Un Destino fatto di Scaglie

di VexJack88
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Una nuova avventura [parte 1] ***
Capitolo 3: *** Una nuova avventura [parte 2] ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Migliaia di anni fa il pianeta Terra era diviso in due fazioni: i Terrestri e gli Dei.

Questi ultimi apparirono e si manifestarono in tempi remoti, e si auto proclamarono divinità del Pianeta Terra, costruendo una propria dimora e, di conseguenza, una propria città su di un'isola, l'Isola del Capo, al largo del Mare Aperto, molto ad Est di quello che adesso è il Regno della Foresta. Un luogo sfarzoso e trionfale, che divenne nel tempo il simbolo di quel dominio ottenuto con la forza.

E' così che l'Isola del Capo diventa un bastione irraggiungibile, un miraggio per la maggior parte degli umani che invocano la salvezza divina. Un luogo che, dietro alla sua radiante architettura, cela oscuri segreti e verità pericolose al punto da compromettere una millenaria egemonia.

Un inganno divino!

Da dove provenissero questi Dei è ancora un arcano mistero. Ma la luce, per propria costituzione, diventa il mezzo con cui nasce l'ombra. Un triste destino da cui nemmeno i più potenti Dei sono riusciti a salvarsi.

Il telaio su cui fu costruita la civiltà terrestre era quello della disparità. A fronte di una natura grigia e indistinta che nell'epoca degli Dei dominava tutto, la nascita delle Scaglie creò il divario tra luce ed oscurità, bene e male, giorno e notte, Dei e Uomini. Ma non solo, donò anche un potere incommensurabile ai pochi fortunati che la avvicinarono, rendendoli diversi dagli altri uomini.

Tutto questo accadde quando un Asteroide in rotta di collisione con la Terra venne distrutto ed annientato dai suddetti Dei. L'impatto sembrava non aver causato o indotto alcuna conseguenza, o quasi. Alcune Scaglie dell'Asteroide vennero sparse in giro per il globo ed acquisirono l'essenza divina che servì a trasfondere in loro un DNA particolare, dovuto e procurato dall'unione degli Dei stessi servita per infrangere il prosieguo del mega Asteroide.

Ogni Scaglia prese vita e consentiva loro di unirsi al DNA umano incastonandosi nel mezzo del petto. Quando si attivavano brillavano di luce propria emettendo un dolce calore ed uno stato di benessere all'utilizzatore. Erano diverse tra loro, ed ognuna possedeva forma, colore ed un proprio potere peculiare, distinguendosi dalle altre.

Gli umani trovarono queste Scaglie, ed unendosi a loro, sfruttarono il loro potenziale come "armi" con cui combattere e sconfiggere gli Dei, reputati troppo presuntuosi e prepotenti che rendevano il mondo un luogo inospitale per la razza umana.

La Guerra coinvolse l'intero Pianeta!

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Capitolo 2
*** Una nuova avventura [parte 1] ***


Era un giorno di primavera, ed i vari Regni del pianeta stavano vivendo un periodo di pace e splendore mai raggiunti fino ad allora. Erano passati molti anni dalla Prima Grande Guerra, e finalmente, tornò a regnare la tranquillità. Il Regno della Foresta veniva così chiamato per la ampiezza e moltitudine di foreste e boschi che vi si trovavano. Era collocato appena sotto il grande e freddo Nord, un Regno costantemente immerso nella neve e nei ghiacciai. I due Regni erano divisi dalla mastodontica Catena Montuosa Caloria, che si estendeva da est ad ovest per migliaia e migliaia di chilometri su tutta la superficie nordica. A Sud delle Foreste vi si trova il Regno della Piana e dei Venti, una vastissima prateria che si estende da est, dai Colli del Pollino, fino ad ovest, dove confinava con il Regno dell'Oro diviso dal Lago Trifoglietti ed i Colli del Viandante. Più a sud del Regno della Piana si trovava il Regno degli Scudi, una terra arida, priva di fonti di acqua, eccetto per le zone costiere. Ad Ovest di tale Regno si trovavano due regni: Quello dell'Oro, citato poco fa, ed il Regno della Nebbia, un luogo paludoso e nebbioso, molto umido e fangoso. Nonostante si trovavano entrambi ad Ovest non erano collegati tra di loro, ma divisi dalla Baia delle Pianette. Ad Est del Regno degli Scudi si trovava il Grande Arcipelago, formato da numerose isole riunite. E per finire l'estremo sud composto dal Regno delle Sabbia, dove vi erano numerose Dune Sabbiose ed anche qualche Oasi in mezzo al Deserto. Ogni Regno possedeva, oltre alle sue città principali, una Capitale, ed ogni Capitale possedeva una propria Accademia dove venivano istruiti i migliori ragazzi del paese. Nelle varie accademie era possibile studiare Medicina, Ingegneria, Filosofia e molte altre materie che servivano per la crescita ed il futuro del ragazzo per ampliare e far progredire il bene del Regno stesso. Cosi come la sezione militare, utile per mantenere l'ordine ed il bene nel proprio Regno. Fuori era ancora buio. A volte a Jack succedeva di svegliarsi troppo presto, quando ancora tutto tace ed era possibile fare caso ad alcuni suoni e rumori che durante la giornata passavano inosservati. Colpa dei pensieri, forse. Il suo respiro era la prima cosa che sentiva, poi quello di Mark, ronfante nell'altro angolo della stanza, ed infine quello del Maestro Sean dall'altra camera. I carri di qualche commerciante svegliatosi presto verso chissà quale meta. Kelly e Laica, i cani dei vicini che abbaiavano per ogni cosa, anche loro attenti ascoltatori del silenzio. I primi raggi di sole cominciavano a filtrare tra le piccole fessure della tenda, disegnando nella parete una sottile striscia di luce, come per delinearne il perimetro. Il sole che abbracciava la stanza. La porta si aprì ed il Maestro Sean smorzò il silenzio della camera. «Sveglia» Urlò il Maestro. «Lo sapete che oggi dobbiamo andare in città per vendere la merce» «Ancora un altro po'... Vecchio, ieri ci hai fatto sgobbare come muli...» Mark si girò dall'altra parte cercando di riprendere sonno ma il maestro Sean prese un lembo di coperta e tirò forte facendolo cadere a terra. «Il tempo di sellare i cavalli e si parte. La merce è già collocata sul carro.» Uscì dalla stanza lasciando dietro di sé la porta aperta. «Che noia» Mark sbuffò e si sedette sul letto, ancora assonato. «Dai Jack, andiamo altrimenti il nonnetto continuerà con le sue prediche.» Uscì dalla stanza dirigendosi verso il bagno. Jack invece era rimasto sul letto in posizione supina con le braccia dietro la nuca. Osservava il soffitto ma il suo pensiero era rivolto all'idea di dover andare in città. Sorrise. Era arrivata la primavera e gli uccelli cinguettavano felici librandosi in cielo. Le foreste e gli animali in letargo si risvegliavano e gli alberi lentamente si rivestivano di foglie verdi e brillanti. Il sole primaverile, con un caloroso abbraccio, iniziava a riscaldare le membra intorpidite di tutti gli animali. Jack, ormai quattordicenne, era diventato un ragazzo. I capelli erano corti, che andavano sul castano scuro, come gli occhi. La sua altezza raggiungeva quasi il metro e novanta, un fisico robusto per la sua età, ma allo stesso tempo dotato anche di grande agilità. Lui e Mark venivano allenati dall'anziano signore Sean in persona, essendo un ex maestro dell'Accademia. Il loro sogno era quello di diventare studenti ufficiali dell'Accademia, come del resto era il sogno di ogni ragazzo del Regno. Vivevano in aperta campagna ma la loro casa non era molto distante da Bosco Pendente, capitale del Regno della Foresta, quindi ci volle poco tempo per arrivare. Ogni Capitale aveva una propria caratteristica e struttura. La forma della Città fu concepita come un immenso fortino di forma ottagonale. Era composta da otto grandi cinture longitudinali che si cingono trasversalmente e diagonalmente l'una con l'altra formando otto immense muraglie interne, ciascuna dal perimetro ottagonale, che intersecandosi fra loro, giungevano ad un coronamento ideale al centro della costruzione. Da cui si nota un ottagono più piccolo che amplificava ulteriormente in modo iperbolico la grandezza e la forma della struttura concettuale dell'intera Città, formando l'Accademia del Medaglione. Il nome era dovuto dal fatto che al suo interno il Preside, e Lord della Capitale, possedeva e custodiva uno dei pezzi dell'Armatura Divina. Ogni Regno possedeva un pezzo di un'Armatura sottratta agli Dei durante la Ribellione di Black: Il Medaglione, la Cintura, l'Elmo, gli Schinieri, il Mantello, l'Anello, i Guanti e la Spada. Ognuno appartenuta agli Otto Dei dell'epoca, e se indossate tutte insieme donavano l'Immortalità e la possibilità di diventare un Dio. Ma per non rischiare una nuova epoca degli Dei, gli umani decisero di erigere Otto Regni con le rispettive Accademie, con lo scopo di custodire e preservare gli oggetti divini con la massima cura. Solo il Preside può usufruire di tale contenuto per il bene dei cittadini che popolano il Regno. La notte era sopraggiunta sulla città, e Jack e Mark avevano appena finito di consegnare le merci. Avendo ancora del tempo a disposizione decisero di girovagare un po' in zona. L'intera città era composta da molteplici giardini ed alberi, e molti negozi vi si trovavano nel mezzo, tra il verde fogliame. In particolare c'era una locanda che attraeva ed affascinava Jack. «Dai, vai da lei. Lo so che non vedi l'ora di salutarla. Sei persino diventato rosso in faccia.» Mark sorrise e scherniva Jack, che osservava da lontano una delle locande presenti. «Non è che io veda l'ora, e che ormai ci sono quindi potrei salutarla. Non vedo nulla di male nel salutare un'amica... non... cioè...» Jack iniziò a balbettare. Dalla strada intravidero la luce. L'insegna diceva che quella era la 'Locanda del Lupo'. Penzolava su catene arrugginite, emettendo un suono raschiante, monotono e fastidioso. Dal comignolo saliva un pigro filamento di fumo, perdendosi nell'inchiostro della notte. Giungevano voci di festeggiamenti dal suo interno. Mark afferrò la maniglia, ma fu bloccato da Jack. «Aspetta, come paghiamo?» «E quando mai è stato un problema per noi?» domandò Mark. «Potrebbe diventare un problema a lungo andare.» «Tranquillo Jack, non metteremo nei guai Emily.» «Si certo, come no. Ti ricordi cos'hai combinato la settimana scorsa, vero?» rispose Jack leggermente inquieto. «Spiegami come potremmo non metterla nei guai?» «Sei proprio una donnicciola» Mark si fermò davanti la porta voltandosi verso Jack. «Io ho sete, ma mangerei anche un boccone. Ho lo stomaco che brontola ed il viaggio di ritorno a casa è un po' lungo.» «Si, ma chi paga?» chiese irritato Jack. «Ho un'idea» propose Mark. «Entriamo e poi ci pensiamo» Mark entrò senza aspettare Jack e si perse nella confusione del locale. Dentro c'era molta gente. I tavoli erano quasi tutti occupati da una ventina di contadini che sonnecchiavano davanti a boccali di birra mezzi vuoti o cantavano stonati a squarciagola, da un vecchio con la barba che masticava qualcosa, e tre o quattro artigiani che discutevano della fine del mondo. Nessuno degnò Jack di uno sguardo. Eccetto l'oste. «Benvenuto» disse sorridente. Era un tipo panciuto e tarchiato, pareva un enorme botte ambulante. Grossi baffi coprivano metà volto. «Accomodati, prego» indicò un piccolo tavolo nell'ala est della sala. «Una birra per iniziare?» domandò l'oste strizzando l'occhio. «Ehm... si.» l'uomo si voltò e si congedò. Jack si guardava attorno cercando di individuare Mark, ma senza fortuna. Si alzò ed andò in bagno per urinare. Quando ritornò in sala, passando vicino al bancone notò il menù del giorno, affisso su un tabellone in un angolo della sala. Lo lesse. L'acquolina aveva cominciato a circolare in bocca, così come lo stomaco aveva iniziato a fare rumori indesiderati di vuoto abissale. "Che fame, ma non ho molti soldi con me. Credo che aspetterò fuori dal locale." Pensò prima di avviarsi verso l'uscita. Continuò a guardarsi attorno come nella ricerca di una persona. "Dovrei rientrare forse. Sembra brutto andarmene dalla città senza salutarla. A meno che io non vada via adesso e lei non lo saprà. E se verrà a saperlo? Che faccio adesso? Entro? Non entro?" Jack rimase immobile davanti la porta della locanda. Osservava l'insegna intimorito. I clienti del locale quasi non riuscivano a passare, e Jack non sembrava curarsi di loro, immerso completamente nei suoi pensieri. Dopo qualche minuto di indecisioni, cautamente si voltò e con passo torpido iniziò ad allontanarsi. «Allora sei tu che stai ostacolando il passaggio ai clienti.» Jack si bloccò sentendo quella inebriante ondulazione della voce. Rimase fermo ad ascoltarne il suono per qualche istante, su e giù, prima che gli giungessero le parole nella mente. Anche solo immaginare il suo modo di parlare lo calmava e lo rendeva felice. Scorreva nel corpo come una medicina, facendolo gorgogliare dentro di sé. Si voltò e quasi come sorpreso la salutò molto timidamente. «Cia..Ciao Emily, come va?» Il viso dai tratti fini era di carnagione bronzea, che metteva in risalto i suoi occhi, verdi come le foglie colpite dal sole. Una cascata di lucenti capelli color miele le incorniciava quel viso accattivante. Una ragazza di rara bellezza, dal viso semplice e un po' infantile, ma allo stesso tempo che sa trasmettere il suo stato d'animo. «Stavi di nuovo scappando senza salutarmi?» Si avvicinò a Jack fronteggiandolo quasi a muso duro e con voce adirata. «No no no no veramente io... lasciami spiegare...» Emily prese Jack per un braccio e lo portò con sé nel vicolo dietro la locanda. «Cosa ci facciamo qui?» Nel retro vi era un piccolo cortile con i maiali che allegramente sguazzavano nella melma. «Perché mi stai evitando?» disse Emily con tono abbattuto. «Veramente io... non volevo andarmene così. Sono entrato nel locale ma te non c'eri, cioè non ti ho visto... io volevo ma...» Riprese a balbettare guardandosi attorno e mantenendo lo sguardo basso. Si grattò la nuca quasi impacciato e dispiaciuto. Poi incrociò il volto di Emily e poteva capire la sua afflizione. «Emily, io...» Lasciò da parte la timidezza del momento e la abbracciò. «Non sto cercando di evitarti, anzi... Trovarsi è stato un caso, ritrovarsi una scelta. Volevo risentire il tuo respiro ed ascoltarlo come se fosse la mia canzone preferita.» Emily osservò Jack negli occhi. Era imbarazzata e colta alla sprovvista da quelle parole. «Tieni, questo l'ho fatto io per te» Jack prese dalla tasca una piccolissima bambola di stoffa. Leggermente imperfetta in alcuni punti ma l'immagine era quella desiderata. Raffigurava una fanciulla vestita di bianco, con due bottoncini verdi che formavano gli occhi e dei filamenti di spazzola a formare i capelli di colore chiaro. «Non è molto, non è nemmeno perfetta. Ho cercato di imparare ma sono una frana» Continuava ad osservarlo molto timidamente, persa nei suoi occhi, quando sciolse quel momento con un bacio. Fino ad all'ora nessuno dei due aveva pensato, o meglio ancora, non aveva avuto il coraggio di fare il primo passo. Era da molto tempo che Emily provava quelle sensazioni e, nonostante la paura dell'imbarazzo, non riusciva più a sopirle. «Guarda guarda che scena disgustosa.» Un ragazzo di alta statura, biondo e con gli occhi azzurri si stava avvicinando a Jack ed Emily, seguito da altre tre persone. «Lukas cosa ci fai qui? Lo sai che non sei il benvenuto nella Locanda del Lupo dopo i tuoi innumerevoli casini.» disse Emily irritata dalla presenza del piccolo gruppetto di ragazzi. Lukas si avvicinò e spinse Jack lontano dalla ragazza per poi abbracciarla. Emily cercava di liberarsi dalla presa del ragazzo. «Lasciami andare» Riuscì a liberarsi dando uno schiaffo in volto a Lukas. «Quindi hai preferito questo rammollito qui a me?» Lukas senza indugi rispose con uno schiaffo facendola cadere a terra. Jack, nel vedere Emily colpita, era colmo di rabbia e subito si rialzò colpendo Lukas con un pugno in pieno volto. Il ragazzo non cadde a terra ma aveva resistito al colpo. Si toccò il labbro e vide del sangue. «Ma tu sai quanto vale la mia faccia?» Lukas rispose di conseguenza facendolo cadere. Iniziò a dare calci e pugni, ed i suoi amici si unirono al linciaggio. Jack era raggomitolato a terra che cercava di proteggersi il più possibile dai svariati colpi che arrivavano da tutte le parti. «Adesso basta, Lukas!» Emily lo colpì con un manico di scopa in testa. Lukas barcollò per il colpo subito. «Tu, brutta troietta!» Cercò di darle un pugno ma venne colpito in pieno volto cadendo a terra. I suoi amici smisero di pestare Jack ed osservarono prima Lukas a terra e poi chi fosse stato. «Nessuno può prendersela col mio fratellino, eccetto me.» Mark era corso in loro aiuto e brandiva in mano una barra di ferro. Lukas venne aiutato a rialzarsi. Uno dei suoi amici gli diede un piccolo specchietto per mostrargli l'effetto causato dal colpo subito sulla sua faccia. L'urto aveva generato una vistosa ferita aperta sullo zigomo sinistro che iniziò a sanguinare, imbrattandogli la camicia. «Piccolo bastardo! Ti sei appena fatto un nemico potente!» Lukas divenne estremamente furioso. «La mia faccia vale più di tutto quello che hai guadagnato nella tua vita insieme a quell'altro bastardo di Jack ed a quel vecchiaccio fallito che ha deciso di prendere due croci come voi!» «Prendimi pure in giro, non mi importa. Ma non ti azzardare a parlare male dei miei familiari» Mark puntò la barra di ferro nella direzione di Lukas. «Mio padre è il Lord della Città di Maggiociondolo e ben presto entrerò nell'Accademia del Medaglione, mentre voi due marcirete in quello schifo di baracca che chiamate casa. Ammuffirete insieme a quel decrepito vecchio!» «Adesso hai rotto» Mark si avventò contro il ragazzo pronto a colpirlo di nuovo in volto, ma Lukas ricevette al volo una spada che avevano portato con sé gli altri del gruppo. «Fatti sotto povero. Ti sfiletto come un pesce» Lukas padroneggiava con maestria la spada. Fin da piccolo era stato addestrato da alcuni dei migliori istruttori nell'utilizzo delle armi bianche. Dal forte trambusto che si era creato l'oste uscì dal retrobottega brandendo una mazza chiodata. «Lukas! Stupido rampollo! Ti avevo detto di non farti più vedere qui!» «Sta zitto grassone. Non sono affari tuoi» Non lo degnò di uno sguardo, rimanendo a contatto visivo con Mark. L'oste diede un colpo di mazza nella direzione di Lukas che riuscì a schivare appena in tempo, beccando la recinzione di legno dietro che andò in frantumi. «Lo dirò a mio padre e vedrò la tua testa su una picca!» «Non mi interessa niente di chi sia tuo padre. Stai calpestando una proprietà privata, la mia proprietà! E finché sarò ancora in vita decido io chi può avvicinarsi alla mia Locanda, e tu non sei il benvenuto qui!» Cercò di colpire nuovamente Lukas che indietreggiò evitando nuovamente la mazza chiodata. Dalla strada principale un mucchio di persone si erano accolte sul retro per impicciarsi su cosa stesse accadendo. Anche i clienti della Locanda spiavano ed osservavano l'accaduto dalle finestre che si affacciavano sul cortile posteriore. Il tutto stava attirando l'attenzione delle Guardie Cittadine. «Andiamocene ragazzi. Non voglio sprecare un secondo di più con questi schifosi sfigati. Non dovrei nemmeno trattarli come oggetti, valgono molto meno» I quattro si voltarono ed andarono via, facendosi largo tra la folla. «Adesso dovete andare voi due. Le guardie vorranno spiegazioni» L'oste della locanda si diresse a parlare con le guardie permettendo a Jack e Mark di celarsi tra la folla e fuggire. L'ultimo sguardo prima di allontanarsi era diretto ad Emily. Le mani di lei portate al petto, stringevano la piccolissima bambola di stoffa. "Sta attento, Jack".

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Capitolo 3
*** Una nuova avventura [parte 2] ***


I due ragazzi si trovavano fuori dalle mura della Città. «Muoviamoci prima che il Maestro ci dia per dispersi» Si diressero di fretta in cima al colle, nel luogo dell'incontro. In cima vi si trovava un albero di Castagno. Era giovane e lo si capiva dalla corteccia liscia con lenticelle ben evidenti. Le foglie erano semplici, decidue, grandi, allungate, con margine dentato, stipolate e brevemente picciolate. Data la stagione non avevano ancora generato il loro frutto. «Adesso che facciamo?» Nonostante fossero arrivati in ritardo non c'era alcuna traccia del Maestro Sean. Nemmeno il carro che usava per il trasporto dei prodotti. «Aspettiamo» disse Jack mentre si sedette a terra lasciandosi cadere di peso. Era tutto indolenzito. Gli facevano male le costole e la faccia. Si lasciò andare sul manto erboso, ed alzando lo sguardo alla volta celeste, poteva osservare come la notte avvolgeva tutto quello che stava intorno e lo ricopriva di una contemplativa aria di mistero. La notte aveva inghiottito la città portando calma e lieta serenità. Le luci delle piccole stelle, che in cielo brillavano, donavano quel minimo scintillio per far capire che ogni cosa sta solamente riposando, non ha ceduto il passo alla morte. Serenamente, sembrava che ogni forma di vita lasciasse che l'invisibile oscurità imprimeva nel proprio lato più vulnerabile, le tracce della sua presenza. I silenzi erano ascoltati nella più completa attenzione per lasciare spazio pian piano, al più assoluto riposo. Era ora tarda e tutti, nei dintorni, erano chiusi nelle proprie case a godersi la pace della nottata, uno stacco dalla vita quotidiana. «Questa nottata mi trasmette un po' di tristezza per il fatto che sono solo, qui, a contemplarla» disse Jack. «Sono diventato invisibile tutto ad un tratto?» rispose Mark. «Ma che c'entra. E che avrei voluto vedere le stelle insieme ad Emily» «Grazie, molto gentile. Ma sappi che "lo dirò al Maestro Sean e vedrò la tua testa su una picca"» Quella frase sarcastica venne seguita dal silenzio, per poi essere interrotto da una fragorosa risata da parte di entrambi. Jack si sollevò in piedi. «Come mai il Maestro Sean non arriva più? Dici che gli sarà successo qualcosa?» Era impensierito. «Non lo so. Direi di controllare in zona» «Dove credete di andare, poveri bastardi» Lukas era giunto sul colle. «Ancora tu?» «Non pensavate veramente che sarebbe finita lì, sciocchi pezzenti» «Certo che ti piace andare in giro in cerca di guai» Mark prese la barra di ferro e la sollevò appoggiandola sulla spalla destra. Lukas rimase fermo ad osservarli. «Vi scuoierò vivi ed appenderò i vostri corpi sulla strada per Maggiociondolo. Morirete lentamente ed in modo agonizzante. Chissà quale sarà la causa di morte. Fame? Sete? Dissanguati? O forse i corvi banchetteranno con le vostri carni?» Sogghignò. «So solo che ci sarà da divertirsi» Jack era in piedi che osservava con aria di sfida. La visione di Lukas che picchiava Emily era ancora fresca e indelebile nella sua mente. L'odio si faceva largo dentro di sé. «Seppure il disprezzo dà spesso sollievo, non consola mai. Puoi sputare su una rosa, ma rimarrà sempre una rosa. Guarda bene, scoprirai che nel tuo disprezzo c'è un po' di invidia segreta. Considera bene ciò che disprezzi e ti accorgerai che è sempre una felicità che non hai, una libertà che non ti è concessa, un coraggio, un'abilità, una forza, dei vantaggi che ti mancano, e della cui mancanza ti consoli col disprezzo. Dici sempre le solite frasi: "sarò uno studente elité dell'Accademia... lo vuole mio padre... lui lui lui"; appunto, lo vuole tuo padre. Non hai una tua idea, una tua libertà di pensiero, ed ormai ti crogioli nell'idea di avere in mano il proprio destino, di avere delle scelte, ma non è così. Ormai sei schiavo di tuo padre, il suo giocattolino da plasmare e da esibire davanti agli stronzi gonfi e pieni di sé, proprio come lui. E' così egocentrico che ad un matrimonio vorrebbe essere la sposa, e ad un funerale il morto. Troppa gente spende soldi che non ha guadagnato, per comprare cose che non vuole, per impressionare gente che non gli piace. Ormai tu sei succubo di lui. Solo dal tuo vanto si capisce di cose sei privo» Jack emise un piccolo gemito di sofferenza. Un enorme livido aveva invaso di dolore il fianco sinistro. «Non oseresti mai andare contro le idee e le parole di tuo padre, vero? Come i tuoi finti amichetti che ti seguono solamente sapendo a chi sei figlio, solamente perché hai avuto la fortuna di essere uscito dalla giusta fica. Ma questo non fa di te un uomo umile, anzi... non fa di te nemmeno un uomo. Ed in merito a ciò penso che sia più offensivo essere apprezzati per i motivi sbagliati che essere disprezzati per quelli giusti» Lukas osservava in modo torvo Jack mentre pronunciava quelle parole. Nella sua mente pensava a tanti modi di tortura che avrebbe tanto voluto praticare in quel momento. Poi cercò di calmarsi e sorrise. «Oh, mi hai ricordato qualcosa...» Con uno schiocco di dita tre ragazzi si manifestarono alle spalle di Lukas. Jack rabbrividì nel vedere Emily con loro. «Lasciatela andare!» Era imbavagliata. Si reggeva a stento in piedi. Le lacrime avevano rigato il suo volto ed una serie di ferite cospargevano il corpo. Lukas la prese prima per i capelli e poi la teneva stretta tra le braccia puntandole un coltello alla gola. «Sarebbe un vero peccato se il coltello mi scivolasse dalle mani e finisse nella giugulare di questa puttanella» Un forte senso di rabbia ed odio pervase in Jack. Rimase paralizzato osservando quella scena. «Lasciala andare, bastardo!» «Bastardo io? Qui gli unici bastardi senza genitori siete voi due. Se fossero ancora vivi li avrei portati a Maggiociondolo con me. I vostri padri sarebbero marciti come schiavi, mentre le vostre madri avrebbero riscaldato ogni notte i nostri letti» «Non lo ripeterò un'altra volta. Lascia andare Emily... Ora!» «Lasciarla andare? E perché mai? Vedete questa ferita sulla mia faccia? Rimarrà la cicatrice ed un Lord non può mostrarsi come fosse un plebeo» «Cosa c'entra lei? Sono stato io a farti quel segno, e sono disposto a spaccarti anche l'altro lato» Nel mentre Mark brandiva tra le mani la barra di ferro, pronto a scagliarsi contro Lukas al minimo errore. «Lei è stata la prima a colpirmi in faccia quindi sarà la prima a subire» Lukas segnò il volto di Emily provocandole una ferita profonda allo zigomo sinistro. Jack reagì immediatamente afferrando un ramo caduto dell'albero, ma Lukas puntò il coltello alla gola della ragazza. «Fai un altro passo e giuro che la vedrai sanguinare come un maiale sgozzato» Jack si sentì ad un tratto come una falena impotente, che svolazzava sui vetri della finestra della realtà, osservando dall'esterno un mondo sfocato. Lui e Mark non erano altro che gli spettatori di quella impotenza. Per qualche secondo si udiva solamente il soffio del vento ed il respiro forte di Jack e Lukas. Da est, in lontananza, percepirono sempre più forte il rumore dei passi di un tizio incappucciato che si avvicinava a loro. Nonostante fosse completamente coperto potevano notare una statura robusta dell'individuo ed una fitta barba bianca fuoriuscire dall'ombra velata del cappuccio. Con sé portava la carcassa di un uomo sulle spalle. «Ma quello...» Era posizionato a pochi metri dai ragazzi. Non disse nulla e non fece nulla, se non lasciar cascare il corpo che portava sulle spalle a terra. Era quello del Maestro Sean. «Cosa gli hai fatto?» Mark velocemente si avventò contro il tizio misterioso che scomparve in un attimo. «Ma... dov'è andato?» Si mosse così rapidamente che nessuno si accorse subito della sua presenza alle spalle di Lukas. Un piccolo battaglione di nuvole cominciava a spiccare sullo sfondo oscurando la luce delle stelle e della luna. Il cielo era diventato sempre più buio. Le nuvole iniziarono a diventare sempre più grosse e sempre più scure, fino a formare un nembo oscuro sopra le loro teste. Il colle era avvolto dal silenzio quando ad un tratto, in lontananza, si intravedevano i primi lampi e sentivano il rumore sordo dei tuoni. L'acqua incominciò a scendere, piano piano, poi sempre più intensamente, fino a sembrare un'unica grande lastra di ghiaccio. Impulsivamente i ragazzi accorsi in aiuto a Lukas cercarono di colpire, senza successo, il misterioso individuo, che repentinamente reagì. Nessuno si accorse del suo movimento istantaneo. Tutti e tre i ragazzi caddero a terra privi di vita. Lukas lasciò andare Emily. Jack corse immediatamente verso di lei afferrandola prima che cadesse a terra. «Dimmi chi sei. Lo dirò a mio padre e ti farò giustiziare» Il dito puntato sul petto dell'energumeno. Deglutì. Non ricevette alcuna risposta, alcuna reazione. Lukas era impaurito ed intimorito dalla figura di quel essere privo di emozioni. Non disse nient'altro, limitandosi ad osservare nella fessura del cappuccio in cerca del suo volto celato. Tutto d'un tratto, come per magia, l'improvvisa tempesta finì e le nuvole si ritirarono come dei soldati di un esercito alla fine della battaglia. Il tempo era molto umido, caldo e si faceva fatica a respirare. L'odore di bagnato era intenso. Improvvisamente udirono un rumore, come il possente ed energico ruggito di una gigantesca e feroce bestia, che fece vibrare la terra sotto i loro piedi. Inaspettatamente ed improvvisamente una molteplice di saette lucenti spuntarono fra le nuvole che si stavano diramando, colpendo qualunque cosa si trovasse sulla cima del colle. Uno di questi divise Jack ed Emily. L'ultimo ruggito di terremoto scosse la terra fin nelle viscere. Un bagliore accecante avvolse i rami rinsecchiti dell'albero, e tutto fu luce e frastuono. Jack si rannicchiò su se stesso e coprì le orecchie con il palmo delle mani. Quando l'urlo si spense, anche il terreno smise di tremare. Il ragazzo riaprì lentamente gli occhi e scorse tra la polvere i resti scomposti dell'albero ed i corpi folgorati di Lukas e dei suoi amichetti. Tutto era silenzio. Jack si guardò attorno. Si udiva solamente un suono come di tappeti che sbattevano. Alzò lo sguardo e vide l'enorme tizio incappucciato che aleggiava su di lui, usando il mantello come fossero grandi ali. Un ultimo chiarore invase il colle e poi il nulla avvolse Jack facendolo sprofondare in un sonno profondo e privo di sogni. Lo sconosciuto e misterioso individuo prese i corpi svenuti di Jack e Mark dissolvendosi nel buio della notte.

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