Una Piccola Principessa

di Princess_Glaceon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Nel palazzo reale, quel giorno, c’era un frastuono mille volte più forte del normale casino che si creava quando era pieno di persone che parlavano, di affari o di qualsiasi cosa patetica di cui parlassero i grandi, che non capivo quando ero piccola. Questo interminabile casino, era dovuto al mio compleanno, il compleanno della piccola principessa Amy.
Il re, mio padre, correva da una parte all’altra per controllare i preparativi  fatti dalla servitù, che nonostante fossero tanti, si stavano facendo in quattro per completare tutte le decorazioni prima di mezzogiorno. Non c’erano solo le decorazioni da preparare, ma anche i dolci e il pranzo e la cena e la lucidatura di soffitti, pavimenti e muri e le pulizie in generale, e purtroppo, anche tutti quegli infiniti ospiti. Tutti quegli ospiti… Vabbè, che importa? Tanto è il mio compleanno, e sono io che mi annoio, ma… se sarò regina, non posso pensare solo a me, giusto?
Non so come facevo a stare chiusa tutto il giorno dentro camera mia a giocare con le bambole e cose del genere, ma tanto io sapevo che per forza stava succedendo qualcosa, e casualmente il giorno del mio compleanno ma, sono solo dettagli, perché, come ho già detto, c’era un frastuono infinito e non c’era un singolo servo che puliva dove avevo appena camminato o dove avevo appena mangiato qualcosa, e poi, se fosse stato solo un contrattempo comunque ci sarebbero stati come minimo 1000 servi a girare in cerca della più piccola, piccolissima imperfezione nella mia camera da letto, che, modestamente, era grande circa come una casa. Non so dove l’abbiano trovato un architetto che avesse tanto tempo da perdere in un castello così grande. Poi, alla faccia della democrazia che ci insegnano a scuola “Dobbiamo trattarci tutti bene, e dobbiamo prendere insieme le decisioni” , ma poi il nostro paese è una monarchia.
Allora, per tutto il giorno rimuginavo su queste cose patetiche e passavo la giornata. Ovviamente, dopo un po’ mi annoiavo con tutte quelle parole, e quindi giocavo a fare sdolcinate storie d’amore con le bambole, insomma, facevo lì per lì tutto quello che facevano le bambine solite.
Quel speciale anno, quello dove inizia la mia storia, successe una cosa super speciale.
Verso le dieci, mio padre venne a bussare le porta.
“Amy cara, sai che giorno è oggi?”
Mi chiese dolce dietro la soglia
“Sì, come dimenticarlo. Oggi è il mio compleanno.”
Gli risposi io, con un aria tra l’indifferente e curiosa
Lui annui e poi disse
“Potresti venire fuori un attimo?”
Io ho aperto la porta e sono uscita
“Che c’è?”
Gli chiesi io con fare un pochino sbrigativo
“Bè, visto che oggi compi già 10 anni, volevo mandare qualcuno a prendere dei fiori, solo per questa occasione speciale
Se a qualcuno può sembrare strana questa cosa di non avere neanche una singola, innocua piantina in un enorme castello, una di questi qualcuno sono io.
A mio padre infatti non piacciono le piante, e la cosa peggiore è che non so perché! Quindi, se potesse, farebbe incendiare la foresta in cui è immerso il suo castello, ma non lo fa perché se lo facesse, la gente comincerebbe a lamentarsi e così via, per portare un vero caos. Così, per le occasioni speciali, che capitano pochissime volte, manda qualcuno a prendere dei fiori.
Così, stava osservando dall’alto al basso ogni persona in quella stanza per mandarla a prenderli.
“Posso andare io a prendere i fiori?”
Gli chiesi poi, perché insomma: stare chiusa tutto il giorno in camera durante il mio compleanno? Neanche per idea. Non per un altro anno ancora.
Mio padre mi fissò un paio di secondi, poi rispose bruscamente
“NEANCHE PER SOGNO! Sai quanti pericoli ci sono? Ci sono gli animali selvatici, la piante pericolose, e soprattutto quei ladri senza scrupolo che rubano senza pietà! Neanche per sogno!”
Io sbuffai
“Maddai, quanti problemi che ti fai! Se ci sono davvero questi ladri di cui tutti hanno tanta paura, basta che non si capisca che sono un principessa. Non dovrò mica portarmi dietro tutto il corteo. Molto semplice”
Il re sospirò.
“E va bene. Ma non allontanarti troppo, torna prima del crepuscolo e, soprattutto, SE VEDI QUALCUNO DI SOSPETTO allontanati subito. Intesi?”
“Intensissimo!”
Gli feci un mega sorriso e filai in camera mia per cambiarmi. Un vestito modesto? Come faccio a trovare un vestito modesto se sono una principessa?
Ok alloooora… una mini mini gonna, perché insomma, nella foresta con una gonna lunga? Non credo. Un maglione, delle scarpette e delle calze. Bè, il meglio che potevo fare.
Quando stavo per uscire, mi diedi una piccola occhiata allo specchio, e mi accorsi di una piccola cosa: cosa ci faceva sulla mia testa la corona? Presi la piccola coroncina  dorata e la poggiai sul cuscino sopra il comodino, riservato solo e soltanto alla corona.  Perché dare così tanta importanza ad un oggetto qualunque?
Presi un cesto e uscii. Non sapevo esattamente dove andare, ma sapevo che quel posto era così pieno di fiori che ormai ne cadevano dal cielo. Un altro motivo per cui la popolazione comprava fiori a basso prezzo.


 

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Quindi, era impossibile non trovarne in giro. Presi un piccolo sentiero sterrato che conduceva nel più fitto della foresta. Ero contenta perché non sarei stata rinchiusa nella mia stanza, ma allo stesso tempo ero un po’ impaurita e preoccupata perché era la primissima volta che mettevo piede nella foresta. Feci dei respiri profondi e mi incamminai più sicura.
All’interno, dopo due grandi alberi, che erano ripiegati su di loro, come se si stessero abbracciando, ai cui piedi c’erano un cespuglio di mirtilli e uno di fragole, c’era un campo pieno di fiori di tutti i colori possibili e immaginabili.
Sorrisi a quella specie di porta. Decisi di raccogliere un paio di quei piccoli frutti, per portarli a casa. Quando attraversai quell’arco, mi trovai in mezzo a un campo di fiori, che si estendeva ancora più in là di quello che si vedeva da fuori. Mi misi a ridere. Feci una giravolta, facendo alzare la gonna, e mi buttai sul prato. Da sotto i fiori erano ancora più belli e profumati. Chissà perché mio padre detesta i fiori. Chi lo sa… Quando mi misi ad ascoltare più attentamente i rumori della foresta, iniziai a sentire gli uccellini cantare, il ronzare delle api, e il dolce scroscio del fiumiciattolo lì dietro. Cominciai ad apprezzare di più i rumori della foresta. Insomma, al castello l’unico “rumore” che si poteva sentire erano le prove dei musicisti, che in realtà non mi avevano mai interessata. In quell’immensa orchestra di suoni, però, si sentiva qualcosa che stonava, come uno strumento mal accordato o un tempo mal contato. Affinai l’udito e cercai di capire cos’era. Sembravano delle voci. All’inizio non ci feci caso, ma poi la curiosità cominciò a farmi quasi male. Maddai!
Mi alzai quasi di mala voglia e cominciai a seguire quel suono. L’udito mi portò a seguire delle specie di ombre. Naturale, c’era un buio quasi totale. Li seguii cautamente, facendo crescere intensamente la mia curiosità. Mentre seguivo questi tipi, sentivo che stessero come sussurrando. Capii solo che una figura più grande stava parlando con una leggermente più piccola che chiedeva sempre all’altra qualcosa, e quella più grande rispondeva che mancava poco. Poco per cosa? L’unico modo per scoprirlo era seguirli, no? Intanto, mi stavo infiltrando sempre più dentro, finché, non vidi una fioca luce, che sembrava anche la meta degli altri.
Quando arrivarono, mi nascosi dietro un grosso albero, che faceva quasi il triplo della mia larghezza, quindi stavo bene. Tenevo stretto il cesto pieno di frutta e fiori.
Guardai meglio, e notai dei ragazzini, seduti su tronchi intorno a un fuoco. Ero ormai matta di curiosità, tanto che mi sporsi troppo in avanti, tanto che scivolai, attirando l’attenzione di tutti i presenti. Tenevo gli occhi bassi, mentre mi dicevo:
 “Tranquilla, tranquilla, non succederà niente, non succederà niente”
Tenevo gli occhi serrati.
All’improvviso, dopo un paio di secondi di silenzio tombale, alzai la testa e aprii gli occhi.
Un tipo tutto rosso disse:
“Sul serio? Nessuno ha intenzione di fare qualcosa? E’ evidente anche per me che ci stava spiando!”
 Un altro tutto blu gli rispose:
“Calmati Knuckles, non è detto che ci stesse spiando”
Fece con un tono calmo.
“Comunque, qualcuno deve fare qualcosa”
Rispose lui come offeso
Dopo questa affermazione, i cinque si fissarono per pochi secondi. Se fosse continuata così mi sarei seriamente imbarazzata.
Una ragazzina con le fattezze di un coniglietto alzò gli occhi e si diresse verso di me.
Cominciai a tremare leggermente.
Quando fu abbastanza vicina, mi tese una mano e fece un sorriso.
“Ciao, sono Cream. Vuoi sederti con noi? Non sembra che tu stia al meglio vestita così”
Io le ricambiai il sorriso, afferrai la sua mano e mi alzai un po’ tremante per la figuraccia appena fatta. Tenni gli occhi bassi.
Seguii la coniglietta che si sedette su l’estremità di un tronco. Restai in piedi qualche secondo, indecisa su cosa dovevo fare, fino a quando mi indicò un posto accanto a lei. Mi sedetti un pochino imbarazzata.
Silenzio.
In realtà, mi sarei messa a parlare di tutto e di più, ma avevo come la sensazione che fossi un peso morto. Insomma, ero piombata lì all’improvviso.
Feci un sonoro respiro, e finalmente proferii parola, ma senza alzare lo sguardo.
“G-guardate c-che se vi s-sono d’intralcio p-potete mandarmi v-via…”
Balbettai
Tutti i presenti si girarono verso di me, un po’ stupiti.
“Perché?”
Chiesero tutti in coro.
Un ragazzo che sembrava una volpe sussurrò a quello blu qualcosa.
Quello blu annuì, mi guardò e poi chiese:
“Bene, cosa vorresti sapere di noi?”
Con un tono quasi di disinteresse
Puntai lo sguardo al nulla, e ci riflettei su.
Dopo pochi secondi ebbi la mia risposta:
“Innanzitutto, vorrei sapere i vostri nomi”
Per me era la domanda più banale che potessi fare, ma era la base per un rapporto.
“Okay”
Fece quello blu.
Poi disse:
“Mi chiamo Sonic, un riccio super veloce”
Mmmh, presentazione molto superficiale, pensai.
Poi parlò la coniglia di prima
“Beh, io sono Cream, come sai, sono un coniglio”
E mi sorrise.
Poi la parola passò a quello rosso
“Io invece sono Knuckles…”
Fece imbronciato come un bambino.
Alzai le spalle. Veramente non mi dava l’impressione di uno tanto intelligente. Ma, solo un’impressione.
Poi l’ultimo
“Emh, io invece sono Tails, sono una volpe”
fece come un po’ imbarazzato.
Poi, quello blu… emh, intendevo dire Sonic, mi si sedette accanto e chiese
“E tu, invece?”
Io lo fissai negli occhi per qualche attimo, poi abbassai la testa a guardare il fuoco: Feci un respiro e parlai
“Io mi chiamo Amy e sono…”
Mi bloccai. Stavo per dire che ero una principessa? Era meglio mantenere un profilo basso, almeno per quel momento.
“E che animale sei?”
Mi chiese quello accanto a me.
Stavo per rispondere, quando Sonic prese uno dei miei aculei e si mise a giocarci. Diventai rossa come una fragola. Ma come si permetteva?! Non mi faceva diventare rossa solo il fatto che mi stesse troppo vicino, anche se di certo non aiutava, ma più il suo tocco, che era morbino e delicato, nonostante vivesse nella foresta!
Beh, che ci potevo fare in quel momento.


 

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


“Emh…”
Feci imbarazzata
“Sono un riccio”
Dissi con una punta di orgoglio.
Sonic mi guardò un po’ sorpreso e smise (finalmente) di giocare con i miei capelli. Stavo per tirare un sospiro, quando mi accorsi che stava scendendo il sole.
Feci un urlo che quasi li spaventavo tutti.
“Che c’è? Che c’è?”
Saltò sulla difensiva Knuckles
“Ehm, niente di cui preoccuparsi. Solo che avevo promesso a mio padre che sarei stata a casa prima del tramonto”
Sospirai.
Prima mi guardarono tutti un po’ straniti, poi Sonic assunse un tono orgoglioso e disse:
“Tranquilla. Dove vuoi che ti lascio?”
Lo guardai per qualche secondo.
“Come scusa?”
Chiesi un po’ confusa
“Dov’è che vivi? Così ti lascio lì”
Mi rispose
“No no, tranquillo. Ci torno da sola a casa”
Feci un po’ infastidita
“No. Come faccio a lasciarti andare da sola?”
Disse lui
“Emh, grazie. Ma ci posso tornare da sola a casa”
Risposi più infastidita
“Non se ne parla. Non lascio una ragazzina come te da sola per la foresta.”
Si arrabbiò.
Io, gli avrei volentieri chiesto se si ascoltava quando parlava, ma in quel momento avevo altre cose di cui preoccuparmi.
Alla fine sbottai.
“Come ti permetti di darmi della ragazzina? Io sono…”
Non finii la frase, perché mi accorsi di nuovo che stavo per rivelare la mia “identità segreta”. Sospirai.
“E va bene, hai vinto. Lasciami al castello”
Dissi con naturalezza.
Tutti mi fissarono
“Come? Al castello? Tu vivi lì?”
Mi chiese sospettoso
“No no, è che posso cavarmela da sola da lì”
Sonic annuì
“Solo un’ultima domanda: come facciamo ad arrivarci?”
Chiesi distrattamente
“Ora vedrai”
Mi fece lui
Stavo per mettermi a ridere per la situazione creatasi, quando lui mi prese in braccio come una sposa e un secondo dopo stava correndo a perdifiato per la foresta. Mi ci vollero, vediamo, 1,2,3,… insomma, un’eternità di secondi per capire cosa stesse succedendo, ma quando lo capii, eravamo già arrivati.
Mi mise giù e io mi sentii un po’ frastornata. Lo guardai negli occhi, e ci mettemmo entrambi a ridere.
“Dai, non può essere stato così male!”
Scherzò lui
“No no, è stata la cosa peggiore del mondo!”
Gli risposi sarcastica.
Lui si imbronciò e io mi misi a ridere.
Quando tornammo seri, almeno un po’, lui mi disse
“Domani vuoi tornare? Posso venire qui a prenderti”
Io feci finta di pensarci su, ma in realtà ero dall’inizio dell’idea di tornare
“Certo!”
Gli risposi euforica.
Lui annuì e tornò a correre verso la foresta.
Mi era piaciuto un sacco passare quella strana giornata. O forse non era strana, forse era solo che io non ci ero abituata.
Quando mi accorsi di che ore erano, quasi mi veniva da svenire.
Quando entrai, trovai mio padre che camminava da una parte all’altra borbottando qualcosa.
Quando mi vide entrare, prima mi fissò, poi si mise a urlare:
“MA DOVE ERI FINITA??? TI RENDI CONTO CHE MI HAI FATTO PREOCCUPARE????”
Io abbassai lo sguardo imbarazzata.
“Scusi padre”
Gli risposi. Solo per un ritardo? Seriamente? Capisco che fosse un re, ma non si può pretendere la perfezione da una bambina di soli 10 anni! Giusto?
Mi stavo per mettere a rispondergli di tutto e di più, ma si girò e mi disse con aria indignata:
“Va’, devi vestirti. Ci sarà la cena e poi tutti gli ospiti nobili che abbiamo invitato”
Io mi sono girata e sono andata lentamente in camera mia. Trovai su un manichino un vestito pronto all’uso. Era di stoffa rosa sul busto, dalla vita in giù si scuriva e verso la fine si apriva in più strati. Tutto era decorato con ricamature d’oro dappertutto. Il vestito in sé per sé non era male, ma avrei preferito non usarlo per ricevere ospiti. Mi annoiavano fin da quando ero piccola, dicendo sempre che ero molto carina o che mi ero meritata di essere regina, anche se non avevo fatto nulla di speciale. Posai il cestino sul letto e cominciai a indossare il vestito. Ero troppo ansiosa persino da non far entrare i servi per il trucco, non che ne avessi voglia, dopotutto tutte quelle formalità eccessive mi stancavano. Dopo tutto quel movimento, mi sedetti sopra il letto, e feci un lungo sospiro.
Avrei tanto voluto scappare da quella situazione, che avevo vissuto per nove, quasi dieci anni, ma ora, a differenza di tutte le altre volte, mi sentivo troppo stanca.
Mi stesi e feci sbuffare la pesante coperta di piume.
Mi portai alla bocca uno di quei piccoli fruttini colorati che avevo raccolto nella foresta.
Erano davvero buoni.
Mi alzai e uscii dalla stanza. Mi sembrava davvero scomodo quel vestito: era veramente troppo stretto e ogni volta che facevo un passo dovevo stare attenta perché rischiavo di inciampare. Insomma, una cosa insopportabile.
La cena si faceva prima, quindi entrai nella sala da pranzo, con un tavolo lungo lungo, con diciassettemila posti, insomma, aveva tantissimi posti, che non servivano a nulla, dato che la cena si fa da soli e mio padre non invita ospiti per mangiare.
Mi sedetti scostando i migliaia di veli del mio vestito. Non avevo tanta voglia di mangiare, anche se la giornata appena passata non era stata di certo la più rilassante, e poi mi sentivo improvvisamente stanchissima. Di certo se qualcuno, ad esempio qualcuno uscito dal nulla, si fosse messo a parlare di qualcosa super noioso, mi sarei addormentata seduta stante. 
Sapevo che se non avessi mangiato qualcosa o mio padre si sarebbe preoccupato, o mi avrebbe obbligata, e in quel momento aveva l’aria di scegliere in tutto e per tutto la seconda opzione.
Ogni secondo che passava, però, avevo sempre di più la sensazione che le mie palpebre fossero anche loro stanche, e non riuscivano a stare su.
Dopo un pochino, cedetti al sonno. Non sapevo esattamente perché mi successe, ma fui grata di quel piccolo incidente, perché saltai tutta quella noia di ospiti.

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