In Order To Save You

di Europa91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - When the world is falling down ***
Capitolo 2: *** The Writer’s World ***
Capitolo 3: *** Like a Dream ***
Capitolo 4: *** End of Joy ***
Capitolo 5: *** Another World ***
Capitolo 6: *** The Opposite World ***
Capitolo 7: *** The Same End ***
Capitolo 8: *** What’s happening now? ***
Capitolo 9: *** Dazai Boss World ***
Capitolo 10: *** Unbeliveble Truth ***
Capitolo 11: *** I’m Not a Good Person ***
Capitolo 12: *** I Also Care of You ***
Capitolo 13: *** Without You ***
Capitolo 14: *** Future World ***
Capitolo 15: *** Remembering the Old Times ***
Capitolo 16: *** In Order to Save You ***
Capitolo 17: *** If I Never Faced that Demon ***
Capitolo 18: *** Nowhere to Return ***
Capitolo 19: *** A Room Where We Can Someday See the Ocean ***
Capitolo 20: *** Questions and Answers ***
Capitolo 21: *** Perfect World doesn’t Exist ***



Capitolo 1
*** Prologo - When the world is falling down ***


 


 

«Se questo è il migliore dei mondi possibili, allora dove sono gli altri?»

Candido. Voltaire


 


 


 


 


 

Dazai ricordava di aver letto un libro una volta, qualche anno prima, appena entrato nella Port Mafia. Era un libro che parlava di fisica quantistica, o forse matematica, comunque argomenti a cui non aveva mai prestato particolare attenzione. Eppure quel volume se lo ricordava ancora perfettamente, come poche letture in vita sua.

Era un pomeriggio autunnale. Se chiudeva gli occhi, poteva ancora sentire il rumore in sottofondo della pioggia, che continuava incessantemente da giorni, sulle finestre dell’ufficio di Mori. Si era recato lì alla ricerca del suo superiore ma, stranamente, non l’aveva trovato. Aveva bisogno di qualche consiglio su di un nuovo metodo di suicidio che stava preparando e che voleva accingersi a compiere al più presto.

Trovando la stanza completamente vuota, l’attenzione del giovane era stata catturata da quel tomo che giaceva abbandonato sulla scrivania del Boss. La copertina era di un rosso acceso e spiccava tra tutte quelle carte e documenti gettati alla rinfusa. Dazai ricordava di essersi avvicinato lentamente, come attratto da una forza invisibile; lui era una persona estremamente curiosa di natura, oltre che un gran osservatore, e quel libro aveva stimolato inaspettatamente proprio quel lato del suo carattere.

Senza rifletterci troppo lo prese tra le mani e iniziò piano ad osservarlo indeciso sul da farsi. Non era un saggio volumetrico, aveva forse cento, duecento pagine, sarebbe stata una lettura abbastanza breve; in più, notò, non erano presenti spiegazioni né riguardanti l’autore né sul contenuto del libro, ovviamente questo non fece altro che alimentare la sua curiosità a riguardo. Alla fine cedette e si lasciò cadere sul divano pronto a iniziare la lettura. Se proprio doveva attendere il ritorno del boss, avrebbe impiegato quel tempo in modo utile e quel libro presentava una valida alternativa alla noia.

Gambe accavallate, testa leggermente piegata in avanti con un braccio a sostenergli il volto, Dazai si ritrovò totalmente assorbito da quella lettura inaspettata. Ne rimase piacevolmente sorpreso, senza accorgersene era rimasto incantato dallo stile di scrittura limpido e appassionante, da come l’autore spiegava con semplicità e ingegno concetti anche molto complessi. Gli piacque particolarmente un capitolo che narrava dell’esistenza di mondi e realtà alternative. Non ci aveva mai riflettuto prima. Esisteva forse un qualche universo in cui lui non era un dirigente della Port Mafia? Oppure uno dove finalmente si era suicidato, magari al fianco di una bella donna? Oh sì, quello sarebbe stato un mondo perfetto, ideale.

Sorrise da solo per l’assurdità dei suoi stessi pensieri, richiudendo pigramente il libro dopo aver sentito dei passi in lontananza. In qualche secondo, Mori-san fece il suo ingresso nella stanza, sorridendo immediatamente alla vista del giovane sottoposto e intuendo cosa stesse facendo. Dazai si alzò di scatto dal divano e riconsegnò il volume al legittimo proprietario, per poi ritornare a dedicarsi al motivo per il quale si era presentato.

Per anni non aveva ripensato a quel libro, come del resto non aveva pensato all’esistenza di mondi e realtà alternative; aveva semplicemente catalogato quel ricordo nella sua mente e col tempo aveva finito col dimenticarsene. Aveva altro per la testa: il suicidio, la Port Mafia, Odasaku. Al solo pensare quel nome il suo cervello smise di funzionare. Una fitta dolorosa iniziò a dilagargli il petto, ricordandogli che Odasaku era appena morto. L’avevano ucciso.

Già, il suo unico amico era morto da qualche ora e lui aveva ancora le mani e i vestiti imbrattati del suo sangue. Era troppo. Tutta quella situazione era semplicemente troppo da sopportare. La sua mente, sempre iperattiva, aveva arbitrariamente deciso di mostrargli quel ricordo, quello del libro di Mori.

Dazai era distrutto, non riusciva a pensare ad altro se non agli ultimi istanti di vita di Oda e alle sue ultime parole. Ancora faticava a credere a ciò che era accaduto, che fosse reale; una parte di lui sperava ancora di risvegliarsi e scoprire che si era trattato solo di un sogno. Oda, Ango, la Mimic.

Pian piano, una volta rientrato nei suoi appartamenti, aveva iniziato a sciogliersi le bende che gli ricoprivano i polsi. Erano completamente imbrattate del sangue di Odasaku che, nel frattempo, aveva già iniziato a seccarsi. Fu un’operazione abbastanza lenta, che durò parecchi minuti, soprattutto perché il moro si interruppe più volte, asciugandosi le lacrime che non ne volevano sapere di arrestarsi. Era veramente troppo da sopportare. Quando anche l’ultimo pezzo di stoffa cadde a terra, Dazai si ritrovò a fissare quelle bende incapace di fare altro, per poi prendersi il volto tra le mani per cercare di calmarsi.

Mettersi a piangere e urlare non avrebbe risolto nulla, anche se l’avrebbe aiutato a sfogarsi. Tornò con la mente al libro di Mori, quello sull’esistenza di realtà alternative e fu colto da un’illuminazione: se fosse esistito anche solo un mondo, un universo in cui Oda era ancora vivo, lo avrebbe trovato. Non importava come, lui avrebbe riportato Odasaku indietro. Se c’era anche solo una minima possibilità di salvarlo l’avrebbe trovata. Si prese il volto con una mano. Che diavolo stava pensando? Mondi alternativi? Doveva essere arrivato alla frutta per poter anche solo prenderne in considerazione l’esistenza, lui era una persona razionale.

Riportò lo sguardo in basso. Odasaku era morto. Quello era il suo sangue, le sue mani ne erano ancora sporche, come del resto anche i suoi vestiti. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per cambiare la situazione, per impedirlo.

Raccolse le bende da terra e le gettò via insieme ai suoi abiti, che si affrettò a levarsi. Decise che non li avrebbe più indossati, come poco prima aveva deciso che non avrebbe più indossato il cappotto nero regalatogli da Mori-san. Avrebbe dato fuoco a tutto in quel momento, anche a se stesso.

Solo con l’intimo addosso, si diresse barcollante verso il soggiorno, dove si lasciò cadere a peso morto sul divano. Poteva sentire la consistenza della stoffa in pelle contro la propria carne, mentre si abbandonava contro lo schienale; il suo corpo era così poco abituato nella percezione tattile. Restò così qualche minuto prima di decidersi ad alzarsi, ma solo per raggiungere una bottiglia di scotch e un bicchiere. Ripensò all’ultima bevuta fatta insieme ad Ango e Odasaku, soprattutto al sorriso di Odasaku.

Quanto gli mancava. Gli mancava ogni cosa di lui, ma più di ogni altra cosa gli mancava il suono della sua voce. Si rese conto che non avrebbe più sentito Oda pronunciare il suo nome, chiamarlo. Chiuse gli occhi per qualche istante, ma le immagini di poche ore prima non gli davano tregua. Gli girava la testa, aveva un forte senso di nausea, non sapeva nemmeno lui descrivere il suo stato fisico e mentale. Alla fine raccolse le poche energie rimaste e si mise seduto, versandosi dello scotch e riempiendo il bicchiere fino all’orlo, per poi berselo tutto d’un fiato. Ubriacarsi sembrava essere l’opzione migliore.

Allungò la mano fino a raggiungere il suo portatile abbandonato su di un ripiano poco distante. Visto che il suo cervello non ne voleva sapere di dagli tregua, decise che l’avrebbe accontentato.

Iniziò pigramente a digitare le parole chiave della sua ricerca: realtà alternativa.

Una realtà alternativa è un ipotetico universo separato e distinto dal nostro ma coesistente con esso; nella maggioranza dei casi immaginati è identificabile con un altro continuum spazio-temporale. L’insieme di tutti gli eventuali universi paralleli è detto multiverso.” (1)

Aveva finito col leggere per tutta la notte. Aveva bevuto scotch, per poi passare al whisky una volta terminata la prima bottiglia. In rete si potevano trovare le teorie più assurde: dalla fisica quantistica alla filosofia, al viaggio nel tempo; o anche teorie religiose, reincarnazione, ma, nessuna sembrava fare al caso suo. Aveva letto praticamente di tutto ma nel concreto nessuna di quelle teorie o articoli avrebbe potuto restituirgli Odasaku.

Guardò stancamente fuori dalla finestra: stava albeggiando, aveva passato la notte insonne eppure non si sentiva stanco, forse leggermente ubriaco; tuttavia, non si sarebbe riposato fino a quando non avrebbe trovato una soluzione. Sapeva fin dal principio che tutti quegli articoli o saggi trovati in rete non sarebbero serviti a restituirgli Odasaku eppure, ci aveva provato lo stesso. Non si era ancora arreso, non l’avrebbe mai fatto.

Una lacrima silenziosa iniziò a rigargli la guancia. Non riusciva a controllarsi dannazione, con Oda era sempre stato così, non era mai stato in grado di controllare le proprie emozioni quando si trattava dell’amico. Si asciugò il viso, rendendosi conto solo allora di essere ancora soltanto con l’intimo indosso. Abbassò con cura lo schermo del portatile e si alzò dal divano, si sentiva leggermente i muscoli intorpiditi dopo essere rimasto fermo in una posizione scomoda per parecchie ore. Si diresse in bagno e recuperò delle nuove bende nel ripiano sopra il lavabo. Rimase in piedi e, mentre le dipanava, ne seguì lo sciogliersi come ipnotizzato.

Solo qualche ora prima aveva gettato i bendaggi sporchi del sangue di Oda, mentre ora avrebbe indossato delle nuove garze immacolate. Pensò che sarebbe stato così facile se anche i suoi sentimenti fossero stati come quelle bende, poter gettare via insieme a loro tutto lo sporco, il marciume, il male e poi indossarne di nuove, ritornare puro e immacolato. Come lo erano anche le sue bende prima di venir macchiate dal sangue di Oda. Si appoggiò al lavabo, alzando lentamente il volto e, per un attimo, fece fatica a riconoscersi. Con le sue ultime forze, Odasaku aveva sciolto anche quei lembi di stoffa che durante gli anni trascorsi nella Port Mafia gli avevano celato metà del volto; per cui ora trovava così strano incontrare il proprio riflesso integro, non era abituato.

Si passò stancamente una mano sul viso, costatando le borse comparse sotto gli occhi per la notte insonne davanti al pc. Era uno straccio ed era ancora leggermente brillo.

Finì di sistemarsi le bende lungo braccia, gambe e costato e poi si diresse in soggiorno. Si sentiva così stanco, ma il suo cervello non ne voleva sapere di lasciargli un attimo di tregua.

La morte è un momento unico nella vita delle persone che nessuno può invertire”

Erano state le sue parole qualche giorno prima. Peccato che in quel momento, quando quelle frasi erano uscite dalle sue labbra, Odasaku fosse ancora vivo e si trovasse seduto proprio accanto a lui. Mentre ora era morto.

Si passò stancamente una mano sul volto. Non doveva piangere, doveva rassegnarsi, la gente moriva tutti i giorni, soprattutto nel loro ambiente. Quanti sottoposti aveva seppellito? A quanti funerali aveva evitato di partecipare? Di quanti cadaveri lui stesso era responsabile? Si chiese come mai la morte di Odasaku fosse diversa dalle altre, come mai proprio lui stesse soffrendo così tanto. Scoppiò a ridere.

Per quanto ancora voleva continuare a mentire a se stesso? Oda non era come tutti gli altri, lo sapeva, l’aveva sempre saputo.

Dazai non ricordava di preciso quando avesse smesso di considerare Odasaku un amico, o meglio, da quando avesse iniziato a vederlo in modo diverso, a notare quanto fossero azzurri i suoi occhi, quanto fosse attraente. Gli venne in mente la prima volta che, durante una giornata particolarmente calda, Oda aveva abbandonato il suo caratteristico trench ed era rimasto con solo la camicia indosso, per poi finire col levarsi anche quella.

Odasaku era l’agente di grado più basso e galoppino dell’Organizzazione; gli venivano sempre assegnati i compiti più assurdi o in genere quelli che nessuno voleva svolgere, come in quel caso: scavare una ventina di fosse per seppellire i cadaveri di un’organizzazione rivale che non dovevano essere trovati. Per questo avevano scelto una zona deserta, poco distante dal porto di Yokohama. Dazai era stato messo a capo di quell’operazione; erano stati i suoi uomini a provocare quella carneficina, mentre Oda era arrivato a conti fatti, quando tutto era terminato, con una pala in mano, pronto a svolgere il suo lavoro senza fare domande. Dazai era rimasto sorpreso nel vederlo e ancora di più quando, oltre al cappotto, dopo un paio di buche, l'uomo aveva deciso di levarsi pure la camicia per il caldo.

Il giovane dirigente aveva abbandonato tutto ciò che stava facendo in quel momento e si era incantato a fissarlo, quasi a bocca aperta. Quella era stata la prima volta in assoluto in cui Dazai aveva pensato che Odasaku fosse attraente, in cui aveva capito che forse i sentimenti che lo legavano a quell’uomo andavano oltre la semplice amicizia o stima reciproca.

A ogni colpo di pala, Dazai, osservava le braccia dell’uomo tendersi, il profilo dei suoi muscoli, le gocce di sudore che scendevano lungo il torace, mentre Odasaku, ignaro dello spettacolo che stava gratuitamente fornendo continuava nel suo lavoro.

Il giovane dirigente si era trovato incapace di distogliere lo sguardo dalla sua figura e si era ritrovato improvvisamente con la gola secca. Odasaku era bello come una statua, si era stupito quasi di se stesso per non essersene mai accorto prima. Ricordava anche di come Hirotsu avesse provato a domandargli qualcosa e di come l’avesse liquidato in fretta, o forse non gli aveva detto nulla; non rammentava di preciso, era così concentrato su Odasaku da aver dimenticato la missione e tutto il resto.

Ben presto, tutti i suoi sottoposti se ne erano andati ed erano rimasti solo loro due. Mancavano ancora due corpi e il sole finalmente stava tramontando. Dazai ovviamente non aveva alzato un dito, aveva osservato per tutto il tempo Oda, ancora a torso nudo, completare il lavoro, per poi offrigli una bevuta al solito posto. Una volta rientrato nei suoi appartamenti, l’immagine di Odasaku aveva occupato i suoi pensieri, come avrebbe fatto per quella notte e le successive.

Si passò una mano sul viso. Era nuovamente scoppiato a piangere senza rendersene conto. Ogni ora che passava, la mancanza di Oda si faceva sempre più insopportabile, si sentiva soffocare.

Perché doveva essere morto?!

Devi trovare qualcosa a cui appoggiarti, può essere qualsiasi cosa. Devi aver fiducia nel futuro. Ci sarà sicuramente qualcosa in cui sperare.”

Ancora una volta gli tornarono in mente le proprie parole, parole che aveva rivolto a Oda per fermarlo, per evitare che commettesse una pazzia. Erano state parole inutili, che si erano perse tra le fiamme che divampavano dietro di loro e consumavano le vite di quei poveri bambini, colpevoli solo di essere stati amati da Odasaku; pedine sacrificali sulla scacchiera di Mori. Come lo era diventato Oda.

Come poteva ora Dazai dire di avere fiducia nel futuro? In cosa poteva sperare? Non avrebbe mai pensato che le proprie parole un giorno gli si sarebbero rivoltate contro.

Allungò la mano per recuperare la bottiglia di whiskey. Era patetico ma non sapeva che altro fare, stordirsi era l’unico modo per spegnere la mente, e con essa l’immagine e il ricordo della morte di Oda.

Ehi Odasaku, sai perché sono entrato nella Port Mafia? Speravo ci fosse qualcosa per me. Se stai vicino alle emozioni pure, esposto alla violenza e alla morte, all’istinto e al desiderio, puoi sfiorare la vera natura dell’uomo. Pensavo che in questo modo avrei potuto… avrei potuto trovare un motivo per vivere.”

Si era appisolato qualche istante e aveva ripercorso nella sua mente la conversazione avvenuta con Oda. La loro penultima conversazione.

Un motivo per vivere.

Odasaku era il suo motivo. Dazai aveva trovato una ragione per continuare a vivere in lui, nella sua amicizia, nella sua vicinanza, nello sperare che il loro rapporto potesse in qualche modo evolversi, crescere. Oda era diverso da tutti quelli che conosceva, era unico e ora l’aveva perso per sempre.

Tornò a osservare il pc, che ormai giaceva abbandonato sul ripiano accanto alla prima bottiglia vuota; era ancora acceso e mostrava un articolo su mondi paralleli. Il primo istinto di Dazai fu quello di spegnerlo, ma poi venne colto da un’improvvisa illuminazione; forse aveva affrontato tutto dalla prospettiva sbagliata: nel loro mondo cosa poteva vagamente somigliare a un’altra dimensione? Un’abilità! Doveva solo trovare il possessore di un’abilità tale da permettere l’impossibile: salvare la vita di Odasaku, riportarlo indietro. Sarebbe andato bene di tutto, dal riavvolgere il tempo al resuscitarlo, non era interessato ai dettagli ma al risultato finale.

In rete non poteva trovare quel tipo di informazioni, c’era solo una persona che avrebbe potuto aiutarlo, ma che al momento non aveva voglia di contattare. Dazai sapeva che solo il governo poteva possedere una lista completa dei dotati presenti in Giappone, quindi, logicamente, solo chi lavorava per loro avrebbe potuto aver accesso a quei dati.

Un’altra opzione praticabile sarebbe stata quella di cercare nel database della Port Mafia, ma l’ex dirigente non aveva intenzione di mettervi piede, non così presto almeno. Erano ferite troppo fresche e facevano ancora male; era tutta colpa della Port Mafia e del piano di Mori-san, era stato lui a giostrare gli eventi che avevano portato alla morte di Odasaku, ed anche Ango aveva avuto una piccola parte in quel piano.

Dazai sapeva che l’impiegato si era limitato a svolgere il suo lavoro; Ango eseguiva degli ordini, come tutti loro, eppure una parte di lui non poteva ancora perdonarlo. Era ancora troppo presto, le bende macchiate col sangue di Oda erano ancora nell’altra stanza; ci sarebbe stato tempo per tutto, ora semplicemente era troppo presto, tutto gli sembrava troppo.

Per un istante fu come se non vedesse più alcun futuro, come se con Odasaku anche lui avesse perso tutto. Spostò lo sguardo sull’orologio appeso al muro davanti a sé: erano ormai le dieci del mattino. Oda era morto al tramonto del giorno prima. Spostò di poco lo sguardo fino ad incrociare la sua cravatta nera, che giaceva abbandonata sul tavolo poco distante; l’aveva lanciata lì quando nel rientrare in casa si era velocemente sbarazzato del cappotto di Mori. Anche quella era imbrattata del sangue di Oda, poteva vedere benissimo delle macchie scarlatte che avevano finito con lo sporcare il mobile.

Fu un pensiero improvviso. Allungò la mano fino a recuperarla, per poi annodarla velocemente intorno al collo. Ora avrebbe dovuto solo stringere un po’ e avrebbe posto fine a tutta quella sofferenza, quel dolore. Avrebbe raggiunto Odasaku. Morire per soffocamento non sarebbe stato troppo doloroso. Forse non sarebbe stata una morte rapida e indolore come aveva sempre sperato, però in quel momento in particolare, gli sembrava la soluzione perfetta.

Bevve un ultimo sorso poi si preparò a stringere il cappio. Sorrise. Chissà come l’avrebbe rimproverato Oda una volta che si sarebbero rincontrati; non gli importava, l’avrebbe presto rivisto. Fu in quel momento che il suo cellulare iniziò a suonare. All’inizio pensò di ignorarlo ma quella dannata musichetta gli impediva di concentrarsi; non poteva suicidarsi con quel fastidioso sottofondo, così si sciolse la cravatta dal collo e corse a recuperare il telefono.

Non lo sorprese il fatto che la chiamata provenisse da un numero sconosciuto. Rispose.

«Dazai-kun per fortuna ti ho trovato»

«Ango»

Sakaguchi Ango, l’ultima persona con cui si sarebbe aspettato di parlare in quel momento e con cui avrebbe voluto parlare. Fece una lunga pausa, rimanendo in attesa di scoprire cosa volesse da lui.

«Dazai-kun, stai bene?» Che domanda stupida, forse qualcuno stava ascoltando la conversazione; era un’ipotesi da non escludere. Decise di rimanere sul vago.

«Arriva al punto Ango, non ho tempo da perdere con te, stavo per suicidarmi» rispose con freddezza e l’altro capì dal tono di voce che non stava affatto scherzando. In quel momento, Dazai era spaventosamente serio. L’aveva intuito, dopotutto si conoscevano da anni.

«Ok, allora sarò breve. Sappiamo cosa è successo ieri. Oda…Oda, è morto vero? Ma non è per questo che ti sto chiamando Dazai-kun, è per via delle ricerche che hai effettuato dal tuo pc»

«Il dipartimento ha messo delle microspie nel mio pc? O sei forse stato tu, Ango? Comunque non vedo come la cosa possa interessarvi, non avete niente di meglio da fare che spiarmi? Voi del Governo siete caduti davvero in basso»

«Ho visto la cronologia Dazai-kun, stai cercando un modo per riportare indietro Oda, giusto? Forse posso aiutarti»

«Ma davvero?»

Non poteva essere vero, anzi, era sicuramente una trappola, non doveva fidarsi, Ango era famoso per fare il doppiogioco. Tuttavia, se c’era anche solo una minima possibilità di riavere Odasaku, sentire ancora una volta il suono della sua voce, il suo sorriso…

«Presentati alle undici a questo indirizzo. Ti inoltro le coordinate.» E chiuse la chiamata. Dopo qualche secondo sul display del cellulare arrivò il messaggio che indicava il luogo dell’incontro. Dazai prese un profondo respiro; stava per fare letteralmente un “patto col diavolo” però in quel momento avrebbe accettato qualsiasi cosa per riavere Odasaku nella sua vita; doveva in qualche modo trovare dentro di sé la forza per fidarsi di Ango.

Controllò l’ora, si rivestì velocemente con le prime cose che trovò nell’armadio, lanciando prima di uscire un’ultima occhiata al cappotto di Mori ancora abbandonato a terra. Si appuntò mentalmente di comprarne uno nuovo, magari quando tutta quella storia fosse finita. In fondo, anche a Odasaku quel cappotto non era mai piaciuto; una volta gli aveva consigliato un colore meno tetro, magari un beige o una tonalità simile a quello che indossava lui. Ricordò quanto aveva riso immaginandosi vestito come l’amico e rispondendo che quegli abiti non sarebbero stati adatti a un dirigente. Ora, però, non faceva più parte della Port Mafia; forse avrebbe seguito il consiglio di Oda. Con questi pensieri lasciò il suo appartamento.

Il luogo dell’incontro era un anonimo parco nel centro della città; una scelta perfettamente strategica e studiata. A quell’ora era pieno di persone, famiglie, studenti, in quel modo Ango avrebbe evitato qualsiasi sua mossa azzardata. Non che Dazai avesse in mente di fare chissà cosa; era disarmato e, in quel momento, voleva solo capire le vere intenzioni dell’uomo e della gente per cui il suo ex-amico lavorava. Perché al Governo dovevano interessare la morte di Odasaku e i suoi tentativi per riaverlo? Non aveva senso, visto che più o meno indirettamente erano stati proprio loro, insieme alla Port Mafia, a portare alla morte del suo migliore amico. Cosa avrebbero potuto ricavare nell’aiutarlo?

Adocchiò una panchina all’ombra. Si sedette pazientemente. Pensò che ad Odasaku sarebbe piaciuto quel parco, era così tranquillo, ci avrebbe di sicuro portato i bambini. Sorrise a quel pensiero; aveva visto poche volte il suo amico occuparsi degli orfani delle guerre della Port Mafia, eppure ogni volta ne era rimasto sorpreso. Oda sapeva prendersi cura degli altri, era innegabile, lo faceva pure con lui; anzi, l’aveva fatto fino al suo ultimo respiro.

Stai dalla parte di chi salva le persone.

Alzò una mano per coprirsi la parte del viso di solito celata dalle bende. La pelle doveva essere ancora sensibile oppure semplicemente, erano i suoi occhi che faticavano a trattenere le lacrime.

«Sei in anticipo Dazai-kun» quella frase bastò per ripotarlo alla realtà.

«Anche tu, Ango» rispose abbassando il braccio e fissando tranquillamente il ragazzo con gli occhiali mentre prendeva posto sulla panchina di fianco a lui. Né troppo vicino né troppo lontano. Gli rivolse un sorriso di scherno che era solo una pallida imitazione del suo solito sorriso. L’impiegato se ne accorse subito.

«Non credevo venissi solo, scelta coraggiosa» fece notare l’ex dirigente della Port Mafia dopo aver verificato che nessuno li stesse spiando.

«Questa è una missione ufficiosa, i miei superiori non intendono impiegare risorse non necessarie»

«Ufficiosa?»

«La morte di Oda è stata anche colpa nostra, anzi colpa mia e del mio operato» anche se era rimasto sorpreso da quella ammissione, Dazai non lo diede a vedere.

«Ango, non sprecare altro tempo per dirmi cose che so già, arriva al punto. Perché mi vuoi aiutare? Cosa c’è veramente sotto? È vero che esiste qualcuno con un’Abilità che può riportare indietro Odasaku?»

Aveva alzato leggermente il tono di voce. Non era intenzionale ma non era riuscito a controllarsi. Ogni volta che pronunciava il suo nome gli occhi iniziavano a bruciare, come anche la gola, si sentiva improvvisamente soffocare.

Come se non bastasse, la sua mente si divertiva nel mostrargli come spezzoni di un film gli ultimi istanti di vita di Oda. Dazai poteva ancora sentire il peso del suo corpo su di sé, le sue braccia avvolgerlo, quel loro ultimo abbraccio nel silenzio di una casa piena di cadaveri. Rivedeva in continuazione il viso morente dell’uomo che amava e le sue ultime parole risuonavano nella sua testa.

Ango lo fissava con la solita espressione apatica; non disse nulla, probabilmente perché aveva intuito il suo stato d’animo. Ango però non sapeva nulla. Non poteva sapere come la morte di Odasaku l’avesse sconvolto, quanto stesse soffrendo in quel momento. Probabilmente, se non avesse ricevuto quella chiamata, Dazai si sarebbe davvero suicidato per la disperazione, il dolore, in quel momento non poteva saperlo. Era certo solo di una cosa: voleva una via d’uscita. Tornò con lo sguardo sull’ex amico, in attesa di spiegazioni.

«È parte del mio compenso. Oda era anche mio amico come lo sei tu, non credere che mi sia dimenticato del tempo passato insieme» fece una pausa per sistemarsi meglio gli occhiali.

«Questa mattina il mio superiore mi ha affidato un verbale da compilare, utilizzatore di abilità C4695» disse mostrandogli una foto dal suo palmare che ritraeva un giovane uomo sulla trentina, biondo.

«Murray Leinster. 34 anni. Collabora con noi da un paio d’anni nella sezione interrogatori»

«Che potere ha? Riavvolge il tempo? O forse può resuscitare i morti?»

Concluse con sarcasmo alzandosi di scatto. L’altro non si scompose minimamente proseguendo col discorso.

«La sua Abilità si chiama The other side of Here o semplicemente Next Dimension. Può creare ucronie e universi alternativi. Sai di cosa sto parlando vero?».

Il ragazzo si voltò a fissarlo, improvvisamente interessato.

«Un’ucronia è una storia alternativa del mondo» spiegò alzando un sopracciglio.

«Esatto. Quell’uomo può creare infiniti universi e realtà. Pensaci, possono esistere mondi in cui Odasaku non è mai entrato nella Port Mafia, oppure in cui noi tre non ci siamo mai incontrati, tutte realtà in cui Oda può essere ancora vivo».

«Un’Abilità piuttosto utile, ma non capisco ancora perché tu me lo stia rivelando, se come dici, tieni ancora alla nostra amicizia e a Odasaku, perché non sei andato tu stesso a salvarlo? Così avresti rimediato al tuo errore no?» concluse freddamente. Ango abbassò lo sguardo, colpevole. Non si era aspettato nulla di diverso, sapeva a cosa sarebbe andato incontro nel contattare Dazai, eppure sentiva che doveva farlo, doveva aiutarlo. Ango voleva espiare le sue colpe in qualche modo, aveva bisogno che Dazai lo perdonasse, perché lui non riusciva a farlo. Si incolpava per la morte di Oda. Voleva ricevere l’assoluzione per i propri peccati e per quello doveva aiutare l’ex dirigente della Port Mafia.

«Una volta entrati nelle ucronie o realtà create da Murray non si può uscire. Si è in trappola. Solo tu con la tua Abilità di annullamento potresti farlo. Capisci cosa sto dicendo Dazai? Solo tu al momento sei in grado di trovare una realtà in cui Oda è sopravvissuto e riportarlo indietro. Se ci andassi io o qualcun altro non funzionerebbe» concluse fissando il ragazzo negli occhi. L’ex mafioso era senza parole; stava ancora processando tutte quelle informazioni. Fidarsi o meno di Ango e delle sue parole? Era questo il nuovo dilemma di Dazai. Abbassò lo sguardo osservando le sue mani. Le rivide macchiate di sangue. Il sangue di Odasaku bagnare lentamente le sue bende tingendole di rosso.

«Quante realtà può creare questo Murray?»

«Tutte quelle necessarie»


 


 


 

  1. https://it.wikipedia.org/wiki/Dimensione_parallela


 


 

Note autrice:

 

Finalmente Habemus Prologo!! XD

No, non sono pazza ma per chi non lo sapesse avevo già pubblicato tempo fa una prima versione di questa storia, solo che c’erano alcune parti (troppe) che non mi piacevano così ho deciso di cancellarla e riscriverla dall’inizio. Questo è il risultato partorito dalla mia mente malata di angst. XD Spero che vi piaccia!!

 

E ora, visto che le note io non le so scrivere parto con i ringraziamenti: prima di tutto alla mia senpai Eneri_Mess se state leggendo questa storia è merito suo quindi ringraziate lei (e se non lo avete ancora fatto leggete le SUE storie). Io posso solo dirle grazie per tutti i consigli e l’infinita pazienza dimostrata in questi mesi <3

 

Poi un ringraziamento speciale anche al mio neurone HolieErde che giorno e notte sopporta i miei scleri e dà corda al mio angst <3

 

E in generale a tutta la gente che ho stressato dietro le quinte mentre scrivevo questa storia!! Scusatemi tanto!!! Spero che il prologo sia all’altezza delle aspettative!! Addio a tutti, è stato bello, ora torno nel mio angolino XD

 

Ps. Avviso già che la pubblicazione sarà di un capitolo al mese, cercherò di essere puntuale. Ora è davvero tutto!! XD

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Capitolo 2
*** The Writer’s World ***


 

 

 

 

Murray Leinster poteva ritenersi soddisfatto della propria vita. Sebbene in gioventù avesse avuto qualche problema con la legge, ora che aveva superato ampiamente la soglia dei trent’anni, era diventato un rispettabile cittadino e poteva vantare addirittura un impiego governativo. Leinster lavorava per sezione Abilità Speciali, più precisamente, nel reparto dedicato agli interrogatori.

Fin da bambino, aveva una passione per i film polizieschi anche se mai si sarebbe aspettato che un giorno, sarebbe stato lui quello dalla parte della legge. D’altronde tutta la sua vita era stata un susseguirsi di coincidenze ed incontri fortuiti che l’avevano portato alla situazione attuale.

A quattordici anni, Murray Leinster era solo uno dei tanti orfani che vagavano per le strade di Yokohama, cercando di fare il possibile per sopravvivere. Un giorno, durante un piccolo furto, aveva attivato la sua abilità per la prima volta.

A quel tempo era poco più che un bambino, non poteva capire cosa fosse successo. Ricordava solo una strana luce azzurra. Un attimo prima lui e il suo complice stavano scappando dalla polizia, dopo aver preso d’assalto un negozio di alimentari, e l’istante dopo si era ritrovato solo in un vicolo, circondato da quella luce.

Per una settimana, Murray aveva provato inutilmente a contattare il suo amico ma senza successo, arrivando così alla conclusione che fosse stato arrestato.

Un paio di anni dopo, era entrato a far parte di una gang che si occupava dello spaccio di stupefacenti nella zona del porto di Yokohama. Sembrava un impiego sicuro e ben remunerato. Era felice, aveva trovato un poco di stabilità e una nuova e strana famiglia.

Durante una retata però era ricomparsa quella luce azzurra.

Quando aveva riaperto gli occhi, dopo la paura e lo spavento iniziali, Murray si era trovato di nuovo solo. Questa volta con lui c’erano una decina di persone, ma erano tutte scomparse come volatilizzate.

Una settimana dopo, un impiegato governativo si era presentato alla sua porta per reclutarlo.

Quello strano individuo gli aveva brevemente spiegato dell’esistenza di persone dotate di Abilità Speciali esattamente come lui, che il suo potere era prezioso, lui stesso sarebbe stato una risorsa importante per il governo; doveva solo prendere una decisione.

Così Murray aveva deciso di cambiare e dare una svolta alla propria vita.

Anni dopo avrebbe scoperto anche la sua reale Abilità; ovvero, creare dimensioni e realtà alternative. Molto probabilmente era lì che anni prima aveva inconsciamente mandato i suoi amici e nemici. Purtroppo, non c’era modo una volta attivato il suo potere di poter riportare i malcapitati nella dimensione d’origine. Era un viaggio di sola andata, la sua Abilità funzionava così.

Per questo, dopo un paio d’anni di gavetta era stato assegnato alla sezione interrogatori; se un sospettato non collaborava bastava la minaccia di Next Dimension (questo era il nome che aveva dato alla sua Abilità) perché confessasse.

Era peggio che scontare una condanna a vita, venir spediti di una dimensione diversa dalla propria e non poter più fare ritorno.

Quella mattina Murray era rimasto sorpreso nel ricevere una telefonata da parte di Sakaguchi Ango.

Si ricordava di lui, di quel dannato quattrocchi, gli doveva un favore e a quanto pareva, quel piccolo bastardo sembrava essere venuto a riscuoterlo. Non si aspettava certo che Ango portasse con se’ un dirigente della Port Mafia, soprattutto quel dirigente.

Osamu Dazai era una leggenda vivente per loro del Dipartimento. Un individuo con la sua Abilità di annullamento poteva dimostrarsi una spina nel fianco per chiunque fosse dotato di poteri; per quello fu quasi uno shock trovarselo davanti, in pieno giorno, insieme ad Ango.

Erano giunti fino al suo appartamento, quando Murray ancora mezzo addormentato dopo un turno di notte, aveva aperto loro la porta, per poco non era stramazzato al suolo per lo shock e la sorpresa. Ancora senza parole li aveva invitati con dei gesti ad accomodarsi in casa. Brevemente era stato messo al corrente del motivo di quella visita così improvvisa e del perché Dazai proprio quel Dazai avesse bisogno del suo aiuto.

A quanto aveva sommariamente compreso doveva solo spedirlo con il suo potere in una realtà dove un certo Odasaku fosse ancora vivo. Quando Ango terminò con la spiegazione Murray si chiese se tutta quella storia fosse uno scherzo ma bastò uno sguardo di Dazai per fargli gelare il sangue nelle vene.

Mai, mai in vita sua aveva visto degli occhi così neri e allo stesso tempo così vuoti, gli sembrava di trovarsi davanti ad essere privo di sentimenti, per un attimo ebbe paura di quel ragazzo.

Dazai aveva quasi la metà dei suoi anni, eppure c’era un qualcosa in lui, in quel momento, che lo terrorizzava a morte. Oltre a quello sentiva che ci doveva essere sotto dell’altro, che quei due gli stavano nascondendo molte informazioni. Era tutto troppo sospetto, troppo improvviso ma in primis perché mai uno come Sakaguchi Ango doveva aiutare un mafioso? Che non avesse completamente abbandonato il suo ruolo di spia all’interno della Port Mafia? Chi diavolo era l’uomo che Dazai doveva salvare?

In quel momento una mano gli toccò la spalla facendolo sobbalzare dalla sorpresa mista a spavento;

«Non preoccuparti nessuno è qui per ucciderti» Murray deglutì a vuoto, non l’aveva sentito avvicinarsi; come era possibile?

«Vi-vi aiuterò ma solo perché voglio ripagare il mio debito con Ango-san»

«Allora grazie. Murray-san giusto? Vorresti sapere altro? Qualche domanda? Mi sembri così spaventato, hai capito cosa devi fare vero? Devi solo condurmi in una realtà dove Odasaku sia ancora vivo, con la tua Abilità non penso sia una cosa difficile o sbaglio?»

Prese un profondo respiro. Non riusciva a calmarsi, quel ragazzino lo terrorizzava, c’era poco che potesse fare;

«Chi è questo Odasaku che vuoi tanto salvare?»

Dopo quella domanda Dazai si irrigidì per una frazione di secondo e Murray se ne accorse, come si rese conto che forse sarebbe stato meglio se fosse rimasto in silenzio. Il ragazzo si voltò lentamente nella sua direzione mostrando il più falso ed inquietante sorriso che avesse mai visto;

«È un mio amico».

Ango, si sistemò meglio gli occhiali sul naso, osservando prima Murray e poi Dazai con la coda dell’occhio. Alla fine si fece coraggio e avanzò di qualche passo nella loro direzione; alzando una valigetta nera e mostrandone al collega governativo il contenuto;

«Murray-san ti ringraziamo per la tua collaborazione e discrezione» concluse. L’uomo si sporse fino a riuscire a scorgerne l’interno. Improvvisamente sapere chi fosse quel Odasaku non aveva più tanta importanza.
 

***
 

«Allora Dazai-kun hai capito come funziona? L’Abilità di Murray-san si chiama Next Dimension. Una volta arrivato nella realtà alternativa da lui creata non avrai modo di comunicare con noi, sarai completamente solo. Ci sono altissime probabilità che tu possa incontrare versioni alternative del sottoscritto o di altri tuoi conoscenti. Quindi non ti stupire se il Sakaguchi Ango di quella realtà sarà in qualche modo diverso da me. Grazie alla tua Abilità non incontrerai il te stesso di quel mondo ma, secondo i miei calcoli, ne prenderai semplicemente il posto, visto che non possono coesistere due individui identici in una stessa dimensione spazio-temporale. Non hai alcun limite, puoi rimanere in quel mondo per tutto il tempo che ti serve e quando vorrai tornare indietro basterà attivare No Longer Human in modo da disattivare l’Abilità di Murray. Allora ti è tutto chiaro?»

Dazai aveva pigramente annuito ad ogni parola o noiosa spiegazione che Ango gli stava fornendo in quel momento.

In verità non gli interessava sapere chi o cosa potesse trovare una volta raggiunta la realtà alternativa; la sua priorità era che Odasaku fosse vivo, gli sarebbe bastato poterlo vedere un’altra volta, sentirlo ancora pronunciare il suo nome.

Nonostante la sua mente continuasse a tartassarlo con gli ultimi istanti di vita di Oda e quelle sue dannatissime parole, il suono della voce di quell’uomo era una delle cose che gli mancavano di più. Anche la sera prima, in uno stato di dormiveglia provocato anche da un leggero abuso di alcol e sonniferi, si era ritrovato col fissare distrattamente il suo cellulare.

Senza volerlo aveva finito col comporre il numero di Odasaku. Era ancora salvato nella sua rubrica, non aveva avuto il coraggio né il tempo di cancellarlo. Aveva aspettato con il telefono appoggiato all’orecchio, sperato che dall’altro capo qualcuno rispondesse, che Odasaku rispondesse.

Una parte di lui sperava ancora di svegliarsi e scoprire che si trattava di solo un sogno, un fottuto incubo. L’indomani sarebbe tornato al lavoro e avrebbe intravisto Oda correre su e giù per il Quartier Generale per soddisfare i capricci dei superiori, poi si sarebbero ritrovati al Lupin e avrebbero parlato dei loro fallimenti, delle loro vite, davanti ad un drink. Sarebbe stata una delle loro solite serate.

Si toccò il volto, aveva le guance umide, ogni volta, pensare ad Odasaku lo portava sull’orlo delle lacrime.

Quella volta aveva finito col perdere i sensi.

Ango l’aveva trovato qualche ora dopo svenuto sul pavimento con il cellulare ancora appoggiato all’orecchio. Era seguita una poco piacevole lavanda gastrica e un successivo ricovero in ospedale. Così aveva dovuto rimandare di qualche ora la partenza per la nuova dimensione.

Dazai quella volta non aveva provato a suicidarsi, non intenzionalmente almeno.

Dopo l’incontro con Murray, era tornato al suo appartamento insolitamente allegro. Aveva finalmente trovato una soluzione, avrebbe salvato Odasaku, era al settimo cielo, non pensava minimamente a togliersi la vita.

Però si sentiva esausto, come se tutta la tensione accumulata nelle ultime quarantottore fosse improvvisamente scemata e finalmente potesse rilassarsi.

Così aveva pensato di ingerire qualche sonnifero. Riuscire a dormire gli risultava ancora un’impresa impossibile; ogni volta che provava a chiudere gli occhi rivedeva gli ultimi istanti di Odasaku, le sue bende tingersi di sangue, avvertiva gli spari in lontananza, si vedeva arrivare sulla scena quando ormai era troppo tardi.

Poteva ancora sentire il calore del corpo di Oda abbandonarlo, mentre il suo amico diventava sempre più freddo tra le sue braccia. Così aveva finito con l’ingerire l’intero flacone di pillole, non pensava di arrivare a perdere i sensi.

Forse era il mix con l’alcol da evitare.

Così si era guadagnato un tour in ospedale e una ramanzina infinita da parte di Ango, convinto che il suo fosse solo l’ennesimo tentativo mal riuscito di suicidio. Dazai non aveva neppure cercato di discolparsi, con il suo passato da aspirante suicida che poteva dire? Era logico che avesse pensato che l’overdose non fosse stata accidentale. Sorrise tra sé.

Un giorno forse, avrebbe raccontato ad Odasaku quella storia e si sarebbero fatti due risate. Anzi lui avrebbe riso; Oda probabilmente l’avrebbe rimproverato: mischiare alcol e medicinali, e lui si considerava una delle menti più brillanti della Port Mafia.

Ango osservò per qualche istante Dazai. Ovviamente non lo stava ascoltando. Sospirò massaggiandosi nervosamente una tempia. Aveva imparato a conoscerlo abbastanza bene in quegli anni, tuttavia era stato il primo a rimanere sorpreso dalla sua reazione alla morte di Oda. Credeva che Dazai in fondo fosse una persona cinica, invece la perdita di Odasaku l’aveva sconvolto.

Ango in tutta onestà non lo credeva possibile, aveva sottovalutato ciò che Oda probabilmente rappresentava per Dazai.

Uno strano dubbio sfiorò la sua mente ma decise di accantonarlo; non era il momento per tirar fuori certi argomenti. Dazai stava per partire e lui non voleva turbarlo più di quanto non fosse.

«Dazai-kun sei pronto?» Fu tutto ciò che disse. Il ragazzo gli sorrise. Ango sperò di aver preso la decisione giusta.

In quel momento Murray attivò la sua Abilità.

 

***

 

Appena Dazai aveva riaperto gli occhi, la prima sensazione che il suo corpo e i suoi muscoli avevano avvertito era stata un forte dolore alla base della schiena. Si guardò distrattamente intorno, mettendo bene a fuoco l’ambiente circostante. Una volta riconosciuto il luogo in cui si trovava scoppiò in una risata spontanea e lievemente isterica.

Il suo alter ego si era addormentato su di uno degli scomodi divani che si trovavano al trentesimo piano della sede principale della Port Mafia. Doveva quindi dedurre che in quella realtà lui faceva ancora parte dell’Organizzazione?

Be’ era possibile, pensò, notando anche il suo vestiario. Quegli abiti non erano molto diversi da quelli che indossava al momento della partenza dal suo mondo, ma poteva notare qualche piccola discrepanza; alcuni dettagli come, ad esempio l’aver ancora sulle spalle il pesante cappotto nero di Mori, oltre che una cravatta dello stesso colore annodata intorno al collo.

Il suo sorriso si allargò e con una mano raggiunse il volto per asciugarsi le piccole lacrime che si erano formate al bordo degli occhi in seguito alle risa incontrollate di prima. Poi lentamente scese per allentarsi quel soffocante indumento ancora stretto intorno alla gola.

C’era un qualcosa di fottutamente ironico in quella situazione. Forse l’universo si divertiva a torturarlo prendendosi gioco di lui.

Dopo aver perso qualche minuto con questi pensieri, Dazai decise di alzarsi per esplorare l’ambiente ma soprattutto iniziare la ricerca di Odasaku. Quella era la sua priorità. Gli sarebbe bastato vederlo ancora una volta, sorridergli, dentro di sé continuava a ripetersi queste parole fino alla nausea. Sapeva di star mentendo a se stesso. Niente gli sarebbe bastato, nemmeno abbracciarlo, semplicemente lo voleva di nuovo nella sua vita, che le cose tornassero come prima. Se avesse potuto avrebbe cancellato tutto: la Mimic e i fatti degli ultimi giorni.

Si stiracchiò pigramente levandosi anche dalle spalle quel fastidioso cappotto e restando con la sola camicia. Quella era stata la prima decisione che aveva preso quando aveva scelto di abbandonare la Port Mafia, non avrebbe mai più indossato quell’oggetto: era un regalo di Mori, non importava in che mondo si trovasse e se lì il Boss fosse un santo, o una persona buona. Per lui quell’uomo sarebbe sempre rimasto uno dei fautori che avevano portato, direttamente o meno, alla morte di Odasaku. Non voleva indossare nulla che fosse appartenuto a lui.

Dazai aveva bisogno di tempo per poter passare oltre, come per perdonare le scelte di Ango. Ora però aveva tutt’altro per la testa.

Raggiunse in fretta il primo ascensore disponibile, slacciandosi nel mentre la cravatta e abbandonandola a terra. Non fece caso agli sguardi dei sottoposti che incontrava e che lo fissavano preoccupati. Prima avrebbe trovato Odasaku e prima tutta quella storia si sarebbe conclusa; quell’incubo sarebbe finito. Si sarebbe svegliato e finalmente ogni cosa sarebbe tornata al suo posto, tutto sarebbe tornato come doveva essere.

Mentre procedeva verso l’uscita il suo cellulare continuava insistentemente a squillare. Si fermò di colpo, tirando l’oggetto incriminato fuori dalla tasca dei pantaloni. Stava diventando irritante. Osservò lo schermo per qualche minuto incredulo: 32 chiamate senza risposta. Il mittente era sempre lo stesso: Nakahara Chuuya. Chissà che diamine voleva quel tappetto isterico del suo partner da lui.

Rimase ancora un paio di secondi a fissare il cellulare; perché diavolo non ci aveva pensato prima?! Percorse tutti i contatti alla ricerca del numero di Odasaku.

Contatto inesistente.

Nessun Odasaku era salvato in memoria. Non era possibile, che diavolo significava? Qualcuno aveva cancellato il numero? Provò a digitarlo, fortunatamente lo conosceva a memoria: ancora contatto inesistente.

Dazai a quel punto si appoggiò al muro massaggiandosi le tempie. Doveva pensare.

Le opzioni erano due: la prima era che il Dazai di quel mondo non conoscesse Odasaku, la seconda era che qualcuno gli avesse semplicemente cancellato il contatto dalla memoria del cellulare. Ovviamente questa ipotesi faceva acqua da tutte le parti. Dazai non poteva dimenticare di trovarsi ora in una dimensione differente dalla propria, era quasi ovvio a quel punto, che io suo alter ego di quel mondo non conoscesse Odasaku; o almeno, non così bene da avere il suo contatto.

Ciò nonostante Oda poteva far parte della Port Mafia, d’altronde anche Dazai sembrava svolgere lo stesso lavoro. Così girò nuovamente su se stesso richiamando l’ascensore. Aveva bisogno di altri indizi e solo una persona al momento poteva fornirglieli. Esisteva solo un individuo che conosceva l’identità di ogni membro dotato di poteri all’interno della loro Organizzazione; e, anche se dentro di sé era ancora furioso, Dazai decise che nonostante tutto l’avrebbe incontrato.

Avrebbe fatto qualsiasi cosa per trovare Odasaku. Incontrare Mori sarebbe stato solo un piccolo pezzo da pagare.

 

***

 

Ougai Mori se ne stava tranquillamente seduto dietro la sua scrivania, intento a rileggere pigramente dei documenti. Aveva finito di occuparsi della sua cara Elise-chan che stava colorando sdraiata a terra poco distante da lui ed era tornato al lavoro, essere a capo dell’Organizzazione comportava anche quello, occuparsi delle scartoffie. Quando la sua quiete venne turbata dall’arrivo di Dazai. Il Boss non si aspettava di vederlo, tuttavia gli regalò uno dei suoi soliti sorrisi, alzando di poco la testa dalla pila di fogli che aveva davanti per poterlo osservare anzi studiare meglio;

«Che succede Dazai-kun?» si limitò a domandare, posando piano uno dei fogli sul mobile, non mutando il proprio atteggiamento.

«Odasaku; cioè Oda Sakunosuke, mi dica dove posso trovarlo, fa parte della Port Mafia vero? È importante» il Boss lo fissò per interminabili minuti prima di decidersi rispondere; non aveva mai visto quell’urgenza negli occhi del suo braccio destro, trovò la cosa interessante oltre che curiosa.

«Dazai-kun non ho proprio idea di cosa tu stia parlando. Non conosco nessun Odasaku o quello che è. Piuttosto dimmi, ti sei occupato di quel trafficante d’armi?»

Dazai sbatté le palpebre, era il suo turno di sentirsi confuso; quindi il Boss non conosceva Odasaku? Si ricompose immediatamente, d’altronde era sempre stato bravo a bluffare; il migliore.

«Certo certo, missione compiuta. Ora però devo trovare assolutamente quell’uomo» insistette, non voleva esagerare ma nemmeno perdere altro tempo. Voleva andarsene da lì il prima possibile, trovava insopportabile l’idea di trovarsi così vicino al Boss. Dopo un’occhiata scettica, Mori tirò fuori dal cassetto della scrivania un tablet ed iniziò velocemente una ricerca. Anche Elise aveva abbandonato i suoi pastelli e ora stava osservando divertita lo schermo, seduta sul bracciolo della poltrona li accanto.

«Quel nome non compare in nessuno degli archivi della Port Mafia. Significa che quell’uomo non ha nulla a che fare con noi. Perché lo stai cercando Dazai-kun? È forse una minaccia? Dobbiamo occuparcene?» Chiese assottigliando lo sguardo, cercando di cogliere nel viso di Dazai una qualche spiegazione.

«Motivi personali» rispose incerto, aveva esitato qualche secondo e sicuramente il Boss se n’era accorto. In quel momento però non gli importava, desiderava andarsene da lì il più velocemente possibile, non sapeva per quanto sarebbe riuscito a mantenere il controllo. Tuttavia la reazione del superiore lo colse di sorpresa;

«Molto bene, allora prenditi pure il resto della giornata libero, te lo sei meritato dopo aver sistemato l’affare con quei trafficanti. Indaga sul tuo uomo misterioso ma da domani pretendo che tutto ritorni alla normalità. Mi servi al massimo della forma siamo intesi? Dobbiamo sistemare quello scambio con i coreani. Goditi la vacanza» concluse allegro. Anche Elise dietro di lui sorrideva.

«Ok, la ringrazio» rispose Dazai congedandosi velocemente, ancora sbigottito e confuso per l’atteggiamento adottato dal suo superiore.

Non appena chiuse la porta, una figura rimasta nell’ombra fino a quel momento si avvicinò al Boss.

«Allora, cosa ne pensi Chuuya-kun? Per me quel ragazzo sta nascondendo qualcosa» il rosso fece qualche passo in avanti, posando un bicchiere di vino ormai vuoto sulla scrivania, facendo attenzione alle carte che la ricoprivano. La luce che entrava dalle ampie vetrate faceva brillare ancora di più il colore dei suoi capelli ed accentuava il contrasto con gli abiti neri che indossava.

«Stiamo parlando di Dazai, ovviamente ci sta nascondendo qualcosa» Mori scoppiò a ridere;

«Benissimo. Lascio tutto nelle tue mani. Seguilo e tienimi informato sulle sue prossime mosse»

«Come desidera, Boss».

 

***
 

La porta dell’ascensore si stava lentamente chiudendo dietro le sue spalle quando, con somma sorpresa di Dazai, Chuuya lo raggiunse allungando una gamba per fermarlo. Il rosso entrò in silenzio nel piccolo abitacolo, limitandosi a guardarlo malissimo. Fu il primo tra i due a parlare, anzi ad urlare.

«Si può sapere che cazzo ti è preso?» Si era avvicinato velocemente e l’aveva afferrato per il colletto, sbattendolo contro la parete. In quel momento erano vicinissimi, Dazai aveva il viso del rosso ad un paio di centimetri dal proprio (l’altro si era alzato sulle punte), e poteva sentirne il respiro su di sé.

A quanto pare certe cose non erano affatto cambiate; anche in quella realtà alternativa Nakahara Chuuya restava una piccola testa calda sempre pronta a esplodere e inveire contro di lui. Come se Dazai fosse la causa unica e principale di tutti i suoi problemi.

«Non so proprio a cosa tu ti riferisca tappetto» rispose sorridendo e alzando gli occhi al cielo, per una volta poteva dire di essere sincero, non aveva idea di cosa potesse aver combinato il suo alter ego.

«Tappetto? Stai scherzando spero, quanti anni sono che non mi chiami in quel modo?! Ma passiamo alle cose serie: 32 chiamate perse Dazai, potevi anche rispondere o mandarmi un messaggio. Ieri sera non sei rientrato a casa, ero preoccupato a morte dannazione! Sapevo che c’era in ballo qualcosa con quei trafficanti d’armi. Inoltre, vuoi spiegarmi la scenata di poco fa nell’ufficio del Boss?! Che diavolo significa? Ora mi ha chiesto di controllarti!! Ma soprattutto si può sapere chi cazzo è Oda Sakunosuke?!»

Chuuya ormai aveva il viso della stessa tonalità dei suoi capelli, aveva buttato fuori tutto e ora la sua rabbia stava pian piano scemando. Dazai aveva ascoltato attentamente ogni parola e al momento non sapeva come replicare. Era abbastanza sorpreso da quella reazione del suo partner, a suo dire esagerata; ma soprattutto, aveva capito male o forse Chuuya aveva ammesso di essere preoccupato per lui?

Impossibile.

«Dazai? Ohi Dazai ci sei? Ehi Osamu rispondi!!!» Quello bastò per riportarlo alla realtà;

«Scusa ma come mi hai chiamato?» Chiese fissando il partner incredulo per qualche secondo;

«Oggi sei più idiota del solito? Ti ho chiamato Osamu»

«Si, ma perché?» Domandò grattandosi la testa.

«Come perché? È il tuo nome!! Seriamente, vuoi dirmi che sta succedendo? Hai ripreso a drogarti? Sei ubriaco vero? Eppure mi avevi promesso che ormai eri pulito»

Dazai era sempre più sconvolto. Non ci stava capendo nulla, desiderava solo poter tornare alla ricerca di Odasaku al più presto possibile.

«Non sono né ubriaco né drogato va bene? Ora scusami ma devo andare e ho una certa fretta Chibi» disse. Quando le porte dell’ascensore finalmente si aprirono, Dazai fece un passo in avanti con l’intento di uscire ma Chuuya fu più veloce l’afferrò saldamente per la vita stringendosi a lui, impedendogli la fuga.

«Che succede? Mi avevi promesso che non ci sarebbero più stati segreti tra di noi, siamo ancora partner, qualsiasi cosa sia posso aiutarti, lo sai»

Dazai era sempre più sconvolto, non si sarebbe mai aspettato un comportamento simile da parte Chuuya. Sembrava pensare davvero quelle parole, come sembrava essere davvero preoccupato per lui. Un pericoloso dubbio si insinuò nella sua mente.

«E perché non dovrebbero esserci segreti tra noi?»

Domandò anche se aveva già intuito la possibile risposta e non gli piaceva. Per niente.

«Come perché? Sono il tuo ragazzo dannazione».

 

***

 

In quella realtà alternativa Dazai e Chuuya si erano messi insieme a sedici anni. Il moro durante una sparatoria aveva fatto scudo all’altro col proprio corpo, finendo col prendersi la bellezza di quattro proiettili, uno a pochi millimetri dal cuore. Era seguita una lunga degenza in ospedale, periodo in cui Chuuya era sempre rimasto al suo capezzale, non lo aveva lasciato nemmeno un giorno, facendo la spola tra le varie missioni e Dazai.

Da quel incidente le cose tra loro erano cambiate, come la natura della loro rapporto e il loro legame.

Dazai non poteva che essere rimasto sorpreso da quella rivelazione, mai, si sarebbe aspettato un risvolto simile; anche perché a prima vista quel Chuuya sembrava identico a quello che aveva lasciato nel suo mondo. Come poteva il suo alter ego starci insieme?! Probabilmente era solo perché in quella realtà non aveva mai incontrato Odasaku.

Ed ecco, che la sua mente tornava sempre lì, al suo amico. Doveva trovarlo, aveva bisogno di rivederlo ma soprattutto, di sincerarsi che stesse bene.

Mezz’ora dopo, Dazai si trovava ancora in compagnia di Chuuya in un McDonald vicino al Quartier Generale. Il suo partner e fidanzato, non sembrava avere alcuna intenzione di lasciarlo girovagare da solo per la città, l’aveva seguito come un cagnolino fedele, per poi lamentarsi come un bambino perché gli era venuta fame. Così l’ex dirigente si era trovato ad accontentarlo prima di perdere altro tempo.

Dazai aveva ordinato solo un caffè, non aveva appetito, sentiva ancora un leggero senso di nausea misto a preoccupazione all’altezza dello stomaco, e non sapeva di preciso a cosa potesse essere dovuto. Sperava solo di rintracciare Odasaku al più presto e stava mentalmente vagliando tutti i possibili modi per farlo.

Intanto Chuuya seduto davanti a lui, divorava il secondo panino come se fosse a digiuno da una settimana. Era incredibile come il rosso, di solito incredibilmente composto, perdesse completamente il controllo quando si trattava di cibo. Si fermò di colpo, non appena si accorse dello sguardo del moro puntato su di sé;

«Allora mi vuoi dire di che si tratta? Chi è quel tipo? Cosa bolle in pentola?»

Concluse prendendo una manciata di patatine e portandosele lentamente alla bocca. Se Dazai non l’avesse conosciuto così bene, avrebbe pensato che quel gesto fosse calcolato e il rosso lo stesse deliberatamente provocando. Tuttavia non riuscì ad impedirsi si seguire come ipnotizzato ogni movimento dell’altro.

«Sai, non ti facevo tipo da McDonald» ammise passandogli elegantemente un tovagliolo, notando come il rosso si fosse sporcato leggermente il labbro superiore col ketchup.

Chuuya non smise per un secondo di guardarlo male. Odiava quando l’altro non rispondeva alle sue domande, tuttavia accettò il pezzo di carta, ripulendosi.

«Quando sono nervoso ho bisogno di cibo spazzatura. Lo sai, mi hai obbligato tu a smettere di fumare, ma ora non cambiare argomento come tuo solito, mi vuoi dire perché stai cercando quell’Oda o come si chiama?»

Dazai sospirò stancamente preferendo osservare fuori dalla finestra che sostenere lo sguardo indagatore del proprio partner. Sapeva che non era facile mentirgli, si conoscevano così bene, forse anche troppo.

Parlare di Odasaku con Chuuya era l’ultima cosa che in quel momento voleva fare, ma non poteva evitarlo. Si passò stancamente una mano sul volto, sperando che il rosso si accontentasse della spiegazione sommaria che aveva preparato;

«Era un mio vecchio amico. Penso si trovi in pericolo, per questo voglio trovarlo»

Chuuya non sembrò credere ad una parola. Come previsto.

«Non ne hai mai parlato prima» Ovviamente. Pensò Dazai.

Ormai aveva capito come in quella realtà il suo alter ego non conoscesse affatto Odasaku, il che avrebbe reso più difficile anche per lui rintracciarlo.

Chuuya intanto aveva finito anche la seconda porzione di patatine, si era pulito la faccia e ora attendeva pazientemente una risposta. A Dazai venne quasi da ridere per l’assurdità di quel mondo, e per tutta quella situazione, mai avrebbe pensato di trovarsi ad un McDonald in compagnia del suo partner ad evitare domande scomode sul conto di Odasaku.

«Che cazzo hai ora da sorridere? Si può sapere cosa c’è di così divertente?»

Tornò a fissare il ragazzo seduto davanti a sé, avrebbe potuto divertirsi a spese di Chuuya e forse il vecchio se stesso l’avrebbe fatto se si fosse trovato in una situazione simile, ma in quel momento desiderava solo poter trovare al più presto Oda.

Chuuya si stava innervosendo, Dazai sapeva riconoscere i segni che precedevano una sfuriata, aveva imparato col tempo a classificarli, in modo da prepararsi o, a seconda dei casi, usarli a suo favore. Ma inaspettatamente non accadde nulla di quello che aveva previsto. Il rosso aveva fatto prima una faccia confusa, aveva sbuffato, per poi allungare la mano e intrecciarla con la sua.

L’ex dirigente si ritrasse subito spaventato, come se si fosse scottato non aspettandosi quel contatto. Il rosso sembrò ferito per quella reazione, e anche Dazai col senno di poi, pensò di aver esagerato. Solo, ecco, non aveva previsto quel gesto. Il Chuuya che conosceva non lo prendeva per mano, al massimo provava a rompergliela, un osso alla volta! Ma quello non era il suo partner. Lui si trovava in un altro mondo, perché era così difficile ricordarlo?

«Di la verità mi stai tradendo Osamu

Ecco, quel tappetto l’aveva rifatto, l’aveva chiamato per nome. Dazai non doveva essere così sorpreso. Se in quel mondo erano fidanzati era normale che Chuuya avesse tutta quella confidenza, tuttavia sapeva che non si sarebbe mai abituato. Non credeva che avrebbe mai udito proprio nome uscire dalle labbra del rosso. Si chiese come sarebbe stato, se a pronunciarlo fosse stato Oda. Si era nuovamente perso nei suoi pensieri prima di accorgersi di Chuuya che lo fissava in attesa di una risposta. Qual era stata la domanda? Quasi non la ricordava;

«No» mormorò sottovoce. Anche se in quel momento la sua mente si divertiva a mostrargli con immagini sempre più vivide il sorriso di Odasaku e poi i suoi ultimi istanti di vita. Dazai doveva controllarsi, non voleva far insospettire Chuuya, doveva continuare a recitare la parte del bravo fidanzato.

«Allora ti aiuterò nella tua ricerca. Dopotutto sono ordini del Boss, devo controllarti ed evitare tuoi colpi di testa»

Dazai alzò la testa sorpreso e gli sorrise grato, forse essere fidanzati non sarebbe stato poi così male, il potere del suo partner poteva tornargli utile.

«Ti ringrazio» e Chuuya arrossì di colpo;

«Su muoviti ora spreco ambulante di bende; finisci quel caffè e iniziamo la ricerca del tuo amico misterioso».

 

***

 

Un paio d’ore dopo stavano passeggiando per il centro di Yokohama, era ormai pomeriggio inoltrato e stava iniziando ad alzarsi una leggera brezza proveniente dal mare. Chuuya camminava qualche metro in avanti, ogni tanto Dazai lo perdeva di vista tra la folla, per poi rivedere spuntare il suo cappello qualche istante dopo.

Erano incredibili quelle realtà, anzi era incredibile come cambiando leggermente un fatto si potesse provocare un effetto domino in grado di sconvolgere così le loro esistenze.

All’improvviso Dazai notò come Chuuya si fosse bloccato di colpo, in mezzo al marciapiede e stesse fissando intensamente qualcosa davanti a lui, per poi voltarsi ed iniziare ad urlare nella sua direzione;

«Ehi come hai detto che si chiama il tuo amico?»

Dazai lo fissò inizialmente senza capire, per qualche secondo si era perso nel contemplare la figura di Chuuya e si era distratto.

«Oda Sakunosuke» rispose con un filo di voce.

Il rosso si limitò ad indicargli un enorme cartellone pubblicitario. Dazai ora era accanto a lui; non poteva fare a meno di fissare quell’insegna. Era senza parole, in quel momento non era nemmeno sicuro di star respirando o di essere vivo. L’ex dirigente sentì per un attimo la sua mente svuotarsi. Doveva essere felice, sollevato; eppure stava provando un sacco di emozioni diverse e contrastanti.

Il volto di Odasaku appariva davanti a lui sorridente su quel cartellone dove era brevemente riportata la pubblicità di un evento che si sarebbe tenuto nella città di Yokohama. Una serata di gala, in cui il brillante scrittore giapponese Oda Sakunosuke avrebbe presenziato firmando copie del suo ultimo romanzo.

Dazai era completamente senza parole mentre fissava l’immagine di Odasaku. Era lui, l’aveva trovato, non c’erano dubbi. Era vivo.

Odasaku in quella realtà era ancora vivo.

Una lacrima silenziosa gli scese lungo la guancia e Dazai non ebbe modo d’impedirlo, la gioia in quel momento era troppa perché potesse in qualche modo contenerla, come anche il sollievo nel sapere che stava funzionando, il suo piano per salvare l’amico stava funzionando.

Chuuya era ancora accanto a lui, aveva visto la sua reazione e non aveva potuto evitare di notare anche quella lacrima. Non aveva mai visto Dazai così prima. Fece il possibile per mantenersi calmo, serrando impercettibilmente pugni, ma dentro di sé stava urlando.

Dazai era innamorato di quel uomo, di quello scrittore, ora non aveva più alcun dubbio.

 

 

 

 

 

 

 

 

Note Autrice:

Scusate per il ritardo, avevo detto un capitolo al mese ma è passato leggermente di più sorry. La prossima volta giuro che sarò puntuale. In tutto ciò spero che questo capitolo vi sia piaciuto (io su alcune parti ho ancora dei dubbi ^_^). Ringrazio come sempre chi sopporta i miei scleri dietro le quinte e chi da corda alle mie idee troppe, troppe, troppe idee. <3

Torno nel mio angolino XD

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Capitolo 3
*** Like a Dream ***


 

 

 

 

 

Quella sera avevano continuato a passeggiare per la città finendo con l’attraversare la strada che costeggiava il porto. Dazai poteva distrattamente notare come le imbarcazioni si susseguissero una dopo l’altra, in una sfilata di forme e colori che la luce del tramonto non faceva altro che risaltare sulla superficie dell’acqua creando l’effetto di un quadro impressionista. Era un panorama bellissimo nella sua semplicità, eppure l’ex dirigente fissava indistintamente un punto davanti a sé. Era come se non stesse guardando qualcosa in particolare, come se la sua mente si trovasse altrove in quel momento; ed era proprio così.

I suoi pensieri tornavano sempre con insistenza su Odasaku, al volto sorridente dell’uomo sul cartellone, lo scrittore Oda Sakunosuke, per poi mischiarsi e confondersi con quelli del suo Oda, mentre esalava l’ultimo respiro. Non doveva ricordarlo, doveva pensare solo ad una cosa. Una sola cosa contava in quel momento: ce l’aveva fatta. Odasaku era vivo. Il suo cuore mancava di un battito ogni volta che formulava quel pensiero e presto l’avrebbe rivisto. Ora ne aveva la certezza.

Chuuya se ne stava dietro di lui, qualche passo a separarli. Aveva preferito mantenere le distanze da Dazai, come se all’improvviso quel sospetto che inizialmente aveva solo covato dentro di lui avesse pian piano preso forma fino ad esplodere e risalire in superficie con un’inaspettata e dolorosa chiarezza. Quell’idiota era innamorato di quello scrittore. Gli era bastata una sola occhiata per capirlo. Lo conosceva bene, troppo. In tutta sincerità Chuuya non avrebbe mai pensato che potesse arrivare quel giorno, il giorno in cui Dazai l’avrebbe abbandonato. Quel pensiero faceva male, inaspettatamente male. Gli era costato molto mettere da parte l’orgoglio ed accettare i propri sentimenti verso quel maniaco amante dei suicidi, e sembrava che le cose tra loro stessero funzionando in qualche modo.

Chuuya non capiva davvero quando quello scrittore avesse iniziato ad occupare i pensieri del suo partner. Per quanto si sforzasse non riusciva a venirne a capo e la cosa lo innervosiva.

In quel momento, si accorse che Dazai si era fermato, la sua espressione era ancora vuota, lo era da quando avevano visto quel fottuto cartellone. Lo raggiunse in pochi passi, mettendosi di fianco di lui e restando in silenzio, come in attesa. Dazai in un primo momento non fece nulla, limitandosi ad osservare l’oceano davanti a loro. Chuuya sapeva che la mente dell’altro era altrove, come sapeva che avrebbe parlato solo quando sarebbe stato pronto a farlo. Infatti dopo qualche minuto fu proprio Dazai a rompere quel silenzio che era diventato così opprimente.

«Andiamo a casa»

Poche, semplici parole che la mente di Chuuya impiegò forse qualche secondo di troppo a registrare. Il rosso non poté fare altro che annuire per poi prendere il partner/fidanzato sotto braccio. Dazai si lasciò condurre senza protestare, si sentiva come improvvisamente svuotato di ogni energia. Forse era per il sollievo nell’avere finalmente una prova del fatto che Odasaku in quel mondo fosse vivo e stesse bene. Era la prima volta che si sentiva così, com’era la prima volta che si trovava così coinvolto, così preoccupato per la sorte di un’altra persona.

Alla fine il tutto si poteva riassumere nel fatto che Odasaku sarebbe sempre rimasto un’eccezione per Dazai, un’incognita pericolosa. Non esistevano muri o barriere tra loro, o meglio, essi venivano sempre abbattuti con una facilità disarmante quando si trattava di Oda ma soprattutto di cosa Dazai provasse per lui.

L’ex dirigente riuscì a percepire distrattamente la presa di Chuuya su di sé, era forte, salda eppure gentile. Era strano lasciarsi condurre così, ma in quel momento era davvero troppo stanco per preoccuparsene o porsi ulteriori interrogativi. Desiderava solo raggiunge i propri appartamenti e magari riuscire a riposare davvero dopo quei giorni duranti letteralmente un’eternità.

 

***
 

L’appartamento di Dazai era diverso da quello che possedeva nel suo mondo, sebbene si trovasse nello stesso stabile di proprietà di una delle tante agenzie di facciata della Port Mafia. Era più spazioso, aveva un ampio soggiorno, una cucina super accessoriata, due bagni e due camere da letto, oltre che delle ampie vetrate che gli regalavano una vista stupenda sulla città e il suo porto. Il moro poté fare a meno di notare anche un enorme letto matrimoniale mentre veniva trascinato come un automa verso il bagno. Non serviva essere un genio per giungere alla conclusione che quello non fosse semplicemente il suo appartamento, bensì il loro.

Chuuya l’aveva accompagnato verso il bagno più grande senza troppe cerimonie; gli aveva giusto lasciato il tempo per togliersi scarpe all’ingresso e poi l’aveva condotto lì. Dazai non riusciva a registrare bene il comportamento dell’altro, aveva intuito ci fosse qualcosa che non andava. Il rosso era strano, cioè più strano del solito nei suoi confronti, aveva un atteggiamento così freddo e distaccato rispetto a quella mattina. Prima era rimasto troppo sconvolto dalla vista di Odasaku per notarlo, ma ora, stava iniziando a recuperare un po’ di chiarezza e a riordinare il filo dei suoi pensieri. Chuuya nel frattempo l’aveva abbandonato ed era corso a recuperare asciugamani nuovi e addirittura un accappatoio. Quando rientrò in bagno Dazai lo fissava come se avesse avuto a che fare con un alieno, visto che era completamente nascosto dietro tutta quella roba tanto che arrivò a chiedersi perché non utilizzasse il suo potere per facilitare le cose.

«Bé che cazzo ti prende ora? Perché sei ancora vestito? Muoviti e fatti una doccia che poi tocca a me, e vedi di schiarirti un po’ le idee».

Dazai era stanco e confuso ma nonostante questo divertito da quell’insolita situazione. Non ce la fece a resistere, la voglia di provocare il più piccolo in quel momento era troppo forte per poterla in qualche modo contenere.

«Pensavo volessi farla con me» sussurrò malizioso contro l’orecchio dell’altro. Il viso di Chuuya assunse la stessa tonalità dei suoi capelli.

A quella vista Dazai scoppiò a ridere senza ritegno, ottenendo solo il risultato di far innervosire ancora di più il rosso.

«Piantala con le cazzate, muoviti piuttosto. Fatti una doccia, schiarisciti le idee e torna sulla Terra idiota» urlò chiudendosi la porta dietro di sé e lasciando Dazai solo in bagno.

Chuuya aveva notato qualcosa.

Chuuya sapeva che c’era qualcosa di strano.

Quella consapevolezza colpì il moro all’improvviso. Una parte di lui se lo sarebbe dovuto aspettare, il suo partner lo conosceva bene, non poteva sperare d’ingannarlo a lungo; soprattutto questo Chuuya, il suo fidanzato.

Ogni volta che accostava quella parola al rosso era accompagnata da un sorriso spontaneo e nervoso. Lui e quel nanerottolo coinvolti in una qualche situazione romantica rasentava i limiti dell’assurdo. Più ci pensava e più la sola spiegazione logica che riusciva a trovare era semplicemente che il suo alter ego non avesse mai incrociato la sua strada con Odasaku.

Si stava nuovamente perdendo dei ricordi. Nel suo mondo Dazai non poteva negare di aver effettivamente conosciuto per primo Chuuya.

Era da tanto che non ripensava a quel periodo. Quanti anni erano passati? Due, no anzi tre. Erano passati tre anni da quando aveva incontrato per la prima volta quel piccolo tappetto irascibile.

Odasaku era comparso nella sua vita poco dopo, senza fare troppo rumore, aveva trovato una piccola crepa nel suo cuore, e vi si era insediato. Da allora non aveva più abbandonato quello spazio. L’unico rimpianto di Dazai era quello di non essere mai riuscito a confessargli i propri sentimenti. Nemmeno nei suoi ultimi istanti.

Chiuse debolmente gli occhi, rivide per qualche secondo le sue mani sporche di sangue.

In quel momento un leggero bussare lo riportò alla realtà. Si accorse di essere ancora in piedi davanti alla doccia. Non aveva terminato di dipanare tutte le bende, come al solito era stato assorbito dai suoi pensieri su Odasaku. Sentiva la voce di Chuuya provenire chiaramente da oltre la porta, era sempre così energico. Sorrise e non seppe nemmeno lui il perché.

«Osamu dannazione sei vivo? Dimmi che non hai avuto la brillante idea di tagliarti i polsi o altro che oggi non sono dell’umore».

Dopo un paio di minuti aveva spalancato la porta e Dazai se l’era ritrovato davanti. Il suo primo istinto fu quello di provare a coprirsi ma fu del tutto inutile, ormai le sue bende erano finite sul pavimento e lui era rimasto con indosso solo i boxer. Chuuya emise un verso simile ad un sospiro esasperato.

«Si può sapere ora che cazzo stai facendo? Come se non ti avessi mai visto nudo e senza quelle stupide bende» sbottò alzando gli occhi al cielo.

Dazai non sapeva che dire, una parte del suo cervello gli stava ricordando che quel Chuuya era il suo ragazzo, quindi non doveva essere così sorpreso da quell’affermazione.

Eppure l’idea che l’altro lo potesse vedere così esposto non gli piaceva. Lo faceva sentire in qualche modo vulnerabile.

Dazai non aveva mai permesso a nessuno di vedere cosa nascondeva sotto le sue bende, e sapere che il suo alter ago aveva concesso a Chuuya quel privilegio gli faceva nascere solo nuovi interrogativi.

Finì di farsi la doccia per poi lasciare l’uso del bagno al suo partner.

Per tutto il tempo che aveva trascorso sotto quel getto caldo, Dazai aveva cercato di rilassarsi, di spegnere i suoi pensieri ma ovviamente senza successo.

Non vedeva l’ora di incontrare Odasaku, parlarci, conoscerlo. Era curioso di sapere se fosse simile all’uomo che ricordava, o se invece quello scrittore fosse una persona completamente diversa. Era impaziente Dazai. Si sentiva come un bambino che attendeva la mattina di Natale solo per poter correre a scartare i regali.

Decise di occupare un po’ il tempo, tanto non sarebbe comunque riuscito a dormire. In sottofondo poteva sentire il rumore dell’acqua che scorreva ancora nella stanza accanto.

Dazai non voleva immaginarsi Chuuya sotto la doccia, tuttavia il pensiero del rosso avvolto dal vapore fece capolino nella sua mente e ci mise parecchi secondi per scacciarlo. Forse stava veramente uscendo di senno.

Prese uno dei pc che si trovavano su uno dei tavolini del soggiorno, lo accese ed iniziò una breve ricerca in rete. Questa volta la chiave di ricerca era un nome: Oda Sakunosuke.

 

***

 

In quella realtà Odasaku era nato ad Osaka, aveva avuto un’infanzia abbastanza felice, anche se era rimasto orfano da bambino, era cresciuto nell’amore allevato da alcuni parenti. Il suo talento nella scrittura era emerso durante l’adolescenza quando aveva iniziato a vincere i primi premi letterari con saggi e racconti brevi. Poi, un paio di anni prima, la svolta. Il suo ultimo libro “Storie di vita a Osaka” aveva ricevuto un successo inaspettato da pubblico e critica, facendogli acquistare notorietà e fama anche a livello internazionale.

Mentre leggeva, riga dopo riga, Dazai non poteva fare a meno che sentirsi orgoglioso di Odasaku. Il suo sogno si era avverato. In quel mondo Oda non aveva mai dovuto uccidere nessuno. Era cresciuto felice, lontano dalla Mafia.

Dazai si rese conto in quel momento di non conoscere praticamente nulla sul passato di Odasaku, cioè di quello del suo mondo.

Lui e Oda parlavano poco delle loro vite prima della Port Mafia, erano concentrati sul presente, sul godersi ciò che avevano in quel momento. Oda in particolare era sempre così riservato. Si ricordava le loro serate al Lupin. Sembravano passati anni invece erano trascorse solo poche settimane.

A quel pensiero, Dazai faticò nuovamente a trattenere le lacrime. Ora lo schermo del pc continuava a mostrargli una carrellata d’immagini di Odasaku mentre ritirava premi o firmava autografi. Oda era bellissimo in quelle fotografie, sempre sorridente, cosi a suo agio in smoking e completi di alta sartoria.

Dazai ripensava con nostalgia all’amico e al suo trench beige, alla sua camicia scura e alle pistole che teneva sempre con se e che fino all’ultimo si era rifiutato di usare.

Ritornò ad indugiare con la mente sulla schiena di Odasaku per poi tornare a perdersi coi flashback della sua morte. Si chiese mentalmente quando avrebbe superato quel trauma perché ormai era chiaro che quell’evento aveva avuto un qualche profondo effetto sulla sua psiche.

Continuò ancora per qualche secondo a far scorrere le immagini dello scrittore Oda Sakunosuke sul portatile. Infine decise di alzarsi per prendersi da bere. Sarebbe stato come in passato, in un certo senso avrebbe annegato i dispiaceri nell’alcol in compagnia di un vecchio amico. Si versò un primo bicchiere e lo alzò brindando in direzione di Oda.

L’uomo appariva sorridente nella fotografia mentre Dazai provava dentro di sé solo una crescente voglia di piangere.

In quel momento Chuuya decise di fare la sua comparsa. Uscì dal bagno sbattendo la porta, una nuvola di vapore alle sue spalle. Non prestò minimamente attenzione a Dazai e a cosa stesse facendo ma si diresse verso la loro stanza a passo di marcia.

Il moro al contrario non si era perso nemmeno un movimento dell’altro. Si era sporto quel tanto che bastava per osservare Chuuya uscire dal bagno e chiudersi in camera. Il rosso aveva i capelli ancora bagnati e solo uno striminzito asciugamano bianco che lo copriva in vita. Dazai si accorse di avere improvvisamente la gola secca.

Buttò giù il restante contenuto del bicchiere in un colpo solo. Ripensò ai capelli bagnati del suo partner. Perché si era soffermato così tanto su quel particolare? Non era certo di volerlo sapere.

Per qualche istante però grazie alla ricomparsa di Chuuya la sua mente aveva smesso di tormentarlo con la morte di Odasaku. Il sollievo durò solo per pochi secondi infatti gli bastò incontrare nuovamente lo sguardo di Oda su una delle immagini del pc per ricadere nello stesso stato d’animo depresso di prima.

Dopo un altro paio di bicchieri aveva iniziato a leggere il libro di Odasaku, o meglio aveva iniziato con il leggerne un estratto che aveva scaricato. Non aveva mai letto nulla scritto dal suo amico; anzi, fino al giorno della sua morte non aveva neppure sospettato di questo suo amore per la letteratura o quale fosse il suo sogno.

Odasaku era sempre stato così misterioso, anche con lui. Non parlavano mai di cose superflue ma avevano un modo tutto loro di comunicare.

Eppure, Oda lo capiva come nessuno. Era sempre stato così, anche se pure con Chuuya condivideva qualcosa di simile. Gli venne nuovamente da ridere. Aveva appena paragonato Odasaku a Chuuya, doveva iniziare ad essere ubriaco; nonostante una parte del suo cervello gli suggeriva come quella non fosse un’idea poi così strana.

Dazai aveva un rapporto diverso con quei due. Se Oda era un amico, Chuuya era il suo fedele cagnolino e partner. Eppure con entrambi era riuscito a trovare una sorta di equilibrio.

Con Odasaku consisteva nelle loro chiacchierate al Lupin; discorsi sull’esistenza, sulla vita, morte e tante, troppe frasi lasciate a metà e sentimenti inespressi.

Chuuya era diverso. Era un collega, quando la Soukoku entrava in azione nessuno poteva competere con loro. Sapevano capirsi con un’occhiata, erano come due metà di una mela. Anche se forse il loro rapporto era più complicato di così, al momento non gli importava.

Chuuya scelse quel esatto istante per uscire dalla camera perfettamente vestito e pettinato. Aveva legato i capelli ancora umidi in un codino che gli ricadeva elegantemente lungo la schiena e che Dazai si trovò a fissare forse con troppo interesse. Doveva ammettere che vestito in quel modo Chuuya non era affatto male; aveva abbandonato le camice e gli abiti formali della Port Mafia, indossava dei semplici jeans scuri e una maglietta bianca. In quella versione in borghese il rosso era davvero carino. Non poteva descriverlo in altro modo. Dazai era una persona abbastanza obiettiva, il suo partner non era mai stato brutto, tuttavia non aveva mai pensato a lui in quei termini.

Non aveva mai pensato a nessuno in quel modo, in vita sua aveva desiderato solo Odasaku. L’uomo, che per un bizzarro scherzo del destino gli era stato portato via troppo presto e che ora lui avrebbe fatto l’impossibile per salvare. L’uomo che gli era morto tra le braccia solo qualche giorno prima e che in quel mondo ancora non conosceva.

Dazai stava vacillando, non sapeva se dare la colpa alla stanchezza, alla presenza di Chuuya o agli ormai cinque bicchieri di whisky che si era scolato. Per questo quando il rosso si avvicinò, lo afferrò e poggiò le labbra con violenza contro le sue non fece nulla per fermarlo.

 

***

 

Il cervello di Dazai era in totale blackout.

Chuuya lo stava baciando, doveva fare qualcosa. Respingerlo. Tuttavia si trovò incapace di muoversi, in quel momento non riusciva nemmeno a formulare un pensiero coerente, sentiva solo caldo, tanto caldo, soprattutto alle parti basse.

Approfittò del fatto che il rosso si fosse staccato per qualche istante per prendere aria e cercare di fare il punto della situazione. Provò a concentrarsi, a reagire in qualche modo, tentando di afferrare il suo partner per le spalle per scrollarselo di dosso ma non ce la fece, era come se avesse improvvisamente esaurito ogni energia.

Fu Chuuya ad accorgersi che qualcosa non andava, Dazai non rispondeva con il solito entusiasmo alle sue attenzioni. Gli era sembrato pure che per un istante avesse provato ad allontanarlo.

Non era possibile. Dazai adorava i suoi attacchi a sorpresa, c’era qualcosa che non andava, e poteva scommetterci che la colpa era ancora dell’uomo sul cartellone. Quel idiota stava sicuramente pensando a lui in quel momento, ecco perché sembrava essere così distante.

Chuuya decise che non si sarebbe arreso, non avrebbe perso contro quello scrittore o quello che era.

Dazai era il suo ragazzo. Non avrebbe rinunciato facilmente a lui.

Si strusciò languidamente sul moro, facendolo praticamente sdraiare sul divano dove stava seduto. Poi iniziò ad armeggiare con la cintura dei suoi pantaloni.

Dazai era senza parole. Doveva fare qualcosa, la situazione gli stava sfuggendo di mano.

Non era giusto. Fu il suo unico pensiero coerente.

Quel Chuuya era convinto che lui fosse il suo ragazzo, doveva allontanarlo ma senza scoprire troppo le sue carte. Prima si era trovato inconsciamente a rispondere al bacio, ma quello più che altro, era dovuto al fatto che fosse stato colto di sorpresa. Ora invece il suo cervello aveva ripreso a funzionare e stava cercando un modo per levarsi da quell’assurda situazione. Non poteva perdere altro tempo, si trovava in quel mondo per salvare Odasaku, per riaverlo. Scopare con Chuuya al momento non rientrava nei suoi piani.

Il rosso intanto aveva infilato una mano nei suoi boxer. Dazai si trovò a boccheggiare quasi senza fiato. Non si aspettava che Chuuya fosse così disinibito, però non doveva sorprendersi.

In quella realtà erano una coppia, stavano insieme da quando avevano sedici anni, vivevano insieme. Era scontato che il rosso si prendesse certe libertà nei suoi confronti.

Doveva ricordarsi che quello era un altro mondo, un’altra realtà e che quello non era il Chuuya che conosceva.

Provò ad allungare una mano ma si trovò solo con l’afferrare la testa del rosso che nel frattempo si era pericolosamente chinato verso il suo intimo.

Dazai sapeva cosa stava per succedere eppure, anche sapendolo non fece nulla per impedirlo.

Poteva dare la colpa di tutto alla stanchezza o alla situazione assurda nella quale si era cacciato, tuttavia quando sentì la bocca di Chuuya avvolgerlo azzerò ogni pensiero coerente.

All’improvviso non gli importava di altro se non del rosso accovacciato tra le sue gambe. Si trovò inconsciamente ad accarezzargli i capelli scoprendoli ancora umidi e decisamente più morbidi di quanto si sarebbe mai aspettato.

Era da tanto che non si concedeva questo tipo di attenzioni, l’ultima volta era stata con una prostituta conosciuta durante una missione, di cui non si ricordava nemmeno il volto.

Per qualche secondo si immaginò Odasaku, si chiese come sarebbe stato provare una cosa simile con lui, se anche la sua bocca sarebbe stata così calda e avvolgente come quella di Chuuya.

No.

Oda era diverso, con lui sarebbe stato tutto diverso, ne era sicuro. Per una frazione di secondo si sentì quasi in colpa, pensare a Odasaku mentre Chuuya gli stava regalando uno dei migliori orgasmi della sua vita.

Dazai non resistette a lungo e ben presto raggiunse l’apice del piacere. Si liberò con un gemito, stando attendo a non urlare il nome dell’amico, anche se in quel momento era l’unica cosa che occupava i suoi pensieri.

Una volta terminato il suo lavoro Chuuya si accoccolò tra le sue braccia. Non dissero una parola. Dazai non capiva come mai l’altro si fosse improvvisamente tranquillizzato ma ne fu sollevato. Sapeva che nelle condizioni in cui versava al momento non si sarebbe opposto se l’altro avesse voluto continuare. Dazai era ancora psicologicamente provato dalla morte di Odasaku, avrebbe ceduto facilmente a qualsiasi avances.

Era pura logica, un dato di fatto. Nessun sentimentalismo, anche se ci fosse stato qualcun altro al posto di Chuuya probabilmente sarebbe stato lo stesso.

Non è vero e lo sai anche tu.

Per un secondo gli sembrò di sentire Odasaku come voce del suo io interiore. Si passò una mano sul volto. Aveva voglia di dormire. Peccato che Chuuya non sembrava condividere la sua opinione.

«Sai, io non ti capisco» iniziò il rosso. Erano le prime parole che gli rivolgeva da qualche ora. Dazai si limitò ad ascoltare in silenzio. Vedendo che non ottenne risposta, Chuuya lo interpretò come un invito a proseguire.

«Prima, per strada, ho notato la tua reazione quando hai visto quell’uomo, quel tuo amico. Sei innamorato di lui vero?» Dazai si alzò quel tanto che bastava per guardare il suo partner negli occhi.

Era sorpreso tuttavia decise di rimanere in silenzio.

Chuuya era la persona che lo conosceva meglio, in quel mondo come nel suo.

Sapeva che non poteva mentirgli, gli doveva una spiegazione. Quella consapevolezza lo colpì a fondo. Sapeva cosa doveva fare eppure una parte di lui ancora cercava di fuggire, per non affrontare la realtà. Doveva confessare a Chuuya ogni cosa, chiedere il suo aiuto, sapeva che per salvare Odasaku probabilmente ne avrebbe avuto bisogno. Tuttavia il suo orgoglio lo bloccava.

Spostò lo sguardo, cercando una via di fuga dagli occhi inquisitori di Chuuya. Non voleva e non poteva mentirgli ancora a lungo, ma non era ancora pronto ad affrontare quel discorso.

Sorrise debolmente, andando a recuperare una mano del suo partner per stringerla tra le sue. Era un buon compromesso, un modo abbastanza romantico per concludere quella conversazione e prendere altro tempo per riordinare i suoi pensieri. Fu allora che notò una cosa, un particolare a cui prima non aveva fatto caso.

«Non indossi i guanti» fu tutto ciò che riuscì a dire. Il rosso lo guardò confuso.

«Siamo quasi in estate, perché dovrei mettere i guanti? E poi siamo a casa» ora era Dazai quello ad esserlo.

«E non hai paura di attivare Corruzione

«Aha? E che cazzo sarebbe Corruzione? Che diavolo significa?»

 

***

 

Fu allora che Dazai imparò un’altra importante se non fondamentale differenza tra quella realtà e la sua. In quel mondo alternativo non esistevano le Abilità Speciali, erano tutti dei semplici esseri umani.

Chuuya non aveva bisogno di lui e della sua capacità di annullamento, non rischiava la vita ogni volta che utilizzava il suo potere. Questo perché non possedeva alcun potere.

Dazai si chiese come fossero finiti a lavorare insieme, forse era semplicemente destino. Una Soukoku senza poteri. Sorrise mentre si versava di nuovo da bere.

Si era alzato dal divano e si era allacciato i pantaloni, ed ora vagava per l’appartamento processando e vagliando mentalmente tutte le informazioni che fino a quel momento aveva raccolto. La tentazione di scolarsi un altro bicchiere di whisky era troppo forte, non aveva resistito. Tanto più che in casa c’erano ancora un paio di bottiglie della sua marca preferita. Era lo stesso liquore che servivano al Lupin e che anche Odasaku adorava. Si appoggiò stancamente al tavolo della cucina cercando di non tornare con la mente a Oda ma di concentrarsi sull’elaborazione di un piano per salvarlo.

Mentre si versava l’ennesimo bicchiere della serata, per la prima volta si rese conto di trovarsi davvero in un altro mondo. Una realtà dove le Abilità non esistevano e Odasaku era vivo. Osservò il bicchiere che aveva tra le mani, Oda era vivo, tutto il resto poteva passare in secondo piano.

Intanto, Chuuya che era ancora disteso sul divano, lo osservava. Non aveva detto una parola, aveva accettato lo strano atteggiamento di Dazai, anzi, lo aveva studiato quasi; arrivando ad un’unica, possibile, conclusione.

«Tu non sei Dazai» il moro si voltò a fissarlo. Posò lentamente il bicchiere sul mobile della cucina e fece per avvicinarsi di qualche passo. Aveva senso negare? Chuuya aveva detto quelle parole con una tale convinzione. Ne era certo, a quel punto c’era poco che potesse fare, se non salvare il salvabile e cercare di ottenere almeno la sua collaborazione. Non rispose. Rimase in attesa della prossima mossa del suo partner che non tardò ad arrivare.

«Non provi nemmeno a negarlo? Quindi se non sei Dazai, allora chi sei? E cosa ne hai fatto di lui?»

Sorrise prima di recuperare uno sgabello e sedervisi sopra scompostamente. Ancora una volta Chuuya e la sua impulsività lo avevano travolto. Non era un male. Lui stesso sapeva che prima o poi avrebbe dovuto svuotare il sacco.

Gli raccontò tutto. Ogni cosa. Sperando che non desse troppo di matto o peggio, che chiamasse uno psichiatra.


***

 

Dopo quella confessione, seguirono istanti carichi di silenzio. Dazai se ne stava ancora appollaiato sullo sgabello della cucina, gambe accavallate e una mano sotto il mento. Osservava Chuuya e studiava la sua reazione, quasi divertito dalla piega che gli eventi avevano preso.

«Quindi ricapitolando, tu saresti sempre Dazai ma provieni da un altro mondo?»

La voce del rosso suonò per qualche secondo incerta, come se stesse pian piano assimilando tutte quelle informazioni.

«Esatto»

Si limitò a rispondere non perdendolo di vista neanche un secondo. Lo stava ancora analizzando, doveva capire se poteva fidarsi o meno di lui.

«E sei venuto qui per salvare questo Odasaku che è stato ucciso»

Continuò Chuuya agitando una mano.

«Ancora esatto»

«È il tuo ragazzo?» Dazai distolse immediatamente lo sguardo. Non voleva scoprirsi troppo.

«Ah ho capito, non ti sei ancora dichiarato. Be’ per certe cose devo ammettere che sei identico al mio Dazai » sbuffò divertito il rosso.

Doveva aspettarselo, nessuno sapeva leggerlo come Chuuya. Non doveva stupirsi che il suo partner avesse scoperto che c’era un qualcosa che lo legava ad Odasaku, qualcosa che andava oltre la semplice amicizia. Decise di cambiare argomento.

«Chuuya, posso sapere ecco, io e te come ci siamo messi insieme, cioè mi hai raccontato di come ti ho eroicamente salvato la vita però...»

«Aha? Vuoi sapere come ti sei dichiarato? Oh facile, ho praticamente fatto tutto io, se aspettavo una tua mossa avrei atteso per secoli. Così ti ho teso una trappola e ti ho baciato. Un po’ come ho fatto poco fa » Dazai non sembrò troppo sorpreso, Chuuya era prevedibile, in quel mondo come nel suo.

«Tu hai subito risposto al bacio e mi hai portato in camera da letto» concluse sorridendo.

«Stop, basta non voglio altri dettagli» lo interruppe Dazai, mentre l’altro sorrideva sempre più divertito da quell’imbarazzo. Era troppo divertente stuzzicarlo e vedere quelle reazioni.

Per un attimo a Chuuya parve di riavere a che fare con un quindicenne. Di essere magicamente tornato indietro nel tempo, quando ancora non si fidavano l’uno dell’altro. Quando i loro sentimenti se ne stavano ancora sospesi.

Si ricordava benissimo quella sensazione. Era come camminare sui vetri, doveva stare attento a dove metteva i piedi per non ferirsi. Con Dazai era così, era facile restare scottati da lui, e finire col farsi male. Nessuno meglio di lui poteva saperlo.

Ora Chuuya aveva la certezza che in un altro mondo le cose tra loro sarebbero andate diversamente. Era bastata la presenza di un altro uomo nelle loro vite per cambiarle. Per stravolgere quello che Dazai provava per lui.

Si chiese se fosse così fragile il legame che li univa. Così effimero, pronto a rompersi alla prima occasione.

Decise di rispondere con una provocazione, come faceva sempre, non voleva mostrarsi debole. Non poteva.

«Ti ricordo che ci stavamo baciando su questo divano nemmeno mezz’ora fa e mi sono anche divertito a farti un pompino, quindi ormai potrei dire che siamo amici intimi» calcò volutamente l’ultima parola, sorridendo.

«Vero. Toglimi una curiosità; se sospettavi che non fossi il tuo ragazzo perché hai agito così?» Chuuya non smise un secondo di sorridere, machiavellico.

«Volevo semplicemente esserne sicuro. Avevo dei sospetti ma ho avuto la conferma che non fossi lui dopo il primo bacio, così ho provato a testare altro. Non riuscivo a capire come poteste essere così simili fisicamente...»

«Ok, ok. Ho capito» lo interruppe nuovamente.

«Su Idiota Alternativo, ora finisci di bere poi va a letto. Dopodomani andremo all’evento del tuo Odasaku. Vorrai avere un aspetto presentabile no?»

Dazai restò qualche secondo in silenzio. Credeva ci volesse di più per ottenere l’aiuto e la collaborazione del suo partner.

«Grazie mamma»

«Non sto scherzando. Hai un aspetto di merda quindi fila a letto»

Dazai si alzò dallo sgabello e si diresse verso la camera. Poi si fermò di colpo.

«Grazie Chuuya. Dico davvero»

Il rosso restò spiazzato. Era uno sguardo che non sapeva decifrare quello che il moro gli stava mostrando in quel momento.

«Eh? Per cosa? Dal mio punto di vista, prima ti muovi ad andartene col tuo innamorato prima posso riavere il mio!».

Dazai sorrise tra se’ mentre apriva la porta della camera. Tra qualche giorno avrebbe finalmente rivisto Odasaku. Chuuya era dalla sua parte; sembrava tutto ancora troppo bello per essere reale. Come un sogno dal quale non voleva svegliarsi.


 


 


 


 


 


 


 


 

Note Autrice:

Sono ancora viva, non ho dimenticato o abbandonato questa storia, semplicemente quando trovo del tempo per mettermi a scrivere l’universo si diverte a distrarmi. Con calma aggiornerò mese dopo mese, capitolo dopo capitolo. Questa è una delle mie storie preferite tra tutte quelle di Bungou che ho scritto quindi ci tengo molto nel postare ogni capitolo al meglio XD Grazie a chi ha letto o leggerà questa storia e a chi l’ha messa tra le preferite/seguite/ricordate <3

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Capitolo 4
*** End of Joy ***


 

 

 

 

Il secondo giorno in quella nuova realtà era inizato in modo insolito. Dazai si era svegliato nell’appartamento che condivideva con Chuuya con il rosso addormentato accanto, in un groviglio disordinato di cuscini e lenzuola. Era bastata quell’insolita visione a fornigli una prova tangibile di quanto tutto fosse reale. In quel momento si trovava in un altro mondo per Odasaku, che non solo aveva scoperto essere ancora vivo, ma uno scrittore di successo. In quella realtà priva di Abilità Speciali, Dazai si era ritrovato anche fidanzato con il suo partner, ma questo era solo un dettaglio irrilevante, come il fatto che lavorasse ancora per la Port Mafia.

Con un balzo si era alzato ed era andato a fare colazione. Avvertiva un leggero cerchio alla testa dovuto al fatto di aver esagerato con il whisky la sera prima. Gettò uno sguardo distratto a Chuuya che si stava risvegliando proprio in quel momento, mentre recuperava in fretta una camicia pulita dall’armadio.

Avevano deciso di dormire nello stesso letto solo per una questione di praticità. Quello presente nella camera degli ospiti non era pronto e nessuno di loro si era scomodato a prepararlo. Dopotutto non si trattava certo della prima volta, era già capitato che dormissero insieme durante qualche missione, soprattutto quelle che si svolgevano sotto copertura. Ora però era una situazione diversa. Dazai lo sapeva, come del resto anche quel Chuuya. In quel mondo loro erano amanti, per quanto il moro cercasse di non pensarci era una verità impossibile da ignorare.

Per tutta la notte non si erano toccati, nemmeno per sbaglio. Erano rimasti ognuno nel proprio lato del letto. Congelati in quelle posizioni. Con la paura che anche solo un leggero sfiorarsi avesse potuto in qualche modo rompere il precario equilibrio che avevano creato.

Dazai si era addormentato a fatica dopo aver provato a formulare una qualche strategia da mettere in atto per avvicinare Odasaku mentre Chuuya; lui stava solo cercando di riordinare le idee.

In un impeto d’impulsività aveva accettato di aiutare quel Dazai. Aveva creduto subito ad una storia così assurda. Una volta a letto, però, ragionando a mente fredda, il rosso era stato assalito dai dubbi. Non era un comportamento da lui, aveva creduto alle parole di uno sconosciuto, di un altro Dazai; di quell’idiota che ora gli dormiva accanto, che aveva ammesso di trovarsi lì solo per salvare un altro uomo. Si chiese dove fosse il suo ragazzo e se stesse bene.

Secondo la spiegazione che l’idiota alternativo gli aveva fornito, il suo Dazai era solo stato momentaneamente sostituito da quel alter ego. Tutto sarebbe tornato al suo posto quando questi se ne fosse andato. Per quello aveva accettato di aiutarlo. Solo per quello. Non c’erano altre ragioni. Quando aprì un occhio non fu particolarmente sorpreso nel trovare quell’ idiota già sveglio e vestito.

«Dove stai andando? Avresti potuto dormire ancora per qualche ora»

Aveva la voce ancora impastata dal sonno, forse per questo gli era uscito un tono più dolce di quello che avrebbe voluto utilizzare. Dazai si limitò ad abbozzare un sorriso. Uno di quei sorrisi falsi, che con il tempo e gli anni Chuuya aveva imparato a riconoscere e smascherare.

«Mori-san mi ha dato solo un giorno di riposo no? Devo tornare al lavoro»

Il rosso si tirò a sedere, lanciandogli un’occhiata abbastanza scettica.

«Da quando sei diventato così diligente? Il Dazai che conosco non si presenterebbe mai in anticipo sul lavoro. Non vorrai che ti scoprano»

Il moro non smise un attimo di sorridere. Era strano vedere Chuuya cosi apertamente preoccupato per lui. Dazai sapeva che anche nel suo mondo il rosso era solito agitarsi per un nonnulla. Però non potè evitare di provare una strana sensazione all’altezza dello stomaco. Non sapeva davvero come descriverla. Da un lato era contento di aver trovato un alleato nel suo piano per riportare indietro Odasaku, dall’altro aveva paura potesse essere solo il preludio di altro, di un qualcosa che al momento sapeva di non essere pronto affrontare.

Aveva sempre sfruttato Chuuya, da quando erano ragazzini, anche questa volta non avrebbe fatto eccezione, soprattutto se la posta in palio era riavere Odasaku. Si limitò a muovere elegantemente un braccio come se stesse per spiegare un concetto troppo complicato a un bambino capriccioso.

«Non possono scoprirmi. Anche nel mio mondo sono un dirigente della Port Mafia. Credimi, so fare il mio lavoro»

«Il Boss mi ha ordinato di seguirti. È per la scenata che hai fatto nel suo ufficio. Ha intuito che gli stai nascondendo qualcosa. Sta attento».

Dopo quelle parole, Dazai si bloccò. Non si sarebbe mai abituato ad un Chuuya così apprensivo. Non aveva bisogno che gli venisse a elargire consigli. Quando Odasaku era morto nel suo mondo dove si trovava il suo partner? Dove era Chuuya quando aveva avuto più bisogno di lui?

Si limitò a lasciare la stanza, prese ciò che restava del caffè che aveva preparato e uscì dall’appartamento senza degnare il rosso di uno sguardo né di una risposta.

Chuuya non aveva mosso un muscolo. Dopo le sue ultime parole aveva capito di aver toccato un tasto dolente. Non conosceva quel Dazai, per quanto potessero essere simili quello non era il suo ragazzo, e prima lo avrebbe accettato, prima avrebbe potuto davvero aiutarlo. Si chiese cosa sarebbe successo se fosse capitato a lui.

Anche il suo Dazai avrebbe attraversato le dimensioni per riaverlo?

 

***

 

L’ex dirigente se l’era presa comoda. Aveva fatto la strada più lunga per raggiungere il Quartier Generale della Port Mafia. Si era ritrovato a passeggiare sul lungomare ripensando ai fatti delle ultime ore ma soprattutto a Odasaku; a come avrebbe reagito una volta che si sarebbe ritrovato a faccia a faccia con lui.

Rintracciare Oda si era rivelato più facile del previsto, e anche avvicinarlo non sarebbe stato troppo complicato. Doveva solo imbucarsi ad una serata benefica, aveva affrontato missioni decisamente più impegnative. Il vero problema però consisteva nel cosa dire a Odasaku. In quel mondo era un uomo normale, uno scrittore.

All’improvviso Dazai iniziò a vacillare. Non era così sicuro del proprio piano; e se quel Oda fosse stato completamente diverso da quello che ricordava? Era un’ipotesi da prendere in considerazione, dopotutto quelle realtà avevano risvolti imprevedibili. Chuuya si era rivelato abbastanza simile a quello presente nel suo mondo e, se si escludeva la parte in cui erano fidanzati, non aveva riscontrato particolari differenze. Anche il Boss sembrava essere lo stesso, almeno per quel poco che aveva trascorso in sua compagnia.

Al momento però non aveva voglia di spendere altro tempo per indagare, avrebbe pensato ai dettagli una volta che Odasaku sarebbe stato davanti a lui. Sapeva quanto potesse essere inutile preparare delle strategie. Con Oda i suoi piani non avevano mai funzionato, se lo avessero fatto, forse il suo amico non sarebbe morto.

Dazai si spostò un ciuffo ribelle di frangia di lato, doveva rimanere concentrato e non perdere di vista l’obiettivo. Ciò che lo maggiormente lo turbava in quel momento era di non riuscire a prevedere la propria di reazione. Il non sapere in che modo lui avrebbe potuto reagire alla vista di Odasaku. Non dopo che aveva stretto il suo corpo morente tra le braccia.

Con questi pensieri entrò nell’edificio principale della Port Mafia, forse lavorare lo avrebbe distratto un po'.

 

***

 

Quell’evento benefico si stava rivelando più affollato di quanto Dazai si sarebbe mai aspettato. Finalmente quel giorno era arrivato, avrebbe potuto incontrare l’Odasaku di quel mondo, parlargli. L’ex dirigente della Port Mafia era nervoso e continuava a spostare lo sguardo in tutte le direzioni sperando di scorgere la figura dell’amico fra la folla. Non era un comportamento da lui, e nonostante avesse previsto circa duecento scenari possibili per quel fatidico incontro, c’era qualcosa che gli impediva di rilassarsi completamente. Non era un presentimento, era più che altro una sensazione che non ne voleva sapere di abbandonarlo.

«Tieni. Bevi qualcosa e rilassati dannazione»

Chuuya era comparso al suo fianco e gli aveva messo fra le mani un flûte di champagne. Dazai lo bevve tutto d’un fiato ma non servì a nulla. Pensò a quanto fosse assurda quella situazione ma si chiese anche se il suo Odasaku avrebbe mai accettato di prendere parte ad un evento simile.

La paura di trovarsi difronte a uno sconosciuto era sempre più tangibile.

Ora che mancava poco all’incontro, una parte di lui voleva fuggire. Era una cosa irrazionale, del tutto priva di logica. L’ex dirigente in fondo sapeva bene che se in quel mondo non avesse funzionato Murray lo avrebbe facilmente trasportato in un’altra realtà.

Non era questo. Era lui.

Dazai desiderava solo concludere quella storia prima possibile.

Non voleva più sentirsi in quel modo, arrivare ad ubriacarsi praticamente ogni sera perché non riusciva a smettere di pensare alla morte di Oda.

La soluzione ideale sarebbe stata trovare l’amico al primo tentativo. Riportarlo indietro oppure, semplicemente, restare a vivere in quel mondo al suo fianco.

Non aveva parlato con nessuno di quell’ipotesi ma l’aveva da subito presa in considerazione. A conti fatti era più semplice per tutti se lui avesse deciso di rimanere in quel mondo piuttosto che convincere Odasaku a seguirlo.

Nella sua realtà non c’era nulla ad attenderlo.

Non vedeva futuro.

Non c’era niente a cui valesse la pena aggrapparsi.

Una vita senza Odasaku era vuota.

Sarebbe rimasto lì, avrebbe lasciato la Mafia, avrebbe fatto qualsiasi cosa. Tutto, pur di non provare di nuovo quel dolore. Strinse i pugni, giurando a se stesso che non lo avrebbe perso di nuovo.

Chuuya l’aveva osservato. Era rimasto in silenzio per tutto il tempo ma era riuscito a leggere nella mente di Dazai. A scorgere cosa lo tormentava. Sapeva che avrebbe fatto l’impossibile per riavere quel uomo nella sua vita, ormai l’aveva capito, non servivano ulteriori spiegazioni.

In quei pochi giorni trascorsi insieme a quel idiota alternativo aveva imparato a conoscerlo e studiarlo. A conti fatti non era troppo diverso dal suo Dazai. Era freddo, spietato e calcolatore. Ma anche egoista, sapeva che avrebbe sacrificato ogni cosa per salvare l’uomo che amava senza badare minimamente alle conseguenze. Aveva accettato di aiutarlo e non si sarebbe certo tirato indietro, tuttavia vederlo in quelle condizioni lo turbava.

Chuuya era presente ogni sera, quando Dazai si trascinava a letto ubriaco. Quando si agitava nel sonno, mormorando frasi sconnesse e il nome di quel dannato scrittore. Aveva visto il suo volto addormentato rigato dalle lacrime. Le sue mani stringere con forza le lenzuola. L’aveva osservato far finta di nulla al mattino. Correre al lavoro, come se volesse allontanarsi il più possibile da lui.

Scappare.

Gli sembrava di essere tornato indietro nel tempo, quando avevano quindici anni e non si fidavano ancora l’uno dell’altro. Quando non si conoscevano. In fondo però era così.

Loro non si conoscevano.

La verità dei fatti lo colse quasi di sorpresa. Sapeva che non doveva preoccuparsi troppo per quel ragazzo. Quel Dazai non era il suo fidanzato, non apparteneva a quel mondo, era un estraneo. Eppure i suoi comportamenti in qualche modo lo ferivano. Come il suo dolore.

A Chuuya semplicemente faceva male vedere Dazai in quello stato. Non gli importava se fosse o meno uno sconosciuto, non riusciva a rimanere impassibile difronte a tutta quella sofferenza. Per quello sperava con tutto il cuore di riuscire a trovare quel dannato scrittore. Voleva mettere anche lui la parola fine a quella storia.

In quei giorni avevano parlato poco. Dazai si era trincerato dietro un muro di silenzio, o forse era più coretto dire che si stavano evitando. Anche sul lavoro facevano il possibile per non incrociarsi. Qualcuno aveva iniziato a porsi qualche domanda, soprattutto il comportamento del moro stava iniziando a destare qualche sospetto; Dazai non aveva ucciso ne torturato nessuno. Si era chiuso nel suo ufficio e si era dedicato alle scartoffie, lasciando tutti a bocca aperta. I più coraggiosi avevano persino chiesto a Chuuya se avessero litigato. Con il passare del tempo stava diventando sempre più palese che quel Dazai non era il solito Dazai.

Il rosso sapeva che quella farsa non avrebbe retto a lungo. Dovevano risolvere tutto quella sera. Non avevano scelta.

Non avrebbe mai voluto trovarsi nella situazione di dover proteggere il moro dalla Port Mafia. Non era sicuro di come si sarebbe comportato o come si sarebbe schierato, ma non voleva scoprirlo.

Intercettò un cameriere e ordinò un altro bicchiere di vino. Sarebbe stata una lunga serata.

 

***

 

Col passare dei minuti Dazai si sentiva sempre più ansioso, oltre che frustrato. Non era ancora riuscito a scorgere la figura di Odasaku nonostante avesse già completato un paio di volte la perlustrazione dell’edificio.

La sua mente iniziava a formulare ipotesi: e se Oda non fosse fisicamente presente all’evento di quella sera? Era plausibile, dopotutto poteva sempre capitare un imprevisto, tendendo presente che il suo amico era una sorta di celebrità in quel mondo. Oppure si stava solo facendo attendere.

Era lui quello che fremeva d’impazienza. Aveva bisogno di vederlo, di sapere se quella folle idea avesse in qualche modo funzionato; se in quel mondo Odasaku fosse davvero ancora vivo.

Fece un lungo respiro, cercando di calmarsi per quanto gli potesse essere possibile in quel momento. Si sentiva teso e concentrato come quando si trovava in missione. Posò lentamente il bicchiere ormai vuoto su un tavolo a caso, e cercò con lo sguardo la figura di Chuuya che si stava muovendo rapido e sinuoso tra la folla attirando qualche sguardo un po’ troppo curioso. Non si stupì più di tanto, il suo partner stava bene vestito in quel modo, aveva un’eleganza innata. Certo, non possedeva un briciolo del suo charme ma poteva cavarsela egregiamente in una serata come quella, sempre se teneva a freno la lingua e sotto controllo l’assunzione di alcolici.

Si scambiarono un veloce sguardo d’intesa. Entrambi non avevano ancora trovato l’obiettivo.

Era passata quasi un’ora dal loro arrivo e di Odasaku nemmeno l’ombra. Ogni minuto trascorso l’umore di Dazai andava peggiorando. Chuuya si era dato alla macchia e ogni volta che il moro scorgeva il suo cappello tra la folla poteva notare come avesse sempre un bicchiere fra le mani. Forse dovevano semplicemente andarsene, e accettare che quell’operazione si fosse rivelata un buco nell’acqua.

Una volta a casa avrebbe escogitato un piano migliore.

Ancora perso nei suoi ragionamenti, Dazai aveva raggiunto la terrazza al piano superiore dell’edificio. Era un ampio balcone dove ci si poteva tranquillamente affacciare per godere di una vista mozzafiato sul centro della città di Yokohama. Per un attimo fu quasi tentato di gettarsi nel vuoto, poi la sua mente gli riportò le immagini di Odasaku e le sue ultime parole.

Morire sarebbe stato troppo facile.

Senza contare che non avrebbe risolto nulla.

Dazai aveva preso una decisione e sarebbe andato fino in fondo. Avrebbe trovato l’Odasaku scrittore, poi pensato alla mossa successiva, creando una strategia ex novo.

Non avrebbe sprecato l’opportunità che Ango gli aveva fornito. Ci sarebbero state altre occasioni per pensare al suicidio, in quel momento trovare Odasaku aveva la priorità su tutto.

Si stava ancora dondolando sul cornicione quando una voce lo riportò bruscamente alla realtà. L’avrebbe riconosciuta fra mille. Solo qualche giorno prima era certo che non avrebbe più avuto occasione di sentirla.

«Fai attenzione. Se ti sporgi troppo potresti cadere»

Dazai si bloccò di colpo. L’oggetto dei suoi pensieri era a qualche metro da lui e gli sorrideva.

«Odasaku»

Fu solo un sussurro quello che gli uscì dalle labbra. Dazai avrebbe voluto dire così tante cose in quel momento ma non riuscì a fare altro se non lasciarsi scappare quel soprannome. Lo scrittore si avvicinò di qualche passo fino ad appoggiarsi accanto a lui. Non diede segno di averlo sentito.

«È una città meravigliosa vero? Yokohama»

All’inizio il giovane dirigente non seppe come replicare. Non aveva previsto di incontrarlo. Non in quel modo o in quel momento. Si limitò a voltarsi nella sua direzione sfoderando il suo sorriso amichevole;

«Già lo penso anche io. Soprattutto di notte. È il momento della giornata che preferisco»

Fu il turno di Oda di voltarsi, mentre estraeva con nonchalance una sigaretta dal soprabito. La accese gustandosi la prima boccata. I suoi occhi però erano ancora fissi sulla figura del moro, come se lo stesse studiando.

«Hai ragione, l’oscurià ha sempre avuto un certo fascino»

Rispose dopo qualche minuto. Dazai pensò che in fondo quel Odasaku non fosse troppo diverso da quello che aveva conosciuto. Gli erano bastate poche parole e aveva avvertito dentro di sé una sensazione familiare, come se si trattasse dello stesso Oda che gli era morto tra le braccia qualche giorno prima. Come se stesse conversando di nuovo col suo amico.

«Ne parlerai nel tuo prossimo libro?»

Oda gli sorrise, facendo un altro tiro prima di rispondere;

«Può darsi, non so nemmeno se ne scriverò un altro»

Dazai non smise per un secondo di studiarlo, stava cercando di carpire più cose possibili su di lui, dettagli, cose che potevano sfuggire facilmente ad una prima occhiata.

Odasaku scrittore indossava abiti costosi ma la marca di sigarette era la stessa di quelle che fumava nel suo mondo; forse per quanto incredibile gli potesse sembrare certi dettagli restavano immutati.

Non doveva lasciarsi sviare, doveva mantenere la concentrazione, ricordarsi il perché lui si trovasse lì.

«Il tuo primo libro, non era male. Anche se ti confesso di non averlo letto tutto, ma solo un estratto»

Oda scoppiò a ridere facendo cadere la sigaretta per terra.

«Deduco che tu non sia un mio fan».

Dazai non potè fare a meno di rispondere con un sorriso imbarazzato, sapeva che doveva inventarsi qualcosa per giustificare la sua presenza a quell’evento. Disse la prima cosa che gli venne in mente, quando si trattava di Odasaku il suo cervello sembrava rallentato, non riusciva a ragionare con la solita lucidità.

«Sono con un amico. È lui che mi ha trascinato qui per un tuo autografo»

Odasaku gli lanciò un’occhiata curiosa ma sembrò accettare quella spiegazione.

«Penso che gli verrà un colpo quando gli dirò dove ci siamo incontrati» aggiunse continuando quella farsa. Per un istante si chiese dove fosse finito Chuuya, e sperò che non avesse esagerato con il vino. Era così contento di aver trovato Odasaku che non avrebbe permesso a niente e nessuno di rovinare tutto.

«Sono un essere umano normalissimo, non una celebrità»

Dazai venne nuovamente strappato dai suoi pensieri, non potendo non scorgere una punta d’imbarazzo dietro quelle parole. Eccolo li, l’Odasaku riservato che conosceva.

Quella poteva essere una realtà alternativa dove le Abilità non esistevano e loro non si erano mai incontrati, eppure aveva avuto un ulteriore prova a sostegno della sua ipotesi. Per quanto quei mondi potessero essere differenti certe cose non cambiavano mai, forse era l’essenza stessa delle persone a non mutare.

La loro anima.

Dazai non era certo di possederne una, ma aveva la certezza che quello che ora gli stesse davanti fosse Odasaku, o perlomeno come sarebbe potuto essere vivendo una vita senza poteri.

Avrebbe voluto continuare la conversazione quando una bellissima bionda s’intromise tra loro, andando a cingere il braccio di Odasaku e ignorandolo completamente.

Dazai sbattè le palpebre senza capire. Di solito era il primo a perdersi in complimenti quando una ragazza si avvicinava, ma in quel momento la presenza di quella donna e il modo in cui si avvinghiava ad Oda gli provocavano solo un senso di fastidio.

Avrebbe voluto che si allontanasse in fretta dal suo amico e che tornasse da dove era venuta.

In quel momento però l’uomo si voltò nella sua direzione, gli sorrise come per scusarsi, per poi seguire la sconosciuta dentro l’edificio.

«Scusa, ma sembra che io sia desiderato all’interno»

“Figurati»

Lo salutò, continuando a ostentare il più falso dei sorrisi. Avrebbe tanto voluto fare altro, dire dell’altro ma per il momento non era saggio scoprirsi troppo. C’erano ancora troppi dettagli sconosciuti in quella realtà. Ora che aveva la certezza che Odasaku fosse vivo però si sentiva leggero. Come se stesse respirando per la prima volta dopo giorni di apnea.

Avrebbe voluto abbracciarlo nel momento in cui se l’era trovato davanti, ma alla fine, Dazai aveva deciso di ripartire da zero. Avrebbe ricostruito l’amicizia con Odasaku.

Era la scelta migliore, la più logica. Un giorno forse gli avrebbe raccontato delle Abilità Speciali e del resto, o forse no. Ormai aveva preso la sua decisione: sarebbe rimasto in quel mondo.

Non sarebbe più tornato.

Non poteva.

Non avrebbe sopportato di separarsi di nuovo da Oda.

Si perse ancora per qualche istante ad osservare la figura dell’uomo lasciare il terrazzo, sempre tenendo sotto braccio la bionda. Non notò subito Chuuya, che nel frattempo lo aveva raggiunto.

«Così l’hai trovato eh?»

Disse dandogli una leggera gomitata. Era leggermente brillo ma non a livelli preoccupanti. Dazai però non rispose, stava già pensando alla mossa successiva, a come avvicinare nuovamente Odasaku.

«La moglie è proprio una bella pollastra»

Furono quelle parole a catalizzare l’attenzione del ex dirigente. Afferrò il partner per un polso. Non si preoccupò della stretta, forse troppo forte.

«Cosa hai appena detto?»

Chuuya alzò un sopracciglio curioso. Non protestò per quel trattamento né per la reazione del moro, ebbe solo un presentimento che lo fece sorridere.

«Moglie. Non dirmi che non sapevi che il tuo amico fosse sposato»

Per qualche secondo a Dazai mancò il fiato, tanto che dovette appoggiarsi alla ringhiera per non cadere a terra.

No. Non era possibile. Odasaku non poteva essersi sposato.

Si chiese come potesse essergli sfuggito un particolare simile. Era un’informazione che avrebbe dovuto trovare.

Dazai doveva ammettere di aver fatto un errore o più che altro di essersi distratto.

Era sempre così, quando Odasaku era coinvolto lui non riusciva a ragionare lucidamente, era come se il suo cervello fosse al 50% del suo potenziale, forse anche meno. Per questo non era stato in grado di prevedere il piano di Mori, di salvarlo dalla Mimic, dalla follia di Gide.

Per questo era morto, per la sua distrazione.

Chuuya si fece più vicino, Dazai stava per avere uno dei suoi crolli emotivi. L’aveva già visto accadere in quei giorni. Non avrebbe mai creduto che il suo compagno potesse spezzarsi in quel modo, evidentemente aveva sottovalutato cosa rappresentasse quello scrittore per lui. Nuovamente si chiese se anche il suo Dazai avrebbe sofferto tanto per lui. Cercò di aiutarlo a rialzarsi ma il moro lo spinse via.

«Sto bene. Ho solo bisogno di pensare»

«No, non stai bene. Forse è meglio se ce ne andiamo»

«No. Non ora. Ho trovato Odasaku, non posso andarmene»

«Ma ti senti quando parli? Cos’altro potresti fare?»

Dazai si alzò lentamente da terra, ripulendosi la giacca. Prese a camminare avanti e indietro. Chuuya lo osservava, era preoccupato per lui, ma in quel momento non sapeva cosa avrebbe potuto fare per aiutarlo.

«Entriamo e teniamolo d’occhio»

Disse il moro dopo interminabili minuti di silenzio.

«Io controllerò la moglie e indagherò su di lei. Tu non perdere di vista Odasaku».

Chuuya avrebbe voluto replicare o esternare le sue perplessità. Sapeva che Dazai in quel momento si stava arrampicando sugli specchi, in un disperato tentativo di salvare il salvabile, quando sarebbe stato più facile per tutti se si fosse arreso. Se per quella volta avesse lasciato perdere.

Al rosso però non era sfugguto quello sguardo.

Non aveva fiatato. Non si era mosso.

Per un attimo gli era parso di avere davanti agli occhi il Dazai quindicenne, l’assassino spietato che non conosceva la differenza tra amici o nemici, bene o male. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per riavere quello scrittore, Chuuya lo sapeva, eppure una parte di lui faticava ancora ad accettarlo. Ad accettare un Dazai cosi simile ma allo stesso tempo diverso da quello che conosceva e amava. Eppure gli aveva offerto aiuto, si era lasciato coinvolgere in quell’assurda vicenda. Ogni Dazai riusciva a rigirarselo come voleva o forse era semplicemente lui che non era in grado ad opporsi al suo partner.

Rientrò nel edificio, individuando subito Oda. Si appoggiò ad una colonna, recuperando un altro bicchiere di vino, maledicendo se stesso e tutta quella situazione.

Dazai aveva atteso qualche minuto prima di rientrare, aveva iniziato una veloce ricerca in rete dal suo cellulare. Effettivamente il web era pieno di notizie su Odasaku e la sua bellissima consorte. Trovò numerose copertine di gossip e anche foto del loro matrimonio.

Il giovane dirigente smise di leggere.

Faceva male, troppo male vedere Oda sorridere in quel modo a qualcun altro.

Non doveva esserne così sorpeso, Odasaku era molto attraente, poteva prevedere che fosse sposato. Invece nella sua ricerca di notizie si era focalizzato solo sul lavoro. Gli venne da ridere, non era da lui commettere errori così grossolani, nemmeno un novellino avrebbe tralasciato un particolare così importante. Si rimise il telefono in tasca, stava rientrando nel salone quando non potè fare a meno di incappare in una strana conversazione;

«Quindi abbiamo un accordo vero?»

Era la voce della moglie di Odasaku.

«Certo mia cara, i soldi verranno trasferiti sul tuo conto in mattinata»

La donna alzò il bicchiere proponendo un brindisi.

«Non vedo l’ora che questa farsa abbia fine. Oda-kun ha un bel faccino ma è così noioso, con quella sua fissazione di aiutare gli orfani»

L’uomo, di cui Dazai non riusciva a scorgere il volto, scoppiò a ridere.

«Hai scelto tu il pollo da spennare, sapevi a cosa andavi incontro quando l’hai sposato»

«Ero giovane e ingenua, soprattutto abbaggliata da quei muscoli»

Dazai strinse i pugni. Oda era stato ingannato. Doveva assolutamente scoprire cosa avesse in mente quella donna, prima che fosse troppo tardi.

Aveva un brutto presentimento.

«Bè in qualsiasi caso tra nemmeno ventiquattro ore sarà tutto finito»

Aveva sentito abbastanza, doveva correre ad avvisare Odasaku.

Maledisse Chuuya per avergli impedito di portare armi, avrebbe potuto risolvere la situazione a modo suo e sarebbe andato tutto bene.

Gli tornarono alla mente le ultime parole di Oda.

Sarebbe davvero riuscito a premere il grilletto?

Non poteva saperlo. Quello che sapeva era che Odasaku non era al sicuro.

Entrò quasi correndo nel salone individuando subito la figura dello scrittore, era circondato da molte persone, per il momento non aveva di che preoccuparsi. La conversazione che aveva origliato però lo turbava, cosa aveva in mente quella donna? Voleva davvero sbarazzarsi del marito o era lui ad aver travisato la situazione?

Chuuya lo raggiunse.

«E ora si può sapere perché hai quella faccia? Ok è sposato, non è la fine del mondo»

«La moglie vuole farlo fuori» rispose pacatamente non distogliendo gli occhi dalla figura di Odasaku.

«Stai scherzando?»

«Sono serissimo. Ho origliato una conversazione poco fa».

Chuuya finì l’ennesimo bicchiere di vino.

«Bene. Allora che hai intenzione di fare? Uccidiamo la moglie?»

Dazai non potè evitare di sorridere nonostante la tensione di quel momento.

«L’avrei già fatto se qualcuno non mi avesse impedito di portare armi»

«Esistono molti modi per ammazzare qualcuno signor dirigente»

Dazai dovette ingoiare il rospo e ammettere che Chuuya aveva ragione.

All’ingresso erano passati sotto ad un metal detector quindi anche la moglie di Oda non poteva avere armi con sé. Forse si era immaginato tutto, forse la vita dello scrittore non era realmente in pericolo. Si passò una mano sul volto, era stanco ma non poteva permettersi di perdere di vista Odasaku.

Notò la donna avvicinarsi a lui e prenderlo sottobraccio. Chuuya seguì il suo sguardo. Poteva intuire lo stato d’animo di Dazai, non doveva essere facile per lui quella situazione, come pure il trattenersi dall’ammazzare quella donna. Provò ad aiutarlo avvinghiandosi a lui. Dazai fece per scostarsi;

«Che stai facendo?»

«Andiamo a prendere qualcosa da bere, hai bisogno di rilassarti, così potrai tornare a ragionare lucidamente. Ora sei troppo teso, se vuoi veramente aiutare Odasaku devi prima calmarti»

Per la seconda volta nel giro di pochi minuti Chuuya lo aveva zittito. Dazai si lasciò trasportare verso il buffet dove prese un bicchiere di vino. Per quanto potesse essere seccate, doveva ammettere che rosso aveva ragione, per l’ennesima volta quella sera. Già dopo il primo sorso stava iniziando a pensare con più calma e analizzato la situazione.

Odasaku era un personaggio pubblico, uno scrittore di successo, doveva avere molti soldi, motivo per cui la moglie poteva desiderare la sua scomparsa. Probabilmente sarebbe stata lei l’erede di quella fortuna.

In vita sua, Dazai aveva ucciso per molto meno. Non capiva perché quella scoperta lo avesse così sorpeso, o forse era stato il venir a conoscenza dell’esistenza di una moglie a turbarlo tanto da non riuscire a pensare ad altro.

Terminò il bicchiere e ne prese subito un altro. Per tutto il tempo Chuuya gli era rimasto accanto, in silenzio e aveva sorvegiato Odasaku.

«Il tuo amico appena finito di parlare col sindaco, ora sta nuovamente uscendo sul terrazzo. Muoviti e va da lui»

Disse, levandogli dalle mani il secondo bicchiere. Dazai non se lo fece ripetere. Ritornò sul balcone dove Odasaku si era appena acceso una sigaretta e fissava il panorama. Non appena lo sentì avvicinarsi si voltò, salutandolo con un sorriso;

«Avevo nuovamente bisogno di una boccata d’aria»

«Immaginavo che uno come te si sarebbe rovato a disagio ad una serata come questa»

«Hai immaginato correttamente. Sono un personaggio famoso, ho accettato solo perché il ricavato di stasera andrà a un orfanatrofio; ne ho parlato con il sindaco poco fa»

A Dazai venne quasi da sorridere. Odasaku era sempre lo stesso, sempre pronto ad aiutare gli orfani o chi era in difficoltà. Erano così diversi, eppure, non sapeva come, ma in qualche modo Oda era diventato indispensabile per lui, tanto da tentare l’impossibile per salvarlo.

«Sei sempre stato una persona interessante. Tu cerchi sempre di aiutare le persone»

Oda era confuso ma non si scompose, fece un tiro di sigaretta prima di proseguire;

«Anche io ero un orfano. Sono solo stato fortunato. Tutto qui. Cerco di fare ciò che posso per aiutare chi ne ha bisogno, credo che tutti possano essere salvati e sperare in futuro migliore»

«Se ti dicessi che sono un assassino?»

Oda si voltò a guardarlo prima di scoppiare a ridere.

«Non ti crederei»

«Lo so forse il mio aspetto può trarre in inganno, ma ti assicuro che non sto mentendo, sono stato uno dei dirigenti più spietati nella storia della Port Mafia, ho ordinato la morte di tantissime persone e torturate altrettante. Il mio sangue è nero come la mia anima»

Odasasku si appoggiò meglio sul parapetto ultimando la sigaretta, aveva assunto il suo solito sguardo calmo e comprensivo. Dazai lo trovò per un istante così familiare, come se quel uomo fosse l’Oda di sempre.

«Chiamala deformazione professionale ma nel tuo discorso hai usato il tempo passato. Ciò significa che ora non fai più queste cose»

«Un mio amico, anche se definirlo così è riduttivo, è morto. Gli ho promesso che avrei cambiato vita, che sarei stato dalla parte di chi salva le persone. Lui aveva ragione, per me bene, male, buono, cattivo non vedo alcuna differenza. Ho sempre desiderato conoscere la morte per poter dare un significato all’esistenza, anche se ormai penso che la sua scomparsa mi abbia cambiato. Hai ragione ho usato il passato, semplicemente perché non posso più essere un assassino».

Oda lo aveva osservato per tutto il tempo, Dazai era a qualche passo da lui, eppure gli sembrava così distante, come se la sua mente fosse altrove;

«Sei un bravo ragazzo e sono sicuro che anche il tuo amico lo sapesse, per questo ti ha strappato quella promessa»

Dazai si voltò, fissandolo per qualche minuto con un’espressione meditabonda.

«Ero innamorato di lui sai? Del mio amico. O almeno credo. Non lo so nemmeno io, so solo che è morto prima che potessi capirlo, che potessi dirglielo»

Odasaku mantenne il suo solito sguardo comprensivo, la sua espressione non cambiò di una virgola.

«Sono certo che lui sapesse quanto fosse importante per te»

Quelle parole facevano così male, forse perché a pronunciarle era proprio Odasaku. Quello scrittore non poteva certo sapere che Dazai si stava riferendo a lui.

«Tu ami tua moglie vero?»

Per un attimo Oda parve confuso, il ragazzo aveva cambiato completamente argomento e atteggiamento in un battito di ciglia, non se lo aspettava. Era una continua sorpresa. Si limitò a sorridere.

«Certo che la amo»

«E se ti dicessi che vuole ucciderti»

Anche questa volta Odasaku scoppiò a ridere. Dazai proseguì;

«Ti fidi davvero di lei?»

«Certo» rispose tranquillo

«Non sto scherzando, penso davvero che tua moglie voglia ucciderti Odasaku»

Si scambiarono un lungo sguardo e per la prima volta Oda assunse un atteggiamento diverso;

«Come mi hai chiamato? Senti, non so davvero chi tu sia o cosa tu voglia ma...»

Non riuscì a concludere la frase che improvvisamente si sentì mancare il fiato, si portò entrambe le mani al collo cercando di allentare un po' il nodo della cravatta.

Dazai si precipitò subito ad aiutarlo, anche se dopo una prima occhiava aveva già dedotto cosa stava succedendo: veleno, qualcuno lo aveva avvelenato. Il moro non potè fare altro che inginocchiarsi, cercando di sorreggere Odasaku che dopo interminabili minuti spirò nuovamente tra le sue braccia.

Quando Chuuya raggiunse il terrazzo trovò Dazai a terra mentre abbracciava il corpo senza vita dello scrittore. Controllò che non ci fosse nessuno, prima di avvicinarsi;

«Che diavolo è successo?» chiese inginocchiandosi accanto ai due e controllando il polso dell’uomo. Come aveva temuto non c’era battito.

L’ex dirigente non dava alcun segno di averlo sentito, pensava solo a stringere Oda a sé.

Non piangeva, ormai aveva esaurito le lacrime, aveva già sofferto per la morte di quell’uomo, vederlo spirare per una seconda volta era semplicemente troppo.

Dazai era andato in quel mondo per ritrovarlo, non per perderlo di nuovo.

Si perse qualche minuto a fissare la manica della sua camicia, il polsino era lievemente imbattato di sangue, come le bende sotto di esso. Il parallelismo con la prima morte tornò a prendere possesso della mente del moro, si prese il volto con entrambe le mani.

Non doveva crollare.

Non poteva crollare.

Avrebbe trovato i responsabili, poi sarebbe tornato nel suo mondo. Aveva solo fallito il primo tentativo, Ango gli aveva assicurato che Murray poteva ricreare ucronie infinite.

Non poteva arrendersi.

Osservò ancora per qualche minuto il volto di Oda poi finalmente alzò lo sguardo. Non in direzione di Chuuya che stava ancora cercando di parlargli, ma verso la città di Yokohama. Si alzò lentamente fino a raggiungere il parapetto, avrebbe potuto scavalcarlo e gettarsi nel vuoto.

Per anni aveva cercato di compiere un suicidio perfetto e quanto più indolore possibile ma ora nulla aveva importanza; continuare a vivere senza Odasaku era di per sé una sofferenza. Dazai non era preparato, non riusciva a gestire tutte queste emozioni che lo stavano investendo. Morire sarebbe stata la soluzione più facile. Fece per sporgersi quando si sentì afferrare per il colletto della camicia.

«Si può sapere che cazzo ti sta passando per quel tuo cervello bacato? Se vuoi buttarti fa pure ma fallo dopo essere tornato nel tuo mondo»

Dazai sembrò accorgersi solo in quel momento della presenza di Chuuya. Si autodiagnosticò uno stato di shock. Non poteva essere altrimenti. La seconda morte di Oda lo aveva brevemente dissociato dalla realtà, doveva riprendersi e riprendere il controllo della situazione. Il rosso lo afferrò più saldamente;

«Muoviti. Sta per arrivare qualcuno. Quando troveranno il corpo succederà un casino, dobbiamo andarcene»

«Aspetta»

«Ah? Perchè?»

«Prima voglio farla pagare ai responsabili»

Qualsiasi protesta morì sulle labbra di Chuuya quando incrociò lo sguardo del partner. C’erano momenti, come quello, quando Dazai mostrava il suo volto più oscuro. Il rosso sapeva che non si sarebbe fermato, che già aveva preso una decisione. Per un secondo ebbe quasi pietà di quei poveri malcapitati che si erano fatti in Dazai un nemico.

Entrarono nel salone mescolandosi tra la folla. Si tenevano per mano. Poi ad un certo punto il moro fermò la sua corsa.

«Tu va a casa» disse, anche se alle orecchie di Chuuya quello sembrò essere un ordine che non ammetteva repliche.

«Che cazzo hai in mente?»

«La moglie. Ha avvelenato lei Odasaku. La obbligherò a confessare tutto e l’affiderò alla polizia»

Chuuya alzò un sopracciglio scettico.

«Vorrei tanto ucciderla ma non posso. Odasaku la amava, non me lo perdonerebbe mai»

Il rosso avvertì una fitta in pieno petto dopo aver ascoltato quelle parole. Oda Sakunosuke doveva aver qualcosa di speciale per influire così tanto sul comportamento del altro. Fece come detto, con la sola magra consolazione che quello non fosse il suo ragazzo ma un Dazai di una realtà alternativa.

Vide con la coda dell’occhio il moro andare incontro alla bionda, iniziando a lusingarla. Non volle assistere ad altro. Ne aveva avuto abbastanza.

 

***

 

Il giorno dopo tutte le principali testate riportavano in prima pagina la notizia della tragica scomparsa del famoso scrittore Oda Sakunosuke.

Chuuya stava bevendo un caffè mentre osservava la figura di Dazai ancora addormentato sul divano del soggiorno. Non lo aveva sentito rientrare, era rimasto sveglio ad aspettarlo ma evidentemente il moro doveva essere rincasato di primo mattino. Il rosso aveva raccolto un paio di bottiglie di birra dal pavimento e anche qualche pastiglia di dubbia provenienza. Poi si era limitato a coprire il ragazzo con una coperta.

Era una sofferenza vederlo in quello stato, e sapere che non aveva potuto fare molto per aiutarlo era ancora più frustante. Dazai si svegliò poco dopo raggiungendolo in cucina.

«Come sei riuscito a farla confessare?»

Domandò distrattamente allungandogli una tazza di caffè.

«Ma come Chibi non conosci i miei metodi di persuasione? Il Dazai di questo mondo deve essere deludente»

Chuuya non potè evitare di arrossire, conosceva perfettamente il moro, sapeva di cosa era capace. Decise di sviare l’argomento;

«Cosa pensi di fare ora?»

Dazai finì di bere con calma, per poi posare la tazza sul tavolo.

«Userò la mia Abilità di annullamento e tornerò nella mia dimensione originale. Una volta lì ripartirò per un altro mondo dove Odasaku è ancora vivo»

«Non vuoi proprio arrenderti eh?»

«Non posso arrendermi. Questo è semplicemente troppo» e indicò il giornale su cui spiccava la foto di Oda circondata dalle parole: tragicamente scomparso.

«Bene allora penso che questo sia un addio, Dazai alternativo»

Il moro non sapeva bene come reagire, si era solo approfittato di Chuuya, come sempre il suo partner si era affidato a lui senza riserve ed ora lo salutava con un sorriso.

Dazai aveva sempre saputo dentro di sé che Chuuya era il lato umano dell’invincibile Soukoku, e anche in quella paradossale situazione lo stava dimostrando, si stava dimostrando migliore di lui.

Senza rifletterci molto allungò una mano per stringere quella che il partner gli stava porgendo e poi attivò No Longer Human. Non appena il suo potere iniziò a scaturire Chuuya si avvicinò a lui. Dazai sentì lievemente le labbra dell’altro poggiarsi sulle sue, fu solo un tocco leggero, quasi impercettibile, che tuttavia riuscì a scaldarlo e distrarlo dal baratro dei suoi pensieri.

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Capitolo 5
*** Another World ***


Questo capitolo partecipa al Cow-t 11 – Sesta Settimana M3 – 009 I imagine death so much it feels more like a memory

 

 

 

 

 

La prima realtà alternativa che aveva visitato era stata un totale fallimento. Erano stati questi i pensieri di Dazai dopo essere rincasato. Aveva deciso di vendicarsi facendo arrestare la moglie dell’Odasaku scrittore. Risparmiando così la donna che gli aveva portato via, per la seconda volta nel giro di pochi giorni, l’amico. A stento si riconosceva. Si sentiva così stanco, sia fisicamente che psicologicamente ma non poteva né voleva arrendersi. Doveva solo riuscire a smettere di pensare. Più facile a dirsi che a farsi.

Perdere di nuovo Odasaku lo aveva destabilizzato. La prima volta era stato terribile ma riviverlo se possibile era ancora peggio.

Prima di tornare nel appartamento che condivideva con Chuuya era passato in un konbini. Aveva acquistato un paio di birre e dei sonniferi, sapeva che non sarebbe riuscito a chiudere occhio senza una di quelle due cose.

Riconobbe subito l’esile figura del suo partner, addormentato su di una delle poltrone del soggiorno. Doveva essere crollato per la stanchezza mentre attendeva il suo ritorno.

Dazai non riuscì proprio a far finta di nulla, non quella volta. Prese una coperta e gliela mise sulle spalle.

Chuuya sapeva essere insopportabile e aveva innumerevoli difetti che non aveva voglia ne tempo di elencare, ma in quell’occasione non poteva negare che il suo aiuto fosse stato prezioso. L’ex dirigente lo aveva usato, come sempre, eppure il rosso era rimasto al suo fianco, dimostrandosi anche in quella realtà, un partner affidabile.

Dazai sapeva che prima o poi avrebbe dovuto mettere ordine tra i suoi pensieri, soprattutto dare un nome o una definizione a quello che lo legava al possessore di Arahabaki.

Però non in quel momento.

Ora doveva solo riposare, recuperare le forze per tornare nella sua realtà, per poi ripartire.

Un nuovo mondo, un nuovo Odasaku.

Fece per chiudere gli occhi. Come ogni volta la sua mente gli ripropose i flashback della prima morte di Oda, vividi e attuali; ai quali questa volta si sovrapponevano quelli della seconda, avvenuta solo qualche ora prima.

Dazai aprì una lattina di birra e ingoiò una manciata di pillole asciugandosi la bocca con la manica della camicia. Notò solo in quel momento che il polsino era ancora macchiato di sangue. Si spogliò velocemente, gettando l’indumento a terra e prendendo qualcosa di simile dal armadio della camera.

Si sentiva le palpebre pesanti, segno che finalmente il sonnifero stava sortendo l’effetto sperato. Fece appena in tempo a raggiungere il divano prima di crollare definitivamente.

Quando riaprì gli occhi era mattino inoltrato e Chuuya aveva già preparato colazione, per entrambi. Parlarono poco, in fondo non c’era molto che potessero dirsi.

Dazai aveva notato qualcosa di strano nello sguardo del più piccolo ma non se ne fece un problema, provò come sempre a stuzzicarlo.

Non voleva un addio melenso, strappalacrime e lui decisamente non era fatto per quel genere di cose. Anche nel suo mondo se n’era semplicemente andato.

Era più facile agire in questo modo; evitare le situazioni spiacevoli, i sentimenti scomodi.

Tuttavia allungò una mano con a chiara intenzione di stringere quella del suo partner.

Avevano lavorato bene, in qualche modo sentiva di doverlo ringraziare. Dazai sapeva comportarsi da persona matura quando la situazione lo richiedeva.

Per questo rimase sorpreso dal ricevere quel bacio da parte Chuuya. Non era nemmeno sicuro si trattasse di un vero e proprio bacio; aveva solo avvertito un leggero sfiorarsi di labbra, prima di ritrovarsi davanti nuovamente i volti di Ango e Murray.

L’ex dirigente non poté fare altro che sbattere le palpebre confuso. Si portò una mano sulle labbra, cercando di riordinare le idee, con ancora il ricordo di quel contatto effimero. Si grattò distrattamente la nuca non potendo impedirsi di sbuffare platealmente contrariato.

I due uomini restarono a fissarlo per qualche minuto. Fu Ango il primo a rivolgergli la parola;

«Quindi, non ha funzionato?» chiese altalenando lo sguardo da Dazai a Murray, che in quel momento sembrava sorpreso quasi quanto lui e sul punto di mettersi a piangere.

«Certo che ha funzionato. Sono stato via per quasi una settimana. Ora scusatemi ma ho bisogno di riposare»

Rispose il moro facendo per andarsene. L’impiegato però fu più veloce e riuscì ad afferrarlo prima che potesse allontanarsi troppo;

«Prima voglio essere informato su ciò che è successo. Dazai-kun, per noi sei scomparso solo per qualche secondo»

Dazai si dimenò quel tanto che bastava per liberarsi dalla presa. Finirono con lo scambiarsi una lunga occhiata che valeva molto più di mille parole.

Doveva essere successo qualcosa in quel mondo, Ango ne aveva la certezza, e per quanto desiderasse ardentemente delle risposte dovette arrendersi di fronte alla durezza di quello sguardo. Proprio perché conosceva così bene l’ormai ex amico decise di non insistere.

In cuor suo, teneva ancora molto a Dazai, anzi, si sentiva responsabile per ciò che gli stava succedendo. Ango aveva già pianificato a come usare le sue conoscenze per occultare tutti i file scomodi sul passato del giovane dirigente. Quando aveva appreso della sua decisione di lasciare la Port Mafia aveva iniziato ad insabbiare quanto possibile.

Glielo doveva, come lo doveva a Odasaku.

Sapeva che il loro amico non lo avrebbe mai perdonato se avesse abbandonato Dazai, soprattutto ora, quando ne aveva più bisogno.

Ango non avrebbe rinnegato il tempo trascorso in loro compagnia. La loro amicizia era stata l’unica nota vera in tutta quella storia. Non era sicuro di voler sapere quale tipo di sentimento legasse i propri amici ma avrebbe fatto ogni cosa per espiare la propria colpa.

Il giovane impiegato governativo non si era ancora recato sulla tomba di Oda, sapeva di non essere ancora pronto per quello, prima desiderava ricevere il perdono di Dazai. Era bastata però una sola occhiata durante il loro primo incontro, giorni prima, per capire che la strada per ottenerlo non sarebbe stata facile, ma non si sarebbe arreso.

«Va pure». Concluse sistemandosi meglio gli occhiali sul naso.

«Domani però pretendo di ricevere un riassunto dettagliato di quanto è successo in quel mondo»

Dazai lo liquidò con un leggero movimento della mano, come se stesse scacciando un insetto fastidioso.

Quando fu abbastanza lontano Murray riprese a respirare; aveva trattenuto il fiato per tutto il tempo. Nessuno era mai tornato dalle sue dimensioni alternative, quel ragazzino era il primo. Si voltò verso Ango; sapeva che anche quel quattrocchi non andava sottovalutato. Si era invischiato proprio in una bella situazione e non aveva idea di come uscirne.

«Dazai-kun è davvero incredibile» ammise, volendo solo riempire quel imbarazzante silenzio che era calato dopo l’uscita di scena del moro.

«Già, ma questo non è niente. Spero che si riprenda preso. Murray-san penso che per oggi abbiamo finito. Grazie per il tuo duro lavoro. Ci rivediamo domani alla stessa ora»

«Pensate che voglia partire per un altro mondo?» domandò non riuscendo a nascondere la propria curiosità mista a perplessità;

«Ne sono certo. Continuerà a provare fino a quando non avrà raggiunto il suo obiettivo».

 

***

 

«Interessante»

Fu l’unico commento di Ango dopo aver concluso la lettura del resoconto scritto da Dazai su quel primo mondo alternativo. Si sistemò meglio gli occhiali, prima di riprendere a parlare;

«Una realtà senza Abilità Speciali. Dove tu eri nella Port Mafia e Odasaku-san era uno scrittore di successo. Stento quasi a crederci»

«Eppure era proprio così»

Fu la risposta monocorde di Dazai, quasi ironica.

Dopo che si era congedato dai due aveva fatto una lunga camminata, sentiva il bisogno di schiarirsi le idee. Non si era allontanato troppo dall’alloggio che Ango aveva messo a sua disposizione durante quei giorni. L’idea di tornare al suo vecchio appartamento non l’aveva nemmeno sfiorato. Era concentrato sul suo prossimo obiettivo, una nuova realtà e questa volta, non sarebbe in alcun modo arrivato impreparato.

Invece che riposare, Dazai aveva trascorso tutta la notte alla ricerca di notizie su Oda, qualsiasi cosa che potesse rivelarsi utile anche in un altro mondo. Scoprì, per esempio, che in passato il suo amico era stato un cecchino. Molte cose acquisirono un senso, come la sua scelta di non uccidere.

Avrebbe tanto voluto poter parlare con Odasaku del suo passato. Aveva così tante cose da chiedergli.

Domande che non avrebbero mai trovato una risposta.

Si prese il volto tra le mani. Il suo Oda era morto, non poteva avere pensieri del genere, l’indomani avrebbe usato il potere di Murray e raggiunto un’altra realtà alternativa. Forse avrebbe dovuto ripartire daccapo o forse no, non poteva saperlo.

Doveva solo andare avanti.

Prima o poi avrebbe trovato un mondo in cui Odasaku poteva sopravvivere.

Decise di preparare una relazione su quella prima prima realtà più per se stesso, che per Ango. Rivedere a mente lucida i fatti che lo avevano condotto verso la seconda scomparsa dell’amico forse avrebbe potuto evitargli d’incappare negli stessi errori.

Era una decisione puramente razionale.

Non appena ebbe finito, Dazai scoprì di aver completamente omesso la parte in cui lui si trovava ad avere una relazione con Chuuya. Bé era un dettaglio di poca importanza, soprattutto per uno come Ango. Forse perché in fondo, faticava ancora a concepire l’idea di lui e il rosso insieme in quel senso. Ripensò ai baci di Chuuya, alla sua bocca tra le proprie gambe. Si alzò di scatto in piedi correndo in bagno, mettendo la testa sotto un getto d’acqua freddo. Non doveva pensare a quelle cose, doveva concentrarsi su Odasaku.

Aveva passato la notte come al solito, stordendosi con alcol nel tentativo di smettere di pensare a Oda e alla sua morte. Al mattino non appena si era ritrovato di fronte ad Ango e Murray, aveva semplicemente consegnato all’impiegato la relazione che aveva tra le mani, limitandosi a borbottare un “leggi”. Poi si era seduto scompostamente su una poltrona, attendendo con fare annoiato qualsiasi commento.

«Sei davvero sicuro di voler ripartire così presto per un’altra realtà Dazai-kun? Magari preferiresti prenderti qualche giorno per riposare»

Il moro si alzò di scatto, fino ad arrivargli ad una spanna dal volto. L’impiegato governativo si trovò a fare un passo indietro, quasi spaventato da quel repentino cambio d’atteggiamento.

«Non posso riposare Ango. Non ci riesco. Lo salverò fidati di me»

Già, ma chi salverà te?

Fu il solo pensiero dell’altro quando vide Dazai svanire davanti ai suoi occhi grazie all’abilità di Murray.

 

***

 

Come per la realtà precedente, l’ex dirigente della Port Mafia si svegliò esattamente nel luogo dove il suo alter ego doveva essersi addormentato; peccato che questa volta non ci fosse nulla di familiare.

Dazai non riconosceva quell’ambiente, anzi era sicuro di non esserci mai stato prima.

Si trovò per qualche secondo disorientato, sembrava essere un ufficio. Si, si era addormentato sul divanetto di un ufficio.

Decise di mettersi a sedere controllando il suo abbigliamento e cercando con una prima rapida occhiata di carpire più informazioni possibili su quel secondo mondo alternativo. Dopo qualche minuto dovette interrompere quell’indagine approssimativa. Si bloccò nel udire il rumore di una porta aprirsi e venendo investito dal suono di telefoni e stampanti.

Dazai però non fece in tempo ad interrogarsi su altro perché tutta la sua attenzione venne catturata dalla figura di Odasaku, che in quel momento, dopo essere entrato nella stanza, si stava dirigendo verso di lui.

«Non dirmi che ti sei di nuovo addormentato sul divano? Hai fatto le ore piccole ieri? Mi sento in colpa ad averti chiesto tutte quelle informazioni»

Dazai si alzò di scatto correndo subito verso rosso abbracciandolo.

Non aveva potuto trattenersi, sembrava un sogno. Non riusciva quasi a credere di aver già trovato Odasaku. Questo andava contro ogni sua più rosea previsione.

Il rosso lo lasciò fare, alzando gli occhi al cielo, come se fosse abituato ad aver a che fare con gli strani comportamenti del più giovane e quella reazione fosse perfettamente normale.

«Non dirmi che ti sono mancato solo perché non ci vediamo da un paio di giorni» scherzò scompigliandogli i capelli.

Dazai scosse la testa, lasciando a malincuore la presa e facendo qualche passo indietro.

«Allora, sei riuscito a risolvere il caso?»

Odasaku lo sorpassò per andare a sedersi sul divano. Recuperò al volo dei documenti che il moro nella foga del momento aveva fatto cadere a terra. Il suo alter ego doveva aver lavorato su quelle carte prima di assopirsi e lui le aveva appena sparpagliate ovunque.

Dazai sperò solo che l’altro se stesso avesse per davvero risolto quel caso, di cui ovviamente lui non sapeva nulla.

Restò ad osservare Oda, mentre sfogliava il tutto, studiando ogni minima espressione che faceva capolino sul viso dell’altro. Quando il rosso appoggiò le carte e abbozzò un sorriso, Dazai riprese a respirare.

«Ottimo lavoro come sempre. Vieni andiamo a mostrarle al Presidente»

Il più giovane non ebbe modo di replicare perché il rosso si era già alzato ed era corso nel corridoio. Lo seguì. Lesse velocemente una targa commemorativa intitolata all’Agenzia dei Detective Armati; dunque era quello il suo lavoro? In quella realtà lui e Odasaku erano dei detective?

Non poté evitare di sorridere. In fondo se Oda era vivo nient’altro aveva importanza, avrebbe sopportato qualsiasi lavoro se il prezzo fosse stato la sopravvivenza del amico.

Mentre lo seguiva continuava ad ispezionare l’ambiente. Non era niente di particolare, un ufficio normalissimo, ma gli impiegati di quell’Agenzia erano tutti dipendenti della Port Mafia, esattamente come un tempo lo erano stati lui e Odasaku. Dazai era certo di aver scorto fugacemente Gin Akutagawa fare delle fotocopie e consegnarle a Tachihara. Per non parlare di Hirotsu che conversava al telefono seduto dietro ad una scrivania, una sigaretta sempre tra le labbra.

Erano scene surreali, alle quali Dazai non si sarebbe mai aspettato di dover assistere, ma in fondo era pur sempre in una realtà alternativa. Pensò che non gli sarebbe dispiaciuto vedere pure Chuuya in versione impiegato, per poi scoppiare a ridere al pensiero che, piccolo com’era, sarebbe rimasto completamente nascosto dietro al pc.

Mori-san era nel suo ufficio, quando Dazai lo vide cercò di non mostrare in alcun modo la sua sorpresa. Il Boss, non sembrava l’uomo che conosceva; per prima cosa non indossava il suo solito completo ne tanto meno il camice da medico, ma un vestito tradizionale giapponese.

Era surreale vederlo abbigliato in quel modo. Pure Elise, la manifestazione della sua Abilità Speciale aveva un delizioso kimono rosa.

Non ebbe il tempo di reagire che l’uomo sembrò notare la sua espressione. Dopo aver lanciato una rapida occhiata ad Odasaku infatti si rivolse direttamente a lui:

«Tutto bene Dazai-kun?» si poggiò il mento sulle mani, in un gesto che l’ex dirigente trovò così familiare ma allo stesso tempo diverso da quello del Mori Ougai del suo mondo.

Quello era l’uomo che aveva tessuto una rete contorta di alleanze e tradimenti culminata nella morte di Oda. Non doveva dimenticarlo.

Si trovava in un’altra realtà, Odasaku era vivo ed era a qualche metro da lui ma Dazai non riusciva ad essere tranquillo.

Mori-san non andava sottovalutato, non avrebbe commesso due volte lo stesso errore.

Inaspettatamente fu Elise a intromettersi nella conversazione iniziando a tirargli la manica del cappotto;

«Quando hai tempo Dazai vuoi venire a giocare con me? Ultimamente Rintarou è così noioso»

Il moro fissò la bambina, non l’aveva toccata direttamente per cui non l’aveva annullata col suo potere. Si chiese se il se stesso di quel mondo facesse il baby sitter a Elise. Oda si chinò e la prese per mano, facendole così mollare la presa. Come sempre era lui quello bravo quando si trattava di mocciosi.

«Io e Dazai siamo molto impegnati con un caso al momento, ma giocheremo con te il prima possibile» aggiunse dolcemente.

Elise sembrò accettare quella risposta, sorrise allegra e tornò ai suoi disegni lasciando i due in compagnia del Boss anzi del Presidente.

«Allora, come vanno le indagini?» domandò l’uomo usando un tono identico a quello con cui era solito rivolgersi a loro nella Mafia.

Oda fu il primo a rispondere e Dazai sperò di riuscire in qualche modo a capire di cosa quei stessero parlando.

Era irritante essere all’oscuro di qualcosa. Avrebbe voluto avere del tempo per leggere i documenti preparati dal suo alter ego. Si sentiva come se si fosse presentato ad un esame impreparato, senza aver studiato. Era una sensazione che non aveva mai provato e non gli piaceva per niente.

«Dazai è stato sveglio tutta la notte a reperire informazioni, da quanto è emerso dalla sua indagine è scomparso un uomo della Port Mafia, Sakaguchi Ango»

Per il moro si trattò di una strana sensazione di dejà-vu.

Per un attimo il suo cervello tornò a funzionare mettendo tutti i tasselli al loro posto, aveva capito che stava accadendo: il rapimento di Ango.

Il punto era, Odasaku sarebbe stato in pericolo anche se in questo mondo loro non facevano parte della Port Mafia?

Dazai doveva scoprire se questa Agenzia fosse coinvolta con la Mimic in qualche modo.

Non si sarebbe fidato di Mori, in nessun universo o realtà possibile.

Quell’uomo era un doppiogiochista, oltre estremamente intelligente. Aveva appreso tantissimo da lui sulle strategie militari e sulla geopolitica.

Cercò di concentrarsi sul dialogo tra lui e Oda, e soprattutto scoprire quale sarebbe stata la sua prossima mossa. In base a quello avrebbe adattato una strategia.

«Oda-kun vorrei che indagassi sul caso» Dazai si sentì mancare.

Improvvisamente aveva la gola secca. Strinse i pugni, cercando di mantenere la calma. Questa volta non sarebbe stato un semplice spettatore, non avrebbe perso di vista Odasaku per nessuna ragione al mondo.

«Dazai-kun sicuro di star bene? Oggi sei insolitamente silenzioso» il ragazzo abbozzò un sorriso;

«Va tutto benissimo, Presidente. Sono solo stanco. Vorrei solo fare una piccola modifica a ciò che ha appena detto: indagherò insieme a Odasaku sulla sparizione di Ango. Penso ci sia altro che bolle in pentola» la sorpresa sul volto di Mori durò solo qualche secondo, per poi lasciare il posto ad un’espressione accondiscendente;

«Come vuoi, mi fido del tuo giudizio. Sei il mio fidato braccio destro dopotutto»

Dazai gli voltò le spalle. Una parte di lui avrebbe voluto cancellare quelle parole.

Si ripeté mentalmente che prima o poi il Boss avrebbe pagato per tutto. Poi tornò ad osservare Odasaku.

Era vivo ed era al suo fianco.

Non avrebbe permesso a niente e nessuno di separarlo da lui.

 

***

 

«Sei veramente sicuro che vada tutto bene?»

Odasaku lo guardava pensieroso. Erano appena usciti dall’ufficio di Mori e si trovavano davanti a quella che, Dazai aveva intuito, doveva essere la scrivania del rosso.

«Va tutto bene Odasaku, non preoccuparti»

«Perché hai insistito tanto per partecipare al caso?»

Dazai sbuffò platealmente stiracchiandosi come un gatto.

«Non mi fido di Mori-san» a quella rivelazione Oda sgranò gli occhi. Non se lo aspettava.

«Pensi che dietro questa sparizione ci sia dell’altro?» provò a domandare, anche se poteva intuire benissimo la risposta;

«Ovviamente c’è sotto qualcosa».

Si scambiarono una lunga occhiata. Fu il turno di Oda di sospirare, prese velocemente il suo trench beige e lo indossò. Dazai aveva seguito ogni movimento, trattenendo inconsciamente il fiato.

A volte faticava ancora a credere che tutto quello fosse reale.

Che Odasaku fosse vivo e insieme a lui. In momenti come quello non riusciva nemmeno a dare una definizione a ciò che provava, era sollievo misto ad un costante senso di preoccupazione; come se una parte di lui sapesse o temesse che quella fosse solo la calma prima dello scatenarsi di una tempesta.

Poteva solo sperare di uscirne illeso, possibilmente con Odasaku al suo fianco.

«Ho bisogno di mangiare qualcosa, ti va di accompagnarmi o hai ancora da fare?»

Dazai lo fissò incredulo, per poi correre a recuperare il suo cappotto e seguirlo fuori dall’edificio. Stava procedendo meglio di quanto si sarebbe mai aspettato. Vista la spiacevole conclusione del primo mondo si era mentalmente preparato al peggio, invece quella seconda esperienza si stava rivelando quasi piacevole.

Peccato che nella sua mente avesse tralasciato un piccolo particolare.

Avevano sceso la prima rampa di scale, quando finirono con l’incontrare Chuuya e Kouyou.

Alla vista del rosso come solito Dazai non perse occasione per punzecchiarlo. Aveva lanciato una lunga occhiata anche alla donna; lei, contrariamente al Boss non indossava abiti tradizionali ma una semplice camicia bianca e una gonna lunga fino al ginocchio. Sembrava proprio una segretaria, perfetta per quel ambiente di lavoro.

Chuuya invece era sempre lo stesso. Al moro parve di trovarsi davanti il suo partner quindicenne. Il lavoro da detective non sembrava averlo mutato più di tanto.

«Chuuya sei così piccolo che rischiavo di calpestarti, se non fosse stato per la presenza della nostra stupenda Nee-san non ti avrei nemmeno visto»

Sia la donna che Odasaku sorrisero, erano abituati a quei battibecchi tra i due.

«Ah? Ma che vuoi maniaco dei suicidi, anzi si può sapere dove stai andando?»

Dazai gli fece una linguaccia, dopo averlo superato e raggiunto Oda.

«Andiamo a pranzo»

«Hai riordinato le scartoffie sulla tua scrivania vero?»

Il moro finse di pensarci per qualche secondo.

«Ovviamente» e fece una lunga pausa «ovviamente chiederò ad Akutagawa di occuparsene»

Come prevedibile Chuuya esplose, iniziando a lanciargli ortaggi e altri oggetti contenuti nelle borse della spesa che aveva ancora tra le mani. Fu Odasaku ad intervenire afferrando Dazai per un braccio e trascinandolo via; mentre Kouyou cercava di fare lo stesso col rosso.

«Sono stato io ad invitarlo a pranzo. Mangiamo qualcosa al volo e poi sono certo che Dazai tornerà in Agenzia per terminare tutto il lavoro arretrato» concluse l’uomo con un debole sorriso. A quelle parole Chuuya sembrò acquietarsi anche se non si fidava molto di Oda.

Sapeva che quello strano individuo era l’unico sulla faccia della Terra che potesse esercitare una sorta di effetto calmante su Dazai, però sapeva anche come quei due fossero amici ed in quanto tali Odasaku era solito soprassedere a molte mancanze del moro.

Lo viziava e Chuuya lo odiava per questo.

Erano dei detective, stavano lavorando e non giocando, possibile che Dazai non prendesse mai nulla sul serio?

Era irritante.

Come lo era il fatto che stesse andando a pranzo proprio con Oda. Con la coda dell’occhio vide il suo partner regalare l’ennesimo sorriso al rosso.

Colpì con un calcio il primo cestino della spazzatura nelle vicinanze.

 

***

 

«A che stai pensando? Oggi quasi non ti riconosco» ammise Odasaku.

Stavano camminando l’uno di fianco all’altro per raggiungere il ristorante dove avrebbero pranzato. Avevano quasi raggiunto il centro della città. Il più giovane cercò di simulare uno dei suoi soliti sorrisi;

«Stavo pensando al caso ovviamente ahah» l’uomo non ne parve troppo convinto ma decise di non insistere.

Sapeva che Dazai avrebbe parlato quando si sarebbe sentito pronto a farlo.

Non gli stava nascondendo qualcosa, o se lo stava facendo, sicuramente c’era una valida ragione. Dopo qualche passo riprese a parlare;

«So quanto non ti vada a genio la Port Mafia e che detesti quell’Organizzazione, anche io avrei preferito un caso che non avesse a che fare con loro ma sono gli ordini del Presidente»

Bastarono quelle poche parole a confermare a Dazai che anche al suo alter ego nutriva forti dubbi su quella vicenda. Per non parlare del fatto che odiasse la Mafia. Oda però proseguì;

«Inoltre stiamo parlando del rapimento di Ango» il moro sgranò gli occhi. Fermandosi di colpo in mezzo alla strada.

«Ehm senti Odasaku, ma tu per caso conosci questo Sakaguchi Ango? » aveva bisogno di accertarsene il prima possibile.

Il rosso lo fissò stranito per qualche secondo.

«Dazai hai per caso la febbre? Certo che conosco Ango e lo conosci anche tu, ormai è da un po' che noi tre siamo diventati compagni di bevute»

«Hai ragione scusa, si oggi fatico ad ingranare» ammise grattandosi la testa e cercando di non far trapelare il suo sempre maggiore nervosismo.

«Ti avevo detto di non esagerare con il lavoro, vedi cosa succede quando fai le ore piccole? Comunque non preoccuparti, Ango sapeva benissimo a quali rischi stava andando incontro. Dopotutto essere una spia non è cosa facile soprattutto una volta entrato nella Port Mafia…»

Dazai era senza parole.

«Odasaku tu, come puoi sapere del doppiogioco di Ango?» l’uomo lo fissò in un misto tra il sorpreso e preoccupato;

«Dazai non capisco, È così che lo abbiamo conosciuto no? Il Governo collabora spesso con l’Agenzia. Ango e i suoi ci hanno sempre fornito informazioni importanti per risolvere i nostri casi. Ora che ci penso, l’ultima volta che siamo andati a bere qualcosa insieme al Lupin ci aveva parlato di una missione delicata e top secret, pensi possa trattarsi di questo, che abbia a che fare con la sua scomparsa?».

Dazai sembrava essersi magicamente ripreso dopo lo shock di quelle rivelazioni. Gli ingranaggi nella sua mente avevano ripreso a girare.

La situazione non era poi così diversa da quella che si era verificata nel suo mondo.

La Mimic doveva aver scoperto del doppio anzi triplo gioco di Ango, per questo il quattrocchi era stato rapito e i fatti si stavano ripetendo. Questa volta però, Dazai si sentiva in vantaggio, sapeva quale sarebbe stata la mossa successiva dei suoi nemici, avrebbe avuto modo di preparare una contromossa ne era sicuro.

«Andrà tutto bene Odasaku, fidati, ho un piano» fu tutto quello che riuscì a dire prima di superarlo per entrare nel ristorante.

Questa volta non avrebbe perso. Odasaku sarebbe sopravvissuto.

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Capitolo 6
*** The Opposite World ***


 

 

 

 

 

Alla fine il ristorante scelto da Odasaku non era molto diverso da quello in cui avevano pranzato nel suo mondo, durante il caso della Mimic. Dazai provò una strana fitta di nostalgia, anche se più che altro, la sua era quasi una sensazione déjà-vu.

Questa volta, si trovavano in un locale in pieno centro città, diverso dalla tavola calda che l’ex dirigente ricordava; eppure c’erano dei dettagli che, senza volerlo avevano finito con il catturare la sua attenzione. Un quadro astratto, la disposizione dei tavoli, o forse erano gli accostamenti di colori.

C’era qualcosa di strano in quel posto, che inizialmente moro non sapeva come spiegarsi, almeno fino a quando, il titolare non venne loro incontro. Con estrema sorpresa di Dazai, quell’uomo sorridente era lo stesso che avevano incontrato anche nella sua realtà. Era il vecchio amico di Odasaku, l’individuo, di cui non conosceva il nome, che aveva dato un tetto a quei piccoli orfani e, in assenza dell’amico, si occupava di loro.

Dazai ricordava come anche lui fosse rimasto ucciso nello scontro contro la Mimic, l’ennesima vittima innocente di quel perverso gioco di potere. Era successo in quello stesso pomeriggio in cui erano morti anche i bambini. Strinse i pugni.

Di quel giorno, Dazai ricordava nitidamente solo le urla di Odasaku e il suo sguardo spegnersi, farsi sempre più freddo, cinico, mentre davanti a loro divampavano le fiamme dopo l’esplosione di quel furgone.

Era un miracolo che lo stesso Oda fosse uscito illeso da quell’attacco.

Gli venne quasi da ridere al pensiero della conversazione che si erano scambiati in quel drammatico frangente. L’ex dirigente aveva rinfacciato all’amico di trovare qualcosa a cui aggrapparsi, quando lui stesso, dopo la sua morte non ne era stato in grado.

Solo ora, che anche Dazai aveva finito col perdere qualcuno di caro, poteva comprendere lo stato d’animo e i sentimenti che provava Oda in quel momento. Probabilmente anche lui, al posto dell’amico avrebbe agito allo stesso modo. Cercato vendetta.

Quella era stata la prima ed unica volta in cui Odasaku gli era parso una persona completamente diversa.

Con il senno di poi, l’ex dirigente della Port Mafia sapeva che avrebbe dovuto fermarlo, ma forse inconsciamente, aveva voluto credere che tutto si sarebbe risolto per il meglio. A quel tempo però, Dazai non era ancora a conoscenza del piano di Mori, non poteva sapere cosa ci fosse in ballo.

Quella era stata la sua più grave mancanza, aveva sottovalutato la situazione. Anzi, più che quello, Dazai non aveva capito per tempo le vere intenzioni del Boss. A cosa stesse mirando realmente.

Tuttavia era inutile in quel momento, continuare a rimuginare sul passato.

Nel suo mondo Odasaku, quell’uomo e gli orfani erano morti. Era una realtà dei fatti impossibile da cambiare.

Per questo Dazai si trovava in quel mondo, perché voleva che quella storia avesse un epilogo diverso.

Era una realtà per certi versi strana, lui e Oda erano detective di una Agenzia come apparentemente gli altri membri della mafia.

Ango però era sempre una spia del Governo, come tale era stato catturato e la Mimic sembrava essere di nuovo entrata in azione.

Per quanto alcune cose fossero cambiate drasticamente in quel mondo, altre sembravano essere rimaste le stesse. Questa volta però Dazai avrebbe fatto quanto possibile per ottenere un epilogo diverso.

«Scusa per il poco preavviso» aveva iniziato Oda, rivolgendosi all’uomo sorridente davanti a loro «avete ancora un paio di coperti liberi per pranzo?»

Il titolare aveva sorriso e li aveva fatti accomodare. Non dava segno di essere particolarmente in confidenza con il detective, però, la prima impressione che il moro aveva avuto entrando nel locare, era che comunque Odasaku fosse un cliente abituale.

«Sai, ho scoperto questo posto per caso» aveva ammesso ad un certo punto il rosso.

Dazai era tornato a prestargli tutta la sua attenzione, tralasciando il resto. Una volta al tavolo, si era messo distrattamente a piegare un tovagliolo mentre osservava il paesaggio fuori dalla finestra.

«Cucinano un curry davvero eccezionale»

L’ex dirigente non aveva potuto evitare di sorridere dopo quell’ultima frase; provando una strana sensazione di calore in pieno petto, all’altezza del cuore.

Oda era sempre lo stesso, in ogni mondo e realtà il suo amico era sempre lui.

Eppure al tempo stesso, Dazai sapeva che non lo era.

Le immagini di Odasaku morente tra le sue braccia tornarono a tormentarlo per qualche secondo prima che riuscisse a cacciarle in un angolo remoto della sua mente.

Quella volta non avrebbe perso. Non poteva. Sarebbe riuscito a salvare Oda.

Dazai, disponeva di tutte le informazioni necessarie, conosceva l’organizzazione nemica, il suo obiettivo, doveva solo preparare un’efficace contromossa.

Dall’altro capo del tavolo Odasaku lo fissava divertito;

«Non preoccuparti per Ango, riusciremo a trovarlo prima ancora della Port Mafia» Dazai si passò stancamente una mano sul volto, spostandosi la frangia ribelle di lato;

«Ango viene tenuto prigioniero in un edificio abbandonato fuori città, circondato da una foresta. La Mimic ha scoperto il suo doppio gioco e vogliono fargliela pagare in quanto spia del nemico. Hanno messo un’arma nella camera d’albergo dove attualmente risiede in modo che la Mafia arrivi a sospettare del suo tradimento» aveva ammesso con un sussurro continuando a fissare il paesaggio.

Odasaku era rimasto completamente a bocca aperta;

«Come sei riuscito a ottenere tutte queste informazioni? Il Presidente ci ha appena affidato il caso e nei documenti che mi hai passato non facevi alcuna menzione a tutto ciò. Che sta succedendo Dazai?» Come prevedibile Oda aveva iniziato ad intuire qualcosa.

In parte la colpa era imputabile allo stesso ex dirigente, aveva parlato forse un po' troppo ma in quel momento la sua mente era già all’opera per trovare una strategia. Ripercorrere ad alta voce quegli avvenimenti gli era d’aiuto. Tuttavia Dazai decise di optare per una mezza verità, come d’abitudine.

«Dovesti saperlo che un buon detective non rivela mai le proprie fonti» era stata la sua diplomatica risposta mentre distrattamente continuava a giocare con il cucchiaio che aveva tra le mani.

Qualsiasi replica del rosso venne stroncata sul nascere dal cameriere che li aveva interrotti per consegnare le loro ordinazioni. Dazai non si sorprese del piatto fumante di curry che gli si palesò davanti agli occhi.

In ogni realtà o universo, quello era e sarebbe sempre stato, il cibo preferito del suo amico.

«Ora mangiamo, continueremo questo discorso più tardi»

Poteva notare la nota di scetticismo e disappunto, presente nello sguardo di Odasaku ma in quel momento, l’ex dirigente decise di non curarsene.

È solo per il suo bene, continuava a ripetersi come un mantra.

Stava facendo tutto quello solo per lui.

Afferrò una cucchiaiata di curry con l’intenzione di gustarselo, ma come prevedibile oltre che bollente quel piatto era decisamente troppo piccante per i suoi gusti. Oda invece come solito non fece una piega.

Dazai pensò che un giorno avrebbe volentieri cucinato lui stesso qualcosa per l’amico, un piatto talmente buono che avrebbe sorpassato il curry nella personale classifica culinaria del rosso. Una fitta all’altezza del petto gli fece ricordare come il suo Odasaku non avrebbe mai potuto assaggiare nulla preparato da lui.

Sapeva che non doveva pensarci ma la sua mente ogni tanto si divertiva a ricordarglielo.

Anche volendo Dazai non avrebbe mai potuto scordarsi di trovarsi in un altro mondo, gli bastava guardare la propria immagine riflessa in uno specchio per capirlo. Per una frazione di secondo si sentì quasi fuori posto.

In quella realtà lui e Odasaku erano dei semplici detective, eppure erano in qualche modo finiti con il gravitare intorno alla Port Mafia e al caso Mimic.

Dazai non credeva al destino né alle coincidenze, quel mondo era simile ma allo stesso tempo, diametralmente opposto al suo.

La notte prima della sua partenza, tra le varie cose, aveva letto anche il rapporto di Ango sulla Mimic. Per questo era a conoscenza di tutti gli spostamenti della spia.

Il Sakaguchi Ango di quel mondo era sparito da quasi ventiquattro ore, sarebbe dovuto trascorrere ancora un giorno, prima che Oda lo ritrovasse legato in quel edificio abbandonato, seguendo la pista che lui stesso gli aveva fornito.

Aveva ancora tempo Dazai, doveva solo pensare a come impiegarlo nel migliore dei modi e nel frattempo, scoprire anche a chi della Port Mafia era stato affidato il caso. Era curioso di vedere quanto potesse essere diversa quell’Organizzazione da quella che aveva sempre conosciuto nel suo mondo.

Nel frattempo entrambi avevano finito di pranzare. Fu Odasaku il primo a voler tornare alla conversazione precedente, dopo aver bevuto un lungo sorso d’acqua si fece avanti;

«Allora, in merito alla scomparsa di Ango» iniziò osservando Dazai, cercando di intuire qualcosa dalle sue espressioni.

«In questo momento voglio capire chi nella Port Mafia sia stato incaricato di indagare sul caso, abbiamo ancora un certo margine di vantaggio sulla Mimic, ed è una cosa che intendo sfruttare» fu la sua pacata e stranamente sincera risposta.

«Se, come hai detto poco fa, sai dove si trova, perché non andiamo a liberarlo?» l’ex dirigente aveva sorriso; incrociando entrambe le braccia sotto il mento, ammettendo con fare innocente.

«Perché non spetta a noi farlo. Devo ancora capire il ruolo della nostra Agenzia in tutta questa faccenda e in che modo il Presidente Mori sia coinvolto»

Odasaku lo aveva fissato per tutto il tempo, completamente senza parole. Non riusciva in alcun modo a intuire le intenzioni dell’altro, che senso aveva aspettare quando la vita di un loro amico era in pericolo? C'era qualcosa di strano in Dazai che il detective non riusciva a comprendere, per quanto ci potesse provare.

Il moro appariva diverso dal solito e Oda non sapeva spiegarsi il motivo.

Già quella mattina, quando lo aveva abbracciato in Agenzia, il suo atteggiamento gli era parso in qualche modo, sospetto. Dazai era famoso per essere imprevedibile ma dietro quello strano slancio di affetto doveva esserci dell’altro. Lo aveva quasi intuito.

In quel momento invece, Dazai gli stava tranquillamente proponendo di lasciare Ango nelle mani dei rapitori. Stentava a crederci. Forse era solo frutto della sua immaginazione.

Doveva per forza essere così, quello non era un comportamento da Dazai. Assolutamente. Come poteva anche solo pensare di abbandonare Ango? Spia o meno rimaneva un loro prezioso amico, se sapeva dove lo tenevano rinchiuso perché non erano in quell’edificio a salvarlo? Non era forse implicito nella loro missione? Perché Dazai aveva accettato tranquillamente il suo invito a pranzo e si comportava come se la vita di Ango non fosse importante? Non riusciva a spiegarselo.

Come poteva essere così cinico?

Odasaku non aveva mai visto prima di allora quel lato di Dazai.

I suoi occhi in quel frangente sembravano ancora più neri, intensi, non vi vedeva riflessa al loro interno nessuna luce. Un buco nero che letteralmente risucchiava ogni cosa. Era come, se all’altro capo di quel tavolo, vi fosse seduto un completo estraneo.

Tornò ad osservare quel ragazzo, non riusciva a levarsi dalla mente l’idea che quello non fosse realmente il suo amico.

Odasaku non riusciva a spiegarselo ma c’era qualcosa in Dazai, nel suo sguardo o nel tono della sua voce. Sapeva che era un’ipotesi assurda e del tutto priva di qualsiasi fondamento o logica, eppure non riusciva a scacciare questo pensiero dalla sua mente.

Per un attimo si vergognò di se stesso e del fatto che stesse dubitando del più giovane.

Dazai lo aveva sempre aiutato, sin dal suo primo giorno in Agenzia, come poteva ora pensare quelle cose su di lui. Doveva essere lo stress causato da quella situazione.

«Non penso che il Presidente c'entri qualcosa con questa faccenda, o che ci sia sotto chissà quale piano. Credo che Mori-san sia stato informato e incaricato dal Governo d’indagare sull'accaduto. Sicuramente sarebbe meglio arrivare ad Ango prima della Port Mafia, non oso immaginare cosa ne potrebbero fare di un traditore»

«Conosciamo tutti il modus operandi riservato ai traditori» a quelle parole Odasaku non aveva potuto fare a meno di trasalire. Ricordava benissimo come la Mafia regolasse i propri conti, per quello dovevano trovare Ango per primi.

Possibile che a Dazai in quel momento, sembrasse non importare nulla della vita di quell'uomo? Chi diavolo era quel ragazzo e perché continuava ad avere la sensazione di trovarsi di fronte ad un completo estraneo?

Dal canto suo, Dazai stava riflettendo sulle parole di Odasaku. Era più che plausibile che la loro Agenzia fosse stata semplicemente incaricata di investigare sulla sparizione, anche se stentava a crederci. Sapeva di cosa potesse essere capace Mori e anche se in quel mondo era un individuo apparentemente diverso, non poteva né voleva permettersi di abbassare la guardia.

L’ultima volta che lo aveva fatto Odasaku era morto.

Forse doveva solo raccogliere più informazioni sull’Agenzia, scoprirne la storia, come e perché fosse stata creata, ma sopratutto come mai Mori avesse finito con l’esserne il Presidente.

Erano rimasti per parecchi minuti in silenzio ognuno perso nei propri pensieri e ragionamenti. Come di consueto fu Odasaku il primo a parlare;

«Penso che sia incredibile che dopo tutto questo tempo, non ci fidiamo ancora abbastanza l'uno dell'altro» c’era una nota di tristezza nel tono della sua voce. Dazai non riuscì a replicare, sapeva che in fondo l’amico aveva ragione, non poteva negarlo.

Lui e Odasaku avevano sempre giocato in un certo senso sul filo del rasoio. Era il loro modo di comunicare; nessuna informazione superflua, tante frasi lasciate in sospeso e cariche di sottintesi. Con Oda era sempre stato tutto così facile, o almeno lo era stato per Dazai. Si era subito trovato in sintonia con quell’uomo, con quello strano tuttofare che , sebbene lavorasse per la Port Mafia, non uccideva.

Ora, sapeva che esattamente come lui, anche Odasaku custodiva dei segreti, un passato da assassino professionista ad esempio, del quale mai sarebbe arrivato a sospettare.

Oda un tempo era stato una persona diversa.

Per la prima volta si domandò cosa sarebbe successo se avesse incontrato quella versione dell’amico. In quel momento però, Dazai non riusciva a spiegarsi il perché la conversazione si fosse spostata in quella direzione.

«Se vuoi domandarmi qualcosa sono tutto orecchi, sai che non servono tutti questi preamboli»

A quel punto Oda aveva accennato ad un sorriso. Quello era Dazai, non poteva essere altrimenti. Si diede dello stupido per i suoi pensieri di poco prima. Il rosso aveva solo bisogno di capire meglio quali fossero le sue intenzioni, se l’amico avesse già un piano in mente e soprattutto quanto la vita di Ango potesse essere in pericolo. Dazai era famoso per non rivelare mai quali fossero i suoi piani, però Oda aveva bisogno di qualche certezza.

«Sai, riflettevo che con il tuo partner, Nakahara Chuuya non ti comporti in questo modo» quell'ultima frase ebbe il potere di catalizzare nuovamente tutta l'attenzione del più giovane. Dazai spalancò gli occhi fissando l’amico con l’espressione più sorpresa e allo stesso tempo incredula, che l’altro avesse mai visto comparire sul suo volto;

«Cosa c'entra Chuuya? Lui non ha nulla a che fare con tutta questa storia» ed era vero, anche nella sua realtà il suo, ormai ex, partner non c'entrava in alcun modo con la Mimic.

Se non ricordava male, Chuuya era stato inviato in missione lontano da Yokohama. Con il senno di poi, forse si era trattata dell’ennesima decisione strategica del Boss.

Oda però non sembrava essere rimasto turbato da quella reazione. Prese un altro sorso d’acqua prima di aggiungere;

«Quando quel ragazzino è nelle vicinanze diventi un'altra persona» c’era forse una strana malinconia nel tono di voce di Odasaku o era solo la sua immaginazione? Dazai non si sarebbe mai aspettato che un giorno avrebbe affrontato un discorso del genere con Oda. Non capiva che stava succedendo, forse assecondandolo lo avrebbe in qualche modo aiutato a comprendere meglio la situazione;

«Questo perché non c’è nessuno a questo mondo che mi irrita come quel piccoletto. Non è un mistero che non lo sopporto. Ne hai avuto un assaggio un ora fa»

«Eppure quando lavorate in coppia siete imbattibili. Avete risolto più casi voi due che tutti gli altri membri dell’Agenzia messi insieme»

Dazai non aveva mutato espressione. Erano tutte informazioni non indispensabili per la formulazione della sua strategia. Sapere che in quella realtà la Soukoku era famosa per risolvere casi invece che distruggere organizzazioni nemiche non gli interessava minimamente. Come erano finiti dal rapimento di Ango a parlare di Chuuya restava un mistero.

«Forse preferiresti lavorare con il tuo partner che perdere tempo con me» aveva concluso Oda come se niente fosse. Dazai stette per qualche secondo in silenzio.

«Odasaku. Ho chiesto io al Presidente di essere messo in coppia con te, di partecipare a questo caso. Anche noi possiamo lavorare bene insieme non credi?» l’uomo aveva debolmente alzato gli angoli della bocca cercando di sorridere;

«Come puoi anche solo pensare di paragonarti a Chuuya?!» aveva aggiunto il moro, per poi tornare a guardare fuori dalla finestra. Sarebbe stato troppo imbarazzante incrociare lo sguardo di Oda in quel momento. Non sapeva nemmeno lui cosa gli fosse preso, si era lasciato trasportare.

A dir la verità per una frazione di secondo, Dazai si era ricordato della realtà precedente e dell’incontro abbastanza intimo e ravvicinato avvenuto con quel Chuuya, che in quel mondo per un malaugurato scherzo del destino aveva scoperto essere il suo fidanzato. Era stato allora che la mente dell’ex mafioso, per la prima volta, aveva immaginato Odasaku prendere il posto del partner tra le sue gambe.

Era stato solo un pensiero fugace dettato dal desiderio, eppure Dazai non riusciva a scacciarlo dalla sua mente, soprattutto dopo che Oda per primo, aveva iniziato col fare paragoni.

Dazai non sapeva ancora cosa provasse nei confronti del suo partner e non ci voleva nemmeno riflettere.

Lui era lì per Odasaku, solo per lui.

La sua missione era salvarlo, trovare una realtà in cui l’amico potesse vivere e loro finalmente stare insieme. Chuuya era relegato a titolo di comparsa in ogni sua fantasia o possibile scenario, anzi, se non ci fosse stato, probabilmente l’ex dirigente non ci avrebbe nemmeno fatto caso.

Sei un pessimo bugiardo

La voce della sua coscienza, pericolosamente simile a quella di Odasaku era tornata a tormentarlo.

«Odasaku come mai questo improvviso interesse per Chuuya, non ti capisco. Inoltre non giocare a paragonarti a lui, siete su due livelli troppo diversi» L’uomo era tornato ad abbozzare un sorriso;

«Quando sono arrivato in Agenzia sono rimasto sorpreso dalle vostre liti. Dalla loro intensità. Non riuscivo a capire come mai il Presidente si ostinasse a mandarvi in missione insieme. Avevo solo sentito un paio di storie sulla Soukoku ed ero curioso di vedervi all’opera. Solo quando vi ho potuto osservare da vicino, ho capito di essermi sbagliato sul vostro conto. La vostra partnership è fenomenale. Ho pensato solo che avresti preferito indagare su questo caso con Chuuya piuttosto che con il sottoscritto. Di lui sembri fidarti»

Dazai aveva serrato impercettibilmente i pugni;

«Nessuno potrà mai prendere il tuo posto Odasaku. Ricordatelo»

Per un attimo il rosso notò ancora quell’oscurità avvolgere lo sguardo del collega più giovane, anche il tono di voce utilizzato si era fatto di colpo più profondo. Stavano ancora parlando di lavoro? Non ne era così sicuro.

In quel momento il suo cellulare prese a suonare con insistenza, tanto che non poté evitare di rispondere. La chiamata proveniva da uno degli interni dell’Agenzia, poteva trattarsi di informazioni utili.

Udì solo poche parole;

«L’idiota è ancora con te?» Oda aveva sorriso, riconoscendo il suo interlocutore, per poi porgere gentilmente il telefono a Dazai. L’ex dirigente non se lo aspettava, afferrò incuriosito l’oggetto appoggiandoselo con cautela all’orecchio.

Non ebbe nemmeno il tempo di rispondere;

«Dove cazzo ti sei cacciato brutto lavativo, maniaco dei suicidi? Hai un sacco di scartoffie ancora da catalogare, quanto accidenti dura una pausa pranzo secondo te!?»

Dazai aveva allontanato il cellulare dal volto prima di ignorare completamente le urla di Chuuya dall’altro capo della linea. Chiuse con nonchalance la conversazione con un veloce scatto della mano. Riconsegnando poi l’oggetto al proprietario.

Oda era allibito, ma quando si parlava di Dazai non doveva sorprendersi. Poteva solo immaginare l’ira del loro piccolo collega dai capelli rossi, quando si sarebbe accorto che il moro aveva interrotto la chiamata. I muri dell’Agenzia avrebbero sicuramente subito qualche danno, pensò divertito quanto esasperato.

«Non dovresti trattarlo così» lo ammonì non troppo seriamente. Un po' in fondo gli dispiaceva per Chuuya, non poteva negarlo.

Dazai quando voleva, sapeva essere crudele.

«Sai che non faccio apposta. In questo momento ho cose più importanti a cui pensare» Oda aveva annuito. Era incredibile come il moro potesse repentinamente cambiare atteggiamento o stato d’animo.

Un minuto prima, aveva davanti agli occhi un ragazzino dispettoso, mentre quello dopo, una delle menti più brillanti della loro Agenzia, il braccio destro del Presidente.

Odasaku aveva pagato il conto per entrambi. Poi erano usciti dal locale rimanendo per qualche istante in silenzio. Il detective, lanciava ogni tanto delle rapide occhiate in direzione di Dazai, che sembrava assorto in chissà quali pensieri. Nella sua tasca intanto, il cellulare non aveva mai smesso di vibrare.

«Penso che dovremmo tornare in Agenzia» aveva proposto. Il moro non aveva dato alcun segno di averlo sentito.

«Non abbiamo ancora finito qui» gli aveva risposto dopo molti minuti di silenzio.

Erano quasi al molo e Dazai si era perso ad osservare l'oceano davanti a lui. Non sapeva il perché, ma la vista del mare gli donava una strana sensazione di quiete. Era successo lo stesso nel primo mondo che aveva visitato, quando, dopo aver scoperto che l’amico era vivo, aveva passeggiato con il suo partner per quella stessa strada.

«Potresti almeno rispondere a Chuuya» aveva aggiunto dopo un po’ Odasaku. Dazai aveva sbuffato incrociando le braccia dietro la testa, non smettendo di osservare le onde infrangersi dietro la banchina.

«Non è preoccupato o altro. Ha solo voglia di infastidirci. Abbiamo del lavoro da fare e sarebbe meglio se anche quel tappetto pensasse a svolgere il suo, piuttosto che badare a ciò che fanno gli altri» l'uomo non aveva potuto evitare che sospirare prima di raggiungerlo e aggiungere.

«Penso sia solo geloso perché ho rubato il suo partner per tutto il pomeriggio» Dazai si trovò ad avvampare, ma solo perché il rosso si era chinato e gli aveva sussurrato quelle poche parole all'orecchio. Quando riacquistò brevemente la ragione e il suo respiro si fece più regolare, realizzò il senso delle parole di Oda.

«Chuuya geloso? Dai non scherzare, non sei affatto divertente»

«Scusami, però devi ammettere che da quando gli hai chiuso il telefono in faccia non si dà pace continua a inviare messaggi minatori e lasciarmi note vocali in segreteria» Dazai sbuffò platealmente per l’ennesima volta da quando avevano iniziato quella conversazione.

«Chuuya è solo un moccioso. Non sa nemmeno lui ciò che vuole. Ha solo bisogno di sentirsi al centro dell'attenzione, è una fottuta prima donna»

«Mi ricorda qualcuno»

«Smettila. Dobbiamo investigare sulla sparizione di Ango giusto? È un tipo d'indagine che non possiamo condurre bloccati dietro una scrivania in Agenzia»

Dazai aveva ragione.

«Non capisco però cosa stiamo cercando qui» ammise il rosso guardandosi intorno.

Secondo quanto riportato nel file sulla Mimic che Dazai aveva potuto visionare nel suo mondo, la sera prima di partire per questa seconda realtà alternativa, Ango si trovava poco distante dal punto in cui stavano loro, quando era stato rapito. Forse anche in quel mondo, i fatti si erano svolti secondo lo stesso modus operandi. E in caso ciò si fosse verificato, sicuramente ci sarebbero state delle prove, qualche indizio che avrebbe potuto tornargli utile.

Si sarebbero anche potuti recare nella camera d'albergo del quattrocchi prima di rientrare in Agenzia e in quel caso, se fossero stati fortunati, Dazai sperava d'incontrare il membro della Port Mafia a cui quella missione doveva essere stata affidata.

Aveva preferito dirigersi prima al molo perché sapeva che presto ci sarebbe stato un temporale e la pioggia avrebbe certamente inquinato la scena.

Doveva giocare d'anticipo Dazai, ed era intenzionato a farlo, non avrebbe perso questa volta.

Ogni pezzo era stato predisposto con cura nella scacchiera, ora doveva solo fare attenzione a come muovere le sue pedine. Oda intanto aveva estratto di tasca il cellulare.

«Non vuoi nemmeno dirmi cosa stiamo cercando? Potrei aiutarti, o mi reputi così incapace?» aveva usato un tono scherzoso eppure Dazai aveva notato una nota dispiaciuta dalla sua voce. Ovviamente non lo reputava un inetto, ma era così preoccupato per la sua incolumità che aveva preso ad agire come se Odasaku non fosse presente sulla scena.

Una parte di lui avrebbe solo voluto allontanarlo da tutta quella situazione.

Avrebbe messo Oda su un treno diretto chissà dove e lo avrebbe riportato a Yokohama solo una volta che il pericolo sarebbe passato.

Dazai non lo avrebbe mai fatto, anche perché sapeva che Odasaku non glielo avrebbe mai permesso. Eppure così sarebbe stato tutto più semplice.

Dazai sapeva che la presenza di Odasaku gli impediva di ragionare con la solita lucidità.

Era sempre stato così in qualsiasi mondo o realtà.

Una parte di lui, in quel momento si preoccupava di come proseguire con la sua strategia anti Mimic, mentre l'altra, era concentrata a non perdere di vista nemmeno per un istante il detective ed ogni suo movimento.

L’ex dirigente, aveva il timore che se avesse chiuso gli occhi Odasaku sarebbe in qualche modo scomparso.

Era una paura irrazionale, lo sapeva bene.

Non avrebbe sopportato di perderlo di nuovo.

Non era certo che avrebbe retto ad un colpo del genere, per questo non poteva fallire.

Questa volta non lo avrebbe fatto. I suoi piani avevano sempre funzionato. Lui era stato il dirigente più giovane della storia della Port Mafia. Era grazie a Dazai se l'organizzazione in quegli anni, aveva prosperato.

Aveva fatto solo un errore e gli era costato la vita di Odasaku. Non si sarebbe ripetuto. Questa volta aveva un vantaggio. Non lo avrebbe sprecato. In questa seconda realtà il suo amico non sarebbe morto, avrebbe fatto l’impossibile per impedirlo.

Intanto erano giunti sul luogo del rapimento. A occhio nudo non c'era alcuna traccia che l'impiegato governativo fosse stato prelevato proprio lì. Dazai lo sapeva solo perché aveva letto il rapporto, altrimenti nemmeno lui ci sarebbe arrivato. Sembrava essere tutto in ordine.

«Ango è stato rapito qui. Cerchiamo un indizio» erano state le sue uniche parole.

Oda lo aveva fissato come se fosse un alieno.

«Ma che stai dicendo? Non c’è niente che possa suggerire una cosa simile. Come puoi esserne sicuro?»

«Odasaku fidati del mio giudizio. Mi sono mai sbagliato?» e aveva sfoggiato il solito sorriso falso che era solito utilizzare anche con Chuuya, quando si apprestava a chiedergli di liberare Corruzione.

Odasaku non replicò in alcun modo e si mise subito al lavoro.

Quella era una caratteristica che Dazai aveva sempre apprezzato nel amico.

Oda non poneva mai domande inutili.

Se non aveva niente da dire preferiva rimanere in silenzio o come in quel caso, si limitava ad eseguire gli ordini. Forse era un retaggio del suo passato da assassino o forse no, Dazai non poteva saperlo, in qualsiasi caso, non ne era dispiaciuto.

Quando doveva convincere il suo partner a fare qualcosa utilizzava il triplo di tempo e di fiato.

Con Odasaku non servivano tutti quegli sforzi. Avevano trovato una sintonia tutta loro ed era stato piacevole e in un certo senso confortante, ritrovare questo tipo di feeling anche con l’Odasaku detective.

Ecco.

L'aveva fatto di nuovo.

Si era ricordato come quello non fosse il suo amico bensì una versione alternativa del ragazzo di cui si era innamorato.

Faceva strano anche solo pensare a quella parola ed associarla ed Oda. Ma provava veramente qualcosa di simile nei confronti dell'amico? Dazai non era mai stato bravo con i sentimenti e le emozioni in generale. Erano cose che non riusciva proprio a comprendere.

Non sapeva se ciò che lo legava ad Odasaku fosse proprio amore o solo amicizia.

Non aveva mai sentito il bisogno di definire ciò che provava per lui, fino a quando non si era trovato a stringere tra le braccia il suo corpo morente.

Solo allora, quando Oda aveva esalato il suo ultimo respiro, era stato come se anche una parte di Dazai avesse smesso improvvisamente di vivere.

Il mondo sembrava privo di ogni colore, e anche la sua ricerca di una morte perfetta e indolore, aveva di colpo perso ogni senso.

A Dazai non importava quasi neanche più del suicidio.

Da quel giorno, ogni suo pensiero era rivolto ad Odasaku, a come poterlo riavere nella propria vita.

Tutto il resto poteva passare in secondo piano.

Dazai si era chinato al fianco del rosso e, senza dire una parola si erano messi ad investigare. Osservando il terreno non sembravano esserci segni di frenate o impronte di pneumatici, nulla che potesse essere d’aiuto. Come potevano essere stati così abili da non aver lasciato tracce?

In quel momento l’ex dirigente si ricordò che poco distante da dove si trovavano c'era stato un assalto ad un magazzino della Port Mafia. Non ricordava le tempistiche di quando fosse avvenuto, tuttavia si mise improvvisamente a correre, intenzionato a sincerarsi di una cosa. Oda ovviamente sorpreso da quel repentino cambio di comportamento non perse tempo e si mise a seguirlo.

«Cosa sta succedendo Dazai?»

«Qui vicino è stata attaccata un'armeria della Port Mafia»

«Ma ne sei sicuro? Come conosci anche quest'informazione? Dimmi la verità, hai forse una spia all'interno dell'Organizzazione?» il moro sorrise, prima di replicare,

«La sola spia che conoscevo è quella alla quale ora dobbiamo salvare il collo» ammise divertito dalla sua stessa battuta.

Se Oda avesse saputo la verità, chissà come avrebbe reagito.

Gli avrebbe creduto oppure no? Dazai non poteva saperlo eppure una parte di lui sentiva come il bisogno di confidarsi. Forse un giorno, quando tutta quella storia sarebbe finita, avrebbe potuto raccontare ad Odasaku la verità, magari davanti a un piatto fumante di curry.

Intanto erano arrivati all'armeria. A qualche metro da loro, una unità della Black Lizard stava lavorando, ripulendo la scena. Dazai non ne fu sorpreso. Anche quel fatto si era svolto esattamente come nel suo mondo. La Mimic aveva agito come diversivo, catturando con quell’attacco l'attenzione della Port Mafia, distogliendola da quello che era il suo vero obiettivo.

I due detective si mantennero distanti in modo che nessuno potesse notare la loro presenza.

Dazai faticava a credere che qualcuno all’interno della Mafia potesse in qualche modo riconoscerlo, tuttavia, se la fama della Soukoku lo precedeva, anche in quel mondo lui doveva essere abbastanza famoso tra le organizzazioni dotate di poteri della città. Nel frattempo Odasaku si fece più vicino;

«La tua intuizione, soffiata o quello che era si è rivelata corretta. Anche qui c’è lo zampino della Mimic?» l'ex dirigente aveva annuito,

«Si. Questo è stato un diversivo per distogliere l'attenzione dalla scomparsa di Ango e dal resto»

«Il resto? Cosa significa Dazai?!»

«Si. Ora torniamo al molo, deve per forza esserci un qualche indizio, anche il più piccolo particolare può rivelarsi importante. Una foglia, un pezzo di stoffa, qualsiasi cosa»

Oda aveva annuito e l'aveva nuovamente seguito. Mentre camminavano l'uno davanti all'altro il rosso non poteva fare a meno di osservare la schiena di Dazai che procedeva qualche metro da lui.

C'erano dei momenti, come quello, in cui quel ragazzo gli appariva freddo e distante.

Capitava spesso che la mente di Dazai fosse altrove, impegnata in qualche assurdo ragionamento o strategia. Però, sentiva che questa volta c'era altro che turbava l'animo dell'amico.

Oda avrebbe quasi voluto allungare la mano per afferrarlo, stringerlo a sé e rassicurarlo in qualche modo.

Sapeva di non poterlo fare. Dazai non aveva mai lasciato che nessuno si avvicinasse così tanto a lui.

Quanto aveva affermato quella mattina era vero. In fondo, dopo anni di amicizia, non si fidavano ancora completamente l'uno dell'altro. Nel frattempo, Dazai si era bloccato di colpo e lui aveva fatto altrettanto.

«Che succede?» chiese non celando una punta di preoccupazione.

«Riflettevo sulle modalità in cui si è svolto il rapimento» ammise il moro ad alta voce prima di continuare quel ragionamento nella sua mente.

Nel file di Ango non era indicato l'orario esatto del sequestro, probabilmente perché la stessa vittima non ricordava con precisione. Il molo di prima mattina era una zona molto trafficata.

Era dunque altamente probabile che qualcuno potesse aver visto qualcosa.

«Dobbiamo trovare un testimone» aveva concluso ad alta voce. Oda non aveva in alcun modo potuto replicare.

In effetti come sempre la pista di Dazai si era rivelata la migliore, un pescatore aveva visto poco prima dell'alba un furgone nero, dal quale erano scesi quattro forse cinque individui. Dopo qualche minuto il mezzo era ripartito ma aveva caricato un passeggero in più. Sembrava essere legato.

«Come possiamo essere sicuri che quegli uomini fossero della Mimic e l'uomo sequestrato proprio Ango?»

Oda poneva delle giuste obiezioni.

Dal suo punto di vista era una pista che faceva acqua da tutte le parti e loro non disponevano ancora di prove sufficienti per avvalorarla. Dazai però aveva dalla sua il rapporto di Ango.

Si stava svolgendo tutto esattamente come nella sua realtà.

I pezzi sulla scacchiera erano allineati allo stesso modo, l'unica cosa differente era il colore. Sorrise tra sé.

Aveva trovato il paragone perfetto.

Quel mondo era esattamente l'opposto del suo.

Se nella realtà di Dazai, loro potevano tranquillamente essere le pedine nere rappresentanti i componenti della Port Mafia, in quel universo, lui, oda e tutti gli altri avevano assunto il colore bianco.

Ora il divertimento sarebbe stato scoprire chi nella sua realtà di origine possedeva quel colore.

«Ora qual è la prossima mossa? Hai ancora intenzione di recarti nell’appartamento di Ango?»

Dazai aveva scosso la testa. Non serviva. A che scopo? Ormai la Port Mafia doveva aver già recuperato la pistola, la lealtà di Ango era già stata messa in discussione. La cosa migliore da fare in quel momento sarebbe stata tornare di corsa all'Agenzia. Una volta li Dazai avrebbe riletto il file che il suo alter ego aveva preparato e dato al Presidente. Forse vi avrebbe trovato qualche informazione utile.

Dazai aveva il bisogno anche di farsi un drink. Ultimamente per lui era più facile ragionare con la mente annebbiata dall'alcol. Era anche l'unico modo in cui riusciva a prendere sonno. Dubitava che con tutte le informazioni raccolte dopo un solo giorno trascorso in quella nuova realtà sarebbe in qualche modo riuscito a chiudere occhio.

«Penso sia il caso di tornare in Agenzia» aveva concluso notando come Odasaku fosse rimasto in sospeso ad attendere una sua risposta;

«Avrei voluto esserti maggiormente d'aiuto, scommetto che Chuuya-kun...» a quelle parole Dazai si era bloccato.

«Smettila di parlare di Chuuya, hai una cotta per lui per caso? In questo momento l'unica cosa a cui penso, è un piano per contrastare le prossime mosse della Mimic. smettila di assillarmi parlandomi di quel cane. Tu sei un partner migliore Odasaku, il tuo aiuto oggi è stato preziosissimo»

«Ma se non ho fatto praticamente nulla, anzi ti ho quasi rallentato» aveva ammesso grattandosi la testa imbarazzato.

«Se Chuuya fosse stato al tuo posto probabilmente starei ancora cercando di convincerlo ad indagare sul rapimento. Ti prego Odasaku davvero, non vorrei nessun altro in questo momento al mio fianco» sembrava una frase da fidanzati ma era ciò che pensava in quel momento.

Forse aveva ragione, Oda non aveva concretamente fatto molto, ma con la sua sola presenza gli continuava a fornire un incentivo.

Avere Oda al suo fianco gli impediva di gettare la spugna.

Ogni respiro di Odasaku significava una conquista per Dazai. Ovviamente sapeva che non poteva esprimere quelle parole ad alta voce.

«Perché hai voluto questo caso?» temeva una domanda simile. Dazai rispose senza esitazione;

«Perché sei mio amico» seguirono interminabili istanti di silenzio.

Entrambi amavano definirsi tali, ma faceva sempre un certo effetto quando quando quelle parole venivano pronunciate ad alta voce.

Sia Oda che Dazai sapevano che il loro rapporto non si poteva ridurre a quella definizione, ma per il momento andava bene ad entrambi.

Un giorno forse avrebbero avuto il tempo e il modo anche di affrontare quel discorso.

A quanto sembrava il suo rapporto con Odasaku era simile a quello con l’Oda del suo mondo e che con la sua morte era rimasto in sospeso.

Questa volta avrebbero avuto un altro epilogo, ne era certo.

Non si parlarono per il resto del tragitto.

Una volta in Agenzia, Oda raggiunse la sua scrivania prendendo posto nella sua comoda poltrona e recuperando un paio di occhiali, prima di accendere il pc.

«Sono davvero esausto. Finisco di rileggere questi documenti e stacco. Penseremo domani ad informare il Presidente delle nostre scoperte che ne dici?» Dazai aveva annuito, anche lui doveva ammettere di essere piuttosto provato, ma dubitava che sarebbe riuscito in qualche modo a riposare.

Non con Oda nelle vicinanze almeno.

Stava per dirigersi verso la sua scrivania quando una furia dai capelli rossi lo raggiunse a passo di marcia, afferrandolo per il colletto della camicia senza troppe cerimonie.

«Ti sembra questo l'orario di rientrare?» Dazai aveva iniziato a fischiettare ignorandolo. Sapendo che in questo modo, il rosso si sarebbe solo irritato più facilmente.

Chuuya lo trascinò con poca grazia verso quella che il moro intuì dovesse essere la sua scrivania. Doveva ammettere che quel tappetto aveva ragione, era un completo disastro, ricoperta di documenti, faldoni, fogli sparsi. Sembrava vi fosse appena esplosa sopra una bomba. Dazai fece un lungo respiro prima di urlare a pieni polmoni:

«Akutagawa-kun, dove sei? Avresti voglia di aiutare il tuo senpai?» Non aveva la certezza che avrebbe funzionato, ma sperava che il possessore di Rashomon lo venerasse come nel suo mondo. Il rosso gli diede un potente calcio sullo stinco che Dazai non riuscì proprio ad evitare;

«Mi hai fatto male. E questo per cosa era Chibi?» si lamentò.

«Non scaricherai il tuo lavoro al tuo apprendista, che per la cronaca ho già spedito a casa. Mi aspetto che per domani tutto questo casino sia sistemato. Devi anche ultimare di compilare il file sulla nostra ultima missione e inviarne una copia al Presidente. Ho notato che sei in arretrato di un mese con l'archiviazione di tutte le pratiche» così facendo si incamminò verso l'uscita.

«Aspetta Chuuya, dove stai andando ora?» l'altro si fermò di colpo.

«Che razza di domanda. Sono le diciotto. Ho intenzione di andare a casa. Al contrario di qualcuno non me ne sono stato a zonzo tutto il pomeriggio. Ho lavorato e non intendo perdere ulteriore tempo con degli straordinari»

«Guarda che anche io e Odasaku ci stavamo occupando di un caso, seguivamo una pista» Chuuya alzò un sopracciglio scettico, guardandolo come era solito fare, dal basso verso l'alto, non tradendo in alcun modo il suo disappunto;

«Perché invece a me risulta che siate andati a pranzo e poi al molo? Più che un'indagine il vostro è sembrato un appuntamento»

Dazai si era zittito per qualche secondo.

Non aveva notato il tono utilizzato dal partner, nemmeno come la sua voce avesse leggermente tentennato nel pronunciare quell'ultima parola. L'ex dirigente si voltò verso la propria scrivania, cercando di sfuggire il prima possibile da quella conversazione che era diventata improvvisamente imbarazzante.

Chuuya urlò ancora per qualche minuto poi se ne andò sbattendo la porta. Dazai come sempre finse di non darci troppo peso. Il suo ormai ex partner era sempre stato una piccola testa calda in qualunque realtà o mondo si trovassero.

Si voltò in direzione di Odasaku che era rimasto in silenzio fino a quel momento e non aveva in alcun modo commentato lo scambio di battute che era avvenuto davanti ai propri occhi.

«Penso che dovresti davvero metterti al lavoro ora» suggerì all’amico. Il moro storse il naso;

«Sono davvero stanco Odasaku. Non ho proprio voglia di riordinare scartoffie» disse prima di stiracchiarsi per andare a raggiungere il primo divano disponibile. Era lo stesso sul quale si era svegliato quella mattina. Oda osservò ogni movimento dell’altro senza dire una parola prima di tornare ai suoi documenti.

Restarono per un po’ in silenzio.

Dazai se ne stava sdraiato sul divano, perso nei suoi pensieri e ragionamenti, mentre pigramente rileggeva i file sul rapimento di Ango che il suo alter ego di quella realtà aveva preparato il giorno prima. Odasaku invece, era intendo a compilare e ordinare scartoffie dietro la propria scrivania. Erano ormai i soli rimasti nell’edificio.

Quando di colpo la porta principale si aprì facendoli sussultare. Il presidente Mori fece capolino;

«Oda-kun, come procedono le indagini?» domandò con disinvoltura.

Il detective prese un lungo respiro prima di posare le carte che aveva tra le mani e rivolgersi al suo superiore.

«Forse abbiamo una pista» ammise senza giri di parole.

«Ho un piano» fu invece la pronta risposta di Dazai.

L’uomo sorrise estasiato. Il ghigno sul suo volto si allargò a dismisura.

Il moro finse di non notare quel compiacimento.

Aveva bisogno di maggiori informazioni, nonostante quel Mori fosse un individuo diverso da quello che aveva sempre conosciuto, Dazai non riusciva a scacciare dalla propria mente che nel profondo, anche tra i vari mondi e realtà possibili, l’anima delle persone potesse essere in qualche modo sempre la stessa.

Il Boss esattamente come lui, era marcio fino al midollo e non sarebbe mai cambiato.

Era un lupo travestito d’agnello.

Sarebbe riuscito a smascherare quel inganno in qualche modo. Però prima aveva bisogno di ottenere altre informazioni.

Erano le basi per creare una strategia efficace, ed era stato proprio il Boss ad insegnarglielo.

Improvvisamente il cellulare personale del Presidente prese a suonare con insistenza. Sia Dazai che Odasaku si scambiarono una veloce occhiata mentre l’uomo, superato lo stupore iniziale rispose tranquillamente.

Quando riattaccò fissò entrambi i suoi sottoposti.

Ogni traccia di sorriso era scomparsa dal suo volto. Dazai non lo aveva mai visto indossare quell’espressione e non poté fare a meno di preoccuparsi a sua volta.

«Abbiamo un problema» ammise osservandoli uno dopo l’altro. «Era Hirotsu. A quanto pare la Mimic ha rapito Chuuya-kun».

La strategia abbozzata fino in quel momento nella mente di Dazai crollò improvvisamente come un castello ci carte.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note Autrice:

Questo capitolo partecipa alla Settima Settimana del Cow-t 11 indetto da Lande di Fandom. Ed è ispirato al prompt:010. Monachopsis: The subtle but persistent feeling of being out of place che è un po' il mood che aleggia per tutta questa storia, Dazai in fondo in ogni realtà si sente fuori luogo soprattutto quando inizia ad apprendere le varie differenze che ci sono tra i mondi. Io sono contentissima di essere riuscita a fare questo aggiornamento a tempo record e nulla, spero che la storia un po' piaccia. Critiche e commenti sono sempre ben accetti XD Grazie a chi è arrivato anche solo fino a qua <3

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Capitolo 7
*** The Same End ***



 


 


 

Dazai continuò ad osservare il Presidente Mori per parecchi minuti, incapace di dire o fare altro. Per quanto si sforzasse non riusciva a dipingere un quadro della situazione e capire cosa stesse accadendo intorno a lui.

Era assurdo.

Tutto lo era, come la piega che in poco tempo gli eventi avevano assunto.

La Mimic non aveva alcun motivo per rapire Chuuya. Il rosso non c’entrava nulla con quella storia, o in generale, con la morte di Oda.

Per quanto ne sapesse Dazai, Gide, il leader di quell’organizzazione di folli, desiderava solo porre fine alle proprie sofferenze, morire da martire in modo da espiare così i propri peccati. Era stato tradito dal suo Paese, cambiato dalle atrocità della guerra. Era un uomo distrutto che non era stato in grado di perdonare e lasciarsi alle spalle il proprio passato.

In un certo senso, si trovò a pensare, erano simili.

André Gide però non aveva potuto contare su un amico come Odasaku.

Probabilmente senza quella promessa che gli aveva strappato in punto di morte, anche Dazai sarebbe finito con il perdersi ancora più, annegando in una spirale di dolore e sofferenza che, presto o tardi, sarebbe finita con il divorarlo.

In realtà era già da un po' che il mondo della mafia lo annoiava.

Aveva deciso di essere parte di quell’oscurità per cercare di dare una risposta alle domande che da sempre lo tormentavano; in fondo trovarsi faccia a faccia con la morte poteva rivelarsi interessante.

Non lo era stato, e la scomparsa di Oda ma soprattutto, le circostanze che avevano portato a quel fatto, erano stati la molla che lo avevano spinto a cambiare.

Prima però c’era ancora una cosa che doveva fare, salvarlo.

Nel suo mondo, Mori aveva semplicemente fatto in modo che la strada di Gide si incrociasse con quella di Odasaku.

Per colpa di un intricato piano del Boss, la scomparsa del suo amico e l’annientamento della Mimic erano stati il prezzo da pagare per ottenere dal Governo una stupida licenza.

In parole povere, Odasaku era morto per un pezzo di carta.

Per questo, Dazai non poteva dimenticare, o fidarsi.

Era possibile che in quella realtà ci fosse sotto altro, anzi ne aveva quasi la certezza trattandosi di Mori, tuttavia non disponeva di informazioni sufficienti per capire dove questa serie di eventi lo avrebbe portato.

Solo una cosa gli appariva chiara in quel momento; non doveva solo salvare Odasaku ma anche Chuuya.

Per quanto una piccola parte di Dazai voleva mostrarsi insensibile al rapimento del rosso sapeva di non poterlo ignorare. Non avrebbe mai abbandonato il suo ex partner nelle mani del nemico, per quanto Chuuya fosse una delle persone più insopportabili e fastidiose che avesse mai incontrato.

Quando la smetterai di mentire a te stesso?

La sua coscienza, che parlava utilizzando la stessa voce di Oda, continuava a tormentarlo.

Doveva riflettere. Riordinare le idee.

Cosa stava facendo in quei giorni il Chuuya del suo mondo?

Dazai non lo ricordava.

Forse era fuori città per qualche incarico che il Boss gli aveva affidato.

Sapeva solo che non si trovava a Yokohama mentre lui e Odasaku stavano indagando.

Da quando il moro era stato promosso a dirigente capitava spesso che gli venissero affidati incarichi separati, erano forti abbastanza da potersela cavare da soli. Dazai non dubitava che presto anche il partner avrebbe ottenuto una promozione, magari sarebbe finito con il prendere il suo posto alla dirigenza.

In conclusione, Chuuya non compariva in quella storia.

Non aveva nulla a che fare con la Mimic.

Era una pedina in una scacchiera che non gli apparteneva. Un pezzo stonato.

Doveva esserci un qualche motivo per spiegare il suo rapimento ma non riusciva in alcun modo a venirne a capo.

Mori sembrava sinceramente preoccupato, dopo aver interrotto la conversazione con Hirotsu si era subito messo al lavoro, iniziando una serie di telefonate. Odasaku invece era rimasto dove si trovava e fissava Dazai, in attesa della sua prossima mossa. Sapeva che la sua mente era impegnata a formulare una qualche strategia. Il rapimento del rosso era stato un fulmine a ciel sereno ma Oda era certo che il suo amico avrebbe risolto la situazione come sempre. Aveva cieca fiducia nelle sue capacità.

La mente di Dazai era all’opera.

Sentiva che c’era qualcosa che ancora gli sfuggiva.

Il rapimento di Chuuya non aveva senso, l’unica cosa a cui riusciva a pensare era che fosse un mero pretesto per arrivare a Odasaku. Anche in questo caso però i conti non tornavano; Gide si era interessato a Oda solo dopo averlo incontrato e scoperto la sua Abilità.

Si erano affrontati nel momento in cui Odasaku era corso in soccorso di Akutagawa ed era stato in quell’occasione che per la prima volta il leader della Mimic aveva maturato un interesse nei confronti del tuttofare.

In quella realtà nulla di ciò era avvenuto.

Oda non era corso in soccorso di Akutagawa e prima di allora, non aveva neppure cercato di salvare Ango.

Tutte le informazioni in possesso di Dazai si stavano rivelando di nessuna utilità.

Rapire Chuuya poteva essere un’azione premeditata oppure frutto del caso, non poteva ancora escludere nessuna opzione. Forse in quel mondo Gide era interessato alla gravità del rosso e non a Odasaku.

Dazai sentiva come la mancanza di un tassello importante, un pezzo fondamentale della scacchiera, necessario per capire il quadro generale degli eventi che si stavano verificando intorno a lui e che lo stavano travolgendo.

«A che gioco stai giocando?»

Non appena il Presidente aveva appoggiato il telefono sulla scrivania Dazai lo aveva sorpreso con quella domanda. Forse si stava sbagliando, ma il suo istinto gli suggeriva Mori come artefice di tutto.

Detective o meno, doveva essere tutto parte di un piano architettato da lui. L’uomo non si aspettava una domanda del genere ma tradì la sorpresa con il solito sorriso affabile. L’ex dirigente lo avrebbe volentieri preso a pugni.

«Dazai-kun so che sicuramente sarai sconvolto» iniziò a dire con fare comprensivo, beccandosi un’occhiata omicida.

«Non sono sconvolto. So che in qualche modo tutto questo è opera tua. Devo solo capire il tuo intento finale. Cosa puoi guadagnare da questa faccenda, come la disfatta della Mimic potrà giovare a quest’Agenzia»

Odasaku fissava entrambi sorpreso.

Non era mai successo che Dazai sfidasse in quel modo il Presidente.

Ancora una volta gli sembrava di aver di fronte un’altra persona e non lo stesso ragazzo con cui aveva collaborato in quegli anni.

Lo sguardo del moro era così freddo, come quello di un essere privo di sentimenti o emozioni. Sembrava un killer pronto ad uccidere anche il Presidente se si fosse reso necessario. Si spaventò per quel pensiero.

Fu allora che Mori, decise di rispondere.

«Sicuramente il rapimento di Chuuya-kun ti ha sconvolto. Sei sospeso da questo caso»

«Non può farlo»

«L’ho appena fatto Dazai-kun, va a casa e riposati, oggi non sembri in te»

Oda prontamente gli mise una mano sulla spalla fermandolo prima che potesse dire altro.

Una volta soli, dopo essersi congedati dal Presidente finalmente ebbero occasione di parlare. Dazai si era rifugiato in un mutismo preoccupante. Non era mai un buon segno.

«Ok. Ora vuoi dirmi che sta succedendo?» il moro lo fissò sorpreso prima di rispondere con noncuranza, incrociando entrambe le braccia dietro la testa;

«Penso che Mori sia in qualche modo la mente che si cela dietro tutta questa storia, pensaci, come ha fatto un’organizzazione straniera come la Mimic ad entrare nel Paese? Qualcuno dall’interno deve averli aiutati»

«E pensi che possa trattarsi del Presidente?»

«Si, ma non ho ancora informazioni sufficienti per dimostrarlo. L’Agenzia ha i suoi legami col Governo, non sarebbe una cosa troppo difficile per uno come Mori» fece un paio di passi in avanti.

«Ora dove stai andando?» Dazai questa volta assunse un’espressione innocente, a Oda ricordò un bambino che si appresta a combinare una marachella.

«Al Quartier Generale della Port Mafia» rispose come se fosse la cosa più ovvia al mondo.


 


 

***


 


 

Quel luogo a prima visita sembrava identico a quello del suo mondo. Una serie di edifici lucenti con guardie armate ad ogni ingresso, fecero provare a Dazai una sorta di sensazione nostalgica.

Era scesa la notte e tutt’intorno a loro c’era una calma quasi irreale.

Nonostante avesse cercato di dissuaderlo, Oda aveva insistito per accompagnarlo e il moro lo aveva lasciato fare.

D’altronde era più facile vegliare sull’amico se questo restava incollato al suo fianco.

Dazai non riusciva ancora ad avere un quadro completo della situazione, ecco perché confrontarsi con il Boss di quella realtà gli era sembrata essere la soluzione più logica, razionale. Non appena varcarono il perimetro vennero subito circondati da un gran numero di guardie armate.

«Cosa ci fanno due membri dell’Agenzia così lontano da casa? Vi siete persi?»

A parlare era stato un uomo alto, biondo con degli occhiali. Dazai era sicuro di non averlo mai incontrato prima, neppure nel suo mondo. A pelle non gli piaceva, aveva l’aria di essere uno di quei tizi perennemente dediti al lavoro.

In una parola: noioso.

Odasaku fu il primo ad alzare le braccia mostrando entrambe le pistole che possedeva e che aveva sfilato poco prima dalle fondine. Dazai si limitò ad imitarlo.

Erano lì per parlare, non certo per scatenare una guerra tra le loro organizzazioni. La Mimic rappresentava già di per sé una bella seccatura. Senza contare che non avrebbe mai messo volontariamente Odasaku in una situazione di pericolo.

«Ho bisogno di discutere in forma privata col tuo Boss» fu tutto ciò che disse, sorridendo amabilmente il direzione del quattrocchi che se possibile, si accigliò ancora di più.

«Non collaboriamo con l’Agenzia» fu la risposta del mafioso, mentre lentamente dal taschino recuperava quella che sembrava essere una semplice agenda.

«Deve trattarsi di Doppo Kunikida. È uno dei dirigenti Dazai» lo informò Odasaku. Il moro però non mutò atteggiamento. Continuò a sorridere cordiale.

«Kunikida-kun devi sapere che io non collaboro più con l’Agenzia»

Oda e il dirigente si scambiarono degli sguardi confusi per poi fermarsi sulla figura del più giovane.

«Puoi confermarglielo anche tu Odasaku» proseguì Dazai.

«In effetti si, sei stato sospeso» fu costretto ad ammettere.

«Quindi una volta appurato che non siamo dei nemici, che ne dici di portarci dal tuo Boss?»

Kunikida fece cenno di abbassare le armi. Si avvicinò ai due, disarmando entrambi con pochi gesti.

«Potreste ugualmente rappresentare una minaccia per la Port Mafia. Soprattutto tu Dazai Osamu. Non credere che non sappia chi siete» sibilò a denti stretti dopo aver osservato entrambi negli occhi; non riuscendo a nascondere una punta di disprezzo ad ogni parola uscita dalle sue labbra.

«Ti posso assicurare che la distruzione della Port Mafia non rientra nei miei piani» per il momento, concluse solo nella sua mente.

Oda si era mantenuto per tutto il tempo in silenzio, non capiva a cosa stesse mirando Dazai ma l’esperienza gli suggeriva che era meglio lasciarlo fare. Intanto si limitava ad osservare la situazione, tenendosi pronto ad intervenire.

Kunikida non disse altro, rimise in un taschino l’agenda e fece un cenno ai due perché lo seguissero.

I detective fecero come detto e dopo una breve perquisizione entrarono finalmente all’interno del Quartier Generale. Dazai si muoveva con sicurezza tra quelle file interminabili di corridoi ed ascensori, facendo nascere in Odasaku il sospetto che conoscesse già quell’edificio.

Era un’ipotesi assurda che tuttavia non riuscì a scacciare.

«Tranquillo» disse improvvisamente il ragazzo voltandosi nella sua direzione «una volta che avrò ottenuto le informazioni che mi servono andremo a salvare Chuuya. Prima però ho bisogno di capire» il tuttofare non rispose, anche se non poté evitare di tirare un sospiro di sollievo.

Dazai non si era dimenticato del loro compagno, sembrava intenzionato a salvarlo. O almeno, sembrava più propenso a farlo rispetto a quando gli aveva proposto di trovare Ango. Ripensò all’impiegato governativo, chissà cosa ne era stato di lui. Non avevano più ricevuto notizie.

Il suono della porta dell’ennesimo ascensore che si apriva davanti a loro lo riportò alla realtà. Dazai e Odasaku seguirono Kunikida lungo un corridoio scarsamente illuminato e pieno di telecamere di sicurezza. Il rosso si sentiva a disagio mentre il suo collega sembrava tranquillo, come se incontrare il leader dell’organizzazione che controllava l’oscurità di Yokohama fosse una cosa perfettamente normale. Ma si parlava di Dazai, non poteva aspettarsi nulla di diverso dal proprio amico.

«Fukuzawa-dono vi attende dietro questa porta. Il minimo passo falso e vi garantisco che non uscirete vivi dall’edificio» Dazai sorrise mentre Kunikida li fece accomodare in quello che con ogni probabilità era l’ufficio del leader dell’Organizzazione.

Il Boss Fukuzawa si limitò ad osservare i due giovani detective davanti a lui. Era un uomo che Dazai era certo di non aver mai incontrato nel suo mondo, ma se in quella realtà occupava la posizione di Mori non andava sottovalutato. Aveva i capelli grigi, che gli ricadevano elegantemente lungo le spalle ed indossava abiti simili a quelli del Boss del suo mondo.

«Allora cosa vuole il mio vecchio amico Mori-sensei?» a quelle parole il moro si fece più attento. I due leader si conoscevano, aveva già trovato un primo interessante collegamento.

«Non siamo qui per conto del Presidente» si affrettò a rispondere «è una faccenda personale» Fukuzawa incrociò il suo sguardo per una frazione di secondo.

«Dazai sta dicendo la verità Boss, secondo la mia super deduzione stanno conducendo un’indagine separata. Penso abbia a che fare con il rapimento di un loro collega»

A parlare era stato un ragazzino dai capelli scuri che se ne stava seduto su una poltrona poco distante dal Boss. Stava mangiando distrattamente delle patatine e li osservava sistemandosi gli occhiali sul naso. In un primo momento i due detective non lo avevano visto, nascosto dall’oscurità di quella stanza.

«Ehi, come sai tutte queste cose?» si intromise Odasaku facendo un passo avanti nella direzione del ragazzo per poi essere prontamente fermato da Dazai.

«L’ha dedotto» concluse sorridendo verso il mafioso che rispose imitandolo, accartocciando il sacchetto ormai vuoto e gettandolo a terra.

«Edogawa Ranpo» si presentò scattando in piedi e facendo un paio di passi verso di loro «forse, in un’altra vita avremmo potuto essere colleghi detective» quelle parole colpirono Dazai.

«Ranpo-kun per favore» mormorò il Boss e il ragazzino si fermò. «Se quella volta avreste accettato di essere voi il Presidente vi avrei seguito. Però su una cosa avevate ragione Boss, essere un mafioso è decisamente più divertente»

«Non so di cosa stiate parlando ma sono qui in cerca di risposte. Cosa ci guadagna l’Agenzia con la scomparsa della Mimic?» si intromise Dazai andando dritto al punto senza troppi giri di parole.

Fukuzawa e Ranpo lo fissarono sorpresi;

«Non conosco i piani del Presidente Mori. Dovresti chiedere direttamente al tuo superiore» mormorò il leader della Port Mafia con la solita calma che sembrava contraddistinguerlo.

«Non è più il mio superiore» sibilò Dazai a denti stretti, serrando i pugni.

Nella sua mente, le immagini della morte di Oda stavano tornando a tormentarlo.

Rivedeva come Mori lo avesse trattenuto in quella stessa stanza più tempo del necessario, solo per farlo arrivare sul luogo dello scontro troppo tardi.

Dazai aveva già visto per due volte Odasaku morire tra le sue braccia, non sarebbe capitato di nuovo. Non lo avrebbe permesso.

In più, in quella realtà si era aggiunto pure il salvataggio di Chuuya. Il Boss Fukuzawa doveva aiutarlo a capire cosa stava accadendo. In quel istante Ranpo scoppiò a ridere.

«Il tuo Presidente e il mio Boss hanno in comune solo l’amore per la città di Yokohama» si intromise, per poi venir interrotto dal suo superiore;

«Anni fa, Natsume-sensei propose a me e Ougai Mori il suo piano per la protezione di questa città. Così io finii per assumermi l’incarico di guidare la Port Mafia, l’Organizzazione che agisce con il favore delle tenebre, la Divisione del Governo avrebbe operato alla luce del sole mentre l’Agenzia dei Detective Armati si sarebbe trovata in quella zona grigia tra le due.» Dazai e Oda ascoltavano attenti.

L’uomo fece una pausa «io e Mori non siamo mai andati d’accordo, anche se un tempo abbiamo lavorato insieme sotto la guida di Natsume-sensei. Quello che ha detto Ranpo-kun è vero, l’amore per questa città è l’unica cosa che abbiamo in comune. È stata la Port Mafia a far entrare la Mimic nel Paese» concesse infine.

«Vi serviva per ottenere la licenza per l’utilizzo delle Abilità Speciali da parte del Governo vero?» intuì Dazai. Il Boss fece segno di assenso col capo.

«Ranpo aveva scoperto da subito che Sakaguchi Ango era una spia del Governo, per questo abbiamo pensato di utilizzare questo suo talento anche per infiltrarlo tra le fila della Mimic»

«E vi è andata bene fino a quando non è stato scoperto»

«Purtroppo però nessuno dei nostri dotati rientrava negli interessi del leader della Mimic»

Dazai aveva capito benissimo cosa intendeva. Si voltò inconsciamente verso Odasaku in piedi accanto a lui.

«Forse tu non ricordi ragazzo ma ci siamo già incontrati qualche anno fa» ammise il Presidente Fukuzawa in direzione del rosso. Ranpo sorrise. Dazai sentì un brivido percorrergli la schiena. Non ne era al corrente.

«Eri solo un ragazzino ma con uno straordinario talento nel uccidere» Oda storse il naso a quell’affermazione mentre Dazai si fece più attento.

Il passato di Odasaku gli era ancora in parte oscuro, ogni informazione poteva rivelarsi utile, anche se stavano parlando di un’altra realtà, così diversa dalla sua. A quanto aveva compreso però sembrava che le divergenze tra quel mondo e il suo fossero iniziate nel momento in cui Mori aveva scelto di fondare l’Agenzia invece che guidare la Port Mafia.

Tutto il resto doveva essere solo avvenuto di conseguenza.

«Una volta che ho compreso in cosa consisteva la tua Abilità tutto mi è stato più chiaro» Odasaku non disse nulla.

Stava ripensando al proprio passato, ad un qualcosa che credeva di aver dimenticato.

Si era legato all’Agenzia per essere una persona migliore, chi toglieva una vita non era in grado di scrivere sulla vita, erano state queste parole che lo avevano spinto a cambiare, a migliorarsi.

In quel momento incrociò lo sguardo con quello di Dazai. Intravide ancora quell’ombra di oscurità in quelle pozze nere.

Se avesse potuto avrebbe fatto il possibile per salvare anche lui.

Dazai era sempre stato un mistero per Oda, un ragazzino troppo intelligente, scaltro e misterioso per la sua età. Non si annoiava mai in sua compagnia.

Erano diventati amici in poco tempo ed era stato così facile e naturale che non ci aveva dato peso. Solo di recente, stava iniziando a scorgere nelle profondità dell’animo dell’amico qualcosa di diverso.

Dazai era strano, sembrava completamente un’altra persona. Anche quel giorno, la decisione di recarsi al Quartier Generale della Port Mafia gli era sembrata troppo impulsiva. Ancor prima, c’era stata la faccenda del rapimento di Ango.

Il Dazai che conosceva avrebbe smosso mari e monti per recuperarlo o perlomeno ci avrebbe provato. Il ragazzo a pochi metri da lui invece aveva liquidato quasi subito quella faccenda, come se non ci fosse nulla di cui preoccuparsi.

Sembrava gli stesse nascondendo qualcosa, anzi ne aveva la certezza.

La scomparsa di Chuuya sembrava aver destabilizzato Dazai.

Oda non sapeva bene come spiegarselo ma se con il primo il moro pareva avere tutto sotto controllo, con la perdita del rosso aveva potuto scorgere nel suo animo una punta d’incertezza.

Dazai sembrava sempre possedere tutte le risposte, quando si presentava un evento che non aveva previsto diventava intrattabile e ancora più misterioso del solito.

«Avete fatto la spia su Odasaku. Detto a Gide come trovarlo» concluse il moro.

Oda si era perso parte della conversazione ma a grandi linee aveva compreso che il leader della Mimic sembrava essere interessato alla sua Abilità.

«Mori si è dimostrato collaborativo» concluse Fukuzawa quasi annoiato.

«Ovviamente la Port Mafia non c’entra nulla con la scomparsa di Nakahara Chuuya» aggiunse Ranpo che nel frattempo aveva aperto un altro snack ed era tornato ad appoggiarsi alla sua poltrona.

«Devono averlo rapito solo per attirare l’attenzione di Odasaku» si trovò ad ammettere Dazai.

Alla fine il fatto che avessero preso Chuuya era stata davvero una coincidenza.

La Port Mafia aveva indicato a Gide come trovare l’uomo che lo avrebbe finalmente salvato. Conoscendo Odasaku non vi era modo migliore per farlo uscire allo scoperto.

Nella sua realtà avevano ucciso gli orfani di cui si occupava, in questa rapito un collega.

Ora finalmente Dazai aveva capito cosa stava accadendo intorno a lui.

Oda non era ancora al sicuro, non poteva permettersi di abbassare la guardia. La minaccia era reale e incombeva sopra le loro teste.

Nel momento in cui questa consapevolezza lo colpì, Odasaku riprese a parlare.

«Hanno rapito Chuuya-kun per arrivare a me dunque?» il suo tono di voce era tranquillo, non tradiva nessuna emozione in particolare anche se Dazai poteva intuire il filo dei suoi pensieri.

Sarebbe andato a cercare il leader della Mimic.

Oda era fatto così, salvava le persone.

Lo aveva tentato di fare pure con lui, durante i suoi ultimi istanti.

Scosse velocemente la testa, non ci doveva pensare. Non in quel momento.

Ora la priorità era salvare Chuuya e tenere Odasaku il più possibile lontano da Gide.

«Oda-kun il leader della Mimic desiderava solo incontrarti» concluse Fukuzawa beccandosi un’occhiataccia da parte di Dazai.

«Quanto ne sa Mori-san di questa storia?» domandò il moro tornando ad assumere un’espressione fredda che non gli apparteneva.

«Mori mi doveva un favore. Ora siamo pari, la Port Mafia non ha più nulla a che spartire con la vostra Agenzia» li liquidò il Boss facendo un cenno in direzione del suo sottoposto. Ranpo abbandonò controvoglia la sua posizione e li condusse fuori dalla stanza, pacchetto di patatine ancora saldamente tra le mani.

«A che cosa si riferiva Fukuzawa?» domandò Odasaku al giovane mafioso mentre li stava scortando verso l’uscita.

«Akiko Yosano» ammise facendo una breve pausa per poi tornare a spiegare “durante la guerra lavorava con Mori. Ora fa parte della Port Mafia”

«Mori-san non ha mai parlato di lei» obbiettò Dazai.

«Anche il vostro Presidente a quanto pare ha un passato di cui non va fiero» fu invece la pronta risposta di Ranpo. Il moro non poté che essere d’accordo.

Tutti loro nascondevano dei segreti. Lui proveniva da un altro mondo. Odasaku era stato un assassino professionista, e qualcosa gli suggeriva che quel Ranpo non possedesse nessuna Abilità Speciale. Non importava di quale schieramento facessero parte, erano tutti dei bugiardi.

Tutti mentono.

Era stata una delle prime lezioni che aveva appreso da Mori, il trucco stava nel come ingannare il prossimo. Solo il più abile a farlo poteva dominare la scacchiera e vincere la partita.

«Questa Yosano è così importante da valere le vite di due membri dell’Agenzia?» fu il freddo commento di Dazai.

«Suvvia non penso si arriverà a delle morti» Ranpo lo aveva fissato dritto negli occhi prima di pigiare il bottone per richiamare l’ascensore «e in ogni caso non sarebbe colpa della Port Mafia» concluse scartando una caramella.

«Dazai, il leader della Mimic per qualche motivo è interessato a me. Smettila di prendertela con Ranpo» lo rimproverò Oda. Dazai sbuffò platealmente. Odasaku non si rendeva conto del pericolo al quale stava andando incontro. Forse in quella realtà la colpa non era totalmente della Port Mafia, però gli eventi stavano pericolosamente arrivando a coincidere con quelli del suo mondo.

Ormai non sarebbe riuscito ad impedire all’amico di recarsi dal leader della Mimic. Questa volta però sarebbe stato al suo fianco e non lo avrebbe perso di vista per nessuna ragione.

Avrebbe lui stesso ucciso Andrè Gide se solo si fosse presentata l’occasione.

«Fate attenzione» li salutò Ranpo agitando la mano mentre i due detective uscivano dall’edificio.

«Questa storia si sta rivelando essere più complicata di quanto pensavamo» ammise Oda «anche se qualcosa mi dice che tu lo avevi previsto dall’inizio» Dazai fece spallucce.

«Fin dal primo momento sentivo che c’era qualcosa che non tornava. Ovviamente non potevo immaginare che il Boss della Port Mafia e il Presidente si conoscessero e che ci fosse stato questo scambio di informazioni tra loro» Odasaku non poté fare a meno di annuire.

«Non sei obbligato a venire. Posso scontrarmi io con lui e recuperare quel nanerottolo di Chuuya» proseguì il moro infilandosi le mani in tasca.

«Non posso lasciartelo fare Dazai. Sono io il suo obbiettivo»

«Proprio per questo vorrei che ne stessi fuori. Tu non uccidi Odasaku. Non sei quel tipo di persona»

«Sono un detective dell’Agenzia, aiutare le persone fa parte del mio lavoro. Dobbiamo per prima cosa trovare Chuuya, inoltre se fermiamo quella banda di pazzi salveremo anche altre persone»

«Lo sai vero che è tutta una trappola?»

«Lo so ma devo andare comunque, devo affrontarlo è un compito che spetta a me»

«Se ti scontrerai con Gide morirai» Dazai non riuscì a trattenersi.

«Si può sapere che diavolo ti prende oggi? Non sembri in te»

«Non posso preoccuparmi per un mio amico?» mormorò con un sorriso fin troppo falso.

«Tu non ti preoccupi mai per nessuno, sei quasi inquietante» ammise Oda con la solita calma che lo contraddistingueva.

Dazai sapeva che aveva ragione.

Nel suo mondo, prima che Odasaku morisse, non gli aveva mai fatto capire quanto tenesse a lui, alla loro amicizia o quello che era ciò che condividevano. C’erano solo stati una serie di maldestri tentativi, come quell’ultima serata al Lupin, quando aveva scattato delle fotografie con la scusa di immortalare quel qualcosa tra loro.

«So dove si trova Gide» disse solo questo Dazai.

Oda si fermò in mezzo alla strada fissandolo senza parole.

«Ho anche pronto un piano per salvare Chuuya ma dovrai seguirlo nei minimi particolari» il rosso annuì.

Non lo avrebbe perso, non di nuovo, non questa volta. Il destino si stava divertendo a ricreare la stessa situazione della sua realtà ma lui avrebbe combattuto per cambiarlo.

Odasaku sarebbe sopravvissuto.


 


 


 

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Capitolo 8
*** What’s happening now? ***


 

 

 

 

 

Una volta lasciata la sede della Port Mafia, Dazai non aveva perso tempo e li aveva condotti verso quella che sembrava essere una zona boschiva. Odasaku ricordava di essersi recato da quelle parti in qualche occasione per conto dell’Agenzia, investigando su casi di sparizioni o rapimenti.

Erano poco distanti dal porto, tanto che rimanendo in silenzio, come stavano facendo da una decina di minuti, potevano ancora udire i gabbiani e i rumori delle navi mercantili in lontananza. Camminavano ormai da parecchio, quando Odasaku riprese improvvisamente a parlare;

«È vero ciò che hai detto poco fa?» aveva fatto una piccola pausa, fermandosi per osservare meglio il ragazzo, che a qualche metro da lui stava ancora avanzando e che se ne era rimasto in silenzio per tutto il tragitto.

Oda aveva usato un tono di voce abbastanza neutro, che non tradiva nessuna particolare emozione.

Non era solo curiosità, voleva davvero capire cosa stesse succedendo. Fu allora che Dazai si fermò, ma solo per lanciargli uno sguardo stanco, prima di ammettere;

«Gide, il leader della Mimic possiede la tua stessa Abilità per questo sei in pericolo» ripeté ancora una volta, più a se stesso che all’altro; mentre cercava di scacciare dalla sua mente i ricordi di quello scontro, l’espressione morente di Oda tra le sue braccia era un’immagine che si divertiva a tormentarlo.

L’uomo non disse nulla, si limitò a studiare l’espressione dell’amico.

Non aveva mai visto Dazai così preoccupato.

Era diverso dal solito e ogni minuto che passava ne stava sempre più ricevendo conferma.

Era da un paio di giorni che Dazai si comportava in modo strano, era iniziato tutto quando, svegliandosi dopo aver passato la notte sul divano dell’Agenzia, era corso ad abbracciarlo. In quell’occasione Oda non ci aveva dato molto peso ma riflettendoci meglio era da allora che le stranezze di Dazai erano iniziate.

«Voglio solo sapere che sta succedendo. Sto cercando di farmi un quadro della situazione»

A quelle parole, il moro piegò le labbra in una leggera smorfia. Sapeva che Oda non si sarebbe arreso, né accontentato di qualche scusa.

Decise di optare per una mezza verità, come sempre.

«Se ti dicessi che ho visto la tua morte mi crederesti?» Odasaku scoppiò a ridere. Dazai invece abbozzò un sorriso, in fondo si aspettava una reazione simile. Sembrava che avesse fatto una battuta di pessimo gusto.

«Pensi che sia così facile farmi fuori?» continuò Oda fingendosi offeso.

Il moro non rispose, decise di dargli le spalle, cercando di nascondere il suo stato d’animo.

La cosa importante in quel momento era mantenersi lucido.

Aveva un piano, sia per salvare quel nanerottolo di Chuuya che la vita di Odasaku, doveva solo seguirlo. Le sue strategie si erano sempre rivelate infallibili e sicuramente quella non avrebbe fatto eccezione.

Era ovvio che Odasaku non avrebbe creduto a quella strana confessione, erano parole assurde e prive di logica. Mondi alternativi, realtà parallele, erano concetti da libri e film di fantascienza, o almeno, lo erano stati fino a quando un’Abilità aveva permesso a Dazai di poter essere lì, di poter rivedere Odasaku, parlargli ancora una volta. Nel istante in cui aveva iniziato a nutrire qualche speranza di poterlo salvare aveva iniziato a credere che per una volta l’impossibile potesse diventare possibile.

A Dazai non importava di altro.

Ora che aveva ritrovato Oda aveva solo paura di poterlo perdere. Anche in quella realtà la Mimic era diventata una minaccia.

Erano così vicini alla fine di tutta quella storia. Se lo sentiva, doveva solo tenere duro un altro po'.

Fu in quel momento che raggiunsero il casolare abbandonato che Dazai sapeva essere il loro quartier generale. C’erano uomini armati che sorvegliavano il perimetro ma niente di troppo impegnativo, potevano facilmente sbarazzarsene.

La prima volta che aveva visto quell’edificio si era trovato davanti una scia di cadaveri che lo avevano condotto verso il luogo in cui l’amico aveva combattuto e perso la sua ultima battaglia.

In quell’occasione, Dazai era arrabbiato con Mori per avergli fatto sprecare del tempo prezioso, furioso con Odasaku per essere andato da solo incontro alla morte ma soprattutto adirato con se stesso per non averlo fermato.

Non avrebbe commesso due volte lo stesso errore.

«Ora mi dici come hai fatto a trovare questo posto?» Oda lo aveva seguito in silenzio ma ora pretendeva nuovamente delle spiegazioni. Aveva già estratto una delle sue pistole dalla fondina e fissava Dazai.

Si fidava di lui ma aveva bisogno di capire che stava succedendo, sentiva che l’amico gli stava nascondendo qualcosa d’importante, un qualcosa che in qualche modo lo riguardava.

Sapeva che Dazai aveva dei segreti, come tutti loro, però questa volta era diverso.

C’era qualcosa nel suo sguardo, una presenza oscura che prima di allora non aveva mai visto.

Erano amici da qualche tempo, ma per la prima volta gli sembrò di trovarsi accanto ad un estraneo. Era una sensazione che ultimamente gli capitava fin troppo spesso.

«Semplice intuito» il rosso storse il naso. Se era uno scherzo non era divertente.

«Perché non riesco a crederti?»

«Eppure è la verità. Ora ascoltami bene Odasaku, ci aspettano una ventina di uomini armati là dentro. Se le mie deduzioni sono corrette Chuuya e Gide si trovano all’ultimo piano. Ci staranno aspettando»

«E se non lo sono?» il sorriso sul volto di Dazai si allargò.

«Ho mai sbagliato?»

Oda lo seguì coprendogli le spalle. Ogni volta che premeva il grilletto non lo faceva per uccidere ma solo per disarmare il nemico.

Era Dazai che con cinismo, arrivava ad infliggere loro il colpo di grazia.

Odasaku si era più volte fermato ad osservare il compagno, era irriconoscibile.

Aveva uno sguardo vuoto, privo di qualsiasi sentimento o emozione. Dazai era simile a lui, lo aveva pensato dal primo momento in cui le loro strade si erano incrociate.

Era simile al ragazzo che un tempo era stato Oda Sakunosuke.

Sapeva che l’amico poteva essere spietato ma non lo credeva in grado di togliere così facilmente la vita a qualcuno.

Ogni volta che premeva il grilletto, Dazai desiderava uccidere.

Gli era bastato uno sguardo per capirlo. Puntava l’arma e sparava come un assassino professionista. Per un breve istante, Dazai gli ricordò i membri della Port Mafia.

«Cosa c’è Odasaku?» il moro si era voltato a fissarlo, porgendo quella domanda con l’innocenza di un bambino;

«Nulla» si limitò a rispondere «Non ti credevo così bravo ad uccidere»

Dazai ci mise qualche secondo a rispondere. Oda stava sicuramente sospettando qualcosa, stava iniziando a capire come lui non fosse il Detective con cui aveva lavorato fino ad un paio di giorni prima. Lui era un ex dirigente della Port Mafia. Aveva utilizzato un’Abilità per raggiungere quel mondo e salvargli la vita, ma in quel momento non poteva spiegarglielo né avrebbe saputo come fare.

Fu in quel istante che uno dei uomini ai suoi piedi si mosse afferrandogli una caviglia. Dazai non perse tempo, con un rapido movimento di polso portò l’arma in direzione della testa del soldato e fece fuoco. Poi incrociò lo sguardo di Oda.

«Sono nostri nemici. Sono pericolosi. Hanno rapito Chuuya» erano solo delle scuse, che non potevano certo giustificare il suo comportamento. Dazai lo sapeva eppure non riusciva a reggere lo sguardo che l’amico gli stava rivolgendo in quel momento. Odasaku, il suo Odasaku non lo aveva mai guardato in quel modo.

«Tu non sei un assassino» a quelle parole si mise a ridere. Se solo avesse saputo quanto nero era il suo sangue, quante atrocità aveva commesso in passato.

Stai dalla parte di chi salva le persone.

Le parole del suo Odasaku gli tornarono alla mente.

Nei suoi ultimi istanti, Oda aveva cercato di trascinarlo fuori dall’oscurità in cui aveva vissuto, aveva provato a dargli una ragione di vita; qualcosa a cui aggrapparsi. Non poteva sapere però quanto la sua morte lo avesse segnato.

Nemmeno Dazai era preparato.

Era cambiato, non era più un dirigente della Port Mafia ma non era nemmeno pronto a vivere una vita virtuosa come avrebbe voluto il suo amico.

Si rese conto che anche il suo Odasaku avrebbe disapprovato quel comportamento.

Gli aveva promesso che avrebbe salvato le persone eppure aveva ucciso senza esitazione.

Non era facile cambiare le proprie abitudini, il proprio stile di vita, ma doveva comunque fare uno sforzo. Per salvare Odasaku era disposto a tutto.

Per un breve istante si era dimenticato di quella promessa, ricadendo in quel vortice d’oscurità.

Poteva inventarsi qualsiasi scusa, che lo aveva fatto per salvare il suo amico e per estensione anche Chuuya, ma ciò non cambiava la realtà dei fatti.

Aveva infranto la promessa.

«Scusa Odasaku» non sapeva se lo stesse dicendo all’uomo che gli stava di fronte oppure a quello che aveva perso. Si portò una mano sul volto, tirandosi indietro la frangia scomposta di capelli.

«Non ucciderò più» annunciò guardandolo negli occhi “ma farò il possibile per salvarti” Oda sorrise, credendo come sempre che l’altro stesse scherzando; giocando a fare il melodrammatico.

«Per prima cosa cerchiamo di salvare Chuuya» Dazai gli fece una linguaccia;

«Per colpa sua devo sempre faticare il doppio».

 

***

 

Dopo qualche minuto raggiunsero la sala dove nel suo mondo si era consumata la tragedia. L’ambiente era identico a come Dazai ricordava, a come lo rivedeva nei suoi incubi.

Gide era lì ad attenderli.

Chuuya invece era svenuto e legato ad una sedia.

«Quel tipo, come avrà fatto a mettere fuori gioco Chuuya?» Oda era perplesso, era la prima volta che vedeva il rosso in quello stato. Dazai alzò le spalle;

«Veleno. È il suo punto debole» rispose. Odasaku era sorpreso, non aveva mai sentito nulla al riguardo. Fu in quel momento che André Gide prese a parlare:

«Ho aspettato così tanto il tuo arrivo, Oda Sakunosuke sei il solo che mi può salvare»

Dazai ascoltava l’interminabile monologo del ex soldato, di come lui e i suoi compagni fossero stati traditi dal proprio Paese.

C’erano però parecchie cose che ancora non tornavano.

«Quindi perché hai rapito Chuuya?» si trovò a chiedere interrompendolo. Gide sembrò accorgersi solo in quel momento della presenza di Dazai;

«Dovevo attirare Sakunosuke qui» di colpo tutti i tasselli del puzzle erano al loro posto.

In quella realtà Oda non aveva adottato nessun orfano, era un semplice detective. Per attirarlo in trappola sarebbe bastato rapire uno dei suoi colleghi. Il fatto che si fosse trattato di Chuuya era un caso, non vi era nessuno schema.

Esattamente come aveva ipotizzato.

La soluzione si era rivelata più semplice di qualsiasi altra ipotesi formulata da Dazai. Gide era uno psicopatico. Mori e Fukuzawa avevano tramato per farlo entrare nel Paese, sfruttandolo per i loro interessi e perversi giochi di potere.

Come era accaduto nel suo mondo, l’unica colpa di Odasaku era quella di possedere la sola Abilità in grado di fermare quel folle.

Questa volta però, non si sarebbe trovato a doverlo fronteggiare da solo, Dazai era al suo fianco e non avrebbe permesso alla storia di ripetersi.

«Odasaku devi fare molta attenzione. Farà il possibile per provocarti»

«Qualche suggerimento?»

«Possedete la stessa Abilità, una volta messi alle strette l’esito dello scontro dipenderà dalla vostra bravura con le armi»

«Dimmi qualcosa che già non so»

«Se tu riuscissi a distrarlo per qualche minuto io potrei raggiungere Chuuya. Se quel nanerottolo scatenasse la sua Abilità potremmo sbarazzarci di Gide senza problemi»

Sapeva che era un piano rischioso, che Oda poteva essere ferito o ucciso, però era l’unica soluzione percorribile. Scatenare la furia di Arahabaki per annientare Gide gli era parsa un’ottima idea.

«Quanto tempo ti serve?»

«Tutto quello che riuscirai a darmi. Non strafare e non farti colpire»

Così lo scontro ebbe inizio.

Gide non prestò molta attenzione al moro, sembrava desiderasse solo misurarsi con Oda, non aveva occhi che per lui.

Dazai aveva provato una sorta di fastidio quando quel uomo aveva chiamato il suo amico addirittura per nome.

Avrebbe tanto voluto poterlo uccidere con le sue mani, stringergli il collo fino a sentire le ossa rompersi. Bearsi della sua espressione mentre esalava l’ultimo respiro. Ma non poteva, non avrebbe mai più infranto la promessa fatta ad Odasaku, anche se si trattava del uomo che per primo lo aveva ucciso.

Non era vero che la vita e la morte per Dazai non avevano importanza, quando si trattava di Odasaku tutto cambiava.

Mentre cercava di raggiungere Chuuya ancora svenuto, l’ex mafioso cercava con la coda dell’occhio di tenere sotto controllo lo scontro con Gide. Se fosse stato possibile lo avrebbe toccato ed annullato con il suo potere ma l’Abilità che possedeva giocava a suo sfavore.

Combattere contro quel uomo era come combattere contro Odasaku ed era un’ipotesi che non aveva mai preso in considerazione; per questo affidarsi alla distruzione di Arahabaki era la soluzione migliore. Sperava solo che Chuuya fosse abbastanza in forze per farlo.

Fece un passo indietro evitando l’ennesimo proiettile diretto nella sua direzione.

Ci stava mettendo troppo, stavano sprecando minuti preziosi. Dazai non poteva sapere per quanto ancora Oda avrebbe retto.

Quando finalmente raggiunse il rosso iniziò a liberarlo per poi prenderlo a schiaffi.

«Dannazione Chibi ho bisogno di te svegliati» ma l’altro non dava segni di ripresa. Forse era stato drogato. Dazai continuava a schiaffeggiarlo, quando Gide finalmente si accorse di lui.

«Cosa stai cercando di fare ragazzino?»

Accadde tutto in una manciata di secondi.

Dazai vide l’uomo puntare la pistola verso di loro.

Era la fine.

Non avrebbe mai fatto in tempo, non poteva schivare quell’attacco. L’unico suo rimpianto era quello di morire insieme a quel antipatico di Chuuya, in un orrendo doppio suicidio.

Non fece in tempo a pensare ad altro che vide Odasaku, o meglio la sua schiena, frapporsi tra loro e Gide.

«Nooooo» ma ormai era troppo tardi.

Oda aveva fatto scudo con il proprio corpo e si era beccato una scarica di proiettili al torace. Tuttavia prima di cadere riuscì a sua volta a premere il grilletto, ferendo mortalmente Gide.

Dazai abbandonò Chuuya per soccorrere Odasaku.

Non c’era nulla che potesse fare, quelle ferite erano troppo gravi.

Gli era bastata una sola occhiata per capirlo. Iniziò a piangere senza ritegno.

Era completamente in balia delle proprie emozioni, dolore, rimpianto ma soprattutto rabbia.

Quella era la terza volta che Odasaku sarebbe morto tra le sue braccia, si chiese per quanto ancora avrebbe potuto sopportarlo, doveva esserci un limite al dolore.

Fu in quel momento che Oda allungò un braccio fino a sfiorargli il capo in un gesto simile a quello eseguito dal suo Odasaku nei suoi ultimi istanti.

«State bene?» chiese con un filo di voce.

«Sei un idiota Odasaku. Un completo idiota» gli aveva già rivolto quelle parole, in un altro mondo, un’altra realtà legata dal medesimo, tragico, epilogo.

«Dannazione. Perché devi sempre cercare di salvarmi?! Non merito di essere salvato» Oda ignorò quelle parole e si limitò a sorridere.

«Dazai ascoltami» la sua voce era ridotta ad un sussurro.

«So già cosa vuoi dirmi, cerca di risparmiare le forze. Puoi ancora farcela Odasaku»

«Sai benissimo che per me è finita. Almeno sono riuscito a salvarvi»

«Sono io che non sono riuscito a salvare te» ammise tra le lacrime.

Era troppo da sopportare.

Era un fottuto déjà-vu. Il respiro di Oda si faceva sempre più debole e il suo corpo più freddo.

Dazai cercò di farsi forza, lo sostenne fino all’ultimo. Solo quando Odasaku spirò si decise a lasciarlo andare, adagiandolo piano sul pavimento ormai ridotto ad un lago di sangue.

L’ex dirigente fissò per qualche secondo le proprie mani soffermandosi sui bendaggi sporchi di sangue, anche quella stava diventando una scena fin troppo familiare.

Era stanco, a cosa erano valsi tutti i suoi sforzi se alla fine l’epilogo era sempre lo stesso.

All’improvviso un oggetto finì con il catturare la sua attenzione.

Era una delle pistole di Odasaku, abbandonata sul pavimento a qualche metro da loro, il cui metallo luccicava colpito dagli ultimi raggi di sole, prima del crepuscolo. Dazai la raccolse e per qualche secondo se la rigirò tra le mani.

Aprì il caricatore. Era rimasto un unico colpo in canna, doveva essere un segno del destino.

Non perse altro tempo e se la puntò alla tempia.

Era stanco, stanco di tutto. Aveva assistito per tre volte alla morte di Odasaku non ce la faceva più.

Una parte di lui gli suggeriva di rinunciare, non era possibile cambiare il destino, stava combattendo una battaglia persa in partenza. Avrebbe potuto visitare tutte le realtà e i mondi che voleva, ma Oda sarebbe morto lo stesso, ancora e ancora.

C’era solo una soluzione, farla finita.

Era semplice, doveva solo premere il grilletto.

E lo fece ma non ottenne il risultato sperato.

Dopo un paio di secondi Dazai si accorse a malincuore di essere ancora vivo. Sbuffò contrariato per poi dirigere la propria attenzione verso la causa del suo malcontento.

Chuuya era accanto al corpo senza vita di Odasaku e lo fissava con uno sguardo altrettanto furente. Era stato lui a bloccare il proiettile, aveva utilizzato la sua Abilità.

«Si può sapere che stai facendo razza di deficiente?» non aveva finito di pronunciare quelle parole che subito si era diretto verso di lui e gli aveva tirato un pugno in pieno volto.

Dazai lo incassò, non provò nemmeno ad evitare l’attacco del rosso che aveva preso a colpirlo senza sosta.

«Mi stai facendo incazzare di brutto Dazai»

«Voglio morire» solo allora Chuuya si fermò, lasciando la presa e sedendosi accanto a lui.

«Vuoi dirmi che cazzo è successo qui dentro?»

Quando aveva ripreso i sensi aveva solo fatto in tempo a vedere il cadavere di Oda prima di salvare Dazai dall’ennesimo, stupido, tentativo di suicidio.

«Gide ti ha rapito per usarti come esca e attirare Odasaku. È sempre stato lui il suo obiettivo fin dall’inizio. Il mio piano era abbastanza semplice. Doveva fronteggiarlo il tempo necessario per salvarti. Poi avrei sfruttato la tua Abilità e ci saremmo sbarazzati di quello psicopatico»

«Cosa è andato storto?» chiese con una punta di timore.

«Gide mi ha visto. Ha puntato la pistola contro di noi. Se Odasaku non ci avesse fatto scudo coprendoci col proprio corpo a quest’ora ci sarebbero i nostri i cadaveri stesi a terra»

«Oda si è sacrificato per noi» concluse il rosso spostando lo sguardo dai resti dell’uomo a Dazai;

«E tu volevi ucciderti» non ottenne nessuna risposta.

Si. Dazai voleva uccidersi perché quella era la terza volta che vedeva la persona per lui più importante, morire davanti ai suoi occhi. Vivere faceva male, ogni respiro gli dilaniava il petto, non riusciva a sopportare tutti quei sentimenti che si stavano facendo largo dentro di lui.

Dazai era un assassino cinico e spietato.

Era stato il più giovane dirigente nella storia della Port Mafia, le sue mani erano gronde di sangue, eppure la perdita di Odasaku lo aveva destabilizzato.

Già la prima volta il dolore era stato totalizzante, tanto che anche in quell’occasione era arrivato al punto di provare a togliersi la vita. Se non lo aveva fatto era stato solo per l’intervento di Ango e la soluzione che gli aveva offerto. Murray e la sua Abilità gli avevano donato una speranza, quella di salvare Odasaku.

Tuttavia Dazai continuava a fallire.

Non importava quanto ci provasse, in due realtà alternative visitate aveva solo finito per assistere impotente alla morte dell’amico.

«Si può sapere a che cazzo stavi pensando razza di stupido?»

«Odasaku è morto» fu tutto ciò che Dazai riuscì a dire.

Non pensava ad altro, solo al proprio fallimento.

«È morto per proteggerci, credi che avrebbe voluto vederti morire in questo modo? Vuoi vanificare il suo sacrificio?!» Chuuya aveva ragione, per quanto trovasse insopportabile il doverlo ammettere anche a se stesso.

Aveva promesso a Odasaku che sarebbe diventato un essere umano migliore, che sarebbe stato dalla parte di chi salvava le persone.

Non era ancora finita. Non si sarebbe arreso. Lo avrebbe salvato.

Lanciò un’ultima occhiata al cadavere dell’amico, giurando a se stesso che avrebbe mantenuto quella promessa.

Un giorno, Odasaku sarebbe stato fiero di lui.

 

***
 

Erano tornati in Agenzia.

Dopo una breve telefonata in cui Chuuya aveva provveduto ad avvisare il Presidente di quanto accaduto, avevano deciso di fare ritorno in ufficio. Dazai non era sicuro di reggere alla vista del coroner che si occupava delle spoglie di Odasaku. Per tutto il tempo il rosso era rimasto al suo fianco, senza dire una parola, osservando e rispettando il suo dolore, oltre che rispondere alle chiamate e messaggi dei loro colleghi.

«Tu lo amavi vero?» esordì all’improvviso.

Dazai era disteso sul divano, lo stesso in cui si era risvegliato in quel mondo. Aveva un braccio che gli copriva parzialmente il viso e si limitava a fissare il soffitto, ancora troppo scosso per fare altro. Le parole di Chuuya però lo riportarono alla realtà.

«Lo hai sempre amato. Penso che Oda fosse il solo a non averlo mai notato» Dazai ascoltava senza ribattere.

Non aveva senso negare ciò che ormai sarebbe stato evidente anche ad un cieco.

Come sempre Chuuya era in grado di leggerlo, anche questo era un dettaglio che continuava a ripetersi in ogni mondo o realtà.

«Quando eri insieme lui eri diverso. Oda riusciva a esercitare una qualche influenza positiva su di te. Sono sempre stato geloso di lui» ammise;

«Geloso?» Dazai non capiva dove l’altro volesse andare a parare con quel discorso; se non che fosse simile a quello che aveva avuto con Odasaku alla tavola calda.

«Quando si è unito all’Agenzia non avevi occhi che per lui. Oda era una persona incredibile, forse volevo solo somigliargli, era un modello per tutti noi»

«Chuuya non potrebbe mai diventare come Odasaku nemmeno tra un milione di anni» concluse lapidario, per poi aggiungere;

«Tu sei tu e va bene così» il rosso fu colto di sorpresa; ma solo per un istante.

«Se fossi stato più attento, più forte, se non mi fossi lasciato catturare…»

«È inutile pensare a queste cose. Odasaku non tornerà magicamente in vita nemmeno se facessimo un elenco tutti i nostri errori. Ho sottovalutato la situazione. La morte di Odasaku non è stata colpa tua ma del sottoscritto, credevo di aver previsto tutti gli scenari possibili» Chuuya si avvicinò ma solo per mollargli un altro ceffone in pieno volto;

«Smettila. Non colpevolizzarti» Dazai alzò una mano ma solo per passarla sulla guancia lesa.

«Allora non farlo neanche tu» si sfidarono con lo sguardo.

«Sai che è colpa mia. Non provare a convincermi del contrario»

Si, una parte di Dazai avrebbe voluto dare la colpa a Chuuya, ma sapeva di non poterlo fare. Il rosso, come gli orfani del suo mondo, era stato scelto come ostaggio solo per far uscire Odasaku allo scoperto in modo che Gide potesse affrontarlo faccia a faccia.

Era inutile cercare di trovare un colpevole, tutti in qualche modo erano responsabili.

Dazai non avrebbe saputo prevedere il sacrificio di Oda o meglio non avrebbe mai voluto farlo. Nonostante tutto, i suoi sentimenti gli impedivano di ragionare con la solita lucidità.

«Oda Sakunosuke era il migliore di noi» concluse Chuuya sedendosi sul divano accanto al partner.

«Già, era quel tipo di persona sempre pronta a salvare gli altri. L’opposto di me»

«Cosa conti di fare?» chiese a bruciapelo. Dazai restò qualche minuto in silenzio.

Per prima cosa aveva bisogno di riposo, anche se dubitava sarebbe riuscito a chiudere occhio. Doveva anche farsi una doccia, levarsi quei vestiti e bendaggi ancora macchiati dal sangue di Oda. Poi avrebbe utilizzato la sua Abilità per tornare nella sua realtà e sarebbe ripartito verso il mondo successivo.

«Ho bisogno di dormire, ubriacarmi e fingere che l’ultima giornata non sia mai esistita» ammise.

«Lo amavi così tanto?» C’era una nota di delusione nella voce del rosso. Dazai la colse benissimo ma in quel momento non aveva la forza di negare.

Non si era mai interrogato davvero sui sentimenti che lo legavano al tuttofare della Port Mafia, sapeva solo che era un qualcosa che andava oltre la semplice amicizia.

Un legame talmente forte da portarlo ad affrontare quelle realtà alternative nella speranza di riuscire a salvarlo.

Sapeva che era un sentimento totalmente differente da ciò che provava nei confronti di Chuuya.

Il rosso e Odasaku erano sotto certi aspetti, diversi come il giorno e la notte, ma per altri erano fin troppo simili. Entrambi si preoccupavano per gli altri, cosa che a Dazai era sempre risultato difficile fare. Inoltre cercavano sempre di agire in modo corretto, in qualsiasi situazione, anche questo in opposizione al carattere calcolatore del moro.

«Si, penso di averlo amato» fu la conclusione a cui arrivò Dazai.

Chuuya incassò quel colpo in silenzio.

«Hai sempre avuto occhi solo per lui. Quando entrava in ufficio iniziavi ad orbitagli intorno come la Terra intorno al Sole»

«Perché mi sembra che questa cosa ti abbia dato fastidio?» Chuuya in quel momento desiderava solo ammazzare il proprio partner di botte.

Dazai invece sorrideva. Era irritante.

«Lo sai» ruggì a denti stretti il possessore di Arahabaki.

«No. Non ne ho proprio idea» Era più forte di lui, divertirsi a provocare Chuuya era sempre stato uno dei suoi passatempi preferiti.

Tuttavia quando il rosso lo afferrò per il colletto della camicia e fece collidere le loro labbra Dazai rimase per qualche secondo sorpreso.

Non era la prima volta che baciava Chuuya. Era accaduto anche nella prima realtà alternativa che aveva visitato, tuttavia sentiva che questa volta era diverso.

Era un bacio disperato, lo capiva da come il rosso cercava di stringersi a lui.

Sapeva di essere crudele ma decise di non allontanarlo e assecondare ogni suo movimento.

Dazai era masochista.

Si stava solo approfittando di Chuuya.

Sperava in quel modo di potersi liberare dalle immagini ancora fin troppo vivide della morte di Odasaku che gli affollavano la mente. Iniziarono piano a spogliarsi, levandosi le camicie.

«Sono un disastro» ammise Dazai tra un bacio e l’altro facendo riferimento alle sue bende ancora macchiate di sangue e ormai allentate.

«È stata una lunga giornata»

Ci sarebbero state tante, troppe cose da dire, pensieri che si formularono nella mente di Dazai ma che non avevano modo di essere tradotti a parole.

L’ex dirigente avrebbe voluto confessare che erano giorni, forse settimane che non riusciva a riposare bene e di conseguenza a ragionare con la solita lucidità. Effettivamente, non sapeva nemmeno quanto tempo fosse trascorso dalla scomparsa di Odasaku nel suo mondo.

Era stanco di soffrire.

Avrebbe tanto voluto possedere un interruttore per poter spegnere quei sentimenti che continuavano a tormentarlo.

Chuuya, che intanto era sceso a depositargli lievi baci all’altezza dell’addome si accorse che qualcosa non andava, Dazai fisicamente era lì ma la sua mente era altrove.

«Non possiamo farlo» disse prima di allontanarsi dal moro per andare a recuperare la propria camicia.

Dazai lo guardò spaesato. Non se lo aspettava.

«Oda è morto da poche ore. Non lo trovo giusto»

Fu la sola spiegazione che ricevette.

«Non ti stai approfittando di me. Siamo due adulti consenzienti Chibi»

«Tu stai ancora pensando e soffrendo per lui. Non voglio che la nostra prima volta sia così squallida»

«Come siamo sentimentali»

«Lo sto facendo anche per te. Non voglio che tu faccia qualcosa di cui poi un giorno potresti pentirti»

Come sempre Chuuya era stato in grado di leggerlo alla perfezione.

Dazai voleva solo dimenticare tutto quel dolore, sapeva che era sbagliato approfittarsi dei sentimenti del rosso. Lo sapeva benissimo, ma non aveva esitato.

Era più facile agire in quel modo che affrontare i propri sentimenti.

«Scusami Chibi» mormorò chinando il capo e cercando di sistemarsi le bende allentate sul suo torace.

Chissà cosa avrebbe pensato Odasaku se avesse visto il suo comportamento.

Nonostante i buoni propositi continuava a commettere errori.

La strada per diventare una persona migliore era tortuosa, ma non si sarebbe arreso.

«Io sono qui Dazai. Ti aspetterò fino a quando non sarai pronto ad accettare la morte di Oda» il moro annuì, finì di sistemarsi i bendaggi, si infilò la camicia e si diresse nei propri appartamenti.

Non poteva rassegnarsi né tanto meno accettare la morte di Odasaku, grazie all’Abilità di Murray, Dazai era certo che presto o tardi avrebbe raggiunto il proprio obiettivo.

Non si sarebbe arreso, non sarebbe caduto nello sconforto, avrebbe salvato Odasaku a qualunque costo.

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Capitolo 9
*** Dazai Boss World ***



 


 


 

Tornare alla propria realtà, quella originale era sempre strano, come risvegliarsi da un sogno più lungo e profondo del solito. Questa volta Dazai non si stupì di trovarsi di fronte i volti di Ango e Murray sempre con le medesime espressioni preoccupate a distorcerne i lineamenti. Avvertiva su di sé il peso loro sguardi e poteva facilmente intuire quali fossero gli interrogativi che i due uomini non vedevano l’ora di porgli.

«Avrai il resoconto di questo secondo mondo alternativo per domattina Ango, ora ho solo bisogno di riposare» Decise di liquidare entrambi, avviandosi verso l’uscita con un breve cenno del capo, dopo aver incrociato le braccia al petto, anticipando in questo modo qualunque altra possibile richiesta. Non era dell’umore per sostenere una conversazione.

I due agenti si limitarono a fissare la sua figura, incapaci di replicare.

«Cosa pensa che sia successo?» si azzardò a mormorare Murray, non appena Dazai scomparve dal loro campo visivo entrando nel vano dell’ascensore.

«Deve aver fallito.» Concluse l’impiegato governativo dopo essersi sistemato meglio gli occhiali sul naso con un movimento sbrigativo, che tuttavia tradiva la propria preoccupazione.

«Per ora penso sia il caso di lasciarlo da solo. Manderò qualcuno domattina, per sicurezza. Non dovrebbe compiere gesti estremi, ma con Dazai non si può mai sapere».

Murray deglutì. Avrebbe voluto chiedere altro, ad esempio chi fosse realmente quel individuo che l’ex più giovane dirigente della storia della Port Mafia voleva a tutti i costi salvare. Aveva già ottenuto qualche sporadica informazione al riguardo, ma sentiva che c’era qualcosa in tutta quella faccenda che ancora gli sfuggiva. Qualcosa di importate. Non poteva accontentarsi di quelle briciole, non quando c’era la sua vita in gioco. Ango sembrò intuire i suoi pensieri, infatti si affrettò ad aggiungere;

«Non si preoccupi Murray-san sembra che dovremo usufruire ancora dei suoi servigi. Ovviamente tutte le sue spese sono a nostro carico. Stia tranquillo»

Non era affatto semplice. In cuor suo, Murray non vedeva l’ora di finirla con tutta quella storia. Meno aveva a che fare con Osamu Dazai e meglio era per i suoi poveri nervi. Ad essere sinceri, non si fidava nemmeno di Sakaguchi Ango, con quella sua aria da intellettuale aveva tratto in inganno fin troppe persone. Avrebbe continuato con quella collaborazione, riscosso il generoso compenso e poi si sarebbe allontanato per un po' da Yokohama. Con questo pensiero si infilò il cappotto.

 

***

 

Dazai passò l’ennesima notte in bianco nel freddo appartamento che Ango e gli agenti governativi avevano messo a sua disposizione. Era un bilocale arredato in modo semplice ed essenziale. Appena entrato si era subito spogliato e aveva fatto una doccia, lavandosi via il sangue dell’amico che ancora gli macchiava pelle e vestiti. Anche quella stava diventando una spiacevole routine. Mentre si frizionava i capelli umidi aveva gettato uno sguardo distratto al calendario, appoggiato al frigorifero della cucina. Non era trascorsa nemmeno una settimana dalla morte di Odasaku, anche se per lui era passato molto di più. Nelle realtà create dall’Abilità di Murray, il tempo scorreva diversamente e Dazai iniziava ad avvertirne il peso.

Aveva preso una decisione e non ne era pentito, se ne avesse avuto l’occasione avrebbe rifatto le stesse scelte, senza esitazione. In fondo aveva visitato solo un paio di mondi, era ancora troppo presto per gettare la spugna. Da qualche parte ci sarebbe pur stata una realtà in cui poteva salvare Odasaku, doveva solo trovarla.

Ancora mezzo nudo si sistemò scompostamente sul divano, dopo aver recuperato un vecchio pc, ottenuto sempre per intercessione di Ango. Hackerò senza problemi i file della Port Mafia sul caso Mimic e tutti quelli inerenti in qualche modo a Odasaku.

Sorrise tra sé pensando a come fosse stato fin troppo facile e a come si sarebbe divertito nello spulciare gli archivi dell’Organizzazione. Decise di leggere e memorizzare tutto ciò che riguardava Oda, dai suoi primi incarichi a quello che si era rivelato essergli fatale.

Rimase qualche secondo di più sul file riportante il “Conflitto Testa di Drago”.

Dazai ricordava benissimo quegli ottantotto giorni.

Era stato letteralmente un bagno di sangue.

Una carneficina che tuttavia era stata capace di annoiarlo.

Fu a seguito di quell’occasione che lui e Chuuya vennero conosciuti e temuti come Soukoku o Doppio Nero, un appellativo di cui non era mai andato particolarmente fiero.

Per contro Odasaku adottò cinque bambini rimasti orfani. Dazai ripensò per qualche istante a quelle vite innocenti, a come il Boss avesse venduto al nemico quell’informazione sapendo perfettamente cosa avrebbe comportato. Non poteva perdonarlo eppure sapeva che anche lui in passato sarebbe stato in grado di fare lo stesso.

Per poter vincere una partita delle volte si rendevano necessari sacrifici, in questo caso, Mori aveva semplicemente scelto quali pedine immolare sulla propria scacchiera.

Suonò ipocrita persino alle sue orecchie, ma questi erano gli insegnamenti che aveva ricevuto.

Generalmente Dazai era il primo a non farsi scrupoli ma questa sua linea di pensiero era destinata a fallire quando si trattava di Odasaku.

Era una verità con cui stava imparando a fare i conti, giorno dopo giorno. Non importava quale fosse la realtà o piano che Dazai avesse in mente, lucidità e lungimiranza crollavano come un castello di carte quando Oda Sakunosuke entrava a fare parte dell’equazione.

In qualsiasi mondo o universo in cui l’aveva incontrato, Odasaku finiva sempre con il cercare di aiutare il prossimo. Quella era una costante. Fu allora che Dazai ricordò con una punta di nostalgia di come fosse sempre stato così, sin dal loro primo incontro. Quello era l’Oda Sakunosuke che aveva perduto e rivoleva nella sua vita.

Circa tre anni prima, Oda lo aveva raccolto. A quel pensiero, un sorriso comparve spontaneamente sulle sue labbra. Dazai pensò a come in un certo senso, già allora, con la forza della sua sola presenza, Odasaku avesse iniziato ad innescare un cambiamento nella sua vita. Il se stesso quindicenne era un vero demone senza sentimenti; Oda lo aveva salvato, in tutti i modi in cui una persona può essere salvata. Non esistevano altri modi per spiegarlo. Non si era trattato di un contatto fisico o tangibile, come il fatto di ospitarlo o medicargli le ferite, ma un qualcosa in grado di provocare dentro di lui un cambiamento più intimo e profondo. Odasaku aveva toccato la sua anima, lenito le ferite del suo spirito. Quel qualcosa che condividevano era iniziato in quel giorno e si era concluso solo quando Oda aveva esalato l’ultimo respiro tra le sue braccia. Le sue ultime volontà erano state la ciliegina sulla torta, l’ultimo atto di un cambiamento che era già in corso.

La sua mente correva liberamente sul viale dei ricordi; l’immagine del Odasaku scrittore si sovrapponeva a quella del detective, mischiandosi anche con quella dell’Oda originale. Dazai stava per mettersi a piangere. Odiava questi sentimenti, queste emozioni che non riusciva ancora bene a comprendere e controllare.

Sapeva di essere infantile. La morte era sempre stata una compagna fedele, soprattutto per chi viveva in un ambiente come il loro. Era anche per quel motivo che aveva abbracciato l’oscurità della Port Mafia. Dazai stesso aveva ucciso e provocato direttamente o meno la morte di un numero imprecisato di persone. Una volta però, che la nera signora era arrivata per Oda, ogni suo desidero o curiosità era di colpo passato in secondo piano. Dazai avrebbe volentieri scelto l’oblio del sonno eterno, se questo fosse servito a privarlo di tutto il dolore che lo stava accompagnando da quel fatidico giorno di inizio gennaio. Suicidarsi era stato il suo primo pensiero. La scelta più facile, per un individuo come lui, che non amava soffrire. Se non lo aveva ancora fatto, era stato solo per il provvidenziale intervento di Ango e la soluzione che il quattrocchi gli aveva proposto. Era solo uno il desiderio che spingeva Dazai ad andare avanti, che muoveva ogni suo passo, riportare Odasaku nella sua vita.

Si asciugò le lacrime tamponandosi il volto con le bende che gli fasciavano il braccio. Ricordandosi solo in quel momento, di come dovesse ancora preparare il rapporto per Ango. Sbuffò accomodandosi meglio sul divano, stiracchiando le gambe intorpidite. Non aveva la minima voglia di ricordare quanto successo nelle ultime ore, ma sapeva quanto l’agente del governo avrebbe insistito al riguardo. Nella peggiore delle ipotesi il quattrocchi avrebbe persino potuto impedirgli di partire. Così, dopo aver recuperato l’ennesima bottiglia dal contenuto alcolico, comprata poco prima in un kombini, Dazai si mise al lavoro.

Mettere nero su bianco le informazioni riguardati le varie realtà in fondo poteva tornargli utile. In quel modo avrebbe analizzato non solo le differenze tra i vari mondi, ma anche le similitudini con il proprio, imparando attraverso l’esperienza accumulata. L’Abilità di Murray era incredibile, quasi quanto pericolosa, non si stupiva del fatto che quell’uomo fosse stato reclutato dal Governo. Dazai non voleva immaginare cosa sarebbe successo se altre Organizzazioni avessero saputo dell’esistenza di un potere simile; Port Mafia in primis.

Una parte di lui non vedeva l’ora di ripartire e scoprire cosa gli avrebbe riservato la prossima realtà. Le possibilità d’altronde erano infinite.

C’era anche da mettere in conto la possibilità che Odasaku non vivesse nemmeno a Yokohama, in fondo nel primo mondo loro due non si conoscevano. Allo stato attuale era inutile cercare di formulare delle ipotesi, doveva semplicemente continuare ad avanzare giorno per giorno, affrontando qualsiasi ostacolo di sarebbe parato sulla propria strada.

Ciò che poteva fare al momento era cercare di prepararsi al meglio.

Quando arrivò al punto di dover descrivere lo scontro con Gide, sentì il bisogno di fare una pausa. La prima bottiglia era ormai terminata, così si era diretto svogliatamente verso la cucina per recuperarne un’altra.

Se chiudeva gli occhi, Dazai poteva rivedere quel folle puntare la pistola contro di lui.

Si era svolto tutto nell’arco di una manciata di secondi.

Un attimo prima, poteva specchiarsi nello sguardo rigido e incolore dell’ex soldato, mentre quello dopo, la schiena di Odasaku si trovava a fare da scudo a lui e Chuuya.

Dazai non avrebbe mai potuto prevedere nulla di simile.

Secondo i suoi calcoli, Chuuya si sarebbe dovuto riprendere dal veleno, ma c’era la concreta possibilità che Gide lo avesse drogato. Erano parecchie le cose che aveva lasciato in sospeso in quella realtà. Cose che Dazai aveva preferito non approfondire, come il misterioso accordo tra il Boss e il Presidente di quella strana Agenzia. Si appuntò mentalmente di chiedere ad Ango se esistesse un’organizzazione simile anche nel loro mondo. Più per curiosità che altro. Ormai erano dettagli che non avevano importanza, Oda era morto di nuovo davanti ai suoi occhi e lui non era stato in grado di impedirlo.

Una volta terminata la stesura del rapporto si accorse che era quasi l’alba.

Provò a dormire qualche ora ma ogni volta che tentava di chiudere gli occhi rivedeva Odasaku spirare tra le proprie braccia. Il divano dell’appartamento era scomodo e troppo piccolo, ma non voleva alzarsi per raggiungere il letto. Si rigirò per un paio d’ore cercando di trovare una posizione confortevole ma senza successo. Dazai non riusciva a smettere di pensare. A spegnere il cervello.

Come era già accaduto più volte, l’immagine del suo Odasaku si sovrapponeva a quella del Oda scrittore, per poi lasciare il posto al detective. Ogni scenario però giungeva sempre alla medesima, tragica, conclusione. Faceva male. Troppo.

Alla fine, Dazai aveva riposato solo per una mezz’ora.

Aveva cercato inutilmente nello sportello dei medicinali in bagno un qualche tipo di sonnifero o farmaco che lo potesse aiutare ma Ango questa volta aveva saputo giocare d’anticipo. Sicuramente non voleva ripetere l’esperienza di qualche giorno prima.

Così si era trascinato sul divano del soggiorno, solo in compagnia dei propri pensieri. Fu in quella posizione rannicchiata che lo avrebbe trovato l’impiegato governativo incaricato di controllarlo, qualche ora dopo.


***

 

«Sei una perfetta mamma chioccia Ango» furono le prime parole che Dazai rivolse al ex amico una volta messo piede nell’edificio. Perfettamente vestito e pettinato, non mostrava alcun segno della difficile notte appena trascorsa.

«Conoscendo il soggetto con cui abbiamo a che fare, certe precauzioni sono d’obbligo non credi?» sorrisero entrambi, mentre Murray faceva timidamente capolino dietro la spalla del impiegato.

La tensione nell’aria era palpabile ma sembrava essere l’unico a preoccuparsene.

«Non avevo alcuna intenzione di togliermi la vita, volevo solo trovare qualcosa che mi facesse dormire» ammise l’ex dirigente cercando di suonare il più convincente possibile. In fondo non stava mentendo, la ricerca di un suicidio perfetto avrebbe aspettato, la sua priorità in quel momento era sempre e solo una: Odasaku.

«Provvederemo a farti trovare dei farmaci adatti una volta che sarai tornato dal tuo prossimo viaggio» Dazai sorrise, se fosse andato tutto bene, avrebbe salvato Oda e non avrebbe fatto ritorno in quel mondo. Lo sapevano entrambi.

Ango non disse nulla, si limitò invece a sfogliare il rapporto che Dazai gli aveva svogliatamente consegnato poco prima, non appena si erano trovati faccia a faccia.

«Troverai molte cose interessanti» furono le ultime parole che l’ex mafioso gli rivolse prima di dirottare tutta la sua attenzione all’altro dotato di Abilità presente in quella stanza. Con una piroetta prese Murray sottobraccio, rivolgendosi a lui con il solito fare fintamente amichevole.

«Hai un’Abilità davvero meravigliosa Murray-kun. Non vedo l’ora di partire per il prossimo mondo» l’uomo si voltò terrorizzato per cercare lo sguardo di Ango. Non poteva farci nulla, la presenza di Dazai gli faceva venire la pelle d’oca. A prima vista poteva sembrare solo un ragazzino di diciotto anni ma Murray sapeva benissimo quanto potesse essere pericoloso. Dopo il suo ingaggio aveva svolto delle ricerche, quello che aveva trovato sul conto di Osamu Dazai era anche peggio delle voci che circolavano sul ormai ex più giovane dirigente della storia della Port Mafia. Non doveva abbassare la guardia.

«Quando vuole possiamo partire» disse con un filo di voce.

Dazai sorrise un’ultima volta a entrambi prima di svanire.

 

***

 

Il viaggio non fu particolarmente diverso dai precedenti.

Quando aprì gli occhi il moro fu sorpreso di trovarsi disteso sopra un enorme letto a baldacchino. Ci mise qualche secondo per mettere bene a fuoco l’ambiente circostante.

Fu l’orrenda carta da parati che ricopriva le pareti a dargli la conferma che stava cercando.

Quella era la camera da letto del Boss.

L’ultima volta che Dazai vi aveva messo piede era la notte in cui Mori-san aveva ucciso il proprio predecessore. Era accaduto quasi quattro anni prima. Quante cose erano cambiate da allora.

Prima che potesse pensare ad altro, un movimento sospetto accanto a lui lo fece scattare come una molla. Dopo qualche secondo, emergendo dalle lenzuola fece la sua comparsa una figura fin troppo familiare. Akutagawa spostò il lembo di stoffa che gli copriva parzialmente il viso e dopo essersi stropicciato gli occhi, si ritrovò ad osservare il proprio superiore con uno sguardo assonnato che mal s'addiceva al feroce mastino della Port Mafia.

Dazai come prevedibile ebbe un mezzo infarto nel ritrovarselo accanto, completamente nudo.

«Non torna a dormire?» chiese il ragazzino con la voce ancora impastata dal sonno.

Se non fosse stato per l’imbarazzante quanto assurda situazione, Dazai lo avrebbe trovato quasi divertente. Non aveva mai visto Akutagawa così indifeso, nemmeno quando si erano incontrati la prima volta gli era parso tanto vulnerabile. Ciò non toglieva il fatto che il suo alter ego di quel mondo se la facesse con i ragazzini. Storse il naso disgustato dalla sola idea. All’inizio aveva pensato di essere lui stesso l’amante di Mori, ma la verità di quel mondo era stata ancora più incredibile e difficile da digerire.

«No. Credo di aver riposato a sufficienza» rispose forse troppo velocemente, mettendosi a sedere tra i cuscini.

L’ex dirigente sembrò notare solo in quel momento di essere a sua volta nudo, ad eccezione dei bendaggi che gli ricoprivano come di consueto, la maggior parte del corpo. Si sentì stranamente sollevato. Era solo un piccolo particolare ma significava che il suo alter ego non riponeva ancora abbastanza fiducia in Akutagawa. Forse era solo un amante occasionale. All’improvviso la sua mente traditrice gli ricordò di Chuuya e di come non si fosse mai fatto problemi a mostrarsi nudo davanti a lui.

Non ebbe modo di pensare ad altro che si ritrovò il sottoposto a pochi centimetri dal viso. Il ragazzino si era sporto quel tanto che bastava per baciarlo ma Dazai con un rapido scatto era riuscito ad allontanarlo bloccandolo con entrambe le braccia.

«Che diavolo stai facendo?» urlò prima di riuscire finalmente a scrollarselo di dosso.

Akutagawa fece un’espressione confusa, simile a quella perennemente corrucciata del Akutagawa del suo mondo. Dazai intuì come si stesse arrovellando per cercare di dare un senso a quelle parole o al suo comportamento. Anche in quella realtà, l’unico desiderio del possessore di Rashomon sembrava essere quello di compiacerlo ed il fatto di aver commesso qualcosa di sbagliato non sembrava dargli pace.

Gli fece pena.

Non era mai stato bravo con i ragazzini, Odasaku avrebbe sicuramente fatto di meglio.

«Perdonatemi. Io ecco credevo…» Dazai sbuffò divertito cercando di salvare entrambi quell’assurda e imbarazzante situazione.

«Ora non ho voglia di fare sesso» spiegò con tranquillità. Anche se avrebbe voluto aggiungere “soprattutto con un ragazzino” ma si trattenne.

Per prima cosa, doveva trovare quante più informazioni possibili su quella realtà, poi avrebbe pensato al resto. La presenza di Akutagawa poteva essere sfruttata a proprio vantaggio.

Il giovane mastino della Port Mafia però, dopo aver udito quelle parole, si alzò dal letto e si affrettò a recuperare i propri vestiti sparsi per la stanza. Doveva fermarlo.

«Non mi sembra di averti detto che potevi andartene» Akutagawa si bloccò di colpo, terrorizzato dall’idea di aver fatto nuovamente qualcosa di sbagliato e contrariato il proprio superiore. Il tono di voce utilizzato da Dazai si era fatto più profondo ma allo stesso tempo aveva assunto un carattere freddo e distaccato. Per un breve istante, durato solo una manciata di secondi, era tornato ad indossare le vesti di Demone Prodigio della Port Mafia. Per Dazai era difficile abbandonare del tutto la sua parte oscura ma ci stava lavorando. In quel caso, era stata la forza dell’abitudine ad averlo guidato. Akutagawa a suo modo era un cucciolo fedele, doveva solo imparare ad ascoltare gli ordini senza fare troppe domande.

«Scusatemi Boss» mormorò abbassando il capo. L’ex dirigente sgranò gli occhi per la sorpresa.

«Come mi hai chiamato?»

 

***

 

In quel mondo, Osamu Dazai era diventato il Boss della Port Mafia.

La scoperta di aver dormito con Akutagawa aveva messo momentaneamente in stand by il resto dei suoi ragionamenti. Dazai si era risvegliato nella camera del Boss, a quel punto vi erano poche ipotesi possibili.

Avrebbe avuto tempo e modo per informarsi sulla sorte toccata a Mori o di come proprio lui fosse finito con il prenderne il posto. Per il momento una sola cosa gli era perfettamente chiara: in quanto suo leader avrebbe potuto utilizzare liberamente tutte le risorse dell’Organizzazione.

Trovare Odasaku non sarebbe stato difficile.

Scoppiò in una risata isterica. Boss della Port Mafia. La sola idea gli faceva ribrezzo, eppure paradossalmente, ora disponeva dei mezzi necessari per salvare Odasaku. Avrebbe potuto trovarlo ovunque, sia in Giappone che all’estero, come avrebbe potuto sbarazzarsi della Mimic con una sola mossa. Forse aveva finalmente trovato ciò che stava cercando.

In quel momento il telefono sul suo comodino iniziò a squillare con insistenza. Si scambiò una rapida occhiata con Akutagawa prima di decidersi a rispondere. Dall’altro capo della linea proveniva una voce sconosciuta, doveva trattarsi un sottoposto di poca importanza; una delle tante pedine senza volto o nome che poteva muovere a piacere nella propria scacchiera e di cui non si era mai curato troppo.

«Boss. I preparativi sono stati ultimati. Restiamo in attesa dei suoi ordini» Dazai non aveva né tempo né voglia di occuparsi dei piani del suo alter ego, per cui si limitò a liquidare in fretta la questione;

«Procedete» mormorò quasi annoiato prima di riattaccare.

Akutagawa lo aveva fissato per tutto il tempo. Dazai aveva avvertito quello sguardo su di sé ma aveva preferito fare finta di nulla. In quel momento la sua priorità era quella riordinare le idee pensando a come sfruttare al meglio la propria posizione, oltre che quella del sottoposto.

«Ho per caso qualcosa sulla faccia?» chiese dopo una manciata di minuti, quando l’insistenza di quelle iridi sulla sua figura aveva iniziato a turbarlo. Akutagawa tremò, facendo inconsciamente un passo indietro.

«Allora potresti smetterla di fissarmi» concluse il giovane Boss prima di decidersi ad alzarsi dal letto per recuperare i propri vestiti.

«Siete stato voi a chiedermi di restare» furono le uniche parole che uscirono dalle labbra del ragazzino. Akutagawa non si era mosso, era ancora in piedi accanto alla porta, ma aveva abbassato lo sguardo colpevole di aver dato l’ennesimo dispiacere al proprio superiore. Dazai sorrise con fare indulgente, dopotutto in quel momento c’erano questioni più importanti da risolvere. Il mastino era solo una pedina preziosa su di una scacchiera che andava ancora completata.

«Vero. Ho ancora bisogno dei tuoi servigi» concesse. Akutagawa fece per togliersi la camicia.

«No. Fermooo. Non intendevo quei servigi. Dannazione sei sempre il solito moccioso ottuso».

Era incredibile come quel ragazzo prendesse sempre troppo alla lettera le sue parole. Con il senno del poi Dazai riconosceva di non essere stato un buon mentore per Akutagawa, lo aveva ammesso anche di fronte ad Odasaku. Aveva semplicemente cercato di fare del suo meglio, di crescere quel moccioso e coltivare la sua Abilità in previsione ad una minaccia futura. Gli venne quasi da ridere.

In quel momento, non aveva voglia di pensare ad altro che non fosse Odasaku. Yokohama e tutto il resto potevano anche bruciare. Senza Oda non riusciva concretamente a pensare a nessun futuro possibile.

Se c’era una cosa che tramite quei viaggi aveva imparato, era quanto il fattore tempo fosse importante; prima rintracciava Odasaku e maggiori possibilità avrebbe avuto di salvarlo.

Akutagawa era ancora in piedi e lo fissava confuso. Gli ricordò un cucciolo fedele e ubbidiente in attesa di ricevere ordini.

«Recuperami un pc. Devo fare delle ricerche»

Senza indugio Akutagawa fece come detto, posando dopo qualche minuto il computer sulla scrivania del superiore, mentre questi finiva di rivestirsi.

Dazai-san era strano quella mattina, ma non più del solito. Era la sola cosa alla quale aveva pensato subito dopo aver ricevuto quel rifiuto. Forse l’incarico di leader dell’Organizzazione lo stava mettendo a dura prova. Il possessore di Rashomon scosse la testa per l’assurdità del suo stesso pensiero.

Dazai-san era perfetto come Boss. Sotto la sua guida la Port Mafia aveva prosperato e non aveva eguali. Doveva essere altro ciò che ne turbava i pensieri.

Quando Dazai fece capolino nella stanza era completamente vestito. Impeccabile come al solito.

«Se continui a fissarmi in quel modo tra qualche ora finirò con l’avere un buco in fronte ma non sarà per colpa di un proiettile» mormorò divertito. Akutagawa arrossì per essersi nuovamente incantato ad osservarlo.

«Scusatemi, Boss»

«Quanto sei noioso. Non essere così formale, dormiamo insieme no?» Dazai ghignò dopo aver assistito alla reazione provocata dalle sue stesse parole. Akutagawa stava per morire dalla vergogna. Non si era mosso di un millimetro, ma si era fatto rigido come una statua e rosso come un pomodoro. Forse aveva pure smesso di respirare, non ne era sicuro. Per Dazai era troppo divertente giocare a metterlo in imbarazzo. Il sorriso sul volto del giovane Boss si incrinò solo quando realizzò di come nel suo mondo non avrebbe più potuto fare niente di simile.

Dazai aveva scelto di abbandonare la Port Mafia e non sarebbe tornato sui propri passi. Non poteva.

Oltre a Chuuya, in quel luogo aveva lasciato anche Akutagawa. Non ci aveva ancora riflettuto. Non ne aveva avuto il tempo, concentrato come era su Odasaku.

Sicuramente quel moccioso sarebbe rimasto scioccato dal suo tradimento ma se ne sarebbe presto fatto una ragione. Aveva il carattere e il potenziale necessari per emergere e lo avrebbe fatto, con o senza di lui. Poteva brillare, di questo Dazai ne era certo. Akutagawa era una spada senza un fodero ma possedeva una lama affilata. Si sarebbe fatto strada in quell’oscurità, squarciandola con il proprio potere.

Chuuya al contrario se la sarebbe legata al dito. Non lo avrebbe perdonato. Tornò a sorridere.

In fondo non gli importava, potevano pensare ciò che volevano. Se n’era andato anche per esaudire l’ultimo desidero di Odasaku. Tutto il resto erano dettagli di poco conto. Grazie a questa opportunità Dazai poteva ripartire daccapo, salvare l’amico.

Una volta raggiunto il suo obbiettivo non sarebbe tornato indietro.

Non vi era nulla ad attenderlo al suo ritorno. Solo una fredda lapide in un cimitero. Per questo non poteva fallire.

Alzò di poco lo sguardo per cercare quello di Akutagawa ancora immobile in attesa di ricevere ordini. Fu allora che notò un curioso dettaglio che prima di quel momento gli era sfuggito; al collo del sottoposto vi era un nastro simile a quello di Chuuya. Allungò una mano fino a sfiorarlo. Akutagawa trattenne inconsciamente il respiro.

«Rilassati» mormorò Dazai ad una spanna dal suo viso «Stavo solo ammirando questo» concluse passando le dita affusolate lungo il lembo di stoffa.

«Oggi siete così strano Boss» Dazai si bloccò e l’altro temette davvero di aver parlato troppo. Contro ogni previsione però il moro scoppiò a ridere, prima di ritrarre velocemente la mano e allontanarsi.

«Può essere. Sono stati giorni difficili. Allora, vediamo se puoi essermi di una qualche utilità Ryuu-kun» lo sguardo di Akutagawa si illuminò nuovamente di fronte alla prospettiva di aiutare il proprio superiore;

«Sto cercando una persona» continuò Dazai mentre fissava lo schermo del pc; dopo aver raggiunto la propria scrivania.

«Se questa persona fa parte dell’Organizzazione avremo i suoi dati nel archivio» fu la risposta monocorde del sottoposto.

«mentre, in caso contrario, la Port Mafia tiene ancora una lista degli individui dotati di Abilità Speciali residenti a Yokohama?» domandò. Non poteva ancora escludere che quella realtà fosse come la prima, priva di dotati.

«Mori-san aveva iniziato la stesura di un progetto simile, ma non so se l’abbia mai completato» fu in quel momento che Dazai non riuscì a trattenersi dal porgere la fatidica domanda; staccando per una frazione di secondo gli occhi dallo schermo del monitor;

«Come sono diventato il Boss?» Akutagawa indietreggiò di un paio di passi, fiutando il pericolo nascosto dietro quelle parole. Se era un test non era affatto divertente.

«Un paio di anni fa avete ucciso Mori-san e preso il suo posto. Da allora la Port Mafia ha prosperato» ammise. Sintetico ed essenziale come sempre. Come lui gli aveva insegnato ad essere.

Dazai alzò gli occhi al cielo assumendo un’espressione meditabonda.

«Due anni fa. Intendi dopo il Conflitto della Testa di Drago?» mettere insieme i pezzi non era facile ma necessario per avere un quadro generale della situazione.

«Avete ucciso il Boss precedente proprio durante il conflitto. Non conosco altri dettagli. Sono entrato nella Mafia poco dopo»

Non avrebbe ottenuto altro da Akutagawa. Chissà quali potevano essere i motivi che avevano spinto il suo alter ego ad uccidere Mori.

Guidare la Port Mafia era una prospettiva che non lo aveva mai allettato. Nonostante il Boss più di una volta avesse previsto o meglio decantato, di come Dazai sarebbe diventato un giorno il suo degno successore.

Essere il leader di un’Organizzazione era una responsabilità troppo grande che alla lunga lo avrebbe annoiato, come tutto il resto. Per questo aveva sempre evitato o dato corda a quel tipo di discorsi. C’era solo una cosa che Osamu Dazai bramava con tutto se stesso, ed era la morte; ma prima doveva salvare Odasaku. Era diventato lui la sua priorità.

Ricordò con una punta di nostalgia le innumerevoli riunioni passate al fianco di Mori. A come quell’uomo era solito posare la propria mano sulla sua spalla, sorridendo ed esibendo Dazai come un vanto e motivo d’orgoglio. Ripensò al pesante cappotto nero che gli aveva messo a quattordici anni sulle spalle e che era stato il primo oggetto del quale si era liberato dopo aver detto addio a quell’oscurità. In quella realtà, Dazai era riuscito a svincolarsi dall’ombra di Mori. Lo aveva fatto prima che l’uomo arrivasse a sacrificare la cosa più importante per lui. A tradire la sua fiducia.

Non che ne avesse mai avuta. Dazai in fondo sapeva che Mori era un diavolo sotto mentite spoglie, ancora più contorto e malvagio di lui. Quando lo aveva trattenuto nel proprio ufficio, impedendogli di correre da Odasaku, era stato in quel preciso istante che aveva osservato per la prima volta il vero volto del proprio benefattore. Mori aveva lasciato cadere per qualche secondo la maschera e Dazai aveva capito come non ci fosse più alcun futuro per lui nella Port Mafia. Il Boss non si era fatto alcuno scrupolo nel passare sopra la morte di bambini innocenti pur di arrivare al proprio obbiettivo.

Erano simili, ma Dazai non si era mai spinto così oltre; o almeno, non lo aveva fatto da quando Odasaku aveva fatto capolino nella sua vita.

Nel corso dei suoi diciotto anni di vita, anche Dazai aveva ucciso. Le sue mani erano lorde di sangue, la sua anima più nera di una notte senza luna, eppure, in quel momento, con insolita e rassicurante convinzione, sapeva che al posto di Mori non avrebbe mai svenduto delle anime innocenti. Era una delle poche certezze che gli rimanevano. Strinse i pugni fino a far sbiancare le nocche.

Avrebbe tanto voluto conoscere i motivi che si celavano dietro l’assassinio di Ougai Mori. Sapere come il suo alter ego fosse giunto a quella soluzione estrema, ma una parte di lui, forse quella più razionale, gli ricordava come in realtà, quelli non fossero dettagli rilevanti. Doveva tornare a concentrarsi su Odasaku e non perdere di vista il proprio obbiettivo.

Non si era recato in quel mondo per una visita di piacere. Ricordare il passato e soprattutto il suo rapporto con Mori poteva rivelarsi insidioso. Non doveva dimenticare che quell’uomo era il maggiore se non il principale responsabile di tutta quella vicenda. Dazai era convinto che se il Boss lo avesse realmente voluto, avrebbe trovato un altro modo per ottenere quella stupida licenza dal governo, senza dovere arrivare a sacrificare proprio Odasaku.

Negli ultimi giorni, Dazai aveva iniziato a sospettare come quello fosse solo un tassello all’interno di un puzzle molto più articolato. Come se la morte di Oda fosse stato solo il preludio di un altro piano, del quale però non riusciva a venirne a capo.

D’altra parte stava ragionando sull’uomo che lo aveva “cresciuto”. Quando Dazai aveva incontrato Mori era poco più che un bambino. Se era diventato famoso come Demone lo doveva solo a quel ex medico militare che ad un certo punto lo aveva raccolto, preso sotto la propria ala e dal quale aveva appreso più di quanto volesse ammettere anche a se stesso.

Odasaku era stato un balsamo per la sua anima, capace con la sua sola presenza di lenire le ferite del suo spirito. Non poteva rassegnarsi alla sua perdita, aveva ancora bisogno di lui.

Riprese la ricerca sul pc e con gran sollievo vide comparire il nome di Oda Sakunosuke tra le fila della Port Mafia. Sorrise, tornando a respirare.

«Avete trovato ciò che stavate cercando Boss?» si intromise Akutagawa. Dazai si era completamente dimenticato di congedarlo.

«Certo, certo. Ti ringrazio ora puoi anche andare» lo liquidò con un rapido gesto della mano.

«Non volete che resti? Tra poco riceverete la visita di Nakahara-san» Dazai abbandonò controvoglia lo sguardo allo schermo. In qualche modo Chuuya doveva sempre intromettersi per rovinare i suoi piani.

«Non ho voglia di vedere quel tappetto isterico oggi»

«Siete stato voi a convocarlo» insistette Akutagawa.

«Non mi importa. Ho altro da fare»

Non gli interessavano i progetti del suo alter ego. Aveva l’occasione di rintracciare Odasaku e probabilmente salvarlo. Tutto il resto poteva tranquillamente passare in secondo piano. Soprattutto la visita di Chuuya.

«Puoi andartene anche tu. Se non ti fosse ancora chiaro, non voglio essere disturbato»

Akutagawa fece un inchino prima di eseguire l’ordine. Il Boss era strano ma non poteva ne voleva contrariarlo.

 

***


Lungo il corridoio incrociò Nakahara Chuuya.

«Ehm il Boss non vuole essere disturbato» fu tutto ciò che disse dopo averlo superato. Il rosso si fermò di colpo inchiodandolo contro muro con uno sguardo che prometteva tempesta.

«Non me ne fotte un cazzo. Non intendo prendere ordini dal suo nuovo giocattolino» concluse allungando la mano per sfiorare il nastro di stoffa che portava al collo. Akutagawa non fece nulla, anche se gli sembrò di comprendere quella velata allusione. Sapeva di non essere nella posizione di fermare Nakahara-san, era pur sempre un dirigente. Si fece da parte, sapendo di aver dato con quel comportamento, l’ennesimo dispiacere al Boss.

In pochi passi Chuuya raggiunse gli appartamenti di Dazai. Non bussò. Si servì della sua Abilità per aprire la porta.

«Buongiorno Boss» lo salutò cordialmente. Dazai richiuse lentamente il pc e lo sistemò sul tavolo. Si era aspettato qualcosa di simile. Akutagawa non sarebbe mai riuscito a fermare Chuuya, in nessuna realtà.

«Oggi non ho proprio voglia di vedere nessuno quindi, se non ti dispiace…» ed accennò alla porta;

«Smettila con le cazzate. Non so a che gioco tu stia giocando ma dovresti sapere che mi piace essere preso per il culo. Sai perché sono qui»

No. Dazai non ne aveva idea. Tuttavia qualcosa gli suggeriva di come non sarebbe stato facile sbarazzarsi della presenza molesta del ex partner.

«Allora, visto che ci sei. Accomodati prego» avrebbe sfruttato l’occasione per indagare.

Dazai non voleva sprecare più tempo del necessario. Tanto valeva ascoltare Chuuya. Il rosso si dimostrò stranamente collaborativo, prendendo posto su una delle poltrone del soggiorno.

«Non mi offri nemmeno del vino?»

«Sono le dieci di mattina»

«Fai proprio schifo come Boss»

«E tu come sottoposto» sorrisero entrambi.

«Allora, perché non volevi vedermi? Ho incontrato il tuo nuovo cagnolino nel corridoio. Stava per farsela sotto. Ti adora. Mi chiedo ancora il perché»

«Sei per caso geloso?» provocare Chuuya era sempre così facile, così divertente. Era un qualcosa che gli veniva naturale come respirare.

«Stavo solo cercando di sostenere una conversazione normale prima di arrivare al sodo»

«Lo supponevo. Allora Chibi, basta inutili preamboli. Dimmi chiaramente: cosa vuoi?»

«Lo sai. L’hai sempre saputo e anche ora ti diverti a torturarmi sadico bastardo. Vuoi che ti implori? Va bene. Sono anche disposto a inginocchiarmi. Però devi perdonare Saku»

Dazai fu certo di aver capito male. Il rosso intanto si era prostrato ai suoi piedi. Lo stava davvero pregando.

«Saku?»

Chuuya alzò il volto solo per sfidarlo. C’era odio nei suoi occhi. Dazai non lo aveva mai visto così prima. Conosceva quell’espressione sul viso del proprio partner, non gli era nuova, ma quella era la prima volta che tutto quell’astio veniva rivolto direttamente verso di lui. Non stavano più giocando.

«Odasaku. Devi salvarlo. Boss. Te ne prego» e chinò il capo.

Per qualche secondo nella stanza calò il silenzio. Dazai era come pietrificato. Era impallidito di colpo e Chuuya se ne era accorto. Sembrava essere sul punto di svenire.

Il Boss non si sentiva bene? Anche il rosso parve confuso. Dazai non si era mai mostrato così vulnerabile prima, qualcosa non tornava. Forse era una trappola.

«Che cazzo sta succedendo?» ma prima che potesse fare altro, Chuuya si trovò a sorreggere l’ex partner.

Dazai stava tremando e faticava a reggersi in piedi.

«Salverò Odasaku» furono le uniche parole che gli rivolse prima di svenire.


 


 


 


 


 


Note Autrice:

E con vergognoso ritardo aggiorno. In questo 2022 cercherò di essere puntuale ma l’universo si diverte a metterci sempre lo zampino e scombinare tutti i miei piani. Confesso che il capitolo era pronto da un po', ma per chi non lo sapesse oggi è l’anniversario della morte di Odasaku (io sono fissata su queste cose scusate) quindi ho voluto aspettare (e rischiavo pure di non farcela). Nel frattempo, in questi giorni è uscita una Novel sul primo incontro Odazai e quindi, ecco potrebbe esserci scappato qualche accenno qua e la (non lapidatemi che mi devo ancora riprendere dai feels). Grazie anche a chi continua a leggere questa storia nonostante gli aggiornamenti lenti e l’angst, come grazie a chi l’ha messa tra le preferite/seguite/ricordate (sono così contenta che i miei orrori piacciano a qualcuno). Ultima cosa, ci saranno delle gioie per Dazai, giuro.

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Capitolo 10
*** Unbeliveble Truth ***


 



 

Quando Dazai riaprì gli occhi, riuscì a captare solo una gran confusione. I suoi sensi erano abbastanza intorpiditi e ci mise qualche secondo per mettere a fuoco l’ambiente circostante. Era di nuovo nella camera del Boss. La sua camera. Dalla stanza accanto, tra i vari rumori di fondo, riconobbe distintamente solo la voce squillante di Chuuya, impegnato a lanciare insulti coloriti a qualsiasi malcapitato avesse avuto la sfortuna di incrociare la propria strada con quella del vessillo di Arahabaki.

Avvertiva ancora un leggero cerchio alla testa, ma riuscì a mettersi seduto. Si prese qualche secondo in più, solo per osservare l’orrenda carta da parati che ricopriva le pareti, mentre cercava di fare mente locale su cosa fosse accaduto pochi istanti prima.

I cuscini di quel letto erano troppo morbidi, tanto che la sua spina dorsale cozzava continuamente contro la parete del mobile sottostante. Era scomodo, ma non aveva nemmeno la voglia di lamentarsi. Doveva solo pensare.

In quella realtà lui era il Boss della Port Mafia, Akutagawa era il suo amante (e a quel pensiero le sue labbra si contrassero spontaneamente in una smorfia di disapprovazione), mentre Chuuya occupava sempre un posto alla dirigenza. L’unica nota stonata, che Dazai non riusciva in alcun modo a comprendere, era perché quella Lumaca avesse fatto proprio il nome di Odasaku, ma non si era limitato a quello no, Chuuya l’aveva pregato di salvarlo. Si era addirittura prostrato ai suoi piedi. Non avrebbe mai potuto dimenticare una scena simile.

Era odio anzi disperazione, quella scintilla che aveva scorto negli occhi del proprio partner un attimo prima di perdere i sensi e finire con l’essere avvolto dalle sue braccia. Al solo pensiero, l’ex dirigente si ritrovò ad imprecare sottovoce. Era stato un attimo di debolezza che non aveva in alcun modo previsto. Ringraziò solo di trovarsi in un altro mondo o non avrebbe più avuto il coraggio di guardare l’altro negli occhi.

Lui e Chuuya avevano lavorato insieme per anni, erano abituati a coprirsi le spalle a vicenda (spesso controvoglia) e quella non era certo la prima volta che il rosso se lo caricava sulle spalle. Dazai al contrario, non lo aveva mai fatto, ma solo perché sollevare quel nanerottolo avrebbe significato, a suo dire, un inutile dispendio di tempo ed energie.

La situazione attuale però era completamente diversa dalle varie missioni alle quali il Doppio Nero aveva mai partecipato. Dazai era famoso per l’esercitare sempre un perfetto controllo della situazione. Il Demone Prodigio della Port Mafia era temuto persino dai veterani per questa sua incredibile capacità strategica. Ogni mossa e contromossa era sempre chiara nella mente del giovane dirigente, studiata e preparata con cura; come se si trovasse di fronte ad una scacchiera le cui pedine seguivano uno schema preciso, già calcolato. Non vi erano sbavature o errori nelle sue previsioni, o almeno non vi erano stati fino al giorno della morte di Odasaku. Durante lo scontro con la Mimic, Dazai si era accorto troppo tardi di essere finito proprio malgrado in una rete più complicata, tessuta da un manipolatore ancora più abile e pericoloso di lui, il Boss.

Solo in quel momento, aveva realizzato di aver commesso il più grave quanto banale degli errori, l’aver sottovalutato Mori. Strinse i pugni, ripensando all’ultima conversazione che aveva avuto con il proprio superiore, ma preferendo relegarla in un angolo della sua mente.

Ora si trovava a provare la stessa spiacevole sensazione. L’idea di non avere le redini del gioco non gli piaceva, non ci era abituato. Poteva raccontare a se stesso di come fosse normale, in fondo era da poco arrivato in quella nuova realtà eppure, la verità era che quello svenimento lo aveva colto del tutto impreparato.

Le persone vivono per salvare se stesse.

Di nuovo, la voce di Odasaku e le sue parole gli tornarono alla mente. Se non riusciva nemmeno a prendersi cura di sé come poteva sperare di salvare Oda. Pensando con maggiore lucidità, quel mancamento era solo una risposta fisiologica del suo corpo agli avvenimenti degli ultimi giorni. Non era certo la prima volta che Dazai trascurava la propria salute. Dalla morte dell’amico la situazione era solo peggiorata. Riposava poco e mangiava ancora meno, con il senno del poi era questione di tempo prima che crollasse.

Svenire tra le braccia di Chuuya era stato solo il primo campanello d’allarme.

Dazai ricordava solo di essersi ritrovato con il viso ad una spanna da quello del rosso, mentre questi lo scuoteva con forza, prima di venire sollevato e portato di peso in quella stanza. Tornò ad osservare il soffitto sospirando per l’ennesima volta, prima di voltarsi e affondare il volto tra i cuscini.

Chuuya in fondo era sempre lo stesso. Nonostante il proprio passato, in qualsiasi realtà si trovassero, il rosso restava il più umano fra tutti loro. Poteva urlare di odiarlo un giorno sì e l’altro pure, e Dazai era certo che quella fosse la verità, ma allo stesso tempo era sempre il primo a correre in suo aiuto. A preoccuparsi per lui. Uno strano nodo lo colpì alla bocca dello stomaco e non fu affatto una sensazione piacevole.

Tu hai lasciato la Port Mafia, hai abbandonato Chuuya.

La voce nella sua testa, che parlava sempre con lo stesso tono di Odasaku, era tornata a tormentarlo ricordandogli quel particolare che gli era momentaneamente sfuggito. Nella sua realtà non sarebbe più tornato alla Mafia. Chuuya non aveva colpe, era una questione che non lo riguardava, tuttavia rappresentava una fetta importante di quel mondo oscuro che Dazai aveva tutta l’intenzione di lasciarsi alle spalle.

Lui e il Chuuya erano diversi. Dazai si era unito alla Port Mafia perché alla ricerca costante di un qualcosa che colmasse il vuoto che sentiva dentro. Chuuya era stato reclutato con l’inganno, ma era rimasto, perché per la prima volta aveva provato un senso di appartenenza a un luogo, aveva trovato una casa.

Dazai non aveva esitato un secondo ad abbandonare Mori e il resto, questo perché non gli era mai importato veramente. Odasaku aveva ragione, buono o cattivo, per lui erano termini vuoti che non avevano alcun significato. La sola cosa che ne avesse mai avuto era ciò che aveva perduto.

Chuuya al suo posto non se ne sarebbe andato. Era un cane fedele e la Port Mafia era la sua famiglia, non l’avrebbe mai tradita. Ogni volta che un suo sottoposto perdeva la vita quel piccolo isterico era capace di piangere per giorni, trincerandosi nelle sue stanze.

Dazai aveva pianto per Odasaku. Solo per lui.

Per questo motivo reputava Chuuya un essere umano. Lo aveva capito sin dal primo istante e forse era stato anche per questo che Mori li aveva costretti a collaborare.

Dazai aveva scoperto di avere un cuore nel petto solo nel momento in cui gli era stato strappato via con forza. Quando Oda era spirato tra le sue braccia per la prima volta si era reso conto di possedere dei sentimenti. Faceva male, era un dolore che non avrebbe mai pensato di poter o voler sperimentare, e che ancora gli dilaniava il petto.

Se il suo piano avesse mai funzionato, se fosse riuscito a riavere Oda, non sarebbe più tornato nel suo mondo. Non avrebbe più incontrato quel nanetto iracondo che aveva odiato sin dal loro primo incontro. Dazai sapeva di doverla smettere di pensare a lui ma gli era impossibile.

La sua mente traditrice lo riportò indietro nel tempo, nel quartiere di Suribachi, il giorno in cui Nakahara Chuuya era entrato rumorosamente a fare parte della sua esistenza, sconvolgendola. Erano trascorsi tre anni da allora e molte cose erano cambiate. Lui per primo.

A quindici anni, Osamu Dazai non aveva ancora incontrato Oda Sakunosuke. Il cambiamento che quell’uomo avrebbe inconsciamente provocato dentro di lui non aveva ancora iniziato a verificarsi.

A quei tempi, Dazai era appena entrato nella Mafia e stava aiutando il Boss a rimettere in piedi l’Organizzazione. Era solo un ragazzino che giocava con la morte tutti i giorni, divertendosi a sfidarla e rincorrerla. Poi era avvenuto il fatidico incontro con Odasaku. Un semplice tuttofare che però nascondeva grandi capacità. Oda Sakunosuke avrebbe potuto intraprendere una brillante carriera ma aveva preferito assumersi il ruolo di galoppino. Dazai era arrivato a comprendere l’amico solo dopo averlo perso. Paradossalmente aveva scoperto più cose su Odasaku dopo la sua morte che quando era in vita.

Era ancora perso nei suoi ragionamenti quando la porta della stanza si aprì con violenza e le urla di Chuuya lo riportarono alla realtà.

«Il Boss è vivo. Alleluja» sbuffò con fare palesemente ironico facendo qualche passo nella sua direzione. Dazai tornò a mettersi seduto, sbuffando annoiato.

«Dovresti sapere che ci vuole ben altro per farmi fuori. Ero solo stanco» rispose, accompagnando quelle parole con un rapido e sbrigativo cenno della mano.

«Come puoi essere stanco se non fai niente per tutto il santo giorno?!» Dazai prese un lungo respiro, prima di iniziare a massaggiarsi le tempie;

«Anche pensare consuma energie, ma cosa ne parlo a fare con te? Credi forse che guidare un’Organizzazione sia un compito facile?»

«Mori-san non ha mai fatto tutte le storie che stai facendo tu» nel sentire quel nome Dazai decise di osare;

«Ricordami Chibi, cosa è successo al nostro caro Mori-san?» Chuuya si bloccò come se fosse stato colpito da un secchio di acqua gelida. Alzò una mano ma solo per sistemarsi meglio il cappello, coprendosi gli occhi. Tutta la furia di prima sembrava essersi magicamente dissolta.

«Ho sempre odiato questi tuoi giochetti mentali. Se vuoi chiedermi qualcosa fallo, senza fottuti giri di parole. Hai ammazzato il Boss e preso il suo posto, il perché lo sai solo tu»

«Durante il Conflitto Testa di Drago» concluse il moro sovrappensiero, mentre analizzava ogni parola;

«Un attimo prima te ne stavi annoiato su un divano, mentre speravi che tutto quel fottuto casino si risolvesse senza muovere un muscolo. Quello dopo ti presenti con la testa del Boss tra le braccia» Dazai fece il possibile per non tradire la propria sorpresa di fronte a quella rivelazione. Ricordava vagamente come in quei giorni ci fosse stato un momento in cui era arrivato con l’auspicare la morte di Mori, ma da lì al realizzarla lui stesso ne passava.

Evidentemente il suo alter ego doveva aver compiuto scelte differenti e quelle ne erano le conseguenze. Si esibì nel più falso dei sorrisi.

«Che vuoi che ti dica Chibi. Hai ricevuto una promozione prima del previsto dovresti esserne contento» il rosso strinse i pugni. Aveva voglia di colpirlo, tanto da fargli male ma sapeva di non poterlo fare. Dazai ora era un suo superiore.

«Hai provocato una scissione all’interno della Port Mafia. Una faida interna tra la fazione fedele a Mori e la tua. Hai tradito la fiducia di Saku, hai tradito chiunque avesse mai avuto un briciolo di stima nei tuoi confronti. Ricordi le parole di Hirotsu? Ma che te lo chiedo a fare, certo che le ricordi»

Dazai rimase in silenzio, limitandosi ad ascoltare le parole di Chuuya che gli stavano fornendo un breve quanto esaustivo sunto delle azioni compiute dal suo alter ego in quel mondo. Ebbe un brutto presentimento;

«Hirotsu-san era fedele a Mori?» Quelle parole uscirono dalle sue labbra come una domanda, anche se era più che altro era una mera constatazione. Per quanto Dazai avesse desiderato il veterano dalla propria parte, sapeva che in uno scenario simile l’uomo avrebbe finito con lo scegliere Mori, per una lunga serie di ragioni. Non gliene fece una colpa. Hirotsu aveva scelto solo il sentiero più logico. Prima che potesse però dire o pensare ad altro, venne inchiodato al letto dall’ennesima ondata di puro odio lanciata dallo sguardo Chuuya. Non lo aveva mai visto in quel modo, era davvero arrabbiato con lui.

«Sei un fottuto bastardo Dazai. Hai creato tu questa situazione, ora levati quell’espressione di merda dalla faccia. Hirotsu-san ha sempre creduto in te, ti ha difeso fino al suo ultimo respiro» fece una pausa, per poi aggiungere con una smorfia «anche Saku lo ha fatto» bastò questo a risvegliare il moro dallo stato di torpore in cui era caduto dopo la notizia della scomparsa del vecchio mafioso;

«Dimmi Chuuya, da quand’è che ti importa tanto di Odasaku?» sentiva che c’era qualcosa che ancora gli sfuggiva, qualcosa di importante. Il rosso tirò un pugno contro la parete provocando delle leggere crepe. Stava seriamente rischiando di perdere il controllo. Dazai era strano quel giorno, più del solito e quelle domande non lo aiutavano a tenere i propri nervi sotto controllo. Doveva stare attento, era troppo stressato e quella poteva rivelarsi l’ennesima trappola del Boss. Se una volta Chuuya poteva vantarsi di riuscire ad intuire i piani di Dazai ora non era più così; guardava quel ragazzo di diciotto anni e vedeva solo un ammasso di oscurità. Dalla morte di Mori, il suo partner era cambiato. Tutto era cambiato.

«Credi che la nomina a dirigenti e il tuo perdono siano stati sufficienti per mettere le cose a posto? Per quanto tu ci possa provare niente tornerà mai come prima. Saku ormai se n'è fatto una ragione, non puoi punirlo per questo» vomitò addosso al moro tutto il suo odio non riuscendo più a risparmiarsi né a trattenersi.

Nel lato opposto della stanza, ancora seduto a letto, Dazai non riusciva proprio a dare un senso alle parole di Chuuya. Il suo alter ego aveva promosso il rosso e Odasaku a dirigenti, il che in fondo non lo stupiva più di tanto, ma non capiva a cosa fosse dovuto quell’odio viscerale che avvertiva nei propri confronti. Non poteva essere stato solo l’omicidio di Mori ad aver scatenato quella reazione nel suo ex partner.

«Perché mai dovrei punire Odasaku?» Chuuya imprecò, prima di fare un paio di passi in avanti ed afferrarlo per il bavero della camicia.

Erano di nuovo faccia a faccia.

«Non so davvero a che gioco tu stia giocando. Sei un sadico bastardo ma questo io l’ho sempre saputo. Al contrario di me Saku ti ha sempre difeso, anche quando le tue azioni erano indifendibili. Non so proprio come tu abbia potuto tradirlo. Poco fa mi hai chiesto perché mi importi così tanto di Sakunosuke. Lo sai perfettamente il perché. Io c’ero quando lo hai spezzato. Ero là. Ho raccolto i resti di ciò che ti sei lasciato alle spalle. Voglio solo sapere una cosa Dazai, ne è valsa la pena?»

Il moro non sapeva come replicare. Cosa diamine aveva combinato il Dazai di quel mondo?

Vennero interrotti dall’arrivo di un paio di sottoposti che richiedevano l’intervento del Boss per alcune questioni importanti. Chuuya imprecò nuovamente prima di mollare la presa, oltre che allontanarsi e lasciare la stanza. Dazai seguì ogni movimento cercando nel frattempo di processare le informazioni che aveva raccolto e a cui stentava ancora a credere.

Gli stava venendo un gran mal di testa ma doveva concentrarsi sulla ricerca di Odasaku. Grazie al rosso ora sapeva che l’amico era vivo, oltre che essere un dirigente della Port Mafia. Era difficile immaginarsi Oda in quel ruolo, ma faticava anche a vedere se stesso nelle vesti di Boss. Dazai non poteva permettersi di dimenticare il fatto di trovarsi in una realtà alternativa, quel mondo era solo la somma delle scelte differenti che tutti loro avevano compiuto.

La sua mente però continuava a ragionare su altro.

Per quanto si sforzasse, Dazai continuava a riflettere sul modo in cui Chuuya gli aveva nominato Oda. La confidenza con cui il rosso lo chiamava, o come si era mostrato preoccupato per lui. L’idea di Odasaku e Chuuya in qualche modo legati non gli piaceva affatto. Anche perché sembrava che ad averli uniti fosse stato proprio l’odio nei suoi confronti.

Forse in quella realtà anche Odasaku lo odiava. A detta di Chuuya, quel Dazai aveva tradito la fiducia dell’amico. Quanto poteva fidarsi di quelle parole? O meglio, quanto voleva farlo?

Dopo qualche minuto in cui si era concesso il lusso di perdersi in quei pensieri, Dazai arrivò alla semplice conclusione di come un risultato del genere fosse del tutto irrilevante.

Anche se Odasaku mi odia va bene, purché viva.

Era quella la cosa più importante, la sopravvivenza dell’amico. Si era conquistato la sua fiducia già una volta, nulla gli vietava di rifarlo.

Quando la smetterai di mentire a te stesso?

La sua coscienza non ne voleva sapere di lasciarlo in pace; ma anche se fosse arrivato ad ammetterlo ad alta voce, Dazai sapeva come non sarebbe cambiato nulla. Preferiva di gran lunga vivere in un mondo in cui Oda Sakunosuke fosse vivo e lo odiasse, piuttosto che in uno dove piangeva sulla sua tomba.

Si mise comodo dietro la scrivania. Con l’arrivo dei propri sottoposti si era visto costretto ad alzarsi dal letto per raggiungere una postazione più consona al ruolo che ricopriva. Il pc che aveva fatto recapitare poco prima da Akutagawa era ancora acceso, con il motore di ricerca attivo, anche se ormai non gli era di alcuna utilità.

Oda era vivo ed era un dirigente della Port Mafia. Erano altre le informazioni di cui Dazai aveva bisogno.

Cercò subito delle notizie sul Conflitto Testa di Drago. Come prevedibile i file erano segretati. Era richiesta una password che però non faticò a trovare. Quel Boss Dazai in fondo era prevedibile, e molto più simile a lui di quanto volesse ammettere.

Dopo un paio d’ore decise di prendersi una pausa. Aveva setacciato ogni file a sua disposizione ma non aveva trovato nulla che lo aiutasse a capire le scelte del suo alter ego. Era come se una mattina, di punto in bianco, Osamu Dazai avesse deciso di prendere il posto di Mori e per questo, lo avesse fatto fuori. Nessun movente. Nessun precedente.

Vista sotto quest’ottica, le reazioni di Chuuya e Odasaku erano perfettamente giustificate.

Dazai non faticò ad immaginare il proprio partner scosso dopo aver ricevuto la notizia. Quello che non riuscì invece a fare fu figurarsi la reazione di Odasaku. Nonostante odiasse ammetterlo, quella Lumaca aveva ragione, l’omicidio del Boss avrebbe deluso l’amico; qualsiasi omicidio a sangue freddo lo avrebbe fatto.

Trovò i loro nomi anche in un altro rapporto, nel quale Nakahara Chuuya e Oda Sakunosuke venivano menzionati in quanto leader della fazione ostile a Dazai. Il moro dovette rileggerlo più volte per esserne sicuro. Dopo essere riuscito a catturare i due però, sembrava che Boss Dazai avesse deciso di graziarli e promuoverli a dirigenti. Ennesimo colpo di scena.

Tieniti stretto gli amici ma ancora di più i nemici.

Era una frase di un vecchio film che Mori lo aveva obbligato a vedere qualche tempo prima, quando ancora voleva istruirlo per renderlo il suo perfetto erede. Dazai sorrise; in quel mondo il Boss aveva ottenuto ciò che aveva sempre desiderato. Il suo pupillo gli aveva rubato la corona e ora sedeva sul trono della Port Mafia.

Per il resto del pomeriggio continuò a cliccare su quei file e rileggere i rapporti che indicavano Oda e Chuuya come suoi nemici. Gli sembrava ancora tutto assurdo, privo di logica. Alla fine, decise di mandare a chiamare Akutagawa; non era gran che, ma non sapeva a chi altro rivolgersi. In più poteva sempre far leva sulla fedeltà che quel ragazzino provava nei suoi confronti.


 

***


 

Akutagawa si stava allenando quando gli giunse la notizia di un malore che aveva colpito il Boss. Avrebbe tanto voluto correre subito da Dazai-san ma sapeva di non essere nella posizione di poterlo fare, come sapeva che in quel momento il suo Boss era ancora in compagnia di Nakahara-san. Si prese il volto tra le mani. A quel pensiero la sua rabbia se possibile non fece che aumentare, alimentando Rashoomon.

Chuuya era un traditore. Akutagawa non lo avrebbe mai perdonato. Né lui né Oda Sakunosuke. Li avrebbe puniti per il solo fatto di aver pensato di opporsi a Dazai-san e alla sua guida.

Una parte di lui odiava Chuuya per diverse ragioni. All’inizio, quando era appena entrato nella Port Mafia, Nakahara-san gli venne descritto semplicemente come il partner di Dazai. Si era da poco concluso il conflitto più sanguinoso che la città di Yokohama avesse mai visto. Ricordava lunghi corridoi pieni di sacchi neri, in una macabra sfilata di corpi senza vita. Sangue che scorreva e bagnava le strade, i vicoli. L’oscurità aveva avvolto tutto e tutti con il proprio mantello, come in un incubo senza fine.

Di quei giorni, serbava il ricordo della sua paura per Gin, unita al desiderio di tenerla al sicuro.

Quel tormento ebbe fine solo quando Dazai si presentò al mondo recando in dono la testa di Ougai Mori. Grazie a quel Demone dall’aspetto bambino, lo scontro più sanguinoso mai avvenuto nella storia della città ebbe un epilogo.

Per Akutagawa quello fu l’inizio.

Dazai era stato il suo salvatore, lo aveva costretto ad unirsi alla Port Mafia ma non aveva mai rimpianto quella scelta. Era solo grazie a Dazai-san se il suo potere era cresciuto. E sempre grazie a lui aveva potuto dare una casa a Gin, farle condurre un’esistenza dignitosa. In quei due anni erano cambiate molte cose ma non aveva mai messo in dubbio la propria fedeltà.

Dazai poteva anche essere un mostro ma a lui non importava, lo avrebbe seguito anche attraverso le fiamme dell’inferno, e così era stato.

Akutagawa aveva sterminato i nemici del suo Boss. Li aveva stanati e massacrati come topi in gabbia. La faida all’interno della Port Mafia non lo riguardava, lui eseguiva solo gli ordini provenienti da Dazai-san. La sua parola era legge.

Era con lui il giorno in cui venne informato della cattura di Nakahara-san e Oda Sakunosuke.

In tutta onestà, Akutagawa non avrebbe mai pensato che un semplice tuttofare potesse essere così pericoloso, invece il famoso amico di Dazai-san, aveva dato loro parecchio filo da torcere. Per quanto faticasse ad ammetterlo, Oda da solo valeva quanto un intero esercito. Era stato solo grazie a un suggerimento del Boss se erano riusciti a stanare e fermare entrambi utilizzando del veleno. Akutagawa sapeva che da solo non ce l’avrebbe mai fatta. Nessuno poteva, quei due possedevano Abilità tanto forti quanto insidiose. Trovarsi a fronteggiare preveggenza e gravità era impossibile e se esisteva al mondo una sola persona in grado di farlo, quella era proprio Osamu Dazai.

Akutagawa ricordava ogni espressione che il volto del proprio superiore aveva assunto in quell’occasione, come il loro scambio di battute.


 

«Li giustizieremo Boss. Pagheranno per ciò che hanno fatto» il ragazzino, che in quel momento vestiva i panni di leader della Port Mafia, gli aveva sorriso prima di rispondere;

«Qui nessuno giustizierà nessuno» annunciò con voce ferma e priva di qualsiasi inflessione o sentimento. Intanto i due mafiosi oggetto di quella discussione, se ne stavano ancora a terra, legati, imbavagliati e privi di conoscenza.

«Ma Boss, questi due sono dei traditori»

«Sono Chuuya e Odasaku»

Akutagawa non riusciva a capire. Se non fossero intervenuti in tempo quei pazzi avrebbero anche potuto attentare alla vita di Dazai-san, come faceva il Boss a non rendersene conto e sottovalutare in quel modo il problema.

Era passato quasi un anno da quando Dazai aveva preso le redini dell’Organizzazione, e quei due avevano iniziato a cospirare contro di lui. Solo di recente avevano scoperto le identità segrete dei leader della ribellione e anche in quell’occasione il Boss non si era lasciato cogliere impreparato. Era come se lo avesse sempre saputo.

«E proprio perché sono Chuuya e Odasaku so che non arriverebbero mai a farmi del male. Si sentono traditi e abbandonati. Hanno ragione, sono una persona diversa da quella che ero e che loro conoscevano. Va bene così»

«Ma Boss...»

«Hai sempre avuto un problema nel comprendere gli ordini che ti venivano impartiti. Forse è colpa mia, poco fa devo averti dato l’impressione di voler ascoltare la tua opinione, ma si dal caso non sia così, se non ti fosse ancora chiaro IO sono il Boss. Sono io che ho il comando della Port Mafia. Ora vattene. Andatevene tutti e lasciatemi solo con Chuuya, devo discutere di un paio di particolari con il mio ex partner»


 

Akutagawa ricordava di essersi caricato Oda sulle spalle e di avere lasciato la stanza, notando distrattamente come Nakahara-san avesse nel frattempo ripreso i sensi. Due giorni dopo, anche Chuuya era stato rilasciato e lui e Odasaku promossi a dirigenti. Le scelte di Dazai-san erano sempre più discutibili, anche se calcolate. Il Boss non lasciava nulla al caso, quella era l’ennesima mossa di una partita già pianificata, come loro erano solo delle semplici pedine.

A seguito di quella promozione, iniziarono a girare delle voci su Dazai e su ciò che lo avesse spinto a risparmiare i due traditori. Nakahara-san sembrava essere diventato suo amante ma anche su quello non vi furono mai né conferme né smentite. C’era chi sosteneva che il rosso avesse barattato in quel modo la sua vita e quella del compagno traditore.

Akutagawa lo escludeva. Chuuya aveva un orgoglio. Chi parlava in quel modo di certo non conosceva Nakahara-san. Il rosso non si sarebbe mai prostrato ai piedi di Dazai, né lo avrebbe mai supplicato di qualcosa.

«Mi ha chiesto di salvare Odasaku. Sai che significa?» furono le parole con cui il leader della Port Mafia lo accolse nei suoi appartamenti.

Akutagawa era sempre più confuso. Dazai-san lo aveva mandato a chiamare solo per chiedergli di Nakahara e Oda-san. Sinceramente pensava che avesse richiesto la sua presenza per ricevere un altro tipo di servigi.

«Forse avete fatto qualcosa nei confronti di Oda Sakunosuke» buttò lì cercando di guardare altrove. Quella situazione lo stava mettendo a disagio, ancora più della prima volta in cui era stato invitato in quelle stanze. Anche quella scena gli tornò alla mente, facendolo arrossire.


 

***


 

Qualche mese prima, il Boss sembrava più scontroso e spietato rispetto al solito. Un’Organizzazione cinese aveva alzato troppo la cresta su alcuni affari riguardanti la Port Mafia con il risultato di essere arrivati ad un passo dalla guerra. Dazai era intrattabile, si rinchiudeva per giorni nei suoi appartamenti, dividendosi tra il preparare strategie e concedersi pisolini ristoratori. L’unico ammesso al suo cospetto era come sempre Nakahara-san.

Akutagawa non conosceva i dettagli ma ad un certo punto anche Chuuya venne cacciato da quelle stanze.

Tutta la Port Mafia aveva assistito alla lite tra i due ex partner e visto il rosso marciare fuori dall’edificio imprecando e distruggendo ogni oggetto sulla propria strada.

Fu in quell'occasione che Akutagawa venne convocato dal proprio superiore.

Aprì la porta degli appartamenti del Boss pieno d’angoscia solo per trovarsi di fronte a un Dazai sorridente con un labbro spaccato e del sangue che gli macchiava la camicia.

«Prego accomodati, non far caso al disordine. Quel nanerottolo è sempre così distruttivo» fece come detto, trattenendo inconsciamente il fiato;

«Boss, state bene? Se Nakahara-san vi ha colpito...»

«Sto benissimo e me lo sono meritato» ammise distogliendo lo sguardo per posarlo sulla propria camicia;

«Era una delle mie preferite» concluse con fare melodrammatico passandosi lentamente un lembo di stoffa macchiato tra le dita sottili. Akutagawa però cercò di non cadere in quella che sapeva essere una trappola;

«Se uno dei dirigenti vi ha mancato di rispetto...»

«Ti ripeto che non lo ha fatto. Sono io che l’ho provocato» il ragazzino rimase per qualche istante senza parole. Non aveva mai visto quel lato di Dazai-san; cercò di dissimulare il senso di fastidio che provava all’idea che il suo Boss stesse cercando di difendere le azioni di Chuuya-san.

«Perché mi avete mandato a chiamare?» fu tutto ciò che chiese;

«Finalmente fai le domande giuste, ho deciso di affidarti il comando della Black Lizard, sei ad un passo dalla dirigenza. Non ne sei contento?» continuò tutto sorridente;

«Lo sono. Dazai-san è...»

«Non ho ancora finito. Si è appena liberato un altro posto lasciato vacante dal nostro caro Chuuya, saresti interessato?» soffiò ad una spanna dal suo viso.

In quel momento Akutagawa non pensò a nulla. Fu solo quando Dazai-san gli mostrò un nastro di velluto nero che capì l’allusione nascosta dietro quelle parole, come il tono lascivo in cui erano state sussurrate alle sue orecchie. Lo sguardo del moro somigliava a quello di un predatore intento ad studiare la sua prossima preda, mentre si pregustava il momento in cui l’avrebbe ottenuta.

«Non disobbedirei mai ad un vostro ordine. Se è quello che desiderate» rispose dopo qualche secondo con voce tremante, afferrando il pezzo di stoffa dalle mani di quel demone sorridente. In nessuna delle sue fantasie adolescenziali si sarebbe mai immaginato di entrare, un giorno, nel letto di Dazai.

Scese un imbarazzante silenzio carico di aspettative.

Akutagawa non si era accorto di averlo desiderato fino al momento in cui non l’aveva ottenuto.

La sua felicità però fu di breve durata, effimera come può esserlo il battito d’ali di una farfalla.

In preda al piacere fu solo uno il nome che quel giorno abbandonò le labbra di Dazai: Odasaku.

Da quel momento in poi era diventato l’amante più o meno ufficiale del Boss. La sua vita alla Port Mafia non era cambiata di molto, era sempre temuto e rispettato da tutti, grazie alla paura scatenata dalla propria Abilità.

Ciò non gli impedì di ricevere le occhiatacce di Chuuya quando si incrociavano per i corridoi, o di scorgere la delusione dentro gli occhi di Gin.

Non era stato facile spiegare alla sorella di come Dazai-san non lo avesse costretto o minacciato a fare nulla. Il Boss gli aveva semplicemente fatto un’offerta e lui aveva accettato. Era stato come il giorno in cui si era unito alla Mafia. Non aveva rimpianti, era stata una sua decisione.

Da quel giorno, le visite alle stanze del Boss si fecero sempre più frequenti. Più le giornate e gli impegni si facevano pressanti e più Dazai-san desiderava concedersi quei momenti in cui provava a staccare la mente, abbandonandosi al piacere carnale.

Akutagawa sapeva che non vi era nulla tra loro. Sapeva che non poteva prendere il posto di Nakahara Chuuya né tanto meno quello di Oda.

Capitava spesso che i nomi di quei due sfuggissero dalle labbra di Dazai durante i loro amplessi. Akutagawa aveva semplicemente scelto di ignorarli.

Sapeva che il Boss non avrebbe mai pronunciato il suo nome, che non lo avrebbe mai desiderato o amato come aveva fatto – e continuava a fare – con quei traditori.


 

Ed ora era di nuovo di fronte a Dazai-san, faccia a faccia, ed esattamente come quel giorno non sapeva cosa aspettarsi da quel bellissimo demonio che lo studiava dall’altro capo della stanza.

«Forse avete fatto qualcosa nei confronti di Oda Sakunosuke» con il senno del poi forse sarebbe stato meglio evitare di fare quel nome. Se ne accorse troppo tardi, solo dopo averlo pronunciato.

Dazai però lo sorprese, limitandosi ad una scrollata di spalle.

«Anche Chuuya ne è convinto. Io non ne sono così sicuro»

Il Boss era strano. Quel pensiero lo aveva già sfiorato quella mattina. Forse non si era ancora ripreso dal malessere che lo aveva colpito. Non poteva essere altrimenti.

Sentì lo sguardo di Dazai-san su di sé. Dopo anni, aveva imparato a riconoscere la sensazione che quelle iridi scure provocavano sui propri nervi già tesi e ormai vicini a raggiungere il limite.

«Akutagawa-kun posso sentire da qua il rumore che fanno gli ingranaggi del tuo cervello. Se devi dire qualcosa accomodati, non farmi perdere altro tempo»

«Sono solo preoccupato per voi. Oggi siete strano e anche Nakahara-san...»

«E smettila di nominare Chuuya che non sono dell’umore. Voglio solo capire quale legame unisca quel nano a Odasaku» Akutagawa sgranò gli occhi, aprendo e chiudendo la bocca ma senza emettere alcun suono.

Dazai capì di aver fatto centro. Forse la soluzione di quell’arcano era finalmente a portata di mano. Bastò un’occhiata per invitarlo a continuare;

«Boss non capisco a cosa vi state riferendo. Insomma tutti sanno che quei due sono amanti»





 



 


 


 


 


 

Note Autrice:

E fu così che Dazai scoprì l’esistenza della odachuu… A parte gli scherzi, questa è una delle mie realtà preferite, soprattutto il prossimo capitolo è uno dei più belli (è praticamente finito quindi spero di aggiornare a breve ma non faccio promesse, perché c’è pure di mezzo il cowt). Piano piano tutte le domande avranno delle risposte e spiegherò anche come è nata questa insolita coppia (prossimo cap ci sarà pov Chuuya XD) Ringrazio ancora chi legge e trova il tempo di lasciare una recensione, io piango di gioia ogni volta!!!! Grazie <3

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Capitolo 11
*** I’m Not a Good Person ***


 


 

Questo capitolo partecipa al Cow-t 12 – Quarta Settimana M2 – Errare humanum est, perseverare autem diabolicum





 

Dazai si prese qualche secondo per osservare meglio la figura dell’ex spia in piedi davanti a lui. Ricordava di essere stato d’accordo con l’idea di Mori di accoglierlo tra le file della Port Mafia. Paul Verlaine ormai era solo una pallida imitazione della bestia che qualche anno prima aveva attaccato e messo in ginocchio l’Organizzazione. L’ex Re degli Assassini non era innocuo, lo sapeva benissimo, ma restava una pedina troppo pericolosa per essere lasciata a vagare indisturbata sulla loro scacchiera. Dazai non si era sorpreso del fatto che il biondo avesse deciso di giurare fedeltà al proprio alter ego. Aveva preso la decisione più saggia dal proprio punto di vista, la più logica, ovvero quella che gli avrebbe permesso di conservare la propria posizione. Dazai non era mai riuscito a comprendere quell’individuo fino in fondo, ma a voler essere sinceri, non si era neppure sforzato troppo di farlo. Verlaine era imprevedibile, lo era sempre stato. Di lui sapeva solo quanto tenesse a Chuuya, e forse era proprio questa l’arma di ricatto migliore da utilizzare per ottenere la sua collaborazione.

«Verlaine-san» si limitò a dire, prima di prendere il proprio cappotto e raggiungerlo, abbozzando un sorriso intriso di falsa cordialità. Recitare la parte del Boss iniziava a venirgli naturale, per quanto odiasse ammetterlo anche a se stesso.

«Ho sentito del vostro malore di questa mattina» Dazai non rispose subito. Stavano camminando in uno degli interminabili corridoi che caratterizzavano quella che ormai poteva essere definita ex Mori Corp., l’edificio che fungeva da sede principale della Port Mafia. C’erano meno guardie armate rispetto a quello che il moro ricordava, ma si sentiva comunque osservato, e non solo dall’uomo che procedeva a qualche metro da lui.

«So anche che Chuuya era con voi» proseguì. Fu solo allora che Dazai accennò nuovamente ad un sorriso, anche se abbastanza stanco e tirato. Nella sua mente si stava facendo largo l’idea di utilizzare Verlaine per ottenere altre informazioni su quella realtà; in fondo il biondo rimaneva pur sempre una ex spia. Avrebbe potuto sfruttare la cosa a proprio vantaggio, ed estorcergli qualcosa di utile. Sicuramente le notizie del biondo sarebbero state più affidabili rispetto a quelle di Chuuya o Akutagawa.

«Sono stati giorni parecchio difficili» si trovò ad ammettere accompagnando quelle parole con un rapido gesto della mano. Effettivamente era vero e sapeva come il proprio aspetto trascurato trasmettesse alla perfezione questo stato d’animo. Sentì quelle iridi di ghiaccio trapassargli la schiena e l’aria intorno a lui farsi pesante. Aveva dimenticato come ci si sentisse in compagnia di un altro utilizzatore di gravità. Verlaine però era diverso da Chuuya, Dazai lo sapeva fin troppo bene.

«Comunque, si ho avuto un piccolo mancamento e si quella Lumaca era con me» fu solo in quel momento che notò l’espressione comparsa sul viso del biondo. Era quasi sorpreso, ma non poteva averne l’assoluta certezza.

«Sta bene?» Dazai non si lasciò sfuggire quel particolare, né il tono di voce utilizzato per formulare quella semplice domanda. Chissà in che rapporti erano i due in quella realtà. Da quello che ricordava del proprio mondo, Chuuya aveva tollerato la presenza del biondo assassino tra le fila della Port Mafia, anche se continuava a fare il possibile per ignorarlo ed evitare qualsiasi contatto diretto con lui. Probabilmente in quella realtà i rapporti tra i due erano ancora più tesi. Verlaine però sembrava, nonostante tutto, preoccupato per la salute del proprio fratellino.

«Rumoroso e distruttivo come sempre. Tanto fra poco lo vedremo alla riunione. Avrai modo di sincerarti tu stesso delle sue condizioni» Verlaine storse il naso;

«Chuuya ha tradito la Port Mafia. Non meritava una promozione e un posto alla dirigenza» rispose freddamente, in un modo che a Dazai ricordò un automa.

«Tu hai tradito la tua nazione e il tuo partner per lui» gli fece notare. Il biondo si fermò al centro del corridoio solo per rivolgere al proprio superiore l’ennesima occhiata sorpresa.

«Boss, che sta succedendo?» Dazai fece una piccola piroetta mettendosi le mani in tasca. Tentare di ingannare un veterano come Verlaine non era facile; ma non impossibile. In fondo si stava pure divertendo.

«Ho un piano, riguarda principalmente Odasaku e si, diciamo che coinvolge anche Chuuya» non stava mentendo, non del tutto almeno. Sperava che questa ammissione sarebbe bastata per ottenere se non proprio la fiducia, almeno il supporto del francese. Verlaine poteva rivelarsi un nemico insidioso e per questo era meglio non provocarlo.

«Errare humanum est, perseverare autem diabolicum» il moro lo fissò confuso, cercando di intuire il significato di quelle parole;

«È una citazione in latino» spiegò immediatamente, «una delle molte lingue che ho appreso da Arthur. Significa solo che sbagliare è insito nella natura umana, ma bisogna saper trarre insegnamento dai propri errori per evitare di commetterli di nuovo» era un avvertimento? L’ex spia aveva forse dedotto qualcosa?

«Le azioni di Chuuya sono indifendibili e so che ne converrai con me come sia lui che il suo amante abbiano ormai passato il limite» Dazai non aveva ancora il quadro generale della situazione ma da quello che aveva intuito, le posizioni del rosso e di Odasaku erano sempre più precarie, forse proprio in quella riunione si sarebbe decisa la sorte dei due.

Verlaine rimase in silenzio per qualche istante prima di replicare;

«Come avete detto poco fa, anche io ho tradito il mio partner, ma l’ho fatto inseguendo un fine più grande, il bene di Chuuya. Voltare le spalle ad Arthur non è stato un capriccio e porto ogni giorno sulle mie spalle il peso di tale decisione, come il fatto di non averlo potuto salvare. Nonostante i miei errori sono ancora qui, lui no. Chuuya è libero, e sta vivendo la vita che ha scelto, insieme alla persona che ha scelto» Dazai non replicò. Capendo benissimo come quella frecciatina fosse rivolta a lui. Per un secondo si trovò a pensare a quanto lui e Verlaine fossero simili. Anche il biondo aveva dovuto fare i conti con la morte di una persona cara. Dazai aveva potuto leggere il taccuino di Rimbaud e non serviva possedere una grande immaginazione per capire che tipo di relazione avesse legato le due spie.

Con quelle poche parole, l’ex Re degli Assassini aveva esposto chiaramente la propria posizione. La sua lealtà era verso la Mafia ma non avrebbe esitato nel difendere Chuuya. Aveva già preso una decisione simile, Dazai era certo che se si fosse ripresentata l’occasione avrebbe reagito allo stesso modo. Paul Verlaine era fedele ai propri ideali esattamente come lo era il rosso. Quando si erano incontrati la prima volta non lo aveva compreso. Ci era arrivato ad un passo dalla fine quando aveva visto la bestia donare al fratello la chiave per sconfiggerlo.

Verlaine era più umano di quanto desiderasse ammettere. Sicuramente lo era più di lui.

In quel momento però la sola cosa che occupava i pensieri di Dazai era Odasaku.

«C’è forse qualcosa che vi turba Boss?» il moro si affrettò a scuotere la testa; stava diventando troppo prevedibile, doveva imparare a controllare le proprie emozioni;

«Una riunione dei cinque dirigenti, non è una cosa che si vede tutti i giorni» provò a scherzare solo per alleggerire la tensione che si era venuta a creare.

Una parte di lui avrebbe preferito non presenziare a quell’incontro ma la curiosità aveva avuto la meglio. In più avrebbe potuto rivedere Odasaku e la sola prospettiva lo rendeva stranamente nervoso. L’Oda Sakunosuke di quel mondo lo odiava. Era diventato il leader della fazione a lui ostile, era l’amante di Chuuya e aveva cospirato contro di lui. Dazai stentava a crederlo. Per questo doveva vederlo con i propri occhi.

Finalmente raggiunsero il luogo in cui si sarebbe tenuto l’incontro. Era la stessa sala in cui Mori Ougai si era eretto sul trono dopo aver assassinato il suo predecessore. Dazai ricordava quella sera di quattro anni prima. Era ironico pensare a come in quella realtà lui stesso fosse finito con il ripetere i passi del Boss.

Errare humanum est

Le parole di Verlaine gli tornarono alla mente. Dazai si trovava in quel mondo solo per salvare Odasaku, non doveva lasciarsi coinvolgere in faccende che non lo riguardavano, non poteva perdere di vista il proprio obiettivo. Con questi pensieri per la mente si sedette sulla propria poltrona osservando ad uno ad uno, il resto dei presenti. Verlaine si era accomodato accanto a Kouyou dopo aver lanciato una veloce occhiata a Chuuya che invece, continuava ad osservare con insistenza lo schermo del proprio cellulare, completamente disinteressato del resto. Non aveva alzato il capo neppure di fronte all’ingresso di Dazai. La cosa sembrava aver infastidito solo Akutagawa che, dalla sua posizione alla destra del Boss, continuava silenziosamente ad accusare il possessore di Arahabaki con lo sguardo.

Mancava solo Odasaku.

Non era un buon segno.

Dazai si era appena accomodato, quando uno dei numerosi sottoposti senza nome era entrato ed aveva affidato a ciascuno di loro una cartelletta piena di documenti.

«Che cazzo significa?!» Chuuya fu il più veloce ad aprirla e dalla reazione, a leggerne il contenuto. Iniziò ad emanare fiamme nere prima di venire afferrato per un braccio da Verlaine. L’aria della stanza aveva iniziato a farsi pesante e anche il resto dei dirigenti sembrava essere pronto ad intervenire in caso di pericolo.

«Vedi di calmarti» sussurrò la spia a denti stretti cercando lo sguardo del più piccolo.

«Come puoi chiedermi una cosa simile? Hai letto, anzi avete letto?» e gettò sul tavolo i documenti che teneva ancora tra le mani.

Solo in quel momento Dazai abbassò il capo fissando i fogli che teneva in grembo. Bastò il contenuto della prima riga perché arrivasse a comprendere la reazione di Chuuya;

In data XXX è stata eseguita la condanna a morte per il traditore Oda Sakunosuke...”

Si sentì nuovamente mancare. Odasaku era morto anche in quel mondo. Era finita.

«Sei un fottuto bastardo» Chuuya stava ancora urlando in preda alla furia, nonostante i tentativi di Verlaine per placarlo. Dazai non comprese subito il significato nascosto in quelle parole, come l’odio negli occhi del proprio partner. Abbassò nuovamente il capo; ma solo per leggere poche righe,

giustiziato per ordine del Boss Dazai Osamu”

C’era la sua firma su quel documento, oltre che il suo nome. L’ordine era partito da lui, dal suo alter ego. Tornò a sedersi sulla propria poltrona cercando di mantenere un contegno anche se si sentiva soffocare. Fu in quel momento che un pensiero gli attraversò la mente.

La strana telefonata che aveva ricevuto quella mattina.

No. Non era stato il Dazai di quel mondo a premere il grilletto, a condannare Odasaku.

Era stato lui.

Lui aveva inconsciamente dato quell’ordine.

Era stato un cieco a non voler prendere in considerazione una simile ipotesi. Era arrivato in quel mondo con l’intenzione di salvare Oda e aveva finito con il condannarlo. Il fato aveva un terribile senso dell’umorismo. Dazai aveva perso l’amico, di nuovo; questa volta non era nemmeno riuscito ad incontrarlo. Forse era meglio così, non avrebbe sopportato di scorgere in quello sguardo lo stesso odio che aveva visto in Chuuya. Sarebbe tornato nel proprio mondo e avrebbe ricominciato tutto daccapo. In una realtà simile non poteva esserci salvezza per nessuno di loro.

Oda era morto per colpa sua.

Non riusciva a crederci. Stava nuovamente per avere un mancamento. Furono le urla di Chuuya a mantenerlo cosciente. Il partner era ancora stretto nella presa di Verlaine e si dimenava come un ossesso. Stava faticando per contenere il proprio potere, sapeva che scatenandosi avrebbe finito con il distruggere l’intero edificio. Per una frazione di secondo il possessore di Arahabaki ci aveva pensato, ma l’autodistruzione non gli avrebbe riportato indietro Odasaku.

«Questa Dazai non te la perdono. Sappi che ti ucciderò. Hai il sangue di Saku sulla coscienza» dopo di che venne trascinato via dalla stanza da Verlaine e Kouyou.

A quel punto, Dazai rimase solo, eccezione fatta per Akutagawa, che dalla sua postazione non aveva ancora detto una parola.

«Vattene» fu la sola cosa che ordinò il giovane Boss prima che il sottoposto potesse anche solo pensare di fare qualcosa.

Dazai aveva bisogno di rimanere solo. Non poteva permettere a qualcuno di assistere allo spettacolo del suo dolore. Il mastino della Port Mafia fece come detto abbandonandolo, richiudendosi la porta alle proprie spalle.

Fu solo in quel momento che Osamu Dazai, leader della Port Mafia si abbandonò all’ennesimo pianto inconsolabile. Questa volta però oltre al dolore vi era la rabbia. Dazai sapeva che quando Odasaku entrava a far parte di qualsiasi suo piano o equazione la sua logica vacillava e i suoi pensieri venivano inquinati da sentimenti che a lungo si era rifiutato di accettare. Aveva commesso un errore. Un errore da principiante e per colpa sua Oda era morto. Scoppiò a ridere ma i suoni che lasciarono le sue labbra erano più simili al gracchiare di un corvo. Sorrise tra sé per quel paragone. In fondo anche lui era una creatura dell’oscurità. Era quello il suo posto. Come poteva sperare di diventare una persona migliore quando continuava a ripercorrere gli stessi errori.

Ripetere gli stessi sbagli del passato.

Ripensò alle parole di Verlaine. Ora gli sembravano quasi essere una macabra premonizione. Prese dalla tasca del cappotto il proprio cellulare;

«Pronto?»

«Sono il Boss. Convocate Verlaine-san nei miei appartamenti. Sarò lì a breve»


 

***


 

Prima di tornare nel proprio mondo c’era ancora una cosa che Dazai sapeva di dover fare. Aveva bisogno di avere nuovamente un confronto con l’ex spia francese. La frase che gli aveva rivolto quel pomeriggio era troppo ambigua. Era come se Verlaine sapesse. Era un’ipotesi impossibile ma non se l’era sentita di escluderla.

Era rientrato nei propri appartamenti e aveva provato a farsi una doccia, solo per rendersi presentabile. Aveva una gran voglia di piangere, urlare o bere fino a perdere i sensi, ma sapeva, ormai per esperienza personale come non fosse uno stile di vita salutare. Per non parlare del fatto che avrebbe preferito evitare di svenire di nuovo, non era affatto piacevole. Tornò con la mente a quella mattina, quando si era ritrovato stretto dalla presa salda di Chuuya. Malgrado il rosso gli avesse riversato addosso tutto il proprio odio, in quell’occasione si era occupato di lui. Avrebbe potuto uccidere con le proprie mani il Boss che gli aveva causato tanta sofferenza ma non lo aveva fatto. L’aveva messo a letto e chiamato aiuto.

Chuuya era fatto così, aveva un cuore. C’era poco che potesse fare, in qualsiasi realtà certe cose non cambiavano. Dazai aveva avuto modo di rifletterci qualche tempo prima, mentre alcune cose mutavano c’erano certi particolari che invece restavano immutabili, Chuuya e la sua fedeltà a lui ad esempio, oppure Odasaku e il suo voler aiutare il prossimo.

Stai dalla parte di chi salva le persone.

Mentre si liberava dalle proprie bende, Dazai ricordò la prima volta in cui aveva assistito alla morte dell’amico. Non sarebbe mai riuscito a dimenticare quelle immagini, come le ultime parole che Odasaku gli aveva rivolto, ad una spanna dal proprio volto. Forse avrebbe dovuto rassegnarsi e impegnarsi per dare una svolta alla propria vita. Abbandonare ogni speranza di cambiare la realtà. Fissò la propria immagine riflessa nello specchio. Per un istante faticò a riconoscersi. Doveva riprendere in fretta in mano la situazione. Piangersi addosso non avrebbe risolto nulla né cambiato la realtà dei fatti. Aveva perso Odasaku ma non si sarebbe arreso.

In quel momento un leggero bussare lo avvertì dell’arrivo di Verlaine. Si rivestì in fretta pronto ad accogliere il proprio ospite. Fissò per qualche istante la sciarpa del Boss e il suo cappotto scuro. Decise di lasciarli sulla sedia dove li aveva posati. Era stanco di indossare quelle vesti che sentiva non gli sarebbero mai potute appartenere. Ormai anche quella recita si stava avviando verso la sua conclusione.

«Boss» mormorò il biondo abbassando lo sguardo non appena lo vide entrare nella stanza. Era fin troppo rispettoso. Non doveva abbassare la guardia.

Dazai sbuffò «Non sono molto in vena di formalità. Chuuya come sta?» chiese sia per rompere il ghiaccio che per sincerarsi delle condizioni del proprio ex partner. Sapeva come quella Lumaca fosse una testa calda che non andava sottovalutata. Sarebbe stato parecchio seccante dover salvare quel piccoletto dall’auto distruzione. Dazai però era certo che se si fosse presentato quello scenario sarebbe corso da lui. Aveva commesso fin troppi errori in quel mondo. Chuuya stava già soffrendo abbastanza per colpa sua.

Verlaine gli rivolse uno sguardo più freddo del solito. Distaccato.

«Ha appena perso il proprio compagno. Ucciso per ordine della persona alla quale teneva di più. Come pensi che possa stare?» Dazai sapeva di essersela cercata. Con un cenno della mano invitò il biondo a sedere su di una delle poltrone del soggiorno, facendo altrettanto.

«Allora, Boss, di cosa volete realmente parlare? So che non mi avete fatto chiamare solo per chiedermi delle condizioni di Chuuya» il moro sorrise;

«Ho avuto modo di ripensare a quella frase che mi avete detto oggi. Sul commettere errori» l’uomo alzò un sopracciglio;

«E quindi?»

«A che gioco state giocando Verlaine?» la spia scoppiò a ridere;

«Dovrei essere io quello a porgere una simile domanda. Chi siete e cosa ne avete fatto del vero Boss?»

Come sospettava il biondo lo aveva smascherato. Dopotutto era un’ex spia, già una volta gli aveva dato del filo da torcere. Dazai si accomodò meglio, prima di rispondere, incrociando le braccia sotto al proprio mento

«Voglio prima ascoltare le tue teorie in merito» l’altro non si scompose. Prese un lungo respiro prima di iniziare a rispondere con studiata calma;

«Sei senza ombra di dubbio Osamu Dazai, ma non sei il Boss. La sola spiegazione a cui sono arrivato è che devi provenire da un altro mondo. In merito a questo ho formulato due ipotesi, la prima è che tu abbia utilizzato il Libro nascosto a Yokohama mentre la seconda è che tu sia ricorso ad un’Abilità»

Il più giovane dirigente nella storia della Port Mafia sorrise compiaciuto.

«Sei davvero una spia eccellente. Come ci sei arrivato? Che non sono il Boss di questo mondo intendo. Sono davvero curioso»

Il biondo accavallò le lunghe gambe accennando ad un sorriso di superiorità.

«Ti sei preoccupato di Chuuya. Lui non lo avrebbe fatto. Sono anni che non vedevo quello sguardo»

«Quale?»

«Sei una creatura dell’oscurità Dazai, ma non hai ancora toccato il fondo dell’abisso. E questo lo può comprendere anche un essere senza anima come me»

«Vorrei che fosse vero»

«Allora cosa ti porta qui?»

«Odasaku» ammise senza esitazione;

«Nel mio mondo è morto. Non sono riuscito a salvarlo» concluse abbassando lo sguardo.

«E in questa realtà hai finito con il diventare il suo stesso assassino» in quel momento lo sguardo del biondo si fece distante, come se si fosse perso in altri pensieri, o forse ricordi.

Dazai non era mai riuscito a comprendere davvero quell’individuo, per quanto si fosse sforzato, Verlaine restava una fortezza impenetrabile, anche per lui.

«Un tempo cercai di fare lo stesso. Riavere Rimbaud. Accetta un consiglio. Non funzionerà, qualsiasi sia il tuo piano è destinato a fallire. Dovresti pensare a te stesso e soprattutto a Chuuya» Dazai era sempre più confuso;

«Che diavolo c’entra quel nanetto? Questo discorso può valere per questa realtà ma non per la mia. Io e Chuuya ci odiamo. Non lo sopporto. Io sono qui solo per Odasaku. Per salvarlo» Dazai non sapeva se lo stava ripetendo più a se stesso o all’altro. Sentiva solo il bisogno di ribadirlo ad alta voce. Di esternare i propri pensieri, la propria rabbia.

In quel momento, come se si fosse sentito chiamato in causa, il rosso fece il suo trionfale ingresso sulla scena. Sfondando una delle pareti dell’appartamento del Boss.

«Dazaiiiii!!!!» urlò con tutto il fiato che aveva in gola. Dal tono di voce entrambi i presenti intuirono come fosse ubriaco.

«E ci sei pure tu, stronzo.» continuò indicando Verlaine «Bene. Benissimo. Questa giornata si fa di minuto in minuto sempre più bella»

«Penso sia ora che me ne vada» rispose tranquillamente l’ex spia alzandosi dalla propria poltrona.

«So riconoscere quando la mia presenza non è gradita. Dazai è stato un vero piacere. Se vuoi un piccolo consiglio, penso che dovresti parlare con il tuo Verlaine, potresti ottenere qualche informazione interessante» il moro non ebbe nemmeno il tempo di pensare, che Chuuya gli fu letteralmente addosso. Lo buttò a terra allo stesso modo del giorno del loro primo incontro.

«Ti odio bastardo. Ti odio da morire.» Furono le sole parole che gli disse prima di scoppiare in lacrime e iniziare a riempirlo di pugni. Verlaine si chiuse la porta alle proprie spalle.

«Dannazione. Difenditi cazzo» Dazai si trovò a sputare un fiotto di sangue, aveva il labbro inferiore spaccato, tuttavia non aveva reagito a quell’assalto, forse perché sapeva benissimo di meritarselo.

Si guardarono negli occhi.

«Hai ragione Chibi. Sono un assassino. Ho ucciso Odasaku, esattamente come ho fatto con Hirotsu» un altro pugno in pieno volto lo obbligò a tacere.

«Sta zitto. Sta zitto» Chuuya lo afferrò per la nuca prima di chinarsi e far collidere le loro labbra. Dazai ancora mezzo intontito dall’ultimo colpo ci mise qualche secondo prima di realizzare cosa stesse accadendo e soprattutto del perché il rosso lo stesse baciando. Fu un semplice contatto di lingue dal retrogusto ferroso di sangue. Quando si staccarono il rosso riprese a piangere per poi iniziare a colpirlo sul petto;

«Vorrei davvero odiarti al punto di ucciderti» ammise a denti stretti;

«Mi hai privato di Saku, mi hai tolto l’unica e ultima cosa bella che mi era rimasta, eppure, anche ora non riesco a odiarti come vorrei. Che cazzo hai fatto brutto stronzo? So che è tutto opera tua. È sempre tutto opera tua»

Dazai non sapeva cosa rispondere. Chuuya aveva ragione. Con un semplice ordine aveva ucciso l’uomo migliore che avesse mai avuto la fortuna di incontrare. L’uomo che nonostante tutto lo aveva sempre accettato per quello che era. Odasaku, il suo migliore amico. Non si accorse di star piangendo fino a quando non incrociò lo sguardo confuso di Chuuya.

«Credi che questo basti ad impietosirmi? Sei uno stronzo»

«Tu non sai niente»

«Lui ti amava» a quella replica, Dazai scoppiò a ridere;

«Smettila Chibi. Non c’è più nulla che tu possa fare per ferirmi. Sono già morto dentro» nulla lo salvò dal ricevere l’ennesimo pugno, questa volta sullo stomaco.

«Zitto. Saku teneva a te. Si preoccupava per te. Cazzo è diventato il leader dei ribelli solo per proteggerti» fu allora che Dazai mise insieme i pezzi.

«Stai mentendo» doveva per forza essere così, la realtà sarebbe stata ancora più difficile da accettare. Questa volta il rosso gli diede semplicemente una testata.

«La vuoi smettere di colpirmi? Ha fatto male»

«Il dolore che senti ora è solo fisico. Credimi non è nulla rispetto a ciò che sto provando io» Dazai prese un lungo respiro prima di replicare;

«Odasaku era mio amico. Era la persona per me più importante»

«L’hai ucciso»

«Non so nemmeno io come siamo potuti arrivare a questo punto»

Non lo sapeva davvero. Non aveva compreso cosa avesse spinto il proprio alter ego ad ammazzare Mori e a rivendicare quel trono. Quella realtà era solo un incubo che era durato fin troppo. Il dolore di Chuuya però era reale, come lo era la disperazione con la quale lo colpiva. Dazai poteva sentire quel sentimento sulla propria pelle, e vederne il riflesso negli occhi del più piccolo. Anche quello faceva male.

«Saku ti amava» fu il colpo di grazia che non aveva bisogno di ricevere.

«Non dirlo» Non voleva sentirlo, non si doveva illudere. Anche se fosse stato vero quello non era il suo Odasaku. Chuuya rincarò la dose;

«Quando glielo feci notare mi disse che non sapeva nemmeno lui cosa provasse nei tuoi confronti. Che te n’eri andato prima che fosse riuscito a capirlo. Per me invece era sempre stato fin troppo chiaro. Era palese cazzo. Eravate fatti l’uno per l’altro e in fondo ti capisco, era impossibile non apprezzare Saku. Era perfetto»

«Chibi smettila» iniziava ad averne abbastanza;

«Gli hai spezzato il cuore. Uccidendo Mori, prendendo il suo posto, sei diventato l’antitesi di te stesso»

«Chi ti dice che non fossi già così? Tu e Odasaku vi siete fatti un’idea distorta di me, anche prima di uccidere il Boss non ero una brava persona»

«Sei sempre stato uno stronzo, un bastardo, ma nonostante tutto hai sempre conservato un briciolo di umanità. Quella l’hai persa il giorno in cui hai condannato Hirotsu» Dazai trasalì. Avrebbe tanto voluto sapere cosa avesse spinto il se stesso di quel mondo a giustiziare l’anziano veterano. Lui aveva sempre nutrito un profondo rispetto per il capo della Black Lizard.

«Raccontamelo»

«Eh?» Chuuya era certo di non aver compreso;

«Voglio sapere come è morto. Dimmelo»

«L’hai giustiziato come un traditore. Come avresti dovuto fare con noi, invece hai preferito tenerci al tuo fianco, solo per farci soffrire»

Dazai non sapeva come replicare a quelle accuse. Credeva davvero che non sarebbe mai stato in grado di ferire Odasaku invece, grazie a quella realtà aveva scoperto il contrario. Una parte di lui condivideva il dolore di Chuuya come sapeva che non avrebbe potuto fare nulla per porvi rimedio.

«Perché lo hai fatto Dazai? Perché ci hai risparmiato?» nel dirlo il rosso si abbassò quel tanto che bastava per arrivare a poggiare il capo sulla spalla del tanto odiato Boss. Tremava e stava ancora cercando di contenere la propria ira. Dazai ricordava non averlo visto mai in un simile stato, nemmeno quando erano morti i suoi amici Flags, Chuuya gli era parso tanto vulnerabile e umano.

«Non avrei mai potuto uccidervi» sapeva di suonare falso anche a se stesso ma doveva dirlo; la Lumaca doveva saperlo.

«Saku. Hai dato tu l’ordine»

«Hai ragione» Chuuya alzò nuovamente il volto.

«Perché cazzo mi sembri sincero?»

«Forse perché lo sono»

«Allora perché»

«Ho commesso un errore»

«La morte di Saku è solo questo per te? Uno stupido errore?»

«Oh Chuuya lo amavi davvero»

«Forse. Non lo so. Smettila di guardarmi in quel modo» Dazai però non poteva. Quella visione del proprio partner così umana e indifesa era uno spettacolo talmente raro che non se lo sarebbe perso per nessuna ragione al mondo.»

Il rosso si sporse nuovamente verso di lui, allacciandogli le braccia intorno al collo. Poteva sentire il suo respiro sulla propria pelle.

«Ti odio dal profondo del cuore e lo sai» sussurrò a pochi millimetri dalle sue labbra.

«C’è un confine sottilissimo tra odio e amore»

Chuuya non disse altro azzerando nuovamente ogni distanza fra loro. Sapevano entrambi come quello fosse solo un tentativo di dimenticare il dolore.

Dazai non era certo di quello che provava. La rabbia per la propria incapacità e la sofferenza per la sorte toccata ad Odasaku avevano lasciato posto ad altro. Non riusciva a pensare lucidamente, non con Chuuya ancora stretto sopra di sé.

«Questo non cambia nulla tra di noi. Io ti ucciderò» sentì il dovere di specificare il rosso non appena si separarono;

«In questo momento non credo che tu sia molto lucido»

Chuuya aveva chiaramente bevuto prima di irrompere nei suoi appartamenti e vomitagli addosso tutti i propri sentimenti. Quei baci non significavano nulla, Dazai lo sapeva. Era un modo come un'altro per reagire ad un lutto. In fondo era già successo qualcosa di simile. In un’altra realtà. Con un’altra versione dello stesso Chuuya.

«Forse hai ragione.» concesse

«Devi sapere un’ultima cosa però, Saku non era il solo al quale stava a cuore la tua incolumità»

«Che vuoi dire?»

«Perché credi che lo abbia aiutato?» il moro non rispose.

«Solo io potevo ucciderti. Non avrei mai permesso a nessun altro di toccarti» Dazai si trovò inconsciamente ad arrossire. Non si sarebbe mai aspettato una confessione simile.

«Tu non hai idea di quello che abbiamo fatto per te. Di cosa abbiamo sacrificato per te»

Un altro bacio decretò la fine di quella conversazione. Era stato Dazai questa volta a prendere l’iniziativa ma solo perché aveva paura di conoscere il resto. Aveva capito come il Chuuya di quel mondo malgrado tutto nutrisse dei sentimenti verso di lui. Sentire però il racconto di come lui e Odasaku avessero tradito la Mafia solo per proteggerlo era troppo. Quella realtà stava scavando troppo a fondo nel suo animo, portandolo a fare i conti con sentimenti che non era certo di aver mai voluto approfondire.

Dazai sapeva di essere in qualche modo legato a Chuuya. Lo aveva sempre saputo. Il suo partner era una persona importante, lo era sempre stato. Era l’essere più irritante che avesse mai avuto la sfortuna di incontrare, e provocarlo era stato il suo passatempo preferito.

Chuuya doveva essere solo questo per lui. Sarebbe stato più facile per tutti se fosse stato così. Da quando era iniziato questo suo vagabondare tra i mondi, una cosa in qualche modo era sempre rimasta costante: i sentimenti del rosso verso di lui.

Ora Dazai non era più certo di nulla. Anche in quel momento si trovava tra le braccia del proprio partner incapace di decifrare i suoi stessi sentimenti. Una parte più razionale della propria mente gli suggeriva di andarsene, che quello era solo l’ennesimo momento di confusione provocato dalla perdita di Oda, mentre un’altra gli sussurrava di come in realtà lui volesse anche Chuuya nella propria vita.

Odasaku a quanto pare non era il solo in grado di alterare la sua capacità di giudizio.

In quel momento Chuuya si alzò da lui lasciandogli addosso una strana sensazione di vuoto. Dazai lo guardò confuso.

«Vuoi andare fino in fondo?» non si sarebbe mai aspettato tanta premura nei suoi confronti. Chuuya però era serio mentre allungava una mano nella sua direzione;

«Potrei rivolgerti la stessa domanda»

Dazai avrebbe voluto riprendere subito da dove si erano interrotti ma la sua parte razionale aveva preso il sopravvento. Andare a letto con Chuuya sarebbe stato come oltrepassare il limite, un punto di non ritorno e non era del tutto certo di volerlo. Si sentiva quasi come se stesse tradendo la memoria di Odasaku. Era un pensiero quasi infantile, oltre che stupido, lui e l’amico non erano nulla. Oda era morto prima che potesse rivelargli i propri sentimenti, non sapeva nemmeno se l’altro lo ricambiasse. Chuuya invece era lì, vivo, davanti a lui, lo desiderava, poteva leggerlo chiaramente nel suo sguardo.

«Forse per oggi dovresti riposare. Hai un aspetto di merda» Dazai gli regalò l’ennesima occhiata sorpresa;

«Che senso avrebbe scoparti se con la mente sei altrove» fu l’unica spiegazione dell’altro.

Stava per andarsene quando il moro lo afferrò per la manica della giacca.

«Resta» sorprendendo sé stesso per il tono arrendevole che aveva assunto. Chuuya alzò un sopracciglio ma tornò sui propri passi.

«Sei l’essere più irritante che abbia mai incontrato, a volte sei così infantile» Odiava Dazai con ogni cellula del proprio corpo ma sapeva che non sarebbe mai riuscito a negargli nulla. Saku aveva ragione, li aveva davvero fottuti entrambi. Era innamorato di quello Sgombro da una vita ma non sarebbe mai riuscito ad ammetterlo. Nonostante i suoi gesti parlassero per lui.

«Vieni qui sei un completo disastro» disse prendendolo per mano fino a condurlo in bagno. Dazai non rispose.

«Stai perdendo ancora sangue dal labbro. Non vorrai macchiare tutto il letto» il moro annuì fissando il proprio riflesso allo specchio.

«Ora non giocare alla crocerossina, tutto questo è opera tua» gli fece notare ma solo per mettere fine a quella situazione quasi surreale che si era venuta a creare tra di loro. Chuuya sbuffò;

«Questo perché mi fai incazzare. Ogni tuo atteggiamento lo fa»

«Ma?»

«Per quanto ti odi non riesco a farlo completamente» era la confessione più sincera che in quel momento poteva offrigli e Dazai se lo fece bastare.

Finì di medicarlo in silenzio poi raggiunsero la camera da letto.

«È stata una giornata assurda» fu l’unico commento del moro. Non era in quel mondo da nemmeno ventiquattro ore ed era successo di tutto. Chuuya annuì.

«Ancora non ci credo che sia morto»

«Non hai visto il suo cadavere?» si interrogò Dazai

«Penso che andrò domani. Dopo la notizia avevo solo bisogno di bere»

«E picchiarmi a sangue»

«Davvero, come hai potuto farlo?»

«Non volevo. So che ti sembrerà una giustificazione banale ma ho dato quell’ordine per sbaglio. Ho fatto tutto questo solo per proteggere Odasaku non per ammazzarlo»

Chuuya sgranò gli occhi, afferrandolo per le spalle e inchiodandolo al letto;

«Che cazzo significa?»

«Non significa nulla. Dimenticalo» disse cercando di scrollarselo di dosso.

«Sono stati i tuoi fottuti segreti a portarci a questa situazione. Hai deciso di tagliarci fuori da ogni tua decisione. Hai voluto fare di testa tua, come sempre. Ti sei isolato facendo terra bruciata intorno a te iniziando con questo regno di terrore. La Port Mafia sotto la tua guida ha prosperato ma a che prezzo?»

«La vita di Odasaku» sussurrò. Aveva finito con il compiere gli stessi passi di Mori. Sacrificando ogni cosa per l’Organizzazione. Era assurdo, stentava a crederlo.

«Perché sei ancora al mio fianco? Perchè sei rimasto Chhuya?» domandò con un filo di voce.

Entrambi sapevano la risposta, l’avevano sempre saputa.


 

***


 

Quando Dazai aprì gli occhi trovò il rosso ancora addormentato su di una sedia accanto al proprio letto. Aveva vegliato su di lui. Si avvicinò cauto, cercando di fare meno rumore possibile.

In quella realtà il suo alter ego aveva finito con il fare soffrire tutte le persone a lui più vicine, era davvero diventato un demone oscuro che non meritava alcuna redenzione per i propri peccati. Ripensò alle ultime parole di Odasaku, si era trasformato nell’antitesi di ciò che l’amico si era augurato per lui.

Facendo attenzione a non svegliare il possessore di Arahabaki si rivestì. C’era un’ultima cosa che doveva fare prima di tornare nel proprio mondo.


 

***


 

Essere il Boss della Port Mafia aveva anche dei lati positivi come ad esempio, l’aver sempre a propria disposizione una limousine con autista pronto a condurlo ovunque avesse voluto. C’era solo un posto che Dazai desiderava visitare ed era l’obitorio in cui avevano portato il corpo di Odasaku. Una volta a destinazione, il Boss decise di congedare tutti e di entrare nell’edificio da solo, senza scorta.

C’erano pile di cadaveri ovunque, non solo appartenenti alla Mafia ma anche di vittime civili o criminali minori. Un tempo, anche la sua massima aspirazione era stata quella di morire, poi una promessa fatta ad un amico lo aveva tenuto ancorato ancora per un po' alla vita e alla sofferenza che quella condizione comportava.

Il corpo di Oda non fu difficile da trovare. Era in una stanza isolata in fondo all’edificio. Era già stato ripulito e reso presentabile. Sembrava che dormisse. Dazai appoggiò una mano sulla fronte dell’amico. Era gelida.

«Scusami» non sapeva che altro dire. Nelle altre realtà era semplicemente arrivato troppo tardi, mentre in questa era stato lui l’artefice del tutto.

Fu allora, che una figura rimasta in quel momento nell’ombra fece la propria comparsa. Dazai per poco non prese un colpo. Mori Ougai era davanti a lui e gli sorrideva compiaciuto. Sembrava fin troppo vivo per essere un fantasma.

«Non credevo saresti arrivato a tanto per difendere il tuo potere. Avevo ragione quando dissi che mi ricordavi me stesso, ma nemmeno io sono mai giunto a tanto» e indicò il cadavere di Oda.

«Inscenare la mia morte, ergerti sul trono solo per salvare la vita di quest’uomo che tu stesso hai condannato. Ha un che di poetico» Dazai non rispose.

Era tutta una messinscena? Il suo alter ego non aveva ucciso il Boss, doveva essere stato tutto un loro piano sin dall’inizio. Chuuya aveva ragione.

«Perché quello sguardo contrariato? Non ti si addice. Hai ottenuto ciò che volevi. Hai solo sacrificato tutto ciò che avevi. Ricordi? Un vero leader è a capo di un’Organizzazione ma ne è anche suo schiavo»

«Queste sono parole che potevano andare bene con Chuuya ma non con me»

«Eppure siamo qui ragazzo mio. Sei diventato ancora più grande di ogni mia aspettativa»

«Solo chi è malvagio si aspetta il male negli altri» Mori sembrò sorpreso da quella frase, ma non smise un secondo di sorridere all’indirizzo del proprio pupillo;

«Ho sempre visto la tua vera natura Dazai. Quella che ti sei sempre rifiutato di accettare. Sei più simile a me di quanto tu stesso voglia ammettere. Guardati. Sei arrivato a sacrificare l’uomo che amavi per il potere, di che altre prove hai bisogno?»

«Io non sono così. Ho promesso a Odasaku che sarei diventato una persona migliore. Non c’è nulla in questa vita che abbia un qualche valore.» fissò nuovamente il corpo di Oda a qualche metro da lui.

«Non sono la persona che ero Boss. Un giorno mi vendicherò per ciò che mi ha fatto. Per ciò che mi ha tolto. Non potrò mai dimenticare le sue colpe» Mori parve confuso da quel ragionamento;

«Ho dato l’ordine di uccidere Odasaku. È stato un errore che non si ripeterà. Non lo permetterò.»

Lo salverò, non è ancora finita.

Lanciò un’ultima occhiata al Boss e a Oda prima di far ritorno al proprio mondo.


 

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Capitolo 12
*** I Also Care of You ***


 

Questo capitolo partecipa al Cow-t 12 – Seconda Settimana M1 - Punto di non ritorno



 

Dazai fu certo di aver smesso di respirare in quel preciso istante. Ancora una volta quelle realtà avevano avuto il potere di sorprenderlo e di andare oltre ogni sua previsione. Chuuya e Odasaku amanti era uno scenario a cui mai avrebbe pensato, ancora più assurdo di una possibile relazione tra lui e Akutagawa. Barcollò fino a raggiungere la sedia più vicina per poi lasciarvisi cadere sfinito. Il giovane mastino della Port Mafia, immobile a qualche metro da lui, interpretò quel gesto come una ricaduta al mancamento di qualche ora prima. Cercò di muovere un paio di passi in avanti ma si ritrovò bloccato dall’ennesima occhiata truce lanciata dal proprio superiore.

«Vattene» fu tutto ciò che gli disse, prima di tornare a prendersi il volto tra le mani. Il ragazzo fece come detto, allontanandosi con un inchino, non senza lasciargli un ultimo sguardo carico di preoccupazione. Akutagawa non lo aveva mai visto in quelle condizioni.

Fu in quel momento che Dazai capì il senso delle parole di Chuuya, come anche il suo comportamento. Il rosso si era recato dal Boss per proteggere il proprio amante. Solo per quello si era inginocchiato ai suoi piedi e lo aveva pregato di salvarlo.

Finalmente, aveva trovato una risposta che giustificasse in qualche modo anche quegli sguardi carichi d’odio. Chuuya si dimostrava possessivo verso chiunque aveva a cuore. Non era certo una novità, Dazai ricordava quanto il tradimento delle Pecore prima, e la morte delle Bandiere dopo, lo avessero segnato. Ora, il suo partner si stava battendo per Odasaku, lo stava difendendo da lui. Quella situazione era talmente assurda che gli provocò un attacco di risa incontrollato.

Dazai voleva salvare Oda, ma in quel universo si trovava ad essere diventato lui stesso paradossalmente la minaccia principale per l’amico; o almeno così gli era parso di capire dal comportamento assunto da Chuuya nei suoi confronti. Akutagawa non era stato completamente inutile e aveva saputo svolgere il suo dovere, rivelandogli quella scomoda verità. Ora poteva iniziare a delineare le sue prossime mosse.

Sebbene non ne avesse la minima voglia, Dazai sapeva che avrebbe dovuto convocare nuovamente Chuuya; tranquillizzarlo per quanto possibile sui suoi intenti e magari riuscire ad estrapolare altre informazioni. Avrebbe in qualche modo ribaltato la situazione a proprio vantaggio.


 

***


 

Chuuya era nervoso. Odasaku non rispondeva al proprio cellulare. Il rosso non dava sue notizie da quella mattina, e già questo poteva bastare a mandarlo fuori di testa. In più c’era un’altra spinosa questione che non gli lasciava un attimo di tregua, ma come sempre, l’origine di tutti i suoi problemi aveva solo un nome: Osamu Dazai.

Dazai, che quel giorno gli era parso più strano del solito. C’era stato un momento in cui Chuuya si era ritrovato ad avvolgerlo tra le proprie braccia, ricevendo in cambio solo uno sguardo smarrito. Non aveva mai visto quel lato del proprio ex partner, quella versione dello Sgombro così vulnerabile era una cosa che per un fugace istante, aveva avuto il potere di destabilizzarlo. Ne era rimasto sconvolto e non lo avrebbe mai creduto possibile. Dazai, lo stronzo manipolatore per eccellenza, che si divertiva a fare il diavolo sul trono della Port Mafia, gli era svenuto tra le braccia, mostrandosi, per la prima volta da quando si conoscevano, umano.

Per una frazione di secondo, a Chuuya sembrò quasi di essere tornato indietro nel tempo, ai loro quindici anni, alle prime missioni, quando ancora quel demone non aveva mostrato la sua vera natura. L’aveva odiato sin dal primo giorno ma aveva imparato a convivere con quel sentimento che nonostante tutto li legava. Sul campo di battaglia erano una combo perfetta e questa era una realtà dei fatti impossibile da ignorare.

Poi, all’improvviso, come un fulmine a ciel sereno, la sua vita era cambiata.

Stavano affrontando uno degli scontri tra organizzazioni più sanguinosi che la città di Yokohama avesse mai visto; il conflitto che in seguito sarebbe stato rinominato della Testa di Drago, era stato letteralmente un bagno di sangue, una carneficina. Il rosso ricordava di aver come solito litigato con Dazai, che si era mostrato annoiato anche da quello scenario. Poi il suo partner era sparito. Di punto in bianco di quello stronzo si erano perse le tracce. Quando Osamu Dazai aveva nuovamente varcato la soglia della sede principale della Port Mafia, aveva qualcosa tra le mani, un sacco contenente la testa di Mori Ougai.

Chuuya non l’aveva vista personalmente, quando era giunto sul posto quel macabro trofeo era già stato fatto sparire e Dazai se ne stava comodamente seduto sul trono. Ricordava di aver urlato, imprecato, ma di essere stato ridotto al silenzio dall’ultima persona che avrebbe voluto vedere in quel momento.

Sapeva che Verlaine non era morto durante il loro ultimo scontro. Come aveva appreso dopo circa un anno passato a stretto contatto con Dazai, gli stronzi avevano la pelle dura. Chuuya aveva sempre saputo come Mori avesse concesso asilo e la protezione della Mafia all’ex Re degli Assassini. Era una verità che aveva tacitamente accettato. Malgrado i loro trascorsi, il rosso riconosceva le capacità di Verlaine, sapeva bene come fosse più facile da controllare sotto la propria ala, che lasciato libero di vagare in giro per il mondo. L’ex spia poteva aver perso la stra grande maggioranza del proprio potere, ma Chuuya sapeva bene quanto potesse ancora risultare pericoloso. In quell’occasione, Verlaine gli si era avvicinato silenzioso come un felino e lo aveva tramortito in una sola mossa. Il sorriso di scherno comparso sul volto di Dazai fu l’ultima cosa che i suoi occhi videro prima che perdesse i sensi.

Usare Paul Verlaine contro di lui era stata una mossa subdola. Quel idiota conosceva i sentimenti di Chuuya verso quel uomo e aveva pensato bene a come sfruttarli.

Quando il rosso riprese conoscenza si ritrovò in una sorta di ambulatorio medico. Doveva essere lo stesso edificio in cui un tempo Mori Ougai aveva esercitato la propria professione e mosso i primi passi all’interno della Port Mafia. Gli scaffali erano impolverati, come anche i numerosi libri sulla scrivania e tutto il resto; probabilmente quel locale era in disuso da anni, e in effetti Chuuya era sicuro di non esservi mai entrato prima. Fu in un secondo momento che notò una figura uscire dall’ombra per avvicinarsi a lui. Era già pronto ad attaccare quando riconobbe l’uomo che aveva di fronte, era Oda Sakunosuke, l’amico di Dazai.

«Sei stato tu a portarmi qui?» Chiese cercando di mettersi a sedere e allo stesso tempo di mascherare la propria sorpresa.

Non si erano mai parlati prima, non direttamente almeno. Dazai aveva abilmente mescolato le sue carte tenendo quei due pezzi della propria vita separati. Oda era un amico e Chuuya solo un partner di lavoro.

Il rosso non seppe spiegarsi il perché ma quel pensiero gli fece quasi male, un dolore pungente lo investì all’altezza del petto. Si trovava proprio di fronte a Odasaku. Quell’uomo aveva una faccia impassibile, tanto da metterlo leggermente a disagio. Non riusciva a capire cosa gli passasse per la mente e la cosa non gli piaceva.

«Sei andato da Dazai. Ti ha messo fuori gioco» fu l’unica risposta che ottenne accompagnata da un sorriso stanco. Se si fossero trovati in un’altra situazione Chuuya avrebbe imprecato o cercato di sostenere il contrario;

«Dovevo capire perché quello stronzo abbia deciso di ammazzare il Boss» fu invece ciò che rispose. Sapeva che non doveva giustificare le proprie azioni a Oda ma ne sentì ugualmente il bisogno;

«Dazai ora è il Boss della Port Mafia»

«Non ci credo» Non poteva essere vero.

«Eppure è così» concluse Oda recuperando una sedia impolverata ed avvicinandosi al letto sul quale stava ancora seduto il rosso. Il suo volto era serio, segno che non stava affatto scherzando.

«Se non facciamo qualcosa la situazione potrebbe anche peggiorare» continuò cercando di incontrare il suo sguardo. Fu in quel momento che Chuuya esplose;

«Non me ne frega un cazzo. Questa situazione è colpa di Dazai, se l’è cercata. Ammazzare il Boss, che diavolo gli sarà passato per quella testa bacata?!» Compiendo quel gesto insensato, Dazai aveva intrapreso una strada che Oda e Chuuya non potevano seguire né tanto meno cambiare, quello era il punto di non ritorno. Allo stato attuale delle cose loro non potevano fare nulla. Le azioni di quello Sgombro parlavano da sole. Per questo, il possessore di Arahabaki non riusciva a capire cosa volesse Oda Sakunosuke.

«Ho chiesto il tuo aiuto perché so che anche tu sei preoccupato per lui» proseguì Oda, scegliendo di ignorare le sue grida. Chuuya ingoiò a vuoto, prima di replicare con forza;

«Ehi non so chi cazzo ti credi di essere, ma io non sono preoccupato per quello stronzo, chiaro?!» l’espressione di Odasaku non mutò di una virgola.

«Eri il suo partner» gli fece notare;

«Questo non vuol dire nulla. Io odio Dazai, lo odio dal nostro primo incontro. Tu sei suo amico, non io» finalmente qualcosa sembrò toccare le corde dei sentimenti di Odasaku, i suoi lineamenti si fecero più rilassati, mentre concedeva al più giovane un sospiro stanco, passandosi una mano tra i capelli.

«Credevo fossimo amici. Evidentemente mi sbagliavo»

«Da quanto vi conoscete? Dazai gioca con le persone, ha giocato con tutti noi. Eravamo tutte pedine sulla sua scacchiera, non gli è mai fregato un cazzo di niente o nessuno. La testa del Boss è solo l’ennesima prova»

«Una parte di me crede che tutto questo faccia parte di qualche un piano» Chuuya schioccò la lingua, incrociando le braccia al petto.

«L’ho pensato anche io. Di solito però Dazai lascia un qualche indizio in modo che qualcuno possa capire il suo gioco. Questa volta no»

«Non capisco» Oda parve confuso.

«Ci ha volutamente tagliato fuori. Piano o meno, questa volta vuole fare tutto da solo» spiegò. Odasaku gli lanciò l’ennesimo sguardo indecifrabile che ebbe solo il potere di innervosire di più il possessore di Arahabaki.

«Vuoi permetterglielo?» domandò dopo qualche minuto di silenzio. Chuuya si trovò ad abbassare lo sguardo. In quel momento voleva solo prendere a pugni Dazai, colpirlo tanto forte da farlo sanguinare. Rompergli qualche osso. Si era trovato invischiato in una situazione di merda e non riusciva a trovare una possibile via d’uscita. Dannato Dazai.

«Quello stronzo avrà quello che si merita, come dice quel detto? Chi semina raccoglie»

«Chi semina vento raccoglie tempesta» concluse per lui Oda.

Chuuya alzò nuovamente lo sguardo al cielo. Quella frase gli aveva ricordato Verlaine e come l’avesse messo fuori gioco. Prese coscienza anche di un altro piccolo particolare: l’ex Re degli Assassini stava dalla parte di Dazai. Le due persone che più di ogni altro si erano divertite a scombussolare la sua vita e renderla un inferno ora lavoravano insieme. Imprecò sottovoce ma Oda se ne accorse ugualmente.

«Ci sono già dei rivoltosi all’interno della Port Mafia» iniziò con lo spiegare. Non ricevendo nessuna particolare reazione da parte dell’altro, lo prese come un invito a proseguire;

«Non sto parlando solo dei fedelissimi di Mori ma anche di membri ordinari»

«Dazai aveva tanti nemici. Sai che novità. Era uno stronzo» ma Oda riprese;

«Stanno già pianificando un colpo di stato. Vogliono la sua testa» Chuuya a quel punto abbozzò un sorriso di scherno;

«Che si accomodino pure; ma di che stiamo parlando? Seriamente, quello Sgombro avrà già previsto tutto, non so che problemi tu ti stai facendo amico»

«Dazai ha nemici anche in altre Organizzazioni. Tutti stanno unendo le forze per rovesciarlo dal trono. Non c’è momento migliore per affondare un nuovo Boss se non durante i primi giorni del suo regno»

«La stai facendo un po' troppo tragica. Non è una damigella in difficoltà che dobbiamo salvare, si è ficcato in questa situazione di merda da solo. Conoscendolo avrà già pronte una lista di mosse e contromosse, quindi non riesco davvero a capire questa tua apprensione. Stiamo parlando di Dazai»

Oda gli riservò un sorriso stanco, tirato.

«Non riesco a non preoccuparmi per lui» la sincerità disarmante di quella semplice ammissione colpì Chuuya. Non si sarebbe mai aspettato una risposta simile.

«Dal giorno in cui ci siamo incontrati, malgrado avessi cercato in tutti i modi di non farlo, mi sono sempre in qualche modo preoccupato per lui. So benissimo chi è Dazai, ho visto troppe volte l’oscurità nascosta dietro al suo sguardo e so di cosa è capace. Ma forse è solo perché una parte di me ha sempre creduto di poterlo in qualche modo salvare»

«Dazai non ha mai voluto essere salvato» si scambiarono l’ennesima occhiata «ma questo già lo sai» concluse.

Oda annuì.

«Ci sono state delle volte in cui Dazai mi ha ricordato me stesso» Chuuya sbuffò;

«Sta attento. Era una frase che ripeteva spesso anche il Boss Mori e abbiamo visto come è andata a finire»

Rimasero in silenzio per qualche minuto. Fu Chuuya il primo a parlare, dopo aver studiato attentamente la figura di Oda. Stava iniziando a conoscere meglio l’uomo che si nascondeva dietro le parole di Dazai. Più ci pensava e più non capiva cosa li potesse accomunare; ma in fondo, anche lui si era trovato suo malgrado legato a doppio filo con quel idiota amante dei suicidi.

«Allora, cosa avresti intenzione di fare?» Odasaku piegò gli angoli della bocca in quello che poteva essere l’abbozzo di un sorriso grato;

«Diventeremo noi i leader della rivolta. Assumeremo il controllo. Questa è una mossa che Dazai non si aspetterebbe mai»

«Perché vuoi così tanto aiutarlo?» non riusciva davvero a capirlo; l’uomo gli sorrise.

«Perché Dazai è un mio amico»


 

***


 

Odasaku era stato di parola. Chuuya rimase sorpreso da come quel semplice tuttofare in poco tempo, fosse riuscito a prendere le redini e guidare la fazione ostile a Boss Dazai.

Ciò che nacque tra loro fu l’ennesimo imprevisto che nessuno aveva calcolato.

Era da poco terminata l’ennesima riunione tra i vertici della ribellione. Chuuya iniziava ad essere stanco di quella situazione, si sentiva sempre più messo alle strette, con il fiato sul collo. Sapeva bene che era solo questione di tempo prima che Dazai li scoprisse, che intuisse di come proprio loro, fra tutti, fossero diventati la minaccia principale alla stabilità del suo nuovo regno.

Stavano camminando ormai da mesi sul filo del rasoio, sull’orlo d'un precipizio di cui era impossibile vedere il fondo, bastava veramente poco per cadere. Era una partita pericolosa. Chuuya non era tagliato per il doppio gioco, lui le situazioni preferiva affrontarle di petto, guardando il nemico negli occhi. La sua sola consolazione era che pure Oda versava in uno stato di apatia simile.

Quella sera, come sempre, erano rimasti soli, ultimi ad abbandonare quel vecchio capannone eletto a luogo di ritrovo di quegli incontri segreti.

«Stai facendo un ottimo lavoro Saku» mormorò dandogli una leggera pacca sulla spalla mentre l’uomo stava finendo di sistemare gli ultimi documenti abbandonati sul tavolo.

Da qualche tempo aveva iniziato a chiamarlo con quel diminutivo. Odasaku ricordava ad entrambi Dazai, così Chuuya aveva iniziato a chiamarlo per nome. Era un suono per certi versi nuovo e a Oda non dispiaceva.

Il Boss restava un argomento tabù per loro. Cercavano di parlare di Dazai il meno possibile ma l’eco della sua presenza era sempre con loro. Era come un fastidioso fantasma. Dazai era ovunque; se ne stava nascosto dietro alle loro parole, gesti, per non parlare del fatto che occupava costantemente i loro pensieri. Oda e Chuuya avevano intrapreso quella strada per salvarlo, ma ora non avevano idea di dove quel sentiero li stesse conducendo. I toni della ribellione si facevano sempre più accesi e le contromosse del Boss più spietate.

Era più facile per tutti fingere che quello non fosse Dazai, ma solo l’ennesimo nemico da distruggere.

Solo così Chuuya riusciva a convivere con la propria coscienza, trincerandosi dietro ad una bugia. La verità gli era inaccettabile.

«La situazione ci sta sfuggendo di mano. Hai letto anche tu i rapporti poco fa» ammise l’ex tuttofare massaggiandosi le tempie. Erano sempre più vicini all’inevitabile, tra poco avrebbero raggiunto il punto di non ritorno.

«Sono certo che troverai un modo...» tentò.

«Sai benissimo cosa mi chiederanno» Chuuya abbassò il capo, stringendo i pugni.

«Come se ammazzare quello stronzo fosse facile» suo malgrado Oda tornò a sorridere;

«Siamo gli unici con un’Abilità in grado di competere con lui, il che ci rende nemici temibili, oltre che perfetti sicari»

«Nessuna Abilità è in grado di impensierire quel idiota, credimi»

«Io non potrei mai uccidere Dazai» ammise guardandolo negli occhi. Chuuya lo sapeva benissimo, l’aveva capito da tanto tempo. Non aveva bisogno di sentirselo dire.

«So cosa provi per lui» confessò prima di mordersi la lingua. Quando aveva realizzato quali sentimenti muovessero Odasaku si era in qualche modo sentito tradito.

Non era il caso di impensierire il proprio complice. Quelli erano problemi suoi. Chuuya non avrebbe permesso alle proprie emozioni di prendere il sopravvento, soprattutto nella delicata situazione in cui si trovavano.

«Non so nemmeno io cosa provo» quell’insolita quanto sincera ammissione riaccese quella piccola fiamma di speranza a lungo sopita nel cuore del possessore di Arahabaki.

«Dazai ci ha lasciato prima che potessi capire qualsiasi cosa, prima che potessi anche solo dare una definizione a ciò che mi legava a lui» confessò guardandolo dritto negli occhi. Il più piccolo trattenne il fiato. Il cuore gli batteva all’impazzata;

«Io voglio solo pestare quello stronzo a sangue. Ucciderlo significherebbe solo regalargli la morte che tanto desidera, non gli darei mai una simile soddisfazione» Oda scoppiò a ridere;

«Ci ha proprio fregato entrambi» Chuuya preferì non rispondere. Aveva ragione, quell’idiota li aveva proprio fottuti. Non voleva pensarci, o avrebbe solo rischiato di perdere il controllo.

«Io odio Dazai, l’ho odiato dal primo giorno in cui la mia strada ha disgraziatamente incrociato la sua» Odasaku non smise per un solo istante di sorridere. In quel momento Chuuya gli ricordava un bambino capriccioso;

«Però ora sei qui, con me, alla ricerca di un qualsiasi modo per salvarlo» gli fece notare;

«Lo stronzo direbbe che sono un cane fedele»

«Io invece dico che sei solo un bravo ragazzo» suo malgrado Chuuya si trovò nuovamente a sorridere. Odasaku non parlava molto ma non diceva mai nulla di superfluo. Questa era solo una delle sue molteplici qualità.

Inconsciamente si sporse in avanti finendo con l’essere avvolto dalle braccia di Oda in un goffo quanto scomposto tentativo di abbraccio. In quella guerra che testardamente stavano conducendo avevano bisogno l’uno dell’altro. Era un dato di fatto, una verità impossibile da negare quanto nascondere. Erano stati i sentimenti per Dazai ad unirli ma a Chuuya sarebbe piaciuto pensare che ad un certo punto, nel mezzo, fosse nato anche dell’altro.

Fu allora che Oda aumentò la propria presa costringendolo ad alzare il volto nella propria direzione. Chuuya si sentì improvvisamente piccolo tra le sue braccia, ma stranamente la cosa non gli importava. Era troppo distratto dalle iridi di Odasaku fisse su di lui. Gli ricordavano l’oceano.

Il primo bacio che si scambiarono fu dolce e carico di una strana nostalgia.

Quello che era nato tra loro poteva essere definito come il risultato di una sequenza logica di eventi. Dazai aveva tradito entrambi, aveva ferito le uniche due persone che avevano mai provato qualcosa per lui. Chuuya e Oda avevano semplicemente trovato conforto l’uno nelle braccia dell’altro.


 

***


 

Quando Dazai li aveva catturati non si era mostrato troppo sorpreso. Scoprire che proprio l’amico e il partner erano le serpi in seno che per quasi un anno avevano agito e tramato alle sue spalle non sembrava averlo toccato. Chuuya, ancora mezzo intontito dal veleno che gli era stato somministrato, aveva alzato lo sguardo, venendo accolto da un abisso di oscurità senza fine. Quello che aveva davanti a sé non era più il Dazai Osamu che ricordava. Con un riflesso si voltò ad osservare Odasaku, legato a qualche metro da lui. Era ancora privo di conoscenza.

Poi il Boss aveva chiesto di essere lasciato solo con lui. In quel momento il rosso non era completamente lucido a causa del veleno ancora in circolo, ma nonostante questo sapeva che non avrebbe mai dato a quello stronzo la soddisfazione di vederlo implorare perdono.

«Potresti smetterla di guardarmi in quel modo?» furono le prime parole che gli rivolse, una volta che Akutagawa e i suoi ebbero lasciato la stanza.

Chuuya avrebbe voluto rispondere come sempre, ma si trovò la gola in fiamme.

«Non ti sforzare. È semplicemente l’effetto del veleno sui tuoi nervi. Passerà tra un paio d’ore, nel frattempo spero che riusciremo a trovare un accordo»

Anche se non riusciva a parlare lo sguardo che il rosso gli rivolse fu abbastanza eloquente;

Cosa vuoi?

«Capisco cosa vi abbia spinto a tradirmi, cioè posso immaginarlo. Non ho voglia di discutere con una Lumaca di quali ragioni mi abbiano condotto fino a qui. Potrei farvi uccidere subito per il vostro tradimento» Chuuya trattenne il fiato.

«Tuttavia non lo farò» il rosso ringhiò. Non aveva bisogno della pietà di Dazai. Non voleva in alcun modo essere in debito con lui.

«Scusa, devo averti dato un’impressione sbagliata. Facciamo così, ti propongo un accordo Chibi, un contratto che spero possa essere vantaggioso per entrambi» e detto questo mostrò al sottoposto un nastro di velluto nero.

«Questo è un collare. Indossalo e diventa il cane fedele di cui ho bisogno» Chuuya in quel preciso istante lo avrebbe volentieri ucciso, non poteva accettare una cosa simile. Sentiva la rabbia crescere di minuto in minuto; tra poco sarebbe esploso;

«Risparmierò sia la tua vita che quella di Odasaku. Sai, tutti i vostri amici ribelli mi hanno indicato lui, come la mente machiavellica nascosta dietro a tutta questa storia. Ora, io e te sappiamo bene che non è così, ma gli altri dirigenti? Dovrò fornire loro un rapporto sulla situazione, e Odasaku è il capro espiatorio perfetto, non trovi? Solo tu puoi salvarlo, allora Chuuya, dimmi, cosa scegli?»

Come sempre Dazai lo aveva messo con le spalle al muro. Lo odiava, lo odiava con ogni fibra del proprio corpo. Quando quello stronzo lo poneva di fronte ad una scelta sapeva di non avere scampo. Era letteralmente un patto con il diavolo.

«Se farete i bravi potrei anche promuove entrambi a dirigenti» continuò il Boss nel proprio monologo mentre vagava divertito per la stanza;

«Perché?» dalle labbra del rosso uscì solo un soffio roco che però giunse ugualmente alle orecchie di Dazai. Fu solo allora che il giovane Boss si fermò e gli sorrise. Quella era l’incarnazione di un demone tentatore che si divertiva nel torturare le proprie vittime e il rosso era caduto nella sua trappola.

«Credevo che la mia proposta ti avrebbe reso felice. Risparmierò la tua vita e quella di Odasaku. Sarai mio. Non è quello che hai sempre voluto?» Chuuya arrossì. Sia per la rabbia, che per il significato di quelle parole pronunciate a pochi centimetri dal suo volto. Non si era accorto di quanto il giovane Boss si fosse avvicinato a lui.

«Non...ti...ho...mai...» ogni sillaba era intrisa di dolore, non riusciva ancora ad articolare una frase coerente. Dazai gli passò un dito sulle labbra riducendolo al silenzio con un semplice tocco.

«Hai sempre provato qualcosa per me. Che sia odio o altro non importa. Ora ti voglio al mio fianco. Ho bisogno che tu ci sia» sussurrò prima di lasciargli un veloce bacio a stampo.

Chuuya non capì più nulla. Diede la colpa al veleno ancora in circolo nel suo organismo perché bastò quel semplice contatto ad annullare ogni sua resistenza. Raccolse le forze per allacciare le proprie braccia dietro al collo di Dazai e poi si sporse a sua volta cercando nuovamente un contatto con quelle labbra. Sapeva di aver appena firmato la propria condanna.


 

***


 

Una parte di Chuuya voleva credere di essere finito nel letto di Dazai per salvare Odasaku. La realtà era ben più complicata e più difficile da accettare, soprattutto per lui. Non ne aveva mai parlato nemmeno con Saku, anche se sapeva benissimo di come l’altro avesse intuito tutto.

Dazai come sempre aveva ragione. Provava qualcosa per lui. Un qualcosa che aveva disperatamente cercato prima di ignorare e poi soffocare dentro di sé.

Chuuya aveva provato a dimenticare questi sentimenti o qualsiasi cosa fossero, ed era certo che anche Oda avesse tentato di fare lo stesso. Dazai però era Dazai e pensare di sostituirlo era impensabile, tanto quanto fastidioso da ammettere, anche a se stesso.

Chuuya teneva a Saku ma quello che lo legava a Dazai era di tutt’altra natura. Era bastato un semplice bacio a risvegliare quel mare di emozioni che nonostante tutto lo tenevano ancora saldamente legato a quello Sgombro.

La cosa che più di tutte lo irritava era il fatto che Dazai sapesse e avesse giocato con lui.

Quell’idiota era impossibile da leggere, anche durante i numerosi amplessi che li avevano visti coinvolti, Chuuya non era riuscito a scorgere nulla da quello sguardo. Nessuna parola gentile, solo gemiti e frasi sconnesse. Dazai non era un amante facile. La forte intesa e complicità però che avevano condiviso sul campo di battaglia, l’avevano ritrovata tra le lenzuola.

Il rosso continuava a ripetersi come un mantra la favola di aver fatto tutto per Oda, questo perché voleva auto convincersi che fosse solo quello. Doveva esserlo. Era una realtà più facile da accettare rispetto al fatto di non essere mai riuscito a dimenticare quello stronzo. Quell’ammasso di bende aveva saputo insinuarsi dentro di lui, in un modo che Chuuya non aveva previsto.

Arrivare ad ammettere di provare qualcosa per Dazai non era stato per nulla facile. Poi quell’idiota aveva avuto la brillante idea di ammazzare Mori e tutto il loro piccolo mondo era crollato, come un castello di carte di fronte alla prima folata di vento.

Odasaku era stato il suo appiglio. Il porto sicuro durante quella tempesta che lo aveva travolto e sconvolto. Portavano le stesse cicatrici, e avevano cercato di guarire l’uno le ferite dell’altro. Colmare in qualche modo il vuoto che Dazai aveva lasciato nelle loro vite. Il sentimento che nutriva verso Saku però era diverso, non meno importante né meno profondo, solo diverso.

Quando Dazai era venuto a conoscenza della sua relazione con Odasaku avevano litigato.

Chuuya era esploso prima di tirargli un pugno sul volto, arrivando a far sanguinare il labbro del giovane Boss della Port Mafia. Era da tanto che desiderava colpirlo e in quel momento l’istinto aveva prevalso sulla ragione.

«Mi fate pena. Non credevo che Odasaku potesse avere gusti simili»

Si era strappato quel nastro dal collo e lo aveva gettato ai piedi di Dazai, mentre questi si puliva dal sangue. In quel momento non gli importava delle conseguenze delle proprie azioni. Non gli importava di nulla.


 

Era passato del tempo da quella lite e Akutagawa aveva preso il suo posto nel letto di Dazai. Chuuya ora si aspettava una vendetta da parte dell'ex partner. Il Boss sapeva essere spietato, con la stessa facilità e crudeltà di un bambino dispettoso. Il vessillo di Arahabaki era il suo giocattolo preferito e se n’era andato.

Chuuya non gli aveva solo mancato di rispetto, quello lo faceva da anni; questa volta aveva pubblicamente sfidato la sua autorità. Dazai non glielo avrebbe perdonato.

Gli erano giunte delle voci di un’incursione in una base ribelle poco fuori città.

Ovviamente lui e Oda avevano continuato la loro attività nella resistenza. Dazai ne era a conoscenza ma fino a quel momento lo aveva tollerato. Chuuya sapeva che il solo modo in cui l’ex partner avrebbe potuto ferirlo sarebbe stato usare Odasaku. Per questo appena appreso di quella notizia si era recato dal Boss.

Per quanto esistesse la remota possibilità che Saku fosse stato coinvolto in quell’imboscata Chuuya non se l’era sentita di rischiare. Così aveva deciso di prostrarsi davanti al suo peggior nemico.

Dazai era la rappresentazione vivente dell'essere che più di ogni altro aveva amato e allo stesso tempo odiato. I suoi sentimenti erano contrastanti ma non riusciva ad abbandonarli completamente. Oda però non doveva pagare per i suoi errori. Non lo meritava.

Oda Sakunosuke era il migliore tra loro. In quegli anni aveva sempre provato a difendere l’operato di Dazai. Lo aveva fatto anche dopo la morte di Hirotsu. Aveva una cieca fiducia in quel mostro, e nonostante tutto aveva sempre anteposto il bene del moro al suo.

Chuuya però aveva visto da vicino il vuoto e l’oscurità che ormai avvolgevano il cuore e l’animo di Dazai, anzi, del Boss. Non era più il ragazzo che entrambi avevano incontrato. Per questo era certo che la sua vendetta nei loro confronti sarebbe stata spietata.


 

***


 

Si stava dirigendo verso il Quartier Generale quando ricevette l’ennesimo messaggio di Dazai.

Ho bisogno di parlarti

Imprecò rimettendosi il cellulare in tasca. Fece solo un paio di passi prima che un insistente vibrare lo obbligò nuovamente a fermarsi. Fu solo quando vide il nome comparire sullo schermo che si diede una calmata. Era Kouyou;

«Ricordi vero che Boss ha convocato una riunione con i dirigenti oggi pomeriggio?» No, se ne era completamente dimenticato. Dopo i fatti di quella mattina e lo strano comportamento di Dazai aveva solo una gran confusione in testa. Per non parlare dell’apprensione nei confronti di Saku, di cui ancora non aveva notizie. Aveva una solo una gran voglia di bere, fino a perdere i sensi.

«Si, mi sto giusto dirigendo al Quartier Generale» mentì.

«Chuuya-kun, spero che Oda-kun non abbia avuto qualche colpo di testa»

«Cosa vorresti dire?» stava iniziando a preoccuparsi;

«Mi sembra solo tutto molto sospetto. Questa situazione intendo. Di solito le riunioni con i dirigenti al completo vengono convocate con mesi di anticipo, Dazai-kun ci ha mandato l’invito solo una settimana fa» spiegò la donna dall’altro capo del telefono.

In effetti la cosa aveva colto di sorpresa anche lui e Saku, ma avevano talmente tante cose per la mente, che non si erano soffermati troppo sui dettagli di quello strano invito. Dopotutto si parlava di quell’idiota bendato, l’imprevedibilità era parte  di lui.

«Dazai è strano» fu tutto ciò che disse. Dall’altro capo del telefono sentì la donna sospirare;

«So cosa è accaduto questa mattina al nostro giovane Boss e so anche che eri con lui, eravate nelle sue stanze. Dobbiamo aspettarci un ritorno di fiamma? La riunione è forse per annunciare un imminente matrimonio?» chiese maliziosa ma allo stesso tempo con una nota di preoccupazione;

«Nulla del genere» si affrettò a rispondere forse con troppa enfasi;

«Peccato, se Oda-kun avesse mai bisogno di una spalla su cui piangere mi offrirei con piacere»

Chuuya non se la prese. Kouyou era come una sorella maggiore per lui. La morte di Mori non l’aveva lasciata indifferente ma lei aveva deciso di appoggiare Dazai, schierandosi da subito con il giovane dai capelli corvini e riconoscendo la sua successione. Chuuya non la biasimava. Kouyou era una persona intelligente, che aveva sempre saputo come sopravvivere in quell’ambiente. Non andava sottovalutata.

«Qualsiasi sia il motivo dietro a questa riunione lo scopriremo presto» mormorò prima di terminare la chiamata.


 

***


 

Dai suoi appartamenti, Dazai osservava sconsolato lo schermo del proprio cellulare. Chuuya non aveva ancora risposto nessuno dei suoi messaggi. Avrebbe tanto voluto contattare Odasaku ma qualcosa gli suggeriva come fosse meglio continuare a tastare il terreno con il rosso prima. Parlare con Oda doveva essere la parte finale del suo piano. Dazai lo avrebbe affrontato solo dopo aver preparato un’attenta strategia.

Oda era già morto troppe volte davanti ai suoi occhi. In questa realtà sarebbe andata diversamente.

Come sempre fu un leggero bussare a strapparlo dai propri ragionamenti.

Il giovane Boss della Port Mafia per poco non cadde dalla sedia quando vide Verlaine entrare nelle sue stanze;

«Vogliamo andare? La riunione con i dirigenti sta per iniziare»


 

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Capitolo 13
*** Without You ***



 


 

Una volta tornato nel proprio mondo Dazai notò Ango e Murray ancora lì, esattamente dove li aveva lasciati. Non c’era bisogno di sprecare parole, già il fatto che l’ex dirigente fosse comparso davanti a loro era un segnale abbastanza eloquente dell’ennesimo fallimento. Ango fu il primo a notare come lo sguardo di Dazai fosse diverso quella volta. Doveva essere successo qualcosa ma come sempre, l’impiegato governativo non riusciva a scavare oltre la superficie, vedere al di là di quella maschera fredda e inespressiva che l’ormai ex più giovane dirigente della storia della Port Mafia aveva scelto di indossare. Ango aveva conosciuto solo una persona in grado di farlo, vedere oltre quel muro che il moro aveva eretto tra lui e il resto del mondo. Ed era stata proprio la sua scomparsa a condurli fino a quel punto.

«Dazai-kun» tentò quasi impacciato, allungando un braccio verso il ragazzo quasi volesse sfiorarlo ma avesse allo stesso tempo paura di restarne ustionato. Non poteva evitare di preoccuparsi per Dazai, era più forte di lui, si sentiva in qualche modo responsabile per quello che gli stava accadendo. Non importava che lo avesse perdonato o meno, Sakaguchi Ango voleva espiare i propri peccati.

Dazai aveva bisogno d’aiuto anche se era troppo orgoglioso o testardo per chiederlo o ammetterlo. Ango non sarebbe rimasto impassibile di fronte a quell’assurda quanto insensata auto distruzione. Non avrebbe mai permesso che accadesse, non sotto i suoi occhi.

Dazai era un masochista, quella non era certo una novità. Lui stesso aveva assistito ad un paio di tentativi di suicidio, ma questa volta la situazione era completamente diversa. Chiunque avesse mai avuto a che fare con il giovane dirigente avrebbe potuto notare una luce diversa nel suo sguardo. Mai come allora Dazai gli era parso tanto umano e per questo vulnerabile.

Ango conosceva quel ragazzo ormai da un paio d’anni. Sapeva di cosa potesse essere capace il Demone Prodigio della Port Mafia. Come aveva assistito da mero spettatore all’evoluzione del suo rapporto con Odasaku. Ricordava il giorno in cui era stato invitato ad unirsi a loro. Quando quei due bizzarri individui se ne erano usciti con l’assurda proposta di andare a bere qualcosa insieme arrivando praticamente ad obbligarlo, distogliendolo dal proprio lavoro. Con un sorriso ripensò a quanto si fosse lamentato per una cosa stupida come la puzza dei loro vestiti. In realtà non era l’odore a turbarlo, quella non era stata altro che una scusa, piuttosto l’aura che entrambi sembravano emanare intorno a loro.

Dazai Osamu. Quel nome, soprattutto dopo il Conflitto della Testa di Drago era sulla bocca di tutti all’interno della Port Mafia. Non era solo il pupillo del Boss ma una pedina spietata e senza cuore, che era stata in grado, con l’aiuto del proprio partner di distruggere in una sola notte un’intera Organizzazione criminale ponendo fine ad uno degli scontri più sanguinosi che la storia della città di Yokohama avesse mai visto.

Di Oda Sakunosuke al tempo non sapeva nulla. Ango aveva avuto accesso a molte informazioni su quel misterioso tuttofare solo dopo la sua morte. Era stato allora che aveva iniziato finalmente a comprendere Oda e a stimarlo.

Un mafioso che non uccideva ma si accompagnava ad un giovane e spietato dirigente, raccontata in questo modo quella storia sembrava quasi una barzelletta.

Eppure, ripensandoci in quel momento, Ango riusciva a vedere oltre la semplice apparenza. Odasaku aveva sempre esercitato una sorta di effetto calmante su quella mina vagante che era Dazai. Bastava una parola o un gesto di quell’uomo perché il ragazzino si placasse di colpo, come se Oda sapesse quale interruttore premere per calmare il moro.

All’inizio, Ango ricordava di essersi interrogato sulla natura di quel rapporto. Aveva sempre avvertito come la mancanza di un qualcosa, un tassello fondamentale per arrivare a comprendere meglio quelle figure che ormai aveva iniziato a considerare amici.

Una sera, spinto da un moto di curiosità, aveva domandato al rosso come fosse finito nella Mafia e della vaga, ma allo stesso tempo assurda risposta che aveva ricevuto;

«Ho trovato Dazai sul portico di casa mia. Era ferito. Ti confesso che il mio primo pensiero era stato di andarmene per non farmi coinvolgere, ovviamente non ne sono stato in grado quindi eccoci qui. Si può dire che sia entrato nella Port Mafia dopo aver raccolto un gatto randagio»

Ango ricordava di averlo guardato con curiosità, aspettandosi forse una battuta. Oda però era rimasto serio ed enigmatico come sempre.

Solo qualche giorno prima, quando gli era stato accordato il permesso dai propri superiori, Sakaguchi Ango aveva avuto modo di leggere tutti i file riguardanti Oda Sakunosuke.

Aveva così ricostruito il suo passato, scoprendo una persona completamente diversa da quella che aveva conosciuto. Eppure, nonostante tutto, aveva avvertito ancora la mancanza di qualcosa, c’era un tassello di quel puzzle che non ne voleva sapere di andare al proprio posto. Odasaku aveva deciso di cambiare vita ma ovviamente nessuno conosceva il motivo dietro a tale decisione. Un sicario tra i migliori al mondo che entrava a far parte della Port Mafia come semplice tuttofare. La scelta di non uccidere. Sembravano cose completamente senza senso o logica.

Per questo aveva cercato l’aiuto di Dazai, forse l’ex dirigente conosceva la causa dietro quel cambiamento o ne era stato in parte l’artefice. In realtà c’era un’altra ragione ad aver spinto Ango in quella direzione e a contattare il pupillo del Boss. Voleva aiutarlo, se non addirittura salvarlo dalla spirale di auto distruzione in cui Dazai sembrava essere piombato dopo la morte di Odasaku. Il quattrocchi sapeva chi avrebbe potuto compiere quel miracolo, riportare Dazai Osamu ad essere quello di un tempo ma si sarebbe riservato quella carta solo alla fine. Era il suo asso nella manica. Contattare Murray era stato un disperato tentativo di fare ammenda ad un errore. Come aveva temuto, Dazai aveva continuato a fallire nel proprio intento, e forse era giunto il momento di mettere la parola anche quella storia, soprattutto dopo aver visto il volto dell’amico. Il moro stava crollando a pezzi davanti ai suoi occhi e Ango non poteva permetterlo. Oramai Dazai era solo un riflesso del ragazzo che aveva conosciuto, temuto e per che no, pure ammirato.

C’era stato un solo, breve istante in cui Ango aveva pensato di essere arrivato troppo tardi. Ed era stato qualche giorno prima, quando dopo essersi accordato con i propri superiori aveva ottenuto il permesso di contattare Dazai.

Ad ogni secondo d’attesa con il telefono appoggiato all’orecchio, il suo cuore mancava di un battito. Non avrebbe potuto reggere un altro lutto. C’era un limite per i suoi poveri nervi, come alle avventure e ai rischi che era disposto a correre.

Dazai aveva risposto al cellulare e di colpo l’ansia era scemata facendo tornare l’impiegato a respirare. Pensava di essere pronto a tutto Ango, ma nulla lo avrebbe mai preparato a quella versione di Dazai. Del diciottenne il cui nome incuteva paura e rispetto, restava solo un ragazzino distrutto dalla morte di un caro amico. Anche se non era del tutto certo che quella definizione fosse corretta.

Odasaku era qualcosa di più per Dazai. Ango si sentiva in colpa per aver voltato lo sguardo e finto di non accorgersi di quel legame che li aveva uniti.

D’altro canto lui non aveva mai condiviso nulla di simile con nessuno. Dazai e Oda erano stati i suoi primi veri amici, e li aveva traditi. Era stato sincero durante il loro ultimo incontro al Lupin, se fosse stato possibile avrebbe tanto voluto bere qualcosa insieme, tornare a quei giorni spensierati. Il destino però aveva agito diversamente, decidendo per un altro finale.

Ango sapeva di non essere responsabile per ciò che era capitato Oda ma sentiva il suo sangue sulle proprie mani. Dopo aver condotto Dazai al sicuro ed essersi sincerato delle sue condizioni, in seguito al suo ritorno dalla prima realtà, l’impiegato si era fatto coraggio e recato al cimitero dove sapeva avevano traslato il corpo dell’amico. Avrebbe voluto ricevere prima il perdono di Dazai, ma vederlo in quello stato lo aveva toccato più di quanto avesse mai potuto pensare. Mai come in quel momento sentiva il bisogno di parlare con Oda, chiedergli un consiglio.

Non era mai stato in quel posto. In lontananza si vedeva il mare, era perfetto come ultima dimora terrena. Trovò subito ciò che stava cercando.

Era una lapide semplice con inciso un nome e poche parole.

«Oda-kun scusa per il ritardo» fece una piccola pausa posando il mazzo di fiori che aveva portato. Le nuvole sopra la sua testa lo avvisarono dell’imminente temporale ma in quel momento non gli importava.

«Mi dispiace per ciò che è successo. La verità è che sono un uomo del Governo. Non volevo mentirvi. Era il mio lavoro ma voi eravate miei amici» prese nuovamente un lungo respiro;

«Sto cercando di badare a Dazai-kun la tua perdita l’ha distrutto. Dovresti vederlo è quasi irriconoscibile. Ha lasciato la Port Mafia e qui penso ci sia di mezzo il tuo zampino, dopotutto eri il solo che ascoltava. Vuole salvarti, sta lottando disperatamente per non arrendersi» appoggiò una mano sulla fredda e umida pietra.

«Vorrei tanto dirgli di fermarsi. Che i suoi sforzi sono inutili. Non si può cambiare il destino. Eppure non ci riesco. Vedo quello sguardo, riconosco la sua determinazione. Ma la verità è che tu non tornerai mai da lui Oda-kun. Dazai è forte, intelligente ma sta soffrendo e io non so davvero come aiutarlo»

Sei qui per lui o te stesso?

Gli sembrò quasi di udire la voce di Odasaku.

«Sono qui per espiare una colpa e chiedere il tuo perdono. Egoisticamente speravo di salvare Dazai da se stesso. Ancora una volta sono stato troppo ingenuo. Non ha bisogno del mio aiuto. Per certi versi è ancora un ragazzino, non riesce ad elaborare un lutto. Vorrei tanto sapere cosa era per te Dazai? Chi eri Oda-kun? Sono queste le domande a cui mi piacerebbe trovare delle risposte» in quel momento la pioggia iniziò a cadere sopra la sua testa. Aprì l’ombrello che previdentemente si era portato appresso.

«Mi dispiace. Farò il possibile per aiutare Dazai ti do la mia parola. Lo proteggerò al meglio delle mie capacità» gli venne un’idea, avrebbe iniziato con l’insabbiare il passato del ex mafioso. Se Dazai era intenzionato a cambiare la propria vita quello lo avrebbe di sicuro aiutato. Era un buon punto di partenza.

«Oda-kun» disse dopo essersi allontanato di un paio di passi «eri davvero una brava persona. Mi dispiace».


 

***


 

Dopo quel giorno Ango si era impegnato anima e corpo nel proprio lavoro continuando a monitorare Dazai e le sue intenzioni. Così erano arrivati alla situazione attuale con l’ex dirigente di ritorno dal terzo fallimento.

«Dazai-kun» tentò afferrando il moro per un braccio obbligandolo così a fermarsi. Murray a qualche metro da loro osservò quella scena trattennendo il fiato. Era terrorizzato dal Demone Prodigio della Port Mafia e tremava come una foglia.

«Cosa vuoi Ango?» il tono di voce con cui Dazai pronunciò il suo nome era lo stesso di quel giorno al Lupin. Quando aveva confessato di aver sempre saputo la verità dietro al suo doppio gioco. A quel punto l’impiegato lasciò la presa, andando a sistemarsi meglio gli occhiali sul naso;

«Voglio solo parlare» l’occhiata che Dazai gli rivolse avrebbe fatto desistere chiunque ma non lui,

«Ti stai auto distruggendo e io non posso permetterlo»

«Ho fallito. La prossima volta andrà meglio. Non è vero Murray-san?» l’uomo chiamato in causa annuì;

«Vieni con me. Subito» Dazai storse il naso;

«Io non prendo ordini da un traditore»

«Tu stesso hai tradito la Port Mafia siamo colleghi di tradimento ora» l’ex mafioso sbuffò.

Provocare Ango non avrebbe portato a nulla lo sapeva bene ma era ancora frustrato e arrabbiato con se stesso. Aveva bisogno di sfogarsi in qualche modo.

Tuttavia decise di seguirlo in silenzio tra i corridoi di quell’edificio tutti uguali, piatti, monotoni come l’individuo che aveva davanti agli occhi. Dal canto suo Ango stava cercando di trovare le parole giuste ma con Dazai era impossibile preparare delle strategie, doveva solo sperare nella buona sorte.

Arrivarono a quello che l’ex dirigente dedusse essere l’ufficio del quattrocchi. Era piccolo e abbastanza spoglio. Gli ricordò molto il nascondiglio dove si erano incontrati la prima volta, almeno questo aveva una finestra dalla quale entrava una fioca luce. Dazai si rese conto di non sapere nemmeno che giorno fosse. Stava perdendo il senso della realtà. Ango lo fece accomodare.

«Non mi dirai vero che è successo?» tentò. Il moro abbassò il capo;

«Dammi carta e penna, ti scriverò un rapporto dettagliato» lo sfidò.

«Dazai-kun voglio solo aiutarti»

«Ora vuoi aiutarmi? Riporta indietro il tempo, ridammi Odasaku» L’impiegato si lasciò cadere sulla poltrona alle proprie spalle. Aveva sbagliato approccio. Non sarebbe riuscito a risolvere nulla in quel modo. L’ex dirigente sapeva essere testardo e capriccioso come un bambino. Colpa di Oda che lo aveva sempre viziato. Aprì un cassetto della propria scrivania prendendo l’istantanea che avevano scattato in quella sera al Lupin. La sua copia. Se la rigirò fra le mani per poi porgerla a Dazai.

«Era stata una buona idea quella di scattare delle fotografie. Abbiamo immortalato quel qualcosa che condividevamo» il ragazzo annuì.

«Avevo come il presentimento che non sarebbe durata. A volte odio avere sempre ragione» Ango scosse il capo;

«Nessuno avrebbe potuto prevedere cosa sarebbe successo» Dazai scattò in piedi;

«Io si avrei potuto. Non ho saputo guardare oltre le bugie di Mori, sono caduto nella sua trappola. È colpa mia se Odasaku è morto»

Allora era questo. Dazai si stava incolpando per quanto successo a Oda. No, doveva esserci dell’altro, non poteva essere così semplice.

«Cosa è successo nell’ultimo mondo?» Dazai attese qualche istante prima di parlare e tornare a sedersi sulla propria poltrona.

«L’ho ucciso»

«Prego?» Ango fu certo di aver capito male;

«Ero il Boss della Port Mafia. Ho dato io l’ordine. Questa volta Odasaku è morto per causa mia» l’impiegato stentava a crederlo;

«Sono un mostro. L’oscurità dentro di me non sparirà mai. Odasaku mi ha chiesto di diventare un essere umano migliore, ma io non ci riesco. L’ho deluso»

«Dazai-kun»

«Sai perché ho lasciato la Port Mafia? Per esaudire il suo ultimo desiderio. Mi ha chiesto di diventare una persona buona, qualcuno che salva gli orfani e non uccide. Mi disse che il vuoto che sentivo non sarebbe mai scomparso ma sarei comunque migliorato un pochino. Era certo di questo perché era mio amico» Ango rimase in silenzio per poi aggiungere;

«Se vuoi fermarti Dazai ti capisco. Deve essere terribile continuare a rivivere la morte di Odasaku» lo sguardo che ricevette in risposta fu abbastanza eloquente;

«Non posso. Io devo salvarlo. Sono il solo che possa farlo»

E se Oda non dovesse essere salvato?

Ango avrebbe tanto voluto rispondere in quel modo ma non ce la fece. Dazai stava già soffrendo abbastanza, non avrebbe avuto senso.

«Cosa provavi per lui?» Era una domanda che aveva rimandato fin troppo. Una parte dell’impiegato era certa di conoscere già risposta, eppure in quel momento desiderava ricevere una conferma anche da Dazai;

«Era mio amico» Ango sorrise. Lui c’era sempre stato. Aveva visto quegli sguardi, i comportamenti che assumevano l’uno dei confronti dell’altro. Oda era l’unico in grado di calmare Dazai ma anche il giovane dirigente aveva un particolare ascendente sul rosso. Potevano definirsi amici ma Ango sapeva che era una parola che non avrebbe mai potuto descrivere quel tipo di legame. Chiamarlo amore forse era eccessivo. Soprattutto accostare quella parola a Dazai, eppure non gli veniva in mente altro.

«Oda-kun non vorrebbe vederti in questo stato» fu la sola cosa che riuscì a dire.

«Lo so. Ogni tanto sento la sua voce nella mia testa, è come se fosse diventato la mia coscienza» Ango abbozzò un sorriso, era capitato anche a lui.

«Dazai-kun. Hai pensato seriamente a cosa fare del tuo futuro?» il ragazzo scosse la testa confuso;

«Hai lasciato la Port Mafia. Sei un traditore» gli fece notare.

«Se volessero uccidermi mi farebbero solo un favore. Mori lo sa per questo non manderà nessuno. Sa come vivere per me sia una condanna peggiore della morte» sorrise facendo una piccola pausa e abbassando il capo;

«Per il momento voglio solo salvare Odasaku. Perché non hai fiducia che il mio piano possa funzionare? Mi nascondi forse qualcosa Ango?»

«Mettiamo il caso che tu riesca nel tuo intento. Tu e Oda cosa fareste?» anche se pure di quella domanda l’impiegato conosceva già la risposta;

«Non tornerei indietro» e per la prima volta da quando quella conversazione era iniziata si guardarono negli occhi. Ango prese l’ennesimo respiro, togliendosi gli occhiali per poi massaggiarsi le tempie;

«Lo so. Era un’eventualità che fin dall’inizio avevo preso in considerazione. In fondo se trovassi un mondo in cui vivere felice con Oda perché dovresti tornare?»

«Se lo sapevi allora perché me l’hai chiesto?» indagò,

«Perché dovresti avere comunque un piano B»

«Salverò Odasaku. Troverò il modo. Sai che posso farcela. Non ho bisogno di un piano di riserva»

«Già sei l’unico che potrebbe, sei sempre stato il più intelligente e pericoloso fra noi. Per questo dovresti sapere anche meglio del sottoscritto che bisogna sempre avere un piano B» Dazai incrociò le braccia al petto, come un bambino capriccioso;

«Mi stai offrendo un posto nella Divisione? Vuoi forse che lavori per il Governo?» Ango aveva preso in considerazione anche quella possibilità. In fondo l’Abilità di Dazai avrebbe potuto essere utile e sarebbe stato un buon modo per riabilitare il suo nome. Una sorta di amnistia per i propri crimini. L’ex dirigente però scoppiò a ridere di gusto rischiando di cadere dalla poltrona;

«Devo rifiutare. Non mi sono mai piaciuti i posti con troppe regole mi sentirei soffocare. Per non parlare delle scartoffie»

«Ero serio Dazai»

«Anche io. Non puoi chiedere a uno come me di entrare nella divisione del Governo. Inoltre penso che questa sia stata una tua iniziativa, sarei curioso di sapere cosa ne penserebbero i tuoi superiori al riguardo. Non credo che mi accoglierebbero a braccia aperte»

«Porterei la tua candidatura direttamente all’attenzione del direttore Taneda, sono certo che non potrà rifiutarsi»

«Ango, forse non sono stato abbastanza chiaro. Sono io che mi rifiuto»

«Mi sto solo preparando in caso di tuo fallimento. Se, come sostieni, riuscirai a salvare Oda-kun quest’eventualità non dovrebbe preoccuparti. Posso organizzarti con incontro con Taneda quando vuoi. A dispetto di quanto tu creda è un brav’uomo»

«È lo stesso che ha consegnato a Mori-san la licenza per l’utilizzo delle Abilità Speciali»

«Sai meglio di me che il Governo non ha colpe, le azioni di Gide sono state quelle di un folle»

«Vallo a dire a quei bambini o a Odasaku» Ango strinse i pugni. La morte di quei cinque orfani era stata un duro colpo, anche il suo superiore ne era rimasto affranto. Stavano combattendo una guerra, per un bene superiore non bisognava fermarsi ai sacrifici del singolo. Erano parole che sulla carta funzionavano benissimo ma la realtà dei fatti era ben diversa.

Ango non aveva mai visto quei bambini. Ma aveva imparato a conoscerli attraverso le parole di Dazai e Odasaku. Aveva pure aiutato il rosso ad incartare i loro regali il Natale precedente. Non aveva minimamente riflettuto su questo. Si era concentrato sulla perdita di Oda dimenticandosi delle altre vittime del caso Mimic.

«Hai ragione. Perdonami»

«Sai che non posso farlo» era serio Dazai, aveva assunto lo stesso tono che utilizzava quando impartiva un ordine. Anche se in fondo Ango se l’era aspettato, sentirsi dire quelle parole ad alta voce faceva male.

«Un giorno verrò ancora a domandare il tuo perdono e spero che potrai concedermelo»

«Non è stato il tradimento in sé Ango. Non ce l’ho con te per questo, te l’ho detto, l’ho sempre saputo e mi sono pure divertito a reggere il tuo gioco. Volevo vedere fin dove ti saresti spinto. Non posso perdonarti per la morte di Odasaku. Era anche tuo amico»

«Mi sono recato sulla sua tomba» Dazai lo fissò sorpreso; ma prima che potesse dire qualsiasi cosa l’impiegato riprese;

«È stato il giorno in cui sei tornato dal primo mondo. Mi ero ripromesso di andare da lui dopo aver ottenuto il tuo perdono ma non ce l’ho fatta. Avevo bisogno di chiedergli scusa. Di dirgli cosa stavamo facendo»

«I morti non possono risponderci» Ango non si lasciò scoraggiare

«Dovresti andare da lui»

«E parlare con una tomba?»

«Prendilo come il consiglio di un amico, puoi seguirlo o meno. Ho lasciato a Murray il giorno libero, se vorrai potrai partire per una nuova realtà dovrai aspettare domani. Oggi prenditi un po’ di tempo per te. Fatti una doccia datti una sistemata, hai un aspetto orrendo» Dazai sorrise, piegando leggermente la bocca facendo più una smorfia;

«Ora parli esattamente come Chuuya» e Ango non si lasciò sfuggire l’occasione. C’era un altro discorso che avrebbe voluto intavolare con l’ex dirigente e che aveva rimandato il più possibile. Proprio sul vessillo di Arahabaki.

«Hai abbandonato la Port Mafia, te ne sei andato in punta di piedi. Non hai detto una parola, non hai lasciato un messaggio. Che mi dici di Nakahara-san?» Dazai cercò di dissimulare il fastidio che quella domanda gli aveva provocato.

Le parole del Chuuya dell’ultima realtà erano ancora troppo vivide e gli tornarono alla mente. Sapeva che la colpa era solo sua, era stato lui a nominare il proprio ex partner e Ango ne aveva approfittato.

«Quella Lumaca non ha niente a che fare con questa storia. Non so nemmeno dove sia»

Ango aprì l’ennesimo cassetto della scrivania ed estrasse una pila di documenti; si mise a leggere, dopo essersi schiarito la voce;

«Soggetto numero A5158. Una settimana fa è rientrato da...»

«Aspetta» lo interruppe Dazai «Cosa hai appena detto, una settimana? Che giorno è?»

Ango sbloccò lo schermo del proprio cellulare per mostraglierlo.

«Sono passati undici giorni dalla morte di Oda-kun»

Dazai aprì e richiuse le labbra. Undici giorni. Solo undici giorni.

«Va tutto bene?» il moro annuì col capo;

«Mi stavi parlando di Chuuya. Avrà trovato il mio regalo d’addio» abbozzò ad un sorriso,

«Non scherzare. Sai meglio di me quanto Nakahara-san possa diventare un soggetto pericoloso»

«È un cane fedele. Non farà nulla senza avere prima l’approvazione di Mori-san e la sola cosa di cui al momento ho l’assoluta certezza è che il Boss non mi vuole morto» l’impiegato gli rivolse un’occhiata perplessa;

«Avrebbe potuto uccidermi quel pomeriggio. Nel suo ufficio» iniziò a spiegare. «Invece mi ha lasciato andare. Così ho potuto assistere agli ultimi istanti di Odasaku. Forse anche quello faceva parte di una qualche strategia. Non voglio saperlo. Non mi interessa. Nell’ultima realtà che ho visitato credevo di averlo ucciso. Insomma sedevo sul trono della Port Mafia. Invece era stato tutto parte di un piano. In quel mondo ero finito con il diventare come Mori. Non voglio che succeda, non lo permetterò mai»

«Quando hai detto che hai ucciso Oda, cosa intendi?» non era riuscito a frenare la propria curiosità,

«Ho ricevuto una telefonata e dato un ordine. Non potevo sapere che fosse una condanna a morte. Se non si fosse trattato di Odasaku avrei ucciso comunque un’altra persona. Chi è marcio non può cambiare, forse io non posso cambiare. D’altra parte ho sempre pensato che la rettitudine mi odiasse»

«Non potevi saperlo. Non era il tuo mondo.»

«Questa volta l’ordine è partito da me. Non ho fisicamente premuto il grilletto ma sono stato lo stesso responsabile della sua morte. Il destino ha uno strano senso dell’ironia. Ho pensato di rinunciare ma non posso ancora farlo Ango. Devo salvarlo. Solo quando avrò la certezza di aver fatto tutto il possibile potrò gettare la spugna. Ma non chiedermelo ora, non dopo quello che ho appena fatto.» Ango annuì riconoscendo la propria sconfitta,

«Il Chuuya di quel mondo ha detto che Odasaku mi amava» l’impiegato rimase in silenzio;

«Mori era solito ripetere che in me rivedeva se stesso. Sono davvero così Ango?»

«Sei Osamu Dazai. E questo Oda lo sapeva. Ha sempre saputo chi sei, cosa sei. Ha visto tutta la tua oscurità e l’ha accettata» Dazai annuì fissando ancora la fotografia che non aveva mai smesso di rigirarsi tra le mani. Si fermò sul volto serio di Oda, accarezzandolo.

«Va da lui» Era il consiglio migliore che l’impiegato potesse offrirgli. Ci sarebbe voluto del tempo per ottenere il perdono del moro ma non si sarebbe arreso. Anche lui aveva fatto una promessa a Oda, avrebbe vegliato sul loro comune amico, a qualunque costo.


 

***
 

 

Dazai giunse in quel cimitero scortato da una delle auto che Ango aveva messo a sua disposizione. Aveva avuto il tempo di farsi una doccia prima di decidersi ad andare. Il sole stava tramontando e in lontananza si poteva vedere l’oceano. L’ex dirigente prese un profondo respiro inalando l’aria salmastra. Quel luogo trasmetteva uno strano senso di quiete, pensò che a Odasaku sarebbe piaciuto. La lapide dell’amico non fu difficile da trovare, era una delle più recenti e il terreno ai suoi piedi era ancora smosso.

«Scusa il ritardo Odasaku» Fu tutto ciò che disse appoggiando la propria schiena contro la lapide. Sentiva improvvisamente il bisogno di azzerare qualsiasi distanza ci fosse tra di loro.

«Non ho intenzione di arrendermi. So che tu saresti contrario a tutto questo, mi diresti di lasciar perdere, di accettarlo ma non posso. Te ne sei andato troppo presto. Ero io quello che sarebbe dovuto morire. Come hai potuto andartene prima di me? Ti odio davvero tanto»

Accarezzò la fredda pietra.

«Se tu non mi avessi detto nulla, quel giorno avrei preso una delle tue pistole e ti avrei seguito. Ma l’hai fatto anche per quello vero? Perché sapevi che eri tu la ragione che mi teneva ancorato alla vita. Così ora devo diventare un uomo migliore. Dannazione Odasaku.»

Diede un leggero pugno contro la lapide. «Hai sempre cercato di proteggermi. Ma io non sono uno dei tuoi orfani. Non lo sono mai stato. Non avevo bisogno della salvezza, mi bastava camminare al tuo fianco. Sei stato un vero idiota Odasaku»

Solo allora notò i fiori ormai appassiti che doveva aver lasciato Ango. Si asciugò il volto con la manica del cappotto. Non si era accorto di essere scoppiato a piangere.

«Ango sta provando ad aiutarmi. Un giorno lo perdonerò ma ora è ancora troppo presto. Mi mancano le nostre serate, i nostri discorsi. Ora devo andare, se il mio piano funzionerà troverò una realtà in cui possiamo vivere felici, in caso contrario tornerò a trovarti»

 

 

***

 

 

«Dazai-kun sei sicuro di ciò che stai facendo?» domandò Ango sistemandosi gli occhiali;

«Se me lo domandi ancora potrei non rispondere delle mie azioni. Murray-san io sono pronto» e detto questo si mise ad urlare e gesticolare per attirare l’attenzione dell’altro impiegato governativo presente nella stanza.

«Dazai» ritentò cercando di mantenere la calma e il sangue freddo che da sempre lo contraddistinguevano;

«Se tutto va bene questi potrebbero essere i nostri ultimi momenti insieme potresti trattarmi meglio»

«Scusa, allora ti auguro buon viaggio» rispose dandogli una leggera pacca sulla spalla;

«Ora non sei sincero»

«Ho sempre avuto fiducia nelle tue capacità e lo sai» ma nemmeno tu puoi vincere questa battaglia contro il destino.

Sakaguchi Ango era stato messo in guardia dal proprio superiore. Nonostante l’Abilità di Murray sarebbe stato impossibile per Dazai salvare Oda Sakunosuke. L’ex dirigente era destinato a perderlo in ogni realtà. Ango aveva accettato quel compromesso, con la speranza, una volta concluso il tutto, di accogliere l’ex amico tra le proprie fila. Sapeva di aver giocato sporco e in un certo senso tradito nuovamente la sua fiducia.

Dazai doveva rassegnarsi alla perdita di Oda. Se non fosse intervenuto sarebbe stato capace di togliersi la vita. Ango lo sapeva, chiunque avesse avuto modo di conoscere il Demone Oscuro sarebbe arrivato alla sua stessa conclusione.

Lanciò un’ultima occhiata al moro intento a gesticolare a un terrorizzato Murray.

Quella sarebbe stata l’ultima volta si ripromise, in un modo o nell’altro Dazai avrebbe finito con il rinunciare. Avrebbe accettato il posto offerto da Taneda o comunque sarebbe riuscito a trovare un accordo soddisfacente per tutti.

Ango si sentì profondamente in colpa. Dazai si era affidato a lui non sapendo che avrebbe ricevuto l’ennesimo pugnale alla schiena. Poteva ripetersi quanto voleva che lo stava facendo per il bene del moro ma in realtà era solo l’egoismo a muovere i suoi passi.

Vedere Dazai sorridere in quel modo non fece altro che ricordargli chi in realtà fosse il proprio amico. Ango si era lasciato abbindolare dal suo dolore, che era certo fosse reale, nemmeno Dazai avrebbe potuto fingere così bene. Quel demone però possedeva molte facce, se il solo modo per proteggerlo sarebbe stato quello di mentigli non si sarebbe certo tirato indietro. Ango aveva scoperto di avere un particolare talento, avendo fatto il triplo gioco tra pericolose Organizzazioni criminali, gestire Dazai non sarebbe stato meno complicato.

«Noi siamo pronti Ango-san» lo avvisò la voce di Murray strappandolo dai propri pensieri. Vide Dazai salutarlo con la mano, era chiaro che lo stesse solo prendendo in giro. Fece il possibile per ignorarlo;

«Procedete» un secondo dopo Dazai sparì dalla sua vista.

 

 

***


 

Ormai si era abituato alla sensazione che l’Abilità di Murray gli provocava. Eppure ogni salto in una nuova realtà aveva un qualche cosa di diverso dal precedente.

Quando riaprì gli occhi l’ex mafioso non si stupì di trovarsi in un posto sconosciuto. Anzi, aveva già dormito su un divano simile, ma al momento non riusciva a collegare nulla. Si sentiva stranamente stanco nonostante avesse goduto di una notte intera di riposo, che per lui equivaleva a poco più di cinque ore. Si stiracchiò come un gatto pronto ad affrontare qualsiasi imprevisto quando il suo stomaco prese a brontolare. Si era completamente dimenticato di fare colazione.

Adocchiò un frigorifero ed una macchina per il caffè. Si versò un tazza fumante ma fece solo in tempo a prenderne un sorso che la bevanda finì con l’andargli di traverso. Dazai aveva distrattamente notato il calendario attaccato al mobile della piccola cucina.

Doveva esserci un errore.

Recuperò dalla tasca dei propri pantaloni il cellulare, almeno quello non era cambiato, era lo stesso modello che ricordava. Lesse la data sullo schermo.

Ora non aveva alcun dubbio.

Si trovava quattro anni nel futuro.

Cosa voleva dire? Ma soprattutto Odasaku sarebbe stato ancora vivo da lì a quattro anni?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note autrice: non sono morta, sono solo lentissima ad aggiornare. Mi scuso per i miei tempi biblici, con l’estate cercherò di postare con più frequenza (ho altri due capitoli pronti da rivedere e non manca molto alla fine della storia). Devo imparare a non lasciarmi distrarre da cose varie ed eventuali. Ringrazio chi continua a leggere/seguire/recensire mi date la forza di andare avanti <3

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Capitolo 14
*** Future World ***



 

 

Si trovava nel futuro. Dazai stentava a crederlo. Superato lo stupore iniziale che la scoperta gli aveva provocato l’ex mafioso cercò come sempre di fare il punto della situazione. Alla base di ogni strategia vi stava la conoscenza del terreno di gioco, più informazioni si avevano a propria disposizione e più le percentuali di successo aumentavano. Storse impercettibilmente il naso al ricordo dell’ennesima lezione impartitagli da Mori e di come le parole del Boss risuonassero ancora nella sua testa. Doveva solo abituare la propria mente, ormai non era più un dirigente della Port Mafia, anche se non poteva evitare certi ragionamenti.

Prese un lungo respiro.

Quattro anni erano un lasso di tempo considerevole e l’Abilità di Murray si era rivelata sempre piuttosto precisa. Poteva significare solo una cosa, in quella realtà Odasaku era in qualche modo sopravvissuto e il suo compito sarebbe stato scoprirne il motivo.

Finì di bere il proprio caffè in silenzio continuando a fissare la data e l’ora indicate sul cellulare, scorrendo distrattamente anche la rubrica dei contatti.

C’erano molte, troppe domande alle quali non vedeva l’ora di dare una risposta. Primo fra tutti il motivo di quel salto temporale. Non si trattava di poche settimane ma di anni interi e questo particolare non aveva fatto altro che accendere un campanello d’allarme nella mente del ex mafioso.

Forse in quella realtà non vi sarebbe stato nulla a minacciare Odasaku. Magari il suo viaggio era finalmente giunto al capolinea. L’esperienza gli suggeriva come fosse inutile lasciarsi andare in ipotesi o fantasie ma non poteva evitarlo.

Era ancora perso nei propri ragionamenti quando una porta della stanza si aprì di scatto e un individuo biondo fece la propria comparsa sulla scena. Dazai lo riconobbe immediatamente, lo aveva già incontrato prima. Era successo in una delle realtà di Murray. Lo spilungone biondo era il braccio destro di Yukichi Fukuzava, l’uomo che aveva trovato a capo della Port Mafia nel secondo mondo che aveva visitato. Ovviamente Dazai non rammentava il suo nome, ma quello era un dettaglio di scarsa importanza. L’uomo, che indossava un paio di occhiali e aveva un’aria saccente, non gli diede quasi il tempo di parlare che subito iniziò ad incalzarlo e riempirlo di domande, sbattendo entrambi i palmi delle mani sul tavolo della cucina.

«Dazai ti ho cercato per tutta la mattina si può sapere dove eri finito?» il moro si limitò ad un’alzata di spalle;

«Mi sono addormentato su quel divano» ammise sperando che fosse una spiegazione abbastanza esaustiva, nel mentre si stiracchiò i i muscoli intorpiditi accompagnando il tutto da un sonoro sbadiglio.

«L’Agenzia è praticamente in uno stato d’emergenza come puoi dormire?» l’ex mafioso voltò la testa regalandogli un sorriso di scherno, uno di quelli che era solito riservare anche a Chuuya quando voleva divertirsi a farlo arrabbiare.

«Non ne ho la più pallida idea. Evidentemente ero troppo stanco e quel divano sa essere parecchio comodo» concluse con voce infantile.

«Atsushi-kun è stato rapito dalla Port Mafia e tu sei qui a farti pisolini e bere caffè? Credevo potesse esserci un limite a tutto» detto questo il biondo si tolse gli occhiali per potersi massaggiare meglio le tempie. Quel gesto gli ricordò Ango e le sue crisi di nervi.

Fu allora che Dazai decise finalmente poggiare la propria tazza su di uno dei ripiani presenti in quella piccola cucina. Non conosceva nessun Atsushi, ma non poteva dire lo stesso del proprio alter ego di quella realtà. In quattro anni chissà quante cose dovevano essere cambiate.

In primo luogo, sembrava che anche in quel mondo lui avesse abbandonato la Port Mafia, ma a quale scopo? In fondo se Odasaku era vivo che motivo avrebbe avuto per andarsene? Cosa poteva avere spinto l’Osamu Dazai di quella realtà a prendere una simile decisione?

Non avrebbe mai lasciato Oda. Non intenzionalmente.

Era stato lui a presentarlo a Mori, a condurlo alla Port Mafia.

Non aveva alcun senso.

Lo sguardo accusatore del biondo però lo costrinse a mettere momentaneamente in pausa ogni altro pensiero o ragionamento.

«Ehm ecco» iniziò ricordandosi in quel istante di non rammentare affatto il nome dell’uomo a pochi metri da lui.

«Si può sapere che diavolo ti prende oggi?» Dazai non poté fare a meno di notare una scintilla di preoccupazione attraversare quello sguardo severo. Quel Atsushi doveva essere un loro collega, questo almeno avrebbe potuto spiegare il perché di tutta quella apprensione manifestata nei suoi confronti.

La situazione però rimaneva fin troppo ambigua, perché mai la Port Mafia avrebbe dovuto rapire qualcuno? Quel quattrocchi biondo non sembrava appartenere a nessuna Organizzazione nemica, tanto meno corrispondeva ai classici individui con i quali Dazai era abituato a trattare.

Sembrava un semplice impiegato. La Mafia non era solita a rapire la gente, o almeno non senza trarne un qualche profitto. In quel momento però l’ex dirigente non aveva tempo o voglia di interrogarsi troppo sulla questione, come sempre la sua priorità era di trovare Odasaku. Anche se questo scenario futuro lo aveva sorpreso non si sarebbe lasciato scoraggiare, avrebbe fatto di tutto per salvare il proprio amico.

Dazai si sentiva come se il tempo e le occasioni messe a sua disposizione stessero per terminare.

Ango lo aveva esortato a pensare a un piano B, la realtà era che lui non voleva farlo.

Non si sentiva ancora pronto ad abbandonare la speranza di riavere Odasaku nella propria vita. Accettare una seconda opzione avrebbe comportato una sua resa.

Dopo essersi recato sulla tomba dell’amico, Dazai aveva realizzato per la prima volta quanto la sua morte fosse reale.

Era un pensiero assurdo. Oda aveva esalato il proprio ultimo respiro tra le sue braccia, eppure era come se una parte di Dazai si fosse sempre rifiutata di accettarlo.

Aveva preferito chiudere gli occhi e fuggire da quella realtà così dolorosa. Intraprendendo un cammino che non sapeva dove lo avrebbe condotto.

Era più facile credere in un’utopia, cullarsi nell’illusione che avrebbe salvato l’amico grazie all’Abilità di Murray.

Dazai era convinto di poter trovare un mondo in cui Oda Sakunosuke potesse sopravvivere. Non avrebbe più visitato una fredda lapide, o affidato i propri pensieri al vento.

Non si sarebbe mai arreso, soprattutto ora che l’epilogo di quella storia non gli era mai sembrato tanto vicino o a portata di mano.

Si trovava nel futuro. Oda aveva vissuto altri quattro anni, forse in quel mondo nulla avrebbe potuto minacciare la sua felicità. Dazai sapeva di non potersi permettere di abbassare la guardia eppure non riusciva ad evitare di sentirsi in qualche modo più tranquillo. Come sempre la difficoltà maggiore sarebbe stata quella di trovare Odasaku, visto che non compariva tra i contatti del proprio telefono.

Rimise pigramente il cellulare in tasca. Dal lato opposto della cucina, lo spilungone biondo non aveva cessato di osservarlo, interrogandosi sullo strano comportamento assunto dal proprio collega.

Dazai, quella mattina aveva un qualcosa di diverso. Era più silenzioso e introverso del solito e con uno sguardo assente. Aveva studiato a lungo la sua espressione mentre giocherellava con il cellulare e non aveva potuto fare a meno di notare la delusione che per una frazione di secondo gli era comparsa in volto.

Kunikida rimase qualche secondo più del necessario a studiare quel profilo perfetto, perdendosi nella bellezza di quei lineamenti. Lo aveva pensato sin dal primo istante in cui le loro strade si erano incrociate, Dazai aveva un fascino particolare che lo aveva letteralmente ammaliato. Con il passare del tempo, aveva iniziato a conoscerlo meglio e piano piano quest’immagine che il detective si era creato nella propria mente era andata a scontrarsi con la dura realtà. Dazai era imprevedibile, oltre che pieno di contraddizioni. Aveva una mente brillante ma si comportava come un ragazzino.

Kunikida non riusciva mai a capire cosa gli passasse per la testa, ed era frustrante. Un secondo prima lo trovava lamentarsi per questo o quel motivo, mentre quello dopo eccolo risolvere un caso mostrando le proprie eccellenti abilità deduttive. Per non parlare di quando spariva per ore, inscenando sbadati tentativi di suicidio. Forse era questo ad affascinarlo maggiormente, come anche il fatto di non aver ancora scoperto nulla sul passato del proprio collega. Kunikida non riusciva a immaginarsi Dazai svolgere un lavoro normale, eppure anche in quel caso, una parte di lui gli suggeriva come la risposta fosse lì davanti ai propri occhi e lui era solo troppo cieco per vederla.

«Allora?» fu Dazai questa volta a riportarlo alla realtà.

Kunikida si accorse di essere stato colto in fallo. Tornò a sistemarsi i propri occhiali sul naso cercando di nascondere l’imbarazzo che provava in quel momento. Si era incantato ad osservarlo come uno studente alla prima cotta.

«Tra poco terremo una riunione in cui Ranpo ci illustrerà il piano con cui spera di recuperare il ragazzo tigre. Ero solo venuto per avvisarti»

Il demone della Port Mafia fu abile nel mascherare la propria sorpresa.

Ragazzo tigre.

La faccenda si faceva di minuto in minuto più interessante.

Nonostante questo Dazai sapeva che non doveva perdere di vista il proprio obiettivo.

Lo sguardo che il biondo gli rivolse lo portò a desistere da qualunque protesta.

Avrebbe presenziato a quell’incontro e poi si sarebbe dedicato alla ricerca di Odasaku. Sperare che i fatti fossero in qualche modo collegati sarebbe stato troppo bello per essere vero e per esperienza personale l’ex mafioso era pronto ad aspettarsi di tutto da quelle realtà.

 

***

 

Dazai capì presto di trovarsi all’Agenzia dei Detective Armati, ma contrariamente a quanto accaduto nel secondo mondo che aveva visitato, questa volta tra i presenti non vi era nessun viso conosciuto, o quasi. Fukuzawa come aveva previsto ricopriva la carica di Presidente e sedeva sul posto che lui aveva visto appartenere a Mori.

Aveva già incontrato anche quel Ranpo che il biondo occhialuto aveva nominato qualche istante prima. Era il moccioso che con una battuta gli aveva fatto notare come in un’altra vita avrebbero potuto finire con il diventare colleghi. Con il senno del poi si era rivelata essere una predizione corretta. Gli fece nascere il sospetto di essere stato in qualche modo scoperto ma decise di accantonarlo.

In fondo chi mai poteva essere così pazzo da viaggiare per le varie realtà tentando di salvare la persona amata?

Gli tornò alla mente la conversazione avuta con Verlaine.

Sicuramente l’ex Re degli Assassini sapeva qualcosa ma parlare con il biondo dirigente avrebbe inavvertitamente spostato la conversazione su Chuuya e questo Dazai desiderava evitarlo.

Ogni volta che pensava al proprio partner, la sua mente iniziava a giocargli brutti scherzi. Il ricordo ancora troppo vivido di quel Chuuya disperato per la morte di Odasaku non gli dava pace. Sapere che in un’altra realtà dei due erano amati era stato un duro colpo per Dazai.

Come lo era stato scoprire che era successo per causa sua.

In questa realtà Osamu Dazai sembrava aver cambiato la propria vita. Apparentemente stava dalla parte dei buoni, come Odasaku avrebbe voluto. Doveva solo capire perché fosse finito con il prendere una simile decisione. Cosa poteva aver spinto il proprio alter ego ad abbandonare la Port Mafia.

La riunione era iniziata da qualche minuto ma l’ex dirigente non stava ascoltando nessuna delle parole che in quel momento uscivano dalla bocca di Kunikida.

Dazai si era limitato a prendere tra le mani i vari documenti preparati da Ranpo, li aveva sfogliati distrattamente cercando come sempre di estrapolarvi quante più informazioni possibili. In una delle pagine iniziale compariva anche una foto del famoso Nakajima Atsushi correlata dalla sua scheda personale.

Proteggi gli orfani

Gli venne quasi da ridere. Il ragazzo tigre era davvero un orfano, e anche se avevano la stessa età, ai suoi occhi appariva come un bambino.

In qualche modo la mente di Dazai lo associò ad Akutagawa. Anche il temibile mastino della Port Mafia un tempo era stato un cucciolo sperduto al quale lui aveva dato una casa, un posto dove vivere. Uno scopo. Continuò nella lettura apprendendo finalmente anche quale fosse l’Abilità del giovane detective.

Interessante. Fu tutto ciò a cui riuscì a pensare. Atsushi sarebbe potuto essere un partner perfetto per Akutagawa, forse aveva finalmente trovato un fodero per quella spada.

Comprese come mai il proprio alter ego lo avesse salvato e condotto in Agenzia. Infatti su quella scheda era riportato il proprio nome come garante per quel moccioso.

Il Dazai di quel mondo sicuramente aveva avuto il suo stesso pensiero, ovvero coltivare il potere di Atsushi, svilupparlo, per creare una nuova coppia in grado di proteggere la città da qualsiasi minaccia, forse ancora più potente di quanto lo fosse stata la Soukoku.

Di nuovo non poté evitare di pensare a Chuuya e di come avessero guadagnato quel soprannome. Anche Odasaku aveva partecipato alle fasi finali del conflitto salvando dei bambini rimasti soli.

Orfani.

Gli stessi innocenti che avevano perso la vita per colpa di Gide e di Mori.

Non si accorse si aver serrato i pugni fino a quando Ranpo non glielo fece notare;

«C’è forse qualcosa che ti tuba?»

Dopo quelle parole, il Presidente aveva preso insistentemente a fissarlo come anche il resto dei presenti.

Dazai si limitò a sorridere, dopo aver poggiato sul tavolo i documenti che teneva ancora tra le mani. Stava fingendo come sempre ma in fondo ingannare il prossimo era uno dei suoi numerosi talenti.

«Nulla. Mi sono distratto un attimo, prego proseguite pure» avvertì i rimproveri di Kunikida o maledizioni, che dall’altro capo della stanza il il biondo impiegato gli stava lanciando con lo sguardo ma non gli importava. Non vedeva l’ora di terminare con quella farsa per proseguire nella ricerca di Odasaku.

Decise di impiegare il resto del tempo a sua disposizione per provare a fare un sunto della situazione.

Si trovava nel futuro, in quella realtà Oda avrebbe vissuto per altri quattro anni. Per qualche ragione lui aveva lasciato la Mafia e collaborava con quella strana Agenzia di Detective che ora incolpava l’Organizzazione di aver rapito quel moccioso tigre. C’erano ancora troppe zone d’ombra, dettagli di cui aveva bisogno per stilare con maggiore chiarezza il quadro generale.

Fece un breve passo indietro cercando di ricordare quanto avesse appreso dalla seconda realtà che aveva visitato. Forse poteva estrapolarvi qualche informazione utile.

Sicuramente nel suo mondo, come in quelli che aveva visitato c’era stato un momento in cui i giovani Fukuzawa e Mori erano stati posti di fronte ad una scelta. Quella di guidare due Organizzazioni di individui dotati di Abilità Speciali per vegliare e proteggere la città di Yokohama.

Nella seconda realtà che Dazai aveva visitato, Ougai Mori aveva scelto il crepuscolo, in questa come nel proprio mondo il Boss doveva aver abbracciato l’oscurità delle tenebre.

Il ricordo della realtà precedente non aveva ancora cessato di tormentarlo. Mori aveva finto la propria morte e Dazai ne era stato complice. Il discorso era sempre lo stesso, era veramente passato dalla parte dei “buoni” o anche in quel mondo stava tramando qualcosa?

Abbattere l’Agenzia dall’interno non avrebbe portato nessun beneficio alla Port Mafia ma non poteva averne la certezza.

«Oggi sei più distratto del solito Dazai» Gli fece notare Ranpo, aprendo l’ennesimo pacchetto di patatine da sotto il suo naso.

«Sono solo preoccupato per Atsushi-kun» il detective alzò un sopracciglio;

«Bugiardo. Sappiamo entrambi che hai già in mente un piano per recuperare il nostro kohai. Ne abbiamo parlato giusto ieri» Dazai non poté fare altro che annuire;

«Non è stato facile convincere il Presidente ma forse lo scoglio più duro è stato ricevere anche l’approvazione di Kunikida» proseguì il detective.

«Intendo lasciarmi catturare in modo da indagare dall’interno vero?» era l’unica soluzione sensata che gli era venuta alla mente e probabilmente anche il suo alter ego era giunto al medesimo risultato. Ranpo annuì.

«Il Presidente mi ha informato ecco, sui tuoi trascorsi nella Mafia» Dazai si fece improvvisamente più attento;

«E cosa ti avrebbe detto?»

«Fino a quattro anni fa eri uno dei cinque dirigenti. Braccio destro del Boss Mori Ougai, però in seguito ad un certo incidente hai deciso di tagliare i ponti con quel mondo. So solo questo, oltre al fatto che il direttore Taneda del Governo ti ha fatto da garante e sei stato assunto per sua richiesta» Dazai restò qualche secondo confuso;

«Che incidente?» Odasaku non poteva essere morto, Murray non avrebbe mai commesso un simile errore. Se fosse stato così sarebbe subito ritornato nella propria realtà senza sprecare altro tempo;

«Non conosco i dettagli ma penso c’entri con la morte di un tuo collega» Dazai sbiancò.

No. Non era possibile. Odasaku non poteva essere morto anche in quel mondo. Non aveva il minimo senso.

«Dazai tutto bene?»

No. Non stava bene aveva bisogno di risposte.

Fece per darsi un tono ma finì con il far cadere per terra le varie carte e penne che aveva davanti a sé. Era sconvolto da quella notizia tanto da essersi momentaneamente dimenticato di dove si trovasse e cosa stesse facendo.

«Non può essere morto» mormorò in un sussurro.

Ranpo non perse tempo, lo prese sottobraccio e con una scusa lasciarono entrambi la riunione.

Fece accomodare Dazai su uno dei divani del soggiorno, uno di quelli che il Presidente era solito utilizzare quando riceveva qualche ospite importante.

Il moro si stese cercando di prendere fiato. Si sentiva uno straccio ma quella notizia lo aveva completamente destabilizzato. Questo perché era impossibile che Oda Sakunosuke fosse morto in quel mondo. Era l’unica cosa su cui poteva avere una qualche certezza.

Ranpo si limitò ad osservare il giovane uomo davanti a lui. Rimase in quella posizione per una decina di minuti, il tempo necessario per finire il pacchetto di patatine che teneva ancora tra le mani e che non aveva abbandonato; prima di decidersi a porre la fatidica domanda;

«Allora, tu chi sei?»

Dazai preferì rimanere in silenzio per qualche minuto cercando di calmare i propri nervi già tesi e vicini al punto di rottura. Negando avrebbe forse risolto qualcosa? Ricordava come quel piccolo detective fosse geniale, forse anche più intelligente di lui. Sapeva che probabilmente era già stato smascherato, quindi tanto valeva svuotare il sacco. Forse in quel modo avrebbe quanto meno guadagnato la sua fiducia. Avere un alleato avrebbe potuto fargli comodo.

«Se te lo dicessi non mi crederesti mai» ammise scostandosi dei ciuffi di frangia ribelle dal volto.

«Prova a fare un tentativo» l’ex più giovane dirigente nella storia della Port Mafia provò a sorridere mentre cercava di mettersi a sedere o comunque di trovare una posizione più consona al discorso che stava per intavolare;

«Sono Osamu Dazai» Ranpo non si mosse;

«Solo che non sono il Dazai di questo mondo» il detective si trovò ad annuire.

«Ti ho osservato attentamente. Sin dal primo momento in cui sei entrato in quella stanza avevo intuito come tu non fossi il Dazai che conoscevo. Non mi serviva certo la mia super deduzione per appurarlo»

«Credevo di essere un buon attore, di aver recitato bene la mia parte» il detective annuì

«Lo sei stato. Hai ingannato tutti ma non il sottoscritto»

«Inizio a perdere il mio tocco» Ranpo alzò un sopracciglio aprendo entrambi gli occhi, solo per poterlo osservare meglio.

«Non è solo questo vero? La reazione di poco fa. Voglio sapere cosa l’ha causata. Non ho mai visto Dazai in quello stato e sono certo che neppure tu sia abituato a tutto questo» il moro si trovò nuovamente ad annuire.

«Hai detto che non sei il Dazai di questo mondo. Cosa significa di preciso?»

«Ho utilizzato un’Abilità per venire in questa realtà. Ho perso un amico e sto semplicemente cercando di salvarlo»

«Perché stai continuando a mentire?» l’ex dirigente sorrise;

«Come puoi dirlo? Cioè cosa ti fa credere che siano tutte bugie?»

«C’è qualcosa nel tuo sguardo. Un qualcosa che stai tentando di nascondere ma lotta per venire in superficie»

«È morto tra le mie braccia. Il mio amico intendo. Non ho potuto fare nulla per salvarlo. Non ho capito cosa stava accadendo intorno a me, il piano che il Boss aveva architettato alle nostre spalle. Sono stato uno sciocco e Odasaku ha pagato con la propria vita»

«Chi?» quel nome sembrava aver catturato improvvisamente tutta l’attenzione del detective;

«Il mio amico. Si chiamava Oda Sakunosuke ma l’ho sempre chiamato Odasaku. Non è forse morto anche in questo mondo?» fu il turno di Ranpo di sgranare gli occhi. Si zittì di colpo prima di recuperare un altro snack e divorarlo in pochi minuti.

«Credi che sia per lui che hai lasciato la Port Mafia? No Oda Sakunosuke è vivo e attualmente è uno dei dirigenti. Non ci siamo ancora scontrati apertamente con lui ma io e il Presidente ricordiamo di averlo già incontrato in passato. È pericoloso e non va sottovalutato»

«Odasaku un dirigente?»

Qualcosa non tornava. Se il rosso era vivo come mai lui non si trovava al suo fianco. Cosa poteva essere successo? Come sempre ogni realtà portava con sé più dubbi che certezze.

«Non avrei immaginato foste amici ma d’altronde tu non hai mai parlato molto del tuo passato»

«Hai detto di averlo già incontrato»

«Oh si diverso tempo fa. Durante il primo caso che io e il Presidente abbiamo risolto insieme. Oda-kun era un ragazzino, ora che ci penso dovremmo avere più o meno la stessa età» Dazai annuì. In quel mondo Odasaku avrebbe avuto ventisette anni. Chissà se era cambiato. Ranpo però proseguì con il proprio discorso;

«Era uno spietato assassino»

«Se la memoria non mi inganna faceva il sicario» Dazai al momento non ricordava. Aveva letto un’informazione simile ma non riusciva a rammentarsi dove. La sua mente faticava a stare al passo con le varie realtà che aveva visitato, soprattutto perché i suoi sentimenti per l’amico lo distraevano impedendogli di pensare con la solita lucidità.

«È stato in grado di uccidere un uomo con le mani legate. Persino il Presidente lo aveva definito notevole, un vero mostro»

Sembrava una descrizione assurda. Quello non era l’Oda Sakunosuke che Dazai aveva incontrato. Ma forse le parole di Ranpo valevano per il passato. Magari anche in quella realtà Odasaku aveva scelto di non uccidere, il fatto che fosse un dirigente non cambiava le cose. O forse si stava semplicemente illudendo.

«Sai come ha fatto un mostro simile ad entrare nella Mafia?» domandò anche se una parte di lui temeva di conoscere già la risposta;

«Non ne ho idea ma penso che tu invece ne conosca la ragione» Dazai si prese il volto fra le mani;

«Non so bene come funzioni questa storia dei mondi o dell’Abilità che mi ha permesso di essere qui. Però posso dirti cosa è accaduto nella mia realtà. La mia storia. Ero ferito e Odasaku mi ha soccorso. Mi sono ritrovato sul portico di casa sua. Non ricordo nemmeno come ci sia finito o se semplicemente qualcuno mi abbia abbandonato lì. Quell’uomo si è preso cura di me. Ha medicato ogni ferita e sopportato ogni mio tentativo di fuga. Ha assecondato ogni capriccio e ascoltato ogni mio discorso. Mi ha battuto a carte e ad oggi penso sia l’unico ad essere riuscito in una tale impresa. Forse è stato in quei giorni che ho capito quanto fosse diverso da chiunque avessi mai incontrato.»

«È stato lì che hai capito di amarlo?» Dazai scosse la testa;

«Non so se sia veramente amore il sentimento che mi lega a lui. So solo che è sempre stato forte. Potente al punto da spingermi a lasciare la Mafia»

«Devi raccontarmi cosa altro è successo Dazai»

«Dopo il nostro primo incontro sono stato io a presentarlo a Mori. Sono stato io a portare Odasaku nella Port Mafia, quindi presumo sia accaduto lo stesso anche in questo mondo. C’è però un fatto che non ti ho ancora raccontato. Odasaku è sempre stato un mafioso atipico e unico nel suo genere»

«Che vuoi dire?»

«Sai qual è stata la caratteristica più curiosa di Odasaku? Il fatto che non uccideva. Aveva questo problematico credo che fino alla fine non sono mai riuscito a capire. Aveva scelto di non uccidere e sai il perché? Il sogno di Odasaku era quello di diventare uno scrittore. Mi disse che chi scrive sulla vita non può togliere una vita, altrimenti perderebbe ogni diritto di farlo. Il suo più grande desiderio era quello di ritirarsi, vivere in un luogo vicino al mare dove poter scrivere osservando l’oceano. Invece è morto»

«La persona che mi stai descrivendo sembra quasi l’antitesi dell’uomo che conosco io»

«Eppure questo è l’Odasaku che ho perso» Ranpo non disse nulla. Dazai stava dicendo la verità e non aveva bisogno della sua ultra deduzione per capirlo.

Aveva davanti agli occhi un uomo distrutto che non era ancora riuscito ad elaborare il lutto di una persona cara. Questo Dazai sembrava essere l’ombra di se stesso, dell’uomo che aveva conosciuto e perché no, anche rispettato. Ranpo però era curioso, aveva bisogno di apprendere tutti i dettagli di quella vicenda, solo così avrebbe potuto aiutarlo o decidere se farlo o meno.

«Hai voglia di raccontarmi di come è morto?» lo sguardo che Dazai gli rivolse rispecchiava completamente lo stato d’animo in cui versava l’ex mafioso. Ranpo per la prima volta vide da vicino l’oscurità nascosta dentro quelle iridi. Dazai non aveva mai mostrato questo lato di sé, al detective sembrò di trovarsi improvvisamente difronte ad un completo estraneo.

«Era un piano di Mori-san. Aveva elaborato una strategia per ottenere una licenza all’uso di Abilità Speciali. Odasaku era solo la pedina sacrificale. Per riuscire in questa impresa ha permesso ad un’Organizzazione nemica di entrare clandestinamente in Giappone. Il loro leader possedeva la stessa Abilità di Odasaku. Si sono uccisi a vicenda e non ho potuto impedirlo»

«Poco fa hai detto che Oda non uccideva» gli fece notare il detective;

«Odasaku era una brava persona. L’uomo migliore che abbia mai avuto la fortuna di incontrare. Aveva adottato cinque bambini, rimasti orfani durante le guerre della Port Mafia. Il Boss ha ucciso quegli innocenti. È stata la loro morte a spingere Odasaku ad agire» Ranpo era senza parole.

«Ho tentato di fermarlo ma non ci sono riuscito quindi mi sono recato nell’ufficio di Mori, così ho scoperto la verità sul suo piano. Quel bastardo mi ha trattenuto il tempo necessario, quando sono riuscito a lasciare l’edificio e raggiungere Odasaku era troppo tardi. È morto tra le mie braccia strappandomi la promessa di diventare un essere umano migliore» Ranpo finalmente riuscì a rimettere insieme i pezzi;

«Per questo nel tuo mondo hai lasciato la Port Mafia» Dazai si limitò ad annuire faticando a trattenere le lacrime.

«Per questo non capisco cosa sia accaduto in questa realtà . Perché Odasaku sia ancora vivo dopo questi anni e perché io non sia con lui»

«Non conosco la storia del tuo alter ego. Come ti ho già detto prima, non parlava mai del proprio passato. Avevo intuito da solo che facesse parte della Mafia e il Presidente me l’ha confermato. So però che c’è una tomba a cui Dazai fa visita di continuo. Penso appartenga all’uomo che in questa realtà lo ha spinto a cambiare»

Dazai scoppiò a ridere non riuscendo a trattenersi;

«Scusa ma non riesco a credere che la morte di qualcuno possa veramente avermi allontanato da Odasaku» e detto questo fece per alzarsi. Ranpo tornò a fissarlo in attesa di una qualche spiegazione;

«Andrò alla Port Mafia»

«E cosa speri di ottenere?»

«Devo parlare con Odasaku. È l’unico modo in cui posso capire cosa diavolo è successo, inoltre devo sapere come mai in questa realtà è sopravvissuto altri quattro anni dopo la sua morte. Potrebbe essere in pericolo e devo salvarlo»

«Dazai ti rendi conto di cosa stai dicendo?»

«Scusami tanto se non sono il detective con il quale sei abituato a conversare»

«In realtà noi non abbiamo mai parlato molto»

«Io mi trovo qui solo per un motivo ed è salvare Odasaku. Non mi importa di altro e sia ben chiaro che non mi fermerò davanti a niente» Ranpo si fece da parte.

«Non ti fermerò Dazai-san ma sappi che prima o poi dovrai affrontare la realtà. Scappare non serve a nulla e lo sai meglio di me: i morti non possono tornare in vita»

«Ma posso sempre evitare che muoiano»

«Prima di andare dovresti visitare la tomba di cui ti ho parlato. Potresti ricavare informazioni importanti su questo mondo»

Dazai non disse nulla, limitandosi ad afferrare il proprio cappotto e lasciare l’edificio.

 

***

 

Non aveva la minima idea di dove andare. L’ex dirigente pensò di seguire la pista più ovvia e recarsi allo stesso cimitero in cui era stato sepolto Odasaku.

Aveva deciso di accettare il consiglio del detective solo perché sapeva quanto quel tappetto avesse ragione. Dazai aveva bisogno di ogni informazione possibile su quel mondo prima di affrontare Odasaku. Si accorse di aver appena sprecato un’ottima occasione. Avrebbe potuto domandare altro a Ranpo ma si era limitato a rispondere alle sue domande incalzanti. Come sempre, il solo pensare a Odasaku gli aveva fatto perdere di vista tutto il resto.

Dopo qualche minuto raggiunse il cimitero in cui solo il giorno prima, nel proprio mondo, aveva fatto visita alla tomba dell’amico. Una parte di Dazai era veramente curiosa di scoprire quale morte avesse avuto una tale influenza sulla vita del proprio alter ego. Non ricordava vi fosse qualcuno nella Port Mafia a cui avesse mai attribuito un particolare valore.

Era incredibile come quel posto non fosse cambiato di una virgola. Era identico a come si presentava quattro anni prima. Dazai ripercorse lo stesso sentiero che lo aveva portato di fronte alla lapide del proprio amico.

Niente avrebbe mai potuto preparare l’ex Demone Prodigio alla scoperta che si accingeva a compiere.

Nello stesso luogo in cui meno di ventiquattrore prima aveva salutato Odasaku c’era un’altra lapide. Era simile in tutto, tranne per il nome che recava.

Si avvicinò.

Improvvisamente ogni cosa acquistò un senso.

Nakahara Chuuya.

Era il proprio partner ad essere morto in quel mondo quattro anni prima.

Era stata la morte del possessore di Arahabaki a spingerlo ad abbandonare la Port Mafia. In quel momento il cellulare nella sua tasca prese a suonare. Dazai maledisse il tempismo di quella chiamata; rispose senza far troppo caso al numero.

«Hai trovato ciò che stavi cercando?» la voce di Ranpo dall’altro capo della linea era calma. Il detective aveva previsto ogni cosa e aveva già preparato una contromossa alla possibile reazione di Dazai.

«Perché non mi hai detto che si trattava di lui?»

Era ancora arrabbiato. Stava provando troppe emozioni insieme che come sempre non era in grado di gestire;

«Non mi avresti mai creduto. Dovevi vederlo con i tuoi occhi» Dazai tornò a fissare la tomba;

«Sai come è successo?»

«Ti racconterò tutto. Avrai ogni informazione in mio possesso. Ti chiedo solo una cosa Dazai in cambio del mio aiuto»

«Parla»

«Andrai alla Port Mafia, cercherai di salvare il tuo amico ma dovrai fare una cosa per me, anzi per l’Agenzia. Riportare indietro Atsushi»

«Affare fatto» rispose senza esitazione.

«Anche il piano del tuo alter ego prevedeva un tuo ritorno alla Mafia quindi perché non sfruttare la cosa a nostro favore»

«C’è altro?»

«Manterrò il tuo segreto. Nessuno saprà cosa stiamo combinando, ora però affrettati a tornare in Agenzia o inizieranno a fare domande»

«Dovrai raccontarmi ogni cosa. Devo sapere come è morto Chuuya»

Ranpo annuì prima di terminare la conversazione. Dazai lanciò un’ultima occhiata a quella lapide a qualche metro da lui.

«Così in questo mondo sei morto Chibi. Ma non temere, scoprirò cosa ti è successo» accarezzò la tomba mentre una parte di lui sperava con tutto il cuore di non essere il responsabile.

Non lo avrebbe sopportato. Aveva già il sangue di Odasaku sulle proprie mani, non avrebbe aggiunto quello di Chuuya.

Si diede da solo dell’idiota per non esserci arrivato prima. In fondo era solo una la morte che avrebbe potuto turbare il proprio alter ego a tal punto. Odasaku era stato la persona più importante della sua vita ma anche Chuuya ricopriva una posizione simile.

Era forse la prima volta che si trovava ad ammetterlo.

Rimise il telefono nella tasca del cappotto e si affrettò a tornare in Agenzia.

Presto avrebbe ottenuto delle risposte.


 

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Capitolo 15
*** Remembering the Old Times ***


Questo capitolo partecipa al Cow-t 13 – Quarta Settimana M3 - Ogni volta





 

Il viaggio fu relativamente breve. Dazai aveva bisogno di risposte e non si sarebbe fermato davanti a nulla pur di ottenerle. La telefonata avvenuta con Ranpo gli aveva fornito una speranza che anche se minima, era sempre meglio di niente. Presto avrebbe ricevuto altre informazioni su quella realtà e potuto preparare una strategia. In quel momento all’ex dirigente non importava di salvare il ragazzo tigre, la sua priorità era sempre e solo Odasaku. Avrebbe accettato qualsiasi compromesso per lui.

Non dimenticarti di Chuuya

La voce della propria coscienza, ancora una volta troppo simile a quella dell’amico scomparso, lo portò a fare i conti con una verità che aveva tentato più volte di ignorare. Anche quella Lumaca era importante per lui.

Dazai lo sapeva. Lo aveva sempre saputo, sin da quando aveva quindici anni, ma aveva preferito soffocare quel tipo di sentimenti. Era stato più facile relegarli in un angolo della propria mente e fingere che non fossero mai esistiti.

Chuuya non era Odasaku, eppure, in qualche modo l’idea di averlo perso gli appariva insopportabile.

Qualche istante prima, mentre si trovava di fronte a quella tomba che riportava il nome del rosso, una morsa gli aveva stretto il petto, impedendogli il respiro. Dazai non avrebbe mai pensato di poter provare un sentimento simile, soprattutto non nei confronti del possessore di Arahabaki.

Quello era dolore, ormai era diventato abbastanza esperto nel riconoscerlo.

Il proprio corpo sembrava come sempre essere più onesto della propria mente.

Era un’emozione diversa rispetto a quella che aveva provato per la scomparsa di Oda ma non per questo meno intensa. La possibilità di un mondo senza Chuuya era difficile da accettare quasi quanto quella di una realtà senza Odasaku. Dazai fu il primo a stupirsi per i suoi stessi pensieri. Ripensò ai vari mondi che aveva visitato, come ai diversi Chuuya che aveva conosciuto. Un sorriso spontaneo si formò sulle sue labbra prima di venire cancellato dai ricordi richiamati dalla figura di Odasaku. Si passò una mano fra i capelli.

In quella realtà però era Chuuya ad essere morto. Dazai aveva abbandonato la Port Mafia e lo stesso Oda apparentemente per questa ragione.

Doveva parlare con Ranpo, solo così avrebbe potuto ottenere le informazioni necessarie per delineare un quadro completo di quel mondo. C’erano troppe cose che non capiva, incognite che non poteva sottovalutare. Non avrebbe rischiato di commettere di nuovo gli stessi errori. Dazai iniziava ad essere stanco, fisicamente e mentalmente. Ogni realtà era diversa dalla precedente eppure il conto da pagare sembrava essere sempre lo stesso.

Non appena rimise piede in Agenzia, Kunikida gli si parò davanti con un’espressione minacciosa:

«Si può sapere dove diavolo eri finito? Dopo la riunione sei sparito. Abbiamo ancora così tanto lavoro da fare, cosa ti fa pensare di potertene andare in giro come...» ma prima che potesse concludere il discorso Ranpo lo afferrò per la manica della camicia obbligandolo ad abbassarsi e interrompere la propria ramanzina;

«Sono stato io a chiedere a Dazai di aiutarmi con delle commissioni» rispose sorridendo e facendo cenno al moro di reggergli il gioco;

«Quindi anche tutto questo ha a che fare con il vostro piano?» entrambi annuirono. Solo allora Kunikida parve calmarsi.

«La prossima volta potreste rendere partecipi anche gli altri delle vostre decisioni. Stare al vostro passo è stancante» mormorò sistemandosi meglio gli occhiali sul naso. Inaspettatamente Dazai gli mise una mano sulla spalla.

«Sei un ottimo collega e ti preoccupi per i tuoi compagni. Fai già abbastanza per cui vedi di non strafare Kunikidaaaa-kun»

Il biondo rimase interdetto per una manciata di secondi, per poi arrossire violentemente.

«Dazai smettila» urlò una volta ripresosi dallo shock. L’ex Demone Prodigio però si era già allontanato, scomparendo insieme a Ranpo in un’altra stanza.

«Dovresti andarci piano con Kunikida» lo rimproverò il grande detective una volta che furono soli. Dazai sorrise come sempre incrociando le braccia dietro la testa con un’espressione innocente, mettendosi a sedere su una delle poltrone presenti in quel piccolo soggiorno.

«Ho solo esternato un pensiero. Quel biondino è in gamba e mi ricorda qualcuno» di nuovo una spiacevole fitta all’altezza del petto gli spezzò il fiato ma fu bravo nel mascherarlo.

«Nakahara Chuuya»

Al solo udire quel nome ad alta voce il cuore di Dazai perse un battito. Non capiva davvero come potesse essere possibile una cosa simile. Lui a stento sopportava la presenza di Chuuya. Era fastidioso, irritante, infantile, sarebbe potuto andare avanti per tutto il giorno ad elencare i suoi difetti.

Quando la smetterai di mentire a te stesso

Alzò di poco il volto ma solo per incrociare le iridi di Ranpo fisse su di lui. Il detective aveva assunto un’espressione seria molto diversa dal solito,

«Nakahara Chuuya o se preferisci Ability User A5158, secondo la classificazione del Governo» Dazai gli fece cenno di proseguire, accomodandosi meglio sulla propria poltrona.

«Quando sei entrato in Agenzia, nessuno ha fatto domande sul tuo passato. Per quanto mi riguarda era stato per ordine diretto del Presidente, dopotutto sei stato assunto tramite la raccomandazione del Direttore Taneda in persona. Avevi degli agganci importanti. Nessuno di noi, una volta superato il test d’ingresso, avrebbe mai potuto dubitare della tua integrità»

«Nel mio mondo non ho ancora avuto modo di incontrare il Direttore di cui mi stai parlando, ma penso possa trattarsi del superiore di un impiegato di mia conoscenza» si trovò ad ammettere Dazai sovrappensiero non riuscendo ad associare nessun volto in particolare a quel nome.

«Allora chi inizia per primo?» domandò il detective aprendo l’ennesimo pacchetto di dolcetti, prima di raggiungere a sua volta una poltrona. L’ex mafioso si limitò ad un lieve cenno del capo.

«Lascio a te l’onore» gli angoli della bocca di Ranpo si piegarono in un sorriso.

«Come ti dicevo, sei stato assunto tramite raccomandazione del Governo. Non eri una persona comune Osamu Dazai, senza offesa ma non lo sei mai stato»

«Nessuna offesa e non lo posso negare»

«Ho provato ad indagare sul tuo passato ma non ho trovato nulla. Nemmeno con la mia Ultra Deduzione sono riuscito a venirne a capo. Eri un vero mistero, qualcuno doveva per forza aver fatto sparire le tue tracce. Ho iniziato a capirci qualcosa solo dopo il nostro primo scontro con la Port Mafia. Da lì ho iniziato a mettere insieme i vari pezzi del puzzle fino a quando non mi sono imbattuto in questo vecchio rapporto. Questa è stata la prova decisiva che mi ha confermato la tua vera identità»

Il detective allungò un braccio per consegnare a Dazai quelli che avevano tutta l’aria di essere dei documenti governativi top secret. Il moro se li rigirò tra le mani. Lesse solo un paio di caratteri, che tuttavia gli furono sufficienti per capirne il contenuto. Era il rapporto su Arahabaki, sugli eventi che avevano portato al reclutamento di Chuuya nella Port Mafia e alla nascita della loro partnership. Non si aspettava che quelle informazioni fossero in possesso all’Agenzia o più in generale che qualcuno si fosse preso la briga di scriverci sopra un verbale. Smise di sfogliare il documento tornando a prestare la propria attenzione su Ranpo.

«Quella fu la prima volta in cui sentii nominare il tuo ex partner ma anche dell’invincibile Soukoku, fiore all’occhiello del Boss Mori. Prima di allora nessuno aveva mai fatto il suo nome» Dazai si fece più attento.

«Cosa gli è accaduto? Chuuya è l’incarnazione di un dio della distruzione non può essere ucciso o sconfitto tanto facilmente»

«Nemmeno io sono a conoscenza di tutti i dettagli» spiegò il grande detective sistemandosi meglio gli occhiali sul naso;

«Le mie sono solo ipotesi Dazai, quindi prendile come tali. Credo che la morte di Nakahara-san sia stata un incidente e che in qualche modo la Port Mafia l’abbia insabbiata. In fondo per il Governo giapponese il tuo partner non è mai esistito. Cancellare ogni prova, ripulire la scena di un crimine sono solo alcune specialità della Mafia. Non possediamo nemmeno un certificato di morte ufficiale a suo nome come non ne abbiamo uno di nascita. Le uniche tracce che testimoniano l’esistenza di Nakaraha Chuuya sono questi documenti e una lapide al cimitero»

Il moro si trovò ad annuire. Ogni parola uscita dalle labbra di Ranpo era plausibile. Il detective aveva ragione, in via ufficiale Chuuya non era mai esistito e questo valeva anche per il suo mondo.

L’idea che il rosso fosse morto era semplicemente assurda, Dazai faticava a crederci. C’erano parecchie zone d’ombra in tutta quella vicenda, come il proprio ruolo o quello di Odasaku, per non parlare di Verlaine. L’ex spia francese non sarebbe rimasta tranquilla al servizio di Mori se questi fosse stato in qualche modo responsabile della morte del rosso.

«Sei a conoscenza anche del suo passato?» domandò. Ranpo annuì.

«Devo riconoscere che il tuo ex partner era davvero straordinario»

«Era un piccolo mostriciattolo irascibile e allo stesso tempo una divinità portatrice di distruzione. Non posso davvero credere che sia morto» il detective si avvicinò appoggiandogli una mano sulla spalla in un maldestro tentativo di conforto.

«Dazai Osamu e Nakahara Chuuya hanno lavorato insieme dai quindici ai diciotto anni. Poi Nakahara-san è morto, mentre tu hai lasciato la Mafia per essere assunto nella nostra Agenzia. Abbiamo lavorato insieme negli ultimi due anni. Nonostante i tuoi trascorsi sei stato un buon collega, sei davvero intelligente Dazai, anche se non tanto quanto il sottoscritto» a quelle parole, il moro storse il naso.

«Due anni?» i conti non tornavano. Doveva trovarsi quattro anni nel futuro. Ranpo comprese e si affrettò ad aggiungere,

«Da quando hai abbandonato la Mafia al tuo ingresso in Agenzia sono passati due anni, credo che siano serviti per ripulire la tua immagine e permetterti di ripartire da zero»

Dazai scoppiò improvvisamente a ridere.

«Non ti offendere ma è una storia assurda. Perché mai avrei dovuto unirmi a voi? Lasciare la Mafia e Odasaku per Chuuya? Non ha senso»

«Non ne ho idea, il solo che può trovare una risposta a questa domanda sei tu» fu l’unico commento del detective prima di addentare l’ennesima merendina.

«Ora però è arrivato il mio turno. Aspetto di conoscere la tua storia» aggiunse qualche secondo dopo, pulendosi la bocca con la manica della giacca. Dazai incrociò il suo sguardo.

Ranpo avrebbe potuto fornirgli le informazioni necessarie per salvare Odasaku. Non aveva scuse, doveva vuotare il sacco. Prese un lungo respiro,

«L’incidente di Arahabaki è avvenuto anche nel mio mondo. È stato allora che ho incontrato quel tappetto irascibile di Chuuya. Siamo diventati famosi per aver distrutto un’Organizzazione nemica in una sola notte. Soukoku o doppio nero ci chiamavano, quel nome è stata un’idea di Mori. Per quanto mi riguarda la Mafia non era che un posto come un altro. Ho sempre pensato fosse l’ambiente ideale per poter vivere a stretto contatto con la morte. Non so il Dazai del tuo mondo ma io, da quando ho memoria, ho sempre tentato di compiere un suicidio perfetto. Poi un giorno, all’improvviso Odasaku è entrato nella mia vita. Sono stato io a condurlo nell’oscurità, nella Mafia. Non potevo lasciarlo andare» fece una breve pausa «È morto tra le mie braccia. Avrei così tanto voluto seguirlo ma nei suoi ultimi istanti mi ha dato una ragione per continuare vivere.»

«Vivere non è sufficiente vero?» Dazai scosse il capo cercando di mantenere un contegno.

«Odasaku era una brava persona. Non posso accettare che sia morto. Non meritava quella fine. Non lui»

«L’Oda Sakunosuke di questo mondo non è il tuo amico» si sentì in dovere di specificare il detective.

«Non sono uno stupido. So che non sarebbe mai il mio Odasaku, ma andrebbe bene lo stesso. Sono così stanco di vederlo morire» ammise prima di coprirsi il volto con un braccio per nascondere le lacrime. Era esausto.

«Quante realtà alternative hai visitato?»

«Questa forse è la quarta? Non lo so, sto iniziando a perdere il conto» come il contatto con la realtà.

«Hai detto di venire dal passato?» Dazai annuì.

«Dal mio punto di vista mi trovo di quattro anni nel futuro, anche se non ne comprendo il motivo» Ranpo finse di pensarci per qualche secondo,

«Forse l’Abilità che ti ha condotto qui ti permette di raggiungere l’esatto momento in cui la vita di Oda Sakunosuke è in pericolo, continuare a incappare nella sua morte non può essere una semplice coincidenza»

«È una teoria interessante» ovviamente Dazai ci aveva già riflettuto. Stava combattendo una guerra contro il destino. Un fato che si divertiva a condannare Oda in ogni realtà. Il fatto di assistere costantemente alla morte dell’amico non poteva essere solo una coincidenza, non dopo tre tentativi.

«Sai già quello che ti sto per dire vero?» Dazai annuì. Non serviva che quel detective gli venisse a impartire delle lezioni. Non aveva intenzione di arrendersi né di perdere quella partita. Prese un lungo respiro, tornando al proprio racconto.

«Nel primo mondo che ho visitato, le Abilità Speciali non esistevano. Odasaku era diventato uno scrittore di successo. Quasi non riuscivo a crederci. Era sposato con una bellissima bionda che poi lo ha avvelenato per ottenere i suoi soldi.» Ranpo non disse nulla limitandosi ad ascoltare quella confessione.

«Quando mi sono accorto di ciò che stava accadendo era troppo tardi. Non ho potuto fare nulla. Solo stringerlo tra le braccia mentre soffocava. Il secondo mondo è stato ancora più assurdo. C’eravate pure tu e Kunikida» il detective alzò un sopracciglio, invitandolo a spiegarsi meglio;

«Per qualche ragione, i dipendenti dell’Agenzia facevano parte della Port Mafia e il contrario, Mori era diventato Presidente mentre il tuo caro Fukuzawa un Boss mafioso»

«Se tu conoscessi le origini della nostra Agenzia vedresti come questo non sia poi un discorso tanto assurdo» Dazai accennò ad un sorriso, in quei giorni si era fatto un’idea generale della situazione. Vi era un legame tra la Port Mafia e l’Agenzia dei Detective Armati, questo era palese.

«Hanno abbracciato un cammino differente e la storia si è sviluppata di conseguenza. Anche essere un detective però non è servito a risparmiare Odasaku. È morto salvando me e Chuuya. Per proteggerci» l’ex mafioso sapeva che non sarebbe mai riuscito a dimenticare quella scena. Non appena chiudeva gli occhi rivedeva quelle immagini come spezzoni di un vecchio film.

Oda che gli faceva da scudo. Il sangue sulle sue mani. Quel desiderio di farla finita. Poi Chuuya e le sue grida. Il dolore che aveva provato e che non aveva mai smesso di abbandonarlo.

Ranpo rimase in silenzio in attesa del resto. Il racconto di Dazai era affascinante, come i dettagli di quelle realtà alternative.

«Nell’ultimo mondo invece, io ero il Boss della Port Mafia. Apparentemente avevo assassinato Mori e preso il trono. Odasaku e Chuuya erano invece i leader della fazione a me ostile. Incredibile vero?» fece una pausa prima di prendersi il volto con entrambe le mani. Ricordare era doloroso ma necessario.

«Sono stato io a dare l’ordine. Di uccidere Odasaku intendo. Ho firmato la sua sentenza. Riflettendoci bastano davvero poche parole per condannare una persona. Uccidere è così facile, non me ne ero mai reso conto, o forse semplicemente non me ne era mai importato»

Ranpo non disse nulla. Dazai era in preda al proprio dolore e non ci sarebbe stato modo di alleviare quella sofferenza. L’ex mafioso inoltre era abbastanza intelligente da comprendere i propri sbagli. Nonostante quei pochi dettagli Ranpo era riuscito a ricostruire parzialmente il viaggio di Dazai. Fu allora che l’ex Demone Prodigio lo sorprese, riprendendo a parlare,

«In ogni realtà, ogni dannatissima volta, Odasaku finisce con il morire e io non posso fare nulla per impedirlo. Ora sono pure finito nel futuro» sembrava un incubo senza fine. Non faceva in tempo a incontrare Oda che si trovava a piangere abbracciato al suo cadavere.

«Stai forse pensando di arrenderti?» no, Dazai non lo avrebbe mai fatto. Bastava incrociare il suo sguardo per capirlo. Quelli erano gli occhi di una persona che ormai non aveva più nulla da perdere. Oda Sakunosuke doveva essere una persona molto importante per Dazai, come lo era stato Nakahara Chuuya.

Era una storia che aveva dell’incredibile, soprattutto venire a conoscenza dell’esistenza di un individuo dotato di un’Abilità Speciale in grado di creare ucronie. Ranpo non voleva pensare alle conseguenze o rischi che un potere simile avrebbe portato nelle mani sbagliate.

Dazai poteva contare sui propri contatti con il Governo giapponese, questo lo aveva sempre saputo sin dal giorno in cui si era unito a loro. Il grande detective avrebbe voluto chiedere altro su quel tipo di Abilità o sul suo utilizzatore. Lui e Dazai avevano stipulato un accordo ma non era certo di potersi fidare e non voleva rischiare di tirare troppo la corda,

«Avanti» concesse l’ex mafioso intuendo i suoi dubbi,

«Stavo riflettendo sul perché un uomo del Governo ti stia aiutando. Riconoscerai che è alquanto sospetto» un sorriso appena accennato si fece largo sulle labbra di Dazai,

«Sakaguchi Ango. Ti dice qualcosa questo nome?» il detective annuì.

«Abbiamo avuto modo di collaborare con lui in passato, se non mi sbaglio dovrebbe essere uno degli uomini di Taneda»

«Era un mio amico. Mio e di Odasaku. Possiamo dire che si sentiva in colpa per la sua morte, così mi ha concesso questa possibilità» Non era il caso di perdersi in altri dettagli, come il coinvolgimento della Mimic o il piano di Mori.

Dazai si rese conto che quella era la prima volta che arrivava a definire Ango in quel modo.

Amico, incredibile come quella stessa parola associata ad Oda acquistasse di colpo un altro significato.

Ranpo si tolse gli occhiali, massaggiandosi le tempie. Il mondo dal quale proveniva quel Dazai era incredibile, gli sarebbe piaciuto visitarlo.

«Ango sapeva che io ero il solo a poter viaggiare in questo modo. Sfruttare questa Abilità» si trovò a specificare dopo qualche istante di silenzio, ottenendo tutta l’attenzione del detective su di sé.

«Per via della tua capacità di annullamento che ti permette di fare ritorno al tuo mondo d’origine» dedusse. Dazai annuì. Ogni Abilità Speciale aveva un suo limite, Osamu Dazai era una pericolosa eccezione a quella regola, come lo era la sua stessa esistenza. Un individuo normale sarebbe rimasto bloccato per sempre in quelle realtà alternative.

«Toglimi una curiosità, Nakahara-san è sempre stato al tuo fianco vero? In ogni mondo» il moro si fece immobile.

Se c’era qualcosa di doloroso come il rivivere la morte di Oda, era il ricordo di Chuuya. Dazai si prese il volto tra le mani mentre ripensava al proprio partner.

Nella prima realtà che aveva visitato il rosso era addirittura il suo fidanzato. Ricordò i baci scambiati sul divano del loro appartamento ma anche tutto il resto. Non poté evitare di arrossire. Gli tornarono alla mente anche i litigi con il secondo e le parole dell’ultimo Chuuya incontrato. Si sfiorò inconsciamente le labbra, realizzando in quel momento di come il rosso fosse sempre lì, accanto a lui, pronto a raccogliere i pezzi che la morte di Odasaku portava con sé. Ogni volta che aveva toccato il fondo aveva potuto contare sulla presenza del proprio partner.

In quella realtà però Chuuya era morto.

Ranpo decise che ne aveva avuto abbastanza, non era il caso di infierire ulteriormente, sua curiosità sulle realtà alternative era stata in parte soddisfatta. In quel momento Dazai sembrava l’ombra di se stesso, non lo aveva mai visto in quello stato.

«Non so davvero cosa sia accaduto a Nakahara-san e non posso dirti altro su Oda Sakunosuke. Vorrei solo che ci aiutassi a recuperare il giovane Atsushi. Mi basta questo» l’ex mafioso accennò ad un sorriso sollevando di poco il proprio volto;

«Ho promesso ad un amico che avrei protetto gli orfani. Non posso certo tirarmi indietro»

 

***


Ranpo aveva deciso di lasciare Dazai solo con i propri pensieri. Si era fatto un’idea generale della situazione e compreso quali motivazioni avessero spinto l’ex mafioso a proseguire con il proprio folle piano.

Vedere Dazai in preda ai propri sentimenti era uno spettacolo al quale il grande detective non avrebbe mai pensato di dover assistere. Dopo due anni trascorsi a lavorare insieme era incredibile quanto poco conoscesse il collega. Realtà alternativa o meno, quella era la prima volta in cui Dazai gli era parso tanto umano e in un certo senso vulnerabile.

Ranpo aveva analizzato e soppesato ogni parola uscita dalle labbra dell’ex mafioso. La morte di Oda Sakuosuke non era il solo elemento ricorrente in ogni realtà, ed era certo che anche Dazai fosse arrivato alle sue stesse conclusioni. Sapere una cosa ed accettarla però erano due cose differenti. Il detective poteva facilmente prevedere come si sarebbe concluso il viaggio di Dazai, ogni indizio raccolto portava verso una sola possibile conclusione.

Edogawa Ranpo non poteva fare altro. Non spettava a lui. Con questi pensieri raggiunse l’ufficio del Presidente, entrando senza bussare. L’uomo non sembrò troppo sorpreso da quell’intrusione,

«Dazai riporterà Atsushi in Agenzia» esordì dopo parecchi minuti di silenzio.

«Non ho mai dubitato del contrario» Ranpo sorrise;

«Non teme che Dazai possa tornare al suo vecchio lavoro? Lasciarlo affrontare la Mafia da solo può essere un’arma a doppio taglio»

«Dazai non tornerà mai da loro» rispose con sicurezza.

«Scusi la franchezza signore ma come può esserne tanto sicuro?» l’uomo appoggiò i documenti che stava visionando sulla propria scrivania alzando lo sguardo per incontrare quello del detective,

«Tempo fa Dazai ha perso una persona importante, me lo ha confidato il Direttore Taneda quando me l’ha presentato. All’inizio anche io ero riluttante all’idea di assumere un ragazzo con un simile e torbido passato ma dopo aver saputo quanto era successo...»

«Presidente, come è morto Nakahara Chuuya?»

 

***


Dazai se ne stava pigramente sdraiato su uno dei divani dell’Agenzia. Continuava a pensare alle parole di Ranpo, vagliando le informazioni su quella realtà che aveva ricevuto dal grande detective. Forse l’Abilità di Murray lo portava veramente nel momento in cui la vita di Oda era in pericolo, peccato che come in quel caso, Dazai non aveva la minima idea di chi o cosa potesse minacciare l’amico. L’Oda Sakunosuke di quel mondo era uno dei Dirigenti della Port Mafia. Erano trascorsi quattro anni dalla morte di Chuuya e da quando il suo alter ego aveva lasciato l'Organizzazione. Più ci pensava e più gli quella situazione gli appariva assurda.

«Proteggere gli orfani eh» sussurrò mettendosi a sedere.

Aveva promesso a Ranpo che avrebbe salvato il ragazzo tigre. La strategia più semplice sarebbe stata quella di farsi catturare a sua volta dalla Port Mafia anche se poteva rivelarsi un’opzione alquanto pericolosa. Dazai non era sicuro di come avrebbe reagito una volta di fronte a quell’Odasaku. Era quasi crollato davanti alla tomba di Chuuya e affrontare Oda Sakunosuke come potenziale nemico era l’ultima cosa di cui in quel momento aveva bisogno. Dazai non poteva batterlo, non avrebbe mai potuto farlo, in nessun universo.

Più rimuginava sulla situazione e più non riusciva a venirne a capo. Tornò ad osservare i documenti su Nakajima Atsushi, ancora sparsi alla rinfusa sulla propria scrivania. A quanto pare c’era una taglia sulla testa di quel ragazzino, ecco spiegato l’interesse della Port Mafia nei suoi confronti.

Dazai osservò a lungo quelle carte, leggendo distrattamente le informazioni raccolte dall’Agenzia su quella tigre mannara. Atsushi sarebbe stato un partner perfetto per Akutagawa, non riusciva a smettere di pensarlo, più dettagli scopriva sul conto di quel moccioso e più quell’idea si concretizzava nella sua mente. Avrebbe potuto creare un duo ancora più forte e imbattibile della vecchia Soukoku.

Raggiunse pigramente uno dei pc ed iniziò una breve ricerca. L’ennesima da quando tutta quella storia era iniziata.

Sorrise nello scoprire come le password di accesso ai sistemi della Port Mafia fossero le stesse del suo mondo. Per una volta la fortuna sembrava essere dalla sua parte.

Non aveva trovato nulla sulla morte di Chuuya, non che si fosse aspettato qualcosa di diverso. Su Odasaku invece comparivano solo informazioni delle quali non aveva bisogno, come le circostanze del suo reclutamento, le varie missioni completate, la promozione alla dirigenza avvenuta subito dopo il Conflitto Testa di Drago.

Dazai appoggiò la testa sulla scrivania, gli sembrava trascorsa un’eternità da quei giorni. In quel momento faticava persino a ricordare come fosse la propria vita nella Mafia e quanto tempo fosse realmente passato dalla prima morte di Oda.

Sul ragazzo tigre invece trovò semplicemente il numero della cella nella quale era stato rinchiuso e i piani per il suo trasferimento.

Sbadigliò sonoramente per poi chiudere gli occhi. Aveva bisogno di recuperare le forze prima di affrontare la Port Mafia ma soprattutto Odasaku.

Non sognò nulla.

 

***

 

«Non pensavo fosse accaduto qualcosa di simile. È una cosa orribile» fu il solo commento di Ranpo dopo aver ascoltato il racconto del Presidente.

«Per questo credo di potermi fidare di Dazai. Non perdonerà mai la Port Mafia o Ougai Mori per quanto successo quel giorno»

Il giovane detective annuì. Grazie alle informazioni ottenute da Fukuzawa aveva ricostruito quanto accaduto a Dazai e le differenze tra la loro realtà e quella dell'ex mafioso.

Una volta tornato nei propri uffici, trovò il Demone Prodigio addormentato ad una delle scrivanie. Ranpo avrebbe potuto svegliarlo, raccontagli tutto ma sapeva che Dazai difficilmente gli avrebbe creduto. Osservò l’ultimo file aperto sul pc, intuendo il piano per il salvataggio di Atsushi. Sorrise. Malgrado tutto sembrava intenzionato ad aiutarli.

«Quando scoprirai la verità sulla morte di Nakahara-san non incolparti. Spero davvero che tu possa salvare il tuo amico o andare avanti» gli sussurrò all’orecchio.


***
 

Dazai aprì gli occhi solo un paio di ore dopo. Aveva mal di schiena per via della posizione scomoda che aveva assunto ma a parte quello era riuscito parzialmente a riprendersi dalla stanchezza che lo aveva accompagnato sin dal proprio arrivo in quella realtà. Si stiracchiò come un gatto prima di alzarsi e recuperare il proprio cappotto.

Dazai sapeva cosa doveva fare, non avrebbe rimandato l’inevitabile. Uscì dall’Agenzia di soppiatto, stando ben attento a non fare rumore.

Varcò l’ingresso della sede principale della Port Mafia con sicurezza, come se la sua presenza lì fosse perfettamente normale. Salutò le guardie con un sorriso cordiale prima di venire immediatamente fermato e perquisito.

«Dai non siate così sorpresi. Mi aspettavo almeno una torta o uno striscione di benvenuto» sbuffò con il solito tono di voce canzonatorio e infantile, incurante delle pistole puntate alla propria testa.

Venne portato in una cella e incatenato. Non oppose resistenza, anche quello faceva parte del piano.

Dazai stava canticchiando una canzone tra sé quando il rumore di alcuni passi attirò la sua attenzione. Avrebbe riconosciuto quell’andatura fra mille. Sorrise nel vedere una familiare figura vestita di nero andargli incontro.

«Ah sei tu» fu tutto ciò che disse cercando di incontrare lo sguardo di un furente Akutagawa.

Doveva ammettere che il suo discepolo era cresciuto in quei quattro anni anche se qualcosa gli suggeriva di come non avesse ancora completamente abbandonato certi atteggiamenti infantili.

«Che nostalgia mi rievoca questo posto, ti ricordi i vecchi tempi in cui eri solo un novellino?» il mastino della Port Mafia si limitò a rivolgergli l’ennesima occhiata carica di disprezzo,

«Dazai, la tua colpa è grave. Anni fa te ne sei andato facendo perdere le tue tracce. Ora con questo comportamento stai sfidando apertamente la Port Mafia» il moro sorrise

«Mi dispiace di non essere stato un buon maestro» di fronte a quella risposta Akutagawa scattò tirandogli un pugno in pieno volto. L’ex dirigente sapeva di meritarlo. Aveva lasciato quel luogo senza fornire spiegazioni distrutto dal dolore per la perdita di Odasaku. Non aveva pensato minimamente ad Akutagawa, in realtà si era interrogato solo su una possibile reazione di Chuuya e aveva fatto il possibile per evitare che lo seguisse.

«Così incatenato non sembri tanto pericoloso, se voglio posso ucciderti in qualsiasi momento» mormorò sprezzante il più giovane.

«Ma davvero?» Dazai stentava a crederlo. Sapeva quanto Akutagawa desiderasse solo ricevere un briciolo della sua approvazione.

Era sempre stato così sin da quando lo aveva raccolto in quella foresta. Avrebbe potuto sfruttarlo, come aveva fatto nella realtà precedente.

«Mi sembra che in questi anni tu te la sia cavata egregiamente anche senza il sottoscritto. Devo confessare che crescerti è stata una faticaccia, agivi sempre di testa tua e non ascoltavi mai» Odasaku avrebbe saputo fare di meglio, era lui quello bravo con i ragazzini. Io ci ho provato. Davvero ma non sono stato all’altezza.

«Ho smesso da tempo di credere alle tue parole. Nel giro di pochi giorni l’Agenzia verrà distrutta, abbiamo il ragazzo tigre e...»

«Oh giusto, il mio nuovo sottoposto, sai Atsushi è di gran lunga migliore di te» nulla impedì ad un secondo pugno di raggiungere la faccia di Dazai.

«Sono cambiate molte cose in quattro anni» si, l’ex dirigente ne era consapevole.

Spero che Odasaku sia stato un buon maestro per te.

Akutagawa non gli avrebbe mai perdonato il fatto di averlo abbandonato insieme alla Port Mafia. Dazai sapeva di meritare quell’odio, per questo incassò ogni altro colpo in silenzio.

Dopo qualche minuto, il possessore di Rashomon se ne andò così come era arrivato.

 

***

 

Erano passate forse un paio di ore dalla visita di Akutagawa e Dazai stava iniziando ad annoiarsi. Aveva pensato e ripensato alle informazioni in suo possesso fino a quel momento.

Se le cose sono andate come avevo previsto… ma un rumore sordo finì con l’attirare nuovamente la sua attenzione.

«Vedo che certe abitudini non sono cambiate in tutti questi anni, come anche l’accoglienza riservata ai prigionieri» fu il suo unico commento, dopo aver riconosciuto la misteriosa figura che si avvicinava nell’ombra.

«Cosa ti aspettavi da un’Organizzazione simile?» la pacata risposta di Paul Verlaine non tardò ad arrivare.

«I tuoi amici Poètes sono forse più raffinati? Scommetto che le prigioni europee possiedono tutti i comfort» di fronte a quell’affermazione il biondo storse il naso, facendo un paio di passi in avanti in modo da poterlo affrontare faccia a faccia.

In quei quattro anni Verlaine non era cambiato, era esattamente come l’ex Demone Prodigio ricordava. Possedeva lo stesso, identico sguardo di Chuuya. Lo aveva sempre pensato, sin dalla prima volta in cui li aveva visti insieme.

«Stai complottando qualcosa come al solito vero?» Dazai non poté evitare di sorridere di fronte a quelle accuse,

«Che vuoi che ti dica, le vecchie abitudini sono dure a morire. Piuttosto dimmi, a cosa devo l’onore di una tua visita?»

«Ti sei fatto catturare di proposito» rispose con tranquillità «il Dazai che ricordo non avrebbe mai commesso un simile e grossolano errore. Quindi fammi un favore, non insultare la mia intelligenza o provare a confondermi con quel cagnolino di Akutagawa. Se tu fossi stato tanto stupido ti avrei già ammazzato anni fa»

«Come al solito pensi sempre troppo, penso che dovresti uscire e prendere una boccata d’aria. Ti farebbe bene una volta tanto, sei sempre più pallido»

«Risparmiami queste battute. Non sono venuto fino a qui per sentire simili stupidaggini»

«Allora per cosa?» lo sfidò, intuendo dove sarebbe andata a parare quella conversazione.

C’era solo una cosa che lui e l’ex Re degli Assassini avevano in comune.

«Lo sai benissimo, si tratta di Chuuya. Sono venuto per fartela pagare per quanto successo quattro anni fa» Dazai alzò gli occhi al cielo. Non conosceva ancora le circostanze della morte del proprio partner, né del proprio grado di coinvolgimento in quella vicenda. Verlaine sembrava ritenerlo in qualche modo responsabile ma il francese non era mai stata una fonte molto attendibile di informazioni, soprattutto quando si trattava del rosso.

Anni prima, Dazai aveva combattuto l’ex spia francese, anche se era stato Chuuya a sconfiggerlo. Verlaine non possedeva più energia illimitata come in passato ma poteva rivelarsi ugualmente una pedina pericolosa sulla scacchiera. Per questo Mori aveva preferito averlo dalla propria parte.

Paul Verlaine era imprevedibile soprattutto se provocato.

«Combatti contro di me» furono le successive parole che abbandonarono le labbra del biondo.

Dazai sorrise, prima di liberarsi con uno schiocco dalle manette che ancora gli imprigionavano i polsi. Verlaine non sembrò troppo sorpreso,

«Potevi fuggire in ogni momento eh»

«Se lo avessi fatto avrei perso l’occasione di scambiare due chiacchiere»

Il biondo però non sembrava intenzionato a perdere altro tempo ed iniziò ad incalzarlo con una serie di pugni.

Dopo poche mosse Dazai finì sbattuto contro la parete.

«Alzati ragazzino. La tua tecnica di combattimento è sempre stata scarsa, hai un livello inferiore persino a quello di una normale recluta. Certo la tua Abilità di annullamento resta una scocciatura ma non mi serve ricorrere alla gravità per batterti» le labbra di Dazai si incurvarono in un sorriso,

«Complimenti Paul, sei davvero bravo. Non per niente Mori ti ha permesso di istruire una nuova generazione di assassini. Quando prima ho parato il tuo colpo ho temuto davvero per il mio braccio. Pensavo che me lo avresti staccato» Verlaine sbuffò. Non si era accorto di come il moro avesse parato l'ultimo affondo. Doveva stare in guardia.

Dazai era sempre stato una spina nel fianco, ma si sarebbe divertito a fargliela pagare.

«La tua tecnica mi ricorda molto quella di Chuuya, anche se quel microbo non possedeva metà della tua eleganza. Abbiamo combattuto insieme Paul, ricordo le tempistiche dei tuoi attacchi e li posso prevedere»

«Non devi permetterti di nominarlo» urlò prima di scattare. Dazai non se lo aspettava. Verlaine era veloce. Troppo. In un secondo lo raggiunse afferrandolo per il collo.

«Il tuo Boss non ti ha insegnato a non sottovalutare mai il nemico? Mi credevi tanto scarso da pensare di poter prevedere le mie mosse. Quanta arroganza. Prima di ucciderti però desidero sapere una cosa: perchè ti sei fatto catturare di proposito? Perché sei tornato Dazai? Non parli eh, deve essere il senso di colpa per le tue azioni passate ad impedirti di farlo»

«Per… Atsushi» sussurrò con un filo di voce. Verlaine allentò di poco la presa in modo che potesse spiegarsi meglio.

«Chi?» domandò alzando un sopracciglio,

«La tigre mannara di cui tutti sembrano infatuati. Voglio scoprire chi ha messo una taglia così alta sulla sua testa»

«Rischiando la tua vita? Non prendermi in giro Dazai. Ormai so vedere oltre le tue menzogne» fece una pausa, «sei caduto davvero in basso, tu che eri il più giovane Dirigente nella storia della Port Mafia. Sembra che la buona sorte ti abbia abbandonato, o forse è semplicemente una punizione divina per i peccati che hai commesso» Dazai scoppiò a ridere,

«Ora ti dirò una cosa mio caro re decaduto; domani si terrà una riunione dei cinque grandi dirigenti» Verlaine sbiancò per una frazione di secondo per poi ricomporsi,

«Impossibile. È un incontro che avviene una volta ogni chissà quanti anni. Se fosse vero ne sarei a conoscenza» l’espressione sul viso di Dazai si fece più fredda, cupa. Per un istante tornò ad indossare i panni di Demone che nonostante gli sforzi, faticava ad abbandonare completamente;

Stai dalla parte di chi salva le persone

Non era facile. Alzò lo sguardo incontrando due iridi fredde come il ghiaccio.

«La ragione è una lettera che io stesso ho inviato agli altri quadri della Mafia» lo aveva letto quello stesso pomeriggio, quando si era infiltrato nel server dell’Organizzazione.

Dazai era riuscito a ricostruire il piano del proprio alter ego per recuperare Atsushi e per il momento sembrava intenzionato a seguirlo. Verlaine era un imprevisto trascurabile, il suo fine ultimo rimaneva quello di incontrare Odasaku e scoprire quale minaccia gravava su di lui in quella realtà.

«Non puoi uccidermi Paul» sussurrò con sicurezza. Era divertente bluffare con l’ex spia, soprattutto perché le sue reazioni erano simili a quelle di Chuuya.

«Una lettera» il biondo sembrò comprendere solo in quel momento,

«Il suo contenuto è il seguente: se Dazai morirà i vostri segreti saranno di pubblico dominio» era una minaccia sufficiente per indire una riunione e anche Verlaine parve capirlo.

«Non basterà una lettera anonima a salvarti. Non se ti uccido ora in questa cella»

«Se mi elimini così può essere considerato come un atto di tradimento, anche se tu ormai dovresti essere un esperto in materia» Dazai sapeva di aver esagerato con quella frecciatina. L’espressione comparsa sul viso dell’ex spia in quel momento era una copia carbone di quella di Chuuya. L’ex dirigente si aspettò una tempesta che però non arrivò.

«Ti credevo una persona diversa Osamu Dazai. Mi sono sbagliato sul tuo conto»

«Mi dispiace. Sai, anche io avrei voluto imbattermi in qualcun altro» Odasaku non sarebbe mai andato a cercarlo. Non in quella realtà. Tornò a rivolgere la propria attenzione sul francese.

«Anche tu puoi fornirmi le informazioni che mi servono»

«E perché mai ti dovrei aiutare?»

«Potrebbero sempre scambiarti per un mio complice» spiegò indicando le catene a terra, spezzate proprio da uno dei calci della spia.

«Desidero ucciderti con ogni fibra del mio corpo ma ora come ora ti farei solo un favore giusto?»

«Già, sei sempre stato un tipo sveglio. Doveva essere uno spasso lavorare con te nell'intelligence europeo» Verlaine preferì non commentare. Fu allora che Dazai sembrò notare un dettaglio.

«È il suo cappello vero?» mormorò indicando l’oggetto sul capo del biondo,

«In origine era mio. Rimbaud me lo aveva donato prima di partire per il Giappone» iniziò a spiegare,

«Chuuya l’ha sempre tenuto da conto, si arrabbiava molto quando provavo a rubarglielo»

«L’ho raccolto dal suo cadavere. Ormai questo cappello è tutto ciò che mi resta di lui o di Arthur» Dazai abbassò lo sguardo. Non possedeva nulla di Odasaku. Non gli era rimasto niente, solo quella promessa che lo obbligava a vivere senza di lui.

«Come sei andato avanti?» quelle parole lasciarono le sue labbra senza che potesse fare nulla per impedirlo. Come lui Verlaine aveva perso tutto eppure era stato in grado di rialzarsi.

«Non credo di comprendere»

«Hai perso prima Rimbaud poi Chuuya» spiegò. L’ex spia si prese qualche minuto, spostando nel frattempo una ciocca ribelle di capelli dal volto,

«Non si può cambiare il passato» concluse lapidario. Avevano già affrontato una conversazione simile, in un’altra realtà, altre circostanze.

«Per colpa tua Chuuya è morto. Non fingere Dazai, non con me. Prima o poi dovrai pagare per i tuoi peccati» il moro sgranò gli occhi di fronte a quella rivelazione.

«Non so di cosa tu stia parlando» Verlaine gli voltò le spalle dopo avergli tirato un pugno in pieno stomaco, spezzandogli il respiro e facendolo inginocchiare.

«Del moccioso tigre se ne occupa Akutagawa, penso che le informazioni riguardo alla sua taglia si trovino nell’ufficio comunicazioni al primo piano» fu il suo unico commento.

«Cosa è successo quattro anni fa?» urlò Dazai non appena riprese fiato ma ormai il Re degli Assassini si era già allontanato.


***

 

La conversazione con Verlaine era stata strana. Dazai continuava a ripensare alle parole del francese e alle accuse che gli aveva rivolto per la sorte toccata a Chuuya. Dopo aver trovato Odasaku avrebbe indagato anche su quella storia. Si trovava nell’ufficio al primo piano, intento a recuperare tutti i file sulla tigre mannara da consegnare a Ranpo, quando una figura comparve nel suo campo visivo.

«Sapevo che ti avrei trovato qui» Dazai trattenne il fiato, avrebbe riconosciuto quel tono di voce tra mille, come il suo possessore.

«Odasaku» l’uomo sorrise esattamente come era solito fare l’Oda che popolava i suoi ricordi.

«Torna alla Port Mafia, Osamu» propose allungando una mano.


 


 


 


 


 


 











 

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Capitolo 16
*** In Order to Save You ***


Questo capitolo partecipa al Cow-t 13 – Sesta Settimana M3 - Morte



 

 

«Torna alla Port Mafia, Osamu»

Dazai stentò a credere alle proprie orecchie. Odasaku non solo si trovava davanti a lui ma gli aveva appena proposto di rientrare nell’Organizzazione. Si prese qualche istante per poterlo osservare meglio. Quattro anni non erano molti ma avevano lasciato solchi profondi sul viso del rosso che ora sembrava in qualche modo più maturo ed espressivo. Come sempre, Dazai si perse nel contemplare i dettagli, un accenno di barba sul mento, i capelli leggermente più lunghi di come li ricordava, il tutto accompagnato dalla spiacevole consapevolezza di come quello non fosse l’uomo che aveva perso. L’Oda Sakunosuke che in quel momento si trovava davanti ai suoi occhi era un Dirigente della Port Mafia, uno spietato assassino. Dazai lo sapeva eppure una parte di lui desiderava solo afferrare quella mano ancora tesa a mezz'aria fra loro.

«Sono spiacente ma mi vedo costretto a declinare l’invito» pronunciare quelle parole gli costò non poca fatica. Aveva valutato l’offerta, era allettante, ma la sola idea di tornare nella Mafia in quel momento lo nauseava. Oda accennò un sorriso, come se in fondo si fosse aspettato una risposta simile,

«Se sei ancora arrabbiato per quanto successo quattro anni fa…»

«Tu sai cosa è successo»

Non era una domanda, più che altro una mera constatazione. Odasaku avrebbe potuto aiutarlo a fare chiarezza sulla morte di Chuuya. In quel momento Dazai aveva bisogno di comprendere quali ragioni avessero spinto il proprio alter ego ad abbandonare la Port Mafia, poi avrebbe potuto pensare anche al resto.

«La morte del tuo partner è stata solo un errore di calcolo. Uno spiacevole effetto collaterale nella strategia adottata dal Boss. Non è colpa tua Dazai, te lo ripeterò all’infinito se necessario»

L’ex Demone Prodigio ora ci capiva meno di prima.

«Spiegati meglio» Odasaku lo guardò confuso per una manciata di secondi, prima di ritirare il braccio per passarselo sul volto.

«Sei cambiato Dazai. Un tempo non ti sarebbero importati certi dettagli»

«Chuuya non era un dettaglio» non ebbe nemmeno il tempo di soprendersi per le sue stesse parole che Oda riprese a parlare,

«Eri il Dirigente più giovane nella storia della Port Mafia, il braccio destro del Boss, eppure hai rinunciato a tutto per colpa di quello stupido incidente»

«Odasaku» un sorriso triste, nostalgico comparve sul volto del rosso.

«Era da quattro anni che non sentivo quel soprannome. Mi era mancato» Dazai avrebbe tanto voluto ribattere, raccontare la sua verità, di come lo avesse visto morire ancora e ancora. Avrebbe voluto mettere in guardia Oda, proteggerlo, salvarlo, anche da se stesso.

In quel momento però il desiderio di conoscere quali circostanze avessero portato alla morte di Chuuya stava prendendo il sopravvento. La scomparsa del rosso era un tassello importante, indispensabile per comprendere le decisioni prese dal Dazai di quel mondo.

«Cosa è successo?» Oda fece un passo indietro solo per poterlo osservare meglio.

«Sei diventato più alto»

«Parlami di Chuuya» ho bisogno di sapere come è morto,

«La Mimic» esordì il Dirigente prima di incontrare il suo sguardo. Dazai si fece immobile, perso in quelle iridi che gli avevano sempre ricordato l’oceano. Strinse i pugni quasi senza accorgersene, mentre le immagini della propria realtà tornavano ad avvolgerlo con forza. Rivide le proprie mani macchiate di sangue, mentre Odasaku spirava tra le sue braccia strappandogli la promessa di una vita migliore. Quella voglia crescente di porre fine alle proprie sofferenze contrapposta al desiderio di riavere quell’uomo nella propria vita.

«Ovviamente solo tu e il Boss conoscete tutti i dettagli o retroscena di quella storia» si affrettò ad aggiungere il sicario, riportandolo con la mente al presente.

«Chuuya non era in città» fu l’unica risposta che riuscì a lasciare le sue labbra che si contrassero in una leggera smorfia.

Durante i fatti della Mimic, quella Lumaca si trovava lontano da Yokohama. Era una di quelle poche cose su cui Dazai poteva dire di avere la certezza assoluta.

«Il Boss mi mandò a cercarlo» un presentimento si fece largo nella mente dell'ex Dirigente mentre iniziava a delineare tassello dopo tassello, quadro di quella realtà,

«Mori-san chiese a Chuuya di indagare sulla scomparsa di Ango, giusto?»

«Già»

In quel mondo, Chuuya aveva preso il posto di Odasaku.

Era Arahabaki il pezzo che il Boss aveva scelto di sacrificare. A quel pensiero Dazai scosse la testa, non aveva alcun senso. Oda era un mafioso atipico che non uccideva ma Chuuya era letteralmente un dio della distruzione. Mori non si sarebbe mai privato di quell’Abilità, come della sua forza.

«Perché mai il Boss…» sussurrò,

«Arahabaki sarebbe potuto diventare una minaccia» era ancora più assurdo. Tutta quella vicenda lo era.

«Sono sempre intervenuto per fermarlo in tempo»

«Non quella volta» finalmente Dazai comprese.

«Mori-san mi ha impedito di salvarlo» la verità era sempre stata davanti ai suoi occhi. Si diede mentalmente dello sciocco per non esserci arrivato prima.

Non era molto diverso da quanto avvenuto con Odasaku. Ancora una volta non aveva potuto fare nulla. In ogni realtà il fato sembrava prendersi gioco di lui.

Ripensò alla conversazione avvenuta con Verlaine, come alle parole di Ranpo. Improvvisamente tutto aveva acquistato un senso. L’ex spia francese aveva ragione, Chuuya era morto per causa sua. Dazai non era arrivato in tempo. Non aveva annullato l’Abilità del rosso e questa aveva finito con il consumarlo.

«Te ne sei andato nel cuore della notte senza fornire spiegazioni. Pensavo fossimo amici» nonostante tutto Dazai trovò la forza di sorridere,

«Non hai mai pronunciato quella parola con leggerezza» gli fece notare

«E non l’ho fatto manco ora. Torna alla Port Mafia Dazai, tu sai di appartenere a questo mondo»

«Perchè sei rimasto, Odasaku?» il rosso abbassò lo sguardo.

«Non avevo tue notizie nè un altro posto in cui andare» Dazai lesse fra le righe, tra lui e Oda non servivano parole superflue. Era sempre stato così, in ogni realtà o universo. Bastava uno solo sguardo per intendere l’uno i pensieri dell’altro.

«L’hai fatto per proteggere i bambini» l’uomo annuì impercettibilmente. Erano sempre stati il suo punto debole. Anche quel particolare non era cambiato.

«Il Boss aveva perso entrambi i suoi diamanti, la Port Mafia andava riorganizzata, non potevo permettermi di..»

«Mi dispiace» eppure Dazai era certo dovesse esserci dell’altro. Il suo alter ego non avrebbe mai lasciato Odasaku. Per quanto la morte di Chuuya potesse averlo scosso non avrebbe mai abbandonato Oda. Non senza una valida ragione. Scusarsi non era sufficiente ma non sapeva che altro dire.

«Abbiamo perso fin troppo tempo» tagliò corto il Dirigente invitandolo a seguirlo con un cenno del capo.

«È stata una piacevole chiacchierata» sussurrò avanzando di un paio di passi.

Odasaku lo avrebbe condotto da Mori. Non si sarebbe trattato di una sorpresa, eppure c’era una parte di Dazai che aveva sperato fino all’ultimo di essersi sbagliato. Oda in fondo sembrava essere lo stesso uomo che aveva visto morire nel proprio universo, solo schiacciato dal peso di nuove responsabilità che gravavano sulle sue spalle. Dazai non gliene dava una colpa. Odasaku avrebbe fatto il possibile per proteggere quei bambini resi orfani dalle guerre delle Port Mafia. Forse lui stesso si era reso responsabile più o meno direttamente di quelle morti. Non voleva saperlo. Fissò la schiena del rosso davanti a lui, mentre percorrevano l’ennesimo corridoio. In quattro anni la Port Mafia non era affatto cambiata, era esattamente come l’aveva lasciata.

«Sei silenzioso» gli fece notare Oda prima di invitarlo ad entrare nel vano dell’ascensore che li avrebbe condotti all’ultimo piano di quell’edificio e all’ufficio del Boss.

«Ti confesso che avrei così tante cose da dirti che non saprei nemmeno da dove iniziare. Il silenzio non è male»

«Ripeto sei cambiato Dazai»

«Che mi dici di te?»

«Sono solo invecchiato»

«Sei tornato ad uccidere» non vi era traccia di accusa nel tono di voce di Dazai, solo un lieve accenno di tristezza. Odasaku abbassò di nuovo lo sguardo.

«Per un po’ mi ero illuso di poter cambiare vita. Avevo un sogno, una sciocca fantasia nella quale mi piaceva rifugiarmi per evadere dalla realtà. Volevo diventare uno scrittore. Un uomo mi disse che per esserlo avrei dovuto smettere di uccidere, in fondo chi toglie una vita non può scrivere della vita»

Non era la prima volta che Dazai ascoltava quel racconto ma nell’udire quelle parole non poté evitare di provare un’inspiegabile senso di gelosia verso quella figura misteriosa che aveva finito con l’influenzare tanto il destino di Odasaku. Era solo grazie a quell’uomo se le loro strade si erano intrecciate.

«A cosa stai pensando?» Domandò il rosso riportandolo alla realtà. Una piacevole sensazione di déjà-vu lo colse facendolo sorridere,

«Odasaku lo scrittore, avrei tanto voluto leggere una delle tue storie» era sincero. Nella prima realtà che aveva visitato non lo aveva fatto. Si era limitato a scorrere distrattamente le informazioni trovate in rete, come la trama di quel romanzo che aveva portato il sicario alla ribalta sulla scena internazionale. Odasaku accennò ad un sorriso,

«Non è detto che ne sarei stato in grado» ammise quasi imbarazzato

«Penso che avresti fatto un buon lavoro» sarei stato il primo a sostenerti.

L’ascensore terminò la propria corsa troppo velocemente. Dazai avrebbe voluto rimanere più a lungo in compagnia dell’amico. Era una lenta agonia, Odasaku non gli era mai parso così vicino ma allo stesso tempo così lontano.

«Non sono più l’uomo che ero quattro anni fa, Osamu»

Era già la seconda volta che lo chiamava per nome. Dazai sapeva che non si sarebbe mai potuto abituare a quel suono. Era una sensazione intima, familiare che stonava completamente con la situazione nella quale si trovavano. Oda non aveva mai mostrato tanta confidenza nei suoi confronti, nemmeno nella propria realtà. Fu questa sensazione agrodolce, germogliata in un punto imprecisato all’altezza del petto a ricordargli di come quello non fosse affatto l’Odasaku che aveva perduto, ma un individuo diverso. Era semplice lasciarsi trarre in inganno, sognare una realtà diversa, non necessariamente felice tuttavia possibile. In quel mondo, Oda Sakunosuke era sopravvissuto altri quattro anni. Non poteva essere una coincidenza o un caso.

«Mi dispiace» fu l’unica risposta che lasciò le labbra di Dazai piegate in un sorriso malinconico. Si rammaricava per un sacco di cose. Non essere arrivato in tempo per salvare Odasaku, non aver compreso prima il piano intricato di Mori, per aver dato molte cose per scontate. Era vero quanto raccontava quel detto, ci si rende conto del valore di una cosa solo quando la si perde.

Ma tu non hai perduto solo Odasaku. In questa realtà ad esempio…

La voce della propria coscienza tornò a tormentarlo, ricordandogli dettagli che avrebbe preferito dimenticare. Mori aveva scelto di sacrificare Chuuya, il perché ancora gli sfuggiva.

«La morte di Nakahara non è stata colpa tua» Dazai non era d’accordo. Era il solo a possedere la capacità di salvare il rosso dall’autodistruzione. Quella Lumaca si era sempre fidata di lui. Non ne aveva mai compreso il motivo o forse era l’ennesima azione che aveva preferito ignorare piuttosto che affrontare.

«Se Chuuya ha attivato Corruzione l’ha fatto con la certezza che sarei intervenuto in tempo per fermarlo. Si è sempre fidato di me e questo è il risultato»

Si guardarono negli occhi mentre le porte dell’ascensore si chiudevano alle loro spalle.

«Anche io mi fidavo di te» dopo quelle parole, Dazai smise di respirare mentre osservava il profilo dell’uomo accanto a lui. Non aveva mai visto un’espressione simile sul volto dell’amico, sembrava deluso, rammaricato per un qualcosa che ancora gli sfuggiva. Aveva davanti ai propri occhi vari i pezzi del puzzle che racchiudeva i dettagli di quel mondo ma non riusciva ad incastrarli come avrebbe voluto. Dazai sapeva di cosa aveva bisogno. Non disse nulla, limitandosi a seguire il Dirigente fino a un ufficio dall’aria familiare.

Il Boss Mori Ougai se ne stava comodamente seduto alla propria scrivania. Accolse entrambi con un cenno del capo e un sorriso fin troppo cordiale. Non sembrava minimamente sorpreso del loro arrivo, forse lo aveva previsto sin dall’inizio.

«Bentornato Dazai-kun, sono quattro anni che non ci vediamo. Mi scuso per l’increscioso disguido e l’incarcerazione ma come ben sai la prudenza soprattutto di questi tempi non è mai troppa. Indossi ancora il cappotto che ti ho comprato?»

L’ex Dirigente si sforzò di mantenere la calma. Era una provocazione bella e buona ma non sarebbe caduto in una trappola tanto infantile e prevedibile,

«Ovviamente l’ho bruciato» era la verità, pura e semplice. Dazai ricordava di aver dato fuoco a quel capo una volta tornato nel proprio appartamento. Lo aveva visto ardere lentamente, dilaniato dal dolore e dalla rabbia per la perdita di Odasaku.

«Allora caro Dazai, l’invito a tornare ad essere un Dirigente della Port Mafia è ancora valido»

«Non è forse stato lei a cacciarmi?» non poteva saperlo con certezza, ma ogni indizio raccolto sino a quel momento portava verso quella direzione.

Mori assunse un’aria fintamente sorpresa.

«Eh? Non te ne sei andato di tua iniziativa?» Dazai sorrise di rimando, scuotendo la testa

«Mori-san lei temeva che un giorno o l’altro le avrei tagliato la gola per diventare il nuovo Boss. Esattamente come lei ha fatto con il suo predecessore» fece una piccola pausa prima di aggiungere serafico «Un demone dà per scontato che gli altri siano demoni come lui»

Il sorriso che non aveva mai abbandonato il volto di Mori si allargò,

«Posso proporti uno scambio, mio piccolo Demone» Dazai si fece più attento. Poteva trattarsi dell’ennesima trappola ma era curioso di vedere dove il Boss sarebbe andato a parare con quella storia.

«Torna ad occupare il posto che ti spetta di diritto, sii nuovamente il mio braccio destro Dazai-kun e lascerò andare il ragazzo tigre»

«Che proposta allettante. Mi chiedo dove stia la fregatura» Mori non smise un attimo di sorridere incrociando le braccia sotto al mento prima di iniziare con lo spiegare.

«Con te al mio fianco la Port Mafia non avrà nulla da temere. Non ho bisogno di riscuotere la taglia sulla testa di quel ragazzino»

Dazai finse di rifletterci per qualche secondo, valutando i pro e i contro di quella proposta. La sola idea di tornare alla Mafia lo disgustava, d’altro canto gli avrebbe permesso di restare accanto a Odasaku per proteggerlo da ogni possibile minaccia. Avrebbe potuto utilizzare la propria posizione per scoprire altri dettagli sulla morte di Chuuya o su quella realtà in generale. Il ragazzino sarebbe stato liberato e l’Agenzia non avrebbe avuto bisogno di altro.

«Ho la sua parola Boss che Atsushi verrà rilasciato senza un graffio?» Mori recuperò un cellulare, compose un numero, attese qualche secondo,

«Liberate il cucciolo di tigre seduta stante» e riagganciò

«Bentornato alla Port Mafia, Dazai-kun»


 

***


 

«Non credevo che saresti tornato davvero» ammise Oda mentre lo accompagnava verso quelle che quattro anni prima erano state le sue stanze. Dazai non vi aveva mai soggiornato a lungo, il più giovane Dirigente nella storia della Port Mafia era solito fuggire da quella gabbia dorata alla prima occasione, scegliendo di trascorrere le proprie nottate nei posti più disparati. Aveva vissuto mesi in un container e prima ancora in una discarica abbandonata. Si ricordò del suo primo incontro con Odasaku, quando il sicario lo aveva raccolto ferito e privo di sensi di fronte alla porta propria abitazione. Sembrava essere trascorsa una vita da allora.

«Il Boss non mi ha lasciato molta scelta» ammise

«Sei sempre stato un pessimo bugiardo, avresti potuto rifiutare le sua offerta così come hai rifiutato la mia» il moro sorrise

«Così sembri quasi geloso»

«Quella tigre mannara è davvero così importante per te?» no, non lo era. Dazai manco conosceva quell’Atsushi ma sapeva quanto il proprio alter ego volesse salvarlo. Non era mai stato un buon senpai ma un amico gli aveva chiesto di diventare una persona migliore, prendersi cura degli orfani. Stava solo cercando di adempiere a quella promessa.

«Non sei contento del mio ritorno Odasaku?» l’uomo abbassò il capo,

«Lo sarei se fosse vero. Non giocare Dazai, non con me. Sappiamo entrambi come tu abbia un secondo fine in tutta questa storia»

«Se ti dicessi che qualcosa minaccia la Port Mafia e che anche la tua vita è in pericolo mi crederesti?» sembrava folle anche alle proprie orecchie ma non era riuscito a trattenersi. Aveva assistito troppe volte alla morte di quell’uomo.

«Sei cambiato davvero» lo sguardo deluso di Odasaku decretò la fine di quella conversazione. Lasciò il moro in piedi davanti alla porta del proprio appartamento consegnandogli un tesserino magnetico.

«Verrò domani mattina all’alba con i dettagli della prossima missione. Non uscire per nessun motivo. Oltre ad Akutagawa e Verlaine in molti non hanno preso bene la notizia del ritorno del figliol prodigo» Dazai si sforzò di sorridere.

«Akutagawa è diventato davvero forte. Presumo che sia merito tuo» Oda si irrigidì ma non si voltò,

«Era solo un ragazzino e tu l’hai abbandonato»

«Ho abbandonato tutti voi»

«Potevi parlarmene Dazai. Avrei potuto aiutarti»

«Sai perché non l’ho fatto» per lo stesso motivo per cui nella sua realtà aveva messo una bomba sotto l’auto di Chuuya. Per proteggerli.

Odasaku era una pedina pericolosa, lo era sempre stata. Aveva capacità notevoli ma si era sempre accontentato di ricoprire un ruolo marginale. Trovarlo alla dirigenza non era stata una gran sorpresa, senza Chuuya ben pochi nella Port Mafia potevano aspirare a ricoprire una tale posizione.

«Prima hai accennato ad una missione» cambiare argomento in quel momento gli sembrò essere la soluzione migliore,

«Il tuo ritorno è stato quasi provvidenziale, sebbene io non abbia mai creduto a certe coincidenze» fu la sola risposta che ottenne.

Oda aveva ragione. Non era frutto del caso se l’Abilità di Murray lo aveva condotto nel futuro. Dazai doveva solo scoprire quale minaccia incombeva sulle loro teste prima che fosse troppo tardi.

«Buonanotte Osamu» bastarono quelle parole a riportarlo alla realtà, ancora una volta il suono del proprio nome gli provocò una fitta al cuore.

«Buonanotte Odasaku» ti salverò a qualsiasi costo.


 

***


 

Dazai rimase immobile per qualche secondo sulla soglia di quel piccolo appartamento prima di decidersi ad entrare. Era tutto esattamente come l'aveva lasciato o come ricordava. Cercò tra i documenti della propria scrivania qualche possibile indizio sui fatti di quattro anni prima. Non trovò nulla. Anche il pc che aveva in dotazione, dopo una breve ricerca, gli aveva fornito le stesse informazioni già in suo possesso. Era di nuovo di fronte ad un vicolo cieco. Si lasciò cadere sul letto abbandonandosi ad un sospiro stanco e rassegnato meditando sulla prossima mossa.

Forse doveva semplicemente accantonare la morte di Chuuya e concentrarsi sulla possibile minaccia alla vita di Odasaku.

É questo che vuoi realmente?

No. Qualcosa gli suggeriva di come quei fatti fossero collegati. Fu allora che venne colto da un’illuminazione. Aveva bisogno di raccogliere altre informazioni.

Nonostante le raccomandazioni di Oda, decise di uscire dalle proprie stanze. Non sarebbe riuscito a chiudere occhio, tanto valeva impiegare il proprio tempo in qualcosa di utile.

Dazai aveva già incontrato sia Akutagawa che Verlaine, non sarebbero stati un grosso problema. Anzi avrebbe potuto sfruttarli per ottenere altri dettagli sul proprio passato o quello del rosso. Percorse il corridoio venendo attirato dal suono di alcune voci. Decise di seguirle cercando di essere il più discreto possibile.

«Dazai-san cosa ci fai tu qui?»

Era stato scoperto dopo una decina di passi. A parlare era stato un ragazzino dai curiosi capelli argentei dal taglio singolare. Era ammanettato e scortato da due energumeni armati alti il doppio di lui che sembrarono accorgersi della sua presenza solo in un secondo momento.

«Ehm ecco io» non sapeva cosa rispondere o come levarsi da quell’impiccio.

«Sta zitto moccioso. Ti sembra questo il modo di rivolgerti ad uno dei Dirigenti?» ruggì una delle guardie tirando un pugno allo stomaco del ragazzino, che si accasciò a terra piegato dal dolore,

«Dirigenti? Che vuol dire Dazai-san?» trovò la forza di domandare. Lo sguardo implorante che gli rivolse infastidì il moro. Si conoscevano? Dazai non lo poteva sapere, come non poteva rischiare di intromettersi in questioni che non lo riguardavano direttamente. Aveva altre priorità in quel momento.

«Che sta succedendo qui?» Akutagawa era appena comparso da dietro un angolo e si stava dirigendo a passo di marcia verso di loro. Il moro alzò gli occhi al cielo, ringraziando ironicamente la propria fortuna.

«Dove state portando Jinko?» Quelle parole bastarono per attirare l’attenzione del Dirigente. Quindi quel ragazzino dall’aria spaurita era il famoso Atsushi.

«Il Boss ha ordinato il suo rilascio immediato» spiegò uno degli uomini chinando il capo in segno di rispetto

«Perché mai avrebbe dovuto farlo?» Dazai alzò un braccio,

«Temo sia per causa mia»

«E tu cosa ci fai tu qui?» ringhiò il mastino attivando Rashomon

«Nessuno ti ha informato dei recenti sviluppi? Sono tornato alla Dirigenza» si affrettò a spiegare con noncuranza, esibendo il più falso dei sorrisi.

«Hai barattato il tuo ritorno con la liberazione della tigre» concluse il più giovane contraendo le labbra in una smorfia di puro disappunto.

«Bravissimo, sei sempre stato un po’ lento di comprendonio ma vedo che in questi quattro anni sei migliorato. Hai trovato subito la soluzione dell’enigma»

«Cosa vuol dire che sei tornato alla Dirigenza?» Atsushi si intromise nella conversazione fissando entrambi allarmato. Dazai sorrise, il proprio alter ego aveva nascosto il proprio passato, non doveva stupirsi per quella reazione di genuina sorpresa,

«Quattro anni fa ero il braccio destro del Boss della Port Mafia» iniziò con lo spiegare,

«Non può essere vero»

«Invece lo è. Questo bastardo era il mio superiore» sbuffò Akutagawa incrociando le braccia al petto.

«Non credere a nessuna delle sue parole Jinko. Dazai-san è il peggiore» l’uomo sorrise,

«Torna in Agenzia Atsushi-kun»

«Non posso farlo»

«Non possiamo liberarlo dobbiamo riscuotere la taglia…» dissero quasi all’unisono. 

«Gli ordini del Boss sono assoluti Ryuu. Fa il bravo bambino e anche tu Atsushi-kun torna a casa. Kunikida era terribilmente preoccupato» i due kohai lo guardarono sempre più confusi.

«Dazai-san»

«Ma Dazai-san» di nuovo avevano parlato insieme. Il Dirigente soffocò l’ennesima risata. Erano una bella accoppiata e dopo averli visti insieme ne aveva avuto la conferma.

«Ora sono molto impegnato, se volete scusarmi» fece per andarsene ma Akutagawa lo raggiunse, afferrandolo per la manica del cappotto.

«Come siete fuggito?» Dazai non poté evitare di sorridere di fronte a quell’ingenuità, decidendo di soprassedere sui modi fin troppo confidenziali dell'ex pupillo. Un tempo gli avrebbe fatto pagare cara quella sfacciataggine.

«Me ne sarei potuto andare in ogni momento ma speravo di ottenere delle informazioni»

«E le avete trovate?»

«Secondo te?» era divertente mettere alla prova quel ragazzino. Giocare con Akutagawa era stato uno dei suoi passatempi preferiti anche se non era irascibile quanto il proprio partner. Nonostante avesse professato più volte di odiarlo, la venerazione e il rispetto che provava nei suoi confronti erano palesi. Era questo particolare a differenziarlo da rosso insieme a tante altre piccole cose.

«Avete incontrato Oda-san»

«Bingo»

«Vi ha condotto lui dal Boss»

«Sei un vero detective, potresti seguire Atsushi-kun e iniziare a lavorare in Agenzia»

«Cosa state cercando?»

«Chuuya» Akutagawa si bloccò nel mezzo del corridoio annullando la propria Abilità Speciale,

«Cosa c’entra Nakahara-san? Sono passati anni dalla sua morte»

«Perchè pensi che io abbia lasciato la Mafia?»

«Oda-san ha detto che stato un ordine del Boss»

«E tu ci hai creduto davvero

«Non aveva motivo di mentire» Dazai abbassò il capo. Odasaku aveva sempre avuto un’aria paterna e rassicurante. Era così diverso da lui.

«Cosa sai della morte di Chuuya?»

«Ma che diavolo significa?»

«Rispondi alla domanda Ryuu o devo ricordarti quanto possa diventare pericoloso quando qualcuno disobbedisce ad un mio ordine?» Akutagawa fece un passo indietro. Gli occhi del Dirigente erano freddi, privi di ogni emozione o sentimento umano. Dazai-san non era cambiato.

«Stavamo indagando su quell’Organizzazione» iniziò incerto,

«La Mimic»

«Ero stato punito per aver agito di testa mia» Dazai tornò a sorridere, era avvenuta la stessa cosa nel suo mondo. Akutagawa aveva ucciso i prigionieri che tanto si era adoperato a catturare. Ricordava di essersi arrabbiato molto e di avergli sparato. 

«Si avevi fatto un ottimo lavoro» concesse ironico

«Mi spiace Dazai-san» un’ombra attraversò le iridi del moro, facendo brevemente riaffiorare il proprio passato. In quel momento era il Demone della Port Mafia a parlare,

«Mi sembrava di essere stato chiaro. Non mi servono le tue scuse»

«Chuuya-san tornò improvvisamente a Yokohama, corse in mio aiuto quando sfidai da solo il capo della Mimic» bastò questo a calmare Dazai. Pian piano ogni pezzo stava andando al proprio posto.

La Lumaca aveva sostituito Odasaku nel salvataggio di Akutagawa. In questo modo Gide non aveva scoperto l’Abilità dell'ex sicario bensì quella di Chuuya. Anche così però qualcosa sembrava sfuggirgli.

«Quel tizio europeo era completamente fuori di testa» fu allora che Dazai comprese.

«Cosa hai detto?»

«Tizio europeo?»

André Gide. La soluzione era sempre stata lì, davanti ai propri occhi. Gide aveva combattuto durante la Guerra che aveva sconvolto il continente europeo. Aveva avuto modo di vedere un’Abilità simile sul campo di battaglia.

«Esatto» rispose tranquillamente.

«Non capisco che sta succedendo?» Dazai gesticolò con fare annoiato

«Il nostro amico europeo si trova ancora nei sotterranei o ha deciso di vivere tra noi comuni plebei in superficie?» domandò. Akutagawa ci mise parecchi secondi prima di collegare,

«Verlaine-san dimora ancora nei sotterranei ma non credo sia una buona idea disturbarlo a quest’ora»

Bastò una sola occhiata per zittire il possessore di Rashomon.


 

***


 

Dazai sapeva a cosa sarebbe andato incontro. Era conscio della tempesta che le proprie parole avrebbero provocato. Stava per accusare più o meno direttamente Verlaine per la morte di Chuuya. Forse era davvero impazzito e quello era solo l’ennesimo maldestro tentativo di suicidio.

Dopo essere stato sconfitto, privato di gran parte del proprio potere l’ex Re degli Assassini aveva preferito rifugiarsi nei sotterranei della Port Mafia e collaborare con l’Organizzazione giapponese. Dazai poteva dire di aver compreso quella scelta, conoscendo il legame che univa il biondo con il possessore di Arahabaki.

Quando raggiunse i suoi appartamenti non fu sorpreso di trovarlo ancora sveglio, intento a leggere un libro in una qualche lingua europea.

«Non mi aspettavo una tua visita» furono le prime parole con le quali lo accolse.

«Vedo che hai accettato la proposta di Mori. Sei di nuovo nella Mafia» si affrettò ad aggiungere con la solita apatia che lo caratterizzava.

«Non sono qui per parlare di questo» Paul gli rivolse un sorriso stanco prima di mettere un segnalibro e richiudere il volume che teneva aperto sul proprio grembo.

«Ti ascolto»

«Ho scoperto la verità su quanto accaduto a Chuuya»

«Verità? Non credo di comprendere»

«Mi hai accusato di averlo ucciso»

«Sei forse venuto fin qui per negarlo?»

«Non sono arrivato in tempo per salvarlo. Hai ragione, Chuuya è morto a causa mia»

«Allora Dazai dimmi, perché sei qui?»

«André Gide. Ti dice qualcosa questo nome?» la sorpresa che lesse sul viso dell’ex spia durò solo un secondo

«Non vedo come…»

«Mi chiedo se Mori ti abbia mai mostrato il verbale sulla morte di Chuuya» disse porgendogli dei documenti che il francese si affrettò a recuperare dalle sue mani

«Qui è indicato il nome del dotato di Abilità contro il quale ha combattuto, colui che lo ha spinto ad attivare il proprio potere»

«André Gide»

«Aveva già visto l’abilità di Chuuya vero? Forse in Europa?» Verlaine scosse il capo,

«Conoscevo Gide solo di fama, come la storia della sua unità» Dazai si era aspettato una risposta diversa, tuttavia fu abile nel mascherare la propria delusione. Il biondo proseguì,

«Ricordo che Gide operasse da qualche parte sul fronte tedesco. Sicuramente avrà incontrato Arthur o quell’altro»

«Quell’altro?» Verlaine fece un rapido cenno con la mano, come a voler indicare di passare oltre e non soffermarsi su quel particolare di poco conto

«Non è importante, mi riferivo ad uno dei Poètes» concesse intuendo la curiosità di Dazai e impedendo qualsiasi domanda in merito.

«Forse mi sono sbagliato» si trovò ad ammettere il moro «Credevo che Gide avesse preso di mira Chuuya per un qualche motivo personale» come nella sua realtà aveva fatto con Odasaku, eleggendolo ad unico messia in grado di portarlo verso la redenzione

«Non era un ragionamento così sbagliato. Gide può aver riconosciuto la mia Abilità. Durante la Guerra tutti conoscevano la portata del mio potere. Può aver collegato Chuuya a me»

«Ma se non avevate conti in sospeso non vedo come…»

«Penso che esista ancora una taglia sulla mia testa. Ho fatto infuriare parecchia gente nel vecchio continente»

«Quel Poète di cui parlavi?»

«Oh lui è il meno pericoloso. Comunque non sarebbe stato una minaccia per Chuuya. Non gli avrebbe mai fatto del male» Dazai preferì non porsi domande in merito, a volte faticava a comprendere i discorsi di Verlaine. Era come se il biondo vivesse in una propria dimensione fatta di ricordi e rimpianti.

«Gide non può aver scambiato quella Lumaca per la Bête» ammise con rinnovata convinzione

«Non, certo che no, ma può averlo collegato a me. Forse sperava di attirarmi, usarlo come esca, anche se sono il primo ad ammettere come questa ipotesi sia piuttosto fantasiosa»

«Mori-san ha aiutato Gide ad entrare nel Paese. Faceva tutto parte di piano per ottenere una stupida licenza per l’utilizzo dei poteri» Verlaine lo fissò sorpreso

«Stai cercando di far ricadere le tue colpe sul Boss?»

«Ti sto solo riportando la realtà dei fatti. Spetta a te crederci o meno»

«Hai lasciato la Mafia perché ti sei sentito usato»

«Non so perchè io mi sia comportato in quel modo» per quanto Dazai si sforzasse non riusciva ancora ad accettare l’idea di aver abbandonato Odasaku per Chuuya

«Perché hai perso qualcuno di importante»

«Non parlare come se sapessi tutto»

«Come credi che mi sia sentito dopo la morte di Rimbaud? Il mio partner era morto in un Paese straniero, solo, senza ricordi del proprio passato. Tutto a causa mia»

«L’hai detto tu stesso che non si può cambiare il passato»

«Né tu né io però ci abbiamo mai creduto» il biondo fece un sospiro, ripensando ad una stagione lontana che non aveva nulla a che fare con il giovane Dirigente. Non riuscì ad impedirsi di sorridere, lui e quel ragazzino erano più simili di quanto gli sarebbe mai piaciuto ammettere.

«Perché Dazai, perché sei venuto da me proprio ora?» non riusciva a comprenderlo

«Forse per ricevere il tuo perdono. Un amico mi ha esortato a diventare una persona migliore eppure per quanto ci provi finisco con il commettere sempre gli stessi errori»

«Cambiare non è mai facile»

«Parli ancora per esperienza?» Verlaine sorrise in un modo che gli ricordò Chuuya,

«Può darsi. Sin dal primo momento in cui vi ho visti insieme ho capito perché fossi tanto importante per lui.»

«Mi dispiace per Chuuya» farò il possibile per salvarlo, insieme a Odasaku.

«André Gide lavorava per l’esercito tedesco. Lui e la sua unità sono stati usati dalle nazioni europee che hanno giostrato la guerra da dietro le quinte. Non solo i Poètes ma anche la Torre dell’Orologio e altre Organizzazioni europee erano coinvolte in questi giochi di potere. Il tuo Boss ha combattuto sul fronte. Sicuramente sa di cosa sto parlando»

«A quel tempo Mori-san era un medico»

«Come io ero una spia. Come vedi nella vita si cambia»

«Ti ringrazio Paul» il biondo fece un cenno col capo.

«Leggerò questo rapporto, se troverò una sola prova del coinvolgimento di Mori Ougai in questa storia nessuno lo potrà salvare dalla mia vendetta» Dazai sorrise.

«Fa ciò che credi, non sarò certo io a fermarti»


 

***


 

La mattina arrivò troppo presto. Dazai non aveva chiuso occhio ripensando alle parole di Verlaine. André Gide poteva aver visto in Chuuya una possibilità di riscatto. Il francese desiderava ardentemente la morte per espiare le proprie colpe ma forse in quella realtà era mosso da intenti differenti. Dazai aveva svolto delle ricerche in rete, effettivamente il Re degli Assassini figurava ancora come uno dei criminali più pericolosi e ricercati al mondo. La sua taglia era abbastanza alta da motivare le azioni di Gide? Non ne era sicuro. C’era ancora un tassello che sembrava sfuggirgli.

Alle prime luci dell’alba un leggero bussare lo riportò alla realtà. Si affrettò a spegnere il pc e sistemare gli appunti che aveva raccolto durante l’ennesima notte insonne. Quando aprì la porta Odasaku lo accolse con uno sbadiglio, al contrario di lui sembrava esausto.

«Buongiorno, hai fatto le ore piccole?» indagò porgendogli una sedia e una tazza di caffè, condite dal solito sorriso amichevole e sincero che riservava solo all’amico.

«Ho solo aiutato il Boss a risolvere un casino con dei trafficanti»

«Sembrano quasi i vecchi tempi in cui eri un semplice tuttofare» Odasaku prese un sorso,

«L’unica cosa che è cambiata da allora è il fatto che sia tornato ad uccidere» quelle parole fecero gelare il sangue nelle vene di Dazai. Soprattutto per il tono neutro con il quale erano state pronunciate.

«Se prima tentavo di risolvere certe questioni pacificamente ora preferisco arrivare subito al sodo. Ecco perché te lo chiederò solo una volta Dazai: che è successo ieri sera?»

«Non so proprio a cosa tu ti stia riferendo»

«Hai parlato sia con Akutagawa che con Verlaine. Le telecamere di sorveglianza hanno ripreso tutto. Sei troppo intelligente per esserti dimenticato di un simile particolare»

«Forse volevo che tu lo sapessi»

«A che pro?»

«Sto indagando sulla morte di Chuuya» Oda sbuffò contrariato,

«Ne abbiamo già parlato…»

«André Gide, l’uomo che ha combattuto contro di lui, il capo della Mimic, possedeva la tua stessa Abilità»

«Ma che stai dicendo?» Dazai gli pose una copia degli stessi documenti che aveva consegnato a Verlaine,

«Sto cercando di rimediare ad un errore, voglio essere una persona migliore»

«Pensi che basti questo a convincermi? Non posso fidarmi di te Dazai. Ti terrò d’occhio per tutta la tua permanenza alla Port Mafia» una parte del moro ne fu felice.

Oda bevve un altro sorso di caffè prima di aggiungere,

«Comunque il nostro prossimo incarico riguarda un’Organizzazione americana» Dazai si fece immediatamente più attento,

«Si chiama Guild» aveva già sentito quel nome

«Sono gli stessi che hanno messo la taglia sulla testa di Atsushi» Odasaku annuì,

«Per qualche ragione sembrano interessati al tuo amico. Mori-san ci ha chiesto di indagare. Con discrezione»

«Atsushi-kun dovrebbe essere già tornato in Agenzia»

«Data la situazione Akutagawa ha ritenuto opportuno trattenerlo e il Boss ha acconsentito alla sua richiesta»

Dazai strinse i pugni.

«Suvvia non arrabbiarti per così poco, aiutami ad indagare sulla Guild e il tuo amico Jinko potrà tornare a casa tutto intero.» Il moro alzò le spalle rassegnato.

Non conosceva praticamente nulla su quell’Organizzazione d’oltreoceano. Aveva trovato solo qualche notizia frammentaria sul nuovo e giovane leader che li guidava ma poco altro.

«Abbiamo una pista?» domandò afferrando il proprio cappotto.

«La loro nave è ormeggiata al porto»


 

***


 

Dazai aveva scordato la sensazione data nel lavorare a stretto contatto con Odasaku. Si sorprese nell’osservare il proprio amico, incantandosi sulla sua figura più volte di quanto sarebbe stato disposto ad ammettere. Oda sapeva ciò che doveva fare, aveva esperienza, fisicità, sembrava perfetto per un’operazione sotto copertura come quella. Ripensò a Chuuya e all’ultima disastrosa missione che avevano svolto insieme, quando Dazai aveva tentato, senza successo, di farlo vestire da donna per impersonare sua moglie.

«Perché sorridi?»

Odasaku era attento ai dettagli. Riusciva ad intuire ogni suo cambio d’espressione o stato d’animo. Anche quello non era cambiato. Non importava in quale mondo si trovasse, Oda Sakunosuke sarebbe sempre rimasto la persona per lui più importante.

«Pensavo a Chuuya» si trovò ad ammettere quasi imbarazzato.

«Ovviamente» c’era una sottile nota di fastidio nella voce del rosso che Dazai non riuscì ad interpretare. Prima che gli potesse chiedere spiegazioni però si sentì afferrare per un braccio, finendo schiacciato contro il petto dell'ex sicario.

«Sta zitto» gli intimò stringendolo a sé

«Ma cosa?»

«Non vogliamo farci scoprire. Una guerra tra la Port Mafia e la Guild è l’ultima cosa di cui al momento abbiamo bisogno» Dazai si trovò ad annuire.

«Siamo qui solo per ottenere informazioni»

«Esatto»

«Allora perché Akutagawa si trova sul ponte della nave?» Oda seguì con lo sguardo il punto indicato da Dazai,

«Quel ragazzino si farà ammazzare» il moro trattenne a fatica una risata

«Nah lo abbiamo cresciuto bene. Non morirà ma sicuramente farà scoppiare una guerra»


 

***


 

Atsushi era sfuggito al controllo di Akutagawa e mentre cercava di tornare in Agenzia era stato rapito dalla Guild. Il mafioso li aveva inseguiti fino al porto, da lì spiegato il motivo per cui ora si trovava su quella nave.

«Quindi volevi solo salvare il tuo caro Jinko» concluse Dazai divertito dalla piega assunta dall’intera vicenda. Odasaku aveva appena terminato con la propria ramanzina e lui aveva pensato di alleggerire la tensione con quella battuta.

«Non mi sembra il caso di scherzare» lo riprese l’ex sicario.

«La Port Mafia non si farà coinvolgere in una guerra tra Organizzazioni» concluse Dazai riacquistando un cipiglio serio, fissando con la coda dell’occhio il possessore di Rashomon, in quel momento fin troppo silenzioso.

«Vuoi davvero lasciare la tigre mannara a queste persone?» gli domandò all’orecchio non appena Oda si fu allontanato. Il Demone Prodigio sorrise con fare complice,

«Ovviamente no. Ora va. Distrarrò Odasaku in modo che tu possa correre a salvare il tuo amato Jinko» Akutagawa arrossì fino alla punta delle orecchie,

«Io.. non.. Dazai-san non farti idee sbagliate..voglio ammazzarlo» si trovò a balbettare.

«Certo, certo, ne sono sicuro, ora va» disse dandogli una pacca sulla spalla.

Proteggi gli orfani

Ci stava provando.


 

***


 

«Perché l’hai lasciato andare?» Dazai fece spallucce, specchiandosi negli occhi blu del Dirigente seduto accanto a lui.

«Akutagawa è sempre stato forte ma allo stato attuale possiamo considerarlo come una spada senza un fodero. Ha bisogno di qualcosa che lo sproni e lo spinga a dimostrare appieno il proprio potenziale»

«E pensi che quel fodero possa essere Nakajima Atsushi?» il moro si trovò ad annuire con rinnovata decisione

«Insieme potrebbero eguagliare persino la vecchia Soukoku» fu il turno di Oda di sorridere,

«Ed ecco che torni a parlare di Chuuya» Dazai sembrò sorpreso da quell’affermazione, come dal tono di voce usato dall'ex tuttofare.

«Cosa stai insinuando?» ma in quel momento un’esplosione catturò l’attenzione di entrambi.

Non appena il fumo proveniente dalla baia si diradò videro Akutagawa impegnato in un combattimento contro non uno ma ben due membri della Guild.

«Non hai insegnato a quel ragazzino a come non attirare l’attenzione?» sbuffò Odasaku prima di impugnare le proprie pistole. Dazai sorrise complice,

«Credevo che l'avessi fatto tu in questi quattro anni»

«Sta indietro Osamu»

«Guarda che so badare a me stesso» rispose quasi offeso

«Non lo metto in dubbio ma al momento dobbiamo agire con cautela. Se si dovesse scoprire che ben due Dirigenti sono coinvolti»

Dazai si fece da parte. Non disponeva di informazioni sufficienti per stabilire il grado di pericolosità della Guild, forse avrebbe dovuto fermare Odasaku. Impedirgli di combattere. In qualsiasi caso era troppo tardi, il rosso era partito all’attacco.

Non si accorse di essere osservato.

«Non ti muovere» intimò una voce sconosciuta alle proprie spalle puntando un’arma alla sua tempia. Dazai prese un lungo respiro.

«Deve esserci un errore. Sono qui solo per fare una passeggiata» rispose cordialmente prima di venire interrotto dal rumore di uno sparo. L’uomo cadde a terra con un foro nel cranio. Era stato un colpo perfetto, preciso, pulito, dalla traiettoria impeccabile. Poteva essere stata solo una persona, un cecchino professionista.

«Odasaku» mormorò guardandosi intorno.

«Ti avevo avvisato di fare attenzione» quando i loro sguardi si incrociarono sorrisero entrambi.

Dazai non poteva credere ai propri occhi. Aveva sempre saputo delle abilità del proprio amico ma vedere Oda all’opera era uno spettacolo al quale non avrebbe mai pensato di poter assistere. Odasaku uccideva senza esitazione e con una precisione quasi disumana. Grazie a Flawless poteva prevedere gli attacchi del nemico e con questo vantaggio in pochi minuti aveva sbaragliato completamente il piccolo esercito che la Guild aveva posto a guardia della nave.

C’erano stati dei momenti in cui Dazai aveva quasi scordato di trovarsi in una realtà alternativa. Riavere Odasaku al proprio fianco, ridere e scherzare con lui gli avevano quasi fatto perdere di vista il proprio obiettivo. Forse in quel mondo Oda era al sicuro. Forse la sua ricerca era terminata e potevano vivere insieme. Distratto da questi pensieri non si accorse dell’imminente attacco nemico. Solo quando avvertì il corpo di Oda cadere contro al proprio Dazai tornò alla realtà.

Cercò di afferrarlo quando qualcosa di caldo bagnò la propria mano.

No. Non poteva essere vero.

Non di nuovo.

«Odasaku»


 

***


 

Quando Akutagawa e Atsushi giunsero sul molo si trovarono davanti agli occhi una scena surreale. Oda Sakunosuke era steso a terra in un lago di sangue, Dazai era chino su di lui e cercava di fare il possibile per tamponare la ferita lungo il suo fianco. Anche il giovane Dirigente aveva i vestiti imbrattati di rosso ma non sembrava curarsene.

«Sono stato uno stupido, Odasaku perdonami» mormorò tra le lacrime.

«Va tutto bene»

«Risparmia il fiato. No non va bene, dobbiamo subito portarti da un medico»

«Dazai»

«Cosa?»

«Ormai è troppo tardi, non mi restano che pochi minuti»

«Non è vero. Mi rifiuto di accettarlo»

«Dazai ascoltami» il moro si bloccò. Era la stessa supplica che aveva sentito nella propria realtà. Oda aveva usato il medesimo tono di voce mentre alzava debolmente un braccio per accarezzargli il volto rigato dalle lacrime. Fu come vivere l’ennesimo déja-vu.

«Mi dispiace Osamu. Per tutto»

«Non avrei mai dovuto lasciare la Mafia, abbandonarti, sei tornato a uccidere per causa mia. Hai rinunciato al tuo sogno per un mio errore» Odasaku trovò la forza di sorridere,

«La morte di Chuuya non è stata colpa tua. Eravamo tutte delle pedine in quella storia. Non ti biasimo per essertene andato. Avrei così tanto voluto seguirti»

«Perché non lo hai fatto?»

«Lo sai il perché»

«Non doveva finire in questo modo»

«Sono io il responsabile della morte di Chuuya»

«Ma che diavolo stai dicendo?»

«Il Boss mi aveva dato l’ordine di tenerti lontano da lui. Sono stato io a chiuderti nei tuoi appartamenti mentre Chuuya veniva consumato dalla sua stessa Abilità. Per tutto questo tempo ho solo desiderato ricevere il tuo perdono. È questa la ragione per cui sono tornato ad uccidere. Dopo ciò che avevo fatto a Nakahara nulla mi avrebbe salvato dalla dannazione eterna. Non avrei comunque potuto realizzare il mio sogno, non con il peso di quella colpa sulla coscienza»

«Odasaku»

«Perdonami Dazai, non avrei mai voluto ferirti. Sei cambiato, ti sei messo dalla parte di chi salva le persone. Sei migliorato un pochino»

«Non è vero, ho ancora così tanta strada da fare, tanto da imparare»

«Sono orgoglioso di te. Penso che incontrarti sia la cosa migliore che mi sia mai capitata» sussurrò prima di chiudere gli occhi. Per sempre.

«Odasaku. Sei un idiota»

Dazai non poteva credere a quanto appena accaduto. Oda era morto tra le sue braccia. Di nuovo. Si era svolto tutto troppo velocemente perché potesse realizzarlo. Un attimo prima ridevano e scherzavano sulla condotta di Akutagawa e quello dopo si trovava a stringere il cadavere dell’amico in un lago di sangue.

«Non è giusto» fu tutto ciò che riuscì a dire abbracciando quel corpo ormai senza vita.

«Quante volte ancora dovrò vederti morire?»

Fu allora che le ultime parole di Oda gli tornarono alla mente. Finalmente ogni pezzo del puzzle era andato al proprio posto.

Mori aveva deciso di sacrificare Chuuya utilizzando Odasaku per separarlo dal proprio partner. Gide, aveva poi provocato il rosso che si era trovato costretto a liberare Arahabaki. Dazai però non era riuscito a salvarlo rimanendo imprigionato nei propri appartamenti. Per questo aveva abbandonato la Port Mafia e Oda. Il Dazai di quell’universo aveva sempre saputo la verità per questo aveva deciso di cambiare vita.

L’ex mafioso si chiese cosa avrebbe fatto al suo posto.

Aveva appena perso Chuuya e scoperto come il responsabile fosse Odasaku.

Mentre ora li aveva persi entrambi, era quasi peggio della realtà precedente. Si prese il volto tra le mani abbandonandosi ad un nuovo dolore. Nel mondo del Boss Dazai, Chuuya era al proprio fianco, come lo era stato in ogni realtà che aveva visitato fino a quel momento. Per la prima volta Dazai si trovò completamente solo.

«Dazai-san» la mano di Atsushi sulla sua spalla lo fece sussultare.

«Dazai-san dobbiamo andarcene da qui, tornare alla Port Mafia per fare rapporto» le parole di Akutagawa suonarono così vuote alle sue orecchie.

«Lasciatemi qui»

«Non scherzare Dazai. Dobbiamo andarcene»

«Non possiamo lasciare Odasaku»

«Ormai è morto» lo sguardo che Dazai gli rivolse ebbe il potere il far indietreggiare anche il pericoloso mastino della Port Mafia,

«Tutto questo è successo anche per causa vostra» esordì accusando entrambi i kohai,

«Tu ti sei fatto rapire come un idiota e tu sei dovuto correre in suo soccorso. Siete davvero due mocciosi» era la rabbia a farlo parlare in quel modo. Ormai Dazai aveva perso il controllo delle proprie emozioni. Era guidato solo dal proprio dolore che lo stava consumando dall’interno.

«Con tutto il rispetto, Oda-san vi ha fatto da scudo con il proprio corpo. È morto per proteggervi» alle parole di Akutagawa il Dirigente parve calmarsi.

«Ero io che dovevo salvarlo. Sono venuto sin qui per questo, per salvarlo»

Entrambi i ragazzi si scambiarono occhiate confuse.

«Ho provveduto a neutralizzare ogni altra possibile minaccia, ora però dobbiamo tornare alla Port Mafia»

«Odasaku, non posso lasciarlo. Non voglio lasciarlo»

«Jinko prendi il corpo di Oda-san e vieni con noi» il ragazzo tigre fece come detto troppo sconvolto per protestare.


 

***


 

Da quel momento in poi una serie di ricordi confusi affollarono la mente dell'ex più giovane Dirigente della storia della Port Mafia. Akutagawa e Atsushi lo riportarono nelle proprie stanze, lo aiutarono a ripulirsi dal sangue di Odasaku e lo misero a letto. Il ragazzo tigre poi tornò in Agenzia informandola di quanto successo.

Dazai non seppe dire quanto tempo trascorse nel proprio letto, dormiva solo che per qualche ora per poi svegliarsi in preda agli incubi sulle varie morti di Oda alle quali aveva assistito. Non voleva mangiare né vedere nessuno. Doveva solo riacquistare le forze per utilizzare la propria Abilità e tornare alla realtà originale.

Fu in quel momento che Verlaine bussò alla sua porta. Era l’ultima persona che Dazai si sarebbe aspettato di incontrare.

«Oda Sakunosuke. Fu lui a tenerti lontano da Chuuya» fu tutto ciò che disse prendendo posto accanto al letto.

«Lo so. Prima di morire ha chiesto il mio perdono»

«E tu glielo hai concesso?»

«Non ho fatto in tempo»

«Non posso accusare Mori di quanto successo come non posso radere al suolo questo posto» si trovò ad ammettere il francese con riluttanza,

«E io non posso riportarti Chuuya»

«Risparmiatelo Dazai. I morti non possono tornare in vita» il moro avrebbe voluto dissentire. Si era imbarcato in quella folle avventura per provare il contrario, per riavere Odasaku al proprio fianco.

«Hai perso sia Chuuya che Oda. Posso comprendere il tuo dolore»

«Credevo che un essere artificiale non conoscesse certe emozioni umane»

«Sai cosa intendo Dazai»

«Somigli molto a quella Lumaca» Verlaine si sforzò di sorridere,

«Penso sia inevitabile»

«Anche se non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, Chuuya era contento di averti alla Port Mafia»

«Ho sempre desiderato una sola cosa, la sua felicità. Non volevo che crescesse come me, che diventasse un’arma al servizio di qualche governo»

«Grazie a te Chuuya ha potuto scegliere il proprio destino»

«Ha scelto comunque l’oscurità»

«Ha trovato un posto dove potesse essere se stesso. Dove nessuno cercasse di sfruttarlo per la propria capacità»

«Teneva molto a te»

«Lo so»

«Tempo fa mi hai domandato come fossi riuscito ad andare avanti senza Rimbaud. La verità è che non l’ho fatto. Una parte di me è morta insieme a lui. Così mi sono concentrato su Chuuya, in fondo era tutto ciò che mi restava di Arthur e non serve aggiungere altro.»

«Fino a questo momento sono riuscito ad andare avanti solo grazie a lui» Paul lo fissò confuso,

«Avevo perso Odasaku ma potevo comunque contare sulla presenza di quel piccolo irascibile al mio fianco. Risvegliarmi ora in un mondo senza di lui…»

«Non possiamo cambiare il passato Dazai. Il destino di Chuuya era già scritto»

«No» non lo avrebbe mai accettato. Stava combattendo quella crociata per salvare Odasaku, perdere anche Chuuya era un’ipotesi che si rifiutava di prendere in considerazione.

«Se tu avessi la possibilità di cambiare le cose, di riavere Rimbaud nella tua vita cosa faresti?» l’ex spia gli sorrise prima di alzarsi e voltargli le spalle, uscendo da quelle stanze senza degnarlo di una risposta.

Dazai si sorprese per quel comportamento.

Si rimise sotto le coperte cercando di riordinare i propri pensieri. Futuro o meno aveva finito col perdere nuovamente Odasaku. Scosse la testa. Doveva fare tesoro di quell’esperienza. Aveva avuto modo di scrutare nel proprio futuro, realtà alternativa o meno. Una volta tornato nel proprio mondo, Dazai avrebbe indagato su quella Guild come su André Gide e il suo ruolo durante la Guerra in Europa.

Non avrebbe rinunciato, si sentiva ad un passo dal trovare finalmente una realtà ideale. Avrebbe salvato Odasaku. Questa sarebbe stata la sua ultima occasione. Avrebbe fatto ancora un tentativo poi si sarebbe arreso a quel destino beffardo che sembrava divertirsi nel prendersi gioco di lui.

Chiuse gli occhi preparandosi ad attivare la propria Abilità.

Fuori dalla porta Paul Verlaine sorrise.

«Buona fortuna Dazai» si limitò a sussurrare.



 


 

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Capitolo 17
*** If I Never Faced that Demon ***



 

Tornare nella propria realtà fu una sensazione liberatoria per Dazai anche se le parole di Verlaine e soprattutto le immagini dell’ennesima morte di Odasaku continuavano ad essere impresse nella sua mente. L’ex dirigente si sentiva ad un passo dall’impazzire, non faceva in tempo ad incontrare Oda che per un motivo o per l’altro si ritrovava a stringere il suo cadavere. Era assurdo, come vivere un lungo incubo senza fine.

Quando Dazai riaprì gli occhi non fu sorpreso di trovare Ango al proprio fianco. Era nell’appartamento che l’amico aveva messo a sua disposizione anche se gli sembrava trascorsa un’eternità dall’ultima volta che vi aveva riposato o anche solo trascorso qualche ora.

«Quanto tempo è passato dalla morte di Odasaku?» fu la prima cosa che domandò, scostando le coperte quel tanto che bastava per potersi mettere seduto. Ango rimase per una manciata di secondi ad osservare il profilo dell’ex mafioso, cercando di fare il possibile per nascondere sia la propria preoccupazione che il disagio provocato nell’udire quella domanda. Anche per l’impiegato governativo la perdita di Oda restava un tasto dolente. Stava facendo del proprio meglio per aiutare Dazai anche se si rendeva perfettamente conto di quanto la situazione gli fosse pian piano sfuggita di mano. Sakaguchi Ango desiderava fare ammenda per i propri errori ma non aveva messo in conto i sentimenti di Dazai o la forza di quel legame che lo univa al tuttofare. Il Demone Prodigio si era trasformato in una mina vagante, completamente in balia delle proprie emozioni.

Quante volte era finito con l’assistere alla morte di Oda? Eppure non sembrava intenzionato ad arrendersi. Per un solo istante Ango ammirò quella determinazione, ma poi come sempre il proprio lato razionale finì con il prendere il sopravvento.

«Quasi due settimane. Sono trascorsi dodici giorni» si limitò ad informarlo sistemandosi meglio gli occhiali sul naso. Dazai si fece pensieroso. Dal suo punto di vista era passato molto di più.

Si sforzò di sorridere, prima di iniziare a stiracchiarsi come un felino.

«L’ho perso di nuovo» di fronte a quell’ammissione Ango non rispose. Quando l’ex dirigente era comparso davanti ai suoi occhi e a quelli di Murray, era bianco come un cadavere. Gli era svenuto tra le braccia dopo aver compiuto un paio di passi. Solo il fatto che Dazai fosse tornato implicava di per sé un fallimento.

«Cosa hai intenzione di fare?» si azzardò a domandare l’impiegato, anche se una parte di lui temeva di conoscere già la risposta,

«Ancora un tentativo»

«Dazai-kun»

«Non preoccuparti. Sarà l’ultima volta. So bene che non posso continuare in eterno su questa strada ma soprattutto so che Odasaku non lo avrebbe voluto»

«Posso sapere cosa è successo?» Dazai gli regalò un sorriso stanco, malinconico eppure per certi versi ad Ango quell’espressione sembrò fin troppo familiare, era il giovane dirigente quello che si trovava davanti ai suoi occhi, quel Demone Oscuro la cui sola presenza bastava per annichilire i conflitti.

«Da dove posso iniziare» esordì incrociando le braccia al petto, riprendendo il solito piglio allegro,

«Oh giusto in questa realtà mi sono ritrovato nel futuro» concluse divertito,

«Futuro?» Ango alzò un sopracciglio perplesso chiedendosi se fosse una metafora o una presa in giro,

«Esatto, l’Abilità di Murray mi ha portato di ben quattro anni nel futuro…»

Ango ascoltò in silenzio. Ogni parola uscita dalle labbra di Dazai sembrava assurda, anche se verosimile. Nel corso della propria vita l’impiegato aveva assistito a fin troppi avvenimenti privi di senso o logica. La decisione di Mori di sacrificare Oda era solo l’esempio più recente. Per Sakaguchi Ango il mondo non era mai stato bianco o nero ma composto da innumerevoli scale di grigio. Era stato questo pensiero a spingerlo ad aiutare Dazai, insieme ovviamente al proprio senso di colpa. Prese un lungo respiro, l’ennesimo di quella giornata,

«Quindi, secondo la tua ipotesi è il destino di Oda ad essere segnato?» Dazai scosse il capo,

«Sarebbe molto più semplice se si trattasse solo di quello. Penso che Next Dimension in qualche modo riesca a riconoscere il preciso istante in cui la vita di Odasaku è in pericolo. Non si limita a mandarmi in un’altra realtà, c’è una logica consequenziale, come uno schema dietro ad ogni viaggio»

«Quindi il potere di Murray è molto più pericoloso di quanto sembri» Dazai fece un cenno di assenso prendendo a fissare un punto imprecisato al di fuori della finestra. Giorno, notte, ormai aveva perso completamente la cognizione del tempo. Era esausto ma non si sentiva ancora pronto a gettare la spugna. La sua mente era in cerca di risposte. Comprendere quell’Abilità forse lo avrebbe aiutato in quella personale battaglia. Si passò una mano sul volto scostandosi alcune ciocche, portandosele elegantemente dietro ad un orecchio.

«Queste sono solo mere supposizioni, tutto trae origine dal mio desiderio di salvare Odasaku quindi quest’analisi potrebbe non risultare obiettiva. Ciò non toglie che Murray-kun possieda una capacità notevole»

«Ma se fosse vero e se Leinster Murray imparasse a controllare la propria Abilità…»

«Lascio volentieri l’onere di questi problemi alla Divisione e al governo giapponese» concluse l’ex mafioso con un sorriso divertito a dipingergli il volto.

«In merito a questo Dazai-kun…»

«Non mi unirò alla Divisione» lo anticipò e Ango si abbandonò all’ennesimo sospiro rassegnato.

«Non era ciò che intendevo»

«So che stai tentando di cancellare il mio passato» non era una domanda. Dazai come sempre aveva previsto ogni sua mossa. Solo la morte di Odasaku sembrava essere stata in grado di sorprendere il più giovane dirigente nella storia della Port Mafia.

«É il minimo che io possa fare» si sentì in dovere di specificare l’impiegato.

«Quanti favori hai chiesto? Non sei il tipo che si sporca le mani»

«Non preoccuparti, è il solo modo che conosco per espiare questa colpa» Dazai abbassò il capo, accettando quella spiegazione.

«Sai, c’erano dei dettagli che in ogni realtà nonostante tutto rimanevano immutati» iniziò con il raccontare «Io sono una creatura destinata a vivere nell’oscurità, non importa cosa faccia o come, finirò sempre con il ferire le persone. Però ho promesso a Odasaku che sarei migliorato» confessò abbozzando un sorriso cercando di scacciare il ricordo di quella scena dalla propria mente.

«Sono certo che tu stia facendo del tuo meglio» e Ango lo pensava davvero

«A volte fare il proprio meglio non è sufficiente»

«Perché continui a farti del male?»

«Hai forse dimenticato che sono un aspirante suicida?»

«Ero serio Dazai-kun, penso che tu abbia fatto più che abbastanza»

«Un’ultima occasione. Ho bisogno di sapere di aver fatto tutto il possibile per salvarlo»

«Sono solo preoccupato per te» Dazai abbassò il capo, leggermente sorpreso da quelle parole

«Quando si possiede uno specchio già rotto, non ha molta importanza se si frantuma in altri pezzi, giusto?»

«Se i suoi cocci continuano a sbriciolarsi però lo specchio finisce con il scomparire» l’ex dirigente finalmente tornò a guardarlo negli occhi. Ango deglutì. Il Dazai che aveva davanti agli occhi sembrava l’ombra di se stesso, le sue iridi erano nere e vuote. Dopo quella che parve un’eternità riprese a parlare,

«Ango. Hai già fatto abbastanza. Portami un pc così ti scriverò l’ennesimo rapporto»

«Non mi serve un rapporto ma la certezza che starai bene» non capitava spesso che Sakaguchi Ango arrivasse a perdere la pazienza. Quando l’impiegato governativo raggiungeva livelli di stress elevati semplicemente esplodeva. Dazai sapeva riconoscere tutti i segnali che precedevano un tale avvenimento, così come era in grado di prevedere le sfuriate di Chuuya. Il rimando al proprio partner fu inevitabile quanto doloroso ma non riuscì ad evitarlo.

«Un ultimo tentativo Ango, in fondo me lo devi» non voleva giocare quella carta ma l’impiegato non gli aveva lasciato molta scelta. Far leva sul suo senso di colpa era la strategia migliore. Contrariamente a lui Sakaguchi Ango era una brava persona.

«Starò bene» aggiunse dopo qualche minuto, anche se dall’espressione comparsa sul suo volto non sembrava crederci nemmeno lui.

«Cerca di riposare» come sempre Ango aveva finito con l’arrendersi di fronte alle richieste di Dazai. L’impiegato non avrebbe mai pensato che quella storia potesse andare tanto per le lunghe. Forse perché non aveva mai creduto per davvero alla possibilità di riportare indietro Odasaku. Aveva semplicemente sperato di espiare le proprie colpe, aiutando Dazai a superare quel lutto.

Ango avrebbe vissuto il resto della propria esistenza consumato dal rimorso per quanto successo, il minimo che poteva fare in quel momento era salvare Dazai da se stesso. Era una sua responsabilità. Avrebbe continuato ad agire nel proprio interesse sperando nel frattempo di arrivare a guadagnarsi il suo perdono.

Il primo errore di Ango era stato quello di non aver compreso i sentimenti di Dazai così come non era riuscito a leggere oltre i comportamenti di Oda. La spia governativa aveva sempre agito nell’interesse della propria missione, cercando di non tradirsi di fronte alle uniche due persone che era arrivato a considerare come amici.

«In fondo tu non hai mai creduto che l’Abilità di Murray potesse aiutarmi» Ango si era aspettato una risposta simile. Prese un lungo respiro prima di decidersi ad afferrare la maniglia della porta davanti a lui,

«Sappiamo entrambi che non ti è mai importato nulla della mia opinione» il sorriso che mai aveva abbandonato il volto di Dazai si allargò

«Quando vuoi sai essere un vero stronzo Sakaguchi Ango»

«Mi dispiace. Vorrei ricordarti che Oda era anche un mio amico» aggiunse prima di lasciare la stanza.

Dazai si passò una mano sul volto. Come poteva dimenticarlo. Non appena chiudeva gli occhi le immagini di quelle serate trascorse insieme al Lupin gli tornavano alla mente. Quel legame che loro tre avevano condiviso, quel qualcosa impossibile da definire a parole ma che li aveva avvicinati. Ango e Odasaku erano stati i suoi primi amici.

Non scordarti di Chuuya.

La voce della propria coscienza stava iniziando a diventare fastidiosa. Non avrebbe potuto dimenticare quella Lumaca nemmeno volendo. Non dopo essere tornato da una realtà dove quel microbo era morto.

Durante la conversazione avvenuta con Ango, Dazai aveva fatto il possibile per non pensarci. Aveva preferito concentrarsi sull'idea di futuro e sulle implicazioni che avrebbe potuto avere questa scoperta sull’Abilità di Murray.

L’ultima realtà che aveva visitato lo aveva lasciato con più dubbi che certezze. Erano troppe le cose che non tornavano, esattamente come le sibilline dichiarazioni ottenute da Verlaine.

Interrogare la spia francese era fuori discussione, non sarebbe tornato alla Port Mafia. Tuttavia quelle parole continuavano ad agitarsi nella sua mente. Di norma Dazai non vi avrebbe dato troppo peso, ma questa volta era diverso. Era come se Verlaine stesse parlando per esperienza, come se avesse vissuto sulla propria pelle qualcosa di simile.

Quel mostro era fin troppo umano, così come lo era Chuuya.

In quella storia il solo Demone era Dazai. Era lui che aveva iniziato una personale battaglia contro il fato perché incapace di affrontare il dolore per la perdita della persona amata. Ed era sempre lui che continuava a perdere ogni match di quella partita.

Se Verlaine si era arreso, lui non poteva permettersi di farlo.

Aveva bisogno solo di un ultimo tentativo ma soprattutto di ottenere delle risposte.


 

***


 

Così aveva ceduto alla propria curiosità ed era riuscito ad organizzare un incontro con Verlaine. L’ex Re degli Assassini godeva di una certa libertà all’interno della Port Mafia, essendo da poco stato promosso al grado di dirigente. L’ex spia francese aveva scelto di propria sponte di unirsi all’Organizzazione giapponese, così come aveva accettato di incontrare Dazai in piena notte, in una vecchia discarica abbandonata nei pressi del distretto di Suribachi.

«Che familiare sensazione di déjà-vu» esordì il più giovane non appena riconobbe la figura del biondo avvicinarsi all’edificio fatiscente che aveva scelto come rifugio.

«Non ho tempo da perdere ragazzino, parla» il francese non era cambiato dal loro ultimo incontro, anche in realtà differenti Paul Verlaine manteneva sempre la propria compostezza e un certo allure di mistero. Oltre che vantare una somiglianza impressionante con un ragazzino dai capelli rossi a cui Dazai si stava sforzando di non pensare.

Chuuya apparteneva al passato, a quella vita che aveva abbandonato.

«Mi scuso per il poco preavviso così come per il luogo scelto per il nostro rendez-vous. Sono felice che tu abbia accettato il mio invito» l’espressione sul viso del biondo non mutò. Dazai aveva dovuto fare ricorso ai propri trucchi migliori per convincere l’assassino ad abbandonare il proprio covo. Verlaine non si era recato lì di sua volontà ma perché obbligato dalle parole di quel giovane Demone.

«É vero ciò che si dice? Hai abbandonato la Port Mafia?» domandò con una punta di malcelata curiosità. Il moro gli sorrise, facendo un paio di passi in avanti e uscendo dalla penombra nella quale si era rifugiato.

«Perché credi che ti abbia dato appuntamento in una discarica? Se avessi potuto sarei venuto a trovarti nei sotterranei, a proposito come prosegue l’addestramento della mia piccola Gin? Ha del talento non credi?»

«Dazai» il francese stava iniziando ad innervosirsi. Anche in questo era simile a Chuuya, entrambi non possedevano molta pazienza.

«Si. Ho lasciato la Port Mafia» si trovò ad ammettere con un’alzata di spalle, come se non stessero discutendo di un possibile tradimento,

«Perché?» di fronte all’ennesima domanda, l’espressione sul volto del più giovane mutò, trasformandosi in una maschera più seria, matura.

«Ho perso una persona» sussurrò con un filo di voce ma abbastanza forte da essere udito dall’assassino

«Nel nostro ambiente sono cose che succedono»

«Hai pensato lo stesso quando hai saputo della morte Randou o forse dovrei chiamarlo Rimbaud?» Verlaine strinse i pugni mentre Dazai tornò ad esibirsi nel solito ghigno divertito.

Aveva ottenuto quello che voleva, una reazione da parte dell’essere artificiale. Il biondo era così facile da provocare e manipolare, esattamente come Chuuya. Paragonarli gli veniva naturale.

«Dimmi cosa vuoi e non girarci troppo intorno» gli intimò.

«Cosa sai delle ucronie e delle realtà alternative?» la sorpresa sul volto del francese non durò che un istante.

«So solo che non si può cambiare il passato e che ognuno di noi deve imparare a convivere con il peso delle proprie decisioni» Dazai non si sorprese per quella risposta veloce e concisa. Aveva ricevuto una prima conferma sulla propria ipotesi. Anche Paul Verlaine aveva provato quell’esperienza.

«Ne hai mai parlato con Chuuya?»

«Cosa vuoi sapere Dazai?»

«Quante volte hai assistito alla morte Randou?»

Il francese fece un paio di passi in avanti, appoggiandosi elegantemente ad una parete e incrociando le braccia al petto;

«Per caso abbiamo già avuto questa conversazione?» gli domandò divertito,

«No, ma il tuo comportamento ha appena confermato la mia ipotesi. Anche tu hai cercato di modificare il passato» il biondo scosse la testa,

«Non è come credi. Volevo semplicemente rivedere Rimbaud, parlargli. Non potevo accettare la morte del mio partner o almeno non le circostanze nelle quali era avvenuta» Dazai annuì invitandolo a continuare. Forse nel racconto dell’ex agente segreto avrebbe trovato qualche dettaglio utile alla propria causa.

Verlaine lo mise al corrente di quella storia, dei fatti che avevano preceduto il loro primo incontro e il suo arrivo in Giappone. L’ex dirigente si limitò ad ascoltare in silenzio, pesando ogni informazione con cura. Quando il biondo terminò il racconto si accese una sigaretta e Dazai per l’ennesima volta rimase stupito dalla somiglianza tra quell’essere artificiale e il proprio partner. Deglutì senza volerlo, cercando di non pensare al rosso. Il ricordo di quella lapide recante il suo nome era fin troppo vivido nella propria memoria. Così come la consapevolezza di non averlo potuto salvare. Di essere arrivato per l’ennesima volta troppo tardi.

«Chuuya non sa nulla di questa storia, vero?» si azzardò a domandare dopo qualche minuto, cercando di scacciare dalla propria mente le immagini di quel futuro visto attraverso l’Abilità di Murray.

«Come potrei dirglielo?» i loro occhi si incrociarono e per una volta Dazai provò pietà per quel bellissimo mostro. Erano più simili di quanto avesse immaginato.

«Prima o poi questo passato tornerà a bussare alla tua porta e Chuuya finirà con l’esserne coinvolto» si limitò a fargli notare. Verlaine sbuffò,

«Quando la tempesta arriverà sarò pronto a riceverla» Dazai accennò ad un sorriso, la determinazione che leggeva in quello sguardo gli era fin troppo familiare.

«Non siamo mai andati molto d’accordo Paul, tuttavia permettimi di darti un consiglio, è meglio che quel nanetto scopra la verità da te piuttosto che da qualche Poètes di passaggio»

«Hai ragione, non mi sei mai piaciuto Dazai. Ai miei occhi non sei altro che un insetto fastidioso, un ostacolo che mi ha impedito di raggiungere diversi obiettivi. Il mio passato e le mie scelte non ti devono riguardare» l’ex dirigente incassò il colpo. Verlaine non aveva tutti i torti. Normalmente non gli sarebbe importato ma Chuuya era il suo partner. Un cagnolino fedele che per anni si era divertito a manovrare.

Non è solo questo e lo sai. Per quanto ancora intendi scappare Dazai?

Preferì ignorare la voce della propria coscienza, tornando a concentrarsi sul Re degli Assassini a pochi metri da lui.

«Mi aspettavo una risposta simile. Sei testardo come quella Lumaca»

«Lumaca?» Di fronte all’espressione confusa del biondo, Dazai trattenne a stento una risata,

«Un soprannome che ho dato a Chuuya e ora che ci penso trovo sia molto azzeccato, in Francia non le mangiate quelle cose?» Verlaine non si scompose,

«Non hai intenzione di chiedere altro?» si limitò a domandare preferendo ignorare la battuta precedente

«Intendo fare un ultimo tentativo per riprendermi Odasaku. Non posso credere che non esista una qualche realtà in cui possa sopravvivere» il francese alzò un sopracciglio,

«A quale scopo? Sai già che fallirai»

«Probabile, ma anche tu sapevi fin dal principio che nulla avrebbe mai potuto farti riavere Rimbaud, eppure sei arrivato a far evadere un prigioniero da Meursault oltre che inimicarti mezzo continente europeo» Verlaine arricciò il naso con la solita aria di superiorità che per un istante gli ricordò quella di Rimbaud. Non aveva mai pensato a quanto pure loro potessero essere simili.

«Mi restava comunque Chuuya» Dazai comprese il messaggio racchiuso in quelle poche parole.

Aveva perso Odasaku ma il proprio partner era vivo.

Chuuya non lo avrebbe abbandonato. Era un cane fedele. Era il moro a non volerlo al proprio fianco. Sicuramente Verlaine doveva aver frainteso il legame che condivideva con quella Lumaca.

«Forse non hai capito»

«Invece temo di sì. Hai una mente brillante Dazai, la prova sta nel fatto che mi hai sconfitto, però sotto molti aspetti rimani ancora un ragazzino»

«Che vorresti dire?» Verlaine gli regalò un’occhiata di biasimo,

«Puoi ingannare chiunque ma non te stesso»

«Parli ancora per esperienza?»

«Può darsi, anche se in fondo io non sono altro che un’anima artificiale, non posso comprendere quali sentimenti si agitino nell’animo umano» fu il turno di Dazai di sorridere

«Randou ha mai creduto a questa scusa?» il francese scosse la testa perdendosi in ricordi di stagioni lontane,

«Era una delle cose che maggiormente odiava» ammise con nostalgia.

Dazai preferì non replicare. Paul Verlaine aveva perso ogni cosa, tranne la propria vita che aveva messo a disposizione della Mafia. Forse era solo una scusa per espiare le proprie colpe o semplicemente un modo per restare accanto a Chuuya.

«Ti ringrazio per avermi raccontato della tua storia» concluse avviandosi verso l’uscita di quel capannone. Aveva ricevuto molte più informazioni di quante si sarebbe aspettato. Verlaine tornò a prestargli tutta la propria attenzione.

«Non ne avevo mai fatto parola con nessuno» gli confidò, spegnendo la sigaretta che reggeva ancora tra le mani.

«Sono certo che Chuuya ti perdonerà. Ha solo bisogno di tempo. Per un pò sarà arrabbiato con il sottoscritto, dovresti sfruttare l’occasione che ti sto offrendo e parlargli»

«Dazai?»

«Si?»

«Non si può cambiare il passato ma solo accettarlo»

«Probabilmente hai ragione. Io però non posseggo la tua forza. Se non fosse stato per una promessa mi sarei già tolto la vita» la facilità con cui pronunciò quelle parole sorprese l’ex spia francese.

«Ho perso il mio partner, l’uomo che per anni aveva rappresentato tutto il mio mondo. Rimbaud mi ha donato una seconda possibilità non intendo sprecarla.»

Paul Verlaine non aveva mai rincorso la morte, sarebbe stata solo la soluzione più semplice. Doveva vivere per espiare le proprie colpe, per trasformarsi in quell’essere umano che Arthur aveva creduto potesse diventare.

«Odasaku era un amico. Nessuno potrà mai prendere il suo posto»

L’ex dirigente si allontanò nell’oscurità lasciando il francese da solo con i propri pensieri. Dopo molti anni, Verlaine si era rassegnato alla scomparsa di Rimbaud. Era il comportamento di Dazai ad averlo sorpreso. Così come l’apprendere dell’esistenza di un’Abilità in grado di creare ucronie. Scosse il capo prima di afferrare un cellulare dalla tasca dei propri pantaloni. Aveva solo un numero salvato in rubrica. Il solo di cui avesse mai avuto bisogno.

«Cosa cazzo vuoi?» la voce di Chuuya lo fece sorridere, così come quei modi poco raffinati,

«Posso offrirti da bere?» dall’altro capo della linea il silenzio durò solo una manciata di secondi,

«Ti costerà caro» le labbra del biondo si incurvarono in un sorriso spontaneo

«Posso contare su uno stipendio da dirigente»

Un’imprecazione, seguita da uno sbuffo lo informarono della resa del più giovane

«Dimmi dove trovarti»

Una volta terminata la chiamata Verlaine si perse qualche istante ad osservare il cielo. Era un’abitudine alla quale aveva rinunciato, essendo accompagnata solo che da ricordi dolorosi. Ripensò a Dazai e ai suoi tentativi di riavere l’amico scomparso.

«Sei davvero uno stolto» mormorò tornando con la mente a Chuuya e alla possibilità che il proprio passato potesse in qualche modo minacciarlo.

Starà bene, è forte

La voce di Rimbaud nella sua mente lo fece sorridere. Quel ragazzino era più forte di lui o dello stesso Dazai. Non ne aveva il minimo dubbio, anche se come ogni genitore non poteva evitare di preoccuparsi.

Arthur lo avrebbe sicuramente preso in giro o accusato di essere troppo apprensivo ma quando si trattava di Chuuya, Verlaine non riusciva a rimanere obiettivo.

Dazai gli aveva confidato di aver lasciato la Mafia in seguito alla morte di una persona cara. Gli era difficile da immaginare eppure la decisione che aveva letto nello sguardo dell’ex dirigente era sincera.

Era solo la possibile reazione di Chuuya a preoccuparlo.

Si incamminò verso il luogo del loro incontro preparandosi a raccogliere di pezzi.

Gli parlerai anche del passato? Dei Poètes?

«Ogni cosa a suo tempo» mormorò infilandosi le mani in tasca e procedendo per le vie della città.


 

***


 

Dazai continuava a ripensare alle parole di Verlaine e al suo racconto. L’Abilità utilizzata dal francese era meno potente di Next Dimension ma ugualmente pericolosa. Conoscere quei dettagli gli aveva permesso di comprendere meglio anche il comportamento del biondo durante l’incidente che li aveva visti coinvolti un paio di anni prima. Chuuya era la sola cosa che rimaneva all’ex Re degli Assassini, era l’eredità che Randou gli aveva lasciato. L’unica preoccupazione di Dazai a quel punto rimaneva il fronte europeo. Presto o tardi qualcuno sarebbe venuto a reclamare Arahabaki e la sua forza. Scosse la testa più volte.

Perché continuava a pensare a Chuuya invece che prepararsi alla prossima realtà? Sicuramente apprendere della morte del rosso in quel mondo futuro lo aveva sconvolto ma non come rivedere Oda spirare per l’ennesima volta tra le sue braccia.

Quando tornò ai propri alloggi trovò Ango ad attenderlo. L’ex dirigente non si mostrò sorpreso, vi erano diciassette telecamere e quindici cimici che monitoravano ogni sua mossa. Sakaguchi Ango non si fidava di lui e Dazai non poteva certo biasimarlo. Aveva perso il conto dei propri tentativi di suicidio, anche se dalla scomparsa di Odasaku la sua mente si era proggressivamente concentrata su altro.

«Dove sei stato?» domandò l’impiegato governativo con un tono simile a quello di un interrogatorio. Dazai però non si scompose nè lasciò intimidire,

«Avevo bisogno di prendere una boccata d’aria» spiegò con un’alzata di spalle,

«Una volta ti impegnavi di più nel mentire»

«Mi serviva del tempo per pensare, avevo bisogno di uscire da queste quattro mura»

«Dovresti riposare»

«Al mio posto ci riusciresti?» Ango si sistemò meglio gli occhiali sul naso. Non aveva dormito per due giorni interi dopo la notizia della morte di Odasaku. I suoi nervi si erano calmati solo in seguito all’incontro con Dazai. L’averlo in un certo senso sotto controllo lo aiutava nel dosare le proprie emozioni. Non era una situazione facile per nessuno dei due ma l’impiegato stava cercando di gestirla al meglio delle proprie capacità. Aveva chiesto innumerevoli favori per ottenere la collaborazione di Murray o per insabbiare il passato di Dazai.

«Non sei lucido. E se qualcuno ti avesse riconosciuto?» si limitò a fargli notare

«Sono ancora perfettamente in grado di badare a me stesso»

«A me non sembra»

«Sono tornato. Sto bene»

«Sei svenuto solo qualche ora fa»

«Ho incontrato Verlaine» Ango si passò una mano sul volto, iniziando a massaggiarsi le tempie, avvertiva un principio di mal di testa che la presenza di Dazai avrebbe finito con l'acuire.

«Il Re degli Assassini, quel Verlaine?» era una domanda retorica che tuttavia si sentì in dovere di porre,

«Conosci forse altre spie francesi che dimorano a Yokohama?»

«Abbiamo parecchi file su di lui. Sul suo passato. Molte Organizzazioni europee lo stanno ancora cercando» Dazai annuì,

«Tempo fa è ricorso a un’Abilità Speciale per tentare di riavere il proprio partner» prima che Ango potesse ribattere si affrettò ad aggiungere,

«Secondo Verlaine non si può cambiare il passato o il corso del destino. Sono condannato a perdere Odasaku»

«Un’Abilità Speciale? Non ho mai sentito nulla di simile»

«La Torre dell’Orologio, i Poètes o l’Europole avranno insabbiato la cosa. Paul non ha molti amici, penso sia per questo che ha accettato di lavorare per Mori. Si sta nascondendo dal proprio passato»

«Pensi che fosse sincero?»

«Non aveva motivo di mentire» Si potevano dire tante cose sull’ex spia ma non che non tenesse a Chuuya. I sentimenti che il biondo provava per quella Lumaca erano sempre stati fin troppo chiari per Dazai. Non avrebbe mai fatto nulla per metterlo in pericolo. Forse dietro quella confessione si celava un’implicita richiesta di aiuto.

Ripensò alle conversazioni avvenute con i vari Verlaine di quelle realtà alternative. Ogni mossa del francese era sempre stata nell’interesse del rosso.

Mi restava comunque Chuuya

Dazai strinse i pugni, ripensando a quelle parole.

Era lo stesso per lui ma non avrebbe usato il proprio partner come sostituto di Odasaku. Chuuya non lo meritava. La Port Mafia era il suo ambiente naturale, sarebbe riuscito a sopravvivere anche senza di lui. Di nuovo l’immagine di quella lapide tornò a tormentarlo, sostituita con frammenti delle varie morti di Oda.

«Ti senti bene?» Ango si era alzato dal divano e gli si era avvicinato,

«Forse hai ragione dovrei provare a dormire per qualche ora»

«Dazai-kun se hai deciso di rinunciare…»

«Domani utilizzerò l’Abilità di Murray. Sarà l’ultima volta poi accetterò la sconfitta»

«Speravo davvero di poterti aiutare»

«Lo hai fatto»

In quel momento Dazai era troppo stanco per continuare ad odiare Ango. Non riusciva ad avercela con lui. Non completamente. Sapeva di come l’impiegato avesse solo obbedito agli ordini, anche se aveva sfruttato la loro amicizia per i propri scopi. Nemmeno Ango avrebbe potuto prevedere la morte di Odasaku o la scelta di Mori di renderlo il proprio agnello sacrificale per ottenere quella stupida licenza.

Una volta che il quattrocchi se ne fu andato Dazai recuperò dalla tasca dei propri pantaloni una bottiglia di rum. Era una di quelle piccole, contenute nei minibar che l’ex mafioso aveva sgraffignato mentre tornava all’appartamento. Aveva bisogno di stordirsi per riuscire a riposare e soprattutto a non pensare.

Scivolò nell'oblio cullato dalle immagini di Odasaku che sempre più spesso andavano a sovrapporsi a quelle di Chuuya.

Non si era mai sentito tanto confuso riguardo ai propri sentimenti.


 

***


 

«Sei proprio sicuro?» Dazai annuì con decisione prima di regalare l’ennesimo falso sorriso a Murray.

«Concedetemi questo ultimo capriccio» Ango si abbandonò ad un sospiro stanco mentre osservava l’amico scomparire per l’ennesima volta davanti ai suoi occhi.


 

***


 

Quando riprese conoscenza l’ex mafioso si trovò seduto ad una scrivania. Aveva il volto completamente schiacciato contro la tastiera di un pc, tanto da poter avvertire la consistenza dei tasti contro la propria pelle. Fu lo squillo di un telefono a svegliarlo. Dazai provò ad ingnorarlo ma quel rumore insistente gli impediva di riposare.

«Pronto?» mormorò con voce impastata. Il ricordo di come nella terza realtà avesse finito con il condannare Oda con una telefonata simile lo portò ad andarci cauto.

«Ora dove ti trovi?» era una voce maschile che Dazai non conosceva o che comunque in quel momento non riusciva ad associare ad un volto in particolare.

«Alla mia scrivania» rispose.

«Domani incontrerai un nostro contatto alla stazione di Nagano. Lo riconoscerai subito indosserà un cappotto blu» Dazai annuì prima di riagganciare.

Non aveva compreso il senso di quella telefonata né il motivo per il quale dovesse recarsi proprio a Nagano. Ricordava che la Port Mafia avesse un paio di agenzie di facciata in quella prefettura ma la sua presenza non si era mai resa necessaria. Fu allora che la porta davanti a lui si aprì, facendolo sobbalzare per la sorpresa.

«Novellino abbiamo bisogno di recuperare questi documenti, potresti controllare negli archivi?» Dazai sbatté le palpebre un paio di volte. Nessuno aveva mai osato rivolgersi a lui in quel modo. Prima che potesse replicare però il mafioso se ne era già andato.

«In che diavolo di realtà sono finito?» si domandò prima di iniziare una veloce ricerca al pc. Stando a quelle poche informazioni, Dazai Osamu era un semplice agente della Port Mafia arruolato qualche mese prima del Conflitto Testa di Drago.

Il suo alter ego non aveva mai incontrato Ougai Mori. Eppure per qualche ragione era finito lo stesso in quel mondo oscuro. Fu in quell’istante che notò un paio di cimici sotto la propria scrivania.

Ci volle solo mezz’ora per giungere alla soluzione di quell’enigma. L’Osamu Dazai di quella realtà era un infiltrato della Divisione. Per uno strano scherzo del destino era finito al posto di Ango e si era trasformato in un cane del Governo. Era un’idea talmente assurda che quasi stentava a crederci.

Non disponeva delle autorizzazioni necessarie per indagare su Odasaku ma non si sarebbe lasciato scoraggiare facilmente. Avrebbe recitato la propria parte, giocato al doppiogiochista e nel frattempo recuperato tutte le informazioni necessarie sull’amico. Era un piano perfetto.

«Novellino stiamo ancora aspettando quei documenti»

«Arrivano ho avuto problemi col pc»

Era la sua ultima occasione e non poteva sbagliare.


 

***


 

Dazai aveva corso su e giù per il proprio ufficio per tutto il resto della giornata. L’ex mafioso non ricordava di aver faticato tanto durante gli anni trascorsi alla dirigenza. Si chiese come Ango avesse potuto reggere ad una tale pressione o allo stress mentale che il doppiogioco richiedeva. Era esausto ed era arrivato in quel mondo solo da qualche ora.

I suoi piedi si mossero da soli trascinandolo nell’unico posto di cui al momento aveva bisogno.

Il bar Lupin sembrava identico a quello del proprio mondo. Non era cambiato e questo fu un pensiero confortante. Gli pareva trascorsa un’eternità dall’ultima volta che aveva varcato la soglia di quell’edificio o che si era gustato un drink in pace. Dazai si sarebbe intrattenuto per qualche minuto per poi tornare alla ricerca di informazioni sull’Odasaku di quella realtà.

Si era appena seduto al bancone quando una voce fin troppo familiare attirò la sua attenzione seguita da un’altra che gli provocò l’ennesimo colpo al cuore. Alzò il capo.

Oda e Chuuya avevano appena fatto il loro ingresso nel locale.



 

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Capitolo 18
*** Nowhere to Return ***


 

 

Dazai non poteva credere ai propri occhi mentre i due uomini dai capelli rossi prendevano posto al bancone, sedendosi accanto a lui. Cercò di fare il possibile per regolare i battiti impazziti del proprio cuore così come le proprie espressioni facciali. Non si sarebbe mai aspettato di incontrarli tanto presto ma soprattutto che fossero insieme.

«Ohi Dazai perchè ci stai ignorando?» non riuscì nemmeno a tirare un sospiro di sollievo che la voce squillante di Chuuya lo riportò alla realtà, accompagnata da una sonora pacca sulla spalla, non troppo dolorosa ma che lo fece comunque sobbalzare per la sorpresa.

«Abbassa la voce, penso che nostro amico abbia avuto una giornata particolarmente intensa» concluse Odasaku, rivolgendogli quel sorriso gentile che Dazai tanto amava e che da troppo tempo non vedeva comparire sul suo volto.

«Esatto anche se credo il termine più corretto per descriverla sia infernale» si limitò a rispondere l’ex dirigente prendendo un lungo sorso dal proprio bicchiere, per poi lasciarsi cadere a peso morto sul bancone.

Anche l’alcol stava iniziando a diventare insapore, scialbo, così come la propria esistenza. Dazai non riusciva nemmeno a guardare il tuttofare negli occhi senza rivederne la morte. Se chiudeva gli occhi e si concentrava, poteva ancora avvertire la sensazione di quel sangue sulle proprie mani. Quel tipo di dolore era diventato ormai una costante, un fedele compagno di viaggio che non accennava a volerlo abbandonare.

Era surreale trovarsi proprio in quel luogo in compagnia di Chuuya e Odasaku, anche se forse rappresentava solo un ulteriore prova di come quella non fosse la propria realtà.

Verlaine aveva ragione, nulla avrebbe mai potuto ridargli Odasaku o almeno l’uomo che aveva perso. L’ex dirigente però non si sentiva ancora pronto a rinunciare, non voleva. Nascose il viso tra le braccia pensando all’ennesima minaccia che avrebbe potuto privarlo di Oda. Era stato in quel momento che i due lo avevano raggiunto.

«Tz non ci hai neppure aspettato. Sei un vero idiota novellino» come previsto quella Lumaca era partita in quarta nell’insultarlo, Dazai però non ci fece troppo caso preferendo concentrarsi solo su Odasaku, dedicandogli tutta la propria attenzione.

«Mi dispiace non credevo che sareste passati» ammise guardando il sicario negli occhi. Entrambi gli uomini si scambiarono un’occhiata, confusi da quell’affermazione.

«Il terzo giovedì del mese ci incontriamo sempre in questo posto» sbottò Chuuya alzando un sopracciglio e incrociando le braccia al petto,

«Se non erro era stata proprio una tua idea Dazai, qui il giovedì mentre al casinò il lunedì per una bevuta in compagnia dopo esserci occupati delle varie scartoffie» gli fece eco Odasaku,

Dazai chinò di poco il capo «Scusate, credo di essere più stanco del previsto»

Doveva fare attenzione, non poteva permettersi di abbassare la guardia in presenza di quei due. Oda Sakunosuke e Nakaha Chuuya erano le persone che lo conoscevano meglio al mondo e questa regola non scritta sembrava essere condivisa da parecchie realtà.

«In effetti, lasciatelo dire, hai proprio un aspetto di merda» fu la semplice risposta del rosso dopo averlo osservato da capo a piedi

«Chuuya» lo ammonì Oda con il solito tono di voce pacato che lo contraddistingueva,

«Ma è vero, guardalo, sembra più pallido e strano del solito» Dazai per una volta si astenne dal replicare. Quel microbo non aveva tutti i torti anche se le ragioni dietro alla propria condizione psicofisica erano diverse da quelle che immaginava.

Non riuscì ad impedirsi di sorridere. Si trovava nel locale che per anni aveva fatto da sfondo ai suoi incontri con Odasaku e in questa occasione insieme a loro vi era anche Chuuya. Già di per sé quella situazione aveva un che di surreale. Quasi come l’inizio di una barzelletta o un racconto di pessimo gusto.

Si trovò a riflettere per l’ennesima volta su quanto il potere di Murray potesse risultare pericoloso ma al tempo stesso affascinante. Solo pochi giorni prima, Dazai aveva visto il nome del partner inciso su di una lapide in un cimitero in riva al mare, per non parlare delle innumerevoli volte in cui si era trovato a stringere contro al proprio, il corpo senza vita di Oda. All’ex mafioso ora sarebbe bastato allungare una mano per sfiorare entrambi, sincerarsi che fossero vivi, reali e non fantasie partorite della propria mente ormai vicina allo stremo.

«Domani partirò per Nagano» Fu tutto ciò che disse, attendendo una reazione che non si fece pregare,

«E che cazzo ci vai a fare?» esordì Chuuya alzandosi in piedi e sbattendo con entrambi i palmi sul bancone, guadagnandosi un’occhiataccia di rimprovero da parte del barista.

«Ricordo che la Port Mafia possiede solo un paio di uffici in quella prefettura» fu la sola osservazione di Oda,

«Esatto. Un viaggio inutile» ammise Dazai con aria annoiata. Aveva sperato che i due potessero fornirgli qualche informazione al riguardo ma sembrava l’ennesimo buco nell’acqua. Non poteva permettersi di perdere tempo con gli incarichi da doppiogiochista del proprio alter ego, doveva scoprire quale pericolo avrebbe minacciato Odasaku.

«E non puoi mandare qualcun altro al tuo posto?» tuonò Chuuya visibilmente alterato. L’ex dirigente sorrise ma inaspettatamente fu Oda a rispondere in sua vece,

«Dazai svolge un ruolo importante che non può delegare a terzi» il possessore di Arahabaki alzò gli occhi al cielo annuendo sconfitto. Il moro ne fu sorpreso, non lo aveva mai visto tanto arrendevole, ma forse era colpa del bicchiere di vino che in quel momento stava oscillando pericolosamente tra le sue mani.

Anche Dazai riprese a fissare il proprio scotch con fare pensieroso.

Nel suo mondo, Oda e Chuuya non avevano avuto molte occasioni di incontro. Forse non si erano mai neppure parlati. Dazai ricordava vagamente di qualche conversazione avvenuta durante gli ultimi giorni del Conflitto Testa di Drago ma poco altro, mai come in quel momento il passato gli appariva tanto sfuocato e distante.

Odasaku conosceva Chuuya, lo conosceva attraverso le parole non sempre lusinghiere di Dazai. Era stato lui a raccontare all’ex sicario del proprio partner. Aveva riempito la testa di Oda con storie che avevano come protagonista quel ragazzino tanto irascibile quanto distruttivo. Dazai ne parlava quando si trovavano davanti ad un piatto fumante di curry o mentre passeggiavano per le vie della città. Erano momenti effimeri che appartenevano soltanto a loro e ad un passato che Dazai lo sapeva, non sarebbe mai potuto tornare.

Per contro il vessillo di Arahabaki non conosceva nulla di Oda. Non vi era un motivo preciso, semplicemente Dazai aveva preferito tenere quella parte della propria vita celata agli occhi del rosso. Era stato lui a condurre Oda Sakunosuke verso quel mondo fatto di oscurità così come per certi versi aveva fatto con Chuuya. Il legame che lo univa ad Odasaku però era sempre stato differente.

Era un qualcosa di più intimo e profondo che Dazai non sarebbe mai riuscito a tradurre in parole. Solo dopo aver stretto quel corpo senza vita contro il proprio, il giovane dirigente aveva trovato finalmente un nome per descrivere quel sentimento. Accettando di amare Odasaku, aveva reso quel dolore reale e per questo insopportabile. Uccidersi sarebbe stato fin troppo semplice così come cedere a quella tentazione. Il destino però sembrava avere altri piani in serbo per lui.

Si abbandonò all’ennesimo sospiro stanco ma che venne notato da entrambi gli uomini al suo fianco.

«Vuoi per caso raccontarci di come è andata la giornata?» tentò Odasaku, appoggiandogli una mano sulla spalla. Dazai tremò di fronte a quel contatto inaspettato.

«Sicuramente non può essere stata peggiore della mia, ho dovuto sbaragliare da solo un gruppo rivale che aveva alzato troppo la cresta nei pressi del porto. E meno male che, stando le parole del Boss, il traffico delle gemme avrebbe dovuto essere un’attività tranquilla» si intromise Chuuya strappandolo da qualsiasi fantasia.

«So già tutto, tuo fratello me ne ha parlato» dopo l’esclamazione di Oda, il rosso soffocò una bestemmia tra le labbra,

«Non parlarmi di quell’imbecille. Oggi avevate una riunione giusto?» Dazai si fece improvvisamente più attento di fronte a quello scambio di battute, poteva contenere informazioni utili al proprio scopo, come fornirgli altri dettagli su quella realtà.

«Nulla di che, abbiamo solo parlato dell’andamento dell’Organizzazione. Verlaine mi è sembrato più volte sul punto di addormentarsi» Chuuya si trovò suo malgrado a sorridere, immaginando la scena

«Te l’ho detto è un idiota. Ancora non mi spiego come possa essere finito alla dirigenza»

«Lo sai benissimo, Randou-san lo ha raccomandato»

«Un’altro idiota»

Dazai stava iniziando a comprendere. Pezzo dopo pezzo il puzzle nella sua mente stava prendendo forma. Lui e Chuuya non si erano incontrati come nel suo mondo, tuttavia il rosso era ugualmente entrato a far parte dell’Organizzazione. Rimbaud era ancora vivo e da quanto appena appreso occupava un posto alla dirigenza insieme al proprio partner. Sembravano anche essere in buoni rapporti con quella Lumaca.

«Chuuya non dovresti parlare in questo modo di loro» Dazai accennò ad un sorriso, Oda risultava sempre la voce della ragione,

«Sono insopportabili e apprensivi, anche Albatross lo pensa, giusto l’altro giorno…» anche quel nome non gli era nuovo. Doveva trattarsi di un amico del rosso, uno dei tanti assassinati dal Verlaine del suo mondo nel vano tentativo di riprendersi il fratello. Dazai ricordava la disperazione di Chuuya, le sue lacrime, l’umanità che aveva sempre contraddistinto quel dio della Distruzione.

Quella realtà sotto molti aspetti si stava rivelando migliore della propria.

L’Osamu Dazai di quel mondo non aveva mai incontrato il Boss. Non era stato reclutato dalla Port Mafia e per questo motivo molte persone erano ancora in vita. Restava solo da risolvere il mistero di come Oda e Chuuya fossero entrati nell’Organizzazione ma forse si trattava semplicemente l’ennesimo scherzo del destino.

«Si preoccupano per te, non puoi fargliene una colpa» la voce di Odasaku lo sottrasse al filo dei propri pensieri.

«Beh un giorno anche io otterrò un posto alla dirigenza e allora vedranno. Non sono più un bambino, tra qualche mese compirò diciotto anni»

Dazai non poté evitare di sorridere. Quel microbo non sarebbe mai cambiato in nessun universo o ucronia. Non sapeva se esserene rincuorato o meno.

«Sei fortunato ad averli al tuo fianco» questa volta non riuscì ad esimersi dal commentare

Il Nakahara Chuuya che Dazai conosceva aveva sempre dovuto lottare da solo contro il mondo. In un certo senso, l'idea che il proprio partner potesse avere qualcuno che tenesse tanto a lui lo rincuorava.

Scosse la testa per l’assurdità dei propri pensieri. Stava diventando troppo sentimentale nei confronti di quella Lumaca. Preferì dare la colpa di tutto a quel futuro che mai avrebbe permesso potesse realizzarsi.

Dazai non avrebbe mai lasciato Chuuya in balia della propria Abilità. Lo aveva deciso tanti anni prima, nell’esatto momento in cui aveva assistito per la prima volta alla portata di quel potere. Non era più un Demone senza cuore, aveva promesso a Odasaku che sarebbe migliorato ma in nessun caso avrebbe abbandonato proprio partner. Fu questo pensiero a colpirlo, più di ogni altro.

«Prova a viverci insieme e poi ne riparliamo, altro che tentare il suicidio» sbottò il rosso incrociando le braccia. La conversazione tra i due stava procedendo e Dazai era intenzionato a non perdersi nulla di quello scambio.

«Scusami Chuuya ma in questo caso non posso essere dalla tua parte, so cosa significa essere un genitore e tu non hai certo un carattere facile da gestire» fu il solo commento di Oda,

«Quei due non fanno altro che litigare, fanno fronte comune solo quando si tratta di criticare una mia scelta» si lamentò il più giovane

«Sai bene cosa rappresenti per loro» esordì Dazai facendo improvvisamente calare il silenzio. L’ex dirigente aveva pronunciato quelle parole quasi senza riflettere, memore della chiacchierata avvenuta con Verlaine nella propria realtà. Sapere di come in quel mondo, le due spie avessero allevato Chuuya non era stata una novità, anche se avrebbero potuto lavorare di più sull’insegnamento delle buone maniere,

«Non mi sembra di avervi mai parlato di questa storia» confessò il rosso lanciandogli uno sguardo truce dopo aver terminato il proprio bicchiere di vino

«Conosci Dazai, per un membro dei servizi segreti, essere al corrente di certe informazioni è la prassi»

Inconsapevolmente Odasaku lo aveva salvato da una situazione pericolosa ma allo stesso tempo gli aveva fornito un'ulteriore prova a sostegno della propria tesi. In quella realtà Dazai aveva assunto il ruolo di Ango. Non nutriva più alcun dubbio al riguardo. Era una spia del Governo all’interno della Port Mafia ma anche un agente della Mafia infiltrato nella Mimic. Il solo pensiero gli provocava diversi capogiri. Doveva destreggiarsi tra quella posizione scomoda e al tempo stesso proteggere Odasaku. Rimpianse il fatto di non aver riposato qualche ora in più. Gli sarebbe sicuramente servito.

«Non mi piace che questo Sgombro conosca informazioni riservate»

«Il fatto che tu sia stato allevato da due ex spie dell’intelligence francese non è un segreto per nessuno» concluse Odasaku divertito,

«Così come tutti sanno del dirigente dal cuore d’oro che adotta gli orfani delle guerre della Port Mafia»

A quelle parole il cuore di Dazai perse un battito. In quella realtà Oda era un dirigente. Aveva colto un riferimento qualche minuto prima, quando avevano accennato ad una riunione ma fino all’ultimo aveva sperato di essersi sbagliato.

«Oggi sei fin troppo silenzioso questa cosa non mi piace, è sospetta» quando Dazai alzò il capo si trovò il volto di Chuuya ad una spanna dal proprio. Anche quella sensazione stava diventando familiare, così come il calore dal quale venne accompagnata.

«Ve l’ho detto è stata una giornata orribile» preferì continuare con quella recita, sperando che il rosso lasciasse perdere la questione.

«Propongo un brindisi, alle giornate orribili» se ne uscì Odasaku salvandolo da ogni impiccio. Dazai incrociò il suo sguardo. Non avrebbe mai potuto rassegnarsi alla morte di quell’uomo. Gli sarebbe bastato rincorrere in eterno quell’illusione per essere felice.

«Alle giornate orribili» rispose alzando il proprio bicchiere.

Come poteva lasciarlo andare?

Con la coda dell’occhio adocchiò Chuuya. Aveva ordinato un secondo bicchiere ed era pronto ad unirsi a loro.

Nonostante la tua faccia da schiaffi sei sempre stato un pessimo bugiardo.

Dazai preferì ignorare quella voce annegando qualsiasi altro pensiero in un sorso di scotch. Anche mentire a se stesso stava diventando sempre più difficile.

 

***

 

«Sei sicuro di non volere che ti accompagni fino a casa? Prima Chuuya non stava esagerando. Non hai un bell’aspetto Dazai» il moro sorrise di fronte a tutta quell’apprensione. Forse in un’altra occasione ne avrebbe gioito.

Odasaku era sempre stato così, sin dal loro primo incontro. Anche quando Dazai non era altro che uno sconosciuto non si era tirato indietro dall’aiutarlo, assecondando ogni sua richiesta o capriccio, prima con rassegnazione e poi con caparbietà.

Osamu Dazai era entrato come un gatto randagio nella vita di Oda Sakunosuke, sconvolgendola completamente. Con il senno del poi c’erano così tante cose alle quali il giovane dirigente avrebbe potuto prestare attenzione. Sin dal principio, Dazai si era rifiutato di lasciare andare quell’uomo, arrivando con il trascinarlo nella propria oscurità. Non lo aveva mai obbligato, né gli aveva puntato una pistola alla tempia, Odasaku aveva scelto di propria sponte di entrare nella Mafia. La loro amicizia, in fondo, era nata in seguito ad una serie di fortuite coincidenze. Nessuno avrebbe mai potuto immaginare un simile epilogo per quella storia. Dazai era abituato a giocare morte, tanto da considerarla una fidata compagna, ma la brutalità con cui Oda era stato strappato alla vita lo aveva portato a percorrere quella crociata impossibile. La nera signora si era così trasformata nel nemico da sconfiggere e abbattere.

Fu in quel momento che la propria mente traditrice gli ripropose delle immagini della prima realtà visitata, quella in cui Odasaku era diventato uno scrittore. Dazai ricordò il sorriso che l’amico gli aveva rivolto un attimo prima della tragedia. Strinse i pugni, era simile all’espressione che in quel momento dipingeva il volto dell’Oda Sakunosuke ad un metro da lui. Si esibì nel più falso dei sorrisi.

«Saprò cavarmela. Piuttosto dovresti occuparti di quella Lumaca, è ubriaco fradicio» mormorò indicando Chuuya intento a vomitare dietro un cassonetto. Aveva perso il conto di quanti bicchieri si fosse scolato, probabilmente un’intera bottiglia.

«Sai quanto sia suscettibile riguardo al proprio passato» Dazai fece spallucce, per nulla pentito del proprio comportamento. Non era stata una critica né un ammonimento, solo una mera constatazione.

«Tutti noi abbiamo degli scheletri nell’armadio» ammise lanciandogli un’occhiata piuttosto eloquente,

«Oggi hai davvero un qualcosa di diverso» si scambiarono un’occhiata carica di sottintesi. Dazai avrebbe voluto aggiungere altro, raccontargli della propria storia ma l’eco dei propri errori passati lo portò a desistere. Abbassò il capo.

«Sarà un’impressione. Su ora va da lui» Oda esitò per un istante ma fece quanto detto,

«Buona fortuna a Nagano. Ci vediamo tra un paio di giorni» sussurrò prima di allontanarsi.

Dazai sorrise mentre osservava l’amico correre al capezzale di Chuuya, lo vide sollevarlo per poi caricarselo sulle spalle. Tra le braccia dell’ex sicario il possessore di Arahabaki sembrava ancora più piccolo. L’ex dirigente provò un leggero senso di fastidio al ricordo di quella realtà dove quei due erano amanti. Scacciò in fretta quel pensiero molesto e affrettò il passo. Avrebbe trascorso il resto della serata ad indagare su quel mondo. Sul proprio coinvolgimento con il Governo e la Port Mafia ma anche su quei Chuuya e Odasaku.

Raggiunse in pochi minuti l’albergo dove soggiornava. Aveva trovato una tessera magnetica nel proprio cappotto e così era risalito al proprio indirizzo. Anche in quello era simile ad Ango. Stesso modus operandi. Dazai si ricordava perfettamente di una telefonata tra lui e Odasaku avvenuta nel proprio mondo in cui veniva menzionata la residenza di quel traditore. Era stato in quell’occasione in cui Oda era caduto vittima di un agguato e in cui avevano recuperato i primi dettagli sul caso Mimic. Non fece in tempo ad entrare nell’edificio che venne raggiunto da un paio di uomini armati.

«Non mi aspettavo una vostra visita così presto» ammise divertito alzando le braccia, arrendendosi senza opporre resistenza.

Disponeva di meno tempo del previsto.


***

 

Tutto si era svolto secondo un copione già scritto. Solo gli attori principali che figuravano in quella tragedia sembravano essere stati sostituiti, riuscendo però a mantenere intatto lo spirito dell’opera originale.

Erano questi i pensieri che affollavano la mente di Dazai mentre veniva scortato fuori città. Nonostante fosse incappucciato, il moro era riuscito a scorgere ogni dettaglio del proprio rapimento, dal numero di uomini coinvolti, alla targa e modello dell’auto su cui stavano viaggiando. Anche la destinazione non fu difficile da immaginare, era la stessa del proprio mondo.

Dazai venne abbandonato in un edificio diroccato, dopo essere stato incatenato ad una sedia. I suoi rapitori non dissero nulla, limitandosi a posizionare ovunque cariche d’esplosivo.

Quando se ne andarono, intorno a Dazai scese un silenzio quasi irreale e per nulla piacevole.

La Mimic doveva aver appreso del proprio doppiogioco così aveva deciso di ucciderlo facendolo ardere tra le fiamme dell’inferno. C’era un che di ironico in quella situazione, anche se Dazai preferiva interrogarsi sulla propria sorte.

Nel suo mondo avevano salvato Ango grazie alle proprie capacità di deduzione. Dubitava che in quella realtà ci fosse qualcuno di altrettanto intelligente. Secondo quanto accaduto nel proprio universo, era altamente probabile che Mori avesse affidato l’onere del suo salvataggio a Oda e Chuuya. Ancora una volta l’amico sarebbe stato esposto ad un fuoco incrociato e allo stato attuale, lui non avrebbe potuto fare nulla per impedirlo.

Alzò di poco lo sguardo. La luna era alta nel cielo e una leggera brezza gli scompigliava i capelli. Se solo avesse potuto avrebbe azionato lui stesso il detonatore e fatto saltare in aria l’intero edificio. Con la morte di Dazai forse l’accordo tra Governo e Port Mafia sarebbe saltato. Era un’ipotesi fin troppo ottimista e semplicistica. Dazai così come nel suo mondo lo era stato Ango, non era altro un semplice impiegato, non aveva un tale valore, per nessuna delle due fazioni. La sua vita, così come la sua morte non avrebbero inficiato sul finale di quella storia. Lui non era che una mera comparsa in quella tragedia. Erano altri gli attori principali.

Un tempo Dazai lo avrebbe trovato meraviglioso ma in quel momento il pensiero di perdere nuovamente Odasaku non gli dava pace. Continuava a ripensare alla conversazione avvenuta al Lupin, ai loro sguardi. Non si sarebbe mai arreso al destino, se solo fosse servito avrebbe barattato la propria vita con quella dell'ex tuttofare. 

Chiuse gli occhi, immaginando la fine di quell’incubo. Sperando per l’ennesima volta in un epilogo differente.

 

***

 

Venne svegliato qualche ora dopo da Chuuya e dai suoi insulti lanciati direttamente contro le proprie orecchie.

«Sei davvero un idiota» a malincuore Dazai si trovò a sorridere,

«E questa non è nemmeno una delle cose peggiori che tu mi abbia detto» gli fece notare.

«Dovresti ringraziare Saku, se sono qui è solo per merito suo» Dazai annuì. Preferì non soffermarsi troppo su quel soprannome come sulle ipotesi che già avevano preso a farsi strada nella propria mente. Non aveva mai sperimentato la gelosia. Era un sentimento nuovo legato a ciò che provava per Odasaku e che mai era riuscito a confessare.

«Tra poco questo posto esploderà» si limitò a ribattere mentre il rosso utilizzava il proprio potere per liberarlo.

«Dimmi solo perché dovrei fidarmi di un bastardo doppiogiochista» ruggì contro il suo collo.

«Sai che sono sempre stato dalla parte della Port Mafia»

«Però ti sei infiltrato nella Mimic»

«Era un ordine del Boss»

Un’esplosione al piano inferiore li obbligò ad interrompere quel diverbio.

«Te l’ho detto non abbiamo molto tempo, Chuuya» ma il rosso non sembrava volerlo ascoltare,

«Sto per saltare dalla finestra, seguirmi o meno, la scelta spetta a te» la calma studiata con cui Dazai pronunciò quella frase ebbe solo l’effetto di innervosire di più il vessillo di Arahabaki

«Odio quando la metti in questi termini, con te non si tratta mai di una vera scelta»

«Devi solo fidarti di me»

«Ti odio»

Si guardarono negli occhi prima di gettarsi nel vuoto.


***

 

Oda era pensieroso. Grazie all’intervento di Akutagawa e della sua squadra era riuscito a catturare alcuni membri della Mimic e scoprire il luogo in cui Dazai era tenuto prigioniero. Più pensava a quella storia però e meno ne trovava un senso.

Dazai doveva essersi infiltrato in quell’Organizzazione su ordine del Boss, non poteva esserci altra spiegazione. Era quello il motivo che aveva spinto Mori ad affidare a lui e Chuuya quel caso. Anche se in realtà era stato il possessore di Arahabaki a ricevere quell’incarico e il dirigente aveva finito con l’esserne coinvolto.

Nonostante il possessore di Arahabaki urlasse ai quattro venti di odiarlo, Oda sapeva di quanto in realtà tenesse a Dazai e lo stesso si poteva dire di lui.

Durante l’ultima serata trascorsa insieme al Lupin, il moro gli era sembrato in qualche modo diverso. Era silenzioso e quasi sofferente. Forse era già a conoscenza del proprio rapimento? O semplicemente se lo aspettava? Dazai si era ribellato ad un ordine dei piani alti? Non se la sentiva di escludere nessuna di quelle opzioni.

Nel frattempo aveva raggiunto una delle sale riservate della Port Mafia per presenziare all’ennesima riunione d’emergenza. Non fu sorpreso di trovare già una persona seduta ad attenderlo.

«Oggi sei in anticipo» gli fece notare Kouyou iniziando a giocherellare con il proprio ventaglio. Oda aveva imparato a proprie spese di dover fare attenzione a quella donna, Ozaki Kouyou sapeva sempre di più di quello che lasciava a intendere.

«Sto lavorando ad una missione, ero per strada quando ho ricevuto la convocazione» si limitò ad ammettere, cercando di simulare disinteresse. Si trovava insieme a Chuuya nel momento in cui Mori lo aveva informato della riunione. A malincuore aveva lasciato l’onere del salvataggio di Dazai proprio al possessore di Arahabaki ed era questo pensiero a tormentarlo. Sperò che tutto si fosse risolto per il meglio e che entrambi stessero bene.

«Stai forse parlando del rapimento di quel tuo amico?» c’era d’aspettarselo, Kouyou era la migliore nel reperire informazioni.

«Dazai è solo un compagno di bevute» rispose forse troppo in fretta. La donna gli sorrise,

«Come vuoi, anche se non ti ho mai visto assumere un’espressione tanto preoccupata. Se fosse rivolta a me ne sarei lusingata ma purtroppo non hai mai accettato nessuno dei miei inviti» il dirigente abbassò il capo colpevole.

«Mi spiace, ma non sono preoccupato visto che al momento se ne sta occupando Chuuya»

«Cosa c’entra Chuuya?» Verlaine era comparso sulla soglia e ovviamente si era intromesso in quella conversazione. Rimbaud alle sue spalle si limitò a sorridere a entrambi,

«Perdonatelo ma è da un paio di giorni che non abbiamo sue notizie» spiegò a mo’ di scusa,

«Oh si l’ho ospitato a casa mia» di fronte all’espressione omicida del francese, Oda si affrettò ad aggiungere,

«Stiamo lavorando a un caso piuttosto complesso, c’entra un’organizzazione europea, forse voi saprete illuminarmi»

«Se possiamo essere di un qualche aiuto» rispose il moro prendendo posto accanto al dirigente dai capelli rossi.

«Si chiama Mimic, per ora è tutto ciò che sono riuscito ad estrapolare da uno dei nostri ostaggi»

«Il loro capo si chiama André Gide e possiede un’Abilità simile alla tua» iniziò a spiegare Rimbaud stupendo i presenti ad accezione di Verlaine che assunse un’espressione a metà strada tra l’irritato e l’offeso.

«In che senso simile?» domandò Oda

«Può vedere di qualche secondo nel futuro» il sicario non poteva credere alle proprie orecchie,

«Più che simile direi che è uguale» mormorò Kouyou tornando a giocherellare con il proprio ventaglio mentre nel frattempo l’ex spia si toglieva dall’ingombro di sciarpa e cappotto.

«Che altro sapete dirmi?» Oda stava iniziando a preoccuparsi,

«Gide e i suoi uomini facevano parte di gruppo mercenari che operava durante la Guerra in Europa»

«Li avete mai incontrati?» i due francesi si scambiarono una lunga occhiata,

«Abbiamo incontrato un sacco di gente in quel periodo» tagliò corto Rimbaud

«Quel conflitto ha cambiato per sempre le sorti di questo mondo insieme all’opinione riguardo alle persone dotate di Abilità Speciali» fu il pacato commento di Kouyou. Gli strascichi di quel conflitto ogni tanto tornavano ad intaccare il presente.

«Gide operava principalmente sul fronte tedesco» si intromise Verlaine, come se si fosse appena ricordato di un qualche dettaglio importante,

«Non avete idea del perché ora si trovi in Giappone?»

«Gide è un mercenario starà lavorando per qualcuno»

«Voglio sapere cosa c’entra Chuuya con questa storia» di fronte all’ennesimo intervento del biondo, Rimbaud si limitò ad alzare gli occhi al cielo.

«Un nostro amico è stato rapito e il Boss ci ha affidato il compito di recuperarlo»

Verlaine sembrò accettare quella spiegazione. Mori Ougai scelse quel momento per fare la propria comparsa sulla scena,

«Bene. Visto che ci siete tutti direi che possiamo iniziare con la riunione»

Odasaku si mise a sedere ripensando alle informazioni ottenute dai due francesi.

Dazai era stato incaricato di indagare sulla Mimic e per questo rapito ma c’era qualcos’altro che non tornava in quella storia. Chi mai poteva aver aiutato Gide e i suoi uomini ad entrare nel Paese? Se veramente erano dei mercenari dovevano vantare amicizie potenti.

Non era una missione come le altre, il suo sesto senso gli suggeriva di non abbassare la guardia. Lanciò una breve occhiata in direzione di Mori, doveva molto a quell’uomo anche se al momento il suo nome figurava in cima alla lista dei propri sospettati.

 

***


Dazai avvertiva dolore ovunque.

«Dannazione sono ancora vivo» riuscì a mormorare rotolando su un fianco e andando a urtare contro qualcosa, o meglio qualcuno

«Certo che lo sei» Chuuya lo fissò in cagnesco, come se non fosse affatto felice della cosa.

«Ogni tanto rimpiango il fatto che la mia Abilità annulli la tua, avrei preferito una caduta più dolce» sbuffò prendendo a massaggiarsi il fondoschiena

«Non sei tu quello che adora giocare al suicidio? Quando ti ho dovuto recuperare perchè eri rimasto impigliato in un albero non hai fatto tutte queste storie»

«Ora come ora vorrei solo potermi suicidare insieme alla persona che amo»

Dazai si accorse un secondo troppo tardi del senso di quelle parole, precisamente quando vide un’espressione scioccata comparire sul volto di Chuuya,

«Ami qualcuno eh?» lo provocò

«Amo ogni donna del pianeta»

«Non avrei mai pensato che un idiota spreco di bende come te potesse provare un sentimento simile, o forse questa non è altro che l’ennesima menzogna dannato spione?»

Dazai alzò le spalle.

«Pensala come ti pare»

«Diresti lo stesso se al mio posto ci fosse Saku?»

«Cosa c’entra Odasaku?»

«Nulla lascia perdere. Allora mi vuoi spiegare che cazzo sta succedendo con questa Mimic? Davvero fai il doppio gioco per questi bastardi?»

Dazai tornò serio.

«Cosa sai di loro?» Chuuya sembrava disporre di parecchie informazioni, poteva approfittarne

«Gli ostaggi torturati da Akutagawa ci hanno fornito solo questo nome, non so dirti altro» l’ex dirigente prese un lungo respiro, se i suoi calcoli erano esatti non gli rimaneva molto tempo,

«Devi tenere Odasaku il più possibile lontano da loro» Chuuya sgranò gli occhi, odiava ricevere ordini soprattutto da una nullità come Dazai

«Perchè mai? Nel caso te ne fossi scordato Saku è un dirigente»

«Non possiedi l’Oracolo d’Argento

«Non lo userei mai» sbottò offeso, «ha accettato di darmi una mano solo perché si trattava di te» Dazai avrebbe voluto gioire per quella notizia ma quel costante senso di preoccupazione per la vita di Oda glielo impedì.

Anche in quella realtà le pedine sulla scacchiera si stavano allineando seguendo una logica e un ordine preciso.

«André Gide, il leader della Mimic possiede la stessa Abilità di Odasaku. Ti prego Chuuya devi tenerlo il più possibile lontano da quell’uomo, non permettere che si incontrino o affrontino. Devi promettermelo» non gli importò di apparire folle o disperato.

Chuuya era la sua unica possibilità.

In quel momento una palla entrò nel proprio campo visivo. Dazai ne seguì il percorso fino a quando questa non andò ad arrestarsi ai piedi del mafioso dai capelli rossi.

«E questa da dove cazzo viene?» sbottò Chuuya prima di chinarsi a raccoglierla. Fu questione di pochi istanti, sentì improvvisamente le palpebre farsi pesanti e un leggero cerchio alla testa.

«Veleno?» riuscì a dire mentre con l’ultimo barlume di lucidità osservava Dazai sparire nella boscaglia affiancato da un gruppo di uomini armati.

«Perdonami Chibi ma era l’unico modo. Ti affido Odasaku. Non mi deludere»

«Vaffanculo stronzo»



 

 

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Capitolo 19
*** A Room Where We Can Someday See the Ocean ***


 


Chuuya non si dava pace, da quando aveva ripreso i sensi non faceva altro che pensare e ripensare alle parole di Dazai,

“Ti affido Odasaku. Non mi deludere” 

Aveva il suono di un addio. Quel idiota non poteva essere Dazai Osamu, una parte di lui si rifiutava di accettarlo. Non poteva trattarsi di quello stesso novellino che lui e Oda avevano conosciuto al termine del Conflitto Testa di Drago e che in breve tempo si era ritagliato il proprio spazio nelle loro vite diventando quasi un amico. Chuuya odiava associare quella parola a Dazai ma qualsiasi altro termine sarebbe stato pericoloso e assolutamente non necessario. Avevano già fin troppi problemi dei quali occuparsi, senza doverne sommare di nuovi. Il solo pensare a quell’idiota aveva il potere di fargli saltare l’intero sistema nervoso.

Strinse i pugni, soffocando un’imprecazione tra le labbra mentre la sua mente cercava di trovare una qualsiasi spiegazione che potesse decifrare gli atteggiamenti di quello Sgombro.

«A che gioco starà giocando quel idiota?» trovò il coraggio di domandare.

Oda, seduto su di una sedia accanto al suo letto, si abbandonò ad un sospiro stanco che tuttavia riassumeva perfettamente il proprio stato d’animo. 

Al risveglio Chuuya aveva trovato il dirigente al proprio fianco, insieme a Rimbaud. Aveva impiegato diversi secondi per ricordare quanto successo e come fosse finito in quelle condizioni. Era caduto in trappola come uno stupido. Per l’ennesima volta Dazai si era fatto beffe di lui. Gli fu sufficiente incrociare lo sguardo dell'amico per comprendere la gravità della situazione. 

Una parte di Chuuya voleva disperatamente credere nell’innocenza di Dazai anche se il suo tradimento in quel momento sembrava essere la loro unica certezza.

Arthur Rimbaud si trattenne per diversi minuti prima di venir richiamato al lavoro. Chuuya ringraziò il fatto che fosse solo e non in compagnia di Verlaine. Non voleva che il fratello lo vedesse in quelle condizioni e sarebbe solo servito a gettare benzina sul fuoco. Aveva abbassato la guardia e Dazai ne aveva approfittato.

Attesero che l’ex spia francese abbandonasse la stanza prima di iniziare a scambiarsi informazioni. Nonostante l’apparente freddezza Oda sembrava preoccupato per la situazione così come per il coinvolgimento di Dazai. 

«La Mimic è composta principalmente da ex soldati, mercenari provenienti dall’Europa» iniziò il minore incrociando le braccia al petto.

«Anche Arthur e Paul mi hanno fornito le stesse informazioni. Il leader dell’organizzazione si chiama André Gide. Le loro versioni coincidono» di fronte alle parole del dirigente, Chuuya storse il naso cercando di fare il possibile per mantenere la calma.

«Dazai mi ha pregato di tenerti lontano da quell’uomo» era quel particolare più di tutto a preoccuparlo,

«Questa è una delle cose più sospette» e anche Oda sembrava pensarla allo stesso modo

«Tu lo sapevi Saku? Sapevi che quell’idiota fosse una spia? Se fosse vero quel bastardo, lui non avrebbe fatto il doppio gioco ma il triplo. Solo quello Sgombro poteva rifilarci un tale colpo basso. Vorrei che fosse qui solo per poterlo prendere a pugni» era arrabbiato come non gli capitava da anni.

Osamu Dazai era fuggito insieme ad una Divisione del Governo. Chuuya aveva riconosciuto subito i loro distintivi, quelli dei servizi segreti. Non poteva sbagliarsi. I ricordi di quando quegli uomini gli davano la caccia erano impressi a fuoco nella propria memoria. Preferì concentrarsi su altro. Non doveva permettere agli incubi del proprio passato di inficiare il presente.

«Ho iniziato a pormi delle domande la sera in cui ci ha parlato di Nagano. Qualche giorno dopo, un paio di miei sottoposti mi hanno informato di una conversazione telefonica avvenuta tra Dazai e un numero sconosciuto proveniente proprio da quella prefettura. Abbiamo a che fare con due gruppi distinti, la Mimic e le forze speciali» spiegò Oda chinando il capo.

Chuuya imprecò sottovoce stringendo con forza il lenzuolo tra le proprie mani. Odiava quella sensazione di impotenza. Non era da lui.

«Cosa intendi fare?» domandò al superiore, pronto ad accettare qualsiasi piano Oda gli avrebbe proposto.

«La Mimic al momento rappresenta la minaccia più pericolosa, anche se la perdita di Dazai…»

«Se ti vedesse con questa faccia delusa magari potrebbe ripensarci e tornare sui propri passi» lo prese in giro. L’ex sicario abbozzò un sorriso,

«Una parte di me ha sempre saputo che Dazai non era chi diceva di essere, chiamalo presentimento, sesto senso o quello che vuoi. Ho visto una profonda solitudine attraversare il suo sguardo, accompagnata da un’oscurità senza fine. Forse nella mia arroganza avevo semplicemente sperato di poterlo salvare da se stesso»

«Non puoi proprio evitare di prenderti cura degli orfani? Hai fatto lo stesso con me e Akutagawa» Oda tornò a sorridere anche se per un breve istante

«Ricordo il giorno in cui ci siamo incontrati. Mori ti aveva affidato alla mia supervisione dopo che avevi mandato all’ospedale altri due istruttori. Avevi quanto otto, forse nove anni? Ho pensato fossi incredibile» Chuuya sbuffò,

«Quei due idioti mi avevano trascinato con loro nella Mafia. Il giorno prima imparavo ad agire come una spia e quello dopo ad essere un assassino. Non è che la mia vita sia cambiata di molto. Con il senno del poi l’idea del Boss fu geniale, mettermi sotto il comando di qualcuno di diverso, che usasse il bastone e non la carota. É solo grazie ai tuoi insegnamenti se sono diventato tanto forte Saku» confessò.

Oda non dubitava dei metodi di Rimbaud, in fondo quell’uomo era il solo in grado di tenere a bada una belva come Verlaine. Lo aveva visto all’opera e meritava tutto il suo rispetto. C’era stato un tempo in cui Arthur Rimbaud era conosciuto come la spia più potente d’Europa. La Guerra unita ad alcune circostanze lo avevano portato in Giappone e in seguito era finito al servizio di Mori, insieme al proprio compagno e al fratello di quest’ultimo, il piccolo Chuuya.

Il ragazzo che aveva davanti agli occhi era stato allevato da due assassini, oltre a questo possedeva una delle Abilità più distruttive con cui Oda si fosse mai scontrato. In più di un’occasione Flawless lo aveva salvato dalla furia di Arahabaki. 

«Io e te siamo molto simili» si trovò ad ammettere abbozzando un sorriso. Lo pensava davvero, molte volte Chuuya gli aveva ricordato il giovane se stesso, il ragazzo arrabbiato che era prima di conoscere Natsume Soseki, prima di diventare il braccio destro del Boss.

«Già, mi avevi parlato del tuo passato come sicario» Oda Sakunosuke aveva deciso di cambiare la propria vita. Era stato l’incontro con quell’uomo misterioso a portarlo a maturare una simile decisione. Aveva smesso di uccidere ma continuava a vivere nelle tenebre, avvolto dall’oscurità. Ougai Mori non aveva fatto domande in merito, aveva accettato quel suo problematico credo spinto o per meglio dire, intrigato dalle parole di Soseki. Lo aveva promosso alla dirigenza e tenuto al proprio fianco, fino a quel giorno. 

La scomparsa di Osamu Dazai aveva cambiato ogni cosa, come la cieca fiducia che Oda aveva sempre riposto nel leader della Port Mafia.

C’era qualcosa di pericoloso in quella vicenda. Si trattava dell’ennesimo gioco di potere di cui non era ancora riuscito a comprendere bene le regole o le parti coinvolte.

«Per questo difendo la decisione di Verlaine e Rimbaud di crescerti nella Mafia. C’è un’oscurità peggiore nel mondo al di fuori da questa Organizzazione» fu il solo commento che uscì dalle sue labbra. Chuuya non doveva conoscere altri dettagli. Non poteva accusare il Boss di qualcosa senza possedere prove concrete del suo coinvolgimento.

«Dobbiamo forse salvare Dazai?» Oda abbassò il capo, non era ciò che intendeva ma forse andava bene anche così. 

«La vera domanda è: credi che Dazai voglia essere salvato?» era un dubbio legittimo in parte dettato dalla natura stessa di Dazai. La sua imprevedibilità unita a quella spiccata intelligenza lo avevano sempre affascinato ed attratto come una calamita. Chuuya lo sfidò con lo sguardo,

«Qualcosa mi suggerisce di come non avesse scelta. Devo pensarlo o niente potrà salvarlo dalla mia ira» di fronte a quelle parole Oda non potè fare altro che sorridere

«Prima o poi dovresti confessargli ciò che provi» Chuuya arrossì fino ad assumere la stessa tonalità dei propri capelli,

«Senti da che pulpito» sbottò incrociando le braccia,

«Che vorresti dire?» per la prima il volto del dirigente assunse un’espressione di pura sorpresa.

«Non fingere di non capire Saku. Ti ho osservato. Anche tu provi qualcosa per Dazai non provare a negarlo»

«Dazai è un amico» tentò di sottolineare,

«Anche Dazai è innamorato di qualcuno» lo provocò, anche se la faccia sempre più sorpresa di Oda fu la sola conferma della quale avesse bisogno,

«E ti ha forse detto di chi?» era troppo facile prendersi gioco del dirigente, oltre che divertente

«No, quel bastardo era troppo occupato a lanciarmi addosso palle cariche di veleno»

«Quanto pensi fosse serio?» Chuuya ci pensò per qualche istante,

«C’era qualcosa di strano in lui. Sicuramente te ne sarai accorto anche tu» Oda annuì piegando leggermente il capo,

«Per questo sono sicuro che non si trattasse dell’ennesima menzogna. Dazai sembrava diverso dal solito, quasi sofferente» disperato era il termine più appropriato ma non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, sarebbe stato nuovamente troppo da sopportare.

«Forse perchè si stava avvicinando l’inesorabile momento della verità. Quella sera al Lupin, Dazai in qualche modo sapeva che sarebbe stata l’ultima» si trovò ad ammettere con una punta di malcelata tristezza.

«Cosa facciamo Saku?» anche da un letto d’ospedale Chuuya non sembrava intenzionato ad arrendersi. Il dirigente rimase stupito da quella forza, quell’energia che aveva da sempre caratterizzato il possessore d’Arahabaki.

«C’è qualcosa che non mi torna in questa storia e temo che Dazai sappia più di quanto sembri. La Port Mafia ha deciso di attaccare la Mimic con tutte le forze a propria disposizione. Era di questo argomento che abbiamo discusso durante l’ultima riunione» si trovò ad ammettere alzandosi dalla propria sedia. Chuuya lo avrebbe scoperto comunque, mentire in quell’occasione non sarebbe servito a nulla. Preferiva renderlo partecipe della situazione come delle prossime mosse dell’Organizzazione.

«Devi tenerti alla larga dal leader della Mimic»

«Possiede la mia stessa Abilità non ci vedo nulla di così pericoloso» il più giovane non sembrò troppo convinto di quella risposta.

«Come pensi che potrebbe risolversi uno scontro tra di voi?» domandò preoccupato ma al tempo stesso incuriosito,

«Credo che messi alle strette tutto dipenda dalla nostra abilità con le armi da fuoco, non dimenticare che sono un sicario professionista»

«Lui però è un militare»

«Ti sto dicendo di non preoccuparti. Mi credi tanto debole?» Chuuya tornò finalmente a sorridere,

«No, assolutamente. Ora che ci penso, Akutagawa?»

«L’ho mandato insieme ad altri membri dello squadrone militare a sedare alcuni conflitti in città…» ma prima che potesse terminare la frase il proprio cellulare prese a suonare,

«Pronto. Qui Oda. Come? Cosa è successo? Ok arrivo subito, ritiratevi e cercate di non strafare»

«Che succede?» si azzardò a domandare il possessore di Arahabaki anche se il viso di Odasaku parlava per lui.

«Ti stavi chiedendo che ne fosse stato di Akutagawa. Sembra che il suo gruppo sia caduto in un’imboscata e che in questo momento stia combattendo contro Mimic al museo d’arte»

«Dobbiamo andare ad aiutarlo» mormorò tentando di alzarsi ma incespicando nelle lenzuola.

«No. Tu resterai qui. Ryuu-kun è un mio sottoposto»

«Grazie alla mia Abilità possiamo risolvere la questione in pochi secondi»

«Chuuya cerca di capire, voglio che tu sia al massimo della forma per quando troveremo Dazai. Pensa solo a recuperare le forze»

«Hai solo paura di cosa potrebbero farti quei due se scoprissero che mi hai portato con te, giusto?» Oda gli sorrise a mò di scusa,

«In parte, ma desidero solo che tu ti riprenda. Sei stato avvelenato, per queste cose ci vuole tempo anche se al momento è ciò di cui siamo a corto» il rosso annuì,

«Pensi davvero che troveremo Dazai?»

«Sono convinto che sarà lui a trovare noi»

 

***

 

In quello stesso momento, Osamu Dazai si trovava seduto su una sedia di uno degli uffici della Divisione Governativa per l’utilizzo delle Abilità Speciali. L’uomo davanti ai suoi occhi aveva detto di chiamarsi Taneda e da quanto aveva compreso, era il suo diretto superiore. Quella poteva essere la sua ultima occasione per salvare Odasaku, in fondo gli sarebbe bastato convincere quell’uomo a non fidarsi di Ougai Mori e delle sue parole.

«É un vero peccato che ti abbiano scoperto Dazai-kun» l’ex mafioso alzò le braccia, pronto a recitare al meglio la propria parte,

«Era solo questione di tempo» si limitò a rispondere iniziando a sondare il terreno

«Quando ci è giunta voce che eri stato rapito dalla Mimic abbiamo temuto il peggio» il moro sorrise 

«Non avete mosso un dito per salvarmi. Vi siete limitati ad aspettare che la Port Mafia facesse la propria mossa»

«Dazai-kun eri in una posizione delicata»

«Chissà come ci sono finito» Era questo atteggiamento che odiava, anche se doveva ammettere che il modus operandi del Governo non si discostava troppo da quello di Mori. Tutti loro non erano altro che pedine da usare e sacrificare a seconda del proprio interesse. Era il risultato finale della partita a contare.

«In questi due anni hai fatto un lavoro eccellente» proseguì il Direttore,

«Come intendete procedere con la Mimic? La situazione si sta facendo pericolosa o mi sbaglio?» Dazai si era stancato e aveva deciso di passare all’attacco.

«Sei sempre stato un ragazzo sveglio, per questo ti ho scelto per questa missione. Hai ragione, quel gruppo di fanatici può diventare una seria minaccia per la sicurezza della nostra amata città. Giusto questa mattina abbiamo ricevuto dalla Port Mafia una richiesta che…»

«NO» Taneda lo fissò confuso. Dazai aveva urlato quasi senza rendersene conto. Le immagini della morte di Odasaku gli erano tornate alla mente. Più vivide e dolorose che mai.

Avrebbe fatto il possibile per impedire a quella storia di ripetersi. Prese un lungo respiro cercando di calmarsi,

«Non possiamo fidarci di Mori Ougai, quell’uomo avrà sicuramente un secondo fine. Il Governo non può sottostare ai ricatti di un’Organizzazione criminale»

«Sembra vogliano qualche garanzia in cambio» rispose con calma il Direttore

«Desiderano ottenere la licenza per l’utilizzo all’uso delle Abilità Speciali» lo anticipò 

Taneda annuì.

«Forse non le sembrerà molto ma non possiamo concedergliela» 

Odasaku morirà per quel pezzo di carta,

«Ti vedo parecchio coinvolto in questa vicenda» l’ex dirigente sostenne lo sguardo del Direttore. Come poteva non esserlo, si stava mercanteggiando per la vita dell’uomo che amava. Concedere quella licenza avrebbe significato accettare l’aiuto della Mafia nel caso Mimic e vi era un solo uomo all’interno di quell’Organizzazione in grado di rivaleggiare con André Gide. 

Il Boss lo sapeva, dirigente o meno non ci avrebbe pensato due volte a mettere la vita di Oda sul piatto della bilancia.

«Non possiamo accettare, moriranno degli innocenti»

«Dazai-kun sei ancora così giovane, a volte per il bene di una comunità bisogna essere disposti a sacrificare gli interessi del singolo»

A volte, per un bene superiore, dei sacrifici vanno affrontati

Era stato uno dei primi insegnamenti che aveva ricevuto da Mori. Il Boss aveva pronunciato quella frase poche ore prima di assassinare il proprio predecessore e prendere le redini dell’Organizzazione. A quel tempo Dazai non aveva trovato nulla da obiettare. Quel vecchio non era altro che un folle e in qualche modo andava fermato. Aveva accettato di seguire Mori in quell’oscurità perché sperava di trovare un senso per la propria esistenza. Era entrato nella Port Mafia solo per quello, vivere a stretto contatto con la nera signora poteva aiutarlo a comprendere se stesso e dare un senso a quel vuoto che attanagliava il suo animo.

La presenza di Odasaku era stata come un balsamo su quelle ferite, per questo non poteva rassegnarsi alla sua morte.

Dazai sapeva di essere un ipocrita, se ci fosse stato qualcun altro al posto dell’amico non si sarebbe opposto e avrebbe condiviso quella linea d’azione. La vita di Oda però era qualcosa di prezioso e importante. Stava avvenendo tutto come nel proprio mondo, ma anche conoscendo in anticipo il finale di quella storia Dazai non sembrava in grado di modificarla. 

«Se le dicessi che moriranno dei bambini?» non poteva averne la certezza, tuttavia durante una delle conversazioni tra Oda e Chuuya aveva captato quel particolare. Odasaku poteva anche essere diventato un dirigente ma si occupava ancora degli orfani. Anche la morte di quei piccoli era qualcosa che Dazai avrebbe voluto o potuto evitare. 

Era stata la loro perdita a spingere Odasaku a scendere in campo e lui non aveva potuto fermarlo. Se chiudeva gli occhi rivedeva quell’auto in fiamme e la sua mano tesa a mezz’aria nel tentativo di afferrare l’amico. Oda non lo aveva ascoltato, andando incontro al proprio destino. Lo aveva lasciato, obbligandolo a vivere attraverso quella promessa che gli aveva strappato con il proprio ultimo respiro.

Sta dalla parte di chi salva le persone

In quella realtà Dazai giocava per la squadra dei “buoni” anche se la Divisione non sembrava esente da colpe,

«Hai forse delle prove? Abbiamo appena ricevuto una comunicazione di uno scontro avvenuto tra la Mimic e la Mafia presso il museo d’arte, non possiamo attirare troppo l’attenzione. Siamo in una posizione delicata Dazai-kun» l’ex mafioso stentava a credere alle proprie orecchie,

«No, non ho prove» si trovò ad ammettere. Le sue non erano altro che supposizioni che a quanto pare non sarebbero servite per avere un qualche appoggio da parte della Divisione. 

«Dovresti prenderti un paio di giorni di riposo, non hai un bell’aspetto ragazzo mio» Dazai ne avrebbe fatto volentieri a meno, non poteva riposare, non in una situazione simile. Era la quiete che precedeva la tempesta.

«Cosa avete detto poco fa Direttore? C’è stato uno scontro ad un museo?» nel suo mondo Odasaku aveva incontrato Gide proprio in quell’occasione, intervenendo per salvare Akutagawa. Era stato allora che il mercenario aveva appreso dell’Abilità dell’amico e si era convinto di come Oda fosse il solo a poterlo aiutare ad espiare i propri peccati. André Gide era un folle. Dazai lo avrebbe ucciso con le proprie mani se solo fosse servito a salvare Odasaku dal proprio destino.

«Si, uno scontro a fuoco tra Mimic e Mafia, ci sono state parecchie vittime, per fortuna nessuna tra i civili»

«Abbiamo modo di recuperare le riprese fatte dalle telecamere?»

«Certo ma non capisco a cosa possano servire»

«Voglio solo scoprire di più su questa faccenda»

Dazai sapeva già cosa quelle immagini gli avrebbero mostrato, aveva escluso Chuuya dall’equazione perché ancora convalescente a causa del veleno. Le forze speciali avevano dovuto ricorrere ad una dose extra per mettere KO il vessillo di Arahabaki. Sicuramente Oda si era recato da solo sul posto e come nella propria realtà doveva aver salvato Akutagawa, finendo così per attirare l’attenzione di Gide.

Verlaine aveva ragione, non poteva cambiare le cose ma nulla gli avrebbe impedito di provarci.

 

***

 

Chuuya stava fissando il paesaggio al di fuori della propria stanza. Si trovava ancora presso la clinica privata nella quale era stato ricoverato, una delle tante affiliate alla Port Mafia. Aveva ricevuto solo pochi istanti prima un messaggio da parte di Oda che lo informava sugli ultimi sviluppi di quella missione. Il dirigente era riuscito a salvare Akutagawa finendo però con lo scontrarsi direttamente con il leader della Mimic. Chuuya aveva stretto i pugni maledicendosi per non essere andato con lui. Un leggero bussare lo costrinse a tornare con la mente al presente.

«Sei sveglio» Paul Verlaine era l’ultima persona che in quel momento desiderava vedere, forse solo Dazai lo superava nella sua personale classifica di gradimento.

«Cosa sei venuto a fare?» domandò annoiato, sprofondando dentro le proprie coperte,

«Non posso preoccuparmi per mio fratello?» Chuuya preferì non rispondere. Odiava quando lo chiamava in quel modo.

«Hanno usato del veleno, ciò significa che erano a conoscenza del tuo punto debole» proseguì il biondo per nulla turbato da quel comportamento

«Sai che novità, sarà stato quell’idiota di Dazai. Come sempre è tutta colpa sua» di fronte a quell’ammissione Verlaine alzò un sopracciglio

«Dazai?» quel nome non gli era nuovo,

«La spia che ha fornito alla Mimic i codici di accesso per l’armeria. Era un novellino che faceva parte dei servizi segreti»

«L’agente scomparso su cui stavate lavorando tu e Oda giusto?» Chuuya annuì,

«Appena lo vedo lo ammazzo» sbottò riemergendo dalle lenzuola.

«Dovresti solo pensare a riposare»

«Senti da che pulpito»

«Cosa vorresti insinuare?» il rosso tornò a fissare un punto imprecisato al di fuori della finestra, preferendo evitare di incrociare il viso dell’altro,

«Ufficialmente non ne so nulla ma accetta un consiglio spassionato, quando tu e Arthur litigate cercate di moderare il tono di voce. Dalla mia stanza si sente tutto» Verlaine arrossì colto in flagrante,

«Hai solo questo da dirmi?» domandò dopo qualche secondo il Re degli Assassini, incrociando le braccia al petto. Non poteva negare di essersi aspettato una reazione diversa da parte del fratello.

«Non penso siano affari che mi riguardano»

«Chuuya»

«Sono felice per voi? Anzi lo sarò di più quando tutta questa faccenda con la Mimic sarà conclusa. Tu a Arthur conoscevate questo Gide, giusto?»

Lo sguardo di Verlaine tornò improvvisamente serio.

«Lo abbiamo incontrato sul fronte tedesco, allora era agli ordini di Hugo. Ho scoperto solo qualche anno dopo di come quella vecchia volpe avesse manipolato quell’unità per i propri scopi»

«Pensi che ci sia lo zampino di Victor Hugo in questa storia?» il biondo scosse il capo,

«Impossibile. Quel bastardo è un abile stratega ma preferisce muoversi nell’ombra. Tutto l’opposto del modus operandi di Gide» Chuuya accettò quella spiegazione. 

Come sempre preferì non domandare altro. Hugo era un tassello del passato dei suoi genitori dal quale intenzionalmente volevano tenerlo all’oscuro.

«Tra quanto potrò andarmene questo posto? Mi sto annoiando e non posso lasciare a Saku tutto il lavoro»

«Ero venuto per dirtelo, sarai dimesso domattina. Il medico preferisce attendere i risultati delle ultime analisi» Chuuya finalmente sorrise,

«Paul» iniziò titubante «prima non stavo scherzando sono davvero felice per voi» il biondo alzò gli occhi al cielo prima di avvicinarsi per scompigliargli i capelli

«Lo so o mi avresti scagliato contro qualcosa» lo prese in giro

«Prenditela con i miei genitori. Ho preso da loro» rispose con una linguaccia

«Beh direi che tutto sommato non abbiamo fatto un cattivo lavoro»

Chuuya annuì. Non avrebbe potuto desiderare di meglio ma non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce. Lui e Paul erano fin troppo simili per questo riuscivano ad intendersi con poche parole. 

Fu in quel momento che il suo cellulare prese a vibrare. La chiamata proveniva da un numero sconosciuto. Si chiese chi potesse avere il proprio contatto anche se una parte di lui conosceva già la soluzione di quell’enigma.

«Ciao Chibi» l’inconfondibile voce di Dazai gli provocò un brivido lungo la schiena. Cercò di mantenere la calma di fronte a Verlaine, se avesse sospettato qualcosa sarebbe partito all’attacco e non sarebbe rimasto nulla dell’idiota bendato.

«Parla non ho tempo da perdere» dal tono di voce Dazai comprese che non fosse solo, probabilmente era in compagnia di Verlaine o Rimbaud. Solo per questo si stava trattenendo dall’insultarlo

«Sei ancora in ospedale? Dovresti essere dimesso domattina giusto?»

«Sei incredibile» non potè evitare di sorridere, quell’idiota sembrava essere sempre un passo avanti a tutto e tutti

«Ho bisogno del tuo aiuto Chuuya, si tratta di Odasaku» il rosso si fece più attento. Non si aspettava una richiesta simile. Non da Dazai.

«Credo sia in serio pericolo» proseguì il moro dall’altro capo della linea

«Ma che cazzo stai dicendo?»

«Ora non posso spiegarti. Vediamoci tra mezz’ora al mio vecchio appartamento»

«Perché dovrei fidarmi di te?»

«Perchè sei l’unico che puoi aiutarmi» 

Chuuya rimase per qualche secondo a fissare lo schermo del proprio cellulare. Odiava Dazai ma forse detestava più se stesso per non riuscire a negargli nulla. La sua mente gli urlava di non farlo, non andare, che quella poteva essere l’ennesima trappola. Il suo cuore però gli suggeriva l’opposto. Il tono di voce di Dazai sembrava disperato e così diverso dal solito. Soffocò un’imprecazione fra i denti.

«Va tutto bene?» per un istante si era scordato della presenza di Verlaine.

«Si era Lippman» mentì usando il primo nome che gli passò per la mente, ricordandosi solo in un secondo momento di come al fratello il più abile negoziatore della Port Mafia non stesse troppo simpatico,

«Quel attore da strapazzo»

«Solo perchè mi ha proposto una parte in un suo film non puoi odiarlo a vita» Rimbaud era comparso sulla soglia,

«Come stai Chuu?» domandò qualche secondo dopo, avvicinandosi al suo letto,

«Bene, non vedo l’ora che mi dimettano»

«Sta già pensando a come festeggiare con i suoi amici» si sentì in dovere di aggiungere l’ex spia dai capelli biondi,

«Chuuya ha diciotto anni smettila di fare il geloso. Ti stai rendendo ridicolo» il rosso si sforzò di non ridere. Arthur Rimbaud era il solo in grado di zittire Verlaine e poter sopravvivere per raccontarlo.

«Lo dimettono domani mattina»

«So anche questo Paul»

«Allora che sei venuto a fare?» il moro alzò gli occhi al cielo,

«Volevo sincerarmi delle condizioni di mio figlio e vedere dove fosse finito il mio compagno» rispose passandogli accanto e mettendo una mano sulla sua spalla.

«Per favore se dovete fare i piccioncini fatelo fuori da questa stanza» in realtà Chuuya era abituato a quei comportamenti ma doveva allontanare quei due in modo da poter fuggire per incontrare Dazai. L’arrivo di Rimbaud era stato in un certo senso provvidenziale. Entrambe le spie lo fissarono sorprese. 

«Forse è meglio andare, mi sta venendo fame» fu il solo commento di Verlaine. Il partner lo fissò confuso,

«Chuuya sa tutto» aggiunse con un sorriso prima di alzarsi e afferrarlo per un braccio,

Arthur spalancò gli occhi per la sorpresa,

«Congratulazioni» fu il solo commento del rosso mentre li osservava uscire dalla stanza.

Attese una manciata di minuti prima di recuperare i propri vestiti, sgattaiolando dalla finestra. Avrebbe risolto con Dazai per poi tornare alla clinica prima che qualcuno potesse accorgersi della sua assenza.

Chuuya non poteva evitare di ripensare alle parole di quello Sgombro come al fatto che la vita di Oda potesse essere in pericolo. Che quel mercenario possedesse la stessa Abilità del dirigente era un dato di fatto, ed era fin troppo semplice arrivare ad ipotizzare lo scenario peggiore.

Saku lo aveva in un certo senso rassicurato anche se Chuuya era conscio della forza dell’ex sicario professionista. Il tono di Dazai però non faceva che impensierirlo. Era come se la spia del Governo sapesse già a quale sorte sarebbero andati incontro.

C’era qualcosa di strano in quel Dazai, non sembrava lo stesso novellino che lui e Oda avevano coinvolto nelle loro serate. Era più serio, maturo e sofferente. Il rosso non sapeva come spiegarselo era solo una sensazione che però non gli dava pace.

Quando giunse al luogo scelto per l’incontro lo trovò appoggiato ad una parete. Mani in tasca, avvolto dall’oscurità, il ragazzo che aveva di fronte agli occhi sicuramente non era l’Osamu Dazai che conosceva.

 

***

 

Dazai non avrebbe voluto coinvolgere Chuuya, ma dopo il rifiuto da parte di Taneda il rosso era il solo al quale avrebbe potuto chiedere aiuto. In fondo era stato così in ogni realtà, aveva sempre potuto contare sulla presenza del proprio partner. Quando in quel futuro Chuuya era morto, Dazai si era sentito perso. 

Quel piccolo irascibile era ciò che lo rendeva umano. Era Chuuya a riportarlo al presente ogni volta che perdeva la testa. Era sempre stato così sin da quando avevano entrambi quindici anni e le parole del vessillo di Arahabaki lo avevano esortato a smettere di sparare a un cadavere. Dazai si era trovato ad abbassare la pistola e per la prima volta, ad obbedire senza fiatare. 

Chuuya non era Odasaku e non lo sarebbe mai stato. 

L’idea di averlo perso però gli era sembrata insopportabile. Forse perchè nella sua mente il rosso era invincibile. Aveva passato gli ultimi due anni a creare strategie in modo da imbrigliare quella forza, plasmarla secondo propri scopi. 

Rimbaud era riuscito a controllare quel mostro di Verlaine e Dazai aveva fatto lo stesso con Chuuya. Gli aveva messo un collare e lo aveva addestrato a seguire i propri comandi. Il rosso gli era rimasto fedele in ogni realtà conosciuta e questa consapevolezza non lo aiutava. L’ex dirigente sapeva dei sentimenti che probabilmente Chuuya provava per lui. 

Li aveva usati per i suoi comodi, per tentare di salvare Odasaku, fallendo ogni volta.

Chuuya non lo aveva mai accusato di nulla. Gli era rimasto accanto e come sempre lo aveva sostenuto.

Dovresti ammettere di provare qualcosa per lui

La voce di Odasaku andò dritta al punto. Colpendo un nervo scoperto.

«Farò quanto possibile per salvarti»

Devi lasciarmi andare Dazai

«Non posso farlo»

In quel momento avvertì uno spostamento d’aria. Chuuya doveva trovarsi nelle vicinanze. Lo vide comparire dopo qualche secondo, avrebbe riconosciuto ovunque quei capelli rossi così come il suono dei suoi passi.

«Hai fatto presto» furono le parole con le quali lo accolse, andandogli incontro. Chuuya gli regalò un’espressione furente,

«Voglio prima chiarire una cosa stronzo: dimmi chi cazzo sei» Dazai non potè evitare di sorridere.

In ogni realtà il partner riusciva a scorgere oltre le proprie menzogne. Anche quel Chuuya si era accorto di come non fosse il Dazai che conosceva. Forse il loro legame era più profondo di quello che immaginava.

Gli raccontò ogni cosa, della morte di Odasaku e delle realtà che aveva visitato.

«Aspetta, nel tuo mondo tu saresti il braccio destro di Mori e mio partner?» ovviamente quella era la notizia che più lo aveva scioccato,

«Già, ci siamo incontrati a quindici anni nel distretto di Suribachi»

«E cosa ci siamo andati a fare in quel posto? Non è un quartiere residenziale?»

Dazai non ci aveva pensato. Cosa poteva raccontare a quel Chuuya? Per il momento era meglio evitare quella parte della storia.

«Perchè ora stai esitando?»

«Nulla, concentriamoci su Odasaku. Sai dove si trova?» il rosso rispose con un’alzata di spalle. Il messaggio che aveva ricevuto lo informava dell'esito dell’operazione ma non riportava altro.

Mostrò il proprio cellulare a quel Dazai così diverso eppure simile a quello che fino a qualche giorno prima conosceva.

«Forse potremmo chiedere ad Akutagawa»

«Ho scritto un messaggio a Doc, si sarà occupato lui di medicare i feriti dell’attacco»

«Ogni tanto conservi ancora il potere di sorprendermi Chibi»

«Alcuni amici non ti pugnalano alle spalle»

Dazai si morse la lingua pensando a quanto accaduto nel proprio mondo. Il Chuuya che conosceva era stato usato e ferito più volte da coloro che gli erano più vicini. Il ragazzo che aveva di fronte non solo era cresciuto circondato da una famiglia ma anche dall'affetto dei propri compagni. In quella realtà non era mai esistito nessun Re delle Pecore

Dazai si chiese se quell’ucronia non fosse la migliore. Per Chuuya, Odasaku o per se stesso. 

«A cosa stai pensando ora?»

«A nulla»

«Una volta eri più abile nel mentire»

«Anche Ango me l’ha fatto notare. Sto iniziando a perdere il mio tocco»

«Ango?»

«L’impiegato governativo di cui dovrei aver preso il posto»

«E non sai dove si trovi in questo mondo?»

«Non ho avuto modo di scoprirlo. Dopo il mio arrivo in ogni realtà non faccio in tempo a mettere insieme i pezzi che finisco col perdere Odasaku, è davvero frustrante»

«E secondo te ci sarebbe una specie di logica che può spiegare questo fatto?»

«Per ora mi limito a fare delle ipotesi ma secondo quanto accaduto nel mio mondo so che non disponiamo di molto tempo. Dobbiamo mettere al sicuro gli orfani di cui Odasaku si occupa»

«Ma che stai dicendo? Cosa c’entrano gli orfani?»

«Dopo aver assistito allo scontro tra le loro Abilità, Gide si è convinto di come Odasaku possa essere il solo il grado di sconfiggerlo ma lui si rifiuterà di combattere»

«Ma quel pazzo non può sapere dei bambini»

«Ti sei chiesto di come abbia fatto la Mimic ad entrare nel Paese? Qualcuno l’ha aiutata e quel qualcuno è proprio la Port Mafia. Sarà Mori a vendere quegli orfani a Gide» il rosso trattenne il fiato

«Il Boss non farebbe mai una cosa simile» anche se non ne era del tutto convinto.

«Chuuuya. Tu non hai idea dell’oscurità presente in questo mondo. Hai conosciuto solo la luce»

«Smettila con le stronzate» anche Oda gli aveva rivolto parole simili,

«Nel mio mondo il distretto di Suribachi si è trasformato in una zona povera e senza legge, è un cratere formatosi qualche anno fa in seguito a un’esplosione di origine misteriosa»

«Un’esplosione?»

«Una bestia circondata da fiamme nere, ti ricorda qualcosa, anzi qualcuno?»

«Che significa?»

«Il giorno in cui Verlaine e Rimbaud ti salvarono da quel laboratorio di ricerca finirono con il litigare per il tuo futuro. Verlaine voleva crescerti al sicuro lontano dall’Europa e dall’influenza di quei leader che lo avevano reso un’arma durante l’ultima guerra, Rimbaud voleva seguire gli ordini»

«Non voglio sapere altro»

«Sei cresciuto potendo contare solo sulle tue forze. Quando ci siamo incontrati non eri altro che un ragazzino arrabbiato che combatteva contro il mondo intero»

«Quei due idioti come stanno nel tuo mondo?» si azzardò a domandare,

«Verlaine sta bene»

«E Arthur?» Dazai abbassò il capo

«Non ti dirò altro Chibi»

«Chi è stato?»

«Non insistere. Era un altro mondo un’altra vita»

«L’ho ucciso io? Paul non avrebbe mai potuto fare qualcosa del genere» Dazai prese un lungo respiro, prima di confessare,

«Siamo stati entrambi» Chuuya cadde sulle proprie ginocchia prendendosi il volto con entrambe le mani. Non poteva credere a quelle parole, il volto fin troppo serio di Dazai però non lasciava adito a molti dubbi.

Nel mondo di quell’idiota aveva ucciso l’uomo che gli aveva fatto da padre e insegnato ogni cosa. Era semplicemente assurdo.

«Per questo non volevo dirtelo ma sei sempre così insistente»

«Avevo il diritto di saperlo»

«No, non l’avevi»

«Come sta Paul?» non riusciva ad immaginarlo,

«Ora bene anche se tempo fa era impazzito»

«Deve essere tremendo sopravvivere alla persona amata» si accorse troppo tardi del senso delle proprie parole, precisamente quando incontrò lo sguardo di Dazai,

«Ho visto Odasaku morire tra le mie braccia e ogni volta fa male come se fosse la prima. Non ci si abitua a quel dolore ma ci si impara a convivere. Verlaine è andato avanti solo per te. Eri tutto ciò che gli restava»

In quel momento lo schermo del cellulare di Chuuya si illuminò,

«Doc ha risposto alla mia mail. Ha medicato Saku qualche ora fa ma ora non ha idea di dove sia finito. Non era nulla di grave, Akutagawa era quello messo peggio»

«Dobbiamo salvare quei bambini Chibi, da loro dipende il futuro di Odasaku»

Il rosso annuì preferendo ignorare quella strana sensazione di gelosia che da qualche minuto non faceva altro che agitarsi nel proprio petto. Dazai aveva iniziato quel viaggio tra universi e realtà alternative per salvare Oda. 

Lo aveva fatto solo per lui. 

Quella verità non era facile da accettare. Poteva raccontarsi tante cose, di come quello non fosse il Dazai Osamu che conosceva ma non avrebbe potuto negare quel sentimento. Quello era presente anche nel proprio mondo.

Chuuya aveva da sempre sospettato qualcosa. Sin dal loro primo incontro era come se Dazai e Oda vivessero in una dimensione tutta loro, fatta di sguardi e parole non dette. Il rosso era un buon osservatore, forse perchè cresciuto a stretto contatto con due idioti francesi che non facevano nulla per nascondere i propri sentimenti. Ciò che legava Dazai a Oda era simile a quello che aveva visto nei genitori. Gli occhi di Dazai in quel momento riflettevano solo tutta la propria apprensione per la sorte dell’amico. 

Chuuya non lo aveva mai visto in quelle condizioni, per una volta il moro sembrava sincero. Non stava giocando. Era bastato un solo sguardo a convincerlo. 

«Ho chiesto ad Albatross di darti un passaggio. Sarà qui tra pochi minuti. Se non fosse per la tua Abilità di annullamento potevamo ricorrere alla mia per arrivare sul posto. Se non ti spiace ti precedo» aggiunse prima di spiccare il volo ed atterrare su un tetto.

Dazai annuì rispondendo con un cenno della mano.

Chuuya lo stava aiutando. Per l’ennesima volta. Non avrebbe potuto sperare in un partner migliore.

Dovrai perdere anche lui prima di accorgerti dei tuoi sentimenti?

Scosse la testa, preferendo ignorare le parole di Odasaku

«Ti salverò, questa realtà è perfetta, qui tutti sono felici»

La realtà perfetta non esiste

Presto o tardi Dazai avrebbe dovuto accettarlo.

 

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Capitolo 20
*** Questions and Answers ***


 


La moto di Albatross ci mise pochi minuti per condurre Dazai a destinazione. Nonostante i tentativi da parte del membro dei Flags di intavolare una conversazione, il moro preferì rimanere in silenzio per tutta la durata del viaggio, completamente assorto nei propri pensieri. Potevano anche essere cambiati alcuni attori ma non il finale di quella tragedia. Tutto si stava svolgendo esattamente come nel proprio mondo, seguendo un copione già scritto da un sadico regista chiamato destino. Nonostante avesse cercato di fare il possibile per confutare le parole di Verlaine, l’ex dirigente dovette per la prima volta chinare il capo e arrendersi di fronte all’evidenza. Stava combattendo una crociata impossibile, come un moderno Don Chisciotte, insisteva nello scontrarsi contro i propri mulini a vento, finendo solo con il ferirsi ed essere disarcionato. Dazai avrebbe potuto descrivere nei minimi particolari gli ultimi istanti di Odasaku, così come le espressioni assunte dal suo viso, mentre lo incitava a diventare un essere umano migliore. Erano immagini che mai avrebbe potuto scordare, ricordi indelebili impressi a fuoco nella memoria.

Alzò pigramente il capo solo per incontrare lo sguardo di Chuuya. Gli fu sufficiente per comprendere la gravità della situazione così come lo stato d’animo nel quale versava il compagno. 

Per Dazai fu come specchiarsi nel se stesso del passato, in quel dirigente, il più giovane nella storia della Port Mafia, che non era stato in grado di fare una cosa tanto semplice come fermare un proprio amico. Sapeva che ne avrebbe avuto il potere, l’autorità. 

Quello sarebbe rimasto uno dei suoi maggiori rimpianti, uno dei tanti con i quali avrebbe dovuto imparare a convivere.

In quel preciso momento, negli occhi del partner vi trovò riflesso lo stesso senso d’impotenza, la stessa rassegnazione. Chuuya però era diverso da lui, lo era sempre stato. Il possessore di Arahabaki sapeva come esprimere i propri sentimenti ma soprattutto vivere le emozioni. 

Non potevano essere più diversi. Due facce della stessa medaglia. 

Dazai era in grado di prevedere ogni mossa di Chuuya così come il rosso sapeva leggere oltre le sue bugie. Nessuno sarebbe mai arrivato tanto vicino a comprenderlo. Anche quella consapevolezza lo portò a riflettere.

Per anni l’ex dirigente si era interrogato sul comportamento di Mori, su cosa lo avesse spinto a creare l’invincibile duo nero.

Era riuscito a trovare una risposta solo di recente, quando in una di quelle realtà alternative, aveva assistito alla collaborazione tra Akutagawa e quel ragazzo tigre. 

Solo un diamante può lucidarne un altro

Al solo ricordo di quelle parole, Dazai venne sopraffatto da un senso di nausea. Rivide se stesso assistere alla scalata al potere di Mori, mentre l’ex medico militare cercava di istruirlo al meglio per farne il proprio erede. Peccato che Dazai non avesse mai desiderato sedersi quel trono né tantomeno lo scettro del comando. Non era interessato al potere e alle responsabilità che esso comportava. 

Osamu Dazai risultava insofferente a qualsiasi tipo di regola o imposizione. Anche la sua continua ricerca della morte era un modo come un altro per sfuggire a quelle leggi che finivano con il condizionare l’esistenza. Un pretesto per provare emozioni, sentirsi vivo.

La morte di Odasaku aveva finito con il ribaltare anche questa convinzione. La perdita dell’amico lo aveva reso vulnerabile e posto per la prima volta di fronte a sentimenti che mai si sarebbe aspettato di provare. Il Demone si stava trasformando in essere umano. 

Dazai aveva cercato di fare il possibile per riempire quel senso di vuoto che da sempre accompagnava ogni suo passo. Oda era stato il solo ad avvicinarsi al suo centro, a sfiorare la sua anima. Era sufficiente la sua presenza. 

Per questo la sola idea di accettarne la morte gli appariva insopportabile.

E il sapere di non potere fare nulla per evitarla era ancora peggio.

Si appoggiò ad un lampione sentendosi improvvisamente svuotato di ogni energia. 

Ricambiò lo sguardo di Chuuya mentre intorno a loro la polizia iniziava con il delimitare la scena del crimine. 

Non avevano molto tempo. 

«Avevi ragione, cazzo avevi ragione» furono le sole parole che il rosso riuscì ad articolare prima di coprirsi il volto con un braccio. Non voleva piangere. Non di fronte a Dazai ma davanti alla morte di bambini innocenti anche il suo orgoglio finiva con il crollare. Era quell’umanità che il moro aveva sempre trovato affascinante. Chuuya finiva spesso con l’essere in balia delle proprie emozioni e per una frazione di secondo Dazai era arrivato con l’invidiarlo. Lui non aveva pianto per quei bambini ma solo per Oda, era per lui che stava combattendo. 

Dazai non sarebbe mai diventato la brava persona che l’amico desiderava ma ci stava provando con tutte le proprie forze. Non era facile cambiare, non per qualcuno che aveva fatto dell’oscurità la propria casa ed eletto la morte una fedele compagna.

«Odasaku?» domandò con urgenza l’ex mafioso prendendolo per le spalle. Era la sola informazione della quale avesse bisogno. Il rosso annuì prima di asciugarsi il viso con la manica del cappotto.

«Non sono riuscito a fermarlo. Non l’avevo mai visto in quelle condizioni, sembrava un’altra persona» Dazai non sembrò troppo sorpreso. 

Avevano colpito Oda sfruttando il suo unico punto debole. Lo avevano messo all’angolo per ottenere una sua reazione. Era tutto un piano per spingerlo ad andare da Gide e incontro al proprio destino.

«Dobbiamo sbrigarci Chuuya» ordinò prima di afferrare il partner per un polso.

«Che cazzo pensi di fare?» urlò il possessore di Arahabaki, sorpreso da quella reazione.

«Ruberemo un’auto della polizia, così faremo prima. Dobbiamo raggiungere un edificio fuori città, tu mettiti al volante mentre io inserisco le coordinate nel GPS» il rosso fece quanto detto non trovando la forza per replicare. Quella situazione stava rasentando i limiti dell’assurdo.

 

***

 

Ad ogni chilometro Dazai pregava ogni divinità esistente di farlo arrivare in tempo. Non era credente ma non sarebbe mai stato pronto a rinunciare a Odasaku. Chuuya notando le condizioni nelle quali versava il compagno gli mise una mano sulla palla, cercando di fare quanto possibile per risollevargli il morale. Non era facile nemmeno per lui, Oda era un amico oltre che un dirigente della Port Mafia. Avrebbe punito il colpevole di quella follia, gli avrebbe fatto assaggiare la forza della gravità.

«Respira. Hai un aspetto di merda e tra i due sono io quello appena fuggito da un ospedale. Saku non è così debole. Andrà tutto bene» mormorò abbozzando un sorriso. Dazai abbassò il capo, mentre l’ennesimo semaforo li obbligava a rallentare nella loro corsa. Chuuya osservò ogni movimento compiuto dal proprio partner. Quello Sgombro non gli era mai parso tanto vulnerabile. E la cosa non gli piaceva.

«Prima di partire per questa realtà, ho avuto una lunga chiacchierata con Verlaine. Mi ha confidato di aver affrontato qualcosa di simile, anche lui non era stato in grado di accettare la morte di Rimbaud»

Chuuya scelse di rimanere in silenzio. Non gli risultava difficile da credere. Paul avrebbe scatenato l’inferno per il proprio compagno o per lui. Poteva quasi immaginarselo, anche se la prospettiva di una realtà simile gli appariva distante come un’utopia. Le successive parole di Dazai servirono a distrarlo da quei pensieri,

«Mi aveva sconsigliato di ripartire, continuando a ripetere di come non si possa cambiare il destino» sentì la presa sul volante farsi più salda.

«Ma tu non l’hai ascoltato» gli angoli della bocca di Dazai si piegarono in un sorriso, il primo da quando tutta quella vicenda era iniziata,

«Non potevo arrendermi. Tu cosa avresti fatto?» Chuuya si trovò a rispondere senza esitazione.

«Se tu dovessi morire ti seguirei razza di idiota. Mi lascerei consumare dalla mia stessa Abilità portando i responsabili con me nella tomba» 

Per l’ennesima volta Dazai non sembrò troppo sorpreso,

«E se morissi per un suicidio?» lo sfidò voltandosi nella sua direzione,

Il semaforo tornò verde.

«Non te lo permetterei mai» scoppiarono a ridere entrambi, scaricando un pò di tensione

«Grazie Chibi. In ogni universo sei sempre pronto ad aiutarmi» Chuuya arrossì preferendo tornare concentrarsi sulla guida. 

Quel Dazai era pericoloso. Non riusciva a smettere di pensarlo.

«Sia chiaro, non lo faccio per te ma per Saku e perché voglio che l’Osamu Dazai che conosco faccia ritorno» fece una breve pausa «Così avrò modo di pestarlo a sangue per il proprio tradimento» doveva continuare a ripeterselo, solo così avrebbe finito col crederci.

 

***

 

Quando giunsero sul posto per Dazai fu come rivivere l’ennesimo dejà-vu. I suoi piedi si mossero da soli quasi avesse perso ogni controllo sul proprio corpo. 

Tutto era esattamente come ricordava. Persino la luce del tramonto che filtrava dalle finestre di quell’abitazione in stile occidentale.

Iniziò a correre, anche se sapeva già quale scenario lo attendeva.

Quando trovò Oda questi era riverso a terra in un mare di sangue. Era ancora cosciente ma chissà per quanto lo sarebbe restato,

«Odasaku sei un idiota» urlò con rabbia, 

«Saku»

Chuuya era dietro di lui, lo aveva seguito, pronto a coprirgli le spalle. Era rimasto a qualche metro di distanza ma di fronte alla vista del corpo del dirigente anche la sua rabbia era esplosa.

Sentendosi chiamato per nome l’uomo aprì debolmente gli occhi, sforzandosi di sorridere a entrambi.

«Dazai, Chuuya» la sua voce era ormai ridotta a poco più che un sussurro

«Non parlare risparmia le forze» iniziò il moro,

«Hai visto Chuuya? Lo sapevo che sarebbe tornato» mormorò in direzione del rosso che in quel momento non ebbe la forza di replicare. Il giovane possessore di Arahabaki aveva visto morire diversi uomini durante quegli anni trascorsi a lavorare per la Port Mafia ma nessuno gli era mai stato caro quanto Oda. Era stato uno dei suoi primi amici, ancora prima di conoscere i Flags.

Il dolore che in quel momento stava provando però non sarebbe mai stato intenso o paragonabile a quello del ragazzo al proprio fianco. Chuuya se ne rese conto semplicemente osservandolo.

Dazai si stava sforzando di non piangere mentre sussurrava frasi sconnesse in direzione del dirigente. Le sue mani tremavano e il suo volto era pallido. Aveva la camicia e le bende completamente imbrattate di sangue ma non sembrava darci troppo peso.

«Non ho mai creduto nel tuo tradimento, so che in fondo sei una brava persona Dazai» sussurrò con un filo di voce il dirigente.

«No, non lo sono. Sono un demone, un assassino» Oda non smise di sorridere mentre allungava una mano verso Dazai nel vano tentativo di accarezzarlo. 

«Una volta lessi un libro, è stato grazie a quel volume se ho deciso di cambiare vita, ne ricordo ancora una frase: le persone vivono per salvare se stesse. Qualcuno mi disse che avrei avrei capito il senso di quelle parole al momento della mia morte»

«Tu non morirai Odasaku. Non qui e soprattutto non ora»

«Va tutto bene Dazai»

«No, non va bene. Non posso vivere in un mondo dove tu non ci sei» Oda gli regalò un ultimo sorriso, prima di afferrare sia la sua mano che quella di Chuuya,

«Non sei solo. Non lo sei mai stato» poi si rivolse al rosso «te lo affido» il ragazzo annuì tra le lacrime.

«Odasaku, Odasaku»

Le urla di Dazai si persero nell’aria mentre l’ultimo raggio di sole spariva dietro l’orizzonte.

Nella stanza calò di colpo l’oscurità.

 

***

 

Osamu Dazai era distrutto. Chuuya poteva giurare di non averlo mai visto in quelle condizioni. Aveva stretto il corpo di Oda a sé per diversi minuti, incapace di lasciarlo andare. Osservare quanto profondo fosse il sentimento che lo legava al dirigente faceva male. Troppo.

Gli lasciò del tempo per sfogarsi preferendo attendere fuori dall’edificio. Chuuya non sapeva per quanto a lungo sarebbe riuscito a sopportare quella vista. Aveva solo voglia di prendere a calci e pugni quell’idiota ma anche mettersi a urlare per non aver impedito la morte di Odasaku. La fine del dirigente era avvenuta anche per causa sua. Poche ore prima, in quel parcheggio, Chuuya non era riuscito a fermarlo. 

Se chiudeva gli occhi poteva ancora udire le sue urla disperate di quell’uomo.

Era stato il primo a raggiungere Saku. Lo aveva trovato riverso a terra, sotto shock, davanti ad un’auto completamente avvolta dalle fiamme. Dazai glielo aveva raccontato, gli aveva parlato di come il sacrificio di quelle vite innocenti avesse provocato la reazione di Oda e la sua conseguente dipartita ma fino a quel momento Chuuya si era rifiutato di crederci. Lo scenario dipinto dal moro gli appariva così irreale, lontano anni luce da quella che era la loro realtà. 

Di fronte ad una simile visione, Chuuya si era limitato ad appoggiare la propria mano sulla spalla del dirigente in un vano quanto impacciato tentativo di conforto.

Oda sembrò accorgersi della sua presenza solo dopo diversi minuti. Sentiva la gola secca, forse a causa delle proprie urla.

«Saku so a cosa stai pensando» mormorò il più giovane, cercando di ricordare le parole di Dazai. Doveva fare il possibile per trattenere Oda, impedendogli di cadere in quella trappola che Gide aveva preparato apposta per lui.

«Ti prego non farlo. Anche se lo facessi» Chuuya non aveva mai utilizzato un tono simile. Fu in quel momento che il dirigente si decise finalmente ad alzare il capo per guardarlo negli occhi;

«So già quello che stai per dirmi. Anche se lo facessi non riporterei indietro i bambini» il possessore di Arahabaki annuì, chinando il capo e soffocando un’imprecazione,

«E troppo pericoloso. Non sappiamo neppure…»

«So dove sono» lo interruppe «sono stati così gentili da lasciarmi un invito» aggiunse mostrandogli una cartina geografica sulla quale erano indicate delle coordinate. Chuuya strinse i pugni. Tutto si stava svolgendo esattamente come Dazai aveva predetto. Maledisse quell’idiota bendato e l’intera situazione.

«Non puoi dire sul serio. Saku, in ballo c’è molto più di questo e lo sai anche tu»

«Non c’è più niente in ballo» decretò alzandosi. Chuuya indietreggiò quasi senza rendersene conto. Non lo aveva mai visto assumere una simile espressione, anche se ciò che lo colpì maggiormente fu il suo sguardo. Era completamente vitreo, come privato di ogni emozione. Quell’uomo non era l’Oda Sakunosuke che conosceva. Non poteva esserlo. Si rifiutava di crederlo. 

«Cosa direbbe Dazai?» lo provocò ma nemmeno menzionare quello Sgombro sembrò sortire l’effetto sperato. Saku si limitò ad un'alzata di spalle,

«Pensi che riuscirebbe a farmi cambiare idea?»

«Mi ha mandato lui. Vuole solo proteggerti» confessò

«E cosa ti fa credere che questo non sia l’ennesimo gioco? O piano nel quale ti ha coinvolto? Apri gli occhi Chuuya, Dazai ci ha solo usato. Ha sfruttato i sentimenti di entrambi così come la nostra amicizia»

«Non lo pensi realmente»

«Ciò che penso non ha più importanza. Ѐ finita»

«Saku» il dirigente gli diede le spalle.

 

Chuuya si asciugò le lacrime. Ripensare al passato non sarebbe stato di alcun aiuto. Oda Sakunosuke era morto. Prese il proprio cellulare non stupendosi delle numerose chiamate ricevute.

Si era completamente dimenticato di essere fuggito dall’ospedale, assorbito come era da Dazai o dal salvataggio di Odasaku. Si accese una sigaretta, gli sarebbe servita per distendere un pò i nervi.

Per qualche secondo non seppe cosa fare. Doveva avvertire il Boss della morte di uno dei dirigenti e poi la propria famiglia. 

«Si può sapere cosa stai aspettando Chibi? Perché non hai ancora chiamato nessuno?» Dazai era di nuovo davanti a lui. Era in piedi e si sforzava di sorridergli. Sembrava essersi ripreso anche se Chuuya non era del tutto certo. Il suo volto era una maschera indecifrabile tuttavia il rosso non faticò a riconoscere quell’espressione, era la stessa che assumeva quando decideva di provare un nuovo metodo di suicidio.

Aveva fatto bene a distruggere tutte le armi presenti nell’edificio. Chuuya non aveva bisogno di un altro cadavere anche se poteva aspettarsi di tutto da quella mina vagante comunemente nota con il nome di Dazai Osamu.

«Non sono più sicuro di nulla. Che devo fare?» chiese, pentendosi per la propria esitazione o per il tono di voce utilizzato. Con sua somma sorpresa il moro non lo schernì.

«Devi avvisare il Boss, poi Arthur e Paul» si limitò a rispondere con una calma quasi studiata, come se veramente stessero seguendo un copione e quello fosse solo il momento di passare alla pagina successiva.

«Ma se il Boss fosse coinvolto» provò a spiegare

«Solo perché lo era nel mio mondo non significa che debba esserlo anche nel tuo»

«Continuo a pensare a quanto mi hai detto. Si è avverato tutto, prima la morte di quei bambini e ora Saku» Chuuya stava per crollare ma Dazai non glielo avrebbe permesso. Aveva bisogno di lui.

Così gli tirò uno schiaffo. Il rosso si portò una mano a coprire la guancia lesa. Era l’ultimo gesto che in quel momento si sarebbe aspettato.

«Perchè cazzo l’hai fatto?»

«Tu sei forte Chibi» Chuuya annuì intuendo come sempre il significato celato dietro ai gesti o alle parole di Dazai. Doveva mantenere la calma e agire come un vero mafioso. Non poteva arrendersi al dolore. Oda lo aveva incaricato di occuparsi di Dazai e così avrebbe fatto. 

Avvisò il Boss della morte del dirigente, poi chiamò Rimbaud.

 

***

 

Arthur li raggiunse insieme ad un manipolo di uomini della Port Mafia che Mori aveva inviato sul posto. Dazai si trovava ancora accanto al cadavere di Odasaku che entrambi avevano cercato di ricomporre al meglio. Non parlava né sembrava fare molto caso a ciò che stava avvenendo intorno a lui.

Chuuya non versava in condizioni migliori ma non appena notò l’ex spia gli corse incontro per poi crollare tra le sue braccia. Rimbaud si limitò a togliersi la sciarpa con la quale avvolse il figlio con fare protettivo. 

«Non ho potuto fare niente. Sono arrivato troppo tardi» spiegò il rosso tra i singhiozzi stringendosi maggiormente contro al petto francese. Arthur annuì. Aveva sempre temuto potesse arrivare quel giorno, quello in cui Chuuya avrebbe perso qualcuno di importante.

Era la prima volta che si trovava di fronte ad un dolore simile, per quello ne era rimasto sopraffatto.

Contrariamente a lui Dazai sembrava aver esaurito tutte le proprie lacrime o energie. Se ne stava in disparte ad osservare il corpo di Oda per quella che sapeva essere l’ultima volta. 

Verlaine aveva ragione. Non aveva potuto fare nulla per evitare quel triste epilogo. Anche in quella realtà aveva fallito. Doveva accettarlo. 

Sfiorò con la punta delle dita il volto pallido e sempre più freddo di Odasaku, accennando una carezza.

«Vieni ti riporto in città» la voce di Rimbaud lo colse di sorpresa facendolo trasalire,

«Vuol dire che intende riconsegnarmi al Boss, Randou-san?»

«Voglio dire quello che ho detto, ti riporto in città poi sarai tu a decidere dove andare» Dazai gli regalò un’espressione di pura sorpresa,

«Sono un traditore» 

«Lo sono stato anche io»

«Perchè?»

«Chiedi a Chuuya» si limitò a rispondere prima di voltargli le spalle per tornare al capezzale del rosso.

Ancora una volta era stato il possessore di Arahabaki ad aiutarlo e in qualche modo salvarlo da se stesso. Chuuya si era pure premurato di distruggere ogni arma presente nell’edificio prevendo un suo possibile tentativo di suicidio. Lo conosceva fin troppo bene. Quando Dazai aveva trovato una pistola deformata dalla gravità era scoppiato a ridere. In ogni realtà quella Lumaca si divertiva a mettergli i bastoni fra le ruote. 

Non era solo Oda che lo stava obbligando a sopravvivere.

«Ho provato a stare dalla parte di chi salva le persone Odasaku ma come vedi non ci sono tagliato. Tu sei morto e io con te» sussurrò al cadavere dell’amico.

«La vuoi smettere con le stronzate?» Chuuya era in piedi, di fronte a lui, avvolto nella sciarpa di Rimbaud sembrava ancora più piccolo del solito. Dazai non poté impedirsi di sorridere trovando quell’immagine adorabile nel suo insieme.

«Non osare dire nulla» lo anticipò, prevedendo come di consueto le sue mosse,

«Ho solo pensato quanto tu sia carino»

«Bugiardo»

«Ma no, ero sincero»

Stavano ancora discutendo quando la spia francese li raggiunse, obbligandoli a salire in auto.

«Non appena si saranno svolti i funerali di Oda Sakunosuke e la questione Mimic sarà risolta una volta per tutte, mi piacerebbe sapere cosa ci facevate voi due in quella villa, soprattutto tu Chuuya» i due diciottenni si scambiarono uno sguardo d’intesa, scegliendo di rimanere in silenzio.

«Dazai-kun desidererei anche conoscere i dettagli del tuo coinvolgimento con il Governo e la stessa Mimic» proseguì la spia.

Quello era il vero Arthur Rimbaud, non il Randou senza memoria che aveva conosciuto e affrontato nel proprio mondo. Quell’uomo era veramente degno della propria fama. Forse poteva rivelarsi ancora più pericoloso di Chuuya o Verlaine. Dazai aveva letto parecchi documenti sulla guerra in Europa, come sui suoi protagonisti. Rimbaud era uno dei Trascendentali, per questo motivo non doveva o poteva permettersi di sottovalutarlo. 

Se nel proprio mondo erano riusciti a batterlo era solo perché l’ex spia aveva scelto di non utilizzare al massimo le proprie capacità. Vedendolo insieme a Chuuya ma soprattutto a Verlaine, Dazai era arrivato anche a comprenderne il motivo.

«Direi di rimandare le spiegazioni a dopo il funerale» ammise candidamente beccandosi una gomitata da parte del rosso seduto al proprio fianco. Rimbaud alzò gli occhi al cielo ma sorrise di fronte a quella scena.

 

***

 

Dazai aveva chiesto di essere accompagnato al proprio appartamento, anche se non vi era nessuno ad attenderlo. Su consiglio del Direttore Taneda aveva ottenuto un paio di giorni di congedo che gli sarebbero serviti per riposare. Come sempre si era limitato ad afferrare una bottiglia del primo alcolico disponibile e aveva iniziato a bere. 

Sarebbe tornato nella propria realtà dopo i funerali. Voleva rimandare il più possibile quel momento, quello che avrebbe decretato la propria sconfitta e messo la parola fine sull’intera vicenda.

Verso mezzanotte Dazai avvertì dei rumori provenire fuori dalla finestra della propria stanza. Era ubriaco ma non così tanto da esserseli immaginato. Scostò le tende. 

Chuuya era sul suo terrazzo e attendeva solo di entrare.

La sorpresa durò il tempo di un istante. Non appena aprì la porta finestra si trovò con il rosso tra le braccia.

«Non riesco a dormire» fu la sola spiegazione che ottenne. Come se bastasse a giustificare la propria presenza.

«Il piccolo Chuu non aveva mai visto morire qualcuno?» lo prese in giro, guadagnandosi un pugno in pieno stomaco.

«Sei uno stronzo» rispose iniziando a vagare per la stanza, per poi aggiungere

«Questo posto è piccolo e puzza di alcol»

«Non posso bere in casa mia?»

«Ѐ così che affronti il dolore? Che elabori un lutto? Complimenti» Dazai tornò serio di colpo,

«L’alcol mi aiuta a smettere di pensare. Quando sono lucido la mia mente non fa altro che ricordarmi quanto è successo. Vedo Odasaku morire in continuazione, ancora e ancora. È così frustrante, non posso fare nulla per impedirlo in nessun universo»

«Perché hai deciso di sottoporti a quest’agonia? Perché viaggiare attraverso tutte queste realtà?» era da quando aveva udito per la prima volta quel racconto che Chuuya desiderava chiederglielo, ma non ne aveva mai trovato il coraggio. Sapeva che la risposta a quella domanda non gli sarebbe piaciuta. Dazai era un fottuto masochista ma a tutto vi era un limite.

«Forse perchè è stata la prima persona che io abbia mai amato o per il quale abbia provato un qualche sentimento»

Era la prima volta che Dazai arrivava con l’ammetterlo ad alta voce. Fu una sensazione strana, come essersi liberato di un peso. Volle dare la colpa di tutto alla quantità di alcol ingerita o alla propria mente ormai vicina allo stremo, anche se forse era dovuto alla presenza del rosso, la sua vicinanza. A quel dannato sguardo che non sembrava volergli dare tregua o un attimo di respiro.

«Penso ti amasse anche lui» le successive parole di Chuuya fecero il resto, colpendolo lì dove faceva più male. Fu come gettare il sale su di una ferita aperta.

«Non scherzare Chibi» era l’ultima cosa di cui avesse bisogno

«Non sto scherzando. Quando abbiamo appreso del tuo tradimento io e Saku ne abbiamo parlato. Lui mi prendeva continuamente in giro, spronandomi a dichiarare i miei sentimenti e io facevo lo stesso. Saku non ha mai negato di provare qualcosa per te e ti ha sempre difeso. Eri importante per lui. Lo sei sempre stato» Dazai ci mise qualche secondo per comprendere il senso di quelle parole. Quell’ipotesi era troppo dolorosa da prendere in considerazione. 

Il sapere di essere ricambiato serviva solo a nutrire il proprio rimpianto.

«Mi faceva male anche solo guardarvi. Quando eravate insieme sembravate esistere solo voi, avevate occhi l’uno per l’altro»

«Chuuya» iniziò pazientemente ma il rosso proseguì, come un fiume in piena. Gli stava riversando addosso tutti quei sentimenti che per anni aveva celato nelle profondità del proprio animo e che improvvisamente spingevano per uscire. Il possessore di Arahabaki sapeva bene che il ragazzo davanti ai suoi occhi non era lo stesso Dazai del quale si era innamorato, ma non riuscì a fermarsi. 

«Con le sue ultime parole Saku ti ha affidato a me, anche so che non potrò mai averti» Dazai allora fece un passo in avanti, bloccandolo contro un muro e impedendogli qualsiasi via di fuga. Si stava veramente stancando di quella storia. 

«Cosa provi per me Chuuya?» era l’ennesima provocazione ma al rosso non importò. 

Lo baciò prima che potesse arrivare a pentirsene.

 

***

 

Il mattino successivo quando Dazai aprì gli occhi non fu sorpreso di trovarsi solo. Aveva un gran mal di testa ma le condizioni nelle quali versava la sua stanza, così come i dolori che avvertiva per tutto il corpo non lasciavano adito a molti dubbi su quanto successo. 

Si era arreso di fronte propri sentimenti. 

Questa volta non era stato in grado di fermarsi o meglio, non aveva voluto farlo. Poteva dare la colpa all'alcol o a Chuuya ma la verità era che Dazai in quel momento lo desiderava. Aveva preso quella decisione con lucidità, non si era trattato di un capriccio.

Sicuramente la morte di Odasaku lo aveva sconvolto ma insieme al dolore per quel lutto era nata la consapevolezza di quanto il rosso fosse importante per lui. Era una verità che era sempre stata davanti ai propri occhi e che Dazai era stanco di continuare ad ignorare, fingere che non esistesse. 

In ogni realtà Chuuya era rimasto al suo fianco. Lo aveva aiutato, protetto, amato. Non era solo un cane fedele ma il proprio partner. Il solo e unico che avrebbe mai voluto accanto a sé.

Fissò le proprie bende sparse per tutta la stanza rivivendo come in lunghi flashback dettagli della notte appena trascorsa. 

Ciò che provava per Chuuya era diverso dal sentimento che nutriva per Odasaku eppure era qualcosa di altrettanto forte. Questa consapevolezza aveva iniziato a maturare in lui quando, in quella realtà futura, si era trovato a fare i conti con la sua morte.

Chuuya c’era sempre stato. Era la sua ancora, quella bussola morale che interveniva al momento opportuno, un istante prima che potesse trasformarsi in un demone senza cuore. 

Per questo senza di lui si era sentito perso. Vivere in un mondo senza Odasaku sarebbe stato difficile ma uno senza Chuuya gli era impossibile da immaginare.

Un’altra consapevolezza giunse insieme a quel pensiero. Non poteva tornare dal rosso. Nella propria realtà lo aveva abbandonato insieme alla Port Mafia. Non solo, aveva piazzato una bomba sotto la sua auto per evitare che lo seguisse e per sviare qualsiasi ipotesi sul suo coinvolgimento.

Forse sarebbe potuto rimanere e vivere in quel mondo. Era un uomo del Governo quindi in un certo senso avrebbe esaudito l’ultimo desiderio di Odasaku, con il proprio lavoro avrebbe salvato delle persone. Avrebbe anche potuto intrattenere una relazione clandestina con quel Chuuya. 

Non aveva motivo di tornare. 

Ѐ davvero questo ciò che vuoi Dazai? Quello che desideri?

La propria coscienza non aveva ancora smesso di tormentarlo. 

Dazai era arrivato ad un passo dall’ammettere i propri sentimenti verso Chuuya, cosa altro poteva fare? Cosa si aspettava quella voce da lui?

«Non so a cosa tu ti stia riferendo» mentì, cercando nel frattempo di mettersi a sedere.

Puoi anche rimanere in questo mondo, giocare a fare l’impiegato, iniziare una relazione con Chuuya ma una parte di te si sentirà sempre fuori posto. Hai solo preso la vita di qualcun altro e l’hai resa tua, Dazai. Tu non sei innamorato di questo Chuuya ma del partner con il quale hai lavorato negli ultimi tre anni. Quel ragazzino arrabbiato con il mondo intero che continuava a dubitare della propria umanità. Vuoi davvero abbandonarlo? Ne saresti capace?

«L’ho già abbandonato»

Sai a cosa sto alludendo, smettila di fuggire dai tuoi stessi sentimenti.

«Cosa dovrei fare Odasaku?»

Devi trovare da solo la risposta a questa domanda, anche se già la possiedi. Finalmente hai trovato qualcosa a cui aggrapparti, qualcosa per il quale valga la pena continuare a vivere.

L’ex dirigente alzò il capo, accorgendosi solo in quel momento di quanto tempo fosse passato. Mancavano solo un paio d’ore al funerale di Oda. Aveva dormito più del previsto, come non gli capitava da diversi giorni. Si decise ad abbandonare il proprio letto.

«Non sai quanto sia difficile doverti dire addio»

 

***

 

Quando Chuuya aveva aperto gli occhi era certo di trovarsi ancora dentro a un sogno, ma nessuna delle proprie fantasie si sarebbe anche solo lontanamente avvicinata a quella realtà. Il volto di Dazai era ad una spanna dal proprio e riusciva a sentire il calore del suo respiro contro la pelle. Era successo tutto così velocemente che non aveva avuto modo di metabolizzarlo. 

Dazai aveva ragione, quella era la prima volta in cui assisteva alla morte di qualcuno di importante. Lui non era forte come il Chuuya di cui aveva sentito parlare. Non era altro che un ragazzino viziato, protetto dalla propria famiglia e dalla stessa Mafia. Era finito ad occuparsi del mercato delle gemme e pietre preziose, lontano dalle sparatorie o da qualsiasi altro tipo di azione. Solo durante i giorni del Conflitto Testa di Drago aveva potuto dare prova del proprio valore. 

Tornò a fissare il volto addormentato di Dazai e quelle ciglia così lunghe, troppo per appartenere ad un ragazzo. Si trovò a sorridere. Nonostante la notte appena trascorsa sapeva che quella relazione non avrebbe mai avuto un futuro.

Erano entrambi sconvolti dalla perdita di Odasaku e avevano cercato di farsi forza l’uno tra le braccia dell’altro. Non era certo dei sentimenti di Dazai ma sicuramente non erano rivolti a lui.

Pensò al Chuuya di quell’altra realtà come al Dazai della propria. 

Prese una decisione per entrambi, raccattando le proprie cose e andandosene poco prima del sorgere del sole.

 

«Dove sei stato questa notte?» Sarebbe stato troppo bello sperare di passarla liscia.

Chuuya era tornato nell’appartamento che condivideva con le due spie francesi e le aveva trovate già alzate e intente a fare colazione.

Non aveva quasi fatto in tempo ad entrare dalla porta che Verlaine aveva iniziato a riempirlo di domande anche se più che altro pareva un interrogatorio. Rimbaud non aveva fiatato, preferendo continuare a sorseggiare il proprio caffè, fingendo di leggere un quotidiano locale.

«Ho diciotto anni»

«Finchè vivrai in questa casa seguirai le nostre regole»

«Attento che potrei prendere in seria considerazione l’idea di andarmene. Tanto tra poco vi servirà una camera in più, giusto?»

«Moccioso»

«Smettetela tutti e due» di fronte allo sguardo omicida di Rimbaud i due si zittirono,

«Chuuya, so benissimo che hai diciotto anni e sai badare a te stesso ma non puoi prendere e sparire nel cuore della notte, soprattutto dopo quanto accaduto con il caso Mimic. Il Boss ci ha ordinato di non abbassare la guardia visto che potrebbero esserci ancora in giro degli alleati di quel folle» il rosso incrociò le braccia al petto sconfitto dalla logica inoppugnabile di quella affermazione, così come dal tono assunto dal moro.

«E per quanto riguarda la stanza puoi stare tranquillo ci vorranno ancora parecchi mesi» concluse passando un braccio intorno alla vita di Verlaine, rivolgendogli una carezza e uno sguardo innamorato.

«Sono stato da Dazai» ammise alzando gli occhi al cielo «ho passato la notte da lui»

Rimbaud gli sorrise. Ovviamente lui lo sapeva. Gli era bastato osservare quei due per trarne le proprie conclusioni.

Più preoccupante fu la reazione di Verlaine, 

«Chi è questo Dazai?» domandò al compagno

«Il ragazzino scomparso, l’obiettivo della missione di Chuuya e Oda» iniziò pazientemente a spiegare

«Il traditore?»

«Penso sia più complicata di così, giusto?» domandò il moro in direzione del figlio che annuì

«E perché avresti passato la notte da lui?» Rimbaud a stento trattenne una risata, aveva sempre amato quel lato di Verlaine, 

«A che ora si terranno i funerali?» si interrogò Chuuya sperando di sviare il discorso

«Tra un paio d’ore, faresti meglio a prepararti e anche tu, Paul» il biondo si limitò ad annuire mentre osservava il figlio lasciare la stanza.

«Che sta succedendo Arthur?» domandò alzando un sopracciglio,

«Niente di grave, solo che Chuuya sta crescendo. Non è più il bambino che abbiamo liberato da quel laboratorio di ricerca e deciso di crescere»

«Dobbiamo preoccuparci di questo Dazai?»

«Non credo»

«Perchè mi sembra che tu mi stia nascondendo qualcosa?»

«Non è nulla solo una sensazione. Un presentimento, chiamalo come più ti aggrada»

«Se quel ragazzino farà del male a Chuuya lo ucciderò con le mie stesse mani»

«Perché devi essere sempre così melodrammatico? Per ora limitiamoci a presenziare al funerale di Oda. Per l’omicidio c’è sempre tempo. Dovresti anche pensare a riposare»

Verlaine storse il naso incrociando le braccia al petto assumendo un’espressione simile a quella del rosso,

«Non capisco il perchè di tanta apprensione» Rimbaud gli si avvicinò baciandogli una guancia,

«Abbiamo sacrificato così tanto per questa vita, ogni giorno mi sembra di vivere dentro a un sogno dal quale ho il terrore di svegliarmi» il biondo fece collidere le loro labbra poi prese una delle sue mani guidandola verso il suo grembo,

«È tutto reale Arthur e nessuno può portarcelo via»

«Se Victor…»

«Dimenticati del passato e di quel bastardo »

«Quando scoprirà che Arahabaki è ancora vivo…» un altro bacio zittì quella debole protesta,

«Ce ne occuperemo quando sarà il momento»

«Non potremo nasconderlo per sempre»

«Sono trascorsi dieci anni»

«Conosci Hugo e sai cosa Chuuya rappresenta per lui» Verlaine scoppiò a ridere prima di far collidere nuovamente le loro labbra. Era il solo modo che conosceva per combattere contro la testardaggine del proprio compagno.

«Immaginati la sua faccia se sapesse del resto» concluse abbozzando un sorriso,

«Fai schifo nel consolare il prossimo» 

«Tu e Chuuya non ne avete mai avuto bisogno»

«E sei pessimo nel trovare delle scuse che possano giustificare il tuo comportamento»

«Tuttavia mi ami» Rimbaud non protestò ulteriormente, anche per questa volta, gli avrebbe concesso il privilegio di avere l’ultima parola

«In dieci anni sei solo diventato più superbo»

«La mia non è superbia ma solo verità» sorrise di nuovo e Arthur lo trovò semplicemente bellissimo, come il primo giorno in cui le loro strade si erano incrociate,

«Sei un fottuto demonio»

«Di chi pensi sia la colpa? Sei tu che hai trasformato questo mostro in qualcosa di vagamente umano» Rimbaud si allontanò a malincuore da quel calore che solo il compagno sapeva donargli,

«Ora va a vestirti o non faremo mai in tempo per la cerimonia» Verlaine si imbronciò come un bambino al quale veniva proibito di giocare con il proprio pupazzo migliore. Lo raggiunse con un paio di ampie falcate, iniziando nel frattempo a sbottonarsi la camicia.

«Quanto tempo abbiamo?» lo sapeva ma voleva divertirsi nel provocare un pò il proprio compagno. Anche i suoi movimenti erano lenti e studiati al solo scopo di farlo impazzire. Rimbaud alzò per l'ennesima volta gli occhi al cielo prima di chinarsi e intrappolarlo in un bacio appassionato.

«Sarà sufficiente» concluse prima di iniziare a spogliarlo e sciogliere la treccia tra i suoi capelli.

 

***

 

Sotto il getto d’acqua fredda, Dazai continuava a ripensare alla notte appena trascorsa. Così come ai diversi Chuuya che in ogni realtà si erano avvicendati al suo fianco, pronti a sostenerlo.

L’ex mafioso aveva tentato a lungo di negare quei sentimenti così come aveva fatto con Odasaku ma aveva finito col cedere di fronte alla forza delle proprie emozioni. Aveva danzato a lungo sul bordo di quel precipizio prima di decidersi a saltare. Era arrivato ad un punto di svolta che avrebbe segnato un nuovo inizio.

Quando rivide Chuuya entrambi si trovavano alla funzione in ricordo di Oda. Il rosso si trovava fra i genitori e in mezzo alle due spie sembrava ancora più basso del solito. Non appena i loro sguardi si incrociarono gli sorrise. Verlaine fulminò Dazai con un’occhiata ma Rimbaud gli fece cenno di avvicinarsi.

«Mossa coraggiosa quella di presentarsi al suo funerale» gli sussurrò il moro prima di afferrare la mano del compagno, anticipando qualsiasi suo colpo di testa o reazione,

«Odasaku era un mio caro amico, sono convinto che il Boss potrà chiudere un occhio sulla mia presenza»

In quella realtà Dazai aveva già incontrato Mori. Era avvenuto un’ora prima, su una barca ormeggiata al porto di Yokohama. Aveva deciso di accompagnare il Direttore Taneda a quell'incontro durante il quale sarebbe avvenuta la consegna di quella stupida licenza.

Si era anche discusso sulla sua persona e Mori aveva garantito per la sua incolumità. Il Boss aveva ottenuto ciò che voleva e al confronto, la vita di Dazai era priva di valore.

«Hai una mente brillante ragazzino, mi sarebbe piaciuto incontrarti in circostanze differenti» l’ex mafioso avrebbe tanto voluto cancellare il sorrisino comparso in quel momento sul volto di Mori, così falso eppure familiare. Era la stessa espressione con la quale lo aveva trattenuto impedendogli di prestare soccorso a Odasaku. 

«Io no. Questo è un addio Boss» 

 

Tornò ad osservare Chuuya, per poi stringergli la mano.

«Hai una famiglia stupenda» si limitò a sussurrare contro al suo orecchio, facendolo arrossire.

«Continuo a pensare al Chuuya del tuo mondo, alle battaglie che può aver affrontato ma non riesco davvero ad immaginarmi una vita diversa»

«Siete la stessa persona ma cresciuta in ambienti differenti. Non saprei come spiegarlo meglio»

«Ed è di lui che sei innamorato?» Dazai preferì non rispondere a quella domanda anche se dal tono sembrava più che altro una constatazione. Il partner gli sorrise.

«Non devi preoccuparti, l’ho capito da solo. Anzi, volevo chiederti scusa per questa notte, è stata un errore»

«No. Non lo è stata» si affrettò ad aggiungere. Il rosso lo fissò sorpreso,

«Si invece. Tu hai perso Odasaku e io ho approfittato della situazione» Dazai lo afferrò per le spalle, trascinandolo dietro ad un capanno per poi baciarlo a tradimento. 

Chuuya gli tirò uno schiaffo,

«E questo cos’era?» gli domandò furente, controllando che nessuno, soprattutto Verlaine, avesse fatto caso alla loro assenza.

«La prova dei sentimenti che provo per te» confessò con una serietà che quasi non gli apparteneva

«Io non sono il tuo Chuuya»

«Lo so»

«Non credo. Sei ancora sconvolto per aver fallito nel salvataggio di Saku e perchè sapevi di come questa fosse la tua ultima occasione»

«Forse hai ragione ma ciò che è successo fra noi…»

«Resterà un bellissimo sogno»

«Chuuya»

«Quando te ne andrai da questo mondo, il tuo posto verrà preso dall’Osamu Dazai che conosco. Avrò a che fare con un impiegato governativo che mi ha mentito per due anni, dovrò raccontargli di Saku e di come le sue azioni lo abbiano portato alla morte»

«Chuuya»

«Opereremo su fronti opposti. Non voglio sperare in un lieto fine. Non può esserci. Non per due come noi»

«Non puoi saperlo. Guarda i tuoi genitori, nel mio mondo Verlaine ha perso tutto»

«Una volta hai parlato di destino, di come tu fossi in un certo senso condannato a perdere Saku. Forse anche io sono destinato a perderti»

«Tornerò nella mia realtà, diventerò un uomo migliore, starò dalla parte di chi salva le persone, proprio come voleva Odasaku, poi verrò a prenderti» il rosso scosse la testa,

«Quanto vorrei credere a queste parole, il tuo Chuuya è fortunato»

«Sono convinto che anche per il Dazai di questo mondo tu sia importante. Stagli vicino, anche se ti respingerà non arrenderti»

«Per chi mi hai preso razza di idiota?» scoppiarono a ridere

«Grazie Chuuya, per esserti fidato di me, in ogni universo» il rosso gli scostò una ciocca di capelli dal volto, 

«Sicuro di star bene?» chiese con una punta di preoccupazione.

«Starò bene. Avrò bisogno di tempo ma riuscirò ad andare avanti. Per Odasaku ma anche per te»

Quella realtà gli era servita per mettere ordine tra i propri pensieri. Dazai era finalmente pronto a lasciare andare Oda e se era giunto ad una tale decisione era solo grazie a Chuuya. 

Aveva finalmente colto anche il messaggio di Verlaine così come il senso delle sue parole. 

Non avrebbe usato il partner come sostituto di Odasaku. Chuuya era diverso così come lo era il sentimento che aveva sempre provato per lui. Era avvenuto in modo graduale tanto che Dazai quasi non se ne era reso conto. 

Chuuya c’era sempre stato. Era rimasto al suo fianco e con la propria presenza lo aveva salvato innumerevoli volte.

Odasaku era stato semplicemente il primo per molte cose. Il primo ad averlo ascoltato, medicato, battuto a carte. Dazai ripensò a quei giorni lontani con una punta di malinconia. Chuuya aveva ragione, quando si trovava insieme a Oda era come se il resto del mondo non esistesse o finisse relegato in una dimensione secondaria. 

Aveva insistito tanto perché si unisse all’Organizzazione. Era stato Dazai ad aver condotto Oda al cospetto di Mori, così come lo aveva sempre difeso da ogni accusa.

Nonostante questo non era riuscito a salvarlo. 

Tornò a specchiarsi nello sguardo di Chuuya. In quel momento carico di un sentimento che sentiva di non meritare.

Non era ancora degno di tornare da lui ma avrebbe fatto il possibile per diventarlo.

Lui e Chuuya erano sempre stati così diversi. 

Quella Lumaca aveva sempre avuto dei sentimenti. Aveva pianto sulla morte di Randou, su quella dei propri amici. Dazai aveva assistito alla sua sofferenza durante l’incidente di Verlaine o nel Conflitto Testa di Drago quando si era scosso alla sola vista della foto del cadavere del Colonnello.

Chuuya era più umano di quanto lui non sarebbe mai stato.

«Devo muovermi» si limitò a dire, scostandosi dalla sua presa. Il rosso annuì.

«Buona fortuna Dazai» 

Ancora una volta se ne andò con il sapore di Chuuya sulle labbra ma con la consapevolezza che non sarebbe stata l’ultima.

Aveva un nuovo obiettivo. 

No Longer Human

 

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Capitolo 21
*** Perfect World doesn’t Exist ***


 



 

Il mondo perfetto non esiste. Erano state le parole della propria coscienza che, come sempre, avevano parlato con lo stesso tono di voce di Odasaku. Dazai aveva scelto di ignorarle fino al proprio arrivo in quella realtà.

In fondo, quello sembrava a tutti gli effetti essere un mondo ideale, o ciò che maggiormente si avvicinava alla descrizione che l’ex mafioso poteva avere in mente. Oda Sakunosuke occupava un posto alla dirigenza e nonostante il proprio problematico credo, i suoi meriti e abilità sembravano essere riconosciuti. Chuuya aveva una famiglia e degli amici, quegli affetti che gli erano stati strappati o che era finito con il perdere. Dazai stesso aveva preferito abbracciare la luce della legalità piuttosto che l’oscurità della Mafia.

In qualche modo vincevano tutti.

Nonostante queste premesse Odasaku era andato incontro al medesimo destino. Si era spento tra le sue braccia e Dazai non aveva potuto fare altro che stringerlo a sé, registrando nella propria mente ogni più piccolo dettaglio di quegli ultimi, preziosi istanti trascorsi insieme.

Era davvero un masochista. Sapeva fin dal principio che questa favola delle ucronie non sarebbe potuta durare. Era una storia troppo bella per essere vera. Eppure si era aggrappato a quella speranza, lo aveva fatto con tutte le proprie forze. Aveva solo cercato una scusa per poter evadere dalla realtà, per evitare di affrontare il dolore proveniente da quella perdita. Era un tipo di sentimento che Dazai non sapeva ancora come elaborare e che aveva finito con il sopraffarlo. 

All’inizio gli sarebbe bastato anche solo vedere Odasaku, parlargli di nuovo. Con il tempo però era arrivato con il desiderare sempre di più. Era caduto vittima della propria avidità e questo lo aveva portato a perdere anche Chuuya. 

Dopo quell’esperienza nel futuro, Dazai si era dato un’ultima possibilità, un’occasione per mettere ordine tra i propri pensieri e sentimenti. Essere privato sia di Chuuya che Oda però era stato troppo. L’ex demone prodigio aveva vissuto sulla propria pelle quegli avvenimenti che l'avevano posto di fronte ad un nuovo tipo di sofferenza, un’emozione alla quale non era affatto preparato e che non aveva la minima idea di come gestire.

Dazai era a conoscenza dei sentimenti che il proprio partner nutriva per lui. Gli era stato ribadito con forza in ogni universo. Scoprire che forse Odasaku lo ricambiava, quello era stato il vero shock.

La tentazione di immaginare ciò che sarebbe potuto essere era forte ma non vi avrebbe ceduto. Quello era stato l’errore di Paul Verlaine, rifugiarsi in un’illusione invece che affrontare la realtà.

Dazai non era tanto dissimile dal francese per questo aveva preferito voltare pagina. Avrebbe però fatto tesoro della sua esperienza, imparando dai suoi sbagli.

Non sarebbe rimasto ancorato ad un passato che non avrebbe mai potuto cambiare. 

Aveva fatto una promessa ad Odasaku e l’avrebbe mantenuta.

Quella notte con Chuuya non era stata un capriccio né tantomeno un frutto del caso. Aveva corso per troppo tempo sul filo del rasoio, cercando di ignorare quell’attrazione che era sempre stata presente fra loro.

Quando aveva visto il rosso fuori dalla propria finestra, Dazai aveva capito come ormai fosse inutile continuare a negare o mentire a se stesso. Era stancante e non ne valeva la pena. Doveva fare pace con i propri sentimenti o non sarebbe andato da nessuna parte. 

Per questo motivo, quando Chuuya lo aveva baciato non lo aveva respinto ma assecondato.

In quel preciso istante, quando le labbra del rosso si erano posate sulle sue, il cervello di Dazai si era spento, regalandogli una pace che non provava da diverse settimane. 

Le labbra di Chuuya gli erano familiari, tanto che ormai ne poteva tracciare i contorni alla perfezione. Sapevano di casa ma soprattutto di vita. Era di quel calore che aveva bisogno e al quale avrebbe dovuto aggrapparsi.

Avvenne in modo naturale, anche se Dazai si era aspettato qualcosa di decisamente più caotico e confusionario. L’intesa che condivideva con Chuuya si era rivelata perfetta anche sotto le lenzuola. Era come se si leggessero nella mente, prevedendo l’uno i bisogni e i desideri dell’altro. 

Per un istante Odasaku aveva smesso di occupare i suoi pensieri. Ogni fibra di Dazai era concentrata sul rosso chinato tra le sue gambe e sul piacere che gli stava donando. Aveva già avuto un assaggio delle abilità di Chuuya ma ancora una volta la realtà aveva superato di gran lunga qualsiasi fantasia. 

Il partner si era rivelato un amante attento e premuroso ma anche pronto ad assecondare ogni suo capriccio. Questa volta, quando l’orgasmo lo aveva travolto un solo nome aveva abbandonato le labbra di Dazai. L’unico che in quel momento gli risuonava nella mente e che mai si sarebbe stancato di ripetere,

Chuuya

Una parte di lui avrebbe desiderato rimanere per sempre in quella realtà all’apparenza perfetta anche se come quella Lumaca gli aveva più volte ricordato, lui non era il suo partner. 

Era del proprio Chuuya di cui suo malgrado si era innamorato. Era quel tappetto irascibile ad occupare quasi interamente i pensieri di Dazai. 

Nakahara Chuuya, il vessillo di Arahabaki, lo stesso ragazzino che lo aveva atterrato durante il loro primo incontro e che da quel giorno non aveva mai smesso di urtarlo con la propria presenza, ma anche il compagno fedele di mille missioni e unico nell’universo in grado di comprendere i suoi piani e strategie.

Non erano mai andati d’accordo eppure per capirsi erano sufficienti un cenno o un’occhiata. Chuuya era così diverso da Odasaku, per questo inizialmente Dazai si era rifiutato di accettare la realtà o la natura dei propri sentimenti. Eppure quelle emozioni erano sempre state lì, presenti nelle profondità del proprio animo che attendevano solo il momento propizio per poter uscire. Gli era servita una realtà senza il rosso per realizzare di quanto tenesse a lui. Solo allora, quando aveva visto il suo nome inciso su di una fredda lapide, Dazai aveva compreso la vera natura del legame che condividevano.

Non sarebbe stato facile. L’ex più giovane dirigente nella storia della Port Mafia avrebbe dovuto cominciare da zero, rifarsi una vita al di fuori dell’Organizzazione.

Si sarebbe trasformato in una persona migliore, in grado di rispondere alle aspettative di Odasaku e allo stesso tempo degno di Chuuya.

La verità era molto più semplice ma difficile da realizzare. Dazai sapeva di non poter strappare Chuuya dalla Mafia. L'Organizzazione era diventata la casa che quel randagio non aveva mai avuto. In aggiunta a questo presto il rosso sarebbe stato promosso a dirigente. Era solo questione di tempo, una mera formalità, quella Lumaca era, insieme a quel moccioso di Akutagawa, uno degli uomini più fedeli al Boss. L’improvvisa defezione di Dazai aveva lasciato un seggio vacante e solo il possessore di Arahabaki disponeva dei requisiti necessari per occupare quell’incarico.

Forse Dazai avrebbe dovuto concentrarsi sul futuro e quella minaccia che prima o poi sarebbe piombata nelle loro vite, ma per quello aveva già abbozzato un piano. Avrebbe solo dovuto attendere e le pedine si sarebbero disposte con ordine sulla propria scacchiera.

Solo la posizione di Chuuya rimaneva un’incognita. L’ennesimo azzardo sul quale l’ex Demone Prodigio era pronto a scommettere.

Le loro strade si sarebbero intrecciate di nuovo, di questo ne aveva l’assoluta certezza. Restavano solo da definire le modalità in cui sarebbe avvenuto il loro prossimo incontro. Dazai si ritrovò inconsciamente a sorridere riflettendo su quanto fossero assurdi i sentimenti e come andassero contro ad ogni logica o razionalità.

Avevi ragione Odasaku, forse ho trovato qualcosa per la quale valga la pena vivere, qualcuno a cui appoggiarmi.

Con questi e mille altri pensieri si incamminò per le vie di Yokohama.

 

***

 

Qualche ora prima

 

Dazai aveva preso un’importante decisione. Prima di lasciare quell’ultima realtà avrebbe presenziato ai funerali di Oda, utilizzando quella cerimonia anche come pretesto per potersi congedare da Chuuya. Già una volta aveva abbandonato il rosso, se ne era andato nel cuore della notte, senza fornire al proprio partner alcuna spiegazione. In qualche modo glielo doveva, si stava impegnando per cambiare. Era stanco di fuggire così come lo era di tutta quella storia. 

In ogni universo Dazai aveva sempre evitato di partecipare alla cerimonia per le esequie dell’amico. Era più facile recarsi in visita ad una tomba e continuare ad ignorare la realtà. 

Oda Sakunosuke era morto e non avrebbe più fatto ritorno. 

Dazai finalmente si sentiva pronto ad accettarlo e dirgli addio.

Doveva chiudere quella parentesi della propria vita così da poterne iniziare una nuova. Aveva completato il primo passo verso la propria trasformazione a essere umano migliore.

Fu in quel momento che incrociò Paul Verlaine elegantemente appoggiato contro lo stipite di una porta vicino ad uno degli ingressi della sala scelta per la cerimonia. Era solo. Non se lo aspettava.

«Dove posso trovare Chuuya?» domandò avvicinandosi e sfoggiando il proprio sorriso migliore. Il biondo lo osservò da capo a piedi come se si fosse trattato di un fastidioso e molesto insetto da schiacciare il prima possibile,

«Presumo tu sia Dazai» sussurrò con tono monocorde. 

Il moro annuì, in quella realtà l’ex spia francese non sembrava conoscerlo, ma d’altronde molti avvenimenti si erano svolti diversamente da come li ricordava. Primo fra tutti l’incidente di Suribachi. Per questo motivo aveva scelto di indossare la propria maschera migliore, in fondo era la prima impressione quella che contava, ci teneva a fare bella figura.

«Osamu Dazai, piacere» concluse allungando un braccio. L’essere artificiale non si mosse di un millimetro, rispondendo con un sorriso tirato. Dazai si ritrasse, incassando quel primo rifiuto.

«Hai del fegato a presentarti qui ragazzino. Se davvero sei alla ricerca di Chuuya non temere, arriverà tra poco insieme ad Arthur, credo si siano allontanati per salutare qualcuno»

«Come mai non sei andato con loro?» Verlaine alzò le spalle annoiato,

«Sono cose che non mi interessano. Inutili convenevoli. Come questa cerimonia. Oda Sakunosuke era un ottimo dirigente, perderlo è stato un duro colpo per l’Organizzazione, ma in fondo la vita umana è un qualcosa di effimero. Basta davvero poco per spezzarla» Dazai si limitò ad annuire, immaginando l'amico e il francese impegnati in un qualche tipo di conversazione. Sarebbe stato interessante oltre che divertente. 

«Hai intenzione di far soffrire Chuuya?» diretta, letale. Quella domanda lo colse del tutto impreparato. Superato lo stupore Dazai decise di rispondere con sincerità,

«Non posso evitarlo» lo sguardo che Verlaine gli rivolse fu glaciale.

Quella sera, Dazai avrebbe potuto fermarsi, rifiutare le avances del rosso così come avrebbe potuto impedirgli di entrare in casa propria. Se non lo aveva fatto era solo perchè era un sadico masochista. Si era approfittato per l’ennesima volta dei sentimenti di Chuuya, aveva sfruttato il partner per fare chiarezza nella propria mente. Era stato un atteggiamento meschino ed egoista del quale in parte si sentiva colpevole. Ecco perché desiderava avere un confronto con quella Lumaca. Il biondo studiò a lungo la sua espressione, cercando di comprendere il significato nascosto dietro a quelle parole.

«Potrei ucciderti» Dazai avrebbe tanto voluto ribattere di come in passato ci avesse già provato ma senza successo, Paul Verlaine però rappresentava un’incognita pericolosa, era meglio non provocarlo, in nessuna realtà. Non poteva giocarsi quell’ultima occasione con Chuuya. Aveva davvero bisogno di parlargli.

«Odasaku era un mio caro amico, ho fatto l’impossibile per salvarlo, penso di avere il diritto di essere qui» proseguì puntando i piedi.

«Hai tradito la Port Mafia e coinvolto Chuuya in questa storia» ecco, quello era il vero problema. Dazai aveva toccato il punto debole del francese, l’attaccamento quasi morboso che nutriva verso il fratello. A Verlaine non importava nulla della morte di Oda Sakunosuke ma solo della presenza del rosso in quella vicenda e le ripercussioni che avrebbe potuto avere.

«Chuuya non è più un bambino ha una volontà e ha scelto di essere coinvolto» il biondo storse il naso, e Dazai non poté fare altro che notare per l’ennesima volta l’innegabile somiglianza fra i due.

«Più passa il tempo e più quel moccioso mi ricorda Arthur, possiede la sua stessa cocciutaggine. Quando prende una decisione diventa impossibile farlo ragionare» Dazai saggiamente si astenne dal commentare. 

«Con la morte di Odasaku si è liberato un posto alla dirigenza, a chi credi che verrà affidato?» il biondo preferì ignorarlo,

«Chuuya possiede la tua stessa Abilità, non è fatto per accettare ruoli da gregario così come per il commercio di gemme» proseguì l’ex mafioso, provocando finalmente una reazione da parte del Re degli Assassini,

«Lo so. So benissimo che io e Arthur non potremo proteggerlo all’infinito» fece una pausa, prima di aggiungere «Tu non sai nulla ragazzino e l’ignoranza nel nostro ambiente può rivelarsi pericolosa. Qualcuno in Europa sta ancora cercando il possessore di Arahabaki» 

Dazai annuì. Era un discorso simile a quello che aveva affrontato con il Verlaine del proprio mondo. C’era qualcosa nel passato di Chuuya che evidentemente non conosceva, una minaccia che prima o poi il doppio nero avrebbe dovuto affrontare.

«Chuuya saprà difendersi, in fondo ha imparato dai migliori» un’ombra di incertezza attraversò lo sguardo del biondo. Avrebbe voluto aggiungere altro, ma nessun'altra parola abbandonò quelle labbra perfette.

«Non dovresti intrometterti in questioni che non ti riguardano. Oltre ad essere un traditore sei anche una spia Europea?» Dazai dovette trattenersi dallo scoppiare a ridere, anche se una parte di lui comprendeva i timori di Verlaine, così come le sue ragioni. Ricordò di come Mori lo avesse sempre messo in guardia dalle questioni del vecchio continente e dai suoi attori principali. Così come i numerosi racconti di quel conflitto che per anni lo aveva dilaniato. Alleanze, tradimenti e un numero elevato di vittime. Questo era il risultato di quei giochi di potere.

Gli effetti di quella guerra però non si erano ancora esauriti.

Dazai non poté evitare di pensare ad André Gide e alla Mimic, ma loro in fondo non erano altro che la punta dell’iceberg. Ennesime pedine di una partita che forse non si era ancora conclusa. 

«Mi spiace ma non sono mai stato in Europa, anche se mi dicono che Parigi sia meravigliosa in questo periodo dell’anno» Paul si limitò ad incrociare le braccia al petto, per poi regalargli uno sguardo carico di sfida e superiorità, tipicamente francese. 

«Se ferirai Chuuya o ti avvicinerai troppo a lui sappi che ti ucciderò» Dazai chinò il capo, preferendo allontanarsi in attesa del rosso. Era meglio non provocare Verlaine. Poteva dimostrarsi un avversario pericoloso, anche se forse la presenza di Chuuya e Rimbaud in questa realtà avrebbe giocato a suo favore. Dazai comprendeva le perplessità del francese, la sua diffidenza. Ai suoi occhi lui non era altro che una minaccia. In quell’universo Dazai Osamu era un agente governativo che si era infiltrato prima nella Port Mafia e poi nella Mimic. Un traditore con il quale Chuuya aveva scelto di accompagnarsi. Con il senno del poi se l’era cavata con poco. 

Preferì tornare sui propri passi notando come nel frattempo il partner e Rimbaud avessero raggiunto il biondo. La sola idea di affrontare Chuuya davanti ai suoi genitori non lo entusiasmava ma era il motivo principale per il quale aveva deciso di recarsi alla funzione. 

Oda non aveva famigliari o molti amici. La maggior parte dei presenti a quella cerimonia erano colleghi della Port Mafia. Le figure che scorrevano davanti agli occhi di Dazai erano tutte uguali, ingessate nei loro completi di alta sartoria e nascoste dietro spessi occhiali scuri.

L’ex Demone Prodigio aveva sempre cercato di evitare quella parte, avrebbe solo reso la morte di Odasaku reale. Il dolore che avvertiva al petto si era in parte affievolito ma Dazai sapeva che avrebbe avuto bisogno di tempo per superarlo.

Aveva un ultimo compito da svolgere in quella realtà. Per questo motivo, dopo aver preso l’ennesimo lungo respiro, si incamminò verso Chuuya. Verlaine lo fulminò con lo sguardo ma Rimbaud gli fece cenno di avvicinarsi.

Grazie Chuuya per esserti fidato di me in ogni universo

 

***

 

Non era stato l’addio che si era figurato ma il rosso aveva compreso le sue ragioni. Per un attimo, Dazai si trovò a provare un senso di pietà per il proprio alter ego di quell’universo, obbligato a convivere con la consapevolezza di essere stato in parte responsabile della morte di Oda. 

La posizione di Ango non era mai stata semplice. Dazai razionalmente lo sapeva ma nonostante questo non riusciva a perdonarlo. Non poteva. L’impiegato governativo aveva cercato di rimediare alle proprie mancanze portandolo al cospetto di Murray e coinvolgendolo in quell’assurdo piano.

L’ex dirigente storse leggermente le labbra senza nascondere una punta di tristezza.

Sakaguchi Ango aveva sempre desiderato solo una cosa, ricevere il suo perdono.

Per questo, quando se lo trovò davanti agli occhi, Dazai non poté fare altro che abbracciarlo. Era il massimo che al momento gli poteva offrire.

«Ho fallito miseramente» ammise con tono volutamente infantile, tornando ad indossare la solita espressione bonaria. L’impiegato si limitò ad annuire con un cenno del capo, sorpreso da quell’atteggiamento.

«Quindi abbiamo finito?» domandò una voce alle loro spalle in cerca di attenzioni.

«Si, Murray-kun ti ringrazio ma non intendo più avvalermi dei tuoi preziosi servigi» entrambi gli uomini del Governo si scambiarono un’occhiata confusa.

Fu Ango a prendere in mano la situazione, rivolgendosi direttamente all’amico,

«Sei sicuro di star bene?» Dazai per l’ennesima volta annuì 

«Ho accettato la morte di Odasaku, come il fatto che non si possa cambiare il passato» l’impiegato alzò un sopracciglio, sistemandosi meglio gli occhiali sul naso. Non poteva fidarsi di quelle parole, erano troppo sospette.

«Perchè sento che c’è qualcosa che mi stai nascondendo?» l’ex dirigente tornò a sorridergli, prima di stiracchiarsi come un felino.

«Sono veramente a pezzi. Vado a farmi una doccia, per domani vorrei che tu mi organizzassi un incontro con il Direttore Taneda. Abbiamo parecchie questioni delle quali discutere» 

Ango non poteva credere alle proprie orecchie, che Dazai avesse accettato l’offerta di lavorare per la Divisione? Cosa poteva essere successo in quell’ultima realtà? Il moro era cambiato ma ancora non sapeva se quella trasformazione si sarebbe rivelata positiva o meno.

Leinster Murray gli si avvicinò,

«Pensa davvero che sia una buona idea metterlo in contatto con il Direttore?» L’impiegato si abbandonò ad un sospiro stanco,

«Non ho molta scelta. Il Direttore Taneda sarà già stato informato dei movimenti degli ultimi giorni e avrà ricevuto tutti i documenti inerenti ai viaggi di Dazai-kun»

Murray non poteva credere alle proprie orecchie,

«Mi state forse dicendo che non avete agito da solo ma faceva tutto parte di un piano?» Ango si limitò a massaggiarsi le tempie,

«Doveva sembrare una mia iniziativa ma non avrei mai potuto attuarla senza l’approvazione di un mio superiore. In questo momento ci troviamo in un edificio governativo e con che soldi credi ti abbia pagato? Scommetto che Dazai l’ha sempre saputo per questo mi ha parlato in quel modo. Non sono mai stato in grado di ingannarlo. È davvero un mostro, non ho mai incontrato nessuno di tanto intelligente»

«Tutta questa sua sagacia però non gli ha permesso di salvare quel Oda» non voleva mostrarsi insensibile ma quella era l’unica conclusione alla quale Murray era giunto. Aveva continuato a utilizzare la propria Abilità mentre Dazai collezionava un fallimento dopo l’altro. 

«Forse ognuno di noi ha un destino prestabilito, che non si può cambiare» mentre pronunciava quelle parole Ango pensò al segreto meglio custodito di Yokohama, quel Libro le cui pagine possedevano il potere di riscrivere la realtà.

Se Dazai avesse saputo della sua esistenza non avrebbe esitato ad utilizzarlo per i propri scopi. Il solo immaginare un simile scenario lo fece rabbrividire.

Il piano del Governo era testare l’Abilità di Leinster Murray e Osamu Dazai con la propria capacità di annullamento era la cavia ideale, il solo a poter fare ritorno da quelle ucronie. Avevano raccolto due piccioni con una fava. Nonostante l’ennesimo tradimento la preoccupazione che Ango nutriva nei confronti di Dazai era sincera. 

Doveva essere successo qualcosa in quell’ultima realtà ma al momento non poteva occuparsene. Per prima cosa decise di contattare Murakoso incaricandola di organizzare un incontro informale con il Direttore Taneda, poi si diresse nel proprio ufficio.

Aveva davvero bisogno di una notte di sonno o di qualche giorno di ferie.

 

***

 

Dopo una doccia rilassante, Dazai riemerse da una nuvola di vapore frizionandosi i capelli e osservando la propria immagine riflessa nello specchio. Aveva ancora delle occhiaie spaventose ma aveva ripreso un poco di colore. Fu allora che momentaneamente libero dall’ingombro delle proprie bende poté notare un paio di vistosi succhiotti alla base del collo, un ultimo regalo da parte del Chuuya di quell’ultima realtà. Sorrise di fronte a quella scoperta pensando a quanto la Lumaca potesse essere risultare possessiva nei propri confronti. Divertito, ne tracciò i contorni con la punta delle dita pensando con nostalgia a quanto tempo sarebbe trascorso prima di poter rivedere quei capelli rossi o il suo sguardo di fuoco.

Si sistemò le bende e rivestì in fretta pronto a mettere in pratica la prima parte del proprio piano.

Dazai ci aveva riflettuto per una notte intera e gli era parsa la strategia migliore, la sola che lo avrebbe portato ad esaudire l’ultimo desiderio di Odasaku e al contempo avvicinato a Chuuya.

 

***

 

Raggiunse il Direttore Taneda ad una tavola calda poco distante dal porto. Come aveva richiesto quello doveva essere un incontro informale. Erano trascorse un paio di settimane dalla morte di Odasaku anche se a Dazai era servito molto di più per arrivare ad accettarne la scomparsa. Ora però l’ex dirigente della Port Mafia era pronto a voltare pagina.

Trovò il politico seduto tranquillamente ad uno dei tavolini del locale intento a sorseggiarsi del sakè.

«Un pezzo grosso del Ministero degli Affari Interni che beve da solo in un bar da due soldi come questo? Che tristezza Direttore Taneda» concluse afferrando una sedia e prendendo posto di fronte a lui. Dazai si sforzò di sorridere utilizzando il proprio charme da attore consumato. Le vecchie abitudini erano dure a morire ma si sarebbe impegnato per cambiare. Iniziò col giocare distrattamente con la bottiglia di sakè rigirandosela più volte tra le mani.

«Tu sei…» l’uomo tentennò per qualche istante, il ragazzo che aveva davanti agli occhi sembrava l’antitesi dello spietato dirigente di cui aveva sentito parlare. Come anche del ragazzo distrutto dal dolore del quale aveva letto nei verbali redatti da Sakaguchi Ango.

«Su su» si affrettò a rispondere l’ex mafioso versandogli da bere. 

Taneda sospirò rassegnato. Sarebbe rimasto al gioco, curioso di vedere fin dove quel ragazzo sarebbe andato a parare. Aveva accettato di buon grado l’incontro con l’ex braccio destro di Ougai Mori, incuriosito dalle ragioni che lo avevano spinto ad allontanarsi da quell’Organizzazione criminale.

«Ho sentito che è da un pò che hai fatto perdere le tue tracce» si limitò a rispondere prendendo un sorso di liquore.

Era una menzogna e lo sapevano entrambi.

Taneda sapeva del piano di Ango, come del fatto che Dazai avesse fatto ricorso all’Abilità di Murray. Sicuramente i resoconti che aveva fornito all’impiegato governativo erano finiti sulla scrivania del Direttore. Il Governo lo aveva usato ma Dazai li aveva lasciati fare. Non aveva avvertito nessuna minaccia nel loro comportamento, forse solo curiosità nell’apprendere della sua defezione.

«Sto cercando un nuovo lavoro» ammise facendo appello a tutta la propria sfacciataggine.

«Conosce per caso qualche buon posto?» si affrettò ad aggiungere con un tono più basso che rivelava la serietà dei propri intenti.

«Vuoi unirti alla Divisione per l’uso dei poteri? In questo caso…» ma Dazai non lo lasciò terminare,

«Temo di dover rifiutare l’offerta, i posti di lavoro con troppe regole mi stanno stretti» in più detestava la vita d’ufficio e la compilazione di scartoffie, ma non serviva che il Direttore lo sapesse.

Taneda assunse un’espressione pensierosa, 

«Allora cosa stai cercando?» Dazai doveva avere in mente qualcosa o non lo avrebbe invitato a prendere parte a quella recita,

«Un posto dove poter aiutare le persone» quelle parole lo lasciarono di stucco, non se l'aspettava. Ango lo aveva messo più volte in guardia sulla pericolosità di Dazai e sulle sue molte facce, il ragazzo davanti ai suoi occhi però gli sembrava sincero.

Poteva davvero fidarsi? 

«Avrei molte cose da chiederti ma..» fece una breve pausa lasciando al moro il tempo di annuire,

«Il tuo curriculum è troppo sordido» lo mise in guardia

«Dovrai stare nascosto per almeno due anni per poter ripartire da zero» Dazai annuì. Tutto stava andando come aveva previsto.

«Potrei avere un’idea» il sorriso sul volto del giovane ex mafioso si fece più ampio, mentre il Direttore aveva iniziato a giocherellare con il ventaglio che teneva tra la mani,

«Sentiamo»

«C’è un’Organizzazione armata di individui dotati di Abilità Speciali. Si occupa di quei casi che si trovano nella zona grigia della legalità ed è intoccabile da noi funzionari civili. Il Presidente di quella società è un uomo virtuoso» aggiunse «potresti trovarlo in linea con le tue aspirazioni»

Dazai rispose un cenno di assenso. Era ciò a cui puntava fin dall’inizio. L’Agenzia che aveva visto in più di una realtà alternativa, il posto che gli avrebbe permesso di incontrare Atsushi Nakajima. Il punto di partenza per la sua nuova vita.

«Posso fare un lavoro che salva le persone?»

 

***

 

Quattro anni dopo

 

Devi trovare qualcosa a cui appoggiarti, può essere qualunque cosa. Devi aver fiducia nel futuro. Ci sarà sicuramente qualcosa in cui sperare.”

Mai come in quel momento le ultime parole di Odasaku gli erano parse tanto reali quanto profetiche. Aveva rivisto Chuuya e il loro incontro era stato accompagnato da una strana quanto familiare sensazione di dejà-vu.

In quattro anni Dazai era diventato un membro dell’Agenzia dei Detective Armati, la stessa Organizzazione che più volte aveva incontrato nelle ucronie create dall’Abilità di Murray. Aveva raccolto il giovane Atsushi dalla strada e si era impegnato a crescerlo per farne un compagno degno di Akutagawa. Quando aveva assistito per la prima volta al rilascio dell’Abilità di quel ragazzo un nuovo e folle progetto si era fatto largo nella sua mente, Atsushi poteva rivelarsi davvero un fodero che avrebbe imbrigliato la forza del mastino. Le loro capacità unite potevano dare vita ad una partnership vincente, in grado di rivaleggiare persino con la stessa Soukoku. 

Il rimando a Chuuya fu inevitabile. Quel piccoletto rappresentava un tarlo fastidioso, una presenza molesta che puntualmente si divertiva ad occupare i suoi pensieri.

Dazai si era scontrato con il rosso nei sotterranei della Port Mafia. Aveva scelto di proposito di farsi catturare per poter liberare proprio il ragazzo Tigre, finito tra le grinfie di quei criminali.

Nakahara Chuuya era esattamente come se lo ricordava. Distruttivo e caotico come la gravità che controllava. Dazai conosceva ogni sua mossa, affondo, forse era solo migliorato nella velocità d’esecuzione delle proprie tecniche ma non in altezza. Quella era rimasta la stessa. Era davvero felice di vederlo anche se in quell’occasione fece il possibile per nasconderlo continuando a provocarlo e prenderlo in giro. Anche quello gli era mancato.

Il rosso però aveva saputo leggere il suo stato d’animo così come le sue intenzioni. Dazai poteva anche essere un maestro nel mentire ma non sarebbe mai riuscito ad ingannare il proprio ex partner. Si limitò a recuperare velocemente le informazioni delle quali aveva bisogno prevedendo di come quella non fosse altro che la quiete prima della tempesta.

Sapeva che Chuuya non lo avrebbe lasciato andare facilmente, non dopo quattro anni di silenzio.

Dazai si era aggrappato ai propri sentimenti per il rosso, erano stati quelli ad aiutarlo. Per due anni era fuggito all’estero, cercando di reperire quante più informazioni possibili sui pericoli che avrebbero potuto coinvolgere Yokohama. Aveva indagato a lungo sulla Torre dell’Orologio come anche sui Poètes francesi. La Guild rappresentava solo una minaccia minore per la stabilità della loro città. La taglia che gli americani avevano posto sulla testa di Atsushi era allettante ma serviva solo come diversivo per distoglierli dal loro vero obiettivo. 

Quel famoso Libro che presto o tardi avrebbe finito con lo scatenare l’ennesimo conflitto.

Dazai era venuto a conoscenza della sua esistenza per puro caso, originando una conversazione tra alcune spie mentre passeggiava per la capitale inglese. Da quel momento molte cose avevano iniziato ad acquisire un senso, così come alcuni dei comportamenti assunti dal Boss o dal Governo giapponese. In Europa, Dazai era riuscito anche ad associare un nome e un volto ai timori di Verlaine, comprendendo la vera natura di quella tempesta che presto o tardi avrebbe finito con il coinvolgere Chuuya e indirettamente anche lui. 

Era incredibile come tutti quei fatti fossero in qualche modo collegati e quella vicenda avesse radici così profonde da abbracciare più di un continente. Tutti loro non erano altro che le ultime pedine di un disegno più grande, di cui Dazai ancora ignorava l’artefice o lo scopo. Nonostante questo aveva iniziato a disporre le proprie contromisure. 

Fu allora che notò una figura familiare. Non se ne era accorto subito, perso come era nei propri ragionamenti.

Chuuya si trovava a pochi metri da lui, appoggiato contro una parete accanto ad una delle uscite di sicurezza dell’edificio. Era un condotto secondario di cui pochi erano a conoscenza. Dazai aveva dimenticato di come quella testa calda ormai occupasse un posto di rilievo alla dirigenza.

«Credevi davvero che ti avrei lasciato andare così?» l’ex mafioso non smise di sorridere accompagnando ogni movimento con un’alzata di spalle,

«Diciamo che ci avevo quasi sperato»

«Sei un idiota»

«Mi conosci. Ero il tuo partner»

«Non me lo ricordare»

Chuuya aveva passato gli ultimi quattro anni ad immaginarsi quel giorno, quello in cui Osamu Dazai sarebbe tornato a disturbare la propria vita. Era come se una parte di lui ci avesse sempre creduto. Non poteva rassegnarsi a quel tradimento all’apparenza senza senso. Solo da dirigente Chuuya aveva scoperto la verità nascosta dietro alla fuga di Dazai. Aveva letto i verbali sul caso Mimic, l’ultima missione della quale si era occupato il partner. Era stato in quel modo che aveva appreso della morte di Oda Sakunosuke.

Era stato quel nome a colpirlo. Oda era un amico di Dazai. Se lo ricordava vagamente durante le operazioni finali del Conflitto Testa di Drago. Era un uomo ordinario e di basso rango, famoso solo per essere amico di quello Sgombro. Era stato questo particolare a colpirlo come il ricordo della felicità che vedeva riflessa nello sguardo di Dazai quando si trovava in sua compagnia.

Non era stato facile accettare di provare qualcosa per quell’idiota bendato, ma Chuuya aveva finito con l’innamorarsi di lui senza volerlo. Era bastata una semplice frase, pronunciata in un’anonima sala giochi, quando entrambi avevano solo quindici anni; 

«Chuuya sa decidere da solo come usare il proprio potere» 

Da quel momento tutto il suo mondo era cambiato e aveva iniziato ad osservare Dazai con occhi diversi.

Quell’idiota bendato era stato il primo a rispettarlo senza pretendere qualcosa in cambio. 

Osamu Dazai non aveva bisogno di lui o del suo potere. Ne avrebbe fatto volentieri a meno. La loro prima collaborazione era avvenuta perché forzata da una serie di circostanze così come la successiva. 

Dazai aveva avvalorato quella tesi l’anno successivo, quando senza troppi giri di parole aveva ammesso di aver sempre visto Chuuya come un essere umano. Non aveva mai dubitato della sua natura, nemmeno per un istante.

Era stato allora che ogni difesa del rosso era crollata, come un castello di carte che sfidava il primo alito di vento.

Quel sentimento però era destinato a perire così come la loro collaborazione. 

Quando Chuuya al termine di una missione era tornato a Yokohama e aveva appreso della scomparsa di Dazai un altro tipo di emozione aveva invaso il suo animo, la rabbia. Una furia cieca che per lungo tempo aveva guidato i suoi movimenti e azioni.

Non si era rivelata un’impresa semplice ma dopo quattro anni, il possessore di Arahabaki poteva vantarsi di essere riuscito a sopprimere qualsiasi altro sentimento maturato nei confronti del ex Demone Prodigio.

O forse ci aveva sperato. 

Non appena gli era giunta voce della cattura di Dazai era corso da lui. Aveva goduto nel vederlo ammanettato, così come nel prenderlo a pugni. Poi, senza rendersene conto, era caduto nella sua trappola. Era stata una sensazione familiare e piacevole anche se il proprio orgoglio urlava vendetta. 

Non poteva lasciarlo andare, non senza averlo affrontato.

C’erano così tante cose che Chuuya desiderava sapere ma che non avrebbe mai trovato il coraggio di domandare.

«Quella tigre è davvero così importante?» iniziò con qualcosa di semplice, per tastare il terreno. Peccato che Dazai avesse sempre avuto la straordinaria capacità di fargli saltare tutte le terminazioni nervose utilizzando una sola frase,

«Cosa c’è, sei forse geloso Chibi?» il rosso cercò di fare il possibile per mantenere il controllo ma di fronte al sorriso compiaciuto dell’ex partner risultava la più ardua delle imprese

«Perché mai dovrei essere geloso di un moccioso che non sa manco come usare la propria Abilità? Dovresti vedere come Akutagawa l’ha sconfitto» sbottò incrociando le braccia al petto in un moto d’orgoglio.

«Akutagawa c’è andato leggero» gli fece notare

«Come puoi dirlo?»

«Beh Atsushi è ancora vivo» Chuuya arricciò il naso in un’espressione simile a quella di un certo francese. 

«Allora, vuoi dirmi perché ti sei lasciato catturare? E perché proprio ora?» dopo tutti questi anni

Dazai rispose con una scrollata di spalle,

«Ero solo curioso»

«Non mentire»

«Ok, avevo voglia di vederti»

«Ti ho detto di non mentire»

«Ma non lo sto facendo Chibi» proseguì con tono lamentoso,

«Come posso crederti?»

«Quattro anni fa eri innamorato di me» la serietà con cui l’ex mafioso pronunciò quelle parole lo colpì. Così come il tono di voce profondo che aveva utilizzato. Dazai si era fatto improvvisamente serio, Chuuya poteva affermarlo dal suo sguardo. Non stavano più giocando e quello Sgombro si era fatto improvvisamente troppo vicino,

«Mi sembri un pò troppo sicuro di te» sbottò tentando di allontanarsi,

«Tu però non l’hai negato» Chuuya imprecò, prima di decidersi a passare al contrattacco,

«Forse in passato» concesse. Non aveva senso cercare di accampare scuse, se Dazai gli aveva rivolto quelle parole era solo perché in qualche modo era a conoscenza dei sentimenti che l’ex partner nutriva nei suoi confronti.

«E ora?» il rosso non seppe come rispondere. 

Dazai non poteva tornare e fingere che gli ultimi quattro anni non fossero mai esistiti. Non lo avrebbe mai perdonato, non così facilmente. 

Lo aveva abbandonato senza una parola, anzi ci aveva rimesso pure un’auto. Chuuya si fece forza, cercando di fare appello a tutto il proprio rancore,

«Non provo nulla per te. Sei solo un traditore. Dovresti andartene prima che cambi idea o che ti scoprano» Dazai gli regalò un sorriso triste che il rosso era certo di non aver mai visto prima di quel momento. Era un’espressione inedita che però sentì di odiare con ogni fibra di sé.

«Lo pensi davvero?» mormorò l'ex dirigente avvicinandosi di un paio di passi. Chuuya indietreggiò finendo così con le spalle al muro.

«Io ti odio. Ti ho sempre odiato. Come posso tornare a fidarmi di te? Non fai altro che mentire, ingannare»

Era quello il nocciolo della questione. La fiducia.

Dazai doveva riconquistarsi quella fede che il rosso aveva sempre riposto in lui, che lo aveva spinto più di una volta a mettere la propria vita nelle sue mani.

«Lo sai perché me ne sono andato Chibi» sussurrò ad una spanna dal suo volto. Suo malgrado Chuuya arrossì.

«Oda Sakunosuke, il caso Mimic» pronunciare quel nome ad alta voce fu strano. 

Per Chuuya, Oda rappresentava solo un fantasma. Un uomo che con la sua morte aveva allontanato Dazai. Era un pensiero infantile che nonostante tutto gli aveva attraversato la mente. 

«Odasaku era una persona importante per me» ammise il moro guardandolo negli occhi. Chuuya però non si lasciò intimidire, né scoraggiare,

«Così tanto da portarti a distruggere tutto il resto?»

«In quel momento lo era. Non potevo più restare nell’Organizzazione. Vivere sotto lo stesso tetto dell’uomo che lo aveva mandato alla morte» speró con tutto il cuore che Chuuya arrivasse a comprendere le sue ragioni.

«Siamo assassini. Questo è il nostro mondo. Noi viviamo nell’oscurità» la serietà con cui pronunciò quelle parole lo colpì, ma fu abile nel nasconderlo,

«Non lo pensi realmente»

«Non credere di conoscere i miei pensieri. Forse quattro anni fa potevi vantartene ma ora è diverso, io sono diverso» Dazai gli sorrise,

«Eppure sei ancora piccolo come ti ricordavo»

«Brutto stronzo»

«Ti rammenti di quando affrontammo Verlaine?» Chuuya sgranò gli occhi, come era solito fare ogni volta che qualcuno pronunciava il nome dell’ex spia francese,

«Cosa cazzo c’entra quel idiota?»

«Paul Verlaine aveva perso ogni cosa. La morte di Randou lo aveva distrutto e tu eri semplicemente tutto ciò che rimaneva di lui, di loro, di ciò che erano stati»

«Non ho bisogno di una lezione di storia né ricordare di come fosse andato fuori di testa. Non che ora sia meglio» aggiunse chinando il capo.

Dopo la scomparsa di Dazai, Chuuya aveva avuto una lunga chiacchierata con Verlaine al termine della quale il biondo gli aveva affidato il diario di Rimbaud. Attraverso quelle pagine aveva potuto conoscere la spia che era stata così come la sua storia. 

Fu in quel momento che la voce di Dazai lo riportò alla realtà,

«Per me Odasaku era importante allo stesso modo» quella confessione lo colpì. Chuuya non se lo aspettava.

Paul gli aveva raccontato di Arthur, dell’uomo che era stato prima di perdere la memoria, di ciò che avevano e che gli era stato portato via. Di come lui avesse desiderato salvarlo prima dal Governo francese e poi dai Poètes

Chuuya era riuscito a perdonare Verlaine solo dopo aver letto le memorie di Rimbaud. Era stato il biondo ad aiutarlo in quel frangente, quando la scomparsa di Dazai lo aveva distrutto.

“Questo era il vero Arthur, la persona per me più importante” si era limitato a sussurrare il Re degli Assassini, prima di affidargli il proprio tesoro più prezioso.

Grazie a quel taccuino Chuuya aveva compreso le intenzioni del fratello, il desiderio malato che lo aveva portato in Giappone, così come la disperazione che aveva guidato le sue azioni. Da quelle pagine scaturivano anche i sentimenti di Rimbaud, l’amore che provava per Verlaine e che l’essere artificiale non aveva mai compreso. Se non alla fine.

Insieme alla loro storia, vissuta in un continente lontano che Chuuya aveva conosciuto solo attraverso le pagine di quei racconti. Paul gli aveva impedito qualsiasi viaggio in Europa, aveva discusso col Boss al riguardo subito dopo il proprio arrivo nella Port Mafia. Il rosso non ne aveva mai compreso il motivo anche se tra quelle pagine sbiadite si era fatto un’idea di cosa avrebbe potuto trovare ad attenderlo nel vecchio continente. 

«Mi stai dicendo che dovrei esserti grato per essertene andato e non aver provato a distruggere la Port Mafia? O forse mi sono perso il senso di questa conversazione e dove tu voglia andare a parare» Dazai scoppiò a ridere,

«Ho promesso a Odasaku che sarei diventato una persona migliore» confessò

«Beh ora fai parte di quella strana Agenzia» Chuuya era sempre più confuso dal comportamento di Dazai

«Pensi che io possa farlo?»

«Cosa?»

«Essere una persona migliore» il rosso finse di pensarci,

«Hai sempre fatto di testa tua, seguendo una tua morale e regole. Mafia, Agenzia, non ti è mai importato da che parte stare giusto?» il moro non potè fare altro che annuire,

«Per quel che vale rimani il solito stronzo»

«Mi sei mancato davvero partner» concluse immobilizzandolo contro la parete per poi baciarlo a tradimento.

Dazai aveva provveduto ad afferrare entrambi i polsi del rosso che per questo motivo si era trovato all’improvviso privato del proprio potere. In risposta Chuuya gli morse la lingua, fino a farla sanguinare. Per quanto un tempo avesse desiderato quel tipo contatto, non lo avrebbe lasciato vincere facilmente o condurre il gioco. Aveva un orgoglio che avrebbe difeso con le unghie e soprattutto con i denti. 

«Che cazzo significa?» domandò cercando di riprendere fiato e insieme regolare i battiti impazziti del proprio cuore,

«Mi piaci»

«Questa è la peggiore delle dichiarazioni che abbia mai ricevuto»

«Mi dispiace per questi quattro anni ma farò il possibile perchè tu possa perdonarmi»

«Sei uno stronzo senza speranza. Potresti morire ma finiresti solo con l’esserne felice» Dazai proseguì incurante di quelle parole,

«Sai ci ho messo veramente un sacco per capirlo. Tu sei il solo che desidero avere al mio fianco.» Chuuya cercò di non arrossire, sinceramente colpito da quelle parole così come dall’espressione sincera del moro.

Nonostante questo non era intenzionato a cedere. Gliel’avrebbe fatta pagare e con gli interessi. Quando però Dazai si avvicinò ulteriormente fu il rosso ad afferrarlo per il colletto del cappotto, abbassandolo al proprio livello.

«Non farti strane idee» sbuffò ad un centimetro dalle sue labbra

«Assolutamente»

«Io ti odio»

«Ne sono consapevole»

«Sei un bastardo»

«Mi sei davvero mancato Chibi»

Chuuya soffocò l’ennesima bestemmia contro le labbra di Dazai. Aveva desiderato così tanto quel momento, così come di udire quelle parole. Non lo avrebbe perdonato dall'oggi al domani, ma poteva essere un inizio. 

Il loro inizio.

 

***

 

Un anno dopo

 

La fede è la medicina giusta per le anime disperate.

Dazai non seppe dire come gli fosse tornata in mente quella frase. Proveniva da uno dei numerosi libri che Mori lo aveva obbligato a leggere diversi anni prima, quando ancora vedeva in lui il proprio perfetto successore. A quel tempo il Boss aveva cercato di plasmare Dazai a sua immagine e somiglianza, ripetendogli fino alla nausea quanto fossero simili.

Non era vero.

Dazai non avrebbe mai venduto dei bambini così come non avrebbe sacrificato Odasaku.

L’uomo che un tempo era stato definito il Re Oscuro della Port Mafia, il bambino prodigio e pupillo del Boss, non sarebbe caduto tanto in basso. C’era stato un tempo in cui il suo sangue era più nero della morte, ma la corona di Mori era un premio al quale Dazai non aveva mai ambito.

In un giorno di tanti anni prima Odasaku era entrato nella sua vita. E la sua presenza era stata l’equivalente di un balsamo in grado di lenire tutte le ferite che dilaniavano il proprio animo. Non c’era e non ci sarebbe mai stato nessuno al mondo in grado di prendere il posto di Oda e questo Dazai lo sapeva fin troppo bene. 

Quattro anni prima aveva cercato di fare l’impossibile per riaverlo nella propria vita, mentre ora che quell’opportunità gli si presentava in tutta la sua concretezza non sapeva che fare.

Una porta lo separava da quell’uomo che aveva amato con ogni fibra del proprio animo e che con la sua morte lo aveva privato anche di un pezzo di sé. Dazai doveva tutto a Odasaku, era merito suo se era diventato un essere umano migliore, se aveva raccolto Atsushi dalla strada, salvato Yokohama e lasciato per sempre la Port Mafia. Per non parlare di Chuuya e di come avesse scoperto di provare dei sentimenti verso di lui.

Dazai non era pronto per quel confronto. Aveva faticato ad accettare la scomparsa di Odasaku. Aveva viaggiato per varie realtà per cercare di salvarlo, fallendo ogni volta fino a giungere alla conclusione di come non si potesse in alcun modo cambiare il corso del destino.

La prospettiva che in quel momento Oda Sakunosuke fosse nella stanza accanto e lo stesse aspettando era così irreale. Era come trovarsi all’interno di un sogno, l’ennesima illusione che sapeva, prima o poi si sarebbe frantumata davanti ai suoi occhi.

Dazai stava combattendo contro i propri demoni. Una parte di lui desiderava solo correre da Odasaku, vedere quel miracolo con i propri occhi e godere di quell’effimera felicità che li aveva travolti. Mentre il suo lato più logico e razionale, quello al quale dava sempre ascolto, lo stava mettendo in guarda. Quella era solo l’ennesima chimera dalla quale doveva prestare attenzione.

I morti non tornano in vita. Non c’era nessuna Abilità al mondo in grado di rendere una cosa del genere possibile.

Nemmeno il tanto decantato Libro aveva quel potere. Se mai lo avesse avuto tra le mani Dazai sapeva benissimo cosa avrebbe fatto; semplicemente creato una realtà nella quale Odasaku sarebbe potuto sopravvivere, come aveva provato a fare quattro anni prima. Non gli sarebbe importato di nient’altro, avrebbe pagato volentieri qualsiasi prezzo per vedere realizzata quella fantasia.

Un Odasaku trasportato nel loro mondo dalla singolarità di un’Abilità era un qualcosa che non avrebbe mai potuto prevedere. 

Dazai sapeva benissimo di come quella storia si sarebbe conclusa, Ango e i suoi amici del Governo avrebbero fatto il possibile per insabbiare la questione e riportare tutti i viaggiatori nei rispettivi universi. 

Arrivati quel punto che senso avrebbe avuto incontrare Oda se tanto era destinato a perderlo.

Dazai stava ancora fissando la porta davanti ai propri occhi quando la voce di Chuuya lo raggiunse, riportandolo bruscamente alla realtà,

«Dimmi che non te la stai facendo sotto»

«Chibi non è il momento» il rosso imprecò, afferrandolo per una spalla

«Si può sapere di cosa cazzo hai paura?» lo sfidò 

«Forse di rivedere Odasaku» non credeva che sarebbe mai riuscito ad ammetterlo

«Sei proprio un idiota»

«Sai quanto mi ci è voluto per accettare la sua morte, vederlo di nuovo, parlarci è un qualcosa al quale pensavo di aver rinunciato» Chuuya alzò gli occhi al cielo prima di riportarli sulla figura dell'ex partner

«Quell’uomo non è il tuo Oda, basta che lo tieni a mente» sospirò rassegnato rivolgendogli una lunga occhiata carica di sottintesi,

«Ma potrebbe esserlo, non sappiamo da quale ucronia o universo provenga» il rosso incrociò le braccia al petto dopo essersi sistemato meglio il cappello sulla propria testa,

«Se fosse davvero lui cosa faresti?»

«Non lo so» si trovò ad ammettere Dazai con una scrollata di spalle, non voleva litigare con il partner, non per un motivo simile.

«É incredibile come basti solo la presenza di quello stronzo per mandarti il cervello in tilt»

«Chuuya»

«É la verità. Da quando sei stato informato della situazione hai smesso di essere il solito Dazai e non provare a negarlo. Già ho rischiato un esaurimento nervoso per portarlo qui» si lasciò scappare.

«Cosa?» il rosso imprecò, maledicendo la propria loquacità così come l’espressione da cane bastonato di Dazai.

«Il tuo amico quattrocchi, mi ha incaricato lui di cercare Oda. Penso sia l’ennesimo tentativo malriuscito per assicurarsi il tuo perdono» il moro si sforzò di sorridere,

«Può essere, Ango continua ad incolparsi per quanto successo con il caso Mimic»

«Non puoi biasimarlo»

«Al suo posto chiunque avrebbe fatto lo stesso, era solo un impiegato, non poteva prevedere come la situazione si sarebbe evoluta né che Odasaku sarebbe morto»

«Ora lo difendi?»

«Mi sto solo limitando a riportare dei fatti»

«Non è vero, stai cercando di prendere tempo»

«Chuuya»

«Verrò con te»

«Non serve»

«Invece si, voglio vedere se questo Oda è davvero quello giusto, la persona che ti ha fritto il cervello e spinto a compiere tutte quelle cazzate»

«Chuuya» il proprio nome sussurrato dalle labbra di Dazai aveva assunto i toni dolci di un ritornello 

«Ti prometto che non farò nulla, permettimi solo di rimanere al tuo fianco» l’ex dirigente annuì cogliendo l’implicita richiesta del rosso. Chuuya era preoccupato per lui e quello era il solo modo che aveva per dimostrarlo. Resistette all’impulso di afferrarlo e stringerlo a sé. 

Non appena era stato informato di quella situazione, così come dell’apparizione di Odasaku, Dazai aveva deciso di raccontare al rosso ogni cosa. Gli aveva narrato di Murray, della sua Abilità, così come degli avvenimenti che avevano seguito la morte dell’amico. Il partner lo aveva ascoltato in silenzio per poi atterrarlo con un pugno in pieno stomaco. 

«Questo è per aver baciato prima di me tutti quegli altri Chuuya» aveva sussurrato prima di far collidere con rabbia le loro labbra,

«Qualsiasi cosa stia succedendo la affronteremo insieme, partner»

Dazai gli aveva sorriso. Rincuorato da quelle parole così come dalla sicurezza con cui erano state pronunciate. Con Chuuya al proprio fianco si sentiva invincibile.

Odasaku però era l’unico ad aver mai posseduto la capacità di farlo vacillare. 

Erano trascorsi quattro anni dal loro ultimo incontro. Oltre quella porta si trovava il primo essere umano per il quale Dazai avesse mai provato dei sentimenti, l’uomo la cui morte lo aveva portato ad un passo dall'autodistruzione. Fu allora che rosso lo prese per mano.

«Andiamo» mormorò senza però guardarlo negli occhi.

Dazai gli sorrise grato,

«Si, andiamo»









 

Ringraziamenti e note finali: dopo tre anni siamo arrivati alla fine!!! Anche se come avete visto non è un finale effettivo perché questa storia avrà un sequel (me persona orribile a terminarla in questo modo lo so). Per il momento però quel progetto resta in stand by. Preferisco concentrarmi sulla Saison, la long collegata a questa e al suo prequel (ribattezzato amorevolmente “la storia dei nonni”) entrambe indispensabili per comprendere meglio tutto il casino che travolgerà i poveri Dazai e Chuuya. 

Non so davvero cosa dire solo che sono felice di aver concluso la prima parte di questo lungo percorso iniziato nel lontano 2020, quando durante il lockdown ho riscoperto l’amore per BSD.

Voglio ringraziare tutte le persone che in questi tre anni hanno letto questa storia, l’hanno commentata o mi hanno dimostrato il loro affetto. A Enerimess per avermi sopportato durante la metà del tempo, insieme al mio neurone Holie. Ringrazio anche Orihime per i bellissimi commenti, Flying Lotus e aleinad93 per le chiacchierate e il supporto, insieme a tante altre persone che in questi anni mi hanno incoraggiato. 

Sono contenta di essere riuscita a finalmente a finire qualcosa tanto che sto ancora qua a piangere lacrime di gioia!!!! Spero che nonostante tutto sia stato un buon finale!!! Grazie ancora!!! Fatemi sapere che ne pensate!!! Buon 2024!!!

 

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