La Donna Sbagliata

di eddiefrancesco
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 Capitolo ***
Capitolo 2: *** 2 Capitolo ***
Capitolo 3: *** 3 Capitolo ***
Capitolo 4: *** 4 Capitolo ***
Capitolo 5: *** 5 Capitolo ***
Capitolo 6: *** 6 Capitolo ***
Capitolo 7: *** 7 Capitolo ***
Capitolo 8: *** 8 Capitolo ***
Capitolo 9: *** 9 Capitolo ***
Capitolo 10: *** 10 Capitolo ***
Capitolo 11: *** 11 Capitolo ***
Capitolo 12: *** 12 Capitolo ***
Capitolo 13: *** 13 Capitolo ***
Capitolo 14: *** 14 Capitolo ***
Capitolo 15: *** 15 Capitolo ***
Capitolo 16: *** 16 Capitolo ***
Capitolo 17: *** 17 Capitolo ***
Capitolo 18: *** 18 Capitolo ***
Capitolo 19: *** 19 Capitolo ***
Capitolo 20: *** 20 Capitolo ***
Capitolo 21: *** 21 Capitolo ***
Capitolo 22: *** 22 Capitolo ***
Capitolo 23: *** 23 Capitolo ***
Capitolo 24: *** 24 Capitolo ***
Capitolo 25: *** 25 Capitolo ***
Capitolo 26: *** 26 Capitolo ***
Capitolo 27: *** 27 Capitolo ***
Capitolo 28: *** 28 Capitolo ***
Capitolo 29: *** 29 Capitolo ***
Capitolo 30: *** 30 Capitolo ***
Capitolo 31: *** 31 Capitolo ***
Capitolo 32: *** 32 Capitolo ***
Capitolo 33: *** 33 Capitolo ***
Capitolo 34: *** 34 Capitolo ***
Capitolo 35: *** 35 Capitolo ***
Capitolo 36: *** 36 Capitolo ***



Capitolo 1
*** 1 Capitolo ***


Londra 1815 - All'altare...- gemette la signora Mitchell, lasciandosi cadere con cautela sulla poltrona più comoda del salotto. - La mia primogenita abbandonata all'altare! Devi fare qualcosa, mio caro. Sfidarlo a duello o sfregiarlo con un frustino da cavallo. Non merita altro.- - Mi sarà un po' difficile - replicò il marito con lucidità, - dato che nella sua lettera ci informa che è già partito per la Francia.- Una lucidità davvero rimarchevole, se si considera che un'ora prima il signor Mitchell si stava congratulando con sé stesso perché era riuscito a sbarazzarsi della figliastra dandola in moglie a un uomo che, tutto sommato, era un ottimo partito, essendo lui un lord e lei figlia di un mercante, e neanche di una bellezza irresistibile. Per tutta risposta, sua moglie batté i piedi per terra stizzita, annunciò che stava per svenire, e prontamente lo fece. Le due figlie minori, che la signora aveva avuto dal suo secondo marito, il signor Mitchell, singhiozzavano su un sofà, mentre la governante si torceva le mani, sussurrando a intervalli: - Oh, povera ragazza. Oh poveretta...- L'unica persona calma in quella stanza era proprio la giovane in questione, la diciannovenne Susanna Beverly, che con grande presenza di spirito strappò una piuma del ventaglio, la passò rapidamente sul fuoco poi la mise sotto il naso della madre per rianimarla. La donna si mise a sedere di scatto, esclamando: - Susanna, come puoi essere tanto calma quando quell'uomo ti ha rovinata? Prima di stasera la notizia avrà fatto il giro della città. Sarà il pettegolezzo più ghiotto della stagione mondana.- - Oh mamma...- Susanna sospirò. - Non esagerare. Io non sono stata sedotta. Solo abbandonata.- - Non capisci che è lo stesso? Nessuno, nessuno sposerebbe mai una ragazza che è stata abbandonata all'altare! Oh, è tutta colpa tua! Cosa gli hai detto per farlo scappare? - - Niente, mamma, niente.- Solo la sua volontà di ferro le impediva di lasciarsi prendere dall'isterismo come il resto della famiglia. Ma dentro di sé tremava di rabbia per l'insulto che le era stato fatto. Arrivare in chiesa, aspettare uno sposo che non si presentava, e alla fine ricevere una lettera...E che lettera! - Ho cambiato idea e non ho più desiderio di sposarmi. Ho deciso di partire per la Francia questa sera stessa. Porgete i miei rispetti a Susanna, con la speranza che trovi presto uno sposo più degno di Francis Sylvester. - Era stata recapitata al signor Mitchell dal testimone dello sposo, il quale sembrava costernato di dover assolvere un compito così ingrato. Susanna sospirò di nuovo. Fino a un'ora prima era stata convinta che un bel giovane, con un titolo nobiliare e una discreta fortuna, sarebbe diventato suo marito. Certo, doveva ammettere che, nonostante si fossero frequentati per alcuni mesi estivi, non lo amava alla follia. Ma, del resto, chi amava alla follia il proprio marito, a parte le eroine dei romanzi rosa? Lei e Francis s'erano trovati bene insieme, anche se i loro interessi divergevano. Per questo non riusciva proprio a immaginare perché si fosse comportato in un modo così crudele. Francis aveva avuto tutto il tempo di tirarsi indietro durante i mesi del loro fidanzamento, quando una rottura non avrebbe rovinato la sua reputazione in modo tanto catastrofico. Poiché Susanna si rendeva conto che quello che diceva sua madre era la verità. Essere abbandonata all'altare equivaleva a un'emarginazione sociale. Era stato a causa del suo aspetto? Susanna sapeva bene di non avere la bellezza bionda da cherubino delle sue sorellastre. Era graziosa, certo, ma non aveva nulla di straordinario, a parte gli occhi grigioazzurri che Francis aveva spesso ammirato. I suoi capelli erano castani, il volto ovale e minuto. E i suoi lineamenti, anche se gradevoli, non erano di una perfezione classica. Né era particolarmente ricca. Possedeva un piccolo patrimonio personale che suo padre non aveva avuto la possibilità di rendere cospicuo a causa della sua morte prematura. E il suo patrigno, avendo due figlie proprie di cui occuparsi e cullando ancora la speranza di avere un giorno un erede maschio, non aveva fatto grandi sforzi in quel senso. Susanna raddrizzò le spalle e alzò la testa. Commiserarsi non serviva a niente. Ciò che era accaduto non si poteva cambiare. - Vado in camera mia. Mandami Mary, per favore, mamma. Vorrei togliermi di dosso quest'abito. Mi è diventato inviso. E mentre pronunciava quelle parole, vedendo l'espressione con cui la fissava sua madre e il suo patrigno, capì che lei era diventata invisa a loro: un simbolo del tutto disappunto. Non solo avevano perso un genero aristocratico, ma s'erano anche trovati sul groppone una figlia impossibile da maritare. - È necessario, signorina Beverly, che discutiamo della vostra sfortunata situazione immediatamente - esordì il signor Mitchell il mattino seguente, a colazione. - Vi aspetto nel mio studio alle undici in punto.- Susanna aggrottò la fronte. Il suo patrigno non l'aveva mai chiamata signorina Beverly, prima, tantomeno le aveva dato del voi. Anzi, negli ultimi mesi i suoi modi si erano fatti particolarmente affettuosi. Ma non c'era alcuna traccia d'affetto in lui in quel momento, né più tardi, quando Susanna arrivò nel suo studio e lo trovò che stava scrivendo furiosamente alla scrivania. Il signor Mitchell non si alzò sentendola entrare, ma posò la penna, dicendo: - È una triste faccenda, mia cara. Io contavo su queste nozze per vedervi sistemata. Avevo perfino trovato il denaro per la vostra dote, dato che il vostro promesso sposo era un partito così buono, ma ahimè, ora che la vostra reputazione è compromessa e che difficilmente potrete più sposarvi, la mia carità è fuori questione.- Susanna lo aveva ascoltato sbalordita. Aveva sempre avuto l'impressione che suo padre le avesse lasciato una bella somma di denaro in un fondo fiduciario. E così gli disse. Lui abbozzò un sorrisetto di compatimento. - Cara bambina, è stata una pietosa bugia che ho raccontato a voi e vostra madre. Vostro padre lasciò ben poco. Fece alcuni sfortunati investimenti prima della sua prematura scomparsa. Io vi ho mantenuta, ed ero perfino disposto a fornirvi la dote che vostro padre vi avrebbe dato quando sperai che avreste fatto un buon matrimonio. Ma ora non v'è più motivo perché io continui con questa finzione. Ho il triste compito di informarvi che, anche se vi aiuterò a rifarvi una vita, non posso più permettermi di provvedere a voi.- Susanna non poteva sapere che non c'era una parola di vero in ciò che il suo patrigno le stava dicendo. Era lui che aveva fatto gli investimenti sbagliati, non suo padre. Il signor Mitchell aveva sottratto denaro al fondo sin da quando aveva sposato la madre di Susanna e ora vedeva una magnifica opportunità per mettere le mani sull'intera somma. - Vi verserò una piccola rendita annuale, perché non lascerò che la figlia di mia moglie se ne vada in povertà. Oh no. Inoltre ho scritto una lettera a una mia anziana amica, una certa signorina Stanton, che vive nello Yorkshire. Mi aveva pregato di trovarle una dama di compagnia e io non esiterò a raccomandarle voi. Vi darà una comoda casa in cambio di poche semplici incombenze.- Le sorrise, aggiungendo col suo tono più gentile: - Vedete, mia cara, continuo ad avere a cuore i vostri interessi.- Susanna rimase per qualche istante in un silenzio allibito, il cuore che le martellava nelle orecchie. - Non avevo idea...Se fossi stata consapevole della mia reale posizione, vi avrei ringraziato prima, ma...- Samuel Mitchell alzò una mano. - Non mi dovete alcun ringraziamento, mia cara. Ho fatto solo il mio dovere. Spedirò la lettera immediatamente, ma non temete. Sono sicuro che la signorina Stanton sarà felice di assumervi. Fino ad allora, continuate pure a considerarvi nella mia casa come una delle mie figlie.- Susanna annuì in silenzio.

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Capitolo 2
*** 2 Capitolo ***


Susanna Beverly si sentiva privata del dono della parola. Il giorno prima, stava per diventare lady Sylvester. Quello dopo, era stata informata che era un'orfana senza un soldo, sul punto di essere mandata via di casa per diventare dama di compagnia di un'anziana signora, con tutto ciò che questo comportava. Fare commissioni, portare a spasso il cagnolino... né una domestica né una gentildonna, ma un'ibrida, imbarazzante via di mezzo. Più tardi, sola nella sua stanza, Susanna cominciò a interrogarsi su quello che le aveva detto il suo patrigno. E a sospettare. Era proprio vero che suo padre non le aveva lasciato nulla? Che l'esistenza del fondo non era stata altro che una pietosa bugia? Che negli ultimi dodici anni lei era vissuta grazie alla carità del patrigno? Decise di far visita agli avvocati del suo defunto padre per scoprire la verità. Non avrebbe parlato della cosa al signor Mitchell. Avrebbe detto solo che aveva bisogno della carrozza di famiglia per prendere una boccata d'aria. Ma Mitchell, conoscendo il suo carattere forte e determinato, aveva previsto una cosa simile e riuscì a impedirla dicendo alla moglie che fino alla partenza di Susanna per lo Yorkshire sarebbe stato poco saggio che la ragazza si facesse vedere in pubblico. Sarebbe stato meglio per tutti che restasse confinata in casa. 1819 Era stato uno dei suoi balli più riusciti, dichiarò lady Leominster il mattino dopo a colazione. Suo marito si limitò a un mugolio d'assenso, continuando a leggere il Morning Post. Mai avrebbe ammesso con lei quanto gli fossero utili quei balli e quei ricevimenti. Sua moglie gongolava già abbastanza anche così. - Ed è venuto perfino quel nababbo di Wolfe, che aveva rifiutato tutti gli altri inviti. - Milord ebbe un altro brontolio. Questa volta d'apprezzamento. Aveva passato una proficua mezz'ora in compagnia di Benjamin Wolfe, discutendo di opportunità d'investimento alternative dato il prolungarsi del periodo di depressione postbellica. - Mi ha fatto piacere parlargli - concesse burbero. - Quel ragazzo sembra un tipo sveglio. Invitalo alla nostra prossima cena, mia cara.- - Si dice che stia cercando moglie.- - Non dovrebbe essergli difficile trovarla. Con tutti quei soldi che si ritrova...- mormorò lord Leominster. - Questo è vero. Ma la sua nascita? Chi sa qualcosa della sua famiglia? - - Oh, io li conoscevo - tenne a precisare lui sorridendo perché, una volta tanto, era al corrente di qualcosa che sua moglie ignorava. - Stessa famiglia dell'omonimo generale. Lui è andato in India e ha fatto la sua fortuna là.- Sua moglie si strinse nelle spalle e abbandonò l'argomento Ben Wolfe. - Dicono che Darlington stia per chiedere la mano di Amelia Western. Quello sì sarà un matrimonio tra soldi. Le ha riservato le più pressanti attenzioni, ieri sera.- Non ricevette alcuna risposta. Lord Leominster non era interessato a futili pettegolezzi. Ben Wolfe era tutto un altro conto. Certe persone avevano la loro utilità. Come al solito, Amelia aveva quella santerellina della sua chaperon a rimorchio, aveva pensato George Wychwood, visconte Darlington, la sera precedente. Darlington aveva ricevuto la benedizione del padre di Amelia poche ore prima ed era venuto a Leominster House con il solo scopo di dichiararsi. Ebbene, aveva pensato, Amelia non avrebbe più avuto bisogno di chaperon una volta diventata sua moglie, e la santerellina avrebbe presto ricevuto il preavviso e avrebbe dovuto cercarsi un altro posto come dama di compagnia di una vecchia befana, o accompagnatrice di qualche altra innocente fanciulla, per assicurarsi che i lupi non se la mangiassero prima degli uomini onesti. A proposito di lupi, non era Ben Wolfe, detto il lupo, l'uomo che stava conversando col padrone di casa? George Darlington s'era accigliato. Aveva menzionato il nome di Wolfe a suo padre, il conte Babbacombe, il giorno prima, e il conte aveva abbozzato una faccia scura e gli aveva consigliato di evitarlo come la peste. - Suo padre era un essere spregevole. Tale padre tale figlio, dico sempre io...Anche se si sussurra che non sia affatto il figlio di Charles Wolfe, ma un bastardello sostituito alla nascita, quando il figlio di Wolfe morì. Credevo che se fosse andato in India... Cosa ci fa di nuovo qui, in società?- Disinteressato, George aveva alzato le spalle. - S'è fatto una fortuna, laggiù, dicono. È diventato un nababbo.- - Soldi. Fanno scordate tutto. - Aveva commentato suo padre disgustato. Il suo tono era stato amaro. Erano in pochissimi a sapere che la famiglia Wychwood si trovava in gravi difficoltà finanziarie e aveva un disperato bisogno del matrimonio che George si accingeva a stringere. Certamente, George non aveva idea di quanto suo padre fosse vicino alla bancarotta. Se l'avesse avuta, non si sarebbe avvicinato a cuore tanto leggero ad Amelia Western, che era seduta in un angolo in compagnia della sua chaperon. Aveva invitato la fanciulla a ballare. - Dopo la danza, ho qualcosa di particolare da dirvi, se la signorina...- Aveva lanciato un'occhiata verso la chaperon. - Vi permette di uscire sulla terrazza con me...Sola. È davvero particolare - aveva aggiunto con un sorriso significativo. - Oh, signorina Beverly - aveva gorgheggiato Amelia. - Sono sicura che mi darete il permesso di accompagnare George sulla terrazza, dato che ciò che ha da dirmi è così particolare. Dopotutto, ci conosciamo fin da bambini.- Susanna che era accompagnatrice e chaperon di Amelia Western da quando la sua precedente datrice di lavoro, la signorina Stanton, era mancata all'improvviso, sapeva perfettamente ciò che George Darlington aveva da dire alla ragazza che le era stata affidata. Sapeva anche che, sebbene lei e Darlington si fossero incontrati diverse volte e avessero perfino conversato, lui non l'avrebbe riconosciuta di certo se per caso l'avesse vista per strada. S'era alzata per rispondergli e il caso aveva voluto che si trovasse alla sua sinistra. Darlington aveva Amelia alla sua destra. In quel preciso istante Ben Wolfe, che li stava guardando dal lato opposto della sala, aveva chiesto a lord Leominster, che era stato appena raggiunto dalla moglie: - È George Darlington quell'uomo laggiù? - Era stata lady Leominster a rispondergli: - Oh, certamente - E in un sussurro complice aveva aggiunto: - Sta parlando con Amelia Western, l'ereditiera. Credo proprio che chiederà la sua mano. - - Davvero? - Ben li aveva guardati, poi aveva chiesto pigramente: - Sono due le giovani donne con lui. Qual è l'ereditiera?- Mai riluttante a fornire informazioni, lady Leominster aveva risposto: - Oh, la giovane a sinistra.- Si sbagliava naturalmente, del resto non aveva mai distinto la destra dalla sinistra, ma prima che suo marito potesse aprir bocca per correggerla lei aveva afferrato il braccio di Ben Wolfe, esclamando: - Oh, venite a conoscere lady Camelford. Ha due belle figlie, entrambe in età da marito! - E così l'errore non era stato rettificato. Lady Leominster non poteva sapere quanto quell'osservazione casuale avrebbe alterato il corso di molte vite. Ben non aveva più avuto occasione di vedere George Darlington e la sua futura sposa insieme, ma più tardi, mentre stava per congedarsi, aveva visto uscire quella che credeva la signorina Western da una delle sale da ballo. Era vestita in modo molto semplice, ma di buon gusto, con un abito in seta color crema. Non esibiva altri gioielli che un filo di piccole perle alla gola. Non era neanche una grande bellezza, ma questo era comune a molte ereditiere, e lui non poteva che apprezzare il fatto che non si fosse addobbata, esibendo tutte le sue ricchezze. Susanna non aveva mancato di sentire su di sé quello sguardo scrutatore. Aveva visto quell'uomo un paio di volte, durante la serata, e il suo aspetto l'aveva incuriosita. Una delle altre dame di compagnia le aveva detto chi era, e che era soprannominato 'il lupo'.

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Capitolo 3
*** 3 Capitolo ***


Quel nomignolo gli si addiceva, aveva pensato Susanna. Wolfe era alto e imponente, con le spalle larghe e i fianchi stretti, in questo simile a molti dei giovani uomini presenti. Ma lì finivano le somiglianze. Pochi avevano un viso come il suo. Era un viso vissuto, ancora scurito dal sole dell'India, con un naso pronunciato, una mascella forte, e gli occhi grigi più gelidi che lei avesse mai visto. I suoi capelli erano corvini, già spruzzati d'argento anche se doveva aver superato da poco i trent'anni. Susanna aveva letto che i lupi ululavano alla luna ed erano spietati con le loro prede. Ebbene, spietato lo sembrava davvero, perciò forse ululava alla luna anche lui...Aveva sorriso a quel pensiero, e il sorriso aveva trasformato il suo viso apparentemente scialbo, dandogli fascino e carattere. Ben Wolfe aveva stretto gli occhi mentre lei passava accanto. Così, era quella la donna destinata a rifoderare d'oro la cassaforte di Babbacombe... - Oh signorina Beverly, sono così felice, ora che George ha finalmente chiesto la mia mano! - Aveva gorgheggiato Amelia eccitata, lasciandosi cadere su un divanetto accanto a Susanna. - Significa che, una volta sposata, sarò padrona di me stessa, farò quel che vorrò, andrò dove mi pare, e non dovrò sempre sentirmi dire come deve comportarsi una gentildonna.- Susanna non era riuscita a trattenersi dal chiedere: - Non pensate che sarà a vostro marito che dovrete rendere conto del vostro operato?- - Oh no. Assolutamente. Siamo già d'accordo che ognuno di noi vivrà la propria vita. Soprattutto dopo che gli avrò dato un erede. È così che si usa al giorno d'oggi, no?- Tanti mondani accordi tra futuri sposi, a meno di un'ora dalla proposta di nozze! Aveva pensato Susanna sconsolata. - Ovviamente, significa che dopo la cerimonia nuziale non avrò più bisogno di chaperon. Ma, del resto, voi sapevate che sarebbe successo quando avete accettato di seguirmi. È quello che le chaperon devono aspettarsi, dice George.- Il bel viso di Amelia splendeva al pensiero delle delizie della condizione di donna sposata. Era un po' sorpresa che Susanna non condividesse il suo piacere. - Ha promesso di farmi fare un giro in carrozza nel parco, domani, e ha aggiunto che insisterà con la mamma perché vada senza di voi, ora che siamo promessi sposi. Voi potrete prendervi il pomeriggio libero per cercarvi un altro posto, dice George. È molto premuroso, non trovate? - A Susanna era venuto in mente un altro termine per definirlo, ma aveva deciso di tacere. - Se vostra madre è d'accordo - s'era limitata a mormorare. - Oh, certo che lo sarà! Perché non dovrebbe? - aveva esclamato Amelia. E infatti la signora Western fu d'accordo. Convenne anche con la figlia che Susanna poteva, come gran concessione, prendersi il pomeriggio libero per recarsi dalla signorina Shanks per trovarsi un altro posto. - Non voglio che pensiate che non siamo premurosi - tenne a precisare. Doveva aver parlato con George Darlington, pensò Susanna sarcastica. Ma, di nuovo, non disse nulla, una cosa che era il comune fato delle dame di compagnia, non aveva tardato a scoprire. Fortunatamente, sia per Amelia sia per Susanna, era un bel pomeriggio. Era uscito il sole, ma non faceva troppo caldo, e dopo aver aiutato Amelia ad agghindarsi, Susanna indossò il suo abito sobrio e severo per fare buona impressione sulla signorina Shanks e si avviò verso Oxford Street. Da sola. Non mancava mai di divertirla il fatto che, anche se ad Amelia, di pochi anni più giovane di lei, non era permesso di muovere un passo senza che qualcuno la accompagnasse, era considerato perfettamente sicuro che a uscire sola fosse Susanna. Del resto, a chi sarebbe venuto in mente di aggredire una donna dall'aspetto comune e dagli abiti dimessi, che era chiaramente troppo vecchia per finire in un locale notturno e troppo povera per essere rapita? E fu così che, godendosi il bel sole e il pomeriggio di libertà, Susanna si incamminò senza alcuna preoccupazione verso Oxford Street. Non notò la carrozza chiusa che l'aveva affiancata in Piccadilly, procedendo a passo d'uomo. Così, quando svoltò nella stradina laterale in cui si trovava l'ufficio della signorina Shanks e la carrozza la seguì, non se ne preoccupò fino a quando uno degli uomini, guardandosi attorno per assicurarsi di non essere osservato, non compi' un'azione violenta e improvvisa. Afferrò Susanna da dietro, le buttò una coperta sulla testa e, aiutato dal suo compagno, la carico' sulla carrozza che partì a tutta velocità in direzione della Great North Road. Susanna aprì la bocca per urlare...Poi ci ripensò. Meglio, forse, non provocare i suoi rapitori. Stava per togliersi dalla testa la coperta, quando uno degli uomini lo fece per lei. Si trovò all'interno di una lussuosa carrozza dai finestrini oscurati. Di fronte a lei, seduti sul sedile opposto, stavano due uomini ben vestiti. - Lasciatemi andare! - ordinò, cercando di non tradire la paura. - E subito, avete capito? Non Immagino proprio perché qualcuno dovrebbe avere interesse a rapirmi. Deve trattarsi di un errore.- Il più distinto dei due uomini scosse la testa. - Nessun errore, signorina Western. Abbiamo avuto preciso ordine di rapire voi e nessun altro. Ma non spaventatevi. Non vi verrà fatto alcun male. Ve lo assicuro.- Signorina Western? Susanna si irrigidì. - Voi vi sbagliate. Non sono affatto la signorina Western. E comunque, perché volevate rapirla? - - Su, signorina - intervenne il secondo uomo, che parlava con un accento meno raffinato del primo. - Con noi non attacca. Rilassatevi e godetevi il viaggio.- - Godermi il viaggio! - esplose Susanna. - Figuriamoci! Avete commesso un terribile errore, ma vi prometto che non informerò la polizia, se mi lasciate andare immediatamente. - Basta così - intervenne il Numero Uno. - Ci è stata affidata una missione e nessuno dei vostri trucchetti ci impedirà di portarla a termine. Perciò vi consiglio di starsene tranquilla. - Non ho nessuna intenzione di farlo! - esplose Susanna, lanciandosi verso la portiera per aprirla. L'uomo non faticò a immobilizzarla per la vita e a rimetterla a sedere. Quando scoppiò a ridere, c'era una maliziosa ammirazione nei suoi occhi. - Oh, il mio padrone si divertirà un mondo a domare il vostro spirito, ne sono sicuro, ma io non ho tempo di discutere con voi. Se tentate la fuga un'altra volta, dovrò legarvi le mani. Ho avuto ordine di trattarvi bene, ma voi non mi lasciate scelta.- Le aveva parlato con calma, quasi con deferenza, ma Susanna non dubitava che avrebbe messo in atto le sue minacce, pertanto si appoggiò all'indietro contro lo schienale e cercò di riflettere. Pensavano che lei fosse Amelia. E, se era così, il motivo del rapimento era chiaro. Amelia Western era una nota ereditiera e non sarebbe stata la prima volta che un gentiluomo bisognoso di denaro portava via un'ereditiera per sposarla. Era un'impresa rischiosa, poiché la pena per un atto così grave era la morte o la deportazione, se i genitori della ragazza sporgevano denuncia. Ma molti non lo facevano, se l'uomo era ragionevolmente rispettabile, preferendo accettare un matrimonio forzato piuttosto che ritrovarsi con una figlia dalla reputazione compromessa. Quando, un paio d'ore più tardi, cambiarono cavalli e posta, il Numero Uno le tenne una mano sulla bocca per impedirle di chiamare aiuto, mentre il Numero Due caricava a bordo una cesta di cibo. Una volta ripartiti, il Numero Uno aprì la cesta e le offrì del pollo freddo, che lei rifiutò indignata. - Il pollo non vi piace? Che ne dite di questo, allora? - Chiese l'uomo, mostrandole un panino al prosciutto. - O preferite dell'arrosto? - Lei scostò il cibo con tutta l'alterigia di cui fu capace: - Non voglio mangiare. Date le circostanze, mi andrebbe di traverso.- Il Numero Uno si strinse nelle spalle. - Fate come volete, mia cara. Ce ne sarà di più per noi, eh, Tozzy? Ma il capo ci rimarrà male. Ci aveva raccomandato di rifocillarvi.-

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Capitolo 4
*** 4 Capitolo ***


- Quanta generosità da parte sua! - sbottò Susanna. Forse era infantile, ma l'unico modo che le venne in mente per dimostrare la sua disdetta per quello che le stava succedendo fu di voltare le spalle ai due uomini e sbuffare risentita. Finito il lauto pasto, sulla carrozza scese il silenzio. Susanna riprese una posizione più normale, incrociò le braccia sul petto, reclinò la testa all'indietro contro i cuscini e chiuse gli occhi. Si sentiva sfinita. La penombra e il movimento della carrozza la cullarono in uno stato di dormiveglia. Il Numero Due sussurrò al Numero Uno: - Ha un bel caratterino! Gli terrà testa, questo è certo.- - Oh, ne dubito - sbadigliò il Numero Uno. - Non ho mai conosciuto qualcuno che sapesse tenergli testa in tutti gli anni che sono stato con lui. Passami il vino, Tozzy. Rapire fa venir sete.- Susanna udì quel che aveva detto e si sentì andare il sangue alla testa. Non vedeva l'ora di trovarsi davanti a quel fantomatico capo per dirgli il fatto suo! Ben Wolfe guardava fuori dalla finestra della biblioteca della sua grande casa nel Buckingham-shire. The Den era stata abbandonata quando suo padre era morto e lui era partito per l'India, ma al suo ritorno non aveva risparmiato spese per riportarla all'antico splendore. Guardò l'orologio da taschino. Se tutto era andato secondo i piani, e doveva essere così perché Jess Fitzroy non aveva mai commesso passi falsi, presto la carrozza si sarebbe fermata nel piazzale. E allora lui avrebbe potuto dare avvio alla propria vendetta contro l'uomo che non solo aveva rovinato finanziariamente la sua famiglia, ma era stato anche la causa della morte prematura di suo padre. Era un peccato che la ragazza non fosse una bellezza, ma non si poteva avere tutto dalla vita. Sorrise al pensiero della rabbia di Babbacombe, quando l'ottimo matrimonio che aveva combinato per il figlio sarebbe sfumato e lui si sarebbe ritrovato sull'orlo della bancarotta. Ben era certo che, nonostante avesse rapito la loro figlia allo scopo di sposarla, i Western lo avrebbero considerato un partito ancora migliore di Darlington, una volta che avessero scoperto la straordinaria ingenza delle sue ricchezze e la precaria situazione finanziaria della famiglia Wychwood. Aveva appena raggiunto questa conclusione quando la carrozza spuntò in fondo al viale. Storse la bocca in un sorrisetto soddisfatto. Jess aveva portato felicemente a termine un'altra missione per lui, e ne sarebbe stato generosamente ricompensato. Aveva dato ordine che la signorina Western, o meglio la futura signora Wolfe, fosse accompagnata subito nel suo appartamento al primo piano, dove si sarebbe potuta rinfrescare dopo il viaggio. Dopo di che sarebbe stata condotta nel salone turco, una sala progettata e decorata da un suo antenato che era stato ambasciatore in quel paese, dove sarebbe stato servito il tè e dove finalmente lui si sarebbe presentato. Com'era sua abitudine, Ben aveva programmato tutto fino all'ultimo dettaglio, così che nulla potesse andare storto. Persino gli abiti che indossava erano stati scelti con grande cura perché gli dessero un'aura autoritaria e di grande distinzione. Non erano né troppo ricercati, né alla moda. Le sue scarpe, nere e lucidissime, non avevano fibbie dorate. Il vestito gli era stato fatto su misura da un sarto dall'impeccabile buon gusto. Niente giacche a vita di vespa né gilet sgargianti per Ben Wolfe. Susanna stava fissando sbalordita la splendida facciata della casa e la magnificenza dei giardini quando un valletto aprì la portiera e il Numero Uno la aiutò a scendere. Per quanto si arrovellasse, non riusciva proprio a immaginare perché fosse stato necessario rapire Amelia per portarla lì. Sicuramente il proprietario di una meraviglia come quella doveva essere in grado di corteggiare Amelia con la dovuta forma...O c'era qualcosa che le sfuggiva? Quando salì i gradini dell'ingresso e il doppio portone le venne aperto da due domestici in livrea, si trovò a rabbrividire, non per il freddo o la paura, ma per qualche motivo che esulava dalla sua comprensione. Era come se sentisse che, una volta oltrepassate quelle porte, si sarebbe trovata in un mondo totalmente nuovo, un mondo in cui il passato non aveva più importanza e contava solo il futuro. Poi quella sensazione svanì, e lei tornò a essere la pratica, banale Susanna Beverly, che non s'era mai abbandonata a vagheggiamenti o premonizioni, e che sta per dirne quattro a quello sciocco, o a quel farabutto, che l'aveva rapita. Ma non era ancora arrivato il momento. Una giovane cameriera cinguettante e una gentile donna di mezza età la accompagnarono in una suite di stanze tanto lussuosa che lei si sentì nuovamente intimidita. Così, non si lamentò per il maltrattamento subito, né protestò quando le donne la chiamarono signorina Western e cercarono di convincerla a indossare un bellissimo abito steso sul letto. Lei scosse la testa stranita, ma accettò di usare il bagno per rinfrescarsi e lasciò che la cameriera le riordinasse un po' i capelli. Poi fu accompagnata di sotto, in un salone che era ancora più lussuoso delle camere al primo piano, dove rifiutò di sedersi a prendere un tè. Quando la donna la lasciò sola, Susanna finalmente si sedette e fissò una parete coperta di bellissimi quadri su una civiltà esotica. Era come un museo, pensò stupita. E poi la porta a doppio battente si aprì ed entrò un uomo. Il rapitore. Che altri non era che il signor Ben Wolfe, con la sua aria da lupo cattivo... L'uomo che l'aveva salutata con un cenno della testa e un sorriso al ballo di lady Leominster. Doveva essere un incubo, decise Susanna. Presto si sarebbe svegliata e si sarebbe ritrovata in casa Western, a Piccadilly. Solo che tutto quello che la circondava sembrava nitido e ben definito com'erano di solito gli oggetti nella vita reale, non nebulosi e incerti come nei sogni... Soltanto la presenza del signor Ben Wolfe faceva parte del sogno. Così non disse nulla, limitandosi a fissare l'uomo, che si stava inchinando con un sorriso. - Vi prego, sedetevi, signorina Western. Vi starete chiedendo perché siete qui. Lasciatemi dire che non intendo farvi alcun male.- Era la prima volta che lei lo sentiva parlare. Aveva una voce profonda, roca, che si accordava perfettamente ai suoi lineamenti spigolosi. Il primo impulso di Susanna fu di informarlo immediatamente dello scambio di persona. Poi, un piano audace si formò nella sua mente. Cosa voleva quell'uomo dalla povera Amelia? Gli avrebbe detto che aveva rapito la donna sbagliata solo dopo aver scoperto il suo malvagio gioco. Sarebbe stato un piacere rimetterlo al suo posto! - No, non mi siedo. E spero proprio, signor Wolfe...Voi siete il signor Ben Wolfe, vero? Spero proprio che abbiate una spiegazione soddisfacente per la mia forzata presenza qui.- Lui le sorrise, rivelando i forti denti bianchissimi. Per mangiarti meglio, mia cara, non poté fare a meno di pensare lei. Perché quell'uomo si stava comportando esattamente come un lupo vestito da nonna nella fiaba di Cappuccetto Rosso. Il signor Ben Wolfe, invece, evidentemente pensava di essere la fata madrina di Cenerentola, perché le mormorò con voce gentile: - Non siate spaventata, signorina Western. Le mie intenzioni nei vostri confronti sono del tutto onorevoli. E riguardo ai motivi per cui vi ho portata qui in modo così inaspettato, mi perdonerete se rimando le necessarie spiegazione a più tardi.- - No, signore, non vi perdono affatto. Non credo nelle vostre cosiddette onorevoli intenzioni. Non so se vogliate sposarmi, o portarmi a letto. O nessuna delle due cose. E spero ardentemente che sia quest'ultima ipotesi. Vorrei tornarmene a casa intatta. E al più presto, se non vi spiace.- Il sorriso di lui, questa volta, era contrito. - Temo proprio che non sia possibile, signorina Western. Vedete, io voglio fare di voi la moglie di uno degli uomini più ricchi d'Inghilterra, anziché di uno dei più poveri.

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Capitolo 5
*** 5 Capitolo ***


- Sono certo che, dopo matura e razionale considerazione, voi e la vostra famiglia lo preferirete.- Susanna lo squadrò da capo a piedi, dagli impeccabili capelli neri alla punta delle lucidissime scarpe. - E allora, in nome del cielo, signor Benjamin Wolfe, perché non vi siete presentato dai miei genitori e non avete fatto un'onorevole offerta, invece che farmi prelevare dai vostri scagnozzi come un sacco di patate?- Consapevole di non essere la persona che lui credeva, ma una governante povera in canna, Susanna stava cominciando a divertirsi. Ben Wolfe le si inchinò di nuovo. - Mia cara ragazza, vi ho già detto che ho le mie ragioni, e che ve le comunicherò al momento opportuno. Questo momento non è adesso. Per ora, limitiamoci a conoscerci meglio. E a questo scopo, volete per favore servire il tè, prima che si raffreddi? Ci farà bene.- - Ci sono due cose su cui devo darvi una delusione, signor Wolfe - replicò Susanna, tutta dolcezza. - La prima è che non ho alcun desiderio di conoscervi meglio. La seconda è che non ho alcun desiderio né di versarvi il tè, né di berne io stessa. Una carrozza veloce e un immediato ritorno a Londra sono le uniche richieste che ho da farvi.- Ben era stato attento a non andarle troppo vicino, poiché non voleva spaventare la sua prigioniera. D'altra parte, s'era aspettato una fanciulla facile da controllare con la gentilezza dei modi. Invece, si trovava davanti una creatura loquace e determinata, più matura dei suoi diciotto anni nella padronanza del linguaggio. Una giovane donna che non avrebbe accettato facilmente di diventare la signora Wolfe. Decise di continuare col fascino e la gentilezza, sperando di non esaurire la pazienza. - Sono desolato, ma è una delle poche richieste a cui non posso acconsentire. I miei piani per voi prevedono che restiate qui. Per il momento, almeno.- - Per il momento? Io devo pensare alla mia reputazione, signor Ben Wolfe.- Lui si inchinò per l'ennesima volta. - Non occorre che vi preoccupiate per questo. Avrò la massima cura di voi.- - Davvero? Mi fa piacere sentirlo... Ma perdonatemi se mi sfuggono le sfumature della vostra affermazione. Ve lo chiedo di nuovo. Intendete sposarmi o portarmi a letto? - Tanta franchezza da parte di una fanciulla di buona famiglia sconcertò Ben Wolfe. Niente lo aveva preparato a un comportamento simile. Questa volta il suo sorriso fu decisamente un po' forzato. - Oh, le mie intenzioni sono del tutto onorevoli. Intendo sposarvi e a questo fine mi sono già procurato una speciale licenza dall'arcivescovo di Canterbury in persona.- Sposarla! Intendeva sposarla... O meglio, sposare Amelia. In quel gioco da gatto col topo che faceva con lui, per un istante Susanna aveva scordato di non essere lei l'obiettivo del signor Wolfe. Per un attimo, pensò di chiarire l'equivoco immediatamente, ma quell'uomo meritava d'essere tenuto sulla corda ancora un po'. - Voi mi sorprendete, signore. In primo luogo, sembrate esservi scordato che non mi avete ancora chiesto se io voglio sposarvi, e tutto considerato direi proprio di no. Secondo, non state dimenticando che sono già promessa a George Darlington? - - Non l'ho dimenticato affatto. Ed è precisamente questo il motivo per cui siete qui.- Gli scintillarono gli occhi nel fare quella rivelazione, e la sua espressione si fece così predatoria che Susanna rabbrividì. Stava giocando con una tigre. Una tigre capace di rapire una fanciulla innocente e di costringerla a sposarlo, con l'evidente scopo di impedirle di unirsi in matrimonio con George, visconte di Darlington. Susanna deglutì a vuoto. Senza rendersene conto, durante quello scambio di battute s'erano avvicinati. Così, quando lei mormorò: - Intendete dire che mi avete rapita per privare George Darlington della sua sposa... E della dote? - lui le prese la mano. - Si. E siete stata perspicace nel capirlo tanto presto. Credo proprio d'essermi trovato una sposa arguta e intelligente, signorina Western.- Susanna sorrise soavemente, alzando il viso verso quello di lui. - Oh, io credo di no, signor Wolfe. Almeno, sarebbe così se io fossi Amelia Western, ma dato che le cose non stanno in questo modo, vi siete dato tutto questo fastidio per nulla. Vedete, i vostri scagnozzi sono riusciti a rapire non la signorina Western, ma quella povera in canna della sua chaperon, Susanna Beverly. Portandomi via per errore avete distrutto quel poco che restava della mia reputazione, e non vi siete procurato altro che guai.- La risposta di lui a quella audace e veritiera dichiarazione fu un sorriso condiscendente. - Bel tentativo, mia cara. Ma non vi aspetterete che creda a questa fandonia! - Santo cielo! Si stava rivelando stupido quanto i suoi scagnozzi. Strano, per uno con la sua reputazione. - Certo che me lo aspetto, perché è la verità. L'ho detto subito, ai vostri uomini, che avevano preso la persona sbagliata. Ma loro mi hanno creduta? Oh no! E ora non ci credete neanche voi. - La faccia di Ben Wolfe esprimeva una tale allibita incredulità, che lei pesto' un piede irritata. - Certo che non sono Amelia! Vi sembro forse una ingenua diciottenne? Ragionate, signore, se avete un po' di testa. Avete portato via la donna sbagliata e ora non potrete più rapire quella giusta, dato che, una volta libera, denuncerò la vostra mala azione a tutto il mondo! - L'esplosione di rabbia di Susanna era ispirata dalla paura che, se non fosse riuscita a convincere Ben Wolfe, oltre che rapita per errore lei si sarebbe trovata anche sposata per errore! La faccia di Ben Wolfe si fece tempestosa. - Ditemi, signorina. Vi prendevate gioco di me prima, o adesso? Era Amelia Western la funzione, o Susanna Beverly? Rispondetemi.- Sibilò tra i denti. - Vi ho già risposto. Sono Susanna Beverly, e pertanto di nessuna utilità per voi.- L'occhiata che lui le lanciò fu così ostile, così feroce, che sembrava davvero un lupo quando ululò: - E io come faccio a sapere che è la verità? Vi assicuro che non vi comportate né parlate come nessuna chaperon che abbia mai avuto la sfortuna di incontrare. Siete troppo giovane, tanto per cominciare. No, temo che questo non sia altro che un astuto piano per indurmi a lasciarvi andare.- - Ebbene, vi assicuro che io non vi trovo per niente astuto. Al contrario! - sbottò Susanna esaperata. - Chiamate qui il vostro uomo e vi riferirà che, dal momento in cui mi ha buttato quella coperta sulla testa, non ho smesso di dirgli che aveva rapito la donna sbagliata.- Ben Wolfe capì immediatamente che, chiunque lei fosse, non c'era modo di intimidirla. Solo strozzandola l'avrebbe ridotta al silenzio, e lui non era ancora pronto a farlo. Scegliendo le parole con cura, disse: - Sediamoci, e mentre ci beviamo una bella tazza di tè parliamo di questa questione con calma e razionalità.- - Se mi offrite un'altra volta il tè, giuro, signor Ben Wolfe, che mi metterò a strillare! - La risposta di lui, stranamente, fu una sonora risata. - Bè, neanch'io ho voglia di tè. Potrebbe tentarvi un bicchierino di Porto? - - Potrebbe tentarmi, ma non cederò. Un'amica saggia una volta mi ha detto che l'offerta di un bicchierino di Porto da parte di un gentiluomo quando sei sola con lui è il primo passo sulla strada della perdizione, perciò grazie, no.- - Molto prudente da parte vostra, ne sono sicuro. Ma se voi siete la signorina Western, potete star certa che non intendo rovinare la vostra reputazione in alcun modo. Come vi ho già spiegato, le mie intenzioni sono onorevoli. Intendo sposarvi... O sposare lei.- - Ma dato che sono la signorina Beverly, quali sono le vostre intenzioni verso di me? Dato che, a causa della vostra azione sconsiderata, la mia reputazione sarà rovinata.- E prima che lui potesse rispondere, soggiunse: - Quello che proprio non riesco a capire, signor Wolfe, è come abbiate potuto scambiarmi per Amelia. Non ci assomigliamo affatto. Come avete scoperto chi ero, o meglio, chi credevate che fossi? - - Sono certo che, dopo matura e razionale considerazione, voi e la vostra famiglia lo preferirete.- Susanna lo squadrò da capo a piedi, dagli impeccabili capelli neri alla punta delle lucidissime scarpe. - E allora, in nome del cielo, signor Benjamin Wolfe, perché non vi siete presentato dai miei genitori e non avete fatto un'onorevole offerta, invece che farmi prelevare dai vostri scagnozzi come un sacco di patate?- Consapevole di non essere la persona che lui credeva, ma una governante povera in canna, Susanna stava cominciando a divertirsi. Ben Wolfe le si inchinò di nuovo. - Mia cara ragazza, vi ho già detto che ho le mie ragioni, e che ve le comunicherò al momento opportuno. Questo momento non è adesso. Per ora, limitiamoci a conoscerci meglio. E a questo scopo, volete per favore servire il tè, prima che si raffreddi? Ci farà bene.- - Ci sono due cose su cui devo darvi una delusione, signor Wolfe - replicò Susanna, tutta dolcezza. - La prima è che non ho alcun desiderio di conoscervi meglio. La seconda è che non ho alcun desiderio né di versarvi il tè, né di berne io stessa. Una carrozza veloce e un immediato ritorno a Londra sono le uniche richieste che ho da farvi.- Ben era stato attento a non andarle troppo vicino, poiché non voleva spaventare la sua prigioniera. D'altra parte, s'era aspettato una fanciulla facile da controllare con la gentilezza dei modi. Invece, si trovava davanti una creatura loquace e determinata, più matura dei suoi diciotto anni nella padronanza del linguaggio. Una giovane donna che non avrebbe accettato facilmente di diventare la signora Wolfe. Decise di continuare col fascino e la gentilezza, sperando di non esaurire la pazienza. - Sono desolato, ma è una delle poche richieste a cui non posso acconsentire. I miei piani per voi prevedono che restiate qui. Per il momento, almeno.- - Per il momento? Io devo pensare alla mia reputazione, signor Ben Wolfe.- Lui si inchinò per l'ennesima volta. - Non occorre che vi preoccupiate per questo. Avrò la massima cura di voi.- - Davvero? Mi fa piacere sentirlo... Ma perdonatemi se mi sfuggono le sfumature della vostra affermazione. Ve lo chiedo di nuovo. Intendete sposarmi o portarmi a letto? - Tanta franchezza da parte di una fanciulla di buona famiglia sconcertò Ben Wolfe. Niente lo aveva preparato a un comportamento simile. Questa volta il suo sorriso fu decisamente un po' forzato. - Oh, le mie intenzioni sono del tutto onorevoli. Intendo sposarvi e a questo fine mi sono già procurato una speciale licenza dall'arcivescovo di Canterbury in persona.- Sposarla! Intendeva sposarla... O meglio, sposare Amelia. In quel gioco da gatto col topo che faceva con lui, per un istante Susanna aveva scordato di non essere lei l'obiettivo del signor Wolfe. Per un attimo, pensò di chiarire l'equivoco immediatamente, ma quell'uomo meritava d'essere tenuto sulla corda ancora un po'. - Voi mi sorprendete, signore. In primo luogo, sembrate esservi scordato che non mi avete ancora chiesto se io voglio sposarvi, e tutto considerato direi proprio di no. Secondo, non state dimenticando che sono già promessa a George Darlington? - - Non l'ho dimenticato affatto. Ed è precisamente questo il motivo per cui siete qui.- Gli scintillarono gli occhi nel fare quella rivelazione, e la sua espressione si fece così predatoria che Susanna rabbrividì. Stava giocando con una tigre. Una tigre capace di rapire una fanciulla innocente e di costringerla a sposarlo, con l'evidente scopo di impedirle di unirsi in matrimonio con George, visconte di Darlington. Susanna deglutì a vuoto. Senza rendersene conto, durante quello scambio di battute s'erano avvicinati. Così, quando lei mormorò: - Intendete dire che mi avete rapita per privare George Darlington della sua sposa... E della dote? - lui le prese la mano. - Si. E siete stata perspicace nel capirlo tanto presto. Credo proprio d'essermi trovato una sposa arguta e intelligente, signorina Western.- Susanna sorrise soavemente, alzando il viso verso quello di lui. - Oh, io credo di no, signor Wolfe. Almeno, sarebbe così se io fossi Amelia Western, ma dato che le cose non stanno in questo modo, vi siete dato tutto questo fastidio per nulla. Vedete, i vostri scagnozzi sono riusciti a rapire non la signorina Western, ma quella povera in canna della sua chaperon, Susanna Beverly. Portandomi via per errore avete distrutto quel poco che restava della mia reputazione, e non vi siete procurato altro che guai.- La risposta di lui a quella audace e veritiera dichiarazione fu un sorriso condiscendente. - Bel tentativo, mia cara. Ma non vi aspetterete che creda a questa fandonia! - Santo cielo! Si stava rivelando stupido quanto i suoi scagnozzi. Strano, per uno con la sua reputazione. - Certo che me lo aspetto, perché è la verità. L'ho detto subito, ai vostri uomini, che avevano preso la persona sbagliata. Ma loro mi hanno creduta? Oh no! E ora non ci credete neanche voi. - La faccia di Ben Wolfe esprimeva una tale allibita incredulità, che lei pesto' un piede irritata. - Certo che non sono Amelia! Vi sembro forse una ingenua diciottenne? Ragionate, signore, se avete un po' di testa. Avete portato via la donna sbagliata e ora non potrete più rapire quella giusta, dato che, una volta libera, denuncerò la vostra mala azione a tutto il mondo! - L'esplosione di rabbia di Susanna era ispirata dalla paura che, se non fosse riuscita a convincere Ben Wolfe, oltre che rapita per errore lei si sarebbe trovata anche sposata per errore! La faccia di Ben Wolfe si fece tempestosa. - Ditemi, signorina. Vi prendevate gioco di me prima, o adesso? Era Amelia Western la funzione, o Susanna Beverly? Rispondetemi.- Sibilò tra i denti. - Vi ho già risposto. Sono Susanna Beverly, e pertanto di nessuna utilità per voi.- L'occhiata che lui le lanciò fu così ostile, così feroce, che sembrava davvero un lupo quando ululò: - E io come faccio a sapere che è la verità? Vi assicuro che non vi comportate né parlate come nessuna chaperon che abbia mai avuto la sfortuna di incontrare. Siete troppo giovane, tanto per cominciare. No, temo che questo non sia altro che un astuto piano per indurmi a lasciarvi andare.- - Ebbene, vi assicuro che io non vi trovo per niente astuto. Al contrario! - sbottò Susanna esaperata. - Chiamate qui il vostro uomo e vi riferirà che, dal momento in cui mi ha buttato quella coperta sulla testa, non ho smesso di dirgli che aveva rapito la donna sbagliata.- Ben Wolfe capì immediatamente che, chiunque lei fosse, non c'era modo di intimidirla. Solo strozzandola l'avrebbe ridotta al silenzio, e lui non era ancora pronto a farlo. Scegliendo le parole con cura, disse: - Sediamoci, e mentre ci beviamo una bella tazza di tè parliamo di questa questione con calma e razionalità.- - Se mi offrite un'altra volta il tè, giuro, signor Ben Wolfe, che mi metterò a strillare! - La risposta di lui, stranamente, fu una sonora risata. - Bè, neanch'io ho voglia di tè. Potrebbe tentarvi un bicchierino di Porto? - - Potrebbe tentarmi, ma non cederò. Un'amica saggia una volta mi ha detto che l'offerta di un bicchierino di Porto da parte di un gentiluomo quando sei sola con lui è il primo passo sulla strada della perdizione, perciò grazie, no.- - Molto prudente da parte vostra, ne sono sicuro. Ma se voi siete la signorina Western, potete star certa che non intendo rovinare la vostra reputazione in alcun modo. Come vi ho già spiegato, le mie intenzioni sono onorevoli. Intendo sposarvi... O sposare lei.- - Ma dato che sono la signorina Beverly, quali sono le vostre intenzioni verso di me? Dato che, a causa della vostra azione sconsiderata, la mia reputazione sarà rovinata.- E prima che lui potesse rispondere, soggiunse: - Quello che proprio non riesco a capire, signor Wolfe, è come abbiate potuto scambiarmi per Amelia. Non ci assomigliamo affatto. Come avete scoperto chi ero, o meglio, chi credevate che fossi?

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Capitolo 6
*** 6 Capitolo ***


- Oh, questo non è difficile da spiegare - ribatté lui, anche se per la prima volta nella sua voce s'era insinuato un elemento di dubbio. - Su mia precisa richiesta, mi siete stata indicata da lady Leominster in persona, in occasione del ballo dell'altra sera. In quel momento, eravate in piedi accanto a George Darlington.- - Davvero? In un angolo del salone? Con un'altra donna? - - Ha qualche importanza? Ma, sì... O così mi pare di ricordare.- Susanna scoppiò a ridere. - Oh, importa eccome. Una cosa che ho capito di lady Leominster, ma che non molti sanno, è che non distingue la destra dalla sinistra. Ora potete essere certo, signor Wolfe, che avete rapito l'accompagnatrice, e non l'ereditiera. Avreste dovuto chiedere di essere presentato alla signorina Western, ma non l'avete ritenuto necessario, vero? Vi sareste risparmiato molti fastidi.- Ben Wolfe, la mente in subbuglio, cercò di ricordare le esatte circostanze in cui aveva visto la presunta signorina Western. Sì, era come aveva detto lei. George Darlington era in piedi tra due donne, e lady Leominster, gli aveva indicato quella sbagliata. Masticò un'imprecazione. - Per l'amor del cielo, donna! - esclamò, brusco con lei per la prima volta. - Sedetevi! Non restatevene lì come una statua! Manderò a chiamare Jess Fitzroy e lo interrogherò.- - Vi prego, chiamatelo - replicò Susanna, che cominciava a sentirsi tremare le gambe e che avvertiva il bisogno del conforto di una delle tante poltrone del salone. - Farò come avete chiesto. Mi siederò. E, come grande concessione, potrei perfino bere un goccio di quel tè che continuate a offrirmi.- - Al diavolo il tè! - ringhiò lui, prima di andare alla porta e di ordinare al valletto di portare subito lì Fitzroy e Tozzy. - A proposito, prima che il valletto vada - chiamò Susanna, che stava cominciando a divertirsi in modo maniacale. - Dite ai vostri uomini di portare qui la borsetta a rete che mi è caduta sul pavimento quando mi hanno trascinata in carrozza. C'è dentro qualcosa che potrebbe aiutarvi a capire chi sono.- - Oh, l'ho capito - sibilò Ben Wolfe tra i denti, mentre le porgeva una tazza di tè. - Mai avevo avuto la sfortuna di incontrare una bisbetica così loquace.- - E due - commentò Susanna, sorseggiando il suo tè con alterigia. - È la seconda volta che dite questa frase. Quando ero bambina, il mio precettore mi diceva di evitare certe ripetizioni, sia nel discorso sia nello scritto. Sono segno di una mente negligente, asseriva.- Ben Wolfe, appoggiato contro il muro come se avesse bisogno del suo supporto, sembrava sul punto di mandarla al diavolo. Non si degnò di risponderle perché cominciava a temere che quella donna non fosse Amelia Western e che, una volta tanto, lui aveva combinato un gran bel pasticcio. Non una volta tanto. Per la prima volta della sua vita. Era sempre andato fiero della sua abilità nel pianificare le cose in modo tanto meticoloso che gli eventi andavano esattamente secondo i suoi desideri. E su questa base aveva costruito un'ingente fortuna. L'occhiataccia che rivolse alla signorina 'Chiunque fosse' era di fuoco, ma lei non parve per nulla intimidita. C'era un piattino di biscotti sul vassoio e Susanna aveva cominciato a divorarli. Non aveva più mangiato un boccone dalla colazione, e tutta quell'involontaria eccitazione l'aveva resa famelica. Fu così che Ben Wolfe accolse l'arrivo dei suoi uomini con sollievo. Tozzy, il più giovane dei due, reggeva la reticella della donna, un sorriso ebete sulla faccia. Fitzroy, più acuto, capì immediatamente che il suo datore di lavoro era in uno dei suoi rari, ma leggendari, momenti di collera, e assunse l'espressione più seria che poté. - È questa la vostra reticella? - domandò Ben a Susanna, che era occupata a versarsi un'altra tazza di tè. - Credevo che il tè non vi piacesse - - Oh, non è il tè che non mi piaceva. Ma la compagnia, e l'occasione in cui avrei dovuto berlo - precisò Susanna. - E sì, questa è la mia reticella.- - Allora dategliela, accidenti! - ruggi' Ben che, essendo gentiluomo a sufficienza, per non urlare a Susanna se la prese con Tozzy. Mentre Tozzy porgeva la reticella, Ben si rivolge a Fitzroy. - Sentite un po', Jess, la signorina dice che quando l'avete fatta salire in Oxford Street...- - Rapita - precisò Susanna, che stava ispezionando il contenuto della sua borsetta. - Quando l'avete 'fatta salire' in Oxford Street - ripeté Ben tra i denti, - vi ha detto che non era Amelia Western. È vero? - Jess abbassò lo sguardo prima di ammettere. - Sì. L'ho chiamata signorina Western e lei ha subito ribattuto che non lo era.- - E chi ha detto di essere? - - Ha dichiarato di essere la chaperon della signorina Western, una certa signorina Beverly. Ma voi me l'avevate indicata in Hyde Park, così io ho capito che lo stava dicendo solo per convincermi a lasciarla libera. Così non ho fatto caso alle sue parole.- - Non avete fatto caso alle sue parole - mormorò Ben, scoprendo che aveva recentemente acquisito la pessima abitudine non solo di ripetere quello che aveva detto lui, ma anche quello che dicevano gli altri. - Non vi è venuto in mente di riferirmi la cosa? - - No, signore. Per quanto ne so, non avevate mai commesso un errore simile in vita vostra. Anzi, non ricordo di avervi mai visto fare alcun tipo d'errore. Non è da voi. - - Jess... - gemette Ben. - Chiudete il becco, va bene? Ditemi solo questo. Voi chi credete che sia? Nell'ultima mezz'ora ha dichiarato di essere sia la signorina Western sia la signorina Beverly.- Jess era troppo affascinato per avere tatto. - Entrambe? Come ha fatto? - - Facilmente - rispose Ben. - Dannazione, Jess. Rispondete alla domanda.- L'uomo squadrò Susanna come se fosse un cavallo da acquistare alla fiera. - Bè, dovrebbe avere solo diciotto anni, ma sembra un po' più vecchia. D'altra parte, ha detto di essere una chaperon, e nella mia esperienza le chaperon di solito sono di mezza età. Di certo, non si comporta come nessuna chaperon di mia conoscenza e...- - Jess! Basta! State parlando a vanvera. So come sono le chaperon. Datemi una risposta diretta.- - Non sarebbe più semplice se ascoltate me?- Intervenne Susanna tutta premurosa. - Forse potreste spiegarmi perché, se fossi la signorina Western, l'ereditiera, avrei dovuto essere rapita fuori da un ufficio di collocamento per gentildonne, quello della signorina Shanks per la precisione, e portare il suo biglietto da visita nella mia reticella. Guardate.- Tese il cartoncino a Ben Wolfe, che lo fissò come se fosse una granata pronta e esplodere. - Non ha tutti i torti - osservò Jess cupo. - Questo significa sì, è la signorina Western, o no, è la signorina Beverly? - sbottò Ben, lanciando il cartoncino a Jess. - No, è la signorina Beverly.- - Dio mi aiuti, lo penso anch'io. Avete preso la donna sbagliata, Jess.- - Rapita su vostro preciso ordine, che il vostro scagnozzo ha eseguito peraltro alla perfezione.- Precisò Susanna, la bocca piena dell'ultimo biscotto. - Non potete negare di essere l'unico responsabile della mia presenza qui.- I due uomini si fissarono. - A parte imbavagliarla per farla finalmente tacere, cosa ne facciamo di lei? - domandò Ben Wolfe a Jess Fitzroy, che lentamente scosse la testa. - Scomparsa? - disse la signora Western alla cameriera che era stata mandata a rammentare alla signorina Beverly che doveva accompagnare Amelia alla cena che il conte, padre di George, avrebbe dato per i fidanzati a Babbacombe House quella sera. - Non è in camera sua, signora, e la governante dice che è uscita nel pomeriggio dicendo che sarebbe tornata subito. Nessuno l'ha più vista da allora.- - Nella sua stanza c'è qualcosa che può indicare che ha deciso di assentarsi? - La cameriera scosse il capo. - Assolutamente no, signora. L'abito che intendeva indossare questa sera è posato sul letto, insieme al suo ventaglio.

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Capitolo 7
*** 7 Capitolo ***


La signora Western sospirò. - Che sfrontatezza da parte sua, sparire così! Sei sicura che non sia in casa, nascosta in biblioteca, magari? Ci passa un sacco di tempo che farebbero meglio a dedicare alla signorina Western.- - Io ho chiesto al resto della servitù, signora, ma nessuno la vede da ieri...- mormorò la cameriera. - Non avrei mai dovuto assumerla. Anche se finora ha assolto i suoi doveri abbastanza bene, le volpi perdono il pelo ma non il vizio... O sono i lupi? Perché sorridi, Amelia?- - Sono i lupi, mamma, ne sono sicura. O così dice sempre la signorina Beverly. Ma la sua scomparsa non è un grande problema. Mi sposerò presto, e non ho più bisogno di un'accompagnatrice. Possiamo lasciarla libera anche subito. Io, di certo, non sentirò la sua mancanza.- - Non finché non sarai sposata.- La signora Western scosse la testa. - Dobbiamo rispettare la forma.- Schioccò le dita alla cameriera. - Di' alla signorina Beverly di presentarsi da me non appena rientra. Non può tardare tanto, ne sono sicura. La sua assenza è alquanto importuna.- La cameriera si inchinò. - Sissignora.- Ma le ore passarono, e Susanna non tornava. - È scappata con qualcuno - dichiarò il signor Western al loro rientro a casa. - Se non ha dato sue notizie entro domattina, informeremo la polizia della sua assenza. Nel remoto caso in cui possa esserle capitato qualcosa.- - Oh, che seccatura. Comunque, quali che siano le circostanze, converrai con me che dovrà essere licenziata senza referenze.- - Assolutamente, mia cara. E poi, Amelia ha ragione. Non ha più bisogno di una chaperon in queste ultime settimane prima delle nozze.- Mentre la signora Western e Amelia stavano discutendo del fato di Susanna con tanta insensibilità, lei era seduta da sola nel salone, mentre Ben Wolfe e il suo uomo di fiducia s'erano ritirati nello studio per discutere su come potevano rimediare al pasticcio che avevano combinato. Ma Ben era un uomo pieno di risorse, e appena non aveva più avuto nelle orecchie la voce sarcastica di Susanna aveva recuperato il sangue freddo e la lucidità che lo avevano portato dalla povertà a una favolosa ricchezza. - Non dite nulla, Jess - ordinò, la mano alzata, quando raggiunsero il suo studio, una confortevole stanza che era tutta quercia, pelle e scaffali di libri. - Riconosco pienamente il mio errore. Voi avete eseguito i miei ordini alla lettera e l'unica cosa di cui vi posso biasimare è di non avermi riferito immediatamente la reazione della signorina. Ciò che devo fare ora è impedire che la situazione degeneri. Non posso permettere che questa giovane innocente subisca le conseguenze della mia follia, ma non so proprio come rimediare. Se avete qualche suggerimento, vi prego, dite pure.- Si lasciò cadere su una sedia accanto alla grande scrivania su cui penne, carta, ceralacca e sigilli erano accuratamente disposti. Come il resto della casa, la stanza era ordinatissima, un monumento alla cura con cui Ben Wolfe normalmente organizzava la propria vita e quella delle persone che lo circondavano. Jess lo guardò: - Se conoscessi una parola magica che, una volta pronunciata, fosse in grado di far tornare tutto come prima, ve la direi. Ma proprio non mi viene in mente un modo di risolvere la situazione. A quest'ora l'assenza della signorina sarà già stata notata dai suoi datori di lavoro, e qualunque spiegazione possiamo offrir loro finirebbe per rovinarci tutti. La signorina inclusa.- - Una cosa è certa. Non può restare qui a lungo, in una casa di uomini, senza chaperon. Perciò questo deve essere il primo problema da risolvere. Ma come? - Si chinò in avanti, i gomiti sulla scrivania, reggendosi la fronte con le mani, gli occhi chiusi. Jess lo aveva visto fare così molte volte, quando si concentrava, e restò più fermo e silenzioso che poté. A un tratto, Ben alzò la testa e guardò Jess. - Ho trovato. Celeste. Chissà perché non ci ho pensato prima.- - Celeste? - chiese Jess, perplesso. - Si, Celeste. Madame la comtesse de Saulx, che vive a meno di due miglia da qui e la cui reputazione è irreprensibile.- - Intendete dire la nobile francese che ha affittato la casa patrizia fuori Lavendon? È il decoro in persona. Non avevo idea che la conosceste.- Convenne Jess. - La conosco, e non è francese... Anche se sembra esserlo. - E voi credete che accetterebbe di aiutarci? - Ben sorrise. Mai aveva avuto un'aria più da lupo. - Oh, penso di riuscire a persuaderla. Chiedete a Nicholson di preparare il calesse col mio miglior paio di cavalli. La accompagnerò qui io stesso. Raccomandate alla governante di aprire un'altra suite di stanze per lei e la sua cameriera. E forse per un attendente, se la contessa deciderà di fermarsi a dormire. Ne dubito, ma non si può mai sapere. Nelle sue mani, la reputazione della signorina Beverly sarà al sicuro.- - Devo dire alla signorina Beverly quello che state organizzando? - gli domandò Jess, vedendolo uscire col solito passo vigoroso. - Non dovete dirle niente di niente. Chiedete solo alla signora Ashton di accompagnarla in camera sua e di assisterla mentre indossa l'abito che le abbiamo fornito, informandola che cenerà insieme a voi, al sottoscritto e almeno un altro ospite. Tutto qua.- Jess lo guardò allontanarsi sbalordito. Come faceva, in nome del cielo, a conoscere madame de Saulx? E a conoscerla tanto bene da domandarle un favore simile? Era troppo vecchia, per essere, o essere stata, una sua amante. In ogni caso, la contessa era nota per la sua virtù oltre che per il suo impeccabile senso del decoro. Scosse la testa. Lavorava per Ben Wolfe da molti anni, e ancora non aveva capito che uomo fosse in realtà. Maledicendo la propria follia, Ben incito' i cavalli a un'andatura che, se non poteva essere propriamente considerata 'ventre a' terre,' ci andava molto vicina. Sapeva che madame l'avrebbe ricevuto immediatamente, a qualunque ora lui avesse deciso di arrivare. Venne fatto accomodare in un salotto che recava il segno del gusto impeccabile di madame, e lei lo raggiunse pochi minuti dopo. Era sui cinquantacinque anni, alta, e ancora molto bella. Era vestita in modo molto semplice, ma di classe, con quel je ne sais quoi tipico di molti francesi di nobile origine. Dimostrò subito la propria perspicacia quando, dopo i convenevoli di rito, disse a Ben: - Vi prego, sedetevi. Capisco dalla vostra espressione che siete venuto per una questione pressante, ma non vedo perché non dobbiamo discuterla in posizione confortevole. Non voglio vedervi marciare su e giù per il mio salotto come una tigre in gabbia.- Ben rise e fece come lei gli aveva chiesto. - Come mi conoscete bene! Sono venuto, come avete senza dubbio immaginato, per chiedervi un grande favore.- - Potete chiedermi quanti favori volete. Niente di ciò che posso fare potrebbe uguagliare quello enorme che voi avete fatto a me.- - Voi esagerate, ma lasciate che vi esponga la situazione in cui mi trovo - disse Ben, e cominciò a spiegarle come, per errore, avesse rapito la donna sbagliata e con quanta urgenza avesse bisogno della sua assistenza per salvare la reputazione della ragazza. - Bien sur - mormorò la contessa, la voce seria. - Non vi chiederò perché abbiate commesso un atto così grave, ma posso immaginarlo. In che modo potrei aiutarvi? - Potreste venire immediatamente a The Den, dove vi presenterete alla signorina Susanna Beverly come una signora francese di nobili natali, che è pronta ad assisterla in ogni modo dopo aver saputo dell'incresciosa situazione in cui la mia sventatezza l'ha posta. Ho ideato una spiegazione che, credo, le permetterà di salvaguardare la sua reputazione, allo stesso tempo dissociando il suo nome da ogni connessione con me. Ovviamente, se voi siete d'accordo.- Quando lei annuì, Ben cominciò a spiegarle: - Ecco cosa ho pensato. Stavate percorrendo Oxford Street in carrozza quando avete visto questa giovane gentildonna in preda a un mancamento.

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Capitolo 8
*** 8 Capitolo ***


- Nella vostra infinita compassione, vi siete fermata, l'avete aiutata a salire sulla vostra carrozza e vi siete occupata di lei. La signorina non ha ripreso conoscenza per un po', e quando lo ha fatto è stata afflitta da un'incresciosa perdita di memoria. Poiché vi faceva pena, l'avete condotta nella vostra casa di Stanhope Street, vicino a Regent's Park, dove vi siete presa cura di lei finché non ha riacquistato la memoria. Dopo di che, l'avete subito riportata in seno alla famiglia presso cui è attualmente impiegata.- Madame batté piano le mani. - È davvero un piano eccellente! Dovrò naturalmente riportare in gran segreto la giovane donna a Londra e far sapere a tutti che vi sono arrivata di recente per prendere parte alla stagione mondana. Sarò lieta di accontentarvi, dato che avevo comunque intenzione di recarmi nella capitale per rinnovare il mio guardaroba e far visita ad alcuni vecchi amici.- - Perfetto! - approvò Ben, tornando a sorridere per la prima volta da diverse ore. - Ora, non vi resta che incontrare la signorina Beverly al più presto. Pare una giovane donna del tutto rispettabile, anche se mi ha detto qualcosa di molto strano, e cioè che col mio gesto avevo distrutto quel poco di reputazione che ancora le restava. Avete sentito di qualche scandalo che coinvolgesse una donna di quel nome? In caso affermativo, dovreste dirmelo. È meglio conoscere esattamente come stanno le cose.- - Molto vero - annuì madame gravemente. - Voi e io, più di tutti gli altri, conosciamo la necessità di guardarci le spalle. Il nome mi suona vagamente familiare... Ma cercherò di conquistarmi la fiducia della signorina questa sera stessa. Se emergerà qualcosa di importante, non esiterò a informarvi.- Mentre Ben era a colloquio con la contessa di Saulx a Levendon, Susanna, su esortazione di Jess Fitzroy, permise alla governante, la signora Ashton, e alla giovane cameriera di aiutarla a fare il bagno e a indossare l'elegante abito che era disteso sul letto nella sua stanza. Erano anni che non Indossava un vestito così fine e costoso. Guardandosi allo specchio, si vide trasformata. La signora Ashton non solo le aveva acconciato i capelli, ma le aveva anche applicato un soupcon di belletto con un grosso pennello di tasso. - Siete un po' pallida, mia cara. Un tocco di colore alle guance vi sistemerà. Ecco, guardatevi... E ora, dovete scendere in sala da pranzo. Il padrone tornerà a minuti e, subito dopo, verrà servita la cena. È un'ora un po' strana, di certo, ma come avrete senza dubbio scoperto il signor Wolfe non è un uomo convenzionale.- Oh sì, Susanna l'aveva scoperto a sue spese! Quando giunse in salotto, vi trovò Jess Fitzroy, vestito con un'impeccabile giacca blu, pantaloni chiari ed elegantissime scarpe da sera. Portava una cravatta artisticamente annodata e aveva pettinato i capelli all'ultima moda. Si profuse in un inchino. - Permettetemi di congratularmi per il vostro aspetto, signorina Beverly. Molto appropriato.- - Appropriato per cosa, signor Fitzroy? Per essere rapita di nuovo? O bistrattata? - Lui si inchinò di nuovo. - Vi prego di perdonarmi per oggi, ma... Il mio increscioso comportamento verso di voi è dipeso da uno spiacevole equivoco.- - Debbo dedurre dalle vostre parole, signore, che il vostro comportamento sarebbe stato giustificabile se al mio posto ci fosse stata la signorina Western? Se è così, dubito della vostra moralità, signore, oltre che del vostro buonsenso! - Per Giove, Ben aveva ragione! La donna aveva una lingua tagliente e non esitava a usarla! Ciononostante, Jess Fitzroy ebbe la grazia di mostrarsi contrito prima di borbottare: - Riguardo a questo, signorina Beverly, ci sono motivi...- - Vi prego, non ditemeli, signore - lo interruppe Susanna. - Sono sicura che non li approverei, né mi piacerebbero.- Jess fu salvato dall'arrivo di Ben Wolfe, con Celeste, contessa di Saulx, al braccio. Entrambi indossavano abiti molto eleganti, adeguati alla loro condizione sociale e alla differente età. Ben notò immediatamente, e con sollievo, che la volitiva fanciulla aveva ceduto almeno su qualcosa, accettando non solo di cenare con lui e la sua ospite, ma di indossare anche l'abito che aveva precedentemente rifiutato. Ma non fu tutto ciò che vide, o che provò, quando Susanna si alzò per salutarli e lui le prese la mano per portarsela alle labbra secondo l'uso continentale che, sapeva, la contessa approvava. Perché vedere Susanna per la prima volta come una donna, e non più come lo strumento destinato a realizzare la sua vendetta contro i Wychwood, o il problema che lei s'era rivelata una volta chiarito lo scambio di persona, produsse un effetto stranissimo su di lui. Lo spirito indomito che aveva permesso a Susanna di superare le sventure che l'avevano afflitta dopo la morte del padre, e che traspariva dal suo viso e dal suo atteggiamento, toccò l'animo fiero di Ben. Non ci fu nulla di sensuale in quell'esperienza. E turbò Ben ancora di più poiché era così diversa da tutto ciò che aveva provato in vita sua. Non erano i begli occhi di Susanna a colpirlo, né la sua tenera bocca, non i capelli bene acconciati e nemmeno la delicata figura rivelata dalle arti di una sarta parigina. No, era qualcosa di più, qualcosa che esulava dalla sua comprensione e che gli faceva vedere Susanna sotto una luce totalmente nuova. E quando lui prese la piccola mano di lei per portarsela alle labbra, un fremito scosse entrambi. Le pupille di Susanna si dilatarono, e ritirò la mano come se si fosse scottata. Perché rivedere Ben Wolfe dopo una breve assenza doveva darle un'emozione tanto profonda e così diversa dalla prima impressione che aveva avuto di lui? Forse, rifletté, erano state la rabbia e l'indignazione per il modo in cui era stata trattata a far sì che la sua prima reazione fosse negativa. Ma doveva continuare a diffidare finché lui non le avesse provato che era degno della sua fiducia. Come se le avesse letto nel pensiero, Ben disse: - La contessa di Saulx ha gentilmente acconsentito a darmi il suo aiuto perché voi non dobbiate subire conseguenze negative all'incresciosa avventura di oggi. Ne parleremo più tardi, dopo esserci gustati l'eccellente pasto che, mi dicono, ha preparato il mio cuoco.- - Ottima idea, cher Ben - intervenne madame col suo delizioso accento francese. - Spero che la signorina Beverly si sia resa conto che tutti i suoi problemi ora sono risolti e che non ha più nulla da temere.- - A parte il fatto che, quando farò ritorno a casa Western, qualunque spiegazione io possa offrire i miei datori di lavoro certamente sospenderanno il mio impiego - non poté trattenersi dal dire Susanna. - Oh, in quanto a questo, non dovete preoccuparvi - la rassicurò madame. - In un modo o nell'altro, sarà provveduto a voi. È il minimo che il signor Wolfe possa fare, dopo avervi causato tanta agonia, sia fisica sia mentale, col suo atto sconsiderato. Non è così, cher Ben? - Susanna fu compiaciuta nel constatare che, almeno in quell'occasione, lo cher Ben sembrava senza parole per il rimprovero. E quando Jess Fitzroy non poté fare a meno di sorridere a quell'inconsueto spettacolo, si meritò a sua volta un rabbuffo di madame. - E voi non guardate con tanta condiscendenza il vostro datore di lavoro, signor Fitzroy, perché avete la vostra parte di biasimo in questa faccenda.- Ben detto, madame, approvò Susanna tra sé, un attimo prima che il maggiordomo entrasse ad annunciare che la cena era appena stata servita. - Permettetemi, signorina Beverly, di informarvi del piano che ho studiato per spiegare la vostra strana scomparsa da Londra nel pomeriggio di oggi - iniziò Ben Wolfe, una volta che furono tornati di nuovo nel salone turco. Durante la deliziosa cena, avevano parlato solo di questioni impersonali: la salute dell'attuale monarca, l'ultimo scandalo che coinvolgeva il Principe Reggente, la recente nascita della principessa Vittoria e perfino il cambiamento della moda femminile causato dall'abbassamento del punto vita.

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Capitolo 9
*** 9 Capitolo ***


- Sono sbalordita dalla vostra ingegnosità - commentò Susanna, una volta che Ben ebbe finito di illustrarle il suo piano. - Spero solo che risulti abbastanza plausibile perché i Western ci credano. Si trattasse di qualcuno dalla reputazione inferiore a quella di madame ad assistermi, temo che fallirebbe, ma così...- Si strinse nelle spalle. - Posso solo ringraziarvi per la vostra gentilezza ad aiutarmi con un preavviso tanto breve, madame.- La contessa la guardò con approvazione. - Ben detto, mia cara.- Ben appoggiò la tazza di tè sul tavolino. - C'è solo un piccolo problema. Molto dipende, temo, dal fatto che la reputazione della signorina Beverly sia senza macchia. Sono rimasto un po' turbato da un'affermazione che avete fatto questo pomeriggio, signorina, e cioè che col mio gesto io avevo distrutto quel poco di reputazione che vi restava. Mi chiedo se non potreste spiegare meglio le vostre parole, così che abbiamo un quadro più chiaro della situazione.- Dopo una breve esitazione, Susanna annuì. - È molto semplice. Quattro anni fa fui abbandonata all'altare da lord Sylvester. Fu tanto crudele da lasciarmi aspettare in chiesa, dove mi venne consegnata una lettera in cui lui mi informava che non aveva più intenzione di sposarmi. Vi renderete conto, ne sono certa, di ciò che un'azione come questa può fare alla reputazione di una donna, per quanto innocente possa essere. E io ero davvero innocente... Ma fui marchiata lo stesso. Nessuno è disposto a sposare una donna che è stata abbandonata all'altare.- - Così, voi siete 'quella' signorina Beverly - mormorò madame pensosa. - L'unica figlia ed ereditiera del defunto William Beverly. Avevo avuto questo dubbio, ma non volevo farvi domande per delicatezza.- Ben Wolfe, invece, si chinò in avanti sulla sua sedia. - Dite di essere impiegata in casa Western in qualità di chaperon. Io non mi trovavo in Inghilterra all'epoca e di conseguenza non so nulla sullo scandalo che seguì. Ma se voi siete l'ereditiera del mercante William Beverly, perché siete costretta a lavorare per mantenervi? In India era considerato ricco come Creso.- Per quanto le fosse penoso entrare nei dettagli della sua triste condizione, Susanna sentì che doveva farlo. - E così pensavo anch'io quando lui morì, circa dodici anni prima delle mie mancate nozze con lord Sylvester. Mia madre si risposo' con un certo Samuel Mitchell, poco dopo la morte di mio padre, ma quando fui abbandonata all'altare, il mio patrigno mi informò che, contrariamente alla pubblica opinione, mio padre era morto in rovina. Era stato lui, disse, a fornirmi una cospicua dote nella speranza che avrei contratto un buon matrimonio. Ora che quella possibilità era sfumata, lui non era più disposto a mantenermi né si sentiva responsabile della mia dote. Di conseguenza, era necessario che mi trovassi un impiego.- Nessuno parlò per un lungo istante. Poi, madame chiese gentilmente: - En effet, vi cacciò di casa? - - Immagino che si possa dire così.- - Oh, io lo dico. - Non era stata madame a risponderle, ma Ben Wolfe, e nei suoi occhi c'era qualcosa di diverso. Per la prima volta, lampeggiava un barlume di pietà. Al diavolo la sua pietà! Susanna non la voleva. Non voleva niente da lui, soprattutto le strane sensazioni che le dava ogni volta che la guardava. - Mi spiace di avervi trattata con durezza, questo pomeriggio. La mia unica giustificazione è che al principio mi avete indotto a credere che eravate Amelia Western, e questo mi ha reso difficile rendermi conto che dicevate la verità quando finalmente avete ammesso di essere Susanna Beverly. Le mie scuse per avervi fatta portare qui e, in seguito, per essermi spazientito possono essere tardive, ma vi assicuro che sono sincere.- Sarebbero potuti essere soli nella stanza, tanto erano concentrati l'uno nell'altro. Gli occhi grigi di Ben non erano più freddi, i suoi lineamenti duri s'erano addolciti in un sorriso. - Non avrei dovuto lasciarvi intendere che ero la signorina Western - ammise Susanna. - Ma il vostro atteggiamento arrogante verso di me, e indirettamente verso di lei, mi aveva fatta infuriare. Ancora non ho capito perché abbiate compiuto un atto così malvagio come rapire una giovane donna per forzarla a essere vostra moglie.- Susanna notò che la contessa di Saulx annuiva per mostrare la sua approvazione. - Non è il momento né il luogo di parlarne - rispose Ben vago. A torto o a ragione, Susanna non poteva abbandonare la questione. - E avete ancora intenzione di rapire la povera Amelia? Se fosse così, malgrado tutto ciò che farete per assistermi, dovrei informare la famiglia Western...- - Ahimè no, il mio piano è stato sventato per sempre dall'errore che ho fatto identificando la donna sbagliata. La signorina Western non ha più nulla da temere da me. Più di questo non posso promettere.- Così, considerava ancora la possibilità di intraprendere azioni illegali, e a giudicare da ciò che aveva detto nel loro primo, furioso colloquio, queste dovevano riguardare i Wychwood. - A cosa pensate, signorina Beverly, per aggrottare così la vostra giovane fronte e per guardarmi con un'espressione tanto dura? - - Penso che siete un uomo senza scrupoli, signor Wolfe, e che non mi piacerebbe avervi per nemico. Penso che una volta che vi siete messo in mente una cosa, legale o illegale che sia, non avete pace finché non l'avete ottenuta.- - Brava, signorina Beverly! - esclamò la contessa di Saulx. - Il nostro amico Ben Wolfe ha bisogno di qualcuno che gli dica le cose in faccia, e voi mi sembrate proprio la persona giusta! - Negli occhi di Susanna passò un lampo di indignazione. - Non è amico mio, madame, ed è stato un giorno nefasto quello in cui mi ha scambiato per un'altra donna. Accetterò che mi aiuti a tornare in società senza macchia perché mi deve questo favore, ma dopo di ciò lo ringrazierò, gli dirò addio e cercherò di scordare di averlo mai incontrato.- Quella orgogliosa dichiarazione incontrò l'ammirazione di tutti e tre, Ben Wolfe compreso. Madame applaudì e Jess non poté trattenersi dal commentare: - Ben detto, signorina Beverly, ma posso essere escluso dall'interdizione che avete proclamato contro il signor Wolfe, dato che desidererei rivedervi in circostanze più felice? - Aveva evitato di guardare Ben, mente se ne usciva con quel piccolo atto di sfida. Fu ricompensato quando Susanna, guardandolo pensosamente, rispose: - Quando sarò tornata alla mia vita normale, signor Fitzroy, potrete venire a farmi visita. Di più non posso dire. Devo tenere a mente che voi stavate solamente eseguendo gli ordini del vostro datore di lavoro, e solo coloro come me che si trovano in un'analoga posizione subordinata possono capire fino a che punto si possa arrivare per guadagnarsi il pane.- - Guadagnarsi il pane! - sbottò Ben oltraggiato, guardate l'abbigliamento sofisticato di Jess. Devo pagarlo anche troppo profumatamente se può permettersi di vestirsi come un damerino di Bond Street per fare gli occhi dolci a una bella donna.- Geloso, rifletté madame. È geloso perché la signorina Beverly ha parlato gentilmente al suo aiutante e non a lui. Chi l'avrebbe mai immaginato? Era la prima volta, nella storia della loro amicizia, che lo vedeva mostrare tanta emozione o curarsi di quello che gli altri pensavano di lui. - Basta discorsi seri, per questa sera - proclamò a quel punto madame con fermezza. - Voi cantate, o suonate, signorina Beverly? Ben ha un magnifico pianoforte, e mi sento in vena di un po' di musica.- - Suono un pochino, ma sono migliore come cantante - - Bene. Allora vi accompagnerà io. Conoscete le canzoni di Tom Moore? - chiese la contessa di Saulx. - Certamente. La mia preferita è L'ultima rosa dell'estate.- - Che combinazione. È anche quella che preferisco io! Shakespeare ha affermato che la musica ha il potere di placare i cuori selvaggi. Lasciamo che plachi i nostri, e dormiremo tutti meglio.- Concluse la contessa.

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Capitolo 10
*** 10 Capitolo ***


Era stata una coincidenza che madame avesse guardato lui, mentre pronunciava quelle parole? Ben pensava di no. Ma mentre ascoltava la pura voce da soprano di Susanna alzarsi verso il soffitto affrescato, il potere della musica, oltre a cullare la sua mente inquieta, aumentò la sua involontaria ammirazione per la sua non desiderata ospite. Che terremoto aveva provocato nella propria ordinata esistenza trascinandoci di forza la signorina Susanna Beverly? Per la prima volta nella vita, si trovava a considerare una donna come qualcosa di più che una persona con cui intrattenersi e poi dimenticare. - Nessuno ha idea di dove fosse diretta quella donna sventurata? - Due giorni dopo la scomparsa di Susanna, il signor Western stava interrogando i domestici. Le speranze che Susanna potesse far ritorno da un momento all'altro si stavano affievolendo, e dato che un esame della sua stanza aveva rivelato che non mancava nulla, cominciava ad apparire probabile che le fosse capitato qualche disgrazia. - Purtroppo no, signore. Come ben sapete, abbiamo poco a che fare con la signorina Beverly. È una persona molto riservata, che non scambia confidenze con nessuno.- rispose il maggiordomo per tutti. - Allora, temo proprio che dovremo informare le autorità della sua scomparsa.- Il signor Western ebbe un sospiro. - Dopotutto viene da una buona famiglia, e non dobbiamo dare l'impressione di essere negligenti nei suoi confronti.- - Oh, da parte mia, io continuo a pensare che sia scappata con qualcuno. Certe creature sembrano fatte per creare fastidi.- intervenne sua moglie. - Io di certo non la rivoglio - decretò Amelia. - Mi darò da fare oggi pomeriggio. Ma prima pranziamo. Certe cose è meglio discuterle a stomaco pieno.- annunciò il signor Western. Stavano per sedersi a tavola quando entrò il maggiordomo, una strana espressione dipinta in volto. - La contessa di Saulx è qui, signore, e chiede di vedervi con urgenza.- - La contessa di Saulx! - esclamò la signora Western. - E cosa può volere da noi? Avrebbe potuto scegliere un momento migliore - gemette il signor Western. - Avete idea di quale sia il motivo della sua visita? - - So solo che con lei c'è la signorina Beverly. - il padrone di casa scatto' in piedi. - Che cosa? Le avete fatte accomodare? - - Sono in salotto. Non si fa attendere sulla porta una signora come madame.- rispose il maggiordomo. - Vero, vero. Vieni mia cara. Dato che la giovane donna è la chaperon di nostra figlia, devi venire con me.- - Posso venire anch'io? - intervenne Amelia. - Voglio proprio sapere come ha fatto la signorina Beverly a conoscere una gran dama come la contessa di Saulx! - - Non sarebbe appropriato - risposero i suoi genitori. - E non rimpinzarti, mia cara. Cominci a essere un po' troppo paffuta.- soggiunse la signora Western. Amelia fece una smorfia alle spalle di sua madre, mentre la porta si richiudeva. Era già fastidioso il fatto che ci fosse Susanna ad ammonirla sulle sue abitudini alimentari, ora ci si metteva anche sua madre a farle la predica! La signora Western non faceva nessuna predica quando entrò in salotto al braccio del marito, trovando non solo la contessa, ma anche la chaperon della figlia, vestita a'point, anche se un tantino pallida. Susanna aveva riso quando, quel mattino, madame era entrata nella sua camera da letto di Stanhope Street reggendo una ciotola piena di cipria bianca, un boccettino d'olio e un grosso piumino. - Avete un aspetto troppo sano, mia cara, per una donna che è stata colta da un malore in Oxford Street. Permettetemi di rimediare.- Aveva fatto sedere Susanna, le aveva annodando uno scialle intanto alle spalle e le aveva versato alcune gocce d'olio sul viso. Poi aveva intinto il piumino nella cipria bianca e glielo aveva passato sulle guance troppo rosee, togliendo quindi l'eccesso con un pennello. - Molto meglio. Cercate di non torgliervelo e i vostri ex datori di lavoro non avranno alcun sospetto.- - I miei ex datori di lavoro? - aveva ripetuto Susanna. - Non mi hanno licenziata... Anche se lo faranno sicuramente.- - Vi assicuro che non avranno l'opportunità di farlo, perché il signor Wolfe e io abbiamo convenuto che non tornerete a lavorare per la famiglia Western. Il motivo, naturalmente, è che avete bisogno di un periodo di convalescenza, dopo di che diventerete la mia dama di compagnia. Evitandomi il fastidio di recarmi all'ufficio di collocamento della signorina Shanks per trovarne una.- Sentendo fare il nome di Ben Wolfe, Susanna s'era subito inalberata. - Da quando il signor Wolfe ha acquisito il diritto di decidere del mio futuro? - Madame l'aveva guardata con approvazione. - Ammiro il vostro spirito, mia cara, ma lui ha acquisito quel diritto nel momento in cui vi ha fatto quel grave torto. Per rimediare ha deciso, col mio aiuto, di assicurare il viaggio futuro. Devo intendere che non desiderate diventare mia dama di compagnia? - - Certo che lo desidero. Siete stata così gentile e generosa con me, e devo sembrarvi un'ingrata, ma... - S'era interrotta, incerta su cosa aggiungere. - Ma vi infastidisce il fatto che ci sia lo zampino del signor Wolfe. Credetemi, lui ha lo zampino in più cose di quelle che riuscireste a immaginare. Perdonatelo. Soprattutto perché, per quanto ne so, è raro che si offra di riparare ai suoi errori. Non che ne commetta molti.- Ed era stato così che Susanna aveva accettato. E ora, seduta nel salotto di casa Western, con gli astiosi occhi della signora Western su di sé, era grata sia a Ben Wolfe sia a madame. - Il mio medico ha consigliato un periodo di riposo alla signorina Beverly, prima che possa riprendere l'esercizio dei suoi compiti - stava concludendo madame con un sorriso condiscendente, dopo aver spiegato la triste storia dello svenimento e dell'amnesia. - Ho saputo che vostra figlia si sposerà presto e, di conseguenza, non avrà più bisogno dei servizi della signorina Beverly. Io ritengo che sarebbe nell'interesse di tutti se consentiste alla signorina Beverly di rassegnare le sue dimissioni immediatamente così che possa diventare la mia dama di compagnia, non appena la sua salute lo permetterà. Temo che in questo momento si senta ancora molto debole.- L'ultima frase era un segnale convenuto. Susanna si appoggiò all'indietro contro lo schienale della poltrona con un lieve sospiro, madame s'affrettò a passarle una bottiglietta di sali sotto il naso. - Su, su, cara bambina, torneremo presto a casa, dove potrete riposare. Prenderemo le vostre cose un altro giorno, se non v'è la sentite oggi.- I signori Western approvarono all'unisono, grati a madame d'aver risolto per loro il problema della chaperon della figlia in un modo che li lasciava con la coscienza a posto. Si congedarono con reciproche espressioni di stima, come se i quattro fossero intimi amici da anni. E Susanna fu di nuovo libera. Non prima, però, d'aver detto addio alla sua protetta. Amelia, onorata d'essere presentata a una gran dama come la contessa. Di ritorno a Londra, Ben Wolfe rimproverava se stesso per la propria incapacità di scordare Susanna Beverly. Aveva conosciuto donne più belle, e sicuramente meno esasperanti, eppure nessuna gli era entrata nel sangue come lei. Nello studio della casa di Piccadilly, ricordò il mattino in cui lei e madame avevano lasciato The Den. Lui aveva guardato la carrozza allontanarsi e poi s'era voltato verso Jess Fitzroy. - E così il capitolo è chiuso. Ora dovrò fare nuovi piani per occuparmi di Babbacombe e del suo rampollo.- - Pensate che sia una cosa saggia? - aveva chiesto Jess - Questo passo falso non potrebbe essere un avvertimento divino? E il vostro interesse per la signorina Beverly è davvero finito? - - Non vi pago per interrogarmi. Ma, per una volta, vi consentiro' di farlo. Solo, che non diventi un'abitudine! - - Molto generoso da parte vostra.- Jess aveva sorriso.

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Capitolo 11
*** 11 Capitolo ***


- Mi state forse consigliando di rinunciare alla mia vendetta contro i Wychwood perché temete che la fortuna mi abbia abbandonato? - - Più o meno - aveva replicato Jess. - Non posso. Aspetto da tanto questo momento. Non avete idea di quanto significhi per me.- - No. Non voglio conoscere i vostri motivi, a meno che non vi decidiate a dirmelo voi spontaneamente. E non mi rifiuterò di eseguire i vostri ordini. Ma un uomo deve pur dire come la pensa.- aveva convenuto Jess. - Molto giusto. E alla vostra domanda sulla signorina Beverly, vi risponderò con un'altra domanda. Parlavate sul serio quando le avete chiesto se potevate andare a farle visita? - - Ero molto serio. C'è qualcosa in lei che...- - Non occorre che aggiungiate altro - aveva tagliato corto Ben. - Ammetto che possa avere alcune attrattive... Per coloro a cui piacciono le donne testarde e dalla lingua lunga. Così, voi volete una moglie litigiosa? - - Oh, le cose non sono ancora arrivate fino a questo punto - Jess aveva sorriso di nuovo. - Ma mi farebbe piacere incontrarla in circostanze più felice. Devo dare qualche significato al fatto che vi siete rifiutato di rispondere alla mia domanda su di lei? - Ben gli aveva lanciato un'occhiata più feroce del proprio soprannome. E se n'era pentito subito, perché non avrebbe potuto desiderare un miglior uomo di fiducia: un gentiluomo povero, ma intelligente, che era disposto a lavorare per lui e la cui lealtà era indiscussa. Così, aveva detto un po' meno bruscamente: - Questa è una questione che non degnero' di una risposta - Jess aveva alzato le mani esclamando: - Pace! Non dirò un'altra parola. Ed eseguirò i vostri ordini alla lettera! - - Vedete di farlo. Appena saremo di ritorno a Londra, io farò visita ai Rothschild e voi comincerete a indagare discretamente sugli affari finanziari di Bertram Wychwood, il padre di George. Ho perduto la leva che intendevo usare contro di loro e ora devo trovarne un'altra.- - Ho un favore da chiedervi, forse due.- Ben Wolfe guardò Nathan Rothschild con cautela. - Vi aiuterò, se è in mio potere farlo. - - Eccellente. Trattare con voi, signore, è un piacere. La mia prima richiesta è questa. Siete per caso a conoscenza degli affari del defunto William Beverly, un agiato mercante che morì parecchi anni fa? Mi interessa in particolare lo stato delle finanze al momento della morte.- - Beverly? - Nathan Rothschild strinse gli occhi, riflettendo. - Il nome mi suona familiare, ma non riesco a ricordare i dettagli. Rincuoratevi, però, il mio capocontabile, Willis, è una miniera di informazioni. Un attimo solo.- Suonò un campanellino sulla scrivania. La porta si aprì ed entrò un uomo anziano. - Willis, questo è il signor Wolfe, che desidera sapere se sappiamo qualcosa sul conto del defunto mercante William Beverly.- - William Beverly, signore? Oh, un gentiluomo molto agiato, il signor Beverly. Fece la sua fortuna durante la guerra, mentre gli altri perdevano la propria. Era di origini nobili, ma povere, se ricordo bene. Aveva una figlia, un'ereditiera... Oh, molto ricca anche lei. Non ho più saputo nulla della signorina. Avrà fatto un buon matrimonio, Immagino. La portò qui una volta, quando era bambina.- Si inchinò a entrambi gli uomini. - C'è altro che desiderate sapere, signor Rothschild? - Nathan si gonfiò d'orgoglio. - Willis ha una memoria prodigiosa. Interrogatelo a piacere.- Ben mormorò lentamente: - Allora, non sarebbe corretto dire che morì in povertà, lasciando la sua vedova e sua figlia bisognose d'assistenza finanziaria? - - Assolutamente no! Sarebbe una vera sciocchezza. Morì molto ricco, il signor William Beverly.- - Interessante - borbottò Ben. - Un'altra domanda, signor Willis. Sapete qualcosa su un certo signor Samuel Mitchell, che in seguito sposò la vedova Beverly? - - Oh, il signor Samuel Mitchell. Una storia molto triste quella. Perse una fortuna in speculazione sbagliate. Ultimamente deve aver recuperato le perdite, però, perché ha un tenore di vita elevato.- - E non conoscete la fonte di questa ritrovata ricchezza? - - Qui, signore, confesso la mia ignoranza. C'è dietro un piccolo mistero, penso.- Quella cauta risposta diverti' ben, che sorrise all'uomo. - La vostra discrezione è pari alla vostra conoscenza. I miei ringraziamenti, signore. - Si inchinò e, gratificato, il signor Willis gli rispose a sua volta con un inchino. Poi guardò Nathan, che gli fece cenno che poteva tornare alla sua scrivania. - Pensate quello che penso io, signor Wolfe? - chiese Nathan, quando furono di nuovo soli. - Oh, ne sono sicuro, signore. - La voce di Ben era grave. Lasciando cadere la questione, spostò la discussione su suoi interessi nel porto di Londra. Gli sarebbe piaciuto interrogare l'onnisciente signor Willis sulle finanze di Babbacombe, ma meno persone sapevano del suo interesse nei riguardi del conte, meglio era. Ciò che Ben non era disposto ad ammettere nemmeno con sé stesso fu che il colloquio con Willis gli aveva dato una scusa per rivedere Susanna Beverly. E presto. - Credo che quello che ho scoperto vi farò piacere, Ben. Ho informazioni sia su lord Babbacombe che sul famigerato signor Mitchell - annunciò Jess Fitzroy qualche giorno dopo. Estrasse un foglio di carta dalla tasca e cominciò a leggere. - Iniziamo da quest'ultimo. Prima di sposare la signora Beverly, Samuel Mitchell era sul lastrico. Dopo il matrimonio saldò i suoi debiti e si lanciò in nuove imprese, ma alcuni anni più tardi, e precisamente poco prima della data fissata per le nozze della figliastra con lord Sylvester, ebbe un'altra crisi finanziaria.- Fece una pausa a effetto. Ben sbottò impaziente: - Allora? Tutto qui quello che avete scoperto? - - Niente affatto. Ho chiesto l'aiuto di un amico che ha un contatto nello studio legale di Mitchell e un altro presso la sua banca. Ho interpellato anche i legali del defunto William Beverly. Ho dovuto pagare fior di quattrini per avere tutti i dettagli da queste e da altre fonti che preferisco non citare. Pare che, poco dopo le sue nozze, Mitchell abbia versato in banca una grossa somma di denaro. Ha fatto la stessa cosa al tempo del fidanzamento della signorina Beverly. I due versamenti erano di pari importo e, sommati, corrispondono esattamente alla somma lasciata dal signor William Beverly alla figlia. Il signor Mitchell, che era stato intimo amico e socio del signor Beverly, era il principale amministratore del fondo fiduciario di Susanna Beverly.- Si schiarì la voce. - Ulteriori indagini hanno rivelato che il signor Mitchell ha effettivamente sottratto del denaro per ben due volte al fondo fiduciario, esaurendolo. Dopo di che ha detto alla signorina Beverly che era nullatenente. Senza specificare, ovviamente, che era stato lui a renderla tale.- - Come supponevo.- Ben fece il suo sorriso da lupo. - Ottimo lavoro, Jess, anche se preferisco non sapere come avete ottenuto informazioni tanto riservate. Ora potete fare un'altra cosa per me. Fissatemi un appuntamento col signor Mitchell, con la scusa che sono interessato a entrare in affari con lui. Detesto gli imbroglioni che lasciano le giovani donne nell'indigenza e senza protezione.- - E lord Babbacombe? Non volete sapere cosa ho saputo su di lui? - - Certamente.- - Pochi dettagli, temo. È praticamente senza un soldo e suo figlio sposerà la signorina Western nel tentativo di risollevare le sorti della famiglia. Siete già al corrente di entrambi questi fatti. Quello che forse ignorate è che Babbacombe ha ipotecato la casa e tutte le sue proprietà, e che i suoi legali hanno taciuto la cosa ai Western quando hanno steso il contratto matrimoniale. Se i Western ne fossero al corrente, il matrimonio ovviamente andrebbe a monte.- - Eccellente, Jess - mormorò Ben, alzandosi. - Il vostro lavoro sarà adeguatamente premiato. Ora, occupiamoci per prima cosa della questione Mitchell. Vorrei che la signorina Beverly ritrovasse la sua agiatezza al più presto possibile.

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Capitolo 12
*** 12 Capitolo ***


Ignara dell'interessamento di ben Wolfe per i suoi affari, Susanna trovava la vita con madame molto diversa da quella che aveva conosciuto dai Western. Poteva anche essere una dama di compagnia, ma madame la trattava alla pari, come un'amica. Aveva insistito per acquistarle un intero guardaroba nuovo. - Perché, non posso essere accompagnata da una giovane signora vestita come una governante. Vi prego, non prendetela come una critica, mia cara. So perfettamente come vengono trattate le chaperon nelle famiglie più grette. E per quanto ho potuto vedere, i Western sono tra i più gretti che abbia avuto la sfortuna di conoscere.- Grazie alla gentilezza di madame, giusto una settimana dopo il colloquio tra Ben e Nathan Rothschild, Susanna era stata invitata al ballo che lady Exford aveva dato in onore dell'ambasciatore francese. Indossava un abito di seta color corallo appena arrivato da Parigi, con la nuova vita più bassa e una scollatura a punta all'ultima moda. Il colore valorizzava i suoi capelli scuri e dava una tonalità più rosea alla sua pelle candida. Anche se madame s'era offerta di prestarle dei gioielli, Susanna aveva preferito limitarsi a indossare il solito girocollo di perle. Il suo ventaglio, un regalo di madame, era di pergamena e decorato da boccioli di rosa delicatamente dipinti. Fu così abbigliata che si trovò faccia a faccia con Amelia Western, al braccio di George Darlington. - Santo cielo, che sorpresa trovarvi qui, signorina Beverly! Avrei detto che un'occasione come questa era ben al di sopra di una come voi - fu lo scortese commento di Amelia. - Ma non al di sopra della contessa di Saulx - ribatté Susanna soavemente. George Darlington, che stava fissando Susanna come se non l'avesse mai guardata bene prima, ma gli piacesse ciò che vedeva, disse gentilmente ad Amelia: - Su, mia cara. Sono sicuro che la signorina Beverly accetterà le vostre congratulazioni per aver trovato una padrona così generosa. La reputazione di madame non ha pari. - Susanna non era sicura che le piacesse l'espressione avida degli occhi di Darlington. D'altra parte, pareva che finalmente quell'uomo stesse cominciando a insegnare ad Amelia le buone maniere, e questo, se non altro, andava a suo credito. Amelia borbottò qualcosa di indecifrabile, e il suo fidanzato le sorrise teneramente. - Spero di rivedere voi e madame più tardi, signorina Beverly, ma purtroppo dovrò assentarmi per svolgere una commissione per mio padre.- Il suo inchino fu profondo, ma i suoi occhi avevano un'espressione insolente e allusiva che Susanna decise di ignorare. Fu aiutata in questo dall'arrivo di una persona che non s'aspettava di vedere: Ben Wolfe. Quest'ultimo si inchinò graziosamente davanti a tutti e tre, e alla fine si rivolse a George, che stava fissando sbalordito quella formidabile combinazione di prestanza fisica e splendore sartoriale. - Perdonatemi se mi introduco da solo, lord Darlington. Il mio nome è Ben Wolfe. Non siamo stati presentati, ma voi mi siete stato indicato niente meno che dal nostro anfitrione, lord Exford. Ho sentito che voi e vostro padre avete certi interessi in India... Ma non parlerò d'affari in presenza di due signore così deliziose. E, a proposito di signore, spero che mi perdonerete per aver ignorato le usuali convenzioni venendo da voi come ho fatto, e mi farete l'onore di presentarmi alle vostre due dame.- Si inchinò di nuovo per nascondere un sorriso, sentendo che George, un po' perplesso, borbottava: - Ma naturalmente. La signorina al mio braccio è Amelia Western, con la quale ho la fortuna di essere fidanzato. Alla sua destra è la signorina Beverly, un tempo chaperon della signorina Western e ora dama di compagnia della contessa di Saulx.- Ben chinò il capo a entrambe, mormorando: - Incantato, signorina - E a Susanna soggiunse: - Conosco bene madame, ma non avevo ancora avuto l'onore di incontrare la sua dama di compagnia. Devo complimentarmi con voi, signorina Beverly, per essere entrata a far parte della casa di madame. È una signora squisita, come avrete già avuto modo di capire.- Amelia, che non pareva per nulla onorata di aver fatto la conoscenza di Ben Wolfe, ed era seccata che fosse stata Susanna ad attirare il suo interesse, tirò George per il braccio. - Andiamo, George. Abbiamo già perso abbastanza tempo e tuo padre ci aspetta.- - Si, mia cara - annuì lui. - Il signor Wolfe ci perdonerà se lo lasciamo così presto, ma speriamo di rivederlo per una conversazione più prolungata.- Si chinò davanti a Ben e Susanna e condusse via Amelia. Ben li guardò sparire da una porta, sul lato opposto della sala. - Santo cielo...- mormorò. - Dunque è quella piccola strega la donna che ho tentato di rapire? Grazie a Dio ho preso voi, invece. L'avrei strangolata dieci minuti dopo averla incontrata. E per quanto riguarda il suo fidanzato, ho trovato odioso il modo in cui vi guardava. Ha una brutta reputazione. Vi consiglio di evitarlo.- Aveva detto quest'ultima frase nel suo tono più imperioso. Susanna scoppiò a ridere. - Sentite da che pulpito viene la predica, signor Wolfe! Quale che possa essere la reputazione di lord Darlington, non mi risulta ancora che comprenda il rapimento di giovani donne.- - Oh, vi prego, non continuate a rinfacciarmelo! Dopo aver conosciuto la signorina Western, non mi azzardero' più a rapire una giovane donna se prima non avrò saputo da fonte attendibile che è la creatura più docile che un uomo possa desiderare per moglie.- I suoi occhi ironici la sfidavano mentre pronunciava quelle parole. La stava provocando, non c'era dubbio, pensò Susanna. Ebbene, lei non avrebbe abboccato! Abbassò gli occhi compunta. - Me ne ricorderò, signor Wolfe. Così non vi sorprenderà sentire che eviterò accuratamente di diventare docile per tema d'essere rapita di nuovo. Una volta mi è bastata, grazie. Oltre al trauma, mi avete coinvolta in una rete di bugie, quando mi avete fatto dichiarare pubblicamente che non ci eravamo mai visti prima di questa sera. Mi sembra troppo, anche per salvare la mia reputazione.- Ben si chinò a sussurrarle all'orecchio: - Oh, non è troppo. Avete recitato la vostra parte come un'attrice consumata, mia cara. E vi siete divertita a farlo. Ora, andiamo a cercare madame per informarla che ci siamo appena conosciuti, qui nella sala da ballo di lord Exford, e che pertanto la vostra reputazione è salva.- Cosa poteva dire Susanna a questo punto? Aprì la bocca per ribattere, ma colse lo sguardo malizioso di lui. Di conseguenza, non riuscì a far altro che borbottare: - Oh, siete impossibile, proprio impossibile...- E per tutta risposta lui annuì. - Così mi dicono spesso. Andiamo da madame. - Inaspettatamente Susanna sorrise. - Che ne dite? Dimentichiamo il passato e ricominciamo da capo, come se davvero ci fossimo incontrati quando George Darlington ci ha presentati? - Ben rimase in silenzio per un attimo. - C'è solo un problema in questo. Io non voglio dimenticare la donna di spirito che mi ha sfidato sin dal principio. Credo di preferirla alla compita giovane donna di questa sera, che dice solo ciò che si deve dire.- - Davvero, signor Wolfe? Davvero? In tal caso, devo dedurre che mi date il permesso di essere impertinente con voi ogni volta che lo desidero? - - Preferisco l'impertinenza alla compagnia di una signorina tutta maniere, perciò Immagino che la risposta sia sì.- Susanna era perplessa. Era una sua impressione, o il signor Wolfe era passato dal rapimento a una più sottile forma di seduzione? Era perché trovava attraente la nuova, elegante signorina Beverly? O era stato l'ovvio interesse di George Darlington a ingelosirlo? - Santo cielo - sospirò. - Voi avreste dovuto ribattere: - "Oh no, signorina Beverly, voi mi avete frainteso", o qualche altra educata banalità, non rilanciarmi la palla così direttamente.-

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Capitolo 13
*** 13 Capitolo ***


Ben gettò la testa all'indietro e scoppiò a ridere. Alcuni si voltarono a guardarlo sorpresi. - Ah, signorina Beverly, non avete ancora scoperto che non faccio mai quello che ci si aspetta da me? No, no, non è il mio stile. E posso aggiungere che voi possedete lo stesso talento? O, se preferite, lo stesso difetto?- Il fatto di aver scoperto in un uomo che avrebbe dovuto disprezzare una persona che diceva ad alta voce quello che lei segretamente pensava turbò Susanna. Decise di cambiare discorso. - Abbiamo quasi raggiunto madame.- - È vero. E io devo porgerle i miei rispetti e dirle una parola in privato. Un'ultima cosa, prima che ci separiamo. Pensate che riuscirete a chiamarmi Ben, in futuro?- Toccò a Susanna, ora, scoppiare a ridere. - Come dicono alla Camera dei Comuni? Chiedo una pausa prima di rispondere a questa domanda. E avremo un futuro, noi, a parte qualche casuale incontro a balli e altre funzioni pubbliche? Per il momento, penso che sia meglio che per me restiate il signor Wolfe.- - Oh, certo che abbiamo un futuro - disse lui piano. - È proprio di questo futuro che voglio parlare con madame. Oh, quasi dimenticavo. Il signor Fitzroy ha avuto l'impudenza di chiedermi di presentarvi i suoi rispetti, il che ha mostrato una totale mancanza di rispetto nei miei confronti. Io lo faccio, e vi chiedo di rispettare me non rispettando lui.- Che faccia tosta! - Potete star certo che rispetterò chiunque mi pare e piace, signor Wolfe. E se deciderò di rispettare il signor Fitzroy, lo farò.- - Brava! - Lui si congedo' da lei con un profondo inchino. - Dobbiamo tornare a incrociare le spade quanto prima.- - Ogni volta che vorrete.- Così si separarono, Ben per andare a parlare con madame, che li aveva osservati con un sorriso incuriosito sulle labbra, e Susanna per eseguire una commissione che le era stata affidata. - Quando avete un attimo di tempo, bambina, potreste cercare la biblioteca e vedere se gli Exford hanno una copia di Les Maximes du M. le duc de la Rochefoucauld. Se è così, chiederò a lord Exford il permesso di prendere in prestito il libro.- le aveva chiesto madame. La biblioteca era l'ultima stanza in fondo al corridoio. Susanna non fu sorpresa di non trovarvi altri ospiti. Accanto all'ampio tavolo al centro della stanza c'era un omino vestito con gli abiti neri di uno studioso. Alzò gli occhi, sentendo entrare Susanna, e chinò il capo nella sua direzione. - Ah, una scampata al ballo. Come posso esservi utile? Se è aiuto che vi serve.- Aveva modi così cortesi e antiquati che Susanna sorrise. - Mi chiamo Susanna Beverly. Sono qui su richiesta della contessa di Saulx, di cui sono dama di compagnia. Madame desidererebbe sapere se la biblioteca è dotata di una copia delle Maximes di M. de la Rochefoucauld.- L'uomo le sorrise. - Certamente.- - E lord Exford sarebbe disposto a prestargliela? - - Quando gli dirò che è la contessa di Saulx a chiederla, sicuramente lord Exford acconsentirà.- Susanna lo ringraziò cortesemente e si guardò intorno. Quanto le sarebbe piaciuto esplorare quegli scaffali pieni di tesori, ma doveva tornare tra gli ospiti. Sentiva, però, di poter fare almeno un altra domanda. - Mi chiedo se, prima di andarmene, potreste mostrarmi il trattato di M. de la Rochefoucauld.- - Con piacere - rispose l'omino. - Ve lo porterò al tavolo. Vi prego, accomodatevi.- Susanna si sedette e un attimo dopo il bibliotecario posò sul tavolo un elegante volume dalla splendida rilegatura in pelle rossa, con il blasone degli Exford sul davanti. L'uomo lo aprì per lei, annunciando: - Spero che sia una giovane d'animo forte, signorina Beverly. Il duca era un gentiluomo sardonico e le sue Maximes sono estremamente ciniche.- Susanna sorrise. - Non abbiate timore. La vita mi ha mostrato che il mondo non è un letto di rose.- Il libro era stato stampato in Francia e il carattere, anche se molto elegante, era un po' difficile da decifrare. Ma il bibliotecario aveva ragione, il duca era davvero cinico. Rise, leggendo una gemma.' Tutti noi abbiamo la forza di sopportare le afflizioni degli altri.' Con un grande rimpianto, Susanna si rassegnò a chiudere il libro. Lo avrebbe letto quando madame se lo sarebbe fatto prestare. Prima di restituirlo, però, lo riaprì alla pagina del titolo e scoprì una dedica vergata con un'elegante calligrafia femminile. A Eleanor Exford, in occasione delle sue nozze, dai suoi affezionati amici, Charles e Margaret Wolfe. Sotto c'era una data, il 14 luglio 1780. Il libro era stato donato ai genitori dell'attuale lord Exford. Susanna fissò la dedica pensosa. I donatori erano in qualche modo imparentati con Ben Wolfe? Ed era una coincidenza il fatto che la contessa di Saulx, tanto amica di Ben Wolfe, desiderasse farsi prestare un libro che era stato il dono di persone di nome Wolfe? Susanna scosse la testa. Probabilmente vedeva misteri la' dove non ce n'erano. Dopo aver ringraziato l'omino, lasciò la biblioteca e si incamminò lungo il corridoio. Aveva quasi raggiunto il salone da ballo quando venne fermata da un gentiluomo che proveniva dalla direzione opposta. Era George Darlington, una volta tanto senza Amelia al braccio. Non era passato molto tempo da quando Susanna lo aveva visto, ma adesso il suo viso era arrossato, come se avesse bevuto. Susanna sapeva che in molti ricevimento c'era una saletta privata in cui i gentiluomini annoiati si ritiravano a bere lontano dalle signore e dal cerimoniale. Cercò di evitare Darlington, ma, vedendola, lui allungò un braccio per fermarla. - Che piacere incontrarvi di nuovo, signorina Beverly. Permettetemi di scortarvi nel salone. O preferireste che ritardassimo il rientro di qualche minuto? - - Non è possibile, lord Darlington. Ho eseguito una commissione per la contessa e devo riferire...- - Oh, madame non è un orco. Potrà fare a meno di voi per qualche minuto. C'è un salottino, qui, dove potremmo divertirci un po'. Nessuno noterà la nostra assenza.- Susanna cercò di ritirare il braccio, senza riuscirvi. Lui cominciò a spingerla verso una porta. - Vi prego, lasciatemi - disse Susanna cercando di mantenere la calma. - Non ho desiderio di accompagnarvi da nessuna parte, figuriamoci in un salotto privato. Ricordate che siete fidanzato. - - Questo non c'entra. Non m'ero accorto che eravate un tale bocconcino. Perché non dovremmo spassarcela? - È ridicolo, pensò Susanna, cercando di non farsi prendere dal panico. Prima Ben Wolfe mi rapisce, e ora il fidanzato di Amelia cerca di sedurmi! Non poteva chiamare aiuto. Mettersi a gridare avrebbe creato uno scandalo che avrebbe distrutto la sua reputazione, anche se non quella di George. Ciononostante disse: - Se non mi lasciate andare subito, signore, sarò costretta a chiamare aiuto.- - Urlate pure. E completerete la rovina che è iniziata quando siete stata abbandonata all'altare.- bofonchiò George. Doveva essere stata Amelia a informarlo, ed era per questo che lui si comportava in modo così sfrontato. Avevano ormai raggiunto la porta del salottino e George cominciò a trascinarla dentro. L'alcol poteva aver distrutto il suo buonsenso, ma non sembrava aver alcun effetto sulla sua forza. In seguito, Susanna si chiese se M. de la Rochefoucauld avrebbe trovato una frasetta arguta per descrivere ciò che successo a quel punto. Aveva appena cominciato a sferrare dei calci negli stinchi di George, quando una voce alle loro spalle disse: - Cosa diavolo succede? - Era Ben Wolfe. Un istante dopo Ben aveva afferrato George per la cravatta, cominciando lentamente a strangolarlo. George, gorgogliante e paonazzo, fu costretto a lasciare Susanna per portarsi le mani al collo cercando di liberarsi. George Darlington non era un uomo piccolo, ma non aveva alcuna possibilità contro Ben. Susanna barcollò all'indietro. Senza guardarla, Ben le ordinò: - Lasciateci, signorina Beverly. Voglio dare una lezione a lord Darlington, ma non in vostra presenza.-

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Capitolo 14
*** 14 Capitolo ***


- Non lo ucciderete, vero? - chiese Susanna con un filo di voce. - Ed essere impiccato per causa sua? Datemi credito di una briciola di buonsenso, signorina Beverly, e mostrate il vostro tornando da madame e non facendo parola dell'accaduto con nessuno.- sibilò Ben tra i denti. Così, erano di nuovo due cospiratori uniti nel tentativo di salvare il suo buon nome. Susanna si allontano' in fretta. L'ultima cosa che vide fu George cadere in ginocchio, mentre Ben Wolfe torreggiava su di lui. Madame le fece cenno di accomodarsi accanto a lei prima di chiederle se la sua piccola spedizione aveva avuto successo. - Certamente. Il bibliotecario, chiederà a lord Exford se potete prendere in prestito il volume. Pensa che milord darà il suo consenso.- replicò Susanna. Non accennò all'iscrizione che l'aveva tanto incuriosita. - Eccellente. Sapete? Il signor Wolfe s'era preoccupato vedendovi tardare. Temeva che potesse esservi successo qualcosa, perciò gli ho suggerito di cercarvi in biblioteca, anche se dubitavo che poteste correre qualche pericolo la' . Strano che non vi siate incrociati lungo il corridoio. - Susanna non fece commenti. Segretamente la turbava il pensiero di essere diventata tanto brava a mentire da quando aveva conosciuto Ben Wolfe. I difetti dovevano essere contagiosi, decise. - Vedete, signore?- disse madame, quando Ben le raggiunse qualche minuto dopo. - La vostra agitazione per il ritardo della signorina Beverly era ingiustificata. Eccola qui, sana e salva.- Ben inarcò un sopracciglio. - Agitazione? Non ero affatto agitato. In ogni caso, non ho mai raggiunto la biblioteca. Ho incontrato un vecchio amico e abbiamo avuto una discussione molto proficua. Ci siamo intrattenuti così a lungo che ho deciso di tornare qui immediatamente, pensando che ormai la signorina Beverly doveva avervi raggiunta, madame. Vedo che avevo ragione.- Susanna si decise a guardarlo negli occhi. - La vostra preoccupazione per me è esemplare, signor Wolfe. Vi ringrazio sentitamente.- Dal guizzo delle labbra di lui, Susanna capì che aveva colto il doppio significato. - Di nulla, signorina Beverly. Sono sempre lieto quando posso rendermi utile. Non sono un ballerino, ma mi piacerebbe fare un giro di pista con voi, questa sera. Se volete concedermi questo onore.- Susanna si sentì presa da un tremito mentre lui si raddrizzava dal profondo inchino e la fissava coi suoi splendidi occhi grigi. Come se il suo corpo avesse una volontà propria, lei mise la mano in quella di lui e lo seguì. Per essere un uomo così grande era sorprendentemente leggero di piede. Ma quello che più sorprese Susanna fu la propria reazione alla vicinanza di lui. Tra le sue braccia, si sentiva come se le fossero caduti di dosso i vestiti. E quel che era peggio, si scoprì a chiedersi come sarebbe stato senza vestiti lui! Che pensiero scandaloso per una giovane donna rispettabile come lei! Non avrebbe trovato alcuna consolazione nel sapere che il poco rispettabile Ben Wolfe nutriva pensieri simili riguardo a lei. Come Susanna, Ben si stava chiedendo cosa gli fosse successo. Perché, anche se aveva avuto più di una relazione in passato, non aveva mai provato le sensazioni che gli dava Susanna. Mescolato a un intenso desiderio di averla tra le braccia, o nel suo letto, c'era un desiderio altrettanto intenso di proteggerla. Lei non s'era sbagliata leggendo un'intenzione omicida nei suoi occhi quando aveva aggredito George. Era dovuto ricorrere a tutta la sua forza di volontà per non pestarlo a sangue per aver osato importunare Susanna. Né Ben né Susanna avevano mai trovato un ballo tanto eccitante, prima. La loro vicinanza rendeva stimolante anche quel rituale così civilizzato. E come se non bastasse, un'altra eccitazione si aggiunse a una serata già movimentata subito dopo che il ballo terminò. Ben ebbe appena il tempo di scortare Susanna al suo posto accanto a madame, quando fu avvicinato da un corpulento gentiluomo di mezza età che portava una stella sul petto. - Lord Babbacombe - sussurrò Madame a Susanna. - Il padre di lord Darlington. Cosa può volere dal signor Wolfe? - Attaccare briga, a quanto pareva, perché Babbacombe esordì con voce rabbiosa. - Una parola con voi, Wolfe, e non vi chiamerò signore. Mi meraviglio che lord Exford vi abbia invitato in casa sua. Non dev'essere al corrente della vostra reputazione, o non vi avrebbe permesso di oltrepassare la soglia. Ho sentito che avete avuto l'impudenza di molestare mio figlio. Lasciate che vi informi che, se dipenderà da me, ogni casa decente di Londra da ora in poi vi sarà chiusa.- Se il viso dell'uomo s'era fatto paonazzo, l'oggetto delle sue ire rimase impassibile. I lineamenti di Ben parevano scolpiti nel granito. - Sono qui, come voi Immagino, in qualità di amico di lord Exford. E devo informarvi che, se vostro figlio continuerà a comportarsi in società come se fosse in un postribolo di Seven Dials, io lo molesterò ogni volta che lo sorprenderò in fallo. Devo dire comunque che la sua deplorevole condotta non mi sorprende, dato che ho sempre trovato molto vera, sia nella vita sia negli affari, la massima: Tale padre, tale figlio.- Davanti agli occhi strabiliati di Susanna, lord Babbacombe s'era fatto violaceo. - Oh, gli affari. Non certo un argomento adatto a un gentiluomo. Ebbene, non dite che non vi avevo avvertito. E a proposito di padri e figli, non si può certo dire che la condotta di vostro padre sia stata esemplare.- L'espressione immota di Ben affascinò Susanna. Era calmo quanto lord Babbacombe era altero. - Spero che abbiate finito. Dato che sono venuto qui per divertirmi, e non per ascoltare sermoni. E per quanto riguarda gli affari, posso capire il vostro disprezzo per essi, dato che avete così poco successo. Vi auguro la buonasera, milord, e spero in futuro di trovare voi e vostro figlio di umore migliore.- Chinò il capo e tornò a voltarsi verso madame e Susanna. A lord Babbacombe, che ormai gorgogliava come un tacchino, non restava altra scelta che accettare gli insulti o sfidare Ben a duello. E dato che non aveva il coraggio di fare la seconda cosa, girò sui tacchi e se ne andò meditando vendetta. - È stata una cosa saggia, signor Wolfe? - chiese madame - Lord Babbacombe è una potenza nella società londinese.- - Peccato per la società londinese, allora - ribatté Ben - Il mio unico rimpianto è che voi e la signorina Beverly siate state costrette ad assistere a una scena incresciosa come questa. Spero, signorina Beverly, che il mio parlare diretto non vi induca a rifiutarmi il prossimo ballo.- - Oh, conosco bene il vostro parlare diretto, e sono nella migliore posizione per sapere che le vostre affermazioni riguardo a lord Darlington non erano ingiustificate.- Susanna sentì lo sguardo incuriosito di madame su di sé, ma non si voltò. - Certo che accetterò il vostro invito per il prossimo ballo.- - Mi meraviglio che abbiate avuto l'ardire di prendere le parti di uno come me, signorina Beverly - commentò Ben con un sorrisetto, mentre la accompagnava in pista. - Conoscendo, come conoscete voi, il peggio di me. Chissà cosa potrei combinare ancora? - - Sicuramente, signore, questa serata non può riservarmi altre sorprese - rispose Susanna. Si sbagliava. Ben le aveva preso la mano e stavano aspettando uno di fianco all'altro che arrivasse una coppia di fronte a loro per iniziare la quadriglia. Si presentò un gentiluomo alto con una delle sorelle di lord Exford al braccio. Era così occupato a parlare con la sua dama che si voltò verso Ben e Susanna solo nell'istante in cui iniziò la musica, quando ormai era tardi perché lei potesse reagire alla sua improvvisa comparsa. Era Francis Sylvester. - Susanna - disse Francis concitato, passando accanto a lei nella danza. - Possibile che siate proprio voi? - Lei non poté rispondergli, perché la quadriglia l'aveva rapidamente riportata al fianco di Ben.

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Capitolo 15
*** 15 Capitolo ***


Così, quando Susanna, si ritrovò di nuovo faccia a faccia con lui, le mani tenute in alto, Francis le sussurrò: - Avevo sentito dire che avevate lasciato la casa paterna e non eravate più in società.- Lei ebbe appena il tempo di ribattere: - Siete stato male informato - che si ritrovò con Ben. - Chi diavolo è quel tizio che vi importuna ogni volta che lo passate? - l'aggredi' lui. Per fortuna la danza la allontanò anche da lui. Chi gli dava il diritto di interrogarla così sommariamente? E Francis! Che faccia tosta! Entrambi gli uomini la stavano fissando accigliati come se lei li avesse offesi. Decise di non parlare a nessuno dei due. Così quando Francis, nell'incrociarla, le chiese: - Chi vi ha accompagnata qui, Susanna? A chi posso porgere i miei rispetti alla fine del ballo?- lei voltò la testa dall'altra parte. - Quel tizio vi importuna ancora? - rincarò Ben, quando le passò accanto. Lei li ignorò, e non meritavano altro, dato che Francis l'aveva abbandonata all'altare e Ben l'aveva rapita. La sua irritazione crebbe non appena si accorse che i due uomini adesso si fissavano in cagnesco. - Cosa diavolo ci fate qui con lui? - le sibilò Francis. - Non sapete quanto sia dubbia la sua reputazione?- Susanna non poté trattenersi dal ribattere: - Non può essere peggiore della mia, Francis, dopo che mi avete abbandonata all'altare! - Questo avrebbe dovuto chiudere il discorso, ma non fu così, perché la volta successiva in cui piroettò attorno a lei, Francis se ne uscì con un: - Non intendevo farlo, sapete - - Allora cosa intendevate? - ribatté lei, prima di passare al fianco di Ben. - Vi sta ancora molestando? Volete che mi occupi di lui, alla fine del ballo? - le domandò Wolfe. Susanna per poco non se ne venne fuori con un: - Dio ce ne scampi.- Invece, mormorò: - Meglio di no. È lord Sylvester.- Questo peggiorò le cose, perché Ben le sibilò all'orecchio: - Il bastardo che vi ha abbandonata, eh? Gli darò quel che si merita.- - Oh no! Se non volevate finire impiccato per George Darlington, volete penzolare dalla forca per uno come Francis? Nessuno dei due merita tanto. E io dovrei farmi suora per sfuggire allo scandalo! - Per fortuna Ben non aveva ancora perso il senso dell'umorismo, e quando vide l'espressione biricchina degli occhi di lei, le sue labbra ebbero un guizzo divertito. - Vero. Ammetto d'aver avuto una reazione esagerata, ma Sylvester è proprio il tipo di mollaccione che non riesco a sopportare.- Susanna si trattenne dal far notare che in confronto a Ben Wolfe tutti gli uomini presenti nel salone sembravano dei mollaccioni, ma che questo non gli dava il diritto di minacciarli di morte violenta. Finito il ballo, Ben la prese per un braccio con aria possessiva e praticamente la trascinò fino al divanetto su cui era seduta madame. Ma non riuscì a liberarsi di Francis. L'uomo li inseguì, inchinandosi a madame e ignorando ostentatamente Ben, che era stato costretto a lasciare il braccio di Susanna, una volta che l'aveva riportata sotto l'ala della contessa di Saulx. Francis era bello e raffinato come quando l'aveva corteggiata in passato, pensò Susanna. Eppure, Ben aveva ragione: nei suoi lineamenti c'era una mollezza che lei non aveva notato prima. - Ci siamo incontrati a Parigi, credo, madame la comtesse. A un ricevimento dato da M. de Talleyrand. Sono lieto di rinnovare la vostra conoscenza, e vorrei rinnovare quella della signorina Beverly. Se è ancora signorina Beverly, ovviamente.- I modi di madame furono, come sempre, impeccabili. - Lord Sylvester. Sì, ricordo l'occasione. E la signorina Beverly non è sposata, ma non sono sicura che desideri rinnovare la sua conoscenza con voi. Deve deciderlo lei.- - Allora vorrei pregarla di concedermi un colloquio privato. Per pochi minuti - s'affrettò a precisare Francis. - Poiché devo informarla di un fatto strettamente riservato.- Susanna distolse lo sguardo. - Se si tratta di una spiegazione per il vostro comportamento di quattro anni fa, è un po' tardiva, milord.- - Mi rendo conto che vi ho fatto un grave torto, ma vorrei rimediare. Vi chiedo di permettermi di parlare, in ricordo di ciò che un tempo siamo stati l'uno per l'altro.- Susanna sentiva lo sguardo feroce di Ben Wolfe su di sé, sapeva che voleva che lei rifiutasse, e fu proprio questo a indurla ad accettare. - E va bene, lord Sylvester - mormorò, alzandosi. - Vi permetterò di parlarmi in privato, ma solo per pochi minuti, e con l'intesa che non tenterete di trattenermi fisicamente.- - Meglio che non ci provi - ringhiò ben tra i denti, guadagnandosi un colpetto spazientito del ventaglio di madame, che guardava interessata il turbine di emozioni che passavano sul suo viso solitamente impassibile. Lord Sylvester tese la mano. Susanna scosse la testa e lo seguì, senza toccarlo, nello stesso salottino in cui George aveva tentato di trascinarla poco prima. Vedendo che le faceva cenno di sedersi, lei scosse il capo di nuovo. - Molto bene - replicò lui, la voce malinconia. - Vorrei dirvi quanto mi dispiace d'essermi comportato come ho fatto, quattro anni fa. Ma non avevo alternativa. Ero indebitato fino al collo, ma le banche, sapendo del nostro matrimonio, aspettavano. E poi, due giorni prima delle nozze, il vostro tutore, il signor Samuel Mitchell, venne da me e mi annunciò che, contrariamente a quanto tutti credevano, voi non eravate un'ereditiera. Aveva scoperto che vostro padre non vi aveva lasciato nulla, e di conseguenza io ero nei guai. Le banche erano ormai al corrente della cosa e c'era un mandato di cattura contro di me. Sarei finito a Marshalsea, poiché non ero in grado di pagare i miei debiti. Per sfuggire alla prigione, avrei dovuto lasciare il paese immediatamente. Mitchell disse che mi avrebbe aiutato a condizione che partissi senza farne parola con voi. Si sarebbe occupato lui di voi, perché non doveste soffrire in seguito al nostro mancato matrimonio. Mi detto' una lettera d'addio, e io partii per il Continente il giorno seguente. Potete immaginare la mia sorpresa quando, non molto tempo fa, venni a sapere che avevate lasciato la casa paterna poco dopo le nostre mancate nozze.- Susanna lo fissava allibita. Possibile che Francis stesse dicendo la verità? Dunque il suo patrigno aveva fatto il doppio gioco con lei? E se così, perché? La stanza cominciò a girarle intorno. Si aggrappò allo schienale di una poltrona. - Devo credere a quello che mi state raccontando? - Francis preoccupato per il suo pallore, si affrettò ad aggiungere: - Vi giuro che vi sto dicendo la verità. Vi amavo allora e vi amo adesso. Sono fuggito perché non potevo condannarvi a un matrimonio con un uomo che presto sarebbe andato in prigione per debiti, o sarebbe partito per Calais senza più poter fare ritorno in patria. Perdonatemi per avervi ingannata in modo tanto vile quattro anni fa, ma amandovi come vi amavo, pensai di essere giustificato.- Forse le diceva la verità, ma Susanna non osava fidarsi di lui. - Se le cose stanno così, come mai siete potuto tornare in patria ora? - - Perché un'anziana zia, che conoscevo appena, è mancata di recente nominandomi suo erede. Mi ha lasciato abbastanza per pagare i miei debiti e per vivere una vita decorosa in Inghilterra. Ho rinunciato al gioco e alla vita sfrenata che mi aveva ridotto sul lastrico. Sono cambiato e vorrei rifarmi una vita. Con voi, se mi accettate.- Tentò di prenderle la mano, ma lei la ritrasse. Non sopportava d'essere toccata da quell'individuo. - Accettarvi! Voi non sapete cosa mi chiedete, né cosa sia stata la mia vita da quando mi avete abbandonata all'altare. Avete il mio perdono, ma sposarvi! Mai, neanche se foste l'ultimo uomo al mondo.- esclamò amaramente. Con suo orrore, lui si gettò in ginocchio ai suoi piedi, e questa volta riuscì ad afferrarle la mano. - Ascoltatemi, vi prego...- iniziò. - No, non lo farò - lo interruppe lei, cercando di liberarsi. Fu allora che la porta si spalancò.

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Capitolo 16
*** 16 Capitolo ***


- Un breve colloquio, avevate detto - esplose Ben Wolfe. - E avete promesso di non trattenerla fisicamente, e invece, dannazione, lo state facendo! - La sua espressione era così truce che Susanna, liberandosi da uno sbalordito Francis Sylvester, lo fermò per un braccio, esclamando: - No, signor Wolfe! È tutto a posto. Stavo solo cercando di evitare che mi chiedesse di sposarlo.- - Cosa! Per abbandonarvi all'altare una seconda volta, suppongo - sbottò Ben per tutta risposta. - Se la sua proposta vi dispiace, allora vi offro il mio braccio per scortarvi lontano dalla sua non gradita presenza.- Francis, bianco in viso ora, disse rabbiosamente: - Cercavo solo di fare alla signorina Beverly una proposta onorevole. Potete affermare di avere intenzioni altrettanto serie? - - Certamente! - urlò Ben, uscendosene con qualcosa che non avrebbe mai pensato di sentirsi dire: - Signorina Beverly, se accetterete di sposarmi, chiederò una speciale licenza domani.- L'occhiata che lanciò a Francis fu di trionfo. Ma non trionfò su Susanna. - Oh, siete impossibili, tutti e due, e per ragioni diverse! Siete uguali solo nel complicarmi la vita, e certamente non intendo sposare nessuno dei due! - A testa alta, si avviò verso la porta e cominciò a camminare su e giù per il corridoio, ritardando il suo ritorno nel salone, perché, dopo quello che le era successo, non sapeva se ridere o piangere. - C'è posta per voi, mia cara - annunciò madame, passandole una busta sopra il tavolo mentre facevano colazione, alcuni giorni dopo. Susanna l'apri' perplessa. Era una lettera dall'aspetto ufficiale, vergata dalla calligrafia regolare di uno scrivano. La invitava a presentarsi nello studio legale dei signori Herriott e Bracewell non appena possibile per una comunicazione che la riguardava. La lesse a madame, chiedendo: - Cosa può significare? Ne sapete qualcosa? - La contessa scosse la testa. - No, mia cara. Sono sorpresa quanto voi. Conoscete lo studio legale? - - So solo che era quello di papà. Non ho mai avuto a che fare con loro dopo la sua morte. Si occupò di tutto il signor Mitchell anche prima di sposare mamma.- - Davvero? - commentò madame asciutta, pensando a una conversazione che aveva avuto con Ben Wolfe. - Credo che dovreste andare da loro prima possibile. Potete prendere la mia carrozza questo pomeriggio.- - Ma volevate andare al parco...- - Oh, il parco può aspettare - disse madame in tono leggero. - Questo è più importante.- - No, grazie - rispose Susanna accomodandosi, quando il signor Herriott le offrì un bicchierino di Porto. Accanto a lui sedeva un altro corpulento signore di mezza età che lei Immagino' fosse il signor Bracewell. Sempre più strano, pensò. Era una questione così importante da richiedere la presenza di due soci? - È recentemente venuto a nostra conoscenza il fatto che voi avete l'errata convinzione che vostro padre vi abbia lasciato senza eredità, perdendo tutto il suo capitale prima della morte.- iniziò Herriott. - Sfortunatamente noi non eravamo al corrente della cosa, ma appena è stato portato alla nostra attenzione il fatto che il vostro patrigno, il signor Samuel Mitchell, si è appropriato di una somma superiore alle diecimila sterline, abbiamo sentito che era nostro dovere rimediare.- Susanna non era tanto ingenua da non capire che il signor Herriott stava usando un linguaggio forbito per occultare le proprie responsabilità nella vicenda. Sarebbe stato suo dovere tutelare i suoi interessi, e aveva mancato di farlo. - Non appena siamo venuti al corrente della reale situazione, abbiamo messo in moto le cose. Il signor Mitchell è stato costretto a rendere disponibile per voi quello che resta del vostro capitale. Riceverete immediatamente la somma di circa seimila sterline, o meglio, gli interessi annuali di essa. E per quanto riguarda il signor Mitchell, sfuggirà alla prigione o alla deportazione solo perché ha cooperato con noi nel restituirvi la vostra fortuna, e perché abbiamo ritenuto che non avreste voluto che vostra madre e le vostre sorellastre venissero lasciate nell'indigenza e senza un padre di famiglia. Lui ha un capitale sufficiente a consentirgli di vivere in modo decoroso. Se, naturalmente, voi ritenete che la punizione non sia sufficiente, informeremo le autorità competenti.- Susanna era senza parole. Il signor Herriott si alzò e le versò un bicchiere d'acqua. - Bevete questo, signorina Beverly. Sono certo che questa notizia è stata un trauma per voi.- Lei bevve avidamente un sorso, prima di dire: - Così, quando il mio patrigno mi ha praticamente cacciato di casa perché mi guadagnassi da vivere, si stava in realtà appropriando della mia eredità? - - Si. Pare che, poco prima delle nozze con vostra madre, abbia perso una grossa somma di denaro in speculazione sbagliate, e abbia usato parte della vostra eredità per pagare i debiti. In seguito, quando venne fissato il vostro matrimonio con lord Sylvester, ebbe un altro colpo di sfortuna e si appropriò del resto per compensare le perdite.- Susanna pensò a quello che le aveva detto Francis al ballo degli Exford, e capì che era la verità. La sua costernazione era evidente. Non tanto per la perdita del denaro, ma a causa della difficile vita che aveva condotto fino a quando Ben Wolfe non l'aveva rapita. - Mia madre è al corrente di quanto è successo?- chiese. - Temo di si. Hanno dovuto lasciare la casa oggi stesso. Faceva parte dell'eredità, capite. - - Devo aiutarli...- - Assolutamente no - disse il signor Herriott con vigore. - Il signor Mitchell vi ha causato molta infelicità, e ho saputo che né lui né vostra madre vi hanno offerto alcun aiuto quando eravate in difficoltà. Non sono in misera e devono imparare a vivere con quanto possiedono, e non con quello che vi hanno rubato.- - Ma sicuramente mia madre non era al corrente della malvagità del signor Mitchell! - - Forse no - rispose l'avvocato poco convinto. Susanna fissò la libreria di mogano di fronte a lei. - Come siete venuti a conoscenza della situazione? - - Oh, è successo solo di recente... E le nostre fonti devono rimanere riservate. Etichette legale, voi mi capite. Ora, dovete solo firmare alcuni documenti, e tutto sarà sistemato.- Susanna era seduta nel salottino di madame quando il maggiordomo annunciò che la signora Mitchell desiderava parlarle. Susanna posò il ricamo. Da quando era tornata a casa e aveva raccontato a madame la buona notizia, aveva la sensazione di vivere in un sogno. La contessa l'aveva pregata di restare come amica, invece che come dama di compagnia. - Ma capirò se desiderate far ritorno alla vostra casa di una volta - aveva aggiunto. - Non so nemmeno io cosa voglio - le aveva confidato lei. - Sono tentata di accettare il vostro gentile invito, anche perché mi darebbe il tempo di riflettere prima di prendere delle decisioni.- Non era certa di voler tornare nella sua vecchia casa. Conservava troppi ricordi tristi per lei, e certamente non desiderava andare a vivere da sola. Stava proprio riflettendo sulle varie alternative quando fu annunciata sua madre. La signora Mitchell aspettò a malapena che il maggiordomo si fosse allontanato per investire Susanna. Mostrando il solito tatto, madame s'era eclissata per lasciare sole madre e figlia. - Sei stata tu a rovinare il povero signor Mitchell e a confinarci in una stradina di Islington? Qualcuno deve aver raccontato un sacco di menzogne per condannare noi alla povertà e far vivere te nel lusso. Ci hanno dato un preavviso di un'ora per lasciare la casa, e non ci hanno permesso di portare via altro che i vestiti. Le tue povere sorelle hanno dovuto lasciare perfino i loro piccoli tesori. Che crudeltà! Non avrei mai pensato che mia figlia potesse trattarmi così. La signora Mitchell si lasciò cadere sul più vicino divano e si mise a singhiozzare disperatamente contro uno dei cuscini, prima di buttarlo via e di lanciarsi in una nuova serie di invettive.

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Capitolo 17
*** 17 Capitolo ***


Susanna, pallidissima, s'era ritratta di un paio di passi, per paura che sua madre potesse aggredirla fisicamente. - Mi hanno informata del fatto che il signor Mitchell s'era appropriato della mia eredità solo tre giorni fa, e ignoravo che aveste dovuto lasciare la casa con così poco preavviso. Ma non stai dimenticando qualcosa, mamma?- - Dimenticare! Io? - urlò sua madre. - Io non dimentico nulla. Oh, l'umiliazione! Il dolore! - - Dimentichi che tuo marito, il signor Mitchell, non solo si è appropriato della mia eredità, ma ha fatto in modo che il mio matrimonio con lord Sylvester non si celebrasse, e mi ha cacciata dalla mia casa perché mi guadagnassi da vivere. Mio padre ti aveva lasciato un capitale che è passato al signor Mitchell quando lo hai sposato, ma non contento di questo, lui ha messo le mani sul mio. Io ho perso tutto, la mia eredità, il mio buon nome, la mia casa, a causa delle sue macchinazioni. Sei tu che dovresti scusarti per i torti che ho subito, non il contrario.- - Oh, che disgrazia avere una figlia ingrata! - Esplose sua madre, alzando le braccia al cielo come un profeta del Vecchio Testamento, pronta a scaricare tuoni e fulmini su di lei. - Mamma, mi dispiace che il signor Mitchell vi abbia procurato sventure e disonore. La colpa non è mia, e sono stata d'accordo coi miei legali che non dovesse essere arrestato per i suoi misfatti. Se avessi insistito, lo avrebbero imprigionato o deportato, perché queste sono le pene per l'appropriazione indebita. Ringrazia il cielo di averlo ancora, e prega che usi il suo talento per gli affari in modo più onesto, in futuro.- - No - sbottò sua madre. - No, non ti ascolterò. Sono sicura che il mio povero marito sia innocente e che la verità salterà fuori un giorno. Fino ad allora, non ho alcun desiderio di rivederti.- - Sei vissuta senza vedermi per quattro lunghi anni, perciò la cosa non mi stupisce.- Susanna tirò un sospiro, poi cercò di prendere una delle mani di sua madre. - Oh, mamma, ricorda che anch'io sono tua figlia. Cerca di capire come mi sono sentita quando sono venuta a sapere la terribile verità. E cosa provo ora, che ti mi rinneghi in modo tanto crudele anche se non ti ho fatto nulla di male.- Sua madre la spinse via. - Basta, non un'altra parola! Non voglio favori da te. So bene che il signor Mitchell non ti è mai piaciuto, d'altra parte io non avrei mai pensato che saresti arrivata fino a questo punto per rovinare lui e noi.- Se ne andò. Susanna si lasciò cadere sul divano e scoprì che, per quanto fosse sconvolta e addolorata, non riusciva a piangere. Madame entrò qualche minuto dopo, le diede un'occhiata e chiese alla cameriera di preparare una tazza di tè. - Mia cara bambina - disse dolcemente. - Non vi chiederò cosa è successo. Conoscendo il mondo come lo conosco, immagino che vostra madre sia stata poco gentile con voi. L'unico conforto che posso offrirvi è una massima che ho trovato sempre vera. Passerà anche questa. È una magra consolazione, lo ammetto. E ora, bevete il vostro tè.- Susanna pensò tristemente che negli ultimi tempi sembravano determinati a farle bere un liquido o l'altro. Era stato il signor Wolfe ad avviare quel rituale e tutti gli altri avevano seguito il suo esempio. Ciononostante, diede ascolto al consiglio di madame, chiedendosi cos'altro le riservava il pomeriggio. Non fu affatto sorpresa quando venne annunciato il signor Wolfe. Neanche il rifiuto alla sua proposta di matrimonio, di cui non aveva fatto parola con madame, lo aveva scoraggiato. Nel salottino di madame, Ben pareva più imponente che mai. Rifiutò il tè che la contessa gli offriva. - Un'altra volta, magari. È una bella giornata. Ho una carrozza nuova, qui fuori, con quattro splendidi cavalli e ho pensato che, se non avevate impegni, potevamo fare un giro per Hyde Park tutti e tre, e goderci il sole.- Non avrebbe potuto proporre nulla che facesse più piacere a Susanna. Prima della sconfortante visita di sua madre, lei avrebbe pensato che la sua prima reazione sarebbe stata quella di nascondersi. Invece, era posseduta da una strana determinazione a mostrarsi al mondo a testa alta. Il che era sciocco, naturalmente, perché solo lei e sua madre, e nessun altro al mondo, erano al corrente di quello che era successo tra loro. Ciononostante, avendo accettato quasi immediatamente, fu un po' turbata nel sentire madame dire che soffriva di una lieve emicrania e preferiva restare a casa. - In questo caso - intervenne Susanna, - forse è meglio che anch'io...- Una volta tanto, le leggendarie buone maniere di madame la abbandonarono. Interruppe Susanna, annunciando in tono sbrigativo: - Non posso permettere che il mio malessere vi impedisca di godere di una passeggiata di cui avete tanto bisogno, mia cara! Dopotutto, siete abbastanza matura da sedere accanto al signor Wolfe in un luogo pubblico come Hyde Park senza causare scandalo.- - Già - rispose lei in tono leggero. - Una betise in più, o in meno, per una come me, che differenza può fare? - - Sciocchezze - dissero insieme la contessa e Ben. - La vostra presenza in casa di madame basterebbe a soffocare qualunque pettegolezzo - aggiunse Ben. - E avete proprio bisogno di una passeggiata nel parco, signorina Beverly. Siete un po' pallida questo pomeriggio. Troppo tempo passato al chiuso, immagino.- Fu di nuovo madame a rispondere per lei. - Vi sbagliate, signor Wolfe. La signorina Beverly recententemente ha avuto due notizie, una buona e l'altra molto meno. La buona è che è tornata in possesso della sua eredità, che le era stata sottratta dal patrigno. La seconda è che sua madre le ha appena fatto visita, ed è stata poco cortese con lei, a causa del cambiamento del proprio tenore di vita. Non che la signorina Beverly si sia lamentata con me. L'ho dedotto dal suo turbamento.- - È vero, signorina Beverly? - chiese Ben, il volto serio. - Un comportamento ingiustificato, quello di vostra madre, dato che suo marito s'era appropriato del vostro capitale.- - È vero. Ma confesso di sentirmi un po' a disagio al pensiero che la mia fortuna sia alle spese di mia madre e delle mie sorelle.- - Non rimproveratevi. Vi era stato fatto un grave torto, e vostra madre e le vostre sorelle hanno vissuto negli agi mentre voi eravate costretta a guadagnarvi da vivere. Siete stata mandata via di casa, no?- Susanna annuì a malincuore. - Vedete, dunque? Adesso io vi consiglio di scordare il passato e di andare a prendere un parasole e uno scialle leggero per proteggervi dall'aria.- la esortò Ben. Una volta che Susanna fu uscita, madame si alzò e cominciò a spostare alcuni ninnoli sulla mensola del camino. - Sbagli, o c'è la vostra mano in questa improvvisa ricchezza di cui gode la signorina Beverly? - - Perché pensate una cosa simile? - - Scordate che vi conosco bene, cher ami. Quello che non capisco è perché non vi decidiate a dichiararvi e non v'è la sposiate.- Con la sua voce più soave, Ben ribatté: - Oh, ma le ho già chiesto la sua mano, e...- Fece una pausa a effetto. Madame si voltò a guardarlo: - Siete esasperante! E io sono troppo vecchia per farmi stuzzicare! - - Vecchia, voi? Mai. Siete senza età, lo sapete bene. Comunque, vi accontenterò e finirò la frase. Susanna ha rifiutato. Forse perché né il modo in cui la proposta è stata fatta, né il momento, erano ideali.- - Siete, come sempre, freddo come il ghiaccio.- Madame sospirò. - Ma questo è il vostro modo di fare. Siete freddo anche nei confronti di Susanna? Cosa provate per lei? - - Non chiedetemelo. Posso dirvi solo che non la farei soffrire per nulla al mondo. Ha patito abbastanza.- - Tutto qua? - - Meglio che garruli giuramenti di eterno amore che non significano nulla.- Se madame pensò che non le stesse raccontando la verità, non lo disse. A ogni modo, l'arrivo di Susanna, vestita in celeste, mise fine alla loro conversazioni. - Incantevole - mormorò Ben. - Sarò l'invidia di Hyde Park.-

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Capitolo 18
*** 18 Capitolo ***


Ben Wolfe non si sbagliava. Da solo, già avrebbe creato pettegolezzi, perché tutti s'interessavano al misterioso nababbo che aveva fatto la sua fortuna in India. Con Susanna al braccio, le chiacchiere si moltiplicarono. - Con chi è? - si sussurrava nel parco. - Oh, è quella giovane donna che è stata abbandonata all'altare da Sylvester? Che bellezza s'è fatta! Dov'è stata tutto questo tempo? - - Mi stai forse dicendo che è una protetta della contessa di Saulx? E allora, cosa ci fa con lui? - - È rientrata in possesso della sua eredità, dicono. Sarà per questo che Wolfe è con lei? - Meglio andare a porgere i nostri rispetti - E così via... Susanna era totalmente ignara della curiosità che la circondava. Sapeva solo che era felice. Avevano fermato la carrozza all'ombra di un albero, lasciando i due valletti a tener fermi i cavalli, e lei e Ben erano diventati il centro di una piccola corte. Gentiluomini e gentildonne a piedi venivano a salutarli, se non altro per semplice curiosità. - Non sapevo che foste così popolare, signor Wolfe - commentò Susanna, quando si trovarono soli per un po'. - Sono una novità - le sussurrò lui all'orecchio. - Tra pochi mesi sarò diventato una persona usuale, e l'interesse si sposterà su qualcun altro. Siete una novità anche voi, una bella donna che, oserei dire, pochi conoscono. E non dimenticate che la storia della vostra eredità ritrovata è probabilmente già sulla bocca di tutti. Preparatevi a essere attorniata da corteggiatori ambiziosi e cacciatori di dote.- - Non ci avevo pensato - ammise Susanna schiettamente, osservando un altro gruppo di persone che si stava avvicinando alla loro carrozza. Tra questi c'erano Amelia e i signori Western. Amelia indossava un abito da pomeriggio color porpora che la faceva sembrare ancora più pallida. Anche la sua espressione era depressa. - Cosa può esserle successo? - domandò Susanna a Ben. - Di solito è tanto cinguettante da risultare fastidiosa. - - Il suo matrimonio con lord Darlington non si celebrerà - le rispose Ben. - Si dice che la situazione finanziaria di Babbacombe fosse così precaria che i Western hanno annullato il matrimonio subito dopo esserne venuti a conoscenza. Apparentemente, devono aver deciso che neanche l'acquisizione di un titolo valeva la candela, se dovevano ridursi sul lastrico per salvare Babbacombe. Sorridete, signorina Beverly. Per il momento, voi siete su e loro sono giù.- Lei ubbidì. Conclusi i preliminari, Amelia disse a Susanna: - Immagino che dovrei congratularmi con voi, perciò lo farò- - Grazie - rispose Susanna, ignorando volutamente l'acido tono della ragazza. - Suppongo che abbiate saputo la mia brutta notizia.- - Il signor Wolfe mi ha appena informata.- - Non ne dubito, dato che sembra sapere tutto. Chi avrebbe pensato che lord Babbacombe sarebbe stato così disonesto? Ha mentito spudoratamente con papà, quando hanno redatto l'accordo prematrimoniale. Le sue proprietà erano ipotecate, era indebitato fino al collo, e solo una lettera anonima che ha informato i nostri legali della situazione ci ha impedito di restare coinvolti nella sua rovina. Mi è dispiaciuto perdere George, naturalmente, ma sono certa che converrete che non potevo sposarlo a queste condizioni.- - Credevo che nutriste per lui un imperituro amore.- Oh cielo, pensò Susanna. Stava cominciando a parlare come Ben Wolfe. Amelia la fissò. - È difficile che l'imperituro amore possa sopravvivere in una soffitta. - - Oh, certamente. D'altra parte, è difficile che l'imperituro amore sopravviva ovunque.- E l'aveva fatto di nuovo. Doveva controllarsi, prima di dire qualcosa di cui poteva pentirsi. Ben, che stava conversando con i Western, sentì quella frase e diede il suo contributo. - In ogni caso, al di fuori dei romanzi, a me pare che amore e matrimonio abbiano ben poco in comune.- Parole come quelle gelarono all'istante la conversazione. Amelia si tamponò gli occhi col fazzoletto, ma se piangesse per George o per la perdita del titolo nessuno avrebbe saputo dirlo. Di lì a poco i Western si congedarono, lasciando soli Ben e Susanna. Ma non a lungo. La successiva persona che si avvicinò a loro fu, inaspettatamente, Jess Fitzroy, in sella a uno splendido cavallo grigio. Jess salutò Susanna togliendosi il cappello e disse allegramente a Ben: - Buon pomeriggio, signore.- - Molto buono per voi, se non avete niente di meglio da fare che cavalcare nel parco.- - Oh, son qui per lavoro - replicò Jess imperturbabile. - Ho delle informazioni urgenti per voi.- - Urgenti o no, dovranno aspettare finché non saremo tornati a casa - replicò Ben. Stava perlustrando il parco con gli occhi, e tutt'a un tratto tornò a guardare Jess. - Potreste farmi un favore se volete, Jess. Potreste accompagnare la signorina Beverly a fare una breve passeggiata, perché vedo che si sta avvicinando un'altra persona che deve parlarmi urgentemente d'affari. La signorina Beverly si annoierebbe a sentir elencare noiose quotazioni di Borsa.- Susanna non sapeva perché, ma era sicura che stesse mentendo. Era tentata di rifiutare, e vedere come avrebbe reagito lui. Prevenendola, Jess disse vivacemente: - Siete proprio sicuro che la signorina Beverly sia disposta a passeggiare con me? - - Niente mi farebbe più piacere - rispose Susanna, prima che Ben potesse aprir bocca. Era stanca che gli altri decidessero per lei. - Molto bene - mormorò Jess, smontando e lanciando le redini del cavallo a uno dei valletti di Ben prima di aiutare Susanna a scendere dalla carrozza. - Volete che portiamo Bucephalus con noi, signorina Beverly? O preferite passeggiare senza di lui? - - Oh, portiamolo - disse Susanna, gratificata che qualcuno si fosse preso il disturbo di chiedere il suo parere. - È un animale bellissimo. Lo avete da molto tempo? - Jess prese le redini dal valletto. - Ahimè, non è mio, signorina Beverly. È di Ben... Voglio dire, del signor Wolfe. Mi consente di usarlo.- Susanna notò, come aveva già fatto in precedenza, che Jess Fitzroy aveva i modi e l'aspetto di un gentiluomo, e questo la incuriosiva. Come aveva fatto a diventare il cane fedele di Ben Wolfe? - Dove lo avete conosciuto? - chiese, in tono apparentemente casuale. - In India. Ero ufficiale nel reggimento in cui lui era sergente. Fui fortunato ad averlo. Mi salvò la pelle durante una schermaglia di frontiera. Lasciò l'esercito poco dopo e si mise in affari. - Jess ebbe una pausa prima di aggiungere - Vi rispetto abbastanza da essere onesto con voi. Mi comportai da sciocco, non chiedetemi come. Fui ingannato da altre persone e dovetti lasciare l'esercito. Mi trovai senza un soldo e senza famiglia, a parte la consapevolezza che mio nonno era stato il figlio naturale di Frederick, Principe di Galles, e che io ero il suo unico discendente. Non avevo prospettive, né una casa dove andare. Ben mi trovò, mi offrì un lavoro, e sono rimasto con lui da allora. Gli devo tutto, perché mi salvò dalla povertà. Non lasciatevi ingannare dai suoi modi. Oh, è duro, certo, ma è un uomo retto.- - Potete affermarlo, signor Fitzroy, anche dopo che ha tentato di rapire la signorina Western? - Jess ebbe un sorriso triste. - Non ho detto che è virtuoso, signorina Beverly. La virtù è una cosa che si incontra raramente, anche in coloro che dichiarano a gran voce di possederla.- Susanna rimase in silenzio per un attimo. - Avete parlato della virtù in tono quasi sprezzante, signore. Significa che per voi e il signor Wolfe non conta? - - Al contrario. Il signor Wolfe si prende cura delle persone, ma nel farlo non tutti i suoi atti sono virtuosi. Viviamo in un mondo crudele, e i buoni non sopravvivono se l'unica loro difesa è la virtù.- Susanna annuì lentamente. La sua esperienza personale le aveva insegnato che quello che Jess aveva detto era in buona parte vero. Lei era stata buona, eppure la sua bontà non aveva impedito al signor Mitchell di approfittarsi di lei. Un pensiero la colpì all'improvviso.

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Capitolo 19
*** 19 Capitolo ***


Un pensiero che non voleva rivelare a nessuno finché non lo avesse attentamente esaminato. La sua vita era stata difficile finché non aveva incontrato Ben Wolfe. Da quel momento, tutto era cambiato. Era stata presentata a madame, e le sue ansie per l'immediato futuro erano scomparse. E poi era tornata a essere la signorina Susanna Beverly ereditiera, e non più una povera dama di compagnia che viveva della carità degli altri. Jess Fitzroy aveva detto che il signor Wolfe si prendeva cura degli altri. S'era preso cura di lei? Chi altri conosceva, lei, che fosse abbastanza potente da scoprire il furto del signor Mitchell? E se quel ragionamento era corretto, come alterava i loro rapporti? Doveva essergli grata, ma era possibile che lui si aspettasse di più? Aiutando Jess, s'era procurato un leale uomo di fiducia e un sovrintendente onesto. Che cosa ci guadagnava aiutando lei? - Siete silenziosa - osservò Jess. - Ma, del resto, a me piacciono le donne quiete. - Susanna rise, e quella risata cacciò i pensieri oscuri. - Non pensavate che ero quieta quando mi avete rapita per strada. Anzi.- - Ah, ma allora vi stavate difendendo, no? È questo che intendevo dicendo che la bontà non basta. Comportarvi da perfetta gentildonna non vi avrebbe giovato. Il signor Wolfe ha ammirato il modo in cui gli avete tenuto testa e vi siete fatta valere. E poi, quando è stato tutto sistemato, siete tornata a essere una dolce signora. - Così, il signor Wolfe la ammirava. E questo che cosa significava? Stava per chiederlo a Jess, o piuttosto per fargli un'altra domanda, quando si accorse che avevano camminato in tondo e che erano tornati quasi al punto di partenza. Vedeva Ben assorto in un colloquio con un uomo dagli antiquati abiti neri, che era seduto accanto a lui in carrozza. A un tratto fu colpita dal pensiero che l'arrivo di Jess nel parco poteva non essere stato casuale, anche se Ben l'aveva rimbrottato. - Senti, Gronow, non è Ben Wolfe, quello? Chi lo ha fatto entrare? Circolano un sacco di voci su di lui. Dicono che non sia un vero Wolfe, ma un impostore. - - Non farti sentire. - Il capitano Gronow alzò gli occhi dal mazzo di carte per fissare accigliato il suo compagno, James Erskine. - Wolfe è un asso con la spada, la pistola e i pugni. Inoltre, è socio di questo club. La sua candidatura è stata proposta da quel nababbo indiano, Wilson, ed è stata accettata prima che cominciassero le dicerie su di lui. A ogni modo, è il ritratto sputato di suo padre, il defunto Charlie Wolfe. Se sia poi legittimo o illegittimo... Chi lo sa, e a chi importa? Comunque, ora tocca a te, James. Siamo qui per giocare a carte o per spettegolare? - James Erskine arrossì e abbassò la carta che aveva tenuto ferma a mazz'aria. - Stavo solo chiedendo, amico. Solo chiedendo...- Borbottò. Ben, appoggiato al camino, con un bicchiere di un mediocre Porto in mano, non sarebbe rimasto sorpreso nel sapere che era oggetto della loro conversazione. Solo quel mattino, Jess Fitzroy, con tutto il possibile tatto, gli aveva parlato delle spiacevoli voci che circolavano per Londra. - Ecco, allora, il motivo di tanto interesse per me, ieri, a Hyde Park! - aveva esclamato Ben. - Avevo pensato che fosse per la mia carrozza nuova, ma no. Cercate di scoprire come sono nate queste voci assurde. Chi le ha messe in giro.- - Difficile, questo. - Jess s'era stretto nelle spalle. - Farò del mio meglio.- Ben non aveva detto altro. Credeva di sapere chi avesse originato quei pettegolezzi, ma voleva delle prove prima di intraprendere qualunque tipo d'azione. Finì il suo Porto e si voltò a parlare col suo amico Tom Wilson, che era in piedi accanto a lui. Aveva scambiato solo poche parole quando qualcuno gli batté aggressivamente su una spalla, facendolo girare. - Desiderate parlare con me? - chiese, vedendo George Darlington. Aveva tenuto la voce bassa e i modi cortesi. Non voleva mettere in imbarazzo Tom Wilson, a cui doveva molto, compreso il fatto d'esser diventato un socio di White's. Darlington non aveva gli stessi scrupoli. - Non ho alcun desiderio di parlare con voi - precisò. - Ma mi sento in dovere di farlo per chiedervi cosa ci fate qui in un club riservato a gentiluomini. Dato che non siete un gentiluomo, e non avete nemmeno il diritto di portare il nome di cui vi fregiate. - - Calmo, giovanotto - intervenne pronto Tom. - Wolfe è qui perché è stato regolarmente accettato su presentazione mia e di lord Lowborough. Entrambi lo abbiamo conosciuto in India.- - Oh, l'India - sbuffò George. - Uno può dichiarare di essere chiunque, in India. Vero, papà? - Lord Babbacombe, che li aveva appena raggiunti, annuì. - Proprio così. Ci si comporta in modo diverso qui in Inghilterra, come questo giovanotto non tarderà a scoprire. Farò immediatamente reclamo al comitato e chiederò loro di revocare la sua appartenenza al club. Ho prove certe che sia un impostore. L'unico figlio di Charles Wolfe, Benjamin, morì in fasce.- - Cosa che accadrà anche a vostro figlio, in età più matura - sibilò Ben tra i denti. - Gli manderò i miei secondi per prendere accordi. Intendo vendicare sul campo l'insulto che mi ha fatto.- - Potete mandare quanti secondi vi pare - ribatté lord Babbacombe. - Mio figlio non si sporcherà le mani in un duello d'onore con un impostore. Siete avvertito, signore. Presto sottoporrò alle autorità competenti la prova del vostro crimine. Tacerò il fatto che, dal vostro ritorno in Inghilterra, voi avete tentato di rovinarmi finanziariamente. Questo non ha nulla a che vedere col caso, a parte provare che non avete scrupoli e che la parola onore, sulle vostre labbra, si svilisce.- - Tentato di rovinarvi? - disse Ben, inarcando un sopracciglio. - Credo d'aver fatto più di questo, milord. Per motivi che voi conoscete bene e che non menzionerò qui. Prendo nota del fatto che vostro figlio, avendomi insultato, non è disposto né ad affrontarne le conseguenze né a parlare per sé. Mi ero chiesto dove avesse trovato il coraggio di offendermi, poco fa, ma capisco ora che l'ha fatto perché non aveva intenzione di dimostrare né tale coraggio né il suo onore. Forse perché non ha né l'uno né l'altro.- Si girò verso George, che aveva fatto un passo indietro per lasciare che fosse il padre a combattere le sue battaglie. - Intendete permettere che vi insulti a mio piacere? Lo farò sicuramente, se non vi togliete di torno.- Il suo contegno era così minaccioso che George si ritirò ancora di più dietro al padre. Tom Wilson mise una mano sul braccio di Ben. - Su, hai dimostrato ciò che volevi dimostrare. Se il giovanotto rifiuta di battersi, sappiamo tutti cosa pensare di lui.- Il capitano Gronow, che aveva abbandonato il tavolo da gioco, si unì a loro. - Che cosa succede? - chiese, essendo un uomo il cui giudizio era ricercato quando certe dispute raggiungevano un point non plus. Prima che Ben potesse rispondere, intervenne Tom Wilson. - Sono un osservatore neutrale, pur essendo amico del signor Wolfe. La questione sta in questi termini.- E fece un breve, accurato resoconto di quanto era successo. - Mmh...- fece Gronow solenne. - Una cosa alquanto seria, vedo. La mia sensazione è che lord Darlington non avrebbe dovuto spingersi fino a questo punto, se non intendeva sopportare le proprie accuse con la forza delle armi. D'altra parte, lord Babbacombe non ha tutti i torti affermando che l'accusa, se vera, solleva suo figlio dal difendersi contro qualcuno il cui onore è dubbio. La disputa rimane in sospeso finché il signor Wolfe non avrà provato oltre ogni ragionevole dubbio di essere chi afferma d'essere.- - Conosco Ben Wolfe da quando aveva diciotto anni, e non ha portato nessun altro nome - esplose Tom Wilson. - Questo non dimostra nulla, Tom - sospirò Ben. - Ti ringrazio per la tua difesa, ma...- Si strinse nelle spalle.

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Capitolo 20
*** 20 Capitolo ***


Il verdetto del capitano Gronow fu pacato. - Finché la situazione non sarà chiarita, le due parti devono accettare di lasciare in sospeso la disputa. Non saranno scambiati né accuse non dimostrate né insulti, e di conseguenza non ci saranno duelli, né qui né altrove. È tutto chiaro? - Era uno degli arbitri della società, e parecchi degli uomini che s'erano riuniti intorno a Ben e ai suoi due accusatori annuirono, per far capire che ciò che diceva era giusto e ragionevole. Le due parti non poterono far altro che accettare il verdetto. - Così - scherzò Susanna, - non avete chiamato la vostra casa a Londra La Tana, come temevo. Croft House sembra un luogo dal nome piuttosto innocente perché ci viva un lupo. - Ben le sorrise. Erano nel salotto della casa di lui insieme ad altri ospiti e aspettavano la cena. - Sapevo che sarei stato il bersaglio del vostro leggendario sarcasmo. La mia casa londinese si chiama Croft House perché vi abitava la famiglia Croft fino a una cinquantina di anni fa. Ma ora che mi avete fatto balenare l'idea, potrei cambiare il nome e adottare quello che mi avete suggerito. Spaventerebbe ladri e malviventi.- - Mal... Malviventi? - balbettò la contessa di Saulx col suo accento più francese. - Questa è una parola nuova per me. Di grazia, cosa significa? - - Un malvivente è un criminale. In questo momento c'è una recrudescenza della criminalità, purtroppo. Gli onesti cittadini vengono aggrediti per le strade e depredati dei loro valori. Le pattuglie sembrano incapaci di proteggerci.- - Meglio non uscire soli la notte - disse Tom Wilson. - Consiglio saggio - borbottò lord Lowborough. - Ma io trovo che Londra sia un paradiso per imbroglioni di ogni tipo. Ci sono più disonesti nella City che borsaioli.- Tom Wilson e Ben scoppiarono a ridere. - Sono sempre così le cene a casa del signor Wolfe? - sussurrò la graziosa moglie di lord Lowborough a Susanna. Jane proveniva da una famiglia molto devota, e le conversazioni riguardo a malfattori e disonesti non erano certo il suo pane quotidiano. - Non lo so - sussurrò Susanna di rimando. - È la prima a cui partecipo.- - Henry dice che il signor Wolfe è l'uomo più intelligente che lui conosca. E il più imprevedibile. Guardandolo, non stento a crederlo. Vi confesso che mi intimidisce un po'. Voi non vi sentite intimorita in sua presenza, vero? Perdonate se lo dico, ma non mi sembravate spaventata quando avete scherzato riguardo al nome della sua casa.- Mi spaventa?, rifletté Susanna. Onestamente non lo so. Non ero spaventata la prima volta che l'ho visto, perché ero troppo furiosa per provare paura, e non sono spaventata adesso. D'altra parte, mi turba in uno strano modo. Se fossi l'eroina di un romanzo, penserei che mi sto innamorando. Anche se non riesco a immaginare lui innamorato della sottoscritta. - No - disse a Jane sinceramente. - Non mi spaventa. - Lo guardò ridere per qualcosa che aveva detto lord Lowborough, la testa gettata all'indietro, i forti denti scintillanti, gli occhi attenti come quelli del lupo da cui prendeva il soprannome. Era più sicura che mai che fosse lui il suo misterioso benefattore. Ma preferiva non sapere quali oscuri mezzi avesse usato per farle restituire la sua eredità. - Avete sentito, immagino, che lord Babbacombe, il quale è un lontano parente dei Wolfe, giura che Ben non è affatto un Wolfe e che non ha alcun diritto al nome che porta, né alla casa, né alle terre dei Wolfe, di cui lui è tornato in possesso al suo ritorno dall'India. Babbacombe dichiara che andrà in tribunale per dimostrarlo.- Susanna fissò Jane allibita. - No, non ne sapevo nulla. È vero... O sono pettegolezzi senza fondamento? - - Oh, ho sentito Henry dire a un amico che lord Babbacombe e il signor Wolfe hanno avuto un'accesa discussione da White's, l'altra sera. Pare che il signor Wolfe abbia sfidato lord Darlington a duello, e che lord Darlington si sia rifiutato con la scusa che non si batte contro uomini che non hanno diritto al nome che portano. Anche se quel nome era già macchiato dallo scandalo che ha coinvolto il defunto padre del signor Wolfe.- - Lord Darlington è troppo codardo per affrontare il signor Wolfe, o chiunque altro, a duello - tagliò corto Susanna. - Ebbene, sono lieta che Henry abbia preso le parti del signor Wolfe - affermò Jane. - Perché con le armi è infallibile. Henry dice che...- E mentre la donna cominciava a riferire i racconti di suo marito sulle leggendarie prodezze di Ben come tiratore, spadaccino e pugile, Susanna rifletté. Ovviamente, l'odio di Ben per lord Babbacombe doveva essere ricambiato. Ma quale era il motivo di tanto antagonismo? E quale scandalo aveva macchiato il nome del defunto signor Wolfe? Doveva essere una storia vecchia, perché Susanna sapeva che il padre di Ben era morto quando lui era poco più che un bambino. - Vostro marito vi ha spiegato perché lord Babbacombe detesti tanto il signor Wolfe? - - Oh, si dice che sia stato il signor Wolfe a rovinarlo finanziariamente.- Jane sospirò. - Quando ho sposato Henry non avevo idea che la vita potesse essere così eccitante. Papà era un vicario di campagna, vedete, e il massimo dell'eccitazione che ho conosciuto da ragazza sono state discussioni riguardo a chi doveva organizzare gli addobbi floreali in chiesa, o essere servito prima a tavola. È difficile immaginare il signor Wolfe o il signor Wilson occuparsi di questioni tanto innocenti.- - Ah, lady Lowborough, voi mi incuriosite - intervenne madame, sentendo le ultime parole. Stava conversando con la signora Wilson e la signora Dickson, moglie di un altro degli alleati finanziari di Ben Wolfe. Quest'ultima era stata, prima dei rispettivi matrimoni, amica e dama di compagnia di lady Devereux, nota per la sua arguzia e la sua eccentricità. - Se state parlando di questioni innocenti con la signorina Beverly, allora temo proprio che siate le uniche due della stanza a farlo. La signora Dickson e io abbiamo scoperto una comune ammirazione per M. de la Rochefoucauld, che tutto si può definire tranne che innocente. Stavamo turbando la signora Wilson con il suo cinismo. E per quanto riguarda i gentiluomini, la loro conversazione non è mai innocente, e non ci resta che sperare che la cena sia servita presto perché torni a essere banale, in omaggio alla delicatezza dell'animo femminile.- Jane Lowborough ebbe un piccolo ansito scandalizzato sentendola parlare con tanta eretica franchezza, ma la signora Dickson scoppiò in una risata. - Ben detto, cara. Scommetto che in nostra presenza si parlerà solo di moda femminile, pettegolezzi e dell'ultimo romanzo gotico. Cose di cui nessuno dei signori uomini sa nulla.- - Io non giurerei sul fatto che il signor Ben Wolfe sia all'oscuro di queste cose - intervenne Susanna. - Dà l'impressione di sapere tutto.- Privatamente era divertita dall'insolita piega che aveva assunto la conversazione quella sera. Solo a casa di un uomo singolare come Ben Wolfe si sarebbe potuto parlare di criminalità o di filosofi francesi in una serata formale. Quando la cena venne annunciata, tutti passarono in sala da pranzo. Susanna entrò al braccio di Jess Fitzroy, dato che Ben doveva scortare madame. La conversazione a tavola, come profetizzato, fu leggera. L'unica osservazione seria provenne da Tom Wilson, che disse a Ben di guardarsi le spalle e fu ricompensato con un allegro: - Non preoccuparti, Tom mi occupo dei miei nemici più che degli amici.- Tipico da parte sua, fu l'immediata reazione di Susanna. Diceva sempre il contrario di quanto uno si aspettava! Mormorò a Jess: - Sarò molto cauta prima di credere ai vostri giudizi, in futuro, signor Fitzroy. Soprattutto riguardo a quelli che riguardano il vostro datore di lavoro.- - Oh, tutti i miei giudizi vanno presi con le molle, signorina Beverly - tenne a precisare Jess, col suo sorriso più disarmante.

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Capitolo 21
*** 21 Capitolo ***


Jess Fitzroy era davvero un bell'uomo, e il perché la sua bellezza bionda e i suoi lineamenti regolari non riuscissero a eccitarla quanto il viso scabro e spigoloso di Ben Wolfe era un mistero che Susanna non sapeva risolvere. In verità, sembrava circondata da misteri. Perché madame era stata così ansiosa di procurarsi la copia di lord Exford delle Maximes di M. de la Rochefoucauld? La dedica che conteneva aveva qualche significato recondito? A quale scandalo riguardo al padre di Ben s'era riferita Jane Lowborough? Ben aveva davvero diritto a quel nome? Perché voleva rovinare Lord Babbacombe e la sua famiglia? E perché aveva tentato di rapire Amelia? Erano collegate, tutte queste cose? - Siete silenziosa questa sera, signorina Beverly - osservò Jess, mentre veniva servita la portata successiva. Gli occhi di Susanna ebbero un guizzo biricchino. - Significa che di solito mi trovate garrula? - - Al contrario, avete una voce pacata che, vi assicuro, è la qualità femminile che più piace agli uomini. E la usate con misura e intelligenza. Questa sera, però, siete un po' meno vivace del solito. Spero che vi sentiate bene.- - Oh, sono in perfetta salute, ma...- Per un attimo, Susanna pensò di interrogare Jess sulla natura dello scandalo che aveva coinvolto il padre di Ben, poi decise che non era il caso. - Ma? - la sollecito' lui. - Ma sto leggendo le Maximes di M. de la Rochefoucauld, e il suo cinismo mi ha lasciata un po' malinconica.- C'era una parte di verità in quell'affermazione, anche se non molta, ma era l'unica spiegazione che le fosse venuta in mente così a bruciapelo. - Allora, lasciate che dissipi la vostra malinconia con il racconto di alcuni dei più divertenti pettegolezzi che circolano in questo momento in città.- Stava raccontandole degli ultimi comici sforzi del Principe Reggente per liberarsi di una moglie non gradita, quando Ben Wolfe si chinò in avanti e fece notare risentito: - Sembra che vi stiate divertendo molto al vostro capo del tavolo, Jess. Perché non fate ridere anche me, e non solo la signorina Beverly? - Di fronte a lui, madame abbassò gli occhi e nascose un sorrisetto. - Lowborough ha proposto una partita a whist - disse Ben agli ospiti, quando tornarono in salotto dopo cena. - E dato che siamo in numero sufficiente a formare tre tavoli, spero che tutte le signore acconsentano a giocare.- Jane intervenne, un po' agitata: - Temo che la mia poca familiarità con le carte non mi permetta di partecipare. Abbiamo giocato raramente a casa, ed Henry sta cercando di insegnarmi.- - E io mi trovo in una situazione simile - aggiunse Susanna. Come previsto, questo non scoraggiò Ben. - Splendido! - esclamò, mentendo spudoratamente. - Non riesco a immaginare niente di meglio che passare una serata cercando di insegnare alla mia compagna a giocare. Ora, se voi state in coppia con vostro marito, lady Lowborough, e la signorina Beverly accetta di giocare con me, passeremo una piacevole ora insieme, lasciando a esperti quali la contessa di Saulx e Tom Wilson di accanirsi in una partita vera. Loro potranno puntare soldi. Io propongo di giocare a bonbon, eh, Henry? - Madame disse: - È la proposta più straordinaria che abbia mai sentito, dato che proviene da un uomo che una volta si guadagnava da vivere giocando d'azzardo.- - Davvero? - chiese Susanna, affascinata da questa nuova rivelazione sul passato di Ben. - Oh, perdonatemi, non dovrei fare certe domande indiscrete.- - Voi potete farmi qualunque domanda, signorina Beverly - tenne a precisare Ben. - E si, mi sono mantenuto giocando d'azzardo. Ma ormai ho dimenticato tutto quello che sapevo.- - Che faccia tosta...- mormorò a quel punto lord Lowborough. - Dopo che avete svuotato le tasche di tutti giocando a whist l'altra sera, da White's.- - Oh, io scordo tutto quello che so sulle carte solo quando gioco con quegli innocenti che davvero non ne sanno nulla. Scordo tutto a parte le nozioni necessarie a insegnare loro le regole del gioco, naturalmente.- - Avresti dovuto fare l'avvocato, Ben - rise Tom Wilson. - O il membro del Parlamento, tanto ci sai fare con le parole. Propongo di iniziare a giocare immediatamente, perché non vedo l'ora di guardarvi puntare bonbon. Non credo che tu l'abbia mai fatto in vita tua.- - Si, cominciamo subito - approvò Ben. - Fosse solo per arrestare questi ingiustificati attacchi alla mia reputazione. Dunque, spero che le mie due allieve sappiano già che ci sono cinquantadue carte in un mazzo.- - Davvero? - esclamò Susanna, una luce ironica negli occhi. - Credevo che fossero solo dodici. - Prima che Ben potesse rispondere con un altra battuta, Jane Lowborough sospiro tristemente: - Dodici? Ero convinta che fossero di più. Ma devo essermi sbagliata. Mi sbaglio sempre con i numeri.- - Sciocchezze - disse Ben con fermezza. - La signorina Beverly sa perfettamente quante carte ci sono in un mazzo. Fa così nella speranza che noi la sottovalutiamo e le lasciamo vincere più bonbon di quanti le spettino.- - Esattamente - approvò lord Lowborough. - Jane, tu siediti di fronte a me e io cercherò di spiegarti il gioco man mano che procediamo. Wolfe, voi potete fare lo stesso con la signorina Beverly. Niente trucchi, però, eh?- In seguito, Susanna avrebbe ricordato quella serata come l'ultima, per molto tempo, passata in piaceri innocenti. Ben usò la propria posizione di insegnante come scusa per punzecchiarla. E malgrado l'avvertimento di lord Lowborough, riuscì anche a mostrarle alcuni trucchi di gioco. Negli ultimi anni, Susanna era stata al di fuori del magico cerchio del divertimento e delle risate in serate come quella, e ora le sembrava un miracolo esservi tornata. Le ore passarono tanto velocemente che lei fu sorpresa quando madame le sussurrò all'orecchio che la carrozza le stava aspettando. - Oh, è stata una bellissima serata - disse a Ben nel congedarsi da lui. - Allora tornerete presto? - chiese lui, prendendole la mano e stringendola tra le sue. - Naturalmente, se mi invitate - sussurrò lei, gli occhi scintillanti. - Non temete. Sarete sempre in cima alla mia lista degli ospiti.- Le lasciò la mano con riluttanza. Jess Fitzroy, che li guardava, capì che l'aveva persa. Dannazione a te, Ben Wolfe, pensò. Se la tratti male, per quanto ti sia stato fedele in passato, dovrai vedertela con me! Madame, seduta di fronte alla sua protetta nel tragitto in carrozza, fece una promessa simile. Se Ben non capiva che moglie ideale Susanna sarebbe stata per lui, era meno astuto di quanto lo aveva sempre creduto. Nonostante il successo della cena, Ben non riuscì a dormire quella notte. Non era solo il ricordo del bel viso di Susanna a tormentarlo, ma anche qualcosa che gli aveva detto Lowborough: oltre a mettere in giro voci riguardo alla sua legittimità, Babbacombe stava pure rispolverando il vecchio scandalo su suo padre e sua madre. Il mattino del giorno dopo, si alzò stanco ma risoluto. Aveva appuntamento con i Rothschild alla City per discutere la possibilità di estendere i suoi affari negli Stati Uniti. Era il crepuscolo quando l'accordo fu raggiunto con reciproca soddisfazione. Ben aveva mandato via la carrozza con Jess, che doveva passare dagli avvocati per formalizzare il contratto, dicendogli che non occorreva che tornasse a prenderlo. Sarebbe rientrato a casa a piedi. Jess aveva esitato. - Avete sentito cos'hanno detto ieri sera. Non è prudente girare per le strade di Londra di notte. Ripasso a prendervi appena avrò finito.- - Vi ringrazio, ma il tragitto non è lungo e sono stato chiuso in un ufficio tutto il giorno. Ho un robusto bastone con me. Voi tornate pure a casa. Non ho idea di quando finirò qui.- Non c'era possibilità di discussione con lui. Jess s'era stretto nelle spalle e se n'era andato. Più tardi, Ben rimpianse di non avergli dato ascolto. Era stata una giornata più dura del previsto e ormai l'idea di una passeggiata non lo attirava più.

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Capitolo 22
*** 22 Capitolo ***


Ben Wolfe impugnò il suo bastone da passeggio ben saldo e si inoltrò nel labirinto di stradine della City. Ne era quasi uscito quando successe. Un gruppo di uomini, armati di randelli, sbucarono da un vicolo per aggredirlo in una strada deserta. Ben fu abbastanza fortunato da vederli arrivare e indovinare le loro intenzioni. Senza cercare di difendersi, si mise a correre a gambe levate. Ma se ne trovò davanti altri due che s'erano nascosti in un portone. Uno di loro era armato di una pistola, l'altro di una mazza. Non gli restava che affrontarli. Ben brandi' il bastone e colpì la pistola, facendola schizzare via dalla mano dell'uomo, ma nel frattempo il suo compare l'aveva colpito con forza a una spalla. Ben barcollò all'indietro e finì a terra, trovò la pistola del primo uomo e sparò a quello con la mazza, ferendolo a un braccio. Ormai la prima banda di aggressori l'aveva raggiunto, ma lo sparo aveva fatto uscire un gruppo di operai da un cortile. Resisi conto della situazione, presero le parti di Ben e ne seguì una zuffa generale. Anche due guardie, che avevano appena iniziato la ronda, si unirono alla battaglia. I ladri, ormai in minoranza, cominciarono a scappare, inseguiti dagli operai armati dei martelli coi quali stavano lavorando. Ben, che aveva ricevuto altri colpi e si sentiva instabile sulle gambe, si sedette su un muretto, continuando a stringere in pugno la pistola. L'uomo che aveva incitato gli operai a intervenire gli si avvicinò per offrirgli assistenza. Appena gli fu accanto esclamò: - Ma voi siete Ben Wolfe! Non vi avevo riconosciuto nel buio. Siete ferito? Dobbiamo mandare a chiamare un dottore? - Era George Dickson, suo amico e socio in affari, proprietario dell'officina dalla quale erano usciti gli operai. Ben scosse il capo. - Sono solo contuso. Niente di serio, grazie a Dio. E devo la mia vita a voi e ai vostri uomini. Non potrò mai ringraziarvi abbastanza, Dickson. Senza il vostro tempestivo intervento, a quest'ora probabilmente giacerei morto in un fosso. Uno degli aggressori aveva una pistola.- Quello che non disse era la cosa che lo preoccupava di più. La pistola era un'arma molto costosa, da professionista. Questo particolare, insieme al grande numero di uomini coinvolti nell'attacco, lo aveva convinto che non era stata un'aggressione casuale. Era stato lui il bersaglio. Dovevano averlo seguito, quasi certamente da quando era uscito dall'ufficio dei Rothschild. Per quante sere lo avevano tenuto d'occhio? E chi li aveva pagati per ucciderlo? - Chi vi odia al punto di tentare di uccidervi, Ben? - chiese Dickson, quasi gli avesse letto nel pensiero. - Ho visto tutto dalla finestra, e ho capito subito che non erano soldi che cercavano. Volete che faccia qualche indagine? Prometto di essere discreto.- - Solo se mi permettete di rimborsarvi.- Quando Dickson alzò una mano per schermirsi, Ben insistette gentilmente: - Avete un'attività da gestire e una giovane famiglia da mantenere. So bene che siete un amico, ma non voglio approfittare di voi.- Ben non parlò con nessuno dell'aggressione subita. Gli unici che ne erano a conoscenza erano George Dickson e Jess Fitzroy, perciò lo sorprese il fatto che, già il pomeriggio successivo, se ne parlasse in tutta Londra. Dato che Dickson non era un pettegolo e Jess aveva giurato segretezza, Ben capì che il solo che poteva aver messo in giro la voce era colui che aveva ordinato l'attacco. Passò un'altra notte insonne a chiedersi chi potesse essere il suo nemico. Due erano i nomi più probabili: Samuel Mitchell e lord Babbacombe. Entrambi avevano motivo di odiarlo, ma sarebbero arrivati al punto di ucciderlo? E a che scopo? Quando fu mattino, decise di non andare in ufficio neanche quel giorno. Aveva il viso tutto contuso e non voleva destare ulteriori chiacchiere. Il pomeriggio del secondo giorno dopo l'attacco, madame stava suonando il piano e Susanna cantava, quando vennero annunciati lord e lady Exford. Entrambi avevano un'espressione grave dipinta sul viso. Madame si alzò e offrì loro un tè. Lady Exford lo accettò, ma il marito, solitamente astemio, chiese un bicchierino di Porto. - Perché ho appena saputo una cosa molto grave. Pare che il signor Wolfe sia stato aggredito due sere fa mentre tornava a casa dal suo ufficio alla City. Dicono che si sia salvato solo grazie all'intervento di un gruppo di operai. Dicono anche che sia confinato in casa finché le sue contusioni non miglioreranno.- Guardò madame e sospiro. - E come se questo non bastasse, qualcuno ha anche rispolverato il vecchio scandalo riguardo a suo padre. Questo, come ben sapete, madame, tocca anche il sottoscritto perché la mia defunta madre era coinvolta insieme alla moglie di Charles Wolfe, e l'ultima cosa che lady Exford e il desideriamo è ritrovarci al centro di pettegolezzi.- Susanna, che beveva il suo tè, ebbe una spiegazione per la dedica sulle Maximes, ma nessuna sulla natura dello scandalo. Non sarebbe stata umana se non fosse stata curiosa, ma non disse nulla. Madame espresse la sua simpatia nei confronti degli Exford e la conversazione si spostò su argomenti meno seri. Ma l'effetto di quella notizia gettò una nuvola malinconica sul pomeriggio. Quando gli Exford si fossero congedati, madame non riprese posto al piano, ma andò a sedersi accanto a Susanna, dicendo: - Non ho voluto parlare della vicenda in presenza degli Exford, ma ritengo che, dato che ormai s'è cominciato a riparlarne, voi dobbiate sapere come andarono le cose per evitare di fare gaffes. Vi devo avvertire che non è una bella storia e che sarà penoso per me raccontarla.- Sospirò. - Quando Ben Wolfe era solo un bambino, i suoi genitori erano amici intimi del defunto lord Exford e di sua moglie. Sto parlando di fatti avvenuti circa venticinque anni fa. Gli Exford erano ospiti dei Wolfe a The Den quando, un pomeriggio, lord Exford andò a caccia con alcuni gentiluomini locali e Charles Wolfe si recò a discutere una questione d'affari dal lord Lieutenant del Buckingham-shire. Le due signore decisero di andare a fare una passeggiata nel parco senza portare con loro attendenti. La signora Wolfe era una pittrice dilettante e lady Exford aveva preso con sé un libro, le Maximes di M. de la Rochefoucauld. Quando i due mariti tornarono a casa nel tardo pomeriggio, trovarono la servitù in fermento. Le mogli non erano tornate a casa pur essendo uscite da più di tre ore, e il sovrintendente di Wolfe, un certo Thomas Linacre, stava preparando una squadra di domestici per andare a cercarle. Le due signore non erano nella radura accanto al ruscello dove avevano detto alle cameriere che si sarebbero recate, ma lì vicino venne trovato il libro di lady Exford, lo stesso che io ho chiesto in prestito, insieme allo scialle che indossava. Non c'era alcuna traccia della signora Wolfe, e di lei, da quel fatale pomeriggio, non si seppe più nulla. Il suo album da disegno venne trovato nel ruscello più valle quella sera. Dopo molte ricerche, lady Exford fu rinvenuta a una certa distanza dal libro e dallo scialle. Era stata trascinata in un boschetto e lasciata per morta dopo essere stata aggredita.- Madame scosse la testa sconvolta. - Quando riprese conoscenza, aveva perso la memoria. L'ultima cosa che rammentava era d'essere stata in salotto dopo pranzo. Non aveva alcun ricordo della decisione sua e della signora Wolfe di andare a passeggio, né di ciò che successe poi. Di conseguenza, non aveva idea di cosa ne fosse stato della signora Wolfe. Si potrebbe dire che la natura fu compassionevole con lei nel procurarle quel vuoto di memoria, dato quello che doveva aver sofferto, se non fosse che la compassione della natura lasciò un mistero irrisolto. Lady Exford non recuperò più la salute e morì dopo nemmeno un anno.- Susanna era perplessa. - Ma perché lo scandalo coinvolse il signor Wolfe? Da quanto mi avete detto, era assente al momento dell'aggressione.- Madame sospirò.

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Capitolo 23
*** 23 Capitolo ***


Madame rispose alla domanda di Susanna - Le indagini rivelarono un certo numero di contraddizioni. Nessuno fu in grado di affermare con sicurezza che le due donne fossero uscite insieme. Le versioni dei domestici differivano. E se molti testimoni potevano affermare che lord Exford era stato con loro tutto il pomeriggio, si scoprì che il signor Wolfe aveva lasciato la casa del lord Lieutenant dopo aver passato solo un'ora con lui. Eppure arrivò a The Den due ore più tardi, anche se il tragitto richiedeva solo mezz'ora. Il sovrintendente di lord Babbacombe testimoniò di averlo visto non lontano dal punto in cui venne rinvenuta lady Exford. E come se non bastasse lord Babbacombe, che abitava lì vicino, dichiarò che, durante una cena che lui aveva dato la sera prima, lord Exford e il signor Wolfe avevano avuto un'accesa discussione, anche se lord Exford stesso sdrammatizzo' la cosa dicendo che stavano solo scherzando. Lord Exford non fu mai sentito pronunciare una parola contro il signor Wolfe, anche se presto cominciò a girare la voce che il signor Wolfe aveva incontrato lady Exford sola, le aveva fatto delle avances che lei aveva rifiutato, così l'aveva aggredita e lasciata per morta, ma era stato interrotto dall'arrivo della moglie, che aveva ucciso. E questo nonostante il fatto che entrambe le coppie, fino a quel momento, fossero note per l'armonia delle loro unioni e per la rispettiva amicizia. Ma i pettegolezzi, anche quelli più infondati, una volta iniziati sono difficili da stroncare. Nessuna azione legale fu intrapresa contro il signor Wolfe, dato che le prove erano così esigue. Ma la sua situazione finanziaria si fece decisamente precaria, perché il dolore lo indusse a trascurare gli affari. Wolfe non cessò più di cercare la moglie. Diciotto mesi dopo fu trovato morto, di nuovo in circostanze strane, e si pensò che si fosse tolto la vita. Lasciò il figlio senza un soldo. Il piccolo Ben fu mandato a vivere con un anziano parente che lo mise alla porta all'età di sedici anni, dandogli solo il denaro sufficiente per un passaggio per l'India, dove si arruolò come soldato semplice. Il resto lo sapete.- Susanna era allibita. - Così, fu lord Babbacombe ad avviare quelle voci così odiose. Questo spiega perché il signor Wolfe lo detesti tanto.- madame annuì - Esatto. E c'è dell'altro. Ben Wolfe era l'unico erede maschio di suo padre. Se ora si provasse che non è il figlio del defunto Charles Wolfe, allora la casa e le terre dei Wolfe, per un vincolo d'inalienabilita' femminile, passerebbero a lord Babbacombe, dato che sua madre era l'unica sorella di Charles Wolfe.- - E lord Babbacombe e Charles Wolfe erano amici? - - Non particolarmente. Charles e milord volevano sposare entrambi la stessa giovane donna, che in seguito diventò la moglie di Charles e la madre di Ben. Al tempo della disgrazia, lord Babbacombe si dichiarò particolarmente ansioso di scoprire cosa fosse successo alla signora Wolfe, poiché ne era ancora innamorato e la delusione d'amore gli aveva impedito di sposare un'altra donna. In realtà, sposò la madre di George Darlington solo alcuni anni dopo la scomparsa della signora Wolfe.- Susanna aggrottò la fronte pensosa. - Così, ora lord Babbacombe avrebbe un interesse diretto nel provare che Ben Wolfe e un impostore? Ma non erediterebbe ben poco delle proprietà dei Wolfe, dato che la maggior parte di esse vennero vendute dopo il suicidio del signor Wolfe per pagare i suoi debiti, lasciando a Ben solo The Den e il parco circostante? - - Vi avevo avvertita che non sarebbe stata una bella storia, e che forse la verità non verrà mai a galla. Dopotutto sono passati parecchi anni. C'è un altro problema: il sovrintendente che vide il signor Wolfe nei pressi del punto in cui fu trovata lady Exford sparì poco dopo aver raccontato la sua storia ai magistrati. Anche per questo Charles Wolfe non fu mai arrestato - Ebbe un attimo di pausa. - Ora sapete perché Ben Wolfe è un uomo tanto forte e duro. Va a suo credito il fatto che sia riuscito ad accumulare una fortuna da solo e a restaurare la casa di famiglia, riportandola all'antico splendore. Ma le sue sventure hanno lasciato un segno su di lui.- - Avete parlato della casa di famiglia - mormorò Susanna lentamente. - Questo significa che non credete che sia un impostore? - - Oh, sono sicurissima che non lo è. E per quanto riguarda la questione di quanto lord Babbacombe abbia da guadagnare, se Babbacombe presentasse contro Ben un'ordinanza d'espulsione e il tribunale si pronunciasse contro di lui, Ben potrebbe essere costretto a pagare ingenti danni a milord per averlo privato della sua eredità. È una procedura lunga, complessa e costosa, come hanno scoperto coloro che l'hanno usata in passato. Una settantina di anni fa, James Annesley rientrò in possesso della sua casa e del suo titolo tramite un'ordinanza come questa.- Susanna prese una rapida decisione. - Spero non mi consideriate impudente se vi chiedo se possiamo far visita al signor Wolfe al più presto possibile per mostrare a tutti che noi, almeno, non crediamo che sia un impostore.- - Certo che non vi considero impudente, anzi, concordo di cuore col vostro suggerimento. Se il signor Wolfe starà abbastanza bene da riceverci, andremo da lui questo pomeriggio stesso.- Trovarono Ben nel suo salotto, seduto a una scrivania ingombra di carte. Si alzò per accoglierle, ovviamente felice di vederle. - Non ho mai saputo chi fossero i miei veri amici finché non sono stato aggredito. C'è stata una piccola processione di persone negli ultimi due giorni. Lord e lady Exford sono appena usciti. Mi hanno detto che vi avevano informate dell'accaduto.- Susanna, che era sollevata nel vedere che, a parte un occhio nero e delle contusioni sul volto, non sembrava ferito gravemente, disse: - Lord Exford ci ha riferito che stavate tornando a casa a piedi da solo. Cosa che ci ha sorprese, dopo i discorsi che avevamo fatto la sera prima a casa vostra.- - Sciocco da parte mia, vero? Pensavo che sarei stato in grado di difendermi da un aggressore o due, ma è stato un piccolo esercito quello che mi ha attaccato. Un caso fortunato ha voluto che l'agguato avvenisse poco lontano dall'officina di George Dickson. Lui e i suoi operai mi hanno difeso, o a quest'ora sarei un uomo morto.- Susanna rabbrividì. - Non dite così! Starete più attento in futuro, spero.- - Se me lo ordinate voi, allora lo farò, signorina Beverly. Io esisto solo per accontentarvi.- S'era chinato un po' in avanti per risponderle, e la sua voce era scherzosa, ma nei suoi occhi c'era una profonda tenerezza. La contessa di Saulx, che li guardava, pensò che finalmente una donna era riuscita a toccare il cuore di Ben Wolfe. Una cosa che non aveva più sperato vedere. - Vorrei poterci credere - sussurrò Susanna, scordando che non erano soli. - Credeteci - disse Ben. Era il primo a essere sorpreso che la propria felicità nell'essere ancora vivo dipendeva soprattutto dal fatto che voleva approfondire la conoscenza di quella donna così unica. Per un lungo istante si fissarono negli occhi, poi Susanna mormorò: - Ci credo, signor Wolfe.- Ben sorrise, una cosa che non faceva spesso. - Non riuscite proprio a chiamarmi Ben? Non può esserci niente di sconveniente in questo, se quando è di buonumore lo fa anche la contessa di Saulx.- Susanna abbassò gli occhi compita e biascicò: - Si, Ben. Certamente, Ben. Non mancherò, Ben.- Lui non poté trattenersi. Si chinò di nuovo in avanti, le sollevò il viso con un dito e scoprì che Susanna stava ridendo di lui silenziosamente. Se madame non fosse stata presente, l'avrebbe presa tra le braccia e le avrebbe insegnato il significato della parola rispetto! Ma così la lasciò andare, borbottando piano: - Che sfacciata...- E nient'altro. Pur con sua grande riluttanza, Ben Wolfe consentì a George Dickson di procurargli un uomo fidato come guardia del corpo. Era un ex soldato abile coi pugni e con la pistola, che lo avrebbe tenuto d'occhio il più discretamente possibile. - Mi sento una donnicciola - si lamentò scherzosamente Ben nel salotto di Dickson, il primo giorno in cui il dottore gli diede il permesso di uscire di casa. - Nessuno, guardandovi, lo direbbe - rise l'altro. Poi tornò serio di colpo. - Dovete stare molto attento, amico mio. Ho messo alcuni dei miei uomini all'erta, e uno di loro afferma che corre voce che ci sia una forte somma di denaro in premio per chiunque riesca a procurarvi una ferita. Probabilmente mortale. Chi abbia promesso questi soldi non si sa. Ma sì mormora che sia un gentiluomo.- Ben annuì. Anche Jess aveva avuto un'informazione simile. Quello che Ben ignorava era che Jess Fitzroy s'era lasciato sfuggire con Susanna e madame che qualcuno voleva uccidere Ben, e Susanna da quel momento non aveva fatto che pensarci. Chi poteva odiare Ben fino a quel punto? Si chiese mentre ricamava nel salotto di madame. Lei si rendeva conto che un uomo nella sua posizione doveva per forza avere dei nemici, ma che qualcuno pagasse per farlo uccidere le sembrava una reazione esagerata. Ma se, d'altra parte, Ben avesse rovinato qualcuno? Questa persona non avrebbe forse cercato vendetta? Una mano di ghiaccio si strinse intorno al suo cuore, perché sapeva quale ruolo fondamentale avesse avuto Ben nel restituirle la sua fortuna. Era Samuel Mitchell il misterioso assalitore? E se era lui, lei non era in qualche modo responsabile? Il pensiero le era intollerabile. Scattò in piedi ed entrò nel piccolo studio in cui madame stava scrivendo delle lettere. - Potrei prendere la carrozza questo pomeriggio? Vorrei far visita a mia madre.- - Ma naturalmente, cara. Voi dividete le spese, perciò non avete che da chiedere.-

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Capitolo 24
*** 24 Capitolo ***


Da quando era rientrata in possesso della sua fortuna e non era più dama di compagnia stipendiata, Susanna aveva insistito per dividere le spese della casa in cui risiedevano. Sapeva dove vivevano i Mitchell. Sua madre le aveva mandato un amaro biglietto con l'indirizzo della casa che avevano affittato a Islington e le parole: Ecco a che estremi ci hai ridotti. S'erano, in realtà, trasferiti in una delle zone meno belle di Islington. Un volto di donna appari' e poi scomparve, al minuscolo bovindo quando il valletto che l'aveva accompagnata bussò alla porta prima di tornare alla carrozza. La faccia apparteneva a una scialba domestica che aprì la porta di quel tanto sufficiente a lasciar intravedere a Susanna un piccolo corridoio che terminava in una rampa di scale. C'era una porta sulla destra e un'altra socchiusa sul fondo. - Si? - Susanna deglutì. Sua madre non aveva esagerato le condizioni miserevoli in cui s'era ridotta la famiglia. Tentò un sorriso. - Vi prego, dite alla signora Mitchell che sua figlia desidera vederla. - Prima che la ragazza potesse muoversi, la porta del salotto si aprì e apparve sua madre. - Avevo Immaginato che fossi tu, quando ho visto la carrozza. Che cosa vuoi? - Le aveva parlato con freddezza, senza invitarla ad accomodarsi. - Vorrei parlarti, mamma. Se mi fai entrare.- - No di certo. Dì quel che devi dire e vattene.- - Molto bene, ma penso che tu voglia ascoltarmi in privato, e non per strada.- - Và in cucina, Polly - si limitò a borbottare la donna. - Si? - chiese poi a Susanna, facendola entrare appena dentro la porta, nel posto che aveva lasciato libero la domestica. - Mamma, voglio che tu sappia che non avevo idea di ciò che veniva fatto in mio nome, quando mi è stata restituita l'eredità. Certamente non mi fa piacere vedere te e le ragazze in circostanze così precarie. Ti chiedo solo di ricordare che è stato il comportamento del signor Mitchell a ridurvi così, non il mio.- - Davvero? - sibilò sua madre. - Ti aspetti che ci creda, quando è stato quell'uomo tanto amico tuo e della francese a farci questo? Se è tutto quello che hai da dire, puoi anche andartene.- Così era stato davvero Ben Wolfe il suo benefattore. - Ma tu devi credermi, perché io non ti mentirei.- - E gli hai anche detto di assicurarsi che il signor Mitchell non trovasse un altro impiego, dopo essere stato marchiato d'appropriazione indebita? - - Se è così, me ne dispiace, ma non credo che Ben sia tanto vendicativo.- - Lo chiami per nome, eh? E come l'hai ricompensato? Coi tuoi soldi... O con la tua persona? - Susanna si irrigidì, ma era determinata a dire quello che doveva, qualunque cosa potesse pensare sua madre. - C'è un altra cosa, mamma, e te la dico per il tuo bene. Ti prego di riferire al signor Mitchell che se è lui che ha assoldato degli uomini per uccidere il signor Wolfe, rischia la pena capitale o la deportazione, perché il signor Wolfe non solo è determinato a scoprire chi sia il suo nemico, ma ha anche amici potenti che si assicureranno che venga adeguatamente punito.- Aveva appena finito di parlare che la porta sul fondo si aprì. Sam Mitchell era appena riconoscibile. Aveva la barba lunga, i suoi abiti erano sporchi e in disordine, e teneva una bottiglia in mano. - Per cosa diavolo mi stai minacciando, ragazza? Ho forse l'aria di uno che ha i soldi per pagare una banda che ammazzi il bastardo che mi ha ridotto così? Se li avessi lo farei, ma non ce li ho, punto e basta.- Tracannò un lungo sorso e si richiuse barcollando in camera sua. La signora Mitchell finalmente crollò e cominciò a piangere amaramente. Se la sua arroganza aveva lasciato fredda Susanna, la sua disperazione la intenerì. Fece un passo avanti e prese la donna singhiozzante fra le braccia. - Oh, mamma, non fare così. Non è colpa tua. Su coraggio.- Prese il fazzoletto dalla borsetta e cominciò ad asciugare gli occhi di sua madre. La donna s'era abbandonata contro di lei, perciò Susanna la portò dolcemente nel salottino e la fece accomodare sul divano. Dopo un po', i singhiozzi di sua madre si calmarono. - Hai visto anche tu com'è. Niente di quello che posso dire o fare riesce a smuoverlo.- Come confortarla? Susanna aprì la borsetta e prese la manciata di ghinee che vi aveva messo prima di lasciare la casa di madame. - Oh, mamma, c'è poco che posso fare per aiutarti. I fiduciari che amministrano il mio fondo sono rigidi con me, per l'errore che hanno già commesso in passato. Non vogliono farne un altro. Non posso intestare alcuna somma a voi, ma prendi almeno queste.- Infilò le ghinee nelle mani di sua madre. - Usale per renderti la vita un po' più facile, ma non dirgli che le hai, o te le prenderà per comprarsi da bere. Cercherò di mandarti qualcosa ogni volta che potrò.- Sua madre aveva perso la sua aria di sfida. Si strinse le monete al petto prima di infilarsele nella tasca del grembiule che indossava sopra l'abito. - Non posso perdonarti - sospirò. - Ma non posso perdonare neanche Samuel. Vattene, ora, prima che lui esca di nuovo. Non ha ancora maltrattato me o le ragazze, ma temo che un giorno arriverà a farlo, quando la sua mente sarà annebbiata dal liquore. Non ha niente a che fare con l'attentato alla vita del signor Wolfe, però. Spero che tu gli abbia creduto, in questo.- Susanna annuì. Baciò la guancia avvizzita di sua madre, e si congedo' da lei. Davanti a casa di madame, c'era la carrozza di Ben Wolfe con le sue finiture argentate. Accanto alla porta si stagliava un gigante d'uomo che parlava con il cocchiere. Susanna sperò che fosse la guardia del corpo di cui Jess le aveva parlato. In casa, lei trovò Ben che parlava con madame. Il viso di lui si illuminò di piacere nel vederla. - Temevo che non vi avrei vista. Madame mi ha detto che siete andata a far visita a vostra madre.- Susanna rifletté un istante, poi decise che la cosa migliore era dirgli la verità. - Sì. Vive in ristrettezze in una stradina di Islington. Avevo una domanda importante da fare a lei e al mio patrigno.- Forse davvero Ben Wolfe aveva il dono di leggerle nel pensiero, perché disse subito: - Come mai ho l'impressione che la vostra domanda abbia a che fare con me? - Lei ebbe un piccolo ansito di sorpresa. - Come avete fatto a capirlo? - - Qualcosa nella vostra espressione, immagino. È uno strano dono che a volte mi è risultato utile, non solo con le persone, ma anche con gli animali. So sempre distinguere un cavallo buono da uno cattivo.- - E io come mi qualifico? - chiese Susanna con fare malizioso. - Cavalla buona o cattiva? - - Dipende dalle volte - fece lui tutto serio. Susanna scoppiò a ridere. - Me la sono voluta - ammise. Poi sospirò. - Non era una domanda divertente quella che dovevo porle, né mi ha divertito il suo comportamento. Al contrario.- Esitò, perché doveva confessargli che aveva indovinato il suo intervento riguardo all'eredità. - Vedete - proseguì con calma. - Avevo immaginato che eravate stato voi a far perseguire il signor Mitchell e a far in modo che riavessi ciò che mi spettava, perciò mi è venuto in mente che il vostro sconosciuto nemico potesse essere lui. - Ben la fissò sbalordito. - Posso chiedervi da quanto tempo siete al corrente del mio coinvolgimento nella questione? - - Fin dal primo giorno, direi. Perché chi altro conoscevo di tanto potente da poter rettificare il mio torto subito? - - E non avete detto nulla - si meravigliò lui. - La maggior parte delle donne ne avrebbe parlato fino alla nausea.- - Ebbene, ho pensato che se voi aveste voluto che lo sapessi, me lo avreste detto. Solo il sospetto che il vostro nemico poteva essere il signor Mitchell mi ha indotto ad agire.- Sia madame che Ben la fissavano increduli.

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Capitolo 25
*** 25 Capitolo ***


- Non ditemi che siete andata da lui e glielo avete chiesto di punto in bianco? - le domandò madame. - Non proprio. Ma quando mia madre mi ha lanciato contro delle accuse vergognose, io mi sono sentita libera di avvertirla di quale sarebbe potuto essere il destino del signor Mitchell, se fosse stato lui l'aggressore... Perché mi state fissando così? - Ben rispose prima che madame potesse farlo. - Ebbene, se volete saperlo, stavo pensando a come vi siete comportata quando ci siamo visti la prima volta. La vostra audacia non avrebbe dovuto sorprendermi. Ma continuate, prego. Sono sicuro che non avete ancora concluso questa storia straordinaria.- - Infatti - disse Susanna, sorridendogli ora che capiva che la sua sorpresa per una condotta tanto diretta era venata d'ammirazione. - Nel preciso istante in cui finivo di metterla in guardia, il signor Mitchell è uscito da una stanza attigua. Era diverso - - Posso domandarvi in che senso? - chiese Ben dolcemente - Era sporco, mal vestito, e stava bevendo.- Susanna si concesse una pausa, poi aggiunse: - Tra un sorso e l'altro, ha detto che non aveva nulla a che fare con l'attacco contro di voi per il semplice fatto che non poteva permetterselo, ma che lo applaudiva. Sono incline a pensare che dicesse la verità. I Mitchell sono in condizioni economiche disperate. Samuel non ha il denaro per pagare dei sicari.- Ben ci rifletté per un attimo. - Penso che abbiate ragione. Ma, Susanna, voglio che mi promettiate una cosa. Che non prenderete mai più un'iniziativa simile. Potrebbe essere pericoloso. Avreste dovuto dirmelo e sarei andato io stesso a interrogarlo.- - Oh, non potevo farlo. Vedete, se non avessi ricevuto alcun tipo di risposta da loro, non volevo farvi sapere che avevo indovinato che eravate voi il mio benefattore. Lo capite?- Gli occhi di lui erano scrutatori. - Si, siamo più simili di quanto si possa pensare. Vi dava una specie di potere su di me, vero? - - Suppongo di sì. Voi avete tanti punti più di me. Siete un uomo, tanto per cominciare, e siete così forte e sicuro... Accanto a voi una povera ragazza come me stenta a mantenere il controllo sulla propria vita. Tenervi nascosta la consapevolezza che eravate voi il mio benefattore era una piccola vittoria.- Scese il silenzio. Ben mormorò: - Capisco...- D'altra parte non poteva dire: Grazie a Dio non siete un uomo perché intendo prendervi tra le mie braccia e fare l'amore con voi. Soprattutto perché siete così audace. Ho la netta sensazione che sareste audace anche a letto. Fraintendendo il suo silenzio per disapprovazione, Susanna aggiunse con schiettezza: - Scoprire se il signor Mitchell era colpevole era anche un modo per ringraziarvi. Perché vi sono grata, Ben, più di quanto non riesca a dirvi. L'unica cosa triste in questa vicenda è la condizione della mia povera mamma. È stata punita anche lei. So che non approverete, ma le ho dato il denaro che avevo con me, e intendo dargliene dell'altro. Con la condizione che non lo dia a lui per comprarsi del liquore.- - Cara ragazza.- Ben la guardava con affetto. - Se ama quel disgraziato come penso, glielo darà di certo per comprarsi da bere. Comunque, se dare dei soldi a vostra madre vi fa sentire meglio, non sarò io a dissuadervi.- Susanna annuì. - Ma se il vostro nemico non è il signor Mitchell, questo restringe il campo, vero? - - Esattamente. Siete molto perspicace, signorina Beverly.- - Susanna - precisò lei. - Insisto perché mi chiamate Susanna. Siamo amici ora, no? - - Amici! - Ben trattenne un grugnito. - Si, immagino si possa dire così.- A giudicare dalle loro espressioni, madame pensò che amicizia era una parola troppo blanda per definire il sentimento che li univa. L'unico problema era perché impiegassero tanto tempo a confessarsi il loro amore. Chiunque sia l'uomo che ha messo una taglia sulla vostra testa, non è Samuel Mitchell - confermò Jess qualche giorno dopo. - Non ha né il denaro ne' la determinazione per complottare un assassinio. O sta in casa a bere, o va a ubriacarsi in qualche taverna. Se continua così, lui e la sua famiglia saranno presto ridotti a mendicare. - Ben gemette. - Santo cielo. Sua moglie è la madre di Susanna, e le due ragazze le sue sorellastre. Se conosco bene la signorina Beverly, troverà un modo di sperperare il suo piccolo capitale per loro.- Jess tralasciò di dire che solo un uomo enormemente ricco come Ben avrebbe potuto definire 'piccolo' il capitale di Susanna. Invece, aspettò le istruzioni che era sicuro sarebbero seguite. - Ho bisogno di un assistente per Dawes, il responsabile dei lavori giù ai moli - iniziò Ben, dopo aver fissato nel vuoto per un po'. - Mitchell era un contabile capace, anche se disonesto. Non può fare grossi danni con gli occhi d'aquila di Dawes su di lui, e guadagnerà a sufficienza per mantenere la sua famiglia nel decoro. Mandate Tozzy alla taverna che frequenta, ditegli di farselo amico e poi di offrirgli il posto. Ho infangato il nome di Mitchell, perciò devo essere io a dargli la possibilità di riscattarsi.- - Ma Mitchell accetterà di lavorare per voi? - - Che domanda assurda, Jess. Nessuno sa che la Marsden and Sons fa parte del mio impero. E Tozzy non deve dirglielo, naturalmente! - Uscito Jess, Ben ebbe un sospiro sconsolato. Fino a che punto l'aveva ridotto l'amore che provava per quella ragazzina! Dare una mano all'uomo che le aveva fatto del male per evitare che lei si preoccupasse per il destino di sua madre e delle sue sorellastre! A un tratto la sua bocca si incurvò in un sorriso. Chissà quanto ci sarebbe voluto a Susanna per indovinare quello che aveva fatto. E ora, doveva andare nella palestra di scherma di Louis Fronsac, dove lord Devereux gli aveva promesso di dargli una lezione col fioretto e dove forse avrebbe appreso qualcosa sull'identità del suo nemico. La palestra era affollata quando Ben arrivò. Jack Devereux era già vestito con la divisa da scherma: pantaloni al ginocchio di seta nera e una camicia bianca. Prima di diventare conte, era stato uno degli istruttori di Fronsac e si teneva ancora in allenamento frequentando il salone ogni volta che passava in città. Ben era considerato temibile sia con la sciabola che con la spada quando era in India, ma l'abilità di Jack lo stupì, così che glielo disse senza mezze parole. A quel punto Jack rise amaramente. - Ho dovuto guadagnarmi da vivere, per un certo periodo della mia vita, e non ho tardato a scoprire che la scherma è un'arte oltre che una scienza. Il problema di molti è che la vedono solo come scienza. Ciò che non capiscono è che si affronta un uomo di cui bisogna tenere in considerazione il carattere, il fisico e la personalità oltre che la tecnica. È qui che inizia l'arte.- Così dicendo, si disimpegno' prima di lanciare un altro affondo... E superò la guardia di Ben per la quinta volta di fila. Questa volta Ben fece un passo indietro, alzò il fioretto in un gesto di sottomissione e sospiro. - State forse insinuando che mi batto come un toro nell'arena, senza finezza, usando solo la forza? - - Più o meno, ma poiché lo avete capito, c'è speranza per voi. Avete la possibilità di migliorare. Per ora riposiamoci.- Indicò una fila di panche lungo un muro. Il respiro ansante, la camicia appiccicata alla schiena, Ben si sedette accanto al suo maestro. Quando si alzò la maschera protettiva dal viso, un uomo che era appena entrato esclamò: - Misericordia, non c'è più un posto sicuro al giorno d'oggi? Da nessuna parte un uomo può essere certo che non si mescolerà con la gentaglia? - Era George Darlington, che era entrato mentre Ben e Jack stavano duellando e non aveva riconosciuto Wolfe finché non aveva avuto il viso scoperto. Ben sospirò. Jack disse piano: - Ignoratelo. È un marmocchio viziato, l'odioso rampollo di uno spregevole padre. -

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Capitolo 26
*** 26 Capitolo ***


Ma il giovane Darlington non aveva intenzione di lasciar cadere la questione. Circondato da un gruppo di amici, fu tanto sciocco da scordare la lezione che Ben gli aveva già impartito e continuò a insultarlo. - Avevo pensato che l'aggressione dell'altra sera vi avrebbe fatto capire che non siete desiderato a Londra. Siete uno che non sa cogliere l'antifona, a quanto pare, o non vi sareste presentato in un ritrovo per gentiluomini.- Sentendo queste parole, Jack Devereux ebbe un gemito, perché c'erano poche possibilità che Ben si sarebbe trattenuto dopo un insulto così grave. Aveva sottovalutato Ben, però. Reprimendo il desiderio di afferrarlo per la gola e strozzarlo, Ben si limitò a guardarsi freddamente intorno. - Vi riferite a me? O è qualcun altro la sfortunata vittima della vostra bile? - George avvampò. - Sapete perfettamente che parlo con voi. Chi altri, in questa sala, non è un gentiluomo? Chi altri usa le mani per sollevare carichi nel porto di Londra? - - Nessuno - rispose Ben tranquillamente. - Guardandomi attorno, non vedo nessun altro oltre a me, e a Devereux forse, che avrebbe la forza necessaria per farlo. La maggior parte degli altri sembra a malapena in grado di sollevare il ventaglio di una donna. O le sue gonne...- Jack Devereux scoppiò a ridere. - Lasciate perdere, Darlington. Né Wolfe né io intendiamo farci provocare dalla vostra assenza di buone maniere.- - Non c'è l'ho con voi, Devereux - s'affrettò a precisare Darlington, poiché tutti nella stanza sapevano che Jack era un maestro con il fioretto e che non aveva paura di nessuno. - Ce l'ho con 'lui' e con la sua presenza qui.- - E con Louis Fronsac, proprietario di questa palestra - intervenne una voce nuova. Era Fronsac in persona che, attratto dal vociare, aveva lasciato la saletta privata in cui stava istruendo un cliente tanto importante che non poteva fargli usare le sale pubbliche. - Sono io che decido chi si allena qui. Se avete una disputa con Wolfe, allora risolvetela altrove.- Furioso, George disse senza riflettere: - Pensavo che, dato che vi paghiamo profumatamente, avessimo il diritto di pronunciarci su chi frequenta il salone. - Allora pensavate male. E poiché siete qui e avete scelto di attaccar briga con il signor Wolfe e lord Devereux, allora dovete regolare la vostra questione con uno di loro in una sessione col fioretto subito, o essere bandito dalla mia palestra in futuro. La scelta è vostra.- George si guardò attorno disperato. I suoi sostenitori rimasero in silenzio. Louis Fronsac era altamente stimato, non solo dal grande personaggio che era apparso sulla porta della saletta privata, ma anche da tutta l'aristocrazia londinese. - Non mi avete risposto, monseigneur. Accettate una sessione col fioretto, o andatevene. Non temete, duellerete con il bottone di protezione. Se il signor Wolfe o lord Devereux vorranno poi incontrarvi all'alba di domani per una sessione più seria, sta a loro deciderlo, una volta che avrete lasciato tutti le mie sale.- Disperato, e consapevole che sarebbe stato umiliato, George sibilò, indicando Ben: - Mi batto contro di lui.- Louis Fronsac abbozzò un sorriso. - Non così. Chi sia il signor Wolfe non è questione da decidere ora e in questo luogo. Voi dichiarate di essere un nobile e un gentiluomo. Sfidatelo con l'appropriata forma, o non sfidatelo affatto.- - Bravo! - approvò il grande personaggio dalla porta, senza lasciare così a George altra scelta. Darlington si chinò e disse tra i denti: Sarei onorato, signor Wolfe, se accettaste di battervi contro di me in una sessione col fioretto. Il nostro maestro di scherma accetterà di farci da arbitro, ne sono sicuro.- Ben, il viso irrigidito in una maschera di cortesia, chinò il capo. - Sarà un grande piacere, milord, accontentarvi. Un grandissimo piacere.- Jack Devereux represse una risata all'ambiguità della risposta. Forse Ben non era alla sua altezza, ma era sicuramente superiore a tutti coloro che si esercitavano da Fronsac, grande personaggio compreso. - Molto bene - disse Louis a quel punto. - Vi darò dieci minuti giusto per prepararvi in modo appropriato al duello, mentre farò sgombrare la sala e chiederò a Sua Altezza Reale di avere la gentilezza di lasciarmi concludere la sua lezione più tardi. Mi scuserete mentre mi consulto con lui.- Sua Altezza Reale era più che felice di abbandonare la lezione per guardare una sessione d'allenamento che prometteva d'essere così divertente. Uno dei cortigiani che lo assistevano nella sala privata andò a prendergli una sedia e la sistemò in posizione favorevole. - La presenza di Sua Altezza Reale ha reso impossibile a quel giovane idiota di ritirarsi. Il duca di Clarence non sopporta né gli sciocchi né i codardi - sussurrò Jack. Ben annuì cupo. Quella bravata, non era di suo gradimento. Senza dire una parola, si posizionò al centro della stanza, rimpiangendo che fosse il figlio, e non il padre, il suo avversario. Le indagini di Jess Fitzroy davano sempre più probabile che fosse proprio Babbacombe il responsabile dell'aggressione. Fronsac fu spietato. Costrinse il giovane George a espletare tutte le formalità di un duello tra gentiluomini, e al malcapitato non restò che ubbidire. A quel punto, ritirarsi per qualunque pretesto sarebbe stato inammissibile. - Perde chi viene colpito o disarmato tre volte - dichiarò Fronsac, un attimo prima che i due antagonisti si mettessero en garde. Il contrasto tra i due uomini non sarebbe potuto essere più grande. Sulla carta George, alto e snello, sarebbe dovuto essere avvantaggiato su Ben, che aveva il fisico imponente di un lottatore. Se la loro abilità fosse stata pari, ovviamente. Gli spettatori più giovani scommettevano su George. Sapevano che Ben era stato un soldato e quindi, secondo la loro opinione, doveva essere meno esperto col fioretto, per tradizione considerata un'arte da gentiluomini. I più esperti erano di diverso avviso. Alcuni di loro avevano osservato Ben duellare con Jack Devereux, e avevano notato che la superiorità di Jack non era stata poi tanto grande. Ben non tardò a capire che George non poteva stare alla pari con lui, quindi gli restavano due possibilità. Poteva trattenersi e limitarsi a un pareggio, oppure gettare al vento tatto e cautela e dare a Darlington un'umiliante lezione. Aveva appena deciso per la prima ipotesi, che avrebbe salvato la faccia di tutti, quando in un momento di calma, durante il quale i due schermitori si girarono intorno studiandosi, una voce si alzò alle sue spalle: Quello grosso è tutto prosopopea e arroganza, eh? Dovrebbe starsene in un'arena, non mettersi alla pari di chi è migliore di lui. Per fortuna ho puntato su Darlington.- Ben vide rosso. Il mondo attorno a lui scomparve. Non restarono che George di fronte a lui e il feroce desiderio di mostrare ciò che valeva a tutti quelli che lo avevano irriso fin da bambino. - Bravo, Wolfe! Non ho mai visto fare di meglio.- Il duca di Clarence batté le mani, il florido viso acceso dall'eccitazione. La voce che aveva schernito Ben, a quel punto scherniva George. - Il ragazzo dovrebbe essere grato al cielo di non aver provocato Wolfe a un duello vero. Sarebbe carne per cani, adesso.- Soddisfatto l'appetito della rabbia, Ben scoprì che il trionfo gli aveva lasciato l'amaro in bocca, perché non gli piaceva non avere il più completo controllo su se stesso. Si girò verso il loquace spettatore, sibilando tra i denti: - Dato che siete una tale autorità, signore, volete sfidarmi e vedere se sapete fare meglio di Darlington? - Non aspettò una risposta. Si girò di nuovo, pronto ad andare a cambiarsi per lasciare la palestra, quando fu fermato da Clarence, che si era alzato dalla sedia. - Venite qui, Wolfe. Desidero parlarvi - disse in tono perentorio. Ben si chinò quando fu vicino al duca.

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Capitolo 27
*** 27 Capitolo ***


- Mi dicono che siete stato soldato nell'esercito in India, e soldato semplice per giunta. Siete un gentiluomo. Perché un soldato semplice?- - Non avevo denaro, Vostra Altezza, e nessuna vera casa. Arruolarmi come soldato semplice mi ha dato entrambe le cose. Non sento, e non sentivo, alcuna vergogna nel guadagnarmi la vita nell'unico modo che conoscevo.- Sapeva che aveva parlato con un tono di sfida, e per un attimo si chiese se fosse stato saggio. Ma il duca scoppiò in una fragorosa risata. - Siete un uomo onesto, Wolfe, e mi avete dato una risposta onesta. Mi avete anche divertito, dando una lezione al rampollo di Babbacombe. La mia gratitudine è tale che, doveste aver bisogno di un favore, potete pure rivolgervi a me. Cosa ne dite di questo, eh? - Cosa poteva dire Ben? Era conscio degli umori capricciosi della famiglia reale, da quelli del re Giorgio III, ormai malato di mente, in giù. Clarence era coraggioso, collerico... E irresponsabile. Avrebbe potuto scordare immediatamente quello che aveva detto. O forse no. Tutto e niente era possibile. Così si chinò e mormorò: - Non dimenticherò la vostra gentilezza, signore.- - Non dimenticatela eh? Non dimenticatela! E salve a voi, Devereux - disse a Jack, che era in piedi accanto a Ben, prima di rivolgersi ai propri attendenti, fermi a rispettosa distanza. - È ora di andare. Fronsac finirà la mia lezione un altro giorno.- Quando il duca si fu allontanato, Jack mormorò all'orecchio di Ben. - Perché mi avete fatto credere di essere relativamente inesperto col fioretto? Fronsac mi ha confidato che una delle vostre mosse era una delle preferite del suo vecchio maestro Jean Dupuy, e che se l'ha insegnata a voi è perché riteneva anche voi un maestro. Fronsac ha ragione? - Ben si strinse nelle spalle. - Un uomo saggio non confessa tutto quello che sa, o che è in grado di fare. Dovreste saperlo, Jack.- - Me lo ricorderò la prossima volta che ci eserciteremo insieme. - Jack sorrise. - Non tornerò più da Fronsac. Ho perso il controllo, e non voglio che mi capiti più.- - Sciocchezze! Una parola d'avvertimento, però, Ben. Babbacombe è pericoloso perché è stupido. Guardatevi le spalle dai randellatori.- - Per caso siete al corrente di qualcosa? - chiese Ben subito, pensando al recente attacco. Jack scosse la testa. - No, mi baso solo sulla mia conoscenza del mondo e degli sciocchi che ci vivono. Vedo che avete accettato di assumere una guardia del corpo. Molto saggio da parte vostra. Ma ricordate che vi possono attaccare in altri modi che quello fisico.- Madame non era in casa, lo informò il maggiordomo, ma la signorina Beverly si, e le avrebbe chiesto se era disposta a riceverlo. Ben rimase nel grande atrio dal pavimento bianco e nero, sperando contro ogni logica che Susanna accettasse di fare un'eccezione alle regole e intrattenesse un gentiluomo da sola. Il viso del maggiordomo, quando tornò, era impenetrabile. Tese una mano per prendere il cappello che Ben teneva in mano ed enuncio' chiaramente, in tono di ovvia disapprovazione: - La signorina Beverly vi riceve, signore. Nel salottino piccolo. Vi prego, seguitemi.- Col cuore in gola, Ben venne introdotto nella stanza in cui Susanna si alzò dalla sedia, dopo aver posato il libro che stava leggendo. Era così incantevole che Ben riuscì appena ad aspettare che il maggiordomo fosse uscito per dirglielo. - Non occorre adularmi, Ben - mormorò Susanna, un po' agitata dal proprio ardire. - Sono vestita semplicemente perché non aspettavo visite, questo pomeriggio. Madame è andata all'ambasciata francese a trovare una vecchia amica.- - Allora dovreste vestire sempre semplicemente - dichiarò Ben, coi suoi soliti modi schietti. - Perché non vi ho mai vista così deliziosa. E devo ringraziarvi per avermi ricevuto senza chaperon.- - Altre lusinghe...- Susanna sorrise. - Dato che ormai siamo vecchi amici, mi sono concessa il lusso della vostra presenza. - Ben non poté trattenersi. Vederla con quell'abito accollato di mussolina bianca, con un lungo ricciolo che le sfuggiva dal semplice chignon, aveva un effetto sconvolgente su di lui. - Amici! - esclamò. - Spero che siamo più di questo! - E poi, quando lei gli rivolse quel suo luminoso sorriso, le parole gli uscirono di bocca come un fiotto d'acqua da una sorgente. Incontrollabili. - Sposatemi, Susanna, immediatamente, o il fuoco mi consumerà, trasformandomi in una pira fiammeggiante, come quelle su cui si gettano le donne indiane alla morte dei loro mariti.- Questa incredibile proposta, tanto diversa da quelle che una signorina di qualità poteva aspettarsi, avrebbe scoraggiato più di una donna, ma era così simile allo stravagante uomo che l'aveva pronunciata che Susanna sorrise. - Riflettete bene su quello che state dicendo, Ben! Davvero siete venuto qui questo pomeriggio per farmi una proposta di matrimonio? - - No - ammise lui. - No, ma vedervi così mi ha fatto perdere la testa. Avete idea dell'effetto che producete su di me? Che avete prodotto sin dal primo istante? Solo la presenza di madame in passato e le convenzioni sociali ora mi impediscono di attirarvi a me e di dimostrarvi fisicamente la passione che provo per voi. È sconcertante, soprattutto perché non siete affatto il tipo di persona che avevo pensato di sposare! - Non appena ebbe finito di parlare, Ben capì che aveva mancato di tatto. Sì, s'era aspettato di sposare una giovane donna fragile e viziata da poter plasmare secondo i suoi voleri, non una persona volitiva come Susanna. Ma non avrebbe dovuto dirlo. Prima che lei potesse rispondergli, si scuso' umilmente: - Perdonatemi, non è questo il modo di parlare alla donna che desidero più di ogni altra al mondo, ma sono stato un uomo schietto tutta la vita, ed è difficile per me cambiare ora.- Susanna faticava a contenere il divertimento per la brusca proposta del suo corteggiatore. - Perché dovrei volervi diverso? - gli chiese dolcemente. - Mi piacete così come siete. Ammetto che avreste potuto farmi una proposta più elegante. Ci sono donne che si sarebbe offese sentendo il loro corteggiatore definire sconcertante la passione che prova per loro, ma io non sono una di queste donne. Posso restituirvi il favore informandovi che siete l'ultimo della terra che mai avrei pensato di poter considerare per una risposta favorevole? Un tempo ero convinta che fosse Francis Sylvester il tipo d'uomo che desideravo sposare. E non riesco a immaginare nessuno più diverso da voi! - Ben la fissava rigido, cercando di capire esattamente cosa gli stesse dicendo. - Devo dedurne che mi accettate? Se è così, la vostra risposta è priva di tatto quanto la mia domanda! - - Vero - replicò Susanna. - Ma dev'essere proprio questo il motivo per cui andiamo tanto d'accordo. Chi altri vorrebbe sposare uno di noi due? - Contro ogni regola della buona società, che vietava ai gentiluomini di far mostra di forti emozioni in pubblico, lui scoppiò a ridere fragorosamente. Susanna lo imitò. Asciugandosi le lacrime dagli occhi, alla fine esclamò: - Oh cielo, il defunto lord Chesterfield sarebbe stato scandalizzato dal nostro comportamento.- - Perché? - chiese Ben incuriosito. - Scrisse delle lettere a suo figlio per consigliarlo su come ci si comportava in società, e tra le altre cose disse che un vero gentiluomo non doveva mai ridere forte. Le lettere vennero pubblicate perché si riteneva che i suoi consigli in materia d'etichetta fossero così saggi che tutto il mondo dovesse conoscerli.- Ben ci pensò un attimo prima di risponderle. - Dovreste proprio sposarmi, se non altro perché sapete tante di queste cose e io ne so così poche. In futuro, mi direte quando devo sorridere come un beota e quando posso ridere.- Susanna scosse la testa. - Niente affatto. Vi preferisco come siete. Se avessi voluto sposare un gentiluomo che sorride come un beota, avrei accettato la seconda proposta di Francis Sylvester.- - Questo significa che accettate la mia seconda proposta? - - Credo di sì. -

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Capitolo 28
*** 28 Capitolo ***


Ben restò stupito dalla risposta di Susanna. - Questa non è una risposta che un uomo d'affari come me capisce.- - Ed è precisamente per questo che l'ho detta.- Aveva un'espressione tanto sbarazzina, che Ben non poté più trattenersi. Ebbe un piccolo gemito e la prese tra le braccia. Le catturò la bocca con una mossa così rapida che non ci fu modo di fermarlo. Susanna aveva il cuore in gola per il timore, oltre che per la passione. Era un uomo così forte e grosso che per un istante lei temette che i suoi abbracci sarebbero stati feroci quanto il suo soprannome e il suo aspetto. Non avrebbe dovuto preoccuparsi. La bocca di Ben era così tenera e gentile, le mani che si sollevarono per prenderle il viso così delicate, che il timore svanì e restò solo la passione. Lei gli accarezzò il viso, sentendo l'ispido della barba sulla sua guancia. E poi delicatamente la bocca di lui le schiuse le labbra e Susanna credette di svenire quando le loro lingue si incontrarono. I pochi baci di Francis, rubati nei rari istanti in cui erano rimasti soli, non l'avevano preparata alla virilità di Ben, né alla forza della propria passione. Lui abbassò la bocca nell'incavo della gola di lei, e le sue mani le scesero lungo la schiena, esplorandola, stringendola a sé, creando in lei una sensazione che la indusse a dimenarsi contro di lui. Questo, a sua volta, ebbe l'effetto di infiammare Ben, che lottava per mantenere il controllo, così fu un bene che, come in una farsa francese di Marivaux, in quel momento la porta si aprì rivelando a madame de Saulx i suoi due protetti avvinti in un abbraccio appassionato. Lo scatto della porta e il suono di una voce femminile che si schiariva li separò, rossi in faccia, scarmigliati, e... vergognosi. - Mia cara madame - annunciò Ben, ricomponendosi gli abiti. - Sarete lieta di sapere che la signorina Beverly ha accettato di diventare mia moglie, e con meno pompa possibile. Non appena avrò ottenuto una speciale licenza, ci sposeremo con una cerimonia strettamente privata.- Con segreto divertimento di madame, Susanna dichiarò: - Oh, sono certa di non aver mai accettato nulla del genere- - Si, l'hai fatto - replicò Ben. - Ricordo con esattezza che hai detto sì. Anzi, hai precisato che nessun altro sposerebbe uno di noi. Ma questo non inficia la tua accettazione, sono certo che madame è d'accordo.- - E madame porge ad entrambi le sue congratulazioni - disse la contessa con calma, segretamente esultante che uno dei suoi più fervidi desideri si stesse avverando. - Pensandoci bene, Ben, credo che converrete con me e Susanna che il vostro matrimonio non dev'essere troppo in sordina, perché questo si rifletterebbe non solo su di voi, ma sulla vostra sposa. Questo non significa che dobbiate celebrare delle nozze reali, semplicemente che dovete sottostare agli obblighi che spettano alla vostra posizione.- Ben annuì, con una smorfia sofferente. - Soprattutto - riprese madame, ignorando la sua riluttanza, - perché, date le attuali infamanti accuse di lord Babbacombe a vostro carico, non dovete mostrare d'aver paura ad apparire in pubblico.- Susanna represse una risatina vedendo l'espressione oltraggiata di Ben, alla mostruosa insinuazione che lui potesse aver paura di qualcosa. Madame, vedendo che ormai Susanna s'era ricomposta, le si avvicinò per baciarla su una guancia e sussurrarle le sue congratulazioni. - Avete fatto una scelta saggia - disse. - Auguro ogni bene a entrambi.- Le voci riguardo alle origini di Ben Wolfe diventarono insistenti. Si diceva che lord Babbacombe volesse andare in giudizio, ma ottenere un'ordinanza d'espulsione dal tribunale era una procedura costosa e Babbacombe, per sua sfortuna, era sul lastrico. Era noto che né le banche né gli usurai gli facevano più credito. Correva il pericolo di finire in una prigione per debitori, dato che viveva facendosi prestare soldi da anni. Alzando gli occhi al cielo e assumendo un'aria malinconica, lord Babbacombe continuava a dire a chiunque avesse la pazienza di ascoltarlo che era mostruoso che un poveretto come lui non fosse in grado di vendicare il torto che aveva subito, soprattutto quando il suo nemico nuotava nell'oro. - Soldi di cui s'è appropriato indebitamente - finiva sempre in tono lugubre. E agitava le acque tenendo in vita i vecchi pettegolezzi riguardanti la signora Wolfe e lady Exford. I difensori di Ben, che peraltro non erano molti poiché era vissuto quasi sempre in India, non riuscivano a mettere a tacere tutte le voci. - Potreste denunciarlo per calunnia - suggerì lord Exford. - Ma una volta che si va per vie legali, l'esito è sempre incerto.- Non aveva mai cessato di credere in Ben, come pure Jack Devereux, che rise sprezzante all'idea di andare per vie legali. - Lasciate perdere. La prossima stagione ci sarà un altro on dit a impegnare le malelingue, e allora Babbacombe sarà già rinchiuso a Marshalsea. O peggio.- Ben, impegnato nei preparativi per il matrimonio con Susanna, era d'accordo con Jack, anche se quella storia lo avviliva, non tanto per se stesso quanto per la sua futura moglie. Era anche convinto che Babbacombe e il suo clan non avrebbero lasciato perdere tanto facilmente. - È un point non plus per me, temo - disse a madame e a Susanna in tono quasi apologetico. - Non c'è niente che posso fare per zittirlo, a parte sfidarlo a duello, e anche in questo caso lui rifiuterebbe con la scusa che non sono un vero gentiluomo, ma solo un bastardo senza nome.- - Ma lord Exford afferma che sei il ritratto di tuo padre - protestò Susanna, e la contessa di Saulx annuì. - Oh, questo non prova nulla. Qualcuno l'ha già fatto presente a Babbacombe e la sua risposta è stata che ero il bastardo di Charles Wolfe e di una ragazza del villaggio, convenientemente disponibile per la sostituzione. Ha una risposta per tutto.- - E molti gli credono - sospirò madame. - Bene, io no.- Susanna era decisa. - Non permettere che questa storia ti ammaraggi, Ben.- Ma lui era amareggiato lo stesso. Non gli importava che la gente gli desse le spalle, ma lo feriva quando lo facevano con Susanna. Ben sapeva che Susanna aveva incontrato Amelia Western da lady Leominster, e che era stata apostrofata con un: Ma è vero che state per sposare quell'impostore di Ben Wolfe? Vi renderete conto, spero, che in tal caso non potrò continuare a ricevervi una volta che sarò sposata. Sono sicura che sapete che sono promessa a sir Ponsonby Albright, che ha il più stretto senso della correttezza. Come me, naturalmente. Conto sul vostro buonsenso perché mandiate a monte il matrimonio prima di diventare una paria. - - Essendo già stata una paria in passato, ed essendo sopravvissuta, non considero questa condizione con lo stesso vostro orrore - aveva ribattuto Susanna secca. - Non credo che dovremmo sposarci finché questa storia non sarà risolta, in un modo o nell'altro - le disse Ben un pomeriggio in Hyde Park, quando un lord che un tempo era stato suo amico cambiò strada per non salutarlo. - Sciocchezze - borbottò lei. - Non stimo queste persone. Pensa a come si sono comportate con me quando ero in difficoltà.- - Eppure...- - No. Non metterò la mia vita, e la tua, nelle mani di un vecchio stizzoso. So che tu hai bisogno di vivere a Londra per motivi di lavoro, ma è abbastanza grande per poter scegliere le persone che si frequentano.- Rifletté per un attimo. - In un certo senso sarebbe meglio se lord Babbacombe fosse abbastanza ricco da promuovere un'ordinanza d'espulsione contro di me. In un modo o nell'altro, la questione si concluderebbe.- - Temo che non sarebbe così facile - osservò madame. - La causa si trascinerebbe per mesi, o perfino anni. E se per malaugurata sorte la corte desse ragione a lord Babbacombe, Ben potrebbe finire in prigione per aver assunto una falsa identità allo scopo di impossessarsi di The Den. Inoltre, potrebbe perdere buona parte del capitale che s'è così faticosamente guadagnato in India per pagare i danni a lord Babbacombe.-

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Capitolo 29
*** 29 Capitolo ***


Il duca di Clarence diede una cena formale per soli uomini a cui vennero invitati Ben Wolfe, lord Exford e Jack Devereux. Lord Babbacombe non era presente. Prima di cenare, il duca prese lord Exford in disparte. - Cos'è questa storia sul mio amico Ben Wolfe, eh? - Lord Exford lo guardò e si chiese come parlarne con tatto. Prevalse il buonsenso. Sua Altezza Reale William, duca di Clarence, era un uomo anche troppo schietto. Così, nel modo più preciso possibile, informò il duca delle voci e delle calunnie che Babbacombe stava diffondendo, della possibilità che chiedesse un'ordinanza d'espulsione, e della difficoltà di mettere a tacere lui e suo figlio. - Non mi è mai piaciuto quell'uomo! - ruggi' Clarence. - Gioca a carte in modo strano. Così, il mio amico è nei guai e non c'è via d'uscita.- - È a un point non plus - convenne lord Exford. - E rispolverare il vecchio scandalo sulla sua povera mamma... Non posso fare nulla per questo, ma per l'altra cosa sì. Inviterò Erskine a cena, che ne dite? Non voglio altri scandali tra nobili, eh? - Erskine era il giudice che una volta era stato lord Chancellor, e di conseguenza era altamente rispettato. Lord Exford si sforzò di non tradire la propria perplessità, ma Clarence era radioso. - Una corte privata, che ne dite? Se Erskine pensa che Babbacombe sia dalla parte della ragione, cosa di cui dubito, allora lo aiuterò con la sua ordinanza. Se d'altra parte si pronuncia a favore del signor Wolfe, allora Babbacombe dovrà scusarsi e ritirare le accuse. Facile, no?.- Una cosa andava detta a favore di Clarence, decise lord Exford. Poteva anche essere un tipo semplice, ma gestiva se stesso e le proprie cose meglio del suo brillante fratello maggiore, il Principe Reggente. - E lord Erskine accetterà di presiedere una corte così poco ufficiale? - - Sarà meglio per lui - ribatté il duca, un guizzo malizioso negli occhi. - Entrambe le parti dovranno accettare che la sentenza sia vincolante, naturalmente. Altrimenti, è inutile. Era sottinteso che se una delle parti si fosse rifiutata di sottomettersi a un tale giudizio, la disgrazia sociale sarebbe stata inevitabile. - Una corte improvvisata. Non poteva pensarci che Clarence - fu la prima osservazione di Ben, quando lord Exford gli comunicò la decisione del duca. - Sì, ma potrebbe risolvere la questione. Farete meglio a prepararvi bene per il dibattimento.- Susanna e madame annuirono. - Ho già chiesto a Jess Fitzroy e a un paio dei miei uomini più fidati di interrogare segretamente i domestici e gli abitanti della zona intorno a The Den per scoprire il possibile riguardo alle circostanze della mia nascita e alla strana scomparsa di mia madre. Ho raccomandato a Jess di dire a queste persone che devono raccontargli tutta la verità, per quanto spiacevole possa essere. Non voglio rimanere sorpreso dalla rivelazione di eventi passati, né in tribunale né in una corte non convenzionale come quella che propone il duca. Voglio sapere il peggio, oltre che il meglio, sul mio caso.- - Molto saggio - approvò lord Exford. - Questa soluzione non ti convince, vero? - chiese Susanna a Ben, quando lord Exford se ne fu andato. - No. - Erano nel salotto di madame, e Ben camminava avanti e indietro inquieto. - Lord Exford ritiene che il duca l'abbia fatto per aiutarti. Ti chiama suo amico.- Ben ebbe una breve risata. - Non sono sicuro che questa cosa mi aiuterà. Non svegliare i cani che dormono, è il mio motto. Col tempo i pettegolezzi si sarebbero calmati. Sono passati trentaquattro anni dalla mia nascita e venticinque dalla scomparsa di mia madre. Dopo tanto tempo i ricordi delle persone, compresi i miei, sono sbiaditi e diventano inaffidabili. In un certo senso il duca, anche se non è sua intenzione, favorisce Babbacombe tenendo vivo lo scandalo.- - Lo so. E sono d'accordo con te. Ma non c'è modo di tirarsi indietro, ormai.- mormorò Susanna. La corte d'inchiesta del duca procedeva con tempi molto più spediti di un normale tribunale. Lord Babbacombe chiese un rinvio per preparare il suo caso. Ben, avendo avuto il rapporto di Jess, dichiarò di essere pronto in qualunque momento. Il duca, non volendo apparire ingiusto, concesse a lord Babbacombe il tempo che aveva chiesto. - Ma non di più, badate! Ho organizzato questa corte per arrivare a una rapida conclusione, non per trascinare le cose.- Clarence decise che l'udienza si sarebbe tenuta a St. James's Palace e che le signore non sarebbero state ammesse, solo alcuni uomini che potevano essere considerati la crema della società e che sarebbero stati presenti per assicurare la regolarità del caso. Lady Leominster fu deliziata dal fatto che suo marito fosse uno di loro. - Potete stare certo che Leominster farà in modo che non siate gettato ai lupi. E ci sarà lord Granville, che è molto corretto, e con la sua proverbiale calma si accerterà che non ci siano prevaricazione. Leominster dice che saranno chiamati dei testimoni, e che entrambe le parti ne hanno consegnato la lista a lord Erskine.- assicurò a Ben. Suo marito, accanto a lei, diede il proprio parere. - I dottori della legge sostengono che è una procedura molto irregolare, ma considerato che Babbacombe non può permettersi le spese di un caso in tribunale e voi, Wolfe, non volete citarlo per calunnie, convengono che sia l'unica soluzione possibile per superare una pericolosa situazione di stallo.- E questa sembrava l'opinione generale. - Niente, finora - mormorò un uomo deluso, riferendosi a quella che ormai veniva chiamata l'inchiesta di lord Erskine. - I miei informatori dicono che per ora non hanno fatto altro che chiacchiere. Prima di tutto, lord Erskine ha spiegato a tutti le regole dell'udienza, e poi hanno cominciato a parlare gli avvocati. E così se ne sono andati due giorni. Quindi sono state lette alcune deposizioni presentate da lord Babbacombe, la maggior parte delle quali troppo vecchie e stupide per avere qualche validità. Lord Erskine ha detto che non ne avrebbe tenuto conto in quanto erano soltanto pettegolezzi di campagna. Lord Babbacombe non ha fatto obiezioni, dicendo che aveva in serbo testimonianze più significative.- - Tutto qua? - - Così mi hanno riferito.- - Tanto rumore per nulla, quindi? - - Finora - convenne il primo uomo. - Ma siamo solo all'inizio. Un mio informatore ha detto che Ben Wolfe sembrava assonnato, alla fine della giornata.- - È sicuro di sé, allora? - - Dà l'impressione di esserlo, e non è la stessa cosa.- Ben, che era stato invitato da madame a stare da lei per la durata dell'inchiesta, ma che aveva rifiutato per non dare ai suoi nemici l'occasione di sparlare della sua futura moglie, passava a trovare Susanna e madame tutte le sere per raccontare loro le ultime novità. - Finora non avete perso nulla - disse loro alla fine del terzo giorno. - Stiamo procedendo come in tribunale regolare. Prima lord Babbacombe esporrà il suo caso, poi io presenterò il mio. Alla fine, dopo la debita considerazione, lord Erskine pronuncerà il suo giudizio. Finora sembra probabile che rimarremo a un point non plus, perché Erskine non ha ancora sentito nulla che gli permetta di arrivare a una conclusione. D'altra parte...- Si interruppe, accigliato. - Cosa c'è, Ben? - chiese Susanna con tutta la calma di cui era capace. - Niente. No, è una menzogna - disse lui con forza. - Oggi la testimonianza di un'anziana donna che un tempo lavorava nelle cucine di The Den ha avuto uno strano effetto su di me. Ovviamente, non posso avere alcuna conoscenza di ciò che mio padre può aver fatto al tempo della mia nascita, dato che ero un neonato. Ma... Mi sta succedendo una cosa stranissima. Non sono mai stato in grado di rammentare molto la mia infanzia, e praticamente nulla di quello che successe al tempo della scomparsa di mia madre, ma a un tratto certi ricordi di quel periodo stanno raffiorando alla mia memoria. Rammento d'aver giocato a volano con lei sulla terrazza di The Den, e che mi guardava mentre prendevo lezioni di equitazione.

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Capitolo 30
*** 30 Capitolo ***


- Ricordo mio padre che mi lodava perché imparavo in fretta... Tutte cose che avevo dimenticato.- Di nuovo Ben, rimase in silenzio. Né Susanna né madame dissero nulla. Lui voltò loro le spalle per un attimo, prima di tornare a guardarle. - Non riuscivo nemmeno a ricordare il viso di mia madre, o se soffrii per la sua scomparsa, ma ora ricordo che lo feci, e che mio padre ne fu distrutto. Oggi l'ho qui davanti agli occhi, una donna più giovane di quanto sono io ora, che avrebbe superato la cinquantina se fosse vissuta... Sono convinto che morì quel giorno stesso o subito dopo.- C'era un'espressione di tale angoscia sul suo viso che Susanna si alzò e lo abbracciò, nonostante la presenza di madame. Lo sentì rabbrividire al suo tocco e sentì una lacrima caderle su una mano. - Allora non piansi. E poi cancellai il ricordo di mia madre perché era troppo doloroso. Inoltre, ebbi una vita difficile dopo che mio padre morì, e mi ci vollero tutte le mie energie per sopravvivere nel presente. Non potevo portarmi dietro il peso del passato.- Guardò Susanna. - Penserai che sono poco uomo - mormorò Ben con un sospiro. - Ma non ricordo di aver mai pianto in vita mia. È una sensazione insolita per me. Forse dovrei cercare di scordare di nuovo il passato.- - No! - esclamò Susanna. - Non vorrai perdere tua madre per la seconda volta. Non può più farti del male ricordare i bei momenti che passasti coi tuoi genitori, dopo tanti anni.- - Come sei saggia - disse lui, chinando la testa per baciarla sulla guancia. - C'è qualcosa di mia madre in te, e lo capisco solo ora. Non le assomigli fisicamente, ma nei modi insieme vivaci e affettuosi.- La guido' verso il divano, dove si sedettero l'uno di fianco all'altro. - Jess mi ha riferito che uno dei due testimoni chiave di lord Babbacombe sarà interrogato domani. È una donna che lavorava in casa mia quando io nacqui, e in seguito sposò uno dei dipendenti della tenuta di Babbacombe. Si è rifiutata di parlare con Jess e gli ha detto che ciò che aveva da rivelare era per lord Erskine e nessun altro. Jess ha avuto l'impressione che avesse un atteggiamento ostile.- - Così, domani potrebbe essere una giornata cruciale - commentò madame. - Vedremo - sospirò lui. - Resterete a cena con noi? - - Se posso.- I suoi occhi cercarono quelli di Susanna, prima di continuare. - Devo ammettere che non avevo mai apprezzato tanto la compagnia femminile finché non ho cominciato a godere di quella vostra e di Susanna. Voi due signore potete ben affermare di avermi civilizzato.- Finita la cena, madame gli offrì un letto per la notte perché le pareva che ci fosse una profonda desolazione in lui. Ma Ben scosse il capo. - Nessuna munizione per lord Babbacombe - annuncio, più allegro di quanto non fosse stato per tutta la sera. - Passerò a trovarvi domani sera. E con buone notizie, spero.- Ben non aveva speranza che le notizie fossero davvero buone. Jess e l'altro uomo a cui aveva affidato le indagini preliminari, Jackson, lo avevano preparato al peggio molto prima dell'inchiesta. - La donna è stata sicuramente presente alla vostra nascita. È l'unica testimone affidabile che sono riusciti a trovare. Il fattore di vostro padre ha confermato che la signora Harte era davvero la Joan Shanks che assistette al travaglio di vostra madre. Non possiamo attaccarla come impostora. Solo come una possibile bugiarda. - Il legale di Ben era stato d'accordo con loro. - Dobbiamo prenderla in contraddizione, insinuare che Babbacombe l'ha corrotta. È la loro carta vincente.- Era la prima, e forse l'unica, testimone della giornata. Era una mattina fredda e grigia, per essere estate. La pioggia scivolava lungo i pannelli delle alte finestre del palazzo. Dentro, erano stati accesi i candelieri e un fuoco ardeva nel grande camino. Lord Erskine era seduto a un lungo tavolo coperto di libri di legge, e al suo fianco lo scrivano annotava ogni singola parola. I testimoni prendevano posto su una grande poltrona accanto al tavolo. I principali partecipanti al dibattimento sedevano su panche allineate di fronte al tavolo. Dietro di loro c'era un piccolo pubblico di nobili e gentiluomini, tutte personalità serie e riverite, che si comportavano impeccabilmente, come conveniva al loro grado e ai loro anni. Lord Granville era in prima fila. Quando gli andava di partecipare, il duca di Clarence era seduto col suo seguito su balconata che dava sulla sala. Quando un usciere chiamò la signora Harte con voce stentorea, una donna corpulenta di mezza età fu scortata alla sedia dei testimoni. Era vestita con un sobrio abito nero dal colletto bianco bordato di pizzo. Sul colletto, teneva appuntata una piccola spilla, il suo unico gioiello. Dava le risposte con voce chiara e pacata, venata di un accento rurale. La speranza che si sentisse intimidita dalla severa grandiosità del luogo non tardò a scemare. L'avvocato di lord Babbacombe, un certo signor Gascoyne, la guidava con le sue domande. - Voi siete la signora Joan Harte, e prima di sposarvi vi chiamavate Joan Shanks? - - Si, signore.- Lord Erskine guardò il signor Gascoyne. - Avete mostrato al signor Wolfe e al suo legale la prova dell'identità di questa donna, signor Gascoyne? - - Certamente, milord, e credo che il signor Wolfe ricordi la donna come parte del suo personale quando era bambino.- Lord Erskine si rivolse a Ben. - Confermate questo, signor Wolfe? - Ben rimase in silenzio per un attimo. Stava fissando la signora Harte. Qualcosa in lei lo disturbava, ma non avrebbe saputo dire cosa. Rimase in silenzio tanto a lungo che lord Erskine si risentì. - Mi avete sentito, signor Wolfe? Ricordate questa donna? Potete confermare che era la signorina Joan Shanks, e che adesso è la moglie di Thomas Harte? - Ben trasalì. Più di uno dei presenti pensò che non fosse da lui essere così distratto. - Perdonatemi, milord. Sì, credo che sia colei che dice di essere.- Se la risposta fu un tantino equivoca, lo fu volutamente. Ben non sapeva dire cosa ci fosse in quella donna che lo turbava, ma qualcosa c'era. Un ricordo elusivo indugiava ai margini della sua mente e si rifiutava d'essere identificato. - Potete continuare a interrogare la testimone, signor Gascoyne - borbottò lord Erskine, per nulla compiaciuto dalla distrazione di Ben Wolfe, che considerava uno sprezzo alla dignità della corte. Il signor Gascoyne sorrise rassicurante alla signora Harte e iniziò l'interrogatorio. - Siete stata impiegata in qualità di aiutante della levatrice della signora Wolfe prima del travaglio? - - Si, signore.- - E avete assistito alla nascita del suo bambino? - - Si, signore.- Era stata istruita bene. Le sue risposte alle domande di Gascoyne erano brevi e chiare, senza fronzoli. - Cosa successe quando il bambino nacque? - - Il dottore e la levatrice erano allarmati perché non respirava bene. Aveva un brutto colore, dissero. Bluastro.- Ascoltandola, Ben trovava difficile credere che stessero parlando di lui prima che avesse ricordi o coscienza di quanto lo circondava. - E la condizione si protrasse? - - Per due giorni. Il bambino, Ben lo chiamarono, riusciva appena a succhiare il latte della madre a causa di questa difficoltà di respiro.- - E cosa successe alla fine dei due giorni? - - Il bambino cominciò a peggiorare. Il dottore dichiarò che non sarebbe rimasto a lungo in questo mondo.- - Ma il bambino non morì. O così dichiara il gentiluomo che si fa chiamare Ben Wolfe.- Il signor Herriott scattò in piedi, protestando: - Questa è un'affermazione scorretta. Posso ricordare al signor Gascoyne, milord, che nulla è ancora stato provato riguardo alla legittimità del signor Wolfe? - - È vero - disse lord Erskine. - Vi prego, trattenetevi dal fare certe affermazioni, signor Gascoyne, e limitatevi alla testimonianza della vostra teste. - Vi obbedisco, milord. E il bambino morì, come aveva previsto il dottore? - - Si, signore. Il terzo giorno.- Per la prima volta da quando era iniziato il dibattimento, nell'aula si alzò un mormorio

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Capitolo 31
*** 31 Capitolo ***


L'interrogatorio alla testimone proseguì. - Voi eravate presente? - - Si.- - Cosa successe poi? - - La signora Wolfe gridò che Ben aveva smesso di respirare. La levatrice corse al letto e glielo tolse dalle braccia. Fu mandato a chiamare il signor Wolfe.- Si fermò. Di nuovo, era stata così semplice e chiara nella sua deposizione che le sue risposte suonavano vere. - E cosa successe quando arrivò il signor Wolfe? - - Prese il bambino e lasciò la stanza.- - Tornò? - - Si, ma non prima che la signora Wolfe avesse una crisi isterica.- - Cosa successe quando tornò? - - Portò un neonato che indossava i vestitini di Ben e lo mise tra le braccia della moglie.- Di nuovo, ci fu un brusio. Ben si chinò in avanti. Cosa c'era in quella donna che non lo convinceva? Per un attimo un'immagine gli balenò davanti agli occhi, poi gli sfuggì. La perplessità gli impedì di essere sconvolto dalle rivelazioni della donna. - Avete detto un neonato con i vestitini di Ben. Non era Ben? - - No, signore. Gli assomigliava, ma era più grosso e del colore sbagliato.- - Del colore sbagliato? In che senso? - le domandò l'avvocato. - Era rosa. Il vero Ben era sempre stato bluastro. Verso la fine violaceo.- - Qualcuno fece domande riguardo allo scambio? - - No, signore.- - Come mai? - - La signora Wolfe era troppo sfinita per capire e la levatrice era alticcia.- - Alticcia? - chiese lord Erskine, la voce austera. - Credo voglia dire che aveva bevuto - spiegò Gascoyne, mentre la signora Harte annuiva. - Molto bene. Continuate.- - Da dove proveniva il nuovo bambino? - Il signor Herriott saltò in piedi. - Protesto contro una domanda in cui si chiede alla testimone di fare delle illazioni. Se non ha assistito a un fatto, non può dare una risposta.- Ma prima che lord Erskine o il signor Gascoyne potessero dire qualcosa, la signora Harte spiegò con voce mite: - Il figlio illegittimo del signor Wolfe e di Lucy Withers, una delle cameriere, era nato lo stesso giorno di Ben Wolfe. Era un bambino così grosso che la ragazza era morta nel darlo alla luce. Era molto simile al vero Ben Wolfe. Il signor Wolfe scambiò i due bambini e annunciò che era stato quello di Lucy Withers a morire.- Disse tutto ciò mentre i due avvocati e lord Erskine cercavano di farla tacere. Ben dubitava della sincerità degli sforzi del signor Gascoyne. Riteneva che le avesse dato istruzioni di continuare la sua storia a ogni costo. Se vera, la storia della signora Harte era un colpo fatale per Ben. Lord Babbacombe era raggiante. George, seduto accanto a lui, gli diede una pacca sulla schiena. Niente pettegolezzi di paese, nessun sentito dire, ma una decorosa, pacata donna che era stata presente alla nascita, alla morte e alla sostituzione. Con dignità, la donna si scuso' col giudice per aver continuato a parlare dopo l'obiezione del signor Herriott. Lord Erskine accettò le scuse, dicendo bruscamente al signor Gascoyne: - Istruite la vostra testimone di non fornire informazioni che non le sono chieste espressamente.- Anche il signor Gascoyne si scuso' con milord, la testa umilmente china. - Non ho altre domande per la signora Harte, milord. La sua testimonianza parla da sola.- Il signor Herriott, Invitato da lord Erskine a controinterrogare la testimone, mormorò qualcosa a Ben, prima di alzarsi. - In considerazione della grave natura della deposizione della signora Harte, e del fatto che né io né il mio cliente ne eravamo al corrente, chiederei a milord di aggiornare il dibattito.- Lord Erskine alzò gli occhi come per chiedere consiglio a Dio sul da farsi, prima di spostare lo sguardo sul più vicino rappresentante di Dio in terra, il duca di Clarence, che annuì. - Avete tempo fino a domani mattina, signor Herriott. Data la gravità della deposizione che abbiamo appena ascoltato, devo chiedere ai presenti di non discutere quanto è successo oggi con nessuno al di fuori di questa corte. È tutto.- - E voi non ne sapevate nulla? - domandò il signor Herriott a Ben quella sera, dopo che ebbero cenato nella casa londinese di quest'ultimo. - Due dei miei uomini l'hanno interrogata. Sono entrambi abili, anzi uno di loro è un ex poliziotto. Non hanno cavato un ragno dal buco.- rispose Ben. - Quella donna ha una freddezza glaciale. Siete sicuro che fosse impiegata in casa vostra, e con le mansioni che dice di aver avuto? - - Entrambi i miei uomini sono sicuri che sia così. Il problema è che parecchi dei domestici di quel tempo o sono morti o sono difficili da rintracciare. È sulla sua deposizione, e su quella di suo marito, che si basa il caso di Babbacombe. Non abbiamo nessuna che possa confutarla. Il signor Herriott sospirò. - Che dica la verità è un'altra questione, naturalmente. Ora, mettiamoci al lavoro e sezioniamo la sua testimonianza. Se i vostri due uomini sono qui, mandateli a chiamare.- Ben annuì. Doveva rinunciare al suo appuntamento serale con Susanna. Inviò a lei e a madame un biglietto per informarle che era successo qualcosa di inaspettato durante l'udienza e che doveva passare la sera coi suoi legali per studiare le prossime mosse. Mandarono a chiamare Jess, ma per quanto tentassero, non riuscirono a trovare il modo di intaccare la deposizione della donna. - E ora, cosa facciamo? - chiese il signor Herriott alla fine. - Non lo so. Se lo sapessi, ve lo direi. Il fatto è che c'è qualcosa che non mi quadra in quella donna, qualcosa che non riesco a individuare...- rispose Ben lentamente. - Se vi viene in mente, dovete informarmi immediatamente. C'è una cosa, però. Fitzroy dice che ha sposato uno dei dipendenti di Babbacombe. Può Babbacombe averla corrotta tramite il marito? Chi era esattamente Tom Harte?- Fu Jess a rispondere - Sostituì il sovrintendente che scomparve dopo l'aggressione a lady Exford e l'omicidio della signora Wolfe.- - Davvero? Potrebbe valere la pena di investigare. Questo Harte ha una buona reputazione? - - La migliore. È questo il problema. Lui e sua moglie sono due persone molto stimate. Oneste, religiose, con bravi figli beneducati. Immagino che sia lui il prossimo testimone chiave di Babbacombe.- ammise Jess con riluttanza. - Così...- Il signor Herriott si girò verso Ben. - Dipende da voi, ora. Cercate di farvi venire in mente quel che vi sfugge. Domani tenterò di farla cadere in contraddizione, ma senza un appiglio sarà un'impresa impossibile.- L'indomani mattina, seduta compostamente sulla sedia dei testimoni, la signora Harte pareva più incrollabile che mai sotto le incalzanti domande del signor Herriott. Solo in un'occasione la donna parve un po' scossa. L'avvocato le aveva chiesto come poteva essere certa che il bambino che il signor Wolfe aveva messo tra le braccia della sua adorata moglie non fosse lo stesso che aveva portato via. - Avete detto che era perché il nuovo bambino era roseo, mentre l'altro bluastro...- Ebbe una pausa. - Violaceo. Ho detto che era violaceo alla fine.- precisò lei. - L'avete detto. Sembrate avere un'eccellente memoria per fatti avvenuti più di trent'anni fa...- Ebbe un'altra pausa. - Ciò che mi sconcerta è questo. Se sapevate che il signor Wolfe aveva scambiato i bambini, perché non l'avete mai detto a nessuno? A lord Babbacombe, per esempio. Era lui l'erede, e a quel tempo un suo dipendente, Harte, vi stava corteggiando. Dovevate pur sapere che il signor Wolfe aveva commesso un crimine, e contro il datore di lavoro del vostro futuro marito.- Fu la prima volta che la donna parve colta in fallo. Fece qualcosa che Ben le aveva visto già fare in precedenza, quando una domanda la coglieva di sorpresa. Si portò la mano alla spilla che le chiudeva il colletto. E quando lo fece, la memoria di Ben si sbloccò, e lui capì, finalmente, cosa c'era che non andava in quella donna. - Avevo paura di ciò che poteva succedermi, se avessi raccontato la verità.- disse la signora Harte alla fine. Ben rifletté freneticamente, mettendo alla prova la memoria finché non fu certo che non lo avesse ingannato.

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Capitolo 32
*** 32 Capitolo ***


Ben Wolfe prese il signor Herriott per una manica. - Un momento - sussurrò in tono urgente. - Cosa c'è - Il signor Herriott era irritato. - Milord non gradisce interruzioni.- - Mi consentite di interrogarla io? Mi sono appena ricordato di una cosa, ma sarebbe lungo e difficile per me spiegarvi tutto ora. Se comincerò a rendermi ridicolo, prometto di sedermi immediatamente.- - E va bene. Situazione disperate richiedono misure disperate. Milord - disse l'avvocato rivolgendosi a lord Erskine, che stava per protestare per quella conversazione sussurrata. - Il mio cliente mi chiede di lasciargli interrogare la signora Harte personalmente. Ha una nuova e vitale informazione riguardo...- Si girò verso Ben e sibilò: - Riguardo a cosa, santo cielo? - - La sua veridicità - sussurrò Ben. - La sua attendibilità, milord - tradusse il suo avvocato. - Molto bene, signor Herriott.- Lord Erskine era riluttante, ma voleva apparire giusto. Sapeva, come tutti nella sala, che Ben Wolfe era spacciato. Ben si alzò e si avvicinò lentamente alla signora Harte. Lei non mostrò alcuna emozione quando lui le sorrise e disse: - Non vi avevo più vista da quando ero un bambino e voi eravate Joan Shanks, ma vi avrei riconosciuta ovunque. - L'unica risposta della donna fu di fissarlo. - Credo che la mia defunta madre vi fosse molto affezionata, non è così? - La mano destra di lei si alzò a sfiorare la spilla nervosamente, prima di replicare con una certa riluttanza: - Si, suppongo di sì.- - Sapevo che la mia memoria non mi aveva ingannato. Ma penso che la vostra lo abbia fatto.- mormorò Ben gravemente. Il signor Gascoyne saltò in piedi. - Obiezione, milord. Il signor Wolfe fa delle affermazioni, non delle domande.- Ben si chinò prima a lui, poi a lord Erskine. - Vi chiedo perdono, milord. Non sono esperto di legge, ma ora che mi avete così gentilmente istruito, le mie saranno domande.- Tornò a rivolgersi alla testimone. - È una bella spilla quella che portate, signora Harte.- La mano di lei ricadde come se si fosse scottata. Il signor Gascoyne scattò di nuovo in piedi. - Obiezioni, milord. Fa di nuovo affermazioni.- Prima che lord Erskine potesse replicare, Ben lo prevenne: - Abbiate solo un po' di pazienza, milord. Ora porro' una domanda alla signora Harte.- Si rivolse verso di lei, con voce dolce. - Vi prego, ditemi, signora Harte. Chi vi ha dato questo gioiellino? Mi pare di averlo già visto. È un ninnolo di poco prezzo, vero? - Questa volta il signor Gascoyne saltò su come una molla. - Cos'hanno mai a che fare queste domande col caso?- - Me lo sono chiesto anch'io - borbotto' lord Erskine, guardando severamente Ben. - C'è uno scopo per tutto questo, signor Wolfe? Perché, in caso contrario, devo chiedervi di tornare al vostro posto.- - Lo scopo c'è, milord, e se ordinerete alla testimone di rispondere, vi conquisterete la mia perenne gratitudine.- Il signor Herriott gemette, vedendo il suo caso e la sua reputazione avviarsi verso il declino. Appoggiò con fare sconsolato la testa sulle mani, evitando di guardare il suo cliente e la corte. Lord Erskine ribatte' gelidamente: - Non voglio la vostra gratitudine, signor Wolfe, ma la verità. Nella speranza di portare questa causa a una rapida conclusione, chiederò alla signora Harte di accontentarvi. Se fossimo in un tribunale vero, non lo farei.- Si chino' in avanti per dire gentilmente alla testimone: - Vi prego, rispondete, signora Harte.- Lei fissò Ben, e con voce di sfida per la prima volta annunciò: - Me la diede vostra madre. È davvero un oggetto poco costoso, latta e vetro, ma per me ha un valore inestimabile.- - E ditemi, quando ve la regalò? - Lei gli sorrise trionfante. - Facile, signore. Il giorno in cui fui promessa a Thomas Harte.- - E questo quando fu? - - Due settimane prima della scomparsa di vostra madre.- - Due settimane prima della sua scomparsa. Ne siete assolutamente sicura? - - Assolutamente sicura, signore.- Ben cercò di non guardare in direzione di lord Erskine e ignoro' l'occhiataccia del signor Herriott. - Sapete, signora Harte, credo che non stiate affatto dicendo la verità. - mormorò invece. La mano di lei andò di nuovo alla spilla. - Oh, ma è così.- - No, e io posso provare che voi state mentendo. Quella spilla fu comprata alla fiera di Lavendon e donata a mia madre per il suo compleanno, il giorno stesso in cui scomparve. E fui io a comprargliela. La pagai coi miei soldini.- La donna ora era agitata quanto prima era stata calma. - No, mentite! Avete vissuto nella menzogna per tutta la vita. È come ho detto. Vostra madre me la regalò il giorno in cui mi fidanzai con Tom.- Signore, pregò Ben, fa' che il tempo non mi abbia tradito, né abbia cancellato il mio lavoro di venticinque anni fa. - Vedete, avevo solo nove anni allora ed ero così orgoglioso del mio dono che incisi il mio nome e la data sul dietro con un chiodo. Forse non li avete mai notati o, se lo avete fatto, avete pensato che erano graffi. Vi prego, date a milord la spilla perché possa esaminare il rovescio.- Sapeva che stava correndo un enorme rischio, ma, come aveva detto Herriott nel congedarsi da lui la sera prima, ci voleva un miracolo per salvarlo. E forse il miracolo era una scritta di venticinque anni prima. - Io diedi a mia madre quella spilla due settimane dopo il giorno in cui la signora Harte afferma di averla ricevuta in dono da mia madre.- Dichiarò Ben rivolgendosi ai nobili presenti in aula. - Due sono le conseguenze di questa falsa dichiarazione. Primo, se ha mentito su questo, può aver mentito su tutto, compresa la mia nascita. Secondo, quando salutai con un bacio mia madre quell' ultimo terribili pomeriggio lei s'era appuntata la spilla sull'abito per farmi contento. Perciò, come ne è entrata in possesso la signora Harte? - Lord Erskine disse alla fine: - Vi prego, datemi la spilla, signora Harte, così che possa esaminarla.- - No - gemette la donna. - La spilla è mia. Mi sono confusa. Me la regalò mio marito...- Non andò oltre. Lord Erskine aveva fatto cenno a uno degli uscieri che venne avanti, la mano tesa, pronto a prendere la spilla. Rossa in viso, lei se la sfilò e gliela tese. Anche se i graffi infantili di Ben non fossero più stati sulla spilla, s'era tradita cercando di modificare la storia. Lord Erskine prese la spilla, la girò, estrasse una lente e cominciò a esaminarla. - Cosa dichiarate d'aver inciso qui, signor Wolfe? - - Il mio nome, Ben, e la data. Dodici giugno del novantaquattro.- Milord chino' la testa, poi la alzò e disse: - I segni sono appena visibili, signor Wolfe, ma confermano che ciò che avete dichiarato è vero. Tenendo presente il vostro secondo punto, chiederò all'ufficiale giudiziario della corte di trattenere la signora Harte per interrogarla in connessione con la morte di vostra madre che, ho sentito, è stata un mistero sin dal giorno del vostro regalo. Temo che per il momento la corte debba aggiornarsi. - - Erano deliberate, vero?- Ben sorrise, un sorriso letale. - Che cosa, signor Herriott? - - Tutte quelle buffonate. Fingere di non conoscere le regole di un interrogatorio, far pensare alla testimone che eravate innocuo, quando non lo eravate affatto.- - Se lo dite voi, signor Herriott...- - Oh, lo dico. Non vi siete costruito un impero solo grazie alla fortuna, signor Wolfe.- - No. Ma ho sempre corso dei rischi enormi. La spilla era di latta. La signora Harte la portava da più di venticinque anni. È stato un azzardo presumere che quei graffi fossero ancora leggibili dopo tanto tempo.- Il signor Herriott scosse la testa ammirato. - Mio Dio, è vero.- - Ma un azzardo che valeva la pena di correre, ne converrete.-

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Capitolo 33
*** 33 Capitolo ***


Poiché lord Erskine aveva appena emesso il suo giudizio: - A meno che lord Babbacombe non abbia altre prove da presentare, cosa di cui dubito, la sua azione contro il signor Wolfe deve considerarsi respinta. Dichiaro chiusa questa corte d'inchiesta. La questione della ricomparsa della spilla della signora Wolfe sarà passata alle autorità competenti per le indagini.- Quando tutti s'erano alzati e lord Erskine era uscito, lord Babbacombe si era voltato verso il suo avvocato con fare inviperito: - Ebbene? Non avete altro da dire? - Il signor Gascoyne aveva scosso la testa. - No, milord. Il signor Wolfe ha stroncato la vostra testimone. O meglio, la signora Harte s'è stroncata da sola mentendo riguardo alla spilla.- - Ma questo non significa necessariamente che mentisse sulla nascita di Wolfe! - - No, ma avete sentito cos'ha detto lord Erskine. La deposizione da sola non regge più. Dato che non ci sono altri testimoni a supportarla...- - Non ho mai sentito una regola più idiota! E poi, questo non è un vero tribunale.- Il signor Gascoyne aveva cominciato a radunare i documenti. - Purtroppo voi e il signor Wolfe vi siete impegnati a rispettarne la sentenza. No, temo proprio che dobbiate fare buon viso a cattivo gioco...- - Smettetela di parlarmi con quel tono condiscendente, dannato scribacchino - aveva ringhiato lord Babbacombe. - E non disturbatevi a mandarmi la parcella, perché, grazie alla vostra inefficienza, non ho di che pagarvi! - Ben si stava ancora congratulando con il signor Herriott, quando gli si avvicinò il duca di Clarence, la mano protesa. - Mai mi ero divertito tanto in un tribunale, Wolfe! È stato un piacere vedervi demolire quella vecchia bugiarda. Le mie congratulazioni. Non avevo creduto a una parola di quello che aveva detto, anche se l'aveva detto bene. Troppo bene, a mio parere.- Scoppiò a ridere. - Bravo! Almeno, ora c'è la possibilità che scopriate quello che è successo alla vostra povera mamma. E potrete sposare la vostra bella ragazza a cuor leggero, eh? Vi manderò un bel pezzo d'argenteria come regalo di nozze. Non latta e vetro, questa volta, eh? - E si allontanò ridendo. - Davvero ha detto così? - chiese Susanna, quando Ben fece visita a lei e madame, quella sera, per dare loro la buona notizia che era ancora il legittimo Ben Wolfe, e quella più malinconica riguardante la riapertura dell'inchiesta sulla morte di sua madre. - L'ha detto, eccome! - - E questa donna, la signora Harte... Come ha potuto mentire in modo così convincente da farti rischiare di perdere la causa? - Ben si strinse nelle spalle. - Il signor Herriott sospetta che sia stata istruita e pagata da lord Babbacombe.- - Ti addolora che si ricominci a indagare sulla morte di tua madre, vero? - Lui annuì lentamente. - Sì, ma il ritrovamento della spilla cambia tutto. Il signor Herriott è convinto che lord Babbacombe sia coinvolto nella morte di mia madre, anche se all'epoca non fu mai fatto il suo nome. Dopo essere stata smascherata, la signora Harte ha detto che era stato suo marito a darle la spilla. Era la verità, o un'altra menzogna? La tengono a Newgate, questa notte e domani cominceranno a interrogarla. - Madame, che era rimasta in silenzio, a quel punto si alzò e si avvicinò al camino, dando le spalle a Ben e Susanna. - C'è qualcosa che avrei dovuto dirvi da tempo, Ben - iniziò a bassa voce, prima di girarsi a guardarli. - Ho sbagliato a tacere. Non pensavo che quello che sapevo fosse importante e, come voi, Ben, avevo dimenticato, gran parte di ciò che era successo il giorno in cui sparì vostra madre.- Sospirò. - Vedete, a quel tempo io ero ospite in casa di lord Exford. Ero la figlia di una sua cugina che aveva sposato un francese diventato un emigre' durante la Rivoluzione. Avevo vent'anni. Sono certa che non vi ricordate di me, perché quale interesse può aver avuto un bambino di nove anni per una giovane donna che intravide in poche occasioni? In seguito, sposai un altro emigre' che era diventato un mercante in India e là ci incontrammo di nuovo. Io non vidi motivo di ricordarvi l'infelice passato. Come voi, desideravo dimenticare quel fatale giorno. Ma ora, anch'io devo cercare di ricordarlo, perché, come la vostra memoria oggi vi ha salvato in tribunale, la mia potrebbe contenere qualcosa che allora non mi parve importante, ma che adesso potrebbe contribuire a risolvere il mistero sulla fine delle mie due povere amiche. Quando pregai Susanna di chiedere in prestito le Maximes stavo, per la prima volta, rivisitando la mia giovinezza.- - Ma perché dovreste rimpiangere di non avermene parlato prima? - chiese Ben. - Questo nostro comune passato spiega, forse, l'affinita' che provai per voi quando ci incontrammo in India.- Lei ebbe un piccolo sorriso. - Da quando ci avete parlato della misteriosa ricomparsa della spilla, sto cercando di ricordare quel giorno lontano. Avevo un lieve raffreddore estivo, di conseguenza, quando vostra madre mi chiese di accompagnare lei e lady Exford nella loro passeggiata, io rifiutai il suo gentile invito. Avrebbe potuto la mia presenza evitare la tragedia? Come è possibile saperlo? Quel giorno, la guardai scendere dalla terrazza e incamminarsi nel parco, senza sapere che non l'avrei più rivista. Ricordo anche che vostro padre si recò da lord Beauval. Era solito accompagnare vostra madre quando usciva a dipingere e so che si rimprovero' amaramente per non essere stato con lei quel giorno.- Si interruppe e si sedette, prendendosi la testa tra le mani. Susanna si avvicinò a lei e le posò un braccio sulle spalle. - Ho cercato di ricordare se vidi o meno lord Babbacombe, quel giorno. Non credo d'averlo fatto. Dovete sapere che era un bel giovane, a quel tempo, e io ero invaghita di lui finché un giorno, credendosi non visto, frusto' crudelmente il suo cane che gli aveva ringhiato contro.- Esitò. - C'è una cosa, però. Ricordate, Susanna, che vi dissi che lord Babbacombe testimonio' che lord Exford e il signor Wolfe avevano avuto una violenta discussione alla cena che lui aveva dato la sera prima, cosa che lord Exford negò sempre? Ebbene... Io ero a quella cena e non ricordo di nessuna lite. Quello che mi è venuto in mente però è che, dopo cena, la signora Wolfe salì nella stanza che era riservata agli scialli e alle giacche delle signore, dichiarando che aveva freddo. Quando scese, pareva agitata. Al punto che le domandai se c'era qualcosa che non andasse. Lei negò, ma quando lord Babbacombe tornò tra gli ospiti, gli chiese se gli sarebbe dispiaciuto se lei e Charles fossero tornati a casa presto, perché le era venuta una lieve emicrania. Non ci feci caso, a quel tempo, e solo ciò che è successo in tribunale oggi mi ci ha fatto pensare.- Sospirò di nuovo. - E se la violenta discussione fosse stata non tra lord Exford e il signor Wolfe, ma tra lord Babbacombe e la signora Wolfe? Sicuramente, entrambi erano assenti nello stesso momento. Lui s'era molto risentito quando vostra madre aveva rifiutato la sua proposta di matrimonio, Ben, ma in seguito tornò a essere amico sia di lei sia di vostro padre. Diceva che non si sarebbe mai sposato, avendo perduto la donna che amava, e in realtà lo fece solo molto tempo dopo la morte di vostra madre. Tutto questo può non significare nulla, me ne rendo conto. Lord Babbacombe non fu mai sospettato d'essere coinvolto nella scomparsa di vostra madre. Il suo sovrintendente testimonio' che avevano passato il pomeriggio insieme a Babbacombe House.- Ben, che l'aveva ascoltata attentamente, si irrigidi'. - E se il sovrintendente avesse mentito per ordine di lord Babbacombe? Se fosse lui il responsabile della scomparsa di mia madre e dell'aggressione a lady Exford? Finora non abbiamo alcuna prova di questo, a parte la ferocia con cui Babbacombe mi ha perseguitato e il fatto che la spilla di mia madre è ricomparsa appuntata al petto della moglie di uno dei suoi domestici.

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Capitolo 34
*** 34 Capitolo ***


- Finché la signora Harte e suo marito non saranno stati interrogati, le nostre sono solo congetture. Non mi sono mai sentito così impotente in vita mia.- C'era una tale espressione di angoscia e frustrazione sul viso di Ben che Susanna fu costretta a lasciare madame per confortare lui. - Su - disse, abbracciandolo. - Sei stato paziente par tutta la vita. Puoi pazientare ancora un po', ne sono certa. Né tu né madame avete nulla di cui rimproverarvi.- - Pensavo che il passato fosse chiuso, ma mi sbagliavo. Finché mi trovavo all'altro capo del mondo lord Babbacombe doveva sentirsi al sicuro. E lo era. Ma quando tornai, una delle prime cose che feci fu quella di indagare sui motivi dell'improvvisa rovina di mio padre e scoprii, con mia sorpresa, che l'aveva orchestrata Babbacombe. Fu allora che cercai di vendicarmi di lui rapendo la ricca fidanzata di suo figlio per sposarla... E invece ho finito per rapire te, Susanna! L'unica cosa che mi sorprende è che mai prima d'ora avevo pensato di collegare lord Babbacombe con la scomparsa di mia madre.- spiegò Ben. - Milord pensava di distruggerti provando che eri illegittimo e disonesto? - Susanna si strinse nelle spalle. - Speriamo che, invece, con questo errore abbia distrutto se stesso.- - Il duca di Clarence ha detto che eri la mia bella ragazza. Non sapeva che sei anche la mia ragazza saggia. Mi ha anche raccomandato di sposarti immediatamente.- Ben la guardò. - Accetteresti? - - Domani, se vuoi! - esclamò lei con gioia. - Ieri sarebbe stato meglio! - Ben si illumino'. - Sì, la vita deve continuare. Ti chiedo di aspettare finché gli Harte non saranno stati interrogati. Non voglio che il peso delle loro rivelazioni gravi sul giorno delle nostre nozze.- - Oh, questo posso concedertelo - gli disse Susanna. - A condizione che, qualunque cosa accada, tu mi sposi subito dopo. Nessun altro rinvio, ti prego. Almeno, Francis Sylvester è riuscito a farmi arrivare in chiesa. Tu neanche quello! - Tom Harte si trovava in una stanzetta buia alla prigione di Newgate, seduto di fronte a due poliziotti. Era stato arrestato poco dopo sua moglie. Era un omone solitamente rubizzo e gioviale, ma quel mattino non era né una cosa né l'altra. Alla conclusione dell'udienza, aveva cercato di avvicinare lord Babbacombe, per chiedergli aiuto e consiglio, ma i suoi avvocati lo avevano tenuto alla larga. E ora, non aveva idea di cosa sua moglie potesse aver confessato il giorno prima. Il volto grigiastro, le spalle accasciate, al principio tentò di negare d'averle regalato la spilla. Il più robusto dei due poliziotti rise. - Non è quello che dice lei. Vostra moglie afferma che gliel'avete regalata poco tempo dopo la scomparsa della signora Wolfe, asserendo che l'avevate trovava per terra.- - È vero - mormorò in fretta. - Ora ricordo. È andata così.- - Ha aggiunto che le avete detto che, se qualcuno le avesse fatto domande, doveva rispondere che la signora Wolfe gliel'aveva donata un paio di settimane prima di sparire. Ma non capisco perché qualcuno avrebbe dovuto incuriosirsi su una cosa di così scarso valore...- Ebbe una pausa, prima di proseguire con un sorriso: - A meno che, voi non sapeste che era stata in possesso di una donna la cui scomparsa restava un mistero.- Tom Harte chiuse gli occhi disperato. Raccontare la verità avrebbe salvato sua moglie... Ma avrebbe condannato lui. Chi avrebbe mai pensato che quel gingillo senza valore gli sarebbe costato la libertà? Il secondo poliziotto vide la sua espressione cambiare, le sue spalle accasciarsi. - Ovviamente...se non siete stato un responsabile primario nella scomparsa della signora Wolfe, ma semplicemente un domestico imprudente che si è sentito costretto a ubbidire al suo padrone, allora confessare tutto potrebbe procurarvi una diminuzione della pena. A questo scopo vi informo che è stato emesso un mandato per l'arresto di lord Babbacombe con le accuse di omicidio e rapimento.- Si piegò in avanti per afferrare Tom Harte per il colletto: - Abbiate un po' di buonsenso, diamine! Salvate voi stesso, dato che non potete salvare lui! - Tom Harte non poteva sapere che, in assenza di una sua deposizione, non c'era nessuna prova concreta contro lord Babbacombe. E che il mandato era stato emesso semplicemente per obbligare milord a rispondere alle domande sulla scomparsa della signora Wolfe. La faccia dell'uomo si fece cinerea. - Non ero là. Non io. C'era Vincent, il sovrintendente di milord. Quello che ha mentito sul fatto d'aver visto Charles Wolfe vicino al luogo del delitto. Lui e milord erano sempre insieme. Andavano a caccia insieme. Di selvaggina e di donne... Vincent era un parente povero di milord che aveva frequentato Oxford con lui...- - Con calma, amico - lo interruppe il poliziotto. - Cominciamo dall'inizio. Cosa successe là? - - Sembra che avessero bevuto tutta la mattina e che fossero andati a fare una passeggiata. Per schiarirsi la mente, disse Vincent. Erano euforici, ridevano e cantavano. Trovarono la signora Wolfe che dipingeva da sola lungo il ruscello. L'altra signora s'era allontanata un attimo.- Si prese il viso tra le mani. - Non so esattamente cosa successe. Sembra che milord abbia detto qualcosa di audace alla signora Wolfe e che lei gli abbia risposto seccamente. Milord era ubriaco e la prese male. La colpì al viso e lei cadde a terra, stordita. Lui rise e si buttò su di lei, e a quel punto qualcuno strillo'. Era lady Exford. Milord urlò di farla tacere, o qualcosa del genere. E Vincent obbedi'. E dato che milord si divertiva con la signora Wolfe, lui lo fece con lady Exford. Solo quando ebbero finito si resero conto che la signora Wolfe stava morendo, perché aveva battuto la testa contro un sasso nel cadere, e che lady Exford era priva di conoscenza, grave anche lei. Fu allora ce Vincent mi chiamò. Loro due trascinarono lady Exford nei cespugli lasciandola lì a morire e milord mi ordinò di portare la signora Wolfe nel mausoleo di Babbacombe House, dove aprimmo una delle antiche urne di pietra e la mettemmo dentro. Ormai, era morta.- - E prima di questo - sibilo' il primo poliziotto con fare feroce, - le avete staccato la spilla dal colletto per regalarla a vostra moglie! - - Non era un oggetto di valore - gemette Tom. A quel punto il secondo poliziotto gli disse con freddezza: - Voi mi disgustate, Harte. E ditemi, siete stato voi che avete fatto fuori Vincent? O è stato milord? - - Non sono stato io. Giuro su Dio che non sono stato io. Eravamo convinti di averla fatta franca, quando trovarono lady Exford. Per fortuna non riusciva a ricordare niente, ma Vincent si fece prendere dal panico. Non riusciva più a dormire, diceva che le donne gli davano la caccia, stava per tradirci. E poi sparì. Milord dichiarò che s'era sparato nel mausoleo, e la storia finì lì. Di lì a poco mi nominò sovrintendente.- Il primo poliziotto mormorò: - Portalo via. Sarà un piacere vederlo penzolare dalla forca.- I gemiti di Tom si tramutarono in ululati. - Avevate promesso... Se avessi parlato... Avete detto...- - Stupido voi che ci avete creduto. E la vostra più grossa stupidaggine è stata quella di rubare una spilla di latta comprata in una fiera di paese. Alzatevi, uomo.- - No - gemette lui. Così lo trascinarono fuori dalla stanza. Il pomeriggio seguente il signor Herriott raccontò tutto a Ben Wolfe. - Sono dolente di dovervi dare queste tristi notizie. Ufficiali della legge sono stati mandati a casa di lord Babbacombe con un mandato d'arresto anche prima della confessione di Tom Harte, ma lui era già fuggito. Un'altra squadra sarà mandata a Babbacombe House con un mandato di perquisizioni per il mausoleo. La fuga di Babbacombe, comunque, conferma la sua colpevolezza. E pensare che, se non aveste riconosciuto la spilla di vostra madre, tutto questo sarebbe rimasto un mistero. Sia Babbacombe che Harte dovevano ritenersi al sicuro dopo tanti anni.-

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Capitolo 35
*** 35 Capitolo ***


Ben si rivolse al signor Herriott - Finché non tornai in Inghilterra e non cominciai a indagare sulle cause della rovina di mio padre. Non mi stupisce che Babbacombe provasse tanto astio nei miei confronti. Sicuramente c'è lui dietro il mio attacco.- - Così pare. Babbacombe dovrà essere processato dai suoi pari. L'ultima volta che accadde, il poveretto, un certo lord Ferrers, fu impiccato con una corda di seta.- Ben sospirò. - Spero che non mi riteniate senza cuore, ma intendo sposarmi al più presto possibile. Sto per ottenere una licenza speciale. La mia futura moglie è una giovane donna sensibile che mi sarà di grande conforto in questo momento difficile. Lo è già stata.- - Allora siete un uomo fortunato, signore. Vi auguro ogni bene.- La cosa più strana, riflette' Ben, era che, ora che sapeva la verità, per terribile che fosse, era come se un grande peso gli fosse stato tolto dalle spalle. Ben presto, la speranza che lord Babbacombe sarebbe stato catturato e consegnato alla giustizia svani'. I bene informati dicevano che aveva lasciato l'Inghilterra ed era sparito sul Continente. Le indagini al mausoleo di lord Babbacombe confermavano la storia di Tom Harte. Le nozze di Ben e Susanna subirono un altro rinvio per permettere loro di recarsi nel Buckinghamshire per dare sepoltura cristiana ai resti della signora Wolfe. A Vincent fu data la sepoltura di un suicida, a un crocevia, anche se lord Babbacombe poteva averlo ucciso. L'etichetta avrebbe imposto a Ben e Susanna di ritardare le nozze di alcuni mesi, ma lui non volle saperne. - Ho pianto mia madre per venticinque anni. E per me è morta il giorno in cui è scomparsa. Non le vorrò meno bene, né la piangero' meno, se mi sposo ora. È quello che lei avrebbe desiderato.- Adesso anche la sua memoria s'era sbloccata, i ricordi di quel passato perduto continuavano a emergere. Ben si vedeva giocare a cricket coi suoi genitori sul prato davanti a casa, tenere la mano di sua madre alla fiera dove le aveva comprato la spilla. Ricordava anche che lei lo aveva preso in braccio per fargli vedere meglio lo spettacolo di marionette. Era stata una donna allegra e gentile, e lui era sicuro che Susanna le sarebbe piaciuta, anche perché le assomigliava nella sua vivacità. Molte delle persone che si congratulavano con lui per la sua vittoria osservavano che doveva essere ansioso di veder processare l'uomo che aveva distrutto la sua famiglia. - Sì e no. Vorrei vederlo punito, certo, d'altra parte detesto il pensiero che quella terribile storia venga riesaminata, e in pubblico per giunta. Se il processo potesse avvenire in privato sarebbe diverso. Nessuna impiccagione con la corda di seta potrà restituirmi mia madre.- replicò Ben. Molti non lo capivano, ma Susanna si. - Sei davvero una persona molto riservata, Ben. - Gli disse, mentre si occupavano dei preparativi per le nozze. - Ma poiché sei forte e potente molti pensano che tu non sia capace di sentimenti più teneri. Madame e io conosciamo la verità.- - Pensi sempre il meglio di me. Dimentichi che sono un duro uomo d'affari.- replicò lui grave. - Molto sensato da parte tua, perché se non lo fossi non avresti tanti soldi, e io non ti sposerei. O tu potresti sposarmi per i miei soldi, di cui sono rientrata in possesso solo perché sei un uomo d'affari così duro... ma di teneri sentimenti.- - Adoro l'idea di sposare una donna razionale, con la testa sulle spalle - rise lui abbracciandola. - Vorrei che fosse così. Eppure, non riesco a togliermi di dosso la sensazione che questa storia non sia ancora finita. So che Babbacombe e Darlington sono ormai lontani, e per noi non c'è più pericolo. Eppure, questa mattina mi sono svegliata con la pelle d'oca. Non ricordo cosa ho sognato, solo che era un brutto sogno. E non dirmi che sono paturnie femminili...- - Non mi permetterei mai. Penso solo che prima ci sposiamo meglio sarà.- Stavano ancora parlando quando madame entrò e li rimprovero' perché non erano ancora andati a provare i loro abiti da cerimonia. - Avete il resto della vita per chiacchierare. Se continuate cosi, vi sposerete con quello che avete ora indosso! - Nonostante le predizioni di madame, il giorno delle nozze sembravano due figurini. L'abito di Susanna era di una delicata seta color crema. Aveva la vita all'ultima moda e lo scollo a barca. Come gioiello aveva solo un girocollo di perle e portava un bouquet di roselline bianche e rosa, con una piccola ghiandola uguale in testa. Ben, che normalmente detestava essere vestito come un dandy, aveva strafatto. I suoi pantaloni color panna, la giacca nera e la cravatta a foulard erano così splendenti che Jess gli disse che era appena riconoscibile. E per quanto riguardava i suoi capelli, il suo barbiere aveva fatto miracoli. - Sembrate un vero gentiluomo, finalmente - approvò Jess, sentendolo brontolare che gli stava tutto così stretto da riuscire appena a respirare. - Ora, ancora un nodo alla cravatta e potreste essere presentato a corte. Oh, a proposito, vi ho detto che il duca di Clarence sé invitato alla cerimonia? Rispetta il vostro volere di avere un ricevimento privato, ma afferma d'avere il diritto di presenziare alle vostre nozze, dato che é stata la sua corte d'inchiesta a salvarvi la pellaccia. Parole sue, non mie.- Ben chiuse gli occhi e sospirò. Il suo desiderio di una cerimonia intima e informale, a quanto pareva, non era rispettato da nessuno! Chi avrebbe mai pensato, il giorno in cui aveva rapito Susanna per errore, che si sarebbe trovato coinvolto in quell'infernale macchina matrimoniale? Stava ancora meditando sui capricci del fato mentre aspettava Susanna all'altare. Il duca di Clarence e il suo seguito erano seduti nelle prime file. Alle loro spalle c'erano la madre di Susanna, il suo patrigno e le loro due figlie. La signora Mitchell, deliziata dal fatto che Susanna sposava un ottimo partito e per giunta un uomo che il duca di Clarence chiamava amico, aveva graziosamente perdonato Ben per aver restituito a Susanna la sua eredità. La famiglia Mitchell aveva passato il giorno precedente a casa di madame e tutti erano stati concordi nel dire che il passato doveva essere dimenticato. In seguito, Susanna avrebbe ricordato poco della cerimonia. Sapeva solo che Ben era accanto a lei. Il contrasto con il giorno delle sue mancate nozze con Francis Sylvester non sarebbe potuto esistere più grande. Quando il parroco li ebbe dichiarati marito e moglie, il duca di Clarence venne da loro per congratularsi. - Avrei voluto avervi tutti miei ospiti a un ricevimento a St. James's Palace, signore Wolfe - dichiarò con la sua voce roboante. - Ma vostro marito non vuole dividervi con nessuno e insiste per portarvi a casa con la minor pompa possibile.- - È un uomo molto riservato, Vostra Altezza. E i ricevimenti formali non fanno per lui.- rispose Susanna compita. - Oh, è un vero soldato, si vede, schietto e con la testa sul collo. Bene, bene, lasciate che vi auguri ogni felicità, eh? E se vostro marito avesse mai bisogno di qualcosa, sa dove trovare un amico. Avete capito, Wolfe? Io parlo sempre sul serio! - Quando i due sposi arrivarono a casa di Ben per il ricevimento, avevano distanziato il seguito. Ben smonto' dalla carrozza per tendere la mano a Susanna. Lei teneva ancora in mano il suo bouquet. Nell'eccitazione del colloquio col duca, alla fine della cerimonia, s'era scordata di lanciarlo alle sue sorelle. - Lo farai dopo, al ricevimento - le aveva detto Ben. Ora, lei gli posò una mano sul braccio e si avviò con lui verso il portone. In seguito, Susanna si sarebbe chiesta perché le premonizione che l'avevano tormentata per giorni fossero svanite il mattino delle nozze. L'emozione, senza dubbio, aveva concluso. Fu così che, quando furono a metà strada tra la carrozza e il portone, che era tenuto aperto da due valletti in livrea, lei fu sorpresa quanto Ben quando un uomo saltò fuori dai cespugli in cui s'era nascosto brandendo due pistole convulsamente.

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Capitolo 36
*** 36 Capitolo ***


Era lord Babbacombe, gli abiti scomposti e l'espressione ossessionata. - Scostatevi, signora Wolfe! Non è voi che sono venuto ad uccidere.- - No! ...- iniziò Susanna con aria di sfida. Fu interrotta da Ben, che mormorò, senza staccare gli occhi di dosso a lord Babbacombe: - Fa' come dice lui, Susanna. I pazzi vanno sempre assecondati.- - E chi è stato a farmi impazzire, se non voi e vostra madre! Avrebbe dovuto sposare me... E allora niente di tutto questo sarebbe successo. Se devo finire impiccato, almeno prima avrò avuto la soddisfazione di ammazzare voi, Wolfe. Perché non ve ne siete rimasto in India? Perché? - urlò Babbacombe per poi alzare una delle pistole. Susanna, che aveva ubbidito a Ben e s'era scostata di un paio di passi, capì che rischiava di perderlo. - No! Non lo ucciderete! - E con tutte le sue forze scagliò il bouquet in faccia a Babbacombe, che s'era voltato di scatto verso di lei sentendola urlare. Fu una distrazione sufficiente perché Ben potesse gettarsi contro di lui per disarmarlo. I due uomini caddero a terra, lottando. Fu allora che si sentì uno sparo. Per un attimo il mondo cominciò a girare vorticosamente intorno a Susanna al pensiero che Ben potesse essere rimasto ucciso, poi lentamente lui si alzò, l'abito da cerimonia strappato, ma illeso. Susanna si lanciò verso di lui - Oh, Ben, credevo di averti perduto! ... È morto? - chiese. Ben la tenne stretta per un attimo, i loro cuori che battevano all'unisono, condividendo la gioia del pericolo appena scampato. - Mi hai salvato la vita - mormorò Ben alla fine, baciandola. - No, non credo che sia morto. Solo gravemente ferito.- I valletti, paralizzati alla vista del loro padrone in pericolo, stavano ora correndo verso di loro, così come altri invitati al ricevimento che stavano arrivando alla spicciolata. - Cos'è successo? - gridarono alcuni ospiti, alla vista dell'uomo disteso per terra, una macchia di sangue che s'allargava sul suo petto. Jess che era stato il primo a raggiungerli insieme a Jack Devereux, disse in tono brusco: - State indietro, tutti quanti. È lord Babbacombe. Ha tentato di uccidere il signor Wolfe, e lo ha mancato. Manderò a chiamare la polizia. Lasciate che mi occupi di tutto io, signore, mentre voi e la signora Wolfe entrate in casa.- Ben, abituato ad avere il controllo della situazione, stava per ribattere quando Susanna intervenne, un tremito nella voce: - Sì, grazie, molto sensato da parte vostra, signor Fitzroy. Noi abbiamo un dovere verso i nostri ospiti, Ben. Vieni, Jess è perfettamente in grado di occuparsi di tutto.- Incurante di tutti coloro che li circondavano, Ben le cinse la vita con un braccio e la bacio'. - Dato che mi hai salvato la vita, amore mio, farò come vuoi tu.- - Salvato la vita? Cosa significa? - strillo' la signora Mitchell, che era arrivata solo in quel momento. - Vi spiegheremo tutto una volta in casa. Non permettiamo che questa triste storia rovini la nostra giornata.- annunciò Ben, esortando tutti a entrare. - Portatelo nella serra - ordinò poi ai valletti che stavano caricando lord Babbacombe su una barella improvvisata. - E voi, Tozzy, cercate il dottore più vicino e fatelo venire qui.- Madame de Saulx, senza lasciarsi andare ai gridolini della signora Mitchell, disse gentilmente a Susanna: - Che creatura coraggiosa e piena di risorse siete, mia cara. Sono arrivata in tempo per vedervi lanciare il bouquet contro quell'assassino. L'ho raccolto per voi, perché merita non di essere calpestato, ma conservato come emblema del vostro coraggio.- - Non sono stata coraggiosa. Ho agito d'istinto, senza pensare.- mormorò Susanna. - Il coraggio più vero. E questo te lo dice un vecchio soldato. - spiegò Ben, baciandola di nuovo. - A questo punto, se voi ospiti volete scusarci un attimo, ci ritiriamo nelle nostre stanze per riparare i danni agli abiti da cerimonia.- Jess e Jack Devereux li guardarono allontanarsi. - Sapete cosa vi dico, Fitzroy? Quella giovane donna è la moglie giusta per Ben Wolfe. Non avrei mai pensato che avrebbe trovato qualcuno che gli stesse alla pari per coraggio e iniziativa.- Più tardi, molto più tardi, quando il ricevimento finì ed ebbero di nuovo la casa tutta per loro, Ben e Susanna si ritrovarono finalmente soli nella loro camera da letto. Susanna aveva sostituito l'abito da sposa di seta con una camicia da notte di mussola color avorio. Cercando di superare la naturale timidezza, lei rise: - Siamo impaludati quasi quanto con gli abiti da cerimonia.- - Vero, ma non ancora per molto, spero. No, non arrossire, mia cara. Nessuna donna che abbia appena salvato il marito dovrebbe farlo.- Susanna gli passò le braccia intorno al collo mentre lui la attirava a sé. - Stai sopravvalutando quello che ho fatto. Sono certa che avresti trovato il modo di sopraffarlo anche senza il mio intervento.- - No. Perché stava per premere il grilletto. Riconosco quell'espressione negli occhi di un nemico. Chi avrebbe mai pensato che avrebbe ingannato tutti e si sarebbe nascosto in Inghilterra, aspettando l'opportunità di uccidermi? - commentò Ben. - Si. Ma ora possiamo finalmente lasciarci questa brutta storia alle spalle, poiché ha fallito nel suo tentativo, e ciò che è accaduto tanti anni fa è ormai passato. Ora possiamo rifarci una vita senza quell'ombra. Tu potrai ricordare tua madre quando era giovane e bella e io potrò scordare Francis Sylvester e il dolore che mi ha causato.- - Hai ragione, amore mio, come sempre. Sì, questa notte inizia il nostro futuro. Vieni a letto, signora Wolfe, e cominciamo a celebrarlo.- E celebrarono, e l'ultimo ricordo dell'infelice passato sparì quando lord Babbacombe morì in prigione in seguito alla ferita riportata. The Den tornò a essere una casa felice, piena di allegria e di risate. - Il mio branco di lupacchiotti - disse Ben a Susanna, un bel pomeriggio di qualche anno dopo, mentre guardavano i loro figli giocare sul prato davanti a casa. - Nessuno dei quali esisterebbe se un lontano giorno tu non avessi rapito la donna sbagliata.- replicò maliziosamente lei, perché ancora le piaceva punzecchiarlo. Lui rise. - La donna sbagliata allora, ma quella giusta adesso. E per sempre.- ---------------------------------------FINE---------------------------------------------

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