NON DIMENTICARMI

di Fafanella
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** NON DIMENTICARMI ***
Capitolo 2: *** UN SOGNO ALLA VOLTA ***
Capitolo 3: *** SEMPRE CON ME ***
Capitolo 4: *** COME VA LA SCUOLA? ***
Capitolo 5: *** TUTTI ARRUOLATI ***
Capitolo 6: *** UNO SCIOCCO IMBRANATO ***
Capitolo 7: *** SOPRAVVIVERE ***
Capitolo 8: *** UN NUOVO GIORNO ***
Capitolo 9: *** MAL COMUNE... ***
Capitolo 10: *** SIAMO IN DUE ***
Capitolo 11: *** SONO GIA' IN CAMPO! ***
Capitolo 12: *** NON SEI IL MIO TIPO ***
Capitolo 13: *** MIA REGINA ***
Capitolo 14: *** TATTO ***
Capitolo 15: *** E' MIO! ***
Capitolo 16: *** PROBLEMI...DI CONNESSIONE! ***
Capitolo 17: *** SPOSTAMENTO D'ARIA. ***
Capitolo 18: *** CAPITANO ***
Capitolo 19: *** IL PARADISO CUI ASPIRO ***
Capitolo 20: *** MINUTI CONTATI ***
Capitolo 21: *** QUASI COME UNA BREZZA ***
Capitolo 22: *** BACIAMI! ***
Capitolo 23: *** IMPROBABILI DETECTIVE ***
Capitolo 24: *** APPARTENENZA ***
Capitolo 25: *** SENZA ANGELI CUSTODI ***
Capitolo 26: *** LA PRIMA COSA PIÙ BELLA DEL MONDO ***
Capitolo 27: *** MI BASTI TU ***
Capitolo 28: *** OPERA D'ARTE ***
Capitolo 29: *** LASCIAMI ***
Capitolo 30: *** LA FUGGITIVA ***
Capitolo 31: *** SEI PER ME PER SEMPRE ***
Capitolo 32: *** TSUNAMI TSUBASA ***
Capitolo 33: *** INIZIARE... ***
Capitolo 34: *** ENTRARE IN CAMPO ***
Capitolo 35: *** IDEE CHIARE E DISQUISIZIONI ***
Capitolo 36: *** CAMBIAMENTI ***
Capitolo 37: *** NON CHIEDERE, PER CARITA'! ***
Capitolo 38: *** NOVE! ***
Capitolo 39: *** FOLLIA ***
Capitolo 40: *** NON MI FREGHI! ***
Capitolo 41: *** TI FIDI DI ME? ***
Capitolo 42: *** STO BENISSIMO! ***
Capitolo 43: *** LANA E SALINA ***
Capitolo 44: *** PRIMO, VERO, GRANDE AMORE! ***
Capitolo 45: *** L'ECO DI UN BATTITO ***
Capitolo 46: *** PARLA CON ME ***
Capitolo 47: *** NO ***
Capitolo 48: *** MASCHI ***
Capitolo 49: *** CASA ***



Capitolo 1
*** NON DIMENTICARMI ***


NOTE: CIAO, QUESTA VOLTA MI SONO VOLUTA CIMENTARE CON LE DIMENSIONI RIDOTTE DEI CAPITOLI.
NON SONO AVVEZZA A PORMI DEI LIMITI, MA IN  QUESTO CASO HO VOLUTO AVERE UN MASSIMO DI PAROLE DA POTER                              UTILIZZARE. MI PIACCIONO LE SFIDE E OGNI TANTO METTERSI ALLA PROVA NON PUO' FARE CHE BENE. 
L'AGGIORNAMENTO AL MOMENTO SARA' OGNI SABATO, VI AVVISERO' SE DOVESSI DECIDERE DI AGGIUNGERE UN SECONDO GIORNO. LA FRASE CHE Dà IL TITOLO A QUESTA STORIA E' TRATTA DALL'ANIME


NON DIMENTICARMI
 
 
Aveva quelle parole nella testa costantemente, le bastava chiudere gli occhi per vederlo mentre saliva sul pullman con un sorriso allegro e la felicità di chi finalmente, iniziava a realizzare il proprio sogno e le diceva- NON DIMENTICARMI- 
Le odiava, si materializzavano continuamente, aveva quasi delle allucinazioni uditive, le pensava da come si svegliava a quando andava a dormire, erano le sue sabbie mobili personali, nelle quali si arenava e annaspava continuamente.
A scuola i giorni passavano sempre allo stesso modo, sembrava non essere cambiato nulla: le lezioni, i doveri di manager, le chiacchiere con Kumi e Yukari, le frecciatine con Ryo e i compiti a casa, le faccende domestiche, la sua famiglia e... Quella frase sempre presente nella sua testa.
Quelle due parole, croce e delizia, speranza e oblio - NON DIMENTICARMI-
Chiudendo gli occhi mentre sistemava gli ultimi palloni nella cesta, era come vederlo in campo a provare il suo tiro ad effetto, lui e la sua immensa passione per il calcio, il suo sogno da realizzare e la caparbietà di lasciare tutto ed iniziare una nuova vita altrove. Nessuna indecisione o tentennamento, nulla poteva farlo vacillare in quella scelta o forse, in quelle parole che la tormentavano, c'era qualcosa che... No, non voleva pensarci, non poteva crearsi illusioni o castelli in aria. Non erano mai stati niente l'uno per l'altra, o meglio non lo erano stati nella vita reale, perché nelle sue fantasie, Sanae aveva costruito un vero e proprio rapporto.
Si era spinta fino ad immaginare un eventuale primo appuntamento fra loro, una passeggiata romantica, qualche sorriso , piccoli sfioramenti ma poi, l'ombra del Brasile la riportava con violenza alla realtà.
Odiava il Brasile, ma non poteva fare a meno di prendere informazioni, di approfondirne la conoscenza, impararne la lingua ad insaputa di tutti, solo per continuare a sentirsi parte del mondo del Tsubasa.
Un mondo onirico, perché solo nei sogni poteva continuare a viverlo, e tutte le informazioni che riusciva a racimolare, servivano solo ad alimentarli e renderli più veri.
Riaprendo gli occhi aveva affermato convinta "Lo odio, lo odio"
"Quello che stai facendo?" aveva chiesto Yukari con noncuranza
Come spiegarle quell'ossessione per due semplici parole, forse dette senza neanche rifletterci su, senza comprenderne l'impatto devastante.
Respirando profondamente e si era limitata ad annuire.
L'amica la conosceva fin troppo bene, tanto da non chiedere altro, era passata solo una settimana da quella partenza e voleva darle il suo tempo, le aveva sorriso dolcemente tornando alle sue faccende.

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Capitolo 2
*** UN SOGNO ALLA VOLTA ***


UN SOGNO ALLA VOLTA
 
 
Il Brasile lo aveva sognato tanto e nonostante Roberto gli avesse parlato della sua terra, trovarsi lì era tutt'altra cosa.
Tsubasa era stato subito avvolto dal brio e dalla vitalità di quel nuovo mondo, il cuore dei brasiliani batteva a ritmo di samba, che guidava il corpo dei giocatori regalandogli creatività, fluidità di movimenti e un gioco offensivo ineguagliabile.
Il calcio era talmente radico in quel popolo che usavo espressioni calcistiche anche nelle conversazioni normali, tanto da dire di dover fermare la palla e valutare le varie alternative di gioco quando si sentivano confusi.
Per Tsubasa un vero paradiso terrestre.
Una terra gioiosa e calorosa, il luogo in cui il suo sogno poteva materializzarsi e diventare reale, al punto da poterlo toccare.
Lo toccava ogni volta che entrava nello stadio di Sao Paolo, certo aveva sostenuto il provino come tutti per entrare nei Brancos, ma in una settimana si era già dimostrato un leader, un trascinatore, UN CAPITANO!
Tsubasa non aveva voluto approfittare dell'ospitalità di Roberto e aveva alloggiato, provvisoriamente, presso i dormitori per le nuove reclute.
Il suo mentore poi, gli aveva trovato una sistemazione presso una sua conoscente, si trattava di un monolocale mansardato piccolo, ma molto accogliente, con ingresso indipendente, che era stato creato soppalcando il garage dell’abitazione principale.
La padrona di casa si era dimostrata subito molto affabile e nel giro di pochissimo, vi era andato ad abitare.
Quando era partito si era portato lo stretto necessario, ora che aveva la "SUA CASA", era rimasto con lo stretto necessario.
Nella stanza c'era solo una cosa di anomalo; affissa alla parete destra, il lato sul quale si addormentava, campeggiava la bandiera che Sanae aveva fatto per lui anni addietro.
Era l'ultima cosa che vedeva addormentandosi e la prima quando si risvegliava.
Il risveglio era un momento complicato, amava la sua nuova vita, ma aveva bisogno di richiudere gli occhi ancora per qualche istante ed immaginare quel suo sorriso dolce, che azzerava tutto il resto e faceva finire il mondo.
Sorrideva a sua volta come a volerle rispondere, riapriva gli occhi e digitava il messaggio che puntualmente cancellava, non per vigliaccheria ma per un senso di protezione.
Si ripeteva che era meglio darsi del tempo, un tempo necessario a capirsi e ad essere sicuri prima di scrivere a qualcuno -MI MANCHI- eppure lo sapeva bene cos’era quel battito diverso, da quando quel maschiaccio lo aveva fatto inciampare in campo facendo il tifo per lui.
Un respiro profondo e mettendo i piedi sul pavimento “Un passo alla volta, un giorno alla volta, un sogno alla volta”.
 
 
Note: in questo capitolo c’è una frase di una canzone di Tiziano Ferro, leggermente modificata nei tempi verbali ma si adattava bene, inoltre è veramente bellissima!

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Capitolo 3
*** SEMPRE CON ME ***


SEMPRE CON ME
 
 
 
Un nuovo giorno era giunto, la luce aveva iniziato a destare non solo lei, ma anche le pareti della sua stanza. La sveglia al suo fianco segnava le 7 precise, decretando la terza settimana dalla partenza di Tsubasa.
Il suo tormento personale le ronzava nelle orecchie forte e chiaro, come sempre.
In un angolo ancora in penombra, giaceva il pallone che le aveva regalato, stava lì da quel giorno, non l'aveva più toccato e lo guardava raramente.
Doveva ammettere che Tsubasa le mancava, nonostante le notizie su di lui non mancavano, Ryo l’aveva telefonato spesso, come anche Taro e aveva divulgato le sue vicissitudini.
Il provino per entrare nei Brancos, l’inizio burrascoso della sua prima amicizia lì con un ragazzo di nome Pepe, gli allenamenti con Roberto e la ricerca della casa.
Era informata su ogni dettaglio, forse sapeva più cose adesso che quando era in Giappone, sentiva però qualcosa crescere dentro di sé, qualcosa che contrastava con quella mancanza, che da sola bastava a riempiere il suo animo e in un certo senso a farle compagnia.
Ma c'era quello spillo a pungolarla e a cercare un varco, lo sentiva bene e le faceva male, anzi no, le dava un dolore fastidioso,  un fastidio che sentiva spingere con prepotenza sulle pareti del suo cuore e della sua mente.
L'orologio non aveva arrestato il suo scorrere, erano ormai le 7.15, non poteva permettersi di poltrire ancora.
Alzatasi, aveva lasciato che un sospiro le alleggerisse quel nodo alla bocca dello stomaco. Dopo essersi lavata e pettinata, era scesa giù lasciando al piano superiore i suoi tormenti.
Arrivata in cucina
"Buongiorno Sanae"
"Buongiorno mamma"
"Hai impegni dopo la scuola oggi?"
"No, i ragazzi hanno una pausa dagli allenamenti"
"Ora hai un impegno con me, ti prego di non fare tardi"
"Dove dobbiamo andare?"
"Una mia amica ci ha invitate per il tè, ha da dirci qualcosa di importante"
Sua madre non era una donna misteriosa, se non le stava dicendo altro non voleva farle sapere di più, così si era limitata ad annuire prima di prendere la sua cartella e andare a scuola.
Il tragitto da casa a scuola era diventato una sorta di aggrovigliamento fra realtà e fantasia, presente e passato.
Oltre a quelle due parole, nelle orecchie sentiva il palleggiare della palla e quella risata allegra, stranamente quel tratto di strada era diventato affollato e quella mancanza che sentiva, si trasformava in abbondanza.
Sorrideva per i pensieri che continuava ad alimentare, ma non poteva fare diversamente.
“Sei sempre con me” aveva sussurrato guardando un raggio di sole fare capolino fra le nubi e fermando una ciocca di capelli, spostata da un vento leggero.

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Capitolo 4
*** COME VA LA SCUOLA? ***


COME VA LA SCUOLA?
 
 
A scuola le sue sensazioni cambiavano, il dover prestare attenzione ai professori, l'assolvere i suoi doveri di studentessa e manager la facevano sentire ingabbiata, persino la divisa la infastidiva.
La gonna improvvisamente aveva troppe pieghe, il foulard era troppo annodato, la scollatura troppo accollata, che di per sé era un controsenso.
Affacciandosi alla finestra, in un cambio d'ora, era stata raggiunta da Taro
"Tutto bene? Sembri insofferente!"
"Odio la divisa femminile, non ricordo più perché ho smesso di indossare quella maschile"
Taro l'aveva guardata con tenerezza, sapeva bene cosa l'aveva spinta, era stato quel scoprirsi ragazza e il voler apparire più femminile dopo l'essersi infatuata di Tsubasa, voleva rincuorarla
"Puoi sempre tornare a quella nostra, non c'è nessun regolamento e vietartelo"
La pacatezza del suo amico l'aveva fatta arrossire leggermente, si sentiva capita e al sicuro con lui, aveva però ringraziato la campanella, che suonando, l'aveva salvava dal dire qualche altra sciocchezza.
Era tornata adempiere ai suoi doveri, scambiando di tanto in tanto qualche altra parola con Yukari o con lo stesso Taro.
Al termine delle lezioni, salutando tutti era tornata a ripercorre quella strada con la compagnia di un pallone immaginario e quelle due parole a tormentarla.
Arrivata nei pressi della sua abitazione, si era stupita nello scorgere sua madre sull'uscio che l'aspettava.
"Non sono in ritardo"
"Lo so, sono io ad essere impaziente, quindi lascia la cartella e andiamo!"
"Fammi almeno cambiare!"
"Vai benissimo anche con la divisa della scuola!"
"Ma cosa ti prende?"
"La curiosità mi logora, andiamo su!"
Prendendole la cartella dalle mani e aprendo la porta giusto l'attimo necessario per riporla sul mobiletto dell'ingresso, l'aveva costrettaa a seguirla così come era.
Erano arrivate a passo spedito in un quartiere che conosceva bene, man mano che continuavano il loro percorso, quel dolore che la pungolava costantemente si era intensificato e si sentiva percossa da una strana tempesta.
Proprio davanti a quella casa, la madre le aveva messo una mano sulla spalla e aveva suonato il campanello, quasi sorreggendola.
Le aveva accolte un sorridente Capitano Ozora "Ben arrivate." Davanti agli occhi di Sanae le immagini del Capitano senior e quello junior si erano sovrapposte, quel sorriso era un marchio di famiglia, così come il color argenteo degli occhi.
Si era spostato di lato e le aveva fatte entrare domando
"Sanae è un po’ che non ti vediamo, come va la scuola? Della squadra siamo già stati messi al corrente!"
 
 
 
 
NOTE: DA SETTIMANA PROSSIMA AGGIORNERO' ANCHE IL MERCOLEDì, COSì DA TENERCI COMPAGNIA UN PO' DI PIU' IN QUESTO MOMENTO DIFFICILE.

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Capitolo 5
*** TUTTI ARRUOLATI ***


TUTTI ARRUOLATI
 
 
 
 
Entrare in casa Ozora le faceva ancora lo stesso effetto, tutto identico a sempre, tutto le ricordava qualcosa.
Togliendosi le scarpe aveva avvertito quella strana stretta allo stomaco serrarsi, non c ‘erano quelle di Tsubasa di fianco alle sue, non c’era il suo giubbino blu appeso in modo scomposto e non c’era il suo pallone.
Ma quello sapeva bene dove si trovava, in quell’angolo buio della sua stanza.
Il Sig. Ozora le si era avvicinato e le aveva accarezzato i capelli, come fosse sua figlia. Sanae aveva alzato gli occhi specchiandosi in quelli di quell’uomo rassicurante e paterno.
Solo in quel momento si era resa conto che la madre non era con lei
“Ha già raggiunto mia moglie in cucina, a te ti aspettano in salone” l'aveva informata.
Facendo qualche passo, aveva sentito il rumore di un pallone, si era voltata verso la scala. le era sembrato di vederlo mentre la scendeva palleggiando, parlando con il suo miglior amico dell’eventuale successiva partita.
Ad occhi chiusi aveva respirato con calma, sapeva che non poteva essere lì, girando l’angolo si era trovata mezza squadra seduta ai divani, proprio come il giorno in cui aveva conosciuto Tsubasa.
Era un gran calciatore ma non aveva il senso dell’orientamento.
La faccia buffa che faceva ogni volta che Ryo glielo rinfacciava e quella mano dietro la nuca a rafforzare l’imbarazzo, erano indimenricabili.
Aveva sorriso, era così il suo capitano, tenero e buffo nella vita ed estremante determinato in campo.
Il suo sguardo si incendiava appena metteva piede in un rettangolo verde, per lungo tempo aveva sognato di vedere quello stesso sguardo incendiarsi per lei.
“Ben arrivata!” la voce di Taro l'avea riportata fra loro.
“Cosa ci fate qui?” aveva chiesto continuando a fissare le scale con la coda dell’occhio.
“Siamo stati invitati, come te!” schietto Ryo
“Veramente io sono stata trascinata qui da mia madre!”
“E da quando non vuoi venire in questa casa?” aveva insistito sempre Ryo
La mano calda del Sig. Ozora sulla spalla l'aveva fatta contenere nella risposta
“Ho sempre piacere di venire qui, solo che non ero stata informata!”
Raggiunta dalla padrona di casa e dalla madre era stata invitata a sedersi.
I due coniugi facendo un bel respiro avevano esordito “Vi abbiamo invitati per arruolarvi!”
I ragazzi era straniti, così avevano proseguito “Tsubasa ha detto che avremmo potuto rivolgerci a voi, considerando che lui è impossibilitato per questioni logistiche!” creando ancora più confusione.
Il Capitan Ozora con serietà aveva asserito “Siete tutti arruolati come sorelle e fratelli maggiori del bambino che a breve rallegrerà la nostra vita!”
Gli applausi e i fischi era esplosi spontanei, le ragazze aveva fatto loro le congratulazioni e la mamma di Sanae si era alzata per abbracciarli.
Sanae era rimasta immobile, un altro cambiamento, un'altra novità, un qualcosa di bellissimo ma che la destabilizzava, come se si fosse trattato dei suoi genitori.
Quel pungolare nello stomaco, quel qualcosa che voleva uscire era diventato più insistente e poi “Anego proteggerà il mio secondogenito come ha sempre fatto con il primo?”
Aveva annuito.
 

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Capitolo 6
*** UNO SCIOCCO IMBRANATO ***


UNO SCIOCCO IMBRANATO
 
 
Sorseggiava con calma il suo tè, ancora un po’ sorpresa dalla notizia, quando alzando gli occhi lo vide, quel sorriso che la faceva tremare, che le faceva vibrare l’anima, certo si trattava di una foto, ma aveva comunque la sua potenza emotiva.
“Ieri negli spogliatoi gli abbiamo fatto una videochiamata” Taro con tono pacato la stava riportando da loro.
“Mi fa piacere!” la risposta non era da Sanae e non era da Anego, ma l’amico non si fece demoralizzare
“Ha chiesto di te… Mi chiede sempre di te!”
“Come ti chiederà di tutti!”
“Non proprio, anche nei messaggi si raccomanda per te”
“Se lo dici tu!”
“Ogni volta gli rispondo che stai meglio di lui!”
Si voltò lentamente a guardare il suo amico e quell’espressione seria ma dolce la fece impensierire
“Perché? Mi avete riferito che va tutto bene, che il suo sogno sta prendendo forma, che…”
“Che gli manchi, ti sto riferendo adesso che gli manchi, come lui manca a te, ma a quanto pare siete troppo orgogliosi per sentirvi!” poi le prese la tazza ormai vuota dalle mani e raggiunse la Signora Ozora in cucina, lasciandola lì a riflettere su quella rivelazione che aveva la forza di una bomba nucleare.
Dopo quasi un’ora il salone si era svuotato, i suoi amici avevano salutato ed erano andati via e anche lei si stava avviando insieme alla madre.
Natsuko le si avvicinò dicendo “Taro ha detto di darla a te, che avresti saputo cosa farne! E’ la vecchia divisa della scuola di Tsubasa, manca un bottone, ma basterà cucirlo”
“Taro?”
“Sì lui”
Sanae sorrise, effettivamente sapeva bene cosa farne!
Tornata a casa la tolse dalla busta e ne respirò il profumo, in un ottimo le sembrò di averlo lì con lei.
Tanto bastò per indurla ad indossarla, per sentirlo sul suo corpo e per farsi avvolgere totalmente da quella fragranza.
Tsubasa non era vanitoso e non usava profumi, ma inspiegabilmente odorava sempre di sandalo e muschio, di fresco e di buono.
Si guardò allo specchio e nel riflesso vide il pallone in quell’angolo buio, si voltò e andò a recuperarlo, non ci mise molto a farlo volteggiare un po’, certo non aveva le stesse capacità del suo capitano, ma qualche palleggio sapeva farlo.
Dopo una decina di minuti, inciampò nel pallone e scoppiò a ridere, le era tornato in mente quando lo stesso era capitato a lui, dopo un suo incitamento.
Taro le aveva detto che chiedeva sempre di lei, che si raccomandava, ma allora perché non la contattava direttamente?
“Sei uno sciocco imbranato Tsubasa!”

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Capitolo 7
*** SOPRAVVIVERE ***


SOPRAVVIVERE
 
 
 
Stava disteso in campo, la fronte madida di sudore, le gambe che non lo reggevano più, il petto che si allargava con fatica per incamerare quanta più aria possibile nei polmoni.
Si riduceva sempre in quel modo, affinché il dolore fisico sovrastasse quello del cuore.
Quella mancanza costante che gli toglieva il respiro, quel pugno allo stomaco che glielo faceva avvertire sempre indolenzito, facevano più male di ogni muscolo contratto, di ogni tendine teso ed infiammato.
Se fosse stato necessario avrebbe continuato fino ad autodistruggersi pur di non pensarla, eppure era lì con lui, sempre!
La sentiva incoraggiarlo ad ogni scatto palla al piede, non sapeva come spiegarlo, ma era sempre stato convinto che provasse qualcosa di molto simile all’eccitazione quando lo vedeva avanzare e costruire un’azione.
Aveva sempre avvertito il cuore di Sanae scattare insieme a lui.
Chiuse gli occhi e il sudore si confuse con qualche lacrima, si asciugò il viso con la maglia e sentì dire
“Non serve a niente sfinirsi, non uscirà dalla tua testa se il cuore la tiene incatenata!”
Roberto gli si era seduto di fianco, da dietro ai suoi occhiali da sole, fissava un punto indefinito nell’orizzonte.
Poi si voltò verso colui che incarnava tutto quello che non sarebbe mai più potuto essere e con schiettezza gli domandò “Lo sa? Lo sa cosa provi per lei?”
“Non capisco… Non… Io…”
“Sei innamorato di Sanae, ma glielo hai detto?”
“Io no… Non… Sono… Io…”
“Se ti calmi e respiri forse è meglio! Ascolta Tsubasa sei un adolescente come tutti gli altri, ma a differenza di tanti, forse, tu hai trovato ad 11 anni il grande amore della tua vita e non sto parlando del calcio!”
Portò la mano dietro la nuca come ogni volta che si sentiva imbarazzato e cercò di argomentare “C’è sempre stata. Era con me in ogni momento importante e… Si è esposta per me per farmi giocare la finale contro Kojiro, ma non si tratta di questo… E’ una cosa banale e probabilmente sciocca, ma la verità è che è stata l’unico altro pensiero oltre al calcio ad invadere la mia testa. Quando mi fece inciampare nel pallone io… Io…”
“La vedesti veramente, perché nessuno mai ti aveva distolto dal gioco del calcio”
Si limitò ad annuire, poi fece un bel respiro e sorrise affermando “Era strana con quella divisa maschile addosso, io ne ero incuriosito e spaventato! Tutti la temevano un po’ nonostante le fossero molto affezionati. Non lo so ma in tutto questo tempo è stata lei il mio vero rivale, l’unica con la quale confrontarmi costantemente. Non ho difese con lei, nessuna tattica che possa darmi un minimo di vantaggio”
“Sei disarmato perché è AMORE nonostante la vostra giovane età!”
Tirò qualche filo d’erba e sentendosi un idiota ammise “Non l’ho mai chiamata da quando sono qui e non le ho mai mandato neanche un messaggio. Cosa dovrei dirle, che senza di lei sopravvivo ma non vivo?”
Roberto sorrise “Sarebbe meglio un – Ciao, come stai?”
 
 
 

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Capitolo 8
*** UN NUOVO GIORNO ***


UN NUOVO GIORNO
 
Quella mattina si era svegliata sentendosi diversa, quasi alleggerita di un peso, la bocca dello stomaco non le doleva più ed era come se, quella malinconia, si fosse trasformata in qualcosa di confortevole.
Come la vecchia coperta della nonna, che per quanto infeltrita e logora, non si può evitare di usare per farsi riscaldare.
Si alzò e accarezzò il pallone sorridendo, un gesto inconscio ma rassicurante.
Aprì le finestre e si lasciò baciare dal sole, facendolo passare attraverso i tessuti fino a toccarle il cuore.
Già il cuore, quella mattina non le sembrava più così malconcio, nel voltarsi scorse la divisa di Tsubasa poggiata sulla sedia della scrivania e sorrise ancora.
Andando in bagno la prese e la portò con sé.
Scese le scale canticchiando, come non le capitava da quasi un mese, baciò sulla fronte il fratellino intento a guardare il suo anime preferito.
Entrando in cucina salutò con entusiasmo “BUOOONNNGIORNOOOO MAMMA!”
La donna si voltò e nel guardare la figlia tirò un sospiro di sollievo, i suoi occhi l’accarezzarono amorevolmente “Buongiorno ANEGO!”
“Mamma anche tu con questo nomignolo?”
“Mia cara, con la divisa maschile non sei più la mia dolce Sanae, ma la piccola e sfrontata Anego!” le porse una fetta di mela e aggiunse “E’ bello rivederti, era proprio ora!”
“E’ bello essere tornata!”
Fece colazione e poi si diresse a scuola, arrivata al cancello prese un bel respiro ed entrò.
Poco più in là i suoi amici, impegnati sicuramente, in una conversazione su tattiche, campionato e giocatori da abbattere.
Ryo stava facendo il pagliaccio come sempre, appena la vide però, diventò pallido e di pietra
“Cosa succede?” chiese Taro
“Sarà un’altra delle sue trovate” aggiunse Yukari
“A-ANE-ANEGO!” balbettò l’interessato.
Li vide voltarsi tutti come a rallentatore, mentre veniva indicata con mano tremante.
“Buongiorno a tutti!” disse nel raggiungerli.
Taro sorrise soddisfatto e argomentò “Questa volta sono già iscritto, non dovrai accompagnarmi!”
“Scemo!” e lo spintonò con fare canzonatorio
“Pe-Perché, perché sei-sei tornata?”
“Ryo come mai questa reazione? Non dirmi che hai paura di Sanae!” domandò Yuzo
“Tu non te la ricordi altrimenti non saresti così tranquillo!” rispose inviperito
“Visto che tu invece hai buona memoria, smettila prima di farmi innervosire!” lo avvisò prendendolo per un orecchio
“Bella divisa, un po' grande forse” la canzonò Taro invitandola ad andare in classe.
“Non ho avuto il tempo di accomodarla, anche se in realtà, non credo lo farò!”
“Ti dona e pare abbia sortito un effetto benefico”
“Forse dovresti smetterla anche tu, sei fastidioso a volte!”
Rise alzando le braccia in segno di resa, mentre sentivano Ryo borbottare
“La pagherà, Tsubasa le pagherà tutte, soprattutto questa!”

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Capitolo 9
*** MAL COMUNE... ***


MAL COMUNE…
 
 
Quel giorno si era sentita diversa: forte, vigile e presente.
Tanto da riuscire a vedere al di là di se stessa, da ri-vedere il mondo intorno a sé.
Solo in quel momento si era accorta del viso mesto e gli occhi tristi di Kumi, era così concentrata sul suo dolore da non aver pensato che l’amica, probabilmente, stava soffrendo quanto lei.
Kumi non aveva mai nascosto i suoi sentimenti per Tsubasa, l’aveva ammirata per questo, non si era mai vergognata, era diretta e schietta, niente giri di parole.
Quanto avrebbe voluto somigliarle!
Istintivamente si sollevò le maniche della divisa, per un attimo aveva dimenticato di avere quella maschile, di essere tornata Anego…
Si guardò, era tornata Anego, si sentì una stupida!
Aveva invidiato tantissimo Kumi senza rendersi conto di quanto fosse più forte.
Mormorò a se stessa “Tsubasa non credere che questo cambierà le cose”, fece un respiro e si avvicinò all’amica che stava, diligentemente, svolgendo i suoi compiti da manager.
“Mi devi perdonare, non ti ho mai chiesto come ti sentissi dopo la partenza del capitano” le mise una mano su una spalla e la fece girare.
Quella, appena incrociò i suoi occhi, reagì con vigore “Che importanza ha? Sei tu quella destinata a lui, quella che sta male, che deve essere aiutata…”
“Quella egoista che non si è resa conto di quanto anche tu stessi male Kumi! Siamo state delle sciocche…” l’abbracciò di slancio e aggiunse “Avremmo potuto condividerla quella sofferenza e magari” si allontanò quel tanto che bastava per poterla guardare in viso “Parlare anche male di Tsubasa! Avrebbe potuto scegliere fra due meraviglie come noi, e lui? Ha scelto un pallone!” aveva creato in un attimo il massimo della complicità, si compiacque quando l’altra scoppiò in una fragorosa risata.
Rimproverò ancora il suo amore mentalmente, perché era merito suo e lo sapeva.
Quel piccoletto, con un pessimo senso dell’orientamento, riusciva a starle vicino nonostante l’assenza.
“Allora come ti ha fregata?” le domandò Kumi, schietta come il suo solito.
“Con un sorriso! Era in compagnia di Ryo e quando si voltò verso di me, che sbraitavo come sempre contro Whakabayashi, mi sorrise e mi fece morire le urla in gola” scosse la testa divertita “Sbatteva le palpebre e mi fissava con un’espressione fra il sorpreso e lo spaventato, ma sorrideva in un modo così… Così…”
“Genuino e limpido?” l’aiutò l’altra.
“Esatto! E a te?”
“Con la bellezza, che domande, ma dico l’hai visto? E’ bellissimo!”
 Una voce le distrasse e nel voltarsi restarono sgomente.
 

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Capitolo 10
*** SIAMO IN DUE ***


SIAMO IN DUE


“Questa poi… Non mi aspettavo di vederti ANEGO!”
“Posso affermare la stessa cosa Wakabayashi!”
“Sì ma io sono una piacevole sorpresa, non si può dire lo stesso di te, A-NE-GO!”
“Cos’è, hai paura di me anche tu?”
“Certo che… Sì, scherzi hai terrorizzato tutti i miei pomeriggi, nel periodo più delicato dell’esistenza, l’infanzia. Mi porto dietro ancora i traumi!”
“Certo, li abbiamo visti i traumi biondi che ti porti dietro!”
“Cos’è l’angolo dei cuori infranti questo?”
“E se anche fosse?”
“Sbagliereste entrambe perché TU” e la puntò con un dito sulla fronte “Sei cocciuta e testarda, oltre che insensata, perché potresti chiamarlo e farlo una schifezza, almeno ti sfogheresti” poi cercò Kumi e aggiunse “E tu perché potresti avere decisamente di meglio!”
“Tipo?”
“Me”
“Ok, allora portami a cena fuori in uno di quei posti super chic!”
“Come vuole lei signorina!”
“Cosa? Io… Ma che dici? Stavo scherzando!”
“Mi spiace, hai appena vinto un appuntamento con me, hai preso un impegno, non puoi tirarti indietro”
-PALLA- urlò qualcuno
Genzo si limitò a distendere il braccio senza neanche guardare la sfera, afferrandola saldamente nella sua mano.
Quando Ryo vide il volto dietro al pallone, fece un passo indietro e involontariamente cadde iniziando a dire frasi sconnesse “Non ti cederemo il campo… Prima Anego, poi Genzo… Questa giornata… Tsubasa tu le pagherai tutte” e mentre continuava a lamentarsi, a Wakabayashi squillò il telefono.
Si allontanò senza prestare attenzione al compagno in preda ad una crisi di nervi, sembrava una telefonata seria, tanto che gli altri che si erano portati a bordo campo, rimasero distanti.
Parlando parlando si voltò verso di loro e sorrise a tutti, Taro gli fece cenno di raggiungerli non appena avesse concluso la chiamata.
Annuì e tornarono in campo ad allenarsi.
Genzo li guardava mentre cercava di fare qualcosa con il cellullare e dopo poco si avvicinò a Sanae chiedendole “Me lo tieni per favore?” e glielo porse, poggiandolo con lo schermo rivolto verso l’alto e si allontanò rapidamente.
La ragazza nel chinare leggermente il capo si ritrovò  Tsubasa con un’espressione stupita quanto la sua, ma cercò di nasconderla salutandola cordialmente “Ciao Anego, come stai?”
“Be-Bene e tu?” balbettò insicura ed emozionata.
“Bene grazie, bella divisa… manca un bottone però, l’hai notato?”
“Certo che l’ho notato…” e lo vide sorridere in quel suo modo dolce.
Non poteva evitarlo, si sciolse a sua volta e iniziarono a parlare, dopo un po’ però Tsubasa venne chiamato e lei si affrettò “Vai, vai pure, non… Non preoccuparti, è…E’ stato bello vederti e parlarti capitano!”
“Anche per me” poco prima di chiudere, cambiando lingua aggiunse “Non dimenticarmi”
Sanae però lo capì ugualmente e divenne una furia, rispondendogli in portoghese “E cosa pensi di fare per evitarlo? Non dire cose delle quali non conosci l’impatto… Odio quella frase… Tu… Io invece lo vorrei tanto… Vorrei dimenticarti…”
“Siamo in due allora” gli uscì di getto senza riflettere, ma fu la cosa giusta.

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Capitolo 11
*** SONO GIA' IN CAMPO! ***


SONO GIA’ IN CAMPO!
 
 
 
Si guardavano con serietà, forse non lo avevano mai fatto prima, probabilmente perché non ne avevano mai avuto bisogno.
Eppure, in quel momento, le certezze di entrambi si erano dissolte in quegli sguardi seri e profondi, in quell’aggrottarsi delle fronti, nel labbro arricciato in una morsa di disappunto di lei e nella mascella contratta di lui.
I secondi passavano come fossero anni, poi ripreso a parlarsi l’uno sull’altra, il primo con la voglia di vomitare fuori quel dolore, l’altra con la necessità di urlarlo senza fiato.
Al termine fecero un sospiro e Tsubasa azzardò “Non era di me che avevi bisogno, se mi fossi fatto vivo non avresti trovato un tuo equilibrio, non avresti cercato Anego. Anche se può non sembrare, ti conosco!”
“Quindi ti dovrei ringraziare? E’ questo che stai dicendo, capitano?”
“Non ho detto questo, non girare la cosa per farmi passare da egoista insensibile…”
-TSUBASA DOBBIAMO INIZIARE GLI ALLENAMENTI- urlò una voce in portoghese.
Girò appena il volto e con fermezza gli intimò di iniziare senza di lui.
“Non sia mai che ti trattenga, vai pure!”
“VOLEVI PARLARE CON ME? LO FARAI ADESSO SANAE!” scoppiò con estrema irruenza.
Tentennò appena nel rispondergli “Hai… Hai un sogno da realizzare, non sarò io ad impedirti di farlo!”
“Le parole suonano benissimo, peccato che non sia proprio ciò che pensi…”
“CERTO CHE LO PENSO, COME PUOI INSINUARE IL CONTRARIO?”
“PERCHE’ SENZA DI TE NON HA PIU’ TANTA IMPORTANZA QUEL SOGNO!” rispose accecato da una sofferenza che dal cuore si irradiava in tutto il corpo, costringendolo a chiudersi su stesso, quasi come se si stesse accartocciando.
Non le sfuggì quel movimento e chiese con preoccupazione “Quante… Quante ore al… Al giorno ti alleni?”
“QUELLE NECESSARIE PER NON PENSARE, PER NON… NON PENSARE A TE! MI SENTO IN TRAPPOLA, NON POSSO TORNARE INDIETRO ADESSO, MA NON POSSO… NON POSSO… IO… NON POSSO” alzò gli occhi al cielo, il nodo alla gola si fece più intenso e i condotti lacrimali si riempirono, donando al suo sguardo argenteo una liquidità tale da renderlo vulnerabile e forse, per la prima volta, a Sanae sembrò innamorato di lei mentre aggiungeva “NON POSSO PERDERTI, TU… NON DIMENTICARMI TI PREGO… PERCHE’ TORNERO’… TORNERO’ DA TE!”
“E CERTO, COME SE FOSSE FACILE DIMENTICARTI?! IO TI PRENDEREI A CALCI DA QUI FINO AL BRASILE, STUPIDO ZUCCONE! NON DEVO DIMENTICARTI? ALLORA STUDIA IL CAMPO, I TUOI AVVERSARI, LE TATTICHE DA ADOPERARE MA NON LASCIARMI… SOLA!” perentoria.
“Vuoi prendere il posto di Taro?” scherzò per alleggerire quella telefonata, che si era trasformata nella disputa più sofferta della sua vita.
“NO! Non voglio essere la tua metà, voglio essere per te: la coppa del mondo!” rilassò le spalle e sospirando gli chiese “Sei pronto ad allacciare gli scarpini?”
“Sono già in campo! Lo sono dal giorno in cui litigavi con Genzo!”
Arrossì senza poterlo controllare, la fermezza nel tono che aveva usato, la fecero rabbrividire!
Si erano voluti bene da subito, ma erano stati troppo imbranati per dirselo.
 
 
 
 

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Capitolo 12
*** NON SEI IL MIO TIPO ***


NON SEI IL MIO TIPO
 
 
Genzo aveva mantenuto la sua parola, aveva portato Kumi in un locale stellato, le aveva fatto ordinare quel che voleva e si era ritrovato a vivere una serata allegra e spensierata.
Nel riaccompagnarla a casa, aveva chiesto all’autista di fermarsi per poter fare l’ultimo tratto a piedi.
Rimasti soli le disse “Ti scoccia se domani ti aspetto all’uscita di scuola?”
“Genzo Wakabayashi cosa stai architettando? Non crederai davvero che mi beva questa manfrina? Sono più piccola di voi, ma non meno intelligente!”
“Io dico che se mi fai portare a termine il mio piano, non ti dispiacerà quel che accadrà!”
“Niente falsi sentimenti e nessuna presa in giro!”
Genzo la fissava divertito, aveva carattere e sì, non era affatto sciocca, le sorrise e rispose sicuro “Andata!”
Nel frattempo erano arrivati al cancello di casa della ragazza, che nel fermarsi e voltarsi rimase di sasso, le labbra di Genzo si erano posate sulle sue, sentì le guance imporporarsi e l’agitazione assalirla.
“Avevo mirato alla guancia ma ti sei voltata, poco male ho rimediato un bacio! Giusta conclusione di serata!”
Kumi lo fissava con occhi sottili ed incrociò le braccia per sottolineare il suo disappunto, lui fece lo stesso e argomentò “Ti ho detto la verità, non ti avrei baciata sulla bocca altrimenti!”
“Davvero? E perché? Non sono abbastanza carina per te?”
“Che? Come siamo finiti a parlare di questo?”
“Ci siamo finiti perché la tua bocca è inciampata sulla mia” e ancora quello sguardo truce.
“E’ così, è stato casuale e poi quante storie, neanche fosse il tuo primo bacio?”
Si irrigidì immediatamente e Genzo comprese che era proprio quello il problema “Mi- Mi dispiace io… Veramente avevo mirato alla guancia…”
“Non importa, almeno mi potrò vantare che il SGGK ha rubato il mio primo bacio!”
Sorrise, in qualche modo Kumi lo intrigava, non era sicuramente il suo tipo ma era molto più interessante di quel che credeva.
La vide fare un passo per entrare nel giardino, ma la bloccò, la fece girare e questa volta la baciò veramente, con calma e dolcezza. Le schiuse le labbra con un tocco leggero della lingua e lentamente iniziò a gustare la sua, le accarezzò una guancia con il pollice e allontanandosi disse “Ora ti ho rubato il primo bacio!”
“Il solito egocentrico sbruffone!” lo derise cercando di sembrare indifferente.
“Sarà, ma sei arrossita e comunque lo hai detto tu, niente falsi sentimenti quindi non fantasticare su di me!” e andò via, mani in tasca e senza voltarsi.
Il giorno seguente si fece trovare all’uscita di scuola e quando la vide, si avvicinò a lei con una rosa.
Intorno a loro un bisbigliare insistente, ma solo quando il mondo parve fermarsi, fece l’ultimo passo e le sussurrò all’orecchio “Ora sei la più popolare, spero tu sappia comportarti adeguatamente e ti prego, sceglitene uno che non sia già impegnato sentimentalmente!”
Kumi lo assecondò divertita “Mi spiace Wakabayashi, non sei il mio tipo, ma grazie!”

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Capitolo 13
*** MIA REGINA ***


MIA REGINA
 
 
Era passato un mese da quando si erano detti quelle cose per telefono e Sanae, si era stupita di quanto Tsubasa riuscisse ad essere presente, nonostante la distanza e l’oceano a dividerli.
Difficilmente cadeva in frasi romantiche o sdolcinate, raramente le faceva dei complimenti, ma i suoi sguardi, quella luce che si accendeva in determinate occasioni, le dicevano più di mille parole.
Aveva saputo che da lì a sei settimane ci sarebbe stata una partita della nazionale a Tokyo, era emozionata al pensiero di poterlo rivedere, soprattutto considerando il cambiamento nel loro rapporto.
Era curiosa di vederlo alle prese con l’imbarazzo di potersi, volendo, toccare e stringere e perché no, anche baciare.
Aveva immaginato spesso le labbra di Tsubasa lambire le sue, aveva immaginato spesso il suo sapore e l’emozione che avrebbe potuto provare, era il suo pensiero felice prima di addormentarsi.
Anche perché lui, aveva preso a mandarle un semplice messaggio per la buonanotte –BACIO- nient’altro, solo quella parola.
La prima volta che l’aveva ricevuto aveva sentito lo stomaco contrarsi e un fuoco invaderle le viscere, le gote imporporarsi e il respiro accorciarsi senza controllo.
Gli aveva risposto con mani tremanti –TI ABBRACCIO-
E quell’abbraccio lo aveva studiato nei dettagli, aveva ipotizzato che Tsubasa fosse cresciuto ancora in altezza, mentre lei sembrava essersi arrestata, quindi avrebbe dovuto mettersi sulle punte e poi? Le braccia dietro la nuca di lui o ad avvolgergli il torace? Inoltre lo avrebbe potuto fare davanti a tutti o avrebbe dovuto aspettare di rimanere da soli? L’avrebbe imbarazzato o ne sarebbe stato felice?
Si torturava con questi pensieri perché sapeva che non avrebbe voluto porsi limiti, nonostante l’educazione rigida, le regole comportamentali e l’eventuale vergogna, era certa che avrebbe voluto perdersi nel petto di Tsubasa e sentire il suo calore e la sua dolcezza.
Ne era certa, sarebbe stato dolcissimo, lo aveva capito da piccoli gesti, anche se distanti era capace di essere estremamente tenero senza cadere nella melassa.
Quando le diceva –MI MANCHI- oppure – VORREI TU FOSSI QUI- oppure – IL TUO SORRISO E’ LA MIA AMBROSIA-
Che poi si era anche stupita di quel termine, aveva addirittura pensato che non era affatto svogliato nello studio, che in tutti quegli anni aveva inscenato la parte, magari per poterle stare vicino, ma… Non aveva avuto il coraggio di chiederglielo.
Lo avrebbe fatto quando sarebbero entrati maggiormente in confidenza o magari, sarebbe rimasta nel dubbio.
Non le dispiaceva credere a quel pensiero e in verità, voleva restare nella sua illusione.
Squillò il cellulare ed era proprio il suo amato capitano, attivò la videochiamata e gli sentì dire la frase con la quale ormai, iniziava ogni loro conversazione “Mia REGINA…”
Sorrise e lo vide ricambiare.

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Capitolo 14
*** TATTO ***


TATTO
 
 
Tsubasa se ne stava in spiaggia a mirar l’oceano, di tanto in tanto calciava qualche onda e meditava su come fare, per partecipare alla partita della nazionale.
Secondo il calendario dei Brancos, non avrebbe potuto raggiungere i suoi compagni in Giappone e cosa ancora più grave, non avrebbe potuto vedere Sanae.
Come dirle che il destino gli remava contro, come una moderna versione di Romeo e Giulietta, sembrava che dovesse essere per forza un amore tormentato.
Non voleva darle quel dolore, non voleva vedere la delusione nei suoi occhi e lo spegnersi graduale di quel sorriso, che per lui era fonte di vita.
Si tolse la maglia e si tuffò fra le onde, sperava che l’acqua gelida dell’oceano riuscisse a fargli trovare una via d’uscita.
Degno figlio di suo padre, amava il mare, nuotare lo trasportava lontano, dove non c’era altro che il rumore dell’acqua che si infrangeva sul suo corpo.
Nuotò per quasi un’ora e quando tornò in spiaggia, si meravigliò nel trovare Pepe seduto sul bagnasciuga.
“Capitano!” lo salutò allegro.
“Pepe è successo qualcosa?”
“No, mi ha mandato il Mister, dice che hai bisogno di un po’ di leggerezza brasiliana, raccontami!”
“Cosa? Cosa dovrei dirti?”
“Ciò che ti affligge! Ho capito che c’entra la ragazza che hai sullo schermo del cellulare, ma qual è il problema?”
“Io… Bhe… Come…” e si portò una mano dietro la testa, imbarazzato e leggermente smarrito.
“Ti facilito le cose, tu sei innamorato di lei e stando al fatto che se non sei in campo sei al telefono, deduco tu sia ricambiato… Quindi? Qual è il problema?”
“La distanza, una distanza che non riuscirò a colmare a breve e dovrò dirglielo, dovrò dirle che non potrò partecipare alla partita della nazionale e so già che ne soffrirà!”
“Perché non puoi?”
“Non è conciliabile con gli impegni dei Brancos, cioè non riuscirei a prendere l’aereo perché sarò in campo per il secondo tempo e…”
“E che sei complicato giapponese! Che problema c’è, facci vincere nel primo tempo e poi scappa in aeroporto. Forse non riuscirai a fare neanche lì tutta la partita e probabilmente sarà una toccata e fuga, ma ne vale sempre la pena se si può limonare con una bella ragazza!”
“Limo che?”
Pepe si limitò a mimare un abbraccio e un bacio appassionato e Tsubasa, divenne rosso come il cerchio all’interno della bandiera del suo Paese.
“Perché ti imbarazzi sempre? Lo dico che sei complicato! Ti spiego una cosa, non ci deve essere disagio quando c’è sentimento. Il corpo è più reattivo della mente, il sangue si scalda e tutto quello di cui si ha bisogno: è il contatto fisico. Non ha importanza di che tipo, ma siamo fatti per il tatto, per toccare e toccarci, non c’è niente di sbagliato o di imbarazzante! Voi siete troppo pudici e castigati, ma l’amore o il sesso sono cose naturali.”
Tsubasa si girò nuovamente a guardare il mare, le parole di Pepe erano vere, tutto ciò che voleva era poterla toccare.

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Capitolo 15
*** E' MIO! ***


E’ MIO!
 
 
 
Sanae guardava distrattamente la vetrina davanti a sé, lei e Yukari stavano aspettando Kumi per un pomeriggio di shopping.
Mancava una settimana alla partita della nazionale e di conseguenza, anche al ritorno di Tsubasa.
Non era una ragazza vanitosa, ma per il loro primo incontro da quando tutto era cambiato, voleva essere più femminile del solito.
Aveva iniziato ad ammirare sempre più spesso, sulle riviste patinate, l’intimo.
Si era accorta di avere una predilezione per pizzi, merletti e fiocchetti, per non parlare di body, bustier e autoreggenti, anche se, immaginarli addosso a se stessa le creava ancora un certo imbarazzo.
Non le succedeva lo stesso se, quel che immaginava, erano le mani di Tsubasa accarezzarla, inoltrarsi al di sotto dei tessuti, alla scoperta di quel contatto che non avevano mai avuto e ad esplorare le sue curve lentamente e con dolcezza, fino a raggiungere i punti più sensibili.
Se poi nello stesso frangente la fantasia la portava ad un suo bacio, sentiva lo stomaco accartocciarsi e un calore divampare nel ventre, riusciva a percepire la morbidezza di quella bocca disegnata e intrisa di rugiada, che con amore lambiva la sua.
Aveva deciso che se non glielo avesse dato, se lo sarebbe preso con la forza… Il loro primo bacio!
Sorrise, la divertita l’idea della faccia scioccata del suo amato capitano, se fosse arrivata a tanto.
“Perché sorridi come una scema?” la punzecchiò Yukari.
“Per il mio imbranato Tsubasa, non sa ancora che potrei violentarlo appena lo vedo!”
L’amica la guardò sconvolta “Ma cosa dici? Non sarebbe un comportamento da…”
“Da me?”
Annuì solamente e le rispose “In verità non lo so, cioè ora è diverso, so che mi vuole bene… Anzi, che è io innamorato di me. Non mi voglio reprimere, mi voglio sentire libera di fare, pensare e baciare!”
“Ma-Ma-Ma davanti a tutti?”
“Non lo so, so solo che è mio. Non l’avevo mai pensata in questi termini, cioè adesso io dovrei poter fare ciò che voglio con lui o sbaglio?”
“Sanae non ti capisco…”
“Non mi capisco neanche io, ho solo realizzato che ho voglia di toccarlo Yukari, è sbagliato? Voglio perdermi in un suo abbraccio, respirare il suo profumo e scoprire che sapore hanno i suoi baci… Ho bisogno di un contatto vero, perché è mio! Tsubasa è mio, mi piace dirlo! Ti sembrerò…”
“Innamorata, questo sembri!” disse Kumiko sopraggiungendo “Ma dovresti abbassare un po’ la voce, ti avrà sentito anche lui in Brasile”
“Bene, così sa cosa lo aspetta!” e scoppiò a ridere seguita dalle amiche.
Si incamminarono e chiese alla nuova arrivata “Com’è essere la più popolare della scuola?”
“Una figata pazzesca, mi scoccia solo dover ringraziare Genzo per questo!”
“Lo chiami per nome adesso?” chiese Yukari curiosa.
“Sì, mi ha detto con quel suo vocione penetrante - In Europa si usano addirittura dei diminutivi o nomignoli e noi ci chiamiamo ancora per cognome. Quando lo fate, credo sempre ci sia mio padre nei paraggi-” imitandolo anche nella postura.
 

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Capitolo 16
*** PROBLEMI...DI CONNESSIONE! ***


PROBLEMI… DI CONNESSIONE!
 
 
Mancavano due giorni alla partita, Sanae aveva deciso e cambiato outfit almeno una decina di volte.
Era andata dal parrucchiere e aveva optato per un caschetto asimmetrico, che la rendeva più adulta, almeno questo era ciò che pensava.
Aveva sempre ritenuto che le donne con il caschetto avessero uno charme e un’eleganza disarmante.
Allo stesso modo era certa di non possederle solo per aver cambiato taglio, in lei albergava pur sempre Anego, quindi una buona dose di sex appeal le sarebbe sempre mancata.
Tsubasa era stato strano, probabilmente a causa dei continui problemi di linea, non erano riusciti a parlare molto, né usando il cellulare e né tramite qualsiasi altro dispositivo che potesse permettergli di vedersi.
L’aveva notato e aveva una strana sensazione alla bocca dello stomaco, alla quale non aveva dato peso, credendosi emozionata all’idea di rivederlo.
Eppure il suo capitano aveva provato più volte a dirle qualcosa, ma veniva sempre interrotto dalla scarsa connessione.
Gli aveva chiesto di scriverle un messaggio, quelli arrivavano, ma lui aveva precisato che voleva dirglielo per lo meno a voce, sembrava però essere la cosa più difficile del mondo in quel momento.
Tutte quelle difficoltà di comunicazione non l’avevano turbata, si sarebbero visti a breve e poteva sopportare qualsiasi cosa.
Andò al campo dove tutto era iniziato, sapeva di trovare tutti lì, non erano ancora partiti per il ritiro che avrebbe avuto inizio il giorno seguente.
Infatti c’erano, persino Genzo che non avrebbe giocato, ma era stato convocato ugualmente per fare da sprono.
Li sentiva inneggiare a Taro, lo stavano facendo volteggiare in aria con cori goliardici, quando li raggiunse sentì bene Ryo dire “Che effetto ti fa essere il capitano della nazionale?”
Avvertì distintamente il sangue cristallizzarsi nelle vene, quel gelo viaggiò rapido verso il cuore rendendolo inanimato.
Lo stesso Ryo quando la mise a fuoco esclamò “Cavolo Sanae, non volevo lo venissi a sapere così!”
Cercò di tornare lucida, nonostante il magone che premeva in gola e le lacrime che le avevano inevitabilmente offuscato la vista.
Ingoiò la delusione e il rammarico e avvicinandosi “Congratulazioni Taro, sarai un ottimo capitano!”
“Grazie!” rispose mesto.
A spezzare quell’imbarazzo arrivò Kumi che con la sua allegria, alleggerì il momento “Ma guarda chi è tornato in patria!” rivolgendosi ovviamente a Genzo.
“La più popolare della scuola si ricorda degli amici, come stai maestà?” rispose sarcastico.
“Molto bene!”
Nessuno notò Taro inviare un messaggio.
“Non si saluta con affetto? Tipo con un bacio?”  la punzecchiò il portiere.
“E sentiamo dove lo vorresti?” chiese sorprendendo tutti e il suo stesso interlocutore.
“Tu sei decisamente troppo sfacciata!” replicò leggermente imbarazzato.
“E tu troppo presuntuoso e sicuro di te!”
“Non mi semb…” si interruppe vedendo le lacrime scorrere sul volto di Sanae nonostante sorridesse.
Nelle mani le vibrava il cellulare e il nome che compariva sul display era –TSUBASA-
Genzo cercò Taro, il quale le si avvicinò e rispose alla chiamata porgendole il telefono, le asciugò le lacrime e la invitò “Dagli modo di spiegarti!”

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Capitolo 17
*** SPOSTAMENTO D'ARIA. ***


SPOSTAMENTO D’ARIA.
 
 
 
Se ne stava sdraiata sul letto in biancheria intima, a fissare il soffitto con il pallone sulla pancia a farle da scudo.
Lo accarezzava lentamente quasi a far finte che fosse la testa di Tsubasa.
Sospirò.
Il suo Tsubasa aveva cercato in tutti i modi di spiegarle perché era stato nominato Taro capitano, ma quella linea maledetta non aveva voluto proprio collaborare.
Alla fine aveva deciso di terminare quell’agonia mandandogli lei un sms: – NON TI PREOCCUPARE, SO CHI SEI E COME SEI FATTO, SE NON TI E’ STATO POSSIBILE VENIRE, SARA’ PER LA PROSSIMA OCCASIONE. NON PARLIAMONE PIU’!-
Nonostante la sua richiesta, il ragazzo aveva comunque riprovato a esplicitarle le sue motivazione, ma ogni tentativo era miseramente fallito, per i più disparati motivi e così le aveva scritto - MI FARO’ PERDONARE, E’ UNA PROMESSA!-
Sanae sapeva che si sarebbe impegnato con tutto se stesso per mantenerla, ma sentiva comunque nel petto quell’enorme delusione e non era neanche più tanto convinta di andare alla partita.
Involontariamente il pallone scivolò giù dal suo grembo risvegliandola da quel torpore.
Si rimproverò per aver pensato di abbandonare i suoi amici, solo perché sentiva la tristezza per quell’incontro saltato.
Si vestì così come aveva preventivato prima della brutta notizia e chiamò le sue amiche.
Giunte allo stadio, presero posto e videro in lontananza Genzo parlare con dei giocatori di un’altra squadra.
Dopo pochissimo la partita ebbe inizio, ma Taro sembrava estremamente agitato, tanto che Jun dalla panchina aveva dovuto, in qualche modo, prendere in mano la situazione e aveva iniziato ad impartire ordini al suo posto.
Genzo si voltò a cercare Anego, la quale quasi al termine del primo tempo, si era alzata e lo aveva raggiunto.
“Andiamo da Taro, ricordiamogli che è il suo gemello in campo e che può tranquillamente portare questa squadra alla vittoria!”
“Concordo ragazzina, andiamo! Parlerò anche con Ken, mi sembra un po' smarrito!”
“Il paragone con te è il suo tallone d’Achille, non ha ancora imparato a trarre forza dalla vostra rivalità!”
“Sei più intelligente di quel che pensavo!”
“Non è affatto vero, non mi hai mai sottovaluto tu… Infatti avevi e hai paura di me!” e lo spintonò.
“Certo che sì!” poi le sorrise e aggiunse “Però ci hai stupiti, hai molto più carattere di quanto immaginavamo. Sei una dura tu!”
“Non mi lusingare, ho le mie debolezze e…”
“Ne hai una e ce l’hai da sempre… Tsubasa!”
“Non è necessario girare il dito nella piaga, ma che amico sei?”
“Un amico un po’ un stronzo ma sincero… Lui è anche la tua forza!”
Giunsero dai compagni, riuscendo a infondere loro coraggio e a ridare a Taro fiducia in se stesso.
Sanae al termine dell’intervallo salutò e tornò sugli spalti, mentre si accingeva a salire il primo gradino per lasciare la zona degli spogliatoi, sentì uno spostamento d’aria avvolgerla.
Un’emozione improvvisa la fece tremare, qualcuno correva veloce come il vento proprio verso gli spogliatoi ormai vuoti.
Avrebbero vinto, ora ne era certa!

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Capitolo 18
*** CAPITANO ***


CAPITANO
 
 
Con calma tornò al suo posto, il secondo tempo era iniziato, ma lei aveva un viso diverso, i suoi occhi erano decisamente più luminosi.
Kumi e Yukari la guardavano in un misto di apprensione e curiosità, la vedevano come sulle nuvole, nonostante seguisse con attenzione il gioco appena ripreso.
“Va tutto bene?” chiese Yukari un po' stranita.
“Mai stata meglio!” rispose semplicemente.
“Cos’è cambiato?” chiese indagatrice Kumi.
“So che vinceremo!”
“Davvero? Sei veggente come mia nonna adesso?”
Si voltò e con un sorriso carico di speranze affermò “Fra qualche minuto ne sarete convinte anche voi!”
In campo i suoi amici avevano un nuovo assetto di gioco, Taro era tornato in sé e stava finalmente guidando la squadra da vero capitano.
Con degli schemi provati in allenamento, Kojiro segnò il primo gol, successivamente uno scontro a centro campo fra Hikaru e un terzino avversario, decretò la rimessa laterale.
Il pallone venne raccolto da colui che sulle spalle aveva il numero 10.
Tutto lo stadio si ammutolì, i compagni lo guardarono increduli e sgomenti, tranne Taro e Genzo che tirarono un sospiro di sollievo.
Venne effettuato il cambio e una volta entrato, fu Tsubasa stesso a rimettere quel che stringeva fra le mani, in campo.
Arrivato al centro del rettangolo verde si fermò e la cercò, lei si alzò e raggiunse il limitare delle sedute sbracciandosi, come forse, non aveva fatto neanche per sventolare la bandiera.
Gli mandò un bacio presa dall’euforia e lui finse di acchiapparlo al volo e se lo portò sul cuore, fra le battutine di Ryo.
Taro gli porse la fascia da capitano, ma Tsubasa era restio a prenderla, Kojiro però “Sei tu il vero e unico capitano del Giappone”, facendogliela accettare con orgoglio.
La partita era terminata un in tripudio di urla e festeggiamenti, con il risultato di 3-1 per il Giappone.
Nel frattempo Sanae, seguita dalle amiche aveva raggiunto l’ingresso degli spogliatoi, quando i ragazzi sopraggiunsero, si creò un corridoio fra lei e il capitano, il quale stava chiacchierando con Genzo.
Quando la vide arrestò i suoi passi e le sue parole, il sorriso che le fece, ebbe la capacità di farla tremare.
Ryo provò a fare qualche battutina, ma Kojiro gli tappò la bocca con un braccio, portandoselo sotto un’ascella e ruggì “E’ mai possibile che tu non sappia quanto è il caso di tacere, idiota!”
Guardò Genzo “Partita persa con faccia da scimmia” poi insieme a Taro, afferrano il difensore e sollevandolo di peso, lo trascinarono via.
Restarono lì a guardarsi, immobili, fino a quando Sanae si inchinò dicendo “Capitano!”.
“Manager!” nella sua testa un'unica voglia incontrollata, quella di toccarla.
Un passo occhi negli occhi, un altro passo e il sorriso che gli regalò lo fece fremere, un altro passo ancora e riuscì a sfiorarle una mano, giocando quasi incredulo ad intrecciare le loro dita.
Fece un sospiro liberatorio, eliminando tutta la sofferenza che aveva provato e l’attirò a sé abbracciandola stretta.
Sanae fece lo stesso e si accoccolò nel suo petto.

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Capitolo 19
*** IL PARADISO CUI ASPIRO ***


IL PARADISO CUI ASPIRO
 
 
 
Erano lì, in quel crocevia di persone e di corridoi, dove convogliavano tutte le correnti e infatti, bastò che venisse aperta una porta per creare un turbine di vento a racchiuderli come in un bozzolo.
Tsubasa la guardò in quel momento, mentre i capelli le accarezzano scomposti il viso, mentre si faceva più piccola fra le sue braccia per sottrarsi a quel brivido dato dall’aria fresca che l’aveva avvolta impetuosa, in netto contrasto con i loro corpi caldi e statici.
In quel momento le mani di Tsubasa scivolarono in senso opposto, l’una all’altra, e la strinsero più forte, quasi a voler diventare scudo.
Perché quella forza naturale la conosceva bene e sapeva domarla, gli scorreva sottopelle e lo rendeva vivo almeno fino a quando, la sua linfa vitale non era diventata lei.
Sanae fece lo stesso di riflesso, stringendo con forza quella maglia che tanto aveva sperato di vedere correre in campo durante quella partita.
Tsubasa con una mano risalì la schiena, andò oltre le scapole fino a raggiungere la nuca e spostandosi verso il davanti, delicatamente seguì l’incavo dell’orecchio, percorse la mandibola e le sollevò di poco il viso per poterlo accarezzare con il suo, chinandosi leggermente.
Intorno a loro il nulla.
Tornò ad abbracciarla e attraverso quei volti che si sfioravano lentamente, iniziarono e conoscersi con calma.
Ad ogni tocco le sussurrava cauto “Sei tu la parte migliore di me stesso, il limpido specchio dei miei occhi” un altro scivolare di gote contro gote “Il profondo del cuore, il nutrimento” un attimo per comprendere la seta che stava osando profanare “La fortuna, l’oggetto di ogni mia speranza” un sospiro che lasciava intendere la pienezza di quell’attimo di estasi “Il solo cielo della mia terra”.
Poi fronte contro fronte, quando gli occhi tornarono ad incatenarsi “Il paradiso cui aspiro”.
Le bocce umide e invoglianti, i respiri fusi e quelle mani che nonostante non cercassero zone proibite, dimostravano l’appartenenza reciproca in ogni piccolo lembo di pelle in più conquistata.
“Sei sleale capitano se mi citi Shakespeare!”
Sorrise Tsubasa poco prima di imbarazzarsi dicendo “Ah, quindi non sono mie?”
Negò con la testa Sanae, muovendola leggermente senza staccarsi da lui.
“Le ho prese in prestito perché rendono perfettamente cosa sei per me!”
Rossi entrambi erano comunque incapaci di allontanarsi l’uno dell’altra ed incapaci anche di dare spazio al secondo senso, il gusto.
Desideravano ardentemente assaporarsi, ma non era il luogo adatto, tanto che dopo pochissimo Tsubasa venne chiamato da Katagiri.
Si voltò con calma prendendo le mani di Sanae fra le sue, tenendola comunque stretta a sé.
“Ti vogliono per l’intervista in sala stampa, mi spiace ragazzi fare il guasta feste ma…”
“E’ il capitano e deve adempiere ai suoi doveri!” terminò lei la frase.
“Non ci metterò molto, ma dovrò anche ripartire rapidamente, io… Non ho potuto fare di meglio…”
Si sollevò sulle punte e gli baciò una guancia affermando “Ce lo faremo bastare, ora vai!”
 
 
 

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Capitolo 20
*** MINUTI CONTATI ***


MINUTI CONTATI
 
 
La conferenza stampa era durata pochissimo, Tsubasa aveva i minuti contati per potersi recare in aeroporto.
I suoi compagni negli spogliatoi, erano già tutti lavati e profumati, Taro vedendolo entrare “Capitano devi fare presto se vuoi passare qualche istante con lei!”
Tsubasa si spogliò fulmineo e si precipitò sotto la doccia, come poteva spiegarle che quell’abbraccio sarebbe stato tutto quello che avrebbero potuto avere al momento.
Si insaponò i capelli e il corpo, e nonostante il profumo intenso del docciaschiuma, nelle sue narici c’era solo quello di lei.
Si sciacquò alla meno peggio e di filata andò a vestirsi, nel giro di cinque minuti era pronto, o meglio presentabile.
I capelli ancora bagnati gli inumidivano la maglia, ma non aveva tempo, doveva tornare dalla sua Sanae.
Uscito la trovò poggiata al muro.
Le sorrise quasi intimidito, lei arrossì appena e gli si avvicinò, gli prese il borsone dalle mani e lo poggiò a terra.
Accovacciandosi sulle ginocchia aprì la cerniera ed iniziò a cercare qualcosa.
Afferrò l’asciugamano che le sembrava meno umida e la tirò fuori sollevandosi.
Gli sorrise prima di posargliela in testa e iniziare a tamponargli i capelli, ancora troppo bagnati.
“Vuoi prenderti un’accidenti?”
“Andavo di fretta, io…”
“Lo so devi ripartire subito, me l’ha detto Genzo. Vi accompagneremo tutti, visto che parte anche lui!”
“Tutti? Io… Io veramente speravo…”
Sanae si fermò per scoprirgli gli occhi, ma lui se li coprì nuovamente terminando “Speravo di stare solo con te, almeno durante l’attesa del volo!”
Lo baciò sulla punta del naso, nonostante l’istinto fosse di puntare a quelle labbra disegnate che anelava da tempo.
Istintivamente Tsubasa si tirò via l’asciugamani dalla testa le cinse la vita, la guardò come mai aveva fatto.
Le sfiorò appena una guancia, per poi con il pollice, ripercorrere adagio le sue labbra.
Erano calde ed invitanti, leggermente socchiuse e lucide.
La voleva, la voleva in ogni modo possibile e di sicuro, voleva fare sua quella bocca piccola e carnosa.
Un rumore li fece sobbalzare, poco più in là, una donna delle pulizie aveva fatto cadere i flaconi dei prodotti igienizzanti.
Sanae fece un passo indietro liberandosi dall’abbraccio di Tsubasa e rossa in viso “Andiamo, lasciamo che gli addetti possano fare il loro lavoro.”
Annuì e riponendo l’asciugamani che aveva ancora in mano, prese il borsone e si incamminarono.
L’uno vicino all’altra.
Sanae spostò lo sguardo sul suo braccio e ricordò quella volta in cui, tornando da una visita di controllo di Tsubasa, avevano attraversato un parco e avrebbe tanto voluto mettersi sottobraccio.
Avvampò ancora, perché reagiva in quel modo era un mistero, ora avrebbe potuto farlo eppure la sua mano non voleva assecondarla.
Arrivata all’angolo di quel corridoio, sospirò e si arrese, non era spavalda quanto avrebbe voluto.
In quel momento Tsubasa le poggiò una mano sulla schiena e la fece passare prima, poi scivolò sfiorandola appena fino ad intrecciarla con quella di lei.
La guardò e le sorrise dolcemente.
Istintivamente si accoccolò a lui conquistando un piccolo traguardo.

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Capitolo 21
*** QUASI COME UNA BREZZA ***


QUASI COME UNA BREZZA
 
 
In aeroporto Tsubasa non le aveva mai lasciato la mano, ma Sanae si sentiva strana, quasi messa da parte mentre erano comunque circondati dai loro amici.
Che a dirla tutta, quando si rivolgevano a loro, usavano il plurale, come se fossero entrambi a dover dare ogni singola risposta, nonostante in realtà si alternavano, come in un meccanismo perfetto.
Non le bastava, voleva sentirsi sua, non era ancora riuscita ad ottenere quel che voleva, non il bacio ma quella sensazione di appartenenza totale.
Più i minuti passavano, più si sentiva agitata, uno strano formicolio le saliva su per le gambe, le invadeva il ventre, arrivava ai seni e si diramava per le braccia.
Iniziò a tamburellare con il piede inconsciamente e a stringere di più la presa, continuando a sorridere e a chiacchierare.
Tsubasa la guardò un solo istante, prima di farle fare una mezza piroetta, poggiarla al suo torace e avvolgerla completamente.
Bastò quello per darle pace e soprattutto la sua voce calda che le chiedeva “Va meglio adesso?”
Alzò la testa per poterlo guardare negli occhi e nello stesso tempo, intrecciò entrambe le sue mani a quelle di lui, chiudendo ulteriormente quel bozzolo d’amore “Sì, decisamente meglio!”
Quando Ryo li vide fece un piccolo ghigno e mentre stava per proferir parola gli venne chiusa la bocca con il capellino di Genzo.
“Ehi ma che schifo! Povero il mio cappello!”
Il difensore si dimenava, ma Kojiro continuava a tenerglielo premuto sulle labbra chiedendo “Ma un bottone per scollegare le idiozie dalla bocca della scimmia dove lo trovo?”
“E’ un esemplare difettoso, ne è sprovvisto!” rispose Genzo ridendo insieme agli altri, poi guardò l’orario e cercò il capitano.
Dovevano prendere lo stesso volo per poi al primo scalo separarsi.
Dopo qualche istante venne annunciato e Tsubasa emise un sospiro pieno di tristezza, Sanae lentamente si voltò e lo strinse di più, nascondendosi nel suo petto.
Le accarezzò il caschetto asimmetrico e la schiena per dare coraggio a entrambi, si allontanarono e con uno sguardo si dissero tutto.
I due amici salutarono tutti e si incamminarono verso il gate, Genzo provò a dire “Hai tutta la mia stima…”
“Non iniziare!”
“Mi sto solo complimentando per il tuo autocontrollo!”
“Smettila!”
“Sono sincero, in fondo fra quanto la rivedrai, che saranno mai 5 o 6 mesi? Anzi hai fatto bene, così avrai il tempo di fare pratica in Brasile, anche se… Il bacio più appassionato è quello alla francese. Inoltre anche lei potrebbe impratichirsi un po’…”
Bastarono quelle parole per fargli rifare le scale mobili al contrario, veloce come il vento la raggiunse, era rimasta indietro rispetto agli altri.
L’afferrò per un braccio e quando si voltò la baciò di impulso, solo un assaggiarsi di labbra, un comprenderne la consistenza, un farne la conoscenza.
Si allontanò un po’ per poterle dire “Non volevo farlo qui, non volevo esporti a critiche o a sguardi ammonitori, ma…” venne zittito con un altro bacio, più delicato, quasi come una brezza.

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Capitolo 22
*** BACIAMI! ***


BACIAMI!
 
 
Sanae si allontanò dicendo “Non me ne frega niente della gente, possono pensare ciò che vogliono” e riappoggiò le sue labbra a quelle di Tsubasa.
Le sfiorò in una coccola delicata e tenera, poi le inglobò appena nelle sue, intrufolò le mani nei capelli corvini e lo cercò ancora.
C’era qualcosa che lo tratteneva e quel qualcosa doveva essere annientato.
Voleva si sentisse libero di esprimere quel sentimento che li legava e che quando stavano insieme, sembrava traboccare da ogni poro.
Si allontanò per dirgli sulla bocca “Te ne vuoi andare così? Senza avermi baciata veramente?”
“Sanae… Non voglio sottoporti…”
“Baciami!” perentoria come solo in certe circostanze aveva dimostrato di esserlo.
Sorrise Tsubasa, non si aspettava certo di avare a che fare con Anego in un momento così romantico.
Forse però, era proprio quello di cui aveva bisogno, le cinse la vita e cercò ancora le sue labbra, questa volta senza freni inibitori.
Una mano si posizionò dietro la nuca di lei, il palmo aperto e i capelli fra le dita come ad indicare un possesso effettivo.
Con una piccola pressione della lingua si creò un varco e iniziò una danza sinuosa e coinvolgente.
I respiri nascevano e crescevano in quel limbo di gemiti lascivi smorzati dall’essere in pubblico, morivano poi nella bocca dell’altro in un crescendo di carenza d’ossigeno.
I corpi si avvicinarono ancora, non sazi di quel contatto.
I seni di Sanae schiacciati contro i pettorali di Tsubasa, iniziarono ad avere un ritmo sempre più serrato.
I bacini inconsapevolmente uniti, guidati da una lussuria e un desiderio sempre più evidente.
Le mani stringevano tessuti come a volerli strappare e quel bacio che di fatto durò pochissimo, diede loro la sensazione di essere nati a nuova vita.
Una vita fatta di un NOI che aveva preso forza e consistenza e che niente avrebbe potuto dividere.
“Come faccio a lasciarti andare?” chiese nascondendosi nel suo collo.
“Come faccio io ad andare via?” domando accarezzandole i capelli.
“Meglio se te ne vai invece, potrei non rispondere più di me!” affermò nascondendosi di più e arrossendo vistosamente.
Tsubasa cercò di guardarla e la pungolò “La prendo come una promessa, la prima volta che proverai a fermarmi te la ricorderò!”
Alzò la testa di scatto “Spero proprio di essere una di quelle signorine perbene che fermano il proprio ragazzo o almeno, spero di riuscire a fingere di farlo, perché non credo proprio!” ammise con apprensione.
Si nascose ancora, sempre più rossa lasciando Tsubasa stordito e divertito.
Si avvicinò al suo orecchio e le sussurrò “Se non dovesse essere così, vuol dire che avrò a che fare con Anego, l’idea è particolarmente eccitante!”
Gli diede un leggero pugno sulla spalla, restando però con la faccia schiacciata nell’incavo del suo collo mormorò “Ma cosa dici? Sarebbe un disastro, non ne usciresti vivo!”
Poi lo guardò e scoppiarono a ridere.

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Capitolo 23
*** IMPROBABILI DETECTIVE ***


IMPROBABILI DETECTIVE
 
 
Tornò a casa di corsa, erano già due mesi che non lo vedeva, certo il loro rapporto era cresciuto ancora dopo quel bacio che preannunciava a un’escalation di passione, che Sanae aveva tutta l’intenzione di vivere.
Entrò in camera sua, si cambiò rapida e uscì di casa.
Si era trovata un lavoro, aveva deciso di mettersi dei soldi da parte per poter comprare un biglietto aereo per il Brasile.
Non ne aveva fatto parola con nessuno, neanche con Tsubasa.
Arrivata alla caffetteria e dopo essersi lavata le mani, infilò la divisa.
In sala rimase di stucco nel vedere Taro, Kojiro, Hikaru e Jun seduti a un tavolo.
Avvicinandosi incrociò le braccia contrariata “Cosa vi porto?” chiese con noncuranza.
“Nakazawa come… Come stai?” chiese Kojiro con timore, mentre nell’orecchio la voce di Genzo, attraverso l’auricolare, lo rimproverava “Così capirà subito che sapevate di trovarla lì, idiota!”
“Sanae ma cosa ci fai qui?” rimediò Taro e poi si tradì con “Non avevamo idea che… Ma lavori qui?”
Gli occhi di Anego divennero due piccole fessure e battendo il piede al pavimento, tamburellando con le dita sul suo stesso braccio aspettava che si decidessero a dirle la verità.
“Veramente speravamo di trovarti qui, o meglio speravamo di capire dove andassi ogni pomeriggio di corsa” iniziò ad argomentare Jun.
“Come sta Yayoi?” chiese nonostante l’irritazione.
“Be-Bene grazie!”
Provò a quel punto Hikaru “Qualche giorno fa Kojiro ti ha vista entrare qui e sai Tsubasa è diventato un po’ morboso, lui credeva…” il tamburellare delle dita e del piede diventò più intenso.
“No, no, è la strada sbagliata, non fatela arrabbiare” disse proprio Kojiro con impeto.
“Cos’è, hai paura della ragazzina?” lo canzonò Genzo sempre tramite l’auricolare.
“Scherzi? Hai presente che è di Anego che si tratta vero? Mi fa più paura lei che dover tirare un rigore alla finale dei mondiali!” sibilò pianissimo girandosi dal lato opposto alla ragazza, la quale però gli strappò l’apparecchio dall’orecchio e chiese “Perché tu non hai paura di me Genzo? Credi che i km possano salvarti? LO CREDI?”
“No… Non ti inquietare eravamo preoccupati per te e anche sfiniti da Tsubasa, se ti dico che è ossessionato che qualcuno ti possa avvicinare e che potresti capire di volere una vita più normale, ti calmeresti? Ne è terrorizzato!”
“Ma davvero? Quindi ha mandato degli improbabili detective a pedinarmi?” e spaziò con lo sguardo su tutti loro.
“Volevamo solo sapere se andava tutto bene” affermò Taro.
“Sto lavorando per mettermi qualche soldino da parte, niente di più!” affermò sicura.
“E perché non lo hai detto a nessuno?” chiese Hikaru con cautela.
“Per evitare proprio questo!” e li indicò.
“Cosa devi fare con i soldi?” chiese imprudente Genzo.
“NON SONO AFFARI TUOI, NEANCHE LA DISTANZA E’ CAPACE DI FARTI ESSERE MENO INVADENTE?”
“E tu perché hai tutti questi segreti?” le rispose.
“Perché sono una donna e custodisco mille sfaccettature!”
“Tu sei un maschiaccio e stai tramando qualcosa!” replico ancora.
“NON SONO AFFARI TUOI!” urlò e rise di gusto.

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Capitolo 24
*** APPARTENENZA ***


APPARTENENZA
 
 
“Tsubasa Ozora” questo si era limitata a dire quando, giunto l’orario della loro telefonata consueta, il capitano aveva risposto alla video-chiamata.
“A-Anego ti posso spiegare…”
“Sono tutta orecchie!”
“Vedi quel bacio in aeroporto, tu eri… Io ti ho sentita… Come mai… E sei bella, dannatamente bella… Però sei… Cioè tu appartieni… No aspetta così non va bene… Sto…Sto sbagliando parole…”
“Respira capitano e spiegati meglio!” impartì asciutta e perentoria.
“Un sorriso aiuterebbe…”
“Sbrigati!”
“Sono geloso! Con quel bacio in aeroporto ti ho sentita veramente mia, e non perché tu sia un oggetto di mia proprietà, ma perché mi completi… Ok sembra una frase da film, ma è vero, io e te ci apparteniamo e io sto impazzendo. Sei costantemente nei miei pensieri, in ogni istante della mia giornata, sei ogni mio respiro e non posso pensare che non parli con me e non mi dici le cose…”
“Sto lavorando per mettermi qualche soldino da parte…”
“E’ ammirevole, ma a cosa ti servono? Io… Io posso… Non sono ancora un professionista ad alti livelli, ma posso aiutarti, non me ne faccio niente se non posso condividere con te ogni cosa.”
Sanae a quelle parole non riuscì a trattenere un sorriso e gli vide fare un sospiro di sollievo, che la fece sorridere di più, però tornò alla carica, saperlo geloso le piaceva da impazzire.
“E così hai pensato di sguinzagliare quei cinque deficienti per farmi pedinare!”
“Tu non parli con me…”
“Neanche tu visto che hai chiesto a loro, dimostrandomi che non ti fidi di me…”
“Io mi fido ciecamente di te, è degli altri che non mi fido. Di tutti quei ragazzi che possono starti vicino a differenza mia, che potrebbero corteggiarti e farti…” si bloccò, la paura era lì silente ad aspettarlo, lo aveva imprigionato come accadeva da dopo quel bacio.
“E farmi cosa?”
“Farti capire che è troppo dura la lontananza, la tua storia con me, che potresti avere tutte le attenzioni che meriti e che io non posso darti pienamente. Che per quanto ci sia un sentimento fra noi tutto il resto è troppo grande da gestire e…”
“So gestire una squadra di ragazzini fissati con il pallone, credi che non possa gestire TUTTO IL RESTO?”
“Sanae meriti di più… Io…”
“Merito di vivere il mio sogno d’amore, che purtroppo per me coincide con l’avere te nella mia vita, perché sei tu ad APPARTENERMI, quindi attento a te e a tutte quelle smorfiose brasiliane che ti aspettano per chiederti l’autografo e magari toccarti anche.”
Sorrise Tsubasa, anche Sanae era gelosa. Era rincuorante, poi le chiese “Come cinque deficienti?”
“La prima donna era in collegamento estero, la distanza a quel ragazzo gli fa un baffo se deve impicciarsi.”
 Risero e si guardarono complici.
“Cosa devi fare con i soldi?” azzardò ancora.
“Comprare tutta una serie di completi intimi adatti ad una ragazza fidanzata, sai merletti, seta e trasparenze? Quel genere di cosa!”
Deglutì con gli occhi sbarrati e il sangue prese a circolare vorticoso.
 

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Capitolo 25
*** SENZA ANGELI CUSTODI ***


SENZA ANGELI CUSTODI
 
 
Sanae se ne stava seduta al suo posto, con la cintura chiusa ancora prima che l’hostess lo dicesse.
Era il suo primo viaggio, la prima volta che volava e la prima volta che faceva un qualcosa senza i suoi angeli custodi, gli amici di sempre.
I suoi genitori ovviamente lo sapevano, non avevano approvato quel riserbo nel non dirlo agli altri, forse perché erano abituati a considerare tutti i ragazzi della squadra, come una garanzie per evitare sciocchezze.
Sanae però, era stata cadegorica –DIRO’ CHE ANDRO’ DA NONNA PER QUELCHE GIORNO, QUESTA SARA’ LA VERSIONE UFFICIALE-
Non voleva intromissioni, si voleva godere la faccia incredula di Tsubasa nel ritrovarsela dietro la porta di casa.
Con la scusa di una lettera all’antica, su un vero foglio di carta, si era fatta dare l’indirizzo da Natsuko.
Seduta su quell’aereo, iniziava a vedere mille crepe nel suo piano perfetto: se non l’avesse trovato non avrebbe saputo dove pernottare, i soldi le erano bastati solo per il viaggio, certo aveva qualcosa nel borsellino, ma poco, molto poco.
Il pensiero di trovarlo in compagnia di qualcuno, o meglio qualcuna, iniziò a farsi strada nei meandri della sua mente.
Sapeva che Tsubasa non era il tipo da andare con la prima sciacquetta che capitava, ci aveva impiegato una vita a dichiararsi con lei, ma sapeva anche che le brasiliane non si facevano remore di sorta, che puntavano anche al mero divertimento fisico e poi a trovare il modo, eventualmente, di accalappiare il pollo di turno ci avrebbero pensato poi.
Quel dubbio nella sua testa diventava, minuto dopo minuto, sempre più persistente, scosse la testa più volte e si disse che sarebbe andato tutto secondo i piani, sarebbe stato bellissimo e romantico, come l’aveva immaginato più volte nelle settimane precedenti.
L’aereo si alzò in cielo e dopo poco riuscì ad addormentarsi.
Arrivata a San Paolo venne pervasa da un brivido nuovo, il calore di quella terra, i suoi colori, i sorrisi dipinti sui volti dei suoi abitanti, gli odori speziati, quell’allegria e spensieratezza rivelatrice in ogni gesto, la inebriarono.
Si diresse all’uscita con il suo bagaglio a mano, sarebbe rimasta pochi giorni ed essendo estate, gli indumenti non erano voluminosi.
Aveva portato qualche abito leggero, ovviamente i suoi completini intimi e due costumi, avrebbe chiesto a Tsubasa di portarla al mare.
Diede l’indirizzo al tassista e respirò profondamente cercando di non farsi prendere dal timore.
Giunta a destinazione, con estrema calma salì le scale esterne che l’avrebbero portata all’abitazione del suo capitano, ogni gradino era scandito da un battito del suo cuore, sempre più impaziente.
Alla porta riprese fiato e si asciugò il sudore sulla fronte, aveva la sensazione fosse gelato nonostante la calura.
Prese tutto il suo coraggio e bussò… Diverse volte, ma non c’era nessuno.
Tornò alla strada e inserì in google maps il nome dello stadio, era certa di trovarlo lì.

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Capitolo 26
*** LA PRIMA COSA PIÙ BELLA DEL MONDO ***


LA PRIMA COSA PIÙ BELLA DEL MONDO
 
 
Tsubasa era appena tornato da un ritiro, sceso dal pullman aveva preso subito a palleggiare.
Infilato il borsone a tracolla, si era avviato verso l’ingresso dello stadio.
“Ma non sei mai stanco?” chiese Pepe affiancandolo.
“Vi voglio riposati fra due giorni, Tsubasa soprattutto tu!” urlò Roberto.
“Non temere” rispose sorridendo e continuando a calciare la palla.
“Vuoi scambiare qualche tiro con me tornando a casa?” chiese Pepe meravigliandosi di se stesso.
“Stai bene?” lo canzonò lui.
“Tutta colpa tua, fai sembrare il calcio la cosa più bella del mondo” replicò piccato.
“E’ solo la seconda cosa più bella, la prima è solo mia!” affermò convinto.
 
Sanae era arrivata allo stadio e dal custode aveva saputo del ritiro, si sentì scivolare in un baratro, aveva sbagliato a non dirgli nulla; non sapeva cosa fare.
Si piegò sulle ginocchia stringendole, cercando di non lasciarsi trascinare da quelle emozioni negative che stavano, pian piano, affiorando in lei.
Respirò lentamente, si concentrò sul calore del sole che stava tramontando, ma dove sarebbe andata a dormire?
Respirò ancora, avrebbe trovato una soluzione.
Saper parlare la lingua la rincuorò, magari avrebbe potuto chiamarlo e chiedergli di dormire comunque nel suo appartamento.
Non poteva, avrebbe lasciato tutto per raggiungerla e lo avrebbe messo nei guai.
Il solo pensarlo le diede la sensazione di sentire la sua voce da lontano, si sollevò e iniziò a camminare, nel tragitto avrebbe pensato a cosa fare.
Si bloccò di colpo, questa volta era più chiara e più vicina, era certa non fosse nella sua testa, girò su stessa e lo vide scambiare dei passaggi millimetrici con qualcuno.
Avrebbe riconosciuto il suo capitano palla al piede ovunque.
Sentì il cuore gonfiarsi di gioia e lo chiamò a gran voce “TSUBASA!”
Lo vide arrestare il suo incedere e voltarsi a guardarla, incredulo e paralizzato.
I piedi si mossero lesti e in un battito di ciglia si ritrovò fra le sue braccia, che però non la ricambiarono, era come di marmo.
Alzò il viso per poterlo guardare “Ho avuto paura di non riuscire a vederti, il custode mi ha detto del ritiro, io… Volevo farti una sorpresa… Ma ho sbagliato avrei dovuto avvisarti…”
Lentamente mosse una mano fino a toccarle le labbra, le sfiorò cauto e le sue si allargarono in un sorriso meraviglioso prima di pronunciare “Sei proprio tu?”
Annuì e venne stretta forte, quel contatto raccontava tutto di loro: la sofferenza e la gioia, l’amarezza di non potersi vivere e l’immensità delle emozioni che provavano ogni qual volta riuscivano a stare insieme.
Sanae avvertì il cuore di Tsubasa battere all’impazzata e lì si accoccolò, baciandolo da sopra la maglia.
Pepe si schiarì la voce e affermò “Immagino sia la prima cosa più bella del mondo!”
Si allontanò quel tanto per presentargliela “E’ Sanae, la mia ragazza!”
“E’ un piacere conoscerti, ora però vi lascio, avete molto da… Recuperare” e si allontanò lesto.
La accarezzò ancora incredulo e la baciò con dolcezza.

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Capitolo 27
*** MI BASTI TU ***


MI BASTI TU
 
 
Arrivati a casa, Sanae aveva iniziato ad avvertire un po’ di nervosismo misto a timore.
Aveva immaginato diverse volte di poter vivere qualche momento di intimità con il suo capitano e in quelle fantasie, si era sempre dimostrata molto padrona di se stessa.
Ricordava le parole dette in aeroporto, le sembravano lontanissime dalla realtà: era certa che se avesse provato un qualsiasi contatto per arrivare allo step decisivo, lo avrebbe fermato.
Se ne rammaricò, era andata fin lì anche per quello, non poteva negarlo, non poteva di certo mentirsi…
“Sanae se hai bisogno di fare una doccia, ho sistemato in bagno ciò che ti potrebbe servire, io nel frattempo preparo la cena” la distrasse Tsubasa.
“Sì grazie, il viaggio e la passeggiata fino allo stadio sono stati estenuanti… Vado!”
Prese il bagaglio a mano e si chiuse in bagno.
Quando ne uscì, aveva ancora i capelli bagnati, faceva caldo in Brasile o forse, era lei che stava andando a fuoco, non riusciva a capirlo.
“Ti posso aiutare?” chiese avvicinandosi a un super indaffarato capitano.
“No, ho fatto tutto. Ceneremo in terrazza, va a sederti, ti raggiungo subito.”
Fece per allontanarsi, ma venne afferrata per la vita e costringendo i loro corpi ad unirsi, la baciò con dolcezza.
Le labbra calde e morbide, quel modo delicato e sensuale che aveva di intrecciare le loro lingue, la mano aperta sulla sua schiena a spingerla maggiormente contro di lui, la fecero rabbrividire e vennero spazzati via tutti i suoi dubbi.
Avrebbe vissuto tutto senza farsi troppi problemi, e se veramente non fosse stata pronta, avrebbe solo dovuto dirglielo.
Avrebbe capito e avrebbe aspettato i suoi tempi.
“Sono così felice che tu sia qui, mi basta questo! Mi basta poterti stringere e baciare, non chiedo altro e non devi sentirti in obbligo di fare nulla. Mi basti tu!” le disse allontanandosi da lei.
“Come fai a… Sapere sempre quel… Quel che mi passa per la testa?”
“In base a chi ho di fronte. Ora sei la mia dolce Sanae, quella che arrossisce guardandomi, che affolla la propria mente con mille dubbi, che mi tocca quasi con paura… Non devi fare niente, niente che tu non voglia. Te lo ripeto: mi basti tu!”
Avvolse il viso di Tsubasa e lo baciò con trasporto, alzandosi sulle punte e costringendolo ad indietreggiare, gli fece perdere quasi l’equilibrio.
Un’incontrollata voracità l’aveva colta e doveva darle sfogo, l’amore che provava per lei lo percepiva in ogni suo gesto, ogni sua parola e in quegli occhi argentei, che tanto le facevano perdere la testa.
Quando si divisero, le disse “Se… Se le al-Alterni così… Così rapidamente però mi… Mi confondi” e prese fiato.
Tornò ad appoggiare tutto il piede a terra e argomentò “Non lo so cosa succederà, cosa ti concederò e cosa pretenderò, ma di certo voglio addormentarmi con il sapore dei tuoi baci, il calore della tua pelle e la stretta rassicurante di un tuo abbraccio.”
“Qui-Quindi dormirai con me? Io…”
Lo baciò ancora.

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Capitolo 28
*** OPERA D'ARTE ***


OPERA D’ARTE

 

Avevano cenato con tranquillità, avevano chiacchierato un po’ di tutto, Tsubasa aveva riso quando aveva scoperto che nessuno, tranne la famiglia, sapeva che Sanae era lì.
Avevano immaginato la faccia stupita e irritata di Genzo quando avrebbe saputo, che la ragazzina, come la chiamava lui, aveva eluso i suoi controlli e non solo, era addirittura volata altrove.
“Me lo rinfaccerà per anni” aveva risposto lei sconsolata di fronte a quelle risate allegre.
Era felice, non credeva sarebbe stato tutto così semplice.
Certo parlare lo era sempre stato per loro, ma erano tutte le attenzioni in più che non credeva sarebbero state così naturali.
Ogni volta che Tsubasa si alzava per andare a prendere qualcosa in cucina, si chinava depositandole dei baci dolci e delicati.
La cercava continuamente fisicamente, sfiorandole una mano, facendole una carezza o semplicemente spostandole qualche ciocca agitata da un venticello piacevole.
Aveva bisogno di convincersi che non era un sogno, che era lì con lui, che anche se per poco, avrebbero potuto viversi come coppia.
Dopo cena, avevano riordinato sempre continuando a giocare e a chiacchierare e poi, si erano seduti su una sdraio.
Si era meravigliato quando Sanae aveva preso posto fra le sue gambe e prendendogli le braccia si era fatta stringere, accoccolandosi maggiormente al suo petto.
Così, anche se nessuno li sentiva, avevano preso a parlare sottovoce, Tsubasa le sfiorava il viso con il suo mentre sussurrava al suo orecchio con un timbro suadente e rilassante.
Poco prima di addormentarsi in quel bozzolo di protezione, gli aveva detto che avrebbe voluto andare al mare, che aveva portato con sé dei costumi che voleva fargli vedere.
Aveva annaspato, cercando di ricordare se l’avesse mai vista con indumenti succinti, ma l’unica volta che avevano organizzato una sorta di scampagnata, si era fatto male alla caviglia e alla fine avevano rimandato optando per una cena tutti insieme.
Rimase sotto le stelle con Sanae addormentata fra le braccia per qualche altro minuto, era come incantato dai lineamenti delicati e dalle linee aggraziate della sua ragazza.
Certo era bella, ma non era quello, crescendo stava diventando una piccola opera d’arte, un viso di porcellana con un nasino all’insù, le labbra come una ciliegina succosa, gli occhi espressivi e con le ciglia lunghe e folte.
Le prese una mano, affusolata e perfetta ma minuta se messa a confronto con la sua, se la portò alle labbra e la baciò piano.
La pelle di seta e rosea, una silhouette minuta sì, ma con un seno che stava crescendo e la rendeva sicuramente meno ragazzina.
Non aveva nulla del maschiaccio che dicevano era.
Allontanò quei pensieri quando un brivido lo colse alla base della nuca e il desiderio di averla, iniziò a serpeggiargli sottopelle.
Divaricò maggiormente le gambe, poggiando i piedi a terra e facendo forza la prese in braccio, facendo attenzione a non svegliarla.
La adagiò sul letto, baciandole una tempia e ammirandola per qualche altro istante, prima di andare a fare una doccia fredda

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Capitolo 29
*** LASCIAMI ***


LASCIAMI
 
 
Tsubasa aveva indossato il pigiama, che in genere non usava e si era infilato adagio nel letto, cercando di non farla svegliare.
Aveva il cuore che batteva come impazzito, le mani gli sudavano e sentiva la bocca arsa.
L’idea di poterla abbracciare e dormire con lei lo inebriava e lo turbava, non sapeva fino a che punto si sarebbe saputo controllare.
Come Sanae lo avvertì vicino, gli si accoccolò nel petto.
Dopo pochi minuti una piccola e delicata mano scese lungo il suo torace, andando alla ricerca di qualcosa.
Tsubasa deglutì e per salvaguardare entrambi da gesti avventati, l’avvolse nella sua.
Quel contatto la destò, alzò il capo e sbattette le palpebre più volte, poi gli domandò “Mi sono addormentata mentre parlavamo, vero?”
“Sì, ma non preoccuparti…” non terminò il pensiero, Sanae si era divincolata e aveva ripreso a muovere quella mano sul suo addome e ancora gliela aveva bloccata con la sua.
Tornò a guardarlo confidandogli “Voglio, io voglio… Sentire il contatto con la tua pelle, voglio… Voglio solo toglierti la maglia!”
La dolcezza nel timbro della sua voce lo fece emozionare, si sollevò quel tanto che bastava per potersi sfilare l’indumento e nel farla accoccolare ancora a lui, sentì distintamente le labbra di Sanae baciarlo all’altezza del cuore.
Un bacio delicato e sensuale che lo fece tremare, poi gli disse “Buonanotte mio capitano!”
Le baciò la testa e accarezzandole piano la schiena lasciò che si assopisse ancora.
 
Aveva trascorso buona parte della notte ad ammirarla, non poteva farne a meno e quando finalmente era riuscito ad addormentarsi, era sazio di quella visione celestiale.
Al risveglio aveva ripreso a guardarla almeno fino a quando non si era destata e non ricordava più come, ma avevano iniziato a farsi il solletico e a prendersi a cuscinate, fino a quando non si era ritrovato sopra di lei per bloccare ogni sua iniziativa.
I capelli scomposti sparsi sul materasso, gli occhi ancora assonnati, le gote rese rosse dalle risate e dallo sforzo di riuscire a colpirlo, la bocca curvata in un sorriso fra il dolce e il malizioso, ai suoi occhi la rendevano ancora più bella.
Si chinò piano a cercare quelle labbra di miele e le lambì con delicatezza prima e poi, man mano che il sangue cambiava circolo, pretese di più.
In pochissimo si ritrovarono ansanti a guardarsi come se uno dei due avesse dovuto fermare l’altro.
Una gamba di Sanae risalì lentamente quella di Tsubasa, attirando la sua attenzione per poi tornare a cercare quegli occhi incantatori.
“Lasciami i polsi!” gli ordinò sussurrando a un niente dal suo orecchio, sfiorandogli appena il lobo.
“Non posso, non sto bloccando te ma me, se ti lascio avrò le mani libere e io…”
“Lasciami” sussurrò ancora.
La liberò poggiando i gomiti lateralmente al suo viso.
Sanae gli accarezzò le braccia e seguì la linea della spalle muscolose, vedendo quelle pozze argentee man mano diventare liquide e il respiro diventare sempre più impetuoso.
Era tutto perfetto e ripresero a baciarsi.
 

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Capitolo 30
*** LA FUGGITIVA ***


LA FUGGITIVA
 
 
Quei baci stavano diventando troppo vogliosi, le mani troppo smaniose di toccare e di stringere, i corpi si cercavano in un lascivo scivolarsi reciproco sull’altro.
Tsubasa si sollevò mettendosi seduto e portando Sanae cavalcioni su di lui, insinuò una mano sotto la canottiera sottile, iniziando un lento risalire portandosi dietro l’indumento, senza mai smettere di baciarla.
Era minuta fra le sue braccia, ma quel corpo che stava diventando donna lo faceva impazzire di desiderio.
Sentirne i seni sodi premuti sui suoi pettorali, era come annegare nel mare del desiderio.
Quando con l’altra mano scese verso i glutei, avvolgendo una natica a palmo pieno, per poi stringerla e imprimere la sua impronta attraverso gli indumenti, comprese che avrebbe dovuto fermarsi, non ne sarebbe stato capace se avesse aspettato ancora.
La voce di Sanae, che si era allontanata per riprendere fiato, lo placò ulteriormente “Tsu-Tsubasa io… Io…”, le gote imporporate e le labbra gonfie per quei baci smaniosi, il timbro tremulo e quel lieve irrigidimento del corpo lo fermarono, non voleva affrettare le cose ma era difficili reprime la voglia di sentirla sua.
“Al mare, tu vuoi andare al mare” terminò per lei allentando il suo abbraccio e sentendola rilassarsi nuovamente.
“Sì” lo guardò dispiaciuta e aggiunse “Non è che non voglia… Ecco io ti… Ti voglio… Però…”
“Nessun però, va tutto bene non ti devi giustificare, forse dovrei essere io a scusarmi… Solo… E’ difficile resisterti, sei diventata così bella e io sono fortunato a poterti avere nella mia vita.”
Sanae lo baciò ancora con calma, prendendogli il viso fra le mani e assaporando quella bocca che la faceva impazzire.
Tsubasa con estrema fatica evitò di toccarla e quando lei si allontanò le disse nuovamente “Al mare, oggi andiamo al mare e…” nella stanza si sentì una voce che conoscevano bene, espandersi e diventare sempre più forte –RISPONDIMI! TI HO DETTO RISPONDIMI! HAI UNA FRAZIONE DI SECONDO PER RISPONDERMI!- la suoneria preannunciava una telefonata di Genzo.
“Ma che diamine…” cercò di chiedere Sanae e Tsubasa saltando giù dal letto le disse “Non riesco a toglierla, è impossibile cambiarla” e fece spallucce.
Rispose in vivavoce e dall’altro capo “Passamela!”
“Ciao Genzo, sto bene grazie, tu come stai?”
“Mhmhm” una pausa e ancora “Passamela!”
“Chi?”
“La ragazzina che crede di potermela fare.”
“Non capisco.”
“Mi stai innervosendo!”
“Tu mi stai divertendo e comunque ora sto andando al mare…”
“Se chiudi prendo il primo volo e vi vengo a rovinare la vacanza romantica. Divertente un pigiama party tutti e tre.”
Sanae rise e gli domandò “Mi stai proponendo una cosa a tre? Non sono quel tipo di ragazza!”
“Eccola la fuggitiva…”
“La fuggitiva deve andare al mare…”
“Sei forse impazzita? Adesso si fa così? Senza dire nulla… E se ti fosse successo qualcosa?”
“Sono viva e comunque cosa vuoi?”
“I dettagli!”
“Il volo è stato…”
“Quelli peccaminosi.”
“Scordatelo…”
“Che amarezza… Mi raccomando niente nipotini!”
“Cosa?”
“Prendete precauzioni!”
Avvamparono entrambi mentre Genzo rideva di gusto.
 

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Capitolo 31
*** SEI PER ME PER SEMPRE ***


SEI PER ME PER SEMPRE
 
 
 
 
Arrivati in spiaggia Sanae come una bambina iniziò a giocare con le onde che  si infrangevano sul bagnasciuga, Tsubasa la guardava come ipnotizzato, ed era ancora vestita.
Vestita... Per lui era una parola inappropriata visto la minigonna che aveva indossato.
Quando finalmente si bagnò i piedi, la pelle le si increspò e lui venne pervaso da un brivido.
Lo raggiunse e con fare tranquillo iniziò a svestirsi.
Tsubasa vide la scena come a rallentatore, quella piccola porzione di stoffa scivolò leggera sulle gambe della sua Sanae, rivelando a lui e al mondo la perfezione di quelle gambe toniche e quel sedere sodo coperto da pochissimo tessuto, con al di sopra due graziose fossette di Venere, che lo lasciarono senza salivazione.
Toccò poi alla canottiera che scoprì il seno stretto nel reggiseno del costume,  che come aveva già notato era diventato più tornito, regalandole un corpo armonioso e sicuramente meno da ragazzina.
Tentò ancora di deglutire ma con scarso successo, provò allora a parlare “ Sa-Sanae tu... Forse... No-Non è troppo, io vedo troppa pelle... Vedo troppo in... In generale...”
“Sono in costume, cosa ti aspettavi?”
“Un... Un costume meno costume e più... Più... Più coprente non ce l’hai?”
Rise divertita avvicinandosi e sfilandogli la maglia “Spiegati meglio capitano!”
“Io... È solo che... L’oceano è... È freddo e tu... Tu potresti prendere un raffreddore ecco!”
“Vuol dire che entrerai in acqua con me e mi stringerai per non farmi prendere questo tremendo raffreddore che ti preoccupa tanto.”
“Tu... Io... Va bene, ma quando usciamo ti avvolgerò in un bel telo dal collo in giù!”
“Fammi capire, questo raffreddore colpisce solo le ragazze? O solo le giapponesi? O solo me?” rise ancora trascinandolo con sé.
Tsubasa vide ancora la pelle di lei incresparsi, portandosi un po’ più dentro l’acqua, la prese in braccio facendola avvinghiare a lui con le gambe.
Con i visi vicinissimi e continuando ad immergersi iniziò a baciarla, dapprima dolcemente, poi una volta dentro fino alle scapole divenne più esigente,  beandosi di quella pelle che rabbrividiva man mano che si bagnava di più.
Si immerse piegando le ginocchia, senza staccarsi da quella bocca e stringendo maggiormente quel corpo al suo.
Tornarono in superficie e ripresero fiato, alle loro spalle la spiaggia si stava popolando ancora di più ma loro, loro erano nella loro bolla, non esisteva nulla.
“Non ti voglio dividere con nessuno… Voglio tu sia solo mia, per sempre… Tu sei per me e lo sarai per sempre!” disse come a proporle di sposarlo, come fosse una promessa di qualcosa che sarebbe accaduto senza possibilità di errore, presto o tardi sarebbe accaduto.
 
 

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Capitolo 32
*** TSUNAMI TSUBASA ***


TSUNAMI TSUBASA
 
 
Quelle parole in mare erano state veramente una promessa, erano nuovamente in Brasile insieme, stavano disfando tutti i pacchi del trasloco di Sanae, dopo essersi sposati.
Tsubasa la guardava e ancora non riusciva a credere di essere riuscito a sposarla.
Glielo aveva chiesto in un campo da calcio, mentre i loro amici di sempre, festeggiavano la vittoria.
Forse era stato banale, forse avrebbe potuto organizzare tutto meglio e renderlo più romantico, ma non ne aveva avuto il tempo.
L’anello lo aveva con sé e quando si era reso conto che la gioia che provava per quell’ennesima partita vinta, non era appagante perché l’avrebbe dovuta lasciare ancora, era stato preso da un impulso irrefrenabile.
L’aveva allontanata da tutti e, stranamente, l’unico posto tranquillo era stato proprio il campo da calcio, che fino a poche ore prima era stato gremito di tifosi esultanti.
L’aveva baciata con desiderio, l’aveva stretta a sé e gli aveva sussurrato “Sposami! Ti prego sposami!” e poi si era inginocchiato, con gli occhi resi liquidi dall’emozione e dal desiderio, la bocca tremante come le mani protese verso di lei a mostrarle l’anello.
La meraviglia di Sanae gli aveva dato modo di argomentare ancora “Sposami perché niente è veramente bello se non posso averti con me, perché sei ogni mio respiro e perché voglio essere per te in ogni tuo giorno. Il calcio, le vittorie sono ciò che faccio, ma non hanno nessun valore senza di te, perché tu sei ciò che sono. Tu sei parte di me, io non posso più andare via e lasciarti… Sposami perché sei il mio unico e immenso amore e…”
“Sì, sì che ti sposo!” e si erano baciati e abbracciati, erano caduti sull’erba e si erano baciati ancora.
Il matrimonio era stato organizzato in fretta perché si era rifiutato di tornare in Brasile senza di lei.
Un uragano avrebbe avuto meno ripercussioni, Kojiro era ancora traumatizzato e Genzo continuava a scuotere la testa ogni volta che si sentivano.
Taro, Jun e Hikaru non erano venuti meno alla loro indole, pur essendo stati travolti dallo tsunami Tsubasa, avevano mantenuto il sangue freddo ed erano riusciti ad essere come sempre provvidenziali.
Kojiro si era presentato al matrimonio accompagnato da una ragazza che sembrava riuscire a domare la tigre ed era stata la curiosità della giornata.
Genzo non le aveva dato tregua ed era rimasto piacevolmente colpito dal modo di Maki di tenergli testa, cosa che però non le era riuscito con la sposa, che era stata capace di carpirle più di qualche dettaglio.
Inutile dire che erano diventate molto amiche e che, tutti i ragazzi della nazionale, le temevano non poco quando erano tutte insieme.
Tsubasa tornò a guardare sua moglie che cercava di mettere un po’ di ordine fra quelle scatole e dava indicazioni a tutti.
Era lì, non si sarebbero più separati, le sue ali erano spiegate e non le avrebbe richiuse.
Si avvicinò e le sfiorò il collo con le labbra “Signora Ozora…”
 
 

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Capitolo 33
*** INIZIARE... ***


INIZIARE…
 
 
 
Erano marito e moglie da una settimana, da cinque giorni erano tornati in Brasile, la loro vita insieme era iniziata, ma non avevano ancora raggiunto l’intimità tanto agognata.
Aveva conquistato piccoli tasselli alla volta, ma Sanae per quanto fosse anche Anego, aveva delle insicurezze e delle paure radicate.
Tsubasa si sera dimostrato paziente e molto comprensivo, lei lo aveva consolato con altro, ma adesso si sentiva in dovere di andare fino in fondo.
Purtroppo però, era come bloccata.
Anche quella notte si erano coccolati e lui le aveva chiesto “Perché hai paura di me?”
“No… No, io… Non di te… Io… Perdonami.”
“Non c’è nulla che debba perdonarti, ma parla con me, vorrei capire in cosa sto sbagliando…”
Non lo fece finire lo riempì di baci e si scusò ancora, la strinse forte a sé e cercò ancora una strada per farle esprimere quel disagio.
“Amore parliamone magari riusciamo ad esorcizzare la paura.”
“Io non lo so, mi piace quando mi tocchi, ma ecco io, ormai conosco il tuo corpo e tu… Tu sei tanto, ho… Ho paura del dolore che… Che potrei provare, io… Tu… Secondo me non ci entra!”
Lo aveva detto in modo così buffo che Tsubasa non riuscì a trattenersi dal ridere, l’abbracciò di più e si scusò per quella reazione incotrollata.
Man mano però i suoi baci divennero più caldi, le sue mani iniziarono ad accarezzarla con maggiore veemenza e si ritrovò sopra di lei.
Iniziò a baciarle il collo e le sussurrò dolcemente “Gli uomini e le donne sono fatti per unirsi, io e te siamo fatti l’uno per l’altra, i nostri corpi e le nostre anime sono una cosa sola indipendentemente da tutto” la guardò e piano la baciò.
Un bacio languido, dolce, come solo lui sapeva essere, come solo con lei poteva essere.
“Non voglio tu abbia paura di me.”
“Scusami!”
Negò con la testa e le sfiorò le labbra muovendosi sopra di lei come ad accarezzarla anche con tutto il corpo, le sussurrò ancora “Noi potremmo iniziare a provare, senza fretta, saprò controllarmi” e una mano scese morbida verso il centro del suo piacere.
Dopo averla stimolata senza mai smettere di baciarla e farle sentire tutto il suo amore, la invase con le dita, lei scattò come una molla.
“Cosa c’è? Hai sentito dolore?” con tono rassicurante.
In realtà non ne aveva sentito, ma non se lo aspettava e si era irrigidita.
Scosse la testa in un no e le domandò ancora “Bene! Non ti piacciono le mie coccole? Siamo noi, sai che non ti farei mai del male, lo sai vero?”
Annuì mentre quell’intrusione si faceva più profonda e il suo corpo iniziava a reagire.
 

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Capitolo 34
*** ENTRARE IN CAMPO ***


ENTRARE IN CAMPO
 
 
La tanto agognata prima volta c’era stata ed era stato come rendere carne quel sentimento.
Fra paure e qualche dolore, Tsubasa era riuscito, parlandole e tranquillizzandola ad ogni passo, a fare vivere a entrambi la versione più autentica del loro amore: EMOZIONI E SENSAZIONI!
Da quella prima volta ce n’erano state tante e ogni volta, era sempre più appagante e intenso, era un modo per diventare l’uno parte dell’altro e viceversa, un modo per respirare, sentire e toccare l’anima dell’altro.
Sanae si era ambientata bene in Brasile, aveva ripreso la scuola e aveva grandi progetti per se stessa e per Tsubasa, ma non era mai voluta andare allo stadio.
Intorno a loro si era creato molto clamore e si erano sprecati, giudizi e polemiche, sulla scelta di sposarsi così giovani.
Tsubasa le aveva parlato più volte senza riuscire a convincerla che per quanto potessero attaccarlo, lui era felice e che avrebbe rifatto la stessa scelta all’infinito.
A un certo punto gli era però sorto il dubbio che fosse lei quella infelice e così, quel giorno, prima di recarsi alla partita, quasi con timore glielo aveva chiesto.
Lo aveva baciato fino allo sfinimento per convincerlo del contrario, gli aveva ricordato che era ancora la ragazzina che faceva il tifo, innamorata da sempre solo di lui.
Non era sicura di averlo rasserenato, aveva bisogno di trovare il coraggio, aveva bisogno di Anego.
Si guardò allo specchio e la rivide mentre cuciva la bandiera, mentre intrecciava il bracciale portafortuna… Era lì, era lei.
Si fiondò all’armadio e cercò, con una certa agitazione, qualcosa in una scatola.
Quando la trovò sentì di essere pronta a raggiungerlo, chiamò Roberto e gli chiese come fare per non passare fra la folla.
Giunta al campo, prese la fascia rossa che stringeva fra le mani e la annodò dietro la testa, fece un bel respiro e quando proprio Roberto la salutò dicendo “E’ un piacere rivederti ANEGO!”  e le fece l’occhiolino scortandola all’interno, comprese di essere pronta.
Arrivati ai margini del rettangolo verde li vide mentre si stavano riscaldando e quando Tsubasa inforcò il pallone e scattò, le fu impossibile reprimersi “FAMMI SOGNARE CAPITANO.”
Come in passato, quell’incitamento lo fece inciampare, facendo scoppiare tutti a ridere.
Roberto la esortò “E’ meglio che vai a verificare le sue condizioni.”
“Posso? Posso entrare in campo?”
“Certo, lo stadio è ancora vuoto, c’è solo qualche giornalista, ma credo che ANEGO sia pronta a tenergli testa!”
Annuì e oltrepassò la linea bianca, ad ogni passo si sentiva più sicura, come per Tsubasa, quello era il suo ambiente, l’erba sotto i piedi le dava sempre la stessa conferma: CASA!
Lo raggiunse e si chinò “Capitano è mai possibile ti faccia sempre lo stesso effetto?”
Gli occhi brillanti del marito che le rispondeva “Sempre e mi auguro per sempre!” la fecero emozionare.
Lo aiutò a rialzarsi e gli disse “Mi dispiace non essere mai venuta, ma avevo bisogno di …”
“ANEGO!” affermò sfiorandole appena la fascia rossa.

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Capitolo 35
*** IDEE CHIARE E DISQUISIZIONI ***


IDEE CHIARE E DISQUISIZIONI
 
 
Al termine della partita, quando Tsubasa uscì dagli spogliatoi, i giornalisti ebbero la possibilità di immortalare il primo bacio pubblico della coppia.
Lei stava parlando con Roberto, si mosse in automatico, le si avvicinò e le cinse la vita e quando si voltò ebbe l’occasione per baciarla.
“Amore ti sembra il caso?” chiese intimidita, più dalla presenza di Roberto che dagli altri.
Tsubasa allora le sussurrò all’orecchio “Mi sono addirittura controllato!”
Divenne rossa e cercò di dargli le spalle, vennero attorniati dai giornalisti e furono costretti a rispondere a varie domande, soprattutto sulla loro vita privata.
Sanae in quel momento si sentì in difficoltà e decise che non avrebbe mai più accettato di provare quel senso di inadeguatezza.
 
Da quella partita erano passati due anni e si stavano dirigendo in Giappone per le selezioni Asiatiche, avrebbero fatto il ritiro in Patria e poi avrebbero affrontato le varie squadre.
Sanae si era diplomata e si era iscritta all’università, cosa che aveva fatto anche Tsubasa, scegliendo una facoltà che aveva a che fare con lo sport, invece lei un indirizzo che le permettesse di diventare il procuratore del marito e anche il suo legale.
Erano cresciuti e avevano entrambi le idee chiare, ognuno aveva il proprio sogno da alimentare e raggiungere, ma vissuti con l’approvazione e l’incoraggiamento dell’altro.
Scesi dall’aereo uno stuolo di giornalisti era in attesa di strappare qualche parola alla coppia, qualche scoop succulento.
La Signora Ozora aveva attirato l’attenzione nelle settimane precedenti, non aveva seguito il marito come suo solito e le supposizioni si erano sprecate.
Ovviamente la più quotata era una gravidanza.
Venne subito travolta sia fisicamente che a parole ed era stata pronta nel rispondere “Se fossi stata veramente incinta? Non vorrete farmi diventare Anego appena arrivata?” così aveva zittito tutti, facendo ridere il marito e dando al megalomane egocentrico che era con loro, la possibilità di riprendersi le attenzioni.
“Vi prego signori abbiate pietà, non Anego, non dopo tante ore di volo!” risero e aggiunse “Ma vi pare che se fossi diventato zio non avrei provveduto ad acquistare un continente al mio nipotino?”
“Wakabayashi mi deludi, solo un continente? Io pensavo ad un pianeta o una galassia” lo provocò Kojiro che era arrivato prima, insieme al resto della squadra.
“Effettivamente non è da te fare scelte così misere!” aggiunse Hikaru.
“Parliamo di una futura promessa del calcio mondiale, che avrà noi come padrini!” aggiunse Taro.
“Ehi mi state dando dello spilorcio?” chiese Genzo.
“SI’!” il coro fu unanime e fece ridere tutti i presenti.
“Invece quando sarà il momento sarà una bellissima principessa che avrà noi come madrine!” replicò Yayoi spezzando la risata a tutti i maschietti.
Genzo deglutì e riferendosi a Tsubasa “Non ti permettere a fare femmine, io voglio un nuovo SGGK!”
“Ti faccio notare che nel caso sarebbe mio figlio e non capisco perché dovrebbe fare il portiere.”
Continuarono a disquisire sull’argomento facendo ragionamenti improponibili, con i giornalisti che avevano smesso di prendere appunti e se la ridevano allegramente.

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Capitolo 36
*** CAMBIAMENTI ***


CAMBIAMENTI
 
 
 
Da quelle qualificazioni era passato un anno, un anno di grandi cambiamenti, Tsubasa e Sanae era volati in Spagna.
Il trasferimento a Barcellona era stato impegnativo, Tsubasa in un primo momento aveva dovuto dimostrare il suo valore, giocando in seconda squadra, ma Sanae gli aveva dato il conforto e la grinta per affrontare l’ennesima sfida che la vita gli proponeva.
Inizialmente avevano fittato una casa in un piccolo fabbricato dai colori sgargianti, l’avevano scelto perché gli trasmetteva allegria, anche se avevano acquistato una villa in riva al mare bisognosa di un restauro capillare.
Alla fine i lavori erano terminati e loro si stavano trasferendo.
“Sanae?”
“Amore sono al piano di sopra”
Salì in fretta i gradini ed arrivò trafelato nella loro camera da letto.
“Ciao Amore” disse sorridendogli.
“Cosa stai facendo?” chiese avvicinandosi furtivo.
“Cosa c’è? Perché sei così strano? Cosa hai combinato capitano?”
Scoppiò a ridere “Sei una mal pensante, non ho fatto nulla!”
“Tu ne combini SEMPRE una, quindi di grazia cosa hai fatto?”
Tsubasa la raggiunse sul pavimento, costringendola a stendersi, sovrastandola.
“Ti ho mai detto a quest’ora che ti amo?” le chiese sorridendole prima di baciarla con passione.
“Non ricordo, sai mio marito è sempre troppo impegnato fra partite e allenamenti, mi sento molto trascurata!” rispose mettendo un broncio adorabile.
“Non credo proprio possa trascurarti, tu sei la sua priorità ora e per sempre!” la baciò ancora scivolando con una mano lunga la coscia e facendola rabbrividire.
Le sorrise nuovamente “Vedo che certe cose non cambiano, nonostante siano passati 3 anni!”
“Perché non la smetti di parlare capitano e coccoli tua moglie?”
Si alzò di scatto “Non posso, dobbiamo andare!” e rise vedendo la faccia smarrita di Sanae.
“Io ti odio quando fai così! Antipatico e spietato di un capitano” gli tirò dietro diversi cuscini ornamentali.
“Mi farò perdonare, però ora andiamo!”
“Sono impegnata, non posso venire con te adesso!” rispose con stizza.
“Ma tu devi, con le buone o con le cattive, Anego!”
Serrò gli occhi e lo minacciò “Stai cercando il conflitto? Sai che non puoi vincere con lei, sai che Anego ti atterra, vero?”
“Non vedo l’ora, ma dopo, ora andiamo!” e se la mise sulle spalle portandola di sotto.
“Mettimi giù immediatamente Tsu…”si ammutolì vedendo le ragazze della nazionale sedute sul divano di casa.
“Il Capitano ha detto che vi serviva una mano con il trasloco, che non hai voluto persone estranee e volevamo tanto riabbracciarvi” spiegò Yayoi sorridendole.
“Ragazze io… Che bello vedervi!” e si catapultò su di loro.
“Oddio Sanae così ci soffochi” l’ammonì Maki.
“Sanae ti prego mi stai stritolando” le disse Yoshiko.
Qualcuno si schiarì la voce e borbottò “Non sono mai stato trattato con così poco riguardo!”
Sollevò gli occhi e si ritrovò anche i ragazzi che depositavano enormi pacchi sul pavimento.
“Avete deciso di aprire un B &B? E poi ero io il megalomane! Ma parliamo di cose serie, avete messo in cantiere il FUTURO SGGK?”
 
 

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Capitolo 37
*** NON CHIEDERE, PER CARITA'! ***


NON CHIEDERE, PER CARITA’!
 
 
 
Li aveva tutti in casa, li poteva guardare ridere e giocare, punzecchiare Anego, fare arrossire Yayoi, sfidare Maki con il conseguente terrore negli occhi di Kojiro.
I continui battibecchi fra Yukari e Ryo, le battute infelici di Genzo proprio su quest’ultimo, la pacatezza di Taro che poteva trasformarsi in un’arma letale, la razionalità di Jun coadiuvata da Hikaru con la sua concretezza, lo facevano sentire ricco e, incomprensibilmente, lo riportavano a quel giorno che dal belvedere aveva sfidato Genzo.
Era nato tutto da una sfida, erano stati tutti prima rivali e poi… Poi avevano iniziato a condividere un sogno, un sogno incomprensibile per quel mondo che avevano deciso di stravolgere.
Loro, degli asiatici, che ambivano alla vetta più alta del panorama calcistico.
Sanae lo raggiunse e lo abbracciò sussurrando “Ci saranno sempre e insieme cambierete il modo di intendere il calcio giapponese.”
La strinse, non sapeva come faceva, ma era in grado di leggergli l’anima, forse ne era capace perché la condivideva con lei.
“Dopo averci sfruttato tutto il giorno meritiamo una bel falò in spiaggia!” richiamò la loro attenzione Genzo.
“Bella idea portierone!” si intromise una voce fuori dal coro.
Tutti si voltarono e videro Kumi sulla soglia d’entrata che asserì “Le porte vanno chiuse, dove credete di vivere, in un piccolo villaggio giapponese?”
“Guardate chi è arrivata l’ape regina, ovviamente a cose già fatte, la solita sfaticata!” la pungolò Ryo.
“Non è colpa mia, ho perso la coincidenza e non è valso a nulla fare il nome di Anego, non è ancora abbastanza famosa” le si avvicinò e le spiegò il suo piano per la scalata alla notorietà “Ascolta a me Sanae dai una discendenza al capitano, fra qualche anno potrai divorziare e puntare addirittura all’imperatore, allora sì che il tuo nome farà tremare il mondo, oltre al SGGK!” e lo cercò, ma non ebbe la reazione desiderata.
Taro cercò Kojiro, che a sua volta si girò verso il capitano, quest’ultimo provò ad incrociare lo sguardo di Genzo, che però si alzò dicendo “Devo fare una telefonata, scusate!”
Maki lo osservò bene, era una volpe lei e sorrise raggiungendo Kumi “Raccontaci della vacanza con i tuoi!”
“E’ andata bene, abbiamo visitato l’Europa, vengo adesso dal Portogallo!”
“Mi interessano i paese freddi, quelli in cui ci si può scaldare… Che ne so? Magari corpo a corpo!”
“Io… Io non ho… Non ho capito!”
Sottovoce le sussurrò “Io invece sento che c’è stato del sesso!”
Kumi avvampò e Maki “Signore stasera i ragazzi se ne staranno in spiaggia, mentre noi leggeremo un Harmony con la piccola Kumi.”
“Ma di cosa stanno parlando?” domandò Tsubasa ingenuamente.
“NON CHIEDERE, PER CARITA’!” il coro fu unanime da parte dei ragazzi.
 
 
 

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Capitolo 38
*** NOVE! ***


NOVE!
 
 
Era rientrato in sala, ma Genzo non aveva cambiato il suo atteggiamento, durante la cena Tsubasa e Taro gli si erano seduti di fianco, facendolo stranamente irrigidire.
Così Taro gli aveva messo una mano sulla spalla, come a volerlo rassicurare che non avrebbero fatto domande scomode.
Le ragazze avevano continuato a tartassare di domande la povera Kumi, che in un primo momento era sembrata in difficoltà, ma poi aveva riacquistato la strafottenza.
Kojiro continuava a tenere sottocchio Genzo, il quale sembrava essere seduto su una sedia rovente, all’ennesima battuta mirata ad una sua reazione che però non era arrivata, la tigre ruggì “ALZATI, VIENI CON ME!”
Lo seguì, arrivati in giardino proseguirono oltre i cancelli e arrivarono in spiaggia, camminarono per un po’ mani in tasca e in silenzio, ad un certo punto Genzo “Mi vuoi portare in un posto appartato per farmi in mille pezzi e darmi in pasto ai pescecani?”
“Allora sai ancora sia parlare che fare l’idiota?”
“Come?” finse.
“Ci hai fatto sesso e adesso non sai come stanno le cose fra voi?”
Nessuna reazione.
“Tu cosa vorresti?” provò ad indagare.
Silenzio.
“Non vuole niente, pensa che IO voglia qualcosa. Genzo ti voglio bene ma lo sai, era una cosa in sospeso fra noi, uno sfizio che volevamo toglierci entrambi. Rilassati, non voglio niente!”
“Ooookkkk io sono decisamente di troppo!” disse Kojiro.
“Puoi restare, non ho nulla da nascondere IO!” replicò asciutta.
“Lo so che non vuoi niente, o meglio adesso non vuoi più niente, perché…”
“Stai cadendo in un discorso pericoloso e poiché non sei santo neanche tu SGGK, FINISCILA!” lo avvisò.
“Karl ha un debole per te e vorrebbe avere il tuo numero, ma avevo paura che avresti potuto pensare cose sbagliate, in realtà Karl non sa cosa è successo fra… Io non l’ho detto a nessuno…”
“SEI UN COGLIONE, ALTRO CHE FUORICLASSE, UN DEFICIENTE”
“Anche megalomane ed egocentrico” bofonchiò Kojiro fra un colpo di tosse e l’altro.
“EHI!”si lamentò lui.
“Credo le piaccia Karl!” gli suggerì la tigre.
“Ti piace Karl?”
“Non lo so dillo tu a me! Un ragazzo bello, occhi di ghiaccio e biondo, praticamente un principe che però è già imperatore…”
“E PERCHE’ DIAVOLO NON ME LO HAI DETTO PRIMA?” e si incamminò contrariato verso casa, entrò nuovamente nella stanza da pranzo continuando ad urlarle contro “INVECE DI FARE LA SPLENDIDA PER TUTTO IL TEMPO, NON POTEVI ESSERE CHIARA?”
“STUPIDO PALLONE GONFIATO, TU MI HAI EVITATO DA QUANDO SONO ENTRATA QUI DENTRO, COME FACEVO A DIRTELO?”
“QUANDO MAI IL MIO COMPORTAMENTO TI HA FERMATA?”
“HAI RAGIONE AVREI DOVUTO PRENDERTI A SCHIAFFI DA SUBITO, MA HO PENSATO DI NON FARTI FARE QUESTA PESSIMA FIGURA DAVANTI AI TUOI AMICI”
“TI RICORDO CHE SONO ANCHE I TUOI E CHE SANNO CHE SEI COMPLETAMENTE PAZZA…”
Maki fischiò come la peggiore delle camioniste e chiese “VOTO RECIPROCO?”
Guardandosi e all’unisono “NOVE!”
“PERO’!” e partì l’applauso.
“Nove cosa?” chiese Tsubasa.
“E pretendi ti faccia lui il futuro SGGK?” chiese Kumi facendoli ridere.

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Capitolo 39
*** FOLLIA ***


FOLLIA
 
 
 
Sanae se ne stava sotto l’ombrellone a guardare Genzo sollevare Kumi per poi buttarla in acqua, fra le urla di disappunto della ragazza.
Sorrise, erano troppo simili per poter diventare coppia, mentre faceva quelle riflessioni Taro si sedette al suo fianco affermando “Sembrano più fratello e sorella, è come se l’aver fatto sesso avesse eliminato qualsiasi forma di attrazione fra loro.”
“Stavo pensando la stessa cosa e… Secondo me, non le piace veramente Karl, sai quante gliene farebbe passare? Ci vuole qualcuno calmo che la faccia maturare, che le insegni a riflettere, qualcuno che nonostante conosca il suo temperamento non ne abbia paura, anzi…”
“Jun è impegnato, non vorrai sfasciare una coppia, non mettere a rischio le conquiste sportive della nazionale giapponese cortesemente.”
Lo spintonò appena rispondendo “Ok, fingiamo di non capire… Se preferisci così…”
“Kumi è pericolosa, potrebbe portarmi alla follia, ci tengo alla mia sanità mentale, ma non ti nego che ogni tanto qualche fantasia la faccio!” si alzò e le chiese “Vieni a fare il bagno?”
“No!”
“Farò finta di non aver notato il tuo colorito pallido e quelle occhiaie che non ti ho mai visto, oltre al fatto che spesso assumi un’espressione disgustata senza guardare Ryo!”
“Taro?!”
“Lo so, è più una battuta da Genzo, ma ci stava bene adesso” le fece l’occhiolino e aggiunse “Tu sai di essere la mia migliore amica, vero? Ci sarò sempre per te!”
Si alzò e lo abbracciò.
“Posso sapere perché stai molestando mia moglie?” la voce del capitano arrivò allegra e canzonatoria.
“Perché posso!” si limitò a rispondere.
“Dobbiamo rivedere queste concessioni, non sono molto d’accordo su queste confidenze!” cominciò a riflettere a voce alta.
Jun e Hikaru ne approfittarono per prenderlo di peso e buttarlo in acqua.
“Ehi ma che modi? Io sono IL CAPITANO!”
Kojiro fece una pernacchia che rimbombò per tutta la spiaggia e poi disse “Era una vita che lo volevo fare!” facendo ridere tutti.
Tsubasa uscì dall’acqua e scambiandosi un’occhiata complice con Taro si accostò alla moglie “Cosa succede? Non ti senti bene neanche oggi?” chiese sfiorandole con le labbra la spalla sinistra.
“E’ solo un po’ di stanchezza, il caldo…”
“Domani andremo dal medico!”
“Tu sei impegnato con la presentazione del nuovo Mister, ho già chiesto alla mamma di Pinto di accompagnarmi, non ti preoccupare!”
“Io vado a salvare Kumiko, Genzo certe volte dimentica che è una ragazza!”
“Taro attento a non scottarti… E non sto parlando del sole!” Tsubasa serio.
“Allora la tontaggine è solo apparenza?”
“Ci tengo alla mia metà in campo, il senso di protezione è più forte della tontaggine!”
Mentre Misaki si allontanava Sanae “Secondo me ci vorrebbe un po’ di brio nella sua vita!”
“Sì, ma lo porterebbe alla follia!”
“E cosa ci sarebbe di male, potrebbe rendergli la vita più interessante. La follia ti fa anche prendere un volo ad insaputa di tutti, per raggiungere in Brasile, il ragazzo del quale si è innamorati!” lo baciò con tenerezza.
“Quella è una sana follia.”

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Capitolo 40
*** NON MI FREGHI! ***


NON MI FREGHI!
 
 
Se ne stava lì, fra le gambe del suo capitano, con la luce tremula della fiamma del falò che avevano fatto in spiaggia. Poggiata di spalle al suo torace e con la testa su un braccio, che la avvolgeva come fosse una coperta.
La voce di Tsubasa l’aveva sempre trovata melodiosa e accompagnata dallo sciabordio delle onde, era un ottimo sonnifero, si lasciò cullare.
Dopo non molto si sentì sollevare di peso, aprì di poco un occhio e chiese “Mi porti a letto?”
“Sì, stai dormendo e non voglio farti prendere freddo!”
“Resterai con me?”
Le sfiorò appena la fronte con le labbra e sussurrò dolcemente “Sei tu che resterai con me per sempre!”
“Per sempre!” bisbigliò a sua volta sbadigliando.
Nel salire le scale la strinse di più al petto e baciava piano la tempia, il mento, il naso e quando la depose sul letto, cercò le sue labbra, sulle quali le sussurrò “Ti amo!”
“Per sempre!” bisbigliò ancora.
La spogliò delicatamente e le mise la camicia da notte, si sistemò di fianco a lei e lasciò che gli si accoccolasse nuovamente.
Era preoccupato, la sua Sanae non stava bene e cosa ancora più insolita, si addormentava spesso e a qualsiasi ora. L’abbracciò forte sussurrando “Hai detto per sempre, non dimenticarlo!”
 
Taro osservava Maki e Kojiro, erano una coppia veramente singolare, non avrebbe saputo dire chi dei due aveva il comando, chi dei due aveva più carattere, chi amava più l’altro.
“Cos’è quel sorrisino?” gli chiese Kumi sedendosi al suo fianco.
“Sono un tipo romantico e quei due sono molto ben assortiti!”
“Più di Sanae e Tsubasa?”
“Bhe credo siano alla pari!”
“Addirittura?”
“Sì, direi di sì!”
“Sai dovresti dirmelo!” esordì convinta.
Taro la fissò con un’espressione inquisitoria e lei proseguì “Che ti piaccio!”
“Non è un mistero se lo sai, quindi non c’è alcun bisogno che io te lo dica!”
Si imbronciò appena e lui spingendole la fronte con l’indice “Non metterai una spunta vicino al mio nome nella tua lista. Non mi puoi avere mi dispiace!”
“Non ho nessuna lista e poi chi dice che ti voglio?”
Le sorrise e le baciò una guancia aggiungendo “Forse fra cinque o sei anni, se mi vorrai ancora e se sarai sazia di esperienze e follie, ti concederò di farmi impazzire, ora però devo rimanere concentrato!”
“Lo sai che sei più megalomane di Genzo?”
Scoppiò a ridere e la spintonò con una spalla, inclinando un po' la testa per cercare i suoi occhi.
“Ok, però potresti fare il cavaliere e riscaldarmi?” sciorinò irritata.
Taro si sfilò la giacca e gliela mise sulle spalle, lei chiuse gli occhi e inspirò il suo profumo “Il tuo profumo è per me l’odore dei ricordi!”
La guardò.
“Ho sempre lavato io la tua divisa, e nonostante il sudore, profumava!”
“Non mi freghi Kumi!” e le spinse nuovamente la fronte.
“Antipatico, è vero quello che ti ho detto, l’ho reso solo un po’ più sdolcinato!”
“Non mi freghi ugualmente!”
Sbuffò contrariata.

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Capitolo 41
*** TI FIDI DI ME? ***


TI FIDI DI ME?
 
 
Si era svegliata da una decina di minuti e si era persa a guardarlo: il suo capitano l’avvolgeva in un bozzolo di protezione e come sempre, le sue labbra le sfioravano la pelle.
Probabilmente era l’alba, la luce iniziava a filtrare dalle finestre facendo cadere la stanza in una sorta di magico candore, come se tutto fosse fra veglia e sonno.
I capelli di Tsubasa la facevano sempre sorridere, costantemente in disordine e quando dormiva, tendevano ad ammassarsi e a creare mucchietti informi.
Passò una mano nella folta chioma per cercare di dargli un verso unico e nel farlo si avvicinò di più, il suo profumo era afrodisiaco per lei, gli sfiorò la bocca con la sua e in un attimo Tsubasa la portò sotto di lui.
Aprì gli occhi lentamente, gustando l’aria e facendo schioccare la lingua, inspirò l’odore di sua moglie e adagio la baciò.
Le labbra si assaporarono e si mangiarono senza fretta, pian piano si cercarono anche con le lingue che si rincorsero in una danza sinuosa e appagante.
La mano destra di Tsubasa scivolò morbida lungo il fianco sinistro di Sanae, alla ricerca dell’orlo della camicia da notte, dopo averlo trovato si portò al di sotto di essa e rifece lo stesso percorso accarezzandola con delicatezza, facendole increspare la pelle.
I loro corpi agirono da soli, e mentre quei baci diventavano sempre più appassionati e le mani sempre più vogliose, si fusero.
I cuori impazziti animati dal desiderio e dalla voglia di donarsi all’altro completamente, i respiri resi corti dall’incapacità di coordinare anche l’ossigenazione, le bocche turgide e insaziabili che davano il ritmo a quell’appartenenza fisica che portava il sangue in un circolo frenetico e trovava pace solo al raggiungimento del massimo piacere.
“Buongiorno!” sussurrò Sanae ancora ansimante.
Tsubasa se la portò addosso e accarezzandole i capelli e baciandole la fronte “Buongiorno a te amore mio!” e la guardò quasi stranito.
“Che c’è? Non ti è piaciuto come risveglio?”
“Se dipendesse da me, farei l’amore con te sempre, ma ecco tu… Non che me ne stia lamentando, anzi… Però ecco… Sei diventata più… Cioè lo vuoi fare… No, non mi sto esprimendo bene” prese un respiro profondo “La mattina hai più voglia rispetto a prima che preferivi altri momenti…”
“E ti dispiace?”
“NO, NO!”
Sanae scoppiò a ridere e lo pungolò “Cos’è ti sto sfinendo? Non ce la fai?”
“Ehi, non mi sembra proprio di aver avuto cedimenti!”
“Non ancora!” e continuò a ridere.
Fece per alzarsi ma la trattene “Amore, sono preoccupato, passi dall’essere stanchissima a questi momenti e non so… Non so cosa pensare…”
“Ti fidi di me?”
“Certo ma…”
“Nessun ma, fidati non c’è nulla di cui preoccuparsi, oggi il medico mi dirà che sto bene, vedrai.”
“Cercherò di tornare a casa prima che posso…”
“Mi troverai qui ad attenderti!” lo prese per mano “Ok, ora vieni a fare la doccia con me?”
Sgranò gli occhi e lei aggiunse “Ho ancora voglia!”
“Nessuna cura per questo, intesi?!” e la prese in braccio.

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Capitolo 42
*** STO BENISSIMO! ***


STO BENISSIMO!
 
Se ne stava lì, fuori il cancello del giardino, con un sorriso ebete a fissare la porta d’ingresso, oltre la quale sapeva di trovare gli amici di sempre ad aspettarla.
Tsubasa sarebbe tornato più tardi e lei, voleva restare immobile dove si trovava, ancora per un po’.
La mano sinistra a stringere il cancello, la gamba destra piegata come a voler fare il passo, il corpo proteso in avanti in un principio di movimento, ma in realtà continuava a non farlo.
Erano i suoi 15 minuti di gloria o meglio di felicità privata, intima e personale.
La brezza marina la stava accarezzando delicatamente facendole accentuare il sorriso, una bella sensazione di calore a scaldarle il cuore l’aveva convinta a raggiungere gli altri.
Entrata in casa si era scontrata con una leggera penombra, i ragazzi erano fra il patio del giardino che dava verso il mare e il grande salone.
Era emozionata, era bello saperli lì, perché alla fine c’erano sempre nei momenti più importanti.
Sorrise a Taro che la stava guardando, poi, allargando il suo campo visivo “Buonasera a tutti!”
Lo aveva cercato ancora per dargli una muta conferma, limitandosi ad annuire, era certa avesse intuito tutto.
Taro ebbe l’istinto di andare ad abbracciarla subito, ma l’irruenza dell’ingresso di Tsubasa in casa che la chiamava a gran voce, lo aveva fermato.
“SANAE, SANAE?”
“Capitano le scarpe!”
Tornato sui suoi passi le aveva tolte per poi correre ancora verso la moglie.
“Tsubasa il pallone!”
Non si era accorto che lo aveva ai piedi, andato nuovamente all’ingresso lo aveva depositato nel suo angolo ed era tornato in salone sempre più trafelato, portandosi dietro una pianta e una lampada che era riuscito a salvare in extremis.
“Tsubasaaaa!”
“Le ho salvate, sono integre!” con una mano dietro la testa per scusarsi per la sua irruenza “Come stai? Cosa ti ha detto il dottore? Devi fare ulteriori accertamenti? Perché Jun ci può… Lui ha diverse conoscenze, io… Tu… Dimmi che stai bene!” tentando di sbrogliare il filo della lampada attorcigliato al braccio.
“Sei un disastro capitano, posa quella roba e vieni a lavarti le mani, ma prima saluta i nostri amici!”
“Buonasera ragazzi!”
“CAPITANO!” in coro loro.
“Sanae rispondimi!”
“Le mani Tsu, ma dove le hai lasciate le buone maniere? Spero vivamente che nostro figlio non assimili certi comportamenti!”
“Certo le mani…” si era imbronciato e stava camminando come un automa, ma il silenzio in cui era piombata la casa lo aveva bloccato.
Si era voltato piano, quasi con timore, i sorrisi sornioni sulle facce di Taro e Jun erano la sua conferma.
Sanae lo attendeva vicino al lavabo della cucina con il sapone in mano e una faccia divertita, l’aveva raggiunta lesto e l’aveva sollevata urlando “FIGLIO? E’ DI QUESTO CHE SI TRATTA? AVREMO UN FIGLIO?”
“Sì, sono incinta e sto benissimo!” mentre veniva baciata e fatta girare.
Un singhiozzare non molto contenuto li aveva riportati dai loro amici, certo non si aspettavano di imbattersi in una scena da film comico...
 

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Capitolo 43
*** LANA E SALINA ***


LANA E SALINA
 
 
Genzo e Kojiro se ne stavano seduti sul divano a tirar su con il naso, guardando nei due lati opposti.
“Sono allergico!” si giustificò la tigre sentendosi osservata.
“A cosa?” chiese il Sggk.
“Alla lana!” replicò asciutto.
“Siamo a giugno e non c’è lana nei paraggi!”
“Mi basta pensarla!” rispose cercando di guardare in alto per fermare le lacrime e aggiunse “Tu invece?”
“Il… Il sale, il mare e il sale, i capelli mi gocciolano negli occhi e…”
“I tuoi capelli sono asciutti idiota!”
“Peggio, mi cade direttamente il sale.”
“Hai praticamente una salina in testa.”
“Esatto, non immagini, è un grande problema!” e anche lui poggiò la testa allo schienale cercando di rimediare a quel crollo emotivo.
Qualcuno soffiò il naso con vigore e disse “Due cazzoni questo siete! Non siete meno uomini se ammettete di esservi commossi, io lo sono…” e si soffiò nuovamente il naso.
“Hikaru!” si limitarono a dire il suo nome e quello “Capitano, Sanae congratulazioni!”
“Gra-grazie!”
“Quanto varranno le lacrime di questi maschioni?” si domandò ad alta voce Kumi.
“Bhè se riveli anche il motivo, secondo me vivresti di rendita” rispose Yoshiko.
“Non posso fare questo a Tsubasa, è stato il mio primo amore. Il primo amore non si tradisce mai!”
Sanae si schiarì la voce battendo un piede ritmicamente, mentre il marito era diventato rosso.
“Che c’è? La metà della golden comby fa il prezioso e quindi il capitano non può essere spodestato!” argomentò.
“Ti ho detto che non puoi avermi Kumi, almeno non per i prossimi anni!” rispose Taro avvicinandosi alla coppia.
“Visto? E’ odioso, addirittura più di Genzo!”
“Che vuoi dire? Io non sono odioso!” rispose iniziando a battibeccare, mentre gli altri abbracciavano e si complimentavano con i futuri genitori.
Quando toccò a Kojiro, questi si commosse ancora.
“Cos’è, stai pesando ancora alla lana?” lo pungolò Genzo.
“No, pensavo che sa che esiste altro oltre al calcio, è bello quando dei piccoli psicopatici con disturbi compulsivi nei confronti del pallone, crescono.”
“Così mi terrorizzi però. Uno: come conosci certi termini? Due: potrebbe anche avere lo scopo di sfornare figli finché non avrà popolato il mondo con tanti piccoli psicopatici con la sua stessa ossessione.”
Kojiro lo fissò e poi cercò Tsubasa che stava replicando “Vi ricordo che voi siete ossessionati dal calcio quanto me…”
“Sì ma sei tu il folle che per migliore amico ha un pallone!” lo zittirono tutti.
“Ma… Ma… Ma…”
“Tsu hanno ragione loro!” affermò Sanae prima di baciarlo e scoppiare a ridere con gli altri.
“Signora Ozora sono stata buona buona fino ad ora…” iniziò Maki “Ora però, PRETENDO I DETTAGLI!”
“Sì infatti, dicci cosa ti ha detto il medico precisamente!” approvò Yukari.
“Ma quale medico? Io voglio sapere dove, come e quante volte per concepirlo!”
Tsubasa mancò lo sgabello sul quale si stava sedendo riuscendo però a rimanere in piedi, Maki lo guardò e infierì “E quante volte ti fatto ha gridare il suo nome!”
Le ginocchia non lo ressero e cadde.
 

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Capitolo 44
*** PRIMO, VERO, GRANDE AMORE! ***


PRIMO, VERO, GRANDE AMORE!
 
 
 
Guardava sua moglie fare i soliti gesti, ogni sera prima di rifugiarsi fra le sue braccia, preparava con calma gli indumenti del giorno seguente per entrambi.
Non era mai riuscito a capacitarsi del perché lo avesse aspettato, perché fosse bastato quel -NON DIMENTICARMI- a tenerla incatenata a lui.
Certo glielo aveva detto per un motivo ben preciso, quella frase non era stata casuale e sapeva che l’avrebbe fatta reagire e forse, lo sperava, l’avrebbe legata a quel sentimento che era certo ci fosse fra loro.
Sapeva che era nato nel momento esatto in cui si erano visti per la prima volta, ma lui l’aveva capito solo quando era inciampato nel pallone dopo un suo incoraggiamento.
Poteva inciampare e cadere in ogni momento, ma non con il pallone ai piedi e quello era stata la prima volta che aveva sentito il cuore perdere diversi battiti e poi partire in una corsa folle.
Era rimasto stordito, non aveva capito cosa fosse quell’agitazione, ma ogni giorno passato in compagnia di Sanae, gli aveva dato qualche piccolo indizio su cosa si potesse celare dietro.
Quando lo aveva accompagnato dal medico e avevano attraversato il parco, aveva sentito quella forza trascinarlo verso un baratro e per paura, le aveva chiesto di andare allo stadio a vedere la partita.
I pomeriggi passati a casa a studiare poi, erano diventati nel tempo sempre più difficoltosi, spesso aveva dovuto sopprime il desiderio di toccarla, toccarla veramente.
Forse la sua vera occasione, nonostante cercasse di mostrarsi sempre indifferente, era stata proprio nella sua stanza, quando il problema alla caviglia gli aveva impedito la convocazione immediata ai mondiali juniores. Si era svegliato e se l’era ritrovata lì a massaggiargli il piede, ma c’era stato qualcosa che lo aveva fatto vibrare e quando una volta alzato, lei lo aveva trattenuto tirandogli la maglia restando alle sue spalle, aveva sperato di trovare il coraggio, di dirle che lei e solo lei, era tutto per lui.
Il suo primo, vero, grande amore!
Quella telefonata aveva spezzato il momento e poi, le solite paranoie sulla sua imminente partenza avevano fatto il resto, lasciando che quell’attimo perfetto svanisse e restasse un E SE per molto tempo.
Alla fermata, alla sua partenza, l’emozione era stata tale da incatenarlo, il doverla lasciare lì era stato doloroso quanto un tiger shot in pieno petto. Gli era mancato il respiro e l’unica cosa che era riuscito a pensare era che non avrebbe voluto lasciarla.
Il suo sogno stava per realizzarsi, tutto quello per cui aveva lavorato duramente, per cui aveva dovuto ingoiare delusioni e infortuni era a un passo, doveva solo prendere quel pullman, eppure lui era in bilico, titubante.
“Perché mi guardi così?” gli chiese Sanae.
“Eu te amo!” e fece un passo verso di lei “Te quiero!” un altro passo ancora “I love you!” arrivatole davanti mise una mano sul ventre della moglie e sorrise.
 Poco prima di baciarla si meravigliò nel sentirle dire in giapponese “NON DIMENTICARMI!”
 
 
 
 

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Capitolo 45
*** L'ECO DI UN BATTITO ***


L’ECO DI UN BATTITO
 
I loro amici erano dovuti partire tutti, Tsubasa li avrebbe voluti tenere a Barcellona per sempre.
Li avrebbe voluti avere fuori dalla porta dello studio ginecologico, per poter correre da loro e condividere la gioia che avrebbe vissuto nel giro di pochi attimi.
Era seduto sullo sgabello con le mani in mezzo alle gambe a stringere l’imbottitura del sedile, si girava a destra e a sinistra e irrequieto come mai continuava a cercare lo sguardo rassicurante di Sanae, placidamente in attesa della prima visita.
Sembrava trasudare una soave serenità, come se la notizia di avere una vita dentro di sé le avesse dato una sorta di immunità all’agitazione, almeno così credeva Tsubasa.
Nella mente di Sanae invece, si affollavano mille domande, prima fra tutte se quella piccola creatura che portava in grembo fosse sana, poi i dubbi relativi alla sua futura capacità di prendersene cura, ma le bastava guardare gli occhi gioiosi del marito per tranquillizzarsi.
Era come un bambino, non lo aveva mai visto così ed essendo cresciuti insieme, conosceva bene la sua parte fanciullesca, quella che gli permetteva di meravigliarsi delle cose semplici della vita.
Era come in estasi, come se potesse toccare con le dita la consistenza delle nuvole, come se l’arcobaleno fosse una strada da poter percorrere, come se nulla potesse renderlo più felice di così.
Sorridendogli lo aveva visto perdere l’appoggio delle braccia rischiando di cadere, fortunatamente era riuscito a rimanere in equilibrio e proprio in quel momento, era entrato il dottore seguito dall’assistente.
“Quale onore avere fra i miei pazienti la famiglia Ozora, si capisce che sono un suo grande ammiratore… Signora Ozora?”
Tsubasa perse nuovamente l’appoggio facendo ridere i presenti.
“Che c’è, non può essere un mio ammiratore?” aveva chiesto lei pungolandolo.
“Certo, solo io… io sono un po’ nervoso…”
Il dottore con calma aveva seguito tutta la prassi: guanti, gel e improvvisamente la stanza si era riempita di un rumore che pareva un battito, particolarmente accelerato e soprattutto, con una sorta di eco.
Gli occhi del capitano si erano riempiti di lacrime e mentre allungava una mano per accarezzare quella della moglie, il dottore aveva argomentato “Stanno bene e sembra tutto in ordine, dovrebbe essere alla undicesima settimana e se guardate qui” indicando lo schermo “Li potete vedere.”
Tsubasa si era voltato di scatto fissandolo con una faccia interrogativa e rimanendo come in bilico, sospeso.
“Cosa c’è campione, non vuole vedere i suoi figli?”
FIGLI era plurale, il cuore del capitano del Giappone si era ingrandito nel suo petto, l’emozione l’aveva inebetito al punto da non riuscire a coordinarsi, cadere a terra era stato inevitabile mentre ripeteva “Figli? Due? Plurale? Miei, cioè nostri?” cercando di arrampicarsi allo sgabello per mettersi in ginocchio e guardare quell’uomo che gli aveva appena detto qualcosa di inimmaginabile.
“Sì, aspettate due gemelli! Il sesso non lo posso ancora dire, ma che siano due non c’è dubbio. Ascolti bene…” aveva aumentato l’audio e ora quell’eco si distingueva nettamente in un secondo battito.
 
 
 

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Capitolo 46
*** PARLA CON ME ***


PARLA CON ME
 
Dopo la notizia Tsubasa aveva baciato ripetutamente le mani della moglie, avrebbe voluto stringerla a sé, ma non voleva interferire con la visita. Dopo quel primo momento di commozione e gioia, sia lui che Sanae avevano ascoltato il ginecologo con attenzione. La preoccupazione primaria era la salute di tutti e tre, ma come sempre, la sua consorte, lo aveva preceduto nel porre le domande.
Durante il tragitto in macchina per tornare a casa, l’aveva tenuta d’occhio, all’apparenza era serena, però era solo quello: apparenza.
Sapeva come indagare.
Giunti a casa le aveva aperto lo sportello e porto la mano, una volta dentro l’aveva vista sedersi sul divano e avviare il pc, probabilmente voleva fare una telefonata di gruppo per dire a tutti la grande novità.
Lui era salito al piano di sopra, era entrato in bagno, aveva acceso le lampade di sale himalayano e le candele profumate, aveva aperto l’acqua e iniziato a far riempire la vasca. Ci aveva versato qualche goccia di olii essenziali e dei petali di fiori secchi, aveva scelto con cura le palline effervescenti, selezionando quelle che più piacevano a Sanae, riponendole sul ripiano era tornato da lei.
Le aveva porto nuovamente la mano invitandola “Vieni con me.”
“Non chiamiamo i ragazzi?”
“Dopo” doveva prima comprendere cosa la preoccupava.
Salendo le scale, mano nella mano, l’aveva condotta in bagno e dopo averla abbracciata facendole poggiare la schiena al suo petto, aveva cominciato a baciarle il collo lentamente, mentre le mani le aprivano i bottoni della camicetta sussurrando con quel suo tono caldo e morbido “Rilassiamoci un po’, abbiamo avuto una notizia estremamente emozionante.”
Sanae lo guardava dal riflesso dello specchio farle scivolare l’indumento dalle spalle e spostare le mani alla cerniera della gonna a tubino, il tutto senza smettere di baciarla e avvolgerla a sé.
Rimasta in biancheria intima, si era spostato in avanti e cercando le sue labbra l’aveva racchiusa per sganciarle il reggiseno.
Poi senza nessun preavviso l’aveva presa in braccio e immersa in acqua, solo dopo le aveva sfilato ad adagio le mutandine di pizzo.
Si era voltato per prendere le palline effervescenti e lasciandole nel palmo della mano, le aveva accompagnate al di sotto dell’acqua per farle dissolvere.
Aveva sollevato il piede destro di Sanae a con movimenti calcolati aveva iniziato a massaggiarlo, regalandole quel relax che le aveva fatto poggiare la schiena alla vasca e chiudere gli occhi, sciogliendo tutti i muscoli.
“Parla con me” aveva detto con tono dolce ma autoritario.
“Cosa vuoi sapere, capitano?”
“Quali sono i pensieri che affollano la tua testa in questo momento, le preoccupazioni…” cambiando piede aveva proseguito “Lo so che non sarà facile, due in un colpo solo, ma so anche che non è questo che ti spaventa, quindi parla con me.”
Sanae aveva sorriso rimanendo ad occhi chiusi, adorava quando Tsubasa la viziava e soprattutto quando senza neanche sapere quale fosse il problema, riusciva a infonderle quella sicurezza di cui aveva bisogno.
“Impazzirai per loro.”
“Sono già impazzito, ma per VOI!”
 
 

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Capitolo 47
*** NO ***


NO
 
 
Tsubasa era riuscito a farle esternare tutte le sue preoccupazioni: come l'essere lontani dalle loro famiglie e la possibilità di ritrovarsi sola durante il parto. A conti fatti, lui sarebbe stato impegnato con le Olimpiadi. Non si era scomposto minimamente, anzi, nel tempo necessario ad asciugarle i capelli, aveva riflettuto e al termine aveva affermato "Chiederemo fino a quanti mesi, durante la gravidanza, si può viaggiare in aereo e ti porterò in Giappone, così non sarai sola."
Sanae aveva finalmente sciolto gli argini, voltandosi per stringersi al suo petto aveva iniziato a singhiozzare vivendo la parte felice di quella notizia, poiché quella frase le aveva cancellato ogni remora. 
"Saranno due, due Tsu, ti rendi conto?"
Asciugandole le lacrime e baciandole la fronte "Secondo te Genzo e Kojiro reggeranno alla notizia?" si erano guardati ed erano scoppiati a ridere.
Scesi al piano di sotto, si erano seduti sul divano, dalla parte della chaise longue.
Lei fra le gambe di lui, poggiata al suo torace e con il pc sulle cosce aveva avviato la chiamata di gruppo, senza calcolare gli eventuali fuso orari.
Kojiro era stato il primo a rispondere, era sul tapis roulant.
"Credo sia meglio che tu scenda da lì" una voce femminile fuori campo, era Maki che si stava allenando poco distante "Ciao novelli genitori, allora?"
"ALLORA?" avevano chiesto in coro gli altri appena collegati.
"Stiamo bene!" aveva esordito timidamente Sanae, "Tutti e TRE" aveva aggiunto Tsubasa.
Hikaru si era passato una mano sulla fronte rimproverando il capitano "Hai passato troppo tempo con Genzo, sei diventato un megalomane, cosa c'entri tu?"
"Ehi!" si era lamentato il portiere, che però aveva un’espressione inquisitoria. 
"Infatti non parlavo di me" aveva risposto Tsubasa mentre il suo sorriso si allargava maggiormente "Intendevo loro tre" e aveva indicato Sanae, felice e sempre più intimidita, e la sua pancia.
 Avevano visto Kojiro fermarsi e allontanarsi dall'inquadratura, portato via dal tappeto sotto i suoi piedi, al contempo avevano sentito un tonfo e Genzo era scomparso, seguito a ruota dalla tigre che era andata a sbattere al muro dietro di sè.
Genzo riapparendo aveva urlato "GEMELLI?"
Gli altri che non avevano capito subito, avevano poi sgranato gli occhi fra le urla di gioia delle ragazze.
kojiro si era lasciato scivolare lungo la parete, era sembrata una scena a rallentatore con Genzo che gli urlava “TIGRE NON PUOI SVENIRE, SE DOVESSERO ESSERE FEMMINE CHE FARAI?”
Di scatto si era rimesso dritto e avvicinandosi con fare minaccioso allo schermo “Voi non avrete due gemelle. Due femmine: no” agitando la chioma e negando con l’indice “Non ne farete neanche una di femmina, questa nazionale deve ancora vincere i mondiali…”
“E le Olimpiadi” Genzo.
“Almeno un paio” Hikaru.
“E cosa c’entrano le mie bambine?” aveva domandato il capitano.
“C’ENTRANO, NON POSSIAMO ESSERE IN CARCERE E ANCHE IN CAMPO!”  in coro i tre.
“Quindi sono femmine?” Taro era entusiasta mentre Kojiro era nuovamente al muro e lentamente scivolava giù.
“TIGRE, MA ALLORA!” lo aveva rimproverato Genzo, facendo ridere tutti.
 
 

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Capitolo 48
*** MASCHI ***


MASCHI
 
 
L’ultima partita amichevole della nazionale, prima delle Olimpiadi, era stata l’occasione perfetta per accompagnare Sanae in Giappone. La gravidanza era già avanti e loro avevano saputo il sesso delle creature che sarebbero nate, da diverso tempo, ma non aveva detto nulla proprio in virtù di quella rimpatriata generale.
Tsubasa e consorte erano giunti al residence in taxi, il giorno seguente li avrebbero raggiunti i genitori e Sanae sarebbe rientrata con loro.
Ai cancelli avevano trovato pochi giornalisti, ai quali avevano risposto con educazione senza dilungarsi troppo per poi superare le alte siepi, al di là delle quali, si erano imbattuti in una portantina, con tanto di ragazzoni pronti a sollevarla. Uno di questi si era avvicinato affermando “Signora Ozora, il Signor Wakabayashi non vuole farla stancare, pertanto siamo al suo servizio.”
La bocca spalancata ed incredula di Sanae si era piegata in un broncio di disappunto quasi immediatamente mentre borbottava “Ma come si permette, sono incinta non invalida, ora mi sente quel pallone gonfiato” e aveva aumentato il passo come a fare una maratona.
Entrata nella hall, dopo aver messo a fuoco gli amici di sempre comodamente seduti ai divanetti, era esplosa “GENZO WAKABAYASHI INIZIA AD ESPRIMERE IL TUO ULTIMO DESIDERIO?!”
Lui che gli dava le spalle aveva sorriso sghembo, adorava litigare con Anego, inoltre non si vedevano da troppo tempo, la voglia di pungolarla era stata irresistibile. Si era alzato, spintonando Kojiro al suo fianco per farsi seguire e aveva iniziato a dire “Io mi preoccupo per te e tu…”
Le parole gli erano morte in gola trovandosi difronte la sua rivale preferita con le forme arrotondate, bellissima con il vestitino premaman, che mal celava il pancino prominente.
Per un attimo era rimasto senza fiato, poi prendendo un bel respiro aveva cercato di controllare le lacrime che gli avevano riempito gli occhi.
Kojiro, al suo fianco, aveva avuto più o meno la stessa reazione e gli aveva detto “Ancora problemi con l’allergia alla salsedine?”
“E tu con quella alla lana?” aveva chiesto di rimando.
Jun che era alle loro spalle aveva esclamato “Dovremo approfondire queste vostre allergie, visto che siamo in primavera, quindi niente lana, e soprattutto siamo a circa 292 m d’altezza dal mare e a più di 100 km da esso.”
Sanae era scoppiata a ridere, mentre quei due si asciugavano gli occhi, consolati da Maki.
Il capitano arrivando aveva esclamato “Cosa succede? Non gli avrai detto, senza di me, che in realtà ci siamo sbagliati e sono tre FEMMINE?”
Kojiro aveva avuto un cedimento nelle gambe e Genzo gli aveva stretto le mani intorno alle spalle per sorreggerlo, entrambi si erano voltati lentamente e con occhi terrorizzati “TRE FEMMINE?”
“Tsu vuoi rimanere senza capocannoniere e senza portiere para tutto per le Olimpiadi?!” schiarendosi la voce aveva dato l’annuncio “Hanno entrambi i cromosomi.”
“Sono ancora sconvolto per le tre femmine, che diavolo significa?” Genzo era nel panico.
Kojiro ci aveva impiagato un istante a esclamare “MASCHI, SONO DUE MASCHI!” esultando come dopo la vittoria dei mondiali juniores.

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Capitolo 49
*** CASA ***


CASA
 
 
Erano tutti seduti, tranne il capitano che palleggiava poco distante e Genzo inginocchiato ai piedi di Sanae, che parlava sottovoce con il pancione. Mancava solo Taro, tutti si erano ammutoliti quando lo avevano visto arrivare con Kumi, quest'ultima sentendosi osservata "Ci siamo incontrati qui fuori, non fatevi strane idee."
Taro era scoppiato a ridere e aveva ricevuto uno scappellotto proprio da lei "Visto? Mi fai subire queste situazioni imbarazzanti, dovresti arrenderti e metterti con me."
"Ci tengo alla mia sanità mentale, non è ancora il momento, arriverà però" le aveva risposto raggiungendo Sanae baciandole le guancia e spingendo lontano Genzo, anche il pancione.
"Come state?"
"Benissimo, se non fosse per il megalomane che cerca di fare il lavaggio del cervello ai miei figli."
"Sto parlando con il mio successore e non sapendo chi dei due adempirà al ruolo, parlo con entrambi" aveva risposto accigliato l'interpellato.
"Saranno la nuova golden comby, arrenditi" convinto Taro.
Genzo aveva alzato gli occhi su Sanae con un'espressione sconsolata, ma era stato il capitano ad asserire "Saranno ciò che vorranno essere... con molta probabilità la nuova golden comby" e aveva guardato Taro sorridendo, facendo imbronciare ulteriormente Genzo e ridere gli altri.
"Capitano" la voce di Katagiri aveva fatto girare tutti mentre quello proseguiva "Ti sei dimenticato di noi?" indicando il Mister Mikami e un alto dirigente della nazionale giapponese.
"Scusatemi non mi ero reso conto dell'orario" si era avvicinato alla moglie, l'aveva baciata e le aveva sussurrato "Non dimenticarmi" allontanandosi a passo spedito.
Era arrossita dando a Genzo la possibilità di pungolarla "Ti voglio ricordare che hai odiato quella frase e ora arrossisci?"
Sanae gli aveva dato un pizzico sulla gota e fra i denti "Prima, prima la odiavo. Prima di sapere cosa significava."
Il portiere con sguardo truce e un gesto del capo l'aveva invitata a proseguire e lei arrossendo ancora "Era troppo timido all'epoca, ma... voleva dirmi... che io sarei potuta essere fra noi, me e lui, l'unica a poter dimenticare l'altro, poiché mi amava già troppo e la distanza non avrebbe potuto cambiare mai il suo sentimento. Solo che non sapeva che era così anche per me, mai avrei potuto permettere che l'amore che provavo e provo per lui, potesse affievolirsi."
"CHE ROMANTICI" il coro delle ragazze era stato unanime, poi si erano girati verso Kojiro che a braccia incrociate cercava di areare gli occhi con il suo stesso fiato, assumendo un'espressione buffissima, poi nel sentirsi osservato aveva cercato di dire qualcosa, ma era stato anticipato dagli altri "LA TUA ALLERGIA ALLA LANA, LO SAPPIAMO!"
"BRAVI!" aveva ringhiato, voltando il capo con stizza.
Sanae era a casa, con la famiglia che si era scelta e quella che portava in grembo, nata da quell'amore che nessuno avrebbe mai potuto comprendere e che forse, di cui neanche lei conosceva la vera grandezza. 
 
 NOTE: GRAZIE MILLE A TUTTI, A CHI HA LETTO, A CHI HA RECENSITO, A CHI HA SOLO SBIRCIATO. GRAZIE A CHI, TRAMITE LE MIE STORIE, E' DIVENTATA UN PRESENZA COSTANTE NELLA MIA VITA, SAPPIATE CHE SIETE UN DONO MERAVIGLIOSO. 

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