita.
Laryna, sorridente, incalza lo sfogo di Onyx.
«Onyx,» lo richiama con fintissima desolazione «quanto ho detto prima a Jareth, lo ripeto anche a te e, ancora una volta, voglio la prova della tua devozione verso di me. Io non accetto di sposare e condividere il mio regno con chi ha nella propria famiglia dei criminali. Per cui, sai cosa fare.» gli sorride malignamente con intesa, sa già quale sarà la risposta che riceverà.
Onyx, infatti, ordina immediatamente alle guardie di portare via Rastaban e senza nessun ripensamento dichiara apertamente di rinnegarne il nome. I suoi occhi incontrano lo sguardo di Laryna e della madre ed entrambe sembrano volergli dire “ben fatto”.
Sarah non ce la fa più, ha sopportato abbastanza, ma viene fermata appena in tempo da Hoggle. Il nano, infatti, le ricorda che per il momento non possono intervenire in nessun modo. Non è né tempo, né soprattutto luogo. Basterebbe una sola parola per essere giudicati come dei traditori e Laryna ha il pieno controllo su ogni cosa.
Sarah prende un bel respiro e realizza la veridicità dell’amico. Con tutta la calma di cui può armarsi, chiede ai suoi amici di uscire dal castello per poter parlare loro con tranquillità. Lontani da occhi e orecchie indiscrete.
La seguono.
Oltre le mura del castello, oltre la città di Goblin. Passo dopo passo, Ludo domanda biascicante se potranno finalmente parlare. Sarah scuote la testa e afferma che parlerà solo dopo aver raggiunto la casa di Hoggle.
Una volta arrivati e dopo aver chiuso la porta, Hoggle finalmente le domanda cosa abbia in mente.
«Non parleremo qui.» dice Sarah e quando i suoi amici le chiedono il perché, Sarah offre loro una spiegazione alquanto arguta «C’è solo un luogo dove potremmo parlare senza aver paura di essere sentiti.» guarda Hoggle con intesa e il nano capisce al volo.
«Poffarbacco!» esclama meravigliato Didymus «Stai, forse, alludendo al tuo mondo?»
Sarah si limita ad annuire, mentre Hoggle si accinge a trovare un modo per andare incontro alla saggia richiesta dell’amica.
 
Nel frattempo
 
All’interno di una stretta cella, con le braccia sospese per aria con il doloroso sostegno delle pesanti catene ai polsi, Jareth si presenta come un prigioniero privato per ordine di Laryna dalle vesti superiori. Laryna. Proprio lei che, all’insaputa di Jareth, si sta incamminando nelle prigioni del castello per raggiungerlo.
Jareth ha lo sguardo rivolto verso il nudo pavimento, non alza lo sguardo nemmeno quando sente la stridente voce della sidhe dai capelli aranciati infierire contro un goblin addetto alla guardia.
Per non confondere il lettore, Laryna si è presentata al goblin con due sidhe poco più alti di lei. Per farla molto breve, Laryna ha appena enunciato l’immediato licenziamento del goblin.
«M-ma,» tenta di protestare la povera guardia «eseguo questo lavoro da diversi secoli. Ho svariata esperienza e più di trecento anni di servizio. N-non vedo perché io debba...»
«Il nuovo re di Goblin è un debole,» dice solamente Laryna riferendosi proprio ad Onyx «chi credi che comanderà davvero questo regno da adesso in poi?» fa solo un cenno e le nuove guardie costringono il povero goblin a farsi da parte.
Superato questo facilissimo “ostacolo”, Laryna entra nella cella dopo essersi fatta consegnare le chiavi da uno dei sidhe. Per chi se lo stesse chiedendo, la nuova regina ha ben deciso di licenziare in tronco ogni goblin che presta servizio nel castello, in quanto ha avuto modo di rendersi conto quanto essi siano poco efficienti e incredibilmente tonti. Al loro posto, infatti, ci saranno solo ed esclusivamente sidhe di sesso maschile.
Entrata nella cella, Laryna non perde tempo per divertirsi a schernire ulteriormente Jareth.
«Oh, ma guardatelo. Poverino.» inizia lei con falsa pietà «Il povero ex re di Goblin. Chissà cosa penserebbe suo padre nel vederlo così?» le sfugge una scorbutica risata, ma si ricompone quando nota che Jareth non cede alla sua provocazione «Del resto, questa è la giustissima punizione che ti spetta. Tuttavia,» gli afferra il mento per costringerlo a guardarla, affondando le unghie nella pelle del sidhe «ti faccio una proposta. Ti farò uscire da questa prigione, ma in cambio tu dovrai essere mio schiavo per sempre.»
Come se lo avessero risvegliato da un sogno, la parola “schiavo” scuote l’animo di Jareth. La sua mente ripercorre una frase pronunciata da lui diverso tempo fa.
“Non hai che da temermi, amarmi, fare ciò che io ti dico e diventerò il tuo schiavo!”
In più, la sua memoria ripercorre lo stesso attimo in cui aveva intravisto quella misteriosa figura incappucciata. I suoi occhi. Quella forma. Quel colore. Era Sarah. Non aveva nessun dubbio. Sarah era lì per tutto quel tempo, nonostante lui l’avesse bandita. Quante domande dentro di sé, ma solo una sensazione prevale su tutto.
«Avanti,» continua Laryna ridacchiante «non ti costa nulla. Accetta di diventare il mio schiavo e otterrai la libertà.»
Gli occhi di Jareth si accendono di una nuova energia che scorre dentro lui.
«Sono già schiavo di qualcuno.» annuncia con arrogante sicurezza, riprendendosi la dignità di un re «Sono schiavo di colei che tu conosci come... Sarah.»
Nel sentire tali parole e tale nome, Laryna colpisce Jareth in pieno viso con uno schiaffo molto forte.
La sua bocca si increspa di rabbia intensa.
Laryna chiama irascibilmente le guardie, ordinando loro di entrare nella cella come se qualcuno le stesse facendo del male.
«Ho un lavoro per voi.» stride lei non appena le guardie entrano.
Jareth non sembra essere preoccupato di fronte alle minacce di Laryna. Nemmeno quando quest’ultima ha un’ultima provocazione da offrirgli.
«Questa te la farò pagare molto cara.»

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


ABOVERGROUND
 
Come richiesto da Sarah, Hoggle si è apprestato immediatamente a far sì che tutti loro venissero catapultati nel mondo dell’amica. A differenza degli abitanti dell’Aboverground, per coloro che abitano nell’Underground è molto più facile potersi spostare da una dimensione all’altra. È bastato, infatti, che Hoggle prendesse una porta di legno e la attaccasse ad una parete, aprirla e trovarvi la soglia che conducesse alla camera di Sarah. Nel suo mondo.
Va ricordato, infatti, che i suoi amici erano soliti farle visita nel suo mondo, nella sua camera e tutti si rendono conto che Sarah ha avuto una bella idea. In quel luogo, lontani da tutti, hanno modo per poter trovare una soluzione.
«Dobbiamo, fare in fretta.» la avverte Hoggle «Il tempo trascorso qui è molto diverso da quello dell’Underground.»
Sarah, purtroppo, aveva quasi trascurato questo dettaglio riguardo la differenza del tempo e realizza di dover trovare una soluzione più in fretta che può, ma come “premio di consolazione” c’è il fatto di trovarsi lontani da orecchie nemiche. Si siedono tutti, trovando un posto adatto nella camera di Sarah e cercano di raggruppare le idee per trovare una soluzione di fronte a questo gigantesco problema. Il regno di Goblin, così come Jareth, Rastaban e tutti gli abitanti, è in pericolo. Troppo c’è in gioco.
Il destino del Regno di Goblin.
Il destino di Jareth.
Il destino del Labirinto.
 
UNDERGROUND
 
«Jareth? Jareth? Svegliati, adesso.»
Jareth si sveglia di colpo e si accorge di essersi addormentato per troppo tempo all’ombra di un albero dei giardini del castello. C’è Sarah che lo sta guardando, è stata lei a svegliarlo.
È stato solo un incubo, è il primo pensiero che nasce nella mente di Jareth. Si alza a sedere e si massaggia la tempia, scongiurando una forte emicrania.
Sarah gli poggia un bacio sulla guancia, con fare tenero ma non sdolcinato.
«Sembravi agitato,» gli spiega «devi aver fatto un brutto sogno.»
«Così sembra,» dice Jareth smettendo di massaggiarsi la tempia, consolandosi che ormai sia tutto passato. Quando inizia a raccontarle cosa abbia sognato, di come l’avesse bandita dal suo regno, di aver preferito Laryna a lei e che quest’ultima gli abbia soffiato il trono, Sarah non sa se ridere o se prendersela.
«Devi aver perduto la testa.» è la risposta di Sarah, ammettendo a sé stessa di quanto possa essere sciocco offendersi per delle immagini oniriche «Beh, ormai è passato.»
Jareth le sorride appena e riflette sulle sue ultime parole. È passato. Eppure, sembrava tutto così vero. Decide di non prestare troppa importanza a quell’incubo e si concentra su Sarah.
È bello ritrovarsi in pace nel verde del naturale giardino del castello, tempestato di ricchezze che l’ambiente ha da offrire, rappacificando i sensi con i profumi dei fiori e del fruscio delle foglie che danzano con il piacevole vento. E poi, non meno importante, c’è Sarah con lui.
Come per “ringraziarla” della sua presenza e per farle intuire quanto egli sia grato a lei per averlo risvegliato dall’incubo, Jareth compie un’azione che mai si sarebbe aspettato di compiere. Approfittando della posa seduta di lei, Jareth si sdraia e appoggia la testa sul grembo di Sarah. Non dice una parola, rimane fermo in quel modo. Si sta rilassando. Sarah gli sfiora i lunghi capelli dorati, illuminati dai raggi del sole. Jareth ne sente la delicatezza del tatto e chiude gli occhi per impregnare dentro sé tutte le sensazioni positive, le energie piacevoli che il tempo, che Sarah, gli sta dedicando in quel momento.
Si abbandona alla piacevole sensazione del calore del grembo di Sarah, quando sente la mano di lei afferrargli i capelli con dolorosa energia, procurandogli un forte dolore. Emette un urlo soffocato e tenta di protestare, non ce la fa. Riesce solo a strizzare gli occhi per il dolore, per poi riaprirli di colpo.
 
«Allora? Ti sei addormentato?» grida una guardia, mentre gli scuote violentemente la testa, stringendogli con forza i capelli come per strapparglieli.
Jareth si accorge che deve fare i conti con la dura verità. Si era addormentato o, meglio, era svenuto e la sua mente gli aveva giocato un triste scherzo. Sente il corpo bruciargli, come se martoriato da fuochi roventi che gli mortificano la carne della schiena, delle braccia. Capisce di essere stato frustato dalle guardie così a lungo, con tanta violenza, al punto da portarlo allo svenimento. Si domanda dove sia Laryna, perché non sia presente. Eppure, ricorda bene che sia stata lei ad ordinare alle due guardie di dargli una lezione facendogli assaggiare l’amaro gusto della pesante frusta. Si ricorda, finalmente, che se ne sia andata da un pezzo. Aveva lasciato ai due sidhe di “divertirsi” con l’ex re di Goblin e di ridurlo in modo tale da fargli pentire amaramente di aver osato andare contro la volontà della nuova regina con tanta arroganza.
Si ricorda dei colpi incassati, ma non ricorda con esattezza quando abbia effettivamente perduto i sensi. Sa solo che il suo corpo è febbricitante dal dolore e, anche se non può sanguinare, sente comunque la lacerante sensazione dei pezzi della propria carne apertasi a causa dei violenti colpi della frusta agitata dalle guardie con notevole ferocia.
I due sidhe sembrano essere affaticati, come se fossero stati loro ad aver subito una tale tortura e respirano affannosamente. Si sentono dei passi e un colpo di chiave alla porta. Sta rientrando la regina. I due sidhe lasciano perdere per il momento Jareth e si inchinano di fronte a Laryna. Freme dalla curiosità nel vedere il lavoro compiuto, vuole assistere agli effetti della tortura di Jareth.
«Allora?» chiede con tono smorfioso, come quello di una ricca bambinetta lagnosa che non ha ancora ricevuto la sua giornaliera dose di capricci.
Jareth, per quanto sia distrutto, non perde comunque la sua dignità né il suo insaziabile desiderio di provocarla. Con incredibile sforzo, alza la testa verso Laryna e la guarda dritta negli occhi, come per dirle “non mi avete fatto niente”, gonfia il petto e raddrizza la schiena per tenere ben salda la sua reputazione di re. Come si aspettava, gli occhiacci di Laryna si spalancano dallo stupore.
«Che cos’è questa storia?» si agita lei, inveendo contro le guardie «Perché questo miserabile riesce a reggersi in piedi?»
«Maestà,» tenta di giustificarsi una delle guardie «non è colpa nostra. Non abbiamo mai visto una resistenza come la sua...»
«Silenzio!» sbraita «Lo sapevo, voi abitanti di Goblin siete solo dei molluschi. Non valete proprio un bel niente.»
«Vostra Maestà, se poss...» la seconda guardia non fa in tempo a trovare una giustificazione, in quanto viene fermato da un fortissimo ceffone in pieno viso da parte di Laryna. Lo schiaffo risuona all’interno della cella, la guardia si strofina delicatamente la zona colpita con tanta forza dalla mano della regina.
«Chi ti ha detto che potevi parlare, lurido pezzente?» lo assale lei, come se avesse subito un torto molto grave. L’eccessiva forza della sua mano è senza dubbio dovuta alla rabbia di fronte all’incrollabile arroganza di Jareth.
Lui continua a guardarla con sfida, dimostrandole largamente di non provare nessuna sensazione di timore di fronte a lei, né di fronte a nessun tipo di tortura.
«La mia volontà» dice Jareth alternando i respiri profondi «è forte come la tua... e il mio regno...»
Laryna tenta di farlo tacere, facendogli assaporare un sonoro schiaffo ben più forte di quello sferrato poco prima ad una delle guardie.
«...e il mio regno altrettanto grande...» continua Jareth senza scomporsi minimamente e regalandole un nuovo sguardo colmo di provocazione.
Laryna lo percuote ancora una volta, con molta più violenta energia, ma Jareth non demorde.
«Tu non hai alcun potere su di me.» completa il sovrano del Labirinto.
Offesa nell’orgoglio, Laryna dapprima digrigna i denti e successivamente emette un urlo isterico, per poi sferrargli un ultimo schiaffo con una forza tale che Jareth lotta con tutto sé stesso per non darle la soddisfazione di aver sentito un inimmaginabile dolore.
«Con te,» Laryna gli punta minacciosamente contro il dito della mano destra «ci vogliono le maniere molto più forti.» gli afferra malamente una ciocca di capelli, ma Jareth non si azzarda ad emettere un solo lamento «Vedrai come i miei servitori, la gente mia e di mio padre, riusciranno a rovinarti quella faccia da verme che ti ritrovi.»
Lascia andare la presa e, stizzita più che mai, si avvia verso la porta della cella. Tuttavia, ha un nuovo ordine da dare alle due guardie.
«Voi abitanti di Goblin non siete altro che degli incapaci.» si ricompone come può «Evidentemente, vi ho solo sopravvalutato, ma da domani le cose cambieranno. Comunque,» indica Jareth «niente cibo né acqua fino a che non avrà imparato le “buone maniere”.»
Le guardie eseguono un inchino rispettoso non appena la regina si instrada nella direzione della porta. La precedono e chiudono la cella a chiave, lasciando Jareth da solo con il suo corpo che manifesta la febbre della sofferenza.  
Solo adesso, finalmente, Jareth può permettersi di abbassare lo sguardo. Lo fa solo per potersi concedere un meritato riposo.
 
ABOVERGROUND
 
Niente.
Per tutto quel tempo, non erano riusciti a trovare nessuna soluzione. Solo Didymus si fa finalmente avanti, anche se sa che la sua idea potrà sembrare poco “valorosa”.
«Mi duole annunziare quanto io giudichi inservibile girandolare tra utopie riguardo all’astrusa circostanza creatasi negli ultimi minuti.» si toglie il cappello come per dare una triste notizia «Per cui, preconizzo che a parer mio, l’unica conclusione a cui dobbiam prender parte è quello di aiutare il re di Goblin a dileguarsi.»
«Sì, come no.» sbraita Hoggle «E tu credi che Jareth sia disposto a vivere il resto dei suoi giorni in esilio come un criminale?»
«Non oso accusare il re di Goblin come un ignavo.» si difende Didymys «Giacché ti mostri tanto dotto, mio stolido amico, perché non provi ad incantarci favellando qualche idea prodotta da quella tua lisa cocuzza?»
Sarah li ferma subito. Ci mancano solo i litigi a complicare la situazione.
«Non facciamoci trascinare dal nervosismo, per favore.» chiede lei gentilmente.
Fa bene a pensare che non c’è spazio per i litigi, sa perfettamente che ogni secondo può essere significativa per Jareth e per tutti quanti gli abitanti del regno di Goblin.
 
UNDERGROUND
 
Che sia passato un giorno o due, questo Jareth non lo sa. Forse è passata qualche ora, ma nessuno che sta appeso a dei ganci, con il corpo dolorante testimone di tanta crudeltà, è in grado di riconoscere il vero scorrere del tempo.
Sa solamente che sente dei passi farsi sempre più vicini, ma non sono causati solo da due piedi. Le sue domande trovano risposta quando sente la porta cigolare all’apertura. Alza lo sguardo, anche se a fatica, trovandosi davanti Laryna insieme ad Onyx e due guardie. Queste ultime hanno entrambi i capelli rossi, ognuna di tonalità diversa rispetto all’altra, chiaro segnale per Jareth che appartengano al regno di Dullahan. Si sforza per non vacillare, anche se sa perfettamente a cosa sta per andare incontro.
Laryna è stata di parola.
«È incredibile, non è vero.» ridacchia lei, rivolgendosi alle sue guardie «Questo essere strisciante era destinato ad essere il mio sposo, puah! Per fortuna, le cose cambiano.» afferra una mano di Onyx, come per evidenziare la fierezza di avere lui al suo fianco. Quest’ultimo ricambia il sorriso e le bacia la mano decorata da preziosissimi anelli ingemmati da pietre di ogni forma, colore e lussuoso valore degne di una regina.
«Tuttavia,» continua Laryna con un timbro vocale disgustato, come se le avessero offerto una pietanza stomachevole «gli abitanti di questo regno non si sono dimostrati all’altezza del lavoro che avevo ordinato di portare a termine.» volge lo sguardo ai suoi fedelissimi sidhe «So, comunque, che con voi sarà ben diverso. Dopotutto, i sudditi di Dullahan hanno una reputazione.» ottiene una risatina malevola e complice da parte delle guardie.
Jareth conferma il suo timore. Sa perfettamente che gli abitanti di Dullahan sono famosi per il loro diletto riguardo la violenza, un diletto al quale non sono secondi a nessuno. Deve resistere anche questa volta, ripete a sé stesso. A qualunque costo.
«Onyx,» dice il sovrano del Labirinto con voce quasi malinconica «per tutto questo tempo, hai nascosto una natura così forte. Avresti potuto lavorare al mio fianco, distinguerti per il tuo valore. Sarebbe stato un vero onore, per me, averti come braccio destro.»
Onyx si avvicina al cugino e gli riserva un pugno in pieno volto.
«Come osi rivolgerti così al tuo re?» gli ringhia contro.
Laryna lo ferma e gli fa cenno di “no” con l’indice.
«No, amore mio. Questo è un compito riservato alle guardie.» asserisce lei sarcasticamente, sorridendo con tutto il veleno che scorre acidamente dentro la sua anima.

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***


UNDERGROUND
 
Onyx guarda Laryna con aria interrogativa, assumendo lo sguardo di un bambino che viene fermato nel compiere un’azione a lui tanto cara.
«Per te,» gli sorride lei donandogli un’occhiata complice «ho in mente un compito molto, molto speciale.»
Onyx sembra impaziente di ascoltare cosa Laryna abbia in mente di tanto importante per lui. Cosa può esserci di più speciale nel percuotere l’odiato cugino, si sta domandando il nuovo re di Goblin.
Laryna allarga le labbra mostrando un sorriso ben stretto, mostrando tutti i denti come un predatore davanti ad una preda.
Si avvicina ad Onyx e, quasi dimenticandosi di non essere sola con lui, inizia a riservargli effusioni amorose decisamente poco educate per una regina, ma abbastanza lascivi per consolidare tutto il suo potere su di lui.
«Voglio che tu...» gli dice quasi sospirando nell’orecchio «...elimini totalmente...» gli preme le mani sul petto, come per afferrargli la pelle attraverso gli indumenti «la natura immortale di questo lurido verme.» lancia un’occhiataccia a Jareth, sorridendogli malignamente.
Il sorriso carico di soddisfazione di Onyx contrasta profondamente lo sgomento di Jareth, il quale a sua volta si augura di aver inteso male.
Non può assolutamente aver sentito una cosa del genere. È a dir poco assurdo. Nessun sidhe, che sia un comune cittadino o un re ha il diritto di cancellare la natura immortale di un suo simile, salvo casi molto gravi per poi essere esiliati nell’Aboverground. Inoltre, una simile capacità è riservata solo a chi possiede una potenza sbalorditiva. Una potenza che nemmeno un re come Jareth, nemmeno suo padre, ha mai posseduto.
Il sinistro sorriso di Onyx lascia presagire che ne sia alquanto capace, si fa avanti senza pensarci due volte, come se gli avessero chiesto di compiere un’azione semplice e tanto da lui desiderata come quella di bere un bicchiere di acqua fresca durante una giornata segnata dal caldo soffocante di torrida estate.
Jareth non può che rimanere fermo di fronte ad Onyx che apre minacciosamente il palmo della mano davanti a lui, guardandolo dritto negli occhi senza sbattere le palpebre.
«Onyx,» seppure con molta dignità nell’animo, Jareth tenta un ultimo appello «se c’è ancora del buono in te, non farlo...»
Onyx ne ignora totalmente la richiesta e inizia a stringere le falangi verso l’interno, lentamente, come se stesse affondando dei lunghi artigli invisibili all’interno della carne di una preda. Jareth sente come se l’aria gli sia tolta dai polmoni e inizia ad emettere dei suoni gutturali, ma l’orgoglio gli impone di non urlare. Nessuno in quella stanza, soprattutto quella serpe di Laryna, merita di assistere alla sua sofferenza. Continua a subire in silenzio, nascondendo come meglio riesce ogni forma di dolore che gli scorre lungo il corpo, meravigliandosi dell’effettivo potere di Onyx tenuto nascosto per tutti questi anni. Alla fine, sente una sensazione molto strana, come se gli avessero risucchiato via una parte molto importante di sé stesso. Jareth inizia a sentirsi spossato e i dolori procurati dalla precedente tortura sembrano avere raddoppiato, forse triplicato, la loro intensità.
È così dunque, si chiede, che si sente un comune mortale?
Nonostante l’orrendo e indescrivibile senso di febbre di dolore, Jareth punta tutto sul suo orgoglio e lancia un’occhiata di sfida ad Onyx e a Laryna. Per sua sfortuna, i due non sembrano essere affatto preoccupati. Al contrario, le loro espressioni appaiono sadicamente rilassate.
«Molto bene. E adesso,» sibila Laryna al suo Onyx «ho un altro compitino per te.»
Onyx si volta verso di lei e aspetta con impazienza il suo nuovo ordine.
«Voglio che tu,» prosegue lei, toccandosi con finta nonchalance i ricci capelli arancioni, scandendo acidamente parola per parola «procuri alle nostre due guardie... il necessario per compiere il loro dovere.» mal nasconde una malefica e meschina risatina, seguita da quella assecondata dei due sidhe che sembrano essere impazienti di cominciare il loro “lavoro”.
Onyx sorride ulteriormente e fa un cenno con il capo, in senso di affermazione. Chiudendo le mani a pugno, per poi riaprirle, Onyx fa apparire in un batter di ciglia nel palmo della propria mano un flagrum.
Laryna si considera più che soddisfatta alla vista di ogni strumento evocato da Onyx, lo stesso si può dire per le due guardie. Jareth fa appello a tutto il suo orgoglio per non cedere all’inorridimento. Sa ancora di essere un re e ritiene doveroso non mostrare mai paura davanti al nemico. Giura a sé stesso di resistere con tutte le sue forze. Fino alla fine.
Il flagrum, per non lasciare il lettore con il dubbio - nelle sue diverse varianti - è una frusta a più estremità, ciascuna delle quali corredata da piombini, ossa o altri oggetti duri. Usato nelle tradizioni più antiche, sin dall’alba dei tempi, lo scopo dell’uso di tale strumento è quello di torturare il condannato procurandogli ferite lacero-contuse – vale a dire, lacerazione e contusione delle carni.
Volendo dare la piena dimostrazione della propria carognaggine, Laryna avanza verso Jareth con il suo tipico velenoso tono altezzoso.
«Sai, Jareth.» dice lei apostrofando la sua personalità smorfiosa «Io non credo affatto che il tuo nuovo corpo da mortale sia in grado di sopportare un simile supplizio. Perché, quindi, soffrire così tanto?» avvicina il viso a quello di Jareth, in modo da guardarlo negli occhi «Voglio essere buona.»
Dentro sé, Jareth immagina quanto possa suonare male il termine “buona” con la vipera che ha di fronte.
«Voglio darti un’ultima possibilità.» continua Laryna, mantenendo il suo accento smorfioso «Implora pietà ed io, chissà, potrei anche accogliere la tua richiesta.» emette una risatina odiosa.
Jareth non risponde. Abbassa solo la testa.
«Allora?» domanda lei «Perché non rispondi?»
«Probabilmente» aggiunge Onyx, carezzando il manico del flagrum «è così spaventato da aver perduto la lingua.»
Ottiene una risata da parte di Laryna e delle guardie.
«Poverino.» Laryna finge di asciugarsi delle invisibili lacrime causate dalle risate «Oh, ma se è così, allora voglio essere ancora più buona.» si ricompone «Ti faccio un’ultima offerta, Jareth. Sai, l’Underground può essere un mondo molto pericoloso per un comune mortale. Per cui, ti propongo nuovamente di offrirti la possibilità di uscire da questa squallida prigione e divenire mio schiavo per tutta la tua vita. In cambio, dovrai solo implorare pietà.»
Jareth alza la testa, ma ancora non risponde.
«Avanti, Jareth.» ordina viziatamente lei, ancora ridacchiante «Sto aspettando.»
Come tanto desidera Laryna, Jareth offre la sua risposta. Senza farla attendere ancora per molto, Jareth risponde all’offerta di lei sputandole sulla guancia.
«Questo è ciò che penso della tua proposta, isterica viziata.» sentenzia fieramente Jareth, senza preoccuparsi minimamente delle conseguenze. Conseguenze che non tardano ad arrivare.
Tanto per cominciare, per tenere fede al termine affibbiatole da Jareth, Laryna non fa che urlare istericamente per il torto subito, preoccupandosi di asciugarsi il viso. Dopo aver momentaneamente sistemato il flagrum nella propria cintola, Onyx, per vendicare Laryna, sferra una serie di poderosi pugni sul volto di Jareth. Al primo pugno, la forza bruta di Onyx è tale da provocare al cugino una prima ferita tipica di un comune mortale. A dimostrazione dell’immortalità perduta, Jareth sta sanguinando.
La velocità e la forza dei pugni sono così rilevanti che Jareth fa letteralmente fatica a percepire da dove essi provengano, per non parlare della sensazione del dolore aumentato sul suo “nuovo” corpo. Un pugno lo colpisce all’occhio sinistro, un altro a quello destro, un altro ancora alla mandibola, poi all’orecchio destro. Jareth non aveva mai immaginato cosa fosse l’effettivo dolore, sente la testa scoppiargli per il troppo male che sta subendo.  Non ce la fa più, ma sa che il peggio deve ancora arrivare.
«Questa,» ringhia Onyx dopo essersi fermato e riprendendo fiato «la pagherai molto cara.» richiama l’attenzione delle guardie e offre ad uno di loro il flagrum «In nome del re e della regina di Goblin, siate degni della vostra reputazione. Nessuna pietà per questo essere immondo.»
La guardia che afferra il flagrum è un sidhe alto e robusto, dai corti capelli rosso rame, le sopracciglia rade, leggermente largo di fianchi e dal portamento simile a quello di un centurione romano. Anche la seconda guardia ha un portamento simile, ma si distingue dall’altro sidhe per via della fronte molto alta che lotta con una leggera calvizie e da una piccola e rossiccia barba arrotondata.
La prima guardia comincia a carezzare il flagrum, dal manico alle lunghe estremità, tempestata da varie macabre decorazioni che serviranno a mortificare le carni di Jareth. Ad ogni carezza, si dipinge sul volto del sidhe di Dullahan – così come anche su quello del suo collega – un sorriso raccapricciante.
«Come il re e la regina comandano.» aggiunge solennemente la prima guardia, seguito dalla seconda.
Prima di lasciare la cella, Laryna ha un ultimo orripilante desiderio.
«Divertitevi come volete, ma badate... lo voglio vivo. Deve passare ogni giorno della sua miserabile soffrendo come merita.»
«Maestà.» i due sidhe di Dullahan si inchinano, in segno di affermazione.
Non appena Onyx e Laryna lasciano la cella, Jareth guarda in faccia i suoi due torturatori e fa un giuramento solenne a sé stesso. Non dovrà mai urlare.
La tortura sul corpo mortale che ora è in grado di provare dolore e di sanguinare ha inizio.
Jareth stringe i denti con tutte le sue forze non appena sente gli artigli metallici del flagrum, legati alle fibbie di cuoio, scarnificargli la pelle in prossimità delle scapole. Si piega per l’indescrivibile dolore, ma mantiene fede al proprio giuramento. Un respiro profondo per trattenere un urlo disumano e si rialza. Questo atteggiamento di resistenza, purtroppo, non fa che aumentare l’ira del primo torturatore. Un’altra “artigliata” sfrega contro la schiena nuda di Jareth, poi un’altra e un’altra ancora, vicino all’area lombare. L’intenso dolore scorre in Jareth, ma si rifiuta di urlare. Non può. Non deve. Non vuole. Ha solennemente giurato. Rivoli di sangue scorrono e altri artigli metallici continuano a martoriare varie parti del corpo del sovrano del Labirinto.     
«Dai qua.» esclama divertito il secondo torturatore, appropriandosi del flagrum «Tocca a me, adesso.»
Jareth avverte il contatto delle fibbie metalliche contro la pelle nuda e violata, mentre il suo sangue inizia a schizzare dappertutto come vernice. Ancora nessun urlo. Nemmeno quando viene colpito e lacerato in altre aree del corpo, come il le braccia, il collo, mentre le due guardie non fanno altro che ridere divertiti del loro macabro lavoro. Jareth sente come se il suo corpo fosse fatto di sabbia, i cui granelli si sarebbero sparsi in un soffio di vento.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Capitolo 19 ***


ABOVERGROUND
 
Nel frattempo
 
La soluzione era una sola, ma non tutti sono ancora d’accordo.
«Assolutamente no!» esclama Hoggle, stringendo i pugni.
«Non abbiamo altra scelta.» sentenzia Sarah.
«No, io non lo permetterò mai.» continua apprensivamente il nano.
«Anziché lodare cotanta temerarietà,» lo rimprovera Didymus «prediligi redarguire la nostra lady?»
«Non è così.» si difende Hoggle «Ammiro eccome il coraggio di Sarah, ma non permetterò che le venga fatto del male.»
Didymus appoggia una zampetta sulla fronte, come per sostenere una forte emicrania.
«Ahimè, mio melenso amico. Misconosci, forse, il fatto che nel nostro mondo vige un dettame in grado di tutelare la nostra lady?»
Hoggle scuote la testa in segno di confusione, ammettendo di non capire a cosa Didymus si stia riferendo. Guidata dal buon senso, Sarah si appresta a trovare la risposta alla domanda del nano – più che altro, per impedire che Didymus possa nuovamente aggiungere qualche altra parola che possa scatenare una lite.
«Non ricordo dove...» mormora Sarah, apprestandosi a perlustrare ogni angolo della scrivania alla ricerca di qualcosa. Trova, finalmente, ciò che stava cercando.
Dall’interno dell’ultimo cassetto della scrivania, Sarah ne tira fuori un libro dalla copertina rossa con sopra inciso in titolo in caratteri dorati.
The Labyrinth”.
Sarah inizia a sfogliarlo velocemente, cerca la pagina interessata fino a che non riesce a trovarla dopo pochi tentativi. Inizia, così, a leggere il capitolo dedicato alle “Antiche Leggi”, soffermandosi sul paragrafo che riguarda gli appartenenti all’Aboverground.
“L’Underground è un mondo vietato agli esseri umani, salvo casi eccezionali. Qualora un umano rientri nelle grazie dell’Underground, quest’ultimo ha il diritto di rivendicare i propri Diritti Speciali”.  
Sarah, incoraggiata dai suoi amici, continua a leggere la voce pertinente a tali diritti.
“I Diritti Speciali degli abitanti dell’Aboverground sono garantiti nel rispetto della legge stabilita dal supremo re Finvarra, re dell’antichissimo regno di Daoine, attinenti alla posizione sociale degli esseri umani e a norma delle Antiche Leggi.”
“L’essere umano avente il diritto o la capacità di entrare nell’Underground, secondo le condizioni stabilite dalle Antiche Leggi, può appellarsi ai Diritti Speciali.” 
“Nel caso in cui non abbia mai commesso nessun reato comune ai danni delle Antiche Leggi, l’essere umano ha il diritto di chiedere e ricevere i Diritti Speciali.”
“I Diritti Speciali garantiscono la protezione all’essere umano da ogni forma di persecuzione.”
“Poiché nessuno è superiore alle Antiche Leggi, nessun abitante dell’Underground, nemmeno un sovrano, ha il diritto di contrastare queste ultime e, in aggiunta, nemmeno rinnegare ad un essere umano la richiesta di appellarsi ai Diritti Speciali.”
“Ogni essere umano, in quanto tale, è esonerato dalle norme dettate dalle Antiche Leggi purché non commetta reati molto gravi che possano danneggiare l’equilibrio dei due mondi. Pertanto, nessun essere umano può essere processato nell’Underground. Di conseguenza, se dovesse commettere un reato di natura sopracitata, non può essere in alcun modo perseguito, né torturato, a meno che non abbia ottenuto il titolo di membro ufficiale dell’Underground coniugandosi con un abitante del medesimo mondo.”
“Se un abitante dell’Underground viene trasformato in un essere umano, indipendentemente dall’incantesimo e/o dalla scelta spontanea avvenuta con il matrimonio con un essere umano, l’individuo viene considerato automaticamente un umano a tutti gli effetti, in quanto ormai privo di immortalità. Pertanto, nel caso in cui lo ritenga necessario, potrà affidarsi ai Diritti Speciali.”
“Qualora un abitante dell’Underground assuma la natura di essere umano, non sarà in alcun modo possibile processarlo e/o torturarlo. Nel caso in cui si sia macchiato di reati molto gravi, l’unica condanna alla quale può andare incontro è esclusivamente l’esilio nell’Aboverground.”
“L’annullamento dell’immortalità come punizione verso un abitante dell’Underground spetta solo ad un’autorità superiore, quali un sovrano o un sacerdote di gradazione suprema. Tale punizione deve avvenire solo in caso di gravi episodi o estrema necessità, quali lo spodestamento di un proprio pari o di un sottoposto che minaccino l’equilibrio di uno o più regni.”
“Allorché ogni abitante ricoprente una carica superiore abusi del proprio potere, verrà immediatamente processato con l’inevitabile esito dell’annullamento della propria autorità, dei propri poteri e, successivamente, esiliato nell’Oltrelanda senza poter mai più ricorrere in appello e, di conseguenza, tentare di sovvertire la propria sorte.”
Quando Sarah chiede cosa sia l’Oltrelanda, Hoggle si appresta a rispondere.
«È la famigerata landa dove vengono spediti tutti i criminali dell’Underground che hanno commesso orribili delitti.» il nano quasi sbarra gli occhi durante la sua spiegazione «Si dice che mai nessuno sia riuscito a scappare da lì.»
Incuriosita da tale luogo, Sarah continua a sfogliare il libro sicura di aver già letto qualcosa di simile da qualche parte. Ritiene a sé stessa e ai suoi amici quanto sia strano il fatto di non aver mai prestato molta attenzione a questi capitoli, in quanto quando era una ragazzina preferiva meglio dedicarsi alle parti in cui venivano descritte le avventure della giovane protagonista. Certo, all’epoca Sarah era solo una bambina e poco poteva importarle dei paragrafi riservati alle leggi o ai luoghi da lei ritenuti, a quel tempo, poco interessanti.
Quando riesce, finalmente, a trovare la riga esatta, Sarah prosegue con la lettura.
“Ritenuta il luogo più famigerato dell’Underground, l’Oltrelanda è la prigione a cielo aperto dove i prigionieri sono condannati ai lavori forzati fino alla fine dei propri giorni. Non è possibile alcuna via di fuga, per via di diversi fattori naturali. La fittissima giungla raffigura una vera e propria prigione naturale, dove le creature feroci e gli spiriti maligni non mostrano nessuna forma di pietà per i prigionieri.
A nessun prigioniero viene concessa nessuna forma di diritto e di grazia, chiunque non si attenga alle regole e tenti la fuga, viene trasferito nell’angolo più oscuro della landa dove dovrà scontare anni di isolamento, alimentati con solo pane e acqua una volta al giorno.
L’unica ragione per la quale esista un luogo così macabro nell’Underground, è quello di calpestare i diritti di coloro che hanno osato compiere atti atroci ai danni dell’equilibrio di uno o più regni o, peggio, di entrambi i mondi.”
Ancora incredula a quanto ha appena letto, Sarah si riprende istantaneamente e ritorna sui suoi passi.
«Questo conferma che solo io posso farmi avanti per salvare Jareth.» sentenzia Sarah «E dato che tra noi sono l’unica che può ricorrere all’immunità, toccherà a me affrontare Laryna.»
«Ne sei proprio sicura?» domanda Hoggle ancora non molto convinto, più che altro perché molto preoccupato per l’incolumità dell’amica.
«Orsù, amico mio.» lo incoraggia Didymus «La nostra Sarah ha appena inventariato la sua spettanza di appellarsi ai Diritti Speciali, cos’altro esigi di più? E se quella maligna figlia del re Algol arrischierà nuocere la nostra Sarah, dovrà vedersela con l’Oltrelanda.» monta in groppa ad Ambrogio e, con fare cavalleresco, esclama il suo ardore per salvare la vita di Jareth «Andiamo, miei prodi!» sprona il suo fido destriero, riuscendo anche a coinvolgere Ludo nell’entusiasmo.
Sarah guarda Hoggle amichevolmente, come per dirgli che andrà tutto bene.
«Andiamo, allora!» esclama il nano, ormai convinto del tutto.
Prima di andare, Sarah porge il libro dalla copertina rossa ad Hoggle chiedendogli di metterlo in una delle proprie grosse tasche.
«Potrà tornarci utile.» sostiene lei.
Prima di proferire le fatidiche parole magiche, Sarah ricorda a Didymus di ricorrere nuovamente alle gocce della palude della Gora dell’Eterno Fetore, in modo da poter nuovamente camuffare i loro odori da umano. Didymus non se lo fa ripetere. Dopo una piccolissima goccia su ognuno di loro e dopo che Sarah si rimette addosso il mantello con cappuccio prestatole da Hoggle, sono pronti a tornare nell’Underground.
«Desidero che i goblin ci portino via... all’istante.» per la prima volta, dopo tanto tempo, Sarah pronuncia tale frase con tutta la grinta che sente all’interno della propria pancia.
 
UNDERGROUND
 
Si dice che il tempo sia un’illusione.
Infatti, Jareth non ha la benché minima idea di quanto tempo sia passato da quando le due guardie abbiano iniziato a mortificargli il corpo con le affilate fibbie del flagrum. Sa solo che, finalmente, si sono fermate e sembrano essere molto stanche. La febbre del lancinante dolore su ogni angolo del suo corpo non sembra incutere nessun senso di pietà agli occhi dei due sidhe di Dullahan. Al contrario, sembrano essere soddisfatti del loro “lavoro”. L’unica pecca di cui si “incolpano”, è il fatto che Jareth non abbia urlato in nessuna occasione.
Il suono di passi, sempre più vicini, fanno ricomporre i due sidhe. Capiscono subitaneamente chi si stia avvicinando e vogliono farsi trovare ben preparati.
«Aprite, in nome della regina!» esclama Laryna dall’altra parte della cella.
Come ben si aspetta, le guardie non la fanno attendere. Si inchinano al suo cospetto.
Laryna contempla al limite del compiacimento gli effetti della tortura sul corpo martoriato di Jareth, al punto da emettere una sonora, acida e stridente risata. Forse perché vinto dalla sofferenza del proprio corpo, Jareth non alza lo sguardo. Rimane in quel modo, immobile con le sue ferite, con lo sguardo rivolto verso il nudo pavimento.
«Oh, patetico, ridicolo, pezzente che non sei altro.» alterna le gracchianti risatine «Non fai più lo sbruffone ora che ti trovi in un miserabile corpo da umano.» altre risate «Ah, quanto rimpiango il non aver potuto assistere alle tue urla. Ah, quale musica sarebbero state per le mie orecchie.»
«Mia regina.» una delle guardie chiede il consenso di poter parlare e continua quando Laryna, sempre più soddisfatta, gli concede il permesso «In verità... in tutta la mia carriera non ho mai visto una resistenza come la sua.»
«Come sarebbe?» il sorriso soddisfatto di Laryna si trasforma in una smorfia di scontento.
«Non ha fiatato per tutta la durata della tortura, maestà.» continua l’altro sidhe per venire incontro al suo collega «Ma ci siamo impegnati parecchio per...»
Laryna lo silenzia facendogli assaggiare un suo sonoro schiaffo dritto sulla guancia sudata, per poi fare lo stesso con l’altra guardia.
«Incapaci!» strilla lei come una capricciosa «Vi avevo dato un ordine così semplice! Avete disonorato il nome del regno di Dullahan!»
Ritenendo le sue ultime parole motivo di soddisfazione per Jareth, Laryna si ferma e si avvicina al sovrano del Labirinto.
«E tu non credere di poter cantare vittoria.» lo avverte «Domani io e Onyx celebreremo il nostro matrimonio e vedremo cosa fare di te.»
Nonostante gli indescrivibili dolori, Jareth non può perdere l’occasione di stuzzicarla di nuovo.
«Ho una domanda...» dice lui, alzando la testa e guardando Laryna in faccia «Indosserai quella faccia anche durante il tuo matrimonio? Non vorrei essere al posto di Onyx...» stira le labbra in un sorriso beffardo.
Per tutta risposta, Laryna lo colpisce al viso con un ceffone. Stizzita più che mai, ordina alle guardie di non dargli né cibo, né acqua, né nessuna cura fino al giorno successivo.
Non appena si ritrova da solo nella sua cella, con le sue ferite sanguinanti, Jareth ritrova in quel momento un piccolo ritaglio di pace.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Capitolo 20 ***


UNDERGROUND
 
Lo smodato desiderio di Laryna riguardo l’organizzazione di un matrimonio in grande, anzi, eccessivo stile, era stato realizzato in pochissimo tempo. Del resto, nessuno si azzardava nemmeno di pensare di deludere le aspettative della nuova regina.
Un matrimonio esagerato che prevedeva che ogni dettaglio fosse, per dirla in maniera riduttiva, impeccabile. Lo scenario era orchestrato da giocolieri e mangiafuoco, acrobati, contorsionisti e musicisti di altissimo livello. Per lasciare intendere il giudizio di Laryna riguardo i talenti coltivati nel regno di Goblin, naturalmente la nuova regina non ci ha pensato due volte ad assumere tali artisti che provenissero esclusivamente da Dullahan. Questa scelta, infatti, aveva già evidenziato il suo parere deludente nei confronti degli abitanti di Goblin, ma nessuno di questi osava fiatare. 
“Nessun matrimonio doveva essere più impressionante del mio” era stato l’ordine di Laryna. Quali siano state le spese ingenti per la realizzazione di tale evento, di sicuro, non sarà dato saperlo. Si sa solo che nessuno a Goblin aveva mai assistito ad una festa del genere.
Oltretutto, tale cerimonia carica di pomposità e lusso non solo deve confermare tutto il potere di Laryna, ma anche dare delle dimostrazioni e immense soddisfazioni al popolo di Dullahan e – naturalmente – ai genitori di lei.
Clamorosamente in ritardo, il matrimonio dei nuovi sovrani di Goblin non ha ancora avuto inizio: la tradizione, infatti, vuole che la celebrazione non può avere inizio prima dell’arrivo dei genitori della futura sposa. Dopo più di mezz’ora dall’effettivo inizio, il dignitario di corte annuncia finalmente l’arrivo dei sovrani di Dullahan e, finalmente, possiamo dare al lettore la possibilità di conoscere anche la madre di Laryna - anticipando il detto “tale madre, tale figlia” – ma ogni cosa a suo tempo.
Alla presenza di re Algol, gli invitati e abitanti del regno di Goblin sembrano tremano, al contrario di coloro che appartengono al regno di Dullahan che, a loro volta, mostrano nei loro volti un fortissimo senso di orgoglio nell’essere governati da un re come lui. La moglie di Algol, tornando a lei, si chiama Lavandula ed è incredibilmente uguale alla figlia... non solo nell’aspetto. A differenza del marito che si mostra solenne, composto e rigido come un insigne re dal grande potere, Lavandula dimostra sin da subito di possedere una personalità al pari di Laryna, sfoggiando ogni preziosissimo gioiello presente sul suo corpo, dalla sfarzosissima collana di diamanti agli orecchini di medesimi brillanti che le cadono fino al collo, dai bracciali d’oro agli innumerevoli anelli costellati di pietre preziose, questi ultimi in particolari ben messi in evidenza effettuando continui gesti con le mani, come il sistemarsi ripetutamente i capelli color arancio aragosta ben acconciati o, in particolare, coprirsi le labbra laccate di rossetto rosso fuoco per nascondere elegantemente qualche stridula risata. Stridula perché, per l’appunto, è proprio questo il suo timbro vocale. Per quanto riguarda l’aspetto, non esistono elementi che possano andare in contrasto con quelli di Laryna, se non fosse per qualche rughetta leggera causata dall’età.
Il motivo del ritardo dei sovrani era derivato... dall’abito di Lavandula. Il fastosissimo abito rosso e giallo, con applicazioni di diamanti rossi e cristalli dello stesso colore e velo lavorato, pesava settanta chili e la regina di Dullahan aveva avuto così tante difficoltà ad entrare nella carrozza che doveva portare lei e il marito nel regno di Goblin.
Tra cerchi di metalli e metri di tessuto, insieme alle pietre preziose, c’era voluta più di mezz’ora solo per infilarle il vestito, per poi rimanere letteralmente bloccata dentro la carrozza. Solo dopo l’intervento di alcune guardie – sia di Dullahan, sia di Goblin – Lavandula era riuscita ad uscirne. Un abito pesante come una roccia che le aveva già causato diversi problemi ma che, per non rinunciare alla propria dignità di regina, aveva fatto giurare alle guardie che l’avevano aiutata a mantenere il silenzio se volevano mantenere il proprio posto di lavoro... e la loro vita.
Finalmente, adesso anche i due sposi possono fare il loro ingresso ed inaugurare l’inizio del matrimonio.
«Sua Maestà, Laryna regina di Goblin.» annuncia formalmente il ciambellano, spezzando l’attesa di tutti quanti.
Laryna effettua il suo ingresso, preceduta da Linaris che ha ricevuto l’immenso onore di poterla accompagnare lungo la navata della sala. Per l’occasione, Linaris sta indossando un abito Brunswick grigio scuro, ovvero un completo in due parti composto da un giacchino abbottonato sul davanti simile ad un pet en l'air, ma privo di scollatura e dotato da una lunga gonna abbinata, insieme ad un paio di maniche lunghe indossate a tre quarti.
Laryna sfoggia con alterigia smodata il suo sontuoso abito robe volante rosso veneziano composto da un corsetto molto aderente e due gonne ampissime sovrapposte. La particolarità dell’abito consiste nel vantare l’ampiezza esagerata dei fianchi ottenuta mediante il panier. Il corsetto è sagomato a cono, irrigidito mediante stecche di balena cucite all’interno, tra il tessuto e la fodera, finendo con un’estremità al punto di mostrare un’ampia scollatura quadrata. La parte frontale ha la piece d’estomac, una rigida pettorina a triangolo ornata da innumerevoli piccoli rubini. Le maniche sono lunghe fino al gomito, aderenti e impreziositi da rubini rossi in corrispondenza di tale parte.
Le scarpe realizzate della stessa stoffa e colore dell’abito, infine, sono molto raffinate e preziose e tendono a farle sembrare i piedi molto piccoli, quindi strettissime e con tacchi alti, ornate con fibbie abbellite di gemme rosse. La tomaia è punta e incurvata verso l’alto, mentre i tacchi alti sono in oro. Linaris la accompagna con formale fierezza verso il trono, dove però Laryna non può ancora sedersi.
Deve restare in piedi per attendere lo sposo.
La regina Lavandula ha occhi solo per la figlia, vantando tutto il suo gracchiante orgoglio ed eccessiva boria riguardo la sua Laryna come ogni povera madre, non facendo altro che straparlare di lei e di vantare a tutti di aver già capito sin dall’inizio che si trattasse di un’ottima figlia quando era ancora nella sua pancia, dal modo deciso in cui scalciava. Sembra, però, che Lavandula sia soprattutto interessata al lussuoso e pomposo corredo della figlia, in quanto concentra vistosamente la sua ammirazione verso il suo vestito e i suoi gioielli. La corona da regina, in un certo senso, insieme alla sua unione con il nuovo re di Goblin, sembra passare in secondo piano.
Già, il nuovo re di Goblin. 
«Sua Maestà, Onyx il re di Goblin.» lo presenta a gran voce il dignitario di corte, ottenendo l’attenzione di tutti quanti.
Onyx fa il suo ingresso, sfoggiando il suo habit à la française dalle lunghe maniche color nero corvo e adornato da decorazioni in fili d’oro ben abbinato alle culottes lunghe fino che si fermano con una fibbia sotto al ginocchio e sopra le calze, lo jabot in pizzo è bianco ed è allacciato a nodo.  L’habit à la française è slacciato in modo da lasciare ben visibile il gilet color avorio chiaro e, per finire, le calzature sono costituite da un paio di scarpe scure, lucide e con il tacco basso. Ad ogni modo, l’abito è in tessuto molto pregiato ed elaborato con decorazioni in oro e, per evidenziare il suo potere, Onyx inizia già a sfoggiare sulla propria testa la corona un tempo appartenuta a Jareth.
Offre i suoi omaggi al re Algol e alla regina Lavandula, facendo un formale inchino. Al contrario di come tutti quanti si aspettano, Laryna compresa, re Algol esprime il suo disappunto.
«Chi è costui?» domanda Algol con fredda calma.
 
Nel frattempo
 
Quando Sarah e i suoi amici vengono catapultati nei giardini del castello di Jareth, il cuore della giovane donna manca un battito alla vista di una brutta sorpresa. Non è tanto il fatto di ritrovarsi nello stesso punto in cui Jareth aveva enunciato il suo esilio, ma è la presenza di una nuova scultura a spezzarle il cuore.
Al posto della statua che raffigurava la madre di Jareth, è stata eretta una scultura ritraente le fattezze di Laryna. La statua in marmo bianco e in oro la raffigura con la corona sulla testa, in posa di una divinità suprema che si accinge a guardare gli spettatori con aria di superba autorità. Ai piedi della scultura c’è una targa d’oro con inciso “Laryna, la vera Regina di Goblin”.
Tale gesto, intuisce Sarah, è la dimostrazione che la loro assenza nell’Underground è stata sufficiente per Laryna per poter consolidare ignobilmente tutto il suo potere. Quale mente così meschina poteva mai fare un torto così grande ad una defunta regina tanto amata, dall’animo nobile e benevolo? Facile prendersela con una scultura di qualcuno che ormai non c’era più, stanno commentando Sarah e i suoi amici.
«Allora, come facciamo ad entrare?» domanda in seguito Hoggle.
Sarah scuote la testa e cerca di farsi venire in mente un’idea.
«Penso che prima dovremmo liberare Jareth.» afferma lei, constatando che non potranno esserci molti controlli dato che sono tutti quanti concentrati sulle nozze dei due nuovi sovrani.
«D’accordo, ma come facciamo a...» Hoggle viene interrotto da un’involontaria zampata partita da Ludo, il quale cercava solo di scacciare via una foglia volatagli sul muso. Senza farlo apposta, nella sua goffaggine crea un piccolo trambusto, facendo cadere Hoggle col sedere per terra.
«Accidenti, bestione che non sei altro!» lo rimprovera il nano «Prima o poi, la tua mole ci causerà dei seri problemi!»
Il povero Ludo emette dei lamenti, cercando di giustificarsi e di chiedere scusa e in quel momento Sarah viene colta da un’idea.
«Ludo!» esclama lei con gioia «Ci hai appena fornito una soluzione.»
«Ludo ha aiutato?» domanda il bestione con voce felice.
«Ma cosa?» gracchia Hoggle «Ma se mi ha appena fatto cadere per...»
«Sarà proprio Ludo a farci entrare nelle prigioni.» annuncia Sarah, rimproverandosi di non averci pensato prima.
Realizzando che il castello brulica di gente di ogni angolo di Goblin e Dullahan, sicuramente farsi notare mettendo in mostra la forza bruta di Ludo non è delle migliori idee, ma può fare buon gioco se si tratta di superare le prigioni e aiutare Jareth.
«Per di più,» aggiunge Didymus «allorché dovessimo ricevere qualche tedio, faremo provare a quei bravacci la dolce fragranza di questo.» esclama facendo uscire dal suo taschino la fiala contenente il liquido della palude della Gora dell’Eterno Fetore.
Un piano molto semplice ma efficace che carica gli animi di ognuno di loro, ma devono fare in fretta. Non sembra essere rimasto molto tempo.
 
All’interno della nuda e fredda cella, Jareth sente scorrere attraverso la pelle ormai lacerata dalle torture delle dolorose sensazioni che mai aveva provato in vita sua. L’orgoglio gli ha permesso di poter resistere, ma mai avrebbe immaginato cosa provasse un corpo mortale, flagellato da crudeli tormenti segnati dalle strazianti cinghie del flagrum. Oltre a quelle, si chiede, quanti altri dolori riescono a percepire i corpi dei mortali?
La sua posizione attuale, con le braccia straziate sollevate dalle pesanti catene ai polsi, gli impedisce di poter provare anche solo per qualche minuto un senso di sollievo. Questo, dunque, è ciò che si chiama dolore ed ora Jareth lo sa benissimo.
I suoi pensieri scompaiono di colpo quando sente un forte trambusto di cui ne ignora completamente la natura.
«Ma cos...?» urla una voce di qualche guardia «Cosa sta succedendo?»
Un ruggito fa eco su tutta la prigione.
«Fermi, in nome del...» esclama una guardia.
Jareth solleva il volto in direzione della porta, senza capire cosa stia accadendo.
«Oh, buon Cielo...» un’altra voce di una guardia inizia a lamentarsi verso qualcosa di sgradito «Cos’è questa puzza?»
Un altro ruggito e altri lamenti delle guardie. Dei passi molto pesanti si fanno sempre più vicini verso la cella di Jareth e quest’ultimo alza la guardia, confuso più che mai. Non ha tempo di farsi ulteriori domande, poiché qualcosa ha già spaccato la porta della cella con un colpo solo.
Un grosso bestione dal lungo pelo rossiccio e un paio di corna sul capo ha appena fatto il suo ingresso, seguito da una bestiolina in groppa ad un cane bianco e grigio e da due figure che Jareth riconosce istantaneamente.
«Oh, mio Dio... Maestà...» esclama Hoggle in una smorfia di sgomento nel vederlo ridotto in quello stato dolorosamente assurdo.
«Jareth...» balbetta Sarah, accompagnata dai sentimenti di Hoggle.
Per quanto provi per lui degli impulsi mirati al risentimento e alla rabbia per come sia stata trattata ingiustamente, questa volta Sarah sente di provare un fortissimo senso di pietà.
«Orsù, fratello Ludo.» lo sprona Didymus «Non stare lì imbambolato, libera il nostro re.»
Non appena Ludo esegue l’ordine, rompendo le catene con estrema facilità grazie all’incredibile forza delle sue enormi zampe, Jareth cade rovinosamente per terra e trattiene un urlo di ulteriore dolore.
«Oh, mi dispiace tanto.» Sarah accorre in suo aiuto, come se la colpa della caduta accidentale fosse sua.
«Indelicato!» Didymus redarguisce Ludo, colpendogli un ginocchio col proprio scettro.
Impressionata dall’aspetto delle ferite sul corpo di Jareth, Sarah raccoglie la propria razionalità e gli offre il suo mantello.
«Cosa ti hanno fatto, maestà?» domanda Hoggle ancora confuso «Perché sei ridotto così? Chi ha osato farti questo?»
Tutte queste domande vengono rubate dalla bocca di Sarah, la quale non riesce a spiccicare verbo. Si limita solo a stare accanto a Jareth, cercando di coprirlo col mantello nella speranza di dargli un po’ di sollievo. Si è dimenticata di tutto il male che le ha fatto.
Con un filo di voce, Jareth comincia a spiegare per filo e per segno cosa Laryna e Onyx gli hanno fatto, dal togliergli l’immortalità alle torture, lasciando che Sarah e gli altri rimangano sbigottiti parola dopo parola.

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Capitolo 21 ***


UNDERGROUND
 
Disgustati da ciò che Jareth ha subito, Sarah reagisce immediatamente e chiama a raccolta l’attenzione di tutti quanti.
«Hanno infranto i principi delle Antiche Leggi.» esclama lei con sicurezza, asserendo che quanto hanno fatto è stato più che sufficiente perché si dessero la zappa sui piedi.
Jareth, accovacciato per terra e coprendosi con il mantello, le domanda a cosa si stia riferendo e Sarah chiede ad Hoggle di tirare fuori il libro dalla copertina rossa.
Sarah ritrova subito la pagina interessata ed è pronta ad elencare tutto ciò che può essere usato contro Laryna e Onyx. Jareth, tuttavia, la ferma.
«Metti via quel libro, Sarah.» chiede con un tono che né Sarah né nessuno tra i suoi amici, hanno mai sentito. È una voce arrendevole, Jareth sembra aver perduto tutta la sua arroganza.
«Perché dovrei?» gli chiede «Qui c’è scritto tutto ciò di cui hai bisogno per poter riprendere il tuo titolo di re.»
«Onyx e Lavernia hanno ormai cambiato il destino di Goblin.» risponde Jareth gettando uno sguardo debole verso il pavimento.
«Ma cosa dici?» Sarah cerca di riprenderlo.
«Ho permesso che i miei sentimenti prendessero il sopravvento sulla mia ragionevolezza.» continua Jareth, sgretolato dai rimorsi «No, peggio. Ho lasciato che quella lingua biforcuta di Laverna mi seducesse al punto da ingannarmi e di permettere che io ti esiliassi.» guarda Sarah, riferendosi a lei «Non ho saputo onorare la mia intelligenza, né il mio cuore, né la mia corona. Mi detesto e merito di rimanere qui.» sospira sempre più corroso dai sensi di colpa.
Si adagia accanto all’angolo di un muro della cella, coprendosi sempre di più con il mantello come per farne un bozzolo per proteggersi.
«Oh, andiamo, maestà.» lo incoraggia Hoggle «Tutti facciamo degli sbagli.»
Jareth non risponde.
«Non vi angustiate, sire.» interviene Didymus.
«Jareth, re di Goblin.» aggiunge Ludo.
Sarah si avvicina al sovrano del Labirinto e gli poggia con estrema delicatezza una mano sulla spalla.
«Io ti perdono, Jareth.» gli dice con la stessa dolcezza e con lo stesso timbro vocale che, un tempo, aveva usato con Hoggle dopo avergli perdonato il tradimento mediante la pesca avvelenata offertogli da Jareth.
Quelle parole riescono a far riaccendere lo sguardo di Jareth, riassumendo una luce energetica. La testardaggine, l’arroganza e la voglia di andare avanti hanno sempre fatto parte di lui, immortale o no. Si alza da terra e, dopo aver sorriso a Sarah, gli chiede di leggere le righe di quel libro.
 
Dopo aver letto ed interpretato ogni paragrafo interessato, Jareth quasi si dimentica delle ferite sul suo corpo e del fitto dolore che gli causano. Una ruggente grinta scorre dentro di lui.
«Andiamo adesso.» dichiara con la sua solita fierezza «Ho delle faccende da sistemare.»
Queste parole caricano gli animi di Hoggle, Ludo e Didymus che, a sua volta, sprona Ambrogio a “galoppare”. Sarah, dal canto suo, guarda Jareth come per manifestargli di essere fiera di lui.
«Ma prima,» aggiunge Jareth «ci sono due cose da fare.»
«Oh...» si stupisce Hoggle, insieme a Ludo e Didymus «E quali, maestà?»
Jareth stira le labbra in un sorriso beffardo.
«La prima cosa da fare,» risponde «tocca solo a me farla. Ed è questo.» afferra velocemente il volto di Sarah e le ruba un bacio di riconciliazione, lasciando tutti quanti sbalorditi – Sarah più di tutti.
Sarah non si aspettava minimamente un gesto simile, eppure lo accetta. I suoi occhi, dapprima spalancati per essere stata colta di sorpresa, iniziano a chiudersi per la piacevole sensazione. Accettando il bacio, Sarah ha come dichiarato a Jareth di aver accettando la sua richiesta implicita di rappacificamento.
Ludo si copre gli occhi, ridacchiando timidamente.
Non appena Jareth si separa dalle labbra di Sarah, dopo averle offerto uno sguardo pieno di intesa, si rivolge di nuovo ai presenti.
«La seconda cosa da fare,» dice con più serietà «dobbiamo farla insieme.»
«E cioè?» chiede Hoggle.
«C’è qualcun’altro, oltre me,» risponde il sovrano del Labirinto «che deve essere liberato.»
Sentendosi richiamato, Ludo emette il suo ruggito di battaglia. Il suo urlo echeggia per tutta la prigione, ormai completamente priva di guardie e pronta per essere svuotata da ogni prigioniero rinchiuso ingiustamente lì dentro.
 
Nel frattempo
 
«Perché mai costui è in veste di sovrano di Goblin?» è la tagliente domanda di re Algol «Non è a te che ho destinato mia figlia.»
Onyx sembra essere imbarazzato di fronte a quelle parole inaspettate. Infatti, la sua arroganza di re sembra sgretolarsi di fronte alla potente figura di Algol, il quale continua a fissarlo come per fulminarlo letteralmente con lo sguardo. Al cospetto di un re di famigerata potenza, Onyx non può fare altro che sbiancare dalla paura e di tremare.
Ci pensa una risata frivola e schiamazzante della regina Lavandula ad interrompere il silenzio.
«Oh, caro.» alterna le futili risate, perlopiù simili a quelli di una lamentosa sirena «La nostra bambina è diventata impossibile.» si copre di pochissimo le labbra mettendovi sopra una mano per coprire le risate, ma è palese a tutti che lo faccia solo per mettere in mostra i suoi costosissimi anelli «La mia Laryna è sempre stata tale e quale a me e ha sempre amato fare sorprese. È vero che nella lettera che ci ha mandato per partecipare al suo matrimonio ha scritto che ci sono stati dei cambiamenti, ma ti assicuro che, in quanto a sorprese, molte volte Laryna batte persino sua madre.» fiumi di fastidiose risate. 
Re Algol non sembra aver prestato attenzione alle frivole parole della moglie, concentrandosi più che altro verso Onyx.
«Vuoi dirmi perché mai indossi tu la corona?» insiste Algol sempre rivolto verso Onyx, mantenendo una severa calma.
Laryna osserva tutta la scena con occhi molto duri, aspettandosi una risposta di Onyx degna di un re. Allo stesso modo, Linaris è divisa tra il senso di angoscia per la disapprovazione del re di Dullahan e la tiepida speranza che il figlio possa farsi valere.
Agli occhi di tutti i presenti, Onyx sembra un pulcino bagnato che tenta di mostrare il suo sconosciuto valore di fronte ad una possente aquila come Algol, che a sua volta non ha bisogno di alzare la voce o di mettere in mostra il suo titolo di re per farsi rispettare.
«Non rispondi?» continua il re di Dullahan senza cambiare tono «Chiedo scusa, ma proprio non riesco a capire.»
Lavandula sta per pronunciare qualcosa, forse in difesa di Onyx, ma Algol non la lascia proseguire.
«Ho promesso nostra figlia al re di Goblin, Jareth, figlio di Aristos.» il re di Dullahan alterna lo sguardo verso la moglie e la figlia, anche se quanto sta dicendo è indirizzato a tutti quanti «L’ho presentata con il titolo di principessa, ma oggi la ritroviamo come regina. Poi, come se non bastasse, spunta questo tipo vestito di tutto punto che si pavoneggia con la corona di Jareth. E, infine, non appena gli chiedo legittime spiegazioni, non sa nemmeno cosa rispondermi.» prende una piccola pausa, notando come Onyx sia visibilmente a disagio «Le risposte sono due.» continua Algol con affilata pazienza «O tutto questo non è altro che uno scherzo da matrimonio, oppure Laryna e gli abitanti di questo regno vogliono solo prendere in giro l’autorità del re e della regina di Dullahan.» questa volta la sua voce si incrina leggermente, ma Algol ritorna a riassumere la sua compostezza.
«Padre.» interviene Laryna, allontanandosi dal trono e lasciando indietro Linaris – la quale prende a seguirla come un cagnolino. C’è da aggiungere che Laryna e Linaris non hanno fatto altro che bruciare dentro di forte rabbia nel sentire tali parole da Algol, desiderose di distruggere Onyx da un momento all’altro per aver fatto una magrissima figura. Del resto, persino gli invitati non hanno fatto altro che confabulare giudizi poco generosi nei riguardi del loro nuovo re, incapace di spiccicare una semplice spiegazione di fronte ai genitori della nuova regina. “Cominciamo bene”, “Ma che razza di re è mai questo, se non è nemmeno capace di difendersi?”, “E questo dovrebbe essere il re che dovrebbe rappresentarci e difenderci?”, avranno sicuramente pensato.
«Posso spiegare tutto io.» Laryna si mette in mezzo tra suo padre e Onyx, facendo gli occhi innocenti ai suoi genitori «Vedi, durante il mio alloggio nel regno di Goblin, sono successe tantissime cose. Tanto per iniziare, l’ormai ex, re Jareth non si è dimostrato all’altezza delle mie aspettative e nemmeno di quelle del suo popolo. Sono stati proprio i suoi sudditi che, ormai stanchi delle continue superficialità di Jareth, hanno deciso di destituirlo e hanno scelto me come degna regina. Inoltre,» indica Onyx con il palmo della mano rivolto verso l’alto «questo valoroso gentiluomo ha dimostrato di nutrire un forte sentimento di devozione verso me. Così, ho deciso di renderlo degno della corona...»
Con risolutezza, ma anche con garbo, Algol la blocca facendo un cenno con la mano.
«E dimmi, Laryna,» chiede con severa dignità «a parte tutte queste assurdità che mi hai detto, sei soddisfatta di aver scelto un tipo così timoroso come nuovo re e marito?»
Nei suoi occhi Laryna scorge una dura delusione.
«Mio signore,» Linaris invade il discorso tra Algol e sua figlia, prendendo parola eseguendo un formale inchino «se posso permettermi...»
«Che ruolo ha» chiede Algol a Laryna come se Linaris non esistesse «questa madama per poter parlare con me?»
«È la mia dama di compagnia, padre.» spiega Laryna «Ed è la madre del mio futuro sposo.»
«Di cui ancora non so il nome.» Algol guarda Onyx.
«Io sono Onyx, mio signore.» risponde finalmente, anche se titubante.
«Oh,» dice il re di Dullahan «allora ce l’hai la lingua. Poco male, credevo che mia figlia avesse scelto uno stolto per marito, oltre che un pusillanime.»
Laryna lancia uno sguardo di aiuto alla madre, come per esclamarle “Fai qualcosa!”.
«Ma caro,» Lavandula accoglie l’implicita richiesta di aiuto della figlia «non c’è bisogno di accanirsi così tanto. Se la nostra bambina ha preso una decisione del genere, avrà avuto i suoi motivi. Probabilmente, il nuovo re di Goblin ha solo una natura timida per via della sua giovane età. Chissà, con il tempo questa timidezza inizierà a scomparire. Fallo per la nostra bambina.»
«Forse è così.» sentenzia re Algol, raccogliendo tutto il suo buon senso di re per cercare di accontentare la sua bambina.
Onyx tira un sospiro di sollievo, anche se ottiene da Linaris un’occhiataccia.
Laryna, contemporaneamente, nasconde il suo senso di angoscia lasciando prevalere la sua gioia che il padre abbia accettato la sua serie di “cambiamenti”. Lavandula le dona uno sguardo di altezzosa complicità.
«D’accordo.» prosegue Algol alleggerendosi un po’ «La felicità di mia figlia vale prima di tutto. Sono spiacente di aver interrotto il vostro matrimonio. La cerimonia può procedere.»
Nessuno può avere il tempo di tirare un sospiro di sollievo, dato che nella sala irrompe una voce femminile.
«Fermatevi!»
Tutti i presenti si girano in direzione della voce, chiedendosi chi mai sia quella misteriosa giovane umana.
Laryna spalanca la bocca come uno stoccafisso, tra lo stupore e l’accecante rabbia. È Sarah.

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Capitolo 22 ***


UNDERGROUND
 
Laryna l’ha riconosciuta immediatamente. Guarda Linaris e Onyx, come per domandare loro minacciosamente cosa diavolo ci faccia Sarah nel loro mondo, ricordando benissimo che sia stata esiliata.
Linaris e Onyx rispondono con lo sguardo, lasciando intendere di essere solo confusi e disorientati.
Come se la sorpresa di vedere Sarah non bastasse, lo stupore aumenta nel vederla preceduta da altre creature di ogni specie – tra Hoggle, Ludo, Didymus in groppa ad Ambrogio, qualche goblin e sidhe.
Ci sono due figure che colpiscono particolarmente l’attenzione. Il primo è una figura incappucciata sostenuta dalle braccia possenti del bestione gigantesco dotato di corna – vale a dire Ludo. La seconda, per lo sbigottimento di Laryna, Linaris e Onyx, è Rastaban. Per la prima volta in assoluto, Rastaban si presenta come un sidhe vigoroso, aitante e dallo sguardo strapieno di sicurezza. Non sembra proprio il Rastaban chiuso in sé stesso, timoroso e remissivo. Sembra essere cambiato totalmente e, per chi lo veda per la prima volta, potrebbe addirittura scambiarlo per un eroico generale di un esercito temerario.
Fendendo la folla, Sarah riesce a farsi strada seguita dai suoi amici e da tutti gli altri prigionieri liberati che, ora più che mai, stanno dalla sua parte.
«Ma che significa?» chiede presuntuosamente Lavandula.
Nonostante sia più determinata che mai nell’affrontare Laryna e gli altri, Sarah dimostra sin da subito di voler combattere con classe e dignità.
Con sorpresa di tutti, Sarah effettua un inchino rispettoso davanti ai sovrani di Dullahan.
«Maestà,» Sarah guarda il re Algol per nulla impressionata dalla sua possenza «mi dispiace per quanto sto per dire, ma tutta questa cerimonia orchestrata da tua figlia è solo una farsa.»
«Come osi?» Laryna si fa avanti per difendersi, mentre Lavandula si mette una mano sulle labbra per coprire la bocca che ha appena effettuato una smorfia di stupore e scandalo «Papà, non ascoltarla. È solo una ripugnante umana e una maledetta bugiarda.»
Re Algol ferma il suo diluvio di offese nei confronti di Sarah alzando solo una mano.
«Laryna,» aggiunge «questo il linguaggio non è adatto né per una principessa, né per una regina che sostieni di essere. Se questa signorina si rivela essere una bugiarda come dici, prenderemo dei provvedimenti. Intanto, si è dimostrata educata nei riguardi di un re e di una regina di un mondo che non le appartiene.» guarda Sarah con aria rigida ma dignitosa «Per essere un’umana, hai proprio un coraggio da vendere per sostenere un’accusa tanto grave nei confronti della figlia del re di Dullahan. Io ammiro il coraggio.» lancia un’occhiata di rigido disprezzo verso Onyx, per poi riporre la sua attenzione verso Sarah «Dimmi il tuo nome, così che io possa avere il piacere di conoscere un’umana che conserva questo valore.»
«Sarah.» si presenta lei, quasi affascinata dalla figura di Algol, seppur sapendo che si tratti di un tiranno. Non nasconde, però, il fatto che per essere un famigerato tiranno, Algol si stia rivolgendo a lei con compostezza. Inoltre, l’ha pure chiamata “signorina”.
«Bene, Sarah. Ti ascolto.» dice re Algol, non accorgendosi della faccia inviperita di Laryna.
«Prima di parlare,» Sarah prende un bel respiro «io rivendico i Diritti Speciali
Nel sentire le ultime due parole, c’è uno stupore generale e tutti cominciano a parlottare generando una forte confusione.
«Silenzio!» la voce ruggente di re Algol fa placare subito gli animi «Cosa avete da borbottare? Sarah ha chiesto di reclamare i suoi diritti di umana, anche se, in verità,» si rivolge a Sarah «mi stupisce che tu ne sia al corrente. Conosci, dunque, le Antiche Leggi
«Sì, maestà.» risponde lei, mentre Hoggle le porge il libro dalla copertina rossa.
Per ogni eventualità e per evitare di perdere tempo, questa volta Sarah ha evidenziato le pagine interessate.
Laryna non ne vuole assolutamente sapere.
«Cosa ne sai tu, che sei un’umana?» inveisce contro Sarah, colpendola con l’indice al petto come per allontanarla. Sarah, tuttavia, non si lascia impressionare e non cede alla provocazione.
«Smettila, Laryna!» le urla contro il padre, rimproverandola duramente.
«Ma papà...»
«Non lo sai che le Antiche Leggi sono sacre e vanno rispettate? Sarah ha chiesto di appellarsi ai Diritti Speciali, quindi stai zitta e lasciala parlare.»
Lavandula non fa altro che rimanere scandalizzata e si limita solo a posare le mani sulle spalle della figlia, come per rassicurarla. Gli occhi di Laryna si gonfiano di rabbia e il suo viso manifesta la frustrazione tipica di un’invidiosa.
Ormai sicura di non poter avere altri impedimenti, Sarah entra in scena.
«Non ho invocato i Diritti Speciali solo per me, maestà.» Sarah guarda Ludo come per dargli il segnale. Re Algol non capisce e inclina la testa in modo interrogativo, ma non attenderà a lungo.
Ludo adagia delicatamente la figura incappucciata a terra. Cammina a fatica e Sarah la sostiene tenendola per un braccio.
Non appena la figura si libera dal cappuccio e mostrando il suo volto, tutti quanti i presenti – esclusi Sarah e i suoi amici – mostrano il loro stupore. Re Algol indietreggia di poco il capo nel vederne l’identità. Linaris, Onyx e Laryna sembrano essersi trasformati in una statua di sale.
«Ma chi è?» domanda Lavandula con disgusto.
«È colui al quale avevo destinato nostra figlia.» spiega Algol tentando di nascondere il suo disorientamento, rimanendo nella sua rigidità di re.
«Re Jareth?» domanda Lavandula con sorpresa.
Jareth sogghigna beffardamente, come se non aspettasse altro.
«Di certo potrei sembrare irriconoscibile dato che non indosso la mia corona. E di gran lunga, non deve essere facile riconoscermi...» lo sgomento collettivo incrementa quando Jareth si spoglia completamente dal mantello, lasciando che tutti quanti vedano i segni della sua tortura «...con questo corpo.»
Dopo aver calmato nuovamente la confusione di tutta la sala con l’ordine di fare silenzio, re Algol pretende una spiegazione.
«Come faccio a spiegarlo in modo educato, re Algol?» è l’ironica domanda di Jareth «Beh, visto che non so in che altro modo dirlo, lo dirò e basta. Del resto, se qualcuno dovesse offendersi» guarda Laryna, Linaris e Onyx come se li stesse tenendo sotto scacco «non posso farci proprio niente. Come dire? Ormai, essendo stato trasformato in un umano, non potrei più essere toccato. In teoria
In pratica, come afferma Jareth, le cose sono andate diversamente e promette di non tralasciare nemmeno una virgola su che cosa gli sia stato fatto.
«Tanto per cominciare,» gli occhi di Jareth, così come il suo dito indice, puntano ferocemente contro Onyx «come re di Goblin, esigo che i traditori della corona seguano il destino che meritino.»
«Di cosa stai parlando?» Onyx mette in evidenza la corona adagiata sulla sua testa «Sono io il re di Goblin e Laryna ne è la regina. Tutto il regno ne è testimone.»
«Quali re e regina?» insiste Jareth «Credete davvero che basti autoproclamarvi sovrani e privarmi dell’immortalità per prendere il mio posto?»
Laryna digrigna i denti, ben sapendo di trovarsi alle strette.
«Che cosa significa?» domanda re Algol, alternando lo sguardo verso Jareth e la figlia.
«Maestà,» Rastaban chiede e ottiene il permesso di parlare per testimoniare in favore del nipote Jareth «mi appello al giudizio della vostra maestà non come un feroce sovrano, ma come un re riflessivo. Mi assumo la piena responsabilità se lederò l’autorità dei sovrani di Dullahan e sarò pronto a pagarne le conseguenze.» nota con soddisfazione che Linaris lo stia guardando come per ordinargli di tacere, ma Rastaban è irremovibile «È bene che tu sappia che tua figlia, colei che credevo fosse mia moglie e colui che chiamavo “figlio”, hanno organizzato un subdolo complotto e usato un volgare pretesto per usurpare il trono di mio nipote.»
Se Linaris e Onyx sentono il pavimento sprofondargli da sotto i piedi nel vedere Rastaban così carico di grinta a loro sconosciuta, Jareth sente il proprio cuore spezzarsi dentro il petto.
È troppo difficile per lui ricordare come lo avesse accusato di essere un assassino, di non avergli prestato ascolto nemmeno quando Rastaban gli aveva ripetuto più volte che sarebbe stato ben disposto a perdonarlo. Per non parlare di quando, poco dopo essere stato salvato da Sarah e i suoi amici, Jareth stesso era accorso da Rastaban e, dopo averlo liberato, gli aveva implorato di perdonarlo. Rastaban, al contrario di quanto Jareth si aspettasse, lo aveva rassicurato ammettendogli di averlo già perdonato sin dall’inizio perché mai e poi mai sarebbe andato contro il figlio della sua amata Rosheen.
Ed ora, finalmente, Rastaban si sta riscattando. Sta facendo di tutto per difendere a spada tratta il figlio della sua Rosheen.
«Queste sono solo calunnie!» sostiene Lavandula per proteggere la figlia «Che oltraggio! Diffamare così falsamente la mia adorata Laryna. Quali prove avete per provare queste ingiurie?»
«L’ha appena spifferato lui.» Rastaban indica Onyx «L’ha detto lui stesso, proprio qualche secondo fa: “tutto il regno ne è testimone”.»
Linaris e Laryna guardano Onyx desiderose di ucciderlo da un momento all’altro, ma non è ancora finita. Jareth, infatti, conosce benissimo colei che avrebbe dovuto essere la sua futura moglie e non può perdere l’occasione per provocarla.
«Sarah,» le chiede «credo che tutti quanti vorrebbero fare un piccolo ripasso riguardo le Antiche Leggi. Puoi leggere ad alta voce cosa si intende per “annullamento dell’immortalità”?»
Sarah, sorridendo leggermente, trova la pagina richiesta.
“L’annullamento dell’immortalità come punizione verso un abitante dell’Underground spetta solo ad un’autorità superiore, quali un sovrano o un sacerdote di gradazione suprema. Tale punizione deve avvenire solo in caso di gravi episodi o estrema necessità, quali lo spodestamento di un proprio pari o di un sottoposto che minaccino l’equilibrio di uno o più regni.”
«Molto bene.» sogghigna Jareth con trionfo «E mi sembra anche che ci sia una parte che illustri qualcosa che abbia a che fare con l’autoproclamazione della corona.»
Sarah prosegue con la lettura.
“Una corona autoproclamata si può stabilire solo quando un abitante dell’Underground reclama per sé il titolo di sovrano senza legami con una precedente dinastia. In caso contrario, il titolo di sovrano non sarà valido. In aggiunta, perché tutto sia valido, l’autoproclamato deve prestare giuramento di fronte ai Sommi Chierici.”
«E direi proprio» aggiunge Jareth trionfatore «che la principessa Laryna ha già commesso un primo errore.» gonfia il petto di soddisfazione nel vedere l’aspetto paonazzo di Laryna «Anzi, due. Credo proprio che lei e Onyx abbiano preferito spendere il loro tempo con la cura verso ogni dettaglio del loro matrimonio, o di sprecarsi in fantasia sul mio corpo, anziché considerare ogni passo delle Antiche Leggi. Adesso, Sarah, puoi vedere se c’è qualche legge riguardo l’usurpazione del trono?»
Sarah continua.
“Chiunque ricopri irregolarmente la carica di sovrano, verrà accusato di usurpazione del trono. Con tale accusa si intente l’appropriazione illecita del titolo nobiliare che deve essere concretamente assunta. Non è sufficiente la semplice attribuzione di titolo di parentela con il sovrano precedente, che invece integra gli estremi del reato di usurpazione di titolo regale.”
«E siamo a tre errori.» sogghigna ancora Jareth e invita Sarah a leggere che cosa succede a chiunque abusi dei propri poteri.
“Allorché ogni abitante ricoprente una carica superiore abusi del proprio potere, verrà immediatamente processato con l’inevitabile esito dell’annullamento della propria autorità, dei propri poteri e...”
Sarah non riesce a concludere la lettura, visto che Laryna sottrae malamente il libro dalle mani di lei, lo sbatte per terra e lo calpesta energicamente.
«Siete solo dei maledettissimi bugiardi!» li accusa Laryna, inviperita fino al midollo.
«Laryna,» re Algol la richiama all’ordine e poi continua a parlarle con voce rigidamente controllata «quando hai scritto a me e a tua madre che sei diventata una regina, naturalmente ti sei ben guardata nel dire quanto abbiamo sentito finora, non è vero?»
Laryna, sentendosi messa alle strette come una bambina che ha appena combinato un guaio, rimane in silenzio.
«Ecco, papà...» riesce solo a dire.
Re Algol guarda ancora una volta Jareth, esaminandone il corpo straziato da torture a lui sconosciute.
«Credo di aver capito.» dice solamente.
Senza che nessuno se lo fosse mai aspettato, re Algol lancia uno schiaffo sulla guancia di Laryna al punto da farla cadere per terra. Senza pensarci due volte. Davanti a tutti.
Per la sorpresa della maggior parte dei presenti, Sarah inclusa, Laryna non rilascia nessuna crisi isterica. Si massaggia la guancia e scoppia a piangere proprio come una bambina.
Lavandula si precipita in suo soccorso.
«Oooh, Laryna.» la richiama la madre coccolandola, lasciando ben intendere a tutti quanti chi tra i due genitori sia responsabile del comportamento viziato della figlia «Oh, tesoro, tesoro.»
E proprio in contrasto con la propria età adulta, Laryna continua a piangere appoggiandosi all’enorme gonna della madre, invocandole il suo aiuto.
«Laryna,» re Algol non si lascia intenerire dalle lacrime infantili della figlia «quello che hai fatto è meschino e crudele. Come hai potuto pensare di umiliare in questo modo il re di Goblin?»
Davanti a quella scena patetica, gli abitanti di Goblin pensano di averne avuto abbastanza e, tra un borbottio e l’altro, si sente come tutti siano esausti di assistere ad uno scenario così pietoso. Per non parlare dell’infinita vergogna di chi non ha saputo rimanere fedele a Jareth, il loro vero re di Goblin.
Al contrario del sovrano del Labirinto che sembra essere irremovibile, quasi disgustato, dalla vera personalità di Laryna – ovvero, quello di una scioccherella viziata – Sarah prova per lei una certa compassione. Del resto, però, va detto che Laryna doveva raccogliere quanto avesse seminato.
«Ascolta, cara» aggiunge re Algol alla moglie «trovo inutile che nostra figlia diventi una regina.»
«Oh, ma caro...» Lavandula tenta di dissuaderlo, mentre continua inutilmente a provare a fermare il pianto della figlia.
«Mi dispiace,» insiste ferreamente il re di Dullahan «ma ormai ho deciso.» lascia perdere la moglie e la figlia e volge la parola a Jareth «Jareth, in nome del rispetto che provavo nei confronti di tuo padre, come segno di scuse ti restituirò l’immortalità.»
Sarah e i suoi amici sono felici nell’apprendere tale notizia, mentre Jareth si limita ad annuire.
«Inoltre,» prosegue re Algol «ti autorizzo ad abolire ogni trattamento di favore nei confronti di mia figlia.»

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Capitolo 23 ***


UNDERGROUND
 
Mentre Sarah si appresta a raccogliere il libro calpestato rabbiosamente da Laryna, cercando come può di restituirgli un aspetto decente, la sentenza enunciata da re Algol “risvegliano” la figlia, la quale si rialza da terra e si allontana dal grembo della madre.
«Ma, papà, non puoi permetterlo.» esclama lei con gli occhi arrossati dal troppo pianto e con il viso dello stesso colore dovuta alla forte rabbia immatura «Sono tua figlia.»
«Credo proprio che tu non abbia ben capito la gravità di ciò che hai fatto.» è il durissimo rimprovero di Algol «Hai messo a soqquadro l’equilibrio del regno di Goblin solo per soddisfare le tue futili frivolezze, per giunta coadiuvata da un buono a nulla, codardo e incapace» guarda Onyx, lasciando ben intendere che si stia riferendo a lui, per poi fare altrettanto con Linaris «e da una vecchia irrancidita assetata di potere che hai persino nominato come tua dama di compagnia.» guarda nuovamente la figlia incrementando la durezza del rimprovero «Come hai fatto a non accorgerti di esserti circondata da due inetti che aspiravano solo all’influenza della tua corona? Una corona che non meriti per nessun motivo.» con queste parole, le afferra la corona dalla testa e la scaraventa al suolo.
Laryna spalanca gli occhi di fronte ad un simile spettacolo, come se avessero ucciso un suo caro di fronte ai suoi occhi. Balbetta qualcosa, ma il padre non la lascia parlare, non ha finito con lei.
«Taci!» tuona re Algol, mentre Lavandula abbraccia la figlia come per consolarla e chiamandola ripetutamente con appellativi smielati con voce lamentosa «Le tue parole hanno già causato troppi guai a questo regno. La tua superba vanità ti ha reso cieca di fronte ai principi morali che deve osservare una principessa e una regina. Una regina che, adesso, non voglio che tu sia mai. Né per il mio regno, né per quello di nessun’altro.» è irremovibile di fronte alle lacrime della figlia versate sulla spalla della madre.
«Oh, la mia povera Laryna. Oh, il mio tesoro.» sono le uniche cose che riesce a dire Lavandula, dando pubblicamente l’impressione di non capire nemmeno lei gli innumerevoli disguidi creati dalla figlia. Quale madre sana di mente, si domandano tutti, difenderebbe così una figlia? Ed è ben chiaro come Lavandula non sia affatto una buona madre.
Re Algol ha un’ultima sentenza.
«Laryna, ti ho cresciuta sperando di vederti un giorno nelle vesti di una sovrana potente, degna degli appartenenti del regno di Dullahan,» la voce si placa, ma mantiene la sua rigidità «ma la potenza non è sinonimo di arroganza, di crudeltà e di mancanza di rispetto. Così come essere una regina non voglia dire affatto credere di essere superiori agli altri, né di credere di fare tutto quello che vuoi. Vergonati!» ignorando la cascata di lacrime della figlia, Algol conclude «Riceverai la giusta punizione in modo che tu possa fare ammenda di tutto quello che hai combinato.» una breve pausa e si volta verso Jareth.
Dopo avergli rinnovato le scuse di un re, Algol ripete quanto gli aveva detto in precedenza.
«Re Jareth, non essere misericordioso con mia figlia. Hai tutto il diritto di processarla secondo le Antiche Leggi.» apre un palmo della mano davanti a lui «Prima, però, ti rendo ciò che ti è stato subdolamente tolto.» è chiaro che si stia riferendo all’immortalità.
Jareth annuisce e Sarah sta per sorridere, ben sapendo cosa stia per succedere. Non riesce a completare il sorriso, in quanto si accorge che Onyx si sia lanciato contro Algol per impedirgli di rendere Jareth nuovamente immortale.
Con la velocità di un fulmine e una prontezza da fare invidia ad ogni riflesso felino, Rastaban blocca letteralmente Onyx solo puntandogli contro il dito indice. Onyx è paralizzato, non riesce a muovere un solo muscolo.
«Ora basta.» sibila Rastaban, come per scontare tutti i suoi anni passati nel silenzio della sottomissione. A dimostrazione del suo cambiamento emotivo, il vecchio sidhe sfrutta la sua magia facendo nascere robusti fusti di rose, i quali percorrono gli arti inferiori e superiori di Onyx, intrecciandosi su di essi e, in particolar modo, sulle sue mani in modo da impedirgli di eseguire qualsiasi magia.
«Ma che...» Linaris è sconvolta tanto quanto Onyx nell’assistere ad una simile magia di Rastaban a lei – finora - sconosciuta, ma non perde la sua prepotenza «Che significa tutto questo? Libera subito tuo figlio, razza di infido smidollato!»
Chiamandolo “tuo figlio”, è palese come Linaris abbia nuovamente perduto il rispetto verso Onyx, visto che ne ha affibbiato la familiarità solo a Rastaban.
Quest’ultimo esegue un nuovo movimento con il dito indice e crea dal nulla un intreccio di fusti sulla mascella di Linaris che si espandono fino a coprirle le labbra, facendo sì che le tappino quella boccaccia avvelenata.
«Per tutti questi anni» asserisce Rastaban «hai schiacciato il mio dolore con la tua aridità.» la sua voce si placa, mentre Linaris non fa altro che dimenarsi nell’inutile tentativo di liberarsi dalla trappola floreale «Ti sarebbe bastato così poco per tirarmi su di morale. Mai che abbia sentito dire da te frasi semplici del tipo “come stai?”, “come va, oggi?”, “hai bisogno di qualcosa?”. Mai niente di tutto questo.»
Persino Sarah è sorpresa da un simile potere, mai avrebbe immaginato che un sidhe così mite potesse nascondere una sorpresa del genere. Saggiamente, crede che la natura buona di Rastaban gli abbia impedito di sfruttare una tale magia per viscidi scopi. L’unione con una moglie fredda, spietata e calcolatrice aveva contribuito all’arrendevolezza del povero sidhe, ma adesso proprio il povero sidhe mite sta avendo la sua occasione per riscattarsi.
Jareth non può fare altro che donargli uno sguardo pieno di fierezza nei suoi riguardi.
«È vergognoso!» ringhia re Algol contro Laryna riferendosi ad Onyx, lasciando perdere per un attimo Jareth «È per un vigliacco del genere che hai creato un questo trambusto? Per un vile che sa solo pavoneggiarsi con la corona di cui non gli spetta per nessun diritto, che trema come un moccioso e non sa spiccicare una parola davanti ad un re? Che cerca di attaccare alle spalle? Che misera figura.» non è chiaro se re Algol si stia riferendo alla figura fatta da Onyx, da Laryna o da entrambi. Le ulteriori lacrime di paonazza vergogna di Laryna versate ancora sulla spalla della mammina, confermano la seconda opzione.
Sarah e Jareth, dal canto loro, hanno avuto modo di conoscerne l’orgoglio smisurato e credono fermamente che Laryna sia preoccupata solo per sé stessa.
Re Algol ritorna a Jareth e, non avendo più nessun’altra preoccupazione, gli restituisce la tanto desiderata immortalità. Pochi attimi e il corpo di Jareth viene avvolto interamente da una luce dorata, cosparsa di polvere di stelle che piove su di lui con la leggerezza dei fiocchi di neve. Le ferite si rimarginano prestissimo e di loro non resta nemmeno una cicatrice. La luce dorata si acquieta ed è palese che re Algol abbia terminato il suo lavoro. Jareth è di nuovo un sidhe. Si sente rinato e in splendida forma, forte come un leone. Un fiume in piena. Il tutto sotto gli occhi felici di Sarah, dei suoi amici, di Rastaban e di tutti i sudditi di Goblin che non hanno mai voltato le spalle al loro vero re e anche sotto quelli adirati di Laryna, Linaris e Onyx, ormai più che certi di vedere tutti i loro sogni di gloria andati in fumo.
Come prova della forza ritrovata grazie al re di Dullahan, Jareth evoca una sfera. La lancia per aria in modo che possa atterrare su di sé come una bolla di sapone, ottenendo un abbigliamento degno di un sovrano.
Sarah lo aveva già visto una volta in quel modo. Quando indossava quel completo bianco, composto da una camicia dal lungo colletto di mussola sfrangiato e dalle maniche lunghe a sbuffo, la candida calzamaglia sotto gli stivali del medesimo colore aderenti sotto le ginocchia, assieme al lungo mantello che partiva con una composizione piumata sull’estremità superiore e terminava con uno strascico velato su quella inferiore, Sarah aveva incontrato Jareth durante la sua ultima tappa a Goblin prima dello scoccare delle tredici ore.
Le fa uno strano effetto rivederlo in quel modo.
«Un re che si rispetti, deve presentarsi con stile.» afferma Jareth beffardamente, lasciando intendere che oltre all’immortalità ha anche riacquistato il suo atteggiamento sarcastico.  
Tornando alla punizione che spetta ai tre traditori, Jareth mette da parte il suo sorrisetto ironico ed assume un comportamento serio. Troppo serio, quasi vendicativo. Guarda Rastaban come per chiedergli il permesso per un’azione che sta per compiere. Quando lo zio annuisce in senso di approvazione, Jareth si rivolge a re Algol.
«Come prima condanna,» esprime con solennità e con forte desiderio di rivalsa «esigo che la Duchessa Linaris, Lord Onyx e la Principessa Laryna siano privati di tutti i loro poteri. Come seconda condanna, a ricorrere da oggi, la Duchessa Linaris, Lord Onyx e la Principessa Laryna decadono dal loro titolo e in più, quest’ultima, non ha più alcun diritto su nessun trono.»
Re Algol si inchina dignitosamente davanti al re Jareth, ben intuendo che spetti a lui il compito di privare ai tre della loro natura magica. Mentre Linaris tenta di supplicare qualcosa invano, in quanto trattenuta dall’intreccio, Onyx non fa altro che piagnucolare come un ragazzino. Chiede umilmente pietà, perdendo tutta la sua rispettabilità.
«Jareth, ti prego, no. Cugino mio...» si lamenta lui, ma Jareth lo ignora freddamente.
Laryna, intanto, non fa che stringersi sempre di più a sua madre.
«No!» piagnucola Laryna contro Jareth «Tu non puoi...»
«Silenzio!» la zittisce il padre «Da oggi in poi, i tuoi capricci sono finiti.» e basta qualche secondo perché re Algol faccia apparire sui tre condannati una nube grigiastra. Una nube sottile, ma in grado di renderli deboli in un batter d’occhio. La loro natura magica si dissolve insieme alla nube.
Jareth non può fare a meno di sorridere maliziosamente.
«Dovreste essermi grati.» aggiunge il re di Goblin «In fin dei conti, non vi ho trasformati in umani. Del resto, voglio che la vostra vita sia eterna dato che finirete dritti nell’Oltrelanda e non esigo che vi perdiate un solo giorno della vostra vita laggiù.»
Con grande sorpresa di tutti quanti, Sarah si fa avanti.
«Jareth, aspetta.» lo ferma lei, ottenendo un sussulto collettivo «Non ti sembra che sia già abbastanza?»
Jareth cerca di andarle contro e continuare ad assecondare il proprio desiderio di vendetta, tuttavia riesce a farlo con contegno.
«Le Antiche Leggi parlano chiaro, Sarah.» le risponde «E tu lo sai.»
«Questo è vero.» continua lei con pacatezza «Ma non è anche vero che le leggi possono anche essere interpretate?» un borbottio generale invade la sala «Con questo, non intendo dire che le vostri leggi non debbano essere rispettate. Al contrario, sono fiduciosa che un re saggio saprebbe bene come interpretarle ed applicarle per mantenere la pace nel suo regno.» guarda re Algol, sua moglie Lavandula e Laryna, quest’ultima ancora abbracciata dalla madre «E quello degli altri.»
«Ma, Sarah...» Jareth prova a replicare.
«Jareth, tutti ti riconoscono come il vero re di Goblin.» Sarah non si arrende «Dimostra di esserlo e attieniti alle parole del re Algol: la potenza non è sinonimo di arroganza, di crudeltà e di mancanza di rispetto.» ripete esattamente le parole dettate dal re di Dullahan «Dai la prova a te stesso di aver imparato qualcosa di positivo di fronte alla tua triste esperienza. Dai la prova a tutti quanti, come re, che il male non si combatte con il male.»
Jareth rimane in silenzio per un po’ e si guarda intorno, incrociando lo sguardo dei suoi sudditi, degli abitanti di Dullahan, dei suoi sovrani, dei tre traditori, di Hoggle e degli altri, di suo zio Rastaban e finiscono per incontrarsi con quelli di Sarah. Gli occhi spaiati del sovrano del Labirinto sorridono insieme alle sue labbra. Sorride di fronte alla saggezza di Sarah.
«Una saggezza degna di una vera regina.» si complimenta re Algol, come se avesse letto nel pensiero di Jareth «Se fossi stata mia figlia, sarei stato molto orgoglioso di te.»
Laryna non può che abbassare la testa e divenire sempre più paonazza dall’umiliazione, davanti a quelle parole così screditanti.
Jareth riformula la sua terza e ultima sentenza.
«Io, Jareth, re di Goblin, privo Linaris e Onyx di Goblin e Laryna di Dullahan dei loro poteri, ma non della loro dignità.» non si accorge di aver ottenuto lo sguardo pieno di lode da parte di Sarah e di Rastaban «Per cui, ho deciso di non spedirvi nell’Oltrelanda. Tuttavia, i vostri errori devono andare incontro a delle conseguenze.» si gratta la testa come per pensare ad una possibile soluzione e, come se una lampadina illuminata gli sia apparsa sopra come nelle scene dei cartoni animati, alla fine Jareth riesce a farsi venire una bella idea.

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Capitolo 24 ***


UNDERGROUND
 
Anche se non sembra educato poterlo fare in pubblico, Jareth sussurra qualcosa all’orecchio di re Algol. Nemmeno Sarah ha la minima idea di cosa stia passando per la testa del sovrano del Labirinto, ma a giudicare dall’espressione quasi divertita di re Algol sembra proprio che Jareth abbia escogitato qualcosa di singolare. Dopo una manciata di secondi, Jareth esclama a gran voce.
«Dov’è il sacerdote?»
«Eccomi, maestà!» esclama da qualche parte della sala una creatura simile ad un Lunantishee.
Per dare un’idea al lettore di che creatura si tratti, i Lunantishee sono una tribù che protegge i pruneti, dato che il pruno è uno degli alberi considerati sacri nelle popolazioni magiche. Il compito di questi esseri è quello di proteggere questi alberi.
Il sacerdote in questione, si presenta come un magro signore anziano alto poco più di un bambino, la testa sproporzionalmente più grande del corpo con una lunghissima barba bianca e i capelli grigiastri anch’essi molto lunghi, un paio di occhi chiari all’ingiù quasi sepolti da una fitta foresta di sopracciglia grigiastre e un grosso nasone ricurvo. Supera di qualche dito Hoggle, in un certo senso.
Come prova della sua professione, indossa una lunga tunica candida e ornata di semplicissime decorazioni dorate che richiamano i temi naturali. Per finire, accompagna la propria camminata con un lungo bastone d’oro, per lo più una suggestiva ferula che personifica un potere e una posizione sacrale. Per farla breve, il sacerdote richiamato da Jareth era stato incaricato per legittimare lo sposalizio di Onyx e Laryna.
Non appena il sacerdote arriva al cospetto di Jareth, quest’ultimo chiede a Rastaban di liberare Onyx e Linaris dalle trappole floreali. Del resto, ormai non possono più fare del male a nessuno. Rastaban esegue, ma né Onyx né sua madre hanno il tempo di poter pensare di esprimere un qualsiasi loro parere.
«Da oggi in poi,» annuncia Jareth «grazie anche alla cortesia di re Algol, tutti e tre verrete esiliati nel regno di Dullahan. Dato che avete commesso delle atrocità nel mio regno e sulla mia maestà, non vi posso più considerare i benvenuti.» Sarah lo guarda con approvazione, sta facendo – per adesso – la cosa giusta «Naturalmente, visto che ormai siete destituiti dai vostri titoli, avete comunque il diritto di guadagnarvi il pane.» un altro sorriso da parte di Sarah... che quasi muore subito dopo «Perciò, grazie all’indulgenza di re Algol, lavorerete come sguatteri a corte e, come il resto della servitù, alloggerete in una baracca fuori dalle mura del suo castello.
Linaris e Onyx non riescono a dire nulla davanti a quelle parole, ma Laryna la volontà di parlare la trova eccome.
«Ma, ma, papà! Non puoi permetterlo!» Laryna ritrova il suo carattere arrogante e sbatte i piedi per terra come la viziatella che tutti ormai conoscono bene «Io? Tua figlia, una lavapiatti? Cosa diranno nel mio regno?»
«Vuoi dire nel “mio” regno.» la corregge freddamente il padre e ferma la valanga di lamentele della figlia «Eri la figlia che portavo con orgoglio, ma ormai sarai considerata l’esempio da non seguire.»
Una breve e raggelante pausa, ma Jareth riprende in mano le redini.
«Visto che» comunica Jareth parlando a tutti e tre i condannati «siete stati così uniti, non c’è motivo per cui io debba separarvi. Onyx e Lavinia,» ha nuovamente sbagliato il nome di Laryna e tutti quanti mal nascondono una risatina divertita, inclusa Sarah, Rastaban e i suoi amici ed esclusa un’accigliata Laryna, un’immusonita regina Lavandula, un serioso re Algol e due sgomentati Linaris e Onyx «visto che ci tenete così tanto a sposarvi, sarete accontentati. Ma vista l’ora tarda, direi che possiamo anche ritenervi marito e moglie senza cerimonie e fronzoli.» fa cenno al sacerdote di eseguire l’ordine dal quale non può sottrarsi, dato che si tratta di una condanna a cui i due devono andare incontro.
«No, ti prego!» lo implora Onyx «Non voglio passare il resto della mia vita con questa pazza squilibrata! Ti prego, qualsiasi cosa, ma non questo!»
«Cosa?» strilla Laryna «Come osi, lurido esserino ripugnante? Sono io che non voglio passare la mia vita con un vile rammollito come te, che ancora si fa mettere i piedi in testa dalla mammina!»
«Da che pulpito, acida viziata che non sei altro!» ribatte Onyx «Ti sei appena vista? Finora, non hai fatto altro che piagnucolare e chiedere aiuto alla tua di madre!»
Una tale lite è così particolare da sorprendere tutti i presenti, in quanto entrambi i neo sposini hanno appena mostrato i loro veri giudizi e la loro autentica natura.
«Che dire?» li mette a tacere Jareth «Guardateli. Sono appena sposati e già litigano come una vecchia coppia di sposi?» ottiene una risata – quasi – collettiva «E poi, se può interessarvi, mentre eravate impegnati a scambiarvi questi “amorevoli” discorsetti, il sacerdote vi ha già unito legalmente come marito e moglie.»
Come prova della veridicità del re di Goblin, il sacerdote mostra un sorriso che gli allarga le sottili labbra sotto la spessa barba e gli strizza i piccoli e chiari occhi.
Onyx e Laryna riprendono a lagnarsi, elencando reciprocamente i difetti del coniuge con acido disprezzo, sbalordendo sempre di più l’intera sala.
Per un po’, Jareth li lascia fare. Sembra proprio che quel fiume in piena di “complimenti” scambievoli siano musica per le orecchie del sovrano del Labirinto.
Per Onyx, Laryna è solo una gallina arida e prepotente, la cui lunghezza della lingua è inversamente proporzionale alla testa vuota, la stessa testa che usa solo per portare quei capelli dello stesso orrendo colore della salsa di carote.
Per Laryna, Onyx è la risposta più stupida ad una domanda mai fatta, la sintesi dell’inettitudine, il trionfo dell’incapacità, meno virile di...sua madre.
Si fermano solo quando si accorgono di essere derisi dall’intera sala. Quando ritorna al silenzio, Jareth passa a Linaris.
«Dato che sin da subito hai mostrato così tanta simpatia verso Lavinia,» ha di nuovo sbagliato il nome e sappiamo già quale sia il risultato ottenuto «da oggi in poi, andrai a vivere insieme a loro. Sarai tu ad occuparti della loro “terapia di coppia”.»
«Oh, maestà,» è la prima volta in assoluto che Linaris si mostra così supplichevole «ti prego. Abbi pietà...»
«Come?» domanda ironicamente Jareth «Non sei felice di stare insieme a tuo figlio e a tua nuora? Qualsiasi suocera vorrebbe essere al tuo posto, in questo momento.» la maggior parte delle risate che echeggiano nella sala, per l’appunto, appartengono a molte suocere che già pronosticano cosa farebbero al posto di Linaris con una nuora come Laryna.
 
Qualche giorno dopo
 
UNDERGROUND
 
È bastato veramente poco perché tutto tornasse alla normalità. Nella città di Goblin, nessuno aveva più voglia di ricordare la permanenza della figlia del re Algol, nel castello di Jareth non era rimasta una sola traccia che deturpasse l’equilibrio della sua corona e nei giardini era stata cancellato l’incubo della presenza della statua di Laryna.
Dopo averla fatta distruggere in meno di un attimo, al suo posto Jareth aveva fatto allestire nel giro di poche ora una nuova e bellissima statua ritraente l’amata madre. La scelta di creare una scultura nuova, simboleggia in Jareth il desiderio di volersi aprire al cambiamento e ad una nuova vita.
La regina Rosheen è stata scolpita nel marmo seduta solennemente in un trono, abbigliata con una lunga veste regale e semplice allo stesso tempo per consacrarne la nobiltà e la purezza dello spirito. Il diadema regale le circonda i capelli fluenti, acconciati sobriamente come un’elegante regina. La mano destra regge con delicatezza una rosa, mentre la mano sinistra è appoggiata al grembo. Il volto di Rosheen racchiude una fusione tra un’austera nobiltà e l’affettuosità materna, donando a chi la guarda un senso di forza interiore, ma anche di protezione che solo un’amorevole madre è in grado di donare.
A guardarla in questo momento e a provare le sensazioni sopracitate è proprio Rastaban. È come se la sua amatissima sorella sia tornata con lui, sente di averle restituito la vita, anche se non materialmente, ma va bene anche così. Oltretutto, Rastaban ha un altro motivo per sentirsi molto felice: per farsi perdonare dall’orrenda colpa che porta nel cuore, Jareth non solo gli ha donato una serra più bella e più grande di quella precedente, ma gli ha anche permesso di essere lui stesso il curatore dei giardini del castello. Da quel momento in poi, potrà curare gli spazi verdi dell’esterno del castello come meglio desidera, come meglio crede e sente di fare. Certo, è un lavoro molto difficile da poter svolgere da solo per un sidhe della sua età. Così Jareth ha pensato di procurargli un’assistente – per lo più, è stata un’idea di Sarah.
L’assistente di cui si parla, sta ammirando la statua di Rosheen in compagnia di Rastaban e sembra proprio che tra i due ci sia molto di più di un semplice rapporto di lavoro. Si chiama Silyn ed è una sidhe di un paio di anni più giovane di Rastaban, ma il tempo non sembra essere mai stato un vero e proprio nemico per il suo viso dolce e sorridente. Silyn è una bella signora dai capelli dorati, sistemati in un’elegante coda non molto alta e circondati da una coroncina dorata realizzata con temi che richiamano i fiori e le edere – un regalo da parte di Rastaban. Le sopracciglia leggermente sottili color castano chiaro ne evidenziano gli occhi nocciola segnati da qualche rughetta dell’età matura, insieme a quelle che si estendono con elegante leggerezza sugli angoli del dolce naso rotondo e delizioso e sui lati della bocca non molto sottile e sempre stesa per evidenziare un immancabile sorriso. Lo stesso sorriso che ha fatto nascere in Rastaban il tenero desiderio di ricominciare a passare il resto della sua vita con una sidhe carica di positività, che gli facesse rendere conto di essere ancora in grado di poter amare e di essere amato. Il matrimonio con Linaris, per fortuna, ormai per lui è solo un brutto ricordo da lasciarsi alle spalle. Ha aspettato così tanto tempo per essere felice, ma n’è valsa la pena. Anzi, l’armonia.
«Ogni giorno che passa è sempre più bella.» dice Silyn dolcemente, senza staccare gli occhi dalla scultura di Rosheen.
«Tu, ogni giorno che passa sei sempre più bella.» gli sorride Rastaban, baciandole la mano.
Silyn arrossisce teneramente.
Un rumore di passi che si fa sempre più vicino li spinge a voltarsi. È Jareth e Silyn e Rastaban tornano composti.
«Vi ho disturbato?» domanda Jareth, mentre fino a qualche tempo prima se ne sarebbe uscito con qualche frase del tipo “tornate al lavoro”.
Rastaban fa “no” con la testa, anche se dona uno sguardo pieno di affetto a Silyn.
«Bene,» prosegue Jareth «perché avrei un favore da chiedervi. Sarah ha promesso di arrivare tra qualche ora dal suo mondo e desidero che prepariate i giardini per un’occasione speciale.»
«Posso chiedere che genere di occasione, Jareth?» domanda gentilmente Rastaban «Te lo chiedo affinché io e Silyn possiamo farci un’idea di come preparare i giardini, in modo che siano all’altezza delle tue aspettative.»
Jareth, sorridendo beffardamente, crea una sfera dopo aver effettuato un movimento con le mani. La fa roteare nuovamente, fino a che non appare qualcosa di molto più piccolo e luccicante.
«Oh, Cielo...» si entusiasma Silyn.
«Non sono mai stato così felice.» si commuove Rastaban «Presto, Silyn.» le ordina con esaltazione «Abbiamo un bel lavoro da fare.»
Basta guardare gli occhi di Jareth per capire quanto sia grato allo zio e alla sua nuova compagna.
 
Nel frattempo, a Dullahan
 
Dire che le vite di Linaris, Onyx e Laryna siano cambiate e che siano passati dalle stelle alle stalle è alquanto riduttivo.
Tanto per cominciare, tutto ciò che Laryna possedeva è stato venduto da re Algol per ripagare i risarcimenti a Jareth e al suo regno. Persino il suo nobilissimo cavallo purosangue con il quale amava fare le sue cavalcate, tenendo le gambe ben aperte in modo da colpire in faccia chiunque le capitasse a tiro per puro diletto, è stato venduto per ripianare i pagamenti.
Ai due neo sposi e alla suocera è stata assegnata una piccola baracca al di fuori delle mura del castello del re Algol. Ovviamente, ora non possono più essere o fare gli altezzosi con nessuno e devono lavorare per guadagnarsi da vivere. Lavorano, infatti, per i servi di Laryna che lei stessa aveva maltrattato quando era una principessa.
Anziché darsi una mano a vicenda per cercare di adeguarsi a questo nuovo stile di vita, Laryna passa il tempo a lagnarsi di come sia finita - a parer suo - ingiustamente a fare da sguattera e a perdere il suo prezioso ruolo di principessa e passare il resto della sua vita legata a due infimi abitanti di Goblin. Onyx, dal canto suo, non fa altro che umiliare sé stesso, la moglie e la madre con la sua goffaggine: ogni giorno, infatti, ne combina sempre rovesciando pile di costosissimi piatti e bicchieri di cristalli, subendo svariati rimproveri dai servi superiori – a loro volta più che soddisfatti a prendersi la propria rivincita. Linaris, infine, passa le giornate a sgolarsi contro il figlio e la nuora, ordinando ad Onyx di piantarla di metterli sempre in ridicolo e a Laryna di chiudere quella maledetta boccaccia.
In fin dei conti, il sogno di Linaris, Onyx e Laryna è stato realizzato: tutti e tre ci tenevano molto ad essere famosi ed ora, con la loro pessima e poco invidiabile reputazione, lo sono più che mai.
 
Castello di Jareth
 
Per non prolungarci e rischiare di annoiare chi sta leggendo, da quando a Goblin è tornata la normalità Sarah aveva deciso di tornare nell’Underground ogni volta che lo desiderava. Oltretutto, lo stesso Jareth le aveva detto che le porte del suo castello erano sempre aperti. In fin dei conti, Sarah ha imparato quanto sia diverso lo scorrere del tempo tra il suo mondo e quello dei suoi amici. Ogni volta che lo desiderava, infatti, Sarah si fermava nel regno di Goblin e più il tempo passava e più il suo rapporto con Jareth si stava intensificando.
Quel pomeriggio, come aveva promesso, aveva pronunciato le parole magiche ed era stata catapultata nei giardini del castello. Ad attenderla c’è Jareth, braccia conserte e sguardo fiero.
Le tende la mano.
«Ti sei fatta attendere, mia preziosa.» le dice facendole un elegante baciamano.
«Ho avuto qualche intoppo, sire.» risponde lei con lo stesso tono.
Sorridente, Jareth le offre il braccio per poterla accompagnare per la loro consueta passeggiata tra l’arcobaleno di colori donati dai fiori e dagli alberi dell’immenso giardino. Camminano insieme a braccetto, parlando del più e del meno. Non appena arrivano nell’angolo in cui Jareth ha chiesto a Rastaban e a Silyn di fare del loro meglio per accogliere Sarah, Jareth si ferma e induce lei a fare lo stesso. Jareth si guarda intorno e si rende conto che suo zio e la sua nuova compagna abbiano davvero fatto un ottimo lavoro. Anche se ne ignora la natura di tanta bellezza, Sarah rimane incantata da quell’esplosione di colori e di armonia della massima fioritura dei ciliegi in fiore, dove il vento dal calore primaverile richiama la bellezza dei fiori rosati e che rispondono con una pioggia di petali di fiori di ciliegio e con una cascata di petali di glicine. Sarah è incantata, però non fa in tempo ad ammirare appieno tutta la naturale bellezza che la circonda.
Jareth si è appena inginocchiato davanti a lei, cogliendola di sorpresa.
Ripresa la sfera creata precedentemente dalle sue mani fatate, la trasforma nello stesso oggetto che aveva prima mostrato a Rastaban e a Silyn.
È un anello.
«Sarah, vuoi diventare la mia sposa?» le domanda con la grazia di un re e con il cuore innamorato.
Per Jareth è sufficiente osservare il sorriso di Sarah, i suoi occhi compressi per la gioia, per capire quale sarà la risposta.
 
Fine

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3965343