L'ultimo anno di liceo

di Herondale66
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1

Remus Lupin, per quanto estremamente intelligente, non aveva mai avuto il dono della coordinazione. O della grazia, se è per questo. E questo non aveva mai influenzato la sua vita più di tanto. Certo, era conosciuto da metà scuola come ‘quello che mi è caduto addosso quella volta’, ma lui non ci faceva caso, la considerava una sua caratteristica naturale. Quel giorno però, questo suo dono cambiò per sempre la sua vita. Remus stava camminando verso le macchinette, per fare il suo abituale rifornimento di caffeina, per sé e per la propria amica rompiscatole Lily, troppo pigra per muoversi dalla classe. Camminando, ovviamente, inciampò sullo scalino di cui puntualmente non si ricordava mai l’esistenza, perché insomma, quale architetto sano di mente aveva costruito l’atrio della scuola ad un gradino più basso di tutto il resto del piano? Ovviamente gli caddero per terra non solo il telefono e il foglio che aveva appena preso dalla segreteria, ma anche la chiavetta dei soldi. Sospirando, e raccogliendo il già fin troppo maltrattato cellulare da terra, si chiese dove mai potesse essere finita la chiavetta. Come era possibile che lui avesse perso quel rettangolino rosso fuoco sul marmo bianco del pavimento? Tirò un sospiro di frustrazione, alzandosi in piedi mantenendo gli occhi piantati a terra.
“Cerchi questa?” una voce lo interpellò alla sua sinistra.
“Oh eccola! Grazie mill…” e il sorriso sulle labbra del povero Remus tutto ad un tratto si raggelò. Perché colui che stava porgendo la chiavetta al suddetto povero Remus non era altri che il ragazzo più amato e stalkerato dalla scuola, nonché la crush di Remus da un bel po’ di tempo: Sirius Black. Remus restò imbambolato per qualche secondo, non potendo credere ai suoi occhi.
“Ehi? Ci sei? Non è tua questa?”
“Ehm… si scusa… grazie infinite”
“Figurati!” sorrise Sirius, per poi incamminarsi verso le scale per salire alle classi. 
A Remus ballavano le gambe, tremavano i denti e batteva il cuore fortissimo, tanto che se lo sentiva nelle orecchie. Tornò in classe, senza caffè, troppo confusamente felice anche solo per compiere la banale azione di premere i pulsanti dell’erogazione.
“Ehi Rem? Dove è andato il mio cappuccino? Lo sai che non posso sopportare un’ora di matematica senza la caffeina…”
“Mh...”
“Rem? Tutto bene?”
“Mh mh…”
“Cos’è quel sorriso ebete che hai sulla faccia? La segretaria ti ha di nuovo dato un cioccolatino? Lo sai che sei il suo preferito”
“Lily… è successa una cosa bellissima”
“Cosa?”
“Sirius Black mi ha appena rivolto la parola”
“Cooosa?! Devi raccontarmi tutto! Come quando perché dove?”
E così, con la meticolosa descrizione della scena da parte di Remus, degna di un premio per la miglior sceneggiatura, iniziò un nuovo capitolo della loro vita.
***
La mattina seguente, Remus era in ritardo. In qualche modo a lui sconosciuto la sveglia del suo cellulare si era disattivata, l’acqua della doccia scendeva congelata e non dava segni di riscaldarsi, e non aveva neppure avuto il tempo di fare colazione, pensò il ragazzo, mentre correva in strada per non perdere l’autobus. Si trovava sballottato tra un alto signore in giacca e cravatta con le cuffie Bluetooth che stava avendo una discussione infuriata, e una mamma con tre bambini al seguito, uno dei quali stava urlando disperato perché non voleva andare a scuola. Remus decise di isolarsi dal mondo esterno e si mise le cuffiette, tentando di non pensare al suo stomaco, che brontolava rumorosamente. I Måneskin nelle orecchie, e venti minuti di curve più tardi, giunse finalmente nel cortile della sua scuola, “Liceo Classico Virgilio”. Si affrettò a correre verso la sua classe, sperando di non prendersi una ramanzina dalla professoressa di Latino (era un vero e proprio incubo quella donna quando si arrabbiava), ma, appena varcata la soglia, si trovò davanti un’aula vuota. Allibito, si guardò attorno, senza capire. Stava per mandare un messaggio a Lily, per chiederle dove fossero finiti tutti, quando la bidella del loro piano, una signora grassottella che indossava uno sgargiante grembiule rosa, lo avvicinò.
“Ragazzo, cosa stai facendo qui da solo?”
“Oh, mi scusi, ma… non trovo più la mia classe”
“In che classe sei?”
“Quinta C”
“Ma dove hai la testa? Sono entrata ieri a dirvi che sareste entrati un’ora dopo oggi perché manca la professoressa!”
“Mi scusi tanto, devo essermelo perso”
Sì, pensò Remus, era perso a fantasticare riguardo un certo ragazzo…
“Posso stare nell’atrio ad aspettare?”
“Ma sì, stai dove vuoi, basta che non combini danni”
“No signora…”
Mesto, ridiscese le scale. La sua giornata era iniziata in un modo pessimo, l’unico modo per rimediare era almeno fare una specie di colazione. Raggiunse le macchinette e tentò di decidere cosa facesse meno schifo tra una brioche integrale e una crostatina alla marmellata. Alla fine, si decise per la crostatina e selezionò il numero sul tastierino. Aspettando l’erogazione, ascoltò a disagio il silenzio spettrale che serpeggiava tra i corridoi. Solitamente la scuola era un posto rumoroso, pieno di urla, risate, chiacchere, odore di caffè solubile e fotocopie fresche. Ora tutto taceva, tranne per il ronzio della macchinetta, che stava lentamente erogando la merendina. Remus la recuperò con un sospiro e si spostò verso il distributore di caffè. Aveva una voglia assurda di cioccolata calda, ma il suo corpo stava reclamando a gran voce il bisogno di caffeina, quindi si decise per un cappuccino.
Stava per selezionare l’ordine quando… BANG! La porta che collegava la scuola alla palestra si spalancò e andò a sbattere contro il muro, provocando un rumore assordante. Si sentirono delle urla concitate, collimate da un “Fuori, subito! E stacci pure per tutto il resto della lezione!”. Remus si girò incuriosito, per poi rimanere a bocca aperta quando dalla porta uscì niente meno che Sirius Black, sudato (in modo molto sexy), con una maglietta che fasciava perfettamente i suoi muscoli, un paio di pantaloncini e i capelli raccolti in un distratto chignon. Era chiaramente infuriato, tanto che tirò un calcio al cestino che c’era lì a fianco, combinando un vero disastro. Remus distolse lo sguardo, non volendo che l’altro ragazzo lo notasse. Fece lentamente dietrofront, sperando di riuscire a raggiungere la sua classe e magari leggere in pace per la prossima ora, ma ovviamente la fortuna non era dalla sua parte. Si ritrovò faccia a faccia con la bidella, che infuriata gli chiese “Che stai facendo quaggiù ragazzo? Ho sentito un baccano!”.
Allarmato, Remus si guardò attorno, incrociando per un breve istante gli occhi color ghiaccio di Sirius, “Mi scusi, sono inciampato sul cestino.” Disse con malcelata disinvoltura, “Sa dove posso trovare uno straccio per pulire?”
“Ah lascia stare, faccio io, tanto dovevo comunque sistemarli”
In pochi secondi la donna tornò con l’intero armamentario per pulire il pasticcio causato dalla rabbia di Sirius, per poi mettersi all’opera. Tra i due ragazzi calò un silenzio imbarazzante, e Remus incassò la testa fra le spalle, fingendo un improvviso interesse per il pavimento. Nel giro di cinque minuti, la bidella aveva già pulito tutto e si rivolse a Remus brandendo una scopa con fare intimidatorio
“Vedi di non combinare altri guai ragazzo, o ti faccio venire con me a pulire i bagni. Intesi?”
Remus annuì, e la osservò risalire le scale con un cipiglio infastidito. Non appena i passi si furono allontanati, Sirius Black prese la parola.
 “Grazie”, disse, guardandolo dritto negli occhi.
“Oh, figurati”, rispose Remus, “tanto mi è successo veramente un sacco di volte”
Sirius alla battuta si rilassò e si lasciò scappare una risatina.
“Non sei un tipo molto coordinato?”
“Io e la coordinazione viviamo in due pianeti completamente diversi”
A questo, Sirius scoppiò definitivamente a ridere, tendendogli la mano “Piacere, io sono Sirius”
Remus la strinse, timoroso. “Io sono Remus” replicò con un sorriso (mentre internamente si sentiva morire, perché la sua crush gli stava stringendo la mano, cioè ci rendiamo conto?!). Una spinta di coraggio emerse da qualche parte dentro il suo cervello, perché aggiunse “Ti va un caffè?” facendo un cenno alle macchinette.
Subito si pentì di quanto aveva proposto. Come faceva ad essere così ingenuo da pensare che un ragazzo come Sirius Balck volesse accettare un caffè dal miserabile, maldestro e timido Remus Lupin?
“Certo, perché no” rispose invece Sirius, spiazzandolo con un sorriso mozzafiato. Remus sorrise di rimando, dirigendosi ancora una volta verso le macchinette. “Che cosa preferisci?”
“Un espresso senza zucchero, grazie”
Inserì a chiavetta e selezionò la bevanda, aspettando che erogasse in silenzio. Si sentiva un po’ osservato, e stava per girarsi a controllare se effettivamente Sirius lo stesse squadrando, quando il suo cellulare squillò. Era Lily.
“Hey Lils, scusami per il messaggio ma mi ero completamente dimenticato che oggi entrassimo un’ora dopo, quindi ora sono qui a scuola ad aspettare.”
“Remus se un totale disastro! Lo sai vero?”
“Si lo so Lily, non serve che me lo ricordi ogni volta che combino qualcosa di stupido”
“Vuoi che venga prima? Così ti tengo compagnia?”
“NO! Ehm, no non preoccuparti, ci vediamo dopo, ciao ciao...”
Riattaccò prima che la ragazza potesse aggiungere qualcosa. Recuperò il caffè e selezionò il famoso cappuccino per sé, che doveva ancora prendere, per poi girarsi e trovarsi davanti ad un Sirius che lo osservava immensamente divertito.
“Sul serio ti sei dimenticato che entravi dopo?” lo canzonò.
“Te l’ho detto che sono poco coordinato, e questo si applica sia a livello fisico che a livello mentale” rispose Remus, tentando di simulare calma quando in realtà era proprio il ragazzo con cui stava parlando il motivo della sua sbadataggine. Gli porse il caffè, per poi andare a recuperare il proprio meritato cappuccino. Si sedettero sulle scale, e Remus finalmente fece la sua colazione. Sirius sembrava assorto, stava osservando il cortile della scuola, uno spiazzo di cemento in cui la cosa più interessante erano due piccioni che raccattavano le briciole delle merende di ieri. Remus si perse ad osservarlo, ancora incredulo di stare effettivamente parlando con uno dei ragazzi più desiderati di tutta la scuola.
Remus, idiota, calmati. Non guardarlo come un maniaco. Lo sappiamo che è bellissimo e perfetto, e che quei lineamenti da lord inglese ti fanno eccitare anche solo ad immaginarli, ma non sappiamo neanche se è gay o meno!, gli disse il suo cervello, saggiamente.
In quel momento Sirius si alzò in piedi, e Remus si affrettò a distogliere lo sguardo.
“Remus, ma perché io non ti ho mai visto prima di ieri? In che classe sei?” lo appellò Sirius.
Remus quasi si strozzò con il morso di crostatina che aveva appena addentato: Sirius si ricordava di lui, si ricordava che ieri gli era praticamente caduto addosso!
“Stai bene?” il ragazzo si avvicinò a lui, guardandolo con un misto tra divertimento e preoccupazione.
“Sì sì, sto bene scusa” disse, le guance tinte di un rosso acceso, “comunque io sono in Quinta C”. “Ah, ho capito, ma siete nella classe in fondo al corridoio del terzo piano! Nessuno arriva mai fino a lì, per questo forse non ti ho mai visto!”
“Eh sì forse è per questo…” rispose Remus, ripercorrendo internamente tutti i suoi sforzi per evitare di incrociare mai Sirius per non fare figure di merda davanti a lui. E ripercorrendo anche tutte le ricreazioni che aveva dovuto trascorrere in classe per via…
“Io sono in Quinta A” aggiunse Sirius.
“Sì lo so...” replicò Remus, sovrappensiero, per poi rendersi conto della colossale gaffe che aveva appena fatto. “Voglio dire, sì, insomma, tutti sanno chi sei no?”
Al che Sirius alzò un sopracciglio, infastidito. Di male in peggio.
Remus si affrettò ad aggiungere “Il miglior alzatore della squadra di pallavolo di istituto e tutto il resto…”
Sapeva che la maggior parte delle persone cercava di avvicinare Sirius per via del suo cognome, dal momento che era il figlio di uno dei più famosi export manager a livello nazionale, e sapeva anche quanto Sirius odiasse essere associato alla sua famiglia.
L’altro ragazzo, sentendo le sue parole, sembrò rilassarsi, e gli chiese “Ti piace la pallavolo?”
“In realtà sì, mi piace molto” rispose Remus, pensando a tutti gli anni di allenamenti, che ormai sembravano solo un ricordo. Quanto gli sarebbe piaciuto ritornare a giocare, a sentire gli schiaffi del pallone a terra, a saltare per intercettare ogni schiacciata…
Sirius sorrise nuovamente, e gli disse “Be dovresti venire alla mia prossima partita! Stiamo facendo un torneo tra istituti superiori e giochiamo contro il Liceo Scientifico!”
“Sì, certo, volentieri!”
Remus stentava a credere alle sue orecchie. Un invito ufficiale a vedere l’altro ragazzo sudato e sexy e…
“Sir! Dove sei? Il prof ha detto che puoi rientrare!” la testa di un ragazzo occhialuto, con i capelli sparati in ogni direzione, fece capolino dalla porta della palestra. Il ragazzo era James Potter, il migliore amico di Sirius, e uno dei migliori schiacciatori che Remus avesse mai visto.
“Sì ok, arrivo!” rispose subito Sirius, e si incamminò verso la porta.
A metà strada si girò e disse “Grazie per il caffè”, facendogli l’occhiolino, per poi correre verso la palestra e chiudere la porta dietro di sé.
Remus finalmente tornò a respirare normalmente, dopo quasi un’ora di apnea involontaria. Lentamente, raccolse le sue cose e si incamminò verso la sua classe, visto che mancavano cinque minuti alla campanella. Si diresse verso il bagno e si sciacquò il viso, accaldato. Si guardò allo specchio e non poté fare a meno di notare la solita cicatrice che solcava la sua guancia, interrompendo la sequenza di lentiggini di cui la sua faccia era costellata. Con un sospiro, raccolse lo zaino e andò in classe, aspettando Lily per raccontarle le novità.


Note dell'autrice
Ciao a tutti e grazie per aver letto il primo capitolo di questa storia!
Dal momento che è la mia prima storia a più capitoli, spero possiate lasciare una recensione e darmi dei consigli su come migliorare! La storia è completa (5 capitoli più epilogo), pubblicherò i capitoli successivi il giovedì e la domenica. 
Vi ringrazio 
Herondale66

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2
 
Era passata una settimana dalla chiacchierata tra Remus e Sirius, e non si erano più incrociati nei corridoi. Probabilmente perché Remus si rifiutava ostinatamente di uscire dalla classe a ricreazione, terrorizzato dall’ipotesi di imbattersi nell’altro ragazzo e fare altre figuracce. Aveva controllato, e la partita che Sirius gli aveva menzionato si sarebbe tenuta il successivo venerdì pomeriggio nel palazzetto del comune. Probabilmente ci sarebbero stati molti studenti di entrambi i licei, dal momento che il torneo era molto sentito e la rivalità tra Classico e Scientifico assumeva livelli epici a volte. Remus era indeciso se presentarsi o meno, ma, in parte la prospettiva di poter confondersi in mezzo a centinaia di altri studenti, e in parte le minacce di Lily, lo avevano convinto che forse non sarebbe stata una pessima idea. Sicuramente un pomeriggio diverso rispetto ai suoi soliti tristi passatempi che si dividevano in studio, lettura e fisioterapia. E poi la prospettiva di poter vedere Sirius giocare era allettante, doveva ammetterlo.
Così quel venerdì pomeriggio fece il suo ingresso nel palazzetto con le mani sprofondate nelle tasche della sua giacca in jeans, tentando di ignorare i risolini di Mary e Marlene, due loro compagne di classe con cui a volte Lily e Remus uscivano in compagnia. Gli spalti erano già occupati da molti ragazzi, che chiacchieravano e osservavano sbadatamente le due squadre intente al riscaldamento prepartita. Le ragazze si misero a cercare un buon posto dove poter stare comodi e allo stesso tempo avere una buona visuale del campo, mentre Remus si fermò un momento a bordo campo per osservare i giocatori. Individuò subito James, il ragazzo era alto e continuava a saltare qua e là pieno di energie, ma non riuscì a trovare Sirius. Si chiese se magari non avesse giocato quella partita, e se lo avesse solo preso in giro la settimana precedente. Forse non era stata una buona idea venire, si disse. Si girò verso le porte d’uscita e stava quasi per andarsene quando alle sue spalle giunse una voce “Hey Remus!”
Era inconfondibilmente la voce di Sirius. Remus congelò sul posto, e lentamente si girò verso il campo.
“Sei venuto!” disse l’altro con un sorriso enorme.
Anche Remus sorrise, “Sì certo, te l’avevo detto che mi piace la pallavolo!”
“Ah quindi sei venuto solo per la pallavolo, eh?” gli disse Sirius, con aria vagamente maliziosa.
“Ehm…” iniziò Remus, arrossendo a vista d’occhio.
Per fortuna santo James Potter, assumendo il ruolo di capitano, giunse in suo soccorso, urlando “Black! Dove cavolo eri finito? Ci hai messo vent’anni ad arrivare!”
“Scusa Jamie, colpa dei miei… Remus, devo andare ora, però poi non scappare, che dobbiamo festeggiare assieme la vittoria!”
“Dai per scontato che vincerete?” rispose scettico Remus.
“Ovviamente vinceremo”
“Va bene Mr. Modestia, buona partita allora!” chiuse il discorso Remus, per poi scappare velocemente sugli spalti a cercare Lily.
***
Doveva ammettere che Sirius, sebbene mancasse di umiltà, non si era sbagliato di molto. Nonostante l’altra squadra fosse preparata e tutto sommato ben assemblata, nulla poté contro le temibili schiacciate di James Potter. James e Sirius si completavano alla perfezione: Sirius era in grado di recuperare qualsiasi ricezione o difesa e trasformarla in un’alzata praticamente perfetta, che James sapeva sfruttare al massimo e convertire in un attacco micidiale. Inoltre, era attento a cambiare continuamente tipi di attacco e angolazione, per cui il centrale avversario non riusciva a murarlo con precisione. Il resto della squadra del Liceo Classico Virgilio non era malaccio: il libero, Peter Minus, un certo ragazzetto piccolino ma robusto, riusciva a ricevere e difendere un discreto numero di palloni e lo faceva con una precisione invidiabile. I centrali non erano nulla di che, come gli altri attaccanti, ma in complesso formavano una buona squadra.
Remus si trovò a chiedersi come mai James e Sirius non avessero mai preso parte a una delle squadre di pallavolo private che esistevano nel loro paese. La pallavolo era abbastanza in voga, e in generale era il primo sport che tutti i bambini della loro città facevano, costretti dai genitori. La maggior parte dei bambini poi mollava, o per mancanza di voglia o per poca bravura, però qualcuno rimaneva. Qualcuno come Remus. Lui aveva giocato a pallavolo da quando aveva sei anni, e si era innamorato dello sport. Era anche bravo, glielo avevano sempre detto: tutta la coordinazione che non aveva nella sua vita di tutti i giorni spuntava fuori quando giocava a pallavolo. Era passato rapidamente dal minivolley all’under 13, poi all’under 16, poi aveva cominciato a giocare in seconda divisione. Era un centrale infallibile, il suo metro e novanta lo aiutava a centrare tutti i muri: gli avversari non avevano speranze di attacco. Il resto del suo gioco non era altrettanto eccellente, ma sicuramente più che buono. I suoi allenatori gli dicevano che avrebbe fatto strada, e anche lui se n’era convinto, ma poi era successo il fattaccio e tutti i suoi sogni erano andati in frantumi.
Riemerse dai suoi pensieri e tornò a guardare la partita, che vedeva in vantaggio la loro squadra per due set a zero. Sarebbe finita a breve, lo Scientifico non aveva speranze di recuperare. Remus gettò uno sguardo a Mary e Marlene, che stavano facendo il tifo con coretti esilaranti, e a Lily, che sembrava piuttosto assorta a guardare il gioco.
“Hey Lils” la chiamò Remus “Come mai così presa dalla partita? Mi sembrava che non ti piacesse tanto la pallavolo”
“Eh? Ah sì, mi sembra però che loro giochino bene” gli rispose distrattamente.
Remus seguì il suo sguardo, per notare che la sua migliore amica stava attentamente analizzando il sedere di James Potter. Ridacchiò tra sé e sé. Non che lui non avesse passato l’ultima ora a fare lo stesso con il magnifico fondoschiena di Sirius, ma per Lily era un’altra cosa. Lei era assolutamente convinta che l’amore fosse una perdita di tempo per lo studio, e non aveva mai avuto una cotta per nessuno. Sì, pensò Remus, il dopopartita sarebbe stato sicuramente interessante.
***
Ovviamente, avevano vinto. Il palazzetto ormai si stava lentamente svuotando. I giocatori, spariti negli spogliatoi dopo una dignitosa scivolata della vittoria proprio verso lo spalto in cui si trovava Remus, stavano riemergendo uno dietro l’altro, dopo essersi cambiati e lavati. Remus accennò a Lily e alle altre di aver ricevuto un invito a partecipare ai festeggiamenti, e le ragazze ne furono entusiaste. Remus invece cominciava ad agitarsi, le gambe gli facevano male per essere rimasto seduto nelle strette sedioline degli spalti per troppo tempo, quindi stava saltellando per riattivare le sue funzioni motorie. Lily lo guardava con un cipiglio strano, ma non disse nulla. James e Sirius, seguiti da un trotterellante Peter, furono gli ultimi ad emergere dagli spogliatoi, accolti da un boato di gioia da parte di tutti i loro compagni che erano lì fuori ad aspettarli. Remus trattenne a stento un sorriso quando i due ragazzi cominciarono ad esibirsi in stupide mosse e prove di forza. Era rimasto in disparte, assieme a Lily, mentre Mary e Marlene erano andate ad accogliere i giocatori assieme agli altri. Sperava quasi di non essere visto da Sirius, in modo da poter filarsela e andare a casa. In quel momento però, Sirius incrociò il suo sguardo, fece un cenno a James e si diresse verso di loro.
“Avevi ragione, avete vinto” lo accolse Remus, con un sorriso divertito.
“Io ho sempre ragione” rispose pronto Sirius.
“Siete stati bravi, tu e James siete fantastici assieme”
“Lo so, lo so, ce lo dicono tutti”
“Certo che non ti manca proprio la modestia, vero?” intervenne a quel punto Lily.
“E tu saresti scusa?” rispose Sirius, ancora con il suo ghigno stampato in faccia.
“Lily Evans”
“Piacere di conoscerti Lily Evans, io sono Sirius”
“Piacere” rispose lei, per fortuna non aggiungendo nulla sul fatto che sapeva benissimo chi fosse dal momento che Remus la stressava da un anno ormai riguardo a Sirius.
“Ehi Jamie! Vieni qua!” urlò a quel punto il moro.
James si districò subito dal nugolo di ragazzine urlanti e adoranti che lo circondavano per raggiungerli in disparte.
“Grazie amico, lo sai quanto non le sopporto le ochette del primo anno che mi si appiccicano addosso”
“Lo so, lo so. Comunque loro sono i nostri nuovi amici, Remus e Lily” disse Sirius, rivolgendo all’amico uno sguardo carico di sottintesi. James parve afferrare al volo, e strinse la mano ad entrambi, presentandosi.
“Allora belli, che si fa? Noi pensavamo di andare ai Tre Manici di Scopa a festeggiare, ci state?”
“Beh…” iniziò Remus, figurandosi già una serata rumorosa e confusionaria, non il suo genere insomma. O almeno non ultimamente. Ma Lily lo interruppe subito, aggiungendo “Certo che ci stiamo! Possiamo chiamare anche le amiche che sono venute con noi?” “Certo, più siamo meglio è” rispose James, ma un lampo di delusione gli attraversò lo sguardo. Mentre Lily andava a chiamare Mary e Marlene, Remus parlò ai due ragazzi.
“Se siete così bravi a giocare, com’è che non vi ho mai visti agli allenamenti della squadra privata?”
James scrollò le spalle “Io sono più un tipo da calcio in realtà” disse con una risata. “Mi piace la pallavolo, ma lo faccio per divertimento qui a scuola. È da quando sono bambino che faccio parte della squadra di calcio e non potrei mai smettere”
Sirius rimase in silenzio, non aggiungendo nulla. Remus era indeciso se indagare ulteriormente o meno, ma in quel momento vennero raggiunti da Lily e le altre, e anche da Peter, che evidentemente gradiva molto la compagnia dei due ragazzi.
Uscirono dal palazzetto, e i tre giocatori andarono a mettere i borsoni con le divise nella macchina di James. Poi si diressero a piedi verso il locale. Remus, ancora indolenzito, rimase un po’ indietro, a godersi il chiacchiericcio dei suoi compagni da lontano. Ben presto però fu raggiunto da Sirius: i suoi capelli, ancora umidi, ondeggiavano morbidi sulle spalle, e indossava dei jeans neri stretti e una altrettanto nera giacca in pelle. Guardandolo da vicino, vide che aveva anche un filo di matita nera sotto gli occhi.
“Hey Remus, allora, pensi davvero che potrei giocare a livello professionistico?”
“Scherzi vero? Hai uno dei migliori palleggi che io abbia mai visto! Chiunque ti vorrebbe nella propria squadra!”
“Hm…” rispose lui pensieroso.
“Che c’è? Ho detto qualcosa che non va?”
“No, è solo che a me piacerebbe molto giocare seriamente.”
“E cosa ti frena?”
“…”
“Se non vuoi dirmelo non ti preoccupare”
“Sono i miei che mi frenano. Non ho mai potuto fare quello che facevano i bambini normali, né calcio, né pallavolo, né nuoto, ma solo la cazzo di scherma o l’equitazione… Non fai tante amicizie con quegli sport, sai?”
“Mi dispiace Sirius, però non credi che ora potresti farlo? Voglio dire, sei maggiorenne, adulto e vaccinato, probabilmente l’anno prossimo sarai in un’altra città per l’università e non avrai più tempo per giocare. Se non lo fai ora, quando?”
L’altro ragazzo taceva, continuando a camminare.
“Se vuoi posso presentarti il mio allenatore, appena vedrà le due abilità ti metterà subito in squadra, non preoccuparti”
“Ci saresti anche tu in squadra con me?”
“Ehm… no, io, ecco… io non posso più giocare” rispose Remus, rabbuiandosi.
Sirius annuì piano, non indagando oltre. Stette un po’ a riflettere, per poi aggiungere “Davvero lo faresti per me? Voglio dire, praticamente non mi conosci neanche”
“Certo che lo farei per te. Tutti hanno il diritto di realizzare i propri sogni, e se io posso aiutare a farlo sono la persona più felice di questa terra!” rispose Remus, con un sorriso dolce.
“Grazie Remus” gli disse l’altro ragazzo, guardandolo negli occhi con un’espressione stupita, come se vedesse per la prima volta qualcosa di prezioso.
Continuarono a camminare per un’altra ventina di minuti, in silenzio. Remus a quel punto si stava trattenendo per non urlare dal dolore. Forse non era stata una buona idea quella di fare tutta la strada a piedi. Quando giunsero davanti al locale, Lily lo stava aspettando con un’espressione preoccupata. Gli si avvicinò subito, chiedendogli “Rem, tutto bene? Se vuoi possiamo tornare a casa, se hai male non preoccuparti, chiamo tua mamma che venga a prenderci…”
“No Lils, sto bene, ho solo bisogno di sedermi” rispose lui con un sorriso tirato. Gli altri si stavano avviando dentro al locale, ma Sirius era ancora al suo fianco e non si era perso una parola del loro scambio. Tuttavia, non disse nulla e gli sorrise, aspettando che facesse il primo passo per entrare a sua volta.
Dentro il locale c’era una gran puzza di fritto. I Tre Manici di Scopa era un locale famoso tra gli adolescenti per il loro menu ricco di pietanze ipercaloriche e unte (e anche per il fatto che a fine serata dovevi buttare in lavatrice tutti i vestiti che avevi addosso per evitare di puzzare come una friggitrice).
Si sedettero attorno ad un grande tavolo, Remus si mise nell’ultimo posto, in modo da poter allungare un po’ le gambe. Lily si mise al suo fianco, e si trovò faccia a faccia con James. I due arrossirono visibilmente, ma cominciarono a chiacchierare da subito. Remus, impegnato a mandare un messaggio a sua madre per avvisarla che si sarebbe fermato fuori a mangiare, neanche si accorse che aveva davanti Sirius.
“Che cosa mangi?” lo apostrofò il ragazzo, risvegliandolo dalla sua trance.
Remus sobbalzò dallo spavento, e lasciò cadere il cellulare a terra. Senza battere ciglio lo raccolse, neanche preoccupandosi per il povero aggeggio, che ormai poteva avere un premio per quante volte era sopravvissuto a una caduta. Guardò Sirius, che stava ridacchiando.
“Mi passeresti un menu per favore?” gli disse.
“Certo”
Era da un po’ che Remus non veniva a mangiare in quel posto, ma notò con piacere che il menu era sempre lo stesso. Con una rapida occhiata decise subito di andare sul sicuro.
Una volta prese le ordinazioni, tutti furono coinvolti da Marlene in un discorso sulla professoressa di scienze, che avevano in comune, che stava facendo impazzire i suoi studenti per via della sua incompetenza totale.
Quando arrivò finalmente la cameriera, Remus non ci vedeva più dalla fame: addentò subito il suo panino con doppio hamburger, bacon, insalata, pomodori e salsa speciale. Fece un verso di soddisfazione, era da troppo tempo che non ne mangiava uno. Stava per addentare delle patatine fritte quando venne interrotto da una risata genuina. Sirius gli stava ridendo in faccia.
“Che c’è?” chiese Remus, “Mi sono sporcato da qualche parte?”
“No, no, è solo che sembra che non mangi da un mese” rispose lui ancora ridendo.
“Ehi, non ho neanche fatto merenda oggi pomeriggio, pensa te”
“Ah be, allora ritiro tutto”
Remus Lupin, scherzando con Sirius, di fianco alla sua migliore amica, e ingozzandosi di schifezze, per la prima volta da un bel po’ di tempo, era genuinamente felice.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


CAPITOLO 3

A Remus piaceva tanto dormire. Se avesse potuto sarebbe stato a letto tutta la mattina. Ma questo non rientrava nei piani di sua madre. Hope Jenkins era una donna minuta ma energica, che non si perdeva mai d’animo, e che soprattutto era ossessionata dalle pulizie. Così quel sabato mattina, come del resto ogni sabato mattina, Remus fu svegliato dal dolce suono dell’aspirapolvere. Con un grugnito, Remus si stiracchiò per bene, per poi gettare un’occhiata all’orario nel suo cellulare. Erano le dieci, quindi non poteva prendersela con sua madre. Lentamente, si alzò e si diresse in cucina per fare colazione. Salutò sua madre con un bacio sulla guancia, e si fece il suo solito tè mattutino.
Dopo mezz’ora, Remus era già in bus: doveva recarsi alla clinica per fare la sua terza seduta di fisioterapia della settimana. Una volta in palestra, iniziò la sua solita routine di esercizi, seguito dal suo fisioterapista. Le sedute erano molto costose, e Remus cercava di impegnarsi al massimo in ognuna di queste, ma il suo corpo rispondeva lentamente. Aiutava sua madre come poteva, dando ripetizioni ai bambini e spendendo soldi solo per lo stretto necessario, ma a volte faticavano lo stesso.
Una volta finita la sessione, Remus decise di tornare a casa a piedi. Sarebbe stata una bella passeggiata, ma si sentiva in forma quella mattina. Decise di allungare un po’ il percorso ma di seguire la pista ciclopedonale lungo il fiume. Era una mattinata assolata, per cui il viale era popolato da famiglie, cani, ciclisti e anziani. Remus si godeva quei raggi di sole, inspirando aria fresca come un balsamo. Pensava ai giorni in cui era stato costretto in ospedale, a quanto gli era mancato il sole. Era arrivato quasi a metà strada, dove la pista si immergeva in un bel parco verde, quando, sovrappensiero, andò a sbattere contro qualcosa. Quel qualcosa si rivelò essere un’enorme e scodinzolante palla di pelo nero che gli porgeva una pallina piena di bava. Si guardò attorno, per cercare di capire dove potesse essere il suo padrone, ma non vide nessuno nelle vicinanze. Il cane sembrava ancora aspettare che lui lanciasse la pallina, ma Remus decise di vedere se avesse una targhetta. Prima cominciò ad accarezzarlo, ma il cane sembrava non avere nessun problema a farsi toccare da uno sconosciuto. Remus lo osservò bene: sembrava un cane lupo, ma non ne era certo, comunque aveva il pelo curatissimo e un collare di pelle al collo. Una targhetta recitava il suo nome, Padfoot, in elegantissimo corsivo. Nessun numero di telefono. In quel momento il cagnolone gli saltò letteralmente addosso, facendolo ruzzolare a terra. Remus scoppiò a ridere, e accarezzò la pancia di Padfoot, che si era disteso sulla schiena. In quel momento si sentì un fischio da lontano, e il cane drizzò le orecchie, mettendosi ad abbaiare. Dopo pochi minuti, il suo padrone, a giudicare dalle feste che Padfoot stava facendo, si parò davanti a Remus.
E chi mai poteva essere se non Sirius Black?
“Remus?!” esclamò stupito il ragazzo, accarezzando il suo cane.
“Be devo dire che è proprio vero che i cani assomigliano ai propri padroni!” rispose Remus ridendo.
“Che ha combinato questo mascalzone?”
“Mi ha letteralmente steso”
“Questo vorrebbe dire che anche io ti ho steso?” rispose Sirius, scoppiando subito a ridere e porgendogli una mano per aiutarlo ad alzarsi.
“Non fisicamente…” rispose piano Remus, ma Sirius non lo sentì
“Strano che tu gli stia simpatico, comunque, di solito non si fida molto degli sconosciuti”
“Ha un ottimo gusto direi” ammiccò Remus.
Si incamminarono nuovamente lungo il percorso ciclabile, ormai deserto vista l’ora di pranzo. Padfoot trotterellava davanti a loro, annusando la strada felice.
“Abiti qui vicino o stavi solo facendo una passeggiata?” disse Sirius.
“In realtà sto tornando a casa, sono stato in palestra stamattina” rispose Remus, arrossendo leggermente.
“Palestra?”
“Fisioterapia”
Calò un silenzio strano tra loro, Remus proseguì guardando per terra, non osando incrociare lo sguardo dell’altro ragazzo.
Sirius, percependo il disagio dell’altro ragazzo cambiò discorso “Posso accompagnarti a casa?”
Remus arrossì ancora di più, e iniziò a balbettare “Beh, si se vuoi… se non è un fastidio per te…”
“Non ho per nulla voglia di tornare a casa mia sinceramente” gli rispose Sirius, rabbuiandosi.
“Se vuoi puoi mangiare da me, mia mamma sta preparando le lasagne” propose subito Remus, con un coraggio che non si sarebbe aspettato da sé stesso. Sirius lo guardò, stupito.
“Ma non volete passare il pranzo in famiglia o qualcosa del genere?”
“Non preoccuparti, mia madre cucina per un esercito anche se siamo solo noi due a mangiare, sono sicuro che ci sia posto anche per te. E anche per Padfoot, se gli piacciono le lasagne” disse Remus con un sorriso.
“E tuo padre?” chiese Sirius titubante.
“I miei sono separati da anni ormai, e lui si è trasferito. Non lo sento da un po’, ma va bene così ad entrambi” disse Remus, non facendo trasparire molte emozioni dalle sue parole.
“Non siete in buoni rapporti?” chiese Sirius, diretto.
“Da quando ho fatto coming out tre anni fa non ci parliamo più”
“Ah…” rispose Sirius “Mi dispiace”
“Per fortuna mia mamma mi supporta, non saprei come fare senza di lei”
“Già sei fortunato ad averla” aggiunse Sirius in tono mesto.
“Nemmeno tu sei in buoni rapporti con i tuoi genitori?” chiese Remus.
“Diciamo che non ce li abbiamo proprio i rapporti. Mio padre è sempre fuori casa per lavoro e mia madre è troppo impegnata a fare bella figura in pubblico per occuparsi dei suoi figli”
Remus si era dimenticato che Sirius avesse un fratello. Gli pareva si chiamasse Regulus.
“Mi dispiace”
“Ah, ormai ci sono abituato. Ma la situazione è ancora più gelida da quando sono venuti a sapere che mi scopavo un ragazzo diverso ogni giorno nell’ufficio di mio padre” disse Sirius ridendo come un matto.
Remus raggelò, bloccandosi sul posto. Sirius scopava ragazzi. Sirius era gay. O bisex. O insomma qualcosa. Ma il punto era che allora Remus aveva una speranza. Sirius non era etero. Il suo cuore batteva a mille e un sorriso ebete gli si stampò in faccia.
“Remus tutto ok?” gli chiese Sirius, ancora ridendo.
“Si, io… ecco io non sapevo che fossi gay anche tu” disse Remus con voce flebile.
Sirius si mise a ridere ancora più forte. “Remus, tesoro, ho praticamente flirtato con te dopo due secondi che ci siamo conosciuti! E comunque se proprio vogliamo essere precisi non sono gay, ma pansessuale. Anche se preferisco particolarmente portare a casa dei ragazzi per infastidire ancora di più i miei”
Remus arrossì di botto. Aveva flirtato con lui? Quando? Lui non se n’era minimamente accorto.
“Certo che a volte sei veramente un po’ imbranato, sai?” rincarò la dose Sirius.
“Si lo so…”
***
Quando i due ragazzi varcarono la soglia di casa Jenkins, vennero travolti da un profumo delizioso.
“Reeeeem! Sei tu?”
“Sì mamma, ho portato un amico”
Il rumore proveniente dalla cucina si fermò all’improvviso, e la faccia di sua madre sbucò dalla porta.
“Un amico??”
“Sì, mamma, lui è Sirius, e questo è il suo cane Padfoot. Li ho incontrati al parco e ho pensato di invitarli a pranzo”
“Tesoro hai fatto benissimo! Sirius! È un piacere! Era ora che mio figlio mi portasse qualche bel ragazzo a casa!” Sirius le strinse la mano e ridacchiò, lasciando poi che la donna accarezzasse Padfoot.
“Mammaaa” si lamentò Remus.
“Oh avanti, è quasi pronto! Portate questo bel cagnone in giardino e andate a lavarvi le mani!”
Remus mostrò a Sirius la casa, lo portò nel piccolo fazzoletto di terra che sua madre chiamava giardino, ma in realtà era solo uno spiazzo di cemento e un’aiuola di rose. Decisero di lasciare Padfoot a sonnecchiare all’ombra del tavolino che c’era lì fuori, dopo avergli fornito una ciotola d’acqua. Poi Remus mostrò a Sirius il bagno, e si diresse in cucina ad aiutare la madre.
“Rem, è così un bel ragazzo! Dove lo hai conosciuto? Perché non mi hai detto nulla?”
“Mamma, lo conosco da poco, cerca per favore di non farmi fare brutte figure!”
“Ma sì tesoro, non ti preoccupare”
Una volta pronto tutto, si sedettero a tavola e mangiarono le lasagne, ridendo dei programmi idioti che davano alla tv e chiacchierando del più e del meno. Dopo pranzo, sua madre annunciò che sarebbe andata a trovare una sua amica e non sarebbe tornata prima di sera. Annunciò anche che i due ragazzi avrebbero dovuto lavare i piatti.
Sirius, entrando in cucina, inorridì “Niente lavastoviglie?”
“Eh no mio caro, niente lavastoviglie” disse Remus, divertito.
Alla fine, fece quasi tutto Remus, visto che Sirius si rivelò essere veramente poco portato per le faccende domestiche. Il ragazzo si scusò dicendo che a casa propria avessero una domestica, e lui non aveva per niente senso pratico in queste cose. Remus gli aveva risposto alzando un sopracciglio e prendendolo in giro scherzosamente.
Dopo aver controllato che Padfoot fosse tranquillo, si diressero in camera di Remus. Sirius restò stupito dalla collezione di vinili del ragazzo, ereditati per lo più dal nonno materno, e rise alla vista del pesce rosso che nuotava placidamente in una boccia di vetro sopra al davanzale della finestra. Ma la cosa che più di tutte lo affascinò fu l’immensa libreria che occupava metà della parete, carica di volumi di ogni foggia e dimensione. Remus si giustificò dicendo che gli piaceva molto leggere, e Sirius lo stupì cominciando ad elencare pregi e difetti dei titoli che si trovava di fronte, dimostrando di aver letto quasi tutti i libri che aveva Remus.
Verso metà pomeriggio, dopo aver scoperto molte cose l’uno dell’altro attraverso discussioni su libri, musica e qualsiasi altro argomento venisse loro in mente, Sirius annunciò che sarebbe dovuto rientrare.
“Scusa, ma ho promesso a Reg che gli avrei dato una mano a studiare matematica”
“Nessun problema. Spero tu abbia passato una bella giornata qui”
“Una delle migliori giornate da un bel po’ di tempo” disse Sirius, con un sorriso “Mi piacerebbe molto rifarlo, tipo non so… un appuntamento”
“Un appuntamento?” chiese Remus, titubante e arrossendo sempre di più nel vedere che Sirius gli si stava avvicinando.
“Sì, un appuntamento” sussurrò Sirius, vicinissimo al viso di Remus.
“E perché mai Sirius Black vorrebbe andare ad un appuntamento con uno sfigato come il sottoscritto?” sussurrò a sua volta Remus reclinando la testa per avvicinarsi sempre di più al viso dell’altro ragazzo.
“Perché a Sirius Black questo sfigato piace” disse Sirius, per poi eliminare del tutto la distanza tra i loro volti e lasciare un leggerissimo bacio sulle labbra di Remus.
Remus restò imbambolato per alcuni secondi, senza capire cosa fosse successo. Sirius Black lo aveva appena baciato. Non riusciva nemmeno a crederci. Il suo volto era completamente in fiamme e a malapena stava registrando che Sirius aveva recuperato la giacca e lo stava chiamando per accompagnarlo alla porta.
“Scusami ma devo veramente scappare” disse Sirius mentre metteva il guinzaglio a Padfoot, che saltellava in giro, riposato dopo il suo sonnellino.
“Nessun problema, mi ha fatto piacere ospitarti qui oggi” disse Remus con voce malferma, ancora scosso.
“E a me ha fatto piacere restare” rispose Sirius, sogghignando.
Alla porta si salutarono brevemente, e nessuno dei due accennò a quello che era appena successo.
Per tutto il fine settimana, Remus non fece altro che pensare a quel bacio.
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


CAPITOLO 4

La settimana era appena iniziata e si era rivelata un vero inferno per Remus. Aveva in programma versione di Greco, interrogazione di Letteratura Latina, verifica di Matematica, un test di Chimica e perfino un’esposizione di Educazione Fisica. Non si sentiva particolarmente pronto per nessuna di queste prove, ma aveva deciso che avrebbe cercato di non farsi prendere dall’ansia, o non ne sarebbe uscito vivo.
La piega delle sue giornate, assieme a quelle di Lily, era migliorata notevolmente. Al mattino arrivavano in orario e si trovavano davanti ai cancelli della scuola per entrare in classe assieme, mentre a ricreazione venivano raggiunti in classe da Sirius e James (seguiti da un trotterellante Peter, che, dopo aver fatto colpo quella sera al bar cercava la compagnia di Mary). Quella tradizione era iniziata qualche giorno prima, quando Sirius, non vedendo Remus nell’atrio a fare l’usuale rifornimento di caffè, glielo aveva portato in classe. Sirius si era giustificato dicendo che glielo doveva, da quella mattina di un paio di settimane prima. Ma Remus non era stato il solo ad arrossire, perché James aveva ben pensato di offrire il caffè a Lily, e quest’ultima, per grande sorpresa di Remus, aveva accettato volentieri. Così si era stabilita quella sorta di routine, che Remus disapprovava fortemente perché gli sembrava di approfittare della gentilezza di Sirius, ma l’altro non voleva sentire lamentele.
Mercoledì mattina, mentre Lily e James discutevano animatamente su quale fosse il migliore supereroe della Marvel, Sirius avvicinò Remus e gli disse “Allora, che ne dici di quell’appuntamento?”
A Remus andò di traverso il caffè che stava bevendo.
“Remus, seriamente, devi lavorare sulle tue abilità amatorie”
“Va bene, appuntamento” disse Remus con voce ancora roca.
“Che ne dici di andare a bere una cioccolata calda oggi pomeriggio?”
Remus il giorno seguente avrebbe avuto la verifica di Matematica, ma non ci pensò neanche per un secondo di rifiutare l’invito di Sirius.
“Certo, va benissimo. Adoro la cioccolata calda”
“Chissà perché non l’avrei mai detto…” disse Sirius, con fare sarcastico. “Ti passo a prendere per le 16?”
“Mi passi a prendere con cosa?”
“Col mio unicorno volante”
“Daaai Sirius, fai il serio”
“Con la mia moto, Remus”
“Ehm, ti dispiace se ti raggiungo in autobus? Mi dici l’indirizzo e ci troviamo direttamente lì”
Sirius lo squadrò, indeciso, per poi acconsentire.
“Se mi dai il tuo numero ti mando la posizione dopo”
E così Remus scrisse su un foglietto il suo numero di telefono, per poi consegnarlo all’altro ragazzo. La campanella suonò in quel momento, preannunciando altre ore di noiosissime lezioni.
“Vado, ci sentiamo dopo, ok?” disse Sirius
“Ok” ripose Remus, già pronto ad andare a sedersi al suo banco, ma si sentì tirare la maglietta. Si girò, per vedere che cosa volesse Sirius, e quest’ultimo gli posò un rapidissimo bacio sulla guancia, per poi fargli l’occhiolino e scappare via.
Lily fece un fischio dal fondo dell’aula. “Reeem hai fatto colpooo”
“Zitta Lils”
“Tu non hai idea di che invidia farai a tutte le ragazzine ormonali di questa scuola”
“Sì Lily, perché il mio scopo era esattamente quello…”
“Sto solo elencando i pro della situazione”
“Ma tu piuttosto, che mi dici di James?”
“Che ti dico? È un mio amico”
“Sì, un amico, certo”
In quel momento entrò il professore e non ci fu più tempo per discutere.
***
Alle 16:00 Remus si trovava davanti ad un piccolo locale, intimo e pittoresco, che non aveva mai visto prima nonostante abitasse nello stesso posto da tutta la vita. L’insegna recava la scritta “Il paiolo magico”, e l’ambientazione esterna ricordava molto quella di un pub inglese. Un ruggito di motore gli annunciò l’arrivo di Sirius, su di una moto nera e bellissima. Remus si promise ancora una volta che non ci sarebbe salito, non importava quanto l’idea di stare abbracciato a Sirius e palpare i suoi addominali fosse allettante.
“Hey bel fusto” lo apostrofò Sirius, togliendosi il casco e scompigliandosi i capelli.
Remus alzò un sopracciglio in evidente imbarazzo.
“Troppo?” aggiunse Sirius, divertito.
“Decisamente”
“Beh, per me sei veramente un bel fusto, sai? Non devi sottovalutarti”
“Sì Sirius, certo”
“Dai entriamo idiota” disse il ragazzo, prendendo Remus a braccetto e portandolo verso l’ingresso.
L’interno del locale era ancora più suggestivo dell’esterno, tutto era ricoperto di un legno scuro, la luce era calda e accogliente, e i tavoli sistemati in modo da avere assoluta privacy tra di loro.
Un barista dai capelli rosso fuoco li accolse con un sorriso “Buon pomeriggio ragazzi, volete accomodarvi o aspettate qualcuno?”
“No, un tavolo per noi due grazie” disse Sirius con disinvoltura.
Il barista annuì e li accompagnò in un tavolo molto appartato, affacciato sul cortile interno della palazzina. Lasciò loro i menu e si allontanò con riserbo. I due ragazzi si accomodarono, e iniziarono a osservare cosa offrisse quel locale. Alla fine, Remus ordinò una cioccolata al caramello, mentre Sirius optò per una cioccolata fondente.
Una volta ricevute le loro ordinazioni, Sirius si sistemò sulla sedia, e guardò Remus dritto negli occhi.
“Allora, ho una proposta da farti. Giochiamo ad un gioco, 36 domande. Puoi rifiutarti di rispondere con un ‘passo’, ma se decidi di rispondere devi essere il più sincero possibile. Così possiamo conoscerci meglio, no?”
Remus aveva sentito parlare di un gioco simile, un esperimento sociale secondo il quale era possibile instaurare un rapporto profondo solo porgendosi queste domande.
“Va bene” disse Remus, sperando che le domande non fossero troppo personali. In ogni caso avrebbe avuto i ‘passo’.
“Bene! Comincio io!” esclamò Sirius, felice come un bambino il giorno del proprio compleanno. “Se potessi scegliere tra qualsiasi persona al mondo, chi inviteresti a cena?”
“Probabilmente la regina Elisabetta”
“Cosa?” esclamò Sirius, ridendo.
“Ma ti pensi a quanta storia ha vissuto? Quante persone ha incontrato? E poi se me la facessi amica poi potrei essere invitato a corte e conoscere tutta la famiglia e visitare Buckingham Palace…” disse Remus, con occhi sognanti. Il Regno Unito lo aveva sempre affascinato, e sognava un giorno di poter andare a visitare Londra, Edimburgo e tutte le più belle città inglesi.
“Va bene, dopo aver capito che sei un gerontofilo, andiamo avanti” ribatté Sirius, ridendo “Tocca a te”
Il ragazzo allungò a Remus il suo cellulare, dal quale stava leggendo le domande.
“Definisci qual è il ‘giorno perfetto’ per te”. Remus aveva scelto una domanda abbastanza neutra, o almeno così sperava.
“Allora, probabilmente mi alzerei presto, andrei a portare Padfoot a spasso. Poi tornerei a casa e preparerei la colazione a Reg. Lui adora i pancake, quindi ne cucinerei un sacco. Poi probabilmente andrei a casa di James a pranzare, i suoi genitori sono super gentili, e sua madre cucina benissimo. Poi andremmo in camera di James a giocare con la Play, e a rimbambirci fino a metà pomeriggio. Poi usciremmo, andremmo a prendere un bel gelato assieme e a fare due palleggi al parco. A cena sarei da solo, perché a casa non c’è nessuno, nemmeno mio fratello che sta dai suoi amici. Inviterei una persona a vedere un film, e probabilmente me la scoperei, per concludere in bellezza.” Sirius non aveva battuto ciglio nell’esporre questa sua giornata.
“Hai spesso queste giornate?” gli chiese Remus.
“Non spesso, no. Per la maggior del tempo mia madre è in casa a rompere le palle.” Sirius non spiegò oltre, ma si affrettò a porgergli la domanda successiva. “Per te cosa conta di più in un’amicizia?”
“Sicuramente la fiducia. Ci metto molto a fidarmi delle persone, e quando alla fine decido di fidarmi di qualcuno lo faccio con tutto me stesso. Oltre a questo, direi anche la vicinanza, sia in senso materiale ma soprattutto a livello di supporto morale” rispose Remus, pensando a quanto preziosa fosse la sua Lily, che non lo aveva mai abbandonato, neanche nei momenti più bui. Remus ci mise un po’ a scegliere la domanda successiva, ma alla fine optò per “Che ruolo gioca l’amore nella tua vita?”
Sirius si accigliò un po’. “Credo che l’amore sia la cosa che mi è più di tutte mancata durante la mia infanzia, quindi sto cercando di circondarmene il più possibile ora. Io amo James, è come un secondo fratello per me. Amo Regulus, il mio fratellino che cerco di proteggere. Amo il mio cane, che è la mia ancora nei momenti peggiori. Ma non ho ancora trovato qualcuno da amare con tutto me stesso, con il profondo della mia anima, per curare le ferite che quei bastardi dei miei genitori mi hanno lasciato, nel cuore e nel corpo. Forse l’ho già trovata, chissà…” concluse il ragazzo, con un’ombra di un sorriso, aggiungendo poi “Va bene ultima domanda a testa. Vediamo… ecco sì, questa! Dì al partner che cosa ti piace di lui”
Remus arrossì all’istante, e iniziò a balbettare. “Posso usare un ‘passo’?”
“No dai Rem! Sono troppo curioso! Poi puoi chiedermelo anche tu!”
“Va bene…” disse Remus, titubante. “Allora, beh, fisicamente mi piaci. Mi piacciono i tuoi capelli lunghi, la tua carnagione chiara, i tuoi muscoli… insomma diciamo che a livello fisico sei proprio il mio tipo. Ma a parte questo mi piace anche il tuo modo di pensare, il mettere tutto in discussione, il tuo apprezzare le cose semplici e il saper scherzare su tutto senza essere volgare. A dire la verità è da un po’ di tempo…” Remus si bloccò. Stava fissando la sua tazza ormai vuota, e giocherellando con una bustina di zucchero. Il movimento frenetico delle sue dita venne però fermato dalla mano di Sirius, che si posò sopra alla sua. Sirius lo invitò a proseguire, con uno sguardo curioso e malandrino, ma allo stesso tempo dolce e premuroso.
“Ecco se proprio vuoi saperlo era da un po’ che ti avevo notato” sputò fuori Remus, tutto d’un fiato. Alzò lo sguardo, per incrociare quello di Sirius. Si stava visibilmente trattenendo dalle risate, e aggiunse “Remus. Me n’ero accorto” per poi scoppiare in una risata fragorosa.
Remus, la faccia in fiamme, incassò la testa fra le spalle, e fece per spostare la mano lontano da quella dell’altro ragazzo, che lo stava palesemente prendendo in giro. Ma venne fermato dalla presa ferma di Sirius, che aggiunse, tra le risate “Sono felice di essermi accorto che tu fossi il mio stalker, perché da quel momento anche io ho iniziato a notarti. E se proprio vuoi saperlo, Remus, di te mi piacciono i tuoi riccioli dorati, le tue lentiggini, il tuo metro e novanta di altezza, ma anche la tua sbadataggine, la tua dolcezza e il tuo immenso altruismo. E, in ogni caso, per colpa tua James ha iniziato a notare la tua amica Lily, e ti giuro che se quei due non si mettono assieme io mi taglio le orecchie piuttosto di sentire ancora quanto siano belli i capelli di Lily e come si è vestita bene oggi e bla bla bla.” Concluse Sirius, osservandolo.
Remus, sollevato, sorrise all’ultimo commento e si ripromise di fare una bella chiacchierata con la sua migliore amica. “Potremmo fare un appuntamento a quattro” Scherzò Remus, stringendo un poco la mano di Sirius, fregandosene del fatto che erano entrambe sudate e appiccicose.
“Sì, potremmo” disse Sirius, per poi sporgersi verso di lui.
Il loro secondo bacio sapeva di cioccolato, di risate e di un sentimento un po’ nuovo per entrambi. Era un bacio innocente, ma sapeva di futuro. Stavano per approfondirlo, quando vennero interrotti da un “Remusss!!”
I due ragazzi si staccarono all’istante, rossi in faccia e accaldati. Di fianco al loro tavolino si trovava un bambinetto sugli otto anni, pieno di lentiggini e con i capelli rosso fuoco spettinati.
“Bill! Ciao, che cosa ci fai qui?” disse Remus, sopreso.
“I miei genitori lavorano qui!”
“I tuoi genitori?”
Sirius osservava divertito lo scambio tra i due. Dal bancone del bar giunse una voce femminile “Billy! Dove sei finito? Smettila subito di importunare i clienti e torna qui!”
“Molly! È qui con me!” urlò Remus, mentre faceva il solletico al bambino ridacchiante.
Vennero raggiunti da una ragazza energica e robusta, che sembrava poco più grande di loro. Molly, come testimoniavano i suoi capelli ramati e le lentiggini, era la madre del bambino.
“Remus caro! Non ti avevo proprio visto! Che bello averti qui!”
“Molly, non avevo idea che aveste un bar! Immagino che il cameriere sia tuo marito”
“Sì, lui è Arthur. Mi dispiace che Bill sia venuto a disturbarvi, ma non ci possiamo permettere anche una babysitter per questa piccola peste! Per farmi perdonare vi offro le cioccolate che avete preso”
“Ma Molly…” iniziò a protestare Remus
“Niente ma! Così ho deciso! Ora scusatemi ma devo tornare a servire i clienti! È stato un piacere ragazzi”
E trotterellò via, trascinando con sé il povero Bill, che li salutava mesto con la manina.
“Posso chiederti come fai a conoscerli?” disse Sirius, una volta che furono soli.
“Do una mano a Bill con i suoi compiti. È dislessico e disgrafico, per cui fatica abbastanza a seguire le lezioni e a fare gli esercizi per casa da solo.”
“Capito. Beh, ti ci vedrei bene, ‘Professor Lupin’”
Remus si limitò a ridere e scuotere la testa.
“Immagino che tu debba ancora decidere che università frequentare” disse Sirius.
“In realtà credo di voler fare Lettere” rispose Remus.
“Quindi ho ragione con la storia del professore!” rispose Sirius, incredulo.
“Forse, non mi dispiacerebbe. Tu invece?”
“Io non ho ancora deciso… i miei ovviamente vorrebbero che io facessi Giurisprudenza, o al massimo Economia. Ma a me fanno schifo entrambe le cose, quindi probabilmente andrò a fare tutt’altro. Non mi dispiacerebbe Veterinaria…”
“Veterinaria? E come mai non hai fatto lo scientifico allora? Sai che con la prof di scienze che ci ritroviamo farai molta fatica a recuperare tutto per i test di ingresso…”
“Già, infatti dovrei iniziare a studiare” disse l’altro ragazzo, corrucciato “Comunque, faccio il classico perché è da generazioni che la mia famiglia fa questa scuola, e io non sarei di certo stato il primo a rompere la tradizione…” aggiunse, con un’aria rassegnata.
“Devi scegliere tu chi essere Sirius, non puoi farti condizionare da nessuno” sussurrò Remus, allacciando nuovamente le loro mani.
Poco dopo, decisero di avviarsi verso casa, salutarono Molly e Arthur, e uscirono nell’aria fresca di quel tardo pomeriggio frizzante. Stava per piovere. I due ragazzi si salutarono velocemente (Sirius non voleva bagnarsi in moto), e si ripromisero di rivedersi il giorno successivo a scuola. Prima di allacciare il casco, Sirius attirò Remus a sé, dicendogli “Grazie per oggi pomeriggio, sono stato bene. Anche se credo abbiamo ancora una cosa lasciata a metà…” disse, prima di baciarlo nuovamente. Fu un bacio breve, ma carico di significati.
“Sai, se le cose stanno così potrei anche rivedere la mia giornata tipo” disse Sirius, per poi accendere il motore e sfrecciare via.
Remus lo osservò andarsene, con un sorriso stampato in faccia e una bolla di felicità nello stomaco. Si incamminò lentamente verso la fermata dell’autobus, e le prime gocce di pioggia si impigliarono tra i suoi riccioli dorati.
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


CAPITOLO 5

Era nato come un tacito accordo fra loro, e naturalmente i loro amici se n’erano accorti. E, a quanto sembrava, non solo i loro amici, ma tutta la scuola. Quando, il giorno successivo, varcarono la soglia della loro scuola chiacchierando tranquillamente, un centinaio di sguardi si girò verso di loro. Loro non ci badarono più di tanto, ma era evidente che il resto della scuola fosse estremamente interessato alle nuove frequentazioni di Sirius Black e James Potter. Remus cercava di dissimulare l’ansia che tutti questi sguardi provocavano in lui, ma era evidente che non la sapesse reggere bene. Accompagnò SIrius fino alla porta della sua classe, che si trovava al piano inferiore al suo, per poi dirigersi con Lily verso la fatidica verifica di Matematica.
Tre ore più tardi, i quattro ragazzi si trovavano in cortile, a fare ricreazione. James stava tentando di capire come fosse strutturata la verifica, dal momento che anche loro ce l’avrebbero avuta la settimana successiva. Erano circondati dallo stesso nugolo di chiacchiere della mattina, ma cercavano di non farci caso. Peter, Mary e Marlene erano a poca distanza, e stavano facendo una diretta su Instagram. Remus segretamente sperava che qualche professore le scoprisse e confiscasse loro il telefono: sarebbe stata una scena epica. Sorseggiava lentamente il suo caffè, ripensando al compito, e agli errori che era sicuro di aver fatto. Matematica non era mai stata il suo forte, e aspettava con ansia il giorno in cui avrebbe potuto bruciare il libro e non svolgere più uno studio di funzione in vita sua. Un tocco lo riscosse dai suoi pensieri. Sirius gli stava bussando scherzosamente sulla tempia, “Hey, terra chiama Remus? A che pensi?”
“Al libro di Matematica a giugno. In fiamme”
Sirius scoppiò a ridere, e gli passò una mano tra i capelli, spostandogli un ricciolo ribelle dietro l’orecchio.
“Sei proprio il tipico ragazzo da liceo classico, sai? Odi la matematica, adori leggere, scrivere magari, fantasticare sui miti, ascoltare i podcast di storia e tutte quelle cose lì” lo prese in giro.
“Hey, io non ascolto i podcast di storia!” rispose Remus, fintamente offeso.
“Ma fai tutte le altre cose, non è vero?” continuò Sirius, per poi avvicinarsi al suo viso e sussurrare “Adoro quando ti imbarazzi”
Remus lo scostò, e gli fece una linguaccia, in modo assolutamente maturo.
“Voi due, la volete smettere di fare i colombi in amore?” li riprese Lily, ridacchiando.
“È tutta invidia la tua Evans!” le rispose Sirius, “Magari puoi trovare anche tu qualcuno con cui tubare, basta solo guardarsi un po’ attorno!”
James lo fulminò con lo sguardo, ma la campanella lo salvò da qualsiasi altra brutta figura avesse in mente per lui Sirius. I quattro ragazzi si incamminarono verso le loro classi, ma, prima che Sirius entrasse nella propria, Remus lo tirò in disparte.
“Senti, per caso oggi pomeriggio hai da fare?” gli disse con aria incerta.
“No, perché? Hai piani?” gli rispose Sirius.
“Se ti va puoi venire da me. Ci facciamo un piatto di pasta e poi magari studiamo assieme. Che ne dici? Tanto mia mamma è via per qualche giorno per lavoro”
“Mi piacerebbe molto”
“Allora aspettami al cancello, a fine scuola, che prendiamo l’autobus assieme”
***
Il viaggio in autobus era sempre tranquillo di solito, e anche quel giorno non faticarono a trovare due posti a sedere. Remus estrasse le cuffiette dallo zaino, e ne porse una a Sirius. Bisticciarono un po’ su che cosa ascoltare, ma alla fine optarono per una playlist dei Queen.
 Una volta arrivati a casa di Remus, accesero la radio e cucinarono una veloce pasta col tonno, piatto universalmente amato da tutti gli adolescenti. Remus trovò anche un paio di birre nella dispensa, e si accontentarono di berle calde.
“Che lavoro fa tua mamma?” gli chiese Sirius ad un tratto.
“È un interior designer, a volte deve viaggiare per alcuni progetti, ma per la maggior parte del tempo lavora da casa. Non guadagna molto, ma tiriamo avanti come possiamo, anche se da quando quel bastardo di mio padre ha perso il lavoro non riesce più a mandarci gli assegni” disse Remus, con un tono un po’ risentito.
“Mia madre non fa nulla, si limita a godersi tutti i soldi che fa mio padre, a sperperarli in cose inutili per far vedere a tutto il mondo quanto la nostra famiglia si invidiabile. Li odio, veramente. E la cosa che più mi dispiace è che cercano di comprare la nostra obbedienza con i soldi, e se io non ci casco, Regulus ne sta approfittando. Spero riesca a capire in che mondo del cazzo si sta infilando, perché ormai è grande abbastanza per farlo” Sirius aveva un tono risentito. Sembrava avesse litigato anche con il fratello, ed era strano perché di solito ne parlava sempre in modo positivo.
“Hey, Sir. Vedrai che andrà bene, Regulus è un bravo ragazzo” gli disse Remus, stringendogli la mano.
Dopo aver combinato un disastro in cucina, aver schizzato i fornelli, il muro e anche la maglietta di Sirius, Remus servì soddisfatto due piatti di pasta enormi. Una volta fatto sparire quasi mezzo chilo di pasta, si buttarono letteralmente sul divano, e decisero di rilassarsi un po’ prima di fare i compiti per il giorno successivo. Guardarono una puntata dei Simpson, e commentarono su quanto fosse uno show idiota e geniale al tempo stesso.
A Remus piaceva parlare con Sirius. Potevano fare dei discorsi stupidi e dopo due secondi trovarsi a parlare di politica, oppure di filosofia. Le loro conversazioni non erano mai scontate, e Sirius aveva sempre qualcosa di interessante da dire, su tutto.
Decisero poi di studiare: Remus aveva una versione da fare per il giorno successivo, mentre Sirius faceva degli esercizi di Chimica per prepararsi al compito. Non c’era nessun imbarazzo tra loro. Ad un certo punto, Remus chiese all’altro ragazzo “Sirius?”
“Hm?”
“Sicuro che ti faccia piacere venire qui da me? Magari avevi altri piani, tipo uscire con James oppure qualche allenamento, non so…”
“Remus”
“Sì?”
“Non sarei qui se non mi facesse piacere, credimi. E poi se voglio conquistarti dovrò pur passare del tempo con te, o no?” disse Sirius, scostandosi una ciocca di capelli dagli occhi, con fare seduttore.
“Conquistarmi dici?” rise Remus
“Che cosa ridi, scemo?”
“Sirius, tu mi hai conquistato già da un bel pezzo, credimi” disse Remus, tranquillo “Vieni, ti faccio vedere una cosa” per poi prendere la mano dell’altro ragazzo e trascinarlo verso la propria camera.
Si mise a rovistare dentro una scatola di cartone, una scatola da scarpe a voler essere precisi. Sembrava colma di striscioline di carta, scarabocchiate. Bigliettini. A Remus piaceva conservare tutti i bigliettini più scemi che si scambiavano lui e Lily in classe. Ne scelse uno e lo passò a Sirius.
Ma hai visto quanto era figo Sirius ieri? Con il costume e la camicia hawaiana aperta su tutto quel ben di dio dei suoi addominali? Vorrei fosse carnevale tutti i giorni!
Si riferiva ovviamente al carnevale dell’anno scorso. Ogni anno nel loro liceo veniva organizzata un’assemblea di istituto, in cui ogni classe poteva scegliere un tema e vestirsi in maschera. La classe di Sirius aveva deciso il tema ‘spiaggia’, e tutti i maschi erano venuti a petto nudo, con solo le camicie aperte, mentre le ragazze in costume e pareo. Inutile dire che avevano rischiato la sospensione per abbigliamento inappropriato.
Sirius leggeva il bigliettino e rideva di gusto, ricordando quel momento.
“Non scherzavi quando dicevi che eri il mio stalker allora”
“Direi proprio di no”
Sirius si avvicinò a lui e gli scoccò un bacio sulle labbra, “Sei adorabile” gli disse, per poi tornare a baciarlo in modo più serio. Dapprima era solo un tenero sfioramento di labbra, ma poi il bacio si accese e diventò una danza intricata di labbra e sussurri. I due ragazzi indietreggiarono, fino a trovarsi seduti sul lettino sgangherato di Remus. Si tolsero entrambi le scarpe, calciandole via, per poi adagiarsi sul materasso. La mano di Remus andò a sfiorare i morbidi capelli dell’altro ragazzo, mentre quella di Sirius iniziò a scivolare sotto la maglietta di Remus. Nel sentire il tocco gelato dell’altro ragazzo sul proprio addome, Remus si bloccò. Arrossì di botto.
“Che c’è?” disse Sirius, ansimante “Ho fatto qualcosa di sbagliato?”
“No, no… è solo che…” disse Remus incapace di proseguire il discorso, il respiro affannoso.
“Cosa Remus, dimmi?”
I loro occhi si incatenarono, mentre una lacrima solitaria scendeva sulla guancia di Remus. Sirius si affrettò ad asciugargliela con il palmo della sua mano, per poi condurlo a sedersi sul letto.
“Rem, parlami”
Remus sapeva che quel momento sarebbe arrivato, e avrebbe voluto parlarne prima con l’altro ragazzo. Prima di arrivare a questo, prima di doversi bloccare ed esplodere del tutto. Ma non ci era riuscito. Ne aveva parlato solo con sua madre e con Lily prima di allora, e non sapeva se avesse la forza di confessare tutto a Sirius. Sirius che era stato così perfetto con lui fino a quel momento, che rischiava di perdere per colpa del suo passato. Ma forse, pensò, forse era il caso di fidarsi. Ne valeva la pena, per Sirius. Per quel magnifico ragazzo che sembrava capirlo nel profondo.
Remus lo continuava a fissare, incapace di parlare, gli occhi pieni di lacrime. Alla fine, sussurrò solo una cosa “Cicatrici…”
***
“È successo due anni fa. Guidavo il vecchio motorino di mio padre, un aggeggio un po’ sgangherato ma funzionante. Stavo facendo lo scemo, correvo per tornare a casa perché dovevo assolutamente studiare per una verifica per il giorno successivo. Facevo la mia solita strada che conosco a memoria, che passa davanti alle elementari. C’era una macchina parcheggiata sulle strisce pedonali e io ti giuro, ti giuro che non l’ho vista. Una bambina si è buttata in mezzo alla strada. La stavo per investire, capisci? L’avrei uccisa, perché era così piccola, avrà fatto la prima elementare. Ho sterzato all’ultimo secondo e sono stato sbalzato fuori dal motorino. Mi sono spaccato in due il femore destro, ho fratturato la rotula sinistra, ho incrinato quattro costole, e una mi ha perforato il polmone. Mi si sono conficcate schegge di vetro e pezzetti di asfalto dappertutto, anche in faccia. Sono stato in coma farmacologico per due giorni, avevo un trauma cranico abbastanza preoccupante, mi hanno intubato e operato per ore. Ma non importa di me, l’importante è che la bambina non si è fatta nulla. È caduta e si è sbucciata le ginocchia, ma a parte un bello spavento non si è fatta nulla. Non avrei potuto vivere altrimenti. È per questo che vado ancora a fare fisioterapia, ho preso una bella batosta. Ma sto migliorando. Non tornerò mai a giocare pallavolo in modo serio, ma piano piano sto migliorando.”
Remus aveva sputato tutto fuori, come un fiume in piena. Una volta iniziato a raccontare, le parole erano uscite da sole. Non sapeva come fosse possibile che si fidasse così tanto di Sirius, ma lo aveva fatto. E Sirius lo aveva ascoltato, gli aveva passato la mano sulla schiena in modo rassicurante mentre parlava. Sentiva che lo aveva capito. E ora lo fissava. Lo fissava con occhi imperscrutabili. Remus stava piangendo piano, in silenzio. Le lacrime bollenti gli solcavano le guance, ma non abbassava lo sguardo. Non si sentiva giudicato, ma compreso. Sirius gli accarezzò la guancia, con fare gentile e amorevole. Gli posò un bacio leggerissimo a fior di labbra, e poi cominciò a spogliarlo. Remus lo lasciò fare, lo sguardo incatenato nel suo, fidandosi completamente e sentendo una connessione che mai prima di quel momento aveva percepito con qualcuno.
Quando a Remus rimasero solo i boxer addosso, completamente esposto e vulnerabile, si lasciò guardare da Sirius. Sirius che lo stava osservando in adorazione, e che aveva preso a tracciare con le dita il percorso delle sue cicatrici. Che le accarezzava, per conoscerle e imprimerle nella propria memoria. Ognuna di quelle cicatrici trasudava dolore e sofferenza, ma al tocco di Sirius veniva trasformata in un segno nuovo, diverso, che pulsava di vita anziché di morte. Poi cominciò a depositare dei baci leggerissimi su ognuna di esse, a partire dal taglio sulla sua guancia, giù verso la brutta cicatrice della tracheotomia, alla miriade di segni che gli ricoprivano il petto, alla cicatrice del drenaggio sulle costole, per poi scendere giù sulle cicatrici più brutte, il lungo segno che copriva la sua coscia e l’altro che copriva il suo ginocchio. Alla fine, tornò su e lo baciò nuovamente, con una delicatezza estrema.
“Remus, tu sei la persona più coraggiosa e buona e altruista che io abbia mai conosciuto. Non devi vergognarti delle tue cicatrici, non davanti a me. Io comprendo il tuo dolore e lo rispetto, ma non accetto che tu ne sia sopraffatto.”
Remus fissò quegli occhi sinceri e luminosi, determinati e dolci al tempo stesso e si chiese che cosa avesse mai fatto per meritarsi quelle parole. Alla fine, si limitò a sussurrare un “grazie”, e a lasciare un bacio umido sulla guancia dell’altro ragazzo.
Il resto del pomeriggio lo passarono avvinghiati sul letto, ad accarezzarsi piano, in silenzio, a darsi qualche bacio leggero e ad ascoltare i battiti dei loro cuori.
Remus si sentiva leggero, come poche volte gli era successo dopo l’incidente. Sonnecchiarono per qualche tempo, fino a quando Sirius non annunciò di dover andare, visto che i suoi genitori lo aspettavano per cena. Remus, ancora seminudo, lo accompagno alla porta. Prima che andasse, gli prese il volto, e depositò un tenero bacio sulle sue labbra, per poi sussurrare “Non sparire, ok?”
Sirius lo afferrò per i fianchi e lo tirò a sé, stringendolo in un abbraccio rassicurante. “Mai”.
***
Sirius si incamminò verso la fermata dell’autobus, pensieroso. Mai avrebbe immaginato tutta la sofferenza che Remus si portava dietro. Certo, poteva vederla nei suoi occhi, la percepiva nelle sue parole, ma solo ora capiva del tutto. Capiva perché a Remus piacesse vederlo giocare a pallavolo, e perché si fosse offerto di farlo entrare in quadra, capiva perché non volesse venire in moto con lui, perché si affaticava camminando, perché Lily fosse così protettiva nei suoi confronti. Capì, e si ripromise che avrebbe impegnato tutto sé stesso nel comprenderlo ancora più a fondo. Ma la cosa più importante era che Remus si era fidato di lui. Gli aveva permesso di vedere la parte più vulnerabile di sé, e Sirius ne era onorato.
Ora era il momento che anche lui prendesse in mano la sua vita.

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Capitolo 6
*** Epilogo ***


CAPITOLO 6

Erano passati dei mesi da quel pomeriggio a casa di Remus, ma l’amore che i due ragazzi avevano scoperto provare uno per l’altro era rimasto intatto.
Era luglio, e quasi tutti avevano terminato l’esame di maturità.
Ovviamente l’ultimo in lista era Remus. L’ansia per la prova orale lo aveva attanagliato per settimane ormai, e negli ultimi giorni era letteralmente sfinito. Le prove scritte erano andate più che bene, ma il ragazzo non poteva impedirsi di provare ugualmente una grande angoscia. Non aveva voluto che nessuno entrasse durante il suo esame, ma quando uscì dall’aula magna trovò tutti i suoi amici ad accoglierlo. Il suo sorriso incontrò quello di Sirius, e fu presto sostituito da un appassionato bacio liberatorio. Sirius era stato uno dei primi a sostenere l’orale, e avevo dovuto subire le ansie di tutti i suoi amici per settimane. Ora, finalmente, erano liberi. Remus abbracciò Lily e James, che ovviamente si tenevano per mano, perché da quando si erano decisi a mettersi assieme, un paio di mesi prima, non si staccavano più uno dall’altro.
I quattro ragazzi formavano una compagnia singolare: due secchioni e due scavezzacolli, che si completavano e arricchivano a vicenda. Non che James e Sirius non fossero intelligenti. I due ragazzi erano brillanti, ma, mentre per Remus e Lily poteva volerci una settimana di studio per afferrare a pieno un concetto, per i due ragazzi invece bastava una lettura veloce e tutte le informazioni restavano impresse a fuoco nelle loro menti. Peccato che passassero più tempo a escogitare piani assurdi per saltare verifiche piuttosto che a studiare per superarle.
Ma ormai tutto questo era nel passato. Mancavano ancora alcune settimane ai test d’ingresso delle università, per cui i ragazzi avevano deciso di prendersi una pausa. Remus non aveva problemi, perché Lettere era a numero aperto. Lily avrebbe provato ad entrare a Chimica e Tecnologie Farmaceutiche, James avrebbe provato il test di Medicina, mentre Sirius si era deciso, e avrebbe provato Veterinaria. L’argomento era stato motivo di grandi sconvolgimenti nella vita di quest’ultimo: quando aveva comunicato la sua decisione ai genitori era stato preso per pazzo e cacciato di casa ‘finché non fosse rinsavito’. Per questo motivo, Sirius (e ovviamente Padfoot, che aveva fedelmente seguito il suo padrone senza battere ciglio) viveva a casa di James da ormai un mese. Ma al ragazzo andava bene. Spesso si trovavano tutti e quattro a casa Potter: Sirius perché ormai ci viveva, Remus perché voleva vedere Sirius, e Lily perché voleva vedere James. Praticamente le ultime settimane di studio le avevano trascorse lì, tutti assieme. Ed era proprio lì che si stavano dirigendo, stipati nella piccola auto di James, cantando a squarciagola, liberi e leggeri come non si sentivano da settimane, anzi mesi ormai.
Quando entrarono nel grande salone da pranzo, furono accolti dalle urla di gioia della madre di James “Ragazzi! Remus!! Com’è andata, caro?”
“Tutto bene, tutto bene, la ringrazio”
“Quante volete devo dirti che devi darmi del tu?”
“Mamma, finiamola con i convenevoli, sai che dobbiamo partire se vogliamo arrivare entro sera” intervenne James.
“Jamie caro non essere così scorbutico”
“Sì mamma” rispose il ragazzo con un sospiro, ma trattenendo un sorriso.
I ragazzi recuperarono le valigie che avevano lasciato in camera di James quella mattina, pronti per partire verso il loro viaggio di maturità. Avevano prenotato un piccolo bungalow in un villaggio turistico, si sarebbero rilassati in spiaggia, avrebbero nuotato al mare, preso il sole, fatto falò e mangiato marshmallows, insomma, tutto sarebbe stato perfetto.
Una volta controllato di avere tutto, e che Sirius ricordò ancora una volta alla mamma di James di portare a spasso Padfoot un paio di volte al giorno, i ragazzi furono pronti a partire. Dopo quattro ore di viaggio, e un infinito racconto passo passo dell’esame di Remus, che temeva di aver male interpretato una domanda, arrivarono finalmente al villaggio. Era un posto molto tranquillo, pieno di bambini che correvano tra gli alberi e anziani che si godevano l’atmosfera marina. Si sistemarono nel loro alloggio, un posto un po’ squallido ma più che adeguato al loro budget e dopo cena decisero di recarsi in spiaggia, troppo ansiosi di vedere il mare. Sembravano un branco di bambini piccoli, affascinati dallo sciabordio delle onde e dal luccichio del sole che si rifletteva sulle onde. Le due coppie si allontanarono, decise a passare un po’ di tempo assieme. Remus e Sirius passeggiarono un po’ in riva al mare, scalzi, per sentire la freschezza dell’acqua sui piedi.
“Hey, sei stanco?” chiese Sirius.
“Tantissimo” rispose l’altro “ma sono felice”
“Felice perché siamo finalmente fuori da quel liceo degli orrori?”
“Esagerato” ridacchiò Remus “felice e basta. Da quando ci sei tu la mia vita è molto più felice in generale. Sto bene, finalmente”
“Anche io sto bene con te, Remus”
Si scambiarono uno sguardo che nascondeva tutte le emozioni che entrambi faticavano ad esprimere a parole. Si sedettero su una sdraio, e si scambiarono dei languidi baci, abbracciandosi per proteggersi dalla fresca brezza notturna.
Remus aveva ormai finito le sue sessioni di fisioterapia, ed era stato dichiarato ufficialmente guarito. Sirius lo aveva aiutato ad accettarsi di più, gli aveva insegnato ad amarsi di nuovo, gli aveva fatto rivivere la pallavolo attraverso i suoi perfetti allenamenti, lo aveva portato in mille passeggiate con Padfoot, e lo aveva perfino convinto a salire sulla sua moto (senza metterla in moto ovviamente).
A settembre sarebbero andati tutti a vivere assieme, avevano già iniziato a guardare gli appartamenti. Probabilmente Lily avrebbe strozzato James dopo due settimane di convivenza, ma erano pronti ad accettare la sfida e vivere appieno la loro nuova vita da universitari.
Sì, sarebbe andato tutto bene.
Remus, finalmente, sarebbe stato bene.


Note dell'autrice
Così questa piccola storia giunge al termine. Ho preferito caricare l'ultimo capitolo e l'epilogo assieme per dare una conclusione completa alla storia. Ringrazio tutti coloro che sono arrivati a leggere fino a qui.
Ringrazio quanti hanno preferito, ricordato, e seguito la mia storia.
Ringrazio particolarmente anche coloro che hanno recensito i capitoli: leggere commenti positivi sul proprio lavoro è sempre un piacere!
Alla prossima storia!
Herondale66
 

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