Fermimmagine di guerra

di Maqry
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Goccia dopo goccia ***
Capitolo 2: *** Dimmi i tuoi perché ***
Capitolo 3: *** Dentro il tuo sorriso ***
Capitolo 4: *** Voce di chi resiste ***
Capitolo 5: *** Che rumore fa il vuoto ***



Capitolo 1
*** Goccia dopo goccia ***


coppia: Harry/Hermione (intesi come bromance)
genere: angst, introspettivo, malinconico
note: what if? in cui Harry è morto per mano di Bellatrix – sprovvista di Bacchetta di Sambuco – durante la Battaglia di Hogwarts, quando cerca di intervenire per proteggere Ginny (nel canon Molly lo precede), decretando così la vittoria di Voldemort. Di conseguenza i sopravvissuti di Ordine ed ES si sono dovuti nascondere, cercando di organizzare una sorta di resistenza
contesto: primi mesi di Hermione a Shell Cottage dopo la Battaglia (maggio/giugno 1998)
parole: 490

 
 
 
 
 
 

 
 
Goccia dopo goccia

 
 
 
 
Hermione si era stilata il suo personalissimo elenco di regole per la sopravvivenza – e non devi, e fai, e non dire, e stai attenta. Ogni notte se lo ripeteva per addormentarsi, e nella sua testa assomigliava a una torre di gradini sconnessi e incertezze – una torre che pende, che pende e non cade mai giù1. O almeno così sperava.
Il problema di quella torre sbilenca stava tutto nelle fondamenta che non erano mai state solide. Forse aveva sperato lo fossero nei primi tempi di quella situazione – quando aveva iniziato a stabilire i passi da seguire per rimanere in piedi e non sprofondare nel vuoto, e quello era stato il primo –, ma coi mesi e le settimane si era resa conto che no, non era così facile, era forse il passo più doloroso di tutti e spesso la faceva incespicare. Eppure non poteva essere diversamente, e una torre pendente con fragili fondamenta era sempre meglio di una torre crollata, si ripeteva.
Così tutte le notti, partendo dalle basi, snocciolava uno a uno ogni punto – non pensare a Harry, non esitare mai, non…
 

 
Ma la prima regola era la più difficile a cui obbedire: i dettagli, spesso, la fregavano proprio lì.

 
Un lampo verde squarciava l’aria, e due occhi – occhi stanchi e pieni di speranza – le sorridevano di nuovo. Plic.
Il tintinnio dei bicchieri posati nell’acquaio per essere lavati, e una risata – suono caldo e innocente e sereno – le straziava le viscere. Plic.
Un gatto nero dal pelo arruffato le si strofinava contro il braccio, e una zazzera di capelli – ciocche ribelli e scomposte nel vento – le scorreva tra le dita in una leggera carezza. Plic.
Il bucato fresco da piegare, e un profumo – odore di mattine assonnate e abbracci e sogni – le pizzicava il naso inumidendole gli occhi. Plic.

 
Ma la prima regola era anche la più necessaria: il trucco per sopravvivere, lo sapeva, stava tutto lì.

 
Hermione non aveva mai voluto prendere davvero in considerazione l’ipotesi che uno di loro sarebbe potuto morire – non loro tre, non Harry. E quei rari, brevissimi momenti in cui l’aveva fatto aveva sempre pensato che sarebbe stato un sacrificio necessario, con anni di pace a seguire per provare – anche inutilmente, anche a metà – a rattoppare con il tempo e l’amore lo squarcio che si sarebbe aperto lì dove finiva il cuore di uno e iniziava quello degli altri due.
Ma nulla era andato secondo i piani, e a Shell Cottage aveva scoperto che la morte di Harry era una goccia, una goccia che si sommava a un’infinità di gocce precedenti, un poco alla volta, e, un plic oggi e uno domani e uno ieri, scavava l’anima. E le fondamenta della sua torre, per quanto provasse a tenerla in piedi.
Si sarebbe spezzata, un giorno – lo sapeva –, e tutta quell’impalcatura di gradini e passi incerti sarebbe crollata a soffocarla. Per il momento, però, si trattava ancora di una goccia dopo un’altra goccia.
 

Plic. Harry. Plic.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note alla storia: idealmente, questa vorrebbe essere una raccolta in ordine sparso e a tempo perso di frammenti tratti da “Cosa tiene accese le stelle”, nata un po’ per caso nelle scorse settimane poco prima che il pc mi abbandonasse: ora che l’ho recuperato (già litigo con l’html in condizioni normali, figurarsi da telefono) possono pian piano vedere la luce i primi pezzi. Questo in particolare è stato ispirato dal pacchetto lasciatomi da Longriffiths nel gioco Scrivimi del gruppo “Caffè e calderotti”; il pacchetto prevedeva come elemento obbligatorio la bromance Harry/Hermione (e almeno questo l’ho rispettato), il genere avventura (che come si può notare ho bellamente aggirato) e il prompt “l’acqua taglia la pietra”, che ho riadattato nella versione classica “la goccia scava la pietra”. Non credo fosse quello che lei aveva in mente, ma spero possa essere un esperimento non del tutto fallito.
Passando alla flash in sé, sul tema della reazione dei personaggi alla morte di Harry – che per ovvi motivi sta alla base di tutto il progetto – avevo già lasciato qualche semino nelle altre storie, soprattutto dal punto di vista di Hermione. Questa è stata un po’ l'occasione per riprenderlo e trattarlo in modo più completo una volta per tutte: a questo proposito, spero non si riveli solo una noiosa ripetizione. Nello specifico, questa è la Hermione che immagino nei primi periodi, che riesce a rimanere in piedi, che non vuole pensare per paura di farsi travolgere definitivamente dalla perdita di Harry, ma che cammina comunque su un filo, pronta a spezzarsi alla prima goccia di troppo e convinta che ciò accadrà. Insomma, in un certo senso questo è il seguito della Hermione de "Il teatrino" e delle sue riflessioni, passato il primo momento. Poi la guerra, chi la circonda e il tempo la cambieranno, ma questa è un'altra storia. Lo stile è un po’ diverso da quello che ho finora provato a usare nei miei pochissimi tentativi di flash, e non so quanto funzionale alla brevità: l’idea della raccolta è anche quella di prendere confidenza con queste lunghezze, che mi sono inaspettatamente ritrovata ad amare, per cercare uno stile adatto e che mi soddisfi. 
Come sempre quando scrivo qualcosa di breve finisco poi per dilungarmi eccessivamente nelle note: contando di tornare a breve da queste parti (e anche sulla mini-long, che è in lenta revisione) vi lascio, ringraziando chiunque abbia dato una sbirciatina a questo fermoimmagine e sperando sia stato una lettura piacevole.


 

[1] Mi è sorto il dubbio che non sia particolarmente famoso, comunque quello citato è l’unico pezzo che ricordo di una filastrocca sulla torre di Pisa usata – forse solo da mia nonna che me l’ha insegnata – per fare la conta.

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Capitolo 2
*** Dimmi i tuoi perché ***


personaggi: Ernie Macmillan e Justin Finch-Fletchley
genere: angst, introspettivo.
note: la drabble finale si colloca in un ipotetico what if? in cui Harry è morto per mano di Bellatrix – sprovvista di Bacchetta di Sambuco – durante la Battaglia di Hogwarts, quando cerca di intervenire per proteggere Ginny (nel canon Molly lo precede), decretando così la vittoria di Voldemort. Di conseguenza i sopravvissuti di Ordine ed ES si sono dovuti nascondere, cercando di organizzare una sorta di resistenza
contesto: settimo anno a Hogwarts/ post-Battaglia
parole: 394

 
 
 
 
 
 

 
Dimmi i tuoi perché
 
 




 
“Ma le immagini si muovono sempre, qui?”
“Certo: continueremo a sorridere anche tra cent’anni.”
 

 
C’era una fotografia, sopra il letto di Ernie Macmillan, appesa con rigorosa precisione tra una bandierina di Tassorosso e un’ordinata mensola di libri scolastici.
Dalla cornice d’argento due ragazzini ridevano spensierati, un braccio gettato sulle spalle dell’altro e il vento che scompigliava tutti i riccioli di Justin. L’aveva scattata Hannah, quella foto, alla fine del secondo anno – il giorno in cui avevano potuto riabbracciare Justin e lascarsi alle spalle le veglie fuori dall’infermeria ad attendere notizie. Il brivido che in quei mesi aveva iniziato a scivolare lungo la schiena di Ernie alla vista di una statua, però, non aveva più voluto andarsene, insieme all’acquisita consapevolezza sul reale valore del sangue.
 

 
“Solo perché dicono che sono un… un Sanguemarcio.”
“Tu sei un mago. Punto.”

 
C’era chi gli ripeteva che non era la sua guerra, quella, che poteva infischiarsene e rifugiarsi nell’antica dimora di famiglia su nelle Highlands, tra gallerie di antenati in pompose vesti eleganti e secoli di sangue puro. Era il giovane erede di una delle Sacre Ventotto, dopotutto, e, come amava ricordare con altezzosa scrupolosità alla professoressa Carrow per provocarla, poteva rivendicare più privilegi di molti Mangiamorte. Eppure, aveva scelto di restare e resistere.
A chi gli chiedeva perché si fosse lasciato torturare al posto di un ragazzino del terzo anno dall’incerto stato di sangue, rispondeva mostrando la vecchia fotografia che aveva portato con sé – Justin non era potuto tornare, quell’anno.
 

 
“Prefetti, al mio segnale, condurrete i ragazzi della vostra Casa, in ordine, verso il punto di evacuazione.”
“E se vogliamo restare a combattere?”1

 
 
C’è una vecchia fotografia, sopra il letto di Ernie Macmillan, incollata con la magia alla carta da parati della sua stanzetta spoglia nel rifugio dell’Ordine.
I motivi per combattere Voldemort, dopo la Battaglia di Hogwarts, sono ogni giorno di più, hanno nomi e cognomi e vite interrotte troppo presto. Le torture dei Carrow sono solo un ricordo sbiadito di quando non erano ancora scesi davvero in guerra e visto cadere amici e compagni: si gioca a scacchi con la Morte, ora.
Ernie non vede Justin dal funerale dei caduti nell’ultimo scontro con i Mangiamorte, ma la foto la guarda ogni sera per ricordarsi perché abbia scelto di essere un soldato.
 

 
“Perché non sei scappato? Tu potevi.”
“Non importa più: è la guerra di tutti, ora.”
 
 

 
 
 
 
 
 

 
 

Note alla storia: questo pastrocchio (raccolta di tre drabble precise – da leggere con tono vagamente soddisfatto –, non contando i dialoghi) è stato scritto per il gioco A scatola chiusa del gruppo fb “Caffè e calderotti” seguendo il prompt soldati lasciatoci da Rosmary. Di Ernie si sa ben poco, se non che è amico di Justin, Purosangue (i "veri" Macmillan sono un clan scozzese originario delle Highlands, ho così immaginato venisse anche lui da quelle zone) – come ci tiene a precisare quando crede che Harry sia l’Erede nella CdS –, partecipa all’ES e lotta nella Battaglia di Hogwarts, ed è proprio lui a chiedere che i maggiorenni possano combattere. Ho provato a immaginare cosa lo abbia spinto a partecipare a una guerra in cui, a dire il vero, avrebbe potuto non lottare fino in fondo. Ovviamente ho sfruttato la cosa per esplorare altri personaggi marginali di “Cosa tiene accese le stelle”. So che la flash è un mezzo pastrocchio, non mi convince per nulla e credo sia anche ben poco sviluppata quanto a caratterizzazione, ma darò la colpa al caldo (?).
Mi scuso tantissimo per non essere ancora passata a rispondere alle recensioni al primo capitolo della raccolta, arriverò al più presto (come sempre non so calcolare i miei tempi). Intanto grazie (❤): le ho già lette tutte, siete gentilissimi!
Sperando che, nonostante tutto, la storia sia stata almeno godibile, vi ringrazio di cuore per essere giunti fin qui.

 
 

[1] dialogo tra la McGonagall ed Ernie tratto dal trentunesimo capitolo de “I Doni della Morte”.
 

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Capitolo 3
*** Dentro il tuo sorriso ***


personaggi (OC): Charlotte Sheridan e Fabian Gallagher, brevissima comparsa di Nathaniel Ghisler.
genere: angst, introspettivo, drammatico.
note: solita what if?, sarebbe opportuno aver letto almeno fino a “Di vecchie dissonanze e nuovi duetti” per conoscere gli OC.
contesto: infanzia, post morte di Fabian.
parole: 496
 
 
 
 
 

 

Dentro il tuo sorriso



 
 


 
 
 
 
 

“Ci sono! Stringiamo un Patto Infrangibile.”
“Potrei sbagliarmi per la prima volta in vita mia, Fa, – anche se dubito – ma non ricordavo che qualcuno di noi sapesse già fare magie.”
“Beh, pazienza, non ci serve. Siamo migliori amici e staremo sempre insieme, punto.”
 
 



Fabian Gallagher non ricordava il primo sorriso che aveva rivolto a Charlotte Sheridan.
 
Doveva essere stato un sorriso sdentato e impastato di saliva, uno di quei sorrisi da cucciolo spelacchiato di pochi mesi per la versione in culla, ugualmente sdentata ma con molti più capelli, dell’amica – era certo che lei avesse risposto con la smorfia più bella del mondo.
Ma per quanto non ne conservasse memoria, ogni volta in cui negli anni a seguire gliene aveva rivolto uno – in tralice, così grande da riempire il mondo – aveva avvertito una fitta dolce, proprio lì, sopra al cuore. Ed era strano, a spiegarsi, ma era come la consapevolezza che il segreto e l’origine del loro legame fossero annidati in quel sorriso. Chiunque avrebbe potuto obiettare che era facile diventare inseparabili, quando c’erano ben pochi altri bambini con cui passare i pomeriggi al pontile a contare le barche; ma lui preferiva credere alla propria versione della storia.
 
Perché per Fabian Gallagher nulla era mai stato così naturale come sorridere a Charlotte Sheridan.
 



 
“Sono sicuro di averti sorriso la prima volta che ci siamo visti, Lottie.”
“Eravate neonati, per le mutande di Merlino, non fare lo sdolcinato! Se anche lo avessi fatto non era certo consapevole...”
“Non dargli retta, Fa. E io sono sicura che ci sorrideremo fino alla fine.”
 
 
 


Charlotte Sheridan ricorda con lacerante precisione l’ultimo sorriso che ha rivolto a Fabian Gallagher.

È stato un sorriso appena accennato e traballante di paura, uno di quei sorrisi da equilibristi sospesi sul sottilissimo filo che divide il mondo dei vivi da quello dei morti, pronto a spezzarsi al primo colpo di bacchetta – i Mangiamorte sanno essere più spietati di Atropo.
Ed è un ricordo che la scortica da dentro – brucia i polmoni, fracassa le ossa –, che non la lascerà mai più per ogni secondo rimastole senza di lui, premendo lì, tra le costole. Ed è inaccettabile, a viversi, la condanna di lui che domani non potrà alzarsi, darle un buffetto sul naso e rubare l’ultimo biscotto delle scorte dal piatto di Nat. Chiunque potrebbe obiettare che lo sapevano, che la guerra lascia solo zanne affondate nel collo e tombe vuote su cui piangere fino a scavarsi gli occhi; ma lei ha preferito credere al loro per sempre.

Perché per Charlotte Sheridan casa è sempre stata da qualche parte nel sorriso di Fabian Gallagher.
 

 



Ma c’è la guerra. E non c’è mai tempo, in guerra.
Non c’è stato tempo per loro.
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
Note alla storia: scenderò a patti con il fatto che questa raccolta è destinata a essere una collezione di pastrocchi, prima o poi. Ma veniamo a noi: la flash partecipa a due iniziative del gruppo fb “Caffè e calderotti”. La prima è A scatola chiusa, seguendo la traccia lasciataci da Rosmary «Non è tempo per noi» dal titolo di una canzone di Ligabue: chiedeva di raccontare di un legame fortissimo per il quale, però, “non è tempo”. Ho scelto un po’ all’ultimo di scrivere di Charlotte e Fabian: nati e cresciuti nello stesso villaggio e avendo la stessa età, trascorrono letteralmente tutta la loro infanzia insieme, convinti che nulla possa mai dividerli, senza fare i conti con il tempo a loro disposizione che è ben poco, data la morte di Fabian per mano del branco di Grayback durante la Guerra.  La seconda iniziativa a cui partecipa è il Gioco di scrittura, nello specifico con la traccia 12: Death 10 (Terry Boots) e 3 (Fabian Gallagher), dove ho usufruito dello switch concessoci per scambiare il personaggio 10 con l’1 (Charlotte Sheridan), e parlare così della sua reazione alla morte di Fabian.
E con questo dovrei aver detto tutto. Spero che la storia possa essere di gradimento per qualcuno, ad ogni modo grazie di cuore per il tempo dedicatole.
 

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Capitolo 4
*** Voce di chi resiste ***


personaggi: Lee Jordan (Minerva McGranitt, velocissima apparizione nella parte dialogata)
genere: introspettivo
note: partecipa alla challenge “Coppa di Drabblitch!” indetta da Mari Lace sul forum di EFP
contesto: infanzia di Lee, quinto anno a Hogwarts, Seconda Guerra Magica
parole: 110
 



 
 
Voce di chi resiste




 
 




 
 
Lee non ricorda la Guerra.
Nei suoi sogni ci sono un salotto, nonno e la radio.
A Lee piace, quel ronzio indistinto, e prova a salvare la mosca che dev’essersi incastrata dentro. E gli piacciono gli occhi del nonno alla voce gracchiante del commentatore – vivi. Gli tiene compagnia, dicono.

 
«Perché vuoi fare il radiocronista, Jordan?»
 

Lee vive la Guerra.
Nei suoi incubi ci sono Voldemort, un rifugio e la radio.
A Lee piace, Radio Potter, e prova a salvare il mondo nel modo che gli riesce meglio. E gli piacciono gli ascoltatori che mandano richieste, messaggi, supporto – resistenti. Do loro speranza, capisce.
 

«Per parlare alla gente, starle vicino.»
 


“Qui River!”
 
 
 




 
 
Note alla storia: questa drabble nasce per la challenge “Coppa di Drabblitch! indetta da Mari Lace sul forum di EFP, e gareggia per la squadra di Grifondoro ().
Per questa prima partita contro Tassorosso, ci era richiesto di scrivere di un personaggio della nostra Casa sul tema passione. Come si sarà capito, la mia scelta è ricaduta su Lee Jordan, provando a indagare più a fondo nella sua passione per la radio, che lo porta dalle telecronache del Quidditch ai tempi di Hogwarts a condurre la radio dei ribelli durante la Seconda Guerra Magica. Lee ha l’età dei gemelli Weasley, quindi alla fine della Prima Guerra di anni ne aveva appena tre, per questo non ricorda molto dei tempi. L’introduzione di questo nonno, sempre su una poltrona in salotto e ormai molto anziano, poco presente ma che però si ravviva ad ascoltare i programmi radiofonici, è frutto della mia immaginazione.
Un doveroso grazie va alle mie compagne di Casa, che con pazienza e qualche ciabatta volante hanno supportato la stesura della drabble e le mie paturnie a riguardo, soprattutto aiutando con i loro pareri e il titolo, scelto qualche istante fa data la mia incapacità di pensarne uno.
E grazie a voi, avversari o poveri sventurati, che siete capitati qui e avete letto. Spero che nel suo piccolo la storia sia stata una lettura piacevole.

Forza Grifondoro!

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Capitolo 5
*** Che rumore fa il vuoto ***


personaggi: Dean Thomas e Seamus Finnigan
genere: introspettivo
note: partecipa alla challenge “Coppa di Drabblitch!” indetta da Mari Lace sul forum di EFP
contesto: settimo anno (la storia potrebbe essere quindi un missing moments/prequel della serie what if “Cosa tiene accese le stelle”, dato che la raccolta nasce per approfondire personaggi di quell’universo in relazione al tema della guerra/resistenza/amicizia tra di loro; altrimenti è un semplice missing moments del canone)
parole: 110







Che rumore fa il vuoto









 
 
 
Hogwarts è diversa, quest’anno.

Certo, ci sono i Carrow, le punizioni, e… ma il punto è che è vuota, pensa Seamus.

È vuota come il letto perfettamente rifatto accanto al suo, come il banco dell’aula di Trasfigurazione da cui non cadono ogni cinque minuti pastelli colorati.

E allora, pensa Seamus, vuoto è anche lui senza spalle a cui dare pacche d’incoraggiamento, senza un accento londinese a ridere per l’ennesima esplosione. E senza alcuna notizia a lasciarlo respirare, solo un mesto sollievo a non trovare il suo nome nell’elenco dei morti.

Ma poi Dean sbuca dal ritratto e poco importa la guerra: Hogwarts torna la stessa.
 


«Mi sei mancato, a mhac1
 

 
 

Note alla storia: questa storia è stata scritta per il terzo turno della challenge “Coppa di Drabblitch!” indetta da Mari Lace sul forum di EFP, e il prompt questa volta era amicizia. Ho scelto di approfondire allora il legame tra Dean Thomas e Seamus Finnigan durante il settimo libro, quando Dean deve nascondersi in clandestinità dai Mangiamorte, in quanto presunto Nato-Babbano, e Seamus resta solo a scuola, senza avere alcuna notizia dell’amico fino a quando può riabbracciarlo la notte della Battaglia di Hogwarts (il ritratto è quello della Stanza delle Necessità che funge da passaggio segreto per la Resistenza che si intrufola nella scuola). Dean Thomas è famoso perché molto bravo a disegnare, da qui il riferimento ai pastelli colorati (ce lo vedo a portarseli in classe per fare disegni di nascosto), e stando alle dichiarazioni della Rowling, Dean Thomas è londinese (come riportato anche dal Lexicon).
Ringrazio come sempre di cuore i miei compagni di Casa: avete reso ogni momento di questa challenge divertentissimo e reso questa esperienza ancora più bella. Un urrà per noi, le ciabatte volanti e le feste di dormitorio, non vedo l’ora che si organizzi la prossima.
E grazie a chiunque sia giunto fin qui: grazie per il vostro tempo dedicato alla lettura!
 


[1] Appellativo informale in gaelico irlandese per riferirsi a un amico (corrispondente dell’inglese mate, dude, anche se letteralmente significa figlio).

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