Incontrarsi è destino, ma separarsi è per il prossimo incontro di Sacchan_ (/viewuser.php?uid=82631)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 - Beginning ***
Capitolo 2: *** 2 - Starting ***
Capitolo 3: *** 3 - Flying ***
Capitolo 4: *** 4 - Viewing ***
Capitolo 5: *** 5 - Parting ***
Capitolo 6: *** 6 - Discussing ***
Capitolo 7: *** 7 - Meeting ***
Capitolo 8: *** 8 - Confessing ***
Capitolo 9: *** 9 - HUGGING (extra) ***
Capitolo 10: *** 10 - Raining (extra) ***
Capitolo 11: *** 11 - Greeting (extra) ***
Capitolo 12: *** 12 - Fearing ***
Capitolo 13: *** 13 - Renounce ***
Capitolo 1 *** 1 - Beginning ***
Incontrarsi è destino, ma separarsi
è per il prossimo incontro.
Il loro primo incontro
avvenne in modo frenetico, nelle lande desolate di quello che una volta
era chiamato il "Deserto
Dorato", dove ora le dune di sabbia sono nere tanto quanto
la melma di acqua scura che vi scorre attraverso.
Addentrarsi
in quel regno da soli era da folli se si era dei principianti, i
viandanti preferivano farlo in gruppo di modo che potessero ricaricare
la propria luce alare gli uni dagli altri.
Lei non
aveva prestato attenzione alle parole dei veterani e vi si era
avventurata completamente in solitudine, scoprendo sulla propria pelle
perché solo gli esperti esploratori di quel regno
girovagassero da soli immuni dai pericoli.
Infine,
quando la vide intenta a bruciare una pianta oscura, la prima cosa che
notò di lei fu il suo mantello: due colori che andavano
dall'arancione a viola, adornati da fili intrecciati color dell'oro.
Molto più elegante della sua misera cappa color rosso, che
le era stata data in quanto novizia.
A fare la
differenza c'erano poi quelle luci accese sul retro di esso, in
corrispondenza della spina dorsale. Più se ne possedevano
più si era dotati di ali per volare; maggiori erano le ali
per volare e ulteriori erano le capacità di esplorazione
all'interno dei regni.
I viandanti esperti questo lo sapevano, proprio grazie a ciò
erano capaci di volare sempre più in alto, come se non fosse
mai abbastanza raggiungere la più alta quota.
Avvicinandosi
proprio al punto dove sorgeva l'enorme pianta, -una pozza piena di
quell'acqua nera che aveva cercato di evitare in ogni modo durante il
suo pellegrinaggio-, avvertì la propria energia venir
risucchiata contro la sua volontà. Strinse i denti e
sopportò quell'improvviso indebolimento per cercare di
rivolgerle almeno parola per prima.
"Serve
aiuto?" Gridò per farsi sentire; lei non era da sola, ma in
compagnia di altri due compagni di viaggio tutti concentrati
nell'incendiare quell'enorme fiore nato nell'oscurità tra
spenta sabbia e acqua stagnante.
Nessuno le
degnò attenzione, nemmeno lei; eppure, d'un tratto, il
movimento della sua mano, che reggeva una candela si stoppò,
assieme al corpo che immobilizzò assorto sul da farsi del
momento.
"Brucia."
Le rispose lei, senza aggiungere altro, tornando a concentrarsi su
quanto stava facendo. Alle sue spalle uno dei suoi compagni
urlò la propria voce, compiendo una piroetta su se stesso.
Non capì il motivo di quel gesto, tuttavia ebbe come
l'impressione che la sua energia fosse stata ripristinata e che avrebbe
potuto spiccare di nuovo il volo. Così fece.
Spinse
forte il mantello e levitò in alto; le sue
capacità di volo lasciarono ancora molto a desiderare e le
permisero di raggiungere solo i rami più bassi,
capì però che non doveva lasciarsi scoraggiare se
voleva essere d'aiuto a quei tre viaggiatori. Tirò fuori dal
mantello la propria candela e l'accese appellandosi alla propria
energia vitale; fu incredibile il modo in cui la combustione si
attivò e la pianta iniziò a estinguersi, ma non
doveva perdere la concentrazione perché alla minima
distrazione questa minacciava di ricrescere riportando l'intero
gruppetto da punto a capo.
Unendo i
loro sforzi riuscirono a debellarla e, nel momento in cui questo
accadde, capì il motivo per cui quei tre erano
così indaffarati nel volerla bruciare a ogni costo.
Con le
radici e i bulbi estirpati una grande luce si sprigionò,
pronta a essere raccolta.
Dare alle fiamme quei fiori ricoperti di tenebre richiedeva un grande
dispendio di energia, ricompensati dall'apparizione della luce che
tanto amavano e che, per loro, raccoglierla significava fonte di vita.
Da quasi
neonata che era aveva appena imparato una nuova lezione su come
sopravvivere in quel Regno, non si accorse perciò di come
quei tre si erano spostati velocemente da quell'acqua putrida, tornando
coi piedi sulla sabbia dove non potevano più essere bagnati.
Con la voce le stavano urlando di uscire velocemente da lì,
prima che la sua energia vitale le venisse consumata via di nuovo.
Questo
fece: si mosse nella loro direzione per raggiungerli, ma quell'acqua
era davvero simile a delle sabbie mobili donandole solo la sensazione
di sprofondare ad ogni passo.
Li
raggiunse con affanno e finalmente li poté ammirare da
vicino.
Non sembravano così anziani, anzi per certi versi era pronta
a scommettere che erano nati appena qualche settimana prima rispetto a
lei, però era innegabile che fossero più esperti
del territorio. Chissà quante volte lo avevano attraversato
assieme, coprendosi le spalle a vicenda per non perdere la propria luce
alata.
Avrebbe
voluto conversare con loro per conoscerli meglio, ma intuì
che non era né il luogo né il momento adatto.
Inoltre quando li ascoltò confabulare tra di loro non
riuscì a capire la lingua che usavano.
Decise
però di essere coraggiosa e di non sprecare l'occasione che
aveva in mano, lo fece proprio verso di lei: colei che per prima aveva
attirato la sua attenzione, sperando così di ottenerne
indietro un minimo.
"Ci
rivedremo?" Domandò con voce emozionata e tremante,
mettendosi in trepida attesa della risposta da parte di quella
straniera.
Il
sospetto che non parlassero esattamente la stessa lingua venne
avvalorato dal tempo di attesa che servì per rispondere a
quella semplice domanda. Sperò di cuore di non averla messa
in imbarazzo, né di averle recato disturbo ma il risultato
fu più sorprendente di quello che si aspettava.
"Incontrarsi
è destino, ma separarsi è per il prossimo
incontro."
Non ci fu
il tempo di capire ed elaborare il significato di quella frase, il cui
solo pronunciarla risultava sia ambigua che fin troppo aulica,
perché i tre viaggiatori si erano già presi per
mano e avevano spiccato il volo in direzione del tempio dell'Anziano,
luogo dove quei tre avrebbero sicuramente offerto le proprie preghiere
e speranze.
La
giovane creatura poté solo osservarli mentre si libravano
nel cielo scuro e nuvoloso di quel deserto, generando una scia di luce
facilmente avvistabile persino da lontano.
NdA:
A maggio iniziai a
giocare a Sky-Children of the Light, spinta dalla curiosità
di unirmi ad amici che già ci giocavano. Non pensavo
veramente di diventarne dipendente. Ho solo sentimenti d'affetto nei
confronti di questo mobile-game e non rimpiango un singolo secondo
passatoci sopra. Sky è una esperienza sociale che va provata
almeno una volta. Non scherzo dicendovi che lì ci ho trovato
una nuova famiglia, e che sopportare il peso del lockdown sarebbe stato
più gradevole giocandoci assieme.
In questa raccolta di
one-shot autoconclusive ci troverete un tocco di autobiografia. ;)
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Capitolo 2 *** 2 - Starting ***
Il loro secondo incontro
avvenne nel piano terra della "Cupola", la
cui struttura era davvero simile a quella di una volta. I viaggiatori
che raggiungevano la Cupola sapevano che sarebbero stati ricompensati
dalla conoscenza, grazie a questa avrebbero potuto affrontare il
viaggio finale nel famigerato Occhio dell'Eden; la cui prima diceria
riguardava la perdita di tutta la luce alare, ossia nel loro caso di
morte certa.
Si
raccontava che fare ritorno dall'Eden fosse una tappa obbligata
nelle loro vite, ma che la scalata per raggiungerlo fosse ardua e piena
di pericoli, per tanto molti rinunciavano a metà strada.
All'interno
della Cupola vi erano delle porte apribili sbloccando
soltanto il loro meccanismo in modo simultaneo, a volte era necessario
l'aiuto di un altro viandante per questo; spesso il suo solo soccorso
non
bastava e richiedeva almeno altre due persone.
La
vetta era un viaggio verticale attraversando tutti i regni e tutta
la conoscenza acquisita finora, pertanto non tutti i viaggiatori
riuscivano a raggiungerla al primo tentativo, spesso si perdevano a
metà strada o restavano confusi. In questi casi l'aiuto di
qualcuno più esperto sarebbe stato fondamentale per
illuminare la via.
Quando
la vide non ci pensò due volte ad andarla ad aiutare; si
posizionò dalla parte opposta alla sua, accendendo la
fiaccola
della porta che lei era intenta ad aprire. Il meccanismo
scattò
e il portale si aprì spaccando il muro e lasciando
intravedere
un passaggio sotterraneo preceduto da delle scale.
"Serve
aiuto?" Le domandò, imitando le stesse identiche parole che
le rivolse quella volta prima, nel Deserto.
Lei
la guardò stupita, con la bocca un po' aperta, ma quando la
richiuse sorrideva e la mano era già tesa per invitarla a
seguirla. Non ci pensò due volte a seguirla e ad afferrarla,
finendo per essere trascinata in quel sotterraneo segreto correndo
giù per delle scale. Ciò che si parò
davanti ai
loro occhi fu così un enorme spazio vuoto, il cui percorso
proseguiva dal lato opposto dove un'apertura sul muro lasciava
intravedere uno squarcio e un altro corridoio. Prima ancora di
realizzarlo avevano già
spiccato il volo per atterrarci, poi di corsa puntarono verso sinistra
e ne seguirono il percorso raccogliendo la luce dalle candele
disseminate qua e in là.
Non
era solo veloce, sapeva anche dove dirigersi; sicuramente nemmeno era
la sua prima volta lì.
Era
anche diversa da come la ricordava: sembrava più alta e i
capelli parevano essersi allungati; il suo mantello non era
più
di quel doppio colore viola-arancione, ma di un bellissimo colore ciano
come il cielo limpido nella Terra dell'Erba. Si
soffermò sulla sua
espressione concentrata mentre correvano assieme, poi distolse lo
sguardo in basso per sorridere rassegnata. Al contrario suo aveva
ancora quel mantello color rosso, che la identificava come una novizia,
e
i capelli legati in due semplici code. Una pettinatura davvero base,
tipica delle neonate.
"Sai,
ho attraversato il Deserto. Ce l'ho fatta da sola. Non vedevo l'ora
d'incontrarti di nuovo e dirtelo."
La
loro corsa si arrestò, ma le loro mani non si lasciarono.
Lei
la guardò, ma come la volta prima ci mise un po' a
rispondere.
"Sono
contenta. Sei qui per dirmelo." Rispose e riprese a balzare, evitando
gli angoli più bui e puntando solo a quelli lucenti di
candele da
accendere. Volteggiarono in basso più di una volta, salirono
persino
una scala e scesero di nuovo; nel giro di ben poco tempo ritornarono
alla superficie, nel piano terra della Cupola. In quel momento la sua
mano la lasciò.
"Mmm...
tu non riesci a capire bene la mia lingua, vero?" Le domandò
prima che potesse innalzarsi in volo di nuovo e andarsene.
L'altra
le si avvicinò. Sì, era decisamente
più alta rispetto alla volta
scorsa; doveva tenere il mento sollevato in alto se voleva raggiungerle
gli occhi.
"Posso
capirti. Faccio fatica a parlarti. Dovrai avere
pazienza." Sorrise e poi spostò lo sguardo altrove,
esattamente dal
lato opposto dove si trovavano. Con un gesto puntò il dito
verso quella
direzione.
"Segreto."
Mormorò abbassando la mano.
"Cosa?"
Di
nuovo la sua mano venne afferrata e finirono per disegnare una parabola
in aria che conduceva verso quella parte indicata. Nel momento in cui
sembrò che stessero per andare a sbattere contro un muro
puntò i piedi
a terra e fece resistenza per far capire la sua riluttanza, allora
l'altra si fermò e la guardò con sguardo
pacifico.
"No
paura." La
rassicurò, porgendole nuovamente la mano; vedendola
così sicura di sé
si diede mentalmente della stupida. Un viaggiatore che ti offre la mano
è qualcuno che sa il fatto suo, sa dove portarti e cosa
mostrarti. Da
principiante quale lei era poteva solo lasciarsi trainare qua e in
là,
memorizzando i luoghi che le venivano mostrati.
Così
attraversarono la parete, che in realtà era priva di muro,
in uno
stretto cunicolo che conduceva in un prato segreto dove i fiori, color
raggi del sole, lo ricoprivano interamente. Anche lì la
viandante si
dilettò a fare su e giù per le rocciose pareti,
accendendo le poche
candele presenti per poi atterrare all'ingresso di un portale la cui
entrata pareva distorta. La piccola principiante lo osservò
col cuore
in gola, da un lato impaurita per l'ignoto e dall'altro consapevole di
non essere sola.
"La
guardiana qui è suscettibile. No entrare se non
le piaci." Allungando una mano la fece oltrepassare oltre. "Ma tu sei
con me e no problemi." Con uno strattone valicarono attraverso e
finirono verso un luogo di sole nuvole e cielo soleggiato.
La
principiante ne rimase meravigliata per l'improvviso e repentino cambio
di scenario: un vasto mare di nuvole e di cielo talmente infinito da
non sapere dove rivolgere lo sguardo, nemmeno si accorse che la sua
mano era stata lasciata e che l'altra si era alzata in volo planando
tra le nubi e sfruttando le correnti d'aria per raggiungere un piccolo
puntino bianco alto nel cielo. Era una barchetta, una piccola gondola
che fluttuava sospesa. Provò a fare lo stesso cercando di
scalare le
nuvole e di sfruttare le correnti per andare più in alto, ma
queste si
rivelarono troppo forti per le sue ali e la sbalzarono continuamente
via annullando i suoi tentativi.
Provò
vergogna nel vedersi così impacciata quando l'altra invece
era già seduta composta che l'aspettava.
"Perché
non ti siedi?" Le domandò a un tratto, quando
riuscì finalmente a raggiungere la prua della piccola
imbarazione.
"Non
riesco, è difficile. Vengo sbalzata via." Rispose con
fatica, sbattendo
freneticamente il suo mantello per tentare di opporre un minimo di
resistenza alla corrente. Fortunatamente l'altra le venne in soccorso,
afferrandole la mano e tirandola a sé. Ora le due potevano
entrambe
sedersi, una di fronte all'altra mentre la barchetta faceva il resto.
La
principiante giunse le mani sopra le sue gambe e si strinse forte le
dita, indecisa se guardarla o volgere lo sguardo all'orizzonte; stava
quasi per aprire bocca per spezzare quell'imbarazzante silenzio, ma fu
l'altra a farlo per prima.
"Mantello
Rosso. Così ti ho chiamata. Ti piace?"
Lei
sbatté le palpebre un paio di volte o più, non
sapendo esattamente cosa
rispondere. Finì solo per torturarsi le dita più
violentemente di poco
prima.
"Sì,
va bene. Se ti piace mi sta bene." Rispose alzando un poco il mento. "E
tu come ti chiami?"
Lei
sorrise e si pizzicò una di quelle lunghe ciocche color neve
che le accarezzavano le tempie del viso.
"Puoi
chiamarmi come ti pare, basta che ti piaccia."
Mantello
Rosso spostò il peso da un piede all'altro, godendosi quella
sensazione
di essere sospese nel vuoto, sole e tra le nuvole.
"Quando
sei nata?" Le domandò curiosa.
L'altra
lisciò la ciocca pensierosa prima di rispondere, poi la
lasciò andare e la riportò al suo posto dietro le
orecchie.
"Mi
sono mostrata una settimana prima della Stagione degli Incantesimi."
A
quel punto Mantello Rosso ricordò il periodo della sua
nascita: quel
giorno i viaggiatori come lei erano in fermento perché
un'imbarcazione
era apparsa nel mare nero del Deserto Dorato, lei vi era stata sopra
una volta sola e la destinazione di quella nave era un'arca perduta in
un'oasi del Deserto. Non era ancora in grado di capire il motivo dietro
a tanta eccitazione.
"Sei
più grande solo di una settimana, ma sei già
così esperta..." Constatò abbassando la voce,
voleva aggiungere "al
contrario di me", ma se lo tenne per sé.
"Prenditi
il tuo tempo." Le rispose dolcemente per incoraggiarla.
Altro
silenzio calò sopra la loro traversata in quel mare di
nuvole, Mantello
Rosso non amava i silenzi ma aveva anche esaurito gli argomenti. La
viaggiatrice davanti a lei nemmeno parlava, ma non poteva farle una
colpa visto che l'aveva già messa al corrente di non parlare
correttamente la sua lingua. Cercò nella sua mente qualsiasi
argomento
che potesse venire in suo soccorso, ma l'unico che trovò fu
davvero
banale e scontato.
"Dove
sono i tuoi amici dell'altra volta?"
La
vide sorprendersi a quella domanda fino ad allargare le labbra in un
sorriso un po' imbarazzato.
"Oh,
io... ho scordato loro." Terminò la frase con una risatina
nervosa, di
quelle che in tutto e per tutto concludevano il discorso. Mantello
Rosso non osò chiedere altro e restarono in silenzio per
almeno altri
cinque minuti buoni. A quel punto lei si alzò in piedi,
cercando
stabilità sulle sue gambe per non cedere alle correnti
d'aria.
"Penso
sia meglio che io vada." Le disse, senza nemmeno troppa convinzione. In
realtà non seppe più cosa fare o dire pertanto la
sua mente le imponeva
di scappare via.
L'altra
non si scompose, non si alzò nemmeno per salutarla; si
limitò solo ad annuire e basta.
"Ricordi
come si torna indietro?"
Anche
Mantello Rosso annuì in risposta; la verità era
che non voleva cedere,
ora che si era decisa ad andarsene, ma fu più forte di lei.
"E
tu? Rimani qui?" La risposta fu solo un cenno del capo.
Mantello
Rosso abbandonò la nave e si lasciò calare a
terra in direzione del
portale che riconduceva dentro la Cupola. Lo fece con non poche
difficoltà e con il rischio di venire sballottata via, ma ci
riuscì e i
suoi piedi toccarono terra.
Così
si concluse il loro secondo
incontro, con il cuore nel suo petto che batteva emozionata per averla
rivista di nuovo. L'ennesimo sguardo in alto, puntato a lei, era
l'augurio di poterla incrociare di nuovo.
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Capitolo 3 *** 3 - Flying ***
Incontrarsi è destino, ma separarsi
è per il prossimo incontro.
All'apice del viaggio c'era
la Base,
più affettuosamente chiamata Casa.
Viaggiatori
da tutti i regni si incontravano nella Casa prima di
riprendere il proprio cammino, si scambiavano quattro chiacchiere o si
confrontavano sulle proprie avventure; infine, tra saluti e abbracci,
avrebbero attraversato un portale pronti a nuove peripezie.
Gruppi
di viaggiatori si sarebbero presi mano nella mano e avrebbero
sfidato le raffiche di vento e le tempeste di sassi per raggiungere
l'Occhio dell'Eden.
Tuttavia
Mantello Rosso non era partita assieme agli altri suoi amici,
ma era rimasta lì nella Base per provare il suo nuovo
mantello:
un cappotto dal colore viola che era riuscita faticosamente a ottenere
da uno spirito della Foresta
Nascosta, scambiando alcune delle candele
che era riuscita ad ottenere grazie ai suoi sforzi.
Fu
proprio in quel momento che la sua voce la salutò.
"Buongiorno!"
Esclamò saltellando, dopo aver fatto ritorno da
chissà quale regno.
Aveva
detto così, ma in realtà era già
pomeriggio inoltrato.
Mantello
Rosso la riconobbe all'istante anche se il suo aspetto era
nuovamente diverso rispetto all'ultima volta che l'aveva vista.
Rimaneva sempre più alta rispetto a lei, ma indossava un
mantello nero e il numero delle ali segnato su di esso era aumentato
ancora. Ora addirittura ce ne erano dieci.
Il
colore scuro del mantello si mescolò con i leggins e gli
stivali che portava ai piedi. Con il suo nuovo taglio di capelli aveva
reso il
suo aspetto più mascolino, ciò che traeva in
inganno
erano gli orecchini che portava alle orecchie, un dono finale per chi
era riuscito a completare per intero la Stagione degli Incantesimi.
Mantello
Rosso la osservò attentamente mentre saltellava verso
di lei e la salutò con un sorriso pieno di gioia nel
rivederla
di nuovo. Per qualche motivo fu contenta di rivederla proprio in un
momento in cui aveva cambiato il suo mantello da principiante con uno
di un altro colore, questo la rendeva orgogliosa di sé e del
percorso che aveva fatto dall'ultima volta che si erano viste fino a
oggi. Certo, era ancora poca cosa, ma piano piano anche lei stava
avanzando a piccoli passi dopo la sua nascita.
Improvvisamente
si ricordò di un luogo scoperto
assieme ai suoi amici, un'isola alta in cielo nell'Arcipelago della
Terra dell'Erba, dove acqua purissima scorreva spinta da una cascata
raggiungendo e bagnando fili d'erba dal colore smeraldo.
"Ho
scoperto un posto nuovo, vorrei portarci tutti coloro che conosco
per quanto è bello." Le disse entusiasta; la
verità
è che quella misteriosa viaggiatrice senza ancora un nome
era la
prima a cui aveva pensato e che avrebbe voluto portare là.
L'altra
finì di sistemarsi i capelli con le mani prima di degnarle
un minimo di attenzione.
"Allora
andiamo!" Le rispose con quel suo accento straniero e
nell'attimo dopo la sua mano era già attaccata a quella di
Mantello Rosso, pronta per essere trascinata.
Mantello
Rosso la strinse tra la sua inizialmente in modo insicuro, poi
sempre più in confidenza le fece attraversare il portale che
conduceva al regno della Terra
dell'Erba, un luogo pieno di distese di prato e farfalle
che coloravano un cielo pienamente diurno. Nulla nella Terra dell'Erba
poteva recare loro danno, per questo era uno dei regni preferiti dai
novizi per socializzare tra di loro e trovare un gruppo di amici con
cui viaggiare in compagnia.
Volò
sopra le bianche nuvole e strisciò i piedi per terra
giusto il tempo necessario per riprendere un poco il fiato; la
sensazione di essere lei quella che conduceva la rotta si
rivelò
essere più appagante di quanto pensasse. Forse proprio
perché c'era lei al suo fianco, la misteriosa viandante
incontrata per puro caso nel Deserto
Dorato.
Nulla proiettavano le sue labbra all'esterno, ma gli occhi socchiusi e
l'espressione concentrata lasciarono intendere che si stesse godendo il
volo.
Mantello
Rosso raggiunse quello che, creature come loro, chiamavano con affetto
il Nido, ci
sorvolò sopra fermandosi quando le sue ali necessitavano di
essere ricaricate; la viandante non batté ciglia anzi le
lasciò tutto il tempo necessario per far sì che
le sue
energie si ripristinassero. In questo era davvero molto educata e pur
volendola ringraziare per la pazienza che le dimostrò
preferì non perdere troppo tempo e puntare alle Isole Sacre
che
si scorgevano in lontananza: il luogo più lontano di quel
regno,
dove un arcipelago bagnato da acque cristalline e un clima mite e
soleggiato offriva loro ristoro e vacanza lontano dai pericoli dei
viaggi.
Per
raggiungerlo bisognava volare molto in alto e Mantello Rosso non
disponeva delle ali sufficienti per farlo, ma volare in mezzo alle
nuvole come aveva visto fare dai suoi amici veterani la aiutarono in
quell'impresa.
Quando
finalmente toccarono terra lei era ormai senza fiato, ma la vista delle
acque cristalline sfumate al blu del cielo e il bianco delle nuvole
riflesse su esso servirono a ripagarla per tutta la fatica fatta nella
traversata.
Lasciò
andare la mano della sua compagna di viaggio e si piegò
leggermente per prendere fiato: il panorama mozzafiato che si poteva
ammirare sotto di loro era la giusta ricompensa per aver volato
così in alto e il solo pensiero di essere riuscita a
farcela, portandoci proprio "lei"
tra tutti, tanto le bastava per scaldarle il cuore di
felicità.
"Sai..."
Balbettò con il fiato ancora un po' corto. "Ho detto che
vorrei portarci tutti coloro che conosco, ma la verità
è che volevo portarci te prima di altri". Nemmeno si rese
conto di essere arrossita sulle guance; avvertiva caldo e diede la
colpa allo sforzo che le era costato volare fin lassù. Del
resto le sue ali non erano cresciute poi molto e l'unico modo che
conosceva ora per volare sempre più lontano era sfruttare le
nuvole, come le era poi stato insegnato di fare dagli amici
più esperti.
L'altra
si guardò attorno, studiando il luogo in cui si trovavano.
Non si era sbilanciata e neanche per un secondo aveva perso la sua
tipica compostezza, ma dopo aver lasciato vagare gli occhi un po' in
qua e un po' in la le rivolse un sorrisetto orgoglioso.
"Sei
davvero fantastica." Commentò prima di superarla con un
salto e atterrare su uno sperone di roccia sporgente proprio sotto di
loro.
"Ok."
Proseguì giungendo le mani al petto, come se volesse
simulare una preghiera. "Metterò un arcobaleno per te."
Alzò le mani in alto, come se volesse inaugurare un inno
verso il cielo e poi le allargò disegnando un cerchio
nell'aria. Luce bianca scintillante accompagnò i suoi
movimenti catturando lo sguardo di Mantello Rosso sempre più
incuriosita. Inizialmente non capì che cosa lei volesse
fare, solo quando alzò lo sguardo al cielo notò
qualcosa di diverso che colorava le nuvole sopra di loro.
"Un
arcobaleno!" Esclamò esterrefatta; era raro vederne uno e
soprattutto impossibile da trovarne nel luogo in cui erano. Solitamente
solo nel regno della Foresta
Nascosta comparivano arcobaleni nel cielo, ma erano
fenomeni estremamente saltuari a causa della pioggia perenne che cadeva
al suolo.
"Come
hai fatto? Come ci sei riuscita?" Strepitò entusiasta mentre
l'altra tornava al suo fianco grazie a un battito d'ali. Non le rispose
immediatamente, ma si accovacciò prima a terra e poi si
sedette lasciando che il suo mantello la adornasse in un semicerchio
color nero.
Mantello
Rosso prese posto a sedere accanto a lei, senza mai staccare gli occhi
dallo spettacolo di colori sopra le loro teste. Chissà se
alzandosi in volo avrebbe potuto raggiungere quell'arco splendente che
andava dal rosso al viola.
"Si
tratta di un incantesimo. Lo puoi avere anche tu. Devi andare dal
nostro antenato in Arca
e scambiare le tue candele." Le spiegò l'altra come se fosse
la cosa più naturale del mondo.
Nel
loro mondo le candele rappresentavano la loro valuta e grazie a queste
tutto si pagava, ma raccoglierle significava spingersi ogni giorno alla
ricerca delle luci disperse nei vari regni.
Mantello
Rosso non era così esperta da averne tante con
sé, inoltre aveva sentito dire dai più grandi che
comprare gli incantesimi era particolarmente dispendioso.
Come
se le avesse letto la mente al suo fianco le arrivò una
frase incoraggiante.
"Prima
o poi lo avrai. No motivi di avere fretta."
Lei
annuì fiduciosa e cadde all'indietro su quell'erba
profumata, lasciando che il vento le accarezzasse la fronte e i
capelli. Non aveva ancora cambiato quella ridicola pettinatura composta
da due semplici codine laterali, ma si disse che presto l'avrebbe
fatto... magari lasciandoli sciolti sulle spalle, come aveva visto fare
da tante viaggiatrici.
Silenziosamente
ringraziò anche la sua accompagnatrice per il dono che le
aveva appena fatto e per il tempo prezioso che le stava regalando. Non
si era scomposta nemmeno di una virgola e questo le permetteva di
osservarla ancora più attentamente.
Sorrise
per quel miscuglio di esperienza mista a giovinezza che sembrava
emanare ogni volta che la incontrava.
"Come
le nuvole che aspettano la pioggia, io sono qui che aspetto te..."
Mormorò con voce flebile, coprendosi appena gli occhi con il
palmo della mano e stringendo le palpebre contro la luce del sole.
"Eh?"
Mantello Rosso si tirò su a sedere, incredula per quanto
aveva appena sentito e curiosa nel volerne sapere di più.
"Sono
parole che mi rivolse un veterano mentre volavamo assieme nel cielo."
La
giovane novizia prese ascolto di quelle parole appoggiando il mento
sulle ginocchia.
"E
ora dove si trova?"
La
vide abbassare lo sguardo nostalgica, alla ricerca di un ricordo
lontano.
"Non
so. Non ha più fatto ritorno dopo l'Occhio dell'Eden."
Non
ebbe il tempo di elaborare quanto le fu detto, né di
chiedere altro perché si sentì afferrata per un
gomito e costretta ad alzarsi in piedi.
L'altra
la trascinò verso il bordo più esterno di
quell'isolotto sospeso, dove sotto di loro c'era solo vuoto e
l'arcipelago composto dalle Isole sacre. La più grande,
quella centrale, svettava sopra tutte assieme alla sua montagna
centrale e alle sue cascate e laghetti di acqua.
Da
lassù si mostrava lontana e vicina allo stesso tempo.
"Guarda."
Le disse appoggiandole le mani sulle spalle. "Sta arrivando il tramonto
e la notte è vicina."
Ed
era vero, pensò Mantello Rosso. Perché il cielo
tipicamente diurno di quel luogo stava iniziando ad assumere una
sfumatura decisamente più aranciata, persino l'arcobaleno
che era stato piazzato tra le nuvole iniziava a non mostrarsi
più.
"La
notte è pericolosa per creature della luce come noi. Ti
porterò laggiù, così che tu potrai
tornare a Casa."
Una
mano scivolò dalla sua spalla giù per il braccio,
accarezzandole il gomito e raggiungendo la sua mano dove le diede un
forte strattone in avanti. In poco tempo i loro piedi avevano
già abbandonato la terraferma per dirigersi in picchiata
verso l'isola principale, un volo che sembrò durare in
eterno e al tempo stesso così effimero da terminare in un
batter d'occhio, tra giravolte e planate.
In
tutto questo, come a volerle rispondere a una domanda che non era stata
posta per mancanza di coraggio o di tempo, udì queste
parole:
"Io
non ho ancora finito di viaggiare per oggi."
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Capitolo 4 *** 4 - Viewing ***
Quel giorno Mantello Rosso
non era molto propensa a dedicarsi alla
raccolta giornaliera della luce; piuttosto sembrava più
amante
del prendere il sole in cima al piccolo promontorio della Base,
godendosi i raggi solari e il panorama delle acque marine illuminate da
questi. Con cortesia declinò gli inviti di alcuni gruppi di
viaggiatori, invitandoli a lasciarla in pace o ad andare in scoperta
di zone nuove senza di lei.
L'ennesimo
sbadiglio uscito fuori dalla sua bocca la diceva
lunga sulla sua voglia di vivere la giornata; così tra un
pisolino e l'altro non si era nemmeno accorta di qualcuno che le era
venuto a sedersi accanto.
"Hozes!"
Gridò spaventata, trovandosi qualcuno al
suo fianco improvvisamente.
La
creatura di Luce chiamata Hozes rise di gusto, portandosi la mano alla
bocca.
"Sono
già cinque minuti buoni che sono qui, seduta accanto a
te." Le rispose annuendo e poggiando il mento sul palmo della mano.
Mantello
Rosso considerava Hozes una sorta di sorella maggiore, nata un
mese prima di lei. Le due si erano incontrate nei meandri della Foresta
Nascosta, quando era ancora una neonata anonima che vagava
alla
ricerca del proprio percorso, infreddolita dalla pioggia e a rischio di
vita.
Hozes
l'aveva avvicinata, spiegandole la strada da percorrere e
l'importanza nell'illuminare le varie fiaccole che si trovavano qua e
in là, sotto agli alberi, per trovare un attimo di ristoro e
ricaricare di energia
le proprie ali. Ancora ricordava la sua prima frase quando la
portò in quello che, tuttora, era il suo reame preferito: la
Valle del Trionfo.
"Sono
sicura che qui ti divertirai molto." Con questa frase la
rassicurò, dopo averla tratta in salvo, e da lì
siglarono
la loro amicizia.
Quando
l'aveva conosciuta portava una strana
capigliatura di ricci alta quanto un cespuglio, ma ora aveva cambiato
totalmente stile, tenendo i propri capelli corti e a caschetto. Molto
spesso la si vedeva indossare una maschera a forma di volpe; in effetti
una delle prime cose che le insegnò fu che esprimere il
proprio aspetto all'esterno era un modo per esprimere se stessi.
Tuttavia
Mantello Rosso si riteneva ancora una creatura dal profilo
davvero ordinario; certo aveva lasciato allungare i suoi capelli di
modo che le arrivassero fino alle spalle, quindi non portava
più
quelle orribili codine da bambina, ma il suo modo di vestire era
davvero anonimo anche se era riuscita a ottenere un nuovo mantello dal
colore rosa corallo e dalla forma simile a una conchiglia.
Corrucciò
le labbra: viaggiatori veterani difficilmente
l'avvicinavano vedendo il suo aspetto. In effetti era popolare tra di
loro pensare ai più giovani come a una zavorra perditempo.
Hozes
a confronto suo aveva molti più amici e conoscenti ed
essendo anche una brava viaggiatrice non le era difficile trovare
gruppi dove unirsi. Le aveva persino insegnato come addentrarsi dentro
al spaventoso Regno del Deserto,
mostrandole i modi per evitare gli
attacchi dei draghi neri che lo popolavano.
"Mi
sembra sempre tutto uguale." Si lamentò Mantello Rosso.
"Giro per ogni reame alla ricerca di luce, ma le mie ali non sono mai
cresciute."
La
più grande la guardò con affetto e le
scompigliò teneramente i capelli.
"Te
l'ho già detto: il tuo viaggio qui non è finito,
e quando sarai pronta le tue ali cresceranno assieme a te."
Ma
quelle parole non la convinsero affatto, per questo si girò
su un fianco per darle le spalle. Tutti i veterani con cui discuteva le
dicevano sempre la stessa cosa, ma lei non riusciva a capire
perché nessuno le parlava chiaramente.
Stava
quasi per abbandonarsi di nuovo al sonno quando un'ombra in
lontananza attirò la sua attenzione costringendola di scatto
a sedere.
"Lei
è qui!" Esclamò con stupore, guardando un
gruppetto
di giramondi appena tornati da chissà quale regno.
Hozes
assottigliò lo sguardo per squadrare a chi la sua amica si
riferisse.
"Chi
intendi? Dici la misteriosa viaggiatrice senza nome che hai incontrato
a Deserto
e di cui mi hai parlato?"
Mantello
Rosso annuì e la indicò: eccola là,
infatti,
con il suo solito sguardo serio e l'atteggiamento composto; persino
naturalmente diversa da come la ricordava. Stavolta i suoi capelli
erano nuovamente lunghi e legati in una treccia, portava nuovi calzoni
alle gambe e aveva cambiato il suo mantello con uno brillante dal color
ambra che le donava l'aspetto di una graziosa farfalla.
"Quanto
è alta!" Commentò Hozes rammaricata. "Vorrei
avere la sua altezza."
"Ogni
volta è sempre diversa..." Mormorò Mantello Rosso
a
bassa voce e con lo sguardo abbassato; al suo fianco Hozes si
alzò in piedi e la trascinò con sé.
"Dai!
Vai a salutarla!" Le gridò entusiasta mentre la trascinava
giù di sotto, dove si erano raggruppati la maggior parte dei
viaggiatori presenti. "Lo so che sotto sotto volevi vederla di nuovo,
non fai altro che parlarmene!" Concluse spingendola in avanti.
Nonostante
Mantello Rosso provò panico e imbarazzo non
riuscì ugualmente a liberarsi dalla stretta di Hozes, alla
fine
non farsi notare fu impossibile. Quando di fatto la scorse
avanzò nella sua direzione posata e silenziosa, senza
nemmeno
salutare coloro che fino ad allora si trovavano assieme a lei in quel
momento.
Mantello
Rosso provò quasi soggezione, al punto da
indietreggiare di qualche passo quando la vide ferma davanti a lei.
Giunse persino le mani al petto esprimendo tutto il suo disagio davanti
a tanta attenzione e silenzio.
"Ciao..."
La salutò tenendo basso il suo profilo; con lo sguardo
stava cercando Hozes, ma quest'ultima l'aveva abbandonata lì
ed
era andata a parlare con altri. L'aveva fatto di proposito, Mantello
Rosso lo sapeva e per questo l'avrebbe ripagata in seguito.
"Non
ci si vede da un po'..." Aggiunse quando notò che l'altra
permeava a stare in silenzio.
Spostando
il peso del corpo da un piede all'altro stava quasi pensando
di offrirle un piccolo inchino per poi andarsene, ma non lo fece
perché avvertì un tocco delicato sfiorarle la
mano.
Gliel'aveva
stretta, ma non l'aveva fatto con forza né con
decisione. Assomigliava più al tocco delicato di un bambino
che
ti invitava a seguirlo. La lasciò fare e
sincronizzò i
propri passi assieme ai suoi.
Quasi
rapita da quelle movenze così lente e delicate si
lasciò guidare verso il portale che conduceva alla Cupola della Conoscenza,
incurante di Hozes che aveva provato invano a chiamarla da lontano.
Non
era riuscita a resistere a quel "vieni"
che le era stato mormorato sottovoce, un invito simile a una supplica.
Nel
corridoio della Cupola non aveva fretta nel camminare, né lo
stava percorrendo balzando come aveva visto fare da tanti viaggiatori
forsennati; Mantello Rosso non osò chiederle dove voleva
dirigersi perché temeva che così facendo avrebbe
spezzato
la magia che si era creata tra di loro, fatta da passi lenti che
calpestavano la pietra del pavimento e il silenzio assoluto. Questi si
fermarono solo quando arrivate in fondo al corridoio della Cupola,
laddove era presente l'ascensore per salire di piano in piano, videro
viaggiatori distesi sul pavimento in piena contemplazione della sua
immensa volta.
"Uno."
Li contò. "E due..." Proseguì.
"Che
cosa stanno facendo?" Domandò Mantello Rosso incuriosita.
"Non
lo so..." Rispose l'altra prima di inginocchiarsi a terra e
sdraiarsi supina anche lei. Mantello Rosso deglutì confusa e
la
imitò.
Sopra
le loro teste, riflessa nei loro occhi, la
grande vastità della Cupola in tutta la sua magnificenza.
Mantello Rosso rilassò le gambe e le spalle, godendosi il
freddo del pavimento contro la sua schiena. Ad accarezzarle le orecchie
c'era l'assenza di rumori.
"Aaahh,
che pace!" Esclamò stiracchiandosi. "Qui c'è
davvero la pace che non puoi avere nel Deserto Dorato."
Al
suo fianco udì una risatina divertita.
"Dico
la verità!" Alzò un dito per disegnare invisibili
cerchi nell'aria. "Ci sono spaventosi draghi e fastidiosi granchi..."
La
risatina proseguì fino ad estinguersi e quando non fu
più udibile Mantello Rosso si accorse che lei aveva girato
il
volto di lato, nella sua direzione, per guardarla direttamente negli
occhi.
"Se
un giorno io non dovessi più mostrarmi, per favore,
ricordati che tu mi piaci davvero tanto."
Mantello
Rosso scattò in avanti a quelle parole, mettendosi
seduta per fissarla stupita e frastornata.
Perché
mai avrebbe
dovuto dire quelle parole e perché assomigliava tanto a un
velato addio dette in quel modo?
"Oh,
ma io... voglio avere altri momenti come questo con te."
Mormorò non sapendo esattamente cosa dire e in che modo
dirlo, poté solo abbassare lo sguardo per sfuggire.
"Tanti
di noi ti staranno aspettando nel futuro." Commentò lei
puntando di nuovo il viso contro al soffitto della Cupola, piegando le
braccia sotto la sua testa a mò di cuscino.
Tuttavia
Mantello Rosso non era affatto convinta di questo, pertanto si
chiuse in se stessa avvicinando le ginocchia al petto e poggiando il
mento sopra di esse.
"Presto
partirò per l'Eden. Sarà un viaggio pieno di
pericoli, una salita carica di dolore." Proseguì beata, un
sentimento di accettazione era percepibile sotto di essi, al punto che
persino Mantello Rosso lo notò. "Ma io non ho
affatto paura, perché quando tornerò
sarò più forte di adesso."
"Perché
i viaggiatori sono tanto attirati dall'Eden? Non riesco
davvero capirli... Eppure si sentono solo voci terrificanti su quel
posto."
Ciò
che ricevette in risposta fu soltanto l'ennesima, morbida, risata.
"Sai
nel nostro mondo si dice che il primo nome con cui verrai chiamato
sarà il tuo nome a vita." Mantello Rosso la vide sorridere
pacifica mentre allungava il collo in alto perdendosi a guardare il
buio e le stelle della Cupola.
Infine spostò leggermente il suo
corpo verso di lei in un atteggiamento totalmente amichevole e
confidenziale.
"E
Uselij è il mio nome." Terminò senza smettere di
sorridere, ma Mantello Rosso aveva già sbarrato gli occhi e
portato le mani al petto per lo stupore della scoperta.
"Io...
Io sono Toen!" Esclamò di rimando.
"Così mi
ha chiamata una mia preziosissima amica dopo che mi ha salvato dalla
pioggia acida della Foresta."
Uselij
inclinò leggermente il capo e alzò una mano
stretta a pugno verso Toen. Un gesto che aveva visto fare da alcuni
viaggiatori tra di loro, anche se non era molto usato a discapito degli
abbracci e dei batti cinque. Tuttavia Toen non ci pensò due
volte a far schioccare il suo pugno contro le sue nocche.
"Incontrarti
è stato destino, Toen." Asserì seria e
quest'ultima annuì di rimando.
Infine,
dopo quel pugno a mezz'aria, le due tornarono a Casa, ma Toen
non poteva sapere che avventurarsi nell'Eden portava con
sé il
rischio di non potersi più incontrare.
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Capitolo 5 *** 5 - Parting ***
"E basta con quel muso
lungo!"
L'alba
era sempre spettacolare avvistata dalla Casa. I raggi del
sole
riflettevano sull'acqua, specchiandosi in un tripudio di colori caldi e
scintillanti, mentre il cielo si mostrava di color giallo paglierino.
Tutto
era inondato di luce.
Svegliarsi
presto era un'abitudine che Hozes e Toen avevano preso a
fare sin da quando si erano conosciute quel giorno in Foresta. Era nata
così, per puro caso, esprimendo tramite la presenza
reciproca tutta la bellezza per
quel momento della giornata. Da allora le due si incontravano e
ammiravano i colori dell'alba assieme, sedute sull'erba del piccolo
promontorio situato proprio lì, nella Base.
Mai
una volta si
erano date appuntamento a voce, semplicemente sapevano che si sarebbero
incontrate e basta. Se così non fosse stato nessuna delle
due ne
avrebbe fatto un dramma: avrebbero aspettato il giorno dopo, o quello
successivo, e l'alba sarebbe tornata di nuovo per esser ammirata
assieme... magari accompagnata dai continui strimpelli di chitarra
perpetuati da Hozes e dal suo voler, improvvisamente e incessantemente,
imparare ad usarla.
Tuttavia
era già da giorni, se non settimane, che Hozes
percepiva nella sua migliore amica Toen qualcosa di diverso. Difatti
sembrava persa, pensierosa, a tratti triste e sempre con la mente
altrove.
Da
sotto la sua maschera rossa a forma di viso di volpe Hozes
sospirò: non ci voleva molto a capire il motivo dietro a
tanta
inquietudine, la conosceva così bene!
"Ascolta..."
Disse mettendo via il suo strumento musicale. "Molti viaggiatori sono
così: spariscono per settimane e nessuno sa dove siano o
dove
andarli a cercare. E poi magicamente, come sono scomparsi, eccoli
riapparire."
Ma
l'umore di Toen non si risollevò a quelle parole.
"Ho
provato a cercarla, esattamente come mi hai detto di fare. Ho
cercato la sua stella, l'ho pensata intensamente, ma niente. Ovunque
sia, non riesco a raggiungerla."
Hozes
la rassicurò accarezzandole una spalla.
"Non
tutti i luoghi del nostro mondo si possono raggiungere, alcuni
sono davvero irraggiungibili. Ma non penso tu debba crucciarti
così. Non è stata lei a dirti che tu le piaci
davvero
tanto?"
Toen
sbatté le ciglia più volte nel tentativo di non
lasciarsi sopraffare troppo.
"Sì,
ma quanto le posso credere?" Fiatò Toen incassando
la testa tra le spalle. "Dopotutto non ho mai saputo nulla di lei,
nè lei di me."
Hozes
spostò lo sguardo in direzione del sole, lasciandosi
accecare da esso.
"Non
credo siano queste le cose importanti, sai? Ho visto legami
crearsi qui senza aver bisogno di conoscere chissà cosa."
Fu
allora che Toen le rivolse un'occhiata stanca e malinconica, in
grado di lasciare Hozes con il fiato sospeso nell'attesa di ascoltare
cosa volesse chiederle.
"Se
ci fosse qualcosa che tu sai, ma di cui io non sia a conoscenza, tu
me la diresti, vero Hozes?" Le sussurrò lasciandola di
stucco. Quest'ultima allora si lasciò andare a un sorriso
esasperato, per poi muovere convulsamente le braccia e mani facendo
scuotere i lati del suo mantello, un gesto che implicava chiaramente a
un abbraccio. Uno dei gesti più affettuosi che Hozes amava
tanto
ricevere da Toen; gesto che la più giovane non
poté
rifiutare dopo essersi gettata tra le braccia della sua, ormai, sorella
maggiore.
Con
movimenti circolari Hozes le accarezzò la schiena.
Toen
annuì, lasciandosi cullare dal brusio dei primissimi
viaggiatori intenti a popolare la Base.
Il nuovo giorno stava per
iniziare e con esso un nuovo viaggio. I più mattinieri
stavano iniziando a radunarsi, alcuni in cerchio, altri in piena
solitudine.
Tutti
trepidanti di sapere quali nuovi missioni sarebbero
state loro affidate dallo Spirito-Guida.
Senza
una nuova stagione in atto, tuttavia, Toen stessa aveva perso la
voglia di avventurarsi nei regni e aveva notato che per molti era lo
stesso, lasciandosi andare e oziando loro stessi. Provò a
convincersi che
per Uselij doveva essere lo stesso e che, presto o tardi, l'avrebbe
rivista ma più passavano i giorni più queste
speranze si
affievolivano.
Fu
allora che vide due visi familiari arrivare alla Base. Parevano
viaggiare in coppia: erano un viaggiatore e una viaggiatrice e dai loro
abiti e accessori Toen capì che si portavano addosso un
grande
bagaglio di esperienza. A partire dai loro capelli, acconciati in doni
rari; ai loro mantelli, tra i più costosi che si potessero
comprare, Toen deglutì e pensò seriamente a
quanto
volesse fare in quel momento. Le sue gambe parvero muoversi da sole
mentre balzarono giù da quella piccola rupe, lo stesso si
poté
dire mentre zompava verso di loro col cuore in gola. Lei con la sua
pettinatura indiana, i capelli tirati indietro da un cerchietto dorato
e il
mantello bianco candido; e lui, con i capelli a punta sparati in aria
elegante nel suo mantello nero pece.
Toen
provò soggezione verso di loro, ma ormai si era
già avvicinata troppo. Talmente tanto che la viaggiatrice le
rivolse uno sguardo a tratti un po' austero.
Le
sue parole vennero precedute per prime.
"Grazie
per l'aiuto che ci hai dato quella volta nel Deserto."
Asserì cortese ma seria la viaggiatrice, annunciando un
rispettoso inchino a Toen.
Ora
sì che ne aveva la certezza! Quei due erano i compagni di
viaggio di Uselji, quelli che erano assieme a lei la prima volta che si
incontrarono, intenti a bruciare la grande pianta oscura nata
nell'acqua putrida del Deserto Dorato.
Stava
per andarsene, lasciandola lì da sola come un ebete,
perciò Toen la fermò prima che potesse farlo.
Quando
la viaggiatrice la squadrò da capo a piedi, facendola
sentire piccola piccola, provò la sensazione di voler
scomparire
all'istante. Sollevando il mento decise di affrontare le sue paure.
"Quella
volta, assieme a voi, c'era un'altra viaggiatrice." Udì
la sua voce che stava quasi per spezzarsi. "Lei... io non riesco
più a trovarla..."
"Uselji
è andata a morire nell'Eden.
Pensavo te l'avesse detto."
Quelle
parole, pronunciate con calma e freddezza, ebbero su Toen l'effetto di
una doccia fredda e gelata.
Lei
non sapeva nulla dell'Eden perché non ci era mai stata, e
tra i viaggiatori era considerato proibito dare troppe informazioni su
questo famigerato Occhio
dell'Eden, ma morire? Era per questo che
veniva considerato il "viaggio
finale?"
Qualcosa
fu visibile sul suo viso, dato che la viaggiatrice
proseguì a parlare incurante della tempesta che stava
investendo
Toen in quel momento.
"Se
riuscirà a superare l'Eden
ritornerà. Ma fino ad allora puoi considerare Uselji come
un'anima persa."
"Godoxof!"
A
interromperle fu il viaggiatore, che fino ad allora era rimasto in
silenzio e in disparte.
"Stai
esagerando." Esclamò alla compagna. "E non va rivelato ai
nuovi arrivati che cosa attende loro nell'Eden." Le ricordò.
Godoxof
si fece piccola ritirandosi in disparte.
"Hai
ragione, Esajeni." Sussurrò con dispiacere, abbassando gli
occhi a terra. "Non riesco proprio a ricordarmi come si parla ai
neonati."
Lui
le fece un cenno con il capo, dopodiché riportò
la sua attenzione a Toen.
"Se
quando Uselji tornerà sarà anche riuscita a
trovarti, allora puoi stare tranquilla che vi ritroverete."
Le
due creature chiamate Godoxof ed Esajeni si presero per mano e
varcarono assieme il portale che conduceva proprio all'Eden, lasciando
Toen da sola e inerte.
Tuttavia,
in quel momento, non le importò cosa e dove fossero
diretti in quanto la sua mente stava cercando di elaborare quanto le
era stato appena detto per quanto poco potesse essere.
La
sua conoscenza dell'Eden
era nulla, tuttavia non poteva aver
travisato la parola morire. E quell'ultima frase che le era stata
rivolta? Esisteva forse il rischio di non rivedere mai più
Uselji?
Le
vennero i brividi e una sensazione di panico si propagò
lungo
tutto il suo corpo. Cercò Hozes, ma non la trovò;
attorno
c'erano solo viaggiatori a lei sconosciuti. Pur con la mente in
subbuglio provò a fare chiarezza nei suoi pensieri e
trovò il collegamento con la sua sorella maggiore. La
pensò intensamente, ed ecco che la zona sociale della Foresta
apparve davanti ai suoi occhi.
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Capitolo 6 *** 6 - Discussing ***
La zona sociale della Foresta era una
piccola radura circolare dal colore verde smeraldo sospesa proprio
sopra la piovosa Foresta
Nascosta.
Tuttavia era difficile trovare viaggiatori intenti a socializzare
proprio lì, per quella esisteva già l'area
sociale della
prateria, più allegra e più giocosa.
Ma
per una come Hozes, che trovava divertimento persino nel regno desolato
del Deserto,
questo passava ovviamente in secondo piano. Difatti Toen la
trovò intenta a dondolarsi su una altalena, nel mentre che
cercava di attirare l'attenzione di giovanissime falene probabilmente
nate solo da qualche giorno.
Anche
l'altalena era un incantesimo; comprato in modo permanente per
Hozes rappresentava l'accessorio di cui andava più fiera. La
piazzava ovunque, persino a caso e senza una logica. Diceva che
quello era il modo migliore per fare amicizia con gli altri
viaggiatori, in effetti Toen era la testimonianza di quanto la sua
sorella acquisita fosse molto amata.
In
un'altra circostanza l'avrebbe raggiunta e si sarebbe unita a lei,
ma in quel momento la sua mente era rimasta completamente altrove.
"Hozes!"
La chiamò tremante. "Hozes!" Continuò
più forte.
La
più grande saltò giù dalla sella
dell'altalena
e, notando Toen che la chiamava, si sbracciò nella sua
direzione
tutta contenta.
"Toen!"
Pronunciò allegra. "Volevo restare con te, ma sembravi
tutta presa da quei due!" Le confessò mentre
continuava a
sbracciarsi in un chiaro segno di voler ricevere un abbraccio indietro.
Abbraccio
che Toen ignorò in quanto troppo presa da altro.
"Hozes,
è vero che nell'Eden si muore?"
L'espressione
gioiosa di Hozes cambiò fino a farle abbassare le braccia
preoccupata.
"Sono
stati loro a dirtelo?" Chiese con una punta di preoccupazione nella
voce.
Toen
ignorò la domanda e fece un passo in avanti.
"Che
importanza ha? Hozes loro hanno detto una bugia, vero?"
Cercò conferme Toen. "Perché tu mi hai detto di
essere
stata nell'Eden e di essere anche ritornata."
Le
palpebre di Hozes si chiusero rassegnate, forse stavano solo
cercando una risposta o forse erano solo intente a guadagnare del tempo
per trovarla. Aprì leggermente la bocca proprio per parlare,
ma...
"Mi
hai mentito, Hozes?"
Quelle
parole giunsero alle sue orecchie stridenti come un coltello su
una superficie piana e dura. D'istinto le venne di sollevare una mano e
di accarezzarle una spalla. Un gesto insignificante, ma che faceva
spesso; di cui Toen non rifiutava mai il tocco.
Nemmeno
questa volta lo fece, ma era diverso.
"Non
ti ho mai mentito. Io ti ho davvero insegnato tutto quello che
so..." Avvertì le proprie parole morirle nella bocca. Toen
se ne
accorse.
"Ma?"
Hozes
strinse i pugni, tanto ormai...
"Siamo
creature viventi, siamo destinate a morire." Da quelle parole
prese coraggio. "Ma anche se moriamo, la morte non sarà mai
la
nostra fine."
Al contrario, è solo
l'inizio... Questo Toen ancora non poteva saperlo.
"Come
può non essere la nostra fine, se quello che ci attende
è la morte?"
E
difatti...
Hozes
avrebbe voluto raccontarle tutto; avrebbe voluto dirle che cosa i
viaggiatori si dovevano aspettare una volta varcato il punto di non
ritorno, le avrebbe persino rivelato cosa le sarebbe successo dopo,
ma... semplicemente non poteva. Già, era troppo per Toen
aver
scoperto, in quel modo, che Eden era associato a morte.
Si
voltò e le diede le spalle, però Toen le
afferrò una mano impedendole così di allontanarsi
troppo.
"Hozes,
ti prego... Io voglio solo sapere che cosa è successo a
Uselji." La supplicò, e la sua voce pareva rompersi dal
pianto.
Questo
era troppo, pensò Hozes serrando con forza le labbra e
chiudendo gli occhi. Era troppo debole verso Toen per non accogliere
una sua richiesta.
Quando
riaprì le palpebre non vide più la radura di erba
tipica della Foresta; al contrario, vide uno scenario rosso sangue,
fatto di disperazione e dolore. Delicatamente le scostò via
la
mano e si allontanò di qualche passo.
"La
prima volta che sono andata nell'Occhio
dell'Eden
non ero sicura di quello che stavo facendo." Hozes ricordò
di un
corridoio stretto e lungo, pieno di statue dagli occhi piangenti.
"Sapevo che se avrei proseguito non sarei più tornata
indietro,
ma quando rimpiansi la mia scelta mi accorsi anche che era
già
troppo tardi."
Hozes
non si voltò indietro per controllare se Toen la stesse
capendo o meno.
"A
quel punto mi disperai e pensai intensamente che volevo solo tornare
indietro, da te e dagli altri." Ricordò. "Ma davanti a me
avevo
solo un fiume di morte."
La
vocina di Toen le arrivò alle orecchie, ripetendo quelle
ultime tre parole con voce tremante e impaurita. A pensarci ora Hozes
poté solo tirare un sospiro di sollievo.
"Nell'Occhio dell'Eden
tutte le tue membra si spezzano, le ali si
strappano e si perdono. Non c'è più modo di
recuperarle
una volta perdute. Infine ciò che ti attende non
è altro
che la morte, ma sai cosa? Il dolore fisico non è niente
paragonato alla brutalità con cui il fuoco del tuo cuore ti
viene tolto
via."
Finalmente
Hozes trovò il coraggio di voltarsi per guardare Toen
negli occhi. Inspiegabilmente vide se stessa quando ancora
non
aveva fatto andata e ritorno verso il suo viaggio finale.
"Ma
poi dopo essere morta la mia anima è risorta nuovamente,
Toen! Non ero più un misero cadavere nero che camminava, ma
una
creatura fatta interamente di luce. Quello che noi siamo!"
Le
mani di Hozes andarono a stringere le dita di Toen, lo fecero con forza
entusiaste e piene di felicità.
Toen
non poteva sapere che uno dei ricordi più belli mai vissuti
da sua sorella maggiore stava rivivendo nella sua mente.
"Lo
so che tu non mi crederai mai, ma... dopo essere risorta io ho
rivisto di nuovo tutti quanti, tutti coloro che pensavo non avrei mai
più rivisto in vita mia erano lì assieme a me!
Volavano
con me, fluttuavano con me, mi donavano la loro energia! Sono persino
riuscita a trovare te, ho sfiorato la tua mano e ho provato la
più bella sensazione della mia vita. Quello è
stato il
momento in cui ho capito che non importa dove o quando, io e te ci
saremmo ritrovate di nuovo!"
Toen
cercò di liberarsi dalla stretta di mano da cui Hozes la
teneva ingabbiata, lo fece mugolando e provando a tirarsi indietro ma
tutto le fu impossibile.
"E
sai cos'altro ho capito? Che questo viaggiare, che noi ci imponiamo
ogni giorno, altro non è che la nostra gabbia.
Perché,
credimi, solo una volta che hai sperimentato la morte e voli per
rinascere capisci per davvero il significato della parola
libertà." La sua voce si placò fino a tornare
normale. "Sì, nell'Eden
sei un essere libero."
Finalmente
Toen riuscì a sottrarsi e lo fece con un forte scatto
all'indietro; aveva prestato molta attenzione alle parole di Hozes,
aveva provato a capirle, a dare loro un senso...
"Mi
dispiace, Hozes. Io non riesco davvero a capirti."
Sapeva
che era dispiaciuta, Toen era sempre maledettamente sincera
verso gli altri. Non era in grado di nascondere le proprie emozioni,
non l'aveva mai fatto e mai ci sarebbe riuscita. Hozes lo
accettò, per questo finì per sorriderle
rassegnata.
"Questo
perché tu ti rifiuti di andarci, nell'Eden."
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Capitolo 7 *** 7 - Meeting ***
"Insomma! Sarà la
terza volta di fila che ti trovo addormentata!"
Le
lamentele di Toen erano rivolte verso una piccola viaggiatrice supina
al suolo, in mezzo ai tanti fili d'erba che componevano quella Terra, anche
chiamata la Prateria
Diurna.
Slippy era davvero piccola e infantile a volte, con quello strano vizio
di addormentarsi spesso e ovunque.
Portava le codine alte come acconciatura e due morbidose cuffie rosse
da cui non si separava mai, preferiva i mantelli dal colore nero o
bordò e lo stesso si poteva dire del suo vestiario.
Nonostante la sua pigrizia era in grado di volare abilmente da un punto
all'altro nel luogo dove si trovavano, e sapeva pure schivare i
pericolosi
draghi neri del Deserto Dorato con grande abilità. Aveva
tanti
amici e amava circondarsi da essi, tuttavia il suo più
grande
difetto era non saper dire mai di no a tutti loro.
Persino quando, inspiegabilmente, crollava dal sonno, finendo per
essere trovata da Toen in qualche angolo di mondo, con quest'ultima che
la svegliava per mandarla dritta a Casa.
"Sì, ma io ho sonno!" Si lamentò Slippy in
risposta, ignorando Toen e dandole la schiena.
Le due si erano conosciute proprio nella Terra dell'Erba, tramite
qualche amico in comune e da allora erano diventate quasi inseparabili.
A detta di Slippy il motivo era dovuto alla timidezza e alla solitudine
che Toen si portava appresso.
Dopo la discussione avvenuta tra Hozes e Toen, difatti, le due non si
erano più parlate. Non si trattava di un vero e proprio
litigio
fra le due, ma era più simile a un evitarsi a vicenda
probabilmente a causa del disagio che provavano l'una nei confronti
dell'altra dopo la volta prima.
A volte capitava anche che le due si trovavano nella Base
da sole, all'alba come erano solite fare nel loro piccolo, intimo rito.
Ma incapaci di rivolgersi la parola per prime finivano con l'ignorarsi
a vicenda.
Alla fine Hozes non aveva poi davvero bisogno di Toen, pensava
quest'ultima. Dopotutto gli
amici con cui viaggiare non le mancavano ed era esperta abbastanza per
farsene di nuovi aiutando le nuove falene nate da poco.
Fu proprio in quel periodo che Toen conobbe Slippy e nonostante questa
sua peculiarità di addormentarsi spesso e ovunque le due
erano
riuscite a stringere una grande amicizia che potesse essere benefica
per tutte e due le parti.
Slippy aveva bisogno di qualcuno come Toen al suo fianco, che
l'aiutasse a capire quanto i suoi continui dire di sì a
tutti fossero esagerati; al contrario Toen poteva usufruire
dell'esperienza di Slippy nell'affrontare i luoghi più
pericolosi e scoprirne di nuovi per poi arricchire la sua conoscenza
del mondo.
Slippy pareva, difatti, essere a conoscenza di tanti piccoli segreti e
luoghi da raggiungere per essere esplorati, così come
conosceva
alcuni trucchi per collezionare luce giornaliera evitando inutili
sprechi di tempo.
"La prossima volta ti porterò nel Deserto da
addormentata, ma ti ci lascio anche. Lì nell'acqua tossica."
Slippy sgranò gli occhi.
"Oh! Potrebbe essere divertente!" Esclamò entusiasta. "La
prossima volta fallo per davvero!"
Le spalle di Toen caddero verso il basso per la rassegnazione. Qui il
problema era che Slippy non stava affatto scherzando, anzi era seria
per davvero. Bastava darle un'idea pericolosa per la mente che subito
andava ad attuarla.
Toen si toccò la fronte esasperata.
"Se si rimane troppo a lungo in quell'acqua nera si rischia di perdere
le proprie ali, lo sai."
Slippy balzò in piedi con uno scatto, poi si
scrollò di dosso la polvere fino a scrocchiarsi le spalle.
"E allora? Le ali si possono ritrovare, non ti sembra divertente?"
Toen imbronciò le labbra perché per lei non lo
era per niente, anzi...
"Che stai dicendo? Piuttosto è una seccatura."
Cercare ali per i vari regni non era esattamente un gioco da ragazzi;
certo alcune erano semplici da trovare e visibili anche da lontano, ma
altre risultavano davvero difficili e nascoste. Spesso serviva l'aiuto
di qualcun altro che ti ripristinasse di energia per raggiungere i
luoghi
alti dove erano posizionate per prenderle, e se non c'erano
nuvole per ricaricarsi fare affidamento sui viaggiatori più
esperti era l'unica opzione possibile. Da questo punto di vista le
falene nate da poco erano tra le più svantaggiate, ecco
perché custodire le proprie ali al sicuro era cosa molto
importante per qualsiasi viaggiatore di qualsiasi regno.
Ma di quella affermazione Slippy finì per riderne con gusto,
suscitando ulteriore imbronciamento in Toen.
"Se la pensi così..." Dichiarò la più
piccola dopo
aver finito di ridere. "...Mi chiedo cosa farai quando ritornerai dall'Eden la tua prima
volta.
Eccolo che ritornava a galla, quel maledetto Occhio dell'Eden da
cui Uselji ancora pareva non essere tornata.
Toen non ne voleva più sentire parlare, ma le cose che eviti
sono anche quelle che ti perseguitano di più, si sa.
Slippy notò il suo silenzio forzato, per questo
tornò seria.
"Toen tu non ci sei mai stata, vero?"
Chi tace acconsente per questo non ci fu bisogno di una risposta a
voce.
"Cosa aspetti a farlo?" Le domandò Slippy stupita.
Toen si morse le labbra; eppure non sembrava tanto complicato da
capire: chi mai voleva avventurarsi in un luogo che portava alla morte
e da cui, forse, si correva il rischio di non tornare? Il solo pensarlo
le fece dare della pazza da sola.
Ma possibile che Uselji, Hozes e ora persino Slippy fossero tutte
pazze?
"Che cosa c'è di così divertente nell'andare
verso una morte certa?"
Prima di risponderle Slippy intrecciò le braccia al petto e
corrucciò lo sguardo.
"Quindi sai già che nell'Eden
ci attende la morte? Ma dai, chi te l'ha detto? Ti ha già
tolto tutto il divertimento di scoprirlo da sola!"
Toen strinse i pugni perché non era a quella risposta che
anelava.
"Sto aspettando un'amica, è andata nell'Eden
e ancora non ha fatto ritorno." Asserì con gli occhi che
già le pungevano nel solo ricordarsi l'ultimo momento
passato
assieme alla sua cara Uselji. Lo maledì anche
perché, se avesse saputo
cosa sarebbe successo dopo, probabilmente le avrebbe chiesto di non
andare.
"Beh, penso che sia un po' così per tutti. Quando ho fatto
ritorno dall'Occhio
dell'Eden
la mia prima volta erano passate quasi tre settimane, anche se a me
sembrava tutto accaduto molto più velocemente. Le volte
successive sono
state meglio, però, e ora al massimo sparisco per qualche
giorno
o due, senza dare troppa preoccupazione ai miei amici." Slippy le
rispose grattandosi una guancia, ricordando come
tutti loro si erano preoccupati per lei non vedendola
tornare, ora invece la salutavano entusiasti augurandole persino una
buona morte.
Alla fine tutto era sempre andato bene e questo era l'importante.
"Quante volte sei stata nell'Eden
allora?" Le domandò Toen incredula; Slippy poté
solo augurarsi di non aver detto troppo vista la sua insistenza.
"Uh, beh, non ricordo... ma così tante volte che ormai ne ho
perso il conto." Ridacchiò imbarazzata, sperando
così di
mettere a tacere la sua curiosità una volta per tutte.
Troppe domande scomode iniziavano a non piacerle affatto.
Toen si sfregò il mento più pensierosa di prima;
talmente
tanto che Slippy fu costretta a chiedersi di quali risposte avesse
bisogno per darsi un po' di pace e smetterla di esserne così
ossessionata.
Non vedenendone a capo le
accarezzò una mano per rassicurarla.
"Ascolta, è vero
che incute paura. Ma alla fine non è
altro che un regno come tutti gli altri, solo un pochino più
spaventoso."
"Un
regno dove si muore." Puntualizzò Toen portando Slippy ad
allontare la mano.
"Vero,
ma la morte non è che un prezzo da pagare per ricevere la
nostra ricompensa finale. Non ti dirò altro però.
Devi
scoprirlo da sola, come tutti."
Toen
le sorrise guadagnando così un po' di calma e
serenità. Le due decisero quindi di proseguire nella ricerca
giornaliera di luce, attraversando tutte le isole fluttuanti della
Prateria, fino a giungere all'Arcipelago dove si rilassarono tra la
sabbia scottante e la compagnia di alcuni granchietti di pietra.
L'Arcipelago
offriva loro un habitat del tutto naturale, tra lidi e
acque cristalline, capaci di ammansirli fino a renderli inoffensivi del
tutto; come quei due solitari che facevano la coppietta felice su un
piccolo isolotto al largo delle acque marine. Toen aveva deciso di
adottarli dando loro persino un nome.
Quando
il giorno iniziò a spegnersi e il tramonto a colorarsi
all'orizzonte le due tornarono nella Casa, soddisfatte della loro
giornaliera raccolta. Stavano persino discutendo se rilassarsi ancora
andando
a passeggiare nella Cupola
quando, improvvisamente, Toen si
bloccò e si girò indietro.
"Scusa,
potresti andare avanti senza di me?"
Slippy
assunse un faccino triste per quella improvvisa richiesta, ma
non la obbiettò e la precedette gettandosi in direzione del
portale che conduceva alla Cupola
della Conoscenza.
Nel
farlo quasi urtò un piccolo gruppetto di viaggiatori appena
apparsi e di ritorno da chissà dove, tra di loro una
minuscola
viandante con i capelli a codini e avvolta in un mantello rosa pastello
talmente grande che quasi le arrivava ai piedi.
Ed
era proprio a lei che Toen aveva rivolto la propria attenzione, non
aveva mai conosciuto nessuno con quell'aspetto eppure qualcosa le
diceva che c'era altro. Questo lo capì da come la piccola
viandante la continuava a guardare, un misto tra il volerla avvicinare
e il voler starle lontana per l'imbarazzo.
Toen
se ne fregò e l'avvicinò, guardandola lei stessa
dall'alto
verso il basso. Per la prima volta in vita sua ebbe la sensazione di
interagire con una vera neonata, cosa mai successa prima di quel
momento.
Le
sue labbra si distesero e sorrisero, provò una sensazione di
sollievo mista a felicità nel vedere quella giovanissima
viaggiatrice davanti a sé, lottò persino con il
desiderio di stringerla forte tra le sue braccia. Dopotutto era certa
di non
sbagliarsi, perché erano il cuore e l'istinto a dirglielo.
"Sono
davvero contenta di vederti di nuovo."
La
piccolina sollevò il mento e le ricambiò
l'occhiata
guardandola da sotto la sua cortissima frangetta a caschetto. Anche se
sorrideva era un sorridere diverso, una miscela tra preoccupazione,
nostalgia e un pizzico di gratificazione.
"Mi
dispiace davvero tanto." Fiatò con voce dispiaciuta. "Amica
mia."
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Capitolo 8 *** 8 - Confessing ***
"Mi dispiace davvero tanto."
Fiatò con voce dispiaciuta. "Amica mia."
Non
c'erano dubbi che si trattasse di Uselji, però Toen non
conosceva questa
Uselji.
Toen
la ricordava come una viaggiatrice alta, dall'aspetto sempre
composto e fiero. Questa piccola Uselji davanti a sé
era minuta, dalle sembianze minuscole e l'immagine stanca. C'erano
delle occhiaie sotto le sue palpebre, violacee ed evidenti, marcate
sulla pelle pallida del suo viso; c'era persino qualcosa di diverso
nella luce dei suoi occhi: non si poteva dire che erano spenti, anzi
erano molto vivi, ma Toen poté giurare di scorgerci un
bagliore
differente simile a una consapevolezza maggiore.
La sua forma poteva essere rimpicciolita al punto da farla sembrare
una bambina, ma tutta la sua aura esprimeva saggezza, sapere e
coscienza.
Toen
provò l'istinto amorevole di chinarsi e abbracciarla,
stringerla forte tra le sue braccia per non lasciarla
più
andare via e lontano; tuttavia si limitò a scuotere
la testa e sorridere assieme.
"Sono
io a chiedere scusa. Perché, senza sapere nulla, ho dubitato
che tu volessi ancora stare con me."
Uselji
non accettò quelle parole, le rifiutò mentre
stringeva gli occhi fino a chiuderli accentuando maggiormente
l'ombreggiatura scura e bluastra che li cerchiava.
Osservandola
meglio Toen ne era sicura più che mai: fuori poteva sembrava
una fanciullina nata da poco, ma la verità era che Uselji
pareva
invecchiata improvvisamente e di colpo.
Un
effetto collaterale del suo ritorno dall'Eden?
"No."
Le rispose Uselji flebile come un uccellino. "Io sono molto contenta.
Perché ti sono mancata."
Toen
si inginocchiò davanti a lei, portando così il
viso
alla sua altezza. Allungò un braccio per stringere una di
quelle piccole manine tra le sue. Lo fece con delicatezza e senza
irruenza, per timore di farle del male senza volerlo.
"Io...
ho viaggiato molto in queste settimane che non c'eri. Ho visto
posti nuovi e conosciuto nuovi viaggiatori, mi sono fatta nuovi amici.
Ho tenuto a mente di tutto
perché volevo farteli vedere."
Uselji
annuì silenziosamente prima di riaprire lentamente le
palpebre.
"Amica
mia." Pigolò. "Guarda, sono rinata da poco. Le mie ali
sono quasi scomparse e io non ho forze per volare a lungo."
Era
vero, constatò Toen. Uselji era dotata di ben dieci ali per
volare lontano l'ultima volta che si erano viste; un quantitativo che
faceva di lei una viaggiatrice
piuttosto veterana, ma ora a stento arrivava ad averne cinque.
Comportava
questo, viaggiare nell'Eden? Provò i brividi nel
pensare alla fatica immensa fatta per accrescere le proprie ali, per
poi perderle in un batter d'occhio con un singolo viaggio.
All'improvviso
le venne un'idea e si indicò le proprie spalle.
"Puoi
salire qui su! Starai comoda e non farai nessuna fatica!"
Non
credeva di averlo detto sul serio, ma era una cosa che aveva
visto fare tra tantissimi viaggiatori, amici di lunga data, e non
poteva
nascondere di esserne altrettanto curiosa. Uselji ridacchiò
incredula da come Toen insisteva a voler farla salire sulle proprie
spalle, infine cedette e l'assecondò. Per darsi
stabilità
poggiò entrambe le manine sul capo di Toen, che nel
frattempo le
chiese se stesse comoda così.
Lei
annuì, beandosi delle brevi e lente giravolte che Toen
compì su se stessa in modo scherzoso e per giocare.
Insieme
partirono alla volta del reame chiamato Valle del Trionfo, da
sempre il regno preferito da Toen. Si lanciarono giù per la
grande discesa ghiacciata e ricoperta di neve, sfidando altri ignari
viaggiatori in una tacita competizione a chi arrivava prima.
Corri giù per la
Valle e le porte della Città si apriranno in tuo
onore.
Questo era il
benvenuto riservato a ogni singolo viaggiatore
che percorreva quel luogo; scenari innevati dal colore bianchi e puri,
attenuati dal rosa del tramonto. L'aria nella Valle era sempre fredda e
secca, al punto tale da essere capace di toglierti il fiato, ma proprio
per questo regalava cieli limpidi e paesaggi splendidi.
Alla
fine della corsa Toen virò verso le grandi scalinate
dell'arena che precedeva il tempio dei due Antichi Gemelli, custodi
della Valle.
Dall'alto
si poteva osservare tutto lo scivolo che ne componeva la discesa,
aguzzando la vista si poteva persino
notare piccoli puntini neri che scivolavano sopra di esso, dall'alto
verso il basso. Toen li salutò da lontano sbracciandosi,
costringendo Uselji a fare lo stesso.
Infine
puntò a entrare dentro il Tempio volando in picchiata, ma
prima di frenare a terra planò e risalì verso
l'alto
con un movimento simile a un vortice. Fermò il proprio volo
solo
dopo aver raggiunto la più alta delle vetrate del Tempio;
sotto
di loro il punto di meditazione per ricevere la benedizione di Samakh e
Mek, al loro fianco un collegamente con l'esterno da cui Toen si
gettò nel vuoto a capofitto, accolta dalle nuvole che
bucò volando, dritto simile a un razzo, sbucandone oltre la
corte.
Sotto
di loro ora brillavano acque marine dal colore cristallino e
riflettente, ma la vera meta di quel viaggio era il Colosseo visibile
all'orizzonte: una meta ambita da tantissimi viaggiatori alla ricerca
di un luogo che potesse ricompensare le loro fatiche giornaliere.
Più si
avvicinavano e più il cielo si scuriva, assumendo colori
magici
che variavano dal blu al viola, mentre sopra le loro teste erano le
stelle a risplendere. Toen atterrò proprio sopra la cima di
uno
dei torrioni che componevano quella grande struttura circolare,
chiamata per l'appunto
Colosseo di Notte.
Stanca
dal grande sforzo appena compiuto si accasciò a terra per
ripredere fiato, mentre Uselji, ormai già balzata a terra
dalle
sue spalle, le regalò uno sguardo ammirevole e fiero. Toen
lo
riconobbe e sorrise a sua volta felice.
"Ho
desiderato venire qui con te."
"Davvero?"
Gioì Toen tra una boccata d'aria e un'altra. Uselji
le diede le spalle volgendo il proprio sguardo in lontananza, da dove
erano arrivate.
"Voglio
vedere ogni angolo di questo mondo con te."
Toen
si portò a sedere, incrociando le gambe. Se da un
lato moriva dalla voglia di chiederle come era morta nell'Eden e cosa aveva
dovuto affrontare per ritornare da esso, dall'altro non voleva nemmeno
rovinare questo momento tutto per loro.
Scacciò
immediatamente via dalla testa quel pensiero: non voleva
sapere niente di niente dell'Eden e di tutto ciò che lo
riguardava; un regno capace di portarti via gli affetti non era degno
per lei e anche se Uselji vi aveva fatto ritorno non era mutata la sua
convinzione che fosse pericoloso al punto tale da guardarsi le spalle,
né capiva perché i viaggiatori ne erano tanto
attirati.
Uselji parve capire il suo disagio, pertanto non lo menzionò
più
nemmeno una volta. Ma c'era una cosa da cui non poteva esimersi di
stare zitta.
"Lo
sai? Gli Antichi dell'Eden
mi
hanno fatto dono di un nuovo incantesimo." Toen l'ascoltò in
silenzio e con curiosità, mentre l'altra si accingeva a
dichiararle che
non vedeva l'ora di farglielo vedere. La vide giungere le piccole mani
in segno di devozione, per poi aprirle come se stesse rivolgendo una
preghiera al cielo. L'aveva già vista fare un movimento
simile,
quella volta che le aveva donato un arcobaleno nel cielo, mentre si
riposavano sopra uno dei tappeti d'erba nella vaste Isole Sacre.
Difatti una luce si sprigionò dalle sue mani, rilucendo per
qualche istante prima di posarsi a terra e materializzarsi.
Sul pavimento di fronte a loro comparve un cerchio fatto di legna,
assieme a dei tronchi più robusti e spessi, adatti per
sedervisi
sopra. La piccola catasta di legna sembrava fatta apposta per essere
bruciata all'istante. Uselji tirò fuori la sua candela e
l'accese, generando così in poco tempo una fiammata capace
di
riscaldare l'aria circostante. Il fuoco danzava sopra quella legna,
consumandola poco alla volta, attirando lo stupore di Toen.
"Un falò! Io non ne ho mai visto uno prima d'ora!
Grazie!"
Uselji ricambiò contenta di vederla così
strabiliata, poi
si sedette su uno dei grandi tronchi invitando l'altra a fare lo
stesso.
"Noi siamo creature di luce. Viviamo grazie a questa e al calore."
La fiamma ondeggiava in balia dell'aria, rischiarando il pallore della
loro pelle, donando loro un formicolio piacevole. Toen fu rapita da
tanta bellezza ipnotica racchiusa in una semplice fiammella, come se
fosse un augurio di buon auspicio, sotto quel cielo notturno.
"E tu questo sei per me. Importante come la fiamma di questo
falò."
Toen aprì la bocca sbalordita, ma la richiuse all'istante
per
regalarle un sorriso sincero. In fondo così era il loro
rapporto, un legame racchiuso nel significato delle enigmatiche frasi
che Uselji amava rivolgerle, assieme alle dimostrazioni d'affetto da
parte di Toen. Quest'ultima, in particolare, sentì il
bisogno di
allungare una mano per toccare il palmo di quella dell'altra, nel
mentre che le si portava più vicina.
"Uselji, ascolta..." Attirò la sua attenzione soffiando
dolcemente a bassa voce quelle parole. "Perché non mi
racconti
di tutto quello che hai affrontato nel tuo ultimo viaggio?"
Non poteva credere di essere davvero interessata, ma si trattava
dell'ultimo viaggio affrontato da Uselji e questo sì che la
interessava eccome.
Tuttavia lei negò con il capo, senza però
ritrarsi al suo tocco.
"Il viaggio finale va vissuto di persona." La rimproverò
dolcemente, Toen si sfogò corrucciando le labbra. "Ma posso
accompagnarti."
Toen ritrasse indietro la mano come se si fosse scottata. Anche gli
occhi di Uselji si ritrassero da Toen, spostando l'attenzione al cielo.
"Non preoccuparti. Non sarei mai tornata indietro senza prima averti
trovato lassù."
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Capitolo 9 *** 9 - HUGGING (extra) ***
Hozes amava circondarsi di
amici, ma considerava tali solo un piccolo gruppetto di loro.
Per
lei erano come una piccola famiglia, nati all'incirca nello stesso
periodo: poco prima o durante la Stagione
degli Incantesimi.
Forse c'era un periodo dove erano più uniti, trascorrevano
maggior tempo assieme, eppure c'era tra di loro quella magia che li
rendeva vincolati; nonostante questo alcuni erano scomparsi senza
più aver fatto ritorno, forse inghiottiti proprio dal lato
oscuro dell'Occhio di Eden, dove il ritorno non era considerato. Toen
era tra gli ultimi arrivati in questa piccola comunità e
Hozes
aveva promesso a se stessa che l'avrebbe protetta a qualsiasi costo,
non importava se contro un granchietto oscuro succhia-energia o un
drago nero vorace di ali dorate.
Tuttavia,
dopo la loro ultima discussione, le due si erano
allontanate perdendo quella magia che le rendeva due sorelle non per
sangue, ma per scelta.
Biasimava
persino se stessa per essersi lasciata sopraffare dalle
emozioni e aver permesso loro di controllarla: mai le avrebbe dovuto
parlare dell'Occhio di
Eden,
né lasciare che venisse a conoscenza di qualcosa legato a
esso. Eppure ci era cascata di nuovo e, forse, ora aveva perso per
sempre la sua amica più preziosa, nonché amata
sorellina.
"Immagino
che non vogliano aiuto." Sospirò guardando un piccolo
gruppetto di falene allontanarsi dalla zona sociale della Valle per
scivolare giù lungo il pendio ricoperto di neve.
Calpestò
un ciottolo e lo calciò lontano con fare
annoiato. L'aria fredda della Valle le congelava le spalle, per fortuna
che era riuscita a procurarsi un lungo mantello invernale, dal colore
aranciato e dotato persino di ampie maniche. Siccome quel giorno aveva
deciso
di addentrarsi nella Valle del Trionfo preferì indossare dei
pantaloni militari al posto di altri, molto più comodi e
pratici. Si diede persino una veloce occhiata in uno specchio d'acqua:
aveva delle leggere occhiaie, ma nel complesso il suo aspetto era
decente.
In
testa non si separava mai dalle corna simili a quelle di una renna
ricevute in regalo da un Antico Spirito di passaggio, un pegno preso
assieme
alla sua dolce metà: Fumetsu, una creaturina ingenua e
innocente, candida tanto quanto il mantello bianco che amava tanto
indossare.
Il
motivo che aveva spinto, quel giorno, a lasciare Fumetsu in compagna
di altri amici e avventurarsi da sola nella Valle però era
legato a Toen. Quel regno era da sempre il suo preferito, varcando il
portale che vi conduceva attraverso nutriva speranze di poterla trovare
lì, invece la dura realtà le fece trovare
nessuno. Tutte
le speranze nutrite crollarono di botto, portando Hozes a muovere pochi
passi alla ricerca inutile di qualcuno. Nemmeno la vana ricerca di
nuove falene da aiutare nel loro percorso le diede il giusto sollievo.
"Hozes!"
Si
girò incredula, pensando di aver avuto un'allucinazione
invece non poteva sbagliarsi: Toen era lì, poco dietro di
lei e
non era affatto infastidita o sorpresa, anzi le sorrideva genuinamente
mentre le veniva incontro.
Hozes
avrebbe voluto saltarle addosso per abbracciarla forte,
trasmetterle quanto le era mancata; poteva persino
avvertire le proprie mani pruderle per questo, ma si impose di tenere a
freno le proprie emozioni per non commettere ulteriori sbagli. Alla
fine tutto ciò che le rimase fu vero stupore disegnato sul
viso.
"Toen!
Cosa ti è successo?"
Lei
le sorrise compiaciuta mentre si portava le dita ai capelli per
arrotolarne qualche ciocca.
"Intendi
questi? Non li ho tagliati, ma ero stufa di tenerli sempre
sciolti sulle spalle. Quando voli non fanno altro che andarti davanti
agli occhi. Mi dona, questa coda alta?
"Sì,
certo..." Mormorò l'altra ancora incredula. "Ma non
mi riferivo a questo. Sei cambiata, hai cambiato i tuoi vestiti, e il
tuo mantello. Che fine ha fatto il mantello viola, che tanto ti
piaceva?"
Toen
si scrutò addosso; vero, non aveva più in mostra
le
ossute gambe grazie ad un grazioso gonnellino, ora piuttosto indossava
una tuta invernale color panna completa di guanti e scarponi dal colore
blu.
E
il mantello viola? Beh, quello lo aveva sostituito con uno dal colore
indaco, guarnito persino da graziosi campanellini che tintinnavano al
minimo movimento.
"Le
stagioni passano e invecchiano, così anche io." Le
rispose Toen soddisfatta del suo cambiamento.
Hozes
abbassò le spalle affranta; doveva esserne contenta e voleva
esserlo, semplicemente non ci riusciva.
"Toen,
tu... Non hai più bisogno di me, vero?"
Forse
in cuor suo era anche pronta ad accettare qualsiasi risposta che
la sua preziosa amica le avrebbe dato, ma non riuscì proprio
ad
evitare che i suoi occhi iniziassero a pungere e bruciare. Eppure
avvertì lo stesso il proprio corpo avvolto in un caldo
abbraccio
e di colpo si ricordò della sensazione più bella
fra
tutte, quella di un caldo abbraccio.
Ricambiò
la stretta che Toen le stava regalando appoggiando la
guancia sul suo collo, beandosi delle carezze che quest'ultima
coccolava sulla sua schiena.
"Perdonami,
io non dovevo dirti tutte quelle cose la volta scorsa. Lo
capisci? C'è un motivo sul perché è
proibito
parlare troppo dell'Eden
a qualcuno che non c'è mai stato."
Toen
le sussurrò di fare silenzio mentre le lisciava i capelli,
percorrendone la lunghezza dalla nuca fino alle scapole.
"Non
sono venuta qui per questo. Sono venuta per stare con te.
C'è un posto che ho scoperto e che vorrei farti vedere,
vieni."
Toen
le prese la mano e la trascinò con sé, non
andò verso il grande dirupo ma preferì piuttosto
percorrere l'entrata di una grotta, la cui fine conduceva a un grazioso
villaggio situato proprio ai piedi della grande Arena. Una piccola
comunità del passato, di cui ora erano godibili solo le
rovine
strette tra due catene montuose.
"E
se ti può aiutare a stare meglio sappi che non ci ho ancora
portato nemmeno Uselji lì." Ridacchiò Toen,
correndo in
direzione del villaggio. Hozes chiuse gli occhi sollevata, tutta
l'inquietudine di poco prima si era azzerrata in un attimo
perché ora esistevano, finalmente, solo loro due.
"Un
giorno me lo dirai che rapporto c'è tra te e Uselji?"
Toen
non le rispose, ma rise solo. Poi spiegò le ali e
volò alta, in direzione di una delle catene di montagne che
nascondevano il villaggio, puntò così a una
funivia che le poteva
aiutare a raggiungere un'altitudine ancora maggiore. Erano passati
diversi
anni dall'ultimo insediamento in quel villaggio, ma stranamente le
funivie lì attorno funzionavano ancora.
Arrivarono
così a un alto pendio, dove la leggenda narrava che
nei tempi antichi risiedesse uno spirito simile a uno yeti. Ora
però, di quello yeti, solo la sua casa era rimasta
visitabile,
come un rifugio per rinfrescarsi dagli sforzi della salita.
Non
era
lì che Toen desiderava andare, la sua meta infatti si
trovava
sospesa tra le nuvole: un isolotto simile a un iceberg che spuntava da
quel mare fatto di cotone color giallo paglierino. Una meta ambita da
molte coppie, ma anche da amici stretti, gruppi di viaggiatori e non
solo.
Persino un'esplorazione in solitaria laggiù poteva donare
allo
spirito il giusto ristoro.
E
poi c'era da dire che la vista del tramonto sull'intera Valle era da
mozzafiato.
Quando
atterrarrono gli occhi di Hozes erano pieni di meraviglia. Toen
la guardò soddisfatta, sapendo che questa doveva per forza
essere la sua prima volta in quel luogo.
Ma
non voleva che finisse lì così, non era ancora
abbastanza, non come regalo per Hozes.
Le
sorrise, poi giunse le mani strette tra loro; infine le
liberò in un incantesimo. Ci volle un po' di tempo prima che
si
materializzò, ma infine comparve facendo capolino tra le
nuvole
sotto di loro.
"Non
è molto visibile con tutte queste nuvole, vero?"
Scherzò Toen allegra, lasciando Hozes veramente
meravigliata.
"Un'arcobaleno?
Non ci credo! Ma hai la minima idea di quanta luce costi?"
Toen
le sorrise annuendo.
"Ovvio,
l'ho comprato io."
Hozes
le passò accanto, la imitò nei suoi movimenti e
liberò in aria un differente incantesimo; lo
posizionò
non tra le nuvole, ma a terra: si trattava infatti di un altalena, una
di quelle per due.
Velocemente si sedette sopra e invitò l'altra a fare lo
stesso,
il tutto con un atteggiamento fiero e divertito che fece scuotere a
Toen la testa.
"C'è
qualcosa di cui vuoi parlarmi, vero?" Le chiese iniziando a dondolarsi.
Toen
non negò con il capo, ma si limitò a risponderle
a
parole che l'unica cosa che desiderava era portarla lì e che
non
c'era alcun doppio fine in questo.
Hozes
tese la schiena all'indietro, iniziando a dondolarsi sopra la
seggiola; prima piano, ma poi sempre più velocemente. Se il
detto "tetto del mondo" esisteva per davvero allora poteva solo
riferirsi a questo.
"Non
dire così o ti strozzo veramente! Allora, che cosa vuoi
dirmi?"
Toen
non le rispose immediatamente, prese invece ad oscillare
piano piano sull'altalena, aumentò il ritmo per adeguarlo a
quello di Hozes, ma poi strisciò i piedi a terra fino a
fermarsi
completamente.
"Penso
di sentirmi pronta ad andare in Eden, sai?"
Il
tempo sembrò fermarsi in quell'istante e Hozes non credeva a
quanto appena sentito, eppure era successo per davvero e non era un
sogno. Toen aveva appena detto di essere pronta a sostenere il suo
primo viaggio finale, finalmente era arrivato anche il suo turno. Chi
presto, o chi più tardi, prima o poi quel momento giungeva a
tutti. Si alzò in piedi con uno scatto e le prese le mani
tra le
sue commossa.
"Ti
accompagnerò. Non posso lasciarti andare da sola, non la
prima volta almeno."
Toen
la guardò felice, ma le sorrise negando con la testa.
Sfilò le mani dalle sue e le riportò ai lati del
viso,
afferrando saldamente le due corde che reggevano la tavoletta sulla
quale era seduta.
"Andrò
con Uselji, ma ci entrerò da sola. Ho paura, ma
è qualcosa che si può affrontare. Dopotutto anche
tu
l'hai fatto da sola la prima volta, no?"
Non
era la risposta che voleva sentirsi dire, ma se la fece andare bene.
Non poteva fare altrimenti.
Le
regalò un sorriso rassegnato, mascherando così il
dispiacere.
"Non
credo di poterti fermare, però..." Le afferrò
nuovamente le mani, salde tra le sue. "Devi promettermi che tornerai."
Ci
fu un tocco delicato a suggellare quella promessa, quello delle loro
fronti che si sfiorarono. Forse un gesto infantile, ma fatto con tanto
affetto. E silenzio, c'era forse bisogno di aggiungere altro?
Toen
si ritirò indietro con gli occhi lucidi. Poi si
inginocchiò a terra ed estrasse fuori dal mantello la sua
candela; bianca ossia quella usata per condividere il fuoco del cuore
con un altro viaggiatore.
Maggiormente
questo veniva condiviso e più il legame che si creava
cresceva e diventava forte.
Hozes
raccolse dentro di sé quella piccola fiammella di se
stessa che Toen le aveva appena offerto, ma non prima di aver espresso
il suo disappunto per non essere stata la prima a farlo.
Così
tipico da lei, pensò Toen mentre le porgeva nuovamente la
mano.
Insieme
si lanciarono nel mare di nuvole, giocarono con esse, si
lasciarono cullare... dietro di loro il grande sole della Valle calava
nel tramonto, mettendo in ombra persino il grande Colosseo visibile da
lontano.
Probabilmente,
la prossima volta che vi avrebbero fatto ritorno, Toen
avrebbe ammirato quanto il loro mondo sapeva essere vasto grazie agli
occhi di chi aveva appena acquisito una conoscenza maggiore.
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Capitolo 10 *** 10 - Raining (extra) ***
Cadeva a fiotti la pioggia,
bagnando cortecce ed erba.
Nella
Foresta Nascosta questa non cessava mai, rendendola un luogo
pieno di malinconia e di solitudine per i novizi. Per i più
esperti rappresentava invece una meta alla ricerca di sé
stessi.
Koreragu
amava pensarla così quando desiderava restare sola, preda
dei suoi pensieri.
Il
ticchettio calzante delle gocce che cadevano a terra possedeva un
ritmo così regolare da spingere la mente negli angoli
più
lontani e bui di essa.
Pensare
troppo era un male nocivo verso se stessi, ma lei era una
viaggiatrice giovane e molto inesperta; la gioventù la
rendeva
fin troppo fragile e dipendente dagli altri, amante della ricerca
costante di attenzioni e approvazione altrui. Bramava la compagnia
tanto quanto desiderava la solitudine, al tempo stesso voleva persino
il contrario: l'isolamento in mezzo al gruppo. Quale contraddizione
vivente era.
Però
lei era questo e, sempre per questo, aveva fatto di una
piccola casetta sopra un albero il suo piccolo rifugio personale.
Fredda e bagnata dalla pioggia tutt'attorno, ma riscaldata da una fila
di rosse candele e la presenza di un "child" all'interno.
Un'opposizione in contrasto, esattamente come lei.
Koreragu
ne sorrise quando lo realizzò, perdendosi a osservare
quel bambino-luce lì presente, ora nient'altro che una
polverina
dorata dopo esser diventato energia integrante del suo mantello.
Lo
arrotolò tutto attorno a sé, a modo di coperta.
Quello
che indossava le piaceva particolarmente, al punto da non cambiarlo
quasi mai: stoffa bianca colorata di giallo all'interno e pieno di
frange, quando volava dava l'impressione di possedere il colore dei
fulmini.
Con
la mano si lisciò i corti capelli a scodella che si
ritrovava; le piacevano così... per nulla femminili.
Sospirò
portando le mani sopra le ginocchia, assumendo infine una posizione
composta e inginocchiata.
Non
ricordava quanto tempo esatto era passato dal suo arrivo, nemmeno
aveva fretta di andarsene da quel piccolo covo personale, era solo
grata che i viaggiatori in visita alla Foresta Nascosta non le
prestavano nemmeno attenzione quando volavano lassù:
raccoglievano la luce giornaliera delle candele, caricavano il proprio
mantello e poi se ne andavano lasciandola sola così, come
una
piccola ombra grigia indegna di attenzione.
Quando
udì i passi di qualcuno che era appena atterrato sopra
quel piccolo piano di legno non si voltò nemmeno per
guardarli,
sperò solo che se ne andassero via presto. Ma una voce
familiare
la costrinse ad alzare la testa.
"Koreragu!"
La chiamò.
Era
Toen, quella gentile viaggiatrice che le aveva presentato Slippy,
avvolta nel suo favorito mantello viola e con i soliti capelli lasciati
sciolti e liberi sulle spalle. Mano nella mano era stretta ad Hozes, la
sua sorellona inseparabile, più alta e più
esperta. Dato
che Toen reggeva con la mano libera un ombrello azzurro non le fu
difficile capire chi delle due aveva preso il comando della guida.
"Cosa
ci fai qui da sola?" Le domandò Hozes pensierosa, mentre
Toen le passò accanto ripiegando sulla propria schiena
l'ombrello, ormai pregno di pioggia. La vide allungare le mani in
direzione del child, raccogliendolo
per poi trasferirlo nel suo mantello, facendolo diventare
così una stella impressa su di esso.
Ecco,
ora era chiaro cosa ci facevano quelle due lì; Koreragu
non aveva fatto una scelta granché ponderata se davvero
voleva
restare sola. Però era contenta che le due viaggiatrici
appena
giunte fossero Hozes e Toen, sentiva di trovarsi bene con loro. Anzi, a
volte pensava di essere persino di troppo.
"Pensavo."
Mormorò a bassa voce stringendo le spalle.
"Pensavi?"
Ripeté scettica Toen, stavolta guardando Hozes ancora
immobile e con le mani sui fianchi.
Koreragu
sperò di farsi ancora più piccola fino a
scomparire.
"Sì,
la pioggia mi aiuta a pensare..." Rispose flebile e timida, incurvando
la schiena.
"Qui?"
Proseguì Toen con voce pensierosa.
"Questo
è un piccolo luogo di passaggio per noi viaggiatori, ma
piccolo non significa insignificante." Pigolò Koreragu
riferendosi a quel piccolo tempietto e forse anche a se stessa. Probabilmente era troppo
tardi ormai desiderare di restare da sola.
Toen
iniziò ad armeggiare con il suo ombrello, scrollandolo
dalle gocce d'acqua; infine lo aprì e lo poggiò
aperto ai
suoi piedi.
"Che
cosa ne pensi, Hozes?" Le sorrise dopo essersi rialzata.
Hozes
le rispose piena di complicità.
"Penso
che non ci farà male fare una pausa."
Le
due si sedettero accanto a Koreragu, alla sua destra e alla sua
sinistra, tra lo stupore generale di quest'ultima che guardò
prima una e poi l'altra. Entrambe non avevano più aperto
bocca,
ma tenevano gli occhi chiusi e una lieve distanza tale che lasciava
intendere come volessero stare lì senza invadere il suo
spazio
personale. Koreragu le ringraziò mentalmente per questo: per
voler condividere il suo momento, ma per averlo fatto in modo tale da
risultare impercettibile.
Perciò
chiuse gli occhi anche lei e immaginò di camminare
al loro fianco, ovunque e lontano non importava, assieme a tutto quello
che sarebbe arrivato e a quanto sarebbe scivolato via.
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Capitolo 11 *** 11 - Greeting (extra) ***
Sapeva
che l'avrebbe trovata lì, spaparanzata sopra la fresca
erbetta della Prateria
Diurna.
Slippy amava dormire
più di qualunque altra cosa e lo faceva davvero ovunque!
Persino nell'abominevole Deserto
Dorato, dove l'attenzione doveva essere sempre massima.
Toen la trovò addormentata a pancia all'aria,
con i gomiti piegati e i polsi sotto la nuca per simulare un
cuscino. Teneva il viso rivolto al sole e l'espressione pacifica di chi
era davvero in pace con se stesso. Il leggero venticello che soffiava
nella Terra dell'Erba la
rendeva ancora più fanciullesca di quanto già non
fosse.
Toen non poteva saperlo prima di scoprirlo, ma questo apparire
così sempre bambina era dovuto al fatto che Slippy amava
viaggiare e fare ritorno dall'Eden
ogni volta che sentiva la necessità di avventurarsi
lassù.
I viaggiatori, tornando indietro da là, regredivano allo
stato
di un bambino, perdendone le ali ma acquisendo una conoscenza del mondo
maggiore. Un piccolo prezzo sopportabile, dicevano.
Chinandosi su di lei le fece ombra sul viso e questo la
disturbò nel suo dormiveglia, facendole aprire
un occhio. Scoprendo che si trattava di Toen sorrise e
ridacchiò
tra sè un po' nervosa.
"Non è come sembra! Mi sono appisolata solo cinque minuti
fa."
Toen incrociò le braccia al petto assieme a una smorfia.
"Cinque minuti fa stavi già dormendo." Asserì con
tono serio e pacato.
Slippy tirò su la schiena e si mise a sedere,
stiracchiandosi
dalle braccia fino alla punta dei piedi accompagnando il tutto con uno
sbadiglio.
"Non posso farci niente." Esclamò contenta. "Dormire
è bellissimo."
Toen non ne fu dello stesso avviso, ma preferì non ribattere
e
decise di sedersi accanto a lei, portando le ginocchia raccolte al
petto, alzando lo sguardo al cielo privo di nuvole.
"Sei diversa." Mormorò Slippy, senza nemmeno guardarla. Non
ne
aveva bisogno. "Sembri più fiduciosa, forse anche
più
coraggiosa. La prima volta che ci siamo incontrate è stato
qui,
vero? Allora mi diedi l'impressione di essere molto gentile, ma anche
molto timida."
Le gote di Toen si arrossarono un poco.
"E ora?" Le domandò.
Finalmente Slippy si voltò dalla sua parte.
"Ora sembri più consapevole di te. Al punto che sei venuta
qui
per salutarmi prima di partire per l'Eden,
eh? Questo fa di te una
viaggiatrice davvero adorabile."
"Aspetta! Come fai a saperlo?" Esclamò Toen meravigliata.
Slippy strinse forte le dita e i palmi fino a farli schioccare, poi
allungò le braccia per stirarle davanti a sé.
"Me lo ha detto Hozes. Era triste, ma anche tanto felice." Le rispose
malinconica. "Anche io sono felice! Quando Toen tornerà dall'Eden
sarà una viaggiatrice completamente nuova, e potremo
viaggiare nell'Occhio
assieme." Slippy terminò la frase allargando le braccia al
cielo, passando dall'essere così abbattuta ad allegra e
serena.
"Mi piace andare a morire da sola, ma se lo si fa in compagnia
è
ancora meglio."
Per qualche motivo Toen notò che la voce di Slippy era
tornata a
essere carica di inquietudine e tristezza. Non era una cosa capace di
sorprenderla a fondo, dopotutto gli sbalzi di umore di Slippy erano
evidenti a tutti i suoi amici. Però era vero che il contesto
in
cui si trovavano era completamente diverso rispetto alle volte prima,
perciò Toen allungò le braccia per
circondarle la schiena in un abbraccio, uno di quelli che a Slippy
piacevano tanto. Chiudendo nuovamente gli occhi si lasciò
cullare dal vento e dalle carezze per un tempo che le parve indefinito
da quanto piacevole.
"Quando partirai?" Le domandò sciogliendo l'abbraccio.
"Immagino domani mattina, poco dopo lo scoccare del nuovo giorno.
Uselji dice che è l'orario prediletto da tutti i viaggiatori
che
desiderano mettersi in marcia verso l'Occhio dell'Eden."
Slippy le sorrise sorniona.
"Quindi è con lei che ci vai, eh?"
Per qualche motivo Toen pensò che sarebbe stato meglio non
aprire bocca.
"Mi accompagna solo." Si giustificò incurvando le spalle, ma
l'amica accanto non smise di guardarla maliziosa neanche per un
secondo.
Slippy scosse la testa, poi distese la schiena all'indietro e
lasciò che il sole nel cielo l'accecasse.
Sicuramente si sarebbero dette "Arrivederci"
di lì a poco, questo un po' la rendeva triste
perché
sapeva che il primo viaggio nell'Eden che Toen avrebbe compiuto
l'avrebbe allontanata per molto tempo.
Improvvisamente la vide allungare il mento verso una direzione lontana,
tra le nuvole oltre il bordo dell'isolotto dove si trovavano
spiaggiate.
"C'è Uselji." Esclamò Toen contenta, senza
nascondere un
filo di soddisfazione nella voce, e da quel poco che Slippy sapeva
nulla l'avrebbe tenuta lì con lei ancora.
"Vai da lei." La incitò con un gesto della mano, Toen si
girò dalla sua parte rivolgendole un'occhiata
preoccupata e timorosa.
"Sei sicura?"
"Certo!" Esclamò Slippy. "Lei è importante per
te, no?"
Toen annuì e si alzò per raggiungere quella
figura che
stava volando verso di lei, ma prima di poterlo fare la manina di
Slippy l'afferrò per il mantello trattenendola.
"C'è ancora una cosa." Le sorrise Slippy, incapace di
nascondere
un sorriso triste per la loro momentanea separazione. "Ti voglio bene,
sorellina." Le dichiarò trasformandolo in un qualcosa di
radioso.
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Capitolo 12 *** 12 - Fearing ***
Il Portale da cui si accedeva per entrare nell'Eden era alto il doppio
di uno normale e largo almeno il triplo. Da quando Toen era
riuscita ad aprirlo, completando tutte le mappe dall'Isola fino alla
Cupola, il
solo guardarlo le incuteva timore e brividi lungo
la spina dorsale. Non aveva mai avuto il fegato di varcarlo da sola e
mai lo aveva fatto.
Tante erano le storie che circolavano su questo
famigerato regno: alcune passabili come voci di corridoio, altre
passate come autentiche catene di bocca in bocca ai veterani che vi
avevano fatto ritorno; tra queste alcuni minuscoli racconti citavano di
viaggiatori che non erano riusciti a ritornare indietro,
perché avevano perso tutta la loro Luce Alare.
Toen non conosceva nessuno scomparso in questo modo, per sua fortuna.
Per fortuna le dicerie dicevano anche che si trattava di un evento raro.
L'idea di scomparire da un giorno all'altro, o la
scomparsa di uno dei suoi amici, le faceva ricordare tutta la tristezza
che aveva provato quando Uselji era svanita; ancora adesso pensarci
era per lei fonte di dolore e tentennamento.
Ma ora era diverso: aveva viaggiato molto assieme a quest'ultima,
esplorato
angoli di mondo dove non era mai stata, scoperto luoghi che da sola non
avrebbe raggiunto. I suoi occhi avevano compreso come spesso l'aiuto di
qualcun altro poteva fare la differenza, di come la collaborazione
nelle loro vite di viaggiatori era fondamentale per la buona riuscita
della scoperta. Grazie a tutte queste vicende era riuscita a farsi un
bagaglio di competenze che ora avrebbe sfruttato per superare le sue
paure, spingendola nelle tenebre dell'Eden.
Chiuse gli occhi e rimase in ascolto, lì a pochi metri da
quella
famigerata soglia. Da ogni porta era udibile un suono caratteristico,
se si tendeva l'orecchio; quello
dell'Eden era simile a un pianto prolungato, disperato e sofferente,
capace di provocare subbuglio nella fiamma del suo cuore.
Ora però lo avrebbe zittito e per farlo avrebbe usato
proprio la
connessione del suo cuore assieme a quello di Uselji, mentre si
sarebbero tenute per mano.
Udì un fruscio alle sue spalle, segno che Uselji era giunta
assieme all'ora della partenza. Da quando aveva fatto ritorno dall'Eden
era già passato diverso tempo, facendola ritornare alta e
austera come Toen ricordava. Anche se ora i suoi modi nei suoi
confronti erano decisamente addolciti.
I suoi capelli erano tornati ad essere un caschetto irregolare e folto,
con una frangetta per niente ordinata. Indossava larghi pantaloni dal
color bluastro, ma sopra teneva uno dei suoi mantelli preferiti: quello
nero, dai riflessi fiammeggianti quando si librava in volo.
Toen preferì ritornare una semplice e basilare viaggiatrice
quel
giorno, con i soliti capelli lasciati sciolti sulle spalle e il
mantello viola amato e preferito.
Spesso i viaggiatori si vestivano eleganti prima di varcare il
mostruoso portale dell'Eden,
pare che lo facessero perché,
soprattutto la prima volta, poteva essere per loro l'ultimo volo.
Tuttavia a Toen non interessava affatto questa diceria,
perché
ora ciò che le importava di più era la presenza
di Uselji
e la sua mano che la teneva salda.
"Non avere paura." La rassicurò caldamente.
"Perché io sarò con te."
Toen annuì e spostò lo sguardo oltre la soglia
del
portale, dove rosse fiamme distorte serpeggiavano al suo interno.
La prima cosa che avvertì dopo averla varcata fu il
destabilizzarsi dei suoi piedi, perché il suo intero corpo
fu
investito da una raffica di vento capace di raggelarle le ossa. I
vestiti le sbattevano addosso e il mantello volava all'indietro
impetuoso; maledì i lunghi capelli lasciati sciolti che ora
le
sferzavano il viso, impedendole una buona visuale. Fortunatamente la
mano di Uselji non la lasciò andare, anzi la
guidò in
avanti direzionandola verso quello che sembrava a tutti gli effetti
l'ennesimo portale da varcare, probabilmente anche più
gigante
di quello usato poco prima.
Qualcuno lo stava già aprendo, ma Toen non riuscì
a
distinguerne la forma. Tuttavia il rumore fatto dall'apertura fu
così assordante da superare persino le raffiche di vento
impetuose. In quel momento Toen capì che la sua direzione
tanto
violenta spirava proprio dal portale appena aperto, poiché
le
sferzanti turbolenze investirono tutto lo spazio a loro attorno.
Improvvisamente Uselji la spinse via, lo fece appena in tempo prima che
le due fossero investite da un'ombra grigia rimbalzata all'indietro e
scaraventata qualche metro più in là.
Toen lo vide alzarsi a fatica, con un'espressione di dolore sul volto.
Era un giovane viaggiatore dai corti capelli e un sfavillante mantello
blu scuro sulle spalle. Toen deglutì mentre lo fissava,
aveva
probabilmente sbattuto la testa e la sua brillantezza si era dimezzata,
segno che aveva appena perso parte della sua Luce Alare, tuttavia anche
in quelle condizioni non demordeva nel voler proseguire il suo viaggio.
"Uselji? Dovremmo aiutarlo?" Le chiese titubante.
Ma quest'ultima scosse la testa impassibile.
"Non possiamo aiutare tutti coloro che incontreremo sul cammino, o
saremo noi a fare una brutta fine."
Uselji gli si avvicinò e si inginocchiò davanti a
lui,
tirò fuori la sua Luce Alare e la condivise con
quell'estraneo
per ristorarlo. Qualche istante dopo i due si inchinarono a vicenda e
il viaggiatore si buttò a capofitto verso il percorso
visibile
oltre il grande portale appena aperto. Una salita fatta di rocce e
massi.
Le due si ripresero per mano e avanzarono avanti; Uselji
guidò
Toen saltellando sulle pietre, ma quando le raffiche di vento
rimbombarono più forti la prese per le spalle e la spinse al
riparo contro uno sperone di rocce. Toen si strinse a Uselji,
aggrappandosi al suo torace mentre quest'ultima si sporse appena per
controllare la situazione. Gli occhi di Toen si serrarono forte quando
avvertì delle rocce frantumarsi contro la parete che dava
loro
riparo. Spostò quindi lo sguardo su Uselji, rimasto
concentrato
e attento su quanto stava accadendo attorno a loro. Fidarsi della sua
compagna era la sua unica opzione, poiché lei già
conosceva la strada. Così fece quando la trascinò
fuori
dal riparo e la spinse a salire ancora nonostante l'intensificarsi
della corrente d'aria e delle tempeste di rocce che si portava
appresso.
I muscoli del suo corpo le dolevano e le fibre del suo essere le
parevano lacerarsi, fu costretta persino a chiedere a Uselji una pausa
da quella ripida salita.
"La pioggia di rocce potrebbe separarci se ci colpisce." Le
spiegò mentre teneva d'occhio la situazione. "Trovarsi da
soli e
sperduti qui significa quasi morte certa. Solo se si è
fortunati
si riesce a tornare indietro."
Toen le rispose con un cenno del capo e guardò in lontananza
dove alcune coppie di ombre nere si stavano alzando in volo per evitare
le raffiche di rocce e massi. Rimase sbalordita, era davvero possibile
una cosa simile? Lei non ci sarebbe mai riuscita.
"Ci riuscirai anche tu." Le rispose l'altra, come se l'avesse letta
nella mente. "Anche io ho fallito tante volte."
Toen non aveva nessun dubbio che lei sapesse volare persino in un
ambiente così ostile, con il vento forte contro. L'unica
cosa di
cui si dispiaceva era essere lì a farle da zavorra.
Le due trovarono ristoro sotto una roccia simile a una grotta, qualcuno
aveva lasciatò lì un falò ancora
acceso e le
fiamme tremolavano al riparo dal vento, minacciando di spegnersi da un
momento all'altro.
Uselji spronò Toen vicino a quelle lingue di fuoco per farle
riprendere le forze, poi si accasciò a terra ansimante. Fu
grata
a chiunque fosse stato a lasciare lì quella pira, era
davvero
bello trovare gesti di gentilezza persino in una terribile scalata come
quella.
"Uselji?" Si sentì chiamare improvvisamente e tanto le
bastò a farla tornare alla realtà. Non si era
accorta,
infatti, di essere caduta a terra e di ansimare mentre si teneva
stretto il petto.
Le rispose cercando di ridacchiare per non farla preoccupare
inutilmente.
"Questa è la prima volta che guido qualcuno in questa mappa,
sai sono solita a venirci da sola. Ora starò bene."
Toen le fece spazio il più possibile vicino al rogo, dandosi
mentalmente della stupida. Lei si era lasciata trascinare per tutto il
tempo e l'unica cosa di utile che aveva fatto era stato fidarsi
ciecamente di Uselji in quella traversata. Ma Uselji e il suo corpo
quanto avevano sopportato per far sì che entrambe
arrivassero
sane e salve in quel punto? Il tocco delle affusolate dita di Uselji
sul palmo della mano la rincuorò nella sua tristezza.
"Va tutto bene. Ho promesso che ti avrei portato fino alla fine, no?"
Fiatò barcollando in piedi e rimettendosi in sesto; Toen
annuì tenendola stretta per le braccia.
Il cammino tortuoso si rivelò ancora più ripido
mano a
mano che salivano, i burroni non lasciavano scampo se una delle due
avesse franato giù di sotto, stettero per tanto attente a
dove i
loro piedi poggiarono terra sebbene dovevano sempre assicurarsi di non
lasciare andare la presa delle loro mani.
Infine Uselji esultò quando raggiunsero l'apice di quella
scalinata: un passaggio coperto privo di vento, che conduceva a una
nuova zona tutta da attraversare e per farlo bisognava aprire
l'ennesimo portale. Prima però le due si avvicinarono a un
bambino-luce, uno di quegli spiriti lucenti la cui essenza era in grado
di ripristinare tutta la loro energia in un batter d'occhio. Con le
forze rinvigorite si apprestarono ad illuminare il nuovo portale
che impediva loro il passaggio.
Ma una volta aperto il cuore di Toen raggelò ulteriormente:
davanti a loro due si parava un'ulteriore salita, persino
più
serpeggiante e subdola della prima. Le raffiche di vento scagliavano al
suolo ulteriori sassi di diverse dimensioni, frantumandosi come dei
proiettili. Il cielo era cremisi e ricordava la visione distorta che il
portale da cui si accedeva per entrare nell'Eden esibiva ai
viaggiatori come biglietto d'entrata.
La cosa più terribile di tutte era però i krill
che
sorvolavano il cielo, sondando il terreno come dei veri e propri
minacciosi guardiani.
"Che cos'è questo?" Ansimò Toen osservando i
fulmini e le
belve nere in lontananza; un peso sul petto la opprimeva,
schiacciandole inesorabilmente l'anima e minacciando il coraggio che
era finalmente riuscita a raccogliere.
Gli occhi di Uselji scrutarono lontano, oltre le nubi, i fulmini e il
cielo rosso fuoco.
"Lo senti anche tu? Il richiamo dell'Eden?"
Toen tese le orecchie per ascoltare; oltre il rumore assordante del
vento, il frastuono dei fulmini che cadevano a terra e i massi che si
frantumavano al suolo, era possibile avvertire un lamento simile a una
voce supplicante.
Spingiti nelle
Tenebre e Riporta
la Luce ai Caduti.
Così citava la voce, sebbene distorta.
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Capitolo 13 *** 13 - Renounce ***
"Cos'è questo?"
La
voce di Toen apparì rotta e spezzata, morta ancora prima di
proferire parola.
Allora
Uselji si voltò dalla sua parte, con il mantello
che
sferzava il suo corpo a causa delle forti raffiche di vento; quando
queste si intensificavano delle pietre nere, dalle dimensioni di enormi
massi,
colpivano il terreno spaccandosi all'impatto.
Toen
ne ebbe paura: non sarebbero sopravvissute se una di queste le
avrebbe raggiunte in pieno, nonostante ciò poteva vedere in
lontananza sagome di sconosciuti avventurieri scalare il
cammino,
sfidando la gravità e tutto il resto.
"Da
qui procederemo sempre dritto. Eviteremo le raffiche di vento, i
massi e i krill che controllano la zona. Solo così potremo
arrivare al Castello."
Toen
volse il naso all'insù.
Ah,
già, il Castello.
La meta finale ambita da tutti i viaggiatori, tanto visibile e solenne
quanto irraggiungibile.
Lo
si poteva ammirare
ovunque nei reami del loro mondo, e per quanti sforzi si potevano fare
per andargli incontro non c'era verso di poterlo raggiungere: il
Castello
rimaneva lì, fermo e inaccessibile come un sole i cui
regni da esplorare erano gli astri che gli danzavano attorno.
Ma
l'Eden era un mondo diverso: nell'Occhio
potevi veramente
raggiungere il Castello;
poi da lì innalzarsi verso l'Orbita,
questo dicevano i viandanti più esperti al loro ritorno.
Toen
voleva vedere tutto questo con i suoi occhi, voleva vedersi da
rinata e voleva volare assieme a tutti coloro che sarebbero rinati
assieme a lei, ma il corpo non le prestava ascolto e nemmeno il dolce e
caldo tatto di Uselji nel palmo della sua mano riuscì a
rincuorarla.
Alla
fine poté solo cadere a terra in preda a uno
stato di ansia e di iperventilazione incontrollabile.
Le
lacrime negli
occhi le offuscavano la vista e i suoni giungevano alle sue orecchie
tutti ovattati, persino la confortevole voce della sua compagna di
viaggio appariva distorta
e lontana.
Non
riuscì nemmeno a vederla, perché tutto
ciò che
la sua vista le metteva in mostra era il cielo rosso e infuocato simile
a un imminente apocalisse, assieme al nero pece dei krill che proprio
in quel
momento puntarono un gruppo di viaggiatori giunto quasi in cima alla
scalata; qualcuno cadde di sotto e le ali finirono per spezzarsi;
qualcun altro si salvò, ma risultò disperso.
Fu
allora che Toen si ruppe e lanciò un grido disperato,
tenendosi la testa tra le mani.
Uselji,
che fino ad allora stava
studiando la situazione e la regolarità con cui le pietre
venivano scagliate al suolo dal vento, sgranò gli occhi e si
voltò all'indietro e quello fu il momento fatale per lei,
perché un grosso masso la colpì sulla schiena,
facendole
emettere un verso strozzato e privandola in un batter d'occhio di
qualsiasi energia, schiantandola direttamente contro la formazione
rocciosa sulla quale i suoi piedi poggiavano.
Per
Toen fu come una scena vista al rallentatore vedere la sua amata
Uselji spegnersi e diventare grigia. Due delle sue ali si staccarono
dal suo mantello e caddero di sotto, diventando
impossibili da recuperare. Qualche secondo dopo si udì il
tipico
suono delle ali spezzate e fu grazie a questo che Toen si
risvegliò
dalla sua catalessi.
Impacciata,
si mosse verso Uselji; tremò quando avvertì
le pietre andare in frantumi accanto a lei, ma strinse lo stesso i
denti: si trattava solo di qualche metro da superare e doveva farlo il
prima possibile, poiché il fuoco vitale della sua
compagna viaggiatrice andava ripristinato
se non voleva che altre sue preziose ali andassero perdute.
Piegandosi
su di lei avvicinò la sua fiamma vitale al suo petto per
condividerla, finché le sue fattezze non tornarono alla
luce. Il
volto di Uselji era ora un po' frastornato, i capelli le si erano
spettinati, la pelle del viso si era fatta più pallida e
anche i vestiti addosso le si erano sgualciti, tuttavia
stava bene e nonostante il colpo subito alla schiena apparì
piuttosto reattiva.
"Colpa
mia. Mi sono distratta." Mormorò a bassa voce, ma risoluta
come suo solito.
Toen
scosse la testa, perché sapeva che non era vero. Se Uselji
stava soffrendo la colpa era solo la sua, perché troppo
inesperta per
muoversi tra quelle raffiche e quelle rocce frantumate. Poteva solo
imitare i movimenti che vedeva e strisciare verso le pareti,
là
dove il vento pareva soffiare meno e il riparo era più
costante.
Non riuscì a capire come, ma trovò la forza di
seguirla... almeno finché le ginocchia non le cedettero.
Era
strano, pensò dentro di sé.
Credeva
di essere pronta
ad affrontare quel viaggio... invece ora che vi si trovava dentro
poté solo pensare a quanto la Base
sapeva essere accogliente ogni volta che vi ritornava stremata dai
lunghi voli compiuti chissà dove. Persino quel desolato e
buio
Deserto Dorato le tornava alla mente come un luogo sicuro dove
rifugiarsi ora.
Sorrise
amaramente di quei pensieri mentre ascoltò il tremolio delle
sue gambe.
Ma
quando la mano di Uselji le comparì davanti agli occhi fu
come fare di nuovo un tuffo nel terrore: Uselji, che le aveva promesso
di portarla fino alla fine, e lei che invece non voleva più
saperne di trovarsi lì.
Per
un momento pensò di stringerla e quasi lo fece, poi
ricordò di essere una codarda e di colpo pensò di
non
averne alcun diritto.
Perciò
lasciò cadere il palmo della sua mano a terra.
"Voglio
tornare a Casa."
Mormorò a voce così bassa da
risultare impercettibile, anche a causa dei vortici di vento che si
susseguirono uno dietro l'altro.
Forse
Uselji sgranò gli occhi a quelle parole, ma lei
evitò di scoprirlo tenendo il mento basso.
Va bene così... si disse mentalmente, ormai il
danno era fatto.
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