Evening, Night, Sunrise

di channy_the_loner
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Little Secret ***
Capitolo 2: *** Irreplaceable Him ***



Capitolo 1
*** Little Secret ***


Little Secret (Evening)

 

Era platonicamente indecisa: tirare un sospiro di sollievo o continuare a stare all’erta? Entrambe le opzioni le parevano sì contraddittorie, ma di una necessità che le avrebbe influenzato la vita in ogni caso. Riposare o vegliare? Chiudere gli occhi o girare in tondo? Con quel dilemma per la testa, si sentì improvvisamente Amleto. Le venne da sorridere; non aveva mai avuto il piacere di leggere quell’opera shakespeariana di tanto successo poiché non ne era ancora in grado, eppure conosceva a memoria tutta la storia. Nonostante fosse poco più grande, Ray aveva avuto tra le mani molti più libri rispetto a lei. Gli piaceva sfogliare libri di ogni taglia e argomento, imprimerli nella mente – e anche leggerli agli altri. Sembrava così tenebroso e solitario, ma quel ragazzino era dotato di una gentilezza e di una premura fuori dal comune; la dimostrazione più drastica di tale tesi sarebbe potuta essere il tentato suicidio di qualche giorno prima, un folle piano malvagio fortunatamente sventato che voleva compiere per aiutare gli altri a fuggire. Come avrebbero fatto senza di lui? Ray non rappresentava unicamente una grande risorsa per la sopravvivenza della loro famiglia, ma ne era anche un membro effettivo; gli volevano bene, era il loro fratello maggiore nonostante tra tutti loro non ci fosse alcun legame di sangue.


Fratello – era una così bella parola, quella, eppure ad Anna non piaceva affatto. Non sapeva spiegarsi il motivo, forse non le importava neanche. In quel momento, l’unico suo desiderio era quello di vedere Ray tornare sano e salvo dalla sua missione. I preparativi stavano procedendo velocemente e, ormai, il giorno della partenza era alle porte. Non poteva notarlo guardando fuori dalla finestra – perché in un rifugio sotterraneo certamente non sarebbe filtrata la naturale luce del sole – ma era sera, ed era ora di darsi una mossa. Nel suo piccolo non era in grado di fare molto, non ancora, perciò si era ancorata la responsabilità di occuparsi delle faccende infermieristiche. E Ray, falsamente tranquillo, le sedeva davanti ed evitava di guardarla. Delicatamente gli tolse le bende dall’orecchio. Disse, subito dopo: «Menomale, la ferita all’orecchio si è rimarginata. Puoi stare anche senza garza».


Lui le rivolse un sorriso soddisfatto, stavolta facendo incrociare i loro sguardi. «Grazie, Anna. Per avermi curato l’orecchio e anche per gli altri preparativi», disse. Anna stava per parlargli ancora, moriva dalla voglia di farlo, di avere un dialogo con lui, uno più lungo del solito scambio di battute monosillabico. Ma Ray la precedette: «Grazie a tutti», e rivolse un’occhiata colma di gratitudine a Lannion, Thoma, Nath e Jemima, gli altri bambini presenti nella stanza.


La ragazzina se ne dispiacque, ma il malumore fu veloce a passarle; ad aver parlato era stato l’affetto che lui provava nei confronti della sua famigliola di fuggitivi, quella stessa tenerezza che gli aveva fatto decidere di intraprendere un’avventura senza precedenti, una missione di sopravvivenza per incontrare finalmente William Minerva. Ne era all’altezza, avrebbe trionfato anche quella volta, esattamente come faceva durante i test giornalieri alla Grace Field House; punteggio pieno, mente fresca, una nuova meta da raggiungere, una nuova vita da vivere. Eppure, Anna non riusciva a tranquillizzarsi: lo spettro della paura le stava incastrando nella testa una moltitudine di pensieri negativi, una tragedia dietro l’altra. «Ma che dici?» gli chiese retoricamente. «È il minimo che potessimo fare.»


Sentì nuovamente lo sguardo color selva di Ray su di sé, e percepì distintamente il suo cuore aumentare i battiti; schiuse nuovamente le labbra: «In realtà…» “mi piaci”. Ma non gliel’avrebbe detto, non in quel momento, non in quella situazione, non con i suoi fratelli accanto. «… vorremmo tutti venire insieme a voi», riuscì a biascicare. Ma l’attenzione su di sé era fin troppa per i suoi gusti, pertanto provvedé a spostarla. «Soprattutto Don e Gilda. Sono addolorati e preoccupati.»


Quando non ci fu più nulla da aggiungere, il corvino annuì, poi si alzò dalla sedia e andò via, lasciando che gli occhi azzurri di Anna lo seguissero fin dove possibile. La ragazzina abbozzò un sorriso morbido mentre era intenta a sistemare le bende e i cerotti nuovi all’interno di un cassetto; i suoi fratelli non si accorsero del suo mutevole stato d’animo e si catapultarono fuori dall'infermeria, richiamati da Emma, sicuramente indaffarata in altro. Sarebbe stato bello, pensò la bionda, se avesse rivelato a qualcuno i sorprendenti sentimenti che provava per Ray, ma si convinse che avrebbero potuto rappresentare unicamente una futilità in quelle gravose circostanze. Perché complicare ulteriormente le cose?


Non l’avrebbe mai detto a nessuno. Sarebbe stato il suo piccolo segreto.

 

 

 

 

Angoletto dell’Autrice!!

Mmhh, le mie intenzioni iniziali erano ben diverse da questa one-shot. Avrei voluto scrivere qualcosa di romantico, il classico amore segreto delle ragazze appena adolescenti – e invece ho fatto un ruzzolone nell’angst. E che ce voi fa’?

Chi legge il manga, penso che abbia capito che ho cercato di seguire al meglio la scena dell’infermeria. Secondo me il personaggio di Anna merita più attenzioni, credo sia molto capace esattamente come Don e Gilda. Vedo che questa biondina è un po’ trascurata nel manga, ma non mi soffermo molto su questa cosa dato che ho ancora molti capitoli da recuperare! Voi cosa ne pensate? (no spoiler pls ;;;)

Spero che questa prima one-shot vi sia piaciuta (una recensioncina?) e io vi aspetto alla prossima!

-Channy

 

 

Post Scriptum: PER ME RAY SOTTO SOTTO UNA COTTARELLA PER ANNA CE L’HA CHANGE MY MIND ma perché sto urlando?

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Capitolo 2
*** Irreplaceable Him ***


Irreplaceable Him (Night)

 

 

Uno strambo paragone attribuibile a quella bambina era quello dei pannelli solari: durante il giorno una carica d’adrenalina e allegria avvolgeva il suo corpo, la sua mente e il suo spirito, ma era durante la notte che emergevano le sue insicurezze, le sue paure, le sue disperazioni, i suoi incubi – il suo entusiasmo scemava pian piano, e si spegneva, in attesa della nuova spronata che le avrebbe dato il mattino seguente. E allora si girava nella coperta, ancora tormentata dall’improvvisa piega che aveva assunto la sua vita. Appena una settimana prima o poco più si trovava a casa sua, mentre in quel momento era in un bunker nel bel mezzo di un deserto, in compagnia di uno sconosciuto dotato di un’instabilità mentale sufficiente a fargli compiere una follia. Aveva ammesso a se stessa che in realtà le cose non stavano procedendo affatto male, piuttosto il vento pareva girare a favore; l’indomani si sarebbe svegliata di buon’ora, avrebbe salutato i suoi fratelli e sorelle, e sarebbe partita con Ray e il signore senza nome alla volta del punto A08-63, incontrando Minerva e i suoi alleati. E allora, perché continuava a percepire uno straziante dolore al petto?

 

Avrebbe potuto porsi un gran numero di interrogativi, tutti quelli esistenti se necessario, ma la risposta a ognuno di questi sarebbe stata sempre e solo una, la stessa per ognuno: Norman. Erano passati poco meno di tre mesi dalla sua morte, eppure il tempo pareva essersi fermato lì, a quell’angosciosa sera di novembre, quando il portone di Grace Field House si era chiuso alle spalle del ragazzino, vestito in modo elegante e impeccabile. Nei suoi incubi, non vedeva più Conny; Emma vedeva Norman. Lo scenario era sempre il medesimo: il bianco dei vestiti sporcato di rosso scarlatto, gli occhi azzurri privi del bagliore vitale, le dita delle mani viola e fredde. Una normalità agghiacciante che continuava, imperterrita, a far svegliare di soprassalto la rossa. Dormire non le era mai piaciuto ma, da quando quella storia dell’orrore aveva avuto inizio, aveva iniziato ad odiare quella necessaria pratica notturna. Addormentarsi era l’unico modo per rivederlo, eppure lui continuava a rimanere morto – e allora che senso aveva? Che senso aveva illudersi che lui fosse ancora lì, con lei? Che senso aveva sognarlo, svegliarsi e realizzare ancora una volta che non l’avrebbe raggiunta mai più?

 

Le serviva forza, quella forza che solo lui era in grado di scovare dentro di lei. Nessuno ci riusciva, nessuno sapeva come incitarla a non arrendersi e a combattere. A Norman bastava solo uno sguardo. Quel ragazzino dai corti capelli bianchi aveva quella straordinaria capacità di leggerle dentro che Emma non ritrovava in nessun altro, neanche in Ray – eppure voleva bene a entrambi allo stesso modo. Cos’era quel piccolo dettaglio che differenziava quei due?

 

Sempre a portata di mano, tirò fuori dalla tasca la fotografia che la ritraeva con il suo vecchio migliore amico. Era indubbiamente la cosa più preziosa che avesse, la testimonianza che Norman era esistito per davvero e non era mai stato solo frutto di un’immaginazione collettiva. E forse, metterla su quel piano, le faceva ancora più male. Il suo suo viso era una smorfia buffa, lui se la rideva di gusto; aveva sempre reputato molto importante il sorriso, ma solo negli ultimi tempi iniziava a sembrarle così bello. Se se ne fosse accorta prima, cosa sarebbe cambiato tra loro? Non era la prima volta che Emma se lo domandava, ma mai aveva dato rilevanza a quella minuscola pulce che abitava nel suo orecchio – in quello che le era rimasto.

 

Abbracciò l’istantanea, per quel che poteva almeno. Possibile che riuscisse a sentire il calore di Norman attraverso la sottile figlia di una polaroid? Se solo fosse stato possibile viaggiare nel tempo, avrebbe trovato il modo di impedire la sua spedizione; non avrebbero commesso errori, la loro madre non li avrebbe raggiunti nel bosco, non le avrebbe fratturato la gamba. Avrebbe potuto continuare a sentire il profumo di lui, avrebbe potuto continuare ad ascoltare la sua voce, avrebbe potuto continuare a lasciarsi andare sulla sua spalla, il sostegno più forte che conoscesse. Si fidava molto dei suoi fratelli e compagni, ma nessuno era come lui.

 

«Norman», sussurrò, come se avesse potuto effettivamente udire quel richiamo. E giurò di aver sentito una risposta, un leggero fruscio proveniente da qualche parte nella grande stanza adibita a camera da letto; forse l’aveva solo immaginato, forse qualcuno nel sonno si era mosso, ma a Emma bastava. Era diventato il suo angelo custode, un guerriero invisibile che l’avrebbe protetta anche da chissà dove.

 

Chiuse le palpebre, le ciglia bagnate di lacrime, e lasciò che fosse la sua anima a riabbracciarlo.

 

 

 

Angoletto dell’Autrice!!

Se c’è qualche ingegnere che mi sta leggendo, è probabile che mi stia insultando: no, non so esattamente come funzionano i pannelli solari, ma nella mia testa è un paragone così assurdo che mi ha fatto venire voglia di scriverlo a qualsiasi costo. … Focalizziamoci sul contenuto della one-shot, che è meglio ^^’

Eh no, questa scena è completamente original, nel senso che nel manga non è mostrato nulla di tutto ciò che ho descritto qui. Sta di fatto che Emma adora quella fotografia, quindi per me è uno scenario plausibile eeee la shippo tantissimo con Normanno – wow che soprannome lmao

Spero che la lettura sia stata di vostro gradimento. A presto con l’ultima one-shot!

-Channy

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