Un Caso Personale

di LadyNorin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3: ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4: ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5: ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6: ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7: ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8: ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9: ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10: ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11: ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12: ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13: ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14: ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15: ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16: ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17: ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18: ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19: ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20: ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21: ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22: ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23: ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24: ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25: ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26: ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27: ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28: ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29: ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30: ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31: ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32: ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33: ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34: ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35: ***
Capitolo 36: *** Capitolo 36: ***
Capitolo 37: *** Capitolo 37: ***
Capitolo 38: *** Capitolo 38: ***
Capitolo 39: *** Capitolo 39: ***
Capitolo 40: *** Capitolo 40: Fine. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1: ***


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Capitolo 1:


***


[Revisionato]
John Watson aveva messo più distanza possibile da Baker Street. La decisione che lo aveva spinto a fare i bagagli era molto semplice: Sherlock Holmes.
Dopo tutto ciò che era successo, non riusciva più a sopportare di restare ancora lì, in quella casa, con quella presenza costante e perenne.
Si era sentito come se avesse ricevuto una pugnalata nella schiena. Come un tradimento.
Non riusciva più nemmeno a guardarlo in faccia dopo la morte di Mary.
E sì, per un po’ lo aveva anche odiato.
La parte irrazionale di se stesso ancora si trovava in quello stato, ma ogni tanto faceva capolino quella razionale, e provava a dargli dei suggerimenti.
Come quando gli aveva suggerito, durante le sue elucubrazioni a tarda notte, che magari, non era stata tutta colpa di Sherlock. Che nessuno aveva costretto Mary a mettersi in mezzo, e poi lui aveva già rischiato la pelle per lei. Lei lo aveva fatto perché voleva troppo bene a Sherlock per lasciarlo morire.
Già, gli voleva troppo bene… Era questo il problema delle persone che volevano troppo bene a Sherlock. Che poi finivano puntualmente coinvolte nelle sue cazzate e ne pagavano il prezzo.
Certo lui no, ormai ci aveva fatto l’abitudine, anzi, provava quasi una sorta di insano piacere nel mettersi in situazioni di pericolo mortale. Ma sapeva quello che faceva. Sceglieva per se stesso. Prima.
Dopo era diventato un marito, e dopo ancora un padre. Ora doveva scegliere la cosa migliore per la sua famiglia, e Sherlock Holmes non era tra queste opzioni.



Tuffò il cucchiaino di plastica color rosa maialino nella pappa mezza liquida e poco invitante di Rosie, e lo fece volare come un aeroplano di carta.
«Ecco che arriva il volo serale diretto a Londra Gatwick. Chiediamo alla torre di controllo il permesso di atterrare.» avvicinò il cucchiaino pieno di pappa alla piccola bocca della bambina, che la aprì emettendo dei gridolini di felicità e battendo le manine. Almeno lei aveva fame.
Era stato un periodo difficile per tutti, e ne aveva risentito anche Rosie. Avere solo pochi mesi non le impediva di sentire la mancanza della madre.
John ci provava con tutte le forze a distrarla, ma per almeno un paio di mesi la piccola era stata stressata e nervosa, piangeva praticamente sempre. Riusciva a calmarla solo dopo ore passate a cullarla in braccio, e dopo si addormentava sul suo petto, sfinita. Ovviamente non ci pensava proprio a spostarla, quindi rimaneva sul divano o sul letto finché lei non si svegliava, cosa che capitava puntualmente dopo quattro ore, e via a ricominciare tutto da capo. Nemmeno la notte andava meglio. Alla fine arrivava la mattina e finalmente crollavano entrambi, sfiniti.
Ultimamente però era tornata ad avere appetito, la notte dormiva e i pianti erano calati drasticamente, segno che le cose andavano meglio. Sarebbero andate meglio. Dovevano andare meglio, per entrambi.
Ovviamente non significava dimenticare Mary, lui le avrebbe sempre parlato della madre, ne era sicuro. Ma ora dovevano farsi un altra vita, lontani da chi creava loro solo pericoli e problemi.
Quindi no, non se ne pentiva affatto di essersene andato il più lontano possibile da lui, e no, non avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura che in realtà gli mancava. Terribilmente. E poi comunque ormai non poteva più tornare sui propri passi, non dopo quello che gli aveva detto. E Sherlock doveva aver recepito bene il messaggio perché non si era più visto né sentito. Meglio così, non aveva tempo di badare anche a ui.

Mentre John si stava impegnando nell’auto commiserazione, il cellulare appoggiato sul tavolo cominciò a vibrare all’impazzata, tanto che si mise a girare su se stesso.
Allungò il collo e vide il nome di chi chiamava “Lestrade”.
D'accordo forse non aveva smesso del tutto con la vecchia vita. Ogni tanto se capitava lavora ancora per il detective di Scotland Yard.
Lasciò il cucchiaino nel piattino abbinato di Rosie, e prese il telefono.
«Si Lestrade?» rispose quasi con tono eccitato. L’idea di uscire di casa per aiutare in un caso di omicidio in fondo lo rendeva felice. Ok era una cosa orribile da pensare, però avrebbe dato qualunque cosa per usare un attimo il cervello in altro che non fosse cercare di far terminare i pianti di un bambino.
«Devi venire al parcheggio coperto che c’è a Marble Arch. Quello dopo la fermata della metropolitana.»
«Ah si ho capito quale.»
«Ti aspetto. Sbrigati.» non ebbe nemmeno il tempo di chiedere a Greg chi fosse il morto perché aveva già chiuso la comunicazione. Sospirò e si alzò, lasciando che la sedia strisciasse con le gambe sul pavimento di vecchio limoneum.
Poi si chinò e diede un bacio sulla testolina di Rosie. Adorava il suo odore. Poteva stare ad annusarla per tutto il tempo quando si addormentava sul suo petto.
«Va bene piccolina chiamiamo la baby sitter.»
Rosie squittì eccitata a quelle parole. A volte John era convinto che lei lo capisse benché avesse solo pochi mesi. Assurdo.


Gli ci volle un po’ prima di partire di casa, e un'altra mezz'ora per attraversare la parte di città che lo separava dalla scena del crimine.
Il parcheggio coperto era situato prima rispetto l’uscita della metro, il che aveva per fortuna evitato che venisse chiusa dalla polizia.
Dei poliziotti con i gilet giallo fluo fermarono il suo taxi e lui scese, dopo aver lasciato una banconota da venti sterline all’autista, che fu ben lieto di tenersi il resto.
Mostrò il tesserino, e i bravi agenti lo lasciarono passare senza proferire parola. Era una uggiosa mattina di autunno e piovigginava a tratti. Il cielo era bianco, ricoperto di nuvole grigie. Come sempre.
Passò sotto il nastro giallo che era stato messo per chiudere il viale a fianco al parcheggio. C’erano altri agenti che controllavano segni di tracce; e poco più in là, al coperto, c’era Greg Lestrade.
Richiamò la sua attenzione con un “ehi Greg” e sollevò una mano sventolandola. Il detective sollevò lo sguardo dal taccuino e gli fece segno di avvicinarsi.
John non perse tempo.
«Allora che abbiamo?» chiese curioso.
Il corpo della vittima si trovava tra una colonna di cemento, un parcheggio vuoto e un SUV nel posto dopo. Ora che si era avvicinato a Greg poteva vederlo bene. Quello che doveva essere decisamente un uomo adulto, si trovava riverso a terra, in posizione supina. Ed era un vero casino.
«Beh ancora non si sa molto, serve l’autopsia lo sai. Ma credo lo abbiano pestato a morte.» Il tono di Greg era quasi rassegnato, come se la violenza con cui aveva a che fare ogni giorno non bastasse per capire che il mondo era un posto malvagio.
John si chinò sul povero malcapitato.
Sotto c’era una grossa chiazza di sangue quasi rappreso, doveva essere li da un po’.
Era girato pancia sotto quindi non poteva vederlo in faccia.
Aveva i capelli imbrattati di sangue e appiccicati tra loro, si vedeva almeno una ferita alla testa. Quella che doveva essere una camicia di un qualche tonalità di azzurro era strappata in più punti, sotto si vedevano altri segni, era tutto un casino di lividi, tumefazioni, e ferite sanguinanti.
Lestrade gli allungò un paio di guanti in lattice. Gli infilò e mise una mano sotto il corpo, per girarlo.
Se il resto era un casino, la faccia era praticamente irriconoscibile.
«Qualche documento?»
Greg scosse la testa.
«Niente di niente.»»
«Una rapina finita male?» azzardò John.
«Nah sembra una cosa troppo personale. Come se l’animale che ha ridotto così questo poveretto se la sia presa per qualcosa e abbia voluto dargli una lezione.»
«Non saprei, allora perché portargli via i documenti?
Te lo ricordi il caso di Stubbylee Park?»
«Ma chi i due ragazzi massacrati al parco dal branco? Nah non mi sembra questo il motivo. Guarda com’è vestito, ha delle scarpe che costano minimo duecento sterline.»
«E che vuol dire, magari a qualcuno ha dato fastidio proprio per questo.»
«Io ti ripeto che è personale.»
John fece una smorfia ma continuò ad esaminare la vittima.
Aveva il lato destro del viso gonfio, l’occhio era nero e aveva assunto le dimensioni di una pallina da golf, sul lato del labbro c’era una grossa spaccatura che lasciava in vista i denti rossi per il sangue. Il lato destro era messo un pelo meglio. Il sopracciglio aveva un taglio profondo e c’erano abrasioni sulla fronte, probabilmente dovuti all’urto con l’asfalto. Lo zigomo era di un insano color giallo e viola.
Abbassò con due dita il colletto della camicia, inorridendo. Più strisce di diverse tonalità di viola scuro spiccavano sul collo.
«Credo abbiano tentato di strangolarlo.»
«Scherzi?” anche il tono di Lestrade era pieno di disgusto per tanta cattiveria. Si chinò sopra le spalle di John, per poter vedere meglio.
«Vedi?» John toccò quei segni con la punta delle dita.
«Secondo te quanti anni ha?» chiese Lestrade.
«Difficile a dirsi con la faccia ridotta in queste condizioni, ma direi… Sulla trentina. Anno più anno meno.»
«Con che razza di animale schifoso abbiamo a che fare?»
«Non ne ho idea ma dobbiamo sbrigarci a prenderlo.»
«Lo hai più sento?» l’improvviso cambio di discorso del detective lo aveva lasciato sorpreso, gli ci volle qualche secondo per capre di cosa stesse parlando.
«No.» tagliò corto sperando che la cosa finisse li.
Si mise in ginocchio, accanto alla vittima. Prese a spostargli le ciocche completamente appiccicate dal sangue, che si erano attaccate alla fronte.
Con una lentezza infinita sollevò l’unica palpebra che era rimasta abbastanza libera. Aveva gli occhi iniettati di sangue, e una pupilla nera che lo stava fissando.
«Cazzo!» balzò in piedi talmente velocemente che Lestrade aveva lasciato cadere tutto quello che aveva in mano e stava per tirare fuori la pistola dalla fondina.
«Cosa, che succede?» doamndò Lestrade con tono allarmato.
«Chi cazzo lo ha controllato?»
Greg sbatte le palpebre, evidentemente confuso.
«In che senso?»
«Chi ha controllato che fosse effettivamente morto!»
«Cosa? Che vuol dire effettivamente morto? Non c’era più polso!»
«E’ ancora vivo!» John quasi lo urlò, mentre cercava di capire il da farsi.
La mascella di Lestrade sembrò staccarsi e cadere a terra da quanto era sbigottito.
«Che cazzo vuol dire che è ancora vivo! Merda!»
Il detective tirò fuori il cellulare da una delle tasche e compose il numero delle emergenze, richiedendo immediatamente un'ambulanza.
John nel frattempo era tornato ad occuparsi della vittima.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2: ***



Capitolo 2:

***

[Revisionato]
Doveva assolutamente cercare di liberargli le vie respiratorie.
Gli aveva slacciato i primi bottoni della camicia, anche se alcuni erano saltati via in precedenza e l’indumento era pieno di strappi e imbevuto di sangue.
«Dannazione qui è tutto pieno di sangue. Deve essersi anche perforato un polmone.»
Avvicinò l’orecchio al cuore. Rantolava, sembrava il suono di una schiacciasassi.
Gli fece un molto breve massaggio cardiaco, il poveretto vomitò una dose di sangue, ma almeno iniziò ad emettere rantoli dalla bocca, con il petto che si alzava ed abbassava
velocemente, segno che più o meno stava respirando, ma con un polmone in quelle condizioni sarebbe durato poco, rischiava inoltre di soffocarsi con il suo stesso sangue.
John si passò una mano sul viso e Lestrade tra i capelli.
In quel momento arrivarono i paramedici. Nemmeno si erano accorti delle sirene dell’ambulanza.
Caricarono la vittima riversa a terra, su una barella e John diede loro tutto il resoconto di quello che era accaduto e di quello che aveva fatto, spiegandogli che era un dottore.
I paramedici si allontanarono, salendo nell’ambulanza.
Fece ritorno da
Lestrade.
«Non ci posso credere. Quindi non abbiamo più un morto.»
L’investigatore sembrava sconvolto.
«Non è detto che sopravviva. Era ridotto male.»
Ora c’era una nuova macchia di sangue fresco insieme a quello rappreso
sull’asfalto del parcheggio.
«Forse questo è il caso di chiamarlo.»
John imprecò mentalmente. Sapeva che
Lestrade avesse ragione.
Avevano bisogno di lui, questo caso era troppo brutale perché lasciassero il colpevole a piede libero. Ogni minuto che passava qualche innocente rischiava di fare una brutta fine.
Sospirò. Non sentiva e non vedeva più Sherlock Holmes da un anno.
«D’accordo.» prese il telefono,
anche se gli sembrò l’azione più difficile del mondo, quell’aggeggio sembrava pesasse dei chili, e sbloccò lo schermo.

Non aveva cancellato il suo numero dalla rubrica, però lo aveva bloccato, quindi sbloccò il contatto, e premette il tasto di chiamata.
Diede le spalle a Lestrade, così non poteva vederlo in faccia e leggere le sue espressioni, o avrebbe capito tutto.
L’idea di risentire la voce di Sherlock gli provocò un brivido lungo la schiena.
Iniziò a squillare dall’altro capo. Uno squillo. Due squilli. Tre squilli. Strano, di solito al terzo rispondeva sempre se era per lavoro. Lasciò che andasse a vuoto e
riattaccò. Forse aveva visto il suo numero, per questo non gli rispondeva… Si voltò verso il detective.
«Non mi risponde.»
«Siete messi così male?»
Ignorò la frecciatina.
«D’accordo lo chiamo io. Ma se divorziate i week end gli passo con te.
Almeno il fine settimana voglio divertirmi e lui non è capace.»
John gli rifilò un occhiataccia, a cui il detective rispose con un sorrisetto. Sapeva di colpire nei punti giusti. Bastardo.
Fu il turno di
Lestrade di chiamare Sherlock.
John nemmeno si era accorto di starlo a fissare, ma era troppo concentrato, cercava di
percepire la voce che avrebbe risposto dall’altro capo. Passarono alcuni squilli. Poi finalmente qualcuno rispose. Solo che non era la voce che si aspettava.
«Pronto? Sherlock?» chiese
Lestrade, già stranito da quella situazione.
L’a voce
all’altro capo rispose.
«Ward? Scusa Ward perché stai rispondendo tu al telefono di Sherlock? E’ lì con te?»
«Ma chi Sherlock Holmes?»
«No Ward, la regina!»
Uno strano presentimento scivolò lungo lo stomaco
di John.
«No capo l’ho trovato nel cassonetto qui di fuori.»
John Watson non amava particolarmente correre ora che era in “pensione”, ma a quelle parole aveva letteralmente volato.
Lestrade url
ò il suo nome, ma si era già lanciato all’esterno del viale laterale del parcheggio, dove i poliziotti stavano facendo i rilevamenti, e ora lo fissavano come se avessero appena visto un drago a tre teste.
Non gliene fregava niente.
Cercò
con lo sguardo, in preda alla disperazione.
Doveva esserci una spiegazione logica. La buona cara vecchia logica.
Fece un giro su se stesso. Verso il fondo del viale c’erano alcuni grossi cassonetti buttati contro il muro. Corse verso di essi, scansando alcuni poliziotti.
Un ragazzo sulla trentina, con la divisa e il classico elmetto della polizia, lo stava fissando, in mano, portato all’orecchio, aveva un telefono. Era quello di Sherlock. Lo conosceva molto bene, glielo aveva comprato lui dal momento che quello che aveva prima si era praticamente distrutto. Deglutì e il nodo che aveva in gola lasciò un solco.
Strappò il telefono dalla mano del povero agente, e tremante, se lo portò all’orecchio.
«Greg?»
«John sei tu? Ma che diavolo sta succedendo?»
Avrebbe tanto voluto saperlo.
Mollò quel dannato aggeggio e prese il povero ragazzo che non aveva alcuna colpa se non fare il suo lavoro, per la giacchetta giallo fluo.
«Dove lo hai trovato!» urlò. La pioggia cadeva più fitta rispetto a prima.
L’agente indicò il cassonetto accanto.
Saltò su una delle sporgenze e si arrampicò usando tutte le forze. Il coperchio era ancora sollevato, così gli bastò sporgersi.
Passò ogni angolo al setaccio con lo sguardo, finché non trovò quella che sembrava stoffa scura arrotolata.
«Tienimi!» urlò a pieni polmoni e senza aspettare risposta si infilò con metà del corpo oltre il bordo del cassonetto. Recuperò quello che gli interessava e si lasciò cadere all’indietro, atterrando sull’asfalto.
Tra le mani aveva della pesante stoffa di lana scura. La aprì. Era un cappotto lungo.
Deglutì, e fu talmente doloroso che gli si raggrupparono delle lacrime agli angoli degli occhi. No non poteva essere. Avrebbe riconosciuto quel cappotto ovunque, anche se ora era sporco e
la stoffa interna aveva alcuni strappi.
«Signore?
» chiese confuso l’agente accanto a lui.
C’erano le cuciture rosse…
«Abb-a… Credo che forse sappiamo chi è la vittima.»

Si stava inzuppando a causa della pioggia ma non sentiva niente, solo il gelo che si era impadronito di lui. E non per il freddo causato dagli agenti atmosferici.
No si rifiutava categoricamente di crederci.
Sherlock aveva fatto questo giochetto già una volta. Non ci sarebbe cascato ancora. Iniziò a provare rabbia. Non poteva essere caduto così in basso… E Lasciò cadere tutto, con grande protesta dell’agente Ward.
Non pensava a niente, corse semplicemente in direzione delle luci lampeggianti. L’ambulanza era ancora lì. Corse
maggiormente.

Spalancò gli sportelli anteriori e salì. Altre occhiate.
«Che state facendo ancora qui!»
I soccorritori lo guardarono preoccupati.
«
Andava stabilizzato. Lo abbiamo intubato, ha un polmone collassato, e gli abbiamo fatto un drenaggio.»
John cacciò il paramedico seduto dal lato
da dove era salito e si mise al suo posto. Afferrò la mano di quello che si rifiutava credere fosse il suo migliore amico.
«Sherlock?» a fatica era riuscito a pronunciare quel nome. -Ehi mi senti? Sono io, John. Dai non fare il difficile lo so che mi senti.
Ascolta, se capisci quello che dico, perché non mi stringi la mano?»
Lo avevano già intubato e messo l’ossigeno,
non sembrava nemmeno ci fosse lui la sotto. Pregò con tutto se stesso di non avere risposta. Ma quel tocco leggero, quelle dita che lo stringevano senza forza. Bastò a spezzarlo.
«Signore scusi ma dobbiamo andare.»
«Ehi senti, andrà tutto bene te lo prometto. Sono qui. Adesso sono qui.»
Sherlock
cercò di aprire l’unico occhio che gli era rimasto ‘buono’. C’era solo una fessura con sotto il nero, e lo stava fissando da sotto le lunghe ciglia.
Il dottore mise anche l’altra mano sulla sua e la strinse.
«Andrà tutto bene.» ripeté, quasi più
per essere di conforto a se stesso.
Dovettero tirarlo via quasi a forza e farlo scendere.
Appena i paramedici ebbero richiuso gli sportelli, la sirena si accese e partirono a tutta velocità.
John tornò nel vicolo, recuperò il cappotto e il telefono, che l’agente Ward si era assicurato di impacchettare con cura, e tornò da Lestrade.
La pioggia e l’umidità gli si erano impregnate nelle ossa. La odiava la pioggia.
«John?» Greg era ancora in piedi, esattamente dove l'aveva lasciato prima, e lo fissava confuso.
Gli consegnò i due pacchetti.
Lestrade aprì quello più grande e tirò fuori il cappotto.
John non riusciva nemmeno a parlare.
Il detective si era cambiato i guanti, quindi girò l’indumento tra le mani, ispezionandolo.
Ovviamente lo aveva riconosciuto, ma da bravo investigatore voleva esserne sicuro.
Quindi afferrò il colletto e lo rivoltò verso l’esterno, al centro c’era un etichetta di stoffa, un rettangolino in seta nero, ricamato con una scritta in filo rosso, quel nome lampeggiava come un'insegna al neon.
«Cazzo… John che sta succedendo? John guardami.
»
Lestrade afferrò l’amico per le una spalla e lo scosse con forza, costringendolo a guardarlo in faccia.
«Che cazzo ci fa qui il cappotto di Sherlock?»
John lo fissò dritto negli occhi. Lestrade non era certo un uomo stupido. Capì subito.
«Vieni.»


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Note d’autrice:

Se siete arrivati fino a qui vi ringrazio per la pazienza dimostrata!
Scusate se nel precedente capitolo non ho lasciato note, ma non ricordo più come si usa questo sito e soprattutto non so editare, credo che i codici HTML mi odino, e io di conseguenza odio loro. Cercherò di sistemare meglio anche il primo capitolo.
Questa storia nasce in pieno periodo di auto segregazione dentro casa a causa del voi-sapete-cosa, dal momento che non posso in alcun modo rischiare, ecco il motivo della clausura before it was cool (ovviamente scherzo). Ad ogni modo, era davvero da tanti anni, e per tanti anni intendo almeno più di 10, che non scrivevo nulla.
Ormai era come se avessi perso le speranze oltre che la voglia. Poi causa noia e disperazione, hanno iniziato a tornarmi le idee. Così un bel giorno ho preso il pc, ho aperto il documento di Office, e ho iniziato a scrivere, e in men che non si dica, da 4 righe sono diventati 30 capitoli (non scherzo), e ancora ne mancano prima della fine. Probabilmente sarà scritto male visto che non ho più idea di come si faccia, però ecco volevo provare comunque.
Sto già provando anche a pubblicarla in inglese, che è un impresa dal momento che già faccio fatica a sapere l’italiano, figurarsi un altra lingua, ma con l’aiuto di una beta qualcosa ne sta uscendo. Da qui poi l’idea di creare un nuovo account e tornare a pubblicare su EFP.
A quello che vedo è ancora abbastanza frequentato e ne sono davvero felice! Già solo il primo capitolo ha avuto molte visualizzazioni e delle persone che lo hanno messo tra i seguiti e i preferiti!

Riguardo alla storia, è una specie di WHAT-IF che si colloca dopo il finale della prima puntata della quarta stagione.
Cosa sarebbe successo se John avesse duramente litigato con Sherlock a causa della morte di Mary, e avesse deciso di andarsene?
Da qui è partito tutto il resto (anche perché diciamolo, l’ultima puntata non esiste).
Ovviamente se volete farmi sapere la vostra opinione ne sarei estremamente felice!
Ho anche una pagina Facebook con cui potete trovarmi se volete news su questa storia: https://www.facebook.com/ladynorin/

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Capitolo 3
*** Capitolo 3: ***



Capitolo 3:

***

[Revisionato]
Lestrade dovette trascinare via John a forza da quel parcheggio.
Lasciò le prove ad uno dei suoi agenti e poi, sempre con il braccio di John ben stretto nella mano, lo condusse all’auto di servizio. Una vecchia berlina blu scuro.
Il detective spinse l’amico al posto del passeggero e salì in quello del guidatore.
Abbassò il finestrino per poter fissare il lampeggiante sul tettuccio del veicolo, e partì a tutta velocità dal parcheggio a lato del marciapiede.
John Watson ancora non aveva detto una parola.
«Allora… Dove ti trovavi tra la tarda notte e stamattina presto?»
A John gli ci volle un po’ per dare un senso e comprendere il significato dietro a quelle parole. No in realtà non le comprendeva affatto. Si sentiva la testa ovattata, come se tutto al di fuori continuasse a girare, ma dentro i suoni arrivavano lontani, e offuscati.
«Come?- chiese con una faccia che certamente all’esterno doveva sembrare quella di uno stupido. -Aspetta… Mi stai accusando di qualcosa? Pensi che sia stato io a ridurlo così?»
La rabbia lo travolse, veloce e accecante.
Come poteva anche solo pensare ad un'eventualità del genere!
«Ehi, ehi, calma. Sai che devo fare questo tipo di domande. Comunque no non penso sia stato tu. Ovviamente.» Lestrade stava parlando con tutta la calma del mondo, e questa cosa non faceva altro che farlo imbestialire ancora di più.
«Ti rendi conto di quello che sta succedendo? E tu perdi tempo a fare supposizioni del genere su di me! Ti sembro un animale per caso!
Me ne sono andato per non dovermi più arrabbiare con lui!» ormai urlava più che parlare.
«John ho detto basta. Prendi un bel respiro.»
«No non lo prendo un bel respiro, non ho voglia di respirare o rilassarmi o smetterla! Ho già perso mia moglie non voglio perdere anche Sherlock, di nuovo!
Se ti fa ridere la cosa sei uno stronzo perché io non mi sto affatto divertendo, ho già passato tutto questo e non intendo passarlo di nuovo e se credi che possa aver anche solo mai pensato di fargli del male allora sparami perché preferisco crepare che dover sopportare altre domande del genere!»
Era stato il discorso più lungo che avesse fatto da mesi, e si sentiva come se avesse corso una maratona di chilometri. Aveva il fiatone e gli tremavano le mani dall’agitazione.
Si riempì i polmoni di aria, per poi rilasciarla. Ripeté la cosa un paio di volte.
«Meglio?» domandò il detective.
John rifilò un occhiataccia in direzione del guidatore.
«So che le cose tra di voi non vanno benissimo, ma in ogni caso prima o poi qualcuno sarebbe venuto a chiederti spiegazioni. Ad ogni modo, non puoi essere tu il colpevole. Le tue mani sono troppo pulite.
Nessuna escoriazione sulle nocche, niente graffi. Sono cose che per gente come me e te sarebbero subito saltate all’occhio.»
John sentì la rabbia rivoltarglisi nello stomaco ma mandò giù la bile e si appoggiò con la schiena contro al sedile.
«Però la domanda resta. - riprese Lestrade, che non voleva saperne di mollare l’argomento. -Chi è stato? Le supposizioni che abbiamo fatto non sono del tutto sbagliate. Direi qualcosa di personale. E si sa,
Sherlock fa molto presto ad attirarsi l’odio e il fastidio della gente. Non sarebbe la prima volta che pesta i piedi alle persone sbagliate.»
«Gli stai dando la colpa? Adesso se l’è cercata?» lo interruppe John bruscamente, sempre più infastidito.
«Beh tu gliel’hai data la colpa. Per tua moglie intendo.»
Colpito e affondato.
«Quindi se lo hai fatto tu immagina qualcun altro…. Dobbiamo cercare le persone a cui ha dato la caccia negli ultimi mesi.- concluse Lestrade. -Tu hai qualche vaga idea?»
L’ex medico militare scosse la testa.
«Non lo sento da più di un anno.» e si sentiva maledettamente in colpa.
Lestrade non aggiunse altro, e la conversazione finì lì.



Il viaggio sembrò durare ore, invece di alcuni minuti.
Parcheggiarono in uno dei parcheggi riservati dell’ospedale.
Essere comandante detective di Scotland Yard aveva i suoi vantaggi, tipo quello di trovare sempre parcheggio.
L’ospedale in questione si chiamava St Mary, a John venne quasi da ridere, non nel senso più goliardico. Se voleva essere un qualche segno del destino, non lo trovava divertente.
La struttura ospedaliera non era dei più grandi che avesse visto, era disposto su almeno quattro piani, e fatto di mattoni rossi, e rifinito da mattoni bianchi lungo i bordi. Prima di poter arrivare allo spazio interno che portava all’entrata principale, bisognava attraversare una grande cancellata di ferro battuto, e una sottospecie di ponte, o arco, con la scritta ‘St. Mary Hospital’, impressa a caratteri cubitali.
Entrano dall’ingresso principale, e seguirono le indicazioni. Nella sala d’aspetto si trovavano già alcune persone, nonostante fosse ancora mattina abbastanza presto, per lo più erano persone anziane.
Lestrade si avvicinò alla guardiola. Parlò con uno dei segretari seduti davanti ad un computer, che gli fecero passare subito.
I corridoi erano lunghi e c’erano porte intervallate su entrambi i lati.
Non c’erano finestre e le luci al soffitto erano quasi fioche.
Si sentiva un forte odore di prodotti disinfettanti.
Arrivarono fino alla fine del corridoio e si fermarono prima di altre porte scorrevoli, dove c’era una scritta sul vetro opaco ‘sale operatorie’.
Si misero ad aspettare. Alla loro destra e sinistra altri corridoi.
Dal corridoio a destra arrivò un uomo con il camice bianco.
Era sulla sessantina, portava i capelli corti brizzolati. Aveva spalle larghe, mani dalle dita tozze. Una fede all’anulare sinistro. John lo etichettò come un uomo ordinario. Indossava pantaloni a coste beige e mocassini scuri ortopedici. Doveva essere sposato da parecchi anni visto quanto era consumata la fede, sicuramente aveva tutti i figli già adulti, magari in giro per il mondo a lavorare. Si gli dava l’idea di uno di quei dottori vecchio stampo, di chi fa lo stesso mestiere da trent’anni. Niente colpi di testa sul posto di lavoro. Pulito. Ordinato. Abitudinario.
John sussultò quando qualcosa lo colpì delicatamente alla spalla. Era Lestrade che gli faceva segno di seguirlo. Gli andò dietro, e con loro anche il dottore.
Se fuori si sentiva l’odore dei prodotti disinfettanti, dentro era anche più forte, ma lui ci era abituato.
Il dottore gli si avvicinò.
«Piacere sono il dottor Lewis.» l’uomo allungò la mano, e John la strinse.
«Io sono John Watson. Cioè il dottor John Watson.” non sapeva perché avesse sentito il bisogno di fare quell’ultima puntualizzazione.
«Si il detective Lestrade mi ha spiegato che era un dottore dell’esercito e anche dopo ha continuato come dottore di base. Sa uno dei miei figli opera sui luoghi di guerra, Afghanistan , Pakistan ecc...»
«Ah beh, buon per lui…» si sentiva così intontito che non riusciva neanche a formulare pensieri coerenti. Il dottor Lewis parve accorgersene perché guardò verso Lestrade che si limitò a scrollare le spalle. Prima che chiunque potesse aggiungere altro, arrivarono dei rumori, suoni di persone che discutevano ad alta voce fuori dalla zona operatoria. Sembravano voci concitate, dal tono, stavano litigando. Lestrade fece per andare a controllare ma in quel preciso momento si spalancarono le porte scorrevoli in fondo al corridoio e fece il suo ingresso Mycroft Holmes.



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Note d’autrice:
Vi posso assicurare che fosse per me aggiorni pure tutti i giorni, ma non mi pare il caso lol, quindi accontentatevi, che magari due volte a settimana è già più plausibile. :D
Volevo ringraziare le persone che mi hanno lasciato un commento, davvero è sempre bello leggere una recensione! E anche chi mi ha aggiunta tra gli autori preferiti o seguiti! Ma anche a chi legge e basta, con la speranza di intrattenervi ad ogni capitolo, che per me già e tanto. Mi piacciono le storie che iniziano “piano”, diciamo, per poi svilupparsi nel tempo. Trovo che i sentimenti siano molto più credibili in questo modo.
Come sempre se avete voglia fatemi sapere cosa ne pensate! Si accettano scommesse.
Much Love.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4: ***


Capitolo 4:

***

[Revisionato]
«Chi diamine lo ha chiamato?» Lestrade guardò verso John, che ricambiò l’espressione confusa. John alzò le spalle in risposta.
Mycroft si avvicinò come se stesse marciando in una parata militare.
Non prometteva nulla di buono, e si poteva capire bene anche dall’espressione furiosa sulla sua faccia.
Era vestito di tutto punto, completo elegante fatto su misura, scarpe nuove tirate a lucido, un trench blu scuro sopra alla giacca e una sciarpa di fine lana ricamata, come se fosse appena uscito da una riunione con il Primo Ministro.
«Voi due!»
John si accorse che dietro a Mycroft c’era una donna, doveva avere quasi sui quarant’anni, era magrolina, non tanto alta, portava i capelli castano scuro perfettamente pettinati all’indietro in una crocchia stretta. Indossava un tailleur con gonna lunga fino a sotto il ginocchio, sempre rigorosamente in colori scuri.
La donna con cipiglio preoccupato si sistemò gli spessi occhiali che le stavano scivolando dal naso appuntito. Sembrava nervosa e desiderosa di essere ovunque tranne che lì. In realtà non la invidiava affatto. Lavorare per Mycroft. Uno dei lavori peggiori del mondo.
Greg si era avvicinato per parlare al più grande dei fratelli Holmes.
John non voleva saperne così strisciò lungo il muro in modo da non essere a portata.
La faccia di Mycroft passò da infuriata a pronta ad incenerire chiunque gli
fosse capitato a tiro. Se prima era di colorito quasi normale, ora era diventato paonazzo e la vena della giugulare pulsava pericolosamente, quasi dovesse esplodere.
«La colpa è vostra!»
«Senti Myc – Greg stava provando a rabbonirlo e farlo ragionare, ma
Mycroft non voleva saperne. -Non pensate che non vi ritenga responsabili!
» ringhiò tra i denti, per poi rivolgere la sua ira verso John, che si appiattì contro il muro, desiderando di scomparire.
«Tu.» sibilò puntandogli un dito accusatorio contro.
Che si ricordasse, non aveva mai visto Mycroft così fuori controllo.
«Sei stato tu!» John provò ad aprire bocca per ribattere qualcosa, ma lo sguardo omicida di Mycroft lo fece desistere, e la richiuse.
«Tutto questo è causa tua. Te ne sei andato, dopo averlo insultato e dopo avergli dato la colpa per la morte di quella criminale di tua moglie.»
John provò odio nei confronti di Mycroft per quelle parole, ma l’uomo furioso, gli aveva intimato di tacere.
«Tu devi tutto a mio fratello, e alla mia famiglia! Se non lo avessi incontrato la tua vita sarebbe ancora miserabile, e non avresti nemmeno quella bella bambina a cui tieni tanto.» lo vide avanzare minaccioso, come un grosso felino feroce che aveva puntato la gola di un malcapitato cerbiatto.
«Se mio fratello muore… - in realtà era John quello che stava desiderando morire in quel momento. - Ti riterrò direttamente colpevole.
E te lo giuro, passerò ogni istante che mi rimane da vivere, a rendere la tua esistenza un inferno. Ti porterò via tutto quello che ami.
Non avrai più niente. Nemmeno un misero lavoro da netturbino. Finirai a fare compagnia agli amici barboni e disadattati di Sherlock, e mi assicurerò che nessuno ti faccia l’elemosina.»
John deglutì, ingoiando un grosso sasso.
«Mycroft mi pare tu stia un po’ esagerando… - L’ira e il dito minaccioso di Mycroft puntarono verso Lestrade.
«Posso far finire la tua sfolgorante carriera in meno di un secondo, mi basta uno schiocco di dita e puff, addio pensione, addio distintivo.
Pregate, pregate che non succeda il peggio.
»
Lestrade a quelle parole raddrizzò la schiena e assunse quell’espressione intransigente che gli veniva quando qualcuno dei suoi faceva qualche cavolata o qualche sospettato proava a fregarlo.
«Non pensare di poterci minacciare in questo modo Mycroft Holmes!
Non lavoriamo per te, non siamo i tuoi dannati leccapiedi che puoi trattare a pesci in faccia! Anche noi siamo preoccupati per Sherlock cosa credi! E l’unico motivo per cui è ancora vivo e perché c’era John!
»
John apprezzò il tentativo di
Lestrade di salvarlo dall’ira di Mycroft, ma in quel momento non era una buona idea.
Infatti Mycroft assunse
un espressione degna di un killer. Non lo aveva mai visto in quello stato, solitamente era una persona con estremo controllo.
«Non osare contraddirmi! Posso anche far finire la carriera del luminare qui! - indicò il povero dottor Lewis che parve sconvolto. -Rotoleranno delle teste. Questo posso garantirvelo!»
«Mi perdoni signor Holmes.- fu il dottor Lewis a interrompere la sfuriata, con tono basso e intimorito. - Capisco quanto lei sia sconvolto mi creda, faccio questo lavoro da quarant’anni. Stiamo facendo di tutto per suo fratello. Ma così non ci aiuta, inoltre un clima di terrore e astio può far agitare gli altri paz...» il povero dottore non ebbe modo di terminare il discorso perché Mycroft lo aveva afferrato per il bavero del camice.
«Posso comprarmi questa topaia e farla demolire se voglio.
Chiamerò uno dei miei dottori, che di certo non è un incompetente, e farò trasferire mio fratello in una clinica privata dove di certo avrà tutte le cure migliori.
»
«Mi scusi signor Holmes ma noi siamo competenti e gli stiamo già dando tutte le cure migliori; inoltre suo fratello non può essere in alcun modo spostato o rischia davvero di non sopravvivere. Quando l’intervento sarà finito resterà in coma farmacologico per alcuni giorni. E’ necessario per far riassorbire gli ematomi, soprattutto quelli alla testa, e perché altrimenti non sopporterebbe il dolore. E’ tutto chiaro?» il dottor Lewis si sottrasse dalla presa di Mycroft e con fare impettito sistemò il camice. Doveva dargliene atto, aveva coraggio.
Mycroft dal canto suo lanciò a tutti i presenti uno sguardo intimidatorio e girò i tacchi, uscendo dall’ospedale esattamente come ci era entrato.



«Mi dispiace di solito non è così aggressivo.» Lestrade cercò di scusarsi, si sentiva in imbarazzo con il povero dottor Lewis.
«Non importa, sono abituato a parenti che reagiscono male in situazioni del genere. Non è colpa di nessuno.»
«Sì però i parenti dei suoi pazienti di solito non possono comprarsi il suo posto di lavoro e demolirlo dopo averla licenziata in tronco.”
Quello di Lestrade era più che altro un tentativo di buttarla sul ridere, ma il dottor Lewis non sembrava affatto divertito.
«Devo tornare in sala operatoria, vi consiglio di andare a casa, vi chiamerò quando ci saranno novità.» e con una faccia impassibile sparì dietro una delle porte scorrevoli.
John sospirò.
«Dai andiamo ti riaccompagno a casa, tanto qui non abbiamo niente da fare al momento.» Lestrade gli aveva messo una mano sulla spalla.
«Ma ci sono le indagini.» si lamentò John.
«A quelle penso io. E comunque stiamo raccogliendo ancora tutte le prove e gli indizi. Ho mandato i miei agenti ad indagare in giro, quando avrò abbastanza elementi metterò i pezzi insieme e ti chiamerò.»
Tutto sommato non sembrava un piano così malvagio. John annuì.
«Pensi che Mycroft sarà un problema?» aggiunse, seriamente preoccupato.
«Ma no, sai come si dice, cane che abbaia non morde.
Ti aveva minacciato anche la prima volta che lo hai incontrato, eppure eccoti qui.
»
«Si grazie per il piacevole ricordo, ma a quel tempo Sherlock non stava per morire.»
«E non lo farà nemmeno ora, così Mycroft si darà una calmata.
Dai andiamo.
»
Tutto quel ottimismo non lo aiutava a stare meglio ed essere meno preoccupato.
Però non poteva far a meno di chiederlo.
«Pensi che c’è la farà?»
«Figurati, e chi gli ferma quei due. Ho visto gente morire con meno.-
Altra pacca sulla spalla. -Tempo un mese e starà meglio di noi.
»
Non ne era così sicuro. Gli tornò alla mente il modo orribile in cui lo aveva trovato in quel parcheggio e desiderò non esistere. Almeno si sarebbe risparmiato quell’immagine, che sicuramente lo avrebbe tormentato fino alla fine dei suoi giorni, come se non fossero bastate quelle della guerra.
Lestrade non poteva capire, un po’ lo invidiava.
Uscirono dall’ospedale.




Era passata un’intera settimana e John credeva di stare impazzendo. Non aveva ricevuto nessuna chiamata dall’ospedale e nemmeno da Greg. La notte la passava in bianco.
Passava al setaccio tutto quello che ricordava della scena del crimine, e di Sherlock… Già Sherlock. L’ultimo loro incontro lo tormentava peggio di trovarsi in un girone infernale. Anzi ne era sicuro, era già quello l’inferno.
Veniva punito per il modo orribile in cui aveva tratto il suo migliore amico.

Però se davvero era la sua punizione perché quello a passarsela peggio era Sherlock? Il tormento e il senso di colpa lo stavano consumando. Aveva lasciato Rosie con la baby-sitter perché se le stava vicino lei sentiva tutto il suo nervosismo e non voleva stressarla, era così piccola, non meritava di essere già infelice.
Prese il telefono e chiamò Lestrade.
«Lestrade.» rispose la voce, dal tono quasi infastidito, all’altro capo.
«Ehi Greg sono John. Senti… Hai notizie?»
Un sospiro da parte del suo interlocutore.
«No John non ho niente, te l’ho detto che ti avrei chiamato altrimenti, no?»
«Si, me lo avevi detto, scusa.» ecco ora si sentiva un perfetto stupido e pure apprensivo.
«No no non fa niente, anche io sono preoccupato e qui non ne sto tirando fuori un ragno dal buco.»
John si sorprese di quelle parole.
«Perché? Pensavo stessi tenendo tutti sul caso.»
«Si è così ma non ci sono molti indizi. In quel dannato parcheggio non c’è mezza telecamera. Cioè dai siamo nel ventunesimo secolo, l’era del grande fratello. E’ assurdo. E i testimoni? Nessuno ha visto o sentito niente, tutti a quell’ora erano a dormire a quanto pare. Il pub più vicino era già chiuso.
Quindi non abbiamo niente di niente.- concluse la lunga spiegazione con non troppa celata frustrazione. -Te lo dico se non trovo al più presto qualcosa Mycroft ci appende.
»
John fece una smorfia sentendo quel nome.
«Non me ne frega niente di Mycroft Holmes. Noi dobbiamo pensare a Sherlock. Senti è inutile che me ne stia qui a casa con le mani in mano, vengo ad aiutarti.» Decise che fosse la cosa migliore pensare ad altro per un po’, anche se l’argomento non si distaccava poi molto da quello di partenza.
«Non serve, John te l’ho già detto. Al momento non ho nulla su cui fare delle indagini. Capisco la tua smania ma non saprei cosa farti fare.
Senti ti richiamo domani ok? Dovrebbe sapersi qualcosa dall’ospedale.
»
«D’accordo.»
John si sentiva frustrato e aveva voglia di piangere dalla rabbia, ma non poteva farci nulla.
«A domani.» Lestrade chiuse la comunicazione e il dottore/detective restò a fissare lo schermo nero per qualche secondo. Poi lasciò il cellulare sul tavolo e andò in bagno.
Si fissò allo specchio del mobile sopra il lavandino, odiandosi.
Anzi no, si disprezzava. Mycroft aveva ragione. Se fosse rimasto con Sherlock non gli sarebbe successo nulla, perché lui gli guardava sempre le spalle.
Invece lo aveva abbandonato. La persona con cui aveva condiviso tutto. Anche Mary si sarebbe vergognata di lui. Passò le mani sulla faccia e tra i capelli.
Poi aprì la doccia e se ne fece una lunga e fredda.
Almeno così il suo cervello sarebbe rimasto ben sveglio.
Intanto pensò ancora ed ancora a tutto quello che era successo.

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Note d’autrice:

A grande richiesta lo avete voluto ed eccolo qui in tutto il suo splendore,
Mycroft e la sua simpatia :D
Ora ve lo tenete così :D:D

A parte gli scherzi sempre grazie a chi ha commentato tutti i capitoli!
Sappiate che vi considero un fan club!
Se poi non ci si mettesse il mio cervello a remarmi contro e passare periodi di auto convincimento sul non essere in grado di scrivere nulla senza che sembri ridicolo sarebbe anche top, ma mi accontento di quello che esce.
W l’insicurezza.
No davvero grazie per i feed back non sto scherzando probabilmente avrei già lasciato perdere altrimenti.
Spero vi sia piaciuto anche questo capitolo e non sia stato una noia, vi dico già che il quinto dovrebbe uscire venerdì o sabato dipende quanto casino ho venerdi! P.s. l'impaginazione la vedete bene? Non ci capisco mai niente con i codici HTML
Much Love.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5: ***


Capitolo 5:


***

[Revisionato]
Aveva finito da poco la colazione e stava sistemando la cucina quando il cellulare squillò. Lasciò tutto com’era e corse a rispondere, sul display c’era il nome di Lestrade.
«Che succede c’è qualcosa di nuovo?»
«Dobbiamo andare all’ospedale oggi pomeriggio, vogliono provare a risvegliarlo dal coma farmacologico.»
Quasi si mise a piangere per il sollievo a quelle parole, ma cacciò giù tutto.
«Oh, ma certo ok.» annuì nonostante si trovasse in casa da solo.
«Mando una macchina a prenderti verso le sedici ok?»
«Sì.» Lestrade chiuse la chiamata. E John rimase di nuovo da solo con i propri pensieri.
Aspettare il lento trascorrere del tempo sembrò un'eternità.
Ci aveva messo una vita a passare l’ora di pranzo, ovviamente non aveva toccato cibo, solo una tazza di tè, chi gli aveva fatto anche venire la nausea. Troppa ansia.
Aveva anche ripulito casa almeno un paio di volte, praticamente ci si poteva mangiare sul pavimento da quanto era tirata a lucido.
La macchina giunse puntuale all’orario stabilito.
Salì nei sedili posteriori, senza proferire parola, nemmeno un “buongiorno” in direzione dell’autista, che tanto non conosceva.
Anche il viaggio sembrò eterno.
L’auto lo lasciò proprio davanti l’ingresso dell’ospedale.
Si strinse nel cappotto ed entrò.
Trovò Lestrade ad attenderlo alla reception. Questa volta non entrarono nel reparto chirurgia, ma presero l’ascensore. Salirono fino al secondo piano.
Le porte dell’ascensore si aprirono in un lungo corridoio. Sul lato destro c’erano dei finestroni e sotto di essi delle sedie di plastica, mentre dall’altro lato c’erano delle porte bianche con dei numeri scritti a lato.
Camminarono a passo spedito, Lestrade davanti, sembrava sapere bene dove dovesse andare.
John vide in lontananza alcune persone che conosceva bene, anche se ancora si trovava a qualche metro di distanza, poteva identificarli tutti. Deglutì. Sempre più a disagio.
Il detective non gli aveva detto che sarebbero venuti, ma avrebbe dovuto capirlo da solo. Era normale fossero lì.
C’era Mycroft, sempre con quell’aria cupa, come uno dei cattivi di James Bond pronto a distruggere il mondo. Era con la sua segretaria, la stessa dell’ultima volta. Sempre in completo scuro e dritta come un palo.
Entrambi appoggiati contro una delle finestre. Poi seduta a fianco, la signora Hudson, e Molly.
Molly stava piangendo a singhiozzi sulla spalla della signora Hudson che sembrava rimpicciolita, tutta nascosta dentro il suo pesante cappotto a coste blu sbiadito e giallo senape.
Schiarì la gola quando fu abbastanza vicino, e il gruppo di teste scattò nella sua direzione.
Molly sembrava volesse ucciderlo, lo sguardo di Mycroft era di muto disprezzo, l’unica che sembrava contenta di vederlo era la signora Hudson, che subito si alzò dalla sedia e andò ad abbracciarlo più forte che poteva, singhiozzando sulla sua spalla.
«Va tutto bene.» diede qualche colpetto affettuoso sulla schiena dell’anziana donna.
«Oh John.» pigolò lei.
La aiutò a tornare seduta.
Mycroft e Molly sempre che lo fissavano truci. Immaginava che se avessero potuto, si sarebbe ritrovato a morire soffocato solo con la forza del loro pensiero. Magari potuto no, ma sicuramente ci dovevano star provando.
In realtà a John veniva quasi da ridere, in un altra situazione gli avrebbe presi in giro, ma infierire e buttare benzina sul fuoco non era il caso, soprattutto non in un momento delicato come quello. Quindi si limitò ad ignorarli.
Passò almeno un ora prima che il dottor Lewis si presentasse, camice bianco perfettamente stirato e pulito, lo stetoscopio tirato a lucido, appoggiato sul collo, e ai piedi delle calzature da sala operatoria. I capelli brizzolati pettinati senza un capello fuori posto.
Allungò una mano verso Mycroft, che invece di mostrarsi cortese rifilò un occhiataccia al povero dottore, che quasi abbassò la mano, rimasta ancora a mezz’aria, per fortuna intervenne Lestrade e la strinse con forza.
«Allora dottore?» chiese poi.
«Potete entrare, ma solo chi è strettamente necessario.»
Perfetto, pensò quasi con fastidio John.
«Io sto indagando e vorrei assistere se non le dispiace.» rispose il detective.
Il dottor Lewis sembrò pensarci un attimo.
«D’accordo ma non dovete in alcun modo creargli stress.»
John guardò quasi automaticamente in direzione di Mycroft, e se ne pentì perché lo sguardo del maggiore degli Holmes era cristallino come uno specchio. In fondo non poteva biasimarlo così tanto, un po’ se l’era cercata andandosene e tagliando i ponti con tutti.
Fece un lieve sospiro. Poteva solo cercare di non provocarlo in alcun modo.
Lestrade gli fece segno di seguirlo. John lo fissò confuso, il dottor Lewis era già entrato con Mycroft, ma il detective continuava a fargli segno di muoversi, quindi lo seguì.
Entrarono tutti e tre nella stanza dove avevano sistemato Sherlock dopo il periodo passato in rianimazione. Con gran disappunto di Molly, per esserle stato impedito di entrare. La sentì lamentarsi con la signora Hudson, mentre quest’ultima cercava invano di farla ragionare.



Sherlock Holmes era lì. Steso su quel letto, bianco quasi più delle lenzuola su cui era adagiato. Cavi e tubi uscivano da ogni dove, varie macchine vi erano collegate. Ed era nell’immobilità più assoluta.
John pensò che poteva tranquillamente passare per un cadavere se non fosse stato per il petto che si alzava e abbassava lentamente e il suono della macchina che confermava ad ogni bip che il suo cuore batteva ancora.
Si avvicinò, non vedeva nient’altro, se non quel corpo steso.
La testa di Sherlock era ricoperta di bendaggi, tenuti insieme da una retina, i capelli completamente nascosti sotto.
Il volto era ancora gonfio, le labbra viola e lo spacco sul lato destro del labbro superiore, tenuto insieme da fili grossolani.
L’occhio sinistro era stato coperto da un grosso cerotto quadrato, mentre quello destro era di un colore giallognolo e con profondi segni sotto la palpebra inferiore.
Gli zigomi rotti e tagliati erano stati rattoppati con dei piccoli cerotti da sutura trasparenti.
Tutto il resto era coperto quindi non poteva quantificare il danno ma immaginava non fosse messo meglio.
Il dottor Lewis prese una siringa dal ripiano di un carrello in metallo che era stato portato nella stanza da un'infermiera. Inserì l’ago nel tappo di una grossa boccetta con del liquido trasparente. John osservava ogni movimento del dottore. Conosceva tutta la procedura e quello che stava facendo, e un po’ lo confortava. In fondo era un bravo dottore, al contrario di quello che dicesse Mycroft.
Il dottor Lewis richiuse con il cappuccio la siringa e la appoggiò sul vassoio.
Poi fece il giro per controllare le apparecchiature e la flebo, John dovette spostarsi per lasciarlo parlare.
«Allora?» chiese Lestrade, impaziente.
«Abbiamo sospeso i medicinali per il coma indotto già da stamattina, dovrebbe risvegliarsi lentamente. Ci vuole il tempo che ci vuole.»
Sì John sapeva perfettamente come funzionava tutta la faccenda, ma tutta quell’attesa era una tortura. Doveva sapere.
Mycroft dall’altro lato del letto, se ne stava in piedi, accanto a Lestrade, più simile ad una statua, pareva non respirasse nemmeno.
Passarono altri interminabili minuti.
Il dottor Lewis controllò dall’unica palpebra che poteva sollevare, se reagisse agli stimoli esterni. Poi qualcosa si mosse.
Le dita di Sherlock cercavano di contrarsi ma era ancora troppo debole ed intontito dai farmaci. La palpebra scoperta si muoveva in qua e in la.
Il cuore di John prese a martellargli forte nel petto, così tanto che quasi non sentiva i suoi stessi pensieri.
Molto lentamente quella stessa palpebra si sollevò. Il povero occhio era ancora reso scuro dai vasi sanguigni rotti, sembrava non fossero mai stati di quel limpido azzurro che ricordava.
Sembrava cercasse qualcosa o qualcuno, fissò prima Mycroft, e poi Lestrade, ma era come se non gli riconoscesse.
Mycroft gli prese la mano.
«Sherlock sono io mi senti?» chiese con apprensione, ma l’espressione di Sherlock sembrava terrorizzata. O meglio, da quell’unico occhio aperto, era quello che traspariva.
John poteva vedergli la mascella contrarsi. Sherlock tentò di togliere la mano da quella di suo fratello, ma non riusciva a muoversi. Dall’occhio rotolo’ una grossa goccia.
Mycroft gli mise una mano sulla spalla.
«Sono io Mycroft, tuo fratello. Mi riconosci?»
I muscoli di Sherlock sembrarono lievemente rilassarsi ma era chiaramente comunque a disagio.
«E’ normale, ha avuto delle brutte ferite alla testa, potrebbe non riconoscervi, almeno per un po’. Abbiamo fatto diminuire gli ematomi ma ci vorrà del tempo.» parlò il dottore.
Sherlock cercava di muoversi ma senza riuscirci troppo, cercava di vedere ma sembrava non vedesse nessuno, strizzava l’unico occhio che era in grado di usare come se volesse mettere a fuoco quello che lo circondava.
«Ti trovi in ospedale Sherlock. Io sono il tuo dottore. Il dottor Lewis.
E sei al St Mary di Londra. Capisci quello che ti dico?» a quelle parole l’occhio era scattato alla ricerca della persona da cui proveniva la voce. Così il dottore si mise in un punto dove potesse essere visto.
«Sono qui. Mi vedi?»
Sherlock provò nuovamente a muovere le dita.
«Se capisci quello che dico e riesci a vedermi, per favore fa un cenno con la testa.»
Sherlock guardò fisso il dottore, poi annuì appena.
John voleva toccarlo più di ogni cosa, doveva farlo per rassicurarsi che fosse davvero ancora lì, vivo. Ma non si sarebbe mosso di un centimetro e non avrebbe smesso di guardarlo.
Sherlock mosse finalmente il braccio e poi la mano, anche se molto lentamente, se la portò alla gola, toccando le bende con la punta delle dita, poi salì sul mento, e le labbra. La sua espressione cambiò, sembrava come se qualcosa lo stesse soffocando, cercava di togliere il tubo del respiratore. Il dottor Lewis se ne accorse perché intervenne subito.
«D’accordo ora lo leviamo. Dottor Watson può aiutarmi?»
«Ehm, prego?» chiese John stupidamente.
Sherlock aveva sgranato l’occhio, segno che aveva capito, e soprattutto aveva riconosciuto la voce.
«Se può aiutarmi. Sicuramente se siamo in due sarà anche meglio, non crede?» spiegò il dottor Lewis.
«Ah. Si, si, senz’altro.»
Ora tutti i presenti nella stanza lo stavano fissando, e avrebbe voluto tanto scomparire all’istante. Prese un bel respiro.



Togliere un tubo in gola ad un paziente non era un passaggio ‘difficile’ in se, ma la fase più delicata veniva dopo, perché bisognava che il soggetto, che ormai si era abituato a respirare meccanicamente, tornasse a respirare da solo.
John cercò di non pensare che si trattava di qualcuno a cui teneva, ma ma di trattarlo come un semplice paziente, uno come un altro.
Lo avevano dovuto tirare su a sedere di peso e ora che era senza tubi annaspava senza fiato, come un pesce tirato fuori dall’acqua e lasciato sulla banchina a dimenarsi.
Il dottor Lewis continuava a ripetergli di respirare, dargli indicazioni su come fare; andarono avanti per qualche minuto così, prima che Sherlock ci riuscisse, ed era uno strazio da ascoltare.
«Piano, piano, così. Molto bene. Non c’è fretta.» il Dottor Lewis stava massaggiando Sherlock lungo la schiena, dando di tanto in tanto dei colpi leggeri.
Dopo alcuni altri minuti il respiro sembrava essersi regolarizzato, anche se alle orecchie esperte di un dottore, si percepivano i rantoli ogni volta che ispirava.
«Bisognerà fargli fare delle terapie di ossigeno in una camera iperbarica. Il polmone sinistro è collassato e ci vorrà tempo per farlo tornare a posto.
Così come le costole rotte. Gli ematomi alla testa si sono riassorbiti ma comunque dobbiamo fare attenzione che le sue funzioni cerebrali non siano compromesse. Noi dobbiamo insistere con la fisioterapia e ovviamente gli antibiotici.»
«Mio fratello non resterà in questo ospedale.» intervenne Mycroft.
«Mi scusi signor Holmes, ma come le ho già spiegato, suo fratello non può essere spostato. E’ troppo debole e anche uno spiffero potrebbe farlo peggiorare e provocargli una polmonite, o peggio. E’ questo che vuole?»
Il maggiore degli Holmes fissò il dottore, che aveva osato contraddirlo, ma non rispose ulteriormente.
Tutta questa situazione era assurda. Sherlock aveva bisogno di un luogo tranquillo e senza stress, mentre stava succedendo l’esatto opposto.
«Sherlock.» Lestrade si avvicinò e John poté vedere mentre il poveretto sobbalzava sentendosi chiamare per nome, pareva un animale in trappola.
«Cosa ti è successo? Puoi dirmelo?» ma Sherlock si limitò a fissare il detective con l’occhio “sano”.
«Sono Lestrade, mi riconosci?- Sherlock annuì. -Capisci quello che ti ho chiesto?» Sherlock annuì di nuovo.
«Puoi dirmi chi ti ha fatto questo?» silenzio, immobilità. Lo fissava e basta.
«Andiamo non guardarmi così, dimmi qualcosa. Ho bisogno di saperlo.»
«E’ meglio se non lo fa parlare.- Intervenne il dottor Lewis. -Ha tenuto in gola un tubo per tutto questo tempo, gli dovete dare modo di riprendersi. Anzi direi che per oggi l’ora delle visite è finita.» sentenziò.
«Come finita! Non posso andarmene senza avere risposte! Non può parlare ma magari può scrivere!» si lamentò Lestrade.
«Puoi chiederglielo domani.» rispose John al posto del dottor Lewis.
Sentì la pelle formicolare. La sensazione di qualcuno che ti fissa intensamente. Ma la ignorò.
Dannazione Sherlock. Riuscì solo a pensare John.



Aveva così tante cose da dire e da chiedere a Sherlock. Pensieri e domande gli si susseguivano nella testa. Si sentiva come se avesse un alveare pieno di api ronzanti.
Lestrade gli chiese se volesse un passaggio, ma scosse la testa.
«No grazie, prendo la metro. Ho bisogno di camminare.»
«Come preferisci.» rispose il detective. Lo salutò con un cenno della testa. John lo guardò allontanarsi verso l’auto di servizio.
Mycroft arrivò in quel momento, seguito da Molly e la signora Hudson.
Il maggiore degli Holmes si comportò come se non esistesse.
John sospirò. Davanti a lui si fermò una berlina nera con i vetri oscurati. L’autista scese a aprì lo sportello posteriore, dal lato del marciapiede. Salì prima Mycroft e poi Molly, che gli riservò lo stesso freddo trattamento.
La signora Hudson invece si fermò ad abbracciarlo.
Ricambiò e aiutò la donna a salire in auto. L’autista richiuse la portiera e andò al posto di guida.
Seguì la berlina con lo sguardo finché non si perse nel traffico.
A testa bassa si incamminò lungo il marciapiede.
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Note d’autrice:

Mycroft e Molly si sono coalizzati e ora sono gli haters di John, anche se Mycroft ha diciamo le sue motivazioni, Molly lo fa più che altro di contrappasso, visto che John ha trattato male Sherlock, deve difendere il suo amore. Comunque non conta al fine della trama ve lo dico così non vi fate teorie su di un personaggio che non ho intenzione di trattare ulteriormente (sono una brutta persona) ma è solo utile per questo momento lol

E’ tornato Sherlock finalmente, beh insomma tornato più o meno, però sono davvero curiosa di capire cosa ne pensate!

Per quanto riguarda gli aggiornamenti, pensavo al martedì e venerdì, oppure mercoledì e sabato. Fatemi sapere cosa preferite.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6: ***


Capitolo 6:


***


[Revisionato]
L’aria era pungente e il cielo grigio, ma non sembrava dovesse piovere, almeno non al momento.
Non aveva una meta ben precisa, così camminò per un po’; poi vide un pub già aperto e decise di entrarvi. C’erano solo due uomini all’interno.
Un signore di mezza età seduto ad uno degli sgabelli al bancone, e un uomo in giacca e cravatta seduto ad uno dei tavoli, in fondo al locale.
Si mise a sedere su uno degli sgabelli, lontano dall’uomo di mezza età. Ordinò al barista un Whisky. Lo bevve tutto e ne ordinò un altro, e poi un altro.
Non aveva deciso se si sarebbe ubriacato o meno. In fondo avere la mente annebbiata per qualche ora non gli dispiaceva, ma d’altro canto il giorno dopo sarebbe dovuto tornare in ospedale. Da Sherlock… Buttò giù qualche altro bicchiere. Lasciò le banconote sul bancone del bar e uscì.

L’aria fredda lo aiutò a schiarirsi la mente, giusto per capire dove si trovasse, ma decise di prendere un taxi. Non era ubriaco ma moderatamente brillo, la vista iniziava ad annebbiarsi e i pensieri ora erano più incoerenti. Gli piaceva quella sensazione, almeno poteva soffocare i sensi di colpa per un po’.
Tornato a casa chiese alla baby-sitter se poteva restare per mettere a l
etto la bambina, e andò a stendersi a letto.
La mattina si svegliò con Rosie che dormiva accanto a lui, non si ricordava nemmeno di averla presa dalla culla. Dopo un bacio sulla testolina
bionda la lasciò ancora a dormire. Andò in cucina, lasciando la porta della camera semi aperta, in caso lei si fosse svegliata l’avrebbe potuta sentire.
Preparò il caffè e lo bevve. La botta di caffeina bastò a fargli passare il mal di testa causato dall’alcool della sera prima.
Preparò sua figlia per la giornata e aspettarono che arrivasse la baby-sitter. Oltre a tutti i sensi di colpa che già aveva, si sentiva in colpa ogni volta che la lasciava e che non passava il tempo con lei.





Uscì di casa. Fuori c’era già Lestrade ad aspettarlo in macchina.
Salì di corsa. Faceva ancora più freddo del giorno precedente.
Nell’auto c’era il riscaldamento acceso e si stava bene. Come unico suono la radio della polizia. Cercò di rilassarsi contro il sedile.
«Allora…- esordì il detective. Ok pace finita. -Che ne pensi?»
John alzò le spalle.
«E no dai il trattamento del silenzio anche tu no. Dì qualcosa.»
«Che vuoi che ti dica?»
Lestrade sbuffò.
«Cosa pensi di quello che è successo ieri.»
John ci pensò su per un attimo.
«Si riprenderà. Gli ci vorrà del tempo, ma è testardo. Starà benissimo.» ovviamente si guardò bene dal pronunciare quel nome.
«Non era a questo che mi riferivo dottore. Intendevo il caso. Secondo te davvero non se lo ricorda o sta solo facendo finta?»
«Ha preso delle botte in testa Greg cosa pretendi, che ti faccia un identikit completo dell’aggressore?»
«Beh non sarebbe male… Se non lo fa Sherlock chi altri. A volte penso che vorrei la sua memoria, ma poi penso anche che il gioco non vale la candela.»
John roteò gli occhi.
«Dagli tempo e ti dirà tutto.»
«E se quel tizio lo fa con qualcun altro?»
«Non prendermi in giro Greg, lo sappiamo entrambi che probabilmente avrà fatto incazzare qualcuno.»
«Wow. C’è l’hai ancora così tanto con lui?»
Merda… Non intendeva dirlo in quel modo. Non c’è l’aveva con lui.
Almeno non come prima. Però non rispose.
«Ho capito.»
Invece non aveva capito nulla.
«Per te sarà difficile vederlo dopo tutto quello che è successo.»
John sbuffò, preso dall’esasperazione.
«Stai cercando di provocarmi o cosa?»
«Sto cercando di capire.»
«Lascia perdere.» tagliò il discorso e si chiuse in se stesso sperando che il detective di Scotland Yard recepisse il messaggio. Per fortuna non proseguì con l’argomento e il viaggio fu di nuovo silenzioso.




Arrivarono all’ospedale e parcheggiarono in uno dei posti riservati.
Salirono allo stesso reparto del giorno precedente. Mycroft e gli altri ancora non erano arrivati e non c’era nemmeno il dottor Lewis.
John era tentato di entrare ugualmente, voleva vederlo da solo, ma si mise a sedere nelle poltroncine di plastica lungo il corridoio, insieme a Lestrade.
Dopo poco arrivò un'infermiera tutta vestita di bianco, che spingeva un carrellino, entrò nella stanza di Sherlock. Uscì dopo una decina di minuti.
«Aspettate qualcuno?» chiese la donna ai due uomini.
«Si il dottor Lewis, per vedere il paziente della 216.” intervenne Lestrade.
«Oh, credo che il dottore abbia avuto un'emergenza in chirurgia, gli ci vorrà un po’.»
Lestrade fece una smorfia.
«E non possiamo entrare lo stesso? Sono della polizia, e lui è un dottore.» indicò John che fece un sorriso tirato all’infermiera. Lei sembrò pensarci.
«Veramente non è consentito…»
«Ma andiamo, sono un poliziotto, di cosa avete paura? Oltretutto il paziente è un mio grande amico, praticamente come un parente.»
Quest’affermazione diede non poco fastidio a John. Un parente, quando Sherlock nemmeno si ricordava quale fosse il nome di Lestrade.
«Lei sa chi c’è sul modulo come referente del paziente in caso di emergenza?»
Lo sguardo di Lestrade si illuminò. Diede una pacca sulla spalla di John.
«Certo che lo so! C’è l’ha proprio davanti!»
John si morse l’interno delle guance. Effettivamente era il referente e il numero di contatto da chiamare in caso di evenienza, ma non era sicuro di esserlo ancora. Sicuramente Sherlock doveva averlo cambiato.
«Aspettate qui due minuti che controllo.» l’infermiera si allontanò.
«Andiamo!- Lestrade allargò le braccia per poi lasciarle ricadere. - Che diavolo di problema hanno, sono un poliziotto con un distintivo e tu praticamente convivi con Sherlock! Di cosa hanno paura?»
John storse la bocca in una smorfia.
«Ero il suo coinquilino. Ora non più. E loro hanno delle procedure da rispettare. In più Mycroft gli avrà minacciati abbastanza.»
«Che cavolata.» rispose Lestrade stizzito.
Dopo alcuni minuti fece ritorno l’infermiera, a questo giro senza il carrellino.
«Lei è il dottor John Watson?» chiese, il dottore in questione annuì.
«Sì sono io.»
«Allora potete entrare.»
«Alla buon ora! Visto, glielo avevo detto o no?»
L’infermiera abbozzò un sorriso.
«Vi chiedo scusa non è che non mi fidi, ma ci è stato ordinato di non far entrare nessun estraneo.» John rifilò un'occhiata al detective al suo fianco.
«Si ma io non sono un estraneo, sono un dannato detective di Scotland Yard.»
«Mi dispiace davvero ma sono ordini dall’alto.» ed entrambi sapevano molto bene da quale “alto” provenissero.
«Prego.”
L’infermiera gli accompagnò fino alla porta della stanza e la aprì.
«Gli ho appena dato la dose di antibiotici e antidolorifici, quindi potrebbe star dormendo, o farlo a breve.» lei poi si assicurò che avessero tutte le indicazioni, e uscì chiudendosi la porta alle spalle.


«Ehi Sherlock. Ti vedo bene oggi.» Lestrade si fece avanti, avvicinandosi al letto.
Sherlock aprì l’occhio buono e lo squadrò da capo a piedi, sulla sua faccia non c’era alcuna espressione, le sue labbra erano tirate in una linea retta.
John rimase dietro.
«Ancora non riesci a parlare eh? Senti allora perché non lo scrivi, va bene qualunque dettaglio.»
Tirò fuori il taccuino dalla tasca interna della giacca, e una penna dall’altra tasca, e mise gli oggetti sul letto, accanto alla mano di Sherlock, che fissò gli oggetti, senza muovere un muscolo.
«Anche l’ultima cosa che ricordi.»
L’occhio di Sherlock si spostò, cercava qualcuno nella stanza, finché non trovò John, che non si era ancora mosso.
Lestrasde si voltò verso John.
«Uhm d’accordo, quindi l’ultima cosa che ricordi è John… Al parcheggio?»
Sherlock scosse la testa, così impercettibilmente.
«Credo intenda in ambulanza.» Rispose John. Sherlock stava ancora li a fissarlo, e John si sentiva incredibilmente a disagio.
«Ah giusto l’ambulanza.»
«E invece prima?- Lestrade aveva intenzione di insistere finché non avesse ottenuto una risposta soddisfacente. -Intendo prima dell’ambulanza… Tipo… La sera prima. Ti ricordi quello che hai fatto?»
La bocca di Sherlock si strinse, le cuciture nere che tenevano insieme il lato del labbro superiore quasi sparirono.
«Greg non credo sia il caso di insistere, non mi sembr-»
«Dai lo so che te lo ricordi. Mi basta poco, per ora posso accontentarmi.»
A John non piaceva affatto che Lestrade insistesse in quel modo, quando era chiaro che a Sherlock dava fastidio. Perché non lo capiva?
Ma Sherlock non si mosse.
John allora si decise ad avvicinarsi. Andò verso il letto, dal lato opposto.
«Mi dispiace.- disse solo. -Dico davvero, scusami se… sono sparito così.» deglutì.
Doveva essere un semplice discorso di scuse ma gli sembrava la cosa più difficile che avesse mai fatto nella vita, anche più di andare in guerra.
Prese un bel respiro.
E Sherlock era lì, che lo guardava, anzi lo fissava, quell’iride ancora nera e circondata di rosso.
«Va tutto bene. Io non vado da nessuna parte.» gli prese la mano, e vide la sua iride diventare lucida. Sentì le dita lunghe e magre di Sherlock stringersi sulla sua mano.


In quel momento entrò il dottor Lewis.
«Mi dispiace che abbiate dovuto aspettare molto ma ho avuto un emergenza.»
«Si lo abbiamo saputo.» ripose Lestrade.
«Come sta andando qui?» il dottore si avvicinò per controllare Sherlock, che strinse ancora di più la mano di John.
«Bene credo, l’infermiera ha detto di avergli dato antibiotici ed antidolorifici.» questa volta fu John a rispondere.
«Molto bene.» il dottor Lewis prese la piccola torcia dal taschino e la puntò sull’occhio di Sherlock per controllare che rispondesse bene.
«Qui direi che è tutto a posto, l’ematoma interno si sta assorbendo.»
«Quanto ci vorrà prima che torni ad usare anche l’altro occhio?» chiese Lestrade.
«Penso che già la prossima settimana possiamo togliere la benda. Ha parlato oggi?»
«No.» rispose Lestrade.
«Capisco.»
Il dottor Lewis controllò la gola e il collo di Sherlock.
«E’ normale?»
«Credo che sia una sua scelta. Il gonfiore causato dallo strangolamento è diminuito e le vie respiratorie sono aperte, le ghiandole si sono sgonfiate. Se non si sforza può parlare.»
«Che significa, che si sta rifiutando di proposito di parlare?» Lestrade non prese bene quell’informazione.
«Altamente probabile, si.»
“Andiamo mi prendi in giro!» la frustrazione del detective era rivolta a Sherlock, che sobbalzò.
«Ehi Greg, falla finita.» rispose John, guardando male l’uomo.
«Ma lo sai…»
«Non me ne frega niente Greg, lascialo in pace.»
«Ah certo adesso ti fa comodo difenderlo, non mi pare fossi dello stesso avviso fino a poco fa.»
Lo sguardo di John si accese di rabbia e lo stomaco gli si strinse.
«Sta zitto.» ringhiò in direzione del detective.
Il dottor Lewis si schiarì la gola.
«Se dovete litigare fatelo fuori.»
«Mi dispiace.» rispose John contrito.
«L’ora delle visite è finito. Tornate oggi pomeriggio se siete più calmi.»
«Non può buttarmi fuori sono della polizia e sto facendo il mio lavoro.»
«Posso e come. Avanti andate.»
John fece per allontanarsi, senza ribattere, ma qualcosa lo stava trattenendo. O meglio, qualcuno. Abbassò lo sguardo. La mano di Sherlock era ancora stretta nella sua. Mise sopra la sua quella che aveva libera.
«Ti prometto che tornerò oggi pomeriggio.»
Ora ci mancava quello sguardo.
«Mi dispiace.» lo disse ancora e si liberò dalla sua presa.
Gli sembrava davvero di abbandonarlo come lo aveva abbandonato un anno fa.
Si voltò e uscì senza guardarsi indietro, non aspettò nemmeno che Lestrade uscisse con lui.
Una volta fuori prese aria a pieni polmoni.

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Note d’autrice:

E questa era la parte facile, ora inizia la parte in salta, sono ancora più curiosa di sapere cosa ne penserete.
Anche perché a visualizzazioni non sta andando male, benché le recensioni scarseggino, ma non si può pretendere tutto dalla vita, quindi mi accontento. Non vergognatevi che non mordo :D
John se la caverà così a buon mercato? Un po' troppo facile... Solo il futuro lo dirà. Come potrà rimediare? per ora gli dice bene che Sherlock sia malconcio e non messo troppo bene. Facile chiedere scusa quando la persona a cui hai fatto un torto non parla.
Al prossimo aggiornamento.
Much Love.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7: ***


Capitolo 7:


***



[Revisionato]
John fece ritorno in ospedale al pomeriggio, da solo. Aveva preso la metropolitana e fatto il tratto di strada mancante a piedi. Questo gli aveva dato tutto il tempo di pensare e pensare; cosa avrebbe potuto dirgli? Aveva cambiato e ripetuto quel discorso centinaia di volte.
Salì al piano, non c’era nessuno, nemmeno l’ombra di Lestrade, del dottore o delle infermiere. Perfetto.
Decise ugualmente di entrare nella stanza di Sherlock, abbassò la maniglia.
E trovò Mycroft che discuteva con suo fratello. O meglio, Mycroft parlava principalmente da solo.
Il maggiore degli Holmes si voltò con uno scatto, pronto a fulminare con lo sguardo chiunque avesse osato interromperlo.
«Che cosa ci fai tu qui?» dalla faccia Mycroft non era affatto contento di trovarsi lì John.
John prese un bel respiro ed entrò, richiudendo la porta.
«Sono venuto a vedere Sherlock…» non aveva intenzione di fare il dimesso come tutti i leccapiedi di Mycroft, ma non voleva nemmeno dargli altre ragioni per litigare.
«Hai proprio un bel coraggio. Non credi di aver fatto abbastanza?»
Sherlock afferrò la manica della giacca del fratello maggiore, che non si era aspettato quella reazione.
«Non mi dire che lo hai già perdonato. Figurarsi, sei sempre stato quello con il cuore tenero della famiglia, hai preso tutto da mamma. Ma non ho intenzione di stare ancora a guardare. Non me ne frega un accidente di quali sono le sue ragioni.- a quanto pareva i fratelli Holmes avevano imparato a leggersi nel pensiero perché Sherlock non doveva nemmeno parlargli per farsi capire. -Sei quasi morto a causa sua! E chi pensi che avrebbe dovuto dare la notizia a mamma e papà se fosse successo il peggio? Sì esatto, io. Ringrazia che non gli ho avvisati di quello che è successo, non voglio fargli morire prima del tempo.»
John non poteva crederci. Mycroft aveva tenuto all’oscuro i suoi stessi genitori della gravità di quello che era successo ad uno dei loro figli.
Razionalmente aveva senso, lo aveva fatto per non farli soffrire con la notizia che loro figlio fosse quasi morto e si trovasse in ospedale in pessime condizioni.
«Tu non hai detto nulla ai signori Holmes?» non aveva potuto fare a meno di porre questa domanda.
«Non che sia affar tuo.- rispose Mycroft senza nascondere tutto il suo sdegno. - I nostri genitori ne hanno già passate abbastanza e non gli serve altra sofferenza. Mio fratello per fortuna è ancora vivo e si riprenderà, certo non grazie a te.» ci tenne a fare quella precisazione.
«Ma faranno delle domande, vorranno vederlo.»
«Ho detto loro che Sherlock sarà fuori dall’Inghilterra per un po’, per risolvere un caso difficile.»
Giusto. Ovviamente Mycroft aveva previsto ogni dettaglio.
Poi lo vide avvicinarsi con fare minaccioso.
«Se ti azzardi a dire anche solo una parola…»
John resse il suo sguardo.
«Non dirò proprio un bel niente.»
«Puoi anche smetterla con questa sceneggiata, lo so che lo fai solo perché devi farti vedere così integerrimo davanti agli altri. Bravo. Hai fatto il tuo lavoro, hanno visto tutti che ti preoccupi. Puoi tornartene da dove sei venuto.»
John sentì la rabbia mandargli a fuoco le vene. Come si azzardava a dirgli una cosa del genere?
«Sta zitto! Non sei nessuno per parlarmi in questo modo, sono qui per Sherlock!» Mycroft si mise a ridere.
«Ma chi vuoi prendere in giro. Sei qui solo perché ti senti in colpa e devi ripulirti la coscienza. Chi credi che abbia raccolto i pezzi eh? Chi credi che si sia dovuto assicurare che non ricadesse nei soliti brutti giri? Di certo non tu, che stavi ad auto commiserarti chissà dove.»
Per John fu come ricevere una pugnalata, ma se la meritava tutta. Poteva solo ingoiare il rospo.
«Lo so che ho sbagliato, ne sono consapevole, non ho bisogno di Mycroft Holmes che mi fa la paternale! Ma sono qui perché sono preoccupato per Sherlock e ci tengo a lui. Voglio farmi perdonare da lui. Non da te!»
Mycroft lo guardò con ancora più disprezzo.
«Hai uno strano modo di tenere alle persone. Com’è che era, ah giusto ‘sei la causa di tutti i miei mali, anzi dei mali di chiunque ti incontri.’ O una cosa del genere, sai la mia memoria... Praticamente ci mancava poco che dessi a mio fratello anche la colpa di guerre e carestie. Però sai John, tu sei un bel ipocrita. Ti sei sempre professato grande amico di Sherlock, e alla prima occasione hai scaricato tutta la tua frustrazione da uomo fallito su di lui. Se tratti così tutti quelli che consideri degli affetti, non mi stupisce affatto di come sia finita.»
John fece per aprire bocca e ribattere, già sul punto di esplodere, ma Mycroft non glielo permise.
«Non mi importa nulla di quella criminale di tua moglie, e me ne importa ancora meno di te. L’unica cosa che conta per me è la mia famiglia e questo paese, tutto il resto è uno sfondo, un ronzio fastidioso, come un insetto che gira intorno alle tue orecchie di notte, mentre cerchi di dormire.
Se mio fratello sta male, sto male anche io, e quando sto male divento... Scontroso. Intrattabile. E chi lo sa quello che può succedere.»
Era chiara la minaccia implicita in quelle parole. John prese un grosso respiro. Non si sarebbe fatto mettere i piedi in testa da Mycroft Holmes.
«Lo sappiamo tutti Mycroft quanto tu sia uno stronzo, anche le persone con cui lavori ti chiamano così, lo stronzo. Ma forse loro hanno una bassa autostima; e si fanno comandare a bacchetta da te senza troppi problemi, o magari sono solo opportunisti. Ma io non sono uno dei tuoi collaboratori e non ti leccherò mai il culo per farti sentire quello con il potere. Quindi vaffanculo Mycroft e non ti azzardare mai più a parlare in quel modo della mia famiglia o ti prendo a calci, a costo di finire in galera.
E per quanto riguarda Sherlock, è un uomo adulto e può decidere da solo, non ha bisogno della baby-sitter, anche se lo so quanto ti piaccia mettergli altri che gli stanno dietro.»
Mycroft lo fissò per un lungo momento, senza dire una parola.
Probabilmente doveva star elaborando un piano per far sparire John.
Avrebbero ritrovato il cadavere nel Tamigi.
«Tu fallo soffrire e non avrai più una vita.» rispose solo il maggiore degli Holmes.
John sospirò.
Forse aveva vinto il match.
«Si lo so. Ma non è mia intenzione, e mi dispiace davvero. Anche per le cose che ho detto.»
«Vedremo.”
Il fatto che sembrasse si fosse arreso così facilmente non voleva dire nulla. Mycroft non era uno da scontro in campo aperto, ma andava più sul sottile, se gli avesse dato le spalle, si sarebbe trovato un pugnale tra le scapole.


Passarono un paio di ore con Sherlock, e Mycroft che volle che John controllasse la cartella clinica perché non si fidava del dottor Lewis. John dal canto suo gli spiegò per filo e per segno tutto quello che era successo e quello che dicevano i referti medici. Mycroft concluse che appena Sherlock fosse stato in grado di muoversi abbastanza, lo avrebbe spedito in una clinica privata.
John non era d’accordo e a quanto pare dal modo in cui aveva guardato il fratello maggiore, nemmeno Sherlock.
«E’ evidente che in questo momento mio fratello non è in grado di prendersi cura di se stesso e di prendere decisioni. Quindi lo farò io.»
«Ma non puoi lui è adulto.»
«Pensi che non possa andare da un giudice e chiederne la tutela?
Conosco la maggior parte dei giudici di questa città e gioco a golf con l’altra metà di loro.»
«Mycroft tu conosci anche la regina ma non ti da comunque diritto di decidere sulla vita di tuo fratello.»
«Tu hai perso ogni diritto quando lo hai abbandonato. Credi che non sappia che ci sei tu come numero di riferimento per le emergenze e nel testamento?»
John deglutì a quelle parole. Aveva scoperto giusto da poco di essere ancora tra i principali contatti per le emergenze, ma il testamento gli mancava…
«E se credi che ti lascerò fare anche il tutore ti sbagli di grosso.
Ti rivolterò contro ogni autorità di questo paese.»
«Oh ma taci! Continui a fare minacce a vuoto. Vuoi vendicarti? Fallo! Picchiami, ma poi chiudiamola qui.»
Si era veramente seccato di Mycroft e delle sue sparate da prima donna.
«Non sono un barbaro come te. Non picchio proprio nessuno, e comunque non ti darei mai questa soddisfazione.»
«Sei ridicolo.»
Sherlock nel frattempo si era addormentato, ma iniziò a muoversi nel sonno.
«Penso che il miglior modo che ora ha di guarire è a casa sua, non in un posto che non conosce, con sbarre e cancelli.»
«Per chi mi hai preso? Cosa credi che voglia metterlo in prigione? Quel centro è un castello immerso nel verde. Starà benissimo li.»
«Certo lo immagino, hai capito cosa voglio dire. Non lo puoi rinchiudere solo perché non vuoi prendertene cura.»
A quelle parole John si trovò la mano di Mycroft gli stringeva e torceva il maglione.
«E chi vuole prendersene cura, tu? Gelerà l’inferno prima che ti permetta di toccare di nuovo mio fratello.»
John diede una forte spinta con entrambe le mani, ma il maggiore degli Holmes era un uomo alto e tutto d’un pezzo, praticamente non lo spostò di un centimetro.
Lentamente Mycroft aprì la mano e lasciò andare John, che si fece indietro.
«Sei completamente pazzo.»
«Proteggo la mia famiglia. Sherlock è tutto quello che ho.»
«Intendi come lo hai protetto da Moriarty?» aveva anche lui delle frecce al suo arco e intendeva usarle tutte contro Mycroft.
L’uomo infatti storse le labbra in una smorfia.
«Cosa vuoi, che ti dica che siamo pari?»
«Non è una gara Mycroft. Abbiamo fatto tutti degli errori. Capisco che tu stia proteggendo tuo fratello, esattamente come io farei con mia figlia. Ma questi scontri non aiutano nessuno.»
«Tu vuoi solo essere perdonato, è l’unica cosa che ti interessa.»
«Il perdono lo voglio solo da Sherlock, te l’ho già detto.»
Ed era vero, aveva bisogno di essere perdonato da lui, anche se non avrebbe risolto la cosa, ma sarebbe stato un inizio. Un modo per ricominciare.
«Lo sai benissimo che Sherlock ti ha già perdonato, non fare questi giochetti con me. Hai fatto tutto a posta. E’ facile farlo sentire in colpa.»
«Ho detto quelle cose perché ero arrabbiato e pieno di dolore. Anche tu lo avresti fatto.»
«Potevo anche crederci se ti fosse uscito un ‘ti odio’ detto sul momento, anche a me è capitato una volta di dirlo ai miei, credo sia capitato a chiunque. Ma tu lo hai accusato della morte della madre di tua figlia, hai detto che lei era senza una madre solo a causa sua.»
«So cosa gli ho detto ok! Lo so perfettamente!»
Era come un coltello che veniva rigirato sempre nella stessa piaga. Niente poteva cancellare quelle parole.
«Perdono un accidente.- Mycroft non nascondeva tutto il suo disgusto. -E’ quello che ti meriti, stare da solo.»
Quando era troppo…
«E tu? Tu che diavolo hai fatto eh? C’eri per aiutarlo? Dov’eri quando lo hanno massacrato? Fai tanto il fratello protettivo ma non ti fai mai vedere! Accusi me ma non mi pare che tu sia stato così presente nella sua vita in quest’ultimo anno da quello che mi hanno detto!»
La faccia di Mycroft aveva assunto una tonalità di viola.
Prese il cappotto e lo infilò con gesti secchi.
«Non finisce qui Watson.»
«Come ti pare Mycroft, se hai ancora voglia di litigare sai dove trovarmi.»
Cercò di nascondere che la cosa lo faceva gongolare un poco.
Mycroft uscì dalla stanza e quasi sbatté la porta.


Si effettivamente battere uno degli Holmes non era una cosa che accadeva spesso, anzi, quasi mai, ma in questa particolare occasione gli aveva dato più soddisfazione del solito.
Si avvicinò a Sherlock.
Era voltato sul fianco sinistro, le mani strette contro al petto.
Sembrava sofferente, la bocca si muoveva a scatti di tanto in tanto.
Poggiò una mano sulla sua fronte. Con tutto quello che gli davano era normale che dormisse così tanto. Era caldo, dalle fasciature usciva qualche ricciolo nero.
Lo accarezzò delicatamente. Sherlock si lamentò nel sonno.
«Shhh va tutto bene, sono qui.» sembrò rilassarsi a quelle parole.

In quel momento sentì dei rumori fuori dalla porta, che si aprì l’attimo dopo.
Entrò Lestrade, seguito dal dottor Lewis.
«John?- lo salutò sorpreso il detective. -Che ci fai qui? Ho visto Mycroft uscire, sembrava avesse il diavolo alle calcagna. Adesso capisco perché.»
«Ero venuto a vedere Sherlock e lui era già qui. Abbiamo parlato.» alzò le spalle.
Nel momento in cui i due erano entrati nella stanza aveva tolto la mano dalla fronte di Sherlock e si era allontanato.
«Avete parlato? E sei ancora tutto intero?»
John roteò gli occhi al soffitto.
«Si Greg, siamo persone civili.»
Lestrade lanciò un’occhiata al dottor Lewis che ricambiò con uno sguardo dubbioso.
«Se lo dici tu John, perché per come è Mycroft in questo periodo userei altri termini.»
«E’ preoccupato per suo fratello, lo saresti anche tu se foste parenti.»
«Per carità no, chi li sopporta questi due, sto bene come figlio unico.»
John sospirò. Era inutile spiegare qualcosa a Lestrade, quando ci si metteva diventava peggio di un mulo.
«Come sta?» chiese il dottor Lewis a John.
«Bene mi sembra. E’ un po’ caldo.»
«Ah si può essere dovuto agli antibiotici.» il dottor Lewis prese il termometro e prese i parametri dalla fronte di Sherlock.
«Uhm… Ha quasi 38. Vado a prendergli qualcosa per abbassare la temperatura.»
Il dottore uscì, lasciandogli da soli.
«Fammi indovinare, neanche oggi ne caviamo un ragno dal buco. Dannazione.» Lestrade non era affatto contento della situazione, ed ogni giorno che passava senza informazioni diventava sempre più nervoso, in più Mycroft che gli stava con il fiato sul collo non aiutava.
«Mi dispiace ma devi capire che quello che gli è successo è serio. Per un po’ non potrai più contare su Sherlock.»
D’un tratto Sherlock si svegliò di soprassalto, era bianco quasi più del lenzuolo su cui dormiva. Sgranò l’occhio buono e si sporse oltre la sponda del letto, vomitando della roba bianca e vischiosa.
«Merda… Forse è il caso di chiamare qualcuno» Lestrade prese il filo con il pulsante delle emergenze.
«No. È colpa degli antibiotici.»
John si era messo a massaggiare la schiena di Sherlock con movimenti circolari, il poveretto annaspava, cercando di riprendere fiato, era tutto sudato e stava lacrimando, le mani strette al camice, all’altezza del petto.
«Per favore Greg bagna qualcosa con dell’acqua fresca.»
«D’accordo. Sei tu il dottore.»
Il detective era abbastanza sconcertato ma obbedì. Andò in bagno e si sentì armeggiare da dentro.
«Va tutto bene, non è niente.»
Lestrade tornò con un asciugamano bagnato alcuni istanti dopo. John si mise a passarlo sul volto di Sherlock, stando attento a non toccargli le ferite.
Lo aiutò a mettersi seduto con la schiena contro i cuscini, in modo che respirasse meglio.
«Meglio così?»
Sherlock annuì, dando alcuni colpi di tosse.
Fece ritorno anche il dottor Lewis.
«Oh-oh cos’è successo qui? Niente di grave un piccolo incidente di percorso vero?» Teneva tra le mani un vassoio di metallo coperto con un velo di garza.
Prese il filo con il pulsante per chiamare un’infermiera. Dopo un paio di minuti arrivò una ragazza, vestita tutta di bianco e con il camice.
«Si dottore?»
«Per favore può aiutarmi? E chiami qualcuno per pulire.»
«Subito dottore.»
L’infermiera si affiancò al dottor Lewis, che tolse la garza da sopra il vassoio.
Riempì per metà una piccola siringa.
«Dopo ho bisogno che mi prenda dell’antiemetico per vena.»
«Sì dottore.»
L’infermiera si affrettò a fare tutto il necessario, con il dottore che intanto controllava Sherlock, e si assicurava che non avesse altro fuori posto.
«Per ora è tutto a posto, tornerò tra un ora a controllare che i medicinali abbiano fatto effetto.»
«Posso farlo io, in caso servisse qualcosa chiamerò un infermiera.» si propose prontamente John.
«Si d’accordo. Se succede qualcosa mi faccia chiamare.»
Il dottor Lewis uscì, poco dopo entrò un inserviente a pulire, e se ne andò il minuto dopo.
Anche l’infermiera andò via e lasciò un contenitore in caso servisse per altri attacchi di nausea.
«Allora, che facciamo?» domandò Lestrade.
«Perché non vai a prendere un giornale e un caffè?»
«Non mi va il caffè e poi il giornale l’ho già letto stamattina.»
«Intendevo, perché non vai a prenderli a me.»
L’occhiata risentita che gli rifilò Lestrade quasi fece scoppiare a ridere John.
«Non sono la tua maledetta cameriera.»
«Io non mi posso allontanare, sai no…» John indicò con un cenno della testa in direzione di Sherlock.
Lestrade lo fissò torvo.
«Perché non te ne vai tu di sotto e io resto qui.» propose quasi come se la cosa gli pesasse, ma John aveva capito molto bene le intenzioni dell’uomo.
«Ho promesso al dottor Lewis che avrei controllato Sherlock, lo hai sentito no? Non posso lasciarlo.»
«Se succede qualcosa chiamo un infermiera, non mi sembra così difficile. Non è sul punto di morire. Più o meno.»
«Potrebbe stare nuovamente male. E il dottor Lewis lo ha affidato a me, è una mia responsabilità.»
Testardo Greg Lestrade.
Il detective infatti sbuffo seccato.
«E va bene! Che diavolo vuoi che ti prenda?»
«Il Telegraph ed un caffè lungo. Grazie.»
Prese dieci sterline dal portafoglio che teneva nella giacca e allungò la banconota a Lesrade, che con fare infastidito quasi gliela strappò di mano.
«Prenditi pure qualcosa se vuoi.»
«Oh grazie che gentile, non vorrei farti spendere troppo con dieci sterline, devo anche portarti il resto?»
«Se puoi, si grazie.»
Lestrade sgranò gli occhi e lo fulminò con un'occhiataccia.
«Ti odio.»
«Ti voglio bene anche io.» ma ormai lo scontroso detective era già uscito dalla stanza.
John sorrise, quando si voltò vide che anche Sherlock stava sorridendo, ma appena si accorse di essere guardato cambiò subito espressione. Tirò le labbra in una linea sottile, guardando un punto non precisato davanti a se.
«Ehi, coma va ora? Ti fa male qualcosa?»
Sherlock scosse la testa.
«Bene.» rispose John, posando delicatamente una mano sulla spalla dell’amico.
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Note d’autrice:

Ho perso il conto delle volte che ho corretto questo capitolo e ancora ho paura che faccia schifo 👀 se vedete che non rispondo è perché sono scappata a Panama con una nuova identità.
Si sono più o meno capiti i motivi per cui Mycroft si comportava in quel modo, soprattutto nei confronti di John, so che probabilmente qualcuno potrebbe trovare le sue reazioni strane, ma sapete quando le cose si scrivono da sole e i personaggi fanno un po' come gli pare? Ecco.
John ormai è esasperato da tutti e cerca di liberarsi di Greg (come dare torto a John) e fa di tutto per restare da solo con Sherlock ma a quanto pare l'universo gli rema contro.

Io comunque lo lascio qui, con la speranza che abbia un senso, fatemi sapere. Alla prossima (se torno da Panama).

Ho un contatto Instagram se a qualcuno può interessare https://www.instagram.com/lady_norin/

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Capitolo 8
*** Capitolo 8: ***


Capitolo 8:


***


[Revisionato]
Ora che era rimasto da solo con lui non sapeva più cosa dirgli.
Andò in fondo alla stanza e prese una sedia, la mise accanto al letto, nello spazio tra il letto e il muro precisamente. Controllò che i liquidi delle flebo scendessero nel modo giusto, sapeva che non c’è ne fosse bisogno, ma doveva fare qualcosa, tenersi occupato.
«Sì… Immagino che tu non voglia parlare, almeno per un po’. Però se ti fa piacere verrò qui ogni giorno.»
Sherlock si voltò a guardarlo, e John si maledisse.
Era evidente che volesse dirgli qualcosa. Aprì il cassetto del comodino. Per fortuna Lestrade era stato abbastanza intelligente da lasciare un taccuino e una penna. Diede gli oggetti a Sherlock, che prese il blocchetto e iniziò a scrivere sulla prima pagina. La mano gli tremava e faceva fatica ad usare una calligrafia comprensibile, si vedeva che si stava sforzando. A John gli si strinse il cuore, non sopportava vederlo in quello stato.
Sono contento di vederti.’
Il cuore del dottore sprofondò sotto i piedi.
«Mi dispiace se non mi sia fatto più sentire. E sono contento anch'io di vederti.»
Sherlock scrisse di nuovo.
Tua figlia ha più bisogno di quanto ne ho io.’
Ok questa aveva fatto male, dritta al petto.
«Va bene basta.»
Gli prese il blocchetto e la penna, e il cuore perse un battito quando sentì il tocco delicato delle mani di Sherlock.
«Non ti libererai di me così facilmente. Sono qui perché voglio essere qui.» Concluse, e dal momento che gli aveva portato via carta e penna lo aveva privato della possibilità di ribattere. D’accordo probabilmente era una bastardata, ma non poteva sopportare quel discorso.
Sherlock infatti lo stava fissando con il suo occhio buono, e avrebbe tanto voluto che la smettesse. Si ricordò di quella cosa scritta da qualche parte nella bibbia ‘gli occhi che giudicano’, o qualcosa di simile; ecco, quelli erano gli occhi, o meglio, l’occhio, che lo stava giudicando. E se lo meritava tutto.
«Come va con la nausea? Ti da ancora fastidio?» Sherlock scosse la testa.
«Ottimo.» si mise a sedere.
In quel momento tornò Lestrade.



«Che state combinando? Avete fatto pace?»
John Watson avrebbe tanto voluto strangolare Greg Lestrade.
Non perdeva l’occasione di stare zitto, per una buona volta.
Mentre il detective di Scotland Yard gli allungava caffè e giornale, il dottore lo guardò con disappunto.
«Che c’è?» domandò Lestrade con aria da finto ingenuo.
«Hai fatto presto.» John non nascose dal tono che usò, di essere infastidito dal ritorno dell’uomo.
«Sì non c’era nessuno al bar dell’ospedale, tra parentesi il caffè fa schifo. E poi avevo fretta di tornare, sia mai che a Sherlock tornasse la voglia di parlare proprio mentre non c’ero. Speravo che almeno tu ci riuscissi.»
John roteò gli occhi al soffitto.
«Ti ho già spiegato perché non parla e stressarlo non lo farà parlare più in fretta.»
«Senti non è colpa mia se ho un lavoro da fare! E se chiamassimo uno psicologo?»
«Puoi chiamare anche tutti gli psicologi di Londra, ma non cambierà nulla, parlerà quando vorrà farlo.»
«E tu che ne sai?»
«Perché io ci vado da anni da uno psicologo. Da quando sono tornato dalla guerra, e per mesi non gli ho detto una parola.» odiava raccontare i fatti propri. Anche se conosceva Lestrade da tantissimo tempo ed avevano una certa confidenza, non aveva raccontato mai a nessuno certe cose, o meglio, lo aveva fatto, ma solo con Sherlock, e con Mary…
«Mesi? Dimmi che scherzi.» ribattè Lestrade.
«Ti dovrai rassegnare Greg.»
«Ma puoi provarci. Senti non è che sono un insensibile, ok? Lo so che sta male. Ma c’è uno psicopatico a piede libero che pesta a sangue la gente nei parcheggi.»
«Lo so! Che lo sai, ok, ma non è così che funziona. E’ inutile che insisti.» John aveva finito con lo sbottare. Odiava le persone insistenti e Lestrade era peggio di un Bulldog con un osso.
«Ma è assurdo! A che mi serve avere l’uomo più intelligente di tutta l’Inghilterra!»
«E come facevi prima che arrivasse lui me lo spieghi? Come andavate avanti?»
«Beh… Andavamo avanti… Non proprio nel migliore dei modi…» Lestrade sembrava quasi in imbarazzo a dover ammettere che Sherlock, per le indagini della polizia, era stato un enorme aiuto.
«Vorrà dire che dovrai tornare a fare le cose alla vecchia maniera.»
Lestrade non era affatto contento di quella prospettiva, ma a John non importava, purché lasciasse in pace Sherlock.
Il detective sbuffò.
«Immagino che dovrò fare così.»
«Anzi perché non inizi subito, sicuramente avrai un sacco di lavoro da fare, ed è inutile che tu rimanga qui.»
Lestrade non era affatto un uomo stupido, benché fosse tremendamente testardo e a volte un po’ ottuso, ma stava osservando il suo interlocutore come se stesse sondando un indagato.
«Potresti aiutarmi tu. Sei stato per anni dietro alle indagini di Sherlock sicuramente saprai come si fa.»
«Io devo restare qui, lo sai.»
“Sì. Lo so…»- ora era proprio sospettoso. - «Bene allora… Io vado, vedo di combinare qualcosa.»
«Ottimo, e chiamami, in caso.» John congedò l’amico senza troppi convenevoli.



Dopo che Lestrade se ne fu andato, John si rilassò sulla sedia accanto al letto di Sherlock. Prese un sorso di caffè e aprì il giornale.
«Vediamo che succede qui.» Poi si ricordò che non era da solo. Alzò il viso verso Sherlock, che lo stava ancora guardando, senza nessuna precisa espressione in volto.
«Vuoi che lo legga ad alta voce?»
Sherlock ci pensò su un attimo e annuì. John iniziò dal titolo della prima pagina; dopo pochi minuti Sherlock stava dormendo; la testa appoggiata sul cuscino. Era rivolto dalla sua parte, quindi poteva vederlo bene in faccia, per quello che si poteva a causa delle ferite multiple sul suo volto.
Lo zigomo tenuto insieme da cerotti da sutura era diventato giallognolo, il labbro superiore sembrava sparire sotto quel grossolano filo nero, il taglio che lo divideva era quasi scolorito, come se non arrivasse sangue a sufficienza; l’enorme cerotto che copriva metà del lato sinistro del volto, a causa dell’occhio collassato, ci avrebbe messo parecchio tempo a tornare al suo posto, il setto nasale era rattoppato come lo zigomo. Quei segni, le cicatrici, gli sarebbero rimaste tutte.
Lo accarezzò sulla fronte, che era umida e calda a causa della febbre e dello sforzo causato dall’attacco di nausea di poco prima.
Non era giusto. Avevano avuto i loro bei problemi ma non era così che voleva andassero le cose. Aveva già perso Mary, non poteva perdere anche Sherlock. Era stato troppo egoista, in preda alla rabbia, aveva detto cose orribili e che con il senno di poi non pensava, così aveva rovinato tutto. Non era nemmeno sicuro di poter recuperare il suo rapporto con lui. Sicuramente non per come era prima.
Era solo uno stupido e finiva sempre con l’auto isolarsi dagli altri, non importava quanto provasse ad integrarsi con il mondo là fuori. Rosie ancora era piccola, ma sarebbe cresciuta e avrebbe finito con il rovinare anche lei. Se ne sarebbe andata e non avrebbe più voluto saperne, e Sherlock si sarebbe ripreso presto o tardi, sarebbe tornato a casa sua, e non si sarebbero più visti. E tutto perché era stata una sua scelta andarsene, allontanarlo, voltargli le spalle.
Sospirò, guardandolo dormire. Sembrava rilassato. Se non fosse stato per il suo corpo ferito e rotto, non avrebbe nemmeno pensato a quanto potesse star soffrendo dopo quello che gli era successo.



Arrivò sera, non era ancora ora di cena, che tornò anche il dottor Lewis.
«Allora come vanno le cose?»
«Direi bene. Penso che la febbre per ora sia diminuita.»
Il dottore si avvicinò a Sherlock, che ancora stava dormendo, e gli misurò la temperatura con l’apposito apparecchio.
«Si ora è a 36 e 8. Ha dormito tutto il tempo?» chiese mentre continuava a controllarlo e gli misurava la pressione.
«Si è addormentato dopo che lei se ne è andato, diciamo, dopo una mezz'ora più o meno.» John non si perdeva un movimento del collega.
«E ha vomitato di nuovo o avuto ancora la nausea?»
«No, non ha più avuto vomito e da quello che mi ha detto nemmeno nausea.»
«Glielo ha detto?»
«Intendo dire che gliel’ho chiesto e lui si è limitato a fare no con la testa.»
«Ah ecco. E non ha proprio parlato?»
«No, mi dispiace.»
«Il suo amico detective sarà stato contrariato, a proposito dove è andato?»
«L’ho convinto a fare altre ricerche, è inutile che stia qui a tormentarlo, quando è chiaro che non parlerà a breve.»
Il dottor Lewis sospirò.
«Lo sa Dottor Watson è davvero una fortuna averla qui, a volte i parenti sanno essere davvero pressanti, almeno lei da medico capisce come sia la situazione e di quello di cui ha bisogno il paziente.»
Il paziente, già… Sherlock era tutto per John, fuorché un paziente.
«Intende dire i parenti terribili come Mycroft Holmes?»
«Non mi fraintenda io capisco il suo stato emotivo, immagino quanto il signor Holmes sarà spaventato in questo momento, dopo aver quasi perso suo fratello. Immagino siano molto legati.»
«Mycroft Holmes spaventato, questa è bella. No io userei più il termine paranoico e possessivo. Gli si addice di più. E’ preoccupato che suo fratello combini qualcosa, come già è capitato in passato, e lui non possa sistemarlo prima che si venga a sapere in giro. Diciamo che Sherlock è quello impulsivo e che non ama particolarmente seguire gli schemi, mentre Mycroft l’esatto opposto.»
Il dottor Lewis sembrava abbastanza sconvolto da queste informazioni, e John si chiese come doveva essere vista la famiglia Holmes all’esterno, da chi non gli conosceva affatto, o solo dai giornali quando se ne parlava.
«Beh dal suo comportamento mi sembra uno molto apprensivo.»
«Il motivo per cui vuole mandare Sherlock in una clinica privata e per coprire la sua aggressione.» concluse John sentendo la rabbia e l’irritazione che aumentavano.
«Ma mi sembra che voglia che il colpevole sia preso immediatamente visto come insiste con il suo amico detective.»
«Questo non lo metto in dubbio, ma non toglie che gli interessi di più che la notizia non circoli in giro. Mi faccia indovinare, le ha fatto firmare un contratto.»
La bocca del dottor Lewis si spalancò a quelle parole.
«Sì, un contratto di non divulgazione. Lo ha fatto firmare a tutto il personale del piano e ai dirigenti dell’ospedale, se esce anche solo una parola sui giornali.»
«Vi fa saltare?» aggiunse John.
Il dottor Lewis annuì.
«Che cosa terribile.»
«Non dico che nel suo modo contorto non voglia bene a suo fratello, ma prima deve assicurarsi di coprire la sua famiglia e se stesso.»
«Capisco. E’ una fortuna che ci sia lei dottor Watson, non lo ripeterò mai abbastanza.»
John abbozzò un sorriso.
«Sono una famiglia complicata ma ormai ci sono abituato, so come ragionano.»
«Da quello che mi è parso di capire sono persone molto intelligenti.»
«Oh lei non sa quanto, è difficile stargli dietro.»
«Però lei ci riesce.»
«Gliel’ho detto, ormai ci sono abituato, so come ragionano e come agiscono, e sono come il giorno e la notte.»
«Per questo preferisce Sherlock a Mycroft?»
John tirò un sorriso.
«Sherlock è più… Uhm…» era difficile trovare un modo giusto di descriverlo, Sherlock era tante cose tutte insieme.
«Comprensivo e empatico.» si probabilmente se il suo coinquilino lo avesse sentito usare un termine come empatico per descriverlo, si sarebbe messo a ridere. Però era vero, per quanto lui stesso si definisse sociopatico, gli interessava davvero aiutare le persone, ed era quello che faceva nella vita, usava il suo dono per gli altri, e non unicamente per persone di potere. Ma per gente comune. E questo era dimostrare empatia.
«Capisco. Sa io non avevo idea di chi fosse. Sono state le infermiere a dirmelo e il detective Lestrade mi ha spiegato a grandi linee quello che era successo affinché capissi come fosse arrivato ridotto in queste condizioni.- Il dottor Lewis guardò Sherlock che ancora dormiva. -Quindi è stato durante una delle sue indagini che è stato aggredito.»
«Questo ancora non lo sappiamo con precisione, ma probabilmente si.»
«Ci vuole coraggio.»
«Mi creda lui ne ha, in effetti la definirei più stupida voglia di mettersi nei guai.»
«L’esatto opposto di un dottore, eh? Mi spieghi, come ci è finito uno come lei, che se posso permettermi, mi sembra che siamo simili, entrambi abbiamo combattuto, abbiamo dovuto prendere decisioni difficili, siamo razionali e ponderati; possa essere finito con qualcuno di così diverso.»
«Mi creda me lo chiedo spesso anch'io, ma credo proprio perché avevo bisogno di altro, di fare cose che non avrei mai fatto normalmente.»
«Ed è quello che è successo?»
«Assolutamente si.»
«E le piace?» Il dottor Lewis sembrava davvero preso dalla discussione. Non doveva essere una persona che faceva cose solo per il gusto di farlo, fare una ‘follia’, preso dal momento.
«Assolutamente. Ho trovato il mio modo di affrontare… I traumi, diciamo.»
«Oh. Senta le andrebbe di venire qui per pranzo e cena ad aiutarlo a mangiare? Dalla prossima settimana ho intenzione di diminuire la nutrizione artificiale. Ovviamente se le è possibile.»
«Uhm si, si certo che va bene.»
«Molto bene, ottimo. Gli farà bene avere qualcuno che conosce e di cui si fida, stargli vicino.»



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Note d’autrice:

Se non perdo lettori dopo questa vi devono fare santi. Tra Greg insopportabile, però c'è da capirlo da una parte, deve fare il suo lavoro. C'è un pazzo a piede libero che va fermato. La faida tra John e Mycroft prosegue, praticamente ora sono a livello guerra fredda. Poi bisognerà vedere come evolverà la questione 👀👀👀
Grazie se siete arrivati alla fine, a chi ha commentato lo scorso capitolo, come sempre spero che non faccia troppo schifo quello che scrivo anche se ovviamente non è privo di difetti, ma cerco di fare quello che posso, sono consapevole di non essere una scrittrice perfetta, e anzi, però cerco di impegnarmi per quello che posso, e sono comunque contenta dei risultati a cui sono arrivata. Varie paranoie a parte.
Se volete sono sia su instagram che su facebook:
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Capitolo 9
*** Capitolo 9: ***


Capitolo 9:

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Questo capitolo contiene descrizioni di procedure mediche e l’utilizzo di aghi.*
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[Revisionato]
Come chiesto dal dottor Lewis; John tornò il lunedì per aiutare Sherlock con i pasti.
Ancora non era nella sua stanza, a quello che gli avevano detto le infermiere, lo avevano portato via per delle visite di controllo e per fare la terapia.
Quindi restò fuori ad aspettare per almeno un ora. Quando alla fine lo portarono su, avevano già iniziato a servire il pranzo. Entrò.
Sherlock era nel suo letto e si stava muovendo, sembrava insofferente.
«Come va?» Domandò John, che non si era accorto della presenza del dottor Lewis ancora nella stanza.
«Abbiamo tolto un po’ di bende come si può vedere. Le ferite alla testa sono guarite bene e gli ematomi interni si sono riassorbiti; anche l’occhio va meglio, ma è meglio che ancora non lo usi, le luci intense potrebbero danneggiarlo e qui purtroppo non siamo dotati di luci soffuse.»
Mentre parlava stava cambiando una delle flebo, buttando una sacca vuota.
«Tornerò dopo pranzo a dargli l’antibiotico, è meglio che inizi a mangiare qualcosa, anche se liquido, se riesce a tenerlo. Ma deve abituarsi.»
«Ci proverò.»
«Grazie ancora per il suo tempo dottor Watson.»
«Mi chiami John, e non si preoccupi. E’ il minimo che possa fare.»
«Lo sa di solito noi dottori non sopportiamo vedere altri colleghi al nostro posto. Lei invece credo sia una delle persone più di aiuto con cui abbia mai avuto a che fare.»
«Non esageri adesso. E’ vero quello che dice ma pestarci i piedi a vicenda non sarebbe affatto utile e al momento l’unica cosa di cui mi interessa… -« John si schiarì la gola. «- E’ aiutare il mio amico.»
«E’ sicuro che non sta cercando lavoro? Sarei davvero felice di proporla all’ufficio risorse.»
John rise.
«La ringrazio ma no, sto bene così, non potrei mai reggere i ritmi di un ospedale.»
«Certo la capisco benissimo. Si è molto impegnativo effettivamente. Anche mia moglie mi sgrida sempre, dice che lavoro troppo e vorrebbe andassi in pensione, ma io non sono capace a stare fermo.»
«Nemmeno io. Non amo non lavorare, devo tenermi impegnato con qualcosa.»
«Ma sbaglio o lei è anche un detective? Così mi pare di ricordare.»
«Ah si, non esattamente detective, ma un consulente investigativo.» ovviamente non era proprio così ma era già una situazione ingarbugliata, figurarsi andarla a spiegare a qualcuno di totalmente estraneo al loro mondo.
«Questo sì è avere un hobby. E com’è?»
A John non era piaciuto molto che il dottor Lewis lo definisse “hobby”. Aiutare la polizia non aveva niente dell’hobby. Ma aveva capito che probabilmente l’uomo lo intendesse come tale perché per lui essere medico era l’unica cosa che sapeva e voleva fare nella vita.
«Difficile. Bisogna usare molto la mente e non è facile vedere certe situazioni.»
«Un po’ come fare il dottore.» aggiunse il dottor Lewis.
«Sì, un po’ come fare il dottore. Con la differenza che possiamo far arrestare chi fa del male ad altri.»
«Deve essere molto appagante.»
«Insomma, va a giorni. A volte è terribilmente frustrante. Soprattutto quando i cattivi riescono a farla franca.»
«Immagino. Io ad esempio non sopporto gli avvocati. Per loro qualunque occasione è buona per seppellirti, non puoi commettere sbagli, nemmeno il più piccolo.»
«Assolutamente d’accordo. Riuscirebbero anche a convincere qualcuno che il cielo è verde.»
Il dottor Lewis finì di sistemare il rilevatore cardiaco.
«Ecco ora è tutto a posto, tra poco passerà qualcuno a portare il vassoio, non preoccupatevi, può chiederlo anche per se dottor Watson.»
«A grazie non si preoccupi, non ho fame al momento.»
Il dottor Lewis uscì, lasciandoli finalmente soli.

John sistemò la sedia accanto al letto e si mise a sedere.
Sherlock si stava grattando convulsamente nel punto in cui l’ago con la cannula era attaccata a una delle flebo. Anche se era coperto con un cerotto abbastanza largo era quasi riuscito a sollevare una parte.
«Ehi! Falla finita!»
Gli bloccò la mano con cui stava grattando. Sherlock a quel contatto sobbalzo e diede uno strattone con il braccio, tirando il filo collegato all’ago, che si era impigliato, facendo così strappare il cerotto e l’ago in questione uscì per una parte dalla vena.
«Merda... Guarda qua che casino.»
Sherlock teneva il polso stretto con l’altra mano contro al petto, si era mezzo rannicchiato su se stesso, per quanto potesse riuscirci, e lo fissava sconvolto.
«Dai non è successo niente, si sistema tutto, capita. È solo uscito un po’ l’ago, basta rimetterlo al suo posto.» John si era alzato per cercare di sistemare la faccenda, e aveva allungato una mano per prendere il polso di Sherlock, che però sembrava non volesse particolarmente collaborare.
«Avanti dammi qua, te la sistemo io, non c’è bisogno di far venire un infermiera.»
Sherlock molto titubante aveva allentato la presa e allungato il braccio verso John.
La cannula si trovava inserita nella parte sotto del polso, sollevò il cerotto e vide che c’era un grosso livido, che era diventato viola scuro e con un bel bernoccolo proprio dove era inserito l’ago.
«Che casino hanno combinato? Cosa sono dei principianti usciti dall’Università? Ma guarda qua.»
Molto delicatamente sfilò l’ago e coprì il foro con un pezzo di carta.
«Meglio?»
Solo ora aveva alzato gli occhi per guardare Sherlock, sembrava un cervo in mezzo alla strada, rimasto abbagliato dai fari di una macchina.
«Non è niente, dico davvero. Oh dai.» massaggiò delicatamente con il pollice il punto dove si era formato quel bozzolo.
«Dobbiamo trovare un altro posto dove metterlo, qui non va più bene.»
Chiuse la piccola valvola che faceva scorrere il liquido nella sacca della flebo alla vena, così che non si perdesse per terra, e attacco un pezzo del tubicino con una parte del cerotto al bordo del comodino.
«Fammi vedere l’altra mano.»
Sherlock titubante obbedì, John gli sollevò la manica del camice per controllare.
«Uhm...»
Visto i certi precedenti di Sherlock era normale che le vene non fossero nelle migliori condizioni, e anche se erano ormai anni che non faceva più uso di droghe, almeno per quello che ne poteva sapere, dal momento che non lo aveva più visto per più di un anno, alcuni degli effetti collaterali si sarebbero protratti ugualmente nel tempo. Avere le vene soggette a flebiti era uno di quegli effetti, in più la lunga permanenza in ospedale non aveva aiutato dal momento che le vene erano state usate molteplici volte.
In quel momento entrò un'infermiera con il carrello.
«Cosa sta facendo?»
John era tentato di risponderle “il suo lavoro”, ma preferì ignorarla.
«Per sbaglio si è sfilato l’ago.»
«Per sbaglio?» Commentò lei già piena di sospetti, come se un bambino stesse cercando di fregarla. A John non piaceva per niente quell’atteggiamento.
«Sì per sbaglio. Si era impigliato con il filo.»
«E ora dov’è l’ago?»
Il dottore fece vedere all’infermiera scettica che lo aveva sistemato momentaneamente attaccato al comodino, e quella inorridì.
«Dia qui, bisognerà fare un altro buco adesso.»
Si trattenne dal rispondere in modo acido e sarcastico e staccò l’ago, allungandolo all’infermiera. Lei tolse il cerotto, e sbuffò.
«L’ago va cambiato, si è tutto storto.» Non che ci volesse molto a cambiare un dannato ago ma alla signora pareva scocciare in particolar modo. Forse le dava fastidio che lui fosse lì e lei non potesse fare quello che le pareva.
E lui ora le sarebbe stato con il fiato sul collo.
La donna prese il braccio di Sherlock dove prima era la flebo, per inserire quella nuova. Dovette mordersi la lingua per non darle dell’incapace.
Quando lei vide il grosso livido cercò un altro punto lungo la vena, ma a quanto pareva non c’era nulla di adatto. Controllò anche la parte superiore della mano e del polso, ma nulla.
Allora passò all’altro braccio. Anche lì sembrava faticasse a trovare una vena adatta, ma comunque mise il laccio emostatico e iniziò a tastare un punto sopra al polso, poi lo sfregò bene con una garza imbevuta di alcool e iniziò ad inserire l’ago, che a quanto pareva girava a vuoto. Riprovò altre volte, senza risultati.
John stava davvero perdendo la pazienza, quando si accorse che Sherlock aveva sbiancato e stava stringendo il lenzuolo con la mano libera, si vedeva chiaramente che si stava sforzando a non emettere un suono. Ovviamente, non era da lui lamentarsi.
La tizia stava riprovando un po’ più su, sempre senza esito.
John scattò in piedi.
«Veda di farla finita!»
«Come prego?» Questa si era messa a fissarlo sbalordita.
«Dove è andata a scuola? Questa roba la insegnano al primo anno di università! Ci sono ragazzini di 15 anni che sanno farsi l'iniezione da soli e lei che è un’infermiera diplomata non riesce a trovare una dannata vena! Nemmeno stesse cercando l’acqua nel deserto! Lasci, faccio io.» fece il giro del letto.
La donna si era fatta da parte e non aveva ancora detto una parola. Ancora troppo sconvolta.
«Io-» fece per parlare lei.
«E ringrazi che non vado a dirlo al suo superiore! Non ha altri giri o disastri da fare?»
L’infermiera si allontanò, o meglio, quasi corse fuori.
«Incompetente, incapace.» borbottò John appena lei uscì.
Sherlock lo stava guardando tra l’ammirato e il preoccupato.
«Che c’è? Preferisci che sia lei a mettere l’ago?»
Sherlock scosse la testa.
«Ah ecco.»
Per fortuna l’infermiera aveva lasciato il carrello, così aveva tutto l’occorrente a disposizione. Infilò un paio di guanti in lattice e prese a tastare le vene. Purtroppo quelle principali non erano utilizzabili, quindi si concentrò sul dorso della mano, lì le cose sembravano diverse, e infatti ne trovò una che forse poteva andare.
Sfregò con il disinfettante, dopo di che iniziò lentamente ad inserire l’ago. Era talmente concentrato che non stava pensando nemmeno a quello che lo circondava, o a chi.
Per fortuna non ebbe troppa difficoltà, la vena era un po’ dura, ma con delicatezza riuscì a posizionare correttamente lo strumento al suo interno, bloccò tutto con un cerotto bianco, poi collegò il tubo e aprì la valvola, passò il filo dietro i cuscini in modo che non desse più fastidio e non rischiasse di nuovo di strapparsi, poi cercò la crema da dare sul vecchio foro.
Massaggiò delicatamente in modo che si assorbisse per bene.


Arrivò l’inserviente con il vassoio sigillato con il cibo.
«Ecco qui.-» Lo appoggiò sul comodino. «-Buon appetito.»
«Grazie.» Rispose John che si stava levando i guanti, per buttarli nell’apposito bidone, sotto il carrello. Poi andò a prendere il vassoio e tolse la pellicola.
C'erano del purè e una crema verde che doveva essere un qualche tipo di verdura non meglio identificabile, e una confezione di gelatina rossa.
«Okay.»
Tolse le posate di plastica e il tovagliolo di carta dall’involucro.
«Ecco, tieni. Il tuo fantastico pranzo.»
Sherlock guardava il non troppo invitante pasto, e dalla sua espressione si capiva che non era troppo intenzionato a mangiare.
«Che c’è, non devo anche imboccarti vero?»
Sherlock scosse la testa, inorridito da quella domanda.
«Allora mangia. Almeno provaci.» cercò di incoraggiarlo John.
Sherlock prese la forchetta di plastica e iniziò a tormentare il purè.
«Senti lo so che non è gran che come cibo, ma devi iniziare da qualche parte no?»
Sherlock annuì e ne prese una piccola porzione, avvicinò la forchetta alle labbra, e quasi come se stesse per assaggiare del veleno, la fece scivolare in bocca. La sua espressione di disgusto era più che eloquente.
Buttò la forchetta sopra il vassoio e lo allontanò.
«Andiamo non fare il pretenzioso adesso, lo devi mangiare, almeno un po’, non dico tutto.»
Sherlock scosse la testa.
John sbuffò e prese la forchetta, prese una bella porzione di purè.
«Guarda che lo faccio, sono molto bravo a fare gli aeroplani, Rosie gli adora, riesco a farle mangiare anche i broccoli.»
Sherlock lo fissò sconvolto, aveva spalancato la bocca e lo fissava ad occhi sgranati.
«Se ti comporti come un bambino ti tratto come tale.» John si strinse nelle spalle.
Sherlock doveva essersi offeso a morte ma non gli importava particolarmente.
«Decidi tu.»
Sherlock per tutta risposta quasi gli strappò la forchetta di mano, e mangiò.
John gongolò soddisfatto. Sapeva essere maledettamente convincente.
«Visto, non era così difficile.»
Sherlock lo guardò storto.
«Ah no non guardarmi così, è per il tuo bene.»
Il consulente investigativo si allungò oltre il bordo del letto e aprì il cassetto del comodino, prese il blocchetto e la penna e iniziò a scrivere.
Perché ti importa?’ la calligrafia era ancora incerta e la mano tremava.
«Come sarebbe perché mi importa, che ragionamento è?»
Io ho distrutto la tua vita, che ti importa del mio bene? Perché sei qui?’
Il cuore di John sprofondò. Era inutile, per quanto cercasse di aiutarlo, non poteva semplicemente cancellare quello che aveva fatto. Fare finta come se non fosse mai successo.
Vattene.’
«No.»
Non mi serve la tua pietà.’
Quella osservazione lo fece particolarmente infuriare.
«Non lo faccio perché provo pietà!»
Allora perché?’
L’unico occhio con cui Sherlock poteva guardare e capire quello che lo circondava, ora era diventato lucido.
«Perché…» in realtà non lo sapeva nemmeno John il perché. Sensi di colpa per la gran parte, ma come faceva a spiegarglielo?
«Ti ho abbandonato.- disse solo. -Tu avevi bisogno di me e io non c’ero e sei quasi morto. Per davvero. E non voglio… Non voglio che succeda di nuovo.»
D’accordo ormai non poteva essere più sincero di così, ma non aveva il coraggio di alzare la testa e guardarlo in faccia, alla fine era un codardo e i codardi scappano.
Sentì una mano stringersi sulla sua, e finalmente ebbe il coraggio di alzare gli occhi. Sherlock aveva solo scritto sul suo blocchetto:
mi dispiace.’
Lo abbracciò.
«Non farlo mai più, non posso rischiare di perderti per davvero.»
Era egoista? Quasi sicuramente. Ma preferiva mille volte essere egoista che vivere in un mondo dove Sherlock Holmes era morto per davvero.
Non poteva lasciarlo andare via, non poteva lasciarlo andare da nessuna parte.
Lo stupido era lui e ora doveva rimediare.
«Senti va bene se non lo vuoi, ma almeno mangia la gelatina, quella dovrebbe essere buona.»
Sherlock prese la confezione, levò il coperchio con la linguetta e assaggiò la parte di gelatina che era rimasta appiccicata sotto. Sembrava soddisfatto, così prese il cucchiaino e la mangiò tutta.
«Visto, te l'avevo detto. Di solito è la cosa migliore che c’è in questi posti. Anche il budino non è male.»
Passò l’inserviente a portare via tutto.
«Ora devo andare ma torno più tardi ok?»
Sherlock annuì.

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Note d’autrice:

Allora, siccome lunedì ho l’appuntamento per andare a fare il 5G (spero cogliate la citazione), e non so come starò. Probabilmente morta con la mia ipocondria. Ma dettagli. Per non saltare un aggiornamento, aggiornerò oggi invece di venerdì, e domenica invece di lunedì. Quindi poi appunto, prossima settimana salterà l’aggiornamento del lunedì.
Se sopravvivo ci sentiamo direttamente o mercoledì o venerdì. Poi deciderò.
Grazie e benevenut* a chi mi ha aggiunto tra gli autori seguiti e preferiti.
Inoltre il primo capitolo ha superato le 300 visualizzazioni!

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Capitolo 10
*** Capitolo 10: ***


Capitolo 10:

***


Quando John uscì sulla strada il sole splendeva. Per essere ancora inverno era una bella giornata. Pensò che avrebbe portato Rosie al parco. Con la storia di Sherlock aveva finito per trascurare tutto il resto.
Si prese il resto del tempo per sé e per sua figlia, che si divertì talmente tanto da crollare dalla stanchezza ancora prima che tornassero a casa.
Decise di lasciarla con la babysitter e andare al 221B di Baker Street.
Si, sarebbe tornato a casa. Voleva prendere alcune cose da portare a Sherlock, qualche libro, la sua vestaglia. Lo avrebbe fatto sentire meglio avere qualcosa di casa.
Prese l’autobus, la fermata lasciava poco lontano. Prima però si appostò all’altro lato della strada, per controllare che la signora Hudson fosse fuori o uscisse di casa. Non aveva voglia di incontrarla, non per altro ma sicuramente lo avrebbe sequestrato nel suo appartamento e con la scusa di una tazza di tè gli avrebbe fatto un interrogatorio peggio della polizia. Per fortuna sembrava non fosse ancora rincasata, così attraversò la strada. Prese la chiave dalla tasca e la inserì nella toppa del portone, ovviamente la serratura era ancora la stessa, ed infatti la porta si aprì senza problemi. Le luci dall’appartamento della donna erano tutte spente. Salì la scala ed andò di sopra. Stranamente la porta era chiusa ma non a chiave, la aprì piano, sbirciando all’interno dell’appartamento; ovviamente non c’era nessuno. Entrò e si richiuse la porta alle spalle.
Tutto era esattamente come se lo ricordava. Le tende erano aperte e passava la luce esterna ad illuminare l’ambiente. Le poltrone erano girate come se le ricordava dall’ultima volta. Andò in quella che una volta era la sua camera da letto. Vuota. Ovviamente.
Non c’era più niente, e non sembrava nemmeno esserci mai stato John.
Chiuse la porta, e andò verso la camera di Sherlock. In quel momento sentì un rumore provenire dalla cucina, si bloccò. Il cuore prese martellargli nel petto. C’era qualcuno. Forse la signora Hudson era in casa, o forse era Mycroft… Proprio in quel momento uscì una figura, che gli stava puntando qualcosa contro, urlandogli di alzare le mani.
John urlò.
“John???”
John nel frattempo si era seduto su una delle poltrone e stava cercando di calmare il suo cuore, che pareva volesse balzargli fuori dal petto. Prese a fare respiri profondi.
“Dio…” “Scusa John ma che ci fai qui?- Greg ripose la pistola nella fondina. -Stavo per spararti.”
“Tu sei completamente pazzo, stavi per sparare senza nemmeno sapere chi ci fosse! Poteva essere la signora Hudson!”
“Ma no, è andata fuori città da un'amica, torna stasera. Non hai risposto alla mia domanda, che ci fai qui?”
“Sono venuto a prendere delle cose per Sherlock.”
“Ma davvero?”
“Sì.”
“Del tipo?”
John roteò gli occhi.
“Del tipo dei libri, la sua vestaglia, cose così.”
“Ma che carino…”
A John quelli insinuazione detta con quel tono non erano piaciuti proprio per niente.
“Senti ma che vuoi da me? Sei tu che sei entrato illegalmente nel suo appartamento.”
“Illegalmente? Mi ha dato il permesso la signora Hudson, e poi sto indagando.”
“Stai indagando a casa di Sherlock?”
“Sì! Sai no sto facendo il mio lavoro. Lavoro che non posso fare perché lui non parla. E poi lo hai detto tu di indagare alla vecchia maniera.”
“E cosa stai cercando di preciso?”
“Qualunque cosa. Un diario, un foglio o un agenda, una nota sul computer.”
“E lo hai trovato?”
“Nope. Niente di niente.”
“Magari perché Sherlock fa tutto a mente, sai no, niente agende o roba simile. E’ tutto qui dentro.” John si indicò con un dito la fronte.
“Ah davvero perfetto. Io non ci posso entrare nella sua testa e lui non collabora! Mi devi aiutare!”
“Ma ti sto aiutando.” si alzò dalla poltrona e sistemò il maglione.
“Ah si e come? Passi la metà del tuo tempo con lui!”
“Che c’è sei geloso?” Greg gli rifilò un occhiataccia.
“Divertente.”
“Lo sai meglio di me, me ne sono andato un anno fa. Non so cosa stesse combinando.”
“Ma tu sai come ragiona. Potrebbe aver lasciato qualcosa da qualche parte.”
“Uhm sì, forse.”
“Eh dai.”
John sospirò.
“Io non ti prometto niente. Di solito se ha qualcosa tiene dei foglietti sparsi in giro.”
Andò verso la scrivania e iniziò a setacciarla. Guardò anche dietro al computer e nei cassetti.
“Qui non c’è nulla.”
“Io vado nella sua stanza.” disse Greg. Ma prima ancora che potesse fare un passo, John lo fermò.
“No! Guardo io li... Tu controlla la libreria ok?”
Non aspettò nemmeno che il detective dicesse qualcosa, semplicemente andò in camera di Sherlock e chiuse la porta dietro di sé.
Era tutto in ordine. Evidentemente la signora Hudson doveva aver rassettato e pulito tutto, perché non c’era neanche la polvere.
Guardò il letto. Le lenzuola erano tirate, senza nemmeno una piega, e profumavano di bucato. Era come se quella stanza aspettasse il ritorno del suo proprietario da un momento all’altro.
Cosa che ovviamente non sarebbe accaduta. Almeno non a breve termine.
Andò poi verso l’armadio di Sherlock e spalancò le ante. I vestiti erano piegati e le giacche appese alle grucce. Tutto stirato e tutto in fila ordinata.
Sospirò, pensando alla signora Hudson che lo doveva aver fatto per tenersi occupata e non pensare a Sherlock in ospedale. Si anche John capiva cosa provasse la donna. Anche lui doveva tenersi occupato per non pensare.
Prese un paio di pigiami, la vestaglia che era appesa dietro la porta. Piegò gli indumenti con cura, e poi uscì.
Si schiarì la gola. Greg stava aprendo e buttando tutti i libri sul pavimento.
“Poi lo sistemi questo casino. La signora Hudson darà di matto se lo vede.”
“Per favore, Sherlock teneva sempre tutto in disordine ma non mi pare che lei se la sia mai presa con lui.”
“A parte che non è vero e che gli diceva sempre di tenere in ordine, ma Sherlock è Sherlock.”
“Già. Allora trovato niente?”
“No. E tu?”
“Niente di niente, neanche uno straccio di indizio, una misera indicazione.”
“Te l’ho detto, lui si ricorda tutto.”
“Si ma io nella sua testa non ci posso entrare!”
“E le telecamere?”
“Stiamo esaminando quelle che erano presenti nei dintorni della zona dell’aggressione, ma al momento non c’è niente. Sempre la solita iella, quegli aggeggi è più le volte che non servono che quelli che sono utili.”
John si avvicinò alla libreria e con una mano, tenendo i vestiti di Sherlock sotto l’altro braccio, iniziò a controllare dei libri.
“Che cos’hai preso?”
“Uhm niente di che, la sua vestaglia, dei pigiami.” Greg lo guardò con un sopracciglio alzato.
“Che c’è?” sbottò John.
“Metti le mani nella sua biancheria John? Perché io ho degli amici, ma non gli scelgo le mutande.”
“A parte il fatto che non gli ho scelto le mutande. Se un tuo amico stesse male e finisse all’ospedale tu non gli porteresti un cambio pulito?”
“I miei amici hanno moglie e figli che glieli portano.”
“A volte sei proprio ottuso.”
“Ehi! Non c’è bisogno di prendersela tanto. Permaloso eh.”
“Primo, sei tu che stai facendo insinuazioni. Secondo, non c’è niente di male ad aiutare un amico, soprattutto se ci hai vissuto insieme per anni, e se lo faccio io non lo fa nessuno!”
“Sherlock ha un fratello.”
“Ma per favore. Mycroft al limite manderebbe la cameriera/segretaria quello che è, o gli comprerebbe un guardaroba nuovo.”
“Tu invece vuoi farlo di persona.”
“Faccio quello che farebbe una persona che ci tiene!”
“Ma tu te ne sei andato.” John chiuse gli occhi e prese un bel respiro, espirando dalle narici.
“Lo so. Lo so ok dannazione! Me ne sono andato perché mia moglie è morta quindi scusa tanto se avevo bisogno dei miei spazi! Ma ora sono tornato.”
Greg si limitò ad osservarlo con quell’espressione che assumeva quando aveva a che fare con uno dei suoi sospetti ed era consapevole che gli stesse mentendo ma voleva ugualmente vedere dove fosse disposto ad andare a parare.
“John. Tu lo hai accusato di essere la causa della morte di Mary.”
Era così, alla fine quelle parole che aveva detto in un momento di rabbia e dolore, venivano usate come un pugnale, con cui veniva pugnalato ancora, ancora ed ancora.
Prese su qualche libro, senza neanche controllare il titolo, poi prese la borsa a tracolla che si era portato e ci mise la roba.
“Non è a voi che devo chiedere scusa.” I suoi movimenti erano frenetici e secchi.
“No certo. Ci mancherebbe. Io ti avrei sparato se mi avessi detto quello che tu hai detto a lui.”
Si voltò di scatto verso il detective di Scotland Yard. Sentiva le lacrime che gli pizzicavano dietro agli occhi, ma non perché avesse voglia di piangere, erano lacrime di rabbia. Sapeva di aver sbagliato e avrebbe pagato quell’errore, probabilmente per il resto della sua vita.
“Forse sarebbe stato meglio.”
Chiuse la borsa con uno scatto, senza voltarsi prese la porta, per poi scendere le scale.
Sapeva che era stato un errore tornare al 221B di Baker Street.


Il viaggio di ritorno fu una lenta e lunga agonia, una sadica tortura. Continuavano a girargli nella testa le immagini di quella donna che sparava a Mary, e Mary, la donna che amava, morirgli tra le braccia, mentre lo implorava di prendersi cura della loro figlia.
E poi di lui... Sherlock. Era lì davanti a loro, senza dire una parola. E lo aveva odiato, lo aveva odiato come non aveva mai odiato nessuno altro in tutta la vita. E poi ricordava parola per parola quello che gli aveva detto. Lo aveva accusato di essere la causa di tutte le sue disgrazie, e lo aveva chiamato bugiardo e assassino. Il bello era che lo aveva visto, nel momento esatto in cui Sherlock era sprofondato nel dolore, ma lui stava soffrendo di più, quindi aveva infierito. Tutte le cose che aveva sentito sul suo conto negli anni, come un fiume di parole che non poteva più interrompere. Sociopatico. E gli aveva augurato di passare il resto dei suoi giorni da solo come un cane, e di morire da solo come un cane.
A quel ricordo gli salì la bile fino alla gola, per fortuna la metropolitana si era appena fermata. Si lanciò fuori, senza guardare contro chi stava andando, ricevendo anche qualche insulto. Ma non poteva fermarsi.
Premette la mano contro la bocca più forte che poté, sentiva il sapore orribile degli acidi che erano arrivato fino alla lingua. La borsa tracolla gli sbatteva contro la coscia. Per fortuna i bagni non erano troppo lontani, prese il primo che trovò e vomitò in uno dei cubicoli. Non c’era nessuno, il che era un altra fortuna. Andò al lavandino per darsi una pulita, non voleva guardarsi allo specchio, ma era lì, di fronte a lui, quindi alzò lo sguardo.
Aveva una faccia tremenda, come chi non dormiva bene da giorni. Le occhiaie cerchiate di scuro, probabilmente gli era venuta anche qualche ruga in più, lo sguardo spento e i capelli ingrigiti.
Represse un brivido e un altro conato di vomito, che cacciò giù a forza.
L’acqua della metro non era potabile e non aveva dietro neanche una bottiglia d’acqua, quindi si sarebbe dovuto tenere quel sapore orribile in bocca fino a casa, e poi non sapeva neanche in che fermata fosse sceso.
Aveva detto a Sherlock che sarebbe morto da solo come un cane ed era quasi morto da solo come un cane, in uno squallido parcheggio... Chiuse gli occhi e strinse più forte che poteva i bordi del lavandino. Gli girava la testa e sentiva le gambe deboli. Voleva urlare, ma sarebbe stato un modo di sfogarsi, e non si meritava di stare meglio.
Come aveva fatto ad essere così crudele. A pensare delle cose tanto orribili di una persona a cui era tanto legato.
La parte razionale della sua mente gli ricordò che forse non si meritava l’affetto di Sherlock dopo tutto quello che gli aveva fatto, e non potè che concordare.
Prese un pezzo di carta dal dispenser e lo bagnò con l’acqua, per poi passarselo sul viso. Per fortuna l’acqua fredda lo aiutò a riprendersi, anche se non troppo. La nausea e il disprezzo per se stesso erano ancora lì.
Uscì dalla metro, aveva bisogno di aria, si sentiva soffocare a stare a metri sotto terra.
Prese le prime scale che trovò che portavano all’uscita. Una volta fuori inspirò a pieni polmoni. Stava sudando talmente tanto che sentiva la schiena bagnata e la camicia che si appiccicava alla pelle, i capelli attaccati alla fronte madida.
Sospirò ed andò a cercare la fermata dell’autobus.


Quando tornò finalmente a casa non aveva la forza di occuparsi di Rosie. Si sentiva come un relitto.
Chi lo conosceva si sarebbe spaventato a vederlo in quello stato.
Chiese alla babysitter se potesse tenere la bambina per quella notte, le promise di pagarla il doppio; lei anche se un po’ riluttante per fortuna accettò. Appena fu solo gettò tutto nella lavatrice e si buttò sotto la doccia. Lasciò che scorresse l’acqua fredda. Il contatto con le gocce che gli colavano lungo il corpo accaldato lo fecero rilassare abbastanza. Appoggiò la fronte contro le piastrelle, e rimase lì per un po’. Più tardi sarebbe dovuto andare da lui ma non ne aveva la forza, solo l’idea di rivederlo…
Ogni fibra del suo essere gli stava gridando di farlo. Non poteva rinunciare ad andare, ma davvero non c’è ne aveva la forza. Chiamò l’ospedale per avvisare che non sarebbe andato quel giorno, problemi con la bambina. Anche usare Rosie come scusa era vile, ma sentiva di non avere scelta.
La parte razionale della sua testa gli diede del codardo, l’altra era semplicemente troppo delusa per rispondere.
Guardò la borsa appoggiata sul divano. Si avvicinò con fare circospetto, come se quella borsa fosse un oggetto pericoloso a cui avvicinarsi con cautela. Sollevò la parte superiore, dentro si vedevano solo i libri. Ne spostò alcuni, ed infilò la mano sotto, quando sentì la stoffa liscia con la punta delle dita, la afferrò e la sfilò da sotto. La vestaglia di Sherlock. In realtà non sapeva nemmeno perché lo stesse facendo. Anzi sì, perché era un folle, un pazzo totale.
Avvicinò l’indumento al petto, e poi si avvicinò con il volto, respirando a pieni polmoni. Ringraziò mentalmente che la signora Hudson non si fosse ricordata di guardare dietro la porta e che non avesse lavato la vestaglia.
Era una fortuna non ci fosse nessuno a guardarlo, era già abbastanza imbarazzante così.
Si morse quasi a sangue l’interno delle guance. Gli era mancato davvero molto, più di quanto pensasse. Non sentire più la sua voce, il suo passo pesante quando si aggirava per la casa perché si annoiava. In realtà ricordò solo in quel momento che la cosa era finita già molto prima, quando era andato a vivere con Mary. Non ci aveva pensato molto all’epoca perché comunque Sherlock era quasi più spesso a casa loro che a casa sua, quindi non sentiva particolarmente la mancanza, ma ora quella consapevolezza lo aveva schiaffeggiato.
Quando se ne era andato da Baker Street aveva fatto di tutto per rimanere da solo, e ora non gli piaceva nemmeno un po’. Alla fine era rimasto lui solo come un cane.
Sì c’era Rosie, ma non poteva comunicare con una bambina di un anno e poco più. E nemmeno Greg contava perché al di là di qualche caso sporadico non lo vedeva fuori dal lavoro.
No non era mai stato molto bravo con le amicizie. Strinse ancora a se la vestaglia.
Per un attimo gli balenò un'idea ancora più folle ma la represse immediatamente, così era anche troppo. Ripiegò la vestaglia con cura, e la mise sopra i libri, insieme ai pigiami, in modo che non si schiacciassero.
Strisciò nel proprio letto, senza quasi più forza, e poco dopo si addormentò.


Un suono fastidioso gli martellava il cervello. Era talmente annebbiato che non capiva nemmeno dove si trovasse, c’era solo aperta campagna, a perdifiato, era immerso nella brughiera di chi sa quale zona. Nebbia, non si vedeva nulla se non il luogo in cui si trovava. Non c’era anima viva, non sapeva come o perché, ma era sicuro fosse così. Si trovava solo con se stesso, nel nulla. Il cielo era grigio. Sembrava tutto fermo, immobile.
Se ne stava lì fermo, senza avere idea di dove fosse o dove andare. Il rumore martellante sembrava volesse perforargli la testa.
Un bip incessante.
“John.”
Si voltò con uno scatto, il cuore che batteva a mille.
“Sherlock!”
“John mi dispiace.” la voce era ovattata e lontana, ma sapeva perfettamente fosse la sua perché avrebbe potuto riconoscerla in una folla.
“Sherlock!” Poi la vide, nella nebbia c’era una figura, si frastagliava lunga e nera. L’istinto gli diceva di andargli incontro, e così fece, ma non importava quanto camminasse, la figura era sempre lontano da lui.
“John.”
Poi un'altra voce, questa volta non era di Sherlock, ma la voce di una donna.
“John sono qui.” lei lo chiamava.
Si voltò dalla parte opposta. Un'altra figura che si stagliava nera e in lontananza, coperta dalla nebbia.
“Mi dispiace.” Di nuovo la voce di Sherlock.
“John perché lo hai fatto?”
“Fatto cosa?” Chiese, ma la voce di donna non gli rispose.
“Mi dispiace. È colpa mia”
Ormai girava in torno, ma finiva sempre nello stesso punto.
“Questo è il passato, lascialo andare.- gli parlò dolcemente la voce di donna. -Lasciala andare.”
A quelle parole gli si rizzarono tutti i peli.
“Lasciala andare? Chi devo lasciare andare???”
“Lo sai.” rispose la donna
“Non merito il tuo perdono.” Dietro di lui la voce di Sherlock era sempre più in lontananza.
“No che non lo so!”
“Lasciala andare.” La seconda figura e la voce di donna sparirono.
John fece per girarsi e andare verso la prima figura, quella da dove proveniva la voce di Sherlock, ma anche quella era sparita.
“No! Ehi dove siete!” Era completamente solo, in una landa desolata e coperta da nebbia. Sentiva freddo.
Spalancò gli occhi. In qualche modo si era ritrovato seduto, nel suo letto. Il cuore che martellava furioso nel petto e nella gola e il sangue che scorreva come un fiume in piena, nelle orecchie.
Era rimasto senza fiato e stava respirando come un pesce fuor d’acqua.
Il bip incessante aveva ripreso a perforargli il cranio.
La vista era appannata e non riusciva a vedere nemmeno davanti al proprio naso. Pian piano i contorni dell’armadio iniziarono a prendere forma.
Anche il suo udito sembrò stabilizzarsi, perché finalmente riconobbe il suono del cellulare. Si lanciò sul comodino, e prese l’apparecchio.
Non era una chiamata ma la sveglia.
Non si ricordava nemmeno quando l’aveva impostata, ma era una fortuna perché erano le undici e lui doveva andare all’ospedale.
“Merda!”
Balzò giù dal letto e si infilò quasi dentro l’armadio. Per fortuna aveva già fatto la doccia la sera prima, anche se aveva sudato con il sogno, o meglio, con l’incubo, ma si sarebbe dato una sistemata veloce prima di uscire.
Infilò le prime cose che gli capitarono a tiro, un paio di pantaloni beige, una camicia con il maglione a collo a V.
Mise calzini e scarpe ed era pronto, avrebbe preso qualcosa per fare colazione mentre andava alla metro.
Poi si ricordò di Rosie.
Chiamò la babysitter, che non sembrava molto contenta di averla dovuta tenere tutto quel tempo fuori programma. John provò a convincerla a tenerla un altro po’, ma lei per tutta risposta gli disse che non era una governante e che comunque doveva studiare; John rassegnato le aveva promesso che sarebbe andato a prendere la bambina da lì a poco. A quanto pare non aveva altra scelta che portare con sé Rosie all’ospedale. Odiava quell’idea, ma non poteva assolutamente permettersi di dare ancora buca a Sherlock, sicuramente stava già pensando di essere stato abbandonato, di nuovo.
Finalmente uscì di casa.

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Note d’autrice:

E finalmente siamo giunti al capitolo 10. John per un attimo torna a casa, anche se ha uno “scontro” con Greg, che magari potrebbe sembrare un po’ duro, ma provate a vederla dal suo punto di vista, lui si trova messo in mezzo a tutto questo casino, da una parte quei due che hanno litigato e non si sono visti per un anno, dall’altra deve comunque indagare, e non gli sta andando molto bene al momento. In più vuole vedere le reazioni di John, quindi un po’ lo punzecchia per farlo svegliare.
Quindi insomma non è che si sia impazzito tutto d’un tratto.

Grazie a chi mi ha aggiunta tra i preferiti/seguiti!

Ero indecisa se allungarlo questo capitolo, so che è corto, ma poi non mi piaceva dividere il prossimo, quindi mi dispiace, ma ho preferito tenerlo come l’ho concepito.


Ci si legge al prossimo capitolo!

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Capitolo 11
*** Capitolo 11: ***


Capitolo 11:

***

AVVISO: Ho avuto dei problemi tecnici con questi due capitolo e mi sono accorta che mancavano delle parti, ho quindi aggiunto un lungo pezzo che vi consiglio di recuperare al capitolo 10, nella parte finale. Scusate ancora per il disagio.

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Girare la città con una bambina piccola non era affatto facile.
Aveva Rosie nel marsupio per bambini, agganciata al sicuro contro al suo petto, la borsa con le sue cose da un lato, e la borsa con le cose di Sherlock dall’altro. Si sentiva caricato come un mulo. In più, Rosie odiava la metropolitana. Troppo chiuso e troppo caos. Quindi almeno per quella volta, si rassegnò a chiamare un taxi.


Entrò nell’edificio, tolse il berretto dalla testolina di Rosie, che sembrò gradire, odiava essere costretta sotto coltri di vestiti pesanti, e poi sembrava molto interessata da quel posto nuovo e da tutto il viavai. Presero l’ascensore.
Non c’era nessuno così entrò nella stanza di Sherlock, che quando li vide spalancò l’occhio buono, come se fosse sorpreso di vederlo lì.
“Ehi, come stai? Scusa per ieri.”
Sherlock scosse la testa. John si avvicinò al letto.
Sherlock si allungò sul comodino, aprì il cassetto, tirò fuori un piccolo quaderno e una penna.
“Ah che fine ha fatto il taccuino di Lestrade?”
John era sorpreso di vederlo sostituito con dell’altro, pensò se nel tempo che non era andato a trovare Sherlock in ospedale, non fosse venuto qualcuno degli altri.
‘Me lo ha dato il dottor Lewis.’ scrisse Sherlock con calligrafia incerta.
“Oh. E’ stato molto cortese da parte sua.” in effetti John si trovò molto colpito da quel gesto. L’uomo non era di certo obbligato a farlo.
“E’ passato qualcun altro?”
Sherlock si mise a fissare John, e scosse la testa. Così John apprese che probabilmente era rimasto da solo per tutto il tempo. Si sentì sprofondare nella vergogna, si sarebbe potuto sforzare di più per andarlo a trovare.
“Mi dispiace davvero per ieri. Ma non ho potuto farne a meno. Scusa ancora, non succederà più.”
Sherlock riprese a scrivere.
‘Devi pensare a lei, non a me.’
“Non cominciare Sherlock.”
‘E’ tua figlia, è giusto che tu stia con lei, non con me.’
“No, io sono qui perché voglio essere qui, e non ti libererai di me, qualunque cosa tu dica.”
’E se ti dicessi che non ti voglio vedere? Che non ti voglio qui?’
John poté chiaramente sentire il cuore incrinarsi nel petto.
“E’-è quello che vuoi?” gli aveva leggermente tremato la voce alla fine, anche se aveva cercato di non far trasparire le proprie emozioni.
Sherlock lo guardò intensamente.
‘No, certo che no. Ma non importa quello che voglio io. Cosa le dirai?’
“Come?” davvero, non ci stava capendo più niente.
‘A tua figlia, su quello che è successo.’
John si sentiva girare la testa.
“Perché ne stiamo parlando? Non voglio parlarne.”
‘Dovrai farlo prima o poi.’
“No che non devo.”
‘Vuoi mentirle?’
John si sentiva preso in una morsa di esasperazione e disperazione. Uno dei dei motivi per cui si era auto isolato, era proprio quello di non farsi mai domande del genere, e non avere nessuno che gliele facesse, e ovviamente ora si ritrovava a dover affrontare una delle sue più grandi paure.
“Non ho detto che voglio mentirle. Le dirò quello che è successo, o vero che una pazza ha sparato a sua madre, quando sarà abbastanza grande per capirlo.”
‘Una pazza ha sparato a sua madre, a causa mia.’
“Ma non è vero!”
‘Vorrà sapere i dettagli.’
“Non serve che sappia i dettagli.”
‘Crescerà e inizierà a fare domande, potrebbe andare in giro a chiedere.’
“E a chi??? Sono in pochi a sapere come sono andate le cose, e a meno che tuo fratello o Lestrade non facciano la spia, non vedo in che altro modo potrebbe scoprirlo.”
‘Potrei dirglielo io.’
“Non osare. Non sei così crudele.”
‘Sono crudele perché è giusto che sappia la verità su sua madre?’
“Ok. Vedila così, se glielo dici soffrirà moltissimo, mentre se ci limiteremo a dirle che una pazza ha sparato a sua madre, come ti ho detto, soffrirà solo per un po’, ma poi le passerà.”
‘Ma sarebbe una mezza verità.’
“E perché?”
‘Puoi fare solo due cose John. Puoi dirle la verità o mentirle. Non puoi dire una cosa, anche se vera a metà o in parte.’
“Non voglio mentirle! E non è una cosa vera a metà o in parte! Una pazza ha sparato a sua madre. È così che è andata!”
Sherlock scosse la testa.
‘Dillo ad alta voce. Di com’è andata! Di perché lei si è messa in mezzo!’
“Che importanza ha! Si è messa in mezzo per salvarti!”
‘Sì, quindi è morta a causa mia. Comunque la metti questi sono i fatti. Io sono la causa della morte di sua madre. Della persona che l’ha messa al mondo. Lei non ha più una madre perché si è dovuta sacrificare per qualcuno... che non valeva tanto disturbo.’
Ricevere una pugnalata al petto probabilmente avrebbe fatto meno male di quelle parole.
Mandò giù il nodo in gola.
“Vorrei solo che le cose tornassero come prima.” strinse Rosie al petto.
‘Non possono tornare come prima. Non si può aggiustare questa volta.’
“Non me ne vado se è quello che pensi!”
Sherlock sorrise ma era un sorriso amaro. La cicatrice rossa che spiccava più del colore delle sue labbra si tirò verso l’alto.
‘Perché devi essere sempre così testardo?’
“Questa è bella! Da che pulpito!”
‘Va a casa John. Pensa a lei. Un ospedale non è un posto per un bambino. Io non ho bisogno di te, ho già mio fratello.’
L’orgoglio ferito era difficile da farselo passare.
“Ma chi ti crede! Tu non ci vuoi stare con tuo fratello, sempre che ti ci faccia andare a casa quando starai meglio, e non puoi stare da solo.”
‘Ci sono stato per gran parte della mia vita da solo. Ci sono abituato.’
“Ma io sono qui adesso! Ho sbagliato tutto nell’ultimo anno, ho fatto degli errori enormi. Ma giuro che finché avrò vita cercherò di rimediare.”
‘Non sei tu a dover rimediare.’
“Sì invece. E lo farò. Te lo prometto.”
Sherlock guardò John dritto negli occhi, e John sentì il cuore sprofondare sotto i piedi. Era durato solo solo un attimo quello sguardo, ma era bastato.
‘Non hai risposto alla mia domanda.’
“Che cosa?”
‘Cosa le dirai?’
John si passò una mano sul viso.
“Ha solo un anno, non possiamo pensarci, che ne so, tra quindici anni?”
Sherlock fece un piccolo sorriso.
‘Vuoi dirglielo in piena tempesta adolescenziale? Ottima idea.’
John fece una smorfia.
“Non mi ci far pensare. Allora quando ne avrà venticinque. O trenta. O magari ecco, ancora meglio, quando sarò in punto di morte.”
‘Vuoi dirglielo in punto di morte? Chi è quello crudele ora.’ John sbuffò più forte, e Rosie si voltò di scatto per capire cosa fosse stato quello strano suono.
“Scusa amore. Facciamo che non glielo dico proprio, mai.”
‘Quindi, di nuovo, vuoi mentirle.’
“No. Voglio non dirglielo. Non può essere una bugia se non dico una parola.” provò a parlare più lentamente, anche perché gli stavano saltando i nervi.
‘Lei ti farà delle domande. Vorrà delle risposte. Vorrà sapere di sua madre.’
“Se è per questo sua madre era anche una spia e un'assassina su commissione. Che facciamo gli diciamo pure questo?”
Fu il turno di Sherlock di fare una smorfia.
‘No.’ convenne.
“Visto. Quindi non c’è bisogno che sappia tutto.”
‘Ma lei vorrà comunque sapere la storia di sua madre.’
“Santo cielo Sherlock sei impossibile.”
Quando si voltò Sherlock lo stava di nuovo fissando, con una strana espressione.
“Che c’è?”
Scosse la testa.
“Perché non mi parli e basta?”
‘Ti sto parlando.’
“Intendo perché non mi parli con la tua voce.”
Abbassò ancora di più la testa, così poteva vedere solo i ricci neri.
Pensò che gli erano mancati. In realtà gli era mancato tutto Sherlock.
Sherlock si strinse nelle spalle.
‘Non mi va.’
“Prima o poi dovrai farlo.”
‘Magari no. Stanno tutti meglio se non parlo.’
Eccola la. Un altra pugnalata.
Sherlock nemmeno si rendeva conto di farlo, anzi, nella sua testa era la causa di tutto quindi si era autoconvinto di essere un problema.
“Con me puoi farlo. Io la voglio sentire la tua voce.” un brivido scese lungo la schiena di John. Si la voleva sentire davvero la sua voce. Non avrebbe mai ammesso a nessuno, nemmeno sotto tortura, che ogni tanto lo aveva chiamato, solo per sentire la sua voce registrata nella segreteria.
Sherlock alzò le spalle.
‘Non ci riesco.’
John gli mise una mano sulla spalla. Ma fu una pessima idea.
Perché quando Sherlock alzò la testa e sollevò gli occhi su di lui, tutto quello che riusciva a vedere era, che ora erano tornati più azzurri rispetto a prima.
Certo l’occhio sinistro era ancora pesto e gonfio e striato di rosso, ma l’azzurro c’era.
John si sentì morire.
“Scusa... io... io la smetto, se ti da fastidio.” Fece per togliere la mano, ma venne bloccato da quella di Sherlock, che ora era sopra la sua.
Il cuore prese a martellargli nel petto, se lo sentiva fino alla gola. Con il polpastrello del pollice gli accarezzò il dorso della mano, e Sherlock strinse le dita sulle sue. Non ebbe tempo per realizzare e dare una spiegazione a quello che stava succedendo, perché la bambina gli stava scivolando dal braccio e dovette interrompere il contatto per usare entrambe le mani.
“Inizi a pesare signorina.” Rosie dimenò le braccia e le gambe, così la mise a sedere sul letto.
Sembrava soddisfatta di trovarsi in un posto comodo. Libera di muoversi. E poi aveva nuove cose che attiravano la sua attenzione.
Come ad esempio il saturimetro al dito di Sherlock. Lampeggiava anche di rosso. Era praticamente un fiore che attirava in ape. Una piccola ape dispettosa.
“No amore non si può giocare con quello. Guarda il cagnolino.”
Provò a distrarla con il peluche ma niente, così Sherlock passò l’apparecchio al dito dell’altra mano e la nascose in modo che Rosie non potesse vederlo.
“Grazie.” Sherlock gli sorrise.
La bambina all’inizio sembrò contrariata ma trovò subito qualcos’altro di interessante, così iniziò ad armeggiare con il braccialetto dell’ospedale al polso di Sherlock.
John sospirò.
“Scusa.”
Sherlock gli sorrise, lasciando che lei potesse giocare con lui.
Rimasero lì per alcune ore, poi arrivò il momento di portare la bambina a casa.
“Va bene è ora di andare a fare la nanna piccola volpe furba.”

_______________________________________________________________________________________________________________

Note d’autrice:

Sorry for the late, avrei dovuto pubblicare venerdì, ma purtroppo mi sono accorta che mancava un intera parte del capitolo 11, non so perché, forse l'ho cancellata per sbaglio, non ricordo nemmeno come, però ho dovuto riscriverla da 0, perché non ricordavo più quello che avevo scritto in precedenza. L'ho quasi modificato del tutto, e ho aggiunto una parte al capitolo 10, che vi consiglio di andare a recuperare per avere le idee più chiare.
Scusate ancora per questo disagio assolutamente non programmato. Aspetto con ansia un vostro parere su questi due capitoli.
Inoltre non so se lunedì riuscirò a pubblicare, dipende come starò nei prossimi giorni, altrimenti ci leggiamo direttamente venerdì.

Much Love.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12: ***


Capitolo 12:

***

Si rigirò nel letto tutta la notte, con le parole di Sherlock che gli risuonavano nella mente, ancora e ancora. Si girò sul fianco sinistro, ma gli occhi erano più spalancati che mai. Ogni volta che qualcosa lo tormentava, ecco che ricominciava l’insonnia. Gli era successo con la guerra, e tutto il periodo seguente, gli era successo dopo la morte di Mary.
Il problema è, che era riuscito a trovare un equilibrio dopo che si era trasferito a Baker Street, e aveva iniziato ad indagare con Sherlock. Quella era stata una valvola di sfogo, aveva imparato ad incanalare le sue emozioni, a concentrarsi su altro e lasciare andare i suoi traumi. Ma adesso non sapeva più come fare. Ci aveva impiegato mesi a riprendere un decente ritmo del sonno dopo quello che era successo con sua moglie. Ora ci si metteva anche questo. Non sapeva come affrontarlo. Come doveva fare per farsi perdonare? Come poteva riavvolgere il tempo e cancellare le parole che aveva detto? Ormai il danno era stato fatto. Lo aveva ferito e probabilmente ci sarebbero voluti anni per ricucire le sue insicurezze. Sempre che ci fosse riuscito, Sherlock era molto testardo, e se ora si sentiva in colpa, nessuno lo avrebbe mai convinto del contrario. Nessuno lo poteva convincere mai di nulla, se si metteva in testa qualcosa, era così e basta.
Si maledisse. Lui e la sua dannata rabbia incontrollata. Sbuffò e calciò le coperte, per rotolare fuori dal letto. Era inutile restare lì. Andò nella stanza di Rosie, senza accendere la luce si avvicinò al suo lettino. Dormiva beata. Dopo quella giornata movimentata era crollata ancora prima di arrivare a casa. Avrebbe dormito tutta la notte. Per fortuna.
Pensò quanto fosse bella. Le guance tonde, i capelli biondissimi e ribelli. Sembrava un angioletto beato.
La baciò sulla fronte e uscì.
Andò in cucina a prepararsi un bel caffè, in quel momento alzò lo sguardo sull’orologio e vide che erano le 5 del mattino. Sospirò.
Passò le seguenti tre ore a ripulire e riordinare tutta la casa.
Non che fosse così grande, erano solo una sessantina di metri quadri, ma bastarono a tenerlo occupato. Quando si fecero le otto ormai non c’era più nulla da lucidare e Rosie si era svegliata. Così poté dedicarsi a lei. Le fece un bel bagnetto e la vestì bene, poi fu il turno della colazione. Una banana schiacciata con due biscotti nel latte. Lei sembrava soddisfatta quindi lo era anche lui. Alle nove arrivò la babysitter. Lasciò la piccola con lei e uscì.
Sinceramente non sapeva cosa fare. Greg non si era fatto sentire e per l’ospedale era presto. Così gli venne in mente di passare dalla signora Hudson, era da un po’ che non la vedeva e sembrava l’unica che non lo voleva morto, per cui sì, avrebbe potuto farci un salto.


Per fortuna la donna era a casa.
Bussò al 221B. Quando la signora Hudson aprì e lo vide, si illuminò.
“John!” Lo strinse in un abbraccio.
Le era mancata.
“Buongiorno signora Hudson.”
“Oh mio caro ragazzo non posso credere che tu sia davvero qui!” lo stritolò tra le esili braccia. Si era dimenticato di quanta forza avessero gli abbracci della signora Hudson.
“Mi era mancata anche lei signora Hudson.” lo disse praticamente con il viso premuto contro al petto della donna. Il profumo di rose che usava arrivava fino al cervello, solo che lei non sembrava proprio intenzionata a lasciarlo.
“Possiamo entrare signora Hudson?”
“Oh ma sì sì certo.” Finalmente lo lascio andare, così ne approfittò per prendere fiato.
Entrarono nel piccolo appartamento al piano terra, ovviamente non potè non lanciare uno sguardo al piano superiore. Una fitta gli strinse il cuore.
Andò a sedersi al tavolo in cucina.
“Lo vuoi un tè John? O preferisci il caffè? Anzi no, ti faccio tutti e due.”
“Ho già fatto colazione grazie.”
Ma lei stava già armeggiando con pentole varie e la macchinetta del caffè. John sospirò. Non era cambiato proprio niente.
“Ho sperato così tanto che passassi a trovarmi.”
Dopo i sensi di colpa per aver abbandonato Sherlock mancavano quelli per aver abbandonato la signora Hudson. Perfetto.
“Si... mi scusi. Ma sono stato impegnato, sa la bambina...” era proprio un codardo. Avrebbero dovuto congedarlo con disonore dall’esercito, altro che dargli una medaglia.
“Ma certo non te ne faccio assolutamente una colpa, avevi già i tuoi grossi problemi. Come sta quella piccolina? Non la vedo da così tanto.”
“Una meraviglia. È cresciuta. Tempo qualche anno e sarà più alta di me.”
La donna a quelle parole scoppiò in una risata.
“Mi erano mancate le tue battute John.”
“Senta signora Hudson... ma... che mi dice degli altri? Mycroft viene mai qui? E Molly?”
“Per carità no, Mycroft non si fa mai vedere, non lo vedevo da più di un anno, prima del... beh insomma lo sai. Molly invece è una così brava ragazza. Ci tiene a farmi compagnia e passa spesso. A volte resta anche a cena e io le preparo il pranzo per il lavoro.”
In fondo un po’ era sollevato che la ragazza facesse compagnia alla signora Hudson. Era una persona che aveva bisogno di parlare con qualcuno, non era fatta per la solitudine.
“Mi fa piacere. Non sembra che io le piaccio molto.”
Nel frattempo una tazza di tè con il suo piattino coordinato e un piccolo cucchiaio di argento erano comparsi davanti a lui. Aggiunse un goccio di latte e prese un piccolo sorso.
“Ma no che sciocchezza. È solo sconvolta per Sherlock. Tu lo sai quanto ci tiene a lui.”
Si... tenerci non era esattamente il termine che avrebbe usato.
Tutti lo sapevano che era cotta di lui. Tutti tranne Sherlock ovviamente, che sarà anche stata la persona più intelligente che avesse mai conosciuto, ma certe cose semplici e basilari a volte proprio non le vedeva. O non sapeva riconoscerle, o faceva finta di non vederle.
“Sì certo lo so.- Prese un altro sorso. -E’ che dalle occhiate che mi lancia, proprio non si direbbe sia quello il motivo.”
“Beh ecco... forse un po’ conte c’è l’ha...” eccolo lì, lo sguardo da colpevole.
“Che cosa mi deve dire signora Hudson? Che cosa sa che io non so?” usò lo sguardo più serio di cui fosse capace, anche se gli veniva da ridere.
Lei abbassò lo sguardo, era decisamente da colpevole.
“Lei potrebbe aver detto delle cose che non posso ripetere... nei tuoi confronti... Ti ritiene responsabile per quello che gli è successo. Dice che... che tu ti sei comportato male nei tuoi confronti e che tua moglie... oh santo cielo non è affatto bello che lei lo pensi, credimi gliel’ho detto, quella povera donna è... e non è giusto pensare certe cose dei morti.” Si portò una mano alla bocca alla parola morti.
“Scusa.- Pigolò. -non volevo dirlo.”
“Non fa niente signora Hudson. Va bene se dice la parola con la m.” Appoggiò la tazzina sul piattino.
“Mi creda non mi interessa quello che pensa Molly Hopper di me, di mia moglie, della mia famiglia. Ero solo curioso.”
“Io non credo che tu abbia detto quelle cose con cattiveria. Si dicono tante cose quando si è arrabbiati. Cose che non si pensano. Non penseresti mai delle cose così crudeli su Sherlock. Tu gli vuoi bene.”
Si commosse. La signora Hudson era la persona più buona che conoscesse. Sempre una buona parola per tutti, non pensava mai male di nessuno.
“Però l’ho detto. E me ne sono andato.”
“Dovevi affrontare il tuo lutto. Hai una bambina piccola. Anche se non ho figli posso solo immaginare quanto sia impegnativo fare il padre da solo.”
“Si è impegnativo.” convenne.
La signora Hudson gli mise vicino un'altra tazzina, questa volta con il caffè. E poi quattro diversi tipi di biscotti e metà di una crostata alle more.
“Tornerai qui?” Quella domanda a bruciapelo, quasi dal nulla, lo bloccò.
Non sapeva cosa rispondere, ma la donna si aspettava una risposta.
“Uhm non credo sia il caso con una bambina di un anno.”
“Ma qui c’è posto. Sai pensavo di andarmene nel sud della Francia, in una città con il mare. Giuro che questa umidità sarà la mia morte.”
“L’Inghilterra senza la signora Hudson non sarebbe più la stessa.”
“Che esagerato che sei.”
“Dico sul serio, come faremmo tutti senza di lei?” L’idea che fosse disposta a lasciare la sua amata casa pur di farlo restare lì era in ennesima pugnalata al petto, solo che questa volta il pugnale era incandescente. Non poteva permetterle un gesto tanto caritatevole per un uomo che non meritava tanta gentilezza e cortesia.
La donna si avvicinò e lo abbracciò.
“Ci manchi così tanto.” singhiozzò. Avrebbe voluto chiederle a chi si riferisse con quel ‘ci’ ma aveva paura della risposta. Come sempre, era un codardo che scappava.
“Ma mi dica una cosa. Lei sa cosa combinava Sherlock?”
La signora Hudson si staccò dall’abbraccio, tirando su con il naso, e si ricompose subito. Lisciò le pieghe della gonna con le mani.
“Mi ha fatto la stessa domanda il commissario Lestrade. Ma non so proprio niente di quel che combinava Sherlock. Ultimamente era sempre schivo, se ne andava quando io non c’ero e tornava praticamente all’alba, lo so perché lo sentivo salire le scale. Ma non so altro. Una volta gliel’ho chiesto, mi ha risposto che indagava.”
Le rotelle di John giravano, nel tentativo di cogliere qualche indizio nascosto, ma non è che ci fosse chissà che da capire.
“Indagava? Su cosa?”
“Ah non lo so. Qui non viene più nessuno. Non so come si trovasse dei clienti.”
Deglutì. Che cosa aveva combinato Sherlock in tutto il tempo che era rimasto qui da solo? Aveva un brutto presentimento, che si fosse infilato in qualche casino con della brutta gente. Forse Lestrade aveva ragione, aveva provocato la persona sbagliata. Ma a quest’ora qualcuno sarebbe andato a cercarlo... a meno che... non desse per scontato che fosse morto. Sherlock al momento era al sicuro solo perché la persona che lo aveva massacrato in quel modo era certo che la sua vittima era morta e sepolta.
“Oh John ma chi potrebbe mai fare una cosa tanto crudele? Solo un animale.”
“Immagino di sì. Non mi so spiegare quale possa essere il motivo di una reazione del genere.”
“Se solo Sherlock dicesse chi è stato. Ma pare non se lo ricordi.- La donna sospirò affranta. - Vorrei così tanto poterlo aiutare.”
“Anche io signora Hudson.”
Guardò l’orologio.
“D’accordo, è ora che vada all’ospedale.”
Ormai erano le dieci e voleva arrivare per quando fosse passato il carrello con il pranzo.
La signora Hudson lo abbraccio per l’ennesima volta, baciandogli le guance.
“Dagli un bacio da parte mia.” A quelle parole sentì le guance scottare.
“Ehm... si. Lo farò.”
“E per favore torna a trovarmi.”
“Glielo prometto signora Hudson, tornerò.”
“Vorrei così tanto poter vedere quella piccolina. Le preparerò una bella torta. Le mangia le torte?”
“Sì le mangia. Non si preoccupi, la porterò.” Infilò cappotto, guanti e berretto e prese la porta.
“A presto signora Hudson.”
“A presto John.”

Arrivò all’ospedale che ormai erano le undici passate. Entrò nella stanza di Sherlock.
“Ehi, ma stai camminando.”
Nella stanza c’erano altre due persone, un uomo e una donna, abbastanza giovani. Avevano dei camici diversi da quelli di dottori e infermieri. L’uomo era sulla trentina, aveva capelli scuri e con ricci molto folti, doveva essere originario del basso Medio Oriente, la donna invece sembrava originaria dell’India, lei aveva qualche anno di meno. Aveva i capelli neri legati dietro la testa, un viso piccolo e con la mascella delineata e gli occhi neri.
“Buongiorno signore, abbiamo quasi finito.”
“Non vi preoccupate, aspetto fuori.”
“Non c’è problema può restare se vuole.” Era stato l’uomo a parlare.
“Mi chiamo Amid. Lei invece è Kamala.”
“Piacere signore. È un parente?” La ragazza aveva una voce dolce e gentile e sorrideva timidamente.
“Ehm... sì, sì, viviamo insieme.” come gli fosse venuta una frase del genere ancora doveva capirlo. Si diede mentalmente dell’idiota. Ora tutti lo stavano fissando ad occhi sgranati. Si pure Sherlock, e aveva una strana espressione in viso.
John abbozzò un sorriso imbarazzato. Ormai il danno era fatto sarebbe stato stupido prolungarsi in spiegazioni.
“Bene. Noi siamo dell’assistenza, aiutiamo i pazienti con la fisioterapia. Il dottor Lewis ci ha chiamati.” Aggiunse l’uomo di nome Amid.
“Ah fantastico, si ha fatto bene.”
“Sì non fa bene restare troppo a letto, poi si atrofizzano gli arti.”
“Quindi va meglio?”
“Come scusi?”
“Se il dottor Lewis ha detto che può alzarsi vuol dire che sta meglio.”
“Ah, diciamo di sì. Le costole si sono rimarginate bene, se fa movimenti lenti e non troppo impegnativi non ci sono problemi.”
“Bene è davvero fantastico.” John era davvero entusiasta, almeno una buona notizia.
“Vuoi provare ad andare da tuo compagno?”
John per qualche strano motivo sentì le guance calde. Perché non correggeva l’uomo? Ma anche solo l’idea di dire qualcosa lo imbarazzava a morte. Maledizione a lui.
Schiarì la gola. Sherlock aveva addosso alcune delle cose che probabilmente gli aveva fornito l’ospedale, dei pantaloni grigio chiaro e una maglia uguale a maniche corte, calzini; sopra aveva messo la vestaglia che gli aveva portato il giorno precedente.
L’andatura era molto barcollante, ma cercava di tenersi dritto, avanzando un passo alla volta.
John si avvicinò di un paio di passi.
“No, resti pure lì.”
John rimase fermo sul posto a breve distanza. Sentiva le guance bruciare per l’imbarazzo e non riusciva a guardare davanti a se.
Piano piano, passo incerto dopo passo incerto, Sherlock gli si avvicinò, finché non si sentì stringere per spalle. Trattenne il fiato e alzò la testa.
Sentì i pensieri essergli risucchiati. Sherlock era lì, davanti a lui, e pochi centimetri di distanza, e gli si stava aggrappato alle spalle. Poteva sentire quelle dita lunghe e magre che gli affondavano nelle ossa, ma non era fastidioso. Nemmeno si ricordava più quanto tempo fosse passato dall’ultima volta che ce lo aveva avuto così vicino, non era più abituato, e non era più abituato a guardare dentro ai suoi occhi azzurri; non c’è la faceva a sostenere quello sguardo.
Si riteneva pur sempre un codardo.
“Bravo. Ci sei riuscito.” sentiva l’emozione tradirgli la voce. Ovviamente non poteva aspettarsi una risposta da Sherlock, e nemmeno riusciva a guardarlo, quindi non gli restava che immaginarlo.
“Ok per oggi basta così, dai torna a letto.” Amid aveva fatto il giro e si era avvicinato per accompagnare insieme alla ragazza, Sherlock a letto.
“Vedrai che in poco tempo tornerai a camminare, devi solo dare il tempo ai tuoi muscoli di riattivarsi.”
Lo sistemarono, ricollegando i vari cavi.
“E’ stato un piacere signore, noi torneremo domattina, se vuole può venire tranquillamente.” fu sempre il ragazzo a parlare.
“Sì, sì senz’altro, volentieri. Allora ci vediamo domani.”
I due ragazzi uscirono dalla stanza.
John si avvicinò.
“Stai migliorando tantissimo, vedrai che tornerai a casa presto.”
Sherlock annuì, poi prese il blocchetto e la penna dal cassetto del comodino.
‘Posso chiederti un favore?’
John era sorpreso da quella domanda ma rispose senza neanche pensarci.
“Certamente, qualunque cosa.”
‘Potrei avere un altro quaderno o un agenda per poter scrivere? E altre penne… Ma solo se non devi fare un giro solo per questo.’
“Ma sì assolutamente non è un problema, te li porto domani.”
Poi però sembrò che Sherlock ci pensasse un attimo, e scrisse di nuovo.
‘No lascia stare, non ho soldi e non posso chiederli a Mycroft.’
“Figurati per così poco, lascia perdere Mycroft, ti porto tutto domani. Ti serve altro?”
Sherlock scosse la testa.
‘Non fa niente. Non serve.’
John sospirò.
“Senti stavo pensando, so che non c’è spazio per tutti a casa della signora Hudson, ma potrei cercare qualcosa vicino. Così non dovrai più stare da solo.”
In quel momenti Sherlock si voltò a guardarlo e John preferì non aver mai esposto quel pensiero. Solo ora si era reso conto che sì, i suoi occhi erano tornati del solito limpido azzurro, ma c’era un rossore diverso da quello causato dai vasi sanguigni rotti.
Quelli erano occhi di qualcuno che aveva pianto. Sentì un nodo alla gola. Non aveva il coraggio di chiederglielo.
Certo che c’era qualcosa che non andava. Tutto andava male. Tremendamente male. E poi anche ammesso che gli avesse risposto, era terrorizzato dal sapere le motivazioni.
‘Te l’ho detto, non pensare a me.’
E come diavolo faceva a non pensare a lui quando non faceva altro che essere nella sua testa? Anche quando sognava, sognava lui!
“Io ci penso e come a te Sherlock! - a quelle parole Sherlock aveva sobbalzato. Magari non avrebbe dovuto dirglielo con tanta enfasi. - Cioè, abbiamo già affrontato questo discorso. Se pensi di non potermi perdonare per le cose che ti ho detto ok, lo capisco. Ma non farò due volte lo stesso errore. Io non ti abbandono.” Prese un bel respiro. Sherlock non gli rispose, allungò solo una mano, e la prese senza doverci pensare, e la strinse.

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Note d’autrice:

E siamo al capitolo 12, per fortuna oggi sto meglio rispetto a ieri e sono riuscita a sistemare tutto il capitolo per la pubblicazione.
Dopo la fatica di settimana scorsa per sistemare i capitoli 10 e 11, almeno questo non ha richiesto nessuna modifica o grossa correzione.
Qui iniziano a succedere cose su cose. Finalmente John va a trovare la signora Hudson e si scoprono cose in più… Indizi su quello che più o meno combinava Sherlock, Sherlock che ancora non ne vuol sapere di parlare.

Mi dispiace che le recensioni stiano diminuendo di parecchio, nei primi capitoli erano molte di più, ed è un vero peccato, mi dispiace davvero vedere le cose scendere invece di salire. Io speravo soprattutto con il progredire della storia, perché magari i primi capitoli potevano essere meno interessanti.

Ci tengo comunque a ringraziare le persone che hanno inserito la storia tra le preferite e le seguite.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13: ***


Capitolo 13:

***

La settimana proseguì in modo abbastanza tranquillo. Sherlock migliorava lentamente ma di giorno in giorno. John si recava all’ospedale la mattina e poi il pomeriggio, e a volte restava per dargli il pranzo.
Aveva anche mantenuto la promessa di andare a trovare la signora Hudson.
La donna aveva persino insistito a tenere la bambina. Lui aveva provato a dissuaderla, in fondo era una donna di una certa età e una bambina così piccola poteva essere molto impegnativa, ma lei non voleva sentire ragioni. In più ogni venerdì erano a cena da lei. Così quella mattina del fine settimana, prima di andare all’ospedale, aveva lasciato Rosie con la signora Hudson.

Quando arrivò davanti la porta della stanza di Sherlock, si sentiva una voce da dentro, avvicinò l’orecchio, riconoscendo una voce anche troppo familiare. Mycroft. Prese un bel respiro ed espirò.
Giusto quello che ci mancava, e in più sembrava stesse facendo una ramanzina o qualcosa del genere, a Sherlock. Il sangue gli affluì direttamente al cervello dalla rabbia. Entrò senza nemmeno bussare. Subito entrambi si girarono nella sua direzione.
“Parli del diavolo.- Mycroft lo guardò con occhi di fuoco. Ecco il secondo round. -Tu!” Di nuovo quel maledetto dito puntato contro. Glielo avrebbe staccato un giorno o l’altro.
“Quale parte di sta alla larga da mio fratello non ti è chiara?”
John roteò gli occhi al cielo.
“Pensavo avessimo chiarito questa parte.”
“Non dovresti nemmeno aprirla quella boccaccia, cosa gli hai detto eh? Cosa gli metti in testa??? Non hai già fatto abbastanza danni!”
John non aveva idea di cosa stesse parlando, in realtà iniziava a pensare che il maggiore degli Holmes fosse impazzito, avrebbe spiegato molte cose.
“Cosa?” riuscì solo a chiedere, confuso.
“Fai il finto stupido con me John? Quindi non gli hai detto che tornerai a vivere con lui?”
John sentì il sangue ribollire nelle vene. Quella non era la verità e sicuramente stava per cadere in una trappola, ma non c’è la faceva a stare zitto.
“Non gli ho detto questo! Ho detto che avrei trovato una casa vicino e che non lo avrei più lasciato da solo!”
Mycroft lo guardò con sdegno.
“Ah ecco. Quindi lo ammetti, ammetti che questo è colpa tua.”
A quelle parole Sherlock afferrò il braccio di Mycroft e gli diede uno strattone.
“No non sto zitto! Se pensi che ti lascerò ancora nelle mani di questo bastardo hai proprio sbagliato!
Non starò a guardare mentre finisce di rovinarti! Ora sei una mia responsabilità!”
Sherlock sembrava volesse rispondergli, ma non poteva farlo.
“Ma guardati, sei ridicolo, nemmeno parli.”
“Falla finita Mycroft! Dici che lo fai per il suo bene e non fai che dargli contro!”
“Tu taci, non hai alcun diritto di replica in questa faccenda! Alla fine del mese lo farò trasferire in una clinica. Fine della storia.”
John sentì le guance avvampare dalla rabbia.
“Non puoi! Ha diritto di decidere per se stesso!”
Mycroft non si scompose, il suo volto era impassibile.
“Vallo a dire al giudice. Ti ho detto che questa storia non sarebbe finita qui, no?”
John sgranò gli occhi per la sorpresa.
“Quale giudice?”
“Qualche giorno fa ho chiamato un mio vecchio amico che lavora all’Old Bailey, non è stato difficile avere i documenti per la sua tutela.”
“Stai scherzando spero! È un uomo adulto!”
“Diciamo che il suo passato travagliato ha aiutato molto il giudice nella decisione.”
“Sei un figlio di... -
“No no, occhio a quello che dici, non è carino insultare mia madre dopo che è sempre stata così gentile con te.”
John si morse la lingua, non valeva la pena insultare la signora Holmes, che di certo non poteva sapere quanto fosse orribile il suo primogenito.
Mycroft si abbottonò il cappotto ed infilò i guanti.
“Ora devo andare.- sorpassò John, che ancora non sapeva come replicare. -Buona giornata.”
Se avesse potuto farlo, John lo avrebbe fatto fuori molto volentieri.
Appena sentì la porta richiudersi alle sue spalle riempì i polmoni con un grosso respiro, chiuse gli occhi e prese a massaggiarsi l’attaccatura del naso.
Quando riaprì gli occhi si ritrovò davanti Sherlock che piangeva. Le sue guance erano bagnate così come la maglietta che indossava. Alla fine la diga aveva ceduto. Non lo aveva mai visto lasciarsi andare così. Teneva sempre tutto dentro, forse per via dello stare da solo per anni, il fidarsi poco degli altri.
Corse accanto a lui.
“Ehi, dai non piangere, vediamo che la sistemiamo questa situazione. Una soluzione la troviamo.”
Sherlock gli si buttò praticamente addosso, lo strinse con le braccia e affondò con il viso contro al suo stomaco, sentiva la stoffa della camicia che indossava che si stava inzuppando di lacrime.
Piangeva a singhiozzi talmente forti da farlo tremare visibilmente.
“Va tutto bene.”
Prese a massaggiarlo con il palmo aperto sulla schiena.
Vedeva solo quell’ammasso di ricci neri e nient’altro.
“No...”
Sobbalzò. Non era stato lui a parlare. Solo in quel momento si rese conto.
“Non va tutto bene...”
Non lo sentiva parlare da talmente tanto tempo che non gli sembrava più nemmeno la stessa voce, e una volta avrebbe potuto riconoscerla tra una folla di gente. Ma ora era così bassa e roca, da essere quasi incomprensibile.
“Non c’è niente che va bene...”
Si sentì stringere con le dita la stoffa della camicia, come se si stesse aggrappando per non precipitare.
“Io non ti lascio, te l’ho promesso.”
Sherlock scosse la testa.
“Non puoi impedirglielo... aiutami... non... non ci voglio andare... non voglio andare via...” le ultime parole gli si strozzarono in gola. Lo sentì tossire un paio di volte.
“Dai adesso calmati, per favore.”
“Aiutami ad andarmene...” Si era infilato proprio in un bel guaio, come avrebbe dovuto fare?
“E dove vorresti andare? Stai male, hai bisogno di riposo e riabilitazione.”
“No! Non voglio stare da nessun’altra parte!”
“Sarà solo per un po’, finché non tornerai in forma come prima, poi tornerai a casa tua. Magari ci vorrà qualche mese ma...” non ebbe tempo di finire la frase, Sherlock si era staccato e lo stava fissando dritto negli occhi, ancora aggrappato; gli occhi gonfi e rossi, la bocca digrignata in una smorfia disperata.
“No! Possibile che tu non capisca! Non mi farà mai tornare a casa! Se entro lì dentro non potrò più uscire!”
“Senti, so che a tuo fratello piace fare lo stronzo, ma credo che sia preoccupato per te...” ancora non riuscì a finire la frase.
Sherlock gli diede uno strattone, si aggrappò alla sponda per non barcollare.
“Quel posto non serve per la riabilitazione! Ci mettono la gente problematica!” quasi lo disse ringhiando dalla rabbia.
John deglutì.
“Problematica in che senso?”
“Quelli come me. Quelli che considerano pericolosi per gli altri, o per se stessi... - tornò ad abbracciarlo. - Farò qualsiasi cosa, te lo giuro, ma non farmi andare lì.”
Il cervello di John correva veloce, mentre cercava di assimilare quelle informazioni. ‘Quelli che considerano pericolosi per se stessi.’ Quella frase in particolare continuava a risuonargli nella scatola cranica. Ok magari Sherlock non era esattamente l’emblema della normalità, e aveva avuto i suoi bei problemi in passato, ma mai, nemmeno tra un milione di anni, lo avrebbe considerato pericoloso per se stesso. Era semplicemente con i suoi guai. Come tutti.
“Va bene.”
Sentendo John dire quelle parole Sherlock alzò la testa.
“Cosa va bene?”
“Ti aiuterò. Non trovo giusto che qualcun altro decida per te. Troverò un modo, ancora non so quale, devi darmi il tempo di organizzare. Per fortuna ci vuole ancora un po’ prima della fine del mese.”
Sherlock scosse la testa.
“Non... non entrare nei miei casini. Hai già fatto abbastanza. Non è giusto che... che pretenda delle cose da te. Non devi farlo.”
Non sopportava questi cambi di idea, non era mai stato così, era sempre deciso sulle cose da fare.
“No. Ho detto che ti aiuto e lo faccio. Non ho alcuna intenzione di permettere a tuo fratello di farti sparire chissà dove e per chissà quanto tempo.”
Sherlock cercò di asciugarsi le guance con il dorso delle mani, ma era troppo zuppo per riuscirci in modo decente.
“Aspetta.”
John andò in bagno a recuperare un po’ di carta e lo asciugò come si deve.
Ovviamente aveva ancora gli occhi gonfi e arrossati e respirava con la bocca dischiusa. La cicatrice che gli tagliava in due il labbro superiore sulla parte destra, si era rimarginato ed era rimasta una cicatrice, con la pelle ancora viva, che si era leggermente gonfiata.
“Però devi stare tranquillo. Ti fidi di me?”
Sherlock lo guardò annuendo.
“Sai ho visto la signora Hudson di recente, ha detto che gli manchi.”
Sherlock ora aveva smesso con il pianto, e sembrava assorto in chissà quali pensieri, non era sicuro che avesse capito quello che gli aveva detto, stava per ripetere la domanda, ma l’amico lo precedette.
“Gli manca tutta la confusione che faccio sempre, i clienti che vanno e vengono e il violino a tutte le ore?”
John sospirò rassegnato.
“Non lo ha specificato, ma immagino di si. E’ molto preoccupata.” Ancora Sherlock non lo guardava in faccia.
“Un altra persona a cui sto facendo dannare l’anima. Dovrei dare retta a mio fratello.”
Questo era troppo persino per John.
“Ora basta!”
Sherlock trasalì, e un po’ gli dispiacque, ma non aveva intenzione di lasciare perdere.
“Ti stai auto commiserando Sherlock? Da quando fai così eh?”
Finalmente alzò la testa e lo guardò negli occhi.
“Non mi sto auto commiserando.”
“Invece si, te ne stai sdraiato lì a lamentarti e basta.”
Sherlock sembrò arrabbiarsi per quell’affermazione.
“E che altro dovrei fare! Avete deciso di salvarmi invece di lasciarmi in quel parcheggio, a quest’ora sareste tutti a casa vostra tranquilli!”
John perse la pazienza a quelle parole, come poteva anche solo pensarla una cosa del genere! Davvero credeva che sarebbero stati tutti meglio senza di lui?
“Sei proprio uno stupido! Dai degli stupidi agli altri ma tu sei il primo ad esserlo! - non voleva arrabbiarsi così con lui, ma ormai era impossibile fermarsi. Sperava solo di non dire altro che potesse peggiorare la situazione. -Pensi davvero che tutti noi saremmo stati meglio con la tua morte! Io, tuo fratello, la signora Hudson, non te ne frega niente di noi? Posso capire che tu c’è l’abbia con me, ma gli altri che c’entrano! Non meritano un briciolo di considerazione?”
Era rosso dalla rabbia, e Sherlock lo stava fissando sconvolto.
“E non guardarmi così! Cosa pensavi che facessi che ti dessi ragione!”
Ma l’altro non rispose, preferendo ammutolirsi e tornare nel suo silenzio selettivo.
“E rispondi per la miseria! Di qualcosa!”
Ma quelle suppliche non sortirono alcun effetto. Semplicemente non poteva ottenere nessuna risposta da lui.

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Note d’autrice:

Beh che dire, eccoci qui.
Ora si che sono curiosa di sapere le impressioni, finalmente Sherlock è tornato a parlare, più o meno, forse più meno che più(?).
E niente tutti continuando ad infierire su di lui, e John è l’unico che lo salva da questa situazione. Mycroft fa l’infame (non odiatemi per questo pliz), so che probabilmente molti non c'è lo vedono a comportarsi così ma per i fini della trama ho cercato di farlo più fedele allo scopo a cui mi serviva e non è stato affatto semplice.
Che avrà in mente ora John? 👀

Volevo ringraziare i miei adorabili lettori che si sono fatti sentire ❤️
Non mi aspettavo tanto affetto, evidentemente lamentarsi serve lol, e io che mi vergognavo perché mi sembrava di elemosinare.
Davvero grazie, grazie, grazie grazie. Ora la smetto.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14: ***


Capitolo 14


***


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Questo capitolo contiene scene con procedure mediche dettagliate.

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John era intenzionato a mantenere la parola che aveva dato. Non avrebbe abbandonato Sherlock di nuovo. Non aveva intenzione di vederlo andare via, e tornare chissà quando, forse un anno, forse di più. No, non lo avrebbe mai permesso. Certo il piano che aveva in mente non era esattamente la cosa più facile del mondo, ma se aveva imparato qualcosa con le sue avventure da detective, era il far perdere le proprie tracce.
Non era così sicuro che Mycroft gli avesse messo qualcuno alle costole, o lo stesse rintracciando in qualche modo, ma era meglio non rischiare. Così cercava di farli sembrare dei normali giri di routine.
Però purtroppo voleva anche dire riuscire a vedere meno Sherlock. Riusciva ad andare solo un paio d’ore la sera, e non gli piaceva. Sherlock era tornato nel suo mutismo selettivo, quasi non lo guardava in faccia, e questo gli stava dando l’impressione di qualcuno che si era arreso.
Forse Sherlock poteva essersi anche arreso, ma lui no.
Doveva fare tutto prima che scadesse il tempo.
John aveva il terrore che Mycroft non mantenesse la parola, che un giorno si sarebbe presentato in ospedale, e non avrebbe trovato Sherlock.
Così quella sera, quando entrò nella sua stanza, e vide il letto vuoto, sentì il cuore impazzirgli nel petto, il panico travolgero. Era già pronto ad andare a cercarlo anche in capo al mondo, se fosse stato necessario, poi però per fortuna si rese conto di alcuni particolari.
Si avvicinò al letto. Le coperte erano state tirate giù e messe da una parte. Il lenzuolo che copriva il materasso era ancora caldo e spiegazzato, quindi non era stato lasciato da troppo tempo. E poi i macchinari erano ancora accesi, c’era lo schermo con il rilevamento cardiaco che segnava ancora come se fosse stato collegato al paziente, anche se la parte che andava inserita al dito, ora si trovava abbandonata sul letto.
Il tubo che portava i liquidi della flebo era a terra e stava gocciolando sul pavimento.
D’accordo voleva dire che non doveva essere molto lontano, e se seguiva la logica, così come gli era stato insegnato, doveva cercare nei posti più probabili.
Sherlock?”
Dove poteva andare un uomo ferito che aveva passato tutto quel tempo fermo a letto?
Andò verso il bagno.
Sherlock sei qui?”
Sentì dei rumori provenire dall’interno, così spalancò la porta senza nemmeno bussare. La prima cosa che vide fu il rosso in contrasto del bianco del lavandino, gli ci volle un attimo per capire che quello era sangue. Quando alzò gli occhi, Sherlock era in piedi, per quanto fosse piccolo il bagno, occupava tutto un angolo.
Nella mano sinistra stringeva un pezzo di vetro, altri pezzi erano sparsi in giro, e il sangue stava colando copioso a terra. Lo stava fissando come un animale che attraversando la strada era stato sorpreso dai fari abbaglianti di un auto in corsa proveniente dalla direzione opposta.
Che hai fatto!” Corse da lui e gli prese il braccio, Sherlock sobbalzò a quel contatto. Sentì che aveva la mano bagnata e non sapeva perché, così quando tolse la mano per controllare, scoprì che era macchiata di sangue, così come la manica della vestaglia, sul braccio di Sherlock svettava un taglio, che andava dall’inizio del polso a qualche centimetro più sotto, non era molto lunga, forse cinque o sei centimetri, ma la cosa più importante era che per fortuna non fosse molto profonda. Lo guardò negli occhi.
Sei completamente diventato matto!- sibilò tra i denti, furioso. -Che ti prende!” Ma non ebbe risposta. Non che se lo aspettasse.
Come era successo giorni prima, Sherlock gli si aggrappò come se cercasse di non precipitare, si ritrovò con la testa contro la sua spalla.
Dai non è successo niente, ora lo sistemiamo.- cercò di abbracciarlo come meglio poteva. -Va tutto bene. Sta tranquillo.”
Prese la carta dal dispencer e la usò per tamponare la ferita.
Tieni premuto qui.” Fece pressione e la carta si impregno velocemente.
Riaccompagno Sherlock a letto.
Ora ti metti giù e stai buono. Devo andare a prendere il necessario per ricucirti. Continua a tenere premuto ok? Torno subito.
Sherlock annuì, quando John fu sicuro che non rischiava di trovarselo morto dissanguato, si allontanò.


Il corridoio era tranquillo, non c’era nessuno nei paraggi. Più in fondo si trovava la sala degli infermieri, così si diresse li.
La porta della sala era aperta e c’erano almeno tre infermieri dentro, due donne e un uomo.
Si fermò sulla soglia, loro erano indaffarati a compilare dei fogli e sistemare in giro, così dovette schiarirsi la gola per farsi notare, tutti e tre alzarono la testa nella sua direzione.
Buonasera, mi dispiace disturbarvi.”
Ha bisogno?” Chiese una delle donne, doveva essere sulla quarantina, aveva i capelli chiari e la carnagione leggermente olivastra, come tutti gli altri era vestita di bianco.
Si, sono qui per un mio amico che è ricoverato qui, ha avuto un piccolo incidente e devo medicarlo. Cioè posso farlo io, sono un dottore.”
Lei è un dottore?” Chiese l’uomo, era il più giovane e aveva capelli neri e corti. In viso piccolo e naso aquilino.
Sì, il dottor Lewis mi conosce, ah si è un suo paziente, potete chiedere a lui se non mi credete.”
I tre si guardarono.
Come si chiama?” Chiese sempre il ragazzo.
Il paziente?”
No intendo lei.”
Ah si, scusi. Dottor John Watson. Piacere.” Si sentiva terribilmente stupido, forse perché quei tre lo stavano fissando come se lo fosse.
Scusi se glielo chiedo, ma crede di esserne in grado?” Questa volta era stata la donna a parlare.
Beh ho passato qualche anno nell’esercito e ho abbastanza anni di esperienza, quindi direi che so mettere un cerotto, si.”
Oh lei è stato nell’esercito? Anche il dottor Lewis.”
Si lo so, ne abbiamo parlato.”
La terza donna, quella che ancora non aveva parlato, si alzò dalla scrivania su cui stava scrivendo su alcuni fogli, e andò a parlare all’orecchio della donna più anziana, che si mise a fissarlo in modo intenso. Imbarazzante.
Ah quindi è stato lui.” Disse la donna a quella che gli si era avvicinata. L’altra annuì e le bisbigliò di nuovo all’orecchio. La maggiore ridacchiò.
Beh in effetti non ha tutti i torti, Hannah è un incapace, lo dico sempre.”
Hannah? E adesso chi diavolo era questa Hannah? Poi gli venne un’illuminazione. L’infermiera che aveva rimproverato tempo a dietro perché non riusciva a trovare una vena e stava facendo un casino.
John si schiarì la gola per far presente alle due che era lì davanti e le stava sentendo.
Ci scusi. Quindi lei è la stessa persona che ha ripreso Hannah.”
Non ho idea di chi sia questa Hannah, ma si, ho... diciamo, ripreso... Qualcuno.”
La donna più giovane ridacchiò e tornò alla scrivania.
Si quella è un incapace.” rispose la più vecchia.
Lo aveva intuito...
Si è lamentata lo sa.” Era stata l’altra a parlare.
Ha detto che un uomo le aveva impedito di fare il suo lavoro con un paziente e aveva preso il suo posto. All’inizio pensavo che se lo fosse inventato, ma ora capisco tutto.”
John si schiarì nuovamente la gola. Non ne andava particolarmente fiero.
Si, mi dispiace.”
No non si preoccupi, abbiamo cercato di insegnarle il modo corretto di fare il lavoro, ma non vuole capire.” Rispose l’infermiera più anziana.
Venga con me.” la donna gli si avvicinò.
Mi chiamo Susan.” Allungò la mano verso John, che la strinse subito.
John.” La donna gli sorrise e uscirono sul corridoio. Girò a sinistra, c’era una porta chiusa a chiave con una targa con scritto ‘privato’. Usò il tesserino che aveva attaccato al camice, lo appoggiò alla serratura elettronica, ed inserì un codice, ci fu un suono di qualcosa che scattava. L’infermiera si rimise il badge a posto ed entrarono.
Lo stanzino era abbastanza grande, e c’erano vari scaffali di metallo, riempiti con presidi medici.
Contenitori di varie forme e colori.
Quanto è grave la ferita?”
Ma no, è solo un taglio, basterà un filo sottile.”
La donna sollevò un sopracciglio.
I punti per un taglietto?”
È un po’ lungo, i cerotti da sutura non bastano.”
Lo stava fissando con non troppa convinzione, ma non protestò o fece altre domande e raccolse il necessario. Disinfettante, filo, ago, forbici, cerotti di media grandezza, una benda e altre cose.
Altro dottore?”
No va bene così.” Le sorrise.
Dovrò segnare questa roba, la metto a mio nome ma il dottor Lewis farà domande.”
Ah... si certo immagino, e lei lo mandi da me, gli spiegherò tutto io.”
Come vuole lei. Poi lasci pure tutto lì, ci penseranno gli inservienti a mettere a posto.”
Grazie.”
Si figuri.”
John uscì dalla stanza e si incamminò lungo il corridoio, mentre la donna richiudeva la porta.
Tornò da Sherlock più velocemente che poteva.
Cercò di entrare senza rovesciare tutto.
Sono qui!”
Appoggiò le cose sul letto. Mise i guanti in lattice.
La carta con cui stava tamponando il taglio si era quasi del tutto inzuppata.
Sistemò il telo e la bacinella di metallo, poi prese il flacone di disinfettante. Lo aprì, il colore era come quello del rame ossidato, e l’odore arrivava forte e pungente. Pian piano staccò la carta che si era appiccicata alla pelle.
Versò il liquido su della garza e la passò sulla ferita, si era tagliato anche la mano, quindi si assicurò di pulire anche quei tagli.
Scusa. Brucia un po’.”
Quelle sulla mano erano abbastanza leggere, ma quella sul polso era più profonda. Non troppo per fortuna. Il bordo era frastagliato, per fortuna non si era impegnato abbastanza ad usare quel vetro.
Che ti è saltato in mente me lo dici?- Lo guardò fisso negli occhi. -Rispondimi. Lo voglio sapere.”
Sherlock deglutì, senza guardarlo in faccia.
Non... lo so...”
Non lo sai? Cazzate.”
Cambiò i guanti e aprì il rotolo con il filo, era abbastanza sottile e bianco. Ne tagliò un pezzo, non c’è ne voleva troppo per fortuna. Poi aprì la confezione sigillata con l’ago. Era curvo e non troppo grosso.
Ho visto il vetro…” si strinse nelle spalle.
Hai visto il vetro e hai pensato di aprirti le vene?” Uno dei due doveva dirlo e visto che Sherlock non ne aveva l’intenzione, lo aveva fatto lui.
No!”
Allora cosa!”
Non lo so! Farmi... - ma non fini la frase, lo vide stringere le labbra, come se dovesse trattenere qualcosa.
Fare cosa Sherlock?”
Sherlock scosse la testa.
Cosa? Te lo continuerò a chiedere finché non me lo dirai.”
Sherlock chiuse gli occhi.
Male...” quelle parole erano uscite con un filo di voce.
John rimase in assoluto silenzio.
Devi promettermi che non lo farai mai più.- Era più che serio. -Promettilo.”
Te lo prometto.”
Rimasero in silenzio mentre lo ricuciva, l’ago che attraversava la carne e la pinza che riuniva il filo per chiudere il taglio.
Quando ebbe finito passò un altro po’ di disinfettante e chiuse con un po’ di garza e una benda, anche per coprire i tagli sulla mano.
Ricollegò la flebo e il macchinario per i parametri.
Sistemò tutto e andò a pulire in bagno.

Ora devo tornare a casa e prima andare a prendere Rosie. Per favore vedi di non fare più un lavoro del genere.” si rivestì per uscire.
Sherlock annuì.
Guardami. - aspettò che l’altro lo guardasse. - non farlo mai più.”
Annuì nuovamente.
No. Voglio sentirtelo dire.”
Ti ho promesso che non lo farò mai più.”
Bene.” Sistemò la giacca e la richiuse bene, arrotolando la sciarpa intorno al collo.
Domani devo fare dei giri, non posso venire. - sospirò. Gli andò vicino e gli prese la mano sana. -Ti ho promesso che ti avrei aiutato e ti sto aiutando. Ma tu devi avere pazienza e fidarti.”
Io mi fido.”
Si. Lo spero.”
Ci vediamo presto va bene?”
Sherlock annuì.
Gli mise un braccio intorno alle spalle e lo baciò tra i capelli.
Andrà tutto bene.”
Uscì.


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Note d’autrice:


Pronta a ricevere sassi. Me li merito. 😃
Come sempre aspetto impressioni a riguardo.
Al prossimo capitolo, che già anticipo, ci sarà un plot twist (ovvero colpo di scena).


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Aggiornamenti:

Venerdì 23/04 capitolo 15 ore: 15/16

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Capitolo 15
*** Capitolo 15: ***


Capitolo 15:

***

Il fatidico giorno si avvicinava sempre più in fretta.
Quando sembrava che ci fosse più tempo, ecco che si ritrovava a non averne più.
Il cuore di John era sempre in agitazione, la notte non dormiva, la trascorreva a rigirarsi nel letto, ad arrovellarsi il cervello. Sarebbe potuta andare storta qualsiasi cosa. Aveva ripassato tutto il piano nei minimi dettagli più e più volte.
Certo non era facile, in una grande città come quella, con un uomo che controllava ogni cosa come il grande fratello, non lasciare tracce, ma forse proprio il dare per scontato che Mycroft pensasse di conoscerlo così bene, poteva giocare a suo vantaggio. La presunzione era sempre stata uno dei più grandi difetti del maggiore di casa Holmes.
E fregarlo sarebbe stato uno dei suoi più grandi piaceri della vita. Doveva funzionare.

Quella giornata iniziò ancora prima che sorgesse il sole. Aveva già preparato alcune cose il giorno precedente, aveva impacchettato tutto quello che non gli sarebbe servito. Fatto una lunga doccia calda, ma non gli era servita a sciogliergli i nervi, anzi, più il tempo trascorreva e più si sentiva rigido ed in ansia.
Preparò la colazione e poi svegliò Rosie, che sembrava molto contrariata da quella levataccia.
Lo so perdonami, ti prometto che poi torni a nanna.” la baciò su una guancia, lei era tutta corrucciata e imbronciata quindi preferì non insistere troppo con le coccole. Fece mangiare la bambina, le mise vestiti puliti, e poi aspettarono la babysitter; non poteva pretendere che arrivasse alle sei di mattina.
Dopo che si fu assicurato che Rosie fosse a posto uscì di casa.

Se da appena sveglio le ore parevano correre, ora sembrava che il tempo andasse a rallentatore. Finì di fare gli ultimi giri che arrivò l’ora di pranzo, ma non mangiò nulla. Aveva lo stomaco chiuso e la nausea.
Si presentò in ospedale come al solito, solo che era... in un modo leggermente diverso.
Passò tranquillamente davanti alla guardiola dell’ingresso, c’era gente ed il personale era tutto impegnato. Sali ai piani superiori, ed entrò nella stanza di Sherlock, che sgranò gli occhi per la sorpresa, quando lo vide.
Che... che stai facendo?” La sua espressione sconvolta avrebbe quasi voluto incorniciarla.
Dai, c’è ne andiamo no?”
Andiamo? Dove?”
Vedrai. Intanto usciamo di qui.
Avanti siediti.- Spinse la sedia a rotelle a fianco al letto. -Sbrigati non abbiamo tutto il giorno.”
Sherlock lo guardava con dubbio e sospetto.
Che c’è? Non ti fidi?”
N-no non è che non mi fido…” ma dal tono di voce sembrava proprio uno che non si fidava.
Sherlock rimase a fissare la sedia a rotelle per qualche secondo ma poi scostò le coperte. John lo aiutò ad alzarsi e sedersi. Poté sentire che l’altro tremava.
Va tutto bene?”
Sherlock annuì.
Come hai fatto l’altra volta a staccare il monitor senza che se ne siano accorti di la?”
Non è difficile…”
Immaginava che per Sherlock fregare una semplice macchina fatta di cavi e circuiti non fosse molto complicato, e infatti fu proprio così.
Tempo un minuto e l’aggeggio suonava da solo, senza nessuno attaccato.
Non voglio sapere come ci sei riuscito.”
Tirò fuori un cappotto di pesante lana nera e glielo fece mettere.
E questo da dove viene?”
Te l’ho comprato. Chiudilo.”
Poi gli mise sopra le gambe una vecchia coperta di lana, e una sciarpa larga attorno al collo.
Che cosa stai facendo?” chiese Sherlock confuso.
Devi stare al caldo.” Gli infilò sulla testa un berretto, e poi gli passò un paio di guanti.
John…” dal tono di voce sembrava sempre più dubbioso.
Che c’è?”
Sicuro che sia necessario?”
Sì.” rispose John, secco.
Ma l’altro non sembrava affatto convinto della spiegazione.
Perché sembro un vecchio?”
Ti stai lamentando Sherlock?”
No…”
Si assicurò che fosse coperto per bene, e andarono verso la porta, abbassò lentamente la maniglia, e guardò che nel corridoio non ci fosse nessuno. Quando fu sicuro che non ci fossero altre persone nelle vicinanze, allungò il collo per guardare meglio. Sembrava tutto tranquillo. Gli infermieri avevano appena fatto il cambio turno quindi per almeno una decina di muniti sarebbero stati impegnati. Guardò a sinistra, e il corridoio era sempre vuoto. Sgattaiolò fuori, spingendo la sedia a rotelle. Arrivato davanti le porte degli ascensori premette il pulsante di chiamata. Purtroppo evidentemente doveva trovarsi ad un altro piano perché ci mise un po’ a salire. John nel frattempo continuava a guardarsi attorno con apprensione. Ancora non si vedeva nessuno.
Andiamo stupido ascensore…” In quel momento le porte si aprirono. Senza aspettare un secondo spinse la sedia a rotelle ed entrarono. Premette il pulsante per il piano terra.
Mise una mano sulla spalla di Sherlock, che sussultò a quel contatto.
Stai bene?” gli chiese.
Io si… e tu?”
Starò bene quando saremo fuori da qui.”
Sei sicuro di volerlo fare? Non voglio tu finisca nei guai a causa mia.”
John sbuffò.
Non sono stupido Sherlock, lo so quello che sto facendo.”
Non ho mai pensato che tu sia stupido.”
Proprio in quel momento le porte dell’ascensore si aprirono.
John uscì fuori, sempre dopo aver controllato che non ci fosse nessuno in giro, solo che invece di andare verso l’ingresso principale, prese la strada per la zona del pronto soccorso.
John, l’uscita è di là…”
Lo so. Ma non usciremo dall’ingresso principale.”
Se ne sei convinto…”
Te l’ho detto, ti devi fidare.”
Si diresse a testa bassa verso il pronto soccorso. Prese il tesserino e lo passò sul lettore digitale, compose il codice. Le porte scorrevoli si aprirono.
Li c’erano diversi operatori, infermieri e dottori, ma per fortuna il suo ‘travestimento’ e il fatto che avesse aspettato il cambio turno in modo di non rischiare di incontrare nessuno che potesse riconoscerlo, stavano funzionando alla grande. Finalmente vide in lontananza l’uscita della zona ambulanze. Affrettò il passo.
Dottore?” la voce di quella che doveva essere una ragazza piuttosto giovane lo obbligò a fermarsi. Rimase congelato sul posto.
Sì?” Rispose senza nemmeno voltarsi.
Scusi dottore ma avrei bisogno di lei, dobbiamo fare uno pneumo ad un paziente che arriva tra due minuti in codice rosso, si è forato un polmone in un incidente.”
Ehm sì, sì. Arrivo subito, ma prima devo accompagnare ad un'ambulanza questo paziente. Deve essere trasferito.”
Certo. Grazie dottore.”
Quando sentì i passi sempre più in lontananza, quasi si lanciò fuori. Aveva il cuore che batteva a mille, poteva sentirlo sbattere contro la cassa toracica, il cervello ronzava, e i suoni gli arrivavano ovattati.
John?” Solo quando si sentì scuotere delicatamente per un gomito si riprese abbastanza da tornare a ragionare lucidamente. Abbassò la testa e trovò gli occhi di Sherlock, che lo fissavano con preoccupazione.
John mi senti?”
Sì certo che ti sento.” Finalmente riprese a respirare regolarmente.
Scese una rampa e aggirò un paio di ambulanze parcheggiate lì davanti.
Stai bene? Sei diventato bianco.”
Una favola. C’è la siamo scampata.”
Finalmente vide i cancelli, come immaginava erano aperti, anche perché sarebbe arrivata un'ambulanza di lì a poco, quindi si affrettò. In un minuto furono sulla strada. Quasi gli veniva da piangere per la gioia.
Ricordami perché lo stiamo facendo.” il tono malfidato di Sherlock lo irritava abbastanza.
Per non dare nell’occhio.”
Non era meglio prendere l’ingresso principale?”
E’ pieno di telecamere all’ingresso principale, mentre qui possiamo mischiarci con il personale. Ora è più chiaro?”
Sherlock annuì.
Percorse il marciapiede per diversi metri, per poi infilarsi in uno dei vicoli.
Poco più in là c’era una vecchia utilitaria parcheggiata nel fondo.
Perché siamo qui? Di chi è questa macchina?” Ora anche Sherlock sembrava in ansia.
E’ nostra.”
Noi abbiamo una macchina? - Quel noi gli fece quasi prendere un colpo. - Da quando tu guidi?”
Da questa settimana.”
Sherlock non rispose.
John lo accompagnò dal lato del passeggero e aprì lo sportello.
D’accordo, sali.”
Sherlock si voltò a guardarlo. John lo prese sotto un braccio per alzarlo.
Una volta al suo posto lo coprì per bene. Caricò la sedia a rotelle tra il sedile anteriore e quello del guidatore. Levò il camice con il badge falso, che aveva indossato per passare in ospedale, e lo gettò nella macchina.
Salì al posto di guida e mise in moto. Uscì dal vialetto.
John?”
Sì Sherlock.”
Perché la tua macchina è piena di roba?”
John sospirò.
Perché c’è ne stiamo andando.”
E dove stiamo andando? Credevo stessimo a casa tua.” Sembrava un bambino nella fase dei “perché”
Certo a casa mia, il primo posto dove verrebbero a cercarci.”
E quindi cosa intendi fare?”
John prese un grosso respiro.
Lo vedrai.”
Per fortuna Sherlock non disse più nulla.
Guidò fino a casa, e parcheggiò poco più in là del portone di casa.

Tu resta fermo qui e non ti muovere per nessuna ragione hai capito?-
Sherlock lo fissò e annuì. -Tieni la macchina chiusa. Torno subito, ci metto poco.”
Scese in fretta e chiuse lo sportello con un colpo secco. Corse dentro casa. La tv era accesa e c’era la babysitter che stava riordinando.
Oh buonasera dottor Watson, non immaginavo tornasse così presto. Ho già messo la bambina a letto.”
Dannazione, sperava che fosse ancora sveglia.
Perfetto. Grazie Lizzie.”
Si figuri dottor Watson.”
La ragazza aveva solo vent’anni ma era stata raccomandata da un'agenzia ed era molto brava nel suo lavoro, e poi Rosie la adorava.
Senti Lizzie, per un po’ non ci saremo. Andiamo fuori... Una vacanza diciamo. Quindi ti do un anticipo e ti pago le ore che ancora non ti ho pagato.”
Ma no non si preoccupi, può darmele anche quando torna.”
No no, fidati, meglio se ti pago ora.”
Prese il portafoglio dalla tasca e le pagò quanto doveva più una grossa mancia. La ragazza all’inizio non voleva accettare, ma poi sotto sua insistenza prese tutti i soldi e se ne andò ringraziandolo. Non poteva sapere che non avrebbe più lavorato per lui.
Andò nella cameretta di Rosie, che stava dormendo beata nel suo lettino, inconsapevole di tutto quello che stava accadendo. Si sentiva un po’ in colpa a stravolgerle ancora la vita, ma non poteva fare altrimenti. Prese dal comodino dei vestiti pesanti e la vestì mentre ancora dormiva. Poi le mise la giacca e il berretto, con i guanti, allora vide che iniziava a svegliarsi.
La mise nel marsupio, in modo che stesse comoda appoggiata contro al suo petto, e come ultima cosa recuperò due borsoni sportivi da sotto il letto.
Uscì dalla camera e diede un ultimo sguardo all’appartamento.
Era proprio piccolo. Un bi-locale di appena una sessantina di metri quadri. A confronto il 221B di Baker Street era un attico.
E poi quel posto era lontano, mentre l’appartamento che divideva con Sherlock si trovava in pieno centro. Perché se ne era andato? Perché era uno stupido ecco perché... non sarebbe successo nulla se fosse rimasto lì. Lui e il suo maledetto orgoglio.
Si ricordò di Sherlock in macchina e corse fuori. Una volta arrivato scaricò i due borsoni sui sedili dietro e sganciò Rosie per sistemarla sul seggiolino.
Ehi tutto bene?”
Sherlock annuì senza rispondere. Si era tolto guanti e berretto e aveva srotolato la sciarpa.
John copri bene la figlia, che nel frattempo si era svegliata e si stava lamentando.
Lo so, lo so, mi dispiace averti svegliata, adesso torna a dormire però.” Le diede un bacio sulla testolina e chiuse lo sportello. Salì al posto del guidatore.
Perché ti sei spogliato?”
Avevo caldo con tutta questa roba.”
Effettivamente le sue guance erano rosse e gli occhi lucidi e stava sudando. I ricci neri tutti scompigliati, erano anche cresciuti in quel periodo di ospedale.
Gli mise una mano sulla fronte.
Uhm... sei un po’ caldo.”
Lo so, te l’ho detto che ho caldo.”
John non era molto convinto fosse quello il motivo, ma al momento poteva fare poco.
Devi stare coperto. Anche se hai caldo.”
Devo per forza tenere anche il berretto e i guanti?”
Ci pensò un attimo prima di rispondergli.
No, quelli puoi anche non tenerli.”
Sherlock allora prese la sciarpa e se la avvolse bene.
John mise in moto ed uscì dal parcheggio.
Chi era quella ragazza che è uscita da casa tua?”
Quindi lo aveva tenuto d’occhio per vedere dove entrava... Giustamente.
Era la babysitter di Rosie.”
Era... carina...” si sarebbe voltato a guardarlo se non fosse stato impegnato a guardare. Cosa voleva dire con ciò?
Ha vent’anni Sherlock. E poi perché ti interessa?”
Quando non ricevette risposta si dovette per forza voltare. Ma Sherlock stava guardando fuori dal finestrino e non poteva vederlo in volto.
È un viaggio lungo, meglio se dormi.”
Di nuovo nessuna risposta. Va bene...
Non gli sembrava di aver detto nulla di offensivo.
Controllò la bambina con lo specchietto. Si era già addormentata.
L’effetto della macchina...




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Note d’autrice:

Ve lo avevo detto che c’era il colpo di scena. John è riuscito a fregare mr Governo controllo tutto ma poi mi faccio scappare la gente da sotto al naso. Credeva di essere più furbo e intelligente e invece, alla fine John ha passato anni ad essere istruito da Sherlock, qualcosa l’ha imparata. Questi due che fanno la fuga chi sa per dove e per fare cosa…
Spero che questo cambio vi piaccia lo stesso, anche se è così inaspettato. (almeno lo spero)

Fatemi sapere ❤️


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Visto che ha avuto tanto successo l’inserimento della programmazione, cercherò di metterla per tutti i capitoli.

Aggiornamenti:

Capitolo 16
Lunedì 26 aprile ore: 15-16

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Capitolo 16
*** Capitolo 16: ***


Capitolo 16:


***



Dopo un po’ che non sentiva Sherlock, lo controllò. Si era addormentato. Era piegato su un lato e con la testa appoggiata contro il vetro dello sportello.
Con una mano prese il berretto e cercò di sistemarlo in modo che avesse qualcosa di morbido nel mezzo.
Il suo volto era ancora arrossato e la pelle lucida. Le labbra erano dischiuse e respirava in modo profondo.
Gli sistemò qualche riccio che si era appiccicato sulla fronte.
Una volta che fossero arrivati a destinazione doveva assolutamente dare un'occhiata ai suoi parametri, solo che la strada era ancora lunga.


Sherlock ad un tratto si svegliò di soprassalto.
Anche John sobbalzò per lo spavento.
Ehi, che c’è che succede?” il tono di John era preoccupato, e dall’aspetto Sherlock sembrava stare anche peggio.
Per favore... puoi fermarti.” gli tremava la voce, e tremava lui.
Che succede?” insisté John.
John ti prego!”
Cercò di frenare in modo non troppo brusco per non svegliare la piccola e si fermò a bordo della strada.
Sherlock spalancò lo sportello e si sporse fuori, per vomitare.
Ah, merda...” John si infilò tra i sedili per cercare in uno dei borsoni e prese una borraccia.
Ecco, bevi.- la porse a Sherlock, che la prese, anche se titubante. -Bevi a piccoli sorsi.” ne prese un sorso e sputò per terra, e tossì. Tremava sempre più forte.
Dallo sportello aperto arrivava il freddo pungente della notte, l’unica cosa illuminata era dovuta alla luce interna dell’auto e dai fari.
Avanti chiudi se no entra tutto il freddo.” Sherlock si sistemò contro il sedile e chiuse la portiera.
Avrebbe voluto accendere il riscaldamento ma faceva troppo rumore e Rosie si sarebbe svegliata.
Dove... dove siamo?” riusciva a parlare a fatica.
Ah... sulla strada verso il Galles.” rispose John.
Cosa? Perché stiamo andando lì?”
Perché è il posto dove stiamo andando.”
Forse dovremmo tornare indietro...”
No non dobbiamo.”
Non devi avere paura. Sono sicuro di quello che faccio. Starai meglio, te lo prometto.”
Pensava di averlo rassicurato almeno un po’ ma invece Sherlock pareva un animale ferito.
Sarei dovuto rimanere zitto. Era meglio quando non parlavo.”
Ma che dici.”
A quest’ora sarei dove dovrei essere e tu a casa tua.”
Basta smettila.”
Non ti dovevo coinvolgere. Non sto mai zitto. Ha ragione mio fratello, sono un pericolo.” Ormai sembrava delirasse, e il problema era che non sapeva come fermarlo.
Lasciami qui.”
Sei completamente impazzito?”
Sherlock si coprì il volto con entrambe le mani, ma tremava talmente forte che non riusciva a capire se stesse anche singhiozzando.
Lo massaggiò sulla parte alta della schiena.
Senti... Ho dietro qualcosa per dormire. Lo vuoi?”
N-non posso prendere certe pastiglie...”
Ah, giusto.
D’accordo. Fermo qui.”
Levò la cintura e scese dalla macchina, lasciando lo sportello appoggiato in modo che non entrasse il freddo.
John?”
Ma ormai era già fuori dall’abitacolo per poter sentire la voce di Sherlock che lo chiamava.
Fece il giro e aprì il portabagagli.
L’aria, una volta uscito all’aperto, arrivava gelida, pungente come mille piccoli spilli, e il vento soffiava forte. Faceva davvero freddo per essere quasi primavera. Cercò tra il cumulo di roba che aveva incastrato nel retro, cercando di fare il più velocemente possibile.
Trovò lo scatolone con le coperte. Per fortuna lo aveva messo sopra, così poté recuperarne un paio. Chiuse il porta bagagli.
Aprì lo sportello del passeggero e stese la coperta in modo che Sherlock fosse coperto dai piedi al collo.
Meglio?”
Ma l’altro non rispose, continuava solo a fissarlo come un animale terrorizzato.
Adesso ti passa. Non ti preoccupare.”
Probabilmente per lui quella giornata era stata troppo stressante e il suo fisico debilitato dal troppo tempo in ospedale ne stava risentendo.
Vedrai che con una bella dormita e la colazione domattina, ti riprenderai subito.”
Sherlock annuì, continuando a tremare.
John richiuse le sportello e tornò al posto di guida. Dopo aver controllato su una cartina se fossero nella direzione giusta, mise in moto e ripresero il lungo viaggio.
Non poteva permettersi di fermarsi troppo, prima di tutto perché era notte fonda e trovare un hotel a quell’ora era fuori discussione, e poi sarebbe stato un casino sistemare Sherlock e la bambina. Ovviamente nemmeno dormire in macchina era un'idea da prendere in considerazione. Quindi l’unica soluzione era guidare tutta la notte, fino a che non fossero arrivati nel posto che aveva scelto. Era già alla seconda lattina di bibita energetica, almeno così poteva stare sicuro che non si sarebbe addormentato alla guida. Oltretutto doveva aggiungere i tre caffè bevuti durante la giornata. Probabilmente aveva in circolo più caffeina che globuli rossi.

La strada diventava sempre più deserta, anche vista l’ora, ma ormai aveva passato i centri abitati da un po’. Era buio pesto. Probabilmente stavano attraversando una zona rurale. In quella parte d’Inghilterra c’era tutta brughiera e piccoli villaggi.
All’interno dell’abitacolo regnava il silenzio assoluto, scandito solo dai vari respiri delle persone presenti, e gli scricchiolii e rumori dovuti dal veicolo in movimento.
In realtà non aiutava affatto a restare svegli. Lanciò un'occhiata alla sua sinistra. Anche Sherlock era sveglio e sembrava non aver intenzione di riaddormentarsi, ma almeno aveva smesso di tremare.
Vuoi parlare di qualcosa?” Gli chiese ad un certo punto John, stufo di tutto quel silenzio. L’amico voltò appena la testa nella sua direzione.
Di cosa?” la voce era bassa e roca.
Non lo so, di qualsiasi cosa.”
Sherlock si strinse nelle spalle.
Va bene ho capito. Faccio io le domande.
Che cos’hai fatto nel tempo che non ci siamo visti?”
La faccia di Sherlock diventò impassibile anche se poteva vedere la mandibola stringersi.
Ho detto qualcosa che no va?”
Lo vide deglutire più volte, come se stesse tentando di ingoiare qualcosa che gli ostruiva la gola.
No... n-niente... niente di che.” Balbettò a fatica.
Niente?” chiese dubbioso John. Era impossibile che fosse stato senza fare niente per più di un anno. Sherlock Holmes odiava stare con le mani in mano.
Il solito.”
Niente o il solito?”
L’altro sembrava innervosirsi di più ad ogni risposta, ma ora che gli aveva fatto venire il dubbio non riusciva a mollare la presa.
Quello che ho sempre fatto.”
Hai indagato da solo?”
Uno strano presentimento gli solleticò il cervello.
Si e quindi? Cosa credevi che facessi prima di incontrarti?”
Quella risposta così piccata non gli era piaciuta proprio per nulla. Perché era diventato aggressivo?
Scusa se chiedo.”
Da quando ti interessa sapere quello che ho fatto quando tu non c’eri?”
D’accordo.
Mi prendi in giro? Ti ho trovato quasi morto in un parcheggio!”
Non c’era bisogno di girarci intorno facendo finta che ti fregasse qualcosa di quello che ho fatto, se il tuo unico interesse è sapere quello che mi è successo in quel parcheggio! Do la stessa risposta che continuo a dare a Lestrade, non me lo ricordo!”
Shhh, ti dispiace abbassare la voce?”
Si voltò a controllare che Rosie stesse ancora dormendo. La bambina si agitò un attimo nel seggiolino, ma per fortuna si rilassò all’istante, sempre addormentata.
Quando tornò a guardare Sherlock, si era voltato verso il finestrino e quindi non poteva più guardarlo in faccia.
Va bene allora ti dico io quello che ho fatto. In realtà niente di che. Mi sono occupato di Rosie. Ho visto una terapista, brava. E ho lavorato.-
Silenzio assoluto. -In realtà dovresti vedere come fanno le donne. Pensavo che con Rosie nessuna si sarebbe più avvicinata, invece sembra quasi che sia diventato un faro. - Ridacchiò. - Non che la cosa mi interessi ovviamente, però è interessante come dinamica.”
Puoi smetterla!” Sherlock lo aveva quasi urlato, tanto che John sobbalzò della sorpresa.
Che ti prende?” Chiese quasi offeso di essere stato apostrofato in quel modo. Come un ragazzino che veniva rimproverato dall’insegnante perché stava facendo troppo baccano.
Ma Sherlock non risposte, tornò a guardare fuori dal finestrino.
Mi vuoi dire che hai? Non vuoi parlare di quello che hai fatto, non vuoi che parli io, cosa vuoi?”
Non ho voglia.” Rispose l’altro con la voce incrinata.
Non hai voglia di che?” Insisté John.
Di niente.”
John non replicò.
Per fortuna Rosie non si era svegliata con tutto quel trambusto, iniziò a pensare che a quel punto nemmeno le cannonate lo avrebbero fatto.

Il viaggio proseguì esattamente come era stato prima, nell’assoluto buio e silenzio.
A torno non c’erano nemmeno i lampioni e tutto quello che poteva vedere era illuminato dai fari della macchina. Quindi per evitare incidenti di sorta stava andando particolarmente piano. Di quel passo ci avrebbero messo dieci ore ad arrivare. In realtà non aveva idea a che punto fossero arrivati.
Si fermò al lato della strada e prese la cartina dal vano portaoggetti.
Sherlock sentendosi toccato trasalì e si voltò con uno scatto.
Ma John lo ignorò, troppo occupato a cercare dove, più o meno fossero finiti. Come unica luce stava usando quella sul tettuccio.
Che cos’è?” Chiese poi Sherlock.
Hm?”
Questa busta.”
John si voltò a guardarlo. Sherlock teneva tra le mani una busta gialla.
Ah, i documenti.” Tornò a concentrarsi sulla cartina.
Quali documenti?”
Quelli che ci serviranno.”
Sherlock aprì la busta e dentro c’erano delle carte di identità e altri fogli. Gli osservò con attenzione.
Hai fatto fare dei documenti falsi?”
Già.”
Come? Quando?”
Dopo che mi hai detto che te ne volevi andare. Ho chiesto aiuto ai tuoi amici poco raccomandabili.” Non si girò a guardarlo.
Sei andato da solo a cercarli?” Chiese quasi sconvolto Sherlock.
Già. In realtà è stato abbastanza facile, si ricordavano che gli avevo già incontrarti quando eravamo insieme. La parte difficile è stata rifare la laurea. Mi ha aiutato il tuo amico... uhm com’è che si chiama. Emil, Emmett...”
Elliot?” Azzardò Sherlock avendo intuito di chi stesse cercando di ricordarsi il nome.
Ah, si lui! Quel ragazzino è in gamba, è riuscito ad entrare nel sito della mia vecchia università. Almeno non dovrò cambiare lavoro.”
Sei andato lì da solo...”
Perché lo dici con quel tono? So badare a me stesso, e poi è solo un ragazzo, che mai potrà fare.”
Avresti potuto rischiare!”
Sono amici tuoi no?”
Ma io li conosco...”
Si e sono sempre ben felici di aiutarti.”
Sherlock era sconvolto da quell’informazione. Riguardò i documenti.
John Doyle?” Chiese quasi divertito.
Si non volevo niente di complicato. Almeno me lo dovrei ricordare.”
Carino.”
Spiegami solo una cosa John, perché diavolo mi hai dato questo cognome sei impazzito per caso?”
John riusciva quasi a stento a trattenere le risate, si tappò la bocca con una mano.
Scusa... mi sono immaginato la tua faccia, non c’è l’ho fatta.”
Non è una bella cosa!”
Ne è valsa la pena.”
Sei una persona molto crudele.”
Ma smettila, ti stai lamentando solo perché ho usato il tuo nome.”
Ma a me non fa ridere!” Si lamentò Sherlock.
Mi dispiace, ma te lo dovrai tenere così.” Sghignazzò John, molto soddisfatto del suo brillante piano.
Sherlock gli lanciò un'occhiataccia ma questo non faceva che farlo ridere di più.
E dai non fare quel muso lungo.”
Certo tu ti sei scelto il cognome che ti pareva...
Ci siamo persi?” Chiese poi cambiando argomento.
No, no, sto solo cercando il punto più o meno dove potremmo essere arrivati.”
Dai fammi vedere.” Si fece passare da John la cartina.
Da quante ore stiamo viaggiando?”
Più o meno sette.”
Questa è la strada?” Seguì con il dito il segno rosso di pennarello che partiva da Londra.
Si esatto. È abbastanza dritta come strada.”
Allora... si non siamo molto lontani se quello è il punto di arrivo.”
Sulla mappa c’era un piccolo nome cerchiato alla fine della lunga linea rossa.
Si dobbiamo andare lì.”
Dentro al cerchio c’era scritto un nome.
Perché qui?”
Non c’è un motivo in particolare. Se vuoi sparire cosa c’è di meglio di un piccolo paesino? Oltretutto è vicino al confine con la Scozia, e con un nome in un altra lingua.”
Sì, è una scelta intelligente.”
Perché lo dici come se la cosa ti stupisse?”
Sherlock si voltò a guardarlo con un lieve sorriso. John non poté fare a meno di fissargli le labbra, la cicatrice sul lato destro del labbro superiore si era increspata, quasi contorta su se stessa, il lato superiore risultava leggermente più sollevato rispetto al resto, come una specie di strano sorriso sghembo. Ma era bello. Era sempre stato bello. Però quando Sherlock si accorse dove lo stava fissando lasciò morire il sorriso e abbassò subito la testa.
Avrebbe voluto dirgli che non doveva avere paura e vergognarsi, ma era troppo codardo per farlo.
Più o meno siamo qui.” Gli fece vedere con il dito il punto. Mancheranno un paio d’ore, forse tre.”
John sospirò.
In marcia allora, sperando che Rosie dorma ancora per un po’.”
Non è strano che dorma così tanto?” Domandò Sherlock un po’ scettico.
No perché ho detto alla babysitter di farle fare qualunque tipo di attività stancante, compreso nuoto. Si lo so sono un padre orribile non dirlo.”
Non ho idea di come si alleva un bambino, ma penso che scaricare le energie vada bene.”
Si diciamo così.”
Mise in moto e ripartirono.

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Note d’autrice:

Il viaggio continua, Sherlock ha qualche problemino, anche di umore traballante, e il nostro povero John si deve destreggiare tra figlia e coinquilino messo male. Lo dovrebbero fare santo.

Lo dico qui così non vi fate alte aspettative, Mycroft salutatelo che per un po’ non ci sarà 😅 (e fu così che perse tutti i lettori)

Insomma loro sono scappati e via, senza guardarsi indietro, ora hanno anche dei nomi falsi, sono dei fuggitivi dal governo. 😁

A proposito dei nomi falsi, spero non vogliate tirarmi le pietre, ho poca fantasia abbiate pazienza, e no quello scelto per Sherlock non lo saprete mai.

E niente come sempre aspetto opinioni, sperando sempre che la storia sia comprensibile, i hope, ogni tanto mi vengono i dubbi esistenziali.


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Aggiornamenti:

Capitolo 17
Venerdì 30 aprile ore: 15-16

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Capitolo 17
*** Capitolo 17: ***


Capitolo 17:

***


Il viaggio sembrava molto più rilassato, Sherlock non ne voleva sapere di dormire e continuava a guardare il paesaggio esterno, ma andava bene. Adesso si vedevano i profili delle colline, le fronde degli alberi mossi dal vento, e tutto aveva un colore grigio/blu, velato di nebbia.
Però l’alba ancora tardava, probabilmente per la luce del giorno ci sarebbe voluta ancora qualche ora.

Ormai avevano lasciato l’aperta campagna, intorno a loro c’era solo verde e alberi e sporadicamente qualche casa, ma più avanzavano e più le case aumentavano, fino a diventare un vero centro abitato.
Gli edifici poi cambiavano conformazione, passando da residenziali ad altro tipo, ma era ancora troppo buio per distinguerli. Probabilmente dovevano essere vicini alla meta. Per fortuna il centro era un po’ più illuminato, i lampioni erano ancora funzionanti, così John capì che doveva andare ancora più avanti. Una volta passati per la chiesa e per la piazza centrali, e dopo aver superato altri edifici e case e un piccolo ponte, trovò esattamente il posto che stava cercando.
Era una stortura vecchia, fatta di mattoni, situata sul lato sinistro della strada. Svoltò in quella direzione.
Che cos’è?” Chiese Sherlock dubbioso.
Il posto dove staremo per un po’.”
Entrarono in un grande parcheggio sul retro dell’edificio, era ricoperto di ghiaia che scricchiolava sotto le ruote della macchina.
Parcheggiò davanti ad un mezzo muro di cinta, formato da grossi massi incastrati uno sopra l’altro, con gli spazi tra di essi, riempiti di terra, che aveva germogliato producendo fiori ed erbacce.
Non ti muovere, torno subito.” John spense il motore e scese dalla macchina.
Dove vai?” Chiese Sherlock preoccupato.
Torno subito.” Richiuse la portiera.

Il vento gelido lo travolse, sferzandogli il viso con la forza di mille lame. Faceva ancora più freddo che a Londra. Arrivava crudele ed inesorabile spinto dalla forza del mare, si poteva anche sentire il riverbero delle onde che ruggivano dalla rabbia, in lontananza. Si coprì bene, chiudendo il giubbotto fin sotto al naso, e corse fino alla porta sul retro dell’edificio. Era pitturata di bianco e il legno si era un po’ guastato sui lati. Suonò il piccolo campanello a fianco.
Attese un po’, ma non arrivava nessuno, così suonò nuovamente, doveva esserci per forza qualcuno. Dopo alcuni interminabili minuti, finalmente sentì dei passi pesanti in avvicinamento da dietro la porta, i passi si fermarono e si udì qualcuno che armeggiava con qualcosa di metallico nella serratura, dopo poco la porta si aprì.
Sulla soglia c’era una donna, non era molto alta, era sulla cinquantina, aveva capelli rossi e ricci portati a fungo, legati sulla testa, un viso tondo e gentile spruzzato di lentiggini, ed era vestita con un maglione color panna, dei vecchi jeans logori e stivali in gomma lunghi fino al polpaccio.
Buongiorno signore.” Parlò la donna. Aveva un tono basso e profondo e un forte accento tipico di quella zona.
Buongiorno, mi dispiace essere arrivato a quest’ora. Ma ho prenotato una stanza. Per telefono si ricorda? Mi chiamo John W...- prima che potesse commettere una qualche sciocchezza si ricordò in tempo che quello non era più il suo nome. Così dopo un attimo di esitazione e un’occhiata stranita della sua interlocutrice, riprese. - John Doyle.” Sorrise.
La Donna si illuminò a quelle parole.
Ma si certo! Ha chiesto una camera. Si certo certo entri pure.” Proseguì lei cortese e molto disponibile.
Guardi ho mia figlia in macchina, vorrei portare tutto nella mia stanza subito, se fosse possibile.”
Lei sembrò preoccuparsi.
Oh santo cielo ma si assolutamente! Possiamo fare il check-in una volta che si sarà sistemato. Vado a prenderle la chiave, faccio subito. Davvero mi dispiace.”
Non si preoccupi, la aspetto qui.”
Ma la prego aspetti pure qui nel corridoio invece di stare fuori al gelo. Sa qui può fare davvero molto freddo in questa stagione. Molto di più che nell’entroterra.”
Immagino, si.” John raccolse l’invito e si fermò oltre la porta. Effettivamente dentro c’era un bel tepore. Nonostante i muri grezzi, il calore era ben conservato.
La donna era sparita e ritornò dopo alcuni minuti.
Ecco qui, come da lei richiesto una stanza al piano terra. Sa avevamo tutto occupato ma abbiamo fatto a cambio con una coppia di giovani, loro di certo non hanno problemi a fare le scale.” Ridacchiò lei. John le sorrise.
Mi dispiace averle creato tanto disturbo.”
Assolutamente no, se possiamo fare qualcosa per accontentare i clienti lo facciamo volentieri, anzi non esiti a chiedere.” Mise nella mano di John una chiave di metallo con attaccato un portachiavi di legno scuro e pesante con scritto un numero ‘6’ in rilievo.
La vostra stanza è la numero 9, in fondo al corridoio, sulla destra.” John si rese conto di aver letto il numero al contrario.
Ah certo, si, grazie.”
Posso aiutarla in qualcosa? Davvero non si faccia problemi a chiedere.”
No al momento credo di essere a posto.”
Sicuro? Ha bisogno con la bambina mentre porta dentro i bagagli? Ho 5 figli posso occuparmene senza problemi.”
Ma no non si disturbi ci mancherebbe.”
Non è affatto un disturbo.”
Dice davvero?”
Assolutamente, figuri, non sarebbe il primo che lascia qui i bambini per qualche ora mentre se ne va in giro a fare qualche escursione o al mare.” La donna diede ad intendere che era una pratica comune che gli avventori della pensione cercassero qualcuno che badasse alla loro prole mentre gli adulti andavano a divertirsi.
Beh ora sta dormendo, ma se potesse controllarla solo per un momento...”
Lo faccio più che volentieri.”
In fondo era disperato e aveva bisogno solo di aiuto per un breve momento.
D’accordo. Torno subito.” Corse via.
Tornò alla macchina e aprì lo sportello anteriore.
Rosie stava ancora dormendo beata nel suo seggiolino. La coprì per bene, tirando su la coperta in pile, e dopo aver armeggiato il più velocemente possibile, lo sganciò dal sedile.
Che stai facendo?”
Domandò Sherlock che si era voltato, facendo un mezzo giro su se stesso.
Torno subito.”
John si lamentò nel tirare su tutto quel peso. Era ingombrante e doveva anche stare attento a non sbatterlo troppo in giro.
Corse all’interno della pensione.
Ecco qui. Davvero cercherò di fare il più in fretta possibile.”
La donna si chinò a controllare Rosie, che si stava muovendo e lamentando.
Oh ma è un amore, dia qui e faccia con calma. Alla piccolina penserò volentieri.”
Grazie mille.” Quasi si inchinò davanti a tanta cortesia.
A proposito mi chiamo Elizabeth. - La donna allungò la mano, e John la strinse. - Ma la prego mi chiami solo Beth.
Sono praticamente sempre qui, sa questa è una pensione a conduzione familiare. Questo posto è della mia famiglia da secoli. Può chiedere di me tranquillamente per tutto, una cartina, sapere dove si trova un determinato posto. Anche se in realtà c’è la signora McKennel per questo, lei sa praticamente tutto. I suoi antenati hanno co-fondato questa città.”
Davvero, ancora grazie.”
Ha intenzione di stare qui a lungo?”
In realtà vorrei restare a viverci. Almeno per qualche mese.”
Oh.” La donna sembrò davvero molto sorpresa da quella notizia.
Beh allora deve assolutamente parlare con la signora McKennel. Qui non si muove niente se non lo decide lei, è praticante il sindaco. Ma se la prende in simpatia può avere qualche possibilità.”
Ah, addirittura? Pensavo che fosse una libera scelta decidere dove vivere...” Non mancò di usare una piccola nota di acidità nel dirlo.
Come le ho già detto, il nostro paesino è molto piccolo e antico, e c’è una commissione adibita a preservarne l’immagine. Vogliono solo essere sicuri che non arrivino persone che potrebbero creare caos.
Però l’ultima volta che è venuto ad abitare qui qualcuno, erano una coppia proveniente dalla Francia. Ora vivono qui da dieci anni. Se avrà i requisiti necessari sono sicura che accetteranno la sua richiesta.”
Mi sembra un po’ troppo complicato. Ma al momento ho solo bisogno di un posto dove stare momentaneamente. Poi ci penserò.”
Assolutamente. - Annuì lei. - Vuole che le mandi qualcuno per i bagagli?”
No grazie. Ci penso da solo.” John uscì.

Aprì lo sportello dal lato di Sherlock e una forte folata di vento riempì l’abitacolo.
Dai andiamo prima che tu prenda troppo freddo.
Ti tiro fuori la sedia.”
Non importa, posso camminare.”
Preferirei di no.”
Davvero, posso farlo fino a lì.” Scostò la coperta nel tentativo di liberarsi.
Aspetta, fermo!”
Ma stava già scendendo. Si aggrappò allo sportello.
Riesco a camminare.”
John non gli credeva molto, così si mise sotto il suo braccio.
Posso farcela da solo.”
Smettila. Non ti lascio andare da solo. E stai rischiando di prenderti una polmonite.”
Grazie per l’incoraggiamento.”
Camminarono lentamente fino alla porta sul retro. Il freddo che tagliava il viso e si insinuava nelle ossa ad ogni passo.
Una volta vicini, Sherlock si aggrappò ai lati della porta, e John dovette praticamente spingerlo per aiutarlo a salire quell’unico gradino. Una volta dentro l’altro si appoggiò con la schiena al muro, cercando di recuperare fiato.
La padrona della pensione non c’era e nemmeno Rosie con il suo seggiolino.
Te l’avevo detto di non affaticarti. Perché devi sempre essere così testardo?”
Voglio solo renderti le cose meno difficili.” Faceva anche fatica a parlare.
Non farlo.”
Cercò di avvolgerlo tra le braccia per aiutarlo, ma a quel tocco lo spinse via, indietreggio lungo al muro tanto da rischiare di cadere.
Dovette afferrarlo per il braccio.
Ehi, ti ho fatto male?”
N-no... non è niente, cammino da solo.” Balbettò qualcosa di incomprensibile e si allontanò, tenendosi con il fianco contro alla parete.
Non riusciva a capire perché si comportasse così. Forse ancora credeva di non meritarsi il suo aiuto. Doveva fargli passare questa paura.
Lo seguì per assicurarsi che non svenisse da un momento all’altro lungo il corridoio. La loro stanza era una di quelle in fondo, quindi anche lontana rispetto l’entrata sul retro.
Le porte erano tutte bianche e con i numeri in rilievo di metallo colorato d’oro. A terra c’era una vecchia moquette blu ormai sbiadito.
Che-numero...” chiese Sherlock, senza fiato, solo per essere arrivato fino a lì.
La numero nove. Dai lascia apro io.” Si portò avanti, prese la chiave dalla tasca della giacca e la infilò nella toppa, abbassò la maniglia e la porta si aprì con una spinta, facendo una lieve resistenza a causa della moquette. Per fortuna dentro la stanza il pavimento era fatto con assi di legno scuro.
C’era un letto matrimoniale al centro, la struttura bianca sempre in legno, anche le lenzuola erano bianche, con ricami e sopra erano state messe delle coperte di lana. C’erano i comodini, con sopra le lampade, un armadio a due ante sulla parete di destra, e il comò davanti al letto, a ridosso del muro. Sulla sinistra c’era un altra porta. Andò ad aprirla, era quella che portava al bagno. Non era molto grande, c’era una vasca con doccia, il wc, e un lavandino con una specchiera. Non c’erano finestre.
Tornò nella stanza, accanto al letto, sul lato destro, era stata sistemata la culla. Si era scordato di averla richiesta, però era un bene.
Le uniche finestre presenti erano ai lati del letto.
È... uhm... carino.” Commentò dubbioso che quello forse il termine adatto.
Un... po’... piccolo... forse.” Aggiunse Sherlock, che era andato a stendersi sul letto, sopra le coperte. Nel tentativo di riprendere fiato. Ovviante aveva scelto il lato destro, che era quello più vicino da raggiungere.
Ma... ho una domanda...”
John si avvicinò.
Ah si?”
È un letto solo...”
Il cervello di John a quella semplice osservazione ebbe un mezzo corto circuito. Nemmeno ci aveva pensato. O meglio, ci aveva pensato quando aveva chiesto la stanza, ma visto che non c’erano altre alternative se lo era fatto andare bene. Ora invece si trovava lì, con il suo migliore amico, ora non si sapeva bene cosa fosse visto tutto quello che era successo nell’ultimo anno e mezzo, e doveva dormirci insieme.
Si accorse che Sherlock lo stava fissando e le guance gli divennero rosso fuoco. Si maledisse perché sicuramente l’altro doveva essersene accorto, però l’espressione con cui lo stava guardando era impassibile.
Ehm... si non ci sono altre stanze a questo piano e poi devo controllarti quindi...” si strinse nelle spalle.
Nemmeno due letti da dividere?”
Nope.” Scosse la testa.
Quindi... quindi mi stai dicendo... che abbiamo solo questo letto.”
John annuì.
Perché è un problema?”
No no! Cioè non per me...”
Non sapeva bene cosa intendesse Sherlock con quel ‘non per me’, ma aveva l’impressione che se glielo avesse chiesto, non avrebbe avuto una risposta. O almeno, non una sincera.
Ottimo. Vado a prendere un po’ di cose, tu stai buono qui, e prendi dei bei respiri.”
Sherlock annuì.
John uscì dalla stanza il più velocemente possibile, prima che la cosa diventare ancora più imbarazzante.
Tornò alla macchina per prendere alcuni bagagli, e l’attrezzatura medica che si era portato da Londra. Aveva cercato di recuperare le cose più necessarie e alcuni farmaci, che sperava bastassero, visto che in quel posto non aveva idea di dove potersi rifornire.
Quando entrò nella camera, trovò Sherlock che ancora cercava di respirare normalmente, senza riuscirci perché non riusciva a calmare la tosse convulsiva.
Ora ti do qualcosa, spero che basti.” Sollevò una borsa nera e la appoggiò sul letto.
Dannazione... devo prendere l’altro contenitore...”
Contenitore?”
Si quello con dentro le medicine.”
Quanta roba hai portato?”
Quella che serve.
Torno subito.”
Sparì nuovamente. Gli ci volle un po’ per trovare il contenitore frigo perché lo aveva messo sul fondo e quindi aveva dovuto tirare tutto fuori e rimettere poi tutto nella macchina.
Era un frigo termico non troppo grande riempito di sacchetti di ghiaccio, non poteva permettersi di rischiare di rovinare le sacche di flebo contenute all’interno.
Portò tutto nella loro stanza.
Devo sentire quella tosse.” Aprì la borsa nera e cercò lo stetoscopio.
Hai intenzione di aprire uno studio medico anche qui?”
No, solo di cercare di non farti morire di polmonite. Levati quella roba.”
Ma Sherlock non sembrava molto convinto di quello che gli aveva ordinato.
Ti devi togliere il cappotto.” Ribadì John.
Vide Sherlock cercare di mettersi seduto con la schiena contro la testiera del letto, e di sfilare un braccio dalla manica, ma stava avendo qualche difficoltà di movimento, così decise di aiutarlo.
Dai ti aiuto io.” afferrò il bordo del cappotto dalla parte del bavero, ma appena fece per tirare, Sherlock scattò.
No!” Diede uno strattone, in modo che mollasse la presa.
Non mi serve... non mi serve qualcuno che mi aiuti a cambiarmi, so farlo da quando sono piccolo.”
Dovette quasi contorcersi solo per far uscire il braccio dalla manica.
John lo guardò sbigottito. Pensò che probabilmente era solo colpa sua se Sherlock non sopportava nemmeno la sua presenza. Dopo le cose terribili che gli aveva detto, come poteva pretendere di avere con lui lo stesso rapporto che aveva prima? Aveva rovinato ogni cosa, e in più quello che gli era successo in quel parcheggio probabilmente non lo stava aiutando. Aveva bisogno di aiuto, e gli avrebbe dato tutto quello di cui aveva bisogno.
Lo vado ad appendere nell’armadio d’accordo? Prendo il cappotto.” Lo tirò di lato, in modo da non avvicinarsi troppo e non toccarlo, visto che era una cosa che l’altro non gradiva.
Andò all’armadio e lo appese ad una delle grucce.
Senti, ora devo toccarti per forza visto che devo sentire come respiri.”
Sherlock era diventato ancora più bianco del solito, ma non disse nulla. Con le mani che tremavano, cercò di sbottonare i primi bottoni del pigiama.
Inforcò lo stetoscopio alle orecchie e appoggiò la parte metallica piatta sul petto di Sherlock, che al contatto del metallo gelido sobbalzò.
Scusa! - prese a sfregare il disco metallico sulla manica del maglione nel tentativo di riscaldarlo un poco. - scusa, scusa!”
Non… non è niente.” rispose Sherlock.
John allora tornò ad appoggiare l’oggetto sul suo petto.
Fa dei bei respiri.”
Sherlock provò ad eseguire quella semplice azione ma ogni volta sfociava in una forte tosse.
Uhm… Non è molto buona. Girati.”
Cosa?” chiese confuso l’altro.
“Girati che mi serve la tua schiena.”

Lo guardò come un animale terrorizzato.
Che c’è? Perché mi stai guardando così?”
No… Niente…” si voltò lentamente da un lato. John dovette alzargli la camicia del pigiama. La sua pelle era così bianca che ne restò abbagliato. A causa del lungo tempo in ospedale era dimagrito tanto che gli si vedevano le costole. Appoggiò lo stetoscopio.
Prendi dei bei respiri.” Ascoltò con attenzione spostando l’oggetto per sentire nei punti giusti. C’erano dei rantoli ad ogni respiro.
Penso che sia bronchite. Non è grave come una polmonite, posso curarla con un antibiotico. A patto che non peggiori, in quel caso saremmo nei guai.”
Si sfilò lo stetoscopio e lo appese al collo. Ammirando quel bianco perfetto finché ne ebbe la possibilità. Lo aiutò a rivestirsi e a coprirsi bene.
Devi mangiare qualcosa e riposare.”
Non ho fame.”
Non era una richiesta, anche perché devi prendere le medicine.
Vado a parlare con la signora della pensione. Ti serve qualcosa?”
Del tipo?”
Non lo so, devi andare in bagno, o qualunque altra cosa.”
No, non mi serve niente.”
D’accordo.”
John uscì dalla stanza.

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Note d’autrice:

I nostri eroi dopo un lungo viaggio sono arrivati alla loro meta. Ovviamente non sono finiti i problemi, anzi, però ora potrebbe succedere letteralmente qualunque cosa…


Ci tengo a precisare che questo posto me lo sono inventato di sana pianta, ho preso ispirazione solo per il paesaggio e la conformazione da posti realmente esistenti. I personaggi sono tutti nuovi (ma non saranno invasivi, anche perché la storia non è su di loro ma su Sherlock e John.) Spero che vi piaccia questa nuova location 😄

P.s. tranquilli la signora della pensione non ha rapito Rosie, le sta solo facendo da babysitter momentanea.


Purtroppo mi sono accorta in questi giorni che devo essermi persa per strada dei pezzi, avevo scritto una scena con Sherlock, john, Rosie e il buon dottor Lewis, quando erano ancora in ospedale, e niente, non ho la più pallida idea di che fine abbia fatto 😅 😅 😅 mi dispiace davvero molto anche perché interagivano con la bambina (e io non so scrivere di bambini quindi mi ci ero davvero impegnata), ma pazienza, ormai è andata così 😭

Un ringraziamento speciale alle persone che mi hanno aggiunto questa storia tra le seguite.


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Capitolo 18
Lunedì 3 maggio ore: 15-16

Capitolo 19
Venerdì 7 maggio ore: 15-16

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Capitolo 18
*** Capitolo 18: ***


Capitolo 18:

***

Era arrivato nella hall della pensione, che però non era proprio una hall quanto più un grande salotto con tappeti e divani, e le pareti e il pavimento in pietra, da una parte c’era un grande camino acceso, e poche persone sedute attorno che chiacchieravano.
Stavo cercando proprio lei.” John si avvicinò alla signora della pensione, che sembrava indaffarata e stava correndo da una parte all’altra.
Oh non si preoccupi, mi dia del tu, e mi chiami Beth.” rispose lei affabile.
Si, giusto. Allora insisto che mi chiami John.- sorrise alla donna che ricambiò il sorriso a sua volta. -Vedo che sono arrivate delle persone.”
Si sono qui per il pranzo. A tal proposito, mi creda sono davvero dispiaciuta, ma sa questo è un orario di punta… Capisce, non posso stare dietro anche alla piccola.”
Assolutamente, anzi, in effetti è ora che le dia da mangiare. Ah a proposito, potrei avere un vassoio da portare in camera?”
Desidera mangiare nella sua stanza?”
Sì sarebbe meglio.”
Ma certamente. Allora vado a dare l’ordine alla cucina, ancora mancano un po’ di minuti a mezzogiorno, la chiamo in stanza quando è tutto pronto.”
Magnifico.”
La bambina è nel mio ufficio con una delle mie figlie.”
Vado subito.”
Salutò la donna con un cenno del capo e si allontanò.
C’era uno spazio ampio con il bancone della reception e dietro le spalle del ragazzo che in quel momento si stava intrattenendo con una coppia di una certa età, c’era una parete in legno composta da caselle, con le chiavi delle stanze, e altre cose.
Si avvicinò al giovane. Schiarì la gola per farsi notare. Il ragazzo era davvero molto giovane, con i capelli castano-rossicci, la pelle chiara e una spruzzata di lentiggini su tutto il viso.
Buongiorno signore.” una volta finito con la coppia si rivolse a John, che era rimasto pazientemente ad aspettare.
Buongiorno, mi chiamo John Doyle ehm… La padrona della pensione ha mia figlia nel suo ufficio.” Si sentiva terribilmente stupido a dire una cosa del genere, quale padre lascia sua figlia nell’ufficio con degli sconosciuti?
Il ragazzo si illuminò.
Ah ma sì certo! Guardi può andare oltre quella porta e girare a sinistra, lì c’è l’ufficio di mia madre.”
E’ sicuro che vuole che entri?”
Ha detto mia madre di farla passare, quindi non c’è nessun problema.”
D’accordo.”
Mi chiamo Steven signore.”
D’accordo, grazie Steven.”
Di nulla.” il ragazzo tornò a parlare ai due anziani che pareva avessero un sacco di domande da porgli.
Quindi era proprio vero, gestivano tutto in famiglia.
Spinse il pannello divisorio per passare da dietro il bancone, e poi si trovò davanti una porta con scritto ‘privato’. Una volta entrato c’era un piccolo corridoio che andava in entrambi i lati. Girò a sinistra come gli era stato detto, e sentì la voce di Rosie, o meglio, i lamenti e i balbettii sconclusionati di una bambina di un anno, che avevano la voce di sua figlia.
Bussò.
Avanti.” Una voce giovanile gli rispose da dentro la stanza.
Sulla porta c’era una targa con scritto semplicemente ‘ufficio
Abbassò la maniglia ed entrò.

Lei deve essere il signor Doyle.” Una ragazza di appena vent’anni dai capelli rosso fuoco, lunghi e lisci, stava tenendo in braccio Rosie, che appena vide il padre cominciò a dimenarsi ed agitare le manine. John corse subito da lei e la prese in braccio.
Sono qui, sono qui.”
All’inizio ha dormito, ma poi si è svegliata e credo sia un po’ confusa, si è ritrovata in un posto nuovo con gente sconosciuta, e lei non c’era.”
Perfetto. Era davvero un padre orribile.
Grazie, davvero non so quanto ringraziarvi.”
Non si deve preoccupare, se possiamo siamo a completa disposizione.
Io mi chiamo Kirsty. Beth è mia madre.”
Si me lo ha detto. Scusami la domanda, ma in quanti siete a lavorare in questa pensione?”
Oh si siamo tutti qui, cinque figli, più mia madre e mio padre.”
Wow siete numerosi.”
La ragazza ridacchiò. Già, senza contare i mariti e le mogli delle mie sorelle e dei miei fratelli più grandi, e i loro figli. Per questo per noi non è un problema tenere un bambino in più o in meno.”
Capisco, ma non voglio approfittare della vostra gentilezza.”
Non si deve preoccupare, davvero lo facciamo volentieri. Anzi, se le servisse una babysitter per la piccolina, sarei più che felice di farlo.”
Scusa ma non lavori già qui?”
Si assolutamente, ma mi servono i soldi per l’università, quindi sa, più lavori riesco a fare meglio è.”
Capisco. Allora ti terrò in considerazione.”
Grazie signore, sarebbe davvero fantastico.”
Vuole che le prenda da mangiare per la piccola?”
Tua madre ha detto che avrebbe chiesto alla cucina.”
Ah si ma quello è per gli adulti, abbiamo anche le cose per i bambini. Venga, l'accompagno in sala da pranzo. Abbiamo già messo il seggiolone al tavolo.”
Va bene, grazie.” La ragazza gli fece strada e uscirono dall’ufficio, che lei si assicurò di chiudere a chiave.
Se deve cambiarla abbiamo un bagno apposta con il fasciatoio, ma ci abbiamo già pensato noi.”
Mio dio scherzi?”
No. - lei si voltò a guardarlo. - abbiamo sbagliato? E’ una cosa che le da fastidio?” Sembrava sinceramente preoccupata e dispiaciuta.
No, no! Anzi sono molto stupito. Davvero, avete fatto anche più del necessario.”
Glielo abbiamo detto, non è un problema occuparci dei più piccoli.

Arrivarono in una grande sala, era riempita da tavoli rotondi di varie dimensioni, perfettamente apparecchiati, con tovaglie bianche e centrotavola rustici.
Da un lato della parete sinistra, appena entrati, si trovava un lungo tavolo con le più svariate pietanze, ceste di pane, e bottiglie.
E’ davvero bello.”
Grazie.” la ragazza lo disse con una voce squillante.
Ovviamente può prendere quello che vuole e quanto vuole dal buffet.”
Grazie ma ho chiesto di mangiare in camera.”
Se vuole prendere dell’altro non faccia complimenti.”
Fu condotto ad un tavolo sul fondo della stanza, era uno di quelli più piccoli e con due sole sedie, una delle quali era stata levata per poter agganciare il seggiolone per far mangiare la bambina.
Ecco qui. Allora cosa vuole?”
Spiegò alla ragazza il necessario, e lei sparì nelle cucine.
Non ci volle molto prima che tornasse con una scodella di manzo frullato, una tazza per bambini piccoli con acqua fresca e un'altra ciotola più piccola di frullato di verdure e una di frutta.
Guarda Rosie, oggi pranziamo come la regina.”
Anche la ragazza rise a quelle parole.
Le serve altro signor Doyle?”
No assolutamente, è tutto perfetto. E per favore dammi del tu e chiamami John.” Le sorrise e lei ricambiò il sorrise, si allontanò, così padre e figlia rimasero soli.
Diede da mangiare alla piccola, che divorò tutto con voracità.
Avevi fame eh?” La prese in braccio e lei si appoggiò con la testolina sulla sua spalla. Dopo poco si riaddormentò.
Va bene, andiamo a vedere Sherlock. Dobbiamo dare da mangiare anche a lui.”
Si alzò e lasciò il tavolo. Kirsty era sparita.
Senza aspettare che lo chiamassero, per non svegliare la bambina, andò a recuperare il pranzo ordinato.
Quando entrò in stanza, Sherlock era girato verso il lato della della porta, aveva le mani unite sotto il viso, appoggiato sul cuscino, e stava dormendo profondamente. Non voleva svegliarlo, così mise Rosie nel lettino e la coprì bene.
Lasciò il vassoio con le pietanze coperte sul comò. Lo avrebbero mangiato dopo. Così ne approfittò per infilarsi a letto e riposare almeno per un po’.
Quando John si svegliò dal ‘riposino’, ormai erano le tre del pomeriggio.
Si stiracchiò, e rimase qualche minuto a fissare il soffitto. La stanza era avvolta nel silenzio assoluto, rotto solo dal respiro pesante e affannato di Sherlock.
Sherlock?” lo chiamò, ma l’altro non rispose.
Si voltò verso il suo lato e gli mise una mano sul braccio.
Sherlock?” ma niente.
Si mise seduto e si sporse per controllare l’amico. Il viso era arrossato, le labbra dischiuse e il respiro che usciva pesante.
Gli mise una mano sulla fronte. Era caldo, anzi scottava.
Merda…”
Scese velocemente dal letto e corse al borsone con le sue cose da dottore, cercò al suo interno finché non trovò il termometro.
Misurò a Sherlock la temperatura. Ed erano pessime notizie.
Dannazione…”
Sherlock?” Lo scosse per una spalla, ma non si svegliava.
Sherlock? Dai svegliati.” provò ancora a muoverlo, più forte.
Dalle sue labbra dischiuse uscì un mugolio.
Ehi. Mi senti?”
John… Mi sento… Ho la nausea.”
Lo so, ti è venuta la febbre alta.”
Ora ti faccio una flebo.”
Per favore… No.”
Ne hai bisogno.”
Aprì il contenitore frigo, dove erano conservate diverse sacche di flebo. Ne prese una, dal liquido trasparente.
Poi prese alcuni sacchetti sigillati, uno con il tubo della flebo e uno con il deflussore. Lo inserì nella parte bassa della sacca.
Ah questo è un bel guaio…”
Non aveva nulla a cui appenderla, così iniziò a guardarsi attorno. Poi gli venne un idea. Andò verso l’armadio e prese una gruccia. Poi prese la lampada da terra e la staccò dalla presa, avvicinandola al letto. Infilò il buco apposito della parte alta della sacca all'uncino della gruccia e poi la appese ad una delle braccia della lampada.
Si mise seduto sul letto, e abbassò il colletto della camicia del pigiama di Sherlock. Attaccato alla vena principale del suo collo, c’era ancora il catetere venoso nella giugulare. Lo aveva fermato con dei cerotti, che cercò di scollare dalla pelle di Sherlock senza fargli troppo male. Liberò il connettore e collegò il tubo e aprì tutte le valvole. Le gocce iniziarono a cadere nel diffusore una alla volta.
Lo massaggiò lungo il braccio. Sherlock tremava nonostante fosse bollente.
Devo farti calare quella febbre. Questo non basta.” tornò al contenitore frigo e prese alcune scatole di medicine.
Per fortuna che sono previdente, e per fortuna che esistono gli antibiotici e il paracetamolo.” aprì una scatola alla volta e versò qualche pillola sulla mano.
Avanti prendi.” Sherlock lo guardò con non troppa convinzione, aveva gli occhi lucidi e striati di rosso e le guance arrossate dalla febbre.
Sono pastiglie non è mica veleno.”
Non ne sarei così sicuro…” replicò.
Dai avanti.”
Sherlock le prese dalla mano di John e le mise in bocca tutte insieme.
Ti prendo l’acqua.”
Non importa.”
Devi bere.”
Tornò con il bicchiere che c’era in bagno pieno quasi fino all’orlo e lo obbligò a berla tutta, a piccoli sorsi ovviamente.
Ora prova a dormire un po’. Controllo io che non peggiori la situazione.”
Sherlock annuì e si rannicchiò su se stesso, infilando le mani sotto al cuscino.
Dopo poco stava già dormendo profondamente, anche se poteva sentirlo rantolare tra un respiro e l’altro. Ok forse dargli una pastiglia per dormire non era stato un bel comportamento, soprattutto senza dirglielo. Ma Sherlock aveva bisogno di riposo e molto sonno, e avrebbe fatto qualunque cosa per farlo stare meglio.
Con tutti e due che dormivano, ne approfittò per pranzare finalmente; si mangiò tutto il cibo di entrambi, compreso il pane, tanto Sherlock in ogni caso non poteva mangiarlo.
Poi sistemò le cose nella stanza. Doveva tenersi occupato.
Organizzò tutto quello che poteva servirgli e ogni mezz’ora controllava la temperatura al suo ‘paziente’.
Due ore dopo Rosie si svegliò con un gran pianto e dovette correre perché rischiava di svegliare Sherlock.
Purtroppo non poteva portarla fuori, faceva troppo freddo, così girarono per l’albergo,, facendo avanti ed indietro alla stanza. Ma almeno così ebbe modo di conoscere bene quel luogo.
Non era enorme, ma comunque una struttura su tre piani, poi c’era un piccolo ascensore di cui non si era accorto, tra la reception e il corridoio che portava alla sala da pranzo/colazione. Dall’altra parte invece c’era addirittura un pub, e aveva scoperto essere aperto il venerdì e la domenica sera fino all’una di notte.
Avrebbe dovuto mettere i tappi alle orecchie a Rosie o non avrebbe mai dormito sentendo frastuono.
Scoprì anche che il terzo piano era di proprietà della famiglia e che quindi loro vivevano lì. La bambina aveva anche scoperto con grande gioia, che c’era un grosso gattone bianco e rosso, con cui giocare e da coccolare.
Rimasero lì almeno un'ora prima che riuscisse a portarla via.
Doveva trovarle qualcosa da farle fare o avrebbe finito con l’essere nervosa e troppo iperattiva, e allora sarebbe stato un bel guaio.
Chiese della carta e delle matite, al nuovo receptionist, che era cambiato rispetto a quello della mattina, era sempre uno dei figli, questa volta uno maggiore, e si chiamava Willy. Chiacchierarono per un po’, Willy gli raccontò alcuni fatti riguardo la cittadina. Posti in cui andare, dove si trovava il supermercato o il panettiere. Apprezzò molto.
Si congedò e fece ritorno in stanza. Sherlock ancora dormiva, esattamente nello stesso modo in cui lo aveva lasciato. Mise Rosie nel lettino e andò a misurargli la temperatura. Segnava 38,5, ancora alta, ma almeno non come prima.
Rosie si mise a saltare nel suo lettino, le mani che tenevano strette il bordo delle sbarre di legno.
Ora arrivo e ci mettiamo a disegnare ok?” lei saltellò ed emise dei versi che volevano sembrare un tentativo di dire qualcosa.
La tirò su e sistemò i fogli sul comò, con vicino le matite. Prese l’unica sedia della stanza e ci mise in piedi la bambina.
Dai disegna qualcosa.”
Per fortuna distrarre una bambina di un anno era più o meno facile. Il tempo passò velocemente tra disegni e giochi. Arrivati a sera le diede da mangiare, poi ne approfittò per farle un bel bagno caldo. Pochi minuti e crollò addormentata, così la mise nella culla e ricontrollò Sherlock. La febbre scendeva molto lentamente, non poteva fare altro che andare a dormire anche lui e sperare che il giorno seguente andasse meglio.

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Note d’autrice:

Mi dispiace davvero se non ho pubblicato all’orario stabilito ma oggi è stato davvero un delirio, sembrava che tutti mi remassero contro e non ho avuto un ora libera per revisionare e pubblicare il capitolo fino ad ora.

Comunque eccoci qui.

Giuro che rispondo anche alle recensioni, sono rimasta indietro pure con quelle.

Sherlock in questo capitolo si vede poco diciamo, ma ci sono più John e figlioletta, che secondo me poverini meritano il loro spazio.

Premetto che non ho mai scritto di bambini in vita mia, e non ci ho mai avuto a che fare visto che non mi appassionano particolarmente… Quindi spero davvero che sia una cosa carina e soprattutto non strana. Se vedete che è strana sapete perché. Inoltre Sherlock a salute pare peggiorare, altro che migliorare… E John deve fare tutto e nel frattempo non impazzire.



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Capitolo 19

Venerdì 7 maggio ore: 18-19

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Capitolo 19
*** Capitolo 19: ***


Capitolo 19:

***



Sherlock aveva dormito per tutta la notte. La febbre era scesa solo di un paio di gradi, in più lui continuava a respirare con affanno.
John si premurò di cambiargli la sacca della flebo, ma doveva anche fargli prendere le medicine, quindi fu costretto a svegliarlo.
Sherlock?” lo mosse per un braccio.
Sherlock dai svegliati.” lo scosse un po’ più forte. L’altro si mosse leggermente, lamentandosi.
Dai svegliati.” lo accarezzò sulla fronte calda e madida, e tra i capelli.
John?” la voce di Sherlock era flebile e roca.
Sono qui. Devi prendere le medicine.”
Mi fa male.” si lamentò con un filo di voce.
Mi dispiace. Vedrai che se prendi le tue medicine poi passa.”
Sherlock aprì piano gli occhi. Erano arrossati e le iridi più scure del normale. Cercò di aiutarlo a mettersi seduto. Gli sistemò anche i cuscini dietro la schiena.
Sherlock si mise a tossire forte.
Ok ora prendi queste.” gli mise sul palmo della mano alcune pillole.
Sherlock le mandò giù tutte e poi John gli fece bere un bicchiere d’acqua.
Dovresti mangiare qualcosa.”
Non ho fame. Ho… ho la nausea.”
Lo capisco ma non mangi niente da… Oddio, dall’ospedale.”
Non c’è la faccio.”
John sospirò.
D’accordo ma domani ne riparliamo.”
C-che ore sono?”
Le otto.”
Sono già le otto di sera?”
Di mattina.”
Oh. E Rosie?”
Sta dormendo. Lei è a posto. Sono riuscito a farle fare un po’ di attività ieri.”
Vuoi leggere qualcosa? Magari riesco a trovare qualche libro.”
No grazie. Non importa.”
Allora… Vuoi disegnare?”
Come?” chiese confuso Sherlock.
Si, qui abbiamo tutto: fogli, matite, colori.”
Sherlock finalmente capì a cosa si stesse riferendo John e sorrise. Era un sorriso appena accennato, ma gli riempì il cuore vederlo così. Lo rendeva sempre felice vederlo sorridere, soprattutto se era per merito suo.
Grazie ma lo sai che il disegno non è il mio forte.”
Tranquillo non lo dico a nessuno che lo hai fatto tu, al massimo lo spaccio come uno dei disegni di Rosie.”
Rise, ma si piegò in due a tossire.
Ehi ehi, piano. Prendi un bel respiro.”
Mi-mi fa male…” si teneva le costole.
E’ colpa della tosse e della febbre. Mi dispiace non poterti dare un po’ di morfina.”
Non importa. Non è colpa tua. Posso sopportare il dolore.”
Si ricordò che effettivamente Sherlock era abituato al dolore. Con la vita sregolata che aveva avuto prima che lo conoscesse, e tutto quello che era successo dopo. E per quanto cercasse di fare la persona coraggiosa e che non provava sentimenti, era sicuro che a lungo andare tutti i casi a cui erano andati dietro, avevano finito con il consumarlo a livello psicologico. E poi tutto quello che era successo nell’ultimo anno, e per finire l’aggressione nel parcheggio.
Sherlock era la persona più forte che avesse mai conosciuto, ma non era indistruttibile.
Lo sai che non devi essere così con me.”
Così come?” chiese il detective con una leggera nota di timore.
Ti trattieni. Trattieni i tuoi sentimenti, e hai paura. Anche io ho paura.”
Tu hai paura?” ora sembrava preoccupato.
Sì. Cioè, ne ho avuta. Quando ti ho trovato in quel parcheggio, e ho capito che eri tu. E’ stato il secondo giorno più brutto della mia vita.”
Sherlock non disse nulla. Rimase in silenzio, a guardarsi le mani posate sul grembo.
Mi dispiace.”
Ehi, non è di certo colpa tua.”
E come fai a saperlo?”
Quella domanda lasciò John basito.
In che senso? Che vuol dire?”
Che ne sai che non sono finito in una rissa? Magari l’ho provocata io.”
Ok ora era sconvolto.
E’ così?” non poteva crederci nemmeno per un secondo.
Sherlock si limitò ad un'alzata di spalle.
Sherlock.”
Non lo so. Non me lo ricordo.” rispose secco.
John prese un gran respiro, per cercare di calmarsi.
Sei proprio sicuro di non ricordarti proprio nulla? Perché a me non sembra.
Qual è l’ultima cosa che ricordi?”
Queste domande me le ha già fatte Lestrade.”
Io non sono Greg.”
No infatti.”
Ehi, non c’è bisogno di essere così acidi.”
Era un complimento.”
Stai sviando le mie domande.”
Le tue domande?”
Sherlock!”
Sherlock sobbalzò.
Tutto bene?”
Sono stanco.”
Hai dormito per delle ore, puoi stare sveglio dieci minuti.”
Per tutta risposta Sherlock riprese a tossire.
John sospirò.
Senti dovresti fare un bagno.”
Sherlock alzò la testa, e lo guardò, quasi sconvolto.
Che c’è, che ho detto di così sconvolgente? In ospedale ti lavavano no?”
S-sì certo.- lo vide deglutire a vuoto, segno di nervosismo. -Se… Se proprio devo… Va bene.”
John si alzò.
Vado a preparare la vasca.”
A Sherlock poteva anche non piacere l’idea ma così era.
Andò in bagno.

Vedrai che ti farà bene.”
Se lo dici tu.”
John si era premurato di staccargli la flebo e coprire ago e cannula con un quadrato di garza e dei cerotti, per fare in modo che non si bagnassero.
Aiutò Sherlock ad alzarsi. Barcollava più di prima, quindi doveva tenerlo stretto per le braccia.
Mi gira la testa.”
Lo so. Ti tengo io.”
Un passo alla volta arrivarono fino al bagno.
Faccio da solo.”
Prima che John potesse rendersene conto, Sherlock si era già sfilato dalla sua presa, ma ovviamente non era stata una buona idea.
Ehi!” lo afferrò per un braccio, spingendolo contro il bordo della vasca, fino a farcelo sedere.
Sei impazzito per caso? Ti ho detto che ti aiuto.”
No! Non serve!”
John lo fissò cercando di capire il motivo del suo comportamento, ma preferì non infierire.
Puoi uscire.”
Non credo sia il caso.”
Anche perché Sherlock si stava aggrappando al bordo della vasca con entrambe le mani, così forte che le nocche gli erano diventate bianche.
Non riesci nemmeno a stare seduto.”
Allora torno a letto.”
John sbuffò dalle narici, chiaramente infastidito da quella lotta perenne. Perché doveva essere sempre testardo come un mulo?
No, tu ti infili in quella vasca. Con le buone o con le cattive.”
Sherlock si mise a fissarlo.
E quali sarebbero le cattive?”
Non ti conviene.”
Mi fai minacce a vuoto? Non è molto onorevole.”
E chi lo dice che sono a vuoto?”
Tu, visto che sei ancora qui a parlare.”
D’accordo la conversazione stava diventando strana oltre che tremendamente irritante.
John sospirò.
Ho capito, ma se ti sento cadere, ti butto in quella vasca anche da svenuto.”
Sherlock sembrò rabbuiarsi tutto ad un tratto, abbassò la testa, in modo che i riccioli neri coprissero il suo volto, così John poté notare che gli stava anche ricrescendo la barba.
Però non riusciva a capire questi repentini cambi di umore a cosa fossero dovuti. Cioè ovviamente all’aggressione, almeno in parte, ma non doveva essere solo quello. Ci doveva essere altro, che era sicuro, non gli volesse dire. Con quella tattica del ‘non me lo ricordo’, stava nascondendo qualcosa.
Allora lascio la porta socchiusa, se hai bisogno io sono qua dietro.”
Sherlock semplicemente annuì, senza nemmeno guardarlo.
Senti appena esci copriti subito bene e chiamami.
Gli lasciò l’accappatoio appoggiato vicino.
Quindi non gli rimase che lasciarlo fare da solo.


Camminava avanti ed indietro per la stanza ormai da più di dieci minuti, e ogni volta puntando la porta del bagno.
L’unico suono che sentiva, oltre i suoi stessi passi, era il respiro profondo di Rosie addormentata nella culla.
Quando ritenne che fosse passato abbastanza tempo, si avvicinò alla porta con il pugno alzato e fece per bussare, ma sentì un rumore provenire da dentro il bagno, e così la spalancò.
Oh scusa scusa!”
Ancora prima di rendersene conto si era voltato con uno scatto.
Non ho visto nulla. Ma ho sentito un rumore e pensavo ti fosse successo qualcosa.” ormai sproloquiava, rosso in faccia dall’imbarazzo.
Dal momento che non aveva il coraggio di muovere un muscolo, rimase fermo immobile, come un palo nel punto esatto in cui si trovava, però poteva capire quello che più o meno stava succedendo, dai rumori provenienti alle sue spalle. Poi sentì qualcuno vicino, e il suo profumo...
Ho fatto.” la voce di Sherlock gli arrivò alle orecchie bassa e morbida come una carezza fatta con un guanto di velluto.
Chiuse gli occhi e represse un brivido.
Ti aiuto aspetta.”
Non serve, c’è la faccio.” se lo sentì passare accanto ma non aveva il coraggio di guardarlo, quindi si limitò a fissare l’armadio nella parete opposta.
Ti ho preparato il pigiama pulito sul letto.”
Uhm, mi hai preso i visti?” chiese con un tono di sorpresa Sherlock.
Certo. Ovviamente.”
Stai facendo anche troppo.” non lo aveva detto come un rimprovero ma più come se si sentisse dispiaciuto. Ancora credeva di essere un peso, ma non era affatto vero.
Oh senti non serve che ti dispiaci. Fanno le stesse identiche cose anche in ospedale cosa credi.” ok forse poteva dirlo in un altro modo, senza sembrare come uno che faceva una cosa come un'altra, tanto perché doveva.
Ma tu sei un dottore non un assistente. E nemmeno un cameriere.”
John sbuffò.
L’ultima volta che sono stato male mi hai fatto tu da assistente.”
E’ stato più di due anni fa e ti eri solo preso un influenza. Non ho fatto chissà che, oltretutto c’era la signora Hudson che aiutava.”
Senti, che ti piaccia o meno sei un mio paziente e ho intenzione di fare il mio lavoro e farti guarire. Rassegnati.”
Non ebbe nessuna risposta in merito.
Udì rumori di stoffa.
E con tua figlia? Anche lei ha bisogno delle tue cure.”
Di nuovo con quell’argomento, gli sembrava di avergliene già parlato.
Mia figlia ha tutto quello che gli serve.”
E come, se tu devi stare dietro a me.”
Fu talmente istintivo che nemmeno ci aveva pensato che Sherlock si stava cambiando, ma per fortuna quando si girò aveva già il pigiama addosso. Rimase sorpreso che avesse fatto così in fretta. Stava anche accuratamente piegando l’accappatoio usato.
Aveva tutti i ricci scompigliati, ma erano asciutti.
Non ti sei lavato i capelli.” chiese quasi con disappunto.
No. Non avrei modo di asciugarli.”
Ma c’è il l'asciugacapelli nel-” venne interrotto prima che potesse concludere la frase.
Avrei svegliato la bambina.”
Spalancò la bocca dallo stupore. Non ci aveva nemmeno pensato.
D’accordo forse doveva fare più attenzione.
Domani. Se vuoi aiutarmi.”
Okay Sherlock gli aveva appena proposto di lavagli i capelli.
John annuì senza riuscire a dire una parola.
Quindi come intendi fare con la bambina.” riprese il discorso lasciato senza risposta, in precedenza.
Ha solo un anno non sarà un problema per lei ambientarsi.”
Intendevo, tu come hai intenzione di fare con lei, se devi badare a me.”
Ma non è per sempre. Solo finché non sarai guarito.”
Sherlock lo guardò con uno strano sorriso, triste.
Io ormai sono irrecuperabile. Ma lei ha tutta una vita davanti, potrà fare qualunque cosa vorrà. Magari vorrà fare come te da grande.”
John fece una smorfia.
E questo cosa c’entra.”
Siamo in un paesino disperso nella campagna John. Non c’è praticamente nulla. Nemmeno un liceo decente.”
Stai davvero pensando a mia figlia di un anno, a quando ne avrà venti?”
Perché tu non ci pensi?”
Questa domanda un po’ lo punse sul vivo.
Certo che ci penso! E non mi sembra tutto questo gran dramma vivere in un piccolo paese. Allora chiunque vive in posti sperduti non dovrebbe avere figli da allevare.”
Non era quello che intendevo.”
E cosa intendevi?”
Vuoi mettere un posto del genere con una città come Londra. Avevi una casa li. Potevi mandarla nella scuole migliori. E non… E non è giusto che debba rinunciare ad un opportunità che non a tutti capita, a causa mia.”
John strinse forte la mascella, sentendo la rabbia strisciargli nelle viscere.
Ancora una volta Sherlock gli stava dicendo di sentirsi un peso, e non sapeva come fargli cambiare idea, e questa cosa lo faceva impazzire.
Non sta perdendo niente a causa tua. Tra vent’anni Londra sarà dov’è sempre stata.”
Ma sarà un estranea che viene da un piccolo paese, lo sai quanto può farti sentire perso un ambiente così diverso.”
Oh la fai sembrare come se venisse dal deserto. Vorrà dire che la porteremo in vacanza in città così si abitua. Contento?”
Sherlock fissò John così intensamente da far sentire quest’ultimo a disagio.
E hai intenzione di continuare con questa follia dei nomi falsi per sempre?”
Ma come faccio a sapere come saranno le cose tra qualche mese o tra vent’anni! E poi non sarà sempre così. Non ci nasconderemo per sempre. E’ solo per un po’, continuo a ripeterlo, non capisco perché non mi credi.”
E’ solo per un po’… Per un po’ quanto: un anno, due, dieci?”
Ma io che ne so! Finché non sarai tornato come prima!”
Sherlock scoppiò in una risata e quella reazione lo fece sobbalzare dalla sorpresa.
Non c’è niente da far tornare come prima. Senti, non voglio che tu debba fare la mia stessa vita. Io posso rimanere anche qui. Ma tu devi tornare a casa.”
Sei diventato completamente matto? Cosa vuol dire non c’è niente da far tornare come prima? E non esiste che ti abbandoni qui!”
Vuol dire quello che ho detto. Non ho più intenzione di fare qualunque cosa facessi prima. Mai.”
La mandibola di John parve quasi staccarsi e cadere a terra.
Cioè… Cioè… Non sarai più… Niente più casi?”
Niente più casi, niente più consulenze per la polizia. In effetti niente più polizia e basta. Niente più supposizioni, o leggere gli altri.”
Cosa? Ma perché!” sembrava quasi l’avesse presa peggio lui di Sherlock. E probabilmente era vero.
Ti devo rispondere? Penso tu lo sappia già.”
No! Non ti azzardare a farlo a causa mia!”
E perché? Questa cosa crea solo problemi.”
Ma non è vero! E tutte le persone che hai aiutato!”
Sherlock si mise di nuovo a ridere. Ovviamente non era una vera risata, ma un suono più finto, quasi isterico.
Quali persone ho aiutato? Ho sempre e solo aiutato me stesso, fregandomene delle conseguenze.”
Queste non sono parole tue.”
E che importa? E’ la verità.”
La verità secondo chi! I criminali?”
C’è la polizia per i criminali.”
Ma non dire cazzate, hai sempre detto che erano degli incapaci e che non avrebbero vinto nemmeno una caccia al tesoro organizzata da dei bambini.”
Non importa quello che dicevo.”
Senti, ti ho già detto che se il motivo è mia m-”
Perché credi sia finito in quel parcheggio?”
Lo stupore di John cresceva sempre di più.
Ma… Che domanda è.”
Rispondi. Avanti, fa una deduzione.”
John chiuse la bocca con uno scatto e deglutì a fatica.
Ahm… Io… Non lo so non mi sono mai fermato a pensarci.”
Bugiardo.”
Lo sguardo di John si assottigliò a quelle parole. Come si permetteva a dargli del bugiardo?
Ci hai pensato e come. ‘Avrà provocato la persona sbagliata.’”
John avrebbe tanto voluto saper giocare a poker, magari a quest’ora avrebbe anche imparato a fare una faccia da poker.
Sherlock sorrise.
Già. Scommetto che è la stessa cosa che avrà pensato Lestrade.- Sherlock si strinse nelle spalle. -Magari è vero.”
C-cosa è vero?”
Che ho provocato qualcuno. Allora dimmelo John. Come sono andate le cose in quel parcheggio.”
John chiuse gli occhi e prese un profondo respiro. Perché lo stava torturando in quel modo? Come se fosse stato facile vederlo in quello stato. Avrebbe avuto stampata nella mente l’immagine di come era ridotto, fino alla fine dei suoi giorni.
Deve… Deve trattarsi di una persona sola. Credo. Sai, per via di come era la scena, non credo ci fossero altri presenti. E… Qualcuno che ti ha preso di mira. Non lo so il motivo. Sembrava una cosa... Uhm… Personale.”
Spalancò gli occhi, e si ritrovò ad annegare in quelle azzurre di Sherlock e John desiderò non averli mai riaperti gli occhi.
Dimmi che non è nessuno che conosciamo.”
Sherlock per fortuna scosse la testa.
John esalò un sospiro di sollievo.
Almeno non doveva ammazzare una persona che potessero ricollegare a loro in qualche modo.
Quindi vedi, come sempre ho ragione.”
Se non ti ricordi chi è stato come fai ad essere sicuro di aver ragione?”
Lo so e basta.”
Ah bella risposta.”
Ne era certo, sapeva di più di quel ‘non ricordo’.
Sono stanco.”
Scostò le coperte e ci si infilò sotto, restando rannicchiato sul fianco destro. John andò a sistemargli la flebo. Gli misurò la temperatura, era calata ancora, ora era a 38.
Puoi darmi il sonnifero se vuoi.”
John ormai non si chiedeva nemmeno più come facesse a sapere che gli avesse dato una pillola per dormire la sera prima.
Gli passò la pastiglia in questione, con un bicchiere d’acqua. Sherlock prese entrambi e finì l’acqua.
Buonanotte John.”
Notte Sherlock.”



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Note d’autrice:

Sono una bruttissima persona e non ho rispettato l’orario oggi. Ho avuto un po’ di giri come al solito e ne ho approfittato appena ho avuto tempo, mille volte perdono, non mi piace non rispettare gli orari.


Questo capitolo devo dire piace molto anche a me, certo ci saranno altre discussioni del genere (molte altre ve lo dico), alla fine questi due ci girano sempre in tondo sulle questioni che non risolvono tra di loro. Sherlock che va avanti praticamente solo per enigmi, il cervello si John che fuma perché vorrebbe risposte che non può avere. E chi lo sa cos’è successo davvero?

Comunque sono sicura che John ha meno difficoltà a stare dietro a sua figlia di un anno che a Sherlock, e fa anche meno capricci 😅 

Prometto che Luendì cercherò di rispettare gli orari.



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Capitolo
20
Lunedì 10 maggio ore: 15-16

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Capitolo 20
*** Capitolo 20: ***


Capitolo 20:


***



La mattina seguente John si svegliò molto presto. Recuperò Rosie dal suo sonno profondo, la vestì e la lasciò con Kirsty.
Aveva un giro importante da dover fare, e prevedeva l’andare fino in centro. Aveva lasciato Sherlock ancora addormentato; avrebbe dormito per qualche altra ora, ma per sicurezza gli aveva lasciato un biglietto sul comodino, ma sperava di tornare prima che si svegliasse.
Poi finalmente uscì e prese la macchina.

Il centro cittadino non era troppo lontano dalla pensione, giusto un paio di chilometri, forse tre al massimo. Era molto ben tenuto e si vedeva che erano stati fatti lavori di restauro. Era di pianta larga e quadrata. Al centro il pavimento era di grandi piastrelle bianche e con una fontana, attorniata da diverse statue. Poi c’erano panchine, e tutto a torno edifici, composti da case, e i negozi, che si trovavano al piano terra. In giro non c’era nessuno, ma stava cercando un edificio in particolare, e ne approfittò per parcheggiare di fronte. Proprio in quel momento, dallo specchietto retrovisore dell’auto, vide avvicinarsi un altra macchina. La macchina appena arrivata parcheggiò a qualche metro, dietro a quella di John.
La seconda vettura era una macchina a due porte, vecchia, ma tenuta alla perfezione.
John scese non appena vide che anche la persona che la guidava stava scendendo.
Signora McKennell?” La donna sobbalzò dalla paura e chiuse la portiera con un colpo secco.
Scusi! Non volevo spaventarla. Sono John Doyle.” La signora lo squadrò da capo a piedi, con un'espressione non troppo felice inizialmente, ma che cambiò subito non appena le ebbe detto il nome.
Ah ma certo. E’ uno dei clienti di Beth. Mi ha detto che voleva parlarmi.”
Non fu così sorpreso che lei sapesse già tutto. Ogni volta che Beth gli aveva parlato della signora McKennell gli aveva dato l’idea che si trattasse di qualcuno che doveva essere sempre coinvolto negli affari riguardanti la cittadina.
La signora McKennell era una signora sui settant’anni, bassa di statura, con i capelli castano scuri cotonati. Un viso minuto, naso piccolo e a patata, occhi piccoli e castani. Aveva una collana di perle al collo, un maglione color lavanda con bottoni color oro, una gonna lunga fino sotto al ginocchio, di spessa lana nera. Ai piedi aveva un paio di scarpe di pelle con un tacco quadrato alto cinque centimetri, e al braccio destro teneva una borsa in tinta con le scarpe.
Era vestita di tutto punto, mani curate, un bracciale d’oro al polso destro e un braccialetto elegante al polso sinistro, niente fede al dito, quindi probabilmente era una vedova.
Si capiva da subito che fosse una donna forte, e che era lei a dettare legge in città.
Mi ha anche detto che lei sarebbe interessato a restare qui.- mentre lo diceva infilò la chiave nella serratura e la fece scattare per chiudere la portiera. -Vede, questo è un paese piccolo. E al momento non abbiamo case in vendita.”
Senza fermarsi si avviò con passo spedito verso l’edificio al di là del marciapiede.
Le uniche che abbiamo sono case in affitto, e sono solo per l’alta stagione. Sa, per i turisti.”
John dovette affrettare il passo per starle dietro perché lei non si era nemmeno voltata ad assicurarsi che lui la seguisse mentre parlava.
Il tono di voce era squillante, ma si capiva che si sforzava a tenerlo moderato, per non risultare sconveniente nel modo di parlare.
Deve avere qualcosa. Anche piccola.” aggiunse John cercando di non sembrare troppo disperato.
Mi dispiace.”
Sa io vengo da Londra, ho fatto un lungo viaggio. Il mio…” non finì la frase perché non sapeva che termine usare. Non ne aveva la più pallida idea.
Ma la signora McKennell si era finalmente fermata, e ora lo guardava con espressione accigliata.
Si? Il suo?”
Il mio... Compagno.- Ok tanto valeva che lo dicesse e basa, lei non poteva sapere com’era davvero la storia. -Si insomma il mio compagno è molto malato.”
Oh… Lei ha… Sa Beth mi ha aveva detto che avesse una figlia io non avevo capito. Lei non me lo ha detto. Dovrò rimproverarla.”
No, no! Non è colpa di Beth. Non le ho detto nulla. Sa… Non tutti reagiscono bene…” Si sentiva orribile a mentire in quel modo.
Caro ragazzo, ma ci mancherebbe. Qui accogliamo tutti. Non deve avere paura. Santo cielo… Mi dispiace davvero così tanto. Poverini. E avete anche una bambina. Siete così bravi.”
Ahm, si grazie signora McKennell.” cercava di nascondere l’imbarazzo come meglio poteva.
Mi si spezza il cuore a non poter aiutare una famiglia di giovani, ma come ho detto, qui abbiamo solo case per le vacanze.”
Ci sarà qualcosa, qualunque cosa. Se è per i soldi, faccio il dottore, quindi sono affidabile.”
La signora si aprì in un espressione sorpresa.
Ma perché non lo ha detto subito!”
Come?”
Che è un dottore! Venga, entriamo.”
Lei salì i gradini dell’edificio. In cima c’era un antico edificio a tre piani, in pietra rossa e bianco. Sempre la donna spinse una parte di una grande porta in legno massiccio.

Dentro l’ambiente era ampio, con il pavimento in marmo rigato di verde.
Una grande scalinata a chiocciola al centro, con il corrimano di legno scuro intagliato in stile vittoriano.
Voltarono a sinistra. C’erano diversi uffici. Ogni porta con la propria targa.
Ancora non c’era nessuno. Andarono in uno degli uffici in fondo.
La stanza era ampia, con soffitti alti, le finestre davano sulla piazza della città, c’erano diverse scrivanie con computer e scaffali pieni di faldoni.
La donna andò ad una delle scrivanie.
Prego.” fece segno a John di accomodarsi su una delle poltrone oltre la scrivania.
John si andò a sedere di fronte alla donna.
Quindi è un dottore ha detto. Di che tipo?”
John le spiegò ogni cosa, e la donna sembrava sempre più entusiasta.
Aveva acceso il computer e si era messa a fare delle ricerche. John era certo su di lui. Ringraziò Elliot per avergli falsificato la laurea e il curriculum.
Sa il nostro dottore deve andare in pensione, non è più molto giovane, e cura tutta la città, non che siano chissà quanti i pazienti.”
Interessante. Ma senza offesa, questo cosa c’entra?”
Lei potrebbe restare qui, se accettasse di essere il nostro nuovo dottore.”
Non ha appena detto che avete solo case in affitto per la stagione turistica?”
Si esatto, ma in questo caso potrei dargliene una per un periodo fisso.”
Oh.”
Se lei è interessato, ovviamente.”
Ovviamente.
Beh si in effetti sono molto interessato. E questa casa come sarebbe?”
Ne abbiamo alcune tra cui scegliere. Ovviamente qualcosa di adatto ad una famiglia di tre persone.”
John ci pensò per un attimo.
Vorrei qualcosa di… Tranquillo. Qui c’è la spiaggia no?”
Addirittura una casa sulla spiaggia.”
John annuì. Se doveva lavorare li tanto valeva che si concedesse qualche contrattazione.
Ora fu il turno della signora McKennell di pensarci su.
Ma certo!- esordì entusiasta. -Forse ho proprio quello che cerca. Però è molto isolato, anche in estate la diamo via poco. La gente solitamente preferisce avere tutto a portata di mano.”
Isolato va bene.”
La donna si alzò e recuperò la borsa da sopra la scrivania.
Le interessa vederla?”
John si stupì, le cose stavano andando molto velocemente.
Ora?”
A meno che non abbia altro da fare.”
No, no! Ora va bene.” anche lui si alzò, e seguì la donna nel tragitto inverso.
Tornarono alle macchine.
La porto io.”
John era già alla macchina, quindi andò verso quella della signora e salì al lato passeggero.
Lei mise in moto. La piccola automobile aveva un bel motore, che rombò appena si accese.
Uscirono dal parcheggio, e dalla piazza della città, poi uscirono dal piccolo paese. Andarono sempre dritti, finché non raggiunsero la strada che costeggiava il mare.
Il mare era scuro e tormentato. Le onde si scagliavano violente contro la spiaggia.
Proseguirono per alcuni chilometri. Dopo qualche altro chilometro la scogliera iniziava ad abbassarsi, ora era meno a strapiombo, e le rocce erano più arrotondate e modellate dall’acqua e dal vento.
In lontananza finalmente si intravedeva una struttura decisamente costruita da esseri umani.
La signora McKennell parcheggiò in un piazzale di erba e terra che sovrastava la scogliera sottostante. Scesero dall’auto. La vista era davvero mozzafiato. Oceano a perdita d’occhio, il blu profondo, il bianco formato dalla spuma delle onde e l’azzurro del cielo.
Se quella era la premessa, non era niente male.
Prego, venga.” la voce della donna lo richiamò dalla contemplazione di quel paesaggio. Stava già immaginando come sarebbe stato svegliarsi li.
Quando si voltò, lei stava scendendo verso il basso, si avvicinò e vide che c’era un piccolo sentiero. Era fatto di sabbia, terra e sassi. Lo discese, cercando di non scivolare o avrebbe fatto un bel volo. Per fortuna non era un tragitto molto lungo. Più sotto c’era uno spiazzo, abbastanza largo in realtà, e ci era collocata una casa di pietra grezza.
Beh, visto che ha una bambina così piccola forse sarebbe il caso che faccia qualche modifica, non so, potrebbe far mettere un recinto qui intorno.”
Si penso sia un’ottima idea.” rispose John annuendo.
Effettivamente poteva essere molto pericoloso per un bambino, ma bastava prendere alcuni accorgimenti, in fondo lo spazio c’era e poteva essere sfruttato al meglio.
La signora McKennell infilò una chiave di metallo un po’ arrugginito, nella toppa. La porta era di legno e verniciata di verde. La casa aveva una pianta rettangolare. La parte posteriore dava sulle rocce, mentre la parte anteriore era vista mare.
C’erano delle finestre, sempre verniciate di verde, e chiuse con gli scuri.
Entrarono, e la donna accese tutte le luci. A John gli ci volle un po’ prima di abituarsi, non era molto illuminata.
Vediamo di migliorare la vista.” lei uscì, e John la sentì armeggiare con qualcosa. Poco dopo arrivò della luce dall’esterno, poiché gli scuri erano stati aperti.

C’era un piccolo ingresso, con dei ganci e alcune mensole e una panca dove sedersi per poter levare le scarpe. Sulla sinistra si trovava subito la cucina ad angolo. Il lavello si trovava sotto la piccola finestra che dava sul mare. Mentre la finestra a lato dava sul sentiero e la scogliera. Un muro divisorio basso separava la cucina dal salotto. Il divano era situati contro al muretto basso, e alla parete opposta un cametto abbastanza grande di pietra. C’era una poltrona, un tavolino da caffè in legno. A fianco del salotto, un piccolo corridoio, dove sul fondo c’era una porta con la metà superiore di vetro, e sulla destra, nel sottoscala, un'altra porta.
Ah lì dentro c’è un piccolo bagno con la lavatrice e una dispensa.- la donna fece eco ai pensieri di John. -Venga, andiamo al piano di sopra.”
Salirono la rampa che portava al secondo piano.
C’era un corridoio abbastanza ampio, con una porta sulla sinistra, e altre tre dalla parte opposta.
Di qua c’è il bagno grande.- aprì la porta sulla sinistra. -Ha tutto il necessario, sia vasca che doccia. Mentre da questa parte c’è la stanza padronale.” la signora McKennell aprì la porta dalla parte opposta.
La stanza era effettivamente abbastanza grande. C’erano due finestre, una sul lato nord e una sopra al letto, in direzione scogliera.
Il pavimento era di assi in legno scuro, così come la mobilia. C’era un lunga cassettiera di fronte, mentre a lato un armadio antico a due ante. Il letto era a due piazze, ampio, alto, e con la struttura di legno massiccio. Anche quello doveva essere un pezzo antico.
Ovviamente può arredare come vuole, ma gradirei che non buttasse i mobili già presenti. Sa sono pezzi originali. Questa casa ha un centinaio di anni ma è stata disabitata per parecchio, poi durante la seconda guerra mondiale è stata usata per permettere alla famiglia che la possedeva, di allontanarsi il più possibile dai bombardamenti. Negli anni è stata sistemata, e gli impianti sono tutti a posto. Venga a vedere il resto.”
Passarono alla porta successiva. La stanza era più piccola, ed era vuota.
Questa di solito la usiamo per bambini o ragazzi. Visto che lei ha una bambina piccola può sistemarla secondo la sua esigenza.”
Direi che sarebbe perfetto.” convenne John.
Qui non abbiamo negozi di arredamento. Abbiamo un falegname e un tuttofare, anche una ferramenta abbastanza rifornita. Ma per il resto, deve ordinarlo. So che può sembrare una scocciatura vivere in un posto così, senza tutte le comodità di una grande città, ma se la tranquillità è quello che cerca…”
Direi di sì, per il resto posso arrangiarmi. Non è un problema.”
Ottimo.”
Proseguirono e arrivarono alla terza stanza. Una finestra dava sulla strada, mentre l’altra sul fianco della casa. Aveva solo un letto matrimoniale spoglio e un armadio semplice.
Questa può usarla come studio, metterci una scrivania. Però glielo dico, non abbiamo una linea telefonica, quindi niente internet, e i cellulari prendono molto poco.”
Si non è così indispensabile avere un computer.”
Ah non me lo dica, detesto quegli aggeggi, ma ovviamente sono necessari per il lavoro, e ho dovuto farmi insegnare. Ma giurerei che quei cosi mi odiano.”
Può capitare. Con il mio lavoro sono indispensabili, ma quando mi trovavo nel campo di battaglia bisognava fare con quello che c’era, quindi diciamo che ho imparato ad adattarmi.”
Lei è davvero un uomo coraggioso.”
Che sciocchezze. Ho fatto quello che dovevo.”
No dico davvero. I giovani di oggi non ci pensano proprio ad impegnarsi su qualcosa e portarlo avanti anche se falliscono. A proposito, come mai ha scelto proprio la nostra modesta cittadina?”
John deglutì, sentendosi terribilmente a disagio. Come glielo spiegava che era stata una scelta del tutto casuale e fatta unicamente per poter sparire?
Beh avevo bisogno di un posto tranquillo come ben sa, possibilmente con la spiaggia, qui ci sono sia spiaggia che campagna. E’ poco abitato, e siamo quasi in Scozia. Era perfetto.” in fondo non era del tutto una bugia.
La signora McKennell lo guardava con ammirazione, come qualcuno che avesse appena preso un biglietto della lotteria, e scoperto di aver vinto.
Lo trovava esagerato.
E noi abbiamo avuto la fortuna di trovare un uomo fantastico e che guarda il caso fa il medico. E comunque no, non ci credo affatto al caso, lei era proprio quello di cui avevamo bisogno, questa è quella che chiamo provvidenza divina.”
Lei esagera con i complimenti signora McKennell.”
Affatto. Insomma non che il nostro buon Amos, si lui è il nostro attuale dottore, non sia bravo. Ma ormai ha più di settant’anni, e ha metodi come dire… Antiquati. Lei invece porterà una ventata di aria fresca, ed è anche stato nell’esercito. Chi sa quante cose ha visto.”
Si di cose John Watson ne aveva visto parecchie, chissà come l’avrebbe presa la donna se le avesse raccontato anche della parentesi da consulente per la polizia.
Sì ne ho viste molte in effetti.” affatto belle avrebbe voluto aggiungere.
Allora le piace la casa? E’ ancora convinto a restare?”
Sì. Si mi piace e si voglio restare. - annuì. - voglio restare qui, e prendere questa casa se lei me lo permette, ovviamente.”
La donna lo guardò con un sorriso.
E accetta anche il lavoro?”
Accetto.”
Il sorriso le si aprì a trentadue denti, ci mancava solo che si mettesse a saltellare, ma era troppo composta per reagire in modo così disdicevole.
Ottimo! Sono così felice! Ovviamente ci rivedremo per parlare di tutto in modo più approfondito, immagino che prima di trasferirsi qui vorrà sistemare le sue cose. Posso anche mandarle qualcuno che la aiuti a dare una pulita. Ah e può iscrivere sua figlia al nostro asilo dopo che avrà firmato per la residenza.”
Ahm, sì, quando vuole.”
Facciamo lunedì alle 8 in punto, allo stesso ufficio di prima. Per i documenti ci vorrà un po’ di più, ma cercherò di far velocizzare le cose. Oh e poi dovrò parlare con Amos. Scommetto che si sentirà sollevato. Anzi dopo passo a trovarlo, gli renderà il fine settimana migliore.”
Si grazie signora McKennell.”
Venga che la riaccompagno.”
La donna si assicurò di richiudere tutto, e partirono in direzione della città.

Allora… Così il suo compagno è molto malato. Spero non sia nulla di grave. Cioè intendo, niente che non si possa curare con delle cure adeguate.”
John era così assorto nei suoi pensieri, e a fissare il paesaggio che scorreva al di fuori del finestrino, che quasi non si era accorto che qualcuno gli stesse parlando.
Come? Oh no, ha avuto un brutto incidente.”
Santo cielo! Povero caro che cosa orribile. Capisco perché ora vogliate solo tranquillità. E le vostre famiglie? Insomma loro accettano che voi…”
Non vedeva cosa c'entrasse quel discorso, ma per quello che aveva letto di quella donna, era una persona a cui piaceva tenere tutto sotto controllo, tutto doveva essere ordinato e sicuro. Niente cose troppo stravaganti o pericolose, gente poco raccomandabile. Si prendeva cura di tutta la comunità. Conosceva tutti per nome.
Non abbiamo una famiglia.” immaginò che la signora McKennell si sarebbe iniziata a fare delle domande, erano piombati li, senza conoscere nessuno, senza un reale motivo, tre perfetti estranei che provenivano dalla città, e nessuno che andava a trovarli, niente amici o parenti.
Mi dispiace terribilmente.”
Non si preoccupi.”
E i vostri amici?” era brava doveva ammetterlo. Spacciava delle domande fintamente disinteressate e contemporaneamente stava facendo un interrogatorio.
Ci scriveranno delle lettere. Non ne abbiamo molti comunque. Di amici intendo. Io sono tornato dall’esercito da poco, e non amo molto socializzare. Sto bene solo con loro due.” almeno così era sicuro di averle tagliato ogni possibile domanda su parenti e simili.
E il suo compagno?” ovviamente non poteva essere finita li.
Anche lui è come me. Ha avuto una vita difficile.”
Capisco. Si immagino ci sia chi preferisce la solitudine. Non siete i soli qui. Anche se io cerco di coinvolgere tutti.”
Non ne dubitava.
Come si chiama? Ho chiesto perché nemmeno Beth lo sa.”
John sorrise.
Si chiama Sherlock.”
Che nome bizzarro. Non ho mai sentito nessuno chiamarsi così.”
Nemmeno io mi creda. Ed è unico come il suo nome.”
Si capisce sa.”
Voltò la testa per guardarla.
Che cosa?”
Che lo ama. Da come ne parla.”
Dovette fare un enorme sforzo per non mostrare nessuna emozione perché in realtà era sul punto di scoppiare a ridere.
Come le era venuto in mente di dire una cosa del genere? Ok che stava mentendo, ma non era così bravo a recitare. Aveva decisamente passato troppo tempo dietro ad assassini ed omicidi, e ora aveva imparato a mentire come loro.
Si schiarì la gola.
Ho detto qualcosa che non va?” chiese lei, ma nella voce non c’era tono di dispiacere per aver detto qualcosa di sbagliato, quanto più di curiosità.
No, no. Insomma… Ha ragione.- annuì. -Assolutamente ragione.” Era certo che ora in tutta la città ogni abitante avrebbe saputo che lui e Sherlock stavano insieme e che si amavano… Secondo la signora McKennell.
Perfetto.
Si passò una mano sul viso. Per fortuna la donna era concentrata alla guida o avrebbe visto la sua disperazione.
Come lo avrebbe spiegato a Sherlock? Una volta guarito se ne sarebbe andato in giro e avrebbe potuto trovare qualcuno a fare domande del genere, soprattutto se gli abitanti erano impiccioni come la signora McKennell.
Da quanto state insieme?” ecco che aveva ripreso con le domande.
Da… Qualche anno. Quattro o cinque.”
Quattro o cinque?”
Non è che siamo proprio sempre stati insieme… Ci è voluto un po’ perché lo capissi…”
Che capisse cosa?”
Che cosa diavolo avrebbe dovuto risponderle? Non poteva usare la parola amore perché sarebbe stata una menzogna troppo grossa persino per lui. Che gli voleva bene? No avrebbe destato sospetti.
Che mi piaceva… In quel senso.”
Oooooh. Quindi prima non lo sapeva. - concluse lei. - e non ha mai avuto altri prima di lui?”
Nemmeno a Lestrade aveva dovuto fare un resoconto di tutte le sue ex.
No.”
Credo di non capire.”
In che senso non capisce?”
Se non ha mai avuto nessun altro prima di lui…”
Intendo uomini.”
Era davvero ridicolo.
Temo di essere ancora più confusa di prima. Mi dispiace. Non capisco molto queste cose.”
Prese un grosso respiro e lo rilasciò lentamente.
Ho avuto delle donne.” parlò lentamente.
Ma voi due…”
Sherlock è stato una cosa a parte.”
Oh.”
Da quel oh si capiva che in realtà non aveva afferrato il senso di quelle parole.
E la bambina?”
Merda.
Ho avuto una compagna per un po’…”
Ma ha detto che siete stati insieme per degli anni.”
Sì, ma non sempre come coppia.”
Uhm, io non capisco la gente di città.”
Avrebbe voluto sapere cosa c'entrasse quello. Ma sinceramente non ne aveva alcuna voglia.
Qui siamo persone semplici, sono stata sposata con mio marito per più di cinquant’anni.”
E’ stata?” Era perfetto, avrebbe sfruttato quel discorso per un cambio di argomento, era sicuro che una volta dato il via, lei avrebbe iniziato a parlare della sua vita.
Si, purtroppo mio marito è morto un paio di anni fa, infarto.”
Mi dispiace moltissimo.”
E’ stato tutto molto veloce. Era a casa e da un momento all’altro… Per terra. Per fortuna ero lì. Amos è arrivato subito, ma non c’è stato niente da fare. E’ morto sul colpo. Ma soffriva di cardiopatia, aveva anche un pacemaker.”
Immagino che per lei sarà stato un brutto periodo.”
Sì lo è stato, ma per fortuna qui ci sono delle persone meravigliose, che mi sono state vicine.”
Se non sono indiscreto, ha figli?”
Si assolutamente. Solo due purtroppo. Ne avrei voluti di più, come Beth, ma così è stato.- si strinse nelle spalle. -E ho tre meravigliosi nipoti. Passano qui tutte le vacanze e le feste. Il più piccolo ha sei anni. Visto che rimarrà a lungo con noi, glieli farò conoscere.”
Non vedo l’ora.” cercò di sembrare il più entusiasta possibile, per fortuna erano arrivati così non dovette continuare con il racconto della vita della signora McKennell.
Parcheggiarono allo stesso posto, davanti all’edificio. Ora c’erano più macchine e gente che girava per la pazzia.
Scese.
La ringrazio.”
E’ stato un piacere fare la sua conoscenza. E porti i miei auguri di guarigione al suo compagno.”
Lo farò.”
Si incamminò a passo spedito alla propria macchina. La donna lo stava salutando con la mano, così ricambiò, e si infilò subito al posto di guida, mise in moto e partì. Doveva assolutamente tornare alla pensione e controllare le condizioni di Sherlock, lo aveva lasciato da solo.


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Note d’autrice:

Eccomi qui, e siamo arrivati al capitolo 20, cioè più o meno a metà. Ho cercato di mettere tutto in questo capitolo, infatti è molto più lungo rispetto al solito, perché avevo il terrore che poi non interessasse, visto che nemmeno appare Sherlock, però non potevo nemmeno accorciarlo perché io e la mia mania di descrivere, volevo dare un minimo di presentazione su questa piccola città dove ora andranno a vivere i nostri, e non si sa fino a quando, quindi mi sembrava carino dare un idea di chi ci abita e di come funzionano le cose, alla fine non è Londra.

Ovviamente sono tutti personaggi inventati di sana pianta.

E ovviamente aspetto opinioni su John che ha mentito spudoratamente… sopratutto su certe cose… eheh

Ho sempre il dubbio di girarci troppo in torno ma dall’altra parte non riesco a pensarla diversamente da come l’ho concepita questa storia, quindi devo solo sperare di non annoiare a morte i lettori.



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Capitolo 21
Venerdì 14 maggio ore: 15-16

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Capitolo 21
*** Capitolo 21: ***


Capitolo 21:


***


Sherlock?” Quando John entrò in camera Sherlock stava ancora dormendo nella stessa posizione in cui lo aveva lasciato; rannicchiato su un fianco e con le mani sotto il lato del viso appoggiato sul cuscino.
Si avvicinò subito, ancora prima di levare giacca e scarpe, per misurargli la temperatura. Almeno ora era calata a 37. Sempre meglio di quello che aveva prima.
Chiuse tutto nell’armadio e tornò da lui.
Sherlock? Dai svegliati è tardi.” gli appoggiò una mano sulla spalla, e lo mosse piano.
Lo vide spalancare gli occhi e trasalire, scattò seduto, ma evidentemente il movimento troppo repentino non dovette essere un ottima idea, perché si piegò in due, tossendo come se fosse sul punto di vomitare.
Ehi, ehi, calma. Sono io.- lo massaggiò lungo al braccio. -Dai guardami.”
Sherlock alzò finalmente la testa. Aveva gli occhi spalancati, la bocca semiaperta, e respirava con affanno.
Piano. Respira. Ci sono io qui.” continuò con il massaggio lungo il braccio, nel tentativo di tranquillizzarlo.
La fronte si era imperlata di sudore.
Che è successo?”
N-niente…” benché stesse sudando, era freddo come il ghiaccio, e tremava.
Ti sei svegliato quando non c’ero?”
Sherlock alzò lo sguardo e strizzò gli occhi, come a cercare di mettere meglio a fuoco.
No… no io ho sempre dormito. Che ore sono?”
Le undici.”
Ho dormito troppo.”
No, va bene. Devi recuperare energie. Ti è scesa la febbre.”
E’ da due mesi che non faccio altro che stare a letto e dormire.”
Lo so che non ci sei abituato, ma guarire richiede tempo e riposto.” gli sorrise, nella speranza di infondergli un po’ di fiducia, ma l’espressione di Sherlock rimase apatica.
Andrà meglio.” aggiunse John.
Andrà meglio… - Sherlock ripeté le stesse parole. - Quando? Quando andrà meglio John? Perché tutto va sempre peggio. E’ sempre andato tutto peggio nella mia vita.”
Ora non ti sembra di esagerare con l’autocommiserazione?”
Mi starei autocommiserando secondo te? Avresti dovuto conoscermi all’epoca, quando ancora non ci eravamo mai incontrati! Ti assicuro che avresti concluso che per uno come me non c’era speranza!”
Non lo avrei mai fatto.”
E perché? Ero un tossico! Mi facevo praticamente di qualunque cosa, non avevo regole, e Mycroft doveva correre per tutta la città e raccattare i pezzi! Imporre agli altri il silenzio...”
Lo strattonò per il braccio. Non voleva fargli male, ma non sopportava più quel discorso.
Vedi di smetterla! Non ti sopporto quando fai così! Facciamo tutti delle cazzate nella vita, chi più, chi meno, magari alcuni esagerano.
Prendi mia sorella. Non ci parlo da dieci anni. E credi che non abbia provato ad aiutarla? Ma lei non vuole farsi aiutare, e io non posso obbligarla. Tu non sei come lei. Ne sei uscito, e hai fatto di tutto per starne fuori. E ok hai i tuoi problemi, e sei strano e non convenzionale ma non vuol dire essere sbagliati!
Vuoi un altro esempio? Prendi me. Sono la persona più noiosa del mondo.
Ho avuto tutte le fasi: non mi sono mai drogato, beh a parte qualche fumata al liceo ma tutto li, non sono un ubriacone cronico, non fumo quattro pacchi di sigarette al giorno, o più. Ho fatto medicina più per avere qualcosa con cui potermi allontanare da casa, anche se alla fine è una cosa che mi piace e che amo fare. Ho anche avuto la brillante idea di entrare nell’esercito.
Tu e Rosie siete tutta la mia famiglia. Le cose più entusiasmanti nella mia vita le ho fatte tutte con te. Se non ti avessi conosciuto probabilmente a quest’ora sarei depresso e solo come un cane. Quindi lascia perdere le cazzate da vita borghese, perché te lo posso assicurare, non avresti retto mezza giornata.”
Sherlock affondò con il viso contro la spalla di John, e John si sentì avvolgere tra le braccia e stringere. Si ritrovò con il naso infilato tra i suoi ricci.
Dai va tutto bene.” lo massaggiò con una mano lungo la schiena, Sherlock non si mosse. Poteva sentire il suo respiro caldo contro la clavicola e il lato del collo. Non stava facendo nulla, nessun pianto. Dopo svariati minuti sciolse l’abbraccio e sollevò la testa, tornò seduto, con la schiena appoggiata contro i cuscini.
Credo… Credo di aver fame.” lo disse a bassa voce e occhi puntati sulle mani che teneva appoggiate in grembo.
Vado a cercare qualcosa da mangiare e a recuperare Rosie. Posso lasciarti cinque minuti?”
Finalmente Sherlock sollevò lo sguardo.
Dove vuoi che vada?”
John si strinse nelle spalle.
Era per dire.” si alzò dal letto.
Torno subito.” uscì dalla stanza.


Vuoi aprire tu la porta? D’accordo.” abbassò la maniglia appena Rosie fu distratta da tutta la concentrazione che stava mettendo per spingerla ad aprirsi, così fu molto soddisfatta quando effettivamente quella si aprì.
Ah ma che brava! Ormai non ti servo più, riesci a fare tutto da sola, sei diventata grande.” aspettò che entrasse, anche se aveva ancora la camminata traballante, ormai riusciva a fare un discreto tragitto senza cadere.
Spinse il carrello, glielo avevano prestato per metterci tutte le vivande per pranzare in camera.
Richiuse la porta.
Non sapevo sapesse già camminare.”
Si, da un po’. In realtà a sei mesi già riusciva a tirarsi su da sola, quindi alla fine ci ha messo molto. A quanto pare è precoce.”
Sherlock guardò John e sorrise.
In tanto lei era arrivata al letto e stava cercando di arrampicarsi per salire.
Ti aiuto.” Sherlock stava cercando di sollevarla.
No, no fermo!”
Si bloccò mezzo piegato in avanti, l’espressione spaventata di chi pensava di aver appena fatto qualcosa di terribile.
Scusa io…”
Non devi fare sforzi.” arrivò John a tirare su la bambina e la mise sul letto.
Guarda che non sono messo così male.”
Beh io preferisco non rischiare.
Fa compagnia a Sherlock intanto che preparo.” Rosie sembrò contenta della proposta e cominciò a ispezionare il suo nuovo amico mettendogli le mani in faccia.
Ti sei divertita stamattina?” chiese lui. Lei gli fece un gran sorriso e emise dei versi concitati.
Lo devo prendere come un si? Scusa ma non capisco i bambini.”
Da quello che so va molto d’accordo con la sua nuova babysitter.”
Hai detto che è una delle figlie della proprietaria.”
Si, Kirsty. Qui dentro fanno tutto in famiglia.”
E’ gentile da parte sua offrirsi per farti da babysitter.”
Si direi di si. E poi le servono soldi per andare all’università, vorrebbe frequentare a Glasgow. Quindi mi fa piacere aiutare per quello che posso, e così posso occuparmi di tutto il resto. Appena saremo sistemati la iscriverò all’asilo.”
Appena ci saremo sistemati?”
Si certo, cosa pensavi, che saremmo rimasti in questa pensione in eterno?”
No io… Credevo che saremmo… Saremmo tornati a casa.”
John si voltò a guardare Sherlock. Rosie nel frattempo si era arrampicata sul suo petto e stava giocando con i suoi capelli. Era una scena molto buffa.
Perché lo hai pensato?”
Perché hai detto che era solo per un po’, e quando sarei guarito…”
Ma tu non sei guarito.”
No ma non sto nemmeno così male. Non mi serve l’ospedale.”
Se ti riporto indietro tuo fratello ti metterà in quel posto...”
Magari no. Se vede che posso stare a casa e occuparmi di me stesso da solo.”
Ma tu non puoi occuparti di te stesso da solo.”
Puoi venire tu ogni tanto.”
John chiuse gli occhi e prese un bel respiro.
Abbiamo già fatto questo discorso. Non sarà una cosa breve. Non staremo qui per sempre, ma non torneremo in città domani, o alla fine di questa settimana, o di questo mese.”
Non c’è proprio modo che riesca a farti cambiare idea non è vero?”
Non vedo perché dovresti.”
Sherlock sospirò.
Allora abbiamo una casa.”
Sì. Stamattina quando sono uscito sono andato a parlare con la signora McKennell. A quanto pare sapeva già chi fossi e che fossimo arrivati alla pensione di Beth, lei gli ha detto tutto. Quella donna, la signora McKennell intendo, penso sia la padrona in questa città. Si insomma del tipo che gestisce tutto e sa tutto di tutti. All’inizio non era molto ben disposta perché siamo dei ‘forestieri’, ma appena ha scoperto che faccio il dottore, ha cambiato atteggiamento. Mi ha anche offerto un lavoro.”
Ti ha offerto un lavoro?” chiese sorpreso Sherlock, che lo stava ascoltando con molta attenzione benché la bambina probabilmente gli stesse strappando via i capelli.
Si ha detto che il loro attuale dottore vuole andare in pensione. Così in cambio mi ha offerto una casa.”
Oh.”
Già.”
Quindi accetterai?”
Le ho già detto di si.”
Cosa?”
Perché aspettare. E poi quella casa ci serve.”
Ma tu hai già un lavoro, a Londra…”
John si strinse nelle spalle.
Ora ne ho uno qui.”
Quindi l’hai vista… La casa…”
Sì, è sul mare. Molto tranquillo. Una specie di vecchio cottage.”
Sembra bello.”
Lo è.
Dai ora basta parlare, è ora di pranzare.”
Prese il vassoio.
Cercò di liberare le dita di Rosie, o meglio, i capelli di Sherlock, dalle dita di Rosie.
Scusa. Guarda che non sei obbligato.”
No va bene.”
John aveva l’impressione che Sherlock si sarebbe lasciato fare qualunque cosa senza fiatare.
Ovviamente Rosie protestò per essere stata strappata dal suo nuovo divertentissimo gioco.
Avanti pestifera è ora della pappa anche per te.” anche se continuava a dimenarsi nel vano tentativo di liberarsi dalla presa del padre, John la mise seduta sul letto. La coprì con un asciugamano, per non farle sporcare in giro e i vestiti, poi le si era seduto accanto, con il piatto in mano.
Ecco qui, tieni.” le porse la forchetta.
Come prima portata c’era un po’ di pasta al formaggio. Ne prese una forchettata e gliela avvicinò alla bocca, per fortuna non si lamentava mai del cibo offerto.
Sherlock si era incantato a guardarli e ancora non aveva toccato il suo piatto.
Non mangi?” chiese John servendo un'altra forchettata di pasta alla bambina.
Che cosa, l’invitante brodo, che è solo brodo? Entusiasmante.”
Che cosa vorresti, una bistecca?”
Magari, in effetti si, non mi dispiacerebbe.”
Temo dovrai accontentarti.”
Sono stato in un convento di frati una volta, mangiavano molto meglio.”
I frati avevano passato due mesi in ospedale?”
Non rispose.
Però iniziò a mangiare il brodo, ma ormai lo conosceva così bene, che benché sulla sua faccia non ci fosse nessuna espressione in particolare, sapeva quanto lo stesse disgustando mangiarlo.
Sospirò e fece finire la pasta a Rosie; ovviamente essendo una bambina non mangiava chissà quali grandi porzioni. Per secondo c’era un piccolo pezzo di pollo con il purè. A Sherlock era toccato un pezzo di pollo più grande, ovviamente scondito, e spinaci.
Un miglioramento.”
Lei si lamenta di meno lo sai vero?”
Sherlock si voltò a guardare il dottore.
Mi stai dando del bambino?”
Non lo farei mai. Vuoi che ti tagli la carne? Però scordati che ti imbocchi, sei grande per quello.” Dovette mordersi l’interno delle guance per non scoppiare a ridere, per la faccia indignata di Sherlock.
Sei proprio…”
Cosa? Dai continua.”
Semplicemente non continuò e anzi, alla fine ripulì il piatto, senza una lamentela. Doveva dire che si sentiva particolarmente soddisfatto. Alla fine era riuscito a far mangiare tutto ad entrambi, e senza troppi drammi.
Rimise tutto a posto sul carrello, e lo lasciò fuori la porta, così gli avevano detto di fare.
Tu non mangi?”
Mangio dopo, mi sono fatto tenere da parte qualcosa.”
Sherlock si limitò a fissarlo.
Dai dillo.”
Cosa dovrei dire?”
Quello che stai pensando.”
Non sto pensando a niente.”
Rosie nel frattempo era rotolata giù dal cuscino, e stava giocherellando con la mano del detective.

Cazzate.”
Prego?”
Ho detto che è una cazzata. Guarda che lo capisco quando quelle rotelle lì dentro stanno girando.” si indicò la testa.
Non è niente che tu non sappia già.”
Sbuffò per la frustrazione, anche Rosie si mise a guardare il padre, incuriosita da quel suono.
Che altro vuoi che ti dica?” aggiunse Sherlock.
Niente, proprio niente, è questo il punto. Ti devi convincere.”
Non puoi obbligarmi a farmelo andare bene.”
Ma per l’amor di Dio! Tu per me lo avresti fatto!”
E’ diverso.”
Diverso? Perché mai? Anzi no non rispondere, non voglio sapere quello che ti dice la testa. Non torno indietro.”
Lo so, me lo hai già detto. Sei testardo e non posso convincerti del contrario, ma posso provarci.”
Ah io sono testardo! Se io sono testardo tu allora cosa sei? Non rispondere.”
Quindi sarà questa la tua vita, badare a me e a lei.”
Sì.” rispose secco John. Non doveva pensarci per sapere quello che doveva fare, perché lo aveva deciso già da tempo.
Una bella prospettiva.”
Oh ma per favore. Voi Holmes siete bravi con i drammi. La stai facendo sembrare una delle tragedie di Shakespeare.”
O forse sei tu che non ti rendi conto. Forse la guerra ha annullato il tuo modo di percepire le situazioni. Ha annullato il tuo istinto riflessivo e ti ha fatto diventare impulsivo. Prendi una decisione, e non importa quello che succede.”
Non ti dico quello che sto pensando, ma ci puoi arrivare da solo.”
Sherlock lo guardò e annuì.
Avanti, è l’ora di prendere le medicine. E tu signorina vai nel tuo lettino.”
La bambina aveva trovato la cintura della vestaglia di Sherlock e ne stava mordicchiando un pezzo.
No ehi, questo non si mangia.” Sherlock provò a togliergliela delicatamente dalle mani, ma Rosie non voleva saperne di mollare la presa.
Arrivò John a prenderla in braccio, lei si lamentò ed iniziò a piangere.
No, no, ora si dorme, dai fa la brava.” prese a dondolarla e a camminare in giro per la stanza. Si avvicinò alla culla e prese il cagnolino di pezza con cui dormiva la piccola.
Guarda Sparky, anche lui vuole dormire.” sventolò l’animale di peluche davanti al nasino della bambina e lei allungò le manine per prenderlo.
Vuoi andare a fare la nanna con Sparky?” lei se lo strinse contro. Quello era il segnale. La mise nella sua culla, una canzone e qualche carezza e si addormentò dopo cinque minuti. Rimase a guardarla dormire, e sorrise. Vedere sua figlia così beata era una cosa di cui non si sarebbe mai stancato.
Sentendosi osservato alzò la testa, e si trovò ad annegare in due pozze azzurre. Ogni tanto si dimenticava che non era solo. Erano così limpidi che per un momento credette davvero di poter leggere quello che c’era nella sua testa, ma era qualcosa che lo spaventava, così distolse lo sguardo per primo, da bravo codardo.
Prese le scatole dal comodino e allungò una manciata di pillole a Sherlock, che le prese dalla sua mano. A quel contatto dovette reprimere un brivido, cercò di sembrare il più impassibile possibile.
Una volta che Sherlock ebbe preso le sue medicine e bevuto l’acqua gli sistemò i cuscini.
Va bene così?” Sherlock annuì. Poi bastò che aspettasse che si addormentasse profondamente, e poté finalmente andare a pranzare.


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Note d’autrice:

Buon venerdì a tutti. Ecco questo è un bel capitolo introspettivo. Uno dei tanti, anche perché questi due ne hanno di cose da dirsi. Come già ho scritto precedentemente non sono minimamente brava con i bambini, non ne so praticamente nulla se non le cose che ho visto in tv, non ne ho mai scritto, nemmeno per sbaglio, quindi se la cosa sembra strana sapete perché.

Ho diciamo una specie di annuncio, da fare, cioè in realtà non è proprio un annuncio ma giusto a titolo informativo. Sto lavorando ad un altra storia, ovviamente sempre sui nostri due beniamini testoni. Per ora è solo più o meno abbozzata, ne ho scritto giusto 5 pagine e non so dove andrà a parare, però intanto ne parlo perché mi piacerebbe pubblicarla in un futuro. E’ un po’ particolare e non ne ho mai viste di simili in giro. Poi magari sicuramente c’è ne saranno ma non è un tema così usato. Piccolo spoiler: è una cosa di cui si parla nella prima puntata della prima stagione… Spero davvero di riuscire a tirarci fuori qualcosa, magari per questo autunno intanto che la continuo.

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Aggiornamenti:

Capitolo 22
Lunedì 17 maggio ore: 15-16

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Capitolo 22
*** Capitolo 22: ***


Capitolo 22:


***





Il weekend proseguì in modo abbastanza tranquillo. Sherlock prendeva le sue medicine e la febbre era calata, anche se la tosse sembrava non volesse saperne di diminuire.
John nel frattempo si era fatto dare da Beth tutte le informazioni necessarie per trovare quello che gli serviva per la casa, e anche il nome di un tuttofare e di una donna delle pulizie. Il lunedì poi avrebbe fatto il resto, e contava di potercisi trasferire già a partire dalla settimana seguente.

Ormai era nel mondo dei sogni, in realtà era talmente sfinito che Morfeo lo aveva accolto non appena la guancia aveva toccato il cuscino, quindi il suono che il suo cervello stava registrando non era una gran preoccupazione al momento. Però il suo subconscio non gli stava dando pace e anzi, gli stava urlando di svegliarsi, perché c’era qualcosa che non andava, cercò di zittirlo, ma niente, questo insisteva; gli ricordò che aveva una bambina piccola che richiedeva le sue attenzioni. Sgranò gli occhi di colpo e scattò seduto. Ci mise qualche istante per rimettere tutti i pezzi al loro posto, e per capire che non era la bambina che stava piangendo disperata, quanto più Sherlock che tossiva in modo quasi convulso.
Oh, ehi!” Scese subito dal letto, ma nemmeno il tempo di fare il giro che l’altro si era piegato in due e sembrava sul punto di vomitare.
Afferrò il cestino e lo posizionò in modo che l’altro ci potesse vomitare dentro, cosa che effettivamente accadde.
Si mise seduto accanto a lui, massaggiandolo sulla schiena.
Una volta finito Sherlock cercava di riprendere fiato.
Come ti senti?”
Tossì alcune volte.
Non… Non passa.”
Si non mi piace quel rantolo, non è affatto diminuito, speravo di sì…”
Perché?” chiese Sherlock prendendo un grosso respiro e dando dei colpi di tosse.
Aspetta.” il dottore si alzò per andare a prendere la borsa dentro l’armadio, tirò fuori lo stetoscopio.
Sherlock ormai aveva imparato e iniziò a sbottonare la parte superiore del pigiama, continuando a tossire praticamente ad ogni respiro.
John tornò a sedersi accanto a lui sul letto, sfregò il cilindro piatto su una manica per stemperare un po’ il metallo gelido, e poi la appoggiò al centro del petto.
Ascoltò attentamente e accuratamente, anche dalla schiena. Dopo svariati minuti sfilò lo strumento dalle orecchie e lo mise attorno al collo, poi si passò entrambe le mani sul viso, c’è le sfregò, e le passò come ultimo passaggio, tra i capelli.
Che c’è che non va? Hai una faccia… Non può andare peggio di prima.”- Sherlock cercava di buttarla sullo scherzo, ma vedendo che il suo amico dottore non reagiva come si era aspettato, lasciò morire il sorriso. -”Invece può andare peggio di così?”
Devo farti dei raggi, non posso fare una diagnosi se non sono sicuro.”
Ma ti sarai fatto un'idea.”
Spero proprio di smentirla.”
Perché?” insistette Sherlock.
Perché potrebbe esserci del liquido nel polmone. Ci avevo pensato già quando avevo detto che era bronchite, ma non sembrava così grave, speravo passasse con gli antibiotici, ma non è successo.”
E… Cosa comporta?”
Comporta che se ti faccio i raggi e viene fuori che c’è liquido nel tuo polmone, va tolto.”
E come?”
Con un drenaggio. Lo avevi anche quando eri in ospedale.”
Intendi quel tubo sul fianco?”
Sì quello.”
Non era troppo fastidioso.”
No non hai capito, il tubo non è un problema in se, il problema è l’inserimento. Quando te lo hanno messo la prima volta eri in anestesia totale e non ti sei accorto di nulla.”
E perché, invece come va fatto?”
Con un anestesia locale.”
Oh…”
Dannazione!”
Quindi… Come intendi fare?”
Senti è inutile discuterne. Domani vedrò di cercare il dottore di questa città, da quello che so ha una clinica e anche alcune apparecchiature alla casa di riposo. Quando avrò una diagnosi certa al centro per centro poi vedremo come fare.”
Mi dispiace. Ti dai tanto danno per una cosa che non dipende da te.”
Si voltò di scatto.
Senti mi pareva di averti detto che non volevo più sentirti parlare in questo modo!”
Scusa.”
E basta anche con scusa e mi dispiace.”
Allora cosa vuoi che dica?”
Basta che non siano scuse e autocommiserazione.”
D’accordo.”
Bene.”
Provo a darti qualcosa per calmare la tosse così magari riesci a dormire.”
Andò a prendere il necessario, per fortuna che aveva previsto di portarsi dietro qualcosa di un po’ più forte per la tosse.
Sistemò i cuscini in modo che Sherlock stesse dritto con la schiena.
Mi dispiace ma temo dovrai dormire seduto.”
Ho dormito anche sull’asfalto, non è un problema dormire seduto.”
Non ho dubbi.”
Dopo aver ripulito tutto tornò a letto.
Devi svegliarmi se qualcosa non va.”
Spense la luce.

Era appena sorto il sole e già si stava preparando per uscire. La temperatura fuori era così gelida che tutta l’acqua causata dall’umidità si era ghiacciata, e una patina bianca era calata sulla città. Aveva preparato Rosie per stare con la babysitter, e stava vestendo Sherlock con le cose più pesanti che aveva trovato. Inoltre Beth gli aveva anche prestato uno scialle di lana grezza fatto a mano, era così grande che ci fece due giri.
Non ti sembra di esagerare?” Ovviamente Sherlock non era troppo contento di essere stato imprigionato sotto tutti quegli strati, ma si doveva accontentare.
No. Hai idea del freddo che fa fuori? Non ho intenzione di rischiare.”
Tirò su il lembo dello scialle in modo che coprisse la faccia lasciando liberi solo gli occhi, sentendo un grugnito soffocato.
Lo spinse fuori e si assicurò di chiudere a chiave la porta, poi passarono lungo il breve corridoio. Per fortuna la proprietaria gli aveva lasciato la chiave della porta sul retro, così sarebbe potuto andare e tornare come meglio credeva. Non era affatto facile destreggiarsi per dei corridoi stretti spingendo una sedia a rotelle, la moquette non faceva che rendere la cosa ancora più difficile, e inoltre arrivati alla porta c’era pure un basso scalino. Aveva parcheggiato la macchina subito davanti l’ingresso, così bastò far alzare Sherlock e metterlo seduto al posto del passeggero. Richiuse la portiera e fece il giro.
Benché avesse sudato per tutto quello sforzo, il gelo gli si stava impregnando nelle ossa. Corse all’interno dell’abitacolo e chiuse subito la portiera, mise in moto, aveva lasciato il motore acceso con il riscaldamento acceso.
Freddo dannato, mi fa quasi rimpiangere il deserto...”

Dovevano arrivare fino alla casa di riposo, che era una struttura privata situata in una zona fuori dalla città e lontana dal mare, immersa nella brughiera.
Ci volle quasi più di un ora per arrivarci. La strada era deserta.
Dopo una lunga strada di ghiaia in mezzo i campi, giunsero davanti ad una grande cancellata chiusa, tutta l’area era circondata da delle mura, e non si vedeva nulla di quello che c’era al di là. John dovette scendere e andare al citofono.
Sherlock dall’interno della macchina poteva solo vedere il dottore che si muoveva sul posto a causa del freddo e leggere alcuni pezzi di frasi dal movimento delle labbra. Stava spiegando a chiunque avesse risposto il motivo della loro presenza lì. In realtà non era troppo convinto gli avrebbero dato retta, ma lo vide tornare indietro a passo spedito. John si infilò in macchina, chiudendo la portiera con un colpo secco.
Ti hanno detto di no?” chiese Sherlock ma prima di avere risposta il cancello si aprì.
Perché pensavi avessero detto di no?”
Non lo so… Non ti conoscono.”
Gli ho spiegato la situazione e gli ho detto che la signora McKennell ne era a conoscenza.”
Ma non è vero.”
Tecnicamente sì, sa che sei molto malato.”
Hai usato una mezza verità.”
Me lo hai insegnato tu.”
Già.”
Attraversarono un lungo viale attorniato da alberi, fino ad arrivare nello spiazzo di una struttura in pieno stile d’epoca di inizio secolo, disposta su tre piani. Aveva un grande cortile e un giardino enorme tutto intorno.
John parcheggiò a lato.
Resta qui.” scese ma lasciò il motore acceso. C’era una grande scalinata aperta su due lati, e poi un portico con colonne bianche e un grande portone d’ingresso.
Passarono almeno dieci minuti prima che John facesse ritorno, accompagnato da un paio di infermieri, a cui indicò loro l’auto. Una volta caricato Sherlock sulla sedia a rotelle fecero un giro diverso, passando da una porta di sicurezza direttamente dal piano terra.
Dentro la struttura era lineare e pulita, e molto moderna, al contrario dell’esterno. Lunghi e larghi corridoi, pavimento in marmo e vetrate ampie, poi c’erano piante e panchine e diversi pezzi di arredamento, proprio come se fosse una grande casa.
Bel posto per passare la vecchiaia.”
Vuoi che ti lasci qui?”
Quando sarò vecchio? Magari.”
E’ troppo costoso per noi.”
Per noi?”
Perché vuoi starci solo tu? E io che faccio vado all’ospizio dei poveri? Bello, grazie del pensiero.”
Ma Sherlock non rispose.
Dopo un discreto giro della struttura, arrivarono all’ala medica, che era in tutto e per tutto un ospedale, ma di alto livello. Delle grandi porte di vetro opaco la dividevano dal resto degli spazi comuni, superate esse si trovavano uno studio medico, una farmacia, e vari laboratori.
Non credevo che potesse esserci una struttura del genere in un posto come questo.”
E perché?”
Perché è molto all’avanguardia e si trova in un buco di paesino.”
Evidentemente hanno più possibilità economiche, viene gente anche da fuori, inoltre ho scoperto che c’è anche un centro benessere.”
Arrivarono in una sala d’aspetto, dagli altoparlanti usciva musica rilassante, e tutto intorno c’erano comode sedie con l’imbottitura in stoffa, dei tavolini bassi e un tavolo normale con dispensatori di acqua e tea caldi e alcune cose da mangiare.
Vi serve qualcosa?” - chiese uno degli infermieri. - “il dottore arriverà tra un po’, vuole avvisare lei?”
Si, si vorrei farlo se posso.”
Ma certo, venga.”
Ehm…” John guardò Sherlock e l’infermiere colse subito il messaggio.
Certo non si preoccupi, c’è il mio collega, rimane lui per il suo… Mi scusi potrebbe dirmi com’è la situazione con precisione?”
L’infermiere era giovane, sulla trentina, ma molto professionale e discreto.
Ah sì è il mio… Ehm… Il mio paziente.”
Il suo paziente?” chiese dubbioso l’infermiere.
Sì. Veniamo da fuori e la signora McKennell ci ha consigliato di contattare il vostro dottore, ma ho saputo che lavora anche qui, quindi…” John alzò le spalle.
Ma si certo, la signora McKennell. Allora prego.”

L’infermiere accompagnò John in una stanza, che era un ufficio con un paio di scrivanie e grandi schedari alti fino al soffitto. Tutta la mobilia era di colore bianco, le forme lineari, tutto era asettico.
Lo fecero accomodare in una delle poltrone e gli appoggiarono davanti un telefono a filo, poi l’infermiere che lo stava aiutando, prese un agenda da uno dei cassetti della scrivania.
Abbiamo un numero apposito per contattare il dottore.” passò l’agenda a John che compose il numero. Dopo alcuni squilli, all’altro capo rispose la voce di un uomo.
John si presentò, ma come già sospettava, l’altro dottore era a conoscenza di chi fosse. Almeno gli risparmiava di dover perdere tempo nelle presentazioni. Spiegò quello di cui aveva bisogno, il suo interlocutore sembrava interessato alla faccenda, chiese di poter parlare con l’infermiere lì accanto; i due parlarono per alcuni minuti, e poi si chiuse la chiamata.
Ha detto che lei sarà il suo sostituto quando andrà in pensione.”
Ah… Sì, tecnicamente è quella l’idea.”
Ha anche detto che dobbiamo darle tutto quello che chiede. Lui arriva tra un ora, se potesse aspettarlo gliene sarebbe grato.”
Non c’è problema.”
Lasciò l’ufficio per fare ritorno alla sala d’aspetto, ma Sherlock non c’era più.
Un momento, dov’è andato?”
Non lo so mi dispiace.”
Non può di certo andarsene in giro da solo!” in realtà conoscendolo poteva e come. L’infermiere, che aveva scoperto dal cartellino attaccato alla divisa, si chiamasse Carl; prese il cerca persone dalla cintura e mandò un codice a qualcuno. Tempo un minuto e gli raggiunse l’altro infermiere che era stato con loro in precedenza.
Dov’è il paziente del dottore?” indicò John, che era già in apprensione.
L’ho sistemato in una delle stanze vuote.”
Sospirò internamente per il sollievo, per fortuna non se ne era andato chissà dove e non rischiava di doverlo cercare per tutta la struttura.
In un ala si trovavano alcune stanze che erano in tutto e per tutto come quelle di un ospedale, ma nuove e moderne. In ognuna di esse c’erano sei letti, ed erano tutti vuoti, tranne uno.
Entrarono, la porta era aperta.
Sei qui.” John lo disse con il sollievo nella voce.
Dove avevi paura che fossi andato?”
Per quanto ne sapevo potevi essere andato ovunque, non ti ho più visto.”
Scusi se la interrompo, ma ho visto che il suo paziente ha una centrale, vuole che gli facciamo una flebo di fisiologica?”
No no, grazie, per ora è a posto così.”
Vi lascio soli allora, se avete bisogno c’è il pulsante.” entrambi gli infermieri si dileguarono e chiusero la porta.
Accanto al letto c’era una poltroncina con schienale e braccioli, così si ci si accomodò.
Appena mi vedono cercano di iniettarmi qualcosa, mi ricorda i vecchi tempi.” Sherlock guardò John sorridendo, ma ad un occhiataccia dell’amico smise subito.
Scusa. Brutta battuta.”
Abbastanza. Almeno sei comodo?”
Sono tornato al punto di partenza, non direi.”
E’ solo per una visita.”
Sappiamo tutti e due come andrà a finire.”
Non è detto.”
Stanotte non mi sembravi così positivo.”
E ti ho anche detto che finché non avrò le lastre non c’è niente di certo.”
Dai John non sono stupido, l’ho capito da solo che qualcosa non andava. Conosco il mio corpo non credi?”
Sì lo credeva.
Ridimmi cosa comporta nelle peggiori delle ipotesi.”
Perché invece non parliamo di altro?”
Sono un tuo paziente no? Non credi che abbia il diritto di saperlo?”
Lo odiava quando qualcosa che diceva, poi Sherlock la usava per ritorcerglisi contro.
Fece una smorfia.
Se proprio ci tieni.”
In effetti si.”
Anche se trovo stupido fare ipotesi basate sul nulla.”
Ma questa non è basata sul nulla. Dai dimmelo.”
Ok, ok. Se è quello che penso potrebbe essere, o vero che il tuo polmone sinistro ha accumulato liquidi, e serve il famoso drenaggio, che va fatto in anestesia locale. Qui sono ben forniti, forse non sarà così tremendo.
Dovrai tenerlo per qualche giorno, finché non ci saranno più liquidi, poi servirà un altro ciclo di antibiotici, ma dopo dovresti essere a posto. Certo togliere il tubo è il meno.”
Vide Sherlock pensarci su.
Quindi deve passare anche attraverso le costole.”
Già. Ma solitamente se il paziente non è sotto intervento, si fa in anestesia locale. Non è particolarmente doloroso se fa effetto.”
Ma a me potrebbe non fare effetto. Senti fa quello che devi. Non è colpa tua, me la sono cercata.”
Dio odiava sentirglielo dire.
Ma non è sicuro.”
Sherlock mise una mano su quella di John, che sobbalzò a quel contatto inaspettato, probabilmente il detective pensando che non fosse stata una cosa gradita, la ritrasse subito.
Menti solo a te stesso.”
Potresti essere anche un po’ più ottimista.” Sherlock a quelle parole ridacchiò, e un punto dietro la testa del dottore formicolò.

Bussarono alla porta, ed entrò un uomo anziano e basso di statura, con il camice lungo.
Buongiorno, scusate tanto per l’attesa.” allungò la mano in direzione di John.
Sono Amos, lei deve essere John.”
Esattamente.”
Bene, bene.”
La signora McKennell ci ha risparmiato tutti i preamboli.”
Si lei è fatta così. Però in certe occasioni è molto utile.”
Assolutamente.” convenne John.
Così lei ha un paziente che ha bisogno di alcune visite specifiche?”
Che cosa le ha detto la signora McKennell a riguardo?”
Amos sembrava vagamente a disagio, si mise a fianco di John.
Mi ha raccontato che è il suo… Compagno, e ha avuto un brutto incidente.”
John evitò accuratamente l’occhiata di Sherlock.
E’ informato alla perfezione.”
Amos si avvicinò a Sherlock.
Molto piacere.” allungò la mano, e Sherlock gliela strinse.
Può chiamarmi Amos.”
Sherlock.”
Sherlock, si. E’ un nome facile da ricordare.”
Sherlock tirò un sorriso. Il dottore tornò a parlare direttamente al collega.
Sto facendo preparare il macchinario. Vuole fargli fare qualche altra analisi?”
Le solite di routine se possibile.”
Certamente.” l’uomo più anziano premette il pulsante, che si accese, lampeggiando con una luce rossa.
Gli infermieri arrivano subito. Venga, parliamo.” invitò John ad uscire. Seguì l’uomo, anche se titubante, non voleva lasciare Sherlock solo, quando si voltò verso di lui, lo stava guardando con un piccolo sorriso di incoraggiamento.


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Note d’autrice:

Per fare una grande citazione: potrebbe essere peggio di così? Potrebbe piovere!
E quando sembra che le cose vadano meglio, taaaaac, la fregatura. Sono una bruttissima persona ne sono consapevole, non hanno pace questi due poveri infausti disgraziati, peggio di Renzo e Lucia, Romeo e Giulietta, il mondo complotta contro di loro. Ok basta così.
Che altro potrà mai succedere?
Per un attimo accantoniamo l’aggressione e concentriamoci sui problemi di salute, che al momento sono i più importanti. Questo poverino merita tutte le cure migliori del mondo e di riprendersi al meglio, ora ha anche due dottori e un intera struttura privata, e che fa parte del pacchetto “sfruttiamo John come dottore”, pure l’attuale dottore è tutto felice e contento di avere il sostituto già bello che pronto.
Sono un po’ sfruttatori in questo posto effettivamente, ma se vuoi mangiare devi lavorare.
Va bene la finisco di blaterare, ci si legge venerdì!


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Capitolo 23
Venerdì 21 maggio ore: 15-16

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Capitolo 23
*** Capitolo 23: ***


Capitolo 23:


***


Il dottore aveva fatto fare il giro a John e nel frattempo gli stava spiegando varie cose, e stava dando suggerimenti su come agire, suggerimenti con cui John si trovava assolutamente d’accordo. La struttura era davvero immensa. Oltre all’ala medica c’era un reparto per le terapie e le visite specialistiche. Raggi, TAC, e tutto il resto. I macchinari erano moderni e perfettamente aggiornati.
La stanza dei raggi era praticamente vuota, solo il grande macchinario occupava lo spazio al centro, e sul lato sinistro c’era una parte adibita a sala di controllo, con una grande vetrata, ricordava quasi quella di una sala interrogatori, ma chi era fuori poteva vedere dentro anche se i vetri erano scuri.
Entrarono i due infermieri spingendo il letto con Sherlock; gli avevano fatto indossare il camice. Lo portarono fino sotto al macchinario e bloccarono il letto.
Possiamo fare altro dottore?” si rivolsero a John.
No, no.”
In quel momento arrivò anche l’altro dottore.
Allora cominciamo?”
Finisco di prepararlo e arrivo.”
Il dottore più anziano andò a chiudersi nell’altra stanza.
Ti hanno dato un camice.” Sherlock aveva aspettato che rimanessero soli per fargli quella domanda.
Anche a te.”
Si ma non avevano la mia taglia.”
Effettivamente la stoffa tirava, soprattutto sulle spalle e sul petto.
Effettivamente non penso ci saranno molti anziani con la tua taglia.” gli mise una mano sul braccio, la pelle era calda, dovette reprimere un brivido.
Sherlock gli sorrise e John ne rimase abbagliato.
Qualcosa non va?”
John si riscosse.
No, pensavo.”
Sentì qualcosa tirarlo e quando abbassò la testa, vide dita lunghe e magre che giocherellavano con uno dei bottoni del camice. Deglutì, trovando la bocca improvvisamente impastata.
Ti dona. Non credo di averti mai visto con il camice da dottore addosso.” Sherlock gli stava sorridendo in modo strano, ma non riusciva a levare gli occhi dalla cicatrice che gli tagliava il labbro in due. La parte stupida del suo cervello si chiese come sarebbe stato toccarla, ma guardò subito da un altra parte, sapendo che Sherlock si sarebbe sentito a disagio se avesse continuato a fissarlo su quel punto.
Non ti sei perso niente di particolare.”
Non ti sminuire così, sei bravo come dottore ed è giusto che lo porti con fierezza. Al contrario di altra gente.”
Ti stai riferendo a qualcuno in particolare?”
No, era per dire. Questo paese ha carenza di bravi dottori. Almeno sono stato fortunato. Ho trovato il migliore.”
Sarebbe scoppiato a ridergli in faccia per quell’uscita, ma si trattenne e ingoiò tutto, e nel frattempo Sherlock continuava a toccargli il camice, come se ci trovasse qualcosa di particolarmente interessante. Che stava succedendo?
Gli prese delicatamente la mano, per staccarla, e le dita si strinsero sulla sua.
Stai cercando di adularmi?”
Ti serve?”
Non rispondere con un'altra domanda, è fastidioso.”
Lo so, è proprio per questo che lo faccio.” dal tono sembrava affabile, come un gatto che voleva giocare.
E’ così che ti diverti?”
Ad infastidirti? E’ il mio passatempo preferito. E anche l’unico che posso fare.”
Sono sicuro che qui abbiano dei mazzi di carte se ti nannoi.”
A quelle parole Sherlock si mise a ridere. Ok doveva farglielo fare più spesso.
Bisogna essere in due per giocare a carte.”
Allora gli scacchi.”
Gli scacchi in solitaria. Entusiasmante.”
Sbuffò.
Ci gioco io a scacchi con te.”
Sai come si fa?”
No, imparerò.”
Sai che ti batterei in cinque minuti, facciamo anche due. Di solito ci giocavo con Mycroft.”
Ah questo facevi quando andavi a casa sua.”
Cosa pensavi che facessimo, che discutessimo del lavoro da spia di mio fratello?”
Che ne so, vi scannate sempre.”
E poi tu sei troppo facile da leggere.”
Come?”
Sei facile da leggere, non sai mentire, capirei le tue mosse nel momento in cui le pensi.”
John alzò le braccia al cielo per lasciarle ricadere.
Mi arrendo. E’ impossibile fare qualcosa con voi Holmes.”
Così presto dottor Soldato? Non è onorevole.”
Come mi hai chiamato?”
Dottor Doyle?” una voce arrivò alle spalle di John, che si voltò con uno scatto, dietro, in piedi, con un quadrato di metallo tra le mani, c’era l’altro dottore.
Ah, le serve qualcosa?”
Il macchinario è pronto.”
Arrivo subito. Quello è per me?” indicò l’oggetto tra le mani del suo collega.
Ah si, la lastra, eccola qui.” allungò il quadrato di metallo a John, che lo prese.
L’altro dottore tornò nella stanza di controllo e chiuse la porta.
John tornò a guardare Sherlock.
Dai stenditi bene.” lasciò che si sistemasse e mise la coperta in modo che fosse al livello dei fianchi, poi sistemò il cuscino dietro la sua testa, e abbassò lo schienale del letto premendo sulla pulsantiera a fianco.
Tieni questo.” gli mise la lastra sul petto e gliela fece tenere nel modo giusto.
Non ti devi muovere.”
Lo so.”
Dico davvero.”
Guarda che ho capito.”
E devi trattenere il fiato quando te lo dico.”
Sì, so anche questo.”
E non muovere la lastra per nessuna ragione o dovremmo rifare tutto da capo.”
Sherlock sbuffò esasperato.
Sei comodo?”
No.”
Bene.”
John si allontanò per chiudersi nella sala di controllo.
Il macchinario poteva essere posizionato nel modo giusto da li, e spostato in modo che fosse nella prospettiva corretta, poi si accese una luce e un suono ad intermittenza, segno che stava funzionando.
Ok, trattieni il fiato.”
Sherlock eseguì l’ordine ma quel semplice sforzo gli scatenò una tosse quasi convulsiva, obbligandolo a piegarsi di lato.
John corse fuori.
Ehi Ehi, respira.”
Corse subito da lui e lo prese per le spalle, per farlo sollevare e mettere seduto.
Fa dei bei respiri.”
Ma la tosse continuava, così forte che lo faceva annaspare.
Arrivò anche l’altro dottore.
Posso fare qualcosa?”
Qualcosa per calmare la tosse.”
Subito.”
Niente morfina e roba simile.”
Il dottore si era fermato con la mano sulla maniglia e stava guardando John accigliato.
Glielo spiego dopo.”
L’uomo uscì velocemente.
Avanti tu, respira.”
Sherlock non riusciva neanche a rispondergli.
So che puoi farcela.”- Iniziò anche lui a prendere dei grossi respiri. -“Vedi, così.”
Sherlock iniziò a seguirlo con il respiro, così facendo almeno dopo poco aveva smesso di annaspare. Tremava per lo sforzo.
Bravo.- John prese a massaggiarlo sulla schiena. -Bravo così.”
Lasciò che gli si appoggiasse contro la spalla. Lo accarezzò con le dita tra i capelli, gli solleticavano il viso e al tatto erano morbidi. Per fortuna era servito a calmarlo, ora tossiva meno e respirava, anche se in modo pesante, più normalmente.
Mi dispiace.”
Per cosa?” rispose Sherlock con voce tremolante e roca.
Ti ho fatto scatenare un attacco.”
Come… Come se fosse colpa tua.” respirava come qualcuno con una grave asma. Non c’era niente di buono.
Non era mia intenzione farti stare male.”
Non è una cosa che puoi controllare.”
La porta si aprì e fecero ritorno i due infermieri, trascinandosi dietro un carrello di metallo.
Sherlock si staccò subito.
John allungò le mani per prendere il carrello e preparare una siringa con un medicinale che calmasse quella tosse.
La lastra e li.”
Indicò il quadrato di metallo che era finito a lato del letto. Venne recuperato subito.
Torniamo subito con il responso, ci vorranno una decina di minuti.” convennero i due infermieri.
Vuole che se ne occupi uno di noi per la medicina?” chiese uno degli infermieri.
No, faccio io.” rispose secco John.
I due si guardarono ma tornarono dentro la stanza di controllo, con l’altro dottore, che nel frattempo era tornato.
John prese il flacone del medicinale e tirò su qualche millimetro di farmaco e fece in modo di eliminare ogni bolla che si era formata con il liquido nella siringa. Poi prese il lembo di cerotto che era stato usato per fermare uno dei connettori per le flebo. Aprì la valvola e inserì l’ago nella parte finale, lasciando che il liquido arrivasse direttamente nella vena centrale. Almeno così il medicinale avrebbe agito molto più in fretta. Richiuse la valvola e mise a posto il cerotto.
Ora andrà meglio.”
Tirò su la coperta e sbloccò i freni del letto.
Hai visto cosa c’è che non va?”
Dopo controllo.”
Uscirono nel corridoio per far ritorno alla camera.
Sherlock allungò il braccio dietro di sé, e con la mano cercò John.
Passarono alcune infermiere, che guardavano la scena attonite, John ricambiò con un sorriso di circostanza.
Ti da fastidio?”
Cosa?” poteva vedere solo i ricci neri e la mano sul braccio.
Che ti stia toccando davanti a tutti.”
Non me ne frega niente degli altri.”
Sentì la mano stringerlo, bisognosa di contatto. In realtà era un sollievo essere toccato da lui, sperò che non smettesse.

Tornarono nella stanza.
Quindi dobbiamo solo aspettare.” esordì Sherlock, John andò a sedersi nella poltrona accanto al letto.
Come va la tosse?”
Un po’ meglio.”
Bene.”
Sei comodo? Ti serve qualcosa?”
Sì, andarmene da qui.”
Dai sii serio.”
No non mi serve niente. Ci vuole ancora molto per avere le lastre?”
Poco vedrai.”
Dovremmo giocare con quelle carte.”
Ancora con la storia delle carte?”
Sì, per passare il tempo.”
Perché le carte?”
Siamo in una casa di riposo, ci saranno sicuramente le carte.”
Ah, certo. Siamo già arrivati alle carte. E comunque tu sai contare.”
Che vuol dire?”
Che sai contare le carte.”
Mi stai dando del baro?”
Esattamente.”
Grazie per la fiducia.”
Prego. Quindi io non sono all’altezza.”
Come prego?” Sherlock sembrava molto spaventato da quella domanda.
Di giocare a scacchi con te.” John poté vederlo rilassarsi ora che sapeva che l’argomento era frivolo. Un po’ lo fece sorridere.
Non è quello che intendevo.”
No, no ho capito. Non posso competere con Mycroft, mi sembra ovvio.”
Ma non è quello che volevo dire, solo serve pratica.”
Non ti farei mai perdere tempo.”
Te la sei presa troppo.”
Non me la sono presa. Troveremo dell’altro da fare. Tipo che ne so, Monopoly.”
Monopoly?”
Si hai presente, parco della Vittoria, gli hotel da comprare.” ma Sherlock lo stava guardando con espressione confusa.
Che c’è? Ti prego non dirmi che non hai mai giocato a Monopoli.”
Mi spiace.”
Che infanzia hai avuto Sherlock.”
Non lo so, facevo altro.”
Magari è qualcosa in cui sono più bravo di te.”
Vuoi giocare con me per vedere se sei più bravo in un gioco di società?”
Tu ti vanti sempre quando riesci a fare qualcosa meglio degli altri.”
Se credi che ti farà sentire meglio…”
Non fare l’accondiscendente.”
Non sto facendo nulla.”
Si, questo è fare l’accondiscendente. Fai finta che non ti importi.”
Ma m'importa! E poi perché stiamo litigando per questo?”
Non stiamo litigando.”
Oh, e dai John.”
Sarebbe da stupidi litigare per una cosa del genere.”
Sherlock sospirò rassegnato.
Dottor Doyle?”
Entrambi si voltarono verso la porta, dove c’era l’infermiere di nome Carl.
Sono pronte le lastre.”
Arrivo subito.” - John si alzò. - “Faccio presto.” appoggiò una mano sulla spalla di Sherlock.
E chi si muove.”
Resto io qui se per lei va bene.” Carl si offrì di restare.
Ah si grazie, sarebbe fantastico.”
Non C’è problema dottore.”
Guarda che posso restare da solo per qualche minuto.” Ovviamente le lamentele di Sherlock non sortirono alcun effetto.
John quindi uscì e lasciò Sherlock con l’infermiere.

John raggiunse l’ufficio da dove aveva chiamato il dottore del paese.
Eccola dottore.”
Amos stava in piedi dietro alla grande scrivania. Gli fece vedere una busta gialla.
John la prese e tirò fuori gli spessi fogli scuri.
Dietro, appesa alla parete, c’era la lavagna luminosa. Le attaccò in cima, e si mise ad osservarle con attenzione. Anche se non c’era chissà cosa da osservare, la diagnosi era molto chiara.
Merda…”
L’altro dottore si schiarì la gola.
Scusi non intendevo offenderla.”
Non si preoccupi.”
John si passò una mano sulla faccia.
Quindi alla fine aveva ragione lei.”
Si beh, odio avere ragione.”
Cosa intende fare?”
Che altro c’è da fare? Devo inserirgli un drenaggio.”
Ed è la prima volta che lo fa?”
Assolutamente no.”
Ah no perché la vedo molto in apprensione.”
Non posso fargliela in anestesia.”
Prego?”
Non posso inserire quel dannato drenaggio a Sherlock in anestesia!”
Il dottore aveva sobbalzato al repentino atteggiamento aggressivo di John.
Mi-mi dispiace.- John prese un grosso respiro nel tentativo di calmare i nervi. -Scusi ancora. Ma ne ha già passate tante.”
Posso solo immaginare. Ha detto che ha avuto un grave incidente.”
Si, lui… lui ci è quasi morto.”
E’ orribile. Mi dispiace davvero tanto. Farò qualunque cosa per aiutarla, deve solo chiedere.”
E’ molto gentile.”
Si figuri.”
Siete tutti molto gentili anche se non ci conoscete. Siamo appena arrivati qui, dei perfetti estranei.”
Beh volete trasferirvi, quindi entrerete a far parte della vita di questa città. E chiunque ne fa parte è come uno di famiglia. E poi lei ci sta già aiutando.”
Immagino che tutte queste cose ve le avrà dette la signora McKennell.”
Si, in gran parte. Ma non deve aver paura di lei, o pensare che si immischi. Fa sempre parte del suo gestire la comunità.”
Perché non è il sindaco?”
Lei preferisce stare dietro ai riflettori.”
Capisco.”
Se la prende in simpatia può avere e chiedere praticamente qualunque cosa.”
Io cerco solo un posto tranquillo per noi tre. Ora voglio solo pensare a farlo guarire. E’ l’unica cosa di cui mi importa.”
Certo, certo. Come vuole procedere?”
Prepari tutto il necessario.”
Subito.”
E mi servono tutti gli anestetici locali che avete.”
Amos lo guardò quasi sconvolto da quella richiesta, così John si affrettò a spiegare.
Devo vedere quale è il più efficace e meno dannoso.”
Il secondo dottore esalò un sospiro di sollievo.
Sì. Glieli faccio avere immediatamente. Può cambiarsi negli spogliatoi che usano gli infermieri, le farò avere l’occorrente, e può lavarsi le mani nel bagno, ci sono i disinfettanti.”
Grazie.”
Il dottore più anziano fece un cenno con la testa, e uscì dalla stanza, lasciando John da solo, con i propri pensieri.


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Note d’autrice:

Purtroppo John ci aveva azzeccato con la diagnosi, non c’è mai pace per il povero Sherlock, però ne ho approfittato per metterci una bella scenetta di interazione tra questi due. Lasciamo stare John che è sempre molto confuso dalla sua stessa esistenza, però spero che da qui si capisca che è quasi attaccato in modo morboso a Sherlock, tanto che per lui staccarsi dal detective diventa quasi una sofferenza. E Sherlock da parte sua è un po’ come se flirtasse senza nemmeno rendersene conto. Quindi insomma alla fine della fiera sono sempre i soliti due testoni però molto più vicini rispetto a quanto non siano mai stati, e questa cosa non può fare altro che avvicinarli di più.

Ripeto spero che tutto questo sia passato leggendo, e come al solito non vedo l’ora di leggere commenti a riguardo!

Un bacione e a lunedì, auguro a tutti di passare un felice fine settimana.

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Capitolo 24
Lunedì 24 maggio ore: 15-16

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Capitolo 24
*** Capitolo 24: ***


Capitolo 24:


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*Questo capitolo contiene descrizioni di pratiche mediche e l’utilizzo di aghi

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Si era preso del tempo durante la preparazione. Mille pensieri gli attraversavano la mente. Era la prima volta che gli capitava di essere così coinvolto con quello che, a tutti gli effetti, era un suo paziente, e avrebbe dovuto trattarlo come tale, essere assolutamente distaccato. Ma chi voleva prendere in giro, quello non era un qualunque paziente, quello era Sherlock. Potevano succedere brutte cose in quello stato emotivo. Okay, non doveva effettuare un intervento a cuore aperto, o nulla di troppo difficile, ma restava comunque un passaggio delicato.
Forse, anzi, chiunque con un po’ di giudizio, sarebbe giunto alla conclusione che avrebbe dovuto lasciare fare tutto al suo più che preparato e di certo non coinvolto collega. Si sarebbe dovuto sedere nella sala d’aspetto, e con calma e pazienza avrebbe dovuto aspettare che qualcuno lo andasse ad avvisare dell’avvenuta procedura con successo.
Ma lui non era mai stato una persona con giudizio, anzi, lui era impulsivo. Stupidamente impulsivo. E solo l’idea di qualcun altro che toccava Sherlock…
Si, doveva farlo lui, e soltanto lui. Punto. Sarebbe stata una sofferenza sia per se stesso che per Sherlock, ma non c’era altro rimedio.
Spinse la porta con la schiena.
Ad aspettarlo c’era sempre l’infermiere Carl, che lo accompagnò in stanza.
Amos, il dottore più anziano, stava preparando il tutto, prendendo il necessario da un grande carrello fornito di ogni cosa.
Siamo pronti?” chiese l’altro dottore, John rispose con un cenno della testa.
Sherlock alzò la testa per guardare John e gli fece un piccolo sorriso, John si sentì sprofondare. L’idea di fargli male lo distruggeva internamente. L’unica cosa che riusciva a convincerlo a farlo, era che lo faceva per il suo bene, perché le conseguenze sarebbero potute essere molto peggio.
Si mise a sedere sullo sgabello e prese i guanti.
Stai bene?” Sherlock annuì.
Ti devi abbassare il camice.”
Il detective sollevò la schiena dal cuscino, ma prontamente l’infermiere gli si avvicinò e iniziò a slacciare i lacci che tenevano chiusi i lembi di stoffa, poi fece scivolare le maniche lungo le braccia.
John dovette costringersi a guardare un punto non meglio precisato.
Si schiarì la gola.
Hm… Si, alza il braccio per favore, mettilo sopra la testa.”
Avvicinò le dita alle costole del fianco sinistro, la pelle era così tirata che poteva sentire i bordi sporgere, premette leggermente per capire dove si trovassero gli spazi, e contò fino ad arrivare allo spazio esatto, poi continuò a tastare in cerca del punto esatto, doveva essere preciso al millimetro, non poteva permettersi sbagli. Quando fu certo di aver trovato la zona esatta, prese il pennarello da sopra il vassoio già preparato dal collega, e lasciò un segno sulla pelle. Così non avrebbe dovuto cercare di nuovo. Poi eseguì le altre procedure, disinfettare l’area, usare il telo con il foro che lasciasse scoperta la parte su cui intervenire.
Prese la siringa già riempita con l’anestetico locale, l’ago era di media lunghezza e sottile; cercò di sollevare quanta più pelle possibile, quando inserì l’ago, Sherlock sobbalzò talmente forte che quasi rischiò di scivolargli la mano.
Sta fermo!” ringhiò tra i denti, ma poi si rese conto, probabilmente essendo dimagrito così tanto doveva aver provato ancora più dolore del normale.
Alzò gli occhi per guardarlo, con la mano stava stringendo il bordo del letto, il petto gli si alzava e abbassava velocemente, come con affanno, era anche diventato più bianco di quanto non fosse già.
Respira piano per favore.” cercò di dirlo più gentilmente che poteva.
Sherlock nemmeno lo guardava, si limitava guardare nel vuoto, dritto davanti a se, un braccio sopra la testa, e l’altro lungo il corpo.
John non insistette e tornò a concentrarsi sulla siringa che aveva in mano, e spinse tutto il liquido ad entrare nella pelle, poi lo massaggiò in modo che si distribuisse più in fretta.
Lasciò la siringa e aprì il palmo della mano all’insù.
Bisturi per favore.” Prontamente Amos gli mise lo strumento in mano.
Prima di utilizzarlo, si assicurò che il medicinale avesse fatto effetto, prese due lembi di pelle e gli strinse tra le dita, tirando.
Ti fa male?” Sherlock senza muoversi dalla sua posizione scosse lentamente la testa.
Sherlock guardami.” gli afferrò la parte inferiore del mento e lo costrinse a girarsi, i suoi occhi erano come vetro.
Per favore, mi devi rispondere, ti fa male? E’ importante. Non posso procedere se non lo so.” Sherlock lo fissò negli occhi e scosse nuovamente la testa. La bocca tirata in una linea non si mosse di un centimetro.
John sospirò. Doveva accontentarsi di quella risposta. Sperando che non avesse deciso di tornare in uno stato di mutismo selettivo.
Prese un grosso respiro ed avvicinò la lama alla pelle.

Una procedura medica del genere non era particolarmente complicata per chi sapeva farla bene, bisognava solo stare particolarmente attenti a prendere la posizione giusta, i polmoni erano organi molto delicati, ma tutto sommato era una cosa veloce e con brevi passaggi. Certo se il paziente era addormentato era pure meglio, ma a volte bisognava farlo su pazienti svegli, come in questo caso. Poteva sembrare al limite della tortura, ma se l’anestetico faceva effetto, si sentiva assolutamente nulla.
Almeno così doveva essere in pratica, in teoria John non lo aveva mai provato su se stesso, quindi non aveva idea di quello che si potesse effettivamente ‘sentire’.
Quindi aveva inciso la pelle e la carne, pregando con tutto se stesso che non fosse troppo doloroso. E poi tutto il resto, allargare lo spazio, usare le pinze e infilare il tubo, ricucirlo e poi fermare il tutto con abbondanti garze sterili e imbevute di disinfettante e fermare tutto con grandi cerotti, il tutto era durato giusto una decina di minuti.
Dottore lei ha fatto tutto in modo perfetto. Affascinante.”
John si voltò verso Amos, che aveva parlato, pieno di ammirazione, anche i due infermieri erano rimasti dietro e avevano osservato l’opera con estrema attenzione.
Un esagerazione.”
No dico davvero.”
Beh… Grazie.”
Ricevette una pacca sulla spalla.
Posso portare via tutto? L’aspiratore è già in funzione e va a pieno regime. Più tardi verremo a ricontrollare.” parlò l’altro infermiere.
A si si, potete andare, se non vi dispiace, vorrei restare qui…” sottolineò con il tono di voce, che era inteso che volesse restare da solo con il suo paziente; subito gli altri si dileguarono, portando via tutti gli attrezzi utilizzati.
Dottor Doyle io ho finito il mio turno qui alla casa di riposo, e oggi sono a lavorare nel mio studio in città, ma se ha bisogno ha il numero del mio cerca persone.”
Grazie dottore. Grazie per la sua disponibilità.”
Sciocchezze, sono solo contento che un dottore bravo e giovane come lei prenderà il mio posto.”
Vide che Amos si era messo a fissare con aria abbastanza perplessa qualcosa dietro di lui, così si voltò a guardare in quella direzione, solo allora si rese conto.
Vi lascio.” il dottore sparì alla velocità della luce, chiudendosi la porta alle spalle, ma John ormai non sentiva più niente.
Ehi?”
Appoggiò una mano sulla spalla di Sherlock. Tremava così forte che sobbalzava a intermittenza, poi si rese conto. Allungò la mano e appoggiò le dita sulle guance, erano completamente bagnate.
Sherlock dai parlami. Guardami.” ormai gli stava venendo il panico, era un dottore e non aveva idea di che cosa fare, era un dottore e non aveva idea di quello che stava succedendo al suo amico… No, il suo compagno, tanto era così che lo chiamava ultimamente davanti agli altri.
Posò la mano sulla sua testa, i ricci erano morbidi, le dita affondavano da sole tra di esse, poteva sentire in alcuni punti i solchi lasciati dalle cicatrici, erano ancora spessi e ruvidi.
Delicatamente gli fece girare la testa. Non poteva sopportare di guardarlo tutto quel dolore e terrore. Appoggiò la fronte contro la sua.
Per favore non fare così, andrà tutto bene, te l’ho promesso. Te lo ricordi?” Ma Sherlock non si muoveva e non parlava, dei suoni strozzati uscirono dalla sua bocca. Lasciò che si appoggiasse contro la sua spalla. Lo avvolse tra le braccia. La stoffa gli si impregnò velocemente delle lacrime e i singhiozzi ormai risuonavano per tutta la stanza. Era certo che se non fossero stati loro due da soli, Sherlock avrebbe preferito morire che fare una cosa del genere davanti a qualcuno.
Si teneva aggrappato come se stesse per sprofondare da un momento all’altro, ed era sicuro che era quello che provava in quel momento.
Ehi? Lo so che mi senti. Non puoi crollare hai capito? Non puoi farlo, perché se tu crolli, se decidi che non vuoi più combattere, io poi non ho più nessun motivo per andare avanti, e allora poi diventa un bel problema. Perché dovrei rinunciare a tutto. E non voglio. Non la voglio questa vita lo capisci? Dovrei farmene una tutta nuova, ma l’ultima volta che ne ho iniziata una nuova e stato con te, e non ho alcuna intenzione di immaginarmi come sarà senza. Anzi lo so come sarà perché è quello che ho fatto nell’ultimo anno ed è stato orrendo.” Era la cosa più egoista che potesse dire, ma se l’egoismo serviva per non far cadere nel baratro Sherlock, lo avrebbe usato tutto. Avrebbe giocato sporco. Era bravo in quello quando si impegnava.
Ma Sherlock si limitava solo a muoversi a scatti e singhiozzare. Dubitava riuscisse a parlare in quello stato, probabilmente nemmeno stava capendo una parola. Quindi lasciò semplicemente che finisse da solo. Pregando solo che non finisse nel baratro di oscurità da dove era difficile tornare indietro.
Probabilmente rimasero così un eternità, forse delle ore, non sapeva dirlo con precisione; non osava muoversi troppo, aveva il terrore di peggiorare il danno.
Però si rese conto che effettivamente la situazione sembrava essersi calmata, Sherlock non stava più singhiozzando ne tremando, semplicemente restava aggrappato, le dita che gli artigliavano la schiena.
Rimasero così ancora per un tempo interminabile. Finché non restò semplicemente appoggiato contro la sua spalla.
Così si azzardò a muoversi piano e sciogliere quell’abbraccio, cercò di spingerlo verso i cuscini, e sembrò funzionare perché l’altro si lasciò accompagnare senza alcuna protesta.
Una volta sicuro che stesse comodo si allontanò da lui. Di nuovo si trovò a guardare dentro gli occhi più azzurri che avesse mai visto nella propria vita. Quello era un posto dove annegare e morire, ma ora erano semplicemente appannati e rossi a causa del pianto, anche le labbra erano diventate rosse, c’erano anche dei tagli, delle ferite, come se il labbro inferiore fosse stato preso a morsi.
Gli passò le maniche sul volto completamente bagnato da lacrime e sudore.
Sherlock si limitava semplicemente a fissarlo, ma ormai ci era abituato.
Prese il bicchiere di vetro sul comodino e la caraffa e lo riempì, poi lasciò che bevesse, ogni tanto tossiva a causa della gola, probabilmente graffiata dal singhiozzare così forte e per tanto tempo.
Ora va meglio?” ma Sherlock non rispose. John sospirò.
Hai deciso di tornare al mutismo selettivo?”
Sherlock scosse la testa.
Per fortuna perché non gli posso sopportare quei bigliettini un altra volta.”
Rude ma necessario.
Vide una mano di Sherlock avvicinarsi molto lentamente alla sua. La strinse, e Sherlock scivolò nuovamente appoggiato contro la sua spalla.
Niente lacrime questa volta.
Ti… Ti ha fatto male?”
Sherlock annuì piano.
John trattenne il fiato, chiuse gli occhi e si maledisse.
Cercò con le labbra la sua fronte.

John?” la voce di Sherlock era bassa e roca, faticava a parlare in modo chiaro.
Hm?”
John?”
Ti sto ascoltando Sherlock, cosa c’è?”
La cosa che hai detto prima… - aspettò che continuasse il discorso senza rispondere. - Hai detto che non puoi ricominciare tutto da capo da solo… Ma tu non sei da solo.”
Sospirò.
Invece si. Se tu non decidi di non combattere più non potrei mai fare questa cosa senza di te.”
Ma potresti tornare a casa…”
Dove nel mio minuscolo appartamento a Londra? A fare lo scapolo con una bambina di un anno? No grazie.”
Troverai qualcuno.”
Ah si le donne fanno la fila alla porta con un uomo con già una figlia che non va nemmeno in prima elementare e che ha appena perso una moglie.”
Avevi detto che adoravano gli uomini scapoli con figli…”
Era un modo di dire, flirtare non vuol dire stare con qualcuno.
E in più al momento non mi interessa trovarmi un altra donna.”
Quindi che hai intenzione di fare, badare a me e a Rosie.”
Si al momento e quella l’intenzione.”
E dopo?”
Dopo?”
Sì dopo, quando sarò… Guarito… e Rosie sarà cresciuta e non si sa se resteremo ancora in questa città o no.”
Non vuoi tornare a casa Sherlock?”
No… Non al momento…”
Allora siamo in due. E quando sarà il momento lo capiremo.”
Ma quindi cosa facciamo?”
Sospirò. Con tutte quelle domande pareva di parlare con un bambino che continua a chiedere ‘perché’.
Sherlock qualcosa la facciamo, ti preoccupi troppo. Io ho un lavoro, e tu troverai qualcosa. Magari possiamo lasciare che passi l’estate e poi vedere di decidere.”
Sì, mi piacerebbe passare l’estate qui.”
Allora siamo d’accordo.”
Quindi abbiamo una casa.”
Sì, la vedrai appena non avrai più problemi con il polmone, vedrai ci vorrà qualche giorno.”
Sherlock annuì e i capelli morbidi lo solleticarono sotto la mascella.
Era una bella sensazione.
Devi andare da lei.” si era spostato e messo con la schiena contro i cuscini, era una brutta sensazione, si sentiva come se ora gli mancasse qualcosa.
Da lei?” chiese stupidamente.
Da tua figlia.”
Ah. No resto qui.”
No devi andare. Non ho bisogno di te adesso, e tu devi stare con lei.”
Sherlock…”
No, è tardi.”
Lo detestava quando faceva così e cercava in tutti i modi di allontanarlo.
Non ti lascio qui da solo.”
John, sono in una struttura medica con due infermieri che mi stanno con il fiato sul collo. Credimi, non sono da solo.”
Ma…”
Vai per favore. Starò benissimo.”
Sono il tuo dottore.” si lamentò.
Non mi serve il dottore adesso.”
John controllò l’orologio al polso, effettivamente era tardi e voleva dare il pranzo a Rosie, ma non voleva lasciare Sherlock.
Ti prego.” certo se veniva supplicato in questo modo.
Passò stancamente una mano sul viso.
Sto bene.” insisté Sherlock.
John annuì.
D’accordo’”
Sherlock lo stava accarezzando lungo il braccio, e non poteva fare a meno di osservare quei movimenti.
Starò bene.”
Si alzò dalla sedia accanto al letto e sbottonò il camice e lo sfilò. Sherlock lo fissava con estrema attenzione.
John arrotolò il camice e poi premette il pulsante per chiamare un infermiere.
Dopo un paio di minuti arrivò Carl.
Ha bisogno dottore?”
No, solo, devo andare via. E voglio essere sicuro che lo controllerete.”
Ma certo, è in buone mani. Può stare tranquillo.”
John annuì.
Se c’è bisogno dovete chiamarmi subito.”
Si voltò e diede un bacio sulla fronte a Sherlock, che sembrò quasi rimanere abbagliato.
Quando si voltò anche l’infermiere lo stava guardando con espressione confusa.
Schiarì la gola.
Allora… Allora vado…” si allontanò a testa bassa, non aveva il coraggio di voltarsi e guardare Sherlock.
Oh dimenticavo, non ho un telefono quindi dovete chiamare alla pensione di Beth.”
Non si preoccupi dottore.”
Ciao Sherlock.”
Uscì.

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Note d’autrice:

Chiedo umilmente perdono per non aver aggiornato oggi pomeriggio, ma non c’è l’ho proprio fatto, ero totalmente stanca mentalmente. Questi ultimi tre giorni sono stati un delirio. Ho aperto il capitolo per correggerlo tipo venti volte e non riuscito ad andare oltre due righe, alla fine ho dovuto lasciar perdere. Per fortuna ora ci sono riuscita. Mi dispiace davvero non aver rispettato i tempi.

Questo è un capitolo molto intenso come sempre a farne le spese è Sherlock, ma prometto che ora andrà meglio per lui, John se ne prenderà cura.

Ci si legge venerdì!

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Capitolo 25
Venerdì 28 maggio ore: 15-16

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Capitolo 25
*** Capitolo 25: ***


Capitolo 25:


***



Poter passare l’intera giornata da solo con Rosie non succedeva da un po’ di tempo. Quell’ultimo periodo era stato così caotico e frenetico, e ancora non sapeva come regolarsi. Doversi occupare di due persone che dipendevano quasi totalmente da lui, era uno dei lavori più difficili che avesse mai fatto, ma non ne avrebbe fatto a meno per nessun motivo al mondo. Aveva solo paura che sua figlia potesse cresce da un giorno all’altro, e disprezzarlo per non averla considerata abbastanza. Così una volta recuperata dalle braccia di Kirsty decise che l’avrebbe portata a fare una passeggiata, anche se faceva ancora freddo. Avevano entrambi bisogno di una boccata di aria, e di vedere cose diverse. Assolutamente.
La vestì per bene, con diversi strati di stoffa e in fine una bella giacca imbottita che la faceva tanto sembrare l’omino della pubblicità degli pneumatici. Per fortuna la famiglia di Beth era sempre super disponibile e non ebbe alcuna difficoltà a farsi prestare un passeggino. Non se ne era portato dietro uno perché lo spazio in auto serviva alle cose più necessarie.
Dopo averle infilato berretto e cappuccio, fatto un paio di giri di sciarpa e i messi i guanti, la spinse fuori dal portone principale.
Non aveva mai usato quella parte della struttura, dal momento che passava sempre dal retro.
La porta era massiccia in legno e con del vetro spesso e scuro al centro, e dava su di un portico con colonne di legno massiccio e il pavimento in piastrelle grezze. Ad entrambi i lati grandi vasi pieni di fiori.
Spinse il passeggino, e Rosie sembrava particolarmente eccitata per quella novità, benché il freddo pungente.
L’area era davvero molto bella, c’era tanto verde, una specie di bosco, e si sentiva anche dell’acqua scorrere, segno che doveva esserci un ruscello, o qualcosa di simile, da qualche parte.
Decise di uscire dal cancello principale, dopo aver attraversato il parcheggio, che faceva tutto il giro della struttura.
La strada andava da entrambe le parti, così si guardò attorno, per decidere quale direzione prendere. Poi gli venne un idea.
Il luogo era molto simile ad un villaggio di campagna. C’erano muretti che circondavano case e giardini con molto spazio a disposizione. Il marciapiede era ampio e la strada larga, ma tutto era perfettamente asfaltato. E poi ovunque si voltasse c’era verde.
Dopo svariati metri, la strada finiva con un incrocio, tirò dritto. Ora era leggermente in pendenza, segno che stavano scendendo.
Più in fondo si trovavano dei piccoli negozi e botteghe, c’era anche il panificio, che era ancora aperto. Decise di entrare e prendere qualcosa da mangiare, il pane era fresco, e anche le altre cose. Non è che fosse particolarmente fornito, ma quello che c’era era più che sufficiente.
Tornò sui suoi passi, il sacchetto appeso al manubrio del passeggino, che oscillava avanti e indietro, ogni tanto Rosie emetteva dei suoni e dei gorgoglii, o delle frasi sconclusionate, segno che il giro le stava piacendo.
Andarono ancora più avanti. Non aveva la più pallida idea di che ore fossero, aveva deciso di lasciare l’orologio in albergo e godersi la passeggiata e il tempo con sua figlia.
Di tanto in tanto passava qualche macchina, ma era tutto piuttosto tranquillo, e non c’era nessuno in giro. Evidentemente faceva troppo freddo, o erano ancora a casa per il post pranzo.
Poi in lontananza lo vide, il colore azzurro del cielo, si scontrava con il blu-grigio del mare.
Accelerò il passo. Si sentiva già il suono delle onde, e l’odore di salsedine arrivava pungente alle narici.
Attraversò la strada principale, che costeggiava la spiaggia.
C’era una spaziosa pista ciclabile, il marciapiede era ancora più ampio, e delle scale arrivavano direttamente alla sabbia.

Guarda Rosie, il mare!”
Poi si ricordò che effettivamente lei il mare non lo aveva mai visto.
Andò a slegarla dal passeggino. Era così eccitata e felice che si dimenava come un pesce.
Si ora andiamo a vedere.”
Era difficile tenerla in braccio, ma scese la breve scalinata.
Si avvicinò il più possibile alle onde, che s'infrangevano furiose sulla battigia, stando bene attento a non andare in un punto dove potesse bagnarsi.
Guarda, hai visto?”
Rosie si dimenò nel tentativo di scendere, così la mise giù, sulla sabbia.
Lei era così sconvolta da quella novità che andò seduta, tra le manine prese una manciata di granelli.
Anche John si mise a sedere vicino a lei.
Anche a Sherlock piacerebbe essere qui. La prossima volta c’è lo portiamo. Che dici?”
Rosie emise un gorgoglio, ma non era sicuro fosse una risposta, perché era troppo concentrata a giocare con la sabbia.
Restarono lì per un po’. Finché non divenne troppo freddo.
Hai fame? Andiamo a mangiare un po’ di pappa?”
Si alzò e prese la bambina in braccio, che iniziò a lamentarsi per essere stata portata via da quel gioco così divertente.
Torniamo un altro giorno, te lo prometto.”
Tornarono sul marciapiede, ovviamente in giro non c’era un anima e poi era un posto così tranquillo che nemmeno per un minuto temeva qualcuno gli avrebbe potuto portare via qualcosa.
Rimise Rosie nel passeggino, legandola con la cintura, perché aveva la faccia di una che avrebbe tentato una fuga alla prima distrazione, e si mise seduto sul muretto che divideva la strada dalla spiaggia.
Dovette levare le scarpe a causa della sabbia e fece lo stesso con quelle di Rosie.
Pranzarono sempre seduti li. Un po’ di pane, formaggio morbido, un po’ di pollo affettato e un pomodoro. Ok non era stato chissà quale pranzo luculliano, ma bastava a recuperare le energie.
Si assicurò di riordinare e pulire tutto perfettamente, e riprese il viaggio, o meglio, la camminata.
Questa volta fecero un altro giro, andando più avanti, superando delle scogliere, la strada si trasformava in superstrada e proseguiva a perdita d’occhio.
Ricordò quel pezzo di strada perché era quello che aveva fatto con la signora McKennell quando era stato accompagnato a vedere la casa. Ovviamente era troppo lontano per arrivarci a piedi, così girò per tornare su.
In quella parte della città c’era molta campagna, recinti e prati, e ogni tanto con il vento si sentiva anche il suono di qualche animale tipo mucca o pecora.
Tornarono alla pensione che era già tardo pomeriggio.
Allora è stata bella la perlustrazione?” Beth si avvicinò ma John la zittì con un dito sulla bocca, e indicò il passeggino. Rosie che dormiva beata.
Oh scusa.” la donna parlò a bassa voce.
John le si avvicinò per farsi sentire meglio.
Si tutto bene grazie. E’ veramente un posto incantevole.”
Grazie, si i turisti adorano questa città, e soprattutto il mare, nei periodi estivi si riempie.”
In realtà non vedo l’ora che sia estate, Rosie adora già la spiaggia e voglio insegnarle a nuotare.”
Ma è magnifico! Ops.” la donna si portò una mano alla bocca, ma per fortuna la bambina non si svegliava nemmeno con le cannonate.
Meglio se la piccolina va a letto. Ti devo mandare Kirsty per una mano?”
No grazie, oggi passiamo una giornata padre figlia.”
Beth gli sorrise.
Sei davvero un bravo padre.”
Oh, ora non esagerare.”
Non sto esagerando.” gli diede una carezza sulla spalla come una madre amorevole con il proprio figlio.
John le sorrise e si allontanò con il passeggino.



La mattina la sveglia suonò all’alba
Si preparò il più in fretta possibile, svegliò Rosie, che ovviamente protestò per essere stata disturbata così presto, la vestì, e le fece fare colazione. Voleva passare più tempo possibile con lei, prima di lasciarla a Kirsty.
Poi prese la macchina e praticamente corse alla casa di riposo. Per fortuna si era fatto fare tutti i permessi necessari così non dovette perdere tempo.
Passò dallo stesso percorso fatto la volta precedente e andò nell’ala medica.
Sherlock???” spalancò la porta della stanza.
C’erano i due infermieri che lo stavano lavando e sistemando.
I tre si voltarono a guardarlo, stupiti.
Scusate.” John quasi si inchinò, faccia rossa dall’imbarazzo.
Buongiorno dottor Doyle.” fu Carl a salutare per primo.
Ritorno dopo.”
Non si preoccupi, abbiamo finito.”
I due infermieri uscirono e si richiusero la porta alle spalle.
Ti vedo bene…” esordì John avvicinandosi al letto.
Hai fatto presto. Pensavo saresti arrivato più tardi.” Sherlock parve quasi dispiaciuto, e a John diede fastidio quel atteggiamento.
Perché?”
Perché pensavo avresti passato più tempo con tua figlia e per te stesso.”
John sbuffò dalle narici.
Finiscila Sherlock.”
Perché?”
Ancora con la storia dei ‘perché’, poteva giurarlo, gli odiava, e solo l’idea di passare quella fase anche con Rosie lo faceva diventare pazzo.
Ho passato tutto il tempo necessario con mia figlia, e con me stesso.”
Potevi passarne un altro po’.”
Era sul punto di mettergli le mani al collo e strangolarlo, ma decise di prendere un bel respiro e contare fino a dieci.”
E io stupido che pensavo saresti stato contento di vedermi.” lo aveva detto come una battuta ma lo pensava per davvero.
Ma io sono felice di vederti.”
Hai uno strano modo di dimostrarlo.”
E’ solo che…”
E’ solo che, cosa?”
Sherlock era seduto con la schiena appoggiata contro i cuscini e stava tormentando con le dita, il lembo di lenzuolo che gli arrivava al ventre.
Non… Non voglio essere egoista, passi già tutto il tempo con me, a farmi da dottore, infermiere, e qualunque altra cosa…”
A Dio perché doveva fare così.
Quante volte devo ripetertelo che per me non è un peso?”
Sherlock si voltò di scatto a guardarlo, e quasi ci rimase male a causa dell’intensità di quelle occhiata.
Ma lo è per me. Perché ti ho già chiesto troppo, e tu continui… A darmi tutto.”
E che altro ti aspetti che faccia? Sei il mio migliore amico. Sei la persona a cui tengo di più. Ok la seconda persona a cui tengo di più, ma comunque non c’è ne sono altre dopo.”
Ma Sherlock non sembrava affatto contento di quella risposta.
Non è vero, ne hai altre.”
Del tipo?”
Lestrade. Lui è un tuo amico, di sicuro più di quanto lui lo sia con me. La signora Hudson.”
Oh Sherlock non è la stessa cosa.”
Se tu avessi trovato Lestrade mezzo morto in quel parcheggio… Ora non saresti qui.”
Sherlock per favore non puoi seriamente paragonarti a Lestrade, e non capisco nemmeno perché ne stiamo parlando.
Si può sapere che hai fatto ieri tutto il giorno, per essere così stamattina?”
Sherlock si limitò a stringersi nelle spalle.
Ho pensato.”
Ecco, era proprio quello il problema, quando Sherlock pensava, soprattutto se pensava troppo, non poteva uscirne niente di buono, a meno che non stessero indagando.
Non dovresti farlo.”
Non dovrei pensare?”
Esattamente.”
Cioè dovrei abbassarmi l’intelligenza al livello di Lestrade?”
Finiscila.- gli diede un piccolo colpetto sulla spalla. -Dovresti ringraziarlo.”
Per cosa, essersi convinto che fossi morto?”
Okay non è che avesse proprio tutti i torti.
Guarda che lo ero anche io.”
Tu ti sei fidato di quello che ti ha detto lui.”
D’accordo, come faceva a saperlo?
Sherlock…”
Si?”
Tu… Tu ci sentivi? Quando eri nel parcheggio…”
In quel momento sembrò quasi che si rendesse conto di aver fatto uno sbaglio, la sua faccia iniziò a tirarsi, e la mandibola a stringersi.
No. Non mi ricordo niente. Me lo hanno detto.”
Te lo hanno detto? Chi?”
Non lo so, immagino Lestrade.”
Immagino… Poteva anche essere plausibile che gli avesse raccontato come fossero andate le cose. Probabilmente era stato un tentativo di rinfrescargli la memoria.
Che cosa c’è nel sacchetto?”
Quel repentino cambio di argomento lasciò John per un secondo confuso, poi capì quello a cui si riferisse Sherlock. Sollevò il sacchetto di plastica in questione e lo appoggiò sul vassoio sopra al letto.
Guardaci.”
Sherlock guardò prima John, incuriosito, poi infilò una mano all’interno del sacchetto, e tirò fuori una scatola di media dimensione con una grande scritta ‘Monopoly. Si mise a ridere.
Era da così tanto che non lo sentiva ridere in quel modo, che senza nemmeno accorgersene si era messo a sorridere come un idiota.
Mi prendi in giro? Il Monopoly?”
Sì grande campione, voglio vedere se sei davvero bravo in tutto, come dici.”
Ma è un gioco per bambini, quanto mai vuoi che sia difficile?”
Disse quello che a momenti non sa dove si trova l’Australia.”
So benissimo dove si trova l’Australia!”
Ah si, e la Tasmania?”
Vide chiaramente gli occhi di Sherlock riempirsi di terrore e la sua espressione nel tentativo di cercare in fretta una risposta, che ovviamente non sapeva.
Si trattenne dal mettersi a ridergli in faccia, non sembrava carino infierire sulle sue lacune, oltretutto volutamente cercate, dal momento che Sherlock riteneva superfluo qualunque cosa non avesse a che fare con metodi scientifici o di indagine.
Dai grande genio che non sa la geografia, apri la scatola e sistema le pedine, almeno quello sai farlo, voglio sperare.”
Sherlock lo guardò storto, ma trovò quell’espressione estremamente buffa.

Intanto che Sherlock sistemava il gioco da tavolo, controllò la pompa del drenaggio; aveva raccolto un po’ di liquidi, almeno questo era positivo. Il resto dei parametri sembrava essere a posto. La flebo che gli avevano fatto durante la notte, a detta di Sherlock, era stata sostituita prima dell’arrivo di John. Quindi tutto era perfettamente come doveva essere.
Si lasciò ricadere sulla poltrona accanto al letto.
Sherlock aveva già finito di sistemare il tabellone del Monopoly.
Pronto a perdere dottore?”
Se pensava di punzecchiarlo in quel modo sbagliava di grosso.
Ti servirà il navigatore per trovare Parco della Vittoria.”
Questa era molto cattiva.”
Ho imparato dal migliore.”
Sherlock a quelle parole gli sorrise, ovviamente John non poté fare a meno di sorridergli di rimando.


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Note d’autrice:


Capitolo abbastanza introspettivo, sopratutto nella prima parte, in cui John e Rosie passano del tempo insieme, mi pareva bello dedicare del tempo anche a padre e figlia, anche lei merita un po’ di attenzioni, così ne ho approfittato anche per presentare la piccola cittadina dove hanno decido di stabilirsi. Davvero non vedo l’ora che arrivino i capitoli con quei tre che vivono insieme!


Nella seconda parte invece torna Sherlock, sembra stare già un pochino meglio. Per fortuna alla Casa di riposo lo trattano al meglio, anche perché poi John chi lo sente. Mi è sembrata molto carina questa scena tra loro due, mentre giocano insieme, oltretutto ritorna fuori il discorso di quello che è successo al parcheggio…
Nel prossimo capitolo riprenderò da qui e dico già che ne ho approfittato per infilarci un paio di cosette…


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Capitolo 26
Martedì 1 Giugno Ore: 15-16

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Capitolo 26
*** Capitolo 26: ***


Capitolo 26:


***


Erano nel bel mezzo di un intensissima sessione di Monopoly, che durava da almeno mezz’ora.
Allora, me lo dici cosa hai fatto ieri o è un segreto di stato?
E non dire ‘ho pensato’ o ti faccio ingoiare le pedine.”
Sherlock fece una smorfia con la bocca.
In realtà ho fatto qualcosa, non che ci fosse altro di meglio da fare.”
Vai sono tutto orecchi.”
Hai presente quei due infermieri? Carl, e quell’altro di cui non ricorderò mai il nome perché non mi interessa?”
Giuro Sherlock, a volte il tuo tatto mi commuove.”
Sherlock gli sorrise, per la terza volta in quella giornata, e John non poteva che esserne più grato.
Comunque, ora so tutta la loro vita. Non che la cosa fosse di mio interesse, ma se la gente parla in mia presenza, anche se fa finta che io non ci sia, la ascolto.-
Era così vero. Sherlock aveva quasi la capacità di diventare invisibile, il che era quasi assurdo visto la sua imponenza, ma per qualche assurda ragione, la gente tendeva ad ignorarlo, e a parlare liberamente, e Sherlock dal canto suo era molto bravo ad ascoltare anche conversazioni in cui non lo riguardavano.
-Ad ogni modo, hanno una tresca.”
John a momenti rischiò di strozzarsi con la saliva andata di traverso.
C-cosa?” doveva per forza aver capito male.
Sono imparentati. Uno dei due ha sposato la sorella dell’altro, non da tanto, credo un anno o due, ma ha una tresca con un altra donna che lavora qui.”
Aspetta, e hanno litigato davanti a te? Però mi sembravano tranquilli prima…”
John come sempre tu non ascolti e non fai attenzione. Quello con la tresca scriveva in continuazione messaggi e sorrideva davanti al cellulare, quando l’altro non c’era.”
Ah. E da lì hai capito che aveva una tresca.”
Ovviamente.”
Certo ovviamente, doveva essere stata facile la deduzione per lui.
Era grato che Sherlock avesse trovato qualcosa con cui distrarsi, per quanto impicciarsi delle tresche altrui fosse un passatempo discutibile, almeno lo avevano distratto per un po’, e sembrava essere anche meno sofferente rispetto al giorno precedente. La procedura medica che aveva subito doveva essere stata davvero dolorosa per farlo crollare in quel modo. Aveva pregato che quella fosse stata l’ultima, anche perché non credeva che Sherlock potesse sopportare altro.
E il cognato non lo sa.”
Assolutamente no. Però è interessante vedere fino a che punto una persona può arrivare a mentire ad un'altra persona a cui dice di tenere.”
Okay… Ora era sicuro, c’è l’aveva con lui.
Sherlock devi dirmi qualcosa?”
Sherlock si voltò a guardare John.
Qualcosa? Che cosa ti dovrei dire?”
Dai, tutta questa storia era per farmi capire che non ti fidi di me.-
La cosa lo feriva molto. -Pensi che in qualche modo ti stia ingannando.”
No! Sei pazzo? Come ti viene in mente di pensarlo! Pensi che ti avrei seguito in questo modo se non mi fidassi di te?”
John non riusciva a capire.
Allora perché quel discorso? Perché quel ‘è interessante vedere fino a che punto una persona può arrivare a mentire ad un'altra persona a cui dice di tenere’.”
Non-non era riferito a te!”
Ah no?- ci credeva molto poco. -E a chi?”
Lo vide stringere le labbra e strizzare le palpebre, come se qualcosa gli desse fastidio agli occhi.
A me stesso.” lo disse sussurrando.
La bocca di John si spalancò.
Perché!”
La porta si aprì e entrò il dottor Amos.
John imprecò. Proprio un tempismo perfetto.
Il povero anziano dottore si bloccò sulla soglia.
Ho… Ho interrotto qualcosa?” l’espressione costernata dell’uomo fece sentire John terribilmente in imbarazzo per quella parola appena detta.
No! No assolutamente!”
Si alzò subito.
Mi dispiace, sono davvero dispiaciuto.” il povero dottore sembrava così dispiaciuto di dare l’idea di voler scappare a nascondersi.
“”Non stavamo facendo assolutamente nulla di importante, vede.” John indicò il Monopoli, e sentì il vecchio medico rilassarsi leggermente.
Capisco, mi dispiace avervi distratti.”
John sospirò.
Volevo solo assicurarmi che Sherlock fosse a posto.”
E’ davvero gentile. Comunque si, mi sembra che vada un po’ meglio.
Glielo faccio vedere.- accompagnò il collega dove si trovavano i macchinari. -C’è già del liquido. Se continua così, tra qualche giorno avrà raccolto tutto.”
Vedo, vedo. E’ davvero magnifico, sono contento.
E tu Sherlock come ti senti?”
Sherlock si irrigidì un po’.
Meglio. Grazie. Siete molto efficienti qui.” rispondeva praticamente a monosillabi e senza mostrare nessuna emozione.
Certo la nostra è una casa di riposo molto rinomata nonché una casa di cura, e ci teniamo ad essere i migliori. E se hai bisogno di qualunque cosa, o preoccupazioni, non esitare a chiedere.”
Sherlock annuì. Il dottore sorrise, ancora in imbarazzo.
Allora se non avete bisogno di me, vado ad occuparmi dei miei pazienti.”
Diede delle piccole pacche sulla spalla di John e uscì.
Una volta chiusa la porta John si schiarì la gola.
Allora… Pronto a perdere miseramente Holmes?”
Sherlock tornò a sorridere.
Ti piacerebbe Watson.”

Passare la mattinata con Sherlock e il pomeriggio con Rosie, non era male come routine, soprattutto perché Sherlock sembrava stare decisamente meglio, a livello fisico. La tosse era calata, le analisi andavano piuttosto bene, visto tutto sommato quello che aveva passato. Dagli ultimi RX anche il polmone sembrava si stesse riprendendo bene, e il liquido era diminuito.
Il drenaggio poteva essere tolto tra qualche giorno. Cercava di fare stare in piedi Sherlock per quello che era possibile, così anche l’attività motoria non sarebbe regredita. Il detective doveva poter usare le gambe, e doveva riprendere peso. Quindi anche la dieta era importante.
Il peggio ormai era passato.
John era sicuro che presto Sherlock sarebbe stato in grado di tornare a fare le cose da solo, e avrebbe potuto portarlo alla casa sulla spiaggia. Aveva passato le ultime giornate ad andare a sistemarla, pulire, aggiustare quello che non andava; persino la signora McKennell era andata ad aiutarlo con la sistemazione, e per i lavori che non riusciva a fare, aveva chiamato una sottospecie di tuttofare.
Sarebbero stati bene, persino a Rosie sembrava piacere quel posto. Ovviamente aveva messo tutto in sicurezza, a prova di bambino, e recintato l’esterno.
Così quella mattina, si sentiva particolarmente ottimista.
Quando entrò nella stanza c’era sempre uno degli infermieri che stava sistemando Sherlock, cambiando le flebo di fisiologica e vitamine.
Buongiorno Carl.” salutò prima l’infermiere.
Buongiorno dottore. La vedo bene stamattina.”
Oh lo spero.”
Persino Carl gli sorrise.
E spero che Sherlock non vi abbia fatto impazzire come al solito.”
Sherlock gli rifilò un occhiataccia.
Assolutamente no, se fossero tutti così i nostri pazienti.”
Sicuro di quello che dici?”
Carl annuì.
Non si lamenta mai.”
Sì, Sherlock difficilmente faceva uscire fuori quello che provava. Alcune cose aveva anche provato a chiedergliele, ma come risposta ne otteneva sempre un ‘sto bene’, o ‘va tutto bene’.
Forse un giorno si sarebbe aperto abbastanza da confidarsi con John, su quello che lo tormentava, perché c’era qualcosa che lo tormentava. Un ombra nera che gli aleggiava intorno. Non era sicuro cosa fosse, forse si sentiva ancora in colpa per la morte di Mary… Aveva provato in tutti i modi a rassicurarlo, non c’è l’aveva più con lui; in realtà non c’è l’aveva mai avuta con lui, era semplicemente troppo arrabbiato in quel periodo, e aveva finito con lo sfogarsi su Sherlock, e se ne sarebbe pentito fino alla fine dei suoi giorni.
Ma quell’alone di auto colpevolizzazione, era sempre nei suoi occhi.
Un giorno forse, con il tempo, sarebbe riuscito a fargliela andare via.
Ha ricevuto le lastre fatte ieri sera?” chiese Carl.
Le ho viste proprio prima di venire qui.”
Ora Sherlock lo guardava tra il preoccupato, il confuso e il rassegnato. Evidentemente non si aspettava buone notizie. Beh, sbagliava.
Vanno molto bene, anzi, penso proprio che prima del fine settimana si potrà togliere il drenaggio.”
Ora sembrava quasi scioccato dalla notizia. Però ne era felice, aveva bisogno di qualche buona notizia.
Mi fa molto piacere dottore, e cosa farà dopo?” Carl sembrava sinceramente interessato.
Visto che è tutto a posto non c’è più motivo di tenerlo qui, lo porto a casa.”
L’infermiere sembrava contento della risposta e Sherlock ancora incredulo.
Vi lascio a parlarne.” Carl uscì dalla stanza e si richiuse la porta alle spalle.

Era vero quello che hai detto?” a Sherlock era servito qualche momento per parlare.
Pensi che ti prenderei in giro sulla tua salute?”
Ovviamente no, però…”
John sospirò.
Però?”
Mi sembra così assurdo.”
Ti sembra assurdo essere guarito?”
Sherlock annuì.
Non credevo avrei più lasciato un ospedale.”
Prima o poi sarebbe dovuto accadere.”
Non lo so, non mi sembrava così scontato uscirne.”
Andò a sedersi accanto a lui sul letto, e Sherlock si spostò per fargli spazio.
Lo so che è stato un periodo molto lungo e molto brutto, ma ti avevo promesso che le cose sarebbero andate meglio. Vedrai, insieme sistemeremo tutto.”
Gli avvolse un braccio intorno alle spalle e lasciò che si appoggiasse con la testa contro al suo petto, Sherlock ovviamente non se lo fece ripetere.
Casa?” parlò dopo qualche minuto di silenzio.
Quella sulla spiaggia. La sto sistemando, anche a Rosie piace.”
Annuì e i ricci neri lo solleticarono sotto al mento.
Quindi vivremo davvero qui.”
Sì Sherlock.”
E tu lavorerai qui.”
Quando ci saremo sistemati per bene, si.”
Secondo te cosa dovrei fare?”
In che senso?”
Dovrò lavorare anche io…”
Giusto. In effetti non ci aveva proprio pensato. Era convinto che si sarebbe occupato di lui negli anni a venire.
Giusto. Uhm… Cosa vorresti fare?” badò bene a non nominare la carriera da detective visto che l’ultima volta era stato molto chiaro a riguardo, ma sperava che presto gli tornasse la passione.
Io non so fare niente…” lo sentì mormorare.
Che dici. Tu sai fare un sacco di cose.”
Elencamele.”
John sospirò.
Sei bravo con le cose scientifiche.”
Non ci lavori in un negozio con le nozioni scientifiche.”
Autopsie? Sei bravo con quello.”
Non sono un coroner. E niente cadaveri o cose che hanno a che fare con cadaveri.”
John sospirò per l’ennesima volta.
Commesso?”
Sentì Sherlock ridere contro il suo petto.
Intendi dire far fallire il negozio?”
Oh Sherlock.”
Te l’ho detto, non so fare niente.”
Ma non è vero! Uh! Potresti insegnare!”
Sherlock tolse la testa.
Dovrei insegnare secondo te?”
Sei bravo in quello, a me hai insegnato un sacco di cose.”
Tu sei un uomo adulto e mediamente intelligente.”
Grazie.”
Non credo di essere in grado di interagire con dei bambini, gli terrorizzerei, e nessun genitore mi vorrebbe intorno ai suoi figli.”
John si passò una mano sul viso.
Questa è una cazzata. Rosie ti adora ad esempio.”
Ha solo un anno John, non capisce.”
Non c’entra niente, ti posso assicurare che se non gli piace qualcuno lo esprime molto bene.”
Non mi prenderebbe comunque nessuno.”
Potresti fare l’insegnante privato. Non è troppo impegnativo e puoi sceglierti i clienti.”
Forse…”
Pensò un ‘basta ci rinuncio.’ Quando faceva così era impossibile ragionarci.
Hai portato un altro sacchetto.”
Lo aveva totalmente dimenticato.
A che si gioca oggi?- ovviamente Sherlock ormai aveva imparato, il sacchetto era il segnale per un nuovo gioco da tavolo, dopo il Monopoly ovviamente.
Sciolse l’abbraccio e si piegò per prendere la scatola da dentro il sacchetto, la mise sulle gambe di Sherlock, che si mise a ridere. -Vuoi giocare a Scarabeo contro di me?”
Si sapientone voglio giocare a Scarabeo contro di te.”
Non ti è bastato perdere a Monopoly.” lo stava provocando.
Perdere? Chi è che avrebbe perso? Hai la memoria corta Holmes? Perché io mi ricordo un 2-2, e a casa mia si chiama pareggio.”
Hai pareggiato solo per la fortuna del principiante Watson, ero io in vantaggio.”
Si e ti ho fregato con l’ultimo giro.”
Visto, lo ammetti anche tu che avrei vinto io.”
Pure Rosie ti avrebbe battuto.”
E hai deciso di portare un gioco in cui ti batterò sicuramente? Audace.”
John a quelle parole gonfiò il petto.
Pensi di saperne più di me?”
Sì, come sempre.”
Sbruffone presuntuoso.
Ti ricordo che sono un dottore, conosco parole di cui tu nemmeno sai l’esistenza.”
Se voleva la guerra…
Io so il latino.”
Anche io.”
Bene.”
Potremmo renderlo più interessante.”
Le labbra di Sherlock si dischiusero e comparve un'espressione di stupore.
Più interessante?”
Facciamo una scommessa.- proseguì John. - Se vinco io, oltre a potermi vantare, farai quello che ti dico senza lamentarti.”
Sherlock roteò gli occhi.
Tutto qui? E se vinco io?”
Non ti sei appena vantato di vincere sempre?”
E dai, così non è leale.”
Ok, ok. Che cosa vorresti?”
Sherlock ci pensò un attimo.
Posso dirtelo quando vinco.” e sorrise affabile.

John parcheggiò l’auto a lato della strada, poco più sotto c’era il sentiero che scendeva per la scogliera e che arrivava alla spiaggia.
Allora, sei pronto?” guardò alla sua sinistra. Lo sguardo di Sherlock era puntato sul mare. La giornata era limpida e le onde si infrangevano ringhiando, contro il bagnasciuga, la schiuma provocata dal movimento svolazzava in giro, come neve.
Il detective annuì.
John scese dalla macchina e fece il giro per andare a prendere Sherlock.
Ti aiuto.” Lo prese da sotto il braccio.
Guarda che so stare in piedi da solo.”
Lo so, ma dobbiamo scendere.”
Arrivarono a bordo strada. Da lì partiva la stradina di ciottoli e terra, circondata di grossi massi che andavano giù a strapiombo.
Intorno John aveva messo dei paletti con una grossa corda, in modo da poterla usare come corrimano, così da rende la discesa più sicura.
Tieniti stretto.”
Aspettò che l’altro afferrasse la corda, e andarono giù.
La casa si trovava poco più sotto, con il secondo piano a livello della strada, e l’entrata che dava sul mare.
Arrivarono fino allo spiazzo, e aprì il cancelletto in legno. Aveva fatto mettere un recinto con cancello in modo che Rosie potesse andare fuori senza il rischio di cadere di sotto. Ci aveva messo anche una bella altalena e due panchine contro il lato della casa,a ridosso del muro in pietra.
Sembra bella… Da fuori.”
Sì, lo è anche dentro, dai vieni.”
Posso camminare da solo ora…”
John si accorse che lo stava tenendo stretto contro il fianco. Lasciò subito la presa.
Scusa.” lo disse con un certo imbarazzo e le guance accaldate. Colpa del sole certamente.
Sherlock andò verso l’entrata. La porta era stata ritinteggiata di un bel verde brillante, così come i contorni delle finestre.
Afferrò la maniglia in ferro e la abbassò, il legno cigolò, quasi come un lamento, quando venne spinto.
Per questo non ho potuto farci molto, sai l’umidità del mare. Anche se ho cambiato tutti i cardini.”
C’era un unico scalino prima di poter entrare. Le finestre erano tutte aperte e passava una bella luce da esse, anche l’odore del mare aveva inondato la casa.
John lo trovava molto gradevole e rilassante.
All’ingresso c’era una parete con dei ganci per giacche e cappotti e una seduta dove togliere le scarpe. Lo aiutò a svestirsi.
Vedi, qui c’è la cucina, e quelle sono le scale che portano alla zona notte.”
Sulla sinistra c'erano i banconi in legno con il ripiano in marmo e le loro pensiline. Il lavandino si trovava sotto una delle finestre vista mare.
Il tavolo era stato sistemato sempre nella zona cucina, sembrava nuovo, con quattro sedie ed un seggiolino.
La scala si trovava davanti all’ingresso.
Sembra molto… Grazioso.”
Sherlock si stava guardando attorno, ispezionando i vari spazi.
Arrivarono al salotto, subito dietro la cucina, diviso da un basso muretto, c’era il divano sistemato contro di esso, e di fronte ad esso il camino di pietra. Sulla parete di sinistra, sotto la finestra del salotto, una poltrona di legno con la seduta e lo schienale di stoffa. Un tavolino basso si trovava davanti al divano, e sotto un tappeto tondo di lana a pelo lungo.
Sherlock andò a sedersi sul divano.
Che cosa c’è lì?” indicò la parete del sottoscala, dove si trovava una porta dello stesso colore delle assi di legno scuro che lo rivestivano.
Una specie di sgabuzzino. Allora? Pareri?” John sembrava eccitato e allo stesso tempo spaventato all’idea che a Sherlock potesse non piacere, o comunque trovarcisi male.
No sembra… Sembra bella, molto accogliente. Ho sempre desiderato una casa al mare, o in campagna.”
Lo so.- John andò a sederglisi vicino. -Vuoi vedere di sopra?”
Possiamo andare dopo?” Sherlock appoggiò la testa sulla spalla del dottore.
Certo, tutto quello che vuoi.”
Dov’è Rosie?”
Con la signora McKennell, la porta qui dopo.”
L’hai lasciata con quella donna?” Sherlock pareva sorpreso e un po’ preoccupato dal tono di voce.
Sì, è una brava donna, mi ha aiutato a risistemare questo posto, sa quello che deve fare, e poi te l’ho detto, gestisce tutto lei in questo paesino.”
Uhm… Si, sono sicuro che tu capisca da solo di chi fidarti.” non sembrava molto dal modo in cui lo aveva detto.
Vedrai quando verrà qui.”
Non lo so…”
Non lo sai?”
Non so se ho voglia di incontrare gente…”
John rimase in silenzio per qualche secondo.
Non sei costretto se non vuoi.”
Posso non incontrarla?”
Certo. Non ti devi preoccupare se non te la senti.”
Mi mette a disagio conoscere altre persone.”
Gli diede un bacio tra i capelli.
Vuoi una coperta? Hai freddo?”
Hm… Un po’ si, ma non voglio che tu te ne vada.”
Allora non me ne vado.”


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Note d’autrice:

Chiedo scusa se ieri ho saltato il giorno dell’aggiornamento, ma sapevo che sarei tornata tardi e non avrei mai fatto in tempo. Quindi ho preferito rimandare direttamente. In compenso ho allungato un po’ il capitolo. Avrei potuto farlo con il precedente, ma fa nulla, avrei dovuto pensarci prima lol.
Finalmente la casa sulla spiaggia! Sono estremamente felice di questa parte in poi, ne succederanno delle belle. Ora sono loro tre da soli, basta ospedali e tutto il resto.
E manca la rivelazione di quello che è successo. Arriverà prima di quello che pensate… (piccolo spoiler :D)
Come sempre aspetto pareri e congetture.

Ci si legge alla prossima.

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Capitolo 27
Venerdì 4 Giugno Ore: 15-16

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Capitolo 27
*** Capitolo 27: ***


Capitolo 27:


***


Salirono al piano superiore, John aveva già messo a letto Rosie. Era crollata presto, dopo che aveva passato l’intera giornata a giocare, e il pomeriggio a scorrazzare per casa, per lei c’era tutto un mondo nuovo da scoprire.
Allora, qual è la mia stanza?”
Sherlock respirava con il fiato un po’ corto, tenendosi contro il muro rivestito di pannelli di legno.
La tua stanza?”
Devo dormire sul pavimento?”
John non ci aveva nemmeno pensato, si era abituato a dividere il letto alla pensione. Arrossì.
Ah no ovviamente no. Scusa ma mi sono dimenticato di prepararlo…”
Non importa, se mi dai le coperte…”
No, lascia stare. Faccio io. Tu va pure in bagno, ti ho messo il pigiama.”
Grazie. Ehm… Dove devo andare?”
Si, giusto scusa. Vieni.”
La porta era subito sulla sinistra, la aprì. Il bagno dentro era abbastanza grande, c’era una vasca che poteva essere utilizzata anche come doccia. Il lavandino era normale e con il ripiano che prendeva tutta la parete, fino alla vasca, poi c’era lo specchio e un mobile nell’angolo, dietro la porta.
Dalla parte opposta il servizio e un altro armadietto.
Ti serve aiuto per qualcosa?”
No non mi serve nulla.”
John gli fece un timido sorriso e richiuse la porta.
Prese tutto il necessario dal proprio armadio e andò a preparare quello di Sherlock. Non che ci fosse chi sa che nella stanza del detective. John ci aveva messo un letto matrimoniale e un comò.
Un po’ gli dispiaceva non averlo più accanto, ormai si era abituato, ma non poteva certo pretendere che passassero la vita a dormire insieme. Era parecchio ridicolo come pensiero, anche prima avevano delle stanze separate, e poi ci aveva dormito solo perché non c’erano altre stanze e perché doveva poterlo controllare.
Quando Sherlock tornò dal bagno, trovò John che gli stava sistemando un secondo strato di coperte.
Non ti sembra esagerato?”
Devi stare al caldo.”
Sherlock si avvicinò per aiutarlo con la coperta.
Hai intenzione di continuare a fare il mio dottore?”
Ma io sono il tuo dottore.”
Sherlock ridacchiò.
Che c’è ti fa ridere?”
Tecnicamente è ancora il dottor Lewis il mio dottore.”
John si ricordò in quel momento del povero collega di Londra, che gli aveva dato così tanta fiducia.
Oddio… Spero che abbia ancora il suo lavoro.”
Sono sparito sotto la sua tutela, mio fratello lo avrà fatto arrestare come minimo.”
Spero di no!”
Immagino che non lo sapremo mai.”
Mi dispiace per lui… Si era fidato.”
E tu lo hai fregato.- concluse Sherlock. -Te lo avevo detto di lasciare perdere.”
John assunse uno sguardo duro.
No. Mi hai chiesto di aiutarti.”
Stavo delirando.”
Ma per favore.”
Non si da retta ai matti, dovresti saperlo.”
Ora aveva voglia di prenderlo a schiaffi.
Vai a letto per favore.”
Stai cambiando argomento?”
Ti sto mandando a letto.”
Guarda che non sono tua figlia non puoi mandarmi a letto.”
No infatti lei a letto ci è già andata da un pezzo, tu sei peggio.”
Allora non trattarmi come un bambino.”
Ti tratto da bambino se ti comporti come tale. Vuoi che ti legga una favola per addormentarti?”
Ricevere l’occhiataccia di Sherlock, ne valeva la pena.
Buonanotte John.” scostò le coperte con movimenti secchi, e si infilò sotto.
Vuoi che te le rimbocchi?”
Va al diavolo!”
Sghignazzò e spense la luce.
Notte Sherlock.”
Ma non ricevette risposta.

La mattina John si era svegliato un po’ più tardi, tutti nella casa dormivano ancora, ma andò a svegliare Rosie e la portò di sotto, poi si mise a preparare la colazione, voleva festeggiare la prima notte nella nuova casa e preparare un bel pasto abbondante. Fece i pancake per Rosie, che gli adorava, e altre cose salate tipo le uova, per sé e per Sherlock. Era nel bel mezzo della cottura del bacon, quando sentì le scale scricchiolare, si voltò verso di esse.
Ehi, dormito bene?”
Sherlock se ne stava in piedi, sull’ultimo gradino.
Ah… Si.”
Scese e andò al tavolo in cucina.
Ti aiuto.”
Non serve, dai siediti.”
Ma hai cucinato per un esercito?”
La piccola tavola della cucina era piena di piatti e caraffe, tra té, caffè e latte.
Volevo inaugurare per bene la casa.”
Ehi ciao.” Sherlock andò a salutare Rosie con un bacio sulla testolina, lei allungò subito le manine nella sua direzione.
Sì è da un po’ che non ci vediamo, ti trovo bene.”
Dalle la tazza che c’è lì per favore. Quella con il beccuccio.”
Intendi questa a fiori con il tappo fuxia?”
Proprio quella.”
La prese e la avvicinò alle mani della bambina, che la afferrò subito per i manici, iniziando a scuoterla con forza.
No no, devi bere, non scuoterla come una maracas.”
Ehm si, sta attento che non butti tutto in giro per favore.”
Ci sto provando…” ma ogni volta che si avvicinava un po’ troppo rischiava di prendersi la tazza in faccia.
Distraila.”
C-come dovrei fare a distrarla?”
Con qualunque cosa.”
Sherlock si guardò in giro in preda alla disperazione, per fortuna gettato sul tavolo, tra il resto dei piatti, c’era un pupazzetto. Lo prese, non capiva bene che esemplare dovesse riprodurre, ma si accontentò.
Guarda qui Rosie. Guarda questa cosa, qualunque cosa sia.”
Glielo sventolò davanti, e parve funzionare perché lei mollò la tazza, che cadde sul vassoio del seggiolone, e afferrò il nuovo giocattolo.
Sherlock sospirò.
Come fai a farla mangiare?”
Te l’ho detto, distraendola.”
Ma adesso si sta mangiando questa… cosa…”
E tu dalle la tazza.”
Con espressione poco convinta avvicinò la tazza alla bocca della bambina, che incredibilmente iniziò a tirare per bere, quindi afferrato il meccanismo inclinò abbastanza l’oggetto in modo che scendesse il liquido.
Sta bevendo!”
Bene ma cerca di non farla bere troppo in fretta o starà male.”
A quelle parole gli prese il panico.
Non… Non credo che dovrei farlo io.”
Per fortuna arrivò John in soccorso.
Stai andando alla grande.”
Inclinò la tazza in modo che fosse posizionata nel modo giusto e il liquido uscisse nella giusta quantità.
Vedi, è semplice. Sbagliando si impara.- diede una pacca sulla spalla a Sherlock, che sobbalzò a quel contatto. -Scusa.”
Non voglio farle male.”
Non le fai male.- Ma lui continuava a sembrare terrorizzato. -Dai mangia. C’è qualunque cosa tu voglia.”
John si mise seduto su una delle sedie della tavola, Sherlock era seduto al lato opposto, quindi poteva vederlo bene. Solo allora si accorse dei segni scuri che segnavano le occhiaie.
Ti servono energie.”
Gli riempì il piatto.
Non ho molta fame.”
Ordini del dottore.”
Sherlock guardò il piatto con poca convinzione.
Vedi che se mangi poi lo fa anche lei. Prova.”
Sherlock ora era ancora meno convinto ma prese una bella forchettata.
Uh.”
Che c’è?”
E’-è buono. Non ero più abituato a piatti normali, con del sapore.” finì con il mangiare tutto quello che c’era nel piatto. John si sentiva molto soddisfatto del risultato.

Penso tu abbia davvero fatto da mangiare per un esercito.” Sherlock si era buttato sul divano e stava guardando Rosie giocare sul tappeto del salotto, il tavolino era stato spostato.
Sei ancora pieno da stamattina?”
Quello era un brunch non una colazione. Credo di non esserci più abituato.”
Si, forse ho un po’ esagerato, spero che tu non ti senta male.”
Per ora sto alla grande, solo non credo mi alzerò da qui molto presto.”
Dillo se ti serve qualcosa”
Ti aiuto a sistemare.”
No, guarda lei per favore.”
D’accordo.”
Rosie era tutta occupata a tirare fuori ogni giocattolo dalle varie scatole e disseminarlo in giro.
Prese i cubi e gli sparse in un angolo, le bambole erano state disposte una a fianco all’altra, ora era il turno del servizio da té. Prese una tazzina, ma invece di andarla a mettere con la teiera la portò a Sherlock, iniziò a sventolare il giocattolo.
Ah, sì è molto bello.”
Lo devi prendere.” la voce di John arrivò dalla cucina, mentre stava asciugando un piatto con uno strofinaccio.
Oh..” Sherlock allungò una mano e la bambina mise la piccola tazza sul suo palmo.
Grazie. Mi stai offrendo il té?- finse di bere. -E’ davvero buono, ci voleva proprio.”
Rosie sembrò soddisfatta e tornò dagli scatoloni.
Dopo un po’ prese una specie di valigetta di plastica con i manici fatti di perline.
Che cos’hai trovato?” chiese Sherlock. La bambina gli si avvicinò, alzando la valigetta, il detective la prese e la aprì, Rosie ci infilò subito le manine. Tirò fuori un piccolo stetoscopio, ovviamente era tutto di plastica e di diverse tonalità di rosa, e altri colori accesi.
Capisco, l’ha comprato tuo padre non è vero?”
Rosie si aggrappò ai pantaloni di Sherlock, tirandoli nel tentativo di salire.
Aspetta.” Sherlock la tirò su di peso e la sistemò accanto, ma lei si arrampicò sulle sue gambe.
Che hai intenzione di fare?”
Rosie che ovviamente non parlava, non solo perché era una bambina di poco più di un anno, aveva anche la bocca occupata dal ciuccio. Lo lasciò cadere, lasciando che penzolasse con la catenina appuntata al maglioncino, e mise in bocca il secondo ciuccio, che teneva nell’altra mano.
Sherlock continuava ad osservarla, non riuscendo a capire il perché di quelle azioni.
Ora che aveva entrambe le mani libere era tutto molto più facile; prese lo stetoscopio e mise la parte rigida come se fosse una collana, poi prese la parte c’era un tubicino di plastica morbida e poi alla fine una altro pezzo di plastica tonda e rigida. Prese quell’ultima parte e la appoggiò al centro del petto di Sherlock.
Credo che qui tu faccia un po’ fatica a sentire qualcosa, aspetta.- delicatamente spostò il tondo di plastica nel punto esatto, sopra al cuore. -Visto?” Rosie si agitò tutta eccitata, poi tornò a cercare nella valigetta, tirò fuori una specie di termometro.
Le sopracciglia di Sherlock si unirono in un'espressione corrucciata, trovandosi con il pezzo di plastica in bocca. Mugolò qualcosa, non aveva esattamente un buon sapore.
Sherlock?” la voce di John gli arrivò da dietro le spalle.
Hm?”
Guarda che non devi per forza fargli da cavia.”
Come risposta alzò le spalle. La bambina si riprese il termometro finto per controllarlo. Intanto che era distratta, Sherlock ne approfittò per pulire la bocca con il dorso della mano.
Dico davvero, non devi farlo per forza.”
Non lo sto facendo per forza.”
Ma non sei tenuto… Cioè intendo che non ti devi sentire tenuto a farlo per farmi un favore.”
Sherlock girò la testa di lato, dal momento che John era in cucina, dal divano non riusciva a vederlo.
Davvero pensi questo? Lei non c’entra nulla con noi due… Con la nostra situazione.”
No è solo che ti conosco.”
Non serve che ti preoccupi, non è un fastidio né un dovere.”
Lo so ma dicevi sempre che i bambini non ti piacciono.”
E’ diverso.”
Perché?”
Perché è figlia tua.”
La risposta lo lasciò un po’ spiazzato.
Questo cosa c’entra? Potrebbe essere figlia di chiunque altro.”
No. Tu non cresceresti mai una specie di scimmia urlatrice.”
Ok forse era un'opinione un po’ forte, ma lo conosceva troppo bene per non capire a cosa si riferisse. Non sopportava chiunque si comportasse in modo maleducato e senza giudizio, e spesso e volentieri alcuni genitori non si preoccupavano di nulla, tanto meno del comportamento dei propri figli.
D’accordo ma non ti fare maltrattare. Se esagera fermala. Capito?”
Sherlock annuì.
Nel frattempo Rosie aveva sparso il contenuto della valigetta li intorno.
Posso aiutarti? Cosa stai cercando? Sono bravo a trovare le cose, sai?” ma appena provò a muoversi ricevette una piccola mano sventolante davanti alla faccia, e dei mugolii simili ad un lamento arrabbiato.
Scusa, scusa, non mi muovo.”
Nel frattempo la piccola gli aveva preso un braccio e cercava di tirargli su la manica.
Che cosa devi fare con il mio braccio?” tirò su la manica, ma sulla pelle c’erano ancora i lividi degli aghi causati dal lungo periodo in ospedale e alla casa di riposo.
Poi Rosie prese una piccola siringa giocattolo, per una finta iniezione.
Ehi grazie, adesso si che mi sento meglio.”
Lei sembrava davvero soddisfatta del risultato e gli si accoccolò contro al petto, Sherlock rimase interdetto, senza muovere un muscolo, si era messa a giocherellare con la sua mano.
John, che era arrivato da dietro il divano e aveva visto la scena, si schiarì la voce. Sherlock sobbalzò.
Oh scusa.”
N-no non ti avevi sentito.”
Mi sa che per qualcuno è l’ora di un sonnellino.”
Non ho sonno.”
John rise.
Non tu.”
Ah.”
John fece il giro, si piegò in avanti in modo di poter parlare con la figlia.
Andiamo a fare la nanna?”
Rosie si era tutto appallottolata e usava il braccio di Sherlock come cuscino.
Su andiamo.”
La prese in braccio, lei protestò un po’ ma poi si accoccolò contro la spalla del padre.
La porto su, torno subito.”
Metto io a posto qui.”
Non serve, non voglio che ti affatichi.”
Devo solo mettere via dei giocattoli, non pulire casa.”
John sospirò.
D’accordo, ma fa attenzione.”
Sherlock sospirò esasperato.
Sì mamma.”
Ehi!”
Ridacchiò.
Hai iniziato tu. E comunque lei è molto più brava di te come dottoressa.”
Ah si eh? Allora la prossima volta fatti curare da lei.”
Sherlock sorrise, la cicatrice sul labbro si contrasse.
E’ quello che ho appena fatto.”
Bella famiglia, complottate contro di me vedo.”
Magari vogliamo farti fuori.”
Ah si è così? Vuoi fare fuori papà?” mentre lo diceva alla figlia la faceva dondolare, ma lei ormai era quasi addormentata, le diede un bacio tra i capelli.
Da la buona notte a Sherlock.” le mosse la manina e salì le scale.

Quando una ventina di minuti dopo tornò di sotto, era già tutto in ordine.
Hai già sistemato tutto.”
Sherlock era piegato a raccattare le bambole da terra, quando si rialzò si piegò gemendo dal dolore, tenendosi un punto sul fianco.
Ehi, ehi!” John subito corse da lui.
Non è niente, penso di aver fatto un movimento sbagliato.”
Fammi vedere!” il dottore aveva già un tono apprensivo.
John non è niente, solo… Il fianco.”
Ma John non voleva sentire ragioni e gli sollevò la maglietta.
Non c’erano segni visibili, ma quando toccò un punto sopra le costole, Sherlock sobbalzò.
Mi dispiace. Deve essere una delle costole. Forse si è contratto qualcosa.”
Non… Non si sono rotte di nuovo vero?”
No, no, ma devi metterti seduto e non fare troppi movimenti.”
Sherlock sembrava abbattuto, ma fece come gli era stato detto.
Oggi pomeriggio vediamo di fare una bella passeggiata.”
Hai appena detto che non mi devo muovere.”
Ho detto che non devi fare troppi movimenti, non che devi poltrire tutto il giorno.”
Sei tu che dai gli ordini. Io eseguo.”
Come no.”
Perché non lo faccio sempre?”
Mi prendi in giro Sherlock? Sei la persona meno propensa ad eseguire degli ordini che abbia mai conosciuto in vita mia.”
Esagerato.”
Dimmi una volta che lo hai fatto.”
L’ho appena fatto.”
Da quando ci conosciamo.”
Sherlock lo guardò con uno sguardo da cerbiatto.
Appunto.”
John andò a sedersi sul divano, accanto a Sherlock, che gli si appoggiò con la testa sulla spalla, sfregò la guancia tra i suoi ricci neri, erano così soffici, non poté fare a meno di sospirare. In fondo poteva abituarsi a quella vita. Certo era un po’ stupido fare previsioni dopo non appena due giorni, ma vivere solo con Sherlock e Rosie non gli dispiaceva così tanto.


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Note d’autrice:

I nostri testoni preferiti sono finalmente soli, nella casa al mare. Ormai non hanno più scuse, prima o poi dovranno tirare fuori tutto, sentimenti repressi e tutto il resto. Però per ora si godono tranquillità e un po’ di vita di famiglia…
E io ora devo trovare il modo di usare Rosie (usare che brutta parola), ma spero non sia troppo strano, ci tengo a ribadire che con i bambini sono negata ed è la prima volta che gli utilizzo in una storia. Meglio di così non so fare.
E come sempre aspetto pareri <3

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Capitolo 28
Lunedì 7 giugno Ore: 15-16

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Capitolo 28
*** Capitolo 28: ***


Capitolo 28:


***


Il pomeriggio Kirsty era venuta a prendere Rosie, così per John da poterne approfittare e far fare un po’ di fisioterapia a Sherlock.
Erano scesi giù alla spiaggia.
C’è la fai?”
Sherlock annuì ma sembrava uno che aveva appena finito la maratona di New York.
Dai respira. Prendi un bel respiro, e poi rilascia l’aria.” l’altro eseguì quello che gli era stato detto.
Cercò di fargli muovere spalle a braccia, e la schiena, ma si vedeva che quei gesti gli creavano sofferenza, a causa di tutto quello che aveva passato, e i mesi fermo in ospedale. Per quanto avessero cercato di non renderlo completamente atrofizzato.
Vedrai che il tuo corpo tornerà come prima, ma devi impegnarti.”
Sherlock annuì.
Dì qualcosa.”
Non tornerò mai come prima John.”
Adesso fai il drammatico. Non dico che sarà facile.”
John…”
Che c’è vuoi lasciar perdere tutto? E’ questo che vuoi? Arrenderti e basta?”
No ma…”
Allora avanti, al lavoro.”
Sherlock lo guardò rattristato ma riprese i suoi esercizi.
Doveva aiutarlo in qualche modo, non sapeva ancora come. Se Sherlock per primo non decideva di aprirsi, non poteva costringerlo, ma era ovvio che ci fosse qualcosa che non andava, qualcosa che non gli aveva detto, e non sapeva come tirarglielo fuori. Non poteva forzarlo o non gli avrebbe mai detto più nulla, doveva trovare qualcosa su cui fare leva. Per qualche motivo, ne era convinto, Sherlock non si fidava, Sherlock non si fidava, e non poteva nemmeno biasimarlo. Dopo quello che gli aveva fatto, aveva già distrutto la sua fiducia, e poteva dare la colpa solo a se stesso. Ma ormai il danno era fatto e non si poteva tornare indietro. Poteva solo cercare di rimediare, per quello che poteva.
Passarono un paio d’ore sulla spiaggia, a fare il resto degli esercizi.



Rosie era già crollata dal sonno, giusto il tempo di cenare, e l’aveva messa subito a letto.
In quella casa non c’erano televisione né computer, ma John per fortuna aveva portato dietro un po’ di libri. Sherlock ne stava già leggendo uno.
Andò a sedersi dall’altro lato del divano, con un libro che aveva preso a caso da uno degli scatoloni.
Nella casa c’era assoluto silenzio, solo i loro respiri come rumore di sottofondo, ogni tanto interrotto da una pagina girata.
Nel camino la legna scoppiettava e scricchiolava, rendendo l’ambiente caldo e confortevole.
Hai freddo? Vuoi un'altra coperta?” chiese John dopo un po’, senza nemmeno alzare gli occhi dalla pagina del libro. In realtà non lo stava nemmeno davvero leggendo, tanto che ancora non aveva capito il senso della trama, gli serviva solo come scusa, per lanciare occhiate di sottecchi alla presenza alla sua sinistra.
Sherlock sembrava così assorto. Poteva vedere il lato del suo volto, quei lineamenti perfetti, che sembravano sempre in tensione, la bocca tirata in una linea. Quell’ombra che gli aleggiava intorno. Avrebbe dato qualunque cosa per leggergli nel pensiero e scoprire cosa lo tormentasse tanto.
No grazie, sto bene così.” rispose Sherlock con tono asciutto. Nemmeno lui aveva sollevato gli occhi dal libro.
In realtà John non aveva idea di come attaccare bottone con lui.
Insomma avevano vissuto insieme per anni, e non sapeva più come parlargli. Beh d’altro canto non c’erano così tanti argomenti di cui potessero parlare. Il passato era bandito, quello che era successo in quel parcheggio ancora di più, non avevano più indagini da svolgere insieme. Solo in quel momento John giunse ad una terribile conclusione: non avevano nulla in comune.
Il terrore lo assalì. Come avevano fatto ad andare così d’accordo per tutti quegli anni? Dal momento in cui lo aveva conosciuto non era più riuscito a stargli alla larga. C’era qualcosa in Sherlock che lo attirava come un ape al miele. Ma il problema che non aveva più la vaga idea di cosa fosse. Un tempo credeva che fosse per la sua intelligenza, la sua abilità nel risolvere casi quasi impossibili e per il modo che aveva di leggere le persone. Lo trovava tremendamente affascinante.
Ma ora? Ora Sherlock era una persona totalmente diversa, lo aveva detto lui stesso. Non sarebbe più stato il vecchio Sherlock. Quindi che cosa aveva in comune con questo Sherlock?
L’ansia gli serpeggiò giù per lo stomaco. Non conosceva questa persona. E pure poteva giurarlo, il vecchio Sherlock era ancora lì. Ma il modo in cui ora aveva bisogno delle sue attenzioni e delle sue cure. Questo Sherlock non poteva sopravvivere da solo.
Qualcosa non va?”
John si destò da quei pensieri oscuri e si trovò ad annegare in due iridi azzurre.
Sperò che il suo volto non mostrasse i suoi pensieri.
No. Assolutamente.”
Sherlock lo guardò in modo strano per un attimo, ma tornò al suo libro.
John deglutì, la gola era secca come se avesse ingoiato della sabbia.
Posò il libro e si alzò.
Vuoi dell’acqua?”
No, grazie.”
Dovresti bere…”
Sherlock sospirò.
D’accordo.”
John cercò di mantenere una postura normale, anche se ogni muscolo era rigido e teso. Andò in cucina e prese due bicchieri, gli riempì di acqua fresca direttamente dal rubinetto, e tornò sul divano, allungò uno dei due bicchieri a Sherlock, che lo prese e bevve un sorso. Non poteva fare a meno di fissargli le labbra, il modo in cui toccavano il vetro, in cui la cicatrice strofinava contro quella superficie liscia e fredda.
Una parte sul retro del cervello di John formicolò.
Ho qualcosa che non va?”
Come?” chiese John totalmente confuso.
Mi stai guardando in modo strano.”
Uh, ehm, no no.- stava balbettando. La doveva smettere di sembrare così stupido. -Mi ero incantato, scusa.”
Sicuro che non devi dirmi niente?”
Cosa dovrei dirti?”
Se non lo sai tu John… -Sherlock chiuse il libro. -Credo che andrò a letto.”
Davvero non c’è niente che non va, non te ne andare.”
Lo so, ma sono stanco. Scusa.”
Quando Sherlock gli passò accanto lo sfiorò, e il profumo lo colpì alle narici forte come uno schiaffo in faccia, tanto da lasciarlo abbagliato. A momenti non sentì nemmeno il ‘buonanotte’, che gli diede Sherlock prima di salire le scale.
Aspetta!” John quasi lo urlò, l’altro si immobilizzò all’istante.
Ti vengo ad aiutare a fare il letto.”
John non mi serve, so farmi il letto da quando ho 5 anni.”
Oh. Ma sì certo.- tornò ad appoggiarsi con la schiena contro i cuscini del divano. -Buonanotte allora.”
Sherlock riprese a salire le scale.
Quella casa era quasi tutta in legno; poteva sentire le assi che scricchiolavano ad ogni passo, la porta che veniva aperta e richiusa.
Sospirò, ma ormai non riusciva più a leggere una parola, nulla aveva senso. Richiuse il libro con uno scatto e lo buttò sul tavolino, poi si alzò, e dopo aver spento il camino e le luci, andò al piano superiore.

Sherlock aveva chiuso la porta. Rimase un attimo in piedi, a domandarsi sul da farsi, poi decise di avvicinarsi. Cercò di fare il più piano possibile, ma quel dannato pavimento non aiutava. Mise una mano sulla maniglia, e lentamente la abbassò, con un cigolio aprì molto lentamente la porta, la stanza era completamente al buio, quindi cercò di non aprirla troppo, giusto per fare in modo che passasse solo un fascio di luce dal corridoio.
Sherlock?” lo chiamò sottovoce, ma non ricevette alcuna risposta.
Possibile che stesse già dormendo?
Aguzzò le orecchie. Effettivamente ora che si stava concentrando sui suoni, poteva sentire il respiro pesante di Sherlock, ogni tanto ancora frammentato da qualche rantolo. Quindi si, stava decisamente dormendo.
Lasciò la porta così, in modo che non fosse del tutto chiusa, e andò in bagno a sistemarsi e cambiarsi, poi spense tutte le luci e andò in camera, si assicurò che anche la sua porta rimanesse semi aperta, doveva assolutamente essere in grado di sentire Rosie in caso si fosse svegliata, e Sherlock.
Una volta sotto le coperte il sonno lo raggiunse quasi subito, per fortuna quella non era una di quelle notte in cui si tormentava.

Non si trovava esattamente in un sonno profondo, in realtà era come se il suo cervello avesse una lucetta ad intermittenza ancora accesa, mentre il resto era tutto spento. La lucetta stava registrando qualcosa, ma il resto non lo capiva.
Che segnale doveva essere? La lucetta per qualche ragione continuava a ripetergli che c’era un'emergenza. Pensò che fosse assurdo, emergenza di cosa? Non erano in guerra. La lucetta gli ripeteva di svegliarsi, qualcosa non andava.
Continuava con un ‘svegliati, svegliati, svegliati’, ma in realtà non ne aveva proprio voglia, anzi, era nel mondo dei sogni e voleva restarci. Poi fu come ricevere una scarica elettrica.
Saltò praticamente a sedere sul letto, il cuore martellava furioso. C’era qualcosa che non andava. Sentì dei rumori in lontananza, erano quasi ovattati. Le orecchie gli ronzavano perché ancora non era del tutto sveglio e il cervello doveva abituarsi; quello stesso cervello che gli urlò un ‘ROSIE’.
Balzò giù dal letto come se stesse suonando la carica del mattino nel campo dell’esercito. Rischiò quasi di cadere a causa delle coperte, cercò di liberarsi e corse nel corridoio, non aveva acceso nemmeno la luce, ma una volta arrivato a metà si accorse che non c’era alcun suono proveniente dalla cameretta della bambina.
Rimase immobile, interdetto.
Che cosa c’era che non andava? Poi un suono soffocato.
Finalmente se ne rese conto.
Spalancò la porta della stanza dove dormiva Sherlock, e accese la luce.
Trovò Sherlock piegato in due, e stava vomitando, ma sembrava stesse avendo qualche difficoltà, come se dovesse uscire qualcosa di grosso dalla gola.
Corse da lui.
Dio, Sherlock!”
Sherlock sputò non po’ di saliva e tossì in modo quasi convulsivo.
Merda non di nuovo. Pensò John che non poteva trattarsi di nuovo dei polmoni.
Sherlock stava tremando e ansimava. John lo prese stretto tra le braccia.
Ehi, ehi. Sono qui.”
Non poteva aiutarlo se prima non si calmava. Respirava come qualcuno con un attacco d’asma.
Guardami Sherlock.” gli prese il volto con le mani, ma il modo in cui era ridotto fu terribile da vedere. Sembrava terrorizzato a morte.
Lo fece appoggiare contro la sua spalla.
Va tutto bene, devi fare dei bei respiri ok? Segui me.”
Riempì i polmoni d’aria, e la rilasciò più lentamente, dalle labbra dischiuse.
Sherlock gli si era aggrappato addosso, le dita gli stavano artigliando la spalla e la schiena.
Sherlock, devi ascoltarmi.” usò un tono deciso ma non rude, per poi ripetere l’operazione di respirazione.
Sherlock sembrò provarci, ma il respiro che ne uscì fu un rantolo strozzato.
John ripeté l’esercizio, e anche Sherlock, andò un po’ meglio rispetto a prima.
Così il dottore rifece l’esercizio alcune volte.

Non sapeva di preciso quanti minuti fossero passati ma ora Sherlock sembrava respirare un po’ meglio, ancora tremava, ma almeno non stava più ansimando.
Lo massaggiò con ampi movimenti lungo la schiena. Poteva ancora sentire le costole e la spina dorsale che sporgevano da sotto la pelle.
Fece spostare Sherlock dalla sua spalla, lo sguardo era ancora terrorizzato.
Devo andare giù a prendere la mia valigetta, ti lascio un momento, ok? Tu sta buono seduto qui.”
Sherlock lo strinse con braccia.
Ci metto un secondo giuro.”
Sherlock lo fissava con il terrore negli occhi. Era uno strazio.
John sospirò.
D’accordo non mi muovo, resto qui. Perché non mi dici cos’è successo?”
Sherlock voltò la testa e fissò un punto non ben precisato.
Dai dimmi qualcosa.”
Sherlock scosse la testa, tutto il suo viso si era accartocciato in una specie di smorfia di disagio e dolore.
Sherlock?” lo accarezzò sulla fronte, scostandogli qualche ricciolo. Aveva la fronte sudata. A quel contatto Sherlock trasalì.
Va tutto bene, sono solo io. Ti da fastidio se ti tocco?”
Sherlock scosse la testa. Così continuò. Spostò uno dei riccioli dietro l’orecchio. Toccarlo in quel modo gli diede un brivido che scese dritto al ventre, e più in basso, però Sherlock sembrava si fosse calmato, anche se ogni tanto tossiva.
Lo accarezzò lungo la spalla e lungo il braccio.
Un po’ meglio ora?”
Sherlock annuì.
Posso lasciarti un attimo?”
Annuì ancora. John si alzò.
Cercò di fare il più velocemente possibile; recuperò la valigetta medica e poi prese degli stracci. Quando tornò, Sherlock era steso sul fianco, rivolto verso la porta, si era rannicchiato su se stesso e stava stringendo un cuscino.
Visto, ho fatto presto no?” John si chiuse la porta alle spalle, poi buttò gli stracci per terra.
Non volevo.” Sherlock lo disse con un lieve sussurro.
Cosa?” John aveva appoggiato la valigetta sul letto e stava cercando lo stetoscopio.
Vomitare…”
Scherzi vero? Non mi stai chiedendo scusa per aver vomitato spero.”
Ma Sherlock non rispose.
John si voltò a guardarlo. Sherlock aveva il volto seminascosto contro il cuscino quindi non poteva capire la sua espressione.
Sherlock no. Io non ti posso fare anche da psicologo. Ho bisogno che mi aiuti un po’ anche tu. Se vuoi parlare, sfogarti, lo sai che sono qui. Ma se ti chiudi dentro a delle mura, io non posso tirarti fuori. Ti prego.”
Mi sono svegliato così. Mi veniva da vomitare e da tossire, e… Non lo so, sentivo tutto stringere.”
Tutto?”
Annuì.
Il petto, la gola, lo stomaco. Non… Non ho ancora liquidi nei polmoni vero?”
Ora controlliamo. C’è la fai a metterti seduto?”
Lentamente sciolse l’abbraccio dal cuscino, e fece leva sulle braccia.
Ti devi sbottonare il pigiama.”
Sherlock aveva ancora il panico negli occhi.
Mi dispiace, so che non vuoi, ma se no come ti controllo?”
Sherlock allora lentamente iniziò dai bottoni in basso, ma le mani gli tremavano talmente tanto che non riusciva nemmeno a far passare i bottoni nelle asole.
Così John prese il suo posto e finì di sbottonargli la camicia. Sistemò correttamente lo stetoscopio alle orecchie e poi sfregò il disco in metallo su una manica per scaldarlo un po’.
Per favore cerca di respirare regolarmente.”
Posò la parte di metallo sul lato sinistro del petto. Ascoltò molto attentamente, per alcuni lunghi minuti. Passò dall’altro lato. E sulla schiena.
Va bene.- levò lo stetoscopio e lo ripose nella valigetta. -Sta tranquillo i polmoni stanno bene, non hai liquidi.”
Allora cosa c’è che non va?” la voce di Sherlock era quasi tremante come le sue mani.
Niente, forse è stato solo un attacco di panico. Vuoi delle gocce?”
Sherlock scosse la testa.
Senti… Credo sia il caso se resto qui con te.”
In-in che senso?”
Che se stai male di nuovo almeno sono già qui.”
Intendi… Dormire nello stesso letto?”
Sì. Lo abbiamo già fatto anche alla pensione, non è niente di strano. Ti da fastidio?”
Sherlock sgranò gli occhi a quella domanda.
No! Cioè se sei sicuro che sia la cosa giusta, anche tu hai bisogno di dormire, non voglio tenerti sveglio tutta la notte.”
Ma no.”
Se ne sei sicuro.”
Sono sicuro. Dai andiamo a letto.”
Spostò la valigetta e la mise giù dal letto, poi fece il giro e scostò le coperte.
Per favore, se stai di nuovo male me lo devi dire. Vuoi qualcosa per la nausea?”
Sherlock scosse la testa. John si infilò a letto.
Notte allora.”
Notte.”
Spense la luce.



La luce che proveniva dalla finestra colpì gli occhi di John. Era riuscito a riaddormentare abbastanza bene dopo le vicissitudini di quella notte, ma il sole in faccia lo infastidiva. Quando si trovava nel deserto a combattere, dormivano spesso e volentieri accampati, e li sole sorgeva presto, le temperature si alzavano quasi subito, ed era una cosa che odiava, perché voleva sempre dire che era iniziata un'altra atroce giornata sul campo di battaglia.
Strizzò le palpebre, e sbadigliò, stiracchiandosi come un gatto. Solo in quel momento si ricordò che qualcuno dormiva con lui. Rimase immobile, cercando di respirare lentamente.
Aveva completamente scordato di essere nel letto con Sherlock, e durante la notte doveva essersi avvicinato, perché ora lo aveva praticamente attaccato alla schiena. Poteva sentire il respiro caldo del detective, che gli solleticava la nuca.
Il corpo di John formicolò. Aveva paura di muovere anche solo un muscolo.
Sherlock emanava calore e lo aveva tutto addosso.
Mosse lentamente una mano, nemmeno più di tanto, ma appena lo toccò ritrasse immediatamente la mano, e rimase fermo immobile, senza nemmeno respirare.
Aspettò qualche secondo, l’altro non si era mosso ne aveva detto nulla, il respiro era sempre uguale, profondo e regolare. Doveva essere proprio addormentato. Così trovò il coraggio, e molto lentamente si voltò dall’altro lato, ritrovandosi faccia a faccia con lui.
Era così vicino che quasi poteva sfiorargli il viso con il proprio. Tutto il respiro che gli si infrangeva contro. Però sembrava sereno. Teneva una mano sotto la guancia, e l’altra infilata insieme con mezzo braccio, sotto al cuscino.
Sembrava così pacifico e tranquillo, e dannatamente bello, come uno di quegli angeli usciti da un dipinto rinascimentale.
Aveva voglia di toccarlo più di ogni altra cosa, ma la paura che si svegliasse era troppa. Così rimase a crogiolarsi in quel calore. Se si fosse avvicinato anche solo di un centimetro in più, gli sarebbe stato praticamente addosso.
Non era un idea così malvagia. Si chiese se qualcuno fosse mai stato così vicino a Sherlock, ma ne dubitava. In realtà una parte di se stesso lo sperava, gli dava incredibilmente fastidio che qualcun altro avesse toccato tutto quello. Lui era la persona più vicino che avesse Sherlock, quello a cui raccontava tutto, insomma più o meno tutto, almeno per come era di carattere, era già tanto si fosse aperto in quel modo negli anni. Nessuno lo conosceva quanto lo conosceva John, nemmeno Mycroft.
Si perse ad ammirare quel viso. Poteva contargli le rughe una ad una, non che ne avesse così tante. Le labbra erano leggermente dischiuse. La cicatrice ancora ben visibile. Probabilmente sarebbe sempre rimasta così. Quel taglio netto a deturpare altrimenti troppa perfezione. Il resto delle cicatrici ormai erano diventate bianche e si stavano restringendo, ma quella era lì, vistosa su tutto il resto. A dividere il bianco della pelle e il rosso delle labbra. A tenere unita la carne strappata con tanta violenza.
Alla fine non poté farne a meno, allungò la mano. C’erano dei riccioli neri sparsi sulla fronte, ne prese uno tra le dita, era così soffice, liscio come seta. Quell’uomo era diventata la sua dannazione eterna dal momento in cui lo aveva incontrato. Per quanto ci avesse provato, non poteva stargli lontano. Non poteva nemmeno odiarlo per il semplice fatto che esistesse, e ci aveva provato, ma era stato meno credibile di un ladro colto sul fatto che accampava scuse per non finire in prigione.
Tirò delicatamente quel ricciolo, il cuore gli martellava nel petto. Se Sherlock si fosse svegliato in quel momento, sarebbe stata la fine. Ma a lui piaceva il rischio, e per fortuna l’altro dormiva profondamente.
Poteva rischiare di più… Smise di tormentargli i ricci e scese appoggiando la mano sulla spalla. Era pronto a scattare in caso di necessità, ma Sherlock non si mosse, così la fece scorrere lungo il braccio. A quel tocco Sherlock si mosse leggermente, mugolando qualcosa di incomprensibile, John si bloccò all’istante, praticamente congelato, non respirava nemmeno più dalla paura, per fortuna Sherlock non si svegliò e continuò a respirare regolarmente e in modo profondo.
Così lo prese come un invito a proseguire. Scese fino al fianco. Poi sentì dei rumori da fuori la stanza.
Scattò seduto. Per fortuna perché in quel momento aprì gli occhi anche Sherlock.
Che succede?- chiese con la bocca impastata dal sonno.
Non è niente, continua a dormire.” John aveva già scostato le coperte e messo i piedi fuori dal letto. -Deve essersi svegliata.” si alzò ed andò ad infilare la vestaglia.
Ti serve un aiuto?”
Sì, che resti a letto. E fa freddo. Dormi.”
John…”
Niente John.”
Sherlock sospirò e si tirò le coperte fin sopra le orecchie, lasciando solo i ricci sparsi sul cuscino.
John rimase un attimo a rimpiangere di non poter essere rimasto a letto ancora un altro po’, ed uscì dalla stanza.


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Note d’autrice:

Questa è la calma prima della tempesta se così si può dire. E io sto nel panico. Davvero con il prossimo capitolo mi gioco praticamente tutto. Yeeeeee.
Quindi cerco di non pensarci troppo. Intanto godetevi questo.
Insomma John che combini? Qui qualcuno allunga un po’ le mani. C’è da dire che ci sarebbe da capire come abbia resistito tutti quegli anni senza allungare su quel popò di roba che si ritrovava davanti ogni giorno. No ok la smetto.
Povero Sherlock, sempre qualcosa che lo tormenta… Ma ci penserà John, ormai anche lui ha capito che deve tirargli fuori tutto, e sappiamo tutti quanto è testardo, quindi in un modo o in una altro ci riuscirà. Vai John siamo tutti con te!
Bene io vado a farmi prendere dall’ansia, mi raccomando segnatevi la prossima data. Big aggiornamento venerdì.

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Aggiornamenti:
Capitolo 29
Venerdì 11 giugno Ore: 15-16

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Capitolo 29
*** Capitolo 29: ***


Note d’autrice:


In questa occasione speciale ho deciso di fare un piccolo cambiamento, ed inserire le note sopra. Questo perché prima che vi apprestiate a leggere questo capitolo, ci tenevo a precisare alcune cose.
Come già avevo detto nel capitolo precedente, questo è il capitolo della rivelazione. Finalmente si saprà cosa è successo a Sherlock.
E’ stato bello vedere, come in quasi 30 capitoli, ogni uno si sia fatto le proprie idee. Ovviamente spero di non deludere nessuno.
Mi scuso anticipatamente per non aver messo gli avvisi. Spero che nessuno se la prenda per questo, ma ho deciso di non farlo per dei motivi semplici. Ho deciso di mantenere l’avviso di descrizione grafica di violenza perché era quella che considero più importante e anche quella che viene usata in modo più descrittivo. Questo perché quello che succede a Sherlock nel primo capitolo, è da dove parte tutto. John che ritorna dopo che non si parlavano e vedevano da un anno, tutti i sensi di colpa che entrambi hanno, ecc… Ma qui si aggiunge un tassello in più… Quindi sarebbe stato un enorme spoiler di tutta la storia, e non avrebbe avuto senso. Secondo, perché comunque, non è descritto in modo esplicito. Insomma lo si capisce, ma senza troppi dettagli. Per questo ci tenevo ad essere chiara e corretta.
Detto ciò vi lascio in pace a leggere. Come sempre se vorrete lasciare commenti non mordo.
E speriamo bene perché sono davvero con l’ansia a mille (in realtà avevo il capitolo pronto da un ora, c'era solo da cliccare su aggiungi ma me la sto facendo sotto ahah).


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Capitolo 29:


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Quando John entrò nella cameretta, Rosie era in piedi nel lettino e saltellava aggrappata alle sbarre.
Ti sei svegliata presto stamattina eh? Bel tempismo.”
La tirò su dalla culla e se la appoggiò contro ad una spalla.
Andiamo a prepararci.” Recuperò una tutina dalla cassettiera e le diede una bella pulita, cambiò il pannolino e le infilò la tutina a pezzo unico in morbida spugna bianca.
Ecco qui.” mentre lo diceva tirò su la bambina dal fasciatoio per prenderla in braccio.
Hai fame? Andiamo a fare la pappa?”
Rosie agitò le manine emettendo dei versi concitati.
Sembri un coniglietto.” le diede un bacio sulla guancia.
Scese al piano inferiore e dopo aver sistemato la bambina nel seggiolone e averle dato dei giochi con cui distrarsi, preparò la colazione.

John mise il piatto riempito delle cose che aveva preparato per il pranzo, davanti a Sherlock.
Devi mangiare, lo sai.”
Non ho molta fame.”
Sherlock si era seduto al solito posto del tavolo da pranzo, ma sembrava più a disagio del solito, come se fosse seduto su delle spine.
Ti verrà quando mangerai qualcosa.”
John…”
No.”
Ma non sai neanche cosa voglio chiederti.”
Che non vuoi mangiare, e la risposta è no. Ho preparato tutto quello che ti piace.”
Non c’era bisogno.”
Stai iniziando a fare i capricci?”
Non trattarmi come fossi tua figlia!” nel momento in cui Sherlock si accorse di aver usato un tono troppo aggressivo, quasi si accartocciò su se stesso.
John si schiarì la gola e andò a sedersi al proprio posto.
Non è successo niente, mangia.”
Allora Sherlock prese la forchetta e prese su un po’ di cibo.
Anche Rosie aveva il suo piattino e la sua forchetta di plastica, anche se preferiva decisamente usare le mani.
John sospirò. Era una scena piuttosto bizzarra. Però era bello avere pace.

La mattina la passò a giocare con sua figlia e inseguirla mentre lei cercava di infilarsi in ogni buco della casa. Sherlock se ne stava semplicemente seduto sul divano, a cercare di continuare a leggere il libro della sera precedente, e a ridere di quella scena bizzarra.
Forse dovresti metterle un GPS.” propose scherzosamente mentre Rosie gattonava sotto il tavolino, nonostante John lo avesse messo insieme a degli scatoloni, come barriera per tenerla sul tappeto del salotto. Lei aveva trovato il modo di infilarsi in mezzo e stava andando dritta verso le scale.
Non è divertente.”
Almeno la troveresti.”
Sherlock…”
Sherlock gli sorrise.
Okay, forse per quel sorriso poteva farlo continuare a divertirsi a prenderli in giro.
Hai sentito cosa ha detto? Vuoi fargli avere ragione?” prese Rosie in braccio ma lei iniziò a piangere e dimenarsi.
Ehi, niente capricci, devi stare sul tappeto.” la rimise al punto di partenza, ma lei pareva non gradire troppo.
Rosie…” alzò un dito di avvertimento, ma la bambina per tutta risposta guardò il padre con aria di sfida e gli lanciò colpendolo dritto in faccia un cubo, che per fortuna era di silicone morbido, quindi non gli fece male.
Sherlock scoppiò a ridere.
Anche Rosie si voltò incuriosita da quel suono improvviso.
Sherlock…”
Scusa… Ma ti ha preso in pieno. Ha una bella mira.” ancora stava ridendo mentre parlava, con il libro davanti la faccia, come se si vergognasse a farsi vedere mentre rideva.
Sherlock, smettila non fa ridere.”
Invece si… La tua faccia…”
Il moro detective si accorse del modo in cui lo stava guardando John.
Che-c’è? Non è colpa mia se non ti fai rispettare.”
Ritira quello che hai detto.”
No. Perché dovrei ritirare la verità?”
Ah si eh?” John attraversò lo spazio che gli divideva, anche se Sherlock aveva sgranato gli occhi dalla sorpresa, non poteva sfuggire ad un attacco di solletico.
No! Basta questo non è leale!”
Senti chi parla.”
Io ho solo detto la verità, non è colpa mia se non ti sta bene!”
La verità secondo il tuo punto di vista! Ritiralo!” nel frattempo che continuava con quell’attacco, lo aveva bloccato contro al divano in modo che non potesse sfuggirgli. Piccolo trucco imparato stando nell’esercito, come mettere alle strette qualcuno. Ovviamente non includeva il solletico.
Va bene!”
Va bene?” insisté John.
Si, si! Sei un padre fantastico ed infallibile!- a quelle parole John si fermò. -Contento?”
Hm, non posso lamentarmi.”
Sherlock era rimasto mezzo steso ed ansimava.
Lo sguardo corrucciato di Sherlock lo fece sorridere.
Un giorno mi vendicherò.”
Sì che paura, mi guarderò le spalle.”
Non sottovalutarmi Watson.”
Per favore, il mio cane avrebbe un aria più minacciosa di te. Cioè, se ne avessi uno.”
Ho perso ogni credibilità.” Sherlock disse quella frase fissando il soffitto.
Ma no, stavo scherzando.”
E perché? Hai solo esposto un dato di fatto.”
John espirò dalle narici.
Sherlock proseguì con il discorso continuando a guardare verso l’alto.
Una volta sapevo fare molte cose. Mi sapevo difendere bene… Ma ora non...” ma prima di terminare la frase, si interruppe.
Ma dopo quello non?” lo spronò il dottore.
Niente.”
Andiamo, di che stavi parlando?” John era sicuro che ci fosse qualcosa che continuava a non rivelargli. Ogni tanto sembrava essere sul punto di dire qualcosa, ma puntualmente non lo faceva.
Di assolutamente nulla di rilevante.” Sherlock si tirò su, mettendosi a sedere. Passò la mano per ravvivare i ricci, che avevano erano tutti arruffati. E gli davano un'aria molto interessante...
John invidiò quella mano. Lui non l’avrebbe mai provata quella sensazione.
Sospirò, rassegnato.
Non intendevo insultare il tuo ruolo di padre. Non dovrei nemmeno aprire bocca a riguardo. Scusa.”
No, ehi. Stavamo solo scherzando.”
Sherlock si alzò.
Dove vai?” John non poté fare a meno di chiederlo con apprensione.
A sistemarmi la stanza.”
Non serve, dormi con me ricordi?”
Ah, giusto.” Sherlock sembrò quasi dispiaciuto.
Allora vado a spostare le mie cose.” gli passò accanto e andò a dare una carezza sulla testa di Rosie, che sembrava si fosse divertita molto per quella scena, e stava saltellando sul posto, agitando un paio di giocattoli.
Il dottore non poté far altro che stare a guardare mentre Sherlock saliva le scale, rigorosamente a testa bassa..
Doveva trovare il modo di farlo liberare da quel peso, qualunque fosse. Non poteva più aspettare che fosse lui a parlargliene. Sherlock era la persona più testarda che avesse mai conosciuto, si sarebbe portato quel segreto nella tomba, e non poteva permetterlo.
Doveva trovare un modo per fare leva e aprire la diga.



Dov’è Rosie? Sherlock era tornato al piano di sotto dopo più di mezz’ora.
E’ venuta a prenderla Kirsty.
Non ho sentito.”
Ah gliel’ho solo consegnata alla porta.”
Come un pacco? Scusa, non sono fatti miei.”
Che hai si può sapere? E guai a te se mi rispondi niente.”
Perché l’hai mandata con Kirsty? Noi siamo qui.”
Adesso facciamo un po’ di esercizi. Non hai risposto alla mia domanda.”
Ero solo sorpreso.”
Ora lo sai. Dai vieni qui.”
Sherlock rimase fermo sulle scale, titubante, ma poi lentamente si avvicinò a John.
Lo fece mettere di fronte a se.
Dobbiamo farlo per forza?”
Perché oggi sei così acido?”
Non è vero, non sono acido.”
Si lo sei, e scontroso.”
John…”
Cosa? Puoi dirmi tutto.”
Non devo dirti niente.”
Sherlock… Prima o poi dovrai farlo.”
Cosa dovrò fare?”
Dirmi quello che ti tormenta.”
Non ho nulla che mi tormenta.”
Oh ma per favore! C’è l’hai e come! - ormai non poteva più fermarsi, era esploso a causa della frustrazione che si era accumulata. Poteva solo sperare che Sherlock non si chiudesse del tutto dentro le mura che si era costruito. -Sono stato zitto per tutto questo tempo perché volevo darti il tuo tempo. E ti ho dato tutto il tempo del mondo, limitandomi a preoccuparmi in silenzio. Ma tu hai bisogno di tirare fuori tutto!”
No!”
Perché no? Non ti fidi di me?”
Io mi fido.”
Non mi pare proprio.”
Non c’è niente che debba dire, non voglio dirlo! Non posso!” Sherlock sembrava nel panico.
Certo che puoi!”
Smettila.”
Che cosa volevi dirmi?”
Che cosa volevo dirti quando?”
Alla casa di riposo, quando mi hai detto che era interessante vedere fino a che punto una persona poteva arrivare a mentire ad un'altra persona a cui dice di tenere.”
John poté vedere il volto di Sherlock diventare completamente bianco, sembrava che il sangue si fosse prosciugato.
N-no… No… Niente.”
Ehi.” John provò ad avvicinarglisi ma Sherlock si ritrasse, arretrando.
Va tutto bene, ti prego.” lentamente provò ad allungare una mano, e prendere quella di Sherlock. Stava tremando.
Avanti, lasciati andare.”
Sherlock scosse la testa. Si stava martoriando il labbro inferiore con i denti.
Guarda che non ti lascio andare.”
John non si sarebbe arreso così facilmente, era per il bene di Sherlock, ne aveva bisogno. Ne avevano bisogno tutti e due per ricominciare.
Gli strinse la mano, e provò a toccarlo, ma Sherlock si ritrasse con uno strattone, senza che John riuscisse a fare in tempo a fermarlo, lo vide correre via, verso la porta e fuori di casa.
Sherlock!” il terrore lo travolse. Gli corse dietro.
John fece giusto in tempo ad arrivare sul pianerottolo, per vedere Sherlock scendere lungo il sentiero della scogliera, diretto alla spiaggia, ma la cosa peggiore era che stava puntando dritto verso il mare.
No! Fermo!” il cuore gli perse dei battiti, e il terrore aumentò. Andò immediatamente all’inseguimento, cercando di non ammazzarsi rotolando di sotto.
Sherlock!” urlò il suo nome a pieni polmoni, ma il vento che spirava dal mare era forte e faceva perdere le parole nell’aria.
Per fortuna Sherlock si fermò proprio poco prima che la sabbia foose bagnata dalle onde. John vide l’uomo cadere in ginocchio e tenersi la testa tra le mani.
Quando finalmente riuscì a raggiungerlo, aveva il fiatone, come se avesse corso i cento metri alle Olimpiadi.
Dio Sherlock, tu mi farai morire di infarto un giorno o l’altro.” John si era piegato in due e teneva le mani sulle ginocchia.
Perché continui a starmi dietro!” Sherlock urlò quelle parole a pieni polmoni.
Ancora?” ormai era stanco di sentirgli dire quelle cose, non sapeva più in che altro modo spiegarglielo.
Sì ancora! E ancora, e ancora! Finché non ti entrerà in quella maledetta testa che ti ritrovi che ti sto solo causando problemi! Che altro devo fare per farti andare via!”
John sentì la gola che si chiudeva. Perché se ne era già andato e il danno che aveva fatto era irreparabile…
Sono un maledetto bugiardo lo vuoi capire o no! Non ho fatto che mentire e prenderti in giro! E tu te ne stai ancora lì! A guardarmi con quell’aria imbambolata!”
John mandò giù il rospo per quelle parole. La diga stava per cedere e se avesse ribattuto o si fosse dimostrato contrariato Sherlock non avrebbe più detto una parola, e allora non lo avrebbe più recuperato.
Di qualcosa!”
Ma John non disse niente, rimase in piedi, fermo, immobile, a fissare il detective.
Sherlock si prese nuovamente la testa tra le mani.
Dio John… Ti odio… Ti odio… Dovevi lasciarmi lì…”
John cacciò indietro la sensazione di lacrime che sentiva salirgli agli occhi. Si mise seduto sulla sabbia, accanto a Sherlock. Rimase in assoluto silenzio.
Non… Non so da dove cominciare.”
Prova dall’inizio.”
Sherlock finalmente riemerse da quella posizione, nascosto da se stesso, e guardò John dritto in faccia. John per un attimo desiderò essere morto al posto suo.
Sicuro?” gli occhi dell’altro che lo imploravano di non obbligarlo a continuare per quella strada. Ma il dottore era convinto che quella fosse l’unica soluzione, doveva fargli affrontare le sue paure.
Annuì.
Sherlock si sfregò il volto con le mani.
D’accordo.- rimase un attimo in silenzio. Probabilmente doveva cercare un modo di iniziare, trovare le parole giuste. -Dopo che te ne sei andato… Non sapevo cosa fare, non sapevo come… Reagire. Avevo fatto una cosa orribile e tu mi odiavi, e non potevo fare niente per rimediare.”
John si odiò così tanto per quelle parole. Aveva ragione Mycroft, lo aveva distrutto. Aveva distrutto Sherlock. E il bello era che nemmeno gli era importato di preoccuparsene, di domandarsi se fosse giusto o sbagliato dargli la colpa. Perché tanto era lì, quindi perché no, perché non sfogarsi su di lui.
Veniva considerato da tutti una brava persona, un bravo dottore. Così premuroso con i pazienti. Invece era un mostro. E l’unico motivo per cui aveva aiutato Sherlock era per ripulirsi la coscienza. Si sentiva disgustato da se stesso.
Mio fratello mi teneva d’occhio, e comunque non avevo intenzione di ricascarci, non mi meritavo di avere la mente annebbiata.” la voce di Sherlock lo fece ritornare alla realtà.Ovunque tentasse di rifugiarsi non poteva nascondersi dall’orrore che aveva causato.
Così lavoravo più che potevo. Prendevo ogni caso mi capitasse, anche una donna di 95 anni che aveva perso il gatto. Non importava, dovevo… Dovevo fare qualcosa. Non pensare. Poi una sera sono andato a vedere tra i miei vecchi giri se si diceva qualcosa. Non potevo andare a chiedere lavoro a Lestrade, lui stava già con te, potevo rischiare di incontrarti. -Sherlock scosse la testa. -Quindi sono andato da loro.”
Intendi dai tuoi amici senza tetto?” non sapeva come fosse riuscito a parlare, sentiva la morte dentro di se, tutto era diventato freddo.
Sherlock annuì.
Mi hanno detto che fuori città c’era una comunità di ragazzi senza casa.
Avevano delle baracche vicino ai piloni di un ponte. Sono andato li. All’inizio non ne volevano sapere di collaborare, ovviamente non si fidavano, e mi evitavano. Poi però hanno capito che conoscevo quel giro. Allora hanno iniziato a parlare. I ragazzi sapevano di un uomo che girava in città. Alcuni di loro ci avevano avuto a che fare perché… Quando avevano bisogno di denaro… Si vendevano. Loro avevano bisogno di soldi per vivere e poi non sarebbero mai andati alla polizia, quindi lui ne approfittava. Però c’era questo ragazzino… L’ho incontrato John, aveva solo quindici anni. Era senza una famiglia ed era scappato da un orfanotrofio. Ma lui non si vendeva, cercava di fare piccoli lavori in nero quando ne aveva l’occasione, o andava in qualche rifugio, ogni tanto accompagnava qualche amico. Quel tizio però non accettava no come risposta. Così una sera lo ha aggredito. Gli ho promesso che lo avrei fatto arrestare. Dovevo farlo, non potevo permettere che ci andasse di mezzo qualcun altro.
Me lo sono fatto descrivere, e mi sono fatto dire che zone frequentasse. E loro me lo hanno detto, mi hanno detto tutto. Così ho iniziato a frequentare anche io quelle zone. Ho girato ogni dannato pub, ogni fine settimana, per mesi. Ma niente. Non c’era traccia di quell’uomo. Ho iniziato a credere che forse non era del posto, probabilmente nemmeno di Londra, forse nemmeno dell’Inghilterra.
Probabilmente lo avevo perso e non avrei potuto mantenere la mia promessa… Non… Non mantengo mai le mie promesse.- si era dovuto fermare dal racconto per poter riprendere fiato. -Però non volevo mollare, arrendermi.
Poi una sera, l’ho visto. Io l’ho visto. L’ho riconosciuto subito. Avevo la sua faccia stampata nella mia testa. Era in uno di quei pub, seduto da solo al bancone, in un angolo. Dovevo trovare il modo di avvicinarmi a lui, ma io non sono capace, non ho idea di come si faccia con le interazioni umane, lo sai…”
John represse un brivido, aveva come l’impressione di sapere come sarebbe andato avanti il racconto, che sarebbe potuto solo andare peggiorando, e non era così sicuro di volerlo sentire ora che aveva capito.
Ho guardato quello che stava bevendo e ne ho presi due, così mi sono avvicinato, gli ho messo il bicchiere davanti. Lui mi ha squadrato da capo a piedi. Dio volevo sparargli. Avrei dovuto farlo.
Mi ha detto… La prima cosa che mi ha detto, è stata…” lo vide chiudere gli occhi.
Ero troppo… Vecchio… Per i suoi gusti. Volevo vomitare. Ma non lo avrei lasciato uscire da quel posto, se non per andare in prigione a vita. Mi sono seduto nel posto accanto, e gli ho detto che mi sentivo solo. Allora ha iniziato a parlarmi. In fondo, secondo lui non ero così male. Non che me ne importasse qualcosa di quello che aveva da dire, ma dovevo lasciarlo parlare. Doveva fidarsi di me. O comunque pensare che mi importasse di lui. Era uno egocentrico, quindi non era troppo difficile da raggirare. Non me le ricordo nemmeno le cose che ha detto, credo… Fosse la storia della sua vita.- fece una smorfia. -Disgustoso. Penso saremo stati li almeno un ora, poi mi sono stufato. Gli ho chiesto se potevamo andarcene in un altro posto a parlare. Il Pub ancora era pieno ma ormai era tardi, quindi avrebbe chiuso di li a poco. Lui mi ha guardato… In modo strano, ma ho preferito ignorarlo. Mi sentivo… Non lo so stordito, volevo solo uscire. Ho lasciato delle banconote, non so nemmeno quante. Mi sono alzato. Sentivo le gambe cedermi.” d’un colpo si interruppe, strinse le labbra quasi a farle scomparire.
Il cervello di John stava lavorando talmente in fretta che non ci stava dietro, cercava di arrivare a delle conclusioni che non capiva.
Sherlock?” lo terrorizzava anche solo aprire bocca ed emettere una sillaba.
Siamo usciti. Fuori non c’era praticamente nessuno.- aveva ripreso il discorso come se non si fosse mai interrotto. Ne parlava come se stesse descrivendo un trattato scientifico. Niente giri di parole, ragionamenti. Solo i fatti. Concisi e crudi fatti. -Siamo andati fino a quel maledetto parcheggio al coperto. Ora credo di avere anche capito il perché.
Lui voleva… Ho cercato di colpirlo, ma quel tizio era grosso, le sue mani erano praticamente il doppio della mia faccia. Mi ha messo una mano sul collo, mi sono aggrappato al suo braccio ma sembrava non sentisse nulla.
Ha detto… Che non amava quando qualcuno prometteva qualcosa, si tirasse indietro. Mi ha preso il braccio e lo ha girato dietro alla schiena. Non riuscivo più neanche a respirare, sentivo le ossa scricchiolare, se lo avesse tirato ancora lo avrebbe spezzato, credevo mi sarebbe uscita la spalla dal resto. Così… Mi sono... Arreso.”
John sentiva le orecchie fischiargli, un suono acuto e doloroso, che gli rimbalzava nel cervello.
John…”
Non si era accorto di aver quasi smesso di respirare. Si era concentrato su qualcosa di non meglio precisato all’orizzonte, ed era stato così immobile che gli facevano male tutti i muscoli del corpo. Quando ebbe finalmente il coraggio di spostare lo sguardo su di lui, su Sherlock, che stava singhiozzando senza aver nemmeno versato una lacrima.
Ti prego… Non costringermi a dirlo…”
John deglutì, scosse la testa.
Non mi sono mosso, non ho fatto proprio niente, ho lasciato… Ho lasciato che facesse quello che voleva. Mi sono sentito così stupido. Come avevo fatto a farmi fregare in quel modo. Ci sarei dovuto arrivare da solo. Non so perché l’ho fatto, io... Non lo so… Davvero non lo so. Gli ho lasciato… Non so nemmeno per quanto tempo… Almeno avevo un posto dove andare. Dove non provare niente. Per una volta il mio stupido cervello è servito a qualcosa.”
John si schiarì la gola, gli sembrava di star per soffocare.
Ma se lui… Cioè se tu.. Se tu gli hai dato quello che voleva… Perché ti ha quasi ammazzato.”
Sherlock gli sorrise. Quel sorriso stonava con tutto il resto.
Perché sono uno stupido.”
Come?” non che avesse pensieri più intelligenti da formulare al momento.
Dopo… Stavo cercando di ricompormi e ho messo una mano nel cappotto, mi sono accorto che per sbaglio mi ero portato dietro i biglietti da visita. E’ uno stupido errore da principianti, ma mi sono caduti fuori dalla tasca. Lui se ne è accorto. Prima che riuscissi a raccoglierli tutti, ne ha preso uno. Così ha visto… Lo ha letto e ha capito. Ho visto la sua faccia cambiare. Ero convinto che ci sarei morto in quel parcheggio. Ne ero sicuro. Il resto lo sai, non te lo devo raccontare, lo hai visto.
Invece poi… Poi, c’eri tu. Non capivo perché. Tu mi odiavi e te ne eri andato e io dovevo essere per forza morto. Cercavo un pensiero logico, ma ormai non c’era più niente. Era tutto così buio e terrificante. Alla fine la cosa di cui avevo più paura, rimanere da solo con me stesso, era successa. Ma me l’ero cercata. Ti ho fatto andare via, ti ho causato tutto quel dolore. Me lo meritavo.
Era solo la giusta punizione. Però io sono un bugiardo e non mantengo mai le mie promesse, e nel momento in cui ti ho rivisto volevo solo che rimanessi con me, che restassi un altro po’, ma tu te ne andavi di nuovo e allora tornavo a dirmi che era giusto così, non meritavo niente.”
Ne aveva così tanto di sentirgli quelle parole, di sentirlo colpevolizzarsi per cose di cui non aveva nessuna colpa.
Con delle semplici parole dette mentre era preso dalla rabbia aveva innescato delle conseguenze inimmaginabili, e la cosa peggiore era che Sherlock si fosse auto convinto di essere il problema. Doveva farlo smettere. Doveva fargli capire che non era lui il problema. Gli aveva chiesto scusa in tutti i modi in cui poteva farlo. Aveva cercato di farsi perdonare aiutandolo a stare meglio, ma non era stato abbastanza, perché il danno che gli aveva fatto era troppo profondo per essere riparato. Non si sarebbe riparato un bel niente. Niente sarebbe tornato più come prima.
Quindi… Si disse, perché in fondo non provare l’ultimo disperato tentativo. Dare retta alla sua parte irrazionale, e stare semplicemente a vedere che succedeva. Peggio di così non poteva andare.
Prese il volto di Sherlock tra le mani. Sherlock si era bloccato e aveva smesso di parlare, lo stava fissando ad occhi sgranati, senza capire quello che stesse succedendo.
Il sapore della sua bocca era la cosa più inebriante che avesse mai provato nella vita. Più di bere dieci shottini tutti di fila. Più di bere il vino o lo champagne più pregiato e costoso al mondo. Non c’era nulla che si potesse paragonare. Poteva solo godersi quel sapore fino alla fine, e tenerlo impresso nella mente fino alla fine dei suoi giorni.
Le labbra erano come velluto e seta. Centinaia di volte se le era immaginate, aveva provato a sforzare la mente, a darsi un idea di come sarebbe stato provarle e toccarle. La cicatrice era ruvida, ma amava anche quella.





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Capitolo 30
Lunedì 14 giugno Ore: 15-16

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Capitolo 30
*** Capitolo 30: ***


Capitolo 30:


***




Lentamente, si staccò da quel bacio, e da quelle labbra. In realtà ogni fibra del suo corpo si stava lamentando, ne voleva ancora, ma lo scopo era stato raggiunto, era riuscito a togliere la parola a Sherlock. Già il fatto che l’altro non avesse reagito, era sufficiente per fargli capire che probabilmente non avesse ancora superato lo shock, e che prima o poi gli avrebbe tirato un bel pugno. Era quello che John si aspettava, ma stranamente non arrivò nulla, anzi, Sherlock lo stava continuando a fissare ad occhi sgranati, e espressione sconvolta.
Perdonami. Io… Ho fatto una cazzata.”
Ma si ritrovò con Sherlock che gli afferrava la camicia e labbra contro labbra. Era un po’ rude e grezzo ma al momento non aveva assolutamente tempo di pensare, doveva occuparsi di altro.
Si aggrappò alle spalle di Sherlock nel tentativo di non cadere. Il cervello gli formicolava, e il formicolio scendeva lungo la colonna vertebrale. L’intestino si stava arrotolando su se stesso, sembrava volesse scendere ancora più in basso. Tutto voleva andare in basso. Era come se ci fosse in atto un incendiato.
Le labbra gli bruciavano ed erano indolenzite, come quando non ti muovi per tanto tempo e ricominci a fare attività fisica. Il primo bacio era stata una cosa completamente improvvisata.
Non si era aspettato quella reazione, non si era aspettato che rispondesse in quel modo, e soprattutto non si era aspettato di venir baciato così.
Quasi non riusciva a stargli dietro. Non credeva nemmeno che Sherlock ne fosse capace, che avesse tanta foga e bisogno. Sembrava un disperato che rischiava di perdere la sua unica occasione.
Le sopracciglia di John quasi si unirono, sollevandosi verso l’alto. Per fortuna nessuno lo stava guardando in quel momento, perché probabilmente doveva avere un'espressione ridicola, si sentiva ridicolo.
Che stava succedendo? Aveva dato il via a qualcosa che non poteva più fermare. E ora come lo avrebbe giustificato? ‘Mi sono sbagliato?’, ‘l’ho fatto solo perché tu eri disperato e io dovevo fare qualcosa per farti smettere?’. No era fuori discussione, avrebbe solo finito con il disintegrare quel briciolo di barlume che era rimasto in Sherlock. Forse avrebbe fatto finta di niente? Beh magari quella era l’unica più plausibile…
La vocina irrazionale nella sua testa gli diede dell’idiota, e di non azzardarsi a rifiutare qualunque cosa Sherlock avrebbe deciso di dargli, e per una volta anche quella razionale concordò.
In realtà non aveva idea di quanto tempo fosse trascorso. Sentiva i muscoli della mascella che gli tiravano e le labbra gli facevano male, in più il vento aveva iniziato a spirare ancora più forte dal mare.
Dovette costringersi ad ordinare ai suoi muscoli di muoversi.
Prese il volto di Sherlock con entrambe le mani, e lo staccò da se a forza. Non che avesse voluto farlo, ma doveva riprendere fiato.

Sherlock lo stava fissando ad occhi sgranati, le iridi limpide come due specchi d’acqua, le labbra erano rosse e dalla bocca dischiusa. Respirava con il fiato corto.
John mandò giù un bel sasso, sentiva la lingua come punta da spilli.
Dovette schiarirsi la gola un paio di volte perché non riusciva a ricordarsi come si facesse a parlare.
Va-stai bene?”
Sherlock ancora lo fissava in quel modo, ma annuì lentamente.
John si alzò, un po’ traballante, sentiva le gambe molli. Schiarì nuovamente la gola e allungò le mani verso Sherlock.
Dai andiamo dentro, inizia a far freddo.”
Sherlock rimase per un momento a guardare le mani di John, ma poi le afferrò e si sollevò in piedi. Si avviarono verso la casa, Sherlock era andato più avanti, e stava tenendo la testa bassa. Salirono su per il sentiero della scogliera, e poi entrarono. John richiuse la porta alle spalle. Sherlock stava andando dritto verso le scale, senza aver ancora detto una parola. Lo afferrò per un polso, e quando l’altro si bloccò per voltarsi, unì le labbra alle sue.
Con una mano toccò la sua guancia. La pelle era così calda. Si sporse in avanti, e Sherlock indietreggiò, John si rese conto che stava perdendo quel bacio, e non lo poteva permettere. Lo afferrò per la maglietta. Non poteva permettersi di perderlo, non lo avrebbe lasciato mai più.
Sherlock inclinò la testa da un lato, lo spinse con le mani contro il petto.
Doveva stare attento che entrambi non inciampassero, finché non fossero arrivati alla meta che si era prefissato, e che per fortuna non era troppo lontano.
Con una mano continuò a tenerlo stretto e contemporaneamente a spingerlo all’indietro, mentre l’altra la allungò in avanti, nel tentativo di cercare di evitare superfici che potevano rischiare di essere urtate. Quando trovò lo schienale del divano, sapeva di essere arrivato nel punto giusto, dovette costringersi a separarsi da lui, usando ogni briciolo di barlume che gli era rimasto.
Siediti.”
Sherlock lo fissò abbagliato, le labbra rosse e gonfie e lucide.
Per favore…” John faticava a guardarlo, quella vista gli faceva male agli occhi; troppa perfezione tutta insieme.
Sherlock si mise a sedere, dalla sua espressione si capiva che non aveva idea di cosa aspettarsi. John gli si sedette vicino, lo accarezzò lungo le braccia.
Stai bene?” il dottore cercò di usare il tono più rassicurante possibile.
Sherlock annuì.
Dobbiamo parlare.”
Ora l’espressione di Sherlock sembrava decisamente confusa.
Di cosa?” chiese il detective, con un tono quasi infastidito.
Di quello che è appena successo. Intendo… Le cose che mi hai detto.”d’accordo, ora non sembrava infastidito, lo era decisamente.
No, non dobbiamo.” rispose solo, con tono secco.
Ma…”
Non voglio riparlarne, non voglio ricordarmelo, voglio dimenticarlo e basta. Quindi se vuoi smetterla di chiedermelo sarebbe fantastico.”
Non credo che sia così che funziona.”
E perché non deve essere così? Te l’ho detto no? Ora lo sai. Fine.
Per favore John… Possiamo non parlarne, almeno per oggi?”
D’accordo… Se glielo chiedeva con quell’espressione da cucciolo bastonato, non aveva proprio la forza di ribattere.
Prima che riuscisse a concludere qualunque pensiero, o dire altro, evidentemente Sherlock lo aveva preso come un invito ad avvicinarglisi, aveva posato le labbra su quelle del dottore, che riuscì solo a pensare quanto fossero morbide, come il velluto.
John aspettò che l’altro dischiudesse la bocca, e lo baciò, molto lentamente questa volta. Voleva impregnarsi di quel sapore. Voleva marchiarsi a fuoco nel cervello quella sensazione.
Poi gli venne alla mente che c’era una cosa che voleva fare. L’aveva sognata più e più volte. Salì con le mani lungo le braccia, e poi sulle spalle, lo sfiorò sul collo, gli accarezzò il viso, e infine insinuò le dita tra quei ricci, che così a lungo aveva agognato. Erano anche più morbidi e soffici di quello che si era sempre immaginato. Ne tirò qualcuno tra le dita con quanta più delicatezza poteva, avere le mani immerse lì dentro era come toccare una nuvola.
Poi gli balenò per la testa un altra idea, totalmente folle, una di quelle idee per cui eri già sicuro che ti saresti messo nei guai, ma ormai erano lì, a baciarsi da chissà quanto, in quella assoluta pazzia, quindi tanto valeva tentare.
Si staccò da quelle labbra piene e dolci come un frutto d’estate, e scese giù, lungo il mento, poi il bordo della mascella. Era tutto così spigoloso, e perfetto. Non avrebbe mai ripetuto abbastanza quanto fosse perfetto.
Andò giù, lungo il collo.
Il lato sinistro era ancora massacrato a causa degli aghi tenuti per così tanto tempo. Non voleva fargli male, così si limitò a qualche piccolo bacio, dato il più delicatamente possibile. Si spostò lungo la gola, succhiando la pelle. Non ci aveva nemmeno pensato più di tanto, semplicemente lo aveva leccato fino a sotto il mento. Una scarica elettrica lo attraversò, arrivando dritta al cervello.
Sherlock aveva automaticamente reclinato la testa all’indietro, e emesso un profondo gemito di gola, che nessuno dei due si era aspettato.
Si fissarono intensamente negli occhi, entrambi spaventati da quelle reazioni inconsapevoli. John era convinto di stare annegando lì dentro, dentro quelle iridi, quei due specchi d’acqua cristallina con cui nessun lago o oceano avrebbe mai potuto competere. Ma era già espresso tutto lì. Sherlock voleva che continuassero, e chi era lui per rifiutarglielo?
John gli diede un bacio sulle labbra, e continuò, fece lo stesso percorso fatto in precedenza, fino ad arrivare lungo la curva che si crea tra spalla e collo, nel lato opposto, dove non c’erano ferite e lividi. La pelle era molto più morbida, quasi molle, liscia come la seta, calda. Prese quei morbidi lembi di pelle tra i denti e iniziò a succhiare e tirare. Il sapore era la cosa migliore di tutto quello che avesse mai assaggiato in tutta la vita, niente gli si avvicinava lontanamente. Tutto quello che sentiva era il suo odore penetrargli le narici, credeva sarebbe impazzito. Si sentiva sovraccarico di informazioni, sensazioni, sapori, odori, di tutto.
Diede un leggero strattone con i denti. Ormai il cervello gli aveva smesso di funzionare da un pezzo, seguiva solo l’istinto primordiale di un animale cacciatore che azzannava la preda e non poteva lasciarsela scappare, o sarebbe morto di fame.
Lasciò la presa con i denti e proseguì solo con la bocca, fece pressione con le labbra e con la lingua. In realtà avrebbe assaggiato volentieri anche tutto il resto, ma per ora si doveva accontentare. Era già tanto che fosse riuscito ad arrivare a quel punto senza prendersi una testata in fronte.
Strinse di più con le labbra, premendo contemporaneamente con la lingua.
Sherlock a quel contatto sussultò, si fece più indietro, toccandosi con le dita il punto in cui John aveva tenuto le labbra fino a quel momento.
Oddio. Scusa mi dispiace, davvero io…” John riusciva solo a balbettare.
Sherlock continuava a fissarlo in modo intenso, senza dire una parola, continuava a sfiorare il punto dove John gli aveva lasciato un livido.
Mi. Dispiace così tanto.” John sentì il terrore invaderlo. Perché non diceva niente?
Sherlock si alzò e andò verso il piccolo corridoio che separava salotto e scala. La scala sotto era chiusa e c’era un piccolo sottoscala, con una porta che spariva, confondendosi con la parete fatta di assi di legno. Aprì la porta, appeso sulla parte interna c’era uno specchio.
John corse accanto a Sherlock.
Scusa, davvero… Prometto che andrà via presto.”
Che cos’è?”
Cosa?” Era rimasto sbigottito da quella domanda, si aspettava una sfuriata o qualcosa del genere, uno schiaffo.
Perché?” Insisté Sherlock, John non riusciva a capire il senso di quelle domande.
Non… Credo di non capire.”
Che cosa mi hai fatto?” Sherlock aveva un espressione confusa, come se non capisse cosa dovesse provare a riguardo.
Ahm…” John sentì che improvvisamente le guance avevano iniziato a scottare.
Sì… Beh ecco…- Si vergognava da morire. -E’ un… Cioè, una cosa… Che si fa prevalentemente da adolescenti, sai no, gli ormoni impazziti e tutta quella roba.”
Si domandò cosa avesse fatto in una vita precedente di così terribile, da dover ora trovarsi a spiegare ad un uomo adulto il significato di succhiotto.
Sherlock si voltò a guardarlo, in faccia l’espressione del dubbio, le sopracciglia si erano avvicinate pericolosamente l’una all’altra, formando un groviglio di piccole rughe al centro. Ovviamente.
E’ un modo per… Dire che stai con qualcuno, tipo un segno…”
Sentì una goccia di sudore rotolare lungo la schiena.
Come un marchio?”
No, no! Cioè tecnicamente si, ma no… Nel senso che non l’ho fatto per questo.” Che diavolo stava dicendo? Certo che lo aveva fatto per quello.
E per cosa lo hai fatto allora?” il tono di Sherlock non sembrava arrabbiato od impaurito, anzi, pareva incuriosito da tutta la questione.
Ah perfetto.
Perché… Non lo so.”
Non lo sai? Lo fai spesso?”
Che? No! Te l’ho detto è una cosa che si fa da ragazzini.”
Allora perché a me lo hai fatto?”
Avrebbe dato qualsiasi cosa perché qualcuno entrasse ora da quella porta e lo salvasse, ma purtroppo vivevano da soli in una casa isolata dal resto del mondo.
Ottima idea Watson, in una vita di brillanti idee.
Perché…”
Volevi lasciarmi un segno?”
John sentì come un peso scendere dal cervello fino giù, nella gola, poi nello stomaco e nella pancia, e poi ancora più giù, fino ai piedi.
Si ritrovò con il volto di Sherlock a praticamente un soffio dal proprio.
Sono tuo.”
Cosa aveva detto?
Appartengo già a te. Dal momento in cui ti ho visto. Puoi fare qualunque cosa tu voglia, con me.”
Il cervello di John non stava più funzionando nella maniera corretta, provava a lanciargli qualche stimolo, ma niente. Probabilmente era andato in tilt, si era rotto, come un qualsiasi computer.
Rimase fermo immobile, guardando dritto davanti a se, ma non vedeva nulla.
John?” Una voce morbida e profonda gli arrivò alle orecchie, un tocco delicato lo stava tenendo sul braccio, proprio sopra il gomito.
John va tutto bene?”
Si scrollò quella sensazione di annebbiamento.
Dio Sherlock tu sarai la causa della mia morte.”
Non… Vuoi?”
Ti sembra una cosa da dire! Come dovrei reagire… Cioè tu te ne esci con frasi del genere, e io…” a quel punto era stato Sherlock a costringerlo a tacere, perché si era ritrovato con la sua lingua in bocca, e stretto per entrambe le braccia.
Ah si si sarebbe stato decisamente la causa della sua morte.
Si ritrovò spinto contro la parete. Non si tornava più indietro da quello, ormai la diga era crollata. Era crollata e stava straripando acqua ovunque, distruggendo qualunque cosa lungo il suo cammino. Le cose non sarebbero decisamente mai più tornate come prima. Era impossibile. Dal secondo in cui, un anno prima, si era tolto ogni freno e aveva deciso di lasciar andare la lingua, ci aveva tirato una bomba su quella diga, e il buco non aveva fatto che allargarsi, fino a disintegrarsi.
C’era quel detto, uccide più la penna della spada. E le parole hanno un peso.
Ma ormai era in quella situazione e poteva fare solo una cosa. Sollevò le mani, lasciate semplicemente abbandonate, le braccia lasciate a peso morto lungo i fianchi. E le portò sui fianchi di Sherlock. Strinse con le dita, per poterne saggiare la consistenza. Erano un po’ più magri di quello che si immaginava, ma era normale, doveva recuperare tutto quello che aveva perso stando in ospedale.
Sherlock a quel contatto mugolò qualcosa e gli si spinse contro, arrivando ad appoggiarsi con il proprio corpo con quello del dottore.
Per un attimo John pensò di come dire… Ispezionare ben altre parti, ma non lo fece. Non poteva esagerare. Per ora si stavano semplicemente limitando ad una conoscenza fatta di baci, che per quanto fossero così passionali da fargli girare la testa, non voleva sporcare con altro.
Non aveva finito di formulare quel pensiero che all’improvviso sentì la mancanza di calore, e di quel bacio. Si guardò intorno spaesato. Sherlock era indietreggiato, e lo stava fissando ad occhi spalancati, nel volto un'espressione di puro terrore.
John capiva cosa fosse successo, non gli sembrava di aver fatto nulla, non si era mosso di un centimetro, quindi perché stava reagendo in quel modo?
Ehi.” provò a fare un passo avanti ma Sherlock indietreggiò, finché non cadde seduto sul divano.
Che c’è, che è successo, ti prego dimmi che ho fatto.” ma lo vide rannicchiarsi su se stesso, le ginocchia sotto al mento e la testa contro le gambe, mentre si infilava le mani tra i capelli.
Ti prego parlami, dimmi cosa ti ho fatto.”
Non tu!” Sherlock aveva urlato quelle parole, per poi tornare nella medesima posizione di prima.
Non io? Non io cosa?” ora si sentiva ancora più confuso di prima. Si mise seduto sul tavolino basso del salotto, in modo da essergli più vicino, ma aveva paura a toccarlo.
Sherlock sembrava in preda ad un attacco di panico e ora gli stava salendo l’ansia anche a lui perché non aveva idea di come aiutarlo.
Non era mai stato bravo con questi stati emozionali, non sapeva risolverli nemmeno a lui, quando dopo la guerra, gli capitavano spesso.
Ma Sherlock si limitava a starsene rannicchiato su se stesso, i singhiozzi talmente forti da causargli tremiti.
Lasciò semplicemente che si sfogasse un po’, finché non fosse più calmo era inutile continuare a fargli domande.


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Note d’autrice:

Sono in ritardo con la pubblicazione da fare schifo, ma fa un caldo da morire e io non riesco neanche a pensare con il caldo. Non avevo nemmeno la forza di muovermi, figuriamoci di prendere il pc, aprirlo, correggere tutto il capitolo e pubblicarlo. (sono una brutta persona ne sono consapevole)
Per fortuna il capitolo 29 è passato, e ora sono un po’ meno in ansia, non che non ne abbia più, ho sempre qualche motivo per avere l’ansia. In realtà ora ho l’ansia al contrario, cioè di aver esagerato con l’intraprendenza di questi due (vi prego non menatemi)

Ci tengo davvero di cuore a ringraziare i miei lettori per i bellissimi commenti e le recensioni, davvero mi hanno reso super contenta <3
Comunque da quando ho iniziato la stesura di questa fanfiction era letteralmente da anni che non scrivevo di cose un po’ più intime tipo baci ecc… In realtà una volta scrivevo roba molto più spinta di così, ma non credo di avere più l’età. Però voglio provarci, quindi magari in futuro molto futuro potrebbe succedere.

Bene come sempre la smetto di blaterare a vuoto, ci si legge alla prossima!

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Capitolo 31
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Capitolo 31
*** Capitolo 31: ***


Capitolo 31:


***


Passarono degli interminabili minuti. John non aveva toccato o parlato a Sherlock. Ora sembrava un po’ più tranquillo, o meglio, erano diminuiti i singhiozzi più forti.
Mi vuoi raccontare cosa c’è che non va?” cercò di usare un tono rassicurante e comprensivo.
Non lo controllo…” rispose Sherlock, riuscendo a stento a pronunciare quelle semplici parole.
Non voleva costringerlo a parlarne più del dovuto, si capiva che faticava, ma non stava capendo il significato di quello che voleva dirgli.
In… In quel parcheggio, quando… Non potevo controllare più niente, del resto… Avevo solo la mia mente, mi era rimasta solo quella. Era l’unica cosa che potevo gestire come volevo e non poteva portarmela via, ma il resto… Io non controllavo niente del resto. E anche adesso…. Non controllo il resto...”
John aggrottò la fronte, non era sicuro di aver compreso quel discorso. Forse una parte di sé si era messa a fare supposizioni su cosa significasse ciò, a volte odiava aver imparato a dedurre. Rimase in silenzio per un po’.
Sherlock tu hai mai… Avevi mai… Prima.” pregò che Sherlock arrivasse alla conclusione da solo perché non poteva essere più specifico di così. Non c’è la faceva nemmeno a pensarlo.
Sherlock gli sorrise, il sorriso più triste che avesse mai visto.
No. Mai.”
John chiuse gli occhi e prese dei bei respiri. Quando riaprì gli occhi si ritrovò il volto circondato dalle mani di Sherlock, i loro nasi si sfioravano per quanto erano vicini. Il dottore deglutì.
Vorrei dimenticarlo. Vorrei poterlo cancellare per sempre dalla mia testa. Privare l’unico posto che mi è rimasto, di quello. Avere almeno una cosa che mi appartiene. Puoi aiutarmi?”
John deglutì di nuovo. Quella giornata stava prendendo una piega sempre più assurda.
Sherlock posò le labbra su quelle di John, solo per lasciarle a sfiorarsi. Come una carezza delicata. Poi John sentì freddo. Sherlock si era alzato.
Lascia stare. Fai conto che non abbia detto nulla.” ma prima che il detective si allontanasse, il dottore lo afferrò per un braccio.
Ehi! No non faccio finta che tu non abbia detto nulla. Che cosa voleva dire?”
Niente John, ti ho detto di lasciar stare.”
No ora tu me lo dici!”
Perché devi sempre essere così testardo?”
Ah io sarei testardo? Da che pulpito!”
Sherlock gli sorrise amaramente.
Sono sicuro che la tua mente brillante ci sia già arrivata.”
Rimase sbigottito, il braccio di Sherlock ancora stretto nella mano.
No che non ci era arrivato! Però, riflettendoci un attimo… Rimuginando sul significato dietro a quelle parole.
Spalancò la bocca come a voler dire qualcosa, ma cosa c’era da dire?
Non importa, non ho alcun diritto di chiedere una cosa del genere.”
Sì! Sì diamine! C’è l’hai!”
Ma tu non vuoi me…”
Prova, magari la risposta ti stupirà!”
Tu… Vuoi?”
Per la miseria si!”
Ok forse stavano andando un po’ troppo veloci, ma tanto ormai viveva già nell’assurdo, quindi un assurdità in più o in meno non cambiava.
Ma tu non lo hai mai…”
Non ti preoccupare di quello, è un mio problema. E poi non lo definirei nemmeno problema. Ti ho giurato che avrei fatto tutto per aiutarti no? Bene. E’ quello che intendo fare. E se serve per stare meglio, ci sto.”
Ora era Sherlock quello che non sapeva cosa dire. Per la prima volta nella vita aveva fatto ammutolire Sherlock Holmes.
Però tu ti devi fidare di me.”
Ma io mi fido.”
Voglio dire, che non possiamo fare nulla se non impari a… Fidarti di me quando siamo insieme. Ti devi lasciare andare, non cercare di controllare cose che non puoi controllare. So che per te è difficile.” John si ritrovò nuovamente zittito con un bacio. Forse gli aveva dato un brutto vizio, perché se ora, ogni volta che discutevano, Sherlock provava a chiudere il discorso in quel modo…
Lasciò perdere ogni tipo di ragionamento logico, e si spostarono sul divano.
Quella fu una lunga, estenuante, ed intensa sessione di bacio. Ogni tanto spostava le mani, ovviamente mai andando oltre le braccia, lo toccava sul viso, infilava le dita tra i ricci, o lasciava una mano semplicemente appoggiata sul collo. Mentre era in quella posizione, con la mano sulla gola, provò ad infilare il pollice sotto il bordo della maglietta, giusto per sfiorare più pelle.
Sherlock mugolò nella sua bocca, poi John sentì una mano sulla propria, e l’altra mentre afferrava quella che aveva lasciato libera, ed essere appoggiata a fianco all’altra. Si ritrovò con le mani spinte verso il basso. Non poteva fare altro che starsene lì, a guardare con aria imbambolata. Ora le mani erano sul petto del detective. John e sentì il cuore andargli in gola, poteva sentire chiaramente i battiti accelerati, e ora che era riuscito a fermare le rotelle fumanti del cervello, anche i battiti del cuore di Sherlock.
John strizzò un paio di volte le palpebre. Non poteva smettere di fissare le loro mani unite in quel modo. Era la cosa più semplice e al tempo stesso più intima che avesse mai avuto con qualcuno, più di tutti i baci che si erano dati per tutto quel tempo.
Sherlock si chinò in avanti e posò le labbra su quelle di John, che era ben contento di venire distratto in quel modo. Ora il cuore di Sherlock aveva accelerato, ma giusto il tempo per il dottore di rendersene conto, che subito le sue mani venivano spostate ancora più in basso.
A John girava la testa. Per fortuna le mani si fermarono sul ventre. Era completamente piatto e teso.
Poi Sherlock lasciò la presa e usò le mani per circondare il volto di John, e approfondire il bacio.
Fu il turno di John di mugolare.
Sentì Sherlock sorridergli contro le labbra.
Ormai John lo sapeva, gli aveva dato il potere, il permesso di rigirarlo in qualunque modo volesse, e Sherlock lo sapeva, lo aveva capito, era uno che le cose le apprendeva subito. Poteva essere totalmente inesperto sull’argomento, ma imparava in fretta. In pratica John era consapevole di essersi fregato con le proprie stesse mani.
Fece scivolare le mani sui fianchi di Sherlock, che fu ben felice di quel contatto perché aumentò l’intensità del bacio.
Alla fine smisero solo quando non avevano più la forza. Le labbra bruciavano, la mascella tirava e scricchiolava a causa di quel movimento continuo.
Sherlock si era appoggiato con la fronte sulla spalla di John e stava ridacchiando.
T-tutto bene?” balbettò il dottore massaggiandosi la mandibola.
Sherlock annuì, ancora appoggiato contro la spalla.
Di questo passo… Possiamo recuperare tutti questi anni persi, in una settimana.”
Come prospettiva non era male. Interi pomeriggi a baciarsi.
Penso che l’ultima volta che mi ha fatto male la mascella per baciare qualcuno. Sia successo quando andavo alle scuole medie ed avevo appena iniziato.”
A me mai.”
John si irrigidì completamente.
Non… Non avevi mai baciato nessuno?” il terrore nella voce, e anche Sherlock se ne accorse, perché si sollevò da quella posizione per guardarlo.
Si. Ma non così.”
John sospirò di sollievo.
Perché, non avresti voluto essere il primo?”
Il dottore si maledisse, perché non se ne era stato zitto una buona volta.
Sì, no, cioè. E’ complicato, è una bella responsabilità essere la prima cosa di qualcuno.”
Non ho un grande metro di paragone, di cosa hai paura?”
Non è questo. Però deve essere una cosa fatta bene, con qualcuno che desideri.”
E il tuo è stato fatto bene?”
Uhm… Più o meno. Poi si impara anche con il tempo.” Annuì.
Allora avrai molto tempo per insegnarmi.” Sherlock gli sorrise, e John si sentì morire. Lo abbracciò più forte che poteva.
Lo riprendiamo l’argomento vero?”
Rise.
Sì Sherlock, lo riprendiamo l’argomento. Ma magari prima facciamo una pausa, non sento più la mascella. E tra poco Kirsty riporta Rosie.”
Sherlock continuava a sorridergli. Sembrava quasi che non gli avesse appena rivelato la tragedia che gli era accaduta alcuni mesi prima.
Ehi, riguardo a quello che ti è successo…”
No! Va bene così, ora tu lo sai. Non voglio più parlarne. Ti prego. Aiutami solo a dimenticarlo.”
John lo fissò intensamente, ma poi sospirò.
Se pensi che ti faccia sentire meglio, ma se vedo che non ti aiuta...”
Mi aiuta. Tu sei l’unica persona di cui mi importa.”
Va bene. Ho capito.”
Sherlock gli diede un ultimo bacio e si alzò, prese le scale per salire di sopra.
John rimase fermo, con lo sguardo perso nel vuoto.
Cosa aveva fatto? Come ne sarebbe uscito? Si sentiva impazzire.
Sherlock aveva delle aspettative su di lui, e lui gli aveva promesso che l'avrebbe aiutato a qualunque costo. Ma quello… Quello forse era troppo. Eppure, c’era una parte di se stesso che lo voleva, lo desiderava, e lo bramava.
Chiuse gli occhi per un momento, e si alzò.
Doveva sistemare tutto prima del ritorno di Rosie.




I commensali seduti alla tavola della cucina stavano cenando in assoluto silenzio, gli occhi puntati ognuno sul proprio piatto, non si erano più parlati per il resto della giornata. Eccetto la piccola di casa, che se ne stava nel suo seggiolone a buttare metà della pappa in giro e l’altra metà spalmata sulla propria faccia. Però sembrava molto soddisfatta della cosa.
Dai Rosie.- John lo disse ormai rassegnato, passandosi stancamente una mano sul viso. -Adesso sei tutta da lavare, di nuovo.”
Rosie agitò le manine, emettendo gridolini acuti.
Non sei stanca? Eh? Andiamo a fare la nanna?”
Ma la bambina si stava divertendo ad usare la pappa verde come una tavolozza per dipingere il vassoio con le dita.
No, no!” John cercò di bloccarla prendendole le piccole mani, ma lei era furba e scivolosa a causa del cibo di cui era ricoperta, così riuscì facilmente a sfuggire alla presa, prese una manciata di quella pietanza verdognola e gettarla dritta in faccia a suo padre.
John rimase congelato sul posto, cercando di capire quello che era appena accaduto, di realizzare che sua figlia gli avesse appena tirato di proposito del cibo addosso; finché un suono strozzato non lo distrasse, sollevò lo sguardo su Rosie, ma lei se la stava godendo, pienamente felice del suo gesto.
Poi si voltò verso Sherlock, le sue labbra erano stranamente sparite, strette all’interno della bocca, ma comunque bastavano gli occhi, stava cercando di trattenersi dallo scoppiare a ridere.
Ti fa ridere?” chiese il dottore, con tono mortalmente serio.
Cosa?” Sherlock ancora che si sforzava di sembrare indifferente.
Ti fa ridere?” ripeté nuovamente John.
No.”
Perché a me sembra proprio che tu stia ridendo.”
Non lo farei mai!”
Ah no?” prese un po’ del cibo rimasto nel piattino.
No! John no!”
La tirò dritta in direzione del detective, ovviamente colpendolo in pieno.
Così impari.”
Rosie saltellava seduta sul posto, agitando braccia e gambe ed emettendo gridolini acuti.
Sherlock si ripulì il volto con il dorso della mano.
Sei crudele.”
Oh mi si spezza il cuore.”
Sherlock gli rifilò un occhiataccia, ma John lo guardò con un sorriso soddisfatto.
Il detective aveva ancora un po’ di cibo sulla mano così lo portò alle labbra per assaggiarlo.
E’ disgustoso! Che roba dovrebbe essere? Come puoi pretendere che lei voglia mangiarlo?”
John roteò gli occhi.
Sei viziato.”
Avere buon gusto non è essere viziati.”
Invece si, lo sei. Sono semplici verdure frullate.” nel frattempo stava cercando di dare una sommaria pulizia a viso e mani della bambina.
Sanno di tutto fuor che di verdure.”
Non voglio nemmeno sapere che vita hai fatto da bambino.”
Mia madre ci preparava tutto fatto in casa. Ed è molto brava in cucina.”
Anche quello è un piatto fatto in casa. Ma se credi di saper fare di meglio.”
Saper fare di meglio?”
Sì. Visto che sei convinto di saper fare tutto meglio, domani le prepari tu il pranzo.”
Ma io non ho detto-”
Ah no no. Ora è compito tuo. Vediamo cosa sai fare.”
Sherlock dall’espressione che aveva all’inizio, ora sembrava quasi spaventato, ma il dottore sapeva che aveva un istinto da competizione che poteva scattare con una semplice provocazione, che era esattamente quello a cui stava puntando. Doveva riuscire a farlo lasciarsi andare, anche se sapeva quanto sarebbe stato difficile, non aveva intenzione di mollare la presa.
Se ne sei convinto.”
Sarebbe fantastico, si.”
Faccio io i piatti, tu sei vuoi puoi occuparti di lei.”
John gli sorrise. Prese Rosie, che ancora si stava agitando, dal seggiolone. Prima di salire le scale si fermò a dare un bacio sullo zigomo di Sherlock.
Vuoi dare anche tu un bacio a Sherlock?” Rosie, tra le braccia del padre, si sporse in avanti, per posare un bacio sulla guancia di Sherlock.
Sherlock arrossì, e John non poté fare a meno di sorridere.
Faccio presto. Ci vediamo su?”
Sherlock annuì.
Sistemo qui e arrivo.”
John prese le scale per andare a lavare la bambina.


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Note d’autrice:

Volevo fare un piccolo annuncio che poi rifarò più avanti. Ormai si sta per concludere anche il mese di giugno; e così già da un po’ sto rimuginando su alcune questioni. Per me i mesi estivi sono i più difficili. Soffro terribilmente il caldo, non riesco nemmeno a pensare appena le temperature si alzano più del dovuto. Davvero è proprio una tortura fisica, inoltre ho la pressione bassa, e spesso e volentieri faccio anche fatica a stare in piedi. Anche per controllare e correggere un capitolo di nemmeno dieci pagine mi ci vuole più di un ora. Quindi sono giunta alla conclusione che, pubblicherò ancora la prossima settimana e poi mi prenderò una pausa estiva. Tranquilli che non vi abbandono. Ne approfitterò per fare le cose con più calma, sistemare e finire le ultime cose di questa storia, e magari sistemare anche altri progetti che ho in mente per questo inverno, così a settembre ritornerò a pieno ritmo con la pubblicazione.
Vi prego quindi, non abbandonatemi, giuro che non è un addio. Vi lascio in pace solo per questi due mesi, e poi non è detto che non pubblichi una volta o du
Ma comunque ne riparliamo alla fine della prossima settimana. Poi come sempre ho il link a tutti i miei social qua sotto.


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Aggiornamenti:
Capitolo 32
Lunedì 21 giugno Ore: 15-16

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Capitolo 32
*** Capitolo 32: ***


Capitolo 32:


***



Dopo aver tirato a lucido la bambina e vestita con un pigiamino intero pulito, la portò a letto. Gli ci volle un po’ prima di riuscire a farla addormentare. Quando uscì dalla stanza della bambina, tutte le luci del piano inferiore erano spente, ed era rimasta accesa solo quella del corridoio. Andò a vedere nella camera in fondo, che era la sua camera, e che ora divideva con Sherlock. La porta era socchiusa, quindi la aprì, la luce era spenta.

Ehi Sherlock?”
Sono qui.” una voce sommessa arrivò da poca distanza.
Oh scusa, non volevo svegliarti.”
Non mi hai svegliato. Non stavo dormendo.” da quelle parole aveva lasciato intendere che lo stesse aspettando.
John accese la luce, poi andò a prendere il pigiama per cambiarsi e si infilò a letto. Sherlock era girato sul fianco sinistro, rannicchiato su se stesso.
Stai bene?” domandò John, che non riusciva a scacciare del tutto quella sensazione di apprensione.
Sherlock annuì. John si mise disteso, tirandosi le lenzuola fino al petto, e si girò in modo da essere di fronte al detective. Trovandosi immerso nei suoi occhi, che erano molto lontani dall’essere addormentati.
Ora era John a sentirsi arrossire. Sherlock gli si avvicinò.
Posso stare qui?” chiese quasi intimorito, anche John si avvicinò.
Direi di sì.”
Sherlock sorrise.
John aveva una voglia terribile di toccarlo, ma aveva paura. Nonostante tutto quello che avevano fatto in quella lunga giornata, ancora non sapeva come comportarsi, come reagire, e tanto meno quello che avrebbe dovuto provare.
Che c’è?” chiese Sherlock.
No niente, niente.”
Mi sembri pensieroso.” allungò una mano, e con le dita lo toccò tra le sopracciglia. John chiuse gli occhi.
No, è che vorrei…- Deglutì. -Toccarti.”
Allora fallo.” il tono della voce di Sherlock era basso e morbido come una carezza e John credeva di impazzire, deglutì ancora, il cuore aveva avuto un impennata.
Lentamente fece strisciare la mano, fino al fianco di Sherlock. Ma non aveva idea di cosa fare. O meglio, le aveva ma aveva paura di metterle in atto.
Dimmi… Dimmi se non vuoi che ti tocchi più o… Ti da fastidio in alcuni punti.”
Te l’ho detto, puoi fare quello che vuoi con me.”
Sherlock… Così non mi aiuti. E poi io voglio essere sicuro di non crearti altri problemi.”
Prima ancora che potesse finire il discorso, si ritrovò la bocca occupata da quella di Sherlock.
Gli portò le mani dietro la schiena e lo strinse a se.
Andarono avanti così per un po’, lo baciava, poi baciava qualunque punto riuscisse a raggiungere. Sentiva il suo corpo contro il proprio. Nonostante gli effetti della convalescenza era come abbracciare una statua. Liscia, dura e perfetta.
Portò una mano più in basso, sollevò la stoffa della camicia e la infilò sotto, la pelle calda gli fece andare il sangue al cervello. Sherlock a quel contatto sobbalzò.
Scusa. Io… Ora la tolgo.”
No! No, lasciala.”
Sei a disagio.” lo sentiva chiaramente, il suo corpo era teso e stava lievemente tremando.
Non sono a disagio. Solo non… Mi ha mai toccato nessuno.”
John con l’altra mano lo accarezzò sul viso.
Non voglio che tu ti senta come l’altra volta.”
Lo so ma io voglio che tu mi tocchi. Voglio solo te, e le tue mani…”
Lo baciò delicatamente sulle labbra. Tolse la mano da sotto la camicia del pigiama, e iniziò a sbottonarla, bottone per bottone. Ad ogni lembo di pelle che veniva scoperto, lo baciava, partendo dalla gola.
Ormai era arrivato al centro del petto e stava scendendo. Sherlock gemette.
Andò ancora più giù.
Poi decise di usare solo la punta della lingua e tornare indietro lasciando una scia di baci.
Sherlock emise un lungo suono con la gola, ricadendo steso con la schiena sul materasso. John succhiò la pelle sul collo.
As-petta.”
Rotolò a sua volta sulla schiena, respirando con il fiato corto, voltò la testa per poter guardare Sherlock. Stava tremando.
Ehi.”
Allungò una mano per poterlo accarezzare sul viso.
Dimmi che stai bene.”
Sherlock prese la mano di John e iniziò a baciarla.
Sto bene. Almeno credo. Non… Non so bene come devo sentirmi.”
Non c’è un modo giusto o sbagliato.”
Lo so. Una parte di me lo vuole tantissimo, ma l’altra parte… Sono… E’ terrorizzata.”
John si sistemò sul fianco destro in modo da poterlo guardare meglio. Aveva ancora la mano nella sua.
So che non posso capire tutto quello che ti è successo, quanto sia stato orribile, e quanto sia difficile per te lasciarti andare. Credimi lo è anche per me. E’ una cosa totalmente nuova. Però voglio che tu capisca che puoi fidarti di me e che voglio solo fare qualunque cosa per farti stare meglio.”
E tu?”
Come?”
Tu cosa vuoi.”
Credo di non capire.”
Non hai mai avuto un altro uomo, perché ora dovrebbe essere diverso?”
Ah stiamo parlando di questo.”
Sì, direi di si.”
Non è che non abbia mai… Cioè, non in senso, diciamo, ‘Biblico’. Però all’università è capitato… Sai le feste, l’alcool.”
In realtà no, non lo so. Non ho mai partecipato a festini universitari.”
Ovviamente.”
Ma non risponde comunque alla mia domanda.”
Oh Sherlock, perché tu sei tu.”
Che risposta dovrebbe essere?”
John prese un grosso respiro.
Non ho mai avuto con nessuno quello che ho con te. Mai.
Tu sei… Speciale per me. Provo cose per te che non ho mai sentito con nessun altro. Non so nemmeno come spiegarlo, ma è così. E per me è importante che tu ti senta completamente sicuro di questo. So che dopo tutto quello che è successo in questo ultimo anno, probabilmente non mi merito nemmeno a pieno la tua fiducia-” John si ritrovò nuovamente con le labbra di Sherlock sulle proprie.
Sherlock aveva ancora la camicia del pigiama sbottonata, quindi sentiva tutto il suo petto nudo addosso, diviso solo dalla maglietta che stava usando come pigiama.
Gli spostò un lato della camicia, lasciandogli esposta una spalla. Si staccò da lui per baciargli la spalla, scese lungo il braccio.
Sherlock gemette.
Vuoi che mi fermi?”
Sherlock tornò a baciarlo, e scese con la mano. John sobbalzò per quel movimento. Scese ancora più giù, fino ad appoggiargli la mano tra le gambe.
Questo è per me?” Sherlock sussurrò all’orecchio di John, che spalancò gli occhi, sentendosi stringere con la mano.
Ti faccio questo effetto?” continuò Sherlock sempre al suo orecchio.
Ah… Si. S-si.”
Quindi ti piaccio.”
Certo che mi piaci. Perché non dovresti piacermi? Mi piaci sì.” ormai John sentiva il cervello che iniziava a liquefarsi, le risposte incoerenti.
Sherlock gli sorrise, e John aveva solo voglia di toccarlo. Lo toccò sul viso.
Ti piace?”
Come?”
Se ti tocco, ti piace?”
John riuscì solo ad annuire. Così Sherlock cominciò con brevi movimenti dall’altro verso il basso.
Buon Dio. Sherlock…” gli si aggrappò alla schiena.
Che c’è non lo sto facendo bene?”
Questa volta fu il turno di John di tappargli la bocca con un bacio.
Forse non era così male come metodo, ogni volta che avessero discusso l’avrebbe usata come tecnica di distrazione.
Una sensazione di calore iniziò a diffondersi dal basso, e saliva a spirale, diventando sempre più intensa, la sentiva fino alla stomaco. Si sentiva sul punto di esplodere.
Gli afferrò la mano.
No fermo.”
Sherlock lo guardò con espressione confusa.
Cosa, perché. Non… Non ti piace?”
E’ proprio questo il problema.”
Non capisco. Ho sbagliato qualcosa?”
No tu non centri nulla. Io… Non credo di poter riuscire a trattenermi, dopo… Capisci?- lo accarezzò lungo la guancia. -Sei fantastico e non voglio esagerare.”
Perché non me lo hai detto, non ti avrei provocato.” dal modo in cui lo aveva detto sembrava disperato.
Ehi, sta tranquillo, va tutto bene. E’ stato bellissimo. E… Mi piace se mi provochi.”
Ti piace?- ora sembrava sorpreso. -Cioè ti piace se ti provoco senza arrivare a nulla? Sei un po' masochista.”
John scoppiò a ridere.
E lo scopri ora?”
No in effetti no.”
John lo baciò lievemente sulle labbra e lasciò che si appoggiasse con la testa sulla sua spalla.
Quindi ti è piaciuto?”
Ti posso assicurare che te ne saresti accorto a breve.”
Oh.”
Adorava tenere le dita infilate nei suoi ricci e passarle con una lenta carezza. Poco dopo sentì il respiro lieve e regolare di Sherlock, segno che doveva essersi addormentato. Lo baciò tra i ricci, e cercò di trovare il modo di prendere sonno, per quanto potesse riuscirci.

Quando si svegliò la mattina, Sherlock era ancora addormentato addosso a lui. La testa sul suo petto. Rimase a contemplarlo per dei lunghi minuti, finché non sentì dei rumori. Si voltò verso la porta.
Rosie! Che ci fai qui.” cercò di uscire dal letto senza svegliare Sherlock, che mugolò qualcosa mentre lo spostava da se. Si assicurò di averlo coperto per bene.
Rosie intanto cercava di arrampicarsi sul letto.
No, no. Ferma tu.” recuperò la vestaglia dall’armadio e la figlia prima che riuscisse nella scalata.
Lei biascicò qualche parola confusa.
Vedi che sta facendo la nanna? Quella che dovresti fare anche tu.” le posò un dito sul petto.
Sherlock sollevò una palpebra.
Ehi.”
Non ti volevo svegliare.”
No, va bene. Che combinate?”
Qualcuno qui si è svegliato un po’ presto.”
Sherlock rotolò sulla schiena e si stiracchiò. Allora John andò a sedersi sul letto, Rosie sgusciò dalle braccia del per gattonare sul materasso, andò a sedersi accanto a Sherlock.
Buongiorno. Che programmi hai per questa mattina?- Rosie agitò le manine emettendo dei versi. -Tutto chiaro.”
John non poté fare a meno di sorridere.
Senti, posso lasciartela un attimo? Mentre vado a farmi una doccia.”
Sì certo.”
Sicuro?”
Lo hai sentito? Tutto quel dubbio?” Sherlock lo disse rivolto a Rosie.
Non sono dubbioso!”
Sì che lo sei, sei dubbioso perché credi che non riuscirei a badare a tua figlia per dieci minuti mentre ti fai la doccia a due passi di distanza.” però non sembrava offeso o altro mentre lo diceva, anzi, pareva piuttosto divertito.
Ma no, è solo che non lo hai mai fatto…”
Sherlock tirò le labbra in un mezzo sorriso.
Hai ragione. Non sono bravo con i bambini.”
No! Non era quello che intendevo! Tu piaci a Rosie, lei ti adora.”
Sherlock questa volta curvò leggermente le labbra all’insù.
E poi da qualche parte dovrai cominciare no?”
Sherlock fissò John aggrottando le sopracciglia.
Devo cominciare?”
Certo. Se vuoi ovviamente. Non è tua figlia non posso costringerti ad occupartene.”
Non dire sciocchezze John, lei è tua certo che voglio occuparmi di lei.”
Okay… Allora, direi che possiamo cominciare da qui. Dopo la verrà a prendere Kristy, in più, l’ho iscritta all’asilo. Comincerà a inizio del mese.”
L’hai iscritta all’asilo?- Sherlock sembrava sorpreso. -Non me lo hai detto. Cioè non che siano affari miei quello che decidi di fare con tua figlia.”
John sospirò. Per quanto stesse tentando di farlo sentire apprezzato e desiderato, c’era sempre quella parte di lui che si sentiva fuori posto o non all’altezza.
Sì, c’è ne uno solo in città. La signora McKennell mi ha assicurato che è molto valido e le maestre sono ottime anche con i bambini più piccoli. E poi farà bene a Rosie stare con altri bambini.”
Ma sì certo. Hai ragione. Deve interagire con gli altri.”
John era sicuro che Sherlock non capisse a pieno la storia di interagire con gli alti. Da quello che sapeva, Sherlock aveva passato gran parte della sua infanzia a casa, con l’unica compagnia della madre e di Mycroft. Il padre spesso era fuori per lavoro.
Quando fu più cresciuto gli presero un insegnante e poi un collegio privato. Gli dispiaceva per lui. Doveva essersi sentito molto solo.
Allora io vado.”
Sherlock annuì. John gli lanciò un ultima occhiata e uscì.
Si dovette fare una lunga doccia fredda. Ancora era rimasto eccitato dagli eventi della sera precedente. Doveva sfogarsi. Quindi appoggiò la fronte contro le piastrelle fredde della vasca/doccia, e lasciò andare la fantasia, ovviamente il suo pensiero principale era Sherlock, solo che ora non si sentiva poi così tanto in colpa, come invece era sempre stato da quando lo conosceva.

Quando tornò in camera, di Sherlock e Rosie non c’era traccia. Si affacciò sul corridoio.
Sherlock?”
Poi sentì dei rumori provenienti dal piano inferiore. Si affrettò a cambiarsi, e con l’asciugamano che stava usando per frizionare i capelli ancora bagnati, scese di sotto.
Sherlock stava preparando la colazione. Aveva sistemato Rosie, già vestita e pronta per la giornata, nel suo seggiolone.
Ci ho messo così tanto?”
Sherlock era intento ai fornelli e si voltò a guardare John, gli sorrise.
Ero quasi tentato di venire a chiederti se non avessi bisogno di una mano.”
John quasi si strozzò con la propria salvia. Sherlock sorrise maggiormente, doveva essere un sorriso innocente ma i suoi occhi tradivano le reali intenzioni. Era un'espressione furba, come quella di una volpe acquattata nell’erba che ha puntato un pollaio, e sta cercando il modo migliore di entrarvi.
Come ti salta in mente?” John era ancora sconvolto da quelle parole, ma Sherlock si limitò a stringersi nelle spalle. Credeva di riuscire a passare per innocente ma era tutto fuor che quello.
Abbiamo lasciato un discorso a metà mi pare.”
Si… Dobbiamo parlare di quello a proposito.”
Del fatto che non hai voluto che continuassi?” Sherlock prese i piatti già riempiti e ne mise uno sotto il naso di John, che si era andato a sedere a tavola.
Si. Insomma forse stiamo correndo un po’ troppo.”
Perché?”
Ecco, era tornato con quei ‘perché’.
Perché te l’ho detto, poi non credo che sarei riuscito a trattenermi. Avrei voluto di più, ma non è il momento. Non posso farlo. Tu non sei pronto.”
E tu?”
John alzò la testa per guardarlo negli occhi, ma come puntualmente accadeva, ne rimase abbagliato.
Che vuol dire?”
John tu non sei mai stato con un…”
Uomo?” concluse John al posto di Sherlock. Sherlock annuì.
Nemmeno tu.”
Stiamo parlando di te non di me. E non ho mai avuto nessuno perché non mi interessava.”
Senti non so che vuoi sentirti dire. Sì è vero ma tu sei tu.”
Continui a dirlo ma non ha senso.”
Che nessuno mi ha mai fatto l’effetto che mi fai tu. Nemmeno una donna. Tu mi annebbi.”
Ti annebbio?”
Sì. Non riesco ad essere razionale quando si tratta di te. Ed è sempre stato così, non solo ora. Anzi, credo che da dopo… ‘l’incidente’, nel parcheggio, la cosa sia andata peggiorando.”
Che cosa vuol dire?” Sherlock sembrava sinceramente confuso.
Vuol dire che provo cose contrastanti quando sono con te. Che non riesco a capire. Non sei l’unico che non è capace con certi sentimenti. Anche io faccio fatica a provare affetto verso gli altri. Solo che quello che provo per te non è solo affetto.” si teneva dentro quelle cose da così tanti anni, che ormai si era convinto se le sarebbe portate nella tomba. Invece ora, in meno di due giorni, era arrivato ad avere rapporti molto intimi con Sherlock. E aveva l’intenzione di andare oltre. Lo voleva. Lo desiderava. Lo sognava di notte e di giorno. Non c’è la faceva più.
Quindi io ti attiro… Intendo a livello… Fisico.”
La prova di ieri sera non ti è bastata?”
Da quanto?”
Ora era il turno di John di essere confuso, più di quanto non lo fosse già, ovviamente.
Da quanto cosa?”
Da quanto ti attiro a livello fisico.”
John sentì le guance in fiamme, e pregò con tutto se stesso di un darlo a vedere anche fuori, ma Sherlock lo stava fissando in modo strano.
Ma non lo so.”
Non lo sai?”
No!”
Sicuro?”
E tu da quanto?”
Come?”
John pensò un ‘fregato’, era riuscito a prendere il detective in contropiede.
Da quanto tempo ti attiro fisicamente eh?”
Che c’entra.”
Centra.”
No…”
Sherlock.”
No! E’ diverso.”
Sembrava nel panico, non era quella la reazione che voleva scatenare.
Come è diverso?”
Si! Tu lo sai! Io non provo… Certe cose.”
Che sciocchezze, sei un uomo anche tu, come tutti. Avrai delle preferenze.”
No! Non ne ho!” ora aveva iniziato a respirare con affanno.
Ehi, va tutto bene.- Anche Rosie aveva iniziato ad agitarsi. -Stiamo solo parlando.”
No…”
John aveva allungato una mano per toccarlo, ma Sherlock si era allontanato con uno scatto.
Non c’è niente che devo dire.” prese le scale a passo spedito.
Ehi! Sherlock!”
John era rimasto sconvolto da quella reazione ma Rosie aveva iniziato a piangere e ora doveva preoccuparsi di lei, non poteva correre dietro a Sherlock.

Finalmente dopo averci messo quasi mezz'ora solo per calmare la bambina, era riuscita a darla a Kirsty. Per fortuna la ragazza sapeva come distrarla.
Sherlock era sparito, probabilmente si era andato a chiudere in camera, e non si era più visto.
John allora salì di sopra e andò a bussare alla porta della camera che ora condividevano.
Sherlock?”
Ma da dentro nessuna risposta. Così bussò nuovamente.
Sherlock?”
Niente. Abbassò la maniglia e aprì piano la porta. Dentro c’era silenzio assoluto, sbirciò nella camera.
Trovò Sherlock tutto rannicchiato su se stesso, era girato verso l’armadio, e stava sul bordo del lato dove di solito dormiva John.
John entrò e andò a sederglisi vicino.
Che ti è successo? Di cosa hai paura.” lo accarezzò lungo il fianco, ma da Sherlock nessuna risposta.
Dai dimmelo, non tenerti tutto dentro.”
Per me è diverso…” il tono di Sherlock era basso e lieve.
Che cosa è diverso?”
Non provo attrazione come gli altri. E’ più una cosa mentale.”
Ne sono consapevole, ma dovrai avere… Degli istinti. Magari non dico sempre, ma ogni tanto.”
Non con le donne…” era stato talmente flebile che John quasi pensava di esserselo immaginato di aver sentito quelle parole.
Non con- Ma credevo che con Irene… Insomma mi parevi molto preso.”
Te l’ho detto io provo attrazione mentale.”
Giusto, scusa. Quindi era solo quello.”
Si. E tu eri geloso.”
Affatto.”
Sherlock voltò appena la testa, e fissò John con un occhio solo, poi tornò con metà del volto premuto sul cuscino.
Se ti fa sentire meglio esserne convinto.”
John si schiarì la gola.
Ero preoccupato.”
Per cosa eri preoccupato?”
Per te.”
Questa volta Sherlock si voltò totalmente a guardarlo.
Per me?”
Sì. Cercava di abbindolarti. Insomma, era palese che ti volesse attirare.”
E a te dava fastidio.”
No, mi dava fastidio che si approfittasse della tua voglia di aiutarla. Non hai risposto alla mia domanda.” riprese John piccato.
Ti ho risposto.”
Oh Sherlock sei impossibile. Quello lo avevo già capito da anni.”
Cosa? Che le donne non fossero di mio interesse?”
Già!”
Però credevi che con Irene…”
Perché non ero proprio convinto fosse totalmente… In un senso. Non so se mi spiego.”
E non ti da fastidio?”
Perché dovrebbe darmi fastidio?”
Perché tu mi piaci. E non intendo solo che provo attrazione a livello intellettuale.”
Quel discorso era stato come il lancio di una bomba atomica.
Non perché lo avesse sconvolto l’idea di piacere a Sherlock, anzi di quello ne era estremamente felice. Ma mai nella vita avrebbe creduto di sentire uscire parole del genere dalla sua bocca. Probabilmente anche Sherlock si sarebbe portato quelle verità nella tomba, se non fosse mai successo nulla di quello che era accaduto loro nell’ultimo anno. La cosa fece particolarmente male a John.
Non avrei mai dovuto dirtelo.”
Il dottore si risvegliò da quella specie di catatonia.
No, io sono felice che tu me lo abbia detto!”
Sei sconvolto.”
Certo che sono sconvolto è una cosa grossa! Cosa aspettavi che facessi, che ti rispondessi: ‘ah si grazie’? Da quanto. E voglio una risposta.”
Sherlock rimase in silenzio per un momento interminabile.
Dal momento in cui ti ho conosciuto. Insomma non da subito. Te l’ho detto, prima provo attrazione a livello mentale. Però non ci è voluto troppo prima che capissi che… C’era qualcosa di strano. Ed è stato orribile. Avrei preferito non sentire nulla.”
A John era andato il cuore in mille pezzi. Pensare a tutti quegli anni e dopo tutto quello che era successo loro, si fosse tenuto tutto dentro, e lo avesse spinto in fondo, sempre più infondo, era orribile. Si sentiva orribile per non essersene mai accorto prima. Ora capiva tutto. Il bacio che gli aveva dato sulla spiaggia, dopo il terribile racconto di quello che gli era accaduto, aveva scoperchiato il vaso e non poteva più richiuderlo.
Praticamente si buttò sulle sue labbra, in preda alla disperazione totale. Non lo avrebbe abbandonato mai. Mai più. Sarebbe morto con lui se fosse stato necessario. Doveva fargli capire quanto fosse importante.


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Note d’autrice:

Eccoci qui. Questo è l’ultimo capitolo prima delle “vacanze”, come avevo già scritto nel capitolo 31. Ovviamente non è già tutto finito e la storia riprenderà regolarmente più avanti. Anzi, potrà capitare che aggiorni anche nel corso dell’estate, ma dal momento che non so quali giorni o quanti aggiornamenti ci saranno, visto che sarò appunto in vacanza e non posso fare previsioni a lungo termine per questi due mesi. Continuo a sottolineare che questo non è assolutamente un abbandono e che la storia ha la sua conclusione.

P.s. sto anche cercando una beta a cui possa interessare aiutarmi con la grammatica (ormai immagino lo abbiate capito da tempo che non è esattamente il mio forte). Se qualcuno fosse interessato mi contatti pure.

Un abbraccio a tutti i miei amati lettori, ci sentiamo presto <3

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Capitolo 33 Coming Soon

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Capitolo 33
*** Capitolo 33: ***


Capitolo 33:



***



La regina Victoria gradisce il suo tè?”
La bambina saltellò sulla sedia.
Si! Ha detto che ne vuole ancora.” afferrò la teiera di porcellana, compagna di un set da tè con fantasia floreale e bordi in oro, e fece il giro del piccolo tavolino rotondo.
Piano Rosie, non rovesciare tutto in giro.”
No non rovescio nulla.” la bambina diligentemente sollevò la teiera sopra la tazzina, sistemata davanti alla bambola di pezza, e versò il liquido caldo, senza far andare fuori nemmeno una goccia. Poi appoggiò la teiera sul centrino ricamato, e prese la ciotola con i cubetti di zucchero, con l’apposita pinza, ne lasciò cadere uno nella tazzina, e con il cucchiaino girò il tutto.
Brava, sei diventata la maestra del tè.”
La bambina trotterellò seduta al proprio posto.
Anche alla regina Elisabetta piace?”
Sì!- esclamò entusiasta sorseggiando il suo tè. -E a te piace?”
Come sempre. E lo zucchero va bene?”
Sì tesoro è perfetto.”
Il gusto preferito di Rosie era il tè con bacche selvatiche e mirtillo. Per essere ancora così piccola aveva le idee molto chiare su quello che le piacesse o meno.
Come ad esempio, detestava il rosa troppo acceso, preferiva tonalità più tenui, vicino al lilla o al viola. Ci aveva fatto fare l’intera cameretta così. E amava tutte le sue bambole, a cui aveva dato ad ognuna nomi di regine o principesse realmente esistite. Nulla di fantasia. Aveva con sé ancora il cane di pezza Sparky, che aveva da quando era nata. Amava gatti e cavalli; in realtà amava tutti gli animali, ma quelli soprattutto erano i suoi preferiti. Ovviamente sapeva già leggere e scrivere. I suoi preferiti erano i racconti di fiabe con castelli, di avventura, e di mistero.
John spesso e volentieri si domandava come avesse fatto a sviluppare una passione del genere, ma qualche dubbio lo aveva.
Ma lasciamo il tè anche per quando torna papà?”
No tesoro, sarà tardi quando torna. Lo sai che è al lavoro.”
Si perde sempre il tè.” Rosie a quelle parole mise il broncio.
Lo facciamo questo fine settimana. Anzi sai cosa, ci facciamo un bel pic-nic sulla spiaggia.”
Gli occhi di Rosie si illuminarono come piccole stelle.
Davvero?”
Ovviamente. E verranno anche la regina Elisabetta e la regina Vittoria?”
Si!”
La bambina andò a fiondarsi tra le braccia dell’uomo, che rise, accarezzandola sulla testa.
Quando torna a casa glielo diciamo. Sei contenta?”
Tantissimo!”
Le diede un bacio tra i biondi capelli.
Dai vai a finire il tuo tè che poi mettiamo a posto.”
Rosie si staccò dall’abbraccio e tornò sulla propria sedia.
Avevano quasi finito con quel loro, che ormai da qualche tempo, era diventato un rituale pomeridiano, quando un insolito suono attirò l’attenzione dell’uomo. Era un suono lontano, ma lui aveva buon orecchio e si era accorto subito che c’era qualcosa fuori posto, che non centrava nulla con il rumore delle onde o con il vento che spirava forte, un suono meccanico, che non sentiva da anni.
Alzò la testa e guardò fuori dalla piccola finestra del salotto, quella che dava sul sentiero che scendeva lungo la scogliera.
Strinse le labbra.
Che c’è?” Rosie era molto incuriosita da quell’insolito cambiamento.
Le fece segno di tacere e la bambina subito si ammutolì.
Il suono sembrava provenire da dietro la casa. Era come un rombo ovattato.
Passarono alcuni istanti.
Rosie vieni.” l’uomo si alzò dalla piccola sedia.
Che succede?”
Prese la bambina per la mano e la accompagnò fino alle scale, poi si piegò sulle ginocchia per poterla guardare negli occhi.
Ora tu vai in camera tua, chiudi la porta, e ci resti finché non ti vengo a chiamare. Capito?”
Ma…”
Per favore Rosie fa come ti ho detto. Resta in camera tua.”
Che succede.” dal tono più acuto che aveva assunto si capiva che era spaventata.
Niente tesoro mio. Non c’è niente che non va. Però voglio che tu stia nella tua cameretta. Solo per poco te lo prometto.”
La bambina si appese con le sottili braccia al collo del l’uomo, che la strinse a se.
Su vai. Vedrai che non succederà niente.”
Sciolse l’abbraccio, e lei salì svelta le scale.
In quel momento bussarono alla porta dell’ingresso.
L’uomo tornò in piedi e si sistemò meglio l’angolo della camicia che si era sollevato, ma non osò muoversi finché non sentì la porta al piano superiore chiudersi.
La persona dall’altra parte bussò ancora, più forte questa volta.
E dai Sherlock apri, lo so che ci sei!”
Quella voce la conosceva fin troppo bene. Chiuse per un attimo gli occhi, e quando gli riaprì, aprì la porta.
Ah eccoti, finalmente. Da quanto tempo eh?”
Greg Lestrade se ne stava in piedi sulla soglia di quella che Sherlock Holmes considerava ormai da anni, casa.
Non mi dire che dopo tutti questi anni ancora non parli.” lo incalzò il detective.
Sherlock assunse un'espressione scocciata.
Che cosa ci fai qui Lestrade?”
Il detective spalancò le braccia.
Miracolo! Ha ritrovato la voce!”
Hai finito?”
Tu sei sempre molto simpatico vedo. E’ questo il modo di salutare un vecchio amico?”
Sherlock fece una smorfia.
Noi non siamo amici, non lo siamo mai stati.”
Cavolo se sei acido. Mangiato limoni a colazione stamattina? Non mi fai nemmeno entrare per offrirmi un caffè?”
No. Vattene.”
Lestrade sbuffò.
Andiamo, lo sai che non posso.”
Che cosa vuoi da me?”
Ma in quel momento arrivò da dietro le spalle del detective, qualcun altro.
Sherlock spalancò la bocca, in un'espressione scioccata.
Mi sei mancato fratellino, non vieni a darmi un abbraccio?”
Sherlock strinse le labbra e il suo viso si deformò.
Perché siete qui! Andatevene da casa mia!”
Non essere sciocco. Non andiamo da nessuna parte senza di te.”
Come avete fatto a…”
A trovarti? Di certo non grazie al grande detective qui.” Mycroft puntò il pollice verso Lestrade, che si indignò particolarmente.
Ehi! Possibile che voi Homes dobbiate essere sempre così offensivi?”
Ma Mycroft semplicemente ignorò il pover uomo, ed entrò dentro casa, scansando il fratello minore.
Non vi ho dato il permesso di entrare!”
Dov’è il caro John?”
Sherlock irrigidì ogni parte del corpo. Nascose le mani dietro la schiena, e senza farsi vedere lasciò scivolare l’anello dal dito, per nasconderlo nella tasca dei pantaloni.
Non so di cosa stai parlando.”
Ah-ah, divertente fratellino.”
Smettila di chiamarmi così.”
Non dovrei chiamarti fratello?”
No.” il tono di Sherlock era mortalmente serio, e anche lo sguardo.
Quanto sei crudele.”
Non è crudele. Andatevene.”
Credimi tu non vuoi che c’è ne andiamo.”
Ah no? E perché mai? Siete a casa mia, e vi considero degli intrusi.”
Tecnicamente...- si intromise Lestrade. -E’ casa di John. O meglio, di John Doyle.”
Sherlock non poté fare a meno di esprimere sorpresa.
Come…”
Lo so? So fare il mio lavoro.”
Ma per favore. E’ solo grazie a me se li abbiamo trovati.”
Tu non puoi mai darmi un po’ di merito per qualcosa vero?”
Avete finito? Ve ne andate?”
Lestrade prese a fare il giro della cucina. Infilò una mano nel lavandino e tirò fuori due calici di vino usati e lasciati lì dalla sera precedente.
Ti sei dato all’alcolismo o non ti piace più pulire?”
Non sono affari tuoi.”
Il detective sbuffò e andò verso il salotto. Sherlock prontamente si avvicinò in quella direzione.
Stavi dando un party?”
Non sono affari tuoi.”
Ma la smetti? Si può sapere che ti prende? Non ci vediamo da anni e mi tratti così?”
Parla per te.”
Senti io vorrei fare le cose con le buone.”
Con le buone? Cos’è, una minaccia?”
Vedila così fratellino.- si intromise Mycroft. -”John ora è nella sua bella clinica in città se non sbaglio. Fuori ci sono gli uomini di Lestrade in un'auto di pattuglia, in borghese. Pensa se dovessero entrare ora, con tutti i suoi pazienti in sala di attesa, oppure, se fai il bravo e collabori, aspettiamo che abbia finito e sembrerà soltanto che se ne sta andando con degli amici.”
Lo sguardo di Sherlock si riempì d’odio.
Sei proprio un bastardo.”
Piano con gli insulti. Che ti piaccia o meno siamo sempre fratelli, e tu devi fare la cosa giusta. Basta nascondersi. Devi tornare a casa.”
Io sto bene qui, questa è casa mia, e non puoi costringermi a fare proprio niente.”
Greg fece un passo in avanti.
Tecnicamente… Può. Può accusare John di rapimento.”
Sherlock a quelle parole scoppiò a ridere.
Rapimento? Che c’è a Scotland Yard avete proprio voglia di farvi ridere dietro? Come si dovrebbe rapire un uomo adulto che se ne è andato di sua spontanea volontà?”
Se te ne sei andato davvero di tua spontanea volontà perché il caro John ha dovuto falsificare dei documenti e svignarsela come avrebbe fatto un criminale?”
Lo sguardo di Sherlock si accese dalla rabbia.
A causa tua e lo sai benissimo!”
Perché mi sono preoccupato per te e per la tua salute? Sono proprio cattivo.”
Si lo sei. Tu non hai voluto ascoltarmi. Vuoi prendere decisioni al mio posto, cose che riguardano me stesso, perché non puoi controllarmi, e tu odi non controllare ogni cosa.”
Mycroft avanzò con fare minaccioso e puntando un dito contro il petto del fratello minore.
Io mi sono sempre preoccupato per te. Chi ti è venuto a recuperare ogni volta che cadevi nel baratro? Chi ti ha tirato fuori ogni volta che finivi nei bassifondi perché eri troppo strafatto? Io! Non Lestrade, non John. Io! E tu hai preso e te ne sei andato, fregandotene delle conseguenze, che è esattamente quello che fai sempre! Te ne freghi degli altri.”
Sherlock sentì gli angoli degli occhi bagnarsi ma non avrebbe versato una sola lacrima, nemmeno se erano per la rabbia, o per la frustrazione.
Sei solo geloso perché preferisco lui a te. Tu sei sempre stato geloso di quello che avevo o di chi mi dava un minimo di attenzioni.”
E chi Sherlock ti ha mai dato attenzioni?”
Sherlock strinse forte i pugni per evitare di picchiare il proprio stesso fratello.
Greg si mise in mezzo.
Va bene, basta. Non riuscite a fare una conversazione civile voi due.- spinse Mycroft per farlo allontanare. Poi si rivolse al maggiore degli Holmes. -Non dovevamo convincerlo a seguirci con le buone?”
Le buone con lui non hanno mai funzionato.”
Lestrade sollevò le braccia per poi farle ricadere lungo i fianchi.
Che ho fatto di male nelle mie vite precedenti per meritare voi due.
Sherlock, quello che tuo fratello sta cercando di dirti, in modo pacato e gentile se ne fosse in grado; è che dovresti tornare a casa. Intendo a Londra. Capisco perché tu abbia sentito il bisogno di fuggire, dico davvero, credimi. Ma è ora di prendersi le proprie responsabilità, anche se è difficile.”
O magari dovresti fare il tuo lavoro.”
Ma io non posso farlo se tu non collabori! Sei l’unico testimone che ho, non ho altro. Per favore.” il detective sperò che le suppliche potessero bastare. In tutto quel tempo il caso era rimasto freddo, e la cosa non lo faceva dormire la notte. In più aveva dovuto usare tutte le risorse per cercare i due scomparsi. L’unica cosa positiva era che nemmeno il grande Mr. Governo in quegli anni era riuscito a non trovare nulla, almeno questo in un certo senso lo consolava.
Mi dispiace Lestrade…”
Verrai via con noi che ti piaccia o meno, te lo abbiamo detto. Non hai scelta. O tutti sapranno che il tuo amico John è un truffatore. E’ questo che vuoi?”
Sherlock fece per aprire la bocca e ribattere ma un rumore proveniente alle spalle lo fece girare di scatto. Ormai conosceva quella casa meglio delle sue tasche, sapeva distinguere ogni scricchiolio delle assi di legno, i vari suoni provocati dal vento che spirava dal mare o dalla campagna. E quello era stato il preciso scricchiolio di qualcuno che aveva appoggiato i piedi sull’ultimo gradino della scala che portava al piano superiore, dove si trovavano le stanze da letto.
Ehi.- si piegò sulle ginocchia. -Non ti avevo detto di stare in camera tua e non uscire finché non venivo a chiamarti?”
La bambina, che ora si stava dondolando avanti e indietro sui propri piedi, aveva uno sguardo preoccupato, gli gettò le braccia al collo.
Va tutto bene, sto solo discutendo con dei vecchi amici… Ma ora se ne vanno.” la abbracciò e lei lo strinse più forte che poteva.
Rosie? Sei davvero tu? Mio dio ma quanto sei cresciuta!”
Lestrade si era avvicinato per vedere meglio la bambina, ma lei vedendo degli estranei si era riparata dietro a Sherlock.
Sta tranquilla conosco tuo padre da prima che tu nascessi sai? Mi chiamo Greg. Sei diventata davvero grande, wow.”
Rosie stava sbirciando da dietro la gamba di Sherlock.
Ti ha lasciato a fare la babysitter?” Mycroft non sembrava affatto felice della scena.
Sta zitto.” Sherlock sibilò quelle parole tra i denti
Hai fatto proprio un bel miglioramento, ti sta usando per i suoi comodi. Immagino che gli convenga così, mentre lui sta fuori tutto il giorno, avere qualcuno che bada a sua figlia.”
Ti ho detto di chiudere quella maledetta bocca. Non sai proprio niente.”
Mycroft, smettila un po’. E’ solo una bambina.” anche Lestrade sembrava risentito.
Non importa, non cambia nulla. Tu verrai con noi. Lestrade, chiama i tuoi colleghi.”
Sherlock a quelle parole fece un passo in avanti.
No!” Rosie sempre ben nascosta dietro alle sue gambe.
Non ci lasci scelta.”
Verrò con voi ma lasciatelo stare!”
Bene allora. Se hai deciso di essere collaborativo. Metti il cappotto. C’è ne andiamo da qui.”
Lestrade si avvicinò al fianco di Mycroft e iniziò a parlargli all’orecchio.
E dovrebbe essere un mio problema?” il maggiore degli Holmes sembrava molto infastidito da qualunque cosa il detective gli stesse dicendo.
Va bene, va bene, ho capito. Ma io non faccio il babysitter.- diede un'ultima occhiata al fratello minore. -Datevi una mossa.” prese la porta e uscì.
Lestrade sospirò.
Mi dispiace, che sia andata così intendo.”
Non è vero. Come avete fatto a trovarci?”
Ahm…” Lestrade prese un foglio piegato dalla tasca dell’impermeabile e lo allungò a Sherlock.
Sherlock aprì il foglio diviso in quattro parti. C’era un disegno di Rosie, erano disegnati tutti e tre e sullo sfondo c’era la loro casa. Aggrottò le sopracciglia.
Come fai ad averlo?”
A scuola è arrivata una nuova maestra no? Lavorava a Londra come insegnante privata per una famiglia, il padre di questa famiglia lavora per l’ufficio di Mycroft. Credo che lei abbia sentito il tuo nome, quando è venuta qui ha visto il disegno, e ha capito. Sì insomma, le è bastato fare due più due, non è che esistano così tanti Sherlock. Così ha chiamato il suo vecchio capo, e lui ha chiamato tuo fratello. Abbiamo controllato i nomi che ci ha dato, o meglio, quello di John, visto che non potevamo basarci solo sul tuo nome, e così abbiamo scoperto che questa casa è con il suo nome falso, e abbiamo anche scoperto che lavorava allo studio medico in città e alla Casa di Riposo.”
Sherlock deglutì.
Ah...” 
Si sentiva così tremendamente stupido per essersi lasciato fregare da un dettaglio tanto insiginificante. Come aveva fatto a non pensarci? Per uno stupido nome poi. Aveva dato per scontanto che nessuno che potesse conoscerlo sarebbe mai arrivato fino a li. E nonostante non avesse scritto il suo nome su nessun documento ufficile, nemmeno sull’accquisto della casa, era bastato così poco per rovinare tutto. Come sempre. Poteva incolpare solo se stesso e la propria stupidità e presunzione.
Dai, tuo fratello ci sta aspettando.”
Ci sono davvero quegli agenti davanti alla clinica dove lavora John?”
Si. Lo sono andati a prendere, ma aspetteranno che abbia finito il turno.”
Sherlock annuì.
Vieni tesoro.” prese Rosie in braccio.
Dove andiamo?”
Facciamo un bel viaggio.”
Ma papà?”
Lui ci raggiunge quando ha finito il lavoro.”
Ma dove andiamo?”
Sherlock la baciò sulla tempia.
In un bel posto, vedrai ti piacerà.”
E piacerà anche a papà?”
Certo. Sono sicuro di sì.”
Okay. Sei arrabbiato?”
Perché dovrei essere arrabbiato?”
Perché non sono rimasta nella mia stanza. E per il disegno…”
Non potrei mai arrabbiarmi con te. Non hai fatto niente di sbagliato te lo assicuro.”
La sistemò sulla panca all’ingresso, in modo da poterle infilare le scarpe.
Io.. Vi aspetto qua fuori.” Lestrade prese la porta.
Dopo un paio di minuti Sherlock uscì con la bambina in braccio, Gred era rimasto ad aspettarli sul piccolo spiazzo davanti lo casa.
Che c’è avevi paura che scappassimo?”
Visto i precedenti.”
Sherlock fece un piccolo sorriso.
Guarda che potresti anche gongolare un po’ meno.”
E perdere l’occasione per farvi sentire degli stupidi? Perché mai.”
Vedo che non sei cambiato affatto.”
Non sai niente di me.”
Dici?”
Non sapevi niente nemmeno prima se è per questo.”
Hai finito di insultarmi?”
Se ti da così fastidio lasciami qui.”
Bel tentativo.”
Salirono per il sentiero e arrivarono a bordo strada.
Allora? Dov’è la macchina?”
Niente macchina.” Greg attraversò la strada e si incamminò tra l’erba alta. Sherlock lo fissò con espressione poco convinta, restando fermo sul ciglio.
Dai muoviti!” urlò il detective di Scotland Yard.
Sherlock dal canto suo, se avesse potuto, sarebbe fuggito, ma non poteva fare altro che rassegnarsi a quella situazione. Prese un bel respiro, e attraversò la strada. Solo in quel momento si accorse che in lontananza si intravedeva un elicottero, il suono delle eliche e del motore ora arrivava più forte.
Che cos’è?” Rosie sembrava un misto tra l’intimorito e il curioso.
Un elicottero tesoro…”
Oh, bello!”
Sherlock allungò il passo per raggiungere Lestrade.
Lestrade non mi sembra il caso. Credevo ci fosse un auto.”
Mi dispiace, ci sarebbe voluto troppo tempo con una macchina.”
Ma è solo una bambina.”
Mi dispiace.” Greg era davvero dispiaciuto per quella situazione, ma anche lui non poteva fare altrimenti.
Voglio andare!” Rosie dal canto suo sembrava entusiasta di provare questa nuova esperienza, molto più di quanto non lo fossero gli adulti.
Sherlock sospirò e salì a bordo. Si mise sul sedile accanto a quello del fratello e al suo fianco sistemò la bambina, assicurandosi che fosse ben legata con ogni presidio di sicurezza. Greg aveva richiuso il portellone e si stava allontanando, facendo il percorso verso la casa.
Uno dei piloti allungò un paio di cuffie, contro il rumore.
Sherlock ne mise un paio a coprire le orecchie di Rosie, sempre più entusiasta, per lei era come andare sulle montagne russe al luna park, o al parco divertimenti.
Quando i piloti dell’elicottero furono sicuri che tutti fossero protetti e con le cinture ben agganciate, finalmente si sollevarono in volo.
Sherlock strinse Rosie contro al fianco, ma lei era troppo impegnata a guardare fuori il paesaggio che si allontanava sempre di più.
Rosie non aveva mai preso un aereo nella sua ancora breve vita. Avevano fatto dei viaggi per brevi vacanze, soprattutto lungo la costa scozzese, ma erano sempre andati in auto.
Amava sempre provare o scoprire cose nuove ed era tremendamente curiosa, tanto che almeno un paio di volte si era cacciata in ‘piccoli guai’, niente di pericoloso ma era bastato a far venire i capelli bianchi sia a John che a Sherlock.


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Note d’autrice:

TA DAN
A sorpresa il capitolo 33- In realtà avrei aggiornato già settimana scorsa ma sono senza connessione e ne ho approfittato oggi che sto riuscendo ad usare il 4G del cellulare collegato al pc. Non tiratemi le pietre, so che ho buttato un altra bomba diciamo, da capitolo che non ti aspetti (ops). Non do troppi dettagli, ovviamente, altrimenti dove sta il divertimento.
Per quanto riguarda la questione, John e Sherlock che si sono fatti beccare, spero che la questione sia abbastanza chiara ma in caso faccio uno spiegone se qualcuno dovesse avere qualche dubbio.

Bene, non mi dilungo troppo, in realtà spero non mi abbiate abbandonato, so che è trascorso un sacco di tempo dall’ultimo aggiornamento.
Qui procede tutto bene, sto cercando di finire un paio di cose e continuarne delle altre, spero di riuscire a pubblicarne qualcuna in inverno, come avevo già detto.

P.s. sto anche cercando una beta a cui possa interessare aiutarmi con la grammatica (ormai immagino lo abbiate capito da tempo che non è esattamente il mio forte). Se qualcuno fosse interessato mi contatti pure.

Ringrazio di cuore tutte le persone che hanno aggiunto questa storia tra le preferite e le seguite <3

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Capitolo 34 Coming Soon

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Capitolo 34
*** Capitolo 34: ***


Capitolo 34:





***



Il viaggio in elicottero, fu molto più breve. Per arrivare a Londra ci sarebbero volute almeno dalle sei alle otto ore con un automobile. Quindi almeno in quel senso Sherlock era grato che quella tortura fosse durata così brevemente.
Quando atterrarono il sole stava già tramontando, e si trovavano in un posto che il detective non riusciva a riconoscere.
Una volta che l’elicottero si posò a terra, e le pale delle eliche rallentarono il ritmo, sganciò la cintura, e poi fece lo stesso con quella di Rosie, le tolse anche le cuffie.
Stai bene?”
Lei annuì.
E’ stato divertente!”
A si? Non è esattamente il termine che avrei usato.”
A te non è piaciuto?”
Uhm, ecco, io sono un po’ cresciuto per divertirmi.”
Rosie rise. Il suo tono gioioso e squillante bastò a farlo sorridere.
Sherlock scese per primo, ed allungò le braccia. Rosie si era subito tuffata tra di esse, aggrappandosi con una mano alla spalla dell’uomo.
Dove siamo?” chiese Rosie incuriosita. Sherlock scostò delle ciocche di biondi capelli che le erano finite davanti al volto.
Non lo so tesoro.”
Non lo sai?- Mycroft era sopraggiunto alle spalle di Sherlock e si era messo al fianco del fratello minore. -Che vergogna, non riconosci nemmeno più casa tua.”
Il volto di Sherlock a quelle parole si era contratto. La mascella stretta, e gli occhi sgranati.
Rosie vedendo Sherlock in quello stato, si era subito preoccupata. Accarezzò l’uomo sulla guancia, si avvicinò al suo orecchio sussurrandogli qualcosa.
Credevo dovessimo andare a Londra…” Sherlock lo sibilò tra i denti.
Il tuo affetto verso i nostri genitori mi sorprende Sherlock. Sei sparito per anni, dovresti solo ringraziare che ti abbia portato qui. Non hai la minima idea dei salti mortali che ho dovuto fare per convincerli del perché tu fossi sparito.”
Oh sono sicuro che ti sarai inventato della grandi storie.”
Mycroft raddrizzò la schiena, assumendo un'aria imponente, solitamente lo faceva quando doveva terrorizzare qualcuno, e funzionava sempre. Tranne con Sherlock, ovviamente.
Stammi a sentire piccolo ingrato, non hai la più pallida idea di quello che è stato qui. Ho dovuto consolare mamma che era perennemente disperata per la tua assenza. Mi sono dovuto inventare una missione segreta in un paese lontano. Ho perfino fatto scrivere ad un falsario delle lettere. Quindi tu ora entri e ti comporti da bravo figlio a cui mancano mamma e papà, chiaro?”
La mascella di Sherlock si strinse ancora di più.
Portò una mano sull’orecchio di Rosie e la spinse delicatamente con il lato della testa contro la spalla.
Sei un bastardo.”
Buh-hu. Aspetta che me ne importi qualcosa. Non te ne frega proprio niente degli altri, ti importa solo ed esclusivamente di te stesso. Sei andato a spassartela con John, lasciando tutti nei liquami fino alle ginocchia.”
Sherlock afferrò Mycroft per il bavero del cappotto.
Io. Non. Me. La. Sono. Spassata.” il tono era duro e pieno di rabbia.
Ah no? E io mi chiedo, cosa avete fatto tutto questo tempo così isolati e soli soletti? Hm?”
Le guance di Sherlock avvamparono, e Mycroft si concesse un piccolo ghigno di vittoria.
Non sono affari tuoi!” Sherlock sorpassò il fratello, andando in verso casa Holmes.



La casa era esattamente come se la ricordava. Negli anni in cui era stato via non era cambiato nulla. I mattoni rossi erano sempre al loro esatto posto, anche il giardino era esattamente come lo aveva visto l’ultima volta.
Tutto intorno campagna aperta. Di tanto in tanto si sentiva il suono di qualche insetto, che ancora non aveva intenzione di andarsene in letargo.
Era stato bello crescere in quel posto.
Pensò che in fondo era felice che anche Rosie potesse crescere in una bella casa come quella in cui erano ora.
Sherlock amava la casa sulla scogliera. Non l’avrebbe lasciata per nessuna ragione al mondo. Niente e nessuno lo avrebbe convinto o costretto a tornare a Londra, o alla vita che aveva prima. Mai.
Le luci dentro casa Holmes erano tutte accese e si capiva che gli abitanti al suo interno fossero ancora ben svegli.
Sherlock poteva già percepire il calore che si trovava all’interno, stando sulla soglia di casa.
Che posto è?” Rosie glielo aveva sussurrato all’orecchio.
E’ un bel posto vedrai, io sono cresciuto qui.”
Trovò molto buffa l’espressione di stupore sul volto della bambina.
Davvero? Pensavo fossi cresciuto con papà.”
Sherlock a quelle parole scoppiò in una sonora risata. Diede un bacio sulla tempia a Rosie.
Avrei tanto voluto, ma purtroppo sono cresciuto con questo qui.”
Si voltò ad indicare Mycroft, che nel frattempo gli aveva raggiunti ed era rimasto un passo indietro.
Ora l’espressione di Rosie era ancora più stupita, e molto confusa.
Ti prometto che ti spiegherò tutto, presto, ok?”
Lei annuì. In quel momento si aprì la porta, senza che nessuno avesse bussato.
Difronte a loro comparse una donna, con gli occhi incredibilmente azzurri e i capelli bianchi raccolti dietro la testa, senza nemmeno un capello fuori posto. Era vestita in modo molto semplice, con una camicetta bianca e dei pantaloni di stoffa, blu.
Sherlock!” la donna quasi urlò dalla sorpresa, e in un secondo Sherlock si ritrovò stritolato in una morsa e riempito di baci ovunque sul viso.
No… Mad…” ma per quanto cercasse di svicolare e allontanarsi, era intrappolato, stretto in quell’abbraccio materno.
Madre…”
Il mio bambino!” la donna sembrava non ci sentisse nemmeno, continuava a lasciare baci a stampo sul viso del figlio.
La signora Holmes prese il volto del figlio tra le mani, in modo da poterlo guardare meglio.
Santo cielo sei ancora più bello dell’ultima volta che ti ho visto! E sei anche ringiovanito!”
Sherlock sentì le guance scottare.
Non mi sembra il caso di esagerare…”
Ma quale esagerare! Sono solo fatti!”
La signora Holmes stritolò il figlio nell’ennesimo abbraccio.
Possiamo entrare madre, o dobbiamo stare qua fuori tutta la notte?”
La voce piccata di Mycroft interruppe l’idillio di quell’incontro famigliare.
Oh Mycroft, sei sempre il solito geloso! Forza entrate.”
Il primo ad entrare in casa Holmes, fu proprio Sherlock.
E comunque, io non sono geloso.” il tono lamentoso del maggiore dei fratelli Holmes lasciava intendere tutto il contrario, ma la donna gli diede un piccolo buffetto sulla spalla.
Sei stato qui anche domenica, mentre mio figlio non lo vedo da anni.” lamentò la signora Holmes.
Sono anche io tuo figlio.”
Cara, smettila di bisticciare con Mycroft.” per fortuna c’era sempre il signor Holmes a fare da paciere. Purtroppo, per sua grande sfortuna, a detta dell’uomo, i suoi due preziosi figli, avevano preso tutto il carattere della madre.
Il signor Holmes infatti preferiva stare fuori da qualsiasi questione o litigio; amava la sua amata poltrona più di ogni altra cosa, ovviamente veniva solo dopo moglie e figli, anche se spesso e volentieri ne dubitavano. Ma comunque, niente lo avrebbe fatto desistere dal passarci le ore; rilassato a leggere giornali vari o qualche grosso libro, sorseggiando tè, o un bicchiere di Brandy la sera.
Ciao papà.” Sherlock salutò quasi timidamente il genitore, che solo per un momento staccò gli occhi dal tomo che stava leggendo.
Ciao figlio. Ti trovo bene. Tu stai bene?”
Si, alla grande.” annuì semplicemente.
Anche il genitore si limitò ad annuire.
Ne sono molto felice. Ci sei mancato.”
Anche voi.”
Soprattutto a tua madre.”
Si, me lo ha fatto notare.”
Scusami e tu chi sei?” Era stata la signora Holmes a parlare, e presi dalla confusione di quella domanda, padre e figliorivolsero lo sguardo verso la donna, senza capire con chi stesse parlando.
Sherlock capì un attimo dopo, perché lo sguardo di lei era rivolto verso il basso.
Rosie si era nascosta dietro le gambe del detective.
Ah… Lei è Rosie.”
Rosie?” chiese la signora Holmes con tono sorpreso ed incuriosito.
La figlia… La figlia di John….”
Sul volto della donna si dipinse un espressione quasi di sollievo, e a Sherlock la cosa fece male.
Ma certo! Santo cielo ma guarda quanto sei grande! Lo sai, quando ti ho visto eri ancora dentro la pancia della tua mam-”
Sherlock diede un forte colpo di tosse, e rifilò un occhiataccia alla propria madre, che per fortuna, da donna sveglia ed intelligente qual’era, capì subito.
Eri molto, molto piccola. Ma come sta John?”
Questa volta la domanda fu rivolta direttamente al figlio.
Bene.”
Sono così contenta, dopo tutto quello che ha passato.”
Già, poverino.” il tono di Mycroft nel dire quella frase era stato spruzzato con una punta di acidità, e mal celata ironia.
Anche la signora Holmes rifilò un occhiataccia al figlio maggiore.
Su toglietevi i cappotti e mettetevi comodi.”
Sherlock obbedì e si sfilò il lungo cappotto nero, per poi chinarsi ad aiutare la bambina.
Santo cielo!”
Persino Sherlock sobbalzò sentendo il tono così sconvolto della madre.
Perché siete in pigiama!”
Sherlock si mise in piedi, tenendo sul braccio il proprio cappotto e quello di Rosie.
Chiedilo al tuo primogenito.”
La signora Holmes si rivolse con sguardo di fuoco verso Mycroft.
Mycroft Holmes! Hai una valida scusa per questo? Perché mio figlio è uscito di casa in pigiama! E poi non ti vergogni, anche una bambina piccola! Non ti ho cresciuto così!”
Madre…”
Silenzio! Non ti ho dato diritto di replicare!”
Mycroft diventò rosso in faccia dalladalla frustrazione, ma ovviamente non osò ribattere. Nessuno contraddiceva la signora Holmes.
Il mio povero bambino.” la signora Holmes tornò a stritolare di abbracci Sherlock, che proprio non ne poteva più di tutto quel contatto non richiesto.
Hai preso freddo?”
No, avevo il cappotto…”
E tu tesoro? Senti freddo? Vuoi una coperta?”
Sherlock sentì Rosie al suo fianco che ridacchiava.
Lo vuoi un bel biscotto?” la signora Holmes allungò la mano, ma Rosie prima alzò la testa e guardò Sherlock, lui le accennò un sì con la testa, così la bambina prese la mano della donna.
Sei davvero una brava bambina. Dai ora andiamo di là in cucina così ti do il biscotto.” le due si allontanarono.
Sherlock andò a sedersi su di una delle poltrone.
Rosie tornò un minuto dopo trotterellando felice, tenendo tra le mani un grande biscotto tondo con grosse gocce di cioccolato.
Si avvicinò alle gambe di Sherlock, e si mise seduta a terra, sul tappeto. Sherlock le accarezzò dolcemente i capelli.
La signora Holmes ovviamente non si perse nulla di quella toccante scena, e dentro la sua testa stava già frullando qualcosa.
Cosa fa di bello John? Come mai non è con voi?” l’aveva fatta come una normalissima domanda disinteressata, ma in realtà era interessata e come.
Sta lavorando. Lui lavora in una clinica.”
Ah quindi ha continuato con il lavoro da dottore. Ne sono molto felice. E’ uno dei migliori che abbia mai conosciuto. Ci sono di quegli incompetenti in giro, se solo fossero tutti come John, potremmo avere tutti le cure migliori.”
Immagino che sia così…”
E tu invece cosa fai?”
Sherlock avrebbe dovuto aspettarsi una domanda del genere, invece era arrivato impreparato, non pensando minimamente che tutti glielo avrebbero chiesto prima o poi.
Io… Niente di che…”
Te l’ho detto madre, non ti posso dire quello che ha fatto Sherlock in questi anni.” per fortuna Mycroft aveva deciso di venire in soccorso del fratello, anche se lo aveva fatto solo per portare avanti la farsa che si era inventato.
Oh tu e i tuoi segreti da spia. Ora hai coinvolto anche una famiglia intera!”
Non è così…”
E com’è?”
Non posso dirtelo.”
Più Mycroft insisteva sul riserbo, e più la signora Holmes si infuriava perché voleva sapere, ma per loro fortuna non poteva farci nulla, si sarebbe dovuta mettere il cuore in pace.
E comunque John ha liberamente scelto di seguire Sherlock.”
E’ davvero molto eroico da parte sua, sono sicura che seguirebbe Sherlock ovunque.”
Il diretto interessato si schiarì la gola.
Non parlate di me come se non ci fossi.”
Scusa tesoro hai perfettamente ragione. Però merito di sapere quello che avete fatto in questi anni di lontananza.” la donna sapeva come colpire basso perché aveva assunto quell’aria imbronciata, che sapeva perfettamente funzionare per ottenere qualunque cosa volesse, dal signor Holmes.
Madre… Vale lo stesso discorso di prima. Non può dirti nulla. E ad ogni modo, ha fatto quello che fa sempre. Ovvero il suo lavoro.”
Per una volta Sherlock dovette ringraziare il fratello maggiore per essersi messo in mezzo.
Bene allora visto che ci sono dei segreti in questa famiglia, andrò a vedere di combinare qualcosa di produttivo.”
Madre…”
No, va bene così.” la donna, a testa alta se ne andò, sparendo nel corridoio che portava all’altro lato della casa.
Sherlock rimase fermo immobile al suo posto, fissando il vuoto per qualche istante.
Anche Mycroft stava fissando Sherlock con intensità, probabilmente aveva già capito che nella testa del fratello più piccolo dovesse esserci un dilemma interiore, decisioni difficili dovevano essere prese.
Sherlock si alzò dalla poltrona con uno scatto.
Tesoro io devo andare un attimo di là, riesci a stare sola per qualche minuto?”
Rosie era ancora tutta intenta ad assaporare il suo biscotto con scaglie di cioccolato, quindi non diede particolare attenzione a quelle parole, si limitò ad annuire.
Allora io… Io sono di là…” Sherlock a sua volta sparì, alla ricerca della madre, che non era finita chissà dove, solo nella stanza adibita a lavanderia, e stava nervosamente caricando una lavatrice.
Mamma…”
La signora Holmes si voltò con uno scatto. Probabilmente era da quando Mycroft e Sherlock erano bambini, che non si sentiva chiamare semplicemente ‘mamma’; quindi la cosa doveva essere seria.
Sherlock se ne stava fermo sulla soglia.
Sì Sherlock cosa c’è?”
Ti… Ti posso parlare?”
La Signora Holmes lasciò andare una camicia nel cestello aperto della lavatrice.
Ma certo che puoi.”
Non sei arrabbiata vero?”
Lei parve pensarci su un attimo.
No, solo un po’ infastidita, sai che detesto i segreti.- disse, sorridendo dolcemente. -Che cosa c’è? Cosa ti preoccupa? Lo vedo che hai qualcosa che non va. L’ho capito dal momento in cui sei entrato da quella porta. Sei diverso.”
Se Sherlock era bravo dedurre, e Mycroft ad usare i suoi talenti mentali per lo spionaggio, nessuno poteva battere la signora Holmes, che, probabilmente, era davvero la persona più intelligente del mondo.
Sherlock entrò nella piccola stanza e chiuse la porta.
Io…” ma chiuse gli occhi e deglutì. Sentiva il nervosismo stringergli la gola. Non aveva idea di come fare un discorso del genere.
Che succede? Ch’è c’è che ti affligge così tanto?”
Io… Non voglio deluderti.” Sherlock non aveva nemmeno il coraggio di sollevare lo sguardo dal pavimento.
Deludermi? Non potresti deludermi nemmeno se ti ci mettessi di impegno.”
Non ne sono così sicuro.”
Si può sapere di cosa stai parlando?- ora il tono della signora Holmes era davvero apprensivo. -Non credo ci possa essere nulla di terribile che tu possa fare. Anche perché le cose più terribili non le faresti mai.”
Ho ucciso.”
Lo hai fatto per difesa.”
Messo alle strette e senza più alcuna scusa per rimandare l’inevitabile, Sherlock prese un bel respiro, infilò la mano nella tasca anteriore dei pantaloni, poi allungò il pugno chiuso verso la propria madre, che fissava quella scena, senza capire cosa stesse accadendo.
Il detective aprì la mano, girata con il palmo all’insù. Su di esso vi era posato un anello. Era di metallo, dai bordi larghi, una fascia al centro nera e con un sottile contorno di platino.
Poi prese l’anello, e se lo mise all’anulare della mano sinistra.
L’espressione sul volto della signora Holmes si trasformò in totale sbigottimento.


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Note d’autrice:
Finalmente sono a casa, ho di nuovo il wi fi, quindi non devo più piangere in aramaico antico. Mi sono giusto presa una settimana in più che avevo un casino di camera da sistemare. Vabbè questi dettagli non sono rilevanti. Questo per dire che posso tornare ad aggiornare. Yeeee.
Poi ci tengo a scusarmi se ho saltato a rispondere a qualche recensione. Sempre causa connessione che faceva letteralmente schifo. Già è tanto che sia riuscita a mettere i capitoli 32 e 33.
Un grazie anche a chi ha aggiunto la storia ai preferiti e seguiti, nell’ultimo periodo.

Per quanto riguarda questo capitolo, spero non sia troppo strambo. D’altronde i genitori di Sherlock e Mycroft si vedono pochissimo, quindi prendetela per improvvisazione. Ho inventato cercando di tenere alcune caratteristiche di base che mi ricordavo. Non odiatemi per questo.
Tranquilli che John arriva.

Il nuovo progetto a cui sto lavorando, che sta proseguendo molto bene, dovrebbe arrivare tra ottobre e novembre. Poi vi darò maggiori informazioni più avanti.



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Capitolo 35
*** Capitolo 35: ***


Capitolo 35:





***




Dai di qualcosa.” in realtà Sherlock era letteralmente terrorizzato dal sentire quello che aveva da dire la sua famiglia, e che ancora la rivelazione non era completa.
Tu… Tu… Ti sei sposato?”
Annuì semplicemente.
Sì io… Due anni fa… Solo che… Non è come credi.”
In che senso non è come credo?”
Non… Non mi sono sposato come credi tu.”
Questo cosa vorrebbe dire? Non sto capendo, e sai che non amo non capire le cose.”
Si no lo so. Perché… Io ci ho messo davvero tanto a capirlo. E in realtà ero convinto che potessi fare finta di nulla. In fondo sono sempre stato bene da solo. Solo che poi… Solo che poi è arrivato…” strinse forte gli occhi come se dovesse bloccare quelle parole.
Solo che poi è arrivato? Chi è arrivato?”
Io… Io mi sono sposato con… John.” lo disse talmente piano che sperò con tutto se stesso la madre non avesse sentito.
Eccole lì, quelle parole, nero su bianco. Ora non poteva più tirarsi indietro o nascondersi. Avrebbe quasi voluto che sua madre non lo avesse sentito.
Aspetta come? In che senso ti sei sposato con John?” ovviamente aveva sentito tutto perfettamente.
Sherlock annuì. Non aveva davvero il coraggio di guardarla.
Oh bambino mio e ci hai messo tutto questo tempo per dirmelo.”
Sherlock a quelle parole sollevò la testa con uno scatto, restando a bocca aperta.
Che cosa vuol dire?”
Sono tua madre signorino, ti ho fatto io, pensi che non me ne sia mai accorta?”
Ma io…”
Andiamo smettila. Volevo solo che tu ti sentissi felice con te stesso, indipendentemente da qualunque altra cosa. Ad un certo punto ho anche pensato di essermi sbagliata, perché tu sei così tanto riservato, che giuro a volte faccio fatica a leggerti. Ma sono tua madre e per la miseria solo uno stupido non capirebbe certe cose del proprio figlio. Poi quando è arrivato John ne ero assolutamente certa.”
Di cosa eri certa?”
Ma che tu lo amassi! Mi sembra ovvio. Il modo in cui lo guardavi, in cui gli stavi intorno. Oh sono così felice.- la signora Holmes strinse tra le braccia il proprio figlio. -Sono così felice.”
Quindi a te sta bene.” Sherlock era davvero sconvolto dalle parole della madre. Anni di negazione, convinto che nessuno lo avrebbe mai accettato per quello che era, con tutte le sue stranezze e i suoi problemi. Invece ora sembrava tutto così facile. Era stato come se quell’ancora che aveva legata al collo da anni e anni, fosse improvvisamente caduta.
Ti voglio bene e ti amerò sempre bambino mio.”
Non sono un bambino mamma.”
La signora Holmes rise. La sua era una risata cristallina e anche un po’ commossa. Prese il volto del figlio tra le mani, e lo guardò dritto negli occhi.
Per me sarai sempre il mio bambino. Anche quando sarò vecchia decrepita.”
Mamma…”
Su, su. Invecchiamo tutti prima o poi. Ma dimmi come sta John? Sono sicura che gli dona la vita da sposato, insomma gli donava anche prim… Beh ecco sta bene da sposato. E con te ancora di più.”
Sherlock diventò rosso in faccia a quelle parole.
Mamma…”
E su, sei l’unico figlio sposato che ho. Mi ci devo abituare. Ormai con tuo fratello maggiore ci ho perso le speranze.” la signora Holmes dall’espressione che fece sembrò avesse appena avuto in illuminazione divina.”
Mamma?”
Ma questo vuol dire che io sono nonna! Ho una nipote!” scoppiò in un pianto.
Mamma che hai?”
Sono nonna… Ti prego dimmi che è così.”
Si immagino sia così.”
Oh…” quasi sembrò il piccolo lamento di un uccellino.
Posso andare ad abbracciarla?”
Penso di si, cioè puoi fare quello che vuoi.”
Sherlock era abbagliato e confuso da questa situazione, non aveva la più pallida idea di come avrebbe dovuto reagire. Non sapeva mai come comportarsi con le emozioni umane. Doveva essere felice? Mettersi a piangere?
Aveva pensato e ripensato migliaia di volte, a come sarebbe stato se avesse dato una delusione ai suoi genitori. Ed era stato convinto, che questa rivelazione, sarebbe stata una di queste. Mentre invece, sua madre, stava piangendo dalla gioia.
No forse è meglio di no… E se lei non mi volesse? Credi che accetterebbe di avermi come nonna?”
Sherlock era molto confuso da quelle domande. Non ci aveva mai pensato. Non erano mai state una sua preoccupazione, ma forse avrebbe dovuto. Solo che era talmente abituato che fossero solo loro tre.
Io credo proprio di sì.”
La signora Holmes ormai sembrava volersi mettersi a saltellare. Cosa che ovviamente non avrebbe fatto, dal momento che restava comunque una donna composta e che sapeva controllare pienamente i propri sentimenti.
Ma solo se tu vuoi e sei d’accordo. Anche perché lo dovrebbero sapere anche tuo padre e tuo fratello.”
A Sherlock venne il panico. Ripetere di nuovo quell’esperienza, rifare da capo quella rivelazione, aspettarsi la reazione degli altri…
Però se posso dirtelo tesoro, credo che tuo fratello lo sappia già. Lui osserva tutto e ci tiene a te, anche se ha uno strano modo di dimostrarlo.”
La signora Holmes mise le mani sulle spalle del figlio minore.
In questa famiglia non ci sono stupidi, ma questa è la tua vita, e spetta a te decidere se tutti devono saperlo, o meno. Qualunque sarà la tua scelta, io la rispetterò, e se mi dirai di non dire nulla, non dirò nulla.” si allungò per dare un bacio sulla guancia del figlio.
Ti voglio bene Sherlock.”
Sherlock senza neanche starci a pensare strinse la madre in un abbraccio.
Probabilmente non era mai successo che la abbracciasse così spontaneamente da quando era bambino.
No, io, voglio che lo sappiano tutti.”
La signora Holmes lo stava amorevolmente accarezzando, passando le dita tra i soffici ricci neri, e sorrise.
D’accordo. Allora andiamo di là.”


Una volta tornati in salotto, il signor Holmes stava discutendo con Mycroft di politica. Sherlock corse subito da Rosie e la prese in braccio.
Non avevo detto niente politica in questa casa?” la signora Holmes si era messa a braccia incrociate e sguardo severo, rivolti a figlio maggiore e consorte.
Non stavamo discutendo di politica.”
Stai parlando con me Mycroft, non con uno di quegli sciocchi con cui lavori.”
Mycroft si ammutolì all’istante.
Sherlock quasi gongolò.
Che cos’è quell’anello?”
Tutti si voltarono contemporaneamente verso il signor Holmes, che aveva posto quella domanda.
Di che anello stai parlando caro?” domandò la signora Holmes, non capendo se il marito non fosse d’un tratto impazzito e si immaginasse le cose.
Quell’anello.” l’uomo indicò in direzione di Sherlock, che desiderò con tutto il cuore che la terra si aprisse sotto i propri piedi, e di sprofondare fino al centro della terra.
Ora anche Mycroft lo stava fissando intensamente, ma senza mostrare alcuna emozione sul volto.
Ah… Sì è un anello.”
Lo vedo che è un anello. Per questo ti ho chiesto, cos’è quell’anello.”
E’ semplicemente un anello.”
La signora Holmes lanciò un'occhiata al figlio minore, che la ignorò prontamente.
Dici?”
Che altro dovrebbe essere?”
E’ sull’anulare sinistro, ed ha l’aspetto di una fede. Ti sei sposato Sherlock?”
Sherlock rimase in assoluto silenzio, senza muovere un muscolo, ed incapace di dire una parola.
Sherlock?” insisté l’uomo.
Sì… E’ una fede.”
Il signor Holmes piegò in due il giornale e lo appoggiò sul tavolino basso di fronte alle poltrone del salotto.
Ti sei sposato?”
Sherlock annuì.
Come? Quando? Con chi?”
Caro, ti rendi conto che sembra un interrogatorio della polizia. Non è un criminale, smettila con tutte queste domande.”
Sto solo chiedendo. Nostro figlio si è sposato senza dire nulla. E poi perché sei così tranquilla?”
Come sarebbe perché sono così tranquilla?”
Dovresti dare di matto.”
Mi stai dando della pazza?”
No ho solo detto…”
Bada bene a quello che dici caro, o le prossime venti cene dovrai preparartele da te.”
Il signor Holmes prese un bel respiro.
Tu lo sapevi?” rivolse la domanda direttamente a Mycroft. Che di nuovo non mostrò alcuna emozione.
A bene quindi sono sempre l’ultimo a sapere le cose.”
Quanto sei melodrammatico.”
Io sono melodrammatico? Scusa tanto se voglio sapere cosa combinano i nostri figli!”
John!” Sherlock quasi lo urlò, anche se non era sua intenzione, ma non sopportava sentire i genitori discutere.
Il signor Holmes sobbalzò dalla sorpresa. Fissò il figlio ad occhi sgranati.
Prego?”
Mycroft Holmes era un uomo dai molti talenti, come il resto dei membri della famiglia Holmes d’altronde. Era dotato di grande intelletto, quasi maggiore rispetto a quello della madre e del fratello minore, che erano comunque due cervelli enormi. Ma era una persona pigra di natura, e preferiva sfruttare le sue capacità in altri modi, come ad esempio lo spionaggio. Era inoltre molto bravo ad ascoltare senza che gli altri badassero a lui quando erano nella stessa stanza. Quindi, aveva capito certe cose sul conto di suo fratello, molto prima che Sherlock stesso ci arrivasse. Una di queste era il rapporto con un certo dottor Watson. Rapporto che non aveva mai particolarmente visto di buon occhio. Non perché avesse problemi riguardo a quello che Sherlock trovava attraente, ma solo ed esclusivamente perché non avrebbe potuto sopportare di vederlo con il cuore spezzato, cosa che già era successa. Due volte per essere precisi. Ovviamente non avrebbe espresso le sue preoccupazioni a nessuno, se le sarebbe portato con sé nella tomba piuttosto.
Quindi no, Mycroft Holmes non era affatto sorpreso che suo fratello minore si fosse sposato con John.
Esalò un lieve sospiro, quasi impercettibile, e si rilassò con la schiena contro lo schienale della poltrona.
Sherlock stava balbettando qualcosa di incomprensibile.
Si questa è una fede, si mi sono sposato. Con John. Tre anni fa.”
Ora c’era un silenzio assoluto.
La signora Holmes andò a mettere un braccio attorno alle spalle del figlio e lo baciò su una guancia. E con una mano massaggiargli l’altro braccio.
Il signor Holmes rimase in silenzio per qualche secondo.
Ah. Beh avrei gradito l’invito.” il signor Holmes riprese il giornale dal tavolino e tornò a rilassarsi contro la sua poltrona.
Non… Non potevo.”
E tu ci sei andato?” il signor Holmes guardò Mycroft, che lentamente scosse la testa.
Capisco.”
Possiamo sempre fare un'altra cerimonia.” suggerì la signora Holmes, già eccitata alla sola idea.
Cara tu impazzisci quando devi organizzare qualche festa.”
La signora Holmes assunse uno sguardo truce, tutto indirizzato al marito.
Allora lo ammetti, mi consideri pazza.”
No. Ho detto solo che impazzisci quando devi organizzare qualcosa, tutto qui.”
E di grazia, cosa cambia?”
Tutto. Tesoro mio. Tu sei il ritratto della salute mentale, ma vuoi la perfezione, e se non è tutto assolutamente come vuoi tu, diventa una tragedia greca.”
Puoi anche disturbarti a non muoverti dalla tua dannata poltrona stanotte.
Tesoro vuoi venire con me in cucina ad aiutarmi?” allungò le braccia verso Rosie, la bambina guardò Sherlock un po’ dubbiosa.
Vuoi andare con lei?”
La bambina annuì piano. Dalle braccia di Sherlock scivolò in quelle della signora Holmes.
Oh ma guardala, è così bella. Puoi chiamarmi nonna se vuoi, lo sai?”
Rosie sgranò gli occhi e guardò Sherlock.
Davvero?” chiese timidamente la piccola.
Assolutamente si! Ti farebbe piacere?”
Non ho mai avuto una nonna.”
E io non ho mai avuto una nipotina.”
Oh ma senti, sei così bella e intelligente. Proprio come tuo padre. Voglio dire, come i tuoi padri.- intanto che le due parlavano, sparirono in cucina.
Sherlock andò a sedersi sulla poltrona libera.
Mycroft fissava il fratello minore con un'espressione non troppo felice in volto.
Sherlock lo guardò senza nascondere troppo il disprezzo che provava.
Che c’è? Che cosa ti da fastidio?”
Non fanno parte della famiglia. Stai solo illudendo mamma. Non hanno alcun legame con noi.”
Sherlock strinse i pugni, cercando di mantenere la calma e non finire con il picchiare il suo stesso fratello.
Sei solo un povero disperato. Solo come un cane ed infelice, che vorrebbe che fossero infelici anche gli altri.”
Attento a come parli.”
Altrimenti?”
Basta voi due, non fatemi venire lì.” il signor Holmes non aveva nemmeno staccato gli occhi dal giornale.
E tu che hai da dire?” questa volta Mycroft si era rivolto al padre, che però non si era degnato di lanciare nemmeno un'occhiata al figlio maggiore.
Se tua madre e tuo fratello sono felici, lo sono anche io.”
Ma è assurdo!”
Perché? Come credi che si formi una famiglia?”
Mycroft strinse le labbra, non poteva rivelare tutto quello che c’era dietro.
L’importante è amarsi e volersi bene. Il resto sono solo stupidaggini.” voltò la pagina del giornale.
Sherlock sorrise, più che soddisfatto della risposta del genitore.



Lestrade era rimasto in città ad aspettare che John finisse il suo lavoro allo studio medico. Si assicurò che fosse tutto chiuso, e di vederlo uscire dall’edificio, prima di scendere dall’auto di servizio, che era stata parcheggiata a bordo strada del lato opposto. Non aveva alcun segno riconoscibile della polizia.
Il detective richiuse la portiera e attraversò. Era tutto tranquillo, non c’erano nemmeno persone il giro.
John aveva infilato la chiave nella toppa, per chiuderla, non si era nemmeno accorto che qualcuno gli era sopraggiunto alle spalle. E perché avrebbe dovuto, era tranquillo e convinto che nessuno che lo potesse conoscere dal suo passato, lo stesse tenendo d’occhio da tutto il giorno.
John Watson.” sentendosi chiamare con il proprio nome di origine, John sobbalzò, e il mazzo di chiavi che teneva in mano, cadde a terra, sull’asfalto del marciapiedi. Il dottore fece un mezzo giro su se stesso.
Che ci fai tu qui?”


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Capitolo 36
*** Capitolo 36: ***




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Capitolo 36:





***


Lestrade era rimasto in città ad aspettare che John finisse il suo lavoro allo studio medico. Si assicurò che fosse tutto chiuso, e di vederlo uscire dall’edificio, prima di scendere dall’auto di servizio, che era stata parcheggiata a bordo strada del lato opposto. Non aveva alcun segno riconoscibile della polizia.
Il detective richiuse la portiera e attraversò. Era tutto tranquillo, non c’erano nemmeno persone il giro.
John aveva infilato la chiave nella toppa, per chiuderla, e non si era nemmeno accorto che qualcuno gli stava sopraggiungendo alle spalle.
E perché avrebbe dovuto, era tranquillo e convinto che nessuno che lo potesse conoscere dal suo passato, lo stesse tenendo d’occhio da tutto il giorno.
John Watson.” sentendosi chiamare con il proprio nome di origine, John sobbalzò, e il mazzo di chiavi che teneva in mano, cadde a terra, sull’asfalto del marciapiedi. Il dottore fece un mezzo giro su se stesso.
Che ci fai tu qui?”



Quando arrivarono alla dimora in campagna degli Holmes, ormai aveva fatto buio. Ci avevano messo meno di cinque ore ad arrivare, grazie alle sirene spiegate sul tettuccio dell’auto di Lestrade.
John si era seduto al posto del passeggero. Stava con la schiena dritta e rigida, lo sguardo fisso davanti a se.
Aveva chiesto solo della bambina e di Sherlock, e Lestrade gli aveva risposto che stavano bene e gli avrebbe trovati se fosse andato con lui senza protestare, così si era rassegnato.
Non che avesse chissà che da chiedere al suo vecchio amico detective di Scotland Yard. O meglio, di cose da dirsi ne avevano e come, dopo il modo in cui aveva portato via Sherlock ed erano spariti, ma immaginava che l’amico in quel momento fosse troppo infuriato per poterci parlare in modo, appunto, amichevole.
Quindi il lungo viaggio si svolse in totale silenzio, con solo il suono acuto della sirena e il motore che rombava a causa della forte velocità, a fare da colonna sonora a quel viaggio imbarazzante.

La famiglia Holmes era solita cenare alle diciannove in punto, quindi tutta la tavola era stata preparata alla perfezione.
Sei davvero un aiutante formidabile.” si complimentò la padrona di casa, con la nipote appena acquisita.
Rosie nel frattempo era salita in piedi su di una sedia per sistemare un bicchiere, e aveva ridacchiato per quel complimento.
Di sicuro più di questi tre nullafacenti.”
Ti sento.” aveva risposto il signor Holmes, molto contrariato da quell’affermazione poco lusinghiera.
Invece di sentirmi, perché non ti alzi da quella poltrona e non mi aiuti?” questo aveva dato il via ad un battibecco. Uno dei tanti.
Ormai i due fratelli ne erano ampiamente abituati. Sherlock si alzò dalla poltrona per andare dalla bambina. La abbracciò forte.
Stai bene?” si sentiva tremendamente in ansia a causa di tutta questa situazione. Stava succedendo tutto così in fretta, e lei era così piccola. Era terrorizzato che potesse avere qualche specie di trauma dovuto a tutto quel trambusto. Essere portata via da casa in quel modo, sapere di avere una famiglia allargata. Erano sempre e solo stati loro tre e la casa sulla spiaggia.
Rosie ridacchiò.
E’ bello qui! Ma nonno e nonna stanno litigando.”
Sherlock la accarezzò sulla testa bionda.
No stanno solo discutendo. E’ il loro modo di fare. Non sono arrabbiati.”
Ohhh. Gli adulti sono proprio strani.”
Questa volta fu Sherlock a ridere.
Vuoi scendere?”
La bambina annuì, così la strinse tra le braccia. Lei gli si aggrappò al collo. Proprio in quel momento qualcuno bussò con alcuni colpi secchi, al portone di casa.
Vado io! Sia mai che qualcuno qui non si sforzi troppo…” la signora Holmes si allontanò borbottando , e il signor Holmes roteò gli occhi al soffitto, portandosi il giornale fino a coprirli del tutto la faccia.
Greg Lestrade! Sei davvero tu!”
Buona sera signora Holmes. E’ da un po’ che non ci si vede.”
Si e di chi è la colpa? Mi pare di averti invitato a pranzo la domenica, più di una volta.”
Ha ragione signora Holmes, sono un pessimo uomo. Ma sa sono sempre così impegnato con il lavoro, gli omicidi non conoscono orari. Se solo gli assassini si prendessero un fine settimana libero ogni tanto.”
La signora Holmes rise e invitò ad entrare il detective, che aveva tolto il berretto e lo stava scrollando sull’uscio. Il suo impermeabile era imperlato di gocce luccicanti, segno che doveva aver iniziato a piovere.
John!”
Sherlock aveva letteralmente sobbalzato. Il cuore aveva preso a martellare furioso nel petto non appena aveva visto sbucare dall’ombra quella più che familiare chioma di capelli biondi. Si sentiva così confuso. Come avrebbe dovuto reagire? Una parte di se moriva dalla smania di andargli incontro e baciarlo, anche lì davanti a tutti, ma la parte razionale assolutamente glielo stava vietando. Guai se si fosse azzardato a fare solo un passo. Erano già stati abbastanza al centro dell’attenzione, ed era stato già abbastanza difficile dover fare tutte quelle rivelazioni. Così si limitò a reprimere tutto e tenere i piedi ben saldi, immobili, piantati nell’esatto punto in cui si trovava.
Papà!” Rosie prese a dimenarsi come un pesce appena tirato fuori dall’acqua, quindi fu costretto a metterla a terra. La bambina subito corse tra le braccia di John, che la strinse a se cullandola dolcemente.
Mi sei mancata. Stai bene?”
Oh John non sai quanto sono contenta di vederti.” Rosie non ebbe modo di rispondere perché la signora Holmes era sopraggiunta e stava abbracciando entrambi.
Anche io signora Holmes, sono contento di vederla.”
Quale signora Holmes! Chiamami mamma, come fanno questi due testoni. Sempre che tu voglia ovviamente.”
John parve visibilmente confuso, non riusciva a capire cosa stesse accadendo.
Pensare che quella mattina si era svegliato sicuro che sarebbe stata una giornata come un'altra, che a fine lavoro se ne sarebbe tornato a casa dalla sua famiglia e avrebbe passato la serata a… Beh l’unico termine che gli veniva in mente era, ‘gingillarsi’, con Sherlock. Invece alla chiusura dello studio medico si era trovato davanti Greg, che senza alcuna spiegazione lo aveva praticamente sequestrato, e a quanto pareva portato a casa degli Holmes, dove aveva già trovato sua figlia, che non aveva la più pallida idea di come fosse arrivata lì prima di lui.
Cercò Sherlock con lo sguardo, ma trovò solo la solita espressione di cipiglio di Mycroft, che lo fissava come se fosse il suo nemico giurato. Cosa che probabilmente nella testa di Mycroft Holmes, era.
L’uomo seduto sulla poltrona accanto invece, non aveva tolto l’attenzione dal giornale che stava leggendo, e che lo copriva per quasi metà del corpo, ne dedusse che doveva essere il signor Holmes. Però di Holmes ne mancava uno, il più importante. Iniziò a prendergli il panico, dov’era Sherlock?
Voi due avete un sacco di cose da spiegare.” la voce della signora Holmes lo distrasse da quel turbamento interiore.
Come scusi?”
Mi devi dare del tu, ora siamo di famiglia no?”
John sgranò gli occhi.
In-in che senso?”
Sherlock ci ha detto tutto.” lo disse con un grande sorriso.
Quindi Sherlock era lì. Prese a girarsi da una parte all’altra.
Ciao John.” quel tono basso e vellutato lo conosceva fin troppo bene, esalò un sospiro di sollievo, come se avesse nuotato sott’acqua fino a quel momento e fosse riuscito a tornare in superficie a respirare.
Ah sei qui. Ma mi spieghi che sta succedendo.”
Non chiederlo a me.” nel dirlo indicò Mycroft, che fissò John con un occhiata sostenuta.
Si, ora si spiega tutto… Quindi ci ha trovati. Come?”
Te lo spiego dopo.”
John capì che era meglio non insistere.”
Venite, siete arrivati giusto in tempo per la cena. La mia nuova efficientissima aiutante mi ha dato una mano, non è vero tesoro?”
Si!”
La signora Holmes praticamente prese Rosie dalle braccia di John, senza troppi complimenti.
Vieni tesoro andiamo a prendere i piatti da aggiungere per il tuo papà e il suo amico.”
Ma veramente noi dovremmo andare…”
La donna si voltò verso Greg, che aveva osato contestare il suo invito a cena, ma a quanto parve bastò quello sguardo intransigente perché il detective si arrese immediatamente.
Si sfilò il soprabito ed andò ad appenderlo insieme agli altri, all’ingresso.
Tu stai bene?” chiese John a Sherlock, senza nascondere un tono preoccupato.
Sherlock mise una mano sul braccio del suo dottore, in un gesto affettuoso. “Potrei stare meglio, ma non mi lamento. Almeno ora sei qui.”
Già. Ero preoccupato a morte per voi due.”
John non riusciva proprio a stare più del dovuto lontano a Sherlock e Rosie, e tutte quelle ore passate senza sapere cosa fosse successo loro, lo avevano fatto impazzire.
Voi due, cosa state complottando? Non starete progettando un'altra fuga spero, perché non vi toglierò più gli occhi di dosso.” disse Greg, masticando un pezzo di pane con spalmato sopra qualcosa.
Per favore, intendi come l’ultima volta? Perché potremmo prendere quella porta e tu non potresti fare proprio nulla per fermarci.”
Sei diventato molto più simpatico di prima, lo sai Sherlock?”
L’unico motivo per cui sei qui Greg, è perché ti ho coinvolto io.” si era aggiunto anche Mycroft alla conversazione.
Certo, ti servivano le mie risorse.”
Ma quali risorse. Hai presente con chi stai parlando?”
Purtroppo si.”
Avanti voi quattro, a tavola!”
Ovviamente la signora Holmes aveva interrotto la conversazione, e a meno che non avessero voluto incappare nelle sue ire, era meglio fare come gli era stato detto, così si unirono alla tavola. Stavano un po’ stretti e Rosie era stata sistemata accanto alla signora Holmes, con grande disappunto di John, ma non aveva potuto farci nulla.
Mi spieghi perché tua madre ha sequestrato Rosie?” lo disse all’orecchio di Sherlock, cercando di parlare il più piano possibile.
Uhm…”
Ho capito, me lo dici dopo.” concluse John, strappando un pezzo di pane con un gesto di stizza.

La cena passò in serenità, parlando del più e del meno. Tutti i commensali avevano i loro argomenti da evitare. Niente riferimenti al perché John e Sherlock fossero spariti per quasi tre anni, o al motivo del perché lo avessero fatto. Ne tanto meno a quello che gli aveva resi una coppia ufficiale.
Finita la cena tutti erano andati a fare altro, la signora Holmes si era messa a lavare i piatti, con l’aiuto di Rosie, che era stata sistemata in piedi su di una delle sedie della tavola da pranzo. John, Sherlock e Mycroft si erano messi a parlare fitto in un angolo, e il signor Holmes al solito, seduto sulla sua poltrona, solo che questa volta stava leggendo un grosso tomo scritto in cirillico, mentre sorseggiava mezzo bicchiere di Whiskey.
Sentite, lo so che mi state nascondendo qualcosa.”
Lestrade, sentendosi escluso dal gruppo, si era intromesso nella conversazione decisamente privata dei tre.
Non hai niente di meglio da fare Greg?” lo aveva bacchettato, il più grande dei fratelli Holmes.
Voglio sapere cosa state tramando e non ho intenzione di lasciar perdere.”
Mycroft sbuffò spazientito.
Tu non centri niente con questa conversazione, sono cose di famiglia.”
Mi devo essere perso la notizia, da quando John sarebbe un Holmes?”
Mycroft guardò verso Sherlock, che pareva disperato.
E tu sei il detective più perspicace di tutta Scotland Yard, mi domando come abbia fatto l’Inghilterra a non affondare.”
John sembrava particolarmente interdetto, e Sherlock troppo nel panico per essere di un qualunque aiuto.
Il volto di Mycroft si trasformò in una maschera di marmo.
Io non devo insegnarti a fare il tuo dannato lavoro, non sono Sherlock.”
Oh ma per favore! Litigate come una vecchia coppia di sposi!” John aveva sbottato, e Sherlock in tutta risposta si era messo a ridacchiare, visto la faccia del fratello maggiore, che aveva sbiancato, e quella di Lastrade lasciava ben trasparire tutta la sua voglia di scomparire in quel momento.
Vado a vedere Rosie.” il dottore colse l’occasione per defilarsi.
Sherlock prendi il cappotto, la strada per tornare a Londra è lunga.”
Ma Rosie…”
Ci sta pensando John mi pare.”
Io non mi muovo senza di loro.”
Non fare il bambino.”
No! E tu vedi di finirla di sminuirlo! Non vado da nessuna parte senza John e Rosie.” Sherlock stava cercando di buttare giù tutto il disagio che provava in quel momento. Era stato strappato da casa sua, da John, ed era stato costretto a rivelare cose che non voleva. Era ritornato in modo brutale a quella vita che aveva abbandonato. Quelli con John e Rosie alla casa sulla scogliera, erano stati gli anni migliori di tutta la sua vita, e ora gli era stato strappato tutto, e volevano costringerlo a rivangare il passato, che con tanta fatica aveva chiuso in un cassetto, per poi liberarsi della chiave.
Mycroft si limitò a fissarlo, senza aggiungere altro.
Raccatta le tue cose Lestrade, c’è ne andiamo.”
Come ve ne andate.” era sopraggiunta la signora Holmes, dopo aver finito di sistemare la cucina.
Si, dobbiamo tornare in città.”
Ma come, ormai è tardi, restate qui almeno per stanotte.”
Non è possibile madre, e poi non ci stiamo tutti.”
Ma si che ci state, il posto lo troviamo.”
Non penso, e ho delle cose da fare. Lavoro. Lo sai.”
Oh. Sempre e solo lavoro tu.”
John era arrivato tenendo Rosie in braccio, che era impegnata a raccontargli per filo e per segno quello che aveva fatto insieme alla signora Holmes.
Vado a scaldare la macchina. Signora Holmes” Lestrade aveva salutato la donna con un baciamano. Lei aveva ridacchiato e dato un buffetto affettuoso sulla spalla del detective.
Sei sempre la solita vecchia volpe Greg Lestrade.”
Lui aveva sorriso molto soddisfatto di quel complimento, ed era uscito di casa dopo aver recuperato cappello ed impermeabile. Un vecchio trench beige, lungo fino a sotto il ginocchio.
Papà dove andiamo ora?” chiese la bambina a John.
Credo tua madre abbia ragione, dobbiamo restare, almeno per la notte.”
Bel tentativo Watson.”
Mycroft! Non ti ho allevato per essere così insensibile.” ora la signora Holmes era tornata con quel solito sguardo severo, e che non lasciava adito a repliche di alcun genere.
Veramente madre… Questa volta devo insistere.”
Mycroft Holmes doveva sempre avere l’ultima parola, di avere ragione, e che gli altri facessero quello che lui diceva loro, ma non aveva fatto i conti con sua madre.
Non osare replicare! Sul serio signorino questo tuo atteggiamento mi sta facendo perdere la pazienza, non costringermi a buttarti fuori di casa, perché lo farò, e lo sai molto bene.” sventolò un dito indice davanti agli occhi del figlio primogenito.
Che cosa pretendi che faccia madre? E’ lavoro! Devono venire con me.”
Puoi benissimo dire al tuo lavoro che io ti ho detto che il benessere della mia adorata nipotina viene prima di qualsiasi cosa e non me ne fregherebbe niente nemmeno se venisse a protestare la regina in persona!”
Madre!”
E finiscila di lamentarti!”
Signora Holmes…” di nuovo fu John, che si sentiva in dovere di fare tra paciere tra gli animi focosi degli Holmes. Non tanto perché gli fregasse qualcosa di Mycroft, ma si preoccupava che sua figlia non assistesse a certe scene.
Si tesoro?”
Lei è davvero gentile.”
Lei? Perché mi stai dando del lei? Cosa sono l’impiegata delle poste? Devi darmi del tu.” la signora Holmes non riusciva a nascondere tutta la sua gioia.
Ehm… Si, grazie.”
Non cambia comunque la questione.” Mycroft era molto stizzito da tutta la situazione.
La signora Holmes stava sul serio per perdere la pazienza, le guance le si erano tutte imporporate. Poi sembrò illuminarsi, come i classici cartoni, quando qualcuno aveva un'idea e gli si illuminava la lampadina sopra la testa.
E se Rosie restasse qui? Che ne dici tesoro, ti andrebbe?” lo disse parlando direttamente alla bambina.
Si!”
Davvero? Ti piacerebbe?”
Si voglio restare qui!” dal tono di voce Rosie sembrava davvero eccitata all’idea, ma John non ne era poi così convinto. Non l’aveva mai lasciata dormire da altre parti, nemmeno dagli amichetti dell’asilo. Infatti non poté fare a meno di nascondere preoccupazione, e il viso di Sherlock non era da meno, apprensione allo stato puro.
Non… Non credo sia il caso.”
La signora Holmes rivolse le sue attenzioni al figlio minore.
E perché mai? Un momento, ho capito. Ansia da separazione.” lo disse quasi con una nota di soddisfazione. D’altronde sapeva capire le persone molto bene, figurarsi i suoi stessi figli, quando per chiunque altro erano un enigma irrisolvibile. A lei bastava un occhiata per capire cosa passasse per le loro teste. E Mycroft era molto più difficile da leggere di Sherlock, non che Sherlock fosse una passeggiata.
Starà benissimo qui, dormirà nella tua vecchia stanza.”
Papà ha una stanza?”
La signora Holmes parve illuminarsi ancora di più a quelle parole, sembrava quasi riflettere di luce propria e si era aperta in un'espressione di sorpresa.
Ma certo amore mio la vuoi vedere?” quasi la strappò dalle braccia di John.
E’ da tantissimi anni che non ci dorme, ma non ho cambiato nulla. La pulisco soltanto.”
In effetti John era molto incuriosito. Aveva una vaga memoria della stanza che Sherlock usava da bambino. Quindi non poté fare a meno di seguire le due.
Sherlock ovviamente si unì al gruppo.
Oh ma per favore.” Mycroft ovviamente non poteva esimersi dal lamentarsi ed esternare la sua disapprovazione.
Sai che il tuo papà era appassionato di modellini e soldatini di piombo?”
Davvero?”
Si.”
Bello!”
La signora Holmes ridacchiò.
Si, ne ha una bella collezione. Soprattutto soldatini. Ha avuto sempre una certa preferenza per quelli.”
Ma davvero, hai sempre avuto preferenza per i soldatini?” John sottolineò quel commento, e Sherlock cambiò diverse tonalità di rosso.
John si complimentò con se stesso per essere riuscito a farlo imbarazzare.
Sono solo soldatini di guerre storiche.” ci tenne a puntualizzare Sherlock, non appena fu riuscito a scacciare tutto l’imbarazzo per quella situazione.
Sempre soldati sono. E io che pensavo avessi un debole per i dottori.”
Questa volta anche le orecchie di Sherlock divennero rosse.
Il dottore pensò che doveva farlo più spesso perché era impagabile vederlo in quello stato.
La stanza di Sherlock non era particolarmente enorme. C’era un letto singolo contro il muro, e mobili in legno. Il materasso era stato coperto con un copriletto di lana, e il resto era perfettamente esposto. Libri, modellini, e i famosi soldatini. Tutti perfettamente ordinati. Anche se si vedeva il trascorrere del tempo. I colori non erano più sgargianti come una volta, e avevano assunto quella patina di vecchiaia inevitabile.
Rosie, che era tremendamente curiosa per natura, non poté fare a meno di correre ad ispezionare tutte quelle cose, che per lei erano nuove.
Ti piace tesoro?”
Non è come la mia. Ho tante cose appese.”
Davvero? E cosa ti piace?”
Il verde!”
Il verde? Insolito colore.”
Il verde è bello.”
Si il colore preferito di Rosie era il verde, anche se ne aveva molti altri, come ad esempio il lilla e tutte le sue sfumature, il viola, e anche l’azzurro, ma decisamente non il rosa. Quando era cresciuta abbastanza, e avevano dovuto adattare la stanza ad una bambina di due anni con le idee molto chiare, il rosa era stato assolutamente bandito.
Sei così perspicace.” la signora Holmes lo disse con una certa fierezza, passando una mano sui capelli della bambina, che nel frattempo aveva tirato fuori alcune cose da delle scatole in basso.
Rosie, no, non mettere in disordine.”
La bambina parve molto dispiaciuta da quel rimprovero.
No può fare quello che vuole, è tutto suo ora.”
John si voltò quasi sconvolto verso Sherlock.
Ma… Sei sicuro?”
Certo che lo sono.”
Anche Rosie parve estremamente felice della notizia e corse ad abbracciare le gambe di Sherlock.
Grazie!”
P-prego… Figurati.”
Ancora dopo anni il detective non era abituato a certe genuine dimostrazioni di affetto e gratitudine.
Però non devi fare troppo disordine e non rompere nulla, capito?” aggiunse John serio.
No che non rompo niente!”
Allora sei sicura di voler restare a dormire qui?”
Sì papà!”
John si inginocchiò per permettere alla figlia di abbracciarlo, che corse subito a stringergli le braccia al collo.
Ti voglio bene, mi mancherai tantissimo.”
Anche tu papà! Ma starò bene con la nonna.”
John la strinse più forte a se.
In fondo era molto felice che avesse trovato una famiglia che la accogliesse a braccia aperte, quella che lui non aveva mai avuto. La sua famiglia disfunzionale e assolutamente inadeguata.
Lei avrebbe avuto una vita migliore. Dei, a quanto pare, nonni affettuosi, e magari forse, anche qualche zio e zia acquisito. E poi c’erano loro due. I suoi genitori. Che l’avrebbero amata sempre, per sempre. Ed era sicuro nella maniera più assoluta che anche Sherlock provasse gli stessi sentimenti. Nonostante si ritenesse una persona senza empatia, l’aveva amata dal primo momento. Il rapporto che ora avevano quei due era indissolubile, e John ne rimaneva spesso e volentieri stupito, particolarmente legato da veri sentimenti di padre/figlia, nonostante non avessero lo stesso sangue.
Ma d’altronde il sangue conta davvero poco quando si tratta di famiglia.
Anche Sherlock ovviamente si inginocchiò per poter abbracciare Rosie, la strinse tra le braccia.
Ti voglio bene.”
Anche io!”
Il detective, a malincuore sciolse l’abbraccio e tornò in piedi.
Se c’è qualunque cosa che non va, ci devi chiamare. A qualunque ora.”
Senti ragazzino, ho cresciuto due figli mentre finivo l’università e lavoravo, con chi pensi di star parlando? Starà benissimo e ci divertiremo, vero principessa?”
Si!” Rosie alzò le braccia, entusiasta di tutta quella faccenda. Per lei ovviamente era tutta un avventura, una scoperta dopo l’altra, tutte quelle novità e ancora la giornata non era nemmeno finita.
Allora noi possiamo andare.”
John salutò Rosie un'ultima volta e fece per allontanarsi lungo il corridoio, ma poi si voltò quando sentì che mancava una presenza al suo fianco.
Sherlock era rimasto indietro, e si era fermato. Testa bassa e occhi puntati a terra.
Sherlock?”
Non posso…” lo disse così piano che John pensò di esserselo immaginato.
Come?”
Non… Voglio farlo.”
Ovviamente gli era bastato sentire quelle semplici parole per capire. Corse subito da lui.
Ehi ehi. Che succede.”
Non voglio fare quello che mio fratello e Lestrade si aspettano. Quel capitolo è chiuso. Voglio tornare a casa nostra.”
John lo abbracciò.
Mi dispiace. Vorrei davvero poter far qualcosa, ma temo non abbiamo scelta.”
Si invece, c’è l’abbiamo. Scappiamo come abbiamo già fatto.”
Sherlock… Non si può scappare per sempre.”
E chi lo dice? Non parlerò comunque! E non possono costringermi!”
A John sembrava di essere tornato indietro di tre anni, tutta la fatica che aveva fatto per fargli tirare fuori quello che era successo a Sherlock il quel parcheggio.
Ma tu devi. Devi toglierti questo peso.”
Me lo sono già tolto! Quando l’ho detto a te. Se lo confesso poi tutti sapranno quello che è successo, lo saprà tutta la dannata città! Ci sarà un dannato processo pubblico! Anche i miei genitori… si coprì il volto con le mani. -Non posso… Non c’è la faccio.”
John lo strinse ancora di più.
Io sono qui con te. Lo sarò sempre, qualunque cosa accada, e anche Rosie. E sono sicuro anche la tua famiglia.”
No…- lo disse come una specie di lamento, un miagolio strozzato. -Non voglio che lo sappiano. Ti prego aiutami.”
Gli si spezzava il cuore vederlo in quello stato e non poter fare assolutamente nulla per aiutarlo.



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Note d’autrice:


Sono una persona molto brutta e cattiva, che mette le date e poi non le rispetta. Chiedo venia per aver saltato settimana scorsa, ma ho avuto un po’ da fare e martedì non ero a casa, quindi ho preferito direttamente aspettare il martedì dopo.
Però, per farmi perdonare, ho messo delle cosette nuove. Come ben ve ne sarete accorti, c’è un banner per la storia! Se state pensando che è brutto come poche cose pensate bene perché l’ho fatto da io. Una volta sapevo fare roba molto più bella ma sarà da tipo 10 anni che non tocco un programma di grafica, vi dovete accontentare.

La seconda sorpresa per farmi perdonare è questa!

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E giustamente, “e che cavolo è?”
Bene, vi avevo detto che stavo lavorano a qualcosa… che uscirà più avanti… Ecco.
Però tengo la bocca cucita su cosa sarà.

Ringraziamenti: ringrazio i nuovi arrivati e chi ha deciso di inserire questa storia tra le seguite e le preferite.

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Capitolo 37
*** Capitolo 37: ***


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Capitolo 37:


***

Ormai erano in viaggio da un po’. Ci voleva del tempo per arrivare dalla residenza in campagna degli Holmes, al centro di Londra.
La notte era calata e le luci saettavano fuori dai finestrini dell’auto in corsa.
All’interno dell’abitacolo c’era assoluto silenzio. Lestrade guidava e Mycroft si era seduto sul posto del passeggero. L’unico rumore che faceva da sottofondo era la voce gracchiante della radio della polizia, tenuta a volume basso, e la pioggia che picchiettava contro i finestrini.
Sherlock e John erano entrambi seduti sui sedili posteriori: Sherlock da un lato e John dall’altro. Sherlock aveva passato l’intero viaggio a guardare fuori dal finestrino, nonostante il buio. John poteva chiaramente distinguere i tratti del volto del suo compagno, che erano contratti e tesi come corde di violino. Alla fine era stato costretto a seguire Mycroft, e dio solo sapeva quello che gli aspettava.
A John era venuto mal di stomaco dall’ansia, causata anche dalla separazione da Rosie. Nonostante sapesse che la bambina comunque stava bene ed era felice a casa dei signori Holmes, che ora erano ufficialmente i suoi nonni, non riusciva a non provare ansia da separazione.
Non poté fare a meno di pensare che sarebbe stato meglio non cenare.
Ora l’unica cosa che voleva era toccare Sherlock. Lasciò scivolare la mano lungo il sedile, quella di Sherlock era lì, poco lontana, lasciata appoggiata, quando John finalmente riuscì a toccarla, Sherlock la ritrasse immediatamente. Per il dottore fu come ricevere un pugno allo stomaco. Ma aveva recepito il messaggio. Così si ritrasse in se stesso, e cercò di tirare su il colletto del giaccone che indossava, all’improvviso sentiva fredo.


Mano a mano che il viaggio proseguiva, John riusciva a riconoscere sempre più luoghi della città. Ora erano molto più vicini a Baker Street. In quegli anni non era cambiato assolutamente nulla. Un po’ lo tranquillizzava. I cambiamenti non gli piacevano molto, e quella situazione era già abbastanza stressante.
L’ora doveva essere tarda perché non c’era particolarmente traffico, e per Londra era strano il non esserci traffico. Quindi doveva essere un qualche orario dopo le undici di sera.
Greg fermò la macchina proprio davanti al 221B.
Era da così tanto che John non vedeva quella portone. Un po’ si sentì confortato. Ma quando si voltò, scoprì che Sherlock era già sceso e si era richiuso la portiera dell’auto alle spalle.
Il dottore sospirò e scese a sua volta. Piovigginava.
Si diede una stiracchiata. Non ne poteva davvero più dei viaggi in auto.
Greg nel frattempo si era avvicinato al portone e lo aveva aperto, poi si era fatto da parte per far passare gli altri.
Per primo entrò Mycroft, seguito da Sherlock, e da John, per ultimo entrò Lestrade, e si assicurò che la porta fosse ben chiusa.
La signora Hudson è già a letto a quest’ora. Ma prima l’ho chiamata e le ho chiesto di preparare l’appartamento, sembrava sul punto di mettersi a piangere.” Lestrade lo disse parlando a bassa voce.
A piangere?” John si era sconvolto a quell’ultima affermazione.
Si. Per voi due credo. Non si aspettava di rivedervi.”
Ora John si sentiva tremendamente in colpa. In fondo la signora Holmes ci aveva sempre tenuto a loro due, e lo aveva sempre dimostrato, mentre loro, per tutta gratitudine, se ne erano andati, senza lasciare traccia.
Mi dispiace.” disse solo John.
Devi dirlo a lei, non a me.”
Colpito e affondato. John non potè fare a meno di pensare a quanta ragione avesse Lestrade. Si sarebbe dovuto far perdonare dalla signora Hudson.
Salirono su per le scale.
Le luci dell’appartamento erano state lasciate accese, e tutto era perfettamente preparato, e l’ambiente riscaldato.
I sensi di colpa di John aumentarono. La signora Hudson si doveva essere impegnata al massimo per fargli trovare tutto nel migliore dei modi.
Sherlock in tutto ciò era andato verso quella che una volta era la stanza che usava.
John si ricordò dell’ultima volta in cui ci era stato, quando Sherlock era ancora in ospedale in pessime condizioni. Mandò giù un grosso nodo in gola.
Lestrade andò a buttarsi sul divano, solo allora John si accorse che era stato preparato con una coperta e due cuscini.
Stai… Stai scherzando vero?”
Prego?”
Greg si stava togliendo l’impermeabile e la giacca ed aveva lasciato quello che aveva nelle tasche, sul tavolino.
Non hai intenzione di stare qui a dormire.” John era ancora più sconvolto ora.
Certo che c’è l’ho.”
Non hai una casa tua!”
Si.”
E allora perché non ci vai?”
Perché dovrei lasciare voi due qui da soli, e sappiamo com’è finita l’ultima volta.”
John si sentì montare dalla rabbia.
Non ci provare!”
Non ci provare?”
Non ci serve la dannata baby-sitter e non abbiamo intenzione di scappare!”
Scusa ma visto i precedenti non ho intenzione di rischiare.” era stato Mycroft a parlare. John avrebbe voluto tanto mollargli un pugno una volta per tutte.
Tu.- gli puntò contro un dito indice. -La devi smettere di metterti in mezzo e cercare di controllare le nostre vite! Non puoi costringerci a fare un bel niente!”
Basta!- era stato Sherlock a fermare la discussione, non aveva più detto una parola da casa degli Holmes. -Non mi interessa chi rimane o se ne va! Ci vediamo domattina.” entrò nella propria stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
Ormai i nervi di John erano saltati, quindi non gli rimase che seguire l’esempio, prese le scale per la propria camera da letto. Trovò la stanza ordinata e il letto pronto. Chiuse la porta e ci si buttò di faccia, a peso morto, urlando nel cuscino tutta la frustrazione. Voleva solo Sherlock in quel momento, ma era Sherlock a non volere lui, ed era proprio quella la botta peggiore.



La mattina seguente John si risvegliò quasi di soprassalto. Non aveva idea di che ora fosse, quindi praticamente volò giù dal letto. Indossava ancora i vestiti del giorno precedente, che ormai erano tutti stropicciati. Ma il problema era che non aveva cambi.
Andò a guardarsi allo specchio di una delle ante dell’armadio.
La sera precedente doveva essersi addormentato ad un certo punto, nello stesso modo in cui si era buttato sul letto.
Aveva i capelli sconvolti, e la faccia pallida, solcata da rughe dovute dalle preoccupazioni. Gli occhi erano arrossati, ed aveva un alone scuro sotto le occhiaie. Ci sarebbe voluto un miracolo a sistemare quello sfacelo.
Scese al piano inferiore. Gli altri erano già svegli. Qualcuno stava armeggiando in cucina, e proprio in quel momento uscì Sherlock. Almeno lui aveva un aspetto decisamente migliore. Stava indossando un completo elegante, nero, sotto una camicia bianca. Anche i capelli erano sistemati alla perfezione. Però a John era bastata un occhiata. Anche se il suo compagno di vita all’esterno poteva sembrare perfetto, non lo era. Il suo volto era così pallido che avrebbe potuto fare tranquillamente concorrenza con il bianco di un muro. Le pupille erano terribilmente rosse. Sapeva cosa voleva dire.
Avrebbe dato qualunque cosa per poterlo almeno confortare, ma non poteva fare nulla. Se non starsene lì impalato.
Anche Sherlock guardò John, e il dottore si sentì quasi come un comune mortale che veniva valutato da una divinità.
Prima che potesse aprire bocca e dire alcunché, da dietro le spalle di Sherlock, sbucò Mycroft.
Hai un aspetto orribile. Spero tu non abbia intenzione di venire così al commissariato.”
John chiuse gli occhi e prese un bel respiro. Tirare un pugno a Mycroft di sicuro sarebbe stato un bel modo di sfogarsi, ma non poteva farci niente, quindi si limitò a stringere i pugni fino a sentire ogni singolo tendine che si tirava e contraeva.
Vado in bagno.” lo disse a denti stretti, e diede le spalle ai due, chiudendosi dentro.
Cercò di sistemarsi come meglio poté. Mycroft a quanto pareva aveva portato alcune cose, beni di prima necessità, tra cui spazzolini. Strano che avesse pensato anche a lui visto quanto corresse poco buon sangue.
Quando finalmente uscì, si trovò dei vestiti perfettamente piegati davanti.
Ehi. E questi da dove vengono.” guardò confuso Sherlock, che gli stava porgendo il malloppo di panni.
Mycroft.”
Oh.”
Le scarpe sono accanto al divano.” tagliò corto Sherlock.
Sherlock…”
Il consulente si limitò a consegnare gli indumenti e si allontanò.
Quando John uscì dal bagno, dopo essersi cambiato, trovò anche Lestrade.
Buongiorno.”
Anche il detective di Scotland Yard era vestito in modo un po’ più elegante, ed aveva anche la cravatta, il trench beige che gli copriva la giacca e i pantaloni, fino al sotto il ginocchio.
Allora andiamo.”
Lui e Sherlock andarono con Lestrade, mentre Mycroft partì con la propria auto privata.


La stanza degli interrogatori era asettica e spoglia di qualunque arredamento. Pensare che l’avevano vista così tante volte, e ora ci si ritrovavano lì seduti, su quelle sedie di metallo gelido, e l’altrettanto gelido tavolo.
Dopo qualche minuto di attesa, Lestrade entrò dalla porta. Si era tolto trench e giacca elegante e anche la cravatta, ed aveva arrotolato le maniche della camicia, fino a sopra il gomito.
Va bene, vediamo di tirare fuori qualcosa.” il detective mise delle cartelline gialle sul tavolo e si mise a sedere.
Sherlock, io non voglio forzarti a fare nulla, lo sai, ma ho le mani legate. Sei l’unico che può aiutarmi.”
Sherlock a quelle parole si limitò ad annuire.
Raccontami solo com’è andata in quel parcheggio. Dammi un nome.”
John da sotto il tavolo prese le mani che Sherlock si stava tormentando. Per fortuna questa volta l’altro non rifiutò il contatto.
Quasi rassegnato al suo destino, Sherlock iniziò a raccontare tutto dall’inizio. Per poi passare alle parti che aveva raccontato anche a John. Al dottore si strinse la gola. Come una diga che impediva all’acqua di andare dall’altra parte.
Era tutto diverso da quando erano state raccontate a lui. Non il racconto, ma essere testimoni di quelle parole in modo indiretto.
Pensava, da quel giorno sulla spiaggia, di essere riuscito a razionalizzare tutto, invece non aveva razionalizzato un bel niente.

Sherlock si era come chiuso in se stesso. Anche fisicamente oltre che mentalmente.
Più proseguiva con il racconto, più si accartocciava su se stesso. Le spalle in avanti, la schiena curvata.
John pensò che probabilmente era il modo in cui Sherlock si stava sentendo in quel momento. Come una carta usata, da buttare.
Il dottore avrebbe dato qualunque cosa per poter cancellare quello che era successo al suo compagno.
La testa bassa. Si vedevano solo una cascata di ricci neri.
Dopo la fine del terribile racconto un gelo assoluto era calato all’interno della stanza degli interrogatori.
Nessuno osava parlare per primo. Lestrade se ne stava immobile, seduto al proprio posto, fissando il vuoto già da un po’.
Sherlock?” Lestrade cercava l’attenzione del consulente, senza ottenere nulla.
Dai Sherlock, mi serve il tuo aiuto.”
A che serve?” Sherlock finalmente aveva trovato le parole per rispondere, anche se lo aveva detto con un filo di voce.
A che serve? A che serve cosa?”
Ora che ti ho raccontato tutta la storia, a cosa ti è servita?”
Scherzi? Mi serve a mettere un bastardo criminale dietro le sbarre e buttare la chiave!”
Sherlock finalmente alzò la testa, e guardò Lestrade negli occhi. Sul volto il sorriso più amaro che il vecchio detective gli avesse mai visto.
Non è così che funziona.”
E come funziona?”
Andiamo Lestrade, non fare l’ingenuo. Tutti credono quasi raramente alle vittime. Figurarsi ad uno come me.”
Ma tu lavori per la polizia. Chi è più attendibile di qualcuno che lavora per la polizia?”
Oh Lestrade sembri nato ieri. Sono praticamente considerato un pazzo da chiunque. C’è chi dice che ho problemi di personalità, vogliamo parlare dei miei precedenti con le droghe? Un carcerato che accusa il suo compagno di cella, viene preso più in considerazione.
L’avvocato di quel tizio ci andrà a nozze. Non che ci voglia poi molto. Si inventeranno che ho aggredito il suo cliente per un qualche motivo, e lui si è semplicemente difeso.”
Lestrade aggrottò la fronte.
Sherlock, quell’uomo ti ha…” prima che potesse terminare la frase, Sherlock lo interruppe.
No. E’ la sua parola contro la mia. E fino a prova contraria l’ho agganciato io in quel bar. Oltre al fatto che non ci sono prove di alcun tipo che abbia… E comunque sono sicuro che negherà. Non vuole che si sappia in giro che ha certi vizi.”
E i ragazzi che ha pagato? Ha aggredito anche alcuni di loro, si potrebbe dimostrare che ha un indole violenta e prevaricatrice.”
Intendi dei disagiati, spesso e volentieri coinvolti con il traffico e consumo di droga. O certo, parleranno sicuramente.
Magari se fossi morto, forse prima o poi con il dna lo avresti beccato e fatto condannare per omicidio involontario.”
Sherlock!” John aveva dato una gomitata al fianco del compagno, che però lo aveva ignorato.
Sherlock sapeva quanto John odiasse sentirgli dire certe cose, ma non poteva farci nulla, erano i fatti.
Io non posso lasciarlo a piede libero lo capisci? Certo che lo capisci, lavori per noi per la miseria.”
Lavoravo.- ci tenne a puntualizzare Sherlock. -Hai insistito per avere la mia storia. Una inutile storia da portare ad un processo che sarà una farsa, e dove l’unico che ci rimetterà sarò io, perché di certo il colpevole non subirà alcuna conseguenza.”
Lestrade si passò stancamente una mano sul viso.
Verrà fuori qualcosa, qualche altra vittima.”
Non ci sperare troppo.”
Ma io devo. Non ho scelta.”
Lo so.”
Mi dispiace.”
Non è colpa tua.”
Lestrade guardò John, che sembrava in piena apprensione e sofferenza.
Quei due si comportavano in modo decisamente strano. Insomma, più strano del solito, da quando gli conosceva, e già si comportavano in modo strano all’epoca, ma così era peggiorata la situazione.
Per qualche assurda associazione mentale, John gli dava l’idea di essere mamma orsa con il suo cucciolo, pronta a staccare la testa a chiunque si fosse azzardato ad avvicinarglisi troppo. In realtà provava pena per il povero stolto che avesse provato a farlo. Anzi, nel momento in cui avesse arrestato l’uomo che aveva fatto del male a Sherlock, si sarebbe dovuto assicurare di tenere a distanza John, o rischiava di finire male, e sinceramente non ci teneva a dover mettere in prigione per omicidio, un suo amico.
Però io comunque ho bisogno di quel nome.- Lestrade prese un respiro. -Ti prometto, che farò tutto quello che posso, e che è in mio potere, per non coinvolgerti più del dovuto, anche a costo di dover mettere questa confessione, secretata.”
Sherlock parve pensarci su per un lungo attimo, poi annuì.
D’accordo. Ti darò quel nome.”


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Capitolo 38
*** Capitolo 38: ***




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AVVISO:
Questo capitolo contiene una parte scurrile o che potrebbe risultare offensiva.
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Capitolo 38:


***



L’uomo se ne stava seduto con le mani posate sul tavolo. Teneva le dita incrociate, e sembrava impaziente, anzi, sembrava avesse una certa insofferenza.
Lestrade provò un senso di disgusto e rabbia.
Certo era soddisfatto che l’uomo che aveva cercato per tre anni, fosse seduto su quella sedia, nella stanza degli interrogatori. Con le manette ai polsi, e agganciato al tavolo. Incatenato. Come l’animale che era.
Ormai lo stava facendo aspettare da ore.
Dopo che i suoi uomini lo avevano preso in consegna dalla polizia di Bruxelles, gli erano stati letti i suoi diritti ed era stato trasportato fino a Scotland Yard, e messo dove si trovava ora. E da lì non era stato spostato più.
Ancora l’uomo non sapeva le accuse specifiche. Sapeva solo di essere stato arrestato nel suo paese di origine, il Belgio, di aver fatto un giorno ed una notte in una cella, e poi di essere stato caricato su un aereo diretto a Londra. La polizia belga si era semplicemente limitata a notificargli dei capi d’accusa di violazione della legge inglese, senza andare troppo nello specifico.
Lestrade aveva lavorato duramente per raccogliere tutte le prove.
Anche se doversi basare solo ed unicamente su quello che Sherlock gli aveva rilevato non era stato affatto semplice. In definitiva, non aveva altri testimoni. E l’unico che aveva, si rifiutava categoricamente di collaborare. E dubitava fortemente avrebbe parlato in un tribunale, davanti al giudice, agli avvocati, e a chiunque altro potesse ascoltarlo. Non che lo biasimasse per questo. Anzi, venire a sapere quello che gli era accaduto, era stato come ricevere un pugno dritto allo stomaco.
La polizia faceva sempre dei corsi di aggiornamento su come trattare le vittime di violenza, ma ogni volta, niente e nessuno avrebbe mai potuto preparare una mente umana a certi racconti raccapriccianti. Quindi no, non voleva che la cosa durasse troppo a lungo, per nessuno.
Raccolse il fascicolo giallo, con all’interno tutte le foto e i documenti sul caso, ed uscì dalla saletta con il vetro specchiato, per entrare in quella dell’interrogatorio.
Voleva farlo da solo. C’era solo un'altra persona che avrebbe assistito, al di là del vetro. Mycroft aveva insistito perché la cosa rimanesse riservata il più possibile, si era anche assicurato che nessuna voce circolasse all’interno del distretto.
Persino Greg sapeva quanto potessero essere pettegoli i poliziotti, e non osava immaginare cosa sarebbe potuto succedere, se si fosse saputo che era coinvolto niente di meno che Sherlock Holmes.
Buttò il plico di fogli sul tavolo di metallo. Il tonfo risuonò nella stanza vuota, e l’uomo che aveva di fronte, il criminale, anzi no, la bestia, alzò finalmente lo sguardo sulla faccia del detective.
Era un uomo alto e robusto, con il collo grosso, i capelli neri ispidi e corti, una faccia tonda. Pareva quasi un carlino. Un principio di barba nera gli circondava il mento e la mascella.
Represse un brivido. Il disgusto era salito fino alla bocca dello stomaco. Non osava nemmeno immaginare che un essere del genere potesse mettere le sue luride mani su qualcuno. Figurarsi su un suo amico, una persona che conosceva da anni.
Avesse potuto avrebbe estratto la pistola dalla fondina e gli avrebbe sparato. Un colpo solo. Dritto in mezzo agli occhi. Ma non era l’epoca del Far West e non poteva permettersi comportamenti sbagliati. Gli avvocati di quel bastardo si sarebbero attaccati a qualunque cosa per farlo scagionare.
Lestrade afferrò la sedia dallo schienale, e la trascinò per spostarla. Poi ci si mise seduto, e si riavvicinò al tavolo di metallo.
Allora si può sapere perché diavolo sono qui da una vita? Mi avete trattato peggio di un terrorista!”
L’uomo sembrava decisamente contrariato da tutta la storia. Quando parlava pareva un cinghiale che grugniva.
Il detective prese un grosso respiro, e represse l’immagine della pistola che sparava. Aprì con uno scatto il fascicolo, e lesse il primo foglio. Non ne aveva bisogno. Conosceva tutti quei fogli a memoria. Ma doveva fare un po’ di scena.
Il suo nome è: Julien Limbari? Nato a Mons, in Belgio. Il 9 febbraio 1973? E’ corretto?” Lestrade cercava di utilizzare il tono più neutro e monocorde di cui fosse capace, ma per quanto si sforzasse, non poteva nascondere quella leggera nota di astio. Non poteva farci proprio nulla. Per quanto cercasse di modulare il tono e l’atteggiamento per non indisporre l’indiziato, che però continuava ad avere un atteggiamento ostile, questo non faceva che aumentare il fastidio e l’astio del detective.
Seh…”
Come prego?” aveva capito benissimo, ma non poteva accettare quella specie di grugnito, come risposta in un interrogatorio ufficiale.
Ho detto si! Sono io.”
Bene. Signor Limbari, lei sa perché è qui?”
Secondo lei lo so? Mi avete fatto prelevare fuori da lavoro, e tra parentesi non credo nemmeno sia legale la notte che mi sono fatto dietro le sbarre.”
Signor Limbari, quello che intendo è, se i miei colleghi di Bruxelles, le hanno detto per quale motivo sarebbe stato trasportato qui in Inghilterra.”
Senta, che cavolo ne so. Hanno detto che ho violato la legge inglese. Sfruttamento della prostituzione credo. Beh è una stronzata. Io non ho pagato nessuna puttana.”
Signor Limbari, abbiamo le prove che lei abbia pagato per avere in cambio… Favori sessuali.”
Le prove? E che prove! Dove, voglio vederle queste dannate prove! E poi da quando si arresta qualcuno per questo!”
Ovviamente, non posso dirle le prove di cui disponiamo, ma le basti sapere che non sarebbe qui se non le avessimo.”
E io invece credo sia mio diritto sapere quello che state combinando! Per cosa tutto questo mistero?”
Oltre alle accuse di sfruttamento della prostituzione, pendono a suo carico delle accuse di stupro.”
Lestrade lesse attentamente le varie espressioni dell’uomo. Se in principio sembrava scocciato, ora era passato ad irritazione, per poi arrivare all’ansia, e dopo quell’ultima rivelazione, beh, l’uomo era scoppiato a ridere.
Cosa? E’ uno scherzo vero? Prima mi accusate di una cosa che è impossibile abbia fatto, e poi vi siete inventati addirittura uno stupro?”
Non abbiamo inventato niente. E non si tratta di uno stupro solo.” Lestrade rifilò un'occhiata carica di avversione all’uomo. Ormai non serviva a nulla fingere accondiscendenza. Così gli chiese a bruciapelo dove si trovasse la data della notte in cui era stato aggredito Sherlock, ovviamente senza specificare nulla. Doveva sapere che scusa si sarebbe inventato il signor Limbari.
L’uomo lo fissò sconcertato, preso totalmente in contropiede.
E io cosa ne so! E’ successo tipo tre anni fa!”
Fregato.
Glielo dico io dove si trovava.” estrasse un foglio dal fascicolo e lo mise sotto il naso dell’uomo.
Era proprio qui, a Londra. E ci è rimasto per tre giorni. Un weekend. Aveva un trasporto della merce che la sua ditta fa di sovente arrivare qui in Inghilterra.”
Ah. Beh si sarà vero. Non è mica la prima volta che lo faccio.”
Oh assolutamente, ne sono consapevole. In realtà, in un anno, lei viene nel nostro paese per questioni lavorative, almeno una ventina di volte.”
Si. E quindi? Continuo a non capire.”
Non capisce? La sera in questione lei è stato in un locale. Abbiamo le prove perché lei è stato visto in questo locale. Ha parlato con una persona. Un uomo. Che la mattina dopo è stato ritrovato in un parcheggio coperto, a breve distanza dal pub dove lei è stato visto.”
Tutto qui? Voi mi avete fatto arrestare davanti a dove lavoro, mi avete trattato come un criminale della peggior specie, e fatto arrivare fino a qui, per questo?”
Le sembra poco?”
Il volto dell’uomo si tinse di rosso.
Io lo sapevo che voi inglesi fosse stupidi oltre che inetti!”
Lestrade represse un improvviso istinto omicida. Prese una foto. Ne aveva messa solo una. Fatta il primo giorno in cui aveva visto Sherlock. Non voleva che quel tizio potesse anche solo lontanamente intuire che in realtà Sherlock era ancora vivo e vegeto e lo avesse apertamente accusato.
Gli sbatté la foto davanti.
In quell’immagine Sherlock era in un letto d’ospedale, con la faccia talmente piena di lividi e gonfia, da renderlo praticamente irriconoscibile.
L’uomo la guardò con attenzione. E Lestrade lo sapeva, ne era sicuro, quel tizio lo aveva riconosciuto.
E dovrei sapere chi è?”
Direi di si. Lei è l’ultima persona che è stata vista insieme a lui, quella sera.”
Uhm… Vedo un sacco di persone quando giro per locali.”
Lo ha portato in quel parcheggio.”
Stai mica insinuando che sono un finocchio?”
Non lo sto insinuando.”
Ah ecco.”
Sei uno stupratore e un assassino.”
L’uomo fece uno scatto in avanti, ma era incatenato al tavolo, e non riuscì nemmeno a sollevarsi dalla sedia.
Greg sorrise, pienamente soddisfatto di quella reazione.
Voglio un avvocato.” proferì solo il bastardo, fissando il detective negli occhi. Lestrade poteva leggere solo malvagità la dentro. Il peggio che la razza umana ha da offrire.
Se confessi sarà più facile per tutti.”
Sei sordo sbirro del cazzo? Ho detto che voglio un avvocato!”
Lestrade iniziò a raccattare tutto, infilare i fogli rimasti nel raccoglitore del fascicolo, e si alzò.
Bene. Un avvocato arriverà quanto prima.”
Uscì dalla stanza senza aspettare la replica dell’uomo. Una volta fuori, nel piccolo corridoio, appena si fu voltato, si ritrovò davanti Mycroft.
Il detective sobbalzò dallo spavento.
Che diavolo… Mycroft che ci fai qui, hai seguito tutto l’interrogatorio?”
Se quella scena pietosa la chiami interrogatorio, si, l’ho seguito.”
Il detective sospirò. Ormai si era rassegnato agli insulti di Mycroft.
Ora tocca a me.” 
Come prego? Tocca a te cosa?”
Il maggiore degli Holmes spostò Lestrade, e aprì la porta della sala degli interrogatori.
Greg restò interdetto, a fissare la porta chiusa. Forse sarebbe stato il caso che intervenisse e fermasse Mycroft Holmes, ma una vocina nella testa gli disse di aspettare e vedere che succedeva. Greg diede ragione a quella vocina ed andò nello stanzino, dietro al vetro. Era arrivato giusto in tempo a quanto pareva.


Mycroft si levò il cappotto e lo piegò accuratamente, adagiandolo sullo schienale della sedia.
Tu non sei uno sbirro. Hai l’aria da avvocato, hanno fatto in fretta a chiamare.”
Non sono un avvocato.”
Ah no? Allora con te non ci parlo.”
Mycroft sorrise.
Infatti non devi parlare, non voglio sentire i tuoi grugniti da sus.”
Prego?”
Devi stare in silenzio e ascoltare. Sempre che tu ne sia in grado.
Mycroft prese a sbottonare la giacca del completo, per poi sfilarla. Ripiegò con cura anche quell’indumento, e lo posò sopra al cappotto. Poi prese la sedia e iniziò a trascinarla nella stanza. Arrivò all’angolo di sinistra, dal lato della porta, e la sistemò con lo schienale contro il muro. Sbottonò le maniche, e le arrotolò fino sopra al gomito, prima una e poi l’altra. In fine salì sulla sedia che aveva sistemato a ridosso del muro. Allungò una mano dietro ad una delle telecamere. Strappò con forza il cavo che la teneva collegata. Con un balzo saltò giù dalla sedia.
L'uomo ammanettato al tavolo, osservò tutta la scena con aria inebetita.
Mycroft riprese la sedia e la trascinò nuovamente, questa volta all’angolo opposto.
Ci salì sopra, e rifece lo stesso gesto.
Nella stanza oltre il vetro, nel frattempo, erano sparite le immagini dagli schermi collegati alle suddette videocamere.
Lestrade si sentiva sempre più sconcertato.
Mycroft riportò la sedia al suo posto.
Lo sai cos’è l’Habeas Corpus?”
Un che? Non parlo lo spagnolo.”
E’ latino. Stupido bifolco. E’ quella cosa che sancisce il principio che tutela e l’inviolabilità di chi è arrestato o sotto processo.”
Ah. Ecco allora visto che parliamo dei miei diritti, voglio il mio avvocato.”
Sai questo diritto nel nostro apparato giuridico esiste da molto, molto tempo. Ma in alcune occasioni, se la necessità lo richiede, può essere sospeso. Lo ha fatto Lincoln durante la guerra di secessione. Lo abbiamo fatto noi durante l’epoca della pirateria. In poche parole, se vieni preso, puoi essere impiccato senza un processo.”
L’uomo si mise a guardare Mycroft, sempre più confuso.
Io di sovente non apprezzo che il nostro prezioso sistema giuridico venga infranto, La democrazia è un sacrosanto diritto che con fatica il popolo si è guadagnato. Ma vedi, ci sono alcuni casi, troppo gravi per essere ignorati, in cui la democrazia deve essere messa da parte.”
Si può sapere che diavolo vuoi e chi diavolo sei!”
Mycroft prese una foto da una delle tasche del cappotto, e la lasciò sul tavolo, davanti all’uomo. La sua faccia da carlino quasi si contrasse.
Mi prendete per il culo? Ancora con questa storia ? Non so chi sia!”
E’ mio fratello.” il tono di Mycroft era del tutto lapidario.
Aaa. Ecco ora ho capito. Pensate di potermi incastrare. Volete guadagnarci qualcosa. Ma non penso proprio che questa storia in un tribunale sia attendibile. Chiederò aiuto al mio paese, e sarete costretti a lasciarmi andare.”
Tribunale, e chi ha parlato di tribunali.”
Lo sbirro prima…”
Lascia perdere. Non ci sono polizia, giudici o avvocati, che ti possono salvare.
L’uomo aggrottò la fronte.
Te l’ho spiegato prima, ma ora proverò con parole semplici, in modo che anche un ignorante bifolco come te possa arrivarci.
Non avrai nessun avvocato, non ci sarà nessun giudice che si farà abbindolare da tanti bei giri di parole. E in ogni caso non succederebbe mai, perché vedi, io conosco ogni avvocato di questa città.
Tu ti sei preso mio fratello, e io ora mi prenderò la tua miserabile inutile vita. Di pure addio alla tua famiglia, al tuo lavoro. Sparirai e basta. Come se non fossi mai esistito. Nessuno sentirà la tua mancanza.”
Sei pazzo! Non lo puoi fare!”
Mycroft sorrise.
In realtà, sì, posso. Io sono la legge e la giustizia per te.”
Lestrade dall’altra parte del vetro, era rimasto assolutamente immobile, aveva quasi paura a respirare. Conosceva Mycroft, sapeva quanto quelle parole fossero veritiere. Mycroft Holmes non minacciava mai a caso. Avrebbe fatto esattamente quello che aveva detto, e nessuno lo avrebbe fermato.
Ehi! Io voglio il mio avvocato! Hai capito pazzo bastardo!” ora l’uomo si era messo a sbraitare, ma Mycroft lo stava totalmente ignorando. Si era alzato, e aveva srotolato le maniche della camicia, poi aveva indossato la giacca del completo, ed infine aveva preso il cappotto. Recuperò la foto dal tavolo, e se la rimise in una tasca.
Parlo con te! Farò causa a questo fottuto posto! Voglio l’ambasciata del mio paese!”
Mycroft si voltò un'ultima volta verso l’uomo.
Vedi. A nessuno importa nulla di te. Ora sai come ci si sente a finire nell’oblio.
Buona giornata.” lo salutò con un cenno del capo, e se ne andò, uscì da quella stanza senza più guardarsi indietro.
Lestrade uscì dalla saletta.
Che cosa pensi di fare, sei pazzo?”
Faccio quello che va fatto.”
Ma non puoi far semplicemente sparire qualcuno!”
Tu dici? Se solo provassi a sforzare la tua vecchia mente da detective, capiresti quante cose posso fare.
Lascialo li, verranno a prenderlo presto.” Mycroft indossò il cappotto, e si allontanò.
Lestrade capì quanto la situazione fosse seria e reale. Ormai era stato deciso il destino dell’aggressore di Sherlock, e sinceramente, non ne era dispiaciuto affatto.


Note d’autrice:

Sus* starebbe a significare il nome del maiale in latino.

Finalmente sono venute fuori un po’ di cose, e si sa chi sia il famoso tizio dell’aggressione. Spero di aver reso giustizia a Sherlock. Non lo so, non è stato un capitolo facile da scrivere e mi sono scervellata tantissimo per trovare la soluzione migliore. Alla fine sono giunta alla conclusione che Mycroft si sarebbe messo in mezzo. In fondo lo ha fatto con Moriarty (pace all’anima sua), perché non avrebbe dovuto farlo in un caso del genere, e poi su un mr nessuno come il caro signor Limbari. Oltretutto ha realizzato un po’ le minacce che aveva fatto in origine a John, anche se li non voleva farlo proprio sparire quanto più rovinargli la vita, ma non cambia molto. Se Mycroft minaccia qualcosa è perché piò farlo, non sono minacce tanto per parlare… E niente, spero vi soddisfi il capitolo, ho un po’ di ansia sinceramente (e quando mai).
I prossimi saranno gli ultimissimi capitoli, credo che arriveranno fino al 40, quindi ne mancano solo due alla fine. La cosa mi rende molto triste.
Va bene la smetto di parlare, ovviamente a chi vuole lasciare una recensione, giuro che non mordo!
Alla prossima!

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Martedì 19 Ore: 15/16

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Capitolo 39
*** Capitolo 39: ***


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Capitolo 39:


***
Qualcuno bussò al 221B. La signora Hudson andò ad aprire, e si trovò davanti Mycroft Holmes, che entrò nel piccolo atrio, senza troppe cerimonie.
Mi perdoni se non mi trattengo in convenevoli, ma vado di fretta. Devo parlare urgentemente con mio fratello.” disse solo lapidario alla donna, ancora prima che questa, gli avesse detto alcunché.
Oh non si sono mossi dall’appartamento.”
Bene.” detto ciò, prese le scale. Bussò alla porta dell’appartamento, andò John ad aprirgli.
Mycroft?”
Buonasera.” senza aspettare un invito, entrò, e si tolse cappotto e sciarpa, appendendo poi gli indumenti all'appendiabiti dell’ingresso. John una volta chiusa la porta, gli si parò davanti.
E’ successo qualcosa?”
Devo parlare con mio fratello.”
Sherlock era rimasto seduto su una delle poltrone del salotto, in pigiama e con la vestaglia, e un aria cupa.
Mycroft gli si avvicinò, e Sherlock alzò la testa.
Dobbiamo parlare.”
Ho sentito. Parla.”
In privato.”
Non c’è nessun altro a parte noi.”
Senza di lui.” Mycroft indicò John. Sherlock diventò ancora più cupo.
Non incominciare. Lui non se ne va da nessuna parte. O te ne vai tu.”
Dovremmo fare questa scena ogni volta?”
Solo se la cominci.”
Posso parlare da solo con mio fratello?”
Quello che ascolto io lo ascolta anche lui.”
E’ una cosa che riguarda te.”
Senti, lo so che lo fai solo per irritare me e perché ti diverte provocarmi.”
Non è affatto per questo motivo.”
John fa parte della famiglia, vedi di fartene una ragione. O non abbiamo più altro da dirci.”
Mycroft non era affatto felice di quella discussione, ma dovette ingoiare il rospo.
E va bene! Sono appena tornato dal commissariato. Ho assistito all’interrogatorio da parte di Lestrade, all’uomo che ti ha aggredito.”
E? Cosa ha detto? Cosa ha intenzione di fare Lestrade?” fu John a fare la domanda, in piena apprensione.
Mycroft senza nemmeno voltarsi a guardare il dottore, rispose.
E nulla. Lestrade non farà proprio nulla. Non sarà più un problema, per nessuno.”
Ora sia John che Sherlock erano nella confusione più totale.
Che cosa significa?” era stato sempre John a porre la domanda.
Significa che ho risolto il problema.”
Lo hai risolto?”
Mycroft era stufo delle domande stupide di Watson, ecco perché voleva parlare da solo con suo fratello.
Sì. Ho risolto.”
E come?”
Tu che dici?”
Hai… Hai fatto qualcosa?” finalmente Sherlock si decise a parlare.
E’ sparito. Non potrà farti più nulla. Non ci sarà nessun processo.
Io… Non capisco. Non può… E’ finita così?”
Cosa preferivi, il processo?”
No. No! Solo…”
Ti dispiace per quel mostro?”
No!”
Allora cosa? Pensavo saresti stato lieto della notizia.”
Certo che lo sono! Ho aspettato tre anni, nel terrore!”
Mycroft rimase in silenzio per un lungo momento.
Non potrà farti più nulla. Non farà più nulla a nessuno.”
Sherlock annuì.
Ora devo andare.” Mycroft si voltò verso John, avvicinandosi al suo orecchio.
Ti conviene trattarlo bene. Se vengo a sapere che soffre ancora a causa tua… Ti faccio fare la stessa fine di quell’uomo...”
John non aveva nemmeno la forza, oltre la voglia, di infuriarsi per quella minaccia. Quindi annuì semplicemente.
Mycroft recuperò cappotto e sciarpa, e lasciò l’appartamento, chiudendosi la porta alle spalle.
Come… Come ti senti?”
Sherlock era rimasto lì seduto, a fissare il vuoto.
Non lo so. Non so come devo sentirmi.”
John gli si inginocchiò davanti.
E’ finita.”
Sherlock annuì.
Si. Si, è finita.”
Non dobbiamo più preoccuparci di nulla. Nessuno saprà quello che è successo.
Sherlock avvolse le braccia attorno al collo di John, e ci sprofondò con il viso.


Quella semplice notizia era stata così liberatoria che quello che era successo dopo era stato sconvolgentemente intenso.
Tutte quelle emozioni negative trattenute per tutti quegli anni, da distruggerli mentalmente. Ed ora era tutto finito. Tre anni di prigionia, nel dolore e nel terrore. Ma la prigione ora era vuota. I prigionieri erano stati liberati.
Non ne aveva mai abbastanza. Dei suoi baci, delle sue mani sul corpo. Di qualunque parte di lui.
Desiderò che quella notte e quella mattina non finissero mai.
Con una mano incastrata in quell’ammasso di riccioli scombinati, fu costretto a staccarsi dalla sua bocca, per riprendere fiato. Non avrebbe fatto nemmeno quello se non gli fosse servito ossigeno.
Si lasciò ricadere con la testa sul cuscino, ammirando il soffitto, mentre cercava di tornare a far funzionare i polmoni nel modo corretto. Dallo sforzo di tutta quella attività fisica, gli bruciavano.
Sherlock si adagiò con la testa, sulla sua spalla sinistra. Le dita lunghe e magre che lo accarezzavano lungo il petto.
E’ stato… Molto bello.” in realtà aveva altri termini in mente, ma non voleva sembrare rozzo.
Solo bello?”
Ecco, come non detto.
Non posso dire le cose a cui sto pensando.-
Sherlock ridacchiò, era una risata bassa e sommessa, ma il respiro caldo, contro la pelle sudata, gli diede un potente brivido. -E’ stato incredibile.”
Incredibile va meglio.” Sherlock lo baciò proprio sopra al cuore, che fece una capriola.
Sai che dovremo fare un altro matrimonio, vero?”
John era così intorpidito da tutto quel mix di piacere che aveva provato in quelle ultime ore, che al momento un qualunque discorso serio o normale, gli sembrava arabo.
Cosa?”
Sherlock si raddrizzò per poter guardare il compagno negli occhi.
Il matrimonio, John. Lo sai che tecnicamente, non è valido, vero?”
D’accordo, decisamente non riusciva a capire quello che Sherlock stava cercando di dirgli. O meglio, un significato quelle parole lo avevano, solo che il suo cervello si stava rifiutando di constatarne la veridicità.
Ma noi siamo già sposati, da tre anni.” puntualizzò.
Sherlock sorrise.
Lo so, mio dottore. Ma non abbiamo usato i nostri veri nomi quando lo abbiamo fatto. I documenti erano falsi, e di conseguenza, anche il matrimonio. Credevo lo sapessi.”
John rimase in assoluto silenzio, per un lungo momento.
Si. Cioè… Cioè si ovvio che lo sapevo. Però non ci ho fatto troppo caso. Ecco, io ho sempre dato per scontato che fossimo sposati.”
Anche io. In fondo è solo un pezzo di carta con una firma. L’importante è quello che sentiamo l’uno per l’altra. Però… Però se non vuoi sposarmi ufficialmente, io lo capisco. Forse ci rimarrebbe più male mia madre.”
John rimase ad occhi sgranati, a ponderare quelle parole.
Ma io voglio sposarti! Che stai dicendo, perché non dovrei volerlo!”
Sherlock nuovamente ridacchiò.
Va bene, va bene. Ho capito. Allora dobbiamo fare le cose per bene questa volta.”
E tu… Tu invece vuoi sposarmi?”
Ti sposerei anche mille volte.”
John sorrise.
Ma stavi dicendo di tua madre.”
Ah si, lei impazzirebbe se non facessimo la cerimonia in grande stile. Ovviamente ha già detto che si occuperà di tutto lei.”
Quindi noi non facciamo nulla.”
Dobbiamo solo presentarci.”
Ah ecco.”
Ti dà fastidio?"
Che cosa?”
Che mia madre si metta in mezzo.”
Ma no. La capisco. Sei il suo unico figlio che si è sposato. Non penso abbia speranze per Mycroft. E poi è così affezionata a Rosie.”
Sherlock rise.
Che cosa ti fa ridere?”
Quello che hai detto su Mycroft.”
John fece una smorfia con la bocca.
Scusa ma è la verità.”
Lo so. Per questo fa ridere. Non credevo sarebbe mai potuto accadere che mi sposassi e avessi una famiglia mia.”
E invece…”
Già. Eccoci qui.”
Forse non tutti i mali vengono per nuocere.”
Forse no. Anzi.”
Anzi?”
Se te lo dico ti arrabbi.”
Non potrei mai arrabbiarmi con te.”
A quelle parole Sherlock assunse quasi un espressione triste.
Non è vero, invece ti faccio arrabbiare spesso.”
E dai… Dimmi che c’è che non va.”
Okay. Te lo dico. Non sono così dispiaciuto di come sono andate le cose. Cioè… Non quello che è successo a te e a Rosie. Intendo quello che è successo a me.”
Sherlock.” John si mise seduto. Ora il discorso era diventato serio.
Se stai cercando di dire che te lo sei meritato, io giuro…”
No, no. Non intendevo quello. Insomma, non proprio. Però sei tornato. Cioè, quello che mi è successo ti ha fatto tornare, e lo sai, io sono egoista. Quindi sono contento di essere finito in quel parcheggio, perché ti ha fatto tornare da me.”
John rimase fermo immobile, a fissare il vuoto. Non capiva come dover prendere quello che Sherlock gli aveva appena detto. Insomma, lui lo aveva abbandonato, probabilmente spezzandogli il cuore. Ma non aveva mai capito che ci fosse un cuore che batteva per lui. Non aveva avuto idea che in tutti quegli anni, Sherlock avesse avuto quel tipo di sentimenti. E ci erano volute la bellezza di due tragedie per farli avvicinare e far aprire il cuore di entrambi, a quei sentimenti che avevano sempre cercato di annullare.
Lo strinse tra le braccia.
Non ti voglio sentire fare certi discorsi. Ormai il passato è passato. L’importante è quello che abbiamo costruito ora. E che ti amo.”
Anche io ti amo.”
Sherlock si lasciò cullare dolcemente tra le braccia del suo dottore.
Ti amo John.”
Ti amo Sherlock.”

Quando quella mattina finalmente entrambi si decisero a scendere dal letto..
Sherlock aveva infilato solo un paio di pantaloni della tuta e si era chiuso in bagno, John invece aveva raccattato la camicia di Sherlock, e se l’era infilata, con l’idea di raggiungerlo sotto la doccia. Non aveva alcuna intenzione di lasciarsi scappare nessun minuto utile con il suo compagno.
Bussò alla porta del bagno, e Sherlock gli aprì, ancora con solo i pantaloni grigi della tuta addosso, che lasciavano ben poco all’immaginazione.
John sospirò. Sarebbe stato la causa della sua morte. Lo sapeva ormai dal giorno in cui lo aveva conosciuto.
Ehi, quella è mia.”
Ah si? Dici?”
Non avrebbe restituito quella camicia con così tanta facilità.
Sherlock rise.
Direi di si. Ti sta un po’ larga.” sorrise in modo furbo. Quel luccichio negli occhi, ormai il dottore lo conosceva bene.
A me sembra che invece sia mia, però se ne sei così sicuro, puoi sempre venire a riprendertela.”
Il sorriso di Sherlock diventò un ghigno.
Devo riprendermela?”
Gli si avvicinò così tanto che poteva quasi andare a sbattere con la faccia contro al suo petto.
Vorrei che ci provassi, si.”
Le dita di Sherlock si appropriarono del primo bottone, e poi del secondo, ma arrivato al terzo, decise di approfondire meglio con un bacio. John quasi si sollevò in punta di piedi per andargli incontro. Sentì Sherlock ridacchiare contro la sua bocca. Peccato che nessuno dei due avesse notato che in quell’appartamento, non fossero da soli. Erano così presi da non essersi minimamente accorti della presenza di due persone nel loro salotto. Quando finalmente si staccarono l’uno dall’altro, un rumore insolito gli fece voltare la testa, nel tentativo di capire, cosa ci fosse che non andava.
Lestrade e la signora Hudson se ne stavano in piedi, in salotto, con occhi sgranati e bocca aperta. Il detective di Scotland Yard aveva coperto gli occhi della padrona di casa un una mano.
Appena Sherlock si rese conto, corse a chiudersi in bagno, purtroppo al povero dottore non rimase che restare in quell’imbarazzo, e con solo la camicia addosso.



Avresti dovuto vedere la sua faccia!”
Sherlock andò a sedersi sul divano, accanto al fratello, che stava mescolando una zolletta di zucchero nella tazza di tè appena preparato dalla signora Hudson.
Non mi dire. Mi sono perso la sua espressione, che peccato. Pagherei oro per avere una foto di quel momento.”
A che serve, posso descriverla."
Sherlock si avvicinò all’orecchio di Mycroft, iniziando a bisbigliare qualcosa. Mycroft di tanto in tanto rideva.
Insomma veder ridere Mycroft Holmes era già abbastanza assurdo. John non credeva nemmeno che ne fosse capace.
Sherlock e dai, non è una cosa carina.”
Perché? Gli sto solo raccontando la scena di questa mattina. Non è colpa mia se Lestrade sembrava un baccalà.”
Sherlock!” per quanto ci provasse, John non era in grado di sgridare Sherlock in modo credibile. Primo, perché Sherlock non era qualcuno che si lasciasse riprendere da alcuno, e secondo, perché se quando lo riprendeva, se ne usciva con quell’espressione da finto innocente come una moneta da tre pound, aveva già perso in partenza.
Guardate che io sono qui.” intervenne Lestrade, che non aveva affatto un'aria felice.
Si, lo sappiamo che sei qui, Lestrade. Il che è un bene, perché così posso immaginarmi la scena ancora meglio.”
La fronte del detective di Scotland Yard si corrugò, riempiendosi di rughe.
Sei uno stronzo, lo sai vero?”
Mycroft lo ignorò, e riprese a parlare fitto con Sherlock.
John per dargli un minimo di conforto, e fargli sapere che era dalla sua parte, andò a dare una pacca sulla spalla del vecchio amico.
Avresti potuto dirmelo.” il detective lo disse rivolto a John.
Lo so, mi dispiace. Ma per noi non è così facile. Cerca di capirci.”
Eravamo amici no? Così ci hai sempre definiti.”
John sapeva che avrebbe dovuto lavorare duro per farsi perdonare da Lestrade.
Mi hai fatto fare la figura dello stupido.”
Mi dispiace.” davvero non sapeva che altro dirgli. Per Sherlock era già stato difficile doverlo dire ai propri genitori, e per quanto riguardasse se stesso… Non aveva neanche preso in considerazione il doverlo dire ad altri. In fondo era stato quasi impossibile venire a patti con se stesso e accettare la cosa. Ci aveva impiegato letteralmente anni e gli ci era voluta una tragedia, per giungere alla conclusione di amare Sherlock.
Ora devo andare. Ho del lavoro che mi aspetta. Così potete sparlare liberamente.- Lestrade infilò l’impermeabile. Buonasera.” e prese la porta.
John con un sospiro si lasciò ricadere sulla poltrona.

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Note d’autrice:

Sono in tremendo ritardo con l’aggiornamento, purtroppo mi sono persa con i giorni e non mi ero resa conto che ieri fosse martedì! Pensate come sto messa male. Quello di prossima settimana sarà l’ultimo capitolo. Sono davvero triste che sia finita, ma non vedo l’ora che arrivi novembre per una nuova avventura! In più ci saranno in futuro dei capitoli bonus di questa storia, tra cui, quello del matrimonio! O magari di tutti e due i matrimoni… Chi vivrà vedrà. Visto che sono capitoli a parte forse in alcuni ci saranno scene più piccanti… Dipenderà tutto da come mi verranno fuori, perché è da anni che non le scrivo, non so se sono più in grado.

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Martedì 26 Ore: 15/16

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Capitolo 40
*** Capitolo 40: Fine. ***


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Capitolo 40: Fine.


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L’organizzazione del nuovo matrimonio richiedeva tempo, soprattutto visto tutto quello che aveva in mente la signora Holmes.
In fondo John era felice che si occupasse di tutto lei, anche per quanto riguardava Rosie. Avevano persone ben liete di occuparsene in caso di necessità, e di cui lui si fidava ciecamente. Era diventata una specie di famiglia allargata. La bambina aveva già iniziato a chiamare la signora Hudson, nonna, per grande gioia di quest’ultima, che si preoccupava ogni giorno di preparale le cose giuste. Aveva provato più di una volta a far desistere la donna, ma non voleva sentire ragioni, quindi alla fine aveva semplicemente smesso di insistere e l’aveva lasciata fare. Greg era diventato lo zio, e di tanto in tanto si ritrovavano a pranzo o a cena, quando non c’era un qualche caso a tenerlo occupato. Ovviamente questa situazione non voleva dire che non sarebbero più tornati alla casa sulla scogliera. Assolutamente. Quella era casa loro e lo sarebbe sempre stata. Semplicemente ora dovevano dividersi tra Londra e il paesino dove erano finiti ad abitare.
Per fortuna Mycroft aveva sistemato tutto, così John aveva potuto conservare il suo lavoro da dottore nella piccola cittadina. Non lo avrebbe mai ammesso apertamente, ma era stato molto lieto di intercedere del maggiore degli Holmes. A quanto pareva, la signora McKennel era entusiasta di trovarsi niente di meno del governo dentro casa. A Mycroft era bastato dire alla donna che due dei suoi più stimati abitanti erano sotto protezione, e che avevano collaborato per far arrestare un pericoloso criminale internazionale, così aveva spiegato anche la storia dei documenti falsi.
Per lei si era trattato di un vero onore partecipare attivamente alla collaborazione con il governo inglese, tanto che Mycroft l’aveva premiata con una carica a vice sindaco.
Quindi tutto era stato risolto per il meglio.
Il fine settimana, e su questo la signora Holmes era stata tassativa, Rosie lo avrebbe passato con loro. Ogni venerdì pomeriggio viaggiavano per raggiungere la città, e la domenica sera tornavano alla casa sulla scogliera.

Quel sabato mattina si stavano preparando per portare la bambina a casa degli Holmes, era arrivato anche Mycroft, che era intenzionato ad andare a trovare i suoi genitori, quindi aveva deciso di andare a prendere l’allegra combriccola. Nonostante non avesse apertamente approvato quella situazione, si limitava a mantenersi indifferente e distaccato. John aveva tanto l’impressione che centrasse la signora Holmes, e che quasi sicuramente avesse dato un ultimatum al comportamento sprezzante e astioso del suo maggiore dei figli. Ovviamente nessuno le disobbediva.

John e Sherlock si trovavano in cucina con la signora Hudson, intenti a preparare le ultime cose da mettere nella valigia che la bambina si sarebbe portata via, quindi era rimasto solo Mycroft in salotto, intento a leggere il giornale e sorseggiare una tazza di caffè. Rosie invece era in camera di Sherlock, e si era data al disegno.
Dopo un po’, Rosie sgattaiolò fuori dalla stanza, tenendo in mano un foglio da disegno, si avvicinò quasi con timore a quell’uomo che non l’aveva mai degnata di uno sguardo o una gentilezza. In realtà non era sicura del perché a lui sembrava non piacesse la sua presenza. Una volta, aveva chiesto a suo padre se per caso, lei non gli piacesse, ma come risposta aveva ottenuto che era fatto così con tutti e di non perderci troppo tempo a cercare di capirlo. A lei però non era piaciuta come risposta. Non poteva semplicemente lasciare perdere. Così aveva strizzato le meningi alla ricerca di una soluzione. Aveva anche pensato a qualche regalo, ma non aveva abbastanza soldi, e poi le sembrava una cosa così impersonale e fredda, quindi aveva deciso di fare qualcosa con le proprie mani. Cosa c’era di meglio di un regalo fatto personalmente? Però non poteva usare cose troppo complicate, e poi non voleva che i suoi papà lo sapessero, almeno se fosse andata male, non gli avrebbe sentito dire “te lo avevo detto”.
Alla fine aveva trovato l’unica cosa che poteva andare bene per le sue esigenze: un disegno. Disegnare era una delle cose che preferiva in assoluto, e ci si era messa davvero d’impegno. Lo aveva iniziato ancora giorni fa, perché doveva essere perfetto.
Diede un ultimo ritocco, prima di ritenersi soddisfatta. In realtà non si riteneva mai del tutto soddisfatta di qualcosa, in fondo si poteva sempre migliore, però non lo poteva fare meglio di così. Scrisse il suo nome, nell’angolo in fondo a destra, e prese il foglio.
Si fermò dietro lo stipite della porta, e guardò nel salotto. Per fortuna la via era libera, avrebbe dovuto agire in fretta.
Lui era seduto sul divano e stava leggendo il giornale. Aveva un po’ paura ad interromperlo, avrebbe anche potuto prendere una sgridata, non aveva idea di come avrebbe reagito, ma doveva farlo, non era una codarda. Prese un bel respiro e a passo veloce gli ci si avvicinò, senza dire una parola. Se ne stava solo lì in piedi, ad aspettare che lui si accorgesse della sua presenza. Per fortuna, dopo un tempo che a lei sembrò davvero interminabile, probabilmente dovevano essere passate ore, quello che doveva essere suo zio, ma non capiva se lo fosse o meno, e non aveva la più pallida idea di come chiamarlo, abbassò il pezzo di carta che stava leggendo, e spostò gli occhi sui suoi.
Ciao, ti serve qualcosa?” aveva un tono molto freddo. Davvero non capiva gli adulti. Così si limitò ad allungare il foglio dove aveva fatto il disegno.
Lui la guardò un po’ incerto, ma poi lo prese, appena fu sicura di averglielo consegnato, corse via, a rifugiarsi nella camera dei suoi genitori. Tornò al travolinetto basso ricoperto di matite e pastelli di ogni colore, e prese un altro foglio, su cui iniziò subito un altro disegno. Non aveva idea di cosa stava disegnando, aveva troppo timore di guardare verso il salotto.
Dopo un po’ sentì dei passi pesanti in avvicinamento. Era quasi sicura sicura si sarebbe presa una bella sgridata.

Mycroft era assorto nella sua lettura, così tanto, da non essersi accorto della presenza accanto a lui, solo che sentendosi osservato, alla fine, si era interrotto e aveva deciso di controllare di chi si trattasse. A volte si isolava così tanto nel suo mondo, da non accorgersi di quello che accadeva attorno. Però non c’era nessun altro in salotto e l’unico trambusto proveniva dalla cucina. Finalmente si voltò, e si trovò con una bambina che lo stava fissando intensamente.
Non era affatto abituato ad interagire con piccoli umani. Non era lavoro per lui, e quando qualche sua dipendente rimaneva incinta, si limitava sempre a mandare una lettera di congratulazioni ed un regalo. Non capiva tutte quelle esternazioni di gioia e schiamazzo.
Si limitò a chiederle se le servisse qualcosa, gli sembrava la risposta più diplomatica e appropriata, in quel contesto.
La bambina si era limitata a lasciargli un foglio e fuggire via.
Avvicinò il foglio al viso, per poterlo osservare meglio.
C’era un paesaggio di campagna, sullo sfondo riuscì a riconoscere casa dei suoi.
E poi c’erano sua madre, con quella che doveva essere una teglia di biscotti in mano, e suo padre, seduto su di una poltrona a leggere il giornale.
Poi c’era John con il camice da dottore, la bambina stessa tra loro due, e Sherlock, e con sua grande sorpresa, anche lui.
Restò per un attimo ad osservare i dettagli di quel ritratto di famiglia.
Si alzò dal divano, ed andò verso la camera. La bambina era china su di un tavolino basso e stava colorando un altro disegno.
Lo hai fatto tu questo?” non aveva idea di come si interagiva con i bambini, le loro menti semplici lo mettevano in difficoltà.
Lei lo guardò e annuì.
Tutto tu da sola?”
Lei annuì ancora.
Sei davvero brava. Grazie.”
Ti piace?” il suono della voce timida lo prese un po’ in contropiede.
Si. Molto. Grazie.
Ti piace disegnare quindi.”
Lei annuì ancora.
Anche a me.” a quelle parole lei alzò di scatto la testa, con un'espressione sorpresa.
Davvero?”
Sì. Dipingo.”
Wow! Che bello! Hai le tele e i pennelli!”
Si li ho. Ti piacerebbe vederli?”
Davvero posso?”
Certamente.”
E le matite ti piacciono?”
Le matite? Si, si non mi dispiacciono.”
La bambina prese un foglio e lo allungò verso Mycroft, che decise di cogliere l’invito. Prese il foglio, e slacciò i bottoni della giacca, per potersi mettere seduto a terra.
John e Sherlock, si trovarono così davanti a quella scena. Sherlock era ancora più stupito e sorpreso. Non era molto convinto di come reagire alla cosa.
Mycroft si limitò ad alzarsi e a chiudere la giacca.
Stavamo semplicemente dialogando di pittura.”
John sembrava sconvolto da quell’affermazione.
Pittura?”
Si, pittura. Tua figlia ne è appassionata, non lo sapevi?”
Quella domanda fatta in modo così naturale sapeva quanto in realtà fosse una frecciatina. Mycroft stava velatamente insinuando che lui, suo padre, non sapesse qualcosa cosa su sua figlia. Prima che gli venisse un attacco di qualcosa, intervenne Sherlock.
Certo che lo sappiamo, chi credi le abbia insegnato a disegnare?”
Mycroft si limitò a tirare le labbra.
Abbiamo concordato di fare una visita alla mia collezione di tele e colori, non vero?” lo disse rivolto a Rosie, che si illuminò di gioia.
Si!”
Sherlock era ancora più sconvolto da quell’informazione.
Tu cosa?”
Cosa sono quelle facce? Non posso passare un pomeriggio con mia nipote?-
Sherlock e John si guardarono negli occhi. -Ebbene?”
Posso andare?”
Rosie si aggrappò alla gamba di John.
Ehm… Ma si, ma si certo.” appena ebbe la risposta positiva dal padre, gli abbracciò la gamba.
Bene.” Mycroft uscì dalla stanza.
Sherlock si piegò in avanti per poter poter guardare Rosie negli occhi.
Perché non metti a posto? Così dopo andiamo dai nonni.”
Si!”
Intanto che la bambina sistemava tutto, uscirono anche loro dalla stanza.
Ehm… Che cosa è appena successo?” domandò John.
In realtà… Credo di non saperlo. E’ una novità.”
Ma… Ci dobbiamo preoccupare?”
E’ mio fratello. Che cosa ti preoccupa?”
Proprio perché è tuo fratello che mi preoccupo.”
In effetti.”
Ma non penso abbia cattive intenzioni. Voglio dire, anche con me tende ad essere iperprotettivo."
Sherlock, lui ti controlla. Non voglio che lo faccia con nostra figlia.”
Sicuro?”
Come?”
Pensaci. Hai qualcuno che può assicurarsi che a lei non potrà accadere nulla di male. Anche quando non ci sei.”
Uhm. Siamo genitori orribili, lo sai vero?”
Perché? Perché ci preoccupiamo della nostra unica figlia?”
Si ma usando il governo.”
Lo farebbero anche gli altri se potessero.”
In effetti doveva convenire che Sherlock aveva ragione. Come sempre. Probabilmente una volta che Rosie sarebbe diventata adolescente, avrebbe finito con l’odiarli. Però non poteva fare a meno di preoccuparsi. Se questo voleva dire fare un patto con il diavolo, lo avrebbe firmato con il sangue.
D’accordo.”
D’accordo?”
Si d’accordo.”
Avviserò mio fratello.”
Sai che ti amo vero? Anche quando Rosie finirà con l’odiarci per questa storia. Mi rimarrai solo tu.”
Sherlock rise.
Che melodrammatico. Comunque ti amo anche io, anche quando nostra figlia finirà con l’odiarci perché ci teniamo a lei.”
John si avvicinò a Sherlock, lo prese per la camicia e lo baciò.
Sarebbe andato tutto bene. Avrebbero vissuto bene e con una vita felice.
Fine.

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Note d’autrice:

Ci ho messo tanto a pubblicare perché davvero non volevo finire. Ho iniziato a scriverla a fine settembre, e l’ho conclusa a fine ottobre dell’anno dopo. Un anno intero a dedicarmi a questa storia. Come ho già scritto altre volte, era la prima cosa che scrivevo dopo davvero tanti anni, oltretutto la prima su Sherlock e John. Quindi insomma è stata proprio una prima volta. Spero sia andata bene. Anche se le recensioni non sono mai stati ai massimi livelli, lo considero comunque un traguardo. Ho trovato persone che mi hanno lasciato ottime recensioni, e anche se alcune poi le ho perse per strada, vi ringrazio davvero con tutto il cuore. Anche con chi è arrivato fino a qui. Mettere la parola fine è stata dura, mi affeziono sempre a quello che scrivo.
Ci saranno altre storie, alcune sempre con i nostri beniamini, che non ho ovviamente intenzione di abbandonare, e con cose nuove cose. Quindi stay tuned!
E ci sarà la famosa nuova storia a novembre, non so il giorno preciso, ma siamo vicini!
Insomma ci sono un sacco di cose in arrivo.
Grazio come sempre alle persone che hanno messo questa storia tra le seguite e le preferite.
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