Il convento della paura

di Chiara PuroLuce
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Un nuovo alleato? ***
Capitolo 3: *** Attenti alla suora ***
Capitolo 4: *** Un risveglio irritante ***
Capitolo 5: *** La determinazione di Marta ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


«Marta! Marta, aiutami per favore.»

«Samanta? Ma… ma dove sei, non ti vedo.»

«Ho paura, Marta. Fa freddo qui, è buio e non si respira.»

«Resisti, amica mia, aspettami e non muoverti da lì. Dimmi solo dove devo venire a prenderti.»

«Aiutami» ripeté la voce sempre più flebile «fai in fretta.»

«Samanta!»

Urlo quel nome con tutta la forza che ho in corpo. Mi guardo in giro, ansante. Dio, ancora quell’incubo. Sono anni che mi perseguita e mi lascia con un senso di impotenza e di vuoto infinito, nel cuore e nell’anima.
Samanta Capello era la mia migliore amica ed è sparita misteriosamente dieci anni fa. Alta, longilinea, con lunghi capelli biondi che mettevano in risalto i suoi bellissimi occhi verdi, naso alla francese e labbra sottili. Samanta aveva un carattere solare e sempre ottimista, anche nei momenti di difficoltà riusciva a trovare il lato positivo. Era bellissima. Il mio opposto, in poche parole.
Lei, Marta Brambilla, toccava a stento il metro e mezzo, era molto in carne, capelli corti e neri come la pece, occhi ancora più scuri nascosti dietro un paio di occhiali verdi. Le sue labbra erano carnose e il naso che le sovrastava era importante, un tratto di famiglia che suo padre poteva fare a meno di passarle. Insomma, non era questa gran bellezza e lo sapeva bene, ma Samanta non ci aveva mia fatto caso.
Avevano stretto amicizia alle elementari, quando lei la salvò da un paio di bulli che le davano il tormento per il suo aspetto – i bambini sapevano essere tremendi in gruppo – spintonandoli lontano da lei e guardandoli con sguardo bellicoso. Quella, era stata l’unica volta che Marta aveva visto la sua amica in modalità arrabbiata.
Inutile dire che avevano legato subito.
In seguito, Samanta si dimostrò essere molto sensibile e si diplomò alle Magistrali, iniziando poi la carriera di maestra d’asilo – oh, pardon, di insegnante di scuola materna, meglio essere precisi o c’è gente che si offende, e non scherzo – diventando presto la beniamina dei bambini.
L’ultima volta che la vidi fu in occasione della sua partenza per un pellegrinaggio solitario per i santuari più famosi della zona. L’ultimo ricordo che ho di lei mi invade la mente e, come accade sempre quando ci penso, mi salgono le lacrime agli occhi.
 

 
«Devo andare a ringraziare la Madonna per la grazia immensa che ha fatto alla mia famiglia, salvando mamma dal cancro al seno. Gliel’ho promesso e devo mantenere la parola data.»

«In teoria, se vogliamo dirla tutta, sono stati i medici a salvarla» ribatto.

«Sì, hai ragione, ma guidati da Lei.»

Ah, Samanta e la sua fede incrollabile e, a volte, estremista. Siamo appena entrate negli “enta”, ma lei ha le idee molto più chiare delle mie sull’argomento religione. Lei crede e basta, io credo, ma sono più simile a San Tommaso.
 
«Da sola? Fammi almeno venire con te. È vero, non sono religiosa come te, ma posso sempre farti compagnia e salvarti dalla noia.»

«Grazie, ma è una cosa che devo fare da sola. Andiamo, Marta, ho trent’anni e la testa sulle spalle. Non sto partendo per un anno sabbatico in giro per il mondo. Non uscirò nemmeno dalla Brianza.»

«Ok, ma… può essere pericoloso lo stesso.»

«Ti assicuro che non mi accadrà nulla. Ho trovato alloggio presso il bed & breakfast “Il cigno d’oro” e, se sei più tranquilla, ti lascio il loro numero di telefono. Poi dai, sarà solo per una settimana. Durante la giornata mi tratterrò nei vari santuari e avrò il cellulare spento, ma dopo cena potrai chiamarmi e riempirmi di domande, da brava investigatrice privata quale sei.»

«E va bene» capitolo «ma se cambi idea, chiamami e io corro da te. Pregherò, sentirò qualche Messa, mi farò parecchi esami di coscienza, mi confesserò e farò anche la Comunione… ma almeno saremo insieme.»

«Starò bene, non preoccuparti.»

Poi ci siamo abbracciate, salutate e… e mai più riviste.
 

Quell’incontro me lo ricordo ancora bene, come ricordo che quella mia uscita la fece ridere a crepapelle. Forse perché sapeva che se fossi entrata in un confessionale, non ne sarei uscita prima di un’ora visti i numerosi arretrati sulla mia coscienza.
La sentii per tre sere di fila, ma la quarta saltò e così la quinta. A quel punto ero molto preoccupata e con me i suoi genitori.
Quando la polizia – il giorno che doveva coincidere con il suo rientro – li chiamò per informarli che Samanta era svanita nel nulla e che l’albergatore ne aveva denunciato la scomparsa, il loro mondo era finito.
La camera era stata posta sotto sequestro preventivo e quindi tutti i beni di Samanta erano al commissariato di zona. Qualcuno doveva andare a ritirarli. Loro mandarono me. Non se la sentirono.
Fu straziante, riconoscere gli effetti personali di Samanta. Chiesi come mai avessero già iniziato con le indagini e il commissario mi disse testuali parole:
 

 
«L’ultimo contatto con la Capello è stato vicino al Convento di Nostra Signora delle Lacrime. Non è la prima volta che avviene una sparizione in quella zona e abbiamo un fascicolo aperto. Purtroppo, non abbiamo raccolto prove che siano collegate a quel luogo, ma un forte sospetto c’è.»

«Posso fare qualcosa per aiutarvi? Sono un’investigatrice privata» domandai a quel punto, palesandomi.

«Saremo felici di avere un aiuto in più. Avrà libero accesso ai fascicoli, ma dovrà fare capo a me nel caso trovasse qualcosa che ci è sfuggito. Sono stato chiaro?»

«Chiarissimo, Commissario Sala. Aprirò un’indagine parallela e sarò in stretto contatto con lei per gli aggiornamenti.»
 

Mai credere a tutto quello che ti dicono. Non voleva avermi tra i piedi, ecco la verità. Dopo il primo mese di collaborazione, quell’idiota mi estromise dalle indagini – sequestrandomi tutto il materiale che avevo raccolto e fotocopiato – e dopo un altro mese, archiviò il caso come irrisolto. Per lui, ma non per me.
Per fortuna mi ero stampata delle copie dell’intero plico e ho proseguito la ricerca di Samanta a modo mio. Ricerca che – nel frattempo – si era estesa anche ad altre cinque ragazze, scomparse prima di Samanta e accumunate dallo stesso triste destino della mia migliore amica.  
In più a quello, mi avvalsi anche del suo quadernetto. Lo trovò un poliziotto nella camera di Samanta. Il commissario era convinto che potesse fare un po’ di luce sulla sua scomparsa, ma così non fu.
Sfogliandolo, quel primo giorno, notai subito che era la sua calligrafia. La mia amica aveva redatto ogni giornata, nero su bianco. Non era da lei dimenticare certe cose in giro. Forse era uscita di fretta. Forse le si era sfilato dalla borsa. Forse le era caduto da qualche parte in camera e non se ne era accorta o forse… forse niente, non era da lei. Punto.


&&&&&


Mi
 asciugo le lacrime silenziose e mi costringo a scendere dal letto. Ripercorro il sogno nella mia testa, ancora e ancora e ancora, come un mantra.
Ho cercato Samanta ovunque. Ho ripercorso i suoi spostamenti grazie a quel quadernetto. I suoi me lo hanno lasciato sia per investigare, che per ricordo, oltre a una catenina d’oro con la Medaglia Miracolosa che da allora non mi tolgo mai.
 

 
«Ha voluto lasciarla qua. Ci ha detto che preferiva indossare la Croce di San Francesco per questo pellegrinaggio solitario. Tienila tu, Samanta ne sarebbe felice» mi dissero i suoi genitori, distrutti e improvvisamente invecchiati di vent’anni.
 

Una volta al mese i suoi mi invitano a pranzo la domenica e io ci vado volentieri. Non se ne fanno ancora una ragione – e non se la faranno mai – ma almeno, con l’associazione non a scopo di lucro che hanno fondato, sono molto occupati e tengono viva la memoria della figlia. Ascoltano e aiutano genitori come loro, che hanno subìto la stessa perdita e li fanno sentire meno soli.
Guardo l’orologio della cucina. Le 5.00 del mattino? Oh, ok. Ho dormito tre ore. E dire che sono in ferie. Dopo il terzo caso di fila risolto in un mese, mi sono presa un paio di settimane di stop. È bello avere la propria agenzia. Non sono il classico tipo che ama lavorare in team e aprire la MB Investigazioni, è stato un mio piccolo grande colpo di genio.
MB… Marta Brambilla, cioè io, non Monza Brianza, intendiamoci. Anche perché io vivo in un paesino nella provincia di Lecco. Sì, certo, potevo cercarmi un nome più estroso, ma sono sempre stata un tipo pratico e – visto che rispondo da sola al telefono – non ho tempo per ricordarmi ogni volta il nome della mia agenzia, così ho puntato sullo scontato, ma efficiente.
Decido di iniziare ugualmente la giornata e mi preparo la colazione. Cereali classici con latte e ovomaltine. Veloce, ma rigenerante.
Accendo la radio – non sono un’amante della televisione – la sintonizzo su Ciao Como e parte il telegiornale sintetizzato in un minuto, cosa che apprezzo visto che evitano chiacchiere inutili e il mio mondo viene capovolto per la seconda volta in dieci anni.

 
«Edizione straordinaria del nostro tg mattutino...»

Come? Che diamine è successo di così grave da meritarsi tanto risalto?, mi chiedo incuriosita e allarmata allo stesso tempo. Non so perché, ma la cosa mi mette in allarme.
Mi costringo ad ascoltare la speaker.

 
«Misteriosa scomparsa di una giovane donna. Il cellulare di Ivana Motto, venticinque anni, ha agganciato per l’ultima volta il segnale del ripetitore nei pressi del Convento di Nostra Signora delle Lacrime, nella Brianza lecchese. Ancora non è chiaro cosa ci facesse in quella zona così isolata e impervia, da sola e a sera inoltrata. La Motto sembra sparita nel nulla. Il caso ricorda quello di altre sei ragazze sparite in quella stessa zona negli anni scorsi. Il più noto alle cronache è quello ormai decennale della povera Samanta Capello scomparsa, senza lasciare tracce, e mai più ritrovata. I genitori della Motto…»

Spengo la radio, inebetita.
È successo ancora. Oddio, non è possibile. Perché ora. Perché dopo quel sogno orribile. Perché dopo dieci anni. Perché proprio lì.
Quelle suore, quelle dannate suore!

 
«Maledette. Siate maledette voi e il vostro abito che non rispecchia il vostro credo. Voi non servite Dio, ma quell’altro essere immondo. Bastarde schifose, voi non me la raccontate giusta e ora non vi mollerò più fino a che non vi avrò annientate, tutte quante. Madre Ernestina, si prepari, perché sto tornando e questa volta sarò il suo incubo peggiore.»

Finisco la colazione, mi preparo e in meno di mezz’ora – un record per me – sono già in auto per raggiungere quel luogo nefasto.
 

 &&&&&

 
Ore 7.00, Convento di Nostra Signora delle Lacrime
 

 
«Madre Ernestina, ci sono dei giornalisti alla porta che chiedono di parlarle. Cosa devo dire?»

«Che questo è un convento, non un salotto televisivo» rispose quella, lapidaria.

«Ma… non è meglio che dica loro due parole, giusto per tranquillizzarli e mandarli via?»

«Madre Silvia, la smetta subito di dire scemenze. Prima o poi si stancheranno e se ne andranno via da soli. Ora, raduni le altre consorelle che dobbiamo andare a Messa nella cappella, Padre Stefano ci sta aspettando.»

«E cosa ne facciamo di…»

«Non ora, c’è tempo per quello. Ma… è ancora qui? Si muova!»

Madre Silvia, una donnona di un metro ottanta che superava il quintale di peso, faccia mascolina con tanto di baffetti scuri, lunghi e spessi – che ci fosse nata così? – finalmente uscì.
Madre Ernestina guardò la porta chiusa e sospirò.

 
«Tanto fedele quanto imbecille. Meglio per me, peggio per lei» sentenziò.

Lei, piccoletta, magra, amava tenersi bene e, in barba alle regole dell’ordine, dedicava un paio d’ore alla settimana alla minuziosa cura del suo corpo.
Era stata costretta a farsi suora per uno scandolo giovanile che la sua famiglia aveva mal digerito, chiudendola in convento. Aveva fatto buon viso a cattivo gioco nel corso degli anni. Aveva indurito il suo cuore e si era presa il posto di superiora, dopo un piccolo incidente accorso a colei che l’aveva preceduta. Non era colpa sua se Madre Clelia era inciampata per le scale e si era rotta l’osso del collo. Dopotutto aveva già una bella età – ottantacinque anni – e spesso la vista le giocava brutti scherzi. Lei, Ernestina, si trovava solo lì vicino e aveva cercato di aiutarla, ma… no, era proprio morta sul colpo.
Che peccato.
Il piccolo campanile del monastero prese a suonare, doveva andare, il dovere chiamava. Sperava solo di non addormentarsi durante la predica.


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Angolo Autrice

Ciao a tutti. In genere non scrivo mai questo angolo, ma questa volta credo proprio sia dovuto. 
Ho scritto questa Storia Originale facendola partire come un Horror, ma... ops, alla fine si è tramutata in un Giallo. Chissà, magari andando avanti si trasformerà di nuovo. È la prima volta che scrivo qualcosa del genere e speriamo di riuscire a fare un bel lavoro.
L'ho ambientata nella mia zona - la Brianza lecchese - ma non ho voluto mettere un luogo preciso per non legarla troppo a un luogo e poi qui, i paesini e i paesaggi, si assomigliano un po' tutti e sono magnifici. Ispirano a qualche storia di mistero.
Marta non è la solita eroina perfettina, un po' stronza e gnocca... lei ha un fisico comune, ha mille difetti, è svampita ed è una forza della natura. Anche se si tratta di un racconto insolito per me, farò in modo di alleggerire un po' la trama con la simpatia di questa donna che, vedrete, vi conquisterà. 
Spero sia di vostro gradimento. Leggete, commentate, criticate... ogni vostra parola mi sarà molto utile per migliorare qualcosa che... sì, che mi è comparsa in testa dal nulla e non so proprio come potrà finire. Solo una cosa so... che Marta alla fine prenderà il controllo della storia e mi darà del filo da torcere.
Se vi fa piacere, farò un mio piccolo angolo alla fine di ogni cap... grazie a tutti coloro che daranno una possibilità a questo delirio. Ciaoooo Chiara.



 

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Capitolo 2
*** Un nuovo alleato? ***


Quando arrivai nei pressi del Convento di Nostra Signora delle Lacrime, c’era un assembramento imponente di giornalisti, cameramen e furgoni della televisione, oltre che a qualche auto privata.
Parcheggiai dietro tre auto della polizia.

 
«Uh, oh, la cavalleria in difesa delle suore è già arrivata, a quanto pare. Fanno le cose in grande questa volta.»

Recupero il giaccone di pile imbottito, lo zaino, mi sistemo meglio il mio immancabile cappello di lana e scendo dall’auto – una bellissima Citroen 2CV Dolly, d’epoca, rossa fiammante di cui vado molto fiera – ma non faccio nemmeno in tempo a chiudere l’auto che vengo bloccata da un poliziotto in divisa. Cazzo, non mi ha dato nemmeno il tempo di infilare una manica. Be’, peggio per lui, io mi copro lo stesso o rischio una polmonite.
 
«Signora, dove sta andando?»

Signora... a me? Ok, mi sta già antipatico. Avrei anche la risposta pronta sulla punta della lingua, ma decido di non irritarlo.
 
«Buongiorno agente, bella giornata, vero? Se solo non fossimo a -3°C e non ci fosse questa neve ghiacciata a ricoprire tutto, sarebbe perfetta.»

Ah, non ve l’ho detto? Siamo al 7 di Dicembre e la settimana scorsa ha nevicato molto. Ancora non si è sciolta del tutto, dato il freddo pungente di questi ultimi tempi e sta rapidamente ghiacciando. Motivo per cui devo stare attenta a dove metto i piedi o un bel salto carpiato non me lo leva nessuno. Le strade principali sono belle e praticabili – eh, non c’è come essere celeri nello spargere il sale e passare con i mezzi appositi – ma i boschi… quelli sono una trappola per chi non è abituato a camminarci nel mezzo e una manna per gli ortopedici. Ecco perché ho indossato i miei doposcì verdi.
 
«Faccia poco la spiritosa. Si identifichi e poi mi dica perché è qui.»

«Investigatrice privata Marta Brambilla. Sono qui per lo stesso motivo di quei giornalisti là davanti, presumo. Il nome Ivana Motto, le dice nulla?»

«Una collega dunque» eclissò quello.

«Non proprio. Io non devo rendere conto a nessun superiore, solo ai miei clienti» specifico.

«E sia, passi» mi dice quello dopo un attimo di riflessione «ma sia discreta e veda di non fare colpi di testa, come per esempio cercare un modo alternativo per entrare.»

«Chi, io?» dico portandomi una mano sul cuore e fingendomi scandalizzata. «Non si preoccupi agente, non si accorgerà nessuno di me.»

Discrezione è il mio secondo nome. No, non è vero, ma quel poverino non può certo saperlo e così lo ringrazio con un gran sorriso e mi dirigo verso la folla.
Non proverò a entrare, quello no, ma un bel giro di sopralluogo nelle vicinanze – in cerca di indizi – me lo faccio. E poi, se non ricordo male, sul retro c’è un bel cancello che porta all’orto delle monache e… oh, Marta, ma cosa vai a pensare adesso.
Ridacchio tra me. Dirmi di non fare una cosa, equivale a darmi il via libera.
Negli ultimi dieci anni – e precisamente dal giorno della scomparsa di Samanta, il 4 Giugno 2007 – ci sono passata spesso da queste parti e conosco bene la zona, potrei percorrere questi sentieri a occhi chiusi.
Mi affianco a quell’orda di avvoltoi con il microfono e le telecamere – riuscendo a guadagnarmi un posto in seconda fila – e mi metto in ascolto. I giornalisti possono anche essere delle spine nel fianco, ma stare appresso ai più bravi, equivale ad acquisire informazioni importanti.
Un fuoco di domande viene posto a un uomo in divisa e deve essere un ufficiale di alto grado, a giudicare dalle tacche sulle spalle.

 
«Commissario Riva» urla una donna dietro di me «pensa che questa scomparsa sia correlata alle precedenti?»

Commissario? Oh, bene, l’hanno cambiato, era ora. Speriamo che questo sia più sveglio.
 
«Le indagini sono appena partite e non rilascio dichiarazioni che possono essere fraintese o manipolate» rispose quello con fare perentorio.

«Ma non può ignorare che, in questa zona, siano sparite in tutto sette ragazze in poco più di dieci anni» insiste quella.

«Come ho detto, stiamo indagando. Vi esorto a liberare l’area e a essere discreti nei vostri articoli, oltre che nei servizi dei telegiornali. Non vorrei passasse un messaggio sbagliato e partisse una macchina diffamatoria contro queste monache e contro ciò che rappresentano. Sarete d’accordo con me nel dire che sarebbe controproducente.»

Detto ciò, fa un cenno a dei poliziotti che iniziano a disperdere la folla.
 
«Non vorrà negare, però, che tra le ragazze scomparse vi siano molte analogie. Il fatto che tutte avessero incluso questo luogo come meta per un pellegrinaggio solitario, per esempio.»

Una voce bloccò tutti e il commissario tornò al suo posto – squadrando qualcuno che era sulla mia stessa fila, ma molto più in là – con aria truce.
 
«La pregherei di non aggiungere altro, signor…»

«Valsecchi. Scrivo per La Nera Verità

«Bene, signor Valsecchi, la polizia non nega che il caso Motto sia isolato – dopotutto le testate giornaliste stesse ne hanno dato ampio risalto stamattina – ma da qui, a condannare delle donne di fede solo per fare più audience o vendere più giornali, è un attimo, purtroppo. Quindi chiedo a tutti, discrezione. Di nuovo, ho concluso, grazie.»

«Ma…» insistette quello «d’altro canto, ci sono cose che non si possono negare o, semplicemente, ignorare. La popolazione della zona ha il diritto di sapere se qualcosa di anomalo e pericoloso sta accadendo tra queste mura. Ne va della sicurezza delle persone ed è un vostro dovere, fornire certezze per garantirla al meglio. Giovani vite sono in pericolo, le ricordo. Non è perché sono monache, che queste donne sono immuni dai sospetti o dalle indagini.»

«Nessuna vita è in pericolo. Non ci sono prove della dipartita di queste ragazze. Al momento risultano scomparse, non decedute. Gradirei molto se tutti voi, evitaste di diffondere notizie false e prive di fondamento.»

Perfetto, questo nuovo commissario è addirittura peggio del precedente. Se voglio risolvere la questione e dare giustizia a queste ragazze, devo darmi da fare e riprendere le indagini dall’inizio, mi dico.
Fingo di seguire i giornalisti verso il parcheggio sottostante e poi mi defilo in una stradina secondaria che conduce al retro del convento. Sono quasi a metà strada quando…

 
«Sta cercando di mettersi nei guai?»

Una voce baritonale mi blocca. Ma che caz… mi giro e rimango inebetita di fronte a un uomo che mi sta fissando con curiosità mista a un cipiglio severo.
Alto, corpulento, con la mascella squadrata e una fossetta al centro, messa in evidenza da labbra carnose e un naso importante. Gli occhi sono di un bel blu intenso che ipnotizza, peccato siano nascosti dietro un paio di occhiali dorati a montatura sottile. I folti capelli più sale che pepe, a completare il quadro. Nell’insieme, non è niente male, devo dire, fa la sua bella figura anche chiuso dentro un pesante pastrano nero lungo. Ah, dimenticavo, ha anche una bella voce, profonda e calda come mai ne ho sentite in vita mia.

 
«E lei anche, a quanto pare, se mi ha seguita fino qui» rilancio con foga.

«Colpito e affondato» ridacchia quello. «Come fa a conoscere questo sentiero? Non credevo esistesse.»

«Negli anni ho avuto modo di imparare a memoria tutta questa zona» rivelo senza sapere perché «in caso contrario, come ha visto, certe piccole scorciatoie… sfuggono.»

«Me ne sono accorto. Dove conduce questo sentiero?» mi chiede, imperterrito.

«Ma lo sa che lei è veramente curioso?» gli rispondo.

«Sono un giornalista, sarebbe un guaio se non lo fossi» mi risponde alzando le spalle come a dire sia una cosa ovvia.

«Lo so, l’ho sentita prima a battibeccare con il nuovo commissario. Ero lì anch’io, sa?»

«Ma non è una giornalista» constata quello fin troppo celermente. «Allora, chi è lei e cosa ci faceva in mezzo a tutti noi?»
 
A quel punto decido di presentarmi, pur rimanendo sul vago.
 
«Mi chiamo Marta Brambilla e sono un’investigatrice privata.»

Se rimane spiazzato da questa mia dichiarazione, lo maschera molto bene.
 
«Piacere, Ruggero Valsecchi, giornalista di cronaca nera» si presenta allungandomi una mano «sta indagando sul caso Motto?»

Caspita, questo non molla mai, penso mentre gliela stringo. Wow, che stretta potente che ha!
 
«Segreto professionale» lancio lì con nonchalance.

Uffa, non mi resta che tornare più tardi quando questo guastafeste impiccione non ci sarà.
 
«Le auguro buona giornata, signor Valsecchi» gli dico tornando sui miei passi.

«Ruggero» mi corregge lui, sorridendomi.

«Tiferò per lei perchè riesca a scrivere un bell’articolo su tutta questa brutta storia» poi lo sorpasso e marcio verso l’auto.

«Ma come, ha cambiato idea?»

«Em… sì, a pensarci bene fa troppo freddo stamattina per potere anche solo ragionare come si deve, figuriamoci fare una scampagnata in mezzo ai boschi. Così ho deciso di tornare a casa a farmi una bella cioccolata calda.»

«Che ne dice di farne due?»

Come? Ho sentito bene? Ma chi si crede di essere questo… questo… mi giro e lo guardo con cipiglio.
 
«Non credo proprio. Non la conosco e non invito sconosciuti con intenzioni ambigue e, mi passi il termine, da marpione, in casa mia.»

Ma quello, invece di battere in ritirata, scoppia a ridere e di gusto anche. Sto per chiedergli spiegazioni quando mi anticipa.
 
«Ma cos’ha capito? Lei è una bella donna, non lo metto in dubbio – e in altre circostanze la inviterei a uscire – ma al momento la mia priorità è un’altra, ovvero fare luce su quello che di oscuro c’è in questo posto. Quel convento e le sue abitanti, non mi convincono e voglio vederci chiaro.»

Una bella donna? Io? Ma ci vede bene questo qui? Meglio sorvolare e concentrarmi su quello che ha detto dopo quella sua uscita infelice, mi dico.
 
«E perché lo chiede a me? Io ne so quanto lei.»

«No, ho l’impressione che lei sia al corrente di qualcosa che altri non sanno e io voglio scoprirlo. Inoltre, se collaboriamo – e ci pensi bene prima di rifiutare – avremo più possibilità di successo. Non è un’idea così folle come può sembrare. Un giornalista e un’investigatrice… contro delle monache e il loro segreto. Ci sta?»

In effetti questo Ruggero non ha tutti i torti. Ha l’aria di essere uno bravo, che non si arrende davanti a nulla, basta vedere come ha affrontato il commissario. E un tipo così, potrebbe proprio fare al caso mio.
No, non mio, mi correggo, ma del caso.

 
«E sia» capitolo «ma solo perché sto congelando e solo se mi convincerà di avere informazioni valide e si dimostrerà utile alle indagini. In quel caso, ci scambieremo le informazioni e lavoreremo insieme. Queste sparizioni sono molto importanti per me, in modo particolare una di esse e ho intenzione di sbrogliare questa matassa una volta per tutte. Quindi, se lei è veramente disposto a condividere il materiale che ha raccolto, con me, sappia che avrà il mio pieno appoggio. Mi segua, andremo in una piccola caffetteria qua vicino, dove fanno un’ottima cioccolata. Conosco i proprietari, non verremo disturbati.»

Senza attendere risposta, mi giro e riprendo la marcia verso l’auto.
 
 
                                                                                                            &&&&&

 
Ruggero Valsecchi era intrigato da quella donna. Sicuramente gli stava nascondendo qualcosa, ma lui era abile a risolvere i misteri e Marta Brambilla non avrebbe fatto eccezione. Anche perché, se dovevano collaborare, era necessario che fossero sinceri l’uno con l’altro.
Quando era uscito di casa quella mattina, intenzionato a fare luce su quell’ennesima scomparsa… non aveva previsto l’incontro con quella donna così intrigante quanto furba e sospettosa. In quarantacinque anni di vita ne aveva conosciute di donne interessanti, ma quella le batteva tutte. Marta era una calamita e lui doveva darsi una calmata se non voleva rovinare tutto.
Non le aveva mentito quando le aveva assicurato che il suo interesse era puramente professionale, o almeno, non le aveva mentito del tutto. Sì, non negava che gli sarebbe piaciuto frequentarla anche al di fuori della loro collaborazione, ma al momento non era contemplata la cosa.
Lui stava indagando sin dalla prima ragazza scomparsa avvenuta in quella zona, ma non era mai riuscito a incastrare quelle suore.
Quando quella mattina aveva sentito alla radio della nuova sparizione, non ci aveva pensato un attimo a mettersi in auto e a raggiungere il convento. Era stato uno tra i primi ad arrivare, ed era riuscito a parlare con una suora molto mascolina che subito dopo era scomparsa dicendogli che avrebbe informato la superiora. Non era più tornata. Ma tu pensa, anche le suore mentivano.
Ora… ora aveva stretto alleanza con un’investigatrice privata che gli avrebbe dato l’aiuto necessario per mettere per sempre la parola fine, a quella carneficina. Perché lui era sicuro che il commissario si sbagliasse, ma non aveva prove per fare rinchiudere quelle suore in celle più consone a loro, quelle del carcere.
Aveva tante cose da dire, a Marta, ma avrebbe aspettato di essere davanti alla famosa tazza di cioccolata. Faceva talmente freddo quella mattina, che persino i suoi neuroni si stavano congelando.

 
«Una… Dolly? La facevo più il tipo da Jeep CJ» poi, vedendo che lei lo guardava confusa specificò. «Ha presente quella bianca che guidava la cugina Daisy in Hazzard?»

«Sì, ma preferisco avere un tettuccio fisso sopra la testa quando guido. Vogliamo andare?» gli rispose e poi salì, facendogli capire che il tempo dei convenevoli era finito.

Salì sulla sua Audi TT nera – che per fortuna aveva fornito di gomme della neve – e la seguì.


                                                                                                            &&&&&

Angolo Autrice

Ciao, eccomi di nuovo qui nel mio angolino da aggiornare.
Vi ringrazio per avere letto questa storia e spero davvero vi sia piaciuta tanto da ritornare a leggerla ancora. 
Sì, lo so, l'ho pubblicata solo ieri e sono già qua con l'aggiornamento... oh, ma se sono ispirata parto in quarta e non mi fermo più. Veniamo a noi, ora.
La nostra Marta si è infiltrata tra i giornalisti fuori dal convento, in cerca di notizie interessanti e qui succedono un paio di cose che non aveva calcolato: 1) il commissario è cambiato, anche se sembra ancora più risoluto del primo e con un'idea ben precisa in testa. 2) potrebbe ricevere aiuto da un giornalista molto determinato che sembra saperne più di lei.
Chissà se riusciranno a trovare un punto d'accordo per indagare insieme. Avrete capito che i due non si dispiacciono, ma sono troppo presi dalle scomparse per accorgersene.  
Restate con loro, non ve ne pentirete. Al prox aggiornamento. Buona lettura!!!!!!!!!!!! 


 

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Capitolo 3
*** Attenti alla suora ***


«Cammineròòò, cammineròòò… sulla tua strada Signor… Si gno re! Dammi la manooo, che voglio restaaaar, per sempre insieme a teee!»

Padre Stefano ripose il calice nel tabernacolo e lo chiuse a chiave, poi si diresse allo scranno dietro il leggio e si prese il suo minuto scarso di riflessione prima di concludere la Messa.
Madre Ernestina lo vide togliersi gli occhiali, pulirli con un lembo della tunica verde, stropicciarsi gli occhi e rimetterli prima di alzarsi in piedi.

 
«Preghiamo» disse con la sua voce soffusa.

Le suore si alzarono e seguirono le ultime brevi formule, prima di quella conclusiva.
 
«La Messa è finita, andiamo in pace.»

«Nel nome di Cristo.»

Mentre lui si recava davanti all’altare per un ultimo inchino prima di uscire, le suore intonarono un ultimo canto.
 
«Erano uomini senza paura, di solcare il mare, pensando alla riva. Il mare senza veeeentooo, si riempì di una vooooceee…»

Cinque minuti dopo, finalmente, Madre Ernestina chiuse il libro dei canti – nonostante tutti gli anni passati lì dentro ancora non le era riuscito di imparare un testo a memoria – e s’incamminò verso la sacrestia, dove salutò il frate che le seguiva da poco più di quattro mesi e che ancora non era riuscita a inquadrare.
Stava per rientrare nel suo ufficio al secondo piano – dove l’attendevano delle telefonate urgenti da fare – quando si bloccò di colpo. Il suo sguardo era caduto sulla folla che assiepava il cancello d’ingresso.
Giornalisti, giornalisti ovunque… dannazione, ci mancavano solo loro a complicarle la vita. Non bastavano le noiose incombenze del monastero? Non mollavano la presa. Quando fiutavano una pista, erano peggio dei cani antidroga.
Come? Cosa? Aveva visto bene? Impossibile!

 
«Avrà cambiato professione?» si chiese.

No, figurarsi. Quella tipa era una tosta e se era tornata era perché…
 
«Signorina Brambilla, ci rivediamo» disse ad alta voce consapevole che, tanto, non poteva sentirla.

Cazzo, ci mancava solo lei. La sua nemica giurata, come si era definita lei stessa l’ultima volta che l’aveva vista.

 
«Lei, Madre Ernestina, me la pagherà cara» le aveva detto puntandole un dito contro e urlando a più non posso. «Fosse l’ultima cosa che faccio in vita mia, le giuro che la farò cadere all’inferno, dove si merita di stare e dove sicuramente andrà una volta tirate le cuoia tra atroci sofferenze, spero. Vecchia megera col velo.»

«Mi sta minacciando?» le aveva chiesto con la voce più calma che era riuscita a fare.

«Ha paura, Madre? Di me? No, io non minaccio nessuno, io non faccio del male a nessuno… non sono lei e mai lo sarò, per fortuna. Prima o poi farà un passo falso e io sarò lì, in prima fila, a godermi la sua caduta. Sarò la sua nemica numero uno, il suo incubo peggiore e il suo tormento in terra.»

«Molto poco cristiano, da parte sua, se lo lasci dire» aveva ribattuto lei. «Mi dica, si confessa ogni tanto? Posso consigliarle un prete che potrebbe aiutarla a buttare fuori tutta quella cattiveria che ha addosso? Magari un esorcista?»

«Non me ne frega un cazzo se risulto blasfema e non sono io ad avere bisogno di un professionista, tra noi due. La sua coscienza nemmeno il Papa in persona potrebbe risanarla, visto che è talmente marcia da essere inesistente» le aveva risposto senza pensarci un attimo. «Io scoprirò cosa ne ha fatto della mia amica Samanta e la riporterò a casa con me, viva o morta. Ora, tra uno, cinque, dieci, cinquant’anni, ma non gliela lascerò, a costo di morire io stessa nel tentativo di darle giustizia.»

Poi l’aveva spinta via con forza dalla porta dove si era messa per bloccarle la fuga – facendola battere con violenza contro un comodino spigoloso lì a lato – ed era uscita dal suo ufficio sbattendo la porta così forte che i vetri avevano tremato.

 
E ora era tornata. Si era mischiata ai giornalisti. Furba. Quale modo migliore per avere notizie senza destare sospetti?
In tutti quegli anni, Marta Brambilla, aveva tenuto fede alla sua promessa e non era passato mese senza che la vedesse bazzicare per i boschi da sola – incurante dei pericoli che correva – o accanto al convento stesso.
Una volta si era anche travestita per infiltrarsi al suo interno, come giardiniere. Si era trattenuta tutto il pomeriggio fingendo di lavorare e controllando in giro.
Era stata in quell’occasione che Ernestina aveva capito contro chi si fosse realmente messa. Marta era un’avversaria formidabile, senza paura e senza peli sulla lingua. Era, in una parola, pericolosa. E giovane.
Doveva trovare il modo per togliersela di torno.

 
«Madre superiora, ha visto chi c’è?» le disse una voce accanto a lei.

Com’era stato possibile che non si fosse accorta di non essere più sola. Male, molto male.
Il riflesso nel vetro le mostrava una Madre Silvia preoccupata. Anche lei si era scontrata con quella furia, anni addietro e non ne aveva un bel ricordo. Specie quando – dopo averla scoperta sotto copertura – l’aveva afferrata per un braccio e accompagnata all’uscita senza troppi complimenti. Lei, Marta, di contro, le aveva morso una mano e tirato un calcio potente negli stinchi con gli anfibi, facendola gemere e zoppicare per una settimana.

 
«Quella donna è ossessionata.»

«È pericolosa. Dice che dovremmo farla desistere una volta per tutte?»

«No, vediamo prima cosa ha in mente di fare. Se dovesse accaderle qualcosa adesso… Anch’io voglio togliermela di torno, ma è troppo presto. Non è ancora il suo momento, ma chi lo sa.»

«Bisogna dire che ha fegato e non si ferma neanche davanti a un abito talare.»

«Madre Silvia, la smetta» la reguardì con piglio severo. «Per quanto mi riguarda, quella tipa è una pazza e va fermata.»

«Mi ricordo di come ci ha aggredite anni fa.»

«Siamo state ingenue. L’abbiamo presa sottogamba e sottovalutata. Non commetteremo più un errore del genere con lei. Lezione imparata.»

«Dice che potrebbe causarci dei problemi?»

«È una che non molla, quindi sì e lo farà» le rispose con enfasi.

Stava per dirle di tornare a occuparsi delle cucine, quando il campanello suonò con forza. Aguzzò la vista. La folla si stava disperdendo – e con essa anche quella spina nel fianco della Brambilla – e questo voleva dire che a suonare poteva essere solo…
 
«Fai accomodare il commissario nella sala d’aspetto. Ti dirò io quando farlo entrare nel mio ufficio» detto ciò, si affrettò a raggiungerlo.

Ernestina aveva corrotto il precedente commissario, convincendolo a non continuare le indagini sulla sparizione della Capello e a insabbiare le altre, con un bieco ricatto e non se ne era mai pentita.
Scoprire che quell’uomo, sporadicamente, frequentava la cappella del convento, era stata una manna insperata per lei. E quando l’aveva visto entrare nel confessionale con Padre Rino - il predecessore storico di Padre Stefano, che aveva seguito il convento per circa due decenni fino al suo pensionamento - si era affrettata a salire nel suo ufficio per accendere il microfono.
Sì, non era molto corretto, ma neanche averla rinchiusa lì’ lo era stato e quindi…
Eh, già, a volte avere dei microfoni piazzati nei confessionali, poteva risultare utile ai propri fini. E così – fatto puramente casuale, s’intende – aveva scoperto che il caro commissario Sala, intratteneva da tempo una relazione parallela al matrimonio con una ventenne, arrestata varie volte per prostituzione. Lui, di anni, ne aveva cinquanta. Da lì, a fargli ascoltare l’audio, minacciandolo di farlo avere anche alla sua ingenua e ignara moglie, era stato un attimo. Una settimana dopo, il caso Capello venne chiuso e la Brambilla – con la quale lui collaborava – fatta fuori e lasciata senza più niente su cui indagare.
O almeno così aveva creduto, fino a che aveva iniziato a notare la sua presenza in zona, troppo spesso.
E ora… oh, sì, finalmente la ruota girava a suo favore.
Spinse il bottone per avvisare di essere pronta a ricevere e si piazzò davanti alla scrivania con un largo sorriso di benvenuto.
 
 
                                                                   &&&&&


Il commissario Riva era arrivato da poco in quel paese di provincia. Una zona tranquilla, tutto sommato. Fino a quel momento il caso più scottante che aveva risolto, era stato quello di un regolamento di conti tra due paesani che si erano accapigliati in centro, prima con le parole, poi con le mani e infine con le armi. Un po’ di sangue era corso e i due erano stati arrestati e condannati per direttissima, anche per avere seminato panico tra gli abitanti.
E ora… questo. Gli era capitato di leggere il fascicolo inerente al Convento di Nostra Signora delle Lacrime e alle misteriose sparizioni di giovani donne che avvenivano in quella zona, ma pensava facesse parte del passato e invece – dopo dieci anni – le scomparse erano riprese.
Madre Ernestina Culetto, superiora del convento da una quindicina d’anni. Quel nome non gli risultava nuovo e ora stava per incontrarla.

 
«Buongiorno madre» esordì una volta davanti a lei.

«È riuscito a convincere quegli sciacalli che non c’è niente di losco, qui?»

Diretta. Scostante. Autoritaria. Lui le suore se le ricordava diverse. Questa era particolare. Sulla settantina, emanava una grinta di un’adolescente ribelle. Intrigante e inquietante allo stesso tempo.
 
«Ho fatto del mio meglio» rispose lui.

«Non è abbastanza, commissario. Non ha idea di quanti disagi creano al convento. Sono molesti. Questo è un luogo di pace, calma e fede, e loro minano tutto ciò, ponendo domande insensate e al limite del ridicolo. Siamo sotto attacco mediatico e lei deve proteggerci.»

Se c’è una persona che non ha bisogno di protezione è proprio lei, madre superiora dei miei stivali!, pensò.
 
«Ci stiamo lavorando, ma dobbiamo dare priorità al caso, più che ai giornalisti da allontanare. Vedrà che entro una settimana passeranno altrove, attirati da qualche altra notizia» le disse.

«Oh, ma per favore. Sappiamo tutti che non la smetteranno mai e con loro anche quella Brambilla.»

Ehi, un momento, cos’era quella novità? A chi si stava riferendo la suora?
 
«Credo di non sapere di chi stia parlando.»

«Ah, certo. Lei è arrivato da poco e non può saperlo, ha ragione» gli rispose. Prese posto dietro la scrivania, gli fece cenno di accomodarsi e poi continuò. «Sto parlando della signorina Marta Brambilla, un’investigatrice privata della zona. La mia nemesi. La mia nemica giurata, stando alle sue parole. È una povera sciocca che crede me responsabile della sparizione di una sua amica. Sono dieci anni che mi sta col fiato sul collo, anche se da lontano e ora ne ho pieni i…»

«Madre! Si contenga. Un po’ di rispetto per l’abito che indossa» l’ammonì lui.

«Questo straccetto nero, dice?» gli disse indicandoselo.

«Straccetto?» ripeté lui, basito.

Ma quella vecchia non stava del tutto in sé. Che razza di suora era, una che non aveva il benché minimo timore e rispetto per la sua vocazione?
 
«Non le devo spiegazioni» tagliò corto lei. «E ora torniamo alla Brambilla. Voglio che me la levi di torno alla svelta. Era mischiata a quella marmaglia, stamattina e scommetto che ha in mente qualcosa.»

«Come? Non erano tutti dei giornalisti?»

«No. Era in seconda fila e sono sicura che è a caccia di notizie fresche. Una volta si è anche infiltrata qua dentro sotto false spoglie. Sono stata minacciata da lei e mi reputo in pericolo.»

«Minacciata? Si spieghi, madre Ernestina.»

«Quella donna è una senza Dio, è irriverente e, purtroppo, anche scaltra. Dovete fare in modo che non sia più in grado di nuocermi» ribadì lei con forza «non mi importa come, ma la voglio il più lontano possibile da qui.»

Doveva aggiungere anche vendicativa e astiosa, alla lista dei difetti di quella suora.
 
«Parleremo con lei» e quando vide che stava per ribattere, la bloccò con la mano alzata davanti a lui. «Chiariamo subito una cosa, madre superiora, io non prendo ordini da lei. Non si azzardi più a rifarlo e questo è un avvertimento. Sono arrivato relativamente da poco tempo e devo ancora studiarmi bene il caso. Lei ne stia fuori.»

«Voglio quella donna lontana dal mio convento!» gli disse urlando con rabbia.

«Mi rifiuto di sottostare a un suo ordine» le rispose lui sullo stesso tono. «Anzi, un’altra parola e porterò le mie preoccupazioni su di lei in Curia.»

«Ah, e così lei… si rifiuta e vuole anche sputtanarmi ingiustamente, commissario Riva?»

«Sull'ingiustamente avrei dei dubbi, sul resto… può giurarci» ribadì con veemenza. «Le auguro comunque una buona giornata, madre superiora.»
 
Si alzò di scatto ed era quasi arrivato alla porta quando la voce di quella donna lo bloccò sul posto.
 
«Non volevo arrivare a tanto, ma sono costretta» disse lei aprendo un cassetto ed estraendo una busta che lanciò sulla scrivania dopo averla aperta. «Mi domando cosa direbbe la sua famiglia se – oh, cavolo, che disdetta – dovesse venire a conoscenza di certe sue… debolezze.»

Lui tornò ad avvicinarsi alla superiora e fissò dapprima con curiosità e poi con vivo sconcerto, le foto che aveva davanti e i documenti che le accompagnavano.
 
«Come fa a possedere certe cose, lei. Chi cazzo è!» sibilò guardandola negli occhi e abbandonando ogni remora.

«Solo una pia devota suora di un piccolo ordine religioso.»

«Lei è quanto di più lontano possibile da essere tutto ciò. E ora risponda! La avverto che sono a un passo da arrestarla per possesso di materiale privato atto a ledere una persona, in questo caso me, un ufficiale della Repubblica.»

«Neutralizzi la Brambilla e tutto ciò verrà distrutto. Lei mi dia contro e tutto ciò verrà reso di dominio pubblico. Semplice, no?» lo ricattò lei appoggiandosi allo schienale con un ghigno soddisfatto.

«Lei è un essere ignobile» sentenziò lui piantando con forza le mani sulla scrivania e sporgendosi verso la suora.

«Sì, signor commissario, me l’hanno già detto varie volte. Ma lei crede che a me importi qualcosa? Tra me e lei – semmai decidesse di mettere seguito alle sue minacce – quello che ha più da perdere… indovini chi è?»

«Strega malefica» le urlò contro.

«Ricordi le mie richieste, commissario. La rinuncia alle indagini di quella sanguisuga, la protezione del monastero da parte delle autorità e la distruzione del fascicolo che avete su di noi – aggiungo ora – oppure…» gli indicò le foto con un dito e gli sorrise con fare gelido.

Mai… mai si sarebbe fatto piegare da un ricatto. In tutta la sua carriera lavorativa, ne aveva subite di pressioni per ottenere falsi favori, era stato ricattato da personaggi loschi, ma quella donna… era persino peggio di loro. Non conosceva vergogna, ed era una suora!
Non era arrivato a cinquantaquattro anni per iniziare a essere manipolato. Eppure… non poteva permettere che le minacce della monaca venissero attuate. La sua famiglia, il suo lavoro, la sua reputazione da uomo integerrimo… c’era troppo in ballo per potere anche solo pensare di…

 
«Ne ho conosciute di persone senza cuore né anima, ma lei… Madre Ernestina, ne detiene il titolo» le disse facendola ridere. «Mi dica solo una cosa: perché ci tiene tanto a fare uscire pulito questo luogo, nonostante nel fascicolo venga spesso citato come possibile scena del crimine? Termine che vale anche per le sparizioni, non solo per i delitti.»

«Perché noi siamo gente onesta e pia, gliel’ho già detto e non faremo mai del male a una mosca, figuriamoci alle persone» gli rispose senza esitazioni.

Il commissario la fissò con diffidenza per svariati minuti e poi si decise a parlare.
 
«Non le prometto niente. Mi farò vivo io quanto prima. Conosco l’uscita, lasci pure il suo mastino col velo dov’è» le disse prima di uscire sbattendo la porta.
 
 
                                                             &&&&&

 
Madre Ernestina fissò l’uscio chiuso per qualche secondo prima di scoppiare a ridere. Andò alla finestra e fissò il commissario Riva raggiungere il cancellone e uscire dal suo regno in mezzo ai boschi brianzoli.
Il paesaggio invernale poteva farlo apparire come sinistro, ai più, ma per lei non era così. Odiava e amava quel posto allo stresso tempo.
Lo odiava perché vi era stata sbattuta dopo uno scandalo che, a detta della sua famiglia, poteva compromettere la loro sopravvivenza in società.
Lo amava, perché conosceva ogni anfratto di quel luogo – dentro e fuori le mura – e non permetteva a nessuno di invaderlo. I suoi segreti, lì, erano al sicuro e li avrebbe difesi a ogni costo.
Marta Brambilla doveva sparire.

 
«A presto, Ludovico!»


                                                                                                                       &&&&&       


Angolo Autrice:

Ciao a tutti i lettori di questa storia. Spero che questo nuovo capitolo vi sia piaciuto. A me sì. Oh, cavoli non posso dirlo, sono di parte. Ho adorato scriverlo e mi sono molto divertita, nonostante descriva di una suora... particolare, si può dire?
Innanzitutto, ci tengo a dire che: i canti e le formule che ho usato all'inizio del capitolo, sono propri del Rito Ambrosiano, che in Brianza si segue. Quindi, se non vi trovate e vi sembrano strane, è questo il motivo.
E poi, Madre Ernestina Culetto (ok, non me ne vogliate per il cognome, ma non ho saputo resistere!!!) ha molti segreti da nascondere a quanto pare e ama ricattare le persone... chissà cos'ha mostrato all'integerrimo commissario Riva per farlo vacillare in quel modo.
Odia Marta, come si è visto e la vuole lontana. Come mai? Di cosa ha paura?
E in ultimo, Ludovico? Mh... Madre Ernestina non la racconta giusta.
Al prox capitolo e... non mollate Marta, Ruggero, quel poveraccio del commissario e quella pazzoide col velo di Ernestina. Ne leggerete delle belle. Ciaooo, Chiara.





                                                              

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Capitolo 4
*** Un risveglio irritante ***


«Marta, cara, è un secolo che non ti vediamo. Ci sei mancata molto, lo sai?»

Anche loro mi sono mancati, li considero un po’ come degli zii e mi è molto dispiaciuto – il mese scorso – declinare il loro invito della domenica. A quel tempo stavo seguendo un caso importante e non potevo lasciare che un criminale aziendale scappasse col malloppo per un ottimo piatto di minestra di prezzemolo della madre di Samanta. Quel giorno – raccolte le prove che inchiodavano il contabile di un’azienda di spurghi famosa nella zona – mi ero appostata con i due proprietari e, al momento giusto, avevamo bloccato l’uomo che ora si trovava in carcere.
Sono molto legata ai coniugi Capello e non solo per via della mia amica.
Io sono rimasta orfana di madre durante il parto. Un’improvvisa emorragia interna durante il cesareo. L’ostetrico non ha potuto fare niente per salvarla e – disse a mio padre – che era un miracolo solo il fatto che io ce l’avessi fatta.
Lui, Paolo Brambilla – dopo la perdita dell’amata Serena – non si è mai risposato e ha preferito crescermi da solo. Credo di potere dire che ha fatto un ottimo lavoro. Gli sono molto legata, di fisico gli somiglio molto mentre il carattere, a suo dire, l’ho preso tutto da quell’indomito terremoto che era mia madre. Quando cinque anni fa gli ho detto che mi sarei trasferita a vivere da sola, non ne è stato molto felice, ma ha capito che avevo bisogno dei miei spazi. Abbiamo raggiunto un compromesso. Io avrei trovato un appartamento in paese, non troppo lontano da casa e lui mi avrebbe invitato a cena due volte la settimana. Da eccellente cuoco professionista qual è – anche se in pensione da un paio d’anni – ho fatto un buon affare e lui gongola tutto quando sa che arrivo. Scommetto che passa tutto il pomeriggio in cucina solo per vedermi felice ogni volta che mi mette davanti uno dei miei piatti preferiti.
Da bambina ho passato diverse notti dai Capello – quando mio padre lavorava fino a tardi al ristorante e mi veniva a prendere a scuola il giorno dopo – quindi sono stata un’assidua frequentatrice della loro casa, per questo ho finito per chiamarli zii. Abitano a sole due vie di distanza da mio padre e questo, nella mia infanzia, è stato un particolare che ha aiutato molto e facilitato sia la mia amicizia con Samanta che la loro collaborazione.

 
«Sì, scusa zia Clara, ma sono stata impegnata sul lavoro.»

«Tu lavori troppo, Marta» intervenne Piero, il marito «e non ti fa bene alla salute. Sei a caccia di qualche uomo o donna infedele?»

E adesso arrivava la parte più difficile. Confessare.
 
«In realtà… sono a caccia di suore.»

Quella frase ebbe il potere di bloccare i coniugi Capello. Clara smise di distribuire la pasta al forno nei piatti e Piero rimase con la bottiglia di vino in mano.
 
«Temo di non avere capito bene. Suore? Marta, non ti starai riferendo a… quelle suore!» mi chiese lo zio appena ritrovata la voce.

«Proprio a loro, zio Piero. Siamo giunti alla resa dei conti e questa volta vincerò io.»

«Caspita, sei proprio sicura di te» s’intromise Clara «hai delle nuove prove che le incastrano? Prove schiaccianti, intendo.»

«Spiacente di deluderti, ma ancora no. Io e Ruggero abbiamo appena iniziato a indagare, ma siamo fiduciosi.»

«Ruggero? E chi sarebbe costui, un nuovo amore? Forse l’Amore, quello con la a maiuscola?»

Eh? E questa da dove le è uscita. Ok, che zia Clara vuole vedermi sistemata definitivamente, ma a volte esagera.
Ruggero non è altro che un rompiscatole di prima categoria che si è infiltrato nella mia indagine solitaria.
È passata una settimana da quella fredda mattina di inizio dicembre e dalla nostra prima riunione informale al bar, o meglio al Ciocco Bar. Oh, sì. Io amo il cioccolato in tutte le sue forme e le mie maniglie dell’amore – più somiglianti a dei maniglioni antipanico in realtà – ne sono la prova, oltre al mio didietro abbastanza largo da farci stare su un vivaio intero.

 
«Amore con la a maiuscola» le faccio il verso «piuf, come no. Sai che non cerco nessuno e che ho una vita ugualmente soddisfacente anche senza un maschio al mio fianco. Questa storia che le donne debbano per forza essere accompagnate da un esponente del sesso opposto, non l’ho mai né capita, né accettata.»

«Se lo dici tu» mi dice non convinta. «E allora questo Ruggero chi è?» Insiste.

«Un giornalista de La Nera Verità. L’ho incontrato fuori dal convento di Nostra Signora delle Lacrime il giorno dopo la scomparsa di Ivana Motto. Mi ero infiltrata per raccogliere informazioni e lui era lì. Si è offerto di aiutarmi nelle indagini, ma ancora non mi ha detto il perché. Ho solo capito che ci tiene molto anche lui.»

«Interessante, vero cara?»

«Decisamente sì, Piero. E così ora non sei più da sola a condurre le indagini. Ti dirò, ne sono felice e sollevata. Se c’è qualcuno che può darti una mano quello è proprio un giornalista specializzato in crimini.»

Oh, perfetto. Così ora mi sento obbligata a indagare con lui e io che pensavo di trovare conforto e qualcuno che mi dicesse di starne alla larga. Meglio distogliere l’attenzione dal Valsecchi e alla svelta anche. Prima che si facciano delle strane idee. E poi… che diamine intendeva dire zio Piero con… interessante?
Mentre Clara è sempre stata una donna sognatrice e alla mano, Piero è enigmatico e sospettoso di natura e quindi quella sua parola mi dà da pensare.

 
«Em, sapete, ero indecisa se parlarvi o no del fatto che ho ricominciato a indagare.»

«E perché mai, Marta? Hai paura che possiamo soffrire ancora e rivivere tutto dall’inizio?»

«In un certo senso sì, zia, ed è l’ultima cosa che voglio. Avevo pensato di dirvi tutto una volta arrivata a buon punto con le indagini, ma Ruggero mi ha fatta riflettere e così… eccomi qui a parlarvene.»

«Mh, questo tizio ha un forte ascendente su di te, se sei stata a sentirlo tanto da seguire il suo consiglio» esordì il marito. «E quanti anni ha?»

«Ne ha quarantacinque ed è della zona. È uno spilungone impiccione, il tipico so tutto io. Ma è anche un tipo sveglio e implacabile – avreste dovuto vederlo mettere in difficoltà il nuovo commissario – e questo mi va bene.»

E adesso cosa sono quegli sguardi complici tra loro? Che cosa stanno tramando?
 
«Ma non divaghiamo adesso. Davvero non vi dà fastidio?» insisto, devo saperlo o mi sentirò in colpa.

«Non preoccuparti per noi, Marta, non abbiamo mai smesso di soffrire per la nostra Samanta.»

«Ha ragione Clara, è una ferita sempre aperta che mai si chiuderà, se non con il suo ritrovamento. Quindi tu continua pure con le tue indagini e fatti aiutare da quest’uomo. Nostra figlia – come tutte le altre ragazze scomparse – merita giustizia.»

«Non risparmiarti, sappiamo che sei brava e che alla fine la troverai, viva o… morta che sia» riprese la zia con voce incrinata. «E la prossima domenica porta anche questo Ruggero a pranzo, sarebbe bello parlarci e tornare a puntare i riflettori anche su Samanta e sulla nostra associazione, non sarebbe male. Lo so che in genere passi da noi una volta al mese, ma questo è un caso eccezionale. Ovviamente, includi anche tuo padre, più siamo meglio è.»

E certo, e poi? Devo portare anche il prete del paese? Perché ho la strana sensazione che le celluline grigie dei miei zii si siano attivate in modalità cupido? Meglio stroncarli subito.
 
«Che ne direste se rimandassimo a quando avremo più indizi in mano? La priorità va alle indagini e dobbiamo battere il ferro finché è caldo. Bisogna smascherare Madre Ernestina e le sue consorelle» specifico con forza.

Ecco, Marta, bene così. Meglio fare credere loro che lo porterò o non mi mollano più.
 
«Come? Tutte? Marta, ti rendi conto che hanno una certa età? Anche volendo, è impossibile che possano commettere dei crimini. E poi già dieci anni fa molte di loro erano ultra ottantenni, se non ricordo male.»

«Sì, zia, lo so anch’io, ma io non ho detto tutte» specifico lasciandoli di sasso «e ora, hai intenzione di darmi da mangiare quella magnifica pasta al forno o di lasciarmi a digiuno? Ho una fame!»
 
 
                                                                                               &&&&&

 
Ruggero era nervoso e arrabbiato. Quella benedetta donna e il suo vizio di non rispondere alle telefonate. Il giorno prima l’aveva chiamata varie volte e non gli aveva mai risposto, mai! Cazzo, era questo il suo modo di collaborare?
Ecco perché ora si trovava sotto casa sua. Oddio, dire sotto era un eufemismo, visto che abitava al pian terreno di una palazzina, a lato della vetrina della sua agenzia di investigazione. MB Investigazioni! Viva la fantasia sfrenata.
Per fortuna si era fatto dire dove fosse la sua agenzia per poterla raggiungere in caso di ragguagli e si era fatto anche dare il suo numero di cellulare. Quando gli aveva riferito che abitava lì accanto, ne era rimasto basito. E ora, questa informazione, gli era tornata utile.
Scese dall’auto e suonò con insistenza. Sì, erano le 7.30 di lunedì mattina… e allora? Lui era già sveglio da un paio d’ore e perché mai quella tizia doveva continuare a dormire dopo averlo snobbato?
Pigiò insistentemente il campanello, più volte e attese.
Non mi dire che la signorina Brambilla è una di quelle che non le sveglia neanche le cannonate!, pensò dopo cinque minuti buoni di silenzio. A noi due!, si disse poco prima di suonare nuovamente.
Driiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin
Oh, un rumore. No, è un’imprecazione abbastanza colorita. Oh, anche questa e questa. Devo averla svegliata per davvero, ma che peccato.

 
«Chi è?» Gracchiò la voce alterata e assonnata al di là della porta.

«La stampa!» Ribatté lui cercando di non ridere.

«La co… saaa? Non sono in vena di scherzi alle… alle… ma che ore sono?»

«Be’, se mi apre glielo dico, signorina Brambilla Marta.»

E quella fu la frase magica che gli fece guadagnare l’ingresso all’abitazione e… e allo sguardo dapprima sconcertato e poi cupo della sua proprietaria.
 
«Oh, santi numi benedetti. È la stampa per davvero» gli disse con sarcasmo. «Mi dica, Valsecchi, non sa che non è educato presentarsi in casa altrui di prima mattina? Vuole svegliare tutto il palazzo?»

«Buongiorno anche a te. Come si dice, il mattino ha l’oro in bocca e chi sono io per poltrire?» le disse passando al tu.

«Ah, chi sei tu e cosa fai di primo mattino, non mi interessa minimamente. Io so solo che amo dormire, che odio chi mi sveglia senza motivo e che fuori è ancora buio» gli rispose imitandolo.

«Oh, quante storie per nulla. Ma che bel pigiamino» le disse poi, dopo averla squadrata.

In effetti non si aspettava di trovarla in una tenuta del genere. Lui era abituato a donne che esibivano completini seducenti anche d’inverno e non a… quello.
Marta Brambilla. La settimana precedente al Ciocco Bar – oltre ad avere scoperto la cioccolata al gianduia con panna, accompagnata da una crepe di nutella assolutamente divina – aveva scoperto anche che era una tipa alla mano, che non si faceva problemi a mangiare davanti a lui e che parlava chiaro. Tutte qualità che lui aveva sempre apprezzato molto in una donna, ma che non aveva mai riscontrato in nessuna prima di allora. E ora… era lì, davanti a lui, con aria battagliera, racchiusa in un pigiama fucsia di pail con una Pollon sorridente sul davanti con la sua famosa e ambigua frase … “Sembra talco, ma non è” stampata sopra e sotto il faccione della piccola sorridente e combinaguai dea greca.

 
«Ringrazia che non sono uno della narcotici o ti portavo via in manette.»

«Com… cos…» poi si guardò la maglia e ridacchiò «oh, in effetti…» poi si fece seria e lo guidò al tavolo della cucina. «Scommetto che sei uno che per colazione, prende un caffè in piedi prima di uscire. Be’, qui puoi scordartelo.»

E poi, senza chiedere il suo parere, gli mise davanti delle fette biscottate con la marmellata di arancia – casalinga poteva scommetterci – e del pane a fette come alternativa. Lei, di contro, si preparò dei cereali e li mise nel microonde per due minuti. Poi si girò ad affrontarlo.
 
«E dunque? Cosa può volere un giornalista a quest’ora indecente del mattino, da un’investigatrice privata?»

«Subito al sodo, vedo, non ti smentisci mai» e poi, dopo avere ottenuto un sospiro spazientito, riprese. «Un mio amico poliziotto, mi ha detto in anteprima che il commissario vuole parlarti e quindi volevo avvisarti di tenerti pronta che oggi ti convocherà nel suo ufficio.»

«Come? A me? Questo è ridicolo, cosa potrebbe mai volere da me. Non sono io la tipa sospetta da torchiare» sbottò quella, chiudendo con un colpo secco l’antina del microonde suonato poco prima.

«A quanto pare qualcuno – una certa suora, ma questo rimanga tra noi – gli ha detto che sei pericolosa e che la perseguiti. Lui vuole solo vederci chiaro.»

«Ah, mi sembrava strano che ancora non avesse fatto la sua vigliacca mossa. Mi fa piacere vedere che anche la new entry si è lasciata corrompere da quella vecchia megera cattiva e infida.»

«Proprio non la sopporti quella donna, ma che ti ha fatto?»

«Tu non l’hai mai incontrata – almeno così mi hai detto l’altro giorno – e non puoi sapere a che livelli può arrivare la sua meschinità» gli rispose prendendo una generosa dose di quella strana poltiglia e mangiandola. «Anche se mi stupisce che, con le tue indagini giornalistiche, tu non abbia ancora scoperto nulla sul suo passato. Io sì.»

Ah, questa era una novità. Anche lui, nel corso degli anni, aveva scavato nella vita di Madre Ernestina Culetto, ma non aveva trovato nulla e allora come aveva fatto quella Marta a riuscirci? Doveva assolutamente saperlo.
 
«Visto che collaboriamo al caso e che tu sembri saperne più di me… ragguagliami. Cosa c’è da sapere sulla superiora del convento?»

La vide pensarci per un po’, mentre continuava ad aggredire quell’intruglio informe nella tazza. Era sicuro di averla convinta e invece lei gli pose una domanda che lo spiazzò.
 
«Prima dimmi perché sei tanto interessato a queste sparizioni. Tu sai che io ho perso la mia migliore amica in quel modo e voglio riaverla, non mi importa come, anche se preferirei fosse viva. Tu, invece, che motivo hai per appassionarti così a questa storia?»

Be’, quella Marta si aspettava una risposta e lui gliel’avrebbe data, se non altro per farle comprendere che era veramente dalla sua parte e non solo per scrivere degli articoli.
 
«Ebbene, te le dirò. Ma prima ti devo ringraziare per avermi accettato come alleato.»

«Mossa strategica. Dopotutto me l’hai detto proprio tu al bar l’altro giorno, no? Indagare su due fronti è sempre meglio che uno e poi potrebbero saltare fuori dettagli che, da soli, potrebbero sfuggire.»

«Sono parole mie, queste? Cavoli, sono saggio e non lo sapevo» disse per farla ridere un po’, ma invano. «Essere sempre così tesi e seri non va affatto bene, signorina Brambilla.»

«La situazione è seria, non ci trovo nulla da ridere.»

«Lo so benissimo da me, Marta, ma non per questo mi trasformo in una specie di Scrooge dei giorni nostri» la reguardì. «E comunque, tornando a noi, em… cosa volevi sapere?»

Ah, si stava proprio divertendo a farle saltare i nervi. La vide sbarrare gli occhi e farsi ancora più cupa di prima. Quella Marta doveva imparare a rilassarsi un po’. Non avrebbe giovato alle loro indagini essere sempre in allarme. Era pronto a scommettere che si stava pentendo di averlo fatto entrare in casa e avergli offerto la colazione.
 
«Ah, sì. Mi chiedevi il motivo del mio interessamento al caso» finse di ricordarsi in quel momento.

«Ti informo che io non assomiglio per niente a Scrooge, ma tu non puoi saperlo, non mi conosci» lo interruppe lei con veemenza. «È solo che sono stanca di tutta questa storia e sono stanca di quelle suore ambigue che ci pigliano per i fondelli da anni. Voglio annientarle. Voglio distruggere il loro mondo, come loro hanno distrutto quello di tante famiglie.»

«Questo dobbiamo ancora appurarlo con certezza. Che sono invischiate in qualcosa di grosso e losco, lo so da me. Ma non abbiamo prove e non possiamo agire solo in base a delle congetture. Dovresti saperlo meglio di me, questo.»

Marta riprese a mangiare con più foga di prima, evitando di guardarlo. Ruggero sapeva che aveva ragione, ma lei non era ancora pronta ad ammetterlo e si nascondeva dietro gesti semplici. Doveva imparare che lavorare in squadra era diverso che fare da sé. Decise di stemperare l’ambiente.
 
«Prima di continuare, voglio sapere che diamine stai mangiando. Non vorrai farmi credere che quella roba lì è davvero la tua colazione. Insomma, hai in casa questa formidabile marmellata artigianale e la snobbi per…»

«Sono solamente cereali. Porterei volentieri il tuo complimento a mio padre – visto che l’ha fatta lui essendo un cuoco in pensione – però poi non mi darebbe tregua chiedendomi di te e facendosi film mentali. Se ti fa piacere ti regalo il barattolo visto che ti piace tanto. Allora, vuoi deciderti a dirmelo?»

Certo che Marta era davvero ostinata, che caratterino. Bene, sarebbe stato interessante unire le forze.
 
«Mia sorella, Olivia Invernizzi, è stata la prima ragazza a sparire in quella zona. Aveva solo quindici anni.»

Be’, per lo meno quella rivelazione ebbe il potere di zittire quella donna. Per qualche minuto.
 
«Aspetta. Invernizzi? Adesso che ci penso… sì, mi ricordo che una delle ragazze aveva quel nome. Ma com’è possibile che lei fosse…»

«In realtà era la mia sorellastra. Stessa madre, padre diverso, frutto di un tradimento grazie al quale i miei hanno divorziato. A discapito di tutto, io ho sempre amato la mia sorellina, anche se abbiamo quindici anni di differenza e non abbiamo mai vissuto insieme. Voglio scoprire che fine ha fatto. Questa cosa ci accomuna, non credi?»

«Già e le troveremo. Incastreremo quelle monache. Hai la mia parola. Sono felice che tu me l’abbia detto e, ora che lo so, sono più tranquilla.»

«Avevi paura che fossi il solito giornalista ficcanaso che vuole avere notizie di primo pelo e non si fa problemi a fingersi interessato a tutto e tutti. O magari solo un giornalista impiccione in cerca di notorietà. Indovinato, vero?»
 

                                                                                                   &&&&&
 
 
Indovinato, cavoli che acume! Stava per ribattere quando il telefono di casa squillò. Recuperò il cordless sul divano e rispose.

 
«Pronto? Qui casa Brambilla, chi parla?»

«Buongiorno. Lei è la signora Brambilla Marta, investigatrice privata della MB Investigazioni

«Sì, proprio io. Con chi parlo, scusi?»

«Sono l’agente Dassi, il Commissario Riva vuole vederla nel suo ufficio alle 9.30, la pregherei di essere puntuale.»

«Posso sapere in merito a che cosa vuole interrogarmi? Perché non vorrà farmi credere che vengo convocata per una visita di cortesia.»

«Non mi è dato sapere altro. Sia puntuale, grazie. Buona giornata.»

Che… maleducato!, si disse guardando il telefono poco dopo.
 
«Razza di idiota. Signora, a me. Ma come si permette.»

«Con chi ce l’hai, col telefono?»

Come? Chi aveva… oh, giusto, il Valsecchi era ancora lì.
 
«Siamo suscettibili sul titolo, vero?» Le disse prima di scoppiare a ridere.

«Ah, ah, ah. Molto divertente» gli dico con sarcasmo «no, era solo il commissariato che voleva farmi sapere quello che già so grazie a te. A proposito, tu come lo sapevi, Ruggero?»

«Te l’ho detto, ho un amico lì dentro. Eh, i vantaggi di essere una sanguisuga con la penna in mano» si schernisce da solo. «Tornando seri, ora. Ti lascio così ti prepari e non arrivi in ritardo, a quanto pare i poliziotti ci tengono a vedere rispettati gli orari. Fosse mai che dovessi presentarti davanti al Riva in tenuta notturna.»

Poi lo vedo alzarsi e dirigersi alla porta con il vasetto di marmellata in mano.
 
«Ehi, un momento, fermo lì! Stavamo parlando di Madre Ernestina, devo ancora dirti che cosa so su di lei.»

«Vero e sono molto curioso di saperlo, ma non c’è tempo ora. Me lo dirai stasera quando passerò per cena. E, per favore, quando una persona ti chiama al telefono o ti manda un messaggio, vedi di rispondere, se non altro per buona educazione o quella persona si vede costretta a invadere casa tua di prima mattina. Buona giornata signor… ina Brambilla» e poi uscì.

Cosa? Come? Ma è impazzito? Si è forse autoinvitato a cena? Dannazione, sì che l’ha fatto. Sono già stata stupida a rivelargli dove trovare l’agenzia e quindi casa mia – a mia discolpa posso dire che venivo da una nottata agitata e non avevo connesso molto bene cosa Ruggero mi aveva chiesto fino a che era stato troppo tardi – ci manca solo che ora inizi a frequentarla con regolarità.
Per fortuna sono stata a cena da papà ieri sera!, penso con un sospiro di sollievo.
Il Valsecchi vuole cenare con me? Bene, si accontenterà di qualcosa di veloce e freddo. Con tutte le cose che ho da fare oggi – prima tra tutte la mia chiacchierata in commissariato – non ho tempo per mettermi ai fornelli.  Comprerò qualcosa di pronto dal prestinaio in centro paese e – che al caro Ruggero vada bene o meno – quello passerà il convento. Ahahah.
Ok, battuta pessima, me lo dico da sola. Spero solo che mio padre non scopra mai questa cosa o mi fa a fettine impanate e poi mi rosola a fuoco lento.


                                                                                                  &&&&&

Angolo Autrice:

Ciao a tutti gli indomiti lettori del mio delirio giallo. Sta a vedere che a furia di chiamarlo così, dovrò cambiargli il nome.
E dopo un po' di tempo, rieccomi tra voi con l'aggiornamento, ma non temete... presto arriverà un nuovo capitoloche è già in lavorazione.
Questa volta mi sono concentrata su Marta. Ho voluto fare un capitolo di transizione per spiegare meglio chi è, il tipo di rapporto che ha con i genitori di Samanta e perchè e l'inizio della sua collaborazione con Ruggero... che la sveglia in malo modo, da qui il titolo del cap, arrivato dopo un giorno intero di riflessione e grazie all'aiuto della mia migliore amica.
Qui conosciamo un po' meglio Marta e la sua storia. Commovente, vero? Di contro scopriamo anche qualcosa in più sul misterioso Ruggero... e chi l'avrebbe mai detto.
Ma... chissà cos'ha scoperto la nostra investigatrice su Madre Ernestina. Non chiedetemelo perchè Marta è misteriosa anche con me e lo saprò con tutti voi. Ruggero poi è talmente curioso che l'ha combinata bella e ora lei si ritrova incastrata in una cena indesiderata.
Chissà anche cosa avrà da dirle il commissario Riva... sarà come il suo predecessore o Marta, finalmente, potrà indagare in pace? Lo scoprirete nel prox capitolo.Ciao a tutti e grazie per essere rimasti in compagnia di questa strana coppia. Chiara.







 

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Capitolo 5
*** La determinazione di Marta ***


«Buongiorno, mi chiamo Marta Brambilla e sono stata convocata dal commissario Riva per le 9.30» esordisco fermando un agente.

«Ah, sì, l’investigatrice privata. È in anticipo, si accomodi lì e aspetti» mi risponde quello in modo sbrigativo.

Mi dirigo al gruppetto di tre sedie a lato del bancone e mi guardo in giro. Questo posto è minimalista, ma ben organizzato e pulitissimo. Quasi quasi intercetto una donna delle pulizie e la assumo anche per casa mia e… e sì, anche per il mio ufficio. Non che sia casinista e sporco, ma non si avvicina neanche lontanamente a questo posto.
No, è vero, non sono un’amante della pulizia, ma neanche della sporcizia e quindi faccio giusto il minimo. A creare caos è il disordine cronico di cui soffro, anche se io trovo tutto in tempi rapidi.
Guardo l’enorme orologio proprio davanti alla mia testa e sorrido tra me. Ebbene sì, miracolo dei miracoli, sono in anticipo e di un bel po’.
Ero così irritata con la visita mattutina del Valsecchi – del tutto inaspettata e snervante – che ho finito per prepararmi a tempo di record e ora eccomi qua. E sono appena le 9.00!

 
«Signora Brambilla? Piacere, sono il Commissario Ludovico Riva, andiamo nel mio ufficio» mi dice stringendomi la mano.

Lo seguo senza dire una parola e lui – dopo avermi portata in un ufficio molto spazioso – mi fa accomodare davanti alla scrivania, scostandomi persino la sedia.  
Il mio sguardo corre alla stanza e alle pareti dove, a lato della bandiera italiana e quella europea, svetta la foto del nostro Presidente, un tipo strano dallo sguardo spento e assente che ogni tanto si fa vivo in televisione con quella sua flemma nel modo di fare e parlare che mi spinge a cambiare canale per non addormentarmi.
Un Tronchetto della felicità – che avrà visto giorni migliori – è a lato di un Ficus che non sta messo meglio e sembrano chiedermi aiuto. Sbagliato persona, mi dispiace.

 
«Ho voluto parlarle in merito alla vicenda del convento di Nostra Signora delle Lacrime. Mi riferisco a quello che sta accadendo in quella zona» esordisce con sguardo serio.

«Ho immaginato fosse per quello quando il suo agente mi ha chiamata stamattina presto. Svegliandomi» mento, ma tanto lui non può sapere che qualcun altro ci aveva già pensato.

«Mi scuso, ma qui non badiamo a certe cose quando si tratta di indagare» mi dice con un sorrisino tirato e fugace.

Dal suo sguardo, però, non mi sembra affatto pentito e decido di lasciare correre, per dargli contro c’è sempre tempo. Poi continua.
 
«Sono sollevato che lei sia già preparata. Perché vorrei proprio capire, signora…»

«Signorina» lo correggo. «Immagino anche che questa convocazione, sia dovuta a una certa suora, tale Madre Ernestina Culetto» e qui mi scappa una risatina «che le avrà detto peste e corna di me.»

«Mi ha riferito che le sta dando noie e che vorrebbe la tenessi alla larga da lei. È vero? La sta perseguitando?»

«Commissario, le dico solo una cosa. Stia attento a quella tipa, è pericolosa e molto, molto furba.»

«Quindi me lo conferma, signorina Brambilla, ha dell’astio nei suoi confronti.»

«Non mentirò, ce l’ho eccome e non ho paura a confessarglielo. Ma, a differenza di quella donnaccia, io non tramuto la mia rabbia in gesti insensati e letali. Non la sottovaluti, per favore.»

«Sta insinuando che quella donna…» inizia, ma io lo blocco subito.

«Ha molto da nascondere e farebbe di tutto per pararsi il… lato b.»

«Certo che lei è una che non usa mezzi termini, Brambilla. Le ricordo dove si trova e che certe sue dichiarazioni le si potrebbero ritorcere contro.»

Oh, lo so, lo so bene, ma quest’uomo deve capire con chi a che fare e non mi riferisco certo a me stessa. Anche se, lo ammetto, sono un osso duro quando voglio.
 
«Allora mettiamola così. Quella donna, che si spaccia per suora, è tutto fuorché quello. Ha molti scheletri nell’armadio e se fossi in lei non abbasserei la guardia e non la escluderei come sospettata solo perché indossa un abito nero e il velo. Per lei non hanno alcun valore, glielo assicuro.»

Queste mie parole devono averlo colpito molto, perché sgrana gli occhi e mi fissa come se fossi un’aliena.
 
«Come? Badi bene a non denigrare una persona senza prove, potrebbe ritrovarsi con una denuncia di diffamazione a carico e lì cadrebbe nel penale.»

«Se ha intenzione di spaventarmi, commissario, ci rinunci. È vero, ancora le prove non le ho, ma ho intenzione di riprendere a indagare come già stavo facendo anni orsono e né lei, né quella là, potrete fermarmi questa volta.»

«Vuole dire che stava già indagando? Quando e perché, risponda» mi intima con un tono che vuole essere autoritario.

«Ah, non lo sa? Allora l’aggiorno subito. Dieci anni fa, la mia migliore amica aveva intrapreso un pellegrinaggio nella zona e, in questo suo vagare religioso, aveva incluso anche quel maledetto convento nella sua lista. Si ricorda di Samanta Capello?»

«Capello… ah, sì, è una delle ragazze scomparse.»

«Esattamente. Ho iniziato subito le indagini, in collaborazione con il suo predecessore il commissario Sala che mi aveva assicurato sostegno e scambio di informazioni. È durata un mese e sa perché? No, ovviamente questo non è scritto negli atti. Perché quella dannata suor… quella superiora, mi ha fatta fuori. Non so come abbia fatto, ma all’improvviso finì tutto. Mi fu sequestrato tutto il materiale che avevo raccolto di mio e quello che il Sala mi aveva passato, mi fu negato ogni accesso alle indagini, mi fu negato persino di parlare con lui. Dalla sera alla mattina. Se non è sospetto questo.»

«E lei è convinta che dietro a questo atteggiamento ci sia la superiora?»

«Mi stia bene a sentire, ora, perché voglio che le sia chiaro in testa. Quella donna è pazza e quando qualcosa non gira come dice lei, se ne sbarazza. Io le davo fastidio, ha saputo che stavo indagando su di lei e ha deciso di fare la sua mossa. Non so cosa sia successo con il Sala, ma so per certo che il giorno prima ero nel suo ufficio a ragguagliarlo sulle ultime scoperte e quello dopo avevo una squadra di poliziotti nella mia agenzia, che mi sequestrava tutto il materiale raccolto, lasciandomi due fogli di diffida. Uno per il proseguo delle indagini – con conseguente minaccia di denuncia in caso avessi ignorato l’ordine – e il secondo per la persona della Culetto che non mi voleva a più di un chilometro da lei. In caso contrario avrei ottenuto una denuncia per stalking.»
 
 
                                                                                                                 &&&&&

 
Il suo predecessore aveva fatto questo? Impossibile. Conosceva Omar Sala, avevano fatto l’accademia insieme, i primi due anni avevano lavorato nello stesso commissariato e si era sempre distinto per la sua correttezza. Ludovico era basito. Come mai questo repentino cambio di atteggiamento? Aveva ragione la Brambilla, c’era qualcosa di sospetto sotto.

 
«Madre Ernestina mi ha riferito che si è introdotta nel convento con l’inganno e l’ha minacciata.»

«Ah, sì, quello» ridacchia lei «l’ho fatto, sì.»

Quella donna era strana, non aveva il ben che minimo timore di quello che stava rischiando con quelle sue affermazioni.
 
«È un’irresponsabile. Lo sa che ha rischiato grosso? Deve ringraziare che non l’hanno denunciata.»

«Oh, davvero? Vorrà dire che, se dovessi mai incontrala ancora – anche se per sbaglio – le stenderò un tappeto rosso e mi inchinerò al suo passaggio. Per ringraziarla intendo. Va meglio così?»

«Non c’è bisogno di essere così sarcastica.»

«Non l’avrebbero mai fatto» gli disse con sicurezza. «Hanno troppo da perdere per rischiare di attirare l’attenzione su di loro. Specie la superiora.»

«Lei sa qualcosa su quella donna, vero? Gradirei mi mettesse al corrente, per avere un quadro più completo della situazione e credo che sarebbe giusto ripristinare la nostra collaborazione. In fondo è una professionista anche lei, se pur nell’ambito del privato.»

«Non credo proprio» disse stupendolo «non sono così allocca da cascarci una seconda volta. Scopra da solo il segreto di quella donna e poi capirà perché la sto mettendo in guardia. Mi spiace, ma io lavoro da sola e spero di risolvere questa storia prima di voi, me lo merito.»

Quella Marta era dannatamente orgogliosa.
 
«Il mio predecessore l’ha profondamente delusa, vero? Il suo voltafaccia l’ha ferita.»

«Ferita? No, quell’uomo mi ha presa in giro e fatta arrabbiare e non commetterò lo stesso errore. Io sono qui esclusivamente per rispondere alle domande che voleva pormi sulla superiora, non per stabilire una nuova collaborazione tra noi. Se lo scordi» gli rispose alzandosi di scatto e puntando le mani sulla scrivania, lo sguardo serio.

«Certo, ha tutte le ragioni per reagire così alla mia proposta» convenne con lei «ma ci pensi seriamente, intesi? Non per giustificare le azioni di Sala, ma le posso assicurare che questo suo comportamento ha stupito anche me.»

«Lo conosceva?» s’informò lei, stupita, tornando a sedersi con cautela.

«Sì, e credo di essere nel giusto se affermo che deve essere accaduto qualcosa che l’ha spinto ad agire così. Qualcosa di serio. E ci ha rimesso lei e la sua indagine. Ma questo è il passato e non accadrà più, non con me al comando. Per questo posso dirle con certezza che può fidarsi a stringere una nuova alleanza.»

Ludovico vide la Brambilla pensarci, ma il suo sguardo era ancora diffidente e le sue parole successive, confermarono il sospetto.
 
«La ringrazio, ma io passo questa volta. Ho deciso e non cambio idea. Non mi fido più di voi e delle vostre parole. Ha ancora delle domande da farmi in merito a quella megera – oh, pardon, a Madre Ernestina – o voleva solo avvisarmi di starmene alla larga da lei e posso andarmene?»

«Se la mette così… l’avviso che il provvedimento è attivo fin da subito. Se dovesse mai avvicinarsi al convento a meno di un chilometro, sarà arrestata.»

«Un chilometro?» Ripeté lei scoppiando a ridere. «È ridicolo. Se volessi farmi una passeggiata in quel bosco, devo essere libera di poterlo fare e non devo portare certo un metro in tasca per misurare se sconfino» sbottò. «Il bosco non è loro. Solo il convento. Quindi questo mi fa pensare. Mi dica Commissario, ha messo i suoi artigli anche su di lei, vero?»

«Ma come si permette a insinuare una cosa del genere?» Sbottò.

«Allora ho ragione. Che peccato, la facevo più intransigente, invece è la copia del suo predecessore. Che delusione. Se qui abbiamo finito…» rispose lei alzandosi «io la saluto e torno al lavoro. Buona fortuna per le indagini, Commissario. Ah, stia tranquillo, starò lontana dalla sua preziosa superiora, ma non troppo. Devo scoprire la verità e ritrovare la mia amica e quello – l’avviso – ha la priorità su tutto, anche su una diffida. Mi sono spiegata?»

Quando quella strana investigatrice uscì dal suo ufficio, Ludovico sospirò pesantemente e chiuse gli occhi.
C’era arrivata vicina, molto vicina, alla verità. Quella sotto specie di ricatto… ancora lo teneva sveglio per gran parte della notte.
Madre Ernestina era una persona sgradevole, infida e malefica. Lui avrebbe fatto salti mortali per starci alla larga e quella Brambilla, invece, bramava per ritrovarsela vicina. Che cosa gli stava nascondendo?
Non era riuscito a farsi dire cosa avesse scoperto su di lei, ma qualunque cosa fosse, doveva essere interessante se era riuscita a sconvolgere una persona come Marta Brambilla, tanto da metterlo in guardia sulla pericolosità della monaca.
Che fosse una specie di Monaca di Monza? Che nascondesse un segreto scabroso? Che facesse parte di una famiglia malavitosa?
Di certo c’era solo una cosa, che quella suora sapeva come ricattare le persone. Il problema semmai ora, era solo uno. Come faceva – una semplice monaca rinchiusa in un convento – a possedere informazioni così private?
Sì, doveva indagare a fondo su di lei e scoprire se Marta Brambilla era solo ossessionata da quella suora o se, invece, aveva ragione.
Ma, nonostante la reticenza e l’avversione che provava nei confronti di Madre Ernestina, c’era qualcosa in lei che lo inquietava nel profondo e non sapeva se esserne terrorizzato o sollevato. Qualcosa nel suo sguardo, l’aveva fatto vacillare per un attimo. Un attimo che gli era valso un ricatto.
Cosa gli aveva detto la Brambilla?
 
«… Mi dica Commissario, ha messo i suoi artigli anche su di lei, vero?»

Anche? Aveva detto proprio quella parola… anche! Quindi sospettava che Omar Sala fosse stato ricattato a sua volta, anche se non ne era certa e non aveva prove.
Di concreto c’era solo che quella donna stava investigando in tandem con lui e che – senza spiegazioni – fosse stata esclusa dall’indagine, cosa che non aveva digerito nonostante tutti gli anni passati da allora.
Ma cosa poteva avere in mano, la superiora, per compromettere così le indagini? Improvvisamente ebbe un flash. Chiamò un’agente e si fece portare il fascicolo di Nostra Signora delle Lacrime. Caspita, era corposo. Non ci aveva fatto caso la volta precedente che l’aveva consultato. Aveva pensato di trovare delle risposte lì dentro, per risolvere velocemente il caso Motto, ma era stato un buco nell’acqua. Lo sfogliò avanti e indietro un paio di volte. No, non c’era proprio nulla di strano. Come al solito il Commissario Sala era stato un uomo meticoloso e tutto risultava schedato alla perfezione. Un momento… guardò meglio e…

 
«Le date! Come hanno fatto a sfuggirmi.»

Rilesse più volte le carte, incredulo.
 
«Non è possibile! 15 Aprile 2002, apertura indagini e 5 Agosto 2007 chiusura indagini.»

La prima data, giustamente, coincideva con la scomparsa di Olivia Invernizzi, appena quindicenne.
L’altra data… cosa? 5 Agosto? Marta Brambilla aveva ragione. Inspiegabilmente le indagini furono bloccate circa due mesi dopo la scomparsa della sua amica, poco dopo essersi liberati di lei. Senza dubbio era stato tutto calcolato per non destare sospetti o fare sorgere dubbi e collegamenti sui due eventi.
Meglio riprendere a leggere e, questa volta, dalla fine. Voleva capire bene le conclusioni e la motivazione che aveva spinto Omar Sala a dire basta. Lesse.

 
«Esito: Le scomparse di Olivia Invernizzi quindici anni, Rebecca Ferri ventidue anni, Franca Corsi venticinque anni, Amelia Frigerio diciotto anni, Nora Salemi ventuno anni, Ofelia Ferrari ventisei anni, Samanta Capello ventisette anni, Ivana Motto venticinque anni… non possono essere né imputabili, né collegabili al Convento Nostra Signora delle Lacrime. La mancanza di indizi e di cadaveri rinvenuti nei pressi o all’interno del sito sopra citato, non lasciano adito a dubbi che le suddette sparizioni siano state volontarie. Pertanto, si dichiara l’immediata chiusura delle indagini e il proscioglimento da ogni sospetto di partecipazione, a un eventuale crimine, delle monache risedenti in loco.»

Un contentino, più che un fatto. Un tentativo di giustificare un disservizio, a favore di terzi.

Quelle ragazze scomparse meritavano giustizia e, se il convento ne era il responsabile, le loro abitanti l’avrebbero pagata cara.
 
 
                                                                                                                &&&&&

 
«E così credi che anche il Commissario Riva sia stato ricattato dalla suora.»

Ruggero era arrivato da meno di dieci minuti a casa di Marta e già lei gli aveva spiattellato – con fare molto nervoso e arrabbiato – il suo colloquio con quell’uomo, oltre al suo sospetto.
 
«Ne ho quasi la certezza. Come sono sicura che abbia combinato qualcosa di simile anche con quello di prima.»

«Ma non hai prove.»

«Le avrò» rispose lei con sicurezza «e poi me la pagheranno anche a nome di Samanta e di tutte le altre ragazze scomparse come lei nel nulla.»

«Mi vuoi dire cos’è questa storia dei ricatti? Come potrebbe mai metterli in atto se non esce mai dal convento?»

«Ti ho già detto che, un giorno, mi sono infiltrata lì dentro?» gli chiese con sguardo divertito in risposta.

Ecco, quello l’aveva omesso, guarda caso.
 
«Sai benissimo che non l’hai fatto. Come mai?»

«Per indagare dall’interno. Ho avuto diverse ore per esplorare l’ambiente – sai mi sono finta parte di una squadra di giardinieri e ho passato tutto il giorno al convento. Purtroppo, Madre Silvia – il braccio destro della megera – mi ha scoperta e buttata fuori. Quella tizia ha una forza incredibile. Prima di andarmene, però, le ho lasciato un ricordino. Credo che abbia zoppicato per qualche giorno, che dispiacere.»

A dire il vero a lui non sembrava tanto dispiaciuta. Quella Marta era tremenda.
 
«Credo di averla conosciuta. È un tipo alto e ben piazzato?» e quando la vide annuire, continuò. «Sì, confermo. La suora bugiarda che doveva andare farmi parlare con la superiora e poi è sparita.»

«Tipico di lei, è la sua guardia del corpo.»

«Ok, appurato che Madre Ernestina non è l’unica suora inquietante lì dentro… ora devi dirmi cosa hai scoperto su di lei.»

«D’accordo. La cara superiora è un’impicciona. Durante quella giornata passata lì dentro, mi sono offerta per occuparmi dei fiori e dei vasi della cappella – poveri loro – e così ne ho… approfittato, per guardarmi in giro. Be’, per fartela breve, non ti immagini cosa ho scoperto nei confessionali.»

Eh, non se lo immaginava no, ma aveva l’impressione che lei glielo avrebbe detto lo stesso. E infatti…
 
«Microfoni, Ruggero. Microfoni ovunque.»

«Che… che cooosaaa? Microfoni nei confessionali? Stai scherzando, spero» urlò basito.

Passò del tempo prima che Marta gli rispondesse, occupata com’era a togliere le lasagne dal forno. Poi fece due belle fette e le distribuì nei piatti. Ecco, con quel semplice gesto si era riscattata dalla penosa colazione che le aveva visto fare quella mattina.
 
«Affatto. Inquietante, vero? Insomma… uno va lì per confessarsi, per scaricare la coscienza e – come diceva sempre Samanta nella sua incrollabile fede – “per fare pace con Dio” e poi… eh, guarda un po’ cosa gli capita.»

«Non ci credo. E perché mai farebbe una cosa del genere.»

«Pensaci, Ruggero, eppure mi sembri intelligente. Fai funzionare quelle tue celluline grigie che ti ritrovi. Perché una suora dovrebbe ascoltare le confessioni – noiose dico io – di qualche peccatore che capita lì per caso?»

Appunto, perché?, pensò lui. Perché è fuori di testa? Perché si annoia? Perché è cattiva? Perché… perché… oh, cazzo, non sarà perché…
 
«Perché così poi può ricattare la persona in questione e ottenere qualcosa in cambio del silenzio. Ma… ma così facendo rischia grosso.»

«No, perché di certo non andrà a ricattare chi dice le parolacce o salta la Messa o sparla delle persone, anche amiche. Lo farà con chi confessa qualcosa di scabroso ed estremamente imbarazzante che preferisce tenere segreto e, capirai da te, che così la denuncia è esclusa a priori.»

«Furba la monaca! Ma non vedo questo come si incastra con le sparizioni» disse mentre affrontava il primo boccone di lasagna. «Dio, è buonissima signorina Brambilla. Non sapevo che sapessi cucinare così bene.»

«Ma secondo te, con tutto quello che ho avuto da fare oggi, ho trovato anche il tempo per cucinare? No. Le ha fatte il prestinaio del paese, io le ho solo comprate e scaldate. E anche il dolce proviene da lì. Se volevi un pasto casalingo dovevi darmi qualche giorno di tempo e mi organizzavo. Certo, sono un po’ un disastro ai fornelli – non come mio padre che è un mago – ma so cavarmela.»

«Evviva la sincerità» rispose lui prima di scoppiare a ridere di gusto.

Ecco un nuovo tratto di quella donna, se ne fregava del giudizio del prossimo e parlava chiaro. Era meglio non divagare.
 
«Allora, dimmi un po’ come questa tua scoperta ha a che fare con le scomparse di Olivia, Samanta e tutte le altre.»

«Direttamente non credo, ma sto iniziando a pensare che una di queste confessioni, sia servita per fare insabbiare il caso.»

«Come? Hai forse la registrazione?»

«Cosa? No!»

«E allora come fai a dirlo. Ci vogliono prove solide, Marta.»

«E credi che non lo sappia?»

«Che ne hai fatto dei microfoni. Non li hai mai recuperati in tutti questi anni?»

«Li ho lasciati lì, Ruggero, non volevo attirare l’attenzione su di me, ma avevo intenzione di posare una cimice sotto gli inginocchiatoi. Sarei tornata come visitatrice e avrei finto di volermi confessare. Poi il caso è stato chiuso. All’epoca non avevo pensato a un possibile collegamento, ma ora sì. Un commissario che, improvvisamente, cambia idea e blocca tutto è sospetto… ma due, no. Non che quello attuale sia di quell’idea, ma il fatto stesso che mi abbia convocata…»

«È sospetto, te ne do atto. Madre Ernestina deve averlo intortato per bene.»

«Sinceramente non lo so, non mi è sembrato un suo fan… ma ha messo bene in chiaro che finirò nei guai se starò a meno di un chilometro da lei.»

Addirittura? Non era un tantino esagerato?
 
«Inoltre, credo che abbia ricattato Sala e che stia facendo la stessa cosa con Riva e quindi… cosa pensi che debba fare io adesso?»

«Em… stare lontano dalla suora e non finire nei guai o addio indagini?» azzardò.

«Fifone. No, portare a termine il mio piano originario e, magari, cercare di recuperare le registrazioni e poi incontrare il commissario Sala per fare quattro chiacchiere. Oh… ma che dico, questo è un compito per un bravo giornalista. Cavoli, al momento non saprei proprio a chi chiedere. Ne conosci uno, tu, per caso? Un tipo tenace, che non molla la presa fino a che non ha ricavato anche il più piccolo dettaglio insignificante ai più. Un… un rompicoglioni, per dirla tutta.»

Come? Ma stava parlando di lui? Bella considerazione che aveva, davvero.
 
«Sei incredibile. Non capisco se mi hai appena insultato o elogiato» le disse scuotendo la testa sconsolato. «Guarda che ci avevo già parlato con lui, ma senza ricavarci nulla. Due parole in croce dette fuori casa sua – letteralmente fuori visto che io ero in strada e lui nel suo giardino – e mi ha congedato senza troppe cerimonie. Era furibondo, con me.»

«Be’, Ruggero, dovrai darti da fare di più questa volta» gli rispose lei dopo un attimo di riflessione «e poi ci aggiorneremo. Meglio velocizzare i tempi finché il clamore per la scomparsa della Motto non è ancora scemato. Quindi prima ci vai, meglio è per te. Io andrò al convento.»

«Ma allora sei di coccio!» Sbottò lui, ripulendo il piatto dall’ultimo pezzo di lasagna. «E sì che hai una diffida in mano. Vuoi farti arrestare?»

Per tutta risposta, Marta si alzò per sparecchiare e poi portò il dolce, mentre lui versava a entrambi da bere del vino bianco che aveva portato con sé. Lei lo bloccò.
 
«Grazie, ma sono astemia. Tu bevi pure, però, non mi dà fastidio» gli disse distribuendo il dolce. «Torta al limone, una bontà.»

«Decisamente» le rispose assaggiandone subito un pezzo ed emanando un sospiro estasiato «giuro che, se mi darai il nome, diventerò cliente di questo prestinaio quanto prima. Sarà la mia salvezza e mi eviterà di comprare cibi surgelati pieni di conservanti. Io ai fornelli sto messo peggio di te» le confessò.

Nonostante il poco preavviso dovuto alla sua sfacciataggine di auto invitarsi a cena, Ruggero era felice di averlo fatto, perché avevano già compiuto un passo avanti nelle indagini e…
 
«Mi spieghi come hai intenzione di aggirare quel grosso ostacolo? Per portare a termine la tua parte del piano devi entrare nel convento e tu, attualmente, non puoi neanche farti trovare nelle vicinanze» le chiese.

«E questo chi lo dice? Un foglio stampato dal Commissario Riva e col timbro della Polizia di Stato?»

«Sì, Marta, proprio quello» le rispose lui ormai esasperato, alzando gli occhi al cielo.

«Ok, allora vorrà dire che dovrò trovare un modo. Niente di più semplice e divertente. Tu lascia fare a me. Ci aggiorniamo tra una settimana in cioccolateria?» 

Ruggero era appena stato congedato, si rese conto. Decisamente particolare quella Marta. Era la prima volta che veniva messo alla porta senza troppi complimenti.
 
«Ma come, sono appena le 22.30 e già ti liberi di me? Guarda che una strategia seria, richiede un piano di azione ben studiato. Cavoli, sei tu l’investigatrice privata, non io, dovresti saperle da te queste cose.»

«Infatti, le so, ma per stasera abbiamo concluso. Tu ti occupi della parte parlata, io di quella d’azione. Non preoccuparti, so quello che faccio e nessuno mi scoprirà. Madre Ernestina avrà finalmente un po’ di grattacapi. E questo sarà solo l’inizio della fine, per lei.»

«Se lo dici tu. Io resto dubbioso, ma spero che tu ne esca senza problemi giudiziari da lì. Va bene volere ritrovare un’amica e sbrogliare un po’ di matasse, ma da lì a rischiare guai con la legge… anche no.»

«Mi hai presa per una pivellina?» Sbottò lei con foga. «Ho la sensazione che ci sia sotto qualcosa di grosso e non solo riguardo alle sparizioni, ma proprio inerente a lei, alla cara Madre Ernestina intendo. Ah, giusto, dimenticavo… ho un’altra notizia bomba da darti e forse, potresti iniziare a metterle un po’ di paura addosso con un bell’articolo. Sicuramente l’attenzione tornerà prepotente sul convento e su di lei. Ma dovrà essere un pezzo con gli attributi.»

E adesso cos’altro aveva in mente quella donna? Gli sembrava di avere a che fare con un martello pneumatico in versione umana.
 
«Dai, spara, dimmi tutto.»

«Ho le prove di quello che sto per dirti, anzi, aspetta qualche minuto, vado e torno» disse uscendo di corsa dalla cucina e aprendo una porta.

Ruggero intravide quello che doveva essere l’ufficio dove Marta sparì per poi ricomparire cinque minuti dopo.
 
«Ecco qua» disse mettendogli davanti un plico di fogli, mentre lui si stava servendo una seconda fetta di torta.

«Che cosa sareb… no, ma scherzi?» Esclamò basito, mentre li sfogliava distrattamente. «Guarda che io, però, scrivo di nera, non di… questo.»

«Lo so, ma farai un’eccezione, vero? Te l’ho detto che era una bomba.»

Lui lesse e rise forte, seguito a ruota da Marta. Poi mise il plico nella sua tracolla lavorativa e le diede il cinque. Oh, sì, un bell’articolo ci stava tutto. Certo, non era il suo genere, ma… ci stava tutto e il capo avrebbe capito. Ormai era tardi per farlo uscire sull’edizione del giorno dopo, ma aveva tutta l’intenzione di dargli risalto su quella seguente e questo voleva dire, lavorarci per tutta la mattina di buona lena.
Recuperò il giaccone e la tracolla che fece passare attorno al collo e si girò ad affrontarla l’ultima volta.

 
«Grazie per la cena, la chiacchierata e… questo» le disse picchiettandosi il fianco. «Un’ultima cosa e poi ti lascio a… a qualunque cosa tu debba fare. Come hai fatto a sapere una notizia del genere e… e come mai non l’hai utilizzata prima?»

«Perché distruggere una donna per il solo piacere di farlo? Io voglio che lei sia punita, sì, ma voglio anche che lo sia per i suoi crimini e non solo per quello che ti ho appena dato. Se l’ho fatto è per fare in modo che l’attenzione sul convento resti alta e che lei – detta papale, papale – se la faccia sotto. Dunque, appena abbiamo concluso le nostre mini missioni, ci sentiamo via WhatsApp e facciamo il punto della situazione, ok?»

«Come vuole lei, capo» la prese in giro lui.

Poi, dopo averla salutata, si diresse di corsa a casa. Aveva del lavoro da fare e una quantità industriale di caffè da preparare, se voleva passare la notte a scrivere quello che si preannunciava essere uno dei suoi migliori articoli mai scritti.


                                                                                                               &&&&&


Angolo Autrice:

Ciao a tutti. Ed eccomi di nuovo a voi con un nuovo ed emozionante capitolo del mio delirio giallo. Mi spiace che il precedente non sia stato molto letto, ma ci sta... era un cap di transizione dopotutto e non molto giallo. Agli amanti del genere sarà sembrato strano. Però sono contenta di averlo scritto, perchè ha portato a dei nuovi sviluppi.
Marta, come vedete, non si ferma davanti a niente e a nessuno e non ha paura a dire la sua... ne fanno le spese sia il Commissario Ludovico Riva che Ruggero.
Lei ci tiene molto a specificare come la pensa sulla superiora e a insinuare il dubbio anche nella polizia e... ce la fa. Tant'è che, appena esce, a qualcuno viene in mente di rivedere il fascicolo e di fare una scoperta che lo lascia interdetto. Certo, non ha avuto fortuna nel proporre la collaborazione a Marta, ma chi lo sa... siamo appena all'inizio, quindi non date nulla per scontato.
E passiamo al Ruggero. Sempre molto perpiscace lui e si diverte a stuzzicare Marta. Bè dai, la cena è andata bene e ha dato i suoi frutti, no? E che frutti. Marta è una sorpresa continua anche per me, non solo per il nostro giornalista di nera. Chissà cosa gli avrà dato la nostra investigtrice per galvanizzarlo così. 
E ora... ora non vi resta che attendere il seguito per vedere se tutto procederà come deciso da lei. Il mistero si infittisce.
Noterete i segni grafici nel mezzo, li preferisco alla riga, quindi li modificherò anche negli altri capitoli.
Ah, ho fatto un cambiamento. L'età di Olivia, la sorellastra di Ruggero, è cambiata... aveva 15 anni e non 20, all'epoca della scomparsa. Questo perchè - rileggendo i cap precedenti e scrivendo il pezzo di Ludovico che legge il rapporto - mi sono accorta che l'arco temporale non collimava con la sua età odierna (30), se paragonata a quella del fratello (45). Spero di essermi spiegata e di non avervi confuso ancora di più.
Ultimissa cosa e poi vi lascio: leggete benissimo questo cap e iniziate - come dice Marta a Ruggero, ma prima di lei Poirot - a fare funzionare le celluline grigie, a pensare. Se sono riuscita a nascondere il piccolo indizio... sono felice.
Buona lettura e alla prox. Ciaoo, Chiara.

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