Incontrarsi è destino, ma separarsi è per il prossimo incontro

di Sacchan_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 - Beginning ***
Capitolo 2: *** 2 - Starting ***
Capitolo 3: *** 3 - Flying ***
Capitolo 4: *** 4 - Viewing ***
Capitolo 5: *** 5 - Parting ***
Capitolo 6: *** 6 - Discussing ***
Capitolo 7: *** 7 - Meeting ***
Capitolo 8: *** 8 - Confessing ***
Capitolo 9: *** 9 - HUGGING (extra) ***
Capitolo 10: *** 10 - Raining (extra) ***
Capitolo 11: *** 11 - Greeting (extra) ***
Capitolo 12: *** 12 - Fearing ***
Capitolo 13: *** 13 - Renounce ***



Capitolo 1
*** 1 - Beginning ***


Incontrarsi è destino, ma separarsi è per il prossimo incontro.

Il loro primo incontro avvenne in modo frenetico, nelle lande desolate di quello che una volta era chiamato il "Deserto Dorato", dove ora le dune di sabbia sono nere tanto quanto la melma di acqua scura che vi scorre attraverso.
Addentrarsi in quel regno da soli era da folli se si era dei principianti, i viandanti preferivano farlo in gruppo di modo che potessero ricaricare la propria luce alare gli uni dagli altri.
Lei non aveva prestato attenzione alle parole dei veterani e vi si era avventurata completamente in solitudine, scoprendo sulla propria pelle perché solo gli esperti esploratori di quel regno girovagassero da soli immuni dai pericoli.
Infine, quando la vide intenta a bruciare una pianta oscura, la prima cosa che notò di lei fu il suo mantello: due colori che andavano dall'arancione a viola, adornati da fili intrecciati color dell'oro.
Molto più elegante della sua misera cappa color rosso, che le era stata data in quanto novizia.
A fare la differenza c'erano poi quelle luci accese sul retro di esso, in corrispondenza della spina dorsale. Più se ne possedevano più si era dotati di ali per volare; maggiori erano le ali per volare e ulteriori erano le capacità di esplorazione all'interno dei regni.
I viandanti esperti questo lo sapevano, proprio grazie a ciò erano capaci di volare sempre più in alto, come se non fosse mai abbastanza raggiungere la più alta quota.
Avvicinandosi proprio al punto dove sorgeva l'enorme pianta, -una pozza piena di quell'acqua nera che aveva cercato di evitare in ogni modo durante il suo pellegrinaggio-, avvertì la propria energia venir risucchiata contro la sua volontà. Strinse i denti e sopportò quell'improvviso indebolimento per cercare di rivolgerle almeno parola per prima.
"Serve aiuto?" Gridò per farsi sentire; lei non era da sola, ma in compagnia di altri due compagni di viaggio tutti concentrati nell'incendiare quell'enorme fiore nato nell'oscurità tra spenta sabbia e acqua stagnante.
Nessuno le degnò attenzione, nemmeno lei; eppure, d'un tratto, il movimento della sua mano, che reggeva una candela si stoppò, assieme al corpo che immobilizzò assorto sul da farsi del momento.
"Brucia." Le rispose lei, senza aggiungere altro, tornando a concentrarsi su quanto stava facendo. Alle sue spalle uno dei suoi compagni urlò la propria voce, compiendo una piroetta su se stesso. Non capì il motivo di quel gesto, tuttavia ebbe come l'impressione che la sua energia fosse stata ripristinata e che avrebbe potuto spiccare di nuovo il volo. Così fece.
Spinse forte il mantello e levitò in alto; le sue capacità di volo lasciarono ancora molto a desiderare e le permisero di raggiungere solo i rami più bassi, capì però che non doveva lasciarsi scoraggiare se voleva essere d'aiuto a quei tre viaggiatori. Tirò fuori dal mantello la propria candela e l'accese appellandosi alla propria energia vitale; fu incredibile il modo in cui la combustione si attivò e la pianta iniziò a estinguersi, ma non doveva perdere la concentrazione perché alla minima distrazione questa minacciava di ricrescere riportando l'intero gruppetto da punto a capo.
Unendo i loro sforzi riuscirono a debellarla e, nel momento in cui questo accadde, capì il motivo per cui quei tre erano così indaffarati nel volerla bruciare a ogni costo.
Con le radici e i bulbi estirpati una grande luce si sprigionò, pronta a essere raccolta.
Dare alle fiamme quei fiori ricoperti di tenebre richiedeva un grande dispendio di energia, ricompensati dall'apparizione della luce che tanto amavano e che, per loro, raccoglierla significava fonte di vita.
Da quasi neonata che era aveva appena imparato una nuova lezione su come sopravvivere in quel Regno, non si accorse perciò di come quei tre si erano spostati velocemente da quell'acqua putrida, tornando coi piedi sulla sabbia dove non potevano più essere bagnati. Con la voce le stavano urlando di uscire velocemente da lì, prima che la sua energia vitale le venisse consumata via di nuovo.
Questo fece: si mosse nella loro direzione per raggiungerli, ma quell'acqua era davvero simile a delle sabbie mobili donandole solo la sensazione di sprofondare ad ogni passo.
Li raggiunse con affanno e finalmente li poté ammirare da vicino.
Non sembravano così anziani, anzi per certi versi era pronta a scommettere che erano nati appena qualche settimana prima rispetto a lei, però era innegabile che fossero più esperti del territorio. Chissà quante volte lo avevano attraversato assieme, coprendosi le spalle a vicenda per non perdere la propria luce alata.
Avrebbe voluto conversare con loro per conoscerli meglio, ma intuì che non era né il luogo né il momento adatto. Inoltre quando li ascoltò confabulare tra di loro non riuscì a capire la lingua che usavano.
Decise però di essere coraggiosa e di non sprecare l'occasione che aveva in mano, lo fece proprio verso di lei: colei che per prima aveva attirato la sua attenzione, sperando così di ottenerne indietro un minimo.
"Ci rivedremo?" Domandò con voce emozionata e tremante, mettendosi in trepida attesa della risposta da parte di quella straniera.
Il sospetto che non parlassero esattamente la stessa lingua venne avvalorato dal tempo di attesa che servì per rispondere a quella semplice domanda. Sperò di cuore di non averla messa in imbarazzo, né di averle recato disturbo ma il risultato fu più sorprendente di quello che si aspettava.
"Incontrarsi è destino, ma separarsi è per il prossimo incontro."
Non ci fu il tempo di capire ed elaborare il significato di quella frase, il cui solo pronunciarla risultava sia ambigua che fin troppo aulica, perché i tre viaggiatori si erano già presi per mano e avevano spiccato il volo in direzione del tempio dell'Anziano, luogo dove quei tre avrebbero sicuramente offerto le proprie preghiere e speranze.
La giovane creatura poté solo osservarli mentre si libravano nel cielo scuro e nuvoloso di quel deserto, generando una scia di luce facilmente avvistabile persino da lontano.



NdA:


A maggio iniziai a giocare a Sky-Children of the Light, spinta dalla curiosità di unirmi ad amici che già ci giocavano. Non pensavo veramente di diventarne dipendente. Ho solo sentimenti d'affetto nei confronti di questo mobile-game e non rimpiango un singolo secondo passatoci sopra. Sky è una esperienza sociale che va provata almeno una volta. Non scherzo dicendovi che lì ci ho trovato una nuova famiglia, e che sopportare il peso del lockdown sarebbe stato più gradevole giocandoci assieme.
In questa raccolta di one-shot autoconclusive ci troverete un tocco di autobiografia. ;)


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Capitolo 2
*** 2 - Starting ***


Il loro secondo incontro avvenne nel piano terra della "Cupola", la cui struttura era davvero simile a quella di una volta. I viaggiatori che raggiungevano la Cupola sapevano che sarebbero stati ricompensati dalla conoscenza, grazie a questa avrebbero potuto affrontare il viaggio finale nel famigerato Occhio dell'Eden; la cui prima diceria riguardava la perdita di tutta la luce alare, ossia nel loro caso di morte certa.
Si raccontava che fare ritorno dall'Eden fosse una tappa obbligata nelle loro vite, ma che la scalata per raggiungerlo fosse ardua e piena di pericoli, per tanto molti rinunciavano a metà strada.
All'interno della Cupola vi erano delle porte apribili sbloccando soltanto il loro meccanismo in modo simultaneo, a volte era necessario l'aiuto di un altro viandante per questo; spesso il suo solo soccorso non bastava e richiedeva almeno altre due persone.
La vetta era un viaggio verticale attraversando tutti i regni e tutta la conoscenza acquisita finora, pertanto non tutti i viaggiatori riuscivano a raggiungerla al primo tentativo, spesso si perdevano a metà strada o restavano confusi. In questi casi l'aiuto di qualcuno più esperto sarebbe stato fondamentale per illuminare la via.
Quando la vide non ci pensò due volte ad andarla ad aiutare; si posizionò dalla parte opposta alla sua, accendendo la fiaccola della porta che lei era intenta ad aprire. Il meccanismo scattò e il portale si aprì spaccando il muro e lasciando intravedere un passaggio sotterraneo preceduto da delle scale.
"Serve aiuto?" Le domandò, imitando le stesse identiche parole che le rivolse quella volta prima, nel Deserto.
Lei la guardò stupita, con la bocca un po' aperta, ma quando la richiuse sorrideva e la mano era già tesa per invitarla a seguirla. Non ci pensò due volte a seguirla e ad afferrarla, finendo per essere trascinata in quel sotterraneo segreto correndo giù per delle scale. Ciò che si parò davanti ai loro occhi fu così un enorme spazio vuoto, il cui percorso proseguiva dal lato opposto dove un'apertura sul muro lasciava intravedere uno squarcio e un altro corridoio. Prima ancora di realizzarlo avevano già spiccato il volo per atterrarci, poi di corsa puntarono verso sinistra e ne seguirono il percorso raccogliendo la luce dalle candele disseminate qua e in là.
Non era solo veloce, sapeva anche dove dirigersi; sicuramente nemmeno era la sua prima volta lì.
Era anche diversa da come la ricordava: sembrava più alta e i capelli parevano essersi allungati; il suo mantello non era più di quel doppio colore viola-arancione, ma di un bellissimo colore ciano come il cielo  limpido nella Terra dell'Erba. Si soffermò sulla sua espressione concentrata mentre correvano assieme, poi distolse lo sguardo in basso per sorridere rassegnata. Al contrario suo aveva ancora quel mantello color rosso, che la identificava come una novizia, e i capelli legati in due semplici code. Una pettinatura davvero base, tipica delle neonate.
"Sai, ho attraversato il Deserto. Ce l'ho fatta da sola. Non vedevo l'ora d'incontrarti di nuovo e dirtelo."
La loro corsa si arrestò, ma le loro mani non si lasciarono.
Lei la guardò, ma come la volta prima ci mise un po' a rispondere.
"Sono contenta. Sei qui per dirmelo." Rispose e riprese a balzare, evitando gli angoli più bui e puntando solo a quelli lucenti di candele da accendere. Volteggiarono in basso più di una volta, salirono persino una scala e scesero di nuovo; nel giro di ben poco tempo ritornarono alla superficie, nel piano terra della Cupola. In quel momento la sua mano la lasciò.
"Mmm... tu non riesci a capire bene la mia lingua, vero?" Le domandò prima che potesse innalzarsi in volo di nuovo e andarsene.
L'altra le si avvicinò. Sì, era decisamente più alta rispetto alla volta scorsa; doveva tenere il mento sollevato in alto se voleva raggiungerle gli occhi.
"Posso capirti. Faccio fatica a parlarti. Dovrai avere pazienza." Sorrise e poi spostò lo sguardo altrove, esattamente dal lato opposto dove si trovavano. Con un gesto puntò il dito verso quella direzione.
"Segreto." Mormorò abbassando la mano.
"Cosa?" Di nuovo la sua mano venne afferrata e finirono per disegnare una parabola in aria che conduceva verso quella parte indicata. Nel momento in cui sembrò che stessero per andare a sbattere contro un muro puntò i piedi a terra e fece resistenza per far capire la sua riluttanza, allora l'altra si fermò e la guardò con sguardo pacifico.
"No paura." La rassicurò, porgendole nuovamente la mano; vedendola così sicura di sé si diede mentalmente della stupida. Un viaggiatore che ti offre la mano è qualcuno che sa il fatto suo, sa dove portarti e cosa mostrarti. Da principiante quale lei era poteva solo lasciarsi trainare qua e in là, memorizzando i luoghi che le venivano mostrati.
Così attraversarono la parete, che in realtà era priva di muro, in uno stretto cunicolo che conduceva in un prato segreto dove i fiori, color raggi del sole, lo ricoprivano interamente. Anche lì la viandante si dilettò a fare su e giù per le rocciose pareti, accendendo le poche candele presenti per poi atterrare all'ingresso di un portale la cui entrata pareva distorta. La piccola principiante lo osservò col cuore in gola, da un lato impaurita per l'ignoto e dall'altro consapevole di non essere sola.
"La guardiana qui è suscettibile. No entrare se non le piaci." Allungando una mano la fece oltrepassare oltre. "Ma tu sei con me e no problemi." Con uno strattone valicarono attraverso e finirono verso un luogo di sole nuvole e cielo soleggiato.
La principiante ne rimase meravigliata per l'improvviso e repentino cambio di scenario: un vasto mare di nuvole e di cielo talmente infinito da non sapere dove rivolgere lo sguardo, nemmeno si accorse che la sua mano era stata lasciata e che l'altra si era alzata in volo planando tra le nubi e sfruttando le correnti d'aria per raggiungere un piccolo puntino bianco alto nel cielo. Era una barchetta, una piccola gondola che fluttuava sospesa. Provò a fare lo stesso cercando di scalare le nuvole e di sfruttare le correnti per andare più in alto, ma queste si rivelarono troppo forti per le sue ali e la sbalzarono continuamente via annullando i suoi tentativi.
Provò vergogna nel vedersi così impacciata quando l'altra invece era già seduta composta che l'aspettava.
"Perché non ti siedi?" Le domandò a un tratto, quando riuscì finalmente a raggiungere la prua della piccola imbarazione.
"Non riesco, è difficile. Vengo sbalzata via." Rispose con fatica, sbattendo freneticamente il suo mantello per tentare di opporre un minimo di resistenza alla corrente. Fortunatamente l'altra le venne in soccorso, afferrandole la mano e tirandola a sé. Ora le due potevano entrambe sedersi, una di fronte all'altra mentre la barchetta faceva il resto.
La principiante giunse le mani sopra le sue gambe e si strinse forte le dita, indecisa se guardarla o volgere lo sguardo all'orizzonte; stava quasi per aprire bocca per spezzare quell'imbarazzante silenzio, ma fu l'altra a farlo per prima.
"Mantello Rosso. Così ti ho chiamata. Ti piace?"
Lei sbatté le palpebre un paio di volte o più, non sapendo esattamente cosa rispondere. Finì solo per torturarsi le dita più violentemente di poco prima.
"Sì, va bene. Se ti piace mi sta bene." Rispose alzando un poco il mento. "E tu come ti chiami?"
Lei sorrise e si pizzicò una di quelle lunghe ciocche color neve che le accarezzavano le tempie del viso.
"Puoi chiamarmi come ti pare, basta che ti piaccia."
Mantello Rosso spostò il peso da un piede all'altro, godendosi quella sensazione di essere sospese nel vuoto, sole e tra le nuvole.
"Quando sei nata?" Le domandò curiosa.
L'altra lisciò la ciocca pensierosa prima di rispondere, poi la lasciò andare e la riportò al suo posto dietro le orecchie.
"Mi sono mostrata una settimana prima della Stagione degli Incantesimi."
A quel punto Mantello Rosso ricordò il periodo della sua nascita: quel giorno i viaggiatori come lei erano in fermento perché un'imbarcazione era apparsa nel mare nero del Deserto Dorato, lei vi era stata sopra una volta sola e la destinazione di quella nave era un'arca perduta in un'oasi del Deserto. Non era ancora in grado di capire il motivo dietro a tanta eccitazione.
"Sei più grande solo di una settimana, ma sei già così esperta..." Constatò abbassando la voce, voleva aggiungere "al contrario di me", ma se lo tenne per sé.
"Prenditi il tuo tempo." Le rispose dolcemente per incoraggiarla.
Altro silenzio calò sopra la loro traversata in quel mare di nuvole, Mantello Rosso non amava i silenzi ma aveva anche esaurito gli argomenti. La viaggiatrice davanti a lei nemmeno parlava, ma non poteva farle una colpa visto che l'aveva già messa al corrente di non parlare correttamente la sua lingua. Cercò nella sua mente qualsiasi argomento che potesse venire in suo soccorso, ma l'unico che trovò fu davvero banale e scontato.
"Dove sono i tuoi amici dell'altra volta?"
La vide sorprendersi a quella domanda fino ad allargare le labbra in un sorriso un po' imbarazzato.
"Oh, io... ho scordato loro." Terminò la frase con una risatina nervosa, di quelle che in tutto e per tutto concludevano il discorso. Mantello Rosso non osò chiedere altro e restarono in silenzio per almeno altri cinque minuti buoni. A quel punto lei si alzò in piedi, cercando stabilità sulle sue gambe per non cedere alle correnti d'aria.
"Penso sia meglio che io vada." Le disse, senza nemmeno troppa convinzione. In realtà non seppe più cosa fare o dire pertanto la sua mente le imponeva di scappare via.
L'altra non si scompose, non si alzò nemmeno per salutarla; si limitò solo ad annuire e basta.
"Ricordi come si torna indietro?"
Anche Mantello Rosso annuì in risposta; la verità era che non voleva cedere, ora che si era decisa ad andarsene, ma fu più forte di lei.
"E tu? Rimani qui?" La risposta fu solo un cenno del capo.
Mantello Rosso abbandonò la nave e si lasciò calare a terra in direzione del portale che riconduceva dentro la Cupola. Lo fece con non poche difficoltà e con il rischio di venire sballottata via, ma ci riuscì e i suoi piedi toccarono terra.
Così si concluse il loro secondo incontro, con il cuore nel suo petto che batteva emozionata per averla rivista di nuovo. L'ennesimo sguardo in alto, puntato a lei, era l'augurio di poterla incrociare di nuovo.

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Capitolo 3
*** 3 - Flying ***


Incontrarsi è destino, ma separarsi è per il prossimo incontro.
All'apice del viaggio c'era la Base, più affettuosamente chiamata Casa.
Viaggiatori da tutti i regni si incontravano nella Casa prima di riprendere il proprio cammino, si scambiavano quattro chiacchiere o si confrontavano sulle proprie avventure; infine, tra saluti e abbracci, avrebbero attraversato un portale pronti a nuove peripezie.
Gruppi di viaggiatori si sarebbero presi mano nella mano e avrebbero sfidato le raffiche di vento e le tempeste di sassi per raggiungere l'Occhio dell'Eden.
Tuttavia Mantello Rosso non era partita assieme agli altri suoi amici, ma era rimasta lì nella Base per provare il suo nuovo mantello: un cappotto dal colore viola che era riuscita faticosamente a ottenere da uno spirito della Foresta Nascosta, scambiando alcune delle candele che era riuscita ad ottenere grazie ai suoi sforzi.
Fu proprio in quel momento che la sua voce la salutò.
"Buongiorno!" Esclamò saltellando, dopo aver fatto ritorno da chissà quale regno.
Aveva detto così, ma in realtà era già pomeriggio inoltrato.
Mantello Rosso la riconobbe all'istante anche se il suo aspetto era nuovamente diverso rispetto all'ultima volta che l'aveva vista. Rimaneva sempre più alta rispetto a lei, ma indossava un mantello nero e il numero delle ali segnato su di esso era aumentato ancora. Ora addirittura ce ne erano dieci.
Il colore scuro del mantello si mescolò con i leggins e gli stivali che portava ai piedi. Con il suo nuovo taglio di capelli aveva reso il suo aspetto più mascolino, ciò che traeva in inganno erano gli orecchini che portava alle orecchie, un dono finale per chi era riuscito a completare per intero la Stagione degli Incantesimi.
Mantello Rosso la osservò attentamente mentre saltellava verso di lei e la salutò con un sorriso pieno di gioia nel rivederla di nuovo. Per qualche motivo fu contenta di rivederla proprio in un momento in cui aveva cambiato il suo mantello da principiante con uno di un altro colore, questo la rendeva orgogliosa di sé e del percorso che aveva fatto dall'ultima volta che si erano viste fino a oggi. Certo, era ancora poca cosa, ma piano piano anche lei stava avanzando a piccoli passi dopo la sua nascita.
Improvvisamente si ricordò di un luogo scoperto assieme ai suoi amici, un'isola alta in cielo nell'Arcipelago della Terra dell'Erba, dove acqua purissima scorreva spinta da una cascata raggiungendo e bagnando fili d'erba dal colore smeraldo.  
"Ho scoperto un posto nuovo, vorrei portarci tutti coloro che conosco per quanto è bello." Le disse entusiasta; la verità è che quella misteriosa viaggiatrice senza ancora un nome era la prima a cui aveva pensato e che avrebbe voluto portare là.
L'altra finì di sistemarsi i capelli con le mani prima di degnarle un minimo di attenzione.
"Allora andiamo!" Le rispose con quel suo accento straniero e nell'attimo dopo la sua mano era già attaccata a quella di Mantello Rosso, pronta per essere trascinata.
Mantello Rosso la strinse tra la sua inizialmente in modo insicuro, poi sempre più in confidenza le fece attraversare il portale che conduceva al regno della Terra dell'Erba, un luogo pieno di distese di prato e farfalle che coloravano un cielo pienamente diurno. Nulla nella Terra dell'Erba poteva recare loro danno, per questo era uno dei regni preferiti dai novizi per socializzare tra di loro e trovare un gruppo di amici con cui viaggiare in compagnia.
Volò sopra le bianche nuvole e strisciò i piedi per terra giusto il tempo necessario per riprendere un poco il fiato; la sensazione di essere lei quella che conduceva la rotta si rivelò essere più appagante di quanto pensasse. Forse proprio perché c'era lei al suo fianco, la misteriosa viandante incontrata per puro caso nel Deserto Dorato. Nulla proiettavano le sue labbra all'esterno, ma gli occhi socchiusi e l'espressione concentrata lasciarono intendere che si stesse godendo il volo.
Mantello Rosso raggiunse quello che, creature come loro, chiamavano con affetto il Nido, ci sorvolò sopra fermandosi quando le sue ali necessitavano di essere ricaricate; la viandante non batté ciglia anzi le lasciò tutto il tempo necessario per far sì che le sue energie si ripristinassero. In questo era davvero molto educata e pur volendola ringraziare per la pazienza che le dimostrò preferì non perdere troppo tempo e puntare alle Isole Sacre che si scorgevano in lontananza: il luogo più lontano di quel regno, dove un arcipelago bagnato da acque cristalline e un clima mite e soleggiato offriva loro ristoro e vacanza lontano dai pericoli dei viaggi.
Per raggiungerlo bisognava volare molto in alto e Mantello Rosso non disponeva delle ali sufficienti per farlo, ma volare in mezzo alle nuvole come aveva visto fare dai suoi amici veterani la aiutarono in quell'impresa.
Quando finalmente toccarono terra lei era ormai senza fiato, ma la vista delle acque cristalline sfumate al blu del cielo e il bianco delle nuvole riflesse su esso servirono a ripagarla per tutta la fatica fatta nella traversata.
Lasciò andare la mano della sua compagna di viaggio e si piegò leggermente per prendere fiato: il panorama mozzafiato che si poteva ammirare sotto di loro era la giusta ricompensa per aver volato così in alto e il solo pensiero di essere riuscita a farcela, portandoci proprio "lei" tra tutti, tanto le bastava per scaldarle il cuore di felicità.
"Sai..." Balbettò con il fiato ancora un po' corto. "Ho detto che vorrei portarci tutti coloro che conosco, ma la verità è che volevo portarci te prima di altri". Nemmeno si rese conto di essere arrossita sulle guance; avvertiva caldo e diede la colpa allo sforzo che le era costato volare fin lassù. Del resto le sue ali non erano cresciute poi molto e l'unico modo che conosceva ora per volare sempre più lontano era sfruttare le nuvole, come le era poi stato insegnato di fare dagli amici più esperti.
L'altra si guardò attorno, studiando il luogo in cui si trovavano. Non si era sbilanciata e neanche per un secondo aveva perso la sua tipica compostezza, ma dopo aver lasciato vagare gli occhi un po' in qua e un po' in la le rivolse un sorrisetto orgoglioso.
"Sei davvero fantastica." Commentò prima di superarla con un salto e atterrare su uno sperone di roccia sporgente proprio sotto di loro.
"Ok." Proseguì giungendo le mani al petto, come se volesse simulare una preghiera. "Metterò un arcobaleno per te." Alzò le mani in alto, come se volesse inaugurare un inno verso il cielo e poi le allargò disegnando un cerchio nell'aria. Luce bianca scintillante accompagnò i suoi movimenti catturando lo sguardo di Mantello Rosso sempre più incuriosita. Inizialmente non capì che cosa lei volesse fare, solo quando alzò lo sguardo al cielo notò qualcosa di diverso che colorava le nuvole sopra di loro.
"Un arcobaleno!" Esclamò esterrefatta; era raro vederne uno e soprattutto impossibile da trovarne nel luogo in cui erano. Solitamente solo nel regno della Foresta Nascosta comparivano arcobaleni nel cielo, ma erano fenomeni estremamente saltuari a causa della pioggia perenne che cadeva al suolo.
"Come hai fatto? Come ci sei riuscita?" Strepitò entusiasta mentre l'altra tornava al suo fianco grazie a un battito d'ali. Non le rispose immediatamente, ma si accovacciò prima a terra e poi si sedette lasciando che il suo mantello la adornasse in un semicerchio color nero.
Mantello Rosso prese posto a sedere accanto a lei, senza mai staccare gli occhi dallo spettacolo di colori sopra le loro teste. Chissà se alzandosi in volo avrebbe potuto raggiungere quell'arco splendente che andava dal rosso al viola.
"Si tratta di un incantesimo. Lo puoi avere anche tu. Devi andare dal nostro antenato in Arca e scambiare le tue candele." Le spiegò l'altra come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Nel loro mondo le candele rappresentavano la loro valuta e grazie a queste tutto si pagava, ma raccoglierle significava spingersi ogni giorno alla ricerca delle luci disperse nei vari regni.
Mantello Rosso non era così esperta da averne tante con sé, inoltre aveva sentito dire dai più grandi che comprare gli incantesimi era particolarmente dispendioso.
Come se le avesse letto la mente al suo fianco le arrivò una frase incoraggiante.
"Prima o poi lo avrai. No motivi di avere fretta."
Lei annuì fiduciosa e cadde all'indietro su quell'erba profumata, lasciando che il vento le accarezzasse la fronte e i capelli. Non aveva ancora cambiato quella ridicola pettinatura composta da due semplici codine laterali, ma si disse che presto l'avrebbe fatto... magari lasciandoli sciolti sulle spalle, come aveva visto fare da tante viaggiatrici.
Silenziosamente ringraziò anche la sua accompagnatrice per il dono che le aveva appena fatto e per il tempo prezioso che le stava regalando. Non si era scomposta nemmeno di una virgola e questo le permetteva di osservarla ancora più attentamente.
Sorrise per quel miscuglio di esperienza mista a giovinezza che sembrava emanare ogni volta che la incontrava.
"Come le nuvole che aspettano la pioggia, io sono qui che aspetto te..." Mormorò con voce flebile, coprendosi appena gli occhi con il palmo della mano e stringendo le palpebre contro la luce del sole.
"Eh?" Mantello Rosso si tirò su a sedere, incredula per quanto aveva appena sentito e curiosa nel volerne sapere di più.
"Sono parole che mi rivolse un veterano mentre volavamo assieme nel cielo."
La giovane novizia prese ascolto di quelle parole appoggiando il mento sulle ginocchia.
"E ora dove si trova?"
La vide abbassare lo sguardo nostalgica, alla ricerca di un ricordo lontano.
"Non so. Non ha più fatto ritorno dopo l'Occhio dell'Eden."
Non ebbe il tempo di elaborare quanto le fu detto, né di chiedere altro perché si sentì afferrata per un gomito e costretta ad alzarsi in piedi.
L'altra la trascinò verso il bordo più esterno di quell'isolotto sospeso, dove sotto di loro c'era solo vuoto e l'arcipelago composto dalle Isole sacre. La più grande, quella centrale, svettava sopra tutte assieme alla sua montagna centrale e alle sue cascate e laghetti di acqua.
Da lassù si mostrava lontana e vicina allo stesso tempo.
"Guarda." Le disse appoggiandole le mani sulle spalle. "Sta arrivando il tramonto e la notte è vicina."
Ed era vero, pensò Mantello Rosso. Perché il cielo tipicamente diurno di quel luogo stava iniziando ad assumere una sfumatura decisamente più aranciata, persino l'arcobaleno che era stato piazzato tra le nuvole iniziava a non mostrarsi più.
"La notte è pericolosa per creature della luce come noi. Ti porterò laggiù, così che tu potrai tornare a Casa."
Una mano scivolò dalla sua spalla giù per il braccio, accarezzandole il gomito e raggiungendo la sua mano dove le diede un forte strattone in avanti. In poco tempo i loro piedi avevano già abbandonato la terraferma per dirigersi in picchiata verso l'isola principale, un volo che sembrò durare in eterno e al tempo stesso così effimero da terminare in un batter d'occhio, tra giravolte e planate.
In tutto questo, come a volerle rispondere a una domanda che non era stata posta per mancanza di coraggio o di tempo, udì queste parole:
"Io non ho ancora finito di viaggiare per oggi."


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Capitolo 4
*** 4 - Viewing ***


Quel giorno Mantello Rosso non era molto propensa a dedicarsi alla raccolta giornaliera della luce; piuttosto sembrava più amante del prendere il sole in cima al piccolo promontorio della Base, godendosi i raggi solari e il panorama delle acque marine illuminate da questi. Con cortesia declinò gli inviti di alcuni gruppi di viaggiatori, invitandoli a lasciarla in pace o ad andare in scoperta di zone nuove senza di lei.
L'ennesimo sbadiglio  uscito fuori dalla sua bocca  la diceva lunga sulla sua voglia di vivere la giornata; così tra un pisolino e l'altro non si era nemmeno accorta di qualcuno che le era venuto a sedersi accanto.
"Hozes!"  Gridò spaventata, trovandosi  qualcuno al suo fianco improvvisamente.
La creatura di Luce chiamata Hozes rise di gusto, portandosi la mano alla bocca.  
"Sono già cinque minuti buoni che sono qui, seduta accanto a te." Le rispose annuendo e poggiando il mento sul palmo della mano.
Mantello Rosso considerava Hozes una sorta di sorella maggiore, nata un mese prima di lei. Le due si erano incontrate nei meandri della Foresta Nascosta, quando era ancora una neonata anonima che vagava alla ricerca del proprio percorso, infreddolita dalla pioggia e a rischio di vita.
Hozes l'aveva avvicinata, spiegandole la strada da percorrere e l'importanza nell'illuminare le varie fiaccole che si trovavano qua e in là, sotto agli alberi, per trovare un attimo di ristoro e ricaricare di energia le proprie ali. Ancora ricordava la sua prima frase quando la portò in quello che, tuttora, era il suo reame preferito: la Valle del Trionfo.
"Sono sicura che qui ti divertirai molto." Con questa frase la rassicurò, dopo averla tratta in salvo, e da lì siglarono la loro amicizia.
Quando l'aveva conosciuta portava una strana capigliatura di ricci alta quanto un cespuglio, ma ora aveva cambiato totalmente stile, tenendo i propri capelli corti e a caschetto. Molto spesso la si vedeva indossare una maschera a forma di volpe; in effetti una delle prime cose che le insegnò fu che esprimere il proprio aspetto all'esterno era un modo per esprimere se stessi.
Tuttavia Mantello Rosso si riteneva ancora una creatura dal profilo davvero ordinario; certo aveva lasciato allungare i suoi capelli di modo che le arrivassero fino alle spalle, quindi non portava più quelle orribili codine da bambina, ma il suo modo di vestire era davvero anonimo anche se era riuscita a ottenere un nuovo mantello dal colore rosa corallo e dalla forma simile a una conchiglia.
Corrucciò le labbra: viaggiatori veterani difficilmente l'avvicinavano vedendo il suo aspetto. In effetti era popolare tra di loro pensare ai più giovani come a una zavorra perditempo.
Hozes a confronto suo aveva molti più amici e conoscenti ed essendo anche una brava viaggiatrice non le era difficile trovare gruppi dove unirsi. Le aveva persino insegnato come addentrarsi dentro al spaventoso Regno del Deserto, mostrandole i modi per evitare gli attacchi dei draghi neri che lo popolavano. 
"Mi sembra sempre tutto uguale." Si lamentò Mantello Rosso. "Giro per ogni reame alla ricerca di luce, ma le mie ali non sono mai cresciute."
La più grande la guardò con affetto e le scompigliò teneramente i capelli.
"Te l'ho già detto: il tuo viaggio qui non è finito, e quando sarai pronta le tue ali cresceranno assieme a te."
Ma quelle parole non la convinsero affatto, per questo si girò su un fianco per darle le spalle. Tutti i veterani con cui discuteva le dicevano sempre la stessa cosa, ma lei non riusciva a capire perché nessuno le parlava chiaramente.
Stava quasi per abbandonarsi di nuovo al sonno quando un'ombra in lontananza attirò la sua attenzione costringendola di scatto a sedere.
"Lei è qui!" Esclamò con stupore, guardando un gruppetto di giramondi appena tornati da chissà quale regno.
Hozes assottigliò lo sguardo per squadrare a chi la sua amica si riferisse.
"Chi intendi? Dici la misteriosa viaggiatrice senza nome che hai incontrato a Deserto e di cui mi hai parlato?"
Mantello Rosso annuì e la indicò: eccola là, infatti, con il suo solito sguardo serio e l'atteggiamento composto; persino naturalmente diversa da come la ricordava. Stavolta i suoi capelli erano nuovamente lunghi e legati in una treccia, portava nuovi calzoni alle gambe e aveva cambiato il suo mantello con uno brillante dal color ambra che le donava l'aspetto di una graziosa farfalla.
"Quanto è alta!" Commentò Hozes rammaricata. "Vorrei avere la sua altezza."
"Ogni volta è sempre diversa..." Mormorò Mantello Rosso a bassa voce e con lo sguardo abbassato; al suo fianco Hozes si alzò in piedi e la trascinò con sé.
"Dai! Vai a salutarla!" Le gridò entusiasta mentre la trascinava giù di sotto, dove si erano raggruppati la maggior parte dei viaggiatori presenti. "Lo so che sotto sotto volevi vederla di nuovo, non fai altro che parlarmene!" Concluse spingendola in avanti.
Nonostante Mantello Rosso provò panico e imbarazzo non riuscì ugualmente a liberarsi dalla stretta di Hozes, alla fine non farsi notare fu impossibile. Quando di fatto la scorse avanzò nella sua direzione posata e silenziosa, senza nemmeno salutare coloro che fino ad allora si trovavano assieme a lei in quel momento.
Mantello Rosso provò quasi soggezione, al punto da indietreggiare di qualche passo quando la vide ferma davanti a lei. Giunse persino le mani al petto esprimendo tutto il suo disagio davanti a tanta attenzione e silenzio.
"Ciao..." La salutò tenendo basso il suo profilo; con lo sguardo stava cercando Hozes, ma quest'ultima l'aveva abbandonata lì ed era andata a parlare con altri. L'aveva fatto di proposito, Mantello Rosso lo sapeva e per questo l'avrebbe ripagata in seguito.
"Non ci si vede da un po'..." Aggiunse quando notò che l'altra permeava a stare in silenzio.
Spostando il peso del corpo da un piede all'altro stava quasi pensando di offrirle un piccolo inchino per poi andarsene, ma non lo fece perché avvertì un tocco delicato sfiorarle la mano.
Gliel'aveva stretta, ma non l'aveva fatto con forza né con decisione. Assomigliava più al tocco delicato di un bambino che ti invitava a seguirlo. La lasciò fare e sincronizzò i propri passi assieme ai suoi.
Quasi rapita da quelle movenze così lente e delicate si lasciò guidare verso il portale che conduceva alla Cupola della Conoscenza, incurante di Hozes che aveva provato invano a chiamarla da lontano.
Non era riuscita a resistere a quel "vieni" che le era stato mormorato sottovoce, un invito simile a una supplica.
Nel corridoio della Cupola non aveva fretta nel camminare, né lo stava percorrendo balzando come aveva visto fare da tanti viaggiatori forsennati; Mantello Rosso non osò chiederle dove voleva dirigersi perché temeva che così facendo avrebbe spezzato la magia che si era creata tra di loro, fatta da passi lenti che calpestavano la pietra del pavimento e il silenzio assoluto. Questi si fermarono solo quando arrivate in fondo al corridoio della Cupola, laddove era presente l'ascensore per salire di piano in piano, videro viaggiatori distesi sul pavimento in piena contemplazione della sua immensa volta.
"Uno." Li contò. "E due..." Proseguì.
"Che cosa stanno facendo?" Domandò Mantello Rosso incuriosita.
"Non lo so..." Rispose l'altra prima di inginocchiarsi a terra e sdraiarsi supina anche lei. Mantello Rosso deglutì confusa e la imitò.
Sopra le loro teste, riflessa  nei loro occhi, la grande vastità della Cupola in tutta la sua magnificenza. Mantello Rosso rilassò le gambe e le spalle, godendosi il freddo del pavimento contro la sua schiena. Ad accarezzarle le orecchie c'era l'assenza di rumori.
"Aaahh, che pace!" Esclamò stiracchiandosi. "Qui c'è davvero la pace che non puoi avere nel Deserto Dorato."
Al suo fianco udì una risatina divertita.
"Dico la verità!" Alzò un dito per disegnare invisibili cerchi nell'aria. "Ci sono spaventosi draghi e fastidiosi granchi..."
La risatina proseguì fino ad estinguersi e quando non fu più udibile Mantello Rosso si accorse che lei aveva girato il volto di lato, nella sua direzione, per guardarla direttamente negli occhi.
"Se un giorno io non dovessi più mostrarmi, per favore, ricordati che tu mi piaci davvero tanto."
Mantello Rosso scattò in avanti a quelle parole, mettendosi seduta per fissarla stupita e frastornata.
Perché mai avrebbe dovuto dire quelle parole e perché assomigliava tanto a un velato addio dette in quel modo?
"Oh, ma io... voglio avere altri momenti come questo con te." Mormorò non sapendo esattamente cosa dire e in che modo dirlo, poté solo abbassare lo sguardo per sfuggire.
"Tanti di noi ti staranno aspettando nel futuro." Commentò lei puntando di nuovo il viso contro al soffitto della Cupola, piegando le braccia sotto la sua testa a mò di cuscino.
Tuttavia Mantello Rosso non era affatto convinta di questo, pertanto si chiuse in se stessa avvicinando le ginocchia al petto e poggiando il mento sopra di esse.
"Presto partirò per l'Eden. Sarà un viaggio pieno di pericoli, una salita carica di dolore." Proseguì beata, un sentimento di accettazione era percepibile sotto di essi, al punto che persino Mantello Rosso lo notò. "Ma io non ho affatto paura, perché quando tornerò sarò più forte di adesso."
"Perché i viaggiatori sono tanto attirati dall'Eden? Non riesco davvero capirli... Eppure si sentono solo voci terrificanti su quel posto."
Ciò che ricevette in risposta fu soltanto l'ennesima, morbida, risata.
"Sai nel nostro mondo si dice che il primo nome con cui verrai chiamato sarà il tuo nome a vita." Mantello Rosso la vide sorridere pacifica mentre allungava il collo in alto perdendosi a guardare il buio e le stelle della Cupola. Infine spostò leggermente il suo corpo verso di lei in un atteggiamento totalmente amichevole e confidenziale.
"E Uselij è il mio nome." Terminò senza smettere di sorridere, ma Mantello Rosso aveva già sbarrato gli occhi e portato le mani al petto per lo stupore della scoperta.
"Io... Io sono Toen!"  Esclamò di rimando. "Così mi ha chiamata una mia preziosissima amica dopo che mi ha salvato dalla pioggia acida della Foresta."
Uselij inclinò leggermente il capo e alzò una mano stretta a pugno verso Toen. Un gesto che aveva visto fare da alcuni viaggiatori tra di loro, anche se non era molto usato a discapito degli abbracci e dei batti cinque. Tuttavia Toen non ci pensò due volte a far schioccare il suo pugno contro le sue nocche.
"Incontrarti è stato destino, Toen." Asserì seria e quest'ultima annuì di rimando.
Infine, dopo quel pugno a mezz'aria, le due tornarono a Casa, ma Toen non poteva sapere che avventurarsi nell'Eden portava con sé il rischio di non potersi più incontrare.

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Capitolo 5
*** 5 - Parting ***


"E basta con quel muso lungo!"
L'alba era sempre spettacolare avvistata dalla Casa. I raggi del sole riflettevano sull'acqua, specchiandosi in un tripudio di colori caldi e scintillanti, mentre il cielo si mostrava di color giallo paglierino.
Tutto era inondato di luce.
Svegliarsi presto era un'abitudine che Hozes e Toen avevano preso a fare sin da quando si erano conosciute quel giorno in Foresta. Era nata così, per puro caso, esprimendo tramite la presenza reciproca tutta la bellezza per quel momento della giornata. Da allora le due si incontravano e ammiravano i colori dell'alba assieme, sedute sull'erba del piccolo promontorio situato proprio lì, nella Base.
Mai una volta si erano date appuntamento a voce, semplicemente sapevano che si sarebbero incontrate e basta. Se così non fosse stato nessuna delle due ne avrebbe fatto un dramma: avrebbero aspettato il giorno dopo, o quello successivo, e l'alba sarebbe tornata di nuovo per esser ammirata assieme... magari accompagnata dai continui strimpelli di chitarra perpetuati da Hozes e dal suo voler, improvvisamente e incessantemente, imparare ad usarla.
Tuttavia era già da giorni, se non settimane, che Hozes percepiva nella sua migliore amica Toen qualcosa di diverso. Difatti sembrava persa, pensierosa, a tratti triste e sempre con la mente altrove.
Da sotto la sua maschera rossa a forma di viso di volpe Hozes sospirò: non ci voleva molto a capire il motivo dietro a tanta inquietudine, la conosceva così bene!
"Ascolta..." Disse mettendo via il suo strumento musicale. "Molti viaggiatori sono così: spariscono per settimane e nessuno sa dove siano o dove andarli a cercare. E poi magicamente, come sono scomparsi, eccoli riapparire."
Ma l'umore di Toen non si risollevò a quelle parole.
"Ho provato a cercarla, esattamente come mi hai detto di fare. Ho cercato la sua stella, l'ho pensata intensamente, ma niente. Ovunque sia, non riesco a raggiungerla."
Hozes la rassicurò accarezzandole una spalla.
"Non tutti i luoghi del nostro mondo si possono raggiungere, alcuni sono davvero irraggiungibili. Ma non penso tu debba crucciarti così. Non è stata lei a dirti che tu le piaci davvero tanto?"
Toen sbatté le ciglia più volte nel tentativo di non lasciarsi sopraffare troppo.
"Sì, ma quanto le posso credere?" Fiatò Toen incassando la testa tra le spalle. "Dopotutto non ho mai saputo nulla di lei, nè lei di me."
Hozes spostò lo sguardo in direzione del sole, lasciandosi accecare da esso.
"Non credo siano queste le cose importanti, sai? Ho visto legami crearsi qui senza aver bisogno di conoscere chissà cosa."
Fu allora che Toen le rivolse un'occhiata stanca e malinconica, in grado di lasciare Hozes con il fiato sospeso nell'attesa di ascoltare cosa volesse chiederle.
"Se ci fosse qualcosa che tu sai, ma di cui io non sia a conoscenza, tu me la diresti, vero Hozes?" Le sussurrò lasciandola di stucco. Quest'ultima allora si lasciò andare a un sorriso esasperato, per poi muovere convulsamente le braccia e mani facendo scuotere i lati del suo mantello, un gesto che implicava chiaramente a un abbraccio. Uno dei gesti più affettuosi che Hozes amava tanto ricevere da Toen; gesto che la più giovane non poté rifiutare dopo essersi gettata tra le braccia della sua, ormai, sorella maggiore.
Con movimenti circolari Hozes le accarezzò la schiena.
Toen annuì, lasciandosi cullare dal brusio dei primissimi viaggiatori intenti a popolare la Base. Il nuovo giorno stava per iniziare e con esso un nuovo viaggio. I più mattinieri stavano iniziando a radunarsi, alcuni in cerchio, altri in piena solitudine.
Tutti trepidanti di sapere quali nuovi missioni sarebbero state loro affidate dallo Spirito-Guida.
Senza una nuova stagione in atto, tuttavia, Toen stessa aveva perso la voglia di avventurarsi nei regni e aveva notato che per molti era lo stesso, lasciandosi andare e oziando loro stessi. Provò a convincersi che per Uselij doveva essere lo stesso e che, presto o tardi, l'avrebbe rivista ma più passavano i giorni più queste speranze si affievolivano.
Fu allora che vide due visi familiari arrivare alla Base. Parevano viaggiare in coppia: erano un viaggiatore e una viaggiatrice e dai loro abiti e accessori Toen capì che si portavano addosso un grande bagaglio di esperienza. A partire dai loro capelli, acconciati in doni rari; ai loro mantelli, tra i più costosi che si potessero comprare, Toen deglutì e pensò seriamente a quanto volesse fare in quel momento. Le sue gambe parvero muoversi da sole mentre balzarono giù da quella piccola rupe, lo stesso si poté dire mentre zompava verso di loro col cuore in gola. Lei con la sua pettinatura indiana, i capelli tirati indietro da un cerchietto dorato e il mantello bianco candido; e lui, con i capelli a punta sparati in aria elegante nel suo mantello nero pece.
Toen provò soggezione  verso di loro, ma ormai si era già avvicinata troppo. Talmente tanto che la viaggiatrice le rivolse uno sguardo a tratti un po' austero.
Le sue parole vennero precedute per prime.
"Grazie per l'aiuto che ci hai dato quella volta nel Deserto." Asserì cortese ma seria la viaggiatrice, annunciando un rispettoso inchino a Toen.
Ora sì che ne aveva la certezza! Quei due erano i compagni di viaggio di Uselji, quelli che erano assieme a lei la prima volta che si incontrarono, intenti a bruciare la grande pianta oscura nata nell'acqua putrida del Deserto Dorato.
Stava per andarsene, lasciandola lì da sola come un ebete, perciò Toen la fermò prima che potesse farlo.
Quando la viaggiatrice la squadrò da capo a piedi, facendola sentire piccola piccola, provò la sensazione di voler scomparire all'istante. Sollevando il mento decise di affrontare le sue paure.
"Quella volta, assieme a voi, c'era un'altra viaggiatrice." Udì la sua voce che stava quasi per spezzarsi. "Lei... io non riesco più a trovarla..."
"Uselji è andata a morire nell'Eden. Pensavo te l'avesse detto."
Quelle parole, pronunciate con calma e freddezza, ebbero su Toen l'effetto di una doccia fredda e gelata.
Lei non sapeva nulla dell'Eden perché non ci era mai stata, e tra i viaggiatori era considerato proibito dare troppe informazioni su questo famigerato Occhio dell'Eden, ma morire? Era per questo che veniva considerato il "viaggio finale?"
Qualcosa fu visibile sul suo viso, dato che la viaggiatrice proseguì a parlare incurante della tempesta che stava investendo Toen in quel momento.
"Se riuscirà a superare l'Eden ritornerà. Ma fino ad allora puoi considerare Uselji come un'anima persa."
"Godoxof!"
A interromperle fu il viaggiatore, che fino ad allora era rimasto in silenzio e in disparte.
"Stai esagerando." Esclamò alla compagna. "E non va rivelato ai nuovi arrivati che cosa attende loro nell'Eden." Le ricordò.
Godoxof si fece piccola ritirandosi in disparte.
"Hai ragione, Esajeni." Sussurrò con dispiacere, abbassando gli occhi a terra. "Non riesco proprio a ricordarmi come si parla ai neonati."
Lui le fece un cenno con il capo, dopodiché riportò la sua attenzione a Toen.
"Se quando Uselji tornerà sarà anche riuscita a trovarti, allora puoi stare tranquilla che vi ritroverete."
Le due creature chiamate Godoxof ed Esajeni si presero per mano e varcarono assieme il portale che conduceva proprio all'Eden, lasciando Toen da sola e inerte.
Tuttavia, in quel momento, non le importò cosa e dove fossero diretti in quanto la sua mente stava cercando di elaborare quanto le era stato appena detto per quanto poco potesse essere.
La sua conoscenza dell'Eden era nulla, tuttavia non poteva aver travisato la parola morire. E quell'ultima frase che le era stata rivolta? Esisteva forse il rischio di non rivedere mai più Uselji?
Le vennero i brividi e una sensazione di panico si propagò lungo tutto il suo corpo. Cercò Hozes, ma non la trovò; attorno c'erano solo viaggiatori a lei sconosciuti. Pur con la mente in subbuglio provò a fare chiarezza nei suoi pensieri e trovò il collegamento con la sua sorella maggiore. La pensò intensamente, ed ecco che la zona sociale della Foresta apparve davanti ai suoi occhi.

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Capitolo 6
*** 6 - Discussing ***


La zona sociale della Foresta era una piccola radura circolare dal colore verde smeraldo sospesa proprio sopra la piovosa Foresta Nascosta. Tuttavia era difficile trovare viaggiatori intenti a socializzare proprio lì, per quella esisteva già l'area sociale della prateria, più allegra e più giocosa.
Ma per una come Hozes, che trovava divertimento persino nel regno desolato del Deserto, questo passava ovviamente in secondo piano. Difatti Toen la trovò intenta a dondolarsi su una altalena, nel mentre che cercava di attirare l'attenzione di giovanissime falene probabilmente nate solo da qualche giorno.
Anche l'altalena era un incantesimo; comprato in modo permanente per Hozes rappresentava l'accessorio di cui andava più fiera. La piazzava ovunque, persino a caso e senza una logica. Diceva che quello era il modo migliore per fare amicizia con gli altri viaggiatori, in effetti Toen era la testimonianza di quanto la sua sorella acquisita fosse molto amata.
In un'altra circostanza l'avrebbe raggiunta e si sarebbe unita a lei, ma in quel momento la sua mente era rimasta completamente altrove.
"Hozes!" La chiamò tremante. "Hozes!" Continuò più forte.
La più grande saltò giù dalla sella dell'altalena e, notando Toen che la chiamava, si sbracciò nella sua direzione tutta contenta.
"Toen!" Pronunciò allegra. "Volevo restare con te, ma sembravi tutta presa da quei due!"  Le confessò mentre continuava a sbracciarsi in un chiaro segno di voler ricevere un abbraccio indietro.
Abbraccio che Toen ignorò in quanto troppo presa da altro.
"Hozes, è vero che nell'Eden si muore?" 
L'espressione gioiosa di Hozes cambiò fino a farle abbassare le braccia preoccupata.
"Sono stati loro a dirtelo?" Chiese con una punta di preoccupazione nella voce.
Toen ignorò la domanda e fece un passo in avanti.
"Che importanza ha? Hozes loro hanno detto una bugia, vero?" Cercò conferme Toen. "Perché tu mi hai detto di essere stata nell'Eden e di essere anche ritornata."
Le palpebre di Hozes si chiusero rassegnate, forse stavano solo cercando una risposta o forse erano solo intente a guadagnare del tempo per trovarla. Aprì leggermente la bocca proprio per parlare, ma...
"Mi hai mentito, Hozes?"
Quelle parole giunsero alle sue orecchie stridenti come un coltello su una superficie piana e dura. D'istinto le venne di sollevare una mano e di accarezzarle una spalla. Un gesto insignificante, ma che faceva spesso; di cui Toen non rifiutava mai il tocco.
Nemmeno questa volta lo fece, ma era diverso.
"Non ti ho mai mentito. Io ti ho davvero insegnato tutto quello che so..." Avvertì le proprie parole morirle nella bocca. Toen se ne accorse.
"Ma?"
Hozes strinse i pugni, tanto ormai...
"Siamo creature viventi, siamo destinate a morire." Da quelle parole prese coraggio. "Ma anche se moriamo, la morte non sarà mai la nostra fine."
Al contrario, è solo l'inizio... Questo Toen ancora non poteva saperlo.
"Come può non essere la nostra fine, se quello che ci attende è la morte?"
E difatti...
Hozes avrebbe voluto raccontarle tutto; avrebbe voluto dirle che cosa i viaggiatori si dovevano aspettare una volta varcato il punto di non ritorno, le avrebbe persino rivelato cosa le sarebbe successo dopo, ma... semplicemente non poteva. Già, era troppo per Toen aver scoperto, in quel modo, che Eden era associato a morte.
Si voltò e le diede le spalle, però Toen le afferrò una mano impedendole così di allontanarsi troppo.
"Hozes, ti prego... Io voglio solo sapere che cosa è successo a Uselji." La supplicò, e la sua voce pareva rompersi dal pianto.
Questo era troppo, pensò Hozes serrando con forza le labbra e chiudendo gli occhi. Era troppo debole verso Toen per non accogliere una sua richiesta.
Quando riaprì le palpebre non vide più la radura di erba tipica della Foresta; al contrario, vide uno scenario rosso sangue, fatto di disperazione e dolore. Delicatamente le scostò via la mano e si allontanò di qualche passo.
"La prima volta che sono andata nell'Occhio dell'Eden non ero sicura di quello che stavo facendo." Hozes ricordò di un corridoio stretto e lungo, pieno di statue dagli occhi piangenti. "Sapevo che se avrei proseguito non sarei più tornata indietro, ma quando rimpiansi la mia scelta mi accorsi anche che era già troppo tardi."
Hozes non si voltò indietro per controllare se Toen la stesse capendo o meno.
"A quel punto mi disperai e pensai intensamente che volevo solo tornare indietro, da te e dagli altri." Ricordò. "Ma davanti a me avevo solo un fiume di morte."
La vocina di Toen le arrivò alle orecchie, ripetendo quelle ultime tre parole con voce tremante e impaurita. A pensarci ora Hozes poté solo tirare un sospiro di sollievo.
"Nell'Occhio dell'Eden tutte le tue membra si spezzano, le ali si strappano e si perdono. Non c'è più modo di recuperarle una volta perdute. Infine ciò che ti attende non è altro che la morte, ma sai cosa? Il dolore fisico non è niente paragonato alla brutalità con cui il fuoco del tuo cuore ti viene tolto via."
Finalmente Hozes trovò il coraggio di voltarsi per guardare Toen negli occhi. Inspiegabilmente vide se stessa  quando ancora non aveva fatto andata e ritorno verso il suo viaggio finale.
"Ma poi dopo essere morta la mia anima è risorta nuovamente, Toen! Non ero più un misero cadavere nero che camminava, ma una creatura fatta interamente di luce. Quello che noi siamo!"
Le mani di Hozes andarono a stringere le dita di Toen, lo fecero con forza entusiaste e piene di felicità.
Toen non poteva sapere che uno dei ricordi più belli mai vissuti da sua sorella maggiore stava rivivendo nella sua mente.
"Lo so che tu non mi crederai mai, ma... dopo essere risorta io ho rivisto di nuovo tutti quanti, tutti coloro che pensavo non avrei mai più rivisto in vita mia erano lì assieme a me! Volavano con me, fluttuavano con me, mi donavano la loro energia! Sono persino riuscita a trovare te, ho sfiorato la tua mano e ho provato la più bella sensazione della mia vita. Quello è stato il momento in cui ho capito che non importa dove o quando, io e te ci saremmo ritrovate di nuovo!"
Toen cercò di liberarsi dalla stretta di mano da cui Hozes la teneva ingabbiata, lo fece mugolando e provando a tirarsi indietro ma tutto le fu impossibile.
"E sai cos'altro ho capito? Che questo viaggiare, che noi ci imponiamo ogni giorno, altro non è che la nostra gabbia. Perché, credimi, solo una volta che hai sperimentato la morte e voli per rinascere capisci per davvero il significato della parola libertà." La sua voce si placò fino a tornare normale. "Sì, nell'Eden sei un essere libero."
Finalmente Toen riuscì a sottrarsi e lo fece con un forte scatto all'indietro; aveva prestato molta attenzione alle parole di Hozes, aveva provato a capirle, a dare loro un senso...
"Mi dispiace, Hozes. Io non riesco davvero a capirti."
Sapeva che era dispiaciuta, Toen era sempre maledettamente sincera verso gli altri. Non era in grado di nascondere le proprie emozioni, non l'aveva mai fatto e mai ci sarebbe riuscita. Hozes lo accettò, per questo finì per sorriderle rassegnata.
"Questo perché tu ti rifiuti di andarci, nell'Eden."

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Capitolo 7
*** 7 - Meeting ***


"Insomma! Sarà la terza volta di fila che ti trovo addormentata!"
Le lamentele di Toen erano rivolte verso una piccola viaggiatrice supina al suolo, in mezzo ai tanti fili d'erba che componevano quella Terra, anche chiamata la Prateria Diurna.
Slippy era davvero piccola e infantile a volte, con quello strano vizio di addormentarsi spesso e ovunque.
Portava le codine alte come acconciatura e due morbidose cuffie rosse da cui non si separava mai, preferiva i mantelli dal colore nero o bordò e lo stesso si poteva dire del suo vestiario.
Nonostante la sua pigrizia era in grado di volare abilmente da un punto all'altro nel luogo dove si trovavano, e sapeva pure schivare i pericolosi draghi neri del Deserto Dorato con grande abilità. Aveva tanti amici e amava circondarsi da essi, tuttavia il suo più grande difetto era non saper dire mai di no a tutti loro.
Persino quando, inspiegabilmente, crollava dal sonno, finendo per essere trovata da Toen in qualche angolo di mondo, con quest'ultima che la svegliava per mandarla dritta a Casa.
"Sì, ma io ho sonno!" Si lamentò Slippy in risposta, ignorando Toen e dandole la schiena.
Le due si erano conosciute proprio nella Terra dell'Erba, tramite qualche amico in comune e da allora erano diventate quasi inseparabili. A detta di Slippy il motivo era dovuto alla timidezza e alla solitudine che Toen si portava appresso.
Dopo la discussione avvenuta tra Hozes e Toen, difatti, le due non si erano più parlate. Non si trattava di un vero e proprio litigio fra le due, ma era più simile a un evitarsi a vicenda probabilmente a causa del disagio che provavano l'una nei confronti dell'altra dopo la volta prima. 
A volte capitava anche che le due si trovavano nella Base da sole, all'alba come erano solite fare nel loro piccolo, intimo rito.
Ma incapaci di rivolgersi la parola per prime finivano con l'ignorarsi a vicenda.
Alla fine Hozes non aveva poi davvero bisogno di Toen, pensava quest'ultima. Dopotutto gli amici con cui viaggiare non le mancavano ed era esperta abbastanza per farsene di nuovi aiutando le nuove falene nate da poco.
Fu proprio in quel periodo che Toen conobbe Slippy e nonostante questa sua peculiarità di addormentarsi spesso e ovunque le due erano riuscite a stringere una grande amicizia che potesse essere benefica per tutte e due le parti.
Slippy aveva bisogno di qualcuno come Toen al suo fianco, che l'aiutasse a capire quanto i suoi continui dire di sì a tutti fossero esagerati; al contrario Toen poteva usufruire dell'esperienza di Slippy nell'affrontare i luoghi più pericolosi e scoprirne di nuovi per poi arricchire la sua conoscenza del mondo.
Slippy pareva, difatti, essere a conoscenza di tanti piccoli segreti e luoghi da raggiungere per essere esplorati, così come conosceva alcuni trucchi per collezionare luce giornaliera evitando inutili sprechi di tempo.
"La prossima volta ti porterò nel Deserto da addormentata, ma ti ci lascio anche. Lì nell'acqua tossica."
Slippy sgranò gli occhi.
"Oh! Potrebbe essere divertente!" Esclamò entusiasta. "La prossima volta fallo per davvero!"  
Le spalle di Toen caddero verso il basso per la rassegnazione. Qui il problema era che Slippy non stava affatto scherzando, anzi era seria per davvero. Bastava darle un'idea pericolosa per la mente che subito andava ad attuarla.
Toen si toccò la fronte esasperata.
"Se si rimane troppo a lungo in quell'acqua nera si rischia di perdere le proprie ali, lo sai."
Slippy balzò in piedi con uno scatto, poi si scrollò di dosso la polvere fino a scrocchiarsi le spalle.
"E allora? Le ali si possono ritrovare, non ti sembra divertente?"
Toen imbronciò le labbra perché per lei non lo era per niente, anzi...
"Che stai dicendo? Piuttosto è una seccatura."
Cercare ali per i vari regni non era esattamente un gioco da ragazzi; certo alcune erano semplici da trovare e visibili anche da lontano, ma altre risultavano davvero difficili e nascoste. Spesso serviva l'aiuto di qualcun altro che ti ripristinasse di energia per raggiungere i luoghi alti dove erano posizionate per prenderle, e se non c'erano nuvole per ricaricarsi fare affidamento sui viaggiatori più esperti era l'unica opzione possibile. Da questo punto di vista le falene nate da poco erano tra le più svantaggiate, ecco perché custodire le proprie ali al sicuro era cosa molto importante per qualsiasi viaggiatore di qualsiasi regno.
Ma di quella affermazione Slippy finì per riderne con gusto, suscitando ulteriore imbronciamento in Toen.
"Se la pensi così..." Dichiarò la più piccola dopo aver finito di ridere. "...Mi chiedo cosa farai quando ritornerai dall'Eden la tua prima volta.
Eccolo che ritornava a galla, quel maledetto Occhio dell'Eden da cui Uselji ancora pareva non essere tornata.
Toen non ne voleva più sentire parlare, ma le cose che eviti sono anche quelle che ti perseguitano di più, si sa.
Slippy notò il suo silenzio forzato, per questo tornò seria.
"Toen tu non ci sei mai stata, vero?"
Chi tace acconsente per questo non ci fu bisogno di una risposta a voce.
"Cosa aspetti a farlo?" Le domandò Slippy stupita.
Toen si morse le labbra; eppure non sembrava tanto complicato da capire: chi mai voleva avventurarsi in un luogo che portava alla morte e da cui, forse, si correva il rischio di non tornare? Il solo pensarlo le fece dare della pazza da sola.
Ma possibile che Uselji, Hozes e ora persino Slippy fossero tutte pazze?
"Che cosa c'è di così divertente nell'andare verso una morte certa?"
Prima di risponderle Slippy intrecciò le braccia al petto e corrucciò lo sguardo.
"Quindi sai già che nell'Eden ci attende la morte? Ma dai, chi te l'ha detto? Ti ha già tolto tutto il divertimento di scoprirlo da sola!"
Toen strinse i pugni perché non era a quella risposta che anelava.
"Sto aspettando un'amica, è andata nell'Eden e ancora non ha fatto ritorno." Asserì con gli occhi che già le pungevano nel solo ricordarsi l'ultimo momento passato assieme alla sua cara Uselji. Lo maledì anche perché, se avesse saputo cosa sarebbe successo dopo, probabilmente le avrebbe chiesto di non andare.
"Beh, penso che sia un po' così per tutti. Quando ho fatto ritorno dall'Occhio dell'Eden la mia prima volta erano passate quasi tre settimane, anche se a me sembrava tutto accaduto molto più velocemente. Le volte successive sono state meglio, però, e ora al massimo sparisco per qualche giorno o due, senza dare troppa preoccupazione ai miei amici." Slippy le rispose grattandosi una guancia, ricordando come tutti loro si erano preoccupati per lei non vedendola tornare, ora invece la salutavano entusiasti augurandole persino una buona morte.
Alla fine tutto era sempre andato bene e questo era l'importante.
"Quante volte sei stata nell'Eden allora?" Le domandò Toen incredula; Slippy poté solo augurarsi di non aver detto troppo vista la sua insistenza.
"Uh, beh, non ricordo... ma così tante volte che ormai ne ho perso il conto." Ridacchiò imbarazzata, sperando così di mettere a tacere la sua curiosità una volta per tutte. Troppe domande scomode iniziavano a non piacerle affatto.
Toen si sfregò il mento più pensierosa di prima; talmente tanto che Slippy fu costretta a chiedersi di quali risposte avesse bisogno per darsi un po' di pace e smetterla di esserne così ossessionata.
Non vedenendone a capo le accarezzò una mano per rassicurarla.
"Ascolta, è vero che incute paura. Ma alla fine non è altro che un regno come tutti gli altri, solo un pochino più spaventoso."  
"Un regno dove si muore." Puntualizzò Toen portando Slippy ad allontare la mano.
"Vero, ma la morte non è che un prezzo da pagare per ricevere la nostra ricompensa finale. Non ti dirò altro però. Devi scoprirlo da sola, come tutti."
Toen le sorrise guadagnando così un po' di calma e serenità. Le due decisero quindi di proseguire nella ricerca giornaliera di luce, attraversando tutte le isole fluttuanti della Prateria, fino a giungere all'Arcipelago dove si rilassarono tra la sabbia scottante e la compagnia di alcuni granchietti di pietra.
L'Arcipelago offriva loro un habitat del tutto naturale, tra lidi e acque cristalline, capaci di ammansirli fino a renderli inoffensivi del tutto; come quei due solitari che facevano la coppietta felice su un piccolo isolotto al largo delle acque marine. Toen aveva deciso di adottarli dando loro persino un nome.
Quando il giorno iniziò a spegnersi e il tramonto a colorarsi all'orizzonte le due tornarono nella Casa, soddisfatte della loro giornaliera raccolta. Stavano persino discutendo se rilassarsi ancora andando a passeggiare nella Cupola quando, improvvisamente, Toen si bloccò e si girò indietro.
"Scusa, potresti andare avanti senza di me?"
Slippy assunse un faccino triste per quella improvvisa richiesta, ma non la obbiettò e la precedette gettandosi in direzione del portale che conduceva alla Cupola della Conoscenza.
Nel farlo quasi urtò un piccolo gruppetto di viaggiatori appena apparsi e di ritorno da chissà dove, tra di loro una minuscola viandante con i capelli a codini e avvolta in un mantello rosa pastello talmente grande che quasi le arrivava ai piedi.
Ed era proprio a lei che Toen aveva rivolto la propria attenzione, non aveva mai conosciuto nessuno con quell'aspetto eppure qualcosa le diceva che c'era altro. Questo lo capì da come la piccola viandante la continuava a guardare, un misto tra il volerla avvicinare e il voler starle lontana per l'imbarazzo.
Toen se ne fregò e l'avvicinò, guardandola lei stessa dall'alto verso il basso. Per la prima volta in vita sua ebbe la sensazione di interagire con una vera neonata, cosa mai successa prima di quel momento.
Le sue labbra si distesero e sorrisero, provò una sensazione di sollievo mista a felicità nel vedere quella giovanissima viaggiatrice davanti a sé, lottò persino con il desiderio di stringerla forte tra le sue braccia. Dopotutto era certa di non sbagliarsi, perché erano il cuore e l'istinto a dirglielo.
"Sono davvero contenta di vederti di nuovo."
La piccolina sollevò il mento e le ricambiò l'occhiata guardandola da sotto la sua cortissima frangetta a caschetto. Anche se sorrideva era un sorridere diverso, una miscela tra preoccupazione, nostalgia e un pizzico di gratificazione.
"Mi dispiace davvero tanto." Fiatò con voce dispiaciuta. "Amica mia."

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Capitolo 8
*** 8 - Confessing ***


"Mi dispiace davvero tanto." Fiatò con voce dispiaciuta. "Amica mia."
Non c'erano dubbi che si trattasse di Uselji, però Toen non conosceva questa Uselji.
Toen la ricordava come una viaggiatrice alta, dall'aspetto sempre composto e fiero. Questa piccola Uselji davanti a sé era minuta, dalle sembianze minuscole e l'immagine stanca. C'erano delle occhiaie sotto le sue palpebre, violacee ed evidenti, marcate sulla pelle pallida del suo viso; c'era persino qualcosa di diverso nella luce dei suoi occhi: non si poteva dire che erano spenti, anzi erano molto vivi, ma Toen poté giurare di scorgerci un bagliore differente simile a una consapevolezza maggiore.
La sua forma poteva essere rimpicciolita al punto da farla sembrare una bambina, ma tutta la sua aura esprimeva saggezza, sapere e coscienza.
Toen provò l'istinto amorevole di chinarsi e abbracciarla, stringerla forte tra le sue braccia per non lasciarla più andare via e lontano; tuttavia si limitò a scuotere la testa e sorridere assieme.
"Sono io a chiedere scusa. Perché, senza sapere nulla, ho dubitato che tu volessi ancora stare con me."
Uselji non accettò quelle parole, le rifiutò mentre stringeva gli occhi fino a chiuderli accentuando maggiormente l'ombreggiatura scura e bluastra che li cerchiava. Osservandola meglio Toen ne era sicura più che mai: fuori poteva sembrava una fanciullina nata da poco, ma la verità era che Uselji pareva invecchiata improvvisamente e di colpo.
Un effetto collaterale del suo ritorno dall'Eden?
"No." Le rispose Uselji flebile come un uccellino. "Io sono molto contenta. Perché ti sono mancata."
Toen si inginocchiò davanti a lei, portando così il viso alla sua altezza. Allungò un braccio per stringere una di quelle piccole manine tra le sue. Lo fece con delicatezza e senza irruenza, per timore di farle del male senza volerlo.
"Io... ho viaggiato molto in queste settimane che non c'eri. Ho visto posti nuovi e conosciuto nuovi viaggiatori, mi sono fatta nuovi amici. Ho tenuto a mente di tutto perché volevo farteli vedere."
Uselji annuì silenziosamente prima di riaprire lentamente le palpebre.
"Amica mia." Pigolò. "Guarda, sono rinata da poco. Le mie ali sono quasi scomparse e io non ho forze per volare a lungo."
Era vero, constatò Toen. Uselji era dotata di ben dieci ali per volare lontano l'ultima volta che si erano viste; un quantitativo che faceva di lei una viaggiatrice piuttosto veterana, ma ora a stento arrivava ad averne cinque.
Comportava questo, viaggiare nell'Eden? Provò i brividi nel pensare alla fatica immensa fatta per accrescere le proprie ali, per poi perderle in un batter d'occhio con un singolo viaggio. 
All'improvviso le venne un'idea e si indicò le proprie spalle.
"Puoi salire qui su! Starai comoda e non farai nessuna fatica!" 
Non credeva di averlo detto sul serio, ma era una cosa che aveva visto fare tra tantissimi viaggiatori, amici di lunga data, e non poteva nascondere di esserne altrettanto curiosa. Uselji ridacchiò incredula da come Toen insisteva a voler farla salire sulle proprie spalle, infine cedette e l'assecondò. Per darsi stabilità poggiò entrambe le manine sul capo di Toen, che nel frattempo le chiese se stesse comoda così.
Lei annuì, beandosi delle brevi e lente giravolte che Toen compì su se stessa in modo scherzoso e per giocare.
Insieme partirono alla volta del reame chiamato Valle del Trionfo, da sempre il regno preferito da Toen. Si lanciarono giù per la grande discesa ghiacciata e ricoperta di neve, sfidando altri ignari viaggiatori in una tacita competizione a chi arrivava prima.
Corri giù per la Valle e le porte della Città si apriranno in tuo onore. 
Questo era il benvenuto riservato a ogni singolo viaggiatore che percorreva quel luogo; scenari innevati dal colore bianchi e puri, attenuati dal rosa del tramonto. L'aria nella Valle era sempre fredda e secca, al punto tale da essere capace di toglierti il fiato, ma proprio per questo regalava cieli limpidi e paesaggi splendidi.
Alla fine della corsa Toen virò verso le grandi scalinate dell'arena che precedeva il tempio dei due Antichi Gemelli, custodi della Valle.
Dall'alto si poteva osservare tutto lo scivolo che ne componeva la discesa, aguzzando la vista si poteva persino notare piccoli puntini neri che scivolavano sopra di esso, dall'alto verso il basso. Toen li salutò da lontano sbracciandosi, costringendo Uselji a fare lo stesso.
Infine puntò a entrare dentro il Tempio volando in picchiata, ma prima di frenare a terra planò e risalì verso l'alto con un movimento simile a un vortice. Fermò il proprio volo solo dopo aver raggiunto la più alta delle vetrate del Tempio; sotto di loro il punto di meditazione per ricevere la benedizione di Samakh e Mek, al loro fianco un collegamente con l'esterno da cui Toen si gettò nel vuoto a capofitto, accolta dalle nuvole che bucò volando, dritto simile a un razzo, sbucandone oltre la corte.
Sotto di loro ora brillavano acque marine dal colore cristallino e riflettente, ma la vera meta di quel viaggio era il Colosseo visibile all'orizzonte: una meta ambita da tantissimi viaggiatori alla ricerca di un luogo che potesse ricompensare le loro fatiche giornaliere. Più si avvicinavano e più il cielo si scuriva, assumendo colori magici che variavano dal blu al viola, mentre sopra le loro teste erano le stelle a risplendere. Toen atterrò proprio sopra la cima di uno dei torrioni che componevano quella grande struttura circolare, chiamata per l'appunto Colosseo di Notte.
Stanca dal grande sforzo appena compiuto si accasciò a terra per ripredere fiato, mentre Uselji, ormai già balzata a terra dalle sue spalle, le regalò uno sguardo ammirevole e fiero. Toen lo riconobbe e sorrise a sua volta felice.
"Ho desiderato venire qui con te."
"Davvero?" Gioì Toen tra una boccata d'aria e un'altra. Uselji le diede le spalle volgendo il proprio sguardo in lontananza, da dove erano arrivate.
"Voglio vedere ogni angolo di questo mondo con te."
Toen si portò a sedere, incrociando le gambe.  Se da un lato moriva dalla voglia di chiederle come era morta nell'Eden e cosa aveva dovuto affrontare per ritornare da esso, dall'altro non voleva nemmeno rovinare questo momento tutto per loro.
Scacciò immediatamente via dalla testa quel pensiero: non voleva sapere niente di niente dell'Eden e di tutto ciò che lo riguardava; un regno capace di portarti via gli affetti non era degno per lei e anche se Uselji vi aveva fatto ritorno non era mutata la sua convinzione che fosse pericoloso al punto tale da guardarsi le spalle, né capiva perché i viaggiatori ne erano tanto attirati.
Uselji parve capire il suo disagio, pertanto non lo menzionò più nemmeno una volta. Ma c'era una cosa da cui non poteva esimersi di stare zitta.
"Lo sai? Gli Antichi dell'Eden mi hanno fatto dono di un nuovo incantesimo." Toen l'ascoltò in silenzio e con curiosità, mentre l'altra si accingeva a dichiararle che non vedeva l'ora di farglielo vedere. La vide giungere le piccole mani in segno di devozione, per poi aprirle come se stesse rivolgendo una preghiera al cielo. L'aveva già vista fare un movimento simile, quella volta che le aveva donato un arcobaleno nel cielo, mentre si riposavano sopra uno dei tappeti d'erba nella vaste Isole Sacre.
Difatti una luce si sprigionò dalle sue mani, rilucendo per qualche istante prima di posarsi a terra e materializzarsi.
Sul pavimento di fronte a loro comparve un cerchio fatto di legna, assieme a dei tronchi più robusti e spessi, adatti per sedervisi sopra. La piccola catasta di legna sembrava fatta apposta per essere bruciata all'istante. Uselji tirò fuori la sua candela e l'accese, generando così in poco tempo una fiammata capace di riscaldare l'aria circostante. Il fuoco danzava sopra quella legna, consumandola poco alla volta, attirando lo stupore di Toen.
"Un falò! Io non ne ho mai visto uno prima d'ora! Grazie!" 
Uselji ricambiò contenta di vederla così strabiliata, poi si sedette su uno dei grandi tronchi invitando l'altra a fare lo stesso.
"Noi siamo creature di luce. Viviamo grazie a questa e al calore."
La fiamma ondeggiava in balia dell'aria, rischiarando il pallore della loro pelle, donando loro un formicolio piacevole. Toen fu rapita da tanta bellezza ipnotica racchiusa in una semplice fiammella, come se fosse un augurio di buon auspicio, sotto quel cielo notturno.
"E tu questo sei per me. Importante come la fiamma di questo falò."
Toen aprì la bocca sbalordita, ma la richiuse all'istante per regalarle un sorriso sincero. In fondo così era il loro rapporto, un legame racchiuso nel significato delle enigmatiche frasi che Uselji amava rivolgerle, assieme alle dimostrazioni d'affetto da parte di Toen. Quest'ultima, in particolare, sentì il bisogno di allungare una mano per toccare il palmo di quella dell'altra, nel mentre che le si portava più vicina.
"Uselji, ascolta..." Attirò la sua attenzione soffiando dolcemente a bassa voce quelle parole. "Perché non mi racconti di tutto quello che hai affrontato nel tuo ultimo viaggio?"
Non poteva credere di essere davvero interessata, ma si trattava dell'ultimo viaggio affrontato da Uselji e questo sì che la interessava eccome.
Tuttavia lei negò con il capo, senza però ritrarsi al suo tocco.
"Il viaggio finale va vissuto di persona." La rimproverò dolcemente, Toen si sfogò corrucciando le labbra. "Ma posso accompagnarti."
Toen ritrasse indietro la mano come se si fosse scottata. Anche gli occhi di Uselji si ritrassero da Toen, spostando l'attenzione al cielo.
"Non preoccuparti. Non sarei mai tornata indietro senza prima averti trovato lassù."

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Capitolo 9
*** 9 - HUGGING (extra) ***


Hozes amava circondarsi di amici, ma considerava tali solo un piccolo gruppetto di loro.
Per lei erano come una piccola famiglia, nati all'incirca nello stesso periodo: poco prima o durante la Stagione degli Incantesimi. Forse c'era un periodo dove erano più uniti, trascorrevano maggior tempo assieme, eppure c'era tra di loro quella magia che li rendeva vincolati; nonostante questo alcuni erano scomparsi senza più aver fatto ritorno, forse inghiottiti proprio dal lato oscuro dell'Occhio di Eden, dove il ritorno non era considerato. Toen era tra gli ultimi arrivati in questa piccola comunità e Hozes aveva promesso a se stessa che l'avrebbe protetta a qualsiasi costo, non importava se contro un granchietto oscuro succhia-energia o un drago nero vorace di ali dorate.
Tuttavia, dopo la loro  ultima discussione, le due si erano allontanate perdendo quella magia che le rendeva due sorelle non per sangue, ma per scelta.
Biasimava persino se stessa per essersi lasciata sopraffare dalle emozioni e aver permesso loro di controllarla: mai le avrebbe dovuto parlare dell'Occhio di Eden, né lasciare che venisse a conoscenza di qualcosa legato a esso. Eppure ci era cascata di nuovo e, forse, ora aveva perso per sempre la sua amica più preziosa, nonché amata sorellina.
"Immagino che non vogliano aiuto." Sospirò guardando un piccolo gruppetto di falene allontanarsi dalla zona sociale della Valle per scivolare giù lungo il pendio ricoperto di neve.
Calpestò un ciottolo e lo calciò lontano con fare annoiato. L'aria fredda della Valle le congelava le spalle, per fortuna che era riuscita a procurarsi un lungo mantello invernale, dal colore aranciato e dotato persino di ampie maniche. Siccome quel giorno aveva deciso di addentrarsi nella Valle del Trionfo preferì indossare dei pantaloni militari al posto di altri, molto più comodi e pratici. Si diede persino una veloce occhiata in uno specchio d'acqua: aveva delle leggere occhiaie, ma nel complesso il suo aspetto era decente.
In testa non si separava mai dalle corna simili a quelle di una renna ricevute in regalo da un Antico Spirito di passaggio, un pegno preso assieme alla sua dolce metà: Fumetsu, una creaturina ingenua e innocente, candida tanto quanto il mantello bianco che amava tanto indossare.
Il motivo che aveva spinto, quel giorno, a lasciare Fumetsu in compagna di altri amici e avventurarsi da sola nella Valle però era legato a Toen. Quel regno era da sempre il suo preferito, varcando il portale che vi conduceva attraverso nutriva speranze di poterla trovare lì, invece la dura realtà le fece trovare nessuno. Tutte le speranze nutrite crollarono di botto, portando Hozes a muovere pochi passi alla ricerca inutile di qualcuno. Nemmeno la vana ricerca di nuove falene da aiutare nel loro percorso le diede il giusto sollievo.
"Hozes!"
Si girò incredula, pensando di aver avuto un'allucinazione invece non poteva sbagliarsi: Toen era lì, poco dietro di lei e non era affatto infastidita o sorpresa, anzi le sorrideva genuinamente mentre le veniva incontro.
Hozes avrebbe voluto saltarle addosso per abbracciarla forte, trasmetterle quanto le era mancata; poteva persino avvertire le proprie mani pruderle per questo, ma si impose di tenere a freno le proprie emozioni per non commettere ulteriori sbagli. Alla fine tutto ciò che le rimase fu vero stupore disegnato sul viso.
"Toen! Cosa ti è successo?"
Lei le sorrise compiaciuta mentre si portava le dita ai capelli per arrotolarne qualche ciocca.
"Intendi questi? Non li ho tagliati, ma ero stufa di tenerli sempre sciolti sulle spalle. Quando voli non fanno altro che andarti davanti agli occhi. Mi dona, questa coda alta?
"Sì, certo..." Mormorò l'altra ancora incredula. "Ma non mi riferivo a questo. Sei cambiata, hai cambiato i tuoi vestiti, e il tuo mantello. Che fine ha fatto il mantello viola, che tanto ti piaceva?"
Toen si scrutò addosso; vero, non aveva più in mostra le ossute gambe grazie ad un grazioso gonnellino, ora piuttosto indossava una tuta invernale color panna completa di guanti e scarponi dal colore blu.
E il mantello viola? Beh, quello lo aveva sostituito con uno dal colore indaco, guarnito persino da graziosi campanellini che tintinnavano al minimo movimento.
"Le stagioni passano e invecchiano, così anche io." Le rispose Toen soddisfatta del suo cambiamento.
Hozes abbassò le spalle affranta; doveva esserne contenta e voleva esserlo, semplicemente non ci riusciva.
"Toen, tu... Non hai più bisogno di me, vero?"
Forse in cuor suo era anche pronta ad accettare qualsiasi risposta che la sua preziosa amica le avrebbe dato, ma non riuscì proprio ad evitare che i suoi occhi iniziassero a pungere e bruciare. Eppure avvertì lo stesso il proprio corpo avvolto in un caldo abbraccio e di colpo si ricordò della sensazione più bella fra tutte, quella di un caldo abbraccio.
Ricambiò la stretta che Toen le stava regalando appoggiando la guancia sul suo collo, beandosi delle carezze che quest'ultima coccolava sulla sua schiena.
"Perdonami, io non dovevo dirti tutte quelle cose la volta scorsa. Lo capisci? C'è un motivo sul perché è proibito parlare troppo dell'Eden a qualcuno che non c'è mai stato."
Toen le sussurrò di fare silenzio mentre le lisciava i capelli, percorrendone la lunghezza dalla nuca fino alle scapole.
"Non sono venuta qui per questo. Sono venuta per stare con te. C'è un posto che ho scoperto e che vorrei farti vedere, vieni."
Toen le prese la mano e la trascinò con sé, non andò verso il grande dirupo ma preferì piuttosto percorrere l'entrata di una grotta, la cui fine conduceva a un grazioso villaggio situato proprio ai piedi della grande Arena. Una piccola comunità del passato, di cui ora erano godibili solo le rovine strette tra due catene montuose.
"E se ti può aiutare a stare meglio sappi che non ci ho ancora portato nemmeno Uselji lì." Ridacchiò Toen, correndo in direzione del villaggio. Hozes chiuse gli occhi sollevata, tutta l'inquietudine di poco prima si era azzerrata in un attimo perché ora esistevano, finalmente, solo loro due.
"Un giorno me lo dirai che rapporto c'è tra te e Uselji?"
Toen non le rispose, ma rise solo. Poi spiegò le ali e volò alta, in direzione di una delle catene di montagne che nascondevano il villaggio, puntò così a una funivia che le poteva aiutare a raggiungere un'altitudine ancora maggiore. Erano passati diversi anni dall'ultimo insediamento in quel villaggio, ma stranamente le funivie lì attorno funzionavano ancora.
Arrivarono così a un alto pendio, dove la leggenda narrava che nei tempi antichi risiedesse uno spirito simile a uno yeti. Ora però, di quello yeti, solo la sua casa era rimasta visitabile, come un rifugio per rinfrescarsi dagli sforzi della salita.
Non era lì che Toen desiderava andare, la sua meta infatti si trovava sospesa tra le nuvole: un isolotto simile a un iceberg che spuntava da quel mare fatto di cotone color giallo paglierino. Una meta ambita da molte coppie, ma anche da amici stretti, gruppi di viaggiatori e non solo. Persino un'esplorazione in solitaria laggiù poteva donare allo spirito il giusto ristoro.
E poi c'era da dire che la vista del tramonto sull'intera Valle era da mozzafiato.
Quando atterrarrono gli occhi di Hozes erano pieni di meraviglia. Toen la guardò soddisfatta, sapendo che questa doveva per forza essere la sua prima volta in quel luogo.
Ma non voleva che finisse lì così, non era ancora abbastanza, non come regalo per Hozes.
Le sorrise, poi giunse le mani strette tra loro; infine le liberò in un incantesimo. Ci volle un po' di tempo prima che si materializzò, ma infine comparve facendo capolino tra le nuvole sotto di loro.
"Non è molto visibile con tutte queste nuvole, vero?" Scherzò Toen allegra, lasciando Hozes veramente  meravigliata.
"Un'arcobaleno? Non ci credo! Ma hai la minima idea di quanta luce costi?"
Toen le sorrise annuendo.
"Ovvio, l'ho comprato io."
Hozes le passò accanto, la imitò nei suoi movimenti e liberò in aria un differente incantesimo; lo posizionò non tra le nuvole, ma a terra: si trattava infatti di un altalena, una di quelle per due.
Velocemente si sedette sopra e invitò l'altra a fare lo stesso, il tutto con un atteggiamento fiero e divertito che fece scuotere a Toen la testa.
"C'è qualcosa di cui vuoi parlarmi, vero?" Le chiese iniziando a dondolarsi.
Toen non negò con il capo, ma si limitò a risponderle a parole che l'unica cosa che desiderava era portarla lì e che non c'era alcun doppio fine in questo.
Hozes tese la schiena all'indietro, iniziando a dondolarsi sopra la seggiola; prima piano, ma poi sempre più velocemente. Se il detto "tetto del mondo" esisteva per davvero allora poteva solo riferirsi a  questo.
"Non dire così o ti strozzo veramente! Allora, che cosa vuoi dirmi?"
Toen non le rispose immediatamente,  prese invece ad oscillare piano piano sull'altalena, aumentò il ritmo per adeguarlo a quello di Hozes, ma poi strisciò i piedi a terra fino a fermarsi completamente.
"Penso di sentirmi pronta ad andare in Eden, sai?"
Il tempo sembrò fermarsi in quell'istante e Hozes non credeva a quanto appena sentito, eppure era successo per davvero e non era un sogno. Toen aveva appena detto di essere pronta a sostenere il suo primo viaggio finale, finalmente era arrivato anche il suo turno. Chi presto, o chi più tardi, prima o poi quel momento giungeva a tutti. Si alzò in piedi con uno scatto e le prese le mani tra le sue commossa.
"Ti accompagnerò. Non posso lasciarti andare da sola, non la prima volta almeno."
Toen la guardò felice, ma le sorrise negando con la testa. Sfilò le mani dalle sue e le riportò ai lati del viso, afferrando saldamente le due corde che reggevano la tavoletta sulla quale era seduta.
"Andrò con Uselji, ma ci entrerò da sola. Ho paura, ma è qualcosa che si può affrontare. Dopotutto anche tu l'hai fatto da sola la prima volta, no?"
Non era la risposta che voleva sentirsi dire, ma se la fece andare bene. Non poteva fare altrimenti.  
Le regalò un sorriso rassegnato, mascherando così il dispiacere.
"Non credo di poterti fermare, però..." Le afferrò nuovamente le mani, salde tra le sue. "Devi promettermi che tornerai."
Ci fu un tocco delicato a suggellare quella promessa, quello delle loro fronti che si sfiorarono. Forse un gesto infantile, ma fatto con tanto affetto. E silenzio, c'era forse bisogno di aggiungere altro?
Toen si ritirò indietro con gli occhi lucidi.  Poi si inginocchiò a terra ed estrasse fuori dal mantello la sua candela; bianca ossia quella usata per condividere il fuoco del cuore con un altro viaggiatore.
Maggiormente questo veniva condiviso e più il legame che si creava cresceva e diventava forte.
Hozes raccolse dentro di sé quella piccola fiammella di se stessa che Toen le aveva appena offerto, ma non prima di aver espresso il suo disappunto per non essere stata la prima a farlo.
Così tipico da lei, pensò Toen mentre le porgeva nuovamente la mano.
Insieme si lanciarono nel mare di nuvole, giocarono con esse, si lasciarono cullare... dietro di loro il grande sole della Valle calava nel tramonto, mettendo in ombra persino il grande Colosseo visibile da lontano.
Probabilmente, la prossima volta che vi avrebbero fatto ritorno, Toen avrebbe ammirato quanto il loro mondo sapeva essere vasto grazie agli occhi di chi aveva appena acquisito una conoscenza maggiore.

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Capitolo 10
*** 10 - Raining (extra) ***


Cadeva a fiotti la pioggia, bagnando cortecce ed erba.
Nella Foresta Nascosta questa non cessava mai, rendendola un luogo pieno di malinconia e di solitudine per i novizi. Per i più esperti rappresentava invece una meta alla ricerca di sé stessi.
Koreragu amava pensarla così quando desiderava restare sola, preda dei suoi pensieri.
Il ticchettio calzante delle gocce che cadevano a terra possedeva un ritmo così regolare da spingere la mente negli angoli più lontani e bui di essa.
Pensare troppo era un male nocivo verso se stessi, ma lei era una viaggiatrice giovane e molto inesperta; la gioventù la rendeva fin troppo fragile e dipendente dagli altri, amante della ricerca costante di attenzioni e approvazione altrui. Bramava la compagnia tanto quanto desiderava la solitudine, al tempo stesso voleva persino il contrario: l'isolamento in mezzo al gruppo. Quale contraddizione vivente era.
Però lei era questo e, sempre per questo, aveva fatto di una piccola casetta sopra un albero il suo piccolo rifugio personale. Fredda e bagnata dalla pioggia tutt'attorno, ma riscaldata da una fila di rosse candele e la presenza di un "child" all'interno. Un'opposizione in contrasto, esattamente come lei.
Koreragu ne sorrise quando lo realizzò, perdendosi a osservare quel bambino-luce lì presente, ora nient'altro che una polverina dorata dopo esser diventato energia integrante del suo mantello.
Lo arrotolò tutto attorno a sé, a modo di coperta. Quello che indossava le piaceva particolarmente, al punto da non cambiarlo quasi mai: stoffa bianca colorata di giallo all'interno e pieno di frange, quando volava dava l'impressione di possedere il colore dei fulmini.
Con la mano si lisciò i corti capelli a scodella che si ritrovava; le piacevano così... per nulla femminili.
Sospirò portando le mani sopra le ginocchia, assumendo infine una posizione composta e inginocchiata.
Non ricordava quanto tempo esatto era passato dal suo arrivo, nemmeno aveva fretta di andarsene da quel piccolo covo personale, era solo grata che i viaggiatori in visita alla Foresta Nascosta non le prestavano nemmeno attenzione quando volavano lassù: raccoglievano la luce giornaliera delle candele, caricavano il proprio mantello e poi se ne andavano lasciandola sola così, come una piccola ombra grigia indegna di attenzione.
Quando udì i passi di qualcuno che era appena atterrato sopra quel piccolo piano di legno non si voltò nemmeno per guardarli, sperò solo che se ne andassero via presto. Ma una voce familiare la costrinse ad alzare la testa.
"Koreragu!" La chiamò.
Era Toen, quella gentile viaggiatrice che le aveva presentato Slippy, avvolta nel suo favorito mantello viola e con i soliti capelli lasciati sciolti e liberi sulle spalle. Mano nella mano era stretta ad Hozes, la sua sorellona inseparabile, più alta e più esperta. Dato che Toen reggeva con la mano libera un ombrello azzurro non le fu difficile capire chi delle due aveva preso il comando della guida.
"Cosa ci fai qui da sola?" Le domandò Hozes pensierosa, mentre Toen le passò accanto ripiegando sulla propria schiena l'ombrello, ormai pregno di pioggia. La vide allungare le mani in direzione del child, raccogliendolo per poi trasferirlo nel suo mantello, facendolo diventare così una stella impressa su di esso.
Ecco, ora era chiaro cosa ci facevano quelle due lì; Koreragu non aveva fatto una scelta granché ponderata se davvero voleva restare sola. Però era contenta che le due viaggiatrici appena giunte fossero Hozes e Toen, sentiva di trovarsi bene con loro. Anzi, a volte pensava di essere persino di troppo.
"Pensavo." Mormorò a bassa voce stringendo le spalle.
"Pensavi?" Ripeté scettica Toen, stavolta guardando Hozes ancora immobile e con le mani sui fianchi.
Koreragu sperò di farsi ancora più piccola fino a scomparire.
"Sì, la pioggia mi aiuta a pensare..." Rispose flebile e timida, incurvando la schiena.
"Qui?" Proseguì Toen con voce pensierosa.
"Questo è un piccolo luogo di passaggio per noi viaggiatori, ma piccolo non significa insignificante." Pigolò Koreragu riferendosi a quel piccolo tempietto e forse anche a se stessa. Probabilmente era troppo tardi ormai desiderare di restare da sola.
Toen iniziò ad armeggiare con il suo ombrello, scrollandolo dalle gocce d'acqua; infine lo aprì e lo poggiò aperto ai suoi piedi.
"Che cosa ne pensi, Hozes?" Le sorrise dopo essersi rialzata.
Hozes le rispose piena di complicità.
"Penso che non ci farà male fare una pausa."
Le due si sedettero accanto a Koreragu, alla sua destra e alla sua sinistra, tra lo stupore generale di quest'ultima che guardò prima una e poi l'altra. Entrambe non avevano più aperto bocca, ma tenevano gli occhi chiusi e una lieve distanza tale che lasciava intendere come volessero stare lì senza invadere il suo spazio personale. Koreragu le ringraziò mentalmente per questo: per voler condividere il suo momento, ma per averlo fatto in modo tale da risultare impercettibile.
Perciò chiuse gli occhi anche lei e immaginò di camminare al loro fianco, ovunque e lontano non importava, assieme a tutto quello che sarebbe arrivato e a quanto sarebbe scivolato via. 

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Capitolo 11
*** 11 - Greeting (extra) ***


Sapeva che l'avrebbe trovata lì, spaparanzata sopra la fresca erbetta della Prateria Diurna.
Slippy amava dormire più di qualunque altra cosa e lo faceva davvero ovunque! Persino nell'abominevole Deserto Dorato, dove l'attenzione doveva essere sempre massima.
Toen la trovò addormentata a pancia all'aria, con i gomiti piegati  e i polsi sotto la nuca per simulare un cuscino. Teneva il viso rivolto al sole e l'espressione pacifica di chi era davvero in pace con se stesso. Il leggero venticello che soffiava nella Terra dell'Erba la rendeva ancora più fanciullesca di quanto già non fosse. Toen non poteva saperlo prima di scoprirlo, ma questo apparire così sempre bambina era dovuto al fatto che Slippy amava viaggiare e fare ritorno dall'Eden ogni volta che sentiva la necessità di avventurarsi lassù.
I viaggiatori, tornando indietro da là, regredivano allo stato di un bambino, perdendone le ali ma acquisendo una conoscenza del mondo maggiore. Un piccolo prezzo sopportabile, dicevano.
Chinandosi su di lei le fece ombra sul viso e questo la disturbò nel suo dormiveglia, facendole aprire un occhio. Scoprendo che si trattava di Toen sorrise e ridacchiò tra sè un po' nervosa.
"Non è come sembra! Mi sono appisolata solo cinque minuti fa."
Toen incrociò le braccia al petto assieme a una smorfia.
"Cinque minuti fa stavi già dormendo." Asserì con tono serio e pacato.
Slippy tirò su la schiena e si mise a sedere, stiracchiandosi dalle braccia fino alla punta dei piedi accompagnando il tutto con uno sbadiglio.
"Non posso farci niente." Esclamò contenta. "Dormire è bellissimo."
Toen non ne fu dello stesso avviso, ma preferì non ribattere e decise di sedersi accanto a lei, portando le ginocchia raccolte al petto, alzando lo sguardo al cielo privo di nuvole.
"Sei diversa." Mormorò Slippy, senza nemmeno guardarla. Non ne aveva bisogno. "Sembri più fiduciosa, forse anche più coraggiosa. La prima volta che ci siamo incontrate è stato qui, vero? Allora mi diedi l'impressione di essere molto gentile, ma anche molto timida."
Le gote di Toen si arrossarono un poco.
"E ora?" Le domandò.
Finalmente Slippy si voltò dalla sua parte.
"Ora sembri più consapevole di te. Al punto che sei venuta qui per salutarmi prima di partire per l'Eden, eh? Questo fa di te una viaggiatrice davvero adorabile."
"Aspetta! Come fai a saperlo?" Esclamò Toen meravigliata.  
Slippy strinse forte le dita e i palmi fino a farli schioccare, poi allungò le braccia per stirarle davanti a sé.
"Me lo ha detto Hozes. Era triste, ma anche tanto felice." Le rispose malinconica. "Anche io sono felice! Quando Toen tornerà dall'Eden sarà una viaggiatrice completamente nuova, e potremo viaggiare nell'Occhio assieme." Slippy terminò la frase allargando le braccia al cielo, passando dall'essere così abbattuta ad allegra e serena. "Mi piace andare a morire da sola, ma se lo si fa in compagnia è ancora meglio."
Per qualche motivo Toen notò che la voce di Slippy era tornata a essere carica di inquietudine e tristezza. Non era una cosa capace di sorprenderla a fondo, dopotutto gli sbalzi di umore di Slippy erano evidenti a tutti i suoi amici. Però era vero che il contesto in cui si trovavano era completamente diverso rispetto alle volte prima, perciò Toen allungò le braccia per circondarle la schiena in un abbraccio, uno di quelli che a Slippy piacevano tanto. Chiudendo nuovamente gli occhi si lasciò cullare dal vento e dalle carezze per un tempo che le parve indefinito da quanto piacevole.
"Quando partirai?" Le domandò sciogliendo l'abbraccio.
"Immagino domani mattina, poco dopo lo scoccare del nuovo giorno. Uselji dice che è l'orario prediletto da tutti i viaggiatori che desiderano mettersi in marcia verso l'Occhio dell'Eden."
Slippy le sorrise sorniona.
"Quindi è con lei che ci vai, eh?"
Per qualche motivo Toen pensò che sarebbe stato meglio non aprire bocca.
"Mi accompagna solo." Si giustificò incurvando le spalle, ma l'amica accanto non smise di guardarla maliziosa neanche per un secondo.
Slippy scosse la testa, poi distese la schiena all'indietro e lasciò che il sole nel cielo l'accecasse.
Sicuramente si sarebbero dette "Arrivederci" di lì a poco, questo un po' la rendeva triste perché sapeva che il primo viaggio nell'Eden che Toen avrebbe compiuto l'avrebbe allontanata per molto tempo.
Improvvisamente la vide allungare il mento verso una direzione lontana, tra le nuvole oltre il bordo dell'isolotto dove si trovavano spiaggiate.
"C'è Uselji." Esclamò Toen contenta, senza nascondere un filo di soddisfazione nella voce, e da quel poco che Slippy sapeva nulla l'avrebbe tenuta lì con lei ancora.
"Vai da lei." La incitò con un gesto della mano, Toen si girò dalla sua parte rivolgendole un'occhiata  preoccupata e timorosa.
"Sei sicura?"
"Certo!" Esclamò Slippy. "Lei è importante per te, no?"
Toen annuì e si alzò per raggiungere quella figura che stava volando verso di lei, ma prima di poterlo fare la manina di Slippy l'afferrò per il mantello trattenendola.
"C'è ancora una cosa." Le sorrise Slippy, incapace di nascondere un sorriso triste per la loro momentanea separazione. "Ti voglio bene, sorellina." Le dichiarò trasformandolo in un qualcosa di radioso.


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Capitolo 12
*** 12 - Fearing ***






Il Portale da cui si accedeva per entrare nell'Eden era alto il doppio di uno normale e largo almeno il triplo. Da quando Toen era riuscita ad aprirlo, completando tutte le mappe dall'Isola fino alla Cupola, il solo guardarlo le incuteva timore e brividi lungo la spina dorsale. Non aveva mai avuto il fegato di varcarlo da sola e mai lo aveva fatto.
Tante erano le storie che circolavano su questo famigerato regno: alcune passabili come voci di corridoio, altre passate come autentiche catene di bocca in bocca ai veterani che vi avevano fatto ritorno; tra queste alcuni minuscoli racconti citavano di viaggiatori che non erano riusciti a ritornare indietro, perché avevano perso tutta la loro Luce Alare.
Toen non conosceva nessuno scomparso in questo modo, per sua fortuna. Per fortuna le dicerie dicevano anche che si trattava di un evento raro.
L'idea di scomparire da un giorno all'altro, o la scomparsa di uno dei suoi amici, le faceva ricordare tutta la tristezza che aveva provato quando Uselji era svanita; ancora adesso pensarci era per lei fonte di dolore e tentennamento.
Ma ora era diverso: aveva viaggiato molto assieme a quest'ultima, esplorato angoli di mondo dove non era mai stata, scoperto luoghi che da sola non avrebbe raggiunto. I suoi occhi avevano compreso come spesso l'aiuto di qualcun altro poteva fare la differenza, di come la collaborazione nelle loro vite di viaggiatori era fondamentale per la buona riuscita della scoperta. Grazie a tutte queste vicende era riuscita a farsi un bagaglio di competenze che ora avrebbe sfruttato per superare le sue paure, spingendola nelle tenebre dell'Eden.
Chiuse gli occhi e rimase in ascolto, lì a pochi metri da quella famigerata soglia. Da ogni porta era udibile un suono caratteristico, se si tendeva l'orecchio; quello dell'Eden era simile a un pianto prolungato, disperato e sofferente, capace di provocare subbuglio nella fiamma del suo cuore.
Ora però lo avrebbe zittito e per farlo avrebbe usato proprio la connessione del suo cuore assieme a quello di Uselji, mentre si sarebbero tenute per mano.
Udì un fruscio alle sue spalle, segno che Uselji era giunta assieme all'ora della partenza. Da quando aveva fatto ritorno dall'Eden era già passato diverso tempo, facendola ritornare alta e austera come Toen ricordava. Anche se ora i suoi modi nei suoi confronti erano decisamente addolciti.
I suoi capelli erano tornati ad essere un caschetto irregolare e folto, con una frangetta per niente ordinata. Indossava larghi pantaloni dal color bluastro, ma sopra teneva uno dei suoi mantelli preferiti: quello nero, dai riflessi fiammeggianti quando si librava in volo.
Toen preferì ritornare una semplice e basilare viaggiatrice quel giorno, con i soliti capelli lasciati sciolti sulle spalle e il mantello viola amato e preferito.
Spesso i viaggiatori si vestivano eleganti prima di varcare il mostruoso portale dell'Eden, pare che lo facessero perché, soprattutto la prima volta, poteva essere per loro l'ultimo volo. Tuttavia a Toen non interessava affatto questa diceria, perché ora ciò che le importava di più era la presenza di Uselji e la sua mano che la teneva salda.
"Non avere paura." La rassicurò caldamente. "Perché io sarò con te."
Toen annuì e spostò lo sguardo oltre la soglia del portale, dove rosse fiamme distorte serpeggiavano al suo interno.
La prima cosa che avvertì dopo averla varcata fu il destabilizzarsi dei suoi piedi, perché il suo intero corpo fu investito da una raffica di vento capace di raggelarle le ossa. I vestiti le sbattevano addosso e il mantello volava all'indietro impetuoso; maledì i lunghi capelli lasciati sciolti che ora le sferzavano il viso, impedendole una buona visuale. Fortunatamente la mano di Uselji non la lasciò andare, anzi la guidò in avanti direzionandola verso quello che sembrava a tutti gli effetti l'ennesimo portale da varcare, probabilmente anche più gigante di quello usato poco prima.
Qualcuno lo stava già aprendo, ma Toen non riuscì a distinguerne la forma. Tuttavia il rumore fatto dall'apertura fu così assordante da superare persino le raffiche di vento impetuose. In quel momento Toen capì che la sua direzione tanto violenta spirava proprio dal portale appena aperto, poiché le sferzanti turbolenze investirono tutto lo spazio a loro attorno.
Improvvisamente Uselji la spinse via, lo fece appena in tempo prima che le due fossero investite da un'ombra grigia rimbalzata all'indietro e scaraventata qualche metro più in là.
Toen lo vide alzarsi a fatica, con un'espressione di dolore sul volto. Era un giovane viaggiatore dai corti capelli e un sfavillante mantello blu scuro sulle spalle. Toen deglutì mentre lo fissava, aveva probabilmente sbattuto la testa e la sua brillantezza si era dimezzata, segno che aveva appena perso parte della sua Luce Alare, tuttavia anche in quelle condizioni non demordeva nel voler proseguire il suo viaggio.
"Uselji? Dovremmo aiutarlo?" Le chiese titubante.
Ma quest'ultima scosse la testa impassibile.
"Non possiamo aiutare tutti coloro che incontreremo sul cammino, o saremo noi a fare una brutta fine."
Uselji gli si avvicinò e si inginocchiò davanti a lui, tirò fuori la sua Luce Alare e la condivise con quell'estraneo per ristorarlo. Qualche istante dopo i due si inchinarono a vicenda e il viaggiatore si buttò a capofitto verso il percorso visibile oltre il grande portale appena aperto. Una salita fatta di rocce e massi.
Le due si ripresero per mano e avanzarono avanti; Uselji guidò Toen saltellando sulle pietre, ma quando le raffiche di vento rimbombarono più forti la prese per le spalle e la spinse al riparo contro uno sperone di rocce. Toen si strinse a Uselji, aggrappandosi al suo torace mentre quest'ultima si sporse appena per controllare la situazione. Gli occhi di Toen si serrarono forte quando avvertì delle rocce frantumarsi contro la parete che dava loro riparo. Spostò quindi lo sguardo su Uselji, rimasto concentrato e attento su quanto stava accadendo attorno a loro. Fidarsi della sua compagna era la sua unica opzione, poiché lei già conosceva la strada. Così fece quando la trascinò fuori dal riparo e la spinse a salire ancora nonostante l'intensificarsi della corrente d'aria e delle tempeste di rocce che si portava appresso.
I muscoli del suo corpo le dolevano e le fibre del suo essere le parevano lacerarsi, fu costretta persino a chiedere a Uselji una pausa da quella ripida salita.
"La pioggia di rocce potrebbe separarci se ci colpisce." Le spiegò mentre teneva d'occhio la situazione. "Trovarsi da soli e sperduti qui significa quasi morte certa. Solo se si è fortunati si riesce a tornare indietro."
Toen le rispose con un cenno del capo e guardò in lontananza dove alcune coppie di ombre nere si stavano alzando in volo per evitare le raffiche di rocce e massi. Rimase sbalordita, era davvero possibile una cosa simile? Lei non ci sarebbe mai riuscita.
"Ci riuscirai anche tu." Le rispose l'altra, come se l'avesse letta nella mente. "Anche io ho fallito tante volte."
Toen non aveva nessun dubbio che lei sapesse volare persino in un ambiente così ostile, con il vento forte contro. L'unica cosa di cui si dispiaceva era essere lì a farle da zavorra.
Le due trovarono ristoro sotto una roccia simile a una grotta, qualcuno aveva lasciatò lì un falò ancora acceso e le fiamme tremolavano al riparo dal vento, minacciando di spegnersi da un momento all'altro.
Uselji spronò Toen vicino a quelle lingue di fuoco per farle riprendere le forze, poi si accasciò a terra ansimante. Fu grata a chiunque fosse stato a lasciare lì quella pira, era davvero bello trovare gesti di gentilezza persino in una terribile scalata come quella.
"Uselji?" Si sentì chiamare improvvisamente e tanto le bastò a farla tornare alla realtà. Non si era accorta, infatti, di essere caduta a terra e di ansimare mentre si teneva stretto il petto.
Le rispose cercando di ridacchiare per non farla preoccupare inutilmente.
"Questa è la prima volta che guido qualcuno in questa mappa, sai sono solita a venirci da sola. Ora starò bene."
Toen le fece spazio il più possibile vicino al rogo, dandosi mentalmente della stupida. Lei si era lasciata trascinare per tutto il tempo e l'unica cosa di utile che aveva fatto era stato fidarsi ciecamente di Uselji in quella traversata. Ma Uselji e il suo corpo quanto avevano sopportato per far sì che entrambe arrivassero sane e salve in quel punto? Il tocco delle affusolate dita di Uselji sul palmo della mano la rincuorò nella sua tristezza.
"Va tutto bene. Ho promesso che ti avrei portato fino alla fine, no?" Fiatò barcollando in piedi e rimettendosi in sesto; Toen annuì tenendola stretta per le braccia.
Il cammino tortuoso si rivelò ancora più ripido mano a mano che salivano, i burroni non lasciavano scampo se una delle due avesse franato giù di sotto, stettero per tanto attente a dove i loro piedi poggiarono terra sebbene dovevano sempre assicurarsi di non lasciare andare la presa delle loro mani.
Infine Uselji esultò quando raggiunsero l'apice di quella scalinata: un passaggio coperto privo di vento, che conduceva a una nuova zona tutta da attraversare e per farlo bisognava aprire l'ennesimo portale. Prima però le due si avvicinarono a un bambino-luce, uno di quegli spiriti lucenti la cui essenza era in grado di ripristinare tutta la loro energia in un batter d'occhio. Con le forze rinvigorite si apprestarono ad illuminare il nuovo portale che impediva loro il passaggio. 
Ma una volta aperto il cuore di Toen raggelò ulteriormente: davanti a loro due si parava un'ulteriore salita, persino più serpeggiante e subdola della prima. Le raffiche di vento scagliavano al suolo ulteriori sassi di diverse dimensioni, frantumandosi come dei proiettili. Il cielo era cremisi e ricordava la visione distorta che il portale da cui si accedeva per entrare nell'Eden esibiva ai viaggiatori come biglietto d'entrata.
La cosa più terribile di tutte era però i krill che sorvolavano il cielo, sondando il terreno come dei veri e propri minacciosi guardiani.
"Che cos'è questo?" Ansimò Toen osservando i fulmini e le belve nere in lontananza; un peso sul petto la opprimeva, schiacciandole inesorabilmente l'anima e minacciando il coraggio che era finalmente riuscita a raccogliere.
Gli occhi di Uselji scrutarono lontano, oltre le nubi, i fulmini e il cielo rosso fuoco.
"Lo senti anche tu? Il richiamo dell'Eden?"
Toen tese le orecchie per ascoltare; oltre il rumore assordante del vento, il frastuono dei fulmini che cadevano a terra e i massi che si frantumavano al suolo, era possibile avvertire un lamento simile a una voce supplicante.
Spingiti  nelle Tenebre e Riporta la Luce ai Caduti.
Così citava la voce, sebbene distorta.




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Capitolo 13
*** 13 - Renounce ***


"Cos'è questo?"
La voce di Toen apparì rotta e spezzata, morta ancora prima di proferire parola.
Allora Uselji si voltò dalla sua parte, con il mantello che sferzava il suo corpo a causa delle forti raffiche di vento; quando queste si intensificavano delle pietre nere, dalle dimensioni di enormi massi, colpivano il terreno spaccandosi all'impatto.
Toen ne ebbe paura: non sarebbero sopravvissute se una di queste le avrebbe raggiunte in pieno, nonostante ciò poteva vedere in lontananza sagome di  sconosciuti avventurieri scalare il cammino, sfidando la gravità e tutto il resto.
"Da qui procederemo sempre dritto. Eviteremo le raffiche di vento, i massi e i krill che controllano la zona. Solo così potremo arrivare al Castello."
Toen volse il naso all'insù.
Ah, già, il Castello. La meta finale ambita da tutti i viaggiatori, tanto visibile e solenne quanto irraggiungibile.
Lo si poteva ammirare ovunque nei reami del loro mondo, e per quanti sforzi si potevano fare per andargli incontro non c'era verso di poterlo raggiungere: il Castello rimaneva lì, fermo e inaccessibile come un sole i cui regni da esplorare erano gli astri che gli danzavano attorno.
Ma l'Eden era un mondo diverso: nell'Occhio potevi veramente raggiungere il Castello; poi da lì innalzarsi verso l'Orbita, questo dicevano i viandanti più esperti al loro ritorno.
Toen voleva vedere tutto questo con i suoi occhi, voleva vedersi da rinata e voleva volare assieme a tutti coloro che sarebbero rinati assieme a lei, ma il corpo non le prestava ascolto e nemmeno il dolce e caldo tatto di Uselji nel palmo della sua mano riuscì a rincuorarla.
Alla fine poté solo cadere a terra in preda a uno stato di ansia e di iperventilazione incontrollabile.
Le lacrime negli occhi le offuscavano la vista e i suoni giungevano alle sue orecchie tutti ovattati, persino la confortevole voce della sua compagna di viaggio appariva distorta e lontana.
Non riuscì nemmeno a vederla, perché tutto ciò che la sua vista le metteva in mostra era il cielo rosso e infuocato simile a un imminente apocalisse, assieme al nero pece dei krill che proprio in quel momento puntarono un gruppo di viaggiatori giunto quasi in cima alla scalata; qualcuno cadde di sotto e le ali finirono per spezzarsi; qualcun altro si salvò, ma risultò disperso.
Fu allora che Toen si ruppe e lanciò un grido disperato, tenendosi la testa tra le mani.
Uselji, che fino ad allora stava studiando la situazione e la regolarità con cui le pietre venivano scagliate al suolo dal vento, sgranò gli occhi e si voltò all'indietro e quello fu il momento fatale per lei, perché un grosso masso la colpì sulla schiena, facendole emettere un verso strozzato e privandola in un batter d'occhio di qualsiasi energia, schiantandola direttamente contro la formazione rocciosa sulla quale i suoi piedi poggiavano.
Per Toen fu come una scena vista al rallentatore vedere la sua amata Uselji spegnersi e diventare grigia. Due delle sue ali si staccarono dal suo mantello e caddero di sotto, diventando impossibili da recuperare. Qualche secondo dopo si udì il tipico suono delle ali spezzate e fu grazie a questo che Toen si risvegliò dalla sua catalessi.
Impacciata, si mosse verso Uselji; tremò quando avvertì le pietre andare in frantumi accanto a lei, ma strinse lo stesso i denti: si trattava solo di qualche metro da superare e doveva farlo il prima possibile, poiché il fuoco vitale della sua compagna viaggiatrice andava ripristinato se non voleva che altre sue preziose ali andassero perdute.
Piegandosi su di lei avvicinò la sua fiamma vitale al suo petto per condividerla, finché le sue fattezze non tornarono alla luce. Il volto di Uselji era ora un po' frastornato, i capelli le si erano spettinati, la pelle del viso si era fatta più pallida e anche i vestiti addosso le si erano sgualciti, tuttavia stava bene e nonostante il colpo subito alla schiena apparì piuttosto reattiva.
"Colpa mia. Mi sono distratta." Mormorò a bassa voce, ma risoluta come suo solito.
Toen scosse la testa, perché sapeva che non era vero. Se Uselji stava soffrendo la colpa era solo la sua, perché troppo inesperta per muoversi tra quelle raffiche e quelle rocce frantumate. Poteva solo imitare i movimenti che vedeva e strisciare verso le pareti, là dove il vento pareva soffiare meno e il riparo era più costante. Non riuscì a capire come, ma trovò la forza di seguirla... almeno finché le ginocchia non le cedettero.
Era strano, pensò dentro di sé.
Credeva di essere pronta ad affrontare quel viaggio... invece ora che vi si trovava dentro poté solo pensare a quanto la Base sapeva essere accogliente ogni volta che vi ritornava stremata dai lunghi voli compiuti chissà dove. Persino quel desolato e buio Deserto Dorato le tornava alla mente come un luogo sicuro dove rifugiarsi ora.
Sorrise amaramente di quei pensieri mentre ascoltò il tremolio delle sue gambe.
Ma quando la mano di Uselji le comparì davanti agli occhi fu come fare di nuovo un tuffo nel terrore: Uselji, che le aveva promesso di portarla fino alla fine, e lei che invece non voleva più saperne di trovarsi lì.
Per un momento pensò di stringerla e quasi lo fece, poi ricordò di essere una codarda e di colpo pensò di non averne alcun diritto.
Perciò lasciò cadere il palmo della sua mano a terra.
"Voglio tornare a Casa." Mormorò a voce così bassa da risultare impercettibile, anche a causa dei vortici di vento che si susseguirono uno dietro l'altro.
Forse Uselji sgranò gli occhi a quelle parole, ma lei evitò di scoprirlo tenendo il mento basso.
Va bene così... si disse mentalmente, ormai il danno era fatto.

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